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DELLA DEPUTAZIONE

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STORIA PATRIA

PER L'UMBRIA

VOLUME XLIII

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PERUGIA
PRESSO LA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
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PROPRIETÀ -LETTERARIA RISERVATA

S. p. A. Arti Grafiche Panetto & Petrelli - Spoleto, 8-1955.

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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO
Perugia, 27-28 aprile 1946
Tra le rievocazioni Mein della vita e dUbanend svolta da. Tsti-

. tuli culturali umbri, che forma materia del presente. convegno. storico,
il primo posto sarebbe spettato indubbiamente alla Deputazione di

Storia Patria, poiché essa ha compiuto e seguita a compiere un'opera |

che interessa tutta quanta la regione, ricostruendone e riavvivandone la
visione del passato, e stringendo in feconda unione di lavoro gli stu-
diosi di esso, in qualunque punto del suo vasto territorio: spieghino i
loro attività di ricerca. — —

Una. celebrazione della vita della nostra Deputazione avrebbe do-
vuto farsi nel compimento del suo cinquantennio, che ricorse nel 1944,
poiché fu appunto nel. 1894 che i cultori di studi storici dell’ Umbria
dettero: vita a quella Società Umbra di Storia Patria, la quale, avuto
. poi il riconoscimento statale, assunse il nome di R. Deputazione di
Storia Patria per l'Umbria, affiancandosi alle analoghe consorelle ita-
liane ; ed in quell'anno stesso cominció la sua attività, con le riunioni
e la preparazione del Bollettino uscito l'anno appresso.

Ma nel 1944 troppo gravi vicende tenevano impegnata, la RES.
esislenza nazionale ed individuale, perché si potesse pensare a solennità
celebrative per la nostra Deputazione, Questo compito verrà meglio adem-
. piuto, allorché essa, ricostituita sulle sue basi originarie, con rinnovato
Statuto, ripresa autonomia e normale autorità direttiva, potrà festeg-
giare anche con largo invito alle altre Deputazioni, il suo passato, che
è certamente per lei e. per tuttii cultori di questi studi, ragione di vanto
ancor più che di compiacimento. Rievocando le vicende dell’ Istituto
rivivranno le figure scomparse dei dotti più illustri, e più modesti, ma
tutti fattori preziosi della. sua esistenza, e che esso-ha annoverato tra i
propri componenti, in concorde gara d'illuminato affetto. per. la propria
terra.

Intanto, perché nella presente occasione non mancasse un cenno
sulla Deputazione il dott, Raffaele Belforti in brevi parole ne compen-

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6 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

dia le origini, l’opera svolta e i compiti che sempre più le spetta di
assolvere.

Egli si sofferma anzitutto sui caratteri propri di territorio, di po-
polazione, di avvenimenti storici, di espressioni monumentali' ed arti-
stiche, di valori culturali, di costumanze, che danno alla regione umbra.
una sua fisionomia individuale e inconfondibile dalle altre d'Italia,
e che soprattutto bene la distinguono dalle due grandi regioni con un
confine a Nord e a Sud, la Toscana e il Lazio. Fu, basandosi su que-
sta individualità che gli studiosi umbri nei più diversi campi, del-
l’archeologia, della letteratura, dell’arte, del diritto, vollero un proprio
Istituto storico regionale, favoriti in ciò dal più comprensivo interessa-
mento di uomini politici e di tutte le persone colte della regione stessa.

Nel 1862 era stata istituita la Deputazione di Storia Patria per
la Toscana e per l'Umbria a cui nel 1863 furono aggiunte anche le
Marche, le quali rivendicarono però una loro indipendenza, ottenendo
nel 1890 di avere una propria Deputazione. E così credette in suo di-
ritto di fare l'Umbria. Nel settembre 1894 fu quindi fondata la Società
Umbra di Storia Patria scesa subito in campo con una compagine
di collaboratori tra i più insigni che l'Umbria abbia contato tra la fine
del secolo scorso e il principio del nostro. La sua attività ininterrotta
per oltre un cinquantennio è dimostrata dai convegni di studio tenuti
nelle diverse città della regione, dalle sue pubblicazioni, tra cui il « Bol-
lettino » regolarmente continuato in una serie di più di 40 volumi.

La Deputazione ha fatto venire in evidenza tanto materiale docu-
mentario, che si raccoglieva trascurato e spesso ignorato, néi nostri
Archivi e Biblioteche; ha fatto con esso rivivere avvenimenti, ridato
notorietà a figure salienti del nostro passato; riunito e coordinato in
unico centro propulsivo e divulgativo, con la schietta impronta regio-
nale, il risultato di tanti studi, che altrimenti sarebbe andato disperso per
varie altre riviste e pubblicazioni lontane e disparate, rimanendo sovente
sconosciuto al maggior numero di noi DIA la parte più interessata
a saperlo e ad usufruirne.

Il dott. Belforti mette poi in chiaro come attraverso la Deputazione,
fanti laboriosi e silenziosi uomini di studio, racchiusi nelle loro città
native, intenti a rintracciarne i ricordi, le opere e le vestigia d’arte, a
riordinarne i documenti sovravvissuti, abbiano avuto il modo di met-
fersi in luce ; essi e con loro le spesso piccole e remote località, ma pur
sempre ricche di qualche patrimonio storico o artistico, a cui quei vo-
lonterosi hanno dedicato, magari per tutta la vita, la propria passione
indagatrice e rievocatrice. Questa funzione di centro di gravità verso cui
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 7

hanno converso e seguiteranno a convergere tutti gli studiosi maggiori
€ minori di memorie umbre, assegna alla Deputazione una missione, che
varca ancora quella del puro campo dell'erudizione e della letteratura
storica.

Il dott. Belforti conchiude infatti osservando come oggi che alla Re-
gione oltre che un suo tradizionale valore geografico e di eventi trascorsi
in più stretta affinità etnica e politica e culturale, sta per assegnarsi
anche una sua funzione nel campo statale e amministrativo, la Deputa-
zione, accanto agli interessi materiali ed economici che danno corpo alla
regione stessa, può, anzi deve avere per proprio conto il compito di man-

tenere l’unità in quello dell’intelletto e del consapevole e ragionevole sen-

timento di una comunità spirituale e morale, che non incrina la com-
pagine della patria, non promuove anacronistici antagonismi, ma su-
scita feconda gara nelle opere della civiltà e del progresso nazionale.
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LO STUDIO PERUGINO
NEL CINQUECENTO

La gloria dello Studio plurisecolare perugino è affidata, come si
sa, alla immensa portata storica dell’opera scientifica svolta dalla
sua scuola giuridica del Trecento, che, applicando i processi dialettici
e della scolastica all’interpretazione della legge romana già glossata
da Bologna, addiveniva con i sommi nomi di Bartolo e di Baldo alla
costruzione dogmatica del nuovo diritto, che il mondo europeo acco-
glieva come proprio diritto comune, a fondamento del diritto moderno,

Ma se ciò è noto, non ugualmente nota è la posizione di primo
piano di nuovo assunta, nel travaglio culturale europeo, dallo Studio

perugino nel corso del Cinquecento; sì che non pare inutile richiamare -

sul punto. l'attenzione: degli storici.

. Un singolare contrasto è nella vita universitaria perugina. del:se-
colo tra l'insufficienza e il decadere degli ordinamenti di governo dello
Studio e l'esprimersi da. esso di una nuova rigogliosa quanto originale
operosità. scientifica; fatti. ambedue conseguenti da una medesima
causa; che è il permanere col ricordo della grandezza passata di una
tradizione: di una tradizione di forme di governo che ostacola l'av-
vento di nuovi ordinamenti più ‘consoni con la mutata situazione
politica, e di una tradizione di metodi di studio che consente alla
verità scientifica già acquisita di non rimanere sommersa dalla vio-
lenta ondata del nuovo pensiero rinascimentale, ;

Lo Studio generale imperiale e pontificio della monarchia univer-
sale del. Trecento, curato e sostenuto dal:comune e guidato nella sua
interna disciplina dalla università degli scolari, è infatti nel secolo xvi
sul punto di scomparire. Spentasi già da tempo nei fatti quella monar-

chia universale in-cui il medioevo aveva creduto, e ad essa, sostitui-.

tasi la monarchia principesca del pontefice, anche lo Studio da cen-
tro culturale del monarca universale, volto esclusivamente alla cura
degli interessi generali dell’umanità tutta, era diventato piuttosto il

centro culturale e lo strumento anche della educazione politica dei

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10 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

sudditi solo del principato, centro vivente per benevola concessione
non piü imperiale o apostolica quanto piuttosto del principe, con i
mezzi finanziari e sotto la protezione di quest'ultimo; cessata ormai
da tempo ogni effettiva libertà comunale, anche la piena autorità e
balia, di cui il comune aveva goduto una volta nella direzione dello
Studio fin dalla fondazione di questo, era perduta; mentre anche l'u-
niversità degli scolari, vista con diffidenza dal governo pontificio in
quanto associazione di stranieri nell'orbita del principato, e seguita e
controllata in ogni sua mossa e sminuita nelle sue funzioni, nonché
turbata da interne agitazioni, veniva ora a mancare come strumento
di disciplina della vita accademica. !
In realtà gl'interventi dell'imperatore e del pontefice come tale, si
eran mutati in interventi del principe o dei suoi governatori e legati;
mentre le magistrature comunali, private di ogni vero attributo poli-
tico e bisognose per ogni atto della superiore autorizzazione o appro-
vazione, era naturale che avessero perduto anche ogni effettiva auto-
rità nelle cose dello Studio. Il Consiglio dei priori e dei camerari delle
arti infatti non fa piü sentire la sua voce negli immediati provvedi-
menti che lo Studio reclama, esautorato come si sente dal governo
pontificio, che a tutto intende provvedere e provvede di suo arbitrio;
la magistratura dei savi, che pur continua ad essere chiamata uffi-
cialmente dal governatore a sovraintendere all'Ateneo, non puó sen-
tire più come una volta l'importanza e la responsabilità del suo ufficio,
quando si vede ridotta alla semplice funzione di suggerire i nomi dei
docenti, che soltanto per l’auctoritas del governo potranno poi salire o
meno alle cattedre; al loro compito i savi non dedicano più quelle ener-
gie che sarebbero necessarie, le loro riunioni non vengono più tenute
regolarmente, la loro vigilanza si fa negligente o mancante del tutto.
Similmente avviene per l'altro organo di governo, l'università
degli scolari, che perduta quell’autonomia e gran parte di quelle im-
munità che già avevano costituito la sua prima ragion d'essere, pri-
vata della maggior parte delle sue attribuzioni, contaminata nella sua
interna costituzione, era vicina ormai a morire: Pio IV ricorda nel
1561 la necessità che il rettore eletto dagli scolari venga approvato
anche dal legato pontificio o dal vicelegato o dal suo luogotenente,
onde l'elezione possa ritenersi valida, elezione del resto ormai saltua-
ria, sì da parlarsi nel 1583 dell'abrogatio rectorum come di cosa già
avvenuta e da potersi scrivere da Cesare Crispolti sulla fine del secolo
del rettore universitario come di personaggio appartenente di già piü
alla storia che ai suoi tempi; la giurisdizione sugli scolari é commessa

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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 11

più che all'Università a governatori e a legati, che han sottratto a
quella la tutela degli studenti nel godimento dei loro diritti e privi-
legi, e la funzione di prevenire e reprimere disordini e tumulti nell'a-
teneo, e il compito di procurare gli alloggi per gli scolari e di curare
il regolare svolgimento dei corsi; mentre i due collegi studenteschi.
o Sapienze vecchia e nuova, e il Collegio della matricola degli scolari

| perugini hanno ottenuto di dividere con l'università la responsabilità

del funzionamento dello Studio partecipando con quest'ultima, a pa-
rità di diritti, al governo della studentesca.

Gli antichi organi comunali e universitari di governo insomma
avevan perso nel Cinquecento gran parte dei loro poteri e dell'impulso
all’azione, mentre i nuovi organi principeschi non erano ancor sorti 0
non erano ancora in grado di svolgere opera efficace, onde agitazioni
studentesche e profondo turbamento della vita scolastica.

Nasce cosi la crisi di ordinamenti, e di conseguenza di funziona-
mento, che travaglia lo Studio per tutta la durata del secolo, di quello
che, dice tuttavia un cronista del tempo, «era un meraviglioso Studio»:
irregolarità nella nomina dei lettori, alcuni dei quali salgono abusi-

vamente le cattedre mentre altri ritengono di non doverne discendere;
irregolarità nella distribuzione dei salari; irregolarità e abusi circa il
numero delle lezioni tenute, e la loro durata e l'ora e il giorno e il luogo
dove vengono lette, o circa la materia in esse trattata, o circa il modo
di trattarla; frequenti tumulti degli studenti nella scuola e dissolu-
zione e delitti anche fuori della scuola, con offese loro arrecate per
reazione dalla cittadinanza e rifiuto di dar loro alloggio nelle case; e
mancata iscrizione degli scolari nella matricola, e abbandono dell'a-
teneo per conseguire altrove piü facilmente il dottorato con grave di-
sdoro per Perugia, e assenze dalle lezioni o allontanamento addirit-
tura da queste per pretesi soprusi compiuti dalle autorità locali.

Ma di fronte alla crisi e nonostante tanto disordine, pulsa attiva
come forse non mai nello Studio la vita accademica e fiorisce l'atti-
vità scientifica nel Cinquecento.

Crescono infatti di numero gli scolari attratti dalla fama dello
Studio, e vi accorrono non solo dalle varie regioni d'Italia ma da ogni
altra parte d'Europa a costituire le nationes in cui l'università stu-
dentesca é ripartita: la romana, quelle del regno delle due Sicilie, della
Marca, della Tuscia, di Romandiola, e la lombarda e la perugina e
la innominata tra le citramontane, e della Catalogna o Hispana, e
della Lemagna o teutonica, e della Francia e della Polonia tra le ul-
12 SECONDO CONVEGNÓ STORICO UMBRO

tramontane e transmarine; e tutto un fervore e un calore nuovo ani-

ma e riscalda studenti e maestri. La città tutta, fatta vera città uni-
versitaria, vive e opera per il glorioso ateneo, nando come « co-
rona praecipua et decus unicum civitatis Perusiae »! 2:

Lo spirito nuovo che vivifica e tutta informa di sé la cultas é
quello che fa capo all'umanesimo con un ritorno alla sapienza del
mondo classico, nell'ardente desiderio di rifarsi in tutto nel pensiero
e nel costume alla tradizione romana e greca, donde si opera quel Ri-
. nascimento da cui l'epoca stessa prende nome.

‘Fino a qual punto un tale ritorno all'antichità ebbe ad assumere
colorito antimedievale non é questione che sia qui il caso di tratta-

re: ma è certo che sul sapere e sulla civiltà dei secoli passati, che pur
alla tradizione romana non é a dire non avessero guardato, il Rina- .

scimento fa sentire tanto. esteso e così profondo il suo influsso, da farne
. scaturire nuovi indirizzi scientifici e addirittura un nuovo vivere civile.
L'intero campo dello scibile è pervaso dal nuovo fermento: dalle
scienze giuridiche alle mediche, dalle filosofiche alle naturali e fino
alla letteratura. e all’arte, i i
Perugia, contesa nel secolo XV tra la sovranità pontificia e le
cedet libertà comunali, non aveva avuto la splendida corte signo-
rile e principesca. che in altre città operò come centro potente di ri-
chiamo di letterati, di poeti.e di artisti, e come focolaio di studi uma-
nistici; ma aveva conosciuto tuttavia il mecenatismo dei Baglioni
e in specie di Braccio Baglioni, che tra tornei e giostre aveva indetto
dispute letterarie e aveva protetto gli studiosi, e che aveva fatto di-
pingere nel suo palazzo i ritratti degli illustri perugini, uomini d'ar-
me e di studio, con le iscrizioni relative dettate dal Maturanzio; e
aveva conosciuto anche, riverbero quasi di quello della corte ponti-
ficia, il mecenatismo dei legati e dei governatori inviati da Roma,

quali il veneziano Pier Donati, il dotto Domenico Capranica, e Barto- .
lomeo Roverella e il colto e ben noto Iacopo Ammannati, e l'umanista

Lorenzo Zane, e ancora il letterato e poeta Niccolò Perotti.
. Spira in pieno ormai nella città l'aria. della Rinascenza, e la
| gioia del vivere in un mondo rinnovato e reso gaio e attraente dalle

arti belle e dalle umane lettere si diffonde e coglie le masse stesse del -

popolo: si moltiplicano le sonanti conciones e le ornate orationes per
ogni atto o avvenimento di rilievo, per rendere omaggio al. pontefice
o per salutare il legato, gratulatorie per l' assunzione al cardinalato e
agli uffici, commemorative: delle virtù di un defunto; celebrative di
una vittoria d’armi o dell’arrivo in città di un illustre personaggio;

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-— - SECONDÒ CONVEGNO STORICO UMBRO 2 13

abbondano i versi per esprimere ogni moto e sentimento dell'animo,
tornano sempre piü frequenti lé reminiscenze classiche; le dispute in

‘materia estetica e letteraria appassionano con le folle sempre più

larghe sfere di dotti: nuove forme di rapporti sociali'e nuovi costumi,
e sfarzo di cerimonie e liete brigate e giuochi e feste e suoni e canti e
danze per le vie e per le piazze dicono del Rinascimento nella consue-
tudine della vita cittadina. Pe Rd

Erano giunti e si erano diffusi in tal modo a Perugia, non perla via

dello Studio, il nuovo modo di vivere ela nuova cultura; e meglio e pri-
ma che lo Studio generale e l'università degli scolari, l'umanesimo e
il rinnovato gusto classico ed estetizzante dei tempi avévano conqui-
‘stato la popolazione e gli uomini di governo.

Dall'ambiente cittadino peró non aveva potuto tutto ció non ri-
verberarsi immediatamente sullo Studio, con nuovi atteggiamenti e
forme di vita scolastica e come sentita esigenza di nuovi insegnamenti
e di nuovi orientamenti in quelli già esistenti.

| La sede dell'ateneo è trasferita nel Cinquecento dalle modeste e
spesso fatiscenti. dimore dei lettori nel sontuoso palazzo del sopra-

muro, il rettore assume l'appellativo di magnificus, togate orazioni

accompagnano l'inizio dell'anno scolastico e il conferimento dei gradi
accademici, si fa più clamoroso il trionfo che segue la nomina del let-
tore e la proclamazione dei dottori, con giostre pranzi e libagioni e
musiche sulla piazza maggiore; si diffonde la stampa da poco introdot-
ta al servizio dello Studio e l’amore per il libro e per le biblioteche,

‘ mentre le ‘cattedre umanistiche, già istituite nell’ateneo per innesto

sugli antichi insegnamenti elementari di grammatica e di autori, ven-
gono assurgendo al ruolo di importanti cattedre universitarie.

AI principio del cinquecento la scuola letteraria perugina si pre-
senta già con una sua buona tradizione, dopo avere avuto lettori di
grido ‘come Guido Vannucci da Isola Maggiore, il grande Tommaso
Pontano da Camerino, il noto ricercatore di manoscritti Enoc d'Ascoli,
il geniale Giannantonio o & avendo ancora a leggere France-
sco Maturanzio.

. La dottrina di un uomo di così alto valore e la fama che giusta-

mente lo circondó e le molte relazioni che egli ebbe col migliore mon- |.

do del tempo, segnano per l'ateneo l'inizio del più bel periodo di at-
tività umanistica e di una tradizione letteraria che perdurerà ancora
nell'Ottocento.

È una larga serie di poeti, di retori, di grammatici che si avvicen-
dano alle cattedre di umane lettere del mattino o della sera nel corso

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Vic 14 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

del secolo, dal perugino Francesco Cameno autore di orazioni, di epi-
stole, di commentari a Virgilio e sopratutto di versi latini, a Riccardo
Bartolini, già salito in buona fama in Germania e autore del noto poe-
ma De bello Norico o Austriade, nel quale la purezza della lingua ben
-si unisce all’eleganza dello stile, chiamato non del tutto immeritata- |
mente Marone perugino; da Matteo Spinelli, buon poeta anch'egli, al DI
grecista Marcantonio Maturanzio; da Cristoforo Sassi, che nel lungo !
| insegnamento trova largo seguito di scolari e che manifesta il suo af-
fetto per la città cantando le laudes Perusiae, a Rocco Pilorci, a Ora-
zio Cardaneti, uno dei migliori studiosi dell'epoca, a Baldassarre An-
sidei, dottissimo nelle lettere latine e greche, e a tanti altri.
Che una tale serie di docenti tuttavia valesse a conferire allo Stu-
dio cinquecentesco carattere di vero e grande centro letterario non
oserei affermare; né ritengo possa dirsi che tutto o il migliore umane-
simo perugino si esaurisse nel cerchio degli universitari.
Nell'atmosfera letteraria e artistica dei nuovi tempi vivevano
certo anche gli scolari dello Studio, quelli ad esempio che nel 1500,
vedendo il cadavere di Astorre Baglioni giacere sulla pubblica via,
lo venivan paragonando con la figura di un antico romano; ma non |
poteva ció bastare per non fare apparire lo Studio ancora nel 1530 al è
raffinato umanesimo di Aonio Paleario tutto pieno di barbarie, tanto
da indurlo a rifiutare l'offerta di esservi cooptato come studente e ad
affrettare la sua partenza da Perugia.
Forse, se il verolano avesse meglio conosciuta la città, avrebbe
trovato in altri circoli quell'ambiente letterariamente colto ed acco-
gliente ch’egli cercava e avrebbe trovato anche all’infuori dello Stu-
dio una società umanisticamente colta, quella che dava nello stesso
secolo uomini come Vincenzo Oradini, Alfano Alfani, Dario Podiani,
Marcantonio Bonciario, Cornelia Baglioni, Cesare Caporali, France-
sco Coppetta, Filippo Alberti e Vincenzo Paletari; e donde venivano
nascendo le varie accademie degli Atomi, degli Insensati, degli Scossi,
degli Unisoni, degli Alessi, degli Insipidi, degli Eccentrici, per offrire
alla vita letteraria della città altrettante palestre di diletto e di studio
più che non lo fosse l’Università con le sue cattedre di lettere. è

C'era di vero però nell’accusa lanciata dal Paleario il fatto che
l’Università, per quanto non avesse potuto chiudere le porte alle cor-
renti umanistiche e per quanto queste fossero anche di già largamente
penetrate nella cerchia dei giuristi, restava tuttora prevalentemente
avvinta agli studi di giurisprudenza e in particolare al metodo barto- col s

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 15

lista che ne aveva nel Trecento assicurata la fama: ed é proprio in-
fatti per la tenace difesa del bartolismo, e con ció del valore di legge
viva e attuale del diritto dei testi romani contro i nuovi metodi storici
e filologici d'interpretazione di quei testi, che l'Università perugina

conquista nel Cinquecento un nuovo grande titolo di merito nei con-

fronti della civiltà umana.

E indubitato che quel contrasto di metodi e di mentalità che
distingue e separa la fredda determinazione della logica giuridica dai
caldi entusiasmi della poesia e dell'oratoria, aveva fatto trovare a
letterati e poeti e oratori un ambiente non del tutto propizio nell’a-
teneo, e un motivo di opposizione anziché un incoraggiamento e un
invito; ma è lo stesso che consentirà ora ai giuristi del Cinquecento,
in un momento in cui altrove gli studi giuridici van degenerando sotto
l’influsso umanistico nella storia e nell'archeologia, di rimanere fon-
damentalmente aderenti al dogma e al diritto di Giustiniano.

C'é che mentre in Francia e altrove la tendenza umanistica an-
timedievale di studio del Corpus iuris civilis romano, alla luce della
storia e della filologia accusatrice dei bartolisti italiani di ignoranza,
trovava potente alleato in un acceso nazionalismo volto a spezzare,
dopo ‘aver infranto con l'impero l’unità politica dei popoli europei,
anche la loro unità giuridica e quel vincolo che per questa ancora li
univa a Roma, in Italia invece motivi siffatti non avevano ragione di
esistere, chè anzi le leggi romane e imperiali non potevano qui non
essere ricordo di antica gloria e motivo di orgoglio nazionale; e c’è
poi che, mentre fuori d'Italia quel diritto di Accursio e di Bartolo po-
teva apparire, come difatti appariva, diritto d'importazione straniera,
che un abbondante diritto consuetudinario locale e una non meno
abbondante legislazione regia tendeva a sostituire e soppiantare, qui
invece, dove esso era nato, trovavano in esso diritto buona soddisfa-
zione i peculiari sentimenti e bisogni della nostra gente e assurdo
sarebbe stato pensare di poterne prescindere,

Tanto più così doveva pensarsi a Perugia, dove il diritto di Bar-
tolo con le sue ulteriori derivazioni rappresentava anche la gloriosa
tradizione dello Studio: non avrebbe potuto mai l’umanesimo qui,
penetrando nella scienza del diritto, indurre alcuno a biasimare e a
vilipendere il sapere della bella scuola trecentesca o addirittura Giu-
stiniano e Triboniano e la loro compilazione, come stava avvenendo
in gran parte d'Europa per opera della scuola cosidetta della Culta
giurisprudenza e sulla via che nel 1567 indicava in Francia l'Antitri-
boniano di Francesco Hotman. L'umanesimo poteva fondersi in Pe-

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16 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO.

rugia col bartolismo è con ciò parzialmente alterarne le linee; mon però
apertamente avversarlo e non davvero negarlo. E così infatti avverrà.

' La tendenza enciclopedica che, come si sa, fu uno dei caratteri
della cultura rinascimentale, si ritrova ora nei giuristi perugini del

Cinquecento, con una più intima unione della scienza civilistica con la.

canonistica, con una larga immissione di elementi filosofici e morali
‘ nel diritto, con frequenti riferimenti all'antica sapienza classica e un
. penetrare dell’archeologia negli studi giuridici, con un più attento e
corretto riguardo al significato lessicale dell’espressione latina e a

quello storico della legge, con una maggiore cura del bello scrivere da.

parte dei giuristi che non disdegnano a volte di dilettarsi anche di

poesia. Tutto ciò non mancherà di dare ai loro scritti un sapore fino .

allora ignorato per l'erudizione che addolcisce la severità dell'argo-

mentazione puramente giuridica, per l'argomentazione stessa che si fa

meno serrata e però anche più semplice che in passato, per un mino-
re acume forse a vantaggio peraltro di una maggiore chiarezza e di
una visione piü vasta dei problemi, per una tendenza invero perico-
losa a confondere il genere giuridico con quello letterario, senza: peró
provocare lo slittamento degli studi di diritto in quelli storici e filoso-
fici come avviene con i Culti. Pur impregnata di umanesimo insomma,
la scuola giuridica perugina cinquecentesca resta scuola di giuristi
con indirizzo dogmatico, che imposta e risolve le questioni seguendo
il vecchio metodo scolastico, che guarda sempre alla legge del Corpus
iuris come al diritto vivente del suo tempo, che fa tesoro ancora del-

l'interpretazione data dalla glossa e dal commento perché quel dirit-

to risponda nel modo migliore alla pratica dei tribunali.

In questa rinnovata forma di neo bartolismo la scienza giuridica
perugina ha nel Cinquecento una felice ripresa, con nomi di giuristi
che possono annoverarsi tra i migliori che la scienza del diritto cono-
sca. Lo stesso entusiasmo che anima in genere i letterati umanisti

pare invitarli al lavoro e all'esaltazione della giurisprudenza; la stessa
aureola di gloria, che circonda quelli nelle corti principesche e agli -

occhi delle folle, pare estendersi anche ai giuristi perugini, primi sem-
pre nell'ordine delle precedenze tra i lettori dello Studio, investiti dal
comune dei piü delicati incarichi politici e aniministrativi, onorati
dai pontefici, ambiti dagli altri Studi, richiesti spesso del loro consi-
glio dai principi d'Italia e d'Europa per la soluzione delle più ardue e
importanti questioni. |
Elencarli tutti e dire qui dei meriti di ognuno non sarebbe possi-
bile. Ricorderó tra i maggiori Guglielmo Pontano detto nella matri-

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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO : 17

cola collegiale famosissimo e corifeo delle leggi; Giulio Oradini, dotato
di una forbita e affascinante oratoria e che con la sua presenza con-
feriva, a dire di Pietro Aretino, lo « splendor solito allo Studio peru-
gino »; Ristoro Gastaldi, che componeva il noto trattato De impera-

| fore, per sostenere, e correttamente da un punto di vista giuridico,

le ragioni imperiali ancora in piena epoca moderna, dando ampio sag-
gio delle sue capacità di giurista e della sua erudizione; Giovan Paolo
Lancellotti, autore per primo delle Istitutiones di diritto canonico,
pubblicate poi nel Corpo stesso di quel diritto, e insieme di carmi e di
odi; Marcantonio Eugeni, gran pratico, come lo dice il Gentili, alla

. cui abitazione, secondo lo Iacobilli, tutti accorrevano come all'ora-

colo di Apollo; e ancora Tobia Nonio sottilissimo, Bernardino Alfani,
Galiffo Bacialla acutissimo ed eccellentissimo, Sforza: Oddi ricchissi-

mo, Ascanio Scotti, Benincasa Benincasa, Cesare Fumagioli, Giovanni

Battista Fedeli, Marcantonio Severi diligentissimo, Filippo ‘Massini;
e, colui che forse più di tutti sente l'umanesimo letterario e storico,
Rinaldo Ridolfi detto Ridolfini, alle cui lezioni, come riferisce lo
scolaro Alberico Gentili, germanici e galli e spagnoli e ultramarini
eran visti attoniti, fissi alla cattedra con le orecchie e con gli occhi e
con tutto il petto ad ammirarne la gravis, suavis, numerosa pronun-
ciatio e la sermonis puritas con la solidità di dottrina giuridica e il
buon metodo didattico.

Il latino del Ridolfini è elegante e belit e lo stile di gusto classico,
né é per lui inopportuno fondere la speculazione puramente giuridica

con quella storica e filologica dei testi e con quella morale e sociale:

delle questioni trattate; e con ció egli si accosta ai Culti e rischia di
passare, senza avvedersene,il ponte che ancora separa il bartolismo,
sia pure umanistico, dalla Culta giurisprudenza, e di cadere dalla dog-
matica giuridica nell'erudizione storico-letteraria. Ben se ne avvidero
i suoi scolari perugini, quando, interpretando nel 1579. il maestro un

titolo del Digesto e dilungandosi eccessivamente nell'illustrazione -

storica del tema, facevano strepito e tumulto, e solo si placavano: im-
prossivamente allorché, interrotti di colpo i riferimenti storici, udi-
vano dalla bocca del Ridolfini le parole « et ideo Bartolus », inizio della
trattazione. del diritto in uso: giuristi culti alla moda cuiaciana, pur
tanto diffusa in tutta l'Europa, avrebbero corso pericolo di sentirsi
apostrofare dalla scolaresca perugina con la massima’ contumelia:
«Pedagogi foras »; poiché scienza giuridica degna dello Studio non
poteva essere ritenuta che quella di Bartolo!

Non a torto Alberico Gentili, m sostenere il metodo italiano B

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18 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

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insegnare il diritto contro il metodo gallico, si riferiva ai suoi perugini
che univano alla vera sapienza giuridica l'erudizione umanistica dei

nuovi tempi, ed esaltava in un’accesa orazione pronunciata avanti agli

studenti e ai maestri di Oxford le antiche e le moderne glorie dello Stu-

dio di Perugia, tessendo le laudes academiae Perusinae: era appunto

la scienza perugina che egli portava in Inghilterra, ed era per quella
che una nuova recezione del diritto romano si verificava nell’isola.

Senonchè un così alto livello scientifico raggiunto dalla scuola giu-
ridica del Cinquecento non trova a dir vero riscontro in altrettanto pro-
gresso della scuola medica: «Si accontenti Perugia di essere eccelsa nella
eloquenza e nella scienza del diritto, aveva ammonito Padova, e lasci
ad altre città di essere celebrate nella filosofia e nella medicina ».

Nemmeno può dirsi però che le scuole mediche di Bologna e di
Padova distanziassero molto per valore quella di Perugia, ‘poiché il
progredire in genere della medicina era ovunque ostacolato ancora
nel Cinquecento dalla persistente impostazione prevalentemente spe-
culativa meglio che sperimentale degli studi medici, vincolati tuttora
alla lettura e all’interpretazione dei testi classici della medicina greca,
latina e araba del passato; né tale impostazione sembrava facile ri-
muovere senza ledere quella generale impostazione morale di tutti
i problemi, che era stata propria del medioevo e che l’avanzarsi del-
l’età moderna solo gradualmente andava minando. E anzi l’uso smo-

dato della dialettica, che come nello studio del diritto, era penetrato

anche in quello della medicina, aveva aggravato lo stato delle cose,
con una interpretazione di quei testi spesso cavillosa ed errata, che
ne aveva reso equivoco il significato. |

Non si era insomma ancora nel secolo XVI presa quella via che
sola poteva condurre la medicina alla sua rinascita, ela scienza me-
dica permaneva in una stasi dalla quale non uscirà che col separarsi
da alcuni canoni di natura filosofica che senza motivo la tenevano
invischiata. E ció mentre la consapevolezza negli studiosi di una inca-
pacità a progredire, e la constatata insufficienza delle loro cognizioni
ad adempiere in pieno alla funzione salutare, generano uno stato di
disagio negli stessi uomini di dottrina e nei profani, che induce i primi
a procedere con l'empirismo e per tentativi e a rimettere a volte la
causa e la cura del male a potenze occulte, e che porta i secondi spesso
ad una ostentata sfiducia nei medici, che non rifugge dalle piü crude
manifestazioni di disprezzo e dal morso della satira.

Imperversano frattanto a Perugia i mali vecchi e i nuovi, dalle

———
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 19

pestilenze che si abbattono periodicamente sulla città, al nuovo mal
francese o sifilide comparso al seguito delle milizie di Carlo VIII sul
finire del secolo precedente, al cospetto dei quali la medicina bran-
cola nel buio, ricorrendo per la peste ai vecchi e infelicemente speri-
mentati rimedi e prescrivendo per la sifilide strani miscugli di sostan-
ze e di unguenti poiché — lo si dichiara esplicitamente - di quel male
«non se ne trovava testo alcuno che ne parlasse ». |

Né l'umanesimo, sopraggiunto ad influenzare l'intero mondo
della cultura, arreca beneficio immediato alla scienza medica, ché
anzi ne sospinge sul momento i cultori per altro errato cammino,
aggiungendo al medico filosofo il medico letterato e poeta, con la
mente educata a valori ideali ed estetici che lo distolgono dal campo
tutto reale della medicina anziché richiamarvelo.

Nomi lodati ed esaltati dai contemporanei, secondo il fantasioso

t

frasario dell'epoca, e contesi a Perugia dalle altre Università e dai

principi per la cura della loro salute, non mancano tuttavia allo Stu-
dio; né difettano a dir vero, in un periodo storico cosiricco di vita e
di interessi, studiosi di ingegno e di vasta cultura ed esperienza,
che sanno anche portare, per felice intuizione, sprazzi di luce nell'at-
mosfera nebulosa da cui le infermità apparivano di solito avvolte; ma
non consentirono quegli errati presupposti teoretici e metodologici
cui si é accennato, che approdassero i loro sforzi ai felici risultati che
sarebbe stato lecito attendersi.

L'abilità professionale pare prendere decisamente il sopravvento
sulle qualità di scienziati nei lettori del secolo, guidati dall'empirismo
piü che dalla ricerca scientifica; e sono ad esempio infatti i dati dell'espe-
rienza che conferiscono particolare valore terapeutico nell'epoca alle
acque minerali e termali, si da indurre il Comune a stipendiare medici
detti dell'acqua e l'Università ad accordare agli studenti e ai professori
un periodo speciale di vacanze primaverili dette appunto potionum.

Emergono sugli altri lettori Girolamo Accoramboni, che usando il
latte come farmaco saliva in alta reputazione quale uomo dotto negli
studi filosofici e ottimo medico, archiatra poi di Leone X, di Clemente
VII e di Paolo III; Girolamo Vermiglioli, autore di questioni mediche
e di commenti a Ippocrate e.a Galeno; Gian Lorenzo Chiriaci da Sasso-
ferrato; il perugino Lucalberto Podiani, colto oltreché in medicina
in filosofia ed in oratoria, magnus orator, summus logicus, maximus phi-
losophus et excellentissimus medicus ; Andrea Cibo da Fratta, illustre
sopratutto come clinico, detto dall'Aretino « secura sanità degli infer-
mi » medico di Clemente VII e di Paolo III; Vincenzo Puzi, autore
nin Sp
4 =

20 SECONDO. CONVEGNO STORICO UMBRO |

‘di un trattato contro l’epidemia e di carmi e di componimenti acca-
demici; Angelo da Matelica, fatto cittadino di Perugia in riconosci-
mento del lungo insegnamento tenuto nello Studio; Francesco Cic-
carelli da Foligno, che fu poi lettore eminente di medicina teorica a
. Bologna; Gian Bernardino Rastelli, dotto anche in greco, in letteratu- . |
ice oe: ra e in filosofia, oltre che ottimo interprete di Galeno. . d |
bl Il carattere di periodo di transizione tra la medicina medioevale e |
I wi : la nuova; proprio del Cinquecento, ha in questi contatti tra umanesimo i
| | escienza medica una delle sue più significative manifestazioni: ne nasce — - |
o un ulteriore disorientamento per la medicina, ma con questo anche un |
graduale distacco da alcuni fondamentali postulati, apparsi fino allora . l.
incontrovertibili, e la possibilità quindi di un radicale rinnovamento.
Di tale rinnovamento ab imis che andava disponendosi, non deb-
bono infatti sfuggire alla nostra attenzione alcuni chiari segni rivela-
tori. Fin dal 1537, al pari di quanto nello stesso anno avveniva a Bo-
logna per opera del Ghini, Francesco Colombo detto Platone per il
suo ingegno e per il suo sapere, dava inizio per primo ad un insegna-
mento di scienza delle erbe e delle piante da una cattedra detta dei
semplici, cui si aggiungerà presto un corso di esercitazioni pratiche,
insegnamento che rappresentava un incentivo notevole per gli studi
E . - maturalistici e botanici e il sorgere di una nuova farmacopea, della
B, . quale è noto l'immenso aiuto che verrà alla terapia; di ancor maggiore
Fu ^ .importanza, e chiave di volta per la costruzione della nuova medicina,
de è la sempre più alta considerazione in cui venivano salendo gli studi
il ‘ anatomici, fino ad ottenere l'anatomia nel 1580 una cattedra propria
EU insieme con la chirurgia, affiancata poi da un insegnamento pratico
E ad incidendum, cattedra anatomica coperta per la prima volta da Pier
i Paolo Galera addottorato a Padova, autore di un trattato De pulsi-
bus e di un altro in materia di medicamenti; un terzo indice infine di
rinnovamento si manifestava con la tendenza a liberare del tutto
| . la medicina dal mistero connesso con quella scienza astrologica, che
i .l'accentuato senso critico e più ancora le nuove cognizioni di mate-
| matica e di astronomia andavano riducendo nei suoi propri confini:
|

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Gian Battista Baffi da Corinaldo, già scolaro a Padova del Fallocchio, |
| . che fu alla cattedra medica perugina nel 1580 e in seguito, denunciava -
il | apertamente come in nessun senso l’astrologia potesse considerarsi utile
il al medico, né al teorico né al pratico, né ai paracelsisti, né ai chimisti.

Il fm Tutto chiaramente annunciava nel secolo il nuovo orientamento
i| scientifico cui sospingevano il desiderio di ricerca e il più vivo spi-
il rito di osservazione del Rinascimento.
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SECONDO CONVEGNO STORICO : UMBRO 21

Non meno questo desiderio e questo stesso spirito, nonché le
nuove esigenze della tecnica e la migliore conoscenza che veniva

.. acquistandosi dell'antica sapienza greca, avevano richiamato anche le
q

menti già nel Quattrocento e le richiamavano ancor più nel Cinque-

. cento ad altri studi, a quelli cioè matematici e alle loro diverse applica--

zioni nel campo dell'astronomia, della geografia, della fisica, dell'archi-
tettura; e una bella scuola matematica era già nell’ateneo agli inizi del

secolo XVI col gran nome di fra Luca Paciolo da Borgo San Sepolcro.

L'eccezionale valore di scienziato e di maestro di fra Luca è
troppo noto perché sia qui necessario farne particolare cenno: era

egli il primo che chiariva e volgarizzava con la sua opera i principi

basilari dell'algebra e che rivelava con lo scritto sulla proporzione e
sull'architettura lo stretto legame intercorrente tra matematica e
arti belle. Ai suoi carissimi studenti perugini egli dedicava il primo
trattato di algebra e di geometria.
Ascoltava le sue lezioni tra gli altri il perugino Girolamo Bigaz-
zini, che diveniva poi abilissimo architetto oltreché matematico, a-
stronomo e astrologo di fama europea, maestro a sua volta di Vincenzo
Menni, buon letterato e poeta oltreché lettore matematico di vaglia.
Salivano ancora la cattedra di astronomia Scipione Crispolti e quella
di matematica Pierantonio Cataldi, che sarà poi a Bologna uno dei
più illustri esponenti della bella scuola matematica di quell’ateneo.
Completavano le facoltà dello Studio gl’insegnamenti filosofici
impartiti nel Cinquecento, tra gli altri, dall'agostiniano Taddeo Gui-
delli, che fu teologo fra i più insigni nel concilio di Trento, dal noto
filosofo senese Francesco Piccolomini, dal filosofo nonché letterato
e medico Giovanni Tinnoli, e da Baldassarre Gambarini, che insegnó
anche a Bologna e a Pavia; né vanno dimenticati infine gli studi di
teologia, che si ordinavano in quel secolo con regolari corsi in una
loro propria facoltà.

Questa è l’Università perugina cinquecentesca: maestra di diritto
ancora una volta alle genti, centro vivo di cultura letteraria, medica,
matematica, filosofica e teologica, fervida di attività studentesca e di
operosità di studiosi, tutta vibrante, in un solo nesso con la città,
di fiorente rinascenza. Ben vedeva Alberico Gentili ardere nel secolo
tre grandi luci a rischiarare il mondo, quella di Parigi, quella di Oxo-
ford e quella di Perugia: possa, per amore degli umbri e delle vicine
regioni, tornar tale l’ateneo dei nostri giorni.

GIUSEPPE ERMINI
S. BERNARDINO DA SIENA
E LO « STUDIUM PERUSINUM »

L’Ordine francescano dei Frati Minori per celebrare condegna-
mente il quarto centenario della morte dell’illustre suo figlio S. Ber-
nardino da Siena, ha stabilito di fare l’edizione di tutte le sue opere
latine e volgari con l'apparato scientifico, critico e letterario che l'im-
portanza delle medesime e l'esigenza dei tempi presenti esigono. A
tale scopo una commissione di esperti religiosi lavorano da parecchi
anni nel Collegio internazionale di S. Bonaventura di Quaracchi (Fi-
renze). Essendo il sottoscritto un umile collaboratore di tale commis-
sione, ha coustatato molti ed interessanti rapporti che vi sono fra
il Santo senese a Perugia e il suo Studium (1).

Tutti sanno che Bernardino é il piü grande oratore sacro della
prima metà del sec. xv; non solo perla facondia ed efficacia del dire,
ma ancora per avere usufruito di tutte le fonti filosofiche, teologiche,
nonché giuridiche e sociologiche del tempo, dando cosi una forma nuova
piü pratica ed efficace all'oratoria sacra italiana. Mentre molti uma-
nisti di quell'epoca tentavano di svalutare e disprezzare la Scolastica
e la Glossa tanto giuridica, che canonica e civile, S. Bernardino, ci-
tando spesso il grande Baldo ed ispirandosi alle sue dottrine morali
e giuridiche, comprese che la Teologia e il Diritto devono essere i di-
rigenti intellettuali e morali della società civile e cristiana, e ad essi
conformarsi le intelligenze e le volontà di ogni tempo; tenendo conto
delle circostanze ed esigenze pratiche che il succedersi degli eventi
possono esigere. Inizió quindi e propagó la grande opera di trasportare
i tesori scientifici, teologici e giuridici dalla catedra universitaria al pul-
pito e rendere partecipe anche il popolo, anzi trasfondere questo succo

‘vitale negli individui, nelle famiglie dei diversi gradi sociali e con esso

preservare il popolo cattolico italiano dall'eresia e dal mal costume.
Prima del Cinquecento le dottrine teologiche e giuridiche erano

(1) Dell'accennata edizione sono ora pubblicati i due primi tomi: S. Ber-
nardini Senensis Opera omnia studio et cura PP. Collegii S. Bonaventurae ad
fidem codicum edita. Ad Claras Aquas (Quaracchi, Firenze) 1950.
SECONDO CONVEGNO. STORICO UMBRO 23

ordinariamente trasmesse nei Commentaria al Libro delle sentenze
di Pietro Lombardo e relative Questiones, Summae etc.; nonché nelle
Glossae al Diritto canonico e civile in modo cosi complesso e difficile,

che solo relativamente pochi esperti potevano attingervi. S. Bernar-
dino, anche in questo seguace di Baldo, vide la necessità di trasmet-.

tere tali discipline secondo argomenti e trattati separati. A tale scopo
scrisse vari Tractatus, come De restitutionibus, De contractibus. De
usuriis etc.

Il Santo senese conosceva bene lo Studium perusinum anche pri-
ma di prendere l'abito francescano, per avere frequentato con raro
profitto per tre anni la scuola di Diritto canonico e civile della sua
città, (1) ove insegnava con rara competenza Giovanni di ser Buccio
da Spoleto, (2) il quale asseriva: di non aver mai avuto scolaro piü
dotto oltreché onesto dell'Albizzeschi. (3)

Le frequenti citazioni di Baldo e delle sue opere chetroviamo ne-
gli scritti bernardiniani ci autorizzano a credere, che il Santo abbia fin
da giovane largamente attinto alle dottrine dello Studium perusinum.

I rapporti poi personali di S. Bernardino con Perugia come ora-
tore sacro e grande apostolo del suo tempo sono frequenti e di som-
ma efficacia religioso-sociale, come risulta chiaramente dalle crona-
che contemporanee e dai documenti pubblicati dal P. Antonio Fan-
tozzi, O. F. M. (4); rapporti che si estendono anche all'Università,
come ci rende noto un anonimo predicatore a Padova fra il 1445 e il
1450, il quale dice — O beatissime Bernardine, predicando in Perusio
tu cavasti de mundo in duobus mensibus circa quadringentos homines

(1) PrANA P. CELESTINO O.F.M., I processi di canonizzazione su la vita di
S. Bernardino da Siena: in « Archivium Franciscanum Historicum » an. XLIV,
(1951), p. 136 s., P. VrrroniNo FACCHINETTI O.F.M., S. Bernardino da Siena,
Milano 1933, p. 18 ss.

(2) I. MonFRIN, Dialogo di Gio. da Spoleto a Jacopo Altoviti vesc. di Fie-
sole (1407) in « Rivista di Storia della Chiesa in Italia » 3, (1943), 9-44; P. Naz-
ZARIO RosaTI, I Maestri di S. Bernardino teologo nel giornale « Il Popolo di
Siena ».

(3) BENEVOGLIENTI in « Anal. Boll. », XXI, 4. FACCHINETTI, l. c., 19.

(4) P. AnToNIO FaANTOZzzI, Documenta perusina de S. Bernardino senensi
in « Archiv. Franc. Hist». tom XV. (1922), 183-154; 406-470, S. GADDONI,
Vita inedita di S. Bernardino da Siena scritta circa il 1450 da Fr. Sante Bon-
cor O.F.M. Arezzo 1912, p. 14. FACCHINETTI, l. c., p. 394 ss; 427 ss; GRAZIANI,
Cronaca, in « Archivio Storico Italiano », vol. XVI, (1850), p. 313-314 a anche
Diario di Antonio dei Vecchi, ed. Fabretti in « Cronache della città di Peru-
gia », vol. II, p. 5. (Torino 1888).

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24. SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

qui intraverunt religionem inter filios doctores et mares et feminas —. (1)

Gli ottimi risultati ottenuti dall'Apostolo senese in questa città ci

spiegano la straordinaria simpatia di lui per Perugia, espressa publi-
camente. dal medesimo nelle predicazioni come ci riferiscono gli stu-
diosi bernardiniani P. Fantozzi (2), P. Pacetti (3), P. Facchinetti (4)
ed altri, che attinsero tali notizie dagli scritti del Santo medesimo [
dai suoi ammiratori contemporanei. :

‘ Le visite e permanenze di S. Bernardino a à Perugia d non ebbero

. il solo scopo della predicazione e della riforma dei costumi; ma vi

era richiamato dal suo officio di Vicario Generale della famiglia reli-
giosa dei Frati Minori dell'Osservanza (5). Raccolse egli l'eredità
del B. Paoluccio Trinci da Foligno e del P. Giovanni da Stroncone

nella propagazione e direzione di quel movimento di ritorno alla più.

stretta osservanza della regola francescana e sotto il suo potente im-

-pulso e sapiente indirizzo apportò un vero rifiorimento dell'Ordine Se-

rafico.. Appena eletto all’ufficio anzidetto, S. Bernardino si avvide che
nella nascente famiglia dell’Osservanza la preparazione.teologica, scien-
tifica e letteraria lasciava a desiderare in molti religiosi, specialmente

novelli, che seguendo il suo esempio, desideravano dedicarsi alla sa-.

cra predicazione ed agli altri offici del ministero sacerdotale. Vide la
necessità di fondare uno studio proprio ed adatto alla formazione ade-
guata per cotesti religiosi. Perugia, quasi centro di questo. movimento

dell’Osservanza; fu scelto da lui come sede di questo nuovo istituto, ‘
in considerazione dell'allora fiorente Studium Perusinum, ove con :
facilità insegnanti e studenti potevano comodamente accedere per

completare e perfezionare la loro cultura. II suo discepolo Bernardino
di pus ci attesta nella sua Chronica Fratrum Minorum Observan-

| ‘(1) PACcETTI, La predicazione di S. Bernardino da Siena i Plruola e ad : :

Assisi nel 1425, in « Collectanea Franciscana », 9 e 503.

(2) FANTOZZI, l.c., p. 105-108.

1C (9) :PAGETTS, loe.

° (4) FACCHINETTI, l. c. p. 394-398, 425- 432. Questi ed altri autori cipustano
brani di prediche del Santo a conferma della sua simpatia per Perugia. Vedi
Le prediche volgari di S. Bernardino da Siena dette nella Piazza del Campo
l'anno 1427, ed. L. Banchi, vol. I, Siena 1880, p. 97, 349; t. III, 497.

(5) MARIANO DA FIRENZE, Compendium chronicarum fratrum Minorum in
«Archiv, Fraric. Hist », t. III, p. 709, attesta che Bernardino fu nominato nel

1421 Vic. Gen. degli Osservanti di Toscana e dell'Umbria e viene confermato:
da Agostino da Stroncone, L'Umbria serafica in « Miscellanea Franciscana »,:

1889, t. IV, p. 122. La nomina a tale officio per tutta l'Italia avvenne nel 1438.
WADDING, « Annales », t. XI, p. 35-37. :

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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO | 25

liae (1) che S. Bernardino scelse il convento di Monteripido sito a
pochi passi da Perugia per fondarvi uno studio di Teologia e Diritto
canonico e l’inaugurò egli stesso col dettarvi il trattato De censuris.
Tale notizia è confermata dal P. Agostino da Stroncone nella sua
Umbria Serafica (2) e dal Wading nei suoi Annales (3), i quali asse-
gnano come data di fondazione il 1440; mentre il P. Dionisio Pacetti
O.F.M. in un recente studio opina, che la fondazione di tale scuola
sia di qualche anno precedente (4). i

Facciamo ancora notare; che i più illustri discepoli e di poi com-
pagni di predicazione del grande amico di Perugia S. Bernardino,
furono S. Giovanni da Capistrano e S. Giacomo della Marca, ambedue
di somma fama come santi e oratori sacri, da emulare il loro padre e
maestro, nonché di somma fiducia dei Papi di quel tempo, i quali si
servirono di loro in negozi difficilissimi, come Legati pontifici presso
principi e nazioni ed anche presso gli eserciti crociati contro i Turchi].
Ambedue con massima abilità e perizia assolsero.le loro missioni di-
plomatiche e giuridiche da giustamente meritarsi la gratitudine e
l'ammirazione. dei contemporanei e degli storici che ci hanno tra-
mandato le loro gloriose gesta. Tanto l’uno che l’altro poi, hanno
lasciato scritti preziosi in materia teologica e giuridica, la cui pubbli-
cazione sarebbe di sommo onore ailoro autori, all'Ordine religioso dei
francescani del quale erano membri, ma anche all'Italia ed in modo
particolare allo Studium perusinum del quale furono scolari e dal
quale ebbero la loro formazione letteraria e giuridica.

Debbo in ultimo far notare che studenti ed insegnanti dello stu-
dio di Monteripido, non. solo frequentarono con sommo profitto i
corsi universitari dell'ateneo perugino, ma parecchi di essi furono sti-
mati degni di reggerne le cattedre come Maestri (5). Perugia quindi
con S. Bernardino e suoi discepoli, mediante la sua celebre Università,
si associa ed é partecipe alla grandiosa e benefica opera di religione,
di cultura e civiltà che l'Ordine Francescano diffonde da secoli in tutto
il mondo. . :
EPI CRAIMONDO Pi. O.F.M.

‘ (1) Ed. Lemens, p. 26.

:(2)4 T6. ; pi .156.

(3) L.c. p. 184.

(4) S. Bernardino da Siena Vicürio Generale dell'Osservanza in «Studi
francescani » XVII, (1945) p. 41.
| (5) V. GrusEPPE ERMINI, Storia della Università di Perugia, Bologna,
1947. i

ve * E ia f£» Pi , as ^ vt. I Y.
IL. MANICOMIO DI « S. MARGHERITA »
IN PERUGIA NELLA STORIA .
DELLA PSICHIATRIA DELL'800

Non mi é consentito, nel breve tempo concesso ad una comuni-
cazione, dire compiutamente del contributo recato agli studi psichia-
trici dell'800 dal Manicomio di Perugia.

Mi limiterò a ricordare a grandi linee quel tanto che basti
a richiamare l’attenzione degli studiosi e di quanti amano le no-
stre cose su questo Istituto che, sorto quando la Psichiatria muo-
veva i primi passi per essere scienza, ebbe poi tutta la sua attività
legata al meraviglioso sviluppo da essa raggiunto in quel secolo.

Fino alla fine del *700 le malattie mentali erano ritenute comu-
nemente il prodotto di stregonerie o di ossessioni diaboliche, e gli in-
fermi erano trattati ancora secondo i principi di Celso: « Fame, vin-
culis et plagis ».

Senza eco si erano levate, dal 1500 in poi, voci isolate di medici
insigni, come Mercuriale, Gardano e Platter, contro i pregiudizi do-
minanti; né molto successo ottenne poi il Valsalva, allievo di Mal-
pighi e maestro di Morgagni, che verso la fine del '600 chiese per gli
alienati un trattamento umano quale si conveniva a dei veri infermi.

Fu soltanto un secolo dopo, verso la fine del '700, che ad opera.

di un grande medico italiano, Vincenzo Chiarugi (1759-1820), si iniziò
una nuova era per la Psichiatria e per l'assistenza dei malati di
mente.

Fu infatti il Chiarugi a sostenere per primo, in contrasto con le
dominanti opinioni del suo tempo, che la pazzia fosse dovuta a « una
offesa primitiva del cervello » e che potesse trovare giovamento ed
anche guarire con appropriate terapie e sopratutto con la cura mo-
rale. Non senza contrasti riuscì, seguito poi dal Pinel in Francia, a
far togliere le catene agli alienati e a procurare loro un trattamento
più umano.
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 27

Il Chiarugi poté curare i malati di mente, secondo le sue conce-
zioni, nell'Ospedale di S. Bonifacio di Firenze, da lui organizzato e
diretto e che per suo consiglio era stato fondato da Leopoldo di To-
scana, cui va il merito di avere emanato le prime leggi Der l'assisten-
Za e il ricovero dei malati di mente.

Quale fosse il profondo mutamento apportato dal Chiarugi de
lo spirito e nella pratica dell’assistenza psichiatrica, appare chiaro
dalla lettura del Regolamento da lui redatto nel 1789 per l'Ospedale
di S. Bonifacio, di cui riporto il seguente brano:

Avvertirà scrupolosamente l'infermiere medico che gnun ministro,
professore, assistente, servente ed altre persone addette all'Ospedale
o estranee, ardisca mai, per qualunque pretesto percuotere i dementi,
dir loro ingiurie, provocarli, specialmente nel tempo delle maggiori
loro furie e far burle di alcuna sorte, e di obbligarli, nell'Ospedale
specialmente, di cose laboriose senza l’espressa licenza del medesimo
infermiere, il quale potrà ordinare ciò forse, per medicarlo e per
sollievo.

Fu sotto l'impulso di queste nuove idee, che portarono una vera
rivoluzione nel concetto della pazzia e nei metodi di cura e assistenza,
che, per iniziativa di un benemerito ed insigne prelato, il Cardinale
Agostino Rivarola, Visitatore Apostolico degli Spedali di Perugia,
sorse nel 1824 il nostro Manicomio.

Prima di allora i mentecatti erano ricoverati in un Ospizio di
proprietà dell'Ospedale di S. Maria della Misericordia, in contrada
Fontenuovo, in locali angusti, scarsamente illuminati, in promiscuità

di sessi e tenuti in catene fissate ai muri, in un luogo, che lo stesso

visitatore Apostolico definì: « peggiore di un tetro carcere e dove i
disgraziati rinchiusi erano trattati peggio di qualunque bestia fe-
roce ».
Per intercessione del Cardinale Rivarola, Papa Pio VII conces-
se all'Amministrazione dell'Ospedale di S. Maria della Misericordia
il Monastero di S. Margherita, perchè in separati locali vi fossero ac-
colti gli alienati, i tisici e l’Ospizio dei bambini' lattanti.

Tale associazione non era certo la più adatta, ma bisogna rife-
rirsi ai tempi, e all'ampiezza del fabbricato, che consentiva una netta
separazione tra i locali a diversa destinazione; del resto, dopo pochi
anni, il Manicomio occupò tutto l’edificio.

Nel 1819 si iniziarono i lavori di adattamento dei locali destinati
ad accogliere i malati di mente sotto la guida del perugino
Prof. GorrREDo BELLISARI, chirurgo ed anatomico insigne, che, dopo
28. SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO ©

aver ricoperto importanti posti di chirurgo a Roma e in altre città
dell'Umbria e del Lazio, era tornato nel 1799 a Perugia, divenendo

. membro della Facoltà Medica della nostra Università, dove insegnò

per primo l'anatomia sul cadavere.

Terminati i lavori di adattamento, il 28 settembre 1824, vennero
accolti nei nuovi locali gli undici dementi ricoverati nell'Ospizio di
Fontenuovo, iniziandosi così la vita del nostro Istituto Psichiatrico.

- Il Manicomio di Perugia si distinse subito per il suo ordinamento
e per i sistemi di cura e di assistenza dei malati che vi conveni-

vano da ogni parte d'Italia e d' Europa, e per l'attività scientifica dei
suoi medici che ne fecero un centro di studi universalmente stimato.

. Della importanza della produzione scientifica del nostro Isti-
tuto . nel secolo diciannovesimo, . danno : testimonianza, . oltre. le
numerose monografie e i trattati pubblicati ad opera dei direttori
che si succedettero, le relazioni triennali, che vanno dalla fondazio-
ne dell'Ospedale fin quasi alla fine dell'800. Tali relazioni contengono,
oltre che interessanti dati statistico-clinici sul movimento dei rico-
verati, importanti e originali osservazioni cliniche, etiologiche e di
terapia che, anche oggi, costituiscono una utile fonte di notizie di
importanza non soltanto storica.

Coll'aumentare del numero dei ricoverati, che dagli undici al
momento della sua istituzione sali a circa 700. alla fine del secolo,

. e col perfezionarsi dell'assistenza. psichiatrica, il Manicomio di Pe-

rugia andò sempre ampliandosi, migliorando la sua struttura e ade-
guando i suoi metodi di indagine e di cura. .

Se le fortune dell'Ospedale furono sopratutto legate al valore
dei medici che lo diressero, non va dimenticata l'opera di quei bene-
meriti, illuminati cittadini che presiedettero alla sua. amministra-

zione contribuendo a rendere possibili gli sviluppi successivi del-

l'Ospedale. Pertanto ritengo doveroso ricordarne i nomi, anche se
non mi è possibile riferirne le particolari benemerenze. .
Dal 1824 al 1860 si succedettero nell'ordine i seguente Sovrain-
tendenti: ..
Marchese Giovanni Battista Monaldi; Marchese Nicola Anti-
nori; Cav. Silvestro Friggeri; Conte Fabio Ansidei.
Dopo il 1860, istituita la Congregazione di Carità, e fino al 1900

. ne furono Presidenti:

Il Conte Cav. Francesco Donini Alfani; il Conte Menicone

| Meniconi Bracceschi, il Cav. Evelino Waddington, l’avv. Tiberio

Berardi, il Prof. Giovanni Boschi e l’Avv. Vitaliano: Calderini.

——————ÓÁ————
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 29

Per seguire in modo organico lo sviluppo dell'Ospedale e la sua i

attività scientifica è necessario ricordare l’opera degli uomini insigni
che ne hanno successivamente rette le sorti, e quella di qualche loro
collaboratore. .

Il primo Collegio Medico che resse le n dell Ospedale era costi-

tuito: dal Prof. Giuseppe Santi, Insegnante di Patologia Generale
nella nostra Università, quale medico incaricato della cura dei ma-
lati; dal Dott. Cruciani Giuseppe, chirurgo e direttore nel senso piü
che altro disciplinare e DOGS uu e dal Prof. Goffredo Bellisari
con la qualifica di Ispettore.

Se é.certo che gli uomini di aggio rilievo nei primi anni di
vita dell'Ospedale furono Bellisari e Santi, e che il primo indubbia-
mente presiedette con la qualifica di Intendente alla fondazione e
al primo ordinamento dell'Ospedale, non è facile discriminare quan-
to spetti all’uno e all’altro nel successivo immediato sviluppo.

Ciò forse si deve alle critiche e alle lotte che dovette sostenere
il Bellisari, di cui parla Cesare Massari nell’elogio scritto di lui nel
1844, otto anni dopo la sua morte, lamentando che nessuno si fosse
ricordato di lui. È quindi da ritenere che a seconda dello stato d’a-
nimo l'opera sua fosse variamente giudicata.

Secondo Cesare Massari e successivamente Cesare Agostini che

‘certo attinse a tale fonte, il Bellisari sarebbe stato l'animatore e la.

vera mente direttiva dell’Istituto per circa tre lustri.

. Secondo invece Roberto Adriani, l'ultimo direttore dell’ 800,
il Santi avrebbe - avuto l'effettiva responsabilità dell'Ospedale fin
dall'inizio « aiutato dall'opera validissima del valente Chirurgo
Dott. Gofirédo Bellisari ».

L'Ing. Cellini, in una relazione del 1839, li pone in uno stesso
piano, scrivendo che il Cardinale Rivarola « diedegli a Direttori Sa-
nitari, medici e chirurghi di quella insigne città, nelle persone dello
.Ecc.mo Dott. medico Giuseppe Santi, professore della perugina Uni-
versità e del Chirurgo: Bellisari, ambedue membri di quel rinomato
Collegio medico ». |

La questione ita di essere approfondita con nuove ricerche,
ma è da ritenere per certo che, almeno per i primi anni della vita del-
l'Ospedale, l'opera del Bellisari sia stata preminente su tutti, come è
dato desumere sia dagli incarichi avuti dal Cardinale Rivarola, sia
| da quanto si trova scritto nel foglio scentifico-letterario di Bologna
n. 69 del 1828, citato dal Massari:

«Tributiamo giusti encomii alla direzione economico-morale

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30 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

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IL MANICOMIO DI PERUGIA ALL’EPOCA DELLA SUA FONDAZIONE. (Da una stampa allegata alla relazione Cellini), SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 31

« dello Stabilimento di S. Margherita in Perugia, che tutta si deve alla
«saggezza ed instancabile premura dei meritevolissimi Superiori
«di tale Ospizio; ed all'avvedutezza e sagacità del Ch. Sig. Bellisari
« Ispettore, il quale ha sì lodevolmente promosso tutto l’incremento
«di tale Ospizio ».

È probabile che dopo il 1828 il Bellisari si limitasse a pure fun-

zioni ispettive e di consulenza, diminuendo, con l’andare degli anni,
la sua ingerenza sull'andamento dell'Ospedale, come è dato arguire
dal fatto che, ad eccezione del primo rapporto triennale, in cui fi-
gura il suo nome, quelli immediatamente successivi, dal 1828 al 1836,
furono opera esclusiva del Santi, senza che vi sia in alcun modo no-
. minato il Bellisari.

La prima relazione triennale, che si riferisce al-periodo che va
dalla fondazione alla fine del 1827, è firmata dai tre che componeva-
no il Collegio Medico con le qualifiche sopra riferite.

Deve quindi considerarsi opera collegiale, ma è probabile che
il Bellisari ne fosse il principale compilatore perché vi si dimostra
una profonda conoscenza della psichiatria del tempo, e sopratutto
della organizzazione manicomiale; qualità che dovevano trovarsi in
maggior copia in lui che si era più degli altri occupato di tali studi.

Il Bellisari infatti, da quanto scrive il Massari, avuto dal Cardi-
nale Rivarola nel 1819, l’incarico di presiedere ai lavori e ai primi
ordinamenti del Manicomio di Perugia, si dedicò interamente agli stu-
di psichiatrici recandosi a visitare manicomi in Toscana, nei dominii
pontifici e nel Napoletano «a meglio conoscere questo difficilissimo
ramo di medico sapere ».

In tale prima relazione, oltreché dati statistici e informazioni
sulla organizzazione dei: servizi dell'Istituto, si trovano importan-
ti osservazioni cliniche ed etio-patogenetiche. Tra l’altro vi si affer-
ma, in contrasto con quella che era ancora l’opinione dominante an-

che di medici, la natura organica delle malattie mentali, la correla-.

zione tra soma e psiche, l’importanza delle disfunzioni dell’appara-
to genitale femminile, quelle dell'auto-etero intossicazioni e l’in-
fluenza dell'ambiente.

Affermazioni sorprendenti per l'epoca in cui furono scritte, ed
oggi universalmente accettate.

Vi si riferiscono anche le norme terapeutiche e dietetiche usate,
con speciale riguardo alla cura morale: « Ogni mezzo dietetico e pro-
«filattico si pose in uso a tutelare la salute, a prolungare la vita di
« essi. Né si trascuró quella parte di cura morale che consiste nell'oc-

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\32 SECONDO ‘CONVEGNO STORICO UMBRO

«cuparli con carità e dolcezza in qualche esercizio della persona, e
« nell’abituarli automaticamente a certe regole ordinate di vivere,
« confacenti alle leggi della decenza, ed utili alla loro conservazione ».

Al Bellisari si deve, secondo Massari, il primo Regolamento del-
l'Ospedale, basato sulla dottrina di Chiarugi, nel quale, in 99 articoli,
dettò norme per il ricovero degli alienati, per l’organizzazione dei
vari servizi e per un umano e diligente trattamento fisico e morale
dei malati. 3

Il Bellisari, quasi settantenne, lasciò ogni suo incarico, an-
che perché angustiato per le critiche e contrasti di cui era fatto
segno, continuando a vivere nell'Istituto da lui fondato e a cui
aveva dedicato tanta feconda attività, e venendovi ‘a morte il 1 di-
cembre 1836. |

Quando venne a mancare l'opera del Bellisari, l'intera respon-
sabilità dell'Istituto fu assunta dal Prof. GiusEPPE SANTI, il quale,
oltre ad avere collaborato alla prima relazione triennale, redasse le
relazioni statistico-cliniche dal 1828 al 1836 incluso, ricche di osser-
vazioni cliniche e di insegnamenti di tecnica manicomiale e di tera-
pia, dimostrandosi fautore della idroterapia e combattendo la pra-
tica del salasso, usata allora quasi sistematicamente, e il più sovente
con danno.

Asserì l’importanza .del fattore costituzionale nell’eziologia del- |

le malattie mentali e richiamó l'attenzione sulla possibilità della
guarigione di alcune di esse dopo fatti suppurativi, anche provocati
con la pratica del setone.

Il Santi adottó la classificazione delle malattie mentali piü se-
guita nel suo tempo, distinguendole in: idiozia, demenza, mania,
monomania; ma nel dividere i malati nei vari reparti. con criterio
pratico, ancor oggi in gran parte seguito, non tenne conto della qua-
lità della malattia, ma piuttosto della condizione sociale, del grado
di pericolosità, del contegno e della socialità.

Divise cosi i malati di ogni sesso in civili e rozzi, a seconda della
condizione sociale « perocché — come egli scrive — é presso noi mante-
«nuta in ogni sesso una prima divisione dedotta dalla educazione
«diversa, e dalle differenti abitudini degli infermi, avendo noi ben
«constatato che tutti i vantaggi, i quali derivano nei miseri che per-
«dono la ragione, per l'allontanamento dei congiunti e delle parti-
«colari loro relazioni, vengono assai menomati, se non affatto di-
«strutti, dalla dannosa riunione che li obbliga a dimorare e vivere
«continuamente, e confusi senza aversi riguardo alla condizione e
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO. .. : 33

« grado delle loro persone, quanto alla natura ed al genere della loro
« infermità ». | si

Ciascuna categoria suddivise: in Siani e incurabili e ciascuna
di queste in tranquilli ed agitati. ©

Dalla: fondazione al 1839, epoca della morte del santi, l'Ospe-
dale fu di continuo migliorato ed ampliato ad opera di architetti tra
i più noti del tempo, che, giovandosi dei consigli del Bellisari e del
Santi, ne aumentarono la capacità fino a 100 letti e ne migliorarono
la struttura adattandola sempre meglio allo scopo cui era destinata.

I primi lavori furono eseguiti sotto la direzione dell' Ing. Cerrini;
in seguito l'Architetto Luigi Poletti, direttore della riedificazione di
S. Paolo in Roma, « conoscitore — come scrive il Santi — esatto di molti
celebri Manicomi europei che veduti ha di persona », fu incaricato
di redigere un progetto di ampliamento e trasformazione dei locali
che poi fu eseguito e completato sotto la direzione di Francesco Cel-
lini, Ingegnere degli Ospedali di Perugia, del quale abbiamo una bre-
ve relazione del 1839 in cui sono esposti tutti i lavori compiuti, illu-
strandone anche i benefici che ne derivarono al soggiorno e alla cura
dei ricoverati: « mercé lo zelo degli attuali superiori, Conte Vin-
«cenzo Ansidei e Mons. Leopoldo canonico Grossi prior clerico, e la
«intelligenza del Prof. Giuseppe Santi medico direttore, a cui la: so-
«vrana clemenza del nostro adorato sommo Pontefice Gregorio
« XVI non ha guari conferi la decorazione dell'insigne ordine di S.
« Gregorio Magno, fiorisce la più proficua cura di quegli infermi, pei
«quali cambió il fetore in nettezza, la ferrea prigionia in ameno sog-
« giorno, le percosse in carezze, i ceppi in libertà, il disagio in commo-
« do, la trascuranza in perfetta cura, ed in conseguenza l'impossibile
«guarigione in quasi certa salute. Niun mezzo sia fisico, sia morale
«è trascurato in quello Stabilimento per procurare il bene di quegli
«infermi.

« Religiose pratiche, occupazioni artistiche, rustici lavori, let-
«terari passatempi, ginnastici esercizi, musicali strumenti; passeg-
«gi amenissimi per situazione e per ampiezza, lunghe esterne pas-
«seggiate, trottate e ricreazioni alla campagna, e perfino pubblico
«teatro, formano la principale cura adeguata secondo i rispettivi
«bisogni, che unita ai bagni, alle docciature ed ai farmaceutici ri-
«medi é fausta producitrice di tante guarigioni ».

