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S. p. A. Arti Grafiche. Panetto & Petrelli — Spoleto, 11-1954.
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L'UMBRIA NELL'ORDINAMENTO
DELLA «DIOECESIS ITALICIANA ».

«Gens antiquissima Italiae»
(PLin., N. H., III, 14)

1. Premessa storica. — 2. L'ordinamento Dioclezianeo
dell'Italia, con particolare riguardo all'Umbria. —
3. Le innovazioni dell'« Edictum Constantini ».

1. — Riferisce Dione Cassio che Mecenate avrebbe suggerito ad
Augusto una serie di provvedimenti e di riforme per la sistemazione
e il consolidamento dell'impero (1). Tutti indistintamente i sudditi e
i varî alleati di Roma avrebbero anzitutto dovuto ricevere la « civitas
Romana », mentre la loro posizione, nei riguardi dello Stato, doveva
essere di perfetta uguaglianza specie in materia di tributi e di carichi
fiscali (2). Inoltre il raggruppamento e l'organizzazione amministra-
tiva dei territori dipendenti doveva avvenire con il pieno rispetto delle
tradizioni e della nazionalità dei varí popoli, principio da valere anche
per l'Italia che Mecenate, sempre secondo quanto riferisce Dione
Cassio, consigliava di dividere in un certo numero di Distretti, di li-
mitata ampiezza, onde consentirne una piü facile amministrazione.

E a giustificazione di quest'ultima proposta, che invero, specie
allora, avrebbe rappresentato una audacissima innovazione, osser-
vava che l’Italia; divenuta troppo estesa e popolata, non poteva essere
amministrata unicamente da magistrati residenti a Roma e d'altra

(1) 52, 19: “Tg rortetac mot opior perado0fvai nut Seîv, Iva xol Tabtnc
looptotpoUvvec, miorol obuuayor Muiv do, dGorep tiv piav Thv uertpav méAv olxodtec,
xoi Tadtnv Uv Óvroc THA, TÈ SÌ di) opétepa drypobc xol xibuac vouitovieg elvat uvteG ??.

(2) 52, 28: ** Kal yàp Sixaov xal Tpoofxév tori, undéva adrisv &teAR elvat, ui)
Oto, pi) dnuov, dite xal Tg Opedelag tig &rc cvv Óuoloc Toîs KAXot; &rroravooviac ".
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6 MARIO DE' DOMINICIS

parte era buona regola politica che il governatore avesse stabile resi-
denza nel centro del territorio amministrato per i necessari e continui
contatti con le popolazioni dipendenti. Si sarebbero in tal modo evi-
tate iniziative dannose e provvedimenti inopportuni (1). Quando

Dione Cassio tracciava questo vasto quadro di riforme politiche ch'egli -

attribuisce a Mecenate, l'autorevole e fedele consigliere di Augusto,
erano trascorsi oltre due secoli dalla scomparsa del primo imperatore
e si era quindi maturata una lunga esperienza in tema di ammini-
strazione e di ordinamento dell'impero di cui è evidente traccia nella
enunciazione del nostro storico.

Che Augusto avesse avvertito la necessità di introdurre nell'orga-
nizzazione dello Stato gran parte delle riforme auspicate da Dione
Cassio, sembra certo.

In particolare doveva già apparire insostenibile la posizione di
privilegio di cui godeva l'Italia, in evidente contrasto con i noti prin-
cipi cui si ispirava la nuova politica imperiale che si proponeva la fu-
sione dei popoli e la unificazione delle leggi e dei costumi. Tuttavia
era anche troppo recente il ricordo delle promesse di Augusto al popolo
di Roma, riunito in convocazione straordinaria fuori delle mura della
città, subito dopo la felice conclusione della guerra contro Sesto Pom-
peo in Sicilia.

In tale occasione egli volle annunciare, con la fine della guerra
civile, importanti provvidenze fiscali (2) a titolo di gratitudine per gli
aiuti ricevuti. D'altra parte quando, piü tardi, il senato dichiaró An-
tonio nemico dello Stato e subito dopo i consoli e gran parte dei se-
natori abbandonarono Ottaviano, le città Italiche, nella quasi tota-
lità, rimasero invece al suo fianco. Egli, è vero, dové allora disporre
larghe operazioni di reclutamento per accrescere gli effettivi dell'eser-
cito ma queste non ebbero carattere di coscrizione obbligatoria (« mi-
litia legitima », bensì quello di arruolamento volontario (« coniu-
ratio »), che aveva solo luogo eccezionalmente, come nel noto episodio
dei trecentosei Fabi levatisi in armi contro Veio, ovvero allorquando

(1) 52, 22: « Tv «c ’Iradlav mcav, cT Ómip mevríjovca xal Émcvaxooioug drtò
TS TÓAeoG cTa8Loug oboxv, ..... xataveov Exaotaybb0i, xav& te Yévn, xai ÉÓvn, c&c
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(2) APPIANO, de Bell. Civ., 5, 130; Dio. Cass., 49, 15.

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L’UMBRIA NELL'ORDINAMENTO DELLA « DIOECESIS ITALICIANA » 7

il senato dichiarava la patria in pericolo (1). Anche per le spese della
guerra fu necessario rivolgere uno speciale appello ai proprietari fon-
diarî che, sappiamo, venne accolto con vivo favore per la cessione di
un quarto del reddito annuale dei loro beni (2).

Gli storici ricordano concordemente questa spontaneità e unani-
mità di consensi (3), e Augusto stesso, nelle sue « Res Gestae », non
manca di sottolineare con orgoglio che, alla notizia della guerra con-
tro Antonio, tutta l’Italia si strinse intorno a lui riconoscendolo come
proprio capo (4). |

E fu grazie a tale appoggio che egli riuscì a conquistare l'impero.
Il suo atteggiamento nei riguardi dell'Italia non poteva pertanto
non essere conseguente. Non solo i precedenti privilegi di cui godeva
Roma vennero da lui mantenuti, ma furono anche progressivamente
estesi a tutto il territorio della penisola.

E di tale particolare situazione l'Italia continuerà, di fatto, a
godere sino a Diocleziano. Non mancarono, é vero, in questo lungo
periodo di quasi tre secoli, iniziative varie per ridurla allo stato di
provincia. Né é da escludere questo proposito da parte dello stesso
Augusto se poniamo mente a taluni suoi atti di governo come la con-
tinuazione e il compimento del grande catasto del mondo romano,
già iniziato da Giulio Cesare (5), nel quale volle anche compresa l’Ita-
lia, e massimamente la uota divisione del territorio della penisola in
undici circoscrizioni (6), le cosidette regioni augustee, di cui ignoriamo
la esatta portata (7). Anche se tale ripartizione, in definitiva, ebbe
forse solo rilevanza per le operazioni del censo, non é inverosimile,
che, inizialmente, con essa si volesse attuare una larga riforma nel
campo amministrativo e giudiziario.

(1) Cfr. MowMsEN, Rómische Forschungen, II, pag. 247, n. 16.

(2) Dro. Cass., 50, 10; PLuT., V. ANTONII, 58.

(3) SuEgT., V. Aug., 17: « Bononiensibus quoque publice, quod in Anto-
niorum clientelae antiquitus erant, gratiam fecit coniurandi cum tota Italia
pro partibus suis ».

(4) Mon. Ancjr., 25: «iuravit in mea verba tota Italia, sponte sua et me
belli, quo vici ad Actium, ducem depoposcit ». Cfr. Dro. CAss., 4, 6; SUET., Aug.,
17; PLur., Anton., 56, 61. V. in proposito Gardthausen, Augustus u. seine Zeit.,
I, pag. 354; IL pag. 181 e seg.

(5) Cfr. RIEsE, Geographi latini minores, pag. 15 e seg.

(6) PriN., Hist. nat., 3, 5, 46: « Nunc ambitum eius (Italiae) urbesque
enumerabimus, qua in re praefari necessarium est, auctorem nos divum augu-
stum secuturos, descriptionemque ab eo factam Italiae totius in regiones XI ».

(7) Cfr. MoMMSEN, Gesam. Schrift., V, pag. 268 e seg.

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8 : MARIO DE' DOMINICIS

Certo é comunque che il problema di ridurre i vari popoli sog-
getti in una condizione di uguaglianza, sia per semplificare l'ammini-
strazione dell'impero, sia anche per una ragione di giustizia e di equità,
continuó ad essere oggetto di attento esame da parte dei successori di
Augusto. Ed è in proposito significativo il discorso con cui l'Impera-
tore Claudio volle annunciare la concessione ad alcune popolazioni
della Gallia del diritto di essere rappresentate nel senato di Roma.
Le sue parole « Postremo ipsam (Italiam) ad Alpes promotam, ut
non modo singuli viritim, sed terrae gentesque in nomen nostrum
coalescerent » riferite da Tacito (1), sono particolarmente interessanti
perché chiariscono il nuovo indirizzo della politica imperiale che lo
stesso storico riassume ancor piü felicemente nella formula « nihil
separatum, clausumve », «nessuna esclusione, nessun privilegio», che
fa pronunciare dal valoroso generale di Vespasiano, Ceriale, in una allo-
cuzione rivolta alle genti della Gallia per spiegare l'atteggiamento
del governo di Roma verso tutti i popoli soggetti alle sue leggi (2).

Il concetto di patria viene quindi ad allargarsi e si afferma e si
sente in un modo del tutto diverso dai tempi di Cicerone. Se il grande
oratore poteva con enfasi esclamare di avere due patrie, che gli erano
ugualmente care, Roma e Arpino, un imperatore di origine barbarica,
Marco Aurelio, dichiarava invece che, come principe e come citta-
dino, egli sentiva di avere una patria sola: Roma (3).

Di qui la sua concezione ideale dello stato romano che doveva
ávere, per fondamento, la perfetta uguaglianza di tutti i cittadini
dinanzi alle leggi (4). Allorché Diocleziano salì al potere i tempi erano

dunque maturi per operare la completa assimilazione. del territorio

italiano a quello provinciale.

2. — Nel vasto quadro della riforma dioclezianea l'Italia, come
é noto, venne a costituire una delle tre grandi circoscrizioni ammini-
strative, dette diocesi, in cui dividevasi la prefettura d'Italia (5).
E la più antica fonte di cognizione di questo nuovo ordinamento, il

(1) Annales, 11, 24.

(2) Historiae, 4, 74.

(3) Pensieri, 6, 44. .

(4) Op. Cit., 1, 14.

(5) Va osservato che, nel basso impero, la denominazione « Italia » aveva
un triplice significato. Serviva a indicare: il territorio amministrato dal « prae-
fectus praetorio Italiae », la diocesi italiciana, divisa nei due vicariati d'Italia
e di Roma; ed infine l'Italia annonaria che Costantino, in ün suo rescritto,
chiama « Italia nostra » (c. 2, Cod. Th., XI, 16), per distinguerla dalle « urbica-
riae« o «suburbicarie regiones » amministrate dal « praefectus urbi». Il ter-
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L'UMBRIA NELL'ORDINAMENTO DELLA « DIOECESIS ITALICIANA » 9

«Laterculus Veronensis », la ricorda con il nome di « dioecesis Itali-
ciana » (1), che la « Notizia Dignitatum » (2) già ci presenta divisa in
due circoscrizioni minori, vicariati (3), quello detto d'Italia, compren-
dente tutto il territorio dell'antica Gallia Cisalpina dalle Alpi sino
all'Arno e all'Esino, con l'aggiunta della Rezia e delle Alpi Cozie, e
l'altro di Roma costituito, oltre che dalle isole, dalla parte centrale e
meridionale della penisola. Da osservare l'eccezionalità di tale ordina-
mento poiché le varie diocesi costituivano, di regola, una sola circo-
scrizione ed erano amministrate, da un unico vicario. Il funzionario

preposto al vicariato d'Italia, cui spettava il titolo ufficiale di « vi-

carius praefectorum per Italiam » (4) o più semplicemente di « vica-
rius. Italiae » (5), risiedeva a Milano dove pure avevano la loro sede
la corte imperiale, peraltro sino ai tempi di Onorio e il prefetto del
pretorio d'Italia.

Dové probabilmente la sua denominazione al fatto che il nucleo
principale del territorio dipendente costituiva, un tempo, l'Italia
« transpadana et citrapadum » (6). Dal « Vicarius praefectorum prae-
torio in urbe Roma », residente in questa città, chiamato pure « Vi-
carius urbis Romae », « Vicarius urbis aeternae » ed anche « Vica-
rius urbi» (7), dipendeva invece l'altro vicariato, ad eccezione del-
l'importante territorio che si stendeva sino a cento miglia da Roma e
la cui amministrazione venne affidata ad un FUNZIONATO di rango con-
solare, il « praefectus urbi ».

4

mine poi « praefectura », nel linguaggio ufficiale, indicava piü propriamente
l'ufficio del prefetto anziché il territorio da lui amministrato. Cfr. BETHMANN-
HoLLwEG, Rom. Civilprozess, III, pag. 47, n. 4; MoMMsEN, Die Diocletianische
Reichspraefectur, Hermes, 1901, pag. 201 e seg.

(1) Ed. Seeck, pag. 250.

(2) N. DA 06655515: 25:

(3) Ad indica il territorio dipendente dal vicario si usava l’espressione
« potestas vicaria » (Amm. Marcell., 27, 7, 5) ò semplicemente « vicaria » (Vit.

‘ Aurel., 10).

(4) C HDD 831.

(5) N. DI LEG

(6) È ni mai verosimile, sulla base di C.I.L., VI, 1418, 1419 b, che
I'« Italia utr aque » indicasse i territori compresi in questo distretto, malgrado

l'opinione diversa del MoMMSEN, in Eph. Ep., 1, 141, n. 3.

(7) C.I.L., VI, 1698, ricorda « L. Aurelius Avianus Simmacus Phospho-

rius», che fu vicario tra il 350 e il 364, con il titolo « pro praefectis praetorio

in urbe Roma finitimisque provinciis ». Sui titoli abbreviati « vicarius in Urbe »,
« vicarius Urbis », « vicarius Urbi», cfr. BETHMANN-HoLLwEG, Op. cit., III,
pag. 51 e seg.
10 MARIO DE' DOMINICIS

A seguito del nuovo ordinamento di Diocleziano l'Italia risul-
tava pertanto divisa in tre circoscrizioni: il vicariato di Milano, il
vicariato di Roma, la prefettura urbana. Inoltre l’intero territorio
della penisola venne suddiviso in dodici distretti minori, ciascuno
alle dipendenze di un funzionario chiamato «corrector» (1), cui
si dette il nome di « regiones » (2). Ed erano le seguenti:

Venetia et Histria (3).

Italia transpadana ed citra Padum (Italia utraque).
Flaminia et Picenum.

Alpes Cottiae (4).

Tuscia et Umbria (5).

Campania et Samnium.

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(1) Un «consularis » venne peraltro preposto all’« Aemilia et Liguria »
nel 321 (c. 1, COD. TH., IV, 12) e alla « Campania » nel 331 (C.I.L., X, 1199).
Altri « consulares » figurano piü tardi nel « Picenum » (Amm. Marcell., 15, 7, 5,)
nella « Venetia » (c. 1. COD. TH., VIII, 8; c. 10, COD TH., XI, 7) e nella
« Tuscia » (c. 72, Cod. Th., XII, 1). La « Valerie » e il « Samnium », le nuove
provincie create nella seconda metà del quarto secolo, dipendevano invece dal
« praeses ». C.I.L., IX, 2641, ricorda un « Flavius Iulius Innocentius », « prae-
ses Samnii » fra il 352 e il 361. Sull'amministrazione della « Valeria » Cfr. Bó-
cKING, in N. D., II, 438. Nelle costituzioni inserite nel codice di Giustiniano
il titolo di « corrector » é sostituito con quello di « praeses » che troviamo an-
che attribuito a un « Arthemius » (c. 2, Cod., X, 26), che, nel 364, era « cor-
re tor Lucaniae et Brittiorum » (c. 1, Cod. Th., VIII, 3: c. 6, Cod. Th., VI, 35).
Sull'origine della correttura in Italia, v. OHNEsoRGE, Die Rómische Provinz-
liste von 297, pag. 50.

(2) La parola «regio », nel linguaggio amministrativo, indicava propria-
mente una suddivisione finanziaria o giudiziaria del territorio di una provin-
cia. Cfr. C.I.L., III, 726, 827; VI, 790; VIII, 7039; X, 5178, etc.

(3). Lat. Ver.: « Benetiam Histriam »; Por. SiLv.: « Venetia cum Histris,
in qua est Aquileia »; PauL., Hist. Lang., II, 14: « Venetia non solum in paucis
insulis, quas nunc Venetias dicimus, constat, sed eius terminus a Pannoniae
finibus usque Adduam fluvium protelatur. Probatur hoc annalibus libris, in
quibus Pergamus civitas esse legitur Venetiarum. Nam et de lacu Benaco in
historiis ita legimus: Benacus lacus venetiarum, de quo Mincius fluvius egre-
ditur... Venetiae etiam Histria conectitur, et utraeque pro una provincia
habentur... Huius Venetiae Aquileia civitas extitit caput; pro quo nunc
Forum Iulii, ita dictum, quod Iulius Caesar negotiationis forum ibi statuerat,
habetur ».

(4) LAT. VER.: « Alpes Cotias »; Pol. Silv.: « Alpes Cottiae »; N. D., II,
21: « Alpium Cottiarum ». Sull'oscuro passo di Paolo relativo a questa regione,
cfr. MoMMSEN, N. Archiv. (V, pag. 90); Cun. MINORA, I, pag. 532.

(5) Le fonti che riguardano l'Umbria saranno in seguito oggetto di par-
ticolare esame.

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SUE

L'UMBRIA NELL'ORDINAMENTO DELLA «€ DIOECESIS ITALICIANA » 11

7. Apulia et Calabria (1).
8. Lucania et Bruttii (2).
9. Sicilia (3).

10. Sardinia (4).

11. Corsica (5).

12. Raetia.

Più tardi, durante il quarto secolo, quest'ordinamento regionale
venne cosi modificato e tale, nel complesso, rimase anche nel v sec.:
;

1. Venetia et Histria.

2. Aemilia.

3. Liguria (6).

4. Flaminia et Picenum annonarium (7).

(1) LAT. VER.: « Apuliam Calabriam »; Por. SiLv.: « Apulia cum. iCala-
bria in qua (est) Tarentum »; N. D.: « Apuliae ed Calabriae »; PAUL., Op. cit.,
II, 21: « Quinta decima provinciarum est Apulia, consociata sibi Calabria...
Haec ab occidente vel africo habet Samnium et Lucaniam, a solis vero ortu
Hadriatico pelago finitur. Haec habet urbes... Luceriam, Sepontum, Ca-
nusium, Agerentiam, Brundisium, et Tarentum et in sinistro Italiae cornu...
Hjdrontum ».

(2) LAT. VER.: « Lucaniam »; Por. SILv.: « Brittia cum Lucania »; PAUL.,
Op. cit., II, 17: « Octava Lucania... a Silere fluvio inchoat, cum Brittia...
usque ad fretum Siculum... in qua Pestus et Lainus, Cassianum et Consen-
tia Regiumque sunt positae civitates ». :

(3) Por. SILv.: « Sicilia »; N. D.: « Siciliae »; PAur., Op. cit., II, 22: « sexta
decima provincia Sicilia insula computatur. Quae Tjrreno mari seu Ionio al-
luitur ».

(4) Por. SiLv.: « Sardinia »; N. D.: « Sardiniae »; PAur., Op. cit., II, 22:
«octava decima Sardinia ».

(5) Lat. VER.: « Corsicam »; Por. SILv:: « Corsica »; N. D.: « Corsicae »;
PAUL., Op. cit., II, 22: « septima decima Corsica ».

(6) Por. SiLv.: « Aemilia, Liguria, in qua est Mediolanum... »; N. D.:-

« Aemiliae; Liguriae »; PAUL., Op. cit., II, 18: « decima porro Emilia a Ligu-
ria incipiens, inter Appenninas Alpes et Padi fluenta versus Ravennam pergit.
Haec locupletibus urbibus decoratur. Placentia scilicet et Parmaque, Regio
et Bononia Corneliique foro, cuius castrum Imolas appellatur. Extiterunt
quoque qui Emiliam et Valeriam Nursiamque unam provinciam. dicerent.
Sed horum sententia stare non potest, quia inter Emiliam et Valeriam Nur-
siamque Tuscia et Umbria sunt constitutae »; II, 15: « Secunda provincia
Liguria... in qua Mediolanum est et Ticinus, quae alio nomine Papia appel-
latur. Haec usque ad Gallorum fines extenditur ».

(7) Por. SiLv.: « Flaminia, in qua est Ravenna »; N. D.: « Flaminiae et
Piceni annonarii »; PAUL., Op. cit., II, 19: « undecima provinciarum est Flam-
minia », quae inter appenninas Alpes et mare est Hadriaticum posita. In qua
nobilissima urbium Ravenna et quinque aliae civitates consistunt, quae Greco
vocabulo Pentapolim appellantur ».
12 MARIO DE' DOMINICIS

5. Alpes Cottiae.

6. Picenum suburbicarium (1).
7. Tuscia et Umbria.
8. Campania (2).

9. Samnium (3).

10. Apulia et Calabria.
11. Lucania et Bruttii.
12. Valeria (4).

13. Sicilia.

14. Sardinia.

15. Corsica.

16. Raetia prima.

17. Raetia secunda (5).

Nel 297 costituivano il vicariato d'Italia le seguenti regioni (6):

1. Venetia et Histria.

2. Italia Transpadana et citra Padum (Italia utraque).
3. Alpes Cottiae.

4. Raetia.

(1) N. D.: « Piceni Suburbicarii »; PAUL., Op. cit., II, 19: « Post Flami-
niam duodecima Picenus occurrit, habens ab austro Appenninos montes, ex
altera vero parte Hadriaticum mare. Haec usque ad fluvium Piscariam per-
tendit. In qua sunt civitates Firmus, Asculus et Pennis et iam vetustate con-
sumpta Hadria ». i

(2) Por. SIiLv.: « Campania, in qua est Capua »; PAur., Op. cit., II, 17:
«septima quoque provincia Campania ab urbe Roma usque ad Siler Luca-

niae fluvium producitur. In qua opulentissimae urbes Capua, Neapolim et.

Salernus constitutae sunt ».

(3) Por. SiLv.: «Samnium»; N. D.: «Samnii »; PAUL., Op. cit., 2, 20: «quar-

‘ta decima Samnium inter Campaniam et mare Hadriaticum Apuliamque , a
Piscaria incipiens, habetur. In hac sunt urbes Theate, Aufidenam, Hisernia,
et antiquitate consumpta Samnium, a quo tota provincia nominatur, et ipsa
harum provinciarum caput ditissima Beneventus ».

(4) N. D.: « Valeriae »; PAUL., Op., cit., II, 20: « Tertia decima Valeria

cui est Nursia adnexa, inter Umbriam et Campaniam Picenumque consi-
stit... Haec habet urbes Tiburim, Carsiolis et Reate, Furconam et Amiter-
num regionemque Marsorum et eorum lacum qui Fucinus appellatur ».

(5) Lar. VER.: « Retia »; Por. SiLv.: « Raetia prima »; « Raetia secunda »;
N. D.: « Raetiae primae; Raetiae secundae »; PAUL., Op. cit., II, 15: « Inter
hanc (Liguriam) et Suaviam hoc est Alamannorum patriam, quae versus sep-
tentrionem est posita, duae provinciae, id est Retia prima et Retia secunda,
inter Alpes consistunt in quibus proprie Reti habitare noscuntur ». .

(6) I manoscritti della Notitia Dignitatum sono, come é noto, mancanti
del capitolo relativo al « vicarius Italiae ». Per la ricostruzione dei territori

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L'UMBRIA NELL'ORDINAMENTO DELLA « DIOECESIS ITALICIANA » 13-

Successivamente, nel quarto e quinto secolo, si ebbe questa di-
. versa ripartizione: |

Venetia et Histria.

Liguria.

. Aemilia.
Flaminia et Picenum annonarium.
Alpes Cottiae. \

Raetia prima.

Raetia secunda.

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Il rimanente territorio della penisola faceva invece parte del
vicariato di Roma ad eccezione, abbiamo detto, della prefettura ur-
bana (1) che comprendeva alcune parti meridionali della « Tuscia
suburbicaria et Umbria », la zona occidentale del « Picenum suburbi-
carium », quasi tutta la « Valeria », metà della « Campania » setten-
trionale e parte del « Samnium ». La speciale denominazione di anno-
naria e suburbicaria (2), che reca qualche distretto, indicava, come è
noto, l'appartenenza alle « regiones » omonime che si costituirono in
Italia per le prestazioni annonarie (3). La distinzione aveva peraltro
solo rilevanza. ai fini fiscali. Mentre sui distretti compresi nella cosi-
detta « Italia annonaria » (4) gravava, sino dal tempo di Massimiano,
il tributo per il mantenimento della corte imperiale prima di Milano
poi di Ravenna e per il vettovagliamento dell'esercito (5), l'Italia
« Urbicaria », costituita appunto dalle «regiones urbicarie » o «su-

dipendenti cfr. BóckiNa, N. D., pag. 439 e CANTARELLI, in Studi e documenti
di Storia e Diritto, a. X XII, pag. 18.

(1) Nelle fonti giuridiche il territorio della « praefectura urbis» riceve
anche la denominazione di « urbica diocesis ». ULP., Fr. Vat. 205.

(2) Sul termine «suburbicarius » che ricorre solo in documenti poste-
riori alle metà del secolo quarto, cfr. MowMsEN, Róüm. Feldmesser, II, pag. 198
e seg.; LÉoTARD, De Praefectura Urbis, pag. 38 e seg.; WILLEMS, Le droit public
romain, pag. 580; IULLIAN, in « Bibl. des Écoles Francaises d'Athénes et de
Rome », fasc. XXXVII, pag. 177; GorornEDo, De Regionibus suburbicariis
e il suo commento a c. 2, Cod. Th., II, 16ea c. 13, Cod. Th., IX, 1; VIGNEAUX,
Essai sur l'histoire de la praefectura urbis a Rome, pag. 162 e seg.

(3) Cfr. HirscHFELD, Annona, in « Philologus », XXIX, pag. 45 e seg.;
KRAKAUER, Le sistéme d'approvisionnement de la ville de Rome, dans le. Bas-
Empire; BovucHanp, Étude sur l'administration des finances de l'empire rom.
dans les derniers temps de son existence; HumBERT, Essai sur les finances et la
comptabilité publique chez les Rom.

(Ay«Ctr.: c..2, Cod. Th; X1,:16.

(5). Gfr..c.: 6, God. .Th., X1, 1.
sa

2 — — . z CECA E TINIERO, Fer vid INTR yr ^ NT OST TE DURAS SI
PCR a — ROSIE It aa il SUA te Alia safe SOS Rae STA

14 MARIO DE’ DOMINICIS

burbicariae » che un’ipotesi estremamente probabile identifica nei
territori della prefettura urbana (1), era tenuta a rifornire Roma di
derrate alimentari e di materiale da costruzione (2).

L'ordinamento amministrativo dell'Italia era pertanto simile a
quello degli altri territori dell'impero anche se, nel linguaggio ufficiale,
per un rispetto dell'antica tradizione, si volle evitare, alle varie sue
circoscrizioni, la denominazione di « provincia » (3).

***

Abbiamo già detto che, in questo nuovo assetto dell'Italia, l'Um-
bria e la Tuscia vennero a costituire una sola regione, posta alle di-
pendenze di un unico funzionario il « corrector Tusciae et Umbriae »,
che più tardi riceverà il titolo di « consularis » (4).

Ecco come le varie fonti ricordano tale ordinamento: Lat. Ver. :
« Tuscia Umbriam »; Polem. Silv. : « Tuscia cum Umbria »; Lat. Spir. :
« Tuscia cum Umbria in qua est Roma »; Lat. Bamb. et oxf. : « Tuscia
cum Umbria »; N. D. : « Tusciae et Umbriae »; PAur., Hist. Lang., II,
16: « Sexta provincia Tuscia est. Haec habet intra se circium versus
Aureliam, ab orientis vero parte Umbriam. In hac provincia Roma,
quae olim totius mundi caput extitit, est constituta. In Umbria quae
istius in parte ponitur, Perusium et Lacus Clitorius Spoletiumque

consistunt »; Cat. Matr.: « Quarta provincia Tuscia est. Haec habet.

intra se circium versus Aureliam ab orientis parte Umbriam. In hac
provincia Roma ...in Umbria Perusium et lacum Clitorius et Spole-

(1) V. il mio studio: Le « Regiones suburbicariae » nell'ordinamento del
basso impero, in « Atti del V congresso Internazionale di Studi Bizantini ».

(2) Cfr. c. 3, Cod. Th., X1, 2;6. 4, 3, 4, Cod. Thi; XIV, 4; c. 1, Cod. Th.,
XIV, 6; c. 3, Cod. Th., XIV, 6; Nov. Val., 35, 1, 1, 4; Stmm., Ep., X, 60; Cass.,
Var., XI, 39. Queste prestazioni annonarie sono anche chiamate « urbicariae »
in: c. 3, Cod.:Th., XIV, 15; c: 6, Cod. Th, XIV;:15.

(3) In alcuni titoli epigrafici della seconda metà del secolo quarto gli
abitanti di città italiane si sottoscrivono « provinciales » (C.I.L., VI, 1702),
mentre il territorio costituente la regione viene da essi comunemente chiamato
«provincia » (C.I.L., V. 8987; VI. 1698, 1715, 1706, etc.). Cosi pure si esprime
AMMIANO MARCELLINO a proposito dei « correctores » preposti alla « Tuscia »:
«hanc eandem provinciam correctoris administraverat potestate » (27, 3, 2);
« Provinciae moderamina retinebat » (28, 1, 61); e Simm., Ep. 1, 90; 2, 74.

(4) Abbiamo notizia dei seguenti funzionari preposti dall'autorità impe-
riale alla « Tuscia et Umbria ». Ne riferiamo i nominativi e il « cursus honorum »
in ordine cronologico: ;

19) Venustianus Augustalis Tusciae, sotto Diocleziano (BALuzII, Miscell.

——— 9 &I L'UMBRIA NELL'ORDINAMENTO DELLA « DIOECESIS ITALICIANA » 15

tium consistunt »; Cosm. Rav., 249, 3: «provincia Romae Tuscia

insignis nobilissima, item provincia quae dicitur Tuscia »; Guid., Geogr., -

S. Savinus. Ep., I, 12). Il titolo di « augustalis » che troviamo conferito a Ve-
nustiano negli atti di S. Savino, vescovo di Assisi, deriva dall'uso invalso tra
il quinto e il s. sto secolo, di chiamare con tale nome i membri togati dei collegi
giudicanti. Cfr. ALLARD, La persécution de Dioclétien, I, 360, 465.

29) C. Vettius Cossinius Rufinus, anteriormente al 312. C.I.L., X, 5061:
«C. Vettio Cossinio Rufino c(larissimo) v(iro)... correctori Camp(aniae),
Corr(ectori) Tusciae et Umbriae... Ordo populusq(ue) Atinas, quod in correc-
tura eius quae sevissimam (sic) tjrannidem incurrerat, nullam iniuriam susti-
nuerit, patrono dignissimo ».

3") C. Iulius Rufinianus Ablatius Tatianus, prima del 321: C.I.L.,X,1125:
« Tatiani C. Iulio Rufiniano Ablatio Tatiano c(larissimo) v(iro) Rufiniani ora-
toris filio, fisci patrono, rationum summarum, adlecto inter consulares iudicio
divi Constantini, legato provinc(iae) Asiae, Correctori Tusciae et Umbriae,
consulari Aemiliae et Liguriae, pontifici Vestae matris et in collegio pontifi-
cum promagistro, sacerdoti Herculis, consulari Campaniae, huic ordo splen-
didissimus et populus Abellinatium ob insignem erga se benevolentiam et
religionem et integrit(atem) eius statuam conlocandam censuit ».

49) L. Turcius Apronianus Asterius, nel 342. C.I.L., VI, 1769: « Asterii...
L. Turcio Aproniano v(iro) c(larissimo), filio L. Turci Aproniani c(larissimi)
v(iri), praefecti urbi, nepoti L. Turci Secundi c(larissimi) v(iri), cons(ulis)...
Correctori Tusciae et Umbriae... exacto administrationis tempore, statuam
ex aere patrono collocatam, administravit d(ominis) n(ostris) III et II cons(uli-
bus), decreta est autem post consulatum Amanti et Albini, idib(us)Mart(iis)».
La data della correttura di Aproniano puó essere stabilita facilmente poiché
il titolo epigrafico attesta che egli governó la Tuscia nel terzo consolato di
Costanzo e nel secondo di Costante, quindi nel 342, mentre la statua onoraria
gli venne eretta nel 346, al termine della correttura della nostra regione.

; 5°) Vettius Agorius Praetextatus, tra il 350 e il 360. C.I.L., VI, 1777: « Vet-

tio Agorio Praetextato v(iro) c(larissimo) et in(lustri), Correctori Tusciae et

Umbriae... ». Le numerose iscrizioni riguardanti questo nobile e potente cit-

tadino di Roma, sono state raccolte dal SEEcK, Chr. Sjmm. pag. Lxxx11. Non
puó stabilirsi la data precisa del suo governo in Tuscia, che va tuttavia posta
durante il regno di Costanzo II, fra il 350 e il 360. Cfr. Coen, Vezzio Agorio
Pretestato, pag. 515.

69) P. Publilius Caeionius Iulianus, fra il 354 e il 362. C.I.L., XI, 4118:
« (Iuli)anii: P. Publilio Caeionio Iuliano, v(iro) c(larissimo), Correctori Tusciae
et Umbriae, od insigni(a) eius gesta et inlustre administrationis meritum, ordo
Narniensium, una cum civibus, statuam conlocaverunt patrono dignissimo ».
Con tutta probabilità il nostro correttore é lo stesso personaggio ricordato in
C.I.L., VI, 1159, monumento epigrafico che venne eretto tra la fine del 353
e il 355 e dedicato a Costanzo dal prefetto urbano Vitrasio Orfito. Cfr. SEECK,
Op. cit., pag. CLXXV, CLXXVII.

7°) Dynamius, nel 355, Amm. Marcell., XV, 5, 14: « Dynamius vero ut
praeclaris artibus inlustratus cum correctoris dignitate regere iussus est Tu-

auc cr LOS IIR mcm NN 1
16 VER MARIO DE' DOMINICIS

504, :3, 7, 9: «tertiadecima Tuscia nobilissima est: sexta decima

Etruria quae est Tirsinida; septimadecima Umbria ».

scos ». Mentre ricopriva la carica di « actuarius sarcinalium principis iumento-
rum », Dinamio accusò falsamente il « magister militum per Gallias », Silvano,

di aver congiurato contro l’imperatore Costanzo. Malgrado che l’accusa ri-

sultasse poi falsa, nel 355 fu inviato a governare la nostra regione.
89) Iulius Festus Hymetius, prima del 362. C.I.L., VI, 1736: « ...Iulio

Festo Hymetio c(larissimo v(iro) Correctori Tusciae et Umbriae, praetori ur-.
bano, consulari Campaniae cum Samnio, vicario urbis Romae aeternae, pro-
consuli provinciae Africae, ob insignia eius in rempublicam merita... pro-

vincia Africa... statuam unam apud Carthaginem sub auro, postulandam
esse credidit, quod nulli proconsulum vel ex proconsulibus statuendam antea

‘ postularit ». L'imperatore Giuliano si rivolge « ad Hymetium vicarium urbis.»
‘nella c. 29, Cod. Th., XI, 30: « Dat. X Kal. Oct. Antiochiae, Mamertino et .
Nevitta coss. », cioé il 22 settembre del 362, dopo che egli era stato correttore

della « Tuscia et Umbria ». Personaggio di primissimo ordine, fu proconsole

-d'Airica negli anni 366 e 367. Cfr. PAaLLu De LEssERT,- Fastes des provinces

Africaines, II, pag. 69.
99) Auxonius, nel 362, come appare dalla c. 6. Cod. Th., VIII, I, diretta
dall'imperatore Giuliano «ad Auxonium Correctorem Tusciae... Dat. XVI

Kal. Febr., Constantinopoli, Mamertino et Nevitta Coss. » il 17 gennaio 362 .

Successivamente, nel 365 (c. 69, Cod. Th., XII, I), ebbe il vicariato « dioece-
seos Asianae » e quindi fu prefetto del pretorio in Oriente dal 367 al 369. Cfr.
Zosim., IV, 11.

109) Quadratianus, del tempo di Giuliano Apostata. BAnRoN., Martjr.,

‘331: « Quadratianus Augustalis Tusciae ». Per. il titolo di « Augustalis » ri-

mandiamo a quanto è stato osservato più sopra a proposito di Venustiano.
Sotto la sua correttura venne condannato a morte S. Donato, vescovo di
Arezzo.

119) Terentius, nel 364. La c. 4, Cod. Th., II, 1, degli imperatori Valen-
tiniano e Valente indirizzata «ad Terentium Correctorem Tusciae... Dat.
Kal. Ian. Med. Divo Ioviano et Varroniano Coss.» è del gennaio 364. vi anche
cc. 61 e 65, Cod Th., XII, 1. Di natali oscuri, come apprendiamo da Ammiano

‘Marcellino (XXVII, 3, 2) e gestore di un forno a Roma, ebbe la correttura
. della « Tuscia et Umbria » in ricompensa di una delazione a carico di Vitrasio

Orfito, già prefetto urbano, colpevole di peculato. Lo stesso Ammiano Mar-
cellino ci informa che, piü tardi, sottoposto a processo per falso, venne con-

“dannato a morte nel 374. :
129) Flavius Maziminus, negli anni 366-368. TES MARCELL. XXVIII,
:1, 6: « Administratas Corsicam itidemque Sardiniam, rexit (Maximinus), : Deinde

Tusciam unde morato in itinere diutius successore, progressus ad curandam
urbis annonam, etiam provinciae moderamina retinebat ». Risale al 17 no-
vembre 366 la c. 8, Cod. Th., IX, 1, degli imperatori Valentiniano e Valente
«...ad Maximum Correctorem Tusciae... Dat. XV..Kal. Dec. Remis, Acc.
Florentiae Gratiano n. b. c. et Dagalaipho Coss.». Di Massimino (il nome Fl(a-

vius) gli è attribuito da C.I.L., X, 8026), parla a lungo Ammiano Marcellino,

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€—— : RT DOS) RT Pr TRO 75 ! è I EDGE NUT DO Len L'UMBRIA NELL'ORDINAMENTO DELLA « DIOECESIS ITALICIANA » 17

Nel nuovo ordinamento di Diocleziano all'Umbria venne attri-
buita la sola parte centrale dell'esteso territorio abitato da questo

che ne mette in rilievo l'oscura origine (« apud Sopianas Valeriae oppidum
obscurissime natus ») e ne indica il « cursus honorum ».

« Ferox ille Maximinus » lo chiama Simmaco (Ed. SEECK, pag. 37), ri-
cordando le condanne a morte ed altre pene gravissime da lui inflitte ad emi-
nenti personalità di Roma, alcune delle quali innocenti. Allontanato dalla
città, su proposta del senato romano, fu successivamente messo a morte dal-
limperatore Graziano (AMM. MARCELL., L. c.).

13») Iulius Eubulidas. Ne abbiamo solo ricordo in C.I.L., XI, 4181:
« Iulio Eubulidae c(larissimo) v(iro) Corr(ectori) Tusciae decem(viro), praefecto
aerarii s(acri) Saturni, ob inlustria ipsius merita et amorem juxta cives, ordo
Interamnatium patrono », che non reca elementi per far luce su tale corret-
tura che tuttavia l'HrnscurELp (« Verwaltung », pag. 23, n. 1) ascrive al tempo
di Aureliano.

14°) Tra il 315 e il 370 deve collocarsi un anonimo correttore della nostra
regione di cui troviamo ricordo in C.I.L., X, 6441: « ...(ad eo)rum consu-
landu(m sta)tum, praeposito palladii Palatini, praefecto operum maximorum,
comiti portuum, Correctori Tusciae et Umbriae, cons(ulari) Camp(aniae). Huic
ordo splendidissimus col(oniae) Privernatium, ob insignem erga se benevolen-
tiam et religionem et integritatem eius statuam conlocandam censuit ».

Una parte dell'iscrizione è perita e con essa il nome del personaggio. Tut-
tavia tenendo presente la carica di « comes portuum » dell'età constantiniana
e quella di « consularis Campaniae », possiamo collocare la correttura del no-

stro anonimo all'incirca tra gli anni 315 e 370. Cfr. MoMMSsEN, N. Archiv.,

XIV, pag. 492, n. 5. Nel 370 troviamo il primo di una breve lista di governa-
tori con il titolo di « consulares »:

1) — Olybrius, ricordato nella c. 72, Cod. Th., XII, 1, degli imperatori
Valentiniano, Valente e Graziano «ad Olybrium Consularem Tusciae...
Dat. III. Non. Maii, Treviris, Valentiniano et Valente III, AA. coss. » del
9 maggio 370, con tutta probabilità figlio del prefetto di Roma Clodio Ermo-
geniano Olibrio. Cfr. SEEcK., Chr. Sjmm., pag. xcvi, n. 886. È

2) — Lucilius Constantius, dopo il 370, Dessau, 1252: « ...ex decreto ordo
Lunen(sium) et cives immortalibus beneficiis relevati, ob memoriam posteri-
tati tradendam, statuam collocarunt Lucilio Constantio praesidi Mauretaniae
et Tingitaniae v(iro) c(larissimo), Consulari Tusciae et Umbriae ».

3) — Betitius Perpetuus Arzygius, dopo il 370. C.I.L., VI, 1702: « ...Be-
titio Perpetuo Arzygio v(iro) c(larissimo), Consulari Tusciae et Umbriae, ae-
ternum statuae monumentum Tusci et Umbri patrono praestantissimo col-
locarunt... ». .

4) — Claudius Luchanius, nel 389. La c. 5, Cod. Th., II, 4, degli impera-
tori Valentiniano, Teodosio e Arcadio... « Ad Claudium Consularem Tusciae. .
Dat. IV, nov. Maii Mediolano, Timasio et Promoto coss. » é del 2 maggio 389.
Fu padre del poeta Rutilio Namaziano che cosi ne ricorda l'attaccamento
per la nostra regione: «ipsam, si fas est, postponere praefecturam, Pronior
in Tuscos non dubitabat amor... ».

REM
18 MARIO DE' DOMINICIS

antichissimo popolo e propriamente quel tratto che Tolomeo chiama
Vilumbria (1), situato nel cuore stesso d'Italia. Lo separava dall'Etru-
ria il corso del Tevere, lungo il quale si trovavano: nella parte piü
meridionale, Ocriculum e quindi Tuder e Tifernum Tiberinum (2). A
oriente il fiume Nar con Narnia, Interamna e poco discosto Ameria.
Quindi aveva inizio il sistema montuoso dell'Appennino Umbro-
Tosco-Romano che proseguiva a settentrione sino all'Esino.
Nel centro si stendeva la fertilissima e pittoresca piana, attra-
versata dalla via Flaminia, con il Lacus Clitorius, nei pressi di Spo-
letium e dove sorgevano i centri di: Trebiae, Fulginium, Mevania,

5) — Decius, nel 416. RuTIL. NAMAT., I, 597-600: « Grata bonis priscos
retinet provincia (Tuscia) mores dignaque rectores semper habere bonos, qua- -
lis nunc Decius, Lucilli nobile pignus. Per Corjti populos arva beata regit ».
Come ci fa sapere Rutilio, Decio, « Consularis Tusciae», era figlio del poeta
satirico Lucillo. La data del suo governo della Tuscia è indicata dalla parola
«nunc», adoperata dal poeta e significa che Decio amministrava la nostra
provincia nell'anno in cui Namaziano compose l'itinerario, nel 416. Cfr. TEUF-
FEL-SCHWABE, R. Lit., II, 5, pag. 463, 6.

6) — Rogatianus, nel 459. Nov. Major., IX, 1: « Impp. Leo et Maioranus
AA. Rogatiano Consulari Tusciae Suburbicariae... Dat. XV Kal. Mai, Are-
lato, Ricimeze v. c. cos. ». All'infuori di questa novella di ‘Maiorano, del 17
aprile 459, nessun'altra fonte parla di Rogaziano, che é l'ultimo governatore
della nostra regione ricordato nei documenti ufficiali. ;

Riportiamo infine una serie di governatori della « Tuscia et Umbria » di
cui é fatta soltanto menzione negli atti dei martiri della nostra regione. In-
vece del titolo ufficiale di « corrector » essi hanno quello di « praefectus », di
«praeses » «judex» e «proconsul»: 1) Ablavius in Etruria proconsul (Acta
SS. Martyr. Senstius et alii, genn. II, 947; 2) Austerius Preafectus (Bettonae)
(Acta SS. Cryspolitus et alii martyr. magg. III, 22); 3) Demetrius proconsul...
in Castello Biterbensium (Acta SS. Valentinus, nov. I, 625); 4) Dyonisius pro-
consul in Civitate Spoletina constitutus (Acta SS. Secundus, giugno, 1, 51); 5)
Flaccus (Surius beat. Gregorius Spoletinus) XII, 307; 6) Megetius vir consula-
ris (surius S. Firmina, XI, 517); 7) Olympiades vir consularis, qui Provinciam
(Umbriam) cum Imperio Habebat (Surius ibidem); 8) Pancratius proconsul
Tusciae (Acta SS., S. Cassianus Tudert. in Umbria, agost., III, 27); 9) Tar-
quinius (Acta SS. S. Felix ep. Spellatensis), maggio, IV, 168.

(1). III, 1,..53, 04. :

(2) PLINIO il vecchio (H. n., 3, 14, 114) colloca « Tifernum Tiberinum »
nella regione umbra, né, a nostro avviso, è contraddetto, come ritiene JuL-
LIAN, Op. cit., pag. 81, da quanto scrive Plinio il giovane in Ep., 4, 1: « Deflecte-
mus in Tuscos... Oppidum est praediis nostris vicinum: nomen Tiferni Ti-
berini ». Questo scrittore voleva solo indicare che la sua proprietà si trovava
ai confini della Toscana, verso l'Umbria e propriamente poco lontano da
« Tifernum Tiberinum ».

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L'UMBRIA NELL'ORDINAMENTO DELLA « DIOECESIS ITALICIANA » 19

Hispellum, Asisium, mentre nel versante settentrionale si ergevano:

. Nuceria, Camerinum, Tadinum, Matilica, Iquvium, Attidium, Tu-

ficum.
I monti rocciosi dell'Appennino rappresentarono una valida

. naturale difesa e permisero, attraverso i secoli, il perpetuarsi della
razza umbra. Tutte le altre città Umbre, comprese nell'antico « Ager.
Gallicus » sino a Rimini e Ravenna, entrambe pure di origine um-

bra (1), continuarono a far parte di un'altra regione: la « Flaminia
et Picenum ».

Augusto si era mostrato piü rispettoso delle antiche tradizioni
della gente umbra composta, secondo Plinio, di ben quarantasette
popoli o raggruppamenti (2), ed allorché operó la nota divisione del-
l'Italia in undici circoscrizioni, ne riunì la più gran parte del terri-
torio in una regione a sé, la sesta: «sexta regio Umbriam complexa
agrumque Gallicum citra Ariminum » (3).

E peraltro da rivelare che, sino dall'età preromana, dopo un pe-
riodo di aspra lotta, si erano stabiliti tra Etruschi e Umbri stretti
legami di amicizia e di alleanza, tantoché li troviamo uniti nella con-
quista della Campania e contro i Greci di Cuma (4), mentre piü tardi,
sottomessi da Roma, nelle lunghe pause di una pace forzata ebbero
comunanza di vita e di costumi (5).

Inoltre, nel terzo secolo, i due popoli erano uniti da vincoli reli-
giosi per cui, nell'antichissimo centro etrusco di « Volsinii » (6) che Vale-

(1) In proposito è esplicita la E timoniohia di Strabone (V, 1, 11): ** to dè
"Apfuivov "OuBpoyv gori xatoria, xaddrep x«l 7, ‘Paovevva. SEdextar 3 èrormove ‘Pà-
patove &xovépo, ,, e di Plinio: (H. n.,-III, 15)... « Ravenna Sapinorum oppidum
cum amne Bedese ab Ancona CVM pass. Nec procul a mari Umbrorum Bu-
trium ».. Sulla diversa lezione « Sabinorum oppidum » proposta da altri, v. il

mio art. Sull'origine di Ariminum in « Archiginnasio », 1926, n. 4-6, pag. 248

e seg.

.(2) H. n., III, 14. Anche STRABONE, nel quinto libro della sua Geografia,
mette in ur "importanza e l'estensione del territorio CURED, dagli Um-
bri (V, II, 1): ‘oi 9' ’Ouppixoì uécot uèv xeîvtai 775 te ZaPivne xoi c Toppnvtac,
uéxpr è ’Apiulvov xal ‘Paovévwns mpol«otww, ÓmepüdAXAovwreg tà don”. (V, II, 10):
t.e Thy 8' 'Ougpodv x«9 hv o08iv Trvvov utypr xol *Paouívvnc Óp.oAoYoUoty &rravTeg
(S) PLIN. Hin3, 14, 112. -

(4) SrRAB., V, 4, 3; PLIN., H. n., III, 5: DioNvs. Hal., VII, 3.
(5) « Aut Pastus Umber aut obesus Etruscus ». CATULL., XXXIX, 11.
(6) Sulla sua topografia, cfr. PAIs, Storia dell’Italia antica, I, pag. 184 e

SOLARI, Topografia Storica dell' Etruria, I, pag. 265 e XE V, anche NOT. d. s.
1906.
22 i MARIO DE’ DOMINICIS

i C.I.L.,-XI,.9265. (D: PRE
«Imp. Caes(ar) Fl(avius) Constantinus Max(imus) Germ(anicus) Sarm-
«(aticus) Got(icus) victor triump(hator) Aug(ustus) et Fl(avius) Constan-
«tinus et Fl(avius) Iul(ius) Constantius et Fl(avius) Constans: omnia quidem,
«quae Humani generis societate(m) tuentur, pervirgilium curae cogitatione
« complectimur, sed provisionum nostrarum opus maximus (sic) est, ut uni-
«versae urbes, quas in luminibus provinciarum (h)ac regionum omnium
«species et forma distinguitur (sic) non modo dignitate(m) pristinam te-
«neant sed etiam ad meliorem statum beneficentiae nostrae munere pro(v)e
«(h)antur. Cum igitur ita vos Tusciae adsereretis esse coniunctos, ut insti-
«tuto consuetudinis priscae per singulas annorum vices a vobis. (a)dque
« praedictis sacerdotes creentur, qui aput Vulsinios Tusciae civitate(m) ludos
« sc(h)enicos (sic) et gladiatorum munus exhibeant, sed propter ardua mon-
«tium et difficultates itinerum saltuosa (sic) inpendio posceretis, ut indulto

«remedio sacerdoti vestro ob editiones celebrandas Vulsinios pergere ne- .

« cesse non esset. scilicet ut civitati, cui nunc Hispellum nomen est quamque
«Flaminiae viae confinem adque continuam esse memoratis de nostro co-
«gnomine nomen daremus, in que templum Flaviae gentis opere magnifico
« nimirum pro amplitudinem (sic) nuncupationis exsurgere(t) ibidemque(h)is
«sacerdos, quem anniversaria vice Umbria dedisset, spectaculum tam sce-
.«nicorum ludorum quam gladiatorii muneris exhiberet manente per Tu-
«scia(m) ea consuetudine, ut indidem creatus sacerdos aput Vulsinios, ut
«solebat, editionum antedictarum spectacula frequentare(t): pr(a)ecationi
«(h)ac desiderio vestro facilis accessit noster adsensus. Nam civitati Hi-
«spello aeternum vocabulum nomenq(ue) venerandum de nostra nuncu-
«patione concessimus; scilicet ut in posterum praedicta urbs Flavia Con-
«Stans vocetur, in cuius gremio aedem quoque Flaviae, hoc est nostrae gentis,
«ut desideratis, magnifico opere perfici volumus ea observatione perscripta,
«ne aedis nostro r omini dedicata cuiusquam contagios(a)e superstitionis
«fraudibus polluatur (2); consequentur etiam editionum in praedicta civi-

(1) WILMANNS, 2843. Non abbiamo sicuri elementi per stabilire l'anno cui
risale questo importante documento imperiale. Il trovarvisi tuttavia ricordato
come Cesare, Costante il figlio minore di Costantino, induce ad assegnarlo
all'anno 333 o poco dopo. Cfr. CAVEDONI, Ricerche Critiche, pag. 7.

(2) L'espressione «Ea observatione perscripta ne aedis nostro nomini dedi-
cata cuiusquam contagiosae superstitionis fraudibus polluatur», é stataoggetto
di attento studio da parte di storici e giuristi. Mentre il Dunuv (Histoire des
Romains, Vol. VII, pag. 64)riteneva che Costantino avesse con essa inteso proi-
bire nella città Umbra la celebrazione di riti cristiani, )ALLARD (Le Christiani-
sme et l'Empire romain, pag. 178), seguito dal FALocr PULIGNANI (in « Archivio
per la:Storia ecclesiastica dell'Umbria », Vol. III, pag. 361), che ha poi appro-
: fondito e acutamente sviluppato questa tesi, interpretava le parole di Costan-.
tino come una condanna ufficiale del Paganesimo. Già rilevammo in un prece-

IRE e TTT RENEE Coro t E RARE DA SE RI L'UMBRIA NELL'ORDINAMENTO DELLA « DIOECESIS ITALICIANA » 23

«tate exhiben(da)rum vobis licentiam 'dedimus; scilicet ut, sicuti dictum -

«est, per vices temporis sollemnitas editionum Vulsinios quoque non dese-
«rat ubi crea(tis) e Tuscia sacerdotibus memorata celebritas exhibenda est.
«Ita quippe nec veteribus institutis plurimum videbitur derogatum, et vos,
«qui ob praedictas causas nobis supplices estitistis, ea, quae inpendio po-
«stulastis, impetrata esse gaudebitis ».

Il documento in esame, che é stato variamente interpretato dagli
studiosi (1), non ha solo importanza per la nostra questione specifica,
ma offre un interesse generale in quanto fa luce su taluni particolari
aspetti della politica imperiale in tema di amministrazione e ordina-
mento provinciale.

Non v'ha intanto dubbio che, prima dell'editto di Costantino, a
« Volsinii » sì trovassero periodicamente anche i rappresentanti delle
città umbre per partecipare alle comuni celebrazioni che, sappiamo,
. avevano luogo sotto la presidenza di due «sacerdotes », uno per gli
Etruschi e l'altro per gli Umbri, annualmente designati dai rispettivi
popoli (2).
| . Né vi contraddice la circostanza, rilevata da altri (3), che nel re-
scritto si fa solo menzione del «sacerdos » designato dagli Umbri,

- dente scritto (Il significato di « superstitio» nei testi giuridici dell'età costantinia-
na, in « Annali dell'Università di Macerata », Vol. VII), che entrambe queste
tesi sono da respingersi. Anche la seconda, piü degna invero d'attenzione, tro-
va, tra l'altro, un grave ostacolo nella circostanza stessa che il nuovo tempio
federale degli Umbri dava vita a un sacerdozio provinciale, al quale presiedeva
un « pontifex Gentis Flaviae ». Anche sotto questo profilo l'eedictum Constan-
tini » offre pertanto un grande interesse, poiché fa luce sulla politica imperiale
in materia religiosa e chiarisce che le celebrazioni provinciali dovevano essere
spoglie di qualsiasi superstizioso rituale che potesse comunque urtare la sen-
sibilità, sia dei Cristiani, che dei seguaci del paganesimo. Si voleva dunque
conferire un carattere esclusivamente civile e politico a tali celebrazioni, nelle
quali si affermava la nuova vita delle province.

(1) Cfr. MoMMSEN, Berichte der süchsischen Gesellschaft, 1850, pag. 199 e

Seg.; GUIRAUD, Op. cit., pag. 243 e 252, n. 1; BEURLIER, Le culte impérial, pag.
294 e 297; HENZEN, « Ann. Ist. », X XXV, pag. 287 e seg.; CANTARELLI, Op.
cit., pag. 104 e seg.; V. anche il mio art. in « Historia », 1930, n. 3, dal quale
peraltro, dopo un esame piü approfondito delle fonti, mi discosto per avvici-
narmi in parte alla tesi dell' HENZEN; IULLIAN, Op. cit., pag. 208 e seg.; Bon-
FANTE, Storia del diritto romano, II, pag. 241, n. 29.

(2) L'ipotesi che i due sacerdoti si alternassero nella presidenza di tali
celebrazioni, formulata da IULLIAN (Op. cit., pag. 208), non trova conferma
nelle parole del rescritto.

(3) V. HENZEN, L. c.
24 MARIO DE' DOMINICIS

|

Hi poiché essendo egli il personaggio principale ed il capo della deputa-
| zione, il.suo ricordo valeva ad indicare l’intiera rappresentanza che
ogni anno si portava nella metropoli toscana.

Si precisa anche, nel nostro documento, che queste celebrazioni
consistevano in «ludos scenicos et gladiatorum munus », cioè, come
; chiariscono alcuni testi epigrafici (1), in corse di bighe, combatti-
[os menti gladiatori, competizioni atletiche, esibizioni e cacce di animali
feroci ed altri spettacoli vari. Ai vincitori venivano assegnati premi e
ricompense. Lo svolgimento delle feste era preceduto da un rituale re-
ligioso piuttosto semplice; un solenne corteo aperto dal «sacerdos »,
rivestito della toga purpurea e ornato di una corona d'oro (2), al quale
partecipavano i deputati della regione e che si concludeva nel tempio
federale con una breve cerimonia propiziatrice.

Orbene alla richiesta degli Umbri di essere dispensati dal re-
carsi annualmente alle celebrazioni di « Volsinii » « propter ardua mon-
tium et difficultates itinerum... » e di potersi invece riunire in un
Hr proprio centro, più comodo e di facile accesso perché attraversato
IS dalla Via Flaminia, l'imperatore Costantino, avendo anche presente,
| come chiarisce nella premessa, la « pristinam dignitatem » del popolo
richiedente, dichiarava di volervi aderire di buon grado: « desiderio
vestro facilis accessit noster adsensus » E ugualmente permetteva
| che in tale città venisse innalzato un tempio «opere magnifico », da
| dedicarsi alla sua stessa famiglia, alla « gens Flavia ».

| L'interpretazione diversa (3) che il rescritto costantiniano desse
| | unicamente vita ad un sacerdozio municipale in onore della « gens
uc Flavia » senza per nulla modificare l'interno ordinamento della re-
gione, manca, a nostro avviso, di un serio fondamento.

Non troviamo nel documento in esame alcun accenno ai « con-
cilia » dei due popoli. Rientrava tuttavia nella comune prassi di dirit-
to pubblico del tempo che i rappresentanti delle varie città federate,
in occasione delle periodiche celebrazioni di cui sopra, si riunissero
insieme, sotto la presidenza di un « sacerdos », di regola esperto nelle
discipliue giuridiche (4), dando cosi vita al « concilium provinciale ».

(1) C.I.G., 2511, 3677, 3213, 247, 3674, 3190, 1720, 2810, 3208, etc.

(2) TEnTULr., De Idolatria, XVIII: « Purpura illa et aurum cervicis orna-
mentum... coronae aureae sacerdotum provincialium ».

(3) Cfr. BEURLIER, Op. cit., pag. 294 e 297: GuiRAUD. Op. cit., pag. 243.

(4) Lo stabiliva esplicitamente c. 46, Cod. Th., XII, 1: (« Impp. Constan-
tius et Constans AA. ad Martinianum Vic(arium) Afric(ae): a solis praecipimus
advocatis eorumque consortio dari provinciae sacerdotem. Nec aliquis arbi-

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L'UMBRIA NELL'ORDINAMENTO DELLA « DIOECESIS ITALICIANA » 25

In proposito le fonti sono esplicite e nei testi giuridici ricorre con
frequenza l'espressione « provinciale concilium » che il Codice Teo-
dosiano, pubblicato nel 438, rappresenta come una istituzione ancora
viva e operante (1).

Che anche prima di Costantino gli Umbri e gli Etruschi avessero
due distinte assemblee é reso estremamente probabile dal ricordo dei
«praetores Etruriae quindecim populorum » conservatoci nelle fonti
epigrafiche. La tesi che attribuisce al nostro rescritto il riconoscimento
di un'autonomia politica al popolo Umbro, per quanto suggestiva,
mal si accorda con l'esistenza di questi alti dignitari etruschi (2).

Nei primi decenni del secolo quarto la federazione religiosa tra
Etruschi e Umbri, come si afferma nel documento Costantiniano, era
un «institutum consuetudinis priscae » e pertanto, da tempi anti-
chissimi, avevano luogo a « Volsinii » le note celebrazioni con la par-
tecipazione dei rappresentanti dei due popoli. :

Ora la carica di « praetor Etruriae » aveva indubbiamente un
carattere sacrale. Anche in altre fonti epigrafiche ricorre lo stesso
titolo per indicare appunto magistrati con attribuzioni puramente
religiose. Cosi il « preator sacris Volkani faciundis » (3) e il « praetor
sacrorum » di Interamma (4), i quali peraltro avevano una competenza
limitata al territorio municipale, mentre il « praetor Etruriae », con
la collaborazione di magistrati minori, i cosi detti «iurati ad sacra
Etruriae » (5) e gli « Ediles Etruriae » (6), sopraintendeva alla cele-
brazione di riti che interessavano l'intiero popolo etrusco.

tretur ita esse advocationis necessitatem impositam sacerdotio, ut et ab eo
numerum oppidaneorum functio secernatur, cum nulla umquam iura patronis
forensium quaestionum vacationem civilium munerum praestituerint. Nul-
Ium igitur advocatum a curia, cui tenetur obnoxius, patimur excusari, vide-
licet si civico nomine aut vinculo incolatus oppidanea necessitas eum detinet

obligatum. Itaque aput alios etiam iudices operam dantes negotiis perorandis

obnoxios esse decernimus sacerdotio, sic videlicet, ut intra eam provinciam

huiusmodi honoribus mancipentur, ubi eos necessitas curialis detinet obli- .

gatos. Dat. V Kal. Jul. Mursae Datiano et Cereale Conss ».

(1) Nov., I di Teodosio II. Cfr. KARLOWA, Róm. Rechtsgeschichte, I, pag.
944-945.

(2) Fu il MoMMSEN a proporre questa interpretazione seguito, più tardi,
dal CANTARELLI (L. c.).

(3) C.I.L., XIV, 3, 306, 341, etc. Cfr. LABATUT, Histoire de la Préture,
pag. 144.

(4) C.I.L., XI, 4189, 4193, 4209, etc. Cfr. LABATUT, Op. cit., pag. 145.

(5) C.I.L., XI, 1848.

(6) C.I.L., XI, 2116, 3257, 2120.

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26 MARIO DE’ DOMINICIS

La sua origine dobbiamo sicuramente ricercarla in quelle pe-
riodiche adunanze che gli Etruschi, sino dai tempi piü lontani, sole-
vano tenere presso «Fanum Voltumnae », nella vicinanze di « Vol-
sinii» (1). In un primissimo tempo ebbero specialmente carattere po-
litico, ma dopo l'espansione del dominio romano, assunsero finalità

esclusivamente festive e religiose. Ed ha molto interesse la notizia
conservataci da Livio (2) che le riunioni di « Fanum Voltumnae »
erano anche allora presiedute da un «sacerdos» il quale presenta
evidenti analogie con il «praetor Etruriae» dell'età imperiale, sia
perché entrambi venivano liberamente scelti tra le maggiori personali-
tà dell'Etruria, all'infuori di qualsiasi ingerenza degli organi statali,
sia per l'indicazione di « quindecim populorum », attribuita al pretore,
che ben si ricollega a quella dei dodici popoli cui spettava di SEE
il sacerdote dell'età repubblicana (3).

Quanto al periodo in cui ebbe vita la «praetura Etruriae » il
piü antico personaggio che ci appare rivestito di questa alta dignità
sacerdotale, é il Cornetano Tullio Varrone, figura eminente del suo
tempo, come si deduce dallo stesso « cursus honorum » di cui abbiamo
ricordo in:

C.LL., XI, 3304:

«P. Tullio Varronis fil(io) Stel(latina) Varroni co(n)suli, auguri, proco
«(n)s(uli) provinc(iae) Africae, leg(ato) Aug(usti) pro pr(aetore) Moesiae
«superior(is), curat(ori) alvei Tiberis et riparum et cloacarum urbis, prae-.
«(fecto) aerari Saturn(i) proco(n)s(uli) prov(inciae). Baeticae ulterioris Hi-
«spaniae, leg(ato) leg(ionis) XII Fulminatae et VI victricis p(iae) f(idelis),
«praetori, aedil(i) Ceriali, quaestori urb(ano), tribuno milit(um) leg(ionis)
XVI Fl(aviae), X viro stlitibus iudicand(is), PRAETORI ETRURIAE, quinquen-
«nali Tarquinis, P. Tullius Callistio posuit » (4).

Con Tullio Varrone siamo ai tempi dell'imperatore Trajano, nei -
primi anni del secondo secolo. Di qualche decennio più tardi è C.LL.,

(L) Liv.; 4, 23; 55984,1255; 175:8;/455015:2; 6, 2; 2,

(2).:5,.5:5.

(3) V'é assai incertezza sul numero delle città federate toscane. Gli an-
tichi parlano concordemente di dodici (DvoNvs. Har., 6, 75; Liv., 4, 23, 5;
9, 1, 5; 5, 33, 9; STRAB., 5, 2, 2), mentre dai documenti epigrafici dell'età im-
periale risulterebbero quindici È possibile tuttavia ‘che il loro numero sia
stato aumentato da Augusto come suppone il BonMANN (Mittheil aus Oesterr.,
x pag. 27 e seg.); cfr. anche MULLER, Die S I, pag. 327 e Pars, Op.

, pag. 189.
“ (4) OR., 6497.
uuu e UT EMT ERE STICA Tr SRD VU THU c
PT

L'UMBRIA NELL'ORDINAMENTO DELLA «DIOECESIS ITALICIANA » 27

XI, 1941, dedicato a C. Betuus, edile e duunviro a Perugia, dalla pietà
della figlia Betua Respectilla:

«C. Betuo C. F. Tro / Ciloni Minuciano / Valenti Antonio / Celesi P.
«Liguvio / Rufino Liguviano / Aedili II Vir. quinq. / Sacerdoti III Incorum
«PR/(ETR)URIAE xv POPULORUM / Patrono pipi [ Betua Respectilla
« Fil | Patri Piissimo L.D.D.D. » (1).

Alla seconda metà dello stesso secolo deve anche assegnarsi C.I.L.,
XI, 1432, relativo a L. Venuleio Aproniano che, per la seconda volta,
ricopri la carica di console nell'anno 168:

«(L. Venuleio L f ...) Aproniano Octavio / ... praef. urb. feriar. / ...

« (pr)aet leg. prim.‘Ital. cos. II / (sodal. hadrianal. sodal.) Antonian. Verian.:

«leg. Aug. / .. . PRAETORI ETRURIAE...» (2).

Tra la fine del secondo secolo e i primi del terzo va collocato
C.I.L., XI, 2699, rinvenuto a Volsinii e la cui genuinità, dopo qual-
che dubbio iniziale (3), venne definitivamente riconosciuta dalla auto-
rità del Mommsen:

«L. Cond. /in Italia Volsiniensium / patriae suae item ferent / et Ti-
«burtium item colon / Italicens in prov. Baetica / PRAET. ETRUR. XV POPU-
«LOR. / Sacerdoti Caeninensium / M. Helvius M. F. Clemens Arnen /sis
‘ «Domo Carthagine Praef. Eq. / alae primae Cannanefatum / Praesidi sanc-
«tiss. et rarissimo / cura agente L. Aconio Callisto / Trib. mil. leg. XIIII
« Gem. sev. ».

Nel secolo terzo la serie dei « praetores Etruriae » si apre con
C.LL., XIV, 172, che risale ai primi decenni. Trattasi di un monu-
mento epigrafico rinvenuto nel Teatro di Ostia, e dedicato a Q. Pe-
tronio Meliore dai « mensores frumentarii » che furono alle sue di-
pendenze, quand’egli rivestì la carica di questore dell'annona. Molto
verosimilmente fu il padre di quel Petronio Meliore che, nel 230, en-
tró a far parte del collegio dei « sodales Augustales » (4). Un personag-
gio non di primissimo piano come appare dagli uffici ricoperti:

« Q. Petronio. Q. f. / Meliori / Proc. Annon. adiutori. Curatoris / Alvei
« Tiberis et Cloacarum / Curatori Rei Publ. Saenesium / PRAETORI ETRUR.

(1) On., 97.
(2) Mun., 767, 7.
(3) On., 96.

/: (4). Ctr. C.I.L, VE 1984,48.

rg nto cs aem
28 MARIO DE' DOMINICIS

«XV POPULORUM / Bis Trib. Mil. Leg. III Gallicae / ...Primo principi Praet.
«Laur. / Lavin. IIII Viro QQ Faesulis / Pontif. Faesulis et Florentiae /
«Corpus Mesor. Frum. Ost. / LD.D.D.P. » (1).

La mancanza di qualunque carica militare riporta pure allo stesso
terzo secolo C.I.L., IX, 3667, dove é ricordato un Modesto Paulino, (il
testo é privo del gentilizio), pretore a Roma e contemporaneamente
«praetor Etruriae »:

«Co. Modesto Pau/lino. C. V./praef. Urbis. feriarum / Latinarum.
«Quaesto /ri urbano. aed. cer. / praetori. eodemq. / tempore. PRAETOR(i)
« AETRUR. XV. POPUL(or) / Cur. R(ei)P. splend(i) / dissimae civita(tis) / Mars.
« Marr. eodem(te)m / pore et cur. viar. Tib. Val. / et alim Patr(ono) a(bst)i /
«nentissimo » (2).

In C.I.L., XI, 2115, rinvenuto nel territorio dell'antica « Clu-
sium », figura infine L. Tiberio Mefanate, l'unico personaggio e l'ul-
timo che, nel quarto secolo, porti ancora il titolo di « praetor Etru-
riae ». Egli tenne anche l'ufficio di « defensor ordinis et civium »:

«H.O.N. / L. Tiberio. Maefanati. Basi /lia. V. E EX PRAETORIBUS XV
«POP / defensori ordinis et civium / decurialj Urbis aeternae / ob hoc quod
«fide cives suos, / populumq. Clusinum integritate / gubernarit amore di-
«lexerit / largitate sublebarit humani / tate foverit pro merito ergo benefi /
« ciorum universi statuam lae / tantes votis omnibus obtulerunt » (3).

Il « defensor civitatis », come è noto, venne per la prima volta
istituito dall'imperatore Valentiniano I nel 364 (4) e pertanto il do-
cumento risale agli ultimi decenni del secolo quarto. Queste le fonti
principali che ricordano i « preatores Etruriae » e ne attestano il rango
elevato e la continuità per un periodo di quasi tre secoli.

Tutto induce poi a ritenere che la loro elezione fosse connessa
con le celebrazioni di « Volsinii » dove, principalmente, erano chiamati
a svolgere l'importante ruolo di presidenti di quella dieta provinciale,
in prevalenza costituita dai rappresentanti dei quindici maggiori
centri etruschi. Di qui la conseguente denominazione di « praetores

(1) Cfr. LANCIANI, Not. d. s., 1880, p. 476.

(2) On., 3149.

(3) Mor. 1039, 1.

(4) Cfr. ii in PAULY-WISSOWA, R. E., IV, 2, pag. 2365 e seg. e MAN-
CINI in D. E. DE RucciERO, II, pag. 1554 e seg.

UT RR REDIIUTUDIECTICIRUSHIPET = os —orte__—esi
——

L'UMBRIA NELL'ORDINAMENTO DELLA « DIOECESIS ITALICIANA » 29

Etruriae quindecim populorum ». Ma ai sacri riti di « Volsinii » parte-
cipava anche l'intiera deputazione umbra con a capo il proprio «sa-
cerdos ».

Prima di Costantino convenivano pertanto nel tempio federale
i rappresentanti dei due popoli con i rispettivi « sacerdotes », i quali

presiedevano collegialmente allo svolgimento delle varie cerimonie

comprese nello speciale rituale Volsiniense.

Ultimata la parte preliminare e festiva della riunione, allorché
la delegazione toscana, assumendo il ruolo di « provinciale concilium »,
passava ad esaminare e discutere le particolari questioni attinenti
all'Etruria, il loro « sacerdos », richiamandosi ad un'antica tradizione,
prendeva l'onorifico titolo di « praetor Etruriae quindecim populo-
rum ». È logico supporre che la rappresentanza Umbra si ritirasse
allora in altra sede o comunque si riunisse separatamente per pro-
cedere alla trattazione dei propri affari provinciali, sotto la presi-
denza del rispettivo «sacerdos». La nostra regione, costituita da
due diversi territori, era di fatto una doppia provincia.

Niente pertanto di piü naturale che, nella metropoli religiosa di
« Volsinii», avessero luogo due distinte assemblee, quella degli Umbri
e l'altra degli Etruschi. Lo speciale carattere e la lunga serie dei « prae-
tores Etruriae » che abbiamo sopra riferito, fanno apparire del tutto
verosimile questa tesi che trova pure qualche rispondenza nella prassi
di altre regioni. Cosi i rappresentanti delle «tres Galliae », cioè del-
l’« Aquitanica » della «Lugdunensis» e della « Belgica », il primo
agosto di ogni anno, convenivano nella metropoli di « Lugdunum » (1),
per partecipare alle comuni celebrazioni che si svolgevano in quel
tempio federale. Tuttavia essi solevano anche riunirsi in assemblee
separate, che ricevevano il nome di «tractatus » come appare in:

c. 148, COD. TH., XII, 1
(IMPP. ARCADIUS et HONORIUS AA. Theodoro Pf. P).

«Cum super ordinando sacerdote provinciae publicus esset ex more
«tractatus, idem nostra auctoritate decretum, est, ut ad subeunda patriae
« munera dignissimi et meritis ed facultatibus eligantur nec huiusmodi nomi-
« nentur qui functiones debitas implere non possint. Dat. IIII Kal. Oct. Med-
«(iolano) Oljbio et Probino Cons. » (2).

(1) SuET., Claud., II; Cfr. WILLERS, Num. Zeitschr., X XXIV, pag. 79-
138.
(2):Cfr. «c. 57,: God t Ea; 19€ DIS 12:
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30 MARIO DE' DOMINICIS

Nella « Tarraconensis » abbiamo ugualmente ricordo di assem-
blee particolari (1), distinte dalle solenni e generali riunioni che si
tenevano nella città capoluogo (2). Quanto alla denominazione di
«sacerdos », che ricorre nell'«edictum Constantini » va rilevato che,
nei documenti giuridici (3) ed epigrafici (4), questo era il titolo uffi-
ciale attribuito ai presidenti delle diete provinciali.

Solo eccezionalmente troviamo loro conferito quello di « coro-
natus » o di « pontifex » ed uno di questi rari esempi riguarda proprio
un personaggio della nostra regione, Caio Matrinio Aurelio, che visse
nell'età di Costantino e a cui forse si dové, in gran parte, il merito
della richiesta del popolo Umbro all’imperatore. Ce lo fa supporre il
suo esclusivo e generoso interesse per le magistrature municipali e
provinciali attestatoci da C.I.L., XI, 5283:

«C. Matrinio Aurelio C(ai) f(ilio) Lem(onia) Antonino v(iro) p(erfectis-

« simo), CORONATO TUsc(iae) ET uMB(riae), PoNT(ifici) GENTIS FLAVIAE, abun-

^. « dandissimi muneris, sed ed praecipuae laetitiae Theatralis (edit)o(ri), aedili,

«quaestori, duumviro iterum q(uin)q(uennali) i(ure) d(icundo) huius splendi-

«dissimae coloniae, curatori r(ei) p(ublicae) eiusdem colon(iae) et primo

« principali od meritum benevolentiae eius erga se(ple)bs omnis urbana Fla-
«viae constantis patrono dignissimo » (5).

| 4 Il nostro personaggio venne dunque designato dal popolo Umbro
alla carica di « sacerdos » nelle celebrazioni di « Volsinii ». Di qui l'ap-
pellativo di «coronatus Tusciae et Umbriae» che evidentemente
veniva anche dato al « sacerdos » degli Etruschi.

Questa speciale denominazione intimamente connessa con l'uso
allora comune, nelle cerimonie a carattere religioso, dell'ornamento
della « corona » (6), ricorre anche in C.I.L., III, 1433, dove il « sa-
cerdos » della Dacia riceve ugualmente il titolo di « coronatus trium
Daciarum » (7) e ben richiama le speciali attribuzioni dei rappresen-

2 : (1) C.I.L., II, 2416, 2426, 2427, 3412, 3413, 3416, 3418, 3840, 4072,
{ 7 4073, etc. . i
| (2) C.I.L., II, 4198, 4236, 4256, 4257, etc.
| (3) c. 20, Cod. Th., XIV, 10; cc. 75, 103, 112, 148, Cod. Th; XIII,
M4 Cod., V, 27; c. 2, Cod. Th., XV; 9, etc.
d- j (4) C.I.L., X, 3792; VI, 1736; VIII, 5338, 7014, 7034, etc.
i (5) WILMANNS, 2843.

(6) Cfr. Eph. Ep., pag. 636 e seg.

(7) Cfr. Eph. Ep., IV, pag. 5. Nell’« ordo salutationis » della Numidia, al
tempo di Giuliano, di cui abbiamo ricordo in C.I.L., VIII, 17896, costituiscono
la prima categoria i « senatores et comites et ex comitibus et administratores »;

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I UMBRIA NELL'ORDINAMENTO DELLA « DIOECESIS ITALICIANA » 31

tanti dei due popoli de, presenziare collegialmente allo svolgimento
dei noti riti e ludi festivi. Quando poi, a seguito dell'«edictum Con-
stantini » venuta meno l’antica federazione religiosa di « Volsinii »,
gli Umbri poterono annualmente raccogliersi in una propria città
per le celebrazioni religiose e festive e in sede di « concilium provin-
ciale », per la trattazione dei loro particolari problemi, il personaggio,
designato a presiedere le nuove riunioni, assunse il solenne titolo di
«pontifex gentis Flaviae », in omaggio alla famiglia imperiale allora
regnante, cui era stato dedicato il tempio federale Umbro eretto espres-
samente « opere magnifico » (1).

Caio Matrinio Aurelio fu tra i primi a rivestire l’alta carica e a
conferirle prestigio e dignità « ...editor... abundantissimi... Mu-
neris... et precipuae laetitiae theatralis... » (2).

Il popolo Umbro esprimeva cosi la propria gratitudine all'im-
peratore Costantino per avergli ufficialmente riconosciuto la autono-

mia, da tempo sollecitata e che lo riportava alle civili tradizioni della

sua storia antichissima.

Manrio DE’ DOMINICIS

vengono poi il « princeps », il «cornicularius » e i « Palatini »; nel terzo posto
figurano i « coronati » Anche ai vescovi Cristiani che, sotto un certo profilo,
possono considerarsi i continuatori di questi alti dignitari provinciali, viene
attribuito il titolo di « coronati », insieme con quello di « sacerdotes provin-
ciales » e in un documento ufficiale dei primi anni del quarto secolo, nella c. 38,
Cod. Th., XVI, 2; (Imppp. Arcadius, Onorius et Theodosius AAA. Porphirio
Proconsuli Africae. Post alia): « Privilegia, quae ecclesiis et clericis legum de-
cernit auctoritas, hac quoque praeceptione sancta et inviolata permanere
decernimus. Atque hoc ipsis praecipuum ac singulare deferimus, ut, quaecum-
que de nobis, ad ecclesiam tantum pertinentia, specialiter fuerint impetrata,
non per coronatos, sed per advocatos, eorum arbitratu et iudicibus innote-
scant et sortiantur effectum. Sacerdotes vero provinciae erunt solliciti, ne, sub
hac scilicet privilegii excusatione, etiam contra eorum utilitatem aliquid his

. inferatur incommodum. Dat. XVII Kal. Dec. Romae, Honorio VII et Theo-

dosio II, AA. CC. ».

