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VOLUME LI



PERUGIA
PRESSO LA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
1954











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S. p. A. Arti Grafiche Panetto & Petrelli - Spoleto, 6-1956

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I SESSANT'ANNI DELLA DEPUTAZIONE
DI STORIA PATRIA

Nell’Umbria è costantemente esistita, talora con vero rigoglio
di opere e di pregiati cultori, la tradizione degli studi storici, ma so-
prattutto essa è stata alimentata dall’ assidua e feconda attività di
valenti eruditi dal sec. xvi in poi, e più precisamente dal momento
in cui un largo ed intenso fervore di ricerca del più recondito mate-
riale, utile per la storia generale e speciale, ha pervaso l’Italia per
quello stimolo potente che si è propagato dall’opera e dall’esempio
di L. A. Muratori.

Gli studi storici, in particolare quelli a carattere regionale e mu-
nicipale, sono continuati a fiorire in Umbria anche nel sec. xix; né é
valsa ad interromperli quella, sia pur breve, crisi di incertezza, che
nel campo della cultura si è determinata intorno e subito dopo l’uni-
tà nazionale.

Non era questo un avvenimento di piccola portata, specie per una

regione che, come l'Umbria, a causa di esso si trovava nella neces-

sità di rinnovare i propri orientamenti spirituali, molte delle finalità
e la struttura stessa della cultura, modi e atteggiamenti della vita ci-
vile e politica che con la cultura sono intrinsecamente legati. Ma nel
compiersi di questa svolta, nell’evolversi della sua condizione da ele-
mento di uno stato teocratico a membro di un più vasto stato laico,

TUmbria per quel che si riferisce a indirizzo e a metodo nell'elabora-

zione della storia, specialmente quella medievale, ha trovato ben pre-
sto, dopo quella crisi, una solida base e un vigoroso impulso nel deter-
minarsi e nell'affermarsi del metodo storico, che si veniva diffondendo
in Italia a beneficio soprattutto degli studi locali, i quali prosperarono
rapidamente in tutte le regioni italiane, e talora con felicissimi risul-
tati, anche se limitati e parziali, spesso definitivi.

In tali circostanze dopo il '60 fu sentito dai cultori di studi sto-

rici più fortemente che per il passato, il bisogno di riunire le forze, di

temperare nella cooperazione e nell'emulazione le particolarità e fi-
nanco le crudezze della propria individualità, di acquistare la coscien-
za della propria partecipazione ad un’opera collettivamente concorde





6 GIOVANNI CECCHINI

di costruzione o di ricostruzione della storia della propria città, della
. propria regione.

Per adempiere dunque alla funzione di ricerca, di ricognizione e
classificazione delle autentiche fonti storiche per poi passare alla uti-
lizzazione di esse per la vera e propria trattazione storica s'invocava
l'esistenza di un centro coordinatore e propulsore nello stesso tempo,
che col prestigio della sua autorità avvalorasse l'opera degli studiosi
che ad esso avrebbero fatto capo. Dopo l'unità d'Italia, l'istituto che
venne costituito per adempiere a tale funzione fu la Deputazione
di Storia Patria.

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La Deputazione Umbra di Storia Patria trae le sue origini da un
istituto di studi storici che raggruppava la Toscana e l'Umbria, cioé
la Deputazione di Storia Patria per le Province Toscane e l'Umbria,
creata col R. D. 27 novembre 1862, n. 1003. Ma l'anno successivo, col
R. Decreto 19 luglio 1863, n. 1375, venivano a tale istituto aggregate
le province delle Marche.

Ben presto tuttavia la considerazione degli scarsi se non nulli
rapporti diretti esistenti tra la Toscana e le Marche, indusse il Mini-
stero dell'Istruzione a dar corso alle premure rivoltegli da studiosi e
da personalità delle Marche per ottenere il distacco dalla Deputazione
Tosco-Umbra e la conseguente creazione di una propria Deputazione.
Ció veniva sancito col R. Decreto 30 marzo 1890, n. 6786.

In questi trent'anni circa i soci umbri della Deputazione non era-
no riusciti a dare in seno all'Associazione un rilevante e continuo in-
cremento agli studi storici della regione, anche perché i mezzi di cui
la Deputazione disponeva per la pubblicazione di fonti storiche erano
per la quasi totalità assorbiti dai contributi, tanto più numerosi e certo
importanti, conferiti dai soci toscani: sicché, in conclusione, l'Umbria
in tutto questo tempo, non aveva avuto che i volumi di Cronache pe-
rugine, pubblicate nell’ Archivio Storico Italiano e il Codice diplo-
matico di Orvieto del Fumi.

Un’evidente conferma dell’insufficiente sfogo dato agli studiosi
umbri nella Deputazione cui appartenevano e della necessità di costi-
tuire nell’ambito della regione stessa una Società di studi storici a
carattere propriamente regionale ed autonomo, si può riscontrare nelle
iniziative di pubblicazioni periodiche storico-erudite sorte localmente
lungo questo trentennio: iniziative che, se pure non si sono perpetua-

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I SESSANT'ANNI DELLA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA T

te per lungo tempo, nondimeno hanno dato contributi di primissimo
ordine ed hanno costituito una prova inoppugnabile del fervore di ri-
cerca e di studio e della serietà d'intenti e di metodo da cui con sempre
maggior vigore erano animati gli studiosi umbri.

Infatti il Giornale di erudizione artistica, pubblicato a cura della
R. Commissione Conservatrice di Belle Arti nella Provincia di Perugia,
dal 1872 al 1877, in dignitosissima veste tipografica sotto la direzione
di Giancarlo Conestabile, Adamo Rossi, G. B. Rossi Scotti, costituisce
ancor oggi un'apprezzatissima fonte di abbondanti e precise notizie
storiche sulle arti nell’Umbria, sullo Studio perugino, su personaggi,
avvenimenti e curiosità aneddotiche d’interesse non soltanto locale.
A sua volta l’ Archivio Storico per le Marche e per l'Umbria, sorto a
Foligno per iniziativa di mons. Michele Faloci Pulignani, G. Maz-
zatinti, M. Santoni, che ne furono direttori, ha pubblicato in quattro
pingui volumi contributi di critica storica e filologica, illustrazioni
di testi, documenti e serie archivistiche riguardanti le due regioni.
Notevoli soprattutto in questa rivista, a parte la congruità e il pregio
dei contributi originali, l'impianto redazionale e la distribuzione delle
rubriche, fra le quali hanno un particolarissimo rilievo quelle dedicate
al ragguaglio bibliografico con graduazione di intonazione, dalla cri-
tica all’informazione.

L’avvenuta separazione delle Marche poneva per l'Umbria il me-
desimo problema, la cui impostazione, favorita dal sen. Ariodante
Fabretti e caldeggiata da Luigi Fumi, veniva amichevolmente e uffi-
ciosamente trattata tra soci toscani e umbri. Fu il Paoli per primo a
trattarne in una lunga lettera del 22 aprile 1890 al Fumi. Egli chiede
innanzi tutto al Fumi che cosa ne pensi, mentre da parte sua aperta-
mente dichiara che ritiene opportuno « affrontare direttamente la que-
stione ora che é calda, non rimandarla e cogliere l'occasione per dare
alle Deputazioni dell'Italia media un assetto definitivo e razionale che
sia proficuo agli studi storici delle singole regioni ». Il Paoli stima pro-
ficua per gli uni e per gli altri la separazione, pur mostrando di sentire
ch’essa possa riuscire per certi aspetti penosa. Spinge infine il Fumi ad
accordarsi col sen. Fabretti e con le persone influenti della Regione al
fine di conseguire la separazione di comune accordo, anziché all’improv-
viso e alla chetichella come era accaduto per le Marche. Ma di diversa
opinione era il Presidente della Deputazione, Marco Tabarrini, nei ri-
guardi di questi separatisti, come appare nella lettera diretta il 2 no-
vembre 1890 al Paoli. Questi, il 7 novembre successivo, replicava cer-
cando di convincerlo dell’opportunità di addivenire ad un’amichevole



8 GIOVANNI CECCHINI

separazione delle due regioni, che avrebbero potuto mantenere cor-
diali e fraterni rapporti attraverso i loro distinti istituti di studi sto-
rici. E concludeva: «È mio avviso pertanto (sempre rimettendomi
all’autorità sua) che al cav. Fumi non si possa fare ostacolo al sot-
toscrivere la domanda iniziata dal sen. Fabretti ».

Dal ’90 al ’94 in parte si indugió e in parte si allestirono.i i prepa-
parativi per dare corso agli accordi di massima già maturati in seno
alla Deputazione Tosco-Umbra. Ma per le insistenze di Ariodante Fa-
bretti, e per la persuasione radicata oramai nell’animo degli umbri
che non v'era altra soluzione possibile, verso la fine del 1894 si costi-
tuiva a Perugia la Società Umbra per la Storia Patria. Infatti il 12 set-
tembre 1894 aveva luogo nella sala della Biblioteca Comunale un’a-
dunanza promossa da tre perugini cultori di studi storici: il prof.
Leopoldo Tiberi, il conte dott. Vincenzo Ansidei e il prof. Francesco
Guardabassi, i quali avevano diramato a tutti coloro che potessero
aver interesse per l’iniziativa che si stava per prendere la seguente
circolare, che in forma concisa riassumeva i termini oggettivamente
intesi della situazione:

« Nel ridestarsi e progredire degli studi storici in molte province
d’Italia, la nostra Umbria, ricchissima di cronache e di statuti delle
sue gloriose città, manca tuttavia, e non vogliamo dire se con danno
della sua reputazione, d’una propria associazione storica.