A] Prof. Santi, venuto a morte dopo breve malattia nell aprile
‘1839, successe, nel giugno dello stesso anno, CESARE ‘MASSARI, già
noto per aver ricoperto la cattedra di Elementi di Filosofia e quella

3
34 ' SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

di Anatomia e Fisiologia della nostra Università, cui era stato chia-
mato ancor giovanissimo e che, per subìte persecuzioni politiche,

sembra avesse dovuto abbandonare, forse nel 1831; ma anche fuori
dall’insegnamento, non tralasciò né i suoi studi, né l’esercizio della
sua professione di medico. |

Scrisse con grande competenza su argomenti di fisiologia, pa-
tologia ed igiene, e va tra questi ultimi sopratutto ricordato, il « Sag-
gio Storico Medico sulle pestilenze di Perugia dal decimoquarto al
decimonono secolo », pubblicato nel 1838, opera che fu molto apprez-
zata, sia in Italia che fuori, e che contribui alla conoscenza della Sto-
ria dell'Igiene in Italia.

Sotto la sua guida il Manicomio di Perugia accrebbe ancora la

sua rinomanza fino ad essere considerato tra i migliori d'Europa, .

così che i malati vi convenivano da ogni parte d’Italia e dell’Estero,
in tale numero da costituire circa un terzo della sua popolazione.

Torna a proposito ricordare quanto scrisse Mons. Morichini,
che fu poi Cardinale, nella sua monografia « Sugli Stabilimenti di
pubblica beneficienza », pubblicata nel 1842 in Roma:

«Superiore a tutti i nostri Manicomi, e a pochi d' Europa se-
« condo, è lo Spedale di Perugia, ora diretto dal Dott. Cesare Massari ».

— AI Massari si devono i cinque rapporti statistico-clinici che van-
no dal 1837 al 1859. .

Mise in evidenza l’influenza dell'educazione, della condizione
sociale, del sesso, dell'età, dell'ambiente, del clima, ecc. sullo svi-
luppo e decorso delle malattie mentali, e l'importanza della predi-
sposizione costituzionale o acquisita: °

«A produrre le pazzie vuolci che la condizione occulta inde-
«scrivibile materiale del cervello (nativa od acquisita) vi si trovi
«atteggiata; non bastando le più violenti scosse dell'intelletto e del
«cuore sole a suscitare le follie ».-

Fu assertore tenace della necessità dello studio totale del malato
giacché «tutto l’uomo non può ridursi al senso, né tutto alle idee».

Mise in evidenza, dimostrandosi acuto osservatore e clinico di
grande valore, l’alternarsi, nello stesso soggetto, di stati depressivi
e maniaci, anticipando la concezione Kraepeliniana della psicosi
maniaco-depressiva.

Vide l’influenza benefica di malattie intercorrenti febbrili sulle
malattie mentali, scrivendo in uno dei suoi rapporti: «un male che
sorga in altri organi interni ed esterni, giova a togliere quella fisica
cerebrale condizione da cui le follie hanno sorgente ».

Di
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 35

È da questa constatazione, ribadita in tempi relativamente re-
centi, che si sono affermate, per la cura delle malattie mentali, le
pireto-terapie in genere ed in special modo la malario-terapia per la
paralisi progressiva. |

Nel campo della assistenza si adoperò a sviluppare sempre più

la terapia del lavoro, istituendo nuove officine per uomini per i vari
mestieri; occupò le donne, oltre negli abituali lavori donneschi, anche
in quello della tessitura ottenendo brillanti risultati anche in malate

che vivevano da più anni inoperose e pressoché abbrutite così che:

« chi al ferro, chi all’ago, chi al filo, chi ai telai giornalmente vedevasi;
« gli esempi delle une suscitavano la emulazione delle altre e i tenta-
«tivi fatti alla presenza di tutte animò a poco a poco alla fatica di
«quante mai lo poterono ».

Compilò un Regolamento per disciplinare il ricovero e le dimis-
sioni dei malati, stabilendo norme che di poco si discostano da quel-
le sancite dalla Legge che dal 1904 regola in Italia tale materia, e
che soltanto da pochi anni si mostra inadeguata per i progressi
raggiunti dalla psichiatria moderna.

Infine va ricordato a suo merito l’essere stato tra i promotori per.

la creazione di una Società fra gli Alienisti Italiani, e tra i primi col-
laboratori della « Appendice Psichiatrica alla Gazzetta Medica Lom-
barda » che fu la prima rivista italiana della specialità.

A. dimostrare quanto il Massari fosse tenuto in considerazione,
giova ricordare che quando egli, per una grave malattia che lo co-
strinse quasi alla immobilità, chiese l'esonero dall'incarico, la Con-
gregazione Economica dei Riuniti Ospedali di Perugia, su proposta
del Sopraintendente Generale, Conte Fabio Ansidei, non accolse il
suo desiderio, e per rendergli più facile l'espletamento delle sue fun-

zioni gli concesse l'uso del legno ad un cavallo, con deliberazione del

9 maggio 1851, che mi piace riportare integralmente:

(61595, LEUR In seguito il Signor Sovraintendente ha esposto alla
«convocata eccelsa Congregazione che i meriti del Ch. Prof. Cesare
«Massari. per i quali è derivato tanto lustro e decoro a questo nostro
«Manicomio, la sua avanzata età e più gli incomodi di sua salute,
« pongono in necessità l'Amministrazione degli Ospedali, di fornire
«ad esso il comodo del legno, onde potendo per tale mezzo piü age-
«gevolmente accedere allo Stabilimento, si tolga l'idea che ha già
«esternata di rinunziare alla qualifica di Direttore.

« Che ad ottenere ció senza offendere la delicatezza del lodato
«Sig. Professore e senza che l'Amministrazione ne risenta un danno
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36: oes |. SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

« per la spesa che dovrebbe sostenere, egli anche per seguire l'opi-
«nione di alcuni Signori Consiglieri, aveva divisato di aggiungere
«un'altra retta, oltre le tre già stabilite con l'attuale. programma,

« portando questa ulteriore retta a scudi 15 al mese, con l'onere nei -
« Stabilimenti di fornire ai dementi che in essa si stabiliscono, il co- -

«modo del legno ad un solo cavallo ».
-La proposta fu approvata ad unanimità, e cosi il Massari con-

servò la qualifica di Direttore fino alla morte continuando ad occu-

parsi come poté dell'Istituto, confortando della sua esperienza e del
. SUO consiglio il Vice Direttore Dott. Zurli che alla sua morte gli suc-
cedette e che di fatto dal 1851 in poi reggeva le sorti dell' Ospedale.

— Il Massari mori il 4 febbraio 1857 e la Congregazione Economica
dei Riuniti Ospedali di Perugia, nel'adunanza del 27 Marzo succes-
. sivo nominò Direttore del Manicomio il Dott. GrusEPPE: ZURLI, con-
servandogli anche la qualifica di Ispettore economico con le relative
attribuzioni che egli già disimpegnava ca vari anni insieme a quella
di Vice Direttore.

Nella stessa adunanza fu nominato comprimario e vice diret-
' tore il Prof. Francesco Bonucci, che ebbe di fatto la responsabilità
della cura dei malati, mentre lo Zurli fu sopratutto il direttore am-
ministrativo, occupandosi con speciale competenza, all’organizza-
zione dell'Ospedale.

Lo Zurli che fu dottore aggregato della nostra Università, rico-
prendovi anche cariche. accademiche, si dimostrò particolarmente
‘esperto nella tecnica manicomiale, e va ricordata in tale campo la

sua monografia dal titolo: « Considerazioni intorno all'ordinamento :

dei Manicomi in Italia », pubblicata nel 1861.

In questa monografia egli fa una esposizione critica dell’ orga-
‘nizzazione dei più importanti Manicomi. Italiani, die stra nio una
profonda conoscenza della materia.
|». Vi riferisce in modo particolare dell'attrezzatura e dello sviluppo
raggiunto dal Manicomio di Perugia, mettendo in rilievo la partico-
‘lare cura data alla terapia del lavoro, specie quello dei campi, ri-
cordando come il nostro Istituto fosse tra i primi ad avere una. Co-
lonia Agricola nel vero senso della parola.

Torna à suo merito l'avere proposto per primo che i Manicomi
dovessero essere denominati Case di salute o Ospedali e come tali
organizzati, aspirazione che ha trovato soltanto da pochi anni la
sua realizzazione. i UE

‘Il prof. Zurli venne a morte il 17 gennaio 1868, e circa un mese

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re

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO © 37

. dopo fu nominato direttore il Prof. FRANCESCO Bonucci, allievo
prediletto di Cesare Massari, e che aveva formato la sua solida pre-
| parazione scientifica e sopratutto ‘psichiatrica nel nostro Istituto,

cui dava da molti anni la sua attività.

Al momento della sua nomina a direttore, era già insegnante di
Fisiologia nel nostro Ateneo e tenuto in grande considerazione an-

che come psicologo, psichiatra e filosofo.

Luigi Bonazzi, lo storico di porugn più portato alla ouis che
alla lode, così scrisse di lui:

«A segnare un progresso nelle scienze basterebbero le opere

«di Francesco Bonucci. Le sue lezionj di Fisiologia di cui parlarono
«i più grandi giornali d'Europa, annunciano il pensatore e il dotto,
«e voglionsi rammentare le sue «Lezioni di Antropologia » per le
«belle citazioni attinte alle più recondite finezze della letteratura
«italiana e straniera ».

Nonostante che la morte lo cogliesse ancor giovane, lasciò una.
così vasta e importante produzione scientifica da farlo considerare uno

dei maggiori fisiologi e psichiatri del suo tempo. In ogni suo scritto si
ammira la profondità del pensiero, la chiarezza e l'eleganza dello stile.
. La parte più importante della sua produzione scientifica si ri-

ferisce ad argomenti di:psichiatria e a materie affini.
A mettere in rilievo il suo valore di alienista basterebbero le

‘ relazioni triennali che redasse nel periodo della direzione Zurli cui

dette il titolo: « Delle malattie mentali curate nel Manicomio di S. Mar-

‘| gherita in Perugia », e che vanno dal 1855 al 1866. Non poté redigere.

quelle del triennio successivo giacché prima che fosse compiuto, il

14 marzo 1869 veniva a morte, a soli 43 anni, e a poco più di un an-.

no dalla nomina ‘a direttore.

Non si tratta di puri dati statistici, ma di una importante race

colta di storie cliniche, con chiare descrizioni di sindromi mentali,
rieche di acute, originali osservazioni, sulla etiologia, sul decorso
e la terapia, che contribuirono in modo DOES vie al. progresso della
psichiatria.

Vi si trovano descritti i primi casi di pellagra, riéoverati nel no-
stro Manicomio; casi di demenza paralitica corredati della prima
descrizione dei reperti anatomo-patologici; particolarmente interes-

santi sono alcuni casi clinici che dettero modo al Bonucci di porre in

rilievo, per primo, l’importanza dei sogni nello sviluppo delle malattie
mentali, oggi universalmente riconosciuti anche se non da tutti te-
nuti nello stesso piano della scuola psicanalista. Al Bonucci si de-

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38 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

vono anche le prime descrizioni dei deliri onirici e delle alterazioni
psichiche dovute alla malaria, come altre malattie infettive.

Molto contribuì alla sua fama di clinico il Trattato di « Fisio-
logia e Patologia dell' Anima Umana », che egli pubblicò non ancora
trentenne.

Nella prima parte (1852), che è la più interessante per la cono-
scenza del filosofo e dello scienziato, sono svolti argomenti di psico-
logia in accordo con le sue concezioni filosofiche.

Di Bonucci filosofo non è quì luogo a trattare, ma è opportuno
riassumere molto brevemente quanto egli espone in tale parte del
suo Trattato, per averne un'idea chiara e tale da poter comprendere
anche lo psichiatra.

Inizia coll’affermare che la scienza, di qualunque natura sia,
non può trovare il proprio fondamento che nella osservazione, nel
più vasto significato della parola; ma che nessuna scienza, compresa

. la medicina, può fare a meno di quella filosofia, basata sulle dottrine

ideali ed ontologiche che proprio in quel tempo tornava a rifiorire
per opera di Rosmini e di Gioberti.

Seguendo le dottrine di Platone e di Aristotele e Hiovandori
del pensiero di Rosmini, il Bonucci sostiene che tutte le esistenze
della natura si compongono di due opposti elementi: «uno formale
ed intelligibile, sensibile l’altro e materiale ».

L’anima dell’uomo, che svolge i fenomeni del pensiero e della
volontà, è, per il Bonucci, una facoltà, la più elevata, del principio
vitale, ma con questo non identificabile, distaccandosi così dalla con-
cezione del Rosmini, di cui, nonostante, può considerarsi seguace.

Il Bonucci, in armonia con le dottrine di Pitagora e degli Eleatici,
ritiene che tutte le azioni che si succedono nell’universo si adem-
piono ad opera di due contrarie attività, apparenti sotto forma di
contrazione e di espansione, in continuo contrasto fra di loro.

L’anima, come le altre facoltà della vita, opera svolgendo le
potenze di contrazione e di espansione, impiegandole, però, in manie-
ra particolare nelle azioni conoscitive e operative.

Come per le altre facoltà della vita, anche per quelle dell’anima
avviene che quando una si sviluppa, se ne manifesta una opposta;
così che ogni facoltà, dominata dalla contrazione, ha per collaterale
altra facoltà che dalla espansione è mossa e dominata « onde si ac-
«coppiano l’intuito e la sensibilità, la percezione e. la volizione, la
«memoria e gli affetti, la ragione e la libertà, la facoltà inventiva e
« gli istinti ».

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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 39
Ricongiunta l’anima alla energia della vita, appare al Bonucci

più chiaro lo studio della sua natura e dei suoi turbamenti e come
le alterazioni della vita plastica e dinamica si possono riflettere su

. quelle della vita psichica e viceversa. Vengono così ad essere chiarite
la patologia dell'anima umana e le leggi che regolano le relazioni re-,

ciproche tra il fisico e il morale, così che le stesse dottrine che servono
a spiegare le alterazioni del fisico rendono ragione degh sconvolgi-
menti dello spirito.

Informandosi a questi concetti fondamentali egli trattó nella
seconda parte, pubblicata nel 1854, della «Patologia dell Anima
Umana ». :

Svolgendo in vari capitoli argomenti che riguardano la natura
e la essenza delle malattie mentali, la loro etiologia e le varie sin-
dromi, ne fa una classificazione che in massima corrisponde a quella
di Pinel e di Esquirol.

Merita di essere rilevato come egli insista nel giusto e moderno
concetto che soltanto un completo e diligente studio del malato, sia
dal punto di vista fisico che da quello psichico, puó portare alla cono-
scenza delle malattie mentali.

Particolare interesse desta anche il capitolo che si riferisce al
trattamento curativo.

Riprendendo gli argomenti già svolti nelle sue relazioni, combat-
te la applicazione dei mezzi di coercizione, dà grande importanza
alla idroterapia, al bromuro di potassio nella cura dell'epilessia e al
trattamento ambientale degli infermi, alla psicoterapia e alla ergo-
terapia, specialmente applicata al lavoro dei campi.

«Fra le distrazioni nessuna ve ne ha stimata cosi vantaggiosa,
«come il lavoro, il quale occupando la mente dell'infermo la toglie

‘« dalle sue fissazioni, e insieme esercita e invigorisce le forze fisiche;

«ma non vi ha lavoro che porti cosi utili effetti, come si ottengono
« nello adoperare i pazzi nella coltivazione dei campi e dei giardini ».

Durante la sua direzione furono acquistate nuove terre nei pres-
si dell'Ospedale e costruito un fabbricato per la Colonia Agricola
dove é rimasta fino a pochissimi anni or sono.

Altro importante ed apprezzato Trattato pubblicato. nel 1863,
per invito dell’Accademia Medica di Ferrara, è quello dal titolo:
« Medicina Legale delle alienazioni mentali » nel quale sostenne con
coraggio e solidità di argomenti, poi universalmente accettati, la irre-
sponsabilità dei maniaci, dei melanconici, degli imbecilli e degli idio-
ti, e mise in evidenza come anche altre malattie nervose o mentali,

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40 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

tra cui l'isterismo, l'ipocondria e l'epilessia, possono determinare
una notevole riduzione della responsabilità Deua e QUU capacità
civile.
Tra i suoi lavori nel campo della fisiologia va ricordato il « Som-
mario di Fisiologia dell Uomo » di cui pubblicò la prima edizione nel
1859 e la seconda nel 1868 e che fu uno dei Trattati di Fisiologia

più completi ed apprezzati del tempo ed adottato in ces Univer--

sità.

Nell'ultima parte, ripetendo idomicna già svolti in altre opere
e da me ricordati, parla del principio vitale che « forma e compone
l'organismo, si rileva chiaramente alla intelligenza, ma sfugge ai
sensi ». Re
.Fu anche molto apprezzata in Europa la sua opera sui « Prin-
cipi di Antropologia o di Fisiologia morale dell’uomo » (1866), nella
quale considera: «la vita dell’uomo, ma singolarmente la vita mo-
«rale nella quale principalmente consiste ciò. che ha di umano la

. cvita. Ma la vita morale è un’opera singolare di quella vita medesima

«che esercita anche le altre funzioni fisiche e.che vive di concerto
«con tutte le esistenze abitatrici dell'universo e fa parte di questo ».

Tiene a far rilevare come fosse stato-il primo ad affermare che
«la vita morale, che affanna e sublima.l'uomo sopra le altre esisten-
«ze, rimane peró a due unita e assorellata per leggi fondamentali
«è comuni ».

Sono inoltre da ricordare tra gli altri suoi scritti quello: « Sulla
questione dell'animismo e del vitalismo » (1863) e l'altro « Gli imponde-
rabili o nuovo: esame dei mutamenti dinamici dell’ Universo » (1857),
nel quale fu tra i primi a sostenere il principio della unità e trasfor-
mazione delle forze fisiche. ©

Mi spiace di non poter parlare più dettagliatamente di queste

sue due opere, né di poterlo fare per gli altri numerosi suoi lavori
come meriterebbero. Mi limito a ricordare, tra gli altri, i suoi scrit-
ti: « Della memoria nella mania dal punto di vista medico-legale », (1864);
« Sulla responsabilità del medico nel fidare strumenti pericolosi agli
alienati », e le lettere scritte al Verga (1365) e al Lombroso (1866) su
il « Genio e Pazzia».

Merita di essere particolarmente ricordato l'articolo pubblicato
nel 1867 nel « Giornale Scientifico, Agrario, Letterario, Artistico di

. Perugia » dal titolo: « Della protezione che il Governo deve agli Alie- .

nali », in occasione della Nota Ministeriale del 25 aprile 1866, perché
é tuttora attuale. ATE

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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 41

In tale nota egli lamenta che il Ministero dell'Interno, abbia
voluto limitare il ricovero dei malati di mente a quelli pericolosi e di
pubblico scandalo, invece di comprendere anche i malati non peri-
colosi, con ricovero volontario.

Ho voluto sottolineare questo scritto del Bonucci perché pur-

troppo, anche oggi, il ricovero dei malati di mente è condizionato
alla pericolosità, e gli psichiatri si battono ancora, ad un secolo di di-
stanza, per l'attuazione del ricovero libero e dell'assistenza a tutti
i malati di mente, fra l'indifferenza ed incomprensione di governi
e di pubblico.

E anche da segnalare quanto scrisse intorno alla riforma delle

prigioni nel Giornale Scientifico Letterario Agrario di Perugia (Vol. I,

anni 1855-1856), invocando per i detenuti un più umano tratta-
mento e combattendo specialmente la promiscuità in cui erano tenuti
e la segregazione cellulare.

Dopo aver messo in evidenza i danni dell’inattività e della soli-
tudine, che conducono spesso alla pazzia e che comunque peggiorano
le cattive inclinazioni e spingono ancora più alla malvagità, conclu-
de ammonendo: « è il divieto morale e assoluto che ha la società di
rendere i delinquenti più malvagi che sono».

Francesco Bonucci fu a torto creduto da alcuni più filosofo e
psicologo che medico, ma se portò in ogni attività scientifica la sua
personalità di uomo credente e di filosofo spiritualista, fu sopratutto
un grande medico e un grande scienziato.

E psichiatra e scienziato si dimostra anche, e specialmente,
quando afferma che lo studio della psicologia è necessario per la co-
noscenza delle malattie mentali, e che le scienze, compresa quella
medica, trovano il loro fondamento nella osservazione, anche se non.
possono fare a meno della filosofia.
. . Francesco Bonucci fu Membro di varie Accademie Mediche Ita-
liane*e della Società Medico-Psicologica di Parigi e per molti anni
Preside della Facoltà Medica e dell'Accademia Medico- -chirurgica
di Perugia.

Fu Patriotta e Cittadino onorato per la sua probità e per il suo
valore, e ricoprì anche cariche nella Civile Amministrazione.

Il 14 marzo 1869 fu immaturamente rapito alla Scienza, alla
sua Città e alla Famiglia, cui aveva dato il meglio di sé stesso.

I1.9 settembre 1869 fu chiamato a succedere al Bonucci, il Prof.
GrusEPPE NERI da San Miniato di Pisa, unico direttore non peru-

gino del nostro ‘Ospedale.

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42 | SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

Al Neri, dopo laboriose trattative condotte anche dal Conte
Reginaldo Ansidei e dal Barone Nicola Danzetta, la Congregazione
di Carità concesse una retribuzione molto superiore a quella fin
allora corrisposta elevandola a lire 5000 annue, somma veramente
ragguardevole per l’epoca.

Mi piace anche riportarne integralmente la motivazione quale
si legge nel verbale della seduta della Congregazione del 29 luglio
1869: « 4555633 Concordando poi nella necessità di elevare l'ono-
«rario da stabilirsi pel nuovo Direttore ad una somma ben mag-
« giore di quella che percepiva il ch.mo defonto Prof. Bonucci, il
«quale oltre alla propria agiatezza ed al naturale interesse che sen-
«tiva per questo patrio Istituto riuniva al modico assegnamento
«il vantaggio di restare nel proprio paese, stabiliva per base delle
«trattative: che l'annuo onorario non potesse oltrepassare la som-
«ma di lire 4000, ma che potessero aggiungersi allo stesso onora-
«rio altre mille lire in compenso dell'onere che dovrebbe assumere
«il Prof. Neri di dare pubbliche lezioni nella nostra Università

'«sulle malattie mentali »,

Giuseppe Neri godeva fama di essere uno dei migliori psichiatri
del tempo ed era già stato Direttore del Manicomio di Lucca e poi
dell'Ospedale civile di Pisa. Tenne la direzione del Manicomio di
Perugia per soli 4 anni, essendo venuto a morte per polmonite il 23
dicembre 1873. :

Durante la sua direzione fu costruito un padiglione per epilet-
tici e infermeria, nei pressi dell'ingresso centrale. |

Il numero dei ricoverati raggiunse i 220 di cui 60 rettanti pro-
venienti in gran parte da altre regioni d'Italia, il che dimostra la con-

siderazione in cui era tenuto l'Ospedale.

Il Neri redasse il rapporto triennale dal 1870 al 1872 incluso,
premettendovi il movimento statistico dei ricoverati del triennio
precedente che non era stato potuto redigere dal Prof. F. Bonucci.

Per il triennio riferentesi alla sua direzione illustra importanti
casi clinici traendone acute osservazioni.

Richiama l'attenzione sullimportanza del fattore ereditario
nella etiologia delle malattie mentali, specie se dal lato materno, tra-
endone peró conclusioni esagerate come quella di sconsigliare il ma-
trimonio alle donne affette da nevrosi.

Sulla documentazione di apposite tavole statistiche, trae in-
teressanti deduzioni sul movimento dei malati e sulle particolari

forme di alienazione mentale in rapporto alle stagioni, all'età, allo
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO : 43

stato civile, alle condizioni sociali, alla durata e alle cause della morte.

Mette in evidenza come vari fattori possano concorrere allo svi-
luppo delle malattie mentali, e che le cause fisiche prevalgono negli
uomini e quelle morali nelle donne; peró combatte la troppo sempli-
cistica affermazione dello Zimmermann desunta dall'osservazione:
da lui fatta in vari Manicomi d'Europa, che «le fanciulle erano di-
venute pazze per amore, le donne per gelosia e gli uomini per ambi-
Zione ».

Di particolare interesse sono i suoi studi sulle cause delle reci-
dive che giustamente imputa anche alle dimissioni troppo precoci,
ed ad influenze ambientali, per cui scrive: «la intemperanza, la mise-
ria e il disaccordo domestico, l'indiscretezza dei vicini sono cagioni
frequenti di recidiva ». ,

Fu tra i primi a sostenere l’importanza dell’assistenza a domici-
lio dei malati dimessi e a propugnare l’istituzione di una società
per il patrocinio dei licenziati dal Manicomio senza poter vedere
attuate le sue proposte, che non hanno trovato ancora adeguata
realizzazione.

La relazione del Prof. Neri era già in bozze quando lo colse la
morte, così che ne curò la pubblicazione, per incarico della famiglia,
il Prof. Luigi Marroni che ne era stato il più vicino e autorevole col-
laboratore. ..

Il Prof. Luigi Marroni (1807-1887), che fu insegnante di Patolo-
gia Generale nel nostro Ateneo, letterato e scienziato di valore, me-
rita di essere ricordato tra i medici non direttori, che maggiormente
si adoperarono a vantaggio del nostro Ospedale.

Altro medico, che pur non essendo stato direttore, si distinse
per il contributo dato all'Ospedale, é Carlo Berarducci (1843-1902),
che per 37 anni, quale aiuto, primario e vice direttore, fu a fianco del
Bonucci, del Neri e dell'Adriani, dedicando tutto sé stesso al bene
dei ricoverati e dell'Istituto.

Il Berarducci fu alienista altrettanto Valente quanto modesto;
collaborò in vari giornali medici oltre. quello del Manicomio di
S. Margherita, che, come vedremo, fu fondato dall'Adriani, con
numerosi ed apprezzati articoli su vari argomenti di psichiatria e di
tecnica manicomiale, che danno testimonianza della sua profonda
cultura.

Si occupó in modo particolare delle frenastenie, dell'alcoolismo
e di argomenti di terapia. Fu dottore aggregato della Facoltà di Me-
dicina della nostra Università e godé della stima dei colleghi e dei
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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

44
cittadini per la rettitudine della sua vita, per la competenza, per

l’amore e il disinteresse col quale esercitò la sua professione.
AI Neri succedette, nel 1874, il Prof. RoBERTO ADRIANI, perugino,

già Direttore del Manicomio di Fermo, che chiude degnamente la

serie dei Direttori dell'800, avendo tenuto la Direzione dell’ Ospedale:
fino al 1903, quando fu collocato a riposo per limiti d'età.
Fu tra i più quotati direttori del suo tempo, specie per le spiccate

qualità organizzative, che mise in evidenza prima nel Manicomio di

Fermo e poi nel nostro col migliorarne la struttura e l’organizzazione,
e studiandosi di far fronte, col minore aggravio possibile per lAmmi-
nistrazione, alle sempre ‘crescenti esigenze dell'Istituto, specie in
locali, a causa del progressivo e rapido aumento dei ricoverati che
da 286 che erano al momento in cui assunse la direzione, salirono a
oltre 700 nel 1900. i

Oltre l'ampliamento e la migliore sistemazione della Casa Cen:
trale, furono acquistati, e convenientemente adattati, in località

. Monteluce, due fabbricati, la Villa della Penna, per rettanti (attuale
. « Villa Massari » per malati nervosi), e l'attiguo ex convento dei Cap-

puccini (attuale padiglione Bonucci) per lavoratrici, e poi un grande
fabbricato in località Favarone per dementi tranquilli, che peró dopo
pochi anni fu ceduto al Comune che lo adibì a Lazzaretto.
wal acquisti, che avvennero dal 1885 al 1894, se risolsero il con-
tingente problema dello sfollamento, fecero si che l'Ospedale assu-
messe una struttura a padiglioni oltre modo sparsi, che oggi rende
difficile e onerosa l'assistenza e la cura dei malati.

Il maggior merito dell'Adriani fu di aver dato un grande sviluppo:
alla terapia del lavoro, riuscendo ad ottenere nel 1888 la costruzione
di un apposito padiglione per malati lavoratori, che rappresentò una
coraggiosa realizzazione d'avanguardia perché creò officine per tutti
i mestieri, anche i più pericolosi come il fabbro e il calzolaio.

All'ingresso di tale padiglione, que oggi porta il suo nome, si legge
la seguente lapide:

« Questa casa — ii al lavoro — quieta salutare dimora —
«di alienati artieri — la Congregazione Comunale di Carità — Preside
«il Comm.re Tiberio Berardi — per consiglio medico — erigeva
MDCCCLXXXVIII —

Pochi anni dopo, nel 1891, attuò nell’ex Convento dei Cappuccini,
la migliore sistemazione che si potesse pensare a quel tempo per le
ricoverate lavoratrici. Ogni lavoro femminile vi ebbe impiego e vi
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 45

fu istituita una ‘tessenda’ con 25 telai dove ancora oggi sono avviate
al lavoro numerose ricoverate. che tessono tele e stoffe per uso videl
l’Istituto.

Per la storia dell'Ospedale va ricordato che durante la direzione
del Prof. Adriani, onde ottenere maggiore disponibilità di locali
necessari per dare un migliore ordinamento ai servizi, l'Ammini-
strazione Provinciale, cui dal 1860 spettava l'onere dell'assistenza
dei malati di mente, istitui sezioni distaccate per dementi tranquilli,
‘presso i Ricoveri di mendicità di Foligno, Rieti, Spoleto.

Anche questa.determinazione, se risolvette e risolve ancora il
problema dello sfollamento dell'Ospedale di Perugia, non certo ha .
giovato alla sua funzionalità e all'economia della sua gestione.

Negli ultimi anni della sua Direzione, proprio.à cavallo fra il
1800 e il 1900, il Manicomio di Perugia fu acquistato e gestito diret-
tamente dall'Amministrazione Provinciale di Perugia, presieduta
dal Conte Rodolfo Pucci Boncambi.

L'Amministrazione Provinciale si preoccupó subito di dare al-
l'Ospedale un più efficiente ordinamento, e fece approntare dal suo
Ufficio Tecnico, cui era a capo l’Ing. Pasta, un progetto organico
secondo i criteri enunciati dall'Adriani che si giovó largamente della
collaborazione dell'allora giovane primario e poi suo successore,
| Cesare Agostini, già docente di psichiatria e giunto a notorietà per la .
sua produzione scientifica e per la pubblicazione, avvenuta nel 1897,
«del suo apprezzato Manuale di Psichiatria; che raggiunse poi varie
edizioni e sul quale studiarono molte generazioni di medici.

Del progetto di ampliamento dell'Ospedale l'Adriani vide ini-
ziare la realizzazione, che fu poi in gran parte attuata dal suo suc-
cessore con le varianti che si resero necessarie per ragioni tecniche,

Con l'attuazione del progetto Pasta, modificato poi dall'Ing.
Rimini su direttive di Cesare Agostini, l'Ospedale assunse il caratte-
‘ristico aspetto di villaggio a fabbricati molto sparsi, adagiato nella:
parte più bassa, verso est, della collina in cui sorge la Città, in una
zona magnifica per il verde del suo parco, la bellezza del suo pano-
rama nella valle umbra, senza mura di cinta e senza inferriate, e che
fu particolarmente lodato.

Solo col progresso della psichiatria, entrata da circa un ventennio
nella sua era terapeutica, che ha imposto nuove esigenze per lo studio
e la cura dei malati di mente, la struttura dell'Ospedale ha. deter-
minato un disagio sempre: maggiore per il suo funzionamento.

È per questo che da più anni sto considerando l’opportunità
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46 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

di poter riunire in un’unica zona, quella dove sono i reparti fem-
minili, convenientemente ampliata, tutti i reparti e i servizi del-
l’Istituto, creando un complesso ospedaliero moderno e rispondente
alle .attuali esigenze dell’assistenza psichiatrica.

Le vicende della guerra e del dopo guerra hanno fatto rimanere
questo mio progetto allo stato di mera aspirazione, ma poiché l’al-
lontanamento dell'Ospedale dalla zona di S. Margherita darebbe
modo di risolvere importanti problemi di urbanistica per la Città di
Perugia, dei quali ho avuto ragione di occuparmi qualche anno or
sono, non dispero di vederlo un giorno attuato. i

- Comunque rimane all'Adriani e al suo successore, il merito di
aver realizzato un Ospedale che era quanto di meglio si Potente

desiderare per il loro tempo.

Roberto Adriani amò sopra ogni altra cosa l'Ospedale e i suoi
malati, e se la vita trascorsa quotidianamente tra loro non gli lasció
gran tempo per la produzione scientifica, ció nonostante egli tenne
corsi liberi di psichiatria nella nostra Università della quale fu dottore
aggregato, lasció notevoli scritti di tecnica manicomiale, sull'al-
coolismo; sulla pazzia recidivante; sulla pellagra; sulla terapia
dell'epilessia, ecc., in parte pubblicati sulle sue relazioni triennali
e in parte in varie riviste.

È interessante ricordare che l'Adriani fondò una originale ri-
vista a carattere prevalentemente pratico, che denominó: « Giornale
del Manicomio di S. Margherita »; che veniva pubblicato mensilmente,
diviso in tre parti.

Nella prima parte venivano date notizie sul decorso della malattia

dei ricoverati poveri, cosi che potessero pervenire alle loro famiglie

senza spese, ed inoltre quelle riguardanti la vita dell'Ospedale, i suoi
progressi raggiunti nell'assistenza e nella cura dei malati.

Nella seconda parte venivano trattati argomenti di. profilassi
‘delle malattie mentali, atti a combattere i pregiudizi intorno alla
pazzia, norme per prevenirla e consigli riguardanti i rapporti tra ma-
lati di mente, società e famiglia, e quelle utili ad una più pront e
piü efficace assistenza dei malati di mente.

Infine la terza parte era destinata ad accogliere annunzi e notizie
mediche dell'Umbria, che offrissero interesse psichiatrico.

Il giornale ebbe solo pochi anni di vita, ma cessata la sua pub-
blicazione e venute meno anche le relazioni triennali di cui l'Adriani
fu l'ultimo compilatore, non diminui l'attività scientifica dell'Isti-
tuto che trovó posto nelle principali Riviste Italiane della specialità.
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 47

Poco dopo l’Ospedale riebbe una sua rivista e questa a carat-
tere prettamente scientifico perché nel 1907 il Prof. Cesare Agostini
fondò gli « Annali dell'Ospedale Psichiatrico di Perugia », che poi di-
resse fino al 1928 e che continuano ancora a pubblicarsi documen-

tando l’attività. scientifica svolta nel nostro Istituto che prosegue»

nel suo cammino ascensionale secondo le sue nobili tradizioni.

GIULIO AGOSTINI

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L'ACCADEMIA DI BELLE ARTI

AI sec. xvi risale l’origine della perugina Accademia di Belle
Arti, per la cui istituzione decisiva fu certamente la personalità arti-
stica di Vincenzo Danti. Anzi è da notare a questo proposito che la
data della sua fondazione (1573) coincide con l’anno in cui il celebre
artista, ormai vecchio e al termine della carriera, si era ritirato nella
città natale; sicché può legittimamente pensarsi che la sua presenza
non solo, ma la sua attiva partecipazione dessero il definitivo impulso
alla congregazione accademica. Non possiamo nondimeno con nessd-
na certezza indicare il ruolo che egli ha svolto in seno all'Accademia,
poiché non vi è conforto di alcuna fonte io proposito, e fa meraviglia
che il Bombe, sottraendosi a qualsiasi riferimento preciso, abbia as-
serito che: Vincenzo Danti assumesse l’insegnamento della Scultura
nell'Accademia. Ciò è escluso, oltre a tutto, dall'iniziale carattere

dell'attività accademica, ch'era essenzialmente speculativa; non

mancò a mano a mano di insinuarsi spontaneamente l'esercizio prati-

co, il quale, pure rientrando nei fini istituzionali accademici, si svol-

geva prevalentemente per libera iniziativa personale, salvo il consi-
glio e la correzione, caso per caso, dei più maturi ed esperti Accade-
mici a favore dei meno capaci e dei novellini.

Quasi nulla si sa dell’ordinamento dell’Accademia nel primo pe-
riodo della sua esistenza. Sorta sotto l’impulso che ha determinato
l’origine e lo sviluppo delle Accademie in generale, di riflessione in-
tellettuale e di elaborazione critica e teoretica su particolari discipline,
essa svolse in un primo tempo un ‘attività intesa ad approfondire e
ad estendere la conoscenza teorica della matematica e della geome-
tria in quel che hanno di più affine alla prospettiva, e a stimolare la
deduzione di norme positive da tali principi mediante il tirocinio
‘pratico.

L'Accademia, che usufruiva dell'Oratorio di S. Angelo della
Pace a Porta Sole per le riunioni e di uno stanzone al Campo Batta-
glia per le esercitazioni di plastica, nel corso del Seicento diede segni
SEmpIe più manifesti e persistenti di MIAO GUI CINSnto, tanto che alla
SASONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 49

— fine del secolo ‘ogni sua attività può considerarsi completamente
spenta.
Dopo un non lungo ma abbastanza Mene periodo di ripresa,
. che è durato dal 1719 al 1737, : Accademia di nuovo sospendeva ogni
sua attività. :
| Soltanto verso la fine del secolo essa riprendeva a funzionare . e
da allora in poi si attuava quella ripresa che con progressivo incre-
mento nel corso dell'Ottocento portava alla consistenza attuale del-
l'istituto. t
È da notare tuttavia che non venne ricostituita | Accademia
nella forma precedentemente esistita, ma ci si limitó, previa recipro-
ca intesa, a favorire l'iniziativa particolare di un pittore, che propo-
neva di estendere a pubbliche funzioni la propria scuola di pittura.
Infatti con deliberazione del 17 agosto 1781 i Decemviri accoglievano
la richiesta inoltrata dal pittore Carlo Spiridione Mariotti, per otte-
nere l'uso dei locali già occupati dall'Accademia, al fine di aprire una

- scuola di pittura che avrebbe potuto assolvere anche funzioni di scuo- -

la pubblica.

Ma Spiridione Mariotti era ui B s artista e di nessuna.

cultura per potere sostenere con fortuna il peso del grave compito
che si era assunto. D'altra parte, dopo poco gli venne a mancare an-
‘che il contributo finanziario comunale, sicché, preso da scoraggia-
mento, lasciò che limpresa languisse, pur conservando il titolo di
Direttore fino alla morte.

Fortuna volle che si trovasse allora. a Perugia, di ritorno dopo .

lunga assenza dalla città natale, l'uomo capace di ricostituire l'Acca-
demia del Disegno nella sua vera e propria struttura.

Il Conte Giulio Cesarei, infatti, pregò Baldassarre Orsini, pit-
tore, scrittore, erudito di stendere un progetto per la ricostituzione
dell’Accademia del Disegno. Questa ripresa, diremo, definitiva del-
l'Accademia, ci presenta l’Istituto sotto forma ben diversa da quella
che esso possedeva: nelle ormai lontane origini.

L'Accademia, non solo mediante i suoi nuovi Piatti, fT de
mente rinnovati nel sec. XIX, conseguiva un assetto organico ben
definito e giungeva a perseguire con sempre maggiore efficacia i fini
didattici nelle branche principali dell'architettura, della scultura e
della pittura, ma si vedeva assicurata in via normale dal Comune di
Perugia precipuamente i mezzi Bueno strettamente necessari alla
sua esistenza. ons
Dopo Baldassarre Orsini, morto nel 1810, numerosi sono stati

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50 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO
| gli artisti ed i tecnici che si sono succeduti nella direzione dell'Acca-
ul demia; fra i tanti vanno almeno ricordati, sopratutto per l'impulso
vivificatore dato all'insegnamento, i pittori Tommaso Minardi e
Silvestro Valeri.

Anche nel presente secolo non sono mancati i periodi di incertez- |
za e di rilassamento nella vita dell’Accademia, dovuti in massima |
parte a carenza di mezzi finanziari. Purtuttavia essa, superando ogni |
fase critica, ha con assiduo impegno assolto la propria funzione di
| ii massimo istituto di formazione artistica della regione.

WI Nel corso totale della vita dell'Accademia di Belle Arti di Peru-
[ll i gia si possono distinguere tre diverse fasi di indirizzi, di disuguale
iN | sviluppo nel tempo: ad ognuna di esse corrisponde una differente or- "
| i ganica struttura. Nella prima, che va dall'origine al 1737, l'Accade-
Il mia ha il prevalente carattere originario di Congregazione di artisti,
di gentiluomini, amatori di belle arti, dediti alla trattazione e alla di-
scussione di questioni generali teoretiche, non essendo esclusa l'atti-
vità artistica concreta, praticata in una forma libera.

‘Nella seconda fase , che abbraccia poco più poco meno, un ven-
tennio, alla fine del sec. XVIII l'Accademia, come tale, a parte i pro-
positi manifestati anche dal Magistrato, non esiste in senso stretto,
ma assume, in via transitoria, l'aspetto di laboratorio privato di
insegnamento parziale di materie artistiche. Nella terza ed ultima;
essa assume definitivamente il carattere di Istituto di insegnamento e
artistico generale.

Sorta col patrocinio delle autorità politiche ed ecclesiastiche, per
iniziativa di eruditi e di artisti, essa ha trovato favore ed incoraggia-
mento sino alla prima metà del sec. XVIII presso le classi sociali piü
elette; di poi, a mano a mano che si accresceva il suo positivo carat-
tere didattico, essa, pur non perdendo il favore di autorità, di nobili
e di mecefiati, si è polarizzata ‘progressivamente verso le classi sociali
più modeste, piccolo borghesi e artigiane, radicandosi nella coscienza
del popolo, che l’ha amata e l'ama di fortissimo amore.

i Non è facile, per scarsezza di documentazione, determinare le cor-
renti artistiche generali che vi hanno dominato nei primi due secoli
di vita. Possiamo credere che nel sec. XVI essa fosse realmente ed ar- < |
tisticamente molto legata a Firenze, e dai nomi di alcuni accademici e

dalle loro opere è ovvio ritenere che predominasse in pittura il manie-

rismo e in architettura la tendenza revisionistica controriformistica.
Ma nel Seicento, oltre ai riflessi diretti emananti dall'opera e dai per-
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——AQ—————

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 51

sonali contatti di isolati maestri, come il Baroccio, e a quelli indiretti
derivanti dai tintoretteschi quadri. dell’Aliense in S. Pietro, si av-
verte un deciso orientamento verso Roma, da cui vien derivato anche
il caraccismo, e, forse, ma è meno certo, quel pò di caravaggismo

. che circola talvolta, anche inconsapevolmente, in alcuni artisti della.

regione. Ancor piü stretti, e, potremmo dire, usuali si fanno i rapporti
di dipendenza da Roma nel corso del Settecento, ma non mancano
relazioni con Napoli e con Venezia oltre che con Bologna.
Nell'Ottocento,; specialmente nella seconda metà, il giuoco negli
influssi artistici, sopratutto sotto l'aspetto tecnico, si fa piü ampio
ed intrecciato, e l'Accademia di spirito generalmente conservatore,

.assume un atteggiamento ognora guardingo.

Sin dal suo sorgere il Magistrato ne ha riconosciuti l'importanza
ed il valore con lo scegliere l'architetto pubblico fra i nomi designati
dagli Accademici; anche in seguito l'Accademia ha assolto sempre
un ufficio di tutela, di consulenza tecnica, nel campo artistico non solo
per Perugia, ma per l'Umbria e per alcune zone delle Marche e della
Toscana.

Via via che la sua rinomanza cresceva, essa sempre piü era con-
sultata in materia di restauri e ripristini di monumenti e di opere
d'arte, di stime artistiche, di concorsi artistici e per cattedre di inse-
gnamento, di mostre, di esposizioni, di sistemazioni urbane, di valo-
rizzazioni paesistiche, di ricognizioni e di ritrovamenti archeologici.

Le sue funzioni pubbliche nel corso dell'Ottocento si sono enor-
memente accresciute, sino a rendere indispensabile il ruolo che essa
sosteneva nella regione, che storicamente l’aveva espressa come una
necessità e come una garanzia del fervore artistico del popolo umbro.

Riassumendo, tra le sue maggiori benemerenze, vogliamo sopra-
tutto rammentare quella di aver raccolto una declinante tradizione
artistica per tesaurizzarla, ai fini di un perpetuo magistero artistico,
in un ordinato centro di studi; quella di essersi sforzata costantemen-
te di mantenere questi studi a un alto livello per dignità e sodezza di
tradizione, tendenzialmente aulica e classicheggiante; quella infine
di aver potentemente, anche se quasi inavvertitamente, contribuito
ad educare e a raffinare il gusto del popolo per generazioni e genera-
zioni. Sicché provvido e giusto è parso l'atto coa il quale recentemen-
te lo Stato, riconoscendone la limitata ma indispensabile funzione,
l’ha elevata alla pari delle maggiori sorelle italiane.

L’Accademia di Belle Arti di Perugia offre nelle sue molto tra-
vagliate ma progredienti vicende storiche, un chiaro esempio, nel

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52 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

campo artistico, di un Istituto, il quale, essendo sorto per iniziativa
| privata, ed essendo passato per successive fasi intermedie, a cui cor-.
rispondono particolari sue coufigurazioni organiche, entra infine ‘ad
operare sempre più nella sfera della vita pubblica, sino a divenirne,
con il pieno riconoscimento legale, un normale organo operoso e.
vitale. Hone d fin |
GIOVANNI CECCHINI
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L'ACCADEMIA CIVICA otii E
DEL TEATRO MORLACCHI^ . lg

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Quella divisione dit animi che esisteva da tempi remotissimi in Pe-
rugia, avanzo di antiche fazioni, se pure a volte non palese, tra il. ceto
dei nobili e quello dei borghesi — dei «civici», cioè, come questi erano
chiamati — era divenuta, sullo scorcio del secolo XVIII sempre piü pro-
fonda per colpa di ambedue le parti. La nobiltà, per ragioni di casta, di d
ricchezza e del possesso degli onori derivanti dalle pubbliche cariche It]
sempre detenute, non dimetteva l’alterigia, che era divenuta strapotente. In
e anzi offensiva, mentre la borghesia, con la conquista delle varie indu- Il
strie e del commercio, ottenuta con lunga e persistente attività, si era | IM o
È arricchita, così che molte famiglie uguagliavano, se non superavano, i
1 cospicui patrimoni, talune delle patrizie; di più eccelleva sulla prima per
per cittadini illustri versati nelle lettere e nelle Arti e costituiva così
la più utile e laboriosa porzione della cittadinanza; vedendosi, quindi,
contrastato l’accesso ai pubblici uffici e non riconosciuti i meriti con- d
quistati con gli studi e con la feconda attività, mal celava il profondo {TETI
risentimento e una forte avversione. Varî fatti ed episodi, che qui è |
E: | superfluo ricordare, resero più acuto questo dissidio e fecero anzi sor-
| gere nell'animo dei civici il desiderio di una affermazione sulla nobiltà.
| Questo desiderio, naturale del resto, aveva trovato finalmente

una ragione che si prestava in parte a dissimularlo.
In Perugia, come in varie altre città, era venuto crescendo l'in-
teressamento per gli spettacoli lirici e drammatici, che erano deside-
rati ed accolti con ognor crescente entusiasmo da tutta la cittadi- :
nanza nelle circostanze in cui avevano luogo, le quali, anche perché |
rare, a volte assurgevano a eccezionali avvenimenti.
Nella nostra città, all'infuori di qualche teatrino, che aveva piut-

tosto l'aspetto di una piccola sala, vi era solo un teatro, quello; cioè,
| del Pavone della nobile Accademia del Casino, costruito fin dall'anno
| 1717 e rifatto nel 1773. Quest'unico teatro, se bastava al divertimento

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54 3 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

delle famiglie nobili proprietarie di tutti i palchi, era sufficiente ad
accogliere appena un limitato numero di spettatori e ben pochi erano
i civici che potevano accedere, se mai, all’ultimo ordine, cioè al log-
gione, e che quindi dovevano accontentarsi, per godere il teatro, di
confondersi col popolo minuto; oppure erano costretti a postulare
l'umiliante cessione di un palco da qualche patrizio, il quale lo cedeva
quando si era stancato dello spettacolo. Questa fortissima ragione
inasprì il latente dissidio, in quanto colti e ricchi cittadini borghesi si

. vedevano con le loro famiglie precluso l’accesso al godimento dello

spettacolo teatrale; questo stato d’animo dei civici trovò, alfine, sfogo
naturale in una affermazione sul ceto dei nobili, affermazione, la quale,
senza dubbio, costituì l'avvenimento più notevole di quel tempo in
Perugia e, divenendo oggetto dei commenti, dei discorsi in tutti i ri-
trovi, servì a scuotere almeno per due o tre anni la monotonia della
vita perugina.

Il 21 dicembre 1777 un gruppo di venti cittadini prese l'iniziativa
di costituire una Società per l'edificazione di un nuovo e grande teatro;
successivamente, e con entusiasmo, altri aderenti si unirono ai promo-
tori fino a raggiungere il numero di ottantatré, quotandosi tutti a ver-
sare una rilevante somma; l'ammissione poi al possesso dei pochi carati
dei palchi disponibili fu addirittura contesa, tanto grande fu il favore
raccolto dall'iniziativa. -

Non possono formare oggetto di particolare interesse di questa
breve comunicazione sull'Accademia del Civico Teatro del Verzaro,
le notizie e i particolari, del resto interessanti, sulla costruzione di
questo. Basterà solo ricordare che il teatro, dopo varie e laboriosissime .
pratiche per ottenere dal Governo di Roma il permesso per l'edifica-
zione (che fu abilmente, se non palesemente, ostacolata dalla nobile
Accademia del Pavone), sorse in brevissimo tempo, in meno di tre
anni, tutto in muratura, nella contrada del Verzaro, su disegno e di-

rezione dell'Architetto perugino Alessio Lorenzini — il quale in quest’o-

pera ha lasciato durevole memoria dell'eccellenza dell'arte sua — e,
anche per le ricche decorazioni riflettenti il gusto del tempo, apparve
a tutti veramente bellissimo. Non é esagerato affermare che Perugia,
per merito appunto della parte migliore della borghesia, gareggió per
la costruzione del teatro con le maggiori città italiane; infatti esso è
coevo al Teatro alla Scala (1778), anteriore alla Fenice di Venezia
(1790), al Carlo Felice di Genova (1826); al Regio di Parma (1829)
e, tra i minori, al Teatro dell'Aquila di Fermo (1791).

Il Teatro fu inaugurato il 17 settembre 1781 con la Didone Ab-
SECONDO. CONVEGNO STORICO UMBRO 55

bandonata musicata dal volterrano Francesco Zanetti, maestro di
Cappella del nostro Duomo, e con la partecipazione dei pià acclamati : ii
artisti del tempo, tra.i quali il celebre e conteso tenore David e il Ba- | ini
bini, che fu poi maestro di canto di Gioacchino Rossini. | |
Fra i primi aderenti all'iniziativa figurano i nomi di Annibale IRE
Mariotti e di Francesco Tini, i quali furono i primi deputati eletti dal- ' MURE
l'assemblea dei soci e ad essi si deve tutto: la scelta felice dell’ Archi- NINE
tetto, l’alacrità davvero sorprendente con cui si svolsero, in meno di E
tre anni, i lavori e anche l'organizzazione dello spettacolo inaugurale, ‘
| tanto che la cittadinanza, con uno di quegli slanci di entusiasmo, che Mn.
| noi perugini per esperienza ben sappiamo come e quanto siano però effi- MEE
meri e seguiti subito e immancabilmente dalla piùingrata dimenticanza, LUNI
tributò grande plauso ai due deputati, significato anche in versi latini.
Ma, scorrendo le carte che sono conservate in archivio, noi ve-
diamo, che, se il Tini fu attivo e saggio soprastante ai lavori, il Ma-
riotti invece fu la mente sapiente ed organizzatrice di tutto: egli fu
il mentore degli artisti che decorarono il teatro e l'organizzatore dello
spettacolo inaugurale. Ma soprattutto il grandissimo nostro concitta-
dino comprese e volle che la società dei caratanti dovesse essere degna (RIS
del bel teatro che aveva voluto e che, anzi, dovesse a questo conferire i ici
quell’inconfondibile carattere di nobiltà, che solo dall’arte e dalle let- |
c tere potevano derivargli, rendendolo un vero tempio delle Muse. .
| Nel verbale, infatti, del 7 agosto 1789 si leggono varî articoli
| dello statuto di fondazione della Società, la quale da allora assume il
| titolo di « Accademia del Civico Teatro del Verzaro ». Le costituzioni
| | dicono infatti che «l'Accademia deve essere sempre costituita da citta-
dini borghesi »; si parla a tale riguardo dello stemma che essa deve adot-
RB tare; in un primo tempo si pensa al Gatto, ardito di fronte al patrio
Grifo, ma poi si assume l’Antlia Ctesibiana con l'« Haud natura negat »
perché apparve troppo palese l'affermazione di parte con il primo
emblema. |
Ma il Mariotti volle, con le sue saggie costituzioni, conferire al- I|
l'Accademia: veramente uno spiccato carattere artistico letterario. (N
Infatti esse dispongono che nel Teatro debbansi tenere solamente Hi
| spettacoli lirici e drammatici e ogni anno sei Accademie di Musica e Ii
| di Letteratura; che possa essere concesso l'uso del miglior apparta- Tl
mento della fabbrica antistante al teatro «a quelli che prendono al-
l'Università di Perugia la laurea dottorale in qualsiasi facoltà, ancorché
siano forestieri e non abbiano nelle loro case il comodo di fare il solito
ricevimento »; che il teatro possa essere anche concesso all'Accademia

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zione però del Guardabassi.

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B0 os SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

di Belle Arti « per quel giorno in cui vogliono tenersi qualche adunanza

| e conclusione per onesti e convenienti divertimenti »; si stabilisce un
. premio consistente in una medaglia d'oro coniata con lo stemma del-

l'Accademia da darsi annualmente all'autore di una Tragedia o Com-
media o Dramma, che sarà coronato nell'adunanza generale dell'Acca-

‘ demia; si prescrive che il Segretario debba ogni anno invitare i poeti -

d’Italia a concorrere a tale premio.
In queste disposizioni si risente tutta l’anima nobilissima del Ma-
riotti; il cui cuore ebbe un continuo palpito d'amore per la sua Perugia
e che nei primi anni di vita del nuovo teatro, fino al periodo repubbli-
cano, fu l’animatore della nuova Accademia perugina. ;
Sfogliando le numerose filze dell'Archivio, si può vedere, dalle
carte vergate dal Mariotti con la sua inconfondibile scrittura, quanto
egli fece per l'Accademia, e questo nuovo aspetto della sua attività è
sfuggito a quanti lianno scritto di lui, a cominciare dal Santi, ad eece-
Scomparso il Mariotti, l'Accademia continuó a tenere le prescritte
tornate letterarie e musicali, che avevano luogo nella Sala antistante

al terzo ordine del-teatro nella settimana santa, con esecuzioni di mu-

sica sacra, mentre quelle letterarie, fin dal loro annuncio, con il loro
programma occupavano i letterati perugini e formavano il tema dei

. commenti e dei discorsi nei varî ritrovi della città.

Notevoli furono quelle del primo. decennio del 1800, alle quali
parteciparono, tra gli altri, il Mezzanotte, Teresa Camilletti, il Bruca-
lassi, il Siepi, Luigi Canali, il pittore Giovanni Monotti, l'avv. Bruschi,
Andrea Appiani. Da una di queste, alla quale presero parte ben quaran-
tacinque Accademici, scaturì una vera colluvie di poesie, in quanto era
prescritto che ciascun intervenuto dovesse presentare un sonetto; viva-
cissime poi le gare per composizioni di drammi tra il Siepi e il Brucalassi.

‘Succeduti i nuovi tempi, come era naturale, tali riunioni diven-
nero sempre piü raré fino a cessare del tutto e l'Accademia si limitó a

curaré che nel suo teatro, piü volte riabbellito ed ornato, si svolges-

sero spettacoli.di musica, di prosa e ballo. Invero dal lungo elenco che
ho potuto compilare dalle memorie di archivio, dai giornali, dalle col-
lezione di manifesti per scrivere la storia del nostro massimo teatro,
la quale potrà offrire qualche utile notizia agli studiosi delle vicende
del teatro italiano, risulta che gli spettacoli, che si sono succeduti du-
rante un secolo e mezzo su le nostre scene, assursero talvolta a manife-
stazioni di eccezione per il nome e il valore degli artisti che vi presero

parte.
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO SA 57

Anche qualche Accademia letteraria e musicale fu poi organizzata:
da ricordarsi quelle del 1881 e del 1883, alle quali parteciparono vari
nostri insigni letterati, tra cui la Brunamonti, che lesse la sua ode
per le vittime del terremoto di Ischia, e 1’ ultima nel 1911 sulla « For-
tuna musicale di Dante ».

Deve pure ricordarsi che l'Accademia promosse sempre, per ono-.

rare quegli artisti veramente illustri che calcarono le nostre scene.
pubblicazioni di poesie, di dediche, di memorie ‘artistiche. Infatti
nella raccolta di questi opuscoli figurano i nomi di Antonio Mezzanotte,
di Luigi e Francesco Bartoli, di Assunta Pieralli, di Luigi Bonazzi, di
Luigi Rossi Scotti, di Giovanni Pennacchi, di Alinda Erunomon
di Leopoldo Tiberi, di Francesco Guadabassi. :

L'Accademia fin dal 1874 si chiamò. « Accademia- Civica del Tea-

tro Morlacchi », quando. cioè essa volle che il suo teatro, nuovamente:

decorato nell'attuale ed elegante aspetto e riaperto con l'esecuzione
mirabilissima dell’Aida, la terza che si faceva in Italia, fosse intito-
. lato al nome glorioso del nostro grande musicista; conservò essa sem-

pre il suo carattere prettamente democratico, poiché i suoi soci ap-
| partennero sempre alla classe borghese, a quei civici, che a loro spese
vollero eretto il massimo teatro perugino, curato sempre gelosamente
dall'Accademia, i cui soci, ultimi epigoni, lo donarono nel 1942 al pa-
trio Municipio.

E mi sia consentito di chiudere questa breve memoria espri-
mendo un desiderio: quello cioé che il voto formulato da alcuni Ac-
cademici nell'ultima tornata dell'Accademia Civica quattro anni fa, —
di vedere cioé apposta nell'atrio una memoria che ricordi la fondazione
del teatro, i nomi dei suoi fondatori, quello del suo insigne Architetto
e- la sua Accademia, che pur vanta una non ingloriosa vita secolare, —
venga avvalorato oggi in questo storico Convegno da un altro voto
della R. Deputazione di Storia Patria e trasmesso all’ I azione
del Comune. ' |
ALBERTO ÍnACI

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il L'ACCADEMIA PERUGINA DI S. TOMMASO
LM D'AQUINO E IL TOMISMO PERUGINO

il Quando si farà una storia della rinascita degli studi tomistici in
i Italia, una storia vera e completa non scritta per limitarne l’impor-
tanza e criticare l'apporto filosofico o, d'altra parte, per esaltare il mo-
.to di questo o di quel gruppo locale di neo-scolastici, si vedrà forse
come in tutta Italia, per tutto il secolo xix, vi sia stato un fermento
VEM fecondo di studi scolastici, un interesse per le opere di San Tommaso
MI presso scuole e seminari o magari presso isolati ed oscuri studiosi ec-
I | i clesiastici o laici. Quando tutto l’ingente materiale archivistico degli
n ; uffici ecclesiastici, perla provvida iniziativa espressa dal Sommo Pon-
TE tefice Pio XII nella lettera al Cardinale Bibliotecario di Santa Roma-
i|- na Chiesa, sarà diligentemente e sapientemente riordinato, si potrà
MIU scrivere l'attesa storia del neo-tomismo italiano e si renderà allora un
INI grande servigio alla Chiesa, alla storia d’Italia e a quella della civiltà.
Ml Una simile opera dedicherà la massima importanza a quei centri di
| È studio — quali Piacenza, Napoli, Bologna, Perugia, Roma — dove s'era
LM raccolto e riparato timidamente il tomismo bandito dalle cattedre
| dai sistemi trionfanti di Cartesio e di Locke se non di Cousin e di Con-
dillac; a quei centri dove pochi studiosi non curanti di procedere con-
tro corrente e sfidando anche lo sdegno dei superiori (1) erano andati
a rileggere le opere di San Tommaso d' Aquino con quel fervore quasi
mistico che supera tutti gli ostacoli e guarda fisso alla meta.
Sul contributo di alcuni centri — come del resto su quello di al-
cuni ordini religiosi — alla rinascita del tomismo, sono già apparse al-
cune opere. Su quello di Perugia nessuno ha mai parlato. E non già

| (1) È noto, per esempio, quel che capitò al P. Luigi Taparelli d’Azeglio a
i in Napoli nel 1833 quando egli con alcuni giovani della Compagnia di Gesü co-
Bi || spiravano per restaurare nelle scuole cattoliche la filosofia di San Tommaso.
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 59

perché esso non sia degno di uno studio particolare, poichè da tutte
le parti dove quest'argomento è trattato si vede ricordata, sia pure

di sfuggita, Perugia o il suo seminario o l' Accademia Tomistica o no- -

mi di tomisti o quello del grande Vescovo di questa città, Gioacchino
Pecci; bensi per mancanza quasi assoluta di notizie o di documenti e
d'altra parte per il fatto che gli studiosi locali non hanno mai fino ad
ora rivolto il loro interesse e la loro indagine agli uomini che attorno
al Pecci formarono un cenacolo neo-scolastico o agli istituti che per la
diffusione delle dottrine di San Tommaso vennero fondati dall'auto-
rità e dalla sapienza organizzatrice del Pecci stesso. Sarebbero dunque
queste nostre le prime parole che vengono dedicate espressamente al
moto di rinascita neo-scolastica perugino. Con ció peró — si dichiara
subito per onestà — non si é preteso scrivere una diligente opera sto-
rica sulle origini e sulle vicende del gruppo tomistico perugino come
l'argomento senza dubbio merita. Noi abbiamo voluto solo segnalare
nell' Accademia perugina di San Tommaso un istituto di considerevole
importanza nella neo-scolastica italiana. Un'opera come si conviene
che si faccia, che approfondisca le origini e ne scorga le conseguenze,
che veda tutti i necessari rapporti e contatti, che studi ed illustri una
per una le figure dei maestri, che dica quanto questi hanno affermato
di nuovo e quanto l'insegnamento loro possa valere oggidi; un'opera
simile sarà scritta — noi lo speriamo — da chi in tempi migliori, con piü
calma e serenità, sarà tentato dall'argomento e riuscirà a trovare il
maggior numero possibile di documenti privati ed ufficiali a noi, que-
sti ultimi, quasi del tutto presentemente irreperibili. Possa la nostra
debole voce suscitare un'opera che sia definitiva. « Poca scintilla gran
fiamma seconda ». Questo solo noi desideriamo.

E per questo modesto ma non inutile scopo che ci siamo prefissi
è bastato non approfondire ed estendere le nostre ricerche, ma solo
raccogliere quegli appunti che nei nostri studi avevamo di volta in
volta fermato. RE

In Italia la restaurazione tomistica sarebbe avvenuta — secondo
uno studioso della scolastica (1) — nel ventennio 1850-1870. In questi
venti anni il tomismo italiano raccoglie le proprie energie, costituisce
i suoi centri di difesa e di offesa in alcune città, che divengono le roc-
cheforti della restaurazione, fonda istituti e organizza un vasto siste-
ma di propaganda. Il 1879, l'anno dell'Enciclica Aeterni Patris, segna
per il tomismo il trionfo dopo una lotta lunga e difficile: la chiesa. Cat-

(1) Amato Masnovo, Il neo tomismo in Italia. Milano, 1923, pag. 117.

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‘60 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

| tolica riconosce e proclama sua filosofia ufficiale la filosofia del Dotto-

re Angelico. Prima del 1850 il tomismo del Buzzetti, del Sordi, del
Taparelli si prepara in segreto per educare futuri maestri, futuri apo-
stoli della cattedra e dell'azione della rinascita neo-scolastica. |.

Il 1850 trova che a Perugia si sta già preparando il terreno per
gettarvi il seme della restaurazione tomistica. À. Perugia é Vescovo
Mons. Gioacchino Pecci, Tanimatore di tutta la fiorentissima vita .
cattolica perugina della seconda metà dell' Ottocento, il primo beneme-

. rito, e come Vescovo e come Papa, del rinnovamento tomistico della

filosofia cattolica, il geniale e sapiente riformatore degli studi eccle-

siastici, il grande Vescovo che ha saputo creare un clero d'eccezione |
‘per profondità e modernità di cultura, vanto della tradizione glorio-

sa della Chiesa di Perugia. :

I due fratelli Giuseppe e Gioacchino Pecci, ancora fanciulli, erano
stati messi a studiare nel Collegio dei Gesuiti di Viterbo: Tutti i bio-
grafi de) futuro Pontefice ci dicono quanto Gioacchino fosse sollecito
nell'apprendere e con quanta facilità e insieme con quale eleganza sa-
pesse comporre in latino, in verso o in prosa. Isaggiscolastici di Gioac-
chino a 12 o 13 anni mostravano già, nelle debite proporzioni, la per-
sonalità di quest'uomo: esprimere forti concetti in bella forma, cosa
singolare in un'epoca in cui la prosa elegante non altro pregio aveva
che questa sua eleganza e la prosa scientifica si le ggeva: solo, e con mol-
ta difficoltà, se vi era necessità di studio.

Il periodo di studio dei fratelli Pecci presso i Gesuiti di Viterbo,
lasció le sue durevoli tracce nella vita di entrambi. Giuseppe abbrac-
ció lo stato ecclesiastico nella Compagnia di Gesü e si dette subito al-
l'insegnamento filosofico nelle scuole di questa; Gioacchino andó ad
ultimare i suoi studi a Roma al Collegio Romano, diretto dai Padri
Gesuiti e allora (1825) già fiorentissimo. A, 22 anni nel 1832 Gioacchi-
no Pecci era dall’ Università Gregoriana proclamato Dottore.

Nelle scuole cattoliche l'insegnamento della filosofia aveva. se-
guito, e un po’ subito, gli indirizzi filosofici del tempo. Non c'era uni-
tà d'insegnamento perché mancava unità di sistema: un po’ tutti 1 si-
stemi allora prevalenti erano insegnati nelle varie scuole cattoliche.
A seconda delle tendenze d'un maestro, dei gusti di un Vescovo o del-
le tradizioni di un Istituto educativo, si insegnava o con metodo ra-
zionalistico rifacendosi.a Cartesio attraverso i cartesiani francesi, per
lo più religiosi che ne avevano sviluppato il pensiero, ovvero con me-
todo empirico, o meglio sensistico, riallacciandosi ai discepoli ultimi
di Locke o all'abate di Condillac, il quale ultimo aveva lasciato in
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

61

; Italia, per la sua lunga permanenza e per i suoi molá contatti, un'eco

vivissima delle proprie dottrine. Diffuso in alcuni istituti cattolici
d'istruzione era anche l'eclettismo; comodo sistema, questo, cui ade-
rivano gli scettici di tutti i sistemi e di nessuno, quanti non crede-
vano nella bontà assoluta e nella verità oggettiva di un'unica dottrina
filosofica, e sistema che permetteva a chi lo professava di non impe-
gnarsi decisamente per questo o per quel filosofo, ma d’accoglierli
tutti in un pantheon ideale dove i filosofi cattolici, la scolastica e
segnatamente San Tommaso, ricevevano attestazioni frequenti di
omaggio e d'ammirazione.

L'idealismo non era — si può dire genericamente parlando — an-

cora entrato nelle scuole cattoliche e tanto meno in quelle dell’Italia

perché di Kant e dei kantiani ancora non s'aveva quasi alcuna cono-
scenza, nemmeno di riflesso.
Le scuole del clero regolare si erano mantenute. più delle altre

— per quanto non completamente — a! difuori delle varie correnti filo-

sofiche e delle agitazioni dottrinarie del mondo moderno. Le varie fa-

miglie religiose avevano serbato nelle loro scuole gli insegnamenti

filosofici loro tradizionali. San Tommaso era pochissimo conosciuto
e quel pochissimo che del suo pensiero si conosceva era derivato da
fonti indirette di terza o quarta mano e non sempre fedeli. Quasi nes-
suno né in Italia né fuori leggeva le opere di San Tommaso, rarissime
in commercio, di cui le antiche edizioni giacevano (è il caso di dirlo)
nelle vecchie biblioteche dei monasteri o delle università e nessuno
andava a consultarle.

Un certo culto della filosofia di San Tonniiaso s'era mantenuto vivo
soltanto nelle scuole dell'Ordine Domenicano e in quelle della Com-
pagnia di Gesü. Era piuttosto il rispetto di una tradizione antica e la
venerazione del piit grande Dottore della Chiesa, ma forse non si aveva
coscienza del valore attuale del pensiero di San Tommaso, né si ve-
deva la possibilità di questo di conciliarsi col pensiero. moderno ab-
‘bracciandone tutti gli sviluppi. I

La Compagnia di Gesù aveva mantenuto nelle sue Coler se non
linsegnamento diretto delle dottrine tomistiche, un grande e vivo
interesse per la figura di San Tommaso (1). È vero che nel 1833 non

(1) Un contributo considerevole ai presupposti storici della rinascita
tomistica in Italia sarà dato quando verrà studiata la vita e l'attività dei
Gesuiti spagnoli in Italia dopo la dispersione dell'Ordine in Spagna e la sua

soppressione che la segui 6 anni più tardi. Sono per lo più figure interessantis-
sime di cui poco o nulla sappiamo, che vissero oscuramente insegnando quanto
62 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

aveva permesso ad alcuni suoi Padri e novizi diretti dal P. Tapa-
relli d'Azeglio il ritorno alla filosofia di San Tommaso e la restaura-
zione delle dottrine dell’ Angelico, ma allora forse i tempi non erano
ancora maturi a questo; appena vent'anni più tardi saranno invece
i Padri della Compagnia di Gesù i primie più tenaci propugnatori del
ritorno di San Tommaso nelle scuole cattoliche. È quindi permesso
pensare che per questo culto costante nelle scuole dei Gesuiti a San
Tommaso sia nata la vocazione tomistica a Gioacchino Pecci, al Pon-
tefice della Aeterni Patris.

Il periodo passato al Collegio Romano era poi sempre ricordato
con particolare e commossa compiacenza dal vecchio Pontefice, che
rievocava gli antichi venerati maestri dai quali tanto solida e profon-
da dottrina aveva appreso.(1). Più tardi, non ancora terminati gli
studi, Gioacchino ‘Pecci fu per qualche tempo ripetitore di filosofia
agli alunni del Collegio Germanico. Aveva allora diciannove anni e
già era parso capace, proprio appena terminato come discente il corso

di filosofia, d'insegnarla agli alunni dello storico Collegio Germa-

nico Ungarico nelle ore fuori dell’insegnamento ufficiale; ed era
parso capace, questo giovane studente dell'Università Gregoriana,
ad uno degli uomini piü geniali nelle scienze speculative che
abbia avuto l’Italia dell'Ottocento, al P. Luigi Taparelli d' Azeglio, al
confondatore della Civiltà cattolica, al precursore e propugnatore della
restaurazione tomistica. Non è necessario insistere troppo sul signi-
ficato nella storia del tomismo italiano di questa scelta di Gioacchino
Pecci da parte del P. Taparelli. Era legittimo quindi che ricevendo
da Pontefice, in visita d’omaggio professori e discepoli del Collegio
Germanico-Ungarico il 26 agosto 1879 nella risposta all’indirizzo del

avevano già insegnato nella Spagna, dove le dottrine filosofiche di San Tom-
maso non avevano mai ceduto, come invece altrove, alle più recenti correnti
filosofiche, È da augurarsi che lo studio di queste figure di esuli venga fatto
sulla scorta di documenti ancora sconosciuti, nascosti anche in città secondarie.
Vittorio Cian ed Arturo Farinelli hanno già parlato dell’interesse di queste
figure per la storia della cultura italiana; speriamo che un invito sì illustre
venga raccolto da diligenti studiosi. Il P. MicHELE BATLLORI S. J. ha già pub-
blicato sull'argomento un bel lavoro: Francisco Gustà apologista y critico, Bar- -
celona, 1942, ed ha raccolto durante il suo soggiorno in Italia tante ed impor-
tanti ricerche destinate — come egli assicura — ad uno studio ampio ed orga-
nico sulla Storia culturale dei Gesuiti spagnoli esiliati. in Italia da Carlo III.