(1) C.I.L., XI, 5265. Ad altro sacerdozio in onore della « gens Flavia »
accenna AUREL. VicT., (De Caes., XL, 28): « Per Africam sacerdotium decre-
tum Flaviae gentis », mentre On., 3672, ricorda un console del 390 che fu anche
«pontifex Flavialis ».

(2)- G.I.E.4 .X1,..5283.
——————^—^—^—-—»—«—»—€A— ^^—— gH ————
1

UMBRI IN UNGHERIA

Nella varietà singolare di suoni, di ritmi, di accenti, onde si
compone quella sinfonia di eterna risonanza che è la storia d’Italia,
le voci degli Italiani all’estero costituiscono un elemento di particola-
re complemento, direi, il corollario della stessa storia. Si tratta di
poche migliaia di individui, rappresentanti di un’incommensurabile
folla di anonimi spinti dal loro destino in terre straniere, che tuttavia
valgono nella civiltà umana assai più che popolazioni d’intere nazioni
non ancora assurte all’onore di un apporto storico che travalichi i
limiti di una pura materialità. Esaltati dall’alacre spirito della stir-
pe, questi Italiani percorrevano sterminate masse di terre straniere,
con le fiaccole del genio italico, recando civiltà e cultura dove gli uo-
mini attardavano nella primitiva forma di viver civile.

È bello vedere come a questa corsa che il Symonds paragonava
all'antica Xauradnpopia dei Greci, tutte le regioni d’Italia si trova-
vano rappresentate da propri figli intenti a sviluppare in essa le pe-
culiari tendenze delle rispettive regioni, quasi volessero assumere,
nell'impresa di rialzar sempre più lo spirito umano, speciali sue mis-
sioni.

Questo sintomo si manifesta nell’opera del genio italiano in qua-
lunque paese straniero e caratterizza anche i rapporti intercorsi fra
l’Italia e il Reame

«di quella terra che ’1 Danubio riga
poi che le ripe tedesche abbandona »

(Paradiso, VIJI 65),

rapporti sui quali vogliamo ora soffermarci per ascoltarvi e misurare
nella pianura ungherese il battito del « Cuore d’Italia », come si ama
chiamare l'Umbria, verde e santa. Giacché fra quegli Italiani che die-
UMBRI IN UNGHERIA 33

dero origine al modo di dire andar a Buda, v'erano molti Umbri ora-
mai dimenticati in patria o almeno sconosciuti nell'opera da essi svolta
in Ungheria, e che perció meritano l'onore di essere sottratti all'oblio
ravvivati e lumeggiati, come soggetti degni di ammirazione e di ri-
conoscenza.

I. — L'EPOCA DELLA DINASTIA DI S. STEFANO (1000-1301).

1) Pietro vescovo di Narni. — 2) Bernardo da Perugia. — 3) Giovanni
da Pian del Carpine. — 4) Salvo Salvi vescovo di Perugia. Benve-
nuto vescovo di Gubbio. — 5) Ungheresi in Umbria.

1) — Per scarsezza di documenti dei primi secoli della monarchia
di S. Stefano, ci mancano le notizie degli Umbri che per primi devono
aver trovato l'ospitalità in Ungheria, ma ció non infirma la realtà
delle cose.

Comunque, il primo legame fra l'Umbria e l'Ungheria risale fino
al terzo quarto del xir secolo ed è costituito da un vescovo di Narni,
morto e sepolto in Ungheria. In realtà Pietro, di cui si tratta, non era
umbro sibbene lombardo, ma vescovo di Nargi dal 1158 al 1161 quin-
di, dal 1161 al '66 fu arcivescovo di Spalato che allora, insieme a tutta
la Dalmazia, apparteneva alla Corona di S. Stefano (1). Il pontefice
Alessandro III lo qualifica « virus litteratum, honestum, providum et
discretum » e l'arcidiacono Tommaso, cronista dell'arcivescovato di
Spalato, gli attribuisce facoltà magica. Era confidente del re Stefano
III d'Ungheria, presso il quale trascorse l'ultimo periodo della sua
vita; morto alla real corte, trovó la sepoltura nella chiesa di S. Ma-
ria in Albareale, necropoli dei Re d'Ungheria, dove «la sua tomba —
secondo l’arcidiacono Tommaso — veniva tenuta in grande venerazio-
ne da quei cittadini ». (2).

2) — Nell'anonima folla dei compaesani che avevano trovato

in Ungheria onesta sistemazione, primeggia l’insigne figura di Ber-
nardo da Perugia, ben lumeggiata anche: da fonti contemporanee,

(1) THOMAE ARCHIDIACONI SPALATENSIS, Historia Salonitarum Pontifi-

cum atque Spalatensium, cap. XIX, ed. JoANNIS Lucii, De regno Dalmatiae et

Croatiae libri sex (Amstelaedami 1666), p. 327.

(2) Italia Sacra sive de Episcopis Italiae, auctore D. FERDINANDO UGHELLO,
ed. II (Venezia 1717), v. I, pp. 114-16; IWyrici Sacri Tomus tertius, auctore
DANIELE FAnLATO (Venezia 1765), pp. 182-87.

3
34 FLORIO BANFI

soprattutto dall’opera dell’arcidiacono Tommaso, che forse lo conob-
be personalmente (1).

Nato verso il 1140 a Perugia, Bernardo appena quindicenne vestì
l’abito di S. Benedetto nel monastero di S. Maria di Farneto, quindi
due o tre anni dopo s'immatricoló nello Studio di Bologna per trascor-
rervi più di trent'anni, dapprima come studente e poi da insegnante.
Diventato ormai una celebrità, ebbe agio di disimpegnare diverse mis-
sioni presso il re Béla III d'Ungheria (1173-96) e fu precisamente per
le sue esperienze con quella Corte che il cardinale Gregorio de’ Cre-
scenzi, nel 1191 destinato Legato presso il medesimo Re, lo volle suo
compagno nella missione affidatagli da Celestino III, affinché proce-
desse alla canonizzazione del re Ladislao (m. 1095). Messosi in viaggio,
che per la rigidità di quell’inverno dovette interrompere a Traù,
il Legato giunse alla Corte poco dopo la Pasqua del 1192. « Fra le
persone del seguito — osserva l’arcidiacono Tommaso — era il cappel-
lano di Gregorio, di nome Bernardo, perugino di nascita, uomo molto
colto nelle lettere, fecondo e di bella figura; egli, essendo stato mandato
già più volte in Ungheria, era noto al re Béla e godeva la simpatia del
Re e di molti principi e prelati ungheresi, tanto che Béla gli aveva af-
fidata l'educazione e l’istruzione del figliuolo Emerico ».

Così, avvenuta nel 1192 la canonizzazione del re Ladislao, Ber-
nardo restò alla Corte di Béla III per accudire all'educazione del
principe fino alla morte del Re, allorché nel 1196 Emerico salì al trono
di S. Stefano. Al termine del suo incarico, egli potè constatare con pia-
cere, quanto profondamente aveva inciso sull’anima del nuovo So-
vrano che lo prese a ben volere tanto da determinare l'ulteriore corso
della vita del suo maestro. Il quale ne ebbe prova in occasione della
morte di Pietro VIII arcivescovo di Spalato, avvenuta nel medesimo
anno del 1196. ; |

Stando all'arcidiacono Tommaso, « gli Spalatini... avevano elet-
to arcivescovo di Spalato Bernardo, sperando di poter avere da lui,
ch'era amico del Re, molti favori per la loro chiesa e per la città ».
Ció dev'essere avvenuto in occasione del Sinodo provinciale, «radunato
— secondo il Lucio (2) — in Spalato per l'elezione dell’arcivescovo dcl

(1) Hist. Salon. Pont., capp. XXIV, XXV, XXVI, ed. cit., pp. 332, 333,
335ss; se ne veda la versione di PIERINA FONTANA, in « Archivio Storico per
la Dalmazia » di Roma, v. XXVIII (1939-40), pp. 299, 384ss. FARLATI. op.
cit., pp. 229-43: « Bernardus Archiep. Spalat. XLIII ».

(2) G1ov. Lucio, Historia di Dalmatia (Venetia 1674), p. 26; cfr. FARLATI,
op. cit., p. 230. !

DINERS RES PSE UE cel A TALI 0 N RR PRESA DE RIE
UMBRI IN UNGHERIA 35

1197 », a disappunto di Innocenzo III il quale, secondo l'arcidiacono,
«non accolse con piacere la richiesta degli Spalatini per la conferma
dell'elezione, anzi cercó con ragionamenti persuasivi di dissuaderli
dal loro proposito ». Per di più, il 30 dicembre 1197, autorizzò l'Arci-
vescovo di Kalocsa di procedere all’annullamento di tale elezione
fatta, a suo parere, «in regiae dignitatis praeiudicium » (1). Infatti,
il Pontefice si riferisce ad una scomunica fulminata dal suo predeces-
sore contro i fautori di Andrea, fratello del Re e Bano di Croazia e
Dalmazia, e che Bernardo avrebbe subìta per aver dato asilo al prin-
cipe in Dalmazia. Ma egli non fece conto dei sentimenti del Re che,
conscio della lealtà del suo maestro, giudicò diversamente l’atteggia-
mento da questi assunto di fronte al turbolento fratello e non cessò di
sostenere la validità dell’elezione, finché non venisse riconosciuta dallo
stesso Pontefice. Sta di fatto che Innocenzo III, secondo quanto rife-
risce l'Arcidiacono, « al fine acconsentì. Ordinó a Bernardo di chiedere
licenza all'abate di S. Maria di Farneto, dove aveva fatta regolare pro-
fessione, e di rivestire l'abito monacale che aveva dimesso. E quegli
obbedi, quindi consacrato dal Papa venne a Spalato ».

Uno dei manoscritti dell'opera di Tommaso fissa al 1200 la consa-
crazione di Bernardo, data questa con cui s'accorda anche il primo
documento che egli rilasció in qualità di Presule di Spalato, cioé l'at-
to di conferma dei privilegi per le monache del Cenobio di S. Bene-
detto, in data del 13 luglio 1200. Probabilmente al medesimo anno ap-
partiene anche la lettera, senza data, che il re Emerico scrisse ai Conso-
li di Spalato, per esprimere la propria soddisfazione, come dice, « de
eo, quod fidelem nostrum B. archiepiscopum vestrum amore nostro
... honorastis » e raccomandarlo, « quia eum nos habemus plurimi et
acceptum, et inter maiores principes regni facimus juxta latus regium
locum optinere»; intimando, «ut et tamquam personae regiae per
omnia subdamini » (2).

Non a torto, quindi, dice l'Arcidiacono che «il re Emerico trattó
fin dal principio l'arcivescovo Bernardo con ogni onore, ricolmandolo
di doni tutte le volte ch'egli si recava in Ungheria, giacché Emerico
vedeva nel suo antico precettore quasi un padre e gli concedeva tutto
ció che voleva ». Di quest'amicizia il Perugino approfittó, ottenendo

i

(1) Innocentii III PP. Regestorum Lib. I, ep. DX, ed. MiGNnE, Patrologia
Latina, v. CCXIV, col. 472.

(2) FARLATI, op. cit., pp. 232, 234; quivi la lettera di Emerico I è fissata
erroneamente al 1202.
96 : FLORIO BANFI

molti favori per il suo arcivescovato. La grande reputazione che go-
deva da parte della Corte, rifulge brillante nella guerra civile fra Eme-
rico e Andrea, elevandolo al di sopra delle fazioni, mentre egli si ado-
peró di calmare le passioni dei fratelli contendenti che ugualmente lo
stimavano. Gli è che, a testimonio dell'Arcidiacono, « Andrea, co-
stretto a fuggire ben due volte nelle regioni costiere del Regno, trovó
asilo presso Bernardo che sempre lo accolse con onore», senza subire
alcun risentimento da parte del re Emerico. Questi fatti accaddero
precisamente nel 1197 e nel 1201, mentre nel 1203 Andrea venne
catturato da Emerico in circostanze assai drammatiche, raccontateci
unicamente dall'Arcidiacono messo al corrente della più intima cer-
chia del Nostro.

Per la grande influenza che aveva sull'animo del Re, il Perugino
non si peritó di ingerirsi negli affari interni del Regno. Da una lettera
data il 14 settembre 1204 da Innocenzo III al re Emerico si apprende,
come in quell'estate Bernardo s'impossessó dell'abbazia di S. Egidio
in Somogyvàr (1). La comunità di quest'abbazia, costituita da Bene-
dettini italiani, aveva eletto — in conformità all'antico privilegio avu-
to e confermato dai Re d'Ungheria — un abate italiano cui però il
Re rifiutó la conferma, imponendo ai monaci l'ordine di eleggere un
abate di nazionalità ungherese. Avuto sentore del conflitto, Bernardo
reclamó per sé l'abbazia e il Re, che poco prima non aveva voluto
sentire di abate italiano, la cedette senz'altro al Prelato perugino.
Il quale, adducendo il pretesto che quei monaci avessero sperperato
i tesori dell'abbazia «con propria mano flagelló alcuni. di essi, — sono
le parole d'Innocenzo III — ne gettò altri in catene e, tutti destituiti,
li sostitui con religiosi ungheresi ». Ma i monaci offesi ricorsero al
Pontefice che ordinó al Re di rispettare il privilegio dell'abbazia e

diede al Vescovo di Varadino l'incarico di affliggere all’intruso Ber-

nardo la pena canonica, «se questi non curasse emendare il suo ec-
cesso ». Naturalmente, il Nostro si piegó alla volontà 2 Papa e le
cose furono rimesse a posto.

Nel frattempo si vede fungere il Perugino nel ruolo riservato al-
l'arcivescovo di Strigonia, come Primate d'Ungheria. Per assicurare
la successione al figliuolo Ladislao, il re Emerico pensó di farlo incoro-
nare frustando cosi una volta per sempre le ambizioni del fratello
Andrea. Per antico privilegio, la celebrazione del rito era riservata al
Primate del Regno, ma questa volta la solenne cerimonia si svolse

(1) Regestorum Lib. VII, ep. CX XVIII, ed. cit., col. 417.
UMBRI IN UNGHERIA 37

diversamente dalla consueta abitudine, come attesta l'arcidiacono
Tomasso: « Emerico... invitó Bernardo a venire a Corte, per incoro-
nare il Principe. Bernardo venne e impose la corona regale al piccolo

. figlio del Re, alla presenza di molti prelati ungheresi; quindi se ne tornó
a Spalato ricolmo come il solito, di ricchi doni ». Cosi ebbe luogo l'in-
coronazione di Ladislào II re d'Ungheria per le mani dell'arcivescovo
Bernardo da Perugia il 26 agosto 1204, durante la vacanza della
sede primaziale del Regno, fra Ugrino e Calano, arcivescovi di
Strigonia. :

Poco dopo, il 30 novembre, morì il re Emerico che, il 7 maggio
1205, fu seguito nella tomba da Ladislao II, che lasciò il trono allo
zio Andrea II (1205-35). « E così Andrea — secondo quanto riferisce
l’arcidiacono Tommaso — rimasto a capo del Regno, si fece incoronare -

dai prelati ungheresi e invitó Bernardo ad assistere alla cerimonia
dell’incoronazione; ma l’Arcivescovo rifiutò l’invito, perché riteneva
che il figlio di Emerico vivesse ancora, e ciò gli mosse contro lo sde-
gno del Re ». Schiarito però l’equivoco; il re Andrea lasciò cadere ogni
risentimento verso il fedele maestro di suo fratello. Anzi, memore
‘della protezione che questi gli aveva prodigato durante la lotta fra-
terna, a richiesta di lui non solo confermò nel 1207 tutte le possessioni
| della chiesa di Spalato, ma anche restituì alla città l'intero territorio
di S. Vitale che nel 1200, ancora Bano di Dalmazia, aveva concesso
a Traù (1). Tuttavia con il nuovo Re l'Arcivescovo venne meno
di quella condiscendenza che caratterizzò i suoi rapporti con
Emerico.

Come supremo pastore della sua chiesa, ne curò non solo gli in-
teressi ma anche la salute delle anime. Perciò si dette cura di estirpare
l'eresia, guadagnandosi il riconoscimento del Pontefice che, l'11 otto-
bre 1200, lo ricordò al re Emerico con accenti di schietto elogio (2).
Per promuovere l’istruzione del clero, istituì il fiorentino Treguano da
lui condotto a Spalato, insegnante per i chierici, «essendo — al dire -
dell’arcidiacono Tommaso — molto utile nell'insegnamento nella let-
teratura ». Provvide la chiesa di un arcidiacono e di un arciprete;
inoltre, come si è detto, confermò i privilegi delle monache di S. Be-
nedetto. Come metropolita, dietro ordine avuto il 14 ottobre 1220 da

(1) FARLATI, op. cit., p. 237.
(2) Regestorum Lib. III, ep. 3, ed. cit., col. 872. Cfr. Ivi, Lib. V, ep. CX,

ed. cit., col. 1108: « B. Spalatensi Archiepiscopo... Datum XI Kal. Dec. »
(1202). À
38 FLORIO BANFI

Innocenzo III (1), pubblicó solennemente la sentenza di scomunica
contro il Vescovo di Faro; consacró Treguano vescovo di Traü ed altri
cinque vescovi per le sue sufîraganee.

- Dato il suo carattere alquanto difficile, verso il 1203, sorse una

controversia fra il Perugino eisuoi canonici. « Non poteva essere altri--

‘ menti, perché — a quanto afferma l'arcidiacono — Bernardo era astuto
e malizioso, i canonici erano invece semplici ed incauti ». Sta di fatto
che alcuni di essi, corrotti da «ricchi doni e ripetuti inviti alla lauta
mensa arcivescovile » rinunziarono a certi diritti e privilegi del Capi-
tolo, ma. gli altri, denunciando il sopruso del Presule, portarono la
causa davanti alla Curia Romana. E quivi, ancor prima che i conten-
denti si fossero presentati al Papa, «l'Arcivescovo — a testimonio del-
l’arcidiacono Tommaso = restituì ai canonici quanto aveva loro usur-
pato e cosi, oramai rasserenati, tutti se ne tornarono lieti alle loro ca-
se », Nel 1215: Bernardo fu citato da uno di suoi canonici, Niccoló
eletto vescovo di Nona, a comparire davanti al Concilio Lateranense,
per aver consacrato un altro vescovo per i Nonensi; ma il Concilio non
se ne occupó, mentre i due Vescovi — secondo l'Arcidiacono — « per la
discussione della loro causa davanti a uomini della legge, si ridussero
alla miseria » (2).

.Schiettamente italiano com'era, il Perugino si distinse. per lo
squisito sentimento artistico, lasciandone luminose prove nella sua
residenza. Attratto da idee di fasto e di grandiosità aveva fatto co-
struire nell'isola posta di fronte a Spalato una nuova dimora turrita
per imporsi, per minacciare; ma i Veneziani, volendo vendicarsi del-
l'Arcivescovo per l'aiuto da lui dato agli Zaratini, la distrussero nel
1203. Fece restaurare il duomo di S. Domnio arricchendolo di preziose
opere di cui alcune tuttora ci restano, come il magnifico pulpito ro-
manico e la porta intagliata in legno ed eseguita nel 1214 da Andrea
Buvina (3).

Questa porta fu confrontata con quella di S. Sabina sull'A-
ventino a Roma e detta quasi una sua imitazione, la quale affer-
mazione merita maggior credito anche per il soggiorno romano del
committente Arcivescovo in occasione della lite con i suoi canonici.
Nel 1210 fece eseguire un nuovo altare per il corpo di S.Anastasio

(1) Regestorum Lib. III, ep. 2, ed. cit., col. 270.

(2) G. WENZEL, Codex Novus Arpadianus, v. VI, p. 389.

(3) FARLATI, op. cit., p. 239: cfr. ALESsANDRO DuDpaN, La Dalmazia
nell'arte italiana (Milano 1922), v. I, p. 41s.

. PRETI
e nia NARA RZ SO eve RINNEGARE UMBRI IN UNGHERIA 39

ed un artistico reliquiario per la testa del medesimo Santo (1);
l’altare oggi è sostituito con un altro che ne conserva tuttora la gus
mitiva iscrizione:

: Di:05. Mu
HOC . TIBI . BERNARDVS . PRIMAS . ALTARE . SACRAVIT
MARTYR . ANASTASI . QVEM . TENET . ISTA QVIES .

AN . D. MCCX .X . KAL . IVNII .

Dedito agli studi com'era, Bernardo «scrisse — a testimonio
dell'Arcidiacono — un trattato contro gli eretici e compose un libro
di sermoni », opere oramai andate smarrite; inoltre, « possedeva molti
libri buoni e preziosi » uno dei quali tuttora si conserva nella biblio-
teca arcivescovile di Strigonia (2).

«Giunto a tarda età — secondo quanto riferisceil beninformato
Tommaso — egli veniva colpito da paralisi che lo rendeva muto. Non

‘ potendo articolar parola se non con grande difficoltà, ogni volta che

qualcuno veniva a trovarlo, piangeva amaramente sulla sua triste
sorte ». In tale condizione pietosa si era trovato allorché nel 1215 si
radunó il IV Concilio Lateranense; « tuttavia, non essendo ancora del
tutto stremato di forze, si recó a Roma e prese parte del Concilio »,
svoltosi dal 15 al 30 novembre. Cosi, fra i millecinquecento prelati
del mondo cristiano, che s'inginocchiarono ai piedi del potentissimo
dei Papi, Innocenzo III poté osservare anche la figura acciaccata del-
l'energico Prelato perugino (3). Rientrato che fu in sede, Bernardo
« poté appena proferire poche parole davanti al clero e al popolo riu-
niti ad ascoltarlo, sicché Treguano vescovo di Traü fece per lui lare-
lazione del Concilio ». |

(1) FARLATI, op. cit., p. 238, dove si legge anche l'iscrizione del reli-
quiario.

(2) VARJU ELEMER, Perugiai Bernát spalatói érsek kódexe az esztergomi
[óegyházmegyei kónyvtárban, (Un codice appartenuto a Bernardo da Perugia
arcivescovo di Spalato, nella Biblioteca arcidiocesana di Strigonia) in «Magyar
Kónyvszemle », N. S. v. X (Budapest 1902), pp. 199-201.

(3) Oltre il Farlati, v. JakoB WERNER, Nachlese aus Zürcher Handschriften
in «Neues Archiv der Gesellschaft für àltere deutsche Geschichtskunde », v.
XXXI (Hannover u. Leipzig 1906), p. 589, che cita il codice « C. 148 » della
Biblioteca Cantonale di Zurigo, contenente l'elenco dei partecipanti al Concilio
trai quali a f. 48 anche J'arcivescovo Bernardo.
40. è FLORIO BANFI

La straordinaria forza del suo animo continuò a reggere ancora
per quasi due anni il fragile corpo di Bernardo il quale, profondamente
commosso, potè ancora raccogliere l’ultimo saluto del suo sovrano
Andrea II giunto a Spalato il 23 agosto 1217 per proseguire alla volta
della Terra Santa. E là, sulle lontane rive dell’Adriatico, mentre
vagheggiava la pace eterna, innanzi ai suoi occhi si agitava l’imma-
gine evanescente dell’eccelsa Perugia natìa, dove aveva voluto si-
stemare i suoi nipoti, « per i quali — come documenta l'Arcidiacono —
comprò un grande palazzo con una torre, presso la Porta Orientale ».
Sì spense serenamente nel settembre e le estreme onoranze gli furono
rese alla presenza del Re d'Ungheria.

3. — Intanto nell'Umbria era nato « al mondo un Sole », quello di
S. Francesco d’Assisi destinato a rinnovellare la civiltà, mediante
il suo Ordine introdotto in Ungheria da Fra Giovanni da Pian del
Carpine, così nominato dal paese natìo, l’antico « Planum Carpi »,

‘oggi Magione, tra Perugia e il Lago Trasimeno.

Ma la prima conquista francescana fra gli Ungheresi nella perso-
na di Elisabetta, figlia del re Andrea II e moglie dellangravio Lodovi-
co di Turingia (m. 1231) è dovuta addirittura al Poverello che, in pe-
gno della sua affermazione paterna, mandò il suo logoro mantello a
colei (1) che doveva essere canonizzata a Perugia (1235) dove, e più
precisamente nel borgo della Conca, poco dopo sorse la prima chiesa
dedicata alla Protettrice del Terz'Ordine. Col nobile gesto di S. Fran-
cesco si collega il primo tentativo d'introdurre l'Ordine in Ungheria,
intrapreso da uno sparuto gruppo di Frati della Porziuncola, a richie-
sta di un Vescovo ungherese che si era presentato al famoso Capitolo
delle Stuoie radunatosi presso S. Maria degli Angeli, a testimonio del
cronista nel 1219 ma secondo autorevoli studiosi nel 1221. « I Frati.
— come narra il cronista Giordano — furono inviati in Ungheria per la
via del mare e, mentre derisi se ne andavano per quelle pianure, i pa-
stori li assalirono con i cani e, capovolte le punte delle lance, senza
far parola ostinatamente li percotevano... Ma dopo aver subito
queste ed altre villanie, essi se ne ritornarono in Italia » (2). .

(1) Wappina, Annales Minorum, v. II, p. 159, ad ann. 1229, n. 34.
Secondo FRIEDRICH Scuworr, Die heil. Elisabeth in der auidendea Kunst dra
burg 1918), p. 15, si tratterebbe di una leggenda.

(2) Chronica Fratris Jordani, cc. 3, 6, in Analecta Franciscana, v. I
(Quaracchi 1885), pp. 2-3. Cfr. Chronica Fratris Nicolai Glassberger, lvi, v

et —— ra
SERENA DALIA uo ptos me ARRE ORTO
UMBRI IN UNGHERIA 41

Con pieno successo fu invece coronata l'impresa di Fra Giovanni

di Pian del Carpine, richiamato e rinviato nel 1232 in Germania,

come Ministro della nuova provincia di Sassonia. Da quella provin-
cia egli riusci a diramare l'Ordine non solo in Ungheria, ma anche in
Boemia, in Polonia e nella Scandinavia, percorrendo l'Europa dalla
valle del Reno alle steppe di Russia e dalle Alpi al Mare del Nord, su
di un ciuchino, perché, molto obeso, non poteva camminare. Il popolo
accorreva intorno alla sua umile cavalcatura e i Frati lo circondavano,
come i pulcini circondano la chioccia; l'adiposo uomo aveva negli oc-
chi la. dolcezza d'Assisi. Giunto cosi in Ungheria, nel 1233 vi piantó
una volta per sempre le radici dell'Ordine e, nelle sue ripetute visite
in quel paese, segui con amorevole cura lo sviluppo della rigogliosa
pianta.

A dire il vero, Giordano ne dice solo che « minister factus... in
Ungariam... fratres misit » (1); ma la descrizione del di lui metodo
di propaganda, offertaci dallo stesso cronista, non lascia alcun dub-
bio che Fra Giovanni debba aver incluso nell'orbita dei suoi itinerari
anche l'Ungheria. Poi, oltre alla propagazione dell'Ordine, anche la
legazione del vescovo di Perugia Salvo de' Salvi in Ungheria nel 1238,
come pure la figura dell'ungherese Fra Giuliano che fra il 1235 e il
38 aveva compiuto due viaggi fino alle terre dei Tartari, devono es-
sere stati per lui forti motivi di richiamo per visitare quel paese. Anzi,
i rapporti intercorsi fra il Vescovo di Perugia e il domenicano Giu-
liano c'inducono a supporre la mediazione del Francescano perugino,
nel 1241 predicatore della crociata in Germania contro i Tartari
mentre questi stavano devastando l'Ungheria. Egli deve aver visitato
quel paese, allora teatro di gravi avvenimenti che ebbero grande peso
nella sua decisione di compiere fra il 1245 e il '47 la missione presso il
Gran Khan dei Tartari, come si deduce pure dalle notizie che la sua
Historia Mongolorum ci offre a proposito dell'invasione mongolica
dell'Ungheria e che sembrano essere state raccolte sul luogo (2).

II (Ivi 1887), p. 13; Chronica Anonyma Fratrum Minorum Germaniae, Ivi,
v. II: p: 280; .

(1) Chron. Fr. Jordani, c. 55, ed. cit., p. 17. Per la data dell'introduzione
dell'Ordine in Ungheria dev.: GrRoLAwo GoLuBovicH, Biblioteca bio-biblio-
grafica della Terra Santa e dell'Oriente Francescano (Quaracchi 1913); WI
p. 229; BArANYI Gvónav, Anima Franciscana (Budapest 1930), pp. 132-50.

(2) ALBINus FR. GomBos, Catalogus Fontium Historiae Hungaricae,
(Budapest 1937), v. II, p. 1310, n. 3148, registra sotto il nome di Fra Giovanni
un « Libellus historicus de Hungariae devastatione per Tartaros ».
42 FLORIO BANFI

Comunque, non vi è alcuna ragione di mettere in dubbio la co-
stante tradizione francescana dei viaggi compiuti da Fra Giovanni
da Pian del Carpine in Ungheria. i

4. — Il soggiorno ungherese del sopraccennato Salvo de’ Salvi
vescovo di Perugia (1231-’44) si collega con la missione che il 26 mag-
gio 1237 Gregorio IX gli aveva affidato presso Assano, «Signore dei
Vallachi e Bulgari », affinché «lo rendesse più certe in proposito dello
stato dell'Impero e della città di Costantinopoli » (1). Il giorno stes-
so e di nuovo il 31 maggio anche il re Bela IV eil 19 giugno l’Arcive-
scovo di Kalocsa ebbero dal Pontefice l'avviso della missione del Ve-
scovo di Perugia, con preghiera di volergli facilitare il transito attra-
verso l'Ungheria (2). Durante la sua missione i] Salvi veniva a con-
vincersi della slealtà dello scismatico Assano, perció si trasferi presso
il Re d'Ungheria per attendere ulteriori istruzioni del Pontefice, il
quale, il 27 gennaio 1238, scrisse al Legato e al Re dando al primo
lautorizzazione di eccitare quel Sovrano contro Assano ed esor-
tando il secondo ad occupare il paese dello Scismatico (3). Nel-
la sua risposta in data del 7 giugno, Bela IV comunicò a Gregorio
IX l’arrivo del Vescovo di Perugia e si dichiarò pronto ad ingaggiare
la crociata contro Assano, riservandosi il diritto di delegare a sua scel-
ta un Legato per il paese da occupare (4). Il 9 agosto il Pontefice
prese atto della risposta del Re, comunicandogli l’autorizzazione che
contemporaneamente diede al Vescovo di Perugia affinché ornasse
della dignità di Legato la persona scelta all'uopo dal Re (5).

Durante il suo soggiorno in Ungheria, il Salvi ebbe rapporti
con Fra Giuliano il quale nel 1235-36 aveva compiuto un viaggio
fino al Caucaso, quindi nel 1237-38 un altro a scopo di raccogliere
delle notizie dei Tartari, in procinto d'invadere l'Europa. Frutto di
questo suo secondo viaggio l'Epistola de vita, secta et origine Tarta-
rorum che il Domenicano ungherese volle dedicare « Viro venerabili

(1) AuausrIiNus THEINER, Vetera monumenta historica Hungariam sa-
cram illustrantia (Romae 1859), v. I, pp. 155, 157, docc. 275, 279, 280.

(2) Ivi, pp. 155-57, docc. 276, 277, 278.

(3) Ivi, pp. 161, 166, docc. 285, 296.

(4) Annales ecclesiastici, auctore Oponico RAYNALDO, v. XIII (Romae
1646), p. 510, ad ann. 1238, nn. 12-16; FEJÈR, Codex diplomaticus Hungariae,
v.-IV/I, p. 112.

(5) RAYNALDUS, op. cit., p. 511, nn. 17-18; THEINER, op. cil., p. 166,
doc. 296.
——



UMBRI IN UNGHERIA 43

in Christo Patri Dei gratia Perusino Episcopo, Apostolicae Sedis Le
gato», che fu appunto Salvo de' Salvi (1).

Il 20 meggio 1290, Benvenuto vescovo di Gubbio (1278-94) venne
destinato da Niccolò IV Legato in Ungheria per ricondurre alla buo-
na strada il re Ladislao IV; ma la missione rimase inoperante per la

sopravvenuta morte dello stesso Re (2).

5. — Risultato permanente dei rapporti umbro-ungheresi dell'e-
poca della dinastia di S. Stefano ci rimane l'affermazione in Unghe-
ria dell'Ordine di S. Francesco, che costitui un mistico ponte fra quel
paese e la « dolceterra francescana», ponte questo che « durerà quanto
il mondo lontano ». E allora s'inizia l'afflusso degli Ungheresi in Um-
bria, attestato da Fra Salimbene il quale, trovandosi nel 1238 novi-
zio nel convento di Fano, notó due Frati ungheresi diretti alla volta
di Assisi e che portarono un pesce grande, come regalo del Ministro
di quella provincia a Frate Elia; e ricorda pure i latori della grande
coppa d'oro che il re Béla IV mandò ad Assisi affinché vi fosse posta
e conservata la testa del Poverello (3). A questi inviati tengono die-
tro le folle anonime dei pellegrini che verranno a bussare alle porte
della basilica di S. Francesco in Assisi, mendicando una stilla d'acqua
per la sete che non potrebbe altrove essere placata.

(1) Pubblicata dal Br. HonMAvn-HonrENBURG J., Die goldene Chronik
von Hohenschwangau (München 1842), v. II, pp. 66-69, da un codice non indi-
cato; altri esemplari se ne trovano nei codici Vat. Lat. 4161 (fi. 41-44) e
Palat. Lat. 443 (f. 105) della Vaticana. Vedasi BenDEFFY LaszLo, Fontes
authentici itinera Fr. Iuliani illustrantes (Budapest 1937), pp. 35-47. Gio.
Barr. VERMIGLIOLI, Biografia degli scrittori Perugini (Perugia 1828), v. I,
parte II, p. 197, n. 2, vuole che « quel N. Perusinus Episcopus cui nel secolo
XIV un Giuliano Domenicano scrisse una lettera de moribus Ungarorum et
Tartarorum che da un codice riferì il Fabricio IV 195 » fosse stato Niccolò
Merciari ! |

(2) THEINER, op. cit., pp. 361-68, docc. 582-90. EuBEL, Hierarchia Ca-
ttolica, v. I, p. 251, n. 4: « Benvenutus de Urbeveteri O. M., Legationem ei
a. 1290 ad Ladislaum Hungariae Regem commissam non executus est ».

(3) Chronicà Fr. Salimbene de Adam, ed HoLpER-EGGER, in Monumenta
Germaniae Historica, Scriptores, v. X XXII, 107..

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44 FLORIO BANFI

II. - L'EPoca DEI RE ANGIOINI (1301-1387).

6) Reali d'Ungheria in Umbria. — 7) Filippo Bigazzini da Perugia,
Buoninsegna da Perugia, Tommaso Vitale da Perugia. — 8) An- .
drea da Gubbio. — 9) Giovanni da Perugia, Lorenzo da Perugia. —
10) Buongiovanni da Campello. Tommaso da Amelia. — 11) An-
drea da Perugia, Antonio da Spoleto — 12) B. Tommaso da Foligno. —
13) Bosone III Raffaelli da Gubbio. — 14) Ungheresi in Umbria.
Influenza umbra sull’arte ungherese.

\

6). — La successione degli Angioini di Napoli alla dinastia di
S. Stefano diede un grande incremento ai rapporti fra l’Italia e l'Un-
gheria. Per conseguenza, anche la penetrazione degli Umbri nel ba-
cino del Danubio veniva ad assumere proporzioni maggiori sotto il
regno di Carlo I (1308-42) e di Lodovico I (1342-'82), avendo sensi-
bili spinte da avvenimenti di particolare importanza, come il viaggio
a Napoli della vedova regina Elisabetta (1343-'44) per visitare il fi-
glio Andrea sposato alla futura regina Giovanna I, le due spedizioni
di Lodovico I (1347, 1350) contro la regina Giovanna per vendicarsi
della morte del fratello Andrea, e la calata di Carlo di Durazzo (1380)
per prendere il reame delle due Sicilie prima che diventasse re d'Unghe-
ria (1285-86), avvenimenti questi che toccarono più o meno anche
l'Umbria. !

La regina Elisabetta si trattenne in Assisi per venerare la tomba
di S. Francesco, lasciando alla basilica parecchie suppellettili prezio-
se, e anche per visitare i santuari francescani servendosi da guida di
«Frate Acute, uno fraticello de Ascisi », notato dal cronista nel di lei
seguito a Roma (1). Nel dicembre del 1347, Lodovico I si fermó a
Gubbio facendo visita al vecchio Bosone Raffaelli, amico di Dante,
che aveva celebrato il di lui fratello assassinato,«il giovane che venne
d'Ungheria »; quindi il 22 dello stesso mese, godeva l'ospitalità di Gia-
como Trinci, e lo creó Conte Palatino come «fece cavalieri... M. Ti-
berio et M. Giovanni figliuoli di M. Francesco Montemelini et M. Fi-

(1) Munaronr, Antiquitates Italicae, v. III, p. 315. BEDA KLEINSCHMIDT,
Die Basilika. San Francesco in Assisi, (Berlin 1928), v. III, pp. 30, 32-35,
39-42, 47.

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lippo de' Giacani all'hora podestà d'Ascesi, nostri Perugini». (1)

. Anche Carlo di Durazzo si trattenne a Gubbio e con i suoi soldati

si accampò presso il castello di Tor Chiagiana (2). Compiute le spedi-
zioni, parte dell'esercito di Lodovico I, con a capo il famigerato Fra
Monreale, rimase in Italia recando, nel 1354, non pochi fastidi a Spo-
leto e a Perugia (3); quindi, scioltasi la « Grande Compagnia », un grup-
po di cavalieri ungheresi si assoldó al servizio del Comune di Assisi (4).
Cosi la caratteristica figura del soldato ungherese dell'epoca, come ce
la presenta l'indovinato motto italiano:

Managgia Ungheres!
Mustacchio fil di fer;
Dice: Trentatrè!

E taglia la cucuz.

— divenne anche nell'Umbria il vessillo della fama dei discendenti di
Carlo Martello, per richiamare in Ungheria, dal divin Poeta detta
« beata » (Parad. XIX, 142), i bramosi della fortuna.

7. — I primi Umbri che vediamo comparire alla corte di Carlo I
appartenevano al seguito dei Legati pontifici giunti in Ungheria per
stabilire sul trono il figlio di Carlo Martello.

Così, col cardinale Niccolò Boccasini, Legato dal 1301 al 1303,
venne in Ungheria Filippo Bigazzini conte di Coccorano (castello
posto sui confini fra Assisi, Gubbio e Perugia) per rimanervi fino alla
fine della missione del Cardinale, diventato allora papa Benedetto
XI, e sepolto poi a Perugia. Stando alle fonti contemporanee, Filippo

figlio del conte Giacomo «chiamato dal Re di Ungheria con honora-

tissima condotta, si mosse a quella volta, e fu da quel Re con sommo

(1) DuRANTE DorIo DA LEONESSA, Istoria della famiglia Trinci (Foligno
1648), p. 120; Pompeo PELLINI, Historia di Perugia (Venezia 1664), v. I, pp.
372-75. Per Bosone v. FRANcESCO M. RAFFAELLI, Della famiglia della persona
degli impieghi e delle opere di M. Bosone da Gubbio, in Jo. LAMINIUS, Deliciae
Erüditorum (Firenze 1755), specialmente pp. 217-19, 220-21, 227-28, 268-69.

(2) Chronicon Eugubinum italice scriptum a Guernerio Bernio, ad ann. 1380,
in MURATORI, Rer. Ital. Scriptores, v. X XI, col. 930; ARNALDO FORTINI, As-
sisi nel Medio Evo, (Roma 1940), p. 332.

(3) ACHILLE GENNARELLI, Le bande di fra Monreale e del conte di L'alulò
ne « Il Saggiatore », v. I (Roma 1844) pp. 131-38; EMIL WERUNSKY, Geschichte
Kaiser Karls I V. ind sener Zeit, v. II/2, p. 522.

(4) FORTINI, op. cit., pp. 327, 352, n. 12.

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46 FLORIO BANFI

honore accolto » (1). Da qui si vede che egli capeggiava la scorta mi-
litare del Legato. Rientrato in patria, nel 1304 ebbe dal Comune il
titolo di Gonfaloniere delle Arti, quindi la carica di Capitano del Popolo.
L'affermazione di Carlo I sul trono di S. Stefano si deve al car-

| dinale Fra Gentile da Montefiore, Legato in Ungheria dal 1308 al
DI l 1310, seppellito poi nella basilica di S. Francesco in Assisi, doveave-
B va fondato la cappella di S. Martino, adorna di affreschi attribuiti
a Simone Martini il quale dipinse nella stessa basilica, nel transetto
a destra dell'ingresso alla cappella di S. Niccolò, il bellissimo ritratto
di S. Elisabetta d'Ungheria, considerato a torto per quello di S. Chia-

. ra. Della laboriosa azione del Legato, raccontataci da Fra Giovanni
m Elemosina da Gualdo Tadino (2), facevano parte due soggetti umbri:
E : Buoninsegna da Perugia, canonico di Ravenna, «doctor decretorum,
BS : camerarius et auditor » e Tommaso Vitale da Perugia, notaio del Co-
j mune di Spoleto. Essi coadiuvarono il loro padrone nel Concilio di
Pest (27 novembre — 3 dicembre 1308) convocato dal Cardinale per
la pacificazione del paese, nel ricupero della Sacra Corona e nell’esal-
tazione di Carlo il quale così, il 25 dicembre 1310 poteva essere inco-
ronato (3).

"UNE SELE

E

8. — Fra i numerosi cortigiani italiani di Carlo I, per lo più Na-
poletani o provenienti da Napoli, va notato un Andrea da Gubbio,
qualificato col titolo di « Magister » e detto « natus quondam Mancii
de Eugubio, clericus medicinalis scientiae Professor » (4). Era quello
il tempo in cui i medici italiani erano accolti ovunque col piü grande
favore, perché usciti da scuole famose, sapevano con la loro scienza
accattivarsi la simpatia dei grandi dell'epoca, riportandone onori e
(AR fortune. Così fece fortuna in Ungheria Giacomo da Piacenza, medico

| i di Corte, il quale elevatosi a piü alte dignità che gli resero incompati-

MES (1) Annali di Perugia, ad ann. 1310, f. 125, citati da CESARE CRISPOLTI,
Ht Perugia Augusta (Perugia 1648), p. 295; fcr. PELLINI, op. cit., v. I, pp. 340,
M 343.
(2) Chronicon seu Liber Ystoriae, contenuto nel cod. Lat. 5006 alias Colbert
5496 della Nazionale di Parigi; il brano relativo al Cardinale (f. 179) é pubbli-
H / cato dal BaLUTIUS, Vitae Paparum Avenionensium (Paris 1693), v. I, col. 1412.
gg a (3) La memoria della loro attività ci rimane nel Registrum litterarum
| legationis Fr. Gentilis... Cardinalis, contenuto nel cod. Vat. Lat. 4031 e rias-
sunto in Acta legationis Cardinalis Gentilis (« Monumenta Vaticana historiam
regni Hungariae illustrantia », S. I. v. II, Budapest 1885).
(4) KoLLÀNYI FERENC: Eszlergomi kanonokok (Canonici di Strigonia),
Esztergom 1900, p. 37.

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UMBRI IN UNGHERIA 47

bile l'esercizio della professione, provvide al successore invitando in

Corte il Maestro Andrea da Gubbio, allora professore di medicina,

nello Studio di Napoli. Diventato «physicus » ossia medico del re
Carlo I, il 22 luglio 1330 egli venne nominato da Giovanni XXII
— a richiesta dello stesso Re — canonico di Strigonia e il 6 gennaio 1331
messo in possesso di questo beneficio dal sopraccennato Giacomo da
Piacenza (1). Quindi, il 9 marzo 1332, sempre a richiesta del Re, il
«suo fisico » ebbe dal Pontefice la parrocchia di Patak, nella diocesidi
Strigonia, con l'obbligo di farsi consacrare sacerdote entro tre anni (2);

avvenuto ció, rimase parroco fino alla morte del Re cedendo il.
‘posto di medico di Corte a Conversino da Frignano. Ma, morto il Re

nel 1342, lasció quella parrocchia per diventare medico della vedova
regina Elisabetta, a richiesta della quale il 30 settembre 1345 fu no-
minato da Clemente VI canonico di Varadino o Nagyvarad (3), oggi
Ordea Mare in Romania.

Nella seconda metà del secolo comparirà in Ungheria un altro
medico umbro, Tommaso d’Amelia, di cui diremo più innanzi.

9. — Sotto il regno di Carlo I l'Ordine ospitaliero di S. Giovanni
di Gerusalemme diede all'Ungheria due illustri « Frati Crociferi »
umbri, probabilmente fratelli o stretti parenti: Giovanni Latino
da Perugia («Joannes Latinus de Perusio ») e Lorenzo da Perugia.
Nei rispettivi documenti Lorenzo va figurando dal 1325 al 1336, co-
me Precettore o Commendatore del convento di Sopron; dev'essere
stato grata persona al Re, poiché questi per il di lui interessamerito
confermó nel 1326 il contratto stipulato sin dal 1250 fra il convento e
i cittadini di Sopron ad opera dello spano Csàk (4). Anche Giovanni
comparisce per la prima volta nel 1325, in qualità di Precettore del
convento ospitaliero di Ujudvar («conventus Fratrum Cruciferorum

domus hispitalis de Nova Curia ») nel comitato di Zala, alla quale di-.

gnità uni nel 1336 anche la carica di Protettore del convento di So-
pron, resosi vacante forse per la morte o la partenza di Lorenzo. Nei
documenti 'da lui rilasciati fra il 1336 e il 1346 egli si fregiava, oltreché

(1) THEINER, op. CIS Ve Pi 991, docs 824:

(2) IDEM, ivi, p. 547, doc. 853.

(3) IDEM, ivi, p. 700, doc. 1060.

(4) NaGv, ecc.: Codex diplomaticus patrius, v. III, pp. 75, 84; FEJÈR,
op. cit., v. VIII/2, p. 614; v. VIII/4, p. 205. Cfr. REISZIG EDE, A jeruzsdlemi
Sz. Funds -lovagrend Magyarországon (L'ordine cavalleresco di S. Giovanni di
Gerusalemme in Ungheria), v. II (Budapest 1928), pp. 86,96.

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48 FLORIO BANFI

dei titoli accennati, anche del titolo di Vice-Priore (Vice-Maestro)
della Provincia d'Ungheria, per aver disimpegnato pur quella dignità
in cui gli subentrò Baldovino Cornuto ricordato per la prima volta
il 2 marzo 1348 (1). È da notare che il convento di Sopron e quello
di Ujudvar erano « sedi legali », perció i loro titolari fungevano anche
da persone pubbliche a mo' di regi notai, con facoltà di rogare atti
legali, come facevano pure Lorenzo e Giovanni, a testimonio di nu-
merosi documenti da essi rilasciati.

10. — Durante il regno di Lodovico I molti sacerdoti italiani si
vedono elevarsi ai gradi piü alti della gerarchia ecclesiastica unghere-
se, ma fra di essi invano si cercano degli Umbri; non che non ce ne sia-
no stati in Ungheria ma perché son rimasti nei gradi minori.

Uccellatore di benefici dev'essere stato Buongiovanni da Cam-
pello, uno dei compagni del francese Galhardus de Carceribus, ga-
belliere pontificio dal 1334 in Polonia e dal 27 marzo 1337 in Unghe-
ria, dove nel 1344 diventò vescovo di Csanàd. Evidentemente è per
il suo interessamento che Buongiovanni divenne arcidiacono di Se-
bes nella diocesi di Csanad, nella quale dignità il 22 febbraio 1345 fu
seguito da un Giorgio. Quindi lo vediamo arcidiacono di Arad (oggi

+ in Romania), nella stessa diocesi; come tale, si fregiava anche col te
tolo di Cappellano del Papa. Il 31 marzo 1346 ebbe da Clemente VI
il canonicato e la prebenda della cattedrale di Cinquechiese (Pécs),
avuti da Niccolò eletto vescovo della medesima città (2).

Un altro chierico umbro, Tommaso d' Amelia, Maestro in arte
e medicina, cercò fortuna in Ungheria, esercitando la professione di
medico. Già da parecchi anni dev'essersi trovato in quel paese, prima
che diventasse medico di Giovanni Kanizsai il quale, dal 1387 arcive-
scovo di Strigonia, lo fece nel 1396 canonico della chiesa collegiata di
Posonio (Pozsony), oggi Bratislava in Cecoslovacchia (3).

11. — Notevole fu il concorso dei Frati francescani, inviati in
Ungheria dal Ministro Generale Fra Gerardo Oddoni affinché coa-
diuvassero l’attività apostolica di Lodovico I per la conversione della
popolazione scismatica di quel paese, o venuti a Buda per partecipare
al Capitolo Generale colà celebrato nel 1373. Fra i molti nomi che ci
risultano ricordiamo soltanto quelli più rilevanti. Fra Andrea da Pe-

(1) FEJÈR, op. cit., v. VIII/4, p. 205. Cfr. REISZIG, op. cit., pp. 146, 165.
(2) THEINER, op. cit., v. I, pp. 687, 715, docc. 1028, 1176.
(3) Cfr. KOLLANYI, op. cit., pag. 82.

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in UMBRI IN UNGHERIA 49

‘rugia, latore di una lettera del Re a Urbano V il quale lo ricorda nella
«sua risposta in data del 13 luglio 1368 (1). La missione di costui
ebbe lo scopo di informare il Pontefice intorno alla creazione del Ba-
nato di Bulgaria (1364) e ai successi dei Francescani quivi inviati
per convertire i Bulgari alla fede cattolica. In occasione di quel viag- :
" gio Fra Andrea si fermò anche in Assisi, per consegnare al Ministro
Generale Fra Marco da Viterbo un’altra lettera del Re, contenente
| presso a poco le stesse notizie e che, per ordine del Generale, venne pro-
.mulgata nella solennità del Perdono nella chiesa di S. Maria degli
Angeli (2). Fra Antonio da Spoleto, distintosi per gli straordinari
successi da lui ottenuti nella propagazione della fede fra i Valacchi
del Regno, sollecitó Gregorio XI affinché volesse erigere un vescovato
per quella popolazione. Il 13 ottobre 1374 il Pontefice si rivolse all’Ar-
civescovo di Strigonia e a quello di Kalocsa con la preghiera di voler-
. lo informare sul conto dello Spoletino (3). Sta di fatto che, due anni
«dopo, Gregorio XI raccomandò al re Lodovico lo stesso Antonio da
Spoleto, ormai vescovo per i Romeni dell Ungheria e della Valacchia (4).

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ere

12. — Fra sei martiri francescani che diedero il crisma all’opera
apostolica di Lodovico I si ricorda il B. Tommaso da Foligno’ Prove-
niente dal conventino di Brogliano, egli apparteneva a quella numerosa
‘schiera di Frati che nel 1342 Fra Gerardo Oddoni aveva -messo a di-
sposizione del Re d'Ungheria per convertire all'unità della fedela po-
polazione scismatica delle province limitrofe del Regno. Giunto in
Ungheria, Fra Tommaso si adoperò dapprima nella missione di Bosnia,
quindi con sette confratelli si trasferì nel Banato di Bulgaria, allorché
nel 1368 Giovanni Sracimir fu rimesso dal Re al potere. Gli otto Frati
fecero dei miracoli: in soli cinquanta giorni riuscirono a convertire
un terzo della popolazione (la tradizione francescana parla addirittu-
ra di 200.000 Bulgari!); avvenimento questo la cui nuova — come ab-
. biamo visto — dal perugino Fra Andrea fu portata a Roma e ad Assisi.
. Ma la gloriosa missione venne stroncata ben presto, in seguito all’im-
presa del vaivoda valacco Vladislav Basarab (1364-74) che, ad isti-
gazione del re Alessandro di Bulgaria, invase nel 1369 la maggior parte

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(1) THEINER, op. cit. v. II (Roma 1860), p. 87, doc. 146.

(2) P. MARCELLINO DA Civezza, Storia universale delle missioni fran-
cescane v. IV (Roma 1860), pp. 105, 115-16.

(3) THEINER, op. cit., v. IL, p. 152, doc. 304.
(4) Arorsro L. TAUTU, I Romeni — Cenni storici, Estr. dalla rivista « L' 0-
riente Cristiano el'Unità della Chiesa», v. V. (Città del Vaticano 1942), pp. 22-23.

4
50 FLORIO BANFI

del Banato. Cadde allora anche la capitale Vidin, dove si trovava
la missione francescana, composta di dieci Frati compresi il Nostro.
Furono colti improvvisamente di notte dal Basarab che li fece cattu-
rare nell'oratorio medesimo in cui stavano a pregare. Quattro diessi
ebbero tempo di rifugiarsi in luogo sicuro; ma uno, colto nel primo
tumulto, fu fatto a pezzi da quei ribaldi. I cinque rimasti vennero
condotti alla presenza del Basarab e quivi furono invitati dai calogeri
a disputar con loro intorno alla vera Chiesa di Cristo. I missionari
accettarono la sfida, ma il Voivoda non volle saperne e ordinò che tutti
si partissero dalla sua presenza. Allora gli eroici Frati vennero tratti
dai calogeri fuori della città in riva al Danubio, e quivi li fecero bar-
baramente decapitare dai loro satelliti. Era il 12 febbraio del 1369 (1).

Così si compì il martirio del B. Tommaso da Foligno, il primo
rappresentante in Ungheria dell’Osservanza Regolare istituita dal B.
Paoluccio Trinci che il Nostro aveva avuto per confratello nel conven-
to di Brogliano.

13. — Dei laici umbri, dopo la venuta del Bigazzini, non si hanno
tracce per ben sette decenni. Ma quando nel 1373 Gregorio XI fece
predicare la crociata contro i Turchi che avevano attaccato il banato
di Bulgaria, che faceva parte della Corona di S. Stefano, anche dall’ Um-
bria accorsero in Ungheria alcuni cavalieri per offrire la loro spada a
Lodovico I. Fra essi era anche Bosone III Raffaelli da Gubbio, nipote
di Bosone I e figlio di Bosone II (Novello) che il Re aveva conosciuti
a Gubbio nel 1347. La crociata non si effettuò, ma Bosone restò pres-
so Lodovico I il quale, per la famigliare conoscenza dei di lui antenati,
lo volle nella sua Corte. Così egli venne aggregato alla schiera dei
«servientes » che costituivano una delle più numerose categorie dei
cortigiani. Per il carattere prettamente militare del loro servizio, que-
sti «servientes » ebbero il titolo di « Miles » e, se fossero stranieri,
anche il soprannome di « Ungarus » (almeno all’epoca di Lodovico
I). In tale qualità Bosone trascorse in Ungheria quasi un triennio e
nel frattempo vi strinse rapporti amichevoli con Carlo di Durazzo, il
futuro re di Napoli ed Ungheria, che era stato educato nella Corte di

(1) WADDING, op. cit., v. VIII, ad ann. 1369, n. 11; Lopovico JACOBILLI,
Vite de’ Santi e Beati del Umbria e di quelli i corpi dei quali riposano in essa
provincia (Foligno 1647), pp. 236-41. GrusEPPE BucEFaRI, Il B. Tommaso
da Foligno, martire (-- 1379), ne «L’Oriente Serafico », v. XIX/1907, pp. 461-65
fissa arbitrariamente la data del martirio al 1379, anziché al 1369. i

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UMBRI IN UNGHERIA 51

Buda. Rientrato in patria, il 25 marzo 1377 divenne sindaco del Co-
mune, come risulta dal rispettivo istrumento che lo ricorda — « No-
bilis Miles Dominus Bussonus Ungarus natus quondam Domini Bussoni
de Eugubio » — con i titoli acquisiti in Ungheria e che egli continuó ad
usare, seguendo l'esempio di Malatesta Ongaro, a modo che facevano
pure l'Ongaro da Sassoferrato ed altri suoi compagni di ventura
a Buda. Nel 1380 rivide a Gubbio Carlo di Durazzo e, perl'antica ami-
cizia, d'accordo col Vescovo, gli diede nelle mani la città (1).

14. — Cosi rappresentata nella contrada ungherese, l' Umbria ve-
niva a suscitarvi vieppiù crescente attrazione, sentita non soltanto nel-
l'ambiente francescano ma anche nei diversi strati della popolazione.
Naturalmente i Francescani furono a primeggiare nei frequenti pel-
legrinaggi all’Oriente Serafico che a qualcuno di essi offriva anche
fissa dimora; così avvenne ad un Matteo Ongaro che vediamo « Let-
tore dei Frati Minori a Perugia », allorchè il 26 agosto 1327 ebbe da
Giovanni XXII l'incarico di aprire un’inchiesta contro il fraticello
Pietro di Mino da Siena (2). Quanto al clero secolare, è da notare
Niccoló vescovo di Cinquechiese, il quale (seguito dalla fama di essere
fratello naturale del re Lodovico) nel 1346 dimorava a Foligno, ospite
di Golino Trinci (3). Nella folla dei pellegrini laici spicca la figura
del B. Antonio d'Ungheria. Romeo al Giubileo del 1350, egli vesti
nell'Eterna Città l'abito del Terz.Ordine di S. Francesco, quindi nel
1371 venne ad Assisi per lucrare l'indulgenza della Porziuncola. Nel
ritorno ammalatosi a Foligno, fu portato nell'ospedale di S. Spirito
medesima città e quivi, ottenuta la guarigione volle perseverare tutto
il resto della sua vita servendo gli infermi di quell'ospedale, fino alla
morte sopravvenutagli il 13 maggio 1398. Primo della Confraternita
di S. Spirito com'era, fu sepolto nella chiesa dello stesso ospedale,
dove il suo corpo — al dire dello Jacobilli — « sino al presente vedesi in-
tiero ed esposto a pubblica venerazione » (4).

. (1) RAFFAELLI, op. cit., pp. 218, 220, 315-17 (testo del doc. del 1970),
233 (Carlo di Durazzo e B.).

(2) Lu1a1 Fumi, Eretici e ribelli nell’ Umbria dal 1320 .al 1330, in « Bol-
lettino della R. Deput. di Storia P. per l'Umbria », v. V/1899, Pp. 249-51.

(3) PELLINI, op. cit., v. I, p. 572.

(4) L. JAcoBILLI, Vita de' Santi e Beati di Foligno e di quelli i corpi de
quali riposano in essa cillà e sua diocesi (Foligno 1628), pp. 135-41; PETRUS

SAUNIER, De capite S. Ordinis S. SRtEUus dissertatio sa 1649), pp.
68-69.

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52 ; FLORIO BANFI

I rapporti intercorsi fra i due paesi diedero adito all'influenza
[420 | che in seguito l'Umbria eserciterà sulla vita spirituale ungherese.
aub cc M . Tale influenza si fece sentire già in quest'epoca ma quasi esclusiva-
i mente nell'ambiente francescano, con la formazione dell'Osservanza
Regolare, rappresentata dal B. Tommaso da Foligno. Tuttavia qual-
che lieve influsso umbro si nota anche nel campo dell’arte. Risultato
del soggiorno trascorso dalla regina Elisabetta in Assisi dev'essere l'in-
. troduzione in Ungheria dell’arte tessile umbra: stando al Gerevich (1),
il «barchent » di Cassovia (Kassa) ripete i motivi dei tessuti peru-.
gini; altrettanto dicasi per i « barchent » della regione di Szepes e
Sàros nell’ Alta Ungheria. Nelle stesse regioni, tanto care agli Angioi-
ni, anche l'architettura mostra influenze umbre: «la torre pendente
della piccola chiesa di S. Michele a Kassa, fatta costruire probabil-
mente dal governatore Amadeo, — secondo lo stesso critico - rammenta
le torri di alcune chiese dell'Umbria, tra le quali quella di S. Maria

degli Aratri a Perugia e di S. Ilario a Todi » (2).

III. - L'EPocA DEI RE DI DIVERSE DINASTIE (1387-1458).

15). - Re Sigismondo in Umbria. — 16) Andrea de’ Benzi da Gualdo
Tadino. Antonio da Gualdo Tadino. — 17) Giacomo da Spoleto.
— 18) Simeone da Perugia. Benedetto Barzi da Perugia. — 19) Nic-
coló di Angelo da Sangemini. Lorenzo Giacomo da Gentelotti da
Perugia ; Marco Costanzi d'Assisi ; Carlo e Tebaldo di Battista
[i : da Perugia; Salvo da Foligno; Sali Buccioli da Foligno. — 20)
Eres Giovanni da Spoleto. — 21) Francesco Oddi da Todi e Carlo Nepis
EX EN d'Assisi. — 22) Influenza umbra nella vita culturale ungherese.

15. — Con la mano della figlia di Lodovico I toccò il regno a Si- |

; . gismondo di Lussemburgo (1287-1437), sin dal 1410 eletto Imperatore

Hou sa il quale lo lasciò al genero Alberto d'Absburgo (1437-39) seguito, dopo

ELS i il regno di Vladislao I Jagellone (1440-44) e la reggenza di Gio-

vanni Hunyadi (1444-52), dal figlio postumo Ladislao V d' OR
(1452-57).

(1) GEREvICH TiBon, Magyarország románkori emlékei (I monumenti
romanici in Ungheria), Budapest 1938, p. 251.

(2) InEM, L'arte antica ungherese, ne L’ Ungheria (« Pubblicazioni del-
l'Istituto per l'Europa Orientale » S. IT, v. XVIII) Roma 1929, p. 328.

—— o —————— EUN ÉÀ DTA TI pre RARE A ER Fo ae AN UMBRI IN UNGHERIA 53

La penetrazione degli Umbri in Ungheria ebbe nuovi impulsi
dai viaggi compiuti dal re Sigismondo in Italia, dapprima fra il 1411
e il 1413, poi nel 1431-'33 per cingere le due corone, la reale a Milano e
l'imperiale a Roma. Reduce da Roma, dove il 31 maggio 1433 fu in-
coronato da Eugenio IV, passó per l'Umbria che, questa volta, espan-
deva le sue attrattive a più di duemila Ungheresi che costituivano.la
scorta del Sovrano. Partito dall'Eterna Città, l'Imperatore si diresse
per la Via Flaminia alla volta di Narni, dove ebbe alloggio nella Roc-

ca, il 18 agosto (1). Indi, il giorno appresso imboccando la via Inte-

ramnana che dirama da quella Flaminia presso il ponte d’Augusto,
passava per Terni pernottandovi. La mattina seguente ascendeva al
monte Somma, da dove potè ammirare nel suo pieno splendore la
valle Spoletana, cinta di monti sparsi di città e di castelli. La sera

. del 20 agosto entrò a Spoleto, dove «il giorno seguente in duomo, ce-

lebrandosi solennemente dal Vescovo, egli fregiò con pomposa ce-
rimonia delle insegne cavalleresche Tommaso Martani che, essendo
l’anno innanzi Camerlengo del Comune, aveva fatto riedificare da
Giovanni Buono la fontana della piazza del Foro, dalla quale sgorgò
l’acqua per la ‘prima volta, mentre era in Spoleto l'Imperatore » (2).
Partitosene il 21 agosto, lasció indietro Trevi, per giungere il
giorno stesso a Foligno, dove prese alloggio nel palazzo di Corrado.
Trinci, che creó Conte Palatino e lo decoró, insieme ai figli Golino e
Niccolò, delle insegne dell'Ordine del Drago. Nei tre giorni seguenti

accoglieva l'omaggio della nobiltà umbra che vi accorreva da ogni .

parte della regione e ne fece molti cavalieri, fra essi il poeta Candido
Bontempi (3). Il 25 proseguì il viaggio e radendo Santa Maria degli
Angeli ammiró da lontano la chiesa possente di S. Francesco, adagiata
su quella «fertile costa d'alto monte », quindi a Ponte S. Giovanni
riprese la Via Flaminia per raggiungere Perugia che gli aveva riser-
vato speciali onoranze. Presso la chiesa di S. Costanzo il Re-Impe-
tore fu ricevuto da tutto il clero e dai Priori dell'augusta città, salu-
tato da Matteo Baldeschi con una forbita orazione (4); quindi accom-

(1) EpoARDO MARTINORI, Cronistorià Narnese (Roma 1930), p. 14.

(2) AcHILLE SANSI, Storia del Comune di Spoleto dal sec. xit al xvi (Fo-
ligno 1879), v. I, p. 309. :

(3) Fragmenta Fulginatis Historiae, auctore PETRUCCIO DE UNCTIS, in
MuRATORI, Antiquitates Italicae, v. IX, col. 8965; Donrio, op. cit., p. 215s.

(4) Biblioteca Nazionale (già Palatina) di Vienna, cod. Lat. 3530 ff. 1-2
« Matthaeus de Perusio, Oratio (nomine Civitatis Perusinae) coram Caesare
Sigismundo »; cfr. Tabulae Codicum manu scriptorum praeter Graecos el Orien-

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54 FLORIO BANFI

pagnato da una grande moltitudine di cittadini, fu condotto «insino
alle stanze, dove già fu la fortezza ». Il giorno seguente (26 agosto)
partecipò alla festa pubblica fattagli nella Piazza e vi fu celebrato dal
poeta Maestro Niccolò Cieco con un componimento in terza rima (1).
« Alli 28 — secondo il Pellini (2) — essendo la mattina per tempo caval-
cato et andato a Monte Morcino alla messa et ivi fatto cavaliere M.
Agamennone degli Arcipreti, et andato raggirando quasi per tutta la
Terra, se ne tornò finalmente alle stanze ». E fu in quell'occasione che
visitò anche la chiesa di S. Andrea, presso la Porta di S. Susanna, per
venerare la salma del suo parente, B. Enrico di Danimarca (3). « E
l’istessa sera — continua a dire il Pellini — se ne uscì di Perugia et andò
ad alloggiare al ponte di Pattolo, raccoltovi onoratamente da M.
Agamenonne et fratelli et dagli altri gentilhuomini di quella famiglia ».
Il 30 agosto passò per Gubbio, accolto con magnificenza dagli Eugu-

bini, mentre si fondeva la campana di S. Girolamo, la cui iscrizione .

lo ricorda e il Palazzo del Podestà ne conserva il ritratto (4). Fra i nu-
merosi Umbri che in occasione del suo passaggio in Italia ricevettero
da Sigismondo dignità onorificenze e privilegi, sono da ricordare an-
che Boncambio e Giovanni, figli di Marco Boncambj, che a Roma l’8
giugno 1433 egli aveva insigniti del titolo di Conte Palatino, con i
privilegi di creare notai e giudici, nonché di legittimare figli adot-

tales in Bibliotheca Palatina Vindobonensi asservatorum (Nindobonáe 1869),
p. 13. Si tratta di Matteo di Pietro degli Ubaldi, detto anche Matteo Baldeschi
(v. VERMIGLIOLI, Biografia, v. I/I, p. 148s), che aveva salutato Sigismondo
anche à Costanza, pronunciandogli il discorso che si conserva oltreché nel ma-
noscritto indicato dal Vermiglioli, nel codice Barb. Lat. 1400, f. 69. Il VERMI-
GLIOLI, Memorie di Jacopo Antiquari (Perugia 1813), pp. 253-56, pubblica un
altro « Concio Populi Perusi in salutatione et adventu Sigismundi Impera-
toris de Lucemburgo », da lui trovato «in un codice della Riccardiana » di
Firenze, che dev'essere senz'altro quello n. 1195 contenente (aff.104-vo 105vo)
lo stesso discorso.

(1) Vedasi l'Appendice aggiunta alla presente memoria.

(2) PELLINI. op. cit., v. II, pp. 357-58. Per il monastero di S. Maria di
Montemorcino dell'Ordine di Montoliveto, ved. CRISPOLTI, op. cit., pp. 97-100;
notizie della visita fattavi da Sigismondo si trovano anche in Historiae Oli-
vetanae, auctore D. SEcuNpo LancELLOTTO (Venezia 1623), p. 42.

(3) JAcoBILLI, Vite de’ Santi e Beati del Umbria, p. 320; CRISPOLTI, op.
CIL; pt 87;

(4) Chronicon Eugubinum, in MunaToni, Rer. Ital. SS., v. XX, col 970;
ODERIGI LUCARELLI, Memorie e guida storica di Gubbio (Città di Castello 1888),
pp. 95, 507 (ritratto di Sigismondo). Per l'iscrizione della campana v. F. BANFI,
Ricordi ungheresi in Italia (Roma 1942), p. 81.

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——— UMBRI IN UNGHERIA . 55

tivi e naturali, come ne fa memoria la lapide tuttora conservata
a Perugia (I).

16. — Vero é che i viaggi compiuti da Sigismondo in Italia,

come vedremo promossero la penetrazione degli Umbri in Ungheria, -

ma è altrettanto vero che l'estinzione del ramo ungherese degliAngioi-
ni non aveva determinato alcuna ripercussione sul ritmo di tale pe-
netrazione che, favorita ormai da una tradizione plurisecolare, pro-
segui ,senza soluzione di continuità, il corso normale del suo sviluppo.
Infatti, l'ascensione di Sigismondo al trono di S. Stefano sembra inau-
gurare la straordinaria fortuna che Andrea de’ Benzi da GualdoTadino
proprio allora ebbe ad iniziare in Ungheria (2).

Figlio di Pietro di Gionta (o Giunta), Andrea nacque circa la
metà del '300 e fattosi sacerdote, anzi dottore in legge, divenne cap-
pellano della chiesa di S. Leopardo, allora esistente presso la borgata
Gualdese, detta Le Piagge. Nel tempo stesso va notato tale Antonio
da Gualdo Tadino, scrivano Pontificio, che l'ungherese Ugolino, già
arcivescovo di Spalato, aveva nominato suo procuratore in Roma,
affinché sollecitasse il Papa di provvedere del successore quell'arcive-
scovato (3). Fu, senza dubbio, per i buoni uffici di Antonio Gualdese
che sul finire del 1388 Andrea de' Benzi venne nominato da Urbano VI
arcivescovo di Spalato e, come tale, divenne Magnate d'Ungheria (4)
Perspicace d'ingegno com'era, egli seppe destreggiare fra Sigi-
smondo e Tvartko re di Bosnia, in contesa per il possesso della Dalma-

Zia, tanto da ottenere da ambo le parti straordinari privilegi per la

sua diocesi, della quale difese con ardore i diritti persino contro lo
stesso comune di Spalato. Morto Tvartko nel 1391, sostenne energica-
mente i diritti della Corona di S. Stefano sulla Dalmazia e particolar-
mente su Spalato che riusci a conservare nella fedeltà a Sigismondo,
dapprima contro il nuovo re di Bosnia e poi contro Ladislao re di Na-
poli, pretendente al trono d'Ungheria. Ma quando nel 1402 la Dalma-
zia sollevatasi contro Sigismondo offri al pretenderte Ladislao la

(1) W. ALTMANN, Die Urkunden Kaiser Sigmunds (Regesta Imperii, v.

XD) v, II (Innsbruck 1897), n. 9486. Per l'iscrizione, v. BANFI. op. cit., p. 121.

(2) RucGERO GUERRIERI, Storia civile ed ecclesiastica del Comune di
Gualdo Tadino (Gubbio 1933), pp. 728-38; F. BANFI, Pier Paolo Vergerio il
Vecchio in Ungheria, in « Archivio di Scienze Lettere ed Arti della Società
Italo-Ungherese Mattia Corvino », anno II (Budapest 1940), pp. 3, 10-11.

(3) Per Antonio da Gualdo ved. più innanzi p. 32, nota 2.

(4) Come arcivescovo di Spalato, è vagliato dal FARLATI, op. cit., v. III,
p. 332ss.

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56 E FLORIO BANFI

Corona di S. Stefano, il Benzi malmenato dagli Spalatini e costretto a

fuggire si ricoverò in Ungheria presso la Real Corte di Buda. Bonifa-
cio IX, favorevole alla causa dell'Angioino, prese atto della fuga di
. Andrea e, nel 1403, decretó l'arcivescovato a Pellegrino d'Aragona,
dando in compenso al Nostro il titolo di Vescovo Samaritano «in D par-
tibus iufidelibus » (1). : :
Ma il Gualdese trovandosi in Ungheria continuó ad intitolarsi
| arcivescovo di Spalato, e tale venne considerato anche dal Re che, in

. seguito, nei suoi diplomi lo indicava con i titoli più lusinghieri, come,

« consiliarius et cappellanus noster spiritualis », «noster consilia-
rius », ecc. Intanto divenne amministratore o vicario del vescovato di
Agria (Eger), come appare dal titolo di una sua lettera data da Eper-
jes il 13 maggio 1405; confermato da Gregorio XII il 2 gennaio 1408,

rimane in questa dignità fino al 1411 (2). Nel 1407, dietro incarico:

avuto da Sigismondo, egli e il cardinalé Valentino Alsani, vescovo di

Cinquechiese (Pécs) si recarono da quel Pontefice per ottenere lin-

dulgenza a coloro che avessero militato sotto le regie insegne contro
i turchi (3). Quindi il Benzi conseguì il 16 gennaio 1408 la com-
menda dell’abbazia di Zalavàr e il 18 novembre 1411 lo vediamo
anche in possesso dell’abazia di Bakonybél (4). Inoltre, nell’agosto

1408 fu nominato da Gregorio XII Collettore Generale di tutti i

redditi della Camera Apostolica in Ungheria per le diocesi di Stri-

gonia e di Kalocsa, e il 20 luglio 1409 da Alessandro V Maggior.

. Penitenziere Apostolico per l'intero territorio della Corona di S. Ste-
fano (5). Per di piü, l'11 agosto 1410, ebbe da Giovanni XXIII il

(1) Cfr. GUERRIERI, op. citl, p. 730 e le lettere ivi addotte.

(2) FEJER, Codex diplomaticus, v. V/IV, p. 428; cfr. NICOLAUS SCHMITTH

Episcopi Agrienses (Tyrnaviae 1768), v. p. 383.
(3) THEINER, op. ci*., v. II, pp. 179. 180.
(4) Per il conferimento della commenda di Zalavar, che il GUERRIERI,

op. cit., p. 735, fissa erroneamente al 1425, vedasi. FRAKNÓI VILMOS, A ma-

gyar kiralyi kegyuri jog, (I! juspatronato del Re d’Ungheria), Budapest 1895),
p. 508. Per la possessione dell’abbazia di Bakonybel, ignorata dal Guerrieri,
v. il diploma del 18 XI 1411 presso NAGv, Cod. dipl. cit., v. II, pp. 185-95,
(in cui egli si dice: « Nos Andreas, archiepiscopus Spalatensis, legum doctor,
gubernator et commendator abbatiae S. Mauritii de Beel »), non ché l'apposito
studio di Sónós PonGRÀCcz, De Benziis de Gualdo András, in « Magyar Sion »
v. XV (Esztergom 1906), pp. 561-72.

(5) Cfr. GUERRIERI, op. cit., p. 371, che sembra ignorare la carica conferita ‘

da Alessandro V al Benzi, per cui v..FRAKNOI, op. cit., pp. 908- 9, nonché Só-
ROS, luogo cit., p. 563.

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titolo di arcivescovo di Tebe (1). Intanto egli non cessó di mirare al

| ricupero dell’arcivescovato di Spalato, magari con l'appoggio di Sigi-

‘smondo il quale, il 12 febbraio 1412 si rivolse a quel Comune affinché.
il suo protetto venisse reintegrato (2). Ma gli Spalatini non volevano

‘ saperne, per cui anche lo stesso Re finì per riconoscere la definitiva

decadenza di Andrea da quella sede. In realtà, Sigismondo riservava
al suo fedele Consigliere uno dei più ricchi e decorosi benefizi del
Regno, vale a dire l’arcivescovato di Kalocsa, al quale venne pro-

mosso da Giovanni XXIII con bolla del 9 gennaio 1413 (3).

Così colui che dai suoi vassalli di Bakonybél fu chiamato semplice-
mente « Signor Frate Abbate », ascese al secondo grado della gerarchia

‘ecclesiastica ungherese, preceduto soltanto dall’arcivescovo di Stri-

gonia, primate del Regno. Ma nella fortuna il Gualdese non dimenticó
la dolce patria, anzi cercó di rafforzare i suoi legami con la terra natia;
sta di fatto che, il 13 aprile 1415 il Comune di Perugia conferì al Benzi

| ai tre fratelli di questo, Bartolomeo, Pietro Paolo e Simone, nonché

ai figli di Simone, la cittadinanza Perugina (4).
Intanto Sigismondo, oramai deciso ad estinguere lo scisma che

dilaniava la Chiesa per via di tre Papi (Giovanni XXIII, Gregorio

XII e Benedetto XIII), non poteva trovare uomo più adatto del Gual-
dese, a cui affidare i negozi a proposito della sua partecipazione al

Concilio di Costanza, indetto da Giovanni XXIII. Infatti, fra luglio e-
‘ ottobre del 1414, lo vediamo disimpegnare importanti missioni af-

fidategli dal Re presso Gregorio XII e i cittadini di Costanza. Diretto
a Rimini, mentre egli transitava nelle terre. d’Italia, si dette cura
- a richiesta fattagli il 15 luglio da Giovanni XXIII (5) — d'invitare
i prelati di quei luoghi a recarsi a Costanza; allo stesso scopo mirava

‘ pure la sua missione presso Gregorio XII il quale, però, rifiutò a par-
| tecipare al Concilio (6). Indi il Benzi si recò a Costanza, i cui citta-

dini furono invitati da Sigismondo, con la sua lettera del 15 luglio,
affinché promettessero ogni sicurezza e rispetto a Giovanni XXIII

che doveva recarsi al Concilio e ne dessero assicurazioni e giuramento

«in manus Reverendi Andreae archiepiscopi Colecensis, utriusque

(1) GUERRIERI, op. cit., p. 731; SòRòs, op. cit., p. 564.

(2) FEJÈR, Cod. dipl. cit., v. X/V, p. 313; cfr. FRAKNOI, op. cit., p. 112.
(3) SrEPH. KATONA, Historia metrop. Ecclesiae Colocensis (Budae 1800), :

v. I, p. 401; SónROS, op, cit., pp. 567, 571-72.
(4) GUERRIERI, op. cit., p. 733.
(5) THEINER, op. cit., v. II, 194.
(6) IDEM, ivi, v. II, p. 182.

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58 FLORIO BANFI

iuris doctoris, nostri Consiliarii cari et fidelis, vice et nomine D. N.
PP. Joannis » Giuntovi felicemente, nel Palazzo del Comune rice-
vette dal popolo e dai magistrati il giuramento richiesto per Giovanni
XXIII dal suo augusto committente (1). Ancora si era trovato a
Costanza, quando il 18 ottobre vi arrivó il Legato di quel Pontefice,
cardinal Francesco Zabarella; quindi se ne parti per aggiungersi a
Sigismondo diretto ad Acquisgrana e assistervi alla di lui incorona-
zione (2).

Aperto il Concilio, il Benzi fu di ritorno a Costanza il 9 febbraio
1415, facendovi l'entrata solenne col suo splendido seguito di 28 per-
sone. Di li in poi partecipó assiduamente alle sessioni del Concilio,
assecondando con grande zelo gli interessi di Sigismondo, « Caput
et Dispendator Concilii », e gli fu accanto anche nel viaggio a Perpi-
gnano-Parigi-Londra fra il 18 luglio 1415 e il 27 gennaio 1417. Rien-
trato a Costanza, continuó a far parte del Concilio impiegandovi i
suol buoni uffici che ebbero grande peso in quelle concessioni che esso
. diede a Sigismondo nei confronti dell'Ungheria (3). Terminato il
Concilio, i1 Benzi intervenne ancora una volta in favore del suo So-
vrano, presso il nuovo pontefice Martino V, che, il 2 maggio 1418 pre-
sente l'Arcivescovo di Kalocsa, concedeva al re Sigismondo l'autoriz-
zazione di poter raccogliere per un anno la decima dei beni ecclesia-
stici del clero germanico (4). Il rispettivo documento segna l'ultima
data del suo soggiorno a Costanza non solo ma anche dei suoi rapporti
con Sigismondo, che egli più non doveva seguire nelle lontane terre
dell’ Ungheria.

