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BOLLETTINO

DELLA DEPUTAZIONE

DI

STORIA PATRIA

PER L'UMBRIA

VOLUME XLV

PERUGIA
PRESSO LA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
1948
S. p. A. Arti Grafiche Panetto & Petrelli - Spoleto, 12-1955.
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO-
IN ASSISI

INTRODUZIONE
Cenni sulla letteratura intorno a S. Rufino

1. — La gagliarda e austera costruzione del duomo, della « casa
beati Rufini» — cosi é chiamato nelle antiche pergamene dell'ar-
chivio della cattedrale — innalzato dalla fede del popolo e dal genio
di Giovanni da Gubbio, é il testimonio piü eloquente del culto della
Chiesa di Assisi per il suo Patrono vescovo e martire Rufino. La rozza
scultura del timpano del portale lo rappresenta vestito di « casubula »,
con il libro in mano al lato sinistro di Cristo.

Questo monumento, insieme all’antica basilica Ugoniana co-
struita ed elevata alla dignità di sede vescovile già nella prima metà
del secolo xi come sviluppo e ampliamento di una più antica chiesa
dedicata al santo Martire, getteranno qualche sprazzo di luce sul
martire e vescovo Rufino, venerato in Assisi, meglio che la leggenda
della rozza e tarda passione tramandataci dai vecchi lezionari.

Secondo questa storia Rufino, vescovo della città di Amasia
nel Ponto, dopo aver convertito il proconsole sarebbe passato con suo
figlio Cesidio nella regione dei Marsi. Quivi avrebbe consacrato una
chiesa, lasciata in custodia a suo figlio, mentre egli sarebbe passato a
predicare il vangelo nella città di Assisi. Scoperto dal proconsole
Aspasio, dopo aver inutilmente subiti diversi generi di supplizi, avreb-
be consumato il martirio sommerso con una mole al collo nelle ac-
que del fiume Chiascio. Il suo corpo dal luogo del martirio sarebbe
stato trasportato quasi subito in città e precisamente nel luogo ove
sorge la chiesa omonima.

La Chiesa di Assisi venera in S. Rufino martire anche il suo primo
vescovo. Come tale infatti lo riportano i cataloghi delle « series epi-
scoporum » locali e anche generali e cioè: il catalogo dipinto della Pi-
6 ALDO BRUNACCI

nacoteca vescovile (1), il Di Costanzo (2), il Venarucci (3), l'Ughelli-

Coleti (4), il Cappelletti (5), il Gams (6), lo Sbaraglia (7).

Il Lanzoni (8) lo porta con un punto interrogativo o
rino e Savino, ambedue seguiti dallo stesso segno.

Anche la Cronaca della città di Gualdo compilata nel secolo XIV
in un monastero di questo luogo e conservata nel ms. Ottoboniano
2666 della Biblioteca Vaticana pone il martire Rufino insieme con
Savino e Vittorino tra i primi evangelizzatori di Assisi. Al foglio 4 v.
si legge: « Victorinus, Savinus et Ruffinus in civitate Asiscenata plan-
taverunt fidem et ibidem martyrizati sunt et reconditi sub Maximiano :
imperatore » (9).

La chiesa di Assisi ha CETERO il «dies natalis » del suo martire

. e vescovo Rufino sempre agli 11 di agosto. Questa data la ritroviamo
nei documenti piü antichi del culto di questo santo.

Nello stesso giorno celebra un S. Rufino vescovo e martire come

santo proprio anche la chiesa dei Marsi e di Pistoia, sebbene quest'ul-

(1) Questa serie di vescovi fu fatta dipingere dal Card. Vescovo di Assisi
Francesco Nerli ( 1685) secondo una storia manoscritta dei medesimi com- .

pilata dal can. Amatucci Ludovico e ricopiata dall’ab. Stampeggi Segr. del

Card. Nerli che vi aggiunse i ritratti di ognuno eseguendoli a penna. Questo
ms. fu conosciuto dall'Ab. Di Costanzo nella sua Disamina degli scrittori e dei

| monumenti riguardanti S. Ruflno vescovo e martire di Assisi (Assisi, 1797) che.

cita con il nome di Biografo. Il catalogo è riprodotto da T. Locatelli-Paolucci

nella sua Serie quadruplice dei Vescovi della, città serafica (Assisi, 1872); a

pag. 9 al nome Rufino porta la seguente nota: « D. Rufinus Cappadox et civis
Amasae, primum eiusdem civitatis, deinde Marsorum, ac demum sub D. Fa-
biano P. Assisien. epus anno 340. Corpus in Eccla Cathli servatur ». i

(2) Cfr. Appendice I alla citata Disamina, pag. 261, dove la .data del mar-

‘tirio di S. Rufino è posta nell'anno 236.

(3) Notizie storico-critiche di Assisi, op. ms. compilato nel 1806 da cui il |
Locatelli-Paolucci ha riprodotto il quarto CHHEHOHO. nella Serie quadruplice -

testè citata. Cfr. pag. 6 e 9.

(4) Italia Sacra, 2* ediz., per N. Coleti (Venezia 1717-1722), to. I, col.
476; il martirio di S. Rufino è posto nell’anno 240.
(5) Le Chiese d'Italia (Venezia 1844), to. V, pag. TAE dove si dà l'anno 236
come data della morte di S. Rufino.
(6) Series episcoporum Ecclesiae Catholicae a S. Petro Apostolo (Ratispd
nae, 1873), pag. 668; si dà come data del martirio il 236.
(7) Cfr. FALocr-PuLIGNANI L'Umbria Sacra del P. Sbaraglia in « Archi-
vio per la storia Ecclesiastica dell'Umbria », vol. I, 1913, pag. 536.
(8) Le Diocesi d'Italia dalle origini al principio Hs sec. ilt (an. 604),

(Faenza, 1927), pag. 462.

(9) Cfr. GUERRIERI, Le cronache e le agiografie francescane medioevali gualdesi
ed i loro rapporti con altre cronache e leggende agiografiche umbre. (Gubbio 1933).
LEGGENDE E CULTO DI Sì RUFINO IN ASSISI i su

tima — come vedremo — da una data molto recente. Anche le leggende

‘possedute dalle singole chiese mostrano una evidente parentela. Il

martirologio romano pubblicato dal Baronio non conosce alcun santo

di nome Rufino a Pistoia. Al giorno 11 agosto dice: passio sanctorum

Rufini. Marsorum Episcopi, et sociorum sub Maximini imperatore.
Mentre mette la nota: Assisi in Umbria Sancti Rufini Episcopi al
giorno 30.di Luglio. Ora la Chiesa di Assisi non ha mai venerato alcun

Rufino in questo giorno.

Nel martirologio annotato e pubblicato per la prima volta. nel
1586, il Baronio nelle « notationes » al giorno 11 agosto menziona gli
atti di S. Rufino della chiesa Pistoiese, mentre non fa menzione al-

cuna del S. Rufino venerato in Assisi all’infuori del 30 luglio dove

gli. assegna soltanto l'appellativo di martire (1). Il Baronio non co-
nobbe i monumenti della chiesa di Assisi e si fidó di un discorso di

. S. Pier Damiani in onore del Santo. In questo discorso peró — lo pro-

veró a suo luogo — é incorso un errore per colpa dei copisti che hanno
scritto: fertio Kalendas augusti (30 luglio) invece di fertio idus au-

gusti (11 agosto). Inoltre in questo sermone, come pure in un inno

composto dallo stesso Santo Dottore i in onore di S. Rufino, non si fa
menzione della sua dignità episcopale.

Tutto questo, aggiunto al fatto che da tempo assai remoto si
venerava ad Assisi al 19 di agosto un altro santo dello stesso nome
— Rufino d’Arce o Rufinuccio —, ha servito a rendere più intricata la

questione già di per se oscura intorno a S. Rufino venerato in tre

chiese distinte come martire e vescovo proprio e delle quali due -
Assisi e Pistoia — si vantano di possederne le spoglie.

2. — . L'errore incorso nel sermone di S. Pier Damiani e reso uffi-
ciale nel Martirologio Romano dal Baronio ha influito anche negli
agiografi posteriori e sugli stessi Bollandisti.

i Veramente qualche anno prima della pubblicazione del Marti-
rologio del Baronio, nel 1578, il Galesini nel suo martirologio porta.

‘ per primo in Assisi un Rufino martire al 30 luglio fondandosi unica-

: mente sull’autorità del. Damiani (2). Anche il Ferrari nei cataloghi

(1) Martyrologium Romanum Gregorii XIII Pont. Max. iussu editum.

accesserunt notationes atque tractatio de Martyrologio Romano auctore C. Baro- io

nio Sorano, (Roma, 1586), cfr. pag. 339 e pagg. 359-60.

(2) Martyrologium sanctae Romanae Ecclesiae usui in dee anni dies.

accomodatum... Petro Galesino auctore. Notationes item, ecc.... (Mediolani,
1578), cfr, pag. 249. :
8 ALDO BRUNACCI

dei santi incorse nello stesso errore (1). Il Lubin (2), il De Aste (3)
l'Orlendi (4) pur menzionando al 30 luglio S. Rufino martire in As-
sisi e agli 11 di agosto S. Rufino vescovo e martire dei Marsi, hanno
ritenuto trattarsi dello stesso santo il quale sarebbe stato vescovo
dei Marsi e di Assisi.

In ció concordano con gli scrittori e gli agiografi Umbri e Marsi-
cani che hanno scritto di S. Rufino cercando di rettificare e di conci-
liare insieme con una critica molto facile le notizie spesso discordanti
delle diverse redazioni degli atti. Tali sono: il Feboni (5), l'Egidi (6),
lo Iacobilli (7), lo Spader (8), il Corsignani (9).

I Bollandisti più volte hanno trattato negli Acta Sanctorum del
nostro S. Rufino, sempre però fermi nel porre dietro l’autorità del
Damiani un Rufino semplicemente martire al 30 luglio. Siccome poi
conobbero la tradizione della Chiesa di Assisi che venera un Rufino
vescovo e martire all'11 di agosto, cercarono di risolvere il groviglio

ponendo due santi omonimi in Assisi e cioè: un Rufino solo martire al 1

30 di luglio di cui avrebbe parlato il Damiani e un S. Rufino vescovo
e martire conforme alla tradizione Assisana agli 11 di agosto. Cosic-
chè aggiungendo a questi due il Rufino d’Arce o Rufinello, vennero

(1) Nova Topographia in Martyrologium Romanum (Venetiis, 1609) f.
14 v.; Catalogus sanctorum Italiae (Mediolani, 1613) pag. 472; nel Catalogus
Generali: sanctorum qui in Martyrologio romano non sunt (Venetiis, 1625) a pag.
239 conosce al 19 agosto S. Rufino de Arce.

(2) Martyrologium Romanum illüstratum sive Tabulae Beolésiastione geo-
graphicis tabulis et notis historicis explicatae auctore A. Lubin (Lutetiae Pari-
siorum, 1660), tab. V, pagg. 135 e 148.

(3) In Martyrologium Romanum discepíationes, literales, topographicae et
chronologicae collectae atque exibitae a F. M. De Aste ((Beneventi, 1716) pagg.
350-351.

(4) Orbis sacer et profanus, illustratus auctore P. F. Orlendio (Florentiae,
1728-1737) cfr. pars. II, lib IV, cap. III, pag. 1529 e pagg. 1530-32.

(5) Historia Marsorum libri III una cum eorumdem episcoporum catalogo,
(Napoli, 1678), cat. pag. 3; La vita dei gloriosi martiri S. Cesidio e S. Rufino suo
Padre primo vescovo dei Marsi raccolta dal dottor Muzio Febonio (Roma, 1643).

(6) Vita dei quattro celesti eroi S. Rufino vescovo e martire, S. Vittorino Ve-
scovo e martire, S. Rufino d' Arce martire, e S. Vitale confessore, (Perugia, 1654).

(7) Vite dei santi e beati del Umbria e di quelli i corpi dei quali riposano
in essa provincia tomi 3, (Foligno, 1647-1661), tomo I, pagg. 701-704.

(8) Assisiensis Ecclesiae prima quatuor luminaria, (Fulginei, 1715).

(9) Reggia Marsicana ovvero memorie topografiche storiche di varie colonie
e città antiche e moderne della provincia dei Marsi e di Valeria vol. 2, (in Napoli,
1738), Vol. II, pagg. 32 e segg.; De viris illustribus Mdargorum liber singularis,
(Romae, 1712), pagg. 83 e segg.
LEGGENDE E GULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 9

a concludere che ad Assisi nel medioevo si veneravano tre santi di-
stinti dello stesso nome (1).

Dopo i Bollandisti trattó la questione il dottissimo benedettino
Giuseppe Di Costanzo, abate di S. Pietro in Assisi dal 1786 al 1806,
e perció in grado di conoscere i monumenti della chiesa di Assisi
nellopera già citata (2). :

L'abate Di Costanzo dimostrando che la chiesa di Assisi ha vene-
rato un solo S. Rufino vescovo e martire e sempre agli 11 di agosto,
ha risolto il problema della pluralità dei santi di questo nome. Egli
inoltre ritiene che il Rufino vescovo e martire venerato in Assisi sia
lo stesso di quello venerato nei Marsi, il quale sarebbe stato vescovo
dei Marsi e quindi di Assisi dove avrebbe coronato la sua vita con il
martirio; in ció accetta la tradizione degli scrittori umbri e marsi-
cani.

Il Di Costanzo sebbene scrivesse nel secolo XVIII ha portato
un contributo importantissimo per il suo tempo ed ebbe il merito di
sciogliere il groviglio dichiarato insolubile dai Bollandisti. Purtroppo
per questi le difficoltà permangono ancora come appare da un re-
cente volume pubblicato nel 1940 quale introduzione al mese di di-
cembre. Probabilmente essi non hanno conosciuto l’opera del Di
Costanzo (3).

Recenemente ha trattato la questione il Lanzoni (4) con quella
ampiezza e profondità che gli era concessa in un’opera di carattere
generale. Nel corso del nostro studio avremo occasione spesso di ci-
tare le sue conclusioni veramente un pò affrettate giacché non si è
preoccupato di ricercare gli antichi documenti della Chiesa di Assisi.

(1) Acta SS., Iul. VII, pag 150; Aug. II, pag 633, Aug. VI, pag. 632,
e pag. 814. >

(2) Per quest'opera che è una vera enciclopedia di storia ecclesiastica
e profana di Assisi l'archeologo tedesco Enrico Nissen, che ebbe modo di
consultarla in occasione di ricerche su Urbinum Hortense, giudicava il Di Co-
stanzo: «uomo veramente dotto, da mettere innanzi a tutti gli scrittori di an-

\tichità municipali dello scorso secolo per acume e sodezza di criterio » in Bol-

lettino dell’istituto di Corrispondenza Archeologica, Roma Salviucci 1861, pagg.
241-249. Sulla vita e attività letteraria del Di Costanzo cfr. l’introduzione di
Faloci-Pulignani all’Odeporico dell’abate Giuseppe Di Costanzo in Archivio Sto-
rico per le Marche e per l'Umbria, 1885, pagg. 510 e 531.

(3) Propylaeum ad Acta Sanctorum Decembris, Bruxelles 1940, p. 314.

(4) Le Diocesi d’Italia dalle origini, ecc. pagg. 461-480; cfr. anche Le ori-
gini del Cristianesimo e dell’Episcopato nell' Umbria Romana in Rivista sto-
rico-critica delle scienze Teologiche, vol. III, pagg. 739-756; 821-837.
VEI, IV)

10:7 ^. ^"ALDO BRUNACCI

. Con il desiderio e la speranza di portare un pò di luce sulla que-
stione dell'origine della Chiesa di Assisi abbiamo ripreso in esame

le antiche leggende e il culto del martire Rufino giovandoci dei. prece-
denti lavori e soprattutto attenendoci nello studio dei documenti ai

criteri della critica agiografica moderna.

L'esame rigoroso delle memorie, della passione ‘studiata nella
sua tradizione manoscritta e nelle sue diverse redazioni, delle più an-
tiche testimonianze del culto in Assisi, ci ha permesso di rifiutare o

correggere alcune conclusioni dell'eminente critico di Faenza che po-
tevano sembrare ormai ufficialmente accettate dalla critica storica.

Inoltre la tradizione Assisana circa il suo Santo Patrono è stata de-
finitivamente chiarita nei confronti di quella: della Chiesa dei Marsi
e di Pistoia.

Purtuttavia, dopo ricerche invero laboriose, a qualcuno — so-
prattutto se abituato al metodo storico dei facili illustratori di glorie
locali — le nostre conclusioni potrebbero sembrare ben poca cosa.

Ma la storia é quella che é e non quella che si vorrebbe e perciò dob-

biamo essere contenti di una conclusione, quando é dettata dai docu-

menti, anche se negativa, anche se ci fissa un limite oltre il quale non

possiamo andare senza correre il rischio di lavorare di fantasia.

Con il nostro lavoro ci illudiamo di aver portato anche un modesto

contributo agli studi di agiografia medioevale. Le leggende di S. Ru-

‘ fino infatti sono un esempio classico del modo di procedere degli agio-

grafi medioevali quando dovevano scrivere la leggenda di un Santo

"di cui non conoscevano la vita.

Il testo della passione che pubblichiamo in appendice da un ma-
noscritto del secolo xi e la descrizione che presentiamo di due im-
portanti passionari umbri possono considerarsi un contributo allo
ud dell'agiografia umbra.
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI. BE

CAPITOLO PRIMO

. Il sermone di San Pier Damiani in onore di S. Rufino

Il sermone che il Santo Dottore ha scritto in onore di S. Rufino
si può considerare il documento più autorevole e più antico per il
nostro studio. Né il Geronimiano infatti, né gli altri martirologi sto-
rici da Beda (T 735) ad Usuardo (T 875) fanno alcuna menzione di un
Rufino martire ad Assisi (1).
Questo sermone si trova riportato in tutte le edizioni delle opere
di S. Pier Damiani (f 1072); nelle citazioni ci riferiremo all'edizione
dei Bollandisti (2).
| S. Pier. Damiani ha scritto in onore di S. Rofinò anche un inno di
cui avremo occasione di parlare. Dell’attribuzione di quest’inno a

È S. Pier Damiani ebbe a dubitare il Sollier (3) perché nell’edizione
. delle opere del Santo curata dal Gaetani non lo vide riportato dopo

(1) In qualche codice se ne fa menzione, ma si tratta di aggiunte poste-
riori di carattere locale. Cosi ad esempio nel Cod. Vat. Lat. 5417 del sec. XV,
che contiene un martirologio già appartenuto alla chiesa di S. Francesco di
Gualdo al f..73 si legge: « Tertio ydus augusti in civitate asisinata sancti rufini
episcopi et martyris » (cfr. V. H. EHRENSBERGER, Libri Liturgici Bibliothecae
Apostolicae Vaticanae manuscripti... Friburgi Brisgoviae, Herder, 1897, pagg.

‘ 178-179). Sotto il 30 di luglio conosce un S. Rufino martire ad Assisi anche la

edizione del martirologio di Usuardo curata dal Sollier, in Migne P. L. voll.
123-124, II, col. 316. :

(2) Act. SS. Iul. VII, pag. 151-154. Le eltre edizioni sono: A. LIPOMANUS,
Sanctorum priscorum Patrum vitae, T. VIII, (Venezia, 1560) f. 242-244; L. Su-
RIUS, De probatis Sanctorum historiis parlim ex tomis Aloysii Lipomani..
partim etiam ex egregiis Manuscriptis Codicibus... collectis, TRAV; (Colonia;
1573), pp. 398-401; (ed. Colonia, 1579), pp. 419-22: T. VII; (Colonia, 1618)
pag. 354-56; T. VII, (Torino 1877), pp. 566-72: PETRI DAMIANI... opera
omnia... studio ac labore domni Constantini. Cajetani (Bassani, 1783), T. II,

pagg. 178-84; Migne P. L., vol. CXLIV, col. 639-99; N. ANGELINI, Brevi

notizie intorno a S. Rufino ds e martire: (Roma, 1862), pagg. 41-50; II ed.,
(Frascati, 1885), pagg. 56-63.
| 3) Act. SS. Iul. VII, pag. 150 « ...atque ibidem apud Lipomanum hym-

nus etiam sancto Petro Damiano tribuitur, quem tamen in eius operibus ita

sermoni subiunctum reperire non licuit; forte quod editor Cajetanus iunioris
alterius scriptoris ex rhytmorum numero esse censuerit ».
Pee
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12 oM ALDO BRUNACCI

il sermone. Quest'inno tuttavia si trova nell'edizione del Gaetani e pre-
cisamente nel t. IV insieme agli altri inni del Santo. Il Sollier non fece in
tempo a vedere completa l'edizione suddetta, Inoltre esso in tutte le edi-
zioni (1) si trova attribuito a S. Pier Damiani, é riportato dai mano-
scritti delle opere del Santo tra i quali notiamo il ms. 358 della biblioteca
di Montecassino, di cui parleremo tra poco, riveduto dal Santo stesso.

Ritornando al sermone — che abbiamo chiamato il documento
più importante per il nostro studio — circa la data di composizione

possiamo affermare con tutta sicurezza che esso fu scritto dopo il

1034, data questa della venuta all’eremo di Fonte Avellana di S. Pier
Damiani. In questo eremo situato non lungi dalla città di Assisi il
Damiani poté avere facilmente le notizie per comporre il sermone in
onore di S. Rufino, forse mosso a far questo dalle istanze degli Assisani
e dalla fama dei miracoli del santo martire, come afferma egli stesso.

Il Di Costanzo (2) fissa come data di composizione l’anno 1053,
perché in quest'anno gli annalisti Camaldolesi pongono la dimora del
Santo Dottore nell’eremo di monte Pregio presso Perugia e vicinis-
simo ad Assisi.

Ad ogni modo due date per me fissano sicuramente il tempo di

. composizione del medesimo e cioè il 1052 e il 1069. La prima data,

1052, corrisponde all'anno in cui troviamo nominato per l'ultima
volta Ugo vescovo di Assisi (3) in una pergamena dell'archivio della

M

(1) Cfr. U. CHEVALIER, Repertorium hymnologicum, (Louvain, 1897), T
II, pag. 72; C. BLuMwE G. M., DrEvEs Analecta hymnica medii aevi, vol: XL VIII,
Hymnographi latini Lateinische Hymnendichter des Mittelalters, Erste Folge
(Leipzig, 1905), pag. 48.

(2) Gtr. Disamina... pag. 3.

(3) Per le vicende del vescovo Ugo, che godette tanta riputazione da es-
sere messo a capo nel 1048 alla legazione Romana inviata ad Arrigo II Impe-
ratore nella dieta di Worms per l'elezione di Leone IX, cfr. specialmente la se-
rie dei vescovi di Assisi nella Disamina... del Di Costanzo, pagg. 236-40, e
l'Umbria Sacra del P. G. Sbaraglia pubblicata da M. Faloci Pulignani nello
Archivio per la storia Ecclesiastica del Umbria, vol. I, (1913), pag. 536.

Per l'importanza che ha in riguardo alla storia del culto di S. Rufino è ne- -

cessario fissare il tempo del suo episcopato. Nelle pergamene dell'Archivio della
Cattedrale di Assisi è nominato per la prima volta in una donazione del 1036
(fasc. I, n. 30, edita dal Di Costanzo, op. cit, pag. 375 e da S. Mochi Onory in
Ricerche sui poteri civili dei Vescovi nelle città Umbre durante l'alto medio evo,
Roma, 1930, pag. 209). Tuttavia dal Di Costanzo, op. cit., pag 236, e dal P.
Sbaraglia, op. cit., pag. 537 lo si fa risalire a prima del 1029. In tale anno in-
fatti da una pergamena dell’Archivio della Cattedrale (fasc. I, n. 22, edita dal
Di Costanzo, op. cit., pag. 372) compare la chiesa di S. Rufino già eretta in ca-

NX
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 13

Cattedrale (fas. I, n. 46). Ora S. Pier Damiani nominando nel suo
sermone il Vescovo Ugo usa l'espressione: «allora vescovo di Assisi »
(1), quindi scriveva quando Ugo era già morto, certamente dopo il
1052. La seconda data — 1069 — rappresenta il limite ultimo perché
a questo anno risalgono, come vedremo, i codici 358-359 della Biblio-

teca di Montecassino che contengono tra le opere del Santo Dottore

anche il sermone in onore di S. Rufino.

Le espressioni « Ugo allora Vescovo di quella sede » (2), «il pre-
detto Ugo venerabile preside di quella sede » (3) e la mancanza di
ogni altra indicazione comprovante il contrario fanno legittimamente
supporre che S. Pier Damiani non abbia recitato il suo sermone in
Assisi.

Questo sermone di S. Pier Damiani sebbene sia il documento
più autorevole su S. Rufino nulla ci dice delle gesta e del martirio del
santo. Esso non é un panegirico, né una vita di S. Rufino, é solo il
racconto dei miracoli operati dal martire Rufino in occasione del tra-
sporto della sua urna sepolcrale.

Che questo fosse lo scopo dello scrittore, se non apparisse da una
semplice lettura del sermone, ce lo dice lo stesso Santo Dottore allor-
ché, premesso un esordio sopra l'onore che Iddio rende alle spoglie dei
suoi Santi e la cura che ne ha fino al gran giorno della resurrezione
finale, cosi soggiunge: « ma già diciamo qualche cosa intorno ai mi-
racoli del beato Rufino per il che abbiamo premesso queste cose » (4).
I mss. del sermone che ho potuto vedere portano per questa
ragione il seguente titolo: Miracula beatissimi Rufini martyris. Cosi
il citato ms. 358-359 di Montecassino — il più antico per quanto si
sappia — e il ms. Vaticano.latino 6749 della Biblioteca Apostolica
Vaticana.

Come abbiamo detto, scopo di S. Pier Damiani, é narrare i mi-
racoli occorsi in occasione del trasporto dell'urna sepolcrale del mar-

nonica con un priore, il che dovrebbe attribuirsi al vescovo Ugo, il quale, come
vedremo, per testimonianza del Damiani sul luogo della piccola chiesa urbana
in onore di S. Rufino « magnam construxit ecclesiam ».

In una donazione del 1052 (fasc. I, n. 46, edita dal Di Costanzo, pag. 381)
il vescovo Ugo appare ancora vivente.

(1) « Eiusdem tunc sedis Episcopus», cfr. Act. SS. Iul. VII, pag. 151.

(2) « Ugonem eiusdem tunc sedis Episcopum », ibidem.

(3) « Praedictus Ugo venerabilis eiusdem sedis antistes », ibidem.

(4) « Sed iam propter quod ista praemisimus de beati Rufini miraculis
breviter aliqua perstringamus », ibidem.

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tire, ma nel far questo il Sánto Dottore ci dà incidentalmente delle

notizie sul culto di S. Rufino in Assisi di somma importanza.
S. Pier Damiani dunque ci narra che al tempo del vescovo Ugo
nacque questione tra lui. e il suo popolo circa un sarcofago di sasso

. situato fuori della città e che si credeva aver un tempo custodite le -

spoglie del martire. Il vescovo Ugo pretendeva trasferire il sarcofago

del martire nella chiesa cattedrale di S. Maria (1). Giacché la chiesa .
. di S. Maria — ragionava il vescovo Ugo — non ha il corpo del martire,

almeno abbia l'onore di possederne l'urna che un tempo lo custodiva.

ll popolo invece voleva che il sarcofago fosse trasferito in una basi-

lica interna alla città, sacra al martire Rufino e in cui — secondo lo

stesso S. Pier Damiani — si custodiva il corpo del martire trasporta-

tovi per timore dei gentili dal suburbio ove anticamente era situato.
Il popolo accampava per le sue pretese che non doveva farsi separa-
zione tra il corpo del martire e il suo sarcofago come non c'era stata
subito dopo la morte del santo (2). Nella lite che nacque si venne
alle armi — prosegue il Santo Dottore — tra i partigiani del vescovo e
il popolo, peró per intervento divino nessuno é ferito e non si sparge
alcuna goccia di sangue. |

Intanto la volontà del popolo prevalse su | quella del. vescovo e il
cielo stesso con vari prodigi avrebbe dimostrato che il volere del po-
polo in questo caso concordava .con quello di Dio. Infatti mentre

sessanta uomini del partito del vescovo non sarebbero riusciti a smuo-

vere l’urna, al contrario appena sette uomini del partito del popolo
avrebbero portato l'urna del martire alla basilica. urbana di S. Ru-
fino con tanta celerità da sembrare che avessero trasportato un fascio

‘ di paglia anziché una pesante pietra.

Altri prodigi, sui quali il Santo Dottore si sofferma volentieri,
fra questi l'invio di un sacerdote al vescovo Ugo da parte dello stesso

martire, mostrarono chiaramente la volontà di Dio. Visti tanti evi- -
denti miracoli il vescovo Ugo si arrese e trasformó la piccola basilica .

urbana, in cui si credeva di avere il corpo di S. Rufino, in una più
grande ed adorna basilica. Collocò il: corpo del martire nel sarcofago
che era stata la causa del füssidio e con n grande solennità vi consacró

(1) «Ad 2clesiam beatae Mariae quae eius loci prima sedes est » Act.
SS. Iul: VII, pag. 151.
(2) « Et contra populus asserebat inter sacras reliquias et proprium tu- .
mulum divisionem fieri non debere: nec humanis nunc adinventionibus per-
mutandum, quod ab ipso gloriosi LUPA consummato triumpho videretur
divinitus institutum ». Ibidem.
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 15

sopra un altare. Da quel giorno, dice il Damiani, quanti ciechi furono

ivi illuminati, quanti furono liberati dai demoni e da varie malattie
sarebbe lunghissimo raccontarlo anche ristrettamente.

In seguito si investigò il giorno in cui il santo martire avrebbe
consumato il martirio; essi infatti, non avendo una storia del santo,
celebravano per l'addietro solamente la solennità «annuz dedica-
fionis » (della parva basilica come parrebbe doversi intendere). Final-
mente però si sarebbe trovata la « passionis historia » e perciò il ve-
scovo Ugo avrebbe stabilito che si celebrasse il dies natalis del mar-
tire il 30 luglio — fertio &giehdas augusti — secondo quando attestava
la detta passione.

. A molti però sembrò oneroso il celebrare due feste cioè la solennità
«annuae dedicationis » e il «dies natalis» per il medesimo santo.
Nuovi prodigi però, narrati minutamente da S. Pier Damiani, con-.
fermarono il volere del vescovo e da quel giorno senza alcuno osta-
colo si celebrò il martirio del santo e nel giorno predetto i fedeli da
ogni parte all’intorno convennero alla tomba del martire.

. Il Di Costanzo (1) e con lui gli altri storici assisani specialmente
l’Elisei (2) pensano che la traslazione del sarcofago e conseguente-
mente i fatti narrati dal Damiani siano avvenuti prima del 1029. Ciò
a causa della già citata pergamena dell’archivio della Cattedrale che
in tale anno nomina la chiesa di S. Rufino col titolo di canonica (3).
Essi credono essere questa la grande chiesa eretta dal vescovo Ugo
sul luogo della «parva basilica ». È

L'argomentazione — come vedremo a suo luogo — non è : decisiva.

Ad ogni modo però i fatti narrati da S. Pier Damiani non possono esse-

re posteriori al 1035 perché in tale anno in una pergamena inedita
dell'archivio della cattedrale (4) la chiesa di S. Rufino appare già
insignita del titolo di cattedrale. Ora é certo che la parva basilica
divenne una grande chiesa e la cattedrale di Assisi dopo il trasporto

del sarcofago e gli avvenimenti narrati dal Damiani. Prima di questo

tempo la chiesa cattedrale di Assisi era S. Maria.

(1) Disamina... pag. 238. den
(2) GrusePPE CaNoNICO EtLIsEI, I! Sotterraneo della Chiesa Ugoniana

‘del 1028 esistente sotto la cattedrale di S. Rufino, vescovo di I ed aee

pag. 5 e segg.

(3) Fasc. I, n. 22 «casa beatum sanctum Rufinum qui est canonicam et
ubi Leto presbiter canonico priorem ordinatus est in ordine canonicorum intus
ipsa civitate Asisinata ».

(4) Fasc. T, n. 18.
1

16: ^ ALDO BRUNACCI

Quando accadevano queste cose S. Pier Damiani era ancora in
età giovanile e non era probabilmente ancora venuto nel vicino
eremo di Fonte Avellana. :

Egli scrisse, come abbiamo veduto, sicuramente dopo il 1052
e dovette raccogliere le notizie dagli abitanti di Assisi. Su i racconti
prodigiosi, dei quali molto volentieri si dilettava il santo Dottore, non
dovette mancare l'influenza della preoccupazione di innalzare e di |
nobilitare di fronte all'antica, alla prima sede vescovile, la nuova cat-
tedrale, la casa del beato Rufino sorta per volere del popolo.

Trascurando pertanto ora i racconti prodigiosi, che non sono di
molta importanza per il nostro studio, cerchiamo di precisare le no-
tizie che il Damiani ci fornisce intorno al culto del martire Rufino in
Assisi:

Esse sono le seguenti:

1) Traslazione in tempi molto anteriori ai suoi del corpo del
martire in città dal suburbio, dove appena consumato il martirio sa-
rebbe stato sepolto S. Rufino (1). A suo luogo cercheremo di preci-

sare il valore e il tempo di questa importante notizia..

2) Traslazione ai tempi di S. Pier Damiani dell’urna sepolcra-
le (2) del martire in città dal suburbio dove era rimasta abbandonata

(1) « Beati igitur huius martyris corpus de subburbio Assisiensis oppidi,
ubi antiquitus fuerat positum, intra moenia postmodum fuit gentilis impetus
terrore translatum ». Act. SS. Iul. VII, pag. 151.

(2) Questo sarcofago ancora esiste e attualmente si trova negli avanzi
della basilica Ugoniana sotto l'odierna cattedrale nel centro dell'abside. E’ un
sarcofago di origine pagana con sculture rappresentanti la leggenda di Diana
e Endimione. Dai periti è giudicato del 1 o 11 secolo dell'Era Cristiana. Secondo
S. Pier Damiani avrebbe racchiuso le spoglie del martire « ab ipso consumma-.
to triumpho »; trasportate le ossa del martire nella città sarebbe rimasto ab-
bandonato finché di nuovo ricevute le spoglie del martire venne collocato sotto
l'altare della basilica Ugoniana. Nel 1212 per la traslazione delle reliquie del
martire dalla chiesa Ugoniana all'altare della confessione della nuova catte-
drale di Giovanni da Gubbio rimase di nuovo abbandonato nella cripta Ugo-
niana. Forse non si voleva esporre al pubblico un sarcofago pagano. Le spo-
glie del martire furono messe in un'altra cassa di pietra con la scritta: Corpus
S. Rufini episcopi et martyris. Nel 1585 l’Alessi lo tolse di nuovo percollocarlo
a sostegno della retro mensa dell'altare maggiore della cattedrale da lui rimo-
dernata; in questa circostanza nella parte posteriore del sarcofago fu fatta di-
pingere la figura del Santo martire giacente come morto e vestito degli abiti
pontificali. Ma nel 1824 fu di nuovo rimosso per dar luogo alla statua di mar-
mo di S. Rufino scolpita dal francese Lemoyne e dopo varie peregrinazioni
tornó nella cripta Ugoniana, dove si trova anche attualmente per cura del
TN - e. "Per £C. y Sa ae ie etd an MP aia e mi

LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI PR:

dopo la traslazione del corpo (1). Come si è visto, questa traslazione
si deve porre con tutta sicurezza nel primo quarto del secolo xi certo

prima del 1035 (2).

. Da questi due punti si ricava la conseguenza importantissima
per noi che:cioé al tempo di S. Pier Damiani si indicava un luogo —
quello da dove fu trasportata l’urna sepolcrale e da cui un tempo sa-
rebbe stato trasportato il corpo del martire in città — che si credeva es-
sere stato il primitivo. sepolcro del martire. Questo luogo secondo
. S. Pier Damiani era situato nel suburbio della ciltà. La tradizione
indica una piccola località sul fiume Chiascio chiamata Costano; in
seguito vedremo il valore di questa tradizione.

3) L'esistenza di una parva basilica urbana in cui si credeva di

| possedere il corpo di S. Rufino sulla quale fu costruita te basilica:

^ Ugoniana (3).-

4) Determinazione del « dies natalis» di S. Rufino in seguito
al ritrovamento della passione al 30 di luglio — tertio kalendas au-
gusti — così secondo le edizioni del discorso; in realtà vedremo che la

‘ vera data corrisponde all'11 di agosto. All'inizio del secolo XI non :
‘ possedendosi alcuna storia del martire si celebrava solamente l’annua
dedicazione della parva basilica; molto probabilmente questa dedi-

cazione ricordava il giorno in cui furono trasportate le reliquie. del
martire nella città (4).

Can. Giuseppe Elisei. Cfr. G. ELisEI, IWMustrazione di un sarcofago gentilesco .

ora esistente nel sotterraneo dell'antica chiesa Ugoniana sotto la presente catte-

drale di S. Rufino vescovo e martire in Assisi. In Atti dell’ Accademia Proper- |

ziana del Subasio in Assisi n. 3 (Assisi, 1895).

(1) «Labrum autem lapideum, in quo praedictum corpus antea iacuerat
per longum tempus extra murum fuerat derelictum ». Sermo P. Dam. ibidem.

(2) Lo IacoBILLI (Vite dei Santi e Beati del Umbria e di quelli i corpi dei
quali riposano in essa provincia, T. I., Foligno, 1647, pag. 701) erroneamente
sotto il vescovo Ugo pone nel 1050 la traslazione del corpo di S. Rufino,così
pure l’UcHELLI (Italia sacra, T.I., pag. 479) e il CAPPELLETTI (Le Chiese di
Italia, vol. V, pag. 75).

(3) « Visis ergo tot virtutibus et tam evidentibus miraculorum signis
praedictus Ugo venerabilis eiusdem sedis antistes de parva basilica, in qua
sanctum. corpus fuerat ante receptum, magnam construxit ecclesiam, et iuxta
possibilitatem sumptus non ignobiliter. decoravit. Deinde beati martyris cor-
pus in alveo, qui certaminis materia fuerat, condidit, et cum magna totius
dioecesanae plebis frequentia altare desuper consecravit » Sermo P. Damiani
ibidem. | :

(4) «His itaque transactis, coepit non parva inquisitio fieri, quo die
invictissimi triumphatoris Christi Rufini deberet martyrium celebrari. Nullis

2
18 ALDO BRUNACCI

Queste sono le notizie più antiche e più autorevoli che noi ab-
biamo sul culto di S. Rufino. Avremo occasione di ritornarci sopra
durante il corso di questo studio per cercare di chiarirle ed illustrarle
con Alpo ricerche.

Prima di passare oltre dobbiamo accennare a due difficoltà che .
si incontrano nel sermone di S. Pier Damiani.

1) In tutte le edizioni di.S. Pier Damiani leggiamo che il ve-
scovo Ugo avrebbe fissato in seguito al ritrovamento della passione
il martirio di S. Rufino al 30 di luglio — fertio kalendas augusti —; il
che é in contradizione con la pratica della chiesa di Assisi che celebra
il martirio di S. Rufino agli 11 di agosto — fertio idus augusti —. In
seguito a ció già lo Iacobilli (1), lo Spader (2), l'Ughelli (3) e il
Cappelletti (4) pensarono ad uno sbaglio da attribuirsi ai trascrittori
del sermone del Damiani che avrebbero scritto ferio kalendas augusti
invece di. fertio idus augusti.

Il Di Costanzo (5) pensó la stessa cosa e cercó di dimostrarla

facendo vedere con documenti, la cui età risale ai tempi del Damiani,

che fin da allora la chiesa di Assisi celebrava il martirio di S. Rufino
agli 11 di agosto — tertio idus augusti.

Riferisco solo l'argomento che ci fornisce la passione di S. Ru-
fino di cui trascrivo il testo in fine da un codice, che per essere del
secolo x1, attinge l'età del Damiani e contiene senza dubbio, come ve-
dremo, la passione conosciuta da lui. Ora in questa passione trovia-

siquidem apud eos exstantibus historiae monumentis, sola erant eatenus an-
nuae dedicationis solemnitate contenti. Tandem auctore Deo reperta passio-
nis historia, constituit venerabilis pontifex, iuxta tenorem videlicet quem lit-
terae testabantur, ut tertio kalendas augusti eiusdem gloriosi martyris festi-
vitas coleretur ». Sermo P. Dam. ibidem.

(1) Vite dei Santi e Beati dell' Umbria, vol. I, pag. 704.

(2) Assisiensis ecclesiae prima quattuor luminaria Felicianus martyr
episcopus Fulginei, Rufinus Victorinus et Sabinus martyres, episcopi Assisii.
per Fr. Octavium a Sancto Francisco... eps. Assis. (Fulginei, 1715), pag. 28
e 38. :

(3) Italia Sacra, vol. I, pag. 880.

(4) Le Chiese d'Italia, vol. V. pag. 75.

(9) Disamina..., pagg. 14-19.
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 19

mo segnato il martirio di S. Rufino agli 11 di agosto — lertio idus au-
gusti — (1).

A questi argomenti provanti in modo indiretto che negli esem-
plari del Damiani dovette incorrere un errore, io, in seguito all'esame
dei manoscritti delle opere del Santo Dottore, posso portare una pro-
va diretta e definitiva. Essa è fornita dal ms. 358 della Biblioteca di

J. Montecassino contenente le opere di S. Pier Damiani e precisamente,
nelle pagg. 116-119, il sermone e l'inno in onore di S. Rufino. Ebbene
questo ms. (2) porta il «dies natalis» di S. Rufino all’11 di agosto
— tertio idus augusti — conformemente alla tradizione Assisana. Que-
sta data si trova nel citato ms. due volte. Nell'incipit della lettera
capitale N (il sermone comincia con la parola nosíis) e precisamente
nel vano della parte superiore tra la linea obliqua e la perpendicolare,
dove si legge: « III id. aug. scti rufini »; la stessa data ssi legge nel
testo del discorso.

-Questo codice é scritto in carattere beneventano e rimonta al
sec. xI (3). Inoltre insieme al codice 359 della stessa biblioteca fu
scritto — come dimostra il Vitaletti in uno interessante studio sui co-
dici di Fonte Avellana (4) — vivente S. Pier Damiani e sotto i suoi
occhi da un amanuense di Montecassino mandato dall'Abate Desi-
derio a Fonte Avellana per trascrivere le opere del suo amico S. Pier
Damiani (5).

Il catalogo della Biblioteca del P. Federici (6) fissa come data
di origine del codice l'anno 1069 circa.

In ambedue i luoghi peró del codice si nota una cancellatura o
abrasione delle prime lettere, probabilmente kl! per supplirvi id; ma
è evidentissimo che la correzione è contemporanea alla scrittura del
codice e che perció fin d'allora si correggesse l'errore incorso nella tra-

(1) Cfr. presso il Dr CosrAwzo, Disamina..., pag. 19 gli altri argomenti
che provano la tradizione Assisana consistenti in messali calendari e altri do-
cumenti di carattere liturgico.

(2) La fotografia che presento é dovuta alla cortesia di D.M. Inguanez
bibliotecario di Montecassino.

(3) Cfr. Codicum Cassinensium Moi Catalogus cura et studio
Monacorum S. Benedicti, vol. II, pars. II, (Montis Cassini, 1934), pag. 201.

(4) Cfr. G. VrrALETTI, Un Inventario dei Codici del sec. XIII e le vicende
della Biblioteca dell’ Archivio e del Tesoro di Fonte Avellana in La Bibliofilia,
(Firenze, 1919, an. XXI), pagg. 121 e segg.

(5) Cfr. la lettera di S. Pier Damiani all'Abate Desiderio in MIGNE,
P. L., vol. CXLIV, col. 276. ;

(6) È riportato dal Vitaletti nello studio citato.

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20 ALDO BRUNACCI

scrizione e per ordine dello stesso Damiani che rivide personalmente .
il codice prima di mandarlo all’ Abate Desiderio; le correzioni del cod.
359 si credono anzi autografe del Santo Dottore (Di

Per quanto io sappia questo é il codice piü antico delle opere
Damianesi che contenga il sermone in onore di S. Rufino e perció non
puó rimanere alcun dubbio che il Santo Dottore abbia voluto scri-
vere e scritto: fertio idus augusti anziché tertio kalendas augusti.

Anche il ms. miscellaneo della Biblioteca Vallicelliana di Roma
H:13 —- appartenuto alle collezioni del Gallonio (2) — contenente nei
ff. 157v-163 questo sermone del Damiani col seguente titolo: Sermo -
Petri Ostiensis de S. Ruffino martyris collationatus ex scriptis aliis, por-
ta la data giusta e cioè: tertio idus augusti.

2) Inoltre è da notare che sia il sermone sia l'inno di S. Pier
Damiani non fanno alcuna menzione della dignità di vescovo attri-
buita dalla chiesa di Assisi al martire Rufino. Senza voler entrare
per ora in merito alla questione, ripeto che il sermone di S. Pier Da-
miani non é una vita del martire ma semplicemente una raccolta di
miracoli e che perció il suo silenzio, se avremo argomenti positivi,
non deve fare alcuna difficoltà. Onde evitare gli sdoppiamenti di al-
cuni eruditi anche moderni é facile dimostrare che al tempo di S. Pier
Damiani la chiesa di Assisi venerava 19 un S. Rufino non solo mar-
tire, ma anche vescovo, 2° che questo è precisamente quello di cui par-
la S. Pier Damiani. a

Difatti S. Pier Damiani nel sermone ci parla di una passione di
S. Rufino ritrovata al tempo del vescovo Ugo, la quale — come ve-
dremo — fu da lui ben conosciuta perché se ne servì per comporre l’in-
no in onore dello stesso martire.

Ora questa passione, di cui darò in fine il testo da un ms. del.

sec. xI e perciò contemporaneo del Damiani, si inizia precisamente

con queste parole: Passio sancti Rufini epi et mart. e nel testo nomina
il martire sempre con l'appellativo episcopus. Che questa sia la pas-
sione conosciuta dal Damiani, lo prova l'inno su menzionato come
vedremo nel capitolo seguente. Né si obietti che nel testo l'appella-
tivo di vescovo ci sia entrato in seguito perché il codice della passione
in parola é contemporaneo al S. Dottore. Si tratta inoltre di un pas-

(1) Cfr. Vitaletti art. citato.
(2) Cfr. A. PONCELET, Catalogus codicum Haglographicarum Dno in
Bibliothecarum Romanarum praeter quam Vaticanae, (Bruxelles, 1909), pag. 434.
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 21

sionario appartenente alla Chiesa Cattedrale di Perugia e perció il
compilatore del medesimo, non potendo aver avuto nessun interesse
per interpolare l'appellativo di vescovo, lo deve aver trovato in un
altro codice anteriore e verosimilmente proveniente da Assisi (1).

A comprova di quanto sopra si può aggiungere anche l’espressio-
ne seguente che si legge in una pergamena dell'archivio della catte-
drale del 1038 (2): sanctum: ups unde domno Ugo episcopus vi-
carius est.

Il vescovo Ugo in tanto si puó chiamare vicario di S. Rufino in
quanto.credeva di vedere nel martire un suo predecessore nella di-
gnità vescovile (3).

Il sermone di S. Pier Damiani essendo la fonte piü autorevole

(1) Il LANZONI (Le Diocesi d'Italia dalle origini al principio del secolo VII,
Faenza, 1927, vol. I, pag. 468) forza un pochino troppo il silenzio di S. Pier

. Damiani sulla dignità episcopale di S. Rufino. Egli conosceva la « Passionis

historia reperta » dal vescovo Ugo solo da un testo del sec. XIV pubblicato dallo
Spader (Assisiensis Ecclesiae prima quatuor luminaria... pagg. 13-20). Peró
anziché fare uno sdoppiamento pensó a uno sviluppo della leggenda avvenuto
dopo S. Pier Damiani. Ecco le sue parole: « Quindi potrebbe credersi che l'epi-
scopato di quel S. Rufino sia nato da uno sviluppo arbitrario della tradizione
popolare, avvenuto quando l'antica chiesa di S. Rufino divenne cattedrale
ossia sede del vescovo ».

(2) Fasc. Estravaganti, è un placito edito oltre che dal Dr CosTANZO

(Disamina..., pag. 378) anche da J. FicHER (Forschungen zur Reichs — und
Rechtsgeschichte italiens, vol. IV, Innsbruck, 1874, pag. 81).

(3) Il D1 CosTANZO, op. cit., pagg. 27 e segg. cerca di dimostrare la realtà
della dignità vescovile del martire Rufino dal bassorilievo del timpano del
portale maggiore della cattedrale odierna da lui giudicato per la rozzezza della
scultura opera del sec. viri e che perciò sarebbe appartenuto all'antica basi-
lica urbana in onore di S. Rufino. Dello stesso parere sono tutti gli storici lo-
cali come ad esempio il Brizi (Studi storico artistici sul duomo di Assisi, Assisi,
1881, pag. 8), l’ELISEI (Studio sulla chiesa cattedrale di S. Rufino vescovo e mar-

‘fire in Assisi, Assisi 1893, pag. 35). Però critici recenti più giustamente sosten-

gono essere questa scultüra opera del secolo XII e coeva del resto della facciata,

così ad esempio lo GNorr (L'Antica Basilica Ugoniana e il duomo di Giovanni

da Gubbio in Augusta Perusia, 1906, pag. 173). La rozzezza della scultura
in confronto delle parti ornamentali non deve fare meraviglia. È noto che in
questa età la scultura umbra ha acquistato «un suo aspetto piü proprio vol-
gendosi ai monumenti antichi della regione », cioé al S. Salvatore di Spoleto
e al cosidetto Tempietto del Clitunno che offrivano saggi unicamente di pla-

' stica decorativa (cfr. P. Torsca, Storia dell'Arte Italiana, 1, Il Medioevo,

Torino, 1927, pagg. 824-825): ne consegue che nel trattare la figura umana le
difficoltà erano maggiori anche per la mancanza di modelli in quei monumenti
che più volentieri erano studiati.

"reera== - @——@—@@@—@—@—@—@€@———@€@€@—€@@ -—-_a-.--==
22 ALDO BRUNACCI

sul nostro martire e d'altra parte rimanendo sconosciuta la « reperta
passionis historia » letta dalla chiesa di Assisi anche agli autori degli
Acta Sanctorum, venne ad essere l'unica fonte per gli agiografi po-
steriori. Questi non sospettarono neppure l'errore incorso nel ser-
mone del Damiani e perció posero tutti un Rufino martire in Assisi
il 30 di luglio — fertio kalendas augusti — con le conseguenze a cui
abbiamo accennato nella Introduzione.
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 23

CAPITOLO SECONDO

La «Passio Sancti Rufini »

Nel capitolo precedente abbiamo visto come S. Pier Damiani
parli di una « passionis historia » ritrovata in Assisi dopo il trasporto
dell'urna sepolcrale del martire Rufino dal suburbio alla basilica ur-
bana nella prima metà del secolo xr. Un inno composto dal Santo
Dottore in onore di S. Rufino, ricalcato su detta passione, ci permette
di: individuarla con facilità.

E la passione letta dalla Chiesa di Assisi e tramandataci dagli
antichi passionari umbri, ignota, come ho già notato nell'introduzio-
ne, ai Bollandisti ed anche, almeno integralmente, ad altri agiografi
che hanno parlato del S. Rufino venerato iu Assisi.

Esistono due altri testi imparentati con questa passione, pro-
veniente l'uno dai codici Marsicani (1), l'altro dai codici dí Pistoia

(2), ambedue editi dai Bollandisti (3). Essi si possono considerare due

diverse redazioni della nostra passione. Li studieró nel capitolo se-
guente nel rapporto che hanno tra di loro e con la passione della
Chiesa di Assisi. Di questa passione, edita solo in parte e dal codice
piü recente, daró l'edizione integrale in fine.

I. - I MANOSCRITTI.

La passione di S. Rufino letta in Assisi fu ignota agli autori
degli Acta SS. i quali invece conobbero e pubblicarono gli altri due
testi già menzionati. Essa fu stampata una prima volta nel 1715 in
un opuscolo oramai rarissimo dal vescovo di Assisi Ottavio Spader
o.f.m. e non interamente perché tratta da un lezionario di Assisi del

(1) Cfr. B. H. L. 7361.
(2) Cfr. B. H. L. 7360, 7363.
. (3) Act. SS. Aug. VI, pagg. 654-60; 662-64.

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24 ALDO BRUNACCI

sec. xIv che per essere destinato all'uso corale non la riporta com-
pleta (1). - 2d

La nostra passione occupa le pagine 13-20.

Il Di Costanzo ne pubblicò il solo prologo dal passionario della
Cattedrale di Perugia nella seconda AbbEARIonI della : sua opera già
più volte citata (2)..

Questa passione si trova negli antichi passionari o lezionari di
Assisi, Perugia e Spello, come pure in due mss. del secolo XVI-XVII,
uno nella biblioteca Vallicelliana di Roma e l'altro nella biblioteca.
Brancacciana di Napoli.

Eccone la descrizione:

1) Codice del Museo dell'opera del Duomo di Perugia.
Porta il titolo seguente: «sanctorum vitae» e la segnatura 40
(olim successivamente 43,33), membranaceo, mm. 470-360, sec. xi
(fine); ff. 252, numerazione romana indicante la pagina assai recente;

la numerazione originale pure essa in numeri romani minuscoli se-

gna i capitoli corrispondenti alle singole leggende. Scrittura carolina
o romana minuscola decadente, a due colonne di una sola mano; non
vi é alcuna tendenza verso il gotico e perció suggerisce come data di
composizione del codice la fine del secolo xi. .

Il codice è protetto da grosse tavole e, nel dorso da pelle oscura.
Nei due fogli di riguardo cartacei posti al principio, con scrittura del
sec. XVII-XVIII, è stato aggiunto l'indice alfabetico dei Santi di cui il
codice riporta la leggenda. Lo stato di conservazione del codice è
poco buono. Le lacune sono abbastanza gravi. In principio, come è
scritto in una notina in alto del primo foglio attuale, « desunt Sex
historiae sanctorum ». Altre dieci leggende mancano subito immedia-
tamente dopo la settima (la prima attuale) e perció dal capo settimo
si passa senz'altro al capo decimo settimo. I primi fogli attuali sono
molto logori. Gli ultimi fogli sono pure loger e alcuni laceri e fram-
mentari. . ;
Il primo foglio attuale contenente la continuazione della passio-

(1) Assisiensis Ecclesiae prima quattuor luminaria Felicianus martyr
Episcopus Fulginei, Rufinus Victorinus et Sabinus martyres, Episcopi Assisii...
per Fr. Octavium a Sancto Francisco, Fulginei, 1715.

Per quante ricerche abbia fatte in Assisi non ne ho rintracciato ‘alcun esem-
plare. In Roma ne ho rintracciato uno nella Biblioteca Apostolica Vaticana.

(2) Cfr. DI COSTANZO, Disamina..., pagg. 427-28. :
x
——À

cis me ie. ee cene Py PR ERPS

LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 25

ne di Santa Barbara comincia con le parole: dii tui ceci et surdi sunt ...
L'ultimo foglio attuale termina con le parole: populi et iustitiae.
La data e il titolo che precedono le leggende sono scritte in rosso;
il titolo in lettere romane onciali. Le iniziali sono ornate rozzamente
con i colori rosso turchino e giallo. Gli intrecci di piante e di animali
che a volte si trovano ricordano la, maniera irlandese (1).
Questo: passionario per quanto sappia è il più antico di quelli
che si conservano nelle cattedrali umbre; esso non è stato mai de-
scritto e perciò presento questa abbastanza ampia descrizione, quale è

. consentita dal presente lavoro.

Nell'opera « Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia »

il Mazzatinti nel catalogo della Biblioteca. Dominicini (2) gli dedica

cinque o sei righe piene di inesattezze (3).

Lo Iacobilli che conosce e nomina nelle postille marginali delle
sue Vite dei Santi e Beati dell Umbria tutti i lezionari umbri non fa
alcuna menzione di questo lezionario. L'ultimo che lo consultó fu il
Di Costanzo il quale ne trascrisse il prologo della passione di S. Ru-
fino (4).

. La passione di S. Rufino porta come numero progressivo: XLVI
e: occupa le pagine CLXIII-CLXIX. |

Titolo: Incipit passio Sancti Ruphini episcopi et Cesidii presbi-
teri filii eius mense augusto die XI. Item prologus.

Inc. prologus: Quidquid etiam ex huius memoriis...
Desin. prologus: ...et meis desideriis adimplevit.

Inc. passio: Temporibus Domnini imperatoris...

Desin. passio: ...in pace complevit martyrium suum amen.

(1) Cfr. l’iniziale dell’incipit della passione di San Rufino, Tav. II.

(2) Così si chiamò la biblioteca Capitolare del Duomo di Perugia dal 1693. -
dal nome del Can. Domenicini che l'arriechi di molti mss. Cfr. G. B. VERMI-
aLIOLI, Cenni storici sulle antiche Biblioteche pubbliche di Perugia, (Perugia, .
1843), pagg. 10-13. Nt

(3) Cfr. MAZZATINTI, Inventario... (Forli, 1882), pagg. 177. Il-ms. viene
detto di fogli 496, cifra da dividersi per metà essendo esso il numero delle pa-
gine non dei fogli. Si dà inoltre come principio e fine: dii tui ceci et surdi :
populi et iustitia. Le stesse inesattezze ricorrono nell’opuscoletto intitolato: :

Museo dell'opera del Duomo di Perugia. Catalogo, Perugia, 1923, pag. 14.

(4) Cfr. Di CosrANzo, Disamina..., pag. 427; mi riesce strano come mai
sia sfuggito questo passionario a mons. Faloci-Pulignani, il quale nel suo pre-
giato studio sulla « Passio S. Feliciani » (in Archivio per la storia ecclesiastica.
dell’ Umbria, vol. IV, 1917 pag. 137-274) ha rintracciato i testi della passione
del martire fulignate da tutti gli altri lezionari umbri e non umbri. Il testo
al al ti iit

26 ALDO BRUNACCI

Il prologo é diviso nel codice mediante numeri marginali in tre
Lectiones : egualmente in nove Lectiones é divisa gran parte della leg-
genda.

2) Codice della chiesa collegiata di San Lorenzo di Spello (1).

Di questo codice, di cui disgraziatamente non ci rimane che un
frammento, abbiamo molte notizie. È nominato piü volte dallo Iaco-
billi (2) sia quando parla di S. Rufino sia degli altri Santi umbri. In
uno dei suoi manoscritti dichiaró di aver consultato: « Vite dei Santi
dell'Umbria che si narrano in un Lezionario dei Santi, antico, scritto
in carta pecora e bene legato e intero, scritto nel 1205, Ind. 8 e con-
servato nella chiesa di S. Lorenzo (prima aveva scritto S. Maria e poi
corresse S. Lorenzo) di Spello scritto da Maurino prete:

. Concordio mart. di Spoleto;

. Fortunato vescovo di Todi;

Eutizio confessore di Norcia;

Feliciano vescovo di Foligno;

Rufino martire vescovo di Assisi;

Secondo martire di Amelia;
Illuminata vergine di Ravenna, morta in Martana (3).

In un altro ms. lo stesso Iacobilli indica la data con più precisio-
ne cosi: « Anno D. 1205. Indictione 8, mense 7bris, tempore Iunocen-
tii. P. P. III» (4). :

Nel 1721 accennó a questo codice l'abate Ferdinando Passerini di
Spello il quale nella sua opera « Armi delle famiglie nobili di Spello »
ci dà questa notizia: « D. Mauro Mauri nel 1200 scrisse la vita di San
Feliciano, di S. Rufino, di S. Felice, di S. Illuminata e altri e i suoi
scritti in pergamena stavano nell’archivio di S. Lorenzo di Spello » (5).

v t uuo

della passione di S. Feliciano contenuto nel codice da noi descritto e a lui sfug-
gito é il piü antico degli altri umbri che il Faloci descrive nel suo studio.

