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VOLUME XLVI

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PRESSO LA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
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IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA

INTRODUZIONE

La prima notizia d'una Rota esistita a Perugia l'ebbi solo or

sono tre o quattro anni sfogliando la guida bibliografica del prof. Er-

mini. A dire il vero non avevo mai fino a quel momento aperto una
storia di Perugia; credo però di poter dire che anche ad aver letto
le due o tre storie più moderne di Perugia e lo stesso ‘Pellini non ci
si possa raccapezzare sulla nostra Rota altra idea che quella di un
illustre Carneade. 4

Notizie succinte e scarne, tanto da farvi attorno un po' di luce
scialba, sufficiente a chi s'accontenti d'una occhiata curiosa, sono
contenute perlo spazio d'una paginetta nel Crispolti, nel Siepi (1).

‘ Ma si tratta di libri sacri alla polvere che pochi ormai consultano.

Eppure quelle paginette scarne rappresentano, per quantoio sappia,
il più e il meglio di quanto sia stato pubblicato sulla Rota Perugina.

E questo é come dire che della Rota Perugina non si é mai espressa-

mente occupato nessuno.

Credo quindi che non sia completamente inutile il mio lavoro,
in quanto si propone di mettere in luce un'istituzione che ha avuta
senza dubbio la sua importanza nella storia di Perugia pontificia e —
considerata insieme alle istituzioni analoghe, esistite contemporanea-
mente in altre città dello Stato Ecclesiastico e degli altri Stati d'Ita-
lia e di fuori Italia, minuscole emule della Rota Romana di cui al-
cune si appropriarono pomposamente il nome senza per altro aver
da quella impugnativa per diritti di proprietà — . anche nella storia
del diritto comune.

Non é nel mio intento e neppure nelle mie possibilità studiare .

l'argomento in questa sua grandiosa inquadratura, sebbene anche
questa sia in gran parte se non del tutto ancora da studiare. È solo
attraverso lo studio analitico dei singoli istituti che si potrà giungere

alla sintesi storica-giuridica. Con questa idea. nella uu BEILO

(1) CrIsPoLTI, Perugia AU gusti pag. 236 s.; SR Descrizióná; t. Hl
pag. 37 s. Cfr. anche MaRrIOTTI, Saggio, t. I, p. I, pag. 175 s.

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6 BRUNO FRATTEGIANI

un modesto lumicino, comincio a: muovermi per uno dei cunicoli di
questa imponente galleria, forse il più oscuro e il più dimenticato.
Non ho certo la pretesa di diventare con ció un benemerito del di-
ritto (ché sarebbe semplicemente ridicolo), né di portare un grande
contributo alla storia di Perugia (quantunque sia certo di dedicarle
pagine mai scritte eppur doverose). Credo solo che — per quanto ho
esposto — il mio lavoro non sarà completamente inutile né all'uno
né all'altra e che per questo non lo si vorrà buttar semplicemente nel
cestino, senza averne prima raccolto la risoluzione di mettersi sulla
medesima strada per fare qualche cosa di meglio e di più duraturo.
Me ne dà affidamento il buon viso che al mio proposito hanno fatto
lo stesso prof. Ermini, che tanto benevolmente mi impartiva le di-
rettive da seguire nel lavoro, ed apprezzati cultori di storia cittadina,
fra cui mi è grato ricordare — anche per indirizzare ad essi come allo
stesso prof..Ermini il mio grazie piü vivo per i preziosi suggerimenti
di cui mi sono stati larghi — il prof. Giovanni Cecchini, il dott. Fran-
cesco Briganti, il dott. Raffaele Belforti e il compianto P. Ettore
Ricci. A lavoro compiuto, è stata per me di grande incoraggiamento
la benevola considerazione con cui il prof. Achille Bertini Colosso ha
voluto onorare la mia modesta fatica, promovendola all’onore della
pubblicazione. Anche a lui il mio più sentito ringraziamento.

Quali le fonti del mio lavoro ? La cosa più naturale sarebbe stata
quella di correr difilato a rimestare l'Archivio storico e quello giu-
ridico della Rota. Ma uno dei miei primi risultati (sconfortante quanto
si vuole) è proprio questo: tale Archivio non esiste, almeno per la
parte storica. Il Giliani, che pubblica il suo Compendium nel 1639,
purcitando tanti altri documenti, non conosce per la Rota altre carte
che quelle del Comune. Un secolo e mezzo più tardi Annibale Mariotti,
tracciando uno schizzo sulla Rota, non si serve di altre fonti che degli
Annali Decemvirali e delle Bolle e Brevi della cancelleria comunale.
Tanto è da ritenere più che sufficiente per quel che riguarda il passato;
quanto al presente, basti dire che nessuno a Perugia conosce tale Ar-
chivio, né — dato il contegno di un Giliani e di un Mariotti — mi sen-
tirei l'animo di andarne alla ricerca. Quello che è più sorprendente
per i tempi nostri, abituati ad infilare in posizione ed a protocollare
anche la carta straccia, è che la Rota non ebbe di fatto nemmeno un
Archivio giudiziario proprio (1). Sentenze, processi della Rota, al-

(1) Di fatto, diciamo, perché di diritto — a tenore delle Costituzioni Ro-
tali (c. 8) — un Archivio almeno per le sentenze doveva esserci fino dagli inizi.
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 7

meno in parté, esistono ancora; ma — rese difficilmente consultabili —
non offrono che possibilità di assaggi qua e là. Ho potuto infatti con-
statare che la sezione « Processi e Sentenze » nell'Archivio di Stato
di Perugia rappresenta il lavoro di una Cancelleria centrale che mise
insieme — in ordine cronologico — gli atti di tutti i tribunali della Città,
da quelli delle Arti di carattere corporativo e commerciale a quelli del
Governatore Pontificio. E noto per altro come qualche Tribunale,
quello Vescovile ad esempio e probabilmente l'Inquisizione, ebbe
Archivio giudiziario a parte. Quello Vescovile si conserva tuttora nella
residenza dell'Arcivescovo; della Inquisizione si sa che furono bru-
ciati i libri al tempo della Repubblica Francese in Perugia (1). Quanto
ai processi della Rota ne ho trovati di naufragati nel mare magnum
delle filze innumerevoli conservate nell'Archivio di Stato. Tentarne
un salvataggio sarebbe opera poco meno che disperata e certo molto
lunga e paziente. Né certo lecalligrafie talvolta ostrogotiche dei no-
tari e le muffe abbondanti causate dall'umidità (se non addirittura
dall'aequa piovana) servono di aiuto e di incoraggiamento. Una prima
fonte dunque di scarse provvisioni !

Sono corso allora dietro ad un'altra pista, dietro indizi avuti dal
Mariotti, sperando — ma solo per poco — di far caccia grossa. Si trat-
tava nientemeno che di una « Storia della Rota e dei suoi Auditori »,
che sarebbe stata scritta sul finire del sec. xvii da Francesco Frig-
geri nobile perugino, professore dello Studio. Parlando di mons. Giu-
lio Oradini e della sua opera in favore della restituzione della Rota,
il Mariotti modestamente scriveva: « Ma intorno a ció avremo il pia-
cere di essere meglio informati dalla Storia che di questa Rota e dei
suoi Auditori va compilando il Sig. Auditore Francesco Friggeri Pro-
fessore di Ragion Civile ne! nostro Augusto Liceo. Questo erudito e
studioso Gentiluomo, qual'altro Servio Fabio, et juris et litterarum et
antiquitatis bene peritus, avendo due volte sostenuto con gloria la
carica di Auditore di tale Tribunale, ha tutto il diritto d'interessarsi
in quelle notizie che ad esso appartengono; e dell'ottima riuscita del
suo disegno non lascia luogo a dubitare quel felice genio ch'ei nutre
per tutto ció che riguarda la storica erudizione: genio assai ben col-
tivato dalla scelta copiosa raccolta di antichità d'ogni genere in breve
tempo da lui fatta, e che ogni di più accresciuta constituirà ben pre-
sto uno dei più ragguardevoli musei di questa sua Patria » (2). Il mu-

(1) Bonazzi, Storia di Perugia, II, pag. 481.
(2) Perugini Auditori della S. Rota Romana, pag. 78 s.
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8 . BRUNO FRATTEGIANI

seo Friggeriano adorna anche oggi l'Università di Perugia, ma non

pare che alcun manoscritto né tanto meno aleuna pubblicazione sulla..

Rota adorni i patri archivi e le patrie biblioteche; il Vermiglioli non
ne fa menzione nella sua Bibliografia Storico — Perugina. Postille

autografe del Mariotti ad una copia dei Perugini Auditori in pre- :

parazione ad una mancata seconda edizione (Bibl. Com. Carte Ma-
riotti, 1658) non ci fanno saper nulla del proseguimento dell'opera del
Friggeri e le notizie manoscritte compilate dal Mariotti stesso nel
1795 intorno alla Rota (son trascorsi sette anni dalla pubblicazione
dei Perugini Auditori) sono un indizio piuttosto chiaro quanto al
naufragio del lavoro friggeriano, La storia non era certamente venuta
alla luce, perché il Mariotti non se ne serve affatto. E inoltre, nel caso.
contrario, sarebbe stato assai più logico che i Priori, da cui partiva
liniziativa delle Notizie, affidassero il lavoro al Friggeri. Del resto
anchele ricerche, gentilmente fatte dietro mia richiesta dal conte Erne-
sto Friggeri Boldrini fra le carte di famiglia, non hanno portato — come
era da aspettarsi per le suddette considerazioni — a nessun risultato.

Non restavano dunque a mia disposizione se non gli Annali De-
cemvirali e le Bolle e Brevi e documenti ufficiali della cancelleria del

Comune, compresi quelli esistenti nei rotuli originali. Il lavoro su .

tale materiale mi fu reso dapprima difficile dalle condizioni di guerra,
che avevano reso necessarie misure precauzionali di imballaggio e di
sgombero. Grazie a Dio però, potei cavarmela discretamente. Quanto

ai Registri delle Bolle e Brevi, dall'indice copioso; da note di vari

manoscritti e da altri dati storico-documentari, ho potuto avere sul
loro contenuto riguardante la Rota un orientamento assai soddisfa-
cente. Nei riguardi degli Annali, non ebbi fra mano da principio e.
come punto di partenza che un indice magro ed incompleto, che fu
molto in voga e molto copiato a Perugia nel secolo scorso. Tale indi-
“ ce esiste ad esempio in un manoscritto della Bibl. Dominicini intitolato.
«Memorie Ecclesiastiche cavate dagli Annali della Cancelleria della.
Città di Perugia » (datato 1819) e — in un altro esemplare scelto di

mezzo alla Carte Fabretti della Bibl. Comunale — fu pubblicato dal:

Ricceri con una premessa non scevra da qualche inesattezza (1).
Ma oltre all'errore di considerare le memorie della Rota fra le
memorie ecclesiastiche di Perugia, la assoluta scheletricità delle no-

(1) A. Ricceri, Indice degli annali ecclesiastici perugini tratto dalla can-
celleria decemvirale in « « Archivio per la St. Eccl. dell’ Umbria », V (1921), pag.
379-516. ga

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IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA i 9

tizie e la loro assoluta incompletezza erano semplicemente sconfor-
tanti di fronte ai monumentali tomi degli Annali. Ecco però giungere .
anche qui opportunissimo l’aiuto delle carte autografe del Mariotti

‘contenenti le principali citazioni ed un discreto regesto dei fasti ro-

tali. Se si aggiunge a ciò l'ausilio prezioso degli storici e degli scrit- ,
tori perugini citati nella bibliografia, credo di poter garantire — pur
fra tante difficoltà e senza escludere a priori qualche lacuna — una certa
completezza nel mio lavoro.

Una parola ancora sulle fonti legislative.

Fonte legislativa fondamentale regolante il funzionamento e le

attribuzioni giurisdizionali della Rota è l’Institutio et Capitula Audi-

torii Perusinae Rotae, edito la prima volta. a Perugia dal Cartolari
nel 1530 e poi dal Panizza nel 1570 e dal Petrucci nel 1578. Le due
ultime edizioni, contengono tre capitoli più della prima, avendo
incorporato le riforme seguite fino al loro tempo. Esse differiscono
solo nel contenuto del c. VII e contengono, oltre il Breve di erezione,
i seguenti capitoli: ..-

.._.I..De officio et ordinamento Iudicum et Auditorum Rotae M. Ci-
vitatis Perusiae.
II. De electoribus et forma electionis.
III. De juramento praestando Dominis Auditoribus in principio
. officii, de eo prosequendo usque in finem et de poena recedentis.
IV. De subrogatione facienda in locum recedentis vel deficientis qua-
^ eumque causa. :
V. De distincta jurisdictione Dominorum Auditorum.
VI. De absentia vel infirmitate alicuius ex Auditoribus.
VII. De officio Dominorum Auditorum in causis:summariis et ordi-
i nariis (ed. 1570).
.De officio Dominorum Auditorum circa processus causarum et
de modo procedendi in ipsis (ed. 1578).
VIII. De appellationibus.
IX. De sindicatu et sindicatoribus.

Aggiunte e riforme seguirono poi sempre, procedenti in genere dal-
l'autorità comunale col consenso o con la conferma dell'autorità cen-
trale, e sono contenute anch'esse nelle Bolle originali, nei Registri e
negli Annali. Seguire l'evoluzione storico-giuridica interna dell'isti-

. tuto in tale direzione è più facile che non seguirne le vicende esterne,

in quanto che il più delle volte gli interventi di una autorità qualsiasi
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10 BRUNO FRATTEGIANI

nei riguardi di un istituto giuridico sono precisamente determinati
a modificarne il contenuto, come avviene anche per la Rota. Fonte
sussidiaria principale e di diretto rinvio sono gli Statuti comunali
nella edizione ufficiale del Cartolari (1), che precede immediatamente
l'istituzione della Rota. Altra fonte sussidiaria sono naturalmente 1
documenti pontifici e governatoriali, che toccano direttamente gli
Statuti stessi, ma riguardano per lo più questioni di diritto formale.
In genere quindi, oltre le Costituzioni e gli Statuti comunali, valgono
le norme di diritto comune vigenti nella dottrina e nella pratica fo-
rense. :

Per la giurisprudenza della Rota Perugina, oltre il materiale
promiscuo conservato nell'Archivio di Stato di Perugia, non esistono —
per quanto consta al prof. Ermini (2) e per quanto risulta a me stesso
che non ho potuto pescar altro — collezioni stampate fuorché quelle
del Dino e di Giuseppe Ludovico d'Assisi, sulle quali avremo occa-
sione di soffermarci, forse per demolire.

Anche questo é indice della oscurità immeritata, che ha circon-
dato la nostra Rota. Sarebbe mio compito ambito di farnela uscire.
Vi saró riuscito ? Non ai posteri (ché non mi leggeranno), ma ai pre-
senti (e specialmente agli studiosi di storia perugina) la non ardua
sentenza.

(1) Cfr. Inst. et Capitula, c. 1.: « ... Eandem jurisdictionem habeant quam
ex forma statutorum, reformationum seu quarumcunque constitutionum dictae
Civitatis necnon et indultorum apostolicorum seu etiam de jure communi, Po-
£estas... ».

(2) ERMINI, Guida Bibliografica, pag. 88 s.
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 11

PARTE PRIMA
Cenni storici sul Tribunale della Rota di Perugia

CAPITOLO PRIMO

L'istituzione e le prime elezioni

A quattrocento anni di distanza pare di sentire ancora, vivaci
come se fossero d'oggi, i commenti di soddisfazione dei Perugini quan-
do i primi giorni di settembre del 1532 cominció a funzionaré la Rota.
Ce ne conserva tutto il sapore piazzaiolo la penna vivace del fornaio
Giulio di Costantino: « Del mese de setembre fu comenzata la Ruota
Peroscina; cioé — e qui le precisazioni del popolano non hanno certo
la pretesa d'essere impeccabili — in loco del potestà sonno quattro
auditore, li quali on termene tre mese a dar la prima sententia, e
l'appellatione un mese, e non poie uscir de ruota. E prima al tempo del
potestà duravano li agnie, nanze se desse una sententia e le appel-
lationi in diversi loche, in Peroscia e poie a Roma; e maie avia fine,
e de tale era piü le spese ch'el capitale » (1).

Curioso un avvicinamento, casuale del resto, fatto dallo Zuccone
nei suoi appunti di cose notevoli. Ci piace riprodurlo, perché ha tutta
l'aria di un auspicio nel senso etimologico della parola: « Adi 9 setem-
bre comenzaro a tener ragione li quattro dottore eletti dalla comunità:
de Peroscia, li quali se chiamavano Auditore de Ruota, e niuno non
podesse appellare de le sentenze date da loro. E adi 15 d'ottobre in-
traro per lo Bolagaio, cioé per la porta de le Volte, cinque starne e vi-
nero al Pianello e intraro in S. Fortunato, e lì foro prese... » (2).

Non c'é rispondenza perfetta nel numero, ma tanto la sorte delle

- (1) FABRETTI, Cronache, IV, pag. 174.
(2) Op. cit., IL, pag. 163.

di
12 BRUNO FRATTEGIANI .

starne quanto quella degli Uditori non ci pare che fosse alla, chiusura
dei conti molto diversa... Le starne furono catturate in S. Fortu-

nato, nome d'augurio e di prosperità. Il Tribunale che sorge illumi-
nato dagli ultimi bagliori della libertà comunale finirà ben presto
- dopo la sintomatica soppressione .voluta da Paolo III e la parsi-
moniosa restituzione di Giulio III — per esser preso nelle sue stesse

apparenze di gloria, giusto titolo (come la suprema magistratura co- :

munale ai Magnifici Priori delle Aiti, che potrebbero fungere benis-

. simo per amor di simmetria da quinta starna. .. !) solo per pavoneg-.

giarsi nei lunghi robboni di drappo, luccicante ricordo d’un tempo
passato.

Di fatto la Rota Perugina sorge quando l’antica libertà, avviata
blandamente al capestro da più di un secolo e mezzo, ma oppostasi
disperatamente alla morte con ostinata gagliardia, finisce coll’aggiu-
starvi il collo seguendo il corso naturale della storia.

Della fortezza costruita sul colle di Porta Sole dall’Abate di
Mommaggiore, primo insulto all'indipendenza perugina compromessa
dalla pace di Bologna del 1370, non restava più pietra sopra pietra dal

1376, quando il popolo insorto aveva azzannato il sasso provocatore
sgretolandolo con rabbia. Ma adesso si profila all’ orizzonte ben più

terribile la

bella ai suoi bei dì Rocca Paolina
coi baluardi lunghi e i sproni a sghembo,

di dove i cannoni vomiteranno sul gregge fuorviato raccomandazioni
di calma e discrezione. Sulle case livellate dei Baglioni, l'altera niole
ingombrerà di sua vasta ombra il suolo perugino. E l'ombra della
Fortezza del Sangallo non ammetterà di fatto vicino a sé altro che
l'ombra magra delle antiche magistrature municipali e della magni-
ficata libertà. È precisamente alle magistrature municipali che si
affianca, se non erriamo, impetrato dai Priori e concesso da Clemente
VII, il Tribunale della Rota. È magistratura di un comune che, come
gli altri dello Stato della Chiesa e degli altri Stati d’Italia, va perdendo
ogni giorno più le sue libertà popolari, prima sotto le varie signorie
contemperate più o meno — da quella di Biordo a quella dei Baglioni —

coi diritti del Papa e orientandosi poi nettamente e precipitosamente
verso la sudditanza di fatto allo Stato Ecclesiastico. E ci sembra che
il punto diacritico per questa svolta di rotta sia proprio adesso che
Malatesta IV Baglioni è vicino al tramonto della sua ‘potenza e della
sua vita.

TRI
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 13

Anche lo Stato della Chiesa — torniamo ad insistervi — come tutti
gli Stati che sorgono e si vanno consolidando nell'Evo moderno già
in marcia verso le concezioni dei nostri tempi, segue una naturalis-
sima quanto inesorabile politica di accentramento, a tutte spese delle
antiche unità comunali che rientrano nell'orbita della sua compagine
statale. La «libertà ecclesiastica » concessa da Martino V a Perugia

diventa — secondo l'arguta osservazione del Guardabassi — « sempre.

piü ecclesiastica » e vale a dire sempre meno libera (1).

| Tale in breve il clima politico in cui vediamo sorgere la Rota
Perugina. Talé, e sempre più rigorosamente tale, il suo ambiente di
sviluppo e di vita che si estende per quasi tre secoli.

Nel febbraio-marzo del 1530 Clemente VII si trovava a Bologna
per ratificarvi la pace di Barcellona e quella di Cambrai e per- inco-
ronare Carlo V imperatore (22 febbraio). L'inclinazione della mente
del Papa, osserva il Guardabassi (2), ad un accordo con Carlo V aveva
già determinato fin dal marzo del 1529 i suoi effetti in Perugia; dove
Malatesta aveva iniziato trattative di una sua condotta coi Fioren-
‘tini e col Re di Francia, spinto — possiamo credere -- dall'odio contro
il cugino Braccio (3), che egli sapeva essere favorito da Ippolito dei
Medici, figlio naturale di Giuliano, creato a 18 anni cardinale nel gen-
naio e quindi inviato come Legato Apostolico nella Provincia del-
l'Umbria. Dopo il trattato di Barcellona (29 giugno 1529) il Baglioni
aveva visto chiaro il pericolo che sovrastava non solo a Firenze ma
anche a Perugia, perché non c’era più dubbio che il Papa aveva ormai

(1) Storia di Perugia, II, pag. 360. «È degno di nota per la storia dei
Comuni notare che il pontificio legato, riformando in tempi di assoluta mo-
| narchia gli ordini pubblici, non osava spegnere le istituzioni antiche, e ne con-
servava le forme libere, quasi reliquia di antiche franchigie, sottoponendo però
in gran parte il Comune agli ordini del Governo Pontificio ». LA MANTIA, Sto-
ria della Legislaz. it., I, pag. 498 s. «Sipuò anzi osservare che il Principe si serve
in quest’epoca delle stesse magistrature ai suoi fini politici, facendone abil-
mente, sotto il controllo del suo governo periferico, organi docili del suo potere
assoluto ».
(2) Storia, II, pag. 383. Inutile rilevare che specialmente del Guardabassi
e — cum mica salis — del settario Bonazzi ci serviamo ampiamente per quella
che è la cornice storico-perugina del nostro schizzo sulla Rota, né crediamo
indispensabile citare riga per riga.
(3) Odio e vendette feroci erano di dretamatica fra i vari rami della fami-

glia Baglioni. Braccio, e cosi pure Sforza, militante attualmente nelle file im-.

periali, faceva capo al famoso Grifonetto coinvolto nella congiura del luglio
1500; Malatesta era invece figlio di Giampaolo, l’unica vittima scampata alla
strage. La ruggine quindi si spiega facilmente; è la legge di casa Baglioni !

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14 BRUNO FRATTEGIANI

forze sufficienti per rimettere i Medici suoi parenti nell'una e riaffer-
mare i diritti della Chiesa sull'altra. Il pensiero di Clemente del resto
si palesava aperto colla nomina del nuovo Legato (1). Malatesta era
corso alle difese, approntando con audace energia schiere di armati,
nonostante il divieto del Pontefice, al quale faceva rispondere che
Perugia non pensava di allontanarsi dalla dovuta obbedienza alla
Santa Sede e le leve di soldati si facevano soltanto allo scopo di di-
fenderla dalle schiere degli Imperiali che si accostavano ai confini
dello Stato Ecclesiastico. Era stata questa per il Baglioni una ful-
gida meteora di dominio incontrastato sulla città. Egli aveva sperato
ancora nei soccorsi di Francesco I e nell’assistenza della Repubblica

" Veneta, ma aveva dovuto presto disilludersi. Gli Imperiali avanzavano ^

verso. Perugia e il Papa con un suo breve dell’11 luglio si faceva in-
termediario fra il Principe di Orange e i Perugini. Insistenze da parte
del Papa, temporeggiamenti diplomatici e resistenze da parte di Ma-
latesta... Questi però alla fine, vistosi solo ormai ed alle prese con un
nemico numeroso e forte, pronto paurosamente a lanciarsi all’assalto
e al saccheggio da Ponte S. Giovanni, aveva acconsentito alla sot-
tomissione di Perugia alla Chiesa, ottenendo la facoltà di recarsi
ad assumere la condotta di Firenze coi fanti fiorentini che erano
con lui.

Il Cardinale del Monte, inviato legato straordinario dal Papa,
dopo la partenza di Malatesta e dell'Orange, s'era messo di buon
animo a garantire la tranquillità cittadina ed a rinsaldare il regime,
eleggendo allo scopo un nuovo Consiglio, che doveva essere netta-
mente emanazione del Legato e sostegno del suo ‘potere contro le
esorbitanze degli Officiali del Comune; i suoi membri infatti (27 per
Rione) dovevano intervenire alle deliberazioni più importanti di co-
storo. Il sistema complicato scelto per l’elezione e per i turni del Con-
siglio avevano cominciato ad accrescere le difficoltà già esistenti a
causa degli attriti esistenti fra le numerose magistrature del Comune;
ed il periodo di relativa tranquillità di cui potrà godere per qualche
tempo Perugia dovrà attribuirsi, più che alle provvidenze del Legato,
all’assenza degli uomini più bollenti e facinorosi, militanti in questo
momento con Malatesta a Firenze e con Braccio e Sforza Baglioni
nelle file imperiali, oltre che ai pochi armati di Claudio e Zucchero

(1) Non ci pare esagerato il giudizio del GuARDABASSI (l. cit., pag. 381):
« ...la pace di Bologna fra Clemente VII e Carlo V taglierà a Perugia... ogni
speranza di libertà comunale, anche se questa dovesse chiamarsi ecclesiastica ».
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 15

da Spoleto presidianti Perugia (1). Comunque i ringraziamenti e le
proteste di fedeltà al Papa suonavano altissimi. Manifestazioni di
viva riconoscenza all'indirizzo del Cardinale del Monte e il conferi-
mento della nobiltà perugina al Vicelegato Ennio Filonardi, denota-
vano la soddisfazione della cittadinanza per il buon governo.

A ristabilire l'ordine e la quiete contribuiva il Tesoriere Aposto- —
lico Alfano Alfani, che da capo dei Priori provvedeva a frenar l'avi-
dità dei commercianti e a rialzare le condizioni economiche rese disa-
strose dalla pestilenza, dalla carestia e dal passaggio delle truppe della
Lega e dell'Orange. |

Il sollievo dalle angustie ravvivò gli animi e -- quasi a dimostrare
che a Perugia ci si adattava bene ormai al nuovo orientamento po-
litico — si ordinarono ben presto ambascerie al Pontefice.

Fu così che il 16 marzo 1530 fu eletto ambasciatore e mandato a
Bologna Guglielmo Pontani, del Collegio dei Legisti dello Studio
Perugino, per impetrare, insieme ad altre grazie (quali la diminu-
zione delle imposte, la restituzione di Montone, il permesso di rifare
le borse degli uffici a Perugia e non a Roma) l’erezione del Tribunale
della Rota (2). Gli scrittori attribuiscono molto all'eloquenza del
Pontani nel perorare presso il Papa la causa del Comune, in modo
particolare per quanto riguardava il nuovo Tribunale. Fatto sta che
all’aspettativa di tutti corrispose con singolare benevolenza Clemente
VII, che con il Breve Exponi nobis del 28 marzo istituiva la Rota
Perugina (3). È detto precisamente nel Breve che, assentendo alla
supplica presentata dal Pontani a nome dei Priori e del Comune di
Perugia.e nei termini di essa, il Papa abolisce gli offici del Pretore e
dei suoi Collaterali ed Officiali e quello del Giudice delle appellazioni
chiamato anche Bargello del Popolo, e ne trasferisce le giurisdizioni,
i salari e le entrate negli uffici di quattro Uditori di Rota « in non me-
diocre ejusdem Civitatis ac Territorii commodum, facilioremque justi-
liae, absque labis alicuius suspecione, administrationem...». Si dà
facoltà «circa ipsius novi officii institutionem capitula quot et quae
decentia et opportuna et utilia videbuntur, cum praesentia tamen et

(1) PELLINI, Istoria di Perugia, III, pag. 510.

. (2) Annali Dec., 1530, f. 13, t.; PELLINI, III, pag. 508 s.; CRISPOLTI, Pe-
rugia Augusta, pag. 251; BELFORTI, Serie de’ Legati, t. VIII, pag. 393; Carte
Mariotti (Tribunale della Ruota in Perugia); VERMIGLIOLI, Biografia, II, pag. 245,
(3) Il breve è pubblicato nelle tre edd. delle Cost. Rotali e nel Bullarium
Romanum, t. IV, pag. I, Romae (Mainardi), 1745, pag. 89 s. 16 BRUNO FRATTEGIANI

consensu praesentis et pro lempore existentis venerabilis Patris Vicele-
gati, formandi et componendi ». ;
Nel Breve si fanno dei nomi di uffici, che Géddio il posto alla Rota.
Non sarà male dirvi sopra una parola di presentazione.
Il Pretore, molto più vicino al modesto Pretore moderno che non

‘al glorioso magistrato romano, vorrebbe essere all’epoca in cui siamo

una continuazione del Podestà; e nella stessa maniera il Giudice di
appello, conosciuto comunemente col deprecato nome di Bargello, è
un rimasuglio misero dell’antico Capitano del Popolo. L'identifica-
zione nominale è garantita dall’autorità del Giliani (1).

È dal sec. XIII che troviamo à Perugia, con attribuzioni ben

diverse e ben più ampie di quelle che avranno nella Rota, ultimo ri-
fugio della loro ombra, il Podestà e il Capitano del Popolo, il primo
precisamente fin dagli inizi e più oltre, il secondo dalla metà di quel
secolo tanto glorioso. Il Podestà aveva prevalentemente attribuzioni

. politiche e giudiziarie, il Capitano presiedeva alla milizia ma godeva

anche di attribuzioni giudiziali specialmente in criminalibus e cioè
giust'appunto in quelle materie che' più bisognavano dell'appoggio
della forza armata. Ultimo Podestà di tal genere fu Giovanni Fran-
cesco Panciatici nel 1399, ultimo Capitano Niccolò Bianchi nel

1398 (2). Seguirono nel 1400 i governatori o luogotenenti di Gian

Galeazzo Visconti, duca di-Milano, fino al 1403, indi quelli del Papa

per tre anni, del re Ladislao di Durazzo dal 1408 al 1414, dal 1416

al 1424 quelli di Braccio.Fortebraccio che si fregiava pure lui del ti-
tolo di luogotenente della Chiesa. Dopo la dedizione a Martino V e la
concessione dell'« ecelesiastica libertà » nel 1424, nonostante che Pe-

rugia — soggetta solo nominalmente alla S. Sede — sia diretta e spa--

droneggiata da oligarchie nobiliari con predominio ordinario dei Ba-
glioni, troviamo abitualmente i Legati del Papa, che si fanno quasi
sempre sostituire dai Vicelegati con ampi poteri che diventeranno
esorbitanti col volgere del tempo (3).
Fra questi Legati rifanno capolino i Podestà, ma non sono più
quelli di prima: il loro ufficio non poteva non essere scemato assai

| (1) GiLIANI, Compendium , v. Rota, pag. 238.
(2) Già fin dal 1370 il primo legato pontificio, il Cardinale di Burgos, pre-
correndo di sua iniziativa i tempi della Rota, sostituiva alle due magistrature

. tre Uditori del suo seguito. n fu cosa effimera come la fortezza dell'Abbate

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di Mommaggiore.

(3) Più tardi venne spesso a mancare la qualità di Legato a latere e allora i

si parla solo di Governatori.

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IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 7 T7

dalle attribuzioni dei Legati e dalle molteplici commissioni gover-
native di nobili (1). È precisamente in questo periodo che comincia a
comparire nei documenti il nome di Pretore accanto a quello di Po-
destà, che del resto non viene mai soppiantato del tutto e rimane
negli Statuti. Anche dopo l'erezione della Rota e alla vigilia si puó
dire del suo funzionamento, quando il Podestà-pretore sta per diven-
tare primo Uditore conservando il nome antico, troviamo nella Can- -
celleria Decemvirale un Breve refirmae Domini Marii Tulini Pote-

. Satis (2). Il Capitano riapparirebbe nel 1455 col titolo di major Syn-

dicus, sempre secondo il Bonazzi che cita un passo del Pellini (3).
Ma non va dimenticato che già nel capitolo con Martino V alla con-
ferma degli Statuti comunali segue quella delle magistrature del Po-
destà e del Capitano del Popolo, con la condizione che quest'ultimo
ufficio possa essere trasformato in quello di Judex Appellationum, e
l'elezione dei due uffici debba essere ratificata dal Pontefice o dal suo

| Legato pro tempore (4). Vediamo altrove appioppato al Bargello que-

sto titolo di Judex appellationum che è nettamente distinto dal Ca-
pitano, tanto vero che Sisto IV in una bolla del 15 febbraio 1472 or-
dina la sospensione per cinque anni dell'Ufficio di Capitano e il riassor-
bimento delle sue mansioni giudiziali in quelle del Bargello o Giudice
delle appellazioni a tutto beneficio dell'erigendo Palazzo del Capi-

‘tano in Piazza del Sopramuro (5). La sospensione e il riassorbimento

dovettero probabilmente durare oltre il tempo fissato, finchè Inno-
cenzo VIII non dette alla condizione di fatto anche la stabilità del .
diritto, tanto che il Giliani attribuisce a lui la creazione del Bargello

Giudice delle appellazioni e dei danni dati in luogo del Capitano e
l'equivalenza ‘che negli Statuti hanno i due termini Capitano e Bar-
gello (6). Si spiega cosi come nel 1534, quando da due anni ormai .
funzionava la Rota, quasi facendo l'orecchio da mercante al vero
senso delle parole del Breve Clementino, al nuovo Papa Paolo III .
gli ambasciatori perugini mandati per omaggio chiedevano fra l'altro,

(1) RO Storia, II, pag. 289: SE CIT; juu Saggio, T. I3 "B: H
(Catalogo dei Podestà...).

(2) VI Reg. Bolle e Brevi f. 10.

. (3) BoNAazzi, op. cit., ib.; PELLINI, op. cit., II, p. 554.

(4) GUARDABASSI, op. cit., II, p. 14.

(5) La Bolla é fra le pergamene volanti del Comune.

(6) GILIANI, Compendium, v.-Rota, pag. 239. Sono citati un Breve di In-
nocenzo VIII del 21 aprile 1487 (IV Reg. Bolle e Brevi f. 66) e Brevi di Pio II

. edi Giulio II sulla giurisdizione. Cfr. Statuti, vol. I, rubr. II.

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18 BRUNO FRATTEGIANI

«la restituzione dell'officio del capitano et giudice della giustizia et
dell'appellatione, che per farlese il nuovo palazzo nella piazza minore
fu molti anni addietro sospeso, et diminuita in gran parte la provi-
sione a un altro Giudice, che in suo luogo vi fu posto con titolo di
Giudice dell'appellatione et di Bargello, et se non se ne fusse potuto
ottenere la reintegratione (e i Magistrati perugini dovevano puntare
proprio qui nella richiesta data la chiarezza lapalissiana del Breve
Clementino e la stessa prassi osservata fin dal principio di chiamar
Capitano il secondo Uditore di Rota) procurassero almeno che fosse
sgravata la Città di quattrocento ducati, che si haveano incamerati
per infino a tanto che si faceva il Palazzo et ella le se pagava ogni
anno » (1). :

Assistiamo insomma nel sec. xv a un declino continuo e progres-
sivo dei due uffici comunali, a un trasformarsi non ben definito e nep-
pur diligentemente seguito dagli storici di Perugia, che si mostrano
assai lacunosi in questa parte della storia delle magistrature che pur
meriterebbe uno studio accurato. Questo solo ci sembra indubitato
sulla fede del Giliani e dietro le poche notizie racimolate, che dal Po-
destà e dal Capitano del Popolo, figure di primo piano nella storia del
Comune nel sec. xiv (2), si arriva nel 1530 alle figure molto sbiadite
del Pretore e del Giudice di Appello o Bargello o Capitano del Popolo
del Breve di Clemente VII. :

Quanto al nome di Bargello, che peraltro rimarrà nella pratica
e anche nella corrispondenza ufficiale a designare il Comandante delle
forze armate di polizia, distinto dal Capitano del Popolo e in specie da
quello della Rota, finirà per contrarre un marchio di odiosità popo-
lare difficilmente spiegabile nel discendente (a meno che non si trat-
ti d'un degenere bastardo !) del nobile e simpatico difensore della
libertà popolare.

Un altro quesito piuttosto complesso s'impone fin da questo
momento alla.nostra considerazione. Il nuovo Tribunale cosa rap-
presenta a Perugia ? Qual'é la sua posizione di fronte alle Magistra-
ture comunali e di fronte al governo pontificio ? e inoltre, quali mo-
tivi ne hanno determinato il sorgere ? (3).

(1) PELLINI, op. cit., III, pag. 551.

(2) Cfr. PELLINI, L'istituto del Podestà di Perugia nel sec. XIII, Bologna,
1936.

(3) Il sapore polemico delle pagine seguenti è il risultato di discussioni col
prof. Ermini, il quale — partendo da presupposti di carattere generale — pro-
pende a veder nella Rota un organo giudicante in nome del potere centrale.
—— —

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 19

Ci sembra innanzi tutto di poter escludere con sicurezza che la
Rota Perugina sorga come una sentinella avanzata o una roccaforte
morale del potere centrale di fronte alle autorità comunali, o anche
solo un organo autarchico periferico in materia giurisdizionale, costi-
tuito quale terzo, il proverbiale terzo vittorioso, fra i due eterni liti-
ganti che sono i Magistrati locali da una parte e i Legati dall'altra;
un tribunale pontificio insomma che nel campo suo la fa da padrone
e se ne infischia degli uni e degli altri. La questione stessa sarebbe
inutile, se la risposta dovesse essere diversa; perché allora l'istitu-
zione risponderebbe pienamente all'indole. dei tempi: in un periodo
storico la cui caratteristica è l'accentramento dovrebbe apparire stra-
na listituzione di una nuova magistratura comunale, naturalissima
invece una dislocazione del potere centrale. Eppure non è così:
l'ipotesi strana apparisce la più vera, la più naturale è bocciata al-
l'esame dei fatti; con ciò e per ciò la questione s'impone e con essa
la nostra risposta.

- Quello che non avviene a Perugia avverrà ad esempio a Macerata
quando cinquant'anni più tardi Sisto V vi istituirà la Rota. Citiamo
l'esempio della Rota di Macerata, che per aver avuto — come vedremo
— relazioni con la Rota di Perugia, si presta meglio di ogni altra (non
fosse altro perché in grazia di quelle relazioni abbiamo dovuto cono-
scerla meglio) ad un confronto. i

La Rota Maceratese sarà indubbiamente un Tribunale Ponti-
ficio e questo fatto non sarà ultimo a spiegare la sua floridezza glo-
riosa, il prestigio della sua giurisprudenza di cui ci furono conservate
parecchie raccolte di decisioni scelte (1). La Rota Perugina, il mode-
sto Tribunale del Comune, vivacchia accanto all’invadente Tri-
bunale del Governatore e ciò spiega, insieme se si.vuole alla negli-
genza degli studiosi perugini, la sua meravigliosa oscurità non dico
nei tempi moderni, in cui la voce « Rota » non ha trovato un posti-
cino (se si eccettuano magre notizie della Rota Romana) nella mo-
numentale Enciclopedia Italiana, ma anche nei secoli scorsi quando
a Bologna, a Ferrara, a Macerata, a Firenze, a Lucca e altrove ci si
dava un gran da fare a pubblicare raccolte di decisioni delle patrie
Rote (2), mentre a Perugia non risulta che ci abbiano pensato (e se
ci pensarono fu più per vanità personale di giureconsulti lusingati

(1) v. FogLIETTI, Cenni storici, pag. 209. Una delle più belle raccolte è
quella curata dal nostro Vincioli.
(2) v. ERMINI, Guida Bibliografica, pag., 87, ss.
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20 E BRUNO FRATTEGIANI

dal miraggio dell'eternità che per amore alla nobile assise di cui ave-
vano rivestito la toga) se non Ludovico Giuseppe d’Assisi, che pub-
blicó nel sec. xvi un centinaio di sue decisioni perugine clie — fra l'al-
tro — è molto dubbio che siano state pronunciate in Rota, e Pietro
Francesco Dino, che un secolo e mezzo più tardi ne pubblicò poche
altre, sue anche queste, certamente rotali, ma sperdute fra tante altre
pronunciate a Bologna, a Ferrara e altrove (1).

A. Macerata dei cinque Uditori uno solo dovrà essere nominato
dalla comunità; gli altri quattro con qualità di Legati a latere saranno
nominati dallo stesso Romano Pontefice (2).

A. Perugia sono eletti tutti e quattro dal collegio degli elettori
tutti perugini, nominati a loro volta con ogni segretezza e libertà
dalle autorità comunali e dalle rappresentanze delle Arti che non ces-

sano di essere anche in questo periodo la più genuina e la più sana
espressione del popolo. E ben vero che entra qui in campo anche la

malfamata questione delle borse (gli elettori della Rota sono insac-
colati come tutti i costituiti in qualche carica a Perugia) antica ga-
ranzia del controllo popolare sulle elezioni ridotta a ben poca cosa

dalle frequenti avocazioni a Roma e dagli interventi più o meno le-

gali del Legato; ma è questione che interessa con la Rota tutte le
Magistrature perugine, e la sorte comune è una conferma della co-

mune natura. Del resto quasi ogni pagina del nostro lavoro darà ra-:

gione al nostro assunto, che non vuole essere dal canto suo se non una
semplice dichiarazione di quanto é contenuto nei documenti.

Come si spiegherebbe ad esempio, nell'ipotesi contraria, il con-
tegno di Paolo III che sopprimendo per castigo le magistrature co-
munali sopprime anche la Rota ? Come si spiegherebbe l'operato di
Giulio III che, dopo aver restituito con le altre magistrature la Rota,
messa cosi evidentemente sullo stesso piano di quelle nella Bolla di
restituzione, toglie ad essa ogni competenza in criminalibus lasciando
questa ai soli giudici del Legato ? Come si spiegherebbe che in ogni
legge o riforma che tocchi la Rota l'iniziativa é quasi sempre dei Priori
o del Consiglio Generale, che naturalmente poi — dati i tempi — in-
vocano ed ottengono l'approvazione del Papa ?

Non vogliamo escludere con questo la possibilità che col volgere
del tempo i Papi stessi abbiano potuto mirare a rafforzare i poteri

(1) v. Bibliografia. Per noi é da escludere senz'altro che la raccolta di
Ludovico riguardi la Rota; vedremo piü avanti il perché.
(2) FOGLIETTI, op. cit., pag. 219; ViNcioLr, Decis. Rotae Mac., pag. 1.

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‘dipende, chiamato della Ruota » (pag. 226

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 21

. della Rota, elevandola ad arbitra di giustizia — entro certi limiti di.

competenza — indipendentemente dall'autorità del Comune e da quella
del Legato. Ma é una possibilità che, secondo noi, non trova un'ade-

guata realizzazione nella prassi.

Quanto al Breve di erezione, esso ci presenta la cosa semplice-
mente cosi: il Comune chiede e il Papa, nulla avendo in contrario, -
benevolmente concede. Tenendo conto fin da questo primo momento
dell'iniziativa perugina, l'erezione pontificia non é argomento suffi-
ciente a ritenere pontificio — e vale a dire organo del potere centrale —
il Tribunale eretto. Ci dice solo che gli stessi Priori, sentendo malferma
ormai la propria autorità, si fanno forti — come poi faranno sempre —

di quella del principe. È da ricordarsi anzi che più che di una nuova

erezione si tratta (e tale è l’oggetto sia della supplica che della con-
cessione) di una conversione delle già esistenti giurisdizioni ordina-
rie del Comune in un meglio organizzato e organizzando Auditorium
Rotae (1), che se mai a puro titolo di onore potrebbe dirsi pontificio
se la cosa non fosse semplicemente inaudita a Perugia. Anche gli
storici già citati a proposito della legazione e della concessione del
Breve considerano la cosa da questo punto di vista e si rallegrano
molto di questo aumentato decoro delle magistrature della patria:
elogi sperticati volano all'indirizzo del Pontani, che colla sua elo-

‘quenza e perspicacia seppe insinuarsi così bene nell’animo di Clemente,

piegandolo a concedere a Perugia la desiderata grazia (2).

Anche lo scopo dell’erezione è chiaramente individuato nel Breve:
«in non mediocre ejusdem civitatis ac territorii commodum faciliorem-
que justitiae, absque labis alicuius suspicione, administrationem ».
Che per l’innanzi fosse difficilior l’amministrazione della giustizia a

(1) Molto diverso anche a questo riguardo è il tono della Bolla Sistina che

istituisce la Rota di Macerata e comincia « Romanus Pontifex supremi Judicis

in terris Vicarius »: « ...Hanc igitur cogitationem nostram ad effectum:perdu-

| cere volentes, motu proprio non ad alicuius.... instantiam, sed ex mera delibera-

tione et certa scientia nostris, deque Apostolicae potestatis plenitudine, in dicta
Civitate Maceraten. unum Tribunal Audientiae causarum... erigimus... ».
Gli stessi statuti fondamentali di quella Rota nono fissati ‘nella Bolla e nulla
affatto é.concesso alle Autorità di Macerata.

(2) Significativo in proposito é quanto afferma il CRISE (Perugia Au-
gusta). Dopo aver detto che « varij sono i Magistrati che in questa Monarchia
Ecclesiastica sono deputati al Governo di Perugia, alcuni dei quali hanno di-
pendenza dalla Sede Apostolica e alcuni dalla nostra Città stessa » (pag. 232),
afferma: « Ha la Città nostra un altro Tribunale che da essa immediatamente
22 BRUNO FRATTEGIANI

Perugia ce lo sciorina ben chiaro nel passo citato Giulio di Costantino:
«E prima al tempo del podestà duravano li agnie nanze se desse na
sententia »; la conclusione rimata è squisitamente perugina: «e de
tale era più le spese ch'el capitale ». Ma oltre alle lungaggini, alle
lites immortales, c'erano anche delle labis suspiciones nel foro perugino.

La prima edizione delle Costituzioni Rotali contiene fra l’altro
una elegante lettera latina di un Ansidei al Pontani, dove «colla
più franca ingenuità » si parla « degli inconvenienti e degli scandali
che regnavano allora » nei Tribunali di Perugia (1). Coteste labes del

- foro, inconvenienti e scandali, sono facilmente immaginabili e possono

facilmente trovare una spiegazione nel periodo abbastanza tumul-

tuoso che ha attraversato Perugia nell'ultimo scorcio del'400 e nei

primi trent'anni del ‘500.

Pare che per un momento il Comune, fiaccato da tante influenze
esterne e da tante discordie e macchie cittadine, trovi modo di re-
spirare; si fa forte della protezione del Papa e cerca di darsi un po'
di assestamento, che nel campo della giustizia finisca di tener come
lettera morta fra l’altro un vessato Breve di Sisto IV, che aveva ordi-
nato — confermato poi da Giulio II — di trattar le cause civili in prima
e seconda istanza di fronte ai tribunali. ordinari della città (2): cosa

alquanto problematica quando le varie giudicature cittadine si vede- -

vano spesso in procinto-d’essere trangugiate dai piccoli o grossi Le-
viathan della nobiltà e del Governo. La Rota, forte del nome del Papa,
dovrebbe dar bando ormai per sempre alle ingerenze od anche solo
alle concorrenze indebite. Il Breve di Sisto IV dovrebbe trovare ormai
nella Rota la sua definitiva e irrevocabile attuazione. Non pare peró
che gli eventi confermassero in tutto le previsioni dei Magistrati pe-
rugini (3).

Ricevuto il Breve di.erezione i Priori commisero subito al Col-
legio dei Legisti dell'Università lo studio e la compilazione delle Co-
stituzioni della Rota. Queste risultarono composte — come s'é detto —
di sei capitoli, che nel mese di agosto furono presentati ai Priori e da
questi al Vicelegato mons. Ennio Filonardi, che dette la sua appro-
vazione supplendo cosi col solo consenso la presenza alla stessa deli-
berazione dei capitoli, richiesta dal Breve Clementino (4). « Poiché

(1) MARIOTTI, Notizie.

(2) BoNazzi, op. cit., II, pag. 133; GILIANI, Compendium v. Causa, pag. 54.
(3) v. PELLINI, III, pag. 602.

(4) Mariotti, Notizie.
——

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 23

peró — avverte il Mariotti — come avvenir suole in ogni nuovo stabi-
limento, nacquero anche inverso questo vari dubbi e non poche dif-

. ficoltà » sull'entità delle quali non ci è dato aver più precise informa:

Zioni, i Priori del terzo trimestre, quasi subito dopo il loro ingresso
in carica e quindi al principio di luglio pensarono bene di ricorrere al
Cardinale Legato Medici e al Cardinale Spinola Camerlengo di S. R.
Chiesa e Vescovo di Perugia, mandando come ambasciatore Sinibaldo
Ferretti causidico perugino coll'incarico di patrocinare la causa della
Rota presso i due Superiori, e mediante loro, presso il Papa. Altre do-
mande doveva presentare il Ferretti e si trattava ancora — è sempre il
Pellini che ribatte il chiodo ostinato — « del rifarsi le borse degli officij
in Perugia et non in Roma » e poi anche « che il Camerlengo mandasse
qualche sufficiente et atto Vicario, poiché non é lecito a lui di venire
alla residenza nel suo Vescovato » e che finalmente volesse liberare

Girolamo Pontani, tenuto come ostaggio perché si rifiutava «di ri-

scuotere tutti i grani, et altri frutti di quei Gentilhuomini et Citta-
dini, ch'erano con Malatesta Baglione iti a Fiorenza, come inobe-
dienti et transgressori degli ordini del Pontefice, che erano molti... ».
Quanto alla Rota, il Ferretti presentó i capitoli al Legato, che natu-
ralmente avrà promesso di interessarsi della cosa e di procurare di ap-
pianare le difficoltà con tutto quel calore che i due anni ancora occorsi
per l'esecuzione del Breve non mancano di far trapelare. In seguito
anche ad una forbita lettera latina scritta a nome dei Priori da Lucal-
berto Podiani, Professore di medicina nello studio e allora Segretario
della Città, datata da Perugia ai 12 di agosto, il Medici aggiunse agli
alti incoraggiamenti anche una sua nuova approvazione il 20 dello
stesso mese. Era un nuovo passo nella complicata tournèe burocratica
ed a facile trofeo della conquista della prima tappa üsci pei tipi del
Cartolari, quasi modesta ma ormai necessaria appendice alla monu-
mentale edizione degli Statuti, l'Institutio et Capitula Auditorii
Perusinae Rotae in un opuscolo contenente il Breve, i sei capitoli,
la lettera del Podiani, il Breve di conferma del Legato e la lettera
dell’Ansidei (1).

Ottenuta nel settembre la riconferma in carica per il Podestà
Mario Tulino, l’affare della Rota con tutte le sue difficoltà fu messo

‘| per un po’ di tempo a dormire e si continuò a render giustizia alla

vecchia maniera « super quadam sedia lignea existente in camera solitae

| (1) MariortTI, Notizie; PELLINI, III, pag. 510 s.; VI Reg. Bolle e Brevi,
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24 ; . BRUNO FRATTEGIANI

residentiae supradicti Domini Potestatis », come dicono le meticolose
formule notarili dei processi. Ed è significativo. che prima di rimet-

terlo definitivamente sul tappeto, si volle sentire il parere di Malate- .

sta Baglioni, che dopo il ritorno da Firenze si trovava a Bettona ! igra-

vemente infermo e in attesa che il mal francese gli assestasse il colpo
di grazia. Erano gli ultimi mesi del 1531, durante l’ultima magistra-

tura priorale di cui era capo Simeone Graziani. Poco tempo ancora e il
leone ferito e vinto avrebbe gettato nella vigilia di Natale l'ultimo
soffocato ruggito: « Aiutatemi se si puó; perché dopo la mia morte
sarete posti al giogo et a tirare la carretta come bufali » (1).

Purificato ormai nell'impotenza l'amore a Perugia da ogni trac-
cia di egoismo e di passione di dominio, il grande venturiero infor-
mato dell'erezione del nuovo Tribunale comunale e dell'intenzione

di portarlo ad effetto rispose laconicamente e senza sbilanciarsi troppo

che egli « giudicava non poter essere se non utile alla Città d'eseguirlo »,
e sulle sue parole si presero le ultime deliberazioni, che questa volta

. finalmente non dovevano incontrare piü intoppi, se si eccettuano i

solenni funerali di Malatesta (2).
Fu cosi che il 18 gennaio 1532, con un primo strappo necessario.
ormai alle Costituzioni che comandavano di far le prime operazioni

. elettorali nell'agosto «de praesenti anno » 1530, dopo che il Collegio

dei Legisti ebbe presentato a tempo debito le otto candidature pre-

scritte, i venti elettori estratti dalla prima borsa elessero, «col con-
| senso — nota il Pellini — non meno dei Signori Superiori di Roma che di

Mons. Calisto Amadei Vicelegato », i primi quattro Uditori della Rota
Perugina nelle persone dei dottori Niccolò dell'Arca da Narni, Leo-
nardo Vallati da Foligno, Pellegrino Laziosi da: Forlì e Bernardino
della Fonte (3). Fu quindi mandato ambasciatore al Papa Ascanio
Cantagallina con la richiesta di sospendere per sei mesi gli uffici del
Capitano e del Podestà, che frattanto avevan tirato innanzi nelle
loro incombenze giurisdizionali, onde cominciare.a provvedere colle
loro paghe per l'anticipo di salario agli Uditori che, scaduto il seme-
stre, sarebbero entrati in carica definitivamente. Come era naturale,
in quanto non si faceva altro che applicare le Qisposizioni del Breve

(1) FROLLIERE, La Guerra del Sale « Arch. St. It. », XVI, II, pag. 443).

| Graziosa la postilla del Frolliere: « Il che verissimamente è seguito; e non solo

avem sopportato il giogo, ma il basto et il bastone ».
(2) PELLINI, II, pag. 523.
(3) Ann: Dec., 1531, f. 125-26; PELLINI, III, pag. 5235 LANCELLOTTI,

Scorta. pag. 6.

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IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA RAT 25

del. 1530, «il breve che vi fu sopra ció dal Papa spedito, non per sei
mesi ma per sempre sospese l'officio del Capitanio et de] Podestà » (1).
Furono nominati frattanto dei Vicegerentes futurae Rotae per

provvedere convenientemente nell'attesa alle esigenze del foro (2).

Non sappiamo per quali motivi, perché il Catalogus del Mariotti
è scheletrico; certo è che il Della Fonte e il Laziosi furono nei mesi

seguenti sostituiti con Gian Francesco Onofri da Sassoferrato e Do-

menico Ricci da Fermo (3). Con un folignato quindi, con un narnese,
con un fermano e con un sassoferratese s’iniziò di fatto coi primi di
settembre la Rota Perugina. La data tramandata dallo Zuccone nel
passo già citato (9 settembre) non è esatta. Nell'Archivio di Stato
di Perugia, che è tuttora in via di assestamento e non permette quindi
precise indicazioni di collocazione, abbiamo trovato il verbale di un

processo cominciato coram Auditore Rotae il 3 settembre ‘ed Qt dei.

giorni seguenti.
Al termine di questo capitolo raccogliamo le poche notizie che

abbiamo potuto racimolare sulle elezioni successive, spigolando spe-.

cialmente fra le Carte Mariotti, che però non vanno oltre i primi trenta
anni. Troppo lungo sarebbe proseguire la rassegna e assai scabroso
cimentarsi per questo direttamente cogli Annali: scarso del resto
l’interesse storico.

Il 3 dicembre 1534 furono riconfermati per sei mesi gli Uditori

già in carica (4) e prima del termine di tale proroga, il 16 marzo del-
l’anno seguente, si procedè alla elezione. Restarono vinti, come si

*

soleva dire, Pellegrino Laziosi con diciassette fave bianche, Anto-

nio Subiani da Arezzo, Girolamo Acrisi da Visso e Pietro Flamini da
Orvieto, tutti e tre con quindici voti (5). Nella elezione del 21 feb-
braio 1537 risultarono Uditori Nicoló Monaldeschi da Orvieto. a tutte

fave bianche, Girolamo Manzonino da Matelica con una sola in con-

trario, Troiolo Cerro da S. Genesio con quattro e Cola BOBO da Cu-
gnolo con due nere (6).