Sta di fatto che Martino V, con bolla dell’11 agosto 1418, liberò
il Benzi — «licet ignarum et non consentientem » — da qualsiasi le-
game con l’arcivescovato di Kalocsa, nominandolo vicario e ammini-
stratore del vescovato di Sitten (Sion) in Svizzera. Infatti, egli, quan-
tunque trasferitosi nella nuova sede, non volle rinunciare all’arcive-
scovato ungherese, fino a quando il 20 aprile 1431 non venisse nomi-

(1) E. I. HEFELE, Konziliengeschichte nach den Quellen bearbeitet, v. VI
(Freiburg in Br. 1867), p. 23; GUERRIERI, op. cit., pp. 732, 733.

(2) Acta Conciliorum Constantiensis et Basileensis, nel codice Cl. IV
n. LXXIV (f. 24) della Marciana di Venezia, presso BANFI, Pier Paolo
Vergerio, luogo cit., p. 11, n. 13. i

(3) Per la partecipazione del B. al Concilio, v. KARÀcsoNv1i JàÀwos, Ma-
gyarorszdg és a nyugati nagy egyházszakadás (Ungheria e lo scisma occidentale),
Nagyvárad 1885, pp. 47, 56, 58, 61, 68-70, 74.

(4) GUERRIERI, op cit., p. 733.

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UMBRI IN UNGHERIA 59

nato da Eugenio IV effettivo vescovo di quella diocesi svizzera (1).
Mori a Sitten il 17 aprile 1437 e fu sepolto in quella cattedrale,mentre
nella chiesa di S. Francesco a Gualdo si conserva una lapide comme-
morativa con la figura dell’insigne prelato ivi scolpita.

Qui noteremo infine che il sopraccennato Antonio da Gualdo, *
nel 1388 procuratore di Ugolino d'Ungheria presso la Santa Sede, si
trovó in Ungheria poco dopo che il Benzi vi si fosse trasferito da Spa-
lato, oramai « Magister et Decretorum Doctor » in qualità di « Col-
lettore dei proventi della Camera Apostolica nelle province di Stri-
gonia e di Kalocsa » come compagno di Enrico da Milano preposto di
S. Maria in Asillo. Il 18 ottobre 1407 entrambi vennero deputati da
Gregorio XII nei regni di Ungheria, Boemia, Polonia Slavonia, Dal-
mazia, Croazia, ecc., quali «taxatores, coactores et receptores » dei
medesimi proventi, lasciando al Benzi la carica di Collettore per le
province di Strigonia e di Kalocsa (2).

17. — L’esaltazione di Sigismondo al culmine del Sacro Impero
Germanico Romano segna anzitutto l’intensificazione dei rapporti
fra Buda e la Santa Sede, manifestatasi nell’affluenza di diplomatici
pontifici in Ungheria, fra i quali va notato Giacomo da Spoleto, non
meglio identificato. Egli venne alla Corte di Sigismondo insieme con
Ferdinando de Palacios, vescovo di Lugo in Ispagna, inviatovi da
Martino V, in qualità di Nunzio Apostolico, per succedere al cardinal
Legato Giovanni Dominici morto a Buda nel 1419. Lo Spoletino deve
essere stato il più insigne dei personaggi che formavano il seguito del
Nunzio, perché ogni qual volta che emerge dall’ombra lo vediamo
sempre accanto al suo padrone, in mezzo ai più alti gerarchi della
Corte. Così, il 18 giugno 1419, trovandosi a Cassovia (Kassa) nell’Alta
Ungheria, Sigismondo si lagnò col Papa dell’ambiguo atteggiamento
preso dal Nunzio e dallo Spoletino di fronte alla vertenza fra il Re
di Polonia e l’Ordine dei Templari, sottomessa al suo arbitrio, e gli
chiese di volerli richiamare e cassare il rapporto da essi trasmesso a
Roma (3). Ma la richiesta non ebbe effetto e i due diplomatici rima-
sero presso la Corte; anzi, Giacomo da Spoleto lo vediamo accanto a

(1) Cfr. VArosy Gvura, Meddig volt De Benciis András kalocsai érsek ?
(Fino a quando fu il Benzi arcivescovo di Kalocsa ?), in «Századok», v. XXXIII
(Budapest 1899), pp. 618-22; SòRròs, op. cit., p. 571s.

(2) THEINER, op. cit., v. II, p. 177. doc. 337.

(3) ALTMANN, op. cit., v. II, n. 3883.
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60 i : FLORIO BANPI

Sigismondo, quando il 6 gennaio 1420 questi pronunció a Breslavia
il lodo arbitrale nella vertenza sopraccennata (1).

18.65 parte i diplomatici al servizio della Santa Sede, ve n'e-

.rano altri Umbri, anzitutto alla dipendenza del Sovrano. Si tratta,

per lo. più, di giuristi, di dottori in ambo le leggi, quali erano anche.
i due Gualdesi, e perciò particolarmente adatti all'amministrazione .
pubblica per cui il Re si giovò della loro perizia. Così Simeone de’ Quat-
tropani da Perugia, lo stesso « Simeone da Perugia » del diploma im-
periale del 15 dicembre 1413 con cui egli, allora «legum doctor, ad-
vocatus Sacri Consistorii et Fisci, in Romana Curia familiaris » ven- -
ne nominato da Sigismondo «advocatus promotor et director» di
tutti gli affari dell'Impero e del Regno d'Ungheria (2). Il suo cogno-
me si rileva dalla firma (« Symeon de Quattropanibus de Perusio »)
apposta da lui, come Avvocato Concistoriale, alle convenzioni del

1392 fra Bonifacio IX e il Comune di Perugia; egli fungeva allora per

conto del Pontefice, in qualità di Avvocato Concistoriale, alla quale:
carica ebbe aggiunta da Alessandro V (1409-10) quella di Avvocato
del Fisco. Era familiare della Curia Romana allorché, in occasione
dell'incontro avvenuto: fra Giovanni XXIII e il Re a Lodi nel 1413,
passó al servizio di Sigismondo seguendolo in Ungheria. Insieme a
questi venne il 25 dicembre 1414, a Costanza per parteciparvi al Con-.
cilio che, poi la notte dal 20 al 21 marzo 1415, abbandonò per seguire
a Sciaffusa il fuggiasco Giovanni XXIII, ponendo cosi termine ai
suoi rapporti con il Re d’Ungheria.

Un altro dottore in ambo le leggi, distintosi parimente nel setto-
re della pubblica amministrazione dell’ Ungheria, fu Benedetto Barzi
da Perugia. Figlio di Paoluccio, già professore dello Studio di Napoli
e di Perugia, quindi nel 1425 bandito dal governo papale; Benedetto
si trasferì a Siena per coprire una cattedra di Diritto e quivi sitrovava .
anche quando, dal 12 luglio 1432 al 24 aprile 1433, la gentil città to-
scana divenne la stanza di Sigismondo diretto a Roma per prendere
la corona imperiale (3). E fu in quell’occasione che, intesane la fa-

(1) IDEM, ivi, v. II, n. 3944. :

(2) IDEM, ivi, v. I (Innsbruck 1896), n. 841. Per le altre notizie di Simeone
ved.: AUGUSTINI OLDOINI Aíhenaeum Augustum in quo Perusinorum scripta |
publice exponuntur (Perusiae 1678), p. 310 ss.; VERMIGLIOLI, Biografia cit.,
v. II/II, p. 261. |

. (3) CRISPOLTI, op. cit., p. 323; VERMIGLIOLI, Biografia cit. v. I, pp.
197-201.

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UMBRI IN UNGHERIA 6T

ma, il Re volle assicurarsi la collaborazione dell'insigne giurista:
infatti, il 25 agosto 1432 lo nominò Consigliere, con l'annuo stipendio
di 500 ducati (1). Doco dopo, il 28 ottobre, lo aggregó alla nobiltà

del Regno, confermandogli l'antico stemma; quindi, il 23 aprile 1433,

lo creó Conte Palatino (2). Gli é che il Barzi abbandonó Siena per
seguire Sigismondo e fu dopo la di lui morte che fece ritorno in Ita-

lia, per leggere nello Studio di Ferrara, dove nel 1447 compiló il Trac- -

tatus de Guarentiglia lasciandovi un ricordo della sua carica di Consi-
gliere Imperiale (3).

19. — Neppure la Corte mancava di elementi umbri al servizio
di Sigismondo. Anzi, una delle cariche piü intime della Corte quella

. cioè del titolare della Reale Cappella di S. Sigismondo nella Reggia
di Buda, negli ultimi anni della vita del Re-Imperatore fu disimpe- -

gnata da Fra Niccolò di Angelo da Sangemini. Il religioso umbro su-
bentró nella carica di cappellano al benedettino Niccoló da Bologna,
in occasione del soggiorno trascorso dal Sovrano a Siena, doveaveva
avuto la ventura di farne la conoscenza. Alla nomina ottenuta ilI
novembre 1432 (4), non dev'essere stato estraneo S. Bernardino da
Siena, inseparabile compagno di Sigismondo in quella città.

- Altri Umbri vennero aggregati alla Corte di Buda in qualità di
familiari (« familiares ») che ne costituivano una caratteristica e ben
definita categoria. La serie dei familiari umbri di Sigismondo si apre
con Lorenzo Giacomo de’ Gentelotti da Perugia, assunto al servizio
e aggregato alla nobiltà ungherese il 13 marzo 1413 (5). Quindi nel

. corso del viaggio romano del Re ebbero da lui la nomina: Marco Co-

. di Consigliere dell'Imperatore Sigismondo, da cui esso, e la sua famiglia, a- .

| stanzi d'Assisi, a Siena il 20 ottobre 1432 (6); Giovanni da Spoleto,

a Siena il 18 aprile 1433 (7); Carlo e Tebaldo di Battista da Perugia,

(1) ALTMANN, op. cit., v. II, nn. 9223, 9286 (concernente lo stipendio in
data del 25 ott. 1432). :

(2) IDEM, ivi, v. II, nn. 9292, 9422.

(3) VERMIGLIOLI, Biografia cit., v. I, p. 200: « ... era insignito dell'onore

vevano ottenuti de’ privilegi, come ci è lecito sapere da più memorie compilate
da Pompeo Barzi, e che si conservano presso i Signori Giovio, mentre della
sua carica di Consigliere ne parla egli stesso nel suo trattato De Quarantigiis ».

(4) ALTMANN, Op. cit., v. II, n. 9301. :

(5) IDEM, ivi, v. I, n. 426; con lo stesso diploma gli venne conferito anche
uno stemma nobiliare.

(6) IDEM, ivi, v. II, n. 9281.

(7) IDEM, ivi, v. II, n. 9410.

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62 FLORIO BANFI

a Roma il 19 giugno 1433 (1); Salvo di Giovanni da Foligno e Sali
(!) Buccioli da Foligno, ambedue a Perugia il 27 agosto 1433 (2).
Fatta eccezione per Giovanni da Spoleto, si tratta di individui poco
rilevanti perció, in mancanza di altri documenti, non siamo in grado
di stabilire se essi si siano valsi o no deil'opportunità per entrar a far
parte della Corte di Sigismondo, seguendolo in Ungheria.

20. — Fra i familiari di Sigismondo Giovanni di Ser Buccio da
Spoleto merita particolare considerazione (3). Sin dal 1393 insegnan-
te di grammatica e poesia e lettore di Dante a Bologna e a Pistoia,
nel 1396 Giovanni aveva accolto l’invito, fattogli dal Concistoro di
Siena, d'insegnare nella gentil città toscana, divenuta fra il 1432 e il
33 la stanza del re Sigismondo. Data la sua qualità di letterato e
d'insegnante, anch'egli ebbe occasione d’avvicinare allora la Corte,
come documenta l’epistola intitolata Defensio Simiae Johannis
Spoletani ad Dominum Ladislaum de Cap. Dispensatorem e conserva-
ta nel codice n. 1195 (cc. 106-119) della Biblioteca Riccardiana di
Firenze. Il destinatario de'l’epistola, a parere del Novati, «è un La-
dislao, il cui cognome è dato in forma abbreviata, e cioè de Cap. nel
codice ». In realtà, non si tratta di alcuna abbreviazione, poiché
«Cap » (correttamente Chap) indica l'abitato di Csap, nell'Alta Unghe-
ria, dal quale trasse origine il casato Csapi o de Chap. Quanto a Ladi-
slao Csapi, il suo nome si ritrova nei documenti dell’epoca, che lo
ricordano sin dal 1420, quale Vice-Cancelliere di Sigismondo, e risulta
altresì che egli accompagnò il Sovrano nel viaggio in Italia (4). Tro-
vandosi a Siena, coltivò con lo Spoletino amichevoli rapporti, lu-
meggiati splendidamente dall’epistola in parola.

Sta di fatto che il nostro Giovanni, com’egli stesso ci racconta
l'origine di questa lettera, scrisse per l’amico ungherese alcuni compo-

(1) IDEM, ivi, v. II, n. 9470.

(2) IDEM, ivi, v. II, nn. 9643, 9644.

(3) Pietro Rossi, La « Lectura Dantis » nello Studio Senese — Giovanni
da Spoleto maestro di retorica e lettore della Divina Commedia, Torino 1898;
FnRANcESCO Novarr, Epistolario di Coluccio Salutati (Roma 1905), v. IV, parte
I, p.. 69-72, nota 1; JAcquES MONFRIN, Il Dialogo di Giovanni da Spoleto a
Jacopo Altoviti vescovo di Fiesole, in « Rivista di Storia della Chiesa in Italia »,
v. III (Roma 1949), pp. 9-44; F. BANFI, citato a p. 36, nota 1.

(4) Cfr. ALTMANN, op. cit., vo. II, nn. 4233a, 4707, 7851, 8062, 8215,
8769. FRAKNOI, Magyarország egyházi és politikai òsszekòttetései a Szent
Székkel (Rapporti ecclesiastici e politici fra l'Ungheria e la S. Sede), v. II
(Budapest 1902), p. 18.
UMBRI IN UNGHERIA 63

nimenti (un «breve opusculum de vite et capro », delle « apostrofi »
ed orazioni di sacro argomento), forse per attirarsi l'attenzione del

Sovrano. Or accadde che il codice contenente tali scritture capitasse

tra le unghie di una scimmia che pure faceva parte della florida Corte
del Re d'Ungheria e dei Romani; l'odore della fresca pergamena deve
averle stuzzicato l'appetito tanto da fare scempio del codice, con cui
andò perita parte della sua opera. Il Dispensiere andò in furia e,
irritato per il tiro giocatogli dalla scimmia, voleva ad ogni costo pu-
nirla. Ma, ecco, lo Spoletino (evidentemente risarcito dei danni)
sì erge a difensore della bertuccia e la sua epistola s'amplia in un vero
opuscolo — Defensio Stmiae — dettato a scopo di scagionare la bestia
delle colpe imputatele. E desso una singolare scrittura del genere, un
vero panegirico della scimmia in generale, inteso altresi « ex hac ficta
defensione iocosi et festivi animalis summare solatia » (c. 106ro). L'au-
tore ricorda al destinatario la scimmia dell'attiguo convento — «inter
ista Augustinitarum claustra, habitationis tuae loco ferme contigua »
(c. 108vo) — e ne racconta le gesta, allegando molte storielle desunte
da autori classici ed intrecciandovi anche aneddoti recenti, riguardan-
ti scimmie memorabili. E lo fa per dissipare l'ira dell'amico verso la
colpevole bestia che, essendo uno « ex animalibus in curiis principum
observari consuetis, non parvo dotatis ingenio », appunto per la sua
raffinata intelligenza merita di essere risparmiata di ogni pena, tanto
piü perché non ci sono leggi contro bestie e quindi nessun tribunale
sarebbe competente in materia. Cosi, «ex hac ficta defensione » ven-
ne fuori questa singolare scrittura ma alquanto goffa e scorretta, sen-
za ombra di eleganza, né di classica purezza (1).

Avendo avuto sentore del fatto, il re Sigismondo volle fare la
conoscenza dello Spoletino e, come si è detto, il 18 aprile 1433 lo
annoverò fra i suoi familiari (2). Ciò che sia avvenuto a questo punto
nella vita del nostro Giovanni, non si sa precisamente. In una istanza
da lui stesso presentata al Concistoro di Siena in data dell'11 febbraio
1445, egli dice che « già sono anni L o circha che venne alla ciptà con-
ducto per magistro de scuola, dove continuamente à letto grammati-
ca poesia e retorica » (3). Al contrario, le Deliberazioni del Concistoro,

(1) F. BANFI, La leggenda del Palazzo della Scimmia — A proposito dell E-
pistola di Giovanni da Spoleto a Ladislao Csapy d'Ungheria, ne « L'Urbe »,
v. XIV (Roma 1951), n. 2, pp. 1-10.

(2) Vedasi 'p. 37, nota 7.

(3) E pubblicata dal Rossi, op. cit., pp. 21-22.

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64 FLORIO BANFI

in cui troviamo scrupolosamente registrate le conferme, ci rivelano
parecchie interruzioni nella condotta dello Spoletino e, per di più, ‘ -

ne registrano l’ultima paga per il periodo che va da maggio 1432 al
2 luglio 1433 (1). « La cosa può far ombra di dubbio — al dire del Ros-
si — che egli vi abbia insegnato ininterrottamente sino al 1433 »,
tanto meno fino al 1445, anzi c'induce a ritenere bene a ragione che
abbia passato il periodo decorso fra il 2 luglio 1433 e il 1437 presso
il Re-Imperatore in Ungheria.

21. — Sotto i successori di Sigismondo, sull’orizzonte ungherese
veniva ad estollersi a sempre più paurose altezze la mezzaluna turca
della minacciante potenza dei Sultani, provocando le crociate pro-

mosse dalla Santa Sede, tramite di Legati, Nunzi e predicatori, qual--

che volta umbri. Così, Francesco Oddi da Todi, vescovo d’Assisi (1444-
56), partecipò alla legazione dei cardinale Giovanni Carvajal, attivo
in Ungheria dal 1448 al '61, ed ebbe parte importante nella prepara-
zione della vittoria riportata dai crociati su Maometto II presso Bel-
grado il 22 luglio 1456 (2). Per continuare l’opera dell’Oddi, gli su-
bentró nella missione il suo successore anche sulla cattedra di S. Ru-

fino, Carlo di Averardo Nepis d'Assisi il quale, con soddisfazione del-

l’opera bene compiuta, dorme il sonno dell’eterna pace nella basilica
di S. Francesco, sotto la lastra sepolcrale che reca la sua figura, gra-
ve e solenne, con mitria e pastorale (3). !

Intanto l'epoca si spegne con la morte prematura di Ladislao V :

e l'Umbria esprime il suo cordoglio nell'epitaffio composto dall'u-
manista Gregorio da Città di Castello detto il Tifernate (4).

22. — In quest'epoca gli Umbri, in parte giuristi e grammatici,
e come tali rappresentanti della nuova cultura laica, segnalano in Un-

(1) Archivio di Stato di Siena: Libro dei IV Maestri del Sale e dei Paschi.

(da maggio 1432 al 2 luglio 1433). Un estratto di questo ruolo ved. presso L.

ZDEKAUER, Lo Studio di Siena nel Rinascimento (Milano 1894), p. 164; i dati:

relativi allo Spoletano presso Rossi, op. cit., p. 13, n. 2.

(2) Il soggiorno ungherese dell'Oddi è affermato dal FRAKNÒI, Carvajal
bibornok magyarorszagi kòvetségei 1448-1461 (La missioni del card. Carvajal
in Ungheria, 1448-61), Budapest 1889, ma, in base alle sue indicazioni, non

sono riuscito a rintracciare la relativa fonte.
i (3) FoRTINI, op. cit., p. 507.

(4) Huszti JózsEr, Gregorius Tifernas sirverse V. Láselóra (Epitaffio di

G. T. a Ladislao V), in « Egyetemes Philologiai RARI » V. XXVIII (Buda-
pest 1928), pp. 50-51.

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| UMBRI IN UNGHERIA 65

gheria l'aurora del Rinascimento, il cui splendore doveva in Umbria
abbagliare il re Sigismondo e gli Ungheresi che ne formavano il se-

guito. Riflessi di questa nuova cultura ci rimangono nella letteratura.

i componimenti del Baldeschi, di Niccolò Cieco e del Tifernate, in

. onore di Sigismondo o di Ladislao V, e l'epistola di Giovanni da Spo-

leto a Ladislao Csapi, altrettanti monumenti dell'Umanesimo che
rendono viva testimonianza intorno al collegamento spirituale umbro-
ungherese.

Il carattere sacro dell'Umbria si manifesta nell'opera dei france-

.scani ungheresi, a testimonio dei frequenti rapporti che ‘essi ebbero
‘anche in quest’epoca con Assisi. Per loro tramite giungono in Unghe-
ria le leggende di S. Francesco, « l’epopea francescana », per dare ori-
gine allo Speculum vitae B. Francisci et sociorum ejus, una rielabora-
‘zione della cosiddetta « Leggenda Avignonese », eseguita negli anni.
1440-43 da Fra Fabiano d'Igal. (1). Ispirati ai Fioretti, i francescani

posero mente a volgarizzare tali leggende, offrendoci nel’ Codice
Ehrenfeld-Jókai la prima opera letteraria stesa in lingua ungherese

‘e che verte intorno alla mirabile figura del Poverello d'Assisi, sotto i
cui auspici s'inizia cosi la letteratura ungherese (2).

IV. — L'EPOCA DI MaTTIA Corvino E DEI RE JAGELLONI (1458-1526)

. 23) Galeotto Marzio da Narni. — 24) Mariotto e Pier Gentile Senili da

Montefalco. — 25) Leonardo da Perugia; Bartolomeo Maraschi,
vescovo di Città di Castello. — 26) Filippo da Gubbio. — 27) Gian-
nantonio Modesti detto l'Umbro. — 28) Mariano Bartolini da
Perugia. — 29) Riccardo Bartolini da Perugia. — 30) Ungheresi
in Umbria; l'Ungheria nella Franceschina di Giacomo Oddi.

23. — Era quella l'epoca del Rinascimento il cui sole splendeva |

durante il regno di Mattia Corvino (1458-90), per scomparire poi,

ai tempi dei Jagelloni Vladislao II (1490-1516) e Lodovico II (1516-

'26), dietro le nubi che si luo sul cielo d'Ungheria, forieri

(1) MICHAEL Binz, L’édition du Speculum Vitae B. Francisci parue a Gyór

en: 1752 et et l'origine hongroise du Speculum Vitae, in « Archivum Francisca-

num Historicum ^» v. XX (Quaracchi 1927), pp. 132-153.
(2) EMERICO VARADY, La letteratura italiana e la sua influenza in Unghe-
ria v. I (Roma 1934), p. 43, tratto in errore dalla sua fonte, vuole che «l’origi-

| nale» della versione pervenutaci nel Codice Jókai (del secondo quarto del.

'400), fosse « Hedatto verso il 1380 ».

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66 FLORIO -BANFI

della catastrofe di Mohàcs. L'Ungheria di Mattia Corvino era la terra
promessa degli umanisti italiani, tra i quali nessuno vi lasciò orme
più profonde di quelle di Galeotto Marzio da Narni (1), tipica figura
di umanista errante, dalla pinguedine proverbiale, celebrato da Wal-
ter Scott nel romanzo di Quentin Durward.

.. Nato verso il 1427 a Narni, da famiglia nobile e agiata, ebbe dalla
natura un corpo vigoroso e forte, ornato di robusto ingegno. Dopo
varie peripezie, nel 1448 fissato per un biennio alla scuola di Guarino
a Ferrara, vi fece la conoscenza dell'ungherese Giovanni da Csezmicze
il quale vi si era trovato sin dal 1447 per diventare, sotto la guida del
Veronese, il maggiore degli umanisti ungheresi, meglio conosciuto col
pseudonimo Giano Pannonio (2). Il futuro vescovo di Cinquechiese,
allora quattordicenne, rimasto addirittura incantato dall'atletico
montanaro dell'Umbria, strinse con lui amicizia che non venne meno
neppure per la partenza di Galeotto, diventato nel 1450 professore di
umane lettere nello Studio di Padova, anzi fu coltivata con continuo
scambio di lettere, di libri, di elogi. Quindi, nel 1454 anche il Panno-
nio venne a Padova per restare quattro anni in quello Studio, ‘goden-,
dosi l'ospitalità di Galeotto, nel frattempo sposatosi con la figlia di
Giacomo da Montagnana, che gli portó in dote la casa situata in quel
castello (3), e che divenne amena dimora anche per l’amico ungherese.

(1) GIOvANNI EroLI, Notizie sopra Galeotto Marzio, in « Miscellanea Sto-
rica Narnese », v. I (Narni 1858), pp. 165-201. EuGENIUS ABEL, Anolecta ad
historiam Renascentium in Hungaria litterarum spectantia (Budapestini-Lipsiae
1880), pp. 229-294 (biografia del G. in ungherese). G. CoLLosi e A. DIOFEBI,
Galeotto Marzio, Narni 1939. Una breve nota di LApisLaus JuHasz, De vita
operibusque Galeotti Marzii, elaborata sulla biografia dell'Abel si trova o mo?
d'introduzione alle relative edizioni indicate da P. O. (KRISTELLER), Nuove
fonti per la storia del Umanesimo italiano, in « Civiltà moderna », v. X (1938),
n. 4-5. Altre lettere in Enciclopedia Italiana, v. X XII, p. 471. Inoltre: M.
FREZZA e SAITTA, Alcune precisazioni su G. M., in « Giornale Critico della
Filosofia», v. XXX (1951), pp. 298-303.

(2) Per la sua vita v. Huszri JózsEer, Janus Pannonius, Pécs 1931; per
le opere, le edizioni a cura di SAMUELE TELEKI, Jani Pannonii Poemata quae
uspiam reperiri potuerunt omnia e Jani Pannonii Opusculorum pars altera,
Traiecti ad Rhenum 1784.

(3) Per la casa di Mantegna v. gli estratti dei relativi documenti conservati
nel Museo Civico di Padova (Archivio Comunale: Estimo 1418, Polizze Orig.,
tomo 169, polizze 43, 44, 45; Archivio Civico Antico: Estim. 1418. Reg. Terri-
torio Montagnana, vol. 419. f. 224vo), presso KAnpos TrBon, Nehány adalék
a magyarorszagi humanizmus tórténetéhez (Contributi alla storia dell Umane-
simo in Ungheria), Pécs 1933, p. 4s.
UMBRI IN UNGHERIA 67

Le poesie dettate in quel tempo dal Pannonio al Narnese
traboccano d'affetto e fanno nitido specchio alla gagliarda figura
. dell'amico, come la vediamo nell'Elegia II 4 che, oltre ad offrirci
i piü importanti dati di fatto della giovinezza di Galeotto (la prima
istruzione, peregrinazioni nel Lazio, la carriera militare, duelli),
contiene interessanti notizie dei rapporti intercorsi fra i due amici
nella scuola di Guarino, nonché la rivelazione che il Poeta apprese
da Galeotto la divina arte dei versi. Non fa quindi meraviglia se nel-
l'Epigramma I 69 lo chiami suo fratello, zio, padre, anzi sua sorella
e madre; ed é perció che, nell' Epigr. II 9 si dichiara suo debitore per
i benefici ottenuti porgendogliene tante grazie quanti granelli di sab-
bia ci sono sul lido del mare (1). D'altra parte, in una poesia — Ga-
leottus Martius Narniensis ad Joannem Pannonium (2) — accusa simili
affetti, chiamandolo « metà del suo animo » e prega il Fato di
conservare l'amico, «speranza del Lazio e decoro della Pannonia ».

Nel 1450, prima di trasferirsi a Padova, Galeotto fece un pelle-
grinaggio a Roma, ricordato nell'Epigr. I 22 del fanciullo poeta
che si burlava dell'ingenuità del romeo; ma nel 1458, compiuti i
suoi studi, il Pannonio fu a portare l'amico nell'Eterna Città (3).
Indi ambedue si recarono a Narni, dove il 5 giugno il poeta unghe-
rese si mostró ammirato della sorgente di Ferogna celebrandola
con l" Elegia Najadum Italicarum Principi Divae Feroniae Janus

Pannonius cecinit in redditu ex Urbe Nonis Juniis anno MCCCC-

LVIII, «che — al dire dell'Eroli (4) — sarà per noi Narnesi cosa

(1) Per l'interpretazione dell'Eleg. II 4 (Ad Galeottum Narniensem) v.:
ABEL, Op. cit., p. 235, seguito da Huszri, op. cit., p. 113; ma meglio di essi
FERD. GABOTTO ed ANGELO BADINI-CONFALONIERI, Vita di Giorgio Merula
(Alessandria 1894), p. 27, compresero il vero significato dei versi (51-54) con-
cernenti il periodo trascorso da Galeotto alla scuola di Guarino, fissandolo al
bieunio 1448-'50. A questo periodo di tempo si riferiscono i due Epigr. I 43-44
(Ad Galeottum), nonché quello contenuto nel codice Vat. Lat. 2847, f. 56ro
(Ad Galeottum).

(2) Nel codice Vindob. La'. 3449, f. 90s; pubblicata dall' ABEL, op. cit., p.
144s., e dal Junasz, Galeottus Martius — Carmina (« Bibliotheca Scriptorum
Medii Recentisque Aevorum ») Lipsiae 1932, p. 8s.

(3) L'Epigr. I 22 si trova anche nel codice Vat. Lat. 2847, f. 21: In Galeotti
peregrinationem jocatur. Per la romea del 1458 che diede origine alla poesia
De desolatione Urbis Romae contenuta nel cod. Vindob. Lat. 3214, fi. 49-50
(presso ABEL. op. cit., p. 283, e JUHASZ, op. ci*. 12), v. Huszti. cp. cit. p. 180.

(4) Giov. EroLI, Elegia di Giano Pannonio in lode della fontana di Fero-
gna, tradotta in volgare e illustrata, stampata nell’ Album di Roma an. XIX,
25 e segg., in « Miscellanea Storica Narnese », v. I (Narni 1858), pp. 47-81.

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68... — : i FLORIO BANFI

pregevole e immortale ». Ripreso il viaggio che doveva ricondurre
in patria il Pannonio, Galeotto volle trattenerlo ancora a Padova
‘per congedarsi nella propria casa; e fu allora che il Mantegna di-
-pinse le loro immagini in un quadro oramai andato smarrito, ma
eternato dallo stesso Pannonio nella poesia Laus Andreae Mante-
gnae pictoris Patavini, A. MCCCCLVIII:

Qualem Pellaeo fidum cum rege sodalem
Pinxit Apelleae, gratia mira, manus;

Talis cum Jano tabula Galeottus in una,
Spirat inabruptae nodus amicitiae... (1).

Rientrato che fu in patria, Giano Pannonio — dal 1459 vescovo .
di Cinquechiese e Supremo Cancelliere della Regina — non cessó di
coltivare l'antica amicizia tenendosi in rapporti epistolari col Narne-
se (2) e lo invitava con frequenti e calde sollecitazioni a recarsi ad
acquistar fortuna presso di sé e del suo Re. Ma Galeotto, impedito
da parecchie difficoltà (« homines, aetas, liberi et uxor »), non poté
. raccogliere l'invito che nel 1461 quando, infatti, lo vediamo tra-
scorrere alcuni mesi in Ungheria (3), accanto al Pannonio che lo.
presentò a Giovanni Vitéz, vescovo di Varadino e cancelliere del
Re, nonché allo stesso Mattia Corvino, allora ventunenne. Buontem-
pone, pettegolo, baruffone, dal riso schietto e dalla comicità natu-
rale, com’era, Galeotto riuscì a cattivarsi la simpatia di tutti, fa-
cendosi apprezzare come poeta, filosofo, linguista, medico e, sopra-
tutto, come astrologo. In Italia non passava, è vero, per un grande
luminare, ma in quell’ambiente straniero ebbe straordinari successi

(1) Eleg. I 2; anche nel cod. Vat. Lat. 2847, f. 74 Cfr. BALoGH JOLAN,
Mantegna magyar vonatkozásu portréi (Ritratti ungheresi dipinti dal Mantegna),
in « Századok », v. LIX (Budapest 1925), pp. 234-38, 263.

(2) Le lettere del Pannonio al Marzio, presso ABEL, op. cit., pp. 89. 90
93, e in J. Pannonii Opuscula, pp. 89-99, costituiscono soltanto un piccolo
residuo di un carteggio più ampio. A proposito delle lettere del Marzio v. il
codice Vindob. Lat. 3204 che, a ff. 147-50, ne contiene cinque, nonché l’edi-
zione di L. JuHasz, Galeottus Martius Narniensis — Epistolae (nella sua « Bi-
bliotheca » citata), Roma 1930, pp. 13.

(3) Per questo primo soggiorno ungherese di G. ved. Huszti. op. cit.,
pp. 215-17; e, in generale, per i suoi rapporti con L'Ungheria, GronG1o VorcT,
Il Risorgimento dell'antichità classica, ovvero il primo secolo del Umanesimo,
traduzione italiana con prefazione e note del Prof. D. Valbusa (Firenze 1890),
v. II, pp. 313-17. UMBRI IN UNGHERIA i^g 69

per essere uomo di grande versatilità e di molto spirito, piacevole
nel conversare e valentissimo nell'arte dell’adulare.

A questo primo soggiorno trascorso nel 1461 in Ungheria, va asse-
gnato un interessante episodio della vita di Galeotto. Vedendosi
ritenuto per quasi un'oracolo, egli pensó di fare incoronare l'amico

Pannonio e lo disse a Mattia Corvino. L'uso della coronazione poe-

tica, prima. che diventasse consueto nei giuochi dell'Accademia

Pomponiana, era praticato dagli Imperatori, perciò il Re rifiutò

all'invito di pontificare il classico rito; tuttavia, non volendo fare
il guastafeste, lasciò che Galeotto vi fungesse in sua vece. Da parte
sua, il giovane Vescovo, forse il più serio fra tutti della allegra bri-
gata, non poté che fare buona cera alla cerimonia dell’incoronazione
eseguita «iussu Matthiae regis, manu Martii Galeotti Narniensis »
(1), mentre questi pieno dell'importanza della propria persona

stava conferendogli quell'onore che Dante desiderò invano venisse .

a posarsi nelle sue chiome canute.
Durante la sua dimora in Ungheria gli venne fatto di DEUM

del moravo Protasio, già suo allievo a Padova ed ora vescovo di

Olmutz. Quindi non si peritó di offrirgli l'occasione affinché potesse

dimostrare la sua gratitudine verso l'antico maestro, com 'egli stesso

sì esprime, «ut monumentum et pignus amoris a Te habeam, et
mihi de fortuna tua impartiaris aliquid », Si ha anche la risposta, in
data del 17 aprile 1461, con cui il Prelato gli fa balenare l'oro di
cento ducati messi a sua disposizione, nel caso venisse a trovarlo

(2). In mancanza di notizie non si può affermare che il Marzio ab-

bia compiuto un viaggio in Moravia; ma il denaro lo avrà ay uto?
perché altrimenti vi si sarebbe recato per prenderlo.

Nel 1462 Galeotto si ritrovava a Montagnana, sempre in con-
tatto epistolare col Pannonio. Da una risposta di questi si deduce
che il Narnese stava attendendo ad un'opera da destinare al vescovo

Vitéz e progettava un viaggio «nella Spagna e nell'Inghilterra »,

mentre l'amico ungherese si cullava nella speranza di rivederlo:
« Verrà mai quel giorno in cui noi penderemo dal tuo labbro ed
ammireremo te narrante ?... Allora tu potrai raccontarci quel

(1) ctr. Jon. BiNHDIOTUS MITTARELLI, Bibliotheca codicum manuscri-
ptorum monasterii S. Michaelis Venetiarum prope Murianum (Venezia 1779);
Appendice p. 208: « Jannus Pannonius... Fuit celeberrimus poeta et poetica

laura coronatus iussu Mathiae regis, manu Martii Galeoti Narniensis ».
(2) Per le lettere v.: ABEL, op cit., pp. 90, 62; JUHASZ, G. M. dup
pp. 5,6.

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70 FLORIO BANFI

che vorrai e noi crederemo tutto » (1). Ma i viaggi (2), la questione
col Filelfo (3), la revisione del testo latino del Tolomeo (4), e la
cattedra ottenuta nel 1463 nello Studio di Bologna (5) non per-
mettevano a Galeotto di dare ascolto al Pannonio che, nel 1461,
tornò a ripetere l’invito: « Vedi bene lasciar da parte ogni altra
briga e venir da noi... Ricordati che lo giurasti, ricordati pure del
voto fatto contro i Turchi, i quali andavi dicendo che un giorno
avranno provata quella tua vantata forza. Se verrai, ti offriremo
molte e frequenti occasioni, affinché tu non possa far lagno man-
carsi persona con cui venire alle mani » (6). Era quello l'anno della
campagna di Jaice, perció il Marzio credette piü opportuno di re-
stare a Bologna.

E fu soltanto nella primavera del 1465 che il Pannonio trovan-
dosi a Venezia, a capo di un'ambasceria diretta a Roma, poté riab-
bracciare l'antico amico, recatosi colà per essergli di aiuto nel disbrigo
di alcune difficili pratiche (7). Ma siccome «senza recar danno al
suo onore », cui molto ci teneva, Galeotto non poté restarvi oltre alle
ferie pasquali, il Vescovo ungherese si rivolse al Comune di Bologna,
con istanza del 17 aprile, affinché concedesse «al compare » alcuni
giorni di licenza. S'ignora la risposta del Comune, ma certo si è che
il Marzio si aggiunse al Pannonio per seguirlo non solo a Roma ma
persino a Buda (8), lasciando l'Italia dove lo rivedremo soltanto
nel 1472. Cosi quei pochi giorni di licenza che egli aveva ottenuto
dal Comune di Bologna, si convertirono in ben sette anni trascorsi
lontano dalla patria.

(1) J. PANNONII, Opuscula, pp. 89-91.

(2) Cfr. GABOTTO e BADINI-CONFALONIERI, Op. cit.; p. 46. A proposito
dei suoi viaggi, una nota dello stesso G., sfuggita all'attenzione degli studiosi,
si legge nella sua opera De doctrina promiscua (Firenze 1548), p. 140: « et mihi
saepe contigit, ut in Bohemia, Pannonia, Germania, Ungaria et Hispania,
cum aeger a me sciscitaretur, » ecc.

.. (3) Junasz, Galeottus Martius — Invectivae in Franciscum Philelphum
(« Bibliotheca... » cit.), Lipsiae 1932.

(4) GustAvo UziELLI, La vita e i tempi di Paolo del Pozzo Toscanelli
(Roma 1894), pp. 395-97.

‘ (5) UMBERTO DALLARI, I Rotuli dei Lettori legisti e artisti dello Studio
bolognese (Bologna 1888), v. I, pp. 64, 67, 93, 96, 99, 102.

(6) J. PANNoNII Opuscula, p. 93; Enorr, in Miscellanea cit., p. 178.

(7) Ctr. Huszti, op. cit., p. 228, ele fonti ivi addotte.

(8) Questi fatti risultano dalla lettera del Pannonio che citeremo a
p. 45, nota 1.
Tut

UMBRI IN UNGHERIA 71

Giunto in Ungheria nel luglio 1465, in un primo tempo Galeotto
dev'essere stato ospitato da Giovanni Vitéz, oramai arcivescovo di
Strigonia, la cui residenza divenne asilo anche per gli altri letterati
venuti da Roma insieme al Pannonio, come il teologo Giovanni Gatti
e l’astronomo Regiomontano. Quivi egli si diede cura di compilare
l’opera De homine, destinata allo stesso Arcivescovo, tempestando il
Vescovo di Cinquechiese con continue richieste di libri persino ad
infastidirlo (1). Mentre si trovava a Strigonia, com'egli racconta (2),
una volta ebbe l’occasione di rivedere alla mensa arcivescovile il
Re che, avvinto dall’inesauribile frizzo e dalle fragorose risate di
quell’irresistibile mattacchione ch’era Galeotto, lo condusse senz'al-
tro a Buda. une

Istallatosi nella Reggia, Galeotto divenne commensale e compagno
inseparabile di Mattia Corvino, come piü tardi se ne vantava col
figliuolo del Re: « fuimus enim perpetui comites et convivae Serenis-
simi Regis Matthiae, ut tu optime scis» (3). Ed egli faceva onore
ugualmente al Sovrano e al di lui desco, partecipando a monumentali
banchetti, in modo che l'eccessiva indulgenza alla regale mensa
rendevano sempre maggiore la sua fisica disposizione alla pinguedine
che, del resto, bene si attagliava al suo carattere buffonesco (4).
Sempre in conversazione familiare con Mattia Corvino, era in grado
di vedere ed osservare molte cose intorno al Re, raccogliendo un
prezioso materiale di notizie che egli utilizzerà piü tardi nell'opuscolo
per Giovanni Corvino. Intanto pose mente a compilare per l'augusto
protettore l'opera De incognitis vulgo.

Data la sua posizione privilegiata nella Corte, di certo Galeotto
non indugió a trarne vantaggi per migliorare la sua fortuna ed allar-
gare la cerchia delle sue conoscenze; egli stesso ne diede notizia al-
l’amico Pannonio comunicandogli un sacco d'indiscrezioni intorno
agli intrighi che si tramavano nella Corte. La lettera di Galeotto
andó smarrita, ma ci rimane la risposta del Pannonio, preziosissimo
documento per la situazione del Narnese. « O mio secondo padre,
cosi egli si esprime, mi scrivi dell'umanità e liberalità che usa teco

(1) Ved. Ja lettera citata a p. 45, nota 1.
(2) De egregie, sapienter et iocose dictis ac factis Matthiae S. Regis, cap.
XXX. . i;
(3) Ivi, nell'epistola dedicatoria.

(4) Cfr. l'aneddoto ne Il Cortegiano del Conte Baldesar Castiglione, an-
notato e illustrato da VITTORIO CIAN (Firenze 1908), lib. II, c. LX, pp. 199-200
con la relativa nota dell'editore.

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72 FLORIO BANFI

il nostro Sovrano, e della promessa avuta dai Vescovi di Kalocsa e
Varadino; per la qual cosa mi congratulo con te, perché mi accorgo
che fra poco diverrai ricco. ...Mi compiaccio che la tua musa e i
tuoi sali sian premiati meglio. qui, infra gli stranieri, che non in patria ».
Ma se da una parte egli si sentiva felice per la di lui fortuna, dall'al-
tra si preoccupava per il carattere alquanto ambiguo dell’amico che,
mentre lo lusingava dandogli notizie degli intrighi del nunzio Lando,
coltivava amicizia con questo suo nemico. Gli disse francamente di
sentirsi non troppo lieto, sentendo che il Re veniva da lui informato
a proposito della sua missione romana. « Scio voluptati sibi esse non
- tam facta ipsa et rerum ordinem, quam sales tuos; nec dubito eum
magis delectari narratis tuis, quam gestis nostris». Temeva che,
per soddisfare ai gusti del Re, il «compare » fosse capace d'inventare
barzellette a suo danno, anziché dire la verità, come aveva fatto a
scapito di Rinaldo Rozgonyi e dell'Imperatore. Perció ammonisce
di non sparlare ed intrigare, tenendo piuttosto dietro alla sua fortuna:
« abbi sempre in mente il motivo perché venisti costà, cioé per istruire
gli ignoranti, rallegrare i malinconici e fare quattrini» (1). In-
tanto da parte sua Giano Pannonio volle dedicare al compare
Galeotto la versione che aveva fatta su un. brano del VI Canto del-
l'Illiade (2).

In conformità alla sua mansione, Galeotto deve aver seguito il
Re anche nelle campagne combattute nel 1467 nella Moldavia e
nel 1468 nella Boemia. Il racconto che egli ci offre della lotta da lui
sostenuta con un Aleso s'inquadra nella campagna ingaggiata da
Mattia contro il Re di Boemia il 14 aprile 1468 e condotta a termine -
il 14 luglio dello stesso anno, con l'occupazione di Olmütz. Quivi,
stando a Galeotto, «per celebrare l'allegrezza di questa vittoria, il
Re Mattia propose lo spettacolo della palestra » che al Nostro offri
il destro di dimostrare la sua vantata forza. « Adunque il Re — se-
condo quanto riferisce il Narnese (3) — dopo desinare invitó i suoi
soldati alla lotta; e raccoltisi i più forzuti, fece tra essi spicco un
certo Aleso, del quale correva tal grido per l’esercito, che tutti ne
avean preso terrore e spavento... Né alcuno di tanti soldati ardiva

(1) J. PANNONII Opuscula, pp. 98-99; JuHasz, G. M. Epistolae, p. 6-7;
versione italiana presso EROLI, in Miscellanea cit., p. 181.

(2) Ved. in J. PANNONII Opuscula, p. 74 la lettera dedicatoria ac, 6n
Poemata, p. 23lss. la. versione.

(3) Il relativo brano dell'Znvéctiva ‘in Georgium Merulam (Bolddna e
Venezia, 1476), tradotto da G. Enorr, in Miscellanea cit., pp. 179-80.
UMBRI IN UNGHERIA : à 73

far fronte all'uom prode. .. Allora il Re dirizzò a me la parola,

dicendo:
. «Avresti ancor per caso un pò dell’arte della palestra, della
forza e dell'àntico valore ? ». 2
: Allinterrogazione del Re Galeotto rispose che da gran pezzo
mancava di esercizio, ma che possedeva per anco un pó di forza e di
arte. Detto fatto: si spogliarono ambedue... Ancorché il gran ventre
deformasse alquanto Galeotto e fussegli d' impaccio pure, le larghe
spalle, il grasso collo, i nerboruti bracci, i ben complessi e torosi
fianchi (sporgenti, è vero, per soverchia carne, ma sodi e fermi per
gagliardia di nervi) lo liberarono dalle beffe e resero meraviglioso e
misero timore nell'animo di tutti gli astanti e dell'istesso Aleso suo
avversario... Veniamo finalmente alle mani»... Dopo una descri-
Zione Mies delle fasi del corpo a colpo, prosegue a dire:
« alfin del giuoco, ficcata Galeotto tra le gambe di Aleso la sua gamba
sinistra, e co’ bracci martoriandolo e aggravandoglisi addosso con
tutto il peso della persona, fece sì che, non potendolo atterrare, gli
snodo tutte le congiunture; e poi, per lo mezzo afferratolo e levatolo
in aria, con tal furia scagliollo capovolto in terra che ’1 dovettero
levar su per morto ». |
Nota Galeotto, fra quelli che, insieme al Re, presenziarono alla
scena, l'arcivescovo Vitéz e il Pannonio, dicendo che quest'ultimo

ne scrisse un epigramma (1) che il codice Vat. Lat. 2847 ci offre
in questa forma:

Ut quondam Aethola merens Achelous harena
Herculea legit cornua fracta manu, z

Sic Galeotto acer lucta modo victus Alesus
Turpia pulverea signa reliquit humo.

Matthiae regi Latiae placuere palestra»,
Risit Strigonia clarus ab arce pater.

At te ne pudeat ludi cessisse magistro,
Improbe, Mercurius noster et ista docet.

Ma, quantunque, sapesse piacere al Re, il Marzio era una testa
troppo strana e bizzarra perché potesse durare a lungo in una Corte.
Infatti, dopo tre anni di soggiorno, nella seconda metà del 1468 si

(1) Epigr. I 14 (Poemata, v. I, p. 461); Vat. Lat. 2847, f. 2iro: Palestra
Galeotti.
72 FLORIO BANFI.

il nostro Sovrano, e della promessa avuta dai Vescovi di Kalocsa e

Varadino; per la qual cosa mi congratulo con te, perché mi accorgo
che fra poco diverrai ricco. ...Mi compiaccio che la tua musa e i
tuoi sali sian premiati meglio qui, infra gli stranieri, che non in patria ».
Ma se da una parte egli si sentiva felice per la di lui fortuna, dall’al-
tra si preoccupava per il carattere alquanto ambiguo dell'amico che,
mentre lo lusingava dandogli notizie degli intrighi del nunzio Lando,

coltivava amicizia con questo suo nemico. Gli disse francamente di

sentirsi non troppo lieto, sentendo che il Re veniva da lui informato
a proposito della sua missione romana. « Scio voluptati sibi esse non

- tam facta ipsa et rerum ordinem, quam sales tuos; nec dubito eum

magis delectari narratis tuis, quam gestis nostris». Temeva che,
per soddisfare ai gusti del Re, il « compare » fosse capace d'inventare
barzellette a suo danno, anziché dire la verità, come aveva fatto a
scapito di Rinaldo Rozgonyi e dell'Imperatore. Perció ammonisce
di non sparlare ed intrigare, tenendo piuttosto dietro alla sua fortuna:
« abbi sempre in mente il motivo perché venisti costà, cioé per istruire
gli ignoranti, rallegrare i malinconici e fare quattrini» (1). In-
tanto da parte sua Giano Pannonio volle dedicare al compare
Galeotto la versione che aveva fatta su un. brano del VI Canto del-
l'Illiade (2).

In conformità alla sua mansione, Galeotto deve aver seguito il
Re anche nelle campagne combattute nel 1467 nella Moldavia e
nel 1468 nella Boemia. Il racconto che egli ci offre della lotta da lui

sostenuta con un Aleso s'inquadra nella campagna ingaggiata da

Mattia contro il Re di Boemia il 14 aprile 1468 e condotta a termine
il 14 luglio dello stesso anno, con l'occupazione di Olmütz. Quivi,

stando a Galeotto, «per celebrare l'allegrezza di questa vittoria, il

Re Mattia propose lo spettacolo della palestra » che al Nostro offri
il destro di dimostrare la sua vantata forza. « Adunque il Re — se-
condo quanto riferisce il Narnese (3) — dopo desinare invitó i suoi
soldati alla lotta; e raccoltisi i più forzuti, fece tra essi spicco un
certo Aleso, del quale correva tal grido per l'esercito, che tutti ne
avean preso terrore e spavento... Né alcuno di tanti soldati ardiva

(1) J. PANNONII Opuscula, pp. 98-99; JuHasz, G. M. Epistolae, p. 6-7;
versione italiana presso EROLI, in Miscellanea cit., p. 181.

(2) Ved. in J. PANNONII Opuscula, p. 74 la lettera dedicatoria 2a-G 6 1n.
Poemata, p. 23lss. la. versione.

(3) Il relativo brano dell’Invectiva 'in Georgium .. Merulam E dona e
Venezia, 1476), tradotto da G. EroLi, in Miscellanea cit., pp. 179-80.
—— M E Á—

UMBRI IN UNGHERIA i : 18939

far fronte all’uom prode. .. Allora il Re dirizzó a me la parola,

dicendo:

. «Avresti ancor per caso un pò dell’arte della palestra, della -
forza e dell'àntico valore ? ».

All'interrogazione del Re Galeotto rispose che da gran ‘pezzo
mancava di esercizio, ma che possedeva per anco un pò di forza e di
arte. Detto.fatto: si spogliarono ambedue... Ancorché il gran ventre
deformasse alquanto Galeotto e fussegli da pure, le larghe
spalle, il grasso collo, i nerboruti bracci, i ben complessi e torosi
fianchi (sporgenti, è vero, per soverchia carne, ma sodi e fermi per
gagliardia di nervi) lo liberarono dalle beffe e resero- meraviglioso e
misero timore nell’animo di tutti gli astanti e dell’istesso Aleso suo
avversario... Veniamo finalmente alle mani »... Dopo una descri-
zione n delle fasi del corpo a corpo, prosegue a dire:
« alfin del giuoco, ficcata Galeotto tra le gambe di Aleso la sua gamba
sinistra, e co' bracci martoriandolo e aggravandoglisi addosso con
tutto il peso della persona, fece si che, non potendolo atterrare, gli
snodó tutte le congiunture; e poi, per lo mezzo afferratolo e levatolo
in aria, con tal furia scagliollo capovolto in terra che ’1 dovettero
levar su per morto ». !

Nota Galeotto, fra quelli che, insieme al Re, presenziarono alla
scena, l'arcivescovo Vitéz e il Pannonio, dicendo che quest'ultimo
ne scrisse un epigramma (1) che il codice Vat. Lat. 2847 ci offre
in questa forma:

Ut quondam Aethola merens Achelous harena
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Sic Galeotto acer lucta modo victus Alesus
Turpia pulverea signa reliquit humo.

Matthiae regi Latiae placuere palestra»,
Risit Strigonia clarus ab arce pater.

At te ne pudeat ludi cessisse magistro,
Improbe, Mercurius noster et ista docet.

Ma, quantunque, sapesse piacere al Re, il Marzio era una testa
troppo strana e bizzarra perché potesse durare a lungo in una Corte.
Infatti, dopo tre anni di soggiorno, nella seconda metà del 1468 si

(1) Epigr. 1 14 (Poemata; V. I, p. 461); Vat. Lat. 2847, h 21ro:. Palestra
Galeotti.

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74 j FLORIO BANFI

allontanó dall'Ungheria lasciando a Mattia Corvino l'opera De in-
cognitis vulgo (1) e a Giovanni Vitéz quella De homine (2). Que-
st'ultima venne poi stampata nel 1471, ma non a Buda, come va ri-
tenuto da alcuni studiosi, sibbene a Iesi.

In Francia, dove si era trasferito, gli giunse — come un fulmine
a ciel sereno — la triste novella della caduta del Vitéz e del Panno-
nio, per la congiura da essi ordita contro Mattia Corvino. Tosto si
mise in viaggio alla volta di Buda, facendo capolino a Venezia, l’ul-
timo rifugio dei superstiti della congiura. Circa il 24 aprile 1472 fu
notato da Giovanni Lorenzi a Wienerneustadt, dove trascorse due
giorni con i familiari del cardinale Marco Barbo, prima di proseguire
per l'Ungheria (3). Giunto a Buda, Galeotto trovò il Re immutato
nei suoi riguardi; ma il Pannonio era morto sin dal 25 marzo e il
Vitéz, più morto che vivo, relegato alla residenza di Strigonia, dove
doveva morire il 9 agosto. Niente di meraviglia che questa volta
l'eterno mattacchione non sia riuscito a ritrovare nell'ambiente ma-
linconico della Corte il suo antico umore e che, poco dopo, vinto
dalla nostalgia del sereno cielo d’Italia, sia rientrato nella dolce pa-
tria. Lo rivediamo a Montagnana, allorché il 13 ottobre 1472 si pro-
cedette alla perizia del suo patrimonio (4).

Ripreso che ebbe sin dall'anno scolastico 1473-’74 l'insegnamento
nello Studio di Bologna, Galeotto vide uscire un’acerba critica fatta
da Giorgio Merula della sua opera dedicata al Vitéz (De homine).
Gli rispose con l’Invectiva, prezioso per i ricordi del suo secondo sog-

giorno ungherese (5). Uno strascico più clamoroso l'ebbe la sua opera

dedicata a Mattia Corvino (De incognitis vulgo): accusato d’eresia

(1) Cfr. ABEL op cit., p. 246; GaBOTTO-BADINI, op. cit., p. 111. Sopra un
ms. Vaticano perduto dell'opera v. Rendiconti della Pontif. Accademia Romana
d'Archeologia, v. XIII (1938), p. 163.

(2) ABEL, op. cit., p. 259; GABOTTO-BADINI, op. cit., p. 105. Per l'edizione
del 1471 v. BALLAGI ALADAR, Buda és:Pest a világirodalomban (Buda e Pest
nella letteratura mondiale), Budapest 1925, p. 34s.

(3) GrusEPPE DALLA SANTA, Una lettera di Giovanni Lorenzi al celebre
umanista Demetrio Calcondila, Estr. da « La Scintilla », v. IX, Venezia 1895:
«... Cum has obsignarem, galotus subito apparuit: qui ex venetijs nuper .
ad enerat, ut ungariam trajiceret: nobiscum-fuit duobus diebus ».

(4) Ved. Polizza 45 nel tom. 169 delle Polizze Originali dell'Archivio Co-
munale, citato a p. 39, nota 3.

(5) Vedansi l'opera di F. GABOTTO e A. BADINI-CONFALONIERI, citata
a p. 45. nota 3.
v

UMBRI IN UNGHERIA 75

per certe opinioni ivi espresse (1), nel 1477 egli fu condannato e

messo alla berlina dall’Inquisizione di Venezia, ma Sisto IV lo chia-

mò a Roma, dove venne riabilitato (2). Alla simpatia del Pontefice
si unì anche l’interessamento d Giovanni Vitéz il Giovane, nipote
dell'omonimo arcivescovo e già suo discepolo a Bologna, per opera
del quale venne graziato di ogni spesa (3).
Dopo tante delusioni, stufo dell’Italia, nel 1478 si affrettò a ri-
tornare, insieme al figlio Giovanni, alla più sperabil aura d’ Ungheria
per rioccupare l’antico posto presso la regale mensa di Mattia Cor-
vino, nel frattempo sposatosi con Betrice d’Aragona. I rapporti fra
il Re e il Narnese correvano ispirati alla medesima cordialità dei tem-
pi passati, come ci lascia intravedere lo stesso Galeotto. Racconta
egli che, in occasione del capo d’anno, i funzionari della Corte dove-
vano presentarsi al Re con le insegne delle rispettive funzioni, per
ricevere dei regali. Una volta .c’era anche Galeotto che, però, evitò

(1) Sopra l’eresia di G. vedi il codice Vat. Lat. 8865, 48vo: Errores ex

' libro Galeoti Narniensis inter alios principales sunt isti..., riferiti dal KARDOS,

op. cit., p. 3s. In Cosmodystychiae libri XII (Vat. Lat. 3971, f. 336ro: « G. M....
papyraea thyara in medio foro Veneto fuit coronatus, ... quia... tenebat
ex quadam autoritate Augustini perperam allegata quemlibet in sua fide sal-
vari posse »..), Francesco Negro citato da GrovANNI MERCATI, Ultimi contri-
buti alla storia degli Umanisti, fasc. II (Città del Vaticano 1939), p. 61,
n. 4, ne aveva individuato lo stesso errore che notó pure il Giovio,secondo

. l'UzrIELLI, op. cit., «concetto analogo a quello di Luigi Pulcini nel Morgante ».

(2) Su quella condanna v., oltre l'Eroli, ABEL, op. cit., p. 263ss; GABOTTO-
BADINI, op. cit., p. 113; LyNN THORNDIKE, A History of Magic and Experi-
mental Science, v. IV, pp. 399ss., 698ss. Alle testimonianze contemporanee
va aggiunta la poesia di un Aemylitus Romanus, contenuta nel codice Mar-
ciano Cl. XII 178-4025 (senza paginazione): De Galeocto

Gum populo expositus staret mitratus in alto,
Derisor fidei quod Galeoctus erat,
Intrepidus mea ni voluissent sidera, dixit,
Non tegeret nostrum sordida carta caput.
Sic spectatores avidos elusit et astris
Opprobrii causam transtulit ipse suis.

(3) Egli stesso ce lo racconta in De egregie, sapienter et iocose dictis ac
factis Matthiae S. Regis, c. XXVII (cfr. EroLI, in Miscellanea cit., p. 187),
rivendicandosi il merito di aver riconciliato il Re col Vitéz; ma tale merito
viene contestato dal FRAKNor, Mdtyds kirdly diplomatdi (I diplomatici del re
Mattia), in « Századok » v. XXXIII (Budapest 1899), p. 291ss. per essere
certo che il Vitéz era rientrato nelle grazie del Re sin dal 1476. Vedasi piü in-
nanzi p. 55, nota 4.

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TESTO NISSAN
76 : : FLORIO BANFI

di presentarsi al Sovrano scusandosi che non aveva con sé gli arnesi
della sua professione. Allora Mattia gli rispose: « I tuoi arnesi sono i:
libri che hai scritti e che adornano la mia biblioteca ». « A. sentire
tale risposta, Galeotto — com'egli prosegue a dire — diede ordine al
suo figlio Giovanni di prendere dalla Reale Biblioteca le sue opere
De homine e De incognitis vulgo... Fatto ciò, il Re li ricoprì d’oro
e d'argento, aggiungendovi una grande quantità di monete,sicché
Galeotto solo ebbe a ricevere più doni che non ricevettero tutti gli
altri insieme » (1).

Da questo racconto, che io fisserei al 1° gennaio 1479, si yuol
dedurre che Galeotto fosse preposto alla famosa Biblioteca Corvi-
niana di Buda (2), tanto più perché nel frontespizio di una sua ul-
teriore opera, intitolata De doctrina promiscua e pubblicata a
Lione nel 1552, egli va qualificato come «Praefectus Bibliothecae
Budensis » (3).

Tale mansione diede a Galeotto la possibilità di riprendere la
antica abitudine, cioé quella di tener compagnia al Re nei suoi viaggi.
Infatti, lo vediamo partecipare all'incontro avvenuto fra i reali di
Ungheria e Vladislao re di Boemia a Olmütz nel 1479 (17 luglio —5
agosto), com'egli ci.racconta, dicendo di aver udito in quell'occa-
sione conversare la regina Beatrice col re Vladislao in latino cosi
eloquentemente che tutti gli astanti se ne mostrarono ammirati (4).

Vuolsi che dopo quest'avvenimento, ancora nella seconda metà
del 1479, Galeotto avesse abbandonato l'Ungheria. Invece, la realtà
è ben diversa: ritrovata la sua fortuna, egli pensó di sistemarsi defini-
tivamente in quel paese. Vedovo com'era da parecchi anni, passò a
seconde nozze impalmando una nobildonna ungherese, cognominata
Szepesi o Szapàri (5). Tuttavia, i suoi progetti per la definitiva si-
stemazione vennero frustrati per una sua inconsulta azione, attesta-

(1) Ivi, c. XXIV. Dal cap. XVIII della stessa opera si deduce che G.

| debba essersi trovato in Ungheria già nell'aprile del 1478, quando il Vescovo

di Agrià ottenne «le insegne della dignità cardinalizia », come si vedrà nella
nota 2. a p. 56.

(2) FRAKNOI, in Bibliotheca Corvina. ed. italiana (Budapest .1927),. p
12. Frrz Jozser, Mátyás király a kinyvbarat, (Re Mattia pibliouioy in Máyis
király Elmékkóngv (Budapest 1940), v. II, p. 223.

(3) Cfr. Frrz, op. cit., luogo cit., v. II, p. 223.

93) De egregie, TE ef iocose dictis etc., cc. XXIII, XXV.

. (5) EROLI, in Miscellanea cit.,p: 176: «... E basta l'aver di volo notato
questo fatto, non sapendosene alta notizia piü precisa ».
——
b

UMBRI IN UNGHERIA be

taci da un documento dell Archivio Vaticano, ignorato da tutti coloro

che finora si sono occupati del Nostro (1). In essi si racconta che,

trovandosi a Veszprém nell’Oltre-Danubio, Galeotto, coadiuvato

dal figlio Giovanni e dal suo familiare Michele Bianchi, picchiò di

santa ragione il domenicano tedesco P. Pietro Nigri. L'incidente
destò grande scalpore non solo per lo stesso atto sacrilego, ma soprat-

tutto per la personalità del P. Nigri venuto in Ungheria dietro invito

fattogli dal P. Antonio da Zara, eletto vescovo di Modrussa, cappel-

lano del Re e confessore della Regina, e che era destinato a reggere

(1) Archivio Segreto Vaticano: Registri Suppl. 804, f. 120vo; cfr. Monu-
menta Romana Episcopatus Vesprimiensis, v. III (Budapestini 1902), p. 279
(con lo sproposito: « Pietro. Fekete, domenicano ungherese supplica ». ..).
Ecco il testo:

«Beatissime pater, alias sanctitati vestre pro parte devotoramoratorum

« vestrorum prioris et fratrum domus sancti Nicolai Budensis ordinis fratrum

« predicatorum exposito, quod quidam Galeottus de Narnia et quidam alii eius
«complices laici, in civitate et diocesi Vesprimiensi tane commorantes, in
« devotum oratorem vestrum Petrum Nigri fratrem dicti ordinis manus ausu
«sacrilego iniecerant temere violentas. sanctitas vostra episcopo Segniensi,
«eius proprio nomine non expresso, sais dedit litteris in mandatis, ut si ita erat,
«eos sacrilegos tandiu, appellatione remota, excommunicatos publice nuncia-
« ret-et faceret ab aliis nunciari, donec satisfacerent competenter et cum sua-
«rum litterarum testimonio venirent ad sedem apostolicam absolvendi,...
«quarum vigore Paulus modernus episcopus Segniensis ad executionem pro-
«cedens, quia comperit eundem Galeottum et Johannem eius filium ac Ma-
«theum Byankum eiusdem Galeotti familiarem graves iniurias dicto fratri

.« Petro, manus violentas in eum presbiterum et in theologia baccalarium ini-

«ciendo, intulisse, eosdem Galeottum, Johannem et Matheum, illis utpote la-
«titantibus et vagabundis per edictum publicum citatis, excommunicatos

.«esse per suam sententiam declaravit et pro huiusmodi illate iniurie emenda-

«tione ad dandos et solvendos priori et fratribus quingentos et fratri Petro
« prefatis sexcentos ac pro expensis iu dicta causa factis triginta novem duca-
«tos auri ungaricales condempnavit per suam sententiam, que nulla provoca-
«tione suspensa in rem transivit iudicatam. Cam autem dictus Galeottus,
«ut asseritur, in presentiarum resideat in diocesi Paduana et prefatus Petrus
«cupiat dictam sententiam executionem habere, supplicat dictus Petrus,
«quantenus... Petro tituli sancti Nicolai ad imagines presbitero cardinali,
«qui ecclesie Paduane preesse dignoscitur, committere et mandare dignemini,
«ut sententiam ipsam exequendo, eosdem Galeottum, Johannem et Matheum
« ad RA dicte sententie et... solvendum summas predictas duca-
«torum... oportunis remediis cog gut et compellat, invocato etiam ad hoc,
« si opus. fuerit, auxilio. brachii seculari ».

« Concessum, ut petitur, in presentia domini nostri pape. P. SHE AUEU
« Et cum invocatione brachii secularis. Concessum P. Salernitanus ».

« Datum Rome apud sanctum Petrum, octavo kalendas J unii, anno undecimo ».

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78 FLORIO BANFI

lo Studio Generale dei PP. Domenicani, allogato nel convento di S.

Niccolò di Buda, come sul finire del 1481 lo vediamo fungere in quella

mansione (1). Gli è che il Priore ed i Frati di quel convento, cui ap-
parteneva pure il P. Nigri, non tardarono a denunciare Galeotto e
complici a Sisto IV, per ordine del quale il Vescovo di Segna aprì una
inchiesta: quindi, accertata la responsabilità di Galeotto e dei com-
plici e considerata la qualità di presbitero e di baccelliere dell’offeso,
fulminò con scomunica i rei «latitanti e vagabondi » e li condannò
a versare al Priore ed ai Frati di S. Niccolò 500 ducati d’oro ed al P.
Pietro Nigri 600 ducati, nonché a risarcire le spese processuali nella
somma di 39 ducati. Così narra il P. Nigri nella sua supplica a Sisto
IV, priva di data, contenuta dal documento vaticano in parola.
Ceme si vede, commesso l’insulto, Galeotto e complici per sfug-
gire l’ira del Re e della Regina abbandonarono l’Ungheria, insalutati
ospiti. Il documento ci offre anche un punto d'appoggio onde defi-
nire approssimativamente la data dell’incidente: in esso si dice che,
al momento dell’insulto, il P. Nigri era semplice « presbitero e bac-
celliere in teologia », non avendo ancora raggiunto il grado di «Magi-
ster» e la mansione di « Reggente » dello Studio di Buda. D'altra
parte mi risulta che tu precisamente il 12 dicembre 1481 che il P. Ni-
gri, ormai « Magister», venne istituito Reggente dello Studio di
Buda (2). Da tutto ciò si deduce che l’incidente deve avere avuto
luogo all'autunno del 1481. Così, il quarto soggiorno ungherese del
Marzio iniziatosi nel 1478, anziché finire nella seconda metà del '79
come finora si riteneva, si protrasse fino all’ultimo quarto del 1481.
Abbandonata l'Ungheria, Galeotto si rifugiò a Montagnana,
dove il 7 marzo 1482 lo vediamo procedere alla nuova perizia del
suo patrimonio (3). Quivi fu scovato dal P. Nigri che, spinto dal
desiderio di vendetta, si diede cura di ricorrere al Pontefice con sup-

(1) Egli stesso dice nella lettera dedicatoria a Mattia Corvino che prece-
de l’opera Clipeus Thomistarum in quoscumque adversos per venerabilem virum
fratrem Petrum Nigri ordinis predicatorum sacre Theologie professorem nuper-
rime editus (Venetijs 1481); cfr. BANFI, P. Antonio da Zara O. P., in « Archivio:
Storico per la Dalmazia », v. XXVI (1938), pp. 282, 301.

(2) Archivio Centrale dell'Ord. FF. Pred. a Roma (S. Sabina): Ser. IV,
Registra Magis'rorum Generalium v. VI, f. 143vo: « Mgr. Petrus Nigri fuit
institutus regens in conventu Budensi (ad instantiam) regis et regine Hungarie,
cum omnibus gratijs..., Rome die 12 mensis Decembris anno 1481 ».

(3) Cfr. Polizza 44 nel tomo 169 delle Polizze Orig. dell' Archivio. Comunale
citato a p. 39, nota 3. i
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UMBRI IN UNGHERIA 79

plica in parola pregandolo di voler dare ordine al Presule di Padova,
affinché questi mettesse in esecuzione la sopraccennata sentenza,
magari con l’aiuto del braccio secolare. Sisto IV acconsentì, appo-
nendo in calce alla supplica i «concessum » con la data del 25
maggio 1482.

Per cavarsi dal pasticcio, Galeotto pensò di riavvicinarsi a Mat-
tia Corvino fidandosene dei rapidi trapassi dall’ira al perdono, propri
del suo augusto protettore. La guerra in quella primavera ingaggiata
dal Re contro l’imperatore Federico III gli offrì la propizia occasione
d’incontrare Mattia in Austria, senza esporsi ai pericoli di un viaggio
in Ungheria. Ed ecco, espugnata che fu il 13 ottobre 1482 la città di
Haimburg, egli raggiunse a Baden (presso Vienna) il Re e vedendosi
accolto da questi con l’antica cordialità, gli chiese ed ottenne « un
sussidio di dote per le figlie maritate ». Quindi, volendone sondare la
disposizione, gli manifestò l’intenzione di ritornare in patria, col desi-
derio di essere scortato in difesa della sua persona odiata da tanti
nemici. Allora proruppe l’affetto di Mattia nell’esclamazione: « Avrai
carrozza, guida, denaro e viveri, purché tu faccia ritorno in Ungheria ! »
E così egli si mise in viaggio alla volta di Buda e « nessuno osó, nem-
meno un potente, levare un dito ad offesa di Galeotto ». Giunto in
Ungheria, anziché andare a Buda si fermó a Vaccia (Vác), il cui ve-
scovo Niccolò Bátori, già suo allievo in Italia, lo provvedeva di tutto
mentre il Re stava combattendo in Austria (1). Ma quantunque
regolato l'affare-Nigri, la cordiale ospitalità prodigatagli dal Vescovo
non serviva a dissipare l'angustia di Galeotto, causatagli dallo stra-
scico di quell'incidente e particolarmente dall'antipatia della Regina,
protettrice dei Domenicani di Buda, sentendo profondamente che in
quel paese piü non spirava buona aria per lui, sull'inizio della prima-
vera dell’anno appresso Galeotto lasciò definitivamente l'Ungheria
che più non doveva rivedere (2).

(1) De egregie, sapienter et iocose dictis ac factis Matthiae S. Regis, c.
XXVIII (cfr. EROLI, in Miscellanea cit., p. 187); c. XXXI (l'ospitalità avuta
dal Vescovo di Vaccia).

(2) Secondo il MERCATI, op. cit., fasc. II, p. 61, «si può stare certi che fu
Galeotto Marzio l'ispiratore e il mediatore della chiamata in Ungheria di
Francesco Negro fra il 1489 e 1493, dato che lo stesso Negro dice nella sua
Cosmodystychia, lib. XII, c. 8 (Vat. Lat. 3971, f. 678ro): « Unde (da Padova)
ad publici gymnasii sui moderationem... Horosiani cives et Martius Galeottus
me evocarunt ». Ma quanto è indiscutibile la mediazione di Galeotto, altret-
tanto è assurdo di trarre in campo J'Ungheria, poiché l'identificazione dei

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80 ; FLORIO BANFI

Nel maggio del 1483 lo vediamo ricevere a Montagnana la MI
di Marin Sanudo (1) quindi la sua proverbiale figura di « Zopyrus
Europae» (2) và allontanandosi nelle strade dell'Estero, ma non
possiamo seguirla che fino alla Francia, poi si perde nella nebbia
della Boemia, dove — al dire del Sanudo — «cadde da cavallo e cre-
pò » (3), probabilmente nel 1494, fino al quale anno risale la composi-
zione del Periarchon di Francesco Negro, recante la notizia della
morte misteriosa di Galeotto (4). :

Nella tristezza del suo vagabondaggio, almeno nei primi anni, il
Marzio deve essersi ricordato di Mattia Corvino, «cujus beneficentia
— come dice il Negro — in clarum et opulentissimum virum evasit »
(5). E fu il dolce ricordo che gli diede nella mano la penna per rivol-
gersi al di lui figliuolo naturale, Giovanni Corvino, dicendo: « Quando
fui in Ungheria, or sono due anni, mi recai a far visita al vescovo Nic-
coló che con tanta umanità mi ricevette e favorì, ... inoltre mi solle-

« Horosiani cives » con i cittadini di « Orossend o Arad in Ungheria (ora in
Rumania) », proposta dal suddetto studioso, non regge affatto, per essere del
tutto arbitraria ed anche artificiosa,. dato che quella denominazione « Oros-
send » (non documentata) non era propria della città di Arad distrutta nel
*500.
(1) KARDOS, op. cit., p. 6, crede di aver scoperto la relativa documenta-
zione che, invece, troviamo utilizzata da VittoRIO Rossi, in « Giornale Sto-
rico della Letteratura Italiana », v. XII (1888), p. 439; cfr. GABOTTO- BADINI
Op. cit., p. 113.

(2) PAULUS Conti De Cardinalatu libri tres (In Castro Cortesio 1510) l
f. 99ro, cita un giudizio dato di Galeotto, che egli dice « homo varia doctrina
abundans et qui nobis pueris Zopyrus Europae dicebatur ».

(3) Vite de’ Duchi di Venezia, in MuRaTORI, Rer. Ital. SS., v. XXII,
col 1207.

(4) Nei tre distici che precedono l’opera nel codice Marciano e che tro-
viamo pubblicati da Jos. VALENTINELLI, Bibliotheca manuscripta a S. Marci
Venetiarum, Codice manuscripti Latini, v. III (Venezia 1870), p. 60. In questo
epigramma il Negro sembra dire che Galeotto a suo tempo aveva trattato lo
stesso argomento, vale a dire dello Stato, ma s’era buscata la pena di morte
perché aveva macchiato un’opera latina demmate barbarico », col dedicarla
cioè ad un barbaro «non esperio », non italiano, Nell'autografo Vat. Lat.
4033 l'epigramma sta dopo la sottoscrizione dell’opera (f. 124ro), però con
l’avvertenza per la bella copia, « In libri principio », dove fu messo nel codice
Marciano. Da qui si potrebbe arguire che il Negro ABBIA scritto l'epigramma,
dopo aver condotto a termine il IENE nel 1495, sotto ORA del re-
cente avvenimento.

(5) Cosmodystychia, lib. IV, c. E Lat. 3971, f. 159ro) cit. dal MER-
CATI, op. ‘Gue, p. 61, n. 4.
UMBRI IN UNGHERIA 81

Paget

citava di scrivere la storia del re Mattia, onde sottrarre all'oblio le -

azioni del grande Re che resero tanto illustre la di lui patria» (1). Così

- egli spiega l'origine del suo capolavoro compilato nel 1485, De egregie

sapienter et jocose dictis ac factis Matthiae Serenissimi Ungariae ad
. inclytum. Ducem Joannem eius filium (2), ricordo imperituro dei

suoi legami con l'Ungheria. Quest'opera fa nitido specchio all'auten-
tica personalità di Mattia Corvino non solo ma anche.allo stesso Au-
tore poiché, in verità, ha due protagonisti, cioè il Re d'Ungheria e
l'umanista narnese, i quali vi sembrano stringersi cordialmente le
mani, direi, con una strizzatina d'occhio. Cosi faceva Galeotto per
immortalare la loro amicizia in questo singolare lavoro che, comunque
rimarrà una delle più preziose fonti concernenti il gloriosissimo Re di
Ungheria (3)..

24. — Oltre al Narnese troviamo al servizic di Mattia Corvino
anche un altro Umbro che fu Mariotto Senili da Montefalco distin-
tosi per attività diplomatica. Figlio di Luca, Mariotto avviatosi alla
carriera ecclesiastica e addottoratosi in ambo le leggi, non si sa per
quali avventurose vicende si addentrò nell’intima cerchia del fran-

cescano Gabriele Rangoni da Verona, dapprima vescovo di Transil--

vania (1472-75) poi di Agria (1475-'86), fin al 1481 cancelliere di
Mattia Corvino, quindi cardinale in curia. Comunque, per interessa-
mento del Rangoni, divenne canonico del Capitolo di Agria, titolo
questo con cui egli va qualificato nei rispettivi documenti.

A fianco del suo Vescovo Mariotto Senili segui il re Mattia nella
campagna del 1475-76 contro i Turchi e partecipò all'espugnazione
di Sabàc, avvenuta il 15 febbraio 1476; gli è che ebbe dal Re l'inca-
rico di portare a Roma la novella del fausto evento, recando a Sisto
IV anche la rispettiva relazione estesa dal vescovo Rangoni il giorno

(1) De egregie, sapienter et iocose dictis ac factis Matthiae S. regis c. XXXI.

(2) Se ne veda l'ultima edizione, a cura di L. JuHASZ, nella sua Biblio-
theca Scriptorum Medii Recentisque Aevorum, Lipsiae 1934, cor la bibliografia
delle precedenti edizioni. Per un vaglio dell'opera v. BRUCKNER GYv0zó, Ga-
leotto Marzio « De egregie, sapienter et iocose dictis ac factis Matthiae regis »
cimü miive mint muüvelódéstórténeti kutfó (Il « De egregie, sapienter et iocose
dictis ac factis Matthiae regis » di G. M. quale fonte di storia della cultura),
Budapest 1901.
(3) HorvATH JÀNos, Az irodalmi miiveltség megoszlása, Magyar Humaniz-
mus (La scissione della cultura letteraria, Umanesimo ungherese), Budapest
11935, pp. 136-147. .

6
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82 FLORIO BANFI

stesso della vittoria (1). Lo schietto elogio che in risposta il Ponte-
fice rivolse a Mattia, rispecchia altresì il successo del diplomatico
umbro: « Dalla relazione dell'ambasciatore Mariotto abbiamo nuova-
mente appreso quanto era a noi noto da lungo tempo, con quale
zelo cioè e con quale riverenza V. Maestà mostri la propria devozione
verso la S. Sede e verso di Noi, ... e con quale costanza V. Maestà
prosegua la guerra contro i Turchi... Noi consideriamo in V. Maestà
il celebre e invincibile difensore e campione della fede cattolica» (2)...