(1) Dei maestri ricordava specialmente i P. P. Manera, Perrone, Caraffa
e Pianciani. V. Le livre d'Or du Pontificat de Léon XIII, Bruxelles et Paris,

1888, pag. 233.
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 63

Padre Steinhuble ricordasse, non senza nostalgia, il tempo passato
ad insegnare in quell’istituto e non senza una certa fierezza l’incarico
lusinghiero affidatogli « dall’autorità di un uomo eminente, il Padre
Luigi Taparelli, della Compagnia di Gesù ». (1).

La vita di curia nella quale volta per volta Gioacchino Pecci ave-
va sbrigato con felice successo incarichi tanto importanti per quanto
delicati, aveva mostrato in lui doti eccezionali di uomo di governo che
1 suoi superiori non avrebbero tardato a sfruttare. Così quell'ingegno
nato per gli studi dovette per tutta un'esistenza lunghissima dedicare
agli studi solo pochi e brevi ritagli di tempo, solo le horae subsecivae
di una giornata proverbialmente densa di molteplici occupazioni.
Cosila vita militante dell'amministrazione pubblica e del cursus di-
plomatico-politico lo assorbi tutto e fu quel cattedratico mancato che
altrimenti avrebbe arricchito !a repubblica delle lettere e quella delle
scienze filosofiche di opere degne della sua personalità.

Delegato Apostolico a Benevento, a Spoleto e a Perugia aveva
saputo dovunque essere quel sagace e provvido amministratore che
riusciva egualmente grato alle autorità e al popolo, ai governanti delle
provincie ed ai governanti di Roma. Col 1843 Gregorio XVI lo inviò
a reggere la Nunziatura del Belgio. A Bruxelles Gioacchino Pecci si
trovó nella capitale di uno stato all'avanguardia della civiltà; il pro-
gresso dei tempi moderni, nel suo cumulo di bene e di male, si poteva

studiare da vicino nelle sue pratiche realizzazioni sociali. E il Pecci, .

che di tutto era abituato a far tesoro, dimostró d'aver saputo bene
sfruttare il materiale di osservazione e di studio che gli si era offerto
nei tre anni di permanenza nel Belgio. Se non uscisse dal tema e dai li-
miti che cisono imposti, non sarebbe inutile vedere nelle condizioni eco-
nomiche e sociali del Belgio tra il 1843e il 1846 quanto il futuro Leone
XIII ha potuto apprendere: senza dubbio le premesse alle encicliche
sociali e agli atti del Papa della « Rerum Novarum » si devono trovare
nella sua esperienza di Nunzio in Belgio.

. Nel Belgio aveva trovato l'Università di Lovanio; gloriosa e fe-
conda istituzione cattolica, creata e tenuta in vita dalle offerte dei
. cattolici di quel paese. Se n'era subito interessato e appena passato
quel breve periodo di tempo che gli era stato indispensabile per le vi-
site di protocollo e per il disbrigo dei primi affari, era andato a. visi-
tarla, trattenendosi a lungo ed assistendo alla discussione di tesi di
laurea in diritto canonico. A Lovanio, che diventerà poi per volontà

(1) Le livre, ecc., cit., pag. 197.

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64 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

| di Leone XHI il centro più importante di diffusione del risorto tomi-

smo, dovette vedere Gioacchino Pecci quanto fervore di vita, quale
impulso di idee antiche e perennemente nuove fossero nel moto cultu-
rale cattolico già rigogliosissimo nel Belgio.

. Non credo che nel. Belgio per la prima volta concepisse le idee pe-
culiari alla sua opera di Vescovo e di Pontefice di restaurazione inte-
grale dei valori cattolici nella civiltà materialistica del mondo contem-
poraneo, ma credo che il suo concetto di rinnovamento cattolico della
civiltà nonché quello di presenza della cultura cattolica nella cultura
laica dei nostri tempi, trovassero nel Belgio, dove la Chiesa Cattolica

aveva a difendersi in regime di libertà da nemici di ogni specie, il piü

efficace conforto, la più ferma convinzione che la Chiesa, lungi dall'at-
tardarsi ed appartarsi a rimpiangere un passato irrevocabile, dovesse
entrare con tutte le sue forze nella lotta di idee e di istituti del mondo
moderno per conquistare e questi e quelle, per rinnovare tutto cristiana-
mente. Proprio nell’ Università di Lovanio uno studente della facoltà di
diritto, interprete dell'ammirazione e della gratitudine dei suoi condi- -

| scepoli per il Nunzio Pecci, rivolgeva al futuro Papa un discorso che si

chiudeva con queste parole che dovettero certo fare un profondo effetto
a chi mostrerà di saperle mettere a programma d'un grande Pontifi-
cato: «La jeunesse catholique prouvera que le catholicisme a suel le
sécret du vrai progrés des intelligences et de la civilisation » (1).

A Bruxelles giunse inaspettata a Gioacchino Pecci la notizia che -
Gregorio XVI, cedendo alle istanze dei Magistrati e del Clero di Peru-

| gia, l'aveva eletto Vescovo di questa città. La permanenza a Bruxel-

les del Vescovo Pecci dovette protrarsi, dopo la nomina, di qualche

mese per aspettare il nuovo Nunzio Mons. Asinari di San Marzano.

Da Bruxelles non manca il nuovo ‘Vescovo di occuparsi, nonostante
la lontananza, delle cose perugine e particolarmente del Seminario al
quale dedicherà sempre le cure più assidue e sollecite.

Ecco una lettera, inedita, del novello Vescovo al Rettore (2) uscen-

* 4e! del: Seminario di Perugia:

Della 14 marzo 1846.
Preg.mo Signor Canonico, X419 si
Non risposi subito al gradito suo foglio dei 23 perd. Gennaro perché ero

ancora in attenzione dell'altro ch'Ella diceva avermi diretto in Decembre.
Finalmente questo mi'é giunto col mezzo della Segreteria di Stato, ritardato

(1) Le Livre, ecc., cit., pag. xi.
(2) Il canonico Sebastiano Rotelli.
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 65

di circa due mesi e serza l’indirizzo per Bruxelles. Dando ora sfogo al di Lei
foglio La ringrazio prima di tutto delle congratulazioni ch'Ella m'indirizzava
in nome anche dei Professori ed allievi del Seminario per la mia nomina a
Vescovo di cotesta illustre Chiesa, e sono veramente dispiacente che per

l'accennato ritardo Le giunga anche ritardata l'espressione della mia grati- -

tudine per la gentilezza usatami con quel Suo officio.

Per quel che si spetta al Seminario esso formerà certamente una delle
primarie mie cure ed avrà tutte le mie predilezioni, essendo il semenzaio dove
debbono allevarsi e germogliare le novelle giovani piante atte e capaci a por-
tare ur giorno frutto abondante nella vigna del Signore. Ho letta la supplica
da Lei diretta al Santo Padre e corroborata dalla commendatizia del mio
Pro-Vicario Generale, a fin di ottenere un sussidio per mantenere nel tempo
delle vacanze i giovani Seminaristi nella bella villeggiatura di Corciano fon-
data dal mio predecessore di chiara memoria. Al mio arrivo in Roma non
tralascierò parlarne all'Ecc.mo Datario, ed appoggiare quella domanda con
tutto il mio impegno riconoscendola giusta e fondata. .

Sento dalla seconda Sua lettera avere Ella cessato dalle funzioni di
Rettore del Seminario e la destinazione a succederle del meritissimo Can.co
Pompili. Su questo punto io nulla potrei dirle se non che Ella si tranquilizzi

nei manifestati Suoi timori, giacché, per la pensione di cui mi parla, non si

perderanno di vista le ragioni di giustizia e di equità compatibilmente alle
risorse del Seminario.

Colgo la propizia occasione per darle di cuore la mia benedizione e per
confermarmi con perfetta stima ed attaccamento

Dev.mo ed aff.mo Servitore
GioAccHINO Arciv. Vescovo di Perugia

Il Seminario di Perugia diventa il fulcro dell'opera di rinnova-
mento cattolico condotta da Gioacchino Pecci nella sua più che tren-
tennale permanenza a Perugia come Vescovo.

L'educazione del giovane clero fu in tutti i tempi oggetto delle
| più vive sollecitudini da parte dell’ Autorità della Chiesa. Chi ha avu-

to in mano la responsabilità della formazione intellettuale e morale.

dei futuri sacerdoti di Cristo, ha sentito sempre quale tremenda re-

sponsabilità essa sia, quanto fatale per il bene della Chiesa e delle ani-
‘ me possa riuscire un metodo educativo errato e quanto la leggerezza
| 0 l'insipienza dei maestri e dei Rettori preposti all'educazione degli
ecclesiastici. Nei tempi moderni tale problema educativo è divenuto
addirittura cruciale. Nei tempi antichi la cultura, che la Chiesa ave-
va salvato dal cataclisma del mondo classico, apparteneva alla Chie-
sa: chierico equivaleva a uomo colto e chi voleva istruirsi non poteva
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66 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

che ricorrere agli uomini di Chiesa. Nei tempi moderni il mondo laico
ha preso la rivincita, ha portato via dalla Chiesa la cultura e ha dato
a questa un aspetto laico, ostile, quasi generalmente, alla Chiesa.
Chiesa diviene sinonimo di oscurantismo e si crede che agli ecclesia-
stici non resti piü una parola nuova da dire nel fermento delle idee
dei tempi moderni. D'altra parte la Chiesa, per la purezza e la difesa
della sua dottrina dagli errori e dalle deviazioni, si chiude nelle sue
antiche verità, non partecipa allo sviluppo e alla lotta delle recenti
dottrine. Eccessivo zelo ed eccessivo timore fanno che spesso alla Chie-
sa manchino uomini che sappiano rendersi conto delle conclusioni
cui é giunta la cultura moderna, che sappiano a difesa delle verità
eterne del cattolicesimo combattere gli errori nuovi con metodo nuo-
vo, mettendosi sullo stesso terreno del nemico.

Appunto tali difensori miró sempre a formare nel giovane clero
a lui affidato Gioacchino Pecci. Giunto a Perugia, ch'egli aveva tan-
to beneficato qualche anno prima come Delegato Apostolico nella
pubblica amministrazione, presto viene a conoscenza della situazione
spirituale della città, intuisce le forze che agitano l'animo del popolo
sotto la sua apparente tranquillità e il formale ossequio all'autorità
costituita. La rivoluzione liberale è penetrata tra gli uomini colti, pro-
fessionisti, insegnanti, studenti; a questi si sono uniti non molti ma
alcuni dei più intelligenti artigiani che nel desiderio d’istruirsi, di ele-
varsi avvicinano gli intraprendenti esponenti della vita culturale cit-
tadina. A :

L'autorità diffida della cultura che serve a riunire uomini, di
classi e di idee diverse, che finiscono sempre per discutere di politica,
quando non per intendersi o per cospirare. Per questo si controlla la
cultura che ha un'impronta sospetta, senza cercare di sostituirla, di
contrapporle una cultura ispirata ai motivi cristiani che non abbia
carattere di pericolosità sociale. L'arma della propaganda — se ci si
passa l'espressione plateale dei nostri tempi — non é conosciuta. L'ac-
cusa di oscurantismo da parte dei liberali mossa agli uomini di Chiesa,
che sono in questa città gli uomini del governo, trova buon giuoco,
terreno favorevole per essere diffusa. Gioacchino Pecci é peró il primo
uomo moderno — almeno in questo ambiente umbro — che riconosce
in pieno quanto le armi della Chiesa siano rimaste indietro nel tempo,
quanto lavoro occorra perché esse possano difendere il patrimonio
culturale della Chiesa dagli attacchi della cultura laica, aggiornatissi-
ma ed agguerritissima in fatto di armi.

Nel 1848 Gioacchino Pecci aveva già messo mano ad una riforma
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 67

organica degli studi del Seminario perugino, che diviene da al-
lora uno dei più famosi in tutta Italia. Prima di questa riforma
— come dice anche il Soderini (1) — era proibita ai seminaristi la lettu-
ra del poema di Dante. Qualcuno di questi, più amante degli altri della
poesia volgare, più curioso degli altri, doveva per procurarsi e per leg-
gere la Divina Commedia cómpiere veri prodigi di eroismo. Gioac-
chino Pecci, non soltanto permise la lettura del grande poema, ma ne
ordinó l'insegnamento nelle classi superiori del Seminario e piü volte,
nelle prove trimestrali che aveva istituito a maggior garanzia di reale
progresso e di serietà degli studi, interrogava personalmente gli alunni
su tutte le discipline indugiando molto sul commentoa Dante. Dante
era, per lui poeta, il poeta italiano prediletto, che sempre leggeva e di
cui sempre parlava con conoscenza piena e profonda. Questa predi-
lezione per il poeta della scolastica non è priva di significato per chi
considera in Leone XIII il Papa della restaurazione tomistica (2).
L'insegnamento delle varie materie é ristabilito nel Seminario
perugino secondo le norme didattiche di San Tommaso. Sono i prin-
cipi di San Tommaso che dirigono Gioacchino Pecci nella riforma degli
studi. Crea ex novo il Pecci numerose cattedre, affida queste e quelle

(1) E. SODEIRINI, Il Pontificato di Leone XIII. Milano, Mondadori, 1932,
pag. 174. j

(2) Luigi Rotelli, prefetto di studi e docente nel Seminario perugino, uno
dei più intimi collaboratori di Gioacchino Pecci, ed uno dei più rappresentativi
esponenti del moto tomistico perugino, fu uno studioso di Dante appassiona-
tissimo. È interessante il suo studio su Dante, poeta cattolico, pubblicato nel
centenario della nascita del Poeta nella rivista L'Apologetico (fasc. 14, vol. III,
27 maggio 1865). Dante è considerato il frutto poetico della filosofia scolastica,
il poeta filosofo e teologo per eccellenza. Posseggo questo inedito autografo
del P. Vincenzo Marchese, il celebre scrittore domenicano, inviato al Rotelli:

Egregio Sic. Can.co,

Dice il proverbio: meglio tardi che mai. L'Opuscolo che Ella gentilmente mi favori col ti-
tolo — Dante Poeta Cattolico — mi giunse con altri molti sullo stesso argomento, che pure vo-
levo gustare. Ma dal farlo ero impedito da un antico e grave mal d’occhi che da più anni mi to-
glie il.conforto degli studi. Doveva pertanto attendere che alcun benevolo mi leggesse il suo scritto
e quello degli altri. Da ciò il ritardo. Ora le dirò ingenuamente, che il suo ragionamento mi è pia-
ciuto assaissimo, per la importanza delle cose ivi discorse, e per la bontà della lingua, ond’io non
dubito riporlo tra quei più perfetti che in questi giorni si sono pubblicati in commendazione del
sacro Poema. Un solo difetto vi. ho notato, quello cioè dell'esseré troppo breve; perciocché tanto
era il diletto dell'udirlo leggere, che avrei voluto mi fosse durato piü giorni. Fo voti pertanto, che
di mezzo alle sue gravissime occupazioni Ella troviiltempo e il modo di regalarci sovente de’ suoi
pregevoli lavori ché gliene sapranno grado gli amatori delle lettere nostre.

Gradisca, Egregio Signor Canonico, le assicurazioni di stima e di gratitudine del

Suo umil.mo e devt.mo servo

Fr. VINCENZO F. Marchese de’ Predic.ri
Genova, S. Maria di Castello, 17 luglio 65. 4
68 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

preesistenti a docenti di sua fiducia e di chiara notorietà, che settima-
nalmente gli riferiscono sullo andamento degli studi e gli fanno pro-
poste per il miglioramento. Accanto al Rettore del Seminario, cui è
commessa tutta quanta l'amministrazione dell'istituto e la disciplina

. della scolaresca, pone il Prefetto degli studi, responsabile di tutte le

questioni concernenti l'insegnamento ed esecutore delle disposizioni
del Vescovo; giornalmente riceve entrambi interessandosi anche delle
cose che sogliono apparire di nessuna importanza. Tiene moltissimo
alla disciplina della scolaresca ed alla diligenza dei professori; è famo-
so per la sua rigidità ed autorità, ma è difficile spiegare come insieme
a queste peculiari qualità riesca a conciliare un animo paternamente
affettuoso; tutti i giovani lo amano ed egli sa suscitare in loro la fiam-
ma dell'entusiasmo nelle frequenti gare culturali, che promuove fra i
seminaristi, e che gli faranno capire l’opportunità di una stabile acca-
demia tra il giovane clero. Al Seminario, contiguo al suo palazzo, cui
ha dedicato anche un’ala di questo, compie assai spesso ispezioni.
Presenzia alle lezioni e alle interrogazioni. È stato il Brunelli (1) a
raccontarci l’aneddoto seguente, rivelatore della cura che il Pecci met-
teva nel vigilare gli studi del suo futuro clero: avendo un giorno il
Brunelli, docente di letteratura del Seminario, tardato a cominciare
la lezione per essersi assentato, trovò al suo ritorno nientemeno che
il Cardinale Vescovo Gioacchino Pecci che seduto in cattedra aveva
già iniziato la spiegazione che doveva tenere il Brunelli.

Alle spese rilevantissime che la rinascita del Seminario di Peru-
gia importava, sopperiva il bilancio di una amministrazione ecclesia-
stica sapiente e il bilancio personale del Cardinale Pecci, sempre larga-
mente generoso nel togliere dalla propria borsa per versare in quella
del Seminario. Soltanto negli anni dal 1846 al 1850 Gioacchino Pecci
spese del suo per il Seminario oltre trentamila lire, somma a quei tem-
pi molto considerevole (2). Alcuni insegnamenti erano totalmente

.a suo carico (3).

(1) V. Leonis XI Pont. Maximi Carmina Collegit atque italice interpretatus
est Jeremias Brunellius. Udine, 1883. Prolusione (s. p.) ed anche GEREMIA

— BRUNELLI, Leone XIII. Prolusione e versi accademici, Perugia, 1879, pag. 19.

(2) Cito ancora da Le livre d'Or, ecc., pag. 191. Bellissima pubblicazione
dei cattolici belgi in occasione del giubileo di Leone XIII. Gli scrittori piü
noti del Belgio hanno collaborato coi loro studi a questa interessante pubbli-
cazione. Cito, a caso, qualche nome: De T" Serclaes, Van Weddingen, Mercier,
Helleputte, Petit, Forget.

(3) Riporto a conferma un brano di Ic tera inedita indirizzata a Luigi
Rotelli, Prefetto degli studi del Seminario, dal Cardinale Pecci il 21settembre
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 69

Voleva formare sacerdoti che all'orgoglio esclusivista della filo-
sofia e della scienza laica potessero opporsi con prontezza e con dottri-
na e insieme con cristiana pietà. I sacerdoti ch’egli mirava a formare
dovevano essere esemplari per virtù e per cultura. La virtù era la pre-
messa indispensabile, perché gli uomini cui doveva essere commesso.
tutto il patrimonio della civiltà cristiana dovevano essere innanzitutto
puri e mostrare ai nemici una disciplina interiore, riformatrice di tut-
ta la vita, intima e profonda coerenza, unità fra il pensare e l’agire.
E dopo la purezza e la dignità della vita, la dottrina, approfondita
con criterio scientifico, è concepita modernamente. Pareva proprio
che motto del sistema d’educazione del clero di Gioacchino Pecci fosse
il detto della Sacra Scrittura: Labia sacerdotis custodient scientiam.

. Al piano di rinnovamento educativo che attuò Gioacchino Pec-
ci nel Seminario di Perugia corrispose un felice successo. Molti furono
gli elementi che dimostrarono alla prova tangibile dei fatti essere sta-

to efficace quel sistema educativo: il clero perugino negli ultimi qua-

rant'anni del secolo xix divenne uno dei migliori e non della sola Ita-
lia; Leone XIII prenderà proprio da questo i suoi collaboratori nel
campo della educazione, della diplomazia e degli affari di Curia. E Pe-
rugia li offrirà in abbondanza senza rifiutarsi mai, anche se —e fu que-
sto un risentimento dei perugini verso il loro Papa, ma risentimento
misto di compiacenza e un po’ d'orgoglio — anche se per Perugia que-
sta emigrazione degli elementi migliori vorrà dire quasi esaurimento di
quell'altissima vita culturale e morale che l'aveva per molti anni illu-
strata e resa oggetto dell'interesse e dell'ammirazione degli ambienti
culturali, anche di quelli laici (1).

1868. Essa era nell'archivio del Cardinale Rotelli che é ora in mio possesso.
«.».Disposi nello scorso anno che esso (il libretto di studio) e i diplomi fos-
« sero sottoscritti dal Prefetto. V. S. nel comporre quello di quest'anno avrebbe
«notato quelle mancanze, e ad esse sarebbesi almeno in parte rimediato. Dico
«in parte, giacché la scuola di sacra liturgia non vi avrebbe mai potuto figu-
«rare per mancanza di scolari e per la disposizione da me presa di farla. in
« quest'anno tacere, onde alleggerirmi del peso dell'onorario che é a tutto mio
«carico (sottolineato nell'originale) come è quello dell'Eloquenza sacra ».

(1) Il Bonghi, — per fare un nome della cultura ufficiale italiana del mo-
mento — s'era sempre occupato-del Pecci, delle sue lettere pastorali, della sua
figura e del suo pensiero, nonché del clero perugino. Di questo però aveva detto,
non senza un certo pregiudizio municipalistico, che di fronte al clero napole-
lano aveva assai minore vivacità di mente e piü rigida intransigenza. V. Rva-
GERO BoncHI, Leone XIII e l'Italia, Milano, 1878, pag. 82. Questo giudizio
ribatté il Brunelli nella citata prolusione.

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70 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

Il Seminario Vescovile di Perugia, dopo le riforme del Pecci, s’era
recisamente messo all'avanguardia degli istituti di educazione religiosa
d'Italia, e si offriva come modello per le riforme che dove prima, dove
dopo, sì rendevano necessarie nei vari Seminari, Il metodo di studio
tenuto in quello di Perugia verrà diligentemente studiato e quasi ge-
neralmente adottato dai superiori degli altri Seminari, non per compia-
cere a Papa Leone XIII, che primo l'aveva instaurato, ma per ricono-
sciuta necessità dei tempi. 3

S'interrogheranno allora i professori del Seminario perugino,
quando non si potranno ottenere questi, tanto richiesti, come docenti.

La seguente lettera di Enrico Bonino, (1), chiaro scrittore e pro-
fessore nel Seminario di Genova, dice come anche questo grande e
glorioso Seminario si conformasse nella sua opera di rinnovamento
al Seminario Perugino:

Molto reverendo Signore (2),

Dovendosi introdurre qualche modificazione al regolamento dei Semi-
nari di questa Archidiocesi, si vorrebbe sapere, come si è ordinato il Seminario
di Perugia, perché cosi si avrebbe una certa norma per vedere, se le innova-
zioni da farsi siano conformi alla mente di Sua Santità. Perció io mi rivolgo
alla S. V. M. Rev.da, la cui gentilezza ebbi a provare altre volte, per pregarla
ad aver la bontà d'inviarmi una copia del regolamento di codesto Seminario
0, se non v'ha regolamento stampato, ad accennarmi almeno le cose piü no-
tevoli e speciali riguardo la disciplina, e riguardo gli studiosi delle lettere
come della teologia. Ella poi mi compirebbe il favore che le chiedo se volesse
anche inviarmi il nome degli autori, che servono di testo nelle scuole.

Mi giunse inaspettata la notizia della consacrazione di Mons. Vescovo di
Montefiascone (3); perché non m'imaginava che tal cerimonia dovesse se-
guire quasi subito dopo la preconizzazione fatta in Concistoro e mi dolse di
non aver potuto, per quella solennità, significare in qualche guisa i miei senti-
menti di alta stima e venerazione verso Monsignore.

Nella speranza che la-S. V. si buona e si cortese vorrà scusarmi pel di-
sturbo, che debbo recarle a cagione degli schiarimenti; di cui abbisogno, Le

(1) Fu anche un vivace polemista: un suo libro Gli Italiani e l’indipen-
denza del Papa (Genova, 1897) pubblicato con lo pseudonimo di JEREO AGA-
TONE, ebbe nella letteratura del genere in quel particolare momento politico
un considerevole successo.

(2) È indirizzata al Prof. Anastasio DUO fratello di Luigi, e docente
nj Semina:io di Perugia.

(3) Mons. Luigi Rotelli.
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 71

porgo fin d’ora i miei più sentiti ringraziamenti pregandola a comandarmi
liberamente, se in qualche cosa può giovarle il Suo dev.mo e obbl.mo servi-
tore.

Genova, 30 luglio 1878.

Sac. EnRICO BowiNO

Gioacchino Pecci dovette sempre ritenere la filosofia come il fon-

damento delle altre scienze, la scienza diversa da tutte le altre che
pone i primi principi e giunge alle cause ultime. Nel dualismo della filo-
sofia del mondo moderno, nel contrasto tra razionalismo e sensismo,
quando tutto si riduce o a manifestazione psichica o affermazione di
volontà soggettiva senza alcun nesso col mondo materiale e fuori dal-
le leggi di questo, ovvero ad osservazione esterna e legge meccanica
senza rapporti col mondo intimo dell’uomo, non c’è possibilità di com-
posizione: o si traseura lo spirito o la natura; ai valori eterni che danno
ragione e dignità alla vita umana non resta più un punto fermo, l’irre-
movibile ubi consistam; onde l’umanità, smarriti i fondamenti teorici,
non trova più quelli della vita pratica e senza leggi certe e fisse la vita
sociale diventa quasi bellum omnium contra omnes. Il segreto della
conciliazione tra i due opposti mondi della natura e dello spirito, la
possibilità della sintesi tra empirismo o positivismo e idealismo li pos-
siede la filosofia di San Tommaso. Proprio questa filosofia ha unito
all'esperienza la speculazione, ha studiato i rapporti tra senso ed in-
telletto. Tornare a parlare di San Tommaso nel secolo xix, così orgo-
glioso del suo progresso scientifico ed economico; additare la filosofia
del Dottore Angelico come la sola vera e benefica filosofia che può ri-
parare gli errori di tutte le filosofie moderne, fu, se non altro, trala-
sciando il suo valore, un atto di grande coraggio.

Per il mondo moderno la filosofia di San Tommaso, poco e male
conosciuta, è la filosofia della scolastica, né più né meno; e se l'aggetti-
vo scolastico é termine di decadente, di sofistico, di cavilloso, di bi-
zantino e via dicendo, (perché tutte queste ed altre simiglianti cose
.sì dicono nei ragionamenti del comune uomo di cultura dei tempi mo-
derni) l'aggettivo tomistico lo é ugualmente nel vocabolario anche di
molti studiosi. Scolastica é un termine unico, complessivo, né si fanno
eccezioni né si ammettono rettifiche, e nella decadenza degli ultimi
tempi di questo grande moto culturale tutti gli scolastici e d'ogni tem-
po son presi in mezzo ed imputati. Se questo é un modo corrente di
ragionare, come lo é e lo era anche il secolo scorso, fu senza dubbio
un atto di grande coraggio l'aver detto il contrario. Ma Gioacchino
Pecci ne era capace.
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51/2 i SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

Torni nelle scuole cattoliche la filosofia di San Tommaso e da
queste torni nel mondo laico per affermarsi, per conquistare le altre
scuole. Il progresso tecnico e scientifico non è ostacolato dalla filoso-
fia di San Tommaso. Il grande apporto delle scienze fisiche dei tempi
moderni può entrare nella superba arch'tettura metafisica del siste-
ma tomistico. Non prendere di peso Ja filosofia di San Tommaso e ri-
pristinarla senza una profonda e seria revisione critica. Anche San
Tommaso come tutti i filosofi ha pagato il suo tributo al proprio tem-
po, agli errori della mentalità d’allora. Prendere la filosofia di San
Tommaso nella novità perenne dei suoi concetti ispiratori e conduttori,

servirsi di tutte le conquiste dei tempi moderni di qualunque genere

e di qualunque provenienza esse siano, per rendere moderna la filo-
sofia di San Tommaso, per renderla capace di risolvere i problemi an-
gosciosi dell'anima moderna. Chi questo pensava, ed era Gioacchino
Pecci, sapeva anche, nella genialità della sua mente organizzatrice,
concepire un vasto sistema di provvedimenti e di istituzioni per
la rinascita del pensiero tomistico. E cominciò col Seminario.
Nel Seminario di Perugia, già glorioso d'antiche tradizioni cul-
turali (uno dei primi ad essere fondato in Italia subito dopo il Concilio

di Trento, concepito e realizzato dal Cardinale Fulvio della Corgna)

non si teneva un insegnamento specifico di filosofia. La filosofia era
nelle altre materie affini e si insegnava cou un criterio eclettico che
permetteva — come s'é visto — di seguire un po' tutti i sistemi, senza
preferenze, e di tributare grandi omaggi ai maggiori filosofi d'ogni
tempo, ma specialmente ag!i antichi, tutti accetti perché antichi, e di
qualunque tendenza. La logica che si insegnava era la tradizionale
logica aristotelica, arricchita da un po' di storia di questa e da qualche
breve cenno alle critiche a questa. Nella riforma il Pecci aveva voluto
che s'approfondisse e si rendesse più organico l'insegnamento della
filosofia. Ad alcuni Padri Domenicani del Convento di Perugia aveva
affidato l'insegnamento delle istituzioni filosofiche nel seminario di
questa città. La sua grande stima per l'Ordine dei Predicatori, custo-
de della dottrina di S. Tommaso, gli aveva fatto chiamare questi Pa-

dri perché insegnassero su basi tomistiche. Ma nessuno di questi Pa- ..

dri era rimasto nell'insegnamento se non per breve tempo. i

Ci voleva un docente del clero secolare che potesse completamente
essere a disposizione del Vescovo. Nessuno più indicato per quanto si
proponeva Gioacchino Pecci di suo fratello Giuseppe che era allora
uscito dalla Compagnia di Gesù. Se è vero, come-è stato più volte detto,
che solo col 1850 comincia la storia del tomismo italiano e che prima
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO : 73

di quella data, a rigore, si può solo parlare di germi sparsi e dissemi-
nati di rinascente tomismo, si può anche dire che nella prima pagina
di questa storia trova posto, e un posto tutto suo ed importantissimo,
Perugia, che diventa — per una bella immagine (1) — la roccaforte del
moto di rinascita tomistica. Prima della venuta di Giuseppe Pecci a
Perugia noi abbiamo in questa città soltanto aspirazioni alla rinasci-
ta del tomismo, aspirazioni che incoraggia e promuove Gioacchino
Pecci; con Giuseppe Pecci entra.a Perugia il tomismo puro. Giuseppe
Pecci aveva appreso la filosofia di San Tommaso alla scuola di P. Se-
rafino Sordi, della Compagnia di Gesù (2).

Giuseppe Pecci nel 1852 reggeva già la cattedra di filosofia nel
Seminario di Perugia. Aveva precedentemente insegnato filosofia nel-

le Scuole della Compagnia di Gesù a Reggio, a Parma, a Modena. Se-

guace ed amico del P. Serafino Sordi era ormai il Pecci uno degli apo-
stoli del moto tomistico. Aveva frequentato i circoli tomistici dell'alta
Italia e con gli uomini di questi e degli altri circoli sparsi per tutta
Italia si teneva sempre ed in frequente comunicazione epistolare.
L’incontro tra il prof. Giuseppe Pecci col P. Serafino Sordi fù, come
lo definisce il cardinale Parocchi, provvidenziale per la rinascita del
tomismo in Italia. Sarebbe interessante poter precisare in quale anno
tale incontro avvenne, perché sarebbe questa una pietra miliare del
moto; ma né il Parocchi né il Masnovo han saputo dire, nemmeno al-

l’incirca, l'epoca dell'incontro. Nessuno meglio del Parocchi avrebbe.

saputo dirlo, perché nello scrivere l'elogio di Giuseppe Pecci aveva
avuto le necessarie informazioni dalla famiglia di questo e doveva aver
presente tanti documenti che noi non abbiamo; eppure nemmeno il
Parocchi seppe direi l'anno di quell'incontro che non peritó di defi-
nire — come si é detto — provvidenziale. Noi riteniamo — non potendo
peraltro dire con precisione nella mancanza assoluta di dati certi, ed
affidando la verifica a chi potrà farla — che l'incontro del Pecci col ge-
suita piacentino dovesse avvenire quando il Pecci insegnava filosofia
a Modena nella qual città il Sordi era spesso chiamato stampando al-

(1) Mgr. De T' SERcLAEs, Le Pape Léon XIII. Lille, 1894, I, pagi-

na 147. : i
(2) DE T' SERCLAES, loc. cit.; MAsNOVvO op. cit., pag. 117, nota; si veda

anche il raro opuscolo: A Giuseppe Pecci, Principe di S. R. C. nel centenario

della sua nascita il nipote conte Lodovico mestamente consacra. L'opuscolo riporta

"un discorso del Pecci e l'elogio- funebre di questo recitato dal Card. Parocchi .
alla Accademia Tiberina, il qual elogio contiene tra l'altro alcuni cenni al to-

mismo perugino.

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74

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

cune sue opere in una tipografia modenese; e questo, presumibilmente,
intorno agli anni 1843-1846.

I fratelli Gioacchino e Giuseppe Pecci, lavoreranno insieme, in
B ddr profonda comunione d'intenti, per rendere il Seminario di Perugia,
BID quel focolaio di scienza e quel centro del moto tomistico cui dovrà tut-
ta la sua fama nell'Ottocento. Prima di Giuseppe Pecci, da quando
Gioacchino era Vescovo di Perugia, nel Seminario Perugino si insegna-
vano già principi filosofici con metodo tomistico; ora si insegna pro- |
| prio dalla cattedra di filosofia la filosofia di San Tommaso. Diceva
UA pda bene una necrologia perugina di Giuseppe Pecci: nel Seminario di Pe-
(NE rugia per opera di Giuseppe Pecci « fu-rimesso in onore lo studio di
VILE San Tommaso, con grandissimo vantaggio di tutto l'andamento scien-
| | tifico ». E soggiungeva valutando giustamente l'opera del fratello del .
| grande Vescovo di Perugia e del grande Papa, sempre umilmente al-
T E l'ombra della figura gigantesca di Gioacchino: « Quantunque per la
i sua rara modestia si tenesse nascosto al mondo, pure il suo nome re-
ì sterà glorioso ed unito a quello di Leone XIII, di cui fu consigliere il- EK
MER luminato e fedele in quella grande opera veramente sapiente e prov-
| videnziale della restaurazione dell’edificio scientifico razionale-cri-
stiano (1)».

Alle lezioni di Giuseppe Pecci si formeranno i futuri tomisti del |
gruppo perugino, che saranno poi, negli anni del Pontificato di Leone
XIII, i dirigenti del moto italiano di rinascita tomistica. Le lezioni
del Pecci raggiungono una profondità ed una serietà scientifica come
nemmeno in facoltà teologiche universitarie. I giovani apprendono
con entusiasmo le dottrine di San Tommaso; vogliono procurarsi le
sue opere, vogliono conoscerne sempre meglio il pensiero. Cominciano
| contatti coi tomisti delle varie città d’Italia. Le opere di San Tomma-
BEI so nelle nuove edizioni si diffondono non soltanto nelle biblioteche

ll degli istituti perugini e in quelle dei professori, ma persino tra i semi-
naristi. Ogni chierico, studente di filosofia del prof. Pecci, vuol avere

(1) V. Il Paese (il giornale perugino fondato da Gioacchino Pecci negli
| | ultimi anni del suo episcopato) 15 febbraio 1890. Noto, per incidens, che già

dal 1849 il Vescovo Pecci facendo presente a Roma alcuni progetti di riforma
di governo nelle province degli Stati della Chiesa, accennava alla necessità di 1
una stampa cattolica, che, diretta con criteri moderni, potesse diffondere tra
il popolo la buona parola e i retti principi di morale e di politica. Ma la parola
del Pecci non giungeva allora gradita e non era ascoltata. A. Perugia il Pecci,
| contro le difficoltà che nascevano anche dove non dovevano nascere, riuscì
mi a fondare il divisato giornale (Il Paese) solo nel 1876.
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 75

di sua proprietà le opere di San Tommaso e averle sempre a disposi-
zione. Naturalmente per la borsa dei seminaristi la bella edizione di
D Pietro Fiaccadori costa troppo, per cui il giovane Luigi Rotelli é co-
stretto a rispondere all’« Ill.mo signor Tipografo Fiaccadori » (1) che

che non é possibile trovare associati perché « gira un'altra associazione

| alla somma di S. Tommaso molto ecónomica, cioè quella di Sperandio
Pompei di Orvieto in 12 vol, a 4 paoli l'uno. Cioé viene a stare la metà
meno del prezzo dell'associazione sua (del Fiaccadori) di Parma alla
stessa somma teologica. È vero sicuramente che l'associazione orvie-
tana non è da paragonarsi a quella di Parma... Malgrado però...
la orvietana attira per la minorità del prezzo molti associati ». E molti
associati nella stessa Perugia attirava anche la rivista del P. Taparel-
li d’Azeglio, La Civiltà Cattolica, che aveva preso a diffondere le dot-
trine tomistiche e che doveva avere tanta importanza nella storia del
tomismo italiano. Nelle case perugine dove a quei tempi c'era o un
2 sacerdote o un uomo di cultura, non ostile alla cultura della Chiesa, si
trova quasi in ognuna la raccolta delle prime annate della Civiltà Cat-
folica. Ci dispensi questo da non necessarie conclusioni, dicendo bene
di per sé quanto ci si interessasse a Perugia della riscossa del tomismo.
Giuseppe Pecci è dunque il maestro del tomismo perugino. Gioac-
chino ne é la mente organizzatrice. Certo il tomismo non avrebbe mai
potuto raccogliere in una città come Perugia cosi abbondanti frutti
se vi fosse mancata la saggezza e l'autorità del Vescovo Pecci. L'ope-
ra per la rinascita del tomismo svolta a Perugia dai due fratelli Pecci
si completa vicendevolmente. Gioacchino era piü austero e piü auto-
revole; bastava la sua presenza ad una competizione scolastica di
giovani per dare a questa un carattere superiore di severità, per far
si che tra i giovani, pur nascendo vivissimo l'entusiasmo e febbrile
l'emulazione, vi fosse un maggior studio per intervenire nella discussio-
ne con prontezza ed opportunità, ma sopratutto con irreprensibile
preparazione; Giuseppe era un tipo assai diverso da quello del fratello,
gioviale, cercava sempre attorno a sé amici, e se li procurava special-
mente tra i giovani, faceto, con la sua punta d'accento romanesco,
conversatore amabilissimo aveva proprio tutte quelle qualità che

(1) La lettera é pubblicata in Masnovo, App. Quinta, Doc. Primo, pagi-

na 236, è scritta in data 1853, 25. gennaio, il che dimostra che già in quest'anno

. era a Perugia un grande interesse per le opere dell'Angelico ed era quindi già
iniziato il moto tomistico perugino.

lo aveva pregato di procurargli associazioni nel Seminario di Perugia.
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76 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

son richieste ad un maestro perché i giovani l'avvicinino, ne bramino
la compagnia e ne divengano quasi i confidenti, si che l'insegnamento
si estenda inavvertitamente al difuori delle ore di studio.

Le competizioni tra i giovani seminaristi erano state molto fre-
quentemente volute dal Vescovo Pecci che teneva a presiederle, a rac-
cogliere le fila della discussione, a concludere con paterne parole di
incoraggiamento, a far risultare l'attivo di quella gara giovanile, a
distribuire ai migliori premi che erano per lo piü suoi doni personali.
L'efficacia di queste competizioni per la preparazione deg!i studenti,
perché nascesse in loro interesse per le discipline insegnate, era cosa
che confortava con lusinghiero successo. Insegnava ai giovani a di-
fendere la verità della: Chiesa, insegnava a difenderle anche metten-
dole a contatto cou gli errori antichi e recenti per confutare questi e
insegnare poi a difenderle con dignità e proprietà di torma se non pro-
prio con eleganza. Pertanto si fissava un tema filosofico o teologico
sul quale alcuni studenti erano invitati a riferire dopo avere conside-
rato e studiato un aspetto della questione; sulle relazioni s'apriva
la discussione della scolaresca e tutto finiva (ma qualche volta anche
comincia va) con un’accademia poetica non d'argomento estravagante,
bensì che aveva attinenza col tema filosofico e teologico che era stato
assegnato a quella competizione. In tal modo. i giovani imparavano
anche a rivestire profondi e filosofici concetti di poetiche espressioni.
Pensar bene ed esprimersi bene era sempre stata l’aspirazione della
mente umanistica di Leone XIII.

Fu il successo di tali competizioni che fece concepire a Gioacchino
Pecci il disegno di un’Accademia stabile, dove periodicamente, a data
stabilita, il clero della Diocesi di Perugia, sopratutto il giovane clero
perché non abbandonasse gli studi, fosse invitato a partecipare a con-
vegni filosofici dove si discutesse una questione che avesse interesse
d’attualità. Convegni nobilmente e seriamente teorici ma che avessero
sempre interesse, utilità altamente e beneficamente pratica. L’Acca-
demia filosofica concepita da Gioacchino e da Giuseppe Pecci fu inti-
tolata a San Tommaso d'Aquino; essa doveva dimostrare come le
dottrine dell’Aquinate fossero sempre attuali e potessero non pur
applicarsi ai tempi moderni, ma anche confutare gli errori moderni.
E poiché Gioacchino Pecci, sempre energico e sempre risoluto, non
era avvezzo a concepire una cosa e a non farla poi, l'Accademia fu
presto fondata presso il Seminario di Perugia ed inaugurata solenne-
mente il 7 marzo 1859. Giuseppe Pecci vi tenne una dotta lezione inau-
gurale parlando sull’attualità del pensiero del Dottore Angelico, della
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO : 77

rinascita di esso che era iniziata in Italia e fuori, nelle scuole catto-
liche, con tanto fervore di propositi e tra tanta chiarezza d’intelli-
genze (1). | ;

Fondata nel 1859 l'Accademia perugina di San Tommaso d'A-

quino fu giudicata là prima delle accademie tomistiche fondate in'

Italia (2).
Il 1859 è — questo dev'essere accolto pacificamente — l'anno della
fondazione dell’ Accademia di Perugia. Chi — e son molti — dei biogra-

fi di Leone XIII ha preso come data di fondazione il 1872 (3) è an-

dato errato come noi proveremo, perché nel 1872 si riforma quell’isti-
tuto che era stato fondato nel 1859 e che non aveva prima per varie
e dolorose ragioni potuto funzionare secondo il programma che il Car-
dinale Pecci aveva stabilito.

Nelle parole preliminari al primo volume di atti dell’Accademia
perugina è detto che questa « Accademia scientifica (venne) fondata
fino dal 1859 sotto l'invocazione dell’ Angelico, la quale peró a cagione
dei tempi, che torbidissimi allora volgevano, ebbe sul nascere tronca

la vita (4) ». Non può esservi dunque alcun dubbio sullanno della

fondazione. | 3

Nello stesso anno della fondazione dell'Accademia tomistica di
Perugia gli avvenimenti politici e militari avvenuti nell’ Italia setten-
trionale e nella Toscana, la rivoluzione liberale che s'era riaccesa per
| tutta la penisola, ebbero a Perugia la loro dolorosa ripercussione e ta-
le ripercussione non mancò d'avere riflessi su tutta la vita cattolica

(1) L'orazione pronunciata da D. Giuseppe Pecci mi è stata addirittura
irreperibile. Non deve essere mai stata pubblicata e il suo autore la deve aver
bruciata più tardi insieme a tanti altri suoi manoscritti per atto di umiltà.

(2) Prima tra tutte la dice anche il Brunelli. V. Prolusione, cit.

(3) Non così però né il T" Serclaes né il Soderini. Bern. O'Reilly nella
sua biografia di Leone XIII (a pag. 90 dell'edizione tedesca del 1887, che
sola son riuscito a vedere) afferma anzi che tale Accademia ebbe inizio nel 1858
. e doveva essere estesa al clero di tutta l'Umbria. Tale data non trova conferma
in alcun documento, non é tuttavia scartabile cosi a priori, perché l’A. nello
scrivere l’opera citata consultò molti documenti ed ebbe dati e notizie, che
gli interessavano, dal clero perugino stesso che aveva vissuto quanto ]’A. gli
‘ chiedeva. Si può credere che se anche il funzionamento effettivo dell’Accademia
sia cominciato col 1859, nell'anno precedente essa sia stata concepita e fon-
. data. Dice lo stesso O'Reilly che questa Accademia trovò imitatori anche in
Spagna. :

(4) V. Saggio di questioni antropologiche secondo i principii di S. Tommaso

d' Aquino, dedicato all’ Angelico Dottore nel suo VI Centenario dall’ Accademia to- '

mistica di Perugia. Perugia, 1874 (introduzione s. p.).

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78 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

di Perugia e persino sulla nostra Accademia. Avemmo allora a Peru-
gia nel giugno del 1859 la rivolta al governo pontificio, la costituzione
di un governo liberale provvisorio (che ebbe vita di sei giorni), la ri-
conquista di Perugia da parte delle truppe pontificie e i conseguenti
dolorosi e famosi fatti del 20 giugno 1859.

A. Perugia, la città ribelle riconquistata dalle truppe del Colon-
nello Schmid al governo pontificio, l'autorità militare — per prevenire
eventuali pericoli interni e per fronteggiare lincalzante minaccia di
un esercito più o meno regolare che dalla Toscana movesse alla con-.
quista di Perugia — dovette istituire un rigoroso stato d'assedio. An-
che se non vogliamo credere al fosco quadro che della vita di Perugia
in quel mesi tra il giugno '59 e il settembre '60 ci ha lasciato Louise
Colet (1) intesa come scrittrice e per di più di aperti sentimenti libe-
rali ad esagerare l'effetto estetico di una città in preda alla desolazione,
con le vie quasi deserte e con soldati armati a presidio di strade e di
pubblici edifici, dobbiamo tuttavia pensare che la vita perugina, dopo
le dolorose giornate del giugno '59, era tornata alla normalità, ma ad
una normalità ordinaria — per dir così — d’ogni giorno in cui tutte le
manifestazioni, di qualunque genere, che uscivano da questa, erano
state sospese. In questo stato di cose, in questa tensione di spiriti, il
Cardinale Pecci, per quel preciso senso realistico che caratterizza la
sua figura, non ritiene opportuno adunare il suo clero per una mani-
festazione di alta cultura. Cosi l' Accademia perugina di San Tommaso,
appena aperta, dovette restar chiusa per molti mesi, anzi parecchi
anni per le ragioni che a quelle precedenti vennero ad aggiungersi.

Nel settembre del '60 l'Umbria era stata conquistata dall'eser-
cito piemontese e dopo un plebiscito aggregata alle terre già conqui-
state da Vittorio Emanuele II per costituire il regno d’Italia. Perugia,
capoluogo dell Umbria, era governata da: un commissario straordi-
nario, il quale, mentre sopprimeva in grandissima parte quelle istitu-
zioni ecclesiastiche che avevano dato alla storia di Perugia un carat-
tere inconfondibile, introduceva gradualmente la legislazione laica
piemontese. La protesta del Cardinale Pecci, a nome anche dell’epi-
scopato umbro, all'autorità occupante fu reiterata e vigorosissima
sempre: la Chiesa veniva colpita nei suoi istituti e nei suoi interessi
supremi; la vita cattolica delle popolazioni umbre già così fiorente
era costretta a languire in un regime che — notava e proclamava il Ve-
scovo — prometteva a tutti libertà, ma instaurava un severo controllo

(1) LovisE CoLET, L'Italie des Italiens. Parigi, 1862, vol. II, pag. 217-244.
— O Mint

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

M9

nella vita della Chiesa. Così fino a quando gli spiriti non fossero giunti
ad una distensione, fino a quando il tempo non avesse placato le pas-
sioni di parte, non era opportuno riaprire le porte dell’Accademia pe-
rugina di San Tommaso.

Nello stesso 1860 Perugia aveva inoltre perduto il maestro del
suo moto tomistico. Giuseppe Pecci aveva lasciato l'insegnamento nel
Seminario di Perugia chiamato ad insegnare all’Università di Roma.
Con lui, che era stato la mente del moto tomistico di Perugia, il tomi-
smo si trapiantava a Roma che diverrà uno dei centri più importanti
della rinascita della filosofia scolastica. A Perugia Giuseppe Pecci la-
sciava una scuola tomistica già bene avviata; non poteva dirsi che
con la sua partenza il tomismo perugino si disperdesse per sempre:
il Seminario di Perugia, vivaio dove si coltivavano le dottrine dell’ An-
gelico, aveva e numerosi gli antichi discepoli di Giuseppe Pecci ormai
ordinati sacerdoti e maturi a divenire maestri alla loro volta di filo-
sofia tomistica.

Restaurata ufficialmente la filosofia di San Tommaso e proclama-
ta filosofia della Chiesa, sarà Perugia ad essere richiesta di maestri
di filosofia tomistica e il Seminario perugino, primo banditore di que-
sta, godrà di una grande fama e sarà preso come modello per la rifor-
ma di tutti gli altri seminari. Di codesta gloria riconoscerà Perugia
doverne gran parte a Giuseppe Pecci, che dietro lautorità del suo
grande fratello, era stato l'iniziatore della rinascita tomistica perugina.

Giuseppe Pecci poteva lasciare l'insegnamento a Perugia, sicuro
che tutti gli sforzi compiuti per quasi dieci anni per far di Perugia un
centro di diffusione delle dottrine tomistiche, non sarebbero andati
i perduti. I giovani discepoli che l'avevano seguito con tanto amore, e
È con tanta diligenza erano andati a conoscere le dottrine di San Tom-
maso, potevano ormai sostituirlo. Di questi giovani appena usciti dal-
la sua scuola ma acuti e profondi studiosi di San Tommaso, quali un
Laurenzi, un Foschi, un Satolli, un Rotelli che saranno poi tutti inti-
mi collaboratori di Leone XIII — Giuseppe Pecci propose al fratello
per l'insegnamento della dottrina di San Tommaso nel Seminario di
Perugia, Luigi Rotelli. Il Cardinale Pecci, che aveva un’abilità stra-
ordinaria per conoscere i suoi uomini, accettò senz'altro la proposta
ed affidò al Rotelli la cattedra dalla quale la filosofia di San Tommaso
tornava ad essere insegnata, logico complemento — o, meglio, neces-
saria premessa — delle dottrine teologiche.

Col passaggio di Giuseppe Pecci a Roma era cominciato — è bene
notare — il contributo che Perugia ha dato ad altri centri per la rina-
80. SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

scita del tomismo con studiosi propri. Contributo considerevolissimo
a tale rinascita che privò Perugia, ad uno ad uno; dei suoi espo-
nenti migliori. Afferma il Besse (1), studioso della storia della neo-
scolastica, che il tomismo, in Italia, riprese vigore col 1860. È con
questa data che si comincia a vedere, un po’ più alla luce del sole,
qualche cenacolo di studi tomistici, qualche centro — quello di Bo-
logna, per esempio — nel quale il movimento per la rinascita della
filosofia di San Tommaso comincia a prendere corpo. Ma la data
del 1860 trova già a Perugia un movimento tomistico vero e pro-
prio, con numerosi e valorosi aderenti, un'organizzazione non af-
fatto trascurabile con un seminario dal quale gli studi teologici
e filosofici vengono insegnati con metodo nuovo e sui testi e sulle

«dottrine di San Tommaso e con un istituto apposito come la Acca-

demia di San Tommaso, creata perché il clero della diocesi coltivi
sempre gli studi filosofici e si eserciti e si approfondisca nel sistema
dell’ Angelico.

Lentamente i tempi cominciavano a farsi più propizi alle dottrine
di San Tommaso, non ancora però all'adozione di queste a filosofia
ufficiale della Chiesa (2); prima d’allora, nell'ostilità generale per
una instauratio magna del tomismo di cui qualcuno aveva provato le
conseguenze, prima d'allora solo a Perugia era stato possibile dedi-
carsi alle opere di San Tommaso senza fare i cospiratori, nella qual
città era un. Vescovo di grande saggezza e di pari coraggio, che, noto-
riamente, disapprovando la condotta dell'Antonelli ed a questi non
bene accetto, viveva isolato nella sua diocesi solo occupandosi delle
cure di essa ed in particolare della educazione del giovane clero.

Luigi Rotelli successe a Giuseppe Pecci nellinsegnamento al
Seminario perugino e gli successe anche, assieme con Francesco Sa-
tolli, alla direzione del movimento tomistico perugino. L’opera ini-
ziata da Giuseppe Pecci fu continuata con ugual metodo e con inten-
sificato fervore. Giovane ancora, ma preparatissimo, studioso pro-
fondo di problemi teologici e filosofici, con una conoscenza singolar-
mente vasta d’autori antichi e moderni e insieme scienziato e lette-
rato di finissimo gusto e talora anche gentile poeta, Luigi Rotelli era,

(1) V. l'articolo del Besse sulla neoscolastica italiana e belga in Revue
du Clergé frangais, gennaio 1903, pag. 238 e segg.

(2) Dice ancora il Besse (loc. cit.) che il Card. Pecci chiese a Pio IX che
San Tommaso venisse fatto patrono degli studi universitari, ma n’ebbe in ri-
sposta che tale atto non si presentava come molto opportuno, perché la figura
e tanto meno la dottrina di San Tommaso non erano molto conosciute ! :
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO ‘ 81

dei molti di cui allora il giovane clero perugino poteva andar fiero, il
più tipico prodotto dei sistemi educativi di Gioacchino Pecci. Si ini-
zia allora quella intima collaborazione tra il Vescovo Pecci e il prof.
Rotelli che continuerà poi sempre fino all'immatura morte di questo
ultimo e il Vescovo di Perugia divenuto Papa farà del Rotelli, ché
non era solo un letterato ed uno studioso, un Vescovo prima ed ‘un

‘ diplomatico poi a Costantinopoli ed a Parigi, in ambienti nei quali la
politica di Leone XIII era impegnata in situazioni di estrema delica-
tezza (1).

Luigi Rotelli era forse, nell’insegnare, in comunicativa, nel susci-
tare affiatamento coi giovani studenti ed anche entusiasmo, superiore
a Giuseppe Pecci. I frutti, già copiosi, dell’insegnamento tomistico
furono presto moltiplicati. I giovani volevano conoscere le opere di
San Tommaso, le volevano leggere e studiare anche oltre le ore e i
programmi scolastici e con un fervore di cui non resta memoria nella
gioventù studiosa d’oggi, prendevano parte alle discussioni che in
classe avvenivano su un articolo o una questione della Somma. Nel
metodo d'insegnamento la tradizione medioevale delle scuole eccle-
siastiche e laiche secondo la quale i professori erano dei lettori prima
e poi dei commentatori, rispettata dal Rotelli, dimostrava di essere
ancora all’altezza delle necessità dei tempi. I commenti del Rotelli
alla Somma, che erano poi le sue lezioni al Seminario perugino, pubbli-
cati in seguito nel periodico Divus Thomas, dicono bene — come ha
anche osservato il Lury (2) — a quel livello si fosse giunti nell'insegna-
mento ai giovani seminaristi di Perugia. Tali lezioni nulla avrebbero
da invidiare per serietà e profondità a lezioni di vere e proprie facoltà

(1) Luigi Rotelli, bella figura di sacerdote, di filosofo, di letterato, di
vescovo, di diplomatico, meriterebbe una monografia che ne mettesse in luce
la personalità complessa. Tradusse anche in terza rima l'Imitazione di Cristo
(Roma, Tip. Poliglotta della S. C. di Prop. Fide — 1883) e non fu agevole im-
presa, ma felicemente riuscita ed assai lodata dalla stampa d'allora. A lui
Leone XIII ha dedicato uno dei suoi più eleganti carmi latini. Nel concistoro
segreto del 1° giugno 1891 lo elevò al Cardinalato e lo chiamò a Roma, ma il
15 settembre dello stesso anno il Rotelli mori a 58 anni.

(2) V. A. Lury, Introduzione a Oeuvres pastorales de S. E. le Cardinal
Joachim Pecci, Archevéque — Evéque de Pérouse. Lille, 1888, pag. CIII e dello
stesso: L'Episcopat de Léon XIII a Pérouse. Lille, 1888, pag. 103.

Queste lezioni furono al Rotelli assai ricercate da editori e direttori di ri-
viste. Modesto per natura si decise a consegnarle alla redazione del Divus Tho-
mas, rivista di non lieve momento nella rinascita tomistica italiana, dopo molte
insistenze dei suoi direttori. Il Rotelli non poté vedere prima di morire ulti-

6
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82 : ‘SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO .

universitarie. Il successo degli studi filosofici e teologici col metodo.
nuovo, direttamente nelle opere del Dottore Angelico e su un testo
di filosofia che era un po' quasi il manifesto della rinascita neo-tomi-
| i : stica italiana (1); l'interesse, la emulazione con cui ormai d'ogni parte
| Hh d'Italia, poiché eli anni dell'incertezza e un po' del timore eran pas-
sati, si guardava al clero perugino e specialmente a quello giovane,
così fiorente di vita morale ed intellettuale; la convinzione di giovare : !
alla Chiesa dandole una dottrina filosofica sua propria ed originale, |
che nella gloria di una grande tradizione sapesse fornire in una effi-
ciente e pratica attualità tutti i mezzi per combattere le deviazioni,
gli errori delle moderne dottrine filosofiche; il desiderio, e un po' an-
che l'impegno con se stesso e col proprio clero, di riuscire nell'impresa
da solo e coraggiosamente iniziata, erano tutti elementi che induce-
vano un uomo della tempra di Gioacchino Pecci a persistere nella sua
via, a raddoppiare gli sforzi. Ed in questo la collaborazione del Rotelli

. mata la pubblicazione dei suoi commentari. Posseggo queste lettere indirizzate :
: dalla direzione del Divus Thomas a Don Anastasio Rotelli, fratello ed erede dei :
manoscritti di Luigi, che mi piace trascrivere:

: Piacenza, Collegio Alberoni 16 Nov. 1893.
Rev.mo Signor Canonico,

Con questa spedisco a V. S. il quarto Cour del Divns Thomas, dov’è la continuazione del |
trattato De Incarnatione del compianto Cardinale suo fratello. Mando pureifascicoli fin ora usciti |
IRE REVO del 5? volume. Prego la S. V. di voler rimandare, se non fosse d'incomodo, i fascicoli già spediti : i
i BE alíratello Cardinale, che fossero scompagnati. In questo triennio 93-5 finirà la stampa del De In-
| carnatione, e sarei obbligatissimo a V. S. se volesse poi favorirmi il De Trinitate, che il defunto
| Cardinale aveva gentilmente. offerto.

NI ALBERTO BARBERIS P. d. M.

TIBI | | Dale Piacenza, 3 dicembre 1896.
| : Il:mo e Rev.mo Signore,

La Direzione del Divus Thomas nel rimandarLe il volume manoscritto del Cardinale di v. m.
che contiene il Commento delle questioni I-X VI della 3 p. della Somma di S. Tomaso, ora che ne
è finita la pubblicazione, esprime a mezzo di me alla S, V. i più vivi sensi di riconoscenza. zs

Il volume quinto del Periodico, nel quale appunto si compie la stampa del detto Commenta-
| rio, venne dedicato alla gloriosa memoria del Cardinale con una epigrafe, che la S. V. riceverà in- È
(RAR SACRA ! sieme alla presente. La morte immatura del Cardinale, che riusci cosi luttuosa alla Chiesa, fu una j
perdita gravissima per la povera opera nostra da Esso favorita con benevolenza veramente singo-
lare, perdita che ora specialmente sentiamo che venne a mancarci anche il compianto Prof. Barbe- È

E filosofi romani e con bolognesi anche con quelli di Perugia.

ris... : |
Gio. Barr. Arcid. VinaTI Vic. G. È
H | | MONA INN (1) È l’opera di GAETANO SANSEVERINO, Philosophia christiana. cum P
| il ; È antiqua et nova comparata. Napoli, 1866. Dice il Besse (loc. cit.) che il Sanse- i
ni verino ebbe rapporti assai importanti per la sua opera di filosofo oltre che con i
Lì È

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I

. piùcolto della diocesi. In questo convegno si apportarono alcuni emen-

SECONDO CONVEGNO STORICO: UMBRO 83

all’infaticabile Vescovo.
L'Accademia di San Tommaso d' Aquino che abbiamo visto fon-
data nel 1859 perché 'l clero continuasse sempre gli studi filosofici e si

diligente, appassionata e sopratutto intelligente, non veniva meno

rendesse conto delle più moderne correnti per poterle accettare in
| quanto vi fosse di accettabile, per confutarle in quel che discordasse

colla dottrina della Chiesa, tale Accademia aveva chiuso i battenti,
quasi subito dopo l'inaugurazione, per le condizioni politiche generali
e, in specie, locali; ma nell'animo del Vescovo Pecci era la volontà di
poterla riaprire appena possibile; di renderla, com'egli la desiderava,
una palestra che facesse il suo clero agguerrito per scendere in campo
in quel mondo della cultura cui gli ecclesiastici, per lo più, ormai da
secoli guardavan da lontano; con diffidenza simile a paura, e con altret-
tanta diffidenza, mista a disprezzo, eran riguardati. La partenza del
fratello Giuseppe Pecci, che era per età e per preparazione il maestro
del clero perugino, avvenuta, come s'è visto, nel 1860, aveva impedito,

oltre alla situazione politica, che il Vescovo Pecci potesse attuare il

suo divisamento di riaprire l' Accademia di San Tommaso. S'aggiunga
inoltre che tra gli elementi più colti del clero perugino, sui quali per
ogni attività culturale cittadina avrebbe potuto far conto, si era ve-
rificato, con la rivoluzione liberale, e con la ‘annessione dell Umbria

. alle provincie liberate da Vittorio Emanuele II, qualche caso di sban-

damento. Ormai però erano maturi i frutti di una lunga preparazione
ei successori di Giuseppe Pecci, Luigi Rotelli e Francesco Satolli, po-
tevano inquadrare le nuove reclute, uscite dai loro insegnamenti, e

‘ con queste dar vita a quell’ Accademia, che, presa poi ad imitazione

in Italia ed all'estero, poteva vantarsi di essere di tutte la prima nata,
per la genialità precorritrice. di Gioacchino Pecci.

Si tornò quindi a pensare all’ Accademia di San Tommaso con se-
rietà di propositi degna degli uomini che alla sua rinascita si dedica-
vano. :
Sulla fine del 1871 il Vescovo Pecci, dopo impartite le direttive,
diede incarico al Rotelli di preparare quanto fosse necessario per una

‘prossima riapertura dell’Accademia stessa e per assicurarle una vita

continuativa e fiorente. Il medesimo Rotelli fu incaricato di prepa-
rare un nuovo statuto. Ultimata la preparazione il Vescovo, il 14 di-
cembre 1871, tenne presso di sé un convegno per discutere sul da farsi
per la riapertura dell’Accademia e per l'esame e l'approvazione del re-
golamento: vi intervennero col Rotelli alcuni pochi elementi del clero
te A ET (i 20 I E <

84 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

damenti allo statuto che venne infine approvato. Esso risultò di 17
articoli (1). i

Al principio dell'anno successivo, e cioè il 27 gennaio 1872, T Ac-
cademia venne finalmente inaugurata con un discorso del suo Diret-
tore Luigi Rotelli. Fu scelto quel giorno, in cui la Chiesa festeggia lo
sposalizio della Vergine, che un particolare significato ha per la città
di Perugia che conserva nella sua cattedrale, venerata reliquia, il pro- l
nubo anello di Maria (2).

L'Accademia era stata fondata per i sacerdoti; si costituiva come
un'unione di sacerdoti col fine di studiare le opere dell' Aquinate. Gli
Accademici 0, più modestamente, i soci, come venivano chiamati,
erano di tre categorie: attivi, onorari, aspiranti; limitato, a quindici
solo il numero degli appartenenti alla prima categoria. Aveva un Pre-
sidente che era di diritto il Vescovo di Perugia ed un Direttore, organo
massimo esecutivo, di cui la scelta fra i soci attivi era riservata al Pre-
sidente. V'era poi un consiglio generale ed uno particolare, costituito
il primo da tutti i soci attivi ed il secondo dal Direttore, dal Vice-Di-
rettore, da due Consiglieri e dal Segretario, eletti i componenti di que-
st'ultimo dal Consiglio generale ad eccezione del Direttore e chiamati
a riunirsi su convocazione del Direttore una volta al mese. I membri
del Consiglio generale, cioé i soci attivi, si riunivano solo per invito
del Presidente e potevano surrogare i dimissionari o i deceduti con
votazione segreta sulle proposte del Direttore. I soci onorari venivano
nominati dal Consiglio dell'Accademia, quelli aspiranti, scelti tra i
chierici studenti, divenivano tali automaticamente dopo aver sostenu-
to una pubblica disputa in materia filosofica o teologica (3). Le tor--
nate accademiche si tenevano una volta al mese; in esse si leggevano
e si discutevano i lavori presentati dai soci su quel tema, già fissato —
dal Consiglio particolare, bandito dal Direttore nella seduta antece- |
dente. I «soci disserenti » - almeno due per tornata — erano designa-
ti dalla Direzione ed avevano un mese per preparare le loro comunica-
zioni. Queste si tenevano su materie filosofiche o teologiche « in rela-

(1) V. il testo dello statuto pubblicato in appendice alle Parole Inaugu- :
b rali del Can. Prof. Luigi ROTELLI per l'apertura della Accademia di San Tom- f
We maso, in: Ragionamenti dei soci dell' Accademia perugina di S. Tommaso d' Aqui- i
i no, vol. II, Perugia, 1878. : È

(2) V. ROTELLI, Parole ecc. cit., pag. xir.

(3) Dov'è da notare con quali efficaci mezzi e dal Pecci e dal Rotelli si
sapesse stimolare lo spirito d’emulazione degli studenti, il desiderio di studiare «i
e di ricercare.

rs
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 85

. Zione ai nuovi errori contro la fede e contro la sana filosofia » sulla scor-

ta delle dottrine di San Tommaso. Tutti i soci potevano intervenire
nella discussione, per quelli attivi il giudizio sulla comunicazione era,
addirittura, considerato un dovere. Dottissimo e munifico e saggio

protettore dei dotti era Gioacchino Pecci, ma mente pratica sopra-.

tutto, realizzatrice, non vedeva nella cultura un nobile passatempo e
nelle Accademie un luogo di ristoro dalle quotidiane fatiche, ma una
scuola di disciplina morale, un dovere imprescindibile perché ogni
uomo concorra a seconda delle proprie forze alla costruzione di quel-
l'edificio che é Ia civiltà umana: la cultura quindi nella mente del Pecci
ha uno scopo ed una funzione altamente pratici e pratico era il fine
che si proponeva coll'istituto da lui creato, e contro i bizantinismi
prolissi ed inconcludenti delle Accademie imponeva il Pecci in un arti-
colo dello statuto della sua Accademia il limite di un'ora e mezza alle
tornate mensili; limite che per quei tempi poteva avere un sapore di
novità rivoluzionaria. I soci attivi versavano lire dieci annuali per un
fondo destinato alla pubblicazione delle migliori comunicazioni. A fine
d'annoil Vescovo Presidente voleva conoscere il bilancio morale dell'ac-
cademia e il Consiglio particolare aveva cura di redigere e di presentar-
gli un « Sillabo ragionato di tutte le materie studiate e discusse » un
sommario delle questioni agitate e risolte, per norma del Vescovo.
L'inaugurazione avvenne in forma solenne alla presenza del Car-
dinale Vescovo Pecci; Luigi Rotelli, nel suo discorso inaugurale, indi-
cò agli intervenuti le ragioni per le quali tal sodalizio era stato fon-
dato, incitandoli all'unione non soltanto sul campo della carità, ma
anche su quello della cultura, affinché viribus unitis potessero meglio
difendersi dagli attacchi degli avversari, emulando quello spirito di
associazione per cui nel mondo moderno le idee politiche e culturali

‘e sociali, i principi economici, le organizzazioni e la difesa d'interessi

di classi, di categorie, di gruppi, diventano forze imponenti.

Così l'Accademia di San Tommaso d' Aquino iniziava quella sera
i suoi lavori.

La Civiltà Cattolica, la prima rivista cattolica italiana, che era
stata banditrice di tomismo e che guardava con ammirato interesse
quanto avveniva a Perugia sotto la guida di un grande Vescovo, non
si lasciò sfuggire quella cerimonia perugina d'inaugurazione, le parole
del Rotelli e sopratutto il significato che quella e queste assumevano
nel moto da essa propugnato e così ne dette notizia ai suoi lettori (1):

(1) V Numero del 18 maggio 1872, pag. 480.

JA yz) mU ( 9 86. i SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

«Il discorso inaugurale del ch. sig. Rotelli vorremmo fosse letto in
ogni Diocesi da coloro che più hanno a cuore il promuovere nel Clero

i forti, gli utili studi. Esso spiega lo scopo, indica le leggi, mostra le

pratiche dell’Accademia di S. Tommaso d' Aquino istituita in Perugia
dall’E.mo Arcivescovo, il Card. Pecci. Quest' Accademia dovrebbe e

potrebbe agevolmente istituirsi in ogni Diocesi, ed essa potrebbe esse-

re il nucleo intorno a cui adunare il Clero studioso per addestrarlo
alla polemica. religiosa ». | :
Negli anni successivi la fama sempre crescente dell'alta cultura
delclero perugino, della posizione diavanguardia cheesso occupava, del
contributo che a tale risveglio avevano dato e stavano sempre più dan-
do lo studio delle discipline filosofiche e il contatto diretto con le opere
dell' Aquinate, disponevano gli animi degli uomini posti alla direzione
del clero di altre diocesi a seguire l'esempio di Perugia. In ognuno di
esse, si può dire, vi era qualche elemento che, al di fuori delle varie
dottrine filosofiche prevalenti nei locali istituti ecclesiastici di istru-
zione, s'era dato a studiare, specie negli ultimi vent'anni, il pensiero
filosofico di San Tommaso come quello che.unicamente convenisse,
anche nel divario delle correnti moderne, alla Chiesa Cattolica e aveva
preso a seguire quanto in proposito s'era fatto e si faceva in Italia ed
all'estero. Erano, per lo piü, elementi isolati, studiosi con scarso se-
guito in ispecie nel proprio ambiente, ma ai quali ormai si cominciava
a guardare con mutato animo anche dalle autorità locali, dei quali ci

si serviva, togliendoli dal loro isolamento, e attorno i quali comincia-

va a far gruppo il clero piü giovane, le forze vive della cultura eccle-
siastica. E nella pratica dei fatti il successo riportato dal Vescovo di
Perugia col suo clero e l'entusiasmo di quest'ultimo per gli studi to-
mistici — successo ed entusiasmo coronati e corroborati dall'istitu-
zione dell’Accademia di San Tommaso — dimostravano meglio di qua-
lunque polemica di stampa o di parola, meglio dell'affermazione di
qualunque principio teorico, la bontà di quel metodo di studio, l'uti-
lità dell'istituto ideato dal Pecci, dove il giovane clero, uscito dagli
studi ed iniziato alle cure della vita sacerdotale, era pur tenuto a col-
tivare gli studi filosofici, a tenersi al corrente delle più moderne dot-
trine filosofiche e scientifiche, ad esaminarle alla luce della filosofia
cattolica di San Tommaso, e, con la coscienza di uomini amanti del
progresso delle scienze, ad accettarne le verità, ad oppugnarne gli
errori.