«È nostro intento di promuoverne la fondazione.

«Pochi anni or sono le Province delle Marche ottennero dal
Governo la separazione dalla R. Deputazione di Storia Patria sedente
in Firenze, nonché l’assegno a lei spettante e la facoltà di costituirsi
in R. Deputazione Storica. Non è lecito quindi dubitare che uguali
diritti saranno dal Governo concessi alla nostra Provincia, la quale pur
vanta preziose fonti per la storia d’Italia e copiose serie di documenti
di lingua, di diritto, di letteratura e d’arte per essere stata culla del
teatro italiano, sede di una illustre scuola giuridica, madre di una
illustre schiera di pittori, che costituisce una delle più splendide glo-
rie del genio italiano.

« Ond'é che fidenti preghiamo la S. V. affinché voglia intervenire
all’adunanza indetta per sì nobile fine a Perugia nella sala della Bi-

blioteca Comunale il giorno 12 di settembre alle ore 10 antimeridiane.

«Così quel desiderio ch’è nell'animo di molti studiosi e cultori
della storia umbra, acquisterà dalla comunione delle idee quella forza
ordinata e collettiva necessaria al conseguimento di ogni diritto.
Leopoldo Tiberi, Vincenzo Ansidei, Francesco Guardabassi ».





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I SESSANT'ANNI DELLA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA 9

La riunione, felicemente riuscita per numero e per rango di parte-
cipanti, si rivelò subito operosamente fattiva. Venne immediatamente
approvato lo statuto, ch'era stato compilato dai proff. Annibale Ten-
neroni, Filippo Sensi e Giuseppe Mazzatinti, in 16 articoli, il primo
dei-quali diceva: « È fondata una Società di Storia Patria con sede in
Perugia per provvedere alla pubblicazione ed illustrazione dei docu-
menti riguardanti la provincia di Perugia e promuovere la istituzione
autonoma della R. Deputazione Umbra per gli studi di Storia Patria ».
L’art. 2° era consacrato ai soci, che venivano suddivisi in quattro
classi: collaboratori, aggregati, corrispondenti, onorari.

Nella medesima assemblea si procedette alla elezione delle cari-
che sociali, che risultarono così assegnate: cav. uff. conte Luigi Fumi,

Presidente; prof. Leopoldo Tiberi, Vice Presidente; prot. Francesco

Guardabassi, Giuseppe Mazzatinti, Giuseppe Bellucci, Gerolamo Do-
nati, Consiglieri; dott. Luigi Giannantoni, Segretario; conte dott.
Vincenzo Ansidei, Economo.

Dopo aver proceduto alla costituzione della Commissione che
doveva sopraintendere alla stampa del Bollettino, venne inviato un
telegramma al venerando storico, archeologo, patriota perugino sen.
Ariodante Fabretti, per comunicargli l'avvenuta sua proclamazione
a Presidente onorario della Società. Di poi vennero acclamati soci
onorari, per le loro pubblicazioni illustrative dell'Umbria, Ruggero
Bonghi, Alessandro D'Ancona, Ernesto Monaci, Marco Tabarrini,
G. F. Gamurrini, il conte Ugo Balzani, Oreste Tommasini, il p. Giu-
seppe dei conti Cozza-Luzi, il cav. Ignazio Giorgi, mons. Isidoro Carini.

Tutti costoro rispondevano calorosamente ringraziando ed auspi-
cando il più fecondo e brillante avvenire alla nuova istituzione e fra
tutti con tono sommamente patetico e sinceramente commosso Rug-
gero Bonghi con una lettera degna di essere ricordata. Scriveva egli
da Anagni, in data 21 settembre 1894, a Luigi Fumi:

« Caro Signore, ho letto qui la lettera ch'Ella ebbe la cortesia di
consegnarmi in Perugia.

« Sono assai lieto dell'istituto storico che hanno fondato costi, e

‘assai onorato di essere eletto a farne parte. È facile all’Umbria trova-

re chi l’ami. Mi pare, quando ci ritorno — ahimè tosì di rado — di vive-

re per poco in più spirabil aere.

« Invidio loro la larga messe di studi gentili e forti e fecondi, che
la Società Storica Umbra sarà in grado di rinnovare, per la parte sua,
in Italia. Grazie di nuovo, e mi creda col maggiore rispetto tutto suo
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10 GIOVANNI CECCHINI

Decisiva per gli sviluppi prossimi venturi della sorgente istitu-
zione fu, sin dalla prima assemblea, la proclamata volontà dei cultori
umbri di studi storici di volersi costituire in gruppo indipendente dal-
la Toscana.

Inoltre accanto allegittimo desiderio di autonomia si era venuto
accrescendo il malumore per il modesto posto e per la scarsa rappre-
sentanza che all' Umbria, ai suoi studi storici, ai suoi eruditi e scritto-
ri venivano accordati in seno alla R. Deputazione Tosco-Umbra. Al
deliberato proposito ormai pubblicamente dichiarato di volersi costi-
tuire in associazione autonoma gli umbri promotori dell'iniziativa
univano quello di agire con la più leale chiarezza e col maggior riguar-
do possibile verso i consoci toscani. In ottemperanza al partito adot-
tato nella riunione suddetta, nei giorni immediatamente successivi a
quello in cui aveva avuto luogo l'assemblea di costituzione della So-
cietà, il Presidente di questa si era preso premura di avvertirne il Pre-
sidente della R. Deputazione di Storia Patria di Firenze, che egli, in
data 30 settembre, invitava esplicitamente a concordare di buona
intesa le pratiche opportune per conseguire l’auspicata separazione
dell'Umbria dalla Deputazione Toscana. Alla qual proposta soltanto
il 9 novembre successivo il Presidente della Deputazione Toscana,
Marco Tabarrini, rispondeva col seguente tenore:

«Quanto al costituirsi di cotesta Onorevole Società in R. Depu-
tazione, è cosa, che di per sé, non riguarda la Deputazione nostra; e
non sarebbe opportuno che io vi mettessi parola, se ciò non dovesse
avvenire con ismembramento della R. Deputazione per la Toscana e
per l'Umbria, costituita con R. Decreto del 27 novembre 1862. Ma
poiché è nell’intendimento della S. V. che la nuova Deputazione si
costituisca per questa via, apprezzo la sua delicatezza di volerne pri-
ma concordare con noi le condizioni. Ora a me pare che, trattandosi
di voler modificare il Decreto Reale della nostra costituzione, la S. V.
rivolga la sua domanda al Ministero della Pubblica Istruzione. E se
il Ministero domanderà, come mi pare conveniente, il nostro parere,
non mancherò di convocare il Consiglio Direttivo della Deputazione
per la Toscana e per l'Umbria, ed Ella pure, come nostro Vice-Presi-
dente, vi sarà invitato e sarà allora il caso di discutere e concordare
le condizioni ». Ed ammoniva infine: « E fin d’ora mi piace di dire che,
mentre non pongo né porrò ostacolo all’attuazione degli intendimenti
di Lei e dei suoi consoci, sento il preciso dovere di tutelare, secondo
equità, gl’interessi e il decoro di questa nostra ormai antica e non
ingloriosa istituzione. ». Infatti il Ministero dell'Istruzione con lettera



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I SESSANT'ANNI DELLA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA FI

del 21 gennaio 1895, n. 16978, richiese al Presidente Tabarrini il pa-
rere relativo alla domanda inoltrata dalla Società Umbra di Storia
Patria col noto intento.

Il Tabarrini, in data 21 febbraio 1895, n. 84, rispose senza op-
porre sostanziali ostacoli, ma avanzando alcune riserve: « Sembra
ad alcuni di noi — egli osserva — che questo sminuzzamento di forze
attive non sia per giovare all'incremento degli studi nazionali della
storia patria ».

Si chiedeva soltanto dal Presidente Tabarrini che non si riduces-
se minimamente l'assegno governativo perché qualsiasi diminuzione
di esso avrebbe portato di conseguenza la morte dell' Archivio Storico

Italiano. Frattanto per trattative epistolari tra il Fumi e il Paoli si -

stipulavano le modalità relative alla secessione dei soci umbri. In bre-
ve si convenivano le condizioni e cioè: la conservazione dell’assegno
alla Deputazione Toscana, il passaggio dei soci della sezione umbra
da ordinari ‘a corrispondenti.

Nell’attesa del momento opportuno per muovere i passi necessa-
ri presso il Ministero della Pubblica Istruzione al fine di conseguire
lo scopo desiderato, l’ufficio di Presidenza della Società in una mira-
bile unità d’intenti e di volontà con i soci, dedicava le sue fatiche per
dare rapida e organica consistenza alla giovane organizzazione cul-
turale, che seppe così presto guadagnarsi infatti una salda reputazio-
ne di serietà e di operosità. In due settori furono prodigate le mag-
giori cure dei dirigenti: in quello economico-finanziario e in quello
delle pubblicazioni.