Tornato in Ungheria, Mariotto ne ripartì nell'estate del 1476
per andare nuovamente a-Roma, con istruzioni segrete, perciò affida-
tegli a viva voce dal Re. Ma l’indiscreto ciambellano Giorgio Stein
scrisse, alla chetichella, una lettera al pontefice affinché questi « com-
prendesse quel che fu detto dal Re a Mariotto Senili » (3). Questa
volta la missione dell’Umbro doveva essere permanente, in modo
che egli, pratico di quell'ambiente, fosse di aiuto agli ambasciatori
straordinari che di tanto in tanto Mattia Corvino avrebbe inviato
nell’Eterna Città. Così Mariotto doveva coadiuvare Giovanni Vitéz
il Giovane giuntovi nell'autunno dello stesso anno « pro arduis nego-
tiis», che costituivano pure lo scopo segreto della missione del No-
stro, cioè ottenere la porpora per il Vescovo di Agria (4). Si
deve al tenace lavorio svolto all’uopo per un intero anno da questi
due diplomatici, se, il 10 dicembre 1477, Sisto IV soddisfece al desi-
derio del re Mattia creando cardinale il di lui cancelliere Gabriele
Rangoni vescovo di Agria. In premio, Mariotto, ebbe dal Re, come
vedremo, il privilegio di usare lo stemma nobiliare, ornato con l'em-
blema della Casa Corviniana. Inoltre, egli ottenne dal Pontefice per
il fratello Pier Gentile Senili l'incarico di recare in Ungheria la berret-

(1) Ció che sia vero si deduce dai fatti riferiti da GYALOKAI JENOÒ, Má-
tyds kirdly a hadszervezò és hadvezér (Re Mattia condottiero), in « Mátyás
király Emlékkónyv » (Budapest 1940), v. I, pp. 264, 301, nn. 138, 141.

(2) FRAKN6I, Matthiae Corvini Hungariae regis epistolae ad Romanos
Pontifices datae et ab eis acceptae (« Monumenta Vaticana historiam regni Hun-
gariae illustrantia », Ser I, v. VI), Budapest 1891, ep. 117;cfr. PAsTOR, Storia
dei Papi, v. II, p. 589.

(3) Scriptores Rerum Slesicarum, v. XIV, p. 8: «... cumque eciam iam-
dudum completa habeat beatitudo vestra ea, que per scr.um eundem regem
(dicta) fuerunt dominio Marioto Senili, qui una mecum a rege exivit, statui,
que(cumque) per me facta sunt sive in futuro agetur, vestre beatitudini no-
tificare ».

(4) FRAKN6I, in Századok, v. XXXIII (1899), p. 294. Vedasi adietro

p. 48, nota 3. ,

V


UMBRI IN UNGHERIA 83

ta cardinalizia al neo-porporato. La dimora romana di Mariotto Senili
si protrasse fino all'autunno del 1478, allorché venne richiamato dal
Re per ritornare in Ungheria, mentre il Vitéz gli subentró nella ca-
rica di rappresentante diplomatico (1).

Rientrato che fu in Ungheria, il Senili riprese il suo posto nella
Reale Cancelleria accanto al cardinale Rangoni ma, quando nel 1481,

‘questi si trasferì in Curia, canonico di Agria com'era, si stabili in

quell'amena città ungherese per rappresentarvi gli interessi dell'as-
sente Vescovo fino alla di lui morte avvenuta a Roma nel 1486.
Con Mariotto va ricordato suo fratello, Pier Gentile Senili da
Montefalco che, come si è detto, ebbe da Sisto IV l'incarico di recare
— in qualità di « nunzio speciale » — la berretta cardinalizia al vescovo
di Agria, Gabriele Rangoni, residente presso la Corte di Buda. Nel
disimpegnare tale missione, egli si trovava in Ungheria allorché il
29 maggio 1478 Mattia Corvino lo creó cavaliere e suo familiare e
gli conferi, insieme ai suoi discendenti e al fratello Mariotto, uno
stemma nobiliare. Ne fa fede il rispettivo diploma rilasciato nel quar-

to giorno dopo la festa di S. Urbano (25 maggio) del 1478 (2) e da

cui riportiamo i brani seguenti:
« Mattia, per grazia di Dio, Re d'Ungheria, di Boemia, di Dal-

mazia, ecc., al fedele nostro, nobil uomo, Pier Gentile Senili da Mon- -

tefalco, Nunzio speciale del SS. S.N. Sisto PP. IV...

«Ben considerando i tuoi alti meriti di probità e virtù e la chia-
rezza dei costumi e dei natali, per cvi il SS. S. N. ti nominò Nunzio
Apostolico, ... e non meno pregiando anche le gratuite e fedeli pre-
stazioni del fedel nostro diletto, il venerando ed egregio dottore in
ambo le leggi, Mariotto fratel tuo, che tuttora ricopre l’ufficio di no-
stro oratore presso la Santa Sede Apostolica, uomo a noi veramente
affezionato per vita, costumi, somma prudenza e fedeli prestazioni,

(1) La rispettiva lettera del Re in FRAKNOI, Mátyás kirdly levelei (Epi-
stole del re Mattia), Budapest. 1895, v. I, p. 395.

(2) Per la missione di Pier Gentile v. TEMESVARY JANos, Erdély kózé-
pkori püspókei (I Vescovi della Transilvania nel Medioevo), Cuj-Kolozsvàr
1926, (pp. 384-410, Gabriele da Verona), pp. 405-406, dove si dice che la conse-
gna dello zucchetto ebbe Juogo nell'aprile del 1478. Il testo del diploma é
pubblicato integralmente da ALDASY ANTAL, Magyar cimeres emlékek, Monu-
menta Hungariae Heraldica, fasc. III (Budapest 1926), Pp. 53-55, con la tav.
XIX (LXIX) che ne riproduce lo stemma. Il testo nel ms. dell'Zstoria di Mon-
tefalco di Valerio Agatoni (f. 126), riportato dal Pambuffetti (vedasi la nota se-
guente) è frammentaria.

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FS Auges a ragione siamo indotti ad amare le vostre persone e ad ornarle di
ERE DUET d zem special titolo. Te dunque, o Pier Gentile, come idoneo e benemerito,
IRENE : . - di nostra regia autorità... creandoti cavaliere e decorandoti delle
HAL $ armi cavalleresche come testè ti creammo e decorammo, ti ricevemmo
di SA a quale nostro domestico famigliare e al numero e.ceto dei nostri corti-
i) j^ Giani ti aggregammo e ascrivemmo, te aggreghiamo anzi ascriviamo
VEDE CR (0... E perché tu sappia che in noi permane l’amore e la benevolenza
A i verso te e i tuoi, a te e a tutta la tua prosapia di sesso maschile, che
NI da te legittimamente discenderà, come pure al sopranominato dot-
| tore Mariotto fratel tuo, con animo deliberato ...demmo, donammo
..quest'arma e insegna di nobiltà, ... affinché voi e tutta la vostra
AME E Li di sesso maschile e di letto legittimo, così nei nostri regni
MELE : come altrove, ... a guisa degli altri nostri nobili famigliari e corti-
Eam . giani che usano stemma, possiate usare dellà predetta arma, ciò no-
EX Nu bile e militare insegna, nelle battaglie, ecc.
"t i IE - Dato a Buda, nel quarto giorno dopo la festa del beato Urbano
BUR |. . papa, nell'anno del Signore 1478 ».
LAURIA La copia originale del diploma, che tuttora si conserva nell’ar-
chivio del Museo Nazionale di Budapest, reca oltreché la descrizione,
la minatura artisticamente dipinta dello stemma concesso da Mattia
z | T: ai fratelli Senili. Esso comprende, fra gli altri elementi araldici, l'em-
E |! (ASS) | ni | blema della reale Casa Corviniana, il corvo con in becco l'anello d'oro,
| | T | che ritroviamo riprodotto negli affreschi del fregio della cosiddetta j
| | | Sala di Mattia Corvino, nel Palazzo Scorzoni già Senili a Montefalco,
B du | in memoria della donazione illustrata da due distici che vi si leggono
io dipinti l’uno di fronte all’altro sulle pareti più lunghe (1):

Pa 4 MACTHIAS VMBRIS DEDIT ISTA SENILIBUS ARMA

dE PANNONIE QVONDAM REX CELEBRATVS HVMO
& EX HIS VIVENDVM IVSTIS INSIGNIBVS ILLI

7 - | SI QVIS CONCINNE VIVERE VELLE CVPIT

B nd 25. — Pier Gentile Senili apparteneva alla schiera di quei diplo-
3 3 n. ; matici che per conto della Santa Sede operarono in Ungheria. Fra

"el »! ; x . . , . . .
Els essi vanno annoverati, oltreché Pier Gentile, anche altri rappresen- .
pe MI VP ER. ° È E
Blu: . tanti dell'Umbria, come Leonardo da Perugia e, quantunque manto-
: | | II

(1) Pietro PAMBUFFETTI, La Sala di Mattia Corvino, in « Montefalco »,

»

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Il in 4 Anno I, n. 2, 1 Dicembre 1937; BANFI, Ricordi ungheresi in Italia, p. 92,
E359 tav. XIII. :
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vano, Bartolomeo Maraschi vescovo di Città di Castello e governatore

di Perugia. Da una vaga allusione di Sisto IV al Maestro del 5. Palazzo

Apostolico, « Leonardus de Perusio », si deduce che questi, cioé Fra
Leonardo de Mansueti, più tardi Maestro Generale dell'Ordine di
S. Domenico (1474-80), abbia fatto parte della Legazione del cardi-
nale Marco Barbo inviato il 2 gennaio 1472 dal Pontefice in Ungheria
per riconciliare Mattia Corvino con l'arcivescovo Vitéz e il re Casi-
miro di Polonia. Ma sull'inizio del 1473 fu di ritorno a Roma per rag-

guagliare il Pontefice sull'operato del Cardinale, come si apprende

dalla lettera diretta il 21 gennaio di quell'anno da Sisto IV al Legato
ancora intento nella sua missione (1). Bartolomeo Maraschi, vescovo
di Città di Castello (1474-87), fu il 9 giugno 1483 dichiarato da Sisto
IV suo Nunzio con facoltà di Legato «a latere » in Germania, Un-
gheria, Boemia e Polonia; come tale trascorse la seconda metà di

quell’anno nella corte di Buda, adoperandosi molto per la riconcilia- -

zione del Re con l’imperatore Federico III. I rapporti che in questo
periodo di tempo inviò a Roma sono di particolare interesse, perché
ci mostrano Mattia Corvino all'apogeo della sua: potenza e la sua
Corte in tutto il suo splendore (2). :

26. — Durante il regno dei due Jagelloni, il nome d'Umbria con-
tinuó a risuonare frequente nella distesa contrada ungherese, se non

per virtù di Vladislao II e Lodovico II, indifferenti alla travolgente :

corrente del Rinascimento, sibbene per intervento di altri fattori che,
secondo l'ordine naturale delle cose, agivano per la continuità dei
rapporti umbro-ungheresi.

Anzitutto, si deve alla diplomazia pontificia il lustro che Maria-
no Bartolini da Perugia (1465-1509) conferiva alla Corte di Vladislao
II. Figlio del famoso giurista Baldo, dottore in ambo le leggi e pro-
fessore di Ragion Civile nel patrio Studio, Mariano fu tratto di qua
da Alessandro VI il quale, con breve del 18 dicembre 1500, lo diede
in compagnia al cardinale Pietro Isvalies nominato, sin dal 5 ottobre,
Legato in Ungheria e Polonia per guadagnare quei Sovrani alla causa

(1) THEINER, op. cit., v. II, p. 440, doc. 625. Per la missione del card.
Barbo v. IDEM, ivi, p. 436. xis
.. (2) Cfr. G. GARAMPI, Saggi di osservazioni sul valore delle antiche monete
pontificie con appendice di documenti, s. 1. e a. (Roma 1766) pp. 190-91, n. 4,
e le fonti quivi addotte. Per i rapporti del Maraschi v. PRAY, Annales Regum
Hungariae, v. IV, p. 161, e MARCZALI, A magyar lórténelem kutfóinek kézi-
kónyve (Manuale delle fonti storiche dell'Ungheria), p. 277.

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BNO EUIS della guerra contro i Turchi (1). Che il Perugino abbia avuto parte
fuf cup importantissima nel successo della missione, coronata con l'adesione
SIRE IR del Re d'Ungheria alla lega fra la Santa Sede e la Repubblica di Ve-
E È B nezia sulla fine di maggio del 1501 e la sua partecipazione alla guerra
0 d Id i . fino al 20 agosto 1503, è attestato dal fatto che, appena tornato in
ION d Italia, nel 1504 ebbe dal nuovo papa Giulio II la nomina di Uditore
VAS della Sacra Rota Romana, non solo ma, per l'esperienza diplomatica

p acquistatasi in Ungheria, anche quella di Nunzio presso l'imperatore
Massimiliano I. Piü tardi vedremo comparire in quel paese un altro
Bartolini, ma anch'egli a servizio dello straniero.

VIELE 27. — È strano che proprio dai tempi degli Jagelloni emerga la
i o D figura di Filippo da Gubbio, l'unico Umbro che sembra essersi radica-
XI to nel suolo ungherese, o per meglio dire, l’unico rappresentante di
| 9 quei compaesani anonimi che avevano trovato in Ungheria defini-
Bene b tiva sistemazione, ma che sono rimasti inosservati per nón aver
| | : avuto parte nella vita pubblica. Questo Filippo va qualificato come
2e «physicus in civitate, Pistriziae »; infatti, fu medico condotto del

P Comune di Bistriza (Besztercze) nella Transilvania, oggi apparte-
1 nente alla Romania. Per la professione da lui esercitata in quella
li | M città nascosta neppure egli si sarebbe salvato dall'oblio, se non fosse

|

stato notato dall'agente diplomatico della Serenissima a Buda, il
quale il 9. marzo 1506 inoltró al Consiglio dei Dieci l'«exem- i
plum cuiusdam capituli» contenuti nella lettera datagli dal no-
> | stro Filippo il 3 marzo (2). Pare che, nei ritagli di tempo della
Bu» sua professione, l'onesto fisico esercitasse un'occupazione segreta per

E

IBEEET (1) ANNIBALE MARIOTTI, De’ Perugini Auditori della Sacra Rota Romana
i-r eu d 1 memorie istoriche (Perugia 1787), pp. 37-50; a p. 45, n. 7 si trova riportato per
| esteso il breve pontificio, dal quale rileviamo il brano seguente: « ... Cum te,
\ qui, sicut accepimus, lecturam juris Civilis de sero in Universitate Studii
Perusini habes, una cum dilecto filio nostro Petro tituli S. Chiriaci presbitero
| cardinali Regien. ad clarissimos in Christo filios nostros Hungariae et Boemiae
"IA (ac Poloniae) Reges illustres pro nonnullis nostris et Apostolicae Sedis, ac
|
]

pro defensione Christiane Fidei negotiis Legato de latere per nos destinato
mictere, et opera tua uti intendamus, et necesse sit te in tam longo itinere

multos labores et expensas subire », etc. — Per la missione del card. Isvalies

BIBI EST v. PaAsron, Storia dei Papi, v. III, p. 141. ed

B r WIN (2) Diari di Marin Sanudo, v. VI, col. 333: « Exemplum cuiusdam ca-
B 1 PE pituli contenuti in litteris domini Philippi de Augubio, phisic' in civitate Pi-
B Hi ul striziae, datis die 3 marcii 1506, habitis ex litteris Budae, 9 marcii 1506,

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22:5, 9...

UMBRI IN UNGHERIA 87

arrotondare il suo stipendio, guadagnandosi in tal modo anche la
fama che ce ne rimane.

28. — Giannantonio Modesti detto l' Umbro si serviva della penna
per conquistarsi un posto al sole, inutilmente cercato da lui nella
Ungheria degli Jagelloni; la quale invece, gli diede la fortuna presso i
posteri, grazie alle opere da lui compilate per amici ungheresi, le uni-
che che rimangono. Una di esse é dedicata « Reverendo D. Franci-
sco Praeposito Transilvaniensi ac Serenissimi Ungariae Regis a Se-
cretis », nel quale si ravvisa la figura poco nota di Francesco Szerem-
léni, preposto di Alba Giulia (oggi in Romania) ed impiegato della
reale Cancelleria di Buda. Dalla lettera dedicatoria si apprende che
nel 1510 il Modesti si era recato dall'Italia in Ungheria e che a Buda
aveva fatto la conoscenza del suddetto « Segretario del Re » (1), evi-
dentemente con l'intentendimento di farsi impiegare in quella Corte.
L'incontro dev'essere stato tutt'altro che incoraggiante per l'Umbro,
visto che l'Ungheria di Vladislao II non era piü quella di Mattia Cor-
vino; si guadagnó peró la simpatia di Szeremléni il quale gli diede il
consiglio di tentare la fortuna piuttosto a Vienna e di dedicare intan-
to qualche scritto al Cancelliere del Re d'Ungheria, che non gli sa-
rebbe stato avaro del premio. Comunque, certo si é, che in seguito il
Modesti si trasferi a Vienna, dove non tardó a pubblicare i suoi opu-
scoli contenuti in due volumi. Il primo di essi é intitolato Joannan-
tonii Modesti Umbri Oratio de amicitia e comprende un'orazione sul-
l'amicizia, con la sopraccennata dedica al Szeremléni, in data del 26
settembre 1510. Il secondo volume, dal titolo Joannantonii Modesti
Umbri Oratio de Nativitate Domini — Eiusdem Ulysses, comprende
un'orazione sulla Natività del Signore e un componimento su Ulisse,
con dedica « Reverendo in Christo Patri et Domino Georgio Episcopo
Quinquecellesiensi » in data del 30 settembre 1510.

La dedica di quest'ultimo volume rende testimonianza di un
altro tentativo fatto questa volta dal Modesti per entrare al servizio

(1) Presso STEPHANUS HeGEDÙS, Analecta nova ad historiam Renascen-
tium in Hungaria litterarum spectantia (Budapestini 1903), p. 293: «Reverendo
D. Francisco Praepositi Transilvaniensi... Verum quum me in Ungariam
animi gratia contulissem, teque adivissem, tum demum meo in te amori non
mediocri facta est accessio, nameid quod reipsa de te comperi, minima illius
fuit portio quod aliorum praedicatione prius acceperam; auxit enim praesen-
tia famam » etc. « Ex Vienna Sex. Kalendas Oct. 1510 ».

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del Cancelliere di Vladislao II, che fu appunto il destinatario del vo-
lume Giorgio Szatmari, allora vescovo di Cinquechiese (1505-21),

più tardi arcivescovo di Strigonia (1521-24) (1). Il suggerimento, il

Modesti deve averlo avuto dall'amico Szeremléni ma, per ovvie ra-
gioni, nella dedica ne passa sotto silenzio il nome e tace anche il suo
ugs ona soggiorno ungherese. «Mentre stavo ancora in Italia —
com'egli dice — e sentivo encomiare le tue virtù da tutti coloro che
avevano illustrato l'Ungheria, mi struggevo dal desiderio di vederti,
di salutarti e parlare con te, tanto illustre Presule. Poiché la tua in-
finita bontà, la tua esperienza e la tua dignità, accoppiate a mitezza,
fecero sì che il mio desiderio per te, non ostante la lontananza, si au-
mentasse di giorno in giorno. Ma ciò che in Italia mi fu negato dalla
fortuna, gli dei me lo hanno offerto in Germania sicché, come colui
il quale si accosta al fuoco va più riscaldandosi, così anch'io vicino
all'Ungheria ho l'opportunità di conoscere vieppiù le tue virtù in-
comparabili... È nelle tue abitudini di aiutare alcuni con denaro e di
onorare altri con prebende, perciò sei in grazia di tutti. Poiché tu
non hai bisogno di ricchezze e neppure la mia posizione mi permette
di fare regali, pensai di offrirti un tale regalo che, mentre sia a tuo
gradimento, non oltrepassi le mie possibilità. Comunque, credo che
per un dotto prelato nulla di più gradito possa riuscire che vedersi
dai competenti cultori delle lettere ritenuto tale quale egli ama mo-
strarsi, cioè patrono dei letterati e protettore di tutte le virtù ». Pre-
benda, il Modesti non la ebbe dal Vescovo-Cancelliere che, d' altronde,
deve aver premiato la fatica. dell'Umanista.

Nella storia della letteratura ungherese i due volumi di Giannan-
tonio Modesti, venuti alla luce a Vienna il 24 ottobre 1510 per i tipi
del tipografo Girolamo Vietoris, vanno registrati come documenta-
zioni del mecenatismo del clero (2); per noi rimangono uniche testi-
monianze dell’esistenza terrena di uno dei figli dell'Umbria disper sì
all' Estero, perció dimenticati in patria.

29. — La figura più rilevante degli Umbri che al tempo degli Ja- .
gelloni illustrarono Y' Ungheria, é certamente quella di Riccardo Bar-
tolini da Perugia, nipote del sullodato Mariano, noto per i suoi rap-

(1) Anche questa lettera dedicatoria si trova ristampata in HEGEDüs,
op. cit., p. 294; cfr. TorH-SzABo Par, Szalmdri Gyòrgy primás (Il Primate
Giorgio Szatmàri), Budapest. 1906, pp. 285-86.

(2) HonvarH, op. cit., p. 195.

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UMBRI IN UNGHERIA 89°

porti con Erasmo da Rotterdam (1). Già allievo di Francesco Ma-
turanzio, vestitosi dell’abito talare Riccardo fu compagno di suo zio

nella missione in Germania, quindi, diventato cappellano del cardi- |

nale Matteo Làng, vescovo di Gurk e Luogotenente Generale dello

imperatore Massimiliano I, seguì il padrone in Ungheria per parteci-

pare al Convegno dei Re, radunatosi a Posonio poi trasferitosi a Vien-
na. Così il Bartolini veniva a trovarsi sul suolo ungherese, a Posonio
(Pozsony), l’attuale Bratislava in Cecoslovacchia, nel 1515 dal 28
marzo al 12 aprile e di nuovo dall’11 al 22 maggio, presenziando in-
sieme al cardinale Làng, rappresentante dell'Imperatore, al convegno
dei re Vladislao II d'Ungheria e Sigismondo di Polonia; quindi, tra-

.Sferitisi i Sovrani a Vienna affinché anche l'Imperatore potesse perso-

nalmente partecipare al convegno, continuò ad assistervi fra il 17
luglio e il 3 agosto, mentre si valeva di ripetute occasioni per avvici-
narsi al Re d'Ungheria e trattenersi con i personaggi del di lui se-
guito (2). È

Del convegno che ebbe per risultato il matrimonio del futuro
re Lodovico II con Maria d'Absburgo, rispettivi figli di Vladislao II.

e Massimiliano I, il Bartolini lasció memoria nell'opuscolo intitolato
Odoeporicon idest Itinerarium R.mi in Christo Patris Domini D. Ma-
thei S. Angeli Cardinalis Gurcensis, Coadiutoris Salisburgensis, Gene-

ralisque Imperii Locumlenentis, quaeque in Conventu Maximiliani
- Caesaris Augusti, Serenissimorumque Regum Uladislai, Sigismundi ac

Ludovici memorata digna gesta sunt, e stampato a Vienna il 19 agosto
1515 per i tipi di Girolamo Vietoris. L'opuscolo ricco di riferimenti
personali, rende viva testimonianza intorno alle esperienze avute
dall’autore con l'Ungheria a Posonio che gli aveva rivelato un mondo
strano ed insolito, con l'assordante fracasso della banda filarmonica
comunale in onore del Cardinale, con le sue case i cui tetti non sono

(1) Cfr. VEeRMrIGLIOLI, Memorie di J. Antiquari, pp. 195-200; IDEM,
Biografia degli Scrittori perugini, v. I, parte II, pp. 188-197; P. S. ALLEN,

Opus epistolarum Desiderii Erasmi Rottvzrodami w. II (Oxonii 1910), pp. .

498-502.

(2) Cfr. Diarium Johannis Cuspiniani de Congressu Maximiliani I Cae-
saris cum Uladislao, Ludovico et Sigismondo Hungariae, Bohemiae ac Poloniae
regibus, in Germanicarum rerum Scriptores, v. II (Francofurti 1637), pp. 307-
19. Fra gli studiosi ungheresi soltanto T. KAnpos, L'Ungheria negli scritti
degli Umanisti italiani, in « Corvina », N. S., v. IV (Budapest 1941), pp. 141-
42, 145, ricorda il Bartolini, riferendone alcuni dati di fatto, non sempre e-
satti, per es. lo dice fiorentino.

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coperti di tegoli ma di assicelle di legno, con i suoi cittadini « multo
asperiores» delle genti di altre nazionalità, vestiti di strani costumi e
muniti di enorme sciabole e con le sue strane abitudini, come quella di
far annuuciare le ore, dopo il calar deile tenebre, dalle guardie notturne.
Ma soprattutto rimase colpito dall'abitazione che doveva ospitarlo
insieme ad un altro personaggio del seguito del Cardinale: una specie
di stalla, in cui — « grabatulum nullum, ne dum stibadia, aut anacli-
teria, nisi transversos a parietibus longiores, pullorum cubicilum,
inspeximus, tectum divae Arachnae dicatum, pavimentum deae Por-
cillae grunienti inserviebat » — per poterci dormire, essi stessi dovet-
tero allestire letti di fortuna. Osservatore acuto e scrittore di vena
com'era, il Bartolini ritrae magistralmente la figura goffa e parali-
tica di Vladislao II e quella bella ed aggraziata della regina Anna;
fa critica al discorso, del resto «satis elegans », del cancelliere Szat-
màri che, a suo avviso, « nimis Asiatice, idest copiose » svolgeva l'ar-
gomento; inoltre illustra egregiamente avvenimenti contemporanei,
come l'incendio di Possonio, la sconfitta inflitta dai Turchi al voivoda
Szapolyai e, soprattutto, la rivolta dei contadini ungheresi scoppiata
nel 1514, la cui narrazione costituisce, dal punto di vista ungherese,
il più prezioso dettaglio dell'opera del Bartolini (1).

È da rilevare che l'Odoeporicon comprende anche due componi-
menti umanistici del Bartolini, che rendono interessanti testimonian-
ze intorno ai rapporti intercorsi fra lui e i Reali d'Ungheria. Uno di
essi consiste nell'orazione — Oratio in Conventu Invictissimi Maximi-
liani Caesaris semper Augusti, Serenissimorumque Ladislai, Ludovici,
Patris et Filii, ac Sigismundi, Pannoniae, Bohemiae ac Sarmatiae
Regum, per Riccardum Bartholinum habita — che egli ebbe a pronuncia-
re nella cattedrale di S. Stefano a Vienna, il 21 luglio 1515, in occa-
sione del matrimonio di Lodovico II d'Ungheria con Maria d'Absbur-
go (2). L'altro é la lettera di fecilitazione a Vladislao II — Serenissi-
mo Principi Vladislao Boemiae et Pannoniae Regi, Riccardus Bartho-
linus Hetruscus Perusinus felicitatem — contenente l'epitalamio poe-
tico del Perugino, dal titolo Idylium in matrimonio Serenissimorum

Principum Ludovici Regis ac Mariae Reginae (3).

(1) Vedasi l'edizione in Ger. Rer. SS., v. II; pp. 321-373; i sopraccennati
riferimenti concernenti l'Ungheria si trovano a pp. 330-32, 352.

(2) Ed. cit., v. II, pp. 361-65. Del discorso si fa parola anche in Diarium
J. Cuspiniani, ed cit.,-v. II, p. 316. : i

(3) Ed. cit., v. II, pp. 367-71; il Vermiglioli lo registra col titolo errato

-(Idylium in nuptiis Ludovici Regis Poloniae).
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UMBRI IN UNGHERIA 91

30. — Col concorso degli Umbri in Ungheria va collegato, anche
all'epoca del Rinascimento, il concorso degli Ungheresi in Umbria,
promosso dall'Ordine dei Frati Predicatori che, per istruire i confra-
telli ungheresi, si servi dello Studio Generale dell'Ordine a Perugia
allogato nel convento di S. Domenico. Per primo fra essi, il 14 novem-
bre 1475, un Fra Antonio d'Ungheria «fuit assignatus ad legendum
Bibliam pro forma et gradu Magistrorum in conventu Perusino pro
anno sequente » (1); d'allora in poi, fino al 1511, vanno notati tren-
totto confratelli ungheresi che compivano i loro studi nel convento
di S. Domenico a Perugia (2). Oltre ai Domenicani, anche i France-
scani devono aver percorso le contrade umbre, nonché i pellegrini
ungheresi che in quell'epoca frequentissimi si recavano à Roma. Cosi
l'umanista perugino, Francesco Maturanzio, poté venire in contatto
con soggetti ungheresi, come ci dimostrano i due epigrammi da lui
indirizzati rispettivamente Ad Ladislaum. Pannonium e Ad Pompi-
lium Pannonium ; nel primo si ravvisa Ladislao Vetési, oratore
dell'ambasceria inviata nel 1475 da Mattia Corvino a Sisto IV, men-
tre il secondo è noto soltanto per l'epigramma in parola (3).

Riflessi dei rapporti umbro-ungheresi coltivati nel seno dell'Or-
dine di S. Francesco si riverberano splendidi nelle pagine auree della
Franceschina compilata in dialetto umbro dal perugino Giacomo
Oddi verso il 1470. Quivi si trovano ricordati i membri di francescana

memoria della Casa di S. Stefano (lib IV, n. 171), Lodovico I (XI,

48), gli epigoni ungheresi del Padre Serafico, Fra Giovanni (V, 184-
85), Fra Stefano da Varadino (VIII, 134-58), un altro Fra Stefano
(VIII, 110) e, soprattutto, Fra Ladislao d'Ungheria vissuto in Italia
(II, 172-77; e nel codice di Norcia lib. III, nn. 24, 36). Vi si parla an-
che dei Frati italiani in Ungheria, come il: B. Tommaso da Foligno
(VIII, 168), S. Giovanni da Capestrano, ecc.; nella Vita di quest'ul-
timo é inserita la narrazione della vittoria di Belgrado del 1456 (V,
230- 33), importante momento della storia d'Ungheria (4).

(1) Archivio Centrale dei FF. Pred. (Roma, S. Sabina): Ser. IV, v. III
(Registrum actorum L. de Mansuetis), f. 110vo.

(2) Cfr. VEnEss ENDRE, Olasz egyetemeken járt magyárországi tanulòk
angakóngve és irati (Matricola e atti di studenti ungheresi nelle Università

d'Italia), Budapest, pp. 89, 327ss.

(3) Cfr. Huszrr, Francesco Maturanzio magyar vonatkozàsu kólteménygei
(Poesie di F. Maturanzio attinenti all'Ungheria), in « Egyetemes Philologiai
Kózlóny », v. LI (1927), p. 7s.

(4) P. Gracomo OppI DA PERUGIA: La Franceschina. Testo volgare

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bf pe Quanto allinfluenza in quest’epoca esercitata dall'Umbria
SEDI jus sulla vita spirituale ungherese, è da rilevare l'apporto decisivo, recato
NT dagli Umbri immigrati alla formazione dell'Umanesimo nazionale.
"e : Anzitutto si deve a Galeotto Marzio, per la sua condiscendenza verso
SUR Giano Pannonio, Giovanni Vitéz e Mattia Corvino, se la cultura un-
Ic gherese, fino allora ecclesiastica, prese quell'indirizzo classico per cui
Ò : il latino divenne lingua ufficiale della nazione e, come tale, riusci a
AA sussistere vivo. fino al 1848. Intanto anche lo spirito dell'Umbria
TEE EE ^ Santa continuò ad agire mediante i Francescani che stendevano i
dea } primi testi di lingua ungherese traducendo leggende francescane avu-
MLB PT te da Assisi, come ad esempio il codice Virginia e quello Lobkowilz
gum c s che derivano rispettivamente dal Liber Conformitatum di Bartolomeo

^UE ES | da Pisa e dal Tractatus de Indulgentia S. Mariae de Portiuncula di
Francesco Bartoli d'Assisi (1).

V. L'EPOCA DEGLI AnBsBURGO (1526-1918).

I | nnd i 31) Guerrieri; Malatesta Baglioni marchese di Bettona. — 32) Girola-
dE ERE: I het mo Diruta Perugino. — 33) Ungheresi in Umbria; l'idea umbra
MUTARE in Ungheria. — Epilogo.

«I fino a Buda, distruggendo l’unità dell' Ungheria, spezzata in tre parti. -
I3 Il nuovo re, l'arciduca Ferdinando d'Austria (dal 1555 imperatore),
! | | riusci ad impadronirsi soltanto dell'Oltre-Danubio e delle regioni

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(I | 31. — Dopo la catastrofe di Mohacs (1526), il Sultano si spinse

settentrionali del Paese, mentre il suo competitore Giovanni Szapo-
| lyai si assicurò la Transilvania diventata più tardi principato indi-
\ | . pendente, sicché tutto il Basso Piano rimase in possesso del Gran
| ; Turco. Tale situazione perdura fino alla fine del '600 allorché, in se-
| guito alla sottomissione della Transilvania alla Corona di S. Stefano
* | (1690) ed alla cacciata dei Turchi dal territorio nazionale (1699), si
dI er effettua di nuovo l’unità del Regno, continuando ad essere inqua-
HR drato nell’Impero germanico (1555-1815) o in quello austriaco
UA s ooh (1815-1918).

h | umbro del secolo xv, edito per la prima volta nella sua integrità dal P. Nicola
| 2 £i Cavanno O.F.M., Firenze 1931; cfr. BANFI, in Szüàzadok, v. LXIX (1935),
| vii hi pp. 473-78. i

i i} UN MR (1) Notizie generiche presso VARADY, op. cil., v. I, p. 137.

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UMBRI IN UNGHERIA : 93

In questa situazione l'Ungheria era diventata teatro di guerra
costituendo, contro. la forza espansiva della potenza ottomana,
quel vivo « antemurale della cristianità », al cui riparo l'Europa pote-
va dedicarsi fidente al progresso della sua cultura, mentre gli Unghe-
resi venivano a dissanguarsi in una lotta due volte secolare, amore-
volmente soccorsi dal fior fiore della nobiltà europea, tra di essa —
alto titolo d'orgoglio — molti cavalieri umbri che pure offrirono al Re
la loro spada per la difesa della Cristianità.

Il primo di questi eroi umbri fu un Taddeo dei Marchesi del Mon-
te Santa Maria nell’Umbria, detti Borboni del Monte, figlio di un al-
tro Taddeo ricordato nel 1495, che — secondo la scarsa notizia del suo
sacrificio (1) — « morì contro i Turchi in Ungheria » lasciando lumi-
noso esempio seguito poi da molti membri di questa famiglia, con cui
emulerà la famiglia perugina dei Baglioni, anch'essa nobilmente
distintasi per le sue numerose imprese militari in Ungheria.

Cosi, quando nel 1532 l'avanzata del sultano Solimano minac-
ciava pericolo a Vienna, l'esercito pontificio condotto in Ungheria
dal cardinale Ippolito de' Medici, contó nelle sue file Bartolomeo Bor-
boni del Monte con trecento fanti e Braccio II di Griffone Baglioni
con simile truppa di perugini (2). E quando nel 1542 Ferdinando I
strinse d'assedio la città di Pest, nell'esercito pontifico militavano,
sotto il comando di Alessandro Vitelli, Astorre II di Gentile Baglioni
con trecento fanti, e Pietro Borboni del Monte che incontreremo an-
cora in Ungheria; nella stessa impresa perdettero la vita «il Rufo el
Fiolla da Città di Castello capitani di fanteria » (3). L'esercito restó
nel paese anche nel 1543, ostacolando l'espansione del Turco con la
difesa, quantunque inutile, di Strigonia e di Tata. Nel 1566 Solimano
si mosse contro Massimiliano I, al cui soldo militava allora il sullo-
dato Pietro Borboni, mentre Orazio di Giammattia Borboni del Monte
venne in Ungheria con le truppe condotte dal duca di Ferrara Alfonso

(1) Per là famiglia del Monte v. Pompeo LITTA, Famiglie celebri italiane
(Milano s. a.), v. VII, fsc. 13, tavv. I-XIII; per Taddeo, tav. V.

(2) Per Bartolomeo Borboni: CRISPOLTI, op. cit., p. 290; LITTA, op. cit.,
tav. XII. Per Braccio Baglioni: CRISPOLTI, op. cit., p. 290.

(3) Vedasi la narrazione del Giovio, sotto la data del 1 ottobre 1542
(ove si parla anche di due « Alfieri dell’Umbria ») e del 5 dello stesso mese
(con la notizia della morte dei due capitani di Città di Castello), riportata in
L. A. Maaaionorr: e F. BANFI, Le fortificazioni di Buda e di Pest e gli architetti
militari italiani (Roma 1935), p. 57. Per Astorre Baglioni, v. CRISPOLTI, op.
cit., p. 283; per Pietro del Monte, LITTA, op. cit., tav. X.

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94 FLORIO BANFI

II d’Este, come pure Adriano di Gentile Baglioni vi condusse una
truppa con quattro capitani, guadagnandosi una collana d’oro, datagli
in premio dallo stesso Re (1). Notizie incerte ci rimangono di Ca-
millo Borboni del Monte, il quale « morì combattendo in Ungheria »,
«contro Solimano », probabilmente nella stessa campagna del 1566 (2).

Nel 1594, per la difesa di Giavarino (Gyór), il re Rodolfo ebbe
in aiuto le truppe del Granduca di Toscana, condottevi da Don Gio-
vanni de’ Medici, sotto il cui comando militava Pierfrancesco Borboni
del Monte, detto Signorotto, figlio del suddetto Pietro, il quale, mentre
difendeva un parapetto da un assalto, colpito da tre archibugiate, vi
morì eroicamente (3). Fu alla difesa di Giavarino anche Francesco
Borboni del Monte, venutovi con cento cavalli a sue spese; figlio del
sullodato Bartolomeo, egli comparirà ancora due volte nei campi di
battaglia dell'Ungheria (4). Nell'inutile difesa di quella piazza, Fran-
cesco si fece nome distinto e fu eletto membro del Consiglio di Guerra;
anzi, l’imperatore Rodolfo lo volle suo ambasciatore presso Clemente
VIII per ottenere soccorsi nella guerra contro i Turchi. Infatti, si de-
ve a questo nobile rampollo della zolla umbra se il Pontefice si dette
cura di organizzare tre spedizioni militari per la liberazione dell’Un-
gheria, delle quali la prima. (1595) e la terza (1601) sono inseparabili
dal nome di Francesco.

La prima spedizione pontificia, che ebbe luogo nel 1595, constava
di sette reggimenti con più di 10.000 combattenti fra fanti e cavalli,
sotto il comando del generalissimo Gianfrancesco Aldobrandini che
nominò suo luogotenente Paolo Baglioni e sergente maggiore Ridol-
fo Baglioni. Fra i sette generali comandanti i reggimenti si trovarono
due Umbri, Ascanio della Penna o da Corgna e Francesco Borboni
del Monte ; fra i capitani si notano due perugini, Fulvio Salvi e Ettore
Graziani. Fra gli ufficiali di minor grado si ricordano Orazio di Guido—

(1) ARIODANTE FABBRETTI, Biografie dei Capitani venturieri dell’ Umbria
v. IV (Montepulciano 1846), pp. 288-89 (Baglioni); FELICE CIATTI, Vita di
Adriano Baglioni (Perugia 1851), p. 168. LrrTA, fsc. cit. tav. X (Pietro del
Monte), XI (Orazio del Monte).

(2) CRISPOLTI, op. cit., p. 293; LITTA, fsc. cit., tav. VI.

(3) GIovANNI NiccoLo Doacriowi, L'Ungheria (Venezia 1595), p. 762, e
CESARE CAMPANA, Delle historie del mondo (Venezia 1597), p. 644, lo chiamano
erroneamente Otto del Monte, cfr- BANFI-MAGGIOROTTI, La fortezza di Gia-
varino in Ungheria e i suoi architetti militari italiani (Roma 1932), pp. 31, 32.

(4) LITTA, fsc. cit., tav. XII; cfr. BANrI-MacaronorTI, La fortezza di
Giavarino, pp. 24-33, 89-90.
UMBRI IN UNGHERIA ; 95

baldo Borboni del Monte e Jacopo Amatucci d’ Assisi, mentre almeno
un quarto della truppa risultava costituito da Umbri (1). La spedi-'
zione, della quale ci rimane il « Discorso sopra la presente guerra
d'Ungheria fatto dal Signor Francesco del Monte l'anno 1595 » (2),
partecipò efficacemente all’espugnazione di Strigonia (22 agosto —
2 settembre), di Visegrad (16-21 settembre), e di Vàc (23 settembre),
pagando ben caro questi successi, in modo che al termine della cam-

pagna l’esercito pontificio risultava ridotto a 2.500 uomini (3). DI
La seconda spedizione fu condotta in Ungheria nel 1597 dallo AE
stesso Aldobrandini con un esercito di circa 9.000 combattenti, compo- DA
sto da trentanove compagnie, a comando di altrettanti capitani coadiu- s
vati dai propri alfieri. Vi sono da notare le seguenti compagnie umbre: m
N.9 | Capitani | Alfieri. | Fanti | Cavalli Li
12 | Raimondo Tomasoni da nl
Terni 25-55 sGlanfrance. da Terni —. | 2003 10 M

18 | Ottavio Mazzincolo o Mazza ME
ie: Gollo da "Ternr pedo 9 1l

19 | Fabio Biocchi da Perugia | Tobia da Perugia . .| 160 9 Î
21 | Fulvio: Salvi da Perugia 230 | 14 Hl
22 |Orazio Baglioni ^. . .| Borgio Borgi da Perugia | 230 25 D
E

27 | Pompeo Cinelli da Perugia 220 15 P
29 |Orazio Barbone da Peru- : i
gia (4) . . . . .| Flaminio da Perugia . 230 35 "

30. | Ettore Graziani. *. . . Francesco Soci da Pe- N

| rugia FIR 230 30 |

32 | Alessandro Ranieri da Pe- | Marcello Crispolti da |
CURIA nta Perugia: «53 5 [200 24 B

Ri

(1) Catalogus officialium militiae creatorum a Summo Pontifice pro bello
gerendo in Hungaria adversus Turcas, nel codice n. 36 (f. 46) della Vallicel-
liana di Roma e nel cod. Capponiano 164 (f. 34) della Vaticana; inoltre vedansi
per A. della Corgna CRISPOLTI, op. cit., p. 285, per Orazio del Monte LITTA,
[sc. cit., tav. VII, per la spedizione CAMPANA, op. cit., v. II, pp. 148-172. Altre
fonti e lettere v. nello studio citato nella nota 3. . :

(2) Biblioteca: Vaticana: codice Urb. Lat. 856, parte II, ff. 373-382.

(3) Per la storia della spedizione v. BANFI, Gianfrancesco Aldobrandini
Magyarorszagi hadivallalatai, (Le imprese militari di Gianfrancesco Aldobran-
dini in Ungheria), in « Hadtérténelmi Kózlemények », v. XL (Budapest 1939),
pp. 1-32 (la prima impresa), e la bibliografia quivi citata.

(4) Dev'essere Orazio di Tancredo de’ Borboni del Monte, per cui ve-
dasi p. 69, nota 4.

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208 — - FLORIO BANFI.

Nella compagnia 13.ma e in quella 37.ma si trovarono rispettiva-
mente gli alfieri Alessio Silvestri da Campello e Antonio Grazzini da
Città di Castello. Queste: compagnie furono divise in sei reggimenti,
sotto il comando di altrettanti colonnelli; uno di essi ebbe per colon- |
nello il perugino Ettore Graziani. L'Uditore Generale del Campo fu
Alessandro Cantucci da Perugia (1). La spedizione partecipò alla
conquista della fortezza di Papa (13-20 agosto) e, dopo un vano tenta-
tivo per la liberazione di Giavarino (8 settembre-11 ottobre), si mi-
surò col Turco nel campo presso Vaccia (24 ottobre — 11 novembre),
mentre l'esercito pontificio veniva ridotto a 2.000 uomini (2).

Con la terza spedizione l'Aldobrandini condusse in Ungheria
nel 1601 un esercito di circa 10.000 combattenti divisi in nove reggi-
menti, uno dei quali ebbe per colonnello Orazio Baglioni, già distin-.
tosi nella seconda spedizione (3); fra i capitani dell'esercito ponti-
ficio va ricordato Orazio di Tancredo Borboni del Monte (4). Anche
il Granduca di Toscana invió, per partecipare a quella campagna,
Don Giovanni de' Medici, al quale si aggiunse poi Orazio Baglioni
che aveva abbandonato per disaccordo il campo pontificio. Con una
truppa arruolata a proprie spese, anche Francesco Borboni del Monte
tornó a far parte della campagna, in azione comune col Medici (5).
La campagna ebbe per obbiettivo la fortezza di Canisia (Kanizsa) ma,
dopo due mesi di assedio (9 settembre — 17 novembre), dovette ab-
bandonare l'impresa che costó la vita allo stesso Aldobrandini, men-
tre l'esercito pontificio venne ridotto a 3.500 uomini (6).

Le tre spedizioni pontifice compiute in Ungheria rendono
viva testimonianza intorno all'elevato spirito di eroismo della popo-
lazione umbra che forniva all'Aldobrandini un'importante parte dei

(1) Urb. Lat. 1065, ff. 430-32 (Nota dei Capitani et Alfieri e Cavalieri. che
sono andati in Ungheria), 438 (Nota dei Capitani spediti in Ungheria dalla
S.tà di N.S.). i

(2) Cfr. BANFI, op. cit., luogo cit., pp. 213-228 (la seconda impresa), e le
fonti quivi addotte, specialmente il codice Urbinate cit., f. 544 a proposito
del Graziani.

(3) Archivio Vaticano: Borgh. IV 225, f. 37; inoltre, Urb. Lat. 818,
320-24. .

(4) LITTA, fasc. cit., tav. IX; cfr, la nota 11.

(5) Urb. Lat. 1069, ff. 427, 429. Vedasi Il vero disegno della fortezza di
Canisia (« Giovanni Orlandi le stampa a Pasquino Anno 1602 in Roma »), con
la figurazione del Forte del S.r Francesco dal Monte.

(6) Cfr. BANFI, op. cit., nella nota 10, luogo cit., v. XLI (1940), pp. 143- .
56 (la terza impresa).
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UMBRI IN UNGHERIA 97

suoi eserciti di circa 29.000 uomini. Esse costarono la vita a ben 21.000.

uomini, dei quali almeno un quarte dev'essere stato costituito da Um-
bri che s 'immolarono generosamente per la salute dell’ Ungheria. Di
fronte alla folla di questi anonimi eroi, ci rimangono i nomi dei con-
dottieri sopra riferiti, fra i quali risplendono anzitutto quelli dei Mar-
chesi del Monte Santa Maria. Ai membri summenzionati di questa
famiglia va aggiunto anche Cesare Borboni del Monte, figlio di Pietro
e fratello di Pierfrancesco, il quale, a quanto si deduce dalle scarse
notizie che ce ne rimangono, militò. pure in Ungheria, parteci-
pando forse alle campagne collegate con le spedizioni dell'Aldobran-
dini (1).

E da ricordare poi, che Orazio di Tancredo Borboni del. Monte,
dopo aver partecipato, alla terza spedizione dell'Aldobrandini, entró
al servizio del re Rodolfo che, nel 1603, lo fece Quartier Mastro, e,

nel 1605, Consigliere di Guerra; inoltre, pel suo valore ottenne l'in- -
feudazione di Komdód in Ungheria, confermatagli nel 1604, dove

egli rimase fino al 1610 (2). Si hanno generiche notizie di un Fabio
Borboni del Monte (1573-1645) che «andò al servizio dell’ Imperatore
in Germania e militó nelle guerre d'Ungheria » (3), cosi pure di un
Mario di Taddeo Borboni del. Monte (m. 1684) che «entró nel 1647
nel reggimento di Pierfrancesco del Monte in qualità di capitano e
militó nelle Fiandre, ... e in Ungheria contro i Turchi e ritornó in
Italia col grado di colonnello » (4).

Così gli Umbri devono aver partecipato anche alle campagne
del ’600 e, soprattutto, a quella della liberazione combattuta dal 1683
al 1699, ma non vale la pena di perderci in una racimolatura poco
utile. Ricordiamo soltanto Bulgaro M arsciani da Orvieto, figlio del
conte Lorenzo il quale avendo partecipato alla campagna del 1685
giunse'a Roma « dal campo di Neissel (intendi: Neuháusel, cioè a
dire Érsskjvàr), spedito dal Sig. Card. Buonvisi Nunzio, con lettera
di Vienna delli 20 di Agosto », recante la nuova dell espugnazione

"di quella fortezza (5).

Oltré ai guerrieri va notato un solo Umbro chè ebbe a vedere
l'Ungheria degli Absburgo, cioè Malatesta Baglioni, marchese di Bet-

(1). LITTA, fasc. cit., tav. X.
(2) IDEM, ivi, tav. IX.
(3) IDEM, ivi, tav. VI; forse nella guerra dei Quindici anni (1591- 1606).

(4) IDEM, ivi, tav. SEED evidentemente ego campagna combattuta nel
1663-64.

(5) Archivio di Stato di inb Cartari-Febei, Cod: 92, f 235vo.

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Uo M T. È tona, vescovo di Pesaro (1612-41) e di Assisi (1641-’48), che dal 1634
dm du fu Nunzio Apostolico a Vienna presso Ferdinando II e nel 1637 par-
Hn HN tecipò alla dieta di Possonio, dove Ferdinando III venne incoronato
1 RM : re d'Ungheria e la consorte Maria — a meraviglia del Baglioni — « ri-
UN - cevette sulla spalla destra la corona Santa » (1).
Ho ME | Infine, é doveroso constatare il particolare interessamento degli
Tob d Umbri per gli avvenimenti nell'Ungheria. Così ad es. la liberazione
AN ì di Buda (2 settembre 1687) fu festeggiata in Orvieto con spettaco-
| im ut lose celebrazioni, come risulta dalle memorie del conte Girolamo
TOS e Clementini d' Amelia (2). Del resto, non mancano autori Umbri che
cU trattavano dell'idea magiara: Andrea Angelini Bontempi da Perugia
1) EA IL compiló un interessante volume sulla congiura ordita dal Wesselényi
AED contro Leopoldo I (1671) (3); Carlo Cartari da Orvieto raccolse nei
IE: d à suoi Diari manoscritti numerosissimi documenti relativi alla storia
B umm d'Ungheria negli anni 1642-1691 (4). :
Eu ut
VERE: 2 32. — L’aura dell' Umbria raggiunse anche il principato di Tran-
Ju VER SE silvania, ridotto della libertà ungherese, stretta fra le due ma-
E: | i A cine d'Absburgo e del Turco. Anzi ad opera di un Umbro, il nome
# n | um è del Principato divenne addirittura concetto; Girolamo da Deruta
- Dl iUa | o Girolamo Diruta Perugino, Conventuale di S. Francesco, com'egli
Mt stesso si qualifica nella sua opera intitolata appunto Il Transilvano
E | | it. 41 e pubblicata a Venezia in due parti rispettivamente nel 1593 e nel
E A ! È 1609 (5). « Il Transilvano » indicato dal titolo dell’opera, sarebbe il
m "ad
H ^ li j i (1) CRISPOLTI, op. cit., p. 339; VERMIGLIONI, Biografia, v. lil, pp. 87-90
BEES m j Cfr. PAsron, Storia dei Papi, v. XIII, p. 482.
ES I B 1 (2) Lettera di ragguaglio delle feste fatte nella città di d’Orvieto per la
> i| 1 Il ( H presa dell'inespugnabile città di Buda, scritta all' Ill.mo Sig. Can. fra Gio. Garzia
È (Pe nel Mellini, Governatore del" Umbria, dal Signor Conte GrEOLAMO CLEMENTINI
E If | | 2I is N D’AMELIA. In Terni, per Bernardino Arnazzini, 1686.
a Hi (i | d (3) Gio. ANDREA ANGELINI BonTEMPI, Historia della Ribellione d' Un-
E: VULT gheria, Dresda (Tip. Seyferti) 1672, pp. 324.
Di i 3 È (4) Questi Diari, dal titolo Ephemerides Cartharii, formano ben 32 vo-
3 BERN lumi e si conservano nell’Archivìo di Stato di Roma, sotto la segnatura:
E SUINI Cartari-Febei 73-104.
B YR vi (5) Dell'opera del Diruta, ricordata per la prima volta dal PRAETORIUS,
3 |È 31 rp Terpsichore, Wolfenbüttel 1612, Appendice (Admonitiones quaedam XII:
È | | sor til « Hyeronimi Dirutae Orgeltabulaturbuch »), sin dal 1648 fanno menzione gli
f || LI Hi i autori perugini (CRISPOLTI, op. cit., pp. 147, 357), come risulta dal VERMI-
li Hi I WI GLIOLI, Biografia, v. II, p. 381, n. 2, che però crede trattarsi dell'omonimo let-
E | | A | tore dello Studio di Pisa, morto nel 1555, mentre il Nostro nacque verso il 1564
i Il i | (v. più innanzi p. 74, nota 1). Il primo studioso che si fermò sull’opera del
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UMBRI IN UNGHERIA 99

Principe della Transilvania, cioé a dire Sigismondo Bathory (1588-
1598), destinatario dell'opera dedicata appunto «Al Serenissimo
Prentipe di Transilvania, il Signor Sigismondo Battori, Prencipe
meritissimo di quella Provincia, il cui titolo e nome porta seco il
Libro ». |

Girolamo Diruta era organista della chiesa dei Frari a Venezia,
quando nel 1592 il cavaliere Melchiorre Michele gli presentó l'unghe-

rese Stefano Josika, uno dell'ambasceria del Bathory, diretta a Fi-

renze per chiedere al Granduca Ferdinando la mano della nipote Eleo-
nora Orsini. Il diplomatico, che aveva avuto dal Principe l'incarico
di procurargli a Venezia dei libri onde apprendere l'arte di suonare
qualunque strumento, prese allora dall'organista alcune lezioni per
suonare l'organo; quindi, dietro suggerimento del Michele, il Diruta
pose mente a pubblicare la scuola d'organo e dedicarla al principe
Bàthory. Così ebbe origine Il Transilvano. Nel quale facilmente e
presto s'impara a conoscere sopra la tastatura il luogo di ciascuna parte,
et come nel diminuire si deueno portar le mani, et il modo d'intendere
la intauolatura ; prouando la uerità et necessità delle sue regole, con le
loccate di diuersi eccellenti Organisti, poste nel fine del Libro. Opera
nouamente ritrouata et necessaria a Professori d'Organo. (Con privilegio.
In Venetia, appresso Giacomo Vincenti MDXCIII). Di questa edi-
zione dedicata a Sigismondo Bàthory ci rimane una sola copia conser-
vata nella Biblioteca dell’Accademia delle Scienze di Budapest.
L’opera venne poi ristampata dallo stesso Vincenti nel 1597 e nel
1609, ma senza l’epistola dedicatoria; si hanno notizie anche di una

quarta e quinta edizione, rispettivamente del 1622 e del 1625 (1).

Contemporaneamente alla terza edizione il Deruta diede alla luce, per

Diruta è il musicologo inglese HAWKINS, A general History of the Science pratice
of Music (London 1776), v. IV, p. 243, al quale tengono dietro il BURNEY,
A. general History of Music (London 1789), v. III, p. 284, e il GERBER, Neues
historisch-biografisches Lexicon der Tonkünstler (Leipzig 1812), affermando che
il principe Bathory fosse allievo del Diruta, opinione questa cbe troviamo ri-
petuta da quasi tutti i bibiografi musicali stranieri, come il FoRKEL (Allge-
menie Literatur der Musik, Leipzig 1792), il WEITZMANN (Geschichte des Cla-
vierspiels un der Clavierliteratur, Stuttgart 1879), il ProsNITZ (Handbuch der
Klavierliteratur, Leipzig 1884), il WECKERLIN (Bibliothéque du Conservatoire
National. Catalogue bibliographique, Paris 1885), e da quello italiano PrETRO
LicHTENTHAL, Dizionario e Bibliografia della Musica (Milano 1826). che copia
e traduce servilmente il Forkel.

(1) Cfr. FRANcESCO BRIGANTI, Padre Girolamo Diruta e un suo ignorato
Antifonario, in « Perusia» del 23 settembre 1950, pp. 34-37.
TX
"

Rie : c 1007 FLORIO BANFI

i tipi del Vincenti, una Seconda Parte del Transilvano, dedicata ad |
Eleonora Orsini che aveva preferito al Bàthory il duca Alessandro |
‘ Sforza. i :
Ed iUd Il Transilvano del Diruta, come risulta anche dal suo titolo,

: tratta della tecnica dell'organo e di altri strumenti a corda, facendo
| conoscere la tastatura e la maniera di diminuire, cioè di colorare e
IATA sviluppare il tema; nonché quella d’intavolare, cioè di fissare in una
MM MEE ‘ intavolatura la composizione per organo. La trattazione si svolge in:
| WI / forma di dialogo fra « Un Transilvano » e «il Cavaliere Michele », os-
: sia Melchiorre Michele da Venezia, già agente della Santa Sede in
Transilvania. L'interlocutore transilvano veniva identificato dagli
studiosi di musica con lo stesso principe Sigismondo Bathory; ma
«Il Transilvano » del titolo e « Un Transilvano » del dialogo sono due
persone diverse. Il fatto che il Michele, parlando del suo interlocu-
tore transilvano, lo dice testualmente « questo gentiluomo mio ami-
cissimo », c'induce a credere che esso sia lo stesso Stefano Josika.
Un'impostazione del tutto fantastica è quella, che il dialogo si svol-
gesse fra il Principe e il Diruta (1).

. Del resto va ritenuto generalmente che il principe Bàthory sia
stato allievo del Diruta. Purtroppo, a prova di quest'affermazione, ali-
mentata dall'erronea convinzione che l'autore e il destinatario del-
l'opera fossero gli interlocutori del dialogo, ci mancano dati di fatto.
S'ignora pure che il Diruta sia stato alla Corte del Principe di Tran-
silvania. D'altra parte certo si è che egli aveva. da tempo lasciato
Venezia, quando nel 1609 pubblicó la Seconda Parte del Transilvano,
allora « Organista del duomo d'Agobbio ». Che l'abbandono di Vene-
Zia e il trasferimento a Gubbio siano stati causati da un soggiorno:
intercorso nel frattempo alla Corte del Principe di Transilvania ?
Da parte mia propendo a scorgere un'allusione al proprio caso in quel
passo della sua dedica in cui il Diruta encomia i! mecenatismo del
Principe per gli artisti «i quali con segnalato concorso, lasciata l'Ita-

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1 if (1) Per un vaglio del Diruta v. KARL KREBS, Girolamo Dirutas Transil-
Uli JU vano. in « Vierteljabrschrift für Musikwissenschaft » di Lipsia, ann. 1892, il
RE MA | primo studioso che se ne occupò appositamente, inquadrandolo nella storia del-
BEER. n la musica. Sul Krebs si basa RoBERT ErrwER, Biographisch-Bibliographisches
A E D A Quellen-Lexicon der Musiker und Musikgelehrten der christlichen Zeitrechnung
Ro EPA ‘ (Leipzig 1900), pp. 209-210. Lo studio del Krebs vien completato dalle me-
B HAT i morie di EmiLe Haraszti: Les rapports italo-transylvains de II Transilvano
di li FIFIRA | de Girolamo Diruta, in « Archivum Europae Centro-Orientalis», v. VI (Budapest
B Hi ht 1940), pp. 312-24; e «II Tran silvano » di Girolamo Diruta, in « Corvina »,
- | 13 N. S. v. VI (Budapest 1943), pp. 117-27.
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UMBRI IN UNGHERIA 1:01.

lia et proprij luoghi, non spaventati della longhezza del viaggio, per-
sonalmente si sono presentati al suo Serenissimo cospetto ». Inoltre,
l'opera stessa ci rivela una conoscenza che il Diruta ebbe dell'ambiente
musicale della Corte del Transilvano, riportando tra le « Toccate di
diversi eccellenti Organisti, poste nel fine del libro » anche una toccata
dello « Eccellentissimo Antonio Romanio suo organista ». Comunque
sia, l'esperienza musicale del Bàthory, formatasi ancor prima del

. 1593, nonché la presenza di Antonio Romanini alla sua Corte, sono

fatti che non favoriscono la tesi secondo cui egli fosse stato allievo
del Diruta. :
Ad ogni modo, è per i suoi rapporti con l'Ungheria che si ha la

» documentazione dell'attività di Girolamo Diruta, del resto attestata
soltanto da qualche opera inedita (1), documentazione questa che

ne II Transilvano costituisce una delle opere teoretiche più importanti
del genere. Egli vi si rivela quale autore della prima scuola di organo
e di cembalo; e se alcuni trattati di maestri spagnoli della prima metà

del 500 infirmano la priorità del suo trattato, il Diruta rimane sempre |

il più sogelienie organista e teorico del XVI secolo.

33. — Mentre il concorso degli Umbri in Ungheria veniva dimi-
nuendo per finire poi col- °600, d'altra parte si accresceva l’afflusso
degli Ungheresi in Umbria diventata un fattore ormai indispensabile

‘ nella vita magiara.

Nel '500, che è il secolo del trionfo della laicizzazione dello spirito,
lo Studio di Perugia, finora frequentato dagli Ungheresi soltanto per
le sue Scuole di teologia, divenne meta anche di studenti laici che vi
accorrevano per istruirsi nelle scienze mediche e anche in giurispru-
denza. Il primo di essi, Gaspare Kórósi da Seghedino (Szeged), vi si

"immatricoló nel 1552 per laurearsi in medicina; d'allora in poi fino al

1739, quell'Università veniva frequentata da scolari ungheresi, fra i

(1) Una di esse è intitolata Contrapunti di Girolamo Diruta Lib. I. A.5 .

e conservata nella Biblioteca del Conservatorio di Parigi, sotto la segnatura
«Res. 368 », secondo il Catalogo ms. Henry Export, come dice lo HARASZTI,
op. cit., p. 323, n. 47. Un'altra sua composizione va ricordata nella seguente
nota che trovo fra i miei appunti, senza indicazione di provenienza: « Un al-
tro insigne compositore, il padre Girolamo Diruta, nato a Perugia verso il

(1564, autore del famoso trattato Il Transilvano, ci darà un Ricercare per organo

concerto scritto su oggetto semplice e spontaneo che fa ORD il Fresco-
baldi ». Recentemente il Briganti ci diede notizia anche. di un’opera a stampa

. del Diruta: Contrapunti sopra il canto fermo delle Antifone (Venezia 1580),
. di.cui però non si conosce alcun esemplare.
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102 FLORIO BANFI

«quali si notano anche tre membri dell’illustre famiglia Palffy. Tutta-
via questi scolari non erano mai tanto numerosi da poter formare una
propria « Natio », perciò si associarono alla Nazione Germanica (1).
Fra i Francescani che neppure in quest'epoca procellosa rinun-
ziavano a visitare i Santuari dell’Umbria, va ricordato un Beato
Frate Giovanni Ongaro «il quale lungo tempo stette nella provintia
de San Francesco, et morì circa gli anni del Signore 1560 nel sacro
luoco de Monteluco de Spolete », come si legge nelle pagine aggiunte
alla Franceschina nel codice di Monteluce e che ne riferiscono le fan-
tastiche narrazioni di sé stesso e di un « Frate Stephano de Ongaria
sacrestano », del resto mai sentito nominare (2).

. Naturalmente innumerevoli furono quelli romei che, avendo
voluto preferire alla via Bologna-Firenze-Viterbo quella Flaminia
con la diramazione Ternana, transitarono nell'Umbria. Questi pelle-
grini provenienti da Loreto e diretti a Roma percorrevano l'itinerario
Serravalle - Colfiorito - Casenuove - Foligno - Spoleto - Terni - Narni-
Otricoli ecc., descritto per primo fra gli Ungheresi dal gesuita Ladi-
slao Sennyey che lo percorreva negli anni 1687, 1693 e 1697 (3). Ma
di solito essi si valsero dell'opportunità per includere nell'itinerario,
fra Colfiorito e Foligno, anche Assisi e S. Maria degli Angeli; gli é che
nel '700 la basilica di S. Francesco ad Assisi teneva a disposizione
degli Ungheresi un penitenziere di lingua magiara. Questi pellegrini,
visitando i Santuari della « dolce terra francescana » potevano am-
mirare il magnifico ritratto di S. Elisabetta d'Ungheria, dipinto nella
Cappella delle Rose di S. Maria degli Angeli nel 1506 e che piü tardi
ispirerà al D'Annunzio una pagina de Le Vergini delle Rocce, e nel
Sacro Convento d'Assisi il quadro rappresentante il connazionale
Fra Stefano Iglódi martirizzato dai Calvinisti di Cassovia nel
1639 (4).

Nel 1707 l'Umbria vide varcare le sue terre da truppe ungheresi
del piccolo esercito (poco piü di 8000 combattenti) del generale Conte
Daum inviato dall'imperatore Giuseppe I per la presa del Napoletano.
Esso comprendeva fra l'altro il reggimento dello Splényi e quello del-

(1) VERESS, op. cit. pp. 91, 327ss.

(2) G. OppI: La Franceschina, ed cit., v. IT, pp. 450-51 (Frate Giovanni),
447-50 (Frate Stefano).

(3) Cfr. IvanvI BELA, B . Sennyey László S. J. római utazásai (Viaggi
a Roma del barone Ladislao Sennyey S. J.), Budapest 1929, pp. 60-61, 77, 85.

(4) Cfr. BoNAvENTURA MonaniU, Relazione sul martirio di Fra Stefano
Iglodi O. F. M., in « Miscellanea Francescana », v. XVLIII, pp. 258-67.

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UMBRI IN UNGHERIA 103

l'Elbergényi, ambedue ungheresi; quest'ultimo ebbe anche una com-
pagnia di Ussari, col capitano Kiràly. Lasciato Camerino, il 4 giugno
l'esercito sboccó sull'altipiano di Colfiorito e «gli Ussari, che furono
gli ultimi ad arrivare, si fermarono sotto il convento di Brogliano »,
come il 6 giugno 1707 scrive Antonio Magonzelli Emiliani, continuan-
do:« Prima di andare a letto, vidi dall'orto che il piano riluceva per
tutto dalli gran fuochi che si facevano dall'armata, e si vedevano gli
Ussari che stavano sotto il convento senza padiglioni a cielo scoperto,
come le bestie, quali preparavano la cena ». L'8 giugno l'avanguardia
e il giorno seguente tutto il corpo dell'esercito passó per Foligno
verso il «campo di bovara », proseguendo poi alla volta del Regno,
mentre l'eco dei tamburi e delle SEC festose si spense nel-
l'abituale silenzio (1).

Quasi quattro secoli dopo la visita del re Sigismondo, ecco in
Umbria un altro Re d'Ungheria, l'imperatore Francesco I che ve-
diamo a Perugia dal 12 giugno al 5 luglio 1819 (2). Il Re era preceduto
dal conte Stefano Széchenyi, «il più grande Ungherese », che per mere
ragioni turistiche compiva, fra il 1818 e il 1819, un viaggio in vari
paesi del Mediterraneo, lasciandone un diario, il primo fra tanti
scritti del genere che parlano dell'Umbria. Accompagnato dal pit-
tore Giovanni Ender e proveniente da Firenze, egli s'internó, il 3 ago-
sto 1818, in questo giardino d'Italia, dove il lago Trasimeno gli spie-
gava il ricorso di Annibale, ma subito lo cancellava Perugia con i ca-
polavori del Perugino, di Raffaello, del Vasari e del Reni, da lui no-
tati nel Palazzo del Cambio. Il giorno seguente, attraversando la pia-
nura di Assisi, lo colpisce la chiesa di S. Maria degli Angeli, ma si fer-
ma soltanto a Terni, patria di Tacito, per vedere la cascata del Velino,
senza prestare attenzione alle altre bellezze del paesaggio umbro, che
lasció il 5 agosto (3). Anche il tenente Paolo Wass, che fra il 1820 e

| il 1837 prestava servizio presso le guarnigioni dislocate in Italia, ebbe

agio di viaggiare in Umbria conservando il ricordo di aver bevuto

(1) A. ALFierI, Frammenti storici II, Un passaggio di truppe tedesche
per lo Stato Pontificio (1707), in « Bollettino della R. Deput. di Storia Patria
‘per l'Umbria », v. XIV (1908), pp. 373, 376, 414s.

(2) SERArINO SiePI, Narrazione della venuta e permanenza in Perugia
delle LL. MM. II. RR. App. Francesco I e Carlotta Augusta, e di S.A.R. l’ Arci-
duchessa Carolina dal di 12 giugno al 5 luglio 1819, Perugia 1819,

(3) Cfr. BANFI, Stefano Széchenyi in Italia, in « Italia e Ungheria », N.S.
v. X (Milano 1941), pp. 345-54.

(4) E. VaraDY, Erdélyi utazók Olaszországban (Viaggiatori transilvani
in Italia) in « Olasz Szemle », v. I (Budapest 1942), p. 82.

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104 FLORIO BANFI

alle fonti del Clitunno (4). Del resto, l'Ottocento è l'epoca. dei viaggia-
tori ungheresi in Italia, autori di celebri libri di viaggio ma con scarso

riferimento all’Umbria che, invece, si rispecchia stupenda nei relativi

capitoli de L'Italia (1898) di Alberto Berzeviczy, la figura più rappre-
sentativa della vita culturale dell'Ungheria moderna.

Fu soprattutto il dolce incanto d'Assisi che colpì l'animo degli
eletti unghersi. Lo scultore Daniele Giuseppe Bòhm, più tardi diret-

‘tore della Zecca di Vienna, venne in Assisi nel 1825 per trascorrervi

quattro anni nello studio di Edoardo Steinle, trattenendosi in rap-
porti amichevoli con Federico Overbeck intento a dipingere l’affresco
che adorna la facciata della Porziuncola (1). Di passaggio si vedono
anche alcuni pittori, come Antonio Ligeti che nel 1843 fece capolino

‘a Perugia, diretto a Pisa per far visita a Carlo Markó; poi, l’anno ap-

presso, lo stesso Markó accompagnato dal collega Michele. Kovàcs
venne a far un giro nell'Umbria (2). Ma fu il fascino del serafico Tro-
vatore che nel 1869 attirò ad Assisi il celebbre compositore e pianista
Francesco Liszt per ispirarsi al paesaggio francescano, dove sboccia-
rono i Fioretti che ebbero un eco sonoro nella sua arte musicale. Pari-
mente per il Poverello si recarono ad Assisi Hovanyi (1850), Giovanni
Zàdori (1867) e Ottocar Prohàszka (1882), offrendoci i più bei ricordi
di viaggio riportati dal mistico « Oriente ».

Intanto, sin dal '700, l'idea umbra veniva a penetrare nella vita
culturale d'Ungheria, incidendo però quasi esclusivamente sulla lette-
ratura. Cosi, vediamo l'Umbria o il paesaggio umbro rispecchiarsi in
alcune pagine dell'opera poetica che il conte Giovanni Làzàr pubblicò

nel 1738 sulle curiosità dei paesi europei (3). Purtroppo, l’ esempio è

rimasto isolato; seguito nell'800 soltanto dalla produzione prosaica
di ricordi di viaggio. Dopo le traduzioni medioevali, fa capolino nella.
letteratura anche la figura di S. Francesco, messa in rilievo nel 1722
per una anonima versione della Vita compilata da S. Bonaventura;

quindi nel 1865 per la REDDE di Chavin de Malan, tradotta da Gio-

AD HonvaATH HENRIK, Magyar romantikus festók Romdban (Pittori ro-
mantici ungheresi a Roma), in « Minerva », IV (Budapest 1925), p. 117.
(2) IDEM, ivi, p. 125.

. (3) Gr. LÀzàn JAÀnos, Florinda azaz Spanyolorszagnak ezen grof kisasszony
miatt lett romlása, mellyel egiitt olasz, frantzia, spanyol országokban találhato,
ritksdgok is leirattatnak, (Florinda, ovvero la rovina della Spagna causata da
questa contessina, e la descrizione delle curiosità che si trovano in Italia, Fran-
cia e Spagna), per 1791. Vi si celebrano Terni, Piediluco, Norcia, No-
cera, ecc. : : :
UMBRI IN UNGHERIA 105

vanni Kudlik; e, soprattutto per la preziosa opera di Francesco Pulsz-

- ky (S. Francesco e i Francescani, iniziatori dell'età moderna) pubbli-
cata nel 1882. Quanto alle opere del Poverello, il Cantico delle Creature ..
ci sì offre per la prima volta nella versione sopraccennata del Kudlik;
nel 1907 si ha anche la versione di tutte le opere di S. Francesco, a

cura del P. Monay. Dei Fioretti la prima versione ci fu data nel 1911
da Renata Erdós, seguita poi nel 1913 da quella di nobile e piacevole
fattura per parte di Giovanni Kaposy (1).-

Oltreché nella letteratura, l'idea umbra trova espressione anche
nell'arte musicale, per opera di Francesco Liszt. Terziario sin dal 1858,
il grande pianista ungherese s'ispirava a S. Francesco componendo
nel 1862 il Cantico delle Creature per baritono, organo ed orchestra, e
nel 1869, durante il suo soggiorno ad Assisi, la Sonata Francescana,
il miglior commento del piü musicale dei Fioretti, qual'é la predica
agli uccelli, in cui egli rese stupendamente i gorgheggi, i cinguettii, gli
zirli degli alati intorno al Santo, la voce di lui soave e piana, interrotta
da qualche trillo felice, poi il coro di consenso, la benedizione di com-
miato, il frullo dei partenti (2)...

L'idea umbra continuerà a svilupparsi nel periodo fra le due guer-
re mondiali, che peró esula dai limiti della presente memoria.

Da questa rapida esposizione storica dei rapporti umbro-unghe-
resi con special riferimento agli Umbri attivi in Ungheria, risulta
chiaramente l'ampiezza e la profondità dell'apporto civile reso a quel-.
la nazione da tanti illustri soggetti umbri che la illustrarono attra-
verso i secoli. In questa eletta schiera, oltre ad un Bernardo da Peru-

- gia, che si elevò fino alle soglie del trono di S. Stefano per essere stato
istruttore di Emerico I e dispensatore del regio potere a Ladislao II,
vediamo operare altri prelati (Pietro di Narni, Andrea de' Benzi) e
sacerdoti (Buongiovanni da Campello, Antonio da Gualdo, Mariotto
Senili), religiosi (Giovanni da Pian del Carpine, Andrea da Perugia,
Antonio da Spoleto, B. Tommaso da Foligno, Niccoló da Sangemini),

(1) Per la rispettiva bibliografia v. VÀnADY, La letteratura italiana cit.,
V. I, p. 241, v. pp. 137, 288.

(2) Cfr. LEONE BRACALONI, L'arte francescana nella vita e nella storia
di settecento anni (Todi 1924), p. 372; AGOSTINO GEMELLI, Il Francescanesimo,
4.a ed. (Milano 1942), p. 310.
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106 FLORIO BANFI

cavalieri sia regolari (Giovanni e Lorenzo da Perugia) che laici (Filippo
Bigazzini, Bosone III Raffaelli), cortigiani (Lorenzo Gentelotti, Marco
Costanzi, Carlo e Tebaldo da Perugia, Salvo da Foligno, Sali Buccioli),
medici (Andrea da Gubbio, Tommaso d'Amelia, Filippo da Gubbio),
giuristi (Simeone de' Quattropani, Benedetto Barzi), letterati (Giovanni
da Spoleto, Galeotto Marzio, Giannantonio Modesti, Riccardo Bartolini)
un musicista (Girolamo da Deruta), guerrieri molti della famiglia Ba-
glioni e dei marchesi Borboni del Monte S. Maria, ecc., e diplomatici pon-
tifici (Salvo Salvi, Buoninsegna da Perugia, Tommaso Vitali, Giacomo
da Spoleto, Francesco Oddi, Carlo Nepis, Pier Gentile Senili, Leonardo
Mansueti, Bartolomeo Maraschi, Mariano Bartolini, Malatesta Ba-
glioni), come principali attori, direi, della storica rivista dell'influenza
umbra in Ungheria. Essi si susseguono nei quadri delle epoche quali
rappresentanti o addirittura battistrada delle rispettive correnti: i

prelati, dello splendore della Chiesa nel sec. xrr-xrir; i religiosi, del

francescanesimo nel Due e Trecento; i medici e giuristi, della cultura
laica nel Tre e Quattrocento; i letterati, dell' Umanesimo nel Quattro
e Cinquecento; i guerrieri, della solidarietà cristiana nel Cinque e Sei-
cento; i diplomatici, degli interessi del paese, al di sopra di ogni limite
di tempo. L'attività da essi svolta s'incideva nei settori ecclesiastico,
politico e militare della vita ungherese, e lasció indelebili orme nella
vita spirituale con il Francescanesimo e nel campo culturale coll Uma-
nesimo, mentre i nomi dei sopraccennati letterati vanno legati alla
storia letteraria ungherese, che hanno arricchito con preziose opere.
E la loro attività si apprezza non solo per le manifestazioni positive
ma anche per il risultato spirituale, qual'é precisamente l'idea umbra
che s'impernia sulla figura del Poverello d'Assisi nel cui nome ebbe
inizio la letteratura ungherese e sbocció l'arte musicale di Francesco
Liszt. Cosi, nella varietà dei colori con cui l'Umbria arricchì la vita
ungherese, si manifesta quel perenne raggio che ne costituisce la pecu-
liare caratteristica e per cui rimane, al dire di Corrado Ricci, « santa
la sua missione nella civiltà d'Italia e di tanta parte del mondo ».

FLoRIO BANFI
NT —
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APPENDICE

Componimento di M° Niccolo Cieco in onore dell'im-
peratore Sigismondo nel codice Vat. Lat. 4830

La pubblicazione di Francesco Bonaini, Tre lettere di Sigismondo
imperatore ai Perugini coll'aggiunta di un componimento in terza rima
offerto al medesimo quando si posò nella loro città nel 1433 tornando
dalla incoronazione romana, in « Archivio Storico Italiano », Appendi-
ce v. VII (Firenze 1849), pp. 433-446, comprende (1) un Componi-
mento in terza rima offerto all'imperatore Sigismondo in Perugia
da M. FI. Cieco (ivi, pp. 440-443) che (2), a dire dell'editore, « ci gui-
da ad accrescere d'un nome il catalogo dei poeti perugini i quali scris-
sero rime d'argomento storico nel XV secolo ».

Stando a Bonaini, «il Vermiglioli, nel dar conto di questo com-
ponimento nell'opera manoscritta che intitoló Quattrocentosessanta
codici Latini, Greci ed Italiani, anteriori al secolo XVII, scelti dalla
Biblioteca e da altri luoghi della città di Perugia, ecc., ne scrive per
tal modo: i

« Mi è ignoto del tutto quest'autore, non meno che le sue poesie.
«Potrebbe credersi però un errore del calligrafo che abbia scritto
« FL per FR. In tal caso verrebbe Francesco Cieco. Due poeti italiani
« fiorirono nel secolo xv con questo nome. Il primo fu ferrarese;...
«fu l’altro un Francesco Cieco fiorentino,... di cui so che si trovano
«alcune rime a stampa di una edizione rarissima senza luogo » (3).

(1) Per la lettera datata da Siena il 20 settembre 1943 vedasi pure l’ALT-
MANN, Op. cit., v. II, p.-222, n. 9251.

(2) Il componimento sembra essere stato offerto o recitato dal Poeta al-
l'Imperatore in occasuione di « una festa pubblica in mezzo la piazza » che,
secondo il PELLINI, op. cit., v. II, p. 358, ebbe luogo in Perugia il 27 agosto
1433.