(1) Per questo ms. cfr. M. FALOCI-PULIGNANI, La passio S. Feliciani e il
suo valore storico in Archivio per la storia ecclesiastica dell Umbria, vol. IV,
(1917), pagg. 168-169.

(2) Cfr. Vite dei Santi e Beati del" Umbria tom. I pag. 117, 124, 101;
tom. IIL pagg. 109-113.

(3) Biblioteca del Seminario di Foligno, cod. A. II, 1, fol. 179.

(4) Idem, cod. C. III. 8, foll. 105-106. |

(5) Cfr. FALOCI-PULIGNANI, La passio. Sancti Policia e il suo valore
storico, l. s., pag. 138 e 169, il quale ha estratto questa notizia da un compendio
dello studio del Passerini inserito nel 1787 nell'opera inedita Memorie storiche
di Spoleto del dott. ANNIBALE MARIOTTI; il ms. si conservava presso mons.
Faloci-Pulignani; ora deve essere passato alla Biblioteca Comunale di Foligno.
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 27

Il Passerini dice stavano, quindi egli non poté vederli. Nel 1790
l’abate Magni di Spello (1) deplora la perdita del codice prezioso.

Prima del 1797 si recò a Spello in cerca di questo codice l’abate Di
Costanzo ma non poté rintracciarne altro che un frammento che giu-
dicò del sec. XI. Ecco le sue parole: « Di una pari antichità, se non
anche maggiore, conservasi un passionario nella collegial chiesa di
S. Lorenzo di Spello, dove erano gli atti di S. Rufino che cita lo Iaco-
billi. Non resta di questo passionario che un foglio solo da me trovato
dopo molte ricerche, che serviva di copertina interna alle tavole, con
cui è legato il recente libro corale della chiesa medesima, e contiene
fortunatamente il principio e fine degli atti di S. Rufino che io anda-
vo cercando, con la seguente rubrica: «tertio idus augusti natale sanc-
torum Rufini episcopi et Caesidii presbiteri. Incipit prologus» (2).

Questo foglio rinvenuto dall'abate Di Costanzo contiene anche
un'elegia in versi ofiti o serpentini in onore del medesimo S. Rufino;
essa fu composta sulla falsariga degli atti medesimi. Il Di Costanzo
riuscì a trascriverne solo una parte — una trentina di versi — « perché »
— come egli stesso dice — essendo il foglio tenacemente incollato alla
tavola che copre il libro, e non essendovi usata diligenza per istac-
carlo, le lettere dell'altra facciata, o vogliam dire i tratti dell'inchio-
stro staccati dalla pergamena, restarono intrisi con il glutine sulla
tavola » (3).

Ricapitolando questo frammento contiene solamente:

1) Il prologo della passione di S. Rufino:

Inc. Quidquid etiam ex huius memoriis...
Desin... et ex meis desideriis adimplevit.

2) Della passione solo le prime parole:

Inc. Temporibus Domno imperatoris...

(1) Vite dei Santi di Spello, op. ms. presso mons. Faloci Pulignani, cfr.
La passio sancti Feliciani ecc. L.c. pag. 169.

(2) Di Costanzo, Disamina... ecc. pag. 108.

(3) Idem, pagg. 113 e segg. e pagg. 424-26 dove sono editi i versi tra-
scritti. Il can. Elisei nei suoi appunti inediti su S. Rufino vesc. e mar. di Assisi
— esistenti senza segnatura nella Biblioteca Comunale di Assisi — dice di aver
veduta intera questa elegia nei mss. del Iacobilli. Per quante ricerche io
abbia fatto personalmente nella biblioteca Iacobilli presso il Seminario di
Foligno non mi é stato possibile rintracciarla. Questa elegia secondo il can.
. Elisei sarebbe stata intera composta di 47 versi.
ENG Ns
RO Ra

28 | ALDO BRUNACCI

3) Un'elegia in onore di S. Rufino di cui si possono leggere solo
i trenta versi pubblicati dal Di Costanzo:

Inc. Carminibus recinam Ruphini SUD. acta

ac laudes proprias carminibus recinam

Desin. dei versi rimanenti: sic animamque Deo de corpore
solvens. .

3) Codice dell'Archivio Capitolare della Cattedrale di Assisi.
Non è stato mai descritto per l'iunanzi. Senza segnatura, mem-
branaceo, mm. 500 x 350, sec. XIV; ff. 248 con numerazione arabica
molto recente. Scrittura gotica corale a due colonne tutta di una ma-
no. È protetto da assi di legno ricoperti di pelle nera molto sciupata.
Manca il frontespizio e ha le prime pagine un pò logore. Comincia
con la rubricella rossa: « incipiunt legendae totius anni ». E subito ap-
presso: « in festo. Sancti Saturnini martyris. Lectio prima ».
In fine mancano delle pagine e l'ultima tronca l'omelia di S. Gre-

gorio Magno alle parole: « ut aliae coelo, alia e terra. . alia ab homi-

nibüs pa.

Del s il lezionario é ben conservato.

Le iniziali molto ricche sono in rosso e turchino e ‘parimenti in
rosso sono tutte le rubricelle e i richiami. Esso fu conservato per uso
corale come appare dalla divisione nel testo — non nel margine — delle
leggende in « Lectiones » e precisamente per la cattedrale di Assisi,
come dice una notina in corsivo di mano poco. esperta in fondo al
primo foglio: « iste liber est Ecclesiae Cathedralis Assisii ». um

Lo Iacobilli lo cita ripetutamente e lo assegna al 1212 (1): ma
erroneamente avendo trovata questa data al f. 146r dove si parla della
seconda «inventio » di S. Rufino come avvenuta in tale anno. Esso
invece é certamente posteriore al 1317 perché contiene la leggenda
di S. Ludovico vescovo di Tolosa che fu canonizzato in quest'anno.

Un inventario dell'Archivio della cattedrale compilato nel 1466
lo chiama :« librum novum cum legendis sanctorum ». Quindi non do-
veva essere fatto molto tempo prima di tale data.

Il codice fu consultato, come si é detto, prima del 1715 dal ve-
scovo di Assisi Ottavio Spader.

La passione di S. Rufino contenuta in questo lezionario è ma-
cante del prologo e presenta delle notevoli varianti e lacune con quel-
la contenuta nel codice perugino più antico di quattro secoli. In gene-

(1) Vite dei Santi e Beati del Umbria, tomo I, pag. 701-704.
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LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI ..99

re le varianti tendono a correggere la scorrettezza e rozzezza della
forma del testo primitivo tramandatoci dal codice perugino.

Questa passione occupa i ff. 133ra-137vb; ed ha il seguente titolo:

Passio S. Rufini episcopi et martyris. 3

Inc. Temporibus Dagni imperatoris qui in urbe Amasie re-
gnabat.. ; "
: Bean Denique in ipsa aqua emisit spiritum mense augusto
die undecima, in pace complevit martyrium suum glorificans pa-
irem et filium et spiritum sanctum qui cum eo regnat et permanet
in secula seculorum amen.

Mentre nelle altre leggende la usns in lezioni é nel testo,
qui è fuori in margine, e tutta la passione è distribuita per tre giorni
di nove lezioni ciascuno.

.. . Oltre la passione questo codice contiene altri scritti riguardanti
S. Rufino dei quali indico la posizione, l'inizio e la fine: ‘

È
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1
1
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1)/Inventio prima/ff. 137va-138va. |
hs . . Titolo: Quando corpus S. Ruphini extractum fuit de aqua et
| erat lumen lampadarum fulgens in medio aquarum/una seconda
mano in margine ha aggiunto/ in die dedicationis ecclesiae.
Inc. Fuit postea cum iam religio christianitatis Asisii pollula-
visset quod die quodam. . ^
Desin... multa sunt 2d laudem et RES eiusdem martyris RES
usque in dierum diem operante d. n. I. C. qui cum patre et spiritu
sancto vivit et regnat (1).

2)/Inventio secunda/fî. 138va-139vb.

Titolo: Quando corpus beati Ruphini inventum fuit in ecclesia
antiqua.

Prologo: In nomine sancte et individue trinitatis. Nos Secundus
episcopus et universi canonici sancti Ruphini assisine civitatis poste- i
ritati nostre salutem et eorum in revelatione eiusque sancti Ruphini È.
martyris et presulis nobis videntibus gesta sunt addiscere veritatem.

Inc. Sicut evenit de thesauris ab antiquis sub terra reconditis...

Desin... ita post decessum animas secum in celis impetret
p quod nobis prestare dignetur Iesu CritisLus qui cum patre
.amen (2).

(1) Cfr. B. H. L. 7366.
(2) Cfr. B. H. L. 7367.

d Bre atr.

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30 ALDO BRUNACCI

3) Trattato dei miracoli di S. Rufino. E diviso in due parti,
nella prima parte si narrano i miracoli fatti prima della traslazione
del 1212; nella seconda parte quelli posteriori a questa data. Occupa
i ff. 140ra-146rb.

Titolo: Tractatus miraculorum sic incipit.

Inc. prol. Cum ad memoriae commendationem quedam huma-
narum opera sint notata...

Desin. prol... nostris posteris ad eorundem corectionem dignum
ducimus narrare. i

Titolo dei singoli miracoli:

f. 140r Miraculum de quodam contracto.

» 140r Miraculum de puero super quem plaustrum tran-

sivit.

» 140v Miraculum de denariis perditis in aqua a scholaribus.

» 141r Miraculum de denariis similiter in aqua perditis.

» 141v Facta fuerunt hec iam dicta miracula, antequam
inventum esset corpus beati Rufini martyris et presulis; anno vero
inventionis eiusdem ab incarnatione domini millesimo ducentesimo
duodecimo, ipso martyre invento, mense augusti eiusdem anni facta

sunt, ad laudem et revelationem eiusdem martyris miracula que

sequuntur:

f.141v. Miraculum de quodam adolescentula demoniaca.
» 142r Miraculum de matrona demoniaca.
» 142v Miraculum de quodam hydropico.
» 142v Miraculum de puella cum duobus capitibus.
» 143r Miraculum de quodam qui habebat caducum morbum.
» 143v Miraculum de ceco et de candela per se accensa.
» 144r Miraculum de pulvere qui erat prope altare sancti

Rufini.

» 144r Miraculum de quodam fistulata.
» 144v Miraculum de illa que misit brachium in oleo fervens.
» 145r Miraculum de circulo ferreo fracto. ;
» 145r Miraculum de febricitantibus.
» 145r Miraculum de quodam scrofolata.
» 145v Miraculum de ulcerato.
» 145v Miraculum de iuvene et equo submersis in aqua.

Dopo il trattato dei miracoli segue la seguente nota:

f. 140r Facta sunt hec Assisii. Anno ab incarnatione do-
mini MCCXII. Indictione XV. Innocentio tertio romano pontifice
M.
3

PC UU Pwa d Ap Pn TO

LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 31

ecclesiam regente. Invento sancto Ruphino martyre idem anno in
nonas augusti. Me Guidone secundo episcopo cum canonicis eiusdem
loci cum episcopis Spoletano, Fulginate, Nucerino, Eugubino, Tu-
dertino, cumque universo populo eiusdem civitatis Assisii et multis
aliis viris presentibus et in se rei testimonium perhibentibus ad lau-
dem et gloriam domini nostri Iesu Christi, qui cum patre et spiritu
sancto vivit et regnat idem Deus per infinita secula seculorum. Amen.

4) Manoscritto della Biblioteca Vallicelliana in Roma (1).
Ms. segnato H 18. Come indica là segnatura antica — Gallonii V-
appartiene alle vite dei santi raccolte dall'oratoriano A. Gallonio.
Cartaceo, mm. 290 x 200 circa, di ff. I-VIII e 77-701 di varia forma;

, SEC. XVI-XVII.

La passione di S. Rufino occupa i ff. 622-627v ed è una copia del
codice di Assisi già descritto. Oltreché dall’esame del testo ciò ci

‘viene confermato dalla seguente nota marginale: « Ex codicibus As-

= = ——————

sisii a d. Palutio ».

Oltre la passione questo manoscritto contiene gli altri scritti
riguardanti S. Rufino, anche questi provenienti dal suddetto codice
di Assisi e cioé:

1) L'inventio prima ff. 628-629v.
Titolo: Quando corpus S. Ruphini extractum fuit de aqua
et erat lumen lampadarum fulgens in medio aquarum.

2) L'inventio secunda ff. 629-631.
Titolo: Quando corpus b. Ruphini inventum fuit in ecclesia
antiqua. "S

3) Il trattato dei miracoli ff. 632-641.
Titolo: Miracula S. Ruphini.

5) Manoscritto della Biblioteca Brancacciana di Napoli (2).

segnato III. F. I. Cartaceo di ff. 1-845 di varia grandezza (mas-
sima mm. 300 x 210) scritto da diverse mani; sec. xvi-xvir. Al-
cuni fogli sono perduti.

La passione di S. Rufino occupa i ff. 90-94v, ed anche questa
copia dipende dal codice di Assisi. Contiene inoltre la narrazione
della prima invenzione del corpo di S. Rufino e precisamente nei
ff. 94v-05v.

(1) Cfr. A. PoncELET, Caíalogus codicum hagiographicorum latinorum
Bibliothecarum Romanarum praeter quam Vaticanae, (Bruxelles 1909), pagg. 442.

(2) Cfr. Catalogus. codicum hagiographicorum latinorum Bibliothecarum
Neapolitanarum, in Analecta Bollandiana, XXX (1911), pag. 228.

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32 ALDO BRUNACCI

Titolo: Quando corpus S. Ruphini extractum fuit de aqua.

Lo Iacobilli nella vita di S. Rufino (1) cita in margine tra le

varie fonti anche un codex antiquus ms. Reatis. Di questo codice
di Rieti perduto non si ha alcun'altra memoria.

II. - ESAME DELLA PASSIONE

Il contenuto.

La passione di cui parliamo pone un S. Rufino al tempo di un
Domnino imperatore — cosi il codice di Perugia, quello di Assisi ha
Dagno e quello di Spello Domno - che avrebbe regnato nella città di
Amasia nel Ponto con un proconsole Andrea Stratelate. Rufino
scoppiata la persecuzione si sarebbe nascosto con Cesidio suo figlio
presbitero ed altri in una caverna. Sorpresi e condotti al proconsole
— il quale viene chiamato pure preside conte e stratelate — Rufino
viene interrogato e per le sue ardite risposte e per la sua aperta con-
fessione viene percosso nelle mascelle con una pietra, quindi, essendo
riusciti inutili i primi tormenti, viene rinchiuso insieme con Cesidio
in « Privata Mamurtini ». Il proconsole per ricondurli al culto degli
dei chiama. due meretrici istruite anche nelle arti magiche - Nicea
ed Aquilina — e le invia nel carcere per corrompere Rufino e Cesi-
dio. Ma queste all'ingresso del carcere sentono odori e vedono luci
miracolose onde, vinte dai prodigi, confessano la fede cristiana e
chiedono il battesimo. Ritornate davanti al proconsole dopo aver
‘confessato la loro fede convertono due soldati presenti — Silone ed
: Alessandro — i quali corrono. nel carcere per ricevere il battesimo. Le
‘due meretrici intanto sono battute e decollate «foras muros portae
civitatis Amasiae, non longe sed quasi miliario dimidium ». Alessandro
.e Silone intanto chiamati avanti al proconsole gli domandano una
sfida a prova della verità della religione cristiana. Fatto portare un
| paralitico e fatti invocare invano gli dei pagani dei filosofi, lo risana- ’
no con grande confusione di questi e stupore del popolo che acclama al.
Dio dei cristiani. A questo prodigio anche Andrea si converte, si
reca nel carcere dove era Rufino, viene da esso battezzato e quindi
libera i cristiani carcerati.

« Beatus autem Ruphinus una cum casa — continua la passio-
ne — perrexerunt cum eo. Alia vero die exierunt in regione Marsorum
in loco qui dicitur Tresaque ».

(1) Vite dei Santi e Beati dell Umbria, t. I, pagg. 701-704.
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wa n - : —— M I

PRSSENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI AN 33

Con queste semplici parole la scena si sposta dal Ponto in Italia

senza dire quale via i santi tenessero e quanto tempo occupàssero

per arrivare da Amasa a Trasacco paese della Marsia sulle rive del
lago Fucino.

. Rufino dopo aver consacrato una chiesa a Trasacco con altri
cristiani perviene nella città di Assisi. Cesidio invece, rimasto nella
Marsia, viene ucciso dai soldati mentre dice la messa e sepolto occul-

tamente il 31 agosto secondo la tradizione Marsicana, il codice però.

di Perugia, il più antico, porta il 18 luglio.

Rufino in Assisi tenendosi nascosto va in cerca di cristiani.
Il console Aspasio, che aveva ricevuto quel comitatus dall’imperatore
fa chiamare avanti a sé Rufino e dopo inutili interrogatori lo fa bat-
tere da questionari con piombaruole, quindi gli fa percuotere la bocca
e in fine lo fa gettare in un forno ardente. Ma Rufino che ha su-
perato gli altri tormenti viene da un angelo liberato anche dal fuo-
co. Allora Aspasio.scrive all'imperatore il quale risponde comandando
che Rufino venga gettato nell'acqua profonda con un gran sasso al
collo affinché i cristiani non possano ritrovarlo. Aspasio fa quanto
l’imperatore aveva comandato, lega al collo di S. Rufino « tabulam
marmoream » e lo precipita — dice il testo — « in gurga de pilo ». Così
Rufino consumò il suo martirio il 10 agosto. Questa data è portata
dal codice più antico di Perugia il quale però dà come giorno della
festa di S: Rufino l'undici agosto.

Carattere e fonti.

ll prologo della passione che si legge nel ms. di Perugia e
nel frammento di Spello scritto con. inaudita barbarie, ci narra,

. dopo un'introduzione da cui difficilmente si può ricavare qualche

senso, come un vecchio di nome Maurino — ego infelix . Mau-
rinus — pervenuto alla vecchiaia — senectute obductus — se ne parti
da Assisi e girovagó per tutta la Campania ricercando ansiosamente
le gesta «beati Rufini episcopi». E poiché nulla egli poteva trovare

il suo cuore era pieno di amarezza — minime invenire potuit, itaque

cor meum obnixe contritum est, spiritus meus in amaritudine est —.
Finalmente, per volere di Dio, si incontró con un monaco di
nome Giorgio, romano di origine — ex urbe oriundus fuit — il quale

nel monastero dove si trovava in Anagni — in Annanie urbem — scrisse -

dietro le insistenze del vecchio Maurino la storia di S. Rufino — et_

multum depoposci ut ex suis memoriis gestam beatissimi Ruphini
episcopi per suos .stilos conscriberet - i

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34 ALDO BRUNACCI,

Qualunque fossero le memorie del vero o presunto monaco Gior-
gio é certo che esso ci ha dato un racconto fantastico e senza valore
storico. La semplice lettura della passione ci mostra che essa fu com-
posta sopra un'orditura o trama di tipo comunissimo, le cui caratte-
ristiche sono: moltiplicità di personaggi, prolissità interminabile dei
dialoghi tra il martire e i tiranni, dei discorsi declamatori, delle preci
del martire a Dio, concentrazione di innumerevoli supplizi nella per-
sona del martire, miracoli quanto numerosi altrettanto strepitosi.

Gli anacronismi storici sono moltissimi. La passione del martire vie-
ne posta femporibus — a seconda dei diversi codici — Domnini, Domno,
Dagni. Ora un Domnino o Domno o Dagno imperatore non é mai
esistito né in Roma né in Asia né altrove. Vi si dice che Rufino in
Amasia fu rinchiuso nel carcere Mamertino; ma questo carcere non
era in Asia bensì in Roma e si chiamò cosi solo da tempo relativa-
mente recente e cioé dal sec. vr. Il trovare in Asia nei tempi di perse-
cuzione un proconsole di nome Andrea é cosa un pó strana e piü an-
cora che questo fosse insieme proconsul, praeses, comes e síratilates.
In Assisi viene posto un proconsole e di più di nome greco — Aspasio —,
mentre sappiamo che il magistrato delle provincie d'Italia dopo Dio-
cleziano era il corrector e che quello dell'Umbria e quindi di Assisi si
chiamava corrector Tusciae et Umbriae (1). Ció basterebbe a farci
comprendere il carattere del testo che studiamo; ma uno studio più
attento ci permette di ritrovare le fonti da cui il monaco Giorgio com-
pose la sua storia. Il vecchio Maurino appunto perché in giro per ri-
cercare la storia del santo non dovette dare al monaco Giorgio altro che
il nome del santo e la qualità del martire. Al resto pensó il monaco
e cioé, come dice il prologo, egli compose la storia «ex suis memoriis ».

Cerchiamo di rintracciare queste memorie che costituiscono
appunto le fonti della nostra passione.

La prima fonte che il compilatore della nostra leggenda dovette
consultare fu il martirologio Geronimiano assai in uso a quel tempo.
Non trovandovi alcun santo di nome Rufino commemorato in Assisi
sotto l'11 di agosto si rivolse ai santi omonimi che si incontrano nel
Geronimiano. Il primo l’incontrò nello stesso mese e precisamente
sotto il 19 agosto in Amasia nel Ponto e così rimane spiegato come
mai la storia del martire Rufino cominci da un luogo così lontano.

(1) Cfr. F. Grossi-GonpI, Principi e problemi di critica agiografica,
(Roma, 1919), pag. 76; TH. MoMMsEN, Le droit Public Romain, vol. III,
Parigi, 1893, pagg. 374 e segg.

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E Iac. em OPI GENOMINEZ

: Meu WE E uas ve P iar P =

LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 35

Ciò potrebbe sembrare strano per noi, ma non per i compositori di
simili leggende desiderosi di far fare lunghi viaggi ai loro eroi; del re-
sto era cosa comune far venire i martiri paesani da regioni più o meno
lontane. Le passioni dei martiri umbri composte tra i secc. vir-1x in
genere fanno venire i loro eroi tutti dall’oriente; basti ricordare la
famosa leggenda dei dodici Siri (1). Per portare un esempio vicino
ricordo quella di S. Vettorino (2), venerato in Assisi come secondo
vescovo, che lo fa venire dalla Siria.

Ritornando al compositore della nostra passione, egli dal Gero-
nimiano desunse la patria di Amasia per il nostro S. Rufino e nel me-
desimo luogo gli trovò uno dei compagni: Silone. Infatti sotto il 19
agosto il Geronimiano porta la seguente nota: In Ponto Amacia civitate
Silonis Rufini (3).

Nello stesso giorno 19 agosto nei martirologi orientali compare
un Andrea tribuno, uno dei personaggi della nostra passione, nella
quale come nei detti martirologi é chiamato stratelate (4).

La fonte peró principale sulla quale il presunto monaco Giorgio

calcò il suo racconto è la passione latina di S. Cristoforo.

La ragione per cui il compilatore della nostra passione attinse
con tanta larghezza dalla passione di S. Cristoforo la troviamo nel
fatto che con il detto santo aveva relazione un santo di nome Rufino
e precisamente S. Rufino diacono detto il taumaturgo che ricorre il
7 aprile. Di questo Rufino taumaturgo parla il menologio di Basilio
(sec. x-x1) e gli da per compagni una matrona Aquilina e duecento
soldati (5). L'elogio che dello stesso santo fanno due menei orientali.
conservatisi mss. nella Biblioteca regia di Torino e riportati dai Bol-

(1) Cfr. B. H. L. 1620.

(2) Cfr. B. H. L. 8597.

(3) Cfr.: l'ediz di H. QUENTIN con il commentario di H. DELEHAYE
in Act. SS. Nov. II, pars posterior, pag. 451. Tutti i tre codici principali
del Geronimiano portano con qualche variante la suddetta nota, il Bernensis
ha: Pontu in Ama civitate Silonis Rufini ; 'Epternacensis: In Pontu Silonis
et Rufini ; il WissEMBURGENSIS; Pontu in Amacia civit. natale sanctorum Si-
lonis. Ruffini ; ctr. Martyrologium Hieronimianum ad fidem codicum adiectis
prolegomenis. Ediderunt Ioh. De Rossi et Lus. Duchesne in Act. SS. Nov. II,
pars prior, pag. 107.

(4) Cfr. Act. SS. Aug. III, pagg. 720-26. Un Andreas vicarius com-
pare anche nella passione di S. Gaudenzio di Arezzo (B.H.L. 3274) e un Andreas
togatus in quella di S. Terenziano di Todi (B.H.L. 8000-3).

(5) Cfr. Act. SS. April. I, pag. 662.
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si

36 : ALDO BRUNAGCI:

landisti lo mettono in relazione con S. Cristoforo dal quale sarebbe

stato convertito insieme con Aquilina e duecento soldati (1).

Questo fatto, ripetiamo, deve avere indotto il compilatore della
nostra passione a derubare quella di S. Cristoforo. Il testo da esso
usato della passione di S. Cristoforo non fu quello greco, ma il testo
latino che ebbe origine verso la: fine del sec. x. Infatti la nostra pas-
sione mostra evidente dipendenza da questo e non da quello in cui

‘manca la lezione di Dagno e una delle due meretrici non è Aquilina ma

Callinica. Delle varie recensioni del testo latino, quella pubblicata dai
Bollandisti da un codice di Fulda è quella che ha maggior somiglianza
con la nostra passione (2). Dimodoché possiamo asserire che il monaco

Giorgio dovette consultare questo testo o uno molto simile a questo. ‘

A prova della dipendenza di questa passione da quella di S. Cri-

| stoforo noto:

1) Il nome Dagno dell' imperatore; che compare nel codice di

Assisi é sconosciuto ad ogni altro documento all'infuori della detta
passione di S. Cristoforo (3). i

i 2) Il racconto delle due meretrici Nicea ed Aquilina che com-

pare nella nostra passione e in quella di S. Cristoforo secondo il testo:

dei Bollandisti quasi con le stesse parole.
. 3) L'improvvisa conversione dei soldati.
4) Le lunghe risposte imbastite ad imitazione di quelle di San
Cristoforo.
Il tempo di composizione. ;
. Dopo quanto abbiamo detto non ci resta che determinare il tem-

po in cui fu scritto questo fantasioso racconto della passione di S. Ru-
fino. Il codice più antico che ce lo riporta — quello di Perugia — è della

fine del secolo xr. Quindi questo racconto non può essere stato scritto
dopo questo tempo. Cerchiamo di precisare ancora di piü. Si é visto

(1) Lc., pag. 663 «Et certamen sancti martyris Rufini diaconi : et
sanctae martyris Aquilinae et sanctorum. ducentorum, qui cum illa marty-

' rium compleverunt. Hi ab impio imperatore Decio ad sanctum Christi marty-
rem Christophorum comprehendendum fuerant missi: sed visis miraculis, quae :

sanctus hic patrabat, crediderunt in Christum, et coram tyranno divinita-
tem huius confessi, mandato eius capite plexi sunt ma

(2) Cfr. Act. SS. Iul. VI, pagg. 146-49.

(3) Qusto nome Dagno tiranno si trova anche nella passione di S. Vitto-
rino (B.H.L. 8597) venerato come secondo vescovo di Assisi. In ciò questa
passione dipende certamente da quella di S. Rufino; si trova inoltre un Da-
gno nella passione di San Terenzio martire di Pesaro. Cfr. ANNIBALE DEGLI
ABATI OLIVIERI, Ricerche di S. Terenzio, (Pesaro 1776), pag. 4.
et

LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI «197

come S. Pier Damiani nel suo sermone facesse menzione di una pas-
sione di S. Rufino rinvenuta al tempo ‘del vescovo di Assisi Ugo dopo

il trasporto dell'urna sepolcrale del martire. Abbiamo dei dati per

affermare che la « passionis historia » ritrovata al tempo del vescovo

Ugo è quella di cui parliamo, tramandataci da lezionari umbri, di

cui il più antico, quello di Perugia, risale al tempo del S. Dottore.

La prova più convincente di ciò ce la fornisce un confronto della
medesima con l’inno che S. Pier Damiani scrisse in onore di S. Rufino.
S. Pier Damiani infatti in quest'inno segue evidentemente lo schema

«di una passione che non può essere altra che la nostra. Come mostrerà

il seguente schema, sia nell'inno sia nella passione, S. Rufino non solo
muore nella stessa maniera, ma soffre gli identici tormenti i quali
vengono espressi con lo stesso ordine nell'inno e nella passione con
evidente anche dipendenza letteraria.

- Trascrivo le strofe dell’inno a destra dei brani cormspon det
della jpassione:

PASSIO i HYMNUS

Tunc proconsul audito hoc verbo Bellator invictissimus
rugiens ut leo super sanctos mar- praebet ora lapidibus |
tyres et iussit questionariis ut illius sed verbis grando verberum
maxilla cum lapide contunderetur non indidit silentium.

. inter ipsa tormenta sic agebat
B. Ruphinus: Christe Deus...

Et cum plumbatis eum cederent, Plumbatis inde ceditur

intantum | usquedum . quaternariis iam iam obiisse creditur,
apponerent et quasi mortuum eum sed qui putatur mortuus

dimiserunt. Beatus autem Ruphi- surgit in arma promptius.
nus inter ipsa tormenta dicebat. : i
Gratias ago.

Tunc impiissimus proconsul ira Detruditur in clibanum

repletus est et iussit quaestionariis: furentem flammis igneum,
ut fortiter clibanum ardentem suc- caminus sed incendii
cendunt et beatum Ruphinum in fit nemus refrigerii;

eo mitterent... Tunc ministri dia- nam flammis crepitantibus
boli iactaverunt beatum Ruphinum clarus immersit Angelus,

in medio clibani. Angelus autem Do- ad cuius mox imperium
mini descendit in clibanum..... perdidit vires incendium.

Et ecce subito clibanus ille extin- -
ctus. est et ignis factus est quasi fri-
gida aqua.

EX mio uae a ENS rir

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38 1 ALDO BRUNACCI

..alligate ad eollum eius saxum Saxum collo suspenditur,
magnum et proicite in profundum sic fluctibus immergitur
aquarum... et ligavit ad collum quem aqua Christo genuit,
eius tabulam marmoream et preci- per hanc ad ipsum pervenit.

pitavit eum in gurga de pilo.

Essendo la nostra passione quella ritrovata dal vescovo Ugo di
cui parla il Damiani, ne deriva che si leggeva in Assisi qualche
anno prima del 1030, quando cioé si costrui la « magna basilica », la
basilica Ugoniana in onore del martire. .

Di detta passione S. Pier Damiani dice che fu ritrovata per vole-
re di Dio — tandem Deo reperta passionis historia —, dunque secondo
il S. Dottore questa passione doveva risalire ad un'epoca piü antica
e, perdutasene la memoria, sarebbe stata ritrovata in seguito alla
traslazione dell'urna sepolcrale del martire.
| E infatti il Di Costanzo (1) pensa che questa passione debba ri-
salire a qualche secolo prima di S. Pier Damiani e cioé al piü tardi al
principio del sec. rx.

Lo studio delle fonti ci fa modificare alquanto questa conclusione.
Abbiamo visto che il nostro compilatore ha attinto a piene mani dalla
relazione latina della passione di S. Cristoforo dalla quale ha trascritto
quasi alla lettera l'episodio delle martiri Nicea ed Aquilina. Ora que-
sta passione si divulgó in occidente nel secolo rx (2), le martiri Nicea
ed Aquilina infatti fanno comparsa per la prima volta in occidente
nel martirologo di Floro (3), redatto nel sec. rx, e quindi in Adone e
Usuardo; sono invece sconosciute al Gregoriano e a Beda (4).

Il Di Costanzo, nel passo sopra citato, dal fatto che nel sec. rx

(1).Ctr. Disamina, pag. 102 e segg. « Difatti il prologo degli atti larga
testimonianza ne fa, che i medesimi non fossero allora conosciuti per la prima
volta, portando seco caratteri cosi evidenti di ignoranza, e goffaggine propria
dei secoli antecedenti, non già del sec. XI. Un indizio fortissimo dell’età in cui
scrisse il nostro compilatore, ne porge la stessa leggenda di S. Cristoforo da
lui esplicata, e avendo ció fatto senza molto temere d'essere convinto d'impo-
stura o di plagio; convien dire che facesse il suo lavoro quando la suddetta
leggenda venutaci dall'oriente non era ancora così sparsa per queste nostre
contrade e per tutto l'occidente, come poscia avvenne, riempiendo non meno
i codici delle chiese, che le menti degli uomini dei fatti portentosi di questo
martire...»

(2) Cfr. Act. SS. Iul. VI, pag. 145.

(3) Cfr. D.H. QUENTIN, Les Martyrologes historiques du moyen. áge,
(Paris 1908), pag. 384.

(4) O. C. Passim.
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 39

- era già diffusa in occidente la passione di S. Cristoforo e conosciutis-
simo l'episodio delle martiri Nicea ed Aquilina argomenta che il com-

pilatore della nostrá passione abbia dovuto scrivere prima. Egli
teme di attribuire un plagio così manifesto all'autore di questa
passione. Ma questo modo di pensare non corrisponde alla realtà
essendo ormai risaputo che gli agiografi di Rue tempo 1 non si face-
vano nessuno scupolo di simili plagi.

Il Lanzoni (1) la pone al secolo xr. Egli pensa che le parole di
S. Pier Damiani « fandem auctore Deo reperta passionis historia » deb-
bano far pensare anziché ad un ritrovamento ad una compilazione
della passione per incarico o almeno al tempo del vescovo Ugo. In
questo tempo essendosi assai sviluppato il culto del martire, si sarebbe
inteso il bisogno e il desiderio di averne la leggenda. Inoltre — pensa
sempre il Lanzoni — sembrerebbe strano il pensare che gli Assisani
avessero lasciato dormire per due secoli negli archivi la storia della
passione del loro martire.

Osserviamo tuttavia che S. Pier Damiani parla di ritrovamento
e inoltre notiamo l’enorme differenza che corre tra il prologo, che
certamente si riferisce al tempo dei fatti narrati dal Damiani, e il
testo della passione.

. Il prologo è scritto con un tale latino barbaro che appena se ne
può cavare un senso; mentre la leggenda, se pure lascia molto a desi-
derare nella grammatica, è scritta in uno stile più scorrevole e chiaro.
Evidentemente si tratta di due autori diversi: Maurino del prologo;
e il monaco Giorgio della leggenda. Ma quest’ultimo potrebbe essere
una finzione, allora Maurino avrebbe trovato la leggenda fatta e vi
avrebbe premesso il prologo. Un indizio di ciò potrebbe essere il fatto
che il prologo nel codice più antico di Perugia è diviso in tre lezioni e

la leggenda ricomincia con la numerazione I°, II°, III° ecc... È
quindi probabile che Maurino (0 Giorgio) abbia copiato la leggenda
da un altro lezionario. 2

Possiamo quindi pensare che al tempo della traslazione dell'urna
sepolcrale di cui parla S. Pier Damiani la leggenda già esistesse, tutta-
via la sua compilazione non puó essere anteriore al secolo rx, epoca
della diffusione in Occidente della redazione latina della passione di
S. Cristoforo da cui evidentemente dipende.

Comunque fissando come termini estremi il secolo rix e i primi
anni del secolo xi siamo certi di essere nel vero.

(1) Le Diocesi d'Italia dalle origini, ecc. pag. 461-480.

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40. 3 È: ALDO BRUNACCI

III. - DUE LEGGENDE CONTENUTE NEL PASSIONARIO DI ASSISI.

"Prima di chiudere questo capitolo sulla passione di S. Rufino,
credo opportuno aggiungere alcune brevi osservazioni sull'« Inventio
prima » e «secunda » contenuta nel passionario di Assisi, due tarde
leggende prive di alcun valore storico, ma che dovró in seguito pu
volte citare.

Furono conosciute ed edite dai Bollandisti (1) e dallo Spader (2).
Il Di Costanzo (3) ne da un’ampia e dettagliata critica mostrandone
l'infondatezza e le evidenti contraddizioni.

Le due leggende sono certamente dello stesso autore. Non solo
è uguale lo stile, ma si sostengono a vicenda.

L'Inventio I riferisce il primo ritrovamento del corpo. del santo
accompagnato da molti prodigi come avvenuto nel sec. v; il corpo

del santo, secondo questa leggenda, sarebbe stato trovato molto tempo

dopo il martirio intatto nelle acque del fiume Chiagio e galleggiante
con una pesante mola attaccata al collo. Luci prodigiose emapanti
dalle acque lo avrebbero rivelato ai contadini del vicino: contado.

L'Inventio II riferisce il ritrovamento del corpo del martire rimasto .
nascosto per 800 anni e avvenuto nel 1212. L'avvenimento è narrato
‘sotto forma di lettera del vescovo di Assisi Guido. In tale anno in
realtà in Assisi vi fu solo una traslazione del corpo del Santo dalla
‘ basilica Ugoniana all'attuale di Giovanni da Gubbio.

Inutile dilungarmi su queste due leggende di nessun valore sto-

rico dalle quali invano i Bollandisti, non conoscendo altro documento .
della Chiesa di Assisi, cercarono luce (4) e che suggerirono qualche -

conclusione affrettata anche al Lanzoni (9).

(1) Act. SS. Aug. VI, pagg. 815-24.
(2) Assisiensis ecclesiae prima, quattuor luminaria ecc. pagg. 24- 46.
(3) Disamina, pagg. 153-168. :

(4) Cfr. L. c. dove affermano: « Itaque Ei non disputo rursum de.

Ruphinorum distinctione. Verum cum nibil actenus a nobis editum sit, quod

pertineat ad S. Ruphinum cuius corpus anno 1212 inventum, edere statui

ea, quae de genuina corporis inventione conscripta sunt, nobisque trasmissa
ut hinc lucis saltem aliquid effulgeat ».

(9) Cfr. Storia delle diocesi d'Italia, ecc. do a pag. 465 pone come
estremi per la composizione dell'Inventio I gli anni 1052-1212 e se ne serve

‘per provare «lo sviluppo arbitrario della tradizione popolare — sue testuali pa-
role — dell' Episcopato di S. Rufino ». Se avesse conosciuto la passione che abbia-

mo studiato, non A XIEDDE certo ragionato così.

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, LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 41

Noto solamente che esse sono state redatte certamente nel sec.
XIV. Si trovano per la prima volta nel passionario della Chiesa catte-
drale di Assisi che é della fine del sec. xiv. Inoltre proprio nell’Inven-
tio prima, assegnata dal Lanzoni tra gli anni 1052 e 1212 (1), si legge
la seguente espressione: « Cum vero per Portam, per quam ad Eccle-
siam Sancti Petri, civitatem intrassent, viamque ad ecclesiam Sanctae:
Mariae. Maioris tendere vellent. . i |

Da ciò si deduce che la ios é stata scritta dopo l'amplia-
mento della città e della cerchia delle mura avvenuta in Assisi nel 1317.
Prima di questo tempo non esisteva la « Porta Sancti Petri », la chiesa
omonima e tutto il « Burgum S. Petri » erano fuori delle mura (2).

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(1) Cfr. nota precedente.

(2) Cfr. L. BRACALONI, Assisi Medioevale, Studio Storico topografico in
Archivium . Franciscanum Historicum, A. VII, fasc. I, pag. 12 e passim ;
A. FORTINI, Nuova Vita di S. Francesco, pag. 374.

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42 : ^ — ALDO BRUNACCI

CAPITOLO TERZO

Due differenti redazioni della « Passio S. Rufini »

Nello stesso giorno 11 di agosto si venera — come già sappiamo —
un S. Rufino vescovo e martire anche nella terra dei Marsi ed a Pi-
stoia. :

Le rispettive leggende delle due chiese, pubblicate dai Bollan-
disti, sono talmente affini con la «Passio S. Rufini» studiata che,
quella dei Marsi specialmente, possono considerarsene due differenti
redazioni. Le studieremo distintamente chiamando la leggenda della
chiesa dei Marsi « Passio secunda » per distinguerla da quella esami-
nata nel capitolo precedente, e quella della Chiesa di Pistoia « Vita
S. Rufini » giacché tratta di un santo solo confessore.

Infine vedremo in quale rapporto si trovano tra di loro le tre di-
verse leggende.

I. - LA « PAssiO SECUNDA ».

Note critiche del testo.

È riportata dai padri Bollandisti al 31 di agosto, festa di S. Ce-
sidio, con il seguente titolo: Acta fabulosa. Auctore anonymo ex vetusto
codice Transaquensi (1). Non mi è stato possibile rintracciare alcun
manoscritto di questa passione. Il testo che riferiscono i Bollandisti
fu loro fornito dall'Ughelli da un codice che essi chiamano « antiquis-
simo » della chiesa di Trasacco nella Marsia (2). Si trova pure in un
officio della chiesa di Trasacco edito a Roma nel 1552 (3). Il Baronio
ed il Ferrari — secondo gli autori degli Acta Sanctorum (4) — hanno
conosciuto un altro ms. della stessa passione differente da quello

(1) Act. SS. Aug. VI, pagg. 654-60.

(2) Ibidem, pag. 663.

(3) Officium de SS. Ruffino et Caesidio atque aliis in Transaquis quie-
scentibus, Romae 1552.

(4) Act. SS. Aug. II, pagg. 634-35.
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 43

dell'Ughelli (1). Esistéva ancora nel 1799 nella basilica di S. Cesidio
a Trasacco dove lo consultó il Di Costanzo che lo giudicó « posteriore
al sec. xiv 0 almeno non anteriore » (2).

Sotto il 31 agosto i Bollandisti pubblicano anche un altro testo
intitolato « Miracula S. Caesidii » (3) da un manoscritto di Luca
Olstenio. Secondo il Papebrochius (4) il manoscritto dell'Olstenio
conteneva anche la passione a cui seguiva di altro carattere questa
appendice. A giudizio dei Bollandisti i « Miracula S. Caesidii » non
sono dello stesso autore della passione di cui parliamo « quia stylus
est diversus, et plerumque fidei merentur; quia aliunde constat S. Cae-
sidium miraculis claruisse, et quia auctor facilius scire potuit » (5).

Tale documento deve essere stato redatto non molto tempo
dopo la fine del sec. xi. Certi fatti si dicono avvenuti e appro-
vati « nostris nuper temporibus » dal pontefice Teofilato e cioé da Be-
nedetto VII (1012-1024) o più probabilmente da Benedetto IX (1033
1045) (6); inoltre vi è nominato un certo « Baldoinus comes de valle
Sorona » che trovo citato nella cronaca Cassinese negli anni 1064-
1065, 1089 (7). Sarebbe interessante sapere se la passione che pre-

(1) Tale ms. presenta due varianti: vi è nominato l’imperatore Dagno
anziché Massimino, inoltre la scena ultima del cap. IV secondo la divisione
dei Bollandisti, narrante il martirio di S. Rufino, è posta in Reatina civitate
anziché in Assisii civitate. È strano trovare tale variante dato che la chiesa
Reatina non ha mai preteso rivendicare a sé alcun santo di nome Rufino. È
quindi contro la tradizione non solo di Assisi e Trasacco, ma anche di Rieti.
Cfr. Di Costanzo, Disamina ecc. pagg. 104-107.

(2) Ecco le sue parole: « Lessi anche gli atti dei SS. Rufino e Cesidio in un
codice in pergamena secondo me posteriore al sec. XIV, o almeno non anteriore,
e deve essere quello veduto dal Card. Baronio, che porta seguito il martirio di
S. Rufino a Rieti contro la tradizione concorde di tutte le chiese che prestano
culto a questo Martire e della medesima chiesa di Rieti». In Odeporico, opera
ms. che si conserva nella biblioteca del monastero di S. Paolo in Roma, parte
III, par. II, f. 231, v. È una dottissima opera scritta nel 1805 e già preparata
per la stampa in cui l’autore da relazione di un suo viaggio intrapreso partendo
da Assisi nel 1798. L’ho consultata per benigna concessione dei monaci ed avrò
occasione di citarla più volte. Mons. Michele Faloci-Pulignani ne ha pubblicata
la parte riguardante l'Umbria in Archivio storico per le Marche e per l'Umbria
II, 1885, pagg. 510 e segg.

(3) Act. SS. Aug. VI, pagg. 660-661.

(4) Ibidem annotata.

(5) Ibidem pagg. 662.

(6) Cfr. Disamina, ecc... pagg. 152-53...

(7) Monumenta Germaniae historica, Scriptores, VII, pagg. 710, 746, 762.

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44 : ALDO BRUNACCI

cedeva tale appendice nel ms. dell'Olstenio era identica a quella pub-
blicata dai Bollandisti secondo un codice dell'Ughelli.
Esame della passione.

Confrontando il racconto di questa seconda redazione della pas-
sione di S. Rufino con quello della prima, studiata nel capitolo prece-

dente, si nota pur con gravi divergenze una certa uniformità. Eviden-

temente qui manca il prologo del vecchio Maurino sostituito da un
breve ‘esordio sulle glorie dei martiri.
Dal principio fino al capitolo secondo compreso — seguo la divi-

sione dei Bollandisti — il testo é quasi letteralmente uguale con quello.
della passio prima. ci i

In questa seconda redazione si nota solo una forma molto più

corretta ed un più ampio svolgimento dei pensieri e delle risposte.

L'imperatore non è più Dagno ma Massimino; del resto in ambedue

la scena si apre in Amasia nel Ponto, comparisce il proconsole o stra-

telate Andrea, si hanno le medesime lunghe risposte, lo stesso episo-
dio delle martiri Nicea ed Aquilina e dei soldati Silone ed Alessandro,
una quasi simile spiegazione dei misteri cristiani e simili professioni
di fede poste in bocca dei martiri e convertiti.

Le. vicende narrate nel capitolo terzo mancano affatto nella
Passio prima. In questo capitolo è narrato l’incarceramento di Ru-

‘ fino e di Andrea nella terra dei Marsi. Il loro trasferimento a Roma,

la visita notturna di Cesidio, che vuol condividere la sorte del padre,
ma è convinto da quest’ultimo a tornare ‘nella terra dei Marsi, e in
fine il martirio di Andrea in Roma.

Nel capitolo IV anche secondo questa leggenda il martirio di
S. Rufino insieme a Silone e Alessandro è narrato come avvenuto ad
Assisi; a tale scopo, siccome Rufino era in carcere a Roma, si finge un
avvenimento straordinario. Contro ogni verisomiglianza si immagina
una ribellione del proconsole di Assisi Aspasio contro l'impero, la ve-
nuta ad Assisi dell'imperatore per debellarla, la sua dimora costi
per un anno e cinque mesi dove, in occasione di un grande spettacolo,
fa venire Rufino insieme a Silone ed Alessandro e dopo vari tormenti
li fa decapitare fuori delle mura della città.

I loro corpi sono esposti per cinque giorni ad esempio dei cri-
stiani e per essere dilaniati dai cani. Ma questi non solo non ne divo-
rano le carni, ma genuflettono dinnanzi alle spoglie dei santi mar-
tiri. Di notte tempo Cesidio da Trasacco — evidentemente l’ingenuo
scrittore non pensava alla distanza che separa Assisi da questa città —
E *

LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI i 45

viene a rapire i corpi dei martiri per seppellirli nella sua terra. La
cosa è riferita all’imperatore il quale manda dei soldati per fare ucci-
dere Cesidio sul posto. L'imperatore Massimino infine — il quale, si noti,
. non fu mai in Italia — ritorna da Assisi a Roma con molti cristiani
in catene e ne fa decapitare fuori la porta Salaria mille e diciassette.
È inutile. parlare del valore di questa passione; non essendo
altro che una redazione della precedente valgono le stesse osserva-
. zioni per quanto riguarda il carattere e le fonti.

| Soltanto sorge spontanea la domanda, quale delle due redazioni

. sia la prima, per così dire, il testo originale.
i La risposta è facile. Basta osservare che in ambedue le redazioni

il protagonista — chiamiamolo così — è Rufino e solo per concomitanza .

si parla di Cesidio per convincersi che il primo compilatore ha scritto

| la passione per il S. Rufino venerato in Assisi, dove si è prestato il.

culto fin dai tempi più antichi a questo solo martire. Però detto com-
:pilatore deve aver conosciuto anche il gruppo dei martiri, venerato
nella Marsia, di Cesidio e Rufino.

. Nella chiesa dei Marsi, si noti, in tale gruppo il primo posto è |

tenuto sempre da Cesidio e mai da Rufino. Inoltre, se il compilatore

Marsicano della passione non avesse avuto tra mani quella conosciu-

ta in Assisi, difficilmente avrebbe escogitato l'inverosimile episodio
della ribellione all' imperatore proprio per porre il martirio di S. Ru-
. fino in questa città facendo fare poi a ‘Cesidio tanta strada in una sola
notte per ricuperare il corpo del padre.

La conclusione oltre che da queste osservazioni è confermata
dall'esame dei due testi il quale ci dimostra che la Passio secunda è
un evidente rifacimento della prima.

Mentre nella Passio prima il testo è rozzo e molto scorretto
quale si adatta ai secoli ix — x — xi, nella seconda il compilatore
non solo ha corretto il testo per quanto riguarda la forma, ma ha
cercato di togliere qualche espressione che al suo tempo doveva sem-
brare troppo strana. Per esempio la Passio prima parla di una prigio-

ne in Amasia che chiama « privata Mamurtini », nella Passio CAGLIO

l'espressione è cambiata in « privata custodià ».

Nella prima quando Rufino fa la professione di fede nella ver-.

ginità di Maria, afferma. che il Figlio «descendit per aurem in ute-
rum verginis »; nella Passio secunda l’espressione «per aurem» è
soppressa (1). : m p

(1) Per questa espressione cfr. E. Campana, Maria nel domma cattolico,
Torino 1936, pag. 698.

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46 ALDO BRUNACCI

Cosi pure nella Passio prima si legge una preghiera dei soldati
Silone ed Alessandro dinnanzi al paralitico cosi scorretta che a fatica
si riesce a cavarne un senso, nella seconda la stessa preghiera é ripor-
tata sotto forma di sette esametri metricamente perfetti.

Non é indifferente anche il fatto di trovare in questa seconda
redazione le seguenti espressioni mancanti nella prima: « procedentem
a Patre et a Filio »; « ab utroque procedentem » nelle professioni di fede
dei martiri. Ora é noto che sebbene l'aggiunta del Filioque fosse:
universalmente già accettata in Occidente nel secolo vit nel Simbolo
Niceno Costantinopolitano, la professione esplicita della processione
dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio nella massa dei fedeli e spe-
cialmente in Italia si ebbe dopo il concilio di Lione secondo del 1274.
Quindi la compilazione di tale redazione della Passio S. Rufini
dovrebbe essere posta dopo tale data (1).

II. - LA « Vira SANCTI RUFINI ».

Manoscritti.

I Bollandisti agli 11 di agosto conoscono e pubblicano un testo
incompleto di tali atti provenienti dalla chiesa di Pistoia con il se-
guente titolo:

Acta altera imperfecta auctore anonymo. Ex duobus mss. apogra-
phis Pistoriensis Ecclesiae (2). Il culto a un Santo di nome Rufino
vescovo e martire agli 11 di agosto a Pistoia è di recente importa-
zione, mentre — come dimostrerò in seguito — in tale città almeno
fin dal sec. x si venerava un Rufino vescovo e confessore agli 11 di
febbraio, il quale insieme ai santi Zenone e Felice era il titolare della
cattedrale; infatti gli apografi che ebbero in mano i Bollandisti ave-
vano la seguente soprascritta:

De sancto Rufino episcopo, cuius corpus in cathedrali civitate
Pistoriensi requiescit, ex antiquis eiusdem ecclesiae monumentis (3).

Questo testo incompleto degli atti di S. Rufino, di cui rac-
contano la storia quale si svolge nella Marsia fino al suo incarcera-

(1) Cfr. M. JuGie, A. A. De processione Spiritus Sancti ex fontibus
revelationis et secundum Orientales dissidentes, Lateranum, Romae 1936, pag.
320.

(2) Act. SS. Aug. VI, pagg. 062-664.

(3) Ibidem, pag. 653.
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LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 47

mento a Roma, fu conosciuto anche dal Baronio il quale nelle note
al martirologio romano agli 11 di agosto cosi si esprime:

« Reperimus vero alia acta illis| cioè di quelli marsicani di cui
abbiamo parlato/ fideliora, nobis impertita ab Ecclesia Pistoriensi,
producta tantummodo usque ad Rufini carcerem, in quem Romae
detrusus fuit...» (1).

Il Baronio ha conosciuto anche un testo completo dei medesimi,
ma egli stimò l’aggiunta arbitraria e tardiva fatta da qualcheduno
che voleva ad ogni modo completare il testo disgraziatamente rima-
sto mutilo, infatti così continua:

« ...cetera autem quae desiderabantur in primo exemplari, ab. alio
aliquo sunt superaddita, qui maluit ea suo ingenio ad finem perducere
quam relinquere imperfecta; quibus tradit Rufinum solutum vinculis
quievisse in pace tertio idus Februarii, Caesidiunque filium absque
martyrio decessisse sexio idus. Aprilis... ».

In realtà anche oggi dei vari mss. di questi atti alcuni portano
il testo incompleto altri un altro testo completo. Portano il testo in-
completo, quale fu pubblicato dai Bollandisti, i seguenti mss.:

1) Ms 94 Biblioteca Alessandrina di Roma; cartaceo del sec.
XVI-XVII, è stato descritto dal Poncelet (2). Come dice una notina
in principio «continet collecía a Costantino Caietano Acta sanctorum
mensium iulii et augusti ».

Il nostro testo contenuto nei ff. 408-410 porta il titolo « Vita

S. Rufini » con appresso la nota « secundum lectionarium primum an-
tiquum sacristiae S. Zenonis Pistorii, f. 63 ».

2) Ms. H. 2 della biblioteca Vallicelliana in Roma; cartaceo

sec. xvi-Xvir(3). Appartiene alle vite dei santi raccolte dal Gallonio

e infatti l'antica-segnatura del codice è: Gallonii A.
Il nostro testo é contenuto nei ff. 166-172 e porta il seguente
titolo: Quaedam de S. Rufino ep. cuius corpus habetur in cathedrali

civitatis Pistoriensis; e appresso la nota: Ex antiquis eiusdem eccle-

siae monumentis.

(1) Martyrologium Romanum Gregorii XIII Pont. Max. iussu editum
accesseruni notationes atque tractatio de martyrologio romano, (Roma 1586),
pag. 359.

(2) A. Poncelet, Catalogus codicum Agiographicorum Biblioth. Rom.
praeter quam Vaticanae, pag. 166.

(3) Op. cit., pag. 401.

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48 ALDO BRUNACCI

3) Ms. H. 7 della biblioteca Valliselliana s cartaceo del sec.
xvi-xvi (1). Anche questo appartiene alle raccolte del Gallonio, :
l'antica segnatura era: Galloni G. Il nostro testo é contenuto nei ff. : |
81-83 e porta il seguente titolo: De S. Rufino ep. cuius corpus in cathe- È
drali civitatis Pistoriensis requiescit; e appresso la nota: Ex antiquis
eiusdem Ecclesiae monumentis. i

Portano il testo completo i seguenti mss.:

1) Ms H. 8.1 della Biblioteca Vallicelliana ; cartaceo del sec. |
XVI-XVII (2). Dai :3
Il manoscritto appartenendo esso pure alle raccolte del Galloro QUE
porta il seguente titolo: Vitae sanctorum et alia monumenta collecta
ab Ant? Gallonio Congr. Orat. Rom. Presb. In questo ms. nei ff. 380-
380v é contenuta solo l'aggiunta cioé la parte mancante agli altri mss.,
. porta infatti la seguente nota: Escripta est er codice capituli cathe- .
| dralis Pistoriensis sola pars ultima. Questa copia del completamento
degli « Acta imperfecta » molto probabilmente é quella. conosciuta
dal Baronio e di cui parla nelle note al martirologio romano.

| .2) Ms. 718 della Biblioteca Casanatense di Roma. Questo ms. è
molto importante per la sua antichità, esso fu affatto sconosciuto al
Baronio. È una magnifica raccolta di leggende dei santi in scrittura
carolina del sec. xr. È stato descritto dal Poncelet (3)... —

Sottolineo qui la sua provenienza dalla cattedrale di Pistoia..
Fu acquistato dalla. Biblioteca Casanatense insieme ad altri mss.
nel 1744. Ne fa fede una nota del tempo scritta nel primo foglio di
guardia (4).

Nella magnifica rilegatura del sec. xvi è inciso il titolo « San-, .
ctorum vitae ». Il nostro testo occupa i ff. 152-153v. (9). i

(1) Op. cit., pag. 416.

(2) A. PONCELET, op. cit., pag. 421.

(3) Ibidem, pagg. 231-236. .

(4) Trascrivo la nota per intiero: « Passionale (sanctorum vitae) Pisto-.
rio. Cum bibliis latinis atque Homiliario PP. molis ferme aequalis paris carac- .
teris nitidi et aevi Romani ac brevi in Casanatensem Bibliothecam ad decorem
die XI aprilis anni MDCCXLIV solutis argenteis Romanis centum inter alios.
codd. adnumeratum est ». si

(5) Il PONCELET, op. cit., pag. 234, porta ff. 151- 152 v; in realtà non.
corrisponde. Nello stesso modo non corrispondono le indicazioni numeriche
dello altre leggende, ma. sono tutte JE di qualebe 0g UoI
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI . 49

Oltre che riportare una vita completa di S. Rufino, questo co-

dice prima del testo porta anche un prologo introduttivo. Sia l'ag-

giunta che il prologo sono stati editi assai scormrettamente dal Di Co-
stanzo. (1). . |
Contrariamente a quanto credeva il Baronio il testo completo,
che egli conobbe forse dal ms. H. 8. 1 della Vallicelliana del sec. xvI-
xVII, non è una arbitraria aggiunta posteriore in contrasto con il

primitivo culto di S. Rufino a Pistoia.

Il ms. 718 della Casanatense del sec. xi di indubbia origine pi-

stoiese e il culto di un S. Rufino confessore in Pistoia, che possiamo .

documentare fin dal sec. 1x, conforme al testo del citato ms., sono
una prova indiscutibile che il testo completo sia stato: quello letto

fin dall'inizio nella Chiesa Pistoiese. La presenza di mss. del sec. xvI- .
xVII riferenti un testo mutilo si spiega molto bene con la storia del

culto (2) di S. Rufino a Pistoia, dove dal sec. xvir.si volle venerare
un S. Rufino non solamente confessore come portavano gli antichi
atti, ma un S. Rufino che avesse anche l’aureola del martirio. Ciò

non esclude tuttavia che il testo quale ci è dato dal ms. della Casa-

natense non possa essere a sua volta — e lo vedremo — un rifacimento
o meglio un adattamento di una più antica passione. .

Esame della passione.

Questi atti pongono un iS Rufino Vescovo nella regione dei

Marsi al tempo dell'imperatore Massimino (3). Precisamente Ru-

fino avrebbe predicato il vangelo nella città dei Marsi — in civitate

. Marsorum — (l'odierna S. Benedetto) mentre suo figlio Cesidio pre-

sbitero nel Municipio Messino — in Municipio Messino — (l'odierno
Trasacco). Divideva le due città il lago Fucino. :

Avvenne un giorno che un certo Luciano persecütore dei cri-
stiani, mentre dal Piceno si recava a Roma per la via Valeria, siim-
battesse con una grande moltitudine presso l'Arco di Augusta.— Ar-
‘cum Augustae — nei confini dei Marsi che celebrava una festa in onore

i del Dio dei Cristiani. Risaputo che Rufino e Cesidio erano i propaga-

tori della nuova religione corse indignato a Roma per riferire la cosa
all'imperatore. Questi manda nella Marsia un certo Ascanio cornico-

5: Cfr. Disamina, ecc..., pagg. 426- 27.
- (2) Sarà illustrato in SoEuHiol
EG) testo dei Bollandisti a Massimino.