Il 20 gennaio 1539 furono eletti a subir la prossima tempesta

(1) PELLINI, III, pag. 524; MarioTTI, Tribunale. Il Breve non si conserva -

né tra gli originali né fra i registri.

(2) Annali, f. 135, 138; MARIOTTI, I. c.
(3) Annali, f. 151.

(4) PELLINI, III, pag. 553. -

(5) Annali, 1533, fr. 153.

(6) Annali, 1536, f. 69.
26 BRUNO FRATTEGIANI

Marco Bencio da Monte Pulciano, Gian Battista da Reggio, Gentile

. Bonavoglia da Foligno e Fulvio Fulvi da. Forli.

Dopo la restituzione fatta da Giulio III, il 24 agosto 1553 furono
estratti dalla prima palla del nuovo bussolo i venti elettori di rito e
alla fine del mese il Collegio dei Legisti presentó la nota dei candidati,
tra cui furono scelti gli Uditori della Rota, rinata e smagrita, il 20
novembre. Vediamo ricomparire i nomi del Ricci e del Bonavoglia;
i nuovi sono Pier Domenico Bernardini da Monte Pulciano e Luca
Franceschini da Ponzano. Due anni dopo furono tutti riconfermati
ad biennium (1). Si era già al termine del biennio prorogato, quando
per coprire il posto lasciato vuoto dal Franceschini partito innanzi
tempo, si venne nel settembre 1537 alla nomina di Daniele Buzio
da Milano, cui fu a sua volta surrogato nell’ottobre — essendo nel
frattempo giunta notizia della sua morte — Pietro Monticelli da Bob-
bio il cui ufficio semestrale, prorogandosi a tutto aprile anche l'Udi-
torato degli altri tre, cominciò a decorrere col primo novembre (2).
Colle elezioni del '57 si cominciò ad attuare una pratica elettorale che
rimase poi di legge nella Rota e fu che il giorno dell'Epifania — com-
piute negli ultimi giorni di dicembre, a scadenze che prendono poi
fissità come vedremo a suo luogo, le altre pratiche preliminari — si
procedè alla solenne elezione dei quattro Uditori il cui Ufficio comin-
cerà (ed arriviamo così ad un’altra data rispettata poi d’ordinario
con religiosa consuetudine) nel prossimo calendimaggio, quinto an-
niversario della solenne promulgazione della Bolla di Papa Giulio in
Cattedrale. Fu riconfermato il Monticelli e furono eletti Tobia Gallo da
Città di Castello, Luzio Francolini da Monte Albordio e Pietro No-
velli da Orvieto (3).

Essendo morto frattanto il Francolini, gli succedè — per una
forma di elezione che chiameremo automatica — Guido Orselli da
Cortona per la semplicissima ragione che già nel primo scrutinio elet-
torale la sua votazione (13 fave bianche) aveva messo a repentaglio
quella numericamente identica dell’orvietano, rimasto poi « vinto »
per un solo voto nella «rimessa a partito » (4). Furono anzi due le
fortune dell’Orselli: prima la morte del Francolini e poi la partenza
del Ricci, chiamato a reggere la Pretura della Repubblica di Lucca,

(1) Annali, 1553, f. 161 t (v. anche f. 20-21 e 32- >
(2) Annali, 1557, f. 28 t, 30, 34.

(3) Annali, 1557, f. 58 t. 59.

(4) Annali, 1557, f. 61.

ae Pe e
MÀ ee —

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA ^ 27

per cui l’Orselli eletto a sostituirlo si ebbe nell'Uditorato di Rota un
bimestre di anticipo anche naturalmente agli effetti economici, che —
se non erriamo — non si facevano passare in seconda linea nemmeno
a quei tempi, quando gli Annali ci fanno discretamente sapere che,
finito l'ufficio suo, l'Uditore Bernardini parti con molti debiti, che.
a buon conto furono soddisfatti col salario a lui dovuto (1). Le ele-
zioni del '60 dettero luogo ad un equivoco curioso su cui gli Annali
si diffondono per lungo e per largo (2) e che merita conto riferire bre-
vemente. i

La prima votazione portò a questi risultati: eletti senza alcuna
competizione erano Giustiniano Tebaldeschi da Norcia, Nicola Fran-
cesco Adriani da Sassoferrato e Simone Augeri da Monte Santo. Da
ultimo venivano con pari votazione di 14 fave bianche Antonio Sivi
da Castel Levante e Loreto Lauri da Spoleto. Nella rimessa a partito ^
rimase eletto il Sivi. L'equivoco consisteva in questo (e una volta
pubblicate le elezioni ci fu bene chi pensó a reclamare) che la nota dei
candidati alla Rota compilata dai Legisti nella previa elezione del
giorno di S. Giovanni Evangelista non conteneva affatto Loreto Lauri
da Spoleto. I dottori, dato che in quella città conoscevano vaga-
mente due Loreti, commettendo una stravaganza che non sappiamo
proprio su qual testo delle Pandette volessero fondare, avevano in-
teso di eleggere il più vecchio. Una ricognizione notarile compiuta
ex officio dopo l'elezione a rogito di ser Tommaso Clementi (7 feb-
braio) dette come risultato che a Spoleto di Loreti eleggibili ce n'erano
precisamente tre: un Sillani, il più vecchio, il Lauri e.un Pianciani, il
più giovane. Candidato era dunque il Sillani e non il Lauri. Proteste,
indignazioni da una parte; titubanze dall’altra; il caso — non c’è che
dire — si presentava delicato anzichenò. Fortuna volle che il Sivi non
accettò « l’onorifico rotale impiego »; i Legisti respirarono e ottennero
che il 18 febbraio si radunassero i venti elettori a suffragare per il Sil-
lani. O che anche a quel tempo non andassero a genio le seccature e le
chiamate, o che s'avesse del risentimento contro la arbitraria stra-
vaganza dei Legisti causa dell’impiccio, o che si combinasse — come è
più probabile — l’uno o l’altro assieme, fatto sta che le fave bianche
erogate allo Spoletano furono soltanto dodici, quanto cioè bastava a
produrre lo stesso effetto d'un diciassette all'esame d'università...
La successiva elezione del 18 marzo, delle due nuove candidature

(1) Annali, 1557, f. 96 t, 97. Per la sostituzione del Ricci, v. f. 69-70.
(2) Annali, 1557, f. 215-223 (con altre notizie).

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28 ; BRUNO FRATTEGIANI

proposte dal Collegio, dette la preferenza a pieni voti a Simone Albani.
da Urbino. E così alle calende di maggio indossarono la divisa rotale
il Tebaldeschi, 1’ Augeri, l’Albani e l’Adriani; ed a suggello degli im-
picci ci fan sapere gli Annali che si fece un lauto desinare, a cui dettero
un tono di gaiezza alcuni buffoni (1). Nessuna meraviglia ! siamo
ai tempi di fra Mariano e del Boccia. Gli eletti del 1562 Ales-
sandro Marzili da Urbino, Lorenzo Tarugi da Montepulciano, Ales-
sandro Savioli da Narni e Giammaria Moscelli da Matelica, che pre-
sero possesso con un po’ di ritardo l’undici maggio (2). Anche in que-
sta elezione, a primo scrutinio ultimato, risultò una parità di voti:
al quarto posto il Moscelli si vedeva compromesso da un tal Simone :
Eugeni da Monte Santo. E fu il celebre Gian Paolo Lancellotti, pre-
sente all’elezione, a consigliare questa volta di rimettere a partito i
due contendenti. Data la consuetudine costantemente applicata di
usare quel sistema, non si spiega come potesse esser necessario l’auto-
revole intervento del giureconsulto, se non pensando a inconvenienti
verificatisi nella votazione, che avrebbero potuto dar motivo anche
ad.altra soluzione forse direttamente favorevole all’Eugeni; tanto vero
che l’indomani costui — si ha tutta la cura di registrarlo — rinunziò a
qualunque ragione che potesse avere riguardo alla validità dell’ele-
zione, avendo riconosciuto che comunque fossero andate le cose gli
elettori eran più propensi al matelicese; si riservò solamente il diritto
di essere lui Uditore nel caso che qualche eletto non avesse potuto
o voluto accettare. Anche in questo aveva a suo favore le Costitu-
zioni e la prassi, ma non ebbe ugualmente propizia la fortuna, perchè
tutti accettarono e fecero senza malanni il loro biennio. .

Quanto all'elezione del '64, che è l'ultima registrata dal Mariotti,
ci è dato saper la votazione di tutti gli otto candidati: Tarugi per ri-
conferma 14, Orselli (già eletto nel 1558) 14, Adriano Borghese da
Siena 19, Francesco Mercanti da Bibbiena 14, Fazio Bernardini da
Urbino 18, Roberto Fidi da Montefoglio 10, Alessandro Massari da
Narni 14, Gian Battista Nardi da Imola 18. Al quarto posto quattro
contendenti; ci fu a questo punto chi propose una nuova soluzione:
applicando il principio: « melior est condicio possidentis » restasse eletto

(1) Lo sappiamo da una distinta di conto: « Item grossi dodici donati alli
atteggiatori nel giorno che forno retenuti a desinare li Auditori di Rota » (An-
nali, ib., f. 235) e il RD IO (Notizie) chiosa: « Questi atteggiatori eran forse
giocolieri o buffoni ».

(2) Annali, 1562, f. 77, 101.
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA ^ 29

il Tarugi. Ma prevalse coll'opinione dei Legisti la solita prassi; e chi
aveva proposto la più ricercata soluzione dovette essere contento
ugualmente, perchè vinsero le simpatie per il Tarugi, che rimase così
in Rota col Borghese, col Nardi e col Bernardini (1). .

Degli Uditori successivi della nostra Rota non intendiamo — per,
le ragioni dette — proseguire l'elenco. Aggiungeremo solo qualche al-
tra nota di Auditori pescata nei secoli e DISciemonte fra le pagine di
opere illustri nella Storia di Perugia.

Al tempo dell'edizione del Giliani (1635) « Rotae Perusinae Tri- .
bunal implebant Innocentius Parrianus Trebiensis, Robertus Probatus
Saxoferratensis, Aulus Cecina Volaterranus et Belmontes Belmontius

Ariminensis doctrinae atque integritatis laude praestantes viri... »(2).
; Nella Scorta Sagra di Ottavio Lancellotti troviamo i nomi degli
Uditori entrati in carica nel 1641, che .sono Pier Domenico Creden-
ziati, Bartolomeo Fabbri, Carlo Gisberti e Gian Francesco Castracani.
Secondo il gusto del tempo, seguono alcune pagine di elogi sperticati,
genealogie, imprese con auguri sviscerati di promozione a piü fulgide
vette (3). Anche il prezioso Diario Perugino del 1772, pubblicando —
come sogliono anche oggi tutti i lunari e gli almanacchi — i nomi delle -
Autorità, ci dà questo elenco di Uditori dell'« Alma Ruota »: dott. Gio-
vanni Battista Biancalani d'Urbino, Pretore; dott. Cesare Alfani
Perugino, dott. Francesco Friggeri Perugino, dott. Mariano Ranaldi .
di Macerata (4). Francesco Friggeri è precisamente il mancato autore
della Storia della Rota. Cinque anni più tardi, come si ricava da una
nota del Mariotti ai documenti di concorso da lui raccolti, restarono
eletti il can. Giacomo Mancini di Perugia, il Ranaldi, Mariano Sem-
proni di Urbino e Franco Mariottini al posto chiamato del forestiero.

.(1) Annali, 1564, f. 3.

(2) Compendium, pag. 239.
'(3) Pag. 183-195.

(4) Pag. 102 s.

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30 - BRUNO FRATTEGIANI

CAPITOLO SECONDO
Dalla soppressione sotto Paolo III alla restituzione sotto Giulio TII.

L'affermazione del potere pontificio a Perugia sotto Clemente VIT
si era rivelata ancora piuttosto blanda. Chi decise di farla finita per
sempre colla singolare posizione della nostra città di fronte allo Stato
della Chiesa fu il fiero Paolo III Farnese e la famosa guerra del sale
gli forni l'occasione piü propizia.

Tra gli ultimi giorni di marzo e i primi di aprile del 1540 all'in-
terno della Città fervevano inquieti ed assillanti i preparativi per la
difesa sotto la guida dei Venticinque Difensori di Giustizia, magi-
stratura straordinaria di guerra. IJ silenzio delle campane e le fac-
ciate mute e serrate delle chiese sottolineavano di vuoto il presagio
di tragedia negli scomunicati perugini. S'imponevano provvedimenti
anche di carattere economico. Fu così che dopo la grande adunata
notturna del 5 aprile in Piazza Maggiore, in cui fra le implorazioni di
misericordia del popolo costernato che, rischiarato dalle torce a vento,
rinnovava lo spettacolo delle antiche processioni di flagellanti (1),
Mario Podiani Segretario della Città consegnò ufficialmente le chiavi
di Perugia al Crocefisso sopra la porta di S. Lorenzo chiedendogli la
protezione contro il suo Vicario, si venne alla determinazione di ri-
durre i quattro Uditori di Rota ad uno solo, con le mansioni e il ti-
tolo di Podestà « Con piena et amplia autorità di conoscere, decidere e
terminare le cause civili e criminali, come per tutti quattro si po-
teva » (2). Ai Priori fu conferita giurisdizione penale di carattere e
procedimento straordinario: una specie di Tribunale di guerra. Si
sentì anche il bisogno, nel circolo ormai chiuso della vita pubblica pe-
rugina, di determinare una gerarchia funzionale giudiziaria tutta
cittadina in cui è significativo il posto assegnato ai Dottori dello Stu-
dio. Dai Tribunali commerciali delle Arti e dagli altri Tribunali in-
feriori di carattere conciliativo già da secoli esistenti in Perugia si
doveva appellare al nuovo Podestà. Dalle sentenze di costui era con-

(1) Cfr. HEyvxoop, A History of Perugia, pag. 322 s.; O. SCALVANTI, Il
Crocefisso della Porta di S. Lorenzo, in « Boll. Dep. St. Patria Umbria », VIII,
(1902), pagg. 185-211.

(2) FROLLIERE, La guerra del sale, in « Arch. St. It. », XVI, II, pag. 425.
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 3t

cesso appello al magistrato dei Priori e dai pronunciati dei Priori si
poteva ricorrere in ultima istanza al Collegio dei Legisti (1). E sic-
come la giurisdizione di tutti era a tenor di diritto insussistente in
forza della scomunica già contratta, proseguendo in quella audacia
che aveva portato ad appellare dal Tribunale del Papa al Tribunale
di Cristo, a conclusione del nuovo ordinamento i Venticinque fecero
bandire che a nessuno venisse in mente di « allegar nullità per li brevi
dell'interdetto, delle censure ecclesiastiche et secolari » (2).

Nell'ora tempestosa fu come un, guizzo ravvivato di vita inten-
samente comunale ( a meno che con alcuni non si voglia vedere nei
Venticinque una vera e propria dittatura) ma fu l'ultimo guizzo di un
lumicino fumigante da tempo. Nella raffica l'antica quercia si schiantò.
Il 3 giugno si venne alla resa e l’8 novembre seguente «fu messa la
prima pietra de li fondamenti della cittadella... il che fu messa con

. gran eerimonie: fu detta la messa de lo Spirito Sancto con archibu-

sciaria grandissima, e con tambure e trombe » (3). Insomma, a parte
la Santa Messa che peró c'entrava fino a un certo punto, fu un vero
giudizio universale e questa volta i perugini non ebbero il fegato d'ap-
pellarsi a nessuno.

A guardare i nuovi magistrati, sostituiti in Perugia a quelli co-
munali, fu lasciato col titolo di Luogotenente Generale mons. Della
Barba che si mostrò più duretto dei Governatori passati e Giulio di
Costantino si sfogò in segreto col suo quaderno di appunti a chiamarlo
«quisto can de Monsigniore » (4).

Dopo le assoluzioni e i provvedimenti provvisori, la Bolla di asso-
luzione dalla scomunica e dall’interdetto fu emanata solo il 21 aprile
1544 (5). Era definitivamente stabilito in essa che al posto dei Priori
avrebbero tenuto la magistratura comunale in Perugia con ufficio tri-
mestrale i Dieci Conservatori dell’Ecclesiastica Obbedienza, imbus-
solati triennalmente dal Legato in numero di centoventi fra gli appar- -
tenenti alle corporazioni delle arti e da estrarsi quaranta per anno.
In luogo dei quattro Uditori di Rota avrebbe invece funzionato un

(1) FROLLIERE, ib.; PELLINI, III, pag. 629.

(2) PELLINI, l. c.

(3) FRANcEsco BaLDEScHI, Memorie (FABRETTI, Cronache, III, pag. 20).

(4) FABRETTI, Cronache, IV, pag. 284.

(5) VI Reg. Bolle e Bevi f. 70 t. Si conserva anche l’originale. Erronea-
mente il GILIANI (Comp., pag. 19, 238) considera questa bolla fra le fonti co-
stitutive della Rota. Analogo errore è commesso da LA MANTIA (Storia della
Legislazione Italiana, I, 333).
AA BRUNO FRATTEGIANI

capitano, rappresentante del vecchio Pretore con ufficio semestrale:
Doveva essere eletto fra tre candidati proposti dal Collegio dei Legi-
sti ed era necessaria la conferma del Cardinale Legato. La sua com-
petenza di giudice ordinario era limitata alle cause civili, ai compro-
messi, alle esecuzioni e insinuazioni degli istrumenti, ai danni dati e
agli altri casi contemplati negli Statuti; di più doveva intendersi cu-
mulativa e non privativa di fronte al Tribunale del Legato e dei suoi
‘Uditori. La residenza sarebbe stata deputata dal Legato ad arbitrium.
Nell'esercizio della giudicatura il Capitano doveva essere assistito
da due Collaterali, dottori da almeno tre anni; il consenso di almeno
uno di essi doveva ritenersi necessario per poter procedere alla sen-
tenza. Vietate assolutamente, come di solito, sportule e propine. Con-
sentiti solo tre bolognini per escussione di testi, come portava l'antica
consuetudine della città. L'appello doveva farsi presso il Tribunale
del Legato e dei suoi Uditori. Al termine dell'ufficio s'imponeva il
solito sindacato. Insegna del Capitano come del vecchio Pretore e del
primo Uditore di Rota era il galero e la spada da portarsi da un pag-

getto. Fra il personale erano nominati ancora il miles executor a ca- :

vallo con sei famigli (non è difficile riconoscervi il Bargello e i Birri
diventati poi cosi simpatici ! ) e dieci Notari deputati due per porta dal
Legato. « Ut onera praedicta subire posset » erano assegnati al Capitano
duecentocinquanta scudi per tutto il semestre, .di cui sessanta-metà
per ciascuno — erano destinati a due Collaterali oltre le spese. Al re-
stante personale — compresi i Notari — doveva assegnarsi « consuetam
et antiquam mercedem ». È evidente l'ispirazione di queste disposizioni
alle Costituzioni Rotali, che per altro — si noti bene — almeno nelle
due ultime edizioni si curano assai meno di certi particolari che pur
avrebbero la loro brava importanza.:

Il pieno controllo del Legato, l'autorità di giudici ordinari data
ai suoi Uditori con giurisdizione cumulativa a quella del Capitano, la
maggior delimitazione di competenza sono le condizioni di netta in-
feriorità che distaccano questo Tribunale, in realtà ancora comunale
ma molto insignificante, da quello della Rota, che nei suoi primi dieci

anni di vita doveva aver contribuito non poco al decoro delle magi-

strature perugine e alla buona amministrazione della giustizia « in
non mediocre ejusdem Civitatis ac Territorii commodum », come auspi-
cava il Breve Clementino.

Crediamo peró che di fatto il Tribunale Paolino del Capitano sia
un sinistro precursore di malaugurio per la Rota rinata, che per piü
di un secolo e mezzo si troverà a tu per tu con un Governatore dotato

——————
. IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 33

di poteri quasi illimitati e dovrà giudicare — nonostante Statuti, Brevi
e Bolle in contrario — insieme agli uditori di quello, trovandosi spesso
mon poco turbata nella sua sfera giurisdizionale.

E tanto per cominciare Giulio ITI la restituirà benignamente alla
‘patria, ma non senza averle prima carpita qualche penna. La giuri-
sdizione penale della Rota Perugina s'é arrestata irremediabilmente
alla prima tappa nel 1540.

-— I Perugini non ci si potevano rassegnare tanto facilmente a ri-
manere così orbati delle loro magistrature e dei loro privilegi, ma finchè
duró Paolo III toccò striderci. Nella Bolla era scritto come di pram-
matica che tutto doveva valere « perpetuis futuris temporibus »; per
il momento non c’era niente da fare. Ma poichè si sapeva, anche se.
non si diceva allora così, che un Papa bolla e un altro sbolla, si volle
prendere occasione dalla benevolenza del nuovo Pontefice Giulio III
gia scolaro a Perugia e Legato straordinario al tempo dell’erezione
della Rota, per risollevarsi dall’attuale schiacciante miseria.

Si poteva anche contare sulla parentela del Papa coi signori della
.Corgna; il cardinale Fulvio e il capitano Ascanio erano infatti figli
della nobil Donna Jacopa del Monte sorella del Papa. Facendo capo
ad essi e a mons. Giulio Oradini, allora Uditore della Sacra Romana
Rota, si mandarono sul finire del 1552 Ambasciatori a Roma per far
pressione sull’animo del Pontefice ed ottenere la restituzione delle Ma-
gistrature dei Priori e della Rota e di altri privilegi soppressi da
Paolo III (1).

Fu già un segno precursore delle buone disposizioni del Papa,
quantunque non esenti da una buona punta d’interesse, il fatto che
nel gennaio dell’anno seguente «mosso dalla vicinità della guerra
di Siena agli Stati suoi mandò a Perugia con un suo Breve Fulvio
della Corgna Cardinale suo nepote, ancorchè vi fosse legato il Cardi-
nale d'Urbino, giovane prudentissimo et potentissimo in queste parti,
affinché in luogo di Sua Santità vi dimorasse » (2). ;

In febbraio tornarono gli Ambasciatori recando buone speranze
€ il primo di marzo giunse l'assicurazione da parte del Papa che le

.(1) PELLINI, III, pag. 816; di mons. Oradini tacciono gli atti pontifici.
Ma si è concordi nel riconoscergli il merito di aver molto contribuito alla resti-
tuzione (V. MarIoTTI, Uditori Perugini della Rota Romana, pag. 67 s.; VERMI-
@LIOLI, Biografia, II, pag. 155). Mons. Oradini fu eletto Vescovo di Perugia
nel febbraio 1564 con diritto di regresso al Card. della Corgna e vi rimase 18

amesi.

(2) EBBINLO III pag. 819.

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34 ; BRUNO FRATTEGIANI

grazie chieste erano di già concesse e solo si attendesse la Bolla defi-
nitiva, « e così furon fatte allegrezze »; Cesare Bontempi che appunta
la notizia, scrivendo sotto l'impressione di quell'arcobaleno tanto so-
spirato, confida alle sue carte questo augurio pieno di ansietà all'in-
dirizzo dei Priori: « Dio gli conservi longo tempo » (1).

Il breve, datato l'ultimo giorno di febbraio, è diretto — più forse
per consuetudine cancelleresca che per voluta anticipazione — « dilectis
filiis Prioribus artium ct communitati ». Vi si parla dell'intercessione
gradita di monna Jacopa e dei suoi illustri figlioli, si promette l'in-
teressamento del card. Fulvio, non appena sia tornato da Perugia a
Roma, d'accordo col Tesoriere Generale del Papa per studiare il finan-
ziamento delle restituite magistrature e si invitano i Perugini a pre-
pararsi «ad incipiendos et obeundos magistratus ipsos » nelle prossime
calende di maggio, chè prima difficilmente potrebbero disbrigarsi le
indispensabili pratiche di cancelleria (2).

A buon conto, i Conservatori, che avevano tutto l’interesse di
far presto perchè essi stessi si sarebbero trasformati nei porporati
Priori, pensarono bene di mandare a Roma Carlo Montemelini « hono-
ratissimo Gentilhuomo molto pratico et esperto nelle cose pubbliche »
per sollecitare tale disbrigo: e si deve certo anche al suo bravo tatto
diplomatico se il 21 aprile fu sfornata dalla Curia la grossa cartape-
cora sub plumbo, che dava «compimento a così importante negotio
et universal desiderio della Città » (3).

La prolissità di questa, come per lunga stereotipata consue-
tudine di tutte le Bolle, è semplicemente esasperante: sinonimi a
spreco, ripetizioni, precisazioni, incisi digressivi che ti fan dimenticare
loggetto principale e durar poi fatica a connettere verbi e comple-
menti. La sostanza comunque, quale doveva essere graditissima ai
‘perugini, era questa: soppresse le Magistrature dei Conservatori e del
Capitano giudice, il Papa dichiarava solennemente di restituire « ho-
nores et Priorum Artium et quoscumque alios per vos haberi solitos ma-
gistratus cum jurisdictione facultatibus et praerogativis solitis ». Il
specie: «antiquos magistratus. Priorum. Artium et populi dictae civita-
lis et Auditorum Rotae ac Conservatorum monetae ac directorum cum

(1) « Arch. St. It.» XVI, II, pag. 397.

(2): VI. Reg. Bolle e Brevi, f. 105. Il Breve si conserva RE ORENA RO e fu
pubblicato da C. Guzzoni, Documenti di St. Umbra, pag. 16.

‘(3) PELLINI, III, pag. 820. Non ci consta che la Bolla, esistente nell'origi-
nale (v. anche VI Reg., pag. 110) sia mai stata pubblicata. Pertanto la ri-
portiamo in appendice.
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IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 35

eorum consultoribus notaris executoribus membris honoribus oneribus
emolumenlis salariis privilegiis praerogativis praeminentiis juribus
jurisdictionibus facultatibus habitu ornamentis familia et famulis solitis
(e — vien fatto di dire — chi più ne ha più ne metta) ac aliis quibus
Priores artium et populi necnon Auditores Rotae... ante praedictam
eorum depositionem et juxía capitula quomodolibet : utebantur — po-
liebantur et gaudebant ac (notate la sfumatura) !) uti potiri et gaudere
poterant... erigimus et instituimus ». Anche questo deve valere « per-
petuis futuris temporibus ». L'estrazione «ex bussula sacco nuncupata »
dovrà d'ora innanzi avvenire « cum assistentia et interventu dilecti filii
moderni et pro tempore existentis nostri... Legati vel ejus Vicelegati ».

Si parla infine del finanziamento dei predetti uffici, a cui dovrà
provvedersi con determinate rendite della città e per quel che non
basta della Tesoreria Apostolica di Perugia. La antechiusa rituale,
con la prodigiosa sfilata di genitivi, munisce le magistrature rinate
come un baluardo di difesa: « Nulli ergo omnino hominum liceat hanc
paginam nostrae absolutionis liberationis remissionis condonationis
restitutionis repositionis reintegrationis abolitionis cassationis revoca-
lionis irritationis suppressionis extensionis erectionis institutionis con-
cessionis assignationis indulti statuti et ordinationis infringere vel ei
ausu temerario contraire ». Seguono le pene e la chiusa.

Portando con sé il rotulo monumentale, il 28 aprile il Monte-
melini fece ritorno a Perugia dove già dovevano fervere i preparativi
per il calendimaggio, che sarebbe rimasto memorabile nei fasti di
Perugia. i

Giunto quel mattino tanto atteso non foss’altro dalla curiosità
popolare, in S. Lorenzo, alla presenza dei Conservatori rivestiti dei
robboni rossi (dopo tredici anni da che indossavano lugubri cappe
nere) il Vicelegato stesso celebrò la messa solenne cantata de Spiritu
Sancto, che forse ricordò ai perugini quella dell’8 novembre 1540.

Naturalmente non eran presenti ancora gli Uditori; ma pure
era la festa della Rota. Terminata la messa, il Vicelegato impose ai
nuovi Priori le collane d’oro e le altre insegne della dignità. Si andò
quindi processionalmente con grande concorso di popolo a S. Agostino
dove si celebrava la festa dei SS. Apostoli Filippo e Giacomo e vi si
ascoltò un’altra messa cantata. Finite le funzioni, i Priori, sempre
. coperti delle loro insegne, ritornarono in solenne corteo nella Piazza
maggiore « et indi entrati in Palazzo con grandissimi suoni di tromba,
di pifari, e di tamburri, di artiglierie et di campane fu loro consignata
quella parte inferiore del Palazzo, in cui essi hora risiedono, et vi fu

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36 BRUNO FRATTEGIANI

^

tanto concorso di popolo per tutte le vie, onde essi passarono, perció
che cosi li fanciulli et li giovani, che non havevano piü tal Magi-
strato in quell'abito veduto come anco i vecchi, che non credettero
di vederli più mai, correvano a gara nei capi di tutte le vie per in-
contrarlo, et non contenti d'una volta si ritornavano per incontrarli
un'altra, lodando infinitamente la bontà d'Iddio, et insieme il Pon-
- tefice: DIA |
- Riconoscente il Comune, in data 3 maggio, decretò a Giulio III
lal'statua di bronzo che, gettata da Giulio e da Vincenzo Danti, si
ammira anche oggi sopra la gradinata del Duono con la seguente
iscrizione:

|... JULIO III. PONT. MAX.
: OB RESTITUTOS MAGISTRATUS
: PIE DEPRECANTIBUS
FULVIO S. R. E. CARD. ET ASCANIO CORNEIS EX SORORE NEPOT.
| AD MUNERIS GRATIQUE ANIMI PERPETUITATEM
P. PERUSINUS DD. (2).

Ma sul bollore del facile entusiasmo doveva presto piovere dal-
l'alto qualche buona dose d’acqua fresca a far sentire che pensare
ancora al vecchio comune sarebbe stato alquanto anacronistico.

Ecco infatti che un Breve dell’8 gennaio 1554, quando da soli
otto giorni aveva ripreso a funzionare la Rota, «affinché — nota il
Pellini non sappiamo se per semplicità o per arguzia — non vi nascesse
confusione et disordine alcuno », precisó che la giurisdizione della
Rota era ristretta alle sole cause civili, non più estesa come per l'ad- -
dietro alla sfera penale, che restava riservata al Governatore e suo
Uditore criminale. Y xs È
.» Poco dopo un altro Breve insisteva sulla necessità dell'inter-
vento del Vicelegato ai Consigli pubblici (3).

(1) PeLLINI, III pag. 831 s. i
(2) Ib., pag. 832; CAvaLLUCccI, Memorie Auguste, pag. 319.
. (3) PELLINI, III, pag. 820; VI Reg. Bolle e Brevi, f. 114.
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IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA STO
CAPITOLO TERZO
‘La Rota Perugina nei secoli XVI e XVII

Da questo punto fino al suo tramonto non avremo della Rota
Perugina se non notizie molto saltuarie. Alcune di esse, toccando più
direttamente l’ordinamento interno del Tribunale e non offrendo che
scarsissimo materiale storico, saranno più opportunamente lumeg-
giate nella parte seconda, dove potranno meglio mostrarci l’evolversi
di certe norme concernenti l'istituto che é oggetto del nostro studio.
Ciò non toglie che non possiamo riferire qui le principali, onde ren-
dere meno lacunoso possibile il nostro profilo, riservandoci poi — se
necessario — di richiamar quelle che fossero già state sufficientemente
esposte e di dichiarar più compiutamente, mettendole in relazione con
le materie affini, quelle che — accennate appena e quasi seminate sciat-
tamente lungo questo volo di secoli — non potrebbero essere sufficien-
temente chiare a chi non conosce ancora l'ordinamento rotale.

Riforme, modifiche, aggiunte furono già fin da principio e poi
man mano suggerite dalle circostanze dei tempi e dalla esperienza.

Fin dal 1534 erano state fatte aggiunte alle costituzioni che,
ricevuta l’approvazione del Commissario Pontificio Giovanni Ga-
spare Argoli, erano state anche stampate in aggiunta al libretto del
Cartolari. Si dava con esse facoltà ai Priori di eleggere jure devolutivo i
candidati alla Rota nel caso che il Collegio dei Legisti non ottempe-

| tasse tempestivamente all'invito ufficiale di compilarne la nota; si

vietava di accettare sportule nelle cause compromissarie da deci-
dersi in prima Rota e si prendevano altri provvedimenti (1).

Altre restrizioni riguardanti specialmente le ferie, causa non ul-
tima delle lifes immortales, erano state sancite dal Consiglio Ge-
nerale nel 1537 e 1538 (2).. i

Seguirono pure riforme, intese a troncar le lungaggini (preoccu-
pazione costante ma sempre lettera morta), nel 1564 e insieme colle
antecedenti e con altre minori non ricordate dettero luogo nel 1570

(1) VI Reg. Bolle e brevi, f. 47; MARIOTTI, Notizie. (Queste poche pagine

del Mariotti ci sono di guida in questa scorsa e s'intendono citate una volta

per sempre. Ricordiamo che non hanno numerazione).
(2) Annali, 1537,1. 73t. e 115 t.; 1538 f. 136, 205-6; PELLINI, III, pag. 712; -

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38 BRUNO FRATTEGIANI

e nel 1578 alle edizioni ampliate (anche se non del tutto corrette) che
delle Costituzioni Rotali fecero il Panizza ed il Petrucci (1).

Un Breve di S. Pio V del 12 novembre 1567 determinava che
nei sindacati di tutti gli Officiali di Perugia dovesse intervenire un
Uditore di Rota; distinzione questa che apparrebbe molto opportuna
ad innalzare il prestigio del nostro Tribunale, se non vi si leggesse la
clausola: « qui tamen Auditor votum consultivum tantum non autem
decisivum habeat » (2).

Il suo successore Sisto V, mentre istituiva con quei caratteri
di dipendenza dal Governo Pontificio che abbiam visto la Rota di
Macerata, si occupava ripetutamente anche della nostra, imponen-
dole importanti riforme, coll’intenzione probabile di rafforzarne la
compagine e di inquadrarla poi nel sistema dei Tribunali Pontifici.
Con breve del 17 dicembre 1588 stabilì che l’ufficio rotale durasse
quattro anni, e con Bolla del 27 dello stesso mese «super confirma-
tione rerum gestarum per Rev. mum D. Malfagiam Clericum R. C. Visi-
latorem in Civitate Perusiae... » stampata in 49 dal Bresciani in Pe-
rugia nel 1589 (3) ordinó che detti Uditori non si eleggessero tutti e
quattro in una volta ma che si cominciasse nella prossima elezione
coll'eleggere un candidato per un solo anno con titolo di Podestà,
un altro per due anni con titolo di Podestà nel secondo e di Capitano
nel primo, un terzo per tre anni ed un quarto per quattro; e successi-
vamente ogni anno si eleggesse un solo Uditore per quattro anni, di
modo che, seguendosi una specie di giurisdizione rotale... rotatoria,
ci fosse pure avvicendamento automatico di cariche e nello stesso
tempo continua attività del Tribunale, sempre vitale e con nucleo
giudicante sempre bene informato, data la cessazione periodica di
un solo. Ad attenuare anche quest'ultimo inevitabile inconveniente
provvedeva con la sua lettera del 7 agosto 1591 il Card. Legato Sfon-
drati con cui dava facoltà ai tre Uditori di decidere ugualmente le
cause come in presenza di tutti (4). Quantunque non si possa negare
che la cosa fosse ingegnosamente architettata, nella pratica non si
trovò utile questo metodo forse anche perchè il nucleo bene informato
(che era in fondo l'unico vantaggio della nuova riforma) non é sempre
il nucleo meglio disposto alla giustizia, e cosi con decreto del Card.

(1) Annali, 1564, f. 26-27. ,

(2) VII Reg. Bolle e Brevi, f. 71 (esistente nell'originale).
(3) Ib., f. 151 (per il Breve); per la Bolla V. MARIOTTI, l. c.
(4) VII Reg. Bolle e Brevi, f. 158 t.
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 5439

Silvio Savelli Legato, dato a Perugia il 22 marzo 1598, si stabili di
ritornare al vecchio collaudato sistema della elezione simultanea,
restando però il periodo di carica fissato a quattro anni. (1).

Nel sec. xvir bisogna arrivare ad Alessandro VII per ritrovar
documenti che interessano la Rota. Precisamente di questo Pontefice
è un Breve del 6 luglio 1666, in cui si approvano delle riforme, stabi-
lite dai Magistrati di Perugia col consenso del Vicelegato, tendenti a
meglio garantire la libertà delle elezioni della Rota rimasta talvolta
compromessa per la troppa pubblicità della lista degli elettori (2).
Se tali riforme e quindi il contenuto del Breve si presentano meglio
ad esser considerati nella seconda parte per le ragioni dette di sopra,
‘c'è un brevissimo inciso che interessa direttamente la storia del no-
stro Tribunale e che non ha bisogno di troppi commenti. Dopo aver
detto che l'esperienza ha dimostrato il vecchio sistema di insaccola-
mento e di pubblicazione degli elettori « multis incommodis causam
praebere, eo quod omnibus notum esset quinam electionem facere debe-
rent, hi vero auctoritate et gratia potentium ad eligendos ab illis depen-
dentes semper adigerentur », il documento aggiunge: « Unde apti et
idonei ejusmondi favoribus et dependentiis carentes exclusi remanebant
admissis parum habilibus, et propter penuriam concurrentium pluries
necesse fuerat admittere quosdam qui qualitatibus... requisitis praediti
non erant... ». Siamo insomma in via di decadenza ed è forse in que-
sto tempo che si determina un certo movimento nella magistratura
comunale, favorita (se non vogliamo dire guidata) dagli organi com-
petenti del governo centrale, per una riabilitazione della Rota di
Perugia. Movimento che ci pare riflesso in una serie di documenti e di
provvedimenti, che — a cominciar da questo di Alessandro VII — hanno
tutta l'aria di voler rinnovare tutto l'ordinamento del Tribunale e —
da parte di Perugia — di renderlo sempre piü beneviso ai Pontefici.

Un atto che ci sembra nettamente orientato in questa direzione
€ la deliberazione presa dai Priori d'accordo col Vicelegato nel 1674 di
ammettere un Perugino a far parte del consesso rotale. Considerata
da una parte la scarsità di concorrenti e dall'altra sopratutto le mag-
giori garanzie di idoneità che sembra offrire il Collegio dei Legisti
presentando un proprio membro, smesse ormai le antiche preoccupa-
zioni che i ministri della giustizia ei difensori della libertà — Pode-
stà e Capitano — debbano essere forenses e di parecchie miglia lon-

(1) VII Reg. Bolle e Brevi, f. 188.
(2) IX Reg. Bolle e Brevi, f. 62 t (esistente nell’originale).

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MN 40 : BRUNO FRATTEGIANI

ti tano, si rianima — in maniera insospettata ai vecchi legislatori della
Bota — il concorso alla medesima, se ne risolleva di molto il prestigio
e si apre la possibilità di analoghi strappi alla lettera delle Costituzioni,
in modo da riportarla vitalità della Rota a sempre garantita efficienza.
Quando nel secolo seguente, dei quattro Uditori due saranno Perugini,
uno dovrà essere fornito da Macerata ed un altro da Urbino, la Rota
avrà ripreso — almeno da questo punto di vista — la sua strada mae-
stra; non potrà più preoccupare scarsità di concorrenti né sarà così
1^ assillante il pericolo di cooptare incapaci quando due illustri. città
universitarie ed un dignitoso e fiero Collegio di Dottori dovranno dare
all'amministrazione della giustizia civile in Perugia i propri rappre- .
sentanti. L'atto compiuto dai Priori dà anche prova di buon tatto
| politico: si concede un posto nella Rota al Collegio dei Legisti che in
Hill quel secolo era in auge di fronte ai Pontefici (1). :
Il 4 luglio 1674 Clemente X confermò con suo Breve la delibe-
B razione dei Priori e con un altro del 19 gennaio 1675 approvó espres-
M samente anche i capitoli fatti per regolare la elezione del dottore
| Perugino (2). !
Dopo quanto abbiamo detto, affrettato e superficiale ci sembra .
il giudizio del Bonazzi ( e non c'é da meravigliarsi dal momento che si
trova alle prese con un Papa !) che dopo aver descritto a foschi co-
HI lori il deplorevole despotismo del Governo Pontificio per cui gli anti- -
| chi magistrati son ridotti a un’ombra e gli Uditori a poveri giurati,
aggiunge: « In questo stato di cose non era gran beneficio per noi che,
per concessione di Clemente X, dei nostri quattro auditori di Rota,
x uno dei quattro fosse sempre un perugino tolto dal collegio dei legi-
B sti» (3). Per noi invece, lo ripetiamo, è un piccolo spiraglio che .
NB s'apre. i
LU Un altro atto imiportantissimo, orientato nella direzione esposta
ui | | èla convenzione con Macerata (4). Fra le due città s'erano avute anche

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EU (1) G. ERMINI, Storia della Università di Perugia, pag. 274 ss.
ES (2) IX Reg. Bolle e Brevi, f. 82t e 84t; Bullae ac alia Jura... pag. 104 s.
e pag. 106 s. i P

Hd (3) Bonazzi, II, pag. 382. |
| b (4) Nel Breve di Clemente XI del 30 gennaio 1706 con cui si approva la
Y bib. convenzione è riportato il lungo istrumento del 9 gennaio 1688, incorporante
M tutti i precedenti riguardanti le trattative fra le due Città. Il Breve, pubblicato
| 1d . dal Vincioli (Decisiones pag. 42-54) resta, quindi la fonte principale; le notizie
lI uu "per cui non diamo ulteriore citazione s'intendono contenute nel Breve. Cfr. .

n | FOGLIETTI, 0p. cit., pag. 225 ss. e alcuni originali nell'Archivio Universitario
ul di Perugia (VII A e XIII B1).
IL TRIBUNALE DELLA ‘ROTA PERUGINA ‘© 41

in passato ottime inélezioni di. da e di amicizia. Il primo Uditore

di libera nomina eletto con lettera del Comune di Macerata del 17
maggio 1589 per la sua nuova Rota fu il perugino Francesco della
Penna (1). |

A poca distanza dall'entrata d'un legista. perügino nella patria:
Rota, si. senti il bisogno da parte di Perugia di rendere queste relazioni
sempre piü strette mediante mutua convenzione, mentre il buon nome
che negli studi giuridici — non foss'altro per la tradizione legata ai:
nomi di Bartolo e di Baldo — aveva sempre goduto Perugia e il desi-
derio di offrire ai propri cittadini una stabile onorevole candidatura a
stimolo dei buoni studi favori il buon esito della cosa anche da parte
di Macerata, che — degno di nota — sottopose cosi ad un legame l'unico
posto di libera collazione nella sua Sacra Rota.

In un elegante discorso latino del 17 dicembre 1686, tenuto dal
dottore Filippo Garofani ai colleghi Legisti (Augustae Sapientae Pro-
ceres) adunati insieme a votare sui capitoli convenuti con Macerata
il 14 novembre precedente, sono espresse sia pur ampollosamente ed
in forma assai generica le motivazioni e le condizioni di fatto che dal-
l'una e dall'altra parte avevano condotto felicemente all’intesa: Dopo
un esordio quanto mai solenne (2), si afferma che già da tempo si pen-
sava con simpatia a Perugia alla possibilità di addivenire stabilmente
a uno scambio di.Uditori Rotali colla Città di Macerata. « Quid enim
optabilius nobis quam praeclarissimi Maceratensis Jurisconsulti virtute
Augusta illustrari Fora et Perusinam Juris Prudentiam in Maceraten- .
sis Rotae fastigio refulgere ? ». Essendosi poi saputo — continua l'ora-
tore — che a Macerata si pensava la stessa cosa e si nutrivano le stesse
simpatie, il Collegio dei Dottori e il magistrato dei Decemviri nomi-
narono quali oratori e deputati Antonio Alfani Uditore della Rota
ed Annibale Fumagioli Fioramonti nobile perugino, i quali seppero
condurre l'affare con tanta perizià che il Consiglio di Credenza di
Macerata nell’adunanza del 14 novembre 1686 approvò la. proposta
quali i perugini la sottoponevano, «solum adjecta. condicione ceteris
integris » che i Maceratesi da eleggersi alla Rota di Perugia dovessero
appartenere allo stesso Consiglio di Credenza e che i perugini doves-
sero essere membri del Collegio dei Legisti, conguagliati in più gli.
stipendi (libratis hinc inde menstruis honorariis) che a Perugia erano

(1) VINCIOLI, Op. cil., pag. 55 (Catalogo).
(2) « Mutua Urbium et Populorum foedera unice ad reipublice felicitatem
conferre philosophico monemur documento... », l. c.

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42 ; BRUNO FRATTEGIANI

di 20 e a Macerata di 30 scudi «ad scuta argentea romana viginti quin-
que» per tutti e due gli Uditori. .

A Perugia nella citata adunanza del 17 dicembre, in cui abbiamo
sentito parlare il Garofani, sia la proposta di una parte come l'accet-
tazione e le condizioni dell'altra furono approvate a pieni voti. Il 23
dicembre anche il Consiglio Generale, «sono tubarum et campanae
more solito legitime congregatum », alla presenza del Governatore mons.
Zandemaria dette la sua approvazione a pieni voti, delegando per la
formazione dei capitoli (per la parte spettante a Perugia) gli stessi
deputati sopra detti, « per corrispondere — cosi parló ai convenuti il
conte Francesco Oddi priore mercante - a si ottima risoluzione e
per godere di quelle conseguenze che porta seco l'unione, che quasi
stretta si contrae con quella si ragguardevole Città... oltre alla
gloria che s'acquista di quella Sacra Rota tanto nelle provincie a lei
subordinate riverita, dandosi anche in tal maniera impulso alla gio-
ventü d'attendere per suo onere e vantaggio alli studi della legge ».

I capitoli furono. concertati a Macerata. Nell'istrumento del 9
gennaio 1688 ne é riportata solo una parte dispositiva, da cui stral-
ciamo:

«Che in virtù della reciproca alleanza e corrispondenza stabilita
e contratta fra la Città di Macerata e Perugia siano le medesime ob-
bligate in perpetuo far l'elezione delli Soggetti Rotali per l'una e l'al-

tra Rota nel modo e forma che segue cioè:

« Che l’ill.ma Città di Perugia sia tenuta e obbligata eleggere per
la sua Rota un soggetto Maceratese colli requisiti di quelle costitu-
zioni rotali e delli decreti dell'ill.mo Consiglio di Credenza di Macerata
celebrato il 14 novembre 1686 e il 30 gennaio 1687 et viceversa l'ill.ma
Città di Macerata sia tenuta e obbligata eleggere per la sua Rota un
soggetto Perugino colla solita e consueta forma nel Consiglio di cre-
denza colli requisiti delle sue costituzioni Rotali e delli decreti fatti
dall’ill.mo Consiglio e Collegio di Perugia, e che la prima elezione deb-
ba farsi hinc inde nello stesso tempo... :

« Che in avvenire debba notificarsi hinc inde sei mesi avanti la
nuova elezioni da farsi, affinché li Soggetti che concorreranno pos-
sano aver campo di fare le loro parti con dare le solite suppliche ac-
compagnate colli suddetti requisiti... ». Segue una disposizione ri-
guardante il conguaglio dello stipendio: sarà precisamente lo stesso
perugino che corrisponderà al maceratese i cinque scudi mensili.

I capitoli furono approvati il 6 marzo 1687 dal Consiglio di Cre-
denza, il 15 dal Collegio dei Legisti e il 10 aprile dal Consiglio generale.
^ IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 43

Il solenne definitivo istrumento della convenzione fu redatto poi a
Macerata il 9 gennaio 1688 e due giorni dopo approvato e firmato da
mons. Lorenzo Fieschi « utriusque Signaturae... Referendario Pro-
vinciaeque Marchiae Generali Gubernatore ac Visitatore Apostolico
pro tribunali sedente ».

Non siamo venuti a capo di sapere chi sia stato il primo macera-
tese eletto per la Rota di Perugia, così povera di cultori e di ricordi.
Invece proprio da un perugino, dal Vincioli, siamo informati che da
parte di Macerata la convenzione fu attuata nel settembre 1688 colla
chiamata del perugino Ascanio Fustino all'Uditorato Rotale, che nel
1693 con approvazione apostolica gli fu confermato per un secondo
quinquennio (1).

Risulta così andata a vuoto una riserva, fatta nel Consiglio di
Credenza del 6 marzo 1687.dal consultore Lattanzio Carboni: « In
ordine poi alla prima elezione... attesa l’impossibilità e legittimo
impedimento di quella Città, che non può venire all’elezione fin al-
l’anno 1690, stimerei bene che soprassedesse per detto tempo anche
la nostra... ».

CAPITOLO QUARTO

L’ultimo secolo di vita

Un perugino del Collegio dei Legisti, un maceratese e due fore-
stieri sono adesso i giudici nella Rota Perugina. Quasi ad avviare ad
una riforma anche i due posti rimasti di libera elezione conforme alle
Costituzioni Rotali, l'11 dicembre 1698 si venne alla determinazione,
approvata dal Governatore, che l'elezione dei due forestieri non si fa-
cesse più per votazione, ma per estrazione a sorte, pensandosi forse di
ovviare in questo modo ad ogni ombra di sospetto verso gli elettori
già incriminati nel breve di Alessandro VII (2).

Si verificano a questo punto degli inconvenienti, che sulla scorta
dello scarso e non sempre perspicuo materiale documentario (3) ab-
biamo potuto ricostruire cosi nel loro avvicendarsi.

Occorre tenere presente che nell'anno 1702, a calende di maggio,

(1) Decisiones S. Rotae Maceratensis, pag. 67 s.
(2) X Reg. e Brevi, f. 89t-90.
(3) X Reg. Bolle e Brevi, f. 91-92.
44 ; ^ BRUNO FRATTEGIANI

‘dovevano entrare in carica gli Uditori della nuova Rota. In occa-

sione di tale elezione intervenne per ragioni imprecisate la S. Consulta
ordinando il regolamento del bussolo degli elettori della Rota, bus-
solo che a tenore dei primi statuti rotali doveva farsi ogni dieci anni
e poi — essendo stato protratto a quattro anni l'ufficio rotale — ogni
venti, per la ragione semplicissima che in ogni bussolo eran contenute
cinque pallotte di venti elettori ciascuna per cinque successive ele-
zioni. L'intervento della S. Consulta all'alba di questo sec. xVIII segna,

si puó dire, l'indirizzo costante del governo centrale nei riguardi

della Rota per tutto il secolo. Gli interventi si fanno sempre più fitti
e basta per averne un'idea bastantemente chiara percorrere solo l'In-
dice delle Bolle e Brevi. Spesso si tratta della rinnovazione del bus-
solo; puntualmente ogni quattro anni giungeranno da Roma decreti
e Brevi di abilitazione per qualche candidato alla Rota insieme ad
influenti raccomandazioni; si sollecitano sostituzioni, si fa divieto
di accordar licenza agli Uditori senza il permesso della S. Consulta.
E del resto non-ci mancherà l'occasione di considerare esempi speci-
fici. Prima erano d'ordinario i Priori che muovevano la S. Sede ad agire
come per interpositionem auctoritatis. Adesso succede spesso che é
proprio la Santa Sede a punzecchiare gli stanchi magistrati perché
pensino a mandare avanti quelle loro istituzioni che — si voglia o no —
son finite per diventare un ingranaggio dell’organismo statale, non
certo per natura loro ma per necessità di cose.

Comunque sia del secolo che si inaugura, par certo che questa
volta l’intervento della Sacra Consulta dovesse essere piuttosto ener-
gico tanto da provocare nel vecchio manso destriero uno scatto della
antica focosità. Era vicino il giorno dell’entrata dell’ufficio e proba-
bilmente non s’era provveduto secondo le direttive date alla nomina
dei quattro Uditori, ed ecco che in data 22 aprile la S. Consulta li
nomina essa stessa di propria iniziativa e li impone alla Città, ordi-
nando nello stesso tempo la distruzione del vecchio bussolo. Il 7 di
maggio non se n'era fatto ancora nulla ed allora il Governatore, che
si trovava un po’ nella posizione di Ponzio Pilato, dovette intervenire :
di persona, decretando per diritto devolutivo l’apertura della nuova
Rota coi quattro Uditori nominati dalla Consulta. Fu qui che il vec-
chio destriero (pio amor di patria ci suggerisce di chiamarlo così per
evitare di dirlo ronzinante !) nitrì solenne protesta, conservata fiera-
mente negli atti decemvirali. La protesta, in quanto riguardava il
vecchio bussolo, fu accolta benignamente, ma non sappiamo con
quale effetto pratico, dalla S. Consulta, colla condizione che non si
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E

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 45

ritardasse l'entrata dei quattro Uditori, e chi sa che il capro dae
rio a pagare il rimpaciamento di Perugia col governo non sia stata
proprio la buona anima del Governatore ? Ma non osiamo affermarlo,
giacchè la storia si conserva muta in proposito.

Intanto anche la deliberazione presa dai Magistrati e dal Gover-
natore nel 1698 finì per apparire stravagante ed inopportuna e così
nel Consiglio Generale del 30 luglio 1705 se ne fece revoca solenne e si
venne nella deliberazione di impetrare la conferma di tale atto, in-
sieme ad altre grazie, dal Pontefice Clemente XI (1).

Parte nei rotuli originali, parte ricopiate nei registri nonchè nel
citato manoscritto dominiciniano, esistono di questo ‘Pontefice vari
Brevi indirizzati ai Priori, alcuni in data 30 gennaio e altri in data 3
febbraio 1706.

Precisamente in data 30 gennaio fu spedito il Breve che, in ri-
scontro alle petizioni del predetto Consiglio Generale, confermava il
. Breve Clementino d'erezione della Rota e i capitoli, specialmente quel-
li riguardanti l'elezione per votazione segreta (2) e l'altro già ricorda-
to approvante la convenzione fra Perugia e Macerata (3).

Il terzo Breve di questa data ha bisogno di una particolare pre-
sentazione. S'è già parlato delle cure usate da Perugia per la riabili-
tazione del suo Tribunale. Richiamare su di ésso l'attenzione tutta
particolare di un Papa e assicurargli in perpetuo una onorevole can-

didatura era quanto di meglio si potesse pensare a questo fine. Urbino,
città universitaria come Macerata e nello stesso tempo patria diletta
di Clemente XI, si prestava in questo momento al doppio effetto,
e nulla vale a toglierci la persuasione che la seconda ragione, piü op-
portunistica, non abbia portato il suo peso nella valutazione della
prima, più oggettiva e più duratura. « Che fai, Pasquino »? » si satireg-
giava a Roma, alludendo alla munificenza del Papa verso la Città
‘natale: « Eh, guardo Roma che non vada a Urbino »!». E Perugia,
conoscendo il debole del Papa, decide di dare stabilmente un posto
della sua « Alma Ruota» alla Città di Urbino, come ci fa sapere
fin dal 19 aprile 1705 una lettera della Segreteria di Stato a mons.
Governatore (4), e ne chiede — troppo naturalmente questa volta ! —
conferma al Papa. | | |

(1) Annali, 1705, f. 42.

(2) Bullae ac alia jura, pag. 1295 X Reg. Bolle e Brevi, f. 101 (esiste orig.). .

(3) Bullae etc., pag. 110-121, X Reg. f. 102 ss.; VincIoLI, Decisiones, pag.
42-54.

(4) X Reg. Bolle e Brevi, f. 97.

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.sua paterna benevolenza. « Interim vero — è detto a conclusione —

46 BRUNO FRATTEGIANI

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Il Breve « Cum sicut dilecti » attesta che il Papa Urbinate, ben
volentieri acconsentendo alle istanze che i Perugini, « perpetuum ali-
quod sincerae eorum in nobis, devotionis propensaeque in Civitatem
etiam nostram Urbinaten. patriam nostram dilectissimam voluntatis
necnon praeclarae quam de eadem Civitate habent aestimationis argu-
mentum extare cupientes » gli hanno fatto pervenire, stabilisce — in
armonia alle deliberazioni del Comune — che « de coetero perpetuis futu-
ris temporibus unus ex Auditoribus Tribunalis Rotae praefati... e ci-
vibus dictae Civitatis Urbinaten. qui in illius Studii Generalis Univer-
sitate ad Doctoratus Lauream in Utroque Jure promoti, necnon Collegio
etiam generali, ut vocant, Doctorum ipsius Civitatis adscripti fuerint. . .
eligi seu assumi debeat » (1).