(3) Il Vermiglioli si basa evidentemente sul TrnABOoscur, Storia-della lette-
raturo italiana (Milano 1833), v. III, p. 175, dove si fa cenno alle poesie del
Fiorentino, indicate « nel catalogo della Libreria Capponi ». Infatti, in Cata-

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xo de «La lettura del componimento — prosegue a. dire il Bonaini —
RE i persuaderà agevolmente ciascuno, che il nostro poeta, anziché essere
di Ferrara o di Firenze, ebbe a sua Patria Perugia. Noi pensammo
sempre che non debba proporsi l'emendazione dei codici anche in
una sola lettera, ove manchi una buona e sufficiente ragione per
farlo. Non a caso adunque scriviamo, tutto portare a credere che il
poeta novello sia un Flaminio Cieco, perché tal è la sola lezione She
sembra plausibile ».
Le : Nel codice Vat. Lat. 4830, a ff. 8lvo-83vo (antica numerazione
7 VIS . 104vo-106vo) ho rinvenuto un’altra versione del medesimo componi-
ITA mento, rimasta finora inosservata, forse perché il compilatore dell’ In--
ventario dei codici del Fondo Vaticano sorvolò su di essa nella descri-
HA zione del manoscritto quattrocentesco (v. V, p. 370). È dessa intitolata:
MRO Cap(ito)lo di m° Nicolo ciecho in laude dello imperadore gismondo poi '
an che fu choronato in roma anno 1433. Al componimento seguono qu
d STOLA : S dello stesso. Poeta:
I RAE C i ff. 84ro-86ro (107ro-109ro) Cap(ito)lo del prefato Maestro Nicolo
Ene [is cieco in laude del conte franc(esc)o oggi duca Amelano, fecielo a di 23
IN ERG di nouembre 1435 trouandosi allora in firenze ch'era il conte a nostrj È
SIVE soldj;
SA ft. 86ro-88ro (109ro- -111r0) Cap(ito)lo composto per lo excellente
huomo M° Nicolo ciecho da Firenze in laude del sommo pontefice papa
B5 11 ACNE Martino quinto :
BEEESULA fi. 88ro-90vo (111ro- -113v0) Cap(ito)lo del dictus M? Nicolo ciecho
CEST in laude del papa Eugenio.
duo i . Adunque, a testimonio del codice Vaticano, l'autore di queste
EB UIT : poesia sarebbe un Maestro Niccolò Cieco, e non Francesco Cieco pro- :

SA posto da Vermiglioli, tanto meno un Flaminio Cieco immaginato
LISTEZAG: dal Bonaini.

15) 01 È da notare però che nel titolo del Capitolo a Niccolò V, il co- -

dice Vaticano dà al Poeta la cittadinanza fiorentina: « Maestro Nic-

^ x
anpra Lo a
rust

RAZZA

WINE ISEE

logo della Libreria Capponi o sia de’ libri italiani del fu marchese Alessandro

Gregorio Capponi (Roma 1747), pp. 120-121, si trovano elencate le pubblica-

H | OBSS - zioni del Poeta, fra cui un incunabolo intitolato: Creco FRANCESCO, Tornea-

0 LATO S mento fatto in Bologna per ordine di Giovanni Bentivoglio l'anno 1470, s. a. e 1.,
iy in cui si leggono i seguenti versi:

B d Io me chiamo. Francesco poverello,
E iù È gos Cieco nel mondo cum gram ricadia,
d il E i Nacqui in Firenze...

i

1

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user regen i RE I PH Ó—Ó———À M

— MO ME Ue ul d aos oC iii a in nuni Been
UMBRI IN UNGHERIA 109

coló Cieco da Firenze ». Poesie dello stesso Autore sono di pubblica
ragione per opera di Luigi Lenzotti che lo chiama parimente «M.

Niccolò Cieco da Firenze » (1). Invece F. M. Mignati, che ne pubblicò ^

il Capitolo ad Eugenio IV, lo dice « Maestro Niccolò Cieco d'Arezzo » (2)

Le diverse qualifiche rispetto alla patria del Poeta sono arbitrarie
e dovute a copisti male informati. Tale fu anche il copista del codice
Vaticano, che deve aver formulato i titoli dei Capitoli sopraccennati
di Maestro Niccolò Cieco. Cosi, nel titolo del Capitolo a Niccolò V,
l'espressione « excellente huomo » con cui va qualificato il Poeta, de-
riva certamente dal copista; il quale, nel titolo del Capitolo al Conte
Francesco, si abbandona a certe precisazioni intorno alla figura del
destinatario, svelandoci pure la propria cittadinanza fiorentina. Quin-

di dal fatto che il Conte aveva militato al servizio di Firenze, dedus-

se pacificacamente che pure il di lui dispensiere di gloria dev'essere

stato fiorentino, come si legge nel titolo del Componimento a Niccolò .

V, « M? Niccoló Cieco di Firenze ». Puó darsi pure che il copista sia sta-
to determinato dalla fama vagamente sentita di quel cieco poeta di
Firenze che proprio in quel torno di tempo mieteva allori alla corte
del Bentivoglio. Comunque, le indicazioni offerteci dai copisti del
codice Vaticano e di quello Barberiniano a proposito della patria di
M. Niccolò Cieco, si contraddicono fra di loro, quindi non hanno va-
lore decisivo per infirmare la cittadinanza perugina del Poeta, soste-

‘nuta dal Bonaini.

Ad ogni modo, a prova della tesi del Bonaini, ee addurre
la testimonianza di un altro codice Barberiniano, XLV 130, contenen-
te fra l'altro ventotto sonetti pubblicati dall'Allacci (3), il primo dei
quali é preceduta dalla notazione: Ser Ceccus Nuccholi de Perussio.
Stando al Tommasini-Mattiucci, « Nuccoli dev'essere una forma
grafica di Nicoli, Nicola » (4); secondo il Vermiglioli, «i veri nomi

(1) Lutra1 LENZOTTI, Poesie inedite di M. Niccolò Cieco da Fiernze, pub-
blicate ed illustrate da — Per nozze Pignati-Coccapani. Modena 1867.
(2) FiripPo MARIA MIGNANTI, Due poesie inedite di Maestro Niccolo Cieco
di Arezzo scrittore del Quattrocento (Roma 1858), pp.9 -15: « Gapitolo in laude
del Sommo Pontefice Papa Eugenio IV. Codice Barberiniano num. 1564 ».

‘(3) LEONE ArLAccI, Poeti antichi raccolti da codd. mss. della Biblioteca
Vaticana e Barberina (Napoli 1661),.pp. 212-240; per le altre edizioni vedasi
la bib'iografia addotta dal Vermiglioli che citeremo più innanzi.

(4) Pietro Tommasini MatTIUCCI, Nerio Moscoli da Città di Castello,
antico rimatore sconosciuto, in « Bollettino della R. Deputazione di Storia Pa-
tria per l'Unibria », v. III (Perugia 1897), p. 131.
110 FLORIO BANFI

dovettero essere Francesco di Niccolò » (1). Stando cosi le cose, anche
la forma di « M. Niccoló Cieco » dovrebbe essere corretta in M. Cecco .
di Niccoló, o almeno Ciecho in Cecco.

Adunque, come dice il Bonaini, «il nostro poeta ebbe a sua pa-
tria Perugia ». E quale perugino poté avere l’incarico di celebrare I' Im-
peratore, allorché il 27 agosto 1433 questi veniva festeggiato in « una
festa pubblica in mezzo la piazza » (2). E là da Perugino, egli si riferì
con orgoglio alla «ricca Fonte » e allo stupendo «sito in premi-
nenza » (Terz. 37) di « Perugia et sua magnifica fameglia » (Terz. 34),
vantandosi de «il degno Studio e gli egregi doctori, la illustra e famosa
Sapienza » (Terz. 38), del «civile onore d’arte », del « comuno uffitio
e maestrato », della « magnificenza de signor priore » (Terz. 39), del
«presente reggimento dello ecclesiastico stato » (Terz. 40), che for-
mavano l’integrità della coscienza cittadina.

Quanto al testo, la versione Vaticana risulta di gran lunga mi-
gliore di quella perugina su cui basa la pubblicazione fattane dal
Bonaini. Quest'ultima è inquinata di parecchi errori, non avvertiti
però dall’editore che soltanto nella terzina 41 notò «versi ridicoli
assai» osservando che «forse l'« Autore scrisse argomento per augu-
mento ». In realtà, non l’autore sibbene il copista del codice perugino
commise l’errore, dato che la corretta lezione è aumento, come sta
nel codice Vaticano. Così, per citare soltanto alcuni degli errori più
grossolani, nel codice perugino sta «specchiative negli omen » per spec-
chiateui negli anni (Terz. 4), « I nostri ministri dubbiosi e bui hai facte
luminose » per Tu e nostri hemisperi ecc. (Terz. 18), « Che non fo in
croce del suo sangue scarso » per che fu in croce del suo sangue sparso
(Terz. 17), « Tu la poneste in sedio triumfale, Non reconoscono Dio chi
questo oblia » per Tu ricreasti la sede papale, nome acquistasti che mai
non si oblia (Terz. 21), « provvision divina » per promission diuina, e
«Quanto recerca gran forza » per riputabil uirtù (Terz. 29), «per rata »
invece di per errata (Terz. 30), « Da esso Dio (chi ha conoscimento)
Tal degnità veder ma’ più veduta » per da esso Iddio con uer conosci-
mento tal dignità uedea non più ueduta (Terz. 32), « Clamato e gratioso »
per bramato grazioso (Terz. 33), «nectar de tua preclarezza » per le

(1) Giov. BATT. VERMIGLIOLI, Bibliografia degli scrittori perugini (Peru-
gia 1828), tom. II, parte I, p. 140. i

(2) Se ne veda GiustA Nicco FasoLa, La fontana di Perugia, Roma
1951, con la recensione di G. de FRANCOVICH, in « Commentari », v. III (1952),
226-230, e le relative repliche, ivi, pp. 399-12, v. IV, pp. 67-71.


UMBRI IN UNGHERIA 111

dote di tua preclarezza (Terz. 41), « si come principal » per rifugio prin-
cipale (Terz. 42), « Durante il viver» per seghuente la uirtù (Terz.
43), «è il mio conciecto » per è il tuo cospetto (Terz. 47), ecc. Con tutto
ció siamo ben lungi dall'affermare che il codice Vaticano rappresenti
il genuino testo del componimento, che, sotto la penna del amanuense
fiorentino, sembra aver subito non pochi ritocchi, perciò non tutte
le varianti che si manifestano fra le due versioni, devono esser cau-
sate dal difetto del copista perugino.

Comunque, il pregio della versione contenuta nel codice Vat.
Lat. 4830 é innegabile, tanto da giustificarne la presente pubblica-
Zione che la riproduce con rigorosa fedeltà, per una migliore conoscen-
za della tradizione testuale del componimento.

VAT. LAT. 4830, ff. 81vo-83vo:

Capitolo di m(aestr)o Nicolò ciecho faito in laude dello imperadore gismondo
poi che fu choronato in roma anno 1433.

1. Aue, nuouo monarcha, inclito et uero;
aue, lucido sole fra gli altri raggi;
aue, sacra magiestas, degno impero !

2. Venite, intelligienti spiriti saggi
a confortare il mio debile ingiegno,
che ’1 peso d'ignoranza non lo oltraggi.

(f. 82ro) 3. Et colui che puó fare degno lo indegno,
spiri tanto di grazia nel mio petto,
quanto la linghua a 'sprimer acto degno.

4. O taliani, aprite lo intelletto,
specchiateui negli anni et comprendete
del nuouo ghaudio et bon seghuito effetto.

I

. Eccho la pace uostra et la quiete;
eccho la luce et lo splendor fecondo
che sazierà la uostra lungha sete.

c

. O principato et monarcha del mondo,
unico in terra dignissimo augusto,
re de' romani et d'ungheria, gismondo.

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12.

13.

14.

15.

16.

17.

FLORIO BANFI

. Forte, prudente, temperato ed giusto,

fedel, caritatiuo et pien di speme,
placabil con uirtù, più che robusto.

Sia benedetto il uenerabil seme,
tal pianta gienerò di uirtù piena,
et benedetto sia chi t'ama e teme.

Io dico della solida et serena,
splendida tua progenie generosa,
che l'alber santo i santi frutti mena.

Corona di gram fama et speziosa,
real sanghue buemo che succiede
la diadema di ciesar famosa.

O sacra maiestà, di chui si uede
ogni laudabile (a) atto uirtuoso
per ampliar la captolicha fede.

Di gran uirilità prenze famoso,
seghuente al tuo magnanimo ualore,
serenissimo, inuicto ed glorioso.

Electo fusti tu, come il signore
dauit elesse contro a’ filistei,
e fatto degno di reale honore.

Ancor si spera che innanzi a’ tuoi piei,
per quel timore che gli consuma e doma,
uerranno alla merze gli incredul rei.

Et se non fusse per quel che ssi (b) noma,

le sante sanza numer tue uirtute,
non so in che termine fusse la tuo (l) roma.

L'opere degne tue son conosciute,
miracolosamente al mondo apparso,
cagion di tua e della altrui salute.

Magiestà santa, quanto n'ài già sparso
pugnando sol nel rome di colui
che (c) fu in crocie del suo sanghue sparso.

(a) Nel codice lauldabile.
(b). Seguito dalla parola cancellata doma.
(c) Seguito da non con puntini di riprovazione.
(t. 83ro)

18.

To:

21.

22.

23.

26.

29.

UMBRI IN UNGHERIA
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Tu e nostri hemisperi dubbiosi e bui
ài fatti luminosi al sol uicini,
che alluma il fronte tuo co' raggi sui.

Fidissima speranza de' latini,
tu sse' con tanta humanità uenuto,
qual uanno alla indulgienzia i pellegrini.

: Con sauio e buon consiglio e giusto aiuto,

la chiesa santa dirizzasti in uia

del buon sentier, ch'ell'auea (d) già perduto.
Tu la traesti di tanta resia,

tu ricreasti la sedia papale,

nome acquistasti che mai non si obblia.

Lo strupo della scisma e del gram male,

per far sopra la terra un sol pastore,
togliesti uia ch'era baua infernale.

Tu conosciesti l'infinito errore,
a dirizzarlo fusti pronto e pio,
con senno, con spesa, et con labore.

. Tu rileuasti la chiesa di dio,

cessando cgni zenzania, ogni ueneno,
che inuestighato auea lo spirto rio.

. Per te fu rotto il diabolico freno

che tenea l'alma imprigionata e trista:
laude ne crescha al tuo stato sereno.

Ritorna alla famosa tua conquista,
contro a' nimici della fe' pugnando,
con tua corona ancor per lor non uista.

Serenissimo re, ti racomando
gli uniuersi christiani che ogniuno é liso,
per lungho spazio in tuo uirtü sperando.

Raghuarda il popol tuo quanto é diuiso,
rassetta la suiata et la meschina
libertà tua, che tanto tempo à striso.

Per prouidenza et promission diuina
porti la uergha di tal signoria,
riputabil uirtü, forza et doctrina. ,

(d) Nel codice: chellauea.

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FLORIO BANFI

30. Per ben del mondo et per la parte mia
più che non mi tocchasse per errata,
tolghami iddio dell’ore et a te ne dia.

31. Or la tua maiestà benigna e grata
degnare in questa patria esser uenuta,
che fu con disider tanto aspettata.

32. Per grazia gratis data si riputa
da esso iddio con uer conoscimento,
tal degnità uedea non più ueduta.

33. Lieta felicità, lieto, contento,
instimabil ghaudio et marauiglia,
bramato grazioso aduenimento.

34. Dolce ricordo dell'anticha figlia,
che sse padre cangiò (e), non mancha amore,
perugia et suo magnanima famiglia.

39. L'inclito tuo sereno antecessore,
sotto la diademita ghirlanda,
crebbe triompfo il perugino honore.

36. El qual per sua reaploca domanda
si per rispetto degl'imperiali fregi,
con grande affection si racomanda.

37. Membrando i ricieuuti honori e pregi,
; la riccha fonte e '1 sito il preminenda
d'antichi conceduti priuilegi.

38. Racomandar con tutta dilicenza (1!)
el degno studio e gli egregij dottori,
la illustre et la famosa sapienza.

39. Racomandar fra i loro ciuili honori
d'arte et comune uficio et magistrato,
magnificenza de' signor' priori.

40. In ispezialità racomandato
il filiale presente reggimento
e 'l clesiastico et tranquillo stato.

(f. 83vo) 41. Amor, fauore a lloro mantenimento,
che son le dote di tua preclarezza
et del tuo serenissimo aumento.

(e) Nel codice cagion.

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44.

45.

46.

47.

48.

UMBRI IN UNGHERIA 115

In ogni amaritudine o dolcezza,
tu sse' la luce di tutti i gientili,
rifugio principale di gentilezza.

. Memento adunque de buon serui humili,

che se mai passi il mare con la tua setta,
seghuente la uirtù sarien uirili.

O sacra maiestà di sopra eletta,
alza el santo uexillo e innanzi uada.
gierusalem con disiderio t'aspetta.

Spoglia la lustra, ualorosa spada,
giustificata per punir chi erra,
dirizza al buon fedel la santa strada.

Che tti farà felice im pace e in ghuerra,

la tua uirilità non à sospetto,
che sol del nome tuo triema la terra.

Tutto eleuato al cielo. é il tuo cospetto;
in te giustizia regna, in te perdono;
ogni uirtü nel tuo ciesareo petto.

Referir laude et grazie al sonmo (!) bono
di tal felicità poi, ch'a llui piace
el mondo ricrear di tanto dono.

Gloria in excelsis deo et in terra pace.

Finis.

LE VARIANTI DEL CODICE PERUGINO

Titolo: Capitolo... 1433] om.

1. — inclito et] om. et. — sole] sol. — raggi] raggie. - magiestas] maesta. —
degno] et giusto.
2. — Venite] veniti. — spiriti] spirte. — saggi] saggie. — confortare] con-

fortar. — il] el. — ingiegno] ingengno. — d'ignoranza] de 'ngnoranza. — lo oltraggi]

l’oltraggie.

3. — Et] Ma. — degno lo indegno] lo indengno dengno. — spiri] Spire. —
di grazia] de gratia. — petto] pecto. — quanto... degno] Quant’a spriemer la len-

gua acto sì dengno.

4. — taliani] Taliane. — lo intelletto] lo’ ntellecto. — specchiateui...
prendete] Specchiative nelgli omen, comprendeti. — ghaudio...

el ben seguito effecto.

com-
effetto] gaudio

on
se e
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116 FLORIO BANFI

5. — Eccho] Ecco. — nostra et] vera e. — quiete] quieti. — eccho] Ecco. —
luce] gloria. — fecondo] fichondo. — sazierà] satierà. -lungha sete] longha seti.

6. — et monarca] e monarchia. — et d'ungheria] e d'Ongaria.

7. — et] e. - di] de.

8. — il] el. — gieneró] germeno. — et] E.

9. — della solida et] dela exsplendida e. — splendida] Florida. — l'alber.
frutti] l'arbor sancto sancte fructe.

10. — di] de. — et speziosa] exspetiosa. — sanghue... succiede] sangue boe-
mo che soccieede. — diadema di ciesar] diodema de Cesar.

11. — maiestà] maestà. — chui] chi. — si] se. — lauldabile... uirtuoso] lau-
dabil acto e vertuoso. — captolicha] catolica.

12. — Di]De. — prenze] prence. — seghuente a ] Si quanto il. — magnanimo]
magnianimo.

13. — fusti] fosti. — il] 'l. — elesse contro a'] elessi contra e. — fatto] facto. —
di] de. — honore] onore.

14. — Ancor... a'] Cosi se spera che 'nanze ai. — quel Umore] tuo timor. —
gli] li. — alla] am — gli.incredul] gl'incredol.

15. — se] si. — fusse] fossi. — ssi] se. — sante sanza] sancte senza. — uirtute]
vertute. — termine fusse] fermen fossi. È i

16. — L’opere... tue] L’opre dengne tuoi. — di... altrui] de tua et de l'al-
trui.

17. — Magiestà... n'ài] Maestà sancta, quanto n'hai. - pugnando... di]
Conbactendo pel nome de.. — che... sparso] Che non fo in.croce del suo sangue
scarso.

18. — Tu e nostri hemisperi] I nostri minister. — ài... uicini] Hai facte
luminose al ciel viccini. — che alluma] Ch'alumina. — fronte] fron. — raggi] rag-
gie.

19. — Fidissima] Fidlissima. — latini] Lactini. — tu... humanità] Con-
quanta umilità sei tu. — alla indulgienzia] ale indulgentie. — pellegrini] peligrini

20. — e buon... aiuto] e£ buono conselglio et con aiuto. — santa dirizzasti]
sancta remeteste. — ‘che l’auea] che l’avia.

21. — traesti] traeste. — ricreasti... papale] la poneste in sedio triunfale.
— nome... obblia] Non reconoscono Dio chi questo oblia. i
22. — strupo della scisma] stirpo de la sisma.. — gram] gran. — . togliesti

uia] Togliesti tu.

23. — conosciesti l'infinito] conoscieste lo infinito. — dirizzarlo fusti] diriz-
zallo foste. — spesa et] ispesa e. P

24. — rileuasti] reparaste. — di] de. — cessando ogni. ..ogni] leuando omne. . .

omne. — inuestighato... rio] investigato avria lo bg reio.

25. — rotto] rocto. — crescha] cresca.
26. — famosa] felice. — a' nimici della] i nemici de la.
27. — ti] te. — christiani] Cristiani. — che ogniuno] c'ogniuno. — lungho

spazio] longo spatio. — tuo] tua.

28. - Raghuarda] Reguarda. — rassetta] Rasecta. — et] om. — libertà tua]
Liberal tu. — à] ha.

29. — prouidenza et promission] pruvidenza e provvision. — porti la uergha]
Porte la verga. — di] de. — DELA . doctrina] Quanto recerca gran forza e

«doctrina.

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UMBRI IN UNGHERIA 1:17

. 80. — et per] e per. — tocchasse per errata] foccasse per rata. — tholgami...
et] Dio me tolga dell'or e.

. 31. — degnare] Dengnar. — fu] fo. — disider] dissider. — aspettata] expec-
tata.

32. — si] se. — iddio con uer conoscimento] Dio (chi ha conoscimento). —
degnità uedea] dengnetà veder ma’.

33. — instimabil... marauiglia] Inestimabil gaudio e meravilglia. — bra-
mato... aduenimento] Clamato e gratioso avenemento.

34. — dell’antica figlia] de l’antica filglia. — che... amore] che se padre
mutò, non manchò amore. — perugia... famiglia] Perusia et sua mangnifica
famelglia.

39. — sotto... ghirlanda] socto la diadema grilanda, — triompfo... ho-
nore] triunpho al perusino onore.

36. — reaploca domanda] remplica e adomanda. — si... imperiali] Per
buon respecto de l'imperial.. — si racomanda] se recomanda.

37. — ricieuuti honori] recevuti onor. — riccha] ricca. — il preminenda] in

‘preminenza.

38. - Racomandar... dilicenza] Racomando con tucta diligenza. — dot-
tori] doctori. — la... la] La illustra e.

39. — Racomandar] Racomando. — i... honori] lor civile onore. — et co-
mune... magistrato] comuno ufitio e maestrato.. — magnificenza] Mangnificen-
tia. — priori]. priore.

40. — In ispezialità racomandato] A la maestà tua recomandato. — il fi-
liale... reggimento] E 'l felice... reggiemento. — e... et] Delo eccliasastico e.

41. — Amor... mantenimento] Onor, favor a lor mantenemento. — che...
di] Che sono nectar de. — et] e.. - aumento] argomento.

.42. — ogni] ongne. — o]e. — sse’] siei. — di tutti i] de fucti e’. — rifugio...
gentilezza| Si come principal de gintilezza. ;

43. — adunque] adonqua. — buon] bon. — humili] umile. — se] si. - mare...
setta] mar cola tua septa. — seghuente... uirili] Durante il viver lor sirien ve-
TIle: :

. * 44. — maiestà di... eletta] maestà de... electa. — el... innanzi] il sancto
vessillo, innante. — gierusalem... disiderio... aspetta] Jerusalem... dissider...
aspecta.

45. — Spoglia] Spolglia. — tustra] inlustra e. — punir] ponir. — al] a'. — sanc-
La strada] sancta strata.

46. — tti] fe. — im] in. — ghaerra] guerra. — uirilità] verilità. — à] ha. — so-
spetto] sospecto. — tr'ema] trema.

47. — Tutto elevato] Tucto levato. — il tuo cospetto] ’l mio conciecto. — giu-
stizia] giustitia. — ogni] omne. — ciesareo petto] cesario pecto.

48. — et grazie] e gratia. — sonmo] sommo. — di] De. — poi, ch’a lui] puoi,
che a lui. — ricrear di] recriar de.
et] e. — pac:] pacie.

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118 FLORIO BANFI

INDICE ALFABETICO DEGLI UMBRI ATTIVI IN UNGHERIA

Amatucci Jacopo d'Assisi, combat-
tente all’assedio di Strigonia e di
Visegrád (1595). — N. 31.

AMELIA, vedi Tommaso da.

Andrea di Mancio do Gubbio, Mae-
stro in medicina, medico di Carlo
I (1330-’32) e della vedova regina
Elisabetta (1342), canonico di
Strigonia (1330), parroco di Pa-
tak (1332), canonico di Varadino
(1345). — N. 8.

Andrea da Perugia O. F. M., missio-
nario (1342), inviato di Lodovico
II presso Urbano V (1368). — N. 11.

Antonio da Gualdo Tadino, dotto-
re in diritto canonico, Collettore
pontificio di decime nelle provin-
ce di Strigonia e di Kalocsa (-1407),
quindi in tutta l'Ungheria (-1407).
— N. 16.

Antonio da Spoleto O. F. M., missio-
nario (1374), quindi vescovo (1376-)
fra i Valacchi — N. 11.

Ascanio della Penna o dalla Corgna,
uno dei sette Generali dell’eserci-
to pontificio all’assedio di Strigo-
nia e di Visegràd (1595). — N. 31.

Assisi, vedansi: Amatucci Jacopo,
Costanzi Marco, Nepis Carlo, Od-
di Francesco vescovo di —.

Baglioni da Perugia, Adriano di Gen-
tile, capitano di cavalleria nella
campagna contro il sultano Soli-
mano: I (1566). — N. 31.

— — Astorre di Gentile, capitano al-
l'asedio di Pest (1542). — N. 31.

— — Braccio di Griffone, guerriero
nell’esercito pontificio del card.
Ippolito d'Este, Legato presso Fer-
Ferdinando I nella campagna con-
tro Solimano (1532). — N. 31.

— — Malatesta, marchese di Bettona,
Nunzio presso Ferdinando II, al-
l'incoronazione di Ferdinando III
a Posonio (1637). — N. 31. 3

— — Orazio, capitano dell’esercito :
pontificio all'assedio di Strigonia
e di Visegràd (1595), colonnello
dello stesso esercito all’assedio di
Kanizsa (1601). — N. 31.

— '— Paolo, Luogotenente Generale
dell'esercito pontificio all'assedo
di Strigonia e di Visegràd (1595).
— N. 31.

— — Ridolfo, Sergente Maggiore del-
l’esercito pontificio all'assedio di
Strigonia e di Visegràd (1595).
N31. ^

Barbone Oratio da Perugia (forse
Orazio di Tancredo Borboni del
Monte S. Maria), capitano dell'eser-
cito pontificio all'assedio di Papa e
nella battaglia di Vaccia (1597).
UN. 31.

Bartolini da Perugia, Mariano, dot-
tore in ambo le leggi, compagno
del card. Pietro Isvalies Legato
presso Vladislao II (1501-1503). — di
N. 26. 3

— ——- Riccardo, umanista, al Conve-
gno di Posonio (1515). — N. 29.

Barzi Benedetto da Perugio, dottore
in ambo le leggi, Consigliere del
re Sigismondo (1432-'37). — N. 18.

Benvenuto da Orvieto, vescovo di Gub-
bio, destinato Legato presso La-
dislao IV (1290). — N. 4.

Benzi Andrea da Gualdo Tadino, ar-
civescovo di Spalato (1388-1412),
arcivescovo di Kalocsa (1413-31),
amministratore del vescovato di
Agria (1404-11), commendatore
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UMBRI IN UNGHERIA 119

dell’abbazia di Zalavàr (1408) e
di quella di Bakonybél (1411),
Consigliere e diplomatico di Sigi-
smondo (1402-18). — N. 16.

Bernardo da Perugia O. S. B., com-
pagno del card. Gregorio de’ Cre-
scenzi Legato presso Béla III (1192),
istruttore di Emerico I (1192-'96),
arcivescovo di Spalato e magnate
d'Ungheria (1197-1217). — N. 2.

BETTONA, vedi: Baglioni Malatesta
marchese di —.

Bigazzini Filippo conte di Coccorano,
alla Corte di Carlo I (1301-1303).
—z ON. 7.

Biocchi Fabio da Perugia, capitano
dell'esercito pontificio all'assedio di
Papa e nella battaglia di Vaccia
(1597). — N. 31.

Borboni marchesi del Monte S. Maria,
Bartolomeo, capitano dell'esercito
pontificio del card. Ippolito de' Me-
dici Legato presso Ferdinando I
(1532). — N. 31.

— — Camillo,caduto nella campagna
contro Solimano (1566), — N. 31.

— — Cesare di Pietro, guerriero nelle
spedizioni pontificie (1595, 1597,
1601). — N. 31.

— — Fabio, guerriero al servizio del
re-imperatore Rodolfo nella guerra
dei Quindici anni (1591-1606). N.3 1.

— — Francesco, condottiero alla dife-
sa di Giavarino (1594), uno dei sette
Generali dell'esercito pontificio al-
l'assedio di Strigonia e di Vise-
gràd (1595), condottiero all'asse-
dio di Kanizsa (1601); Consigliere
di Guerra di Rodolfo (1595-'98).
— N. 31. 1

— — Mario di Taddeo, capitano al
servizio di Leopoldo I (1647), co-
lonnello nella campagna contro i
Turchi (1663-64). — N. 31.

— — Orazio di Giammattia, capita-
no dell’esercito di Alfonso d’Este
duca di Ferrara, in soccorso al
re Massimiliano contro Solimano
(1566). — N. 31. \

— — Orazio di Guidobaldo, combat-
tente, nell'esercito pontificio all'as-
sedio di Strigonia e di Visegràd
(1595), capitano dello stesso eser-
cito all'assedio di Kanizsa (1601).
— N. 31.

— — Orazio di Tancredo, (forse iden-
tico con quel Barbone Orazio che fu
capitano nella spedizione pontifi-
cia del 1597), capitano dell’eser-
cito pontificio all’assedio di Kani-
zsa (1601), Quartier Mastro del-
l’esercito imperiale (1603), Sigrore
di Komdod (1604), Consigliere di
Guerra (1605). — N. 31.

— — Pierfrancesco il Signorotto (per-
ciò erroneamente detto Otto del
Monte), caduto alla difesa di Gia-
varino (1594). — N. 31,

— — Pietro, guerriero all’assedio di
Pest (1542) e nella compagnia con-
tro Solimano (1566). — N. 31.

— — Taddeo di Taddeo, caduto forse
alla difesa di Belgrado (1521). —
INS:

Borgi Borgio da Perugia, alfiere di
Orazio Baglioni all'assedio di Pá-
pa (1597). — N. 31.

Buccioli Sali da Foligno, familiare
di Sigismondo (1433-37). — N. 19

Buongiovanni da Campello, Cappel-
lano pontificio, arcidiacono di Se-
bes (—1345), di Arad (1345-'46),
canonico di Cinquechiese (1346).
— N. 10.

Buoninsegna da Perugia, dottore in
diritto canonico, Cameriere e Udi-
tore del card. «Gentile da Monte-

fiore Legato presso Carlo I (1308

-10). — N. 7.
CAMPELLO, vedansi: Buongiovanni da
—, Silvestri Alessio.

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Cantucci Alessandro da Perugia, Udi-
tore Generale del Campo nella se-
‘conda spedizione pontificia (1597).
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Carlo di Battista da Perugia, nie
di Sigismondo (1433-'37). — N. 19.

Cinelli Pompeo da Perugia, capitano
dell'esercito pontificio all'assedio
di Pàpa e nella batteglia di Vac-
cia (1597). — N. 31.

CITTÀ DI CASTELLO, vedansi: Fiolla
da ——, Grazzini Antonio, Mara-
schi Bartolomeo, Rufo da —.

. GocconRANO, vedi: Bigazzini Filippo

conte di —.
CoRGNA, vedi: Ascanio della Penna
o dalla —.
Costanzi Marco d'Assisi, familiare

di Sigismondo (1432-37). — N. 19.

Crispolti Marcello da Perugia, alfie-
re di Alessandro Ranieri nell'eser-
cito pontificio all'assedio di Pápa
e nella battaglia di Vaccia (1597)
— N. 31.

DERUTA, vedi: Girolamo da —.

Filippo da Gubbio, medico condotto
del Comune di Bistriza (-1506-).
— N. 27.

Fiolla da Citta di Castello, capitano
caduto all’assedio di Pest (1542).
— N. 31.

Flaminio da Perugia, alfiere di Orazio
Barbone nell’esercito pontificio al-
l’assedio di Pàpa e nella battaglia
di Vaccia (1597). — N. 31.

FoLIGNO, vedansi: Buccioli Sali, Sal-
vo di Giovanni da —, B. Tommaso
da —.

Gentelotti Lorenzo Giacomo da Perugia,
‘familiare di mE Dado (1413-). —
N. 19.

Giacomo da Spoleto, compagno di
-Ferdinando de Palacios Nuncio
presso il re Sigismondo (1419-'20).
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FLORIO BANFI

Gianfrancesco da Terni, ‘alfiere di
‘ Raimondo Tommasi nell'esercito .
pontificio all’assedio di Pàpa e
nella battaglia di Vaccia US:
—N..31.

Giovanni da Pian del Carpine O.
F.M., come Ministro della provin-
cia francescana di Sassonia, intro-
duce dei FF. MM. in Ungheria
(1233) — N. 3.

Giovanni da Perugia, dell'Ordine
di S. Giovanni di Gerusalemme,
precettore del convento di Uju-
dvar (1325-'46), protettore di quel-
lo di Sopron e vice-priore delia
provincia d'Ungheria (1336-'46).
—N. 9.

Giovanni da Spoleto, umanista, fami-
liare di Sigismondo (1433- SEO
N. 20.

Girolamo da Deruta, detto il DI
organista e l'autore de «Il Tran-
silvano » (1593), commissionato da
Sigismondo Báàthory principe : di
Transilvania. — N. 32.

Graziani Ettore da Perugia, capitano
dell’esercito pontificio all'assedio
di Strigonia e di Visegràd (1595),
colonnello dello stesso esercito a'!-
l'assedio di Pàpa e nella battaglia
di Vaccia (1597). N. 31.

Grazzini Antonio da Città di Castello,
alfiere dell'esercito pontificio 2a:-
l’assedio di Pàpa e alla battaglia
di Vaccia (1597). — N. 31.

GUALDO. TADINO, vedansi:
da —, Benzi Andrea.
GuBBIO, vedansi: Andrea da —, Fi-

lippo da —, Raffaelli Bosone, Ben-
venuti dà Orvieto vescovo di —.
Lorenzo da Perugia dell'Ordine di
Gerusalemme, precettore del con-
vento di. Sopron (1325-360) -
IN...9. i

MAGIONE, vedi

Antonio

PIAN DEL CARPINE.


UMBRI IN UNGHERIA CADI

Mansueti Leonardo da Perugia, O.
Pred., compagno del card. Marco
Barbo Legato presso Mattia Cor-
vino (1472-’73). — N. 25.

Maraschi Bartolomeo vescovo di Città
di Castello, Nunzio presso Mattia
Gorvino (1483). — N. 25.

Marsciani conte Bulgaro da Orvieto,
guerriero all'espegnazione di Ér-
sekujvár (1685). — N. 31.

Marzio Galeotto da Narni, umanista,
commensale di Mattia Corvino e
bibliotecario della Corviniana di
1461, 1465-'68, 1472, 1478'81, 1482-
'83). — N. 23.

Marzio Giovanni di Galeotto da Nar-
ni, alla Corte di Mattia Corvino
(1478-'81). — N. 23.

Mazzincolo o Mazza in Collo Ottavio
da Terni, capitano dell'esercito
pontificio all'assedio di Pàpa (1597)
— N. 31.

Modesti Giannantonio, detto l Umbro,
umauista presso la Corte di Vla-
dislao II (1510). — N. 28.

MONTEFALCO, vedansi: Senili Mariot-
lo, Senili Pier Gentile.

MoNTE S. MARIA, vedansi Borboni
marchesi del —.

NARNI, vedansi: Marzio Galeotto, M ar-
zio Giovanni, Pietro vescovo di —.

Nepis Carlo d'Assisi, vescovo d'As-
sisi, Nunzio presso Lad'slaoV(1456).
— N. 21.

Niccolò d’ Angelo da Sangemini, re-
ligioso, cappellano di Sigismondo
(1432-’37). — N. 19.

Oddi Francesco da Todi, vescovo d’ As-
sisi, compagno del card. Giovanni
Carvajal Legato in Ungheria (1448
—50). — N. 21.

ORVIETO, voedansi Benvenuto da —,
Marsciani Bulgaro.

PENNA, vedasi CORGNA.

PERUGIA, vedansi: Andrea da —-,
Baglioni, Barbone Orazio, Barto-
lini, Barzi B., Bernardo da —, Bioc-
chi F., Buoninsegna da —. Borgi B.,
Cantucci A., Carlo di Battista da —,
Cinelli P., Crispolti M., Flaminio
da —, Gentelotti L., Giovanni da —,
Graziani E., Lorenzo da —, Man-
sueti L., Quattropani S., Ranieri A.,
Salvi, Soci F., Tebaldo da —, Tobia
da —, Vitali T.

PIAN DEL CARPINE, vedasi: Giovan

ni:da:—.

Pietro vescovo di Narni, arcivescovo
di Spalato (1161-’66), ad Albereale
(1166). — N. 1.

Quattropani Simeone da Perugia, dot-
tore in ambo le leggi, Avvocato
Promotore e Direttore d’Affari del-
l'Ungheria (1413-15). — N. 18.

Raffaelli Bosone III da Gubbio, « Mi-
les Ungarus » di Lodovico I (1373-
IAN.

Ranieri Alessandro da Perugia, ca-
pitano dell’esercito pontificio al-
l'assedio. - di .Pàpa: (1597). —
N81.

Rufo da Città di Castello, capitano
caduto all’assedio di Pest (1542).
— N. 31.

Salvi Fulvio da Perugia, capitano
dellesercito pontificio all'assedio

di Strigonia (1595) e di Pàpa

(1597). — N. 31.
Salvi Salvo vescovo di Perugia. Le-
gato presso Bé!a IV (1238). — N. 4.
Salvo Giovanni da Foligno, familiare
di Sigismondo (1433-'37). — N. 19.
SANGEMINI, vedasi Niccolò d'Angelo
da —.

Senili da Montefalco, Mariotto, doi-
tore in ambo le leggi, canonico di

Agria (1475-), diplomatico di Mat-

tia Corvino (1476-78). — N. 24.

a GIS m es t

m" Z
(UN VIE) n e ae p ot

etur CY o e EST ORE nns STAHER S s

122

— — Pier Gentile, Nunzio speciale
presso Mattia Corvino (1478), fa-
miliare dello stesso Re. — N. 24.

Silvestri Alessio da Campello, alfiere

dell'esercito pontificio all'assedio
di Pàpa (1597). — N. 31.

d Soci Francesco da Perugia, alfiere di
Ettore Graziani nell'esercito pon-
tificio all’assedio di Pàpa (1597).
— N. 31.
\ SPOLETO, vedansi Antonio da —,
LI Giacomo da —, Giovanni da —.
: Tebaldo di Battista da "Perugia, fa-
3 miliare di Sigismondo (1433-’37)
Y — N. 19.
^ TERNI, vedansi: Gianfrancesco dà —,
Mazzincolo Ottavio, Tommasoni Rai-
d mondo.
M

Tobia da Perugia, alfiere dell'eser-

3 cito pontificio all'ássedio di Papa

(1597). — N. 31.

FLORIO BANFI

Topi, vedasi: Oddi Francesco.

Tomasoni Raimondo da Terni, ca-
pitano dell'esercito pontificio al-
l’assedio di Pàpa (1597). — N.31.

Tommaso d' Amelia, Maestro in medi-
cina, medico di Giovanni Kaniz-
sai vescovo di Agria (1385-87)
e arcivescovo di Strigonia (1387-
1418), canonico della Colleggiata
di Posonio e arcidiacono di Sár-
var (1396-). — N. 10.

Tommaso (Beato) da Foligno O.
F.M., missionario in Ungheria
(1342-), martire a Vidin (1369).
— N.. 12.

Vitali Tommaso da Perugia, notaio
del Gomune di Spoleto, al segui-
to del card. Gentiie da Montefiore
Legato presso Carlo I (1308-10).
—.N. 7.
I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA
NEI SEC. XVII-XIX

Il primo maggio del 1701, nel palazzo della pe grande riu-
nione degli Umbri residenti in Roma.

Nel salone Alessandrino, di persone note per censo od uffici ri-
coperti, ne furono contate piü di cento.

La riunione era stata promossa da tre cardinali, il Sacripante, lo
Sperelli ed il Gabrielli, tutti umbri od umbriotti, come allora si diceva.

Scopo della riunione era quello di dar vita ad una grande idea:
costituire in Roma la nazione umbra, avere una chiesa nazionale ed
un collegio.

Questa idea, di cui il cardinale Sacripante s’era fatto banditore,
aveva trovato il pieno consenso di tutti perché rispondeva ad una
necessità riconosciuta, ad una aspettativa da lungo tempo coltivata.

Si sentiva dagli umbri residenti nella grande città la mancanza
di una organizzazione che li unisse, di una chiesa ove ritrovarsi, di
un collegio cui affidare i giovani che dalla provincia scendevano in
Roma in cerca di istruzione e fortuna.

Il ricordo delle difficoltà da ciascuno incontrate per aprirsi una
strada, la pena della solitudine provata muovendosi senza un punto
d’appoggio tra le mille insidie della città, la memoria di colleghi ed
amici che avrebbero potuto dare un giorno gloria alla patria di origine
e che invece erano spariti tra i tentacoli della sempre crescente buro-
crazia curiale; «se non ci si aiuta — metteranno poi a verbale — si è
travolti in Roma come in qualsiasi altra Corte »; erano questi ricordi
o la constatazione delle dette circostanze, uniti al desiderio di far
qualcosa, che aveva portati lì alla Sapienza, in quella domenica
mattina, tutti quei signori e ne dominava i discorsi.

I quali signori debbono essersi, infatti, guardati attorno: quasi
tutte le provincie dello Stato Pontificio, molte degli altri Stati d'Ita-
lia, aleune anche di paesi d'oltre alpe, avevano tutte in Roma una
chiesa nazionale, un collegio proprio, un ospedale perfino.

Per giungere alla Sapienza, attraversando vie, vicoli e piazzette

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124 LEOPOLDO SANDRI

di quello che andava stabilizzandosi come il vero centro della città,
bastava alzare gli occhi per incontrarsi con le scritte che indicavano
gli stabilimenti dei Lombardi a S. Carlo al Corso, dei Bergamaschi alla
guglia di S. Macuto, dei Lucchesi sotto il Quirinale, dei Genovesi in
Trastevere, dei Fiorentini e Napoletani in Via Giulia; a due passi dalla
Sapienza, presso il palazzo Ginnasi c'era il collegio Nardini per i Roma-
gnoli, verso Piazza di Spagna il Nazzareno, sorto per i giovani della
diocesi di Rimini; i Marcheggiani avevano i loro grandi istituti in fondo
a via dei Coronari presso San Salvatore in Lauro; perfino per i nati
in feudi di grandi famiglie c'erano collegi propri, come a Piazza Navona
poteva vedersi la grande scritta del Panfily, e a piazza Capodiferro
quella del. Collegio Spada.

Una selva di nomi avrebbero potuto ricordare i convenuti se
avessero ampliato il raggio del loro girovagare per la città, più ancora
se avessero voluto prender nota degli istituti similari, taluni dei quali
assai fiorenti, riservati agli stranieri.

Il palazzo della Sapienza era serrato fra chiese, ospedali e collegi
nazionali; i Tedeschi erano a via dell'Anima ed a Sant'Andrea della:
Valle. a Piazza Navona gli Spagnoli, presso palazzo Madama i Fran-
cesi, alla Serofa i Portoghesi e scozzesi, i Fiamminghi ai Cesarini, i
Polacchi alle Botteghe Oscure. i

Sapevano benissimo i signori convenuti alla Sapienza che quelle
chiese, collegi e ospedali, costituivano dei centri d’incontro, dei punti
di appoggio, erano testimonianza della patria di origine: nella riunione .
si parlò assai chiaramente dell'importanza di questi istituti. Senza ‘
questi centri, si disse, inutile sperare che il « Mondo venga a conoscenza
della nobiltà del paese e gli dia quel lustro cui ha diritto ».

A rappresentare in Roma le patrie lontane molte nazioni ave-
vano i loro ambasciatori, eppure anche queste avevano voluto il raf-
forzamento delle proprie antiche istituzioni ed il sorgere di nuove;
un tempo le comunità dello Stato Pontificio avevano anch'esse nella
grande città un loro ambasciatore con il compito preciso di curare gli
interessi di quelle in Curia, di seguire e guidare i concittadini; ma
Clemente VIII aveva abolito questa rappresentanza ed ora le comu-
nità dovevano limitarsi a scegliere un curiale per spingere le pratiche;
i Bolognesi che pure ancora conservavano un loro ambasciatore, an- .
ch'essi avevano voluto di recente la loro Chiesa.

Il giro d'orizzonte portò tutti come logica conseguenza ; a porsi
una domanda, perché nulla é stato fatto fino ad ora per la nazione
FEO E Ro

I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 125

I pareri furono vari e nel gran brusio cui la discussione dette
luogo, si sentì più che altro ripetere che fino allora non si era veramen-
tè voluto far qualcosa, per questo non si era riusciti; e poiché alcuni
davano come sempre la colpa al «fato », altri, e fu messo a verbale,
si precipitarono a correggere questo pensiero pagano con un « Iddio
non ha ancora disposto per gli Umbri... ».

Il cardinale Sacripante interviene deciso, tronca ogni recrimina-
zione retrospettiva dicendo il certo è che gli Umbri in Roma sono
vissuti fino ad ora disuniti, è giunto il momento di unirsi, di avere
chiesa e collegio della nazione umbra. : |

La riunione alla Sapienza era in verità la prima assemblea degli
umbriotti dispersi riella grande Roma che si ritrovavano, non potevano
quindi non intendersi e concludere.

All'invito seguono le prime adesioni, vengono sottoscritte schede,
sì raccolgono somme.

A gran voce, o meglio per acclamazione, il cardinale Sacripante
venne eletto Protettore perpetuo della Nazione Umbra ; come deputati
ad tempus furono eletti monsignor Crispolti di Perugia, Filippo Sa-
cripante di Narni, Francesco Montione di Spoleto, tutti prelati fra i
più illustri; alla carica di segretario venne chiamato il Signor Giuseppe
Felice Meli di Massa Curiale.

La nazione sotto la guida del protettore si mette in moto.

In casa del cardinal Sacripante si tenne pochi giorni dopo la pri-
ma riunione del consiglio; se ne tenne poi un'altra ancora con l'inter-

vento questa volta di tutti i cardinali umbri, si presero delle decisioni; .

come chiesa nazionale venne scelta la parrocchia di S. Maria in Mon-
terone, a santo protettore venne eletto S. Francesco d'Assisi, e si
stabili che il 4 ottobre, giorno celebrativo di questo Santo, verrebbe
altresi considerato e « festeggiato » come il giorno della nazione umbra
in Roma.

Sistemato cosi il primo punto del programma, quello relativo al
costituendo centro spirituale, si passó ad affrontare il secondo punto,
la fondazione di un collegio.

Se era stato facile trovare la chiesa ove riunirsi ed un parroco di
non troppe pretese con il quale mettersi d'accordo, meno facile si pre-
sentava la fondazione di un istituto, che avrebbe comportato una spesa
notevole e continua, per non parlare dei locali necessari e del personale
direttivo e di fatica cui affidare un certo numero di giovani.

Ma il cardinale aveva un suo piano ben preciso; intanto fin dalla
prima riunione alla Sapienza, i convenuti come si é detto furono invi-
iTv

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126 LEOPOLDO SANDRI

tati a metter mano alla borsa e a fare offerte; risposero con generosità
tutti. Con le somme raccolte fu possibile trovare un locale, impiantare
l'intera gestione del collegio, ed anche acquistare piü di sessanta Luo-
ghi di Monte, titoli di debito pubblico, per costituire un capitale frut-
tifero; non era poco, ma non sarebbe stato sufficiente per andare
avanti. j :

Il cardinale aveva anche deciso che i giovani avrebbero pagata
una piccola retta, si usava anche per altri collegi del genere, e poi to-
glieva all'istituto il carattere di pura opera di beneficenza, senza im-
pedire di costituire posti gratuiti per i più meritevoli; ma ciò che si
sarebbe potuto raccogliere attraverso questa fonte era sempre poco.

Nel discorso alla Sapienza, il cardinale aveva lasciato intravedere
il proprio pensiero, adombrando l’eventualità che l’erigendo collegio
avrebbe potuto giovarsi di alcuni lasciti. In una riunione del Consiglio,
venne infatti stabilito di esaminare «le disposizioni di molti pii te-
statori, che per non essere nei loro tempi alla luce un tale incammi-
namento, lasciarono diversi legati a giovani studenti che senza dire-
zione e assistenza di alcuno, dispersi l'uno dall'altro, s'esercitarono
ne’ studi con una piena libertà de’ loro costumi nell'età la più lubrica
e pericolosa che scorra nell’intero periodo della vita ».

In altre parole studiare la possibilità di far confluire al collegio
quei lasciti, che i pii testatori avrebbero sicuramente assegnato al col-
legio se questo fosse esistito ai loro tempi...

Intanto, mentre si parte alla ricerca di questi lasciti, si è arrivati
al 4 di ottobre, prima festa della nazione umbra in Roma. Viene que-
sta ricorrenza celebrata con grande solennità, compresi naturalmente
luminarie e mortaletti. |

Alla celebrazione presiedette un comitato di cui facevano parte
il conte Fiumi d'Assisi, Monsignor Sinibaldi di Monte Leone e l'avvo-
cato Cesarini di Spoletoi quali «fecero spiccare il loro buon gusto nel
ricco apparato, che in poco tempo esposero alla vista di tutta Roma ».

Di strada nei mesi che vanno da maggio all'ottobre, se ne era fatta
e parecchia.

A Roma ormai la nuova nazione aveva trovato buona accoglienza
ed era largamente già nota; ma in Umbria, nelle città, nelle campagne
tutto ciò era giunto come smorzato dalla distanza, forse anche smi-
nuito.

Il Consiglio decide, perciò, di scrivere una lunga relazione su
quanto era stato fatto, su ciò che ci si proponeva di fare, senza omet-
tere naturalmente la più ampia descrizione della festa.
I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 127

La relazione, assai abile, si chiude con un atto di omaggio alla
propria terra e con l'invito a collaborare rivolto ai connazionali.

«Si è voluto tutto questo comunicare alle città, e luoghi della '
Provincia non per pompa del secolo, ma solo per dar notizia di quello
che si opera al servizio d'Iddio e gloria del Santo Nostro Protettore
ed anche di quanto si medita in sollievo ed in vantaggio de Soggetti
dell'Umbria, con fiducia che debbano tutti i Nazionali concorrer a dar
mano ed aiuto in un'opera di tanta considerazione... potendosi le
conseguenze di essa dedurre dai vantaggi, che a comodo de Nazionali
producono l'altre opere di pietà simili, che in gran numero in questa
Corte si vedono ». :

Con il titolo di Relazione per lo stabilimento della Chiesa e Collegio
dell'Umbria in Roma alle Città e Luoghi della Provincia, l'ampio
rapporto, fatto stampare dalla Stamperia della Reverenda Camera
Apostolica, sul finire di quell'anno 1701, fu largamente diffuso fra
coloro ai quali era destinato. (Il testo della Relazione in Appen-
dice III).

A questo punto è lecito chiedersi quali erano allora i limiti ter-
ritoriali corrispondenti al termine nazione umbra.

Occorre dire allora, perché storicamente l'estensione del nome
Umbria ed i limiti territoriali di essa nelle ripartizioni politiche ed
amministrative dello Stato Pontificio, sono state quanto mai varie
e diverse.

Per quanto talvolta anche nell'uso amministrativo per provincia
dell'Umbria si sia inteso indicare l'antico territorio di spoleto, tut-
tavia alla fine del secolo xvi le città principali comprese nell' Umbria,
non importa qui se sedi di Legati o di funzionari di rango minore, erano
Rieti, Narni, Terni, Amelia, Todi, Spoleto, Norcia, Perugia, Foligno,
Assisi, Spello, Bevagna, Nocera.

Gli organizzatori della nazione umbra in Roma, anche solo ba-
sandosi sulla patria di origine di molti dei pià importanti componenti,
intesero senza dubbio comprendere l'Umbria nel suo significato geo-
grafico più vasto ma anche tradizionale, che per essere precisi può
rendersi qui con un celebre passo di frate Antonio da Rignano, tolto
da una sua prolissa orazione: « porte dell'Umbria Spoleto e Perugia,
le circostanno siccome baluardi ad oriente Trevi, Passignano, Spello
ed Assisi, ad occidente Montefalco, Bevagna, Bettona ed altri minori
paesetti: Foligno vi é siccome la piazza d'armi ed il cuore, punto di
flusso e riflusso dell'alta e bassa Umbria ».
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128 i LEOPOLDO SANDRI
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Tra i modi indicati nella Relazione, con i quali i connazionali, po-
tevano concorrere a dar mano in un’opera di tanta considerazione era
anche quello di notificare ai promotori di essa «le disposizioni fatte ed i
legati lasciati da testatori a fine di bene educare la gioventù, i quali per

‘non potersi adempire o perché riuscissero di poco frutto, senza pregiu-

dizio però dell’altre Università, si stimassero degne, col beneplacito

apostolico d’essere commutate in augumento di questa grande opera ».

Non sappiamo con precisione quanti di questi lasciti divennero
subito disponibili per gli organizzatori del Collegio, si sa, però, che
con le somme raccolte e con la prospettiva del buon esito d’una grossa
operazione iniziata, vale a dire l'incameramento del Lascito Lassi, il
cardinale Sacripante, decise di por mano alla apertura dell’istituto.

L'edificio adatto, venne trovato accanto alla chiesa di S. Maria
in Monterone, ed a seguito di una convenzione con il parroco, venne
altresì regolato l’uso della Chiesa ‘da parte dei collegiali. Poiché nel-
l’edificio non potevano trovar posto le aule per le scuole, né vi erano
fondi sufficienti per cercare locali altrove e pagare gli insegnanti,
furono presi accordi con i Padri Gesuiti, perché gli alunni potessero
frequentare le scuole del Collegio Romano. Predisposto così quanto

‘poteva occorrere per un primo inizio, il Cardinale fissò ai primi di

novembre del 1702 l'apertura de! collegio, che assunse la denomina-
zione ufficiale di Collegio dell'Umbria.

In quello stasso mese la Stamperia della Ropaendi Camera Apo-
stolica, provvedeva a dar fuori un foglietto dal titolo « Notizia del
nuovo Collegio dell’ Umbria, aperto in Roma nel mese di novembre del pre-
sente anno 1702 » da diffondersi in Roma e nella provincia dell Umbria.

Val la pena riportare qui per intero questa Notizia perché da

‘essa è possibile trarre le informazioni fondamentali su gli scopi del

collegio, le norme per l'ammissione dei giovani e taluni principi in-
formativi della vita dello stesso.

NOTIZIA

DEL NUOVO COLLEGIO DELL'UMBRIA, APERTO IN ROMA NEL MESE.DI

NOVEMBRE DEL PRESENTE ANNO 1702.

Considerando l'Eminentissimo Signor Cardinale Sacripante Pro-

tettore della Natione, e Provincia dell'Umbria, che molti Giovani

di quella dotati d'alt'ingegno, e Nobili talenti non fanno nelle Scienze,
I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 129

e Arti Liberali quello studio, e profitto, che potrebbe ridondarsi in utile
privato, che publico, e riflettend’altresì ciò provenire, o per la spesa
considerabile, che si richiede ad un. convenevole mantenimento in
Roma gran Maestra delle Scienze, o perché la Gioventù inviatavi
dalli Parenti a tal effetto, senz'alcuna disciplina, e con somma libertà
si lascia deviare facilmente dalli Studi; quindi è che per. provedere
all'uno, e altri disordine, Sua Eminenza, e la Congregatione Segreta
opportunamente ha stabilito, e aperto un Collegio per il convitto
della studiosa Gioventù Nationale, ove con mediocre spesa li Nobili,
e altri habbiano un condecente mantenimento, e siano tutti instruiti
nella pietà Cristiana, e morali virtù, si che lontani da. vitii, e liberi
dalle perturbationi dell'umane passioni attendino con tutto l'animo
al Culto Divino, e acquisto delle Scienze.

Si fa noto per tanto, ch'in questo Collegio si riceveranno non solo
i Giovani, che vanno alle Schuole, a quali per buona educatione pre-
siderà un Prefetto, che tanto in casa, che fuori gl'assisterà, ma si pren-
deranno anche Giovani provetti, che volessero attendere alla Pratica
legale, e altri Studii, a quali sarà permessa quella libertà necessaria
per le loro applicationi, e compatibile col buon costume, e regole
del Collegio, che quanto prima per universale instruttione si publi-
cheranno con l'istitutione anche di diverse Accademie secondo la ca-
pacità, e professione de Giovani. |

Ciascuno dunque, che voglia essere ammesso in questo Collegio,

esibite le giustificationi concernenti il proprio essere, e qualità, e.

ottenutane benigna licenza dall’Eminentissimo Protettore doverà
pagare di mese in mese; e anticipatamente scudi sei, e mezzo, e pro-
«vedersi d'un letto, e biancaria necessaria per proprio uso.

Con la predetta spesa haveranno decente abitatione, e vitto con-
venevole, e li provetti una stanza libera per ciascheduno con provi-
sione a spese del Collegio della biancaria per tavola, e lumi necessari,
e vi sarà la servitù, necessaria a sufficienza si per l'occorrenze do-
mestiche che per ogn'altra convenienza.

Per lo buono governo, e buona educatione de Giovani, oltre il
Prefetto vi sarà. un Rettore Sacerdote Gentil'homo ornato di tutte
quelle qualità, e prerogative, che si richiedono per tal ministero, e
che anche esso conviverà nel detto Collegio, e oltre la vigilantissima

attentione, che vi haverà l'Eminentissimo Protettore unitamente con.

gl'altri Eminentissimi Cardinali Nationali, vi farann'anche dui De-
putati un Prelato, e l'altro Cavaliere, che possino provedere al tutto,
e riferire all’Eminenza. Sua di giorno in giorno quant'occorrerà ».

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cse ciecancremearm mes ome] ceram

Ina TETI rr H9 S IA e
130 | LEOPOLDO SANDRI

All'atto dell'apertura, non erano state peró ancora stese per in-
tero le regole del Collegio. Tuttavia un primo abozzo doveva già essere
stato scritto, perché se si confrontano alcuni passi della riportata No-
lizia con il testo definitivo si troveranno intere frasi riportate ad lit-
teram.

Comunque la compilazione e approvazione delle regole, avviene
nei primi mesi del 1703; la promulgazione, non senza solennità per la
presenza di Monsignor Sinibaldi e dell'Abbate Ansidei, ebbe luogo il
4 aprile di quell'anno, mediante pubblica lettura del testo alli signori
prefetti e convittori. (Il testo delle regole in Appendice IT).

Chi dovesse tracciare un quadro d'insieme della Roma dei sec.
XVII e XVIII, non potrebbe certo non fermarsi un attimo a gettare uno
sguardo sul gran fiorire di collegi ed istituti di istruzione che qui sor-
gono in questi anni e sulla forza che spinge privati e comunità a dar
loro vita.

La funzione ormai definitivamente assunta di capitale dello Stato,
l’accentrarsi in lei d'una grande burocrazia, attraverso la quale è or-
mai solo possibile aprirsi una strada nella prelatura o nelle magistra-
ture sia iniziandone qui i primi passi sia entrando nelle grazie di
qualche influente curiale; il fascino che esercitano su quanti aspirano
al sapere i numerosi grandi istituti che vi sorgono e la stima ormai
consolidata verso quanti si sono formati in quelli; il risorgere quasi

improvviso nella Roma che va sempre più divenendo cosmopolita, della .

forza d'attrazione fra cittadini d'una stessa provincia, a volte d'una
stessa vallata, per cui si organizzano in nazione, e questa alza quasi
vessillo, i titoli di nobiltà che le vengono dalla bellezza naturale od
artistica delle sue contrade, dalle celebrità religiose, politiche, mili-
tari nate in quelle e sente come onore e dolore della piccola patria,
la fortuna o la sfortuna dei nazionali in Roma. Bisogna facilitare
l'afflusso di questi nella grande città, non conviene più a nessuno che
i migliori rimangano nei paesi appollaiati su i monti.

I collegi che sorgono per questo, per accogliere i giovani che
calano a Roma, sono per lo più dei pensionati. Nascono normalmente
per la volontà di un pio testatore che lascia rendite, fissa il nu-
mero dei ragazzi da mantenere, il luogo donde questi debbono pro-
venire per nascita.

Gli esecutori testamentari, o il fondatore stesso si danno da
fare; a Roma c’è il quartiere degli studi, è quello ove i nostri Umbri
hanno aperto il collegio, e li trovano tutti la sede cercata.

Tra S. Andrea della Valle, Piazza Navona, la Scrofa, Via del

a
I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 131

‘Corso, c'è tutto per la cultura. La Sapienza, il Seminario Romano, il
Collegio Romano, sono entro questi limiti.
Nelle viuzze presso piazza Navona vive e si muove fra cento
altri mestieri, il commercio dei libri e della carta. E
Accanto ai minori collegi sorgono nella zona anche i maggiori, SI
come il Clementino che ha scuole proprie, perché tutti si ritrovano poi d
alla Università della Sapienza o al Collegio Romano. A
— Prima i più testatori appoggiavano i loro collegi specialmente d. A
alla confraternita del Sancta Sanctorum o ad altre, per essere almeno diu
certi che ai giovani non sarebbe mancata l'assistenza sanitaria. Poi \

li affideranno per lo più ai Gesuiti. d ;'
Direttamente o indirettamente tutti questi istituti fanno ormai E
capo alla Compagnia, e molti sono retti dagli stessi Padri. i: PAN
Quasi tutti, anche i collegi per giovani aspiranti al sacerdozio, ME

mandavano gli alunni a scuola al Collegio Romano dal quale « come mr
dal cavallo troiano sono usciti dal 1582 uomini celebratissimi nella er
toga, nelle armi, nelle arti ». Si
La direzione di questo collegio con le congregazioni, specie la Ma-
riana, create nel suo seno, entrava anche dopo scuola nella vita in- i d
terna dei singoli istituti controllando e stimolando studio e pietà nei HA |

giovani. |o
Il Collegio Romano, si sa, accoglieva solo giovani che già avevano SML
superato i primi studi, ed allora, per l'istruzione elementare c'era a t m
S. Pantaleo l'istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, così i piccoli M
collegi avevano a due passi anche i centri per l'istruzione elementare. Pu
La vita di tutti questi istituti si regolava, peró, su gli orari del (1s

Collegio Romano; la sveglia era stabilita normalmente una ora almeno
prima che il campanone di quel collegio chiamasse alla scuola. Al
suono di quello si iniziava la giornata di lavoro di tanti ragazzi, ed

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uscivano pure i nostri giovani umbri dal palazzetto di via del Mon- Bp TT
terone, passavano dietro la Sapienza ed erano in pochi minuti nel LEN
gran cortile delle scuole, dove si univano ai moltissimi che vi arriva- | X
vano da tutte le-vie di Roma. i du

Gran sciamare di abiti talari, perché quella, tranne poche varianti, t DA
era la divisa di tutti. Pu

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Mentre il collegio iniziava la sua vita, l'operazione Lassi si andava TER
evolvendo secondo i piani prestabiliti, e dobbiamo dire, anche assai m
rapidamente se appena due anni dopo nel 1705 il lascito Lassi o me-

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198. LEOPOLDO SANDRI.

glio il Collegio Lassi veniva fuso con quello dell' Umbria; Occorre fare
qualche passo indietro per rendersi conto di quanto sta accadendo.

Si é riferito con una certa ampiezza, i discorsi e le considerazioni
che i più illustri fra gli umbri residenti in Roma avevano fatto alla
Sapienza, allorché presero la decisione di costituirsi in nazione e por
mano alla fondazione di un collegio. i

Dire che quanto venne allora affermato corrispondeva tutto a
verità, non è possibile; vero, verissimo che non esisteva una nazione
Umbra, e che fra le centinaia di chiese e chiesette, che ornavano la
città non ve ne era una che potesse dirsi propriamente degli Umbri,
ma non poteva dirsi altrettanto della affermazione che per i giovani
della provincia non esistevano in Roma collegi cui potersi rivolgere,
si intende con un certo diritto ad essere accolti.

Intanto anche per loro c'erano quei collegi, destinati per regola-
mento ad accogliere i giovani nati nel territorio dello Stato della Chiesa;
potevano, ad esempio, iscriversi al Collegio Ghisleri, tanto più che qui
potevano vantare un qualche diritto a preferenza, in quanto all’atto
della sua fondazione nel 1656, il Collegio si era giovato grandemente
delle rendite destinategli da Guglielmo Grotti di Città di Castello.
Ed ancora; a piazza Nicosia dal 1604 era sorto il Collegio Clementino,
destinato ai giovani di buona famiglia da qualsiasi parte del mondo
venissero, ma come il Nazzareno, che sorto nel 1630 per i giovani
romagnoli, àveva poi finito con l'ampliarsi e raccogliere allievi di qual-
siasi provincia dello Stato, così il grande istituto dei Somaschi si era
aperto.anche a questi studenti. Ed ancora se nobili, come del resto
era avvenuto assai spesso, potevano iscriversi fra i convittori del :
seminario. Romano; orfani, avrebbero potuto. trovare asilo nel col-
legio istituito a questo fine in Santa Maria in Aquiro. Se poi avevano.
intenzione di darsi al sacerdozio, sia che fossero nobili o plebei, pote-

vano scegliere tra molti istituti, né vale qui fare di ció esemplificazioni.

D'altra parte i seminari veri e propri ed i collegi per coloro che
almeno inizialmente avevano in animo di darsi alla carriera ecclesia-
stica, non possono essere compresi fra gli istituti di istruzione aperti

a chiunque o da potersi scegliere a cuor leggero da chi veniva a com-

piere gli studi in Roma, in quanto, era allora norma generale, che il
giovane il quale dopo alcuni anni cambiava strada, era tenuto, specie
se avesse goduto di posti gratutiti in tutto od in parte, a rifondere l'i-
stituto delle spese effettivamente sostenute per il suo mantenimento.
Il che gravava sopratutto come è ovvio su i meno abbienti.
Ma dato questo rapido colpo d'occhio. alla situazione per cosi

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^".
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E

I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA i 133

dire generale, è necessario ricordare che anche per i giovani nati in .
‘talune località dell’Umbria potevano trovarsi in Roma istituti sorti

proprio per loro e con posti gratuiti.

Quando il collegio dell'Umbria aprì i suoi battenti, fiorivano già.
nella capitale i collegi Spoletino e Fuccioli.

Di questi il più giovane, per rifarsi alla data di fondazione, era
lo Spoletino, anno 1697. -

La sua istituzione si deve a Lorenzo Vittori cittadino di Spoleto,

che volle per testamento, un collegio dove alcuni dei suoi concittadini

potessero in Roma completare gli studi, specialmente letterari. A
questo fine destinò dalla sua eredità 100 Luoghi di Monte, una casa
nel rione Parione, più mobili ed altri beni. La scelta e nomina dei
giovani la demandò alla « magistratura civica di Spoleto » con prefe-
renza per gli appartamenti alla sua famiglia.

I posti gratuiti erano sei, ed i beneficiati potevano rimanere nel
collegio per otto anni.

L’amministrazione ed il governo dell’ Istituto venne dal testatore

stesso affidato all'Arciconfraternita dei SS. Apostoli ed al collegio

Piceno; alla prima, forse, perché avendo quella arciconfraternita come
scopo principale della sua istituzione la distribuzione gratuita dei
medicinali e la cura degli infermi, parve dargli assicurazione per la
migliore tutela della sanità fisica dei giovami, mentre il Collegio
Piceno, che godeva fama di ottimo istituto, dovette sembrargli il

| più adatto per garantire ordine ed istruzione.

Nel collegio vennero, fin dalla fondazione, accettati giovani non
spoletini, dietro pagamento di sei scudi al mese; e poiché vi afflui-
vano specie dalle Marche, in quanto sottoposto alla vigilanza come
si è detto del Collegio Piceno, ben presto l’Istituto venne anche chia-

mato collegio Lauretano e meglio conosciuto addirittura come Doz-

zina Lauretana.

L'Istituto visse di vita propria fin verso la fine del secolo xvin;
il tracollo dei Luoghi di Monte e il sopravvenire dell’invasione fran-
cese dello Stato Pontificio portò alla chiusura del Collegio. :

Nella riorganizzazione disposta da Pio VII degli istituti d'istru-
zione di Roma, il collegio non venne riaperto; ad istanza della co-
munità di Spoleto il Papa, autorizzó il cumulo di qualche altro lascito
ai ricordati Luoghi di Monte, e con la rendita vennero costitutite tre
borse di studio da assegnarsi a spoletini studenti in Roma; queste
borse presero il nome di pensioni Lauretane.
| IL CorrEaro Fuccror: deve la sua fondazione a Mons. Giovanni 134 LEOPOLDO SANDRI

Antonio Fuccioli di Città di Castello; è questi un prelato che visse a
lungo in Curia, iniziò la sua carriera sotto Pio V, ebbe posti di una certa
importanza nella segreteria dei pontefici Leone XI e Paolo V, e si
spense sotto Urbano VIII.

Con testamento in data 1 settembre 1623, per atti del notaio
Floridi della Camera Apostolica, istituiva un. collegio intitolato ai
SS. Giovanni e Carlo, poi comunemente chiamato dal Copuouie del
fondatore Collegio Fuccioli.

A questo fine destinava una parte delle sue rendite che dovevano
essere poste a moltiplico fino alla costituzione del capitale sufficiente
al mantenimento di diciotto ed anche venti alunni.

I giovani dovevano aver compiuti gli anni diciotto ed aspirare
al sacerdozio.

Dei venti giovani, stabili che due quinti, e cioè otto, fossero di
Città di Castello, e gli altri se non di Roma almeno dello Stato Pon-
tificio.

La scelta e Ja nomina dei giovani la demandó per un posto al
Vescovo di Città di Castello, ai Chierici Regolari di S. Silvestro a
Monte Cavallo, al Capitolo della Cattedrale di Città di Castello, al
Rettore del Collegio dei Gesuiti di detta città, al Magistrato Civico
della stessa, ai Deputati di S. Girolamo della Carità di Roma; per
due posti al generale pro-tempore dei Gesuiti; per dodici posti ‘ai
propri parenti ed affini, ma tale diritto era da esercitarsi solo fino al
quarto grado di parentela, in mancanza di suoi parenti la nomina
ai detti posti era demandata alle autorità sopra ricordate con le me-
desime proporzioni.

La direzione e protezione del collegio venne affidata dal testatore
al generale pro-tempore dei Gesuiti, che la esercitava mediante reli-
giosi del suo ordine, con ampia facoltà circa le regole ed ordinanze da
darsi in ogni tempo al collegio.

Il quale collegio fu aperto solo il giorno di S. Carlo, 4 novembre,
del 1646, in una casa posta nel rione Monti presso l’arco dei Pantani.

Essendosi, poi, ritenute le rendite insufficenti per il numero di
alunni indicato dal testatore e volendosi d’altra parte aprire il col-
legio, non potendosi prevedere dato il rapido decrescere del valore
della moneta, se e quando tenendo le rendite a moltiplico si sarebbe
potuta mettere insieme la somma necessaria, il collegio venne aperto
con soli dieci alunni.

Qualche anno dopo, venduta la casa all’arco edd Pantani, il Col-
legio si trasferi in un edificio accanto alla chiesa di S. Agata ai Monti.
EE ORDER RA E YET

I COLLEGI PER GLI UMBRI IN :ROMA i 135

E qui il collegio rimase fino a quando, per le vicende attraversate,

: Pio VI ne disporrà l’unione con il Collegio Umbro.

Sotto il titolo di « Informatióne del Collegio dé Santi Giovanni
e Carlo »in un codicetto coevo sono raccolte le regole secondo le quali
si muoveva la vita del collegio.

Questo documento viene pubblicato in appendice (Appendice I)
integralmente, e penso sia, unitamente alle Regole del Collegio Umbro
(Appendice II), il miglior contributo ad una più approfondita cono-
scenza della vita di questi istituti, senza contare le molte considerazio-
ni cui può dar luogo sia sul piano del trattamento economico-alimen-
tare dei giovani che su quello assai importante della formazione spi-
rituale e civile.

*okok

Da quanto si é andati esponendo circa i collegi ai quali potevano
essere avviati i giovani che dall'Umbria scendevano in Roma per
completare la propria istruzione, se è lecito trarre la conclusione che
i nostri umbri nella famosa riunione alla « Sapienza » ad arte dovettero
esagerare lo stato più generale delle cose, non è però possibile non
dar loro conto che un collegio dell'Umbria vero e proprio, sul tipo
di altri istituti per giovani di altre province, non c'era ancora; e
sopratutto che molte iniziative dovute alla generosità di benefattori,
per favorire particolarmente compatrioti non avviati al sacerdozio,
rimanevano inoperanti o addirittura andavano disperse.

E questo il caso del Collegio Lassi; l'averlo fatto aprire sia pure
provocandone l'unione all'Umbro, é senza dubbio una benemerenza
della nazione umbra in Roma.

IL CorrEGro Lass: deve la sua origine alla generosità di Mons.
Carlo Lassi di Spello. Questi era morto nel novembre del 1685, dopo
aver disposto con testamento che l'intero suo patrimonio fosse de-
voluto per la istituzione di un collegio nel quale dovevano essere
mantenuti agli studi nove alunni per sei anni.

Il collegio dal nome della madre di lui, avrebbe dovuto chia-
marsi Collegio Niceta Lassi.

Stabiliva il testamento che di questi nove alunni, tre dovevano
essere cittadini di Foligno, la scelta dei quali, mediante estrazione a
sorte fra i diversi concorrenti, era demandata al vescovo della città,

' con la riserva che se fra i concorrenti vi fossero discendenti di Euse-

bia e Tarquinia Lassi, sorelle del padre del testatore, dovevano essere
preferiti nei confronti di qualsiasi altro.

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136 E * LEOPOLDO SANDRI

Dei rimanenti posti, tre dovevano essere assegnati ai discendenti
di Valentino Soldarini, avo paterno della madre del testatore, di
Colvalenza; in mancanza di tali discendenti, i tre posti dovevano
assegnarsi dal vescovo di Todi, mediante sempre estrazione a sorte
fra i meritevoli, a giovani di Colvalenza e in mancanza di questi, dal
vescovo di Narni dovevano destinarsi a giovani di questa città,
essendo ivi nata la madre del testatore. Gli ultimi tre posti erano
destinati a nativi di Narni da assegnarsi con le modalità ricordate.
In ogni caso i giovani non dovevano essere nobili e dovevano già
conoscere a sufficenza la lingua latina.

Suoi esecutori testamentari nominó il generale protempore dei
Gesuiti ed ove questi avesse rinunciato, il generale dei frati di Santa
Maria in Campitelli.

Dispose anche che le rendite fossero tenute a moltiplico fino a ine

“divenivano sufficenti al mantenimento dei giovani e di quant'altro

necessario al funzionamento del collegio.
Data questa disposizione, e le difficoltà subito sorte sulla inter-
pretazione del testamento, il tempo cominciò a scorrere senza che si

|. provvedesse, o si potesse provvedere, alla apertura di questo collegio.

I gesuiti avevano accettato peraltro di fare da esecutori testamen- .
tari, tanto più che avrebbero poi dovuto, una volta apertosi il collegio,
assumere la direzione: anche questo per volontà del testatore.

Intanto gli anni passano, si arriva alla fine del sec. xvII, si
entra nel nuovo. t

E facile immaginare il malumore delle Comunità che avrebbero
beneficiato dell'erigendo istituto e che da quasi un ventennio ne at-
tendevano. l'apertura.

Era implicitamente a questi rappresentanti di comunità che
il Cardinale Sacripante intese rivolgere l'invito contenuto nella « Re-
lazione alle città e luoghi dell'Umbria... »di cui si è parlato, perché
«i concittadini » segnalassero lasciti e pie istituzioni etc.

E cosi avvenne. La nazione umbra, con il peso che ormai le ve-
niva da una salda organizzazione e dall'avere assunto la veste di
tutrice degli interessi della provincia in Roma, interviene a reclamare
la sollecita esecuzione di quellao ormai antica volontà di Mons.
Lassi.

Il cardinale Sacripante si mette in moto; c’è già, dice, un collegio
organizzato per gli umbri (il Fuccioli benché avviato da tempo non :
poteva, se avesse voluto, interessarsi a quel lascito, perché, come si è
veduto, esso accoglieva giovani aspiranti al sacerdozio), si potenzi
I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 137

stato effettivamente costituito. L'unione si sa fa la forza.

I motivi che potevano essere allegati per ritardarne la apertura, ‘
ed erano stati effettivamente portati innanzi, come la scarsità delle
rendite, (si ricordi che lo stesso fondatore aveva disposto che le ren-
dite venissero per alcuni anni poste a moltiplico) furono' demoliti
con la constatazione che la rendita annua era attualmente non in-
feriore a 500 scudi.

Il cardinale si rivolse a questo fine al papa, Clemente XI; ad
esser precisi il cardinale appoggió presso il Pontefice le istanze delle
comunità di Foligno, Narni e Colvalenza. Il memoriale che si trova
negli atti del notaio del tribunale dell’ Auditoris Camerae, Pietro
Fazio, fu dal papa trasmesso al tribunale della Segnatura di Grazia;
in merito venne deciso conforme quanto richiesto il 22 settembre

" » —M ERO

i ... facevano parte della stessa Segnatura, e confermato sotto la stessa
data dal papa con un breve. |

Il quale breve disponeva contemporaneamente e la effettiva
apertura del Collegio Lassi e l'unione di questo con l'Umbro, nonché
le modalità stesse per l'attuazione di tutto ció.

Il nuovo istituto prenderà nome di Collegio Umbro-Lassi.

Con l'apertura del Collegio Lassi venivano anche a cessare i com-
piti dell'esecutore testamentario e cioè del generale pro-tempore della
Compagnia di Gesù.

Secondo la mente del testatore la direzione del collegio avrebbe

dovuto essere affidata alla Compagnia, ma a seguito della riunione
con l'Umbro ciò non potè attuarsi in quanto la direzione rimase con-

Lassi venne, naturalmente, nominato il cardinale Sacripante. .

abbandonasse i locali di via Monterone e si trasferisse in piazza
Costaguti, in un edificio più grande, di proprietà del lascito Lassi.

Alessandro Baldeschi così ci presenta l’ingresso in collegio.

e Lassi, sopra la porta grande del quale vi è J’arme dell'Eminentissimo

Sacripante Protettore, ovata, con latta sopra per difesa dall'acqua.
La porta grande ha due serrature, tre chiavi ed un cateneccio,

con bussoletta di legno per mettervi le scritture... ».

La minuta descrizione continua e nel leg gera. si ha quasi la sen-

dunque il collegio dell'Umbria con il Lassi dopo che quest'ultimo sia.

È 1705, specie per l'intervento dei cardinali Sacripante e Panphili che -

forme le regole del Collegio Umbro. A protettore del Collegio Umbro.

Coma primo provvedimento il Protettore, dispose che il collegio -

. Un inventario della «robba esistente nel Collegio » compilato da

«Giunto che si è in Piazza Costaguti si trova il Collegio dell’ Umbria

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138 LEOPOLDO SANDRI

sazione di trovarsi in quell’edificio, di scendere in cantina, di salire
alle stanze di sopra, in un angolo di una delle quali, c'è anche un
cassone con la scritta dipinta « Ecclesiae nationis Umbrae », quasi il
ricordo degli umili tempi.