In questa nuova disposizione di spiriti si poteva raccogliere il
monito della Civiltà Cattolica. Sorgevano cosi in Italia. varie Accade-

Vi ie miccia batti
bien

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO : 87

mie per lo studio della filosofia mina ed i in particolare quella di
San Tommaso (1).
A. Perugia un po’ d' ogni parte si ricorse per conoscere la natura

‘della sua Accademia, se ne richiese lo statuto e quei suggerimenti atti
a dar vita all’istituto. E ciò avvenne da parte di grandi e piccole dio- :

cesi, sia durante lepiscopato di Gioacchino Pecci, sia dopo, quando
questi, esaltato alla gloria del Pontificato romano, facendo tesoro delle

esperienze perugine riordinava nella Aeferni Patris gli studi filosofici

e teologici delle scuole cattoliche di tutto il.mondo su base tomistica
e — come afferma il Besse (2) — «le thomisme, de Pérouse, entrait dans
Rome méme, et d'un air. assez décidé ».

Le due seguenti lettere inedite di Alfonso Maria Vespignani (3)
meritano di essere pubblicate perché ci dicono come l' Accademia peru-

gina venisse presa a modello e ci forniscono notizie interessanti sullo :

stato degli studi filosofici negli istituti ecclesiastici d'allora. Esse sono
indirizzate a Luigi Rotelli, confondatore e direttore dell’ Accademia di
San Tommaso di Perugia, ed allora Vescovo di Montefiascone (4).

Eccellenza Reverendissima,

Per risvegliare anche fra noi con maggior attività e successo lo studio
delle dottrine di San Tommaso d’Aquino, si vorrebbe secondo la mente di
Sua Santità Leone Papa XIII instituire in questo nostro Seminario una spe-
cie di Accademia sotto il titolo e gli auspicii dell’Angelico S. Dottore.

(1) Tra le prime costituite, che furon poi anche le più famose, ricordo
quelle di Roma e di Bologna, due centri importanti del neotomismo italiano.
Esse sono del 1874, L'Accademia filosofico-medica di San Tommaso d'Aquino
di Roma, fondata da Alfonso Travaglini e diretta dal padre Cornoldi, ascrisse
tra i suoi soci il perugino Prof. Luigi Rotelli.

(2) Loc. cit. Da notare che il Besse non fa parola dell’Accademia peru-
gina, mentre ricorda quelle di Roma e di Bologna.

(3) Assertore della filosofia tomistica, nato il 19 dicembre 1825. In Imola,
sua patria, fu sacerdote e docente di quel Seminario. Fu dei più famosi filosofi
neo-scolastici di quel momento e prese recisa posizione nella questione rosmi-
niana. Leone XIII, che ne ammirava la profonda scienza, lo nominò Vescovo
di Cesena, dove morì 1'11 febbraio 1904. Scrisse numerose opere che godono
tuttora di qualche reputazione. Ricordo: Saggio della teorica degli universali
secondo i principii di San Tommaso (1881), Il rosminianesimo ed il lume del-
l’intelletto umano (1887), Della materia prima (1887).

(4) Appartengono queste lettere al Rev.mo Padre Mariano Cordovani
O. P. Maestro del Sacro Palazzo Apostolico. Pubblicamente ringrazio l’illustre
studioso della sua offerta cortese, indice di quella paterna bontà onde incorag-
gia gli studi insieme col suo sapiente consiglio,
88 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

Il Rev.mo mio Vescovo Monsignor Luigi Tesorieri ha voluto per tutta
sua bontà commettere alla mia pochezza il troppo arduo impegno di svolgerne
il Regolamento.

Pertanto volendo io per una parte, che la nostra Accademia si confor-
masse nel grado maggior possibile alla Idea-madre del S. Padre, già da lui
attuata sino dall'anno 1872 nel suo fortunatissimo Seminario di Perugia, e
dall'altra avendo io arguito da una pubblica stampa, che V. E. Rev.ma do-
vette essere e di quella Instituzione e dei suoi lavori pars magna, ho creduto
non esservi altro miglior partito, che rivolgersi alla Eccellenza Vostra mede-
sima per avere quei lumi, quegl'indirizzi, e quelle norme a ben riuscire nel
nostro intento, che è di modellare la qualunque nostra Accademia sull'Arche-
tipo della Perugina.

: Perdoni se un povero Prete, oscurissimo e di: nessun conto, ha l'ardire
di faic tali domande ad un Vescovo, che già trovasi tutto occupato nel go-
verno della illustre sua Diocesi; per altro io nutro nel cuore ferma speranza,
che la benignità di V. E. vorrà, per l'amore che porta all'Angelico Maestro
e alle sue dottrine, soddisfare alle mie preghiere con grazioso suo riscontro.

Voglia gradire la presentazione, che Le faccio a mezzo della Posta, di
alcuni miei scritti, che, quali poveri frutti dei miei studi sugli immortali vo-
lumi dell'Angelico mio Maestro e Duca, ho dato in varie occasioni alla pubbli-
ca luce per annuire alle istanze dei benevoli miei discepoli.

Col più vivo sentimento di devozione ecc. ecc.

Imola, 10 gennaio 1880.
ALFONSO M. Arciprete VESPIGNANI
Lettore di Filosofia nel Seminario di Imola

L]

E l'altra, avuti i consigli che desiderava:

Eccellenza Reverendissima,

Non ho parole ben atte ad esprimere tutta la gratitudine del mio cuore
per le stampe, notizie ed indirizzi, che Vostra Ecc. Rev.ma si è degnato co-
municarmi, affinché nell’umile nostro Seminario potessimo anche noi realiz-
zare secondo la mente del S. Padre l'Accademia Tomistica, modellandola
sulla Perugina. Le rendo di tutto grazie quante e più posso e nel miglior
modo possibile. Ciò che V. E. dice riguardo ai miei opuscoli, lo devo alla
bontà ed indulgenza, onde Ella ha voluto riguardare le povere mie cose. Qual-
che altro lavoretto ho sotto la penna; essi progrediscono di giorno in giorno,
ma a mo’ passi ; per altro se Dio mi regge le forze e la vita, spero di potere
terminarli tutti, e ciò sempre e solo per secondare, secondo mia pochezza, il
grande moto tomistico, e per bene della mia scuola. Ad essa sino dai primi
tempi del mio sacerdozio, vale a dire da 29 anni addietro, per obbedire al-
l'Ecc.mo Card. Baluffi di sempre grata ricordanza, allora nostro Vescovo, ho
consacrato tutto me stesso. Dovetti cominciare dal detronizzare la Filosofia
SECONDO CONVEGNO :STORICO UMBRO 89

- Cartesiana, nella quale io stesso ero stato sventuratamente educato, e che
da lunghi anni addietro si era in questa mia cattedra purtroppo insediata so-
vrana, o meglio tiranna sovvertitrice dell'ordine razionale, morale, religioso, |
sociale e politico; del quale pervertimento oggigiorno ovunque se ne sta spe- i l
rimentando su larga scala gli effetti funesti. |

Ciò ho voluto ricordare per la consolazione che provo di presente al ve-:
dere che si va sempre più allargando il movimento verso alla Filosofia del mio
S. Tommaso, la quale ho sempre riguardato quale unico potente farmaco al
gran guasto speculativo e pratico: e molto più per la consolazione che ho sen-
tito suavissima nel cuore al vedere cogli stessi miei occhi, nella Enciclica di
Sua Beatitudine Aeterni Patris, e nella lettera dello stesso S. Padre all'Ecc:mo
Card. De Luca, lautorevole impulso maggior possibile a desiderarsi pel
pronto generale e sano ritorno a quelle savissime Dottrine, la cui riabilita-
zione e culto universale nelle scuole cattoliche è stato sempre il voto più CICERO
acceso del mio cuore. Ed è perciò che sento tutto il bisogno e quasi direi il MT
dovere di portarmi in Roma per prendere, ove mi sia dato, parte alla grande Ill li
dimostrazione da Mons. Tripepi assai opportunamente proposta in omaggio |
e riconoscenza al Gran Pontefice Filosofo, Leone Papa XIII, da farsi alli 7 ili |
del p. v. Marzo, Festa del S. Dottore Tommaso d'Aquino, Mestro di color Il N
che sanno. Bramo intervenirvi per potere applaudire personalmente ed ac- tl
clamare ad un tanto Pentefice, che con la immortale sua Enclica suddetta i
riescirà certamente alla attuazione di una cosa, che è stata l'obbiettivo di un | |
antichissimo mio desiderio, come lo era dell'ottimo mio amico, Mons. Busca- |
rini, morto da alcuni anni Vescovo di Borgo San Donnino, il quale conseguen- |
temente non ha avuto la consolazione di veder spuntare sul cielo della Chiesa |
il Lumen in Coelo, simbolo allegorico del Sommo Pontefice regnante, in quan- iti
to che era dalla divina Provvidenza predestinato a ricondurre nel Cielo della |
Scienza il Sole di Aquino, che dissiperà le condensate tenebre dell’errore.

ALFONSO M. Arcip. VESPIGNANI

Lettore di Filosofia nel Seminario di Imola

|
Imola, 25 gennaio 1880. |l

Gli studiosi di S. Tommaso perugini, ascritti all' Accademia, mossi WEE
da quel fervore che nasceva anche dal sentirsi emulati un po' dovun- ILL E
que, sollecitati dal loro Vescovo, che era un suscitatore di energie sin- | |
golare, s'eran dedicati alla vita dell’ Accademia. Ogni mese, regolar- (RSI
mente, essi si riunivano per presentare e discutere le comunicazioni |
proposte dalla direzione dell’istituto. Di questa regolarità era vigile
custode il Cardinale Vescovo Pecci, per il quale l'istituto creato era MH
un impegno di sicura e fruttuosa riuscita, preso di fronte alla sua dio- Ii
cesie a tutta la Chiesa Cattolica. E la sua confidenza non restò delusa. : |
Fu forse il successo già raccolto nel riordinamento degli studi filoso-
fear —M—
XN IN

90 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

fici del Seminario ed ora nell' Accademia di San Tommaso che fece
concepire alla mente di Gioacchino Pecci il riordinamento di tutti gli
studi cattolici sulla base tomistica, riordinamento cui egli proccedord
dalla suprema cattedra di Pontefice. Romano. 3
Nel 1874 la giovane Accademia perugina celebrò solennemente
| ‘‘.—’. il sesto centenario della morte di San Tommaso d’Aquino. La cele-
WU rM brazione avvenne con funzioni religiose e con una solenne tornata
MET | ‘accademica nella quale Luigi Rotelli commemorando la figura di San
VEU i - "Tommaso deploró che il governo italiano non avesse indetto alcuna
manifestazione ufficiale per onorare in quell'anno centenario questa
grande gloria della nazione. Egli affermó che la scuola di San Tommaso
non é scuola d'archeologia teologica, ma la scuola del presente e del
futuro e che per essa le nuove scoperte della scienza dovevano armo-
nizzarsi con gli antichi dogmi (1). E per la celebrazione centenaria
venne pubblicato, in elegantissima veste tipografica, il primo volume
delle dissertazioni accademiche (2). Non erano tutte le dissertazioni
I dei soci, ma erano le migliori che una commissione composta di soci
| i e presieduta dal Vescovo stesso sceglieva per la pubblicazione. Fu
LN questo della scelta il principio che informó la direzione dell' Accade-
KIRI mia di San Tommaso nella pubblicazione dei suoi tre volumi di atti.
ER, I mezzi non abbondavano e il Vescovo Pecci che, pur nella ristrettezza,
MEE sapeva trovarne per ogni cosa, riusciva a trovarne anche per le pub-
MEE blicazioni — sia pure non frequenti ma tuttavia eleganti e costose —

E RE RE E a
, v , n

(1) V. Ragionamenti ecc. cit., vol. II (che dovrebbe essere il primo per
l’ordine cronologico in cui tali ragionamenti furon pronunciati) pag. xxxIx e
segg. Ricordò altresì il Rotelli che Perugia secondo una fondata tradizione
accolta da autorevoli biografi del Santo, ebbe la ventura d'ascoltare dai suoi -
pulpiti e dalle sue cattedre Ia parola di San Tommaso d'Aquino.
(2) Saggio di Questioni Antropologiche ecc. cit. Questo è il sommario:
Can. GABRIELE Boccarr, Dell' Angelo e dell'anima umana; Can. FABIO FERRINI,
Della differenza essenziale fra l'uomo ed il bruto; Don GiUsEPPE CERNICCHI,
Dell’unione dell'anima col corpo; Don ANTONIO BiscARINI, Della definizione
: dell'uomo ; Prof. ViNCENZO SANTI, Ricerche filosofiche intorno all'essenza del-
l'alienazione mentale. (Era il Santi un laico che partecipava alle riunioni del-
l'Accademia di San Tommaso. Uomo di vastissime cognizioni, affiancó il moto
tomistico perugino con le sue conversazioni e i suoi innumerevoli scritti. Fu to-
mista convinto. Collaboró a numerose riviste scientifiche e filosofiche non della
sola. Italia. Professore di Anatomia e fisiologia umana nella Università di Pe-
rugia di cui fu anche bibliotecario. Mori nel 1892, compianto per il suo valore di
scienziato, per la fermezza e la nobiltà del suo carattere esemplare).
Il volume si chiude con poesie ispirate a S. Tommaso dei proff. del Semi-
nario perugino Anastasio Rotelli, Geremia Brunelli e Giacinto Frontipni.

TONI TAZIONE

esf PNE. Me dn: ^e A
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO. - 91

dell'Accademia di San Tommaso da lui creata, e ciò aveva quasi, agli
occhi di tutti, del prodigioso:

Il secondo volume di comunicazioni dei tomisti perugini uscì i i |
primi del 1878 (1). Ma un fatto storico doveva portare il tomismo, che - tod
raccoltosi a difesa in Perugia si era poi lentamente diffuso in vari cen- ' E
tri d'Italia, ad operare su un piano universale. Il 7 febbraio 1878 mori M
Pio IX e il 20 dello stesso mese fu eletto Papa il Cardinale Camerlen- :
go di S. R. Chiesa e Vescovo di Perugia, Gioacchino Pecci che prese il
nome di Leone XIII. Nel progetto di riforme di questo Papa, che do-
veva abbracciare tutti i campi della vita sociale e ogni manifestazione
della persona umana, nella vasta sintesi di cui era capace la mente di
un uomo della sua statura, il fondamento era nella filosofia; ed al rior-
dinamento e alla riforma degli studi filosofici si pose subito il nuovo
Papa. Il 4 agosto 1879, a poco più di un anno dalla sua elezione, veniva RO
proclamata al mondo l'Enciclica Aeferni Patris sullo studio della filo- . pe i
sofia di San Tommaso d' Aquino e sulla importanza di Uu nella vita . uo
della Chiesa Cattolica. r |

E, a breve distanza, il 15 ottobre 1879, in una lettera al Card. De li
Luca, Prefetto della Sacra Congregazione degli Studi, invitava tutte li
le scuole cattoliche a tornare a studiare la filosofia di San Tommaso, a
rimetterla in vigore come maestra di tutto il pensiero cattolico. D

Erano questi i primi atti della restaurazione ufficiale della filosofia : | | !
di San Tommaso. L'ispirazione di tali atti era nata a Perugia nelle (TOA
aule del Seminario e dell’Accademia di San Tommaso che il Vescovo |
Pecci non aveva disertato in nessuna competizione, confortato ed |
incoraggiato sempre dal successo crescente della riforma di studi da |
lui voluta. E quando il tomismo cominciava per volontà del Pontefice | Liù
ad affermarsi in tutto il mondo cattolico, Perugia poteva vantarsi |
d’aver preceduto questo moto, d’essere stata un po’ l’asilo e il campo |

(1) Ragionamenti ecc. cit. Ecco il sommario: L'Accademia di San Tom- 3 LUNE
maso d'Aquino, parole inaugurali del Can. Prof. LuIcI ROTELLI; Jl sesto cente-
nario della morte di San Tommaso d’Aquino, discorso del Can. Prof. Luigi |
RoTtELLI; Don FRANcESco SaToLLI, Sull'Accademia di S. Tommaso; Prof. |
D. FnANcEsCO SaATOLLI, Sull'opera del dottore Fredault : Forma e Materia ; |
Prof. Dott. FRANcEsco SATOLLI, Sulla scolastica comparata alla letteratura ; i
.D. Tommaso CONTINI, Criterio tomistico nella investigazione dell'ente creato e |
divino; D. LiBorIo MARCHETTI, / Filosofi ia moderna e dottrina di S. Tommaso |
in PODDOLo alla dimostrazione filosofica della divina semplicità; Can. Luci
SALVATORELLI, S. Tommaso d'Aquino sovrano interprete della S. Scrittura ov-
vero del Metodo seguito dal S. Dottore nell'interpretare la Bibbia.
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92

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

sperimentale; poteva quindi vantarsi di un primato di tempo, anche se
dopo l'elezione di Leone XIII, priva di questo grande Vescovo, pri-
vata via via dei migliori elementi del suo clero che andavano a servire
il Papa dove questi li volesse, vedeva giorno per giorno scemare quel-
l'impulso che aveva assicurato ai suoi istituti ecclesiastici, a quelli,
in ispecie, nei quali le dottrine di San Tommaso erano state studiate
con tanto fervore, vita fiorentissima.

Continuarono le riunioni mensili degli accademici i primi tempi
con una certa regolarità, poi si fecero più rade. Doveva presiederle il
successore del Vescovo Pecci, Mons. Paolucci che negli anni immediata-
mente successivi alla esaltazione del Pecci alla cattedra di S. Pietro
reggeva la Diocesi di Perugia in qualità di Amministratore Apostolico
non avendo voluto il Papa un Vescovo di Perugia, quasi per indicare
a questa il suo affetto paternamente geloso, per cui, pur nella suprema
dignità del Pontificato romano, si considerava un po' sempre il Ve-
scovo di Perugia. :

E pur nelle molte cure del suo ministero, dal Vaticano, Leone
XIII non dimenticava la sua Perugia, si preoccupava ancora del suo
clero e dei suoi istituti, e frequentissimi erano i consigli e le istruzioni
che il Papa faceva dare dal suo fido Boccali (1) ai rettori della Dio-
cesi perugina e in particolare a Mons. Federico Foschi, già suo segre-
tario, al quale in segno di stima e d'affetto concesse l'onore di essere
il suo primo successore nella cattedra vescovile di Perugia (il 27 feb-
braio 1880). Nelle istruzioni del Papa é evidente la sua ansia, il suo
timore che Perugia non possa mantenersi a quell’altezza cui era
giunta negli anni del suo episcopato, mentre egli bramava che Perugia
potesse ancora offrire al mondo cattolico l'esempio di una Diocesi

(1) Gabriele Boccali nato a .S. Angelo di Celle, frazione del Comune di
Deruta, nel 1843, compi gli studi nel Seminario perugino, ebbe a maestro
Luigi Rotelli. Vinto un posto nel Seminario Pio di Roma quivi si laureó in
teologia e legge, continuando poi per qualche tempo gli studi per volere del
Vesc. Pecci che ne sopportava la spesa. Tornato a Perugia insegnó in quel
Seminario filosofia e ne divenne rettore. Diede alle stampe alcuni buoni saggi
in materia filosofica. Appena il suo Vescovo fu nominato Papa lo chiamò seco
in Vaticano-dove lo creó suo segretario particolare, seg. perla nomina dei Ve-
scovi, Canonico della Basilica Vaticana, Consigliere del S. Ufficio e infine Udi-
tore Santissimo; consigliere e confidente del Papa si condusse cosi bene in
questa difficile carica che il Papa lo volle Cardinale, ma avendone ritardata la
proclamazione per un lutto domestico che aveva colpito il Boccali, questi morì

nel 1892 senza che la dignità della porpora avesse premiato la sua umiltà ed il
suo zelo intelligente.
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 93

moderna, aperta al soffio della civiltà e della cultura. E in queste istru-
zioni non mancavano accenni all’ Accademia di San Tommaso. Cito il
passo di una lettera indirizzata dal Vaticano in data 8 ottobre 1879
per volontà del Papa da Mons. Boccali a Mons. Foschi (1).

«...La seconda cosa alla quale dovrà particolarmente attendere è di
promuovere l’incremento degli studi seri nel Seminario e in mezzo al Clero.
L'Accademia di San Tommaso deve prendere più ampio sviluppo e portare
frutti più copiosi e più salutari. A questo effetto è desiderio del S. Padre che
sì pensi a richiamare D. Francesco Satolli in Perugia, il quale potrebbe darle
molto aiuto per questa parte anche nel Seminario. Potrebbe il Prior Satolli
collocarsi presso Mons. Gregori divenuto Canonico e Parroco in Cattedrale.
Il S. Padre non è alieno dal pagargli la dozzina. Al Satolli naturalmente sa-
rebbero da unire il Prof. Cernicchi e.il Prof. Contini, come principali strumenti.
Con questi elementi si potranno regolare bene e promuovere gli studi scienti-

fici, sacri e profani, nel Seminario, salvo a determinare a ciascuno conveniente-

. mente le sue parti ».

E come il Papa disse fu fatto. Fu chiamato a Perugia Don Fran-
cesco Satolli (2) che assunse la direzione dell’Accademia di San Tom-
maso e prese ad insegnare tomismo nel Seminario. Così l' Accademia
riprese a vivere, per interessamento del Papa che provvedeva a pa-
gare la pensione al Satolli. Mons. Foschi era l'arciprete e attraverso di
lui la Curia di Perugia comunicava col Vaticano. Mons. Paolucci, Am-
ministratore Apostolico, era un ottimo uomo, ma animato da una
prudenza eccessiva che si risolveva ad essere inattività; i suoi poteri
erano anche limitati e quando agiva, agiva sempre tra mille scrupoli
e nel timore di dispiacere al suo augusto signore che dal Vaticano non
lo perdeva di vista e per conto del quale dirigeva la Diocesi di Perugia;

(1) Questa e la lettera seguente del Foschi al Boccali appartengono al
Rev.mo Mons. Giulio Boccali, Arciprete della Cattedrale di Perugia e nipote
di Mons. Gabriele. Lo ringrazio di cuore della comunicazione gentile.

(2) Francesco Satolli, nato a Marsciano il 21 luglio 1839, compì gli studi
nel Seminario di Perugia dimostrando presto spiccata tendenza per gli studi
filosofici sotto la guida di Giuseppe Pecci. Fu per qualche tempo priore parroco
di Marsciano, insegnò nel Seminario di Perugia, indi a Roma in vari Istituti
superiori ecclesiastici. Scrisse varie opere d’argomento teologico e filosofi-
co. Contribui molto alla diffusione delle dottrine tomistiche. Nel decennio
1880-90 col suo insegnamento romano fece di Roma quell’importante centro di
neoscolastica che divenne. Leone XIII l'ebbe molto in istima e si servì di lui
per delicate missioni. Andó in America e in Washington insegnó la dottrina
di San Tommaso. Alla stessa diffusione del tomismo contribui come Prefetto
della S. Congregazione degli Studi. Fu Cardinale Vescovo tuscolano e arciprete
della Basilica di San Giovanni in Laterano. Mori l'8 gennaio 1910.
.94 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

era la sua una posizione delicata, difficile per tutti e il clero perugino,
avvezzo a trattare con un uomo della statura di Giocchino Peccie cosi
straordinario suscitatore di energie, ne sentiva il disagio. La posizione
d'avanguardia conquistata si voleva mantenere e il Papa voleva che
la sua Perugia continuasse ad essere, nella considerazione generale,

quella dei tempi del suo episcopato. Giustificabili quindi le insofferenze -

di quel clero formato alla scuola del Pecci, giustificabili pur nel fatto
che non tenessero conto di tant’altre ragioni non dipendenti dalla vo-

lontà e dalla capacità di un uomo, e insofferenze di cui dà l'avviso questa.

lettera di Federico Foschi al Boccali pur nella garbata pacatezza che
era naturale allo scrivente:

S. Valentino della Collina, 14 febbraio 1880.

Son qui come Arciprete con l'Arcidiacono per pochissime ore alla festa

‘del Titolare. Vengo a scoprire una cosa che moltissimo mi sorprende e mi

cuoce. L'Accademia di S. Tommaso di Perugia non ha incominciata la stampa
di alcun lavoro. Possibile ? L'Accademia di Leone XIII, dell'Autore del-

. lEnciclica Aeferni Patris ha da rimanere muta e presentarsi con le mani

vuote (1) ? Non sia mai. Sarebbe un dolore gravissimo pel Papa; una vera

vergogna per noi. La causa di questo sonno qual'é ? Satolli e Biscarini mi.

dicono che unica unica é l'ostinazione di Mons. Paoulucci nell'esigere che
tutti i lavori siano portati a lui e riveduti da una Commissione che non si
adunerà mai. Io dirò e farò, ima quantunque le cose siano al punto in cui
sono relate ad diaecesim, non posso intromettermi troppo senza far ombra.
Ricordo a Voi, perché facciate un'eccitatoria. Idest, presa occasione da qual-
che altro oggetto pel quale abbiate a scrivere, esprimete la pérsuasione in cui
siete che la Accademia perugina pubblicherà ecc. ecc. Avremmo lavori di
Bianchi, Biscarini, Contini, Giuliani, Farina, Cernicchi che hanno una unità
perché svolgono quasi completamente le quistioni ideologiche; poi anche due
belli lavori di Ferrini e di Cicioni e forse pure di Santi. Qualcuno ne ha rive-
duto lc stesso Mons. Rotelli. Rimarrà a considerarsi anche la questione della

spesa; ma su questo viene la solita antifona: « Jte ad Joseph ». Per carità,

Boccali mio, liberate il nostro Clero da questo pericolo di fare un’infelice
figura avanti i nostri e gli stranieri. Ce ne vorrà un buon numero di copie eh ?

Il volume di scritti si voleva presentare al Papa per il 7 marzo,
festa di S. Tommaso d’Aquino. Non c’era neanche un mese per la
sua stampa, e perciò il Boccali rispondendo sullo stesso foglio del

(1) Si veniva organizzando a Roma da parte di molti studiosi cattolici,

‘ecclesiastici e laici, una solenne manifestazione di adesione a Leone XIII au-

tore della. Aeferni Patris e restauratore del tomismo.
SECONDO CONVEGNO. STORICO UMBRO i 95

Foschi a quanto questi gli aveva esposto, scriveva: « Capisco tutto,
vedo la convenienza, anzi la necessità: la farò sentire anche, secondo.
che Ella mi suggerisce, ma il tempo stringe troppo ».

Tuttavia il volume fu stampato a tempo per essere presentato

al Pontefice nel giorno della grande manifestazione ‘tomistica (1). -

Si apriva con un atto di adesione all'Enciclica Aeterni Patris firmato
dal presidente dell' Accademia di San Tommaso Mons. Giov. Battista
Paolucci, dal direttore Don Francesco Satolli e dal Segretario Don
Tommaso Contini i quali facevano in nome dell' Accademia solenne
promessa al Papa che in avvenire «con lena maggiore » si sarebbero
dedicati allo studio delle dottrine di San Tommaso.

La solenne promessa non fu mantenuta. Satolli venne chiamato
a Roma a insegnare tomismo. Perugia perdette quindi un altro dei suoi
maestri. Ma ormai il compito di Perugia e della sua Accademia poteva
dirsi esaurito: le dottrine di San Tommaso si erano affermate e si an-
davano affermando nelle scuole cattoliche di tutto il mondo. Il cenacolo

tomistico di Perugia aveva preparato questa rinascita radiosa della.

scolastica. Qui era tutto il suo merito. Ormai Perugia cedeva il passo a
‘centri di maggiore importanza che le riconoscevano il merito d'essere
stata tra le iniziatrici del grande moto esi onoravano di ascrivere ai
loro istituti i suoi uomini. A Roma I Accademia di San Tommaso,
diventata pontificia, s'accresceva di proporzionie d'importanza. Quella
diocesana perugina ne era stata la progenitrice. Dell' Accademia ro-
mana faranno parte Rotelli e Satolli che a Perugia erano state le co-
lonne nel Seminario e nella Accademia del movimento tomistico (2).

(1) V. Ragionamenti filosofici letti nell'Accademia tomistica di Perugia.

nell'anno 1879, vol. III, Perugia, 1880. Questo é il sommario: Prof. FRANCESCO
SATOLLI, L'ideologia; Sac. G. B. BIANCHI, Sul difetto esiziale della filosofia mo-
derna ; Prof. ViNCENZO SANTI, L'anima e la facoltà intellettiva; Don ANTONIO
BiscARINI, Del lume intelligibile e dell’astrazione; Don Tommaso CONTINI,
L'intelletto e l'idea; Prof. GrusEPPE CERNICCHI, L'idea dell'ente, del nulla, del
tutto e il sistema trascendentale ; Don Giuseppe FARINA, L'Idea dell'Ente nella
mente di Dio e nella mente dell’uomo ; Can. Don FaBIo FERRINI, Sulla natura
del mesmerismo ; Don GruùLIo CicIoNI, Il perfezionamento delle creature secondo
la dottrina di San Tommaso e la filosofia progressista.

(2) A titolo di curiosità trascrivo il seguente passo di una lettera da Roma
di Luigi Rotelli al fratello Anastasio del 24 novembre 1881:

« Questa mattina sono stato all’ Accademia di San Tommaso nell’ Accademia Ecclesiastica. Ha
letto la dissertazione un certo avv. Fabbri, che sarebbe come il Dr. Santi dell’Accademia perugina
sedevo presso al Card. Zigliara e presso a me il V(esc.) di Clermont: c’era il Padre Liberatore; il
P. Cornordi (sic), il P. Gaudenzi ecc., ed un’infinità di giovani ecclesiastici dei collegi: ho parlato a
lungo col Prof. Satolli, col Prof. Talamo, Lorenzelli, ecc. ecc. ».
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96 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

L' Accademia perugina di San Tommaso finì così per forza di cose,
per mancanza di uomini chiamati a servire altrove la Chiesa ed il
Papa. In Italia e all’estero ne erano sorte altre ben più importanti e
con diversi mezzi. Non si permise forse dal clero di Perugia, in quei
pochi della vecchia scuola che erano rimasti a Perugia, che le beneme-
renze dell' Accademia tomistica perugina impallidissero in una vita che
si trascinasse stentata. Senza nessun decreto di soppressione l'Acca-
demia fini. Ci si accorse della sua morte quand'era già avvenuta da un
pezzo. Fu dimenticata nella stessa Perugia. Fuori di Perugia rimase
ignorata anche dagli studiosi del tomismo (1), ma é pur doveroso ri-
cordarla insieme col Seminario di Perugia e con quegli uomini che fe-
cero di questa città, cultrice feconda di studi, un centro di vita tomi-
stica e quasi — per dirla con linguaggio corrente — una pista di lancio
della neo-scolastica italiana.

FRANCESCO DURANTI

(1) Nessuno.studioso di storia del tomismo ha parlato né poco né punto
di questa Accademia. Forse a ció ha contribuito il fatto che non si trovano
documenti su tale istituto. Le poche testimonianze private che abbiamo citato
son forse le uniche. Nulla risulta da parte ufficiale nell'archivio della Curia
arcivescovile di Perugia dove abbiamo diligentemente ricercato e nulla risulta —
per quanto é stato assicurato alle nostre reiterate richieste — nell'archivio del
vetusto e glorioso Seminario di Perugia. ;
IL MUSEO ODDI A S. ERMINIO
PRESSO PERUGIA

La fervida attività di studi archeologici e storico artistici che al
principio dell'Ottocento doveva illustrare i nomi di Annibale Mariotti,
Baldassarre Orsini e Giovanbattista Vermiglioli, era stata preceduta
durante i secoli xvii e xviri dall'appassionata opera di raccoglitori

. di oggetti d'antichità e d'arte presso le maggiori case patrizie peru-

gine. Se l'Orsini, nel 1784, credette degne di ricordo ben 31 raccolte
in palazzi cittadini, certamente tra esse le più importanti furono
quelle dei Graziani, degli Ansidei, dei Conestabile, dei Vibi Arcipreti
Della Penna, dei Crispolti, dei Borgia Montemelini, dei Cenci, dei
Friggeri; ma fra tutte, per antichità ed importanza, emerge quella for-
mata dall'Arcidiacono Giacomo Oddi, della famiglia di giuristi e pre-
lati detta degli Oddi Novelli.

Il colto Monsignore, secondo una notizia riportata dal Siepi (1),
aveva iniziata la raccolta nelle case adiacenti alla Chiesa di S. Mat-
teo fuori Porta S. Angelo sino dal 1632; tuttavia, acquistati dal fratello

| Marcantonio, Vescovo di Perugia, i fabbricati del vecchio Monastero

dei Silvestrini detto di S. Benedetto fuori Porta Sole, vi trasportò
tutto il materiale dopo il 1658. Dal testamento steso dall’ Arcidia-
cono nel 1674 possiamo farci un’idea sommaria della consistenza della

raccolta: mobili, quadri, statue, medaglie, antichità, armi, curiosità
. varie; una collezione quindi di carattere squisitamente barocco e della

quale Giacomo Oddi si era preoccupato di redigere un preciso inven-
tario; ma il prezioso documento non è giunto sino a noi. Inoltre il

vecchio convento era stato ridotto non tanto a luogo di villeggiatura,

quanto piuttosto a sede atta ad ospitare proprio la « Galleria »; tale
preoccupazione di comodo e di decoro museografico appare, oltre
che dai più tardi inventarii e « stime », dal ricordato testamento del

‘raccoglitore (v. Appendice, D. Gli Oddi in seguito ebbero sempre as-

(1) S. SIEPI, Descrizione Topologica Istorica della Città di Perugia, Perugia,
1822, I, pp. 303-308.

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98 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

sai caro il luogo, che sino dal 1662 aveva preso il nome di S. Er-
minio (1). Il Museo fu visitato e studiato da vari eruditi sette-
centeschi ed il filologo romagnolo Abate G. C. Amaduzzi ne
descrive i pezzi più importanti nel suo « Odeporico » del 1771 (2).

L'ultima discendente della famiglia, la contessa Caterina, sposò nel:

1782 il conte Alessandro Baglioni (ed i discendenti presero il no-
me di Oddi Baglioni); ad opera appunto del conte Alessandro
il museo di S. Erminio fu singolarmente arricchito, in specie di mo-
numenti etruschi, tanto da essere considerato fra i più ragguardevoli
d’Europa; tra l’altro, nel 1803, si incrementò di gran parte della rac-
colta Gaddi di Firenze. Nel 1819 l'Imperatore Francesco I d'Austria
si premurava di visitare le collezioni e tale visita fu ricordata in una
lapide, ora scomparsa, ma della quale m'è stato possibile rintracciare
il testo in un manoscritto (v. Appendice, II). Intanto G. B. Vermi-
glioli (due donne dei Vermiglioli, Agnese e Lavinia, avevano sposato

(1) Sulla straordinaria « processione » per la traslazione del Corpo del Mar-
tire dalla Cattedrale perugina alla Chiesa di S. Benedetto fuori P. S., effet-
tuata il 23 aprile 1662 per volere del Vescovo Marcantonio Oddi (che aveva
condotto da Roma le reliquie di S. Erminio e di S. Agnesia), esiste una mi-
nuta descrizione in un caratteristico documento del tempo (copia nell’Archi-
vio Oddi Baglioni di Firenze), dalla quale risulta che la cerimonia, presen-
ziata dal Magistrato, dall’intero Clero cittadino e dalle numerose Confraternite,
assunse forme di insolita magnificenza ed un carattere ancora schiettamente
medioevale, sia per le numerose « allegorie » di personaggi biblici e di Virtù
e Vizi, impersonate da membri di famiglie patrizie, sia per il numero e l’impo-
nenza di apprestamenti scenografici, fra i quali fontane zampillanti vino. ll
manoscritto é intitolato « Onoranze Solenni per la Traslazione del Corpo del
glorioso Martire S. Erminio. Breve racconto della Solennissima Processione
fatta in Perugia dalla Chiesa Cattedrale a quella di S. Benedetto fuori di P.S.
li 23 aprile 1662».

In altro documento (pure in copia nel suddetto Archivio e che sembra
provenire da S.Maria degli Angeli) si ha notizia che il Padre Cornelio da Spo-
leto, Provinciale dei Minori Osservanti dal 9 novembre 1643 al 4 maggio1646,
fece istanza al Governatore di Perugia affinché, « dovendosi per servitio di S.
Chiesa demolire il convento de S. Francesco del Monte fori la Città di Pe-
rugia per servirsi di quel sito per fabbricarve una fortezza», conceda in cambio
il monastero di monache benedettine esistente nella località di S. Erminio.
Della fortezza, o meglio delle fortificazioni, che furono iniziate durante la
Guerra di Castro ed alle quali lavorarono ogni giorno 400 operai, non ri-
mangono tracce - v. L. Bonazzi, Storia di Perugia, II, p. 366.

(2) Per le visite di Mons. Garampi, del Maffei e dell'Amadurri, v. G. GA-
sPERONI, Movimento culturale umbro del sec. XVIII, in Boll. della R. Dep. di
St. Patria per l'Umbria, Vol. XXXVII (1940), pp. 86, 105, 186-187.


af — m

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 99

rispettivamente Benedetto e Marcantonio, figli del conte Alessandro)
e B. Orsini si interessarono alla raccolta, pubblicando varie notizie
su di essa (1). Morto il 4 settembre 1814 il conte Alessandro in Fi-
renze (e nel testamento non mancò di raccomandare vivamente agli
eredi il museo (v. Appendice, III), la storia dell'importante complesso
diviene assai oscura e da questa epoca se ne inizia la dolorosa disper-
sione. Molti monumenti etruschi e romani e fra i pià importanti pas-
sarono fortunatamente ai Musei Civici: in primo luogo la grande e
bellissima sfinge arcaica in travertino; due cippi con iscrizioni, una
ricordante una Getulica, l'altra una Munazia Apolausi; la pietra
quadrata con iscrizione etrusca, che nella quarta linea reca la nota
voce Apervcen; il puteale: marmoreo con dedicazione a Marte; la
strana « pianta » di casa romana incisa in marmo (donata dal conte
Alessandro Oddi Baglioni); un numero imprecisato, ma ragguarde-
vole, di urne etrusche. Nessun documento esiste negli archivi sul pas-
saggio di tali monumenti ai Musei Civici, ove si escludano poche note
manoscritte nell'inventario del 1886 ed in quello Bellucci (2); ma sem-
bra che i passaggi stessi siano avvenuti nel secondo quarto del secolo
scorso ad opera del Vermiglioli. Gran parte della suppellettile minore,
in specie i bronzi, deve essere stata venduta; del che abbiamo testi-
monianza preziosa in un manoscritto contenente una stima di bronzi
stesa dal Vermiglioli appunto per una vendita (v. Appendice, IV).
I resti infine della raccolta archeologica furono trasportati durante
il secolo scorso nella Villa del Colle del Cardinale presso Perugia, ove

ancora erano ai tempi del Bellucci; ora sono quasi tutti dispersi. Ric-

chissima era la raccolta di dipinti; più che dalle poche e vaghe no-

(1) G. B. VERMIGLIOLI, Lettera al P. Ab. Don Giuseppe di Costanzo. Nel-
l'opera del Di Costanzo, Disamina degli Scrittori e de Monumenti riguardanti
S. Rufino Vescovo di Assisi, Assisi 1797, pp. 471 e segg. Riguarda due lucerne
di bronzo con iscrizioni del Museo Oddi.

Ip., Lettera sopra una antica Patera etrusca del Museo Oddi al sig. Conte
Alessandro Baglioni Oddi, Perugia, 1800.

Ip., Antiche Iscrizioni Perugine, Perugia, 1834, vol. II, pp. 359-370-373-
374-428-486-489-498-516-517-518-521-531 a 532-540 a 543-545 a 546-562-
568-571-590-591-614 a 616-622-625. :

B. Onsiwi1, Guida al Forestiere per l’ Augusta Città di Perugia, Perugia,
1784, pp. 215 a 222.

Ip., Dissertazione su di un capitello etrusco il quale si trova riposto nel Museo
a S. Erminio della Nobile Famiglia Oddi, Perugia, 1806.

(2) G. BeLLUCCI, Guida alle Collezioni del Museo Etrusco Romano in Pe-
rugia, Perugia, 1910, p. 7.

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.100 . SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

tizie fornite dall'Orsini e dal Siepi, assai significativo è un catalogo- .
stima redatto l'11 aprile 1867 da Luigi Carattoli, esistente presso il
più volte ricordato archivio di famiglia in Perugia ed assai prezioso
per la serietà informata dello studioso perugino. È un voluminoso
elenco comprendente 285 dipinti, minutamente descritti; fra molte
opere di scarsissimo interesse di scuola secentesca veneta, bolognese,
romana ed olandese, sono ricordate tavole a tempera della scuola del
Perugino e tele attribuite a Pietro Berrettini, a Paolo Montanini,
a Ludovico Mazzanti, a Francesco Trevisani, al Tibaldi, all' Amorosi,
al Caroselli; ma fra tutti emerge il ricordo di un trittico cuspidato a
fondo d'oro, rappresentante la Vergine col Bambino fra Angeli ed i
Santi Benedetto Abate e Girolamo, con un monaco silvestrino ado-
rante, nelle cuspidi l'Eterno e l'Annunciazione, nella predella storie dei
Santi Benedetto e Silvestro ed un Cristo Morto; ai piedi della Vergine

. era la firma, che il Carattoli trascrive: Petri de Urbt' opus (Petri de

Urbevetere opus) ed ai lati della Pietà due stemmi con tre rose ed
una sbarra rossa orizzontale in campo d'oro; il trittico, compreso

- al n. 42 dell'inventario, potrebbe riferirsi o a Pietro di Puccio di Grana

da Orvieto (not. 1360-1394) o a Pietro di Nicola Baroni da Orvieto

. (not. 1447-1484), che lavorò in Perugia; ma, per gli estremi della

descrizione, propenderei piuttosto per il primo. Certo questa impor-
tante opera, che non mi risulta segnalata altrove, va ad aggiungersi
al difficile catalogo della scuola orvietana (v. Appendice, V). Il cata-
logo del Carattoli termina con due pezzi di un certo interesse: un
cassone nuziale in pastiglia dorata, di arte fiorentina del sec. xv con -
una scena di matrimonio principesco, e l'originale modello ligneo

della Chiesa della Compagnia della Morte in Perugia, costruita nel

1575-1600 da Bino Sozj e rimasta incompiuta. Anche la raccolta di

dipinti andó dispersa nella seconda metà dell'Ottocento, meno alcune

cose ancora in Casa Oddi Baglioni; certo assai depauperata doveva es-

. sere già nel 1872, seil Guardabassi non la ricorda nel suo Indice-Guida.

Il Museo era contenuto in cinque saloni, comprendenti tutto il
piano nobile del Casino di S. Erminio; la topografia dell'antico
museo é ancora riconoscibile, malgrado le aggiunte e le modifiche

‘apportate al Casino dalle Clarisse di Monteluce, che ora abitano

il luogo. Intatta è la chiesa secentesca, tutt’ora ospitante le reliquie

del Santo titolare e le tombe della famiglia patrizia.

Nulla rimane così del più antico museo perugino, salvo qualche

. raro. documento manoscritto e l'ammirato ricordo di pochi scrittori.

FRANCESCO SANTI
so

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 101.

APPENDICE

IL

Dal testamento dell’ Arcidiacono «Giacomo Oddi, datato ‘18 dicembre 1674 ed
aperto il 23 ottobre 1675.

. Voglio però et ordino che il mio luogo di S. Benedetto fuori Porta
Sole con tutte le sue terre, case, mobili, quadri, statue, medaglie, antichità,
armi, con tutto il resto delle curiosità naturali et artificiali, che costituiscono
la Galleria coi suoi annessi e connessi da me in molti anni e con gran spesa

adunate siano sempre del primogenito legittimo et naturale et di legittimo

matrimonio nato che discenderà di mano in mano dalla nostra Casa et Fa-
miglia o sostituito come sopra. Con proibizione espressa che mai in alcun
tempo o in qualsivoglia occasione o causa possi alienare cosa alcuna o in
tutto o in parte di essa ancor che minima, anzi, che neanche possi sotto

nome d'imprestito levare o rimuoverla dal detto luogo sotto pena di pagare

in ciascuna volta scudi dieci alla Compagnia di S. Martino delli poveri in-
fermi; del che sarà da me consegnato al Notaro particolare inventario an-
che dopo fattale la Consegna del presente testamento non l’avendolo per
ora totalmente finito. Consento però e concedo che si possa intieramente
trasportare tutta la Galleria e robba da essa contenuta dentro la Città con
la maggiore sicurezza o decoro, con adattarle o fabricarle luogo atto ode-
cente per la capacità sua in casa propria o altrove..

(Perugia, Antico Archivio Nolarile presso l'Archivio di Stato — Proto-

collo Notarile Juliano Lippi — c. 156-159).

LT.

FRANCISCO. I. IMPERATORI

Austriaco . Augusto . Pio . Felici . Victori -
Quod
Italiam . Perlustrata . Perusiam . Appetens
Oddianum . Museum . Ad . D . Herminium
Prope . Pomerium . Vrbis |
IH Id Jun. CI9IOGCCXIX
Adventu . Suo . Novo . Honore . Beaverit . Impleverit
Ibiq . Gazas . Priscae . Artis . Perdiv . Inspicienda .
e . Signis . Aereis . Marmoreisq . De . Titulis
De . Anaglyptis . De . Tuscis . Antiquitatibus
De . Figlinis . Operibus
De . Mirabili . Ebore . Toreutice . Elaborato
Aere . Lineari . Quam . Mox . Impressuro
Maxime . Delectatus
102 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

M. Antonius . Benedictus . Jacobus . Balioni . Oddi . Fratres
Devoti . Numini . Majestatiq . Ejus
Memoriam . Tanti . Diei
Cujus . Jucunditatem
Praesentia . Comitate . Sua . Cumulaverit
Monimento . Publico . Insculpendam
Curarunt

(Firenze, Archivio Oddi Baglioni).
III

Dal testamento olografo del Conte Alessandro Baglioni, steso in Firenze il 26
gennaio 1814.

. . . le urne, terre cotte, lapidi, Bronzi ed altri oggetti antichi da me
acquistati e collocati nel celebre Museo di Sant'Erminio, infrascati cogli
oggetti che già vi esistevano, intendo e voglio che tali oggetti tutti sieno
anch’essi compresi nel quarto disponibile e li lascio allo stesso Marcantonio
mio Figlio Primogenito, troppo interessandomi che non vadano ripartiti
fra più e molto più che non vadano dispersi i tanti oggetti, che mentre nulla
contengono in se di valore, restando riuniti formano il decoro della Patria
e della famiglia ed è perciò che voglio che siano tutti di proprietà di Mar-
cantonio.

Dal Codicillo allegato

. al medesimo (conte Marcantonio) tutti gli oggetti antichi di qua-
lunque genere essi siano, o in Bronzo, o in marmo, Lapidi, Travertini e tut-
t'altro da me collocati e riuniti al museo di Sant'Erminio, come il meda-
gliere ed il ... di Pietre Dure esistenti nel Palazzo di Casa Oddi in Perugia,
troppo interessandomi che questi oggetti restino sempre riuniti a decoro
della Patria e della Famiglia. Vorrei anzi, se fosse possibile, che questi og-
getti tutti fin qui nominati e che lascio a Marcantonio si unissero e formas-
sero parte della Primogenitura di Casa Oddi.

(Perugia, Archivio Oddi Baglioni).
IV.

Nota di oggetti tolti dal museo di Sant'Erminio e stimati dal Professore
antiquario Sig. Cav. Giambattista Vermiglioli.

1 — Vaso grande metallico Antico con due manichi, intiero e

di ottima conservazione . . ........ Mie Eon SC
2 — Figura virile di bronzo con clamide e calzoni in. bronzo di ;
:buon-lavoro: i . .-" 239901 5. 4 ud o Wu dpi uc: 80

tera
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 103

3 — Cinghiale di Metallo, lavoro mediocrissimo de’ secoli in-

feror d) qe S INED SERE TN, SPD c 70
4 — Civetta metallica di m VERE de ui inferioris 5025 »0:01430
5 — Conchiglia orientale con figure a graffite . . .. di) »:4:9320
6 — Cavallo marino di metallo mancante di una porzione m co-

da e di lavoro antico . . . illa 490
7 — Scatoletta di ottone cccanfamonto oa a ii Or-

natasdi: smalti. »:::2520
8 — Antica lucerna metallica mancante Mi piccola a. Dal

manubrio . .. »5 1,20

9 — Picciolo Cavallo di Metallo posata. in » elegante bas puse
di Metallo a bassi rilievi, elegante lavoro del Secolo xv (» 2
10 — Statua di Metallo con base similmente di metallo, il tutto

dell'altezza superiore ad un palmo, di buon lavoro aux DIA
11 — Gallo Metallico Antico e di elegante lavoro .. . » 12,50
12 — Frammento di manico di vaso metallico, di qualche degna » — 60
13 — Figura togata e palliata in bronzo, Antica e di buono stile. . » 3
14 — Piccolo bue di metallo di lavoro mediocre e forse non antico. » — 60
15 — Due piccoli piedi a somiglianza di piccoli tripodi di metal-

lo dorato e lavorato a fogliami e scartocci ......» 1
16 — Picciolo Gallo di Metallo Antico ..... Ga QT, RO 130
17: —Piecola^Porca di.Metàllo Antica. 23:5: 05:20. 080a. wu» rr1-350
18 — Piecola Testina barbata di Metallo di elegante lavoro,

Antica SeXN P na Him dS a HORA » 50
19 — Piccola Testa sitetallica! con | attaccaglia per appenderla,

Antica IRON li E CRIAM ORE » —D0

20 — Uno spadone antico
Somma totale 41,00

Da altra carta, scritta dalla stessa mano, risulta che i nn. 1, 2, 3, 4, 7

11, 15, 20 ed altri piccoli pezzi antichi furono venduti il 10 Novembre 1839.
- al Sig. Diomede Martelli per la somma di s. 24. Altra nota in data 19 Marzo
‘1841 sulla vendita di oggetti antichi d'avorio ed altra infine (senza data, ma

della stessa epoca) sulla vendita di antiche maioliche; per questi ultimi
oggetti, due lettere (1847-1848, da Firenze) dellantiquario Henry Tyser.

(Perugia, Archivio Oddi Baglioni).
V.
N. 42 — Trittico in tavola dipinto a tempera messo tutto ad oro. Nel-
la parte superiore vedesi nel mezzo il Padre Eterno in mezza figura; a

destra l'Arcangelo Gabriello, genuflesso in atto di annunziare alla Vergine
la sua maternità; e a sinistra la Vergine stessa seduta che in atto verecondo

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104 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

ode le parole dell'Angelo. Nel mezzo si scorge la Vergine seduta che sorregge

‘ il suo bambino, con due angeletti ai fianchi genuflessi e assorti nella contem-

plazione della madre divina. A destra di questa immagine, vedesi in piedi
la figura di S. Benedetto Abate con il pastorale nella destra e con un libro

nella sinistra; ai piedi di questo santo vedesi un monaco dell'ordine Silve-
. strino genuflesso a mani giunte; e può credersi che questo sia il committente

di questo trittico. Da l'altro fianco si vede la figura di S. Girolamo in abito

‘cardinalizio con un tempietto in mano simbolo che egli è dottore di S. Chiesa.

Nel basamento poi di questo trittico si vedono le due storie dei Santi Bene-
detto e Silvestro. A destra scorgesi S. Benedetto nella sua veneranda cani-
zie con al fianco un monaco assistente nell’atto di ricevere nella famiglia
religiosa i due giovinetti Mauro e Placido presentati dal Padre loro. I due
giovinetti sono genuflessi e il sentimento di rispetto per il Santo Monaco
si mesce colla gioia di vedersi ascritti a quest'ordine. Il Padre con il valletto
stanno anch'eglino genuflessi e palesano nei sembianti la venerazione per
il S. Monaco. Al lato opposto s'ammira S. Silvestro in età senile nell'atto
di compiere un miracolo verso un monaco che precipitatosi dall'altura di
una chiesa per virtü diabolica viene liberato; tutto che lo si vegga ricoperto
di macerie. Il miracolo resta spiegato dall'atto in che il monaco oppresso
dalle ruine vedesi da due monaci presentato il Santo, nel quale é riposta
ogni fiducia, come si manifesta nell’atteggiamento dell’infermo, che seduto
a terra sopra uno. strato giunge le mani volgendosi al Santo. Nel mezzo ve-
desi un Cristo dalla cintola in su fuori dell’avello in atteggiamento da destare
la pietà dei riguardanti. A pié della Vergine in una scritta si legge PETRI
DE UrBT’ Opus e si legge Petri de urbe vetere (Orvieto) opus. Due stemmi
lateralmente alla Pietà dipinti rappresentano tre rose ed una sbarra rossa
orizzontale in campo d'oro (a questo punto è disegnato lo stemma ; due delle
rose sono sopra la sbarra, la terza sotto). Una delle cuspidi è mossa, e man-
cano pure le colonnette interposte alle tre partite del Trittico, come pure
le cornici del basamento. i

‘ Alt. m. 1,55 . Largo m. 1,19. Appartiene al Secolo xv. . L. 400

Dal « Catalogo » dei dipinti, dei disegni e ricami descritti e stimati con
le cornici rispettive dal sottoscritto per incarico ricevutone, esistenti nella Gal-
leria di S. Erminio e nel Palazzo urbano di proprietà della Nobile Famiglia
Oddi Baglioni. — ...

Perugia, 11 aprile 1867 — F.to Luigi Carattoli
(Perugia, Archivio Oddi Baglioni).

Il trittico figurò alla Esposizione perugina del 1879; l’anno seguente fu
| ritirato dal proprietario, conte Alessandro Oddi Baglioni; se ne perdono poi
le tracce.
MIS 3

|. LE PIÙ RECENTI VICENDE
DEL MUSEO ARCHEOLOGICO DI PERUGIA

Scopo di questa mia breve comunicazione non è quello di rifare
la storia dei nostri Musei, ma.di riferirvi alcune circostanze di fatto
per invocare da voi un voto nei riguardi della loro vitalità e del
loro funzionamento. f

La collezione: di antichità che. il perugino Francesco Frigeri
donava sulla fine del Settecento alla sua città natale, dopo di avere
avuto stanza precaria nel Palazzo dei Priori, fu trasportata insieme
con gli aumenti che le si erano venuti aggiungendo, verso il 1812,
nei locali dell'antico Monastero dei Monaci Olivetani, destinato ad

DP Università degli Studi, dove fu potuto dare sviluppo ad un Museo

E che. attraverso le cure e la munificenza di insigni studiosi quali il

BÉ 5 | Nermiglioli, il Conestabile, il Fabretti, il Rossi-Scotti, il Guardabassi

e il Bellucci, assunse ad uno dei primi posti fra i musei archeo-

logici d'Italia, visitato e apprezzato da connazionali e stranieri.

Il verificarsi di nuove scoperte nel nostro territorio e il favore
accordato dallo Stato di poter conservare la suppellettile nel luogo
del suo rinvenimento fecero sì che i locali della Università vennero a
| risultare incapaci a contenerla. :
isa : Altre circostanze concorsero ad aggravare tali condizioni di in-
sufficienza e furono la: necessità da parte dell'Istituto Universitario
di riavere per i suoi sviluppi una parte dei locali stessi occupati dal
Museo e la creazione di quello Preistorico da formare con l'Etrusco-Ro-
e mano un complesso unico e indissolubile.
qu, Di ció le autorità cittadine si ebbero a rendere conto, tanto che
nell'anno 1926 si procedette all'acquisto del Palazzo Gallenga per
ivi collocare la sede dei Musei. preistorico ed etrusco-romano.

‘ Già vi era stato ordinato il Museo preistorico, quando necessità

di altra natura resero precaria in tale palazzo anche la permanenza

di quel museo, e tornò ad affacciarsi il problema dei locali. ;

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106 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

Si. venne allora nel progetto di adibire a sede dei musei perugini
lex convento di Santa Giuliana, occupato dall'Ospedale Militare.
. Si credette di poter superare gli ostacoli con ordini del giorno come
quello della Federazione fra i nostri Istituti di Cultura Superiore del
5 febbraio 1929 con il quale si espresse il voto che il Governo, secon-
dando le iniziative e gli sforzi degli Enti locali, disponesse la costru-
zione di un nuovo edificio per l'Ospedale Militare e il restauro dei
locali per trasportarvi le collezioni cittadine di antichità e di arte.

Ricordo che una solenne adunanza fu pure tenuta con l'inter-
vento dei rappresentanti dei Ministeri interessati, dei Soprintendenti
della regione e di un alto funzionario della Direzione Generale della
Sanità pubblica. Ma purtroppo le insormontabili difficoltà finanziarie
fecero naufragare il progetto. :

Si presentó intanto un'altra inaspettata circostanza: la scoperta
e l'incarico affidato al Direttore dei musei perugini di eseguire ricerche
nelle grotte della Montagna di Cetona, che fruttarono un materiale
imponente per qualità ed abbondanza; il quale trasportato a Perugia
fu dovuto ammassare li per li in magazzini e soffitte. Ma le pressioni
esercitate dallo Stato per la sistemazione degna e definitiva del mate-
riale stesso indussero il Comune d'accordo con la Provincia e con l'ap-
provazione dello Stato a trattare l'acquisto del Palazzo Donini come
sede definitiva dei Musei perugini.

sembró che il problema fosse finalmente risolto e che la sorte
dei Musei fosse cosi assicurata, la lunga odissea perla ricerca d’alloggio
finita, la creazione di uno dei più completi musei con ordinamento

moderno e con abbondanza straordinaria di materiali come pochi musei ©

possono avere la fortuna di possedere, riserbata alla città di Perugia.
La guerra impedì il compimento di questa impresa alla quale
ci eravamo accinti con la fermezza della nostra volontà. Il Museo
Preistorico dell’Italia Centrale inaugurato fin dal 1938 al secondo
piano del Palazzo Donini attendeva il suo confratello etrusco-romano,
la cui suppellettile era stata in parte trasportata dai locali della Uni-
versità nel primo piano e nei sotterranei per la sua sistemazione.
Scoppiate le ostilità, i sotterranei contenenti già le urne delle
necropoli etrusche furono adibiti a rifugio contraereo, ed oggi vengono
destinati a deposito di legna e a luogo di smistamento di merci; il
piano primo fu fatto sgombrare per collocarvi gli uffici della Camera di
Commercio costretta ad emigrare dalla sua sede, e tutto il materiale
prezioso di bronzi e ceramiche venne affastellato frettolosamente in
due uniche stanze; il piano secondo fu persino colpito da decreto di re- SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 107

quisizione del Commissariato degli Alloggi per l'immediato sgombero
di quel Museo preistorico che ci era costato più di 15 anni di fatiche,
primo per la sua importanza in Italia, non ultimo fra quelli d'Europa.

La nostra difesa più contro la incomprensione degli uomini che
contro i pericoli della guerra riuscì a mantenerlo in vita, e può ac-
cogliere anche oggi con immutato orgoglio i suoi visitatori. Ma del
Museo etrusco-romano non può dirsi altrettanto: smembrato in parte
alla Università, in parte a Palazzo Donini, rinchiuso nella oscurità
e tra la polvere di un magazzino, attende di essere rimesso alla luce
e ridato all’ammirazione del pubblico, nell’interesse non solo di Pe-
rugia ma dell’intera Nazione, che se anche vide le sue case distrutte
dagli orrori della guerra, conserva e conserverà indistruttibile il
retaggio spirituale del suo grande passato.

Ed è per ciò che io chiedo che da parte di questo nostro Conve-
gno che raccoglie i più appassionati cultori delle patrie memorie si
formuli un voto a favore di una sollecita e definitiva sistemazione di
tutte le collezioni archeologiche perugine in quel palazzo che fu ac-
quistato per loro unica degna sede.

UMBERTO CALZONI

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UN SECOLO E MEZZO DI OSSERYA-
ZIONI METEOROLOGICHE A PERUGIA

E per me un vero piacere poter parlare in questo convegno della

gloriosa storia dell'Osservatorio Meteorologico di Perugia, che ho
l'onore di dirigere, e mi dispiace.che il tempo e le circostanze non mi
permettano di sviluppare con piü dettagli questa mia comunicazione.
Certamente l'Osservatorio Meteorologico di Perugia puó essere

benissimo annoverato fra le piü grandiose istituzioni culturali del-
l'Umbria se si pensa che funziona da quasi un secolo e mezzo.

Ma il nostro osservatorio, a parte la sua lunga e brillante vita,

merita un posto d'onore fra gli altri osservatorí italiani e stranieri
per altri indiscussi privilegi, che gli hanno fatto meritare da parte
del compianto Don Bernardo Paoloni non soltanto l'appellativo di
culla della Meteorologia ma anche quello di culla della Sismologia.

Infatti fu proprio in questa dolce e mistica parte della terra ita- -

lica e nel silenzio del chiostro di S. Pietro, che due figli di quel mira-
bile ordine religioso che é l'Ordine dei Benedettini, il Padre Castelli

ed il Padre Bina, inventarono il primo, nel 1639, il pluviometro, e

il secondo, nel 1751, il sismografo.

Mi dispiace di non poter parlare qui della meravigliosa opera
svolta dal Padre Castelli. Potete già farvi una idea della sua attività
se vi dico che é stato discepolo ed amico del Galilei e a sua volta mae-
stro di quel famoso Torricelli che inventó il barometro, strumento
immancabile di ogni osservatorio meteorologico. '

Ecco come Egli racconta al Galilei, in una bellissima lettera auto-

‘ grafa, i fatti che lo condussero ad inventare il pluviometro.

Molto Ill.re Sig.re e P.ron Col.mo

Per sodisfare a quanto promisi a V. S. molto Ill.re con le passate mie,

.di rappresentargli certa mia considerazione fatta sopra il lago Trasimeno,
li dico che a’ giorni passati ritrovandomi in Perugia, dove si celebrava il

nostro Capitolo generale, havendo inteso che il lago Trasimeno, per la gran
siccità di molti mesi era abbassato assai, mi venne curiosità di andare a ri-

-— adi
zd

— SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 109

conoscere oculatamente questa verità, e per mia particolare soddisfazione
ed anco per poter riferire, venendo l'occasione a' Padroni il tutto con la cer-
tezza della visione del loco. E così gionto alla bocca dell'emissario del lago,
ritrovai che il livello della superficie del lago era abbassato cinque palmi .
romani in circa della solita sua altezza, in modo che restava più basso della
solia dell'imboccatura dell'emissario quanto è lunga la seguente linea
$e peró non usciva dal lago punto d'acqua, con grandissimo in-
commodo di tutti i i paesi e castelli circonvicini, per rispetto che l’acqua solita
di uscire dal lago fa macinare 22 mole di molini, le quali non macinando
necessitavano tutti gli habitatori di quei contorni a camminare lontano
una giornata e più per macinare al Tevere. Ritornato che fui in Perugia,
seguì una pioggia non molto grossa, ma continovata assai ed uniforme, quale
durò per ispazio di otto hore in circa; e mi venne in pensiero di voler esami-
nare, stando in Perugia, quanto con quella pioggia poteva essere cresciuto
il lago e rialzato, supponendo (come haveva assai del probabile) che la pioggia
fosse universale sopra tutto il lago, ed uniforme a quella che cadeva in Peru-
gia: e così preso un vaso di vetro, di forma cilindrica, alto un palmo in circa

e largo mezzo palmo, ed havendogli infusa un poco d'acqua, tanta che co-

prisse il fondo del vaso, notai diligentemente il segno dell'altezza dell'acqua

: del vaso, e poi l'esposi all'aria aperta a ricevere l'acqua della pioggia, che

ci cascava dentro, e lo lasciai stare per ispazio d'un'hora; ed havendo osser-
vato che nel detto tempo l'acqua si era alzata nel vaso quanto la seguente
linea ——-, considerai che se io havessi esposti alla medesima pioggia
altri simili ed eguali vasi, in ciascheduno di essi si sarebbe rialzata l'acqua
secondo la medesima misura: e per tanto conclusi, che ancora in tutta l'am-
piezza del lago era necessario che l'acqua si fossc rialzata nello spazio d'un
hora le medesima misura.

E la lettera continua, spiegando come il Padre Benedettino ebbe,

'da un messo inviato appositamente all'emissario del Trasimeno, la

conferma della sua supposizione (1).

Era stato inventato così il primo pluviometro che in un cortile
del Monastero Benedettino di S. Pietro funzionava per la prima volta
nel mondo. E confesso che provo un'emozione piacevole quando
penso che, molto probabilmente, è nel cortile che io guardo dalle
finestre della mia stanza di lavoro, nel nostro Istituto di Ecologia

Agraria, che il Padre Castelli ha provato perla prima volta il suo

pluviometro.

(1) « Carteggio di D. Benedetto Castelli con Galileo Galilei circa l'inven-
zione del pluviometro ». Benedetto Castelli a Galileo (in Arcetri), Roma 18 giu-
gno 1639, (n. 3388 nell'Edizione Nazionale delle Opere di Galileo Galilei di-.
retta da Antonio Favaro, vol. XVIII, p. 62) in «La Meteorologica Pratica »,
anno 1°, gennaio-febbraio 1920. :
rr _rr—T—Pr@P@

110 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

Per quanto attualmente la Meteorologia formi una disciplina a
sé, molto tempo prima era studiata insieme alla Sismologia e all’ Astro-
nomia, e molti osservatori meteorologici facevano osservazioni e
studi contemporaneamente per queste tre materie. L’invenzione
del sismografo può dunque essere considerata come privilegio dell'Os-

servatorio Meteorologico di Perugia. L'invenzione fu resa pubblica

in un opuscolo redatto dallo stesso Padre Andrea Bina, in Perugia,
dal titolo « Ragionamento sopra la cagione dei terremoti ed in parti-
colare di quello della terra di Gualdo e Nocera nell'Umbria seguito
l’anno 1751 » (1).

Senza dubbio queste due invenzioni eseguite in Perugia, e pro-
prio nei locali dove si trova attualmente l'Osservatorio Meteorologico,
come abbiamo detto, onorano questa nobile Città. Ma la nostra am-
mirazione diventa venerazione quando pensiamo che le osservazioni
meteorologiche cominciano dall’anno 1800, quando cioè la Meteoro-

logia, che si può considerare una scienza iniziata con il secolo xix,

era ancora nei suoi primi seri tentativi.

Infatti, dopo il fallimento dell’iniziativa della Royal Society
di Londra fatta nel 1723 per la raccolta simultanea di dati, fu soltanto
nel 1780 che la Società Meteorologica palatina riuscì ad organizzare
osservazioni simultanee con strumenti controllati ed a ore fisse (2).
Ed è proprio in quell'epoca, precisamente nel 1800, che incominciano
le registrazioni dei dati meteorologici a Perugia.

Tutto ciò fu possibile grazie a quell'uomo universale ed eccezio-
nale che era Luigi Canali.

Sulla fondazione dell’Osservatorio Meteorologico di Perugia ci
parla il prof. Sebastiano Purgotti, docente in chimica nell’orazione
funebre sul Canali pronunciata il 22 dicembre 1841 nella chiesa del-
l’Università. « Molti anni già scorsero da che con qualche profitto
lo studio coltivasi di quella parte di Fisica la più difficile ad assog-
gettarsi a sperienze, la Meteorologia. E poiché sommamente proficuo
agli avanzamenti di quella si riconobbero i rendiconti delle giornaliere
meteorologiche osservazioni, fù pur suo pensiero che Perugia alle più
colte Città d'Italia inferiore non fosse in questo novello ramo di scienza

pur anco; e dopo di aver per molti anni scrupolosamente fatte quat-

(1) D. BERNARDO Paoroui, Jl contributo dato in 14 secoli dai Benedettini
Cassinesi alle scienze fisiche astronomiche mediche e naturali e il cinquantenario
della fondazione dell' Osservatorio di Montecassino. in «La Meteorologia Pra-
tica » anno VII, n. 6, Subiaco, 1926.

(2) « Enciclopedia Italiana Treccani» voce Meteorologia.

MINA ZI INIZIATI

—— pce
— AGI sr

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 111

' tro volte ogni dì le indicate osservazioni; a tutte sue spese adoperò

che in questo Patrio Atenéo un Metereologico Osservatorio sorgesse,
e degli opportuni strumenti il munì » (1).

Le osservazioni regolarmente registrate cominciano il 1° febbraio
dell’anno 1800 nell’abitazione dello stesso Canali ed è più tardi, pro-
babilmente nel 1811, che Egli faceva erigere un’Osservatorio nei lo-
cali dell’ Università. Secondo una notizia pubblicata nel 1873 su « Cen-
no Storico della Libera Università di Perugia » (2), questo trasferi-
mento sarebbe avvenuto nel 1815. Credo però che sia più giusto af-
fermare, con Don Bernardo Paoloni (3), che sia stato nel 1811, per-
ché è dal 1° aprile di quell’anno che le osservazioni risultano fatte
con più dettagli, e i registri da quel mese in poi hanno, per ciascuna
osservazione, tre colonne intestate: Mattino, Giorno e Sera.

Per ben 35 anni il prof. Canali eseguì, sempre con scrupolo e pas-
sione, le osservazioni meteorologiche, segnalando non soltanto i fe-
nomeni meteorologici, sismici e del cielo come metéore, comete, ecc.,
ma anche molte volte quelli più notevoli della storia cittadina.

«... e dello stato della umidità dell'aria, e del caldo, e del freddo,
e dello spirare dei venti tien conto, e ragione, siccome dell’atmosfera
elettricità, e della quantità dell’acqua evaporata, e caduta », si dice
nella Biografia di Luigi Canali (4), ove si continua: «e di siffatte osser-
vazioni ottenute col soccorso dei barometri, dei termometri, igrome-
tri, ed anemometri deliziavasi per modo il diligentissimo professore,
che metodico com’Egli fu in tutte le sue occupazioni, sostenne pel
corso di tanti anni fino a che gli permise lo stato suo di salute alla
non lieve, e non mai da Lui interrotta cura di recarsi quattro volte
nel dì al locale della nostra Università, ove un meteorologico osser-
vatorio fece Egli costruire a tutte sue spese. Non vi era fenomeno
offerto dall’atmosfera, che sfugisse agli attenti suoi sguardi, e di que-
sti rendeva ogni anno ragionato ragguaglio ».

Così Luigi Canali proseguì sino all’ottobre del 1835 quando fu
colpito da apoplessia. Continuò tuttavia per qualche anno a diri-

(1) Elogio ‘al prof. Luigi Canali rettore dell’Università di Perugia detto
nella Chiesa della stessa Università nei solenni funerali che vi si fecero nel dì 22
dicembre 1841 da Sebastiano Purgotti, Tipografia Bartelli, Perugia. 1841.

(2) Cenno Storico della Libera Università di Perugia, Tipografia di V. San-

.tueci, 1873.

(3) Dal prof. Luigi Canali, Biografia, Tipografia Bartelli, Perugia, 1841.
(4) I Benedettini e la Meteorologia in Italia: Il nuovo Osservatorio Meteo-
rologico della Badia di Farfa, in «La Meteorologia Pratica », n. 4, 1933.

PARC, Dama: ai Pu TIR ve A
Lio. E DN Cr
112 . SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

gere l'Osservatorio. finché nell'ottobre del 1841 ebbe un più forte at-
tacco per morire l’8 dicembre dello stesso anno.