A manifestazione del suo gradimento, il Papa fece seguire a que-
sto documento ufficiale un altro Breve di carattere più familiare, in l
data 3 febbraio, nel quale ringraziava i Decemviri e li assicurava della

confidere vos volumus, quod in iis quae ad commodum et ornamentum
vestrum pertinebunt et congrue a Nobis praestari poterunt, non deerunt
vobis testimonia Paternae illius Voluntatis, quam hoc etiam nomine
vobis conciliatis, Dilecti Filii, quibus Apostolicam Benedictionem per-
manenter impertimur » (2).

Pure del 3 febbraio é un Breve sulla Guide delle Costituzioni
della Rota (3). Alla chiusura dei conti, avuto riguardo specialmente
al particolare gradimento del Papa, questa volta i perugini potevano
reputarsi veramente contenti.

Nello stesso anno 1706, anno elettorale, una lunga indecisione
del Consiglio dei quaranta, cui spettava — come si vedrà a suo luogo —
scegliere due eleggibili fra i quattro perugini proposti dal Collegio
dei Legisti, provocó per commissione del Papa un decreto della S. Con-
sulta che con lettera al Governatore in data 21 aprile dava dieci giorni
di tempo al Consiglio per venire ad una decisione, passati i quali avreb-
be essa stessa designati i due candidati; intanto si procedesse alla
elezione dei forestieri (4). La lezione dovette’ sveltire i perugini, ché
non si ha traccia di una elezione fatta dalla Consulta.

(1) X Reg. Bolle e Brevi f. 105t. Dopo il Breve di erezione è l'unico do-
cumento pontificio riguardante la Rota che sia stato pubblicato nel Bulla-
rium Romanum (T.X,P.I. Romae [Mainardi] 1735, pag. 157).

(2) X Reg., f. 100; Bullae ac alia Jura, pag. 124 (esiste originale).

(3) X Reg., f. 100t.

(4) Bullae. elc., pag. 55. Si conserva l'originale nell'Arch. univ. VII A.
Exerc

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 47

Dopo i Brevi Pontifici che sanzionavano «perpetuis futuris tem-
poribus » la concessione dell'Uditorato Rotale a un Professore di Legge
perugino, a un maceratese e a un urbinate, ci fu chi cominció a fare
l’occhietto di triglia all'unico posto rimasto di libera collazione. Ecco
infatti, in vista delle elezioni dell'anno seguente, il Collegio dei Cu-
riali avanzare nel 1709 un memoriale al Papa, chiedendo che in luogo '
del forestiere ( é il nome che rimarrà poi sempre — «il luogo del fore-
stiere » — anche quando l'eletto sarà sempre un perugino) potesse
eleggersi un perugino appartenente al loro Collegio. Il Pontefice, -
già dimostratosi così ben disposto verso la Città, volle che tutto
avesse a svolgersi per via gerarchica e dopo aver fatto prendere in-
formazioni, sempre rispettando signorilmente l’autorità comunale e
riservando a sè la conferma, rimise l’istanza al Consiglio Generale.
Il Collegio dei Legisti si affrettò a contestare la domanda e il 17 di-
cembre elesse a combatterla e silurarla Giacinto Vincioli, che appunto
in occasione di tale controversia pubblicò in Roma pei tipi della stam-
peria camerale del Conti la sua Difesa dei privilegi e delle facoltà
concesse da Clemente X al Collegio de’ Giureconsulti di Perugia per
la elezione di un Auditore di Ruota Perugino (Roma 1710). È da
credere che l’autorità e l’abilità del Vincioli sian valse ad accapar-
rare almeno quel voto che bastò a far traboccare la bilancia; perchè
nel Consiglio Generale del 19 dicembre precisamente per 21 voti contro
20 fu bocciata la richiesta dei Curiali (1). Questi interposero ricorso
a Roma e, atteso il ricorso in pendenza, per ordine del Governatore
si dovette soprassedere all'elezione. La risposta di Roma, emanata
dalla S. Consulta, venne il 12 febbraio 1710 e con essa le pretese di
ambedue i Collegi erano messe per il momento a tacere (2). Non sap-
piamo se il fuoco continuasse a covare sotto la cenere o se si proseguis-
se nelle dispute accademiche o in meno cortesi contese. Certo è che la
bocciatura dei Curiali doveva rivelarsi poi irrimediabile, mentre quella
dei Legisti — per cui in fondo non s'era trattato che di tacere — con-
teneva il germe d’una certa rivincita. Non sappiamo nemmeno quale
concorrenza fosse fatta e quali candidature abbian dato lustro al
posto del forestiere in occasione delle elezioni che seguirono nel 1714,
nel 1718, nel 1722, e nel 1726. Solo sappiamo che in quest’ultima ot-
tenne il posto del perugino l’arcidiacono Paolo Danzetta, che — a

(1) ManrorTI, Notizie; egli cita il Diario di P. VERMIGLIOLI.
(2) XI Reg. Bolle e Brevi f. 6t.; MARIOTTI, Notizie.
48 ; . BRUNO FRATTEGIANI

| tenore dei capitoli approvati da Clemente X — - apparteneva al Colle-

gio dei Legisti.
MN | Non possiamo credere che i suoi colleghi siano stati estranei alla
B i conferma di nuovo genere, che il 21 dicembre 1729 fu mandata a
A Perugia dalla Segreteria di Stato e in forza della quale il Danzetta
era abilitato a continuare nell'Uditorato di Rota peril prossimo qua-
driennio, passando dal posto del perugino a quello del forestiere (1)
Fu questo il quarto passo, che pér vie di fatto segnò la piena
trasformazione delle vecchie Costituzioni Rotali quanto alla eleggi-
MIN s | bilità, da esse sancita, di quattro «doctores forenses » indeterminati.
| «Con questo esempio, nei tempi successivi altri dottori perugini,
| | abilitati per particolare rescritto al concorso dell'uditorato inluogo
BU del forestiere, hanno sempre ottenuto questo luogo, il quale perció

(È fin dall'anno 1730 è stato sempre composto di un Maceratese, di un |
ic Urbinate e di due Perugini » (2).

il i Seguì anzi, antecedentemente alla prossima elezione, un Breve
| : di Clemente XII in data 19 dicembre 1733 che dava facoltà ai dottori
m | perugini di poter concorrere al posto del forestiere (3). Dalla via di
LM - fatto si passava cosi in maniera sia pure imperfetta a quella di diritto;
in maniera imperfetta, in quanto il Breve riguardava la sola facoltà
| di concorrere, mentre non derogava all'inabilità sancita dalle vecchie
e . Costituzioni. Restava quindi necessario volta per volta un decreto di
| | ill HE abilitazione (4); il posto rimaneva ancora di nome e di diritto appan-
B naggio dei giureconsulti forestieri, che peraltro non si dimostravano
FM S e. piü eccessivamente ghiotti in riguardo.
ti ee Non era detto nemmeno nel Breve di quale speciale categoria di
BI uos dottori si trattasse. Comunque la vittoria dei Legisti Collegiati rimane
B praticamente assicurata per il fatto che sono precisamente essi a fare
B . la prima vagliata di candidature.

D ^ Non pare che la citata informazione del diligentissimo Mariotti
Uli che accoppia questa volta alla sua competenza di storico anche l’espe-

| rienza del contemporaneo agli avvenimenti, possa essere infirmata
da quanto espone egli stesso nel medesimo scartafaccio; che cioé il

(1) XI Reg. Bolle e Brevi, £559; v. Buenos un Breve di Clemente XIIin
data 3 ottobre a favore del Danzetta, bi., f. 64t.
M (2) MarIOTTI, Notizie.
(3) XI Reg. Bolle e Brevi, f. 80t.
(4) V. es. di abilitazione (per abate Mandolini 18 novembre 1741)
XII Rega 15:
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 49

30 agosto 1748 nel Consiglio Generale, insieme ad altre disposizioni
riguardanti i giorni di udienza e le assenze (l'eterna vana querimonia)
si ordinava che il Collegio dei Legisti presentasse al Consiglio degli
Elettori per il luogo del forestiere non uno ma tre soggetti, «tra i
quali potessero includersi anche i dottori perugini collegiati o non
collegiati ancorché avessero in qualunque tempo esercitata la giu-
dicatura ed applicato alla Curia in questa città purché al tempo del
concorso ne avessero dimesso l'esercizio e non continuassero questo
né per sé né per mezzo d'altri» (1). La possibilità che rimanga aperto
l'accesso alla Rota anche ai forestieri non dice di fatto che un fore-
stiere abbia più avuto il suo posto, né la prima elezione spettante al
| Collegio rappresenta — pure di fatto — una buona raccomandazione
per i non collegiati, specialmente poi per i Curiali in conseguenza
della passata ruggine. « Tutto ció — aggiunge il Mariotti — fu stabilito
dal Consiglio Generale a riflesso della poca affluenza delle cause a
questo Tribunale, per riparare agli inconvenienti che in esso accade-
vano e per dare più campo nella scelta degli Uditori alla elezione dei
migliori ». Il Tribunale dell'Alma Ruota continuava dunque a vivac-
chiare nonostante le provvidenze molteplici del Comune e degli stessi
Pontefici, e nessuna memoria ci resta a far credere che la seconda metà
del sec. xvii sia stata più brillante della prima.

Era ancora in carica la Rota entrata nel maggio 1794 e — a tenore
della consuetudine ormai invalsa — doveva essere già fatta da quasi
un mese l'elezione degli Uditori per il prossimo quadriennio, quando
a Perugia il 4 febbraio 1798 fu innalzato l'albero della libertà e stabi-
lita la repubblica francese, che vi rimase per 18 mesi (2). Anche la
Rota cedette alla raffica e nella costituzione repubblicana del 20 marzo
a Roma si provvedeva in altra maniera uniforme all'amministrazione
della giustizia. Dovevano eleggersi biennalmente per la giustizia ci-
vile-un Pretore e due Assessori per ogni circondario; e per gli altri
appelli dalle sentenze dei Pretori e per le cause maggiori era istituito
in ogni dipartimento (Perugia era la prima città del dipartimento del
Trasimeno) un Tribunale civile con Prefetto Consolare presidente e
cinque giudici eletti a quinquennio ed uno scriba. Per ulteriori appelli
erano designati i Tribunali in tre dipartimenti (3). |

Il nuovo Pontefice Pio VII, entrato in Roma il 5 luglio 1800, ebbe

(1) Notizie. :
(2) Bonazzi, II, pag. 480 ss.
(3) LA MANTIA, Storia della Legislazione it., I, pag. 539.
———————— — —— HP fl
Lf x *

NP

50 i BRUNO FRATTEGIANI

tutto da rifare e, coadiuvato dal Card. Consalvi, si mostrò subito assai
equanime,. quantunque saggiamente misurato, nel valutare i nuovi
bisogni dei tempi. Le utili riforme in materia di giurisdizione, prelu-
denti a quelle che nella seconda restaurazione pontificia avrebbero
rinnovato tutto l'ordinamento giudiziario, non toccarono ancora i
vecchi Tribunali. E cosi anche a Perugia, dove fu mandato come De-
legato Apostolico mons. Rivarola conservatore per natura, rifece la E
sua comparsa la Rota; vari rescritti contenuti nel XIV e XV Registro
(abilitazioni, nomine, sostituzioni di Uditori) ci fanno sapere che pre-
cisamente le elezioni avvenute nel 1801, nel 1805 e nel 1809 furono
gli ultimi sprazzi di vita (1).

Tornò ancora l'ondata rivoluzionaria nello Stato della Chiesa
e a Perugia e duró dal giugno 1809 al maggio 1814, quando col trat-
tato di Vienna Pio VII fu reintegrato di tutto il suo Stato. Dopo gli
ultimi sprazzi, questo fu l'ultimo colpo per la Rota, che naufragó nel
turbine e non trovò scampo questa volta nemmeno nel ritorno del
Pontefice. Veramente con un primo editto del 13 maggio 1814 il Ri-
varola, divenuto Cardinale e mantenutosi fedele ai suoi principi, an-
nunziava la restaurazione degli antichi ordini; e di fatto con scarsa .
prudenza iniziava un governo ostile ad ogni riforma, richiamando in E
vita le antiche leggi. Ma la sapiente politica del Consalvi e l'alto sen- |
no di Pio VII, dopo ottenute tutte le provincie, provvidero al rior-
dinamento dello Stato Ecclesiastico con sistema uniforme (2).

E fu così che anche sulla defunta Rota, affratellata nel funere ai
vecchi Tribunali Pontifici, fu pronunciata la definitiva sentenza po-
stuma di morte. Sulla tomba murata dai fatti degli anni precedenti
si levó il rinnovellato diritto, ma non tanto a pronunciare il « Lazare,
veni foras » quanto ad apporvi legalmente i sigilli.

La moderazione e saviezza del Motu Proprio « Quando per l'am-
mirabile » del 6 luglio 1816, che riordinava la cosa pubblica romana e
assestava cosi — implicito ma non per questo meno mortale — il colpo
di grazia alla Rota, ottenne meritata lode per la opportuna concilia-
zione delle antiche istituzioni coi nuovi ordini convenienti alle mutate
condizioni della società (3).

(1) Per gli avvenimenti perugini v. Bonazzi, II, pag. 510 ss.; per la Rota e
VVXIV Heg, f 1380, 143 147L, XV Reg. f. 18, 22t È
(2) LA MANTIA, op. cit., pag. 574 s. E
(3) Il Breve è DGBDICRtO nella « Bullarii Romani Continuatio », T. XIV,
Romae, 1849, pag. 47 ss.
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 51

Lo Stato della Chiesa fu diviso in diciassette Delegazioni, oltre i
. luoghi suburbani soggetti alla Capitale. Ogni delegazione era divisa
in Governi, ciascuno dei quali comprendeva varie Comunità. I Gover-
natori giudicavano le cause minori sotto i cento scudi. Nei capoluoghi
di Delegazione, come era Perugia, un Assessore di mons. Delegato
. aveva la stessa giurisdizione che il Governatore nei Governi e un Tribu-
nale di prima istanza giudicava le cause maggiori e riceveva gli ap-
pelli da sentenze di Governatori e di Assessori. I Tribunali di appello
erano quattro: Bologna, Macerata e — per noi — Roma col Tribunale
dell'A. C. e colla Rota (1). i

La quale Rota, Sacra e Romana, rimase l’unica dello Stato della
Chiesa e — fatta eccezione della Rota Spagnola — anche del mondo.

PARTE SECONDA
Ordinamento della Rota Perugina

PREMESSA: IL NOME ROTA

« Imprimis quod officium praedictum dici, nominari et nuncupari
debeat officium quatuor Auditorum Rotae et Judicum ‘Magnificae
Civitatis Perusiae per S. D.N. fieri et ordinari concessum » (2). Cosi le
Costituzioni Rotali, che per conto loro — a sentire il titolo a stampa —
.. darebbero al Tribunale il nome di Auditorium Perusinae Rotae.

In volgare troviamo promiscuamente usate le forme « Ruota »
‘e « Rota », ma più spesso la prima che la seconda e fin da principio
nelle sentenze vi troviamo premesso un appellativo Botuposos « Alma
Ruota di Perugia » (3).

Mai e poi mai l'appellativo di « Sacra », come — a prescindere dalla
Romana - fu attribuito anche alla Rota di Macerata. Ed anche il
nome merita la sua considerazione quando si tratta di determinare
la natura dell'Istituto: il Tribunale Rotale di Perugia — torniamo e.
.torneremo a ripeterlo — non è pontificio; è semplicemente perugino, e

Ld

(1) LA MANTIA, op. cil., pag.- 576 ss.
(2) Institutio et Canino CA
(3) V. oltre le quan i documenti di concorso fra le carte Mariotti. 52 | BRUNO FRATTEGIANI

a Perugia le cose perugine sono spessissime alme: almo è lo Studio,
almo il Collegio della Sapienza Vecchia, almo è i] Collegio dei Dottori,
almo era fino a qualche anno addietro il Collegio Oradino ed i cono-
scitori della vecchia Perugia potranno meglio di noi completare la
lista.

Ci sorprende a questo punto come nessuno si sia occupato mai
di studiare il fenomeno della fioritura di Rote o Ruote, nel momento
storico in cui sorge anche la Rota Perugina, di determinare l'elemento
comune, di vedere.i rapporti di tali Tribunali colla Rota Romana,
di studiare le ragioni del nome.

Non ci consta d'uno studio su ció né ci sentiamo di tentarlo noi,
che se mai potremo dirci felici se riusciremo colle nostre magre pagine
ad additare con buon effetto un campo, in cui ci sarebbe papecchio
da fare.

Vediamo peraltro quel che si possa dire dei punti scuri (ne abbia-
mo numerati quattro) accennati di sopra.

Basta percorrere una buona Storia della procedura per convin-
cersi della fioritura di Rote nel '500 (1). Non ci sembra inopportuno
raccogliere qui le poche notizie di dominio pubblico.

Nello Stato Pontificio, dopo Perugia (avremo almeno questo
titolo di ... campanilistica fierezza !) anche Bologna ebbe un Tribu-
nale di Rota, istituito da Paolo III con Bolla dell'11 luglio 1539 a
petizione della Città: cinque Uditori, anch'essi dottori e forestieri,
eletti a quinquennio per le cause civili. Il Senato col consenso del Le-
gato designó le norme del nuovo Tribunale, che vennero diverse volte
confermate e modificate. Un Uditore per le cause criminali era stato
istituito in Bologna nei primordi dello stesso secolo presso il Torrone .
e perció era detto Auditor Turroni. Le costituzioni che ne regolavano
l'ufficio vennero riformate e pubblicate (1566) col consiglio del Senato
Bolognese dal santo Cardinale Carlo Borromeo Legato. Anche nei
confronti dell’Auditor Turroni il Podestà, magistratura comunale
sopravvivente come a Perugia nella Rota, conservò un primato a
differenza della nostra Città dove le cause criminali furono monopolio
del Tribunale del Governo assolutamente indipendente, spesso anzi
invadente. Ma se non erriamo, anche a Bologna i salmi finirono in
gloria. Infatti nel novembre 1579 d’ordine del Papa fu dichiarato che
«il Podestà era capo d’una Rota uno dei più antichi e dei più onorati
magistrati di Bologna, mentre l'Uditore era introdotto nuovamente,

(1) Per la giurisprudenza v. ERMINI, Guida Bibliografica, pag. 87 ss.
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 53

e l'ufficio non era separato dal Governatore, perché con lui conferisce
e a lui é tenuto a ubbidire » (1).

A Ferrara si ha una Rota per le cause civili e criminali (costitu-
zioni di Clemente VIII e di Urbano VIII). Abbiamo già fatto cono-
scenza con la Rota di Macerata; in questa città esisteva fino dal 1233 ©
una Curia Generale, che dopo varie vicende fu appunto dal Papa Si-
sto V elevata a Rota con giurisdizione e appello su tutta la Marca
Anconitana. Possiamo considerare qui, anche se non hanno il nome
di Rota, il Consolato di Ancona (Bolla di Clemente VIII 1594 e 1595),
il Consolato di Civitavecchia e le Curie di 12 e 22 istanza di Bene-
vento (2).

Di Rimini il Moroni ricorda una Rota istituita dal Valentino (3).

Per gli altri Stati d’Italia ricordiamo a Genova, dopo la riforma
del 1528, accanto al Senato, suprema Corte giudiziaria, la Ruota
criminale e la Rota civile; quest’ultimo è tribunale di appello, com-
posto di dottori forestieri presieduti da un Priore; ebbe grande ripu-
tazione la sua giurisprudenza in materie commerciali e marittime (4).

Nella Toscana medicea — dove è da tener conto che il ricorso al
principe da qualunque sentenza dava facilmente luogo a una specie
di Cassazione — raggiunsero grande fama le Rote di Firenze, Lucca
e Siena (5).

Di struttura e di spirito affini alle Rote, troviamo negli altri
Stati (Piemonte, Lombardia, Venezia, Stati Estensi, Napoli, Sicilia)
Commissioni, Udienze, Consigli, Curie, Corti di Giustizia (6).

Per fuori d'Italia possiamo ricordare con l'Ermini la Rota di
Avignone che dovette essere la continuazione locale della Rota Roma-
na, fioritavi al tempo della cattività (7).

... Elemento comune ? Ci pare che a denominare con un nome solo
i vari istituti giudicanti che fioriscono nel '500 si potrebbe usare l'ap-
pellativo di Tribunale Collegiale, che ne esprime bene l’unico elemento
strutturale comune e lo spirito teso ad una più equilibrata e meglio
garantita amministrazione della giustizia. Di tali istituti giudicanti

(1) LA MANTIA, Storia, I, pag. 502; SaLvIoLI, Storia d. Proced., II, pag.
475. i
(2) LA MANTIA, ib,; SALVIOLI, ib.

(3) Dizionario, vol. 82, pag. 211.

(4), SALVIOLI, op. cit., pag. 32.

(5) SALVIOLI, op. cit., pag. 23.

(6) SALVIOLI, op cit., pag. 27 ss, 35, 37, 39 s, 49 ss, 02 ss.

(7) Guida Bibliografica, pag. 91.

l
l
la:
x E ; di e eg nt p ei =

4

24 BRUNO FRATTEGIANI .

il Tribunale Collegiale rappresenta di fatto l'ultima tappa dell'evo-
| luzione (1).
| Se questi due primi punti, non ancora illuminati abbastanza,
| meritano uno studio più approfondito e accurato, crediamo invece
che per gli altri due la risposta sia molto più facile, per non dire asso-
lutamente sicura.
Relazioni colla Rota Romana ? Niente di più spontaneo, in chi
Sui sia un po’ digiuno della questione, che l'idea che — analogamente ai
| (ft 2 Tribunali dell'Inquisizione, alle Tesorerie Apostoliche dislocate nelle
B città di provincia ma sempre agganciate ai rispettivi Organi centrali
di di Roma - anche le Rote fossero una specie di succursali della Rota
dia Romana. È quello che ci venne in mente quando, poco sapendo ancora
i) del glorioso Tribunale della Roma Pontificia e del suo funzionamento,
scoprimmo — e fu una specie di America per noi — la Rota Perugina
tra le pagine citate dell'Ermini. È quello anche che ci è stato doman-
| dato nel corso del nostro lavoro da persone illustri che forse — piü
d UP fortunate di noi — avevano sentito nominare e l'una e l'altra Rota,
| | . coll'effetto però di una specie di mulinello... roteante in testa confu-
B samente. Genga
dii Relazioni dunque ? Almeno per Perugia e per Macerata lo pos-
| LIA ui . siamo escludere in forza della familiarità diretta acquistata con l'una
MON e del volo di ricognizione compiuto sull’altra. Quanto alle rimanenti
| Rote, possiamo escluderlo per conoscenza riflessa e cioé in forza della
modesta conoscenza, sia pure anche qui di ricognizione aerea, che
abbiamo potuto farci della Sacra Romana Rota: nessuna relazione
se non di puro nome.
li E le ragioni del nome ? Per le Rote provinciali non crediamo
i che ci sia stata da principio altra ragione, quantunque ci manchino
dati positivi per documentarlo, se non la vanità spicciola di fregiarsi,
| magari con l'autorizzazione del Pontefice; d'un nome quanto mai glo-
rioso. Per le Rote giunte in ritardo, come quelle di Macerata e Ferrara,
i è ragione sufficiente abbastanza la consuetudine invalsa.
IB . Quanto al significato del nome Rota, diritto di proprietà tanto
bonariamente ceduto dalla Rota Romana, esiste divergenza di opi-
nioni. C'é chi attribuisce importanza al fatto della parità giuridica
HI : fra gli Uditori, una specie quindi di tavola rotonda (rota), e chi al-
II l'avvicendamento circolare dei turni giudicanti. L'opinione più accre-.
i ditata è quella che ferma la sua attenzione sul pluteo girevole che nel-

(1) Cfr. SaLvioLI, op. cit., pag. 505.
«degli incartamenti processuali e sarebbe stata chiamata Rota Audito-

O———

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 55

l’Uditorio Pontificio di Avignone facilitava ai giudici la consultazione Bp

rum; questi a loro volta sarebbero stati facilmente chiamati per in- x"
versione Auditores Rotae (1). k NC

Quanto al nome Auditores, Auditor è noto come di per sé non o
denoti se non poteri di istruttoria (in cognoscendo et non in.defi nien-
do) e quindi dei puri Uditori non sarebbero giudici. Per questo le
Costituzioni Rotali parlano quasi costantemente di Auditores et
Judices.

E del resto la consuetudine, consacrata poi anche dalla legisla-
zione della Rota, ha finito per promuovere l'Uditore alla dignità di
Giudice. In questo senso non parleremo che di Uditori nel corso del
lavoro.

CapitoLo PRIMO.
L'elezione della Rota — Qualità richieste per la candidatura — Il concorso.

. Già fin dai primi anni di vita della Rota le Costituzioni determi-
narono meticolosamente il procedimento tutt’altro che facile e sem-
plice da seguire nell’elezione della Rota (2). 1

Sono tre i Collegi elettorali che entrano in funzione. E prima di bo
tutto i Priori pro tempore si radunano insieme ai Consoli della Mercan- Nu
zia e agli Uditori del Cambio per eleggere a scrutinio segreto venti
uomini, quattro per porta, « prudentes ac Deum timentes... cives Pe-
rusini, nemini ipsorum in primo vel secundo gradu attinentes, aetate ac
rerum experientia graves », i quali saranno per una volta tanto gli elet-
tori dei quattro Uditori di Rota. L'operazione elettorale deve ripe-
tersi nella stessa seduta ben cinque volte in modo da portare a cento

(1) Per pià ampie notizie sulla Rota Romana, cfr., oltre le classiche opere
del Bernino e del Tanagli, E. CERcHIARI, Cappellani Papae et Apostolicae Sedis
Auditores causarum S. Palatii Ap. seu S. Romana Rota ab origine ad diem usque
20 sept. 1870, IV voll., Romae, 1921; G. ERMINI, La giurisprudenza della Rota
Romana come fattore costitutivo dello jus commune (Studi per Scaduto), Firenze,
1936.

‘ (2) Inst. et Capitula, c. 2 56 BRUNO FRATTEGIANI

il numero degli elettori, i cui nomi poi a venti a venti vanno sigillati
« in quinque globis seu palloctis » per essere cosi insaccolati in apposita
borsa o sacco. Ad ogni elezione di Rota, per cinque elezioni che — a
tenore delle Costituzioni — abbracciano lo spazio di dieci anni, diven-
tati venti più tardi (1), deve essere estratta.una pallotta e fatta la
pubblicazione dei nomi. Agli elettori cosi designati va notificato per
tempo il giorno dell'elezione ed essi stessi otto giorni avanti sono con-
vocati dai Priori ad audiendum verbum e cioé a sentirsi fare una tanto
conveniente quanto stereotipa paternale sul carattere sacro dell'atto
che saranno chiamati a compiere, sulla probità e imparzialità neces-
saria, ecc. è

Otto giorni avanti: tale almeno deve essere il senso di quel di-
messo latino che dice testualmente « per octo dies ante... », essendo
poco verosimile che la convocazione si ripetesse quotidianamente,
nel qual caso i poveri eletti avrebbero pagato ad usura la distinzione
loro usata.

È entrato intanto in campo il secondo Collegio Elettorale e si
tratta questa volta del Collegio dei Legisti dell’Università. Avvertito
quattro giorni prima della stessa convocazione degli elettori, il Priore
raduna metà dei Collegiati, i più anziani, e li invita ad eleggere « per
fabas albas et nigras » otto « Doctores forenses, idoneos, probos et erudi-

tos ac etiam habiles ad dictum officium Auditoratus ». Fatta l'elezione

il Notaio del Collegio stende l'atto con l'elenco dei nomi e indicazione
della patria di ciascuno, atto che viene consegnato ai Priori e da questi
comunicato ai venti elettori, che cosi hanno otto giorni di tempo per
informarsi sulle qualità e sui meriti dei candidati; il diritto del Col-
legio dei Legisti si devolve in caso di negligenza agli stessi Priori, e
questo, come s'é visto, per disposizione aggiunta nel 1534.

E finalmente, il giorno stabilito, l'elezione definitiva viene solen-
nemente compiuta dal Collegio dei venti elettori.

Al mattino per un'ora intera suona a convocazione e in segno di
festa la campana grande del Comune. Radunati i venti nella Cappella
del Palazzo, con intervento facoltativo dei Priori, si celebra la Messa
dello Spirito Santo e si elevano preghiere « Deo Maximo, Beatissimae
Virgini et Sanctis omnibus et praecipue beatissimis Laurentio, Hercu-
lano et Costantio Magnificae Civitatis Perusiae Protectoribus », do-

(1) Breve di Alessandro VII (6 luglio 1666): «cum anthehac singulis vi-
cenniis in eadem civitate fieri solitus fuerit sacculus eorum qui interea singulis
quadriennis novos Auditores Rotae... eligere deberent ».
IL TRIBUNALE. DELLA ROTA PERUGINA 07

mandando «ut electores ipsi divina gratia illuminati talem ac talium
electionem faciant, quae Deo primum accepta sit et ad honorem S.D.N.
Sanctaeque Sedis Apostolicae conservationem et augmentum ecclesia-
slici Status et simul magnificae Civitatis. Perusiae ejusque territorii
hominibus et personis utilis et honorifica ».

Terminata la significativa cerimonia religiosa, il Cancelliere dei
Priori deferisce a ciascuno dei venti il giuramento da prestarsi sul
libro dei Vangeli, dopo di che — con quella solennità che impone il
momento — vengono distribuite agli elettori... le fave bianche e
nere. L'elezione comincia. Il Cancelliere legge a voce alta i nomi, se-
condo l'ordine dell'elenco presentato dal Collegio dei Legisti, facendo
per ognuno debita pausa. Gli elettori possono, se credono, domandare
la parola e dare informazioni, tessere l'elogio o levare opposizione nei
riguardi del nome letto, intorno al quale viene poi fatto lo scrutinio
segreto. Aperti e pubblicati gli scrutini si ritengono eletti i quattro
che hanno ottenuto maggior numero di voti, a condizione peró che
abbiano superato i dodici: « illi quatuor, quos caeteros supra tamen duo-
decim fabas albas in suffragiis seu fabis superasse apparebit, electi esse
intelligantur et sint ». Nel caso, molto frequente ma non contemplato
nelle Costituzioni, di parità di voti, abbiamo già visto quale fosse il
metodo consacrato dall'uso: la cosi detta rimessa a partito. Le Costi-
tuzioni si curano invece di stabilire che se qualcuno degli eletti si ri-
fiuti di accettare o vi sia impossibilitato, si considererà automatica-
mente eletto chi avrà ricevuto maggior numero di voti dopo il quarto,
«dum tamen a sufficienti numero ut praefertur approbatus fuerit ». Le
dodici fave bianche insomma, rappresentando i due terzi, sono inde-
rogabilmente necessarie.

L'elezione all'ufficio rotale viene notificata ai quattro interessati
per nuncios a cura dei Priori e a spese del Comune.

La consuetudine optima legum interpres impresse ben presto
un ritmo ben definito al rito elettorale e se ne é fatto già un cenno
fugace — quanto a date almeno — parlando delle elezioni del 1558.

La Miscellanea Belforti contiene a questo proposito altre noti-
zie interessanti in alcune pagine manoscritte intitolate « Della elet-
tione della Rota », scritte nella prima metà del sec. xvii ma dipendenti
da un altro documento più antico di almeno un secolo (fine sec. xvi);
la datazione è assai facile per chiari riferimenti di tempo e la sovrap-
| posizione chiarissima, fors'anche un pochino stridente, per la corret-
tezza ortografica dell'antico scrittore e la scorrettezza del compilatore.
Secondo tale documento l'estrazione e la pubblicazione dei venti
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elettori si fa il 21 dicembre (1). D’ordine dei Priori il Cancelliere del
Comune invita il Priore del Collegio dei Legisti a provvedere entro
quattro giorni all’elezione dei candidati, «il che sogliono fare essi il
giorno degli Innocenti; e però sarà buona creanza di fare la suddetta
intimazione in tempo conveniente di quattro giorni innanzi, potendosi
ciò fare d'ogni ora dopo la pubblicazione ». Ricevuta la nota dei candi-
dati nominati dal Collegio, i Priori la consegnano al Cancelliere che
prepara venti polizze da mandarsi agli elettori « di questo tenore ».
Segue il tenore che nella Miscellanea è uno spazio lasciato in bianco,
ma che il Mariotti ci ha conservato frà i documenti di concorso per la
Rota del 1778 (e si tratta proprio di una polizza indirizzata a lui elet-
tore di quell’anno in data 20 dicembre 1777):
«Riceverà V. S. Ill.ma qui in piedi la Nota dei Sig.ri Dottori,

così Perugini come Forestieri, concorrenti all'Uditorato di Rota di
q.ta citta pel futuro quadriennio, quali si proporranno fra li Sig.ri.

Elettori, che dovranno assieme congregarsi il giorno di martedì 6
dell’entrante mese di Gennaio... per ottenere li quattro S.ri Uditorì
della Rota... ». Il breve biglietto porta dopo la data, che conferma

la necessità degli otto giorni fra l’intimazione e il giorno dell’elezione, la

nota degli otto candidati.

Venendo.a parlare dell’ « ordine della Cappella » per il giorno del-
l'Epifania in cui si suol fare l’elezione, il manoscritto si dilunga in
questioni di precedenza. Sappiamo così che per tutto il sec. xvi «ad
‘ogni palla sono scompartite le precedenze delle cinque porte », ma dal
1601 si osservò quest’ordine; in cornu Evangelii Porta S. Pietro, Porta
Sole, Porta S. Angelo; in cornu Epistulae, oltre al tavolo del Can-
celliere, Porta S. Susanna e Porta Borgna. |

Dopo che nel 1674, per volontà dei Magistrati e coll’ approvazione

di Clemente X, fu chiamato alla Rota un dottore perugino del Col-

legio dei Legisti, questo — in forza dei capitoli formati appositamente
in aggiunta alle Costituzioni Rotali (2) — cominciò a presentare una

(1) Questa e le altre date sono confermate da glosse del ms. Dominici-
niano. Così si dica di altre carte dell’ Archivio Universitario.

| (2) IX Reg. Bolle e Brevi f. 81t-82; Billae ac alia Jura, p. 104 s.: « Item
acciò che la sola virtù sia ben riconosciuta e rimunerata si dovranno da dot-
tori conforme il solito porre a partito tutti gli abili secondo i requisiti suddetti
e tra quelli eleggerne quattro dei migliori, due de quali saranno poi scelti dal
Consiglio dei Signori Quaranta et in ultimo dall’elettori estratti resterà vinto

l'Auditore nel modo istesso che si pratica con i forestieri ». V. arch. Univ.,
VII A.
‘ lista non più di otto ma di dieci dottori, di cui quattro perugini e sei

- secolo il posto del forestiere ebbe sempre candidati perugini.
; riforma di farne intervenire anche un quarto, medio fra il Collegio

' dei Legisti e il Consiglio dei Venti, a scegliere due fra i quattro peru-
gini, in. modo che la lista notificata ai venti e proposta all'elezione

nella Collatione de Benefitij che con i loro voti festantur de idoneitate

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA : 59

forestieri. In seguito più precisamente avremo elencati e presentati:
quattro perugini collegiati, due maceratesi, due urbinati e due peru-
gini o forestieri. In pratica — come s'é visto — almeno nell'ultimo mezzo

Quasi non bastando i Collegi elettorali, si credette bene con questa

fosse sempre di otto. Questo collegio fu il Consiglio dei Quaranta,
organo consultivo permanente istituito dal Card. Pinelli, e la sua
scelta — per cui non abbiamo ulteriori notizie — doveva essere fatta
abitualmente verso il 29 o il 30 dicembre.

Abbiamo così questa successione:

1) I Priori coi Consoli della Mercanzia e gli Uditori del Cam-
bio eleggono periodicamente e pubblicano prima del termine della
Rota il Consiglio dei Venti.

2). Il Collegio dei Legisti nomina sei candidati forestieri e
quattro perugini.

3) Il Consiglio dei Quaranta sceglie due dei quattro perugini.

. 4) Dalla lista definitiva di otto candidati il Consiglio dei Venti
elegge i quattro Uditori di Rota.

La disposizione legale della necessità dei due terzi dei voti —
come notava già la mano di un giureconsulto che postillò una copia
delle Costituzioni Rotali (ed. Panizza): posseduta dalla Biblioteca
Comunale di Perugia — rende liberi gli elettori di fronte alle candi-
dature présentate ed i legisti « non habent ius cogendi » ad accettarle;
«onde — prosegue il competente Doctor U. J. — il Collegio de’ Dottori
nell'elettione della Rota se habet ad instar dell'Esaminatori Sinodali

sed non faciunt jus contro quello che habet potestatem conferendi ita ut
teneatur et possit cogi ad conferendum uni ex approbatis, sed potest man-
dare ut ilerum alii examinentur et omnes prius examinatos repellere ».

Poteva non di rado accadere che, al momento dell'estrazione,
il Consiglio dei Venti elettori, insaccolati forse dieci anni e — dopo Si-
sto V — fino a venti anni prima, risultasse scemato per morte di qual-
cuno o che almeno qualche elettore fosse al momento dell'elezione
assente o impedito. In tal caso le Costituzioni, allo stesso cap. 2, pre-
scrivevano che si surrogassero in pari numeri e tenendo conto delle
Porte i più anziani superstiti della pallotta pubblicata all'inizio del 60 BRUNO FRATTEGIANI

precedente biennio o quadriennio. In proposito lo stesso scritto della
citata Miscellanea Belforti riferisce un incidente occorso nella pub-
blicazione del 1584. Fra i venti elettori furono pubblicati tre morti:
Orlandino Vibi di Porta S. Pietro, Girolamo Sozi e Fabio Monaldi di
Porta Sole. Stando scrupolosamente alle Costituzioni, il Cancelliere
del Comune dichiarò surrogati per Porta S. Pietro Vincenzo Meni-
coni, e per Porta Sole Giovan Battista Garofani e Bastiano Bartella,
ma fu opposto da alcuni Priori che la surrogazione era di spettanza del
magistrato e si volle che al Sozi fosse sostituito il figlio Lorenzo « tutto-
chè non fosse stato nelle palle ». Confrontate le surrogazioni fatte dal
1553 in poi si trovò che di fatto la legge non era stata sempre osser-
vata «ma non sì trovò però mai — osserva fieramente lo scrittore —
che si fossero surrogate persone non altre volte pubblicate elettori
che in questa parte si era osservata inviolabilmente ».

L'inosservanza, forse solo apparente in quanto gli atti non con-
servavano le ragioni della scelta e nulla vieta di pensare che i più
anziani fossero impediti, riguardava solo l’anzianità. E del resto,
segue la nota, c'erano alcuni dottori che dove le Costituzioni dicevano
« praeferendi semper seniores » interpretavano quel «seniores » — non
senza stiracchiare con quanta si voglia sottigliezza — non nel senso
dell'età ma della priorità di scrittura nella pallotta, in conformità col
diritto canonico, dove affermandosi che «senior episcopus debet prae-
ferri» s'intende parlare di anzianità nella consacrazione episcopale;
in conformità anzi colle stesse Costituzioni Rotali dove i Doctores
seniores che votano per le candidature alla Rota sono i più anziani
nella appartenenza al Collegio.

Comunque la cosa andasse, i Priori si scapricciarono a far le sur-
rogazioni a modo loro, scartando però l'idea di ‘eleggere Lorenzo Sozi,
perchè troppo discordante colla legge e colla provata consuetudine.
Furono di fatto surrogati il Meniconi, il Bartella e Nicolò Sozi. Il Ga-
rofani sentendosi gravato menò grande scalpore di proteste, ricor-
rendo al successivo magistrato dei Priori e perfino al Governatore.
La vertenza fu commessa alla Rota cui furono all’uopo consegnati,
come documenti, gli atti delle surrogazioni dal 1553 in poi e la sen-
tenza fu favorevole al Garofani. Sorpreso di tanto scalpore, il Sozi
rinunziò — un pochino tardi forse — a qualunque diritto sulla surroga-
zione anche perchè eletto « senza sua saputa » (1). E così fu tutto ac-

(1) « E noi ci ritrovammo a questa dichiarazione del Sozi presenti ». Ecco
uno degli elementi che ci fanno attribuire il documento anonimo copiato alla
TTC

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 61

comodato e la consuetudine venne ad essere corroborata dalla giuri-
sprudenza della Rota.

Il procedimento elettorale che abbiamo descritto é quello che
rimase sempre in vigore anche contro il già citato Breve di Alessan-
dro VII del 6 luglio 1666. Quanto alla riforma del 1698 sulla elezione
a sorte dei forestieri, sappiamo già quale ne fosse l'esito: trovata pre- i
sta stravagante, fu abolita nel 1705. Che il metodo fosse eseguito fino
alle ultime elezioni, ne fanno fede — oltre allo scritto anonimo della
Miscellanea Belforti — i documenti di concorso conservati fra le carte
Mariotti, lo stesso Mariotti nel Saggio (1) e il Siepi nella sua Descri-
zione (2). Quest'ultimo che scrive nel 1822, attingendo piü che a fonti
scritte ai suoi più recenti ricordi, riassume cosi tutto il processo elet-
torale: « Dopo essere stati approvati otto dei concorrenti dal Colle-
gio dei Giureconsulti, quattro ne venivano eletti con molta solennità
nella Cappella Decemvirale da una speciale Congregazione di 20 sog-
getti estratti a sorte in numero di 4 per Rione dal numero di 100 nomi-
nati a questo fine dai Decemviri, He Consoli della Mercanzia e dagli
Uditori del Cambio ».

Sono specialmente queste ultime parole, che abbiamo voluto
sottolineare, che attestano la caducità — nonostante il « perpetuis
futuris temporibus » — delle disposizioni di riforma volute dai Magi-
strati Perugini e confermate dal citato Breve di Alessandro VII nel
1666 (3). In forza di tali riforme, tenuto conto che la pubblicità delle
note elettorali era nociva alla completa libertà delle elezioni favorendo
l'abuso dell’acceptio :personarum in grazia dei potenti, era stabilito
che a cominciare dalle elezioni del 1670 si procedesse nella maniera
seguente: niente pubblicazioni il 21 dicembre né mai, nonostante che
restassero ancora pallotte da estrarre, ma — fissate le otto candidature
dal Collegio dei Giureconsulti, — si tenesse invece in giorni da stabi-
lirsi, possibilmente il 2 gennaio di mattina, un'adunanza dei Priori
dove, alla presenza del Vicelegato o di suo rappresentante, si estraesse

fine del sec. xvi, mentre il compilatore cita fra l'altro la lettera della Consulta
del 21 aprile 1700.

(1) Vol. I, pag. 175 s.

(2) Vol. I, pag. 37 s.

(3) Nella Misc. Belforti è contenuto il breve autografo (4 pag.) di Raffaello
Rossi che dice di essere stato eletto Uditore di Rota nel 1718. Egli conferma
per il tempo suo la prassi contraria già alla riforma Alessandrina: «il Priore

‘del Collegio dà in nota alli Sig.ri Decemviri li dottori eletti de’ quali si fanno

poi venti copie e si mandano ai XX Cittadini cavati a sorte dal Bussolo... ».
MM MÀ M, Tinti an

*

4

62 BRUNO FRATTEGIANI È E

a sorte un Priore, un Console ed un Uditore delle passate Magistra- 3

ture. La sera dello stesso giorno, in un'altra adunanza della stessa j
| I forma, i tre eletti nominassero — é evidente la rispondenza verbale
| ili colle Costituzioni — « quinquaginta viros prudentes, probos ac Deum
| MN - timentes, cives ‘Perusinos, aetate ac rerum experientia graves, et: nemini
| | | ipsorum eligentium in primo vel secundo gradu attinentes, decem scili-
cet pro unaquaque porta ». Messi nell'urna i loro nomi se ne estrassero
Lu. - finalmente i venti elettori, che procederebbero alla definitiva elezione
i nel giorno dell’Epifania.

Né le disposizioni del magistrato né il Bien trovarono fortuna;
| | e non crediamo di essere molto lontani dal vero a pensare che il già
FUE -citato Breve con cui il 30 gennaio 1706 Clemente XI confermava
di il Breve d'istituzione e i capitoli della. Rota, abrogando particolar-
| xi. mente l'estrazione a sorte sancita per i forestieri nel 1698, intendeva

dare un colpo — se pure ce n'era bisogno e il tempo non aveva già prov-
| | veduto a farlo cadere in desuetudine — anche al Breve Alessandrino.
| Ai rur E del resto anche nella memorata vertenza fra il Comune e la
FINI. e S. Consulta nel 1701-02 c'é di mezzo la borsa della Rota e di borse,
LM nel sistema che possiamo Sg Alessandrino, non ce n'era dav-
Bill) i vero . bisogno.
EM > A proposito di qualità richieste nei candidati una prima disposi-
IIT zione delle Costituzioni, in forma piuttosto generica e astratta, esige
| îi ti . che non si eleggano ad Uditori di Rota se non « viri graves, recta con-
B scientia, morum integritate et litterarum copia praediti » (1).
Poco dopo i Giureconsulti del Collegio sono avvertiti di proporre
fra gli otto candidati soltanto « Doctores forenses idoneos probos et
mo eruditos ac etiam habiles ad dictum officium Auditoratus » ed anche qui
| di concreto c’è ben poco, se si eccettua quel « Doctores forenses » che
. non va inteso — come forse vien fatto di pensare a prima vista e non
H | c. . . . certo per gusto maccheronico — nel senso di dottori avviati all'aringo
TH del foro, avvocati, o, come si diceva allora, senza offendere alcuno,
Hu us «causidici» ma in quello di dottori forestieri. E veramente è già ;
ii) E . . qualche cosa: sono due colpi maestri assestati rispettivamente uno Om
| all'ignoranza, ché anche a quei tempi una laurea costava la digestione
dura di parecchi tomi cartapecorosi dando una certa garanzia di quel-
l'erudizione e di quell'avvedutezza che l'ufficio di Giudice richiede,
I e uno ai perugini che restavano tagliati fuori da ogni possibilità di
È ii candidatura, volendosi cosi in qualche modo — negativamente al-

(1) Inst. et Capitula, c. 2, anche per le citazioni seguenti.
———Ó

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 63.

meno — garantire la probità, la gravità, la retta coscienza, l'interezza
dei costumi che possono fare il Giudice superiore ad ogni sospetto.

'E quasi a ribadir questi due bolloni già a posto, abd finalmente.

sancite le norme più precise:
1) Il dottorato deve essere almeno di dieci anni (Repche alla.
grammatica vada congiunta la pratica) e comprovato da pubblico

documento (1);

2) non basta non essere di Perugia. Bisogna inoltre non aver

‘vincoli di sangue o affinità fino al terzo grado della computazione

canonica con cittadini di Perugia, non aver esercitato nei tre anni .
antecedenti l'elezione questo od altro ufficio pubblico nella città ed
essere domiciliato ad almeno venti miglia dalla città stessa.

. La preoccupazione che i ministri della giustizia debbano essere

forestieri rispecchia la mentalità della vecchia Perugia del libero Co- .

mune simile in questo alle altre città comunali, che vedevano in tale
qualità — congiunta al divieto severo di familiarità con i cittadini —
una naturale garanzia per la rettidudine e indipendenza del giudice
e per la buona amministrazione della giustizia (2).

. Questa preoccupazione andò man mano scemando, e — mentre
si tenne fermo naturalmente alla qualità del dottorato, cui forse a
titolo di compenso storico era a poco a poco la laurea che scemava di
contenuto — abbiamo già visto come dai quattro Doctores forenses
si giunse attraverso il sec. xvii e xvii ad accettare stabilmente due
perugini nella Rota, oltre al maceratese e all’urbinate.

I già ricordati capitoli del 1674 per la elezione del joke
«richiedendo la sublime grazia fatta dalla somma bontà di N. S..
particolare applicatione in. FIeSento con il solo motivo del merito »,
stabilivano:

(1) Una glossa del ms. Dominiciniano e della Misc. Belforti ci fa sapere che
i dieci anni sono diventati otto «ex rescripto S. Consultae die 26 decembris
1640 » allegando VIII Reg. Bolle e Brevi, f. 167.

(2) V. LA MANTIA, Storia, I, 290. Nei vecchi Statuti volgari di Peru-
gia (I rubr. 5) era stabilito: « Né aggiano esse podestate e capitanio né alcuno
de loro overo alcuno de la loro famelgla conversatione overo familiaritade con
alcuno Peroscino. E non possano esse, né altre de loro manecare né bevere con
alcuno Peroscino overo avetatore d'essa citade, chierco overo ladecho, ella ci-
tade overo borghe de Peroscia; ma de fuore de la citade e de borghe possano
manecare e bevere con gle Peroscine quando enn alcuna ambasciada andassero

con esse ». (DEGLI Azzr, Statuti di Perugia, I, pag. 27). La disposizione è accolta

ad litteram nell’edizione latina degli Statuti, vol. I, rubr. 2.
64 BRUNO FRATTEGIANI

. quasi a consolarli dei centoquarant'anni che da ferrea legge n'erano

1) che il candidato appartenesse almeno da un mese prima
dell’elezione al Collegio dei Legisti; :

2) «che debba aver almeno venti anni di dottorato e che
per detto tempo sia stato Lettore in questo o in altro pubblico Studio
o pure abbia in patria o altrove per detto tempo esercitata l'avoca-
tione o fatti offitij e giudicature ». Si disponeva peraltro che se detta
pratica curiale o forense fosse stata fatta in Roma «per mostrar la
dovuta stima che si fa della nobilissima Curia di Roma » bastassero
dieci anni anziché venti: « ogni anno... raddoppi il tempo »;

3) che fosse inabile al concorso chi avesse altra volta goduto
dell'ufficio di Uditore nella stessa Rota e ció per rendere sempre piü
larga ai perugini — prescindendo dalle numerose abilitazioni al bis
che si concederanno in seguito — la possibilità di concorrere alla Rota,

stati tenuti lontani (1).

Quanto al maceratese abbiamo già visto le condizioni richieste:
domicilio in Macerata e iscrizione della famiglia al Consiglio di Cre-
denza di quella città.

L'urbinate, a tenore del Breve di Clemente XI approvante le
deliberazioni dei Magistrati perugini, doveva essere laureato in utro-
que jure nell'Università di Urbino e appartenere al Collegio dei Dot-
tori della medesima. : : |

Il « doctor forensis » che rimane ancora è pienamente in armonia
con la lettera e lo spirito delle Costituzioni Rotali, ma — un po’ come
quelle in questo punto — diventa un avanzo archeologico, di cui pre-
sto si farà a meno.

Le condizioni per il Perugino che prende il suo posto non sono —
come si osservò — del tutto determinate. È nel Consiglio Generale del
30 agosto 1748 che troviamo disposizioni in proposito (2), dopo che la
consuetudine s'era affermata da ormai diciotto anni.

. Quanto a presentare tre candidati, notizie posteriori ci dicono .
che il collegio non vi fece gran caso e la legge rimase lettera morta:
due potevano bastare e bastarono poi sempre. Del resto si dimostrava
una larghezza maggiore che non per il posto del perugino: poteva
concorrere un perugino, collegiato o no, oppure un forestiero e non si
dava importanza al fatto che il soggetto avesse antecedentemente E

(1) IX Reg. Bolle e Brevi, f. 81t-82.
(2) ManrioTTI, Notizie; X Reg. Bolle e Brevi, f. 101.
IL TRIBUNALE DELLA ROTA: PERUGINA 65

esercitato in Perugia la giudicatura. In pratica negli ultimi ottant’anni
— secondo l'informazione del Mariotti — quel posto fu occupato sem-
pre da un dottore perugino. « In seguito — é pure la conclusione del
Siepi dopo avere accennato sommariamente ai Brevi di Clemente XI
— furono uno urbinate, l'altro maceratese e due perugini » (1).

E da notare finalmente a proposito di condizioni per la candi-
datura che, se é necessario non avere esercitato uffici nella Curia pe-
rugina nel biennio precedente, esiste a fortiori — e le Costituzioni
hanno cura di dirlo ben chiaro — una incompatibilità fra l'ufficio ro-
tale e contemporaneamente un altro ufficio. Quando dunque troviamo,
ad esempio, che un tal Giuseppe Maria Rocca da Bastia Corsina, pre-
sente al Consiglio Generale del 10 aprile 1687 per l'approvazione dei
capitoli fra Perugia e Macerata, è insieme Luogotenente Generale
Civile del Legato ( e a questo titolo presenzia al Consiglio come sosti-
tuto del Governatore Zandemaria) e Uditore della Rota, bisogna
pensare necessariamente a un decreto di abilitazione per passare dalla
Rota alla carica di Luogotenente o viceversa. Un chiaro esempio,
comprovante la necessità di tale abilitazione, é un Breve del 10 no-
vembre 1745 in favore di un tal Cenci, pure Luogotenente Civile,
che desiderava concorrere alla Rota dell'anno seguente (2).

Tenuto conto anche dei requisiti richiesti, ci si domanderà per
via di quale procedimento si giungesse dal Collegio pei Giureconsulti
‘a fissare le otto o più tardi le dieci candidature.

Non sappiamo se nei primi anni; e se la risposta deve essere affer-
mativa non sappiamo per quanto tempo, i dottori perugini si basas-
sero per la scelta sulle loro conoscenze personali di dotti, non essendo
affatto difficili gli scambi di personale fra le Università e le Curie e
potendosi anche ricorrere con facilità alle matricole degli scolari fo-
restieri venuti in passato a studiare le due leggi e a conseguirne la
laurea in Perugia. La cosa non è improbabile e solo così ci pare che
possa spiegarsi il curioso incidente dei tre Loreti da Spoleto e l'asso-
luto silenzio delle Costituzioni in fatto di concorso.

Il concorso é provato invece per gli ultimi due secoli. Ricorderemo
il Breve di Alessandro VII che lamenta « penuriam concurrentium »
richiamo evidente a tempi passati di maggior concorrenza, i capitoli
con Macerata dove 6 stabilito che l'elezione sia notificata scambievol-
mente fin da sei mesi avanti «affinché li Soggetti che concorreranno

(1) Descrizione, I, pag. 37.
(2) XII Reg. Bolle e Brevi, f. 43.
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66 p (0570 BRUNO FRATTEGIANI

possano aver campo di far le loro parti con dare le solite suppliche
‘accompagnate colli suddetti requisiti », le numerose abilitazioni rin-
novate qualche mese prima di ogni elezione di Rota specialmente
per conseguire il posto del forestiere, segno non dubbio di inizio di...
armamenti in vista del concorso.

E unà vera fortuna che fra le carte del Mariotti ci siano stati
conservati per merito dell'infaticato raccoglitore di memorie i docu-

. menti per il concorso alla Rota del 1778, e ci pare opportuno fermarci
brevemente a descriverli, riservandoci di pubblicare in appendice. i
la lettera del Friggeri.

Troviamo innanzi tutto una ‘nota di mano del Mariotti degli

‘ « Elettori degli Auditori di Rota: di Perugia pel Consiglio del dì 6.
gennaio 1778 ». Sette della pallotta pubblicata sono morti come indica.
una croce segnata a sinistra del nome, mentre a destra è indicato il
sostituto. Lo stesso Annibale Mariotti è sostituto del defunto Fran-
cesco Patrizi, secondo elettore di Porta Borgna. Seguono i veri e pro-
pri documenti del concorso, che peraltro ci è presentato solo nella sua
seconda parte, la più oscillante — se si vuole — per i candidati già fis-
sati dal Collegio, ma non meno interessante per noi. Prendiamo per
intenderci una delle lettere autocommendatizie a stampa indirizzata
all'« Ill.mo Sig. Sig. P.:ne Col.mo il Sig. Dott. Annibale Mariotti »
Non sono identiche ma. su per giù del medesimo stampo nella

| parte introduttiva. e quella di Francesco Friggeri comincia dps
punto cosi:

« Francesco Friggeri supplica con tutto l'osseguio V. S. ill. ma

. volerlo graziare del suo voto favorevole nel Concorso al Posto di
Uditore in quest'Alma Rota di Perugia per il luogo destinato al
Perugino, esibendo a tale effetto il seguente transunto dei suoi Re-
quisiti. Che, ecc. ». .

Seguono enumerati fino a diciannove i titoli di merito e « wu tutto
si esibiscono le dovute Giustificazioni e Originali Autentici Docu-

‘ menti ».