Cock ok

,

IL CoLLeGIo UMBROo-Lassi, continua la sua vita con le regole che
erano state dell'Umbro; se si tolgono le lagnanze e le vertenze portate
avanti a vari tribunali da coloro che ritenevano di aver diritto alla
nomina degli alunni o ad essere nominati, nulla di particolare si deve
notare per alcuni anni. Va peró detto, anche per rendersi conto degli
avvenimenti successivi, che dopo la morte del cardiale Sacripante
lautorità del Protettore va gradatamente decadendo sopraffatta
dall'ingerenza dei vari aventi diritto alle nomine e soprattutto dalla
Congregazione dei Deputati Nazionali al governo del Collegio. Tutto
spiegabile se si pensa non solo al ginepraio di questioni e questioncelle
che sorgono quasi ad ogni nomina, ma anche al fatto che taluni dei
cardinali protettori, come ad esempio l'Accoramboni, vivevano lon-
tano da Roma, nelle loro diocesi e si facevano sostituire, e non sem-
pre, da un delegato. i

Si giunge così al 1735 nel quale anno diviene protettore del colle-
gio il cardinale Giacomo Oddi, perugino, che si dedica con singolare
energia alla restaurazione del buon ordine e delle finanze dell’istituto
affidatogli.

Il nuovo protettore non solo rivendica in pieno l’autorità spettan-
te alla sua carica, ma modifica regole, si ingerisce nella nomina degli
alunni; scoppia naturalmente un pandemonio provocato dalla rea-
zione e resistenza dei Deputati del Collegio. :

Il cardinale, dopo varie vicende, ottiene da Clemente XIII un

«breve in data 21 luglio 1760, con il quale, annoterà in margine l'ar-

chivista, «il Signor Cardinale Oddi... viene esso costituito dispotico
padrone del collegio ». i

È questo il breve « Ecclesiae Cattolicae » con il quale vengono
approvate le nuove regole e costituzioni del collegio (i) testo in Bul-
larium Romanum, cont. T 2 p 168).

Un altro breve, nel 1767, apporterà al precedente! qualche modi-
fica, conseguenza, ma solo in parte, della gran levata di scudi cui il
primo breve aveva dato luogo.

La figura del cardinale protettore è ormai ben definita nelle sue
prerogative e competenze.
I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 139

In realtà sotto la guida del « dispotico padrone » l'istituto stava

E. vivendo i suoi anni migliori. Quando attorno al 1750 il vecchio collegio

3 Nardini entrò in crisi (questo collegio meriterebbe davvero una storia

per essere stato il primo e più antico istituto del genere sorto in Roma

già fin dal sec. XV) fu il cardinale Oddi che si offerse di ricevere nel
suo collegio, per il compimento degli studi, gli alunni di quello.

Più tardi il Protettore rimise in ordine la contabilità ed ottenne
da Clemente XIII con il breve già riferito che gli alunni del Lassi, da
nove venissero ridotti a sei.

Quando, però, nel 1763 le Carmelitane scalze di S. Teresa si tra-
sferirono presso la chiesa dei SS. Pietro e Marcellino, lasciando libero
il palazzo che avevano ai Ginnasi, il cardinale Oddi vendette quei
sessantotto Luoghi di Monte che erano del collegio dell'Umbria, ag-
giunse qualcosa del suo e messi insieme 9200 scudi potè comperare
quel palazzo per il suo collegio.

L'Umbro-Lassi può così lasciare il vecchio edificio di piazza Co-

_ staguti e trasferirsi presso via delle Botteghe Oscure nell’ex palazzo
Ginnasi.

L'edificio di piazza Costaguti viene contemporaneamente tra-
sformato in appartamenti « per civili abitazioni », ottenendosi dai
fitti una buona rendita. -

Nel 1770 il cardinale muore lasciando un sincero compianto di sé
tra i componenti la nazione umbra in Roma e nella provincia, con i
quali, però, solo raramente non si era trovato in disaccordo.

> ok

La storia dei collegi umbri di cui siamo andati discorrendo si
snoda ancora per qualche tempo senza avvenimenti degni di essere
ricordati.

i Gli aspiranti presentano le loro domande, si provvede a fare la
‘scelta dei ritenuti meritevoli, qualche rappresentante delle comunità
o di altri interessati solleva le ormai consuete lagnanze; un rettore
succede all’altro; i giovani si organizzano sempre in congregazione
Mariana, vanno al Collegio Romano per le lezioni, tornano in « casa »
trovano alla mensa per gli stessi giorni lo stesso vitto, tutto come nel-
le regole. Danno esami, hanno gradi accademici e quando nei saloni
del Collegio Romano, o alla Sapienza o alla Minerva, gli arrivati
difendono con la pompa tradizionale le tesi conclusive di Filosofia,
Teologia o Diritto, i più giovani alunni guardano a quel giorno come

È

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cr 140 LEOPOLDO SANDRI

ad un avvenimento, che, se non mancheranno loro le forze, avverrà
Sicuramente alla stessa maniera.

La vita di quei collegi, legata a quella di tanti altri della città,
ha assunto la stessa forza e certezza di sé, che sono proprie della Com-
pagnia di Gesü che direttamente o indirettamente li regola e governa.

La lotta in corso contro i gesuiti non li sfiora neppure. Ma nell'e-
state del 1773 avvenne il fatto nuovo, la soppressione della Compagnia.
La storia dei nostri collegi potrebbe anche finire qui; alcuni sono col-
piti direttamente perché retti dai Padri, altri indirettamente dalla
crisi che pervade tutto il sistema dell'istruzione pubblica in Roma.
Non molto é stato scritto di come effettivamente venne applicato il
breve pontificio di soppressione in Roma, ma una constatazione, se il
problema verrà affrontato, non potrà non essere fatta, che coloro i
quali avevano sostenuto con tanta energia la soppressione dei Gesuiti
poco o nulla avevano predisposto per l'ulteriore funzionamento degli
istituti di publico interesse e delle opere in genere, un tempo a quelli
affidati; eppure questa era la volontà del pontefice !

Si veda quello che accadde ai nostri collegi.

Cominciamo dal Fuccioli, come quello che direttamente dipen-
deva dalla Compagnia. :

Il cardinale Marefoschi e Mons. Alfani si presentano come visi-
tatori mandati dalla nota Congregazione Cardinalizia; sono figure trop-
po ricordate nella storia di quei mesi perché occorra farne qui la pfe-
sentazione; per far continuare cosi come era il collegio sarebbe stato
necessario un notevole aumento di spesa, dovuto agli stipendi per
il nuovo personale dirigente e di sorveglianza da ricercarsi fra il clero
secolare; di più anche il Collegio Romano dove quei giovani avreb-
bero dovuto frequentare le scuole superiori è entrato in crisi, per cui
i visitatori non trovano di meglio che disporre che l'istituto d'ora in
poi riceva soltanto alunni per le scuole inferiori.

Da questo provvedimento incomincia la vera decadenza dell’ Isti-
stuto ed è la premessa della decisione presa pochi anni dopo da Pio VI
(1785) di riunire il Collegio Fuccioli al Collegio Umbro-Lassi.

È inutile dilungarsi nell’esposizione dei motivi addotti a giusti-
ficazione; diminuzione delle rendite, aumento di spese, amministra-
zione trascurata, che sono assai spesso conseguenza, non dei soli gene-
rali rivolgimenti, ma anche del diverso spirito ed interesse di coloro
cui quella amministrazione viene affidata.

Il breve papale stabiliva inoltre che i due collegi avessero una
unica amministrazione, ma venissero tenuti separati i conti in rela-
I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 141

zione alle diverse entrate originarie di ciascuno e che infine, il Collegio
Fuccioli pagasse del suo all'Umbro-Lassi come UotHISRe to 100 scudi
annui. .
E cosi in quello stesso anno gli alunni del Fuccioli lasciano il
locale di S. Agata ai Monti per trasferirsi ai Ginnasi nell'edificio del
Collegio Umbro-Lassi.

Da allora il collegio assumerà il nome di Collegio Umbro-Fuccioli,
od anche Fuccioli-Lassi.

Nel palazzo di via dei Ginnasi la vita del nuovo collegio continua;
. è ormai una vita stentata. Non è facile precisare quale delle regole
venne adottata; la scelta del rettore, un prete secolare per lo piü, e
quella degli amministratori, é ancora demandata al cardinale protet-
tore. Il numero complessivo dei convittori neppure si cónosce, vengo-
no peró mandati alle scuole del Collegio Romano che aveva ripresa una
certa attività. Di sicuro si sa solamente che le amministrazioni si fon-
dono sempre più, al fine di sopportare gli oneri che divengono pesanti
sempre di più. Il collegio contrae debiti per scudi 1400.

Il crollo dei valori dei Luoghi di Monte, l'aumento del costo della
vita, la crisi fatta d'ansia, d'aspettazione, di strafare e disfare che ca-
ratterizza la vita di Roma dallo scoppio della Rivoluzione Francese,
si riflette anche su questi istituti.

Fu una fortuna per il nostro collegio che nel 1794 ne prendesse
la direzione, un antico convittore, l'abate Feliciano Scarpellini. Que-
Sto valent'uomo, ai suoi tempi celebratissimo, cui si deve anche la
restaurazione dell'Accademia dei Lincei, si installó nel collegio e vi
rimase fino al 1824.

L'opera sua, nei gravi avvenimenti che si abbatteranno anche
. su Roma, servi in complesso a conservare quanto poteva ancora

essere salvato di quelle istituzioni, il nome innanzi tutto ed una certa.

gestione di rendite, che permetterà alle stesse di rinascere sia pure
sotto forma diversa.

All’avvento della Repubblica Romana il collegio si chiude: i
giovani tornano a casa; due, però, non possono ed allora l’abate Scar-
pellini li sistema nel proprio pue e si interessa di far loro
completare gli studi.

Nel 1800 ritorna il governo pontificio, il cardinale protettore,

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142 ^ LEOPOLDO SANDRI

un Antonelli, non se la sente di riaprire il collegio, dato anche il bilan-
cio disastroso. i

Lo Scarpellini, intanto, pur di dar vita in qualche modo al collegio
prende presso di sé altri due alunni; ma il cardinale, siamo nel 1806,
affitta alla Camera Apostolica il palazzo per 200 scudi annui, e manda
a spese dell'Umbrio-Fuccioli, i due alunni a completare gli studi nel
Collegio Ghisleri.

Tornata l'amministrazione francese, questa non riapri il collegio
ma si interessó ad esso.

Con lettera del 10 ottobre 1810 il Prefetto del Dipartimento di
Roma, Tournon, chiede al Duca Braschi «i più precisi schiarimenti
sull'esistenza del collegio Umbro-Fuccioli cominciando dalla sua fon-
dazione, lo stato delle rendite... ed infine qual diritto vi hanno vari
comuni del Dipartimento del Trasimeno sulle piazze franche in detto
Collegio. All'esperimentata di lei esattezza commetto quest'interes-
sante rapporto, sicuro di riceverlo indilatamente... ».

La risposta la ricevette il Tournon, due mesi dopo tramite il
marchese Giuseppe Origo, aggiunto al Maire di Roma incaricato della
Pubblica Istruzione, cui l'aveva sollecitata il duca Braschi. Il rapporto
evidentemente compilato dal nostro abate é pieno di reticenze e lacune
e nulla dice dei diritti vantati « sulle piazze franche » da alcuni comuni
del Dipartimento del Trasimeno, i cui rappresentanti con le loro pro-
teste avevano richiamato su quell'istituto l'attenzione del Prefetto
di Roma. |

Nel Tableaü dei stabilimenti soggetti alla immediata direzione e sorve-
glianza del marchese Giuseppe Origo... figura anche il collegio Umbro-
Fuccioli, con l'annotazione soppresso e rende conto, che voleva dire che
l’istituto era chiuso, che vi era un amministratore alle rendite, e che
queste rendite andavano con quelle di altri consimili istituti a costi-
tuirela massa dalla quale togliere i 73.500 scudi annui, occorrenti-
per mantenere in vita un certo numero di istituti e collegi di ricono-
sciuta pubblica necessità.

In tutto questo trambusto l'abate Scarpellini riesce però a riti-
rare (1811) dal Collegio Ghisleri i due alunni che vi aveva spedito il
cardinale Antonelli e li riporta nel vecchio edificio a palazzo
Ginnasi. |
Cosi, in certo modo, il Collegio Umbro-Fuccioli viveva ancora.
I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA

*ockock

Passata, come si usava dire un tempo, la bufera napoleonica,

anche per i nostri collegi si apre un nuovo periodo di storia. Non si
tratta, però, di una resurrezione pura e semplice, ma di una profonda
trasformazione.

La buona volontà del Pontefice, e più lo zelo di certi suoi ministri
non potevano certo compiere, come taluni avrebbero desiderato, il
miracolo, di riportare tutto allo stato di prima; fu giocoforza prendere
atto che taluni provvedimenti dell'amministrazione francese avevano
obbedito assai spesso a leggi economiche e sociali valide sempre, tanto
che non erano stati modificati nei ritorni della sovranità pontificia;
e tra mettersi contro questa realtà e dare un dispiacere a coloro che
in quei provvedimenti avevano veduto solo artificiose diavolerie,
l'illuminato governo di Pio VII, in quanto gli fu possibile, preferi la-
sciare questi ultimi alle loro recriminazioni e riconoscere quelle leggi.
E cosi avvenne per i nostri collegi.

Nel 1814 il cardinale Mattei, protettore del Collegio, si interessa
a ciò che potrebbe farsi; niente riapertura naturalmente. Tuttavia

con i fondi a disposizione, anche perché in qualche modo bisognava .

rispettare la volontà dei testatori, si pensò di accordare ad alcuni gio-
vani, da scegliere tra gli aventi diritto, delle pensioni con le quali
potersi mantenere agli studi. Così con le rendite del Fuccioli furono ad

esempio mantenuti 8 giovani nel Seminario di Città di Castello. Con

le rendite dell'Umbro furono dati dei sussidi a nativi della pro-
vincia che studiavano qui in Roma.

Tra coloro che resisi conto della realtà, tornarono ad interessarsi
di questi istituti fu Annibale della Genga, Cardinal Vicario in Roma,
che nel 1820 si fece un dovere di rappresentare al papa « varie idee
sulla necessità positiva di meglio regolare la pubblica istruzione in Roma».

Queste idee avevano preso corpo in un lungo memoriale che
sarebbe però rimasto, con ogni probabilità, lettera morta, pur nel
gran fervore di riforma specie nel campo degli studi, se il suo autore,
di lì a pochi anni, non fosse divenuto papa con il nome di Leone XII.

Tutto ciò interessa alla nostra storia perchè in quel memoriale
non solo si pone il problema generale della riorganizzazione degli isti-
tuti di pubblica istruzione, ma si parla di ciascuno di essi. E natural-
mente anche del collegio Umbro-Fuccioli.

L’esame che si fa della situazione dei singoli istituti, specie dei
maggiori è dettagliata e coraggiosa: si è del resto già veduto quale si-

porsi
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peril momento in grado di riprendere in mano tutti gli istituti di

- personale di cui non poteva non risentire, ma anche per le molte diffi-

in Roma.

144 m. LEOPOLDO SANDRI

tuazione, a seguito della soppressione della Compagnia di Gesù, si
era creata in Roma e fu ereditata dall'Amministrazione Francese e
quali provvedimenti furono presi da questa.

Con il definitivo ritorno del Governo Pontificio la situazione non
era granchè cambiata, nel senso che se molti di questi istituti erano - 1
risorti di nome, essendo stati nominati degli amministratori alle loro E.
rendite, non lo erano di fatto. In vari casi si erano trovati dei compro- :
messi, sotto forma di borse di studio da attribuirsi come si é veduto il
piü spesso per sorteggio, a coloro che, secondo la volontà degli antichi
benefattori, ne avevano diritto.

E superfluo rilevare che la ricostiuita Compagnia di Gesù non era

istruzione, che pure erano stati suoi per secoli, sia per la scarsità di

coltà costituite soprattutto dalla procedura stabilita per la immissione
della stessa negli antichi beni ed attività.

Ora l'elezione a pontefice del cardinal della Genga, ed il grande
impulso da lui dato alla riforma ed alla costituzione di una Congregazio-
ne degli Studi, fece riprendere in mano, anche come elemento di studio
per l'emananda costituzione quo divina sapientia, quel memoriale.

La conseguenza fu che venne costituita una Congregazione depu-
tata a riferire sullo stato dei collegi e degli istituti di istruzione DUAE

Il 12 aprile del 1824, il Segretario di questa Congregazione, Mons.
Giuseppe Groppella, rimetteva al card. De Gregori gli stati di ciascun
collegio affinché venissero « presi ad esame onde poter deliberare sui
medesimi nella prossima congregazione ». :

In questi stati cosi si parla dei collegi per gli umbri.

« CoLLEGIO NICETA LASSI OSSIA DELL'UMBRIA

La prima sua erezione deriva da un saponaro, per nome Niceta
Lassi, il quale lasciò le sue rendite per fondazione di un collegio a favore
dell'Umbria. Non si conoscono precisamente le sue entrate, ma pos-
sono calcolarsi in scudi 638,84. Ha 3 alunni che si mantengono in altri i
istituti di educazione. Questo Collegio era amministrato dai Padri :
Gesuiti. Gli alunni devono essere di Foligno, Todi e Collevalenza, col |
diritto di rispettive nomine di concorso da approvarsi dal Card. Pro-
tettore pro-tempore. Dalla Repubblica a questa parte è stato sempre
chiuso. Il locale è posto a Santa Lucia de’ Ginnasi: è LB alla .
R.C.A: e vi dimora l’abate Scarpellini.
‘ I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 145

CorrEecGio FuccioLi: fondato da Mus. Fuccioli di Città di Castello
nel 1623. | i

Non si conoscono precisamente le sue entrate ma possono calco-
arsi in scudi 608,44; ha 8 alunni che si mantengono nel Seminario di
Città di Castello. Anzichè Collegio era un Convitto amministrato dai
Padri Gesuiti, ove i giovani potevano indistintamente applicarsi allo
studio delle belle lettere o a quello delle arti liberali. Fu riunito al

. Collegio dell' Umbria con condizione di passare al medesimo annui scu-

di 100. Sembra conveniente di far consumare agli alunni esistenti in
Città di Castello il tempo della grazia loro accordata per mantenimen-
to colà ».

.. Dalla lettura di questi stati si vede come non solo vi era incertezza

sulla determinazione dell'ammontare delle rendite, ma anche sulla

storia stessa degli istituti; e meglio informati, almeno della situazione
- finanziaria, appaiono i cardinali che la sera del 19 dello stesso mese di
aprile, si riunirono in casa del cardinale Di Pietro per. deliberare.
Erano presenti i cardinali Cavalchini e Guerrieri oltre naturalmente al
segretario Groppella, decisero: « Collegio Fuccioli; rendite scudi 608.44
. e mezzo, spese senza gli alunni, scudi 113; si ponno mantenere alunni 4.
Collegio del Umbria, rendite scudi 638,84, spese fisse 134, si ponno
mantenere alunni 4 ». |
E cosi i due istituti sono ora definitivamente trasformati in borse
di studio. Mer |
L'impossibilità di riaprire il Collegio dell'Umbria non era per la
verità condiviso dalle comunità della provincia che sin dal 1822, ave-
‘ vano fatto pressioni per la sua riapertura; fu il cardinale Consalvi che
riusci a persuadere i rappresentanti di quelle di tale impossibilità,
almeno per il momento.
Pochi anni dopo la Provincia dell'Umbria tornó alla carica ma
con uguale esito. Occasione di questo ritorno fu l'acquisto da parte
della Camera Apostolica del palazzo di via dei Ginnasi che, com'é noto,
era proprietà del collegio. Valla pena di ricordare che più volte dalla
chiusura dell'Istituto la Camera Apostolica aveva divisato di entrare
in possesso di quell'edificio per dargli diversa destinazione: noto tra
l'altro che il Valadier era stato incaricato di studiarne la trasformazione
in palazzo degli esami, specie per i concorsi all'Accademia delle Belle
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— Nel 1826, Leone XII con breve del 14 febbraio autorizzò il passag-

gio dei detti locali al collegio Scozzese e accordò ai Collegi Fuccioli e ©

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146 LEOPOLDO SANDRI

Lassi un contributo annuo di scudi 360 da pagarsi dalla Camera Apo-
stolica.

Poiché in tale concessione di compenso non si fa menzione del
Collegio dell'Umbria, alcuni Comuni della Provincia presentarono E
prima una protésta e poi nel 1829 la Provincia stessa, richiese quei i
locali sostenendo la possibilità di una riapertura del collegio. L'istanza
non fu accolta fra gli altri motivi perché si ritenne tuttora in vigore,
del resto mai formalmente abrogata, la disposizione di Pio VI del 1785
che disponeva una unica amministrazione per i Collegi Fuccioli e
Umbro-Lassi e quindi doveva intendersi compreso nei beneficiari di : |
quella rendita anche il collegio dell' Umbria. |

Leone XII, é noto, occorre sempre rifarsi a quel suo memoriale 1
di quando era Cardinal Vicario, aveva in animo di far sparire tutti
quei collegi e pensionati che riattivati o no vivacchiavano in Roma,
per unificare le rendite e dar vita ad un grande collegio riservato ai
giovani dello Stato Pontificio.

Intanto, si trasformassero quegli istituti in at di studio, per
giovare, almeno a pochi, mentre si deciderà del progetto massimo.

Non si puó peró attribuire solo a questa volontà, la trasforma-
zione di quegli istituti, ma anche e soprattutto alla mancanza di un
vero controllo e conoscenza diretta delle rendite, (oltre s'intende al
diminuito valore dei Luoghi di Monte) dovuto al fatto che non esi-
steva fino allora un organismo della Amministrazione Centrale cui
gli istituti di pubblica istruzione fossero sottoposti.

La creazione, perché fu più che un rinnovamento, della Congre-
gazione degli Studi, rese possibile fra l'altro assolvere anche questo
compito.

Da allora fino al 1870 la vigilanza sulla amministrazione dei fondi
di queste borse di studio e l'assegnazione delle stesse divenne compe- |
tenza di detta Congregazione.

I collegi hanno ancora un protettore nella persona di un cardinale
da nominarsi dal Sommo Pontefice. Questo protettore provvede
soprattutto alla scelta dell'amministratore alle rendite ed interviene
nelle decisioni più importanti.

Nel 1834 Gregorio XVI con biglietto della Segreteria di Stato
del 16 dicembre conferì la protettoria dei due istituti umbri al Cardi-
nale Prefetto pro-tempore della Sacra Congregazione degli Studi, il
quale a sua volta nominó amministratore degli stessi Monsignor Pla-
cido Ralli, segretario della medesima Congregazione. Questi conser-
verà tale incarico fino al 20 settembre del 1870.
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24

I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 147

L'amministrazione dei lasciti da parte della Congregazione degli
Studi continua, più o meno come si è andati esponendo; le solite re-
criminazioni delle comunità e degli altri interessati in occasione della
assegnazione delle borse: queste rimangono fissate i in 18 fra i due la-
sciti, per scudi 50 ciascuna.

Le spese aumentano anche perché ora per l'amministrazione e la
contabilità, c'é un procuratore, un economo, un cassiere.

I bilanci che per taluni anni ancora si conservano, indicano pur
sempre un piccolo attivo.

Ma i tempi incalzano, i lasciti vantavano crediti verso enti che
col graduale unificarsi d'Italia passavano sotto il nuovo Stato e quindi,
per essere divenuti questi crediti di difficile riscossione, vennero dagli
amministratori alienati a basso prezzo.

Neppure i crediti di Roma divennero facilmente esigibili, né si
pose; come sembra, gran cura a regolarizzare almeno sul piano giu-
ridico, le singole posizioni.

Perdite ebbero questi lasciti per la conversione della moneta ope-
rata dall'Antonelli; furono anch'essi sottoposti alla tassa sul clero
imposta nel 1867. Nello stesso anno, poi, le entrate vennero gravate
da un contributo di scudi 100 a favore dei canonici di Foligno che si
erano a questo fine rivolti al papa.

Il contributo doveva pagarsi ai detti canonici per un triennio,
ma con breve del 1 gennaio 1870, i canonici ne ottennero il manteni-
mento ancora per un triennio.

Cosi stavano le cose al momento della presa di Roma.

* * *

Con l’organizzazione data alla città di Roma dal Luogotenente
del Re, quanto un tempo era di competenza per gli istituti di pubblica
istruzione, della Congregazione degli Studi, venne posto alle dipendenze
del Consiglio per le Scuole della Provincia di Roma, alla cui direzione
era stato chiamato un provveditore agli studi, il Carbone. Questi che
a ragione della carica, era divenuto Commissario Straordinario ai vari
collegi esistenti nella città comunque organizzati e amministrati,
dovette affrontare tra gli altri non pochi problemi, anche quelli
connessi con l’amministrazione delle rendite dei collegi umbri.

Pensarono i sindaci di Foligno, Todi, Città di Castello, Narni,
affiancati dagli eredi dei fondatori a porre immediatamente la questio-
ne in termini molto spicci; l'amministrazione delle rendite e l'asse-

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| 148 : LEOPOLDO SANDRI

gnazione delle pensioni, spetta a noi ci venga data senza perder
tempo. ^4

Intanto bisognava provvedere a pagare le pensioni ad aleuni | .
giovani che già le godevano e non avevano terminato il ciclo degli

studi.

Di più intervennero anche i canonici di Foligno, chiedendo che
lo Stato Italiano desse esecuzione al breve di Pio IX del genna 1870;
a guardarlo bene un ginepraio.

Il commissario cercó di rendersi conto dello stato delle cose, e
come primo passo cercó di mettersi in contatto con quei signori che
erano stati per conto della Congregazione degli Studi, gli ammini-
stratori dei lasciti. Una parola trovarli! ci vollero due anni perché

. consegnassero le carte e dessero i conti.

In realtà chi aveva tutto in mano era un certo Domenico Ot- *
taviani contabile della Congregazione degli Studi; questi riversava "È
ogni responsabilità su l’ultimo cassiere dei due collegi, Luigi Simonet-

| ti; c'era poi Mons. Ralli che i primi tempi diceva che non aveva docu-

menti da esibire. Per comprendere l’atteggiamento di costoro, taluno

dei quali prese posizioni che potevano far pensare a tentativi di ar-

ricchimento, occorrerebbe fare un attento esame dello spirito con il

quale i funzionari dello ex Stato Pontificio, presero contatto e pas-

sarono le consegne ai nuovi venuti, o a quelli dei loro colleghi che

avevano prestato giuramente al nuovo ordine politico, ma non è qui i

il caso di fare una lunga parentesi. |
Con il passare del tempo, questione di mesi, come le prime aspe-
i rità furono appianate, anche gli amministratori dei nostri collegi
cominciarono ad esibire Ja documentazione che poterono.

Si vide allora che il problema aveva bisogno di studio; si era si - 1
provveduto nel frattempo ai pagamenti delle pensioni in corso, si 3
erano accontentati i canonici di Foligno, ma la materia intera apparve.

bisognosa di ordinamento e regolamentazione.

La qu dovette apparire tutt'altro che semplice, se, volen-
do vedere un po' chiaro nella storia e nella natura giuridica. dei due
istituti onde decidere sul da farsi, si senti la necessità di ricorrere ad
un conoscitore illustre di cose romane, e cioè a Davide Silvagni.

Nel 1872 questo studioso veniva, infatti, nominato Commissario
Straordinario pei Collegi Fuccioli e Lassi. Un anno dopo, il 2 marzo .

x db 1873, il Silvagni rimetteva ad Antonio Scialoia Ministro della Pubblica ;
3 -. -- Jstruzione le sue conclusioni. Queste presero corpo in una lunga rela-
‘zione distinta in tre parti: nella prima vengono dati alcuni cenni sulla

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I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 149

storia degli istituti; lo stesso Silvagni nel presentarli non puó esimersi
dal mettere in evidenza che la storia di quest'istituti è troppo intricata
per avere la certezza di non essere incorso in qualche errore. In realtà
egli non ebbe presente tutta la documentazione affluita più tardi da
vari archivi di magistrature pontificie all'Archivio di Stato, tuttavia
poiché poté giovarsi della collaborazione di Monsignor Ralli, gli fu
anche possibile raccogliere dalle carte e dalla viva voce di lui notizie
non altrimenti reperibili. Di più ebbe la possibilità di consultare gli
archivi della Sacra Congregazione degli Studi, temporaneamente per
allora affidati al Provveditorato agli studi di Roma, prima che, specie
nei fondi a carattere eminentemente amministrativo e contabile,
venissero praticate le solite eliminazioni in massa di documenti; an-
che gli archivi dei cessati dicasteri finanziari, le cui carte erano state,
per la parte più recente, assorbite dai nuovi similari uffici della am-
ministrazione italiana, si prestavano ancora a facili e fruttifere ri-

cerche.

E da attribuirsi appunto alle possibilità offerte da tali archivi,

se più interessante risulta ai fini di questo scritto, la seconda parte del-

la relazione e cioè l'esposizione dello stato economico degli istituti in

parola.

Si ricorderà che il numero dei sussidiati con le rendite di questi
istituti era di 18, e che ognuno di costoro riceveva annue Lire 268,70,
pari ai 50 scudi romani, che venivano dati loro sotto il governo ponti-

ficio.
Il Silvagni si preoccupó di trovare l'origine di cosi modesti assegni
e per un numero cosi modesto di giovani, quando da un primo esame

delle rendite effettive e possibili la situazione avrebbe dovuto essere
diversa.

La causa di tutto ció venne ricercata: 1) nell'abbandono in cui
erano lasciati vari cespiti; per cui vi erano censi e canomi non riscossi
da quattro, sei e perfino dieci anni, senza contare quelli ormai caduti
in prescrizione; 2) nella mancata destinazione in aumento del capi-

tale di somme non spese per assegni ma destinate ad usi non previsti

dagli statuti; nel 1870 ad esempio circa 40.000 lire erano state dal
Ministero prelevate e assegnate al fondo peri benemeriti dell'istru-
zione; i canonici di Foligno che, come si ricorderà avevano avanzate
delle pretese su dette rendite, erano stati accontentati con un assegno
di 500 lire sebbene, secondo il Silvagni, non ne avessero diritto.
Ricuperare canoni e censi non fu facile, ma qualcosa venne rea-
lizzato; di più si ottenne rintracciando un po’ dovunque ma so-

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150 LEOPOLDO SANDRI

prattutto negli archivi della Congregazione degli Studi, le rendite

, consolidate dell'ex debito pubblico pontificio, molte delle quali erano

state ammesse al concambio con i titoli del debito pubblico italiano.
A seguito di queste ed altre operazioni di accertamento e recu-
pero, lo stato economico dei collegi poteva essere fissato come segue:

Collegio Fuccioli: Capitale: 246.977.98 Rendita annua: 11.877.83
Collegio Lassi: » 360.575.15 » » 17.464.73

Sulle rendite gravavano le spese, nella qual voce oltre alle spese
di amministrazione, calcolate in lire 600 per ciascuno dei lasciti, vanno
comprese la tassa di ricchezza mobile per lire complessive 3.808,59 e
la tassa di mano-morta per lire 1240,51; per cui rimanevano per la
destinazione in borse di studio circa 23 mila lire. Somma: questa de-
stinata ad aumentare negli anni successivi con il progressivo riordino
dell'amministrazione, per cui il Silvagni proponeva al Ministero, che
a cominciare dall'anno scolastico 1874, si assegnassero 24 borse di

lire 1.000 ciascuna, agli aventi diritto, di cui 10 per il collegio Fuc-

cioli e 14 per il Lassi. :

Ma a questa conclusione che comprende anche le modalità di
assegnazione e la precisazione degli aventi diritto, il Silvagni giunse
dopo una serie di considerazioni che espone nella ferza parte della sua
relazione.

Eccola, val la pena leggerla, non solo per la luce che getta sugli
istituti di cui ci siamo interessati e l'importanza che ha per la storia
successiva di questi, ma anche come tipico esempio dello stile e della
mentalità del tempo.

PROPOSTE DI RIORDINAMENTO DEI COLLEGI FuccioLI E LASSI

Dopo quanto ho narrato intorno alla vita stentata dei Collegi
Fuccioli e Lassi, ed intorno alle condizioni economiche dei medesimi,
pare quasi superfluo il far notare come non si possa neppur pensare
alla vera e reale fondazione di un Collegio, che racchiuda ambedue gli
istituti, dacchè il solo acquisto del fabbricato, quando non si ottenes-
se la cessione di un convento, importerebbe una spesa, che l'ammini-
strazione non potrebbe sostenere. Ma ottenuta anche la cessione di
un fabbricato, vi sarebbe una considerevole spesa d’impianto, la quale
non si potrebbe fare, che o con l’alienazione di qualche capitale, 0
contraendo un debito di qualche rilievo, lo che in ambedue i casi si
risolverebbe in una diminuzione di rendite.
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I GOLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 151

‘Ciò posto, e salvo che il Collegio si trasformasse in una modesta
pensione pei giovani sussidiati, i quali dovessero frequentare il R.Liceo,
o la scuola e lo istituto tecnico, o l'Università, io penso che si potrebbe
dar nuova vita agli istituti Lassi-Fuccioli, che associandoli ad un altro
Collegio, che venisse fondato in Roma sia nazionale, sia provinciale.

Quindi opino che conservando un'amministrazione separata perció
che io chiamerei Lascito Fuccioli e Lassi, i giovani sussidiati da questo
lascito dovrebbero essere uniti ai convittori di uno dei Collegi sunno-
minati, far vita? comune con essi, ricevervi l'istruzione e l'educazione
che ivi venisse compartita, vestirne la medesima divisa, e non distin-
guersi in veruna guisa dagli altri salvo che nel pagamento della quota
per il loro totale mantenimento. E dico totale, perché vorrei che il
Collegio fornisse loro tutto il bisognevole, non esclusi gli oggetti di
vestiario, i libri, ed ogni specie di arredo, sicché le famiglie degli alunni
pensionati non dovessero avere verun aggravio per l'istruzione e l'e-
ducazione, ed il completo mantenimento dei medesimi.

Come correspettivo di tutto ció l'amministrazione del Lascito
Fuccioli Lassi, pagherebbe alla direzione del Collegio lire mille annue
per ciascun alunno, se, come può sperarsi, l'amministrazione de]
Collegio nazionale o provinciale si contentasse di tale quota annuale.
Avverto soltanto di passaggio, che se il Collegio in cui si fondasse il
Lascito suddetto fosse governativo, la quota da corrispondersi dal-
lamministrazione del lascito, potrebbe essere fissata con lo stesso
Decreto reale, che ne stabilisce la fondazione.

Determinato il modo di esistere del Lascito si dovrebbe M
il numero dei pensionari, ma questo numero potrebbe aumentarsi col
crescere delle rendite, e tenuta ferma la norma per la distribuzione
delle pensioni e conservate le proporzioni per gli aventi titoli al godi-
mento del Lascito, il numero dei pensionari corrisponderebbe a tante
quote di lire mille, quante se ne potessero disporre.

Giunti però a questo punto resta a risolvere il problema più arduo,
forse l’unico problema che renda difficile la soluzione del seguente
quesito. Chi deve godere del Lascito Fuccioli Lassi ?

Ora se si volesse stabilire quali città abbiano un titolo indiscuti-
bile per fruire del Lascito non sarebbe difficile rispondere - Roma, Cit-
tà di Castello, Foligno, Narni e Colvalenza; — ma se si volessero deter-
minare le famiglie di tali Città, che avrebbero diritto a godere del
lascito, io non esiterei a rispondere che vero diritto non l'ha nessuna
e che soltanto possono esistere alcuni titoli di preferenza per la parte
che riguarda il lascito Lassi.
- 152 LEOPOLDO SANDRI

Infatti ambedue le istituzioni fino dal loro nascere furono sostan-:
zialmente variate per rescritto del Principe, ambedue le istituzioni
subirono numerose trasformazioni, e finirono coll'assorbire un terzo.
istituto cioè il Collegio Umbro del quale non si è più parlato da quasi
un seeolo; mentre da quasi settantacinque anni sono chiusi i collegi,
e gli alunni si trasformarono in semplici sussidiati. Finalmente sono
ormai quarant'anni che é scomparsa ogni amministrazione propria,
. ogni forma di istituzione speciale, e che la Congregazione degli studi,
. Ministero, amministra secondo il suo beneplacido i dae Collegi.

Ma se scomparve l'autonomia dei Collegi rimase almeno integro:

il diritto in quelle famiglie, che erano chiamate dai testamenti a goder- ©

ne ? No, perché non solo non si riconobbero tali diritti, considerando
la pensione a chi potesse vantarne, ma anche quando si fece qualche
concessione di sussidio, fu limitata ad un biennio, da rinnovarsi oppur
. no, secondo il beneplacito della Congregazione suddetta, e tenendo
conto soltanto dei discendenti della famiglia Salderini chiamata più
o meno esplicitamente dal testamento Lassi. |

Or dunque se il Governo pontificio non riconobbe tali diritti, se
ogni pretesa di Comuni, o di cittadini fu tenuta in non cale, se le langui-
de proteste di qualche città dell' Umbria non vennero punto conside-

rate, ed il Governo avocó a sé per un lasso di tempo lunghissimo tutta

l'amministrazione, senza dar valore di sorta alle disposizioni testa-
meritarie, sarebbe oggi il Governo nazionale che risusciterebbe quelle
viete fondazioni, e creerebbe una nuova falange di chierici e di teolo-
gastri ?

Infatti supponiamo che il Governo volesse rispettare in tutto e
per tutto quelle fondazioni, si cadrebbe in una tale serie di assurdità,
che l'animo rifugge dal credervi.

; Imperocché non solo converrebbe restituire ai vescovi il diritto
di scelta dei giovani alunni, ma dovrebbesi conferirlo di nuovo ai ge-
nerali delle corporazioni religiose, e poi si dovrebbe ristabilire lo studio —
della teologia per questi alunni, sforzarne la volontà avviandoli al
presbiterio, e finalmente per colmo di stravaganza sarebbe mestieri
affidare i giovani pensionati ai gesuiti, chiamati unicamente dai due
testatori all'insegnamento e all'educazione dei giovani pensionati.
Non parendo possibile che il Governo voglia evocare in vita un |
estinto, e ritenendo che esso desideri conservare alle due istituzioni il
carattere speciale di sovvenire cioè i giovani delle dette Città, i quali
. avendo già dato prova d’intelligenza superiore, e di volontà ferma .
di apprendere non si trovino in grado di proseguire gli studi, io sarei
I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA "153

» d'avviso che la nuova fondazione dovrebbe avere le seguenti condi-
zioni.

-

1l? Erezione in Corpo morale del Lascito Fuccioli Lassi per
l'istruzione ed educazione di studenti poveri.

29 Aggregazione di detto Lascito al Collegio..., perché istrui-

sca, mantenga ed educhi i giovani chiamati a fruirne.

3? Istituzione di numero... Borse di lire mille a favore di gio-
vani studenti poveri, di famiglie romane, castellane, fulignati, nar-
nesi, e di Colvalenza, Todi, nella seguente proporzione.

PER IL rAscrrTO FUccioLi

Per Roma tre quinti;
Per Città di Castello due quinti;

PER IL LASCITO LAssi

Per Foligno un terzo;
Per Narni un terzo;
Per Colvalenza, Todi, un terzo.

(Colvalenza è una Parrocchia del Comune di Todi. Non è proba-
bile e lo prevedeva anche il testatore, che si trovino tanti soggetti
idonei in una sola Parrocchia. In tal caso il Consiglio comunale di Todi
li presceglierebbe su tutta la popolazione del Comune).

4° Diritto di presentazione ai Consigli Comunali delle anzidette
Città, dei giovani, a cui dovrebbe essere conferita la pensione. Il Mi-
nistero della Pubblica Istruzione, conferirebbe o negherebbe la pen-
sione con decreto motivato.

5° Le condizioni principali per essere inclusi nella presentazio-
ne sarebbero: | ; |

| d) appartenere per nascita o per origine alle predette Città.

b) avere un'età fra i dieci ed i quindici anni.
c) aver compiuto almeno, e come primi, tutto il corso ele-
mentare;

d) appartenere a famiglia civile, ma povera.
6° I Municipi di Narni e di Fuligno avrebbero una preferenza
ai giovani delle famiglie Saldarini, ove siavi parità di merito con gli
altri concorrenti. |
79 Presso il Collegio... suindicato vi sarebbe un Commissario
incaricato di tenere l'amministrazione del Lascito Fuccioli-Lassi,

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154 / LEOPOLDO SANDRI

con l’obbligo di render conto del suo operato al Ministero della Pubbli-
ca Istruzione.

8° I capitali, e le rendite appartenenti al suddetto Lascito,
resterebbero sempre separate dall’amministrazione del Collegio, né
mai potrebbero esser distratte per uso diverso da quello a cui sono
destinati.

90 A misura che le rendite del Lascito venissero aumentate,
sì accrescerebbe proporzionatamente il numero delle Borse.

10° Ai giovani che frequentassero l’Università verrebbe data
la pensione senza stanziare nel Collegio.

11° A] principio di ciascun anno scolastico il Ministero del-
l'Istruzione Pubblica, avrebbe il diritto di negare la penzione a quei
giovani, i quali nell'anno precedente non avessero seriamente proflt-
tato degli studi.

Non so se queste poche, ma semplici idee D ONCrdAHO il favore del
Ministero della Pubblica Istruzione, ma esse sono il risultamento dello
studio da me fatto degli scarsi documenti che ho cercato di raggra-
nellare, e che non fu facile rinvenire.

Se i benefici testatori vivessero attualmente, né pretenderebbero
di fare dei loro concittadini ün esercito di chierici, né disporrebbero
che i loro beneficati fossero affidati alla famosa compagnia, la quale
poco dopo la morte dei testatori fu disciolta per Bolla pontificia. E
quando i Gesuiti tornarono in vita, e con essi risorse il potere politico
dei papi, la direzione dei Collegi non fu piü loro affidata, né i capi delle
congregazioni religiose riebbero il diritto di nomina, né i giovani furo-
no obbliagti a farsi tonsurare. Si vorrebbero oggi risuscitare quelle
regole, e prender per norma al conferimento delle pensioni, le dispo-
sizioni testamentarie del Fuccioli e del Lassi ? E se quelle norme non
possono più praticarsi, se conviene abbandonare totalmente il sistema
voluto dai testatori pel conferimento delle pensioni, che rimane del
Lascito Fuccioli-Lassi ? Rimangono le disposizioni benefiche a favore
di alcune Città, tendenti a far rifiorire i buoni studi, ed incoraggiare
anche le famiglie povere, ad avviare i propri figli alla carriera delle
lettere e delle scienze. E questo scopo bellissimo si raggiungerebbe
perfettamente, consacrando con un Decreto le poche idee svolte di
sopra e conservando nelle mani del Governo, come é stato per lun-
ghissimi anni l'amministrazione del Lascito, che d'ora in poi diverreb-
be una istituzione assolutamente governativa».

Il Silvagni nel trasmettere al Ministero della Pubblica Istruzione
la ricordata relazione concludeva « il mio modesto compito è cosi adem-
I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 155

piuto e rimane ora alla saggezza di V. E. di dar vita ad una istituzione,
che puó dirsi spenta da tre quarti di secolo per le malversazioni del
teocratico governo, e che puó ancora rendere utili servigi alla civiltà,
e dare un nobile stimolo alla gioventü studiosa, ma povera di applicar-
si con ardore alle lettere ed alle scienze».

Con questo spirito le proposte del Silvagni furono accolte e pochi
mesi dopo, il 21 ottobre 1873, Vittorio Emanuele II firmava un De-
creto per il quale, dopo aver richiamato le disposizioni testamen-
tarie dei fondatori, le disposizioni pontificie del 1705 e del 1785,
nonché le deliberazioni consiliari dei Comuni umbri interessati, di-
chiarava eretti in corpi morali le fondazioni nascenti dai noti lasciti
Fuccioli e Lassi.

E come tali, ormai sotto l'unica qualifica di fondazioni, le ren-
dite destinate un tempo a dar vita ai due collegi iniziano la loro terza
vita, le vicende della quale esulano peró dai limiti di tempo che ci
siamo proposti.

Con il Decreto Reale sparisce definitivamente il Collegio del-
l' Umbria, anche di nome, e le sue rendite vanno in aumento di quelle
dei due istituti che per opera sua erano stati o costituiti o conservati.

LeoPoLDO SANDRI

NOTA

Per le fonti archivistiche dalle quali sono state tratte le notizie fondamen-
tali per la storia dei collegi umbri in Roma, rimando alla Appendice IV (poiché
mi sono più che altro servito della documentazione conservata nell’Archivio di
Stato in Roma e nello Archivio Centrale dello Stato Italiano, nella detta appen-
dice sono elencati esclusivamente fondi archivistici e documenti di quegli isti-
tuti; faccio però presente che mi sono limitato ad elencare la documentazione
esistente in fondi che esclusivamente o prevalentemente si riferiscono alla am-
ministrazione dei detti collegi, notizie dei quali non è, quindi, escluso che pos-
sano trovarsi, come del resto si trovano, in altri fondi, dato anche il gran nu-
mero di miscellanee che nell’ Archivio di Stato si sono venute costituendo; a chi
peraltro volesse ampliare le ricerche al fine di approfondire qualche particolare,
segnalo che l’archivio della chiesa di S. Maria in Monterone, un tempo parroc-
chia, trovasi nell'archivio del Vicariato, che per la vita dei collegi tenuti dai
Gesuiti o comunque ad essi affidati è sempre utile condurre ricerche nell’archi-
vio storico della Compagnia, e che infine, è anche superfluo il dirlo, l'Archivio
Vaticano può riserbare preziose sorprese; rimane però sempre fermo che la do-
cumentazione più ampia per tali ricerche è quella che è stata da me prevalente-
mente utilizzata; per le vicende, infine, dei lasciti Fuccioli-Lassi posteriori al

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1873 e fino al 1900, la documentazione fondamentale trovasi nell'Archivio
Centrale dello Stato Italiano). i :

Per le fonti bibliografiche, in assenza di pubblicazioni specifiche su i collegi
umbri in Roma, rimando alle più generali trattazioni su gli istituti di educazio-
ne e di istruzione di Roma; molte notizie possono trovarsi in G. Monowi, Di-
zionario di erudizione storico-ecclesiastica, vol. XIV e passim nel'opera, v. Indi- :
ci; C. B. PrAZzZA, Opere pie di Roma, Roma 1698; F. BonanNNI, Del Catalogo .
degli Ordini Religiosi e de' diversi Collegi, Roma, 1738; C. CostANZI, Le istitu-
zioni di pietà che si esercitano in Roma, Roma, 1825; C. L. MoRICHINI, Degli
Istituti di pubblica carità e di istruzione primaria in Roma, Roma, 1842; A.
NiBBY, Roma nell’anno 1838, Roma, 1841; R. VENUTI, Roma moderna, Roma,
1766; F. MARTINELLI, Roma di nuovo ricercata nel suo sito, Roma, 1702; G.
ROSsINI, Il Mercurio errante, Roma, 1715; S. VALENTE, Roma antica e moderna,
ossia nuova descrizione di Roma, Roma, 1750; B. BERNARDINI, Descrizione del
nuovo ripartimenío de’ ‘rioni fatto per ordine di Benedetto XIV, Roma, 1744;
G. Vasi, Itinerario istruttivo di Roma, Roma, 1763; G. M. RorsEcco, Nuova de-
scrizione di Roma antica e moderna, Roma, 1775. i

Per notizie sulla Chiesa di S. Maria in Monterone M. ARMELLINI, Le chiese
di Roma, ed. 1942; CH. HuELSEN, Le chiese di Roma del Medioevo, Firenze 1927.

Potrà anche vedersi P. PizzonI, Il Lascito Lassi (comunicazione al II Con-
vegno Storico Umbro) in questo Bollettino, vol. XLIII, Perugia 1946.
I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA © 197
APPENDICI
E;
INFORMATIONE DEL COLLEGGIO

de Santi Giouanni, e Carlo.

Il Colleggio de SS. Giouanni e Carlo fù fondato dalla felice memoria di
Monsignor Fuccioli da Città di Castello, e fù aperto nel mese di Novembre
dell’anno 1646. sotto la cura, e direttione del P. Generale pro tempore
- della Compagnia di Giesù, al quale detto Monsignore diede nel suo ultimo
testamento facoltà amplissima di fare Constituzioni, Regole, Ordini, e
. quanto hauesse giudicato esser utile al buon gouerno del suddetto
. Colleggio..

Il Padre Generale ha poi deputato alla cura immediata di detto Col-
leggio un Padre della stessa Compagnia, al quale in tutte le cose deuono
ricorrere tanto li scolari, quanto gl'altri Officiali, che in esso uiuono.
. Si alimentano in questo Colleggio dodeci Alunni, un Rettore, un Pre-
fetto, un Mastro di casa, un Cuoco, et un sguattaro. De dodici Alunni,
otto deuono esser di Città di Castello, quando ui sono, gl’altri quattro
possono essere di qualsiuoglia altra Città immediatamente soggetta alla
Chiesa, hauendo il Colleggio à quest’effetto assignati scudi mille, e du-
cento d’entrata stabile in tanti censi, luoghi de monti et oltre la Casa,
che deue esser propria.

Alli primi otto luoghi hanno il ius nominandi al primo Mons. Vescouo
di Città di Castello pro tempore; al secondo, e. terzo il Padre Generale
della compagnia di Giesù; al quarto il Padre Generale de Chierici Teatini;
al quinto il Capitolo della Catedrale di Città di Castello; al sesto il Pa-

dre Rettore di Città di Castello; al settimo il Magistrato della suddetta |

Città; all’ottàuo li Deputati dell’Archiconfraternità della Carità; al-
l’altri quattro li parenti più prossimi di Mons. Fuccioli.

Deuono li Gioueni, che s'ammettono in questo Colleggio hauere le condi-
tioni seguenti. Primo, deuono esser Cittadini; secondo, deuono esser
poueri; terzo d'anni diciotto incirca; quarto, habili alle scuole superiori
di Filosofia, e Teologia, e tali, che diano speranza di riuscita nelle let-
tere; onde nón s'ammettono senza esser prima esaminati; quinto deuono
di più hauer tutti la prima tonsura, e nell'ingresso promettere di recitare
l'officio della Beatissima Vergine ogni giorno con obbligo di restituire
le spese quando lo tralasciassero.

Il Vestito loro sotto è ordinario, e positiuo di colore nero conforme alle
staggioni, non permettendosi mai à niuno seta, ne fiocchi alle scarpe,

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LEOPOLDO SANDRI

o simili cose. Sopra poi tutti portano fuori di Casa una ueste di Saia
d'Agubio nera, longa sino in terra simile in tutto a quella de gl'Alunni
del Colleggio Inglese con questa sola differenza, che le Maniche sono
alquanto piü larghe.

Quand'entrano in Colleggio deuono tutti portar seco biancheria, letto,
scrigno, libri, et altre robbe necessarie, quali de poi si riportano, quando
partono da esso. |
Nell'ingresso in Colleggio. prima che s'ammettano fra gl'altri deuono
stare per alcuni giorni separati, nel quale tempo deuono fare una Con-
fessione generale di tutta la uita passata, e riceuere il Santiss.mo Sa-
cramento, leggere le regole, et ordini del Colleggio, et imparare la be-
nedittione della tauola, et attione di gratie, et il modo di fare l'oratione,
et l'essame della Conscienza, douendosi quella fare ogni mattina da tutti
insieme per spatio di un quarto d'hora, e questo pure per un quarto
ogni sera.

Ogni mese deuono tutti confessarsi col Confessore, a ció deputato, e
non con altri senza licenza, e riceuere il Santiss.mo Sacramento. Il che
deuono fare ancora nelle Feste principali, come del Natale, Circoncisione,
Epifania, Pasqua di Resurrettione, Ascensione, Pentecoste, Corpus
Dni, Concettione, Natiuità et Assuntione della B. Vergine e nelle feste
de SS. Giouanni, e Carlo come Protettori del Colleggio. La Communione
generale d'ogni mese si suol fare la prima domenica del medesimo mese se
non ui fosse qualche Festa solenne uicina, perché in quel caso la Commu-
nione si trasferisse in quel giorno.

Ciascuno deue andare alla scuola assegnatali dal Padre che ha cura del
Colleggio, ne puó attendere ad altri studij, ne tenere altri libri, che quelli,
che li sono assegnati; et ogni giorno per un'hora si fanno repetitioni delle :
lettioni udite in Scuola sotto un Repetitore à questo fine stipendiato.
Quando si uedesse alcuno non esser atto per il fine del Colleggio, ó per
la gran debolezza d'ingegno o per i difetti incorrigibili nè costumi, ò
per la pocca Sanità insufficiente à resistere alla fatica de studij, si li-
centia per non tenere quel luogo inutilmente occupato, e si costituisse
un'altro in suo luogo.

A questo fine due uolte l'anno, cioè nella Pasqua di Resurrettione, e
uerso la mettà d'ottobre sono tutti essaminati delle Materie udite in quel
semestre, e quando all'esame non passano, ne sono giudicati abili à
continuare li studij, si rimandano à casa; il che si fà ancora quando sono
disubidienti, et inquieti.

Tutti deuono hauere fuor di Casa uno, il quale habbi Cura di prouederli
non solo delle cose necessarie al principio; mà ancora delle cose, che occor-
rono alla giornata, massime in occasione d'infermità; uenendo perció ogni
settimana à uedere se loro manca alcuna cosa, acció non habbino occa-
sione d'uscir di casa; il ché non si permette mai in giorno di Scuola, ne in
14

15

I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 159

giorno di uacanza, ò festa senza urgente necessità, e con espressa licenza
del Padre che ha cura del Colleggio, e col Compagno loro per ció deputato
dal medesimo Padre. i
Come non. si manca di dar loro à suoi tempi recreatione sufficienti,
così si ricerca da essi esatta osseruanza di tutte le regole, ordini e consue-
tudini del Colleggio, le quali in sostanza non sono differenti da quelle,
che s’osseruono in Seminario Romano, e nell’altri Colleggi, che stanno
sotto la Cura de Padri della Compagnia di Giesù; però tutte si mostrano a
ciascuno quand'entra in Colleggio, et à chi manca nell'osseruanza di esse,
si dà penitenza, o pubblica, o priuata a giudicio del Superiore, e quando
questo non basta, si licentiano.

Oltre otto hore almeno di sonno, tutt'il resto del tempo è distribuito
in uarie occupationi nel modo seguente, et a ciascuna d'esse sono auisati
col segno della Campana.

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DISTRIBUTIONE DELL'HORE, ET ESSERCITIJ
da osseruarsi nel Colleggio de

SS. Giouanni e Carlo

Gl'Alunni del Colleggio de SS. Giouanni e Carlo douranno leuarsi la
mattina un hora, e mezza prima che suoni la Campana del Colleggio
Romano. Spenderanno mez'hora in uestirsi, rifar i letti, lauarsi la faccia
et nel qual tempo ogn'uno procuri d'esser decentemente uestito, et
osserrui silentio.

Doppo la sudetta mez'hora faranno un guarto d'oratione tutti insieme
ingenocchioni, la quale finita studiaranno sin che sia tempo d'andare a
scuola. -

All'hora debita doppo hauer fatto colatione se ne anderanno a Scuola
tutti insieme, ciascuno con il Compagno assegnatoli, et non altri.
Finita la scuola udiranno la Messa nel luogo loro assegnato, e poi tor-
nati a casa subito pranzeranno.

Doppo il pranzo faranno ricreatione per un'hora; ma le feste, e uacanze
la ricreatione durerà un'hora, e mezza.

Doppo la ricreatione studiaranno sinche sia tempo d'andare a Scuola;
quelli peró, che studiaranno Legge, quando si darà il segno andaranno ad
udirla nel luogo a quest'effetto deputato, e poi tutti all'hora debita
andaranno a Scuola come la mattina.

Tornati da Scuola si faranno le repetitioni, alle quali tutti si ritroueranno,
e doppo le repetitioni studiaranno sino al tempo della Cena.

Doppo la Cena faranno un'hora di ricreatione, doppo la quale hauranno
un quarto per rifar i letti, et. un altro quarto spenderanno in oratione

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LEOPOLDO SANDRI

tutti insieme come la mattina; finita l'horatione anderanno a letto,

dandosi loro un quarto per spogliarsi, doppo il quale si smorzeranno i

lumi, restandone peró uno acceso tutta la notte.

Nelli giorni di Festa, e di Vacanza dormiranno la mattina un'hora di
piü, e nel resto studiaranno come gl'altri giorni, eccetto peró quel tempo,
che dourebbero stare in Scuola, perché questo se gli concede per ri-
creatione; sicome la'mattina delle Feste la douranno spendere in cose
spirituali. :

REGULAE PRO ALUMNIS COLLEGIJ

Sanctorum Joannis, et Caroli

Quicumque preuio examine, atque instructi conditionibus requisitis -

fuerint admissi ad Collegium Sancti Joannis, et Caroli, operam daturi

Superioribus facultatibus; hoc est, Logica, Philosophie, Sacrae Theo-

logie, aut etiam Juris prudentiz; ij sectando pietatem, et mores pro-
bos, in primis timorem Domini, in quo est initium omnis uere Sapien-
tie, profiteantur. A
Sint omnes prima Cleri tonsura insigniti, et recitent. quotidie officium
Beatissime V. Maria, sub obligatione alias refundendi Collegio expensas;
quod et promittere teneantur ipso initio sue admissionis, iuxsta men-

» tem Fundatoris.

Semel quotannis Nouembri Mense ineunte, quando fit instauratio
Studiorum, omnes emittent professionem fidei, iuxta formulam pra-
scriptam a Concilio Tridentino. :

Qui perseuerare in hoc Collegio uoluerint, uita communi cum alijs
contenti erunt, et acquiescent ordinationibus eiusdem Collegij, que ad
consentaneam atque laudabile ipsorum educatione prescribuntur et
ad Profectum eorum, tum in litteris, tum in christiana pietate.
Unusquisque foris aliquem in Urbe habeat, qui curam utensilium eius ge-
rat, et qui semel saltem quauis hebdomata ispum adeat, quaeque opus
fuerint, tempore suo subministret, ut egrediendi occasio cuiuis ad-
imatur, quod si cuiquam is defuerit; ille qui Collegio praest, uirum ali-
quem ido neum, et fidum ei ad hunc finem assignabit.

Pecuniam apud se non habeant, sed apud eum deponant, qui Collegio.

praest, ut in necessarios usus dumtaxat ea exspendatur.

Honesta omnibus in uestitu prescribitur moderatio, quam non exce-

dant; uestes, aut sericas induendo, aut ex colorato panno, que ipsis
interdictae sunt praesertim in externo cultu; exceptis tibialibus, in qui-
bus colores modesti, nempe niger, violaceus, et roseus eis permit-
tentur. Vestium. ac caterorum utensilium curam habeant, eaquem in
proprio attineant armario, ut nitor cubiculi seruetur.

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I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 161

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CIRCA. PIETATEM

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8 Semel saltem quouis mense, hoc est prima die Dominica, aut festo

È: aliquo die, Kalendis propinquiore, pramissa Confessione, sacram
Eucharistiam sument, dabuntque operam, ut ad eam nunquam accedant
imparati atque id perinde agent in solemnioribus Christi Dni, et Beatissi-
mae Virginis anniuersarijs celebritatibus, sicut etiam in Festis SS. Joan-
nis, Joannis, et Caroli, qui sunt Collegij Patroni, ac diui Tutelares.

9 Omnes simul intererunt quotidie Missae Sacrificio, in loco, et tempore,
quod fuerit constitutum. Omnes etiam quartam hora partem simul,
mane postquam surrexerint, et uespere, antequam cubitum eant, ora-
ctioni impendent; et Conciones in Templis audient, quando mone-
buntur: praesertim tempore Aduentus, et Quadragesima.

CIRCA. OBEDIENTIAM

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10 Mane quando excitabuntur, cito .surgant, et lectum honeste compo-
nant: semper uero conferant se prompte, quo erit eundum, aut ad ora-
tione, aut ad lectiones, uel ad mensam, aut ad alias ordinarias exerci-
tationes, nec sine expressa uenia Rectoris eas intermittant.

.11 Ex cubiculis non egredientur, absque Praefecti uenia, nec tempore

.. Silentij, aut studij alios adibut, aut alloquentur, uel erorum cubicula
inibunt, nasq. expressa eiusdem Prafecti uenia.

12. Nemini licebit ex Collegio ad negotia egredi, absque uenia Rectoris, et
absque Socio, qui eum deducat; neque foris prandium sumere absque

È illius permissione, et apud solos quidem Consanguineos, aut affines:

E . multo minus pernoctabit extra Collegium nisi ex graui aliqua necessitate,

3 . etcum illius facultate, qui Collegio praest, Qui uero secus egerint, non

E admittentur ad Collegium nisi re prius discussa, et causa ab eodem

E. approbata.

i 13 At portam ex Cubiculis non descendent, nisi uocati à Janitore, et paucis

B expedient colloquia externorum inutilia, minusque necessaria. In Aulam

E uero', aut Domum ipsam neminem introducent absque uenia Rectoris.

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CIRCA MODESTIAM

14. In Templis, in domestico sacello) in Classe, in qua audient prelectio-
nes, et in triclinio, habeant se modeste, et silentium seruent et quando

egrediunt, incessu MELE per plateas eant, et semper Prafectus eos
comitetur.

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LEOPOLDO SANDRI

Sint ea, qua par est obsequij reverentia erga moderatores suos, monitis
eorum obtemperent, et se corrigi patiantur, si in re aliqua excesserint.
In mutua conuersatione certatim omnes, ita commodis esse moribus
studeant, ut oneri non sint alijs, neminemque dicterijs, aut gestu offen-
dant: neque contentionibus ita ferueant, ut contemptui habeat eos, cum
quibus agent, horisque consuetis recreabuntur: concessis vero ludis utan-
tur modeste, ac sobrie, nec pro pecunia, aut pro re alicuius preti] lu-
dant, ac certent, sed tantummodo ut tempus fallere, atque exhilarare
animum laudabili otio uideantur.

CIRCA STUDIA

Morem omnes gerant Praeceptoribus suis, eisque dicto audiant in ijs,
que ad profectu in studijs conducere posse uidebuntur; preelectiones
quas in Gymnasio exceperint, domi tradant meditationi sue seque in eis
exerceant serio disputando, et conferendo; poterunt uero, circa dubia
maioris momenti Praceptores ipsos consulere, aut eos, quos illi suarum
opinionum interpretes pro qualibet classe constituerit.

Singuli eas tantum classes frequentabunt ad quas idonei indicabuntur,
et circa fine anni, subibunt exsamen ut ad classes superiores possint
promoueri; dum praelectio habetur, intererunt omnes, neque per Atrium
Collegij euagabuntur. ibuntque et reuertentur semper simul, Praefecto
eos comitante; neque tunc audiant externos; si qui eo tempore cum ipsis
negotia pertractare voluerint; verum admoneant eos, ut se potius Domi
conueniant.

Libros eos dumtaxat apud se habeant, quim eoru professioni congruant,
et sint consentanei studijs, quorum peritiam sectantur; quod si prauos
codices, et alienos à moribus honestis penes se attinuerint, non amittent
illos dumtaxat, sed licentiae insuper poenas luent.

CIRCA SANITATEM

Curam singuli habeant ualetudinis proprie et statim atque eegritudine
aliquam persenserint, Rectorem, aut Prefectum cubiculi admoneant,
quo eis prospiciat; quod si morbus deprehendetur esse diuturnior, et qui
eger est habuerit Roma Curatorem suarum rerum, in cuius cedes diuer-
tere posset, donec fiat compos pristinze ualetudinis, id ei licebit. Secus
in Collegio procurabitur eius sanitas, et ispe gubernationi eorum obse-
quens erit, qui :egrotanti assidebunt, parati in officia solitae charitatis.
Officinas domesticas nunquam adeant, excepto triclinio, tempore ienta-
culi, et meridianae, ac uespertinae refectionis, in qua utraque premit-
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I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 163

tetur benedictio, et subsequetur gratiarum actio. Unus uero, qui per
uices hebdomandarium aget, ad mensam leget tractim, et clara uoce pios
Codices aliquos, iuxta Rectoris prescriptum idemque in Missa Sacrificio

ministrabit sacerdoti Aris operanti, quando perlitabitur in domestico '

Sacello; et preterea recitabit orationem, Actiones nostras et quoties
omnes simul aut emigrabunt ex cubiculo, aut in illud reuertentur.
Caeterum, sicut honesti, et probi, donec absoluant studia, in Colleggio
retinebuntur; ità immodesti, et discoli, ne obsint incommodent alijs,
illico dimittentur.

ORDINI CHE DEUONO OSSERVARSI
nel Colleggio de Santi Giouanni
e Carlo

Primieramente s'osservi esattamente la distributione dell'hore asse-
gnate procurando tutti di fare unitamente quello, che si prescrive.
Che nessuno possi portar zazzara, o capelli immoderatamente longhi.
Che nessuno possi parlare ne in Colleggio, ne fuori, se non con Parenti,
o con chi ha cura di loro, e se altri uorrà parlargli non si possi fare senza
licenza, ciascuna uolta, del Padre, che ha cura di detto. Colleggio.
Che nessuno possi portare fiocchi, o rose alle scarpe, o botoni pendenti.
Che prima d'uscir di casa si dimandi licenza al P. Rettore, con dichiarare
il luogho doue s'ha d'andare, e toccarà al medesimo P. Rettore giudicare
se sia conueniente, o nó assegnando il luogho quando non conuenissero, o
non proponessero loco conueniente. Tanto nel uscir da Casa, quanto nel
uenire dal Colleggio, non si muouino, se non unitamente, et Sepe: il
cenno, unitamente dal Prefetto per muouersi. |
Incontrandosi per strada, o in Colleggio Romano con alcuno, che uo-
glia parlar con essi, si sbrighino subito et hauendo da trattarui, li possino
dire. che uenghino in Casa.

Nel tempo delle Lettioni, repetitioni, et Accademie, non si trattenghino
per le loggie del Colleggio Romano sotto qual si uoglia pretesto.
Tanto in Casa quanto fuori deuono stare tutti unitamente a uista sem-
pre del Prefetto, e chi haurà bisogno, o stando in Casa andare a basso,
o fuori separarsi in qualunque modo da gl’altri, domandarà licenza dal
Prefetto, il quale non potrà darla, se non nel modo, et all’occasioni, co-
me gl’è stato dichiarato. Nessuno puol essere chiamato alla porta senza
licenza del Sig. Rettore, il qual non potrà darla se non per parlare a
Parenti, e Procuratori, e -per gl’altri sarà necessario domandarla al
Padre, che ha cura del Colleggio.

Chi uiene a parlare con alcuno del Colleggio, non douerà essere introdotto
per le Camere, ma si tratterranno nel luogo d’assegnarsi dal Signor
Rettore.

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‘qualità de cibi, che si prescriuono a suo luogo.

LEOPOLDO SANDRI

AVVISI PER IL RETTORE

L'Officio del Rettore é hauer cura non solo dell'entrate, e robbe del Col-

«leggio; ma principalmente de.scolari, e seruitori tanto in ordine alli
costumi, quanto in ordine ad ogn'altra cosa; e però dourà procurare di . .

conoscer ciascuno, informandosi spesso come facci il debito suo per ri-
mediare doue bisogna.

Procuri che s'osseruino esattamente le regole; ordini, e consuetudi-
ni del Colleggio, et habbi cura, che tanto li scolari, quanto li serui-
tori infalibilmente si confessino, e communichino ogni prima domenica
del Mese, e nelle Feste principali conforme alle consuetudini del
Colleggio.

Siccome non deue concedere ricreationi straordinarie, cosi non deue
loro negare l'ordinarie, procurando per sempre che si faccino a tem-
pi suoi. :

Assista nel tempo di Cena, e Pranzo in HE US e Hem spesso le
Camere per uedere come stiano bene occupati li.scolari, et in tempo di
ricreatione per rimediare à qualch'eccesso, se ui fosse.

Finalmente uisiti spesso la dispensa, cantina, Cucina, e tiouanuo qual-
che inconueniente ui rimedi.j

Potrà dare penitenze ordinarie per mancamenti leggieri; Ma le straordi-
narie per difetti graui non le dia in modo alcuno senza consultarlo
prima col Padre, che ha cura del Colleggio.

Dourà di più hauer cura di riscuotere l'entrate del Colleggio, et a questo:
fine tenghi un libro, doue noti molto distintamente tutti li denari,.
che si riscuotono, et un’altro doue noti quelli, che si spendono per darne
conto al principio d’ogni mese al Padre à ciò deputato.
Habbia appresso di se un’ Inuentario di tutte le. robbe del Colleggio,
e due uolte l’anno almeno ueda se ui manca niente, e s'è mutata, o rinuoa-
ta, qualche cosa, la noti. ce

Notarà li scolari, che uengono in Colleggio, ouer escono da esso, o del
tutto, o per alcuni giorni per saperne conto.
Trouando che lo spenditore facci alcun eccesso nello spendere, o nella
qualità, o nel prezzo di quello, che compra, n'auisi subito il Padre, al
quale dourà dare minuto conto del Colleggio; almeno ogni settimana
una. uolta.

Facci almeno una uolta il mese conto al Padre dinero dd et uscite
del Colleggio, e procuri che s'osserui esattamente nel uitto l'ordine, e
"mem

I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 165

AVVISI PER IL PREFETTO

La principal cura del Prefetto deue essere, procurare che s’osseruino
esattamente da i Giouani le Regole, ordini, e consuetudini del Colleg-
gio, ricordando loro l'osseruanza d'esse nell’occorrenze.
Procedi con essi con autorità, e soauità insieme, in modo che si facci
amare, e temere, procurando di conoscere le loro nature, quali con amo-

reuolezza, e quali con timore, e riprensioni meglio si possino aiutare.

Non credi facilmente à tutti, ne sia facile à concedere, che uno uadi

al Tauolino d'altri, ne dispensi in regole, ne introduca noua consuetu-

dine, o modo di procedere, ne lasci fare spesa ueruna senza espressa li-
cenza del Rettore.

Nel trattare con li Giouani si guardi da parole ingiuriose, e da dar segno
di collera, o auersione, o suspicione, come per il contrario non dimostri
troppe inclinationi, ne sia partiale più con uno, che con un'altro, e sia
prudente nel riprendere, o mortificare.

Procuri stare in Camera assiduamente, non abbandonando mai li
Giouani, ne in Casa, ne fuori, anzi alcune uolte uisiti le scansie, per ue-
dere se tengono libri uani, o lasciui, o altre simili cose imantinenti, rife-
rendo al Padre, ó al Rettore ció che haurà trouato.

Procuri nei Giouani modestia in ogni luogo, e peró che in Casa non
s'affaccino alle finestre, e che fuori di Casa uadino tutti insieme col de-
bito ordine, e con li e ompngni assegnati, massime ne luoghi pubblici.
Non li meni mai ne à Vigne, ne à case particolari, ne ad altri luoghi
senza licenza, ne per uie molto frequentate, o poco honeste, ne a Chiese,
doue siano stationi, e concorso, ne à spettacoli publici, o Feste, ne fac-
cino essercitio immoderato. |

Procuri che ciascuno ne i suoi luoghi, letti, uestiti et osserui molta
nettezza, e decenza, facendo che tutti tenghino li loro scrigni, scansie,
e casse serratte a chiaue.

AVVISI PER IL MASTRO DI CASA

L'Officio del Mastro di Casa é hauer cura delle robbe di Casa; proue-
dere quanto bisogna, spendere, hauer cura della Cantina, e dispenza,
fare il refettorio, et accompagnare li Giouani quando con licenza dou-

‘ranno andar soli in qualche luogho.

Nello spendere, come deue procurare di prender sempre robba buona,
così non deue prender frutti primaticci, ò altre cose di molto prezzo,

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LEOPOLDO SANDRI

ma ordinarie, conforme l'ordine che haurà dal Rettore del Colleggio,
al quale dourà ogni sera render conto di quello, che haurà speso in quel
giorno, acció egli poi possa notarlo al libro de Conti.

Le cose, che auanzano, come uino, pane et procuri, che non uadino
à male. ma li tozzi, che auanzano li potrà dare al Cuoco, acció una, o
due uolte la settimana ne facci la sera minestre in luogho d'inzalata,
massime l'inuerno; il uino poi auanzato procurerà di conseruarlo in un
uaso di terra molto ben serrato, e netto.

Quando sarà mandato con qualche scolare sappi dal superiore doue ha

d'andare, ne lo accompagni in altro luogo senza licenza, e stia presente

con lo Scolaro douunque andrà, dando poi auiso al superiore di quanto
sarà successo.

Non pigli da nessun scolare ne danari, ne uestimenti ne altro in dono,
o in altro modo senza espressa licenza del Superiore.

Si confessarà, e communicherà una uolta la Mese, e procuri esser fe-
dele in auuisar il Superiore di quanto uedrà, massime nelli scolari, che
habbino bisogno d'emendatione.

AVVISI PER IL CUOCO

L'Officio del Cuoco é cucinar le uiuande, seruire in tauola, rispondere
alla porta, e tener netta tutta la Casa. i
Haurà cura della nettezza, e diligenza così nel tenere la Cucina, e tutti
li uasi in ordine, come in preparare, e distribuire le uiuande, seruando
l'ordine datoli intorno alla quantità, e qualità de cibi, e portioni, e modo
di prepararli, e condirli procurando che siano ben acconci, e ben
cotti. .

Nel consumar le legne habbi ogni risguardo in risparmiare quello, che
non é necessario, il che farà ancora in tutte l'altre cose dell'Ufficio suo,
osseruando in questo gran fedeltà.

Quando sarà sonata la Campanella della Porta, procuri d'esser sollecito
in rispondere, non chiamando però mai alla Porta senza licenza del Su-
periore alcuno de Scolari.

Non tratti in modo alcuno con Scolari, ne riceui da essi, o in dono; 0
in altro modo alcuna cosa senza licenza de Superiori. d

Haurà uno sguattaro, l'officio del quale sarà aiutare à lauarli li piatti,
scopare la Casa, portar legne et non potrà però egli comandargli alcuna
cosa senza licenza del Superiore, e tanto esso, quanto lo sguattaro dou-
ranno confessarsi, e comunicarsi una uolta il Mese.
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168 LEOPOLDO SANDRI

Le sudette cose si potranno uariare secondo la comodità delle robbe,
che si trouano in detto Mese, come nell'antipasti si potrà dare alcune uolte

salcicciotti; nelle Minestre pan gratato, o altra cosa, la carne con dar anche :

pallotte: li pospasti con oliue, o passa grossa quando ue ne sarà, o altra cosa
per supplimento delli pospasti chi non uuol il comune si dà passarina, o mela,
la torta del sabbato si fà solo due uolte il Mese. ;

ANTIPASTI DI GRASSO

Fegato fritto per tutto una corata di castrato.
. Di Corata, et trippa, una corata o trippa.
Salciccie due per uno.

Salcicciotto per libra 12 portioni.

. DI MAGRO

Ricotta passata 8 portioni per libra.
Maccaroni 2 portioni per libra.
Latte 10 portioni per boccale.

Alici due per uno.
Tonnina 10 portioni per libra.

, Biselli in scorza 14 per libra.
Biselli senza scorza. 5. per libra.
Brugne cotte 10 portioni per libra.
Passarina 14 per libra.

Fauetta, ò fascioli 3 scudelle.
Spinaci, o broccoli una buona porzione per uno.

FRUTTI

Visciole.4.oncie per uno..

Brugne fresche.5.oncie per uno. i
Moscatello. 4. o. 5. oncie per uno, e d'uua. 6. oncie.
Fichi freschi. 5. o. 6. per uno. s:

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170 LEOPOLDO SANDRI

In detto mese di Febraro non c’è altri cibi per uariare se non con li
sudetti, fuorché li tre giorni di Carnevale, el il Giouedi grasso, che all’hora si
uaria con l'estraordinarij, cioè d'antipasti di galline, e doi di capretti, con gli
altri antipasti soliti, e tutti quattro li giorni detti si fano torte diuerse, e sem-
pre li giorni, che si fa arrosto, o stufato si dà insalata, et il supplimento
degli pospasti come di là.

MINESTRE PER 17 PERSONE

Brodetto d'inuernata oua 8, l'estate 8.

Farinella l'inuerno libre 1, l'estate onze 8.

Vermicelli lib. 1.

Riso lib. 1. l'estate meno.

Biselli lib. 4. per tutti.

Farro lib. 10 l'inuerno, 8 l'estate.

Legumi l'inuerno tre scudelle, e mezzo, l'estate tre scudelle.

Quando si fà minestra bianca di farro, o riso, di farro lib. DA
di mandole, di riso, oncie 8.

CARNE

Oncie 12 il giorno per uno, tanto arrosto, quanto allesso; ma si dà per arro-
sto di più lib. 1 per uolta, e per allesso lib. 1 cioè l'estate, e l'inuerno si dà
più per l'arrosto lib. 1. e per allesso lib. 1 per uolta.

PESCE

Il Venerdì, e Sabbato per supplimento di chi non uuol oua, s'é minuto 5 por-
tioni per lib: e s'é un poco grossetto, come sarda et 4 per lib. per quelli che
godono di digiunare 4 oncie, s'é grosso, 5, oncie per uno. EO


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I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA

171

MARZO

Antipasti ' Minestre Carne Pospasti
Pesce fritto Mela
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Cocuzze bianca passerina
Alici Riso con Passa grossa
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o fauetta mandorle Fichi
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Brugne pan cotto passerina
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Questo mese di Marzo per esser tutto in quaresima s'é messo tutto per

cose magre; il uariar delli sudetti cibi, l'antipasti freddi si potranno uariar

con arenghi, e da mezza Quaresima in là con insalata; li caldi con frittelle,

le minestre con pan grattato, il pesce secondo si potrà hauer, cosi si uarierà,
li pospasti ancora potransi uariare se si potrà, e la Domenica la sera insalata.

POSPASTI

Cascio 12 portioni per L. et s'é fresco 8 et si dà con pera,
o altra. cosa la metà.

Ricotta 6 portioni per L.

Pera moscatella 4 portioni per libra, et altre pera.3.portioni per libra, e s'é.

pera, e cascio un pero per uno, se sono piccole 2 o 3 e se sono piccolis-
sime due, o tre con cinque noci.

Fichi con noci.4.dell’uno e 4 dell’altro, fichi soli 6.0.7.
Passa grossa 8 portioni per L.

Castagne.

Passarina 10. per L.

Mandorle 14 portioni per L.

Oliue 8, e 10 con finocchio per uno.
Carcioffi un per uno.

Scafe sole 8, e 10, col cascio 6.e.7.
Cerase 4. o. 5. oncie per uno.

Finocchio, e cascio mezza portione per cosa.
Bricocoli 2.0.3. per uno.

Persichi un grosso, e.2.mezani per uno.
Uua quanto nell’Antipasto.

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I COLLEGÍ PER GLI UMBRI IN ROMA

173

APRILE
Antipasti Minestre Carne Pospasti
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D Corate Brodetto la sera
arrosto salza
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Ricotta Herbe Allesso Cascio
L passato 5 fi sera la sera
o vermicelli
o ricottine e mattina ricotta
Allesso Ricotta
M Corate Riso la sera la sera
stufatto oliue
AJISSBO Cascio e scafe
M Latte Pan grattato la sera
sempre salza
ricotta
Allesso Cascio
G Corate Farro la sera la sera
arrosto carciofoli
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la sera oue
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Salumi Frittata pale
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spinaci la sera torta
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- In questo mese non c'é altro che uariare se non l'Antipasti al-
cune uolte con salcicciotti, delle altre cose se occorrerà, si uarierà.