Per assicurare i mezzi indispensabili alla vita del sodalizio non
bastavano le quote annuali dei soci collaboratori e aggregati; vennero
quindi invitati a contribuire i Comuni della Provincia dell'Umbria, i
quali, stimolati dalla R. Prefettura, risposero favorevolmente all’in-
vito nella gran maggioranza, portando alla nuova Società un qualche
aiuto in una delle forme previste o di associazione o di acquisto. delle
azioni a fondo perduto. Anche dal Ministero dell'Istruzione Pubblica
pervenne un contributo finanziario d’incoraggiamento di L. 500 per
il cui conferimento si era molto adoperato il deputato di Perugia,
Cesare Fani.

Quasi tutto il 1895 fu dedicato a questo febbrile lavoro di crea-
zione di una base economica-finanziaria all’istituzione, mentre, d’al-
tra parte si provvedeva a predisporre il cambio delle pubblicazioni
con tutte le Deputazioni e Società storiche del Regno, con alcuni isti-
tuti storici stranieri, con accademie scientifico-letterarie.

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19 GIOVANNI CECCHINI

.. Nel volitivo impulso di affermazione da cui era animata la vita
del giovane sodalizio si cercò in tutti i modi dall’Ufficio di Presidenza
di stabilire subito i contatti con gli istituti consimili e con i maggiori
centri di attività storica. Fu infatti chiesto di avere rappresentanza
in seno all'Istituto Storico Italiano: e venne ugualmente inviata una
cospicua rappresentanza, presieduta dal prof. Mazzatinti, al Congres-
so Storico di Roma tenuto nell'ottobre del 1895.

L'art. 12 dello Statuto societario prevedeva la pubblicazione del
Bollettino e dei Fonti di Storia Patria:
« Il Bollettino comprende gli atti della Società, memorie originali,
documenti illustrati, bibliografia storica umbra, recensioni e notizie.
« I Fonti danno la collezione degli statuti di particolare importan-
za, gli atti diplomatici delle singole città e delle più antiche abbazie,
cronache e diari ».
. Con amoroso fervore si allestì il primo volume del Bollettino, nel
quale, come è detto da Luigi Fumi nella prefazione; si dovette « pena-
re più a contenere la materia che non darci pensiero di ricercarla ».

In questa sua prefazione, ponderata ed esatta, Luigi Fumi fa veramen-

te il punto della situazione. Molto opportunamente l’apre con la cita-
zione di un felicemente laudativo giudizio di Ernesto Monaci su Ario-
dante Fabretti, ch'era stato l'alto esempio, l’autorevole ispiratore
della nuova Società. Diceva il Monaci:

« Di tutte le province italiane l'Umbria, forse, è la sola dove non
sia una Deputazione o una Società di Storia Patria. Ciò può parer stra-
no, quando si pensi alla importanza e alla ricchezza dell'Umbria, in
fatto di memorie patrie.

«Ma, d’ordinario, le società sorgono là dove manca o è debole
l'iniziativa individuale, e l'Umbria, fortunatamente, ebbe uno dopo
l’altro, più uomini ognuno dei quali fece da solo per una società ».

Dopo aver passato in rassegna la più recente attività svolta nel
campo degli studi storici nell'Umbria e le condizioni che tale settore
presentava all’osservatore imparziale, il Fumi tracciava a grandi
linee, ma con sufficiente precisione, il programma di lavoro della nuo-
va Società, specie in ordine alle pubblicazioni: « Investigare le antiche
origini e vagliarle al confronto della critica, raccogliere le notizie per
la bibliografia e accompagnarle con giudizi succinti, presentare gli
inventari ragionati degli archivi, studiare tutte le manifestazioni
dei fenomeni della vita, dall’antico linguaggio alle produzioni e ai
fatti della vita religiosa, civile, politica e artistica, ecco il campo delle
esercitazioni e la palestra, in cui si proveranno i soci. Ho già dato ai



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I SESSANT'ANNI DELLA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA 13

giovani sommarie indicazioni e pochi consigli che mi sembrarono più
acconci a rendere concorde, uniforme e profittevole il lavoro comune;
e con piacere ho veduto gli avvisi subito fruttificare. Qui basterà ac-
cennare che noi rivolgeremo le nostre prime cure agli statuti comuna-
li anteriori al secolo xiv, poi alle collezioni dei capitoli o sottomis-
sioni: perché come quelli sono tutto il corpo del diritto pubblico in-
terno, così queste contengono la somma del diritto pubblico esterno, .

‘ con che si venne di lunga mano preparando l'orditura per l’unità della

patria. Al tempo stesso lo studio rivolto sulle riforme e consulte dei
pubblici Consigli ci darà tutto il periodo delle nostre libertà le vicende
ordinate, lasciandoci scoprirne le cause e pesare gli effetti. Cosi la pe-
rizia degli studiosi, con sussidi scientifici esercitata sulle fonti di na-
tura politica, passerà a svolgersi più facilmente nelle carte di indole eco-
nomica e di soggetto giuridico e morale, e potrà dar gli elementi per
una storia che non se ne stia soltanto alla narrativa de’ fatti, di cui fu
teatro il nostro paese, ma penetri, investigando le consuetudini, gli
usi e le leggi, nelle antiche istituzioni sociali, tanto diverse da luogo
a luogo, ma sempre bene applicate alle popolazioni, da rinsanguarsene
esse più che intristirne, da crescere prosperità di commerci e sviluppo
di sapere e di arti e provvidenze mirabili di carità ».

Nel corso dunque di quell’anno 1895 comparve con dignitosa e
correttissima veste tipografica il primo volume, di ben 652 pagine,
del Bollettino contenente, oltre agli atti della Società, memorie, docu-
menti illustrativi, inventari e regesti, comunicati, curiosità, recen-
sioni bibliografiche.

L’Assemblea generale dei soci del 9 novembre 1895 fu interamen-
te dedicata alla elaborazione di un organico programma di pubbli-
cazioni, che nella maggior parte tuttavia per motivi diversi non venne
poi attuato. Nondimeno son da rilevare la serietà con la quale i soci
più provveduti hanno trattato le proposte avanzate e la profonda
preparazione da essi dimostrata nella trattazione degli argomenti po-
sti in discussione. Le proposte di pubblicazione delle Fonti Storiche
fatte dal Presidente si riassumevano in quelle:

1° a) per un Regesto perugino compilato sopra documenti con-
cernenti la legislazione piü antica fino al secolo xiv, con riguardo spe-
ciale a quegli atti che hanno attinenze alla costituzione comunale
più antica e che precedono le compilazioni statutarie; d) per gli Statuti
del 1305 volgarizzati nel 1322, studiandoli a confronto della compila-
zione antecedente del 1279. $

2° per un Regesto di Sassovivo, come quello che illustra mag-









14 GIOVANNI CECCHINI

gior parte dei comuni dell'Umbria e di altri luoghi finitimi, ed é guida
allo studio della legislazione antecedente agli Statuti municipali, ri-
specchiando lo stato della ricchezza pubblica e di tutte le condizioni
sociali avanti quel primo assetto economico ch'ebbe principio con
l'assorgere del comune umbro.

I] Presidente raccomandó anche una raccolta di laudi umbre e
la compilazione della Bibliografia storica umbra. Seguirono le relazio-
ni dei soci sulle specifiche proposte: del dott. Luigi Giannantoni sul
Regesto Perugino, del prof. Oscar Scalvanti sullo Statuto, di mons.
Michele Faloci Pulignani sul Regesto di Sassovivo, del prof. Filippo
Sensi sulla raccolta di laudi umbre.

Per la Bibliografia storica il Presidente Luigi Fumi, che, metten-
do a partito la propria ricchissima esperienza e la propria singolare
competenza, aveva già diramato ai soci una circolare contenente le
norme essenziali che dovevano loro servir di guida, ne compilò il piano
di lavoro al quale molti studiosi dedicarono le proprie cure, accumu-
lando un prezioso materiale, senza che l’opera venisse portata a com-
pimento.

È interessante prendere conoscenza del piano di lavoro per questa
importantissima opera, anche per rendersi conto delle forze che erano
chiamate a collaborare e che operavano in quegli anni più o meno
costantemente a favore della Società.

BIBLIOGRAFIA STORICA DELL’ UMBRIA

Partes

UMBRIA IN GENERALE

Bibliografia generale: comm. Luigi Fumi.
Monumenti italici ed etruschi: comm. Francesco Gamurrini.
Scienze naturali: comm. Giuseppe Bellucci e prof. Ferdinando Fabretti.

Parte T

PERUGIA

Comuni del Mandamento e Mandamenti di Magione e di Castiglione del Lago

Storia romana, medievale e moderna : prof. Leopoldo Tiberi, conte Vincenzo
Ansidei, conte Luigi Manzoni e cav. Giuseppe Bianconi.

Filosofia e Giurisprudenza: prof. Angelo Blasi, prof. Luigi Giannantoni e
dott. Giustiniano Degli Azzi.

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NIA. mam — M

I SESSANT'ANNI DELLA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA 15
Storia letteraria: prof. Francesco Guardabassi e prof. Alessandro Bellucci.
Storia artistica: conte comm. Gio. Batt. Rossi Scotti e prof. Angelo Lupattelli.
AMELIA
e Comuni del Mandamento

mons. Belisario Geraldini e avv. Gerberto Rosa.