Fra i dati da lui registrati voglio soltanto notare che. sino al mese
di aprile dell’anno 1807 non dà che la pressione barometrica, la tem-

peratura e lo stato generale dell’aria; è soltanto nel maggio 1807 che .

comincia a misurare in pollici la quantità di pioggia caduta.
Non ho potuto per il momento stabilire chi prese la direzione

dell'Osservatorio dopo la morte del prof. Luigi Canali. Il Purgotti -
che lo sostituì nella Cattedra di Chimica ? Mi prometto di chiarire .

questo problema, insieme ad altri, nella storia dettagliata che ho in-
tenzione di scrivere sul nostro Osservatorio.

Negli anni 1851-52 e 53, il direttore è il prof. Matteo Martini
come appare da queste parole scritte nell’ultima pagina di ogni

singolo registro: Pel direttore prof. Matteo Martini, Americo Lupat-

telli..

osservazioni e del prof. Dal Pozzo, quale direttore (1). Da quell’anno

e sino alla sua morte, avvenuta nel 1921, precisamente per ben 58.

anni è Giuseppe Bellucci che, con amore e bastano prenderà cura
dell’Osservatorio Meteorologico.
Giuseppe Bellucci curerà nel 1865 il trasferimento dell'Osserva-

torio dall'Università nei nuovi locali situati in uno stabile di Porta

Sole, perché come si dice su « Cenno Storico della Libera Università
di Perugia » (2), «il locale dell'Università é posto.in tal situazione,
che le osservazioni meteorologiche non possono indicare il vero clima

della città, e quando nel 1865 la Direzione di Statistica presso il Mi- .
nistero di Agricoltura ci invitó ad inviare le nostre osservazioni, fu .
conosciuta la necessità di trasferire l'Osservatorio in un locale piü.

adatto. A spese del Municipio fu affittato il locale attuale ed eret-
tovi l'Osservatorio, e l'amministrazione universitaria provvide degli
strumenti piü necessari. L'Osservatorio é diretto dal prof. di Fisica
protempore dell'Università, e le osservazioni si fanno da; un assi-
stente ». i

Nel locale di Piazza Biordo Michelotti, il Bellucci: non soltanto
si curava delle osservazioni meteorologiche, ma si occupava anche di

astronomia, perché, come ho già detto, queste materie si studiavano.
quasi sempre insieme. E abbiamo un bellissimo episodio con la ben:

(1) Cenno Storico della Libera Università di Perugia, opera citata.
(2) Opera citata.

Nel 1863 appare il nome di Giuseppe Bellucci come addetto alle ———Á— © MÀ

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 113

. nota poetessa Alinda Brunamonti, che. spesso si recava a visitare

l'Osservatorio Meteorologico.

Racconta il Bellucci: « In una sera del luglio 1885... la più per-
fetta calma regnava sulla terra; nel cielo le stelle scintillavano piü
dell'usato, ed una insolita vivacità luminosa, dovuta ad una straordi-
naria trasparenza dell'atmosfera, rendeva l'osservazione maggior-
mente attraente ed interessante. Passate in rassegna le principali

| costellazioni, la conversazione cadde di poi sulle principali stelle va-

riabili, sulle stelle doppie e da ultimo, di'argomento in argomento, si
andó a terminare su quello delle sfelle nere... Mi accorsi ch'Ella
ritraeva un'impressione profonda dalla discussione insorta sopra
questo tema e ad un certo punto sentii farmi la seguente rifles-
sione:

— Snichbe un bel argomento questo delle stelle nere per una
composizione poetica, quantunque mi sembri triste e pieno di.scon-
forto dal lato filosofico. . 5

Il 25 luglio 1886 la sigriora Brunamonti mi dirigeva una carta
nella quale era scritto: « Ho finito ieri un lavoro sulle sfelle nere : po-
trebbe favorirmi, per assicurarmi che non ho peccato contro la
scienza ?... ». 3

Il Gigliarelli definisce stupendo quel canto, dove le morte stelle

son rassomigliate a navi, a cui rombando gonfiano la nera vela i venti :

fuoco a bordo non arde, il muto cassero
| porta il pilota e i passeggeri spenti.

Dopo descritta l’ultima agonia degli: astri, ecco l'immagine delle
reliquie:
Un'orma di fuliggine
sanguigna molti secoli rimase
lassü; siccome un semiusto ed orrido
trave, ricordo di bruciate case.

Pur gravitando, i poveri
pianeti portan le gelate forme
intorno al centro. Un'eterea necropoli
che roteando eternamente dorme.

Profuga passa, e illumina
talor que' morti, colle sparse chiome
una cometa; e curiosa interroga
invan qual fosse di quei morti il nome. (1)

(1) Perugia antica e Perugia moderna. Indicazioni storico-topografiche
di RANIERO GIGLIARELLI, Unione Tipografica, gennaio 1908.

8
114 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

Nel 1910 l'Osservatorio viene trasferito in una torretta nel giar-
dino della Scuola Superiore di Agricoltura, da dove si fanno anche
dei lanci di pallone; incaricato dell'Osservatorio è il figlio del diret-
tore, Bruno Bellucci, attuale illustre docente della nostra Università.

Dopo la morte di Giuseppe Bellucci la Direzione dell’ Osserva-
torio fu presa dal prof. Dessau, poi dal p Azzi, e successivamente
dal prof. Briccoli e da me.

Parlando dell'Osservatorio Meteorologico di Perugia, non 1 posso
fare a meno di ricordare la riobile figura di un altro Benedettino, Pa-
dre Bernardo Paoloni. Appassionato studioso Egli fu certamente un
benefattore della Meteorologia, come di altre discipline derivate dalla
Meteorologia, e fu in stretto contatto con il nostro Osservatorio. Fondó
e diresse sino alla sua morte la ben nota rivista «La Meteorologia
Pratica ». Scrisse molti lavori di Meteorologia ed inventó un fotoane-
mometro che porta il suo nome, l'originale del quale é conservato
nel nostro Osservatorio. Egli si occupó anche di sismologia, fondando
un Osservatorio Sismico, intitolato al Padre Andrea Bina, nel Mona-
stero di S. Pietro. Fu un pioniere in Italia delle osservazioni radioatmo-
sferiche, dei disturbi cioè che sono recati dai fenomeni atmosferici
alle trasmissioni radiofoniche, riuscendo nel 1928 a fondare il « Ser-
vizio Radioatmosferico Italiano » formato di 24 stazioni sparse in
tutta Italia.

Ho un caro ricordo della sua memoria; non dimenticherò mai gli
insegnamenti che Egli mi dava onde farmi acquistare «i trucchi del
mestiere e rendermi l’occhio clinico », come Egli ridendo diceva, per-
ché io meglio controllassi il servizio degli addetti alle osservazioni
e più facilmente rilevassi gli errori da essi compiuti nelle registra-
zioni.

Rivolgendo lo sguardo alla lunga e gloriosa storia dell’Osserva-
torio Meteorologico di Perugia, due uomini ci appaiono come i suoi
pilastri fondamentali: Luigi Canali e Giuseppe Bellucci. Tutti e due
perugini enciclopedici, tutti e due appassionati cultori dei misteri
della natura.

È meraviglioso pensare alla pazienza di questi due uomini che,
pur assorbiti da altri importanti occupazioni, non hanno mai lasciato
a parte, per lustri e lustri continuamente, la cura dell’Osservatorio
Meteorologico. E vi assicuro che soltanto una grande passione per

E.
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 115

lo studio e per la ricerca dei segreti della natura, vi può dare la forza
di eseguire, in ore determinate, con sole e pioggia, con vento e neve,
in tutti giorni dell’anno, le vicende dei fenomeni atmosferici; e anche
se subordinati eseguiscono di regola le osservazioni, quante volte è
toccato a noi, in giorni di gioia e in giorni di tristezza, risalire le scale
della torretta e, senza nessun compenso materiale, sacrificare la no-
stra libertà giornaliera per misurare l^ variazioni dei fattori meteorc-
logici ? E ricordate che questa fatica, come tante altre fatiche degli
studiosi, non è mai compensata da una soddisfazione immediata.
È l'assommarsi di quelle fatiche, l'assommarsi di quei dati, raccolti
con passione, che dà la possibilità ad altri studiosi di ottenere risul-
tati efficaci ed aprire nuovi orizzonti per nuove ricerche. Dal fuoco
acceso con tanta passione dai primi si staccano nuove scintille che
accendono nuovi fuochi, non soltanto per la gloria della scienza e
degli studiosi, ma per il benessere dell'Umanità intera.

ANDROKLI BALTADORI
nre ae CRIORCOC C UNBEE 7I E

IL LASCITO LASSI-

Mons. Giovanni Battista Lassi (con testamento 1° novembre 1683
depositato in atti Bonanni notaio capitolino) istituì erede dei suoi beni
un collegio da denominarsi dal nome di sua madre Niceta Lassi e da
aprirsi in Roma nella sua casa, sotto la sopraintendenza del Generale
pro-tempore dei Gesuiti, quando colle rendite poste a moltiplico della
eredità stessa potessero mantenersi almeno nove alunni' già esperti
nelle regole della grammatica; da scegliersi ed eventualmente imbus-

- solarsi dai Vescovi delle relative diocesi: a) tre tra i discendenti di Va- -
lentino Salterini di Colvalenza avo paterno di sua madre; b) tre tra i

discendenti delle sorelle di suo padre Eusebia e Tarquinia o in loro
mancanza (come poi è avvenuto e avviene tuttora) tra giovani non
nobili di Foligno; c) tre tra giovani non nobili di Narni (patria di sua
madre). ORSO |
Al Collegio apertosi non molto dopo venne unito nel 1705 con
breve di Clemente XI il Collegio dell'Umbria (già fondato dai cardi-
nali Sacripanti (di Narni) Sperelli e Gabrielli e poi ridotto in assai mi-

sere condizioni) e piü tardi ancora (con breve 8 aprile 1785 di Pio VI) .

quello eretto da Mons. Antonio Fuccioli di Città di Castello; la quale
ultima. fondazione peró mantenne un'amministrazione separata e
tornó dopo la restaurazione del 1815 a funzionare isolatamente.
Successa l'occupazione francese sul declinare del secolo XVIII
il Collegio Lassi-Umbro fu chiuso e le rendite in gran parte sperperate;
talché ristabilito il Governo Pontificio e provveduta l'istituzione di
un cardinale protettore (fissato poi stabilmente con biglietto della
Segreteria di Stato del 16 dicembre 1834 nel Cardinal. prefetto pro-
tempore della Sacra Congregazione degli Studi) non essendo póssi-
bile la riapertura del Collegio si suppli colla elargizione di pensioni
a favore di giovani appartenenti alle categorie indicate da Mons. Las-
si; più a giovani dell'Umbria da mantenere nei rispettivi Seminari. La
. SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 117

scelta veniva fatta — conformemente alle disposizioni del testatore —
su informazioni dei Vescovi delle diocesi. Unificatosi l’Italia i municipi
di Narni e Foligno con deliberazioni rispettivamente del 12 e 16 otto-
bre 1872, cui aderirono con atto legale i discendenti di Valentino Sal-
terini, chiesero al R. Governo una riforma della istituzione; e con
R. Decreto datato da Firenze il 21 ottobre 1873 ed a firma di Vittorio
Emanuele II la fondazione fatta da Mons. G. Battista Lassi fu eretta
in « Corpo morale sotto il nome di Lascito Lassi » alle dipendenze del
Ministero della P. Istruzione che nomina un presidente e su proposta
di ciascuna delle quattro parti interessate (Municipio di Narni e Fo-
ligno; Prefettura di Perugia per l'Umbria; Eredi Salterini) rispetti-
vamente quattro consiglieri costituenti insieme il Consiglio di Ammi-
nistrazione dell'Ente. La sede del Consiglio, fissata prima a Roma, fu
poi trasportata a Perugia.

Colle rendite furono create pensioni per giovani che attendano
agli studi in Istituti governativi o pareggiati o parificati di istruzione

secondaria o superiore; pensioni che inizialmente furono di lire mille

annue ognuna ed in numero di tre per ciascuna delle categorie contem-
plate. da mons. Lassi; più tre per giovani dell'Umbria a ricordo evi-
dentemente della fusione del 1705 col Collegio Umbro.

In seguito, nel 1929, (e precisamente sotto l'Amministrazione Bo-
nucci), aumentato il capitale e meglio utilizzato con drastiche misure
le rendite, le pensioni furono portate a quattro per ciascuna catego-
ria e graduate (da un minimo di L. 1000 ad un massimo di L. 2.200) a
seconda del livello (se media o universitaria) e della ubicazione (se nella
città residenza della famiglia o fuori) della scuola frequentata.

Le quali misure consistettero soprattutto nella esigenza di un ri-
goroso profitto da parte dei pensionati (negandosi senz'altro la conti-
nuazione del beneficio ai non promossi) e nella adozione del sistema di
concorsi per titoli culturali ed economici in luogo di quello per esami
che, a parte il resto, per gli onorari alle commissioni esaminatrici as-
sorbiva una parte considerevole (e ad ogni modo sproporzionata alla
residua per beneficienza) delle rendite. Ed il nuovo sistema ha funzio-
nato cosi bene che mentre prima si avevano contro le decisioni del
‘ Consiglio non infrequenti ricorsi (la cui discussione per taluno salita
fino agli onori della più alta Corte di Appello costò al Lascito Lassi
perdente circa un centinaio di migliaia di lire) col sistema dei titoli
iniziatosi con lo statuto approvato con R. Decreto 11 ottobre 1928 le
due ultime amministrazioni non ne videro sollevato più alcuno.

Dal 1873 in poi devono alle pensioni del Lascito Lassi la possi-
118 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

bilità di aver potuto percorrere tutta la scala degli studi un numero
considerevole di giovani di modeste ed anche assai povere condizioni
i quali poi si sono distinti (e non infrequentemente in modo partico-
lare) nelle carriere statali; nelle libere professioni forensi, mediche e
scientifiche; nell’insegnamento secondario ed universitario. Fare i
nomi non riescirebbe facile senza incorrere in omissioni che potrebbero
dispiacere: tanto per portare un esempio dirò che anche attualmente
l’Università di Perugia conta più di un valente professore che al La-
scito Lassi deve la possibilità di aver compiuto i suoi studi.

Però data la purtroppo svalutazione odierna della moneta l’avve-
nire della istituzione non si presenta lieta. Il Capitale (aumentato du-
rante le due ultime amministrazioni di oltre un centinaio di migliaia
di lire) tutto in titoli di Stato si aggira sulle 600 mila lire; la rendita
annuale quindi sulle 30 mila lire; come si vede una somma che, se ieri
era considerevole, oggi è del tutto trascurabile.

Le due ultime amministrazioni hanno fatto tuttavia del loro me-
glio; ed il Lascito Lassi indubbiamente se ne è avvantaggiato. Il
Provveditore agli Studi ha ultimamente nominato un Commissario;
il quale c'è da augurarsì agisca costruttivamente entro i limiti
ristrettissimi cui l’inflazione ha ridotto le rendite della istituzione;
non lasciandole disperdere in insignificanti rivoletti insabbiantisi
nel deserto del silenzio, ma concentrandole in un premio unico,
sia pur modestissimo, che conferito a turno agli antichi aventi diritto
ricordi loro l’antico Benefattore.

D. Pietro PIZZONI

-—— AG L'ACCADEMIA DEL TEATRO IN ORVIETO

Parte I (sec. XVII e XVIII)

Il 16 febbraio 1672 il Consiglio Generale della Città di Orvieto
stabiliva di fondare un’Accademia destinata ad -occuparsi della si-
stemazione del Teatro pubblico e dell'esecuzione degli spettacoli,
e ne affidava la temporanea reggenza a Mons. Sciamanna, il quale
avrebbe dovuto provvedere a compilarne gli statuti ed a nominare
trenta accademici (1). Il problema di dotare la città di una sala, che
potesse essere sede stabile e dignitosa di spettacoli teatrali, non era
nuovo: (2); ma sembra che anche questa volta il tentativo, quantun-
que ufficialmente intrapreso dal Comune, non abbia sortito esito fa-
vorevole, poiché non se ne hanno altre notizie.

Fino a quando non sia stata compiuta un’indagine completa,
sistematica e minuta negli archivi storici orvietani, attraverso la
quale sarà forse possibile arrivare alla conoscenza di altri documenti,
l’unica fonte cui attingere dati e notizie sul primo periodo dell'Ac-
cademia detta del Teatro o dei Misti rimane un codice dell’ Archivio
Comunale, di 105 carte scritte, delle dimensioni di 31,5 X 22,5 cm.,
contenente i verbali delle sedute degli accademici, dal 1680 al 1792.

La prima pagina del voluminoso manoscritto reca l’atto costitu-
tivo, che è del 1° febbraio 1680; in esso quarantacinque nobili orvie-
tani dichiarano di voler formare un corpo d’ Accademia, non solo per
la conservatione di questo Teatro della nostra Città, ma ancora per il
sollievo, e divertimento della medesima. Stabiliscono nello stesso tempo
di voler soggiacere a tutte le resolutioni e decreti che si stabiliranno,
da parte degli Accademici presenti e di quelli che verranno in seguito
aggregati, e decidono infine di chiedere al Consiglio Generale della
Città la concessione del Salone delle Commedie.

(1) Archivio storico comunale, Registri delle Deliberazioni consiliari, 1672.
(2) P. PERALI, Orvieto, Orvieto 1919, p. 222 e 252.
120 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

La costruzione e la sistemazione del Teatro assorbirono per in-
tero l’attività e gli sforzi dell’Accademia nel primo periodo della sua

esistenza. Il Comune concesse subito l’uso:del primo piano del Palazzo.

del Popolo, in quel tempo detto Palazzo del Podestà, il quale era già

| adibito a sala di spettacoli (1). Il 4 marzo successivo l'Accademia de-

libera di trasformare l'interno del Palazzo col bonificare le scene e fa-

| bricare i casini, cioè costruendo nel salone quattro ordini di palchi,

i relativi accessori e sistemando il palcoscenico; a questo scopo ogni
accademico è tassato per sei scudi. Il 20 marzo, essendo già stata
versata la somma di 255 scudi, si decide di passare all’esecuzione e il

20 maggio l’architetto Francesco Sforzini è incaricato di condurre

a cottimo la costruzione della scena stabile e di assistere all’erezione

| dei palchi (2). Nel giugno il pittore Luca Danielli offre di dipingere

gratuitamente la decorazione dei vari ordini di logge, salvo le spese

. vive, chiedendo in cambio la proprietà di un palco di 49 ordine. La

proposta viene accettata, ma il Danielli non terminò mai il lavoro (3).

Il 26 dello stesso giugno i Soprastanti prendono la deliberazione di

(1) L. Fumi, Il Palazzo del si Bipiló in Orvieto, in « Archivio Storico perde

Marche e Umbria», vol. IV, 1888, p. 518-55.

(2) Il verbale della seduta dei Soprastanti del 20 maggio 1680 dice: . -obli-
gare Francesco Sforzini Architetto al cottimo di dar finite tutte le Biospettiue di
quattro mutationi di scene con la facciata, ...gli si assegnino scudi novanta et

inoltre il viatico, e spese in quindici, giorni in circa da assistere senza altro emolu-

mento al Teatro de’ Casini. Da questo testo si può dedurre che lo Storzini deve

aver eseguito gli scenari e la decorazione dell'arco scenico (0 «facciata »), sor-
. vegliando inoltre la costruzione dei palchi.
È (3) Nel 1701 e poi ancora l'anno appresso Danielli é invitato a terminare
la decorazione dei palchi, a proposito della quale, proprio nel 1702, si decideva

di dipingere. su ogni «casino » lo stemma del proprietario. Nel 1710 gli eredi del
Danielli venivano dichiarati decaduti dalla proprietà del palco, ma riuscirono
poi ad evitare l'esproprio versando sei scudi da impiegarsi per l'acquisto di
un.candelabro e la decorazione del boccascena. -

Altre notizie sulla decorazione e gli scenari sono del 19 novembre 1680
(provvedimento per assicurare l'uniformità dei motivi decorativi), dell'11 gen-
naio 1685 (Angelo Avveduti offre al teatro una «scena d’anticammera » di-
pinta da Pietro Castellucci; intanto si stabilisce di eseguire l'ornamentazione
a fogliami e rabeschi); dell’aprile 1686 (decisione di finire «i cieli, i telai, e quat-
tro mutationi »), dell’aprile 1690 (si pagano tre scene, « Cortile, Bosco e Giar-
dino »), del maggio 1691 (pitture alla galleria) del gennaio 1712 (mancano le
scene della « Fontana», del «Mare », della «Galleria » e aitre), del 1717 (completa-

. mento della « prospettiva nuova »), del 1717 e 19 (il pittore Michelangelo Mazza

esegue altre scene «secondo l’ultima moda »), del 1719 (nuova scena per una
« Gran Galleria ») e del 1791 (Asca Cazione varie).

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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO ie DÌ

approfondire il palcoscenico, usufruendo dello spazio di alcune stanze
fin allora usate dal Podestà (1).
Versc la fine del 1680 i lavori dovevano essere certamente a buon

punto, ma i denari cominciavano a mancare. I resoconti delle sedute,

dal 1681 al 1698, riguardano in gran parte l'imposizione di nuove .col-
lette e la discussione e l'approvazione di varie proposte per trovare
i mezzi necessari a terminare il Teatro, completando le scene e la
sala (2). Gli accademici morosi sono molti, si sollecitano ripetute volte
i pagamenti, si stabilisce di confiscare i palchi a chi non paga, ma

inutilmente. Nel 1681 Vincenzo Febei compra per 100 scudi in tanto

grano undici palchi invendibili, per sanare il bilancio; nel 1690 e nel
1699, allo stesso scopo, si costruiscono e vendono dei banchi nella
platea (3). Soltanto nel 1701, in occasione della riconferma a Principe
di Marcello Tarugi, si afferma che questi ha condotto il Teatro quasi
all' ultima pee (4).

(1) Abbondano nei verbali le notizie relative a lavori di consolidamento
e di manutenzione, fatti o da farsi, nel teatro e nell'intero palazzo. Ripara-
zioni al tetto sono registrate nel 1684, 93, 97, 1706, 07, 11, 15, 16, 21, 24, 26,

29, 62; rifacimenti dei muri di sostegno nel 1690 e nel 1762; apertura di porte -
. di accesso nel 1686, 90, 1787; lavori di restauro non precisati nel 1709, 32,

68, 77,91. Nel 1693 si costruisce una scala interna per uso del teatro; nel 1697
la scala esterna é divisa in due branche corrispondenti ai due ingressi, e viene
coperta con un tetto al pari della loggia esterna del palazzo. Nel 1700 si lavora
in platea; una proposta di costruire un altro ordine di palchi é respinta
nel 1715. Nel 1722 si apre un vicolo sotto le sca'e. Ad alcune di queste opere
concorse il Comune, proprietario dello.stabile, ed il Pio Monte, che aveva la
sua sede nel pianterreno (1690, 97, 1726, 29, 62).

(2) Una colletta di 2 scudi a testa risale al 5 giugno 1680, un VS di 3 sc.
è del 12 aprile 1681. In seguito vengono le tassazioni proporzionali al costo
dei palchi:.di 3. baj. per scudo il 25 febbraio 1684, di 3 paoli ciascuno —l'11 gen-

naio 1685, di 2 paoli p. s. il 19° aprile 1686, di 3. paoli p. s. il 18 aprile 1690,
di 30 baj. p. s. il 20 maggio 1691, di 1 paolo p. s. il 27 successivo, di 1 paolo
p. s. il 6 agosto:1692, di 3 baj. p..s. il 6 gennaio 1693, di.1 carlino p. s. il

30 marzo 1693, di 4 baj. p. s. il 2 gennrio 1694, di 10 baj. p. s. il 20 luglio
1697, di 10 baj. p. s. il 23 febbraio 1698.

(3) Fra le altre iniziative prese per trovare i denari necessari a terminare
i lavori del teatro, vi fu anche quella di affittarlo (sedute dell’11 agosto 1680,
del 21 febbraio 1684, del 25 settembre 1685), ma la proposta sembra non abbia

avuto pratica attuazione.

(4) Nel registro dei verbali sono riportate quattro piante schematiche
della sala: del teatro, riproducenti la disposizione planimetrica dei quattro
ordini di logge, con sopra riportati.i nomi dei proprietari e i costi dei palchi,
Risulta che il numero totale di questi era di 67 n? 17 ogni ordine, 16 al 19 or-

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122 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

Malgrado questo ritardo il Teatro aveva già incominciato a fun-
zionare. Dai verbali risulta che esso fu aperto per la prima volta nel
carnevale del 1683, con due commedie, una in prosa e una in musica,
ma non si dice quali (1). Poi troviamo rappresentazioni eseguite
nel 1685, 1686, 1691; a quest'ultima data però è detto che nor s'intenda
con quest'opera da farsi aperto il Teatro, non essendo ancora finito.
Dopo il 1693. la serie degli spettacoli è quasi continua, di solito in
corrispondenza delle feste di Carnevale e, a volte, anche per quelle
della Pentecoste, del Corpus Domini e di Ferragosto; raramente in
altre date.

Il diritto di recitare nel Teatro era riservato agli accademici, i
quali curavano gli spettacoli facendo pagare l’ingresso e versando
l'incasso, detratte le spese, a beneficio del Teatro stesso. Tuttavia,
fin dall’inizio, fu concesso a gruppi di cittadini, qualificati secondo
i casi come nobili, cavalieri, signorini nobili e talvolta anche artigiani,
di dare rappresentazioni. Nel 1700 il Teatro vede lavorare per la prima
volta una compagnia di comici; ma fino alla metà del xviri secolo la
presenza di compagnie è eccezionale, e diviene frequente e periodica
solo dopo il 1755 (2).

dine e la porta di accesso), e che i prezzi variavano da un massimo di scudi 24
(palco di centro del 1° e 2° ordine) ad un minimo di 6 (barcaccia del 4° ordine).
I palchi furono assegnati estraendoli a sorte, il 18 luglio 1680.

‘ (1) Secondo il FeBEI (Notizie di scrittori orvietani per il conte Mazzuc-
chelli, pubblicate da L. Fumi, Foligno, 1886, p. 69) Sforsa Tarugi compose
nel 1683 L'amore di Teti e Peleoe il Tideo, commedie per musica. La coincidenza
delle date può far pensare che siano queste le due opere rappresentate per
prime.

‘ L'inaugurazione ufficiale del teatro avvenne soltanto il 13 febbraio del
1692 con Le gare del merito del Boccabadati; ciò è testimoniato da un’annota-
zione riportata a pag. 6 di un libretto manoscritto, delle dimensioni di cm.
15 x 10.5, pag. 92, dal titolo Stato delli Casini e Banchi del Teatro d’ Orvieto.
Nel quale si trovano nel corrente anno 1737, esistente nell’archivio dell’Opera
del Duomo (collezione Bracci). Si tratta di un taccuino di appunti riguardanti
il valore dei palchi e i relativi passaggi di proprietà; non vi sono altre notizie
relative all’ Accademia che non siano già note.

(2) Dal seguente elenco, ove sono riportate le date e, quando risultano,

i titoli delle opere rappresentate e i nomi o le qualifiche degli autorie attori,

risulta che su 129 gruppi di spettacoli 48 furono tenuti da accademici, 4 da

«alcuni signori », 8 da «alcuni nobili », 3 da «alcuni cavalieri », 3 da «alcuni

*signorini nobili », uno da « giovani », uno da «cittadini », uno da «persone ci-
vili » uno da «alcuni particolari », 2 da «artigiani » 35 da compagnie di co-

mici, 7 da burattinai, 3 da compagnie di musici, 2 sotto la direzione del maestro

è > SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

123

Gli spettacoli dati nel Teatro dell’Accademia erano quasi tutti
di. prosa, dedicati a commedie vere e proprie. Fra esse possono essere
ricordate L'Ambizione ingegnosa di Sebastiano Lazzarini orvietano

di cappella e uno da Francesco Barbareschi, custode del teatro nel 1724. Per
i rimanenti non vi sono notizie precise.

È TITOLO DELL'OPERA ATTORI
s DATA o AUTORE
z GENERE DELLA RAPPRESENTAZIONE B CAPIOOMPAGNIM
1/1683 Carnevale |2. Commedie (una in prosa ES —
e una in musica).
2|1685 id. Opera — Accademici
3 | 1686 id. L’ Ambizione ingegnosa Seb. Lazzarini id.
4 | 1691 id. «Commedietta in musica » — Maestro di cappella
5 | 1691 id. Il figlio delle Selve — RA
6 | 1692 13 febbraio | Le gare del merito Boccabadati zu
7 | 1693 Carnevale Alcune (?) opere — Accademici
8 |1693 id. Don Gastone Andrea Cicognini id.
9 | 1693 id. Dal tradimento le nozze Michel Brugueres | « Alcuni particolari »
10 | 1693 Pentecoste e| Opera in musica — G. B. Bianchini già
Corp. Domini M^ di Cappella
11 | 1693 Primavera | Opere in musica — Musici di Roma
12 | 1694 Carnevale « Opera regia » — Angelo Avveduti, D.
Pollidori e altri Acc.
13 | 1695 Carnevale | Commedie «all'improvviso » — Pietro Aviamonzi e
altri Accademici
14 | 1698 id. Scipione — «Alcuni Signori »
15 | 1698 id. Dall'amore l'inganno — id.
16 | 1699 id. Le mire scontate (?) Boccabadati Accademici
17 |1699 id. Ci vuol pazienza — id.
18 | 1700 id. Opera E Alcuni Signori
19 | 1700 id. Opere comiche = Comp. di «virtuosi »
20 | 1701 id. L° Amore non vuol vendetta — Alcuni Signori
21|1707 dicembre L'impegno dell'amicizia e di| Angelo Amadroli Alcuni Cavalieri
onore
22 |1709 giugno Opera in musica — Compagnia
23 |1710 Carnevale | Pirro o L'equivoci d'amicizia = Alcuni cavalieri
e d’onore
24 | 1710 id. Gloria e onori rovinano amore | Bartolomei Alcuni nobili
25 | 1710 id. Sponsali fra nemici G. Tissi fioren- Alcuni artigiani
tino
26 | 1710 id. Le prove d'amore ovvero Amore — Persone civili
incognito
27 | 1711 id. Dell’innocenza è protettore il — Accademici
cielo
28 | 1711 id. Odio e amore («d'aut. incerto ») id.
x Le 1 dE Td jams P E. diii " ET Pide
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124

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

(rappresentata nel 1686 e nel 1714), Dal tradimento le nozze (1693) e
Il vero amore non vuol politica (1716), entrambe di Michel Brugueres,
il Don Gastone (1693 e 1718) di Andrea Cicognini; gli Sponsali fra nemici
(1710) di Germano Tissi (?), Il Cicisbeo sconsolato (1727) di-Gian Bat-

o 4
zl : TITOLO DELL'OPERA , ATTORI
Ko) DATA (o) AUTORE i :
Z GENERE DELLA RAPPRESENTAZIONE NCAET COMPAGNIE
29 | 1711 settembre Opera in musica pde Virtuosi di Roma
80 |1712 gennaio L'incanti del genio Giov. Ma. Veltroni Accademici
81 | 1712 Carnevale. | Temistocle — —
82 | 1712 Primavera Il Ferramondo — Accademici
83 | 1712 id. Pazzie per vendetta — -—
34|1713 Carnevale |«Li sponsali per l'imperio » - E Accademici '
35 | 1713 id. Alcune opere con pupazzi ‘ 3 — Giov. Fr. Rossi bolog.:
36 | 1714 id. L' Ambizione ingegnosa o l' Ag- | Seb. Lazzarini Accademici
grippina . :
37 |1715 ‘id. Il Ferramondo —ji id.
88 | 1715 id. Berenice — id.
89 | 1716 id. Il vero amore non vuol politica | Michel Brugueres id.
40 | 1717 id. Le gare del merito Boccabadati . id.
41 | 1717 id. La sofferenza vince la sorte — i id.
42 | 1717 id. Il Diosino (?) (forse è Il Dio- — id.
: niso) i
43|1718 id. Don Gastone. A. Cicognini id.
44 | 1720 id. Non è sposo perché è geloso |' — id.
45 |1720 id. Tisbe finta maschio - -— Gius. Lolli e C. -
46 | 1720 maggio Alcune opere — Gius. Sacchetti e C.
47 |1722 Carnevale |I due pulcinelli fratelli — Accademici
48 | 1723 id. La virtù trionfante del tradi- | Giov. Dom. Pioli id. |
j mento 5 :

49 | 1723 id. Il Ciro — id. 1
50|1724 id. Commedia E Fr. Barbareschi
51 |1724. id. La Diamira Domenico Pioli |Alcuni signorini nobili
52 | 1724: id. Arlecchino medico volante — Compagnia di artigiani
53 |1724 id. Commedia But Signorini nobili
54 | 1724 id. Commedia — Alcuni Sig.ni Nob. Acc.
55 |1726 id. L'amante del suo nemico — -. Accademici
56 |1727 id. Il cicisbeo sconsolato (G. B. Fagiuoli) id.
57 | 1728 maggio Commedie — Carlo Instrione e C. .
58 | 1729 Carnevale Il Gran Coriolano — Signori .

1729 luglio Alcune rappresentazioni — Pietro Maraschi e C.
59 S burattinari
60 | 1730 Carnevale | L'arte d'amore nel caso Seb. Lazzarini . Accademici
61 | 1730 id. Il vecchio avaro — Alcuni cittadini
62 | 1731 gennaio Le rivalità generose — Alcuni nobili

XI SRGGLAZGSS Au

. SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO '

125

tista Fagioli, I due vecchi rivali (1747) di Jacopo Nelli, Le donne cu-
riose (1755), Il feudatario (1756), La vedova scaltra (1757) e Il servitor
di due padroni (1760) di Carlo Goldoni, e il Don Chisciotte (1732) e il

‘Cid (1739), certamente in riduzioni italiane anonime,

DATA

N. d’ordine

TITOLO - DELL'OPERA
o
GENERE DELLA RAPPRESENTAZIONE

AUTORE

ATTORI

E CAPI COMPAGNIE

SBESTAZIE RT, TIRA n LAI BIOS RCA geni

63 | 1731 Carnevale
64 | 1732 id.
65 | 1732. id.
66 | 1732 id.
67|1732 — id.
68 | 1732 giugno
69 | 1733: Carnevale
70 | 1735 id.
71 | 1735. id.

72 |1735 Carnevale :

73 | 1735 maggio
74 | 1735 giugno
75 | 1736 Carnevale
76 |1736 . id.

77 |1736. id.

78 | 1736 id.
79|1738 id.

80 |1738. - id.

81 | 1738 maggio
82|1738 |. id.

83 | 1739 Carnevale
84 | 1739 id.

85 | 1739 id.
86|1740 id.

87 |1740. id.
88|1740 id.

..89 | 1741 id.

90 | 1742 id.
91 | 1742 id.
92 |1743 maggio

88|1743 id.
94 | 1747 Carnevale

95 | 1751 aprile
96 | 1752 Carnevale

97|1752 ^ id.

I vecchi delusi
La Matilde

Le vane gelosie di Pandolfo

La madama Ciana

Don Chisciotte

La Matilde

Tomaso Moro

« L' Eraclio »

Il Tamburlano

Il « Bassà in fuga »
Commedie «con figurine »
Commedie « all'improvviso »
L'Amore astuto i
« Rugiero »

Il Tamburlano

Una Burlesca

La locanda di Pimpa. e Pul-
cinella i

Il Sesostro

«Opera teatrale »
Burlette «all'improvviso »
« Il Ciddi »

Amanti senza. vedersi
L'Amor fra l'armi

Il Farnace
L'erogina in Belgrado (?)
Il Tofáno t
Il Tofano

Il cavaliere Parigino

L’ Amor fra l'armi

Alcune operette «con figure
maneggiate con fili »

: Operette

I due vecchi rivali
Oratorio in musica

La gelosia rimane schernita e
la costanza premiata

I due vecchi delusi

(Jacopo Nelli)

Alcuni giovani
Alcuni nobili
id.
Filippo Pinelli e To-
maso Naldini
Alcuni cavalieri
Alcuni nobili

Pietro Maraschi e C.
Girolamo Mitebach

Accademici

"Antonio Rossi e C.
‘ Bartol. Cavallucci
Accademici

id.

id.

id.

id.

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Leopoldo Nardi e C.

G. B. Masconieri
Accademici

Accademici

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126

Su di un totale di almeno 150 commedie € opere teatrali varie,

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

delle quali è riportata notizia, rare sono le rappresentazioni di « com-
medie all'improvviso » o di opere in musica. Le prime si trovano ri-
cordate solo in tre gruppi, e le altre appena sette volte, oltre a due

129

S--—— . 1:

: È TITOLO DELL'OPERA ATTORI
s DATA «0 AUTORE
Z GENERE DELLA RAPPRESENTAZIONE 1 OAFT COMPAGNIE
98 | 1755 Carnevale Le donne curiose (C. Goldoni) Antonio Gesualdi e C.
99 | 1755 maggio Commedie col «teatrino di — Leopoldo Marasca
figurine »
100 | 1755 settembre | Commedie (?) — Tommaso Baldini
101 |1756 Carnevale Creder morto chi si vede — Michele Nelvi
102 |1756 id. Il Feudatario (C. Goldoni) Giuseppe Galli
108 | 1756 id. L’ Engelberta — G. Crisostomo Foglietti
104 | 1757 id. La vedova scaltra (GC. Goldoni) Accademici
105 | 1757 id. Commedie = Domenico da Campo e
C. Romano
106 | 1758 id. L'Ernelinda — G. C. Foglietti, G. San-
107 | 1758 id. Il tutore L— tarelli e Fr. Balestri
108 | 1760 id. Il servitor di due padroni (C. Goldoni) Alcuni Comici
109 | 1760 id. La virtà premiata — id.
110 | 1762 id. Il contrattempo ossia il Chiac- = Michele Nelvi, Doma2-
chierone imprudente ; DE:
11 1762 id. La costanza di Rosalba — ped e
112 | 1763 agosto Operette «di figure » ue Leopoldo Nardi e C.
118 | 1765 maggio Commedie CS Domenico da Campo
114 |1765 giugno Il Tamburlano — Accademici
115 | 1765 giugno Il Bassà in fuga I Accademici
116 | 1767 giugno Oratorio in musica xs Maestro di Cappella
117 | 1768 Carnevale Opera susa Angelo Zampi e C.
118 | 1770 id. Opera — ' jid.
119 | 1770 agosto Commedie per burattini — Egidio Marasca
120 | 1771 Carnevale Opera «scenica » — Domenico Basili e C.
121 | 1772 id. id. — id.
122 | 1773 id. Recite — Simone Moretti e C.
128 | 1776 id. .Opera «scenica » — Pier. Dom. Costantini
124 | 1776 dicembre 2 Commedie c Compagnie
125 | 1777 agosto Commedie — G. Batt. Marino
126 |.1787-89 (affitto per| Farse in musica —— Ant. Malvolti e Fr. Er-
tre anni) coli
127 | 1790 Carnevale Commedie — Vinc. Ercoli e Giov.
Maria Castellani
128 | 1792 id. Farse in musica e commedie -— Vincenzo Maria Franzi
1792 settembre Commedie — Francesco Pandolfi e

Antonio Maggiolini

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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

127

oratori (1752 e 1767) (1). Fra i capocomici primo ad essere nominato
é Giuseppe Lolli (1718), seguito da Giuseppe Sacchetti (1720) e da
Filippo Tinelli insieme con Tommaso Naldini (1732); seguono poi
molti altri, fra cui Girolamo Witebach, che nel 1735 recita commedie
«all'improvviso», Antonio Rossi con Francesco Laschi (1738), Mi-
chele Nelvi (1756, 1762), Domenico da Campo (1757, 1765), Dome-
nico Basili (1762, 1771-72).

La gestione del Teatro era tenuta con criteri assai semplici, ma
di stretta economia. Si trova che all'ingresso gratuito avevano di-
ritto solamente il Governatore, il Magistrato e il Vescovo (1715); in
seguito furono concessi al Cancelliere dell’Accademia sei bollettini
o biglietti gratuiti ad ogni recita, per « riconoscerne le fatiche » (1732).
La sala era ceduta in uso a gruppi di cittadini, attori dilettanti, alle
stesse condizioni fatte agli accademici; alle compagnie di comici e di
cantanti si faceva invece pagare un prezzo convenuto ogni volta,
fissando anche l'importo del biglietto d'ingresso, e con tale sistema
il bilancio rimase sempre in lieve attivo, senza bisogno di ricorrere
a tassazioni supplementari, oltre quella ordinaria pagata dai proprie-
tari dei palchi e banchi per la manutenzione dello stabile (2).

L'Accademia era retta da un Principe, coadiuvato da sei Sopra-
stanti, un Segretario, un Provveditore, un Depositario, un Soprinten-
dente e un Cancelliere (3). Questi ufficiali erano eletti con votazioni
a maggioranza di almeno due terzi dal « Numero » degli Aecademici,
alla fine del Carnevale di ogni anno, Ma non essendovi delle norme
statutarie da dover osservare, fin dal 1682 si cominció col provvedere,
ad intervalli anche lunghi e senza rispettare i termini di scadenza,
alla semplice riconferma delle persone in carica; cosi i Principi e gli
altri ufficiali rimanevano al loro posto per molti anni, ed i primi do-
vevano spesso insistere piü volte per poter rinunziare al principato (4).

(1) Fu in occasione dell'apertura della nuova chiesa della Madonna del
Velo, che il Vescovo Giuseppe dei conti di Marsciano fece eseguire nell'aprile
del 1751 un oratorio in musica.

Spettacoli di prosa con intervalli musicali sono ricordati nel 1742 e 1752.

(2) La quota annua perla manutenzione del teatro fu fissata in un giulio
o paolo per ciascun casino o banca nel 1695, aumentata nel 1697 ad un baj p.
scudo, raddoppiata a 2 baj. nel 1702.

(3) Le cariche di Soprintendente e di Procuratore in seguito caddero
in disuso; nel 1697 si istituisce il posto pel custode.

(4) Questo avvenne a Marcello Tarugi nel 1713 e 1719, a Leandro Maz-
zocchi nel 1740-41 e nel 1752, e ad Antonio Missini nel 1757-60.

L'Accademia teneva le sue riunioni nei locali del Teatro. Nei primi anni,

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128 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

Paolo Antonio Monaldeschi fu il primo a ricoprire la carica di
Principe, per essere stato eletto nel 1680 e l’anno appresso, e confer-
mato per il 1683. Segue Gualtiero Gualterio*(1684-85), poi ancora
il Monaldeschi (1686-96) e Marcello Tarugi (1697-1719). La serie pro-
segue con Giuseppe Alberici (1720-22), Giacomo Gualterio (1723-31),
Leandro Mazzocchi (1732-51), Antonio Missini (1752-59), Luigi Gual-
terio (1760-64), Girolamo Clementini (1765-67), Giuseppe Mazzocchi

(1768-87), Carlo Gualterio (1787-89) e ultimo Enrico Gualterio (1790- .

1792).

In una delle prime sedute, e cioè in quella del 4 marzo 1680, fu
deciso che « per avvalorare maggiormente così nobile impresa di qualità
pregiate, et eccelse nella protettione autorevole di personagio qualifi icato, si
dovesse pregare la Regina Cristina di Svezia di voler onorare l'Acca-

demia della sua benigna protetione e di volerne gradire l'impresa che,

alludéndo allarme di S. M. puol'anco certificarla della perpetua, et inalte-
rabile nostra devotione ». Ed infatti l'Accademia prendeva nello stesso
tempo per insegna due palme incrociate tolte dallo stemma della
Regina, inquadrate lateralmente da una penna d'oca e da uno stilo,
col motto « Aequa potestas » e la scritta « I Misti » (1). Questa ini-

ziativa di cercare la protezione di Cristina di Svezia fu forse suggerita -

da Leone Alberici, poeta e librettista, il quale era stato pregato di
trovare l'impresa dell’Accademia (2). Il 23 dello stesso mese la Regina
rispose ringraziando, accettando la protezione del sodalizio, solo di-
spiacendosi che la lontananza la privasse del SIR di sì nobil

‘esercizio, e formulando i suoi auguri.

Il nome che si dava comunemente all'Accademia, e che è ripor-

‘tato nell’intestazione di tutti i verbali, è quello di « Accademia della

a volte, si radunava nel Palazzo Comunale o in quello privato del Principe in
carica. Nel 1681, 82 e 83 si radunò nel Palazzo vescovile o apostolico, presso il .
Governatore. Per la validità delle sedute occorreva un numero di 20 accade- :

mici presenti, ma questa regola fu abbandonata dopo il 1750. Tutte le deci-

| sioni spettavano all'Assemblea degli accademici; nel registro, su 186 sedute

verbalizzate, solo 5 riguardano riunioni dei soprastanti. Una proposta di dele-
gare a questi ultimi il potere di concedere il teatro in uso o affitto fu respinta
nel 1714. Per essere accademici bisognava acquistare un palco od un banco di
platea, forse essere nobili ed ottenere l’accettazione dell’ Accademia con una

votazione del « Numero ».

(1) Uno schizzo riproducente l'impresa col motto « Oratius Poetica » e
la scritta Due palnie è tracciato in calce al yoozle della seduta del 4 marzo
1680.
e Nella SEU del 18 febbraio 1680.

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| SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO SR 129

- città d'Orvieto » (1) o «del pubblico Teatro» (2). L'appellativo di
-. Misti compare invece solo tre volte (3), quantunque fosse il vero

titolo dell'Accademia (che nella lettera di Cristina di Svezia. viene
chiamata « Accademia Comica dei Misti »), e dev'essere stato certa-
mente poco usato. Quanto all'altro nome di Fenice, esso non si troya
affatto, e l'esame più attento dei documenti induce a, ritenere che

A tale denominazione può ritenersi adottata solo più tardi, nel secondo

periodo di vita del sodalizio.

—. Da quanto è stato esposto risulta chiaro come i Agcadémia
non può essere considerata quale un'Accademia vera e propria, es-
sendo invece un sodalizio di nobili uniti in società per costruire e

far agire il Teatro. Essa però non fu e non agi mai come un’associa-.

zione di privati mossa e uiretta da fini particolari e ristretti (4). Per
tutti i centodieci anni della sua esistenza, come si è visto, volle sem-
pre chiamarsi « Accademia della nobile città d’Orvieto » o «del Tea-
tro pubblico », sentendosi investita di un compito d’interesse citta-
dino. E che tale questo fosse considerato dalle autorità locali d’allora
è provato non solo dalla già ricordata deliberazione di fondazione
emessa dal Consiglio Comunale nel 1672, ma anche da'la pronta ade-
sione del Comune alla richiesta di usare il Palazzo del Popolo, e dai

ripetuti interventi operati dal Governatore Francesco Albani (il fu-

turo Clemente XI), il quale presenziò alle adunanze nel 1681, 82 e

83 per cercare di superare le difficoltà che si frapponevano al comple-

tamento del Teatro.

Il compito svolto dall’ Accademia era dunque diretto, p uttosto
che a fini di cultura, a quelli ricreativi procurati dagli spettacoli tea-
trali. Tuttavia questa attività fu contenuta entro i limiti di un serio
e dignitoso programma. Anzitutto, fin dal 1685, si stabilisce che prima
delle recite il testo delle opere da rappresentarsi nel teatro venga ri-
veduto da due accademici espressamente designati volta per volta;
e questa specie di censura fu mantenuta sino alla fine, eccettuando

solo quelle commedie che vengono nominate come nofe ad ognuno.

(1) Sino al 1728.

(2) Dopo il 1740 circa.

‘(3) Nel suddetto schizzo dell’impresa dell’Accademia, nella lettera della
regina e sul verbale del 24 settembre 1752. Il nome di Misti deriva forse dal-

l’essere 1’ Accademia composta di nobili e borghesi, distinguendosi dall’ Acca-.

demia dei Nobili o del Nobile Casino (Cfr. PERALI, op. cit., p. 255).
(4) MicHELE MAYLENDER; Storia delle Accademie d'Italia, Bologna, 1927,
vol. II, pagg. 354-56.

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130 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

Inoltre, a partire dal 1698, viene fatto obbligo a coloro che recitano,
accademici compresi, di lasciare una copia dell’opera rappresentata
all’archivio del teatro; trovo che tale regola fu osservata fino al 1733.
È appunto intorno a tale data che l'Accademia si fa più arrendevole
di fronte ai desideri delle diverse categorie di cittadini, e venendo meno
al carattere che aveva dato fino allora ai suoi spettacoli, comincia a
concedere il teatro a virtuosi ballerini e saltatori di corda e anche a
burattinai (1).

In poco più di un secolo il teatro è sede di almeno 140 gruppi di
spettacoli, senza contare quei molti che non sono stati di certo ri-
portati nei verbali. L'Accademia prosegue la sua attività, con ritmo

quasi costante e con lievi interruzioni (2) fino al 1777. A questa data

gli atti testimoniano una pausa di un decennio, mancando i resoconti
delle sedute fino al 1787. Ma per diversi segni si manifesta ormai la
decadenza dell’istituzione; il piccolo numero degli accademici presenti
alle sedute, le cariche tenute vacanti, sopratutto il fatto d’avere per
la prima volta ceduto in affitto il teatro per un lungo periodo ad una
compagnia di comici, invece di tenerlo a disposizione e a gestione di-
retta degli accademici (3), e infine lo stesso modo sommario e tra-
scurato con cui sono stati scritti i verbali. Il 6 settembre 1792 è la
data dell’ultima seduta registrata, nella quale si tratta soltanto di
argomenti consueti, come della concessione di tenere una recita e
della conferma dei soprastanti. La modesta vita dell Accademia
s'interrompe bruscamente per cause non note, cui probabilmente
concorsero gli eventi militari e politici susseguenti all’invasione fran-
cese; essa riprenderà solamente un trentennio più tardi, dopo quell’agi-
tato periodo della storia europea, nel 1814.

RENATO BONELLI

(1) Il 20 novembre 1701 la richiesta di alcuni saltatori di corda diretta ad
usufruire del teatro veniva respinta; il giorno dopo, per desiderio della maggior
parte della città,era accettata. Altre concessioni a giocolieri si trovano nel 1705,
06, 32, 35, 40, 42, 43, 61, 72.

(2) Il 17 febbraio 1749 si annuncia che il teatro è stato chiuso per ordine
del Governatore, senza precisarne i motivi. L’ Accademia, aggravata per una
innovazione senza precedenti, impegna i suoi membri a sopportare qualunque
spesa per sostenerne i diritti. Si ha poi un’interruzione di due anni e il teatro
si riapre nel 1751.

(3) Il 7 settembre 1787 si accettava l’offerta di IATTUORID Malvolti e di
Francesco Ercoli, che chiedevano di prendere in affitto il teatro per tre anni.

xc
L'ACCADEMIA DEL TEATRO IN ORVIETO

Parte II (sec. XIX).

Il primo atto nel quale, dopo l'interruzione nel 1792, si hanno
notizie dell’Accademia orvietana del Teatro, è un verbale di assem-
blea del 19 dicembre 1814; ma poiché in esso risulta che in quella
occasione venne effettuata la votazione per il rinnovo delle cariche,
in seguito anche alla rinunzia di Vincenzo Negroni al Principato,
si devono ammettere dispersioni di atti precedenti.

Questo verbale è contenuto in un fascicolo delle dimensioni di
cm. 19,5 x 27,5 composto di 5 fascicoletti di 6 fogli ciascuno, il quale
termina col resoconto della seduta del 12 agosto 1833. La raccolta
completa dei verbali delle sedute prosegue in un secondo ed in un
terzo fascicolo, delle dimensioni di cm. 20 x 26, di dodici fogli; l'uno

contiene gli atti dal 6 marzo 1834 al 12 agosto 1839, l’altro s’inizia -

con la data del 2 dicembre 1839 e finisce con quella del 28 novembre
1846. In un foglio separato si trova il verbale della seduta del 18
aprile 1850; in un altro foglio un verbale di consegna del 31 agosto
1851 del materiale del Teatro ad un incaricato del Comune, per di-
sposizione del Ministero degli Interni. Vi sono, inoltre, atti di minore
importanza: alcune lettere, due inventari del materiale del Teatro
e un libro di conti (1). Tutti questi documenti appartengono all’ Archi-
vio Comunale di Orvieto.

(1) Il fascicolo della corrispondenza comprende 31 lettere dal 2 dicembre 1819
al 30 novembre 1822, delle quali 27 sono. dirette dal Delegato Apostolico di
Viterbo al Governatore distrettuale di Orvieto, intorno a concessioni o appro-
vazioni di atti ordinari dell’Accademia. Vi sono compresi una lettera della
Segreteria di Stato con firma autografa del card. Consalvi, il quadro dell'estimo
dei palchi e reparto delle tasse per il 1819, lo specchio per un quotizzo supple-
mentare .del 1820 e il nuovo regolamento dell’ Accademia del 1820. I due in-

. ventari del materiale esistente nel Teatro sono del 13 ottobre 1837 e del 27

novembre 1842, Il libro dei conti comprende «l’introito ed esito » dell'Accade-
mia dal 1821 al 1840.

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.132 ‘SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO '

I verbali delle sedute permettono di seguire la vita e l’attività.
dell’Accademia. Una riunione ordinaria si teneva al principio dell’anno
accademico, nell'autunno o al principio dell'inverno, per l'esame delle
domande presentate per ottenere la concessione del Teatro durante
il Carnevale. Nell'occasione si discuteva ogni altro argomento che
riguardasse l’ Accademia; qualche volta avevano luogo riunioni straor-
dinarie per nuovi problemi. Le riunioni avvenivano di consueto nel
caffé dei Nobili in Piazza, ove si discuteva il rinnovo delle cariche
sociali. Il regolamento del 1820-21 (approvato nel 1822 dal Delegato
Apostolico di Viterbo), stabiliva le seguenti cariche: il Principe, due
Deputati all'Accademia e due Soprintendenti o Soprastanti al Palco,

- oltre il Segretario-Cancelliere. Il numero delle cariche si trova ridotto -

rispetto a quellc del 1700, ma non può: escludersi che il regolamento
confermasse uno stato di fatto consuetudinario. L'elezione aveva ef-

. fetto per 2 anni e aveva luogo per sorteggio, tranne che per il Principe,

uno dei Deputati all’ Accademia e due Soprastanti al Palco, da farsi per

. votazione (1). Tuttavia l'unico sistema che si.trova poi adottato é

quello del sorteggio (2). La nomina dei Soprastanti al Palcoscenico

doveva essere approvata dal Governatore. L'Accademia era compo-

sta dai proprietari dei Palchi — divisi in due ceti, Nobile e Cittadino —
i quali raggiungevano il numero di 40. Una sola volta é sorteggiata

una donna per una carica: nel 1836 Anna Missini é nominata Sopra- .

stante all'Accademia. Peró le donne non potevano intervenire alle
adunanze, per le quali avevano facoltà di delegare un loro rappre-
sentante.

Il Teatro era affittato normalmente per rappresentazioni musi-
cali, senza esclusione di rappresentazioni in prosa; potevano interca-
larsi due tombole. La sala era ceduta ad un prezzo fisso ogni sera,

(1) Il regolamento del 1820-21 stabiliva che nessuno poteva rifiutarsi di
assumere le cariche, se non in caso di malattia o' dietro pagamento di 5 zec-
chini. Il Segretario era di nomina stabile; vi era inoltre un inserviente o cu-
stode del Teatro, eletto dall’ Accademia fra i maestri falegnami. I revisori dei
conti erano nominati di volta in volta.

(2) Serie dei Principi: Vincenzo Negroni (... —1814); Paolo Pollidori
(1814-1816); F.avio Ravizza (1816-1820); Massimo Pollidori (1820-1822); Mar-
zio De Solis (1822-1824); Luca Martinelli (1824-1826); Benedetto Bucciotti
(1826-1828); Luigi Muccioli (1828-1830); Paolo Antonio Viti: (1830-1832);.
Francesco. Lazzarini (1832-1834); Girolamo Mar!inelli (1834-1836); Filippo
Ravizza (1836-1838); Antonio Vaggi (1838-1840); Angelo Lazzarini (1840-
1842); Alberico Alberici (1842-1844); Francesco Connestabile Clementi (1844-

1846).
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 133

ma per le rappresentazioni musicali veniva concessa alla compa-
gnia una « scorta » (1) che era una somma stabilita. Andava a favore
dell'impresa l'introito dei biglietti d'ingresso, e col regolamento si
tolse l'abuso della concessione dei biglietti gratuiti (1816), stabilendo
che questi spettassero solo al Governatore, al Fiscale e al Cancelliere
Vescovile (2. Un palco fu poi concesso alla rappresentanza della
Polizia (3).

Mediante i verbali delle sedute è é possibile fare un elenco delle
Compagnie comiche e musicali che hanno recitato nel Teatro (4), e
meglio che ne ottennero la concessione, mentre raramente sono dati

i titoli delle altre opere che le compagnie avevano l'obbligo di rap-

presentare. Nel 1826 é citata la « Gazza Ladra » (del Rossini), nel 1839

Si prescrivono a Luigi Garofoli « Il Bellisario » (Donizetti), « I Capuleti :
e i Montecchi » (Bellini) e «l'Elisir d'amore » (Donizetti); nel 1843

si obbliga L. Da Rizzo a recitare « Saffo » (Pacini) e « Chi dura la vince »
(Luigi Ricci). Nel 1828, durante le feste del SS. Corporale, era stato

(1) Il prezzo di affitto della sala era di consueto d? Baj. 30 persera. La
«scorta » per le stagioni musicali saliva da 180 a 250 scudi.

(2) Lettera del Delegato Apostolico di Viterbo al Governatore di Orvieto
del 2 dicembre 1819.

' (3) Lettera 14 maggio 1819 del Gonfaloniere Giacomo Bracci. alla Dele-
gazione Apostolica di Viterbo.

(4) Nei verbali sono nomimate le seguenti Compagnie teatrali. Compagnie
di musica: Giovanni Pagliucci (1815), Angelo Tietro (1817), Angelo Monti
(1818), Giuseppe Giannasci (1819), Domenico Andamanti (1819), Nicola Tucci
(1821), Filippo Molinari (1822), Giuseppe Beccari (1824), Giuseppe Croci (1824),
Filippo Troiani e Gabriele Montevecchi (1825), Giovanni Mascagni (1825,
1827, 1846), Angelo Tutei (?) (1826, 1832), Trciani e Valentini (1828), Giuseppe
Bonserrini (1828), Gaetano Rambaldi (1829, 1831), Fiavio Fabi (1833), Pietro
Ferrotto (1833), Angelo Salvatori (1835), Gaspero Zannini (1833), Natale
Veglia (1835), Baldassarre Paolotti (1838), Feliciano Angelici (1839-1840),
Luigi Garofoli (1840), Francesco Leghi (1841), Luigi Vincenti (1840; accade-
mia di corno a tiro (?), Giovanni Mascagni e Baldassarre Paolotti (1841), Er-
cole Manzi e G. P. Rinaldini (1842), Pietro Bordandini (1843), Luigi Malagrida
(1844), Giacomo Maivezzi (1846); Compagnie di prosa: Angelo Solimani (1815,
1819), Francesco Ricci (1818), Mario Guarini (1821), Elia Fuschini e Luigi
Carnesali (1822), Luigi Cortini e Luigi Perali (1823), Giuseppe Croci (1823),
Giovanni Mascagni (1825), Luigi Negroni (1826), Dorio e Maggi (1827), Do-
rati e Campana (1827), Carlo Mancini e Luigi Guidi (1828), Gaetano Ram-

baldi (1829, 1831), Andrea Cottin (1832), Pietro Martini (1833), Francesco.

Colapaoli (1834, 1836), Filippo Sattini (1835), Gaspero Zannini (1835), Lodo-
vico Canali (1837), Antonio Traversi (1839), Gaetano Zanne (1840), Luigi Pi-
gozzi e Angelo Veneroni (1843), Edcardo Maieroni (1844), Luigi ‘Pigozzi (1850).

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134 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

dato un oratorio sacro di Rossini (probabilmente « Ciro in Babilonia »
o « Il Mosé »).

Per le spese di gestione e di manutenzione era posta una tassa
sui palchi proporzionale al valore di ognuno; qualche volta peró si
ricorreva a contributi supplementari. Fra gli atti è conservato l'estimo

«ed il riparto della tassa pel 1819 e da essi risultano i nomi dei pro-

prietari, il valore assegnato ai palchetti (da 34 a 5 scudi), e l'ammon-
tare dell'incasso che é di 290 scudi annui. Il numero dei palchi era
di 75 e ogni ordine ne aveva 19, salvo il primo che ne aveva 18; ció
non corrisponde alla pianta riportata negli atti del '600, dove i palchi
sono 17 ogni piano, perché in quello stesso anno erano stati costruiti
due nuovi palchi per ciascun ordine.

Nei verbali si hanno poche notizie dei lavori di sistemazione e
abbellimento del Teatro. Nel 1815 cade un tetto delle stanze del tea-
tro, e poiché aveva danneggiato la casa di un certo Antonio Cico-
gnani, l'Accademia sostiene parte delle spese di riparazione. Nel 1819
si fanno lavori di restauro «intavolando la platea », rendendo mo-
bili i banchi e, come si é detto, aumentando i palchi. Contempora-
neamente il pittore Antonio Lorenzoni decorava il soffitto della sala (1).
Piü tardi la loggia esterna del palazzo fu restaurata, rialzato il piano
dell'orchestra (1825) e fu anche acquistato uno scenario dipinto da
Alessandro Elia Foschini (1827). Altri lavori furono poi eseguiti alle
finestre ed al paleoscenico (1828), al tetto (1833) e all'Arco della Pesa
(1835). !

Si apprende dai documenti una notizia assai interessante ri-
guardante la denominazione dell’Accademia. Fino ad oggi si è cre-
duto che l'Acecademia fosse denominata «La Fenice». Tale titolo,
invece, non compare negli atti del '600 e del '700, quando l'Accademia
si chiamava «del Teatro» o «dei Misti»; il primo nome ricompare poi
nei verbali dal 1814 al 1819; il 20 novembre 1819 il Principe Flavio
Ravizza «non avendo alcun nome particolare quest' Accademia né il
Teatro», proponeva quello di « Accademici. Concordi » e di « Teatro
della Fenice » proposta che fu approvata all'unanimità. Il nome di
«Fenice» é stato dunque adottato in epoca tarda e si deve attri-
buire al Teatro e non all'Accademia, la quale in seguito é chiamata
appunto « Accademia del Teatro della Fenice ». La denominazione

(1) In quella occasione fu discusso il colore delle tendine e dei cuscini:
turchino al primo ordine; arancio al secondo; verde al terzo; «ponsò » al quarto
e, nei palchi a bocca d'opera, bianco.

— —

^
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 135

del Teatro sembra perciò derivare dalla circostanza che esso era al-
lora destinato principalmente a rappresentazioni musicali; si esclu-
derebbe così la derivazione dalla doppia palma (phoenix) rappre-
sentata nell’insegna.

Dal 1814 al 1850 l'Accademia svolse un'attività più. modesta
di quella del suo primo periodo di vita, terminato nel 1792. Essa si
limitava a cedere il Teatro e a curarne la manutenzione. Gli Acca-
demici non recitavano più come un tempo, limitandosi alla scelta
delle Compagnie e degli spartiti. L'Accademia mantenne però il ca-
rattere di una associazione diretta a scopi di pubblico interesse, senza
fini di speculazione affaristica.

I documenti dell'Archivio Storico Comunale testimoniano l'at-
tività svolta dall'Accademia e dal Teatro; vi è una lacuna che è co-
stituita dalla mancanza dei verbali delle sedute dal 21 aprile 1847
al 18 aprile 1850, dovuta probabilmente alla dispersione di un fa-
Scicolo. Il Ministero dell'Interno poi, in data 29 luglio 1851, coll'or-
dinare la sospensione del Teatro, interrompeva la vita dell'Accade-
mia e incaricava il Comune di prendere in consegna i locali ed il ma-
teriale del Teatro. Questo provvedimento deve essere stato preso
per ragioni di sicurezza e incolumità pubblica, perché dopo piü di
un secolo e mezzo dalla sua costruzione il Teatro doveva essere assai
deteriorato e ridotto in cattive condizioni; nel verbale di consegna
é detto che tutti gli oggetti che «si sono ritrovati sono in pessimo
stato ». I modesti mezzi degli Accademici non erano sufficienti a rin-
novare il Teatro e cosi, dopo 170 anni, l'Accademia chiuse definiti-
vamente la propria esistenza.

Lucia CONTI
Lame IRA ME CENE] Mie an GEN aa

ACCADEMIA « NUOVA FENICE »
DI ORVIETO

Nel luglio del 1888, lo storico orvietano Luigi Fumi convocò,
nella sua abitazione, i cultori di ogni scienza; esprimendo ad essi l'idea -

di dare vita, anche in ‘Orvieto, ad una accademia a carattere storico,

artistico, letterario. A ciò il Fumi era spinto dal disorientamento che

si notava nel campo scientifico ed artistico locale, causato dagli avve-
nimenti politici del tempo. In Orvieto, aboliti gli ordini religiosi,
quali gli agostiniani, domenicani e francescani, che tanta parte ave-
vano avuto nel campo culturale locale e nazionale, dispersi gli archivi
e le librerie dei conventi e di alcune famiglie, dopo la riorganizzazione

della vita locale secondo i criteri del nuovo regno d'Italia, si avvertì.

subito la necessità che i cittadini più preparati dessero un nuovo indi-
rizzo alla cultura cittadina e promuovessero quegli studi diretti ad
illustrare la città nelle sue varie manifestazioni storiche e artistiche.

Perciò il Fumi trovò subito il consenso e l'approvazione di vari
cittadini, fra i quali non si deve dimenticare l'illustre grecista Nicola
Festa, allora insegnante presso le scuole medie della città e Giuseppe
Pardi che dette in seguito notevole contributo allo studio della storia
di Orvieto (1). Nelle varie adunanze, che dal luglio al novembre 1888,
si svolsero in casa del Fumi, con la compilazione dello statuto e con
l'approvazione delle varie disposizioni organizzative, si dette vita

all'Accademia che dall'antica, con altri scopi esistita in Orvieto fino /

alla prima metà dell’800, fu chiamata Nuova Fenice.

(1) Giuseppe Pardi, oltre a fare studi riguardanti i vari centri italiani,
intorno alla storia orvietana, pubblicó le seguenti opere: Dal Comune alla Si-
gnoria in Orvieto, Perugia, Tipografia Cooperativa, 1908; La Signoria di Er-
manno Monaldeschi in Orvieto, Roma, Tip. Poliglotta, 1895; Notizie storiche
intorno alla famiglia Alberici, Orvieto, Tosini, 1896; Guida storico-artistica di
Orvieto, Orvieto, 1896; Ricordi di Orvieto : il suo Duomo e il suo vino, Perugia,
1895; Il catasto di Orvieto dell'anno 1292 in « Bollettino della società umbra »,
volume II, Perugia, Unione Tipografica Coopera,tiva 1896.
fon

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO i 134 N3

| Illustrando nelle medesime gli articoli dello statuto, il promotore
T | spiegò quali fossero gli scopi dell'accademia. Coltivando gli studi
| letterari, scientifici ed artistici ed invitando gli studiosi a comunicare
| fra di loro le varie attività dello spirito, si favoriva lo sviluppo della 1
È scienza e si approfondivano le ricerche storico-artistiche nell’ ambito p
E cittadino. Furono anzi precisati dei criteri da seguire nei vari campi:
bando ad ogni innovazione apportata dal secolo nel campo letterario,
| filosofico e giuridico, mentre in quello storico si doveva agire con una
E certa ponderazione, dando grande importanza agli ausiliari della
storia quali la cronologia, l'archeologia, la diplomatica e la paleo-
grafia. I membri effettivi dell'accademia, destinati per turno, dove-
vano conferire sopra un tema assegnato, il cui manoscritto veniva
quindi depositato nell'archivio della medesima. - :
Stabiliti nello statuto l'ordinamento e le varie cariche con relative
competenze, si precisarono le tre categorie di soci: effettivi in numero
di 12, corrispondenti ed onorari, mentre nell'adunanza del 27 aprile
1889 si deliberava di ammettere 10 soci aggregati scelti fra le persone
più colte della città, le quali, sebbene amanti degli studi, non desidera- - l
vano prendere attiva parte ai lavori dell'aecademia (1). Tra i soci li
‘onorari furono inscritti uomini di scienza di certa rinomanza in.
quel momento: Cesare Guasti, Giovan Battista de' Rossi, padre Gu-
glielmotti, Ludovico Passerini, Ernesto Monaci, Gaetano Milanesi,
il card. Capecelatro e l'abate Luigi Cozza (2). Nella seduta del 25



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(1) Lo statuto dell'accademia così disponeva per i soci:
i Art. 2. L'Accademia é composta di un numero non minore di venti soci
Î E. effettivi. Potrà essa nominare un numero illimitato di soci onorari e avere un : |
numero indeterminato di soci corrispondenti. |
| Art. 3. I soci effettivi: |
| a) Dovranno intervenire alle adunanze. |
| b) Prender parte ai lavori, alla lettura, alle conferenze e leggere un com-
È ponimento almeno una volta all'anno in conformità dall'articolo 21 del pre-
| tà: sente statuto. i
c) Pagare una tassa mensile di L. 1 per spese necessarie.

d) Donare alla libreria sociale, quale tassa d’ingresso, un’opera e un
SÉ libro a piacimento.
| Art. 4. I soci corrispondenti saranno scelti fra quelli che. dimorando
i fuori di Orvieto, possono recare vantaggio all'Accademia con l'opera loro.
| Art. 5. I soci onorari saranno scelti fra le notabilità letterarie, scientis
| fiche ed artistiche. ;

(2) Trai corrispondenti : Mariano Armellini, Michele Faloci Pulignani,
Giuseppe Rondoni. :
138 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

novembre 1888, l’illustre prof. Gamurrini tenne il discorso inaugu-
rale. L’oratore, dopo essersi congratulato con gli studiosi orvietani
per l'iniziativa presa, volle precisare i compiti dell'accademia, non

- limitati al puro esercizio accademico degli intelletti, ma intesi a stu-

diare le cose locali, in ogni ordine del sapere, affinché, dai soggetti
ben discussi e dalle diligenti ricerche fatte, si ottenessero i mezzi per
rendere tributo alla cultura generale e per educare e nobilitare la città.

Con soddisfazione dei presenti, l’oratore annunziò anzi la scoperta .

del Diario di Ser Tommaso di Silvestro, che apportando' grandissimo
contributo allo studio della storia locale, fu poi stampato sotto gli
auspici dell'accademia medesima. Sotto quella data s'inizió l'attività
ufficiale della Nuova Fenice.

Se notevolissimo fu il contributo dell'istituzione nel campo sto-
rico artistico, come risulta dalla consultazione dei documenti e delle
opere pubblicate, la mancanza di cultori scientificamente preparati
rese l'attività dell'accademia, nei campi scientifico e letterario, su-
perficiale ed insignificante. Sarebbe forse stato bene che si fosse col-
tivata solamente la parte storico-artistica. Ció avrebbe giovato molto
agli studiosi ed evitato la sterile e troppo circoscritta discussione ac-
cademica.

Secondo le norme statutarie, la vita della medesima rimase poi
chiusa entro le pareti della casa del Fumi e non venne a contatto con
i più, organizzando delle manifestazioni a carattere pubblico. Sicché
fu legata alla volontà di un numero ristretto di persone, le quali ab-
bandonarono poi ogni attività culturale locale, portaudo alla scom-
parsa dell’Accademia. Red

I meriti dell'istituzione nel campo storicosartistico sono stati
notevoli. Fino allora, solamente in casi isolati, era stato intrapreso lo
studio dei monumenti cittadini e mai era stato curato il riordinamento
degli archivi rimasti in città.