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50 ALDO BRUNACCI

lario con l’ordine di imprigionare Rufino e Cesidio e di portarli a
Roma. Rufino viene trovato e portato a Roma, mentre vane furono
le ricerche nei riguardi di Cesidio.

| Dopo essere stato presentato all'imperatore, Rufino viene rin-
chiuso nel carcere privato della casa di Ascanio. Intanto Cesidio
conosciuta la prigione del Padre ne invidia la sorte e volendo condivi-
dere con lui la palma del martirio, prende la via di Roma per ricer-
care dove era rinchiuso il Padre.

Ritrovatolo, di notte tempo riesce a scappare e si unisce al padre
nel ringraziare e cantare le lodi del Signore (1).

Allindomani Ascanio meravigliato del fatto riferisce tutto al-
l’imperatore Massimino, il quale ammirando il coraggio dei cristiani
ordina che non solo Rufino e Cesidio ma tutti gli altri cristiani ven-
gano liberati dalla prigione. E

Rufino e Cesidio ritornarono nella regione dei Marsi dove « post
bonam dierum plenitudinem », finirono i loro giorni. Secondo il codice
Casanatense S. Rufino sarebbe morto il 12 febbraio e Cesidio l'11
aprile.

Tale il racconto degli atti. L'autore nel prologo dice di aver de-
sunto quanto narra per soddisfare la pia curiosità dei fedeli, da an-
tiche carte «ex antiquioribus schedulis ».

Il Baronio (2) che conobbe questi atti li chiama « fedeliora sed
imperfecta » (incompleti) in confronto agli atti posseduti dalla chiesa
Marsicana. Piü severo é invece il giudizio dei Bollandisti (3).

Ad ogni modo una prima lettura di questi ci richiama alla mente
gli atti già studiati, sebbene la trama del racconto e piü ancora lo
stile siano molto diversi. Identici peró sono i protagonisti — Rufino
e Cesidio — e anche qui come nella prima parte degli atti che ab-
biamo esaminato, l'azione si svolge nella regione dei Marsi.

Altra impressione che si ha dopo la lettura di tale documento é
che il compilatore pistoiese, il quale scrisse non piü tardi del sec.
XI, — epoca del codice della Casanatense che lo riporta per primo —
dovette avere tra le mani un documento piü antico di origine mar-
sicana.

Quale ? Non certamente la Passio II che abbiamo studiato, seb-
bene anche questa sia imparentata con il testo che stiamo esami-

(1) Qui termina il racconto nei Mss. che portano il testo incompleto.
(2) Cfr. l. c., poco sopra. :
(3) Cfr. Act. SS. Aug., VI, pag. 662 e segg.
reae - x^ TE È M oe e nd

| LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 51

nando per l'episodio comune in ambedue dell'incarcerazione di Ru-
fino a Roma e la visita notturna del figlio Cesidio. La Passio secun-
da è certamente posteriore alla Vita s. Rufini.

I] primitivo testo di origine marsicana consultato dal compila-

tore pistoiese non esiste piü, o meglio ci é rimasto incompleto in
questa Vita S. Rufini. Esso doveva essere il più antico di quelli che
conosciamo; probabilmente anteriore all'invasione longobarda.
Trasacco, ad esempio, luogo dove S. Cesidio avrebbe annunciato il
Vangelo é indicato con l'espressione «in municipio Messino »; tale
denominazione é anteriore all'invasione longobarda (1). E noto in-
fatti come al tempo dei longobardi fosse cambiato radicalmente.
l'ordinamento delle città e cessassero anche i municipi.
Il compilatore pistoiese adattò gli atti sì — come egli afferma-
alla pietà dei fedeli, ma soprattutto a un S. Rufino confessore quale
si venerava nella sua città. Nel prologo confessa candidamente di
aver scritto le gesta dei SS. Rufino e Cesidio « ex antiquioribus schedu-
lis... piorum fratrum postulatione ». Conosciamo ormai il valore di
simili confessioni. i

Che la fonte a cui attinse l’Anonimo scrittore pistoiese sia un
documento di origine marsicana è certissimo. Unico teatro delle ge-
sta di S. Rufino è la regione dei Marsi. Con Rufino è accoppiato il
suo figlio Cesidio, il cui antichissimo culto si riscontra soltanto nella

. Marsia. Non solo l'ambiente dove si svolge l'attività di Rufino è la
Marsia, ma nel testo vengono nominati con precisione località che
solo uno del luogo poteva conoscere. Per di più alcune di dette loca-
lità — si noti — non avevano piü la stessa denominazione al tempo
della compilazione degli atti per la Chiesa di Pistoia.

.. Del resto non è credibile — per chi conosce il sistema con cui veni-
vano compilati simili documenti — che uno scrittore pistoiese nel
comporre una storia per un santo venerato nella propria città non
solo abbia posto l'azione unicamente altrove, ma non l'abbia fatto
neppure morire in patria tanto piü che i Pistoiesi veneravano il corpo
del loro S. Rufino. |

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(1) Cfr. R. Sroccur, Storia dei Marsi dalle età più antiche al 1911,
2 voll., (Aquila, 1911-14), pag. 15.

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52 ALDO BRUNACCI

III. - CONCLUSIONE SULLE DIFFERENTI REDAZIONI DELLA « PASSIO.».

Dopo questo esame critico sulla «Passio S. Rufini» è il mo-
mento di OE EHE le conclusioni. Ci troviamo di fronte a tre do-
cumenti: :

. 1) La Passio prima (B.H.L.7362; 7364) di. origine Assisana
compilata certamente non più tardi dei primi anni del secolo xi.

2) La Passio secunda (B.H. L..7361) più tarda compilazione

dipendente dalla prima di origine Marsicana.

3) La Vita S. Rufini (B.H.L. 7363; 7360) documento redatto
non più tardi del sec. x1 a Pistoia da un compilatore che ebbe certa-
mente tra le mani un testo di origine Marsicana assai più antico,
probabilmente anteriore all’invasione longobarda. :

Le prime due leggende parlano di un Rufino martire e vescovo
prima della chiesa dei Marsi e poi di Assisi dove avrebbe subito il
martirio l'11 di agosto. Il terzo documento parla di un Rufino soltan-
to confessore e vescovo dei Marsi morto l'11 di febbraio.

Ci chiediamo: 1) quale relazione hanno tra di HUE i tre documen
ti? 2) quale il loro valore ?

I- Già ho dimostrato che la redazione Marsicana della passione -

di S. Rufino dipende da quella di Assisi conosciuta da S. Pier Damia-

ni e che la Vifa S. Rufini dipende da un documento di origine, .
marsicana. La Passio prima mostra di non conoscere una passione di
origine Marsicana — almeno quella conosciuta dalla Vita S. Rufini
— ma solo il culto di S. Rufino € Cesidio nella terra dei Marsi. La Pas- .
sio secunda condotta sulla falsariga della prima nel capitolo III ri-
porta l'episodio dell'incarcerazione di Rufino a Roma e la visita not-
turna di Cesidio nella prigione. . Tale episodio lo ritroviamo nella
Vita S. Rufini, onde bisogna concludere che il compilatore Marsi-
cano della Passio secunda sebbene abbia preferito seguire le vicende
piü avventurose della passione Assisana, ha conosciuto un'altra pas-
sione forse quella da cui dipende la Vita S. Rufini o addirittura
questo stesso documento.

II - Quale il valore di tali documenti ? Il loro contenuto, come
abbiamo già dimostrato non ha alcun valore storico. Essi hanno un
valore non per quello che narrano, ma unicamente in quanto: sono
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LEGGENDE E' CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI i ‘53

documenti per l’epoca in cui. Eos scritti del culto tributato a San
Rufino nelle diverse chiese e di queo che pensavano i fedeli a quel
tempo.

Per quanto riguarda la chiesa di Assisi la passione é il documento.
storico che in tale città all'inizio del secolo xi gli Assisani venera-
vano agli 11 di agosto un S. Rufino che credevano essere stato il
primo vescovo della città e “quivi martirizzato.

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54 TOES ALDO BRUNACCI

CAPITOLO QUARTO

Il culto di S. Rufino in Assisi

I. - DALLA «PARVA BASILICA » ALLA CHIESA DI GIOVANNI DA GUBBIO.

Volendo ricercare l'origine del culto di S. Rufino in Assisi bi-
sogna rifarsi alle notizie tramandateci da S. Pier Damiani, la fonte
più antica al riguardo, potendo ricavare ben poco dalla tarda passione
studiata. :

S. Pier Damiani ci parla nel suo sermone innanzi tutto di una

traslazione del corpo di S. Rufino dal suburbio di Assisi in città avve-
nuta in tempi molto anteriori ai suoi. Ecco le parole del Santo: « Beati
igitur huius martyris corpus de suburbio Assisiensis oppidi, ubi anti-
quitus fuerat positum, intra moenia postmodum fuit gentilis impetus
terrore traslatum » (1).
. Inoltre parlando della chiesa fatta costruire dal vescovo Ugo
nella prima metà del secolo x1, accenna ad una « parva basilica» pree-
sistente e del tempo della traslazione di cui sopra. Ecco ancora le sue
parole: « praedictus Ugo venerabilis eiusdem sedis antistes de parva
basilica, in qua sanctum corpus fuerat ante receptum, magnam constru-
xit ecclesiam » (2). :

Ritrovare quindi a quale età rimonta questa «parva basilica »
equivale alla determinazione del tempo della traslazione e viceversa.

Gli storici Assisani, seguendo una tradizione locale, pongono
senz'altro questa traslazione e.quindi la costruzione della «parva
basilica » nel v sec.; anzi aleuni ne danno la data precisa nell'anno 412.

Trovo questa data per la prima volta presso l’Egidi in una opera
stampata nel 1654 (3), quindi presso lo Spader (4) il quale assegna

(1) Act. SS. Iul., VII, pag. 151.

(2) Ibidem.

(3) Vite dei quattro celesti eroi S. Rufino vescovo e martire, S. Vittorino
vescovo e martire, S. Rufino d' Arce martire e S. Vitale confessore, (Perugia 1654),
pag. 51.

(4) Assisiensis Ecclesiae prima quatuor luminaria, (Fulginei 1715), pagg.
30 e segg. :
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 55

questa traslazione del corpo di S. Rufino al tempo del vescovo Ba-
silio che compare precisamente nell’anno 412 nella già citata serie
dei vescovi di Assisi fatta dipingere dal Card. Nerli nel 1686 nella
pinacoteca vescovile (1).

Una lapide del sec. xvi, esistente tuttora nella navata sinistra
della Chiesa Cattedrale di fronte al Battistero, attribuisce al vescovo
Basilio nel 412 la costruzione della chiesa primitiva (2). ,

Tale data tuttavia non ha alcun fondamento o meglio ne ha
uno troppo inconsistente.

È ricavata da una leggenda di scarso valore del secolo xiv. Si
tratta della pseudo lettera del vescovo Guido II o « Inventio secun-
da » (B.H.L. 7367) che già conosciamo (3). In questa lettera, che si
finge scritta nel 1212, si dice che il corpo di S. Rufino dopo la prima
invenzione rimase nascosto per 800 anni. Ora sottraendo questo nu-
mero alla data precedente si ha precisamente l'anno 412. Altro docu-
mento che possa convalidare tale data non esiste e perció non possia-
mo accettarla.

Un pó di luce per stabilire l'epoca della costruzione della « parva
basilica » e quindi della traslazione del corpo del santo in città ci vie-
. ne dall'esame degli avanzi archeologici della « parva basilica » messi
in relazione con un'espressione di S. Pier Damiani.

Il Santo Dottore parlando di questa prima traslazione del corpo
di S. Rufino dal suburbio, dove anticamente era stato posto, in città,
afferma che fu provocata « gentilis impetus terrore ».

Il Di Costanzo in base alla citata espressione pensa che la trasla-
zione del corpo di S. Rufino sia avvenuta al tempo delle persecuzioni (4).

Lo Sbaraglia (5) e con lui il Lanzoni (6) pensano che questa
traslazione con molta più probabilità si debba porre nel sec. 1x a
causa delle numerose incursioni dei Saraceni, i quali, come è risaputo,

(1) Questo catalogo ancora esistente è riportato dal Locatelli nella Serie
quadruplice dei Vescovi della città di Assisi, (Assisi 1872), a pag. 9 si legge:
Basilius ab Innoc. P. I. creatus epus Asisien. an. 412. Hoc tempore corpus D.
Rufini repertum fuit, et eidem lemplum ezicitatum.

(2) Ecco il testo della lapide: Templum hoc super antiquam aedem | Divo
Rufino mart. et I pastori | Asisii / per Basilium Epum a. s. CCCCXII | divi-
nitus dicatum.

(3) Cfr. il n. 3 del secondo capitolo.

(4) Cfr. Disamina, ecc... pag. 9.

(5) Cfr. Additiones all' Ughelli- in Archivio per la Storia Ecclesiastica
dell' Umbria, vol. I, fasc. IV, (1913), pag. 538.

(6) Storia delle Diocesi d'Italia, pag. 466.

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56 ; i ALDO BRUNACCI

nelle loro scorrerie nell’Italia centrale giungevano perfino nell'Um-
bria dalla non lontana Civitavecchia, mettendo le città umbre a
ferro e fuoco.

Con altrettanta probabilità sono portato a porre: questa | trasla-
zione al tempo delle invasioni Ionen di cui sono note le .conse-
guenze per l'Umbria.

Mons. L. Duchesne (1) nei suoi interessanti studi sui vescovadi
d'Italia in tale periodo, parlando degli effetti di tali: invasioni affer-
ma che in Umbria tutti i vescovadi sparirono ad eccezione di quello .
di Spoleto e alcuni per non piü risorgere come ad esempio quello di
Bettona. Di tali incursioni e distruzioni rimane viva ancora l'eco
nelle cronache umbre del sec. xiv (2) come quella conservata nel
ms. 341 della Biblioteca comunale di Assisi (3) e quella conservata
nel cod. Vaticano Latino 3921 edita dal Poncelet (4). ©

I resti archeologici della « parva basilica », adoperati come ma-
teriale di costruzione nella Basilica fatta costruire piü tardi dal vesco-
vo Ugo, comprovano quest'ultima ipotesi che pone la traslazione,
di cui fa menzione S. Pier Damiani, al tempo delle invasioni "che
barde.

Gli studiosi infatti della storia dell'arte, come lo Gnoli (5), la
Zocca (6) e il prof. Toesca dell’Università di Roma, da me personal-
mente condotto a visitare la Basilica Ugoniana, sono concordi nel
giudicare opera del secolo vir tali frammenti (7). Si tratta di ele-
menti decorativi il più importante dei quali è una scultura simbolica

(1) Les évéchés d’Italie et l'invasion Lombard in Mélanges d'archéologie
et d'histoire, a. 1903, pagg. 83-1106.

(2) Ctr. RucaERO GUERRIERI, Le cronache e le apos francescane medio-
evali gualdesi e i loro rapporti con altre cronache e leggende agiografiche Umbre,
(Gubbio 1933).

(3) Per questo manoscritto cfr. M. CATALANO, Il Romanzo di Perugia. e
Corciano in Bollettino R. Deputazione di Storia Patria SRO l’ Umbria, vol.
XXVII, pag. 41.

. (4) Catalogus codicum Hag. latinorum bibliothechae Vaticanae (Bruxel-
les 1910), pag 424.

(5) L'Antica Basilica Ugoniana e il duomo di Giovanni da Gubbio. in Au-.
gusta Perusia, 1906, n. XI-XII, pag. 173.

(6) Catalogo delle cose d'arte e d'antichità d’Italia: Assisi, (Roma 1936),
pag. 186.

(7) Per il rifiorire della plastica in Italia nel secolo vir, e il carattere
omogeneo delle sue manifestazioni tra le quali sono frequenti gli ornati e gli
intrecci viminei, si può vedere P. TOESCA, Storia dell’ Arte Italiana, I, Il Me-
dioevo, (Porno 1927), pagg. 270-284.
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 57

situata nella parte esterna della porta a destrà (guardando l'abside)
rappresentante una croce con due uccelli ai lati dentro un triangolo
rovescio (1). La riproduzione fotografica di tale rozza scultura é
‘stata fatta da me eseguire mediante un calco. La sua posizione ren-
deva assolutamente impossibile una riproduzione diretta.

Di una piccola chiesa quindi esistente in Assisi prima del mille
dedicata à S. Rufino non si puó dubitare. Frammenti di sculture di
questa adoperati come materiale di costruzione e l'ornato con colom-
be insieme alla vaga espressione di S. Pier Damiani sono probabile
argomento per documentare l'esistenza di detta chiesa almeno fin
dal secolo vil.

Inoltre per testimonianza del medesimo Damiani e della passione
.del martire si rileva che fin dall'inizio del sec. x1 gli Assisani crede-
vano di possedere in tale chiesa il corpo di S. Rufino.

Una pergamena dell'Archivio della Cattedrale contenente una
donazione in favore della chiesa di S. Rufino fatta nel 1007 contiene
la prima menzione esplicita di tale chiesa (2).

S. Pier Damiani, dopo aver accennato alla traslazione del corpo
di S. Rufino e alla parva basilica di cui abbiamo parlato, ci dà noti-
zia di una grande chiesa fatta edificare dal vescovo di Assisi Ugo in
occasione del trasporto del sarcofago, che aveva contenuto le ossa del
santo, dal suburbio in città. i

Il Santo Dottore — sempre nel sermone in onore di S. Rufino —
ci dice che il vescovo Ugo, visti i miracoli che accompagnarono il tra-
sporto di detto sarcofago nella piccola chiesa che custodiva il corpo
del santo, la trasformò in una grande chiesa. Ecco le sue parole:
...de parva basilica. . ., magnam consíruxit ecclesiam, et iuxta possi-
bilitatem sumptus non ignobiliter decoravit. Deinde beati martyris
corpus in alveo, qui certaminis materia fuerat, condidit, et cum
magna totius dioecesanae plebis frequentia altare desuper consecra-
vit » (3).

Di questa antica chiesa chiamata dal suo “Fondatore Basilica
Ugoniana resta ancora la cripta sotto l’attuale chiesa cattedrale di
Assisi. Vi si può accedere da una porticina a destra della piazza aper-

(1) Per la descrizione di tali avanzi cfr. G. ELisEI, 1l sotferraneo della
Chiesa Ugoniana del 1028 esistente sotto la cattedrale di S. Rufino vescovo e mar-
lire di Assisi, (Assisi 1897), passim.

(2) Fasc. I, n. 78.

(3) Sermo P. Damiani, ibidem. Per il sarcofago di cui si paria vedi quan-
to ho detto nel capitolo I. :
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58 ALDO BRUNACCI

ta nel muro che congiunge la canonica con la facciata della Chiesa.

La base dell'attuale facciata cade a piombo sull’ingresso antico.
della cripta, là dove era l’arco trionfale della basilica Ugoniana, che
perciò doveva stendersi sulla piazza innanzi all’attuale duomo.

Nell’abside vi sono tracce di affreschi del tempo rappresentanti
in alto i simboli dei quattro Evangelisti, in basso a destra di chi
guarda la figura di un vescovo, con un libro in mano, assai mal ri-
dotta. |
Una fila perpendicolare di lettere poste le une sotto le altre
nel rivolto sinistro pendente dell'abito ci rivela il nome del santo ivi
rappresentato: S. Constantius, antico vescovo della vicina Perugia.
La figura a destra — a sinistra di chi guarda — è irriconoscibile, doveva
essere certamente quella di S. Rufino.

Tale monumento è stato illustrato dall'opuscolo citato del Can.
Giuseppe Elisei, il quale nel 1895 fece rimuovere il materiale che ne
impediva l'aecesso e fece eseguire dei lavori che misero in luce gli
importanti avanzi archeologici della parva basilica (1).

In che anno il vescovo Ugo costrui tale chiesa in onore di S. Ru-

fino ?

Abbiamo già visto nel capitolo I che Ugo fu vescovo di Assisi
nel secondo venticinquennio del secolo xi.

Il Di Costanzo (2), l’Elisei (3) seguiti in genere dagli storici
Assisani, fissano l'anno 1028,.fondandosi su una pergamena dell'ar-
chivio della cattedrale del 1029 (4).

. Tale documento parla già della chiesa di S. Rufino con il titolo
di canonica, con un priore Leto e un ordine di canonici e di chierici.
In essa perciò gli storici Assisani riconoscono già la « magnam eccle-
siam» fatta edificare dal vescovo Ugo e ne fissano la data all'anno 1028.

Con maggiore esattezza dovremo dire che la costruzione di tale

(1) Oltre il citato opuscolo dell’ELiseI cfr. U. GnoLI, L'antica Basilica
Ugoniana e il duomo di Giovanni da Gubbio ecc...; E. Zocca, Catalogo delle
cose d’arte e antichità d’Italia: Assisi.

(2) Disamina, ecc... pag. 238.

(3) Il sotterraneo della Chiesa Ugoniana, ecc... passim.

(4) Fasc. I, n. 22. Il Fortini nella sua recente opera Assisi nel Medio
evo. Leggende, Avventure, Battaglie, (Roma XVIII), a pag. 50 chiama infon-
data l’opinione di far risalire al vescovo Ugo la chiesa di cui parliamo. I suoi
argomenti lungi dal convincere sono in aperto contrasto con la testimonianza
del Damiani, inoltre egli cita, a comprova della sua tesi, erroneamente due
documenti dell'Archivio della Cattedrale e cioè i nn. 45 e 46 del fascicolo I.
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LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 59

chiesa risale a prima del 1029; non molto però, altrimenti dovremmo
allungare di troppo l’episcopato di Ugo, nel 1052 infatti da una per-
gamena dell’archivio della cattedrale appare ancora vivente (1).

Anche volendo dubitare che la chiesa di cui parla il documento
del 1029 sia la basilica Ugoniana, pur tuttavia la costruzione di tale
chiesa non può essere posteriore al 1035. In tale anno un’altra per-
gamena dell’archivio nomina la chiesa di S. Rufino già insignita del
titolo di Cattedrale, nomina cioè l’Episcopium S. Rufini (2).

Ora è certo che la parva basilica divenne una grande chiesa e la
Cattedrale di Assisi dopo il trasporto del sarcofago e gli avvenimenti
narrati da S. Pier Damiani. Prima di questo tempo la chiesa Catte-
drale di Assisi era S. Maria. Viene spontaneo il chiederci a questo
punto se gli avvenimenti narrati dal Santo Dottore siano tali da spie-
gare un fatto di tanta importanza quale è quello del trasferimento
della cattedra vescovile.

Non lo direi, anzi a me sembra che i prodigi narrati dal Damiani
— a parte la realtà del trasporto dell’urna sepolcrale del martire —
siano fioriti intorno alla nuova grande chiesa per esaltarne le glorie
e giustificare il fatto compiuto di fronte alla chiesa di S. Maria.

Ho fatto indagini pazienti sulle numerose pergamene di tale
periodo, che si conservano nell’archivio della cattedrale, per trovare
qualche fatto che desse una spiegazione adeguata dell’avvenimento.

Non l'ho trovato; ho notato però che dagli inizi del secolo xi
la chiesa di S. Rufino, la « casa beati Rufini » prima e poi anche « Epi-
scopium S. Rufini», ci appare nei documenti come il centro della
vita cittadina in contrasto alla chiesa di S. Maria, la casa (domus
= duomo) del popolo che si stringe intorno al suo santo nella rina-
scente vita che prelude alla libertà comunale e ne fa un aiuto e un
simbolo contro l’oppressione dei feudatari.

Per il nostro studio è importante notare che se all’inizio del
sec. xI la chiesa di S. Rufino diviene la sede del vescovo togliendo
il primato alla chiesa di S.Maria, è segno che il culto del santo in tale
epoca non era una cosa nuova e di fresca importazione — come vor-
rebbe il Lanzoni — ma un culto radicato già nella tradizione del
popolo.

Da un secolo appena era stata distrutta la parva basilica dove si
venerava il corpo di S. Rufino, per ricostruirne ivi un’altra più grande

(1) Cfr. la nota sul Vescovado di Ugo nel cap. I.
(2) Fasc. I, n. 18.
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e sontuosa, allorché si pensó ad erigere una terza grande chiesa
nello stesso luogo che vincesse in du e ricchezza QUEL del
vescovo Ugo. |

Non ci si accontentó di ingrandire quella. già esistente, ma, rase
al suolo le mura, disperse le colonne, i capitelli e le pitture che « non.
ignobiliter » la decoravano — è l'espressione del Damiani — si aprì una
piazza ove sorgeva la basilica Ugoniana e, dove cominciava il presbi-
terio di questa, si gettarono le fondamenta della nuova EE alli-
neandola con la vecchia torre campanaria.

Era allora vescovo di Assisi Clarissimo e priore della Cattedrale |
Rainerio. Le antiche pergamene ne mettono in luce l'operosità per -
raccogliere. elemosine, ridestare nel popolo piü fervido il culto per il
santo Patrono ed esortare i ricchi a far generose donazioni per il
nuovo tempio. :

Già fin dal 1134 è deliberata l'erezione della nuova ‘Chiesa e la
distruzione di quella Ugoniana (1).

| Arriviamo cosi al 1140, l'anno della fondazione della terza chiesa,
l'attuale, sulla tomba del santo, la grande chiesa ideata da Giovanni
da Gubbio con la meravigliosa facciata che riflette nella sua architet-
tura l'anima fierissima della gente del comüne.

Una grande lapide marmorea scritta a caratteri gotici e | posta
nel muro esterno dell'abside ricorda ancora la data di un cosi grande
avvenimento (2). :

II. — 1 CHIESA DI S. RuriNO DI COSTANO, RITENUTA IL LUOGO DEL
MARTIRIO DEL SANTO.

I Scano dell’Archivio della battedislé ci ricordano AS
chiese in onore di S. Rufino in Assisi oltre le tre sorte successivamente
nel luogo ove anticamente sarebbe stato trasportato il corpo del mar-
tire dal. suburbio. ;

(1) Cfr. nell’Arh. della Catt. documenti di tale anno: fasc. II, n. 85;

fasc. VII, n. 73.

(2) Ecco il testo dela lapide: ANNO DOMINI MILLENO / CENTENOQUE
QUADRAGENO / AC IN QUARTO SOLIS CARDO / SUUM EXPLET ILLO ANNO / DOMUS
HAEC EST INCHOATA / EX SUMPTIBUS APTATA / A RAINEIRO PRIORE | RUFINI..
SANCTI HONORE / EUGUBINUS ET IOANNES / HUIUS DOMUS QUI MAGISTER /
PRIUS IPSE DESIGNAVIT / DUM VIXITQUE AEDIFICAVIT. x

Fu edita più volte più o meno correttamente. Ultimamente ne ha dato
una trascrizione corretta il Fortini. Cfr. Nuova vita di San Francesco, pag. 83.
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 61

E .La chiesa di cui si ha più antica memoria è quella di Costano, | Da
7 sulla riva del Chiascio, ricordata da una pergamena del 1038. Il docu- ’
mento riferisce un placito tenuto « infra comitatum Assisinatum in
locus qui dicitur Costanum ubi dicitur a Sanctum Rufinum » (1).

Il documento è molto importante anche perché conferma una
‘antica tradizione secondo cui in questo luogo sarebbe avvenuto il
martirio di S. Rufino e si ravviserebbe nel medesimo il suburbio
donde — secondo la testimonianza del Damiani — sarebbe stato tra-
sportato in città il corpo del santo. A causa di questa tradizione la
località fu chiamata il luogo di S. Rufino già fin dal 1038; in un docu-
‘mento del 1354 la stessa località è chiamata « vocabulo S. Roffini» (2).

La chiesa antica attualmente non esiste piü; esisteva ancora nel

| 1469, nel quale anno è nominata dagli Statuti della città di Assisi (3).
L'Egidi all'inizio del secolo xviI dice di averne visti gli avanzi (4), ed
è conosciuta anche dallo Iacobilli (D).

.. A] presente l'esistenza dell'antica chiesa é ricordata dalla cappel- i
la del Camposanto di Costano fabbricata quasi sullo stesso (Posto, e de- SE È
dicata per questo a S. Rufino. di

. In un libro di memorie manoscritto del can. Andrea Tini e con- ; a pier
servato nell'Archivio della cattedrale si dice che detta chiesa si tro- © SOM
vava sopra Costano a tramontana lontano dal paese 632 passi presso.
il Chiascio ove il santo vescovo fu sommerso. -

A causa delle irruzioni del Chiascio rovinò, la pietra che sarebbe
servita d'istrumento di morte al martire Rufino fu da lì. trasportata. BU
e posta per mensa all'altare della Chiesina del Crocifisso entro Co- . 1 INI
stano (6). VS

'Tra le altre numerose chiese in onore del santo patrono dissemi-
nate nel territorio di Assisi, i documenti dell'archivio capitolare
menzionano le seguenti: la chiesa di S. Potente ancora esistente sulla

(1) E il documento già citato nel capitolo primo e che contiene anche
l’espressione nella quale il vescovo Ugo è chiamato vicario di San Rufino.
Arch. Catt. fascicoli extravaganti.

B B (2) Cfr. Arch. Catt. Catasto del 1354 — grandi fogli in pergamena senza
È segnatura —; tra i beni del Monastero di S. Pietro in Assisi é nominato un .

terreno «in fait Costani in vocabulo S. Ruffini». . i no x i
(3) Cfr. lib. V, rubr. 8; (Arch. Com., D. 2.). por
(4) Le vite dei quattro celesti eroi, ecc., pag. 49. i (it
(5) Vite dei Santi e Beati dell'Umbria ecc., vol. I., pag. 704. ju

‘ (6) Cfr. Andrea Tini, Appunti storici della Dioceri: vol. II, A. l.: i cità
come fonte le schede Frondini in Arch. S. Rufino, Busta Parr.le. Attualmente,
come molte altre, tale busta é vuota.

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tire di nome Rufino, detto Rufino d’Arce e più comunemente S. Ru-

62 ALDO BRUNACCI

via che da Assisi conduce a S. Vitale ricordata nel 1080 (1); S. Ru-
fino in Rocca di Campagnano ricordato nel 1110 (2); una cappella
di S. Rufino « quae est in cacumine montis S. Rufini », ricordata
nel 1198 (3).

Una bolla di Onorio III del 1217 tra le chiese dipendenti dal
capitolo della cattedrale ricorda la chiesa di S. Rufino di Mora, di
S. Rufino di Biasciano e quella di S. Rufino d’Arce (4).

Nel 1129 è ricordato anche un ospedale intitolato a S. Rufino,
di cui un altro documento del 1615 dice che si trovava in «« fovea
Perlasii », cioè nel rione chiamato oggi di porta Perlici vicino alla
cattedrale (5).

III. - LA LEGGENDA DI S. RuriNO D’ARCE.
AI 19 di agosto si venera in Assisi anche un santo giovinetto mar-

finuccio (6).

Gli storici Assisani riferiscono l'anno 1286 come data del suo
martirio. Trovo tale data per la prima volta presso l'Egidi in una
opera stampata nel 1654, il quale primo riferisce la leggenda del
santo giovinetto (7). Secondo tale leggenda Rufino sarebbe stato
un chierico addetto alla parrocchia del castello d'Arce non lungi
dalla città di Assisi. Il parroco avrebbe commesso un enorme delitto.
Denunciato presso il vescovo avrebbe voluto costringere il suo chie-

(1) Arch. Catt. Fasc. I, n. 94; secondo lo Spader (o.c. pag. 34) e il Fortini
(o. c. pag. 31) Potente non sarebbe altro che un appellativo del santo.

(2) Arch. Catt. fasc. II, n. 24.

(3) In un atto dell'Arch. Com. edito dal Fortini, in Nuova vita di S. Fran-
cesco, pag. 432.

(4) La bolla conservata nell'Arch. della Catt. è edita dal Fortini o. c,
pag. 385.

(5) Arch. Catt. Fasc. II, n. 116; cfr. Fortini o. c. pagg. 31 e 396.

(6) Veramente dal 1938, epoca della pubblicazione del nuovo ufficio per
la Diocesi, (Officia Propria celebranda in Dioecesi Assisiensi, Sublaci 1938),
la festa si celebra il 30 luglio. Il compilatore dell'officio non di Assisi e ignaro
della questione é caduto anche lui in errore in seguito alla nota del martirologio
romano sotto tale giorno.

(7) Le vite dei quattro celesti eroi, ecc... pagg. 95-102; cfr. anche lo
SPADER, Assisiensis Ecclesiae prima quattuor luminaria ecc. pagg. 75-77; DI
Costanzo, Disamina, ecc., pag. 76; A. CRISTOFANI, Delle Storie di Assisi,
(Assisi, 1902), pag. 118.
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LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 63

rico ad asserire con giuramento il falso. A tal fine lo avrebbe preso
con sé e condotto presso la città. Ma vedendo che né con le preghiere,
né con le minacce poteva indurlo a tradire la verità, montato in
collera lo avrebbe gettato in un pozzo incontrato per via.

Il corpo del santo giovanetto sarebbe rimasto a lungo nascosto

nelle acque finché i monaci del monte Subasio non videro nella pia-

nura di notte delle luci miracolose che emanavano dsl pozzo. In se-

‘ guito a tale prodigio fu trovato il corpo del martire.

In suo onore fu edificata una chiesina vicino al pozzo nel quale
aveva ricevuto la palma del martirio.

In realtà la chiesina — S. Rufino d'Arce - e il pozzo sussistono
ancora presso l’oratorio di S. Maddalena di francescana memoria a
qualche chilometro da S. Maria degli Angeli sulla via che conduce a
Foligno. Ogni anno vi si celebra la festa e il Capitolo stesso della Cat-
tedrale, da cui la chiesa dipende, manda un sacerdote a celebrare la
S. Messa.

Un'iscrizione fatta apporre dal capitolo sul luogo nel 1735 ri-
corda la leggenda del martire e la traslazione del corpo del santo
giovinetto nella chiesa cattedrale avvenuta nel 1585 (1).

. . Nella chiesa cattedrale a S. Rufino d’Arce è dedicato il primo
altare a sinistra nel transetto. Sotto l’altare è conservata un’urna
in cui si venera il corpo del santo.

In una pergamena del sec. xvi di cm 10 x 16 conservata tra
carte di epoche diverse senza seguatura ho trovato una breve crona-
ca del tempo di tale traslazione avvenuta il 26 sett. 1586 — non il

1585 come vorrebbe la lapide sopra ricordata — e la memoria di una

precedente ricognizione avvenuta nel 1571. La carta è firmata dal
notaio Costantino Carota il quale afferma di scrivere a nome del
priore Innocenzo Ugolino (2).

(1) È riportata dal Di Costanzo nella Disamina., ecc., pag. 271.

(2) Trascrivo il testo di tale cronaca inedita:

« De anno 1571. In Ecclesia sua parva in Planitie Assisii existens. O Sancte
Rufine de Arce de Collemancio ossa tua per me Innocentium Ugolinum I.V.D.
priorem cathedralis Ecclesiae sancti Rufini comitem palatium ac protonota-
rium apostolicum inventa ac in eodem loco pariter recondita..

. Die XXVI septembris 1586. Ossa haec tua sanctissima fuerunt a prae-
dicta tua Ecclesia extracta et magno apparatu, ut decet, fuerunt reposita in
Ecclesia S. Clarae intus dictam civitatem.

Die autem XXVIII septembris 1586 magna cum solemnitate et honore
per civitatem totam Assisii transportata et hoc in loco et inde in isto tuo altare

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‘ Messale sostiene che la data del martirio del martire Rufino de Arce

64° ALDO BRUNACCI

Contro tale leggenda e .in modo particolare contro la data che
comunemente gli storici Assisani danno del martirio del santo giovi-
netto — 1286 — stanno due documenti certissimi:

1) La bolla di Onorio III dell'8 marzo 1217 che nell'elenco delle
chiese dipendenti dal capitolo cattedrale nomina già la chiesa di San
Rufino d'Arce (1).

3) La testimonianza di un messale che risale certamente alla fine -
del sec. xir e che nel calendario sotto il 19 agosto ha già la segneate
rubrica: « In festo S. Rufini de Arce» (2).

Per tali difficoltà il Faloci-Pulignani nell'illustrazione del citato

debba spostarsi in avanti e cioè verso l'anno mille (3). Probabilmente,il -
Faloci-Pulignani deve aver letto simile data nello Iacobilli (4). Questi Tu
assegna il martirio del santo giovinetto in questa medesima epoca al :
30 luglio sull'autorità del Damiani sebbene conceda che nel suo ser-
mone il santo Dottore parli del Rufino Vescovo. E uno degli anacroni- ;
smi in cui purtroppo cade di frequente lo- storico Folignate. . i :
Incidentalmente si interessó di tale questione anche il Sabatier in ; |
occasione delle ricerche che fece sull'ospedale dei lebbrosi ricordato nel- . . |
la vita di S. Francesco e prossimo alla chiesina di S. Rufino d'Arce (5). :
Il Sabatier dopo aver richiamato il fatto che la chiesa di S. Ru-

per me indignum servum tuum fuerunt ad tui laudem et memoriam iussu
Sixti V. Summi Pontificis me procurante.

O sancte Rufine, reconditi, ora pro me et pro Domino Ugolino Canonico
et pro patre meo Deum Patrem Omnipotentem nunc et. semper amen ».

In fondo al foglio al lato del sigillo si legge: :

«Et pro me Constantino Carota Not. v. m. ».

'(1) Cfr. FORTINI, o. c., pag. 385. P.

(2) Per questo Messale che si trova presso il libraio loseph Baer di Fran- I
coforte sul Meno cfr. M. FALoci- PuLIGNANI, Il Messale consultato da S. Fran-
cesco quando si converti in Miscellanea Francescana di storia, di lettere, di
arte, Vol. XV, a. 1914, pagg. 33 e segg.

(3) Art. c. pag. 42.

(4) Vite dei Santi e Beati dell'Umbria ecc., Vol. II, pag. 67. .

(5) Cfr. Appendice alla edizione Italiana della Vita di S. Francesco di
Assisi, Trad. It. di C. Ghidiglia e C. Pontani, (Roma 1896), pagg. 301-318.
In un'altra opera F. Francisci Bartholi de Asisio tractatus de Indulgentia S. M.
de Portiuncula, (Parigi 1900), a pag. XIl ricorda una polemica che chiama «un
modéle de discussion courtoise et ferme » che ebbe su tale argomento con il ‘
Can. di Assisi Elisei. Ho ritrovato il carteggio di tale polemica in un quaderno
ms. doa Biblioteca Comunale di Assisi.
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 65

fino d’Arce è ricordata vivente ancora S. Francesco nella bolla di.
Onorio III del 1217 cosi conclude: « Non vorrei per altro dispiacere
ai miei amici dell'Umbria, mettendo in dubbio una delle loro più poe--
tiche glorie; ma non posso astenermi dal pensare che S. Rufinello
non sia mai esistito, e che la leggenda di lui altro non sià che un'eco
popolare di quella di S. Rufino Vescovo, martire e e protettore della
città serafica » (1).

“Dal canto mio non vorrei sembrare uu demolitore delle tradi-
zioni della mia città nell’accettare la conclusione del Sabatier. La
invenzione del corpo di S. Rufinello con luci miracolose emananti
dalle acque ricorda troppo la fantasiosa invenzione del S. Rufino
vescovo nelle acque del Chiascio; sono note d'altronde ad Assisi le
denominazioni di S. Francescuccio e S. Felicianello date dal popolo a
due piccole chiese dei santi omonimi. .

Per cui penso che la chiesa di Rufino d’Arce sia una delle tante
chiese dedicate nel contado di Assisi al Patrono della città, intorno
alla quale, in epoca a noi ignota, si sarebbe sviluppata la poetica leg-
genda del santo giovinetto sopra ricordata.

(1) Cfr. o. c., pag. 310.
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66 ; ALDO BRUNACCI

CAPITOLO QUINTO

li culto di S. Rufino nella Marsia e a Pistoia

Prima di dare le ultime conclusioni sul martire Rufino venerato
in Assisi ci rimane da illustrare il culto del medesimo nella sua ori-
gine e sviluppo nella chiesa dei Marsi e a Pistoia dove, come già sap-
piamo, si venera pure agli 11 di agosto un santo di nome Rufino.

I. - Ir Curto pi S. Rurino NELLA MARSIA.

Le memorie più antiche del culto di S. Rufino dovremmo tro-
varle presso la Chiesa Cattedrale di S. Sabina nell’odierno luogo di
S. Benedetto, l’antico Marrubio o Civitas Marsorum, fino al 1580

‘ sede del vescovado dei Marsi (1). La passione infatti presenta San

Rufino come vescovo dei Marsi e come tale è venerato dai medesimi.
Ma del culto di S. Rufino in questo luogo non abbiamo alcun documen-

. to né siamo in grado di averne essendo ormai quella chiesa da tempo

abbandonata.

Dalla Civitas Marsorum dopo il 1580 la sede vescovile dei Marsi
fu trasportata nella Chiesa di S. Maria delle Grazie in Piscina (2).
Neanche qui si trova alcuna memoria antica di S. Rufino.

L’abate di Costanzo nel suo viaggio compiuto in questi luoghi
nel luglio del 1799 fece delle ricerche in proposito coadiuvato anche
dal suo dotto amico. e storico locale Marino Tomasetti. Ecco quanto
riferisce nell'opera manoscritta, che già conosciamo, l'Odoperico :
«Ricereai sia da lui (Marino Tomasetti) che dai canonici della
cattedrale se avevano memorie di S. Rufino vescovo dei Marsi e poi
di Assisi, ma non ne trovai di sorte alcuna; vidi solamente una cap-
pella dedicata sotto il suo nome con un quadro moderno rappresen-
tante il martirio del Santo per immersione nelle acque colla mola
al collo secondo gli atti e la tradizione della chiesa di Assisi» (3).

(1) Cfr. F. KeHR, Italia Pontificia, vol. IV, Umbria Picenum Marsia,
(Berolini 1909), pagg. 239-40.

(2) Ibidem. :

(3) Cfr. il ms. dell'Odoperico nella biblioteca del monastero di S. Paolo
in Roma, ff. 233-34.
Sa?

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LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 67

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Questa cappella in onore di S. Rufino nella chiesa di Piscina é
ricordata anche dal Corsignani e non puó essere piü antica del 1580,
data di origine della chiesa cattedrale di Piscina, finita di costruire
nel 1592 (1).

Memorie più remote del culto di S. Rufino nei Marsi si | trovano
nel paese di Trasacco sul lago Fucino nella chiesa collegiata di S. Ce-
sidio e Rufino. Il Feboni (2) e con lui gli altri scrittori di cose Marsi-
cane anche recenti affermano che questa chiesa sarebbe sorta sulle
rovine del palazzo imperiale di Claudio, autore dell'emissario. del
lago di Fucino.

Lo stesso S. Rufino, primo vescovo dei Marsi, nella prima metà
del III secolo avrebbe trasformato queste rovine in oratorio dedica-
to alla Vergine SS.; quivi poi sarebbe stato martirizzato, mentre ce-
lebrava i divini uffici, e sepolto il martire Cesidio figlio di S. Rufino.
Nel secolo x questa chiesa sarebbe risorta con maggiore splendore
sotto il titolo di S. Cesidio e Rufino, essendosi accresciuto il loro culto
in seguito a numerosi miracoli. :

Dell'erezione di questa chiesa da parte di S. Rufino unica fonte
é la tarda Passione Marsicana, che già conosciamo, e una lapide molto
recente, che dipende dalla medesima, esistente nell'atrio della chiesa
dei SS. Cesidio e Rufino (3).

Dai documenti la chiesa di S. Cesidio di Trasacco risulta per la
prima volta in una donazione del 1096 del conte Berardo e la contessa
Gemma sua madre alla chiesa di S. Cesidio «in castro qui dicitur
Transaquae » col consenso di Andrea vescovo dei Marsi, Taddeo ab-
bate di S. Cesidio e dei Canonici della stessa chiesa (4). In questo
documento però si fa menzione solamente di S. Cesidio. In un'altra

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(1) P. A. CorsIGNANI, Reggia Marsicana ovvero Memorie Topografiche Sto-
riche di varie colonie e città antiche e moderne della provincia dei Marsi e di Va-
leria, vol. 2, (in Napoli 1738), vol. I. pagg. 671-73.

(2) Historia Marsorum libri 3 una cum eorundem episcoporum catalogo
(Neapoli 1678) lib. III, pag. 150. Cfr. anche ConsiaNaNr, Reggia Marsicana,
vol. I, pagg. 426-27; UGHELLI, Italia Sacra, I, col. 883; B. Mezzapri, Me-
morie critiche istoriche della venerabile chiesa abbaziale collegiata e parrocchiale
di S. Cesidio prete, martire nella terra di Trasacco, (Roma 1796), pag. 4;V.BINn-
DI, Monumenti storici ed artistici degli Abbruzzi, (Napoli 1889), pag. 891; R.
SLoccHI, Storia dei Marsi dalle età più antiche al 1911 libri 2, (Aquila 1911- dne
pagg. 88-89.

(3) Cfr. il testo della lapide in V. BINDI, o. c., pag. 893.

(4) Cfr. KEun, ltalia Pontificia, IV, pag. 245; il documento è edito dal-
l'Ughelli, Italia Sacra, I, col. 891 e dal Corsignani, Reggia Mars. 1, pag. 430.
ATTRAZIONE rolled tioni ti ann

68 ALDO BRUNACCI

donazione del 1120 alla medesima chiesa di Crescenzio dei conti
Marsi leggiamo che la donazione fu fatta « amore Dei et sanctorum
martyrum Cesidii et Rufini» (1).

Sebbene questa chiesa nei citati documenti appaia per la prima
volta nel 1096 non mi sembra che si possa dubitare della sua esistenza

prima dell’invasione degli Ungheri dai quali sarebbe stata distrutta.

Una narrazione dei miracoli di S. Cesidio (B. H. L. 7370) pub-
blicata dai Bollandisti (2) e scritta, come abbiamo visto (3) non più
tardi della fine del secolo xr, parla delle devastazioni avvenute nella
regione dei Marsi da parte di genti che chiama pagani — senza dubbio
gli Ungheri e Saraceni — i quali sarebbero pervenuti anche a Tra-
sacco dove avrebbero devastato la basilica del martire Cesidio. La
chiesa risorta dopo la cacciata dei barbari sarebbe senza dubbio quella
che abbiamo visto sopra arricchita dalle donazioni dei conti Marsi.

Di questa incursione degli Ungari-Saraceni nella regione dei
Marsi e della devastazione della chiesa di Trasacco parla anche la
cronaca Cassinese di Leone Ostiense e Pietro Diacono e la pone nel-
l'anno IV dell'abbate Adalperto cioè nell'anno 937 (4).

Ia questa medesima cronaca sotto l'anno 972 trovo menzionata
una chiesa di S. Cesidio nella Marsia e penso che debba. identificarsi
con quella di Trasacco (5). |

Oltre la celebre chiesa di S. Cesidio e Rufino di Trasacco, testis
monia il culto di S. Rufino nons Marsia l'antica memoria di due chiese

in suo onore.

Una chiesa di S. Rufino « in vocabulo Ratino » é ricordata da un
documento del regesto di Farfa di Gregorio da Catino (6) del 1113

(1) Ctr. KEHR, Italia pontificia, IV, pag. 245; il documento è edito dal-
l'Ughelli, Italia Sacra, I, col 901; dal FEBONI, Historia Marsorum, Catal. pag. 16;
dal CORSIGNANI, Reggia Marsicana, I, pagg. 428-29; l'Ughelli e il Corsignani
per un evidente errore lo pongono all’anno 1020 anziché 1120.

(2) Act. SS. Aug. VI pagg. 660-61.

(3) Cir. cap. III.

(4) Cfr. Cron. mon. Casinensis Leonis: Marsicani et Petri Diaconi in

‘M.G.H. Scriptorum, t. VII, pag. 619; FEBONI, Historia Marsorum lib. III,

pag. 152; A. Dr Mero, Annali critico-diplomatici del regno di. Napoli della
mezzana età, (Napoli 1795-1819), t. V, pagg. 249 e segg.; F. TERRA - ABRA-
MI, Cronistoria dei Conti Marsi poi detti di Celano, in Bollettino della Società :
di Storia Patria, A. L. Antinori negli Abbruzzi; XV, (1903), pag. 244.

(5) Ibidem, pag. 635.

(6) Cfr. Gronar e BALZANI, I Regesto di Farfa di Gregorio di Catino, voll.
5, (Roma 1914), vol. V, pag. 299; cfr. anche le pagg. 263 e 274.
still i

LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI . 69

in cui l'abate Berardo III di Farfa per anni trenta concede al mo-
naco Benedetto priore della chiesa di S. Martino « super vallem Tran-
saquanam » la chiesa di S. Rufino in vocabulo Ratino con le sue per-
tinenze con l'obbligo di corrispondere annualmente al monastero
« duas salmas piscium perfectorum ». Questa medesima chiesa viene no-
minata nel Cronicon Farfense del medesimo Gregorio da Catino in un
elenco intitolato «de servis huius monasterii et substantiis eorum » (1).

In una lettera di Gregorio x1 del 1236 al vescovo Marsicano è
nominata una cappella di S. Rufino « De Archipetra » (2). Questa
cappella ora è diroccata ma il luogo è chiamato ancora S. Rufino (3).

Un elenco di chiese della diocesi dei Marsi compilato per le
decima nel 1324 ricorda una « Ecclesia S. Roffini de Lurito » nel « Ple-
banatu de Piscina» (4). |

Altri elenchi di chiese delle Diocesi abruzzesi compilati per lo

stesso scopo ricordano chiese in onore di S. Rufino a Sulmona (5),

Venafro (6), Penne ed Atri (7) e a Chieti (8).
Anche a Montecassino doveva farsi memoria di questo S. Rufino,

‘giacché ho trovato il gruppo Rufino e Cesidio nelle litanie di un breviario

Cassinese del sec. x11, ora nella biblioteca Vaticana (9). Questo brevia-

. rio contiene anche due inni in onore dei martiri Rufino e Cesidio (10).

(1) In tale elenco si legge: «in Ratino Ecclesiam santi Rufini cum perti-
nentiis tenet filius Spose »; l'editore del Chronicon dimostra che questo elenco
è certamente antico e d’assai anteriore al tempo di Gregorio di Catino, cfr.
Uco BaLzanI, Il Chronicon Farfense di Gregorio di Catino, precedono la Con-
stitutio Farfensis e gli scritti di Ugo di Farfa, 2 voll. (Roma 1903), vol. I, pag.
258 in nota, pagg. 260 e 276, vol. II, pag. 278.

(2) Cfr. F. SavinI, Septem Dioeceses Aprutienses medii aevi in Vatica-
no tabulario, (Romae 1912), pag. 191; KEHR, Italia Pontificia, IV, pag. 246;

. la lettera è edita dall'Ughelli, Italia Sacra, I, col. 908.

(3) Cfr. CORSIGNANI, Reggia Mar., I, pag. 439; Sroccur, Storia dei Mar-
si, Vol. II, pag. 82.
^ (4) P. SELLA, Rationes decimarum Italiae, Aprutium-Molisium. Le de-

cime dei secoli XIII-XIV, (Città del Vaticano 1936), n. 725.

(5) Ibidem n. 1196 e 1432.

(6) Ibidem n. 5244, 5388, 5325, 5490.

(7) Ibidem n. 3144.

(8) Ibidem n.. 3731.

(9) Porta la segnatura: Vat. Urbinate 585, cfr. C. STORNAIOLO, Catalogi

‘ Bibliothecae Vaticanae Codices Urbinates latini, (ERO 1912), vol. II, pagg.

88-94.
(10) Cfr. U. CHEVALIER, REUe ntum hymnologicum, IIT, pag. 347; l'e-

dizione in DnzEvss, Hymnographi latini, XXJI1, pag. 241.

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|a S. Rufino era identica a quella di Assisi sia riguardo all'avere annun-

«ni et Felicis» (6).

70 ALDO BRUNACCI

Nella chiesa di S. Cesidio e Rufino di Trasacco, quest’ultimo
Santo non veniva venerato distintamente da S. Cesidio, ma nello
stesso giorno il 31 agosto insieme ad altri martiri. :

Ció é provato da un antico Ufficio della chiesa medesima ms. co-
nosciuto e pubblicato dal Di Costanzo col seguente titolo: Officium
Sanctorum. Martyrum Caesidii venerabilis praesbyteri, et sociorum
eius in Marsis ad lacum Fucinum Transaquiis quiescentium (1).
La stessa cosa si ricava da un ufficio per la stessa chiesa stampato
in Roma nel 1552 (2). Da detti uffici, come pure dagli storici Marsi-
cani citati, si ricava che la tradizione della chiesa dei Marsi intorno

ciato il Vangelo prima nella Marsia e poi in Assisi, che sul martirio
in quest’ultimo luogo (3).

La celebrazione della festa di S. Rufino, distinta da quella di Ce-
sidio agli 11 di agosto, fu introdotta a Trasacco e nella diocesi dei
Marsi solo dopo la pubblicazione del Martirologio Romano il quale pose
sotto tale giorno la nota che già conosciamo: « Passio sanctorum Rufini
Marsorum Episcopi et sociorum sub Massimiano imperatore » (4).

II. - Ir Curto pr S. Rurino A PISTOIA.

Le memorie più antiche di un santo di nome Rufino venerato a
Pistoia rimontano al secolo x. Secondo documenti di tale epoca già fin
da allora la cattedrale era dedicata ai santi Zenone, Rufino e Felice.

Un documento del 940 ricorda una donazione di un tal Gitifredo
«in ecclesia canonica SS. Zenonis, Rufini et Felicis». Negli anni 944, 952,
953 altri documenti ricordano simili donazioni alla stessa Chiesa (5).

Un diploma imperiale del 998 coatiene delle concessioni di Ot-
tone III « Episcopatui Pistoriensi in honore sanctorum Zenonis, Rufi-

(1) Disamina..., pag. 429.

(2) Officium de SS. Rufino et Caesidio atque aliis in Transaquis quiaescen-
tibus, (Romae 1552).

(3) Ctr. in modo particolare la II lezione del secondo notturno nel I offi-
cio; l.c., pag. 431.

(4) Ctr. DI Costanzo, Disamina, pag. 150.

(5) Cfr. questi documenti in F. A. ZAccARIA, Anecdotorum Medii Aevi
maximam partem ex archiviis Pistoriensibus collectio, (Augustae Taurinorum
1755), pagg. 281 e segg.; cfr. anche G. BEANI, La chiesa Pistoiese dalla sua
origine ai tempi nostri appunti storici, (Pistoia 1883), pagg. 58-59.

(6) M. G. H., Diplomatum Regum et Imperatorum | Germaniae Tomus
II, Ottonis II et III Diplomata, (Hannoverae, 1893), pag. 709.
EUM MIRI

LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 71

Nella cattedrale di Pistoia S. Rufino insieme ai santi Zenone e
Felice era venerato unicamente come confessore e non come mar-
tire. Ciò è dimostrato chiaramente dalla Vita S. Rufini, che abbiamo
studiata nel capitolo terzo, il cui più antico manoscritto — quello
della Casanatense — rimonta al secolo x1 e proviene dalla chiesa
di Pistoia.

Inoltre é di somma importanza notare che in Pistoia il dies na-
talis di S. Rufino dai tempi più antichi al sec. xvii è stato celebrato
agli 11 di febbraio e mai agli 11 di agosto. In tale giorno infatti é
riportata la morte del santo nella testé citata Vita S. Rufini o reda-
zione Pistoiese degli atti di S. Rufino.

La stessa cosa provano i seguenti altri documenti tutti della
chiesa Pistoiese: e cioè il calendario di un messale, pubblicato dallo
Zaccaria (1), il quale lo chiama « satis vetustum »; un altro calendario

«ad usum Ecclesiae Pistoriensis », certamente anteriore al 1228, es-
sendovi aggiunta da una seconda mano la festa di S. Francesco, ca-
nonizzato — come è noto — in tale anno, anche questo presso lo Zac-
caria (2); un codice manoscritto del martirologio di Adone della
chiesa di Pistoia, pubblicato pure dallo Zaccaria, il quale porta ag-
giunta la festa di S. Rufino al 10 febbraio (3).

A Pistoia la festa di S. Rufino dall'11 febbraio fu trasportata
agli 11 di agosto in seguito alla pubblicazione del Martirologio Ro-
mano da parte del Baronio. E ció perché nelle « Adnotationes » al
medesimo martirologio pubblicate nel 1586 sotto l'11 di agosto
in cul si commemora S. Rufino martire e vescovo dei Marsi, il
Baronio accennando agli atti Pistoiesi di S. Rufino — indicati da
noi con l’espressione Vita S. Rufini — li chiama in confronto di
quelli Marsicani — la Passio secunda - «fideliora » sebbene mutili,
secondo lui (4).

Una cronaca manoscritta della chiesa cattedrale di Pistoia di
Cesare Fioravanti (5) testimonia il trasferimento della festa di San

(1) F. A. ZACCARIA, Biblioteca Pistoriensis, 2 vol., (Augustae Taurino-
rum 1752), vol. 1, pag. 87.

(2) Ibidem, pag. 91.

(3) Ibidem, pag. 98. Veramente qui abbiamo 10 febbraio anziché 11;
si tratta forse di uno sbaglio dell'editore facilmente spiegabile con il fatto che
l'aggiunta marginale del codice sarebbe stata attribuita al giorno precedente

(4) Cfr. Cap. III, n. 2 del presente studio.

(5) Si conserva nell'Archivio Comunale di Pistoia con la seguente indica-
zione: cod. 24, Vacchettone secolo xvrr. Cfr. V. Capponi, Bibliografia Pistoiese,

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72 : ALDO BRUNACCI

Rufino dagli 11 di febbraio agli 11 di agosto avvenuto in seguito alla
pubblicazione del martirologio romano del Baronio. Secondo questa
cronaca nel 1581 la festa di S. Rufino si celebrava ancora agli 11 di
febbraio. In tale anno infatti il cronista scrive: « Adì 11 febbraio;
si fa la festa di S. Rufino vescovo solamente, all’altare della porta di
sacrestia, dove:sono l'ossa del detto santo: e quest'anno 1581 furono
messe nell'urnà di detto altare per ordine del capitolo...» (1). A
questo punto nella cronaca é aggiunto da altra mano quanto segue:
. « oggi questo si fa agli 11 di agosto e si fa martire, secondo il Hi
rologio dell’ illustrissimo Baronio...» (2).

Questa aggiunta deve essere Basi erre al 1618, perché in tale
anno dalla medesima cronaca del Fioravanti appare che la festa di
S. Rufino si celebrava ancora agli 11 di febbraio.

. Il cambiamento deve essere avvenuto certamente tra il 1618 « e il
‘1620; in questo ultimo anno infatti nella medesima cronaca S. Ru- -
fino é già indicato con l'appellativo di martire (3).

Lo storico Pistoiese F. Panieri, che riporta la citata cronaca del
Fioravanti, parlando del cambiamento della festa di S. Rufino in
seguito alla pubblicazione del martirologio romano, cosi conclude:
«Così un primo errore commesso nei tempi antichissimi, coll'adot-
tare gli atti di S. Rufino dei Marsi, ne trasse infine a un secondo di
abbandonare la tradizione. della chiesa Pistoiese intorno a un Rufino
proprio » (4).

È evidente, dopo quanto si è detto, che le coordinate agiografiche
— l'espressione è del P. Delehaye (5) - del Rufino venerato a Pistoia
sono totalmente diverse da quello venerato ad Assisi e nei Marsi. Il
Lanzoni (6) quando afferma che il S. Rufino di Pistoia si venerava
costi insieme con S. Felice prima il 26 agosto e poi l'11 per identifi-

(Pistoia 1874), pag. 180. I brani della cronaca di cui mi servo sono editi da
F. Panieri, Cataloghi dei Santi e di altre persone insigni nella pietà pistoiese, 2.
voll, (Pistoia 1818), vol. I, pagg. 249 e segg.