ASSISI
e Comuni del Mandamento

Storia antica, medievale e moderna: prof. Leto Alessandri.
Scienze e lettere: prof. Filippo Sensi e prof. Costantino Pontani.
Letteratura francescana: mons. Michele Faloci Pulignani, prof. Giulio Sal-
vadori, prof. Filippo Sensi e prof. Costantino Pontani.
BEVAGNA

Comuni del Mandamento e Mandamento di Montefalco

prof. Ciro Trabalza.

CITTÀ DELLA PIEVE
Comuni del Mandamento e Mandamento di Ficulle

sig. Domenico Tordi.

CITTÀ DI CASTELLO
e Comuni del Mandamento

Storia romana, medievale ed arte: dott. Giovanni Magherini Graziani.
Storia moderna e letteratura : prof. Pietro Tommasini Mattiucci e avv. Vittorio
Corbucci,

FARA SABINA

Comuni del Mandamento e Mandamenti di Magliano Sabino e di Orvinio

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prof. Gioacchino Novelli, prof. Domenico Benucci e march. Alessandro Bar-
biellini Amidei.

E

FOLIGNO

Comuni del Mandamento, eccetto Trevi, e Mandamento di Gualdo Tadino

Storia romana, medievale, moderna e letteraria :* mons. Michele Faloci Puli-
gnani, prof. Giulio Urbini e prof. Leone Leonelli.
Storia artistica : conte Serafino Frenfanelli-Cibo.

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16 GIOVANNI CECCHINI
GUBBIO

e Comuni del Mandamento
prof. Giuseppe Mazzatinti, direttore del Bollettino della R. Deputazione di
Storia Patria per l’ Umbria.
NARNI
e Comuni del Mandamento

march. Giovanni Eroli.

NOCERA UMBRA
e Comuni del Mandamento

dott. Ilario Tacchi.

| NORCIA
Comuni del Mandamento e Mandamento di Cascia

prof. Rinaldo Blasi.

ORVIETO
e Comuni del Mandamento

sig. Domenico Tordi.

POGGIO MIRTETO
e Comuni del Mandamento
prof. Gioacchino Novelli, prof. Domenico Benucci. e march. Alessandro Bar-
. biellini Amidei.
RIETI
Comuni del Mandamento e Mandamento di. Rocca Sinibalda

Storia antica ed arte: prof. Fabio Gori. to
Storia medievale e moderna : prof. Alessandro Bellucci e Prof. Ambrosi.

SPOLETO

e Comuni del Mandamento

Storia antica e medievale: march. Paolo di Campello della Spina.
Storia moderna e letteratura: prof. Ghirga.

Arte: sig. Ugo Oietti.









I SESSANT'ANNI DELLA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA

TERNI

e Comuni del Mandamento

Storia antica ed arte: conte Paolano Manassei.
Storia medievale : sig. Ettore Sconocchia.
Storia moderna e letteratura: prof. Luigi Lanzi.

TODI
e Comuni del Mandamento

prof. Annibale Tenneroni, conte prof. Girolamo Dominici e prof. Getulio Ceci.

TREVI

conte Tommaso Valenti.

UMBERTIDE

e comuni del Mandamento

.ing. Cesare Mavarelli.

VISSO
e Comuni del Mandamento

can. Milziade Santoni.

*okok

L'anno successivo doveva portare agli infaticabili dirigenti della
Società l'ambito premio di tante fatiche: l'istituzione della R. Depu-
tazione di Storia Patria per l'Umbria sancita con R. Decreto 27 feb-
braio 1896. Al conseguimento di questo ambito riconoscimento por-
tarono un contributo decisivo alcuni uomini politici della Regione;
infatti ai primi del 1896 i deputati umbri Bracci, Fani e Pompili ave-
vano diretto collettivamente al Ministro della Pubblica Istruzione
una petizione, nella quale essi riassumevano i precedenti della pra-
tica relativa all’istituzione di un’autonoma R. Deputazione per l’Um-
bria e invocavano la maggior sollecitudine possibile nell’adottare il
necessario provvedimento a termine di .legge.

La relazione, dopo aver fatto cenno alla ricchezza di materiali



18 GIOVANNI CECCHINI

storici e di monumenti d’arte sparsi un po’ dovunque nell’Umbria,
tali da costituire più che abbondante giustificazione e forte incentivo
a lavori storico-illustrativi di un istituto soltanto regionale, esponeva
i motivi di opportunità*e di zelo che avevano spinto gli studiosi umbri
a staccarsi dalla R. Deputazione Toscana. Osservavano a tale propo-
sito i deputati umbri:

«Di dieci volumi pubblicati appena uno appartiene all'Umbria
illustrante l'antica storia di Orvieto in antico appartenente alla To-
scana. L'Archivio Storico Italiano, per l'indirizzo generale piü che par-
ticolare delle sue pubblicazioni, non si prestò fin qui a favorire lo stu-
dio delle monografie locali. Dei 24 soci stabiliti dal Regolamento per
la Deputazione, solamente tre appartengono all’Umbria, e quando
accade di nominare qualche sostituzione, si cerca sempre di assotti-
gliare il numero dei non toscani.

Così accade che la R. Deputazione istituita per la Toscana e ’Um-
bria prosperi unicamente per la Toscana, assorbendo tutti i diritti del-
l'Umbria che non ha illustrata la sua storia, non ha posto conveniente
di rappresentanza ».

Il 4 marzo di quell’anno il Ministro Baccelli dava personalmente
la buona novella al deputato Giuseppe Bracci con la seguente Jettera:

«Onorevole Collega,

«accogliendo i voti espressi dalla Società Storica di Perugia ho
deliberato di istituire una speciale R. Deputazione di Storia Patria
per la provincia dell'Umbria e sottoporrò quanto prima all'augusta
firma di S.M. il decreto relativo.

« Intanto del provvedimento che sarà preso e che varrà certamen-
te a dare nuovo ed efficace impulso agli studi storici dell'Umbria, per
molti rispetti benemerita nella storia della civiltà italiana, io do notizia
a Lei e per mezzo di Lei agli Onorevoli Deputati di codesta regione, i
quali vollero concordi presentarmi ed avvalorare con la loro parola
il nobile desiderio degli studiosi Perugini.

«Con osservanza

aff.mo amico G. Baccelli »

Al R. Decreto 27 febbraio 1896, n. 74, istitutivo della R. Depu-
tazione sopra gli studi di Storia Patria per l'Umbria, che prevedeva la
costituzione dell’ufficio di presidenza in un presidente, un vice-pre-
sidente e un segretario, ma non stabiliva il numero dei soci, succedet-









I SESSANT'ANNI DELLA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA 19

tero il R. Decreto 27 Settembre 1896 per la nomina dei membri del-
l'ufficio di presidenza nelle persone del conte comm. Luigi Fumi, Pre-
sidente, del prof. Leopoldo Tiberi, Vice-presidente, del conte dott.
Vincenzo Ansidei, Segretario-economo, e infine il R. Decreto 22 mag-
gio 1898, n. 176, col quale la R. Deputazione veniva eretta in Ente
Morale, approvandosene contemporaneamente lo statuto. Ferme re-
stando le disposizioni concernenti la costituzione dell'Ufficio di Presi-
denza, per il quale già era stato provveduto e che rimaneva in carica
un triennio, lo Statuto disponeva che i soci dovessero distinguersi in
ordinari, collaboratori, aggregati, corrispondenti e benemeriti.

Il riconoscimento da parte del Governo della giovane istituzione
culturale umbra galvanizzó le forze e le volontà dei suoi membri; i
quali si prodigarono con rinnovato ardore per la maggiore sua affer-
mazione nella vita regionale e nazionale e per il costante progresso
degli studi da essa già promossi e via via divulgati per mezzo della
stampa. Nel Bollettino; sempre pingue di contributi d'indole storica,
diplomatica, di erudizione artistica e letteraria, si venivano regolar-
mente pubblicando i frutti del lavoro affidato ai dott. V. Ansidei e L.
Giannantoni, che vi attendevano con competenza pari al fervore, i
regesti, cioè, degli atti ufficiali del Comune di Perugia contenuti nel-
l'antico Archivio di questo. Anche la Bibliografla storica dell'Umbria,
la cui compilazione stava molto a cuore alla Presidenza della Depu-
tazione, procedeva, se pure non con regolarità costante in tutti i set-
tori, a causa del diverso impegno con cui i collaboratori vi si dedica-
cavano. Ancora per vari anni nelle annuali Assemblee della Deputa-
zione, che con una sorta di turno si tenevano ‘nelle maggiori città um-
bre: Orvieto, Spoleto, Città di Castello, Rieti, Foligno, Gubbio, Narni,
Todi, Terni, allo scopo di mantener vivi i contatti con gli studiosi lo-
cali e di alimentarne il fervore, si trattò quest'importante argomento,
ma poi per circostanze varie il lavoro non potè venire a conclusione
né essere pubblicato. Parte del materiale già raccolto passò nell’Archi-
vio della Deputazione, dove si trova tuttora, e parte fu utilizzato dai
singoli collaboratori per propri fini di studio.