L'intonazione tanto generica quanto untuosa della EGLI ci
dà la chiave per scoprire i due tempi del concorso. Non si specifica
infatti per quale consiglio elettivo.sia richiesto il voto favorevole.
In un primo tempo dunque, per cui i capitoli con Macerata contem-
plavano l'ampio spazio di sei mesi, quelli che desiderano concorrere

. - eil loro numero può essere illimitato (se non che non va perduta

di vista la « penuria concurrentium:») — pensano, nei luoghi e nei tempi ..

più evoluti, a farsi stampare, altrimenti a farsi copiare un buon nu-
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA i 67

mero di lettere da completare poi col semplice indirizzo in cui sono
enumerate le loro qualità combacianti a puntino colle Costituzioni
Rotali, le loro benemerenze nel campo del diritto, gli uffici esercitati
altrove con onore e l’opera loro dovunque richiesta senza tregua, ecc.

Ecco intanto a Perugia il dottore collegiato tale, la persona influente ©

tal’altra vedersi piovere addosso (benedetta allora la penuria concur-
rentium!) fogli sopra fogli, stampati e manoscritti, con allegati do-
cumenti in gran copia; cui tengono dietro ( e ce ne sono esempi anche
fra le carte del Mariotti) raccomandazioni di terzi. Il dottore collegiato
perchè nel consiglio del 28 dicembre voglia « graziare del suo voto fa-
vorevole » i firmatari, la persona influente (per cui in genere si prefe-
risce riservare la lettera autografa e la raccomandazione di terzi)

perché sappia opportunamente metter la pulce nell'orecchio al dot- |

tore collegiato.

Coll'elezione dei candidati nel giorno. degli Innocenti è chiusa
la prima parte del concorso, la più pubblicistica, e comincia la seconda,
più riservata ma più intimamente drammatica. Ecco adesso gli otto,
i dieci eletti, che hanno riservato venti copie delle loro lettere per
questo tempo di una prima vittoria e di un maggior batticuore, e ma-
gari — se sono di molto lontano — hanno pensato a nominare i] loro
chargé d'affaires a Perugia, affrettarsi ad assediare i venti elettori
già presi di mira dal 21 dicembre quando sono stati pubblicati e chi
sa che non forse anche da prima per via di qualche indiscrezione assai
opportuna specialmente al tempo della famigerata penuria concurren-
lium, che poteva talvolta render quasi inutile il vaglio dei Legisti
e consigliare la precauzione di conglobare in uno i due tempi del con-
corso. Come già i Legisti anche gli elettori sono pregati di «voler
graziare » ecc. ma questa volta s'intende per l'ultima tappa, l'ele-
zione definitiva del BIOEBO dell’ Epifania.
BRUNO FRATTEGIANI

CAPITOLO SECONDO

Durata e termini dell'ufficio rotale — Cerimoniale di calendimaggio — Il
sindacato.

Le Costituzioni del 1530, dopo aver fissato il nome del nuovo
Tribunale stabilivano solennemente: « Item quod dictum officium duo-
bus continuis annis durare debeat, possit tamen per modum et viam
solemnis refirmae ad aliud biennium et non ultra prorogari ut infra
dicetur » (1).

La relativa brevità dell'ufficio rotale voleva essere certamente
un'altra garanzia morale della irreprensibilità del giudice; la crescita
di quell'erbe maligne che si chiamano propensioni ed avversioni,
tanto nocevoli alla buona causa della giustizia, é favorita grande-
mente dal tempo e vi si rimedia radicalmente col cambiare di posto.

La riconferma, nell’ordine stesso che si osserva per l'elezione,
spetta in un primo tempo agli anziani del Collegio dei Dottori ein
un secondo al consiglio degli elettori, di quelli naturalmente estratti
dalla pallotta seguente (2).

I casi di riconferma non erano rari e ne abbiamo visto esempi
nelle elezioni dei primi trent'anni; non era infrequente leggere vecchi
nomi accanto ai nuovi nella lista elettorale proposta dal Collegio.

Nel 1588 intervenne Sisto V a portare a quattro anni la durata
dell'ufficio di Uditore. Sappiamo già del Breve del 17 e della Bolla
del 27 dicembre, conosciamo il nuovo sistema introdotto e la sua poca
fortuna. Dopo soli dieci anni tornó a prendere il sovravvento l'antica
forma d'elezione, quella delle Costituzioni. Ma il tempo dell'ufficio
rimase protratto a quattro anni con possibilità di riconferma.

Né le costituzioni né la prassi delle prime elezioni ci danno ter-
mini fissi per la scadenza della carica e per l'entrata dei nuovi eletti.
Le costituzioni dicevano solo che la prima estrazione di elettori si
facesse nella prima metà d'agosto «de praesenti anno » (sarebbe stato
il 1530 e fu invece il 32) e in seguito si facessero nel secondo anno di

(1) Inst. et Capitula, c. 1.
(2). D. ,- C. 2;
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 69

ciascun biennio rotale «die quo M. D. Pri ioribus opportunius videbi-
tur » (1).

Col tempo, dopo la disgraziata eclissi sotto Paolo III, parve che
per l'inizio della Rota non si potesse trovare un giorno piü adatto del
calendimaggio, il cui ricordo era diventato cosi grato ai perugini, e
| che questa sarebbe stata una gran bella cerimonia per accrescerne
I la solennità. L'uso divenne legge ed anche il Diario Perugino del 1772,
: ponendo fra le date ricordative il 19 maggio, annunciava pomposo:
« Ogni quattro anni entrano i nuovi quattro signori Uditori di Rota
oggi in possesso dell'onorifico Rotale impiego » (2).

Anche questa volta la preziosa Miscellanea Belforti, e precisa-
mente nelle prime dieci paginette non numerate del manoscrittino
È che ci ha già parlato minutamente « dell’elettione della Rota », ci
[ intrattiene per lungo e per largo su l'Ordine da osservarsi alle Calende
; di Maggio nel rinunciare l’officio gli Auditori vecchi e nel bn IRE
i nuovi, scritto verso il 1720.

Innanzi tutto é notata una oscillazione della prassi: i vecchi e i
nuovi Uditori possono presentarsi insieme al Palazzo dei Priori, e in
questo hanno la precedenza i primi ed i Priori seduti sui loro seggi
vestono i mantelli rossi; se invece 1 vecchi Uditori si presentano la
mattina per tempo a compiere la rassegna dell'Ufficio e i nuovi un po*
più tardi « poco prima dell'ora d'andare al lume » («il lume » è la solita

E processione dal Duomo a S. Agostino) per il primo ricevimento i
E Priori «staranno colle Ciamarre », riservando al secondo — dove c'é
più sfoggio di priorali poteri — i fatidici mantelli rossi, cui i nuovi
Uditori son consigliati di andare a rendere omaggio fin dal giorno
prima o «quando lor piace ».
Il cerimoniale, come é descritto nella Miscellanea, suppone evi-
dentemente che i nuovi e vecchi Uditori si presentano insieme.
Tanto per cominciare, i nuovi consegnano nelle mani del Cancel-
liere «i privilegi ed altra fede autentica del loro Dottorato per cosi
conoscere se siano di 8 anni » secondo la riforma delle Costituzioni.
Se le carte non fossero pronte, vengono iu i fatali Quis
. giorni per esibirli.
A questo rito di schietto carattere precauzionale, a cui certo non
ti saprebbero rinunciare i dinamici tempi moderni, segue un cerimoniale
assai meticoloso.

i (1) Inst. et Capitula, c. 2.
1 7 (2) Pag. 48; cfr. anche LANcELLOTTI, Scorta Sagra, pag. 255.

\
BRUNO FRATTEGIANI

« Dopo il Sig. Podestà che ha finito l'ufficio suo, levatosi in piedi;
dice che essendo venuto il termine del fine dell'Ufficio e giunto simil-

mente il tempo che egli debba restituire lo scettro a Lor Signori Ill.mi,

il quale se da lui é stato con poca dignità e valore sostenuto ne diman-
da perdono, sicuro di meritarlo, almeno per la buona intenzione che
ha sempre avuta e simili parole. Rallegrandosi poi che debba passar
nelle mani di persona di tanta Eccellenza et esperienza, e qui loderà

brevemente il Successore et quindi ringrazia essi SS. Priori e tutta la

Città de molti favori ricevuti... et questo fatto se ne va innanzi al

Sig. Capo d'Ufficio (s'intende il Capo dei Priori del Trimestre) e um.
.la debita riverenza e bacio gli porge et restituisce lo scettro... Il

Sig. Capo lo riceve et lo loda et ringrazia della giustizia così famen

. et con tanta carità amministrata...» ancorché — putacaso — avesse a
trattarsi di un barattiere, per cui un rigoroso sindacato non prometta

tanta tenerezza quanta il pistolotto obbligatorio del Capopriore.
Dopo il Podestà é la volta del Capitano che s'alza pure lui e —

manco a dirlo — «fa le medesime escusazioni, come fanno poi succes- .

sivamente gli altri due Uditori, ai quali tutti risponde E Sig. pe

d'Ufficio sempre cortesemente e humanamente ».

Questa la cerimonia coi vecchi, quale potrebbe svolgersi anche
separatamente al mattino di buon'ora dinanzi ai Priori in « ciamarra ».
Per la seconda parte, o per tutta — se non la si divide — é assolutamente

indispensabile la pompa dei mantelli rossi che fra Doc SFOSSEranno:

in processione.

«Il Cancelliere voltandosi alli Ill.mi Sig.ri ‘Priori dits loro che

atteso il fine della Rota passata, la rinunzia e restituzione fatta dello

scettro, é tempo che loro signori ammettano i nuovi Auditori et in

segno si consegni lo scettro dal Signor Capo al Sig. N dichiarandolo

Podestà per il primo anno come quello che è più antico nel grado del :
Dottorato con gli onori e pesi soliti e consueti, facendosene far ro-
gito dal Signor Notaro et così i Signori annuendo colla testa, il Signor .

Capo consegna lo scettro al nuovo Podestà, il quale avanti S. S. Ill.ma
nel riceverlo s'inginocchia sopra lo scalino dove sono posate le sedie ».

Si suggerisce al Capopriore di pronunciare un breve discorso
latino o volgare nell’ eseguire questo rito e si ricorda che in antico il

Cancelliere soleva a questo punto tenere un'orazione in latino, con

quanta delizia di tutti i presenti è facile immaginare... Eppure
l'estensione degli appunti al pensiero di quella orazione non può fare
a meno di sbottare in una esclamazione di amaro. rimpianto: « Ma la
Città ha mutato stato onde non pur s'osservano le nobili cerimonie ».
AREE ATA

‘ pag. 47; cfr. anche LANCELLOTTI, Scorta, pag. 255.

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 715

Consegnando lo scettro; sono in arbitrio del Capo due formule

sacramentali. Riportiamo la più breve supponendola anche la più
usata, almeno dopo che «la Città ha mutato stato ».

‘« Sceptrum hoc, justitiae et aequitatis regimen, faüsto felicique

omine amplissimi huius Magistratus et totius Civitatis nostrae, Excel-
lentiae tuae consigno, ut valeat justitiam aequa lance omnibus mini-
strare, ad laudem et gloriam , Summi et Omnipotentis,etc. ».

Una forma simile é usata per commettere i poteri al Capitano,
dopo di che si viene all’ assegnazione del rione spettante alla giurisdi-
zione d'ognuno. |

Tien dietro — dello stampo di quelle che ci siam già sentite scio-
rinare — una nuova paternale del Capo sulla giustizia, sull’ osservanza
degli Statuti comunali e delle Costituzioni Rotali. Il nuovo Podestà
levatosi in piedi, risponde ringraziando commosso (veramente la com-
mozione non è prescritta dal cerimoniale, ma le parole messe in bocca

son tali da spremere lacrime dai sassi !) e si dichiara impari a soste-

nere tanto peso e però confida nel saggio e valido aiuto e nel compati-
mento dei suoi tre compagni. Lo stesso deve ripetere il Capitano; lo
stesso devono ripetere pure — colla stessa modestia, commozione e
confidenza — il terzo e il quarto Uditore.

L’ultima parola spetta naturalmente al Capo, che attribuendo
tutto a « parto di molta umiltà » esprime la sua più viva fiducia, pro-
mettendo da parte dei priori tutto l'appoggio e tutta la comprensione..

Segue il giuramento, di cui parleremo poi.

Quando il manoscritto vi annunzia che la cerimonia è finita (ci si
domanderà intanto se valeva la pena soffermavisi tanto, ma rispon-

“«deremo che non ci sembrava male far toccare con mano fino alla evi-
denza quello che da principio dicevamo forse un po’ maliziosamente

sulle cinque starne...) vien fatto proprio di tirare un sospirone di
sollievo. Fortuna che, a rifare i Priori e i nuovi Uditori degli sbadigli ‘
scappati dalla bocca indiscreta, si parava poi dinnanzi la prospettiva
d’un po’ d’aria pura alla processione dei SS. Apostoli (1).

Il rito calendimaggio, che è rito di commiato per i vecchi e
rito inaugurale per i nuovi Uditori, non è la sola pietra miliare posta
a segnare le tappe della Rota e il rinnovellarsi del suo personale.

(1) « In tempo della Messa cantata in questa Chiesa (S; Agostino) si porta
a venerare i SS. Apostoli Mons. Governatore, il Magistrato e due Uditori di
Rota in gran fiocchi, mute di carrozze e: Guardie, etc. ». Diario Per. / 1712;
- ersten
x 3 rr

1372. BRUNO FRATTEGIANI

Un altro rito piü severo, ispirato a un sacro rispetto della giu-
stizia, attende allo spirare dell'Ufficio (in un primo tempo al termine
d'ogni semestre e anno) i vecchi Uditori: il sindacato.

In una lettera ufficiale dei Priori indirizzata — a titolo di riforma-
al Capitano in data imprecisata sotto il Pontificato di Clemente VII

.e conservata negli Statuti (1), là dove sono elencati i doveri inerenti

all'ufficio di Capitano, divenuto anche major Syndicus e Judex justi-
tiae, l'obbligo di sottostare al Sindacato si richiama a una nota frase
evangelica: « Debetis... villicationis vestrae reddere omnimodam ra- -
tionem juxia formam statutorum reformationum et ordinamentorum
nostrorum ; et in fine totius officii de omni vostro officio cum officialibus
el familiaribus eritis sindicati ».

In due altre rubriche sono piü precisamente determinate le mo-
dalità del sindacato (2), il cui obbligo é confermato da vari documenti
pontifici (3).

Come ci risulta. chiaramente da bandi trovati nella collezione,
conservata attualmente in Comune in attesa di una sistemazione nel-
l'Archivio di Stato di Perugia, anche gli Uditori del Governatore
erano sottoposti al sindacato; ne riporteremo uno in Appendice.

In tutte le edizioni delle Costituzioni Rotali é dedicato al sin-
dacato l'ultimo capitolo, che è 6° nella prima edizione e 9° nelle ultime
due. Si rimanda agli Statuti e si stabilisce:

«Quod per decem dies ante finem cujuslibet Semestris per Ma-
gnifica Collegia Artium Mercantiae et Cambii insimul congreganda,
fiat electio trium Sindicatorum ex probis et circumspectis viris dictae
Civitatis, sive ex dictis Collegiatis (del Collegio dei Giuristi). sive
aliis.

Qui dictos quatuor Auditores,-milites et famulos sindicare debeant
et sindicent pro omnibus gestis dicto semestrali lempore (4), praeter
quam quoad officium Capitanei et ipsius familiae ».

(1) Vol. I, rubr. 11.

(2) Vol. I, rubr. 14 (De sindicatu Potestatis et Capitanei et aliorum officia-
lium) rubr. 15 (De quibus quomodo sindicentur Potestas et Capitaneus et major
Sindicus et eorum officiales).

(3) GILIANI, Compendium, v. Syndicatus, pag. 266 s. cita una Bolla di
Sisto IV, una di Adriano VI, la Bolla aurea di Clemente VII, un Breve di
Paolo III e uno di Pio IV.

(4) « Hodie per annum... imo Sindicatus hodie fit finito officio ». Cosi
una glossa del ms. « Bullae ac alia jura», pag. 53.
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 73

Alla stessa maniera deve essere eletto il Sindacatore per l'Udi-
tore che nell’ultimo semestre (anno) è stato Capitano.

. Ad ogni Sindacatore deve essere assegnato un consultore ed
un notaro eletti dagli stessi Collegi di fra il Collegio dei Legisti. Inol-
tre due procuratori e un avvocato assistono ex officio i querelanti.-

Seguono gli onorari, le cui proporzioni non riescono a capaci-
tarci. del tutto:

« Sindicatores scutos tres pro quolibet
Consultor Potestatis scutos decem .
Consultor Capitanei quinque

Notarii duos pro quolibet

et unum debent habere Tubicinae

et Baiuli medium ».

L'oggetto del sindacato è chiaramente individuato nella clau-
B. sola del cap. 7 identica nelle due edizioni posteriori nonostante la
i diversità di contenuto dei capitoli stessi:

| « Item statuimus... quod omnes Judices praefati justas debeant
Es proferre sententias, sin autem injustas protulerint, teneantur in sindi-
catu reficere damna et interesse partibus gravatis. . . ».

CAPITOLO TERZO

1 Doveri e diritti degli Uditori

Il primo dovere che incombe agli Uditori é di natura fiscale.

Il nuovo eletto é tenuto a sborsare un ducato per le spese di cancelle-

ria; in caso di riconferma bastano invece quaranta soldi (1), anzi una

2 glossa del ms. Dominiciniano fa notare che la tassa per la riconferma

« hodie non habet locum ». Senza fermarci qui a parlare di tutti i doveri

morali e giuridici dei giudici, che sono del resto considerati solo di

passaggio e in forma del tutto generica, diremo particolarmente in

questo capitolo dell'obbligo del giuramento diretto a garantire la

continuazione dell'ufficio, dell'obbligo della residenza, dell'istituto
della surrogazione e di quello della sostituzione.

I capitoli che nelle Costituzioni vi si riferiscono, e cioé il III,

(1) Inst. et Capitula, c. 2.
$ di oto —— "le P n.) - LÁ UOCE ——

Lir
| d

72: Ra BRUNO FRATTEGIANI ES E

il IV e il V, sono sconosciuti alla edizione principe del Cartolari. erap-

presentano le aggiunte piü considerevoli.

M. Il cap. HI « De juramento praestando Dominis Auditoribus in

B i principio officii, de eo prosequendo usque ad finem et de poena receden-

|| i lis » si tradisce da sè fin dalle prime parole al lettore più digiuno di

8B critica testuale: « Ef quoniam interdum ut nonnulli, etsi humanite :
| Eu et honorifice ab hac M. C. ad hoc Rotae Auditorium vocati fuerint et

| Nella stessa data e nelle stesse circostanze fu aggiunto pure jar
| | capitolo IV: « De subrogatione facienda in locum recedentis vel deficien-
lis quacumque causa ». 1
. Non è soltanto una coincidenza cala che tali disposizioni fos- è
sero prese quasi all'indomani della rinuncia dell'Uditore Luca Fran-
‘ceschini. da Ponzano, accettata dopo lunghe insistenze il 27 giugno
di quell’anno, «cum tamquam servitor et vassallus Ill.mi Cardinalis .
Farnesii sit adstrictus et vocatus accedendi ad servitium Ill.mi Domini
Octavii Farnesii et semper per praefatos M. D. P. fuerit recusatus et ni-
hilominus de presenti per litteras praefatorum ill.morum virorum fue-
rint deprecati et requisiti de eumdem dominum Lucam licentiando ut se
inviare et accedere possit ad servitia talium illustrissimorum virorum ». (2) 1
Storditi da tanto ronzio e dal suono di tanta casata (sia peró venia
al barbaro latino) i Priori avevano ceduto alfine, ma pensarono di
rifarsi colle aggiunte predette, le quali furono tanto efficaci che il 19
febbraio dell'anno seguente si dovette lasciare partire anche un altro
Uditore, Domenico Ricci da Fermo, eletto Pretore della Repubblica
| di Lucca, allegandosi a scusa del benevolo smacco il fatto che il par-
Jt tente era stato già Podestà e Capitano ed ora era «puro Auditore ». X.
b In compenso furono fatte le surrogazioni secondo la nuova legge e P
| | 1 nomi ci.sono già noti (3). |
Il capitolo VI « De absentia vel. infi irmitate alicuius ex Auditori-
bus » fu aggiunto anche prima, nel marzo 1535, dal Vicelegato mons.
| Hg: Paolo Capozucca d'accordo coi Magistrati; RO OE dell'aggiunta |
ci é ignota (4).

t . dpsi... in medio... cursu, oblata eis occasione alterius, fortunae, non 3
| a n abrupto officio velle recedere . . ». Fu aggiunto il 12 settembre :
ps 1557 (1).

(1) Vidit, 1557, f. 28; VI Reg. Bolle e Brevi f. ost
(2) MarIoTTI, Notizie; Annali, 1557, f. 19.

(3) ManrorTI, Notizie; Annali, 1597, f. 68t.

(4) PELLINI, III, pag. 560.

"A
m—

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 75

| Venendo adesso al contenuto dei is capitoli attilio tro-

viamo imposto innanzi tutto — sotto pena della privazione dell'uffi-
cio — un giuramento concepito con tale rigore e audacia da ricordare
.la sanatoria stabilita nel 1540 dai Venticinque Difensori contro le

nullità derivanti dai Brevi: delle scomuniche pontificie (1).

Nelle mani del Cancelliere i nuovi Uditori devono giurare « de
continuando officio usque ad finem biennii, quodque ante illud nec per se
nec per alios petet aut ullo quaesito colore petere faciet licentiam de finien-.
do officio ante tempus ; et si quomodo huiusmodi esset impetrata licentia
ea non utetur, neque ab huiusmodi juramento umquam petet absolutio-
nem, immo (si contingeret eum fore aliquando absolutum), ex nunc prout
ex tunc jural, quoties fuerit absolutus toties se velle denuo juramento esse
adstrictum ad non petendam licentiam et absolutionem huiusmodi ».

Il giuramento insomma vorrebbe giungere ez nunc prout ex tunc
ad infirmare ogni atto grazioso tendente a sua volta ad infirmare gli
obblighi derivati dal giuramento. La pena contro i violatori è rela-
tivamente gravissima: oltre alla perdita di tutto il salario, « ullo un-
quam tempore neque ipsi neque posteri eorum ad tale officium eligi vel
assumi possint », e l'elezione fatta contro questo divieto dovrà consi-
derarsi nulla. È proprio il caso di ripetere il biblico « Patres manduca-
verunt uvam acerbam et dentes filiorum allegati sunt». E neppure è
posto un limite al numero di RAM travolte nella nemesi
storica !

Ma siccome molto prudentemente si prevede che più che alla
compromessa discendenza l’Uditore penserà — in caso di illecita par-
tenza — a mettere in salvo quel po’ di salario già ricevuto, si provvede
anche a questo imponendogli fin da principio di contrarre in proposito
obbligazione solenne «in forma. Camerae » e di dare « Idoneos fidejus-
sores in forma depositi » (2).

Dopo il 1582, quando fu fatta una legge contro le siconfenne nella
carica Uditorale (3), il giuramento fu ampliato. Non è impropabile
che una crescente crisi degli uffici comunali consigliasse di tenersi
cari quelli già conquistati e — piuttosto che a rinunce — si pensasse
volentieri a riconferme per nuovi quadrienni. Il brano ultimamente
ricordato della Miscellanea Belforti ci conserva la formula del giu-

X ramento convenientemente ampliata in senso opposto a questa nuova

(1) Cfr. anche Statuti, vol. T TADr. :3.
(2) Inst. et Capitula, c. 3.
(3) Annali, 1582, f. 145.
ar + USES

*
e

er ge Ri dE X EST

76 BRUNO FRATTEGIANI

tendenza. Precisamente nella cerimonia del calendimaggio il Cancel-
liere fa giurare sui Vangeli ai nuovi Uditori quanto è detto al c. 3
delle Costituzioni e inoltre di accontentarsi modestamente dei quat-
tro anni di Ufficio « senza dimandare mai altra riferma, la quale vi si
vieta totalmente poter ricevere sotto pena di spergiuro e di perpetua
infamia e della restituzione appresso di tutto il salario che avete rice-
vuto e di più ancora di scudi cinquanta da incorrersi tante volte,
quante si fatta riferma domanderete, né possiate da questo giuramento
domandare assoluzione se prima non pagate effettualmente la pena
incorsa e nondimeno non potiate essere uditi... Et finalmente osser-
verete tutti gli altri ordini, riformazioni, statuti regolazioni o con
qualsivoglia altro nome chiamate così fin'ora fatte, descritte e'regi-
strate nelle suddette Costituzioni della Rota, nei 4 volumi degli Sta-
tuti di questa città e nei libri pecorini et altri della Cancelleria di
questo Comune, come ancora le altre da farsi... et starete al Sin-
dacato... ». NUN
Nonostante i giuramenti sono previste le rinunce e comunque —
con tutto il galantomismo di questo mondo — resta pur sempre pos-
sibile « deficere quacumque causa ». A colmare pertanto i posti rimasti
vuoti in conseguenza dell'umana malizia o debolezza, si provvede per
surrogazione e si procede cosi. Si convocano gli stessi venti elettori
che hanno eletto la presente Rota; nel caso che ne manchino alcuni per
causa di morte o d'altro impedimento, si completa il numero per vota-
zione segreta dei Priori, Consoli della Mercanzia e Uditori del Cambio.
Si compie intanto dal Collegio dei Legisti l'elezione delle candidature,

quattro per un mancante, se per due, otto per più di due e da questi il:

Consiglio dei Venti sceglie more solito i sostituti o meglio i subrogati,
che succedono in tutto ai mancanti, salva la possibilità « expleto primo
biennio per illos qui discesserunt incepto et per illos qui subrogati sunt
completo, in aliud proximum biennium refirmari », anche se i mancati
non erano riconfermabili. Sembra peró che anche a costoro la possi-
bilità di riconferma sia stata tolta dalla legge del 1582, come si ricava
da una chiosa a un esemplare delle Costituzioni (ediz. 1570) rilegato
nella già nota Miscellanea Belforti. Le stesse norme valgono in caso
di morte di qualcuno.

S'è voluto di proposito — poco sopra— correggere l'espressione
« sostituiti » coll'altra « subrogati ». Di fatto nelle Costituzioni si parla
di surrogazione nel caso sopra descritto, mentre si parla di sostituzione
in caso di assenza o di impedimento transitorio.
E al riguardo tenuto fermo il principio che l'assenza (non cosi certo

mE
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 77

l’infermità !) presuppone debita licenza da concedersi dai Magnifici
Priori (1). Con pubblico istrumento notarile si sostituisce all’assente
o infermo il facente funzione di Podestà, che così oltre alla propria
giurisdizione viene ad esercitare anche quella dell'Uditore sostituito,
acquistando competenza in ordine alle vertenze pendenti presso di .
quello nello stesso stato e stadio. Se dovesse mancare proprio il Po-
destà, lo sostituisce l'« Auditor illi proximus », vale a dire il Giudice
del Rione seguente. .

Quanto agli atti per cui il concorso dell’assente o infermo era
richiesto a formare collegio, è stabilito che sia sufficiente l’intervento
degli altri «adeo quod in expeditionibus et definitionibus praedictis
duo sufficiant et valeant et teneant, ac si concursus duorum aliorum in-
dervenisset ». |

AI ritorno riprende il suo posto, così come lo trova, il sostituito.

Gli assenti senza licenza ed oltre il tempo permesso perdono —
« pro tempore absentiae » — il salario, nei confronti del quale — ma solo
per un quarto — é riconosciuto agli altri Uditori lo jus accrescendi,
mentre per i tre quarti tale diritto spetta alle finanze del Comune (2). :

Quantunque non sia proprio la medesima cosa, l'istituto della
legittima assenza richiama quello delle ferie.

Né l'uno né l'altro — non certo per se stessi quanto per gli inde-
biti ampliamenti e per gli abusi a cui facilmente si prestano — gau-
dent favore juris a Perugia, come del resto anche altrove. Non sap-
piamo come fossero regolate le ferie, salve le larghissime disposizioni
generali degli Statuti (3). Sappiamo solo d'una serqua di disposizioni
tendenti a coartarle il piü possibile, segno evidente che lasciavano
tutte — un po' come le gride a Milano — il tempo che trovavano.

Tanto per cominciare, due anni dopo la legge sull'assenza trovia-
mo la medesima legge rincrudita da una maggior burocrazia di stile
per la concessione della licenza e coinvolta per l'appunto con la que-
stione delle ferie. Durante l'ultimo Magistrato dell'anno 1537, di cui

(1) Nel sec. xvirr i Priori non basteranno più. La S. Consulta con lettera
del 24 luglio 1717 si riserverà la concessione. V. XI Reg. Bolle e Brevi, f. 17t.

(2) Sulla sufficienza dei rimasti v. anche una lettera del Card. Alessan-
drino del 26 novembre 1567 (VII Reg. Bolle e Brevi, f. 61t.) e altre lettere uffi-
ciali del 1580 e 1582 (ib., f. 106t. e 114). Una glossa del ms. Dominiciniano
si propone questo caso: « Quid si discederet in licentia et nemine substituto ? »
e risponde, riferendosi a fatti avvenuti: « Substituunt D.ni Priores ».
(3) V. GILTANI, Compendium, v. Feriae, pag. 138 ss.
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78. BRUNO FRATTEGIANI

fu capo Cesare Bontempi, «fu stabilito... che nessuno Auditor della
È Ruota potesse dalla città assentarsi senza il consenso de Consoli della
HIN Mercantia, de gli Auditori del Cambio et delli proposti nel Consiglio

PUT —: ET PES TA IST

delli cinquanta, né di prorogare alle ferie, oltre alla forma degli Sta-
tuti in nessun tempo e particolarmente nel tempo della rivalsa dei. .
grani, e che alle ferie dagli statuti permesse perchè erano soverchie. . .
si dovesse per huomini eletti provvedere...» (1).
| Inutile seguire la lunga vicenda di provvedimenti in proposito.
Il ricordo delle gride è da solo forse più espressivo di qualunque dis- È
sertazione. Ricorderemo che nel 1748 (è il già ricordato Consiglio . 2
| Generale) suonavano ancora sempre le medesime campane contro i a
| medesimi abusi e l'autorità che concede le licenze è ormai definiti-
| vamente un'altra: la S. Congregazione del Buon Governo. :
| i In fatto di diritti le Costituzioni non sono né molto sistematiche ;
NUN né molto esplicite. E
| A titolo di completezza daremo qui qualche ragguaglio sull’ abita- "
Min ‘zione degli Uditori, e per concomitanza sulla sede del Tribunale, sui
| distintivi e precedenze, sulla famiglia e sullo stipendio.
Nelle Costituzioni é provvisto in uno stesso inciso per l'abitazione
e per la sede del Tribunale, ma — quanto alla prima — in una maniera
ARA che sa del provvisorio e (quel che più conta) si presenta un pochino
Bn incomoda per gli Uditori a ragione degli sgomberi semestrali che im-
II pone. « Qui Potestas dicto sex mensium tempore durante habitare debeat
in Palatio Potestatis in majori platea sito et sedere ad jus redden-
td dum horis et temporibus debitis in sala inferiori dicti Palatij ad Tribunal
RI consuetum, et similiter sedere debeant in eadem sala alii D.D. Auditores
| : Judices ad Tribunal Portarum quibus praeerunt... ». Il Capitano poi
« habitare debeat dicto tempore in Palatio Capitanei in minori platea
- sito, et ibi super damnis datis jus reddere ». Gli ultimi due Uditori « ha-
bitent unus in Palatio Potestatis, alter in Palatio Capitanei, prout con-
cordes erunt, aut sorte inter ipsos dirimatur » (2). ;
Abitano dunque due per parte, ma giudicano tutti e quattro
nella sala inferiore del Palazzo del Podestà. Solo la giurisdizione sui

| (1) PeLLINI, III, pag. 600 s.; ci dispiace di cogliere qui in errore il Ma-
i RIOTTI che cita a sproposito pag. 712-713. Non c'é peró da allarmarsi; l'ec-
| cezione (e del resto è una semplice svista) conferma la regola dell’impeccabili-
tà scientifica del Mariotti.
(2) Inst. et Capitula, c. 5. Nei primi tempi troviamo assegnate agli Uditori
case private prese a pigione a cura dei Priori (MarioTTI, Notizie).


—— ——
EU Lu DIES LU uo

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA : 79

danni dati (si noti per quanto diremo poi che non. si fa parola degli.
appelli) è esercitata dal Capitano nel suo Palazzo di Sopramuro.

. In breve dovevano avvenire i cambiamenti (ma forse è meglio
parlare di sistemazioni) anche qui. Sappiamo infatti da una additio
al cap. 9 delle Costituzioni, accettata nelle due edd. 1570 e 1578, che È
almeno da quel tempo tutti e quattro gli Uditori abitarono nel Palazzo.
del Capitano in Piazza del Sopramuro, palazzo che assume in con- .
seguenza anche i nomi di Palazzo di Sopramuro, Palazzo del Pode-

.. stà (raro), Palazzo della Rota, mentre oggi si chiama comunemente

ed è di fatto Palazzo di Giustizia (1). !
La sede del Tribunale poi viene a passare nella Sala dei Notari

. nel Palazzo dei Priori (2) e il Lancellotti, sempre minuzioso, ci fa
. sapere che gli Uditori in tale sala «tengon tutti i giorni giuri-

dici ragione... sopra de seggi fatti a tale effetto dalla Città nel
1583 » (3). i

Merita di essere riportata una chiosa del tante volte ricordato
manoscritto Dominiciniano, riserbato ma chiarissimo teste del lento e
inesorabile declino della Rota: « Hodie... omnes sedent ad unum et
idem Tribunal sublatis. particularibus Portarum. Hodie tamen ex parvo
causarum numero numquam sedent » (4).

In fatto di precedenze, distintivi, famiglia, stipendio (cose n non

‘indifferenti specialmente le ultime due), le Costituzioni Rotali nelle

edizioni definitive non hanno che scarsissime indicazioni. Si ha per

. esempio molta cura al cap. 8 di minacciare i Giudici che accettino le

classiche e sempre attualissime sportule o altri pagamenti straordi-
nari, ma non ci si cura molto di insistere sulla conveniente base eco-
nomica che — se non fondare — potrebbe almeno garantire un po’ l'in-
corruttibilità dei Giudici stessi (5). In compenso è comminata spesso

la perdita — o in tutto o in parte — del salario (6).

Esiste un Breve di Giulio III del 10 giugno 1554 riguardante gli

(1) CrIsPoLTI, Perugia Augusta, pag. 33; StePI, Descr., I, pag. 426 s.

(2) CRISPOLTI, Perugia Augusta, pag. 236.

(3) Scorta Sagra, pag. 6.

.. (4) Bullae ac alia Jura, pag. 39.

(5) Quanto a sportulae e affini già i vecchi Statuti del 1342 parlando del
«saramento da prestare per la podestate et per lo capetanio » mettevano loro
in bocca queste parole: « Oltra el nostro salario non domanderemo, né tolgle-
remo e i promettente a noie entra octo di manifesterimo ello majure conselglo
de la: citade ». (Lib. 1, rubr. 7; DEGLI Azz1, op., cit., 47,pag..31).

(6) Inst. et Capitula, passim c. 3, 4:61, 8.
80 BRUNO FRATTEGIANI

stipendi dei restituiti uffici comunali, ma non tanto la loro erogazione
che vi é presupposta quanto il modo di procurarsi i fondi necessari.
La Bolla del 21 aprile 8553 (restituzione delle magistrature) toccando
di passaggio lo stesso argomento assegna alla Rota 1100 scudi annui.

Le più ampie notizie in materia (stipendio, famiglia, distintivi)
restano complessivamente quelle di due scrittori perugini del sec. xvii
di cui ci piace riportare le brevi note anche per il loro carattere rias-
suntivo: sono Crispolti senior e Lancellotti.

Scrive il Crispolti: « ... Hanno di stipendio venti scudi il mese per
ciascheduno; il Podestà ha obbligo di vestire il robbone longo di drap-
po, et si manda avanti un Paggio vestito a livrea, con uno stocco in
mano et con un cappello di broccato d'oro alle spalle, et egli porta in

© mano uno Scettro nero con una Palla d'oro; gli altri tre Offitiali an-

cora vestono di robboni longhi di drappo, e dalla Città sono provvisti
di un Palazzo appartato nella Piazza minore, ove hanno Bargello,
Essecutori et Pregioni...; sono obbligati di uscire con il Magistrato
nei giorni solenni, et all'hora il Podestà va di mezzo fra li due primi
Priori, il Capitano fra gli altri due che seguono immediatamente, et
gli altri due vanno dietro a tutti i Priori » (1).

Il Lancellotti scrive: « Quattro anni è goduta dagli Eletti la ca-
rica coll'emulumento di 20 scudi il mese per ciascuno... Vanno gli
Auditori con Rubboni alla Audienza, accompagnati dai loro Servi-
tori, e da Clienti, precedendo loro il Paggio colla spada e col Cappello,
insigne del Magistrato. Il Podestà, che viene in primo luogo goduto un
anno per ciascheduno, porta in mano una bacchetta d'Ebbano,segno
di giurisdizione...» (2).

Interesserebbero certamente maggiori notizie sui famigliari
(Bargello, soldati, ecc.), ma purtroppo nessuna carta si dà pena di
fornircene.

CAPITOLO QUARTO

Competenza della Rota Perugina

L’argomento del presente capitolo è senza dubbio il più scabroso
e il più malagevole del nostro lavoro.
Crediamo che ciò sia dovuto in gran parte a lacune del materiale

(1) Perugia Augusta, pag. 236 s.
(2) Scorta Sagra, pag. 6.
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 81

documentario, che non sempre permettono una risposta sicura e de:
cisiva alle nostre piü legittime domande, specialmente se si tien conto
di un fatto, abituale un pó dappertutto fino alla raffica stroncatrice
della Rivoluzione francese, là coesistenza cioè sullo stesso terreno di
varie giurisdizioni, che se avevano teoreticamente lo scopo di agevo-
lare la buona amministrazione della giustizia, non potevano poi in
pratica non intralciarsi talvolta a vicenda, cambiando — come si suol
dire — le carte in tavola ai posteri curiosi.

Fin.nel 1772 — quando già stanno maturando coll'Enciclopedia
le nove concezioni del Diritto Pubblico — il Diario Perugino menziona.
per la sola Perugia i seguenti Tribunali: Tribunale di Mons. Governa-
. tore, Rota, Tribunale del Vescovo, Tribunale di Malta, Tribunale della
R. Fabbrica, Tribunali dei due Collegi della Mercanzia e del Cambio;
Tribunale del S. Officio (1).

Retrocedendo negli anni fino alla nascita della Rota, ne troveremo
anche degli altri. Se qualcuno di essi — come per le loro giurisdizioni
del tutto speciali-la Fabbrica, il S. Ufficio, il Tribunale di Malta-
non potrà darci eccessive preoccupazioni, gli altri — presi nel loro in-
sieme — hanno per noi (e non soltanto per noi, ché abbian letto pa-
recchi interrogativi sulla fronte di dotti perugini di fronte alla citata
pagina del Diario 1772) l'aspetto di una grossa matassa intricata, da
cui ci accingiamo — non senza una certa trepidazione — a dipanare il
filo che é oggetto della nostra ricerca, in questo caso la competenza
della Rota Perugina. Il risultato porterà naturalmente a pronunciarci
| — sia pure indirettamente — su altre giudicature, a disintralciare altri
fili che si trovassero annodati col nostro.

Sarà bene a questo intento rifarsi dal Breve Clementino che dava
vita al nostro Tribunale.

Secondo il tenore del Breve, come già accennammo, l'erezione
. della Rota o più precisamente degli « Officia Quatuor Auditorum Rotae
nuncupata », richiesta dai Magistrati del Comune, più che una ere-
zione vera e propria voleva essere nella mente degli oratori e secondo
la stessa concessione pontificia, una conversione delle già esistenti
giurisdizioni municipali, molto svuotate del loro contenuto a causa
delle trascorse vicissitudini cittadine e degli arbitri dei Legati, in una
giurisdizione di carattere collegiale, a cui l'autorità dell'intervento
pontificio, insieme alle nuove norme piü precise che si sarebbero sta-
bilite, conferisse una certa garanzia di funzionamento autonomo e

(1) Diario Perugino 1772, pag. 27.
————— e —-p———

82 BRUNO FRATTEGIANI

tranquillo. « Exponi nobis nuper fecistis... quod si officia Praeturae
suorumque collateralium, necnon officium Judicis Appellationum, Ba-
riselli Populi nuncupatum, istius nostrae Civitatis, cum eorum jurisdic-
lionibus ac salariis et emolumentis in nova officia quatuor Auditorum
Rotae nuncupata assensu et auctoritate nostra in Civitate erigenda et
constituenda transferrentur seu commutarentur, in non mediocre ejusdem
Civitatis ac Territorii commodum, facilioremque justitiae... admini-
strationem cederet. . . ». La parte dispositiva («Nos igitur ») non fa che
ribadire gli stessi concetti (1). |

Il testo citato del Breve ci da per fermi due punti, uno del tutto
generico riguardante la giurisdizione, un secondo piü determinato ri-
guardante la competenza in ragione del territorio.

1) Dal punto di vista della giurisdizione, in generale si afferma
che gli Uditori di Rota continuano — quasi che si trattasse di una suc-
cessione universale juris publici — la personalità e le funzioni dei pre-
cedenti giudici della città e cioè, come spiegano le Costituzioni Rotali
«eandem jurisdictionem habeant, quam ex forma Statutorum, reforma-
tionum, seu quarumcumque constitutionum dictae Civitatis necnon et
indultorum Apostolicorum, seu etiam de jure communi, Potestas cum
ipsius Judicibus et Collateralibus ac etiam Judex Appellationum, seu
Barigellus Populi cum eorum et cuiuscunque ipsorum officialibus ha-
beant... (2). n

Queste attribuzioni sono poi riassunte, modificate, adattate al
nuovo Tribunale dalle stesse Costituzioni, e sulla loro scorta ne ve-
dremo il contenuto, che per altro — è bene avvertirlo in precedenza — è
discretamente sobrio.

Si può dire però che questo primo dato fornitoci dal Breve ne
contenga implicitamente un altro di capitale importanza fino a dar
fondamento ad un principio. Continuando la personalità delle vec-
chie giudicature comunali, continuandone in pieno le funzioni gli
Uditori di-Rota devono considerarsi i giudici ordinari della Città e
deve quindi ritenersi per fermo che la loro competenza — in mancanza
di ulteriori precisazioni — si estenderà a tutte quelle materie, che o per
diritto comune accettato o per diritto statutario, non siano riservate a giu-
risdizioni speciali.

2) Quanto alla competenza territoriale si afferma del tutto indi-
rettamente, ma non meno sicuramente, che essa si estenderà solo alla

. (1) Bull. Rom. IV, I, pag. 89-90.
(2) Inst. et Capitula, c. 1.
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 83

città e suo territorio. E questa — prescindendo dalle Costituzioni che al
capo 5 distinguono chiaramente «poríae Civitatis » e. « comitatus »
(contado) e non vanno piü avanti di li — é l'unica testimonianza, pon-
derosa del resto perilsuo carattere ufficiale, che riguardi la competen-
za territoriale della nostra Rota. Accennata indirettamente mentre si »
espongono le finalità della petizione di Perugia (in...Civitatis ac
Territorii commodum) non è — ripetiamo — meno sicura, né a rigore
sarebbe richiesta, essendo un corollario del primo punto datoci per
fermo dal Breve. Non è come Macerata, dove Sisto V crea — si può
dire ex novo nonostante i precedenti di una Curia Generale che non
viene affatto nominata — una Rota e può e intende di fatto dotarla
dei più ampi ed estesi poteri. Clemente VII a Perugia non fa altro
che dare il lustro del suo nome a questa trasformazione dei Giudici
della Città in Uditori di Rota. . ;

La determinazione ha la sua importanza, quando si pensi che
il Legato e il Vicelegato o il Governatore (Perusiae et Provinciae Um-
briae Legatus... è il loro titolo ufficiale nei Bandi) non essendovi
naturalmente ancora ombra di preoccupazioni per una distinzione
di poteri, tenevano banco di giustizia in tutta la Provincia per mezzo
dei loro Luogotenenti e Uditori. È per questo che crediamo di poter
escludere nella maniera più sicura che le Decisioni di Giuseppe Ludo-
vico da Assisi (il titolo « Decisiones... causarum Perusinarum et Pro-
vinciae Umbriae » è di timbro tipicamente legatizio) siano state pro-
nunciate nella nostra Rota.

Venendo ora alle Costituzioni Rotali, troviamo la materia che ci
interessa in due capitoli, il quinto e l'ottavo, che — pure sotto diversa
numerazione — esistevano anche nell'edizione principale del Cartolari.
Nel quinto « De distincta Jurisdictione Dominorum Auditorum » sono
contenute le disposizioni seguenti:

1) I tre eletti più anziani per riguardo al dottorato «sint Audi-
lores et judices ordinarii in primis causis tam civilibus quam crimina-
libus, quam mixtis, omnibusque aliis, inter homines et personas trium
primarum Portarum et comitatus » (1). E stabilita cioé una precedenza
in ragione dell'importanza dei Rioni (Portae), per ognuno dei quali —
secondo la tradizione perugina — è fissato un Giudice. Il primo Udi-
tore, il più anziano nel dottorato, sarà pertanto competente per Porta
S. Pietro e per una zona imprecisata del contado, il secondo per Porta

(1) Il contado che si identifica col ferritorium del Breve coinéide più o
meno col territorio dell’odierna Diocesi. v. Stat. III rubr. 104.
84 3 BRUNO FRATTEGIANI

Sole e un’altra zona del contado, il terzo per Porta S. Angelo ed una
terza zona, rimanendo gli ultimi due rioni — Porta S. Susanna e Porta
Borgna — riuniti sotto la giurisdizione del quarto, che in compenso
d'essere l'ultimo non avrà a che fare .con i contadini. Tutti poi « illam

jurisdictionem habeant, videlicet servata dicta distinctione jurisdictionis

Portarum in omnibus et per omnia, quam Potestas et eius Judices et
collaterales habent secundum Statuta », che a dire vero non ci dicono
molto di piü.

L'orizzonte della competenza é quanto mai vasto, esaurendo tutto
il campo contenzioso, criminale e misto. E da notare quanto alla
competenza in criminalibus la sorprendente svista (a meno che non
sia passione archeologica) degli editori del 1570 e 1578, che ben do-
vevano sapere come Giulio III avesse ormai da una ventina d'anni
limitato il potere della Rota alle sole cause civili, riservando le cri-
minali al Tribunale del Legato.

Crediamo di potere interpretare quell'«omnibusque aliis.» che a
prima vista sconcerta un po', piantato com'é dopo la generalissima
espressione « in omnibus causis tam civilibus quam criminalibus quam
mixtis », nel senso che tale espressione voglia ricomprendere sotto di
sé quelle cause che pur appartenendo al campo civile, come i danni
dati, o al campo criminale, come quelle dei malefici, si solevano deno-
minare con nome proprio.

2) Ogni Uditore eserciterà per un semestre la cariea ed avrà la

dignità di Podestà, rimanendo sempre Giudice di quella Porta che gli .

fu assegnata in principio a titolo di anzianità. Egli é inoltre esecu-
ns — e per questo tiene famiglia — « in civilibus et criminalibus »;
l'espressione va accettata anche qui col beneficio dell'inventario,
perchè ci consta che anche l' Uditore Criminale del Legato aveva carceri
e Bargello a munire come di contrafforti la sua giurisdizione penale (1).
3) Per lo stesso periodo di tempo, ognuno sarà pure per turno
« Capitaneus et Barigellus Populi Perusini et habeat jurisdictionem
super damnis datis et aliam quamlibet per statuta et ordinamenta dictae
Civitatis Capitaneo seu Barigello attributam et appellationum et recur-
suum ut infra ».
Per spiegarci quell'aliam quamlibet potremmo ricordare col Gi-
liani (2) le seguenti attribuzioni del Capitano secondo gli Statuti:

(1) V. DEcur Azzi, Istruzioni segrete della Curia Pontificia, in « Boll. Dep.
St. Patria per l'Umbria », XXI (1925), pag. 383.
(2) Compendium v. Rota, pag. 239.

|
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 85

oltre ad essere Giudice dei danni dati e Giudice ordinario d'appello,
di nullità e di ricorsi (1), giudica in particolare dei ricorsi dalle sen-

‘ tenze dei Consoli, Uditori e Camerlenghi delle Arti (2) e della reductio

ad arbitrium boni viri (3). In realtà propenderei a ritenere pleonastica
— un po’ secondo il gusto rococò delle Costituzioni — quella formula. *
Di fatto il ricorso dalle sentenze dei Tribunali delle Arti rientra nella
regola generale come accenna assai chiaramente la frase di clausola.
« Salvo semper recursu... » e la reductio ad arbitrium boni viri-non è
altro che un atto procedurale nel giudizio de damnis datis. Inten-
diamo parlare — s'intende — di attribuzioni giudiziali, essendo ormai
la nuova figura del Capitano circoscritta a questo campo.
Comunque va bene inteso anche qui che il Capitano resta Giu-
dice del suo Rione colla ordinaria giurisdizione che compete agli altri.
Quanto alla sua qualità di giudice d'appello — che fra l'altro ci
darà del buon filo da torcere — essa non toglie che il Capitano sia solo

.]a seconda dignità della Rota. La prima resta sempre il Podestà de-
| tentore dello scettro, simbolo dei poteri rotali.

Per quel che riguarda la durata della carica, è intuitivo, dopo
quanto s'é detto nei cenni storici, che essa sarà portata da sei mesi ad
un anno in conseguenza della proroga stabile dell'Ufficio Rotale a
quattro anni.

4) La distribuzione degli uffici semestrali Gnd) deve essere
fatta per estrazione a sorte, esclusa la cumulazione del Capitano (o
Capitananza) e della Podesteria in una sola persona.

A queste norme delle Costituzioni la consuetudine fini per appor-
tare un notevole cambiamento. Sappiamo infatti che almeno nel se-
colo xviti la distribuzione degli uffici si faceva per anzianità come la
assegnazione dei Rioni «osservandosi che se bene vicendevolmente
si mutino Podestà et Capitano, la distribuzione delle Porte é sempre
la medesima et ne i medesimi Auditori » (4).

5) Tenendo presente il principio tutto perugino che «reus sequi-
tur actoris forum », in caso di litisconsorzio gli attori che apparten-

| gono a diversi Rioni «adire valeant et possint Auditorem illum tunc

(1) Statuti, vol. I, rubr. 25 in addit.

(2) Statuti, vol. I, rubr. 81: « Salvo semper et reservato... recursu ad D.
num Capitaneum ».

(3) Statuti, vol. I, rubr. 558.

.(4) Misc. Belforti, Ordine da osservarsi alle Calende di Maggio. Si dice
anche che il Cancelliere è tenuto ad avvertire i nuovi Uditori di « questo stile »,
perchè non sembri che si voglia andare contro le Costituzioni.
UE RA» Cee 7 CE”

CEU prc

86 BRUNO FRATTEGIANI

HER officio Praetoris fungentem, qui eo casu sit judex competens et univer-
RITES salem habeat jurisdictionem omnium Portarum prout olim habebat D.
Hil li Potestas, adeo quod omne id et totum, quod coram eodem dictum factum
Bitch gestumve fueril, valeat... et quod causae coram uno ex dictis Dominis
| Auditoribus, ut praefertur, inceptae, finito suae Praeturae officio, de-
beant et possint coram alio in dicto officio succedenti prosequi et termi-
nari etiam sine alia status causae reassumptione ».
| | È dunque un caso singolare in cui il Pretore o Podestà (abbiamo :
Wt già detto dell'equivalenza dei due nomi) viene a riassommare in sua 1
| mano tutta la giurisdizione. |

Di questa disposizione sappiamo che fu aggiunta nel 1535 ed ebbe E
il 5 febbraio 1536 l'approvazione del Card. Grimani Legato (1).

Riassumendo le norme del cap. 5 e tenendo conto della restri-
|] zione di competenza da parte di Giulio III, possiamo ritenere come

acquisito:
| a) che i quattro Uditori di Rota sono i Giudici civili ordinari
ME della Città e del contado di Perugia, con competenze vicendevolmente
BE circoscritte, tolto il caso di litisconsorzio fra persone di diversi Rioni,
in cui il Podestà ha giurisdizione universale.

— b) che però — considerando così singolarmente gli Uditori —
in fatto di esecuzioni è competente il solo Podestà pro tempore,come
in materia di danni dati e d’appello o ricorso ha competenza esclusiva
il Capitano. Quest'ultima attribuzione del Capitano non potrà non
riuscire un po’ enigmatica.

UE Ma non ci resta intanto — prima di affrontare la questione — che
E proseguire nella nostra disamina testuale, vedendo precisamente in-
i| nanzi tutto il cap. 8 « De Appellationibus » che ci dà — in sede di
competenza — le seguenti disposizioni (la cui importanza ci consiglia
di largheggiare in citazioni letterali):

1) « A sententiis per ipsos D.nos Auditores in primis causis feren-
dis et subinde latis... ad tres illos, qui sententiam non tulerunt appel-
| lari, recurri de nullitate et de gravamine dici possit, videlicet hoc ordine

fo. quod ad unum ex eis ad libitum appellantis . principaliter appelletur,
recurratur de nullitate aut de gravamine dicatur, et coram eo processus
et acta fiant. Liceat tamen partibus vel ipsarum alteri petere infra decem
tl dies a die exhibitarum exceptionum in causa appellationis etc. compu-
A tandos, quod reliqui duo ad sententiam ferendam addantur et tunc facta
petitione intelligantur esse additi absque alia declaratione ».

(1) GILIANI, Compendium v. Forum, pag. 147.
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 87

E dunque a questo punto — in sede d'appello — che vediamo en-
trare in funzione la Rota come tale, vale a dire come Collegio, cosicché
— qua talis — potremmo senz'altro qualificarlo come un Tribunale di
secondo grado. Infatti la competenza nelle prime cause, come so-
‘ gliono esprimersi le Costituzioni parlando delle cause trattate in prima
istanza, non spetta tanto alla Rota quanto al singolo Uditore Giudice
di rione, presso il quale — secondo il principio inverso al classico
«actor sequitur forum rei » in vigore a Perugia (1) — l'attore domiciliato
0 iscritto nel rione stesso deve convenire l'avversario. E vero che nel
caso si tratta solo di una specie di Collegialitas optiva nella cognizione
dell'appello e nella sua definizione, ma rimane vero che di fatto è la
Rota che viene adesso presa in considerazione con una norma che
prescinde da considerazione di circoscrizioni particolari e assegna
alla competenza del Tribunale tutta Perugia e tutto il suo territorio.
Naturalmente resta escluso, per una regola di buona politica procedu-
rale, l'Uditore che per avere giudicato in prima istanza è considerato
prevenuto.

2) I Giudici dei primi tre rioni, che — come s'é visto — hanno
giurisdizione anche sul contado, sono pure « judices ordinarii omnium
et singularum causarum, appellationum, nullitatum, gravaminum et
recursuum ab omnibus sententiis et pronuntiis per quoscumque alios
Judices tam dictae Civitatis quam Comitatus judicialiter latis, a quibus
secundum formam statutorum appellari... non sit prohibitum, necnon
a quibuscumque pronunciis, gravaminibus, laudis el arbitramentis
extrajudicialiter latis, eo tamen modo et ordine, quod coram uno processus
fiant et reliqui duo addi possint » precisamente come si diceva per il
primo caso.