Nell’800, il Gualterio con la pubblicazione delle cronache di Fran-

cesco Montemarte aveva cercato di ravvivare le attività nel campo
delle ricerche, ma poi si era caduti in completo letargo.

Innanzi tutto, sotto la guida del Fumi e sotto gli auspici dell'Ac-
cademia medesima, s’intraprese l'ordinamento dell'archivio comunale
il quale, per l'incuria dei rettori della città e per le manomissioni ese-
guite dalle truppe napoleoniche prima e pontificie poi, si trovava in
condizioni pietose, privo di catalogo e con materiale importante
ancora inesplorato.

Se il Gamurrini ebbe il merito di dare alla luce il Diario it Ser

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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 139

Tommaso di Silvestro, (1) il Fumi rinvenne e studiò un numero rile-
vante di documenti, la maggior parte dei quali fu raccolta da lui
stesso nel Codice Diplomatico della città di Orvieto, che rimane la
massima opera stampata per lo studio della storia locale (2). L’Ac-
cademia raccolse inoltre una ricca biblioteca ancora conservata presso
l'Opera del Duomo la quale, incrementata dalle donazioni dei sin-
goli soci e dagli omaggi di scrittori ed enti nazionali, aumentò in bre-
vissimo tempo il patrimonio bibliografico. Pensiero degli accademici

‘era quello di organizzare una pubblica biblioteca, non allora esistente

nella città, unendo a quello dell’accademia il materiale librario gia-
cente presso il Municipio che, proveniente dai soppressi ordini reli-
giosi, conteneva volumi di una certa rarità ed importanza. Gli atti
dell'accademia (« Atti dell’Accademia La Nuova Fenice», Orvieto,
Marsili, 1892-1894) testimoniano gli studi e le ricerche eseguite (3).

Il Fumi cercò sopratutto di promuovere, fra tutti gli accademici,

‘uno studio scientifico economico e storico di tutto il circondario di

Orvieto, territorio allora quasi completamente ignorato, ma impor-
tante ad essere conosciuto per la varietà e ricchezza naturale, per le
bellezze dei suoi monumenti e per le memorie che l'accompagnano.
I maggiori palazzi e chiese della città furono trattati dal lato storico
ed artistico. Il Fumi illustrò, in relazioni chiare e particolareggiate,
il palazzo Soliano o dei Papi (seduta del 16 gennaio 1899), le origini

(1) Tommaso DI SiLvestRro, Diario di Ser Tommaso di Silvestro Notaro
a cura dell’Accademia La Nuova Fenice, Orvieto, Tip. Tosini, 1891.

(2) Fumi Lurar, Codice diplomatico della città di Orvieto (documenti e rege-
sti dal secolo r1 al xv), Firenze, G. P. Vieusseux, 1884.

(3) Pubblicazioni curate dall’ Accademia La Nuova Fenice: GAMURRINI
FraNcEsco, Discorso inaugurale dei lavori dell’Accademia la Nuova Fenice
letto il 25 novembre 1888, Orvieto, Marsili, 1889; Accademia la Nuova Fenice
di Orvieto, « Bollettino » (1888-89, anno I, n. 1; 1890-91, anno II, numeri 2-3;
1892-94, anno III, numeri 4-5), Orvieto, Marsili, 1890-92-94; CAMPELLO DELLA
SPINA PaAoLo, I restauri del Duomo di Orvieto, discorso letto nella tornata del-
l'Accademia La Nuova Fenice 16 dicembre 1889, Orvieto, Marsili, 1892; CLA-
RETTA GAUDENZIO, I primordi del Santuario di Mondovì e il Capitano Ascanio
Vitozzi, a cura dell’Accademia La Nuova Fenice, Orvieto, Tosini, 1893: Bo-
NACCI BRUNAMONTI ALINDA ed a.tri, Commemorazione del VI Centenario della
fondazione del Duomo di Orvieto. Discorsi, Orvieto, Tosini, 1891. Fumi LUIGI,
Album poliglotto raccolto da Luigi Fumi per il VI centenario del Duomo di

. Orvieto, a cura dell’Accademia La Nuova Fenice. Siena, Tip. S. Bernardino,

Roma; Tip. di Propaganda Fide, 1891; VaLseccHI GiUsEPPE, Cenni sull'ori-
gine delle confraternite. Lettura tenuta nella tornata dell’Accademia La Nuova
Fenice 2 gennaio 1890, Orvieto, Marsili, 1892.
140 s SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

del Duomo e Lorenzo Maitani (seduta del maggio 1899), mentre im-
portanti sono le comunicazioni del medesimo intorno all'origine
delle Fave Orvietane, intorno al periodo famoso, dei contrasti fra
Monaldeschi e Filippeschi e intorno al manoscritto, conservato nel-
l'archivio comunale, riguardante un Diario della guerra di Castro

dal 1661 al 1663.

L'architetto Paolo Zampi, che fu il progettista dei restauri ese-
guiti ad alcuni monumenti cittadini, nelle sedute del 19 marzo e 10

aprile 1899 lesse una sua memoria sul Palazzo del Popolo, da lui:
studiato e ripristinato, mentre con una relazione che occupó diverse .

sedute nel 1893, trattó della pianta del Duomo di Orvieto e lesse una
sua memoria Sopra i restauri del Duomo (1).

Degne di essere ricordate sono le comunicazioni del Pardi intorno

ad Ermanno Monaldeschi Signore di Orvieto e a I principali periodi di
storia orvietana (sedute anno 1899), di Angelo Fontanieri Memorie
intorno alla Chiesa di S. Lorenzo in Vincis, sempre nel 1899, poi pub-
blicate in « Miscellanea Francescana », anno 49, vol. 49, fasc. VI, di
Nicola Festa La poesia Giambica e di Cesare Cerretti Il dialetto orvie-
lano, entrambe dette nel medesimo anno.

Le comunicazioni di Felice Tosini Sulla Chiesa di S. Rocco in
Orvieto, di Michele Caténacci La Chiesa di S. Angelo in Orvieto del
1893, del Mancini-Cardella Lo stato delle tombe Etrusche nell' Orvietano
e quella del medesimo Mancini Gli scavi di Pagliano pubblicata in
«Archivio storico per le Marche e l'Umbria», anno 1889, vol. IV,

fasc. XV, sempre servirono ad illustrare i vari documenti di storia ed
. arte. Se importanti erano le sedute quindicinali, nelle quali i soci leg-

gevano le loro comunicazioni, tutte riassunte nel bollettino dell’ Acca-

demia, di notevole interesse erano quelle settimanali. In queste, i

partecipanti davano ragguagli intorno ai loro studi, agli incarichi ri-
cevuti nelle sedute precedenti ed ai lavori di spoglio e di schedatura
eseguiti presso gli archivi cittadini. Venivano illustrati i documenti

dell'archivio storico comunale o di altri enti e privati, considerando.

base, per qualsiasi ricerca storica, i cronisti orvietani che erano visti

(1) Lo Zampi parla del rifacimento del tetto del Duomo eseguito, su suo
progetto, dal 1883 al 1886 (vedi Fumi Lurcr, Il Duomo di Orvieto e i suoi re-
stauri, Roma, Tip. Laziale 1891).

Interessante del medesimo architetto lo studio, con rilievi, sopra il palazzo

del Capitano del Popolo di Orvieto, eseguito in collaborazione con diversi au-

tori e avente un'introduzione storica di Luigi Fumi. Manoscritto che si trova
nelia Biblioteca Comunale di Orvieto. i
——— —————InÓ
"

TETUR. pomme:

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 141

da un punto di vista V ben serio, per il quale veniva accettato

‘ciò che era degno di fede ed eliminato ciò che con troppa leggerezza

era ritenuto fino allora reale.

Celebrandosi nel 1891 il centenario della fondazione del Duomo,

l'Accademia partecipó collettivamente e per mezzo dei singoli sóci,
alle varie manifestazioni artistiche e culturali.

Discorsi e notizie varie intorno al maggiore tempio della dis

furono raccolte nella pubblicazione: AccApEMIA LA Nuova FENICE,
Commemorazione del VI centenario della fondazione del Duomo di Or-
vieto, (discorsi di soci e notizie di altre pubblicazioni collettive e sepa-
rate, Orvieto, Marsili, 1893), importante perché mette in luce molte
verità sulle vicende della Chiesa, fino allora non ben studiate. Inte-
ressante per gli studiosi fu il discorso tenuto in seno all'Accademia
da Paolo Campello della Spina, mentre il Fumi pubblicò, a cura della
istituzione, l'Album Poliglotto del Duomo di Orvieto. In tale miscel-
lanea di storia, arte e lettere, scritta in lingua italiana, latina, greca,
francese, inglese, tedesca, russa, spagnola e portoghese, un'eletta
schiera di studiosi volle rendere omaggio al Hogumento in una pub-
blicazione varia ed interessante.

L'attività dell'Accademia si svolse intensa e viva fino all'anno

1896. Da quell'anno fino ai primi del '900, periodo della tacita cessa-
Zione, si ebbe lo svolgimento dell’ordinaria amministrazione, con
" sporadiche riunioni di soci e con comunicazioni di scarsa importanza.

Mentre i fautori del risorgere culturale di Orvieto si andarono spe-
gnendo o abbandonarono la città per motivi professionali, anche
Luigi Fumi, ideatore e validissimo animatore dell'Accademia, si
trasferi in altri centri di studio, dove acquistó fama di storico valoroso
e ricercatore infaticabile. |

Cessava cosi l'Accademia «La Nuova Fenice» che, se ebbe il
merito di ravvivare, durante la breve vita, le nobili attività dello
Spirito, inizió quelle ricerche storiche e mise in luce tutti quei docu-
menti importanti che ancora oggi sono di grandissima utilità per chi
voglia studiare le glorie di Orvieto.

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* NOTA SUL PALAZZO FEBEI, SEDE DELL’AC-
CADEMIA DEI RISVEGLIATI IN ORVIETO

Intorno all'Accademia dei Risvegliati, fiorita in Orvieto nella
seconda metà del Seicento, poche sono le notizie conosciute, le quali
non si dimostrano sufficienti a precisare l’importanza e la durata delle
attività del sodalizio. Un’opera a stampa che fornisce alcuni elementi
in proposito è il discorso inaugurale dell’Accademia, pronunciato nel
1673 dal gesuita Carlo Bovio, e stampato in Roma l’anno seguente (1).
Dal testo del discorso e dalla dedica che lo precede si apprende
che l'Accademia sorse sotto gli auspici di Mons. Francesco Maria Fe-
bei, Arcivescovo titolare di Tarso e Commendatore dell'Ospedale di
S. Spirito in Roma, che da questi essa fu ospitata nel suo palazzo
in una molto capace, e magnificamente adorna sala, e vicino ad un’am-
plissima libraria, al comun uso di tutti, con beneficenza altrettanto gra-
dita, quanto magnifica, destinata (2). Vi è detto inoltre che l'Accademia
derivò l'impresa del sole nascente dallo stemma del suo protettore,
e che oltre questa anche il nome e il motto « Capiunt redduntque sa-
lutem » furono coniati dal Bovio medesimo, che ne era stato richiesto.
Da ultimo si apprende anche che in quel tempo furono Principi della
istituzione Mons. Giovan Battista Spinola, Governatore della città,
e lo stesso Febei, e si rileva un’allusione alla mancanza che fino allora
si era verificata in Orvieto di un’attività del genere di quella svolta
dall'Accademia (3). Una maggiore copia di notizie sull'operato dei

(1) CHI MAI USA DELL’OPERA / ANCOR VEGLIANDO MAL DORME: /E CHI BEN

' USA DELL'OZIO / ANCOR DORMENDO BEN VEGLIA / Discorso morale / in biasimo

del cattivo / ed in lode del buon uso / delle belle lettere / detto / dal P. Carlo
Bovio / della Compagnia di Gesù /in Orvieto, / nella casa dell’Ill.mo e Rev.mo
Mons. / Fr. Maria Febei / Arcivescovo di Tarso /e Commendatore di S. Spirito /
nello aprirsi quivi/1’ Accademia de’ Ris vegliati /: ed all’istesso Monsignore / dal-

| l’autore medesimo / dedicato. / Roma, Nicolò Angelo Tinassi, 1774.

(2) Bovio, op. cit., p. 3, 29; P. PERALI, Orvieto, Orvieto, 1919, p. 250-52.
(3) Bovio, op. cit., p. 20.
PRES DI pi

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 143

Rievegliati sarà forse possibile ottenere dopo il riordinamento e la de-
finitiva sistemazione degli ‘archivi storici orvietani, perché soltanto
ciò renderà possibile una ricerca sistematica e sicura.

In questa attesa rendo noti i risultati di un modesto ritrovamento.
Nell’archivio dell'Opera del Duomo ho rinvenuto un grosso codice,
non schedato, delle dimensioni di cm. 52 x 41, composto di 50 fogli
sui quali sono stati incollati un gran numero di disegni, sicuramente
provenienti dalla raccolta delle carte unite al fondo e alla dispersa
biblioteca dei Febei. Fra questi disegni vi sono 33 gruppi di grafici con
appunti, studi e progetti per i restauri e la sistemazione del Palazzo
di Mons. Febei, sede dell’Accademia dei Risvegliati (1).

Questa raccolta contiene: 4 disegni della pianta del piano terreno
del palazzo, 5 di quella del primo piano, 6 del prospetto, 5 delle se-
zioni, 7 dell'ambiente della biblioteca, 6 dei portali, 1 della scala no-
bile, 2 di una scala secondaria, 2 dell’altare della cappella privata,
1 della sala dell’Accademia, 6 di stemmi-e 2 per una cornice da spec-
chio. Quasi tutti questi grafici sono disegnati in scala, con accuratezza,
acquarellati a seppia o con vari colori, e sono dovuti certamente tutti
alla stessa mano. Nessun elemento però che ci aiuti a conoscere il
nome dell’autore, o che ci confermi l’attribuzione non documen-

(1) Gli altri disegni contenuti nel codice possono essere divisi e distinti
nel modo seguente: a) mappe e grafici catastali di terreni e fabbricati annessi,
n. 5; b) progetti o rilievi di edifici vari, n. 44 (disegni per la Villa di S. Giorgio
presso Orvieto, di proprietà dei Febei-Piccolomini; per la Casa dei Penitenzieri
di S. M. Maggiore, annessa alla Chiesa di S. Prassede in Roma; per gli ingressi
settentrionale e occidentale dell'Ospedale di S. Spirito in Roma; per un ponte
a due arcate sul Mignone; per un convento con chiesa a pianta circolare nel
vecchio ghetto di Roma; per altri tre conventi, uno dei quali con altri edifici
intorno ad una piazza, tutti in località non identificabili a prima vista; per una
piccola chiesa in diverse soluzioni; per due castelletti ed un casino di campagna;
per un prospetto di casa in città; per fontana a muro decorativa; per un monu-
mentale muro di cinta di giardino; per varie soluzioni di portoni da palazzo;
schizzo per il prospetto di uno sconosciuto Palazzo Gartario in Orvieto; disegni
di edifici esistenti, come il Teatro Oimpico di Vicenza, il Palazzo Massimo
alle Colonne in Roma, una veduta prospettica di Monte Romano; alcuni altri
grafici minori, anch'essi di difficile identificazione); c) disegni di candelieri e
lampade da altare, n. 9; d) modelli per decorazioni e spolveri da ricamo su parati
sacri, n. 14; e) studi di figure umane a sanguigna, n. 14 (uno di questi é datato
26 ottobre 1658).

Nel volume sono state incollate anche alte stampe, ed allegati altri 36
fogli volanti, con disegni architettonici di vari soggetti, DTONCHISRA tutti dallo
stesso fondo Febei.

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144 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

tata, emessa dal Piccolomini in favore di Giovanni Tommaso Ripoli,
che avrebbe ideato ed eseguito la sistemazione del palazzo nel:1662 (1).

L'esame di tale documentazione: porta ad alcune osservazioni
di qualche interesse. Dai disegni risulta con sufficiente esattezza
l'entità dei lavori eseguiti nel rimaneggiamento ed abbellimento del-
l’edificio, avvenuto certamente, secondo quanto si deduce dal Bovio,
prima del 1673. La facciata fu rettificata ed ampliata, spostando anche
gli assi delle aperture e variandone il numero; l’androne e il cortile
furono restaurati; la vecchia scala, che correva lungo il lato d’ingresso

‘ del cortile, venne demolita e sostituita con quella che esiste tuttora.

Furono poi eseguite alcune modifiche negli ambienti del primo piano,
ricavando una grande sala, mentre un’altra scala, posta in un corti-

| letto sull'asse del secondo portone, fu pure demolita. Le varie solu-

zioni studiate per il prospetto erano soltanto delle varianti di un solo
progetto, quello che è stato poi eseguito, a tre piani, due portoni e otto
assi di aperture (2). Gli schizzi per il modello del portone recano delle
annotazioni di mano dell’architetto; su uno di essi, quello prescelto,
Mons. Febei ha aggiunto di sua mano il proprio giudizio favorevole,
accompagnandolo con alcune osservazioni, ed egualmente ha fatto
su uno degli schizzi per lo stemma in pietra (3).

Due piante insieme ad un prospetto e a due sezioni costituiscono
poi un rilievo, se non esatto certo molto vicino al vero, dello stato
del palazzo dopo i lavori (4). La didascalia che li accompagna è così
concepita: Indice della pianta... del Palazzo dell'Ill.mo e Rev.mo
Monsig.r Febei, restaurato novamente nella città d'Orvieto e prima.
Queste ultime parole sembrano voler dire che i periodi di restauro e
sistemazione dello stabile sono stati due, se pure assai vicini nel tem-
po. Le indicazioni della leggenda mostrano che al primo piano del

(1) T. PiccoLoMINI ADAMI, Guida storico artistica della Città di Orvieto,
Siena, 1883, p. 260.

(2) Dei sei disegni del prospetto (c. 24, 25r, 28r, 31, 32, 57r), uno solo reca
una variante sostanziale alla soluzione consueta, con l’introdurre undici assi
di aperture invece di otto; gli altri sono tutti simili fra loro e le principali dif-
ferenze sono costituite dalle diverse forme dei balconi e dei portoni (in alcuni
uno dei portoni è abolito, ma resta il balcone). Uno dei grafici (c. 25 r.)reca
tre soluzioni per il coronamento (in piano, con due torrette, con due piccoli

. attici laterali).

(3) La scelta operata fra i disegni pel portone (c. 30, 34, 34 r) e per lo stem-
ma (e. 54) e le osservazioni aggiunte, sono sufficienti a rivelare nel Febei un
intenditore di cose d’architettura ed un uomo di gusto.

(4) c. 32r, 57r, 96.

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4
SECONDO. CONVEGNO STORICO UMBRO È 145

palazzo 7 stanze erano destinate alla rappresentanza, 9 a camere da
letto, mentre vi si trovava anche una cappella e vari altri vani per un
totale di 21 ambienti. Ogni elemento contribuisce a creare l’impressione
che Mons. Febei aveva certamente fatto tutto quanto era nelle sue
possibilità per rendere la propria dimora ampia, comoda e fastosa.

In questi ultimi disegni quello che più interessa, è che la didasca-
lia indica chiaramente quali erano gli ambienti destinati a sede del-
l'Accademia e della Biblioteca. Il primo porta l'indicazione. Galleria
o stanza per l'Accademia, ed è il salone che occupa l’intero corpo di
fabbrica in fondo al cortile; l'altro, segnato come studio, era una grande
Stanza, ora divisa in due piani, posta a fiancheggiare le tre sale di
udienza collocate nel lato occidentale della corte. Si era provveduto a .
rendere indipendente l'accesso alla sede dell' Accademia ed alla pubblica
Biblioteca, ricavando un altro ingresso sul lato posteriore del palazzo,
dalla parte della strada che era detta allora di S. Giuseppe (1), e che
si trova allo stesso livello del primo piano del nostro edificio. Dalla
via si entrava in un piccolo cortile quadrato, decorato con nicchie e
ordini architettonici ed aiuole, allietato al centro da una fontana; da
qui si passava in una galleria d'ingresso lunga circa 16 metri, sulla
quale si aprivano le porte della sala dell'Accademia, della libreria e
delle sale di udienza. Queste due ultime, nel loro lato opposto, comu-
nicavano con la scala nobile e con la parte centrale della casa. Di con-
seguenza gli ambienti ora descritti costituivano una parte distinta
del palazzo, appartata dalla strada grande e dai luoghi rumorosi,
raccolta, e destinata alle attività pubbliche e culturali del proprie-
tario e dell'Accademia.

- La sede dei Risvegliati era un salone lungo 12 metri, largo poco
piü di 7 ed alto altrettanto, coperto con volta a botte, illuminato da
tre ampie finestre verso il cortile. Dal lato opposto esso si affacciava
verso un piccolo giardino, decorato anch'esso da nicchie e motivi
decorativi sui muri di cinta, dove probabilmente, nella buona sta-
gione, si tenevano riunioni all'aperto.

Le piü grandi cure furono certo rivolte alla stanza della biblio-
teca, lunga circa 15 metri, larga 6 ed alta 8,50, coperta con volta a
botte lunettata e a quel tempo rischiarata da quattro finestre sulla
parete orientale e da due finestroni sui lati corti (2). I disegni ripor-

(1) Ora Via dei Gualteri. |
(2) Nella pianta corrispondente alla carta 21, la quale sembra un rilievo
dello stato anteriore ai lavori, sono riportate delle misure e annotate delle .

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146 : SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

tano 3 soluzioni per la copertura e 5 per la forma e la sistemazione
delle scaffalature, le quali dovevano avere uno sviluppo lineare di
almeno: 32 metri; ciò che comporterebbe, considerato il numero dei
palchetti riprodotto nelle sezioni, un complesso di circa 10-12.000
volumi. Quattro dei disegni presentano dei semplici motivi sulle pa-
reti, mentre gli scaffali sono ornati di ordini, cariatidi, cornici ripe-
tute, vasi e busti. Un altro grafico (c. 97) reca uno studio per la deco-
razione dipinta dei vani delle finestre e delle lunette sovrapposte,
con motivi di figure, eseguiti a seppia e biacca; è questo l’unico dise-
gno che possa attribuirsi ad una mano diversa, che sembra quella di
un pittore. Infine due grandi tavole, delle dimensioni di cm. 80 x 50
(c. 41, 100), raffigurano la soluzione definitiva della decorazione e
dell'arredamento da dare alla Biblioteca; la prima è solo un abbozzo
preparatorio della seconda. In questa è il disegno esecutivo, accura-
tamente portato in pulito con tutti i dettagli, che sopra un’elegante e
semplice scaffalatura estesa sull’intera superficie disponibile, prevede
una ricca decorazione delle pareti e. della volta, con motivi di riquadri
in varie forme, timpani curvi e spezzati, cartocci, volute, ghirlande,
putti, vasi, medaglioni, corone e stemmi. È veramente un bel progetto,
ideato con gusto fine ed equilibrato, il quale testimonia le capacità del-
l'architetto e lo spirito aristocratico ed illuminato del committente.
L’Arcivescovo Francesco Maria Febei muore nel 1680; la sua
scomparsa deve aver causato la rapida decadenza dell’Accademia e
forse la fine di ogni sua attività. La biblioteca venne chiusa al pub-
blico e poi, insieme alle carte delle f amiglie Febei, Choelli e Cartari,
andò dispersa nel secolo passato (1). Ora in quegli ambienti, dove i i
giuristi e gli storici, i poeti e i letterati orvietani del Seicento e del
Settecento, studiarono sui libri e sui documenti delle ricche collezioni
dei Febei, e si formarono esercitandosi e affinandosi nelle tornate del-
l'Accademia dei FiSycgliato non FHBOHBOUO che le nude pareti.

RENATO BONELLI

saba

considerazioni sulla lunghezza del prospetto e sul.modo di re golarizzare ed illu-
minare la biblioteca.

Un solo schizzo (c. 26 r) reca la soluzione di un soffitto in piano; degli
altri disegni (c. 6, 35, 36, 37, 41, 97, 100) uno riporta la copertura a volta a tre
campate su peducci, tutti gli altri a quattro (come è stata poi eseguita), con
lesene fino a terra o senza. In uno di essi le scaffalature sono divise in due
piani, con un ballatoio che corre intorno alla sala. :

(1) PERALI, op. cit., p. 252; G. B. FeBeI, Notizie di scrittori Orvietani

. per il Conte Mazzucchelli, pubbl. da L. Fumi, Foligno, 1886.
LA SOCIETÀ INTERNAZIONALE
DI STUDI FRANCESCANI IN ASSISI

La «Società Internazionale di studi francescani » sorse in Assisi
nel 1902, per iniziativa di Paul Sabatier coadiuvato da un gruppo di
intellettuali assisani, di cui faceva parte uno studioso modesto, ma
di grande valore e particolare preparazione, Leto Alessandri, biblio-
tecario della Comunale di Assisi. Dopo i dué ci sembra debbano essere
specialmente menzionati Francesco Pennacchi, anch'egli appassio-
nato studioso di cose francescane, e il conte Antonio Fiumi, simpatica
figura di gentiluomo, non uno studioso nel senso tecnico della parola,
ma intelligente, e intellettualmente interessato. L'Alessandri, il Pen-
nacchi, il Fiumi univano felicemente insieme il culto religioso per
il grande Santo, l'amore e la devozione fervida per la loro città e il
gusto dei buoni studi. Essi sono stati fra gli ultimi rappresentanti di
quella cultura locale, di quei letterati di provincia che hanno avuto
una loro importanza nella vita spirituale italiana del secolo xix, e di
cui in questa prima metà del ventesimo si é pressoché estinto il seme.

La caratteristica della Società, al suo sorgere e nel suo primo fio-
rire, fu data appunto dall'incontro di un grande storico, di figura e di
fama internazionale il Sabatier, con questo gruppo di studiosi e di
« amatori » (nel senso non dilettantesco della parola) locali, per effetto
del comune amore per San Francesco, e del comune interesse per lo stu-
dio scientifico, e tuttavia caldo di interesse morale, della storia france-
scana. Il punto dell'incontro non poteva essere se non la stessa
Assisi; non solo perché Assisi e San Francesco sono legati e quasi in-
corporati insieme, ma perché di Assisi il Sabatier aveva fatto la base
e il centro principale dei suoi studi francescani, e in Assisi, di cui era
cittadino onorario, faceva. annualmente lunghe dimore. Per tal modo
la città del Santo poteva divenire — e tale appunto era il desiderio.
del Sabatier e dei suoi primi collaboratori — un centro scientifico in-

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148 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

ternazionale, innestato su una secolare tradizione locale di forza e
bellezza incomparabili, e animato da una vita spirituale travalicante
i confini dell'erudizione e della scienza pura, pur rimanendo nel sereno
cielo degli studi, al disopra di ogni competizione politica o confessio-
nale. Ancora una volta si sarebbe forse potuto ripetere:

Però, chi d’esso loco fa parole,
Non dica Ascesi, che direbbe corto,
Ma Oriente, se proprio dir vuole.

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La riunione preparatoria per la fondazione della Società fu tenuta
il 19 marzo 1902, in quella Casa Sbaraglini ove, secondo la tradizione,
Bernardo da Quintavalle « invitó la sera a cena e albergo » San Fran-
cesco, divenendone poi il primo seguace. Vi intervennero il Sabatier,
l'Alessandri, il Brizi (figlio del patriota mazziniano) presidente del-
l'Accademia Properziana, il canonico prof. Zampa, il Pennacchi ed
altri. Il Sabatier espose il disegno; fu letto e approvato in massima
uno schema di statuto. Si nominó un Ufficio esecutivo provvisorio,
presidente il can. Zampa. Fu chiesta la cooperazione di mons. Mi-
chele Faloci Pulignani — studioso indefesso e valente anche se spiccata-
mente confessionale e tradizionalistico —, direttore della Miscellanea
francescana (unico organo, allora, per gli studi francescani in Italia):
.e questi la concesse immediatamente.

Raccolto un numero soddisfacente di adesioni, si tennero tre ale

tre adunanze preliminari che ebbero carattere di riunioni generali
"ufficiose dei soci; e si procedette nell'elaborazione degli schemi sta-
tutario e organizzativo. Si domandò e si ottenne il patronato della
Regina Madre, Margherita di Savoia. Infine il 1° giugno 1902, nella
grande sala della Biblioteca comunale di Assisi, ebbe luogo l’assem-
blea di fondazione, presenti i soci tutti residenti in Assisi e molti di

fuori, fra cui numerosi stranieri, specie d’ IUE Era presente

fra gli altri Luigi Luzzatti.

Inauguró la seduta il presidente provvisorio don Luciano Zam-
pa, che salutò l'assemblea «in nome della religione e della civiltà »;
'e affermó «che il principio democratico informatore degli stati mo-
derni ebbe nel Poverello di Assisi uno dei suoi maggiori antesignani ».

Segui il sindaco di Assisi, conte Alessandro Fiumi, associando la fi-

gura di San Francesco all'alto ideale di pace e di amore affratellante
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 149

i popoli. Dopo un piuttosto lungo discorso del poeta inglese Rawnsley,
nella sua lingua, prese la parola, in francese, il Sabatier, rievocandola
sua prima venuta sedici anni prima, in Assisi, « portio mea et vita
mea in saeculum saeculi ». Egli fissó in parole precise il « principe cen-
tral» della Società: « Dés le début notre pensée à tous a été d'en faire
une Société de travail. Ne perdons jamais de vue ce principe. Qu'il
soit notre force, notre inspiration, notre ressource pour la solution de

toutes les questions qui viendront à se poser ». Termino, con la solita

eloquenza, Luigi Luzzatti, fra i maggiori «devoti laici» di San Fran-
cesco. |

Il giorno successivo 2 giugno venne letto e approvato lo Statuto
sociale (in francese é in italiano), il cui nucleo era costituito dal ca-
pitolo I, che qui giova riportare per intero:

«Si è costituita in Assisi una Società col nome di Società Interna-
zionale di Studi Francescani la quale ha per fine:

1) Di fondare in Assisi una Biblioteca dove saranno conservate
tutte le pubblicazioni aventi carattere francescano, e dove saranno
raccolte non solo le opere, ma anche gli opuscoli, articoli e giornali di

notevole importanza che nelle grandi biblioteche non si trovano e.

che pure hanno là loro utilità, servendo ad illustrare sempre piü la
gloriosa figura di San Francesco e la sua storia.

2) Di offrire agli scrittori e agli eruditi di cose francescane
mezzi di ricerche nella città che è il centro naturale degli studi fran-
cescani. i

3) Di mettere n Dee gli studiosi che vengono ad
Assisi in relazione.con le persone che loro più importa conoscere, e
che potranno piü efficacemente aiutarli.nelle loro ricerche.

4) Di porre mano alla. compilazione di un catalogo speciale
di manoscritti francescani delle varie parti d'Europa.

5) Di preparare la pubblicazione di un Codex Diplomaticus
Assisiensis.

6) Di stabilire delle relazioni fra Assisi e tutti gli scrittori che
trattano questioni riguardanti in qualsiasi modo questa città: Archeo-
logi, Critici d'Arte, Storici, ecc. — .

Fine della Società non è quindi solamente la Storia di San Fran-
cesco, ma altresilo studio della vita francescana attraverso i secoli e
di tutto ció che concerne Assisi, i suoi monumenti, la sua storia.

-La. Società é dunque essenzialmente scientifica, ed esclude dal
proprio ambito tutte le questioni estranee alla sua indole ».

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150 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

V'erano due distinzioni nei soci: residenti in Assisi e non residenti;
onorari e attivi. Questi ultimi s'impegnavano a mandare alla Società
due esemplari di tutte le opere d'interesse francescano che pubbli-
cassero. Esse andavano naturalmente ad alimentare la Biblioteca |
della Società, che secondo lo statuto si componeva «di libri forniti |
in doppia copia dai Soci attivi, e dei libri offerti dai Soci onorari ».
E Delle opere in doppia copia una avrebbe costituito la Biblioteca circo-
B lante (fra i soci) della Società.

TEE Era stabilita una adunanza generale annuale, il lunedi della Set-

timana Santa, perché quello era il tempo «in cui Assisi é piü facil- |

mente visitata dai forestieri ». In essa il presidente avrebbe fatto una |

| breve relazione del movimento scientifico degli studi francescani; |

Hi il segretario avrebbe esposto sommariamente l'andamento generale

: | | i della Società, e comunicato i nomi dei nuovi membri; il bibliotecario
|

dato notizia dell'incremento del patrimonio sociale in fatto di libri

| e oggetti di ogni genere; il tesoriere presentato il rendiconto. Si sarebbe
| ll quindi eletto il «consiglio di amministrazione » (questo il nome per
E : il consiglio direttivo della Società), composto di un presidente, un vi-
TE cepresidente, un segretario, un segretario archivista, un segretario
È bibliotecario, cinque consiglieri, un tesoriere. Presidente onorario
di . fino alla morte fu il Sabatier.
| Nel primo Consiglio, eletto quello stesso giorno 2 giugno 1902,
D. . fu presidente il conte dott. Antonio Fiumi Roncalli, vicepresidente
lé ^" il prof. dott. Leto Alessandri, segretario-bibliotecario il prof. Fran-
| cesco Pennacchi. Fra i consiglieri era il padre Francesco dall’Olio, .
custode del Sacro Convento. Presidente e vicepresidente furono
| successivamente riconfermati, fino all'anno sociale 1912-1913 com-
NI preso, in cui avvenne la morte di ambedue. Successe allora alla pre-
Eu sidenza il dott. prof. Mariano Falcinelli Antoniacci e alla vicepresi-
| | | denza il prof. arch. Carlo Gino Venanzi, eletti nell'adunanza generale
B del 4 maggio 1913, rimanendo segretario-bibliotecario il Pennacchi.
Nel marzo 1923, avendo il Falcinelli Antoniacci trasferito la sua re-
sidenza in Perugia, lasciò, a norma di statuto, la presidenza e ven-
ne sostituito col Pennacchi; vicepresidente fu eletto l’avv. Arnaldo
Fortini, sostituito nell’aprile 1927 dal Falcinelli medesimo. Nel giu-
d gno 1930 il Pennacchi dové lasciare la presidenza per infermità, e
EIN fu eletto a succedergli Giovanni Joergensen, il ben noto biografo di
| S. Francesco. Nel giugno 1932 il Joergensen, perle sue occupazioni,
dette le dimissioni, e fu eletto a succedergli il comm. avv. Arnaldo
Fortini.
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

RE

La Società nel primo periodo ebbe per la sua composizione e
la sua attività carattere veramente scientifico e veramente inter-
nazionale, secondo lo spirito e gli scopi della fondazione. Ne. fe-
cero parte studiosi come (diamo un saggio in ordine alfabetico) Ba-
but, Cauchie, Cuthbert, Duchesne, Labanca, Lea, Little, Mandon-
net, Monod, Novati, Thode, Tocco, Villari. Al momento dell'assem-
blea del 1904 i soci ammontavano a 216. Successivamente mancano
i dati.

Nel primo periodo, fino al 1914, si successero di anno in anno re-
golarmente le assemblee generali (mancano tuttavia nel Bollettino

‘ i resoconti del 1909 e 1910). A cominciare dal 1911 ne fu spostata la

data a maggio-giugno (notiamo, per una storia più minuta della
Società, che nel resoconto la data dell'assemblea generale del 1907
è indicata, per errore materiale, nel 25 aprile — data impossibile per
un lunedi santo — anziché nel 25 marzo, come risulta altrove dallo stesso
Bollettino, giugno 1908, p. 4). Dopo l'assemblea normale del 1914 e
una adunanza nel marzo 1915, si ha una lunghissima interruzione fino
al 1927 (si tornó alla data del lunedi santo); nel 1928 vi fu (il 6 maggio)
solenne commemorazione di Paul Sabatier, morto il 4 marzo, ma non
assemblea; nel 1929 ve ne furono due, il 12 gennaio e (quella ordina-
ria annuale) il 25 marzo; quindi il 23 giugno (e altra il 18 novembre)
1930; il 16 giugno 1932; il 25 febbraio e (quella ordinaria) il 10 aprile
1933, ultima che troviamo registrata. Il fasc. XIV-XVI (dicembre
1946) del Bollettino, riassumente l'attività sociale nel periodo 1932-
1946, non contiene, se abbiamo ben visto (manca un Indice), reso-
conti o menzioni di assemblee.

Le assemblee della prima serie, unica organica (fino al 1914), si
svolsero secondo lo schema statutario (v. sopra); in piü si teneva,
terminati i lavori dell'Assemblea, una conferenza di soggetto france-
scano, da un oratore venuto da fuori. Notiamo fra queste conferenze,
per un loro particolare interesse storico o letterario, quella del Saba-

. tier su «Le mouvement scientifique franciscain, son importance e

son avenir » (1905); quella del Novati, « L'amor mistico in San Fran-
cesco d'Assisi e in fra Iacopone da Todi » (1908); quella del Falcinelli
Antoniacci, « L'anima di Francesco d'Assisi nella poesia di Giovanni
Pascoli » (1912); e più tardi le due su frate Elia di Umberto Cosmo
(1927) e di Luigi Salvatorelli (1929), e quella su Fra Leone di P.

^
/
152 SECONDO CONVEGNO STORICO' UMBRO

Cuthbert (1932). Di quella del Sabatier è dato nel Bollettino un sem= --
plice sunto; di quelle del Novati, del Falcinelli, del Cosmo e del Cuth-
bert il testo intero; in quanto a quella del Salvatorelli ne è omessa
anche la pura e semplice menzione: non occorre spiegare perché (il .
testo è in « Ricerche religiose » del 1929). Di una quantità di confe-
renze il Bollettino si limita a fare menzione, senza riassunto.

(ook

Le relazioni annuali del presidente sullo stato degli studi storici
francescani e le conferenze, pure annuali, con i resoconti o il testo
delle une e delle altre nei Bollettini, si puó dire che formino una parte
del lavoro scientifico della Società. Il Bollettino dava anche un con-
tributo bibliografico a detti studi, con l'elenco delle opere entrate man
mano a far parte della biblioteca. Occorre peró avvertire come quelle
relazioni presidenziali, a cominciare dal 1912, si riducessero d'assai;
e poi diradassero a cagione delle interruzioni nella serie della assem-
blee. Il Bollettino — di cui l'opuscolo Origine e Costituzione (1902) è
come il primo fascicolo — avrebbe potuto riuscire particolarmente
utile come organo informativo dell'attività scientifica francescana;

ma esso é forse di tutte le attività sociali quella riuscita piü irregolare

e insufficiente; nel che si rispecchia anche l'irregolarità della attività
sociale. Cosi per gli anni XII-XXIV vi é un solo fascicolo (doppio).
Non si provvide neppure a stabilire una numerazione continuata dei
fascicoli uscenti a liberi intervalli (dal gennaio 1904 al dicembre 1946);
dimodoché c'é difficoltà a determinare se una raccolta sia completa.
Anche il trattamento fatto alle relazioni e conferenze di cui si dà il re-
soconto é, come abbiamo intravisto già, disuguale ed arbitrario.

L'elenco del primo nucleo della Biblioteca é nel primo fascicolo
del Bollettino (gennaio 1904); dopo di allora il Bollettino si è limitato
a dare via via le nuove acquisizioni (l’ultimo elenco si riferisce al quin-
quennio 1929-1933). Manca così un quadro complessivo della consi-
stenza della Biblioteca. L’ultimo resoconto del bibliotecario riassunto
nel Bollettino è del 1913, e il riassunto non contiene dati numerici.
Il grosso della Biblioteca si costituì nei primissimi anni. Nell'aprile :
1908 essa conteneva più di 1100 pubblicazioni. Manca nel Bollettino
un elenco delle riviste.

‘Comunque, la Biblioteca della Società costituisce una proficua
raccolta di materiale per gli studiosi; essa è stata, soprattutto nel pri-
mo periodo della Società, frequentata intensamente, e ne è stato
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO T53

anche utilizzato intensamente il prestito. Il fatto stesso di essere si-

tuata a immediato contatto con la Biblioteca comunale, e cioè con
i cimeli e i documenti francescani di questa, le conferisce una situa-
zione unica.

Vedemmo come lo Statuto della “Societa prevedesse la compila-
zione di un catalogo speciale di manoscritti francescani delle varie
parti d'Europa, e la pubblicazione di un « Codex Diplomaticus Assi-
siensis ». Né l'una né l'altra pubblicazione venne effettuata, e nep-
pure (per quanto mi consta) intrapresa. Tuttavia la Società nel suo
primo periodo provvide a varie pubblicazioni notevoli. La prima fu

il Catalogo delle pergamene e degli antichi autografi dell'Archivio Co- | |

munale di Assisi a opera dell'ing. Alfonso Brizi (1903). La seconda
(e più importante di tutte), l’Inventario dell’antica biblioteca del
S. Convento di S. Francesco in Assisi compilato nel 1381, pubblicato
da Leto Alessandri (1906). Questo inventario manoscritto costituisce
per sé un documento importantissimo, sia in generale per la storia
della coltura nel Trecento, sia in particolare per quella della coltura
francescana, e per gli studi storici francescani. L’editore, oltre all’ac-
curatissima trascrizione, provvide a corrredare il testo del confronto,
uno per uno, con i codici esistenti, e di note illustrative dei codici
stessi, parecchie delle quali (come fu detto dai recensori più autore-
voli) costituiscono «veri piccoli trattati ».

Molto importante anche la Legenda sanctae Clarae di Tommaso
.da Celano pubblicata (1910) da Francesco Pennacchi sul Cod. 338
della Comunale di Assisi.

L'Alessandri, morendo nel 1912; aveva lasciato i manoscritti di
due pubblicazioni preparate pure per la Società. La prima era quella
| de I più antichi inventari della Sacristia del Sacro Convento di Assisi
(1338-1473). La seconda era un regesto delle Bolle pontificie già esi-
stenti nell’archivio del Sacro Convento (lavoro fatto precedente-
‘mente dall'Eubel, ma in maniera inesatta e incompleta). Il Pennacchi
. pubblicò postumi ambedue i lavori nell’ Archivium franciscanum hi-

Storicum : il primo» nel 1914, aggiungendovi un quarto inventario e -

compilando gli indici; il secondo (Bullarium pontificium, etc.) nel 1915
e 1917; continuò poi il regesto per altri tre fascicoli dell’ Archivum
nel 1918, con una appendice di Bolle riprodotte integralmente, appen-
‘dice continuata anche negli anni seguenti.

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LA dii gioie LL INS 270 Bat

SAR i 7 71 n 154 ; SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

Nel resoconto dell'Assemblea del 1913 é detto che il prof. Pen-
nacchi ha preparato «l'Inventario dell'Antico Archivio del Comune
di Assisi, che vedrà la luce in quest'anno »; ma esso non é mai com-
parso.

| > >

Abbiamo parlato ripetutamente di un «primo periodo » della So-
cietà, che si estende fino al 1914. Sarebbe più esatto parlare di esso
come dell’unico periodo di attività normale della Società stessa, Si
può dire che questa sia stata colpita da paralisi per effetto della prima
guerra mondiale. Non furono solo le assemblee generali a rimanere so-
spese per tredici anni; negli anni 1915-1923 ogni attività cessò. Ma
anche l’attività ripresa dal 1923 in poi si ridusse sostanzialmente
a conferenze; e la nuova serie di assemblee dal 1927 in poi furono poco
meglio che riunioni locali, di cui per lo più il Bollettino non dà l’elenco
degli intervenuti probabilmente perché sarebbe apparsa chiaramente
l'esiguità delle riunioni. Una attività vera e propria della Società sa-
rebbe stata impedita del resto dalla quasi nullità delle sue risorse:
l’ultimo bilancio che abbiamo sott’occhio, al 31 dicembre 1933, è di
ventimila lire.

‘ Vi fu insomma, successivamente alla paralisi, un disfacimento
vero e proprio della Società, ridotta a un piccolo. gruppo locale, la cui
attività, per quel poco che ci fu, ebbe un carattere tra confessionale e
municipalistico, non senza un certo sapore di conformismo al regime
del tempo.

Manifestazioni caratteristiche di quest’ultima fase furono» la
convocazione dell’assemblea il 25 febbraio 1933 (anche in questo caso
il Bollettino non dà nessuna indicazione degli intervenuti) per delibe-
rare intorno a un programma di celebrazioni particolari in occasione
dell'Anno Santo della Redenzione: cosa per sé rispettabilissima, ma
del tutto estranea alla natura e agli scopi della Società. Il numero sa-
liente di questo programma fu la « Celebrazione della difesa fran-
cescana del Santo Sepolcro » (settembre-ottobre 1934), con un pelle-
grinaggio in Terra Santa. Anche le onoranze tributate al ricordo del
Minore Cappuccino eroe della liberazione di Vienna, P. Marco d'A viano,
in Assisi, il giorno della festa del voto di Santa Chiara (22 giugno 1935),
sia per l'oggetto in.sé, sia piü ancora per il carattere impresso alla \
cerimonia, esorbitarono dal quadro della Società. Altrettanto, e più,
si dica della celebrazione (1935) del centenario della nascita di Pio X.
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 155

Si noti che a tali manifestazioni non si accompagnava nessuna atti-
vità scientifica della Società. Più consono agli scopi della Società
sarebbe stato il Convegno di studiosi francescani di Francia (1936),
e sia pure anche quello dei Felibri provenzali (1937); ma in fatto
essi riuscirono manifestazioni accademico-arcadiche.

**

Negli ultimi tempi della seconda guerra mondiale il presidente
avv. Fortini intervenne meritoriamente a nome della Società perchè
ad Assisi fossero risparmiati — come furono - i danni e gli orrori
bellici. Un Consiglio di reggenza da lui presieduto sl costituì, a guerra
finita, per mantenere ancora il nome della Società. Ma, pur rendendo
omaggio alla buona volontà di coloro che lo compongono, bisogna
pur dire che la Società internazionale degli studi francescani del
Sabatier, dell’Alessandri, del Fiumi, del Pennacchi, è morta. Non si
tratta di ridarle una vita artificiale, effimera e inutile, convocando ad
arbitrio qualche personalità locale; si tratta di vedere se si vuole e si
può farla risorgere ripristinando le basi della prima fondazione, e in
primo luogo il carattere e l'attività scientifici e l'internazionalità.
Manca purtroppo un Sabatier che possa patrocinare e garantire l’im-
presa in cospetto al mondo.

LUIGI SALVATORELLI

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IL MUSEO FRANCESCANO D'ASSISI

I. ORIGINI. — Le origini di questo Museo Francescano risalgono
alle prime ricerche che il Rev.mo Padre Luigi Antonio da Porren-
truy dovette intraprendere per l’illustrazione della grande Vita di
- S. Francesco d'Assisi, edita nel 1885 da Plon e Nourrit a cura dei
Minori Cappuccini di Francia. Anche se oggiil testo può apparire
arretrato a causa di studi più recenti, quest'opera resta sempre,
per merito soprattutto delle sue illustrazioni, una delle migliori vite
di San Francesco d'Assisi venute in luce sin qui. |
BIS |... Il Rev.mo Padre aveva compiuta la sua preparazione a questa
Tl cm ? fatica attraverso seri studi classici compiuti in Svizzera e in Francia
: | do . ed un'educazione artistica completata a Roma sotto la direzione del-
til leminente archeologo Giovanni Battista de Rossi.
I Quando si trovó davanti a una massa imponente di incisioni,
| di pitture, di disegni, di fotografie, di sigilli e di oggetti d’ogni spe-
cie che gli avevano servito per orientarsi nel suo lavoro, il Padre Luigi
| Antonio cominciò coll'ordinare le sue raccolte in una sala entro il
Convento dei Cappuccini di Marsiglia, del quale egli era il superiore.
A questa sala, che ben presto risultò insufficiente, fu necessario ag-
giungere un complesso di costruzioni quando, sviluppandosi l’idea
di fare un Museo, i doni affluirono da diverse province cappuccine -
e da numerosi amici di Marsiglia.
Il Museo ben presto fu noto, apprezzato e visitato non solo dai
. cultori di Studi Francescani, ma da tutti gli studiosi d’arte e di
storia. Fra gli scrittori di più larga fama che vi si recarono possiamo
ricordare Ulisse Chevalier, Paul Sabatier e mons. Faloci Pulignani
nel 1889. 2
Ma nel 1901 il vento della persecuzione religiosa ricominció a
soffiare sulla terra di Francia, e tante ricchezze accumulate ed espo-
ste nel Museo Francescano andarono disperse sotto i colpi del mar-
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO «15/7

tello del perito stimatore governativo. Ció che fu possibile mettere
in salvo — la parte migliore, per buona sorte — fu raccolta a cura del
R.mo Padre Luigi Antonio a Roma, dove si trovava allora a risie-
dere in qualità di Definitore generale del suo Ordine. Egli, con mag-
gior potere di penetrazione e con maggiore facilità, poté continuare
nel suo lavoro, diretto a rintraceiare e a raccogliere i pezzi rari, cu-
riosi, di valore artistico più o meno notevole, ma sempre di un au-

tentico interesse Francescano. Queste ricerche durarono sino alla .

sua morte, avvenuta nel 1912.

Il Museo, posto sotto la protezione immediata dei superiori mag-
giori, non fu abbandonato. Si chiamó il Padre Leone da Lione, fe-
dele collaboratore e sostituto: del R.mo Padre Luigi Antonio sin dalla
fondazione, e che già aveva assicurato la spedizione del materiale di
| Marsiglia salvato dal naufragio. Egli ebbe la gioia di riorganizzare il
Museo, dapprima al piano terreno e poi al terzo piano della Curia
Generalizia a Roma. E. questo Museo andó continuamente aumen-
tando e arricchendosi, come tutte le iniziative che hanno una vita
normale e rispondente ad una giusta esigenza.

Allorchè il Capitolo Generale del 1926 decise di creare una casa .

internazionale di Studi Francescani ad Assisi, si cominció col traspor-

tarvi e sistemarvi, sin. dal 1927, il Museo, che trovó posto nei tré -

piani, adattati a questo fine di uno stabile in Via San Francesco. Il
Museo fu aperto ufficialmente al pubblico il 29 novembre 1928.
II. Scopo. —- Il visitatore del nostro Museo d'Assisi talora si stu-
pisce di non trovarvi l'ordinamento abituale della maggior parte
dei musei conosciuti, vale a dire il raggruppamento di quadri, sta-

tue e oggetti diversi per materia, per epoche, e per scuole. Effettiva-

mente questa collocazione, della quale nondimeno si è tenuto conto
nei limiti del possibile, non rispondeva allo scopo principale, che era
quello di organizzare non una pura e semplice mostra d’arte, ma una
mostra d’arte francescana, 0, più propriamente, di storia francescana,
attraverso la documentazione a mezzo della THpparsgntdze ne o del-
l'immagine.

Si é cercato innanzi tutto, ed é ben naturale, di offrire una ico-
nografia cronologica di San Francesco, e poi dei Santi e dei perso-
naggi rimarchevoli che hanno seguito le sue orme. Si sono voluti met-
‘ tere in rilievo i particolari umili, poveri, apostolici, della vita france-
Scana, cosi nei conventi primitivi a partire da Assisi, come nelle no-
stre sedi attuali.

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158 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

sua vita religiosa: nell'abbandono della preghiera entro il coro della

sua chiesetta, al lavoro nella sua cella e nel giardino, alla questua nella
campagna e in atto di restituire alla porta del suo convento l'elemo-
sina che gli é stata fatta fuori. Si é mostrato il predicatore nell'eser-
cizio del suo ministero, anche all'aperto sulle piazze, all'angolo delle
vie di Roma, al Colosseo per la « Via Crucis » e ancora l'infermiere
benefico che cura gli ammalati durante le epidemie. E non dimenti-
chiamo le pestilenze che lo hanno reso famoso: quella di Milano nel.
Seicento, quella di Marsiglia del 1720-1721 nella quale morirono ben
trentacinque cappuccini dei quarantadue che accorsero volontari
al servizio degli appestati.

Incisioni, pitture, acquarelli di Klauber, Rigaud, Granet, Pi-
nelli, Celentano, Luzzi, etc. rappresentano il Francescano in tutti
questi episodi della sua esistenza.

Si sono volute mettere in evidenza le influenze spirituali france-
scane attraverso i secoli. Si è voluto cogliere — attraverso tesi sontuo-
samente stampate da tempo, attraverso libri e illustrazioni — il ca-
rattere della feologia nellîOrdine e delle sue devozioni, specialmente
verso l'Umanità di Cristo, il SS. Sacramento dell'Altare, l’ Immaco-
lata Concezione: così è stato possibile ricordare le grandi figure di
San Bonaventura, Duns Scoto, San Bernardino da Siena, San Gio-
vanni da Capestrano, S. Pasquale Baylon, San Leonardo da Porto
Maurizio, e numerose altre, e, nel campo sociale, San Bernardino
da Feltre, grande propagandista, insieme con i suoi compagni, dei
Monti di Pietà contro l’usura dei suoi tempi.

Ma la documentazione non sarebbe completa se non si seguisse
il missionario fuori della sua patria, nei paesi dell’eresia o del pagane-
simo, in Africa, per esempio nel Congo, dove il clima, più ancora
che le persecuzioni, ha fatto numerose vittime'nel Seicento e nel Sette-
cento, in Etiopia, dove domina la grande figura del Cardinale Mas-
saia nell'Ottocento, ma dove già nel Seicento avevano trovato il mar-
tirio due zelanti missionari cappuccini, il Beato Agathange da Ven-
dóme e Cassien da Nantes: in Asia dove una lunga relazione manoscrit-
ta su pergamena, inviata da Lhassa nel 1742, ci mostra le dure sof-
ferenze sopportate dai cappuccini per resistere, durante la prima metà
del Settecento, nella capitale del Thibet; in America, in Oceania, in
tutte le parti del mondo insomma, donde ricordi, ritratti, paesaggi,
vecchie carte geografiche e carte aggiornate vengono a ricordarci il
cammino vittorioso e l'eroismo di questi pionieri della civiltà. Quanti
personaggi illustri, teologi, dottori, vescovi, cardinali, anche cinque
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 159

, Papi... scienziati, uomini politici ed ambasciatori, sfilano sotto i
nostri occhi in questa galleria francescana !...

III. ConteNUTO. — Ma forse il nostro Museo, per abbondare in
una documentazione cosi varia, esclude dal suo dominio le opere
d’arte ? No, davvero. Se un Museo di Cappuccini non può pretendere
di gareggiare in fatto di tesori d'arte: con le grandi gallerie italiane,
con quella di Perugia per esempio, nondimeno la costanza nelle ri-
cerche e la raccolta di pezzi interessanti e qualche buona occasione
hanno permesso di farvi entrare parecchi nomi celebri.

Il quadro più antico, purtroppo d'un maestro sconosciuto, risale
all'incirca all'anno 1300: é una tavola che rappresenta San Francesco
sopra unfondo d'oro. Lo abbiamo trovato in un vecchio convento
abbandonato della Toscana al disopra d'Arezzo. È la cosa più pre-
ziosa della nostra raccolta.

Altre pitture, ugualmente su tavola, risalgono al Quattrocento,
e possono assegnarsi alle Scuole di Venezia e delle Marche. Un San
Bonaventura é attribuito con fondamento a Neri di Bicci, una testa
di San Bernardino da Siena é di Pietro da Siena; una parte di polit-
tico reca la data 1489 e la firma di Nicola Filotesio, conosciuto come
Cola dell'Amatrice.

Poi passiamo al Cinquecento con Lodovico, o piuttosto Fran-
cesco Brea della Scuola di Nizza; col fiammingo Paolo Brill rappresen-
tato da una scena pittoresca delle Stimmate datata dal 1583; con
Annibale Carracci del quale é qui uno dei suoi migliori ritratti di San
Francesco, che ha ‘appartenuto al papa francescano Clemente
XIV del quale é intagliato lo stemma sopra la cornice.

Poi, nei secoli seguenti, Domenico Zampieri e Alessandro Ma-
gnasco, Lodovico Cardi (il Cigoli), e il fecondo Sebastiano Conca, il
conte Carlo Cignani, i veneziani Piazzetta, Carlo Saraceni, Moraz-
zone e il capuccino Paolo Piazza vengono a illustrare le scuole ita-
liane accanto agli spagnuoli Alonso Cano e Matteo Cerezo, all’olandese
van Honthorst (Gherardo delle Notti) che ha qui una delle sue tele
più caratteristiche, e al fiammingo van Stomer che ha dipinto un ri-
tratto del famoso ‘cappuccino, il Padre Carlo, dell’illustre famiglia
dei principi d'Arenberg. :

Accanto a questi bei nomi non bisogna dimenticare i moderni
che sono rappresentati nella nostra modesta galleria. È bensì vero
che, meno avvezzi che non gli antichi a lavorare per la Chiesa e la
Religione, essi riescono meno utili ai nostri fini. Nondimeno fra i con-
temporanei ricordiamo Giorgio Szoldatics, questo pittore romano
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160 È SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

davanti al quale hanno posato numerosi personaggi delle due aristo+
crazie, e che, fra le altre opere notevoli, ci ha lasciato un vivo ri-
tratto del R.mo Padre Luigi Antonio Fondatore del Museo; e ricor-
diamo insieme Umberto Prencipe artista delicato e profondo, l’idea-
lista Oscar Marziali, i fratelli ungheresi Somos de Talbor, lo scultore
medaglista Aurelio Mistruzzi, e il nostro Padre Epherem da Kcynia
pittore e modellatore dei più stimatiin Polonia, in Belgio e in Spagna
dove egli ha creato le sue opere migliori.

Ma non è tutto. Bisognerebbe, a voler essere completi, aggiun-
gere a questo elenco le collezioni delle stampe, delle quali alcune assai
antiche e rare, e dei disegni, dei quali parecchi portano firme illustri
o sono attribuiti a grandi artisti.

Bisognerebbe elencare i tesori che racchiude la sala XII in minia-
ture, avori, smalti, ricami e merletti. Un libro d'ore francese riccamente
miniato con scene di una finezza straordinaria, opera della fine del
Duecento. Un antifonario della stessa epoca; un codice il cui testo
.e quello della Leggenda di S. Francesco scritta da S. Bonaventura,
e le 183 miniature rappresentano episodi della vita del Santo (opera
lombarda terminata nel 1457); infine numerose miniature su avorio -
e su pergamena.

Avori finissimamente scolpiti sono opere francescane e italiane del
Trecento, del Quattrocento e del Cinquecento. Gli smalti provengono
per la più gran parte da Limoges, e uno porta la firma P. N. (Pierre
Nouiailler, famoso maestro di smalti della fine. del Cinquecento). .

Un merletto al filo tirato, con le Stimmate di San Francesco, è ‘
notevole lavoro siciliano della prima metà del Trecento. Bisognerebbe,
infine, ricordare la sala delle Ceramiche che contiene vasi di farmacia
dei nostri antichi conventi, piatti, boccali e tazze fuori d’uso dei nostri
refettori: tutti i pezzi portano la marca francescana, e molti risal-
gono al Cinquecento, al Seicento, al Settecento.

Questa sala contiene anche la raccolta preziosa e copiosa di me-
daglie, monete e: sigilli (matrici e calchi), che rischiarano. alcuni punti
della nostra storia dall'origine. dell'Ordine. Francescano.

Per ricapitolare, il Museo contiene quasi 20.000 pezzi catalogati,
così ripartiti: quadri (compresi acquarelli e pastelli) 515, sculture (in
legno e in marmo) 110, pezzi di maiolica e porcellana 420, oggetti di-
. versi circa 800, monete e medaglie circa 850, sigilli (matrici e calchi
in gesso) circa 1200, disegni circa 1300, stampe di S. Francesco d'As-
sisi circa 2200, di Frati Munoz circa eod; di Cappuccini circa 5000,
diverse circa 1400.
161

SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

IV. ConcLusione. — Che cosa dobbiamo dire per concludere?
Quando mons. Faloci Pulignani fece conoscere ai lettori di « Miscella-
nea Francescana » il Museo di Marsiglia con i suoi 4000 pezzi (tra inci-
sioni quadri, fotografie, libri e oggetti diversi) che conteneva già nel.
1889, concludeva la sua breve enumerazione con questo augurio: « Così
venisse imitato dovunque, specialmente in Italia, con vantaggio
immenso degli studiosi francescani e della cultura generale ».

Per uno straordinario concorso di circostanze il Museo è venuto
in Italia, e proprio ad Assisi. Vi resterà ? Quel che è certo, è che non
ritornerà in Francia. Ma Assisi è una città morta, una città dove i
forestieri, pellegrini e turisti, passano sempre in fretta, dove gli abi-
tanti poco si curano di studiare la storia, anche se si tratta di storia
francescana. i | | IER)

Ora, il nostro Museo é, prima d'ogni altra cosa, un Museo di ‘
studio e di documentazione storica, ed era riunito al Collegio interna-
zionale di Studi Francescani, che é ora stato trasferito a Roma, per
numerosi motivi d'ordine economico e intellettuale. Che cosa sarà
del Museo. Francescano ? Non spetta a noi di pronunciarci.

P. EsuPERIo Mas, Cappuccino
DUE PIONIERI DELLA NUOVA EDUCAZIONE
ALICE E LEOPOLDO FRANCHETTI

Quando — ormai sono sei anni — venni qui in Umbria, gravato
della responsabilità di Provveditore agli studi della provincia di Pe-
rugia, salii presto i colli che da Città di Castello si elevano verso monte
Cedrone a cercarvi le scuole de la Montesca e di Rovigliano per le

. quali era passato tanti anni prima, ad attingervi fede ed esempi, il

rinnovamento della nostra istruzione primaria.

Di queste due scuole, sorte, la prima nel 1901 e la seconda nel-
l’anno successivo, e dette comprensivamente. della Montesca per
omaggio alla scuola originaria che ha avuto sempre la sede direttiva.
dell’una e dell’altra, si era molto parlato e scritto nel nostro Paese e
anche fuori, soprattutto nei paesi anglo-sassoni. Insigni pedagogisti
come Giuseppe Lombardo Radice ed altri, le avevano attentamente
studiate nelle loro origini, nel loro svolgimento e nelle loro tipiche
innovazioni. didattiche. I programmi di studio delle nostre scuole
elementari che furono appunto dettati dal Lombardo Radice avevano
accolto alcuni dei loro più caratteristici procedimenti introducendo
il nome della Montesca, legato al calendario ivi inventato ed usato,
in tutte le scuole d’Italie. Lo stesso Lombardo Radice esplicitamente
aveva segnalato nel 1924 quel che i programmi di studio delle nostre
scuole avevano attinto all’esperienza didattica della Montesca, e pre-
cisamente il soggetto del mese, sostituito al componimento retorico
e diventato componimento mensile, il calendario adottato senza al-
cuna modificazione e la Cronaca diventata il diario della vita di scuola.

Sollecitato a intraprendere subito la ricerca delle due scuole, e
guidato nell’eseguirla, fui, appunto, dagli scritti di coloro che con in-
telletto d’amore avevano indagato l’originale contributo, felicemente
fiorito in questo estremo angolo della terra umbra, a quel rinnova-
mento di carattere nazionale. L’animo mio era allora pervaso dalla
pietas verso la testimonianza di un passato memorabile e glorioso,
ma già in se stesso concluso, come è conclusa una vita che è stata già
tutta spesa nel bene.
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 163

Erano nella mia mente i nomi di Alice Franchetti Allgarten e di

Leopoldo Franchetti, ma fissati, e, per così dire, impietriti nell’opera

. che ne aveva incorporata la passione; non più nomi di persone ma di
azioni compiute, obbiettivamente osservabili.

Il nome di Leopoldo Franchetti aveva in me risonanze più pro-

fonde e più varie che quella mattina risorgevano dal silenzio.
Nato nel sud d'Italia e ivi vissuto ininterrottamente fino alle so-

glie della giovinezza e poi rimasto sempre fedele al ricordo e allo stu-

dio dei suoi peculiari bisogni, avevo sovente incontrato Leopoldo
Franchetti in compagnia di Giustino Fortunato, di Pasquale Villari,
di Sidney Sonnino, di Antonio De Viti de Marco e di altri, nell'ideale
viaggio piü volte ripetuto nelle accidentate regioni del problema me-
ridionale. Leopoldo Franchetti mi riappariva nell'aspetto diindaga-
tore severo ed acuto, e di dolente riformatore sociale, ma l'antico
affetto lo distanziava da questi luoghi collocandolo nell'orizzonte di
altri problemi.

Questa visione dissociante concorreva a spingere piü lungi nel
tempo passato, e a isolarle nella sua immobilità, le due scuole che
stavo per visitare. Varcata la soglia della scuola de La Montesca, la-
sciandomi dietro una delle più stupende visioni che offra la campagna
umbra nello splendore del sole raggiante nel cielo puro non seppi

“perciò vincere il sentimento di entrare nell'ombra di giorni ormai tra-
scorsi. Ma poi la scuola mi venne incontro dal volto dei bimbi ridenti,
dalla serena operosità delle maestre, dalle testimonianze del lavoro
spontaneamente ingegnoso degli uni e delle altre, dalla certezza illu-

minata e illuminante della direttrice; e soprattutto gradualmente

mi avvolse — con rara ma irresistibile dolcezza — l'aura di un incon-
sueto amore emanante dalle creature e dalle cose. Questo suasivo
amore che sentii nascere da una fonte unica ed inesauribile — il tesoro
delle energie spirituali che Alice Franchetti Allgarten seppe accumu-
lare, diffondere e trasmettere — spezzó prodigiosamente le. barriere
tra il passato e il presente, e mi fornila prova che in quelle piccole
aule era ancora racchiusa una grande forza per l'avvenire. Quando
ne uscii mi parve che la luce fosse più pura e il sole più splendente, e

la natura più armoniosa e festante. Mi ricordai allora di un pensiero.

di Alice Franchetti che compresi perfettamente solo in quel momento.
«Non posso descriverti — ella aveva scritto in una sua lettera del
1909 — lo stato della mia anima. Essa è così piena de La Montesca
e di quel santo lavoro che ivi si compie, che, come il mare calmo, non
può né dar segno di vita rumorosa né creare la schiuma che è effetto

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164 «|. SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

di movimento. Essa è piena di pace, di amore, di umile gratitudine,
ed in essa si rispecchiano le stelle del firmamento, cioé i simboli delle

cose eterne ». Fra i banchi de La M ontesca, ascoltando i bambini e.

le maestre, cedendo all'onda degli affetti ivi presenti e. parlanti,

.avevo goduto la pace, la grande pace che é un dono divino che si

riceve nell'attimo in cui qualcosa o qualcuno tocca quel che di piü
profondo c'é in noi stessi, la nostra essenza piü intima e piu pura che

‘è la fiamma di un grande e inestinguibile amore.

Avevo goduto quella rigenerante felicità, di cui parla la Baro-
nessa Franchetti nella lettera citata, quella felicità simile alla beati-
tudine dinanzi alla quale tace il mondan rumore e per cui l'animo si
fa terso e trasparente, e più pronto a sentire la bontà degli uomini e

.la bellezza del creato.

Sono ormai passati parecchi anni da quel mattino inciso nell'a a-
nima con il volto del suo cielo puro. E questo tempo trascorso si é

riempito di grandi fatti e di assorbenti pensieri. Ma sempre il mio ri-

cordo é tornato sul colle de La Montesca con il sentimento di un de-
bito da pagare e di un dovere da compiere: il debito, verso le persone
autrici di quel seme di eternità nella mia vita, e il dovere, verso tutti
di concorrere alla diffusione di quella luce spirituale che ancora emana

dalla sorgente de La Montesca.

‘ Ho detto dianzi che salii lassù con l'animo di ammirare un esem-
pio del passato che aveva già conclusivamente operato nella nostra
scuola nazionale a questa donando i suoi tipici procedimenti. Rima-

nendo nel campo della didattica questo atteggiamento non può es-

‘sere e, infatti, non fu neanche allora revocato in dubbio. Ma oltre-

passando questo campo si svelarono al mio sentimento esempi ben
più fecondi di quelli serenamente didattici, e non altrettanto noti:

gli esempi costituiti dalle azioni e dai pensieri della fondatrice, ivi

presente e operante nella pienezza del suo spirito puro.

Questi esempi risultano ancora ricchi di una grande forza di sug-
gestione i cui benefici effetti sono indispensabili alla nostra società.
È perciò doveroso, dopo averne sentito il mirabile influsso, pagare il
debito della propria gratitudine rendendoli noti in una più vasta

‘cerchia.

Alice Franchetti — attendendo la sua cara sorella morta — Scri-
veva nell'ottobre del 1911: «l'idea che la nostra opera venga final-
mente anche un po' conosciuta dagli italiani per cui é fatta e la spe-
ranza che la scuola potrà un giorno vicino sérvire a scopo d'unione

vera... sono conforti sublimi ». Passarono gli anni ma alfine la sua
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO: 165

opera fu conosciuta dagli italiani; meno noto è rimasto invece il suo
spirito, la cui luce, più che la prima, può servire a quella vera unione
che le fu cagione di sublimante conforto nel crepuscolo della sua breve
ma intensa giornata terrena.

Alice Allgarten nacque nel 1874 a New York da padre tedesco
e da madre canadese, La sua prima.educazione fu americana. La scuola
anglo-sassone ispirata sin da allora da un culto attivo della persona-
lità e da un profondo amore della natura, le fornì il primo impulso e
le diede il primo modello. Poi visse qualche anno in Germania. Indi
venne in Italia, a Roma, in cui nell’esercizio della sua carità le fu
dato di conoscere la miseria morale e materiale delle plebi dell’agro e

campagna: serena e pacificatrice dell'Umbria.

umana e umanizzante del francescanesimo e la svolse nell’animo suo
in brama di pace, di una pace raggiungibile solo con l’amore operoso

dell'armonia che è nel creato e l’instaurazione dell’armonia che, deve
regnare tra gli uomini. |

Fondata nel 1901 la sua scuola sui colli che la diritta e illuminata
volontà del consorte aveva redento, ella fu scopritrice di educatori e
di educatrici per averne luce e conforto. nell'opera sua.

Nel 1906 si recò a visitare le scuole della Contea di Londra e ivi
conobbe da vicino il movimento della nature study e Lucy Latter
autrice del famoso libro sul giardinaggio insegnato ai fanciulli. Nello
stesso anno tornó in America a studiare alcune delle piü caratteri-
stiche scuole americane. Nel 1907 Lucy Latter fu sua ospite e guida

lumetto, oggi raro, sugli esperimenti didattici per.lo studio della vita
delle piante. In quegli stessi anni fu alla Montesca Eugenio Faina
che lavorava in un'altra parte dell' Umbria a fondar scuole rurali per
i contadini, dando vita, anche lui, a caratteristiche innovazioni di-
dattiche per l'insegnamento impartito in quelle scuole speciali. Tra
il 1908 e i1 1910 divennero assidui i contatti di Alice Franchetti anche
con Maria Montessori. Infine le fu sempre accanto. Leopoldo Fran-
chetti, esperto consigliere e sagace moderatore. Poi la grande luce si
spense prematuramente nel 1911 in un sanatorio alpino.

delle moltitudini cittadine che intorno al '900 si addensavano nel.
quartiere di S. Lorenzo senza casa certa e senza lavoro stabile. Pro- .
prio nell'anno 1900 andó sposa a Leopoldo Franchetti e conobbe la

Qui ella, pur di diversa religione, senti profondamente la Riesa.

e coerente che non conosce soluzioni di continuità tra l’adorazione

nella scuola della Montesca e dalla loro collaborazione nacque un vo-

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166 ‘. SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

Analizzando il pensiero degli educatori incontrati o cercati da
Alice Franchetti, e confrontandolo con l’esperienza da lei promossa
e ispirata nelle scuole della Montesca, si nota che sono in questa par-
ticolari facilmente riconducibili a questa o quella fonte, ma che il
principio informatore è originale ed è costituito dallo spirito stesso

. della personalità dell'autrice.