Altre assidue cure furono dedicate dall'Ufficio di Presidenza per
procaeciare alla istituzione una propria sede sufficientemente deco-
rosa. Sino allora essa era stata ospitata dalla Biblioteca Comunale,
la quale, già in condizioni di disagio per la conservazione delle sue
raccolte, non aveva mai potuto riservarle nemmeno una sala per suo
uso esclusivo.

Nel 1897-98 furono svolte con la Fondazione per l'Istruzione





20 GIOVANNI CECCHINI

Agraria attive pratiche « per i locali di S. Pietro, che sarebbero: stati
assai adatti ad accogliere la Deputazione quando potesse alla medesi-
ma affidarsi la conservazione del prezioso Archivio e della annessa
Biblioteca ». )

Ma dopo varie alternative non fu concluso nulla di concreto e
tuttora la Deputazione non possiede una propria sede, ed è ancora ‘
ospite alla meglio della Biblioteca Augusta del Comune.

Intanto nel 1900 si rinnovava il Presidente, avendo il Fumi di-
chiarato, a causa della perdita della madre avvenuta di fresco, che non
avrebbe conservato per il triennio 1900-02 quella carica, anche se gli
fosse stata riconfermata. Lo sostituì quindi il conte Paolo di Campello -
della Spina, al quale tuttavia per il triennio 1902-05 tornò a succedere
per l’ultima volta il Fumi. Se Ariodante Fabretti fu l’ispiratore della
fondazione della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, Luigi
Fumi ne fu il realizzatore e l’animatore. La stessa operosità concorde
di tutti gli studiosi e cultori di discipline storiche dell'Umbria fu resa
più feconda e spontanea perché incentrata nella figura piena di fascino
e di suasiva autorità di Luigi Fumi. Non sembra conveniente dilungar-
si a intessere un profilo di lui dopo quanto è stato pubblicato nel Bol-
lettino negli Atti del Convegno di Orvieto del 1939. Purtuttavia, trat-
tandosi di delineare le vicende di questo importante istituto storico,
si è necessariamente costretti a mettere in rilievo, non soltanto il ruolo
ch'egli ha sostenuto per la sua costituzione, ma il tono di serietà, di
prestigio, di operosità che egli ha comunicato al sodalizio sin dal suo
sorgere. Della sua varia, viva, nutrita opera di storico e di critico hanno
largamente e acutamente trattato nel Bollettino Ettore Ricci, Achille
Bertini Calosso e Cesare Manaresi. Ma sopratutto quest’ultimo, che
è vissuto a lungo al suo fianco e lo ha assiduamente assistito nella sua
attività archivistica, ha messo in rilievo l’intrinseco nesso esistente,
un rapporto quasi di interdipendenza, tra la sua attività di archivista
e quella di storico.

Quella agevolezza a muoversi tra le più complesse e controverse

| vicende storiche, quel sicuro colpo d’occhio nella scelta e nell'uso dei

documenti per la ricostruzione di un fatto, di un’epoca, di una magi-
stratura, quel modo insomma di risuscitare la storia dal di dentro era-
no l’irradiazione di una maturità d’esperienza e di una profondità
di conoscenza del materiale per la storia che possiede soltanto. colui
che si è formato nell’assidua opera di classificazione archivistica ed
è adusato alla visione largamente panoramica di estesissime e or-
ganicamente disposte raccolte d’archivio.











I SESSANT'ANNI DELLA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA 21
* * *

| La Deputazione dunque venne via via con gli anni approfonden-
do ed estendendo la sua benefica azione di tutela e di incoraggiamen-
to di ogni seria impresa che tornasse a vantaggio o a decoro degli
studi storici e dell'incremento culturale ed artistico della Regione
umbra. L'attività dell'Ufficio di Presidenza e dei soci si esplicava prin-
cipalmente nella pubblicazione del Bollettino, che continuava ad usci-
re in tre fascicoli quadrimestrali ben. nutriti e dignitosamente curati
nella veste tipografica, nelle assemblee dei soci che con apprezzabile
sensibilità dei dirigenti si svolgevano a turno nelle città umbre, dando
luogo a circoscritti ma vivi e interessanti convegni storici, per mezzo
dei quali non solo si faceva del proficuo lavoro su specifici argomenti,
ma si raggiungevano un'intesa ed un affiatamento ognor piü intimi
fra i soci e si trovava modo di legare più profondamente l’esistenza
e gl'interessi della Deputazione all'esistenza e agl'interessi della popo-
lazione umbra o perlomeno di quella parte di essa che ne poteva
apprezzare l'opera e la funzione.

Fino allo scoppio della guerra europea 1914-18 la vita e l'atti-
vità della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria si svolgono nor-
malmente sull'impostazione di serietà e di operosità che ha avuto sin
dal principio: essa raccoglie veramente tutte le forze vive della cul-
tura storica, giuridica, artistica e letteraria della regione e, quel che
più importa, conduce alla formazione di giovani valorosi, gettando
così le basi di una feconda tradizione. Oltre al Bollettino, che regolar-
mente pubblicava cronache inedite, documenti sullo Studio perugino,
documenti e notizie su monumenti artistici e opere d’arte, su acca-
demie letterarie, spunti e appunti di storia politica, civile ed econo-.
mica, inediti letterari, statuti di piccoli comuni etc. si presero a pub-
blicare in apposita collezione contributi speciali attinenti sempre al
campo di attività dell'istituzione. Infatti in un'assemblea del 29 ot-
tobre 1907 fu deliberato di impiegare i residui attivi del bilancio
annuale nella pubblicazione di volumi di Appendice al Bollettino.

Tra il 1894 e il 1904, in cui si attuò la fase veramente costitutiva
e formativa della Deputazione, i collaboratori più assidui sono stati
Giuseppe Mazzatinti, Oscar Scalvanti, Giuseppe Pardi, Domenico
Tordi, Paul Sabatier, Pietro Tommasini Mattiucci, Vincenzo Ansidei,
Giuseppe Sordini, Getulio Ceci, Torquato Cuturi, Giuseppe Bellucci,
Ciro Trabalza, Luigi Lanzi; negli anni dal 1905 al 1915, a quasi tutti



22 GIOVANNI CECCHINI

i precedenti, si aggiunsero Giustiniano Degli Azzi, il p. Lugano,
Luigi Tarulli Brunamonti, Angelo Sacchetti Sassetti, Michele Faloci
Pulignani, Pio Cenci, Enrico Filippini, Adolfo Morini, Pericle Perali,
Francesco Briganti, Giustino Cristofani, Giuseppe Nicasi. La Depu-
tazione non mancó ugualmente di partecipare attivamente a quegli
avvenimenti nazionali che potevano avere un'apprezzabile ripercus-
sione nella sua sfera d'azione e d'interessi. Fra l'altro essa partecipó
ai solenni funerali di Re Umberto a Roma, alle onoranze nazionali
tributate al sen. Pasquale Villari per il cinquantenario di insegnamento,
al Congresso storico internazionale del 1903 a Roma, in occasione del
quale effettuò la pubblicazione degli indici del Bollettino per gli anni
dal 1895 al 1901.

Nel 1905 fu nuovamente messa sul tappeto la questione della
pubblicazione degli antichi statuti comunali a cominciare da quelli
di Perugia, che in parte vennero alla luce più tardi a cura del dott.
Giustiniano degli Azzi nel Corpus Statutorum Italicorum diretto dal
prof. Pietro Sella. Nel 1908 fu intrapresa una concorde azione d’in-
tesa con la Società Romana di Storia Patria nell’intento di provocare
dal Governo un provvedimento atto a vietare ai Comuni il continuo
cambiamento dei nomi delle vie e delle piazze. La Deputazione pa-
trocinò anche l'iniziativa tendente ad assicurare all'Umbria la conser-
vazione della Cascata delle Marmore.

La guerra europea rallentó inevitabilmente il ritmo dell'attività
della Deputazione e la fase del dopo guerra, con l'illanguidimento della
vita politica e sociale che caratterizzó quegli anni, segnó già una di-
versa età dell'istituto, meno ricca e ragguardevole di quella precedente.

Pur non essendo scemato l'interesse per gli studi storici, si sten-
tó parecchio a ricomporre la tessitura strutturale che la guerra aveva
sconvolto; scomparse o appartate alcune delle figure più rappresen-
tative nel passato, non era facile rimpiazzarne con elementi provenien-
ti dalle nuove generazioni la preparazione e soprattutto l’incantato
fervore per i propri studi e per la propria terra; nel generale disagio
economico-finanziario, pubblico e privato, si determinarono circo-
stanze di imbarazzo finanziario per la Deputazione, che trovò anche
in questo motivo un ostacolo allo svolgimento regolarmente continuo
e pieno della propria attività.

Frattanto alla Presidenza, dopo l’ultima permanenza di Luigi
Fumi, si erano succeduti dal 1906 al 1911 il conte Giovanni Maghe-
rini Graziani, dal 1912 al ’14 il prof. Oscar Scalvanti e dal 1915 al '20
il conte dott. Vincenzo Ansidei.