Il paragrafo precedente considerava l'appello da un Uditore alla
Rota e dichiarava competenti i tre Uditori non prevenuti. i

Qui si considera invece l’appello da sentenze di altri Giudici,
‘o da decisione estragiudiziali, ed è pure dichiarata competente la
Rota nei suoi primi tre Uditori presi collegialmente nel senso già spie-
gato (optio appellantis). Nell’un caso e nell’altro è la Rota che funziona
— qua talis — come Tribunale di Appello. Quanto ai Giudici, nominati
incidentalmente, non è oggetto del nostro studio districarne e alli-
nearne logicamente l’intricata e piuttosto oscura (perchè documenta-
riamente lacunosa) gerarchia. Basterà ricordare per la campagna i
Podestà, i Capitani, i Vicari del Contado e i Direttori, che — precor-

(1) GILIANI, Compendium v. Forum, pag. 147 s.
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88 : BRUNO FRATTEGIANI

rendo rispettivamente i nostri Conciliatori e i nostri Pretori — hanno:

una competenza limitata e determinata per valore, oltre che per circo-
‘scrizione di Ville e Castelli (1); e per la Città i già citati Tribunali delle

Arti (2), gli stessi Direttori in quanto competenti in materia di gabelle,
i Giudici delle Divisioni (3) e i Giudici dei Decreti, scelti fra i Dottori
del Collegio (4), il Giudice delle Insinuazioni che in forza degli Statuti
deve essere il Giudice di Porta S. Pietro ed è quindi — dopo costituita
la Rota — l'Uditore di quel Rione (5). Riteniamo che lo stesso Capitano

come Giudice speciale dei danni dati debba collocarsi nel numero di

questi Giudici da cui si appella alla Rota.

3) Anche nelle cause in cui si chiede esecuzione di istrumenti o
di altre scritture o si domanda di venire a compromesso giudiziale (6)
l'Uditore « judicare debeat: non solus sed cum aliis duobus Auditoribus
et Judicibus » che saranno quelli dei due Rioni seguenti nell'ordine
di precedenza se l'Attore appartiene a una delle prime due Porte,
quelli delle due precedenti se invece l'attore appartiene a una delle
due ultime.

In questo caso — e non siamo piü in materia di appello — la colle-
gialità diventa obbligatoria.

È stabilito in seguito che « duorum sententia praevaleat » nel deli-
berare la decisione definitiva. In caso di discordia di pareri, si ha un
intervento del potere esecutivo: I Priori infatti prefiggono i termini per
addivenire ad un accordo « sub poena ipsorum arbitrio imponenda et de
salario dictorum DD. Auditorum... retinenda ». |

4) E contemplato in fine un solo caso di plena Rota, ma è proba-
bile che la prassi e lo stylus curiae ne portasse altri anche più stretta-
mente giurisdizionali, mentre qui si tratta di semplice ufficio di con-
sulenza nei compromessi: « Et in eventum quod in causis compromis-
sariis... caderet electio consultoris in dictos DD. Auditores seu eorum
alterum, ipso jure cadat in totam Rotam... ». Le riforme alla rubrica
degli Statuti riguardanti i compromessi estendono questa disposi-
zione al caso che le parti, pur concordando nell’ammettere un con-

(1) GILIANI, Compendium v. Vicarii Comitatus, pag. 292 ss., v. Directores,
pag. 114. è .

(2) GILIANI, Compendium v. Collegio, pag. 71 ss.

(3) GrLIANI, Compendium v. Divisio, pag. 115.

(4) GiLiaNI, Compendium vw. Judex communis, pag. 167.

-. (5) Statuti, vol. II, rubr. 42; GILIANI, op. cit., v. Insinuatio, pag. 162.

(6) È da tenere presente che tali cause non ammettono appello secondo

gli Statuti di Perugia (vol. II, rubr. 27 e 29).
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IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA © 89

sultore, non si accordino sulla sua persona: « Et casu quod dictae partes
non convenirent in electione consultoris, tunc electio cadat in totam Ro- .

' tam et omnes Auditores dictae Rotae sint consultores » (1).

Potremmo adesso concludere riassumendo le disposizioni delle
Costituzioni in fatto di competenza, se non ci si presentasse prima da
risolvere una difficoltà già preannunciata, che adesso siamo in grado
di comprendere meglio nei suoi termini. Le riflessioni tratte dal capi-
tolo VIII «de appellationibus » ci hanno portato a concludere che in
sostanza la Rota, come Rota, é un Tribunale di secondo grado. D'altra
parte il cap. V «de distincta jurisdictione DD. Auditorum » ci ha spiat-
tellato senza ambagi che Giudice di appello secundum formam statu-
torum è il Capitano del Popolo, superstite in un Uditore di Rota.

Quel che riesce veramente grazioso e interessante (per non dire
sconfortante) é che lo stesso estensore del cap. 5, come prevedendo
le difficoltà, pareva quasi di già rimboccarsi le maniche della camicia
per accingersi a risolvere lui la scabrosa questione, scrivendo precisa-.
mente che il Capitano « habet jurisdictionem... appellationum et re-
cursuum ut infra », quando poi vi lascia bel bello la briga di cercare
invano infra una norma che riguardi ancora il Capitano e la soluzione
del conflitto, lasciamo andare nei commi seguenti ma nemmeno nei
seguenti capitoli. Non abbiamo potuto in alcun modo, né coll'aiuto
del Giliani né fra le molte carte rovistate, trovare elementi di sorta per
aiutarci a sciogliere il nodo gordiano. Solo, dietro un esame maturo
dei testi, ci siamo creati la persuasione che due soltanto possono essere
le soluzioni. ; i

Una che salva i dottori collegiati «almae Sapientiae proceres »,.
autori delle Costituzioni, dalla taccia di incongruenza riguardo al
citato ut infra, ma potrà apparire un pochino azzardata se messa a
confronto colla logica. Un'altra che spregiudicatamente demolisce la
riputazione dei colendissimi Dottori, rovesciando magari la colpa —
come si suol fare — sui ritoccatori dell'opera loro, e sembrerebbe meglio
accordarsi col testo della legge, che — pur essendo poco chiaro — accenna
a due competenze di appello.

Ci si rende necessario per presentare la prima spiegazione ripor-

tare integralmente il citato passo dell’ut infra:

' (1) Reformationes de compromissis in libro secundo statutorum Augustae
Civitatis Perusinae Rub. XXVII, Perusiae apud Petrum Jacobum Petrutium
MDLXXXVI, pag. X. Cfr. anche GILIANI, Compendium v. Compromissum,
pag. 90. . |
BRUNO FRATTEGIANI

« Quilibet etiam ex praedictis DD. Auditoribus per tempus sex
mensium... sit Capitaneus et Barigellus. Populi Perusini et habeat
jurisdictionem super damnis datis et aliam quamlibet per Statuta et
ordinamenía dictae Civitatis, Capitaneo seu Barigello attributam, et
appellationum et recursuum ut infra ».

Si tratterebbe di attribuire l'uf infra esclusivamente all'ultimo
inciso, interpretando cosi:

Ogni Uditore sarà per un semestre Capitano-Bargello e Giudice
dei danni dati colle attribuzioni complementari contenute negli Sta-
tuti. Sarà anche Giudice di appello, nel senso peró che si dichiarerà

più sotto e precisamente là dove si parlerà degli appelli. E il senso

sarebbe questo precisamente: per amor di tradizione il. Capitano
giudice dei danni dati come in antico, conserverà pure il titolo di
Giudice di appello, ma si tratterà di semplice titolo, mentre di fatto
le seconde cause saranno ormai conosciute e definite collegialmente
dalla Rota, la cui novità é tutta qui. L'interpretazione é asprigna,
ma se si vuol dare un senso all’ut infra un'altra non si presenta pos-
sibile. E del resto è la più semplice, per non dire la più naturale.

Lasciando invece sospeso l’ut infra, potremo giungere ad una
seconda spiegazione e accettare la coesistenza dei due Tribunali di
appello, uno singolare ed uno collegiale.

Sta di fatto che — come abbiamo notato — gli Uditori rivestono
come una doppia personalità giuridica. Oltre ad essere membri di
una Reta, essi continuano singolarmente la giurisdizione degli antichi
Giudici ordinari della Città, e sotto questo punto di vista niente sareb-
be più naturale che uno di essi salvasse nella propria persona l’antico
Giudice d’appello identificato dal sec. xvi col Capitano del Popolo.

Diciamo che niente sarebbe più naturale: intendiamo parlare
evidentemente di quella naturalezza che p. es. a Roma circonda di
venerazione tutti i mattoni che dal sottosuolo vengono per caso alla
luce, anche quando sembrerebbe molto più comodo per il traffico e
quindi — a nostro modo di vedere — molto mu naturale darvi su di
piccone e passarvi col compressore.

Giurisdizione concorrente colla Rota come tale o subordinata ad
essa ? Certo, caso mai, subordinata per non rendere del tutto inutile
l'istituzione della Rota. Si puó pensare a limiti per valore o per ma-
teria, attribuirla ad esempio senz'altro per i danni dati e ammettere
una possibilità di terza istanza dal Capitano alla Rota, solo — s'intende
— in caso di difformità delle due prime sentenze, perché — contro il
diritto comune — il diritto municipale perugino non ammetteva ap-

— 7
n ," "

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 91

pello dalla seconda conforme, ritenuta vera praesumptione juris et
de jure (1).

Disgraziatamente non possiamo che azzardare delle ipotesi e
confessiamo candidamente che il loro azzardo — in mancanza d’ogni
altro indizio — ci pare in fondo più spinto di quello che abbiamo attri- »
buito alla prima spiegazione. E di fatti possiamo dire: troviamo nelle
Costituzioni Rotali attribuito il nome di Judex Appellationum al
Capitano, ma le norme in materia di appello non conoscono che la
Rota. Per questa ragione (nonchè per riverenza ai Dottori collegiati)
preferiamo attenerci alla prima interpretazione e non riconoscere.
altre competenze in appello che quella del Collegio Rotale, tenendo
conto — s'intende — della competenza in terzo grado attribuita al Go-
verno locale e di quelle interferenze di cui si parlerà fra poco. Potremo

, così dire che capo e rappresentante della Rota in senso pieno ed asso-

luto è il Podestà, ma in quanto la Rota è Tribunale di appello tale
dignità spetta per titolo al Capitano (2).

Questa interpretazione ci pare anche più in armonia col Breve di
erezione. In esso non si dice affatto che la Rota è Tribunale di appello
ma che — in concreto — viene a riassorbire le attribuzioni degli antichi
Giudici, fra cui il Capitano Giudice di appello.

E adesso possiamo riassumere e concludere.

La Rota Perugina è composta di quattro Uditori, che — durante
i due (quattro) anni del loro ufficio — esercitano giurisdizione di giu-
dici ordinari rispettivamente su quattro zone diverse della Città e del
contado. Ognuno per un anno a turno esercita le funzioni di Podestà,
prima dignità della Rota e successivamente di Capitano, detto anche
Judex Appellationum, il quale è Giudice privativo sopra i danni dati.

Per le cause concernenti esecuzioni di istrumenti o concessione

(1) « Et si contingat quod judex appellationis tulerit sententiam primae sen-
tentiae confirmatoriam... statuimus quod a tali pronuntiatione... appellari non
possit ». Stat., vol. II, rubr. 28.

(2) I1 Crispolti non menziona piü il titolo di Giudice di appello e pare fa-
vorire assai questo nostro punto di vista: «L'uno di questi (Auditori) chia-
masi Podestà, che è capo di tutti, et dura per lo corso di sei mesi, dando udienza
ogni giorno a’ litiganti; l'altro chiamasi Capitano, che dura pure sei mesi et è
giudice particolare sopra i danni et questi offitij girano tra loro a vicenda ».
Perugia Augusta, pag. 236. È da notare ancora come le stesse Costituzioni ove
si parla del luogo del Tribunale (nello stesso c. 5) dicono che il Capitano, mentre
come giudice di rione giudica cogli altri nella sala inferiore del Palazzo del
Podestà, come Giudice dei danni dati giudica nel suo proprio Palazzo. È sinto-
matico che non si faccia menzione dell’appello.
92. BRUNO FRATTEGIANI

di compromesso giudiziale, INUGitore competente per territorio deve
procedere SURETCERUR S COORLAnGO due colleghi a conoscere e. deli-
berare con lui. :

In appello la Rota è considerata collegialmente e competente co-
me tale, quantunque — se cosi piaccia alle parti — anche un solo Uditore
sia sufficiente a giudicare. Per appelli da sentenza di un Uditore sono

. competenti in questo senso tutti gli altri tre, cosicchè l'attore può ricor-

rere ad uno di essi ad libitum e poi richiedere anche il ministero degli al-
tri due; la facoltà di tale richiesta è concessa anche all'altra parte. Per
appelli da sentenze di altri Giudici sono competenti nella stessa ma-

niera gli Uditori di Porta S. Pietro, Porta Sole e Porta S. Angelo (1). I

Giulio III, con Breve dell’8 gennaio 1554, dichiarò « che l’autorità
di detti Signori Auditori della Ruota non s’intendesse sopra le cause
criminali, che per l'addietro erano state riconosciute dal Podestà et
Capitano del Popolo, ma solamente sopra le cause civili » (2).

E le cause criminali diventarono così monopolio esclusivo dei
Governatori, che le istruivano e conoscevano per mezzo dell'Uditore
Criminale (Auditor in Criminalibus) detto anche Uditore cavalcante.
Questi è a sua volta alle dipendenze di un Luogofenente Criminale,
che molto probabilmente ha potere anche di definire le cause. Paral-
lele di queste figure in materia contenziosa, erano alle dipendenze del
Governo locale il Luogotenente e l'Uditore Civile, coll'effetto di
disturbare alquanto la competenza propria della Rota, come ve-
dremo (3).

(1) L'organizzazione precedente dei Tribunali cittadini è così testimo-
niata dal vecchio Statuto (libro I, rub. 13) che dedica poila rub. 16 alla com-
petenza di appello attribuita ancora al « giudice de la giustizia e de l'appella-
gione ». « Dei giudice d'esso podestade uno sia e essere degga sopra ei malefi-
tie... Degl'altra empertanto seie giudice cinque siano sopra le quistione civile
e esse questione civile pertenente, cioé uno per porta. L'altro, cioé il sesto giu-
dece, sia sopra le menore quistione civile cioé de diece livre tanto e da lince en
giü; el quale sesto giudece... possa conoscere de le dicte quistione ella porta
de santo Pietro, en porta Borgne e porta Sogle, si ella citade che ello contado.
El sesto veramente giudece del capitanio possa conoscere le dicte quistione en
porta de sant'Angelo e ella porta de Santa Susanna, si ella citade che ello con-
tado ». DEGLI Azzi, Statuti di Perugia, pag. 38; la rubr. 16 a pag. 62 ss.

(2) PELLINI, III, pag. 820; VI Reg. Bolle e Brevi, pag. 114.

(3) v. LA MANTIA, Storia della legislazione it., pag. 332 e DEGLI AZZI,
Istruzioni segrete della Curia Pontificia pel governo di Perugia e delle altre città
Umbre, in « Bollettino, R. Deputazione Storia Patria per l'Umbria » XXI,
(1915) pag. 375-386. Citiamo qualche passo interessante: « Il Governatore di
Perugia... deve similmente un giorno della settimana far Congregazione delle
EOD i idee IER e

LEER

LE ITE

rr ZIONI

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 93

Per quel carattere misto che compete alle cause dei danni dati
restò una certa ingerenza nella materia penale al Capitano del Popolo
in concorrenza però — e questo è notevole per rilevare una prima inter-
ferenza — cogli Uditori del Governo.

E importante a qn riguardo (e qui corriamo il ‘piacevole ri.

schio di prendere un'aria da «Promessi Sposi» là dove parlano di

gride) un Bando del 23 giugno 1554 (si noti che siamo solo all'indo-
mani del Breve Giuliano) che poi si ripete come le gride con esasperan-
te monotonia (1). Ne stralciamo le linee fondamentali. |
«Volendo l'ill.mo et Rev.mo Monsignore il Cardinale d'Urbino,
di Perugia et Umbria Legato... provvedere ancora alli spessi et
gravi danni che senza alcun rispetto intende farse continuamente in
vigne, horti et frutti d'arbori domestici in essa città, suoi Borghi et
contado... in vertü del presente pubblico Bando ordina, proibisce et
comanda espressamente che nessuna persona... ardisca... entrare
in vigne d’alcuno o in quelle dare danno di qualunque sorte. . .sotto
pena di giorno di due tratti di corda overo berlina, dell'amenda del
danno et di tre scudi d'oro et di notte duplicata da incorrersi per qua-
lunque contrafacente et applicarsi ipso facto per un terzo alle fabbriche
pubbliche... per un terzo all'essegutore et per un terzo all'accusatore;
li quali non possano pigliare, né componere in modo alcuno se non

‘ pagata tutta la pena, et all'hora ricevere la rata loro per concessione

cause criminali, e no lasciarle tirare in lungo... Che i Giudici civili siano anco
spediti nelle cause che vertono avanti di loro; et quello che possono spedire
in una settimana, non vi mettano il mese; et quando scorgono qualche detto
litigioso et che si piglia le liti per spasso... darne notizia al Governatore acciò
coll’autorità v'imponga silentio... Si tengono due Luogotenenti, uno crimi-
nale et l'altro civile, li quali non hanno altra provisione che le propine che si
cavano dalle cause che fanno. Il Luogotenente criminale tiene un sostituto,
che li si dà nome d’Auditore Cavalcante, al quale ordinariamente sol dare sei
scudi il mese et la tavola; et quando sta nella città tira innanzi i processi usque
ad sententiam exclusive ; se ne va fuora, parte per mezzo il guadagno delle ca-
valcate, il quale emolumento suol causare che il Luogotenente criminale per-
suada volentieri il mandar le dette cavalcate, et il sostituto per farsi più grato
a esso Luogotenente, tira quanto più può in lungo la sua commissione, et sempre
procura tirar le cause a Perugia. A che deve il Superiore star molto avver-
tito... » Cfr. anche CRrISPOLTI, Perugia Augusta, pag. 232 s.

(1) La situazione è proprio come a Milano. « All’udir le parole d’un tanto
signore, così gagliarde e sicure, e accompagnate da tali ordini, viene una gran
voglia di credere che, al sol rimbombo di esse, tutti i bravi siano scomparsi
per sempre. Ma la testimonianza d’un signore non meno autorevole, né meno
dotato di nomi, ci obbliga a credere tutto il contrario ». (I Promessi Sposi, c. 1.).
94 BRUNO FRATTEGIANI

delli Auditori del Criminale o vero del Capitano di sopramuro, li quali
debbano con ogni diligenza operare che si venga alla vera essegutione
delle pene corporale et pecunarie predette » (1).

L'ingerenza più 0 meno legale da una parte e la conseguente di-
minuzione di Paperino dall’altra è resa più che evidente da questo
documento.

E giacchè siamo ormai in tema di ingerenze e di iaia
diremo senz'altro la nostra parola — per quanto possibile chiara —
anche su questo punto rimasto un pochino inviluppato nelle pieghe
della storia. !

È da notare innanzi tutto che la storia di Perugia è un po’ in que-
sta parte la storia di tutte le città dello Stato Ecclesiastico e l'inge-
renza è nota caratteristica del periodo del principato. Alcune volte sono
le Rote stesse che l’esercitano contro i residui di poteri comunali ri-
masti nelle città soggette. Questo sarà ad esempio — come s'é visto —
il caso di Macerata, mentre non è il caso di Perugia dove la Rota si
affianca a quei residui, rispettati sinceramente ma — ove occorra—
disturbati senza riguardi o per lo meno senza complimenti.

Quando si parla di interferenze — nonostante che all’inizio del
capitolo abbiamo rassomigliato la tabella dei Tribunali perugini ad
una matassa intricata — non bisogna subito pensare di prendersela
con tutte le citate giurisdizioni, o sia pure con tutte quelle non citate
dal Diario 1772 (che sono diverse), giurisdizioni speciali o privilegiate
di primo o secondo grado che esse siano. In realtà contribuiscono
anch'esse ad intricare la matassa in due sensi. Prima di tutto in quanto
— come si accennava — non sempre è chiaro l'ambito del loro potere
per mancanza di notizie; in secondo luogo perchè senza dubbio si
appropriano parte di quel terreno, che altrimenti apparterrebbe ai
Giudici ordinari e quindi alla Rota. In questo secondo senso sarà ben
da ricordare che il filo della competenza rotale, che con secentesca
pretesa ci accingevamo a districare, è senza dubbio alquanto sfilac-
ciato. In compenso però — prescindendo dalla mancanza di dati posi-
tivi — si tratta di confini netti, stabiliti da legge, da statuto, da pri-
vilegio noto e registrato; si tratta — per proseguire la similitudine —
di sfilacciature determinate e volute. Non c’è per tutte quelle giuri-
sdizioni — meno una — la possibilità di sconfinare nel territorio pro-
prio di altre e in particolare della Rota.

Questo vale di tutte le giurisdizioni subordinate di cui parla-

(1) Bannimenta Publica (Com. Perugia), Reg. III, f. 22-23.
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 95

vamo trattando della competenza di appello. Vale ancora del Tri-
bunale civile del Vescovo, dinanzi al quale « clerici, religiosi, locaque
pia in causis etiam prophanis solent convenire laicos », competente
inoltre per le cause matrimoniali, usurarie, spirituali e per le cause
sia civili che criminali delle meretrici (1). Lo stesso si dica della com-
petenza di secondo grado che in certi casi compete ai Priori (2) e ad
altri Magistrati (3) e perfino della netta superiorità gerarchica che in
linea di giurisdizione compete al Legato e al Governatore, in quanto
è ben definita e nota: « judices appellationum in Civitate Perusiae sunt
Legatus de Latere et Gubernator respective nam ad eos appellatur a seno
lentiis latis tam a judicibus secularibus Civitatis (e quindi anche dalla
Rota) quam a Vicario Episcopi » (4).

È per un altro verso che il Governo locale, per quella commis-
sione e confusione di poteri caratteristica in modo speciale di questo
periodo, viene a sconcertare con i suoi Tribunali ordinari e straordi-
nari le giurisdizioni della Città, che dopo il 1530 hanno la loro suprema
espressione nella Rota.

La lotta per l’autarchia giurisdizionale s’era sviluppata da un
mezzo secolo innanzi. Una legge fatta dai Priori e dai Camerlenghi
il 5 marzo 1474 a ribadire il principio che le cause andavano trattate
dinanzi ai Giudici ordinari della città, il principio — diremmo noi —
della inderogabilità della giurisdizione cittadina, era stato confermato
da Sisto IV con comminazione di scomunica per le avocazioni di cause,
e poi da Alessandro VI il 15 ottobre 1493. Come già notammo, l'isti-
tuzione della Rota fu impetrata allo scopo di rendere più facile col-
l’autorità del Papa questa indipendenza. Se si pensa che ancora nel
1572 Gregorio XIII deve dare disposizioni che le cause prime e seconde
| siano trattate davanti ai Giudici ordinari della città (5), si ha subito.

(1) GILIANI, Compendium v. Forum, pag. 148; v. anche F. BRIGANTI, Ur
protocollo di Pietro Petrioli, pag. 10.

(2) GILIANI, ib. v. Priores, pag. 229 («Sunt Judices appellationum »).

(3) GILIANI, ib. v. Appellatio, pag. 19 s.

(4) GILIANI, ib. v. Appellatio, pag. 19. Merita particolare considerazione
la competenza privilegiata attribuita da Leone X e riconfermata da Clemente
VIII nel 1593 e da Alessandro VII nel 1658 all’onnipotente Collegio dei Dottori,
per cui gli spetta « facultas cognoscendi per ipsius collegii praesidentes causas
appellationum a sententiis Vicelegatorum, ‘Gubernatorum et aliorum quorum-
cumque ejusdem civitatis judicum, summam 100 ducatorum non excendentium ».
V. PERTILE, Storia del Diritto Italiano, 2* ed., vol. IV, parte II, Torino 1902,
pag. 271; GILIANI, ib pag. 20.

(5) GILIANI, Compendium c. Causa, pag. 54 (sono citate le fonti).

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96 ie BRUNO FRATTEGIANI

la persuasione che la lotta fra l'autorità e la giurisdizione municipale
da una parte e l'autorità e la giurisdizione del Legato o del Governa-
tore dall'altra acquista a Perugia proporzioni secolari (1), senza che
gli stessi interventi pontifici riescano a schiodare alcunchè. In un
altro ordiné di cose, ma in situazioni di tensione simile; sempre a
Perugia, abbiamo un esempio eloquente di intervento piü energico
ed una soluzione impareggiabile, che — in materia di giurisdizione —
altrove, non a Perugia, è precisamente rappresentata dalle Rote:
si tratta del Governo dello Studio generale, ossia dell'Università di
Perugia, che nel 1625 viene completamente sottratto a qualsiasi in-
gerenza del Legato e del Comune e affidato ai Collegi dottorali sotto
la presidenza del vescovo (2). In fatto di giurisdizione la. soluzione
geniale, a Perugia — torniamo.a ripeterlo — non é trovata.

Se da una parte si approvano le leggi dei Priori, che fra l'altro
senza approvazione non sarebbero leggi, dall'altra si concedono privi-
legi e prerogative ai Legati, che talvolta del resto, anche senza prero-
gative pontificie, sanno crearsi prerogative consuetudinarie.

Per lo Stato Pontificio in generale il La Mantia afferma: « L'or-
dine delle giurisdizioni era grandemente alterato per sistema di Com-
missioni o di Segnatura, che nelle Legazioni attribuiva al Cardinale
Legato, e per tutto lo Stato al Pontefice il diritto di designare il ma-
gistrato o la Curia, cui volesse commettere l'esame della lite o del gra-
vame per giustizia o anche per grazia » (3).

Un esempio di commissione — e£ quidem alla nostra Rota — da
parte della Santa Sede di un'importante causa, già pendente dinanzi
alla Curia Vescovile e resa intricata ed illegale da un inopportuno in-
tervento del Cardinal Alessandrino, si ha nel 1568. Rientrando sia
pure indirettamente nella competenza della Rota, in quanto che essa
poteva essere scelta in caso di commissioni ed offriva certo al commit-

(1) Dell'ultimo Magistrato del 1537 il PELLINI (III. pag. 602) riferisce
quanto segue: « Et decretarono questi Signori che le liti et cause civili, che
erano state cominciate contro la forma de gli Statuti, dei privilegij Apostolici...
dinanzi a Giudici del Legato et suo Vicelegato, dovessero rimettersi a i Tribu-
nali et Giudici ordinari della Città, acciocché i processi fussero canonicamente
fatti et compiti et fussero liberi d'ogni eccettione di nullità, volendo gli Statuti,
confirmati da Sommi Pontefici, che tutte le prime et le seconde istanze fussero
agitate et conosciute dinanzi a Tribunali et Giudici ordinarij della Città et
non da altri Giudici ».

(2) G. ERMINI, Storia della Università di Perugia, pag. 281.

(3) Storia della Legislazione it., I, pag. 483.
ì

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 97

tente migliori garanzie che non gli altri Tribunali, merita di essere

ricordata. « Avendo il Governatore e i Savi dello Studio — parla Ra-

nieri Franchi, il prete professore divenuto poi tristemente: famoso

per la-morte disgraziata sul patibolo nel 1586 — fatte le condotte dei.
lettori, e pubblicato il ruolo a principio di novembre (1567), lasciando

sospesi li scudi 43 e bajocchi 54, già impetrati straordinariamente da

Messer Fulvio Costantini, pendendone sopra ciò la lite innanzi al

Vicario del Signor Cardinale Vescovo di Perugia, li nuovi dottori che

vi pretendono interesse cominciarono a seguitare il leggere come gli

altri, avendo essi innanzi fatto protesta... ma intendendo poi essi

alla fine di novembre che il Governatore avuto nuovo ordine dall’Ales-

sandrino aveva applicato quel salario a Messer Fulvio con consenso

de Savi, benché lite pendente, stati in forse di cessare di leggere, si

Tisolverono... di ricorrere di nuovo per la terza volta a Roma: e peró

domenica li 17 dicembre Messer Francesco Innocenzi e io Ranieri

Franchi eletti dagli altri sette Dottori della compagnia a negoziare
in Roma col Papa... ci partimmo. da Perugia alli 10 dicembre

1567 » (1).

Dopo due mesi di trattative, l'esito dell'ambasciata di ricorso
fu appunto che la causa «l'avesse vista e fornita per giustizia la Rota
di Perugia » (2). | |

Ma se la commissione — in. modo speciale quando é pontificia —
insieme al lavoro accresce l'onore del Tribunale, la possibilità di avoca-
zione — parliamo di quella attribuita ai Governatori e Legati, perchè
quanto al Papa non potrebbe esserci niente a ridire — se vi si aggiunge
l’arbitrio (attestato dalla stessa lotta secolare e dal citato passo del
Pellini) di accettare trattazione di cause in prima e seconda istanza
contro le leggi municipali e gli stessi privilegi pontifici e quindi con-
. tro quello che noi chiamiamo il. principio della competenza funzionale,
contribuisce non poco alla minorazione del Tribunale stesso, che vede
strapparsi per forza o allontanarsi per capriccio snobistico i clienti
e in generale alla confusione delle giurisdizioni.

Sobriamente, rispettosamente, senza commenti il Giliani cosi
descrive i poteri governatoriali in materia: A

« Legatis de latere conceditur in eorum facultatibus a Pontifice quod
possint avocare causas ex Provincia et committere eorum Judicibus Ordi-
nariis, ut habetur praesertim in Brevi Leonis X in 5 reg. fol. 50.

. (1) FABRETTI, Cronache, vol. III, pag. 161.
(2) FABRETTI, Cronache, vol. III, pag. 165.
98 Lin BRUNO FRATTEGIANI

Bi ‘. Ex stylo et consuetudine etiam Gubernatores Perusiae solent ad
HEU eorum libitum avocare causas tam in prima quam in secunda instantia,
| Wir 3 et tam civiles quam criminales committere in hac Civitate, ut patet fides
LM, DD. Causidicorum sub die 3 Januarij 1589... » (1).

IH] | L'espressione «avocare causas ex provincia » si potrebbe forse
| voler benignamente interpretare: dalla provincia si, dal capoluogo
no... Ma vi si oppone tutta la storia di una già accennata lotta
HT sorda, secolare fra i Magistrati Comunali, che strepitano da una \
M parte presso il Papa per ottenere rispetto ai loro Tribunali, e i 1
Legati e Governatori che sbandierano dall'altra i loro privilegi,
supplendo le lacune coll'arbitrio che diventa poi consuetudine.

Nora. — Riforma dei Tribunali di Mons. Finocchietti (1762).

Il Mariotti nelle sue Notizie mss. ce ne dà breve cenno, per quanto:
riguarda la Rota. Ho cercato il testo della riforma anche fra i Bandi
conservati nel Comune di Perugia, ma invano. Fu stabilito da questo

Q- Governatore, come riferisce il Mariotti, che ogni Uditore « dovesse
per un intero anno essere Pretore ed esercitare la giurisdizione di giu-
dice di prima istanza ed un altro di essi parimente pel corso di un anno.
occupar dovesse la carica di Capitano che è giudice privativo delle

MEE cause dei danni dati e dovesse essere eziandio di ricorso e di appella-

A zione dalle cause e sentenze del Pretore. Per evitar poi confusione

i sulla elezione sole procedersi secondo l'anzianità del dottorato e quello:
,degl'Auditori poi che in un anno è stato Pretore nel successivo diviene
Capitano e Ponente di quelle cause che durante l'offizio s'introducono

in piena Rota » (2).

Anche le notizie date dal Siepi, se vogliamo credere alla sua com-
Ict) petenza in materia, fanno presupporre che sia intervenuta qualche
TED riforma a ben delimitare negli ultimi decenni le competenze.

Nella già ricordata Descrizione topologico-istorica (vol. I, pag. 37)
prima di parlare della Rota si accenna brevemente al Tribunale del
Governatore e suo Luogotenente dicendolo competente « per gli affari
politici e criminali » e niente più. A meno che il Siepi voglia conside-
rare non quello che avveniva di fatto, ma ció che avrebbe dovuto
essere di diritto.

| [ | (1) Compendium, v. Causa, pag. 54; cfr. anche v. Appellatio, pag. 19.
I (2) Notizie.

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IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA

CAPITOLO QUINTO
Procedura della Rota Perugina

Le due ultime edizioni delle Costituzioni Rotali contengono due
redazioni diverse del cap. 7. Il titolo è « De officio DD. Auditorum in
causis summariis et ordinariis » per l'edizione Panizza (1570) e « De
officio DD. Auditorum circa processus causarum et modum procedendi
in ipsis » per l'edizione Petrucci (1578).

Da principio la procedura della Rota non ebbe altra fonte legi-
slativa che gli Statuti di Perugia (1), ispirati a lor volta fondamental-
mente al Diritto Comune e in particolare, per quel che riguarda il
procedimento sommario, al Diritto Canonico. È da notare anzi come
lo stesso capitolo 7 delle due ultime edizioni, nelle due redazioni uffi-
ciali, più che una legge speciale per la Rota rappresenta una riforma
degli Statuti, di modo che se per esso la Rota viene ad acquistare ap-
parentemente uno stile proprio, di fatto essa viene a derivarlo dagli
Statuti, che naturalmente non sono più pura emanazione dell'au-
torità comunale ma richiedono l'inferpositio auctoritatis del Governo.

La riforma contenuta nell'edizione Panizza fu attuata sotto il
governo di mons. Bossio, che dette la sua approvazione il 7 aprile :
1564 (2). Nonostante che si trattasse — come il solito — di una perpetuo
valitura lex, nel 1578 fu stabilita un'altra riforma, che approvata il
23 agosto trovó posto nell'edizione Petrucci.

Ci limiteremo a raccogliere qui brevemente le disposizioni di
quest'ultima, che ci dà tutta la tela del processo ordinario, sveltito
alquanto in confronto delle tradizionali lungaggini (3).

È considerata innanzi tutto una ciíatio ad respondendum de

(Statut. II, rubr. 2 e 3.

(2) V. Bannimenta pubblica, Reg. IV (fra pag. 87 e pag. 88).

(3) Nelle sentenze esecutive e nei ricordi da lodi estragiudiziali e da sen-
tenze dei Tribunali delle Arti « firma maneant et observentur tantum Statuta de
his loquentia ». È da ricordare qui il criterio stabilito dagli Statuti (vol. II,
rubr. 2) in ordine al modo di sortire il foro: « In omnibus causis civilibus actor
debeat judicem suae portae ... adire... Et ille dicatur judex propriae portae in
qua actor reperitur allibratus et accatastratus... et si allibratus et accatastratus
. non esset tunc portae in qua familiariter habitat ».
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100 ; BRUNO FRATTEGIANI

jure super contentis in petitione, perché il convenuto possa « causam
allegare quare pro petitis et expensis non debeat mandatum exsecutivum
relaxari ». In ogni caso di contumacia, si cita il reo per il giorno dopo:
se non compare nemmeno ora, il mandato esecutivo s'intende essere
«relaxatum ipso jure, absque alia Judicis pronuncia vel Notarii scrip-
tura ».

Lo stesso effetto fulminante si ha nel caso di confessione del reo
«dilatione non petita » o nel caso che siano trascorsi inutilmente i
termini per soddisfare, richiesti dal reo e concessi dal Giudice (1).

Nel caso di formale opposizione del reo (non si parla di litis con-

testatio, perché la predetta citatio non è che una chiamata previa)

si procede all'intimazione e alla dichiarazione di litispendenza.

. termini per l'intimazione sono : tre giorni in città, cinque nel
contado, otto nella provincia. Fuori della provincia si calcola un giorno
di cammino per ogni venti miglia e sei giorni di permanenza nel luogo
dove ha da farsi la intimazione.

Per la dichiarazione per litispendenza: un giorno in città, tre nel
contado, otto nella provincia e fuori di provincia come per la intima-
zione.

Se l’intimazione e la dichiarazione debbono farsi in più zone delle
sopradescritte, i termini si intendono sommati. « Quibus terminis
pendentibus supersedeatur in negotio principali ».

È affermato il carattere perentorio dei termini: « qui et omnes
alii quandocumque assignati semper sint . peremptorii nec possint
prorogari vel de novo dari, nisi de impedimento legitime doceatur, quo
casu Judex proroget vel de novo assignet peremptorie arbitrio suo » senza
eccedere peró la misura prestabilita.

Scaduti i termini «et non pendenti aliquo accidente, tunc ad peti-
tionem actoris (fa capolino il principio dispositivo) ad ulteriora proce-
datur absque interventu expressae litis contestationis ».

Per gli incidenti devono essere fissati termini « dede lamen re-
tardatione processus negotii principalis ».

Anche il principio di preclusione ha la sua a brava parte, in quanto

(1) In un Liber seu quadernus causarum civilium Rotae Perusiae del-
l'anno 1564, conservato nella Bibl. Comunale (1482, Busta X) trovo questo
esempio: « In causa Johannis Julii de Villa Piscillis agri Perusini contra Cec-
caccium... Fornacciarum. Die Martis 8 aug. de sero comparuit D.nus Ceccac-
cius... et confessus fuit-se esse debitorem dicti Johannis in dicla summa et petiit
sibi terminum decem dierum ad solvendum assignari ». E
La domanda é ammessa.
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA ; : : 101

sono concesse tre dilazioni «ad probandum incumbentia » prima della
pubblicazione del processo. Nelle cause non eccedenti la somma di
venticinque fiorini le tre dilazioni saranno risp. di cinque, di quattro
e di tre giorni. Nelle eccedenti, le dilazioni saranno di otto, di sei e di
quattro giorni. Per restituzione in intero é possibile ancora — ai mi- *
nori e a determinate persone morali — una ulteriore dilazione dopo
la pubblicazione. « Quae dilationes et omnes aliae quacumque de causa
assignandae, intelligantur esse communes tam reo quam actori et perem-
ptoriae nec possint prorogari, nec aliam de novo assignari etiam ad fa-

ciendum deposuisse tesles juratos ».

Per l'occorrenza di escussione di testi lontani, sono assegnati ter-
mini ad eundum redeundum et permanendum, previe le lettere dimis-
sorie (fuori del territorio) o le remissorie (nel territorio, extra civita-
tem). Il richiedente la prova testimoniale deve prestare in questi casi
il juramentum calumniae. :

Le interrogazioni dei testi vanno fatte «distincte et separate »
sopra i capitoli preparati dalle parti: gravi penalità sono comminate
al giudice che non si attiene a queste disposizioni. Vis

Scadute le dilazioni, s'intende ipso jure pubblicato il processo,
cosicchè il giorno seguente «absque aliquo facto vel judicis vel partis »
comincia senz'altro un secondo stadio che è chiamato «tempus acco-
modationis processus »; durante questo tempo, prima l'attore poi il reo
hanno ciascuno dodici giorni utili « pro inspectione processus ». Cia-
scuno di essi è libero a suo tempo di rinunciare ai suoi dodici giorni
in tutto o in parte, anche con scapito dell'avversario al quale peró deve
necessariamente essere intimata la rinuncia. Una notevole via di pre-
clusione a questo punto consiste nel fatto che, ove l'attore nel tredi-
cesimo giorno di tempo utile concessogli o il giorno dopo la eventuale

rinuncia non riconsegni l'incartamento all'attuario, oltre ad incappare

in altre pene e nell’onere della refectio damnorum, è costretto a subire
ipso facto la perenzione dell'istanza. Nel caso che sia il convenuto a
trovarsi in mora, non si ha naturalmente perenzione, ma viene rin-
carata la dose delle pene.

Colla restituzione degli atti da parte del reo termina dunque il
tempus accomodationis e all'indomani comincia a decorrere il termine
perentorio di cinque giorni, comune alle parti, per la cosi detta repulsa.
Scaduti i cinque giorni, prorogabili in caso di necessaria escussione di
nuovi testi dimoranti fuori della città o del territorio, s'intende ip-

‘so jure pubblicato il processus reprobationis. All'indomani, come è

ormai di stile, « incipiat currere antea Actori et postea Reo terminus ad
——— MM t.e

E 7 9.

PIE

102 BRUNO FRATTEGIANI

processus repulsae inspiciendum qui sit octo dierum currentium pro
quolibet : in quo intelligantur repetita omnia quae supra dicta sunt
quoad aliam accomodationem, respectu renunciationis, intimationis. et
poenarum ». | |

Ove sia poi possibile una repulsa repulsae, esclusa per le cause
concernenti valori inferiori ai venticinque fiorini, son concessi cin-
que giorni assolutamente improrogabili, dopo i quali si ha una nuova
pubblicatio e una nuova accomodatio di sei giorni per l'attore e di al-
trettanti per il convenuto, sempre secondo il criterio esposto di sopra.
Dopo un nuovo termine comune di cinque giorni «ad producendum
scripturas et alia similia. peragendum », s'intende essere «conclusum
in causa ipso jure ».

Entro quaranta giorni dalla conclusione (nel caso che il quaran-
tesimo giorno fosse feriato «salfem secunda die juridica post transactos
dictos 40 dies ») il Giudice é tenuto a proferire la sentenza definitiva e a
darla «in scriptis apertam in manibus Actuarii » senza alcuna ne-
cessità di citare le parti se ció avvenga allo scadere del tempo fissato;
e del resto prima di quel termine potrebbe emanare la sentenza solo
ad istanza di parte e citata l'altra.

Gravi pene (amissione del salario e del diritto di conoscere ulte-
riormente la causa) sono comminate ai Giudici negligenti nei riguardi
dell'ultima disposizione.e perché essi non possano addurre scuse di
ignoranza o di errore si fa loro tassativo obbligo di tenere esposta in
sede di Tribunale una tabella da cui risultino tutti i dati necessari
(nomi, giorno della presentazione del libello, della conclusione, ecc.)

delle varie cause.

Nulla é detto nella riforma riguardo al procedimento sommario.
Per questo — anche dopo le brevi disposizioni della riforma 1564 con-

- tenuta nell'edizione 1570 — valgono le norme contenute negli Statuti

che, ispirandosi al diritto canonico e particolarmente alle Clementine,
dispongono che si proceda «summarie, sine libelli porrectione et litis
contestatione et sine strepitu et figura judicii » nelle cause degli orfani,
dei poveri, dei carcerati, in altre tassativamente determinate «ef
generaliter in omnibus aliis causis ad voluntatem et petitionem acto-
ris » (1).

Tenendo conto di ció e della descritta riforma, si puó dire che il
procedimento della Rota fu di fatto piuttosto sommario; l'antico

(1) Statutum, II, rubr. 3. Per l'appello v. GILIANI, Compendium v. Appel-
latio, pag. 22.

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IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 103

procedimento ordinario, quello delle «lites immortales », pur conser-
vando fino ai nostri giorni il suo nome, tende inesorabilmente a met-
tersi in fase coll’altro più giovane ma più adeguato al ritmo crescente
della vita fino a cedergli il posto completamente.

BnuNo FRATTEGIANI

APPENDICE

Documenti inediti

Borra pi GiucLio III peL 21 APRILE 1553 (RESTITUZIONE MAGISTRATI).

Julius episcopus servus servorum Dei dilectis filiis Communitatis et
hominibus Civitatis nostrae Perusiae salutem et apostolicam benedictionem.
Praeclarae antiquorum praedecessorum vestrorum in hanc sanctam sedem
merita necnon vestra erga nos et Romanam Ecclesiam obsequiosa officia
ac quae cum pluribus ex vobis nobiscum intercedit necessitudo nos impellunt
ut vos ad ea gratiose restituamus per quae status vester olim floruisse dino-
scitur. Dudum siquidem postquam felicis recordationis Paulus Papa III
praedecessor noster vobis et tunc Prioribus artium Civitatis nec tunc suae
Perusiae sub.excommunicationis et interdicti ecclesiastici ac rebellionis et
laesae majestatis necnon amissionis omnium et singulorum privilegiorum,
facultatum, gratiarum et indultorum vobis et praefatis prioribus a Sede
Apostolica et illius auctoritate concessorum privationisque comitatus ipsius
civitatis ac quorumcumque ipsius comitatus, terrarum, castrorum et loco-
rum necnon feudalium allodialium et aliorum honorum quae ab eadem Sede
.et praefata Romana vel alia Ecclesia tenebatis, eo ipso et absque alia decla-
ratione incurrendis poenis, districte praecipiendo mandaverat ut statim et
omni mora cessante augmentum praetii salis per suas litteras in provinciis,
civitatibus, terris castris et locis sibi et Sanctae Romanae Ecclesiae subjectis
factum iuxta ipsarum litterarum tenorem effectualiter solveretis, ac in civi-
tate et comitatu praedictis ab iis qui a vobis dependebant solvi faceretis et
si id facere differetis ex tunc omnibus et singulis communitatibus, guberna-
toribus, locatenentibus, exsecutoribus et aliis officialibus ac personis quarum-
.cumque civitatem, terrarum et- locorum praedictorum commiserat et man-
daverat ut eum pro parte tunc fisci sui procuratoris requisiti forent, vos et
quoscumque civitatis Perusiae et comitatus praedictorum personas tamquam
: uM maroni
: A dn LA *

zm e immarmn nL a

104 BRUNO FRATTEGIANI

rebelles et laesae majestatis reos et vestra ac illorum animalia res et bona
tamquam confiscata caperent arrestarent et retinerent et dilectus filius no-
ster tunc suus Guido Ascanius Sanctae Mariae in Via Lata tunc Sanctorum
Viti et Modesti diaconus cardinalis de Sancta Flora nuncupatus Sanctae
Romanae Ecclesiae Camerarius de mandato ejusdem praedecessoris sibi se
per eo, ut asserebat, vivae vocis oraculo facto et auctoritate sui cameraria-
tus officii ex decreto Camerae Apostolicae pronuntiaverat, sententiaverat et
declaraverat vos et praefatos Priores ac universitates dicti comitatus praefato
interdicto subjacere et suppositos esse ita quod in quibuscumque ecclesiis,
monasteriis, collegiis, conventibus, cappellis et aliis locis piis civitatis Peru-
siae et comitatus praedictorum a divinis et sacramentorum ecclesiasticorum.
subministratione penitus cessari deberet; et tandem vos propriam culpam
agnoscentes colla manusque dederatis et vos ipsius Romanae Ecclesiae jugo
submiseratis ac a similibus de cetero abstinentes veram ed debitam fidelita-
tem et devotionem praestare et conservare polliciti fueratis, praefatus Prae-
decessor vos et singulos cives ac comitatinos civitatis Perusiae et comitatus
praedictorum ac vestrum singulos, declaratis rebellibus et propterea condem-
natis banditis seu relegatis exceptis, ab excommunicationis et inoboedien-

tiae aliisque sententiis, censuris et poenis ecclesiasticis quae praemissorum

occasione quomodolibet incurreratis necnon crimine laesae majestatis et.
excessibus hujusmodi, in vestroque foro per alias suas litteras sub plumbo .
confectas motu proprio solvit et liberavit ac omnes et ultimi supplitii et

pecuniarias poenas quibus occasione praemissorum puniendi et multandi

veniretis vobis gratiose remisit et condonavit, necnon vos ac cives et comi-
tatinos praefatos ad patriam et bona non tamen fisco incorporata ac digni-
tates, honorem, famam, titulos, praeminentias, praerogativas, privilegia et.
jura necnon in pristinum et eum in quo ante rebellionem praedictam quo-
modolibet erátis et vestrum quilibet erat status, in omnibus et per omnia

ac si illos non incurrissetis et laesae majestatis crimen non patravissetis,

restituit, reposuit et totaliter reintegravit ac sibi et Sedi ac Romanae Eccle-
siae praedictis reconciliavit; vobisque et vestrum singulis suam et ejusdem

Sedis benedictionem et gratiam impertitus est, necnon omnes et singulos. -
processus, condemnationes. et sententias contra vos in universum occasione
praedicta quomodolibet formatas promulgatas etlatas ac inde sequuta quae-
cumque cassavit annullavit et irritavit ac pro nullis et invalidis haberi et per
eos ad quos spectabat cassari et penitus abradi voluit atque decrevit abolens.
a vobis et civibus et comitatinis praedictis et vestrum singulis omnem rebel-
lionis ac alterius infamiae et inhabilitatis maculam et notam occasione prae-
missorum contractam necnon omnia et singula inter vos in rebus privatis
tantum a die declarationis rebellionis praedictae quomodolibet acta facta
et gesta de quorum validitate ex causa rebellionis huiusmodi haesitari potuis-
. set, in futurum consolidans et insuper omnia et singula statuta consuetudi-
nes et capitula dictae civitatis Perusiae ob rebellionem praedictam abrogata

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IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 105.

certis tunc expressis modo et forma confirmavit approbavit et innovavit
illisque pristinae ac perpetuae et inconcussae firmitatis robur adjecit illaque
perpetuo et irrefragabiliter prout ante praemissam rebellionem observa-
bantur observari posse et debere decrevit et declaravit omnesque et singulos
juris et facti defectus si qui forsan intervenerant in eisdem supplevit, ac inter.
alia quod ex centum et viginti hominibus artium et collegiorum praefatae
civitatis vigesimum quintum suarum aetatum annum excentibus per tunc
et pro tempore existentem suum et ejusdem sedis in eadem civitate et pro-
vinciae Umbriae Legatum secreto eligendis una bussola tribus annis dura-
tura confici deberet ex qua quolibet anno ipsius triennii quadraginta, decem
videlicet pro quolibet trimetri, certis tunc expressis modo et forma extrahe-
rentur et ecclesiasticae oboedientiae conservatores nuncuparentur et prae-
fato Legato in ipsius civitatis occurrentiis assisterent ejusque jussa et man-
data exequerentur et quotiens opus foret cum ejusdem Legati licentia ac
unius ex suis auditóribus praesentia in audientia mercantiae dictae civitatis.
aut alibi prout ipsi legato placeret congregari posset et unum notarium cum
provisione et salario medietatis provisionis per quemlibet conservatorem
habendae ac unum cancellarium per eundem legatum annis singulis eligen-

dum, qui scripturarum officii dominorum conservatorum curam habere de- .

beret cum annua provisione centum florenorum necnon duos mandatarios
quorum uterque scutum unum auri quolibet mense perciperet et habere de-
beret et in suorum laborum praemium conservatores hujusmodi viginti sep-
tem florenos pro palliis sive mantellis priorum antea solvi consuetis lucra-
rentur in luminibusque et processionibus in ipsa civitate faculas iuxta de-
clarationem per Dominum Guidonem Ascanium cardinalem et camerarium fa-
ciendam haberent et finito dicto triennio alia similis bussulo ex aliis centum
et viginti hominibus similibus per praefatum Legatum qui pro novorum in-
structione aliquos ex veteribus confirmare et de novo reponere posset et non
alium eligendis et sic de triennio in triennium modo et forma praemissis reno-
vari perpetuo deberet statuit et ordinavit, ac unum Capitaneum de tribus per-
sonis per collegium doctorum juristarum dictae civitatis per occulta suffragia
de sex mensibus in sex menses eligendis certis tunc expressis modo et forma
qualificatum et per pro tempore existentem Legatum confirmandum. qui
causarum civilium tantum in primis instantiis et in compromissis ac instru-
mentorum exesecutionibus insinuationibus et damnis datis aliisque casibus.
in statutis ejusdem civitatis, quorum formam sub poenis in illis expressis ac
in ejus sindicatu exigendis praeterire nequiret, permissis, judex ordinarius
ad ipsum Legatum et ejus auditores cumulative existeret et in certo tunc

‘ descripto palatio aut alio loco ad ipsius Legati arbitrium deputando resi-

deret et jus redderet ac duos haberet collaterales in utroque vel altero ju-

rium. doctores ad minus per triennium ante promotos per collegium jurista-

rum huiusmodi eligendos et per praefatum Legatum confirmandos qui qui-
dem collaterales et capitaneus in quibusvis causis civilibus et prophanis pro

*

-

RA SIOE "VE SE E - n. .106 . BRUNO FRATTEGIANI

tempore inter cives et comitatinos praedictos motis judices et in sententiis
proferendis unanimes et saltem duo ex eis concordes esse deberent nec ex
aliqua causa seu quovis praetextu aut quaesito colore sportulas aut alicuius
generis propinas praeterquam pro cuiuslibet testis examine bologninos tres
juxta antiquam civitatis consuetudinem recipere et a volentibus possent ab
eorumque sententiis huiusmodi appellari liceret et appellationes huiusmodi
ad dictum Legatum aut ab eo deputandum seu ejus auditores praefatos
immediate devolverentur ac capitaneus huiusmodi puerum qui galerum et
ensem ad instar alias practoris dictae civitatis deferret necnon exesecutorem
militem nuncupatum cum uno equo et sex famulis qui licentias et mandata
tam sua et collateralium suorum quam in consulum, auditorum et camera-
riorum dictae civitatis curiis decreta et alia quaecumque in civilibus tantum
ad creditorum petitionem exsequi et mercedem per statuta praedicta taxa-
tam ac unum notarium ad damna data et extraordinaria qui una cum prae-
fato milite de damnis datis et extraordinariis husmodi executiones faceret
suis sumptibus habere et tenere deberet, quique capitaneus et eius officiales
in fine suorum officiorum sindicatui juxta bullae aureae nuncupatae super
hoc editae forman subicerentur in dicta civitate, loco dicti olim praetoris
constituit et deputavit ac praefato capitaneo ut onera praedicta subire pos-
set provisionem semestrem ducentorum et quinquaginta scutorum aureo-
rum ex quibus ipse capitaneus triginta primo et viginti scuta similium se-
cundo collateralibus praedictis quolibet semestri ultra expensas realiter et
cum effectu solvere teneretur ac in luminibus faculas cum in processionibus
supradictis una cum camerariis incederent iuxta declarationem huiusmodi
habere deberent concessit et assignavit ac notarius camerae Pérusiae pro tem-
pore existens readunationem sive monstram familiae ipsius capitanei revi-
dere deberet et punctationes quae ex suo salario retineri deberent camerae
Perusiae ceder: nt quodque in dicti capitanei tribunali decem notarii cives

‘perusini per praefatum Legatum deputandi duo videlicet pro qualibet porta
'scriberent et assisterent ac consuetam et antiquam mercedem reciperent,

voluit ac etiam statuit et ordinavit necnon tunc et pro tempore existenti the-
saurario perusino quatenus provisione pro oratoribus perusinis ad ipsum
praedecessorem et pro tempore existentem romanum Pontificem destinan-
dis ad ipsius Legati mandatum solvere et exbursare deberet ac capitaneo et
conservatoribus eorumque notario et mandatariis provisiones et salaria per
eundem praedecessorem taxata praedicta suis loco et tempore exiberet et
numeraret commisit et praecepit prout in singulis litteris praedictis plenius
continetur.