(1) Dalla scritta apposta nella detta urna appare che nell'anno 1581 si
ritrovarono sotto l’altare le reliquie di S. Rufino. In questo anno le reliquie fu-
rono messe in un'urna sotto il medesimo altare. Demolito l'altare nel 1620 in
seguito ai restauri della chiesa furono poste in un busto WA Cfr. La
cronaca del Fioravanti presso Panieri, o. c., vol. I, pagg. 249" S1.

(2) Cronaca del Fioravanti, ibidem pag. 250.

(3) Cronaca del Fioravanti, ibidem, pag. 251.

(4) Catalogo dei Santi, ecc., vol. I, pag. 152.

(5) Cinq lecons sur la Methode Agiographique, (Bruxelles, 1934), pag. 13.

(6) Le Diocesi d'Italia, ecc..., cfr. prima pag. 584 e poi 472.
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LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 73

ficarlo con il martire omonimo di Capua (27 agosto), mostra di non
essersi preoccupato affatto di esaminare le tradizioni Pistoiesi.

Con questo S. Rufino confessore probabilmente dovrà identifi-
carsi quello venerato a Mantova il 19 agosto (1) pure confessore e in
altre località dell'Italia Settentrionale. :

(1) Act, SS. Aug. III, pagg. 261 e 730.

&
74 ALDO BRUNACCI

CAPITOLO VI

Conclusione

Tre chiese dunque oggi venerano un Rufino vescovo e martire
nel giorno 11 di agosto: Assisi, la Chiesa dei Marsi e Pistoia, con una
tradizione però che risale ad epoche diverse.

. Abbiamo già dimostrato che prima della pubblicazione del
Martirologio Romano del Baronio le cose non stavano cosi. Purtroppo
le erudite note del detto martirologio nel nostro caso anziché portare
luce hanno creato una vera confusione non solo nelle chiese in parola,
ma negli stessi agiografi posteriori al Baronio.

Da quanto si é detto nel presente studio le tradizioni delle tre
chiese possono cosi riassumersi:

1) La chiesa di Assisi venera un S. Rufino considerato ve-
scovo e martire proprio agli 11 di agosto e ció almeno dagli inizi del
SEC: XI.

2) La chiesa dei Marsi venera ed ha venerato sempre un gruppo
di martiri tra cui compare in primo luogo S. Cesidio al 31 agosto
almeno fino dal sec. x1 nella chiesa di S. Cesidio a Trasacco che più
tardi — la prima menzione la trovo nel 1110 (1) — si intitoló a Cesidio
e Rufino. La celebrazione della festa di S. Rufino fu introdotta di-
stintamente agli 11 di agosto a Trasacco e nella Diocesi dei Marsi solo
dopo la pubblicazione del Martirologio Romano del Baronio.

3) La chiesa di Pistoia ha prestato culto agli 11 di febbraio a
un Rufino confessore, al quale insieme ai SS. Zenone e Felice era de-
dicata la Cattedrale, almeno dal secolo x fino ai primi anni del
sec. xvi. In tale epoca, in seguito alla pubblicazione delle note al
Martirologio Romano, cambió il suo santo da confessore in martire
e ne celebró la festa al giorno 11 di agosto.

(1) Cfr. Cap. V, n. 1.
É

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LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 75

Le coordinate agiografiche quindi del santo confessore venerato
a Pistoia sono totalmente diverse da quelle del santo venerato ad
Assisi e nei Marsi, per cui crediamo senz’altro trattarsi di un santo
che non ha nulla in comune con quest'ultimo, sebbene nel secolo xI
un facile compilatore gliene adattò in parte le gesta.

. Chi era dunque il martire di nome Rufino venerato in Assisi ?

È un martire locale ? È il primo vescovo della città ed identico a
quello che è venerato nella Marsia insieme a Cesidio dove avrebbe
predicato il Vangelo prima di venire ad Assisi ?

Le tradizioni delle Chiese di Assisi e dei Marsi, seguite dagli sto-
rici di ambedue i luoghi tra i quali va segnalato il Di Costanzo, sono
concordi nel ritenere che il martire Rufino già vescovo dei Marsi, la-
sciato suo figlio Cesidio nella Marsia, sarebbe passato nella città di
Assisi a predicare il Vangelo coronando quivi la sua vita con il mar-
tirio nella prima metà del secolo 111 agli 11 di agosto.

Recentemente il Lanzoni nella sua opera sull'origine delle dio-
cesi d'Italia ha rigettato recisamente questa tesi sostenendo che
« questi santi — sono le sue parole — di nome Rufino venerati qua e là

in Italia, compreso quello di Assisi, dei quali non si possiedono memo-

rie antiche autentiche siano da idenlificarsi con il famoso e genuino
martire Capuano » venerato a Capua e a Napoli il 27 agosto (1).

In modo particolare del santo venerato in Assisi egli dice che al
tempo di S. Pier Damiani era soltanto conosciuto come martire;
« potrebbe credersi — cito ancora le sue parole — che l'Episcopato di quel
S. Rufino sia nalo da uno sviluppo arbitrario della tradizione popolare
avvenuto quando l'antica chiesa di S. Rufino divenne cattedrale, ossia
sede del vescovo » (2).

Inoltre egli nega doversi trattare di un martire locale per le se-
guenti ragioni:

» 1) Nel suburbio da dove sarebbe stato trasportato il corpo
di S. Rufino sarebbesi dovuta trovare una chiesa, circondata da
un antico cimitero, che nei tempi più antichi avrebbe servito da
Cattedrale.

(1) LANZONI, Le Diocesi d’Italia, pagg. 469-70.
(2) Ibidem, pagg. 468-69; si noti come il Lanzoni a priori contro i chia-
rissimi documenti dell’Archivio della Cattedrale di Assisi, che egli non conosce
crede che l’antica chiesa sarebbe diventata la Chiesa Cattedrale tra il 1052 e il
1212 in base all’INvENTIO I di cui cfr. cap. II, n. 3.
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76 ALDO BRUNACCI

.2) Nella basilica Urbana — secondo il Damiani — non se ne
celebrava il Dies natalis, ma soltanto l'annua dedicazione.

3) Un Rufino martire di Assisi é ignoto a tutti i codici del
Geronimiano e a tutti gli altri D EDIORE storici di Beda fino al se-
colo xir (1).

Ho già dimostrato chiaramente nel I e II capitolo che dolo
prima di S. Pier Damiani gli Assisani veneravano il loro S. Rufiao
non solo martiré, ma anche vescovo e conoscevano una passione (2)
— quella stessa conosciuta dal Santo Dottore — che parla di Rufino pri-
mo vescovo di Assisi. Quindi nessuno sviluppo arbitrario su tale punto.

Quanto al primo argomento portato dal Lanzoni per negare l'esi-
stenza di un martire locale di nome Rufino ricordo quanto é stato
già detto nel capitolo sul culto di S. Rufino in Assisi.

A Costano, paesino del comune di Bastia Umbra non lungi da
Assisi e situato nei pressi del fiume Chiagio, esisteva una chiesa in
onore di S. Rufino nominata già in un documento del 1038 (3); da
tale documento risulta che detta località, indicata dalla tradizione
di Assisi come quella del maitirio e della prima sepoltura del mar-
tire, era chiamata in quel tempo con il nome di S. Rufino: « in locus
(sic) qui dicitur Costanum.ubi dicitur a Sanctum Rufinum ».

Quanto all'antico cimitero che avrebbe dovuto circondare la
Chiesa, dopo aver notato che nel 1854 in tale località in occasione di
scavi fatti per l'ampliamento della strada furono trovati insieme ai .
ruderi dell'antica chiesa avanzi di ossa umane (4), vorrei ricordare
al Lanzoni quanto afferma in un interessante studio sulla archeolo-
gia nell'Umbria .G. B. De Rossi (5).

Dopo aver dichiarato come nell'Umbria non esistano cripte se-
polerali - catacombe — ma solo aree a causa della costituzione geolo-
gica del terreno, l'eminente archeologo aggiunge: « Nelle aree timida
cautela per lo più soffocó la misura di libertà altrove concessa; e i se-
poleri d'ordinario furono nudi e anepigrafici o sforniti d'iscrizioni e
di ornamenti muti di ogvi religiosa allusione. Questo canone iuse-
gnatomi dall'esame critico dei fatti, e dalla ragione storica chiarito,

(1) Ibidem, pagg. 469-70.

(2) Cfr. nell'appendice il testo da un ms. del tempo del Damiani.

(3) Abbiamo già fatto menzione di questa pergamena. Cfr. cap. IV, n.2. m

(4) Cfr. A. FoRTINI, Assisi nel Medio evo, pag. 75.

(5) Specilegio di Archeologia Cristiana nell’Umbria, in Bollettino di Ar-
cheologia Cristiana, Serie. II, an. II, pagg. 81 e segg.
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«quadra esattamente a quanto ho osservato esplorando l'Umbria e cer-
candone i monumenti cristiani » (1).

Si noti che il sarcofago, di cui parla il Damiani e nel quale sarebbe
stato riposto in origine il corpo del santo martire che all’inizio del

sec. xi sarebbe stato trasportato dal luogo del martirio — quindi
Costano — in città, è proprio un sarcofago pagano (2).

Gli altri argomenti del Lanzoni perdono ogni altro valore dopo
l’accurata documentazione che abbiamo offerto della antica tradi-
zione di Assisi e tanto meno sono tali da suggerire una conclusione
che escluda la realtà di un martire locale di nome Rufino.

Ciò premesso debbo rispondere alle domande che mi sono pro-
posto all’inizio di questo capitolo conclusivo.

Dai documenti risulta in maniera evidente ‘che almeno fin dai
primi anni del secolo xi gli abitanti di Assisi veneravano il corpo di
S. Rufino in una chiesa urbana — la parva basilica — di cui parla
il Damiani. I suoi resti archeologici, di cui pubblichiamo per la

prima volta una rozza scultura, ci permettono di documentare l'esi- -

stenza di questa chiesa e quindi il culto del martire fino dal sec. vi.
Con tutta probabilità in questo tempo, in occasione delle invasioni
longobarde, avvenne la traslazione del corpo di 5. Rufino dal subur-
bio in città. 3

Agli inizi del sec. xi, probabilmente prima dell'anno 1029 e cer-

tamente prima del 1035, il culto del santo martire considerato come

patrono e primo vescovo della città.era così fiorente e la sua tradi-
zione cosi radicata che la piccola chiesa venne trasformata in una
grande chiesa che divenne la sede del Vescovo cioé la Chiesa Catte-
drale, titolo già posseduto dalla Chiesa di S. Maria.

S. Pier Damiani mette in relazione la costruzione di questa
grande Chiesa — la Basilica Ugoniana di cui si può ammirare ancora
la cripta sotto l'attuale Cattedrale — con il trasporto del sarcofago
romano ritenuto l'urna sepolcrale del martire prima che il suo corpo
fosse dal suburbio trasportato nella parva basilica urbana.

Fu appunto in seguito ai prodigi -- narra S. Pier Damiani — che.

accompagnarono e seguirono il trasporto dell'urna sepolcrale del
martire che se ne risveglió il culto che portó allà costruzione della
grande chiesa da parte del Vescovo Ugo.

A questus stesso tempo e precisamente all'anno 1038 — come abbia-

(1) Art. cit., pag. 85.
(2) Cfr. cap. I.

LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI SEUI.

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78 ALDO BRUNACCI

mo ricordato poco fa — risale anche Ja più antica memoria che ricorda

il luogo del martirio e della prima sepoltura di S. Rufino.

Au ‘Non abbiamo purtroppo documenti per risalire più indietro nei

EU secoli, ma quelli che abbiamo illustrati ci sembrano tali da dimostrare

p che il martire Rufino venerato iu Assisi come Patrono principale della
città debba ritenersi veramente un martire locale.

Fu anche il primo Vescovo della città e il medesimo che evange-
lizzó prima di venire in Assisi la regione dei Marsi ?

Ciò, ripetiamo, ha: sempre ritenuto la Chiesa di Assisi almeno dai
primi anni del secolo xr, da quando cioé fu ritrovata o redatta la
leggenda che abbiamo studiato nel capitolo secondo e che abbiamo
chiamato Passio prima.

La critica che abbiamo fatto di questo documento non ci per-
mette di attribuirgli il benché minimo valore storico. Il suo compi-
latore conobbe il culto dei martiri Rufino e Cesidio nella Marsia e
con la stessa facilità con cui fece cominciare la storia del Santo in
Amasia nel Ponto perché ne trovó il nome accanto a questa città nel
martirologio Geronimiano, fece passare nelle varie peregrinazioni
S. Rufino nella Marsia identificandolo con quello quivi venerato nel

gruppo dei martiri che fanno capo a Cesidio e la cui festa si celebrava
il 31 agosto.

Questa avventurosa leggenda dovette piacere molto ai devoti
del Santo nella regione dei Marsi, i quali la adottarono ben presto
—é la Passio secunda — abbandonando una leggenda molto più
antica di.cui abbiamo trovato traccia nella Vita S. Rufini del leziona-

. rio della Biblioteca Casanatense proveniente dalla Chiesa di Pistoia.

Purtroppo questa leggenda più antica, che a suo tempo abbiamo
giudicato anteriore alle invasioni longobarde, è arrivata a noi solo in
parte e con gli adattamenti che ne fece la Chiesa di Pistoia. |

Il suo testo intero ci avrebbe certamente fornito elementi per
stabilire l'identificazione o meno dei due martiri omonimi venerati
nelle rispettive chiese. Stando ai dati che abbiamo ci sembra che la
identificazione dipenda unicamente dal fantasioso racconto della
Passio prima. |

Altri documenti storici che possano fornirci piü precise notizie
circa la vita e il tempo del martirio di S. Rufino, che la chiesa di As-
sisi venera come suo primo Vescovo e Patrono principale, non esistono.
Le notizie comunemente accettate dalla tradizione e riferite da tutti
gli storici locali risalgono al secolo x1 e sono purtroppo fondate uni-
camente su una leggenda di nessun valore storico.
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI

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Tra i pochi lettori che hanno avuto la pazienza di seguire le no-
stre ricerche, forse qualcuno potrebbe essere rimasto insoddisfatto
per non aver trovato maggiori notizie onde appagare il giusto desiderio
di conoscere le gesta del nostro martire; a costui vorrei ricordare le
parole di S. Ambrogio il quale nel tessere il panegirico di S. Agnese
esclamava: « Appellabo martyrem : praedicavi satis ».

ALDO BRUNACCI
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PERUGIA, Cattedrale, - Passionario del sec.

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audaci nerborum. quod finonmo
ntramta adquituertair. »Mdeefmeos
inturiun Fur. o»irmindifacaam
ATTCELLUTA - P eCuuf ruphinuf naa».
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uiifnommemuf. quu mmmiabovie
exardefar crareuanefur « dum
mort fuer. ulrenufiim reg
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Xi, con l'incipit della Passio S. Ruphini.

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ASSISI,

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Cattedrale. — Passionario del sec. XIV

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(I. 135 r.) con un tratto della Passio S, Ruphini.
izio sec. IX)

alla parva basilica.

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LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI - 81

APPENDICE ost i

Testo integrale della «Passio S. Rufini» secondo il passionario
della cattedrale di Perugia (1)

. /CLXIIIa/ Incipit passio sancti Ruphini episcopi et Cesidii presbiteri
filii eius. Mense augusto die XI. Item prologus.

/CLXIIIb/ I. Quicquid etiam ex huius memoriis peritissimus didis
consistere vult. Non satis etiam honorem, sed tamen ruinae dampna patitur.
Si autem a viro imdocto prontula verbositate seriem scripturarum dicta
fuerit, non condecet ei honor sed conculcatur sub hominibus pedibus. Quia
sic scriptum est: Quia si non fuerit discipulus veritatis procul dubio fiet ma-
gister erroris. Nam certissime si est medicus ex hominibus pergit ad egros et
medicinam eis sanitatem prestitit ita et infirmis curantur. Iterunque peritus
magister inperitos imbuit. Nam antiquiores nostri doctores sanctorum de-
scripserunt vitas nos autem vestigia ipsorum sequi non possumus.

2. Nam sanctis martyribus minas iudicum non timuerunt et palmam
acceperunt per tormenta, ad almis eorum intraverunt cum gloria. Nom
ego, infelix Maurinus senectute obductus anxie ex desideriis anhelo subsan-
navit simulque haec habii per totis Campaniae partibus ut gestam beati
Ruphini episcopi simulque ex Caesidii filii eius venerabilem presbiterum

(1) E il cod. 40 — sec. XI - del Museo dell'opera del Duomo descritto
a pag. 24. È il più antico che riferisce il testo della passione di S. Rufino

.letta in Assisi, quella cioé conosciuta da S. Pier Damiani.

Tale passione - come ho già detto nel cap. II° - fu stampata in un
opuscolo ormai rarissimo nel 1715 dallo Spader secondo il testo del passio-
nario della Cattedrale di Assisi del secolo XIV che la riporta senza il pro-.
logo.

Il testo che presentiamo è da considerarsi perciò inedito.

Viene trascritto senza nessuna mutazione nella rude forma che il codice

. del secolo XI ci ha tramandato. Del resto non era possibile sanarlo in al-
.. eun modo senza mutarne il carattere e l'originalità.

Ho notato la numerazione romana indicante la pagina distinguendo con
a e b la prima e seconda colonna. Anche la divisione in capitoli é quella

del manoscritto. Solo la punteggiatura qualche volta é stata lievemente ac-
comodata.
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82 . ALDO BRUNACCI

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minime invenire potui. Itaque cor meum obnixe contritum est, spiritus |
meus in amaritudine est. Sed omnipotens Deus qui condidit cosmum et con- i
solidavit sanguine sacro. Ipse qui neminem vult perire, placuit ei ut per
consensum advenit ex urbe oriundus fuit. Vocabulum namque Georgius vo-
citatur atque devenit in Annaniae urbem verum etiam ibidem velamine
sacro suscepit sed tamen quia litterulis nutritus est. |

3. Denique et idem ut superius memoravimus perrexit ad venerabilem |
monasterium in qua hospitabat et multum eum depoposci ut ex suis memo-
riis gestam beatissimi Ruphini episcopi per suos stilos /CLXIIIIa/ conscri-
beret atque de meo stipendio servitium fecisse. Tunc ille supradictus quod
ab eo postulavi statim concessit et ex meis desideriis adimplevit.

1. Temporibus Domnini imperatoris ex urbe Amasiae regnabat. In ea-
dem civitate erat proconsul Andreas stratilates qui ab imperatoribus hono-
rem susceperat. Eodem autem tempore facta est persecutio christianorum ut
si aliquis inventus fuisset Christum confiteri sine omni interrogatione capite
puniretur. Unde factum est ut Ruphinus episcopus collectis multis christia-
nis in cavernis petrarum absconditos, infra quos erat Cesidius filius eius et
aliis beatissimis viris deforis civitate Amasiae non longe positae.

2. Contigit autem ut unaquaque die tenti sunt a paganis et perducti
sunt ante conspectum comiti. Tunc preses dixit ad eos: Quid vocatis ? Re-
spondit Ruphinus episcopus: Servi sumus domini nostri Iesu Christi, sed
si vis scire nomina nostra, ego denique Ruphinus episcopus non meis meritis
vocor. Preses dixit: Vos estis qui magicae artis inbuti estis et contempnitis
vos ut non adoretis propitiatores deos nostros. Per salutem imperatoris et
per clementiam dei Apollinis quod si non adoratis deos nostros diversis sup-
pliciis vos affligam. Nolite confidere in magia vestra. Respondit Ruphinus
episcopus et dixit: Nos esse magos non dicimus sed sumus vere Christiani et
credimus patrem et filium eius unigenitum nostrum Iesum Christum qui
natus est ex Maria virgine qui virgo fuit ante partum et virgo mansit post
partum et prmanet in secula seculorum.

3. Dixit itaque proconsul: Et quomodo virgo fuit ante partum et post
partum virgo permansit? Beatus Ruphinus respondit: De sinu patris misit
/CLX.IIIIb/ filium suum et descendit per aurem in uterum virginis quem
sacra virgo gestabat. Denique et egrediens per clausam portam in presepio
est positus, ab angelis nuntiatus. A pastoribus demonstratus, a magis
adoratus et cum hominibus conversatus et miracula multa fecit. Inprimis
de aqua vinum fecit, puerum centurionis a febribus liberavit et Lazarum
vocavit de monumento et suscitavit eum a mortuis. Cumque ista et alia
multa vidissent iudaei cogitaverunt illum interficere. Denique a suo disci- dm
pulo traditus est a Pontio Pilato preside, in cruce propter nos suspensus È
est, felle et aceto potatus est et inclinato capite emisit spiritum. Statimque
descendit ad inferos, ferreos vectes confregit et primum hominem Adam et D.
Evam eripuit de inferno. Deinde patriarchas et prophetas et omnes iustos. 3

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Rome PPAR

4. Denique partem abstulit et partem reliquit et post tertiam diem
resurrexit, ascendit in caelos sedensque ad dexteram patris et mundus qui
. per Adam fractus fuerat sanguine proprio cansolidavit. Dum haec et alia
diceret respondit Cesidius filius eius et dixit: Audi me proconsul et intellige

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LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI

si iustum est ut adorem deum Apollinem magis quam ille qui omnia fecit.
Respondit proconsul: Cessent vestra vestrorumque audacia verborum;

quod si non monita mea adquieveritis et deos meos iniuriam facitis con-
tundi faciam arteria vestra. Beatus Ruphinus ita dixit: Per salutem domini

mei Iesu Christi minas tuas non timemus, quia ira tua hodie exardescit et
cras evanescit et dum mortui fueritis ulterius iam requiem non habebitis.
Tunc proconsul audito hoc verbo rugens ut leo super sanctos martyres et
iussit questionariis ut illius maxilla cum lapide contunderetur.

9. Et cum diu cederetur inter ipsa tormenta sic agebat sanctus Ru-

phinus:

Christe Deus clemens, disrumpe vincula mortis ut tibi devote

cantem cantica laudis. /CLXVa/ Alia autem die sancti martyres incolumes
persistebant ita ut cesi minime fuissent. Iussit autem proconsul mittere

‘eos in privata Mamurtini, cogitabat per qualibus blandimentis vel sermo-

nibus posset eos revocare a diis suis. Erant autem in ipsa civitate Amasia
mulieres turpissimas qui et artis magice imbute erant quorum nomina
haec sunt: Nicea et Aquilina. Tunc iussit comes venire eas ante se et dixit
eis: Si per vestra monita potueritis Ruphinum et Cesidium ut deum
Apollinem adorent, faciam vos magne ante conspectum meum et dabo
vobis infinitum pondus argenti. Tunc Nicea et Aquilina perrexerunt ad
privata Mamurtini.

6. Cum autem ingresse essent nares eorum plene sunt odoramentorum,
ita ut omnis nardus et balsamum illic adfuissent. Et a splendoribus inlu-
minate sunt ita ut per nimium splendorem ceciderunt in terram et per di-

-midiam fere horam surgere non potuerunt. Beatus Rhuphinus cum Cesi-

dius dixerunt: Surgite sorores nolite timere. Ille autem ad istam vocem
surrexerunt, cum stupore stantes nihilque dicentes. Dixit autem eis beatus
Ruphinus: Unde estis. Ille autem dixerunt: Domini seniores ancille ve-
strae sumus et misit nos Andreas comes ut vos moneamus. Nos autem non
monita, sed precamur vos ut faciatis nos participes vitae eterne, . Nos au-
tem columus et adoramus ipsum deum qui hoc lumine fecit et credimus
eum verum Deum esse qui et vos tales condidit famulos.

7. Ut autem beatus Ruphinus episcopus et Cesidius venerabilis presbi-
ter talia audierunt hanc precem fuderunt ad dominum: Domine Deus
omnipotens coelo terreque creator, corrobora eas in tua magnitudine et
inspira in eas spiramine vitae aeterne et confirma eas ut cognoscant te,
laudent te, glorificent amodo et usque in sempiternum, quia tu es Deus
benedictus in secula seculorum. /CLXVb/ Respondit Cesidius et dixit:
Amen. Et conversus ad mulieres dixit: Quae sunt nomina vestra ? Re-

spondit Nicea: Ego quidem Nicea ista autem Aquilina vocatur. Dixit au-

83
.:84 ALDO BRUNACCI

tem beatus Ruphinus: Quae sunt opera vestra ? Responderunt ambo: do-
mine, opera nostra meretricium est. Dixit autem Cesidius: Vultis utillu-
minentur oculi vestri et animae vestre ? Responderunt ambo: Nobis nihil
terrenum nihilque carnalem cupimus sed per Christum in quem vos credi-
tis et predicatis ministri Christi, per ipsum vos coniuramus ne tardetis nos
: illuminare.

‘8. Tunc beatus Ruphinus iussit afferri e benedixit fonte sacro
.et unda baptismatis consecravit et imbuit eas omnia quae sunt eterne vi-
- tae. Dixit autem beatus Ruphinus episcopus: Sciatis vos filiae quod si vos
perditis ante conspectum éomitis nolite expavescere eos quia sicut domi-
nus dixit: Cum steteritis ante reges et presides nolite cogitare quomodo
aut quid loquamini: dabitur enim vobis in illa hora quid loquamini. Non
enim vos estis qui loquimini sed spiritus patris vestri qui loquitur in vobis.
Tunc ille perrexerunt. Ut autem vidit eas comes dixit eis: Quomodo fa-
ciunt Ruphinus cum Cesidio? Consentiunt diis meis? Responderunt Nicea
et Aquilina: Quomodo ausus es diis tuis christianis nominare ? Dii tui non
sunt dii sed demones humani generis inimici. Dii autem qui non fecerunt
coelum et terram pereant, similes fiant qui faciunt ea. Respondit comes:
Quomodo ut video et vos seducte estis per maleficiis Ruphini et Cesidii ? -
Responderunt ambo famule Dei et talia dixerunt: Nos autem seducte
non sumus sed sumus reducte ad fidem veram que iecur omnes qui
querunt vitam aeternam.

9. Adstantibus autem ibidem duo milites quorum nomina hec sunt:
Sylonem et Alexander, talia proruperunt in voce, dixerunt: Est alia/
CLXVIa/ vita preter ista ? Responderunt Nicea et Aquilina: Ergo si alia
vita non esset ista perdere timeremus. Dum haec et his similia dicerent
famule Christi; responderunt duo predicti milites Sylonem et Alexan-
der dixerunt: Unus est Deus christianorum, quae iste famulae colunt
ipsum nos adoramus et conlaudamus qui haec vobis talia ostendit. Et
dixerunt ad mulieres: Per illum vos coniuramus in quem creditis dicite .
quomodo nobis purificare possimus. Tunc Nicea et Aquilina dixerunt: ©.
Pergite ad carcerem et ibi invenietis Ruphinus episcopus et dicite ei: .
.Sicut Nicea et Aquilina per te purificate sunt ita et nos purificare facias ;
"et socios esse famulae Christi et credimus in Deum quem sancte predicas.

10. Dixit autem beatus Ruphinus: Creditis in Christum filium eius
ex toto corde vestro ? Illi autem dixerunt: Iam semel diximus vobis quia
credimus ut nihil desit nobis de misericordia Statim eadem hora iussit
venire aquam et benedixit eam et baptizavit eos in nomine patris et filii
et spiritus sancti, sub trina mersione consecrati sunt. Ipsa quoque die
perrexerunt a proconsule et ita dixerunt: Audi nos proconsul quia et nos
non vociferamus quia christiani sumus. Tunc proconsul in ira commotus
iussit ad se venire Nicea et Aqulina et dixit éis: Ecce per magiam
vestram mentes hominum mutant et suadetis ad superstitionem sectam
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tratte tl gii per gent nti sn dope crociere fr ne Bice nen ie pe d ur ca Rem rtm oe

,

LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI © 85

quam romani principes exterminare iusserunt. Per magnum Deum Apol-

linem ego vos faciam sub omni turpitudine expirare. Tunc Nicea et Aqui-
lina dixerunt: Tormenta tua non timemus fac ergo quod vis quia te quasi
‘stipulam computabimus.

11. Tune proconsul iussit eas ambo expoliari ante conspectum suum
et cum virgis diu cedere fecit. Intantum autem cederunt quattuor que-

stionariis ut per tota illorum /CLXVIb/ membra nichil remaneret ut cesus -

non fuisset, et quasi mortue dimiserunt. Alia autem die incolumes persti-
terunt ita ut cese minime fuissent. Tunc preses dixit ad eas: Per maleficia

‘ vestra minas non timetis et omnia genera tormentorum superatis. Tunc

dedit hanc sententiam dicens: Nicea et Aquilina non consentientes diis
meis iubemus capite puniri. Et decollate sunt foras muros porte civitatis
Amasiae non longe sed quasi miliario dimidium et cum palma martyrii
perrexerunt ad dominum. Alia autem die sedens proconsul pro tribunali
iussit sibi presentari Sylonem et Alexander. Quibus et dixit: Sciatis quia

. vita vestra in manu mea est. Eligite vobis unum de duobus aut adorate

deum Apollinem aut diversis poenis vos interficiam.
12. Responderunt milites Christi et dixerunt: Audi nos proconsul.

Elige tibi unum e duobus. Mitte procuratores tuos per provinciam tuam
. ut populus omnis congregetur in unum et fac ibi deferre paraliticum et

veniant philosophos tuos et invocent deos tuos. Si paraliticus surgit cre-
dimus veros deos esse aut si non surrexerit invocabimus nos Christus noster
et incolumis paraliticum restituemus ante presentiam vestram. Et cum
haec factum fuerit adora Deum creatorem omnium rerum qui codidit polum
simulque et tellus mare et omnia quae in eis sunt. Unde factum est ut sta-
tim. deferrent paraliticum in foro civitatis et coadunata est tota civitas.
Dixit autem proconsul ad philosophos: Ite et invocate diis vestris magnis
et recuperate paraliticum.

.13. Tunc preses in ira commotus dixit: Ecce modo veniat Silonem et
Alexander et invocent /CLXVIIa/ Deum suum. Milites autem Christi
perrexerunt ad feretrum ubi paraliticus iacebat, subito prostrati sunt. in
terra et oculos respiciebant in coelum et dixerunt: Rex immense Deus
tellus pontusque. adorat. Polorumque almus nobis mente devota precamur.
Christus adonay qui omnium consolidavit ubique. Poposcimus tibi celeri
nobis succurre. Ut tibi devota decantemus cantica laudis. Ut istos ethnicos
te collaudent semper in evum. Qui cum patre Deus et cum spiramine sancto.

Quis es trinus et unus scandens per secula amen. Tunc dixerunt paralitico: |

Surge et pedibus tuis revertere ad domum tuam in nomine domini nostri

Iesu Christi. Eadem hora surrexit paraliticus, habiens glorificans Deum:

14. Surrexit autem proconsul a sede in quo sedebat et venit adpriva-

tam mamurtini et misit se ad pedes beati Ruphini episcopi et dixit: Co- -

niuro te per Christum ut sicut inluminati sunt per te Sylonem et Alexander

ita et ego per te capere possim vitam perpetuam quia hagnovi veritatem .
rese -

Ha:

SETTORE EA PENTITA ME

86 ALDO BRUNACCI

et cognovi lumen verum quae illuminat omnem hominem venientem in
mundum. Respondit beatus Ruphinus et dixit: Si credideris ex toto corde
poteris illuminari anima et corpore. Respondit proconsul: Ego credo in
Deum quem vos predicatis. Tunc beatus Ruphinus prostravit se in terra,
hanc orationem fudit ad dominum. Christe Deus rex immense, tibi depo-

sco ut confirmes eum in tua magnitudine et ispira in eum spiramine vitac

aeternae. In eadem autem hora deferens aqua et catechizavit eum secun-
dum ordinem ecclesiasticum et consecravit eum chrisma in nomine patris

et filii et spiritus sancti. Cum surrexisset autem proconsul de fonte clama-

vit et dixit: Unus Deus christianorum. Reversus autem proconsul ad do-
mum suam christianis patefecit et comendavit se et dimisit. Beatus autem
Ruphinus una cum Cesidio /CLXVIIb/ perrexerunt cum eo.

15. Alia vero die exierunt in regione Marsorum in locum qui dicitur

Tresaquae ibidem autem consecravit aeclesiam beatus Ruphinus episcopus:

et cotidie die noctuque domino serviebat. Denique tenti sunt a paganis,
beatissimus Ruphinus episcopus et cotidie die noctuque domino serviebat.
Denique tenti sunt a paganis beatissimus Rufinus episcopus ambulavit
inde cum aliis christianis-et pervenit in civitate Asisi. Cesidius autem
venerabilem presbiterum in eadem ecclesia morabat. Cum autem perve-
nerunt milites et invenerunt eum sacrificium domino offerentem sine omni
interrogatione percusserunt eum gladio et sic sancta anima domino red-
didit. Corpus autem eius occulte ibidem recondiderunt in eadem aecclesia
cum himnis et canticis spiritualibus XV kalendas augustas ubi florent ora-
tiones eius usque in presentem diem. Beatus autem Ruphinus cum ingressus
fuisset in civitatem Asisi occulte se latitabat in quondam hospitio et per
totam diem circuibat civitatem ut invenisset christianos ut apud eos oraret.

16. Erat autem in eadem civitate proconsul nomine Aspasius qui dia-
bolo plenus erat et ab imperatoribus romanorum comitatum acceperat.
Cum autem tentus fuisset a militibus beatus Ruphinus episcopus perduxe-
runt eum ante Aspasium. Erat autem gavisus de christianis, cupiebat in eis
exercere martyria. Cum autem vidisset beatum Ruphinum repletus est
gaudio magno subridens dixit ad eum: Quid vocaris ? Beatus Ruphinus
respondit: Ruphinus peccator non meis-meritis episcopus. Proconsul di-
xit: Servus es an ingenuus ? Respondit Ruphinus: Servus sum domini mei
Iesu Christi. Aspasius dixit: Adhora diis meis et faciam te magnum ante
meum conspectum. Ruphinus episcopus respondit: Ego adoro patrem et
filium et spiritum sanctum qui fecit coelum et terram./CLXVIITa/ mare
et omnia quae in eis sunt et hydola vana respuo. Aspasius dixit: Per salu-
tem imperatoris quod si non cessaveris ad inania verba quae loqueris carnes
tuas faciam igne cremari. Ruphinus episcopus respondit: Nec te timeo ne-
que imperatores tuos quia ad tempus estis et dum mortui fueritis ultra non
eritis. Proconsul dixit: Ut video quia variaris per artem magicam sed magis
adora diis ut non perearis.
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LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI 87

17. Ruphinus respondit: Disce miser quia non peribimus sed imus ad
gloriam. Tu autem miser peribis in eternum quem paratum habes incen-
dium. Tunc proconsul in ira commotus rugiens ut leo precepit quaestiona-
riis ut cederent. Et cum plumbatis eum cederent intantum usquedum
quaternariis apponerent et quasi mortuum eum dimiserunt. Beatus autem
Ruphinus inter ipsa tormenta dicebat: Gratias ago tibi, domine Iesu Chri-
ste, qui me dignatus es connumerare inter servos tuos. Adiuva me domine
et confirma me in tua veritate ut non gaudeat de me inimicus meus. Alia
vero die iussit Aspasius venire ante se beatum Ruphinum et dixit ei: Tu es

Ruphinus sacrilegus qui nec deos times nec principes pavescis iratos ?

Beatus Ruphinus respondit: Ego non sum magus, sed vere christianus et
Iesum Christum habeo dominum et omues qui credunt in nomine eius vi-
tam aeternam adipisci poterunt. Dixit eis impiissimus proconsul: Adquie-
sce cosiliis meis et adora deum solem honoribus magnis et aurum et argen-

tum infinitum tribuam tibi et eris carissimus imperatoris simulque et mihi.

18. Quod si nolueris acquiescere consiliis meis omne genus tormento-
rum in corpore tuo vectabitur et tu eris ad exemplum omnium christiano-
rum. Ruphinus respondit: Animalis homo non percipis ea quae Dei sunt.

Impiissime canis, iam dixi tibi quia deos tuos non adoro qui sunt ma-
nufacta /CLXVIIIb/ surdi et muti quibus miseris inclinantur, nec sibi
prosunt, nec aliis prodesse possunt. Tunc impius Aspasius ira repletus est
et iussit ut os eius contuderetur. Beatus autem Ruphinus cum cederetur
dicebat: Benedictus es domine, doce me iustificationes tuas. In labiis meis
pronuntiavi omnia iudicia oris tui. Et cum haec diceret adspexit ad procon-
sulem et dixit ei: Vide miserrime quia per tormenta tua non poteris me
reducere ad deos tuos qui tales sunt deos tuos qualis et tu. Oculos habent
et non vident, aures Habent et non audient, nares habent et non odora-
bunt, pedes et non ambulant, manus et non palpant, os et non loquuntur.
Similes sunt homini mortui qui omnia quidem membra habent, flatum non
possunt habere nec sensum. Qui sicut dicit in psalmo: Similes illis fiant
qui faciunt ea et omnes qui confidunt in eis.

19. Tunc impiissimus proconsul ira repletus est iussit questionariis ut
fortiter clibanum ardentem succenderent et beatum Ruphinum in eum
mitterent et dixit: Modo videbo si Deus suus liberabit de manibus meis.
Ut hoc autem factum est, venit beatus Ruphinus ante clibanum, hanc
orationem fudit ad dominum: Christe Deus clemens, disrumpe vincula mor-
tis. Domine Iesu Christe ne permittas me in isto incendio vitam finire sed
esto mihi custos et protector, adiuva me servum quia tu es Deus meus.
Tunc ministri diaboli iactaverunt beatum Ruphinum in medio clibani.
Angelus autem domini descendit in clibanum et dixit ad beatum Ruphi-
num: Miles Christi noli timere, quia ego sum tecum. Et ecce subito clibanus
ille extinctus est et ignis factus est quasi frigida aqua et beatus Ruphinus
exivit illesus ita ut nec unus de capillis suis exutus fuisset ab igne.
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88 -— | ALDO BRUNACCI

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20. Adstabat autem ibidem multitudo populi quod cum viderent Lh
/CLXIXa/ tale. miraculum ita dixerunt: Magnus est Deus christianorum. . |

Nos autem adoramus Christum filium Dei quem beatus Ruphinus predicat.

Proconsul talia ut vidit, in ira exarsit, dixit ad beatum Ruphinum: Sacri-

lege qui nec deos times neque principum precepta custodis qui per magiam

tuam mentes hominum mutas et suadis ad superstitionem malam ut pere-

ant sicut et tu. Ruphinus episcopus dixit: Magia mea Christus est. Ipse me

docuit omnem veritatem ut ego et aliis adipisci possimus vitam aeternam.

Aspasius dixit: Cessent verba quae loqueris quia per. audaciam non times

mortem. Ruphinus episcopus dixit: Per salutem domini mei Iesu Christi
non timeo audaciam tuam neque minas tuas.

21. Fac ergo quod vis, ecce paratus est corpus meum Susiifiere tor-
menta. Tunc Aspasius in ira magna exarsit, sententiam dedit contrà eum
dicens: Ruphinus episcopus noluit consentire diis nostris iubemus eum inter-
fici. Tunc Aspasius misit epistulam suam ad urbem Romam ad imperatorem
ita se habentem: Domino semper Augusto Aspasius vester salutem. Dirigi-
mus itaque vestrae clementiae quia advenit in civitate nostra unus. sacri-
legus et magicis artibus imbutus qui dicit credere in Christum quem cru- -
cifixerunt iudei. Etiam per incantationibus suis animos hominunm mutat j
a cultura deorum et deos nostros vituperat. Diversis tormentis eum affligi
et omnia superavit. Modo autem quod placet vestrae clementiae edicito.
Hoc audito imperator dedit sententiam dicens: Sine omni interrogatione
alligate ad collum eius saxum magnum et proicite in profundum aquarum
ut non possit eum invenire christiani ut sibi martyrem faciat. Hoc audito
Aspasius secundum preceptum imperatoris implevit et ligavit ad collum
hi eius tabulam marmoream /CLXIXb/ et precipitavit eum in gurga de pilo.
3 Denique in ipsa aqua emisit spiritum, mense augusto die decima in pace
[ i complevit. martyrium suum. Amen.
LEGGENDE E CULTO DI S. RUFINO IN ASSISI

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ELENCO DEI MANOSCRITTI ESAMINATI

Assisi, Archivio Cattedrale : Passionario sec. xIv, senza segnatura.
Assisi, Archivio Cattedrale : Documenti vari.
Assisi, Archivio Comunale : Statuti della città Cod. D. 2.

Assisi, Biblioteca Comunale S UMS 941.

Foligno, Biblioteca del Seminario: Cod. A. IL. I; Goda:Gz III::8;
Montecassino, Biblioteca : Mss. 358-59.

Napoli, Biblioteca Brancacciana : Ms. III F. I.

Roma, Biblioteca Alessandrina : Ms. 94.

Roma, Biblioteca Casanatense : Ms. 718. )
Roma, Biblioteca Vallicelliana : Ms. H. 2; IL. 7; H. 8.:1; 0 H:>13: H18
Roma, Biblioteca Vaticana : Cod. Vaticano latino 3921;

» » » 5417;

» » » 6749;

» » Ottoboniano 2666;

» » Urbinate 585;

Perugia, Museo dell'opera del
Duomo : Cod. 40.
Spello, Archivio Chiesa Collegiata : Frammento di Passionario.

ABBREVIAZIONI
Act SS. = Acta Sanctorum,
B.H.L. = Bibliotheca Hagiographica Latina.
M.G.H: = Monumenta Germaniae Historica.
PSE: = Patrologia Latina del Migne.
DER SERERE RIESI:

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BIORDO MICHELOTTI E LA DEDIZIONE

DI PERUGIA AL DUCA DI MILANO

Questo discorso intorno a Biordo de’ Michelotti è nato dal bi-
sogno di chiarir meglio alcuni particolari meno noti della lotta in- .
gaggiata tra Firenze e Milano pel dominio su Perugia; gli ultimi anni
della vita di Biordo si possono considerare appunto un episodio di
quella lotta. Nel ricostruire la cronaca di quella vicenda, mi s'é of-
ferta l'occasione di precisare, con un miglior uso delle fonti edite e
con l'apporto di altre inedite, alcuni momenti dell'azione del capitano
perugino e di assegnarle quel significato che mi par le sia proprio.
Anzi a questo proposito debbo soggiungere che se la filologica com- |
messura delle antiche e delle nuove testimonianze poteva esser fatta
senza dubbio con maggior perspicacia, già così com'é, dà di que-
gli eventi un quadro affatto nuovo, che non ha nulla a che fare con
1 precedenti dico biografici del capitano perugino.

*ock ok

Esuli dalla patria, i Michelotti furono una famiglia di soldati,
e dei loro nomi e delle loro gesta risuonano le cronache del tardo Tre- -
cento e i Registri delle « Riformagioni » delle città e delle maggiori
terre dell'Umbria e delle Marche. Ebbero fama di soldati valorosi; e
su tutti sovrasta Biordo, che divenne una delle figure più rappresen-
tative nella storia delle armi mercenarie italiane sullo scorcio del se- -
colo XIV. Dopo di lui venivano, Ceccolino suo fratello e suo luogo- ©
tenente, gli altri fratelli Agnoluccio, Guidone, Sighinolfo, Egano, e
i consanguinei Michelotto, Veragino, Adovardo, Nicolò, Lionello,
Ludovico e altri di minor rilievo: tutti soldati. Signori di Deruta
e d'Assisi, erano stati cacciati dalla patria nel 1384, per aver ten-
tato di «dar Perugia al Papa d'Avignone con certi patti...» (1).
Aveva offerto l'occasione e: la probabilità di ‘successo a questo

i - (1) Cronaca del conte Francesco di Montemarte, in Ephemerides Urbevetanae
a cura di L. Fumi, in RR. II. SS.* T. XV, P. V. Bologna, 1917, pag. 247.
5 è "I è " Mido T NS
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BIQRDO MICHELOTTI : 93

disegnato colpo di Stato, la presenza di Inghiramo di Coucy in To-
scana con forze considerevoli; e conferma la notizia del cronista con-
temporaneo, il fatto che il barone francese, venduta Arezzo ai fioren-
tini il 7 novembre 1384, anziché tornarsene subito verso. il nord, ora
che il duca d'Angió nel Reame era morto e vano era ogni tardivo
soccorso, venne per le terre che ancora tenevano i da Petramala e
per l’alta valle del Tevere scese con le sue genti sino alla Fratta,
l’odierna Umbertide. Queste alleanze mostrano già i Michelotti
legati per affinità d’interessi a quel gruppo di signori, che con voca-
bolo sempre meno efficace si dicevano ghibellini, quali i Prefetti di
Vico, il conte Antonio di Montefeltro, i Chiavelli di Fabriano ed altri
minori, che riconosceranno nel Conte di Virtù il loro naturale patrono
e la loro valida difesa. Datosi al mestiere delle armi, Biordo divenne
presto un capitano assai in vista tra quanti militavano nelle file del
signore di Milano. Da allora impariamo a conoscerlo, da allora le
notizie ci permettono di seguirlo quasi continuamente, per gli ultimi
dieci anni della sua vita.

Lo troviamo la prima volta nel Velioto e ce ne parlano le cro-

nache di quella regione. Nel 1387, Biordo è con Gian Tedesco da Pe- -

tramala; con Giovan d'Azzo degli Ubaldini e Giovanni Acuto, uno dei
capitani al soldo di Francesco il Vecchio da Carrara, contro Antonio
della Scala, signore di Verona; con essi prese parte al consiglio di guerra

presso Castelbaldo, prima della battaglia di Castagnaro (1). L'11 mar- .
zo partecipa a quella memorabile giornata, assieme ad Ugolotto Bian-

cardo, Antonio Balestrazzo, Broglia da Tridino, Giacomo e Conte da
Carrara; anzi egli si segnaló in modo singolare e venendo opportuna-
mente in soccorso del Novello assalito da Giovanni degli Ordelaffi e
concorrendo poi a respingere brillantemente l'attacco. Insieme con
l'Ubaldini, col Broglia e Filippo Tibertelli de Pisis, fece prigionieri
il conte d'Ancre, Benedetto da Malcesine ed Ugolino dal Verme, che
fuggivano verso Legnago. In uno degli ultimi scontri rimase ferito:
fu insomma dei capitani che in quella giornata si acquistarono gran-
de reputazione (2), ed allorché piü tardi, in seguito all'accordo tra
Gian Galeazzo Visconti e Francesco il Vecchio da Carrara, Giovan
d'Azzo degli Ubaldini divenne soldato del Conte di Virtù, anche Bior-

‘do p al soldo del dne di Milano (3).

(1) GLUBADEO E BA E0MEG GATARI, Cronaca Carrarese, in PU II:SS.

IT. XVII, P. I, Città di Castello, 1911, pag. 268.

(2) Ivi, pag. 273-75.
(3) Ivr, pag. 285.-

ER car. EC creto Eur e
T" me be Tu
94 GINO FRANCESCHINI

Quando all'approssimarsi dell'inverno le milizie andarono alle
stanze, Biordo era con Giovan d'Azzo degli Ubaldini tra Modena e
Reggio. Verso la fine di novembre si diresse verso l'Italia centrale.
« Biordo de' Michelotti — dice un informatore senese — il quale é
uno de' chaporali di misser Giovanni, si parte con cento lancie. e
vanno verso Perogia, con parecchie altri usciti perugini e à mandato
qui (a Bologna) per lo salvo condotto a questi signori: credesi passerà
Subito infra due o tre di e dicesi va da misere Bernardo de la Sala ». (1)
A quanto sembra tenne la via di Romagna e attraverso le terre del
conte d'Urbino, perché Bernardon des Serres era in quel tempo con
le sue genti tra Fabriano e Roccacontrada (Arcevia). (2) Avendo al-
lora il conte Antonio di Montefeltro guerra contro Perugia e Urbano
VI, era naturale che gli esuli perugini si unissero alle genti del conte
d’Urbino nelle operazioni contro la capitale umbra.

Il Papa, che da Lucca era venuto a Perugia, aveva raccolto
quante milizie si trovavano allora senza soldo, per scender poi nel
Reame contro Ladislao di Durazzo, e per non tenerle disoccupate,
aveva nel frattempo mosso guerra al conte Antonio d’Urbino, reo
d'aver preso le difese dei Prefetti di Vico dopo la tragica morte di
Francesco, suo cognato, ucciso in un tumulto popolare a Viterbo.
Firenze, che invano caldeggiava un'intesa tra il Pontefice e il gio-
vinetto erede di Carlo di Durazzo, non soltanto aveva cercato con
profferte di più lauto soldo, d’indurre alla diserzione i mercenari in-
| glesi del Papa, ma aveva apertamente prese le difese del conte d'Ur-
bino, (3) preoccupata anche che in difesa di lui contro il Papa e Pe-

(1) A. S. S., ConcistoRro, 1822 n. 8. Lettera di Monaldo di Mino ai Priori
di Siena, da Bologna in data 29 novembre. Indicherò d’ora innanzi, tanto nelle
note come nell'Appendice con le iniziali A. S. S. l'Archivio di Stato di Siena
e con A. S. C. C. l'Archivio Segreto di Città di Castello.

(2) Il 26 luglio 1387 due informatori scrivendo da Siena al Gonfilaniere di
Lucca dicono: La compagnia di Bernardone da Sala « da Perugia siamo certi
anno avuto il passo, et pensasi debba essere per Arezzo, la Città di Castello,
Urbino et intrare in Romagna » Regesti dell' Archivio di Stato di Lucca a cura
di L. Fuwr, vol. II, Carteggio degli Anziani, pag. 259.

(3) «... alla uscita d'agosto 1387... si fece lega col conte Antonio da Ur-
bino e Signore della città di Agobbio per suo ambasciatore, il quale avea la
commessione di potersi collegare col Comune di Firenze dal detto Conte, e fu
la lega a difensione dello istato di ciascuno de’ detti: e con molti altri patti e
condizioni furon fatti nella detta lega: a che ciascuno s’obbligò d’osservare
all’altro per certo tempo ». Cronica volgare di Anonimo fiorentino già attribuita
a Piero di Giovanni Minerbetti, in RR. II. SS.?, T. XXVII, P. II, Città di
Castello 1915, pag. 40.

—9
EET E

BIORDO MICHELOTTI 95

rugia, fossero accorse di Lombardia genti cassate dal Conte di Virtù.
Nel giuoco delle opposte influenze prevalse il signore di Milano e fu-
rono i suoi ambasciatori, e non quelli di Firenze, che nel settembre del
1388 riuscirono a conchiuder pace tra il conte d'Urbino e Perugia.
« Del mese di settembre 1388 — dice un anonimo fiorentino — essen-
do guerra tra i perugini e il conte Antonio di Orbino, la quale guerra
aveva ordinata e fatta fare papa Urbano quando era a Perugia, due
ambasciatori del Conte di Virtü, ch'erano venuti a Perugia, per molte
cose fare, adoperaron tanto che pace si fece tra loro. Fu fatta questa
pace... piuttosto per le mani degli ambasciatori del Conte di Virtü
per dispetto de' Fiorentini..., peró che niuno di loro volle che gli
ambasciatori fiorentini ne praticassero di fare concordia tra loro. La
quale cosa saputa a Firenze molto dispiacque... » (1).

La gara Firenze-Milano per assicurarsi il predominio in Perugia
e nell'Umbria, si fece assai più tesa dopo il fallimento dell'alleanza
generale promossa e tenacemente perseguita da Pietro Gambacor-
ta (2). La lotta divise anche gli esuli e quando la schermaglia sboccó
nel conflitto armato, Michelotto Michelotti, ch'era soldato di Firenze,
capitano l'infelice tentativo di rimetter gli esuli in patria con le armi
fiorentine al grido di « Muora el conte de Virtù e viva la paxe e la
concordia », tentativo che costó la vita a lui e a Nicolò d'Arlotto e al

(1) Cronica volgare di Anonimo fiorentino, cit, pag. 69.

(2) Fin dal 29 luglio 1385 ad una proposta di lega col signore di Milano
avanzata dai senesi, i priori perugini rispondevano: «Fratres nostri caris-
simi. Ea que impresentiarum nobis cordialis vestra fraternitas persuadet,
scilicet quod in liga federe cum exelso domino domino Comite Virtutum una
cum aliis comunibus Tuscie concurramus, semper fuerunt et sunt accuratis-
sime nobis cordi, cum recte sit illud vinculum et ligamen quod tendit in con-
servantiam pacis et patrie libertatis, quidquid salubrius ac habilius possit
obstare cuilibet damnose ruine et conatibus volentium huius patrie turbare
quietem et dare bona pace fruentium vastitati. Pro quibus caritati vestre re-
gratiamur ab intimis, eo quod nos ad tantum bonum inducitis et vocatis. Ve-
rum ad hec plus unquam non fuimus requisiti: si autem vocati erimus in tam
optimo bono promptis et letis animis concurremus, cum id ipsum semper
quesiverimus et semper sumus acti querere et iuxta nostrum posse favere.
Super quibus et aliis nonnullis nostris agendis presto studebimus ad vos fra-
tres oratorem nostrum ac Florentiam destinare super dicta materia quantum
expediens fuerit collaturum, ut ex nostro latere tam optima convinctio lige
federum compleatur. Datum Perusii, XXVIIII iulii VIII indictione. Priores
Artium Civitatis Perusii». A. S. S. Concistoro, 1817, n. 54.
96 | . «GINO FRANCESCHINI

figliolo di Veragino, tutti dei Michelotti (1). Biordo militava nel cam-
po opposto ed è annoverato tra i capitani che il Conte di Virtù aveva
mandato in difesa di Siena. « Questi sono — dice un cronista senese —
e' nomi de’ capitani che erano al servizio del comuno di Siena. In pri-
ma Pavolo Savelli da Roma, messer Giovan d'Azo degli Ubaldini,
misser Gulotto (Ugolotto Biancardi), Messer Guido da Cane, Tomasino
Crivelli, Biordo e Brodolino (Ceccolino) da Perugia, Agniolino Trotti,
el conte Tancredi de la Carda, Giovanni Tedesco da Pietramala ...» (2).

Poco dopo, con molti altri di quei capitani, veniva chiamato sui
campi lombardi ed il 25 luglio 1391 è fra i comandanti viscontei che
abbatterono, sotto le mura di Alessandria, l’armata francese condotta
da Giovanni III conte d'Armagnac (3), dando alle fortune del Conte di

‘ Virtù un successo risolutivo e un grande prestigio alle armi mercenarie.

italiane. Ancor prima che le pratiche di pace si concludessero felice-
mente a Genova (30 giugno 1392), furono rimandate nell’Italia cen-
trale per manco di spesa, alcune compagnie, tra le quali quella di Bior-

‘ do Michelotti, di Broglia da Tridino e del conte Brandolino. Loro di- -
segno era d’unirsi alle genti di Azzo da Castel Lombardo, il quale
dopo essere stato ai servigi del conte d’ Urbino, disegnava scendere in
Umbria in soccorso degli esuli perugini. «Di Lombardia della gente del

Conte di Virtù cassa, fra quali messer Brogliole e Brandolino e Biordo
Michelotti da Perugia, e molti altri uomini d'arme... voleano pas-
sare per lo terreno dei Bolognesi per andarein Romagna e nella Marca »

. ad unirsi con Azzo da Castello (4). Avrebbero voluto far la strada
che avevan già fatta nel novembre del 1387; ma questa volta i bolo- -

gnesi non eran per dare il passo. Anzi Firenze e Bologna, accoz-

zato insieme un grosso nerbo di milizie, avevano tentato non solo ..
d'opporsi al passaggio di quelle genti, ma di sorprenderle ed oppri-

merle nel cammino. Biordo, sacrificando molti cavalli, vinse in cele-

rità: e per Sarzana e Pisa, si condusse in salvo nel senese e di qui.

(1) GIOVANNI DI M. PeEDRINO, Cronica, Roma, 1934, vol. II, pag. 508; ^

Pompeo PeLLINI, Dell’ Historia di Perugia, parte seconda, Venezia, 1664,

‘pag. 10; Cronica di Anonimo fiorentino cit, pag. 102-.3.

- (2) Cronaca Senese di PAoLo pi. Tommaso MONTAURI, in RR. II SS.?
T.V; P. VL. Bologna;s19037.pag: 73908 SE
(3) P. B. ROMANELLI, La calata di Giovanni III conte d’ Armagnac. in
Italia e la disfatta d’ Alessandria, in « Rivista di Storia, Arte e Archeologia per
la Provincia d’Alessandria » aprile-giugno 1924, pagg. 137-180. . SR
(4) Cronica d'Anonimo fiorentino, pag. 153; SOZoMENI PISTORIENSIS,
Specimen Historiae, in RR. IL SS; T. XVI, Milano, 1730, col. 1150.
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BIORDO MICHELOTTI 97

nel perugino. Quivi s'unirono a lui molti esuli e le genti di Azzo da
Castello, che erano state al servizio del conte Antonio d'Urbino con-
tro i Malatesti e il signore di Cantiano: con essi occupò il castello di
Sigillo « che fu dato loto da quelli che v’erano dentro e quivi istettero
certi dì; poi vi lasciarono entro certi PM a guardia e ritornarono
verso Orbino » (1). i

Nel mese di giugno del 1392 s'accozzarono in un'unica compagnia
le genti d'Azzo da Castello, del Conte Giovanni da Barbiano, di Bro-
glia da Tridino, del conte Brandolino, di Gian Tedesco da Petramala
e costituirono un grosso organismo di più che quattromila cavalli,
e si mossero contro le maggiori città toscane, per costringerle a riscat-
tarsi mediante forti taglie. In questo modo il signore di Milano, cas-
sando le sue genti e spingendole addosso alle sue nemiche Firenze e
Bologna, costringeva queste a far a quelle milizie le spese in tempo di
pace. Parte di quelle genti al comando di Biordo rimasero nel peru-
gino in servizio degli esuli «e per questo faceano insin presso alle
mura della città danni incredibili ». Il cardinale legato s'interpose
per cercare un accordo e, dopo laboriose trattative, si-convenne da
entrambe le parti che Perugia fosse consegnata al Pontefice, il quale
dovesse venire ad abitarvi ed a suo arbitrio potesse rimettere in città
quegli degli esuli, che fosse parso conveniente per la pacificazione degli

animi. A garanzia dell'osservanza dei patti convenuti, gl'intrinseci

consegnavano al cardinale quattro delle più importanti fortezze.

I forusciti dal canto loro « dovevano fare che la compagnia di Biordo -

di Michelotti dovessono subito isgombrare il contado di Perugia e

liberamente lasciarlo » non appena gl'intrinseci « avessono dati alla |

detta compagnia per bene andata fiorini seimila d'oro ». Cosi la com-
pagnia di Biordo « quando ebbero avuti li detti denari, si partirono
e andaronne sul terreno del Borgo a Sansipolcro, e quivi si stettero e
feciono loro grande danno » (2). :

Frattanto per l'adempimento dei patti conclusi dal Legato, Bo-
nifacio IX era venuto a Perugia. Il 17 novembre venne a. rendergli
omaggio il conte Antonio di Montefeltro, vicario «in temporalibus »
e signore d'Urbino e di Gubbio: questi « essendo molto corteggiato
dai Raspanti (gli esuli riammessi in patria), i gentiluomini ne presero

(1) Cronica di Anonimo fiorentino, pag. 156; SER GUERRIERO. DA GUBBIO,
Cronaca a cura di G. Mazzatinti in RR. II. SS.*, 3, T. XXI, P. IV, Città di Ca-
stello 1902, pag. 29.