I SESSANT'ANNI DELLA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA 23

Giovanni Magherini Graziani incarnava il tipo del gentiluomo
ottocentesco, di spiccate qualità morali e intellettuali, portato dall’in-
tima vocazione e per aspirazione a superiori finalità alla cultura, alla
letteratura, alla storia, all’arte. Di famiglia oriunda del Valdarno, ma
legato da consuetudine di vita e inclinazione affettiva a Città di Castel-
lo, aveva diviso equamente la propria attività e i propri affetti tra la
Val d’Arno e la Valle del Tevere. Al riparo di una signorile modestia
egli aveva condotto fruttuose ricerche d’archivio e aveva dato circo-
scritti ma sostanziali contributi storici e critici in materia d’arte e di
storia, fino alla monumentale opera su L'Arte a Città di Castello.

Egli era uno di quegli uomini in cui l'attività di scrittore e di
studioso riceve una luce particolare dalle virtù morali e dalle risorse
di una ben formata educazione sociale.

Una gran parte della sua multiforme attività ha dedicato alla
Deputazione di Storia Patria per l'Umbria nel Consiglio Direttivo,
nella redazione del Bollettino, nell'organizzazione dei congressi dai
primi anni fino al 1910 il prof. Oscar Scalvanti, che, non umbro,
ha consacrato le migliori qualità del suo fertile ingegno alla illustra-
zione della storia politica, giuridica, economica, artistica della regione
ed ha dalla cattedra universitaria esercitato un infaticabile magistero
svolto a suscitare nell’animo dei discepoli l’amore per gli studi storici
e a indirizzarne i primi incerti passi verso mete sicure. Giustiniano
Degli Azzi, uno dei suoi migliori discepoli, commemorandone la mor-
te (1915) con commosse parole nel Bollettino diceva appunto di lui:
« Più d’una generazione di giovani lo ebbe maestro, e in campi molte-
plici — direi quasi disparatissimi — dello scibile, perché la sua mente
vastissima abbracciava con meravigliosa agilità tutta la cerchia delle
discipline giuridiche: e tutti i suoi discepoli, indistintamente, ebber
di lui quest'impressione, tutti serban lo stesso ricordo, ch’egli cioè
non era un professore come gli altri, un espositore e un volgarizza-
tore della sua scienza, ma un suscitatore d’idee, un apostolo del sa-
pere, una face luminosa e una guida sicura nella difficile via dell’a-
scensione intellettuale ».

| Temperamento tutt’affatto diverso, per nulla scintillante, ma
pacato e sereno, chiaro ed equilibratissimo fu il conte dott. Vincenzo
Ansidei, Direttore per lungo tempo della Biblioteca Comunale, il
quale senza dubbio ha prestato più che ogni altro alla Deputazione la
propria opera assidua, silenziosa e preziosa, con la modestia e la sol-
lecitudine affettuosa che la sua indole veramente nobile oltre che per
lignaggio, per natura e per formazione, comportava. « Una signorilità

,

ii
|
|
;



——

———

|
|





































24 GIOVANNI CECCHINI

di studioso — precisa Raffaele Belforti nel necrologio pubblicato nel

- Bollettino — che arricchisce, perfeziona pensiero e sapere secondo quel

modello ideale a cui l’urgono d’accostarsi un bisogno, un impegno

‘morale: uno studioso che signorilmente mette a disposizione altrui

gli acquisti e la esperienza della propria cultura: si riassume così la
personalità intellettuale del Conte Ansidei ».

Egli prima Segretario e poi Presidente durante i travagliati
anni della guerra europea, ha per circa quarant'anni rappresentato,
sin quasi alla morte, la continuità della Deputazione di Storia Patria
per l'Umbria; probo, silenzioso, liberale, discretissimo, ben nutrito
di dottrina giuridica e storica, esperto delle principali e più genuine
fonti della storia regionale, ha sempre riservato l’attenzione più vi-
gile e le cure più gelose verso quest' Associazione, alla cui istituzione
e al cui rigoglio egli ha tanto e sopratutto con tanta assiduità contri-
buito senza averne l’aria.

Conferma a tal proposito Raffaele Belforti: « A lui, più o meno,
veniva a far capo ogni attività dell'Istituto, anche quando in seno
ad esso non rivestisse cariche o avesse speciali mansioni. Cosicché la
storia della Deputazione Storica Umbra é strettamente legata all'An-
sidei, il quale, oltreché un'attività direttiva, scientifica, amministra-
tiva, dovette in tante occasioni saper spiegarvi un'altra sua opera
personale a lui specialissima. Gli inevitabili contrasti che per ra-
gioni per lo più tutte individuali non mancano mai di sorgere là
dove si trovano ad agire insieme più uomini, riuscivano ad avere
nell’Ansidei un moderatore di rara abilità ad appianarli, e il più
delle volte di felice riuscita a comporli.

Abilità dovuta alla suà serenità di giudizio, finezza di modi,
alle sue ragioni persuasive, alla sua equanimità di valutazione ».

Della sua attività pubblicistica, oltre alla collaborazione data
al Bollettino della Deputazione mediante illustrazioni di documenti,
talvolta inediti, note informative e storiche, vanno sopratutto ricor-
dati il regesto dei Codici delle Sommissioni al Comune di Perugia,
in collaborazione con Luigi Giannantoni, e il Regestum Reformatio-

. num Comunis Perusii ab anno MCCLVI ad annum MCCC pubblicato
‘nella Collezione delle Fonti della Deputazione (Perugia, 1935, vol.I) e

del quale egli ha lasciato la continuazione per almeno un altro volume.
* kE

Nonostante le difficoltà incontrate dalla Deputazione di Storia
Patria per l'Umbria nelle condizioni generali per lo svolgimento della









I SESSANT'ANNI DELLA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA 25

propria attività, essa, non senza sforzo, negli anni tra il '20 e il '30
riprese con una certa regolarità il ritmo delle sessioni del Consiglio
e dell'assemblea dei soci e della pubblicazione del Bollettino.

Non mancò anzi di inserirsi nelle maggiori manifestazioni a ca-
rattere commemorativo e non si astenne dall’intervenire ogni qual-
volta si presentó l'occasione di tutelare la conservazione e l'incremento
del patrimonio delle memorie storiche regionali. Cosi nel 1922 pro-
pugnò autorevolmente la restituzione a Perugia delle carte Günther,
esulate inopinatamente nel 1853 dal Comune e casualmente ritrovate
nella villa di un tedesco a Fasano di Gardone; contribuì a promuovere
le onoranze tributate al Perugino nel quarto centenario della morte,
partecipandovi attivamente, anche con la pubblicazione di un volume
di documenti, curato da Umberto Gnoli; consacrò alla celebrazione
del settimo centenario della morte di S. Francesco un intero volume
del Bollettino, il 289, con la pubblicazione di due descrizioni inedite
della Basilica del Santo, l'una di fra Ludovico da Città di Castello
o da Pietralunga, morto nel 1580, l'altra redatta dalla Commissione
Provinciale delle Belle Arti composta da G.B. Rossi Scotti, Mariano
Guardabassi e Luigi Carattoli.

Tuttavia bisogna constatare che i tempi sono sostanzialmente
cambiati e che, considerando gl’indirizzi predominanti nella cultura
italiana in rapporto alle correnti filosofiche dominanti e all’idealismo
crociano e gentiliano soprattutto, gli studi storici, senza esser messi
da parte, avevano perduto quel peso di finalità fondamentale nella
conoscenza delle forme concrete della civiltà umana che incontra-
statamente possedevano tra la fine dell'Ottocento e il principio del
Novecento.

Nel seguire quindi la linea di sviluppo dell'Istituto non fa mera-
viglia rilevare, analogamente a quanto accade anche nelle altre re-
gioni, che ci troviamo di fronte ad una nuova fase della vita di esso,
più circoscritta e più tenue di quella che si è chiusa all'incirca con gli
anni della guerra europea. Assai assottigliato è il numero dei cultori
di studi storici locali, soprattutto di quei numi tutelari delle patrie
memorie dei centri minori, che pure tanto assidua e spesso lodevole
‘ collaborazione avevano dato in tutte le forme alla Deputazione. Lo
stesso Bollettino, che nei tempi aurei della istituzione usciva in tre
fascicoli annui sì da formare un grosso volume, con una larga messe
di memorie e di studi, di comunicazioni e di note, di variato corredo
bibliografico, si viene riducendo ad un fascicolo all'anno di circa un
terzo delle pagine, in cui non mancano contributi interessanti per