Nos igitur attendentes vos ab inde citra semper nobis et dictae sedi
devotos et obsequiosos extitisse volentes statui vestro, e contemplatione
etiam dilectorum filiorum Fulvii tituli Sanctae Mariae in via presbyteri car-
dinalis et nobilis viri Ascanii de la Corgna domicelli perusini nepotum ac
illorum genitricis dilectae in Christo filiae nobilis mulieris Jacobae de Monte
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 107

sororis meorum secundum carnem civium vestrorum, qui vos speciali pro-
sequuntur dilectione, in praemissis efficacius consulere vosque specialibus \
favoribus et gratiis prosequi vos et vestrum singulos a quibusvis excommuni-
cationis suspensionis et interdicti aliisque ecclesiasticis sententiis censuris
et poenis a jure vel ab homine quavis alia quam praemissorum occasione vel,
E causa latis si quibus quomodolibet innodati estis ad effectum praedictum
dumtaxat consequendum harum serie absolventes et absolutos fore consentes
3 necnon singularum praedictarum et quarumcumque aliarum in praemissis
à quomodolibet emanatarum ipsius praedecessoris litterarum ac ex eis aut
alias quomodolibet subsecutarum condemnationum multarum et senten-
tiarum tenores praesentibus expressis habentes necnon vos et vestrum sin-
gulos ac omnes et singulos comitatinos comitatus huiusmodi ab excommuni-
cationis et interdicti ecclesiastici ac quibusvis aliis sententiis censuris et poenis
ecclesiasticis et temporalibus et pecuniariis et confiscationis bonorum et
corporis affictivis et ultimi supplici necnon rebellionis et laesae majestatis
ac quibuscumque aliis criminibus per vos et quemlibet vestrum praemis- ch
E sorum occasione aut alias quomodolibet incursis et commissis in utroque 2i
foro quatenus opus sit denuo absolventes et liberantes et praedictas et qua- |
scumque alias poenas per vos propterea quavis modo incursas aut alias vobis

debitas vobis gratiose remittentes et condonantes motu proprio non ad ve- rag
strum aut alicuius vestrum seu alterius pro vobis super hoc oblatae peti- HB
tionis instantiam sed de mera deliberatione et certa scientia nostris ac de
apostolicae potestatis plenitudine vos ad omnia et singula privilegia facul-
tates gratias et indulta vobis a dicta sede et illius auctoritate concessa ac ad
comitatum dictae civitatis et quaecumque ipsius comitatus terras castra et
loca necnon feudalia et allodialia ac alia bona quae ante praeceptum et man-
datum praedecessoris huiusmodi a sede seu romana praefatis vel alia eccle-
sia aut alias quomodolibet tenebatis necnon honores et priorum artium et in
populi dictae civitatis et quoscumque alios per vos haberi geri et exerceri E
solitos magistratus cum jurisdictione facultatibus et praerogativis solitis

necnon jure deputandi cappellanum ad nutum ipsorum priorum amovibile

prout antea fieri consueverat cum salario per eum ex redditibus quarum- da
dam apothecarum ad id specialiter destinatarum seu aliunde percipi solito 3
quod ad praesens per alium cappellanum in arce dictae civitatis deservire ES
habentem percipitur ac pristinum et eum in quo olim quomodolibet eratis

statum iis duntaxat exceptis de quibus nos in aliorum favorem specialiter

et nominatim disposuimus, apostolica autoritate tenore praesentium resti-

tuimus reponimus et plenarie reintegramus ac omnem inhabilitatis et infa-

miae maculam sive notam per vos praemissorum occasione quomodolibet

contractam penitus et omnino abolemus necnon quoscumque processus sen-
tentias condemnationes et mulctas contra vos in praemissis habitas latas et È
factas cum omnibus inde secutis cassamus revocamus et irritamus ac pro i
cassis revocatis et irritis habemus et haberi volumus. Et insuper ut sublatis

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108 BRUNO FRATTEGIANI

magistratibus per ipsum praedecessorem de novo erectis et institutis tam-
quam animorum vestrorum quietem et tranquillitatem perturbantibus ex
salubri et prospero antiquorum dictae civitatis magistratuum regimine con-
solemini conservatorum ecclesiasticae oboedientiae et illorum notarii cancel-
larii et famulorum sive mandatariorum necnon. capitanei ad jus reddendum
propositi et illius collateralium exsecutorem et notarii magistratus cum eorum
omnium emolumentis salariis et proventibus auctoritate et tenore praedictis

‘supprimimus et extinguimus ac eorum loco antiquos magistratus priorum

artium et populi dictae civitatis et auditorum rotae ac conservatorum mone-
tae ac directorum cum eorum consultoribus notariis executoribus membris
honoribus oneribus emolumentis salariis privilegiis praerogativis. praemin-
tentiis juribus jurisdictionibus facultatibus habitu ornamentis familia et
famulis solitis et consuetis ac aliis quibus priores artium et populi necnon
auditores rotae et conservatores monetae ac directores civitatis huiusmodi
ante praedictam eorum depositionem et juxta eorum capitula quomodolibet
utebantur potiebantur et gaudebant ac uti potiri et gaudere poterant eisdem

auctoritate et tenore erigimus et instituimus ac illis sic erectis et institutis

locum solitae residentiae antiquorum priorum et auditorum ac conservatorum
monetae et directorum huiusmodi concedimus et assignamus ac vobis quod
de cetero perpetuis futuris temporibus priores artium et populi ac auditores
rotae ac conservatores monetae et directores necnon capitanei comitatus
huiusmodi modo et forma solitis et consuetis creari et constitüi seu ex bussula
sacco nuncupata extrahi cum assistentia et interventu dilecti filii moderni
et pro tempore existentis nostri et ejusdem sedis in eadem civitate legati
vel eius vicelegati libere et licite possint, auctoritate et tenore praemissis
indulgemus quodque de caetero perpetuis futuris temporibus priores unam
trium millium et trecentorum tredecim et auditores rotae alia mille et cen-
tum ac conservatores monetae et directores de caetero creandi aliam qua-
draginta trium pro eorum victu et sumptibus ac vos pro oratoribus ad nos et
sedem praedictam ac nunciis et tabellariis suis curreriis quo necesse fuerit

mittendis necnon forensibus excipiendis et honorandis et aliis sumptibus

extraordinariis faciendis reliquam quingentorum et sexaginta duorum scu-
torum similium summas annuatim habere et percipere ac capitanei comita-
tus praedicti solitam jurisdictionem et facultatem habere ac solitum sala-
rium percipere deberent. Et ut de summis praedictis seu aliqua earum parte
eisdem prioribus auditoribus rotae conservatoribus monetae et directoribus
ac capitaneis comitatus facilius satisfieri possit pro tempore existentibus
prioribus artium et populi civitatis huiusmodi quod omnes et singulos red-
ditus qui ex subsidiis per rusticos et per cives rusticales ac pro bonis a sol-
ventibus subsidia emptis civilibus civibus solvi solitis pro tempore praeci-
piuntur et ad praesens summam trium millium et sexcentorum sexaginta
scutorum ad rationem décem juliorum pro quolibet scuto non excedunt eorum
sumptibüs et expensis percipere et exigere et levare libere et licite valeantet
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA . 109

. quod redditibus praedictis ad satisfactionem summarum pecuniarum huiu-
smodi deerit ultra dictam summam scutorum trium millium sexcentorum
sexaginta eisdem. prioribus per nostrum in civitate et provincia praedictis
thesaurarium annuatim persolvi debeat auctoritate et tenore praedictis per-
petuo statuimus et ordinamus nonobstantibus litteris praedecessoris huiu-
smodi quas inquantum praemissis contrariantur duntaxat eas in reliquis ap- *
probantes et innovantes harum serie revocamus cassamus et irritamus ac
aliis praemissis necnon constitutionibus et ordinationibus apostolicis ac
ipsius civitatis etiam juramento confirmatione apostolica vel quavis firmi-
tate alia roboratis statutis et consuetudinibus ceterisque contrariis quibu-
scumque. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostrae absolu-
tionis liberationis remissionis condonationis restitutionis repositionis rein-
tegrationis abolitionis cassationis revocationis irritationis suppressionis ex-
tensionis creationis istitutionis concessionis assignationis indulti statuti et
ordinationis infringere vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem hoc at-
temptare praesumpserit indignationem omnipotentis Dei ac Beatorum Petri
et Pauli Apostolorum eius se noverit incursurum. Datum Romae apud Sanc-
tum Petrum anno incarnationis dominicae millesimo quingentesimo quin-
quagesimo tertio undecimo kalendas maji pontificatus nostri anno quarto.

Jo: Card. PurEUS
II
BREVE DI ALEssANDRO VII pEL 6 LuGLIO 1666 (Rrrorma DELLA RoraA).

Alexander: papa VII ad futuram rei memoriam.

Paterna quam de nostris et sedis apostolicae subditis gerimus cura nos
inducit ut eorum commodis atque utilitatibus consulere jugiter studeamus.
Exponi siquidem nobis nuper fecerunt dilecti filii priores seu decemviri civi-
tatis nostrae Perusin , quod cum antehac singulis vicenniis in eadem civitate
fieri solitus fuerit sacculus eorum qui interea singulis quadriennis novos audi-
tores Rota ejusdem civitatis eligere deberent et alias prout in capitulis im-
pressis super institutione auditorii rotae huiusmodi cap. II de electoribus de
forma electionis uberius dicitur contineri, experientia vero compertum sit
hunc modum seu formam electionis huiusmodi multis incommodis causam
praebere eo quod omnibus notum esset quinam electionem facere deberent,
hi vero auctoritate et gratia potentium ad eligendos ab illis dipendentes
semper adicerentur, unde magis apti et idonei huiusmodi favoribus et depen-
dentiis carentes exclusi remanebant admissis parum habilibus, et propter
penuriam concurrentium pluries necesse fuerat admittere quosdam qui quali-
tatibus ad eiusmodi munus requisitis praediti non erant; Ipsi exponentes ut
huic in posterum occurrerent absurdo et tam commendatione suffulti quam
TITTI

110 ! BRUNO FRATTEGIANI

ea carentes voti exitum sperare pro merito valeant, cum praesentia et con-

sensu Vices gerentis dilecti filii Gubernatoris dictae civitatis et reservato

quatenus opus esset dictae sedis beneplacito, praefatae Rotae electores se-

quenti forma abrogata veteri in futurum singulo quadriennio constituerunt

eligendos videlicet, ut postquam seniores collegii utriusque juris doctorum,

i die XXVIII decembris ex toto candidatorum numero octo de more elege-
rint, die II januarii immediate sequentis, seu alia commodiori coram Vice-

legato seu Gubernatore dictae civitatis vel ejusdem gubernatoris locum tenen-

te seu vices gerente, et decemviris pro tempore existentibus de mane con-

i gregatis, ex omnibus officiis decemviratus consolatus collegii nobilium mer-
| LOHN cantia et auditoratus collegii nobilium cambi e currenti sacculo jam ex-
ai tractis suoque munere defunctis, e si unum vel duo ex his tantummodo tunc
MIN reperiri contingat, ex omnibus praedictis officiis etiam praecedentis sacculi,
| facta prius praesentibus decemviris, in mortuorum et absentium locum su-
Hn brogatione, unum ex quolibet genere dictorum officiorum sorte extrahatur,
H quae tria officia sic extracta eadem die coram eisdem ut supra legitime de
d 4 sero convocata illico eligant quinquaginta viros prudentes probos ac Deum
E timentes cives perusinos, aetate ac rerum experientia graves, et nemini ipso-
rum eligentium in primo vel secundo gradu attinentes, decem scilicet pro
unaquaqua porta, quorum nominibus statim in urnam pro singulis portis
singillatim conjectis, viginti sorte extrahantur quatuor videlicet pro quali-
bet porta et hi ex dictis octo doctoribus, ab utriusque juris collegio electis,
Wr quatuor more solito infra decendium eligant. Declarantes quod electores
a Ì i hac nova forma eligendos facienda sit prior futura praedictae Rotae electio
ipd de anno MDXLXX quibuscumque nonobstantibus et quamvis in sacculo
| aliqui secundum. veterem modum electi adhuc existerent. Quare dicti expo-
nentes nobis humiliter supplicari fecerunt ut novam formam huiusmodi
apostolicae confirmationis nostrae robore communire de benignitate aposto-
lica dignaremur. Nos igitur ipsos exponentes specialibus favoribus et gratiis
prosequi volentes, et eorum singulares personas a quibusvis excommunica-
tionis suspensionis et interdicti aliisque ecclesiasticis sententiis censuris et
poenis a jure vel ab homine quavis occasione vel causa latis si quibus quomo-
dolibet innodati existunt ad effectum praesentium duntaxat consequendum
harum serie absolventes et absolutos fore censents, huiusmodi supplicationi
bu inclinati, ut nova forma supra expressa pro primo quadriennio tantum a
dini dicto anno MDCLXX computandum servari libere et licite possit et debeat,
| auctoritate apostolica tenore praesentium concedimus et indulgemus. Decer-
nentes easdem praesentes litteras firmas validas et efficaces existere et fore
suosque plenarios et integros effectus sortiri et obtinere, acillis ad quos expe-
ctat et pro tempore expectabit plenissime suffragari, sicque in praemissis per
B quoscumque judices ordinarios et delegatos etiam causarum palatii apostolici
a | auditores judicari et definiri debere, ac irritum et inane si secus super his a

|

quoquam quavis auctoritate scientem vel ignorantem contigerit attentari.


LJ

IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 111

Nonobstantibus praemissis ac constitutionibus et ordinationibus apo-
stolicis, necnon dictae civitatis et aliis quibusvis etiam juramento confirma-

tione apostolica vel quavis firmitate alia roboratis statutis et consuetudini-

bus, privilegiis quoque indultis et litteris apostolicis in contrarium praemis-
sorum quomodolibet concessis confirmatis et innovatis. Quibus omnibus et
singulis illorum tenore praesentibus pro plene et sufficienter expressis et ad*
verbum insertis habentes illis alias in suo robore permansuris ad praemis-
sorum effectum hac vice duntaxat specialiter et expresse derogamus cete-
risque contrariis quibuscumque.

Datum Romae apud Santam Mariam Majorem sub annulo piscatoris
die VI julii MDCLXVI pontificatus nostri anno duodecimo.

III

DOMANDA DI UN CONCORRENTE ALLA horA PERUGINA.

. (stampato conservato fra le Carte Mariotti : Documenti di concorso).
Ill.mo Simone

Francesco FrIGGERI supplica con tutto l'ossequio V. S. ill.ma volerlo
graziare del suo Voto favorevole nel Concorso al Posto di Uditore in questa
Alma Rota di Perugia per il Luogo destinato al Perugino, esibendo a tale
effetto il seguente Transunto de’ suoi requisiti. Che, ecc.

1. Dopo aver compiuto i suoi studi presso i Pubblici Professori di que-
sta Città, si portò in Roma per applicare a Studi Forensi, ove si trattenne
per lo spazio di anni dodici; Due de quali ne impiegò presso L'E.mo Argen-
vellieres allora Avvocato Concistoriale, altri due presso li E.mi Guglielmi,
e Cenci allora Luogotenenti dell'A. C.

2. Ed altri otto in qualità di Segreto nello Studio dell'E.mo Monti Ca-
prare, allorché era Uditore della Sagra Rota Romana.

3. Nel 1759 ottenne in Patria la Laurea Dottorale in Ambe le Leggi, e
la prima Clerical Tonsura.

4. Nel 1761 fu eletto Segretario di questo Ill.mo Magistrato, ed in tale
occasione fu dai Signori Decemviri impiegato in molti affari di sommo ri-
lievo.

5. Nel medesimo Anno fu eletto Consultore del Nobilissimo Collegio
della Mercanzia.

6. Nel 1772 ottenne in questa Augusta Università la pubblica lettura
di Gius Civile, e quindi quella del Diritto Canonico, quale tuttora fin da
molti anni esercita.

7. Fu eletto uno de’ Consultori di questo Sagro Tribunale del S. Offizio.
8. Fu da Signori decemviri eletto per uno dei riformatori delle Costi-
112 BRUNO FRATTEGIANI

tuzioni Rotali Perugine, come risulta dalla SU Riforma che tuttavia si
osserva:

9. Nel 1766 fu da Mons. Bolognini eletto suo Luogotenente, e Uditor
Generale per la Giudicatura delle Cause Civili della Città, e Provincia, ove
persistette per anni 4.

10. Nel 1770 fu in vista di tali requisiti graziato dell'Elezzione in Uditor -
di Rota in questa Città per il posto destinato al Cittadino Perugino.

11. Nel 1775 sotto il di 26 luglio fu di nuovo eletto Luogotenente Civile,
€ Uditor generale per l'effetto surriferito dalla ch. m. di Mons. Felice Savor-
gnano. i
12. Sotto il dì 11 novembre 1775 fu dichiarato suo Viceregente in congiun-
tura di doversi esentare da Perugia per andare a Roma.

13. Per morte del medesimo Monsignor Savorgnano, fu con special -
grazia confermato dal S. Padre felicemente Regnante nel detto impiego di
Luogotenente Civile, e Uditor Generale, e li furono per esercizio delle Giudi-
cature, come sopra, comunicate le opportune facoltà con onorevolissima
Lettera di Segreteria di Stato, sotto il dì 31 gennaio 1776, ed in tale impiego
continuò, come Giudice deputato dalla S. Sede, fino alla venuta di S. Eccel-
lenza R.mo Mons. Loffredo nostro Gover.

14. Nella di Lui venuta ebbe la sorte di essere dalla medesima Ecc.
R.ma Monsig. L-ffredo eletto suo Luogotenente Civile, e Uditor Generale
sotto il dì. 177 (sic)..

15. Nella prossima passata Sua Assenza da questa Città : si degnò di
deputarlo suo Viceregente generale per. le Materie Civili, ed economiche di
questo Governo.

16. Esercitò in due contingenze la Carica di Provicario Conferitali dalla .
ch. m. di Monsig. Filippo Amadei.

17. In diverse occasioni é stato deputato Giudice compromissario.

18. Finalmente, perché dalle Patrie Costituzioni viene ordinato, che il
posto di questa Rota dovuto al Perugino, possa accordarsi una sola volta,
ottenne dalla S. M. di Clemente XIV l'opportuna deroga, e abilitazione a
potervi essere immediatamente confermato.

19. Ma poiché per vari suoi giusti Riflessi credette di non far uso di detta
Grazia d'Abilitazione, e di non concorrere in quella Vacanza, ottenne dalla
Santità Sua la Conferma del surriferito Pontificio Rescritto munita delle
opportune Deroghe, e Abilitazione affine di poter concorrere alla prossima.

Di tutto si esibiscono le dovute Giustificazioni, e Originali Autentici
Documenti.

N. B. La riforma di cui si parla al n. 8 non può essere altra che quella
di Mons. Finocchietti del 1762.
IL TRIBUNALE DELLA ROTA' PERUGINA

BANDI PER IL SINDACATO.

A)

Sindacato degli Uditori di Rota. .
(Bannimenta Publica Comm.: Per. vol. XXXI, n. 8)

Ranieri Finocchietti Nobile Patrizio Pisano e Livornese dell'una e del-
l'altra Segnatura Referendario, Votante della Sagra Visita Apostolica, della
città di Perugia e provincia dell'Umbria Governatore Generale.

. Volendo noi che i Sig.ri Can.co Giacomo della Penna, Go: Giov: Nic-
coló Coppa, Pirro Aurispa e Ludovico de Pretis già Uditori di questa Rota
stiano al solito Sindacato e rendano ben conto delle loro azioni e della loro
Famiglia per tutto il tempo che anno esercitata la suddetta Rota. Però col
presente publico bando si fa intendere a qualunque persona tanto della Città '
che suo Territorio e Provincia, che pretendesse aver ricevuto da essi SSri e
loro Famiglia torto o aggravio di sorta alcuna che comparisca avanti li SSri
qui sotto annotati Sindacatori eletti da Signori Xviri di detta Città, li quali
cominciaranno a risiedere nel luogo solito il di 24 del corrente mese e prose-
guiranno per quindici giorni continui, eccettuato peró i giorni festivi, che si
rimetteranno, dichiarando che melli primi dieci giorni si prenderanno le pe-
tizioni e negli altri cinque le giustificazioni, quali passati si verrà alla senten-
za, riservando a noi la facoltà di prolungare il presentes Sindacato secondo
la qualità de' casi.

Dato in Perugia dal Palazzo Ap.co questo di 29 maggio 1762.

RANIERI FinoccHIETTI Gov. Generale
SSri Sindacatori: Menicone Meniconi; Ludovico Sensi
Il Dr. Marcello Battisti Consultore; Gio. Batta Tazii, Seg.io

B)

. Sindacato di un Uditore del Vicelegato.
(Bannimenta publica Comm. Per. vol. IV f. 115-16).

Hauendo il Rev.mo Mons.re Saluator Pacini degniss? Vescovo di Chiugi
et di questa Città et Provincia dell'Umbria Vicelegato meritiss? dato ordine,
che il mag.co et ecellente Gio. Jacomo Panico Aud.re Criminale del Rev.mo
Gover.re passato, debba stare al Sindacato ordinatogli da S. S. Rev.ma et
dai Mag.ci Sig.ri Priori di detta Città conforme all'Indulto specialmente
concessoli da N. S.re acció che prima che parta renda di sé quel conto, che

8
114 BRUNO FRATTEGIANI

VEE i conviene a chi ministra la giustizia sotto l'ombra di S. Chiesa a causa che
nessuno possa poi in assenza dolersi con ragione della persona sua. In virtù
del presente pubblico bando fa intendere a ciascheduna persona, la quale si
sentisse in alcun modo gravata o altrimenti havesse ricevuto ingiustizia dal
HIR prefato Gio. Jacomo, debba infra otto giorni da hoggi comparire avanti ai
! HIDE - prestantissimi Sindacatori a ciò eletti cioè il mag.co Conte Ottaviano Mon-
IHE temelino et m. Pier'Ant° Sacramoni, et m. Tobia Nonio lor consultore; i
(ME quali sederanno due volte il giorno al banco solito sotto la loggia di S. Lo-
nh renzo cioé la mattina a XV hore et la sera a XXII et ad esso interverrà anche
il molto mag.co et ecc.te m. Dario Attendolo Aud.re Criminale di SS. Rev.ma
et vi sarà anche di continuo ser Sebastiano d'Eusebio not. ordinato a pigliare
le querele, le quali saranno ammesse indifferentemente infra cinque giorni
prossimi et gli altri tre seguenti s'intendono a provarle. Dichiarando, che
da quello in poi non sarà udito piü nessuno. Notificando appresso che gli
Aud.ri del Rev. s" Governatore passato seguiranno l'officio loro, finché da
Mon.re Ill.mo Legato, o da S. S. Rev.ma saranno deputati altri Auditori;
1129 et allora poi farà il Sindacato anche per essi acció che ogniuno sia soddisfatto
| il co debiti mezzi della Giustizia. In fede, etc. LIS
| ;

Dato in Perugia a 9 m settembre 1565

wi

S. Viceleg.^- NS " SHran* Meng?

|a Die. dicta Meschinus Andree publ. Tubicina civ. Perusiae e se
| una cum sociis Perusiae per plateas et loca solita sollenniter publicasse.

Sanctes Canc.
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IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA 115

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Collegio de’ Giureconsulti di Perugia per la elezione di un Auditore di Ruota
Perugino, Roma, 1710.
A * di m——oeAee coc E IF -TE ECO - ia

» 4 b! à
cu -—

.BRUNO FRATTEGGIANI

MM. ! | MANOSCRITTI

B ^ Annali ‘petento irali (cfr. VERMIGLIOLI, Bibliografia, p. 9).
Bullae ac alia jura nobilis Collegii Advocatorum Perusinorum in hune librum
recollecta anno 1712.
|11 Bibl. Dominicini di Perugia (A 73) cartaceo in 8? gr. È questo il ms. che nel corso
IE. - * .del lavoro -chiamiamo spesso Dominiciniano. |
IMNB | C y
bbs BELFORTI GIUSEPPE, Serie de’ Legati, Vicelegati e Governatori di Perugia, II
"MD voll. ms.
Bibl. Comunale di. Perugia (Fondo Belforti 1823, non registrato nell' Inventario del Bel- .
. Iucci). È

. CAVALLUCCI VINCENZO, Memorie Jude ovvero Annali della Chiesa Perdigina.
ih ii ; Bibl. Dominicini (A 84) cartaceo in 8°, di data posteriore al 1725 (anno d’ingresso del-
j lultimo Governatore). pat
n || tu , . . LJ È : - . eu . . .

H Copia Constitutionum almae Gregorianae Domus Sapientiae veteris perusinae
H sumpta ex originalibus. . . i
Hs : Bibl. Comunale (965 N.) membranaceo séc. xvi. Secondo l'inventario del Bellucci conter-
T rebbe a f. 96 ss. una Riforma degli Auditori di Rota. Si tratta invece di una vertenza fra la Sa-
LE pienza vecchia e la nuova.
Indice di tutte le Bolle, Brevi e Lettere ufficiali trasmesse alla Comune di Pe-

rugia dall'anno 1416 redatto nell'anno 1830 (firmato da Luigi Belforti).

mi Bibl. Comunale (non catalogato).

hn LANCELLOTTI OTTAVIO, Scoría Sagra.

pet N i i Ii ms. autografo composto verso il 1645 è nella Bibl. Comunale. La Dominicini possiede
una copia trascritta nel 1812-1820 e rigorosamente collazionata e corretta sull’originale. Mi
servo ‘di questa.

MARIOTTI ANNIBALE, Documenti di concorso alla Rota.

Biblioteca Comunale (Carte Mariotti 1657) non catalogato dal Bellucci.

Contiene moduli stampati e manoscritti di candidati alla Rota del 1778. L’etichetta appo-
sta sul volume « Concorso per un Auditore alla Sacra Rota » non è esatta, non essendosi mai la
Rota Perugina fregiata di tale appellativo.

MARIOTTI ANNIBALE, Raccolta di minute autografe rilegate in volume.

Sono messe insieme in disordine.

- Lo scartafaccio (Bibl. Com. Carte Mariotti 1656) non è inventariato dal Bellucci.Contiene
in gran parte manoscritti dell’opera « De Perugini Auditori». Ma vi sono anche mescolatiin
disordine e senza numerazione di pagine alcuni appunti preziosissimi sulla Rota Perugina:

1) Tribunale della Ruota in Perugia (40 pagine di piccolo formato, notizie sulle elezioni
dal 1530 al 1564). : :

2) Catalogus Auditorum Perusinae Rotae (2 paginette).

3) Notizieintorno al Tribunal della Ruotain Perugia compilate da A. Mariotti per commis-
sione avutane dall'Ill.mo Magistrato dei Sigg.ri X — viri del 4° Trimestre del 1795 che ne era
stato richiesto dal Sig. Co: Ludovico degli Oddi per servire alla Storia dei Tribunali dello Stato
Ecclesiastico che si stanno compilando in Roma dal Sig. Can.co. Onorati: consegnate al sud.
yl Magistrato il di 19 settembre 1795.

Hs i eT (Fascicolo in 8° grande — 12 pagine scritte per metà — incompleto — rilegato in due parti
IN. diverse dello scartafaccio — senza numerazione di pagine).
IL TRIBUNALE DELLA ROTA PERUGINA

N. B. Citiamo dopo il nome dell’Autore risp.: n È : 1
1) Tribunale (della Ruota). : BEIM ; FRE
2) Catalogus. i; : | j
3) Notizie (intorno al Tribunale della Ruota). Naturalmente non sono citate le pagine.
Miscellanea Belforti.

‘Denomino così un volumetto in 8? rilegato in cartapecora, gentilmente favoritomi dal *
proprietario dott. Raffaele Belforti dell’ Archivio di S. Pietro di Perugia. Contiene in gran. parte
documenti riguardanti l' Università di Perugia. Ma c'é anche qualche cosa concernente la Rota:

1) Institutio et capitula Auditorii Perusinae Rotae (ed. 1570) con note marginali mss. molto
simili a quelle apposte alla copia ms. contenuta nel già citato « Bullae ac alia jura ».

2) Una cinquantina di pagine mss. non numerate.riguardanti l'elezione e il cerimoniale
d'ingresso della Rota. ;

M iscellanea Olivetana. :

Biblioteca Comunale (E 51) A p. 307-309 notizie sulla Rota.
Registri delle Bolle e Brevi del Comune (con I'« Inventario » del Belforti).
Le bolle originali consultate sono citate via via.

N. B. Ricordiamo qui gli incartamenti dell'Archivio Universitario di Pe-
rugia, catalogati VII a; XII B1; XIIIB1; XVB 1; XVIII B1. Non contengono
per altro niente di importante che non ci sia noto da altra fonte. Qualche origi-
nale si è citato lungo il corso del lavoro. Cfr. SCALvANTI, Inventario Regesto.
BOLDRINO DA PANICALE (1331? - 1391)

CONTRIBUTO ALLA STORIA
DELLE MILIZIE MERCENARIE ITALIANE

Le due lettere di Boldrino da Panicale, che quiriproduciamo, non
sono tali da richiedere un commento ampio e minuzioso; ma offrono
bensi l'occasione di ritesser per sommi capi le vicende del loro autore,
che fu un soldato tanto vilipeso ed esaltato da vivo, quanto condan-
nato da morto all'oblio: a tal segno che è divenuto malagevole oggi
ricollocare la sua figura a quel posto, che nella storia delle armi mer-
cenarie, pur le compete. Più di un secolo fà, Ariodante Fabretti, rac-
cogliendo note e documenti atti ad illustrare le biografie dei cap:tani
venturieri dell'Umbria (1), per primo sceverava le notizie certe
concernenti Boldrino da Panicale, da quelle leggendarie trasmesseci
dagli storici municipali (2); ma lo stesso Fabretti, pur cosi diligente,
si giovó quasi esclusivamente di fonti umbre, anzi perugine, troppo
limitate e prevenute in un senso o nell'altro, per un umbro a volta a
volta ribelle o diletto figlio della sua patria.

(1) ArIODANTE FABRETTI, Note e documenti raccolti e pubblicati da A.
F., che servono ad illustrare le biografie dei capitani venturieri dell’ Umbria. Vol.
unico, Montepulciano, coi tipi di A. Fumi, 1842, p. 43-57. Nell’appendice e
nelle note indico con A. S. F. l'Archivio di Stato di Firenze, con A. S. S.
quello di Siena, ton A. C. C. l'Archivio Segreto di Città di Castello depositato
presso la Biblioteca civica.

(2) CorINTIUS CorsETTI, Laudatio in Panicalis oppidi Perusini honorem
texta, anno 1626. Ms. cit. in Fabretti, p. 49; GiusEPPE ORSINI, Racconto
di Boldrino Paneri da Panicale, Roma, pei tipi di Paolo Moneta, 1700; FiLiPPO
ALBERTI, Elogio XXX, cit. in Fabretti; Luia1 INNAMORATI, Cenno síorico
sulla terra di Panicale, Perugia, pei tipi Santucci, 1861; GusTAvo GRIFONI,
Memorie storiche su Panicale terra etrusco-umbra, Milano, Soc. Ed. Dante Ali-
ghieri, 1918, p. 27-45.
BOLDRINO DA PANICALE (1331 ?-1391)

Si chiamava Giacomo Paneri ed era nato a Panicale, sul lago Tra-
simeno, da Ambrogio e da Cleopatra Ceppotti, nel 1331; piü tardi.
divenuto «soldato di ventura, ebbe fra i suoi commilitoni il sopran-
nome di Boldrino » (1). Se la data di nascita è esatta, bisogna dire che
i documenti ce lo fanno conoscere un po' tardi per un soldato, quando
egli attinge quasi i cinquanta. Un indizio della sua presenza in mezzo
a bande di mercenari, mi pare si possa assegnare alla fine di giugno
del 1378, quando dopo la disfatta di Marino, alcune bande di Brettoni
si rifugiarono qui nella regione del lago, per rimettersi in assetto, e
posero gli accampamenti proprio a Panicale (2). Se la congettura
trovi conferma, egli doveva ancora aver scarso rilievo nella folla dei
capisquadra: soltanto: qualche anno più tardi, i documenti ce lo pre-
sentano alla testa d'una sua propria: compagnia.

. Essendo nel 1382 il territorio perugino minacciato dai ribelli,
magistrati assoldarono Boldrino da Panicale e l’inglese Riccardo :
Romisey per dodici giorni: allo scadere di quella breve ferma, trat-
tennero in servizio il Romisey e cassarono Boldrino, il quale « suffultus
comitiva rebellium » ingrossate cioè le sue file con numerosi esuli pe-
rugini, si gettò sul contado senese mettendolo a sacco. A Siena si do-
vette sospettare che al brigantesco insulto non fosse estranea la con-
nivenza dei magistrati perugini, i quali alle rimostranze della città
amica, risposero chiamando Dio a testimone della loro innocenza e
giurando che il danno fatto agli amici lo reputavano fatto a se stessi,

(1) GRIFONI, op. cit., p. 28.

(2) Ne davano notizia i perugini ai senesi con la seguente lettera: « «Fra-
ires karissimi. Communes hostes mille quingentorum equitum et multorum
peditum, congregatione facta, per nostrum Clusium discursum fecerunt, pre-
das, hominum capturas et dampna grandia inferendo, et postremo castra lo-
caverunt prope oppidum Panicalis: et pro ea que sentimus, ibidem prestolan-
tur dominum Silvestrum (de Buda) et Guilionectum de Sala cum sex centum
bacinettis, animo graviora inferendum. Quare, fratres, quam possumus. stric-
tius et affectuosius vos rogamus, quatenus in hoc, tam trepido rerum nostra-
rum articulo, de ampliori quam potestis militum numero dignemini subvenire,
ut possimus emulis vires nostras obicere et ausis obviare. Data Perusii, die
ultima iunii, indictione prima, anno Domini MCCCLXXVIII. Priores Artium
civitatis Perusii. Tres Offitiales super guerra »..A tergo: « Magnificis Dominis,
dominis Defensoribus Populi Civitatis Senarum, fratribus nostris karissimis ».
A. S. S. - Concistoro 1794, n. 65. Originale.
ee une Ri

a ST: PR EE

120 i . |<. GINO FRANCESCHINI

ma che certo, se non si fosse gettato sulle Chiane quel ponte a Val-

liana, tanto caldeggiato e voluto dai senesi, quanto osteggiato invece . -
da essi perugini, non si dava l’opportunità a quei ribaldi di compiere
una tanto repentina incursione. Su quello eran passati quegli arci-
predoni, sopraffacendo i pochi uomini messi alla difesa, che come ben

‘sapevano, non era affidata a perugini (1).

A Boldrino da Panicale s'erano intanto uniti Bartolomeo da Pé-
tramala e Guido d'Asciano, resi più audaci dal. numero e dal mal ce-
lato favore, che loro dava Uguccione da Casale signore di Cortona.
I priori perugini si rivolsero allora con reiterate istanze ai senesi ed.
al loro capitano Obizzo da Montegarullo, perché unendo le loro forze
a quelle perugine, potessero infliggere la dovuta severa lezione a quei
ladroni (2). Ma questa unione di forze non avvenne. Anzi, di lì a poco,
a Siena che si lagnava che i suoi mercanti fossero stati sul perugino
spogliati di some e di bestie, Perugia rispondeva che si meravigliava
che in una città amica si permettesse che i cittadini comperassero il
pesce dai ladri, sapendo che quello era refurtiva: quell’arcipredone
infatti di Boldrino, altro non era che un volgare malfattore, che dopo
essersi impadronito delle terre intorno al lago e delle isole, vendeva
il pesce come se fosse roba sua legittimamente acquistata (3).

| Nel giugno del 1384 Boldrino era ancora in Umbria e portava
le armi ‘ostili sul contado tifernate, in servigio, a quanto sembra, di
Bartolomeo da Petramala, la cui minuscola signoria su Anghiari,
Citerna, Monterchi e le valli di Sovara e del Cerfone, confinava attra-
verso la cosidetta Rassinata, con Castiglione Aretino e il cortonese.
Ma mentre i Petramala intrattennero sempre rapporti cordiali coi si-

(1) Vedi APPENDICE, doc. n. 1. E vedi i passi degli Annali Decemvirali
riferiti dal FABRETTI; p. 53-55. La fonte ufficiale perugina, fa esplicito riferi-
mento all’inimicizia sorta, a causa delle malefatte di Boldrino, tra i paesi
danneggiati e sopratutto tra Siena e Perugia. «...Cumille perversus et malignus

homo Boldrarinus de Panicale his diebus print decursis cum sua comitiva

equitaverit hostiliter territorium Civitatis Senarum, Montis-Politiani, Corto-
nii et Castri Castillionis Aretini et plurimorum aliorum locorum, et in dictis

. territoriis multos captivos et predas ceperit, et cum dictis, captivis et preda

in Clusio et territorio pérusino reversi fuerunt, ibidemque steterunt per plu-

. res dies ita que (veri) similiter dici potest quod dictus Buldrarinus et eius

sotii predam fecerint et commiserint de licentia et voluntate comunis Peru-
sii... et ob dictam causam exorta est maxima discordia et inimicitia inter

predictos in quorum terreno equitaverunt cum comuni Perusino, et nisi super

predictis provideretur possit maximum periculum exoriri... etc». Ivi p. 54.
(2) APPENDICE, doc. n. 2, 3, 4, e 5.
(3) APPENDICE, doc. n. 6.
GUIIIPEOIUINDO MARNE Tiro

BOLDRINO DA PANICALE (1331 2-1391) SEIEN UA)

gnori di Cortona, ebbero all'incontro rapporti costantemente tesi
con Città di Castello. Il 21 giugno di quell’anno i priori della città
altotiberina, «statuerunt. quod omnes qui equitaverunt ‘cum. Bol-

drino in.comitatum, puniantur »: e le Riformagioni proseguono nar-

rando che «cum nonnulli iniquitates filii, die sabbati proxime prete--
rita, cum brigata Boldrini hostiliter equitaverunt in comitatum Civi-

tatis Castelli, in grave periculum et iacturam Comunis et Populi dicte
Civitatis...» i Priori ed i Consigli avevano stabilito di punirli. Tra i
cüligevolies s'annoveravano un ser Cione Laurenzi e fratelli di Prata-
longa (Pietralunga) ed un certo Betole dello stesso. luogo (1).
Poco di poi Boldrino da Panicale andó al soldo dei senesi con
150 lance. Il. 12 luglio 1384 fece la mostra (2). La società dei tre
capitani s'era sciolta; e messer Guido d'Asciano aveva assunto con
Nicolò di Galeotto Malatesta di Rimini, il comando delle genti armate.
dei senesi. Boldrino e Bartolomeo da Petramala s’erano volti allora
contro Città di Castello, che di continuo molestava le terre petrama-
lesche. Ma accadde che Guido d'Asciano e il Malatesti, ch'erano an-
dati in Maremma a fronteggiare Giovan d'Azzo degli Ubaldini che

con l'Acuto e quelli da Farnese venivano ai danni di Siena, fossero

battuti e Siena si trovasse allora nella necessità d'assoldar nuove
genti. In quest'occasione Boldrino passó al soldo dei senesi.

Dopo l’insuccesso, Siena cercava di venire ad un accordo col
Prefetto di Vico e con quelli da Farnese, consapevole che le 150 lance.
di Boldrino non eran certo bastanti a darle una soddisfazione con la
forza «... e benché i Riformatori avesino soldato Boldrino, era poco
stimato...» (3). Il 30 agosto si raggiunse un accordo. Nel febbraio:

dell'85 Boldrino fu mandato a Scorgiano, terra dei Malavolti, e quella

mise a sacco, tornando a Siena con gran preda e prigioni. Il duro
trattamento fatto. ad Uguccione Malavolti ed ai suoi consorti,
determinó un'insurrezione dei nobili ai danni del governo popolare,
che intendeva demagogicamente sradicare i: nobili del contado ed

(1) AncH. Com. CrrrÀ DI CAsTELLO, Annales, vol. XIX, c. 153, Regesto
Corbucci. :

(2) « Boldrino di Cecho da Panicale. vene al soldo del comuno di Siena,
e fe’ la mostra a di 12 di luglio con 150 lance ». PAoLo pi TowMAso MONTAURI,
Cronaca Senese in RR. II. SS?, T. XV, P. VI, Bologna, 1937, p. 703. Nota
bene che l'annalista senese, ch'é un contemporaneo, dice che il padre di
Boldrino non si chiamava Ambrogio, come asseriscono gli storici municipali,

. ma « Cecho », cioé Francesco.

(3) Cronaca Senese cit, p. 703.

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122 GINO FRANCESCHINI

occupare le loro terre. Il 14 febbraio dell'85 Boldrino andò a soccorrer
Giuncarico occupato dai Salimbeni, e dagli altri alleati dei Malavolti:
ed il 2 marzo, in occasione della nuova balia, fu dato a Boldrino, il ba-
stone del comando per la guerra ai nobili del contado, ma « .. . prese
el bastone, malvolentieri... » (1).

Infatti, mentre i. nobili scorrazzavano sicuri per le campagne
guastando i molini ond'affamare la città, Boldrino ricusó d'uscire
ad impedire quelle violenze « ...e per questo... entrò in gran so-
spetto ». Quasi un terzo delle terre del contado tenevano pei nobili,
ed allora apparve chiaro che Boldrino era stato corrotto dal denaro:
«E avevano corotto Boldrino per mezo deli ambasciadori fiorentini,
ch'ebe quatro milia fiorini... e per questo disse Boldrino in Conce-
storo a la balia che non voleva stare ne la cità e non voleva fare guerra
fra citadini, e per questo si parti dalla città e stavasi nelle Masse e
ogi qui donde colà e robava ciò che poteva... ». I senesi allora assol-
darono 80 lance dei Bretoni, sperando di trarre chiodo con chiodo;
ma « Boldrino e li Brettoni cavalcorno el contado di Siena e ognuno
fece male » (2).

. A sentir lui, egli non faceva che combattere i nemici di Siena:
ed ai magistrati perugini che s’eran lagnati di certe ruberie fatte dai
suoi uomini, rispose: Come sapete, mentre ch'io fui al vostro servi-
zio, mi sarei inimicato anche i Santi del. Paradiso, se fossero stati
vostri nemici, affinché voi poteste recuperare lo stato vostro: e così
ora ch'io milito agli stipendi del comune di Siena, perseguo i ribelli
e i nemici di questo comune, ovunque essi si riparino, anche se venis-
sero a rifugiarsi presso le porte di Perugia. Facendo cosi credo d'adem-
piere il mio dovere di soldato, promettendovi di rispettare e difendere,
ov'io possa, le persone ed i beni dei cittadini vostri, dei vostri distret-
tuali e dei vostri amici, con non minore impegno di quello che potre-
ste adoperare voi stessi (3). .

Per invogliarlo alla lotta contro i nobili del contado, i magistrati
senesi lo mandarono a San Quirico, dandogli licenza di far bottino
e di ritener come sue le robe che prendesse. « Li Signori di Siena —
dice ancora l'annalista — mandoro Boldrino loro condottiere co' ba-
lestrieri de la città e de la Massa a San Quirico con gran patti, che

-

(1) Ivi, p. 707. « Boldrino co’ la sua gente cavalcò a di 14 di feraio a
socorare Gioncarico, che l'avevano tolto e’ nobili... »; e Ivi, p. 708.

(2) Ivi, p. 709.
(3) Appendice, doc. n. 7.
BOLDRINO DA PANICALE (1331 ?-1391) 123

fusse sua tutta la roba e carne de' Nove che v'erano, e [fecero]
molte iniquità e crudeltà e combatterno la terra e fuvene assai morti
e presi .. ». Ma gli eccessi del governo popolare scossero la pubblica
autorità, e di contro resero più forti i nobili, i quali, unitisi agli antichi
magistrati ed ai loro fautori, fecero scoppiare un tumulto in città che.
travolse il governo dei demagoghi. « Subitamente— dice ancora l'anna-
lista — la città di Siena fu pacificata (e) sicura, non vi fu una ingiuria,
né alcuna robaria... Mandaro via subito ogni forestaria a cavalo ea -
pié e giuroro tutti li rettori e fero loro ufizio e giuroro li soldati e
furno renduti li cassari e tutte le terre di fuore e drento, contenti
e lieti liberamente ubidiro... E pagaro Boldrino e miser Tadeo, e
ciascuno conpitamente per lo passato e presente contentaro e manda-
ro via fuore del contado e giuriditione di Siena, e tutti passarno le
Chiane e in pace rimase la città » (1).

Boldrino passó allora al servizio di Perugia, «cum sexcentis
equitibus et ultra » ed i magistrati ebbero assai a lodarsi dell'opera
sua, come ancora testimoniano gli Annali Decemvirali (2). La città
umbra era preoccupata delle oscure manovre di alcune grandi fami-
glie che avrebbero disegnato di dare la città al duca d'Angió e per esso
ad Inghiramo sire di Coucy, che per queste segrete intese era venuto,
dopo la cessione d'Arezzo ai fiorentini, con le sue. genti lungo. la
valle del Tevere sino alla Fratta (Umbertide). Spirato il termine della
ferma perugina, Boldrino s'uni alle genti del Coucy e, scortando il

(1) Cronaca Senese cit. p. 711. :

(2) « Cum prefatus Boldrinus de Panicali indefesso studio die noctuque
se exhibeat promptuosum in eccidium et exterminium quoruncumque hostium
Communis et Populi Perusii etc. Et nuper cum ad unicam requisitionem dum
venerit cum sexcentis equitibus et ultra ad expellendum et expugnandum in
obsequium Communis predicti societatem domini Johannis Aghud etc. castra
tenentium in territorio Cortonensium et innumerabiliter venire. volentes in
territorium Perusii etc.; dicti domini Priores providerunt, ordinaverunt et
reformaverunt quod prefatus Budrinus sit et esse intelligatur ex civibus peru-
sinis, et eumdem ex nunc decretaverunt fecerunt et ordinaverunt civem anti-
quum Civitatis predicte etc. Ac etiam providerunt et mandaverunt et man-
dant conservatoribus monete Communis Perusii quod pro remuneratione, pre-
mio, labore et adventu eius et societatis eiusdem etc. possint, teneantur et
debeant dare et solvere dicto Buldrino florenos sexcentos septuaginta de auro ;
ad hoc, ut per huiusmodi retributionem pro omni tempore et societas semper
se exhibeant studiosos ad conservationem status predicti et desolationem ci-
vium querentium turbare pacem vel quietudinem Communis etc. ». FABRETTI
p. 55-56.
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124 “GINO FRANCESCHINI

| principe francese pervenne sul bolognese, dove con gli altri capitani ed
| TA in servizio di « misser Tadeo de’ Pepoli con più di 4 mila cavalli an-:
IM — .doro in su quello di Bolognia, facendo grandissimi dani infino a le:
2 porte, tanto ch'e' Bologniesi si ricomprarno 30 mila fiorini... » (1).
| | 1 7 -H5luglio era intorno a Modena: sotto questa data infatti Guido
M TE d'Asciano informó i seriesi éhe Boldrino aveva abbandonato la com-
|
I

pagnia dell’Ubaldini per unirsi a lui con ottocento cavalli,si che-«me-
diante la grazia di Dio se po’ dire la compagnia di Giovanni d' Agco
quasi essere disfatta » (2). Nell’estate le genti licenziate dal Coucy
ritornavano verso l'Italia centrale. Erano le compagnie di Giovan
d’Azzo degli Ubaldini, di'Giovanni degli Ordelaffi, Boldrino: da Pa-
nicale, Taddeo Pepoli, Everardo di Lando e Giovanni Acuto.
Mentre Giovanni Acuto passava al servizio di Firenze, si diceva
che Boldrino sarebbe tornato. nel senese, al. soldo dei. Tolomei e di
taluni degli ùomini più in vista dell'abbattuto governo dei Riforma-
tori, che avevano tentato 'd'afforzarsi nel contado occupando: Badia
all'Isola. Entrò di fatti nel contato senese, ma poco dopo « Sanesi
fero acordo con Boldrino da Panicale e promisse non ofendere ne?
fare ofendere per tempo de anni quattro, e che in questo tempo el
comuno di Siena dovesse dare al detto Boldrino fiorini 500 l'anno,
e pagavali per lui a Cione di Sandro Salimbeni, e fecesi molte carte
publiche con grandi obrigagioni e andovi molti ambasciadori senesi
prima che si facesse detto.accordo, perché el detto Boldrino dane-
giava el comuno di Siena » (3). i;
n Rimase alcun tempo nel perugino ingrossando di genti, poi si .
i recó nelle Marche. Il 23 ottobre era a Fabriano ove acconsentiva alla
(UR promessa di matrimonio tra suo figlio Giovanni Aretino, maggiore
ili di dieci anni, e Piccarda di Bosone da Gubbio, maggiore di nove, pre-
senti quali testimoni Guido dei Chiavelli signore di Fabriano, Giovanni.
di Ungaro degli Atti signori di Sassoferrato e Guido di Francesco degli
Attoni signori di Matelica. Guido Chiavelli e Giovanni degli Atti fu-
rono incaricati di stimare la dote della sposa (4). Sui primi dell’anno

(1) Cronaca Senese, cit. p. 713.
‘ (2) A. ProrEssIoNE — Siena e le compagnie ‘di Ventura nella seconda
Mi metà del sec. xiv — Cittanuova Marche, 1898, p. 118.
SIBARI (3) Ivi, p. 716.

| E (4) ARCHIVIO NOTARILE DI FABRIANO — Rogiti di Agostino di Matteo, vol. I,
c. 247 t. Debbo l’indicazione di questo, come degli altri documenti fabrianesi,
RT all'amicizia del prof. Romualdo Sassi, vicepresidente della Deputazione Sto-
Dui rica Marchigiana, che qui pubblicamente ringrazio.
BOLDRINO DA PANICALE (1331 2-1391) - 125

successivo andò al servizio dei Varano. signori di Camerino. Il 13
marzo 1386 Firenze, inviando nelle Marche Bartolomeo da Petra-

mala gli diceva : «... sarete a Boldrino e saprete da lui s'egli
cela brigata sua sono rifermi con Gentile (da Camerino) o no. E 'sa-
pere di sua intentione quello che è per fare, pregandolo e per nostra.
parte e per vostra, che gli piaccia non acconciarsi né condursi con

persona, se prima non lo significa a voi ed a noi, e che in ciò gli
piaccia observare i patti che abbiamo con lui di che avete la copia.

E in caso che egli non fosse rifermo, che. voi sappiate da lui se.

noi lo possiamo avere a’ nostri servigi o per via di compagnia o
di soldo, e con che brigata e per che quantità di danari e per che
tempo... » (1). :

«Firenze aveva interposto la sua azione mediatrice tra il conte
Antonio da Montefeltro, signore d'Urbino, e Francesco di Necciolo
Gabrielli in disaccordo tra loro pel possesso della fortezza di Cantiano,
che insidiava la signoria del conte su Gubbio. Si venne ad un abbocca-
mento, durante il quale, avendo dovuto il conte proteggere l’amba-
sciatore fiorentino dal furor popolare, Firenze ritenendo che il tu-
multo fosse stato provocato ad arte e che, pertanto, fosse stato offeso
il diritto delle genti nella persona del suo ambasciatore, aveva mosso
guerra al conte di Urbino e con denaro e promesse gli aveva aizzato
contro quanti più nemici aveva potuto. Ora intendeva condurre al
suo soldo la compagnia di Boldrino, per mandarla ai danni del conte.
Il 23 marzo, inviando Andrea di Francesco Peruzzi nelle Marche,
i dieci di Balìa gli dicevano: «In prima con ogni sollicitudine...
anderai a trovare Bartolomeo da Petramala, il quale crediamo sarà
a Camerino o nelle circumstantie con Boldrino da Panicale... Vo-
gliamo che tu dica a Bartolomeo che noi vogliamo conducere Bol-
drino per modo di compagna con la sua brigata per quello gaggio
che fosse convenevole. E che dica a Boldrino che mandi qua con
Bartolomeo suo mandatario sufficiente e suo sugello a potere fer-
mare. E in caso che Bartolomeo ti dicesse questo non avere luogo,
vogliamo che allora tu dica a Bartolomeo che noi vogliamo condu-
cere Boldrino al nostro soldo, con C o infino in CL lance il più, fa-
cendo il meno numero potesse, e ch'egli ne venga qua con mandatario

(1) A. S. F. Dieci di Balia. Legazioni e Commissioni, Istruzioni e lettere
| missive, Reg. n. 1, carte 21. « Nota a voi Bartolomeo da Petramala per gli dieci
della Balia del Comune di Firenze nel MCCCLXXXV, di XIII di marzo »
(stile fiorentino), minuta.

TERQUE ERE A SRI RU MEGA.
—?34-——- ELFI ES NE AIESr: DS

4 d

A

B LL 126 GINO FRANCESCHINI

TERME sufficiente e sugello di Boldrino a potere fermare. . . » (1). Il due aprile
| LETT i Dieci davano ancora commissione a Bartolomeo da Petramala. per-
Nu ché conducesse quanto prima su quel di Gubbio le genti di Boldrino
a E .. . ai danni del conte Antonio d'Urbino. « Andrete a Boldrino e compagni
TERT — dice la commissione — e procurerete avere da loro la fidanza secondo
B | che si contiene nella copia che con voi portate: e... procurerete ch'e-
t glino siano con voi a servirvi uno mese stando in sul terreno d'Agob-
bio, o degli altri luoghi che tiene il conte d'Orbino, come nimici. E
questo mese cominci il primo di che metteranno capo in sul terreno
che tiene il Conte. Oltre a ciò, che ogni volta che noi mandassimo la
nostra gente in sul terreno del Conte, ch'eglino debbino essere e stare
| colla nostra gente insieme e fare quello che farà la gente nostra, o di-
M visi come sarà di volere di chi vi sarà commissario. E per questo siamo
LUE contenti che voi possiate spendere infino in fiorini duomilia, vantag-
| FAM giando il Comune piü che potete. E se tutto provato, voi non potessi
1 HMT questo fare, tornate qua bene informato di loro intentione. Oltre a ció
v'ingegnerete fare triegua tra Boldrino e Beltotto almeno per uno
mese, si che non si guastassono i fatti nostri » (2). La missione del
13H Petramala sorti a quanto sembra buon effetto, perché se non sappia-
til mo con esattezza dove la compagnia di Boldrino fu impegnata nelle
IM operazioni contro il conte Antonio da Montefeltro, sappiamo che
ht stette alcun tempo al soldo dei fiorentini, perché 1°8 giugno di quel-
| l'anno 1386 la Balia dichiarava che «la spesa fatta in Boldrino e al-
i tre cose extraordinarie » ammontava a diecimila fiorini (3).
RI Nell'estate si portò con le sue genti a Sanseverino Marche, chia-
JUR matovi da quei signori: e traendo partito dalle discordie che sconnette-
M vano quella famiglia, s'impadroni del castello e vi stette alcun tempo
i | come assoluto padrone. In quell'anno Bartolomeo di Smeduccio da
dn sanseverino era stato chiamato capitano generale della taglia guelfa
| Di tra fiorentini, senesi, bolognesi, pisani, lucchesi e perugini. Sembrando
a Nofrio degli Smeducci, che l’assenza dello zio Bartolomeo gli

(| (1) « Nota e riformatione a te Andrea "di Francesco Peruzi di quello ài a
li n fare con Bartolomeo da Petramala, fatta per li dieci della Balia del comune di
B I Firenze nel MCCCLX X XV adi XXIII di marzo » (s. fior.). Ivi a c. 23, minuta.
ai il (2) « Nota e informatione a voi Bartolomeo da Petramala, fatta per gli Dicci
TET i | della Balia del Comune di Firenze nel MCCCLX X XVI a di II di aprile ». Ivi,

: a c. 28.
i (3) « Ricordanza a te Bartolomeo di Lorino Bonaiuti fatta per l’uficio dei
dieci della Balia del comune di Firenze nel MCCCLXXXVI, a di VIII di giu-
gno, minuta, Ivi a c. 34. À
BOLDRINO DA PANICALE (1331 ?-1391) 127

offrisse l'occasione propizia per farsi signore di Sanseverino, «secreta-
mente mandò per Boldrino facendogli grandi promesse ». Questi venne e
dopo aver saccheggiato il borgo «tennesi per sé quel castello certo tem-
po » (1) vi trascorse cioè tutto l'inverno, avendo trovato il modo di
farle spese ai suoi uomini e di acquartierarli nella stagione inclemente...

All’avvicinarsi della primavera dell’87, ottenuto il congedo allo
scader della sua ferma, Bartolomeo di Smeduccio tornò nelle Marche,
raccolse intorno a sé un folto stuolo di soldati deciso a vendicarsi di
Boldrino «però che erano corali nimici ». Venuti i due eserciti alle
mani, dopo aspro e ostinato combattimento; Boldrino ebbe la peggio
e «si fuggì coll’avanzo in Sanseverino con grande paura e vergogna
di sé e di sua gente» (2). Uscito più tardi da quel borgo, siriebbe
agevolmente dall’insuccesso coi denari della Chiesa di cui era soldato:

(1) «1386. Misser Bartolomeo di Sandruccio (correggi: Smeduccio) . da
San Severino capitano'generale de la guardia in fra Fiorentini e Sanesi, Bolo-
gnia, Pisa, Lucha, Perugia...» Cronaca senese, cit, p. 717; « In questo anno
avvenne che, non essendo in Sanseverino messer Bartolomeo ; (d Isme-
duccio che vi era signore, e avendo Ismeduccio quistione col figliolo e con No-
frio, nipote del detto messer Bartolomeo, e non essendo il detto Nofrio tanto
forte nel castello quanto v'era il detto Ismeduccio, secretamente mandó per
Boldrino, facendogli grandi promesse, se venisse a lui. Laonde il detto Boldrino
vi venne con assai gente d'arme; ed egli il mise nel castello di Sanseverino: e
quegli incontanente rubò quasi tutti cittadini, etennesi per sé il detto Boldrino
quel castello di Sanseverino certo tempo, e il detto Nofrio vi si stava dentro
con li detti ladroni e faceano danni quanto poteano ai vicini, e stettevi quello
che gli piacque. Poi il detto Boldrino se n'usci fuori con sua brigata, e andos-
sene: e il detto Nofrio si rimase signore in tutto di Sanseverino » Cronica vol-
gare di Anonimo fiorentino, già attribuita al Meinerbetti in RR. II SS?
T. XXVIL P. IL. Citta dizGastello;-1915, p. 23.