(2) Cronica d'Anonimo fiorentino, pag. 161-62; SozoMENI BIOS ENS

Mee Cit, col 1151;

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4i sospetto e fecer tumulto... onde fecero cessar d'ufficio un certo
È ni messer» Aghinolfo Conti, barone romano, che per delega del papa
; M amministrava la giustizia, con poca soddisfazione dei nobili avvezzi
5 b] ai privilegi. Questo gentiluomo consigliava il papa a rimettere i fo-
Mt rusciti in città, ed allo stesso Scopo s'adoperava il conte Antonio,
d A che instava presso Bonifacio perché volesse riammettere Biordo Mi-
B us chelotti (1). Ma pei tumulti promossi dai nobili il conte dovette met-
Au tersi in salvo e gran parte degli esuli rimasero ancora esclusi dalri-

torno in patria. Biordo nel gennaio del 1393 era a Montalboddo (Ostra)
nelle Marche, in servigio del conte d'Urbino (2).

S'era formata sui primi del '93 una lega di Signori e città alla
quale presero parte Firenze, Bologna, i Malatesti, i marchesi di Fer-
rara, i signori di Mantova e quelli di Padova, per ovviare al pericolo
delle compagnie mercenarie senza soldo. La lega decise che Firenze
s’accordasse col conte Corrado e con Biordo Michelotti, il comune di
Bologna col conte Giovanni da Barbiano e col conte di Carrara, e
il marchese di Ferrara con Azzo da Castello; ma poi questi accordi,
pei sospetti che la lega fosse una manovra dei nemici di Milano, non
ebber luogo cosi com'era stata divisata, ed il marchese di Ferrara e i
Malatesti tolsero al loro soldo Broglia e Brandolino, mentre il conte
Antonio d'Urbino ed altri signori marchigiani assoldarono Azzo da
Castello e Biordo Michelotti (3).

| Il conte d'Urbino era da anni in lotta con Francesco di Necciolo
S Gabrielli, pel possesso di Cantiàno. Le genti d'Azzo da Castello e di
Biordo erano ancora parte a Cantiano e parte a Montalboddo, quan-

\

(1) «A di XVII de novembre se parti el conte Antonio da Ugubio per
andare a Peroscia a visitare il papa; et essendo la matina in palazc del papa,
dal quale benignamente era stato receuto, se levó il remore in piaza; el perché
uscendo el conte Antonio fora del palazo, accompagnato da alcuni che erano
stati usciti, se retornó in camera del papa. Septe de quelli che erano in sua com-
pagnia foro morti. El papa fecie accompagnare il conte Antonio da li soi et
$ tornosene a Ugubio non senza gran paura » SER GUERRIERO, pag. 29; Supple-
B Y mento quarto alla Cronaca del Graziani, in « Arch. Stor. Ital. » Serie I, Tomo
B INA XVI, pag. 254.

Y (2) Da quella località Biordo scriveva una letterina ai Priori di Città
di Castello, in cui diceva che letta la loro lettera, mandava subito il salva-
3 condotto richiesto. Raccomandava inoltrela tutela degli interessi di Antonia
i IN. | vedova di Giovanni Antonio, già capitano della città. « Apud Castrum Mon-
2 TN i tisalbodi die XVIII mensis Januarii, vester Biordus de Michelloctis capita-
1 neus etc. ». A. S. C. C. Cod. XLII, c. 95.
| (3) Cronica d'Anonimo fiorentino, pag. 171; SER GUERRIERO, pag. 29.
< 2 s :
EP IERI qu RE URP P RU nC rent a NEP I T o tn rage rp rca pP s

BIORDO MICHELOTTI 99

do furono chiamate nelle Marche dai soldati di Boldrino da Panicale,
per averne aiuto contro il marchese Andrea Tomacelli, fratello di Bo-
nifacio IX. Accorsi, assediarono il marchese in Macerata. I soldati di
Boldrino chiedevano a gran voce che i terrazzani consegnassero loro
«il Marchese della Marca fratello del Papa, il quale aveva a tradi-
mento morto Boldrino loro caporale »: e i cittadini, per togliersi di
dosso tanta minaccia l'avrebbero consegnato, se non fossero inter-
venuti gli ambasciatori fiorentini, i quali pattuirono «che i terraz-
zani dessono loro mille fiorini e che l'ossa di Boldrino fossono rendute
loro, e cosi fu fatto ». Gli ambasciatori accordarono altresi la compa-
gnia con il Pontefice, alle condizioni che il Papa desse a Biordo entro
un mese diecimila fiorini d'oro e questi s'impegnasse a non mole-
stare alcuna delle terre della Chiesa per un anno (1).

Era ancora Biordo con le sue genti nella Marca, quando ai primi
di giugno del 1393, s'impadroni di Castel della Pieve, l'odierna Città
della Pieve. Tenevano quel castello i Pellini a petizione di Genti-
luomo degli Arcipreti, uno dei capi piü in vista degli esuli perugini.
Nacque discordia tra i Pellini ed i conti di Montemarte: ed uno dei
notabili del Castello, un certo Neruccio, ricorse a questi ultimi per
aiuto contro le minaccie degli esuli. Il conte Francesco di Monte-
marte gli mandó Ranuccio, suo figlio, con 400 fanti; ma non senten-
dosi ancora i castellani amici di Neruccio abbastanza sicuri, manda-
rono « a Biordo de' Michelotti, il quale stava nella Marca et era de gli
usciti di Peroscia, et teneva Diruta et altri luoghi del Peroscino, a
domandargli pure agiuto et che si daria (no) a lui, e lui ne scrisse a
me — dice il conte di Montemarte — et io a lui che venisse, che saria
stato in suo aiuto ». Corsero tosto ai ripari i Pellini: ma tardi, che' «in
quel punto gionse alla Pieve messer Adovardo de' Michelotti, con
messer Luca da Canale, con presso che duecento cavalli, i quali man-
dava Biordo... e questo fu a di 28 di maggio 1393... venne, dopo,
Ceccolino, fratello di Biordo alli 5 di giugno, combatté la rocca e vin-
sela, et Biordo e fratelli si riputaro molto serviti da noi: et disse sempre
Biordo haver auta la Pieve per Dio e per casa Montemarte » (2).

Firenze non fu contenta dell'accaduto, poiché vedeva nel successo
degli esuli e di Biordo un incremento delle fortune del signore di Mi-

(1) Cronica d' Anonimo fiorentino, pag. 174; SozoMENI PISTORIENSIS, Spe-
cimen, cal 1154.

(2) Cronaca del Conte Francesco di Montemarte, cit, pag. 257; Cronica
d'Anonimo fiorentino, pag 174; SozoMmENI PISTORIENSIS, col. 1154.
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100 GINO FRANCESCHINI

lano nell' Italia centrale (1). Se pure non vogliamo far minori i meriti

del conte di Montemarte, il quale considera l'occupazione di Castel
della Pieve da parte di Biordo, come l'antefatto ela cagione del suo
ritorno in patria (2), dobbiamo considerare che accanto a questo
successo, un altro ne riportava il capitano perugino nelle Marche, che
insieme al primo dovevano agevolargli le vie del ritorno ai patri lari.
Il marchese Andrea Tomacelli aveva di sorpresa occupato Apiro,
un castello dei signori di Camerino; ma la rocca resisteva ancora.
Gentile da Varano, il signore di quel luogo, chiamó in suo aiuto Biordo
Michelotti con la sua brigata, e questi accorso celermente, s'uni alle

genti dei Varano entrando nel castello « e presono il detto Marchese .

della Marca, e tutta la sua gente vi fu tra morta e presa; e il detto

Marchese della Marca rimase prigione di Biordo de’ Michelotti e

molti altri della sua brigata. Di che avvenne perché più altre terre
della Marca si dierono poi quale a messer Gentile da Camerino e quali
a Biordo de' Michelotti » (3).

PE

In Perugia, frattanto il Papa, il 20 maggio 1393 aveva tolto agli

esiliati il bando, con grandi segni d'allegrezza (4). Un mese dopo, di

fronte alle turbolenze dei nobili, fu costretto a rifugiarsi in San Pietro

che fece munire a difesa. Tentó quindi di pacificare gli animi, ma ogni
opera di suasione fu vana: il 30 luglio fra i Raspanti e i nobili si venne

" alle armi e nel tumulto lo stesso Pandolfo Baglioni capo dei nobili, fu

ucciso. Il papa in segno di protesta abbandonò la. città e si ritirò in
Assisi. Uscito il Pontefice, Biordo il 3 agosto rientrò in Perugia, tra le
acclamazioni e le grida di giubilo dei suoi fautori. Il suo ritorno segnò
un'ulteriore scissione tra gli esuli e molti si allontanarono da lui:
tra questi il giovine Braccio da Montone, che aveva militato sin allora

(1) Vedi le mene degli ambasciatori fiorentini in Cronica d’ Anonimo fio-
rentino, pag. 174.

(2) Si può sospettare legittimamente che il conte sopravvalutasse l’opera
dei Montemarte nella rapida fortuna di Biordo: Cronaca cit., pag. 258.

(3). Cronica d' Anonimo fiorentino, pag. 178; SOZOMENI PISTORIENSIS, Spe-
cimen, col. 1155.

(4) Il giorno dopo ne giungeva notizia a Città di Castello. «Anno 1393,
vigesima prima Maii... Excelsi domini Priores providerunt quod Came-
rarius Comunis expendat in honorando nunctium Comunis Perusii qui tu-
lit licteras dicti Comunis cum ramo olive notificando pacem esse factam inter
intrinsecos et extrinsecos Perusinos, usque in quantitatem decem florenos auri ».
AS C. Annales, vol. XXV, c. 103.. Regesto Corbucci.
BIORDO MICHELOTTI 101

ai servigi del conte Antonio di Montefeltro. Il Campano dice che.

Biordo gli offerse «si secum militare vellet, stipendium quantum ne

apud Feltranos quidem habuisset ». Braccio ricusò. I fratelli suoi -’
‘essendosi sottomessi e pacificati con Biordo insieme al castello di

Montone, ottennero la restituzione di Braccio ch'era frattanto ca-
duto prigioniero di Ciuccio da Paterno, alla Fratta. Liberato, Braccio
si ritirò a Borgo San Sapolcro, e quivi nel 1396 stipulò la sua con-

dotta con trenta cavalli, agli ordini di Bindo da Montopoli, capitano

dei Fiorentini (1).

Divenuto padrone della città, Biordo si preoccupò di rispettare
nelle forme le antiche magistrature, assumendo per se la « custodia
civitatis», la difesa del distretto, col connesso diritto di ricevere nelle
proprie mani il giuramento di fedeltà dei capitani preposti alle for-
tezze, e la tutela del governo popolare. I magistrati vollero celebrare
il ricordo del suo ingresso in città decretandogli una statua « more
maiorum Romanorum » da erigersi sulla piazza di San Lorenzo o in
altro dei luoghi pubblici più frequentati « ut ceteros ad similia studia
semper alliciat »: e gli conferirono il mandato di stipulare gli 9Rpontunt
accordi di pace col legato pontificio (2).

Non stette a lungo a riposar sugli allori Biordo: e siccome aveva
ancora molte faccende alle mani nelle Marche, per se e pei signori di
Camerino, ritornó in quella regione con Azzo da Castello. Dopo aver
costretto quelli di Osimo ad un riscatto, si volse contro Fermo. In no-
vembre un gruppo di signori da un canto, tra i quali i Varano, i Chia-
velli e gli Smeducci di San Severino, ed un gruppo di città dall'altro,
stipularono una tregua, da durare sino all’11 novembre del 1394,
per la quale le comunità di Recanati, Macerata e Osimo promettevano
di dare a Biordo mille duecento ducati, mentre Biordo restava garan-
te dell'osservanza dei patti e prometteva di non molestare per un
anno le terre marchigiane, e s'impegnava insieme ai Signori e alle
Città stipulanti, a far si che il Rettore per la Santa Romana Chiesa

ratificasse le convenzioni e le promesse corse dall’una all'altra parte (3):

| Tornato in Umbria, traendo partito dai timori assai diffusi, che
lesue genti e quelle di Azzo da Castello e del Conte Corrado, alla buo-
na stagione si sarebbero volte contro la Toscana, stipulò un accordo

(1) JOANNIS ANTONII CAMPANI, De vita et gestis Braccii, a cura di Ro-
BERTO VALENTINI, in RR. II. SS.?, T. XIX, P. IV, Bologna, 1929, pag. 14-15.
(2) ARIODANTE FABRETTI, Note. e documenti ad ilustrare la Biografia dei
Capitani e venturieri dell’ OMR Montepulciano, 1842, pag. 21-22.
(3) FABRETTI, pag. 23-24.
102 GINO FRANCESCHINI

con Firenze e le sue alleate, «il quale patto, per sé e per lo conte Cur-
rado, e per Azzo da Castello fece Biordo, essendo in Firenze», pel quale
accordo s'impegnava, anche a nome dei capitani suoi colleghi, di
non offendere per un anno i territori dei collegati, mentre questi pro-
mettevano di versare un congruo compenso. Il 20 marzo 1394 Città
di Castello ratificava i provvedimenti « de taxa lige tangenti pro tem-
pore cum modis, provisionibus, pactis et conditionibus » previsti dal
trattato (1). Ad onta di questi accordi, sappiamo che motivi d'attrito
con Città di Castello e reciproci sospetti perdurarono, a causa del con-
testato possesso d'alcuni castelli. Dal tenore d'alcune lettere affiorano
le diffidenze, che anche Firenze nutriva verso Biordo, ch'essa con-
siderava sempre legato al Signore di Milano, mortale nemico della
Città del Fiore (2).

Sebbene Biordo avesse già, con l'acquisito dominio di Perugia e
€ol possesso di Deruta, di Città della Pieve e d'altri castelli minori del
perugino, gettato le basi d'una considerevole signoria territoriale, e
che accanto ai vecchi doveri del capitano fossero sorti quelli del prin-
cipe, ancora la sua attività di capo di milizie era preminente su ogni
altra ed i territori soggetti al suo dominio adempivano prevalente-
mente la funzione di quartieri invernali per le sue truppe. Per questa
ragione, per esser rimasto un capitano, con la costante preoccupazione
di dover procurare in qualunque modo un pane alle sue genti, ch'erano
la ragione stessa della sua potenza politica, per questa ragione, sul-
l'estate portò, com'aveva minacciato nella lettera ai fiorentini, le
sue armi infeste addosso ai senesi prima e poi ai pisani. Intervennero

gli ambasciatori di Gian Galeazzo Visconti, i quali adoperarono in

(1) «Anno 1394, die vigesima: Martii. Ratificatio firme facte cum Biordo
de' Micheloctis. Cum libertas popularis status Civitatis Castelli multipliciter
solidetur occasione Lige facte per magnificum et excelsum Comune Civitatis
Florentie et eius colligatos, et novitissime pro conservatione omnium Colli-
gatorum inter quos existit Comune dicte Civitatis Castelli, pro Comune Floren-
tie et eius colligatis (conducta facta sit) de nobili et strenno viro Biordo de Mi-
cheloctis de Perusio, pro uno anno proxime venturo, incipiendo die prima maii
proxime ventura, cum illis modis, pactis et condictionibus cum quibus de men-
se novembris proxime preterito fuit conductus nobilis miles comes Conradus de
Alchilbergh, idcirco Magnifici domini Priores Populi dicte Civitatis una cum
sapientibus viris triginta duobus Arbitrii etc omnibus via, iure, modo et forma
quibus melius potuerunt dictam firmam et conductam approbaverunt et con-
firmaverunt pro parte dicti Comunis pro taxa lige etc ». A. S. C. C. Annales,
vol. X XVI, e. 9; Cronica d' Anonimo fiorentino, pag. 185; SOZOMENI PISTORIEN-
sis Specimen, col. 115.

(2) Vedi Appendice, doc. n. 2 e 3.
BIORDO MICHELOTTI 103

modo, che quelle comunità sborsassero a Biordo venticinque mila
fiorini, e questi sgombrò la Toscana. Passò con le sue genti in Roma-
gna ed andarono ai danni di Forli e di quante comunità non fossero
collegate, costringendole al riscatto. In Romagna la compagnia si
sciolse: Azzo da Castello andó ai servigi del signore di Ravenna, mentre
Biordo tornó con la sua compagnia nel perugino (1). Il 14 ottobre man-
dava ai senesi il seguente avvertimento: « Io, come dovete sapere, ho
gente d'arme in numero assai grande, le quali sono senza soldo et iuva-
mento veruno: di che tutto di me richiedono che io lassi fare cose, me-
diante le quali si possino mantenere. E pertanto, non potendo loro dare
soldo, non li posso denegare che non faccino delle cose per le quali si
sostegnino. Sopra la qual cosa io ne ho voluto scrivere a la Signoria
vostra, a ció che se per loro si facesse cosa veruna contro.la Signoria
vostra, voi ne siate avisati » (2).

Nella primavera del 1395, Biordo fu sollecitato da Inghiramo
sire di Coucy, perché andasse con le sue genti in Piemonte alla di-
fesa d'Asti e delle terre di Luigi duca d'Orleans, divenuto genero di
Gian Galeazzo Visconti (3). Evidentemente gli antichi legami col
Coucy, pei quali Biordo ed i suoi erano stati costretti ad esulare,
non erano caduti ed assumevano ora un più preciso valore indicativo,
essendo il barone francese venuto in Italia a contenere la crescente
fortuna del Conte di Virtù. I suoi doveri di signore, d’una signoria
ancora assai precaria, trattenendo nell’Italia centrale il capitano peru-
gino, gli permettevano di restare ancora in una formale fedeltà verso i]
nuovo duca di Milano. L’attenzione di Biordo era tutta volta alle cose
vicine, sulle quali sperava di costruire un saldo fondamento alla sua

(1) Cronica d’ Anonimo fiorentino, pag. 188.

(2) ALFONSO PROFESSIONE, Siena e le compagnie di ventura, Civitanova
Marche, 1898, pag. 147.

(3) GIACINTO RoMaANo, Regesto degli Atti Notarili di Cristiano de’ Cristia-
ni, in « A. S. Lomb» a XXI (1894), pag. 29. Fino al primo maggio 1395 era
ancora operante l’accordo stipulato con Firenze e le sue alleate l’anno prima.
Il 29 aprile 1395 « Magnifici domini Priores Populi Civitatis Castelli una cum
sapientibus viris trigintaduobus Arbitrii providerunt quod Camerarius Comu-
nis solvat Rentio Nicholutii domicello dominorum Priorum pro solvendo Ma-
gnifico Viro Biordo de Micheloctis de Perusio capitaneo, in ratam taxe lige
dicto comuni tangenti de provisione dicti Biordi pro suis sex mensibus anni sue
conducte inceptis die prima novembris proxime preterita, ad rationem viginti
quatuor florenorum auri nectorum in mensem, in summa centum quadraginta
quatuor florenos auri nectos » A. S. C. C. Annales, vol. XXVI, c. 135. Regesto
Corbucci.
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1} 9 : 104 GINO FRANCESCHINI

) | potenza. Spiava attentamente ciò che accadeva in Orvieto. Eran
p giunti in quella città, a ricondurre la pace tra le opposte fazioni, Gio-
ij : ‘vanni Tomacelli, comandante delle armi della Chiesa ed il cardinale

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i » gp . di Manoppello (Francesco Carbone card. di Santa Susanna, poi ve-
4 h scovo di Sabina), legato pontificio. Il lodo da essi emanato non soddi-
E b sfece le parti; anzi indignó alcuni nobili a tal segno, che macchinarono
W 2; | d'entrare con le armi in città, per uccidere il cardinale e Luca e Corrado:

della Cervara. Il tentativo andó a vuoto fortunatamente, ed a sopire
le rinfocolate inimicizie furono eletti quattro conservatori, due per
ogni opposta fazione, i quali concordemente il 12 gennaio 1395 rimi- |
sero nelle mani di Biordo la composizione della pace (1). Non essendo |
‘ possibile, per le accese passioni, riammettere in quel momento in Or-
vieto gli esuli, Biordo si riservó di compiere a tempo più opportuno |
la pacificazione della città, e siccome alcuni signori marchigiani lo |
avevan chiamato in loro aiuto, si volse verso le terre di Smeduccio
da San Severino e dei signori di Camerino. !

- Alla notizia del suo avvento, le comunità marchigiane decise a
difendersi assoldarono il conte di Carrara, il Mostarda e Luca da
Canale. Dopo varie schermaglie Biordo stipulò con quei capitani una

| tregua (2), e se ne tornò in Umbria, richiamatovi dai nobili di Todi.
In quella città era accaduto che « Malatesta, ch'era figliolo di messer
Pandolfo de’ Malatesti, il quale avea tenuta per anni passati la detta
città di Todi, si partì da quella e-andossene a Pesaro sua città, però che
gli altri della famiglia de’ Malatesti vollono che lasciassela... perché
non vollono essere in discordia col papa. E il detto Malatesta fece
quello ch'e' suoi consorti vollono...» (3). Abbandonata pertanto
Todi dal Malatesti, mentre il Papa e i fratelli avevano «stretto
ragionamento con l'una e l'altra parte, che Todi tornasse all'obedienza
della Chiesa... accadde che tornava Biordo dalla Marca... e nel
confino di Peroscia, Todi e ducato, i Chiaravalli lo furo ad incontrare
per sospetti de' fatti della Chiesa; per la qual cosa lo fecero venire a.
Todi et fecero far lor signore et datoli tutte le fortezze dentro e di fuo-
ri come havea Malatesta. E fu alli 3 d'agosto 1395 » (4).
« Come Biordo ebbe la signoria di Todi — prosegue un testimone
oculare — subito scrisse ad Orvieto a tutti i gentilhuomini dell'una
e l'altra parte, come altra fiata noi haveamo messa la pace nostra

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(1) Luria1 Fumi, Codice Diplomatico d'Orvieto, pag. 295.
. (2) FABRETTI, pag. 25. |
(3) Cronica d'Anonimo fiorentino, pag. 196.
(4) Cronaca del Conte di Montemarte, pag. 261.

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BIORDO- MICHELOTTI 105

nelle mani sue, et che per altri affari, che gli erano accaduti, non gli
havea potuti condurre a fine, ma ora che esso era signore a Todi,
più presso ad Orvieto, esso la volea mandare ad esecutione. Fugli

risposto come noi l'haveamo ferma tra noi. Rispose che non erano -
entrati gli usciti et che se lo reputaria a vergogna, se entrassero per .

altre mani che per le sue; et infine mostró voler rimanere poco amico

di qualunque a ció contradicesse ». I nobili tentarono di porre qualche :

condizione che limitasse i poteri del paciaro signore, ma invano.
«... Et deinde cepit Urbem Veterem et alia oppida expellendo mi-
lites Papae et satis se fecit potentem in illis partibus ». « A di 21 (set-
sembre) entró in Orvieto con forse 400 cavalli, e fu riciùto con gran
alegrezza, et lo fecero signore, et il di seguente, per consiglio generale,
li fu data in vita la signoria di Orvieto » (1).

I fiorentini, che il 7 ottobre si felicitavano con Biordo della con- .

seguita nuova signoria, mentre gli mettevano ai fianchi Filippo Ma-
galotti che nei disegni della repubbl'ca doveva essere un fido infor-
matore, gioivano in segreto che Ugolino Trinci, signore di Foligno,
sceso in campo in difesa del Papa, desse «che rodere » al capitano
perugino. Bonifacio aveva mandato contro Biordo, il proprio fratello
Andrea Tomacelli desideroso di vendicare sul condottiero umbro

la patita prigionia (2). Biordo assoldó i capitani Broglia e Bran-

(1) Il decreto che dava a Biordo la Signoria d'Orvieto è del 25 settembre

1395, v. Codice Diplom. cit. pag. 593; mentre tanto la Cronaca di Luca di Do-

menico Manenti, come il Cod. Urbinate 1738 editi in Ephemerides Urbevetanae,
pag. 208 e 405, assegnano erroneamente all'anno 1391 l'inizio della Signoria
di Biordo su Orvieto. Quest'errore è passato poi nei Commentari del MoNAL-
DESCHI, nell' Historia del PELLINI, pag. 25, e nel FABRETTI, pag. 20-25. Vedi
anche Cronica d'Anonimo fiorentino, pag. 196; SozoMENI PISTORIENSIS, Spe-
cimen, col. 158-59. : : j

(2) Come appare da una letterina di Ciccolino Michelotti, gli esuli pe-

. rugini e Braccio s'erano schierati nel conflitto dalla parte dei pontificii. Il
. 24 febbraio scriveva da Gualdo « Magnificis dominis prioribus Civitatis Ca-

stelli »: « Magnifici domini honorandi patres carissimi post recomendationem
et animum ad grata paratum. Io ho persentito che certo mio bestiame quale
Io ho in lu vostro terreno, me deve essere tolto da alcuni ‘quali se degiono
partire da lì, dala vostra cipta: e lu principale ordenatore de questo e on Mez-
zancollo da Montone compagno de Braccio. E pertanto prego la Magnifica
paternità vostra, ve piaccia provedire che per homo che se mova del li non
me sia tolto, advisandolo che con multa sicurtà e speranza chio ho nè la Vostra
Signoria lo mandato in lo vostro terreno. Offerendome a tucti vostri piaceri e
honori. Datum Gualdi die XXIII februarij, vester Ciccolinus de Micheloctis
Capitaneus etc.» A. S. C. C. Cod. XLII, fol. 61.

L]
106 GINO FRANCESCHINI

dolino e con essi cavalcò vittoriosamente tutto il piano di Foligno
sino a Spoleto. Ugolino Trinci enumerando, in una lettera a Boni-
facio IX i danni patiti dalle terre a lui soggette ad opera dei soldati
di Biordo, diceva: «... infinita damna allata in territorio Fulginei et
in aliis locis mihi commendatis de mense martii et aprilis 1396 a Ciuc-
cio de Paterno, a Nucerinis, a Ceccolino Michelotto, a seguacibus
Biordi et aliis inimicis Ecclesic... » i quali incendiarono ville e pre-
sero prigioni « diu carceribus, fame, verberibusque et afflictionibus
macerati et pro maiori parte privati dentibus... », pel riscatto dei
quali si chiedevano dodicimila fiorini (1).

In primavera, alla ripresa delle ostilità contro «li pastori
napoletani », come Biordo chiamava il papa e i suoi prelati, chiedeva
in prestito ai senesi « alcune bombarde grosse per alcuni di». Era il
25 marzo 1396: nello stesso giorno i suoi procuratori conchiudevano
coi rappresentanti della Curia il trattato di pace, che il giorno dopo
« ad gaudium » egli annunziava ai senesi. Due giorni dopo giungevano
a Città di Castello « nuncios qui apportaverunt licteras Comunis Pe-
rusii et Biordi de Micheloctis, notificantes pacem esse firmatam inter
Ecclesiam Romanam et Sanctissimum in Christo Patrem dominum
summum Pontificem ex una parte et Comune Perusii et Biordum ex
altera » (2). In virtù di questa pace il nuovo signore restituiva al
pontefice alcuni castelli, mentre,il Pontefice lo investiva del vica-
riato «in temporalibus » sulle città di Todi, d'Orvieto e su altre terre
minori, contro il pagamento di un censo annuo. Biordo si obbligava
a stipendiare 500 lance a cavallo a disposizione del Pontefice, che, a
sua volta, si obbligava a pagargli duemila fiorini al mese di soldo (3).

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Conclusa la pace col Papa, sembrava che lo stato di Biordo
riposasse su piü solide basi.

Tuttavia, col crescere della potenza di Biordo, la sua posizione
diveniva sempre piü difficile, per un uomo nuovo al principato, com'era
lui, tra le opposte diffidenze di Roma, di Firenze e di Milano. Delle

(1) FABRETTI, pag. 68-68.

(2) Vedi le lettere 5, 6 e 7 dell'Appendice. Nell'Archivio di Città di Ca-
stello v'é ricordo della spesa fatta « pro honorando nuncios qui apportaverunt
licteras Comunis Perusii et Biordi etc. » come nel testo. A. S. C. C., Annales,
vol. XXVII, c. 35, Regesto Corbucci.

(3) SOZOMENI PisTORIENSIS, Specimen, col. 1161; Cronica di Anonimo
fiore ntino, pag. 202; Cronaca del Conte di Montemarte, pag. 262.

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BIORDO MICHELOTTI 107

tre potenze più temibile era il duca di Milano. Come dopo la con-
venzione con Firenze e le città della taglia guelfa, era stato richiesto
d’andar con le sue genti in Piemonte, alla difesa di Asti e delle
terre che erano state assegnate in dote a Valentina Visconti, così
ora, il signore di Milano, onde premunirsi e porre a fianco del capitano
perugino un aiuto od un freno, mandò in Umbria il capitano Otto-
buono Terzi, che aveva occupato con le sue milizie castel Mazza-
rino (1). Come se questo non bastasse faceva sì che gli cascasse
addosso più grave iattura.

Il 16 maggio 1396 era stata firmata la pace tra i fiorentini, i
pisani, i senesi, i perugini, i lucchesi, i bolognesi, i signori di Padova,
di Mantova, di Faenza, d’Imola, i Malatesti e Gian Galeazzo Visconti
duca di Milano: ed in conseguenza di questa pace, si era riversata sulle
terre della Chiesa, una profluvie di genti d’arme senza soldo, che met-
teva tutti in serio pericolo. I romani parevano disposti ad andare ad-
dosso ai brettoni di Bernardon des Serres, i quali d’altro canto,
poco temevano di loro e del Papa. Temevano invece il minaccioso e
ambiguo contegno di Biordo, che avrebbe voluto levarli dal paese, se
fosse stato assecondato efficacemente dalla Curia romana. Un infor-
matore senese, scriveva ai suoi Priori: « ... ó dimandato Biordo che
animo à chontro di loro (dei Brettoni), ami detto « el animo mio era di
levarli del paese, ma io non sò intendere questi pastori de la Chiesa e
mi pare le loro chose sieno in modo che io non so’ ancho che mi faró. . .»
E consigliando i senesi a rinnovare la tregua coi Brettoni, servendosi
magari di Cione Salimbeni o di Biordo come mezzani, soggiunge:
«... Sarà bene che l'achordo si facia e dichovi tanto, se voi el volete
fare, Cione Salimbeni o volete Biordo, sono e' miliori mezani posiate
avere e chredomi io che Biordo ne farà quelo di loro vorà peró che
molto il temono... » (2).

(1) Il 4 maggio 1396 Bonifacio IX significa ai Perugini il dispiacere pro-
vato per la occupazione di Castel Mazzarino da parte di Ottobuono Terzi; e
dovendo pagare a questi 3000 fiorini, perché desista dalle ostilità, prega il Co-
mune di dargliene 1500 in conto di TUA del censo. « Arch. Stor. Ital ». T. XVI,
P.I; 1850, pag: 653:

(2) Il senese Antonio Azoni, scrivendo da Perugia ai suoi Priori il 15
maggio 1395, tra l'altre cose diceva: «Le novele di qua sono queste: e’ ro-
mani ogni di sono soto l'arme, il papa vorebe partire, ma non pare e’ Romani
sieno disposti a lasarlo, erano disposti ad andare adoso a Bretoni, ora per
queste novità non so chome faranno, pare si chreda di no, e bretoni pocho ne
churavano, ma di quelo che temono sie di Biordo ed io ò dimandato Biordo
che animo a chontro diloro, ami deto el animo mio era di levarli del paese,
——

mer

108 ‘ GINO FRANCESCHINI

Alle genti che si erano riversate sulle terre della Chiesa, s’aggiun-

geva l’ambiguo atteggiamento di Firenze, minaccioso a tutte le minori

potenze dell'Italia centrale. Alla città di Siena, la quale enumerando -

le truppe al soldo dei fiorentini, cercava di mostrargli quale minac-
cia quelle rappresentassero sia per lei come per Perugia, Biordo ri-
spondeva, che non avendo mezzi per resistere a quelle, aveva creduto
conveniente per sé, unire le proprie alle genti fiorentine, ond’evitare
d’esserne sopraffatto. Consigliava, pertanto i senesi di rivolgersi al
duca di Milano, perché, diceva « se egli mi richiedesse di venire alla
difesa della vostra comunità, accorrerei di buon animo ». « Pro quibus —
soggiungeva — ceterisque ingruentibus saluberrimum ducerem ad
prefatum dominum ducem Mediolani oratores nostros protinus de-
stinare, ut nobis devotissimis fidelibus suis dignetur, secundum re-
rum exigentiam, providere » (1).

Come dichiarerà, Biordo caldeggiava che il duca di Milano pro-
muovesse una più stretta collaborazione tra le città sue racco-
mandate, e che Perugia e Siena mettessero in piedi un comune
organismo militare con l’aiuto finanziario della corte di Pavia: natu-
ralmente egli avrebbe dovuto essere il comandante o uno dei coman-
danti di quell’organismo militare, e questo particolare suscitava
qualche perplessità nel consiglio del duca di Milano. Trattative co-

munque per una ferma di Biordo vi furono, condotte, da Aquilino de -

Porri e da Ambrogio da Niguarda, familiari del düca. Ma al buon esito
di quelle pratiche pare che s'opponessero gl'impegni che Biordo aveva
ancora con Firenze: non ostante ció avvisi e ambasciate, per una re-
ciproca difesa, furono assai frequenti tra Siena e Perugia, per tutto
l'anno 1396. (2). Queste pratiche finirono per far si che Firenze,

ma dio non so intendere questi pastori de la chiesa e mi pare le loro chose sieno
in modo che dio non so ancho che mi faró; piutosto tenta di no che di si: e peró
Signori miei io vi richordo chon debita riverenza che la trieghua de Bretoni
finisce per tuto questo mese e voi sapete chome sete potenti per ora e però io
chredo che per fine a tanto che le chose none abino altra disposizione, che sarà.
bene che lachordo si facia ecc. A. S. S., Concistoro, 1839, n. 64 (eric dei carteg-
gi. Originale). / TRANS : í

(1) Appendice, doc. n. 10.

(2) A riprova riferisco alcune letterine con le quali Biordo accreditava
suoi agenti a Siena. « Magnificis et potentibus dominis patribus carissimis, do-
minis Prioribus gubernatoribus populi civitatis Senarum. Magnifici et poten-
tes domini patres carissimi. Commisi quedam dilectissimo camerario meo ser
Laurentio de Cremona presentium exhibitori, ut ea vobis accessurus illuc di-
cat oretenus, cui velitis fidem plenan in his que vobis in ea parte dixerit exhi-
BIORDO MICHELOTTI #21T09

quasi ad ammonimento, gli mandasse addosso le genti di Bar-
tolomeo da Prato, di Ludovico Cantelli e di Antonio degli Obizzi.
Biordo allora si rivolse ai ducheschi e pregò Siena perché ottenesse
da Giacomo d’Appiano, che mandasse in suo aiuto la compagnia di
Giovanni Colonna. Non pare che ottenesse nulla: e mentre il primo
settembre dichiarava quasi baldanzoso, di poter respingere vittorio-
«samente gl’insulti delle genti mosse ai danni e di Perugia e suoi, il 10
chiedeva ai senesi che gli mandassero in aiuto la compagnia di Guido
d’Asciano. Ancora il 12 settembre, mentre assicura di poter da solo

liberarsi dalla stretta dei nemici, tuttavia, perché anche Siena possa -

esser partecipe della vittoria, insiste perché gli mandi i in aiuto Guido
d’Asciano con le sue genti (1).

Questa volta Siena si mosse e Guido fu mandato in soccorso di
Biordo; ma i perugini preferirono « certam pacem exigere, quam du-
biis ancipitis fortune casibus subiacere » e vennero agli accordi. I
nemici, sgombrando il territorio perugino si sarebbero gettati sul
senese, e Biordo ne dava avviso ai priori della città amica profferen-
. dosi ad accorrere in difesa di lei. Guido d'Asciano, soggiunge Biordo,
ch'é stato testimone alla stipulata concordia « me frequentis precibus
incessanter rogavit, quamvis oportunum non foret, ut Magnifice
communitati vestre vellem arctissimis nexibus copulari. Et ad omnem
vestri status defensionem eidem obtuli centum equites, successurus
equidem personaliter totis viribus quotienscunque, quod absit,
necessitas vestri status postularit » (2).

Com'era facile prevedere, queste schermaglie sboccarono nel-

bere. Datum Perusii die primo Junii MCCCLXXXXVI. Biordus de Michelot-
tis, Capitaneus » A. S. S., Concistoro 1837, n. 51, Originale; agli Stessi. « Magni-
fici et potentes domini patres carissimi. Torna a voi il nobile homo Nofrio de-
Angelo vostro citadino, quale ve dirà certe cose per mia parte, quale a lui ho
commesso. Et per tanto pregovi che gli crediate como che a me proprio. Ap-
parecchiato ecc. Datum Perusii die VIIII Septembris, MCCCLXXXXVI.
'Vester Biordus de Michelottis » Ivi, Concistoro, 1838, n. 97. Originale; agli
stessi. « Magnifici et potentes domini, patres carissimi. . Ho comiso certe cose
al nobile cavaliero Giapoco de la Nella, quale vi dirà per mia parte. Et per-
tanto pregovi che li crediate come che a me proprio. Perusii, XXV novembris
MCCCLXXXVI. Biordus de Michelottis ». Ivi, n. 97 A; agli stessi « Magnifici
domini patres carissimi. Comisi quedam nobili viro ser Berxano de Perusio,
vobis mei parte oretenus referenda, cuius relatibus rogo placeat uti meis fidei
plenitudinem adhibere. Perusii, XXV movembris, MCOCCLXXXXVI. Biordus
de Michelottis, Ivi, 97 B.

(1) Appendice, v. lettere n. 16, 17, 18, 19.

(2) Appendice, lettera n. 22.

— feb rre a rm. c e
110 GINO FRANCESCHINI

l’aperta guerra. Firenze, vedendo il duca di Milano fortemente im-
pegnato nel mantovano, pensò fosse venuto il momento per assalire
le forze viscontee stanziate in Toscana. Fece suo capitano di guerra
Bernardon des Serres, il quale puntò contro Pisa con le compagnie di
Ludovico Cantelli, di Bartolomeo da Prato e di Antonio degli Obizi
richiamate dal senese. Il duca di Milano, senza distrarre le forze dal
mantovano, raccolse un considerevole esercito e lo ammassò nel se-
nese, per minacciare sul fianco la manovra dei fiorentini. Ne facevan
parte Biordo, suo fratello Ceccolino, Paolo Orsini, ed altri capitani.
« Nel 1397 crescè la guerra tra ’1 duca e’ Fiorentini e loro collegati, e
tenne il duca da ottomila cavalli in Toscana contra Fiorenza et fece
danno assai » — dice il conte di Montemarte — et allora Biordo era
alli servitii del duca » (1).

A dissolver la potenza delle forze nemiche, i fiorentini ricorsero
ad un espediente, già sperimentato e ritenuto infallibile con gente
assoldata: offrirono venti fiorini per lancia, che doveva essere quasi
il doppio di quel che dava il duca di Milano. L'esercito senese
si sfasciò, e Biordo coi suoi passò ai nemici: «... e sappiate che
delle genti de’ Senesi se ne partì 3000 cavali e andonno al soldo de’
Fiorentini, e funno Biordo da Perugia e Ceccolino suo fratello,
e Pavolo Orsini da Roma e più altri condottieri, perché i Fioren-
tini davano fiorini XX per lancia per trarompere le genti de’
Sanesi...» (2). |

Il passo compiuto da Biordo fu assai biasimato dai contemporanei.
«Partissi — dice il conte di Montemarte — del mese di maggio Biordo
dalli servitii del duca: cosi Paolo Orsini con 2000 e più cavalli; e
fermarli i Fiorentini, per quello si dicea, servanno poco (l') onor loro.
E questo fu danno del duca » (3). Anche lo stesso Biordo non tardò
ad accorgersi di aver fatto un passo falso. Sperò forse di far credere
a Pavia, che la sua defezione fosse soltanto un’abile gherminella per
smunger denaro al nemico, o qualche cosa di simile ? Parrebbe di sì,
perché il suo contegno suscitò tali diffidenze, che i fiorentini furon sul
punto di mettergli le mani addosso. Accortosi in tempo della mala di-
sposizione dei nuovi padroni, fuggì. Un anonimo perugino dice che
« nel 1397 Biordo andò a Fiorenza per capitano generale, ma vi stette
poco tempo, perché, avendo veduto certi cattivi segni, ste’ tutto so-

(1) Cronaca del conte di Montemarte, pag. 263. ì

(2) Cronaca senese cit, pag. 752; SER GUERRIERO, Cronaca, pag. 32.

(3) Cronaca Montemarte, pag. 263. Ho corretto 200 in 2000 come mi
pare voglia il senso. i
BIORDO MICHELOTTI 111

pra di se' e dubitó di non essere un giorno ammazzato: onde fece
mettere in ordine subito i suoi ragazzi e i suoi cavalli... e come fu
alquanto lontano da Fiorenza, dette di sprone e giunse ad Arezzo
quell'istessa sera » (1). Tenne la via della valle del Tevere. Una ri-
formagione di Città di Castello ci ha serbato il ricordo del suo pas-
saggio: il 19 giugno, i Priori approvavano «quod offitiales abun-
dantie possint providere de honore fiendo Biordo de Micheloctis co-
miti Castri Plebis qui noviter cum sua gente transiturus est prope
hane civitatem » (2).

Perduta ad un tempo l'amicizia dei fiorentini e.del duca di Milano,
senza aver ottenuto, quel ch'era peggio, il denaro agognato, la posi-
zione di Biordo divenne assai pericolosa. Prendendo motivo dall'ir-
requietezza che serpeggiava nelle terre di Biordo, per cui andó perduto
qualche castello del distretto di Todi, il Papa gli mosse le armi contro.
I15 settembre 1397 Bonifacio IX costituiva Pandolfo Malatesti capita-
no generale delle genti della Chiesa contro il capitano perugino (3).
Tre giorni dopo il duca di Milano scriveva ai senesi, che siccome al-
cuni esuli perugini volentieri si sarebbero raccolti sotto la protezio-
ne della loro città, per muover contro Biordo, egli avrebbe veduto
volentieri che accogliessero quegli esuli e porgessero loro tutto l’aiuto
che fosse possibile (4). Biordo vedendosi chiusa ogni via, si rivolse
ancora a Firenze; ma le sue richieste e le sue profferte furono respinte.

Pensò allora di guadagnar tempo per uscire dal passo periglioso,
e rialzare frattanto il prestigio che gli era necessario, dando compi-

mento al parentado già contratto con una potente famiglia romana.

(1) FABRETTI, pag. 26-27; Cronaca del Graziani, Supplemento quarto, in
«Arch. Stor. Ital. ». Tomo XVI, Parte prima, Firenze, 1850, pag. 260.

(2) «Et pro dicto honore fiendo (offitiales abundantie possint) expendere
de pecunia abundantie illam quantitatem quam eis videbitur » A. S. C. C.,
Annales, vol. XXVII, c. 165, Regesto Corbucci.

(3) Luici Towiwi, Rimini nella Signoria dei Malatesti, vol. IV, Rimini
1880, Appendice, pag. 420.

(4) La lettera del duca, diretta « Magnificis filiis nostris carissimis domi-
nis... Prioribus gubernatoribus civitatis Senarum », dice: « Magnifici filii
carissimi. Sentimus quod nonnulli ex exiticiis Perusinis se libenter reducerent
ad illam vestram civitatem cum intentione faciendi, cum auxilio vestro et
amicorum suorum, Biordo omnes possibiles offensiones. Quare laudamus
quod ipsos exititios intra illam civitatem receptetis et quod si vos requiren-
dum duxerint, eisdem contra dictum Biordum impendatis omne illud auxi-
lium quod videritis eis habiliter impendere posse. Datum Papie, VIII, septem-
bris MCCCLXXXXVI. Iohannes Galeaz, dux Mediolani, Papie ac Virtutum
Comes etc. A. S. S., Concistoro, 1840, n. 58. (Serie dei Carteggi. Originale).

Ln gae arp tror
112 : ‘GINO FRANCESCHINI

Ai primi di novembre condusse in sposa Giovanna, figlia di Bertoldo

| degli Orsini di Soana. Della eco suscitata da queste splendide nozze

son piene tutte le cronache perugine ed umbre. « Biordo fece ordinare
feste e trionfi grandi per menar moglie... Invitò tutti i signori cir- -
convicini, ordinando corte bandita per otto giorni. C’invitò messer
Chiavello da Fabriano e la moglie con tutta la famiglia, il figliolo del
conte Antonio da Urbino... », i signori di Camerino e quelli di San

- Severino Marche (1).

Ad onta delle allegrezze esteriori, Biordo non si sentiva sicuro e
« fece venir per guardia della sua vita moltissime genti delle sue ter-
re » (2). Ma nel tripudio di quei giorni, gli odi e i sospetti parvero

- nonché sopiti, vinti: anche Firenze mandó un suo ambasciatore e do-

dici uomini.d'arme « per giostrare ». Anche Venezia mandó un'amba-
sceria. La sposa fu prima accompagnata a Castel della Pieve, a ri-
cever la benedizione dal vescovo Odoardo Michelotti, che il papa

aveva promosso alla sede di Chiusi (3). Poi il 23 novembre il fastoso
corteo fece il suo ingresso in Perugia. Entró la sposa per le Due Porte

con un vestito intessuto d'oro e con molte gioie: davanti a lei anda-
vano tre paia di cofani contenenti il vistoso corredo, accompagnato

da sei donzelle vestite anch'esse di vesti preziose. Veniva a cavallo

a fianco alla sposa, Chiavello signore di Fabriano e gli ambasciatori
di Venezia e di Firenze. Per giorni si tenne corte bandita e si corsero
giostre: infiniti furono i doni fatti agli sposi. «Quelle nozze — dice ‘

(1) I1 28 ottobre 1397, i Priori di Città di Castello deliberaron «supra
honore fiendo Magnifico Viro Biordo de Micheloctis Comiti Castri Plebis et
supra ambaxiatoribus transmictendis ad dictum Biordum ». Il 30 ottobre
«providerunt quod quantitas quingentarum librarum denariorum... depu-
tetur pro expensis fiendis in honorando magnificum virum Biordum de Mi-
cheloctis Comitem Castri Plebis, tempore celebrationis nuptiarum suarum.
et super ambasciatoribus transmictendis ad dictum Biordum » Gli baia,
uno per porta, mandati a solennizzare quelle nozze furono: Giovan Pietro di
Ser Domenico di Porta S. Maria; Ser Francesco di Porta S. Florido; Oriente
Bartolutii de porta S. Jacopi; ser Bartolomeo di Ser Blasio di Porta S. Egidio.

|. A. S. C..G., Annales, vol. XXVIII, c. 9-11. Regesto Gorbucci. Supplemento

quarto alla Cronaca del Graziani cit. pag. 260-61; A. PELLEGRINI, Gubbio ecc
in questo Bollettino, a. XI (1905), pag. 162.

(2) FABRETTI, pag. 29; Supplemento cit. al Graziani, pag. 261.

(3) Fu poi promosso nel 1403 alla sede di Perugia. « E oltra ció (Giovanni
Tomacelli) promise al sopra detto Ceccolino che '1 Papa fra quattro mesi avreb^

be dato a Odoardo Michelotti suo parente, che era allora vescovo di Chiugi, il

vescovato di Perugia sua patria: il che poco dopo fu fatto ». FABRETTI, paz. 141.
Nu xii Ds at ee cei SERE coe Tu
» Ta i apr PIRA pon iii ne 7 m mm N m me elt ir pe di ino TA -€— ; T^ e v

p andior



ca

BIORDO MICHELOTTI 113 iN

| un testimone oculare — costaro piü di X mila fiorini, perché non ci b
EC rimase quasi uomo né donna che non vi andasse a mangiare: e tutte : NS
lecittà ch'esso Biordo teneva gli presentavano di molti belli doni » (1). VM

Gli sposi andarono a stare per alcun tempo a Todi. Passato il n

"n

clamor delle feste, la situazione di Biordo rimase ancora piena di pe-
ricoli. « Ricominciossi in questo tempo la guerra tra'] Papa e Biordo
per Peroscia e ribellossi a Biordo più castelli in quel di Todi e fra gli
altri Montecastello ». I fiorentini, sperando che il vacillante prestigio
inducesse Biordo a qualche sacrificio, si adoperavano a rappacificarlo
col Papa, a patto ch'egli restituisse alla Chiesa Orvieto, com'egli ;
stesso aveva già promesso; « ma lui niente vuol lassare » come ama- a?
ramente essi constatavano. Un mese dopo il 24 gennaio 1398, Firenze
diceva che da poi che Biordo aveva perduto nel contado di Todi e | i
d'Orvieto quattro castelli, avendone già perduti altri due, in quelle . : omi
parti erano grandemente cresciute le fortune della Chiesa e cadute edd Y
quelle di lui (2). v nM
Ai primi di marzo del 1398 Biordo IS aT comando delle sue gen- yh

ti a Todi il fratello Ciécolino ed egli ne venne a Perugia, chiamatovi 1
dall'incerta situazione, che solo la sua presenza e il suo personale M tà
prestigio potevano ristabilire. I lievi insuccessi nelle scaramucce con gia:
le genti della Chiesa ed il rifiuto opposto da Firenze a pagargli dicias- ^ - RENI
settemila fiorini dovutigli ed a prestargli un qualche aiuto, avevano oc HT M
scosso il suo prestigio anche in Perugia, in mezzo a quelli che il timore
‘aveva reso sino allora servili. In queste circostanze l'abate Francesco
de' Guidalotti, cognato di Biordo, e i suoi consorti pensarono di | r6 |
«compiacere al populo... e compiacere al papa e far loro maggiori » | | nd
E uccidendo Biordo. Andarono alla casa di lui sul monte di Porta Sole i i
599 e, come furono giunti, gli fecero intendere che l’abate desiderava ils
E parlargli per cose urgenti. Biordo, che non s'era ancora del tutto ri- ; \l
messo.di una caduta da cavallo, subito si levò dal letto ed andò in- mE | È

contro agli ospiti nel chiostro, senza alcun sospetto: e giù per le scale : x d

si veniva mettendo il giubbone ed andó loro incontro senza aver ad | i "i

dosso alcun’arma. Entrato, andò incontro all'abate dicendo: « Siate SORA

lo ben venuto; non bisognava che vi affaticassevo a venire qua su, |
perocché io saria venuto a voi». L'abate mostrandosi lieto in viso lo

A: wt
Sar oen

"v. ye
vd anm.

(1) MARIANO DEL Moro sPEZIALE, Cronaca perugina inedita, v. il passo : j Ug Ki 1
riportato in nota al Supplemento quarto, cit. pag. 262. i E]
(2) Cronaca del Montemarte, pag. 262 nota 3. ut uS CORRI BE

SEP 114 GINO FRANCESCHINI

prese per mano e l’abbracciò: allora i congiurati lo assalirono alle
spalle a pugnalate finché l’ebbero steso morto (1).

Chi sia stato il mandante di quel delitto, è difficile congetturare,
perché in simili casi gli stessi esecutori, si trovano ad essere inconsa-
pevoli strumenti di chi sta bene nascosto dietro le comuni apparenze:
ed anche perché puó darsi che mandante vero e proprio non vi sia
stato, e che la sorte abbia operato in modo da far credere che dietro il
suo cieco agire s'ascondesse una felice scaltrezza. Comunque, i congiu-
rati che credevano d’aver liberato il popolo perugino dal giogo del ti-
ranno, si trovarono con loro amara sorpresa isolati, e furono chi qua
chi là sopraggiunti dal pugnale vendicatore.

Lo stato di Biordo, che quand’egli morì era costituito dalle città
di Perugia, Todi, Orvieto, Assisi, Nocera, Spello, Trevi, Gualdo e
Città della Pieve con le loro ville e castelli, non ostante gli sforzi op-

posti da Ceccolino, ch'era rimasto alla testa delle milizie del fratello,

non resse alla perdita del suo capo e rapidamente si disgregò.

In Perugia, scomparso Biordo, il giuoco tra Firenze e Milano pel
predominio sulla città, si fece assai più serrato. Conduceva, con gran-
de accortezza, le pratiche a favore del duca, il conte Antonio di Mon-

tefeltro. Egli riusci ad aver dalla sua Ciccolino, convinto che la ca-
duta del fratello fosse da ascriversi a Firenze, che non lo aveva voluto
aiutare. Il conte dovette mostrargli come l'unico che avesse interesse
a mantenere i Michelotti nella loro passata grandezza, fosse il duca di
Milano. Le mene del conte impensierirono Firenze. Già il 29 marzo
1398, a pochi giorni dalla morte di Biordo, la Signoria ammoniva i
perugini perché non si lasciassero abbindolare dalle lusinghe del conte
d'Urbino (2).

In un primo tempo Firenze ebbeil sopravvento e riportó un felice
successo riuscendo a concluder la pace tra la capitale umbra e il Ponte-
fice. Ma avendo dovuto Perugia, in virtù di quella pace, contrarre un
grosso debito con Firenze, non fu difficile ai Raspanti con a capo Cic-
colino, a riprendere il sopravvento. Persuadevano essi, che solo la
protezione d'una grande potenza, poteva metter Perugia al sicuro
dalle cupidigie dei subdoli vicini. Per le loro persuasioni nel settem-
bre del 1398 i perugini mandarono ambasciatori (e tra questi Cicco-

(1) FABRETTI, pag. 31-32; Cronaca del Graziani, pag. 263-64; Cronaca di
Anonimo fiorentino, pag. 226; SOZoMENI PisTORIENSIS, Specimen, col. 1165-66.

(2) G. DegLI Azzi VireLLESCHI, Le Relazioni tra la Repubblica di Firenze
e l'Umbria, Perugia, 1904, vol. I, doc. 887.

J
BIORDO MICHELOTTI 115

lino) al duca onde porsi sotto la sua protezione: «e ben si stima che il
conte d'Urbino abbia tal cosa ordinata » dice un contemporaneo (1).
Ancora il 25 marzo 1399, un anno dopo la morte di Biordo, Fi-
renze, che non reputava perduta del tutto la partita, scriveva ai pe-
rugini quanto le fosse spiaciuto sentire che il conte Antonio d'Urbino
andava a Perugia, non potendo essere la venuta di lui se non nociva
e raccomandava al suo ambasciatore di vigilare ed avvertire gli amici
«di guardarsi dalle lusinghe di quella volpe ». Il 29 marzo insisteva
ancora scrivendo ai suoi ambasciatori a Perugia: « ...cotesti nostri
fratelli... si possono render certi, che tutto ció che facesse el Duca di
Melano, o che faccia el Conte Antonio da Orbino, di dar loro pacie,
non é se non per separarli dalla nostra fratellanza, sperando fatto
questo, poter fare di quella città quanto fia di lor piacere... (2). Ma
‘ non molto dopo gli ambasciatori fiorentini ebbero segreto avviso che
se non si fossero messi in salvo « sarebbero stati morti per le insidie
dell'ambasciatore del duca di Milano... ond’essi per paura si fuggi-
rono dalla città il più tosto che poterono e tornaronsi a Firenze » (3).
Dopo varie trattative condotte da Ceccolino, i magistrati deli-
berarono di dare la città al duca. « E a ventun di gennaio (1400),
i Priori e molti altri cittadini, insieme col vicario del duca di Milano,
uscirono dal Palazzo con due insigni bandiere, l'una dell'arme del
Duca di Milano, l'altra dell'arme del comune di Perugia: e Cecco-
lino portó in mano la insegna dell'arme del duca di Milano, e anda-
rono giü e su per la piazza quattro volte gridando: « Viva il duca di
Milano » (3). Il duca obbligavasi « di proteggere Ceccolino Michelotti
e' suoi fratelli, e difenderli da chiunque procurasse di far loro danno
nelle terre e luoghi che essi possedevano, e di dar loro la casa,
la posta della Panicaiola e tutte l'altre cose che con l'immunità e
esenzioni possedeva Biordo cosi in Perugia come fuori ». Con l'aiuto
delle genti milanesi Ceccolino ritolse ai soldati del Pontefice la Bastia
d'Assisi, Spello ed altre terre del contado perugino (4).

Gino FRANCESCHINI

(1) GIOVANNI SERCAMBI, Cronache a cura di Salvatore Bongi, Ed. Istituto
Storico Ital, Roma, 1892, vol. II, pag. 239.

(2) Appendice, n° 26: la lettera corrisponde al n° 887 del Regesto del
DEGLI AZZI.

(3) DEGLI Azzi, doc. 901; Supplemento quinto alla Cronaca del Graziani,
pag. 275.
(4) Ivi, SozowEN1 PisToRIENSIS, Specimen, col. 1169.
(5) FABRETTI, pag. 139-40.
:116 | GINO .FRANCESCHINI

DOCUMENTI.

1394 - maggio 10 — Firenze

I Priori delle Arti ed il Confaloniere di Giustizia di Firenze ai Priori di
Città di Castello dando assicurazione che agiranno presso Biordo in loro favore
come se si trattasse d’ interesse proprio (A. S. C. C., Cod. XLIV, f. 49 Origi-
nale). ;

Amici karissimi. Certa sit vestra dilectio nobis illa que scribitis cordia-
liter displicere. Quamobrem Biordo scribimus in forma quam vobis mitti-
mus interclusam, et Bardo oratori.nostro; qui adhuc est Perusi illa commit-
timus que videmus materiam istam exigere. Nec minus intendimus super

"hoc quam si nostrum gereretur negotium operari. Datum Florentie die
Maii secunda indictione MCCCLXXXXIII.

Priores artium et.

ded M An Populi et Communis Florentie
Vexillifer iustitie :

(A tergo): Magnificis viris Prioribus Civitatis Castelli Amicis nostris
Karissimis. : EXC

2

1394 — maggio 13 — presso Montaldo -

Biordò Michelotti a Guido dei Tommasi Confaloniere di giustizia di Fi-
renze, scagionandosi delle accuse e delle lagnanze di quelli di Città di Castello
(A. S. C. C., Cod. XLIV, f. 225, copia).

Magnifico compare carissimo. O ricevuta uote lettera sopra i fatti
dei Castellani e sopra quella medesima materia me scrivete, una con li ma-. i
gnifici et excelsi Signori Priori mostrando avere molto... li modi che sentite i
tenermi con li Castellani: che per quelle lectere si possi iudicare li predecti .
mei Signori a tutte le informationi loro date per li castellani, non udita la :
mia iustissima ragione, avere dato piena e certissima credenza; e DET questó il
stringendomi che a detti Castellani da qui innanzi non facci ne' lassi fare E.
| veruna offesa per mia gente, di che ho deliberato al tutto. togliere via ogni
offesa contra di loro. Ma acciò:che vediate quanto la mia cagione sia giusta,
ve no voluto scrivere, pregandovi che dinanzi al cospetto delli prefati miel .
Signori la vogliate fare manifesta. Questi Castellani continovo mostrando, -
BIORDO MICHELOTTI 117

con sue fictissime parole voler vivere in pace e concordia colli miei si-
gnori di Perogia e meco, annoci opera sempre offesi in abscoso e palese,
P lassamo stare in dare ricetto aglinimici nostri, ma in darli victuaglia e ogni
| . altro favore in subversione, se li fusse potuto seguire la possa il suo rio con-
cepto, dello stato nostro. E in questo li abbiamo compresi infinite volte, e
pertanto o cercato vivere in pace colloro per mille modi, per contempla- .,
tione delli miei Signori di Firenze e poi per tranquillità di questa nostra
patria, usando prima quanto si conveniva parole amichevole più e più volte,
e poi ogni altri remedii: alla fine non ce valute preghiere non minaccie, né
niuno altro remedio, ma continuo hanno adgiunto al male peggio, in sopra-
danno e dispiacere del comune di Perosa e di me. Annoci usato bone parole,
ma rio effecto: intanto che era disposto non credere piü alle loro false e si-
mulate parole, ma provedermi, se non fosse sopravvenute le vostre lettere,
sì alla indennità del mio Comune e di me, si alle sue falsidade malitie e
trattati iniqui, e certo io li arei sì gastigati, che lungo tempo se sarebbono
pentito avermi fatto tanti dispiaceri. Che sapete ragionevole e morale cosa
è che chi à offeso, e maximamente a torto, (altri ?) lui debitamente offenda. 3
Hanno là. per quello dicono vostre lettere, riferito che io ò, a subversione |. i
dello stato loro richiesti e gli Ubaldini e quelli da Petramala; nella quale
cosa hanno falsamente parlato. Ma io so bene, per essere stato richiesto a
fare delle cose che farebbe loro poco piacere, ma per rispetto di quella vostra
comunità che io so” ne sarebbe stata mal contenta per rispetto de coloro LO
chello avessono facto, nonno voluto consentire. E pertanto dolgomi pur as- et
sai che abbino trovato là tanta audienza e che sia licito loro avermi offeso - se
contro ragione, senza portarne pena niuna, e a me per difendere il mio Co-
mune offeso illicitamente per loro, non sia licito vendicarmi, considerato che
offendendo loro questo mio Comune, che dipende dallo Stato vostro, e cer-
cando sobvertere lo nostro státo, sapete che offendono il vostro gravemente.
Ma come si voglia si sia, io toglierò subito ogni offesa, per modo che non po-
tranno dire essere damnificati da me per da qui innanzi. Ancora, perché 0.
speranza davere di la'.li denari che io debbo avere della provvisione de
VI mesi, che io doveva avere innanzi tratto, o facto promissioni infinite
di che io ne rimango impacciato e per conseguente non vi potrei servire;
pregovi che a questo vogliate provvedere. Apresso, quando io aceptai la
provvisione de la Lega, mi fu decto che non ratificando li collegati atempo,
: . si ricapitulasse di nuovo sopra li facti loro: e pertanto poi che non hanno. E
ratificato a tempo ne' pagato, di che mi curava piü che del ratificare, io non :
procederó da qui innanzi come co' li colligati. Questa parte non scrivo ai
Signori: basta che voi siate de ció avisato. Datum in campo apud. ond
tum die XIII may MCCCLXXXXIIII. : 1983 ARD
Vester totus Biordus de Michelottis p etc. M
118 GINO FRANCESCHINI

1394 — maggio 26 — Firenze

I Priori delle arti a Biordo Michelotti in risposta alla precedente (A. S. C.
C. Cod. XLIV, f. 113 v. Copia).