26 GIOVANNI CECCHINI

l'argomento e pregevoli per il metodo della trattazione, ma si re-
stringe ognor più quella parte di elaborazione informativa e biblio-
grafica che è frutto della prestazione del nucleo propriamente reda-

zionale del periodico, che si viene via via invece dileguando. Il segno

più tangibile del cambiamento profondo che si è venuto operando
dalla guerra europea in poi nella Deputazione di Storia Patria per
l'Umbria si rivela appunto nella modificazione del criterio redazionale
che ha subito il suo organo periodico, nel quale ha finito per pro-
nunciarsi sempre più un carattere antologico di miscellanea di studi
storici. Nella prima epoca di fervido entusiasmo e di concorde con-
corso di volontà fattive e operose, la Deputazione, nell’assolvere in
pieno la propria funzione di centro di studi storici regionali, è stata
anche una scuola di metodo delle discipline storiche e una palestra
di giovani energie da essa attratte e da essa guidate sul cammino
della ricerca sistematica dei documenti, della illustrazione di essi e
dell’elaborazione del loro contenuto: quali furono Giustiniano Degli
Azzi, Francesco Briganti, Luigi Tarulli. Ma ormai i tempi eran cam-
biati e sempre più scarso era il numero dei giovani che si lasciavano
attrarre dal fascino di questi studi o, per meglio dire, che, rinun-
ciando ai miraggi di più remunerative e più brillanti carriere, si
accontentavano di modesti uffici e più modeste prebende pur di
essere in grado di lavorare nel settore della conservazione, dell’or-
dinamento, dell’illustrazione del materiale storico-archivistico-scien-
tifico. In virtù del prestigio che si era venuta acquistando in quasi
un trentennio di attività, la Deputazione è sempre tuttavia circon-
data di sincera considerazione e conserva nelle sue manifestazioni
un costante carattere di serietà e di dignità.
Il 21 settembre 1923 ebbe luogo a Perugia, a Palazzo dei Priori,
il Congresso delle RR. Deputazioni di Storia Patria, che si svolse
con abbastanza larga rappresentanza di Società Storiche, e ancor più
largo numero di adesioni. Il Congresso aveva lo scopo evidentissimo
di raccogliere le fila disperse dalla guerra, di fare il punto della si-
tuazione e prendere le intese per una concorde azione futura alla
stregua delle esigenze che si sarebbero determinate. Vi furono trat-
tati proficuamente molti argomenti e alla fine l'assemblea concluse
i lavori con la determinazione dei propri voti nei seguenti dodici
punti:
I - Una sempre più continua ed efficace unione fra le RR.
Deputazioni di Storia Patria, le Società affini e l’Istituto Storico Ita-
liano, al quale per R. Decreto è affidato il mandato di coordinare









I SESSANT'ANNI DELLA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA 27

l’azione delle medesime nello studio e pubblicazione delle memorie
storiche. i

II —- Aumento dei contributi governativi alle stesse Società.

III — Elevazione da Lire 25:000 a Lire 80.000 della dotazione
da parte dello stato all'Istituto Storico, coll'obbligo di fondare borse
di studio per i giovani designati dalle RR. Deputazioni.

IV — Intensificazione nella pubblicazione dei documenti ri-
guardanti l'Italia, contenuti negli Archivi di altre Nazioni.

V — Richiesta per una vigilanza più attiva sopra gli Archivi
degli Enti e dei privati, onde impedire la dispersione del materiale
storico.

VI - Interessamento più operoso da parte degli studiosi per
la pubblicazione delle monografie e dei documenti riguardanti gli
argomenti storici più vari nei « Bollettini » delle Regioni, a cui il ma-
teriale storico stesso si riferisce, non solo per una più ampia conoscen-
za della Storia Regionale, ma per raccogliere, stimolando nei modi
più efficaci le varie energie giovanili così ben promettenti, un materia-
le ognora più ricco, da utilizzare poi nella compilazione di una Storia
della Nazione, sempre più ampia e più perfetta nelle singole parti,
méta unica di ogni indagine.

VII — Maggiore attività negli scambi fra i « Bollettini » e le
varie pubblicazioni delle singole Società, onde rendere più facile Îa
ricerca bibliografica, elemento di primissimo ordine in tutti gli studi,
non esclusi gli storici.

VIII — Prosecuzione della compilazione e pubblicazione degli
Indici generali di tutti i lavori d'indole storica nelle varie Regioni,
già per Firenze incominciati dal Gherardi e per il Piemonte dal Cipol-
la e continuati da pochi altri.

IX — Attività sempre più viva nell’opera iniziata perché quel-
le Regioni, che non li hanno ancora, possano possedere propri Ar-
chivi di Stato.

X — Azione da parte delle RR. Deputazioni e Società simili,
sempre in accordo con l’Istituto Storico, per ottenere che l’insegna-
mento della Storia d’Italia nelle Scuole medie e specialmente nelle
classiche sia impartito con più organica unità.

XI — Necessità di più frequenti affiatamenti per meglio prov-
Vedere ad un indirizzo uniforme e quindi più organico fra le singole
Società, mediante periodici convegni nelle città sedi delle medesime.







28 GIOVANNI CECCHINI

XII — Provvedimenti economici opportuni per facilitare l'ope-
ra degli studiosi nelle varie ricerche, specialmente per coloro che deb-
bono assentarsi dalla loro abituale residenza per compierle.

È anche meritevole di ricordo la visita che il 25 settembre 1925
fece alla sede della Deputazione il prof. Pietro Fedele, allora ministro
della Pubblica Istruzione, che ha sempre mostrato una viva predile-
zione per Perugia e che non tralasciava occasione, per contribuire
all'incremento degli studi storici. In quella congiuntura il ministro
visitò anche il deposito di fondi archivistici, tra cui il giudiziario an-
tico e il legatizio apostolico, che a cura e a spese del Comune era
stato allestito in alcuni ambienti dell’ex-Ospedale di S. Maria della
Misericordia in attesa e con l’augurio che si provvedesse all’istituzione
dell'Archivio di Stato, ma intanto col lodevole risultato di salva-
guardare quelle importanti raccolte dalla dispersione e dal deperi-
mento.

Con R. Decreto 17 novembre 1932 venne approvato il nuovo
Statuto della Deputazione promosso e predisposto dalla Presidenza
. di essa. Il nuovo Statuto all'art. 2 tratta dei Soci nei termini seguen-

ti: «La Regia Deputazione si compone di Soci: a) Ordinari; b) Col-
laboratori: c) Aggregati. Sono Ordinari i Soci proposti dal Consiglio
della Regia Deputazione e confermati per Decreto Reale. Il loro nume-
ro non potrà essere superiore a 30.

Sono Collaboratori i Soci scelti dall'Assemblea generale dei Soci
fra i più noti eruditi o cultori degli studi Storici, nati e domiciliati nel-
la Regione. Sono Aggregati i Soci scelti dall'Assemblea generale dei
Soci fra gli amatori dei buoni studi che meglio sono in grado di favo-
rire le ricerche e le pubblicazioni storiche. »

Era anche confermata la categoria dei Corrispondenti, oltre quel-
le naturalmente dei Benemeriti e degli Onorari. Per il resto il nuovo
statuto non portava sostanziali variazioni e in quanto all'attività
scientifica e culturale normale confermava le tre serie di pubblicazioni
del Bollettino, delle Appendici al Bollettino e delle Fonti di Storia per
l'Umbria.

Nella Presidenza al conte dott. Vincenzo Ansidei successe dal
1921 al'35 il prof. Francesco Guardabassi, uno dei promotori della
riunione del 12 settembre 1894 da cui era sorta la Società Umbra di .
Storia Patria e appartenente alla notissima famiglia perugina, in cui
l'amor patrio e la cultura erano in grande onore. Francesco Guarda-
bassi, uomo di scuola, nel cui ordine aveva percorso brillantemente
tutta la carriera da insegnante di Ginnasio a Provveditore agli Studi,









1 SESSANT'ANNI DELLA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA 29

letterato e scrittore di fine gusto e di assai largo orizzonte di conoscen-
ze e di vedute, sensitivo ma anche piuttosto schivo e persino burbero,
studioso di solida formazione e di alte esigenze critiche, ha tenuto non
senza merito per cosi lungo tempo l'alto e delicato officio, in un perio-
do in cui gli istituti storici sono stati turbati da ansiosi impulsi di nuovo
orientamento e da esigenze di organico rinnovamento. Vien fatto di
pensare che con i mezzi intellettuali e di cultura di cui disponeva, egli
avrebbe potuto lasciare maggiori testimonianze nella vita della De-
putazione, se fosse stato minore quel senso di rispettosa freddezza da
cui quasi generalmente il prossimo era preso nei rapporti con lui. Pur
tuttavia bisogna riconoscere che nel disimpegno del suo officio ha
portato molto amore, ch'era poi amore per la sua città e per l'Umbria
e insieme un tratto personalissimo del suo spirito, che Raffaele Bel-
forti coglie assai bene nel necrologio di lui quando dice: « Il senso
della dignità e dei doveri della cultura ha sorretto la mente e l'opero-
sità di Francesco Guardabassi ». Ed è stato proprio negli anni in cui
ha presieduto alla Deputazione che egli ha adempiuto un voto forse
da molto tempo formulato, la compilazione della Storia di Perugia,
incompleta in due volumi dalle origini al 1531, in cui sull’orditura del
movimento generale del decorso storico in Italia s'inserisce la storia
di Perugia, osservata in ispecie nel flusso delle istituzioni politiche,
economiche, civili e religiose.

* ok

La progettata riforma non solo delle Deputazioni di Storia Patria
ma di tutti i maggiori istituti storici nazionali era venuta intanto a
maturazione e fu bandita col R.D.L. 20 Luglio 1934 e col R.D. 20

giugno 1935, n. 1176.