Questa personalità per la sua stessa formazione é nel grande
solco della scuola moderna rinnovata, che tra il 1900 e il 1910 aveva
le sue principali sorgenti d'animazione in Inghilterra e in America,
ma ha poi accenti suoi propri, senza i quali non è possibile intendere
la tipica istituzione della Montesca. Il segreto di questi originali e
personali accenti è in quel caratteristico amore che Alice Franchetti

. ebbe per la natura e la cui consapevolezza maturò qui in Umbria.

Confrontando questo suo sentimento con quello che pervade le
esperienze e i libri cui diede luogo nello stesso periodo il movimento
di nature study che pure fu una delle sue fonti, si ha modo di consta-
tarne la singolarità. La natura di Alice Franchetti, il cui studio avviva
tuttora le sue scuole, non è di là dall’uomo e dalle opere sue. Tra l'u-
mano e il naturale non ci sono scissure e l’umano non è riassorbito
nella maestosa natura come accade sovente nel movimento di nature

| study, ma il mondo dell'uomo e il mondo della natura si integrano e

compongono nella stessa legge d’amore e d’armonia.

Questa conclusione permette di valutare i programmi di studio
la cui qualificazione di programmi accentuatamente scientifici data
da Giuseppe Lombardo Radice non sembra possa essere accolta.
Considerando l’esperienza didattica della Montesca e le lettere della
sua fondatrice che ne sono il commento e la guida, è lecito affermare
che in realtà i programmi di studio della Montesca nel loro concetto
e nella loro pratica attuazione hanno più un fondamento poetico re-
ligioso che propriamente scientifico.

. Se la scienza è complesso di leggi in cui si riassume l'esperienza,
non può esser detto scientifico quell’insegnamento che si basa sul-
l'osservazione diretta della natura nel suo reale svolgimento. Questa
osservazione è fondamentale nella scienza, ma ne costituisce il con-
tenuto storico e non la forma che è la schematizzazione di quel con-
tenuto. Ora quel che è caratteristico nell’insegnamento della Monte-
sca è appunto il contatto diretto in cui l’alunno vien posto con la
natura in movimento nelle piante e negli animali che nascono e si
sviluppano. L’alunno è educato a cogliere questa inesauribile creati-
vità della natura; è educato a osservarla; è educato a ritrarla, è
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 167

educato a seguirla gradualmente con la sua riflessione, è educato
ad amarla.

Questo insegnamento potrebbe essere detto scientifico solo nel
senso che l’oggetto alla cui osservazione esso educa le menti e volge

gli animi, è il mondo della natura e non quello dell’uomo. Ma con-

viene avvertire che qui la natura è considerata come la parte più co-
spicua di quella realtà che circonda il fanciullo. In questa realtà cir-
costante e vicina vi sono altre parti che via via si collegano con il
mondo dell’uomo e il cui studio é reso accessibile guadualmente
all’alunno con lo stesso metodo dell’osservazione diretta. Come ho
detto dianzi, non vi é separazione, ma progressione di forme della
stessa realtà per cui il fanciullo procede dalla scoperta dell’ascosa
armonia che è nel mondo che più immediatamente lo circonda a
quello per adesso più lontano ma che sarà il mondo in cui lo in-
trodurrà il suo lavoro e che anche per virtù del suo lavoro sarà
vivente ed armonico.

In ciò si palesa il carattere fondamentalmente religioso del-
l'insegnamento della Montesca. Esso vuole accendere nell'anima
fanciulla una fede viva, una fede che non limiti la sua attività
spontanea ma la susciti e fecondi, e non. vuole accendervela per
virtü di speciali pratiche ma mettendo in moto l'anima stessa, ren-
dendola indagatrice e osservatrice di quella realtà naturale e umana
in cui risplende ed opera una suprema armonia che regge tutte le
cose e deve ispirare tutte le azioni, e le fa rivelatrici e datrici d'un
infinito e provvidente amore.

Non si puó provar meglio questa conclusione che rileggendo
la preghiera de La Montesca che é come il suggello che Alice Fran-
chetti dava all'opera sua di educatrice: « Il giorno si è levato vin-
cendo la notte oscura. Così noi abbiamo vinto il sonno e ci siamo
levati per vivere, per muoverci, per fare la Tua volontà.

Ora tutto é chiaro e luminoso perché Tu, o Signore, hai fatto
uscire un'altra volta il Tuo Sole. Allo stesso modo fai splendere nei
nostri cuori la luce della verità, perché anche essi diventino chiari,
luminosi e buoni.

E tutte le creature tornano all'opera loro: gli uccelli ai nidi, ai
canti, le api ai fiori, i buoi all'aratro.

\ E noi che faremo ? Siamo piccoli, siamo ignoranti, non sappiamo
far nulla. Ma vogliamo imparare adesso, per essere un giorno dei bravi
lavoratori, degli uomini saggi.

E per questo sin d’ora studieremo, eseguiremo le nostre faccen-

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ai ori c JEDER. REFS EEUU LI Mp UII), ^

t 168 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

duole, ‘obbediremo con gioia, come Gesù fanciullo. E Tu aiutaci a
mantenere i buoni propositi. |

Ma soprattutto, o Signore, Ti raccomandiamo la nostra anima.
Ci dicono che Tu l'hai creata infinitamente bella e che non deve mo-
rire. Dacci dunque di conservarla cosi pura e bella, di farla sempre
più ricca di bontà, perché un giorno splenda come una stella in cielo.

O Signore, quello che Ti chiediamo per noi, lo chiediamo Bos
tutti, perché ci hai detto che siamo tutti fratelli ».

Ecco qui svelarsi improvviso un tipico aspetto dell'anima pro-
fonda di Alice Franchetti che si specchió nel concetto e nei DIRE
mi di studio delle sue scuole.

Ma quest’ anima così spontaneamente armoniosa e armonizzata
con le leggi eterne della vita non fu paga se non continuando a ri-

| flettersi nella creazione di altre opere concepite e foggiate nello stesso

spirito di serena dedizione ai deboli e ai bisognosi, e insieme all’ideale
di un’umanità più degna e più libera di manifestare i suoi doni divini.
Queste altre opere aiutano a penetrare nel clima morale in cui fiori-

. rono e furono plasmate le scuole de La Montesca, é rivelano a un tem-

po quel più vasto e più luminoso orizzonte che fu stimolo e meta al
fervore spirituale che le produsse. -

Alice Franchetti bruciando rapidamente quel minimo corpo che
la legava al mondo caduco, diede vita all’aiuto materno, al labora-
torio per la telo umbra, alla scuola di vita pratica femminile e a mol-

.te. altre iniziative benefiche che le furono suggerite dalla sua carità

singolarmente inventiva.
Pochi giorni ormai la dividono dalla fine certa a Leysin fredda
e nevosa. Pur tra le indicibili sofferenze ella é mirabilmente attiva

. sul pensiero indagante e ricercante rivolto alle sue istituzioni. « Ho

sentito molto l'effetto della prima: nevicata — scrive alla sua carissi-
ma collaboratrice — e devo tenermi al letto calda, calda. Ora degela,
e mi sento meglio. Promettimi che quest'anno fra i nostri contadini,
donne di Tela Umbra, bambini, ecc., non ci sia sofferenza di freddo
e di fame ». Questa preoccupazione, cui conferiscono un eccezionale
risalto le circostanze di tempo e di luogo, colpisce e attrae l'inter-
prete, ma si errerebbe nel presentare lo spirito di Alice Franchetti
come unicamente pervaso dall'ansia di soccorrere i bisognosi e di con-
fortare gli afflitti. Il suo amore per gli altri che era attivo e costrüttivo,
passava per la misericordia, ma diventava poi gioia di vivere nella
purezza dello spirito senza più limiti e senza più ombre.

La nota dominante, generatrice di ogni suo atto e ispiratrice di
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO. 169

ogni suo pensiero, fu, appunto, la volontà che le nasceva spontanea-
mente dall’anima eletta, come il fiore nasce dalla terra, — la volontà,
dicevo — di dedicare tutta se stessa alla costruzione di un mondo in
cui fosse possibile per tutti questa gioia suprema, e di anticiparne
intanto le leggi, nella sua vita e nella sua opera. Perciò non si limitò
a lenirne il dolore, ma si sforzò di dare vita a istituzioni capaci di
aiutare lo sforzo di ciascuno e di tutti per migliorare la propria con-
dizione umana; e queste istituzioni concepì e attuò non solo sullo
spirito della bontà ma altresì in quello della bellezza, chè bontà e
bellezza sono regioni indistinte in quel puro regno dello spirito che
potentemente e costantemente la attrasse. Perciò non fu solo infati-
cabile e operosa, ma sempre lieta e serena, e dispensò la felicità con
il suo solo essere ed apparire, e ancora oggi dolcemente la comunica
a chi la ricerchi. X

Nella Pasqua del 1909 scriveva ai cari bambini suoi de La Mon-
fesca : «La felicità di volersi bene come volete bene a me, come voglio
bene a voi, é cosa sublime e grande. Ma per renderla sempre piü
bella come faremo ? Non ho bisogno di dirvelo perché voi mi avete
fatto vedere che lo avete indovinato. Dobbiamo far si — ella diceva
palesando a un tratto il suo più intimo e più profondo bisogno — che
la luce interna diventi sempre più chiara e forte, da non potersi più
nascondere dentro al cuore. Essa ne deve uscire, visibilmente agli
occhi di tutti, e farsi vedere come sacra fiamma che dà calore e luce
anche agli altri. Così potrà diventare una benedizione per molti, per
il mondo intero, perché ogni azione di sacrifizio (sacrifizio di tempo,
di fatica, di pensiero, di piacere egoistico, di ogni dono dello spirito)
non si ferma all’atto stesso, ma scatena sentimenti buoni in altri
cuori ed aiuta i deboli a entrare anche loro in quel Legno invisibile
‘nel quale il più umile è il più grande ».

Fu questa la mirabile visione che animò Alice Franchetti e le
infuse l’ardore che disfacendo il suo esile corpo la trasformò in pura
luce, quale noi oggi la vediamo e sentiamo, aiutati da lei stessa a
sciogliersi dai vincoli del tempo. Ella poté quindi morire sentendo
di andare a vivere, così come aveva potuto donar tutto — ricchezza,
ingegno e salute — sentendo di guadagnar tutto. C'é solo un rimpianto
che luccica nel momento in cui da lungi si congeda dalle persone
dilette che hanno collaborato con lei: « Quanto è stata bella la
nostra vita in comune... » ma poi l'animo immediatamente si ras-
serena e detta la sua fede: « È venuto il momento nel quale dob-
biamo separarci, ma se sentite come me, sàprete che per chi ve-

4

Si V Lorie DI) EMI MU POR D. ES

pm #— sole === == fin

170 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

ramente ama non c’è separazione, che l’amore è più forte anche della
morte ! ».

Fu questo, appunto, il significato conclusivo della sua vita e il
contenuto perenne del suo messaggio: l’amore unificante e vivificante
che combatte e trionfa contro la morte, contro la morte che è nella
nostra debolezza, che sì cela nel nostro egoismo, che si annida nella
nostra pigrizia, che ci viene incontro dalla fralezza del corpo, ma che
in nessun caso, se noi veramente amiamo, riesce a prevalere sulle
ragioni della vita.

Quando la musica di Beethoven avvolse nelle sue note l’attimo
estremo di Alice Franchetti, questo messaggio era più perfetto. Quelle
divine armonie parvero esserne l’annunzio, che riudiamo in noi tutte
le volte che ripercorriamo l’itinerario terreno di Alice Franchetti e
ne riceviamo nell'anima ansiosa la voce dolcemente confortevole e
decisamente elevante.

Tutti coloro che hanno studiato le innovazioni e le realizzazioni
didattiche de La Montesca e da queste son risaliti alla vita e alle opere
di Alice Franchetti, hanno avuto poi bisogno di comprendere nel loro
studio anche Leopoldo Franchetti, non solo perché egli cooperò con
la consorte nell’avviamento e nell’organizzazione delle scuole e nel
promovimento delle altre iniziative sociali di carattere educativo o
assistenziale, ma anche e soprattutto perché l'una el'altro nel periodo
in cui convissero furono talmente accomunati da costanti pensieri e
da profondi affetti che riesce ancora oggi difficile, non dico separarli,
ma distinguerli nelle rispettive ispirazioni ideali.

La breve vita di Alice Franchetti si incontró con quella di Leo-
poldo e in questa parve trasfondersi. La vita di Leopoldo Franchetti

che veniva da più lontano, con una imprevedibilità che fu sentita

come provvidenziale, si strinse a un tratto a quella di Alice che la
illuminó intensamente fino a rendere per qualche tempo pressoché
. inscindibili i suoi tratti differenziali. Questa unità delle due vite
sembra essere visibile nella stessa terra in cui sono sparse le loro opere
più ricordevoli.

Questa terra sessanta anni or sono era povera di uomini. Chi la
vide allora, narra che era un nudo pascolo, sconvolto da crepe e da
frane. Ora invece é ridente di nitide case coloniche, di campi incro-
ciati da filari di viti e di invitanti stradette. Su in alto dal colle che
guarda al piano e da lungi ai monti dell'Appennino che chiudono a
sinistra l’alta valle tiberina, si affaccia la villa della Montesca che fu

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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO At

ideata e voluta dal suo fondatore come parte integrante del vasto
piano di redenzione e di edificazione di quella terra.

Chi oggi salito alla villa ne parta per esplorare il territorio circo-
stante, si avvede che un solo pensiero ispirò e tuttora lega le varie
opere che lo rendono caro al ricordo e fecondo agli ideali degli uomini
civili. Il pensiero che redense dapprima il suolo e lo rese abitabile
all'uomo e propizio alla sua fatica, fu quello stesso che ispirò l'atto
per cui quella terra ordinata in poderi diventò poi proprietà delle
famiglie che vi avevano deposto il loro lavoro. Quello stesso pensiero
volle le scuole dei contadini della Montesca e di Rovigliano e consacrò
infine la villa della Montesca al riposo delle maestre d’Italia. Quel
pensiero fu ispirato da un profondo amore, amore per la terra da ren-
dere all'uomo e amore dell'uomo da rendere libero sulla terra.

Quelle opere tutte memorabili che in breve spazio si offrono allo
sguardo e alla riflessione del visitatore attento che percorra oggi le
località della Montesca e di Rovigliano, rivelano dunque un identico
ideale umano, rilucente nei campi coltivati, nelle linde case abitate,
nelle scuole popolate da bimbi alacri e felici, e nella villa che col ri-
torno dell'estate raccoglie l'eco di tutte le scuole d'Italia nelle persone
delle loro migliori maestre.

E indispensabile tuttavia distinguere in questo ideale i linea-
menti che gli provennero dall'opera di Leopoldo Franchetti e isolare
per un momento la vita di questo illustre italiano per rievocarla bre-
vemente nel suo spirito e nei suoi frutti originali, anche se alla fine oc-
correrà riassorbirla in quell'unica nota d'amore e di armonia che é
rimasta a significare le due congiunte vite.

«Leopoldo Franchetti nacque a Livorno negli agi di antica e no-
bile famiglia il 31 maggio 1847 trascorrendo la fanciullezza e la pen-
sosa adolescenza nel clima eroico del Risorgimento patrio in cui ac-
colse e radicò nell’animo generoso quegli alti e saldi ideali che dove-
vano ispirare e plasmargli la vita.

Studente a Pisa si arruolò volontario partecipando con Gari-
baldi alla campagna del 1866. Compiuti gli studi di legge in Italia,
conseguì la laurea in lettere a Parigi e visitò poi, come studioso e os-
servatore, i principali paesi dell'Europa. Ritornato in Italia si diede
ad esplorare, nel 1873, gli Abruzzi, la Basilicata e la Calabria per car-
pire il segreto della vita sociale ed economica di queste regioni disere-
date. Nel 1875 compi cou Sidney Sonnino il viaggio in Sicilia che as-
sunse una grande importanza nazionale per la pubblicazione del-
l'anno successivo che ne riveló e divulgó i sorprendenti risultati.

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—- x x — -— — — — -— $ dal lavoro della consorte Alice. Nell’atto compiuto a favore dei con-

172 . SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO:

Leopoldo Franchetti non tardò quindi ad intensificare la sua par-
tecipazione alla vita politica italiana, cui lo aveva preparato anche lo
studio dei reggimenti politici degli altri paesi, del quale è testimo-
nianza ancora pregevole il volumetto che dedicò al problema dell'am-
ministrazione locale, nel quale sono evidenti gli influssi dell’esperienza
inglese e del pensiero di Alessio de Toqueville. Deputato alla Camera
dalla XV alla XXII legislatura, rappresentò a volta a volta il colle-
gio di Perugia: e quello di Città di Castello. Nel 1909 fu nominato Se-
natore.

‘Egli intese ed assolse il suo dovere alia conformemente al
modello dei grandi artefici del Risorgimento, cioè come dovere mo-
rale non esauribile nelle manifestazioni parlamentari, onde partecipò
a tutte le azioni che via via diventavano possibili e si rendevano ne-
cessarie per compiere l’opera di redenzione nazionale ed umana al
cui felice avviamento aveva avuto la ventura di assistere adolescente.
Non esitò perciò nel 1891 a intraprendere un tentativo di colonizza-
zione agricola a Cheren in Eritrea, e neanche nel febbraio del 1913 esitò
a recarsi in Libia alla testa di una missione economica e agraria. Lo
stesso dovere lo ispirò nel farsi fondatore con Pasquale Villari dell’ As-

‘sociazione degli Interessi del Mezzogiorno favorendone la nascita e
- collaborando instancabilmente al suo sviluppo e alla sua attività.

Tutto ciò non lo dispensò da quelle piccole azioni compiute,
per così dire, ai margini del giorno e donate come aiuto al nascosto

bisogno che nessuna istituzione può e sa raggiungere, così come non

lo dispensò dall’inquadrare la sua vita privata nello stesso fine civile

e sociale.

X. Egli fu agricoltore esperto, sagace ed operoso, e concepì e attuò -
i suoi doveri di proprietario nella luce dei suoi ideali di cittadino. Non
saccheggiò il suolo, ma lo edificò e redense, per renderlo sede di un
lavoro più remunerativo e di una vita più degna. Il reddito della terra
egli restituì alla terra, per Tendera più feconda e più propizia alla fa-
tica dei contadini.

‘È noto che concludendo la sua giornata terrena egli volle che i
quarantotto poderi de La Montesca e di Rovigliano frutti della sua
mirabile attività di edificatore rurale, diventassero proprietà delle
famiglie coloniche, così come volle che altri beni fossero destinati
all'opera pia Regina Margherita creata per dar sicurezza di vita e di
avvenire alle scuole, alla casa di.riposo delle maestre e alle altre isti-
tuzioni educative ed assistenziali, nate principalmente dall'amore e
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 173

tadini non si ispirò solo a un sentimento di umana generosità, ma

concluse la sua missione di agricoltore, fedele, come vedremo a un.

chiaro e fermo concetto.
Poi giunse tragicamente la morte nel 1917 a Roma, recatagli
dalla tragedia della patria invasa e sgomenta.
L’Italia sognata ed amata, cui aveva donato tutto se stesso, e
ogni pensiero e ogni atto della sua lunga vita operosa, gli parve crol-
lare irreparabilmente. Non gli era accanto più, ormai da sei anni, quel
raggio lieto di sole che era stata per lui e per tutti Alice Allgarten.

Nella desolata solitudine nulla più lo soccorse, ed egli che era stato

inesausto datore di vita, diede a se stesso la morte. .
L’animo di Catone che rifiutò la vita per la vittoria di Cesare
sulla libera Roma, era grande — riconosce il filosofo — ma non abba-

stanza — egli ammonisce — perché non seppe sopravvivere a Roma,:

| cioè a un valore grande ma inferiore all'infinito che è nello spirito
dell’uomo. Ma il Barone Franchetti non volle morire, cioè non scelse
meditatamente tra il vivere e il morire. Nella stretta del dolore quella
sua possente volontà che era stata così lungamente e variamente fe-

conda di bene, cessò improvvisamente di battere, onde la sua vita:
non parve rifiutata bensi donata alla riscossa dei suoi concittadini.

Disse, infatti, Giovanni Rosaldi nel 1918 che egli era caduto: «nelle
retrovie della guerra, come il soldato a cui scatta gina micidiale
nel fremito dell’ansia disperata ». i MOT
Leopoldo Franchetti è stato per la sua vita e per il suo pensiero,
per la sostanza degli ideali da cui l’una e l’altro sono stati illuminati,
un uomo del Risorgimento vissuto nel primo periodo dell’Italia unita,
animato perciò dalla passione di quell’età generosa ma ombrato dalla
tristezza delle illusioni cadute dinanzi alla realtà tanto diversa da
quella vagheggiata e sognata. Egli non soggiacque alla tentazione dello
scetticismo, né accettò comunque di abbandonare l’alpestre altezza

dei suoi ideali. Il senso non rallegrante della realtà gli fu sprone ad

un’attività più intensa ed infaticabile che mai tuttavia fu disgiunta
dall’illuminante e armonizzante pensiero.

Come cittadino e uomo politico dedicò la sua maggiore e più
costante attività al problema agricolo e a quello coloniale, l'uno e
l’altro considerando come gli aspetti di un unico problema, relativo
‘alla condizione delle plebi rurali, il ceto più numeroso e più bisognoso
del nostro popolo, e, perció — egli diceva — l'elemento piü determi-
nante della grandezza e della forza dell'Italia. Leopoldo Franchetti
miró e operó al fine di portare le plebi agricole nella vita attiva del

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‘sulla coltivazione razionale del suolo e più sullo sfruttamento del con-

‘con l'esempio quali fossero i doveri di ogni cittadino in questa vasta

174 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

Paese facendo di ogni contadino un uomo degno e un cittadino re-
sponsabile. Nel 1913 salutò il suffragio universale come la speranza
di un grande progresso, che doveva essere costituito appunto dalla
solidale partecipazione delle moltitudini rurali alla vita nazionale.
Egli agì con perseveranza e chiaroveggenza per preparare da lungi
questo progresso.

Fu favorevole all’espansione coloniale per procurar sedi di più ;
fecondo lavoro ai nostri contadini ammassati sul territorio nazionale
ristretto o sterile. Non fu agitato da sogni di grandezza ma animato
dall'ansia umana di aprire il varco alla redenzione sociale dei suoi
concittadini più poveri. La stessa ansia ispirò gli sforzi che dedicò al
risorgimento agrario in patria.

Egli partì dalla constatazione di un’agricoltura fondata meno

tadino, e si propose di capovolgerla avendo tuttavia ben presente che
questo capovolgimento esigeva operazioni diverse, rientranti, alcune, |
nella competenza dello Stato e delle associazioni volontarie, e le altre
nella competenza dei singoli privati. Per sé scelse non solo il com-
pito di diffondere questa consapevolezza ma altresì quello di mostrare |

impresa civile. Perció fu colonizzatore di terre e educatore di uomini
fornendo la prova che per rendere piü fruttifero il suolo non basta
modificare i contratti, mutare i metodi e accrescere i mezzi ma oc-
corre trasformare l'uomo che osserva i contratti applica i metodi e
adopera i mezzi, cioé preparare e maturare il contadino alla sua nuova
posizione sulla terra e nella società, senza di che contratti, metodi e
mezzi sono destinati a rimaner sterili.

Egli fu favorevole all'istituto della piecola proprietà coltivatrice
e quésto favore volle incontestabilmente attestare con il suo legato,
intendendolo e preferendolo come la forma di più fecondo legame tra
l'uomo e la terra, per il Mezzogiorno d'Italia, che fu al centro delle
sue preoccupazioni, ne uni sempre la difesa al postulato di una vasta
azione preparatrice dello Stato intesa a creare le condizioni necessa-
rie per la sua efficacia, condizioni coincidenti con quelle stesse della
vita civile.

Leopoldo Franchetti agì sempre in vista del promovimento: di
questa vita per tutti gli italiani, Egli pensava che erano troppi coloro
cui il nostro Risorgimento politico non aveva portato che maggiori
aggravi. Era certo che l'azione di rivolgimenti violenti non poteva
che recar danno, ma consapevole del fascino che esercitano sugli sven-
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 175

turati le vaghe speranze dell’avvenire sentì e compì il dovere di la-
vorare al fine di rendere tutti partecipi dei benefizi della libertà e
dell’indipendenza recuperate. Questo dovere — egli precisò — spetta
sopratutto alle classi abbienti. « Il possesso dei beni non è in un paese
libero fonte di privilegi ma di doveri e costituisce un ufficio pubblico.
La missione delle classi abbienti è missione ad un tempo di lavoro e
di amore... Le classi agiate — egli aggiunse parlando a Perugia nel
1882 — hanno verso l’Italia un sacro debito per questo benefizio di vita
libera che essa loro assicura, e che sono le prime a godere. Il loro
posto è il primo ai pericoli, alle fatiche, ai sacrifizi. » A questi concetti
egli rimase personalmente fedele in ogni momento della sua vita.
Leopoldo Franchetti dimostrò con le opere di essere veramente sem-
pre primo ai pericoli, alle fatiche, ai sacrifizi. Purtroppo il suo esem-
pio non fu largamente seguito, e perciò, come egli previde, i conflitti
sociali in Italia dovevano essere gravemente inaspriti dall’odio.
La vita e le opere di Leopoldo Franchetti per i sacrifizi di cui fu-
rono il risultato, per le doti di ingegno e di cuore che vi rifulsero e
per il bene che produssero e promossero, furono, sono e saranno sem-
pre ammirate e lodate. Pure in questi tempi e in quelli prevedibili,
già tanto diversi dal tempo in cui quella vita si svolse e quelle opere
fiorirono, l’una e le altre sono e saranno additabili ai giovani come
esempio di civica devozione di fervore intellettuale e di umana nobiltà.

C'é tuttavia nella figura complessiva dell'uomo qualcosa che resiste

all'adesione dei posteri ammirati, qualcosa per cui questa maestosa
figura sembra isolarsi in un segreto inaccessibile che la sottrae all'at-
fetto pieno e incondizionato.

‘Qualcuno ha accennato alla sua nativa selvaggia fierezza riflessa
nella sua stessa figura fisica, e all’asprezza della sua polemica. Gio-
vanni Rosadi ha detto di lui che « non riempì di sé tutta intera la sa-
goma della sua figura », quale era tracciata dalla sua preparazione,
dal suo ingegno e dalle sue aspirazione e che rimase « sempre d’una
linea al di sotto del successo e della piena fortuna ». « Mancava qual-
che cosa in lui per essere un trionfatore ». Che cosa ? Il fascino ester-
no ? La seduzione della parola ? L’arte di fare amare la verità ? Op-
pure gli sopravanzava qualche cosa: l’eccesso di analisi e di precisione,
l’insistenza grave nel disegno simmetrico d’ogni sua impresa ? Il Ro-
sadi pur non escludendo il peso dei difetti sembra ritenere che l’incom-
piutezza del Franchetti sia dipesa dal suo eccesso di misura e di ana-
lisi. Bisogna riconoscere che veramente fu in lui prevalente l’aspetto
classicamente composto e previggente a danno degli impulsi e degli

yer ftt eee n

176 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

impeti romantici. Ma con ciò non è ancora determinata la causa ori-
ginaria di quella sua irriducibile solitudine.

In verità Leopoldo Franchetti fu l’uomo del dovere, il vindice
della giustizia, il soccorritore del bisogno. Alla sua umanità così ricca
ed alta mancò la nota della francescana letizia. Perciò la sua vita si

integró provvidenzialmente in quella di Alice, e a noi ritorna nel ri-
cordo, sulle ali del puro spirito della consorte che fu tutta letizia di .
amare. | |

E stato detto che Leopoldo fu la volontà e Alice l'amore. Ma che
cosa è l'amore senza la volontà ? È più esatto dire che Leopoldo Frau-
chetti fu ombrato dalla tristezza che sempre vela nelle sue algide al-

titudini il puro dovere e che Alice Franchetti vinse anche questa
ombra sparendo nell'onda dell'amore che é gioia di sé.

Ha detto Sant'Agostino che «c'è un... amore... di benevolenza
che ci porta... a favorire quelli che noi amiamo. Ma se non c’è niente
in cui possiamo favorirli ? Da sola la benevolenza contenta chi ama...
Tu dai del pane a chi ha fame, ma meglio sarebbe che nessuno avesse
fame e che tu non dessi a nessuno. Tu vesti chi è nudo: magari fos-
sero tutti vestiti, e non ci fosse tale estremità... Tu metti d'accordo
le parti in lite: regni finalmente la pace eterna in cui nessuno è in di-
saccordo. Tutti questi servizi, difatti, rispondono a delle necessità.
Sopprimi gli infelici, saranno finite le opere di misericordia. Saranno
finite le opere di misericordia: si spegnerà dunque il fuoco dell'amore ?
L'amore che porti a un essere felice, che non puoi favorire in UP
è più autentico, quest'amore sarà più puro e ben più franco ».

Orbene, Alice Franchetti ebbe il dono di questa grazia celestiale?
di poter giungere, oltre la misericordia nella sfera dell'àmore pago di
se che è sorgente di perfetta letizia.

La sua vita non è comprensibile e non può essere descritta senza
quella di Leopoldo, ma questa abbandona la sua gravità ed esce dal
suo isolamento solo per compiersi nella vita di Alice, che raccoglie
l'eredità di entrambi per farne una nota inconfondibile aggiunta al
poema dell'eterno ed infinito amore. ;

SALVATORE VALITUTTI
LE ACCADEMIE LETTERARIE IN FOLIGNO
DURANTE IL SECOLO XVIII

Erudizione e poesia, le due passioni della società colta del se-
colo xvii non mancarono di avere nella Foligno settecentesca cul-
tori appassionati e intelligenti. Poco ci interessa la loro attività poe-
tica, ma la loro produzione erudita è tale da meritare il nostro ri-
cordo.

- Gli eruditi Folignati del Settecento, pur nella modestia di un'ope-
ra puramente locale e non molto vasta, non sono indegni di essere
menzionati oggi nella storia del vasto movimento che si onora dei

nomi di un Muratori, di un Garampi, di un Tiraboschi, così come -

alcuni di questi grandi non disdegnarono allora di entrare in rela-
zione epistolare con essi e di giovarsi della loro collaborazione.

La passione erudita di alcuni uomini, laici ed ecclesiastici, la
munifica protezione delle famiglie patrizie trovarono il loro punto di
incontro nelle Accademie che nel secolo xvui fiorirono in Foligno.
La storia di queste Accademie è la storia della cultura folignate nel
Settecento. Impossibile parlare dei singoli eruditi e della loro attività
prescindendo da questi cenacoli dove il sapere si comunicava e diffon-
deva, dove sorgevano le idee, dove, con il coordinarsi delle forze, si
realizzavano opere che i singoli non. avrebbero potuto: Rondurre a
compimento.

La storia delle Actademie folignati, è quasi ricostruita grazie
agli studi di Michele Faloci Pulignani, (1) di Enrico Filippini (2), di

(1) Ctr. Vita di Sigismondo De Comitibus da Foligno scritta dall’abb, Men-
gozzi, Perugia, 1907; Maria Battista Vitelleschi, poetessa di Foligno del sec. X VIII,
«Perugia, 1913.

(2) Cfr. Il Quadriregio ed il suo autore in alcune lettere del Muratori,
in « Gazzetta di Foligno », 4 e 11 maggio 1904; L'Istituzione dell’ Arcadia in
Foligno, in « Gazzetta di Foligno », 2, 9 e 16 ottobre 1909; Un'accademia Um-
bra del primo Settecento e l'Opera sua principale, voll. 2, Perugia 1911/13;

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178 SECONDO CONVEGNO STORICO : UMBRO

Angelo Messini (1) e di Gaetano Gasperoni (2). Un arricchimento
delle conoscenze attuali potrebbero forse procurarcelo lo spoglio
di alcuni epistolari inediti del Settecento: lavoro improbo, con limi-
tate speranze di successo.

L'ACCADEMIA DEI RINVIGORITI

. Dopo le varie Accademie dei Fulgenti, dei Fantastici, dei Riti-
rati, degli Ardenti e degli Incogniti (3), che durante il secolo xvII
in Foligno avevano prosperato più o meno a lungo e felicemente, la
prima Accademia che vediamo sorgere nel secolo xvin è quella dei
Rinvigoriti. L'idea di questa nuova Accademia sembra debba ascri-
versi a Gio. Battista Boccolini (1675 — 1728) nato a Camporotondo
e venuto a Foligno nel 1706 come professore di eloquenza; ma fin dal-
l’inizio gli troviamo accanto validissimi collaboratori i folignati Giu-
stiniano Pagliarini (1667 — 1740) e Antonio Barugi (1684-1718).

L'atto di nascita dell’Accademia va segnato nel 1707. Un breve
statuto di dodici articoli determinò quanto si riferiva alle cariche;
agli obblighi degli Accademici, alle attività da svolgersi. Per quel
che riguarda le attività di particolare interesse è l’art. X. « Che si
faccino due Accademie l’anno in forma pubblica, in una delle quali
si tenga discorso in esposizione di qualche passo del Quadriregio o
d'altri componimenti, e nell’altra ad arbitrio. E che gli Accademici
si adunino in privata funzione almeno quattro volte l'anno, per trat-
tarvi di materie erudite fra loro sopra quelle cose, che prefiggerà il
Principe ». È da rilevare l'attenzione che fin dall'inizio l'Accademia
dedicó al poema del folignate Federico Frezzi; per il resto il programma
dei Rinvigoriti, non ha grandi pretese. Principe dell'Accademia ri-

sultó eletto il Pagliarini, Segretario il: Barugi. X
- Ben poco sappiamo sui primi tre o quattro anni di vita dell'Ac-

Giustiniano Pagliarini e la Storia di Sigismondo dei Conti, in « Bibliofilia »,
anno XLI (1938), pagg. 177-204; Per un illustre Folignate del secolo XVIII,
in « Foligno », an. III, n. 11 (15 maggio 1940), pagg. 155-158. i

(1) L'Accademia Fulginia é e altre Associazioni culturali sorte in Foligno
nella seconda metà del sec. XVIII, Foligno, 1932.

(2) Movimento culturale Umbro nel sec. XVIII, Perugia 1940 (estratto
dal « «Bollettino della R. Deputazione di Storia Patria dell'Umbria », vol
XXXVII).

(3) Su queste Accademie: Cfr. S. FursHNuDE Cio, Le Acenta di
«Foligno, in.« Fulginia », Strenna per il 1900, Foligno, 1900, pagg. 10, segg. -
SECONDO CONVEGNO :STORICO UMBRO 179

cademia. Nel 1711 si verificavano avvenimenti di rilievo: l'aggrega-
zione. del primo socio straniero nella persona del dotto camaldolese
Don Pietro Canneti, il fondatore della biblioteca Classense; la deli-
berazione di curare la ristampa del Quadriregio di Federico Frezzi;
l'inizio delle relazioni epistolari con L. A. Muratori; la pubblicazione
delle rime di Petronio Barbati gentiluomo Folignate del secolo xvi.
Questa edizione, primizia delle fatiche erudite. dei Rinvigoriti, fu am-
piamente lodata da Apostolo Zeno in una lunga recensione sul « Gior-
nale dei Letterati d'Italia » (1).

.Nel 1712 i Rinvigoriti progettavano la pubblicazione delle « Hi-
storiae suorum temporum ab anno 1475 ad 1510 » dell'umanista fo-
lignate Sigismondo De Comitibus. Purtroppo l'Accademia non riusci
nè allora né in seguito a realizzare l'importante disegno. Ma proprio
in quegli anni veniva maturando un'altra lodevolissima opera, l'edi-
zione degli scritti della.Beata Angela da Foligno. Curata dal Bocco-
lini, l'edizione vide-la luce nel 1714 e riuscì degna dell'amore che i
Rinvigoriti nutrivano per colei che si erano scelta come Celeste Pa-
trona. Il Faloci Pulignani non esita a chiamarla « edizione Principe »
e «la migliore di tutte »le 48 stampe che si fecero della vita e della
opera della grande mistica Folignate (2).

In mezzo a cosi nobile e intensa attivitá scientifica, gli accade-
mici non mancarono di indulgere ai gusti del tempo indicendo pub-
bliche accademie nelle quali potessero sfoggiare, in mezzo ad un pub-
blico raffinato e splendente, le loro virtù poetiche..Solennissima fu
l'Accademia con la quale i Rinvigoriti nel 1715 celebrarono l'aggre-
gazione della Principessa Donna Teresa Grillo-Panfili; 25 composi-
zioni poetiche celebrarono su tutti i metri le sue virtù. Onori e lodi
si rinnovarono l'anno seguente, nell'adunanza del 26 ottobre. Un so-
netto della Principessa sulla speranza costituì l’argomento preferito
degli oratori e dei poeti; il Pagliarini lo commentò nel discorso di
apertura, il Boccolini ne fece una parafrasi poetica, in una serie di
14 sonetti.

Intanto le file degli accademici si erano venute ingrossando.
Un Catalogo del 1719 (3) registra tra Folignati e non Folignati, tra

(1) Cfr. Vol. XXI, pagg. 154- 163.

(2) Cfr. Saggio Bibliografico sulla vita e sugli opuscoli della Beata Angela
da Foligno, Foligno, 1889; pagg. 39.

(3) Catalogo de’ Signori Accademici Rinvigoriti di Foligno dal riapri--
mento dell' Accademia a di 25 novembre dell'anno 1707, Foligno, 1719.

afa AC
Medit p 7m

180 '" SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO:

Umbri e non Umbri, tra uomini e donne 125 soci; 152 ne registra
il Catalogo inserito nel 1725 nel primo volume del Quadriregio. Non
mancano nomi di scienziati e letterati di valore quali il Muratori, il
Crescimbeni, il LI il Salvini, Apostolo Zeno, Scipione Mat

fei ed altri...
Il passare degli anni non faceva dimenticare ‘ai Rinvigoriti,

quello che fin dalla fondazione dell’Accademia era stato il loro in-
tento principale: lo studio del poema frezziano. Abbiamo veduto come

nel 1711 essi ne decidessero la ristampa. La notizia di questa deci-

sione diffusasi negli ambienti letterari italiani vi aveva creato una
aspettazione curiosa e impaziente. L'onore dei Rinvigoriti era impe-
gnato. Il lavoro non era facile. C'era anzitutto da risolvere la questione
della paternità del Poema, questione spinosa non tanto per difficoltà

intrinseche, quanto per interessate reazioni da parte di alcuni eru-

diti (1). Bisognava poi stabilire un buon testo, giacché non si voleva
fare una semplice ristampa di scorrette edizioni precedenti, ma ritor-
nare all'originale nella sua purezza e integrità. Né questo bastava;

era necessario per di più fornire il testo di note dichiarative che -

ne facilitassero la lettura. Non bisogna infine dimenticare le spe-
se piuttosto gravose che la ristampa avrebbe comportato. Il promo-
tore principale di un lavoro cosi vasto fu il Pagliarini. Suoi intimi
collaboratori furono il Padre Canneti, il Boccolini, e l’Agostiniano
Angelo Artegiani, altro. Rinvigorito. Questi devono essere conside-
rati i veri editori del poema. Attorno ad essi si muovono parecchie
altre figure di studiosi italiani che con i loro consigli, con la segna-
lazione di notizie, con il procurare libri e manoscritti necessari, con-
tribuirono all'edizione del Quadriregio. La quale edizione costó preoc-

cupazioni, contrasti e sconforti non lievi sopratutto al Pagliarini.

Tante fatiche vennero finalmente coronate dal più lusinghiero suc-
cesso. Alla fine del 1724 (la stampa porta la data del 1723) usciva
la « Dissertazione Apologetica » con la quale il Canneti rivendicava

. al Frezzi la paternità del Quadriregio. Fu un trionfo. I dotti d'Italia

accettarono: le conclusioni del Canneti, gli stessi avversari si ricre-
dettero. L'anno appresso uscì il poema. L'edizione risultò di due

(1) Il Bolognese Ovidio Montalbani (Cfr. Vocabolista..Bolognese, Bologna,

‘1660) aveva attribuito il quadriregio al Bolognese Niccolò Malpigli. Altri

eruditi tra cui il Muratori ed il Martelli, si erano dimostrati dello stesso parere.
Alcuni letterati Bolognesi erano decisi a sostenere a spada tratta la paternità
malpigliana del Quadriregio. i ,

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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO |. 181

volumi; nel primo il testo, nel secondo trovarono posto le « Anno-
tazioni » dell'Artegiani, le. « Osservazioni Istoriche » del Pagliarini e
le «Dichiarazioni di alcuni voci» del Boccolini. Anche questa edi
zione riscosse il plauso generale.

La ristampa del Quadriregio sembrò avere esaurito le forze degli

‘Accademici Folignati. Lo dimostrò il naufragio cui andò incontro il |

rinnovato progetto del Pagliarini di dare alle stampe la storia di

Sigismondo De Comitibus. Alla stanchezza degli accademici, si ag-
giunsero i lutti. Il. Barugi era già morto nel 1718; nel 1725 moriva

la gentile poetessa Folignate Maria Battista Vitelleschi, nel 1728

veniva meno il Boccolini, nel 1730 il Canneti. Il Pagliarini soprav-

visse alcuni anni sempre disposto al lavoro, nonostante la tarda età
e la salute scossa, ma oramai non era piü efficacemente coadiuvato
da alcuno; l'Accademia languiva nell'inerzia. La sua morte avvenuta
nel 1740 segnò contemporaneamente la fine della gloriosa istituzione
che tanto aveva contribuito allo studio e all'illustrazione delle memorie
patrie.

L'ARCADIA

Nel 1717 fu costituita in Foligno una colonia dell'Arcadia. Ispi-
ratore ne fu G.B. Boccolini, già pastore arcade col nome di Etolo
Silleneo. L'inaugurazione fu compiuta nel luglio 1718 con una solenne
adunanza che si svolse nel giardino del pastore Cav. Claudio Gigli-
Bolognini-Flavi. La colonia composta di un vice custode e di dodici
pastori fu chiamata « Colonia Fulginia » ed ebbe come impresa una
luna crescente con il motto « Fraterno lumine ». La sua esistenza tut-
tavia non brilló di eccessivo splendore.

L'ACCADEMIA DEGLI AGITATI

L'esistenza di una Accademia degli Agitati in Foligno ci è espli-
citamente attestata dal Boccolini (1). Ben poche sono le notizie per-
venuteci sulla vita, sulle attività e sui membri di questa Accademia.
Molto probabilmente fu costituita nel 1720. Una stampa del 1721
contenente una raccolta poetica per la monacazione della signorina
Tecla Maddalena Vitelleschi ci fa conoscere il nome di tredici accade-
mici in gran parte folignati. Da un diploma di aggregazione Apprela

(1) Cfr. Il Quadriregio di Federico Frezzi, Foligno, Campana, 1725, vol.:

II, pag. 334.
fette gio — rar

182 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

diamo l’impresa: una nave agitata dai flutti con il motto « Commota
resistit ». Il Boccolini, nel passo che abbiamo ricordato, afferma che
l'Accademia degli Agitati, « valorosamente » promuoveva «lo studio
dei sacri concili, », ma di questo studio non ci é rimasta alcuna traccia.
il Di un'altra attività, veramente assai poco ledevole, ci è invece ri-
il masto sicuro ricordo: di una guerra sorda e spietata contro i Rinvi-
goriti. Ne troviamo un’eco triste e dolorosa in una lettera del Bocco-
lini al Canneti in data 20 settembre 1723. Il-ritardo nella stampa del
Quadriregio offriva agli avversari occasione di riso e di scherno. « Mi -
sono ridotto, dice il Boccolini, a non uscire più di casa e andarmene
? alla scuola per via coperta per non aver da soffrire tutto il giorno
il rossor sulla faccia ne’ rimproveri dati su questa edizione compita
con trionfo dei maligni che ne fanno pubbliche risate. La P.V. Re.ma
ill è bene informata che qua tuttavia sussiste un'Accademia ben assi-
| stita dall'Em.mo Albani, tutta intenta a bersagliare la nostra ». Se la
i : decadenza dell'Accademia rivale sembró dare vigore agli Agitali,
| . ]a sua morte invece la condusse ad una rapida fine, come se fosse ve-
nuta meno per loro ogni ragion d'essere.

|
ai Ul
4l | B : | | : L'AccADEMIA FULGINIA |

Assopite ormai con il passare degli anni, le vecchie rivalità si
iù a manifestò il desiderio di veder sorgere una nuova accademia, nella
T quale i migliori ingegni superstiti, ed altri che nel frattempo si erano
affermati rinnovassero le glorie letterarie dei Rinvigoriti. « L'iniziativa
" pare che partisse dal cav. Giustiniano Vitelleschi, il quale, il 12 agosto
I 1759 convocó nel proprio palazzo 12 concittadini, parte ecclesiastici
i . e parte laici per uno scambio di idee » (1). L'adunanza sorti il suo
effetto. L'Accademia ebbe il suo nome, Fulginia; la sua impresa,
«larma stessa della città di Foligno, sormontata dalle insegne di
Minerva, l'elmo, cioé, con le code di cavallo, l'asta e lo scudo con la
Gorgone, d'intorno alla qual’arma leggesi: « Viri Academiae Fulgi-
I 8 niae conservandae » (2); ebbe le sue leggi, in 24 articoli molto pre-
cisi e quasi meticolosi. L'art. 16 dice: « Che in tutte le Accademie
É preceda gli altri componimenti la dissertazione sempre riguardante
T cosa erudita ad arbitrio del dicitore, eccetto là quarta ed ultima,
| la quale dovrà mai sempre trattare d'un qualche punto istorico il-

(1) Cfr. A. MessINI;. L'Accademia Fulginia, ecc., pag. 3. . .'
(2) Ib., pag. 14, n. 2. 2
SECONDO: CONVEGNO. STORICO. UMBRO 183

lustrante la Patria; e tutti gli Accademici avranno l'obbligo di: coa-
diuvare con le loro notizie colui che dovrà parlare nella medesima ».
Là lettura di componimenti poetici é permessa solo in secondo Mosa
e in numero limitato, come specifica l'art, XX:

Alla serietà degli intenti ed: alla bontà dei programmi non cor-
rispose purtroppo un'adeguata abbondanza di frutti. L'investigazione
e l’illustrazione delle patrie memorie sì ridusse a ben poca cosa. Si
stabili un piano di lavoro per la ricerca di materiali archeologici, ma
tutto finì nella rimozione dei marmi dal Palazzo Apostolico (palazzo
Trinci) al palazzo Comunale. Fu decisa la pubblicazione delle « Hi- -
storiae suorum temporum » di Sigismondo De Comitibus, ma nono-
stante che i lavori preparatori fossero stati condotti a termine, la
storia Sigismondiana non riuscì a vedere la luce.

Con il 1765 anche le tornate Accademiche cominciarono a non es-
sere tenute più regolarmente. In mezzo a continui alti e bassi si giunse
alla vigilia dell'invasione Francese. Il 2 gennaio 1797 fu tenuta una
adunanza dopo della quale della Fulginia non si parlò più. L'Acca-
demia risorse nel 1809, continuò sotto il restaurato governo Pon-
tificio e chiuse definitivamente i suoi giorni nel 1831.

LA « RESPUBLICA LITTERARIA UMBRORUM »

Erano trascorsi pochi mesi dalla nascita dell’Accademia Fulgi-
nia, quando in Foligno veniva varata una nuova Accademia. Ideatore
e promotore ne fu Alessandro Barnabò (1715-1779) «uno degli uo-
mini più cospicui per ricchezza d’ingegno che siano vissuti in Foligno
nel secolo xviri » (1). La nuova Accademia non doveva essere sullo
stampo delle numerosissime che in quell'epoca inondavano le città
d’Italia «non ad altro per lo più dirette se non a procurare a’ Let-
terati, che le costituiscono, con la recita di vari sonetti e canzoni, una
lode di poca durevolezza ed agli altri un diletto di nessun frutto » (2).
Ispirandosi ad un’idea di L.A. Muratori, il Barnabò intendeva costi-
tuire una specie di Federazione dei migliori ingegni Umbri che, me-
diante « un erudito commercio » cooperassero « all'avanzamento delle
Scienze e delle Arti Liberali » (3); di qui il nome di « Respublica
Litteraria Umbrorum ».

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LOB. oe II

(1) Ib., pag. 57.
(2) Dal discorso programmatico del Barnabo,, Ib., pag. 59.
(3) Ib., pag. 60.
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184 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

La nuova Accademia, fu costituita, ma fallì al suo scopo. Le
città Umbre non presero sul serio l’istituzione e non cooperarono al
suo funzionamento, e tutto si ridusse alle consuete adunanze accade-
miche. L’unica pubblicazione, tra le poche curate dalla Respublica
Litteraria, degna di considerazione è la nuova edizione delle Sinodo
Battistelli, in due volumi (1). Dopo la scomparsa del fondatore,
Alessandro Barnabò (aprile 1779) la repubblica non dette più al- È
cun segno di vita. : ge i Heus
D. FrancEScO CONTI

| (1) Foligno, Fofi, 1763.
NOTIZIE STORICHE

‘SULLE BOLADENIS DI CULTURA IN TERNI ;

Sia per insufficienza di mie ricerche che per scarsezza di documen-
tazioni rimaste a ricordo del passato, poche traccie mi è stato con-
sentito di rinvenire dell’attività di veri e propri istituti di cultura
in Terni nei secoli passati. All’infuori delle pubbliche scuole, che hanno
una tradizione. assai remota e di cui non può tacersi l’efficace riordi-
namento avvenuto nel 1804, onde, migliorata la scuola di Umanità,
fu provveduto in modo più egregio all'andamento del Liceo nel quale
furono istituite una cattedra di Teologia dommatica, una per la Mo-
rale, una per la Filosofia, una per l’Eloquenza, — all’infuori dunque
delle scuole vere e proprie, poco si conosce circa l’attività svolta da
istituti tipici di cultura a carattere cittadino. — Sebbene alla fonda-
zione della Accademia dei Lincei partecipasse il celebre naturalista
- ternano Anastasio De Filis non sembra che qui in Terni essa Accade-
mia abbia operato: né é stato possibile documentarsi sull'esistenza
o meno dell'Arcadia.

Risulta peró tutt'altro che nulla l'attività culturale della nostra
città: ché infatti si trovano nelle raccolte degli atti comunali accenni
a più d'una Accademia: a quella degli Ardenti, all'altra dei Costan-

ti o dei Nobili ed infine alla reincarnazione della seconda e cioè al-

l'Aecademia Interamnate di Lettere Scienze ed Arti.

Come vedremo, gli episodi visibili della vita delle nostre Accademie
e particolarmente della prima, sono per lo più collegati al teatro: ma
ció non toglie ad esse carattere culturale quando il teatro venga con-
siderato, come ai tempi di cui parleremo, quale mezzo potente di
istruzione e di educazione oltre che di onesto divertimento. La piü
parte delle notizie raccolte provengono dal Silvestri, il diligente sto-
rico che nel secolo scorso ha pubblicato in accurato compendio tutto
ció che le antiche Riformanze comunali rivelavano della vita citta-
dina (Collezione delle memorie storiche tratte dai protocolli delle. an-
tiche riformanze della città di Terni dal 1357 al 1816, Rieti Trinchi
1856). E come in questa esposizione si seguirà, connettendola,

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186 SECONDO CONVEGNO STORICO UMRBO

la documentazione ch'egli dà via via, cosi mi sembra giusto seguire
il Silvestri anche nella sua opinione di rintracciare un origine dell'at-
tività accademica, di cui si verrà discorrendo, in un disegno di rap-
presentazione profilatosi qui a Terni sul finire del '500. Rappresen-
tazione di cui si ha notizia e che non sarà certo stata la prima, dato
che è da credersi altre rapppresentazioni abbiano accompagnato
i festeggiamenti popolari | in uso, e dei quali é traccia nelle corse di
cavalli con premio, del 23 aprile 1427, e nel regolamento delle corse
stesse fatto nel 1482 per il pubblico spettacolo nella grande fiera di
S. Paolo poi trasferita a Ponte Romano.

Per fermarci dunque alla rappresentazione citata, essa fu cau-

sata dalla visita di un pontefice. Il Card. Ugo Boncompagni, salito
al soglio pontificio come Gregorio XIII nel 1572 succedendo a Pio
V, noto per aver eseguito molte opere pubbliche ed aver restaurato

e munito di mura Ancona spendendo circa un milione e mezzo, a .

quei tempi un vero e proprio tesoro, non avrebbe dovuto essere par-
ticolarmente caro ai Ternani abbienti, in quanto non solo la città
era stata chiamata a contribuire all'ingentissima spesa anzidetta,
ma inoltre un suo passaggio da Terni nel 1575 era stato motivo al
Comune per imporre nuovi balzelli onde poter mostrare compiuti, al
Pontefice, i lavori di restauro del ponte detto Romano sul Nera:
tale nuova tassa fu applicata esigendosi un grosso a fuoco, o fami-
glia (quali lontane origini etimologiche e pratiche ha il nostro ri-
stabilito focatico !) e destinandosi i due terzi del ricavato a detto
ponte e un terzo al restauro di quello sul Serra.

Ma poichè forse altre paterne cure del Pontefice avevano: con-
solidato verso di lui la benevolenza dei sudditi, il 7 aprile 1584, in
occasione di altro suo passaggio da Terni, il Comune si trovò a deci-
dere sulla petizione di taluni studenti del liceo ternano i quali vole-
vano festeggiare l'avvenimento con un trattenimento serale in onore
dell'Ospite Augusto. I giovani avevano raccolto solo quaranta scudi
e li avevan depositati nelle mani del Cancelliere Municipale: ma sa-
pevano che tale somma non sarebbe stata sufficiente per le spese
ingenti ch'essi prevedevano « per li grandi misteri che vi hanno: come
discendere cori d'Angeli dal cielo et portarsene l'anima delle Sante:
ritornare et pigliare il corpo et portarlo sul monte: tagliar teste, ab-
bracciamento de' Santi, suoni, teatro, sedie imperiali et molte altre
cose » Il Consiglio accordò un sussidio di 20 scudi sui 25 o 30 richie-
sti, ma non si sa se la rappresentazione avvenisse: di li a non molto,
il 10 aprile 1585, Gregorio XIII moriva e gli succedeva Sisto V.

so
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO ; j 187

Ora non è difficile ammettere, analogamente al Silvestri, che

questa iniziativa di sacra rappresentazione fosse in certo modo l’o-
rigine di una istituzione più stabile, perchè il 7 giugno 1602 il Con-
siglio di Credenza accordava un sussidio ad una Accademia di lettere
e belle arti intitolata degli Ardenti, la quale aveva implorato tale sus-
sidio per le spese delle proprie riunioni letterarie: e nel 1609, il 19
luglio, la stessa Accademia ebbe dal Comune altro sussidio per le
spese cui andava incontro per dare la rappresentazione di una tra-
gedia di S. Giovanni Decollato. Le Riformanze tacciono sulla vita
dell’Accademia: ma ci rivelano ch'essa era ancor viva dopo sessan-
tatrè anni, perchè una deliberazione municipale del 31 gennaio 1672
con voto unanime accorda un sussidio alla detta Accademia degli
Ardenti per le sue adunanze letterarie e concede inoltre, a tale scopo,
alla stessa, anche il locale « decentemente approntato » in una stanza
terrena del Palazzo Priorale che serviva alla scuola pubblica di Gram-
matica e Umanità. Quale fosse l’attività letteraria propriamente
detta dei nostri accademici non ci è dato conoscere, nè come l'asso-
ciazione stessa poi si estinguesse — o si trasformasse.

Certo è che dopo altri sessanta anni, il 17 maggio 1732 fu suit
posta al Consiglio Municipale un’offerta del Corpo Accademico di
un’Accademia de’ Costanti in merito alla cessione del proprio Teatro.
E mentre è da rilevarsi che il Cerquetelli nel suo volume su 7l vec-
chio teatro di Terni (Terni 1932) dà notizia che nel 1708 si rappre-
sentò presso la Basilica di S. Valentino, il venerato patrono Ternano,
il primo Oratorio dal titolo «Li trionfi di S. Valentino », poesia di
V. Mazzitelli, musica del M. Giovan Battista Fonduti da Gubbio,
il Silvestri riferisce, in relazione all’anzidetta offerta del 1732, che da
tempo esisteva a Terni un piccolo teatro «fatto molti e molti anni
«sono da alcuni particolari i quali a questo fine eressero un'Accademia
«intitolata de’ Costanti: pochissimo decoroso non solo per esser fatto
«all'antica ma più per aver le muraglia tutte rustiche, il pavimento
«di pura terra, la soffitta a tetto, et il contorno senza il necessario
«adornamento dei Palchetti» Il corpo Accademico nella propria of-
ferta rilevava: « da qui viene che sono quasi andate in disuso in que-
«sta Città le Commedie tanto necessarie per ben allevare la gioventù

cet per dare un qualche onesto divertimento. a tutto il popolo nel Car- ©

« nevale ». Se normalmente.i teatri sorsero in Italia, nella prima metà
del secolo decimosettimo, nei palazzi signorili, le compagnie di istrioni
davan rappresentazioni dove fosse: e generalmente solo nel secolo
decimottavo si cominciarono a fare teatri stabili per pubblici spetta-
nti nre TP — eee A

188 : SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

coli; ed é perció interessante rilevare che Terni, non ricca di vita cul-

turale vera e propria ma già centro operoso di commerci e di adu-
nanze, ravvisava la necessità di mettersi in linea con le altre città
e-migliorare il già fatto. I citati accademici desideravano far cessione

del loro locale al pubblico, appunto perchè. fosse migliorato — e si ^:
impegnavano a cederlo a modico prezzo ed a rate lasciando al Comune :

non solo la proprietà del locale ma anche il palco di fondo. Persuaso
dalla bontà dell'offerta, il. Comune chiese alla Saera Congregazione

del Buon Governo il permesso di acquistare e di essere autorizzato

ad antistare, sugli avanzi d'amministrazione esistenti (poi che sem-
bra che a quei beati tempi esistessero), 600 scudi per le opere di rifa-
cimento. La spesa sarebbe stata sanata con la vendita dei palchi
costruiti e sarebbe stata garantita intanto da alcuni facoltosi citta-

dini. Trasmessa dunque il 17 maggio 1732 la richiesta Comunale,

essa ottenne approvazione, e pertanto il 12 ottobre 1732 il Consiglio
Comunale si occupava ancora di dare sollecita attuazione alla cosa;
tenuto conto che, di fronte alla perizia giurata di 1108 scudi, il Corpo

Accademico riduceva le proprie pretese a soli 400 scudi compresi tutti .
gli accessori di tele, legname, panche del vecchio teatro, ed avrebbe

ceduto inoltre per basso prezzo la contigua casa Fadulfi già acqui-

stata per l'ampliamento. Secondo il Cerquetelli l'atto fu rogato il

5 settembre 1736 dal Cancelliere dei Priori: il teatro ebbe modesti
fregi del decoratore Giuseppe Aldobrandini, e nell'ottobre del 1745

era in istato di attività perché in tale data é emesso un Editto per

il, Regolamento che prescriveva ogni anno 2 opere in musica. Una
delle prime opere di cui resta traccia fu nel 1754 il «Farnace», musica
di un Maestro Perez che era a servizio del Re delle Due Sicilie e il
cui libretto, imitando i modi del Metastasio, fu stampato a Terni
dalla Tipografia Saluzi: in essa le parti delle due donne furono af-
fidate a uomini. Nulla si sa se l'Accademia dei Costanti abbia avuto
successiva ingerenza nella gestione del teatro (l'Editto regolamento ci-
tato non menziona affatto l' Accademia) o abbia presieduto al secondo
Oratorio che fu dato a Terni nel Duomo nel 1755 e fu l’«Isacco»
del Metastasio. Né se essa possa essersi trasformata in un'Accademia
dei Nobili, come parrebbe essendosi il teatro chiamato dei Nobili.
Da essa discesero quasi per certo quegli azionisti del Teatro dell'Ac-
demia dei Costanti che si raccolsero in Assemblea nel 1858 e che,
esistendo ormai dal 1840 il nuovo teatro eretto dal Poletti, decisero
il restauro del loro vecchio teatro (ribattezzato nel 1859 in Teatro

. Goldoni): da tale restauro si ottenne, (dice il Silvestri in un suo volu-

4t

Y
. trali essendo crollato il tetto con i bombardamenti: il locale sorgeva

. SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO EE 189

metto Storia contemporanea e statistica di Terni a tutto il 1858, che

costituisce in certo modo un’appendice alla raccolta delle Riformanze)
.« un bel locale con lubbione al posto del quarto ordine ». Di tale Tea-
tro fu decretata nel 1892 la demolizione: intorno al 1900 esso ancora
esisteva come magazzino del Comune, e si sa che tutte le opere»in-
terne erano in legno: successivamente fu adattato a Palestra : alcune
scene, fra cui quelle decorate dal perugino Baldini, furono ritirate dal
compianto Luigi Lanzi al Convitto presso S. Francesco del quale
egli era rettore. Dello stabile restano ormai solo alcune mura perime-

in Via Goldoni ed aveva la larghezza di una dozzina di metri e lun-
ghezza maggiore. Fronteggiava il bel palazzo cinquecentesco dei Fau-
stini ancor esso semidistrutto, nella strada che anticamente andava
dalla Chiesa di S. Nicolò in Viis Divisis, scomparsa, alla «Chiesa di
S. Caterina, i cui resti stanno per essere demoliti: era una strada
nella quale si allineavano vari palazzi signorili di buono stile, tali da
conferirle un certo carattere cui poteva non essere disdicevole il teatro.

Stante la oscurità sulle iniziative dell’Accademia dei Costanti
nulla è noto se isolati accademici fossero tra coloro che il 6 febbraio
1747 chiesero al Comune la istituzione di una Cappella Musicale con
un Maestro, un Basso,.un Tenore, un Soprano, un Contralto tra « cit-
| tadini senza soldo », un primo violino e due trombe o corni «da sti-
. pendiare tra i famigli del Comune »: la Cappella doveva servire gra-
tuitamente nelle feste dell'Assuuta e dei Santi patroni, e il primo
eletto fu un maestro Belloni da Osimo, mentre un gentiluomo venne
nominato Prefetto della Musica. Ma indubbiamente una qualche
influenza la Accademia stessa dovette avere, se non altro per elevare
il tono culturale cittadino, perchè, ad esempio, il 20 marzo 1773 il card.
Saverio Canale aveva stabilito per testamento che la sua biblioteca
fosse trasportata nell’avito palazzo. «a disposizione di tutti i virtuosi
della sua patria ».

Purtroppo questo nucleo di biblioteca pubblica andò disperso
perché il suo erede Conte Canale trattò nel 1805 di venderla al Co-
mune per scudi 300, e sebbene il « General Comizio » avesse accettato
- l'offerta per scudi 200 e deliberato l'istituzione, con essa, di una bi-
blioteca pubblica, i susseguenti avvenimenti o cittadini o politici
non permisero che la cosa si concludesse: cosi che quando intorno al
1860 si istitui in una sala del liceo la Biblioteca Pubblica nessuna trac-
cia vi era del fondo Canali. à

Ammesso dunque che l'Accademia dei Costanti dovesse avere

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190 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

avuto talune influenze sulla vita culturale cittadina, qualche traccia
più consistente della sua attività noi troviamo, sempre nel beneme-
rito Silvestri, nel secolo scorso: abbiamo già visto che nel 1804, nel
periodo napoleonico ancor rispettoso dello Stato della Chiesa, era
stato dato mano ad un efficace riordinamento delle scuole pubbliche.
Ora il 4 aprile 1805 si riordinó la Accademia dei Costanti « ora deno-
«minata Accademia Interamnate di Lettere scienze ed arti ». V'é una ri-
chiesta al Comune perchè «i signori professori di Alta Eloquenza e di,
« Filosofia han determinato di tenere nel prossimo mercoledi Santo sera
« un'accademia letteraria sulla passione di N. S. Gesù Cristo ». Fu data
a tal uopo la sala del Consiglio Comunale «illuminata a cera ». E il trat-
tenimento non fu isolato perchè, dice il Silvestri, « quei preclari istitu-
«tori incoraggiavano ed abilitavano i loro allievi a prendere parte in

«quelle ed altre successive palestre letterarie col titolo di Candidati ».

Tali notizie potrebbero far sembrare che l'accademia fosse ri-
dotta semplicemente a dar dei saggi meramente scolastici: ma non
pare ció fosse perché nell'altro citato studio del Silvestri questi an-
nota che l'Accademia decadde dopo il 1815 e fu riaperta nel. 1858
sotto la solenne tutela della Bolla Apostolica « Quod Divina Sapientia »
per incoraggiare e promuovere « produzioni in scritto sia in prosa che
«in versi, vuoi filologiche esercitazioni, filosofiche dommatiche e legali ».

Traspare dalle righe. del Silvestri un malinconico presentimento:
che l'Accademia stessa non potrà rifiorire per il progressivo staccarsi
dell'opinione pubblica da quanto promanasse, sia pure per atto di
buon.governo, da un'Autorità che non si voleva più riconoscere nel
canipo politico: come néssuno aveva apprezzato l'ulteriore riordina-
mento scolastico avvenuto nel 1844 e di cui si possiedono gli accurati

regolamenti, pochi e timorosi. codini potevano ora dar la propria

asini

opera al rifiorimento di un'istituzione culturale locale se questa ve-
. niva promossa da un centro verso il quale era venuto meno ogni re-
"| reverenza politica. E mancandomi, certo per mie troppo affrettate
|ricerche, ulteriori notizie circa la nostra Accademia, debbo ritenere
ch'essa si sia spenta per consunzione, non senza certo aver nel lungo
cammino giovato a diffondere l'amore e il gusto al bello, sia poetico
sia drammatico, ed aver tenuta viva in tempi oscuri, quella fiac-
cola degli studi che é la sola forse che oggi puó illuminarci affinché
nol si possa riprendere coscienza di quello che siamo come uomini
e come italiani e si riesca alfine a risorgere attraverso la ricostruzione
del carattere nazionale.
PIERO GRASSINI

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IL COLLEGIO VITALE ROSI DI SPELLO
NELLE SUE ORIGINI E NELLE SUE VICENDE

Salendo la via centrale di Spello, poco prima di raggiungere la
Piazza del Comune, a destra si nota una viuzza secondaria stretta e
tortuosa, come ordinariamente sono le molte altre vie che si dira-
mano lungo la città, con la scritta a calce scolorita e in parte scalfita:
Via del Seminario Vecchio. Appena oltrepassata tale viuzza si en-
tra nella parte orientale della piazza fiancheggiata da un. grande
edificio scolastico il di cui ingresso a pian terreno è sormontato con
ornamentazione. floreale settecentesca dalla dicitura: Seminarium
Felix-Hispelli. i;

Gli amatori delle borgate e delle nostre cittadine che conservano
il loro carattere medievale e molti anche dei concittadini che casual-
mente hanno modo di far incontrare il loro sguardo in queste iscri-

‘ zioni si domandano: ma Spello che nelle pagine della sua storia mil-

lenaria custodisce i ricordi classici della civiltà romana, della vita
comunale e del dominio della Chiesa, ebbe forse vicino alle due in-
signi Collegiate di S. Maria Maggiore e di S. Lorenzo, ed alle svariate
istituzioni del clero regolare, un Seminario vero e proprio, ossia uno
di quei centri di cultura e di pietà che dal Concilio Tridentino in poi
servirono mirabilmente a convogliare gli alunni del Santuario nella
riforma morale ed intellettuale reclamata: dalla feconda continuità
dell'ambiente cristiano, allindomani dello scisma luterano e alla

" vigilia della rivoluzione francese ?...

Seguitando a salire, poco oltre la Piazza, di fronte alla Collegia-
ta di S. Lorenzo si leva il fabbricato del Collegio Rosi: esso non ha bi-
sogno di indicazioni stradali e di guide per essere individuato e ricor-
dato non solo dagli abitanti di Spello ma da una schiera innumere-
vole di professionisti e di intellettuali dispersi in ogni angolo d'Italia,

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192 s SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

dopo aver plasmato in questo mistico alveare le anime e le intelli- -
genze agli amori della fede, dello studio e della patria. :
| Il Collegio Rosi nella vita cittadina e nella vita nazionale ha
acquisito e merita presentemente un posto di particolare predilezione,
ma pochi conoscono l'importanza delle sue origini e delle sue vicende;

e pochissimi riconoscono i compiti ad esso conferiti e intimamente

collegati alle tradizioni luminose del clero e del popolo di Spello quan- -
do l’uno e l’altro tenevano a conservare unità di indirizzo nelle loro
iniziative e nelle istituzioni cittadine. Lo stesso titolo di Vitale Rosi,
anche senza volerlo, si presta a ridurre nel concetto degli studiosi i
limiti della sua storia e delle sue attività: perché il Rosi viveva cento
anni fa e non avrebbe mai immaginato che i suoi posteri lo avrebbero
designato a titolare dell’Istituto di cui per tanti anni era stato sol-
tanto appassionato precettore e benemerito rettore delle scuole.

Quindi non con lui o dopo di lui si inizia la vita del Collegio, ma
il periodo che lo precede — oltre 200 anni ! — ha una importanza ed
una impronta definite che non possono né devono sfuggire a chi de-
sidera valorizzare e giustificare il prestigio e la fama che circonda
ancora la ‘persona e l’opera del grande umanista e pedagogo.

Ma come sarebbe ingiusto non riconoscere nella sua persona le

dette qualità ‘e benemerenze che gli meritarono un busto marmoreo

al posto di onore nella sala del Consiglio del Municipio, così è ine-
satto attribuirgli la paternità dell'Istituto.

La ricerca di tale paternità ed il ricordo delle uo più note-
voli della sua vita ultra tricentenaria gioveranno senza dubbio à po-

ter guardare il Collegio nella sua vera luce ed a consolidare la bene- .

volenza di quanti desiderano ‘assicurargli lunga vita ed autentica
ai i ;

LE ORIGINI

Il Gollegia- Convitto Vitale Rosi è una continuazione dell'an-
tico Seminario Felice di Spello. GIR

. Quando nell'estate del 1610 il:Cardinale Maffeo Barberini, venne
a compiere la visita pastorale a Spello — questo territorio era allora
incluso nella Diocesi di Spoleto = rimase impressionato nel costatare
una quantità notevolissima di vocazioni ecclesiastiche, di case reli-
giose e di istituzioni di beneficenza; la Comunità dei Padri Conven+ -
tuali nella Chiesa di S. Andrea, la Comunità dei Padri Serviti nella
Chiesa della Madonna di Vico; i Conventi dei Minori Francescani di |
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 193-

S. Caterina e di S. Girolamo; il. Convento dei ‘Padri Cappuccini. in.
S. Onofrio, e sopratutto le due Collegiate di S. Maria Maggiore e di
S. Lorenzo in piena efficienza, ossia popolate di Canonici, Cappellani e
Prebendati, e: messe in grado di poter rispondere alle rispettive esi-
genze liturgiche e di poter gareggiare in decoro o sontuosità con il cen-
tro della Diocesi e con le altre città confinanti. Aggiungendo poi a
queste istituzioni i cinque monasteri di Vallegloria, di S. Chiara, di
S. Giovanni, di S. Maria Maddalena e della Povera Vita; gli ospizi di
S. Giacomo, della Misericordia, di S. Michele Arcangelo, del Buon
Gesü; le compagnie laicali della Misericordia, di S. Maria di Prato,
della Pietà, del Crocifisso, di S. Barbara, di S. Rocco e della SS. Tri- -
nità con le relative Cappelle ed Oratorii aperti al culto in ogni angolo
del territorio, si viene a ricostruire un complesso imponente di per-
sone e di opere meritevoli di essere considerate e disciplinate.