(2) « Boldrinus qui cum suo exercitu ad petitionem papae Urbani VI di-
scurrebat depredando per Apuliam (Marchiam), a domino Bartholomaeo
Smeducii de Sancto Severino missus fuit in fugam de mense Martii ». Sooz-
MENI PisToRIENSIS Specimen Historiae, in RR. II. SS., T. XVI, Milano 1730,
col. 1131. Con piü ricchezza di particolari l'Anonimo fiorentino da cui Sozome-
no dipende: « Essendo l'anno 1387 nel castello di Sanseverino nella Marca,
Boldrino, caporale della compagnia di ladroni, il quale avea poco tempo
innanzi preso erubato, come altrove è detto, egli e’ compagni deliberaronsi del
mese di marzo 1387 d'uscire fuori del castello, e andarerubando per quelli paesi
ciò che potessero. E uscito con tutta la sua gente fuori, poco di lungi dal detto
castello, si scontraro con messer Bartolomeo di Ismeduccio da Sanseverino,
il quale era quivi venuto con grande brigata di valente gente d'arme, per com-
battere col detto Boldrino e con sua compagna, se potesse in campo trovarli;
e quivi postisi in agguato. Ma come ciascuno di loro iscoperse e vide i nemici,
subitamente acconcia la sua brigata alla battaglia, e senza alcuno indugio
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BRE 128 ^ . .GINO FRANCESCHINI

LITE non molto dopo era al servizio dei Malatesti e per essi del Conte di |
| ‘Virtù. Quando infatti Gian Galeazzo Visconti, alleato con Francesco
RIE SS da Carrara signore di Padova, prese le armi contro Antonio della
| i Scala e cercava con ogni mezzo d’impedire che Bernardon des Serres
i E che si trovava coi suoi Brettoni intorno a Fabriano ed a Rocca Con-
it Ta trada, potesse accorrere in difesa. del signore di Verona come aveva
! "E promesso, il signore di Milano per mezzo dei Malatesti assoldó un grup-
| | i . po di capitani, che allora militavano in Romagna, perché se fosse
Wi ME stato necessario, impedissero con la forza la marcia verso nord del
capitano francese. « Firmaverat (Carolus de Malatestis) dominum He-
verardum Suyler ad servitia prefati domini (comitis Virtutum) cum
VIII‘ equis » insieme ai capitani Corrado Vithinger, Luchino da Casate
(HI: e Giovannolo da Genova. Questi ed i signori Malatesti mandarono
HIDE oc un loro agente ad assoldare Boldrino: « Petrus de Podio, familiaris
THE dominorum de.Malatestis, rediens a Boldrino, qui ad ipsum et so-
| i cios iverat de mandato dominorum suorum... retulit eis, quod
MO firmaverat Boldrinum de Panigale, Nellum de Camerino et Milanum
HIMEN c de Asto, ad servitia dominorum de Malatestis... cum pactis infra-
M scriptis, firmatis (die) V mensis augusti... » (1). !
n | Frattanto non si mosse dalle Marche, dove la cupidigia folle di
Onofrio da Sanseverino, gli offri il destro di prendersi una definitiva
z rivincita su Bartolomeo d'Ismeduccio, che l’aveva battuto in campo
alcuni mesi prima. Tra febbraio e marzo del 1388 « messer Bartolomeo
da Sanseverino fu tradito — dice l'Anonimo fiorentino — da quelli il
ni quale insino allora era a lui istato il più fedele e leale amico ch'egli
ii avesse e di cui egli più si fidava e in lui avea commessa la guardia
IH del castello in tutto dove era e ancora di lui e di tutta la sua famiglia.
Nofrio, nipote del detto messer Bartolomeo, fece tanto che per danari
il detto tradì messer Bartolomeo e mise nel castello, il detto Nofrio,
ii Boldrino, dov'era il detto messer Bartolomeo, e presono il detto mes-
il ser Bartolomeo e la moglie e '1 figliolo e tutta sua famiglia, rubarono

cominciata tra loro aspra e crudele battaglia, peró che erano corali nimici: e
Mud i; grande pezza combattutosi insieme con grande danni dell’una e dell'altra parte;
È finalmente Boldrino e la sua gente furon isconfitti e vinti e furonvi morti più
Ei : di cento de’ suoi; Boldrino si fuggì coll'avanzo in Sanseverino con grande pau- E
(PIER ra e vergogna di sé e di sua gente. Avea allora il detto Boldrino provisione da 3
vL papa Urbano perché facesse guerra a quegli della Marca, peró cheubbidire non
HS voleano lui li suoi vicarii » Cronica volgare cit. p. 30.
mol (1) FRANcEsco NovatI, Trattative di Giangaleazzo Visconti con Con:
i i dottieri di ventura durante la guerra contro Antonio della Scala (1387), in « Arch.
| (08 Stor. Lomb. », a. XXXIX (1912), vol. XVIII, p. 572-77.
BOLDRINO DA PANICALE (1331 ?2-1391) $ 129

tutto quello che v'era e dissono che voleano certe sue castella se
voleano esser lasciati; e cosi li tennero più mesi in pregione; di che poi
segui che, non possendo altro fare, messer Bartolomeo detto, per usci-
re di pregione, diede al detto Nofrio e a Boldrino le castella che voleano
€ fue lasciato egli e la moglie e "1 figliolo e tutta la sua famiglia. E cosi

messer Bartolomeo di Ismeduccio da Sanseverino, il quale era te-

nuto il più valente uomo di tutta la Marca, per soperchie fidanze fue
disfatto e perdé tutto quello che aveva avuto e posseduto li suoi
antichi tempo assai». () | .

Nell'estate Boldrino tornó in Umbria. Allorché la lega EUR
promossa da Pietro Gambacorta (ond'impedire che il latente conflitto
Firenze Milano, scoppiasse in guerra aperta) si rivelò infirmata -da
segrete contr'alleanze, ed il Conte di Virtù s'accingeva a prendere
armi contro Firenze, allora Siena e Perugia, alleate del signore di Mi-
lano, si accinsero con l'aiuto di lui ad assoldar genti: i senesi si rivolse-
ro a Bartolomeo da Petramala per condurre al loro scldo Boldrino.

‘ Da Cortona, ove allora trovavasi il signore di Anghiari, il 21 giugno ri-
spondeva: «... ricevuta la vostra lettera... subito veduto el sigillo
vostro fuoi mosso et ho trovato Boldrino ed é disposto a fare quello che
sia piagere della Signoria Vostra. Emperció a me parri che voi doveste
mandare un vostro qua col mandato et che se cavi tosto cavo.a questo,
perché heri sera se parti de la Valle.de Pierle da lui Contuccio de Ra-
mazzano et alchuno altro ambaxiatore de Perogia per fermarlo con lo-

ro et fine qui non ho lassato remanergli en concordia neuna, fine chenon .

torna la resposta vostra. Emperciò credo che sia buono el solicitare
tosto, perché Boldrino é homo che sta pocho fermo et ha degli avia-
menti asai a le mani...» (2). -

(1) Cronica volgare d' Anonimo cit. p. 53-54. I1 25 aprile 1388, Bartolomeo
di Smeduccio da Sanseverino e Smeduccio suo figlio, essendo stati liberati
dal carcere per opera di Nofrio e di Roberto di Cola della medesima famiglia
degli Smeducci, promettono loro solennemente di non molestarli più, e ven-

dono loro la rocca, torre e fortilizio di Civitella e altre case e terre per venti--

mila fiorini d'oro. A. S. F. Pergamene d' Urbino ; Spoglio n. 93, ad annum. La
somma dovette servire a tacitare le richieste di Boldrino pel soldo della sua
compagnia e suo, perché in quel torno di tempo egli acquistó i castelli di Domo
e delle Precicchie nella parte orientale del territorio fabrianese, castelli che nel
1391, dopo la sua morte, gli eredi vendettero a Guido Chiavelli. ARcH. Com.
FABRIANO. Pergamene n. 6, 508, 510, 511.

(2) Gino FRANCESCHINI, Citerna,: in questo Boll., vol XLIV, 1947,
p. 73 (docum. n. 6). Correggerei in Questo senso la dita indicata con un in-
terrogativo nella memoria.

9

7, E,
SPIEDINI nue. o SAI
emette ——-

DARODEUR TES MGE RW wea

130 - GINO FRANCESCHINI

nl Infatti da una lettera inviata da Pavia il 22 marzo 1389 dagli
ME ambasciatori senesi presso il Conte di Virtü, appare ch'egli fosse in
| dM procinto d'unirsi alle compagnie di Giantedesco da Petramala e di
UM | Giovan d'Azzo degli Ubaldini: gli ambasciatori scrivono ai loro Prio-
i ri, che a rintuzzare gl'insulti dei fiorentini sul territorio senese, il si-
gnore Gian Galeazzo Visconti ha dato ordini alla brigata di messer Gio-
van d'Azzo degli Ubaldini d'esser presso di loro, « et chosi quella di
Broglia e Brandolino, di Gianni tedesco (da Petramala), di Boldrino
IN et de Brettoni... » (1)
HIM Se pur Boldrino partecipó a questo progettato concentramento
| DRE di milizie in difesa di Siena, non dovette rimanervi a lungo e si di-
staccò dagli altri reparti assai prima che la pace di Genova (26 gen-
naio 1392) riconducesse in Toscana una parvenza di tregua. Andò
(IONE infatti ai servigi delinuovo pontefice Bonifacio IX, che cautamente
tentava di rialzare l'autorità del papato nelle terre della Chiesa.
Sui primi dell'estate del 1390 la città di Siena scrisse a Boldrino
perché venisse con la brigata che aveva, alla difesa.di lei. Da Rieti
il 2 luglio egli rispose, che pur essendo vincolato dalla ferma che
Hi aveva col pontefice, tuttavia s'era recato da Sua Santità e gli aveva
chiesto « de avere licentia per venire a servire » la repubblica senese.
Il papa non aveva accondisceso alla richiesta ed egli mandava a Siena
a sua giustificazione, la risposta della curia (2). :
AE Bonifacio IX aveva messo ai fianchi di suo fratello Andrea
| THE .. Tomacelli, creato marchese della Marca, Boldrino, perché con la sua
| AMI perizia di soldato e con la consumata scaltrezza, lo assistesse nella non
facile bisogna di ricondurre all'obbedienza le terre della Chiesa. Il
marchese, credendo di poter farsi uno strumento ad accrescer la.
propria autorità, dell'avversione che le popolazioni avevano verso
l'indisciplinata soldataglia, pensó di sbarazzarsi di Boldrino. « Dicto '
anno — dice una fonte coeva — fo facto marchese de la Marcha uno
il fratello de papa Bonifatio, el quale fecie parlamento a Macerata, dove
(TICA ._. fo deliberato la morte del Boldrino da Panicale, et invitato el Boldrino
hil a desinare con lo marchese, in quello desinare da li homini de Ma-
cerata fo morto; de la qual cosa tucti li marchegiani foro contenti
: et non volero poi ubedire al marchese. Segui che la compagnia del
| n Boldrino, depo' una gran crudeltà facta contra quelli da Macerata,
Td volsero el corpo del Boldrino, et foli mandato con tucte le donne de

ill (0) A. S. S. Concistoro, 1826, n. 91, originale.
(2) APPENDICE, doc. n. 9.
131

BOLDRINO DA PANICALE (1331 ?-1391)

Macerata schapigliate et acompagnato con cento torchi; et quello
corpo portaro per la Marcha rescotendo le taglie » (1).

Anche Pompeo Pellini, sempre cosi diligente ed acuto, avanza
il giudizio che il marchese facesse morire Boldrino, « credendosi egli,

che morto che fosse lui, il governo di quella Provincia fosse per es-.

sergli molto più agevole e di manco pensiero che non gli sarebbe stato
vivendo; ma tutto il contrario gli avvenne... ». (2).

Due anni dopo, il figlio di Boldrino e i suoi compagni, non essendo
riusciti, come chiedeva la loro sete di vendetta, a far ricadere la morte
del padre e del capitano sulla persona del Marchese, chiamarono in
loro aiuto Biordo Michelotti ed Azzo da Castello, i quali costrinsero
il marchese a restituire con i dovuti onori la salma di Boldrino ed a
versare alla compagnia un grosso riscatto (3). Poco dopo Biordo fa-

(1) SER GUERRIERO DA GuBBIO, Cronaca a cura di G. Mazzatinti, in
RR. II. SS?, T. XXI, P. IV, Città di Castello, 1902, p. 27. Attingo alle due
redazioni, perché quella relegata in nota dall’editore, è talvolta più completa.
L’Anonimo fiorentino è come sempre più diffuso, ma assai piü ricco di particolari.
« Il Marchese della Marca — dic'egli — fratello del Papa di Roma, essendc nella
città di Macerata, mandò a dire a Boldrino, ch'elli venisse a desinare coa lui.
Era allora Boldrino non bene sano e stavasi a uno suo castello; e perché Bol-
drino avea fatte molte cose l’anno passato in beneficio di Santa Chiesa e avea
quasi tutta la Marca recata al segno della Chiesa, si credeva ricevere grandi
benefici dal Marchese se chiesti glieli avesse per le belle cose fatte per lui e in
suo onore; e per queste cose dette andò al Marchese in Macerata forse con venti
cavalli e scavalcó alla casa del Marchese e andò subitamente a lui; e come giun-
se nella sala dov'era apparecchiato per mangiare, il Marchese non fece punto
chiaro viso a Boldrino e per questo Boldrino cominciò a dubitare, ma non
vedea modo di partirsi quindi. Allora il Marchese accennò a quegli a cui aveva
commesso che l’uccidessono quando si dava l’acqua alle mani: allora coloro
subitamente il presono e dierongli di molte fedite, e quivi l’uccisono; e poi il
fece sotterrare, e li compagni si fuggiro. Fece questo il Marchese perché li fu
fatto credere che, s’egli levasse Boldrino della Marca, che più liberamente ne
sarebbe signore; ma non però questo seguì, ma sì il contrario, però che li suoi
compagni insieme col figliolo poi corsono in più luoghi della Marca e uccideano
qualunque trovavano del paes? e diceano di tutti: « Vadano questi alla morte,
solo per la morte di Boldrino e per l'anima sua »; e cosi molti non colpevoli
uccisono ». Cronica volgare di Anonimo cit. p. 117.

(2) Pompeo PELLINI, Dell'Historia di Perugia, parte seconda, in Venetia,
appresso Giovan Giacomo Hertz, 1664, p. 18.

(3) «1393. Del mese di giugno, essendo andata la compagna di Biordo de'
Michelotti e d'Azzo da Castello e di più altri caporali a Macerata nella Marca e

postisi a campo a lato alle mura, ed erano dumila cinquecento cavalli e assai -

fanti, e faceano grandissimo danno e guasto nel loro contado tagliando le vi-

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— ———__—z_

r a peso d'oro (l1).

ARTISTI ALTI

132 GINO FRANCESCHINI

ceva prigioniero ad Apiro il marchese Andrea Tomacelli e lo rimise in
libertà soltanto molti mesi dopo, quando il Papa lo ebbe ricomperato

- Gino. FRANCESCHINI

gne e gli altri alberi e ardendo tutta la contrada; e questo guasto faceano quat-
trocento uomeni che v’erano, perché erano istati della brigata di Boldrino. Co-
storo diceano a quelli della città che voleano ch'elli desono presso il Marchese
della Marca fratello del Papa, il quale aveva a tradimento morto Boldrino loro
caporale; e«veramente li citadini, per non ricevere tanto danno, l'arebbono dato
preso se non fosse gli ambasciadori de’ Fiorentini che vi si trovarono, li quali
andarono a quelli della compagna; e tanto adoperarono che patti si fero così
che i terrazzani dessono loro mille fiorini e che l’ossa di Boldrino fossono ren-
dute loro, e così fu fatto; e quelli della città, con molte croci e lumi innanzi e
con grande onore, accompagnarono quelle ossa insino fuori della città: e quelli
della compagna le ricevettono e portaronle poi dove a loro piacque. Poi li detti
ambasciadori fiorentini feciono quivi una concordia tra quelli della compagna e
'] Papa; e fu così che ’1 Papa fra uno mese desse loro fiorini dieci milia d'oro e
quelli della compagna sicuraro tutte le terre che si reggeano sotto il nome della
Chiesa per uno anno ». Cronica volgare d' Anonimo, cit. p. 173- 174; Sozomeno,
col. 154;

(1) Cronica volgare d’anonimo, p. 178; Sozomeno, col, 1155;: Il 3 giu-
gno 1394 Bonifacio IX per mezzo dei Priori e del Camarlengo di Perugia
richiedeva al conte Antonio da Montefeltro:5000. ducati per la liberazione
d’Andrea suo fratello fatto prigioniero da Biordo Michelotti. ALBANO SoR-
BELLI Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d' Italia, vol. X X XIX, Firenze.
Olschki, 1929, p. 93. Girca le ‘vicende della Compagnia di Boldrino e qualche
accenno che ci fa intravedere la sua composizione, ci dicono. ancora le carte

| fabrianesi: Il 20 agosto 1391 nella camera della gabella del Comune di Fabria-

no, Brunoro «di Monaldo da Gubbio, procuratore di Angelino da Casa Castal-
da maresciallo della Società e brigata del nobile domicello Giovanni Aretino,

‘figlio del fu Boldrino da Panicale di Perugia, e di Nuschino teutonico e Leonello

bretone caporali della stessa Società. riceve dal camerario di Guido Chiavelli,

- 550 ducati d'oro per stipendi dovuti alla brigata pel tempo passato, finito il 15

agosto. Il 5 settembre dello stesso anno si ebbe un supplemento di altri 85 du-
cati. Il 28 febbraio 1392, Carlo di ser Bernardo de Panicali de Perusio procu-
ratore di Nuschino e Guglielmo teutonici e Spallato di Forte di Angiolo Piri-
colo di Corciano e Antonio de Castro plebis (= Città della Pieve) stipendiari e -
caporali della condotta Dominorum Colligatorum de Marchia, riceve dal mede-
simo camerario 80 ducati d'oro per residuo stipendio dovuto per 4 mesi finiti
il 15 febbraio. Lo stesso riceve dallo stesso in nome di Gentile Varano signore .
di Camerino 64 ducati dovuti dallo stesso Gentile alla Società. Il 15 marzo
1392, altro pagamento di 127 ducati per la stessa compagnia, stipendiata dalla
Lega dei Collegati della Marca, per stipendio di cinque mesi. ARCH. NOT. DI
FABRIANO. Rogiti di Agostino di Matteo, vol. I, c. 295, 299, 324, 330.
BOLDRINO DA PANICALE (1331 ?-1391)

APPENDICE:

1.
1382 — decembre 4 — Perugia

I Priori delle Arti ed i Cinque Commissari della città di Perugia si. con-
dolgono coi magistrati senesi dei danni loro arrecati da Boldrino da Panicale,
rigettando da se ogni sospetto di connivenza (A. S. S., Concistoro, 1808, n. 3,
Originale).

Fratres carissimi. Deum, cuncta cernentem de super et mentes morta-
lium sentientem, testamur civitas nostra omnis ab eo tempore quo dulcedi-
ne libertatis demum restitute orbata fuit, numquam gravius sensit suis
sensibus nec amarius turbamentum, quam quidem et fama et vestris per-
sensit literis, utpote archypredonem illum scelerosissimum Boldrinum cum
suis predonibus vestrum et filiorum vestrorum territorium sub rapinarum.
aviditate rabida discurrisse, indeque predamet captivos substulisse quam
plurimos et profecto segnius nostra viscera turbarentur si in nostros quam
in vestros illorum truculuntessima rabies desevisset. Si quidem, ultra ceteros
fratres nostros pro quibus in omnem eventum, quocumque res pergerent,
omnem nostram diligentiam et potentiam exponeremus, vestra caritas in
nostris fraternis pectoris summe retinet principatum. Et si nefarius hostis
ille, nuper suffultus multorum nostrorum comitiva rebellium et consiliis
factiosis, ut vestra adversum caritatem nostram fraternitas indignationum
aculeis turbaretur, tanta scelera in gravissimam nostram non minus quam
vestram displicentiam est patratus, que etiam in nostro territorio quotidie
perpetratur, nolite quesumus fratres carissimi adversum insontem dilectio-
nem nostram aliquod in his malignum precipere quoquo modo et de nobis
verissimis et sincerissimis fratribus perversum a dilectione fraterna aliquod
iudicare. Namque dum pridem fabricantibus nostris rebellibus per partes
finitimas adunatis gentium armatarum in nostre, que vestra est, subven-
tionem pacifice libertatis, eumdem Buldrinum, cum eius comitiva, pro XII.
dierum spatio, ad nostra obsequia vocassemus, eius predonicum et sociorum
perversorum morem penitus recensentes cum. XII dierum iam sunt XXII
decursorum terminum propinquaret, vobis fratribus nostris et ceteris cir-
cumstantibus secessionem suam a nostro obsequio tunc per nostras literas
duximus reserandam, et ab eo tempore citra ipse vel eius socii nunquam
sub nostro stipendio militavit, quinimo tunc pro certo tempusculo recon-
duximus Hicciardum Ramusci cum socialibus ipsius conductum una cum
Boldrino primitus, ut libertatem nostram adversum malignatium impetus.
" "d imp erette Ari —-
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| 134 GINO FRANCESCHINI

!
li E tueremus, licentiato Boldrino et eius equalibus comitiva. Sic nos videt Om-
TUM nipotens, sic nostra quam potestis propriam reputare servetur libertas
UH i incolumis et aliter funditus intereat vera fratres nostri carissimi profitemur.
| | Et quod de nostro territorio secesserit pontemque Valiane non nostris cu-
M stodibus preservatum ut vestra potuit sentire fraternitas et de cuius pontis
| È constructionem presagivimus emersura sinistra, dolentes ex eo et quod
| Ii | nostrum cum predis et captivis repetierit territorium, immensis anxieta-
I ili | tibus doluimus ramaricatis visceribus et dolemus. Denique, pro clarissima
Wb innocentia nostra pro conservatione fraterne dulcedinis quam servare non
| LH | minus quam salutem et animam propriam exoptamus et pro honori adver-
Mi sum illum truculentissimum hostem quietudinis, tantam caritatem nostram
blo mutuam nostrorum consilio rebellium labefactare querentem et circa resti-
| tutionem prede et captivorum ea pro viribus remedia apponemus, que pro
tuitione propria nostri status et salutis interne et nobis ipsis surreptorum da
a omni vigilantia poneremus.
| i | Datum Perusii, die quarto decembris, V indiction. Priores Artium et
ni Quinque Commissarii Civitatis Perusii.

(A tergo): Magnificis viris dominis Defensoribus Populi Civitatis Se-
TOME i narum fratribus nostris carissimis.

1383 — gennaio 27 — Perugia

! I Priori delle Arti della città di Perugia ad Obizzo da Montegarullo capi-
tano generale delle milizie senesi, circa un'azione concertata contro le compagnie
di Bartolomeo da Petramala, di Guido d'Asciano e di Boldrino da Panicale.
(Ivi, Concistoro, 1811, n. 101 a Originale).

Magnifice vir et amice noster carissime. Credimus non latere vos quod >
ii Batholomeus de Petramala, dominus Guido de Senis et Boldrinus de Pani-
ni cale, se in unum cum sodalibus suis convenerunt, non solum in iacturam
ii nostram, sed totius patrie. Unde credimus quod si vos cum gentibus fra-
t4 UH trum nostrorum Senensium, nostris adiunctis, velitis, animo virili, ad eorum
intendere persegutionem, quod facillimum erit de eis reportare victoriam.
i Eapropter deliberare velitis et nobis de vestra intentione insinuare cele-
RI riter. Sumus inde dispositi ad dictorum latronum excidium ponere posse
n Wi nostrum. Confratribus autem nostris Senensibus rescribimus ut putavimus
MOM 5 convenire. Datum Perusii, die XXVII ianuarii, VII indictione. Priores
m Artium. Civitatis Perusii.

: (A tergo); Magnifico viro Obizo de Montegarullo, generali capitaneo
comunis Senarum, amico nostro carissimo.

(Sigillum deperditum). -
BOLDRINO DA PANICALE (1331 ?-1391)

di
1383 — gennaio 28 — Perugia

I Priori delle Arti della città di Perugia ai difensori del popolo della città
di Siena sullo stesso argomento. (Ivi, Concistoro, 1811, n. 101 b. Originale).

Fratres nostri carissimi. Arbitramur caritatem vestram non latere
Bartholomeum de Petramala, dominum Guidonem, concivem vestrum, et
archypredonem illum Boldrinum, iunctis eorum socialibus, non solum in
nostrum, sed totius patrie excidium preparatos, et quot et quantum pericula
fabricentur et peragant calamo non possumus referre. Denique qum cense-
mus si vestra subsidia non deerunt vestras et nostras iniurias vindicare et
latrones illos prosternere, magnificentiam vestram affectuosissime duximus
deprecandam, quatenus, pro tanto comuni bono, dignemini capitaneo vestro

mandare ut ad partes se conferat cum vestris favoribus ut possimus de
illis, una nobiscum, predonibus victoriam reportare, quam speramus, Deo
previo, proventuram. Datum Perusii, XXVIII ianaurii, VII indictione.
Priores Artium. Civitatis Perusii. | rn

(A tergo): Magnificis viris dominis Defensoribus. Populi Civitatis Sena-
rum, fratribus nostris carissimis. (Sigillum deperditum).

4.

1383 — gennaio 31 — Perugia

Gli stessi agli stessi insistendo sulla proposta d'un'azione concertata contro
le compagnie già dette. (A. S. S. Ivi, n. 105 b. Originale).

Fratres carissimi. Novistis et nostris literis et fama quot et quanta
pericula predationes, incendia, rapinas et cedes in nostrum et nostro-
rum exitium nefari proditores Buldrinus et socii et Bartholomeus de
Petramala et dominus Guido committant quotidie in nostro territorio et
districtu et in vestrum et totius patrie exitium disponantur, nisi remedia
apponantur. Et cum ex preteritis et presentibus, nefariis suis sceleribus si-
mus dispositi insurgere contra eum et alios,ut per alia reseravimus, carita-
tem vestram affectuosissime duximus deprecandam quatenus pro exterminio
illorum predonum dignemini vestro capitaneo, ut velit insurgere una nobi-
scum in illos rescribere, cum speremus, astante gratia Salvatoris et vestra
potentia nostre iniuncta, de illis latronibus et predonibus gloriosissimam
victoriam reportari. Et precamur ab intimis domino Cortonensi rescribere
ne velit hostes patrie receptando, fovere in exitium patrie circumstantis,
pro honore sui ...is et conservatione bone vicinie et amoris. Denique
4 A era Ar emette

Va a pw + < È

136 * GINO FRANCESCHINI UAM

qu E i si nobis succurritis, statui vestro et totius patrie succurritis, fratres nostri,
LOT -— ut intereat et confundatur penitus tanta pestis. Datum Perusii, die ultimo
| ianaurii, VII indictione. Priores Artium. Civitatis Perusii.
|n (A tergo): Magnificis viris dominis Defensoribus Populi Civitatis Sena-
Wt | i rum, fratribus nostris carissimis. (Sigillum uo oai

5.

1383 — gennaio 31 - Perugia

| - - Gli stessi agli stessi per aggiungere instanza ad instanza (ASSESH ID.
n. 105 a. Originale).

Fratres nostri carissimi. Ut valeamus vestris fraternis favoribus hostem :
| i illum Buldrinum truculentissimum et immanem totius patrie quietudinis.
| ‘ et predonicam eius gentem, ut speramus, victoriosissime conculcare et ul-
i} trici vestra nostraque dextera rabidam eius sevitiam exterminare, rursus
HM iteratis precibus vestre fraternitatis dulcedinem duximus deprecandam,
mu | quatenus, sine aliqua tarditate, dignemini vel capitaneum vestrum vel alium

! | : civem cum potentia vestrarum gentium armigerarum ad has partes diri-
gere, victoriam quidem, astante omnium Protectore, comunibus votis de
comunibus hostibus et predonibus impiis reportare, si celeriter succurritis
JH fratribus, toti patrie arbitramur. Priores Artium. Civitatis Perusii.

|i (A tergo): Magnificis viris dominis Defensoribus populi. Civitatis Sena-
(MA ì rum, fratribus nostris carissimis. (Sigillum deperditum).

li bl i i 1383 — febbraio 11 — Perugia.

Gli stessi agli stessi esprimendo il loro rammarico che cittadini senesi
si facciano complici degli uomini di Boldrino, comperando da essi pesce ch'è
roba rubata (A. S. S., Concistoro, 1812, n. 12, Originale).

Fratres carissimi. Suscepimus vestras literas surreptionem certarum
bestiarum et piscium die XXVIII ianuarii vestratibus factam seriosius.
ll continentes etc., quibus duximus respondendum quod vobiscum condolemus
i i ; quod in nostrum territorium venientes emant pisces a socialibus et genti-
ji bus inimicis nostro statui et quieti, quem potestis proprium reputare. Erat
enim archypredo ille Boldrinus cum multis nostris rebellibus et cum socie-
tate circa lacum et nostras insulas occupaverat, pisces vendendo et transmit-
tendo tamquam propria bona sua. Denique: precamur caritatem vestram
BOLDRINO. DA PANICALE (1331 ?-1391) 137

quatenus dignemini et velitis taliter providere quod super rebus comunis
nostri per vestrates comertia non tractentur. Arbitramur enim quod sic
intenditis observatione íraterne. efficacie et amoris. Datum Perusii, die
XI februarii, VII indictione. Priores Artium. Civitatis Perusii.

(A tergo): Magnificis viris dominis Defensoribus populi Civitatis Se-
narum [fratribus nostris carissimis. ;

1385 — marzo 21 - Perugia.

| I Priori delle Arti di Perugia ai Difensori del Popolo della città di Siena,
trasmettendo una lettera di Boldrino e rammaricandosi ché genti agli stipendi
dei senesi minaccino apertamente cose tanto offensive per gli amici perugini
(A. S. S., Concistoro, 1815, n. 87, Originale).

Fratres nostri carissimi. Suscepimus, non sine maxima displicentia no-
strarum mentium, heri, responsales literas a Buldrino, tenoris et continentie
infrascripte nostris literis responsales, videlicet: :

« Magnifici et potentes domini honorandi. Respondendo literis magni-

ficentie vestre, per quas scribitis quod merito turbamini et doletis quod .

in tanto vilipendio vestri comunis surripuerim super territorio vestro certas.
bestias et captivos etc., dico quod cum eram ad vestra servitia, ut rehabe-
retis statum que nunc habetis, inimicabar et inimicatus fuissem Deum. et
Matrem et universos homines mundi qui vestri hostes fuissent. Et sic intendo
hostiliter persequi universos hostes comunis Senarum nunc et pro eo tem-
pore quo ero ad servitia ipsorum. Et dico sic quod si potero intendo capere,
derobbare et trucidare toto meo posse universos hostes et rebelles comunis
Senarum ubicumque locorum nullo loco exceptuato, etiam prope portas
Perusii si ibi ipsos reperiam, bona quidem et personas quorumlibet civium
et districtualium et recommendatorum comunis Perusii et aliorum compli-
cium et amicorum vestrorum ita usque ad ultimum de potentia salvabo et
custodiam sicut vos ipsi faceretis. SCORE, ad vestra pianta preparatus.

Senis., XVI. martii .MCCCLXXXV.

Vester Boldrinus de Panicali, Guerre Comunis Senarum etc. Capita-
neus. Generalis ».

Quarum quidem DE tenore vobiscum fraterna contdEntis im-
mense doluimus et turbamur quod vestre gentes et ad vestra stipendia mi-
litantes in tantum comunis nostri dedecus talia minitentur usque ad nostre
‘civitatis ianua attentare et attentaverint in nostro territorio ut novistis
qui contra vos vel vestrates nullam fecimus noxiam vel offensam, sed ve-

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4

138 GINO. FRANCESCHINI

strarum tutela illam adhibuissemus diligentiam ut pro nostris. Et a vobis
vestrisque gentibus taliter offendi minime putabamus..Et que idem Bul-
drinus nostrorum civium et districtualium plurimorum et aliorum animalia .
surripuit in clusio nostro hostiliter et in vestrum perduxit territorium et
restitutio denegatur, et assiduas querimonias propterea habeamus, vos ex
corde precamur quatenus pro debito comunis et nostri gratia, qui statum .
vestrum diligimus tamquam nostrum, velitis et placeat effectualiter providere
quod nostris civibus et districtualibus fiat efficax restitutio animalium sur-
TII reptorum vel debita extimatio eorumdem et aliis damna passis: qum si non
TURI fieret non possemus nostris civibus et districtualibus nostris et aliis, qui sub
Mill] nostra securitate manebant, pro emendatione damnorum debita remedia
i | denegrare, quamvis inviti traheremur ad ea. Et placeat etiam realiter pro-
TRN videre quod nostra territoria nullatenus offendantur, qum exinde contra vos
Hi dit nulla erumpere poterit noxia vel offensa. Et nobis reserare velitis si possunt a
| LIH vobis vestrisque gentibus et subditis omnia consistere ut in agendis consultius
dirigamur. Datum Perusii, .X XI. martii, VIII indictione. Priores Artium.
MI Civitatis Perusii. (Nel margine superiore) (di altra mano): 1384.
| AMI | | (A tergo): Magnificis viris dominis Defensoribus Populi civitatis Se-
i narum, fratribus nostris carissimis. : 1

I M (A tergo, di altra mano, al momento del ricevimento): die .X XV. mensis
i martii.

(A tergo di mano del sec. XVIII): lettera di Balduino da Panicale del
1385 scritta in latino con. vari vocaboli italiani. (Sigillum deperditum).

1386 — aprile 3 — Perugia

I Priori delle Arti di Perugia ai Senesi esprimendo la loro meraviglia e |
la loro apprensione circa i preparativi di Boldrino (A. S. S., Concistoro, 1819,
n. 5, Originale).

: Fratres carissimi. Scimus et cum amaritudine referimus Buldrinum
Hir i ampliare dietenus consortium ipsius ad quem finem vestra potest caritas
iid extimare. Nos quoque vobis et ceteris colligatis sepius talem congregationem
Mr , notam fecimus, exhortando ut ad remedia omnium dispositio opponeretur.
IN Attamen ad vestrum et omnium colligatorum beneplacitum nostra sub-
| di sidia erunt indefesso studio semper prompta. Datum Perusii, III aprilis,
i VIIII indictione. Priores Artium. Civitatis Perusii.
Bi (A tergo): Fratribus nostris carissimis Senensibus. (Sigillum deperdi-
i B tum).
BOLDRINO DA PANICALE (1331 ?-1391)

- 9.
1390 — luglio 2 — Rieti

Boldrino da Panicale ai Priori della città di Siena dicendosi spiacente
di non aver potuto ottenere dal pontefice il permesso d'accorrere alla difesa dello
Stato loro (A. S. S., Concistoro, 1827, n. 50, Originale).

Magnifici patres et domini mei. Con grande amaretudene ho ricevuto
lettera vostra che io vengha con la brigata, la casione é perché non me po-
sibile e come già ve scrisse io so subdito del nostro segnore lo papa e per
lettere de la sua sanctità ame scripte, me convene obedire per la qualcosa
so stato a essa sanctità esforzatome de avere licentia per venire a servire la
vostra Signoria, de la quale licentia vederete le resposte de corte del nostro
Segnore et anco ve ne poderete piena informare da ser Giovanni vostro am- .
basciatore, e Dio lo sa como me sto lieto et contento, che non posso mustrare
quello che ó ne l'animo a la vostra Segnoria. E per tanto ve pregho che
pigliate la licita excusa commo pare a voi et aviatemi per perdonato, et
pregove che de ció ne diate tanto piena fede al vostro ser Giovanni ambaxia-
tore, quanto aleuna persona. Recommandome a la vostra Segnoria.

Reate, die secundo Julii, XIII indictione. El vostro Buldrino da Pa-
nicale. Capitano etc. 5

(A tergo): Magnificis dominis et patribus carissimis... dominis priori-
bus et gubernatoribus civitatis Senarum.

(Sigillo verde ben conservato).
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Memorie

BALDO DEGLI UBALDI €

Attraverso le torbide vicende del medioevo non si era mai spez-
zato il nesso con la romanità gloriosa: le tradizioni della civiltà an-
tica, preziosissimo retaggio, erano rimaste vivaci non pur nei territori
raccolti sotto la egemonia bizantina, ma in quelli che, soggetti a mi-
grazioni germaniche, erano passati sotto il governo di dinastie longo-

.barde o franche. Gli invasori stessi, pur mantenendo qualche parte

del proprio diritto, vi si adattarono, piegandosi anch’essi al culto
di Roma. Che parve addirittura trionfante quando, restaurato per la
seconda volta l'impero, Ottone III vagheggiò di riporne la sede nella
città eterna; già la legislazione imperiale parzialmente conosciuta
appariva, di fronte all’editto longobardo ed ai capitolari franchi,
come la legge generale. Poco dopo, Enrico II per ammembrare l'Ita-
lia con la Germania toglieva a Pavia col palazzo regio quelli che erano
stati gli organi centrali del regno: l'acefalia schiuse la via al partico-
larismo feudale e comunale. Questo meravigliosamente giovó alla
incubazione ed allo sviluppo delle energie locali e, col miglioramento
della economia, consentì il raggiungimento di una nuova e. fiorente
civiltà, che ancora una volta doveva cattivare il mondo: ma l'Italia
soffri della politica divisione. Quasi per reagire contro di essa (or-
mai pareva un riaprire vecchie ferite l'allegazione di leggi che non
erano romane e ricordavano la iattura di Roma), proprio nelle leggi
romane il popolo italico con più intensa passione cercò il suggello del- .
la propria unità culturale, facendo rivivere in tutta la sua integrità
l'opera di Giustiniano.

(1) La Deputazione è profondamente grata all'illustre Autore, il quale
ha voluto donare al Bollettino il testo della celebrazione di Baldo, da lui
tenuta in Perugia il 25 settembre 1942. Come è noto, tutte le Celebrazioni
dei Grandi Umbri dovevano essere raccolte in apposito volume, del quale non.
ha più avuto luogo la pubblicazione per le vicende di questi ultimi anni.
Vedi in proposito M. MELELLI, Le Celebrazioni dei Grandi Umbri in questo
-Bollettino, XL (1943), pp. 157-192, e soprattutto p. 181.
BALDO DEGLI. UBALDI : 141

Sulle rive dell'Aposa, dove si incontravano i territori romanici.

ed.i longobardi, Irnerio si fece allora banditore del nuovo verbo, Ir-
nerio, che, se pure aveva assodata la sua reputazione nei circoli della
contessa Matilde, si era poi fatto in Roma difensore dell'impero po-
nendo dinanzi ai suoi discepoli un programma politico che si può

dire ghibellino. Ben presto accanto alla scuola romanistica fiorì l'in- :

segnamento delle leggi della seconda Roma in base agli insegnamenti

di Graziano e dei discepoli suoi: Bologna, dove insieme. si interpre-.

tavano la lex poli o la legge celeste, e la lex fori o la legge romana
dominante nei tribunali laici, divenne la madre delle leggi.

Anche l'Umbria, dove le faci della romanità erano rimaste sem-
pre accese, non tardó a sentire il fascino della nuova scienza: assetata
di giustizia, volle che pur nel suo seno fossero insegnate ambo le leggi.
Della nuova scienza lo Studio perugino fu presto uno dei fari piü lu-
minosi. Lo era già nella seconda metà del secolo XIII, quando i co-
muni avevano oramai percorso tutte le loro fasi ascendenti e avevano
largamente e spesso originalmente contribuito alla formazione di
nuove leggi.senza tuttavia scalzare le antiche. Specialmente nel bur-
rascoso periodo che segui alla morte di Federico II si.senti il bisogno
di armonizzare le copiosissime norme sgorgate da fonti cosi diverse:
il miglior tessuto connettivo non erano sempre le leggi di Roma di
cui anche la Chiesa si era fatta forte nella lotta per le investiture ? La
Chiesa che le aveva difese per difender se stessa, tendé talvolta a li-
| mitarne lo studio per timore che il clero, il ceto più studioso, special-
mente oltremonte, si mondanizzasse in modo soverchio: ma il di-
vieto, che poteva sembrare opportuno a Parigi e magari a Roma, non
era necessario in Perugia pur compresa nei territori che i curialisti
revocavano alla Santa Sede. Perugia era abbastanza lontana dalla Cu-
ria perché l’azione del diritto romano. minacciasse di essere travol-

gente ed era abbastanza vicina perché le direttive pontificie non po-

tessero essere trascurate...

- Quando, riassunti già nell'apparato di Accursio i più sostanziosi
risultati dell’opera dei glossatori, i commentatori si apprestarono a
svolgerne i germi fecondi, lo Studio perugino nonché di luce, riflessa,
brillò di luce propria.

Uscirono allora da una nobile faniclion perugina, figli a messer

- Francesco degli Ubaldi, medico di grido, tre fratelli, tutti per istintiva . .
^A vocazione attratti verso lo studio delle leggi: Baldo, Angelo, Pietro.

Triade meravigliosa, la qualé sta a dimostrare come il buon ceppo ita-
lico sia capace di diffondere per più rami le innate virtù. Di statura

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142 : ^ ENRICO BESTA

morale già superiore alla comune Angelo e Pietro, cultori del diritto
canonico e del diritto romano; di statura eccelsa Baldo, romanista
e canonista ad un tempo.

Quando nel 1356, a soli quarantaquattro anni, Bartolo di Sasso-
ferrato cadeva stroncato da morte prematura come quercia frondeg-
giante colpita dal fulmine, proprio Baldo, non ancora trentenne o
poco più che trentenne, ereditò da lui, per usare una frase del tempo,
la monarchia del diritto. Prodigiosamente precoce, non aveva con
rapido esaurimento smentite le promesse di sé date; e già come un
sovrano era dovunque inteso col solo suo nome, tutt’al più aggiun-
gendovisi la qualifica di perugino. Meritò veramente di raccogliere
una successione di tanto impegno ?

* Non si reputi senz'altro sconveniente questa domanda nel gior-
no della sua celebrazione: la risposta verrà presto a confermare che
non tributiamo incensi ad un idolo falso.

Contro le alte vette si avventano sovente le nubi a velarne il
nitido contorno; contro gli uomini eccelsi si sbizzarisce il pettegolezzo
denigratore. Nel mondo universitario specialmente, gaio e spregiu-
dicato, era allora, come oggi, facile che le figure dei docenti si colo--
rissero di leggenda, in bene o in male, esagerando le luci o le ombre:
anche Baldo fu talvolta presentato come invidioso, superbo, venale,
mobile d’ingegno o addirittura versipelle.

Invidioso parve perché, discepolo di Bartolo, non risparmiò al
maestro censure, talvolta scortesi: e a prendere sul serio certe sue ti-
rate che accusano Bartolo di aver derivato da altri (come da Bella-
pertica o Nicola Mattarelli o Riccardo Malombra), di aver ricorso ad
argomentazioni che non valevano una mosca ed erano addirittura
truffe cioè irrisioni, di essere incorso in errore, d’essersi data la zappa
sui piedi, d’aver sognato e fantasticato, ci sarebbe davvero da dire
che troppo ossequiente non fosse: ma né Bartolo era uomo che potes-
se fedelmente riprodursi in discepoli costruiti in serie a sua immagine e
somiglianza, né Baldo era tempra da potersi docilmente modellare
sull'esempio altrui. L'allievo ebbe spesso a dipartirsi dai sentieri ad-
ditati.dal maestro. Ma egli stesso non solo riconobbe in Bartolo sot-
tigliezza e profondità, ma disse anche che nessuno più di lui aveva
contribuito alla formazione del suo ingegno e altamente si compiac-
que, come d'un blasone nobiliare, delle parole affettuose con cui il :
sassoferratese aveva accompagnata la consegna delle insegne dotto-
rali esprimendogli, con l’augurio, la fiducia in un alto destino. Baldo
non fu dunque né piccolo né sconoscente.
BALDO DELGI UBALDI 143

‘Secondo Raffaele Cumano dai soli consulti dati in materia di
sostituzioni Baldo si vantava d'aver guadagnati piü di quindici mila
ducati; se ne argomientó che egli dovesse ben conoscere l'arte di pe-
lare il cliente. Avido parve e quel presupposto divenne base all'ac-
cusa di venalità: per avidità di guadagno non avrebbe arrossito di
sostenere opinioni contraddittorie e magari di servire con stupefa-
cente disinvoltura due parti avverse. Cosi nello scisma, che ai suoi

tempi dilaniò l'Occidente, avrebbe spezzate le sue lancie indifferen-

temente a favore di Urbano VI e di Benedetto XIII antipapa: vero
é che sostenne le parti del primo in due famosi consulti che ancora si
conservano, ma non furono mai trovati quelli coi quali avrebbe di-
feso il suo antagonista.

Si buccinó anche, ch'egli interrogato su quel suo procedere aves-
se risposto di badare al luogo dove il primo consulto era stato dato;
quella risposta, cinica e insulsa, poiché implicava una confessione
di debolezza, non risponde alla finezza ed alla fierezza di Baldo. Pro-
. babilmente anche chi gli rimproveró pareri contraddicenti in quistioni
private dimenticó che, applicando le leggi, pur le minime differenze
nella configurazione del caso possono portare a soluzioni diverse.

Le accuse di venalità e di trasformismo svaniscono come nebbia
al sole: non è il caso di far scandalo per l'accusa di superbia. È vero
che non di rado Baldo per dar rilievo alla brevità, alla chiarezza, al-
l’onestà del suo dire rilevò la prolissità, la verbosità, la fallacia, la
inconsistenza d’altri autori: ma non si deve scambiare con presun-
zione o con vanagloria la coscienza del proprio valore. Senza ambi-
zione nessuno esce dalla mediocrità.

Baldo del resto fu così poco disposto ad agitare dinanzi al suo
pubblico degli specchietti abbacinanti che il suo stile non fu mai ri-
cercato, artificioso o reboante: fu sempre piano, alieno da volute oscu-
rità, scevro di fronzoli. Quasi trascurato.

Trascurato così che la ineleganza della forma divenne per lui
grave colpa presso gli umanisti. Se nel latino di Baldo, benché in
proporzioni assai minori che non in Odofredo, irrompe sovente la
parlata volgare, spesso si ha l’impressione che a forme inconsuete o
piatte egli ricorresse per trovare uno strumento più adatto di espres-
sione ai concetti nuovi che andava elaborando. Una nuova termino-
logia giuridica si sostituiva alla classica. La latinità di Baldo, deri-
vata anche dal fatto che i suoi commentari sono sgorgati da appunti
da altri presi alle sue lezioni, sembrerebbe in ogni caso argomento
della sua sincerità. Badò, più che alla forma, alla sostanza.

lm
|. 144 ENRICO: BESTA

Ingiusti del resto sono verso Baldo anche quei moderni storici
della letteratura giuridica medioevale che in coro gli rimproverano
di essersi attenuto al difettoso metodo dei postglossatori e di averlo
anzi peggiorato esagerandone le mende. Egli sarebbe stato il maggiore .
responsabilé delle pecche del costume italico, contro il quale nel ‘se-
colo xvi si sarebbe contrapposto, portandoci in più spirabil aere, il
metodo gallico. Il suo sarebbe stato proprio quel metodo che Matteo
Gribaldi Mofa riassumeva nel famoso distico:

Praemitto, scindo, summo, casumque figuro ;
Perlego, do causas, connoto, obiicio;

cioé, diremmo noi, premetto, distinguo, riassumo, configuro il caso,
rileggo, giustifico, con più ampie intenzioni deduco, obbietto. Otto
operazioni mentali che avrebbero dovuto uniformemente ripetersi

‘per ogni legge: meccanismo ermeneutico impacciante e di dubbia

fecondità.
A noi sembra discutibile che con criteri così estrinseci si possa

| giudicare della potenzialità mentale e dell'apporto scientifico di uno: .
ad ogni modo diremo subito che quello non puó dirsi il metodo di

Baldo.
Lo schema seguito da Baldo non fu cosi complicato. Nelle ripe-
tizioni solenni, per disposizione stessa degli statuti universitari il
docente doveva dar saggio della sua abilità come uno schermidore
sulla pedana, con mosse obbligate, sfoderando il maggior numero
possibile di obbiezioni, perché più ammirata riuscisse l'abilità con la:
quale se. ne sarebbe liberato per far trionfare l'opinione propria: an-
che Baldo avrà dovuto ‘obbedire agli statuti. Ma neppure nelle ripe-
tizioni Baldo si abbandonó ad un puro formalismo. Tanto é vero che

molte delle sue ripetizioni furono considerate come trattati di per sé

o come bozze di trattati. Sintesi parziali, preziose pei pratici !

Se si volesse parlare di un metodo baldesco quello potrebbe piut-
tosto ridursi al legere (si leggevano il testo e le chiose), al notare o al
colligere (si ricavavano regole dal testo e dalle chiose), al. distinguere
od al definire, all'opponere saggiando la consistenza delle regole al
fuoco delle obbiezioni ed infine al quaerere, per dimostrare attraverso
l'applicazione a casi concreti e fittizi (quest'arte Baldo aveva special-
mente appresa da Giovanni Pagliarense, altro illustre perugino) la
loro portata.

Ma bene spesso Baldo mirò anche più diritto al suo scopo adat-
tando l’ampiezza degli sviluppi alla importanza degli argomenti. La
BALDO DEGLI UBALDI : 145

sua logica cessava allora di essere formale: diventava dinamica e
creativa. Ed erano voli d'aquila. |

Non é colpa di Baldo se noi oggi riusciamo a stento a respirare
a pieni polmoni l'atmosfera iu cui lanciava il suo volo. Per seguirlo -
a dovere dovremmo con le sue note tener sempre d'occhio e i testi ‘
€ le glosse: una fatica che mal volentieri si sostiene. E allora accade
che anche chi ripete per Baldo i soliti elogi, malamente nasconda la
contrazione della nausea prodotta dall'orrore del vuoto, derivato dal-
la sua stessa pigrizia. - :

Per comprendere Baldo quale veramente fu bisogna levarlo fuori
dalla cornice in cui solitamente si colloca e guardarlo in viso diretta-
mente. Nou con criteri esterni, ma entrando nel suo intimo.

sarà bene anzitutto ascoltare quello che egli di se stesso disse.
Giunto al declino dell'età egli dichiarò di non essersi mai vergognato
di imparare ogni giorno qualche cosa di nuovo avendo sempre avuto
fame di sapere; entro di sé rimuginava le briciole cadute dalla boc-
ca dei sapienti. La confessione preziosa parve espressione di una tar-
diva e falsa modestia. Ma Baldo veramente fu avido di conoscere tutto
ció che poteva concernere le materie da lui studiate. Non solo volle
sapere a che stato fosse giunta la scienza del suo tempo, ma come
ad esso si fosse giunti. Gli sembrava ladro chi si faceva bello dei me-
riti altrui: per non cadere involontariamente nel sospetto di plagio,
ricercava quali opinioni fossero state sostenute nel passato e chi le
avesse sostenute. Non solo egli si senti attratto a ricordare, sia pure
in succinto, le varie tesi prospettate; ma spesso, disponendole se-
condo la consecuzione cronologica di chi le aveva proposte, abbozzó
vere storie dei dogmi giuridici. Tempra di storico, sospettó il Tamas-
sia; in ogni caso coscienza del valore della storia.

Ad un giurista consumato Baldo riteneva indispensabile erudi-
zione ampia e sicura: seppe formarsela. Postosi su quella via correva
il pericolo di diventare un compilatore: compilatore non fu. Dalle
letture fatte sceglieva e assimilava l'essenziale, con sobrio ricorso
alla autorità di cui i contemporanei abusavano giungendo ad una par-
venza di scienza non ad una scienza vera. Le opinioni prescelte di-
ventavano sangue del suo sangue. Senza lasciarsi sopraffare dall'ap-
preso, contemperò il tradizionale col nuovo facendosi scala di quello
per giungere a questo. Pronto nell'apprendere; profondo nel conce-
pire. Col dono divino della originalità.

Non aspiró a parere uomo imbevuto di ogni arte. Conobbe Ci-
cerone e Seneca, Virgilio ed Ovidio, ma non ebbe velleità di oratore

10
iu d
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DATO

146 3 Ò ENRICO BESTA

0 di poeta; conobbe a fondo i canoni, ma non volle addentrarsi nel-
le ambagi della teologia; piantato su basi aristoteliche fu in grado di
apprezzare la filosofia, ma non volle essere un giae Volle essere:
soprattutto um giurista. .

Meta precisa, ma non angusta.

Fu ampio l'orizzonte che egli contemplo. Nonché la legislazione:
di Giustiniano, illustrò la legislazione pontificia, i libri -dei feudi (at-

— tenuti a non farne un difensore delle angherie feudali 1), la pace di Co- .

stanza.
Fu soprattutto un privatista, civilista e digli ma.
non dimenticó mai che accanto alla posizione del diritto ‘privato
doveva sempre essere considerata quella del diritto pubblico. Pene-
trando nelle zone grige che stanno fra l'una e l'altra sfera, divide con.
Bartolo l'onore di aver poste le fondamenta del diritto internazionale
privato. Ma trattó anche egregiamente di materie penali e fu un gran-
de procedurista, contribuendo come pochi altri a quella creazione dei
mezzi per la difesa del diritto che secondo lo Engelmann fu la prin-
cipale ragione. per la quale la nostra giurisprudenza poté essere og-
getto di recezione da parte della stessa Germania. Guardando bene,

“molto si trova anche nelle opere sue che potrebbe essere ricondotto.

da noi entro le linee del diritto costituzionale o del diritto ammini-
strativo. Sg

Giurista: completo. Per quella sua ampiezza di visione, abbando-
nando verso il diritto canonico lo sdegnoso riserbo che ancora con-
servava Cino da Pistoia, ruppe le barriere che già lo separavano
dal diritto civile. Le due discipline, che prima si opponevano come.
giardini conclusi, diventarono complementari. Oltre i diritti egli
vide il diritto.

Da quella fusione potevano derivare due pericoli: che lo spirito
profano investisse le. materie spirituali o che il diritto laico si asser-
visse a fini oltremondani: Baldo li evitò entrambi. Credente fu e cre-
dente sincero: quando due figli gli nacquero ad un tempo l'uno. chia-
mò col nome del padre e l'altro col nome del santo cui era dedicato
il giorno che l’aveva allietato della duplice paternità. Prevedendo
non lontana la propria fine volle, rendendo omaggio al santo umbro.
apostolo di fede e d’amore, che le sue spoglie fossero vestite del saio
francescano e che in un tempio francescano trovassero l'eterno riposo:
e devolse parte delle sue ricchezze alla costruzione di una cappella
che richiamasse la benedizione divina su le sue generazioni. Ma la
fede non impedì a Baldo di sostenere che il mondo spirituale ed. il

9
BALDO DEGLI UBALDI T 147

temporale, avendo ciascuno una propria ragion d'essere, dovessero
restare distinti. Poteva valer più l'anima del corpo; non per ciò oc- -
correva di mortificare il vivere civile coll'affidare le redini di questo
a chi reggeva le anime.

Qualcuno rimproveró a Baldo di non aver chiaramente affer-
mate le proprie idee politiche, velandole con reticenze o con eufemi-
smi quando rasentava tesi non gradite alla Curia romana. Quando,
per esempio, paragonó le concussioni dei legati pontifici a quelle dei
proconsoli romani, prudentemente si richiamò all'autorità di Iacopo
. da Belviso, che primo aveva deplorato la loro fame canina: quando
rilevò la «sete di giurisdizione » dei clerici, si richiamò alle mormora-
zioni dei soliti maldicenti; non avrebbe avuto nemmeno il coraggio
di proclamare categoricamente la falsità o la nullità della famosa
donazione di Costautino a papa Silvestro appoggiando anzi con nuove
argomentazioni la:sua difesa. Miopia di criterii | Nessuno ha osser-
vato che, incidentalmente, Baldo accennó alla possibilità che la Chiesa
romana restituisse all'impero quanto da esso aveva avuto: non solo
non avrebbe deteriorata la propria condizione, ma sarebbe tornata
essa stessa alla propria genuina natura. Altro che scrupoli tremebondi !
Baldo intravvedeva la soluzione che ha recentemente troncata la
secolare questione romana !

Baldo non senti il bisogno di scaricare su altri la propria respon-
sabilità quando ebbe ad asserire che il potere imperiale derivava di-
rettamente da Dio. Solo per riguardo allo spirituale il papa doveva
considerarsi signore del mondo. Solo in mancanza dello imperatore,
poteva aspirare a governarlo quale temporaneo vicario. Con l'assenso
di Dio la spada di Roma aveva assoggettato il mondo: contestare
l’autorità dell'impero creato da Roma pareva a Baldo un’eresia !