Nobilis et Strenue vir amice karissime.. Quidquid ne ferventis illa ve-
stra commotio, quam horum motuum et virtuosissimi quondam duces non
potuerunt sicut de plurimis legitur dominari, vos compulerit ad dicendum,
numquam tamen nostra dominatio dubitavit fore quod a naturalis et pro-
misse devotionis habitu diseedere voluistis. Obliterentur amodo verba illa
quecumque sunt eterno silentio et oblivione perpetua sepeliantur, et curetis
sicut spectamus factis ostendere quod illa vos peniteat protulisse. Placent
igitur cuncta que de vobis retulit Andreas Vettoriis noster orator, qui vos
non aliter dispositum repperit quam sine dubio teneremus et fidem et de-
votionem vestram letis animis acceptamus. Ceterum illi de Castro Monto-
ni et Palatio Pelabarbe nec captivos reddunt nec a consuetis Castellanorum
molestiis non desistunt. Nunc enim audivimus quod post Andree reditum
offensiones nove sunt contra Castellanos, novit Deus in quantam nostram
displicentiam attentate, et quod de relassando captivis nihil penitus co-
gitatur, de quibus vobiscum quanta cum vehementia possumus lamenta-
mur. Nimis est infixum, non mentibus solum, sed ossibus Castellanorum
odium quod tot nostris litteris totque legationibus tot etiam promissionibus
vestris nequeat mitigari. Et si res iste per iter inchoatum incesserint, quod
possint maximum excitare scandalum formidarmur. Velitis igitur, potestis
equidem, super hoc taliter ordinare quod aliquod fructum optatum de ve-
stris gratis promissionibus videamus. Nam ut vobiscum amice loquamur et
vobis totiens hec renovari non cedit ad decus, et nobis molestus est quam
exprimere valeamus. Nec credat Vestra dilectio, quod Castellani nune ha-

. berent contra dicta loca providere, nisi se propter nostram complacentiam
continerent. Et nos etiam ob lige debitum tam turpe dedecus nullatenus
patiemur. Datum Florentie. die XXVI maii II Ind. MCCCLXXXXIIII..

4.

1396. — gennaio 27 — Radicondoli

Naddo di Petro da Montalcino vicario senese in Radicondoli avvisa i suoi
Priori dell’arrivo di Ceccolino con seicento cavalli diretto verso Siena (A. S. S.
Concistoro 1839, n. 29. Serie dei Carteggi).

Magnifici Signori miei. A questa ora di vespero è capitato qui Ceccho-
lino fratello di Biordo con secento cavalli, secondo il detto di due e quali so
prima venuti et di suoi andamenti non so informato se non che credo che sia
-— WILL v è IZ "s o RR E tire

BIORDO MICHELOTTI i i 119

per venire verso Siena, ò avisato questo messo chel facci sentire per via .

acciò che ogni uomo s'avisi di non ricevere danno, et acciò che di ciò abbia-

te notizia per questo proprio messo, quanto più vaccio posso vel notificho.
A comandi vostri presto, per lo servo vostro

Naddo di Pietro da Vostro vicario in Radicondoli, a dì. XXVII.
Montalcino notaio | di gennaio 1396.

(Cedula aggiunta in basso): Piacciavi far provvedere el messo a vostra
discretione.

(A tergo): Magnificis et potentibus dominis, dominis prioribus Guber-
natoribus, nec non Capitaneo populi Civitatis Senarum, dominis meis.
(Sigillum deperditum).

C

1396 — marzo 25 — Perugia

Biordo Michelotti ai Priori di Siena, chiedendo in prestito alcune bom-
barde grosse per alcuni di. (A. S. S. Concistoro 183., n. 1, Originale).

Magnifici et potentes domini, patres carissimi. Usando cum voi confi-
dentia filiale, prendo securtà richiedervi in li miei bisogni. Come sapete, ò
guerra cum li pastori napolitani, et ho de le cose bone a le mane, per execu-
tione de le quali ho bisogno de alcune bombarde grosse per alcuni di. Et
pertanto pregovi carissimamente se ne avete una tale che vi piaccia pre-
starmela, et similmente advisarme se sapeste da chi altri io ne potesse rechie-
dere, et in ció darmi omne favore a voy possibile et directione. Notificandovi
ch'io ve ne sarò presto et bono renditore et faretemeni singularissimo ser-
vitio et appiacere. Apparecchiato etc. Datum Perusii, die XXV. marcii,
MCCCLXXXXVI.

Biordo de' Michelotti, capitano.

(nel margine inferiore, di altra mano, al momento della presentazione):
XXVIIII. martii.

(a tergo): Magnificis et potentis dominis. Patribus carissimis, Dominis
Prioribus Gubernatoribus Civitatis Senarum.

(Sigillum deperditum).

1396 — marzo 26 — Perugia

Biordo Michelotti ai Priori di Siena comunicando la notizia della pace
conclusa fra lui ed il Papa (A. S. S. Concistoro 1837, n. 2, Serie di Carteggi).

Magnifici et potentes domini, patres carissimi. Ut sentiatis successus
meos quoslibet contingentes, ecce notifico vobis, quod die vigesimaquarta
120 i . .GINO FRANCESCHINI

. instantis mensis ad laudem altissimi, a quo omne bonum descendit, pax in-
ter Sactissimum dominum Papam et me conclusa est: Datum Perusii, die
XXVI. Marcii. MCCCLXXXXVI.

Biordus de Michelottis Capitaneus.

Sul margine in basso di altra mano al momento della recezione:
« XXVIII. martii ». i à

(A tergo): Magnificis et potentibus dominis patribus carissimis, Womic
nis... Prioribus Gubernatoribus Civitatis Senarum.

(Sigillum deperditum).

-l

1396 — marzo 27 — Perugia

i I Priori delle Arti della Città di Perugia ai Priori di Siena dando notizia
‘della pace conclusa col pontefice (A. S. S. Concistoro 1837, n. 3, Originale).

Fratres karissimi. Novum letitie verbumque salutis renovavit Omni-
potens'super terram, unde letari poterit vestra fraternitas et omnes, qui
pacem. patrie salutemque desiderant. Pacem si quidem unicum domini no-
stri Iesu Cristi relictum et omni humano generi necessarium, inter Sum-
mum Pontificem ac dominum nostrum Bonifatium, papam nonum, Sanctam-
'que Romanam Ecclesiam, matrem nostram, de una, nostrumque comune ac
amatissimum civem nostrum Beordium de Micheloctis, capitaneum dilectis-
simum, ex altera, fuisse die veneris illa sanctissima multis miraculis insi-
gnita, XXIIII prestantis mensis; Spirictus Sancti gratia, sicut inter pa-
rentes et filios convenit, solemniter confirmatam vestre fraternitatis affectui
. nuntiamus, ad vestri nostrique et totius patrie commodum, concordiam et
quietem, cuius semper agnovimus fore puruoipes et consortes. Perusii, die
XXVII. martii, IIII. indictione.

Priores Artium Civitatis Perusii. .

(nel margine inferiore, al momento della presentazione di altra mano):
penultimo martii.

- (A tergo): Fratribus co Senensibus.
(Sigillum deperditum).

1396 — aprile 8 — Perugia

“Biordo Micheloîti | ai Priori di Siena perchè lo agevolino nell’acquisto
di bestiame per le sue terre (A. S. S. Concistoro 1837, n. 18, Originale).

Magnifici et potentes domini, patres carissimi. Per furnimento mio et
de queste mie terre, che poi che questa pace è fatta, voglio attendare a fare

la massaritia, mando verso quelle vostre parti Matheo da Perosa, mio factore :

Te e
APR NE

*

BIORDO MICHELOTTI 121

per comprare una certa quantità di bestiame grosso et minuto et farmelo
conducere qua. Et pertanto pregovi caramente che vi piaccia, si circha
la tracta et si etiamdio a ció che cum vestra directione io l'agia qui securo,
et in omne altra cosa che fusse expediente, haverlo recommendato strecta-

mente. De la qualcosa me farete singulare piacere. Apparecchiato etc.

Datum Perusii, die VIII. aprilis MCCCLXXXXVI.
| Biordo de’ Michelotti, capitano. \
(nel margine inferiore, di altra mano, nel momento della presentazione):
X aprilis.
(A tergo): Magnificis et potentibus dominis Patribus carissimis, Dom -
nis Prioribus Gubernatoribus Civitatis Senarum.

(Sigillum deperditum).

1396 — giugno 17 — Perugia

Biordo Michelotti ai Priori della città di Siena sollecitando la liberazione
di. Pucciarello da Volterra e ringraziando per la benevolenza dimostratagli
(A. S. S..— Concistoro 1837, n. 54. Originale).

Magnifici et Potentes domini, Patres carissimi. Recepi litteras exellen-
tie vestre super factis dilecti sotii mei Pucciarelli de Vulterris, quarum te-
nore concipio erga me filium vestrum ad ipsum liberandum promptissimam
vestre Magnificentie caritatem. Qua de re paternitati vestre toto corde, toto

posse regratior. Verumtamen excellentiam vestram deprecor incessanter,

ut, semotis dilationibus quibuscumque, libere michi gratiam faciatis, nam

cum sit michi longeva societate connexus, nichil magis desideranter affecto;

quam ipsum celeriter liberari. Quod michi a paternitate vestra ad gratiam
precipuam reputabo, excellentiam vestram certificans me in quibuscumque
beneplacitis vestris omnino fore dispositum, sive similibus sive maioribus
complacere. Perusii, die XVII, Iunii, indictione IIII83.

Biordus. de Michelottis, Capitaneus.

Nel margine inferiore, d'altra mano, al momento della presentazione:
«die XXX. Iunii ».

(A tergo): Magnificis et Potentibus dominis, patribus carissimis, domi-
nis Prioribus Gubernatoribus Comunis e Populi civitatis Senarum.

(Sigillum deperditum).

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[skipped page]BIORDO MICHELOTTI 123

11.

1396 — luglio. 10 — Perugia

Biordo Michelotti ai Priori della città di Siena. ricordando che i loro pre-
decessori gli avevano promesso la liberazione di Pucciarello suo familiare (A.
S. S. — Concistoro 1837, n. 64.

Magnifici et potentes domini, patres carissimi. Alias precessores vestros
pro meo Pucciarello, qui ibidem carceratus est, deprecatus sum ut eius,
silicet intuitu quod est michi intimus et michi socius fuit solerter ac fide-
liter serviens, libere relaxatum michi eorum paternitas largiretur. Qui suis
litteris bonam in me ostendens affectionem. mei Puciarelli causam in consi-
lium deducturos bonum exitum rem futuram responderunt. Nunc autem
nichil id profecisse conperio. Quapropter magnificentiam véstram etiam
quibus possumus precibus deprecor ut, predictis inspectis, michi idem Puc-
ciarellus non negetur. Et si pro vobis facturum me quidem simile creditis,
quem a precessoribus vestris speravi, effectum bonum velitis mea depreca-
tio sortiatur. Quem reperietis semper pro paternitate vestra et in maiori-
bus studiosum. Datum Assisii, die decimo iulii. MCCCLXXXXXVI.

Vester Biordus de Michelottis.

(nel margine inferiore, di altra mano, al momento della presentazione):
die. XIIII. iuli.

(a tergo): Magnificis dominis et potentibus, Dominis Prioribus Guber-
natoribus civitatis Senarum, patribus carissimis.

(Sigillum deperditum).

12.
1396 — giugno 24 — Perugia

Biordo Michelotti ai Priori di Siena perché non vogliano concedere le rap-
presaglie contro i suoi sudditi di Orvieto (A. S. S. — Concistoro, 1837, n. 60,
Originale). | n

Magnifici et potentes domini, patres carissimi. Egregius vir Andreas
Guidarelli de Perusio, Capitaneus et locumtenens meus in Urbeveteri,
litteras vestras eidem transmissas michi nuperrime destinavit, quibus in-
sinuatis eidem contra Urbevetanum populum Petro Venturini civi vestro,
propter capturam eiusdem, represalias concessuros eo quod in Monaldum de
Ripalbella, tamquam Urbevetane civitatis subditum perpetratoremque ne-
farii sceleris et ipsius Petri nequissimum extortorem, ius neglectum fuerit,
124 . GINO FRANCESCHINI

nec sibi iusticia conservata. Quibus diligenter inspectis, vehementer indo-
lui quod magnifica vestra comunitas procedere sic intendat, cum notum sit

magnificentie vestre quanto dolore perculerit Urbevetanos et me civis ve- .
stri captivitas quantaque. operati fuerimus ut ipse civis vester libertate.

pristina: potiretur, et non nostro, sed facinorosi hominis crimine defecisse,
quem utinam possemus aperto iure consultare et eius nequitiam debito
aculeo perturbare. Videret tunc vestra paternitas crudelissimi hominis im-

pietatem plurima acerbitate inlectari. Sed nec Urbevetano populo subditus

est quinimo indignans ab omni eorum iurisdicione singulari privilegio se
fatetur exemptum. Que cum ita sint quonammodo potest excellentia vestra
contra innocentem populum represalias non solum concedere, sed ad ipsas
concedendas modo aliquo pervenire. Non enim pro sontibus inlectantur in-
sontes, nec sic ad subitum debet magnificentia vestra que mature perficit

omnia, contra innocentiam prosilire. Nam contra ipsum perpetratorem quic-.
quid iuridice fieri potest nunquam denegabitur civi vestro. Sicque vobis of- -

f(ero) (t) am Urbevetanum populum quam me ipsum libenti animo perfectu-
ros illum autem in presentiarum de facto his rationibus, que supra inserte

sunt, compellere non valemus. Quapropter placeat excellentie vestre nullas.

in Urbevetanos represalias irrogare, ne alieno crimine conversato Urbe-
vetani populi in urbe vestra aliquo divortio retractetur. Cum prestet civi
vestro ad suum debitum consequendum Urbevetanos habere favorabiles
quam exosos. Paratus beneplacitis vestris. Datum Perusii, die. XXIIII.,
iunii. MCCCLXXXXVI.

Biordus de Michelottis.

(A tergo): Magnificis et potentibus dominis, Patribus carissimis,Do- -

minis Prioribus Gubernatoribus populi civitatis Senarum.
(A tergo di altra mano, al momento della presentazione): die. XI. iulii

(Sigillum deperditum).

13.

1396 — luglio 11 — Perugia

Biordo Michelotti ai Priori di Siena raccomandando Aquilino de’ Porri,

familiare del duca di Milano (A. S. S. — Concistoro 1387, n. 66 Serie dei Car-

teggi Originale). ; i

Magnifici et Potentes domini Patres carissimi. Nobili: viro Aquilino de
Poris, familiari illustris ducis Mediolani domini mei, presentium exhibitori,
qui habet a me quedam vobis oretenus aperienda, placeat paternitati vestre
fidem. plenam eius in relatibus adhibere.
BIORDO. MICHELOTTI 125

Datum Kiss die XI. Iulii. MCCC LXXXXVI. Vester Biordus de Mi-
chelottis. |
D'altra mano. all'atto della presentazione: «die. XVII. iulii ».

(A tergo): Magnificis et potentibus dominis Patribus carissimis, dominis
Prioribus Gubernatoribus Civitatis Senarum.

(Sigillum deperditum).

14.

1396 — luglio 13 — Pisa

Ambrogio da Niguarda ai Priori di Siena accusando d'aver ricevuto copia

della lettera scritía loro da Biordo e dichiarandosi contento che il negozio pro-
ceda ottimamente (A. S. a — Concistoro 1837, n. 70 Serie dei Carteggi, Rs
nale).

Magnifici et potentes domini, domini metuendi. Cum reverentia domi-
nacionis vestre literas recepi cum breve insignis viri Biordi de Michelotis
eis inscripto per exemplum, cuius mente collecto tenore, precipiens negocium

optime processurum multum fui contentus. Cum autem familiaris magni-.

fici domini Iacobi de Apiano nondum aplicuerit huc diferre me paululum
oportebit eius adventum expectando. Juxta vota dominacionem vestra

conservet altissimus.

Pisis. XIII. Julii. Ambrosia de Niguarda familiaris illustris domini,
domini Comitis Virtutum etcc.

(A tergo): Magnificis ac potentibus dominis... Prioribus gubernato-
ribus Comunis et populi Civitatis Senarum, dominis metuendis..

(Sigillum deperditum).
15.
1396 — luglio 26 — Assisi

Biordo Michelotti ai Priori di Siena congratulandosi della sconfitta che

le loro genti han dato alle brigate di Bartolomeo da Prato, Lodovico Cantelli, .

e Antonio degli Obizi (A. S. S. — Concistoro 1387, n. 91 Serie dei Carizge!
Originale).

Magnifici et potentes domini Patres carissimi. Recepi gratissimas Ma-
gnificentie vestre literas, per quas notificatis michi conflictum datum gen-

tibus socialibus domini Bartolomei de Prato, Lodovici Cantelli et Antonii

* Lr ei È 82 ^
126 GINO FRANCESCHINI

de Obicis et de huiusmodi intimatione successus Magnificentie vestre cor-
dialiter regratior quantum possum. Rogans ut facti seriem, cum vobis pa-
tebit, placeat michi vestris literis indicare.

Datum Assisii, die. XXVI. Julii. MCCCLXXXXVI.

Vester Biordus de
Michelottis

Di altra mano, al momento della recezione della lettera: « die XXX.
Julii ».

Capitaneus.

(A tergo): Magnificis et potentibus dominis, patribus carissimus, dominis
Prioribus Gubernatoribus Comunis et populi Civitatis Senarum.

(Sigillum deperditum).

16.
1396 — agosto 20 — Perugia

Biordo Michelotti ai: Priori di Siena ringraziando delle notizie dategli
circa i movimenti delle genti fiorentine che vanno ai suoi danni e chiedendo che
sia mandato in suo aiuto il conte Giovanni (Colonna ?) (A. S. S. — Concistoro
1838, n. 13. Serie dei Carteggi. Originale).

Magnifici et potentes domini patres carissimi. Regratior paternitati
vestre de his que michi scripsit circha motus illarum gentium socialium. Et
quia fertur michi gentes ipsas venturas esse, ut ad mea damna hostiliter se
convertant et iam his finibus imminere, rogo vos ut operari placeat cum do-
mino Jacobo de Appiano, ne contingat nos qui ad unum respicimus taliter
conculcari, quod iuxta posse laboret ut comes Iohannes velit in mei sub-
sidium cum eius societate venire. Nam si venerit spero indubie rem agere
sibi et aliis quos ad hoc interesse contigerit perpetuam gloriam parituram.
Datum Perusii, XX. Augusti. MCCCLXXXXVI. Biordus de Michelottis. .

(A tergo): Magnificis et potentibus dominis patribus carissimis dominis
prioribus gubernatoribus populi Civitatis Senarum.

(Sigillum deperditum).
Liz:

1396 — settembre 1 — Perugia

Biordo Michelotti ai Priori di Siena ringraziando delle notizie dategli
e notificando d'aver preso le opportune misure, (A. S. S. Concistoro 1838,
n. 25 Serie dei Carteggi. Originale).

Magnifici et potentes domini patres carissimi. Recepi literas excellentie
vestre, quibus michi tam progressuum quam animi societatis notitiam exhi-
betis. Qua de re vobis affectuose regratior, excellentie vestre notificans quod
Meses eme e

BIORDO MICHELOTTI 127

contra societatem ipsam hec comunitas et ego talibus utemur obicibus, ut
dura sit quavis oppresio et cogitemus ab eorum insultibus illesa nostra ter-
ritoria custodire. Perusii, die primo septembris, indictione. IIII.

Biordus de Michelottis.

(A tergo): Magnificis et potentibus dominis Patribus carissimis Priori-
bus Gubernatoribus Comunis et populi Civitatis Senarum.

D'altra mano coeva, al momento della presentazione della lettera. IIII.
Septebris (sic).

(Sigillum deperditum).

18.
1396 — settembre 10 — Perugia

Biordo Michelotti ai Priori di Siena chiedendo che gli sia mandato in aiuto
Guido (d'Asciano). (A. S. S. — Concistoro 1838, n. 35. Serie dei Carteggi.
Originale).

Magnifici et potentes domini, patres carissimi. Societas illa que pridie
vestrum territorium opprimebat, nunc atque meum hostiliter insultavit.
Propterea paternitatem vestram affectuose deprecor, quatenus domino
Guidoni et societati veniendi ad obsequia mea his in oportunitatibus cum
nunc paternitati vestre nulla, ut arbitror, incumbat egestas, licentiam con-
cedatis, quod michi cedet ad complacentiam singularem. Perusii, X. septem-
bris: MCCCLXXXXVI. Biordo de Michelotti.

‘ (A tergo): Magnificis et potentibus dominis patribus carissimis, domi-
nis... Prioribus Gubernatoribus populi et comunis Civitatis Senarum.

D'altra mano al momento della presentazione della lettera: XIII.

septebris.

19.
1396 — settembre 12 — Perugia

Biordo Michelotti ai Priori di Siena sullo stesso argomento (A. S. S. — Con-
cistoro 1838, n. 39 — Serie dei Carteggi. Originale).

Decrevi, Magnifici et potentes domini patres carissimi, que territorium
perusinum et meum exagitat bella conserere, cum sit inordinate potentie et
eque moltitudinis inter se dissidentis et facile pro me omnibus equa lance
libratis possit victoria coniectari. Presertim cum equissimus rerum arbiter
veritatem custodiat et obsessis iniquitus obsecudet nec patitur conditor
rerum tranquillos possimus subiacere, et quamquam ad hanc rem proficien-
dam gentes habeam copiosas, nichilominus tamen, ut huius victorie parti-
128 GINO FRANCESCHINI

ceps sit vestra Comunitas, que harum gentium debet appetere naturaliter i

ultionem, exellentiam vestram quanto magis affectuosius dici potest de-
precor incessanter, ut ad huius inique societatis excidium magnificum mi-
litem dominum Guidonem cum socialibus suis et aliis quibuscumque gen-
tibus vestris quibus Magnificentiam vestram in presentiarum arbitror non

egere, velitis de speciali gratia in meum subsidium quam citius destinare.

Cum in similibus et ceteris quibuscumque non solum ad augmentum Ma-
gnificentie vestre gentes meas mitterem, sed etiam et ego ipse profecto
toto posse ad salutem Magnificentie vestre personaliter pervenirem. Datum

Perussi. XII. septembris. MCCCLXXXXVI. Vester Biordus de Michelottis..

(A tergo): Magnificis et potentibus dominis patribus carissimis, dominis
prioribus Gubernatoribus populi et Comunis civitatis Senarum.

| 90.

1396 — settembre 16 — Perugia

Biordo Michelotti ai Priori di Siena circa la liberazione di Pucciarellò
da Volterra (A. S. S. — Concistoro 1838, n. 44. Serie dei Carteggi. Originale).

Magnifici et potentes domini patres carissimi. Alias Puciarellum dilectis-
simum meum Magnificentie vestre recommisi, iterato eandem Magnificen- :

tiam vestram deprecor instanter, quatenus dictum Pulciarellum mei amoris
intuitu placeat liberari, de quo quidem michi facietis gratiam singularem.
Parato etc. Datum Perusii, die. XVI. SAID MCCCLXXXXVI. Ve-

.ster Biordus de Michelottis.

. (A tergo): Magnificis et potentibus dominis patribus carissimis, dominis
Prioribus Gubernatoribus populi et Comunis Civitatis Senarum.

(Sigillum deperditum).
21.

1396 — settembre 18 — Perugia

Biordo Michelotti ai Priori di Siena circa il progetto di confederazione
da sottoporre all'approvazione del duca di Milano, pregando che anch'essi per
mezzo d'un loro ambasciatore caldeggino la proposta (A. S. S. — Concistoro,
1838, n. 48 — Serie dei Carteggi. Originale). i

Magnifici et potentes domini Patres carissimi. Ut liga, de qua sermonem :

habuimus, orator vester et ego celeriter perficiamur, ad illustrissmum prin-
cipem dominum ducem Mediolani destinavi oratorem meum et demum unum
familiarem, quem quanto magis in, esse deducitur, tanto statibus nostris
prestantior esse sentitur. Nam status nostri unita virtute multorum tutius

conservantur illesi, fortius et... angunt ubi plura conveniunt. Ordinis

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BIORDO MICHELOTTI 129

autem exprimendi effectus est, ut ipse princeps illustrissimus unum has
in partes velit, seu occultum seu publicum, suum commissarium destinare
qui huic nostre lige ad libitum suum modos addiciat atque absoluta per-
fectione concludat. Quin etiam imposui oratori meo ut supplici oratione pre-
caretur eundem, quatenus ad huius unionis expensas velit contribuere,
cum pro nobis ipsam ligam manutenere sine suo subsidio nequiremus. Que
quidem contributio nec tedium celsitudini sue debet inferre, cum contineat
expensarum suarum diminutionem his in partibus potius quam augmentum
et tutior sui status in Tuscia defensio subsequatur. Quas ob res, ne solus
in tante rei actione conspiciar et plurimum accomodata sit nobis huius unio-
nis annexio, prestantissimum michi videtur ad huius rei celerem expeditio-
nem, ut quam citius fieri potest oratorem vestrum ad dictum principem oran-
tem similia destinetis. Accuratius etenim principem movet plurium quam
oratio singularis. Perusii, XVIHI, septembris. I Biordus
de Michelottis.

(A tergo): Magnificis et potentibus dominis patribus carissimis, dominis
Prioribus Gubernatoribus populi et comunis Civitatis Senarum.

D'altra mano, al momento della recezione « XXI ».

22.
1396 — settembre 29 — Perugia

Biordo Michelotti ai Priori di Siena, offerendo sé e le sue genti, per la di-
fesa del loro territorio. (A. S. S. — Concistoro — 1830, n. 62 — Serie dei
Carteggi. Originale).

Magnifici et Potentes domini Patres carissimi. Cum hac societate, que
territorium perusinum et meum invasit hostiller, Magnifica hec comunitas
et ego concordiam secuti sumus. Maluimus etenim certam pacem exigere,
quam dubiis ancipitis fortune casibus subiacere. Quam ob rem si iterum li-
mites vestros invaderent, ut plurimum coniectatur, a nostro territorio di-

scendentes, me in quibuscumque oportunitatibus vestris cum gentibus :
meis indubitata confidentia requiratis. Nam efficaciter Magnificentia ve-

stra comperiet me toto posse sedulo ad vestra commoda proptiorem et hec
eadem sepius professus sum viro Magnifico domino Guidoni de Asciano fra-
tri meo, qui huic concordie presens fuit, quique me frequentatis precibus
incessanter rogavit quamvis oportunum. non foret ut Magnifice comunitati
vestre vellem arctissimis nexibus copulari. Et ad omnem vestri status de-
fensionem eidem obtuli centum equites, successurus equidem personaliter
totis viribus quotienscumque quod absit necessitas vestri status seu
occasio aliqua postularit. Perusii, XX VIII, septembris. MC CCLXXXXVI.
Biordus de Michelottis.

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130 GINO FRANCESCHINI
(A tergo): Magnificis et Potentibus dominis Patribus carissimis dominis
Prioribus Gubernatoribus Communis et Populi Civitatis Senarum.

(Sigillum deperditum).
23;

1396 — settembre 30 — Perugia

Biordo Michelotti ai Priori di Siena, presentando Ercolano abate di Santo
Antimo suo oratore (A. S. S. — Concistoro 1838, n. 62 — Serie dei Carteggi.
Originale).

Magnifici et potentes domini, patres carissimi. Commisi nonnulla ve-
nerabili viro fratri Herculano civi perusino, Abbati Sancti Antimi, distric-
tus vestre magnificentie, vobis mei parte vive vocis oraculo referenda.
Qua propter magnificentiam vestram rogo, ut eius relatibus placeat tan-
quam michi indubiam dare fidem. Perusii, ultimo septembris. MCCCLXXXX
VI. Biordus de Michelottis.

(A tergo): Magnificis et potentibus dominis patribus carissimis, dominis
Prioribus Gubernatoribus populi Civitatis Senarum.

(Sigillum deperditum).
24.

1396 — novembre 4 — Perugia

Biordo Michelotti ai Priori di Siena offrendosi di accorrere in difesa del

loro territorio (A. S. S. — Concistoro 1838, n. 86 Serie dei Carteggi — Ori-
ginale).

Magnifici et potentes domini, patres carissimi. Adeo Magnificentie ve-
stre sincere caritatis ardore conector, ut non minus desideranter affectem
statum vestrum quam meum proprium inviolabiliter custodiri. Hinc sen-
tiens Societatem illam que vestrum territorium insultavit, redire ad eiusdem
invasionem hostili manu, id duxi Magnificentie vestre quantocitius intimare.
Itaque Magnifici patres adhibete custodiam et ut omne vacuent territorium
nescientes, voce preconia promulgaretur, ne alieni eris invasoribus liceat
longos vestrorum sudores deducere precipitem in rapinam. Hec enim erran-
tium militum natura est et eorum. morum finalis intentio, ut aliena cala-
mitate letentur et aliorum labores violenter usurpent. Nescit enim furor
gentis armigere cum rapinis improbas manus infecerit, sub regula contineri.
Verum si ad eorum violentos impetus propulsandos oporteret gentes meas
vestrum in subsidium adventare, michi vestris intimate licteris, nam haud
aliter ad vestrum et Pisanorum patrocinium festinabo, quam ad mei status
e ERO m cm TS MIEL TEL al si EAR TALL s n J.T 2 L2 PR ea

BIORDO MICHELOTTI 131

propriam defensionem. Eo autem casu venientibus gentibus meis labor sit
vester, ut victu et ceteris necessariis fulciantur. Perusii, MCCCLXXXXVI.,
die quarto novembris, ind. III. Biordus de Michelottis.

(A tergo): Magnificis et potentibus dominis patribus carissimis. dominis
Prioribus Gubernatoribus populi et Communis Civitatis Senarum.

D'altra mano al momento della presentazione della lettera: « VI. no-
vembris ».

(Sigillum deperditum).

1396 — novembre 12 — Perugia

Mino di Simone e Bartolomeo di Giovanni ambasciatori senesi ai loro Prio-
ri danno notizie dei movimenti di varie Compagnie. (A. S. S. — Concistoro,
Originale assai guasto dall'umidità).

Magnifici Signori nostri. Ieri da Castiglione Chiucino vi scrivemmo per
mano del fante che a noi mandaste, per lo quale v'avisamo dell'abasciata
vostra per noi riferita a Biordo e della risposta sua, et dipoi ieri sera fumo
qui a Perugia et perché sentiamo di vero alcune cose, ci pare di nicistà ri-
scrivire et avisar la signoria vostra per fante proprio, acció che posiate util-
mente provedere. E° son qui tornati fra Giovanni de Cani et Bernardo dalla
Strada, e' quali erano andati a messer Broglo nel Patrimonio, per condurre
(là circa) trecento lance et siamo stati (a loro) et ultimamente ci ànno detto
che lla brigata predecta non si può avere, se ella non si conduce con quatro-
cento lance perché essa brigata son tutto lance. CCCC. et non vuole lassare
C. lance sciolte, perché s'a(ccompagnó che a... ase) non li vuole absentare,
e che dal Signore lo’. fu promesso di condurli con. CCCC. lance et però dicono
frate Iohanni e Bernardo che lo’ parrebbe che queste. C. lance per queste
comunità, cioé Pisa, Siena, Perugia, acció che la brigata s'avesse... e che
per questo non restasse e per se lega si facesse, come si dice, si dispensasse
in essa. Qui s'é detto anco questi che (vengon cioe") fra Johanni (et) Ber-
nardo l'averanno... che la Chiesa à avuto Monte Fiasconi, pensiamo la
signoria vostra eserne avisata... più. Ieri sera quando tornammo, trovamo
qui tornato ser Ambroxino da Milano, che sa già... a ciò che viene di capo
della compagna di Lodovico et miser Bartolomeo et gli altri et si parti ve-
nardi sera... in quella di Batholomeo da Pietramala, esso é nostro amico et
porta amore a codesta città et (da lui siamo informati) per altra forma che
da Castiglione Chiucino non vi scrivemo e che essi ànno altra intentione...
caporali della compagna et anco da la bocha di misere Bartholomeo che lor
inentione è si sogiornare sul territorio vostro... star là che abino una som-
ma di denari che dicono lo' den mandare e’ Conti da Monte Scudaio ben-
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chè crede che (la verità sia altra...) ‘et mentre dice che dicono che loro
intendimento è di domandare a cotesto comune menda di ca(valli) che di-
cono... tan... et oltre acciò ebbe d’alcuno caprale che essi ànno speranza
d'aleuna terra vostra, ma non poté in questo sentire più inanzi, et più dice
che, sicondo là si dicea, che sul vostro terreno... lunedì a’ di XIII. Et
peró per tucte queste cose ci é paruto rendere la signoria vostra avisata per
questo fante proprio, che à nome Roscio, el quale vid... esere lunedì a' -
XIII. a vesparo et promeso gl'abiamo fiorini uno et mezo, el quale vi piac-
cia farlili dare. Dio vi conservi in pace (et buo)no stato.

Questi del Signore crediamo scrivaranno (?)... ordini..

Per li vostri figlioli et servitori Mino di Simone et Bartholomeo di Jo-
hanni in Perugia, a’ dì XX. di novembre a terza.

(A tergo): Ma(gnificis et poten)tibus dominis (Dominis) Prioribus (et . >

Capitaneo Populi) civitatis Senarum, dominis suis etc.
26.
1399 — marzo 29 — Firenze

La Signoria a Bardo di Nicolò dei Bastari ed a Benedetto di Simone dei
Peruzzi ambasciatori a Perugia perché si oppongano a tutt’uomo che le genti
fiorentine siano disperse nella custodia dei castelli. (A. S. FIRENZE — Signoria,
Missive f. 21, c. 179, minuta). :

Come voi medesimi scrivete et cotesti nostri fratelli par vegghino,egli-
no si possono render certi, che tutto ció che facesse el Duca di Melano, o che
faccia el Conte Antonio da Orbino, di dar loro pacie, non é se non per sepa-
rarli dalla nostra fratellanza, sperando fatto questo, poter fare di quella città
quanto fia dilor piacere. Et ben ch'eglino el conoschino secondo che ci scri-
vete, pure ancora voi fate di mostrarlo loro et farlo si chiaro a tutti che lo
vegghino bene. Et in questo gli confermate confortandogli quanto potrete
a volere essere chon la nostra Signoria una medesima cosa, certificandoli noi
essere disposti al simile dalla nostra parte. Et che per Dio et per loro fran-
cheza et stato da questi non si vogliano partire. Et dite loro che domenica
mattina senza fallo partiranno di qui gli ambasciadori mandiamo a Roma et
che seranno chon loro per fare ció che fia possibile per ch'abbino pacie. Ab-
biamo detto a' diecie che provvegghino di danari et subito ve ne fieno, si

.che la brigata ne potrà bene stare. Et fate che per. nullo modo si partano di-

cendo quanto la partenza ci sarebbe di displicentia. Al fatto che insistino
pure che la nostra giente vada alle lor castella, noi ve ne scrivemmo a di
XXVII di questo et anche ne scrivemmo loro, che per nullo modo ci pare, poi

- . (che) vogliamo esser mezani. Et che basta loro aver resa la nostra brigata per
BIORDO. MICHELOTTI *133

ogni caso possa intervenire et ació possano la lor gente tenere dove bisogna
ricordando loro che l'essere la nostra giente costi é uno grande segno et
spavento di chi avesse cattivo pensiere, et conforto di loro et di loro Stato,
si che piaccia loro che rimangano contenti, a ció noi non perdiamo poterci

‘ adoperare come mezani, che meglio val loro questo che avere tretanta di

nostra gente a fare la guerra. Dat. Florentie die XXVIIIJ Martii VII Ind.
MCCCLXXXXVIIIJ. i
MEMORIE

LUIGI CANALI
(12559-1841)

Luigi Canali nacque in Perugia il 29 ottobre 1759 da Giuseppe,
e da Antonia Dati. 2

Fu ben presto indirizzato dai suoi nella via delle lettere e delle
scienze. Egli compi ordinatamente, infatti, nella sua adolescenza
quegli studi umanistici, ch'erano considerati nel '700 ottimo me-
todo preparatorio ed assolutamente indispensabile anche per coloro
che si sarebbero poi dedicati al ramo scientifico.

Apprese più tardi, secondo quanto ci riferisce il Vermiglioli [1],
le discipline geometrico-matematiche e filosofiche, nonché quelle
del calcolo, ed infine ogni altra branca del « filosofico sapere », in cui
si laureó infatti nel patrio Ateneo (1781) ottenendo le relative « dot-
torali insegne ».

In tale circostanza, un certo G. P. dedica al neo-laureato [2]
un sonetto in cui, in buona forma poetica, é detto essere dura, scon-
fortante impresa farsi largo nel mondo con il titolo di filosofo. « Po-
chi compagni avrai per l'alta via » predice tale A.-al giovane Canali;
tuttavia lo incita a non deviare, con fermo cuore, dal cammino ini-
ziato sdegnando la «turba al vil guadagno intesa ».

Nell'anno successivo (1782) vediamo già il neo-dottore ottene-
re un meritato seggio in seno al « Collegio dei filosofi, medici e arti-
sti» di Perugia, dov'egli vien dichiarato aggregato, pur nel rispetto
delle forme accademiche, ma senza seguire affatto le norme prescrit-
te e ció per avvenuta esplicita dispensa a favore di Canali da parte
dell'Assemblea stessa (1).

TYPEN Pe?
VS a et Sa x
Ae em Sae Re E i.
Tv qu eu x

GIR

N.B. - Le parentesi quadre si riferiscono alla Bibliografia, al termine
del lavoro; quelle tonde si riferiscono, invece, alle annotazioni di piè pagina.

(1) A tal proposito, mi piace riportare quanto l’ERMINI descrive nella
Storia dell’ Università [3], giacché ci dà modo di lumeggiare più da vicino la
figura del Canali all’inizio della sua brillante carriera scientifica.

Al Collegio, riunitosi in assemblea, il Priore notifica la domanda pre-

ADNOT ATI AMO RO ERA EI == cI“EereI tan
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1841)

Lurar CANALI (1759-

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LUIGI CANALI 135

Furono infatti cosi notevoli i progressi con cui il Canali avanzó k
«per l'alta via » delle filosofiche discipline, che ben presto gli meri- ;
tarono una cattedra universitaria di Logica e dialettica e quindi di }
Metafisica nel perugino Ateneo, dove lo vediamo insegnare fin dal N
1779 [4] e cioé ben due anni ante lauream. N

Studioso appassionato di Bacone, familiarizzatosi con le cor- M.
renti ideologiche di moda (cioé quelle di Locke, Malebranche e Con- x
dillac) portò un soffio di vita nuova nel pesante insegnamento filo-
sofico tradizionale dell’epoca.

sentata dal perugino dott. Canali, mostrando i documenti comprovanti i se- 1 hi
guenti requisiti per l’aggregazione:

1) certificato di cittadinanza, rilasciato dal custode dei pubblici cata-
sti comunali, testimoniante l’ultratrentennale iscrizione della sua famiglia nei
catasti perugini;

È ; È x ; M

2) atto notorio, attestante che i suoi ascendenti esercitarono sempre la X.
mercatura e non mai professioni meccaniche; CE
3) certificato del professor Luca Pellicciari dello «Studium perusinum » T

dichiarante di averlo avuto per due anni quale suo uditore;
4) certificato parrocchiale, relativo ai suoi specchiati costumi.

L'assemblea dei Collegiati, al solo esame dei suddetti documenti, am-
mette all'unanimità il candidato alla richiesta dei punti di esame.

Il Priore chiede, allora, se il Collegio voglia esonerarlo da quanto é pre-
scritto (cap. XXVI delle costituzioni del 1718), e cioé dal presentarsi a so-
stenere le conclusioni, avendo il Canali già dato saggio del suo sapere come
lettore nell'Ateneo; l'Assemblea approva anche ciò all'unanimità. m

Il Priore propone ancora ai Collegiati di esonerarlo da quel periodo pre- Ib
Scritto dalle suddette costituzioni, secondo le quali dovrebbe intercorrere un
anno dal giorno del dottorato alla data di aggregazione al Collegio stesso, e
l'assemblea approva ancora.

Sarebbe infine prescritto, sempre dalle medesime costituzioni del tempo,
. che intercorrano 10 giorni tra l'assegnazione dei punti e l'aggregazione: ma
il Collegio, come per le norme precedenti, esonera il candidato anche da questo
ultimo termine, in modo che il nostro dottore puó presentarsi al Collegio già
tre giorni dopo la suddetta adunanza, in cui si sarebbe dovuto decidere sol- |
tanto sulla sua ammissione, o meno, a farne parte. ì c

L'Assemblea dei dottori, con voto favorevole, lo dichiara ammesso nel

Collegio. M
A seguito della votazione, Canali viene introdotto in Aula e fatto sedere E
in subsellis; il Priore rivolge a lui un’elegante orazione di saluto, gli conferi- duy
sce le insegne d'uso, imponendogli il superliceum collegiale; indi gli fà prendere ii
posto in signum possessionis loci nel seggio collegiale. i

Il nostro dottore ringrazia, al termine della riunione, e promette sul Van-
gelo di ottemperare agli ordini del Priore e di osservare le costituzioni di que-

sto Collegio, del quale — in verità — la giovane recluta diverrà ben presto lu-
stro e decoro.

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C 136 i CESARE LIPPI-BONCAMBI

A conferma di ciò, ricorderemo come il Purgotti [5] nel suo elo-
gio riferirà le parole di Domenico Scinà (fisico all’Università di Paler-
mo), che così s'era espresso magnificando la didattica del professor
Canali: « sostituì all’oscurità la chiarezza, all'autorità l'esame, ad
Aristotile la ragione ».

. È di questo periodo d'insegnamento il suo Cori Dendio di « Le-
zioni e Prelezioni di Metafisica e Cosmologia » » lasciatoci purtroppo © — |
in semplice manoscritto. e |

Frattanto l’ormai illustre professore, ch’era già stato nominato p.
nel 1785 coadiutore alla presidenza della pubblica Biblioteca di Pe- :
rugia, nel 1803, a seguito dell'avvenuto decesso del primo bibliote- : |
cario Angelo Cocchi, ne ottenne la direzione. |

Così si esprime il Vermiglioli [1]: «Né sarebbe da ridire in o i |
«di quanto utile, e vantaggio egli fu a questo importantissimo let-
«terario stabilimento; imperciocché non tanto per comodo, ed uti-
«lità degli studiosi lo riordinó in un modo migliore, in cui ne' tempi
'«passati non era stato giammai, ma lo arricchi continuamente di
«molte, e rare bibliografiche preziosità ».

Ma l'importanza di Canali come letterato, seppure potesse van-
tare.tra i suoi contemporanei una gran bella cultura classica, total-
mente scompare di fronte alla sua fulgida figura di fisico-chimico,
veramente notevole per l'epoca in cui visse agli albori della moder-
na chimica.

‘Fu infatti costretto a lasciare ben presto linsegnamento d Lo-
gica e Metafisica, perché chiamato a sedere sulla cattedra di Fisica
e Chimica, non appena si rese scoperto tale insegnamento per il ri-
tiro del Pellicciari, di cui era già stato allievo prediletto.

Luigi Canali, con fervida e appassionata opera di studioso e |
maestro, in questo principio dell'800 porta un tale risveglio di se t |
di fisico-chimici in Perugia (già annurciatosi del resto nel secolo pre-
cedente) che gran parte del merito é suo, se le scienze fisiche, naturali i
e matematiche assursero a tale valore ed importanza nella vita del- |
l'Ateneo, da venire ordinati in un’apposita facoltà scientifica [5]. |

Preferendo egli al sillogismo le esperienze, alle questioni ipote-: |
tiche le osservazioni, fece fare un passo ancor piü decisivo in avanti:
al Gabinetto di Fisica della nostra Università, di quanto avesse ot-
tenuto lo stesso fondatore Pellicciari, al quale il suo successore do-
vette invero molto, inquantoché lo trovò fornito di un ricco comples-
so di apparecchi dimostrativi e sperimentali, apparecchi che av.-
vano già riscosso l'ammirazione di Lalande e di Bernouilli [6].

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* LUIGI CANALI : 137

Studioso di Cartesio e ammiratore di Galileo, nello studio: dei
fenomeni meccanici non disgiunse mai il calcolo dalla teoria, met-
tendosi costantemente sulla via dell'osservazione e dell’ esperimento
di laboratorio, preferendo sempre gli oggetti concreti agli astratti,
accattivandosi così l'ammirazione dei suoi discepoli.

Dal suo principale panegirista tra i tanti ch’egli ebbe in sua
morte, e cioè Sebastiano Purgotti [5], apprendiamo ancora com'egli
«i dì e le notti in profonde meditazioni trascorreva sui volumi » dei
suoi maggiori (Bacone e Cartesio), consultando «i Giornali », stu-
diando le opere più recenti « di mano in mano che venivano a luce »,
entrando in amichevoli TODpOLU con vari scienziati d' Italia e d'Ol-
tralpe.

Divenne ben presto, cosi, conoscitore profondo di tutte le sco-
perte fiorite in quel rigoglioso periodo per le scienze tutte, e parti-
colarmente nella fisica celeste, suo ramo prediletto.

Dettó in questo torno di tempo il suo corso di lezioni fisiche,

unitamente a molte altre sulla storia fisica della Terra ed a note sul-

le opere del Libes, del Beccaria e del Volta, lasciateci però tutte in .
manoscritti, nonché varie Memorie, Lettere, Sunti ed Analisi di ope-
re, Osservazioni, Note in materie fisiche, agrarie, mineralogiche, lito- -
logiche, filologiche, ecc., inserite in latino negli « Atti dell’Accademia
Scientifica di Copenaghen », od in italiano negli « Atti della Società
patriottica di Milano », in quelli dell’« Accademia torinese », nel « Gior-
nale Pisano » (1), nel « Giornale Arcadico », nel «Giornale di Padova»,
nel « Magazzino di Scienze e Lettere » di Firenze, nei « Fogli periodi-
ci » di Perugia, nel giornale tedesco di Gilbert ed in altre riviste let-
terarie o scientifiche dell'epoca.

(1) Giornale di Pisa: n. 18 (p. 445), n. 19 (p. 89), n. 24 (p. 322), n

(p. 50): « Analisi delle lezioni agrarie del Sig. Pietro Fontana »;
— Id.: n. 28 (p. 1): «Analisi SERA lettera litologico-marina del Prof. Spa-

doni »;

jt n. 22 (p.:35): « Lettera su di un verme escito vivo dal ecc. »;

Id.: (a. 1807) n. 17 (p. 240), n. 18 (p. 349), n. 19 (p. 35): Note alla «Me- .
moria su de’ ragni » dell’Abate Cassini;

Id.: n. 23 (p. 217): «Sugli effetti chimici dell'elettricità »;

- Id.: n. 20 (p. 296): « Sul Salvinismo »;

Id.: n. 27 (p. 278): « Decomposizioni sostanze alcaline »;

Id.: n. 31 (p. 358): « Sul sistema craniscopio ».

Nuovo. Giornale di Pisa: n. 2 (p. 285) « Sulla nuova miniera di manga-
nese ecc. »;

'Id.: n. 4 (p. 247): « Lett. 2%, sulle dottrine e scoperte di Gall..... ».
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138 CESARE LIPPI-BONCAMBI

A testimonianza della cultura e perizia acquistate nel campo
fisico, sta ancora il suo Rapporto sopra i paragrandini di Tholard

(estratto dal giornale « Arcadico », T. XIX. P. III; Roma, presso .

Giuseppe Salviucci, 1823), come pure l’impianto (la prima volta ef-
fettuato in Perugia) di parafulmini nella Cattedrale e nei principali
edifici della Città, nonché i consigli da lui dati in due memorie, che
lo rivelano anche idraulico, per il miglioramento della conduttura
delle acque alimentari del nostro capoluogo [6].

Il Canali, come prima accennato, si occupò di astronomia par-
ticolarmente in questo periodo, cioè fino a quando tenne abbinate
le due cattedre di Fisica e di Chimica, dandoci una erudita nota sul-
l'opuscolo intorno alle Comete del perugino astronomo Marco An-
tonio Crisaldi ed una memoria compilata sulle Comete di corto pe-
riodo.

Calcolò inoltre il mezzodì di ogni giorno dell’anno e le fasi lu-

nari adattate alla posizione astronomica di Perugia, scrivendo sulle.

disuguaglianze dei giorni e sulle correzioni da apportarsi all'oro-
logio [6].

Per quanto riguarda l’attività meteorologica del Canali, mi pia-
ce riportare quanto di recente il Pizzoni, biografo degli « Scienziati
Umbri » [6], e più tardi Baltadori [19] ci riferiscono.

Spetta all'Abbazia di San Pietro in Perugia il vanto di potersi
considerare quale culla della osservazione climatologica in Umbria,
dove nel 1639 il benedettino Padre Benedetto Castelli inventò il plu-
viometro e nel 1751 altro benedettino Padre Andrea Bina il sismo-
grafo, al quale Bina venne poi intitolato l’osservatorio sismologico,
che ha funzionato nei primi decenni del secolo con sede nell’antico
Monastero sotto la direzione del suo fondatore, il dotto benedettino
Padre Don Bernardo Paoloni, inventore a sua volta del fotoanemo-
metro.

Non è da escludere — nota Pizzoni [6] — che la gloriosa tradi-
zione dei Benedettini perugini abbia influito notevolmente sulla vo-
cazione del Canali, giacché egli non si occupò casualmente di feno-
meni meteorologici, ma ne cominciò la ricerca sistematica, inizian-
done [19] il 1° febbraio 1800 una vera e propria registrazione, co-
me risulta dalla sua calligrafia negli appositi quaderni dell’Osserva-
torio.

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LUIGI CANALI 139

Tale scritturazione fu da lui continuata di sua mano fino al-
l'ottobre 1835, anno in cui fu colpito da apoplessia, e mediante poi
quella di un suo applicato fino al 20 ottobre 1841, anno in cui un
più forte attacco dello stesso male lo rese inabile.

Le osservazioni di cui sopra si riferiscono alle condizioni baro-
metriche, termometriche e pluviometriche, nonché allo stato del
cielo. |

Pizzoni [6] osserva ancora come, soltanto dopo il 10 aprile 1811,
le registrazioni risultano compiute con regolarità e precisione su tre
colonne: mattino, giorno, sera. Ció dipese forse dal fatto che il Ca-
nali tenne installato l'osservatorio nella propria abitazione quasi certa-
mente dal 1800 al 1810, anno in cui riusci a trovare finalmente locali
più rispondenti allo scopo, trasferendolo nel grandioso edificio di
Monte Morcino (già Convento degli Olivetani), che fu occupato il
18 dicembre 1810 dall'Ateneo perugino e tuttora sededell'Universi-
tà centrale.

Il 15 ottobre 1810, infatti, la Consulta straordinaria degli Stati
romani — cosi riferisce l'Ermini [3] — aveva stabilito norme precise
circa l'osservazione meteorologica per il dipartimento del Trasimeno,
da effettuarsi da parte del docente di astronomia dell'Università di
Perugia, in triplice registrazione giornaliera e con strumenti ed a
spese dell'Ateneo stesso, salvo un contributo annuo di 500 franchi
dal Governo.

S'iniziava — infatti — poco dopo, il regolare invio a Roma dei
dati registrati dal successivo 19 aprile 1811.

Nel 1815, ad opera del Canali (1) veniva infine eretto nel sud-
detto palazzo universitario un piccolo osservatorio in torretta for-
nito degli indispensabili istrumenti, che ivi funzionerà anche dopo la
morte del Canali, fino al 1865, anno in cui verrà trasferito, a spese del
Comune, all'ultimo piano del palazzo Cesarei in Piazza Biordo Mi-
chelotti (Porta Sole), nel punto culminante della Città e quindi il
più atto per le osservazioni climatiche.

Per completare la breve storia dell'osservatorio meteorologico
in Perugia, ricorderó com'esso fu curato in seguito per parecchi anni
da Giuseppe Bellucci, finché annesso nel 1910 all'allora R. Istituto Su-
periore Agrario Sperimentale (oggi Facoltà di Agraria dell'Universi-

(1) « Turrim speculatoriam hisce in aedibus fundavit », come leggesi scol-
pito in marmo, nella iscrizione dettata dal Vermiglioli e locata sopra la porta
del Gabinetto scientifico del Canali nel Palazzo dell'Università. i
140 CESARE LIPPI-BONCAMBI . -

tà) vi ha trovato sede definitiva. È ivi affidato infatti alle funzioni D
dell'Istituto di Ecologia, dove rappresenta la continuazione dell'o- wo M
pera di Luigi Canali, estesa anche a rilievi CHANCE di utilità . Î
agraria. Bi o I È

Divulgatasi ben presto in tutta Italia ed Oltralpe la rinomanza
del suo sapere, moltissimi letterati (fin dalla sua età giovanile) ed an-
che scienziati (specie quando egli passò da studi metafisici a quelli
fisico-chimici) di fama mondiale — quale, ad es., il Cùvier — ambirono
aver col Canali, non solo scambi di idee (come lo testimoniano la cor- - . B
rispondenza epistolare e le ripetute visite illustri, ch'egli ricevette mr
in Perugia), ma anche scambi di materiale da esaminare oppure in
dono.

Esimi studiosis infatti, intrattenere il Nostro assai di frequente
in eruditi o scientifici carteggi, sia per conoscere le sue nuove sco-
perte, sia per penetrare la sagacità delle sue ampie vedute dottrinali. :

Ancor più ampi contatti egli dovette mantenere con vari na- UN
turalisti di tutte le nazioni europee, a causa del copioso « Museo di |
Storia naturale » che seppe raccogliere in tre saloni del suo Gabinet- |
to, dove dispose con moderni e razionali principi una ricchissima ' |
collezione, che la sua generosità volle poi destinare a pubblica uti- |
lità universitaria, come meglio vedremo in seguito. i:

Né fu ricercato soltanto da letterati e studiosi singoli, che am-
birono essere con lui in corrispondenza, ma anche da varie Acca-
demie italiane e straniere che si vantarono di averlo loro aggregato,
come quella torinese, quelle romane dei Lincei e delle Arti e Mestieri,
quella di Dresda, di Lisbona, di Catania, quella toscana di geogra-

. fia, statistica e storia naturale e quella Valdarnese [1].

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L'Anno Accademico 1814-15 s'inauguró in Perugia per ordine
pontificio, conservando in vigore il «sistema vigente » cioè gli ordi-
namenti francesi con carattere provvisorio, in attesa che la Segre-
teria di Stato emanasse da Roma definitive disposizioni in mate-
ria di riforma [7] e. circa la sistemazione dei locali di Monte Morci-
Moss];
; Sulla riforma in gestazione e sul nuovo ordinamento che s'in-
tendeva dare all'Università perugina, il Canali (ch'era stato ricevuto
LUIGI CANALI 141

appositamente da Papa Pio VII) scrisse da Bora il 3 settembre 1814
all’allora Rettore marchese Giuseppe Antinori [3].

Frattanto, tra le apparenze esterne del mutato stato politico
e della nuova situazione, si notano alcuni provvedimenti presi dal
Pontefice, tra cui la designazione ad ispettori, scelti nelle persone
del nostro Canali e del Vermiglioli (che sarà poi suo biografo) col com-

| pito di vigilare quali « Prefetti degli studi » sulla condotta e sull’in-

segnamento dei vari professori universitari tenendone informati il

Rettore ed il Vicario vescovile [3].

Già fin dal maggio '14, non appena rientrata J'aminsnisiraato-
ne pontificia in Perugia, era stata rivolta una supplica a Pio VII [9]
facendogli presente l'assoluta necessità di conservare i locali di Monte
Morcino [10]. Ma il Pontefice chiese che si facesse regolare doman-
da di concessione, ed allora i tre deputati Canali, Vermiglioli, An-
sidei, l'avanzarono in nome dell'Ammj/ne Civica, ricordando i motivi
della concessione napoleonica e la opportunità di tenerne il dovuto
conto [3]. |

Ma nel gennaio '15 tale concessione era ancora tutt'altro che

certa ed il Consiglio Universitario deliberò pertanto d'inviare due
‘suoi deputati per seguire da vicino la cosa [11].

L'Ispettore Canali parti, infatti, in ambasceria alla volta di
Roma, dove portò a termine una delicata ed abile missione diploma-

‘ tica [12], che indusse finalmente Pio VII a firmare l'atto di concessio-

ne (23 maggio 1815).

Nella successiva seduta del Consiglio universitario, il Canali poté
esibire ai suoi Colleghi anche copia della lettera di consenso e di un
decreto (22/6/1815) relativo agli oggetti da restituire ai monaci oli-
vetani in Roma [3], con la quale pratica si pose termine finalmente
all'annosa questione dell’edificio di Monte Morcino, di cui venne ri-
conosciuto il dominio utile in perpetuo all’Università di Perugia.

Il Pontefice nominò nel 1824 Rettore della nostra Università il
professore Luigi Canali [13], a seguito della sua ben nota SSDELERZA
e provato attaccamento al patrio Ateneo.

Durante l’unico anno di rettorato effettivo, altra e più concreta
minaccia da Roma tornò ad affacciarsi sulla possibilità di manteni-
mento dello «Studium Perusinum ».

Il nuovo Rettore approvò la nomina di una deputazione per-
ché assumesse più precise informazioni, in merito alle quali fu ri-

| ferito, infatti, nella successiva adunanza del 31 marzo del Consiglio

dei professori. che tutti i Magistrati della Città si erano impegnati
142 CESARE LIPPI-BONCAMBI

«per la conservazione e miglior andamento della nostra Universi-
tà » [3].

Nel 1825 Canali chiese il suo collocamento a riposo, restandogli
conferito il titolo di Rettore Perpetuo dell'Ateneo fino alla morte (8°
dicembre 1841).