Una rassegna sommaria fa ascendere il numero dei luoghi di
culto del territorio di Spello (Chiese, Cappelle, Oratorii, ecc.) ad oltre
70. Dal libro Memorie Antiche ecc. (pag. 344) della Collegiata di
S. Maria si rileva che nel settembre 1633 Mons. Lorenzo Castrucci,
Vescovo di Spoleto, in occasione della visita pastorale tenne in S. Lo-
renzo — Collegiata precedente — la sacra ordinazione dei Chierici, Sud-
diaconi, Diaconi e Sacerdoti, in tutti di n. 78.

Il Card. Barberini resosi conto della situazione, riconobbe la
necessità di erigere un Seminario per la formazione ed istruzione dei
giovani spellani chiamati allo stato ecclesiastico.

‘ Convocati i Capitoli delle Collegiate di S. Maria e di S. Lorenzo
e gli altri sacerdoti e chierici del territorio, illustró ad essi questa sua .
proposta e li invitò ad organizzare i mezzi per giungere al più presto
alla sua attuazione.

I due capitoli dopo aver espresso al Card. Barberini il loro grato
animo per il provvidenziale progetto, si impegnarono di tentare ogni
via possibile con il Comune e con le Compagnie laicali per attuarla.
Sulle tracce delle costituzioni del Seminario di Visso che nell’anno
precedente 1609 era sorto per volontà dello stesso cardinale. Vescovo
di Spoleto, i Canonici ed i Priori del Comune riuscirono nell’intento.
Un istrumento notarile del Cancelliere Comunale Ottaviano Squa-
dralia venne a sanzionare gli accordi e consacrava alla storia il Semi-
nario di Spello, ponendolo . sotto la protezione dei Santi Felice e
- Carlo.

Risolto così, in consenso unanime del Clero e del popolo; il pro-
getto di erezione di un istituto che incrementando il culto divino avrebbe

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194 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

cooperato al maggior decoro e prestigio della Terra di Spello (1), si af-
frontò il problema del Patrimonio e della Contribuzione.

ASSE PATRIMONIALE

Quando la Bolla .di Urbano VIII ricorda le trattative svoltesi
tra il Comune, i Capitoli delle due Collegiate ed i rappresentanti delle
istituzioni cittadine, in quella fase di sondaggio programmatico che
ordinariamente non è scevra di dissensi e di difficoltà, dopo aver defi-
nito omnes divina inspiratione ducti nell’indire le singole congregazioni,
constata che tutte indistintamente si impegnarono a corrispondere
le loro contribuzioni annuali, in modo da assicurare la annua lusin-

. ghiera cifra di scudi 275.

Vi era a Spello un Ricovero di devote donne dette « della Povera
Vita». Sembra che professassero il Terz'ordine Francescano, ma in
una forma autonoma, senza alcuna dipendenza dalle Famiglie Fran-
cescane canonicamente riconosciute dalla suprema autorità ecclesia-
stica; una delle tante famiglie religiose pullulate nei nostri ambienti

saturi di fede e di pietà che in un primo tempo erano state tollerate e

poi invitate ad inserirsi nei quadri delle maggiori famiglie autorizzate
e regolate da costituzioni apostoliche, e finalmente vietate dal Conci-
lio Tridentino.

In ottemperanza ai canoni di detto Concilio le ricoverate della
«Povera Vita » non avevano ammesso piü postulanti e le sopravvis-
sute nel 1610 erano quasi del tutto scomparse.

Inevitabile e prossima l'estinzione del Monastero, si supplicó il
Papa perché si degnasse applicare i beni da. esso posseduti al nuovo
Seminario. Il Papa accondiscese alla proposta e si venne cosi a for-
mare la base dell'Asse Patrimoniale del Seminario Felice che doveva
in seguito accrescersi in misura tale da garantire economicamente tutta
la sua attività.

Svariati Benefici ed Enti Ecclesiastici venendo col tempo a dece-
dere, insieme a mecenati insigni passarono ad accumulare detto Pa-
trimonio Ecclesiastico. Cosi nel 1681 il Beneficio semplice di S. Severino
é unito al Seminario, il quale nel 1781, per Breve di Pio VI apprende
porzione notevole dei Beni del Monastero di S. Chiara e più tardi as-
sorbe totalmente i beni della Congregazione del SS. Redentore.

(1) Il corsivo di tutto lo Studio — quando non è diversamente citato —
si intende desunto dalla « Confirmatio Seminarii» Terrae / Spelli — Bolla di
di Urbano VIII Universalis Ecclesiae Regiminis del 27 Settembre 1628 —.

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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 195

Garantita la situazione finanziaria del momento e spianata la via
alle esigenze future, le due Collegiate ed il Comune procurarono di assi-

curare al Seminario una conveniente residenza. La parte inferiore

del Palazzo del Governatore — il Cassero — parve il locale più adatto
tanto per la capacità degli ambienti quanto per la centralità ed ubi-
cazione, rispondente ad un vero e proprio cenacolo di pietà e di stu-
dio.

Sottoposto il progetto alla autorizzazione sovrana di Paolo V,
questi lo giudicò di suo pieno gradimento. A mezzo del suo Tesoriere
Generale accogliendo i desiderata degli Enti interessati decretò che
la parte superiore del Palazzo Governatoriale servisse ancora al Po-
destà per le udienze del popolo mentre tutta la parte inferiore venisse
destinata ad accogliere la sorgente istituzione, ordinando in pari tem-
po di aprire l'ingresso sulla Via del Cassero — oggi Via delle Mura — e
di sistemare l’ambiente in modo che rispondesse convenientemente
allo scopo.

In questo ambiente visse il Seminario Felice dalla fondazione al

1821, quando per ordine di Pio VII fu trasferito nell'ex monastero

agostiniano di S. Giovanni ove trovasi tuttora col titolo di Collegio
Rosi.

A giustificare il provvedimento pontificio giova la rievocazione
di qualche dato storico. Narrano le cronache spellane che una mi-

. Steriosa pellegrina di nome Elisabetta — proveniente dalla Germania —

acquistó nelle adiacenze della Collegiata di S. Lorenzo una casa, e
dopo averla completamente trasformata la mise a disposizione delle
terziarie francescane insieme ad un oratorio fatto costruire da essa
stessa e dedicato a S. Giovanni Battista. L'iniziativa o mal compresa
o mal corrisposta, dopo un secolo sembrava destinata al tramonto,
quando il popolo di Spello invece di lasciar fare il deserto nell'ospitale
casa della misteriosa pellegrina germanica, preferi affidarla alle mo-
nache agostiniane nella persona della concittadina Suor Mita, salita
in quel tempo a grande rinomanza tra gli abitanti di Foligno, di Mon-
tefalco e di Giano,

Immediatamente la squallida casa delle terziarie si trasformò
in fiorente monastero con ambienti di nuova costruzione capaci di
ospitare una numerosa comunità, e perfino l'oratorio primitivo — non
più capace alle nuove esigenze — che fu trasformato ed ampliato, e
finì per essere sostituito dall’edificio attuale che va sotto il nome di
Chiesa del Collegio, Opera completata nel 1650 che ripete — magari
in linea più corretta — la invadente ornamentazione barocca che in

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(496 . SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

quell'epoca. di prosperità economica disseminò tante povere: opére in
mezzo ai capolavori delle nostre chiese classiche e monumentali...
Le monache agostiniane rimasero in:questo monastero fino al
1820, fino a quando cioè ridotte di numero furono invitate dal Papa
a ‘concentrarsi in un’unica famiglia' religiosa con le consorelle di
S. Maria Maddalena. Il S. Giovanni divenne perciò sede del Seminario
Felice e quindi del Convitto Vitale Rosi; ma i ripetuti adattamenti
non riuscirono mai a fargli pordere: le impronte di antico monastero.

BAGLIORI DI VITA

Il Seminario di Spello ebbe vita Jonehissima e prospera, dà at-
tribuirsi senza dubbio anche alla Commissione Statutaria che fun-
zionó regolarmente dalle origini alla seconda metà del secolo xrx,
‘adoperandosi con prudenza e fermezza perché i seminaristi nella loro
cultura e formazione morale e spirituale rispondessero alla. fiducia
dei superiori ed alle esigenze dei nuovi tempi che si andavano matu-

rando. Interessanti sono i capitoli di norme e condizioni contenuti

nella Bolla di erezione. Vale la pena di trascriverli perché dànno al-
r Istituto la sua inequivocabile personalità:

.- «Il Consiglio di Spello et suoi Deputati abbino autorità di eleg-
gere Ministri per detto Seminario, con questo peró non si possino met-
tere senza l'approvazione dell'ill.mo signor Cardinale et suoi succes-
sori, né meno levarli senza il consenso suo.

« Che li Seminaristi siano e debbano essere di Spello e non d' alti
luoghi, al numero di otto, e più e meno secondo si potranno sosten-
tare con l'intrate destinate, et non ne possa entrare piü d'uno per ca-
sata, con obligo di pagare ogni anno per ciascheduno scudi dodici, et
bocali sei di olio, di quattro in quattro mesi anticipatamente, di por-
tarsi letti, biancherie, et nell'ingresso vestirsi di vesti condecenti e
solite. nelli altri Seminarii convicini.

« Che volendo entrare soprannumerarii di Spello, essi Convittori

.sieno tenuti e debbano pagare annuatamente al Seminario scudi tren--

tasei per ciascheduno da pagarsi in quattro mesi anticipatamente et
non stando et non entrando, detta paga sia del Seminario. :

«Che le nominazioni di detti Seminaristi siano in petto d'una
voce per ciascheduno di essi capitoli, et di sei cittadini, due per Ter-
ziero da eleggersi dal medesimo Consiglio ogni anno, dei quali sei uo-
mini uno sia Depositario di tutte l'entrate di esso Seminario, e debba
dare allo spenditore il denaro e le robbe che saranno necessarie per il

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‘SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 197

vitto di detti Seminaristi. Qual depositario debba dare idonea sicurtà
di render fedel conto della sua administrazione in fine dell'anno ad
essi deputati tanto delli RR. Capitoli, quanto della detta Comunità.
« Che quando al Seminario si aggiungessero sufficienze a gover-

nare in tutto o in parte, in quel caso li detti contraenti sieno sgravati

per egual parte conforme a quello contribuiranno. .
« Che detto Seminario debba perpetuamente stare, e permanere

nella Terra di Spello, né per qualsivoglia càusa et occasione removere.

et levare. Et in evento che mai venisse in estinzione, o vero si trasfe-
risse in altri luoghi fuori di Spello, in quel caso, et adesso per allora

s'intenda, e sia casso, annullata et tolto ogni obligo fatto, conven-

zione, capitolo et istromento fatto, in qualsiasi modo per esso Se-
minario et contribuenti, non volendo in tal caso essere astretti né
obbligati a dare e contribuire cosa alcuna, ma tutto quello fusse per
ciò concesso et assegnato possano detti contribuenti di loro propria

autorità di fatto, e senza decreto o sentenza di alcun giudice, ripi-

gliare et in loro uso convertire, come se mai non fusse stata fatta tal

concessione et contribuzione.

«Perché il Monastero della Povera Vita viene estinto per decreto
del Sacro Concilio di Trento, con il mezzo dell’ill.mo signor Cardinale
si supplichi la Santità di N. S. si degni applicare li beni di esso Mona-
stero al detto Seminario per il tempo dell'estinzione, e di ciò ottenere
particolare Breve Apostolico, se così piacerà a S.S.Ill.ma ».

Dall'esame delle condizioni statutarie si rileva «chiaramente co-

me fossero previste le difficoltà e le situazioni in cui il Seminario a-
vrebbe potuto trovarsi immediatamente e con l’andare del tempo, ed
i provvedimenti da adottarsi nei singoli casi. Era prevista la ammis-
sione e la convivenza di giovani non aspiranti al Sacerdozio ma ad

una formazione culturale e morale conveniente alla propria famiglia,

ma per essi si stabiliva un trattamento economico speciale, come d'or-
dinario avveniva in quasi tutti i Seminari fino agli ultimi anni del

secolo scorso, e come rispondente alle finalità caritative che Enti e'

privati cittadini si erano prefissi nell’aderire alla fondazione e nel
contribuire alla manutenzione del Seminario Felice ispirato ai canoni
del Concilio Tridentino.

La formazione di giovani alla vita sacerdotale restó sempre es-

senziale nei provvedimenti della Deputazione, mentre la preparazio-
ne di giovani convittori alla vita cittadina non formó mai oggetto di
discussione e di esclusione, e per essere matematicamente esatti si man-
tenne sempre nelle linee di semplice preoccupazione. amministrativa.

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198 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

Gli Atti Capitolari delle due Collegiate riassumendo quanto dai
Canonici era stato discusso circa l'ammissione dei Seminaristi ed il
proprio diritto di nomina, circa la designazione di insegnanti e di rap-
presentanti nella Deputazione, ribadiscono sempre i principii e gli
argomenti contenuti nella Bolla di Urbano VIII riaffermando che
« il Seminario per la educazione e profitto della gioventù e per decoro del-
la medesima patria deve essere a cuore a tutti » (1).

Che i Seminaristi per quantità e qualità abbiano poi risposto
alle premure ed. alla previsione dei loro maestri e mecenati, è indiscu-
tibile. Il numero previsto di 8 con l'andar del tempo sali oltre 15, e
nelle file del Clero si avvicendarono, sempre distinti sacerdoti cui la
cultura e la pietà apprese all'ombra del Seminario Felice giovarono
a meritare loro l'ammirazione e la devozione dei contemporanei e dei
posteri, anche oltre i margini della propria città e della rispettiva dio-
cesi. In una lettera della S. Congregazione del Concilio del 1819 il Se-
minario é definito fioritissimo. Ora questo documento e piü d'ogni
altro la sua data stanno a dimostrare che il trasferimento di sede avve-
nuto due anni dopo non fu di giovamento ma di detrimento per l'ente

Seminario, mentre servi allo sviluppo della frazione dei convittori

che fino a quell'epoca era stata semplicemente tollerata.

La prevalenza dell'elemento collegiale o laicale sul seminaristico
non Si verificó tanto per la maggiore capacità e per le migliorate con-
dizioni dei locali, quanto per l'ascendente personale di un uomo che
non solo per Spello ma per l'Italia era destinato ad assurgere a vera
gloria letteraria e didattica: Vitale Rosi.-

IL PERIODO DI VITALE Rosi

Sullo sfondo della vecchia sala consigliare del Comune di Spello,
sotto il busto marmoreo che ne ridà i lineamenti fisici, è scolpita que-
sta iscrizione: i
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VITALE Rosi
che
restaurando i pedagogici studi
nella prima metà del secolo xix
preparava all'Italia giorni migliori
Spello sua patria
MDCCCLXXIII

(1) Atti Capit. (1 Sett. 1777) di S. Maria Maggiore.
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 199

Il luogo e lo stile dell'omaggio epigrafico dicono in quale alto con-
cetto il Rosi fosse e sia tenuto dai suoi concittadini, e quali beneme-
renze civiche e patriottiche egli abbia al suo attivo.

Cresciuto all'ombra dello stesso Seminario Felice, con il fascino
irresistibile per gli studii sentì attrattiva singolare per la pietà e qual
chierico esercitò l’ufficio di Maestro di Cerimonie nella Collegiata di
S. Lorenzo, meritandosi la stima unanime del Capitolo e della citta-
dinanza. Dei due amori — la vita di Chiesa e la vita di scuola — prevalse
il secondo, e sentì, e volle, e seppe armonizzare i valori della scuola
con quelli della vita, tanto che di lui si potrebbe affermare che visse
il suo insegnamento ed insegnò la sua vita.

Un giornale perugino dell’epoca (Oniologia n. 3, 1833, artic. del
prof. Giuseppe Antinori) facendo la recensione del suo libro Manuale
di Scuola Preparatoria scriveva: « Il preparare e promuovere la buona
istruzione della tenera gioventù da cui dipendono in seguito la pri-
vata e la pubblica prosperità, è opera di sì grave momento, che mentre
si aggira intorno anche alle cose più lievi, sommo e generale interesse
ne offre, e merita giustamente la generale attenzione, di tal natura si
è il libro, da noi annunciato e recentemente donato al publico dal
benemerito sig. prof. Rosi di Spello... Quale sia a cotale scopo il
valore suo abbastanza lo dimostrò lo aver egli con tenuissimi mezzi
per tanti anni così felicemente diretto e cresciuto nella sua patria un
Collegio, onde poté ben presto tornare quella celebrità, che soltanto
forse nelle antiche memorie e nei ruderi le rimaneva... ».

Uno sguardo all'Albo pubblicato dalla Tipografia Tomassini di
Foligno (1828) per onorare gli alunni e stimolarli a sempre .migliori
risultati, in occasione degli esami e distribuzione di premi, induce a
rilevare che l’Istituto numericamente e scientificamente si trovava in
grande rendimento. Oltre agli alunni concittadini e quelli provenienti
da quasi tutti i centri della Regione Umbra: Spoleto, Stroncone, Fo-
ligno, Bevagna, Orvieto, Amelia, Narni, Terni, Perugia, ecc., si no-
tano alcuni provenienti da Genova, Pesaro, Fermo, Macerata, Ancona,
Tolentino, Ferrara, Roma e dall'estero; un complesso di oltre 100
iscritti. Per le scuole era in piena efficienza il Regolamento della
S. Congregazione degli Studi, conforme alla Bolla Pontificia « Quod Di-
vina Sapientia » di Sua Santità Leone XII, e tra le scuole si afferma
quella di Teologia Dommatica e Morale, e tra gli alunni si notano
otto nominativi che piü tardi nella loro qualifica di sacerdoti decore-
ranno il Clero delle due Collegiate.

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200 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

ll terremoto del 1832 colpì il Seminario-Collegio in un periodo
critico di rilassamento disciplinare. Durante l’episcopato di Mons.
S. Lucchesi e del successore mons. L. Cadolini il personale addetto
alla direzione ed all'insegnamento rispondeva perfettamente allo
scopo, e la disciplina era assicurata dalle linee generiche ai dettagli:
Rettore dell'Istituto Don Girolamo Raschi, Direttore delle scuole
prof. Vitale Rosi, i prefetti delle quattro camerate tutti sacerdoti e
perfino accuratamente scelti i camerieri, non giovani ma di età avan-
zata. Ma quando Don Raschi lasciò la direzione del Collegio per se-
guire come Segretario Mons. Cadolini che era stato trasferito da Fo-
ligno a Spoleto, e fu sostituito da un sacerdote forestiero, non del
tutto fornito delle qualità e delle risorse necessarie, la rinomanza del-
l’Istituto venne a decadere, destando le giustificate preoccupazioni
degli spellani e del Rosi che alla fine dell’anno scolastico 1831 con
accenti di sdegno e di pessimismo, alimentati dalle ripetute scosse di
terremoto, ebbe a dire che era meglio chiudere i battenti.

Il nuovo anno scolastico 1831-1832 si aprì con un numero poco
consolante di alunni che finirono per disperdersi nell’infausto 13 gen-
naio 1832 quando il violentissimo terremoto ridusse i locali inabita-
bili e quindi determinò la completa chiusura del Seminario-Collegio.

Cessato il periodo acuto di terrore e di disorientamento, si co-
minciò a. pensare al ripristino, ma le difficoltà erano non poche e non
lievi. Alle difficoltà finanziarie determinate dagli ingenti danni del
terremoto si aggiungevano quelle morali provocate da un senso di
sfiducia che aveva fatto breccia in molte persone nella crisi che l’isti-
tuzione stava attraversando. Arduo quindi si La il COBIDIS di
risolvere presto e bene queste difficoltà.

Il Comune e le Collegiate non si sentivano in grado di sostenere
le enormi spese, ed in ripetute occasioni avevano dichiarato di soppor-
tare poco volentieri il contributo annuo che secondo gli impegni sta-
tutari gravava sul proprio bilancio. L'unico ente cittadino che dispone-
va di rendite esuberanti le normali esigenze era il Pio Reclusorio, e
si pensó di fare appello al Papa perché ispirandosi al suo tradizionale

mecenatismo permettesse di alienare la parte esuberante di detto pa-
trimonio per fronteggiare le necessarie opere di restauro. o

La petizione inoltrata a mezzo di mons. Cadolini Vescovo Dio-

‘cesano, venne accolta con paterna benevolenza dal Papa Gregorio
. XVI che pur modificando la proposta di vendita dei beni con l'appli-
‘ cazione dei medesimi al Seminario-Collegio Felice, ‘autorizzava que-

st'ultimo alla creazione di un debito garantito da speciale ipoteca da
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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO’ 201

estinguersi in un determinato periodo di anni. La Bolla Gregoriana
che porta la data dell’11 gennaio 1833, merita di essere ricordata non
solo per il preoccupante problema economico che affronta ed in pieno
risolve, ma per le dichiarazioni di grande estimazione in cui l’Istituto
era guardato dal Sommo Pontefice e per l'intenso affetto di cui era
circondato dal popolo e dai magistrati di Spello. È
- La Bolla Gregoriana afferma: « Dalla mancanza di questo Colle-
gio non ne risentirono lieve danno la gente di quella Provincia, poiché
i giovanetti in detto luogo ricevuti, essendo istituiti in ogni modo di
. pietà e di scienza, ne uscivano tali da tornare persone onorevoli alla
Chiesa ed utili allo stato, alimentandosi SAREI alcuni, pagan-
do gli altri tutti una discreta semestrale, s'inviavano colà degli indi-
vidui non solo dalle città limitrofe, ma eziandio da’ luoghi più lontani,
e il numero dei convittori aumentava di giorno in giorno. A tutto ciò
aggiungasi, come sia venuta a deteriorare alcun poco la dignità del
. . Culto Divino in quella città, e come le sacre funzioni non vengano più
i celebrate col dianzi usato decoro per essere mancati gli alunni del
detto Seminario che si dedicavano allo stato clericale, i quali sole-
vano nei giorni prestabiliti portarsi nelle due Collegiate ad esercitarvi
il servizio ecclesiastico. La Magistratura pertanto della Città di Spel-
E lo avendo grandemente a cuore che si ripristinasse l'antico collegio
| che fu sempre di sommo lustro alla patria, e in parità di tempo ve-
dendo mancare ogni altro mezzo qualunque, onde venissero in ef-
fetto i loro voti e quelli dell'intera popolazione giudicarono molto in
acconcio volgere a beneficio del Seminario popu beni e redditi
del Pio Reclusorio... della città medesima. .
: È affermato inoltre in quel documento clie trá Ginnasi e Collegi
alle dipendenze Pontificie, che nelle diverse loro istituzioni e per la scelta
. degli insegnanti e per la piena osservanza dei regolamenti disciplinari
meritamente si conciliarono le lodi e l'ammirazione universali, tiene luo-
go quello della città di Spello, nella Diocesi di Foligno, quindi in. virtù
della Bolla « Quod Divina Sapientia » di Leone XII in data XII ago-
sto 1824 mentre andavano a sopprimersi nelle provincie soggette al Do-
minio Pontificio: alcuni collegi, ciononostante quello di Spello nell'anno
susseguente, per Decreto della S. Congregazione degli Studi in data: 28
settembre, presi a maturo esame i metodi di insegnamento e i suoi rego-
lamenti disciplinari, si L'CONSerDì in piena attività col titolo di Seminario
Collegio.
Restaurato l’edificio ed assicurato il suo finanziamento, il Se-
minario. Collegio si riaprì sotto la direzione di un Sacerdote marche-

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202 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

giano che per le sue rare qualità intellettuali e didattiche riusci a ri-
popolarlo, ma per breve tempo; perché la sua partenza repentina de-
terminó quella dei convittori quasi tutti suoi conterranei.

I] Rosi pure essendo stato eletto Direttore a vita delle scuole,
avendo in seguito avuto altri incarichi e preoccupazioni familiari non
indifferenti, era ormai nella sua parabola discendente, ed i nuovi orien-
tamenti della vita cittadina e nazionale non favorivano piü lo svi-
luppo dell'Istituto.

Come i moti tellurici cosi quelli politici del 1831 trovarono la
loro rispettiva rispondenza a Spello.

Essa fu solidale con Perugia nell'insurrezione e volle che nel Co-
mitato Perugino fosse compreso il proprio concittadino Luigi Ma-
gnani.

Non ostante questi moti e queste tendenze disgregatrici o dissen-

zienti dalle direttive pontificie, i Papi seguitarono a dimostrare una

speciale benevolenza per Spello e per la sua istituzione culturale.
Leone XII le ridette il titolo di città, Gregorio XVI oltre a cospicue
elargizioni per i singoli danneggiati dal terremoto, volle — come abbia-
mo ricordato — aumentare la dotazione per il Seminario Collegio, ed
il 22 settembre 1841, essendo di passaggio, amò soffermarvisi, rice-
vendo da un sontuoso trono eretto dalla Municipalità sulla Piazza,
gli omaggi della popolazione festante. Identico cerimoniale si usó nel
passaggio trionfale di Pio IX attraverso i suoi stati nel 1857, del quale
i nostri nonni riportarono una impressione incancellabile e descris-
sero la sovrana dolcezza ed affabilità. :

Per favorire maggiormente l'istruzione pubblica nel 1844 al Semi-
nario Collegio Felice venne aggiunta una scuola di musica e di disegno
architettonico. Sotto l'ondata del Risorgimento quarantottesco le
Scuole vennero momentaneamente sospese (1849) per riprendere
l'anno appresso il loro ritmo normale.

Nel 1851 moriva Vitale Rosi.

Dar 1859 AL 1869

I moti politici del 1859 che ebbero a centro propulsore ed irradia-
tore la città di Perugia, non si può supporre che rimanessero localiz-
zati nel capoluogo, ovvero sconosciuti agli spellani, dati i precedenti

storici dell’influenza esercitata sempre ed in ogni campo dall’am- .

biente perugino su quello spellano; ma tentativi veri e proprii di in-
surrezione non si verificarono allora ,né appresso.
Però la caduta del potere temporale e quindi il passaggio dallo
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 203

‘ Stato Pontificio al Regno d’Italia determinarono a Spello disorienta-
menti vasti e profondi con le conseguenze inevitabili ed incresciose
che i nostri padri esperimentaronò ed i contemporanei hanno tentato
parzialmente di sanare ma con risultati negativi.

Tra gli altri provvedimenti adottati sotto l'insegna del nuovo go-
verno ma con intendimenti, e risultati affatto giovevoli al bene della
Nazione, vi fu l'Ordine di immediata chiusura del nostro Seminario
Collegio Felice. Il provvedimento era destinato ad indebolire le file
del clero, impedendo o rendendo più difficoltoso ai giovani seminaristi
spellani il compito della loro formazione culturale e spirituale. Più
tardi la mentalità massonico-liberale perseguirà anche altri fini più
o meno confessabili; ma lo scopo immediato era quello di impedire
ogni ulteriore sviluppo delle istituzioni ecclesiastiche che vivevano
del proprio e potevano vantare al loro attivo un passato glorioso..

Mons. Nicola Belletti Vescovo Diocesano con la data del 20 di-
cembre 1860 emanò per il popolo e per le autorità un Decreto-prote-
sta, ma la sua voce non fu ascoltata, ed i poveri chierici dovettero
momentaneamente formare altrove il loro cenacolo spirituale.

Quasi a coronamento di questa critica situazione vennero le leggi
di conversione dei Beni Ecclesiastici del 1865 e del 1867.

Già con la publicazione del Decreto Pepoli - Regio Commissario
Straordinario dell'Umbria — fin dal 28 settembre 1860 parve che il
patrimonio del Seminario Collegio Felice fosse destinato alla demania-
zione come quello di tanti altri enti ecclesiastici che dovettero soc-
combere sotto il detto Decreto. Ma i due contendenti - Vescovo Dio-
cesano e Demanio dello Stato — non accesero discussioni né avanza-
rono diritti di sorta, tanto che la popolazione di Spello fini per consi-
derarsi arbitra di decidere in merito al di fuori ed al di sopra di ogni
convenzione precedente, e di ogni legge vigente. Quando infatti nel
1867 venne imposta la soluzione del problema: Ricerca dei Fondi per

l'Istruzione Elementare Obbligatoria, sembró ai Consiglieri comunali, :

nella seduta del 10 novembre 1867, che si potesse risolvere tutto e
bene con la conversione delle rendite del Seminario Collegio in favore
dell'Istruzione Publica.

L'assessore Feliciano Giacbetti illustrando in quel giorno tale
proposta affermó che il provvedimento tendeva a parare un colpo di
mano da parte del Demanio dello Stato e del Vescovo Diocesano. In
quanto che il Demanio doveva eseguire le leggi di conversione dei Beni
Ecclesiastici, ed il Vescovo di Foligno poteva rivendicare a favore del
Seminario Diocesano i Beni del Seminario Felice di Spello. La proposta

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204 SECONDO. CONVEGNO. STORICO. UMBRO.

fu approvata non solo ma i consiglieri dichiararono con tale atto del
loro Consiglio Comunale che intendevano di cambiare il carattere ec-
clesiastico del Seminario Felice in Civico.

‘Ma la delibera non fu sottoposta, o se sottoposta non ottenne
mai la sanzione delle autorità provinciali e statali conpetenti, né

allora, né in seguito, e rimase quindi priva di ogni valore giuridico e

senza effetti legali. Non solo ma nella seduta consigliare del 20 giugno

1869 — sindaco Flaminio Rosi figlio di Vitale Rosi — furono revocate ed

abrogate tutte le precedenti deliberazioni intorno alle pubbliche scuole,
perché si volle aprire un ginnasio, come quello che poteva essere di
grande vantaggio materiale alla città, richiamando dai vicini paesi
molti giovani a frequentare queste scuole.

Il 5 settembre successivo i Consiglieri Comunali — zelanti inler.
preti del movimento laicizzatore — si permettono di cambiare il titolo
di Seminario Collegio Felice in quello di Collegio Vitale Rosi, dando
con questo atto la riprova di voler rinnegare il carattere storico della
istituzione per farle assumere un indirizzo se non decisamente con-
trario almeno divergente. Ed i diritti del Demanio e del Vescovo Dio-
cesano ? Tutte le proposte ele deliberazioni accennate passarono alla

. storia senza la sanzione sovrana. Il governo italiano dal 1860 in poi

non ordinò mai "incameramento dei. Beni Patrimoniali del Seminario
Felice, anzi lasció perfino invariata la intestazione catastale in tutte le

| successive variazioni e revisioni, pure costatando che dal 1869 esiste

a Spello un Collegio che vive delle rendite Gp al Seminario
Collegio Felice.

Il Vescovo Diocesano che nel 1860 aveva energicamente prote-
stato contro i Decreti di soppressione e di laicizzazione, non avrebbe
certamente consentito alla devoluzione delle rendite del Seminario
in favore dell’istruzione obbligatoria, se in conformità alla Delibera-
zione del 1867 il Comune si fosse messo in grado di poter adottare i
conseguenti provvedimenti. Egli era in pieno diritto di appellare
alla Bolla di Urbano VIII che sotto pena di caducità conferiva al
Comune il solo diritto di amministrare le rendite a beneficio dei gio-
vanetti di Spello che avessero abbracciato la ‘carriera ecclesiastica.
Ed il provvedimento poliziesco del Commissario dell’Umbria che aveva
chiuso i locali del Seminario Collegio, se per i semplici collegiali aveva
incontrato più o meno facile adattamento, per i Seminaristi aveva
aperto la via a svariati commenti ed a giustificate apprensioni. Sop-
presso il Seminario restavano i Seminaristi, e per essi bisognava ne-
cessariamente e decorosamente provvedere.
SECONDO ‘CONVEGNO STORICO UMBRO . 205

: Quanti fossero di numero nel 1860 non | sappiamo, mai documenti
dei Vescovi dell'epoca Mons. Belletti e Crispigni e del Vicatio Capito-
lare Mons. Gaetano Franceschini ci fanno conoscere che essi vi erano
e non furono trasferiti a Foligno ma restarono a Spello a completare .
la loro formazione sacerdotale, affidati alle cure paterne dei Canonici
delle Collegiate,

Nel gennaio del 1868; risultano ischitti al Corso di Teologia Dom-
matica e Morale i chierici Nicola Centilli e Giuseppe Santarelli, ed i.
sacerdoti di recente ordinazione D. Domenico Buono, D. Luigi Cia-
netti e D. Francesco Bocci.

. L'atteggiamento del Vescovo se si considera nella luce degli av-

venimenti e degli uomini dell'epoca, si manifesta non incoerente: è
pregiudizievole ma provvidenziale. Perché il decennio 1859-1869
vissuto nello stato pontificio fu rivoluzionario, ed i ripetuti tentativi
di eliminare l'Autorità Ecclesiastica da ogni ingerenza, nella vita ci-
vile, per dare all'ambiente una impronta perfettamente o schietta-
mente laica, mentre potevano amareggiare i cuori delle autorità ec-
clesiastiche, l'inducevano a non reagire ma a temporeggiare; al di là
degli avvenimenti e dei provvedimenti determinati dalla pressione
politica liberale, il Vescovo vide la possibilità di salvare dal naufragio
un'istituzione culturale tanto benemerita; e messa perció da parte
la tesi del maggior bene si appigliò a quella del minor male. E la Prov-
videnza gli venne incontro. appagandolo nelle:sue previsioni e confor-
tandolo nelle sue preoccupazioni: la consegna del Collegio alla Con-
gregazione dei PP. Somaschi.
" Anche se gli Atti Consigliari tacessero sulla Delibera 20 giugno
1869 che abroga il deliberato precedente del 20 novembre 1867, il
fatto di affidare l'Istituto ad una Congregazione religiosa canonica-
mente riconosciuta dalla Santa Sede, viene ad escludere qualsiasi
forma larvata di laicizzazione.

Lo stato di fatto determinatosi cosi nel 1869 e protrattosi fino
al 1931, costituì per il Vescovo Diocesano un motivo di soddisfazione e
di reintegrazione. Tanto vero che la venuta dei PP. Somaschi con-
senti al Vescovo, come per il passato, la possibilità incontrastata di
formare ancora giovani candidati alla vita ed alla scienza sacerdotale.
Da notarsi che tale formazione é documentata fino al 1879 con l'atte-
stato che il P. Carlo Alfonso Benati C. R. S. rilascia al Vescovo per
la comprovata idoneità del chierico pu) Andrea Cerboni di . |
Spello Gn marzo 1879, n. 408 di Prot.). | aec e

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206 . SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

BENEMERENZE E COLPE DEL COMUNE

Il Comune tenne fede agli impegni assunti nell'atto di fondazione,
e non abbandonò mai la sua posizione di amministratore. Aggiungo
anzi saggio amministratore nell’esigere dagli enti cointeressati le quote
annuali, sollecitando i ritardatari e denunciando alle autorità eccle-
siastiche centrali quelli che con pretesti o motivi più o meno atten-
dibili osavano sottrarvisi.

Con le leggi eversive degli anni 1865 e 1867 gli oneri del Comune
vennero a trovarsi limitati all'azione cosidetta fiscale, ma identici e
forse anche aggravati per le attività che disciplinavano i servizi del
Collegio affinché esso rispondesse in tutto alle moltiplicate esigenze

. dei tempi. I

Vi era ancora in funzione la Commissione cittadina imposta dal
Papa Urbano VIII, ma dopo pochi anni essa finì per perdere il suo
carattere consultivo e quindi per essere lasciata alla deriva. E ciò co-
stitui una colpa, anzi uno dei maggiori addebiti che storicamente si
può attribuire al Comune; perché il regolare funzionamento di tale
commissione aveva sempre giovato amministrativamente e moral-
mente, e forse in appresso avrebbe potuto stornare o attenuare gli
attriti ed i dissensi amministrativi che negli ultimi sessanta anni po-
sero in serio pericolo la vita dell’Istituto. Risulta che i sindaci del
tempo dopo aver rinunciato alla Commissione, deferirono le questioni
più gravi del Collegio al Consiglio Comunale; ma essendo il Seminario
Collegio o meglio — per dimostrarci scrupolosamente aderenti alle vi-
cende ed ai nomi — il Collegio Vitale Rosi, Ente distinto dal Comune,
ed essendo i Consiglieri Comunali non sempre consapevoli delle pro-
prie responsabilità perché saliti alle posizioni amministrative attra-
verso i giuochi elettorali con compromessi politici e programmi estre-
misti; il Comune finì per considerarsi arbitro di vita o di morte dell’i-
stituzione. I programmi di laicizzazione proclamati nel 1860 e ri-
baditi e sanzionati dai provvedimenti governativi del 1867, tornarono
ripetutamente ad affiorare nella mentalità degli amministratori di
Spello, e sembrò ad' alcuni fra essi ingiustificato relitto la permanenza
di una Congregazione religiosa alla direzione di un istituto educativo,
quando ormai in moltissime città vicine e lontane, il vento laicizzatore
aveva allontanato i religiosi educatori, ed era riuscito perfino ad inne-
stare un Collegio laico nella aule monumentali del Sacro Convento di
Assisi.
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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 207

Ma il laicismo dei così detti pochi e poveri intellettuali trovò sem-
pre ostacoli insormontabili nel senno cristiano del popolo spellano,
nella protezione costante del Papa, nello stato giuridico. dell'Ente
stesso che reclamó sempre e reclama un indirizzo cristiano, ossia
quell'indirizzo che rispecchia le sue origini, le sue tradizioni e le, sue
finalità.

Perfino in pieno 1920, quando la terra di Spello si era guadagnata
‘ il titolo poco lüsinghiero - per i fenomeni di sovversivismo rosso — di
Molinella dell'Umbria, l'intervento tempestivo ed autorevole di Be-
nedetto XV riusci a scongiurare la nuova ondata di laicismo susci-
tata da alcuni Consiglieri del Comune che osavano impunemente
speculare su alcuni lievi dissensi amministrativi.

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VESTE GIURIDICA

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Ripetute volte si prospettó l'idea di erigere il Collegio in Ente
morale, e notevoli a questo proposito sono le ricerche storiche del
compianto dott. Giacomo Muziarelli e la Relazione del Commissario
Pelliccia. Quest'ultimo dopo aver oggettivamente studiata la que-
stione nella sua luce storico-giuridica finiva per concludere:

«Necessità di un Decreto Reale di riconoscimento ».

«Finalmente da quanto abbiamo esposto risulta che il Collegio
Convitto Rosi é una continuazione dell'antico Seminario Collegio Felice
che forse ha perduto la qualifica di Seminario per assumere quella
di Collegio sin dai tempi di Vitale Rosi e che i cosidetti Beni del Col-
legio appartengono ad un vero Ente Morale. Imperocché il Semina-
rio Collegio Felice prima ed il Collegio Convitto Rosi poi hanno rice-
vuto donazioni, comprato, venduto, permutato beni, fatto prestiti,
pagato debiti sempre per conto proprio.

Al più mancherà a questo Ente Morale un Decreto Reale di ri-
conoscimento; ma é intuitivo che la Bolla di conferma di Papa Urbano
VIII ed il capitolato tra il Comune ed i Capitoli e le Confraternite di
Spello sono il fondamento della sua personalità giuridica; ed un De-
creto Reale che fosse emanato anche oggi, non potrebbe essere altro
che una duplicazione dell'atto di conferma emanato da Urbano VIII
nel 1628 ».

Recentemente — nel 1931 - il R° Provveditore agli Studi Comm.
Marino Paroli che personalmente aveva voluto presiedere gli esami,
venuto a conoscenza dei precedenti storici del Collegio e dell’importan-
za notevolissima della sua posizione nei quadri delle istituzioni scola-

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208 - SECONDO CONVEGNO STORICO. UMBRO

stiche regionali e nogionali avvertendo i sintomi di una nuova crisi,
pensò di affrontare in pieno il delicato e grave problema per giungere
a. sistemare definitivamente, sviluppare e consolidare l'andamento del
Collegio. Vi:fu uno scambio di idee e di progetti con il Vescovo Dio-
cesano Mons. Stefano Corbini, una adunanza nella Prefettura di Pe-
rugia — presenti il Vescovo, il Prefetto ed il Provveditore — ed una
corrispondenza epistolare in cui dal Vescovo vennero fissati i capi-
saldi che poi, con soddisfazione reciproca, si sarebbero sottoposti

. alla sanzione ministeriale.

PARENTESI CRITICA

Mentre si andava elaborando il progetto di sistemazione inte-
grale del Collegio si verificò il ritiro della Famiglia Religiosa che per
oltre 60 anni ne aveva regolato l'andamento culturale, disciplinare e
religioso. Ia cittadinanza chiaramente ed in varie ciscostanze al Po-

destà D. Rambotti prima ed al Podestà Ruozi poi fece conoscere la

sua volontà: la conservazione e lo sviluppo del Collegio nelle sue linee
tradizionali, la disapprovazione di ogni forma aperta o larvata di laiciz-
zazione, il voto unanime che un’altra congregazione religiosa suben-
trasse nella direzione dell'Istituto, perché soltanto una Comunità
Religiosa poteva essere in grado di LI lo spirito e di.assi-
curarne gli ulteriori sviluppi.

A tale effetto una Commissione Cittadina diretta dal Vescovo
Diocesano, con l'ausilio. di eminenti personalità, in collaborazione
del Podestà prima e del Commissario Prefettizio del Comune poi —
in perfetto accordo — svolse le pratiche necessarie ma con esito negativo.
Ormai potrebbe apparire ozioso discutere sui diversi motivi che deter-
minarono il fallimento di tali pratiche, ma due serie difficoltà debbono
essere ricordate: la personalità quasi ignorata dell’Istituto e la recente
apertura di un Collegio nella vicina Foligno con la stessa direzione
religiosa o con lo stesso personale che lasciava Spello.

Il Commissario Prefettizio Bongi Guido resosi consapevole della
volontà popolare che non si sentiva rassegnata alla distruzione del
suo Collegio, pensò di farlo gestire ad experimentum per un anno dallo
stesso Comune. L’esperimento gli venne consentito dalle autorità
provinciali e da una assemblea di cittadini convocati a tale scopo in
Municipio, e con la cooperazione di tutti ebbe un lusinghiero successo.

I rapporti con le istituzioni finiscono per creare situazioni o at-
taccamenti se non identici almeno simili ai rapporti personali; ed il

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‘SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO | ? . 209.

Bongi non sfuggi a questa influenza ineluttabile. Alla fine dell'anno
scolastico 1932-1933, alla direzione del Comune venne a trovarsi il
vice-prefetto comm. Francesco Pasta, il quale credette opportuno
di piegare la situazione in favore del Bongi. j

... Circostanze di tempo ed il suo ascendente personale resero a a lui
possibile di prospettare il Collegio sotto una luce nuova, come fosse
una semplice azienda municipalizzata da cedersi in appalto e si venne

così ad imbastire e giustificare la delibera di una convenzione per un: ‘

quinquennio con lo stesso Bongi in riconoscimento e compenso del-

.l’annata precedente di esperimento.

L'andamento ed i risultati dell'appalto quinquennale 1933-1938
sono noti a tutti: il delicato esperimento si svolse in quasi perfetta

normalità senza determinare affievolimento nella popolazione scola-
stica e raffreddamento di benevolenza da parte delle autorità citta-

dine e regionali. Ma in pari tempo servi ancora meglio a prospettare
la sua posizione giuridica ibrida e pericolosa. Ibrida perché se è indi-

scutibile che la popolazione di Spello per i mutamenti politici del 1860 .

era venuta a guadagnare o a possedere un Collegio che sostituisce il
suo antico Seminario, era venuta a costatare in pari tempo un tratta-
mento o un orientamento che non è conforme per gli Enti che vivono

del loro patrimonio nella sfera prestabilita della loro personalità, ma -

come res unius o res nullius, fuori del controllo previsto nelle tavole di
fondazione, e con una convenzione che mentre assicurava la resa agli

assuntori in ogni ramo delle loro attività non assicuravano nemmeno:

la riconsegna dell'Istituto nelle condizioni in cui si era appaltato.
Pericolosa posizione perché se è difficile la conservazione e la
prosperità alle istituzioni di tal genere affidate a convivenze di carat-
tere continuativo.e insopprimibile — quali precisamerite si presentano
gli istituti dipendenti dai dicasteri ecclesiastici e civili — difficilissima
se ne rende la conservazione di prestigio, quando tali delicatissimi

‘organismi finiscono per essere subordinati alle attitudini ed alle ri-

sorse di cui può disporre un singolo individuo, anche se fosse ecce-
zionale, sempre soggetto a tutte le vicende e le parabole delle persone
e cose mortali.

(SE LA VERA IMPOSTAZIONE

Bisognava uscire da questa situazione sorvolando su tutte le que-

stioni di carattere locale e personale, sulle difficoltà determinate ne-
gli ultimi decenni dai dissensi tra le autorità comunali e la direzione

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210 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

del Collegio, per riportare l'istituzione nella sua vera luce e per assicu-
rarne la continuità. |

Il Vescovo Diocesano dopo aver sottoposta la questione alla
S. Congregazione dei Seminari ed Università degli Studi, il 18 gennaio
1938 presentava al Ministero della Educazione Nazionale la seguente
domanda:

A Sua Ecc. il Ministro della Educazione Nazionale
Roma

Il sottoscritto Vescovo di Foligno fa presente che nella sua circo-
scrizione diocesana esiste il Collegio Vitale Rosi di Spello che é emana-
zione diretta del Seminario Felice eretto da Urbano VIII con Bolla
28 ottobre 1628. |

L'asse patrimoniale formatosi nella fondazione e successivamente
fu e resta fino ad oggi patrimonio ecclesiastico, destinato secondo la
volontà dei fondatori e dei testatari alla istruzione e formazione ec-.
clesiastica della gioventü di Spello, e come tale é iscritto nella sua po-
sizione catastale anche dopo il 1860, quando cioé tale Seminario pro-

| priamente detto venne a trovarsi sostituito da un Collegio di giovani e

venne ad assumere, per delibera soltanto del Consiglio Comunale di
detta città il nome di Vitale Rosi.

Ogni tentativo di trasformazione e di laicizzazione dopo il 1860
fu vano, ed i diritti del Vescovo, sanzionati dalla Bolla di costitu-
zione, vennero sempre e da tutte le autorità locali e provinciali dello
stato italiano chiaramente riconosciuti e salvaguardati dalla presenza
di una Congregazione Religiosa — i PP. Somaschi — che ne regoló la
direzione culturale e religiosa dal 1869 al 1931.

Partiti i PP. Somaschi nel 1931 e non essendo stato possibile
immediatamente sostituirli con altra Congregazione Religiosa, il
Commissario Prefettizio del tempo Ten. Colon. G. Bongi per evitarne
la chiusura e scongiurare alla popolazione la perdita di un istituto
tanto prediletto, ne ‘assunse temporaneamente la gestione diretta
come Commissario, e più tardi con Convenzione 18 agosto 1933 l’ap-
palto per un quinquennio dal suo immediato successore.

L'autorità Ecclesiastica Diocesana non ratificó tale provvedimen-
to ma subito e nel decorso del quinquennio che scade il p. v. giugno,
fece presente che tale stato di cose doveva considerarsi del tutto prov-
visorio, dato il carattere dell'Istituto volutamente ecclesiastico per
costituzione e per tradizione. Non solo ma in ripetute circostanze il
Bongi ha data la dimostrazione chiara di non voler tenere in alcun
SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 211

conto le richieste del Vescono e di voler dare al Collegio un indirizzo
che contrasta con le sue costituzioni e con il suo passato.

Si domanda perciò che lo stato anormale creatosi nel 1932-1933
abbia a cessare con il corrente anno scolastico, che il Vescovo Dioce-
sano sia reintegrato nei suoi diritti conferitigli dalla Bolla di erézione
di Urbano VIII, in modo che Spello abbia il suo Collegio ma veda in
esso.la continuazione dell’antico Seminario Felice, e col rispetto delle
tavole di fondazione sia assicurata ai giovani d. un'autentica
educazione cristiana.

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Roma, 18-1-1938 (XVI)
STEFANO CoRBINI, Vescovo di Foligno

Il Ministero riconobbe subito l'importanza delle richieste conte-
nute nella domanda del Vescovo ed assicuró di voler trattare la cosa
con assoluta oggettività e la migliore sollecitudine.

A mezzo della R. Prefettura di Perugia impartì al Podestà di
Spello l'ordine di sospendere il rinnovo quinquennale dell’appalto
prossimo a scadere, ed affidò ad un ispettore dello stesso Ministero il
compito di recarsi a Spello per raccogliere tutti gli elementi necessarii
per la definizione della vertenza.

Il R. Prefetto di Perugia nonostante conoscesse i termini della
vertenza da un « Pro memoria » presentato nel secondo anno di ap-
palto dal Vescovo Diocesano, con lettera 9-2-1938, n. 3286, invitò il
Podestà di Spello a fornire gli elementi di diritto e di fatto che potes-
‘sero servire a giustificare il suo operato ed il suo atteggiamento ed il
Podestà con riscontro n. 784, rispondeva a sostegno della sua tesi di
assoluta ingerenza negli interessi del Collegio, appellandosi alla Bolla
di Gregorio XVI (1833), alle Delibere Comunali 10 novembre 1867 e 5
settembre 1869, al parere del Commissario Prefettizio Comm. Pasta
(1933) ed all’assenso del Vescovo nei riguardi dell’appalto quin-
quennale.

Tale pseudo-documentazione provocò da parte della S. Congrega-
zione Seminari ed Università degli Studi una esauriente confutazione
che servisse ad eliminare ogni dubbio ed oscurità circa la natura
ecclesiastica del Collegio. In data 24 luglio 1938 perciò venne rimesso
al R. Ministero della Educazione Nazionale un Pro memoria sul ca-
rattere e sulle vicende storiche dell’Istituto e sull’operato personale
del Vescovo che in tutte le pratiche svolte ha avuto principalmente
di mira la regolarizzazione giuridica dell’Istituto onde assicurare ad
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212 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

esso una direzione religiosa secondo lo spirito della Bolla di fondazione.

Nella prima quindicina di settembre dello stesso anno l'Ispettore ,

Ministeriale Comm. Avv..Ignazio Scaturro venne a Spello e svolse il

mandato conferitogli esaminando minutamente i documenti offerti-

gli dal Segretario Comunale e interpellando quelle persone che erano
in grado di giovargli nel chiarire e definire la situazione dell’Ente.
Ma tale inchiesta non determinò chiarificazione e provvedimento, e
finì come tutte le iniziative di tale genere nell’Archivio del Ministero.

Per partito preso non si vollero riconoscere dalla Prefettura le
affermazioni e le richieste contenute nella domanda presentata dal
Vescovo al Ministero il 18 gennaio 1938; non si fece pervenire al Po-
destà di Spello, in tempo debito, l'ordinanza ministeriale di sospen-
dere la concessione di appalto, e si dette alla relazione del Podestà
n. 784 — già citata — un’importanza superiore al merito ed un'intona-
zione polemica che giovasse non a chiarire ma a confondere i termini
della vertenza in maniera che essa fosse rimandata e risolta in una
luce diversa da quella prospettata dal Vescovo, sostenuta dalla S.
Congregazione dei Seminari e.degli Studi e condivisa esplicitamente
dal ministero della E. N.

Non conosciamo l'autore o redattore di quel documento sotto-
scritto dal Podestà del tempo; soltanto possiamo incresciosamente
rilevare che nella sua compilazione si mirava ad oscurare la natura
ecclesiastica del Collegio, nascondendo ad arte gli elementi e docu-
menti favorevoli a tale tesi, perché in un secondo tempo il Comune
potesse manovrare e decidere arbitrariamente sulla istituzione e sul
suo patrimonio.

Contro questo Benin. era sorto tempestivamente il Pro Memoria

della S. Congregazione — 24 luglio 1938 — che va esaminato non come.

documentazione polemica contro gli errori e le inesattezze che si avvi-
cendano nell'esposto del Podestà di Spello, ma come presa di posi-
zione verso chi osasse escludere il Vescovo Diocesano dall'Istituzione,
o comunque tentasse negare al Vescovo l'esercizo di quei diritti con-
feritigli in. pieno dal Papa Urbano VIII e successivamente riconfer-
mati da Gregorio XVI, e tacitamente ammessi dalle autorità civili
fino agli ultimi tempi. -

Perció il detto Pro Memoria conclude testualmente: circa quanto
si afferma nell'esposto del Comune riguardo a Mons. Vescovo di Fo-
ligno, il quale non avrebbe avanzato pretese di sorta sul Collegio, purché
venissero istituite due borse di studio in favore dei giovani che vogliono
avviarsi al sacerdozio si osserva che:

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SECONDO CONVEGNO STORICO. UMBRO 213

‘ 1) il Vescovo si è sempre opposto alla nomina di una dire-
zione laica del Collegio, ed ha sempre propugnato la chiamata di una
altra Congregazione Religiosa perché fosse conservato all' Istituto l'in-
dirizzo religioso voluto dalla Bolla di Fondazione;

2) la richiesta di due borse di studio per 2 chierici spellani non
volle significare un fatto di rinunzia ai diritti dell'ordinario sul Collegio
medesimo, ma costituisce soltanto una delle altre sue richieste già
avanzate al Ro provveditore agli Studi nella SAVA in data 1° ottobre
1931;

|. 8) le due Borse di Studio deliberate devono considerarsi come
un implicito riconoscimento da parte del Comune, del carattere e del

. fine ile del Collegio;

4).

9) in sette anni di pratiche svolte dall'Ecc.mo Vescovo di
Foligno egli ha avuto principalmente di mira la regolarizzazione giuri-
dica dell'Istituto onde assicurare ad esso una direzione religiosa se-
condo lo spirito della Bolla di Fondazione. Le varie richieste da lui
fatte mirano tutte ad ottenere il rispetto alle disposizioni di detta
Bolla. Non essendo state accolte, resta libero il campo per chiedere
la rivendicazione in pieno dei diritti del Vescovo di Foligno.

PROVVEDIMENTI INTEMPESTIVI

L'atteggiamento assunto dalla Prefettura che tendeva in un pri-
mo tempo a stabilizzare il Collegio nella sua precaria situazione di

‘appalto, e quindi a procrastinare al più possibile il ristabilimento
. reclamato della sua vita normale; poi con l'avvicendarsi di elementi

conclusivi imperniati nel Pro memoria della S. Congregazione; si dette
a scalzare o indebolire ogni affermazione anche indiretta di ingerenza
prospettata dal Vescovo.

In questo ambiente volutamente ‘ostile si affaccia verso la metà

del 1939 la proposta del Parroco di S. Lorenzo per la estinzione del

Legato Magnani — relativo alla Chiesa rurale di S. Luciola — e gravante

‘sul patrimonio del Collegio, con la proposta di cessione di un oliveto
da parte dell'Ente onerato. Per quanto la sistemazione di un legato

sia iniziativa lodevole e degna di essere favorita dall’autorità eccle-
siastica, nel caso specifico bisognava agire con molta cautela e diffi-
dare dell’atteggiamento favorevole o arrendevole alla richiesta, di-

‘mostrato dal personale prefettizio.

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214 SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO

Diffidare nel senso virgiliano del fimeo Danaos et dona ferentes,
perché in casi analoghi la stessa Prefettura si era sempre dimostrata
categoricamente restia o supinamente trascurata, perfino nell’aggiorna-
mento di legati di culto che gravavano sugli Istituti di Beneficenza
alle sue dipendenze.

Perciò. mons. Vescovo rivelò una certa esitazione nel rilasciare
immediatamente il nulla osta che avrebbe implicato un riconosci-
mento vero e proprio da parte del Comune sui diritti di proprietà e di
destinazione del patrimonio di cui poteva e doveva riconoscersi sem-
plice amministratore; fece interpellare in proposito la S. Congregazione
dei Seminari e degli Studi provocandone un veto vero e proprio del-
l| Em.mo Cardinale Pizzardo in data 17 luglio 1939 e così concepito:
«Dato questo, non sembra opportuno, almeno per ora, che l’E. V.
proceda alla emanazione del Decreto invocato dal Parroco Priore 3b
S. Lorenzo di Spello ».

La prudenza e l'esperienza consigliavano di soprassedere in at-
tesa che in Prefettura spirasse un vento piü favorevole alle iniziative
ed alle richieste vescovili che venivano sistematicamente ostacolate,
Anche la Delibera Podestarile del 25 febbraio 1942 recante in oggetto
uno Schema di Convenzione tra il Comune di Spello ed il Vescovo pro
tempore di Foligno circa i beni, l'amministrazione, la gestione e l'ordina-
mento del Collegio Convitto Comunale Vitale Rosi, Convenzione sboc-
ciata da una bonaria intesa tra il Podestà Cianetti e il Vescovo di Foligno,
ed ispirata all'interessamento scambievole delle due autorità per la
sempre maggiore vitalità e prosperità del Collegio stesso, benché favo-
risse più la tesi del Comune che quella del Vescovo, venne arenata
per dare invece libero corso alla pratica di estinzione del legato di
S. Luciola, allo scopo evidente di compromettere le future rivendica-
zioni prospettate dalle autorità ecclesiastiche.

Con duplicata insistenza si tornó a scrivere alla S. Sede addu-
cendo il parere favorevole del Capitolo della Cattedrale e suggerendo
una formula evasiva si indusse Mons. Vescovo ad emettere il decreto
autorizzativo, supponendo cosi di salvare la situazione che invece
veniva irrimediabilmente pregiudicata. Ecco la formola: « Col presente
decreto non intendiamo menomare in nessun modo i diritti che il
Vescovo di Foligno crede di vantare sul Seminario Collegio Felice di
Spello ».

La stipulazione dell'atto pubblico per volere delle parti interes-
sate venne ad assumere intonazione solenne: si scelse la data del gio-
vedi santo del 1942, un'aula del Palazzo Comunale, e si vollero per

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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 215

testimoni il Segretario del Fascio ed il Presidente delle opere Pie.
Da quel giorno l'Autorità Ecclesiastica venne messa fuori da ogni di-
ritto del Legato Magnani cui aveva legalmente rinunciato, e di fatto
messa fuori da ogni ingerenza nel patrimonio del Collegio Rosi per
cui tanto si era insistito fino all'approdo della citata convenzione alla
Prefettura dov'é rimasta sepolta, e con l'ordine immediato di questa
ultima di vendere all'asta pubblica tutti i beni terrieri dell'Ente sen-
za nemmeno interpellare per consiglio o semplice conoscenza il Ve-
scovo Diocesano che é il primo ed autentico arbitro della destina-

zione dei Beni Ecclesiastici nella sua diocesi; e nel caso specifico trat-

tavasi veramente e canonicamente di Beni aventi tale carattere per-
ché intestati al « Seminario Felice ».

In questa situazione resa ancora piü dura dalla guerra europea,
dopo laboriose trattative suggerite e controllate sempre dalla S. Con-
gregazione degli Studi, riapparve la prospettiva di un ritorno del
PP. Somaschi; e la loro insistenza fu tale da indurre la Commissione
a sospendere ogni altra trattativa per dare ed essi la precedenza.

Perciò nell'autunno del 1943 con soddisfazione grande della in-
numerevole famiglia degli ex-convittori, delle autorità civili e reli-

‘giose e del popolo di Spello, i Padri Somaschi riassunsero la direzione

e la gestione del Collegio Rosi.

Interprete di questo stato d’animo il 27 agosto dello stesso anno
— nel giorno cioè in cui la Prefettura aveva sanzionato tale ritorno -
il Podestà di Spello aveva diretto al P. Generale dei Somaschi il se-
guente telegramma: « Approvata oggi nostra convenzione, cittadi-

nanza ed io esultiamo certezza nostro Collegio sarà riportato e man-

tenuto, mediante tradizionale vostra educazione, suoi antichi splen-
dori...».

Dopo la tempesta una schiarita di azzurro, dopo la crisi invernale
la rifioritura primaverile, e quindi la rinascita e la ricostruzione che
auspichiamo possa coincidere ed innestarsi culturalmente, moral-
mente e spiritualmente alla rinascita ed alla ricostruzione della pa-
tria.

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UNO «STUDIO» DI DIRITTO CIVILE
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Al principio dell'Ottocento, troviamo esistente a Nocera Umbra
uno «Studio » di Diritto Civile a carattere Universitario.

‘ Lo Studio aveva sede in quell'antico Seminario Diocesano, ac-
canto ai collaterali Studi di Teologia Dogmatica e di Diritto Canonico;
e aveva al pari di questi la facoltà di rilasciare regolari diplomi di
Laurea, come nelle Università dello Stato pontificio. Non sappiamo
quando venne istituito.

Già con Breve del Papa Pio VII, dato a Roma il 27 luglio 1804,
il Seminario di Nocera era stato autorizzato a rilasciare Lauree Dot-
torali in Teologia Dogmatica e Diritto Canonico, con « tutti e singoli

. i privilegi, indulti, immunità, esenzioni, grazie e favori » goduti, a

tutti gli effetti, dai Laureati nelle Università dello Stato Pontificio.

L'esame di Laurea doveva essere sostenuto davanti ad una Com-.

missione costituita da quattro Dottori nelle stesse Facoltà.

| Con successivo Breve 6 maggio 1817 lo stesso Seminario fu au-
torizzato, nelle medesime forme. a rilasciare Lauree dottorali anche
nelle Leggi civili. L'uno e l'altro privilegio vennero concessi dal Ro-
mano Pontefice su istanza del Vescovo Francesco Luigi Piervissani
che resse la Diocesi di Nocera dal 1800 al 1848, e che fu Pastore di
altissimi sensi, tutto rivolto ad accrescere il lustro e il decoro dell'an-
tico Seminario, curandone in sommo grado la serietà degli Studi.

Il Seminario di Nocera — uno dei più antichi d’Italia — venne fon-

dato nel 1569 dal Vescovo Gerolamo Mannelli, in esecuzione al De-
creto del Concilio di Trento; Concilio che venne tenuto, come è noto,

nel 1563, e al quale lo stesso Vescovo era intervenuto. Ebbe inizial-

mente sede modesta presso l’antica Chiesa di S. Maria del Soccorso,
nel sito dell’attuale Palazzo Civico. Assurto più tardi a notevole im-
portanza per la serietà dei suoi ordinamenti ed anche per il fatto di
essere alimentato dalla vastissima Diocesi, la cui circoscrizione era

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SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 217

stata fatta coincidere dal Vescovo Adalberto, sino dai primi anni
del secondo millennio dell’E.V., con la circoscrizione politica della

Contèa Longobarda di Nocera, venne trasferito in nuova decorosa :

sede costruita «a fundamentis », dice l'epigrafe, nel 1760 dal Vesco-
vo Giovanni Battista Chiappe di nobilissima famiglia genovese;
sede che è quella attuale, di fronte al nuovo Palazzo dell '"Episcopio,
in prossimità della Chiesa Cattedrale.

Dopo il trasferimento. nella nuova sede, la fama del Seminario

.nocerino. si accrebbe per l'aumentata serietà dei suoi studi; tanto

che il pontefice accolse facilmente le istanze per l'autorizzazione al

rilascio delle Lauree Dottorali che gli vennero formulate dal Vescovo

Piervissani, suo compagno di deportazione in Francia. Perchè Mons.
Piervissani fu insieme al Papa Pio VII deportato in Francia, essen-
dosi rifiutato anch’esso di prestare giuramento di fedeltà a Napoleone
Imperatore.

I documenti originali di quanto sopra sono tuttora conservati
nell'Archivio del Seminario, insieme ad un elenco dei Diplomi Dotto-

rali rilasciati, i quali, naturalmente, perdettero ogni valore legale
con la fine dello Stato pontificio. E vennero già pubblicati, con una

. dotta prefazione in lingua latina, dal compianto Rettore Prof. Felice
Bruschelli, in un fascicolo fuori commercio Res ab Episcopis Nuce- .

rinis in Seminarium Diocesanum gestae, edito a Foligno dalla Tipo-

“grafia Campi nel 1907.

GIOVANNI DOMINICI

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ACCADEMIE E TEATRI IN GUALDO TADINO

. .E ben noto che il Cinquecento e il Seicento furono i secoli nei
quali maggiormente sorsero e fiorirono in Italia le Accademie, con-
sessi regolarmente costituiti, composti o da letterati, o da filosofi, o da
scienziati, o da artisti, o da musicisti, ecc. i quali periodicamente si
adunavano nelle proprie sedi, per discutere su questioni inerenti alle
loro occupazioni intellettuali e ai loro studi prediletti, per promuo-
vere la diffusione e per prendere iniziative che avessero rapporto con
quegli stessi studi, come ad esempio, la pubblicazione di opere varie.

Tutti i membri di queste Accademie assumevano i nomi accade-
mici più stravaganti, così in Siena vi fu un'Accademia degli Intronati,
a Milano degli Inquieti, a Perugia degli Insensati, a Bologna dei Ge-
lati, in Ancona dei Caliginosi, a Venezia degli Incogniti e via di seguito.

. .E difficile trovare una città Italiana che, in quei tempi, non

avesse almeno una qualche Accademia, possedendone invece i centri

maggiori, dieci, venti, e anche più. Naturalmente anche Gualdo ebbe

la sua, che sorse infatti poco prima dell'anno 1566 col nome di Accade- :

mia dei Romiti, per iniziativa del Gualdese Castore Durante, illustre
medico, naturalista, filosofo, letterato e poeta, tra i più dotti di quel
secolo. Costui fu anche Lettore nell’Ateneo dell’Urbe, nonché medico
ordinario del Pontefice Sisto V e per tanti suoi meriti fu persino insi-
gnito della cittadinanza Romana. Dell'Accademia da lui fondata, fa-
cevano parte i letterati Gualdesi di quell’epoca e quelli dei vicini paesi.

. Quasi nessuna memoria ci è pervenuta di questo consesso letterario;

solo sappiamo che i « Romiti » prepararono la compilazione di un trat-
tato di Teologia con il titolo « Tesoro di S. Chiesa » e che, in materia
poetica, lavorarono intorno ad una produzione denominata « Il nuovo
Tempio di Apollo », le quali opere però, quasi certamente, non furono
mai pubblicate. Si ignora l'epoca in cui l'Accademia dei Romiti si
estinse. SECONDO CONVEGNO STORICO UMBRO 219

In seguito, dopo lunghe pratiche iniziatesi nell’anno 1796, co-
stituivasi in Gualdo un'altra Accademia e cioè l'Accademia Teatrale,
per opera dei più cospicui cittadini del luogo, con lo scopo di diffondere
nella popolazione la passione per l'arte teatrale, mezzo efficace d'i-
struzione e di sano godimento del popolo, che veniva cosi allontanato
da altri perniciosi sollazzi. La fondazione dell'Accademia avvenne,
con questi lodevoli intendimenti, mediante Atto del 19 gennaio 1805,
deliberandosi, subito dopo, la costruzione di un Teatro Condominale,
indispensabile perché gli Accademici potessero esplicarvi ogni atti-
vità nel loro scopo educativo, compendiato nel motto: « Delectando
monet ».

A tal proposito ricorderemo, che però non fu questa la prima ini-
ziativa teatrale che sorse nella nostra città. Ricerche da me fatte,
hanno appurato che nel 1676, approfittando del fatto che nel Con-
vento di S. Francesco già da vari anni piü non risiedevano i Frati,
un improvvisato Comitato Teatrale trasformó in Teatro un grande am-
biente a pianterreno del Convento stesso, sotto il dormitorio dei Fran-
cescani, verso la piazza del Sopramuro, ambiente che, da molti in-
dizi, si puó con certezza ritenere, essere quello stesso dove oggi, sotto
un'ampia e bella volta Gotica, esiste l'officina Elettrica. L'istituzione

di questo primo Teatro, diede anzi origine ad una lunga vertenza tra

il Comitato Teatrale ed il Vescovo di Nocera, il quale ultimo, non tol-
lerando che entro le sacre mura del Chiostro, dove nel 1689 erano tor-
nati a risiedere i Francescani, avessero ingresso le donne e si rappresen-
tassero spettacoli profani, ordinó nel 1691, che il Teatro fosse demo-
lito ed il locale riconsegnato ai Frati. Ma essendo restata inadempiuta

questa imposizione, venne poi col tempo a più miti consigli e nel 1718

decretó che le chiavi del Teatro fossero tenute dal Guardiano del
Convento, il quale avrebbe dovuto consegnarle solo per rappresenta-
zioni sacre e spirituali previo però il permesso vescovile anche in tal
caso. Sotto pena di scomunica, vi era perciò vietata qualsiasi rappre-
sentazione profana, ed il Comitato Teatrale avrebbe dovuto ogni
anno pagare al Convento di San Francesco, quale canone, una libbra
e mezza di cera bianca. Non sappiamo fino a quando permanesse que-
sto Teatro di S. Francesco, certo è che, nella metà del Settecento,
funzionava ancora liberamente nonostante le restrizioni del Vescovo,
che anche nel 1721 e nel 1746, durante le sue visite Pastorali in Gualdo,
dovette minacciare nuove pene ai trasgressori del suddetto Decreto.

Ritornando ora alla nostra Accademia Teatrale, diremo che la co-
struzione del Teatro dalla stessa progettato ebbe inizio assai presto,

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ma si protrasse per alquanto tempo. Gli fu dato il nome di Teatro
‘Talìa, quella delle nove Muse che presiedeva alla commedia e alla
poesia lirica. Fu decorato e dipinto dal pittore perugino Monotti
e dal Bottazzi, costò complessivamente scudi 2881 e le prime rappre-
sentazioni vi furono date nel 1809, in occasione delle feste indette in
Gualdo per l'Imperatore Napoleone I, quando le sue truppe occupa-
rono lo Stato Pontificio. Nei primi tempi, gli Accademici ebbero un
capo che assunse il titolo di « Principe dell’Accademia », titolo poi
modernizzatosi, con quello, oggi più comune, di Presidente; anche l'o-
riginaria organizzazione accademica, subì cogli anni varie modifica-
zioni, adattandosi ai nuovi tempi nella sua lunga vita.

»HucGGERO GUERRIERI
INDICE

BELFORTI, R. — Deputazione di QUO Patria per l’ Umbria :
ERMINI, G. — Lo Studio perugino nel 500

PoLTIccHIA, HR. — S. Bernardino da Siena e lo « Studium Perusi-
num »

AcosTINI, G. — Il Manicomio di S. Margherita in Perugia nella

storia della psichiatria dell’800 . . . . . .
CEccHiNI, G. — L'Accademia di Belle Arti
IrAcI, A. — L'Accademia Civica del Teatro. Morlacchi

DuURANTI, F. — L’ Accademia Perugina di s. Tommaso d' Aquino e il
tomismo perugino . . : ;

SANTI, F. — Il Museo Oddi a S. Erminio presso Perugia .

CALZONI, U. — Le più recenti vicende del Museo Archeologico di
Perugia 5

BALTADORI, A. — Un secolo e mezzo di osservazioni meteorologiche a
Perugia HAAS SE

Pizzowt, P. — Il Lascito Lassi . RS à yos. is SPE

BoneLLI, R. — L'Accademia del Teatro in Orvieto — Parte I Sm.

CowTI, L. — L'Accademia del Teatro in Orvieto — Parte II

FERRI, C. — Accademia «Nova Fenice » in Orvieto

BONELLI, R. — Nota sul Palazzo Febei, sede dell’ Accademia dei Ri-
svegliati in Orvieto

| SALVATORELLI, L. — La Società Internazionale di Studi Francesca-
ni in Assisi | SORA Cia rg gr GUADO

Mas, E. — Il Museo Francescano d'Assisi CREA ii fr.

VALITUTTI, S. — Due pionieri della nuova educazione : Alice e Leo-
poldo Franchetti i

ConTI, F. — Le Accademie letterarie in Foligno durante il Secolo .

XVIII

GnassiNI, P. — Notizie Storiche sulle Accademde d Cultura in

Terni

PomponI, L. — Il Collegio Vitale Rosi di Spell hello. sue origini e
nelle sue. vicende

DOMINICI, G. — Uno « Studio » di Diritto Civile a Npedb Umbra.
GUERRIERI, R. — Accademie e Teatri in Gualdo Tadino

Direttore Responsabile: AcHILLE BERTINI CALOSSO

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