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174 LEOPOLDO SANDRI

MAGGIO
Antipasti Minestre Carne Pospasti
Brodetto Reso Cascio e scafe
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Allesso Scafe
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Ricottine Ochi di boue Cerascie
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mezza p. uno la sera oua |la sera cascio
Piselli Frittate Cascio
S : Legumi :
con scorza la sera torta | la sera scafe

Questo mese si potrà uariare alcuna uolta là minestra con Piselli,
l'antipasto con fegato fritto, li pospasti con finocchio fresco, più spesso

cerascie, o carciofi, e sempre che la sera non c’è minestra, si dà inza-
lata, alcune uolte cotta, come cicoria; o altro.
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I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA

175

GIUGNO
Antipasti Minestrone Carne Pospasti
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Brodetto lesso Bricocolo
D ' . Corate la sera e la sera
Salza
arrosto cascio
Allesso Cascio
L Visciole Piselli la sera pera
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moscarole
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Allesso Carcioffi
M i Corate Farro la sera la sera
stufatto cascio
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Cocuzze Allesso e finocchio
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moscarole
Allesso Cascio
G Visciole Pangrattato la. sera la sera
stufatto bricocoli
Occhi di boue Carcioffi
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la sera oue la sera cascio
Frittate CREE
S Visciole Cucuzze o finocchio
la sera torta
la sera pera

In detto Mese non c’è altro per uariare, e se mancherà qualche

cosa delle sudette, darne una più spesso, e più spesso frutti.

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LEOPOLDO SANDRI

LUGLIO
Antipasti Minestre Carne Pospasti Insalata
Brodetto ucc E Fascioli
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arrosto Bricocoli
Allesso Cascio
L Brugne Cauli capucci e finocchio
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M Corate Salza nor e finocchio , Lattuga
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G Brugne Pan grattato la sera la sera Cicorea
arrosto cascio
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la sera oua
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S Brugne Cocuzze È Mescolanza
; la sera torta cascio

Se alcuno delli sudetti cibi paresse troppo, ò darne così spesso, se

potrà leuarne, e se ui saranno fichi darli in luogo delle brugna; per

supplimento de pospasti passerina, o quello che uorrà chi hà cura.

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I COLLEGI

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PER GLI UMBRI IN ROMA

177

AGOSTO
Antipasti Minestre Carne .Pospasti Insalata
Brodetto RISO Pera, la sera
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L Corate Cucuzze la sera
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M Moscatello Farro la sera È Insalata
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M Corate cappucci e finocchio
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G Brugne Pan grattato la sera la sera Insalata
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V Cucuzze la sera Insalata
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S Moscatello Legumi e finocchio Insalata
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Le predette cosé si potranno uariare secondo la comodità che si
haurà d'altre cose.

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LEOPOLDO SANDRI

SETTEMBRE
Antipasti Minestre Carne Pospasti Insalata
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In questo Mese a me pare che non ci sia altro, che uariare, se non
‘nelle minestre alcuna uolta cucuzze, per supplimento del pospasto
passerina, o come parerà a chi ha cura del Refettorio.

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Le dette cose si uariaranno conforme si potrà da chi haurà cura di ul
dette cose, come con rape, pangrattato; gl’antipasti con salcicciotto et |
la Domenica, e giorno di ricreatione mostarda etc. N

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LEOPOLDO SANDRI.

NOVEMBRE
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S Alici Legumi la sera :
la sera mela
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L'Antipasti si uariano con salcicciotti; le torte si fanno doi uolte

.il Mese, l'insalata cotta doi uolte la settimana; li Pospasti oliue, sup-
plimento passarina, o altro.
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182 LEOPOLDO SANDRI

TASSA DE PESI DELLE COSE DA MANGIARE

ANTIPASTI

DI GRASSO

Fegato fritto per tutti una corata di Castrato piccola.
‘ Salciccia due per uno otto per libra traboccante.
| Salcicciotto otto portioni per libra à tre fette per uno.

DI MAGRO

- Ricotta passata sei portioni per libra.
| Maccaroni cinque portioni per libra.
Latte dieci portioni per boccale.

: Alici due buone per uno.

Tonnina otto portioni per libra.

| Piselli con scorza.

Piselli senza scorza.
Brugne cotte sette portioni per libra

. Passarina noue per libra.

Favetta, o fagioli.

FRUTTI

. Visciole palombine mezza libra per uno di peso traboccante.
. Brugne uerdacchie, o catalane cinque, dell'altre, otto, o più secondo che

Sono.

| Melone un quarto per uno.

Moscatello meza libra, e più per uno

: Fichi delli primaticci quattro, dell'atri doppio.

MINESTRE

Brodetto semplice senza herbette et oua 8.

‘ Farinella tanto l'inuerno, quanto l'estate 15 per libra.
. Vermicelli 15 per libra.
. Riso tanto l'inuerno, quanto d’estate,12,per libra.

Piselli con scorza 3 per libra, senza scorza,5.per libra.
I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 183

Farro tanto d'inuerno, quanto d'estate.15.per libra
Legumi a proportione.

CARNE

Portione di oncie dodeci.
PESCE

S'é minuto tre portioni per libra, ma s'é grosso, meza libra per uno. Ma delle
Sarde sette al pranzo ordinario, a chi digiuna noue.

POSPASTI

Cascio tosto noue portioni per libra, e s'é fresco a peso traboccante otto: e
quando si dà con pere, o altra cosa, la metà.

Ricotta sei portioni per libra.

Pere, e mela meza libra per uno di misura traboccante, e quando si dà cascio
la mettà per uno, e quando si dan con mela noci, sette o otto.

Fichi con noci sette dell'uno, e sette dell'altro; fichi soli otto almeno.

Castagne.

Passa grossa sette portioni per libra.

Passarina dodeci portioni per libra.

Oliue uenti per uno con finocchio.

Carcioffi uno per uno.

Scafe sole non si danno, quando di danno col cascio cinque, o sei.

Cerase meza libra per uno di peso traboccante.

Finocchio, e cascio meza portione per cosa.

Bricocoli quattro, o cinque per uno secondo che sono.

Persichi tre, o quattro secondo che sono.

LISTA DE STRAORDINARIJ DELLE COSE DA MANGIARE
CHE SI DANNO TUTTO L’ANNO IN COLLEGGIO DI FUCCIOLI

Il primo di dell’anno due antipasti uno d’arrosto, et un altro di cose
di cucina, e pospasto doppio.

Il giorno dell'Epifania il medesimo.

Il Giouedì grasso la mattina due antipasti uno di corata, e l’altro di
capretto, o di uitella, il pospasto doppio.

La Domenica di Carneuale due antipasti, uno d’arrosto, l’altro di cose
di cucina, pospasto doppio.

Lunedì due antipasti, uno di corata, l’altro di Capretto, pospasto
doppio.

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| 184 i LEOPOLDO SANDRI

Martedì la mattina come la Domenica, e la sera torta, e pospasto doppio.
S'alcuno di questi giorni non ui fossero Corate, si diano salciccie, o altra cosa.

La Pasqua di Resurrettione, la mattina l'ouo benedetto e due antipasti,
uno di capretto, o di uitella mongana, l’altro di corata ordinaria, e pospasto
doppio.

Il giorno dell'Ascensione, due antipasti, uno d’arrosto, l'altro ordinario,
e pospasto doppio.

La Pentecoste, e Corpus Dni due antipasti, uno d’arrosto, e l’altro ordi-
nario, è pospasto doppio.

L'Ass.ne della B.V. come sopra.

Il primo d'Agosto due Antipasti, uno di Meloni, l'altro di cucina, e po-
spasto doppio.

Il giorno di tutti Santi, due antipasti, l'uno d'arrosto, e l'altro ordinario,
pospasto doppio.

La uigilia di Natale per colatione della sera si piglia robba dalla spe-
tiaria.

Il giorno di Natale due antipasti, uno d'arrosto, e l'altro di cuccina, e
pospasto doppio.

L'istesso si dà quando u'é communione generale.

Quando si và alle Vigne due uolte l'anno oltre il salcicciotto, e frutti, et
antipasto ordinario due antipasti uno d'arrosto, l'altro di cucina, pospasto
doppio e torta.

Quando si faranno gl’Uficiali nuoui, un antipasto di pià con i fogliatella,
e pospasto doppio.
I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 185 Es i

REGOLE DELLA CONGREGATIONE DELLA BEATISSIMA
VERGINE

1 Il fine di questa Congregatione è congiungere con le lettere la pietà chri-
stiana, e perché il principale, o unico mezzo per conseguire questo fine
è la frequenza de Santi Sacramenti, però tutti si confessaranno ogn'otto
E SE giorni, cioè il sabbato dopo pranzo, e per tal effetto potranno in quel
b | giorno uenire a scuola tutti all'entrata de Grammatici, acció possiamo si
hauer tempo, e comodità; et ogni quindeci giorni si communicheranno, Y
se però non fosse uicina qualche Festa solenne, nella quale conforme alle
Regole del Colleggio ui deue essere communione generale d’obbligo,
perché in tal caso potrebbe la Comunione trasferirsi nel giorno di detta
Festa. | SS
2 Tutte le Domeniche, e Feste comandate si raduneranno. nella Congre-
| gatione per far iui anticamera alla B. Vergine in segno del desiderio,
che hanno di seruirla, spendendo un’hora in uarij esercitij spirituali nel
modo seguente. |
: 3 Nel primo quarto reciteranno il Veni Creator Spiritus, le litanie de Eo
: . Santi, con l'Aue Maris Stella, et altre orationi. Poi per mez'hora cante- dis j
EC ' ranno l'Officio della B. Vergine, cioè matutino, Laudi, et hore, quando
peró ui sarà l'esortatione, o conferenze, basterà solo cantare Matutino, TOME
È . e le Laudi, et il restante ogn’uno potra recitarlo priuatamente da se
conforme all’obbligo.
4 Ogni mese una uolta in uece dell’Officio della B. Vergine, reciteranno |o P ME
quello de Morti, cioè un Noturno, e le Laudi per il'Fondatore, Bene-
E 55 fattori, e fratelli defonti, de quali si duorà tener memoria in un libro
B particolare. : "s
EC Per conseruare memoria spetiale della S."* V. e mostrare quanto , "5s
stimano il uiuere sotto la sua protettione, tutti li giorni di uacanza,
la mattina all'hora solita radunatisi in Congregatione reciteranno la
Corona delle dodici stelle ad honor suo che contiene tre Pater e dodeci
Ave Marie protestandosi tutti in fine col subtuum praesidium di uolere i bid
uiuere, e morire sotto la sua protettione. : X
6 Finalmente procureranno di conseruarsi in Pace, e Carità: non solo fra " wi
di se, et in Casa; ma ancora con gl'altri, e fuori, portandosi in modo, che
chiunque li uedrà possa riconoscerli per ueri serui della B. Vergine.

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| | DEL MODO D'ELEGGERE GL'UFFICIALI Ne

S'eleggeranno ogni tre Mesi, cioè nel Mese di Gennaro, Aprile, Luglio, et -
Ottobre un Prefetto, un Segretario, e tre Consultori nel modo seguente. |

La prima Domenica del mese dopo pranzo si raduneranno tutti in Con-
gregatione assistendovi conforme al solito il Sig. Rettore, e detto l'Inno, et i Pg

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186 LEOPOLDO SANDRI

Oratione dello Spirito Santo ogn'uno nominerà cinque uno per Prefetto, uno
per Segretario, e tre per Consultori, scriuendoli successiuamente in tre carte,

che a questo fine li saranno date, e portandole poi al Sig. Rettore, il quale in--

sieme col Prefetto, e Segretario noterà quelli, che haueranno hauuti piü uoti,
e poi li pubblicherà ciascuno per il suo Officio, recitandosi in fine il Te Deum.
Se peró alcuno non si sarà communicato la mattina con gli altri non po-
' trà dare il uoto suo ad altri, ne egli esser d'altri eletto per Ufficio alcuno.
Se bene il Prefetto non potrà mai essere confermato mà douràs empre
finire; potranno peró essere confermati il Segretario, e Consultori.

DELL’UFFICIO DEL PREFETTO

La Congregatione sarà gouernata da un Prefetto con un Segretario, e
tre Consultori.

L'Officio del Prefetto sarà principalmente precedere gl’altri coll'esempio,
et attioni uirtuose, e promuouere in tutti il culto della B.V. quanto potrà,
suggerendo al Padre quello, che gli parerà utile per quest'effetto.

Se notasse qualche fratello tiepido e pigro nella seruitù della B. V. po-
trà destramente amonirlo, e quando questo non giouasse potrà fare di ciò con-
sapevole il Padre per trattar poi co la Consulta (quale egli solo haurà autorità
di radunare con consenso però .del Sig. Rettore), del modo di rimediarui. Il
che farà ancora in quelle cose, che conoscerà esser utili e gioueuoli al buon
progresso della Congregatione.

Procurerà che ogn’uno sia diligente nell’Ufficio suo, e sopra tutto che
s'osseruino puntualmente le Regole.

Sederà egli al primo luogo doppo il Sig. Rettore, e darà principio alla
Congregatione recitando il Veni Creator Spiritus, et intonando l’officio come
sopra, e terminerà la Congregatione con le litanie della B. Vergine.

Quando alcuno uerrà di nuouo in Colleggio, haurà cura d’instruirlo nelle
cose spettanti alla Congregatione e di auuisarlo per la Confessione generale.

DEL SEGRETARIO

L’Ufficio del Segretario sarà aiutare il Prefetto nel:gouerno della Congre-
gatione. Haurà cura di tener pulita la Congregatione, et a tempi debiti d’ac-
cendere le candele, e chiamare gl’altri; di legger forte li punti della medita-
tione, et ogni mese le Regole.

Procurerà che si distribuiscano nel principio d’ogni Mese li Santi del
Mese tenendogli in ordine a quest'effetto. |

Haurà cura di notare in un libro, che a questo fine gli sarà consegnato
il nome, cognome, e Patria di tutti li fratelli. Di più tutti li decreti che si fa-
ranno dal Prefetto, e Consulta. Finalmente procurerà con l'esempio, e deuo-
tione sua di eccitare gl’altri alla deuotione della Beatiss.ma Vergine.
x
I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 187
DE CONSULTORI

D L'Ufficio de Consultori sarà promuouere insieme col Prefetto, e Segre- Dp
| tario il Culto della Beatissima Vergine. Peró quando uedessero qualche in- 1
È conueniente doueranno subito far ricorso al Sig. Rettore, et al Prefetto sen- 3
È za parlarne con altri, acciò si possi prouedere al tutto, e se sarà necessario è
ancora congregare la Consulta. i
] Si sforzeranno in tutte le cose che appartengono all'osseruanza delle ui 13
! Regole, et ordini del Collegio esser li primi, acciò gl’altri mossi dall'esempio su
E loro faccino il medesimo. 1 |

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188 : LEOPOLDO SANDRI

II.

REGOLE DEL COLLEGIO DELL’UMBRIA APERTO IN ROMA
NEL MESE DI NOVEMBRE 1702

QUALITÀ CHE DEUONO AUERE LI CONUITTORI, ET ALUNNI

Siano figli legitimi, e naturali nati essi nella Prouincia o almeno di Padri in
quella nati stante che per nessuna causa, dispensa o priuilegio di citta-
dinanza non saranno ammessi estranei.

Prouengano da nobili o almeno ciuili et honesti Parenti da giustificarsi al-
l’Emin.mo Protettore, o à chi S. E. deputerà.

Non siano minori d’anni dodici, e talmente instrutti nella Grammatica, che
siano capaci di andare alle schole d’essa al Collegio Romano finchè -

ui sarà il commodo di tenere li Mastri nel proprio Collegio.

Nell'ingresso che faranno nel Collegio douranno promettere à Sig.ri Deputati,
o al Rettore l'osseruanza delle Regole, e tutto ciò che per loro utilità,
e del Collegio in auuenire, si ordinasse dall’Emin.mo Protettore, a Con-
gregazione secreta.

Pagaranno tutti scudi sei e mezzo il mese, e anticipatamente tre mesi per
tre mesi, e con questa spesa haueranno il mantenimento descritto nella
Notificazione stampata, che qui si riferisce.

Ciascuno dunque che uogli esser ammesso in questo Collegio hauerà decente
habitazione, e uitto conueneuole, e li prouetti una stanza libera per cia-
scheduno con prouisione a spese del Collegio della biancaria per tauola,
e lumi necessarij, e ui sarà la seruitù sufficiente, si per l’occorrenze

domestiche, che per ogn’altra conuenienza.

Li Giouani tanto grandi, quanto piccoli doueranno portare letto, scanzia,
posata d’argento, e tutto il necessario per il proprio uso oltre quanto si
è descritto somministrare il Collegio, prohibendosi ‘affatto li Quadri
dipinti in tela, et ogn’altra cosa attinente al lusso.

REGOLE UNIVERSALI

Il Collegio principalmente sarà diuiso in due Ordini, o Classi, uno di grandi
e Dottori, e l’altro di piccoli, e scolari.

L'Ordine di grandi o Dottori sarà composto di tutti quelli, quali compito il
corso delle scuole attendano alla pratica legale, o altri studij, ne haue-
ranno Prefetto, che gli presieda, ma ubbidiranno immediatamente al
Rettore, et osseruaranno le Regole prescritte per la loro Classe.

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I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 189

L'Ordine o Classe de piccoli o scolari sarà composto di quelli che uanno alle
scuole del Collegio Romano, benche di Filosofia, o Teologia, o alla Sa-
pienza di Legge o Medicina, questi uiueranno sotto il gouerno del Pre-,
fetto, et osserueranno parimente tutte le Regole prescritte per l'Ordine
loro. :

L'Abitazione di dette Classi sarà diuisa una dall'altra, di modo che non sarà
lecito a quelli d'una Classe andare nell'abitazione dell'altra Classe, ne
tampoco trattare, ne parlare assieme senza espressa licenza del Rettore.

Tutti li Conuittori doueranno essere ubbidienti al Rettore, ne per qualsisia
pretesto contrauenire alli di lui ordini, et in caso di preteso grauame ri-
correranno all'Emin.mo Protettore, o Sig.ri Deputati, dalli quali saranno
benignamente uditi con esaminar la giustizia de loro ricorsi, quando però

. siano stati ubbidienti. :

Il Rettore debba tenere un libro cartolato, in cui notarà il nome, cognome, -
e Patria di ciascun Conuittore, et Alunno, e del suo ingresso in Collegio, :

ma in forma che in una facciata sia notato il nome, et il già detto, e di

. più lo studio, e scola a cui è applicato, e quando sij fuori di studij, da
qual Prelato, Auuocato, Procuratore, Medico uadi à studiare, e qual'al-
tro esercitio uirtuoso frequenti; siano iui anche scritte tutte le funzioni
di dispute, discorsi e simili, e li progressi che fà, tutto ció che puó recar
merito, e requisito al Conuittore, et Alunno, a finché S. E. e Sig.ri Na-
zionali nell'occorrenze possino procurare li uantaggi di lui.

Nell'Altra facciata opposta del Libro si scriuano tutti li mancamenti del
Conuittore, et Alunno, che in specie saranno tutte le controuentioni alle
presenti Regole, et ogn'altro atto repugnante allo stato del Collegio
e di conuittore, acció trouandosi alcuno pertinace nel male operare, e
senza speranza d'emenda, doppo qualche penitenza publica possa li-
centiarsi dal Collegio, acció il mal'esempio di uno, non corrompe il buon
costume degl'altri.

. Tl Prefetto poi, che presiede al Gouerno de Piccoli dourà ogni sera dare scritto

al Rettore le contrauenzioni che ciascuno Convittore come sopra haues-
se commesso, perché il Rettore possa notarle al Libro.

Il Rettore douerà conseruare questo libro, ne lasciarlo uedere, se non al-
l’Emin.mo Protettore, Sig.ri Deputati quando faranno la Congreg.ne
ordinaria d'ogni mese doppo la quale doueranno informarsi dalli Prelati,
Auuocati, Procuratori, e Medici, oue li Giouani dicono di studiare se
ueramente Ífrequentino lo studio per ammonire chi contrauenisse, e
prouedere à tutto altro, che stimaranno opportuno.

Alla Tauola si osseruerà il debito silentio, e si leggerà dalli Conuittoriet Alun-
ni in giro una settimana per uno qualche libro d'Istoria ad arbitrio del
Rettore, eccetto peró che nell'Auuento, Quaresima, et Ottaua di Pasqua,
nei quali tempi si dourà leggere qualche Istoria sacra, uite de santi, e simili.

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190 LEOPOLDO SANDRI

Non si porrà alcuno a Tauola se. non doppo la benedizione del Rettore o

Prefetto, e da essa non s'alzerà, se non dato il segno dal Rettore o Pre-,
fetto.

Non si permetta in Refettorio mangiare altri cibi che quelli dà il Collegio, se
non in tempo di Carneuale, Pasqua, e Natale, ma però sempre con la
precedente licenza del Rettore.

Tutti dormino in Collegio, ne possino restare a dormire altroue senza indispen-
sabile necessità, et espressa licenza del Rettore, di cui sarà peso rico-
noscere la uerità, et urgenza della causa.

Si proibisce andare a pranzo fuori di Collegio massime à Piccoli senza licen-
za del Rettore, che si potrà concedere una uolta il mese per andare però
da Parenti, ouero da altri che haueranno la loro cura, quali doueranno
uenir à prenderli in Collegio, e ricondurli, né lasciarli andar soli per
Roma; ma tal licenza non si concederà mai nelli giorni delle Communioni
generali.

Doueranno mattina, e sera trouarsi all'hora ordinata per la tauola e quando
qualch'accidente alcuno dè Grandi mancherà alla prima, si farà la se-
conda, quale terminata si chiuderà il Refettorio, e non si darà né pranzo
né cena a quelli che mancheranno. :

Non doueranno andare in Cucina, Cantina, e Dispensa ma solo nell'hora
di pranzo, e di cena nel Refettorio.

Subbito dato il segno d'andare a dormire, tutti li Grandi si ritireranno alle
loro stanze, et i Piccoli anderanno subbito a letto, proibendosi il restare
per il Collegio a discorrere, e nelle proprie stanze sonare, cantare, leg-
gere forte e far altro strepito in tal'hora, che possi disturbare il riposo
degl'altri.

Portaranno abiti semplici, modesti di robba negra e non d'altri colori, senza
merletti, et ogni altra sorte di uanità come conviene a chi s'incamina per
la uia Ecclesiatica, et in Collegio portaranno la zimarra negra, e non
Ouatta, né Brandiburghi, proibendosi affatto uestiti di seta alla

Classe di Piccoli che si troueranno sotto la disciplina, e custodia del
Prefetto.

Li Conuittori, et Alunni siano circospetti nel parlare, guardandosi da parole
sconcie, e disoneste, e da ingiurie, imprecationi e simili offese di Dio e del
Prossimo.

Si proibisce di tenere in Collegio qualsiasia sorte d'Arme, come anche Dadi
e Carte, e molto piü giocarui, fuorche à Farinacci, Oca, e Sbaraglino,
quali, e simili giochi si permettono solo in tempo di ricreazione.

Da tutti tanto Conuittori, quanto Alunni unitamente si farà la Santa Com-
munione nella Chiesa Nazionale nelle Feste di Pasqua, Pentecoste, Cor-
pus Domini, Natale, Assunta, S. Francesco, S. Benedetto e tutti li Santi,
e Feste degl' Apostoli, e le dette Communioni generali saranno un giorno

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I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 191

prima intimate dal Rettore, o Prefetto, acció ognuno pensi a prepa-
rarsi per un tanto Sacramento.

Ciascuno tanto Grande, quanto Piccolo si troui all'Orazione della Mattina
e sera, che si fà nell'Oratorio, al quale effetto il Prefetto la mattina dourà
dare primo e secondo segno col campanello con l'intermedio d'un quarto
d'ora trà un segno, e l'altro, e la sera un solo segno.

L'oratione della Mattina sarà ch'il Rettore o Prefetto primo dica Actiones
nostras et doppo da tutti si diranno le Letanie della Beata Vergine, il
Veni Sancte Spiritus, et il Rettore ò Prefetto solo recitata l'orazione,
Deus, qui corda Fidelium segua con dire.

Mettiamoci alla presenza di Dio, adoramolo et humiliamoci avanti a Lui,
chiedendogli grazia di far bene, e con frutto l'orazione.

Doppo si leggano dal Rettore tre punti di meditazione, con pausa trà l'uno,
e l'altro.

Seguitando dica: Eccitiamoci a varij e pij affetti, mediante le cognizioni ha-
uute e caliamo a qualche buon proponimento e risoluzione (pausa).
Ringratiamo Dio delli buoni lumi riceuuti, offerimogli li proponimenti fatti,

e domandamogli grazia di porli in essecuzione (pausa).

Si termini l'Orazione da durare un quarto e mezzo d'ora col recitar prima
tutti assieme la Salue Regina, et il Rettore, o Prefetto Omnipotents
sempiterne Deus.

Diciamo un Pater, et Ave alli Nostri Santi Protettori.

Auanti Cena si dica la 3* parte del Rosario, tre Aue Maria, e la Salue Regina
con l'orazione Omnipotens sempiterne Deus.

Doppo Cena e la ricreazione, e prima di andare in stanza si ritorni all'Ora-
torio, ed il Rettore o Prefetto detto sub tuum praesidium, si dichino le
letanie della B.ma Vergine, quali terminate il Rettore dirà.

Ringraziamo Dio di tutti li benefitij da lui riceuuti in questo giorno (pausa).

Preghiamolo che ci dia gratia di conoscere l'offese, che oggi glhabbiamo
fatte (pausa).

Esaminiamo li pensieri, Parole, Opere, et Omissioni, con che l'habbiamo
offeso (pausa).

Eccitiamoci al dolore, e contrittione de’ nostri peccati con il proposito di non
commetterli più (pausa).

‘Poniamoci nello stato, che uorressimo ritrovarci nell'hora della nostra morte

(pausa).

Diciamo tre Aue Maria alla purità della SS.ma Vergine; quali si dicano sotto
uoce, che terminate tutti uniti recitino Angele Dei et il De Profundis
et il Rettore ó Prefetto l'orazione Fidelium Deus, e doppo il punto
della meditazione per la mattina, e finita la presente orazione d'un
quarto di ora ognuno si ritirerà alle sue stanze,

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192 -. LEOPOLDO SANDRi

S'elegga un sacrestano per accendere e smorzare le candele dell Altare accese
nell'Oratorio in tempo d'orazione e tener polito l'istess'Altare, qual of-

fizio debba esercitarsi dalli Conuittori, et Alunni una settimana per

ciascheduno.

Si esorta poi ogni Conuittore à fare una uolta l'anno gl'Esercizij Spirituali
per i quali haueranno tutto il commodo in Collegio.

REGOLE PARTICOLARI PER LI GRANDI

Doueranno la mattina, e sera interuenire all'orazioni, e quella terminata
ogn'uno si ritiri nella sua stanza senza trattenersi a discorso per il Colle-
gio, o per le Camere degl'altri; mà solo si permetta nella Libraria ó sala
e quando doppo la 2.* orazione della sera uoglino conferire con l'altro
qualche difficoltà di Legge, Medicina, o altra Scienza uadino nella Sala
o Studio, e per una sol ora iui senza strepiti si trattenghino, e poi si ri-
tiri ogn'uno nella propria Camera.

Si esortano oltre.le prescritte Communioni generali a frequentare una uolta
il mese li SS.mi Sacramenti, et udire ogni giorno la Santa Messa, e si
ordina che interuenghino le Domeniche alle Congregazioni, che si fa-
ranno in Collegio, e quando fossero per legitima causa impediti, doue-
ranno significarlo al Rettore, et ottenerne licenza.

Doueranno ritrouarsi la sera in Collegio all’hora, che si serrarà il Portone d'es-
so, che l'Inuerno sarà à tre hore e mezza, e d'estate à due hore, dandosi
però l'arbitrio al Rettore di dispensare mezz'hora di .piü à quelli, che
scorgerà ueramente applicati, et in tempo di Carneuale per andare
alle Commedie. :

REGOLE PARTICOLARI PER LI PICCOLI :

La mattina duoueranno alzarsi subbito dal letto al primo solito segno, et al
29 segno unitamente andare all'Orazione, doppo coll'istesso ordine ri-
torneranno in cammera a studiare con silenzio, al tauolino, sino che sarà
ora d'andare a scuola, terminata la scuola udiranno la Messa del Retto-
re, o Prefetto nella Chiesa Nationale, e subbito torneranno in Collegio,
quando però il Prefetto qualche uolta non uolesse condurli a uisitare
qualche Chiesa.

Doppo pranzo si tratteneranno un ora in ricreazione, diuisa onninamente
dalli Grandi e da altri Estranei, benché Parenti, che non siano di Colle-

gio, e quella terminata ogn'uno uadi a studiare in Cammera sua sino
all'ora d'andare a scuola.
I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 193

Finita la scuola o tornaranno in Collegio, o andaranno.a caminare col Pre-
fetto di cui sarà l'arbitrio in quali giorni ciò si faccia, et in quel luogo si
uadi, e sotto qualsiasi causa o pretesto:dal Prefetto non s'ammetta che
nel caminare per Roma s’uniscano alli Conuittori, e Alunnni altri che
non dimorino in Collegio, e non siano dell'istessa Classe, benche fossero
fratelli carnali, ma se uorranno parlargli si fermerà con tutti gl'altri,
e doppo terminato il discorso si seguiti il cammino. :

- Doppo l'Aue Maria stiano al Tauolino studiando in silentio, oue staranno

sin all'hora della prima orazione della sera.

Terminata la cena habbino un hora di ricreatione, e poi ritornino nell'Ora-
torio per fare l'altra Orazione.

Nelli giorni di uacanza oltre lo studio della sera, che non si dourà mai tra-
lasciare dall'Aue Maria sino all'ora dell'orazione, doueranno anche stu-
diare almeno due altre hore la mattina, e quando non tornasse comodo
la mattina per qualche onesto diuertimento fare tale studio il giorno
doppo pranzo; l'estate poi le giornate sono lunghe, nelli giorni di ua-
canza, e doppo la ricreatione del giorno douranno stare al Touolino stu-
diando con silenzio fino a quell'ora ch'é solito andare alla scuola, eccetto
l'Ottobre, Carneuale, Feste di Pasqua, e Natale, nelli quali tempi sarà
in arbitrio del Rettore di dispensarli alle uolte si dallo studio della mat-
tina, che della sera, ó per qualche particolare diuotione, et onesta Ri-
creatione, eccettuato però il giorno precedente all’andare à scuola, in
cui non dourà dispensarsi lo studio.

Il SEI userà ogni diligenza acciò nel tempo assegnato allo studio stia-
no al tauolino- con silentio, cioè senza discorrere, cantare, suonare, e
far altro strepito, ne permetterà à medesimi la partenza dal Tauolino
senza necessità, e molto meno andare alla porta, e uscire di stanza
senza licenza del Rettore, o almeno in sua assenza del Prefetto.

‘ Il rettore alle uolte uisitarà le Cammere de Piccoli in tempo di studio, et an-

che s’informarà dalli Maestri del profitto che fanno.

Non usciranno soli senza il Prefetto o Compagni, e se uerranno parenti o
altri per condurli fuori di Collegio, non sarà permesso andarui senza
licenza del Rettore.

Quando nelli giorni di Festa e di uacanza andaranno gl’altri à caminare, e
diuertirsi, non si permetta ad alcuno restare in Collegio, e quando
alcuno per qualche leggiera indisposizione, o altra causa uolesse restarui,
non ui rimanga più d’uno per uolta e serrato in stanza.

Prima che sia giorno non usciranno di Collegio e debbano esser ritornati al
suono. dell’Aue Maria.

. Siano sempre presenti nelle Cong.ni che si faranno nelle Domeniche, et altri

giorni festiui ad arbitrio del Rettore, et iui diuotamente dichino quella
parte dell’offizio della B. V. che sarà ordinata, e tutte l’altre Preci de-

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LEOPOLDO SANDRI

stinate con udire attentamente l'esortazione o Discorso che farà il
Rettore o Prefettó; si confessino una uolta il mese nel giorno destinato
o dal Rettore, et in quella Chiesa condotti per confessarsi, e confessati
debbano collegialmente comunicarsi nella Chiesa Nazionale, e si dia
anche simil commodo ogni quindici giorni, come si esortano tutti a
uoler fare.

Doppo la Communione douranno tornare in Collegio, o andare a uisitare
qualche Chiesa, e sentire la Predica, astenendosi d'andare uagabondi
per Roma.

Andaranno per la Città, et a scuola uniti à due per due con passo moderato,
e senza alzare troppo la uoce in occasione di discorso.

Non si slontanino né per strada, né per le Chiese, né altroue l'uno dall'altro
né dal Prefetto.

Non si partano per qualsiasi causa dalle proprie stanze, ne uadino alla Porta
del Collegio, senon sono chiamati, e con licenza del Prefetto, etin tempo
di studio con il placet del Rettore.

Non si permetta ad alcuno, o sia Parente, o sia dell'istesso collegio dell'ordine
de Grandi andare nell'abitazione, e camere de Piccoli, ma con la licenza
necessaria chiamati quelli dal Portinaro haueranno commodo di parlar-
gli nelle Cammere destinate a tal'effetto.

Non tengano, e leggano libri proibiti, lasciui et inutili, come Romanzi, Com-
medie, e simili, ma solo quelli che sono conuenienti, e necessarij à loro
studij.

Si regoli dal Rettore l'hora della leuata e del dormire, ma in tal forma, che
sempre habbino otto hore di riposo, e nelli giorni di uacanza un hora
doppo del solito.

L'Emin.mo Sig. Cardinal Protettore, e unitamente la Congreg.ne segreta si
riseruano l'arbitrio di far nuoue Regole, e leggi, o le presenti commutare
con accrescerne, o diminuire la loro disposizione secondo che la contin-
genza de' casi parerà alli medesimi, alli quali ordini dourannotutti pron-
tamente ubbidire.

Ma perché a nulla seruono le buone Regole, e Leggi, se non s’ordina l’osseruan-
za per la quale è stato sempre necessario l’incitamento del Premio, e
freno della Penitenze, perciò per quelli che si trouaranno essere stati
ubbidienti, e studiosi, si procurerà, da S. Em.za e Sig.ri Deputati ogni
loro uantaggio, e auanzamento, e al contrario l’inosseruanti, e non stu-
diosi saranno ad arbitrio del Rettore, e Sig.ri Deputati penitenziati per
esempio dell’altri e mantenere l’osservanza delle Regole e Leggi da cui
dipende ogni buon gouerno, come dice Aristotile nel libro della sua Po-
litica. Non possunt Ciuitales, Respublicae, uel etiam hominum Congre-
gationes facile permanere, nisi fuerint optimis legibus, et consuetu-

dinibus constitutae.
I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 195

ELE: :

RELATIONE PER LO STABILIMENTO DELLA CHIESA,
E COLLEGIO DELL'UMBRIA IN ROMA ALLE CITTÀ E LUOGHI
DELLA PROVINCIA

Benché fosse molto tempo, che da Nationali della Prouincia dell'Umbria
in Roma si vedesse quanto sia il bene spirituale, e temporale, che dall’altre
Nationi si ritrahe dal Culto delle Chiese loro particolari, e da Collegi, ch'in
sollieuo de proprij Concittadini mantengono; tuttauia, o perché non vi sia
stato fin qui, chi con particolare premura n'habbi preso il carico, o perché
habbia cosi portato il caso di questa Natione, o perche facendosi riflessione
piü degna, e sicura, Iddio non l'ha disposto fin'hora, e con graue pregiuditio
della Natione, s'é vissuto disuniti, e s'è occultato al Mondo tutto dall'Uniuer-
salità della Prouintia quel lustro, ch'Iddio nella fertilità e nobiltà del Paese
le hà conceduto, e da Particolari della Natione non s'é goduto di quegl'aiuti,
che sono tanto necessarij in Roma, come in ogn'altra Corte per gl'auuanza-
menti di quei Soggetti, ch'all'acquisto delle virtù s'incamminano; Quindi
finalmente uniti alcuni de Nationali frà loro, e riconosciuto naturalmente
il proprio essere nella Protettione degl'Eminentissimi Signori Cardinali
Sacripante, Sperelli, e Gabrielli, s'animarono a porgere voti à Dio pel di loro
Bene con l’apertura d’una Chiesa Nationale, ed a procurare di facilitare ne
di loro successori la difficultà di quegli auuanzamenti, che molti o per man-
canza di forse, o per scarsezza de mezzi, o per la priuatione dell’occasione
con danno de Particolari, e con iscapito della gloria delle Città comprouin-
tiali non hanno potuto conseguire col riuoltare il pensiero alla fondatione
d’un Collegio Nationale.

Ma nel conoscere questi l'importanza, ed'insieme il carico graue dell'im-
presa, diffidorono saggiamente delle proprie forze, venerando solo nell'Onni-
potenza d'Iddio, e nella grandezza del Prencipe il poter far nascere al Mondo
un'Opera neg'istessi suoi principij perfetta, s'appigliorono al partito di cerca-
re più numerosa unione frà Nationali col porgere loro un foglio da sottoscri-
uersi, nel quale si augumentarono al numero di sopra à cento Soggetti frà
Prelati, Caualieri, Auuocati, Curiali, ed altri.

E per istabilire frà loro quell'unità de pareri, ch'é l'anima d'ogni opera,
che coll'interuento di molti deue essequirsi; Il di primo di maggio 1701. si
adunarono nella Sapienza di Roma, oue per dar moto, e principio alla loro
Idea, à viua voce dichiararono Protettore perpetuo della Natione l'Eminen-
tissimo Signor Card. Sacripante da Narni Prodatario di Nostro Signore, et il
più anziano trà gl'altri Porporati viuenti dell'Umbria, etre Deputati ad tempus

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ip 196 LEOPOLDO SANDRI.

cioé Monsignor Illustrissimo Crispolti Perugino, Prelato Domestico di Nostro

Signore, Referendario dell'una, e l'altra Segnatura, e canonico di S. Pietro;

gl'Illustrissimi Signori Filippo Sacripante da Narni Auuocato Concistoriale,
e Francesco Monthione da Spoleti Depositario della Rev. Camera Apostolica,
e per Segretario il Signor Giuseppe Felice Meli da Massa Curiale.

. Fü da 5. Eminenza generosamente accordata la Protettione a questo

grand'affare, e gl'altri Offitiali di buon'animo presero il carico di seruirealla .

Natione; onde per godere degl'auantaggi di si valeuole Patrocinio, e per dar
principio all'affettuatione de pensieri de Nationali, fü tenuta la prima Congre-

gatione particolare auanti S. E. coll'interuento del Signor Segretario, et

essendosi riconosciuto in essa, che la prima base da gettarsi era il porre le
mani all'acquisto d'una Chiesa per intraprendere l'Opera dal Culto Diuino,
potendo solo sopra questo fondarsi le speranze del ERN d'ogni
ben regolato principio.

. Si volse dunque concordemente da tutti gl'Interessati l'occhio sopra
diuersi siti, e Tempij di Roma, ed' esaminati tutti a minuto in un altra Con-
. gregatione dagl'Eminentiss. Signori Cardinali menzionati, fu giudicata per
hora di non piccola considerazione la Chiesa Parrocchiale di S. Maria in
Montarone, et à tal fine fü ordinato dall' Emminenze loro, che se ne trattasse
l'accordo col Signor D. Filippo Silua: Piacentino degno Paroco d'essa; E per
quello che apparteneua alla fondatione del Colleggio fü commandato s'esa-
minassero le dispositioni di molti pij Testatori, che per non essere ne i di loro
tempi alla luce un tale incamminamento lasciarono diuersi legati a Giouani
Studenti, che senza direttione, et assistenza d'alcuno, dispersi l'uno dal-
l'altro, s'esercitano ne Studij con una libertà de loro costumi nell'età, la più
lubrica, e pericolosa, che scorra nell'intiero periodo della vita. i

Riuscì felicemente alla Natione frà pochi giorni l'acquisto della Chiesa

di S. Maria in Montarone, con assoluta libertà di poter’ in essa offitiare, e.

celebrare qualsisia funtione concernente al culto Diuino, ed al Rito della

Chiesa Cattolica per la tumulatione de Cadaueri, et altro; ne fü celebrato il

‘ contratto col Beneplacito Apostolico sotto un tanto Pio, e Zelante Pontefice,
che regna solo al mantenimento della sua Monarchia, ed’ al sollieuo de sudditi.

Fù successivamente tutto l'operato riferitoinun'altra Congregatione Ge-
nerale hauutasi coll’interuento degl’ Eminentissimi Signori Cardinali Umbriot-
ti, dalla pietà de quali, e dalla buona inclinatione de Nationali mantenendosi
fissa la prima mira al Culto d'Iddio, fu considerato quanto esso si compiaccia
dall'intercessione de suoi Santi; e perció si determinó, che si eleggesse per
Protettore della Natione, e dell'Opera il Glorioso, e Serafico S. Francesco
d'Assisi, e per cominciare a spiegare al Santo anche con l'esterne dismostra-
tioni i sentimenti di deuotione, e di fiducia, che nella di lui intercessione
dalla Natione tutta si haueua, si decretò in quella stessa Congregatione. di
celebrare.nella Chiesa Nationale secondo il rito uniuersale la di lui solennità
nel di 4 d'ottobre. i >

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I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 197

L'effettuatione di un pensiero si pio fü appoggiato à Monsig. Illustris-
simo Sinibaldi Referendario dell'una, e l'altra Segnatura, oriundo da Monte
Leone, all'Illustrissimo Signor Conte Fiümi d'Assisi, e al Signor Auuocato
Cesarini da Spoleti quali secondo la pietà de Nationali, che concorsero riparti-
tamente alle spese, fecero spiccare il di loro buon gusto nel ricco apparato,

che in poco tempo esposero alla vista.di tutta Roma, ed alla veneratione

del Santo.

| È la Chiesa di S. Maria in Montarone di costruttura assai antica, eipnche
non sia di sito molto dilatata, e tutta via capace, dà adito con una sola porta
la facciata d'essa nella nauata principale, che coperta d'onesto. soffitto, e
viene poi accresciuta ne i lati proportionatamente da due-Nauate minori, so-
stenute con alcune colonne, che seruono di base a diuersi Archi, che controdi-
stinguono le Nauate frà loro.

Conparue dunque ne i giorni della festa la facciata al di fuori tutta ri-
coperta di pitture rappresentanti in bella dispositione un Monte di Scogli,
sopra del quale era situata l'effigie del Santo Protettore in atto estatico con
diuers'altri ornamenti all'intorno, et in lontananza vedeuasi l’architettura
d'un tempio con varie figure tutte allusiue alle glorie d'un si gran Protettore;
dalla porta della Chiesa pendeuano ben guarnite d'ornamenti l'Armi di
Sua Beatitudine, e degl'Eminentissimi Signori Cardinali Comprouinciali.

Nel di dentro erano le Pareti principali della Chiesa tutte coperte di
Damaschi riccamente bordati d'oro, che veniuano a fare vago campo à diuersi
pezzi d'Arazzi pretiosi, che proportionamente frà loro erano disposti in forma

di nobilissima Quadraria; a questi corrispondeua la ricchezza de drappi, che.

con galloni, e frangie d'oro si raccoglieuano in forma di Conchiglie nell'Ar-
cate tutte della Chiesa, e che dalle basi di esse si distendeuano à ricoprire la
circonferenza tutta delle Colonne.

Cresceua a proportione la nobiltà, e vaghezza dell'ornato su l'Archi-

-tettura dell'Altare Maggiore, oue era esposto alla veneratione l'Immagine

del Santo Protettore, poiche le parti principali d'essa erano tutte contornate
di ricchi Velluti, e li membretti si ritrouauano con bordature d'oro, e da
diuerse cascate parimente di velluto, et oro se ne contradistingueuano le
figure. :

Furono solennizzate le Funtioni Sagre con musiche assai scielte, replica-
tamente ne Vesperi, e Messa Episcopale, doppo la quale s'intonó il Te Deum
in rendimento di gratie con numeroso sparo di Mortaletti, e coll'assistenza

- di molti Porporati, che visitorno la Chiesa, frà quali gl’ Eminentissimi Sacri-

pante, e Sperelli vi celebrarono, e della Prelatura, ch'in gran copia vi concorse
unitamente con Prencipi, Principesse, e Dame, quali tutti resero qualificato
il concorso d'una gran parte del Popolo di Roma, che v'interuenne.

Tutto questo, che felicemente successe accrebbe a tal segno il zelo, e la.

premura de Nationali, che di già meditano l'apertura del Collegio, e benche
considerino quanto ció sia difficile ne i primi principij, nulladimeno riflet-

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198 LEOPOLDO SANDRI

tendo alla conditione delle cose humani, ch'uniuersalmente tutte, benche
grandi si veggono, da piccoli principij soliono il di loro nascimento riconoscere,
punto non si sgomentano, anzi confidando nell'intercessione del Glorioso
Santo Protettore della Prouincia, sperano colla di lui intercessione ritrouare
presso à Iddio gl'effetti di quella Prouidenza, che tanti suoi figli, e seguaci,
sparsi pel Mondo intiero, alimenta.

Si é voluto tutto questo communicare alle Città, e luoghi della Prouincia
non per pompa del secolo, mà solo per dar loro notitia di quello che si opera
al seruito d'Iddio, e gloria del Santo Nostro Protettore, ed anche di quanto
si medita in sollieuo, et in vantaggio de Soggetti dell'Umbria, con fiducia, che
debbano tutti i Nationali concorrere à dar mano, et aiuto in un'opera di
tanta consideratione con quelle contributioni, che verranno loro suggerite
dalla propria pietà, e col notificare le dispositioni fatte, ed i Legati lasciati
da Testatori, à fine di bene educare la gioventü, i quali per non potersi adem-
pire, ó perché riuscissero di poco frutto, senza pregiudizio peró dell'altre
Uniuersità, si stimassero degne col beneplacito Apostolico d'essere commu-
tate in augumento di questa grand'opera potendosi le conseguenze di essa
dedurre da i vantaggi, che à commodo de Nationali producono l'altre opere
di pietà simili, che in gran numero in questa Corte si vedono.

In Roma MDCCI — Nella Stamperia della Reuerenda Camera Aposto-
lica con licenza de' Superiori.
: — — —Ó Ó— ri i (I LI LL ULI A Lia il me lil : M DITA ITC VERE RE
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I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA : 199 UE

IV.

ELENCO DEI DOCUMENTI
CONSERVATI NELL'ARCHIVIO DI STATO DI ROMA RELATIVI AI
COLLEGI FUCCIOLI, LASSI E DELL’UMBRIA

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Zo RE PRETE E rs VY dritta ^ ics

1) ArcHIvIO CAMERALE. parte III; Roma. Istituzioni di beneficienza ed istru- | i
zione. b. 2042 ì
Collegio Fuccioli. d

— [Informazioni del collegio di Mons. Fuccioli sotto il titolo de' SS. Giovanni
e Carlo; quaderno di cc scritte 32, rilegate in pergamena, e contenente
le regole dell'istituto, compilato attorno al 1650.

— Testamento di Mons Giovanni Fuccioli in copie del sec. xvir (l'originale
del testamento in data 19 settembre 1623, trovasi in atti del notaio
Sante Floridi, Archivio di Stato Roma. Archivio dei notai di Roma;
Notai dell'A. C. ufficio 79). :

— Appunti per l'attuazione delle disposizioni testamentarie di Mons. G.
Fuccioli, ms. sec. XVIII.

— Programma che nel di 13. novembre 1830... gli Accademici Liberi di
Città di Castello consagrano alla preziosa memoria di Mons. Giovanni
Fuccioli... il cui sarcofago e busto ergesi nella sala Municipale; fascicolo
a stampa di pag. 6 in folio.

ARCHIVIO CAMERALE. loc. cit. bb. 2054 e 2055.

Collegio Lassi o dell' Umbria (i fascicoli vengono elencati secondo la numera-

zione che avevano nell'archivio del Collegio, indicata tra parentesi quadra). S

— Relazione per lo stabilimento della Chiesa e Collegio dell' Umbria in Roma rd
alle Città e luoghi della Provincia con la notizia del nuovo collegio

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RE III

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EXEC IST ESI SRIYASESHQIE NI RO)

aperto in. Roma nel novembre del 1702. Testo ms e a stampa delle re- M
lazioni. [mazzo 6.H n. 1]. Sil
| — Lettera di Mons. Guicciardi Vescovo di Narni al card. Panciatichi Pre- | x
fetto della Congregazione del Concilio circa l'esatta interpretazione del Y^

testamento Lassi, con vari documenti sulle questioni sorte e decreto
della Congregazione del Concilio a. 1713 -1714. [m. cit. n. 8].

— Decreto della Congregazione del Concilio circa i giovani da eleggersi per
occupare i Luoghi del Collegio dell'Umbria. a. 1714. [m. cit n. 9]. v t

— Inventario della robba esistente in Collegio, fatto con l'assistenza dell'Ab-
bate Alesandro Baldeschi, archivista del Collegio a. 1718 [m. cit. n. 10]. -

— Stati diversi dell'eredità di G. C. Lassi, a 1718-1729 [m. cit. n. 11]. :
— Alienazioni di Luoghi di monte — a. 1767 [m. cit. n. 12]. vu
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— Regole del Collegio dell'Umbria aperto in Roma nel mese di novembre
del 1702... e lette alli Signori Prefetti e Convittori il 4 aprile del 1703. .

[m:- cit.- n. 15].

— Breve del papa Clemente XIII, spedito ad istanza del Signor Cardinale
Oddi, protettore del Collegio dell'Umbria, in cui... viene esso costituito
dispotico padrone del detto collegio ad esclusione della Congregatione
di deputati Nazionali spedito il 27 luglio 1760, corretto peró, o sia mu-

. tato in alcune parti sostanziali nel 1767. Osservazioni diverse formate
sopra il tenore di detto breve per manifestare la falsità delle rappresentan-

ze fatte dal Sig. Cardinale Oddi... in oppressione dei Deputati Naziona-

li. a 1752.1767 [m. cit. s. n.].

—,Decreto della Congregazione del Concilio circa l'ammissione di giovani

delle diocesi di Narni. a 1742 [m. cit. n. 16].

— Memoriale a papa Clemente XIII circa l'ammissione di giovani di Todi
«a 1767 [m. cit. n. 24].

— Stato dell'entrata e dell'uscita del collegio a. 1757 [m. cit. n. ag.

— Nota dei luoghi di monte saettanti al Collegio a. 1702-1762. [m. cit. n.
- 18].

— Memoriali a papa Clemente XIII circa lammissione di e della
diocesi di Todi. a. 1767. [m. cit. n. 24].

— Atti e documenti, in virtù de’ quali sono stati ammessi nel collegio dell’ Um-
bria, i giovani nati nella città di Foligno (P. Polidori, M. Chiatti, S.
Sigismondi, F. M. Scafali, C. Marcelli, A. Bocci, F. Egidi, B. Girolami,
G. Fani, C. Becchelli. D. Grampini, P. Fani. S. Dominici, A. Baldelli,
L. Dominici) a. 1716-1756. [m. G. I. n. 6].

— idem per la città di Narni o Castello di Colvalenza (M. Patriotti, N.

| Spada, A. Giovenali, D. Cherubini, A. Benedetti, C. Sistili, L. Terrenzi,
G. Paterni, G. Bartoli, P. Bartoli. D. Cerroni, A: Lupi, F. Petrignani,
G. B. Gelli, N. Schenibini, F. Lupi, L. Pierdonati, F. Costanzi. G. Ca-
pretti, G. Scarinci, G. Ridolfi, F. Capretti) a. 1716-1757. ]m. cit. n. 7].

— Memoriali per la nomina di giovani in collegio a. 1732. [m. F. n. 11].
— idem a. 1731 [m. cit. n. 12].

— idem a. 1744, [m. cit. n. 13].

— Registro in Libro de’ Segnori Collegiali del. Collegio dell'Umbria dal-

. l'ottobre 1742 all’ottobre 1757. Scritto e tenuto dal Canonico Napu-
lione Napulioni, Rettore del Collegio... e numero 2 chiavi dell’Archi-
vio del Collegio consegnate dal Signor. D. Sante Napulioni, Rettore
successore allorquando nel 1760.dal Signor Cardinal Oddi... fu fatta
sfasciare la credenza dell'Archivio. (codicetto di cc 140 a rubrica alfa-
betica, rilegato in pergamena molle con unite-due chiavi). [im. cit. n. 15].

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I COLLEGI PER GLI UMBRI IN ROMA 201

— Documenti per l'ammissione di S. Paterni ed A. Giovannini a 1760 (m.
Ci nsi 6r «- ;

— idem per P. Paterni e G. Ridolfi. a 1761. [m. cit. n. 16].

— idem per G. Stinchelli, G. Sensini, F. Restante. a 1765 [m. cit. m. 19].

— idem a 1765 [m. cit n. 20].

— idem 1771 [m. cit. n. 21].

— Documenti per l'ammissione di P. Paterni e C. Perelli a. 1773. [m. cit.
n. 22].

— idem per P. Pulcini e G. Pierleoni a 1777. [m. cit. n. 23].

. — idem per F. Terrenzi a 1778 [m. cit. n. 24].

— idem per li Fabri a. 1778 [m. cit. n. 25].

— idem per G. Germanelli, come abilitato per rescritto di papa Pio VI, es-
sendo nobile a 1779. [m. cit. n. 26].

— idem per F. Cardoli e 1783 [m. cit. n. 27].
— idem per S. Diofebi e A. Canestra. a 1784 [m. cit, n. 28].

— Controversia sopra lo ius nominandi ai luoghi del collegio spettante ai
Signori Sacripante a 1714. [m. I. I. n. 29].

— Ammissioni in Collegio per l'anno 1742 e vertenze relative. 1742-1769.
[m. F. n. 90].

— Carte varie a. 1713-1790.

— Indice alfabetico delle scritture esistenti nell'Archivio del Collegio del-
l'Umbria il 3 agosto del 1718.

— Nota delle scritture consegnate al Signor Costantino Ciccolini il 22
marzo del 1771.

2) ARCHIVIO DELLA SACRA CONGREGAZIONE DEGLI STUDI. Roma. p. III.

Collegi e Seminari. b 399.
Fasc. 9. Collegio Fuccioli. Carte amministrative e contabili: 1824-1869.
Fasc. 10. Collegio Umbro-Lassi. Carte amministrative e contabili 1824-1869.

(Su i due collegi altre notizie nel fasc. 1. della stessa busta,riforma dei collegi
di istruzione di Roma; per il Collegio Fuccioli v. anche bb 300-301.
Istituti di istruzione in Città di Castello).

Per le vicende degli istituti e dei lasciti dopo il 1870, in ARCHIVIO CENTRALE

DELLO SrATO TraLiaNo. Archivio del Ministero della Istruzione Pubblica,

lasciti e fondazioni, b 43. Lascito Lassi a 1873-1881.

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LA LITOTOMIA E I LITOTOMI NORCINI

I. — La tecnica della Litotomia nella antichità e nei tempi moderni

Ciò che sappiamo della operazione della pietra ci è stato tra
smesso dal romano CeLso (I° secolo) e dal greco PAoLo DI EGINA
(VII° secolo (1). Per ambedue l'operazione si faceva col taglio peri-
neale incidendo le carni intorno alla pietra tenuta ferma colle dita della
sinistra dell'operatore introdotte per la via rettale, e colla mano di
uno assistente applicate con giuste norme nella regione ipogastrica.
Le divergenze stanno nelle modalità del taglio che secondo Celso do-
veva essere trasversale ed ugualmente esteso nei due lati del perineo;
secondo Paolo invece obliquo, fatto nella metà sinistra, e indicato
perció anche col nome di processo laterale. L'origine del quale, secondo
lo SenENGEL (Storia delle principali operazioni chirurgiche) sarebbe
molto più antica, e dovrebbe esserne attribuita la paternità ad AN-
TILLO coetaneo di CELSO.

Nel corso dei secoli i due processi furono stranamente confusi;
forse in seguito alla errata interpretazione del termine tecnico « Coxas »

adoperato da Celso; identificato più tardi coll’« ischia» dei greci e.

colle « clunes » dei latini.

Fra i primi — se non forse il primo — a rilevare la differenza fon-
damentale fra il taglio trasversale di Celso (e i pericoli, confermati
da numerosi insuccessi) e quello obliquo di Paolo di Egina fu FaBRI-
ZIO DA ACQUAPENDENTE (1537-1619). In tempi più recenti lo scoz-
zese BENIAMINO BELL (1749-1806) e l’italiano Gio. BATTISTA PA-
LETTA (1747-1832) confermarono con sperimenti sui cadaveri i difetti
e i pericoli del metodo trasversale Celsiano; ed il secondo ottenne

(1) Nello stendere queste note sui litotomi norcini e preciani abbiamo
largamente attinto alla bella memoria di G. B. FABBRI, Della litotomia antica
e dei litotomi ed oculisti norcini e preciani, Bologna, Tip. Gamberoni e Par-
meggiani, 1870; estratto dalla Serie IT, Tomo IX delle « Memorie dell'Acca-
demia delle Scienze dell'Istituto di Bologna ».

——


————

NOTE E DOCUMENTI 203

splendidi risultati applicando il processo laterale di Paolo di Egina a
fanciulli vivi (1).

Del resto la confusione cui abbiamo accennato é stata benefica;

in quanto tutti quelli che nel medioevo e dopo hanno cavato la pie-
tra cercando di seguire il metodo Celsiano in sostanza non facevano
che applicare quello di Paolo di Egina.

II. — La tradizione litotomica norcina. — Norcini e Preciani

Ippocrate col giuramento che imponeva ai suoi alunni esigeva,
fra l'altro, l'impegno a non confondersi coi litotomi, lasciandoli libe-
ramente operare, senza pensare a sostituirli. Il che sta evidentemente
ad attestare la remota antichità di speciali operatori di pietra. E ve
ne furono infatti cosi in Grecia come in Italia. Anzi i più celebri, se

. non: gli-unici di cui si abbia memoria a cominciare dal Medio-Evo,

furono uomini appartenenti a famiglie della Città di Norcia non che
delle terre del contado: come Collazzone, Saccovesco, Roccanolfi,
Poggio della Pace, ma specialmente delle terre e del contado delle
Preci (2). La data esatta della loro comparsa sfugge; né d’altra parte
è il caso di frugare negli archivi di Norcia distrutti completamente
dai frequenti terremoti cui quella regione va pur troppo soggetta. Se-
condo lo SPRENGEL (1760-1833) a loro alluderebbe il LANFRANCO (gran-
de italiano, professore di chirurgia a Parigi nel xiu secolo) quando
dice che l'« operazione della pietra », classificata « timorosa operatio »,
deve lasciarsi ai «laici avidi di guadagni ». Il che vorrebbe dire che
nel 1200 la reputazione dei Norcini era già stabilita, e doveva quindi
aver avuto inizio molto prima. Oltre alla operazione della pietra,

(1) Cfr. G. B. PALETTA, Sulla litotomia Celsiana, nelle « Memorie dell'Isti-
tuto Nazionale Italiano », Tomo 19, Parte 1, Bologna, 1806, pag. 106.

(2) Gfr. PAMELLI, Memorie degli uomini illustri e chiari in medicina nel
Piceno, Ascoli 1758, Tomo 1°, pag. 421 (da notare che Norcia e il suo terri-
torio, situati sul confine fra l'Umbria e le Marche, furono spesso attribuite
all'una o all'altra regione); MazzucHELLI. Scrittori di Italia, Brescia, 1763,
vol. II, pag. 238. Ambedue questi autori celebrano Norcia e Preci come pa-
tria non solo di litotomi, ma anche di medici di alto grido. D. ERNESTO BE-
NEDETTI (nell'opuscolo La Scuola chirurgica preciana nell' Alto Medio Evo, Terni,
presso la Rivista «Umbria Medica», 1924; pagg. 4-5) avanza la ipotesi (che anzi
per lui è certezza) che «i celebri operatori preciani appresero la loro arte dai
« Monaci Benedettini del celebre Leprosario Umbro in San Lazzaro Valloncello
«(non lontano da Preci) che meritó di esser visitato dal Poverello di Assisi e
« svolse opera eminentemente benefica ed umanitaria nell’ Umbria e nelle Marche ».

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204 NOTE E DOCUMENTI

essi si dedicavano anche a quella dell'ernia e affini; non che a Hee
della cataratta che operavano per abbassamento.

Secondo il MALGAIGNE (1806-1865), i litotomi norcini (vedere
la prefazione alla edizione del 1840 delle opere del Puré) sarebbero
comparsi nel seeolo xv e discenderebbero da quel « PrETRO » norcino,
piü che litotomo castratore, di cui ci parla Marcello Cumano e non
avrebbero durato oltre due secoli. Si tratta di un evidente errore nel
quale sono caduti altri storici della medicina, come l'HALLER (1708-
1777) e il De Renzi (1800-1872) pei quali gli indubbiamenti preciani
cui accenneremo anche in seguito — DURANTE SCACCHI, GEROLAMO
MARINI, GEROLAMO LAPr, ALESSANDRO CATANI — sarebbero il primo
fabrianese, il secondo e il terzo romani, il quarto napoletano.

In realtà la tradizione dei litotomi norcini e preciaai duró per
lo meno fino a tutto il 1700. ArEssANDRO CATANI, preciano nella
disertazione La litofomia dimostrata e difesa (Venezia 1752) e in altri
lavori enumera ben ventisette famiglie preciane che hanno dato —
molte fino al '700 — litotomi ed oculisti.

Esse sono: Accoromboni; Alessi; Amici; Bacheloni ; Benevoli ;
Bitozzi ; Blasi; Bonaiuti; Brunetti; Buonaggiunti ; Bonini ; Carocci ;
Catani; Colantoni ;; Coromboni ; Issoldi; Lapi; Marini; Mattioli;
Mensurati ; Pedoni ; Petrucci; Politi ; Salimbeni; Scacchi; Serran-

toni ; Stabelli e forse altre. Gli Atti del Collegio Veneto fra i Chirur-

ghi parlano nel 1673 dei norcini che esercitavano la chirurgia a Vene-
zia e ricusavano di dare l'esame prescritto; l'ultima volta che vi ac-
cennano — come a chirurghi volgari — é nel 1772 (1)

L'abbondanza dei litotomi originari di Preci spiega perché essi
abbiano sempre tenuto a distinguersi da quelli nativi di Norcia; o
meglio ad affermarsi in seno alla tradizione litotoma norcina come
«scuola preciana » a sé.

III. — Gli intraprendenti poco onesti della tradizione norcina

Il Malgaigne ricordato parla con disprezzo dei litotomi norcini,
chiamandoli, sull'esempio di quel Pietro sopra ricordato, castratori,
e scrive «l'operation est perigleuse... et c'est une de plus puissant
«raisons parmi celles qui ont obligé le grands chirurgiéns de laisser
« faire cette operation à de certains courreurs ». Come tutto ció che pecca

(1) Cfr. ARTURO CASTIGLIONI, Storia della Medicina! Milano, Mondadori,
1936, pag. 412. -

ATEI AIAR DIAZ ZIA
NOTE E DOCUMENTI . . 205

di eccessivo assolutismo, la sentenza del Malgaigne è ingiusta; ma un
lato di verità lo rispecchia. E che tra i litotomi norcini non siano
mancati, insieme ai colti ed educati, i villani rozzi, temerari e diso-
nesti, lo hanno riconosciuto anche giudici non sospetti, come i pre-
ciani DURANTE ScaccHI nell’ 500, GeRoLAMO MARINI e NicoLo’

. CATANI nel '700. I quali rimproverarono a questi inesperti temerari

di mutilare i fanciulli affetti, non pur da ernia scrotale, ma da sem-
plice idrocele. Vero è che operazioni consimili, implicanti il sagrificio
della glandola seminale, venivano eseguite anche da altri chirurgi; e
se ne ridusse il numero solo quando FABRIZIO d'ACQUAPENDENTE ebbe
indicata la cura della compressione, accompagnata dall’uso del cinto.
D'altra parte mentre i veri'chirurgi in caso di inderogabile necessità
- come nell'ernia scrotale — limitarono la soppressione ad una sola

‘ glandola, i rozzi sopraddetti norcini procedevano alla evirazione com-

pleta.
IV. — I valorosi ed onesti della tradizione norcina

Se in omaggio alla verità non abbiamo taciuto dei temerari
norcini, dobbiamo per lo stesso motivo mettere in evidenza gli onesti
che — a cominciare per lo meno dal secolo xtv — mentre contribuirono
validamente a salvare la tradizione della chirurgia efficace, all'avvi-
cinarsi del rinascimento, anche se all’inizio rozzi e intraprendenti,
ingentilirono, risentendone l'influsso.

Ed eccoli, secolo per secolo:

SECOLO XIV. — Il Marini annovera fra gli archiatri pontefici

| FRANcEsco FusconI da Norcia (1); e DURANTE ScaccHi (nella prefa-

zione al Subsidiums Medicinae di cui diremo appresso) ricorda uno
ScAccHI di Preci, medico del Re Cristianissimo.

SECOLO xv. - Acquistò fama BENEDETTO RIGUARDATI da Norcia
che fu lettore (dal 1422 al 1427 e poi di nuovo nel 1431) a Perugia;
fu medico di Sisto IV e più tardi (1450) al servizio di Francesco Sfor-
za a Milano che lo nominò Senatore ed Archiatra ducale, e lo mandò
ambasciatore ai Veneziani. Opere sue a stampa principali sono il
De. Pestilentia, Milano, 1470,. e il De Sanitatis conservatione, Roma,
1475. i Pe

(1) MARINI, Archiatri Pontefici, Tomo I, pag. 525. Cfr. anche, BINI,
Storia dell’ Università di Perugia, vol. I, pag. 425.

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Won 206 NOTE E DOCUMENTI

Rinomato fu anche FnANcEsco DI BAnTOLOMEO da Norcia che
dal 1430 insegnó anch'egli e per parecchi anni a Perugia medicina
e chirurgia e che gli Annali Deemvirali perugini del 1430 (foglio 41)
chiamano egregio et famoso doctore. (1) :

SECOLO XVI. — Gli storici genovesi Bartolomeo Senarega ( 1515)
sotto la rubrica 510 e il Giustiniani (1479-1536) parlano con ampie
lodi di un insigne chirurgo norcino MAEsTRO Gracomo da Norcia.
Scrive il primo. «Hic vir insignis ingenio et istitutione tantum valuit
ut laborantes calculo nimia industria liberaret... ut iam morituros
«prae nimio dolore vitae restitueret. (2)

E Fabrizio d’ Acquapendente: « Quanquam antiqui omnes maxime
fuerint in hoc opere peragendo formidolosi, tamen hac nostra aetate res
cum minori periculo peragitur; ita ut ego viderim saepius omnis ae- -
tatis homines sanatos, neque etiam admodum validos cam administrante
HonRATIO DE Norsia, quem ego vidi aliquando duos calculos et eos
equidem magnos, extrascisse seni cuidam anico meo qui multos annos
postea vixit ».

. Da ricordare nel 1500 sono anche DURANTE ScAccHI e suo fra-
tello CESARE ScAccHI; il quale ultimo, come risulta anche da una let-
tera di Durante, fu chiamato a Londra per curare la Regina, e dopo
una dimora di cinque mesi ne tornó con ricchissimi donativi. Di Du-
rante è rimasta l'opera seguente: DURANTE Scacco Prec. civ. (citta-
dino preciano) fabrianensi chirurgo (chirurgo a Fabriano) atque
Physico expertissimo auctore... subsidium medicinae etc, Urbino,
1596, presso i fratelli Ragasi, in 89, di pag. 408.

È diviso in quattro libri: — Lisro 1°: Malattie degli occhi e delle
palpebre. Lisro 29 Mali della vescica e metodi nuovi per le operazioni
relative. LiBro 3°: Affectus praeter naturam difficiliores nostrum corpus
sollicitantes extirpantur. LiBRo 49: Cura dei tumori, delle ferite, delle
ulceri, delle fratture, delle lussazioni.

Durante in questo libro dà prova di molta cultura, di
buon criterio, e di singolare abilità operativa. Per il cateterismo
adoperava una siringa «a doppia curva», cosi fatta per imitare

(1) Per ambedue questi famosi «norcini» del Secolo xv vedere Prz-
ZONI PrETRO. I medici umbri lettori presso l’ Università di Perugia, parag. 8 e
10, alle pagg. 28 e 33, in « Bollettino della Deputazione di Storia Patria per
l'Umbria » vol. XLVII (anno 1950), ove se ne danno più ampie notizie.

(2) Cfr. FABBRI, Memoria di Giovanni De Romanis in « Memorie dell'Ac-
cademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna », Serie II, Tomo V.
re pai

NOTE E DOCUMENTI 207

le due naturali curvature dell’uretra; siringa il cui uso un secolo e
mezzo più tardi fu introdotto in Francia, attribuendone l’inven-
zione al Petit.

SECOLO XVII. — Va ricordato SiGisMoNDo Canocci che nel 1648
fu a Vienna «ove felicemente depose le cateratte dell’imperatrice
« Elisabetta moglie di Federico III e madre di Leopoldo I e ne tornò
«con innumerevoli doni e un diploma di nobiltà perpetua del Sacro
« Romano Impero ». (1)

Il CinELLI, nel tomo IV pag. 124 della sua Biblioteca volante
racconta un aneddoto di cui fu protagonista un ANTONIO BENEVOLI
che viveva ancora a Firenze nel 1640 e che per distinguerlo dal suo
omonimo nipote del secolo xvii chiameremo SENIOR. Ed ecco l'a-
nedotto. « Il dottor Giov. Andrea Moneglia, medico del Granduca,
« si era fitto in capo che il signor Amerigo Grassi fosse pietrante. Chia-
« mato il litotomo Antonio Benevoli, che da molti anni dimorava a Fi-
« renze, questi non trovó pietra e l'operazione non si fece. Ma il Mone-
« glia, incaponito nella sua idea, non si fermó per questo. Fece venire
« di Francia un operatore di pietra della famiglia Colot e seppe persua-
«derlo in guisa che si ridusse a venire al taglio; inutilmente però,
«giacché in vescica non si riscontrò pietra veruna ». Il Cinelli soggiunge
però che in seguito dal chirurgo francese fu felicemente operato un
orfano di sedici anni; ma l’aggiunta non valse a salvarlo dalle conse-
guenze dell’ira destata dalla narrazione del primo piccante episodio:
ira che si sfogó fino a fare decretare il di lui esilio. Im

Non vanno dimenticati, i preciani PrETRO e PAoro Lupi che nel
1685 costruirono le cosidette « candelette », fatte di tela cambraia
spalmata di cera molle e rotolata su se stessa: candelette adoperate
anche da altri (verso la metà del 1800 il Fabbri le trovó in uso anche
a Parigi) per la cura degli stringimenti uretrali.

Una notevole testimonianza a favore dei norcini la troviamo in
questo secolo nell' Enchiridion Anatomicum et Pathologicum (Ed. 223,
Francoforte 1677) di GrovANNI RroLAwo: che scrive: « Operatio ex-

-«traendi calculum... sola parisiensium Lithotomorum et quorumdam

« Italorum Nursiae familiae tuta est et facilis ». E LuIGI SETTALA
(1551-1633) fa ampie lodi dei litotomi norcini in generale; ed in par

(1) Cfr. CATANI NicoLò, Dissertazioni (Disputazione 223); CATANI ALES-
SANDRO, La Litotomia dimostrata e difesa , Venezia, 1752.



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208 NOTE E DOCUMENTI

ticolare di GIOVANNI ACCOROMBONI da Norcia e del figlio: commen-

dati come insigni operatori (1).

SECOLO xvi. — È questo il periodo più splendido della tradizione
litotoma norcina che ebbe rappresentanti — e non di rado di gran va-
lore — in tutte le principali città di Italia (come Bologna, Cremona,
Chioggia, Firenze, Genova, Modena, Parma, Pisa, Rimini, Napoli,
Roma, Voghera, Venezia) e fuori (Gratz e Innsbruck). E AnTONIO
BENEIOLI in un opuscolo polemico (Contro le replicate accuse del Sig.
Pietro Paolo, Firenze, 1732, pag. 13) poteva affermare che: «in tutta Ita-
« lia non si trovano più di quattro o sei litotomi (salvo ogni vero loro nu-
« mero) d'altra scuola (ossia non norcina); del resto valenti anche loro ».

+ Evidentemente il 1700 è il secolo del canto del cigno per la tra-
dizione litotoma norcina che con esso cessa e non può non cessare.
Oramai la chirurgia — anche per merito dei più illustri litotomi set-
tecenteschi norcini e preciani, comè per es. il citato ANTONIO BENE-
VOLI junior — è assurta ad arte e scienza quasi perfette, prendendo
definitivamente posto a lato della medicina. E il chirurgo che po-
teva oramai ornarsi del grado accademico di dottore (esclusivo fino
allora dei medici) giudicò non essere ulteriormente dignitoso per la
sua arte escludere dalla propria attività, per abbandonarla a quella
degli intraprendenti empirici, tutta una branca di operazioni sia pur
delicate. E l’intervento più razionale del bistury chirurgico esautorò
quello più rozzo del coltello dell’empirico (2).

(1) L. SETTALA. Vedere il capitolo «de lapidibus vescicae » delle Ani-
madversionum et cautionum medicarum, Patavii, 1752, pag. 245; A. CASTI-
GLIONI, Op. cit,. pag. 412.

(2) Per farci un’idea del valore dei ferri dei chirurghi norcini e preciani
in confronto dei moderni, riportiamo quanto appresso dal già citato opuscolo
di D. ERNESTO BENEDETTI, pp. 14-15: « Nel 1875 (tramite il prof. Filippo
Scalzi della Università di Roma) il sig. Pietro Angelucci Sindaco di Preci donò
allo Stato una collezione di Ferri chirurgici della Scuola Preciana risalenti ai
' secoli XVI-XVII già comparsa alla esposizione di quell’anno a Milano e di
cui egli era proprietario. Ruggero Bonghi; allora Ministro della Pubblica Istru-

zione, in segno di benevolo gradimento fece nominare il sig. Angelucci Cavaliere.

della Corona d'Italia e rilasciare un diploma di onore per l'intera sua famiglia.

Ecco come il prof. ScaLzi (nel Discorso per la inaugurazione degli Studi
alla R. Università di Roma, 1° novembre 1875, Roma. S. Cacelli, pag. 11) parla
di questi ferri: Niuno altro potrebbe gareggiare coi Nursini e Preciani nella
invenzione di istrumenti che soddisfacciano precipuamente alla operazione della
cisto-litrotizia. I moderni soltanto hanno: potuto avanzarli trovando, grazie agli
acquisti della meccanica applicata alla chirurgia, congegni per forma più semplice
più spediti nell'uso, in efficacia più potenti ».
P ; ANDR : i NOTE E DOCUMENTI 209 -

Per venire ai particolari, troviamo nel '700: : i i
Ad Innsbruck, GiroraMmo LEoPoLDO BACHETONI litotomo, ocu-
lista e professore di Anatomia.
. . A Napoli, CATANI ALESSANDRO, autore fra l'altro, di Il litotomo
in pratica etc (Venezia, 1766, per il Remondini), nel quale il Catani
fa la storia delle trecentosedici litotomie da lui fatte; tutte, tranne
trenta, riuscite favorevoli. Il volume è stampato lussuosamente, con
belle incisioni. Il Catani fu ricordato dal De RENzZIS nella Storia della
Medicina in Italia (Tomo V, pagg. 769 e 862) come napoletano:
ma, a parte il resto, il Catani stesso, nell'altra sua opera: La litoto- '
mia dimostrata e difesa (Venezia, 1752), chiama i preciani « miei com-
patriotti ». L'equivoco deve essere stato originato dal fatto di esser
riuscito il Catani a fissarsi a Napoli, come litotomo ed oculista dei
R.R. Ospedali, giovanissimo ancora di ventidue anni.

- A Roma, Girolamo Marini professore di Litotomia e Chirurgia
nell'Arciospedale di Santo Spirito, autore de la Pratica delle principali
e più difficili operazioni di chirurgia che riguardano il professore lito-
tomo ed oculista, divisa in 15 capitoli. (Roma, 1723, in 8°, di pag. 216).
G. B. FABBRI (op. cit., pag. 17) dà di quest'opera il seguente giudizio
che potrebbe applicarsi alla generalità dei litotomi norcini: « Sotto
una veste rozza e deturpata qua e là da errori scientifici [imputabili -
«più che all'Autore, alla Scuola ed ai tempi] è forza riconoscere
«un modo di condursi in pratica degno di lode e ammirazione ».
| In qual giudizio é in piena armonia con quanto lasció scritto
BERNARDINO GENGA (collega del Marini nell'Ospedale di Santo Spi-
rito, dove era primario e professore di Anatomia e Chirurgia) nei
suoi Commentari agli aforismi di Ippocrate (Roma, 1694) a pag. 67):
«quelli di tal paese (Norcia) sin per così dire dall'infanzia si eserci-
«tano a curare li mali di tali parti urinarie. Dalli quali (come ne fa
«testimonianza l’esperienza) in tali malattie si sentono, con un modo
«ancorché rozzo, proporre giudizi tanto sodi e farsi operazioni gravi

«che non possono né proporsi, né tanto felicemente farsi da altri uomini
«grandi in tutta la medicina » (1).

(1) Il prof. EnrIco MARCONI, direttore della Rivista « L'Umbria Medica »,

: Terni, 1924 (nella prefazione al già citato opuscolo di ERNESTO BENEDETTI)

scrive: l'arte chirurgica era nei secoli passati così strettamente legata all'ambiente

« Norcino che le parole « NorcINo e CHIRURGO » erano perfettamente sinonime ;

«e... nelle antiche tabelle dell’ Arciospedale di S. Spirito in Roma figura ancora

«nitida la leggenda « VipeAT NURSINUS », intendendosi con ciò che un dato ma-
«lato doveva essere affidato al Chirurgo ». -

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210 NOTE E DOCUMENTI

A Bologna la tradizione norcina si era già iniziata nel secolo pre-
cedente. Si ha infatti notizia della presenza nella Città delle due
Torri di BERTONI FRANCESCO da Norcia dal 1662 al 1665; di Gra-
Como MARINI da Preci dal 1670 al 1687; di FRANCESCO MARINI (forse
figlio del precedente) dal 1689 al 1705. Per tutto poi il '700 vi fu in
continuità un litotomo ed oculista norcino in servizio della Città e
degli Ospedali, nominato e stipendiato regolarmente dal Senato. E
tutto ció mentre fiorirono a Bologna uomini che meritamente ebbero
fama di valenti chirurgi. Cosi da un documento del 1712, conservato
nell'Archivio della Università di Bologna, risulta scelto GIusEPPE
CARLO BaAcHETONI. Questi poi fu alla sua morte sostituito col figlio
GrUsEPPE MARIA BAcHETONI che ebbe per alunno e ad un certo mo-
mento coadiutore il bolognese Giuseppe Atti, il quale, quando egli -
nel 1780 morì, ne occupò il posto, iniziando la serie dei litotomi bo-
lognesi, e chiudendo quella dei preciani. E l'apprezzamento che dei
norcini faceva la dotta Bologna, risulta anche dal fatto che tre di
essi (e cioè nel 1730 due BACHETTONI, GIUSEPPE MARIA, già ricor-
dato e GeROLAMO, e nel 1773 CATANI ALESSANDRO, operante come

. già abbiamo visto a Napoli) furono iscritti dall’ Accademia delle Scien-

ze bolognese nel proprio albo.
A Firenze, sempre nel '700, levarono alta fama di se: LoRENZO

Lupi (che ebbe per alunno l’ALGHIsI autore di un Trattato di litoto-

mia, Firenze, 1707 e Venezia, 1708), il BonaIUTI, GiroLamo Co-
ROMBONI e ANTONIO BENEVOLI JUNIOR.

Del quale- ultimo — data anche la fama meritatamente da lui
raggiunta, specialmente come scopritore della natura della cataratta
— è pregio dell'opera dare più ampie dettagliate notizie.