Baldo sapeva bene che i curialisti ponevano la podestà ponti-
ficia oltre la imperiale attribuendo al papa, nonché la facoltà di ap-
provare l’imperatore, quella di privarlo della sua autorità se l'avesse
malamente esercitata: ma quella tesi gli pareva troppo semplice 0;
diremmo noi, semplicistica. Per lui l’imperatore non aveva superiori
nelle materie temporali: doveva avere autorità dovunque la terra
contendesse il dominio all'oceano. Truffe giudicò tutti gli argomenti
affacciati per sottrargli singole regioni o nazioni. I due ordinamenti
giuridici, pur concorrendo in un medesimo spazio, avrebbero dovuto
contenersi nei limiti della propria competenza. Tutt'al più nell'im-
pero era il dove;e di attenersi alle supreme direttive che rispetto
alle anime sgorgavano dal diritto divino. La fede nell'impero non era
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148 ENRICO BESTA

scossa in lui neppure dal fatto che in quel momento l’imperatore fos-
se realmente e non solo titolarmente alamannico.

Parrà forse a noi che Baldo desse corpo ad un’ombra: la costru-
zione di Baldo andava però oltre la realtà, non la negava. Quando
intendeva parlare di poteri concreti, piuttosto che di podestà im-
periale parlava di podestà regia. Il tipo normale dello Steto era per
lui il regno, di cui offrivano esempio non pur la Francia o la Spagna
o l’Inghilterra, ma l’Italia stessa col regno di Sicilia, a lui ben noto
attraverso gli scritti di Andrea da Barletta e di Andrea d'Isernia.
Non fu però a suo avviso nota essenziale dello Stato il disconosci-
mento di ogni autorità superiore o la sovranità assoluta.

Il regno trovava la propria base nel popolo.

Ammesso che il popolo ha una sua entità, esso per Baldo aveva
da natuia stessa la facoltà di governarsi in armonia con quella; e,
poiché ogni ente ha tanto di virtù attiva quanto ha di virtù essen-
ziale, gli accordava anche per natura il diritto di conservarsi nel suo
essere e nella sua forma. Questo principio escludeva un cosmopoli-
tismo assimilatore ad oltranza e insieme l’assolutismo. Quanto no-
bile ed elevato fosse il pensiero di Baldo risulta pure dalla sua fede
nella immortalità del popolo, onde vive in eterno colui che per la pa-
tria muore. L'interesse della patria doveva prevalere, nonché sul-
l'interesse dell’individuo; sull’interesse della famiglia. -

Vi è sempre negli storici politici una certa difficoltà ad ammette-
re che sin dal secolo xiv vi fosse tra noi un vero sentimento nazio-
nale: i giuristi come Baldo, non identificando la patria con l'impero,
sentivano però la esigenza di un vincolo che tuttavia eccedesse le
mura delle città, non pure dove esistesse unificatore un regno, ma
dove mancasse. Si concepiva per lo meno la nazione.

E sopra i regni, le nazioni e le città l’impero fu, piuttosto che
‘uno Stato, un soprastato con funzioni di ordine e di pace.

Grande estimatore della pace era Baldo. D’una pace che rintuz-
zasse le superbie egoistiche, che attribuisse onore a chiunque meritas-
se di essere onorato senza far dell’onore un privilegio, che, schiudendo
la via alla ricchezza, arginasse le cupidigie e favorisse insieme la pro-
sperità individuale e la pubblica. Ma la sua pace non fu un pacifi-
smo addormentatore. Non era senz’altro condannata la guerra, ma
giusta gli sembrava la guerra che si proponesse di ricondurre alla
pace la società divisa e tormentata. Solo una guerra perpetua gli
pareva un assurdo. La pace di Costanza doveva essere rispettata anche
se era stata stipulata da un imperatore scomunicato. E neppur la
BALDO DEGLI UBALDI 149

differenza di religione legittimava l'urto delle armi se gli infedeli aves-
sero rispettato il culto dei fedeli nel Cristo. Orrido mostro divoratore
non meno calamitoso di una guerra gli sembrava lo scisma che, lui
vivendo, aveva tenuti divisi i partecipi d'una stessa Chiesa.

Non meno della pace amava la giustizia.

Puó darsi.che nella sua giovinezza Baldo sia stato preso da
quegli ideali di libertà che formalmente inspiravano i nostri comuni:
ma la libertà sfrenata si era mutata in licenza. Piü che il dissenso in-
torno a quella che doveva essere la suprema autorità del mondo di-
videvano i popoli interessi angusti ed egoistici. Non è probabilmente
di Baldo l'apostrofe che, a lui attribuita, con accenti danteschi deplo-
rava l'Italia non piü donna di provincie, ma provincia e miserrima
fra le provincie, perché gli italici, pessima gente, ogni loro ricchezza
disperdevano in vicendevoli guerre. Avrebbe cosi malmenata l'Italia
colui che, nel nome d’Italia, pur apprezzando Iacopo da Revigny,
Pietro da Belleperche, Guglielmo di Cunio e Lamberto da Salines, ave-
va a noia quei dottori connazionali che non sapevano muover pas-
so senza rifarsi agli ultramontani ? Ma egli veramente deploró le san-
guinose, dannose, sconsiderate divisioni, fra le quali si insinuavano le
compagnie di ventura, predoni in veste di soldati. Dei nobili, che, di-
mentichi che la nobiltà vera è magnanimità e dediti alla gola ed alla
lussuria, follemente abusavano della loro audacia, condannó le pre-
potenze; ma non poteva nemmeno approvare la reazione del volgo
«imperito ed ignobile » quando con sanguinosa violenza rintuzzava
le oppressioni ingiuste. E gli uni e gli altri in quella incomposta lot-
ta violavano i limiti suggeriti dalla esperienza e dall'educazione. Odio
ovunque; e ovunque nascevano dell'odio i tristi frutti. Nei comuni
cittadini, conferendosi oltre l'anno i poteri direttivi alle stesse per-
sone, la demagogia aveva aperto il passo alla tirannide. Baldo ar-
rivava ancora a rendersi in certo qual modo ragione degli ordinamenti
di giustizia: ma non capiva come in una stessa orbita potessero am-
mettersi statuti di parte. Un solo diritto doveva valer per tutti.

Quest'é il vero motivo per cui, sebbene l'impero si fosse esau-
torato durante la lunga lotta fra Giovanni XXII e Ludovico il Ba-
varo e sebbene si fossero anche presto raffreddati gli ardori ghibel-
lini rinnovellatisi sotto Carlo IV, Baldo guardava ancora all'impero
come ad ancora di salvezza. Lo speró fattore di ordiue, di pace, di
giustizia. Nella universalità dell'impero cercava soprattutto un so-
stegno alla generale validità delle leggi giustinianee, sole degne di
costituire il diritto comune.
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Ubbia anche questa ? Dalla obbedienza alle leggi di Giustiniano
Baldo non dedusse però un ferreo vincolo verso il passato. Il diritto
non fu per lui rigida espressione di una volontà che fosse estranea
al popolo. Diritto sorgeva, secondo il suo pensiero, dovunque gli uo-
mini si associassero organizzandosi. L'autonomia non fu riconosciuta .
soltanto ai regni, ma alle città, alle corporazioni. |

Per ciò egli più non trasse violentemente al diritto romano gli
statuti e le consuetudini regionali o-locali, sebbene intendesse che
codeste orbite secondarie dovessero essere comprese ed armonizzate :
LM dentro l'orbita maggiore. Le norme statutarie e consuetudinarie pre-
Mi. valevano nell'ambito ristretto di loro efficacia, ribelli, per cosi dire,
AE ad ogni interpretazione estensiva; ma dove esse non disponevano,
Niji) È . sorretto da una intima ragione che quasi l'adeguava alla giustizia,
LIA il diritto comune riprendeva il suo impero, purché non fosse contra-
rio alle supreme direttive del diritto divino o del diritto naturale af-
"E . fermato dalla Chiesa.

AI i In questa organica visiorie consiste l'apporto innovativo e in

ill parte rivoluzionario di Baldo. In lui il diritto comune era ancora ‘es-'
Ii | senzialmente il diritto civile: ma. nessuno più di lui contribuì sulla

M base di questo alla creazione di un sistema in cui potessero con pari

TA dignità affluire elementi attinti al diritto ecclesiastico, al feudale,

Ni - | al municipale: il sentiero aperto dai postglossatori diventava per lui

M ue una via maestra che doveva quasi insensibilmente addurre al diritto

| [0008 italiano.

| | | Del diritto romano cioè Baldo seguiva soprattutto lo spirito.

B Non ebbe alcuna simpatia per le interpretazioni « giudaiche.» ade-

n renti con impassibile strettezza alla lettera legale: le redini del diritto .
in devono essere spesso allentate per far luogo all'equità. Anche il di-

; ritto gli si porgeva soggetto alla perenne mutazione delle cose umane

e assurdo il volerlo irrigidire nel tempo.

Hu Contemplando, per esempio, il diritto di proprietà, egli si allon- |
dU tanó coscientemente dal concetto assorbitore del dominio. L'egoi-

m smo del proprietario per Baldo doveva trovare un limite non pure

Ir : nella parola della legge, ma nella contemplazione stessa del vincolo

(0 | sociale. Il giusto proprietario non é solo oculato custode del proprio

I. UE diritto: deve tener conto dell'interesse generale. Ancora una volta.

im noi ce lo sentiamo vicino come se egli avesse in qualche modo in-
M tuita la scia nella quale oggi moviamo. Uguale spirito equitativo
nella sua trattazione delle obbligazioni: non dovevano essere un lac-
cio spietato buttato intorno al collo del debitore.

n

TOM BALDO DEGLI UBALDI e 151

Gli epigoni di Baldo hanno creduto di far bene desumendo dalle
sue opere, come fiori da un prato, le soluzioni da lui date a questioni
particolari; per quei singularia si perdette di vista il suo pensiero
fondamentale. Poté cosi avvenire ch'egli apparisse inferiore a Bar-
tolo per una minore capacità di sintesi. Noi sappiamo ora che quel.
giudizio va anch'esso riveduto. Baldo, movendo alla ricerca di prin-
cipii senza i quali nemmeno il particolare poteva essere inteso, fu
eminentemente sintetico. Alla generalizzazione lo traevano le sue
Stesse tendenze filosofiche.

Puó esser vero che qualche suo contemporaneo come Luca da
Penna meglio di lui abbia sentito gli afflati dell'umanesimo; ma egli
fu così poco un passatista od un sorpassato che, specialmente per la
frequente identificazione tra il diritto delle genti, il diritto naturale
€ la giustizia, puó apparire come un precursore della fase giusnatu-
ralista succeduta all'umanistica.

Ora possiamo comprendere appieno come l'abbiano potuto ugual-
mente ammirare e Giason del Maino, il superbo Accursio della scuola
dei commentatori, che affermava trovarsi nei suoi scritti quanto éra
necessario per risolvere ogni questione, ed Alberico Gentile, belli-
coso corifeo degli umanisti, che lo affermava onnisciente e insuperato
nella difficile arte del definire, creatore di concetti atti a supera1e
ogni limitazione di spazio e di tempo.

Comprendiamo anche, con facilità, come sia stato conteso fra
tante università: Perugia, Bologna, Pisa, Firenze, Padova, Pavia,
Piacenza lo vollero nel proprio seno. In tutte trovó nuovi strumenti
di studio e nuova materia di osservazione, rivedendo, completando,
forbendo i suoi scritti. In tutte ebbe largo seguito di studenti; nes-
suno si lagnó di averne seguito i corsi inutilmente. Molti si resero alla

loro volta illustri dirigendo in palazzo le leggi imparate nella scuola
o facendosene maestri, e molti, nelle file del clero, percorsero degna-
mente la carriera ecclesiastica giungendo anche al cardinalato e per-
sino. al papato. Anche la fortuna dei discepoli torna a suo decoro.

"Uomo di solo pensiero o di sola penna ? Non | pare. Quali stretti
contatti egli avesse col mondo esteriore risulta dagli innumerevoli
pareri e consulti e lodi ch'egli ebbe a dare, tanti che neppur oggi se
n'ha indicazione completa. A quella pratica attività, ammirata dai
suoi stessi detrattori, Baldo tenne assai. Non solo perché i consulti
servissero a procacciar denaro. Egli non li redasse mai da mestie-
rante, ma come signore della scienza. Per essi si accostava alla realtà

della vita, inesausta fonte di combinazioni nuove e in essi della vita .
———MMM——MM——Ó—

159 - ENRICO BESTA

riversava il fremito, soffocato invece entro la mole massiccia dei com-
mentari.

Non fu neppure alieno dalla vita politica. Puó sembrare in que-
sta meno ardente dei fratelli, che negli urti fra nobili e «raspanti »
ebbero a subire sovente il morso delle condanne e degli esilii: ma nel
marzo del, 1369 egli era pure in questa sua Perugia fra i tre sulle
cose della guerra, con grave ed amaro carico di responsabilità. Piü
tardi accettó la missione di difenderne presso Urbano V le libertà:
messo alla porta dal papa, con diplomatica ostinazione ottenne miglior
successo presso il cardinale Albano fratello del pontefice. Anche
in Padova trattó per Perugia con re Carlo di Durazzo.

Nel 1380 Urbano VI in lui soprattutto confidó per sostenere la
legittimità della sua elezione e la illegalità di quella di Clemente VI;
fu omaggio del discepolo verso il maestro, ma fu anche un riconosci-
mento della sua capacità fattiva. Perugia poteva ben crederlo ottimo
mediatore nel 1381, presso Carlo di Durazzo diventato ormai re di
Napoli. Non men, grave negozio gli affidó quando il 2 gennaio 1383.
Perugia lo volle tra i cinquanta cittadini che dovevano d'urgenza
provvedere alla difesa contro gli attacchi di Luigi d'Angio.

Né di lui si servirono soltanto il comune nativo e il papa.

Non doveva essere politicamente inetto colui, cui per consiglio
tante volte ricorsero Firenze, Padova, Milano.

Negli ultimi anni della sua vita ebbe forse a rivedere, almeno:
parzialmente, le sue opinioni sulle tirannidi. Egli le aveva generica-
mente condannate perché, chiuse entro breve spazio, parevano op-
pressive: in Firenze la transitoria signoria del duca di Atene non ave-
va recato che danni. Ma le signorie settentrionali, dominando su ter-
ritori più ampi, avevano più largo respiro e la possibilità di meno an-
gusti programmi. Si accorse allora che potevano agire come fattori
di accentramento e di disciplina. Gian Galeazzo Visconti in ispecie,
costretto dalla ostilità di Venceslao a cercare al proprio potere un
fondamento che prescindesse dal vicariato imperiale, era costretto.
ad atteggiarsi a difensore di vasti interessi collettivi facendo persino
balenar la, speranza che per lui le sparse membra d’Italia potessero
essere riunite in un corpo. Senza tradire la causa della libertà Baldo
poteva pensare che più impellente del problema della autonomia dei
privati fosse quello della integrità dello Stato e della indipendenza
pubblica. Nei consigli di Baldo se ne hanno diversi che, enumerando
i diritti esercitabili dai signori, in qualche modo ne legittimavano
la situazione. I vecchi laudatori delle libertà comunali se ne sareb-
BALDO DEGLI UBALDI 153

bero adontati: noi pensiamo invece che Baldo possa avere intuita
la missione delle signorie e come trapasso verso la formazione di
organizzazioni territoriali più ampie, e come tappe di un processo di
integrazione, cioé, diremmo noi, come forma precorritrice dello Stato
moderno. Se dovessimo aver ragione, Baldo avrebbe in qualche modo
preannunciato il Machiavelli. Meno deciso perché non si raggiungono
di balzo le estreme mete; e non di meno in cerca di soluzioni nuove.

Non troverei d'altronde in quell'adattamento di Baldo la'prova
di una tendenza all'adulazione od al servilismo. Troppo nobile era
il suo pensiero ed il suo agire !

Aveva tenuto tanto all'onore come virtü intima: ebbe giusta-
mente onore da tutti. Poteva morire con la coscienza di non aver
vissuto indarno. Poteva sperare che nei figli instradati già sulla via
che egli aveva battuto, rivivesse la sua probità. Aveva fatto del
bene: non aveva rimorsi.

Al biografo potrà dolere di non trovare negli aneddoti, sale delle
biografie, quei tocchi di colore che sogliono dare maggior rilievo alla
persona: ma anche quell'assenza di aneddoti prova non solo che in-
torno a Baldo non infurió vento di tempesta, ma che seppe domi-
nare le vicende della vita con composto equilibrio.

Il dramma della sua vita si risolse con una catarsi serena.

L'alba del 28 aprile 1400 lo trovava ancora, grigio per antico
pelo, affaccendato a dar l'ultima mano ad un consulto. Le prime luci
annunciavano il ritorno del sole: ma le sue pupille non ne accolsero
il vivido raggio. Nell'esile corpo il cuore cessó di battere.

. Cosi si spegneva quella ch'era stata per tanti anni una fulgida
lucerna del diritto. Quella perenne tendenza verso una meta che ogni
giorno si rinnova, quell'intima dedizione ad un ideale non mai tra-
dito, quel continuo sforzo di superare l'umana fralezza combattendo
per il trionfo della bontà e della giustizia danno anche a lui la figura
di un mistico e d'un eroe. La gloria immortale lambiva la sua fronte
nel momento stesso in cui cadeva esangue sulla pagina estrema.
Gloria d'Umbria, gloria d'Italia, gloria dell'umanità.

ENRICO BESTA

»

-

7 SEA NIRO DE Di E n. CONTRIBUTI ALLA STORIA DELLO STUDIO PERUGINO

DUE INEDITE CONDOTTE DI DOTTORI
NELLO STUDIO PERUGINO

In quella miniera inesauribile di notizie e di dati preziosi con-
cernenti la vita, la storia e le istituzioni perugine nel Medio Evo che
è il cosidetto Fondo Gardone nell’ Antico. Archivio del Comune di
Perugia, e più precisamente nel fondo di pergamene sciolte, mi sono
capitate fra le mani, durante l'ordinario lavoro di regestazione degli
atti e dei contratti, due riformanze del Collegio dei Priori assistiti
dai Savi dello Studio con le relative condotte concernenti la nomina
di due dottori.

. Mi è parso opportuno conferire in questo benemerito Bollettino .
tale contributo alla storia della nostra Università, alla cui docu-
mentazione e alla cui illustrazione oltre al Rossi nel secolo scorso ed
al Belforti in questo, Giuseppe Ermini con la sua voluminosa Sto-
. ria "dell' Universilà di Perugia (Boiogna, Zanichelli, 1947) ha dedi-
cato una rilevante e meritoria fatica.

I due dottori, oggetto della deliberazione del Miseistrbtois peru- .
gino sono già noti o perlomeno si sa ch'essi hanno insegnato in altro
periodo nello Studio perugino, ed uno di essi, maestro Francesco
abate del monastero olivetano di Camporegio era certo personalità
assai spiccata nel campo della dottrina e dell'insegnamento. Per-
tanto il contributo di novità offerto dai documenti che pubblico ap-
presso è costituito dall’aggiunta di un altro periodo di magistero
«esercitato da questi due docenti nello Studio perugino a quello già
conosciuto mediante la pubblicazione delle relative condotte fatta
dal Rossi (Giornale di erudizione artistica, anni V.e VI) e dalla pie-
nezza, anzi dall'abbondanza di dati e sopratutto di formole riflet-
tenti gl'impegni reciprocamente assunti dalle parti contraenti. No-
tevole é anche per ognuno degli atti l'elenco dei nomi dei Savi del-
lo Studio, precedentemente ignorati, mentre dei Priori, i cui nomi
‘ DUE INEDITE CONDOTTE DI DOTTORI, ECC. 155

.sarebbe stato. assai interessante conoscere, perché siamo cronolo-
gicamente nel pieno della lacuna degli annali decemvirali, viene
ricordato soltanto Liggeri d'Andreotto, personaggio già noto. Dei
due procuratori del Collegio dei Priori alla stipulazione dei relativi
contratti, Pietruccio di Ciuccio e Giovanni di Pero di Graziano,
non é né detto esplicitamente né indicato indirettamente che fos-
sero appartenenti al Collegio dei Priori medesimo.

* * *

Il più antico dei due documenti risale al 1341 e concerne la
condotta di maestro Pero di maestro Francesco di Citerna a inse-
gnar Arte grammatica per quattro anni col modesto salario annuo di
| sei fiorini d'oro. Veramente la riformagione contempla l'assunzione
di due dottori, « videlicet magister Johannes et etiam magister Perus
magistri Francisci de Citerna ». Intendendo il passo nel senso più
ovvio, si tratterebbe di due fratelli, Giovanni e Pero di maestro Fran-
cesco; ma del primo, non solo non trovo alcuna notizia, ma non si fa
più parola nel contratto stipulato tra il'secondo, il quale non si ob-
bliga che per sé, e il sindaco del Comune. Non possediamo alcun ele-
mento positivo per formulare una valida congettura intorno alle ra-
gioni che hanno indotto il Collegio dei Priori a non perfezionare l'im-
pegno assunto con la riformagione del 21 ottobre; a meno che il sin-
daco Pietruccio di Ciuccio non abbia concluso separatamente la sti-
pulazione della condotta con maestro Giovanni di maestro Francesco;
stipulazione a noi attualmente ignota.

Tale maestro Pero di maestro Francesco é il medesimo dottore,
di cui il Rossi (Documenti per la storia dell' Università di Perugia in
Giornale di erudizione artística, V, 363-64) pubblica la condotta per
l'insegnamento della Somma della notaria nel 1351. Quivi é chiamato
soltanto magister Perus de Citerna e percepisce un salario piü rile-
vante, di trenta fiorini d'oro all'anno. Tenuto in debito conto il nome
proprio, la coincidenza cronologica e del luogo di origine, é da credere
che si tratti della medesima persona; l'unica riserva, superabile an-
ch'essa del resto, potrebbe. esser fatta a proposito della materia d'in-
segnamento, che nel 1341 era l’arte grammatica e dieci anni dopo
la somma notarile. Tale identità è poi irrefutabilmente confermata
da un altro documento pubblicato dal Rossi (ibid., pag. 359) nel quale
‘la citazione è più completa, dicendovisi magistrum perum magistri
francisci de citerna.
CST RR TC INGE ere” CENE. Y TR EI Kx TPCRXROYUNU DeL

156 GIOVANNI CECCHINI

L'atto di riformagione e quello di condotta sono scritti su una
unica membrana, la quale é abbondantemente logorata nella parte
inferiore dei bordi laterali, sicché non é stato possibile completare la
trascrizione del testo.

*

In nomine domini amen. Anno eiusdem millesimo trecentesimo quadra-
gesimo primo indictione nona tempore domini Benedicti papae duodecimi
die vigesima nona mensis octubris Consilio dominorum Priorum Artium Civi-
tatis Perusii omnes decem in concordia et quinquaginta sapientes de populo
et artibus dicte Civitatis et burgorum Perusii scilicet decem pro qualibet
porta auctoritatem habentes a communi Perusii super solo negotio studii
perusini in qualibet facultate mandato ipsorum dominorum priorum, in pala-
tio eorum solito, more solito congregati, in ipso quidem consilio. Ligerius
Nicolutii prior unus de dictis prioribus consensu presentium et voluntate
omnium aliorum priorum eius sotiorum numero decem cum ipso Ligerio in .
concordia proposuit: si placet providere, ordinare, reformare, et pro ordinato
et reformato haberi quod infrascripti doctores et magistri in gramatica eli-
gantur et ducantur et firmentur et pro electis conductis et firmis habeantur
et sint ad legendum et docendum artem gramatice in Civitate Perusii et
. Studio Perusini pro quatuor annis proximis venturis salariis modiis pac-
tis et conditionibus infrascriptis, videlicet magister Johannes et etiam ma-
gister Perus magistri Francisci de Citerna ad legendam. artem gramatice in
Civitate Perusii et studio Perusino pro dictis quatuor annis cum salario sex
florenorum auri pro quolibet anno eisdem et cuilibet eorum. solvendorum
per Comune Perusii seu offitiales dicti Comunis super grano et blado dicti
Communis deputatos vel deputandos sine aliqua solutione vel detentione
alicuius Gabelle et sine alio praecepto vel mandato hoc modo videlicet me-
dietatem in festo Nativitatis domini nostri Jhesu Christi et aliam medie-
tatem in festo Pascatis resurrectionis ipsius domini.

Et quod ad predicta exequenda et executionem mandandam in omnibus.
et per omnia et occasione predictorum sit et fiat in presenti consilio et per
presens consilium Petrutius Ciutii syndicus communis perusii et ex niinc pro
facto constitutus et ordinatus habeatur et sit syndicus dicti communis auc-
toritate huius consilii aliquibus statutis seu reformationibus in contrarium
loquentibus non obstantibus que quo ad predicta sint sublata et revocata.

Sapientum nomina existentium in dicto consilio sunt hec: |

Paulutius Lelli, Nicolutius Putii, Melancolus Bevenuti, Consolus Ra-
nerii, Agnolellus Rigutii, Ciccharellus d.ni Benti, mercatores, Porte Sancti
Angeli, Andrutius Pelloli, Nicolaus Ranaldoli, lanarii, Petrus Venturelle,
calgolarius, Borgarellus Gaytoli camsor, Mathiutius Andrutii, Guerra Sen-
soli, Janarii, Putius Bevenuti mercator, Petrus Baldoli, cultrarior, Pellolus
Fidancole, camsor, Petrutius Draghij, scudellarius, Andrutius Ciccholi de arte
bactilane, Paulus Dinoli, faber, Andreas Helemosine, bovaterius, Andreas Jo-
hannutii, tabernarius, omnes de Porta Sancti Petri, Ballionus Maffutii, Pe-
trus Guillielmi, Andrutius Paulutius Stephanij, Pellutius Lelli, Oddolus Ra-
naldutii, Coppolinus d.ni Jacoppi mercatores,.Nercolus Jacopelli, Marinus
Andrutii, Cellolus magistri Angeli, spatarius, Portae Heburneae, Lellus An-
DUE INEDITE CONDOTTE DI DOTTORI, ECC. 157

drutii, Bindolus Munaldoli, Pellinus Johannelli, Ciccholus Magioli, Sano-
lus Giggii, Andrutius Lelli, mercatores, Bectolus peri, procaciante, Scatone
Lelli, camsor, Petrus Bartutii, lanarius, Rencolus Johannis, spatarius,
omnes de Porta Sanctae Subxannae, Naldolus Pelloli, procaciante, Petrus
Augustinelli, bambacterius, Minutius Vannoli, spatarius, Johannellus Ciutii,
mercator, Martinus d.ni Symonis, tascarus, Pellinus Tribaldi, mercator,
Perus Paulutii, cansor, Cinolus Venturelle, tabernarius, Pinus Berardutii,
cansor, Lellus Andrutii, lanarius, omnes de-Porta Solis.

Ballionus Maffutii mercator unus de dicto consilio surgens initio ad
locum arengherie consuetum dixit et consuluit super dictum propositum
et contentum in ea quod dicta proposita prout scripta et lecta est procedat
fiat, ordinetur et reformato habeatur et sit ac etiam executioni mandetur
in omnibus et per omnia prout in ipsa proposita contentum et scriptum est
et quod predicti magistri in gramatica et quilibet eorum eligantur, conducan-
tur et sumentur et pro electis, conductis et firmis habeantur et sint ad sala-
rium supradictum pro dicto tempore, quattuor annorum solvendum prout
in dicta proposita contentum. Et quod ad omnia et singula supradicta in
dicta proposita contenta exequenda et executioni mandanda et quolibet
predictorum fiat et fieri debeat in hoc presenti consilio et pro facto consti-
tuto ordinato habeatur ex nunc et sit Petrutius Ciutii syndicus Perusii et
ad representandum predictas electiones et ad promictendum eisdem sala-
rium predictum et ad recipiendum promissiones ab eis et ad obligandum per-
sonas res et bona dicti communis pro observatione promissionis. Et quod
quicquid factum et gestum fuerit in predictis pro predictis et ipsorum occa-
sione per dictum syndicum valeat et teneat ac si factum esset erit per pre-
sens consilium et auctoritate huius consilii aliquibusque statutis seu ordi-
namentis seu reformationibus in contrarium loquentibus non obstantibus
que quo ad predicta sint sublata et revocata.

In reformatione et summa cuius consilii solemniter facto et misso par-
tito de sedendo ad levandum per dictum Legerium priorem consensu pre-
sentium et voluntate omnium aliorum priorum suorum sotiorum secundum
formam statutorum et ordinamentorum communis Perusii ad dictum et
consilium et secundum dictum et consilium predicti Ballionis qui dixit et
consuluit ut superius contentum et scriptum est obtentum provisum ordi-
natum et reformatum fuit ad dictum et consilium et secundum dictum et
consilium predicti Ballionis qui dixit et consuluit ut superius contentum et
scriptum et sic dicto consilio placuit nemine discordante;

Die secundo mensis novembris actum Perusii ante domum olim magi-
stri Merlini presentibus Cattalutio Ciccholi et Ciccarello Vagnoli testibus
Magister Perus magistri Francisci magister in arte gramatice predictus co-
ram me notario infrascripto et Petrutio Ciutii predicto syndico Communis
Perusii eidem magistro Pero dictam electionem notifficante, ipsam electio-
nem acceptavit et promisit et convenit predicto Petrutio Ciutii syndico
syndicario nomine dicti communis stipulanti et recipienti et pro omnibus
aliis hominibus et personis quorum. et quarum interesse possint seu inter-
venire necnon juravit ad sancta dei evangelia corporaliter tactis scripturis
rem sri——

4 Y È ARAN EE gu ERES

158 : GIOVANNI CECCHINI

dictam artem gramaticam legere et docere bene.et solicite ac etiam legaliter
punctatim et secundum puncta libros perficere et complere, Rectori sco-
Jarium Civitatis Perusii et studentum perusinorum parere et hobedire
tam presentibus quam futuris statutis et. ordinamentis Civitatis Perusii et
Universitatis predicte tenere et observare et se a Civitate Perusii absque
Jicentia dominorum priorum seu sapientum. studii non secedere neque absen-
tare in preiuditium lectionum et generaliter omnia et singula facere gerere
et exercere quae dictus magister Perus facere et exercere potest et tenetur
vigore cuiuscumque statuti seu ordinamenti communis Perusii seu Univer-
sitatis predicte. Et hec omnia supra et infrascripta fecit, iuravit, et promisit
pro eo quod predictus Petrutius syndicus dicti communis se et dictum com-
mune Perusii nec non singulas personas ipsius communis et bona ipsius
communis et singularum personarum obligando promisit et convenit pre-
dicto magistro Pero.stipulanti et recipienti pro se et suis heredibus et cui
jus suum concesserit dare et solvere et dari et solvi facere pro suo [ salario]
et mercede per offitiales communis Perusii super grano et blado dicti com-
munis deputatos vel deputandos. . ; annorum sex florenos auri solvendos
hoc modo videlicet medietatem in festo... domini nostri Jhesu Christi et
aliam medietatem in festo pascatis resurrectionis ipsius domini etc.

Et Ego Hermannus quondam Ranaldoli de Perusio imperiali auctori-
tate judex ordinarius et notarius et nunc notarius et scriba studii perusini pier
dictis omnibus interfui et ea rogatus subscripsi et publicavi. .

L'atto di riformagione e quello di condotta riflettenti maestro
Francesco, abate di Camporegio, sono invece integri e meglio con-
: servati che i precedenti essi sono trascritti su due membrane cucite

insieme.

Assai spiccata personalità dovette essere questo abate, sia per
lufficio che ricopriva, sia per il cospicuo salario che gli viene
corrisposto, pari a cento fiorini d'oro all'anno e per il tono direi ri-
spettoso della riformagione stessa verso il docente, cui si lascia la
facoltà di protrarre l' insegnamento, se vorrà, per due o per tre anni.

Del monastero di S. Bartolomeo di Camporegio nella diocesi di
Gubbio, di cui egli era in quel tempo a capo, ha lasciato alcune notizie
l'abate olivetano don Secondo Lancellotti. nelle sue Historiae Olive-
lanae (Venetiis, ex typ. Gueriliana, 1623, pagg. 207-316). Dal Rossi
(Giorn. di erud. artistica, VI, pag. 250) apprendiamo che quando si
sottoscrisse al Consiglio di Bartolo CLXI del libro I era abate del
monastero olivetano di Sassovivo presso Foligno. L'Ermini, richia-
mafidosi al Rossi e alla riformagione contenuta mell'annale de-
cemvirale del 1351, dà notizia (Storia dell’ Università di Perugia, pag.
.139) della condotta del 1351, Tanto nel 1345 che nel 1351 don
Francesco è assunto nello Studio perugino per la lettura del Decreto.
DUE INEDITE CONDOTTE DI DOTTORI, ECC. 159
In nomine domini amen. Anno eiusdem Millesimo trecentesimo quadra-
. gesimo quinto Indictione decimatertia tempore domini Clementis pape
sexti die vigesima mensis augusti. Consilio infrascriptorum sapientum pro
qualibet porta quos domini priores artium Civitatis Perusii ad hec secum -
vocare et habere voluerunt in palatio habitationis i ipsorum dominorum. prio- .
rum artium, una cum ipsis dominis prioribus et de ipsorum mandato more
solito congregato, prefati domini priores artium Civitatis Perusii numer»
octo presentes et in concordia, absentibus Andrea Angelutii et Ciutio Baldoli
prioribus, ipsi octo existentes una cum dictis sapientibus, et dicti sapientes.
una cum dictis prioribus et omnes ipsi octo: priores et sapientes simul et:
in concordia auctoritate quam habent domini priores artium cum quatuor
sapientibus pro porta super negotio studii et pro ipsius studii conservatione
‘et aumento, providerunt ordinaverunt et reformaverunt omnia et singula
infrascripta pro conservatione dicti studii et pro ipsius studii conservatione
et. aumento.

Nomina quorum sapientum hec sunt:

Lellus Tuccioli, Pellinus. Gelomie, Marcholus Jacopelli, Vannes An-
. drutii, Lellus Andrutii, de Porta Solis; Baglone Maffutii, ser Mannolus Pel-
loli Nucciolus Fuccioli, dominus Mascius domini Ranerii, de Porta hebur-
nea; dominus Ugolinus Pelloli, ser Vannes Pelloli, Marcius Lelli, Ugolinus
Manentis, de Porta Sancti Angeli; Peruzzolus Cole, Puciarellus Bacialle,
ser Bartholomeus Lelli, Dinolus Bindoli, Vannes magistri Laurentii, de Porta
Sancte Sussanne; Mathiutius Andrutii, Petrutius Nicolutii, Dominicutius
Vannis, Cellolus magistri Angeli, Nucciolus Nucoli, de porta Sancti Petri.

Supradicti priores et sapientes omnes ipsi simul et in concordia auctori-
tate predicta elegerunt ad lecturam decretorum pro tempore seu per tem-
pus duorum vel trium annorum prout sibi placuerit aceptare incipiendorum
die festi sancti Luce proximi venturi ad salarium et cum salario Centum
florenorum de auro anno quolibet solvendorum eidem per offitiales grani
et bladi communis Perusii; videlicet medietatem in festo nativitatis domini
et aliam medietatem in festo paschatis ressurrectionis domini nostri Yesu
Christi sapientem virum dominum Francischum Abbatem monasterii
Sancti Bartholomey de Campiregio, dum modo debeat conventuari in prin-
cipio studii vel sex menses a die incipiendo studii predicti si conventuatus
non est.

Postea prefati domini priores artium et dicti quatuor sapientes pro
porta auctoritate predicta eorum nomine, et nomine et vice communis Pe-
rusii, fecerunt constituerunt et ordinaverunt prout de iure et facto melius
et efficacius potuerunt Johannem Peri Gratiani de Perusio, absque tanquam
presentem eorum et dicti communis syndicum et procuratorem actorem
factorem et nuntium specialem, ad representandam, dictam electionem su-
pradicto domino Francischo abbati cum supradicto salario et pro dicto
tempore, et ad conducendum eum in doctorem, et lectorem dicti studii
perusini cum omnibus et singulis pactis et conditionibus predictis; et ad
faciendum super predictis contractum et contractus ad predicta necessarios
et opportunos cum promissionibus de rato habitis procuratorio adiecto
bonorum communis Perusii obligatione et cum receptione precepti de gua-
rentisia et ad promittendum de confessione facienda; et cum renumptia-
———————

ci = IRE È A
LOZZO NUNTII e 4 TT S BREITES EU A Pe ot
i

LA i aciem mita
H = = ca gie penes UN

N

^

160 GIOVANNI CEGCHINI

tionibus benefitiorum et cum omnibus aliis capitulis et clausulis opportunis
et in similibus contractibus consuetis apponi et que eidem sindico uctilia.
videbuntur in predictis; et generaliter ad omnia alia et singula gerenda et
exercenda quae eidem sindico uctilia videbuntur in predictis dantes et
concedentes eidem sindico plenum liberum et generale. mandatum cum plena
libera et generali administratione in predictis promictentes ratum gratum
et firmum habere et tenere quicquid per dictum sindicum promissum, fac-
tum et gestum fuerit in predictis et predictorum occasione sub ypotecha et
obligatione omnium bonorum communis Perusii.

Et Ego Herculanus Matheoli de Perusio, Porte Solis et parochie Sancti
Johannis Imperiali auctoritate notarius et nune notarius dominorum prio-
rum artium Civitatis Perusii predictis omnibus interfui et ut supra legitime
rogatus subscripsi e publicavi. - |

In nomine domini amen. Anno eiusdem Millesimo trecentesimo quadra-
gesimo quinto, indictione decima tertia tempore domini Clementis pape sexti
die decima septima mensis septembris sapiens vir dominus Francischus
abbas monasterii Sancti Bartholomey de Campiregio electus in doctorem
studii perusini, ad sedem decretorum pro tempore duorum vel trium anno-
rum prout sibi placuerit aceptare, aceptavit dictam sedem ad lecturam pro
duobus annis venturis incipiendis die festi Sancti Luce proximi venturi. ,
Et promisit Johanni Peri sindico sindicario nomine communis Perusii
recipienti dictum librum bene et diligenter et sufficienter legere et complete
et punta et disputationes facere et rectoribus universitatis scolarium pa-
rere et hobedire, et omnia-et singula facere ad que tenebitur secundum
formam ordinamentorum universitatis studii perusini. Et dictus sindicus
vice adversa promisit eidem sindicario nomine communis Perusii dare et
solvere et quod Commune Perusii vel offitiales grani et bladi dicti communis
dabitur et solvetur salarium Centum florenorum de auro pro quolibet anno
dictorum duorum annorum solvendorum eidem per dictos offitiales grani
et bladi de pecunia pretii grani et bladi illis temporibus et terminis quibus
solvitur et consuetum est solvi salarium doctoribus communis Perusii sine
alia appodissa vel mandato et absque solutione vel dectentione gabelle.

Que quidem omnia et singula supra et infrascripta promisit una pars
alteri tenere et observare et in nullo contra facere vel venire per se vel alium
de jure vel de facto sub pena dupli totius dicti salarii solempni stipulatione
promissa; et refectiones dampnorum et espensas litis et extra; et pro pre-
dictis omnibus et singulis observandis obligavit dictus dominus Franciscus
abbas dicto sindico ut supra stipulanti se omnia sua bona et dictus syndi-
cus sindicario nomine quo supra obligavit eidem domino Francischo abbati
omnia bona communis Perusii; et pena solutionis permaneant contracta
Renumptiantes dicte partes inter se ad invicem exceptioni non facte
dictarum promissionum et obligationum ex causa predicta ut dictum
est; et omni alio legum et iuris auxilio; et de predictis omnibus et singulis
supra et infrascriptis promiserunt dicte partes et quelibet earum, confessio-
nem facere coram judice communis Perusii et coram: quolibet alio judice
competenti ad petictionem partis petentis. Actum Perusii in porta Sancte
DUE INEDITE CONDOTTE DI DOTTORI, ECC. . 161

| Sussanne in domo heredum quondam Ceccholi domini Jacobi in qua nunc
habitat suprascriptus dominus Francischus abbas presentibus Lello Becchij

Nicolutio Dominici et ser Bartholo Angelutii de Perusio testibus vocatis et
rogatis. È

Et Ego Herculanus Matheoli de Perusio porte Solis et parochie Sancti
Johannis Imperiali auctoritate notarius predictis omnibus et singulis inter-.
. fui et ut supra legitime rogatus subscripsi et publicavi.

: Il contributo maggiore recato dunque dai documenti qui sopra -
pubblicati consiste principalmente nelrivelare che maestro Pero di
maestro Francesco di Citerna ha insegnato nello Studio perugino nel
1341, oltre che nel 1351, arte grammatica, oltre che somma notarile.
Don Francesco abate del monastero di S. Bartolomeo di Camporegio
ha insegnato nello Studio perugino per almeno due anni, come dice il
contratto, dall'autunno 1345. Infine si ha notizia di un magister
Johannes magistri Francisci di Citerna, che, secondo il deliberato del

. Collegio dei Priori, avrebbe dovuto assumere l'insegnamento del-
l’arte grammatica, ma del quale non sappiamo se abbia assolto que-

Sto compito. ^. - : id

GIOVANNI CECCHINI
Comunicazioni

IL RINVENIMENTO DI TOMBE PREROMANE
NELLA CITTÀ DI NARNI |

Nell'anno 1911 in occasione di una circoscritta sistemazione della
piazzetta del Duomo di Narni notai a pochi decimetri di profondità,

al di sotto dello sterrato uno strato calcareo compatto nel quale era

scavata una tomba rettangolare: in questa tomba erano contenute
ossa umane appartenenti a più individui di età e di sesso differente.
Alcuni anni più tardi in occasione della messa in opera dei tubi del
nuovo acquedotto narnese, nello scavo fatto sotto l’arco del Duomo
vennero alla luce molte ossa umane, che per i loro caratteri attesta-
vano la remota epoca del loro seppellimento. Mi venne allora il so-
spetto che i due rinvenimenti potessero essere in relazione tra loro
e con questo sospetto nacque in me il desiderio di fare ricerche in
proposito. Questo desiderio rimase per lungo tempo insoddisfatto,
finché nel 1936 mi accordai con l’ispettore degli scavi e monumenti
di Narni prof. Carlo Castellani ed insieme proponemmo al Podestà
dott. Maioli di fare alcuni sondaggi nella piazzetta del Duomo. La
nostra proposta fu accettata molto benevolmente dal dott. Maioli
ed il giorno 19 agosto furono cominciati i lavori. In breve, asportato
lo sterrato che aveva uno spessore di pochi decimetri, venne alla luce
uno strato calcareo compatto, abbastanza regolarmente spianato,
Questo strato orizzontale nel lato nord era limitato da una parete
verticale tagliata nello stesso calcare dalla mano dell’uomo e facente
parte di un grosso massiccio sopra il quale sono costruite le case che
costeggiano la Via del Campanile. Verso sud il piano leggermente
degradante si perdeva sotto la strada e molte probabilmente doveva
prolungarsi sotto il palazzo vescovile. Verso ponente era coperto dal
pavimento del porticato del Duomo e dall’annessa cappella e verso
est dal principio della Via Garibaldi. Appariva evidente che in epoche
molto remote la mano dell’uomo aveva eseguito un grande lavoro
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IL RINVENIMENTO DI TOMBE PREROMANE NELLA CITTÀ DI NARNI 163

tagliando lo scoglio e ricavando dal masso una superficie orizzontale
ed una parele verticale probabilmente utilizzata a scopi difensivi
dagli antichi abitatori del luogo. Un lavoro consimile, ma di propor-
zioni più gigantesche, si può osservare a circa un chilometro di di-
stanza in quel tratto della via Flaminia ove si trovano la grotta di
Orlando, un'ara, un fallo e qualche figura di animale. Sopra la parete
orizzontale da noi rimessa allo scoperto in epoche recenti furono co-
struite delle botteghe demolite poi una sessantina di anni indietro.
Delle mura di queste botteghe rimane ancora qualche avanzo attual-
mente coperto dallo sterrato. Rimosso lo sterrato per alcune decine di
metri quadrati vennero allo scoperto piü di trenta tombe scavate nel
masso calcareo con una notevole regolarità. Tutte le tombe avevano
una forma rettangolare e la maggior parte di esse presentavano il
loro asse maggiore diretto da est ad ovest; erano disposte in serie: ne
furono scoperte cinque serie ed ogni serie era formata da sette ad
otto tombe: le tombe di una stessa serie distavano una dall'altra in
media 30 cm. Alcune serie erano contigue: altre invece erano separate
da uno spazio maggiore, in questo spazio erano scavate tombe general-
mente piü piccole che avevano il loro asse maggiore perpendicolare
a quello delle serie. Forse queste ultime tombe furono scavate in una
epoca successiva e per utilizzare lo spazio non si segui la norma del-
l'orientamento. Ho detto che le tombe avevano una forma rettango-
lare, ma questa non era perfettamente regolare poiché l'estremità
rivolta verso ponente era leggermente piü larga; segno evidente che
le salme erano deposte con i piedi diretti a levante.

Le dimensioni delle singole tombe erano sensibilmente variabili.
Le più grandi avevano una lunghezza di m. 1,95. Nelle più piccole,
certamente utilizzate per soggetti molto giovani, la lunghezza scen-
deva a m. 1,50. La larghezza per lo piü oscillava tra 50 e 55 cm.: la
profondità piü frequente era di 42 cm. Da queste misure si potrebbe
dedurre che i soggetti per i quali queste tombe furono fatte dovevano
essere in prevalenza longilinei. Le pareti delle singole tombe erano
abbastanza uniformi e regolari, prova evidente che gli artisti vi ave-
vano lavorato con diligenza e con istrumenti adatti. Una parte delle
tombe in corrispondenza della loro apertura presentavano una in-
cassatura destinata ad accogliere il coperchio fatto dello stesso ma-
teriale. Vi erano ancora parecchi coperchi, alcuni foggiati in un sol
pezzo, altri in due, altri in tre. In due tombe oltre all'incasso vi erano
in ciascun lato tre tagli di due o tre dita di larghezza destinati ad
accogliere grappe di ferro, che dovevano rendere piü solida la chiu-
LUCERE — A tate ——-——

m". d TA

L ribenzano —— E EIA N —

164 È a PRIMO DORELLO

sura ed infatti in un coperchio furono osservate macchie di ruggine
corrispondenti ai tratti nei quali erano applicate le grappe. Ritengo
che l'applicazione di queste grappe sia stata fatta in un’epoca molto
più tardiva rispetto a quella della primitiva costruzione delle tombe.

Malgrado le più accurate ricerche non fu trovato in tutta la parte
della necropoli riportata alla luce alcun manufatto appartenente ai
primitivi occupanti. Certamente queste tombe furono parecchie volte
manomesse ed utilizzate per successive inumazioni asportandone
oppure lasciandovi le ossa dei precedenti possessori. Infatti in quasi
tutte le tombe furono trovate mescolate ossa appartenenti ad indi-
vidui di età e di sesso differenti: solo in una fu trovato un solo sche-
letro colle ossa disposte nella loro naturale situazione. Invece in due
tombe contigue si trovò demolito il diaframma che le separava con
lo scopo di formarne una sola di capacità molto maggiore. Era mia
intenzione di fare un plastico di queste tombe e lasciarne solo alcune
scoperte, ma, allontanatomi da Narni, durante la. mia assenza esse
furono nuovamente interrate e rimesse cosi nell'oblio, dal quale io
cercherò di trarle con questa nota e con. una fotografia che ebbi la
previdenza di prendere durante gli scavi.

>| NORD
>
IL RINVENIMENTO DI TOMBE PREROMANE NELLA CITTÀ DI NARNI 165

Ricostruire la storia di queste tombe non é cosa agevole per la
mancanza di documenti e specialmente di ogni traccia di manufatti
appartenenti ai primitivi loro inquilini. Nemmeno è agevole trarre

. dati dal confronto con necropoli consimili, essendo queste estrema-

mente rare. Cercherò tuttavia di formulare qualche ipotesi aiutan-
domi coi saggi suggerimenti che molto gentilmente mi dette l’illu-
stre professore Ducati. Tombe da inumazione per un solo cadavere
riunite in gran numero e scavate nel calcare sono, come ho detto, assai
rare: meno rare invece sono tombe di tal fatta isolate e ne fu rinve-
nuta qualcuna anni indietro nello stesso territorio narnese facendo
la sistemazione della strada che conduce alla frazione Itieli. Prima

di abbozzare una probabile storia delle tombe da me rinvenute sarà .

opportuno dare un breve sguardo alla topografia del luogo sul quale
furono costruite. Quando la valle del Nera, che nella conca ternana
è assai ampia, giunge a livello dei resti del ponte di Augusto brusca-
mente si restringe in modo notevole essendo fiancheggiata a destra
dalla montagna di Santa Croce, a sinistra da una serie di alture dispo-
ste a scala sui vari gradini della quale fu costruita la città di Narni, la
rocca ed il bastione. Dal gradino più basso si avanza verso il vicino
fiume un grosso massiccio calcareo sul quale poggia la parte nord —
occidentale della città di Narni e che in vicinanza della porta della
pietra è circondata da parecchie guglie calcaree. Questo massiccio è
limitato in tre lati da pareti quasi verticali, che ne rendevano l’accesso
estremamente difficile e ne costituivano un’ottima difesa; il quarto
lato è in comunicazione con quella parte meridionale della città che è
costruita sul secondo gradino e che forma il rione del monte. Da que-
sta parte il massiccio è separato dal resto, cioè dal secondo gradino,
per un lieve avvallamento del terreno, avvallamento sul quale pog-
gia l’attuale piazza Garibaldi. Non è improbabile che un nucleo di
umbri appollaiati verso l'ottavo secolo av. Cristo sul massiccio e for-
niti su tre lati da difese naturali pensassero di provvedere alla difesa
anche del quarto lato e perciò vi tagliarono lo scoglio formandogli
una. parete verticale e nella parte residua posta a sud della parete
verticale spianarono la pietra e vi costruirono la loro necropoli con
tombe a fosse individuali. Sorse così il primo nucleo della città di Ne-

quino, così detta secondo alcuni per la ferocia degli abitanti. Sembre-

rebbe dunque che la fondazione di Nequino avvenisse in un’epoca
nella quale gli Umbri avevano abbandonato l’incenerimento dei ca-
daveri e provvedevano alla loro inumazione costruendo con grande
cura e fatica tombe individuali a fossa, mentre presso gli Etruschi

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166 x PRIMO DORELLO

erano usate tombe a camera e famigliari. Quando nel 299 av. Cristo
sotto i cousoli M. Fulvio Petino e T. Manlio Torquato i Romani pre-
sero Nequino, dopo aver superato grandi difficoltà ed a quanto si
dice aiutati dal tradimento di due Nequinati, cambiarono il nome di
Nequino in quello di Narnia, dal nome del fiume Nar, ed aumenta-
rono l'estensione della città verso mezzogiorno, come é dimostrato
da residui ben conservati di costruzioni situate al di sotto del palazzo
del vescovato e da avanzi di colonne e di cornici rinvenuti nelle adia-
cenze della via dell'oliveto. Per queste nuove costruzioni la necropoli
di Nequino rimase inclusa nella cinta della città; certamente venne
manomessa e non fu più utilizzata come sepoltura in obbedienza alle
leggi romane che vietavano di seppellire i morti entro la cerchia delle
mura. Bisogna poi rammentare che tra i romani era abituale il rito
della cremazione e la costruzione di colombari. Solo in aleune fami-
glie era tradizionale l'inumazione: un esempio ce lo offre la famiglia
Cornelia: ma Silla infranse la tradizione e nel timore che il suo ca-
davere fosse oggetto di qualche sfregio lasciò l’ordine che fosse bru-
ciato.

Malgrado gli ampliamenti fatti dai Romani il cuore della città
rimase anche durante l'Impero nel tratto primitivamente occupato
dagli Umbri. Infatti durante gli scavi fatti per la costruzione del
nuovo palazzo della Cassa di Risparmio situato ad un centinaio di
metri dall’antica necropoli, nella piazza ora dedicata a Marconi ven-
nero alla luce avanzi di importanti edifici, ampie strade lastricate ed
un architrave, dalla inscrizione del quale si poté rilevare che in quel
punto era la casa del decurione. È probabile che dopo le invasioni
barbariche le tombe in parola venissero nuovamente manomesse e
poi utilizzate di nuovo per il seppellimento, specialmente in circo-
stanze eccezionali come durante i lunghi assedi. Nel secolo xir fu
ampliato il Duomo di Narni ed una parte della nuova costruzione
venne posata sulla porzione occidentale della necropoli nequinese,
che ne rimase sommersa. Il resto formó il pavimento della piazza po-
sta avanti al porticato del tempio. Se in questa circostanza le tombe
furono vuotate per il fatto che contenevano ossa di pagani, appare
logico ammettere che esse furono in seguito nuovamente utilizzate

per il seppellimento e probabilmente in quell'epoca fu demolito qual-

che diaframma per aumentare la loro capacità. Credo tuttavia che

‘ tale pratica non dovette durare molti secoli perché le ossa trovate da

me mostravano tutti i segni di una notevole vetustà ed i numerosi
denti da me osservati, anche se appartenenti a soggetti morti in età
IL RINVENIMENTO DI TOMBE PREROMANE NELLA CITTÀ DI NARNI 167

giovanile, mostravano un forte logoramento delle loro superfici tri-

turanti, caratteristico delle genti vissute prima della scoperta del- .

l'America, cioé prima che l'importazione in Europa di nuove sostanze
alimentari meno resistenti alla masticazione e più facilmente digeribili
avesse determinato un profondo cambiamento del regime alimen-
tare dei popoli europei.

La mia ipotesi che le tombe da me scoperte appartengano a po-
polazioni preromane è convalidata dalla autorità del prof. Pericle
Ducati, il quale avendo avuta da me una relazione dello scavo ed una
fotografia di questo mi scrisse quanto segue: « Credo che si tratti di
«tombe del periodo preromano o umbro. La tomba scavata nella
«roccia è usuale nella civiltà neo-cuprolitica da Pianosa a Pantalica:
«è la così detta tomba a forno perché la sua forma richiama il
« forno.

«Qui invece si tratta di tombe rettangolari di un sepolcreto a
«quel che pare di inumati. La loro grandezza, la loro forma, la loro
«orientazione mi fa supporre che si tratti di un tipo di tomba paral-
«lelo a quello della tomba a fossa che venne in uso in territorio um-
«bro (comprendente allora il territorio che fu etrusco) durante il
«secolo viti a. Chr. Queste tombe scavate nella roccia calcarea pre-
«annunciano le tombe a camera più spaziose.

« Il passaggio dalle tombe a fossa a quelle a camera è perspicuo
« nella necropoli etrusca di Corneto Tarquinia.

« Ma credo che qui non si tratti di tombe etrusche ma invece di
«tombe umbre del secolo ottavo o posteriori col rito della inumazione
« sostituitosi piü che per influsso etrusco, per reazione della precedente
«stirpe mediterranea al rito della cremazione proprio degli umbri
«indoeuropei.

« La loro positura sotto una rupe a Nord mi fa supporre che que-
«ste tombe appartengano alla originaria città. di Nequino sopra-
«stante al suo sepolcreto » (1).

PRIMO DoRELLO

(1) Nel 1946 in seguito a lavori fatti per la sistemazione di negozi fu messa
allo scoperto tutta la parete verticale: risultò che questa nella metà occiden-
tale era costituita da compatto calcare, mentre verso oriente si continuava con
un muro dello spessore di circa due metri costruito con grosse pietre roz-
zamente squadrate della lunghezza di quasi un metro. Si ha così un’altra prova
dello scopo difensivo della costruzione.
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INDICE DEL VOLUME

B. FRATTEGIANI, J| Tribunale della Rota perugina . . RARE Pag. 5

G. FRANGESCHINI, Boldrino da Panicale (13312-1391) . . . . . » 118
Memorie :
PS BesrAe/Baldo degit) Ubaldi: Itis FI RIT onn ox gne 440

CONTRIBUTI ALLA STORIA DELLO STUDIO PERUGINO

G CeccHINI, Due inedite condotte di dottori nello Studio perugino » 154

Comunicazioni

P. DonELLO, Il rivenimento di tombe preromane nella città di
Nüpniu 5:34 SIRIO CORNI INSERIRLA] INE 25162

Direttore Responsabile: AcHiLLE BERTINI CALOSSO
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