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L'ampiezza della sua cultura, non disgiunta da una non comune
capacità lavorativa, consentirono al Canali, come abbiamo già esa-
minato, di muoversi sicuro dal campo matematico-filosofico a quello
della fisica, della cosmogonia e della metereologia, da quello umani-
stico-letterario a quello della storia naturale, della mineralogia e del-
la chimica.

Quando il Canali ottenne la separazione dalla Fisica della catte-
dra di Chimica (che furono connesse insieme nell'ordine di studio
dell’ Università perugina fino al 1810), egli riservó per sé quest'ultima.

Ed è appunto nel campo chimico, dove il suo nome particolar-
mente si afferma.

Prima del Canali aveva dominato incontrastato nello « Studium
Perusinum », come del resto in tutta Italia, il sistema di Stahl, che
di tutti i fenomeni chimici dava spiegazione mediante la teoria del
flogisto; ed appunto a tale scuola era stato educato il Nostro !

Ma Canali, sperimentatore provetto e così aggiornato in Chimi-
co-fisica, non poté restare soltanto ammiratore delle nuove teorie
di Lavoisier (di cui diventò ben presto anche profondo conoscitore)
ma, applicandole, insegnò prima d’ogni altra cosa, la natura compo-
sta dell’aria e dell’acqua, facendo — come dice il Purgotti [5] — per
«il primo brillare di nuova luce l’orizzonte delle fisico-chimiche co-
gnizioni ».

Fu perciò tra i primi ad abbattere la dottrina dei quattro ele-
menti (aria, acqua, terra, fuoco) che aveva dominato per secoli, e
la sua fama lo pone in relazione coi più noti chimici europei.

Egli seguì con passione tutte le più recenti scoperte, discutendo
le nuove teorie del Davy, del Berzelius, del Bertholet, modificando-
le, se del caso, e spesso completandole, come appare chiaramente
dalla produzione scientifica di quest’ultimo periodo della sua attività.

Nel suo insegnamento, non appena Davy (1807) dimostrò che le
terre e gli alcali sono ossidi metallici, tolse tali sostanze dalla classifi- —
cazione che le inquadrava tra le sostanze semplici incombustibili,

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LUIGI CANALI 143

come pure si associó alle idee dello stesso scienziato, non appena
questi dimostró la semplicità del cloro e dello jodo.
Consideró azzardata la teoria di Lavoisier, secondo cui era in-

-dispensabile l'ossigeno per i fenomeni di acidificazione e di combu-

stione, in quanto essi possono verificarsi anche in ambiente privo
di tale elemento, e tale sua critica lo portó a proporre una nuova
nomenclatura sugli acidi binari. i

Don Pizzoni [6] ha giustamente messo in luce la priorità scien-
tifica del Canali, per cui tale nomenclatura fu accettata da autorità
di primo piano, quali Thenard e Dumas, nei loro testi di chimica, e
quindi è passata pacificamente nel dominio internazionale della scienza.

Si deve infatti a Canali se oggi diciamo «acido cloro-idrico e
acido jodo-idrico », anziché idro-clorico e idro-jodico, come si diceva
allora, giacché il principio acidificante non era per lui l’idrogeno,
ma il cloro e lo jodo. 3

E la teoria di Lavoisier, da lui considerata incompleta, fu e-
stesa ad altri corpi, quali cloro, jodo, solfo, fosforo, selenio, tellurio,
inquantoché dimostró non essere vero che la proprietà acidificante
«fosse indotta » solamente « dall'ossigeno nei corpi combustibili ».

E molte altre scoperte avrebbe potuto fornire alla Chimica, se
ben presto il Canali non si fosse deciso ad optare per un ramo netto
e preciso della scienza chimica, visto il progresso gigantesco ed il con-
tinuo smembramento di essa nelle sue suddivisioni, specializzandosi
in Mineralogia.

Già nel 1813 Giorgio Cuvier, nel fargli visita in Perugia, aveva
giudicato tra le piü ricche esistenti in Europa la raccolta di minerali
amorosamente curata nel « Palazzo Canali » (1) restandone ammira-

(1) E interessante la descrizione che ci dà il Siepi (1822) della « Raccolta
di oggetti di Storia Naturale » (allora ammontanti al n. di 6.000 pezzi) tra le
belle cose da ammirarsi nel Palazzo Canali, presso l'Arco della Via Vecchia:

« Moltissime sono le cose d'Italia, di Germania, di Svezia, d'Inghilterra
«e d'America che vi sono riunite. Contiene una serie estesissima di prodotti
« marini fossili, molti de' quali sono indigeni, e non rammentati dal Iprof. Broc-
«chi nella sua Conchigliografia Subalpina. Ha la serie di tutti i prodotti del
« Vesuvio e quelli che.formano i monti, derivati dai Vulcani estinti nei con-
«torni di Roma, del Lazio e della Sabina: ha saggi di tutte le miniere piü ce-
«lebri, di tutte le rocce, delle gemme e delle pietre silicee, oltre quelle che
«hanno per principio le altre terre, e che vengono a formare le classi delle
«pietre calcaree alluminose e magnesiache. Vi sono uniti i prodotti marini
« tanto riguardo alle conchiglie quanto riguardo ai polipi, ed in questa parte la
« collezione è molto completa » [20]
144 CESARI LIPPI-BO NCAMBI

to e traendo da essa argomento per alcune sue osservazioni su fos-

sili [14].

Dopo. tale epoca dim a Sr ogni sorta di campioni
petrografici (minerali, rocce, fossili), di cui, attraverso cambi coi più
eminenti mineralogisti e cultori del tempo in Europa, mise insieme

circa n. 10.000 esemplari tra nostrani e provenienti dall’ estero) che

egli sistemò in 24 armadi.
Ancor vivente, nel 1830, egli volle jun. il suo nome alla patria

Università mediante donazione della propria collezione, che tuttora.

si conserva nel nostro Museo dell'Istituto di Geologia Applicata della
Facoltà di Agraria in S. Pietro, com'é documentato dalla lapide ivi
esistente e qui riportata (1).

Ma Canali, competente com'era, non fu soltanto il semplice ed
appassionato raccoglitore del materiale naturalistico: cosi ben col-
lezionato, bensi anche l'esimio illustratore dei suoi esemplari classi-
ficandoli dal lato chimico.

Due erano le classificazioni dell’epoca che dominavano princi-
palmente nel campo della mineralogia: 1) quella dell'abate francese
Hauij in base alle forme cristalline che presentano i diversi minerali,
contro la quale il Canali trovó contrastanti le esperienze di Mitscher-
lich sul polimorfismo ed isomorfismo di alcune sostanze; 2) quella
del Berzelius, che si basa sulla natura, grado ed intensità di polarità
elettrica dei corpi, caratteristiche delle quali il Canali a giusta ra-
gione ritenne di fare astrazione, perché tutte modificabili nella stessa
specie mineralogica col variare di circostanze fisiche concomitanti
(calore, pressione).

Ammettendo, invece, da un lato coll’ italiano Bod che «la
differenza di composizione chimica é il carattere piü sicuro per clas-
sificare la specie » (come dice l'Anonimo nel « Breve ragguaglio del
Gabinetto di Mineralogia », di cui riferisco a parte) e d'altro lato con-

(1) ALL'ISTITUTO AGRARIO
i CHE OGGI S'INAUGURA
L'ANTICA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA
AFFIDA IN DEPOSITO |
| LE COLLEZIONI DI GEOLOGIA E MINERALOGIA
A LEI DONATE NEL MDCCCXXX
DAL PROF. LUIGI CANALI

' XXV NOVEMBRE MDCCCXCVI

EM UE De

duo a RR


LUIGI CANALI . ; 145

venendo col francese Bendant che «in mineralogia la specie é la col-
lezione dei corpi formati dagli stessi principî nelle stesse proporzioni
riuniti », Canali elaboró la sua classificazione mineralogica, appog-
giandola sull'analisi chimica e sul diverso grado di affinità che presen-
tano i vari corpi con l'ossigeno, cioé l'elemento pis largamente dif-
fuso in natura.

. La nuova classificazione del Canali, assai affine a tea chimica
da tutti attualmente adottata per la mineralogia descrittiva, é ,Der-.
tanto da riconoscersi come ottima dal punto di vista. scientifico e
didattico, e véramente precorritrice dei più moderni schemi oggi i in
uso.

xk

. Della vasta produzione scientifico-letteraria edita ed inedita. del
Canali, crediamo opportuno dar qui un breve riassunto degli scritti
che ci sembrano principali, o per lo meno piü interessanti, e che so-
pratutto delineano maggiormente la fisionomia di questa mente ge-
niale e versatile nei 2 diversi campi del sapere.

Amor chimico. — (presso C. Baduel, 1794).

‘Quale poeta didascalico, Canali rimase noto per il suo poemetto
intitolato: Amor chimico.

È questa una composizione da lui scritta sotto l'anagramma di
Anauro Dirceo e commessagli da tale Giuseppe Tognacci, per offrirla in
omaggio ai «nobili signori sposi Gian-Filippo Lippi e Maria Alessandri».

Trattasi della singolarissima trattazione di un argomento rigi-
damente scientifico, poiché vi si esalta in buona forma poetica la sco- -
perta della decomposizione dell’acqua, operata da Lavoisier nel 1783.

Nell'unione dellidrogeno e dell’ossigeno a costituire l'acqua;
il poeta ravvede la ragione dell'offerta del suo lavoro in occassione
di nozze, e vi dimostra effettivamente consumata perizia nel trattare
il verso, ma il soggetto d'eccezionale rarità é tale che l'estro poetico
ed il volo lirico non possono non sentirsene appesantiti.

‘Al poemetto seguono alcune annotazioni scientifiche.

- Lettera del Canali di prefazione al Dizionario Universale di Archi-
tettura e Dizionario Vitruviano ordinato da Baldassarre Orsini. — Kpressn
C. Baduel; Perugia, 1801).

In essa il Nostro tributa le più ampie lodi alle profonde cogni-

«zioni d'arte dell'Orsini e dichiara che l'opera in oggetto, per il me-«

10
146 x CESARE LIPPI-BONCAMBI

todo seguito e per la forma chiara e concisa (ambedue di spiccata
utilità in un lavoro che si rivolge ad una massa di allievi) dà meritata
fama all’autore ‘ed all’Accademia perugina. |

^^ Delle lodi del dottore Annibale Mariotti (Epigrafe in sua morte
acclusa alla orazione detta da Felice Santi). — (presso C. Baduel, Pe-
rugia, s. d.).

È una massiccia iscrizione di oltre trenta righe, nella quale i
principali meriti dello scomparso sono riconosciuti ed esaltati in una
forma non indegna del buon stile epigrafico latino.

Interessante per noi é questa epigrafe appunto perché costitui-
-sce un'ottima prova della perfetta padronanza della lingua latina
da parte del Canali; essa é altresi per noi un documento che testi-
monia come allora (ed ora, ahimé, non più) la conoscenza non super-
ficiale, ma approfondita ed appassionata dei classici fosse ritenuta
un naturale completamento alla cultura generale d'ogni scienziato.

Sulla non originalità della comoedia di Dante che serve di analisi
ad una Memoria del P. Ab. Di Costanzo cassinese sulla visione del Mo-
naco Alberico. — (« Giornale Pisano », n. 26, p. 291, Pisa 1810).

Il Canali indirizza in questo periodo una lunga lettera al prof.
Gatteschi, redattore del Giornale Pisano, il quale già precedentemente
aveva pubblicato una trattazione in materia dantesca. :

Da ció prende lo spunto il Canali per iniziare la sua erudita co-
municazione in cui viene ricordata una lettera, dai più non conosciu-
ta, di mano dell'Abate Giuseppe Di Costanzo e nella quale viene im-
pugnata la originalità della Divina Commedia di Dante nel senso che
un’opera di quella mole e con quella speciale struttura era già stata
tentata da altri prima del Sommo Poeta, anche se naturalmente con
minore compiutezza d’arte.

Il Canali non parteggia incondizionatamente con il Di Costanzo,
ma, sulla traccia delle sue indicazioni, si prende la cura di esaminare
personalmente la famosa Visione attribuita al monaco Alberico di
Settefratte e ritenuta essere il modello sul quale Dante costruì la sua
mirabile creazione.

Ed il Canali fa coscienziosamente un raffronto abbastanza par-
ticolareggiato fra i versi latini della Visione e le terzine della Comoe-
dia — e ne risultano innegabili, sorprendenti punti di contatto.

Questa lettera è per noi interessantissima perché, anche se -deci-
samente sorpassata dalla critica estetica attuale, rimane sempre no-

|
|
|
e SI

' LUIGI CANALI : _ 147

tevole per la sensibilità letteraria del Canali, che si manifesta pale-
semente nella vivacità. entusiasta dell'indagine e nell'acutezza dei
giudizi.

Estratto .dell' Elogio di Baldassarre Ansidei. — (« Nuovo Giornale
di Pisa » n. 2, pag. 182, 1810).

E questa una recensione sulla rivista pisana dell'Elogio di Bal-
dassarre Ansidei, scritto da G. B. Vermiglioli ed offerto in omaggio
ai signori conte Ludovico e contessa Francesca Ansidei in occasio-
ne delle loro nozze.

In essa é narrata la vita del letterato B. Ansidei nato in Perugia
il 1553 e perfezionatosi a Roma nelle discipline umanistiche, e vi è
citata con precisione di dettagli la sua vasta erudita produzione.

Il Canali aggiunge di suo alla recensione un particolare evidente-
mente sfuggito al Vermiglioli, quello che la morte dell'Ansidei non
dovette essere conosciuta molto presto fuori dell'Umbria, se, oltre
un mese dopo, il celebre Padre Petavio scriveva dall'Angió ove tro-
vavasi per chiedere all'Ansidei il favore di certe ricerche bibliografiche.

Loda infine G. B. Vermiglioli perché, celebrando egli degna-
mente la gloria dell'Ansidei, ha reso in pari tempo un grande servi-
gio a Perugia cui risale sempre la gloria d'ogni suo singolo figlio. -

Di alcune zanne elefantine fossili. Osservazioni esposte in due let-
tere dai Sigg.ri Professori Paolo Spadoni e Luigi Canali. — (Macerata,
Stamperia Capitani, 1810).

E questa la risposta ad una lettera, seguita da un'appendice,
con la quale il prof. Spadoni sollecita il parere del Canali su certe zan-
ne elefantine da altri ritrovate e venute poi in suo possesso.

Disserta a lungo l'Autore su ritrovamenti di difese elefantine,

. specie in Umbria, ed espone con chiarezza ed erudizione varie teorie

del suo tempo in materia. Mette in rilievo il fatto che le ossa dei
grandi animali fossili si trovino in genere disperse e fà l'esame dei
vari agenti, climatici per lo più od anche ond che a volta a
volta possono aver condotto a ciò. —

E, secondo lui, notevole la circostanza che quasi sempre questi
avanzi fossili siano rinvenuti in terreni ricchi di fauna fossile marina,
per il che si puó ben imputare alle acque del mare la funzione di ele-
mento disperditore dei grossi scheletri in materia.

Nell'estremo Nord, come-Russia e Scandinavia, le dersissime
condizioni climatiche hanno invece molto spesso (banchi di ghiaccio)
148 - | . CESARE LIPPI-BONCAMBI

consentito la conservazione, estesa anche al pelame, di corpi di ani-
mali preistorici (così li classifica l'A.) quali i Mammouth.
E comunque da tener presente — afferma Canali — che, data la
estrema età dei fossili stessi, puó spiegarsi la circostanza di rinveni-
ré di tutto lo scheletro quasi soltanto e di preferenza le difese in avo-
rio, con la riflessione che tale.materia era la piü atta a superare i
millenni, laddove invece la semplice sostanza ossea può ben essersi
. dissolta e mescolata alla terra.
Il Canali sostiene infine che, trovandosi detti resti in Italia in
istrati relativamente prossimi alla superficie, la fine di quelle specie
animali dovette essere causata da inondazioni di imponenti masse di
acqua successivamente ritiratesi, dopo una permanenza che investi .
tuttavia un vasto lasso di secoli ! (1).

Orazione in morte di Baldassarre Orsini, Architetto e Pittore. —
(Perugia, 1811, presso Baduel, 8). S
È un discorso funebre redatto nello stile Bono. e stracarico di
paludamenti retorici come era nel gusto dell'epoca; in esso comunque
il Canali vi dimostra ampiamente la propria profonda erudizione ed
. una commossa sensibilità.
Inizia egli a dire come la salute dell'Orsini fosse andata gra-
datamente deperendo negli ultimi anni, ma il deperimento fisico
sembrava accrescere per contrasto le attività intellettuali e far ri-
lucere ancor piü la già intensa luce spirituale che dall'animo nobile:
del maestro emanava. Me j|
. Dopo avere enumerato i meriti dell'estinto, membro dellAc-
cademia di S. Luca in Roma, dell'Accademia Clementina in Bologna,
dell'Accademia Etrusca di Cortona e d'altri onorevoli istituti, l'ora-
tore si rifà agli anni lontani del soggiorno dell'Orsini in Roma, ove
il padre l'aveva condotto, appena adolescente, affinché si formasse
. sui modelli dei maggiori pittori quel sentimento artistico e quella :
‘bravura tecnica ch'ebbe poi modo di dimostrare nel campo della pit-
tura, dell'architettura, della prospettiva, della geometria, ecc.
Ricorda a tale proposito la prima opera dell'Orsini, quella « Pra-
tica Geometria » che egli dedicó al celebre pittore Raffaello > Mengs,
allora capo dell’Accademia di S. Luca in Roma.

(1) All’inizio dell’800 la geologia era ancora bambina, né il Canali poteva
sospettare l’esistenza di antiche coltri glaciali in Italia, né tanto meno im-
maginare la teoria delle 3 o 4 glaciazioni quate uarie. con altrettante relative
fasi interglaciali. - i
‘LUIGI CANALI 149

Passa poi a parlare del periodo della sua prodigiosa attività in
Perugia ove riescirono a trattenerlo il plebiscito di simpatia dei suoi
concittadini ed il suo amore per il luogo natio, per i quali seppe viri-
cere il desiderio e l'onore di una stabile residenza in Roma, patria
d'elezione per ogni anima assetata del bello.

Pur rimasto nella modesta città di provincia, seguitarono a giun-

gere a lui tributi di rispetto e segni devoti d'omaggio da parte di -

. studiosi d'ogni parte d'Italia e dell'Estero. |
. Prende quindi in esame le numerose opere che la costante ap-

plicazione del maestro ed il suo tenace entusiasmo donarono al go-

dimento dei dotti e per l'erudizione dei profani.
A questo punto il Canali dà l'esempio d'una notevole obbiet-

tività di giudizio quando rileva, a proposito di certe memorie di ca- -

rattere archeologico, come l'Orsini non abbia in esse mantenuto
quell'altezza già raggiunta dalle sue capacità critiche in altri molte-
plici campi.

Lumeggia infine, riassumendo, la figura morale dell'Orsini non
certamente inferiore a quella scientifica e tale da farlo « uomo one-
sto e cristiano » oltre che maestro di dottrine e dispensatore di
sapere.

Sono di appendice all'opera alcüne epigrafi latine, ottimamente

compilate da G. B. Vermiglioli in lode dell'estinto, ed un elenco del-

le opere edite ed inedite dell Orsini.

- Lettera. di L. Canali. a G. B. Vermiglioli in appendice all'opera
del Vermiglioli « Saggio su bronzi etruschi trovati nell' Agro Perdu ». =
(Perugia, presso Baduel, 1813).

Il Canali era stato pregato dal Vermiglioli di esaminare certi
frammenti d'osso e d'avorio rinvenuti a S. Mariano e forse pertinenti
ad una antica quadriga, e di riferire sul loro stato, sulle cause del

loro dissolvimento, e sulle eventuali deduzioni di carattere cronolo-

gico che se ne potessero trarre.

Il Canali disserta ampiamente sulle varie cause chimiche che
portano alla dissoluzione dell’avorio. e uuo con ricchezza di ci-
tazione i giudizi di altri dotti.

Ancora una volta ci dimostra profondità di conoscenza nel cam-
‘ po anche non strettamente scientifico, poiché frequentissimi sono i

richiami di natura storico-archeologica. |
: Questo breve studio del-Canali è infine importante anche per-

ché rivela, già agli albori del xix secolo, una prima tendenza alla col- -

press

er pr —
150 CESARE LIPPI-BONCAMBI :

laborazione tra le varie scienze nel campo archeologico in modo che,
ad esempio, la erudizione dell'archeologo viene sostenuta ed al caso
illuminata dalle dotte investigazioni del naturalista.

Sopra una più retta classificazione e nomenclatura di alcune so-
stanze semplici e loro composti (lettere due del dott. Luigi Canali al
Sig. Dottore Domenico Morichini, professore di Chimica in Roma). —
(Estratto dal « Giornale Arcadico », T. XII, P. II, 1821, Roma, presso “ai
Paolo Salviucci e figlio).

Lettera prima : « Sulla classe dei corpi ai quali si è creduto appar-
tenere il Clorino e l'Jodio: sugli Acidi che ne risultano, e se questi co-
stituiscano un ‘anomalia in rapporto delle teorie della chimica DICUNO
tica ».

Alcuni nuovi elementi di recente scoperti sono « stati tanto ben
classificati quanto da molti si è fin ad ora creduto, e la loro natura »
è «così ben definita da non esigere qualche necessaria modificazio-
ne ? ». L’A. ritiene di no.

I nuovi elementi scoperti sono: Cl e J, i quali sono classificati
fra i corpi « assolutamente combustibili » in serie con H, N, S, P, C.

AIA. questa classificazione appare errata, contrariamente a
quanto ritengono Davy, Thenard, Gay-Lussac, Thompson e quasi
tutti gli Italiani.

Ritiene invece che si debbano riguardare il Clorino a e
l'Jodio (Jodo) come due corpi intermedi fra i sostegni della combu-
stione ed i corpi combustibili, fra i quali RIE da anello di con-
giunzione. | 2 |

Propone una nuova nomenclatura: per certi composti (ad es.
acido cloro-idrico e jodio-idrico) « per togliere una certa confusione
negli oggetti che abbraccia la nostra scienza, la quale spesso deriva
da una lingua che non precisa bene le nozioni, e che potendo far cre-
dere quello che una cosa non é, puó farci concepir male la natura
dei composti che si nominano e non ben basate le teorie che si spie-
gano ». : |
Lettera seconda: « Sugli acidi risultanti del Clorino e dell'Jodio |
con l'ossigeno ; su quelli che si hanno dall'idrogeno col solfo, col. Fluo-
rino, col Tellurio e col Selenio ; sui loro rapporti con le teorie dei pneu-
matici, e sull'ipotlesi della combustione data da Berzelius ». ;

HCl e HJ sono risultanti da « due sostegni della combustione;
dei quali uno ch’è quello che fa da radicale, è una sostanza interme-
dia tra i corpi comburenti ed i combustibili ». i
LUIGI CANALI 151

Poiché si ritenevano gli acidi formati «da un composto combu-
stibile come radicale e di un altro che ha tutti o in gran parte i ca-
ratteri di sostegno della combustione, e che si riguarda in loro come
il principio acidificante » appariva strano che vi fossero acidi non con-
tenenti alcun corpo combustibile, ma solo sostegni della combustio-
ne, come l'acido clorico, giacché anche Cl, come J, era ritenuto soste-
gno della combustione.

L'A. dice che Cl e J non sono sostegni assoluti della combustio-
ne, ma corpi intermedi che in certi casi si comportano anche come
combustibili. Propone che l'elettromotore voltiano debba prendersi
per norma «nella scoperta di tanti nuovi composti salini risultanti
da acidi e da materie alcaline » (pag. 6).

Negli acidi formati da due corpi combustibili, come da H con
S, F, Se, Te, pare manchi invece il sostegno della combustione.

Esaminando con la «pila voltiana » questi composti, si nota
che H va sempre al polo negativo, mentre invece il S, come i com-
posti dell'As con I'O, va al positivo come del resto l'O stesso.

Anche Fl rispetto all'H prende una elettricità che é negativa.
Per questo S, F, Se, Te, « hanno qualche nota per cui in qualche cir-
costanza divengono comburenti e principi acidificanti ».

Berzelius ha emesso una nuova ipotesi sulla combustione, la
quale non sarebbe altro che la « neutralizzazione di due elettricità
opposte.» e si manifesterebbe con «svolgimento di calorico e luce»
e con «un gioco puramente elettrico ». L'A. nega l'attendibilità del-
l'ipotesi, non essendo «la fiamma un prodotto di due opposte elet-
tricità che si neutralizzano » ma «un edotto proveniente dai corpi
stessi, che si combinano, come vogliono i chimici pneumatici ».

Orazione in morte del dottore Felice Santi. — (Perugia, 1822, presso
Baduel).

E questo un elogio caldo e convinto, rivolto alla memoria del
Prof. Felice Santi, ordinario di Medicina teoretica alla Università
perugina e suocero del Canali. i

L'elogio funebre, com'é uso del tempo, inquadra la figura e la
vita dello scomparso nel campo piü ampio della Medicina universale,
di cui si celebrano i cultori più insigni e più remoti.

Le citazioni che servono d’appoggio alla dimostrazione dell’ec-
cellenza di tale nobilissima disciplina spaziano da Ippocrate al Re-
di e quest'ultimo nome non è fatto a caso, essendo stato il Santi oltre
che ottimo medico e docente anche preclaro cultore di studi letterari.
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152 . CESARE LIPPI-BONCAMBI

L'orazione, alla vasta introduzione, fa seguire. per sommi capi
le tappe della felicissima carriera del Santi, presentata con quella ab-
bondanza di richiame e di eruditissime digressioni che SERBIARIO es-
sere tipiche dello stile e della dottrina del Canali.

©. Lettera su varie notizie riguardanti le piante fossili al Sig. Vila
Procaccini. —

È degna di particolare rilievo anche quest'altra lettera, ma su
di essa, per amore di brevità, non ci soffermeremo. Chi volesse leg-
gerla, potrà trovarla inserita nelle osservazioni del medesimo Sig.
Procaccini intorno alle « c Filliti delle gessaie sinigagliesi (Roma, 1828,
per Poggioli, 8).

Breve ragguaglio del gabinetto di mineralogia dell’Università di
Perugia, donato dal chiar/mo Sig. Dottore Luigi Canali, Prof. emerito
di Chimica, e Rettore della stessa Università. — (Perugia, 1838, Tip. Ba-

duel, da Vincenzo Bartelli).

Ricorderemo infine quest'anonima pubblicazione (stampata nel
1838, cioè tre anni prima del Suo decesso), nella: quale — oltre lo
schema della classificazione con cui é stata riunita la « Collezione

Canali » — viene riportata una dettagliata illustrazione dei criteri su
cui essa é basata.

Riteniamo perció che fu lo stesso Canali (già immobilizzato

... dal primo attacco di apoplessia, che lo aveva costretto a rinunciare
| agli studi preferiti) ad ispirare il concetto e guidare dal suo letto di

morte, con quella perfetta lucidità d'intelletto ch'egli mantenne

fino agli ultimi istanti della lunga e laboriosissima esistenza (82 an-

ni) la mano amica dello scrittore Anonimo.
xk >

Non sarà qui fuor di luogo, al termine della presente memoria
biografica, citare qualche pubblicazione dedicata, o comunque in-
dirizzata, al Canali — od in vita od in morte — da insigni studiosi ed
ammiratori devoti.

1) Prendendo la laurea in filosofia il Sig. diuo Canali [2]. Di

questo sonetto ci é piaciuto già riferire, a proposito wu. addottora-

mento del Canali avvenuto nel 1781.

2) Lettera di Baldassarre Orsini al Sig. Dott. Luigi Canali [15].
In ció, infatti, noi vediamo un segno dell'omaggio tributato al No-
( i

LUIGI CANALI. 153

stro da una mente deci. quale quella dell’Orsini, in riconoscimento
di qualità altrettanto eccelse.

3) Le due orazioni in Sua morte, con acclusa um'iscrizione in
Sua lode ed una ampia fedele biografia [5]. Sono due orazioni funebri,
dette rispettivamente dal Padre Vincenzo Bini, abate cassinese, e _
dal Prof. Sebastiano Purgotti, eminente chimico del secolo scorso,
ch'era succeduto sulla stessa cattedra di Chimica al Nostro, quando
questi era stato obbligato per ragione di malattia a ritirarsi dall'in-
segnamento (1825) e col quale aveva poi collaborato scientificamente

. negli ultimi anni di sua vita [16].

In queste commemorazioni la figura del Canali ottiene il mas-
simo rilievo e si delinea quale l'abbiamo imparata a conoscere di-
rettamente dalle sue opere. à

Segue una bella iscrizione lapidaria del famoso Vermiglioli, ed
una accuratissima biografia anonima, che é una fonte preziosa e veri-
dica di documenti sulla multiforme attività del Canali.

Tale pubblicazione é adornata d'un bel rame, riproducente il
ritratto di Luigi Canali, e che a noi é piaciuto riportare in questo
« Bollettino » della nostra Deputazione di Storia Patria.

CESARE LiPPI-BONCAMBI

BIBLIOGRAFIA

[1] Biografia Veli scrittori perugini e notizie delle opere loro, ordinate e
pubblicate da Gio. Battista. Vermiglioli. VEDO I (A-D) Perugia, Tip. Baduel,
1829, pag. 264).

. . [2] « Prendendo la laurea in filosofia il Sig. Luigi Canali ». (Perugia, pres-.
so Costantini, 1781).

[3] ERMINI G. Storia della Università di SCRL (Editore Zanichelli, Bo-
logna, 1947).

[4] « Archivio Universitario di Perugia » P. I, D II e segg.

[5] Per la morte del professore Luigi Canali — Rettore della Pontificia Uni-
versità di Perugia e Pubblico Bibliotecario, due funebri orazioni seguite dalla
sua biografia. (Perugia, Tip. Bartelli, 1841).

[6] Pizzoni PrgTRO, Scienziati Umbri. (« Boll. di Storia Patria: per l'Um-
bria » vol. XXXIX, Perugia, 1942, pagg. 143-149).
[7] « Archivio Comunale di Perugia » Reg. bolle e brevi, Xv, Es 35, (v.

‘ anche « Arch. Univ. di Perugia » E. V., 7).

[8] « Archivio Universitario di Perugia », P. II, A. II, 6.
[9] « Archivio Comunale di Perugia; Annali decenvirali », a. 1814, f. 1.
154 CESARE LIPPI-BONCAMBI

[10] « Archivio Universitario di Perugia », P. II, A II, 6.

[11] « Archivio Universitario di Perugia », P. II, E III.

[12] « Archivio Universitario di Perugia » P. II, A II (varie lettere del
Canali al riguardo).

[13] « Archivio Universitario di Perugia », P. IIT, XVIII. a

- [14] Cuvier G. Recherches sur les ossements fossiles. (Paris, 1821).

[15] Orsini B. Lettera al Sig. Dott. Luigi Canali sopra il sepolero di Por-
senna. (Perugia, Baduel, 1800).

| [16] CAnALI & PurgottI Voto ed analisi ragionata sulle gessaie Massini
ed Alberti o Degli-Oddi poste in Cenerente. RE

[17] VERMIGLIOLI G. B. Cenni storici sulle Biblioteche di Perugia.

[18] I! Prof. Luigi Canali in: « L'Album », Giornale letterario, anno IV,
1842, pag. 20.
|. [19].BArrApon: A. Un secolo e mezzo di osservazioni asl olodtelie a Pe-
rugia. (« Boll. della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria », vol. XLIII,
1946).

[20] Descrizione topologico-istorica della Città di Perugia, esposta nell'anno
MDCCCXXII da Serafino Siepi, parte CODO, vol. I, Perugia, Tip. Gar-
binesi e Santucci, 1822. i

itti,
OSSERVAZIONI SUGLI STATUTI DEL 1400
DEI CONSERVATORI DELLA MONETA
DEL COMUNE DI PERUGIA

L'archivio comunale di Perugia conserva tre manoscritti degli
statuti dei Conservatori della Moneta del Comune di Perugia dili-
gentemente descritti nell'inventario dell'archivio stesso redatto dal
Bellucci (1). Gli statuti contrassegnati con la lettera R hanno ancora
incerta la data per la loro incompletezza: terminano infatti con una
rubrica lasciata a mezzo (2) e mancano delle indicazioni, solitamente
contenute in tutti gli statuti, sulla data della loro entrata in vigore.
La.data di questi statuti, gli ultimi di quanti ne sono conservati,
è di notevole interesse per la storia dello Studio perugino,. essen-
dovi contenuta una serie di norme che ne regolano la vita in
tutti i caratteristici aspetti dell’epoca. L'esame delle varie rubri-

. che dei suddetti mostra che sono stati redatti sulla falsariga della

precedente riforma dei medesimi statuti compiuta nell’aprile del
1389 (3). Perfino alcuni riferimenti cronologici sono rimasti immu-
tati: la rubrica 90, che ha indotto il Rossi ed il Bellucci (4) ad
attribuire a questi statuti la data dei primi mesi ‘del 1389, è
ripresa dalla rubrica 111 degli statuti di detto, anno: in entrambi
vi si legge: «...per consilium dominorum priorum et camerario-
rum artium de mense martii proxime preteriti et ‘presenti mense

(1) BeLLuccI A., Inventario dell'Archivio Com. di Perugia, Serie deg i
Statuti Municipali, in « Arch. Storico per le Marche e per l’Umbria » Vol. IV,
pag. 596.

(2) Archivio Comunale di Perugia :. Statuta conservatorum monete m;
rubr. 114.

(3) Archivio Com. di Perugia: Statuta conservatorum monete L.

(4) Rossi A., Documenti per a storia, dell’Università di Perugia, in
« Giornale di Erudizione artistica », vol. VI, pag. 313; BELLUCCI A., Inven-
tario cit., IX.
156 DANILO SEGOLONI

aprilis anni dom. 1389... »; ed ancora «...incipiendo in kalendis
maii presentis anni 1389...». Ma il nome di Bonifacio IX nella
rubrica 59, al posto di Urbano VI della rubrica 66 degli statuti del
1389, porta almeno a dopo l'11 novembre 1389 l'epoca della loro
redazione, limitandola tra questa data e il 19 ottobre 1404.

Dagli Annali decemvirali del Comune di Perugia non ci è dato

trarre indicazioni precise sulla riforma degli. statuti dei Conservatori
della Moneta in detto periodo, al contrario di quanto avviene per la
riforma del 1389 della quale vi si fa esplicita menzione (1). E tut-

tavia possibile, attraverso le disposizioni degli Annali riguardanti .

la stessa materia e le stesse persone degli statuti circoscrivere e forse
stabilirne la. data.

Nel dicembre 1391 il Consiglio dei priori e dei camerlenghi delle
arti di Perugia conferma gli statuti del 1389 «cum certa additione» (3).
Nell'ottobre del 1393 (2) viene dato ai soli priori « arbitrium auctori-
tatem et potestatem eligendi et nominandi quinque cives perunt

in sapientes studii » con gli « honera et munera consueta... pro uno

anno tantum...» compresa la facoltà di chiamare do OD alle varie
cattedre dello Studio che gli statuti del 1389 (4) concedevano agli

scolari per i lettori cittadini. L'ordinanza distingue l'ufficio dei Savi

dello Studio da quello dei Conservatori della Moneta segnando cosi
un'altra innovazione rispetto agli statuti del 1389 i quali stabilivano
che i Conservatori della Moneta fossero nello stesso tempo anche

Savi dello Studio (5). Sull’elezione dei Savi i priori tornano nuova- -
mente nel maggio dell'anno seguente per disporre che i priori e i ca- -
.. merlenghi di ciascuna porta della città eleggano un cittadino della

propria porta à savio dello Studio, con le facoltà concesse dagli sta-

tuti del comune per la durata di un anno a partire dal giugno se-.

guente (6). Nuovamente nel dicembre 1395 (7) si torna sull'elezione

dei Savi per affidarla ancora ai priori e ai camerlenghi i quali, di- -

stinti secondo le porte della città, debbono eleggere un savio per
ognuna delle cinque porte, con le facoltà concesse dagli statuti surri-
chiamati e quindi anche con quella di condurre dottori cittadini e fo-

(1) Arch. com. di Perugia, Annales decemvirales, a. 1389, f. 35 v. e 37.
(2) Arch. com. di Perugia, Ann dec., a. 1391, f. 126 v.

(3) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1393, f. 85.

(4) Arch. com. di Perugia, Statuta conservatorum monete L, rubr. 121.
(5) Arch. com. di Perugia, Síatuta cit. L, rubr. 120.

(6) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1394, f. 78.

(7) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1395, f. 162 v.

E.

$e xti ,
OSSERVAZIONI SUGLI STATUTI DEL MCD 157

restieri. Vincenzo Ansidei (1) vede givstamente in queste disposizioni -
la prova che gli statuti in esame sono ad esse posteriori poiché conten-
gono esplicitamente la deroga agli statuti dell'aprile 1389, della quale
non. vi sarebbe stato bisogno se i nuovi statuti fossero già andati in
vigore. Alcune deliberazioni del Consiglio dei priori e dei camerlenghi
delle arti e dell'adunanza generale del maggio 1396 (2) ci hanno in
un primo tempo indotto ad attribuire questa data agli statuti, per la
somiglianza nel contenuto e nella forma con alcune norme della ru-
brica 100 degli stessi attribuite ai « presentes priores ». Si tratta della
revoca delle concessioni ed alienazioni dei beni stabili del Comune e
della conferma delle concessioni «ad axtirpandum » su Monte Malbe
di cui si fa menzione negli Annali e negli statuti. Gli argomenti .
e le prove che qui addurremo ci hanno fatto abbandonare detta
ipotesi.

- Negli anni 1395 e-1396 gli Annali decemvirali documentano varie
volte la concessione dei pieni poteri ai Conservatori della Moneta, o
ad alcuni camerlenghi delle arti o a «boni homines », per ottenere de-

naro per i bisogni del Comune. Nella concessione dei pieni poteri è

compresa la facoltà «ordinandi statuendi et reformandi » con la li-
mitazione, di cui si fa generalmente menzione; di non gravare di
nuove imposte 1i cittadini (3). Gli Annali non ci attestano che dette

. concessioni abbiano avuto un seguito: solo il 31 dicembre 1396, a se-

guito delle decisioni dell'adunanza generale del giorno 7 dello stesso
mese, séguita nel giorno 28 dall’elezione di cinque camerlenghi delle
arti, vengono registrate notevoli deliberazioni che investono quasi
tutta la materia delle spese del Comune limitandole notevolmente (4).
Tale regolamentazione delle spese: è in contrasto con gli statuti dei

(1) AnsipEI. VINCENZO, Un documento del 27 gennaio 1400 relativo ai
Savi dello Studio, in Nozze Giannantoni-Della Torre, Perugia 1900, pag. 18
e-19.

(2) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1396, f. 50 v.

(3) Arch. com. di Perugia, Ann. dei a. 1395, f. 70: « Arbitrium conces-
sum dominis prioribus, tribus camerariis et conservatoribus providendi pecu-
niam necessariam comuni »; ibidem, f. 103, «arbitrium providendi unde et quo-
modo habeatur pecunia; ibidem, f. 172 v.; Ann. dec. a. 1396, f. 52 v.: « Ordi-
namentum pro habenda pecunia pro observatione pacis »; ibidem, f. 62 v.:
« Arbitrium plenissimum Luce Andreutii, una: cum quattuor camerariis eli-

‘ gendis, providenti unde et quomodo habeatur et haberi.possit pecunia ».

(4) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1396, f. 141: « Arbitrium circa
ampliandum introitus et resecandum exitus... »; ibidem, f. 157 v. e 158; ibi- .
dem, f. 160 v. e 161.
158 DANILO: SEGOLONI

Conservatori della Moneta del 1389 e con quelli in esame ed é det-
tata dalla necessità impellente di corrispondere il censo alla Chiesa,
clausola delle più importanti nella pace tra il Comune e la Chiesa ra-
tificata nel maggio dello stesso anno, la quale correva pericolo di es-
sére compromessa se Perugia ne avesse offerto l'occasione (1).

Tra le limitazioni delle spese del Comune, v'é compresa la dota-
zione dello Studio ridotta a 1500 fiorini l’anno in confronto dei dve-
mila stanziati dagli statuti del 1389 (2). |

Nello stesso dicembre 1396 viene stabilito che per l'elezione di tutti
gli ufficiali del Comune si ritorni al sistema dell'estrazione a sorte «de
sacculo comunis »: anche per l'elezione dei Savi dello Studio si ordina
l'estrazione a sorte, in contrasto con le disposizioni degli anni prece-
denti che affidavano l'elezione ai priori e ai camerlenghi delle arti (3).
Dall'estrazione «de sacculo » risulta eletto a savio dello Studio per
porta Eburnea, tale Giovanni Benedictoli « inabilis et non firmus
ad dictum officium », si che il Consiglio dei priori e dei camerlenghi
delle arti nel maggio 1397, affida ai priori l'incarico di eleggere al po-

sto di costui un suo consanguineo e la scelta cade su Giacomo Piccioli |

«eius fratrem » (4). Il sistema dell'estrazione «de sacculo » per l'ele-
zione dei Savi rimane stabile almeno sino al 1404, ultimo degli anni
sul quale abbiamo posto la nostra attenzione; i Savi eletti dai priori
nel gennaio 1400 saranno aggiunti a quelli estratti a sorte (5). Gli
Annali dec. del 1397 e '98 non offrono elementi importanti ai fini della
datazione dei nostri statuti. Negli Annali del 1399 per contro, in va-
rie disposizioni dei mesi di gennaio e febbraio del Consiglio dei priori
e camerlenghi delle arti, il notaio, oltre la generica formula di deroga
dalle disposizioni precedenti sulla stessa materia, fa espresso riferi-
mento alle rubriche degli statuti dei Conservatori della Moneta del-
l'aprile 1389 con l'indicazione del numero e del titolo (6). Il riferi-
mento a questi statuti é fatto in forma chiarissima per ben tre volte
e sebbene il titolo delle rubriche possa essere riferito anche agli sta-
tuti in esame, il numero si può esclusivamente riferire ai primi. L'er-
rore di una unità, rispetto alla numerazione segnata nelle rubriche

(1) Arch. com; di Perugia, Ann. dec., a. 1396, f. 157 v.
‘ » (2) Arch. com. di Perugia, Statuta cit. L., rubr. 112.
(3) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1396, f. 148.
(4) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1396, f. 55 v. e 56.
‘ (5) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1400, f. 21.
(6) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1399, f. 3 v.; f. 15 v.; f. 16.
OSSERVAZIONI SUGLI STATUTI DEL MCD 159

degli statuti del 1389, è forse dovuto al fatto che la numerazione sud-
detta, apposta da mano diversa e probabilmente piü tarda, non tiene
conto del capitolo, premesso alle norme statutarie, sull'umportanza

dell'ufficio dei conservatori. D'altra parte riferire la numerazione

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degli Annali agli statuti in esame è impossibile, poiché in tal caso
il notaio avrebbe errato non di una unità, ma una volta di cinque e
un’altra di venti, cosa del tutto inammissibile. Inoltre per una delibe-
razione del 4 gennaio 1399 (1) si deroga ad una rubrica corrispondente
nel titolo e nel numero agli statuti del 1389 (2) la quale non è af-
fatto contenuta negli statuti in esame. Abbiamo quindi la prova
che gli statuti del 1389 sono ancora in vigore e che gli statuti nostri
sono posteriori al 1399. | i

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Giungiamo così, senza altre indicazioni negli Annali, al periodo
della signoria di Gian Galeazzo Visconti in Perugia. L'Ansidei in base
al fatto che la rubrica 59 dei nostri statuti, relativa al pagamento
del censo alla Chiesa, «è dettata nei termini della massima devozione
verso la Chiesa stessa ed il Pontefice », esclude che questi statuti pos-
sano essere stati redatti nel periodo suddetto (3). L’argomento è pri-
vo a parer nostro di qualsiasi efficacia: nei preliminari dei patti inter-
corsi tra il commissario del Visconti e il Comune di Perugia è espressa-
mente ribadito da una parte e dall’altra che tutti i diritti della Chiesa

«salva remaneant» e che siano osservati i patti che il Comune ha

con la Chiesa (4). Nella stesura definitiva dei medesimi patti: uno
dei capitoli dispone testualmente: « che omne ragione de la Chiesa sia
conservata e che omne patto e conventione se osserve, non per ve-
runo modo sentenda prejudieare veruno censo che il papa devesse
avere dal Comune de Peroscia.» (5). |
Certamente a chi si fermi alla lettura del resoconto. dell'adu-
nanza generale del 19 gennaio 1400 (6) nella quale fu sancita la
dedizione di Perugia al Visconti sopratutto per le minaecie e i

(1) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1399, f. 3 v.

(2) Arch. com. di Perugia, Síatuta cit., L, rubr. 8.

(3) AnsIDEI V., Un documento, cit., pag. 19 e 20.

(4) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1400, f. 11 e 12.

(5) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1400, f. 13 v. e 17.

(6) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1400, f. 8: «...propter... igno-
rantiam et ingratitudinem dictorum pastorum Ecclesie Romane et eorum
malitiis proditionibus et machinationibus, (Comune Perusii) fuerit et sit in

-
160 DANILO SEGOLONI

pericoli incombenti da parte della Chiesa, e ponga mente alle. accuse

e alle ingiurie alla curia romana, parrà strano che si continui poi a
riconoscere il censo dovuto al Pontefice e in forma assai rispettosa. Ma
per la forma, che non ha in sé nulla di eccezionale, è da osservare che.
questa rubrica 59 è una copia, come abbiamo già rilevato, dell’analoga
rubrica 66 degli statuti del 1389 con la sola variante del nome del Pon-

tefice. D’altra parte negli statuti generali del Comune di Perugia pub-

blicati in questo stesso periodo, secondo quanto avremo occasione di
dimostrare più avanti, troviamo un'espressione che vuol. conciliare
la signoria del Visconti col massimo rispetto: della Chiesa, nella for-
mula di lettera da inviarsi all’ eligendo potestà del Comune (1). Per il
contenuto di questa rubrica poi è da rilevare che il censo alla Chiesa
noh è pagabile come tutte le altre spese ordinarie elencate negli statuti:
per il pagamento del censo i Conservatori della Moneta dovranno in-
vece attendere di volta in volta la deliberazione dei priori di guisa
che in pratica il riconoscimento del censo negli statuti è puramente
nominale. I priori si riservavano evidentemente di pagare il censo a
seconda delle condizioni politiche del momento e dei rapporti tra
Perugia e la Chiesa. Dagli Annali si rileva infatti che il pagamento del
censo è quasi sempre arretrato (2). Nel febbraio 1401 il Consiglio dei
priori e dei camerlenghi delle arti destina il censo al pagamento dei
danni prodotti nel territorio perugino dal Broglia, capitano al servizio
del Pontefice, con la cavalcata degli ultimi giorni dell'ottobre 1399 (3).

multo dafantücattis propter cavalcatas, spoliationes et robbatiores et propter
homines in captivitatem deductos et propter alia facinorosa et enormia com-
missa.et perpetrata per gentes armigeras... Ecclesie romane et de novo
mala malis accumulando... queant sub paliato colore et sub... ipocrisia et
pessime operando SURE et in ruinam funditus deducere statum popu-
larem perusinum bonum liberum pacificum et tranquillum. ac ipsam rem
publicam. . . ». Il risentimento contro la curia romana risulta ancor più forte
se le parole surriferite si confrontano con queste, che le seguono immediata-
mente, dedicate al Visconti: «...et cum nuperrime per gratiam individue
trinitatis..., angelo duce et SRGEREDE vento flante, gressus suos ad civitatem
perusinam direxerit ille numptius Dei qui iam diu caritatem amorem et devo-
tionem dimostravit erga populum et rem publicam perusinam...

(1) Arch. com. di Perugia, Statuta I, 1. 1 v: « debetis esse Sacrosinté Ro-
. mane Ecclesie devotissimus et illustrissimi et excelsi principis domini ducis
mediolani fidelissimus ».

(2) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1396, 1.152. v.e 157 v.; Bolle
brevi e diplomi, B. 200, B. 262 bis, B. 265; PELLINI P., Dell Historia di Pe-
rugia; Venezia, 1774. Parte. IL, pag. 76 e 77.

(3) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1401, f 30.

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OSSERVAZIONI SUGLI STATUTI DEL.MCD | x01:

Il non pagare il censo dovuto dai comuni e dalle signorie è del resto
abitudine diffusa sia nelle terre dell'Impero che in quelle della Chiesa.

La situazione di fatto quale i documenti riferiti ci mostrano è
chiarissima: tuttavia non riteniamo inutile un tentativo di illustrarla
anche sotto pnope uie storico e giuridico.

*okok

Perugia era sotto l'alta protezione della Sede Apostolica sino
dagli inizi del sec. xii (1), protezione che consentiva quelle libertà
comunali che si concretavano nella. piena autonomia di governo. Alla
protezione nominale, tralasciando la breve signoria papale dalla pace
di Bologna del 1370 alla cacciata dell'abate di Montemaggiore del
1376, segui nel 1378, col trattato che Urbano VI affidò alla discre-
zione degli stessi Perugini, il governo vicariale della Chiesa che com-
portava praticamente il solo obbligo del censo annuo di tre mila fio-
riri che aveva valore di ricognizione dell'alto dominio della Chiesa (2).
| Lerelazioni di Perugia con il Pontefice Bonifacio IX sono quanto
mai varie: accordi si hanno negli anni 1392, 1394, 1396, 1399 e 1403.

Importantissimo e grave per la libertà di Perugia l’accordo del
1392 col quale i Perugini promettono di rassegnare al Papa Bonifacio
IX il vicariato concesso da Urbano VI e concedergli il pieno dominio
a condizione che il papa risieda con la curia a Perugia (3). L'accordo
non durò a lungo: alla ritrosia di Perugia nell’accettare la signoria
pontificia faceva riscontro l’esitazione del pontefice nell’affermarla.
I] ritorno in città dei Raspanti fuorusciti nel 1393 segnò la fine del

(1) Arch. com. di Perugia, Libro delle Sommissioni, A. f. 36 v.: «civi-
tatem... sub beati Petri et nostra protectione suscipimus... consulatum au-
tem cum jurisdictione ut iis qui sunt ipsius iurisdictioni subiecti, liberum sit ad

. potestatem. vel consules, qui pro tempore fuerint, legitime appellare, consue-
‘ tudines vestras antiquas quoque et novas... duximus approbandas... » edita
i in parte anche in BRIGANTI F., Città dominanti e comuni minori, Perugia, 1906,
‘ pag. 170, n. 2; Encore F., Dal Comune al Principato, Firenze, 1929, pag. 332,

n. 1. Su questa bolla e sulla posizione di Perugia di fronte alla Chiesa vedi in

' particolare, SCALVANTI O., Considerazioni sul primo libro degli Statuti perugini,

in « Bollettino della Società Umbra di Storia Patria », a. 1895, vol. I, pag. 219;
ScaLvAwTI O., Un’opinione del Bartolo sulla libertà perugina, Perugia, 1896:
ErcoLE F., Dal Comune cit., pag. 332, n. 1 e 341, n. 1.

(2) ScALVANTI O., Considerazioni, cit., pag. 295-298.

(3) ScALvANTI O., Considerazioni... cit., pag. 299; THEINER. Cod. diplom.
S. Sedis, III, 20; Encore F., Dal Comune, cit., pag. 341 n. 1.

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162 DANILO SEGOLONI

governo dei nobili che s'appoggiavano al Pontefice e l'inizio della
velata signoria di Biordc Michclotti. Bonifacio IX conferma poi nl
1394 (1) il vicariato, nella forma concessa da Urbano VI, e sulla
base del vicariato son regolati, negli anni seguenti, i rapporti di di-
ritto tra Perugia e la Chiesa. Ció non impedisce che le relazioni
subiscano continue alternative di tensione e di ostilità e di nuovi
brevi accordi e pacificazioni. Con la pace del 1396 (2) tra la Chiesa
e il Comune di Perugia e la Chiesa e Biordo Michelotti, viene raf-
forzata la posizione di questo ultimo e conseguentemente la sicu-
rezza di Perugia nei riguardi del Pontefice. Ma la lotta tra il Pon-
tefice e Biordo riprende ben tosto più aspra che mai, favorita e ali-
mentata dai nobili fuorusciti perugini, sino alla morte violenta di
Biordo per mano assassina nei primi del 1398. La reazione di Peru-
gia contro gli uccisori di Biordo e i loro favoreggiatori complica an-
cora le relazioni con Bonifacio IX che interviene a favore dei colpiti
dall'ira popolare (3). Nuovi accordi tra il Pontefice e Perugia si
hanno nei primi mesi del 1399 (4). Ma alle prime notizie della
dedizione di Perugia al Visconti, Bonifacio IX con una bolla
redatta in termini quanto mai energici, diretta ai,priori e ai
camerlenghi delle arti, ordina « amputationem scelerati tractatus »
e minaccia di togliere ai Perugini il vicariato e tutti i privilegi
concessi dalla Chiesa e di perseguitarli « armis spiritualibus et
temporalibus... usque ad finalem excidium tamquam hostes et
rebelles Ecclesiae... » (5). L'adunanza generale del 19 gennaio
1400 (6) non tiene tuttavia conto delle minaccie del Pontefice e dei
consigli dei Fiorentini (7), ed approva la dedizione al Visconti, spe-
rando di conciliare la signoria di questi col riconoscimento della so-
vranità pontificia come dimostra anche la già ricordata formula di
lettera da inviarsi all'eligendo podestà del Comune (8). La speranza

(1) Arch. com. di Perugia, Bolle, brevi e diplomi, B. 254.

(2) Arch. com. di Perugia, Ann. dec.. a. 1396, f. 49, 50, 51, 54, 55.

(3) Arch. com. di Perugia, Bolle, brevi e diplomi, B. 269, B. 272, B. 274.

(4) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1399, f. 47 v.; Bolle, brevi e di-
plomi, B. 271.

(5) Arch. com. di Perugia, Bolle, brevi e diplomi, B. 270. .

(6) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1400, f. 8 e segg.

(7) DeGLI Azzi G., Relazioni tra la Repubblica di Firenze e l'Umbria nel
secolo XIV, secondo i documenti del R. Archivio di Stato di Firenze, Perugia,
1904; doc. 913, 918, 919, 920, 921, 922, 923, 924, 925.

(8) Arch. com. di Perugia, Síatuta I, f. 1 v. cit.
OSSERVAZIONI SUGLI STATUTI DEL MCD 163

poteva fondarsi sul fatto che il vicariato non era in Perugia che la

consacrazione dei poteri emananti dal popolo e la legittimazione dei
governi che si eleggevano per volontà del comune e dei suoi organi,
di guisa che il conferimento della signoria poteva rientrare nella nor-
male competenza del Comune di eleggere i reggitori della cosa pub-
blica.

Ma la curia romana non poteva non avere della dedizione al
Visconti, stipulata contro il suo volere, un concetto ben diverso e non
vedere in essa il costituirsi di un potere superiore alle magistrature
comunali perugine il quale, almeno in regime di vicariato, non poteva
essere esercitato che in nome e dai rappresentanti dell’ Imperatore
o del papa. Bonifacio IX invero nella bolla precedente ricordata, a
proposito della dedizione al Visconti afferma: « Nam talia vel similia
nec vobis nec aliis, civitatum terrarum et locorum vicariatum obti-
nentibus ab ecclesia, est permissum, absque Romani Pontificis ex-
pressa licentia, agere vel tractare ». (1) Il conflitto, a Perugia come
in altre terre della Chiesa o dell'Impero, è tra i due diritti opposti
di sovranità e di governo: il primo che viene riconosciuto al Ponte-
fice o all’ Imperatore, il secondo che il popolo ritiene di sua spettanza
sia per privilegio sia per consuetudine. La patria di Baldo si muove
ancora entro gli schemi tradizionali della dottrina giuridica e politica
dell’epoca e non sa ritrovare nell’insegnamento del suo illustre figlio «le
basi antiche ed eterne » del suo diritto al libero governo. (2) Di guisa
che la difesa « de ragione » cioè giuridica del «presente stato popolare »,
promessa dal commissario del Visconti, non poteva legittimamente
svolgersi se non quando fosse intervenuta la «confirmatio superio-
ris » (3) ossia l'approvazione del Pontefice che era utopia sperare
quando alle ragioni di principio si fosse aggiunta la considerazione

(1) Arch. com. di Perugia, Bolle brevi e diplomi, B. 270 cit.

(2) BaLDo, Ad. 1. 9 D. I-I: « Populi sunt de iure gentium ergo regimen
populi est de iure gentium...». Cfr. CALASSO, Lezioni di storia del diritto
italiano, Milano, 1948, pag. 249.

(3) SALUTATI, De Tyranno, c. 2 & II: «(superioris) vero deficiente con-
sensu, sicut iure populus nihil agit, sic electus si, non expectata confirma-
tione, se dominum gesserit, est tyrannus... » Cfr. del resto lo stesso BALDO
ad 1. 16 C. I-I: «...numquid popolus propter absentiam imperatoris potest
eligere sibi ducem ?...Respondeo quod non de iure quia non est confirmatus
a superiore ...sed ex consuetudine quia Imperator scit et tolerat ». Cfr. ER-
COLE, Il Tractatus de tyranno di C. Salutati, nel vol. Da Bartolo all’ Altusio,
cit. pagg. 323-328 e Dal Comune al principato, cit. pagg. 264-295.
164 | DANILO SEGOLONI

che la signoria del Visconti annullava per la sua potenza ogni in- [A
fluenza del pontefice su Perugia e poteva divenire una minaccia per b
le alire terre della Chiesa. Sulle possibilità di accordo con il Ponte-
fice non si facevano del resto soverchie illusioni né i Perugini né il |
commissario del Visconti: invero al riconoscimento del censo e dei — |
diritti della Chiesa segue, quasi a contropartita, nei patti di dedizione, ' ue
la recisa affermazione: «... ma maggiormente el protesta e reser- i |
vonse ei pacte secondo la forma del mandato del dicto Piero pro- ce 1
mettendo la defensa del presente stato popolare contra omme per- |
sona de ragione e de fatto » (1), e che i Perugiui confidassero soprat- ci
tutto nella « defensa de fatto » lo testimoniano le parole di Ceccolino |
| Michelotti agli ambasciatori di Firenze: «il pontefice averà tanto che |
fare che Perugia et nostri fatti gli usciranno di mente » (2). |

Cock ok

Liberatici così dalle considerazioni dell'Ansidei, possiamo prose- '
guire l'esame dei documenti dell'epoca della signoria del Visconti. |
Nel volume 99 delle Riforme troviamo un'ordinanza del 24 o 25 feb- 2 d
braio 1400 (3) che non é registrata negli Annali forse perché proprio — — È
in quei giorni si ebbe il cambiamento del notaio dei priori. vl

Si tratta di un provvedimento a favore del citarista Angelo
Landi per la fornitura annuale nel giorno della festa di San Co-

-stanzo di una veste «honorabilem », come era stato disposto per il
«socio » Angelo Muti, di guisa che entrambi possano «ambulare
pari passu ». Il Landi risulta chiamato quale « pulsator chitarre » |
al servizio dei priori sin dal gennaio 1396, con il salario di 12 f 4
fiorini all'anno «cum honoribus muneribus et honeribus prout et. ' .- |
quem ad modum electus et deputatus fuit Angelus Muti pulsator -
‘ viole » (4). Il Muti copre tale incarico dal gennaio del 1395: nell'or-
dinanza per la sua elezione non é affatto compresa la fornitura di
una divisa da parte del Comune: anzi l'obbligo di vesti o divise

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‘ (1) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1400 f. 9 e 13 v.