Nacque ANTONIO BENEvoLI JUNIOR alle Preci (un comune mon-
tano estremamente sparso, il cui capoluogo dista meno di venti chilo-
metri da Norcia, in direzione di N-O) nel 1685 e, rimasto orfano in età
fanciullesca, lo zio materno GrroLamo CoromBoNI lo chiamò presso di
se, a Firenze, dove egli verso la fine del seicento, maestro di chirurgia
in Santa Maria Nuova, si era acquistata fama come docente e credito
come litotomo. Nella consuetudine collo zio si formò alla tradizione
della scuola norcina o meglio preciana: tradizione che simultanea-
mente integrò alla scuola dell’anatomico Tommaso Pucci e del valente
chirurgo fiorentino Angelo Querci. E tanto progredì che nel 1706 a ven-
t'anni, attraverso uno splendido concorso in gara con valenti candi-
dati come Tommaso Alghisi, conquistò i posti già occupati dallo zio
litodomo e dal Santarelli oculista nell’Ospedale di Santa Maria Nuova.
NOTE E DOCUMENTI 211

E il Mazzucchelli (1) racconta che poco dopo egli introdusse nel
detto Ospedale l'«operazione dell'ernia incarcerata col taglio » non
usata ivi mai per l'avanti.

Si dibatteva allora la questione della vera sede della cateratta, ^
ritenuta sempre dai preciani membranosa. Antonio Benevoli pubblicò |
su questo argomento per le stampe a Firenze nel 1722 una lettera :
diretta al grande otologo AnTONIO MARIA VALSALVA, professore e \i
chirurgo a Bologna nell'Ospedale degli Incurabili di Sant'Orsola, il

\ quale, avendo del Benevoli una grande stima come oculista, aveva
persuaso l’allora Cardinale Arcivescovo di Bologna Jacopo Boncom-
pagni a farlo venire a bella posta da Firenze per operarlo. Ora in
questa Lettera sopra la cataratta glaucomatosa il Benevoli ricorda la
sua andata a Bologna e ne prende occasione per comunicare al Val-
salva, chirurgo celebre, di aver sezionati due occhi operati di cate-
ratta due anni prima e di aver trovato in ambedue il cristallino opa-
cato, infossato nel vitreo e un po’ diminuito di volume. Per la quale
cosa, senza negare che sì diano cataratte membranose, egli accetta la
sentenza del BrissEeAU (1676-1743), del MaTTRE-JAN (1650 ?-1730) e
dell'ErsrEno [i quali del resto n» riprendevano una già avanzata dagli

anatomisti italiani ed in particolare dal Morgagni (2)] che la vera
cataratta consista nella alterazione e intorbidamento del cristallino.

Altri scritti del Beneroli versano su argomenti di chirurgia ure-
trale (Venezia, 1724) c sull’ernia intestinale (Firenze, 1747).

Furono suoi alunni Angelo Nannini e Giandomenico Bacocchi,
quest’ultimo chirurgo a Brescia.

Nel 1755 — sempre nell'Ospedale di Santa Maria Nuova, dove
era già litotomo ed oculista — fu promosso chirurgo primario. Nel
1756 mori, lasciando grande fama specialmente come oculista e ope-
ratore di ernie (3).

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D. Pietro Pizzowi

(1) MazzuccHELLI, Scrittori d'Italia, Brescia, 1873, Tomo II. MN

(2) A CASTIGLIONI, Storia della medicina, op. cit., pag. 350.

(3) FABBRI, op. cit., pag. 23-24; A. CASTIGLIONI in «Enciclopedia Italiana »
alla voce Benevoli Antonio. t

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LUIGI TARULLI BRUNAMONTI

Dai coniugi Saverio e Maria Mancini nacque in Matelica il 10
luglio 1865 Luigi, che al suo cognome aggiunse quello di Brunamonti
per essersi unito in matrimonio con Beatrice, figlia di Alinda Bonacci
Brunamonti, insigne poetessa umbra. i

Laureatosi all'Università di. Roma sotto la guida sapiente del
fisiologo prof. Luciani, ottenne la libera docenza in chimica fisica
fisiologica, e avrebbe potuto continuare brillantemente la carriera di
universitario se non avesse abbandonato la città di Roma. |

- ‘Volendo ricordare l’illustre professore quale Segretario della
Deputazione di Storia Patria e quale cultore degli Studi Storici,
tralasciamo di prendere in esame le sue numerose pubblicazioni di
medicina e chimica fisiologica.

Entrato, a seguito del suo matrimonio, in casa Brunamonti, il

suo limpido ingegno fu attratto da quell'ambiente letterario, cui fa-
cevano capo una schiera di studiosi che in gran parte si dedicavano
agli studi storico-artistici della nostra Regione.

Non era nuovo in Perugia l'esempio dato dagli insegnanti di
scienze naturali, chimiche e mediche, molti dei quali furono valentis-
simi anche nelle ricerche storico-letterarie. Il protomedico Alessandro
Pascoli mise insieme una pregevole collezione di quadri, i quali in

piccola parte sono conservati nella Pinacoteca di Deruta e che furono.

illustrati dal suo fratello Lione; Annibale Mariotti, di fama nazionale
peri suoi studi di medicina, è stato uno dei più insigni cultori e scritto-
ri di storia perugina; Luigi Canali, professore di chimica e mineralogia,
fu preposto alla direzione della nostra Biblioteca; Ariodante Fabretti,
laureatosi in veterinaria nel 1840 all’Università di Bologna, mai eser-
citò quella professione, ma fu quel valente archeologo che tutti cono-
scono; Cesare Massari, Zeno Zanetti, entrambi di professione medici,
e il chimico Giuseppe Bellucci completano il manipolo dei nostri
perugini rievocatori delle memorie storico-artistiche della città.
Non è da meravigliarsi, adunque, se Luigi Tarulli, professore di
medicina, amava intrattenersi nei nostri archivi per spigolare tante
notizie che, se rimaste sconosciute, sarebbero scese presto nell’oblio.
Per questa sua tendenza culturale, dopo la morte del prof. Oscar

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NECROLOGI 213

Scalvanti, fu Conservatore dell'antico Archivio dell'Università di Pe-
rugia, e dall'ordinamento di esso trasse notizie e documenti inediti
sui quali poté intessere una monografia sulla storia della medicina
in Perugia. | : a a

E non gli bastò questo lavoro, chè, a meglio dimostrare la sua cu-
riosità di erudito, pubblicò anche due articoli dal titolo: «La prima
scuola di musica in Perugia » e « Appunti storici intorno ai Monaci
Benedettini di S. Pietro ».

Fu membro del Comitato del Risorgimento Umbro e si interessò
per organizzare il centenario del celebre medico Gentile da Foligno,
e in questa occasione lesse la commemorazione nell’Aula Magna della
nostra Università. i dna

Quando Giovanni Gentile decise di pubblicare quale aggiunta
o quasi proseguimento della grande Enciclopedia Italiana un Dizio-
nario biografico degli illustri italiani, diede l’incarico a Luigi Tarulli
di raccogliere il materiale riguardante l'Umbria. L'illustre scomparso
creò un Comitato di cui fu il Presidente e potè in breve tempo raceo-
gliere centinaia di schede, in buona parte da lui compilate. Copia dello.
schedario trovasi in Perugia presso la Biblioteca Augusta.

Fu Segretario della Deputazione sotto la presidenza di Francesco
Guardabassi, interessandosi della pubblicazione del Bollettino del hi
quale fu a lungo Direttore responsabile. Ivi continuò gli « Analecta », i
cioé la rassegna di tutte le pubblicazioni riguardanti l'Umbria e gli E
autori nativi della nostra Regione. Provvide inoltre al riordimanento
dell'Archivio e della Biblioteca e alla compilazione di un nuovo Sta-
tuto, che fu approvato con R. Decreto 17 novembre 1932.

Nominato Podestà di Bevagna nel 1931, vi rimase sino al 1939 e,
insieme con gli affari del Comune, prese a cuore l'Ente Comunale di
Assistenza, di cui fu Presidente. Le pratiche amministrative lo tolsero
‘al suoi studi prediletti e, causa la guerra e la sua età avanzata, non
potè riprenderli com'era suo desiderio. Si spense in Bevagna il 16 | (E
dicembre 1949. E

. Le sue numerose schede, appunti d'archivio, trascrizioni di do- 3
cumenti e le ricerche che aveva in animo. di pubblicare, li aveva rac-
colti e conservati nell'Archivio della Famiglia Brunamonti, dove si
trovano le memorie, i manoscritti inediti, un prezioso carteggio con
illustri letterati, che furono in corrispondenza con la poetessa umbra. -
Questo materiale era stato da lui tenuto a disposizione del pubblico
e fu spesso consultato da varie persone dell’epoca che si sono interes-
sate della storia contemporanea della letteratura italiana, nonchè da

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studenti dell'Università di Roma e di Firenze, consigliati dai loro
professori a presentare tesi di laurea su Alinda Brunamonti.

Il Tarulli, per dare la dovuta importanza a quei ricordi che illu-
strano non solo la cultura perugina, ma, per la numerosa corrispon-
denza di illustri letterati italiani e stranieri, portano un notevole
contributo alla storia della letteratura della seconda metà del de-
corso secolo, pensó di formare un Archivio privato nella stessa casa
di Alinda Brunamonti e cosi dispose nel suo testamento.

I quattro ambienti che egli si era riservati nell'appartamento in
via Vermiglioli dovevano appartenere, subito dopo la morte, al ni-
pote Saverio Andreani con l'obbligo di raccogliervi e ordinarvi ricordi
e memorie, e le notizie artistiche e letterarie di Alinda Bonacci Bruna-
monti, con il titolo « ALtinpa Bonacci BRUNAMONTI — ARCHIVIO ».
Non risulta che a tale disposizione siasi a tutt'oggi ottemperato.

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FRANCESCO BRIGANTI

NOTA BIBLIOCRAFICA

Tralasciando l’indicazione dei lavori di chimica e di fisiologia, che qui riuscirebbe neces-
sariamente incompleta ed inesatta, si elencano le pubblicazioni di carattere storico. :
Appunti storici intorno ai monaci benedettini di S. Pietro in Perugia fino ai
primi del secolo X V, in «Bollettino della R. Deputazione di Storia Patria per
l'Umbria », XII, Perugia, 1906, pp. 385 - 466; XIII, 1907, pp. 5 - 79.
Documenti per la storia della Medicina in Perugia (dalle epoche più remote
al 1400, ivi, XXIV, 1918, pp. 37 - 69, XXV, 1922, pp. 159- 221.
Di questo lavoro si era iniziata la stampa negli «Annali della Facoltà di Medicina del-
lUniversità di Perugia », VIII, fascicoli I e II, Perugia, 1908.

Anche la pubblicazione sul « Bollettino della R. Deputazione di Storia Patria» è rimasta
interrotta.

Una Scuola di Canto a Perugia nella prima metà del sec. XIV, ivi, XXVII,

1924, pp. 339-392. i iz |

Una pagina di storia dello Studio perugino, in « Il Verzaro » (Ubicato a r
ricordo del VI Convegno Fucino dell'Italia Centrale), Perugia, 1928, pp. 50-56.

Recensioni di P. ANTONIO FANTOZZI 0. f. m., Documenti intorno alla

B. Cecilia Coppoli Clarissa (« Arch. Franc. Hist.» XIX, Quaracchi, 1926), |

e Ip., La Riforma Osservante dei Monasteri delle CIBC nell'Italia Gentrale |

(ivi, XXIII, 1930), in « Bollettino » sopra cit., XXIX, 1930, pp. 208-223. ! |

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Dorr. PERICLE PERALI

Il 30 dicembre 1949 nel pieno rigoglio delle sue attività di stu-
dioso cessava di vivere in Roma Pericle Perali, di questo nostro pe-
riodico affezionato, autorevole e benemerito amico, ed esemplarmen-
te sollecito in ogni attività della Deputazione alla quale apparteneva
da moltissimi anni. |

Nato a Orvieto il 20 giugno 1884, aveva compiuto i primi studi
nel Seminario Vescovile della sua città, che dobbiamo ritenere isti-
tuto di preparazione umanistica e scientifica di rara efficacia, se in-
sieme col Perali o poco prima di lui vi avevano percorso la loro car-
riera scolastica un insigne psichiatra Sante De Santis, e tre giovani
che furono poi tra i membri piü illustri del Sacro Collegio Cardina-
lizio di questo nostro secolo: Bonaventura Cerretti, Carlo Salotti e
Giulio Serafini. Passato all'Università di Bologna vi conseguiva bril-
lentemente la laura in Lettere, svolgendo col prof. Gherardo Ghirar-
dini una tesi di archeologia etrusca. Vincitore per concorso di una
borsa di studio della Scuola Italiana d'Archeologia ne seguì i corsi e
le esercitazioni di scavo a Roma e in Grecia. E agli studi archeologici,
pur nel ridestarsi in lui di tanti altri interessi scientifici, rimase sem-
pre affezionato, confortato anche dalla consuetudine con un gruppo
di cittadini orvietani che in quelle discipline diedero e per buona
sorte in parte continuano a dare prove cospicue di brillantissimo
ingegno e di straordinaria abilità: Adolfo Cozza, Enrico Stefani, Ra-
niero Mengarelli, Azeglio Berretti, Ugo Antonielli.

Insegnó poi nel Ginnasio di Orvieto, e diresse la scuola Tecnica
di Gubbio, luoghi che non mancarono di offrire materia di ricerche
€ di studi al suo spirito cosi felicemente aperto alla comprensione e
all'apprezzamento di quanto si connette con le discipline archeolo-
giche, storiche e storico-artistiche. Ma un'occupazione piü consona
al suo temperamento, alla sua preparazione e all'affetto per questa
sua Umbria egli raggiunse nel 1921 con la chiamata, a dirigere i
Musei Civici di Perugia, ufficio che nel fervore dell'animo suo egli
compi come qualche cosa di vivo e di vivificante.

Da lui infatti nacque l'idea di quei Corsi liberi di Alta Cultura,

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‘che egli attuò e diresse, e dai quali è poi sorta nel 1926 la nostra am-

mirata Università Italiana per Stranieri.

Nel 1923, segnalatosi per rara competenza nella Paleografia e
nella Diplomatica, fu chiamato all'Archivio Segreto Vaticano, e tale
ufficio ha conservato fino alla morte.

Ingegno brillantissimo, tale che non riesco a dti dall'i im-
magine del prodotto cosi delicatamente vivace dei vigneti della sua
terra, spirito aperto alle più varie curiosità, si occupò nei molti suoi
scritti prevalentemente di archeologia, di storia d’arte, di storia ci-
vile, antica e medioevale, ma ancora di letteratura; di teologia, di so-
ciologia, di bibliografia, non facendo tacere neanche le Muse così
della lirica come della drammatica.

Sempre giovanilmente entusiasta, lontano così dalle grettezze
delle troppo racchiuse specializzazioni, come da caute prudenze nel-
l’esporre quanto molte volte andava contro l'opinione dei più, non
poté evitare contrasti e divergenze, anche alle volte poco benevole
censure e irrisioni, che non riuscivano però a turbare la profonda
bontà dell'animo suo. Nessuna irosa polemica aduggia il ricordo del

“caro e perfetto SATO:

RoBERTO. PARIBENI
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Mons. Pror. UMBERTO FRACASSINI

La scomparsa di Mons. Umberto Fracassini, avvenuta la sera
del 30 luglio 1950, alla longeva età di quasi 89 anni, ha segnato un
grave lutto non solo per il Clero della Diocesi di Perugia cui apparte-
neva e per la Deputazione di Storia Patria dell'Umbria di cui era

, autorevole membro, ma per la cultura religiosa in Italia e all'estero

cui aveva portato un luminoso contributo.
Nato il 28 gennaio 1862 a Mercatale, in comune di Cortona ai

- confini tra Umbria e Toscana, passò la sua prima giovinezza nel Semi-

nario di Perugia, allora vivaio fecondo di studi umanistici per cura
del vescovo Gioacchino Pecci, che il giovane Fracassini apprezzò per

‘l’ingegno e l’intelligenza e seguì poi con particolare interesse quando,
‘ già divenuto Leone XIII, il chierico studente meritò di passare al
Seminario Pio di Roma, dove lodevolmente conseguì la laurea prima in

Teologia e conseguentemente in utroque jure, distinguendosi sempre
tra i migliori. Tornato a Perugia, iniziò il primo periodo di attività
di sacerdote e di studioso che va fino al 1907, durante il quale la sua
ricca personalità si andò completando ed affermando nella duplice
opera di educatore e di scienziato, che egli sapientemente fuse in ar-
monica unità. Quasi subito fu preposto alla direzione del Seminario
Diocesano in un momento difficile, quando i vecchi sistemi educativi,

‘ancora ispirantisi alla rigida disciplina esteriore, quasi militaresca,
‘provocavano reazioni pericolose negli animi giovanili e rendevano

più scarso il maturarsi delle vocazioni ecclesiastiche. Egli, mite per
natura, formato alla pietà di S. Francesco di Sales, per il quale ebbe
sempre devota venerazione, nutrito dello spirito del Vangelo alla scuola
di S. Giovanni e di S. Paolo, seppe dare una nuova vita ai giovani
aspiranti al sacerdozio, educandoli alla disciplina che è frutto della

. libertà interiore e del senso della responsabilità, fatta quindi di since-

rità e di amore. Il Seminario seppe trasformare da caserma in fami-

glia dove aleggiava lo spirito della paternità e della fraternità cristia-

ne. A ciò contribuì soprattutto il suo esempio. Sempre presente in mez-
zo ai giovani, la sua figura imponeva allo stesso tempo rispetto e amore.
Costantemente sereno, rigido con se stesso nello scrupoloso compi-

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218 NECROLOGI

mento del dovere, modesto e semplice nei rapporti con i superiori e
gli inferiori, chiaro e sincero con tutti, la vita era per lui, in tutte
le manifestazioni, dedizione e consacrazione fedele alla. Chiesa. La
pietà e lo studio considerava, l'una e l'altro, come elementi indivisi-

bili e indispensabili per la formazione al sacerdozio. Lo studio, stru-

mento di disciplina interiore ed esteriore, come l'attività piü idonea,
dopo la preghiera, ad elevare l'anima a Dio, Verità per essenza, e a
educare l'intelligenza e la volontà: lo studio non concepito come fine
a se stesso, ma in funzione di vita e di ministero di bene per gli altri.
Di-modo che la cattedra di S. Scrittura, che tenne per tutti gli anni
che fu Rettore nel Seminario, fu per lui, dopo le meditazioni sul Van-
gelo domenicale, il mezzo piü efficace per creare tra sé e i giovani
la comunione di spirito che é fondamento dell'opera educatrice.
Ingegno robusto ed acuto, paziente nella ricerca e nell'analisi, ma
anche dotato di originale facoltà di sintesi e di un sano equilibrio cri-
tico, fornito di solida preparazione filologica, esperto nel latino, nel
greco, nell'ebraico, nelle lingue orientali e conoscitore delle moderne
— il francese, il tedesco e l'inglese — prese a studiare la Bibbia per
meglio scoprirne, attraverso la lettera umana, la Sorgente Divina ispi-
ratrice, che di quella aveva fatto il mezzo per comunicarsi agli uomini
nell'opera della Rivelazione. Si mise allo studio con animo di fedele
discepolo della Verità, di cui la Fede e la Scienza sono due aspetti
che non possono creare contraddizioni, quando l'anima, che sincera
mente crede, si accinge alla ricerca scientifica usando della ragione
con intenzione pura e con l'umile consapevolezza dei suoi limiti. Ma
il compito non era senza difficoltà e rischi. Per un complesso di cau-
se, che non é il caso qui di indagare, le scienze religiose in Italia,
coltivate esclusivamente nelle oasi chiuse degli ambienti ecclesiastici,
avevano allora perduto ogni contatto con la cultura moderna e non
rispondevano alle sue esigenze. Con grande impoverimento della vita
religiosa, la Teologia non entrava piü a far parte dell'istruzione dei
laici, e la Bibbia era presso a poco divenuta un libro sconosciuto.
Fuori d'Italia, specialmente in Germania, in Francia e in Inghilterra,
i cattolici, stimolati dalla necessità di difendere la Fede di fronte al
protestantesimo ed al razionalismo che usava della critica dei testi
biblici a sostegno delle tesi della filosofia post-kantiana, negatrice
della trascendenza e del soprannaturale, si erano aggiornati nel me-
todo positivo della critica storica e filologica, per potersi adeguare
alle nuove esigenze dell'apologetica. La necessità di questo movimen-
to anche in Italia non poteva non essere avvertita dalla sensibilità

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NECROLOGI 219

religiosa e scientifica del Fracassini, che con i suoi studi intese a por-
tare un contributo sereno e fattivo a questa opera di rinnovamento
a vantaggio della vita religiosa specialmente delle classi intellettuali;
e prese parte a quel movimento culturale religioso che, negli ultimi
anni dell’800 fino alla morte di Leone XIII, sorse e si propagò in Ita-
lia, destando nello stesso tempo vasti consensi ed entusiasmi ed al-
trettante diffidenze e ostilità. :

Dalla sua cattedra il Fracassini affrontó in quel periodo le que-
stioni più spinose allora dibattute, quali quelle dell'origine e della
composizione dei Libri Mosaici, dell'autenticità e storicità dei libri
del Nuovo Testamento, la questione del Vangelo di S. Giovanni, con-
ducendo alla soluzione di questi delicati ed ardui problemi con uno
spirito di serena oggettività, non disgiunto mai dal rispetto per il
libro ispirato e dalla fedele disciplina al Magistero Ecclesiastico. Fu
negli ultimi anni che chiusero questo periodo che egli trattó, come sin-
tesi dei suoi studi esegetici, dell'origine e della formazione della Bib-
bia, e quindi del valore storico e religioso dei vari libri sacri collocati
nell'ambiente e nel momento della loro compilazione. Lezioni che com-
pose in un volume organico che incise una data decisiva negli annali
degli studi biblici in Italia e all' Estero, intitolato Che cos'é la Bibbia.
In questo libro, dopo aver trattato della parola e dell'opera ispirata
dei Profeti, e quindi della ispirazione degli scritti profetici e post-
profetici che di quella fissano la eco, viene ad esporre la formazione
del Canone Ebraico per passare poi all'ispirazione dei libri del Nuovo
Testamento, ed alla definitiva canonizzazione dei due Testamenti,
intendendo cosi «agevolare allo studioso della Bibbia l'intellisenza
spesso difficile della lettera, ma sopratutto a fargli comprendere e ri-

vivere lo Spirito che sotto la lettera si nasconde e che nella lettera si-

incarna ». Il libro vide la luce nel 1910, quando, per circostanze di cui

parleremo, egli da tre anni aveva lasciato la cattedra di S. Scrittura,

ed ancora oggi, dopo oltre 40 anni da che fu concepito e compilato,
conserva la sua freschezza ed attualità accanto a pubblicazioni con-
temporanee di cattolici che, indiscussi, seguono negli studi biblici la
via tracciata da lui. Il libro, con cui si chiudeva il primo periodo della
attività scientifica del Fracassini, non ebbe purtroppo in Italia la no-
torietà e la lettura che meritava, dato il momento scabroso in cui ap-
parve.

Gli ultimi anni del pontificato di Leone XIII furono caratteriz-
zati dall'incremento che questo Pontefice lungimirante aveva portato

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220 ^ A NECROLOGI

agli studi storici e biblici e che si concretó in una | più ampia libertà
riconosciuta agli studiosi. Aprì gli archivi segreti vaticani per faci-

litare la visione più esatta della Storia della Chiesa, rendendo così

possibile a Lodovico Pastor di accingersi all'opera monumentale della
Storia dei Papi dopo il Medioevo; e istituì, in data 30 ottobre 1902, la
Commissione Biblica, perché i i cattolici potessero portare com-
petentemente la loro parola sui problemi nuovi sorti allora dalla cri-
tica dei testi sacri. A far parte di questa Commissione chiamò tre
Cardinali, e, in qualità di consultori, undici dei più noti cultori di
scienze bibliche, tra i quali il P. Flemming, il P. Gismondi, l'Abb.

Amelli, lo Hummelhaner e Fracassini, che fu designato poi a segre-
tario della Commissione stessa. Nel maggio 1903 furono aggiunti tre

altri cardinali e parecchi nuovi consultori, tra cui il Padre Lagrange,
fondatore della Scuola Biblica dei Sprea di Gerusalemme, e il
Padre Genocchi. |

Ma, morto Leone XIII, si verificó un capovolgimento della si-
tuazione. Erano usciti i due primi celebri libretti rossi del Loisy,
L’Evangile et l'Eglise e Autour d'un petit livre, che erano la sintesi con-
clusiva dei suoi studi sui Sinottici e sul Vangelo di S. Giovanni i cui
tre grossi volumi non furono peraltro pubblicati che qualche anno
dopo. Improntati ad un eccessivo quanto ingiustificato radicalismo
esegetico, e inspirantisi all'immanentismo ‘e relativismo hegeliano,
polverizzavano la figura storica del Cristo nella distinzione tra il Cri-
sto della Storia e quello della Fede, e, ridücendo a ben poca cosa i
tratti autentici.e originali degli Evangeli, giungevano a considerare
l'istituzione della Chiesa e dei Sacramenti estranea al Cristo storico,
e posteriore a lui. Tuttoció suscitó una forte reazione, tanto più che
non pochi tra il giovane clero, con deficiente preparazione filosofica,

.. teologica, filologica, e forse anche sacerdotale, s'improvvisarono a

esegeti e storici, infrangendo i limiti dell'ortodossia e determinando
disorientamenti e crisi religiose. A questo punto della Sio in-
tervenne il Magistero Ecclesiastico. i

Pio X, vigile custode del Depositum Fidei, vide in questo mo-
vimento rinnovatore, divenuto incomposto, un pericolo per quello
che vi era di più sacro e vitale nella dottrina tradizionale della Chiesa

e con l’Enciclica Pascendi condannò i nuovi errori denunziati in sin-

tesi sistematica sotto il nome di modernismo. Si corse allora a mi-
sure drastiche — applicate con zelo non sempre illuminato — per sop-
primere tutti i centri ritenuti, a torto o a ragione, focolari perico-
losi di teorie innovatrici, e furono tolti incarichi direttivi e di respon-
NECROLOGI 221

sabilità a personalità anche cospicue, ma, a torto o a ragione, allora
discusse. | Hr ER

Anche il nostro Fracassini fu esonerato dalla direzione del Semi-

nario e dall'insegnamento. Egli, con umiltà fedele e devota alla Chiesa,

| silenziosamente si ritiró in solitudine, consacrandosi, con edificazione

per tutti, al ministero sacerdotale, Ma non abbandonò gli studi suoi

prediletti, cercando in essi, come sempre, alimento alla pietà e con-

forto alla tristezza dell’ora. Intanto conseguì la libera docenza in

Storia del Cristianesimo, ‘ed alla morte del prof. Labanca ebbe l’inca-

rico di sostituirlo nella cattedra di quella materia all'Università di

Roma, incarico oltremodo delicato in quel momento e che disimpe-

gnó con la consueta prudente competenza. Le lezioni di Roma rac-

È colse in un altro volume organico che venne alla luce nel 1913, l’an-

| no del centenario Costantiniano e intitolato. Cristianesimo e Impero

da Nerone a Costantino. Lo studio, condotto sulla conoscenza diretta

dei testi, trattò profondamente e con acume critico le vicende dei rap-

porti fra Chiesa e Stato nel periodo delle persecuzioni e quindi in quello

di Costantino. Tra le due tesi opposte, quella degli antichi apologeti

che presentavano Costantino come un Santo, e l’altra di coloro che

in.Costantino non vedevano che uno scettico e astuto diplomatico che

dall’insuccesso della politica persecutrice di Diocleziano fu indotto per

meri motivi di opportunità a fare della Chiesa la base per la ricostru-

zione dell' Impero traballante, e la sua ritardata conversione conside-

ravano come determinata esclusivamente da quei motivi, egli conclu-

se per un'altra soluzione. Costantino, nato e cresciuto in un ambiente

domestico di cui alcuni membri erano cristiani, poté del cristiane-

simo conoscere non solo la potente struttura esteriore, ma anche la

sua intima essenza. Di piü lo studio delle sue lettere pone in eviden-

za l'evoluzione della sua coscienza religiosa che dal paganesimo, at-

traverso il culto solare, lo conduceva al monoteismo di cui il cristia-

nesimo gli apparve come la più elevata espressione. L'unità e l'uni-

i ' versalità che erano nella sua essenza e che si traducevano nella strut-

tura monarchica e nella disciplina interna della Chiesa, che ne legava

e ordinava le parti, gli apparvero, anziché elementi contrastanti con

le esigenze dell’Impero, elementi coesivi per la stabilità di questo, e

la conciliazione del Cristianesimo con l'Impero, se rispondeva ai fini

pratici del suo consolidamento, rientrava anche nelle personali con-

vinzioni religiose di lui. Ciò però non lo poteva distogliere dal curare

anche. il riordinamento del culto pagano, quando ancora pagana si

conservava gran parte dell’impero di cui era supremo. moderatore.

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222 NECROLOGI

Questo spiega come Costantino, protettore della Chiesa, a cui aveva
restituito la libertà, si attribui la carica di Summus Pontifex del
paganesimo. E il libro termina: « Ma il puuto piü scabroso era l'at-
«teggiamento preso da Costantino verso la Chiesa stessa di Episco-
«pus externus che spesso ne importava l’ingerenza diretta anche
«negli affari interni e spirituali. E se ciò in parte fu allora una ne-
«cessità e un bene (per la pace interna dell'Impero in un momento
«in.cui profondi dissensi dogmatici potevano minacciarla), col tempo
«doveva tornare fatale allo spirito del Cristianesimo. Esso durante
«la persecuzione aveva sofferto e combattuto per conservare la pro-
« pria libertà di fronte allo Stato: se adesso la pace si doveva ac-
«quistare sacrificando gran parte di quella libertà, era comprata
«a gran prezzo. Eppure alla pretesa di tale ingerenza, non solo Co-
«stantino, ma anche i suoi successori tennero fermo. In Oriente la
«Chiesa posta dinanzi al dilemma di riprendere la lotta o cedere
«la propria libertà, ha accettato il sacrificio della libertà, cosi risorse
«con l’antica Monarchia orientale l'antica religione di stato. In Oc-
« cidente, non fu cosi. La Chiesa fu molto piü gelosa della propria li-
« bertà che conquistò in una nuova lotta assai diversa però dall'an-
«tica, anche per le diverse condizioni e la diversa fortuna cui in oc-
cidente andò soggetto l'Impero e i diversi Stati che gli successero ».

Intanto, scoppiata la grande guerra europea, al momento in cui
l'Italia entró a parteciparvi per la redenzione di Trento e di Trieste,
il Fracassini, che all'amore della Fede e della Scienza seppe unire quel-
lo della Patria, interruppe gli studi prediletti per portare il suo con-
tributo all'assistenza religiosa degli ammalati e dei feriti di guerra.
Si arruoló nella Croce Rossa, da cui ebbe l'incarico di Cappellano di
un treno addetto al trasporto dei feriti. Lontano dalla cattedra e dai
suoi libri, approfittava dei momenti liberi dalle cure del ministero per
dedicarsi, egli di natura meditativa, allo approfondimento dei pro-
blemi filosofici quali allora erano prospettati dall’attualismo del Gen--
tile, cui egli, convinto assertore del realismo filosofico eristiano, fu
tenacemente avverso.

Terminata la guerra (nel frattempo era riuscito nella terna del
concorso per Storia del Cristianesimo all’ Università di Roma), fu chia-
mato per incarico alla cattedra di Storia delle Religioni all’ Università
di Firenze, e riprese con novello vigore, nella pienezza della sua ma-
turità intellettuale, gli studi e l'insegnamento. Anche questa volta,
NECROLOGI 223

l'oggetto delle sue lezioni espose e trattó in un grosso e magnifico vo-
lume che ebbe molta risonanza all'estero e intitolato Il Misticismo
greco e il Cristianesimo. L'argomento era della massima importanza.
Molti storici contemporanei, seguendo il metodo comparativo nello
studio delle origini e del valore delle singole religioni, e partendo dal
principio che elementi similari trovati nelle diverse religioni stessero a
dimostrarne o l'origine comune o la derivazione delle une dalle altre
più antiche, o la loro reciproca influenza, li aveva indctti a concludere
per una derivazione del Cristianesimo dal Misticismo greco. Egli in-
vece comincia dall'osservare che è un inganno, al quale la nostra mente
è assai proclive, il credere che tutto nella storia si possa e debba spie-
gare per l’effetto di cause estrinseche, e che lo spirito umano non fac-
cia che ripetere ciò che è stato fatto e detto da altri e non piuttosto
operi per intima forza della sua natura, la quale rimane una nelle mol-
teplici e varie manifestazioni. È però un fatto che, se non sempre,
talvolta le somiglianze provengono dall’influenza che una cosa ha eser-
citato sull’altra, e le affinità di più religioni nella forma o nel conte-
nuto possono dipendere dalla loro origine comune. Questa però va
dimostrata con argomenti di fatto che non siano la semplice ragione di
somiglianza. Poste queste premesse, il libro prende a esaminare, con
perfetta padronanza dell’uso delle fonti e dei testi, il misticismo greco
nella sua natura e nelle molteplici sue manifestazioni cominciando a
studiare prima l'origine e il carattere del"mistero greco in generale,
indi i culti di Eleusi, di Orfeo e della Gran Madre in Grecia e a Roma
per trattare poi del sincretismo e misticismo alessandrino, di quello
astrale della religione di Mitra. Importantissimi i capitoli sulla filoso-
fia greca e il misticismo in cui passa in rivista Platone e il misticismo
platonico e neo-platonico da Filone a Plotino. Dopo uno studio sulla
origine della Teosofia e sulla Gnosi e sulla natura del misticismo teo-
sofico, viene nell’ultimo capitolo del libro a trattare dell’Ellenismo e
del Cristianesimo. Stabiliti i punti dottrinali di contatto tra la filoso-
fia antica e il cristianesimo, viene ad individuarne le sostanziali diffe-
renze: la personalità di Dio, pùnto essenziale della Teologia Cristiana e
limmanentismo panteistico della filosofia pagana: individualismo e
razionalismo greco, e universalismo e soprannaturalismo cristiano:
fissa le analogie tra il mistero pagano e quello cristiano, e presenta
la spiegazione che di esse danno i vari critici tra cui lo Harnack, lo
Schweister, il Clemen e il Gunkel che sostiene che il Nuovo Testamento
va interpretato col confronto delle altre religioni, concludendo che
il Cristianesimo di Giovanni e di Paolo è una religione sincretistica

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224 : : NECROLOGI

influenzata dalla Gnosi Orientale. Teoria cui si attengono il Loisy, il
Weinel ed altri, i quali tutti insistono che il misticismo ellenico.é

. entrato nel Cristianesimo per opera di S. Paolo. Onde il Cristianesimo

mistico, che è quello che ha prevalso, ha propriamente per autore San
Paolo. Essi negano che la mistica neotestamentaria si ricongiunga al-
l’insegnamento di Gesù, affermando che sia un’importazione dovuta al
primo incontro della predicazione del Vangelo con la religiosità mi-
stica pre-cristiana, avvenuto dopo la morte di Gesù in mezzo al mondo
ellenistico. Ma il Fracassini rileva che è vero che, sia nella mistica pa-
gana che nella cristiana, si cercava di sollevarsi all'unione dell'uomo con
Dio: ma nella prima è un’unione non morale ma fisica, mentre nel cri-
stianesimo è sì una unione reale oggettiva, che però è la base per una:
unione più alta, unione morale con la Volontà Divina per l’amore e
l’ubbidienza. Il Fiat voluntas tua non è la muta e passiva rassegnazione
stoica, ma lo slancio della volontà umana che cerca di unirsi personal-
mente e di compenetrarsi con la Volontà divina, sostenuta dall'azione
del Pneuma divino, lo Spirito Santo, che opera nella natura del cre-
dente e la trasforma elevandola alla vita di Dio. Questa forza sostan-

ziale è la Grazia comunicata dallo Spirito Santo, il quale è la causa.

vera ed efficiente della santificazione cristiana, attraverso i Sacra-
menti che ne sono i mezzi ordinari, tra i quali assumono particolare»
importanza il Battesimo e l'Eucarestia di cui rendono armoniosa
testimonianza i Sinottici come S. Giovanni e le lettere di S. Paolo e
la cui istituzione essi fanno concordemente risalire al Cristo storico.

Il libro si chiude con queste solenni affermazioni che possiamo con-
siderare come il testamento spirituale del Fracassini credente e scien-
ziato: «La fede, secondo S. Paolo, viene da ciò che si ascolta, e ciò che
«si ascolta dalla parola di Gesù Cristo. Il Cristianesimo non si spiega
«enon si intende senza la persona sovrumana di Gesù. Il che di nuovo,
«conferma il personalismo come carattere essenziale del Cristianesimo.

. « Mala persona di Gesù è per sé un mistero. Tale dovettero apprenderla

« gli stessi Suoi Discepoli, i quali videro in Lui la manifestazione vivente
«di Dio, senza essere capaci di comprenderlo appieno ed esprimerlo
«adeguatamente. E se é un mistero per la religione non lo é meno per
«la storia. I critici hanno creduto, astraendo dalla immagine che se ne
« sono fatta Paolo e Giovanni, con i semplici dati dei sinottici, ricostrui-
«rela persona storica di Gesù, ma ne è venuto lo smarrimento e la con-
«fusione. Alcuni, insistendo sugli ammaestramenti evangelici, ne han-
«no fatto un convinto ed entusiastico predicatore di religione e di mo-
« rale, non altro: è il Cristo dello Harnaek. Altri invece, dando unica-
TUUM mem ER

NECROLOGI i 225

« mente risalto agli elementi escatologici della sua predicazione, ne
«hanno fatto un povero esaltato, il quale, avendo persuaso sé e i sem-
« plici come lui, che Dio presto l'avrebbe messo sul trono della Giudea,
«ricevette dairomanila meritata pena della sua follia: è il Cristo del
« Loisy. Altri, unendo insieme le due parti, ne hanno fatto un buon

. « maestro persuaso di essere eletto da Dio a divenire il Messia futuro: è il
‘ « Cristo del Bousset... Tutte queste varie e contrarie sentenze sono in-
‘ « capaci di rendere ragione della Fede mistica di S. Paolo e degli stessi

« primi discepoli di Gesù dopo la sua morte, e nello stesso tempo non ri-

«Spondono ai dati positivi degli Evangeli. Gesù non si è presentato co-

«me semplice maestro o anche come futuro Messia e Redentore, ma fin
« da principio è apparso come l’attuale e vivente incarnazione del Pa-
«dre, mandato da Lui a richiamare a sé gli uomini peccatori, insegnante
« e operante con virtù sovrumane in mezzo a loro. Solo cosisi spiega
« questa intima unione fra il Maestro e i Discepoli, cominciata durante
«la Sua vita terrena e continuata, anzi perfezionata, dopo la morte,

«per la sua presenza invisibile come Cristo risorto. Non vi è dunque.

«stato uno stacco nella fede cristiana prima e dopo la morte di Gesù, ma

«una perfetta continuità tra la vita religiosa vissuta da Lui, coni suoi.

« discepoli in terra, e quella vissuta da loro con Lui, dopo il Suo ritorno
«a Dio: la prima è stata la preparazione e la causa della seconda.

« Dopo ciò si fa chiaro quali rapporti di origine vi possono essere
«tra la mistica pagana e la mistica cristiana. Si tratta di due entità
«essenzialmente diverse. Il Cristianesimo, l'abbiamo detto, non era
« una filosofia ma nemmeno una teosofia: l'una e l'altra considerevano

«il mondo come bello e fatto, diviso in due parti distinte ed.opposte .

« tra loro, in cui gli uomini nella loro totalità stavano dalla parte con-
«traria a Dio, e solo ad alcune anime elette — i savi, gli gnostici, gli

«iniziati — era svelato il mistero del mondo, e solo questo bastava per.

«toglierli dalla sfera delle tenebre per introdurli nella sfera della luce

« e ricongiungerli a Dio. Come la filosofia, la teosofia non era che il sem-

« plice insegnamento di una dottrina, fatta ad anime privilegiate che -

«tutt’al più si univano insieme, in una cerchia ristretta, con riti di
«iniziazione.

. « Il Cristianesimo invece è la forza vivente che trasforma il mon-
cdo, è la presenza personale di Dio rivelatosi in Cristo, in mezzo
call’umanità, che solleva dalla pura naturalità e la eleva grado a
«grado a sé, in un mondo che avrà il suo compimento alla fine dei

«tempi: visione radiosa che sostiene le speranze del cristiano. pelle-.
«grino su questa terra. La differenza é troppo grande, perché que-

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226 NECROLOGI

«sto regno di Dio in terra possa essere scambiato con una filosofia
« mistica o una teosofia, ovvero possa essere preso, come oggi si fa da.
«alcuni, per una religione dei misteri ».

Abbiamo detto che queste pagine conclusive, che non rileggiamo
senza commozione, possono essere considerate come il testamento spi-
rituale del Fracassini credente e studioso. Ritiratosi definitivamente
dall'insegnamento per limiti di età, continuó ancora a scrivere arti-
coli e recensioni su riviste e a lavorare su alcune voci per l'Enciclo-
pedia Italiana. Si accinse ad una interpretazione del testo ebraico dei
Salmi, considerati come preghiere della Liturgia ebraica e raggruppati
a seconda dell'oggetto che trattano. Ma l'opera rimase incompiuta. E
con l'ultimo libro che propriamente si chiude la sua opera scientifica. -

Vennero gli ultimi anni che furono di tribolazione e di sacrifici:
malattie fisiche, perdita della memoria, attenuazione della facoltà
visiva da impedirgli la lettura, difficoltà nella articolazione della pa-
rola, povertà assoluta, e, quello che piü lo affliggeva, l'impossibilità
fisica di poter celebrare il Santo Sacrificio, ineffabile conforto quo-

tidiano per l'anima sacerdotale.

Pure in queste tristi condizioni — con penosi riflessi sulla lucidità
della intelligenza, che peró' nella conversazione si ridestava nella sua
vivacità e a momenti rivelava sprazzi d'acume ed originalità antichi —
rimasero immutabili in Lui la serenità ela rassegnazione come fedele la
devozione a Cristo e alla Chiesa, sensibile sempre all'affetto dei suoi
antichi discepoli che spesso andavano a confortarlo, e alla considera-
zione in cui continuò ad essere tenuto dalle Autorità Ecclesiastiche
diocesane. Egli si spense lasciando una grande eredità nella bontà
di cui illuminó la sua vita, nei libri che sono il monumento perenne
dell'amore a quella Verità, che fu il suo ultimo anelito, e che saranno
sempre più apprezzati quanto più si allontaneranno nel tempo le cir-
costanze poco fortunate in cui furono scritti, e che, nel ricordo, ne fa-
ranno risaltare vieppiü il valore.

sua Eccellenza Mons. Mario Vianello, Arcivescovo di Perugia,
prima di impartire in Cattedrale l'assoluzione alla Salma, circondata
dal Clero, dagli antichi discepoli e dagli amici, ne tessé l'elogio fune-
bre con cui rese autorevole e riconoscente omaggio al Sacerdote, al-
l'Educatore, allo Scienziato, concludendo con queste parole che fac-
ciamo nostre: Mons. Umberto Fracassini ebbe la sventura di non na-
scere venticinque anni dopo. |
ej Don LuiGi PIASTRELLI
NECROLOGI 227

PUBBLICAZIONI DI UMBERTO FRACASSINI

1) Il Concilio Apostolico di Gerusalemme, di pag. 64, Tip. S. Bernardino,
nella Rivista « Il Bessarione », 1898.
2) I nuovi logia o detti di Nostro Signore scoperti in un papiro egiziano, pag.
6, nella « Rivista Bibliografica Italiana », 1898.
3) La critica degli Evangeli nel sec. XIX, in Rivista « Studi Religiosi », Fi-
renze, 1901; -fasc..1-4-5.
4) Il Regno dei Cieli e il Figliuolo di Dio, in Rivista « Studi Religiosi », Fi-
renze, 1903;.fasc. 4-5.
5) Il prologo e l’introduzione del secondo libro ad Theophilum, pag. 27. Roma;
Ferrari, 1910.
6) Che cos’è la Bibbia, pag. 398. Roma, Ferrari, 1910.
7) Ebraismo Biblico in « Rivista degli Studi Orientali », Roma, 1913, pag. 57.
Nella medesima rivista anche varie e ampie recensioni sin dal 1911.
8) L'Impero e il Cristianesimo da Nerone a Costantino, pag. 305. Perugia,
Bartelli e Verando, 1913. i
9) L’Escatologia Cristiana e le sue fonti, pag. 69. Perugia, Bartelli, 1914.
10) La Religione dei Primitivi e l’idea di Dio, pag. 14, in « Atene e Roma »,
1921. ;
11) La Religione dei Mandei, pag. 47, in « Atene e Roma ».
12) Il Misticismo greco e il Cristianesimo, pag. 357. Città di Castello, Ed. « Il
Solco », 1922.
13) La personalità storica di Gesù, pag. 22. Assisi, Tip. Metastasio, 1923.
14) I nuovi studi sul Manicheismo, pag. 18. Firenze, Tip. Carpigiani, 1925.
15) Francesco Lanzoni, «Le Diocesi d'Italia», pag. 15, Firenze, Olschki, 1929.
16) La concezione religiosa del Purgatorio in Darite e prima di Dante, pag. 26.
Sansoni, Firenze, 1931.

17) Il Cattolicismo nello Stato Italiano secondo il Concordato in Nuova Anto-

logia, 1929.
18) Varie voci nella Enciclopedia Italiana.

— A PERROS
n,

Dorr. ADOLFO MORINI

Di professione Notaio, continuó la tradizione di quei Notari
eruditi, di cui più d'uno ne conta la nostra Umbria, non lasciandosi
tutto assorbire dall’arido formulario delle contrattazioni e non an-
dando nemmeno in cerca di lauti guadagni; ma per il suo carattere
fermo e pacato fu, sin da giovane, attratto dalle ricerche storiche, T
alle quali si dedicó con molta passione ed üna competenza sempre:
più consolidata. :

Durante le sue indagini archivistiche incominciate fin da quando
era studente di liceo, si venne via via approfondendo in un serio
studio della storia, specialmente per quanto riguarda la nostra re-
> gione; e seguendo il movimento culturale in questo campo di indagini
attraverso le numerose pubblicazioni dei Bollettini di Storia Patria
delle varie Deputazioni Italiane, allora tutte fiorenti e laboriose.

Legato da affetto vivissimo alla sua terra d'origine, aveva ini-
ziato gli studi storici riferendosi in particolare a Cascia, ov'era nato
nell'11 dicembre 1875 da Raffaele e Filomena Paoloni, e dove chiuse
i suoi giorni il 12 agosto 1950. !
| Compiuti gli studi liceali a Spoleto, s'iscrisse alla Facoltà di
Giurisprudenza nell'Università di Perugia, dedicandosi in quel suo .
primo periodo di attività allo studio delle opere di fra Simone da

| Cascia attribuite al Cavalca, pubblicando in riguardo un primo:
saggio nel 1899. Nel 1900 conseguì la laurea in Giurisprudenza;
.nel 1901 ebbe il decreto di nomina a Notaio; nel 1908 fu nominato
Archivista notarile.

Era sorta frattanto da och anni (1894) la Società. dna
quindi Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, la quale si affermò
subito come istituto storico di alto valore e considerazione presso
quelli congeneri, sotto la guida di Luigi Fumi, Giuseppe Mazza-
tinti, Mons. Michele Faloci Pulignani, Vincenzo Ansidei, Giuseppe
Bellucci, Francesco Guardabassi, Giovanni Magherini Graziani,
cui si affiancarono come preziosi collaboratori Oscar Scalvanti,
Giuseppe Sordini, Luigi Lanzi, Alessandro Bellucci, Annibale Ten-

neroni e molti altri eruditi dalle varie. città piü grandi e piü piccole
dell'Umbria.
ius) GOT

NECROLOGIO | 229
Pei

Noi, in quel tempo giovanissimi, formavamo un gruppo di cui,
con Adolfo Morini, facevano parte Ciro Trabalza, Giustiniano degli
Azzi, Ruggero Guerrieri, Giustino Cristofani, Giulio ‘Pensi, Abdel-

‘ kader Salza, e tanti cari amici, di cui molti oggi scomparsi, che sa-

rebbe troppo lungo enumerare, ma che vivono nel pensiero di chi
li conobbe e vivranno nell’apprezzamento degli studiosi per prege-
‘voli contributi di ricerche originali. Si rammentano con nostalgia

| quei tempi in cui i giovani volenterosi trovavano comprensione,

incoraggiamento e guida negli uomini più maturi e già illustri, for-
mando quel vivaio da cui seguitavano ad uscire nuovi studiosi che
continuavano il culto delle memorie storiche, con un legame con-
tinuativo, oggi purtroppo affievolito, se non quasi del tutto inter-
rotto, per ragione dei mutati tempi, su cui è vano discutere, ma che
non si puó non lamentare, sperando in una sua rinnovata ripresa, se ai
giovani d'oggi sarà rivolto un affettuoso e sapiente aiuto e consiglio.

. Continuando i suoi studi su fra Simone da Cascia, il Morini
aveva in animo di pubblicare un'opera completa che purtroppo
rimarrà inedita; e solo nel 1933 ricordò il primo centenario del de-
creto di conferma del culto del beato Simone da Cascia.

I suoi concittadini dovranno essergli oltremodo grati, avendo
il Morini rinvenuto numerose notizie non solo negli archivi umbri
ma anche in quelli vaticani. Come risulta dall'unita nota biblio-
grafica, ha passato in rassegna, oltre le notizie di storia civile anche
quelle di storia ecclesiastica e di storia dell'arte, riepilogando le sue
ricerche nella « Guida di Cascia». In speciali articoli ha ricordata
la zecca locale, i musicisti, i monasteri benedettini, « Il futuro Boni-
facio VIII Podestà di Cascia», « Un combattente a Lepanto ».
Non ha dimenticato S. Rita, ricordando pure la leggenda di Rocca-
porena. Per noi Perugini è interessante quel suo lavoro sulla Reliquia
del Corpus Christi di Cascia, storia e documenti relativi alle vicende
ed al culto di quanto è pervenuto fino a noi dal primo miracolo Eu-
caristico di Siena (1330); poiché una parte della testimonianza del
miracolo si conservava ‘in Perugia nella Chiesa di S. Agostino, da
cui nell’Ottocento scomparve e non se ne è ritrovata più traccia.
Il Morini ce ne dà ampia notizia.

Quando nel 1913 fu nominato fra gli ispettori onorari della
Soprintendenza ai Monumenti. dell'Umbria, volle continuare le
ricerche archeologiche già da lui iniziate nel 1894, di cui aveva dato
saggio con la pubblicazione «La scoperta di una tomba antichis-
sima a Monteleone presso Cascia ».

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230 NECROLOGIO

S'interessó dell'arte umbra illustrando « Un dipinto di Fiorenzo
di Giuliano perugino con firma autografa del Pomarancio » e dimo-
strando « L'influenza dell'arte umbra sui paesi e sui pittori d'Abruzzo ».
In collaborazione con Pietro Pirri, pubblicò: «Una sconosciuta
dinastia di pittori umbri del secolo XVI ».

Assiduo nella sua professione notarile, e intento ai suoi studi

prediletti, non curava le gare politiche.

Nella prima nostra giovinezza eravamo vissuti in un ambiente
in cui si godeva una piena libertà d'idee, che ci veniva invidiata
anche dagli stranieri e specialmente dai tedeschi. Rammento tante
figure di studiosi che ho conosciuto personalmente, e che fino al
1920 trovavansi in reciproca collaborazione, monarchici e repub-
blicani, sacerdoti e massoni. Avevano tenuto le cattedre alla no-
stra Università Luigi Luzzatti, Bernardo Dessau, Eugenio Aruch,
David Axenfeld, tutti di stirpe ebraica; l'ultimo era stato esiliato
dalla Russia perché nichilista. Non si faceva del razzismo, e l'indi-
viduo era apprezzato solo per le sue qualità morali e intellettuali.
Basti ricordare in proposito la sincera amicizia che strinse uomini
di cosi diverso pensiero e convinzioni, come Giancarlo Conestabile
e Ariodante Fabretti, Giuseppe Bellucci e Giovanni Battista Rossi
Scotti. Il regime fascista pose dei limiti; entrammo in un periodo
di intransigenza; si formarono le consorterie e sorsero nuovi pri-
vilegi per gli affiliati al nuovo partito.

Il Morini, nella sua coscienza integra e nella sua indipendenza
morale e intellettuale, non aveva creduto necessario di ricevere la
tessera fascista; per cui ispettore non fu riconfermato, rimanendo
isolato, trascurato e cancellato perfino da socio della Deputazione
di Storia Patria, quando i nostri istituti storici perdettero la pro-
pria autonomia e le nomine furono di competenza ministeriale. Verso
l’anno 1940, i suoi colleghi cercarono invano di riparare l'errore,
e soltanto nel 1946 egli tornó a far parte della Deputazione, e nel
1948 ottenne nuovamente la nomina ad ispettore.

Rievocando le vicende storico-artistiche della sua Cascia, volle
pure interessarsi delle pubbliche amministrazioni, sia del Comune,
sia degli Enti che da questo dipendevano, adempiendo in ogni campo
doveri di buon cittadino, e meritando la generale stima.

Con Adolfo Morini é scomparsa una figura se non di grande
erudito e scrittore (nei suoi lavori può pure trovarsi qualche menda)
certamente peró di laborioso amante del suo paese natio, alla cui
illustrazione storica ha dedicato tutta la propria vita. Di questi
NECROLOGIO 231

studiosi ce ne vorrebbero almeno uno in ogni città, anche la piü
piccola della Regione; cosi tante memorie, tanti documenti, tante
notizie locali non andrebbero disperse. E la storia generale della
nostra Umbria verrebbe sempre piü arricchita di particolari. Alla
mia rievocazione di Lui, fatta con animo di collega e di amico, deve
aggiungersi anche la riconoscente, e ‘memore estimazione di chi
ama e apprezza i nostri studi.

FRANCESCO BRIGANTI

BIBLIOGRAFIA

1) Note storiche del Comune di Poggiodomo. Camerino, Tip. Marchi, 1894.

2) Cursula. Ricerche giovanili. Roma, Tip. Avvocati, 1896.

3) Le poesie di Pier Paolo Prosperi. Roma, Tip. Avvocati, 1896.

4) La regola spirituale di Fra Simone da Cascia, con prefazione. Perugia, Un.
Tip. Coop., 1897.

5) I manoscritti della Biblioteca Comunale di Cascia. Cascia, 1898 (ciclostil.)

6) Le opere di Fra Simone da Cascia attribuite al Cavalca. Perugia, Un.
Tip. Coop. 1899.

7) Lo Spagna a Visso (ne « L'Umbria »). Perugia, 1899.

8) Intorno alle sorgenti del Nera (ne « L'Umbria »). Perugia, 1900.

9) Per una strada (in « Giovane Umbria ». Spoleto, Tip. Ragnoli, 1901,

10) Intorno alle ferriere di Monteleone (nel « Bollettino della R. Dep. diStoria .
Patria per l'Umbria »). Perugia, 1903.

11) La scoperta di una tomba antichissima a Monteleone presso Cascia (nel-
l’« Unione Liberale »). Perugia, 1904; 22 ristampa, Perugia, Un. Tip.
Coop., 1904.

12) Il passaggio di Garibaldi a Cascia (ne « La Tribuna ». Roma, 1907.

13) Il poeta Pietro Prosperi (in « Archivio Storico del Risorgimento Umbro »).
Perugia, Tip. Bartelli, 1909.

14) La chiesa della Madonna della Stella presso Cascia (in «Boll. della R. Dep.
di St. Patria per l'Umbria»). Perugia, Un. Tip. Coop., 1909.

15) Chiesa delle Capanne in Collegiacone - Cascia (in «Rassegna d’arte »).

E^ Milano, 1909.

16) L'influenza dell’arte umbra sui paesi e sui pittori d’ Abruzzo (in « Ri-
vista abruzzese »). Teramo, Tip. De Carolis, 1909.

17) Inventario dei manoscritti della Biblioteca comunale di Cascia (nel vol.
XIV, pagg. 131-138, degli « Inventari dei manoscritti delle Biblioteche
d’Italia » di G. Mazzatinti e .Sorbelli). Forlì, 1909.

18) La questione silvana nell’Umbria (in « Rivista Umbra ». Perugia, 1910.
19) Gli affreschi di Nicola da Siena nel coro monastico di S. Antonio Abate
in Cascia (in « Rassegna d’arte senese ») Siena, 1910.

20) Cascia e i suoi dintorni (ne « Il Messaggero »). Roma, 1910.

21) Alcuni lavori di Antonio Rizzo a Cascia (in « Rassegna d'arte»). Mi-
lano, 1911.

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26)
27)
28)
29)
30)

31)

NECROLOGIO

La chiesa e il monastero benedettino di S. Antonio in Romagnano a Cascia
(n «Rivista storica benedettina » Roma, Off. Pol. Laziale, 1912, in
89, di pagg. 8. $m

Una sconosciuta dinastia di pittori umbri (Mevalesi) del sec. XVI (in
«Arte e Storia». Firenze, Tip. Domenicana, 1912, in 8? pagg. ide (in
collaborazione con P. Pirri).

Cascia nella natura nella storia nell'arte. Perugia, Un. Tip. Coop., 1913
in 169, pagg. 190, con illustrazioni.

Attraverso la ... Svizzera umbra. (nella « Guida sanitaria dell' Diii »).
Perugia, Un. Tip. Coop., 1913.

Todi illustrata dallo storico casciano Panfilio ‘Cesi (in «Boll. della R..

Dep. di Storia Patria per l'Umbria»). Perugia, Un. Tip. Coop., 1916.
Un dipinto di Fiorenzo di Giuliano Perügino con firma apocrifa del Poma-

- rancio (nel «Bollettino » suddetto). Perugia, Un. Tip. Coop. 1916.
La cassa funebre di. S. Rita da Cascia (in « Archivio per la Storia Eccle- .
siastica dell'Umbria »). Perugia, Un. Top. Coop., 1916.

Cascia e i suoi dintorni (dalla rivista « Arte e Storia»). Tipografia Do-
menicana, Firenze, 1917.

Un canto all'Italia di uno scrittore americano (Guglielmo UN (in
« Giornale d’Italia » n. 151). Roma, 1918.

Discorso pronunciato a Cascia per l'inaugurazione di un ricordo marmoreo

al poeta Gaetano Palombi. Norcia, Tip. ME 1920, in 49, pagg. 12.

con ritratto.

32) La moneta casciana (in «Miscellanea numismatica »: D S. A. IRE:

33)

34)

M.A., 1921.
Il B. Simone da Cascia fonte e guida di Martin Lutero ? «ne «L'avvenire .

dell'Umbria », n. 12). Roma, 1923.
Guido Bonatti umbro ? (in « Giornale d'Italia »), Roma, 1925.

35) Nel Paese di S. Rita (nel Boll. «Dalle Api alle Rose », n. 5). Roma,

36)

37)

Sansaini, 1925.

Un altro importante documento sulla moneta ‘casciana (in «Boll. della
Dep. di Storia Patria per l'Umbria », vol. 27, n. 71). Perugia, Un. Tip.
Coop., 1925.

I manoscritti e gli incunaboli della Biblioteca comunale di Cascia, dica.

Tip. Ciccotti, 1925. (vedi num. 5).

38) Nel Paese di S. Rita agostiniana (nel Boll. « Dalle ADI alle Rose », anno

III, n. 5). Roma, Sansaini, 1925.

39) Cascia e i suoi dintorni (3* edizione). Cascia, Tip. Ciccotti, 1925.-

40)

Un celebre musico dimenticato: Giovanni da Cascia (in « Boll. della RU

Dep. di St. Patria per l'Umbria », vol. 28). Perugia, Tip. Econ., 1926.

41) Cascia santa (nel Boll. «Dalle Api alle Rose», anno IV, n. 1). Roma,

Pompeo Sansaini, 1926.

42) Il B. Simone Fidati agostiniano (nel Boll. suddetto, anno IV, n. 2 e 8).

Roma, Sansaini, 1926.

43) Santa Rita esaltata da Corrado Ricci (dl Boll. suddetto, anno IV, n. Da

Roma, P. Sansaini, 1926.

44) Il B. Giovanni da Cascia agostiniano (in « Boll. Storico Best DO »).

Firenze, L'industria Tip., 1927.

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NECROLOGIO 233

45) Lettera del Ra. Direttore di « Analecta Augustiniana », Roma. Cascia,
Tip. Ligi, 1927.

46) L’insigne Reliquia del Corpo di Cristo che si venera nella chiesa di S. Rita

in Cascia. Torino, Stab. graf. Volante e Moderico, Roma, P, Sansaini,
1928.

47) Il B. Ugolino da Cascia (in « Boll. Storico agostiniano»; anno IV, fasc. 6).
‘Firenze, 1928.

48) Pergamene e documenti dell’ex Convento di S. Agostino in Cascia (in
«Boll. St. agost.», anno III, fasc. 6; a. IV, fasc. 2). Firenze, 1928.
49) L’Hostie et le breviaire ensanglantés de Sienne (1330). Paris, Maison de

la bonne presse, 1928.
50) L'insigne Reliquia della chiesa di S. Rita da Cascia (in « Italia: e Fede »,
a. II, n. 23). Roma, 9. giugno 1929.

51) Cascia la città di S. Rita. (in « Latina Gens », 1929, fasc. 10). Roma, La

Card. Ferrari, 1930.

92) Eliminare le cause dell'urbanesimo (in « Italia e Fede », a. II, n. 7). Roma,
17 febbraio 1929.

53) Cenni storici di Cascia, di Monteleone e di Poggiodomo. ‘Norcia, Tip. Mil-
lefiorini, 1929.

54) La cripta di S. Benedetto a Norcia (nel « Popolo di Roma », n. 202). Bona

1929.
55) I Benedettini a Cascia (in « Latina Gens » anno VII, n. 8). Roma, Card.
Ferrari, 1929. ^

.96) I Benedettini nel territorio di Cascia. Subiaco, Tip. del Monastero, 1929.

57) Il culto della Reliquia di Cascia attraverso i secoli (nel Boll. « Dalle Api
alle Rose », anno VIII, n. 1-2- -3). Roma, P. Sansaini, 1930.

98) Contro la demolizione dell’antico convento di S. Francesco e della primi-

tiva chiesa del 1247 (ne «Il lavoro Fascista », a. IIl, n. 153). Roma,
28 giugno 1930; 5 agosto 1930.

59 Per il ritorno degli agostiniani nell'antico cenobio di S. Agostino (he « Il
Lavoro Fascista» del 22 giugno 1930). Roma, 1930.

60) La Reliquia del « Corpus Christi » di Cascia. Firenze, Lib. Ed. Fiorent., 1930.

61) Una campana fusa da Giovanni Pisano nel 1286 (in «Boll. della R.
Dep. di Storia Patria per l'Umbria », vol. 29). Perugia, Tip. Econ., 1930.

62) La canonizzazione di S. Antonio di Padova a Spoleto (in « Italia e Fede >,
anno IV, n. 25). Roma, Tip. della Madre di Dio, 1931.

63) Visso e le sue maghe - Una profezia del Card. Alessandro Farnese (in
«Latina Gens », anno X, n. 1). Roma, S.A.I. grafiche, 1932.

64) Una sosta di Francesco di Lorena Duca di Guisa a Cerreto di Spoleto

(in « Latina Gens », anno X, n. 6). Roma, S.A.I. In. Graf., 1932.
65) La leggenda di Roccaporena paese natio di S. Rita da Cascia. (in « Latina
©. Gens», anno XI, n. 4). Roma, Industria Tip. Romana, 1933,
66) Il primo centenario del decreto di conferma del culto al B. Simone da Cascia
. Agostiniano (in « Boll. Storico Agostiniano » anno IX, n. 5-6). Firenze,
Tip. Fiorentina, 1934. i
67) Il Santuario della Madonna della Stella presso Cascia già eremo agosti-
| niano di S. Croce. (in «Boll. Stor. Agost.» anno X, n. 3). Firenze,
Tip. Fiorenza, 1934.

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234 NECROLOGIO

68) Gli Agostiniani a Cascia (in « Boll. St. Ag.», a puntate:] da a. X, n. 4
a a. XIX, n. 1-2). Firenze, Tip. Fiorenza. Tip. E. Rinaldi, dal 1934
al 1943..

69) Un combattente a Lepanto. (in « Boll. della R. Dep. di Storia Patria per
l'Umbria, Vol. XXXIII) Perugia, Tip. Economica, 1935.

70) Giovanni e Donato da Cascia musicisti umbri Spoleto, Tip. dell'Umbria
di C. Moneta, 1937.

71) I Casciani nei giudizi della storia (in « Latina Gens », a XVI, n. 12). Roma,
Stab. Tipo-litografico Vittorio Ferri, 1938.

72) Le tre chiese parrocchiali di Ocosce Roma, Tip. Saturnia, 1939.

73) Una bolla di Innocenzo II del 1141 riguardante l'Ordine Canonico secondo
la regola di S. Agostino nella chiesa di S. Maria e di S. Lucia in Roma
(in « Boll. St. Agost. », anno XV, n. 6). Firenze, Tip. Fiorenza, 1939.

74) Il villaggio di S. Rita. (nel Boll. « Dallo Scoglio di S. Rita », anno I, n. 5).
Roma, Tip. Poliglotta Vat., 1940.

75) Nicola Zabaglia ed il suo paese di nascita (in « Latina Gens » a. XIX,
n. D. Roma, Stab. Tip. Chillemi, 1941.

76) Le relazioni di Cascia col Papato nella seconda metà del secolo decimo-
terzo - Il futuro Bonifacio VIII Podestà di Cascia. Norcia, Tip. Mille-
fiorini, 1941. :

77) Le pergamene dell' Archivio comunale di Cascia (sec. XIII). Norcia, Tip.
Millefiorini, 1941.

78) La celebrazione dei grandi umbri - S. Rita, il B. Simone ed altri illustri
figli di Cascia. (ne « Il Giornale d'Italia » anno 42, n. 219). Roma, 13
settembre, 1942.

79) I Santi Agostiniani di Cascia (nel Boll. « Dalle Api alle Rose », a. XX,
n.10). Roma, Sansaini e Co., 1942.

80) Il primo ritratto di Cristo, ed il confronto con l'Immagine Eucaristica di
Cascia. Cascia, giugno 1943. "

81) Note genealogiche ed economiche della famiglia del Ven. Vincenzo Pallotti
con una lettera inedita. Roma, Istituto Pallotti, 1945.

82) Pietro Paolo Prosperi poeta lirico patriota intemerato (ne « Il Messaggero

di Roma», a. 69 n. 13). Roma, 14 gennaio 1947.

83) La questione cronologica di S. Rita (nel Boll. « Dalle Api alle Rose »,
a. XXV, n. 5). Roma, S. Arti grafiche e fotomeccaniche Sansaini e Co.,
1947.

84) Il nuovo Tempio di S. Rita nel giorno dell'inaugurazione (ne « Il Messaggero
di Roma», a. 69,n.i 132, 133, 134). Roma, 16-18- maggio, 1947.

85) La casa di S. Rita (nel Boll. « Dalle Api alle Rose » a. XXV, fasc. n. 9).
Roma, Arti grafiche e fotomeccaniche - Sansaini e C., 1947.

86) Chiese di Cascia Francescana (ne « Il Messaggero di Roma », a. 69, n. 291).

. Roma, ottobre, 1947.

87) Contro la demolizione dell’antica chiesetta di S. Rita (ne « Il Messaggero
di Roma », a. puntate: a. 69, n. i 153, 161, 269). Roma, 6 giugno-2 ot-
tobre, 1947. A !

88) Contro la demolizione dell'antica chiesetta-di .S. Rita (ne « 11 Momento »
a puntate: a. III, n. i 154 e 269; a. IV, n. 234 e 239). Roma, 7 giugno-
2 ottobre 1947; 28 agosto-2 settembre 1948.

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LEES tte os

CONBESRENICS:

NECROLOGIO 235

89) S. Lucia di Siracusa venerata a Cascia (ne « Il Messaggero di Roma »
a. 69, n. 350). Roma, 23 dicembre 1947. à

90) Alessandro Dumas e Garibaldi a Cascia la sera del 28 gennaio 1849.
ne «Il Messaggero di Roma», a. 70, n. 34). Roma, 3 febbraio 1948.

91) L’eremo della Madonna della Stella fondato da frate Andrea Casotti da
Cascia nel 1308, (ne « Il Momento », a. IV, n..169). Roma, 22 giugno 1948.

92) La processione notturna del Venerdi Santo in Cascia (ne « IIl Momento »,
a. IV, n. 91). Roma, 4 aprile 1948.

93) Il sesto centenario della morte del B. Simone Fidati da Cascia, uno dei
migliori padri della lingua italiana (ne « Il Momento », a. IV, n. 148).
Roma, 1 giugno 1948.

94) Il restauro degli affreschi quattrocenteschi nell'abside della chiesa di S.
Antonio Abate di Cascia (ne «Il Messaggero di Roma», a. 71, n. 19).
Roma, 19 gennaio 1949. :

95) Il Santuario della Madonna della Paolina (S. Giovenale di Leonessa). Roma,
Stabilimento Tipografico Luigi Aloisi, 1949.

96) Iconografia di S. Rita (nel Boll. « Dalle Api alle Rose », a. XXVIII, n. 5).
Roma, Sansaini, 1950.

OPERE COMPLETE, PARZIALMENTE PUBBLICATE

1) Le cinque chiese di Roccaporena (nel Boll. «Dallo Scoglio di S. Rita »,
a puntate, su dieci numeri: a. III, dal n. 4-5 al n. 10; a. IV dal n. 2 al
n. 7-8). Città del Vaticano, Tip. Poliglotta vaticana, aprile-ottobre 1942;
febbraio-agosto 1943. L'opera, con correzioni dell'autore, verrà ripub-
blicata per intero.

OPERE COMPLETE INEDITE

1) Il quadro della Madonna delle Libere, ora venerato nella chiesa di S. Rita
in Cascia. Manoscritto senza firma e senza data, scritto per intero di
propria mano dall'autore, con molta probabilità non pubblicato.

2) Un brano di lettera inedita scritta in volgare dal B. Simone da Cascia, ed
alcune orazioni volgari attribuite al medesimo. Manoscritti vari e datti-
loscritto firmato e datato (Cascia, ottobre 1943) di pagine vive 11.

OPERE INCOMPLETE INEDITE

1) Gli antichi statuti di Cascia. Manoscritto incompleto, non datato e non fir-
mato, di pagine 10, scritto di propria mano dall'autore su carta protocollo.

2) Il Beato Simone Fidati da Cascia - Notizie bio-bibliograflche. Manoscritto
incompleto, firmato sul frontespizio, di pagine 49, preceduto da un indice
dell'opera appena iniziata. -

3) S. Rita nelle « Mistiche Umbre » di Maria Luisa Fiumi. Manoscritto e dat-
tiloscritto di pagine 4, non firmato e non datato, probabilmente inedito.

4) Relazione dei saggi di scavi eseguiti a Villa S. Silvestro di Cascia. Mano-
scritto non firmato e non datato, ma scritto di pugno proprio dall'autore;
il dattiloscritto è invece datato: Cascia, 10 dicembre 1916.

5) Le mie memorie. Manoscritto incompleto di poche pagine.

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Dorr. Comm. GIOVANNI DOMINICI

Nella sua terra natale. a Nocera Umbra dov'era nato il 25 ot-
tobre 1881, moriva il 10 luglio 1951 Giovanni Dominici.

‘Giovane intelligentissimo lasciò presto la sua città per seguire gli
studi che più l’appassionavano: fu a Bologna prima, e poi a Roma
dove conseguì brillantemente nel 1902 la laurea in lettere che formò
la sua base di studioso, di storico, di umanista. Voltosi poi alla car-
riera amministrativa divenne presto Segretario Comunale: prima di
Nocera Umbra poi di Foligno, di Perugia e in ultimo di Verona.

Volontario di guerra, valoroso Combattente, Ufficiale di Fante-
ria negli anni 1915-1918, si guadagnò una medaglia di bronzo al valor
militare; nel difficile dopoguerra seppe tener alto lo spirito del com-
battente e del patriota. Presidente del gruppo Ufficiali in congedo a

Foligno e dei Combattenti, il 18 giugno 1929, nel ricordo della leggen-

daria Battaglia del Piave, tenne una magnifica conferenza tutta per-

vasa di giovanile entusiasmo e nella quale si manifestó in modo su-

blime il suo grande cuore d'italiano.

Funzionario integerrimo portó ovunque quelle doti di saggezza
e di bontà che lo resero particolarmente ammirato in tutta Italia.
Amò Nocera, sua città natale, di grande amore e i suoi concittadini

ebbero in Lui quella stima profonda e quella venerazione costante
che sono compagne individibili dei meriti grandi e sinceri. Eletto — .
Sindaco nel 1946 di Nocera, con unanime suffragio, dette prova di

vivissimo acume ponendo subito sul piano concreto la risoluzione dei
più urgenti e necessari problemi cittadini. Altrettanto fu amato nelle
altre città dove ricoprì le cariche di Segretario Capo e di Segretario
‘Generale del Comune, e ammirato ovunque per le sue numerosissime
pubblicazioni di interesse storico, letterario, amministrativo. Per
quanto riguarda la sua attività di studioso può dirsi che Egli fu

veramente vanto degli studi umbri, cui dette tutto il contributo delle
sue indagini acute, geniali, minuziose; nelle ricerche. d'archivio di- .
mostró una non comune capacità d'orientamento, una sicura padro- -
nanza della paleografia, una eccellenza nel metodo; cosi anche nelle.
ricerche archeologiche, nella interpretazione delle fonti storiche, nella '

LESE z-
NECROLOGI "291.

genialità dei ritrovamenti. Poté infatti determinare, con certezza, la
ubicazione di antichi centri popolosi scomparsi e identificare in alcuni
tratti il tracciato della Via Flaminia, confermato poi da scavi recenti.

. Il suo primo lavoro, i Carmi di C. V. Catullo, fu anche l'inizio
della sua attività letteraria; egli infatti aveva la vocazione dello
scrittore e dello studioso e lo dimostró in tutta la sua vita nella quale,
per quanto fosse preso profondamente dal lavoro difficile della carica
che ricopriva, pure si dedicó sempre con infinita passione agli studi
storici, letterari e alle arti belle.

Con il poderoso lavoro La Via Flaminia per Ancona e la « Nu-
ceria » degli Umbri e dei Romani ha messo in evidenza con quale ca-
pacità ha eseguito uno studio di quella mole per il quale era stata
necessaria un'indagine minuziosa e sottile in numerosi documenti,
e criteri deduttivi non comuni.

Lavori che richiedevano ricerche lunghe e difficili negli archivi,
nelle biblioteche, nelle carte di private famiglie, condotti con abi-
lità massima e acume profondo: finché le sue forze glielo permisero
non tralasciò mai di seguire i suoi studi preferiti e di curare interes-
santi pubblicazioni.

Marito, padre affettuosissimo fu sempre un esempio mirabile
negli affetti più puri della Famiglia che sopra ogni cosa ebbe le sue

. cure e i suoi preziosi insegnamenti. Di carattere forte e mite allo

stesso tempo, di onestà senza pari, repubblicano di fede purissima,
d’intelligenza rara, di volontà ferrea, di bontà senza limiti, Giovanni
Dominici è stato e sarà sempre un esempio mirabile per tutti gli an-
ziani e lo sarà anche per tutti i giovani.

FRANCESCO MANCINI

BIBLIOGRAFIA

d) PUBBLICAZIONI DI CARATTERE STORICO, ARTISTICO, CULTURALE:

1) CAIO VALERIO CATULLO, I Carmi, riveduti nel testo, ordinati e commen-
tati, Nocera Umbra, Tipografia Amone Amoni 1906, (Parte III: Inni,
epitalami e ditirambi, Saggio di Stampa).

2) Il Monastero di S. Lucia a Foligno. Cenni storici con illustrazioni, Foligno
1928, Società Poligrafica F. Salvati.

3) La battaglia del Piave. Conferenza tenuta a Foligno il 18 nd 1929, Fo-
ligno 1930, Editore Sbrozzi.
Eme

238 NECROLOGI

4) Le cerimonie nuziali dell'antica Roma attraverso i carmi del poeta Catullo.
Conferenza del 2 gennaio 1930, Foligno 1930, Società Poligrafica F. Salvati.

5) La città di Nocera nell Umbria e la sua ubicazione antichissima. Contributo
alla ricostruzione della sua storia, con illustrazioni, Verona 1931, Officine
Grafiche Mondadori,

6) Fulginia. Questioni sulle antichità di Foligno con illustrazioni e tas ole fuori
testo, in 4° su carta di lusso, Verona 1935, Società Editrice « Arena ».

7) Achille Forti (in Memoriam ), Verona 1937, Società Editrice « Arena ».

8) Un poeta profetico poco noto del sec. XIV, San Tomassuccio con illustrazioni,
in « Alta Valle del Tevere », rassegna bimestrale, Città di Castello 1938.

9) Un episodio della seconda guerra punica nell’ Umbria : il fatto d'armi al Lago
Plestino, Verona 1940, Società Editrice « Arena ».

10) La fede e l'arte nel Umbria : La Chiesa di S. Francesco a Nocera, con illu-
strazioni, Verona 1942, Società Editrice « Arena »,

11) La Via Flaminia per Ancona e la « Nuceria » degli Umbri e dei Romani,
in « Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria», vol.
XXXIX, Perugia 1942.

12) Gli emblemi cristiani rinvenuti nel sepolcreto barbarico di Nocera Umbra,
in «Bollettino ecclesiastico ufficiale per la Diocesi di Nocera e Gualdo»,
Gubbio 1944, Tipografia Eugubina Editrice.

13) L’Anfiteatro Romano di Foligno, in « Messaggero » di Roma del 1° giugno
1947.

14) Rinvenimenti Archeologici a Nocera Umbra, in « Messaggero » di Roma 1°
novembre 1947.

b) PUBBLICAZIONI DI CARATTERE AMMINISTRATIVO:

La legge sul Podestà, Società Editrice Salvati, Foligno 1906.

Le Commissioni g iudicatrici dei concorsi a impieghi comunali e l'esame dei docu-
menti di rito, Foligno 1922, Feliciano Campitelli.

L’ordinamento podestarile, Verona 1931, Società Editrice « Arena ».

I diritti riconosciuti agli impiegati ex combattenti degli enti locali nei riguardi
della carriera e della pensione, Foligno 1934, Stabilimento Poligrafico F.
Salvati.

Le Aziende Municipalizzate, Verona 1939, Società Editrice « Arena ».

Appunti sulla attività svolta dalla Giunta Municipale di Perugia dal luglio 1944
al gennaio 1945, Perugia 1945, Tipografia Perugina già Santucci.

Uno studio di diritto a Nocera Umbra, in «Bollettino della Deputazione di

Storia Patria per l'Umbria», vol. XLIII, Perugia 1946.

Varie centinaia di articoli in materia di storia, archeologia, arte e amministra-
zione pubblica, pubblicati in riviste e giornali politici.

NoTA — Un manoscritto di oltre 500 pagine contenente tutti i Carmi di
Caio Valerio Catullo riveduti nel testo, ordinati e commentati, andò distrutto
nell’incendio di Palazzo Barbieri a Verona provocato da incursione aerea il 23
febbraio 1945.
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INDICE DEL VOLUME

M. DE’ Dominicis, L’ Umbria nell’ ordinamento della « Dioecesis
MAU CORNA n agio

EX BANEP Uumbrb uc Ungheria: #1 IERI RE e 32

L. SANDRI, I Collegi d' istruzione per gli Umbri in Roma nei
SECOlD XV LIS NIN uw Lu Nt TAS

Note e Documenti

P. Pizzoni, La litotomia e i litotomi norcini . . ... .. .... » 202
Necrologi

SB; BRIGANTI Luigi Tarullb-Brunamontb. 5. o... o 3:212

RO PARIBENI, Pericle "Peralt-. . 5. SIT UND E EDS QR 215

L. PIASTRELLI, Umberto Fracassini . . . Qm HEC nq M d Mp M qe AT

F. BRIGANTI, Adolfo Morini DIARIO SE ER PO SR UO OT

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