(2) DeeLI Azzi G., Relazioni, cit., doc. 923. |

- Le complesse questioni, qui appena accennate, saranno trattate più com- ix 3
piutamente, esaminando di proposito il passaggio di Perugia dal governo eed |
. comunale a quello signorile, in altro SRERbLO che abbiamo in animo di portare
a termine quanto prima. . sa ||
(3) Arch. com. di Perugia, Riforme, 99, f. 23 v. E

(4) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a..1396, f. 6 v. |
| OSSERVAZIONI SUGLI STATUTI DEL MCD 165

‘appare gravare sul suo salario annuo di dodici fiorini come per di

altri valletti del comune (1).
. Forse tale obbligo era troppo gravoso in rapporto ai salari e quin-
di inadempiuto, per cui nei primi del 1400, coll'inizio della signoria
del Visconti, che risollevò anche le finanze comunali, il Comune si
assunse l’onere di fornire le divise ad alcuni suoi funzionari.
Il volume delle Riforme dei primi del 1400 contiene invero
una serie di provvedimenti per vesti onorevoli o divise (2) e rite-

" niamo che alla fornitura di una veste si dovesse pure riferire l'«or-

dinomentum pro Angelo Muti citarista » del 14 febbraio 1400 (3)
del quale esiste solo la citazione, come l'abbiamo riportata, al mar-
gine di un foglio del suddetto volume delle Riforme senza altri riferi-.
menti neppure negli Annali. L'ordinanza del febbraio a favore del
Landi fa continuo riferimento al trattamento del Muti in modo. da
stabilire la piena eguaglianza dei due. Negli statuti nostri, alla ru-
brica 78, si parla invece esclusivamente del Landi, ordinando ai Con-
servatori della Moneta che gli si paghi il salario annuo di dodici fiorini,
in ragione di un fiorino al mese, e dieci fiorini si spendano «pro una
veste seu divisa honorabili » in occasione della festa di S. Costanzo.
È evidente che non ci sarebbe stata ragione di emanare l'ordinanza

del 24 o 25 febbraio a favore del Landi se gli statuti nostri fossero

già stati pubblicati, poiché vi é contenuta sostanzialmente e con il
carattere di continuità e stabilità che le deriva dall'esser posta negli

statuti e tra le spese ordinarie dei Conservatori della Moneta. Da ri-

levare inoltre che mentre nelle ordinanze dei priori del 1396 e del
1400 il Landi é posto in secondo piano e il suo trattamento é sempre .
riferito ed eguagliato a quello del Muti, negli statuti si parla unica-
mente del Landi. All'epoca della redazione degli statuti dunque
il Muti non esercitava piü la sua arte al servizio dei priori perché in
caso contrario sarebbe stato certamente nominato con il suo collega
minore. Ci confermano nell'ipotesi gli Annali del 1401: in una delibe-

‘ razione dei priori e camerlenghi delle arti del 10 giugno viene associato

al maestro Angelo Landi un altro citarista «cum salario honoribus
et honeribus costitutis dicto magistro Angelo... sicut apparel per
publicas scripturas... » (4).

Il nuovo citarista Antonio di Marco sostituisce il fratello Giovan- |

(1) Arch. com. di Perugia; Ann. dec., a. 1395, f. 9 v.
(2) Arch. com. di Perugia, Riforme, 98, f. 93 v., 94, 95.
(3) Arch. com. di Perugia, Riforme, 98, f. 105 v.

(4) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1401, f. 91.
Da

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166 DANILO SEGOLONI

ni, dimissionario per l'età, il quale era stato designato « ... ad refocil-
landum aliquando mentes M.D.P....» il 22 ottobre 1400 e ne era
stato in effetti incaricato il 26 dello stesso mese (1). In una successiva
ordinanza del 15 novembre 1401, relativa all'obbligo dell'elargi-
zione di un vestito da parte del podestà, del capitano del popolo e
del maggior sindaco del comune in occasione. della loro elezione, si
dichiara esplicitamente di voler porre il suddetto citarista Antonio
«... quoad dictam elargitionem... loco dicti Angeli (Muti)... » (2).
Dal fatto che negli statuti si parla unicamente del Landi senza
alcuna menzione degli altri citaristi, e che per i suoi onori ed oneri
l'ordinanza del giugno 1401 si richiama alle pubbliche scritture, con
evidente riferimento ai nostri statuti nei quali solamente questi onori .
ed oneri del Landi sono determinati esplicitamente senza riferimento
al trattamento di altri citaristi, noi siamo indotti a datare gli statuti Poe
stessi dal febbraio 1400 al giugno 1401. Ma altri documenti circoscri-
vono ancora detto periodo. |
Negli Annali del 1401, sotto la data del 12 gennaio, viene ripor-
tata un'ordinanza del Consiglio dei priori e camerlenghi delle arti
con la quale viene concesso ai comitatini assentatisi dal contado e che
vi avessero fatto ritorno per lavorare, il condono dei debiti verso il
Comune e l'esenzione'fiscale per dieci anni (3). La stessa esenzione
fiscale per 10 anni è concessa ai forestieri « venientibus ad laboran-
dum » nel contado di Perugia. |
Gli Annali annoverano spesso disposizioni tendenti ad alleggerire | |
i maggiori oneri ai quali erano sottoposti gli abitanti del contado |
(comitatini) nei confronti di quelli della città (cives) (4). Se si ag-
giungono a questi oneri, le devastazioni, i saccheggi, le spoliazioni, le
rappresaglie ai quali li esponevano il continuo stato di guerra, che
risparmiava generalmente gli abitanti delle città, si comprende come i
comitatini fossero spesso costretti a fuggire dalle campagne e a la-

qe

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(1) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1400, f. 147 v. e 154 v.

(2) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1401, f. 158 v. Alcuni dei docu-
menti citati relativi ai citaristi sono pubblicati in Rossi A., Memorie di musica
civile in Perugia, in « Giornale di Erudizione artistica », Vol.;III, pagg. 129 e 193.

(3) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1401, f. 81.

(4) Cfr. per analoga concessione di privilegi fiscali ai comitatini: Ann.
dec., a. 1395, f. 19; per altre concessioni v. Ann. dec., a. 1400, f. 41.

Sulle condizioni dei comitatini di Perugia vedi F. BRIGANTI, Città domi-
nanti cit., pag. 30 e segg.: sulla comitatinanza in genere v. G. DE VERGOTTINI,
Origini e sviluppo storico della comitatinanza, Siena 1929.
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OSSERVAZIONI SUGLI STATUTI DEL MCD 167

sciare «infinita poteria inculta et non laborata » con pericolo di ca-
restia per le città (1). Di qui la necessità di invogliare i comitatini
a farvi ritorno e i forestieri a venirvi a lavorare con le concessioni di
immunità fiscali e con altri previlegi di varia natura. Confrontata
l’ordinanza dei priori del 1401 con la rubrica 96 dei nostri statuti, si
osserva che questa stabilisce l’esenzione fiscale per soli tre anni e
che gli statutari non avrebbero potuto ledere tanto facilmente i diritti
acquisiti dai comitatini e dai forestieri con l'esenzione fiscale decennale
concessa dai priori. Riteniamo pertanto la concessione dei priori po-
steriore alla redazione degli statuti la quale resta così limitata tra il
febbraio e il dicembre 1400. E che siamo sulla via giusta lo conferma
quarto veniamo esponendo. Il Consiglio dei priori e dei camerlenghi
delle arti nella riunione del 30 gennaio 1400 delibera di riformare tutti
gli statuti del Comune (2): segue a breve distanza l’elezione degli sta-
tutari tra i nobili e l'assegnazione di scrivani e di un servo agli ordini di
questi (3). La riforma avrebbe dovuto essere condotta a termine
entro il mese di febbraio, se non che il termine risulta troppo breve
e vien prorogato sino alla fine del marzo seguente (4).

Gli Annali non annotano la pubblicazione di detti statuti, ma
nelle Riforme, sotto la data del 31 marzo 1400, vien ricordata la pub-
blicazione «omnium statutorum comunis Perusii » (5).

Nell'archivio comunale di Perugia esistono due volumi mano-
scritti di statuti contrassegnati con le lettere I e K i quali in varie
rubriche parlano del 1400 come anno presente (6). I due manoscritti

(1) Arch. com. di Perugia, Statuta cit. R, rubr. 96: per le condizioni dei co-
mitatini in caso di guerra cfr. Ann. dec., a. 1400, f. 8, qui riprodotto in parte,
e Ann, dec., a. 1401, f. 30.

(2) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1400, f. 25 v.

(3) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1400, f. 34 v. e 35.

(4) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1400, f. 50.

(5) Arch. com. di Perugia, Riforme, 99, f. 38: «Die ultimo martii fuerunt
bannita et publicata omnia et singula statuta comunis et populi perusini compo-
sita et visa per dominum Petrum magistri Francisci et socios statutarios... ».

(6) Arch. com. di Perugia, Statuta I, f. 125: «decernimus statuendum
quod conservatores monete non possint nec debeant... ultra exitus in pre-
senti volumine statutorum editorum presenti anno 1400 et pubblicatorum die
ultimo martii, aliquod pagamentum, seu solutionem aliquam facere... »;
f. 127, « decernimus quod omnia et singula statuta in presenti descripta volu-
mine, ea maxime que tangunt officium conservatorum, sumant principium
atque vires in proximis kalendis mensis aprilis millesimo quadrigentesimo... »;
f. 155 v., «...supradicta capitula statutorum... in casibus non provisis..
quo tempore deberent principium sumere, principium habeant et vigorem in
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168 DANILO SEGOLONI

non sono peraltro identici: anteriore appare il manoscritto I al quale
sono state fatte varie correctiones e additiones incluse poi nel testo
degli statuti K. La trascrizione di questi è del gennaio 1432 (1) e
riteniamo, nonostante i riferimenti al 1400, che si tratti di una ri-
forma dei precedenti per la inclusione nel testo’ delle correctiones e
additiones agli statuti I e per la diversa disposizione di alcune rubriche
mal conciliabile con una semplice copia di statuti. Questa trascrizione
del 1432 sarà il modello dell’edizione a stampa degli statuti perugini

curata nel 1526 (2). Il Bellucci assegna con qualche incertezza la

data del 1400 agli statuti I e quella del 1415 alle additiones ‘allegate
in fine del volume (3). Per queste egli non ha osservato che nella parte
esistente corrispondono esattamente alle additiones degli statuti K,

bandite, secondo l'annotazione che vi è apposta, il 31 dicembre 1415 (4) —

ed unite agli statuti I in epoca più tarda della loro redazione.

Sulla data degli statuti I abbiamo una prove, sfuggita in. parte
al Bellucci, in una «correctio » apposta in fine della prima carta a
tergo. Nella formula di lettera da inviarsi al potestà si legge: « debe-
tis esse Sacrosante Romane Ecclesie devotissimus et illustrissimi et
excelsi principis domini ducis mediolani fidelissimus ». È evidente nelle
parole suddette il riferimento alla signoria di Gian Galeazzo Visconti
su Perugia: ma le parole da «illustrissimi » in poi risultano cancellate
e vi si leggono sopra queste altre: « sanctissimi domini nostri domini
Bonifacii pape noni ac etiam illustrussimi et cristiani principis Jo-
hannelli Roch regni Sicilie cancellarii » (5). La correctio vi può

presentibus massariis et futuris, presenti anno 1400 »; f 171, « ...presentibus

statutis publicatis de presenti 1400 de mense martii... ». Tutti i suddetti rife-
rimenti al 1400 trovansi anche negli statuti K e li indichiamo nello stesso
ordine; Statuta K., f. 115 v., f. 117 v., f. 139 v., f. 155 v. In questi inoltre,
nella formula di [etUora da inviarsi al podestà, è nominato Eugenio IV (f. I v.) e vi
érichiamata una disposizione a favore di Egidio Lapi, cappellano del palazzo
dei Priori, emanata il 28 luglio 1424 (f. 2 v.). Questo Egidio Lapi, cappellano,

. è lo stesso che nel 1432 cura la trascrizione degli statuti come appare a f. 167

degli stessi. Per alcuni dei riferimenti citati v. BELLUCCI, Inventario cit., XIII
e XIV.

(1) Arch. com. di Perugia, Statuta K., f. 167.

(2) Cfr. tra l'altro: Statuta K,f1. 2 v. e Statuta Auguste Perusie, edita 1526,

Vol. I, f. 4. Sulla data delle norme contenute in questi ultimi vedi Scal-

vanti O., Considerazioni cit., pag. 221 n. 1.
=-(3) DERUQUE Inventario, cit., XIIL
(4) Arch. com. di Perugia, Statuta K, 1. 167.
(5) Arch. com. di Perugia, Statuta I, f. I v.
OSSERVAZIONI SUGLI STATUTI DEL MCD : 169

essere stata apposta unicamente dopo la pace di Perugia col Ponte-
fice nell'ottobre 1403 e mentre era governatore di Perugia per la
Chiesa Giannello Tomacelli fratello di Bonifacio IX. Il Bellucci non
ha letto nella correctio il riferimento al Tomacelli il cui nome é segnato
con le sole iniziali (1): il riferimento al Visconti prima e al Toma-
celli poi è della massima importanza per l'assegnazione degli statuti '
al 1400 potendo.la data della correctio variare dall'ottobre 1403 al-
l'ottobre 1404 in cui muore Bonifacio IX e il Tomacelli lascia il go-
vernatorato di Perugia. La correctio è forse dovuta all'ordinanza dei .

priori del novembre 1403 per la quale le intestazioni degli statuti

dovevano aggiornarsi con la nuova situazione creatasi con lo stabi-
lirsi della signoria del Pontefice su Perugia (2).

In queste osservazioni e nella concordanza delle deliberazioni del
Consiglio dei priori e camerlenghi delle arti del febbraio-marzo 1400
con i riferimenti degli stessi statuti al marzo dello stesso anno, noi
abbiamo la prova evidente che gli statuti sono stati pubblicati nel
detto periodo. Esaminando le rubriche, escluse le additiones e le cor-
rectiones, riguardanti l’ufficio dei Conservatori della Moneta da carta
101 a 132 dei suddetti statuti, si rileva che esse corrispondono per-

fettamente a quelle dei nostri statuti dei Conservatori della Moneta,

salvo 20 3 posposizioni, sino alla rubrica 93: per le rubriche successive
le posposizioni nell’ordine sono maggiori; alcune rubriche degli sta-
tuti dei Conservatori sono tolte dalla parte generale degli statuti I
che precede le norme sulla camera dei Conservatori; così ad esempio
le rubriche sulFordinamento dello Studio, e lo dimostra il fatto che
tra esse non è compresa la rubrica sulla immunità e i privilegi degli
scolari e dottori forestieri, non compresa nella prima parte degli sta-
tuti I, mentre trova posto insieme con tutte le altre riguardanti lo
Studio nelle rubriche degli stessi statuti concernenti la camera dei
Conservatori. Non trovano invece luogo negli statuti I, per quanto
abbiamo potuto riscontrare noi, le rubriche 96 e 100 dei nostri sta-
tuti dei Conservatori, relative la prima alla concessione di immunità

fiscali ai comitatini e la seconda all’obbligo di segnare al catasto i

beni stabili comunque in possesso dei cittadini. La natura eccezionale
delle norme ivi contemplate ha certamente una base in ordinanze ana-

loghe del Consiglio dei priori e dei camerlenghi delle arti o dell'adu-

nanza generale del Comune, delle quali purtroppo gli Annali decen-

(1) BeLLUCCI, Inventario cit., XIII
(2) Arch. com. di Perugia, Ahn dec., a. 1403, f. 181 v.; Riforme, 99, f. 107.
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170 DANILO SEGOLONI

virali di quest'epoca ci hanno dato un solo esempio nel 1395 (1),
troppo lontano nel tempo perché possano avere ispirato gli statutari
del 1400. Ma non tutte le ordinanze dei priori e camerlenghi delle
arti venivano registrate negli Annali. Riteniamo pertanto che gli
statuti dei Conservatori della Moneta R debbano considerarsi un
estratto, forse ad uso della camera dei conservatori, delle norme ri-
guardanti il detto ufficio contenute negli statuti generali del Comune,
di guisa che le osservazioni da noi fatte per precisare la data di que-
sti valgono anche per quelli e la data di entrambi risulta stabilita
in maniera che. più sicura non crediamo si possa desiderare. Le stesse
conclusioni si possono ripetere per gli statuti dei Massari contrasse-
gnati con la lettera O e trascritti dalla stessa mano dei nostri statuti
dei Conservatori, con le stesse caratteristiche esteriori e con ana-
loghe contradizioni quali l'accenno al 1389 e al 1400 come anni pre-
senti (2). *

Oltre questi contrastanti riferimenti cronologici, non manczno
negli statuti esaminati altre contradizioni dovute forse al breve tem-
po a disposizione degli statutari. Talune rubriche degli statuti mal si
conciliano con ordinanze del Consiglio dei priori e dei camerlenghi
in vigore prima e dopo la pubblicazione dei medesimi statuti. L'or-
dinanza del 27 gennaio 1400 (3) che porta da cinque a dieci il nu-
mero dei Savi dello Studio, di cui cinque eletti dai priori tra i nobili
e cinque estratti « de sacculo comunis » e con pari poteri, non é tenuta
presente dagli statutari che parlando dei poteri dei savi (4) accen-
nano all'estrazione di essi «de sacculo » o alla loro elezione ad opera
dei priori in senso disgiuntivo, nel senso cioé che l'una forma di ele-
zione esclude l'altra si che il numero dei savi risulta di cinque. Negli
Annali, anche dopo la pubblicazione. degli stetuti, troviamo che i
Savi eletti dai priori tra i nobili, in aggiunta ai Savi estratti « de sac-
culo » permangono nel loro ufficio; anzi nel maggio 1400, sono essi soli
a deliberare sulla condotta di maestro Francesco «de Senis » (5). Gli
stessi Savi nobili li troviamo ancora, insieme con gli altri questa volta,
nell'ordinanza per la « conducta doctorum et magistrorum in studio

(1) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1395 f. (171).

(2) Arch. com. di Perugia, Statuta Massàriorum O, rubr. V e CXXII.

(3) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1400, f. 21; Riforme 98,f. 55 V
e 57 v. i
(4) Arch. com. di Perugia, Statuta R., cit., rubr. 91.
-... (5) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1400, f. 85 v.
OSSERVAZIONI SUGLI STATUTI DEL MCD | 171

perusino » del 22 novembre 1401 (1). Forse i savi nobili continuano
nelle loro funzioni perché la nomina del gennaio 1400 aveva valore
«pro tempore trium annorum» (2); invero neppure le correctiones
e le additiones agli statuti I, notevoli pur nella stessa rubrica relativa
ai poteri dei savi, modificano il sistema della loro elezione e il loro
numero, onde non ci sembra azzardato dedurne che il sisteme istau-
rato con l’ordinanza del 27 gennaio 1400 abbia una durata limitata
al periodo in cui rimasero in carica i primi eletti.

Gli errori e le contradizioni degli statuti del 1400 non sfuggirono
ai contemporanei e il Consiglio dei priori e dei camerlenghi delle

arti ne fu indotto nel luglio 1402 a nominare dei cittadini per la loro .

revisione e correzione (3): a questi «officiales super statutis » viene
fissato il termine del 31 ottobre per compiere il loro lavoro (4). Gli
Annali del 1403, sotto la data del 3 aprile, annotano la pubblicazione
dei nuovi statuti (5).

Sulla base di questi documenti noi osiamo avanzare l’ipotesi che
le additiones e le correctiones degli statuti I siano dovute a queste
ordinanze del 1402 e che la data dell’aprile 1403 sia pure da attri-
buire e alle norme degli statuti trascritti nel 1432 e a quelle degli
statuti a stampa editi nel 1526. Ma neppure la nuova edizione degli
statuti ebbe una vita lunga: lo stabilirsi della signoria pontificia

nell'ottobre 1403 vi apportò subito delle modificazioni alle quali -

abbiamo già accennato (6); parimenti nel novembre 1403 vengono
richiamati in vigore gli statuti dei Conservatori della Moneta del 1389
per le norme concernenti le «probationes » delle letture dei dottori
nonostante gli statuti « noviter » editi (7).

Maggiore stabilità negli ordinamenti pubblici si avrà con l’af-
fermarsi della signoria e a prezzo della libertà dei cittadini.

DANILO SEGOLONI

(1) Arch. com, di Perugia, Riforme 99, f. 53. Per i savi estratti «de
sacculo » ivi nominati, cfr. Registro degli Officiali, V, f. 44 v.

(2) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1400, f. 24 v.

(3) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1402, f. 83 v.

(4) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1402, f. 99 e 100.

(5) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1403, f. 50 v. e 51.

(6) Arch. com. di Perugia, Ann. dec., a. 1403, f. 181 v.; Riforme, 99,
I:310/:

(7) Arch. com. di Perugia, Riforme, 99, f. 150.
172 i DANILO SEGOLONI

STATUTA CONSERVATORUM MONETE COMUNIS PERUSII R

Trascriviamo le rubriche degli statuti relative allo Studio e già

pubblicate dal Rossi nel VI volume del Giornale di Erudizione Arti-

LI

stica più volte citato. Il testo è stato collazionato anche sugli statuti
generali del comune di Perugia che contengono le predette rubriche due
volte, essendo incluse nella parte generale degli statuti stessi e ripetute
tra le norme relative ai Conservatori della Moneta, delle quali i nostri
‘statuti sono, come abbiamo dimostrato, una copia. Della rubrica rela-
tiva al collegio dei medici abbiamo potuto riscontrare solo l'intestazione
riportata anch’essa due volte, ma sempre senza il testo.

DE ORDINAMENTIS STUDII PERUSINI ET DE ARBITRIO ET AUCTORITATE SAPIEN-
TUM DICTI STUDII — RuBrIcA LXXXXJ -

Cfr. anche Arch. com. di Perugia, Statuta I, cit.. 85 v. e 121 v. .

Quoniam per generale studium quod ab antiquo viguit et viget in inclita
perusina civitate, de universo orbe tam doctores scientia et fama preclari
quam etiam scolares ad dictum. confluerunt, et multi et infiniti scolares
viri eminentis scientie effecti sunt et doctoralibus insignis insigniti, per
quos refloruit scientia, viguit iustitia, per quam regna provincie et civitates
reguntur et gubernantur, quod ad magnum decorum dicte civitatis et rei
publice, et utilitatem singularium personarum pertinuit et pertinet: ea prop-

ter statuimus quod ad conservationem et manutentionem dicti generalis.
studii sapientes dicti studii perusini, qui de saeculo extrahentur in posterum, -
et etiam qui extracti sunt, seu etiam qui per dominos priores et camerarios

in futurum eligerentur, in sapientes dicti studii ex arbitrio generalis adunantie
habeant et habere intelligantur vigore presentis statuti auctoritatem bayliam

.et plenam potestatem et arbitrium doctores et magistros in facultate et scien-

. tia qualibet conducendi eligendi nominandi et deputandi cum illis modis
pactis conditionibus et salariis, et pro eo tempore quibus. dictis sapientibus
vel quatucr ex eis videbitur et placebit, dum modo non possint quemquam
eligere pro maiori tempore trium annorum. Et pro satisfactione dictorum
salariorum deputandi et assignandi dictis doctoribus et magistris per eos
electis quoscumque jntroitus et proventus comunis Perusii, et obligandi
dictum comune et eius bona, dictis doctoribus et magistris pro satisfactione
OSSERVAZIONI SUGLI STATUTI DEL MCD . 173

dictorum salaricrum. Et quod dicti sapientes sint et esse intelligentur spetia-
les sindici dicti comunis Perusii, ad obligandum dictum comune, et eius bona,
et ad deputandum et assignandum dicta salaria dictis doctoribus, et etiam
medicis et magistris, sic per eos electis, de quibuscumque introitibus reddi-
tibus et proventibus dicti comunis. Salvo quod doctoribus et magistris iam
electis, per sapientes studii, et electionibus per eos factis, durante tempore
eorum conducte preiudicari non possit.

QuoMOoDO SOLVI DEBEANT SALARIA DOCTORIBUS ET MAGISTRIS — RUBRICA
LXXXXIJ.

Cfr. anche Statuta I, cit., f. 86 e 122.

Item statuimus quod dicta salaria debeant dictis doctoribus medicis et
magistris sic electis et conductis, per sapientes studii qui pro tempore erunt,
solvi hoc modo et PX RU. terminis videlicet medietas eorum salarii

in festo nativitatis d. n. y. x. et alia medietas in festo resurrectionis d. n. y.

X. quolibet anno annorum ceptus et conductionis facte per dictos sapientes |

de dictis: doctoribus medicis et magistris. Quilibet tamen doctor et magister
sic electus et conductus, quolibet anno sue electionis et conducte per xv dies
ante festum nativitatis d. n. y. x. teneatur facere fidem de sua lectura, ad
quam deputatus est per dictos sapientes coram collacterali domini potestatis

| vel domini capitanei civitatis Perusii et coram rectore dicti studii, vel eius

lccumtenente per sex scolares secum intrantes, qua probatione sic facta
consequi et habere debeant dicta salaria in dictis terminis superius expressis,
exceptis doctore decretorum et doctore voluminis et medico cyrusico, electis

‘a dictis sapientibus, quibus sufficiat probare de eorum lectura ad quam depu-

tati sunt per tres scolares secum intrantes.

Item statuimus quod in qualibet scientia et facultate semper ésse debeant
doctores et magistri sufficientes et necessarii ad minus in numero infrascripto,
videlicet in jure canonico quatuor doctores ad minus, quorum unus legat:
decretum de mane, alius doctor legat decretales de mane, alius doctor legat

. decretales de sero, alius doctor legat sestum et clementinas de sero.

Item in jure civili sint ad minus tres doctores, videlicet doctor qui legat
ordinarie de mane, doctor qui legat extraordinarie de sero, doctor qui legat
volumen de sero.

Item in medicinalibus sint septem doctores videlicet doctor qui legat
de mane, doctor qui legat in meridie, doctor qui legat de sero. Item unus

. doctor ad praticam, item unus doctor qui legat cyrusiam, item unus doctor

qui legat loycam et philosofiam. Item unus doctor qui legat astrologiam.
Item unus alius licet non doctor qui legat artem notarie. Item quinque
magistri in gramaticalibus, qui legant et doceant gramaticam, et alios
quoscumque auctores videlicet unus pro qualibet porta. Item unus ma-
174 DANILO SEGOLONI

gister ad reactandum ossa. Item unus magister geometricus qui legat
et doceat abbicum. Possint tamen dicti sapientes ultra dictum numerum
plures doctores et magistros eligere, et salaria constituere, et concurrentes
dare, et de hora legendi providere prout et sicut dictis sapientibus vi-
debitur convenire, pro utilitate et augmento dicti studii. |

Item statuimus quod nullus possit eligi in aliqua scientia ad sedem ordi-
nariam, vel extraordinariam, nisi electionis tempore sit doctor, alias electio
sit ipso jure nulla, exceptis magistris qui legunt gramaticam, et excepto ma-
gistro ad reactandum ossa, et excepto magistro qui legit abbicum qui eligi
possint, licet doctores non sint.

Item statuimus quod nullus doctor in jure civili, nec canonico, nec medi-
cina, possit eligi per dictos sapientes ad legendum in diebus dominicis, vel
aliis diebus festivis, alias huiusmodi electio sit ipso jure nulla, nec talis elec-
tus possit consequi aliquod salarium a comuni Perusii.

Item statuimus quod dicti sapientes possint quolibet anno expendere de
avere et pecunia dicti comunis Perusii, et de quibuscumque introitibus dicti
comunis usque in quantitatem duorum milium florenorum inclusive, et
nen ultra, pro salariis dictorum doctorum et magistrorum, et rectoris
studii.

Item statuimus quod conservatores monete comunis Perusii, qui sunt
et pro tempore erunt, debeant et teneantur recipere refutationem de salariis
debitis et promissis per dictos sapientes a dictis doctoribus et magistris elec-
tis et conductis per dictos sapientes. Et dicta salaria eis solvere secundum
formam eorum conducte et electionis, visis dumtaxat instrumentis eorum
conducte et probationibus de eorum lectura factis secundum modum su-
prascriptum et temporibus suprascriptis, quibus dicta salaria solvi debent
dictis doctoribus et magistris sub pena quingentarum librarum denariorum
cuilibet ex dictis conservatoribus contrafacienti eisdem auferendarum et
comuni Perusii applicandarum per quoscumque offitiales dicti comunis. Et \
nichilominus post dictos terminos sic elapsos dictas refutationes recipere
teneantur et debeant dicti conservatores a dictis doctoribus et magistris sic
electis et conductis, et dicta salaria eis solvere prout superius est expressum.

Item statuimus quod nulla electio fieri possit de aliquibus doctoribus,
vel magistris ad legendum cum salario, vel sine salario in studio perusino per |
alios quam per dictos sapientes studii. :

Item statuimus quod sapientes studii, quando eligunt doctores vel ma- |
gistros in aliqua scientia vel facultate in huiusmodi electione et tempore
electionis declarent et exprimant, qui debeant legere in meridie, et qui de-
beant legere de sero. Et quod huiusmodi doctoribus et magistris non liceat \
nec possint legere alia hora qua eis deputatur per dictos sapientes. Et si
secus fecerint consequi non possint nec debeant salarium eis promissum per
dictos sapientes, et si illud consecuti fuerint teneantur restituere comuni
Perusii.

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OSSERVAZIONI SUGLI STATUTI DEL MCD 175

Item statuimus quod nullus doctor vel magister possit legere alium li-
brum quam illum ad cuius lecturam electus et deputatus est per dictos sa-
pientes, quando ad illum alium librum legendum esset alius doctor electus
per dictos sapientes, et si secus fecerit suo salario ipso jure sit privatus.

Item satuimus quod doctores forenses salariati per dictos sapientes, qui
veniunt ad legendum in perusino studio, et etiam scolares forenses qui ve-
niunt ad studendum in dicto studio, sint exempti et immunes a solutione
gabellarum cuiuslibet pedagii, donec in dicto studio permanserint, ad legen-
dum et studendum, tam in eundo quam in redeundo. Aliis etiam immunitati-
bus, et exemptionibus gaudeant, de quibus fit mentio in presenti volumine
statutorum. Et quod insuper dicti dolores et scolares, donec et quamdiu
in dicto studio legerint et studuerint, sint et habeantur pro civibus origina-
riis perusinis, tam in civilibus quam in criminalibus, excepto quod non pos-
sint habere aliqua officia in dicta civitate.

Item statuimus quod nullus doctor perusinus electus cum salario per
dictos sapientes debeat micti pro ambaxiatore ad aliquam civitatem vel
dominum. nisi de licentia et mandato dominorum priorum et camerariorum,
et si micteretur in ambaxiatam a dictis dominis prioribus et camerariis conse-
qui debeat salarium sibi promissum per dictos sapientes ac si legisset tempore
quo stetit in servitio comunis pro dicta ambaxiata.

‘ Item statuimus quod rector dicti studii, quolibet anno quo rector fuerit
habere debeat a conservatoribus monete comunis Perusii de quibuscumque
introitibus ipsius comunis pro suo salario XXV flor. auri.

Item statuimus quod nullus possit eligi in rectorem dicti studii per eos
ad quos spectat electio, nisi pro uno anno dum taxat, et a dicto rectoratus
offitio vacare debeat per triennium computandum a die finiti offitii dicti
rectoratus. Et si secus fieret talis electio sit ipso jure nulla, et eligentes pu-
niantur pena centum libr. den. applicanda comuni Perusii.

Item quod in pertinentibus ad jurisdictionem rectoris studii doctores et
scolares forenses debeant in licitis et honestis obedire dicto rectori, exceptis
scolaribus domus sapientie, qui sint et intelligantur esse exempti ab omni
jurisdictione dicti rectoris, et etiam exceptis scolaribus gramatice qui simi-
liter sint exempti a dicta jurisdictione.

Item quod omnes officiales comunis Perusii quocumque nomine censean-
tur debeant favere rectori, et eorum auxilium eidem impertiri circa execu-
tionem eorum quae pertinent ad jurisdictionem dicti rectoris, et mandata
licita et honesta dicti rectoris executioni mandare.

Item statuimus quod quilibet scolaris forensis debeat dare et solvere
doctori suo quo intrat unum florenum auri pro collecta sicut ab antiquo con-
suetum est fieri ad quam solvendam cogi possit et debeat talis scolaris pro
rectore studii perusini, et si dictus rector in predictis esset negligens punia-
tur pena centum lib. den. applicanda comuni Perusii, et ei de facto aufe-
renda per quoscumque offitiales comunis Perusii.

LI
176 È ' DANILO SEGOLONI

DE TAXATIONE ET LIMITATIONE EXPENSARUM FIENDARUM PER DOCTORANDOS
IN STUDIO PERUSINO TAM IN PRIVATO EXAMINE QUAM ETIAM IN PUBLICO. —
RuBrica LXXXXIIJ.

Cfr. anche Statuta I, cit., f. 87 e. 123.

Quoniam retroactis temporibus multi scolares postquam in studio peru-
sino studuerunt et in scientiam profecerunt, ad alia studia se contulerunt,
et in illis studiis, privatam vel pubblicam receperunt, nec privatam .
nec publicam in studio perusino receperunt propter graves et immode-
ratas expensas quas res facere. opportebat tam in privato examine,
quam etiam in publico, quas expensas tales doctorandi subire ncn pote-
rant, quod in dedecus dicte civitatis et studii perusini diminutionem
vergit, ideo dictas expensas volentes refrenare et limitare ad hoc ut dicti sco- .
lares doctoratum in perusino studio suscipiant; statuimus et ordinamus
quod nullus doctorandus in aliqua scientia et facultate in perusino studio
possit nec debeat confectiones dare tempore sui privati examinis, nec tem-
pore quo recipit publicam nisi aliter de ipsius doctorandi processerit volun-
tate, habita tamen prius licentia a dominis prioribus civitatis Perusii.

Item non teneatur nec debeat dare universitati dicti studii nisi unum
florenum. ;

Item non teneatur nec debeat dicto rectori nisi unum florenum.

Item non teneatur nec debeat dare priori doctorum quinque florenos auri,
quos prius dare ei consueverat, pro doctoris utilitate vel doctorum convivio.

Item non teneatur nec debeat dare doctoribus capellinas, quas prius eis
dare consueverat, sed solos guantos preterquam doctoribus sub quibus recipit
publicam, quibus teneatur et debeat dare capellinas et guantos, quarum ca-

pellinarum quelibet sit valoris XXV sol. den.
Item non teneatur nec debeat dare notario universitatis dicti studii
nisi medium florenum.

Item non teneatur nec debeat doctori iun E: sub quo principaliter
examinatur et publicam recipit, nisi duos florenos auri pro eius indumento,
ceteris autem doctoribus sub quibus secundario examinatur, et publicam
recipit, debeat dare octo florenos, pro dictis indumentis, et minorem quanti-
tatem quam predictam nullo modo dare debeat.

Item non teneatur nec debeat dare notario collegii dictorum doctorum
Perusii nisi medium florenum tantum.

Item non teneatur nec debeat dare bidello generalis studii perusini tem-
pore sui privati examinis, nec etiam tempore quo talis scolaris recipit publi-
. cam, nisi duos florenos tantum. |

Item non teneatur nec debeat dare doctoribus qui intersunt privato
examini nisi duos florenos tantum, videlicet cuilibet doctori unum florenum
tempore privati examinis, et alium florenum tempore quo recipit püblicam.
Et minorem quantitatem quam predictam dare non debeat, exceptis docto-
OSSERVAZIONI SUGLI STATUTI DEL MCD 177

ribus sub quibus recipit publicam quibus dictos florenos dare non debeat.

Item non teneatur nec debeat dare Episcopo perusino pro privilegiis
doctoratus nisi octo florenos tantum, et ad nichil aliud solvendum teneatur
dicto Episcopo.

Item non teneatur nec- debeat dare magistro ATUS pro bancis
que ponuntur tempore quo recipit publicam, et qui magister illas bancas
comodat doctorando tempore conventus nisi duos florenos auri.

Item non teneatur nec debeat dare campanario sancti Laurentii qui
pulsat campanam tempore privati examinis et tempore quo conventuandus
recipit publicam nisi unum florenum tantum.

Item non teneatur nec debeat dare tubatoribus comunis Perusii, qui
tubant tempore quo doctorandus recipit publicam, nisi duos florenos tantum.

Item statuimus quod quicumque doctor, vel scolaris sic conventuandus

fecerit contra predicta, quod puniri debeat pena centum lib. den. de facto ei

dur rum per quescumque offitiales comunis Perusii.

Quób SCOLARES DOCTORANDI IN PERUSINO STUDIO RECIPIANT PUBLICAM

PUBLICE IN MAIORI ECCLESIA PERUSINA. — RusRICA LXXXXITIII.
Cfr. anche Statuta I, cit., f. 87 e 123 v.

Quoniam multis temporibus retroactis scolares studentes in perusino
studio post eorum privatum examen ad doctoratum promovebantur se-
crete, et secrete et clandestine doctoratus insignia recipiebant, nec faciebant |
publicam publice, nec doctoratus insignia recipiebant ia dicta maiori eccle- ‘
sia, quod redundabat in magnam verecundiam dicte civitatis et in magnum
dedecus perusini studii, statuimus quod de cetero nullus scolaris civis nec
forensis in dicto studio studens ad privatum examen recipiatur, nec ad doc-
toratum promoveatur, nec doctoratus insignia recipere possit ab aliquo doc-
tore cive nec forense, nisi huiusmodi publicam et publice faciat in dicta
maiori ecclesia perusina, et ibidem publice doctoratus insignia recipiat a:
suis doctoribus. Et illud idem statuimus in scolaribus, qui in aliis studiis
studuerunt, et venientibus ad studium. perusinum et doctorari volentibus.
Et quicumque doctor vel scolaris contra predicta venerit puniatur pena cen-

.tum florenorum auri applicandorum comuni Perusii, et eidem de em au-
ferendorum per quoscumque offitiales comunis Perusii.

Item statuimus quod si aliquis scolaris in alio studio quam perusino fue-.
rit examinatus in aliqua scientia vel facultate et in privato examine approba-
tus per doctores, de qua examinatione et approbatione appareat per publicum
instrumentum, et velit doctoratum suscipere in perusino studio, quod tunc

possit dectoratum suscipere sine novo examine.

Item statuimus quod rector domus sapientie perusine qui est et pro

tempore erit teneatur et debeat recipere iuramentum ab omuibus scolaribus

dicte domus, qui nunc sunt, et in futurum erunt, quod non suscipiant priva-
tam nec publicam nisi in studio perusino. Et si talis scolaris noluerit dictum
Io DANILO SEGOLONI

iuramentum prestare, quod tunc per rectorem dicte domus expelli debeat de
dicta domo, et privetur talis non iurans omni privilegio comodo et utilitate
domus predicte, et de cetero recipi non possit nec debeat in dicta domo, pena
rectori dicte domus qui in predictis negligens fuerit centum lib. den. appli-
candarum comuni Perusii, et ei de facto auferendarum per quoscumque offi-
tiales ccmunis Perusii.

De CoLLEGIO MEDICORUM ET PRIORE IPSIUS COLLEGII. - RUBRICALXXXXV.

L’intestazione di questa rubrica trovasi in Síatuta I, cit., f. 88, e in Sía-
tuta K, cit., f. 84.

Cum pro parte medicorum civium et forensium morantium in civitate
Perusii tuerit cum instantia postulatum ut tam pro honore civitatis, quam

. studii perusini in bona forma ordinetur et reformetur, quod medici tam doc-

dorati quam non doctorati praticantes in civitate et comitatu Perusii possint
et eis liceat collegium facere prioremque collegii eligere prout et quem ad mo-
dum actenus observatum esse asseritur in aliis famosis et regalibus civitati-
bus in quibus studia vigent generalia, quod videtur iuri consonum et rationi,
cum ad favorem et honorem rei publice perusine, augmentum studii modis
omnibus respectare noscantur. Et cum iuste deprecantibus non sit denegan-
dus assensus, idcirco duximus statuendum quod omnes medici doctorati et
non doctorati praticantes in civitate et comitatu Perusii possint auctoritate
presentis legis et decreti collegium medicorum prioremque ipsius collegii elige-
re, ac etiam stuatuere et reformare omnia que pertinere quomodolibet noscun-
tur ad honorem conservationum et augmentum ipsius collegii, eorumque
collegium approbamus ita quod de cetero tam in nomine quam in effectu
collegium medicorum merito valeat nuncupari, statuentes et expresse man-
dantes dictis medicis presentibus et qui in futurum in civitate Perusii moram
traxerint qui nec ut collegium nec ut singulares de collegio aliquid sta-
tuant vel statuere presumant quod per indirecte vel per indirectum principa-
liter, vel per contra naturam, quomodolibet damnum preiudicium singula-
rium personarum et rei publice Perusii et comitatus eiusdem quomodolibet

dinoscuntur. Et maxime sub pena quingentarum librarum denariorum de

facto eis auferenda non possint statuere vel reformare quod nullus medicus
possit assumere curam alicuius infirmi postquam alius medicus inceperit
illum infirmum curare. Cassantes et irritantes omnia statuta fienda per dic-
tos medicos contra predicta seu premissa vel aliquod premissorum aliquid
disponentia. Et generaliter omnia alia statuta que quomodolibet aliquid
disponerent contra vel preter statuta comunis Perusii et statuentes et alle-
gantes talia statuta incidant in penam supradictam. Aliquo non obstante.
Et nullus officialis comunis Perusii quavis auctoritate fungatur, debeat vel
possit aliquam executionem alicuius statuti precepti vel sententie facere
quod disponeret vel induceretur contra aliquod premissorum sub dicta pena.

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1)

RECENSIONI

GIUSEPPE “ERMINI. — Storia della Università di Perugia.
MEZNIOONA 1947, Nicola Zanichelli Editore.

Chi ha qualche conoscenza della storia della « Università », di questa
caratterislica istituzione che riempie della attività propria là vita pubblica
e privata di molti dei più importanti centri cittadini dell'età medioevale, .
| proseguendo fino all'epoca nostra con variata vicenda, ma sempre stretta-

‘ mente coordinata con l’esistenza di quel centro sociale dove è sorta ed opera,
‘ sa bene sotto quanti aspetti e con quale figura poliedrica l'Università o me-
.glio lo «Studio » si presenti. Aspetti intellettuali e politici, economici e ci-

vili, che bisogna afferrar tutti per dare la visione completa dell'Istituto, e

| spiegarsi la funzione esercitata in quell'ambiente; adducendo ad esso,.e ri-

mandando da esso molteplici riflessi, tra cui naturalmente domina, ma non è.
esclusivo, quello della scienza e del sapere. Questo rende la stesura della
storia della Università lavoro complesso e non facile, per raccogliere ed in-
dividuare tutti gli elementi concorrenti a costruirla, per seguirne il movi,
mento in tutte le direzioni dove si ripercuote, Tanto più, quanto maggior-
mente l'Università abbia avuto importanza, assunta una personalità sua,
‘e dato un apporto proprio alla cultura organizzata per elaborarsi ed espan-.
dersi. Non ci può far velo eccessivo amore regionale affermando che tale
fatto ricorre per l’Università di Perugia.

1] Prof. Giuseppe Ermini, Rettore e illustre durante del nostro Ateneo
ha affrontato il compito in pieno di scriverne la storia. Storia attesa e desi-
derata, perché se molti ed anche pregevolissimi erano finora stati.i contri-
buti di ricerca e di esposizione, mancava il lavoro di ampia visuale sintetica.
Frutto di indagini proprie, come di sintesi coordinatrice conseguente ad una
revisione analitica del lavoro dagli altri già compiuto; l’opera dell’Ermini
conta tra i principali suoi pregi, anzi manifesta la sua originalità, non tanto
nella ricchezza: di dati, fatti, notizie raccolte e riprodotte, che magari in
qualche punto potrebbero desiderarsi più dettagliate, ma nella sua imposta,
zione; nell'avere egli pensato e interpretato la storia come vita vissuta dal
nostro massimo ente di cultura generale. Ciò che era essenzialmente neces-
sario nel rievocarne la plurisecolare vicenda interna ed esterna, era di tro+
vare un filo conduttore, una linea centrale di sviluppo secondo cui quella sua
storia si é svolta; e sulla cui traccia indicativa ed esplicativa si scorgono con-
catenate le diverse fasi di ordinamento e di attività, e si comprende il loro,
susseguirsi col risultato di una mutazione, oltreché formale di aspetto,. di.

valore piü intimo, di carattere e di efficienza nella dottrina e Nell'inseguamene se

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180 RECENSIONI

to. L'Ermini ha giustamente scorto e posto in evidenza un variare di natura
dello Studio che è in istrinseca concomitanza con l’evolversi politico di Pe-
rugia; dapprima centro autonomo di governo e infine località e neppure più
principale, di uno Stato a cui diviene soggetta.

Lo Studio cambia il suo volto e la sua potenzialità di movimento, da
quando alle proprie origini lo gestisce il libero Comune che ottiene per esso
il massimo dei riconoscimenti, quella qualifica di Studio generale, già dal-
l'Ermini stesso lucidamente precisata nel suo significato: che è il significato
della universalità che contraddistingue i due poteri che la qualifica possono
concedere: Papato ed Impero. Si cambia passando da Studio medievale, il
qual è ad un tempo comunale ed universale, perugino e papale e imperiale,
a Studio signorile e principesco, sorretto ma insieme rigorosamente vigilato
da un determinato sovrano di diritto o di fatto; fino alla sua fase ultima di
Istituto nettamente statale. Perugia perde la sua indipendenza; passa per
quel processo di formazione del sempre più vasto Stato moderno, non avendo
avuto essa la capacità e la possibilità di formarsene uno, alla posizione di
suddita. L'Università è troppo importante nucleo di raccolta di valori e di
interessi intellettuali e morali, perché possa sottrarsi a divenire un organo
del potere che domina, uno strumento dell’autorità che governa, o almeno,
non cada sotto il suo immediato controllo. La sensibilità della Università
ai mutamenti politici nel corso della storia si è palesata sempre estrema; e
potrebbe assumersi essa come un indicatore dell’evolversi di sistemi e di co-
stituzioni politiche.

Così si profila nel denso vol:xme iDan la esistenza della Univer-
sità perugina suddivisa nelle sue diverse e successive fasi; e in ognuna di

queste s'inquadrano il suo reggimento, il suo ordinamento didattico, l’ope-

rosità scientifica dei suoi docenti, la vita particolare ed associata della sua
scolaresca, e tutto questo senza anche perder di vista il vario ripercuotersi di
tali elementi nel complesso dell’ambiente locale.

. Soggetto ampio e materia abbondantiss:ma che risulta logicamente
ordinata, perché distribuita non con un criterio temporale estrinseco, ma
con riguardo alla vitalità propria dell’istituzione; onde l’Università assume
una sua corporeità e spiritualità, diversa sì nel tempo, che rimane però esso
subordinato all'organismo il quale durante il suo volgere si afferma. Sono
le variazioni organiche, strutturali e funzionali subite dal nostro Studio, che
l’autore ha voluto mettere in luce. Il suo lavòro potrebbe servire di sugge-

rimento e di norma per altri che si accinggessero a scrivere la storia di qual-
che altra Università con veduta e programma non di pura cronologia.

I perugini, gli umbri, i connazionali, gli studiosi stranieri, giacché l’Uni-
versità è una di quelle istituzioni che toccano la cultura universale, possono
avere ormai piena consapevolezza di quanto è stata nel passato l’Università
nostra; noi cittadini specialmente, che tanto spesso ci richiamiamo alle sue
tradizioni, mancando molti però di averne adeguata cognizione. Poiché uno
dei compiti da assolvere era pur quello di riuscire con una di tali opere rie-
vocative, (come questa storia dell'Ermini) che riguardano Istituti tuttora
esistenti e in cui si assommano vitalissime esigenze attuali, a sapervi far
convergere l’attenzione non solo degli specialisti o comunque competenti in
materia, ma di ogni altro che abbia al presente contatto con l’Istituto me-

rr donc RAI |
RECENSIONI i 181

desimo; e che giova, occorre anzi, istruire su quel che l’Istituto è stato, con
momenti di vivida luce, altri più opachi, con una continuità però che gli
assicura ragioni e compiti da proseguire ancora.

Un tocco mosso di vicenda che ora si fa intensa e serrata; ora si rallenta
in stasi, per poi riprendere, trasparisce dalla narrazione dell’Ermini e giunge
ad accaparrarsi l’interessamento del lettore. È un contributo alla conoscenza
della storia di Perugia, la quale si intreccia costantemente al suo Studio; è
un panorama della vita intellettuale della città che nei suoi docenti ha avuto
sempre i suoi esponenti maggiori; è una curiosità per quel ccmplicato orga-
namento associativo e disciplinare che un tempo aveva lo scolaresca e che
pure particolare efficacia rendeva all’insegnamento; che questa Storia sa
addurre, prospettare, suscitare. Tanto per indicare qualche lato del suo in-
teresse piü vario.

Si dovrà dire adesso che con l'opera dell'Ermini le indagini storiche sul
nostro Ateneo sono definitivamente conchiuse ? Tutt'altro; anzi essa l'apre
ora in modo sistematico ed organico. Le ricerche frammentarie e slegate,
come fin qui han potuto essere condotte, si incanalano in un alveo sicuro.
È soltanto da un quadro preciso di quel che è stato lo Studio perugino nella
sua costituzione e nella sua funzionalità, come fucina di sapere e come scuola,
che appaiono bene i punti prospettici e gli angoli visuali per cui l'occhio può
ancora addentrarsi in più minute ricerche. Le opere meglio riuscite di sintesi
hanno valore riassuntivo del lavoro già compiuto, ed insieme programmatico,
suggestivo per un ulteriore lavoro, il quale trova già segnato in precedenza
il suo giusto posto di collocamento. La Storia dell’Ermini coll’aver delineato
i tratti, fissati i momenti fondamentali di vicenda della nostra Università,
riuscirà indubbiamente feconda per altri e nuovi studi su di essa.

RAFFAELE BELFORTI
NECROLOGI
ty? ASTORRE LUPATTELLI

Là città di Perugia dde sempre Astorre Lupattelli trai suoi
figli più benemeriti.
Per molti anni zelante e accorto Segretario Generale del Co-

mune di Perugia, rinunciò a questo Ufficio nel 1921, quando venne.

nominato membro della Commissione Reale per l’ Amministrazione
della Provincia dell' Umbria. Con l'autorità che gli derivava da questa
nuova carica, egli propose e ottenne che la Provincia, il Comune e la

Libera Università degli Studi prendessero l'iniziativa di tenere ogni

estate Corsi:di Cultura Superiore, presso l'Università stessa, con lo
scopo di far conoscere in Italia e fuori l'Umbria nella sua storia, nei
suoi monumenti, nelle sue bellezze naturali. Del Comitato Esecutivo
egli fu eletto Presidente. :

. Questi Corsi si tennero dal 1921 a tutto il 1925, e richiamarono

in gran numero italiani e stranieri. L'idea si rivelava buona e aveva

in sé i germi di più ampi sviluppi, che non si fecero attendere a lungo:
nel 1926, a continuazione e integrazione dei Corsi, fu fondata la R.

Università Italiana per Stranieri, con lo scopo di far conoscere all’e-

stero il nostro Paese, e Astorre Lupattelli ne fu i! Rettore. L'inizia-
tiva si spostava dal piano regionale al piano nazionale, chiamando a
raccolta da tutte le parti del mondo un pubblico desideroso di appren-
dere. i

— ] numero dei frequentatori, appartenenti ad ogni nazionalità,
ha dimostrato come fosse sentito il bisogno di un istituto del genere,
e come la realizzazione avesse corrisposto sin dagli inizi ad ogni esi-
genza. Dal 1926 a tutto il 1943, per diciotto anni, Astorre Lupattelli

ha seguito giorno per giorno la vita e gli sviluppi dell'istituto, perfe-

zionando la sua esperienza ed affinando la sua sensibilità. Egli voleva
giungere a fare di Perugia un centro di attrazione soprattutto per le

. persone colte, e senza dubbio vi é riuscito in pieno.

Accanto a copiose e bene organizzate serie di lezioni di lingua e
di letteratura italiana per gli stranieri — che già avevano avuto inizio
nell'estate del 1922 a complemento dei Corsi di Cultura Superiore, e
che ora si avviavano a costituire lo scopo essenziale di questo singo-
Jare istituto — si curarono, affidati a studiosi di bella fama, numerosi

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NECROLOGI ; 183

cieli di lezioni soprattutto di letteratura italiana, di storia dell'arte,
di storia civile. Molte migliaia di stranieri, delle piü differenti contra-
de, hanno appreso qui a comprendere e a parlare la nostra lingua, a
conoscere ed apprezzare la nostra patria.

Dal 1927 si tenne ininterrottamente anche un Corso di Etrusco-
logia, e a partire dalla stessa data si provvide ad illustrare in ciascun -
anno un secolo della vita italiana, dedicandosi peró sempre alcune

lezioni alla conoscenza delle nostre attività odierne.

L'Università per Stranieri e il suo Rettore ebbero; da noi e fuori,
alti riconoscimenti nel mondo della cultura e dell' organizzazione us
ternazionale. Presso questa Università si é radunato, nel 1931,

Convegno della Unione Internazionale delle Associazioni per la d

cietà delle Nazioni: il Lupattelli — che già era stato insieme con
Paolo Emilio Pavolini in rappresentanza del nostro governo a Cuba,
al Congresso Universitario Internazionale tenutosi nel 1930, per il
secondo centenario di quell'Università, e che in occasione di; quel suo
viaggio aveva visitato a New York la Columbia University - nel 1937
si è recato in Ungheria e ha tenuto una conferenza 2M pud di
Debreczen. |

Gli scritti del Lupattelli erano tutti. in materia di. Diritto Ammi-
nistrativo e Finanziario, ove si eccettui la lezione (l'unica da lui te-
nuta nella sua Università, e precisamente nel 1933) su La Rocca Pao-
lina a-Perugia, pubblicata dalla rivista Perusia, ma è venuto in luce
postumo (1947) il volume nel quale, durante gli ultimi mesi della sua
vita, aveva raccolto le memorie dell'Università per. Stranieri. Com-
battente nella guerra 1915-18 (raggiunse il grado di tenente colonnel-
lo di artiglieria) e decorato della medaglia d’oro ai Benemeriti della
Pubblica Istruzione, é stato membro del Comitato Interuniversitario
Italiano e della Deputazione Umbra di Storia Patria, e Presidente del
Comitato di Perugia per la Storia del Risorgimento Italiano.

Con mezzi modesti, attivissimo e disinteressato in:sommo grado,
Astorre Lupattelli ha saputo suscitare in Perugia e irradiare da que-
sta città un movimento grandioso che ha recato utile e onore all’Ita-
lia. Note fondamentali e immutabili del suo carattere sono state un
ottimismo a tutta prova e un sincero amore verso ogni creatura umana.

Nato a Perugia l'11 dicembre 1867, vi è morto il 3 giugno 1945.
Alla sua memoria non potrà rendersi più degno onore che quello di
assicurare la feconda esistenza dell’istituto da lui voluto e diretto.

ACHILLE BERTINI CALOSSO
GIUSEPPE PASCUCCI

Giuseppe Pascucci nacque a Bastia Umbra il 18 novembre 1875. i
Laureatosi in Giurisprudenza nel 1898 e in Lettere nel 1903 si
dedicò all’insegnamento, e lo sperimentarono docente valente di
Materie Letterarie e educatore infaticabilmente sollecito dell'avve-
nire della gioventù il Ginnasio Superiore di Assisi, il Liceo del Semi-
nario perugino e in ultimo l’Istituto Magistrale parificato di S. Anna |
pure in Perugia, presso il quale copri per dieci anni, con decoro e gio- È
vamento sommo di quella importante istituzione educativa, la di-
gnità e l’ufficio di Preside. |
Giuseppe Pascucci fu innanzi tutto un umanista e ispirate a de-
licati affetti familiari e a profondo amor di Patria e di Religione fu-
rono molte sue liriche che non oltrepassarono però la cerchia degli |
amici; salvo alcuni eleganti carmi di sapore catulliano, pubblicati |
in occasione di nozze, e testimonianti una padronanza della lingua |
del Lazio assai rara purtroppo oggi fra i cultori di Belle Lettere. |
Ma Giuseppe Pascucci fu anche storico e merita di esser ricor- |
dato per l'importante suo lavoro — anche se modesto di proporzioni — |
su La nobile Accademia del Pavone e il suo Teatro (Perugia, Donnini,
1927), di considerevole interesse locale. Si tratta di un'associazione —
- F«Accademia » — e di un teatro — quello del « Pavone » — che hanno
avuto, e anche se diminuita hanno ancora, una parte importante |
nella vita cittadina perugina. Il Pascucci, attingendo principalmen- |
te ai documenti conservati negli archivi dell'Accademia stessa, ha |
rievocato notizie interessanti sulla funzione esercitata dal « Pavone »,
anche in relazione al posteriormente sorto «Morlacchi » in seguito
alla iniziativa di un’altra classe cittadina — i civici — da cui i nobili
tenevano a distinguersi; non che riferentisi all'evoluzione della nobile
Accademia, fondatrice e proprietaria dal 31 marzo 1717 del teatro

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dI stesso.

A 1 La narrazione condotta dal Pascucci, con precisione di storico

i e obiettività di spirito indipendente, riesce insieme informativa e ! |
gi ^ istruttiva. Cosi, per esempio, per quanto riguarda il concetto — an- |

datosi a mano a mano modificando — della nobiltà di cui doveva es-
sere in possesso ciascuno dei componenti l'Accademia. Erasi inizial-

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NECROLOGI 185

mente stabilito che ognuno dei membri « non avesse mai esercitato le
arti meccaniche »; e non solo lui ma neppure il padre e l'avo. Nel-
l'assemblea del 20 settembre 1775, con deliberazione provocata da un
caso particolare, si aggiunse che il « pretendente » all'ammissione fosse
almeno anche figlio di una dama e congiunto o destinato a congiun-
gersi in matrimonio con altra dama; che fosse tenuto a pagare all’Ac-
cademia la somma di scudi 300 e non avesse finalmente un'entrata
minore di scudi 1000. Che se godesse di una rendita di scudi 2000
« atteso il lustro che egli riceverà dagli annuali suoi prodotti », gli si
potesse perdonare anche l'origine non nobile della madre, bastando
che il padre e il nonno non avessero mai esercitato arti meccaniche.
Questi tassativi requisiti di « nobiltà » sarebbe vano ricercarli in pa-
recchi dei membri che compaiono nell'ultimo elenco riportato dal
Pascucci dei componenti l'Accademia nel 1927. Se anche molti di essi
possedevano — e ciò non si verificava per tutti — un autentico titolo
nobiliare, non disdegnavano rinforzarlo con gli epiteti di dott., prof.,
avv., ing., riferentesi ad arti che, se non erano proprio meccaniche,
esigevano come quelle lavoro per la provvista del pane quotidiano;
sudato, perché non assicurato dai mille o duemila scudi annui di ren-
dita capaci, oltre a nutrire, di conferire «lustro con i loro prodotti ».

Giuseppe Pascucci morì il 29 novembre 1942, quando ancora
da lui poteva spettarsi molto come educatore colto ed appassionato.

D. PrETRO PIZzoNI

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INDICE DEL VOLUME

A. BruNAccI, Leggende e culto di S. Rufino in Assisi

G. FRANCESCHINI, Biordo Michelotti e la dedizione di Perugia al Duca
di Milano

Memorie
€. Lippi BoncamBI, Luigi Canali (1759-1841) .

D. SEGOLONI, Osservazioni sugli statuti del 1400 dei Conservatori della
Moneta del Comune di Perugia .

Recensioni

G. ERMINI, Storia della Università di Perugia (R. Belforti) .

Necrologi

Astorre Lupattelli (A. BeRTINI CALOSSO)

G. Pascucci (P. PizzoNI)

. Pag.

134

155

179

182

184

Direttore Responsabile: AcHiLLE BERTINI CALOSSO

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