; AI vertice dell'organizzazione degli studi storici è posta la Giun-
ta Centrale per gli Studi Storici, che ha il compito di costituire l’or-
gano centrale di collegamento e di guida per tutti gli istituti di studi
storici centrali e periferici. Venivano inoltre ad essa attribuite funzioni
di consulenza da parte dello Stato per ogni problema che avesse atti-
nenza con la ricerca storica. Le Deputazioni di Storia Patria venivano
a trovarsi in una condizione di subordinazione alla Giunta Centrale,
la quale impartiva ad esse le direttive per lo svolgimento della pro-
pria attività, ne designava il Presidente e il Vice Presidente, fissava
per ciascuna di esse le quote di associazione, ne approvava i bilanci
consuntivi e preventivi, riceveva dai presidenti una relazione annua-



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30 GIOVANNI CECCHINI

le sull'attività svolta. I membri venivano stabiliti in tre categorie:
deputati, corrispondenti, soci. In particolare la Deputazione per l'Um-
bria veniva confermata per le provincie di Perugia e Terni, con sede
in Perugia e con trenta deputati e sessanta corrispondenti.

Con l'introduzione del nuovo ordinamento, morto nel 1935 Fran-
cesco Guardabassi, la presidenza fu assunta dal prof. Federico Chabod,
illustre docente universitario di storia moderna. Fu attuato un largo
rimaneggiamento nella composizione delle categorie dei soci, non sen-
za esclusione di prevenzioni e diffidenze d'ordine politico e intellet-
tuale e si cercó di galvanizzare il vecchio organismo, nel quale il
novero di coloro che potessero e volessero dare una collaborazione
attiva e costante era ridottissimo. Pertanto l'attività della Deputa-
zione continuó nella misura che ormai le era consentita, incentrata
sopratutto nella pubblicazione del Bollettino, al quale dal 1931 in poi
collaborarono più o meno assiduamente Edoardo Martinori, Anna
Paoletti, Gaetano Gasperoni, Aldo Cerlini, Pietro Pizzoni, Ettore
Ricci, Angelo Messini, Giuseppe Abate, Raffaele Belforti, Gino Fran-
ceschini. Nel 1937 la presidenza passò per qualche mese al conte dott.
Romeo Gallenga Stuart e poi, alla morte di questo, nel 1938 al prof.
Achille Bertini Calosso, che si prodigò con tutta l'energia e la diplo-
mazia di cui è capace per tentare di riportare la Deputazione al ri-
goglio dei primi anni.

Le cure principali del nuovo Presidente si rivolsero al Bollettino,
per assicurarne la regolare pubblicazione; inoltre, rendendosi conto
dell'importanza che aveva avuto nel passato la consuetudine dei
Convegni di studio per far convergere verso la Deputazione l’interes-
se non solo degli studiosi, ma quello degli Enti e del pubblico colto,
egli la riprese, indicendo per l'autunno del 1939 il Convegno di Orvieto,
quasi interamente dedicato ad argomenti archivistici, e nel quale tra
l’altro venne degnamente celebrata la memoria di Luigi Fumi.

Il 14 settembre 1942 ad iniziativa della Sezione di Perugia del-
l’Istituto Italiano del Rinascimento, ma per merito soprattutto del-
l'attiva opera di propaganda e di organizzazione della Deputazione,
fu tenuto a Gubbio un Convegno archeologico-umanistico, che, in
considerazione delle condizioni generali null’affatto favorevoli, riuscì
magnificamente per importanza di relazioni e comunicazioni, per
numero e qualità di partecipanti, per concorso di pubblico. Nei giorni
11 e 12 marzo del medesimo anno 1942 si era intanto svolto in Roma
un Convegno dei rappresentanti delle Deputazioni e dei membri della
Giunta Centrale, indetto in sostituzione del progettato Convegno na-







I SESSANT'ANNI DELLA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA 31

zionale delle Deputazioni di Storia Patria che avrebbe dovuto aver
luogo a Napoli nel 1940 e al quale s'era stati costretti a rinunciare.
Nel Convegno romano il Presidente della Deputazione di Storia
Patria per l'Umbria nella sua relazione rese conto di quel che l'Isti-
'tuto aveva realizzato negli ultimi tre anni ed espose il programma di
lavoro per il futuro, che comprendeva, oltre la regolare uscita del
Bollettino, la pubblicazione nelle Fonti Storiche, del Regesto delle Ri-
formanze del Comune di Perugia, dello Statuto del 1279 del medesimo
Comune e di quello del Comune di Foligno, e di una piccola collana
di guide-inventari delle Raccolte d’antichità e d’arte delle minori
città umbre; infine la regolare ripresa dei Convegni storici.

Ma, aggravandosi sempre più la situazione a causa del conflitto
mondiale, anche la vita della Deputazione si rendeva sempre più
illanguidita e l’attuazione del bel programma formulato dal Presi-
dente si dovette restringere al minimo essenziale.

Terminato il conflitto armato, nello sbandamento generale che
seguì, la Deputazione di Storia Patria per l'Umbria fu una delle prime
a dar segni di vita, tanto che riusci ad organizzare nel 1947 un Conve-
gno storico a Gubbio, dopo quello che l'anno prima si era svolto a Pe-
rugia, dedicato all'illustrazione degli Istituti di cultura dell'Umbria.

E ció fu merito del suo Presidente, prof. Bertini Calosso, che ven-
ne poi nominato Commissario (Decreto 8 agosto 1947 del Ministro
per la Pubblica Istruzione). Infatti dopo la fine della guerra tutte le
Deputazione, sciolti gli organi fino allora esistenti, erano entrate in
regime commissariale (D.L. del Capo Provvisorio dello Stato 24 gen-
naio 1947, n. 245) per dar modo di procedere alla riforma organica di
esse e di rifarne gli statuti in conformità del restaurato clima democra-
tico. Tale regime dura tuttora ed é probabile che entro il corrente anno,
in cui cade il sessantesimo della fondazione della Società Umbra di
Storia Patria, completati tutti gli adempimenti a cui il nuovo Statuto
è sottoposto, possa darsi luogo alla ricostituzione organica della De-
putazione. Si aprirà così una nuova fase per l’esistenza di questo glo-
rioso istituto, dopo quella travagliatissima della guerra e del dopoguer-
ra, che è interamente gravata sulla coraggiosa fattività del prof.
Achille Bertini Calosso, il quale ha superato numerose e rilevantis-
sime difficoltà per la provvista dei mezzi finanziari e per l'aggiornata
pubblicazione, anno per anno, del Bollettino.

Nell’auspicare che la Deputazione possa riprendere in pieno
l’alta funzione che ad essa compete, tornando ad essere il massimo
centro di raccolta e di coordinamento delle forze vive che operano,









32 GIOVANNI CECCHINI

soprattutto nella regione, nel settore delle ricerche e degli studi sto-
rici, non avrà sapore di retorica additare all'ammirazione di tutti
non solo la messe di lavoro storico, sempre meritorio e spessissimo di
grande pregio, accumulata in sessant'anni di attività di questo no-.
stro Istituto, ma anche il fervore di dedizione e l'amore di penetra-
zione spiegati da studiosi e scrittori umbri e non umbri a favore di
questa singolarmente bella e cara terra che, se; come diceva Bonghi,
é facile amare, non é sempre altrettanto facile comprendere.

GIOVANNI CECCHINI







MEMORIE

LA « LEX TUDERTINA »

Splendidissima colonia Tuder
(C.I.L., XI, 4659)

Il ricordo dell'interessante documento giuridico che va sotto il
nome di «fragmentum Tudertinum », ci é conservato in una tavola
di bronzo (1) dove il testo, quanto mai lacunoso, presenta gravi dif-
ficoltà di interpretazione. La ricostruzione piü probabile dell'anti-
chissima «lex », anche se, come vedremo, non in tutto attendibile, é
sempre quella già proposta dal Mommsen (2) e accolta dal Bruns (3).

L'ipotesi dell' Huschke (4) che l'importante titolo epigrafico riferi-
sca il testo di una legge romana, puó considerarsi ormai abbandonata.
L'espressione « Quiritium comprehensumve est uti dentur p(opulo)
r(omano) », é un evidente richiamo al diritto vigente in Roma, in una
materia particolarissima e che 'viene esteso all'importante centro
umbro di « Tuder » (5), l’odierna Todi, mediante una « lex coloniaria »
il cui testo figura appunto nella nostra tavola. La legge, com'é noto,
colpiva taluni illeciti che peraltro, data la grave mutilazione del testo,
non troviamo indicati, mentre vi figurano le misure repressive che vi
si statuivano: l’applicazione cioè di una multa fissa di 10.000 sesterzi
o di una arbitraria che il magistrato, nella sua discrezionalità, poteva
anche stabilire in misura superiore a quella massima legale salvo il
diritto di appello nei modi consentiti.

(1) Proveniente dall’Umbra Todi ove, nel 1729, venne occasionalmente
rinvenuta nei pressi del Tevere, è oggi conservata nel Museo di Napoli.

(2). C.LL;, 1, 1409.

(3) Bnuws, Fontes, p. 155. Sulla ricostruzione della parte finale del testo,
v. FADDA, Azione popolare, p. 9.
: (4) HuscHKE, Die multa und das sacramentum, p. 177.

(5) Cfr. PLIN., n. h., 2, 148: ab Amerinis et Tudertibus ; SIsENNA, hist.,
IV (NoNro s. v., iussus): Tamen Tudertibus senati consulto et populi iusso dat
civitatem ; PLuT., de Crasso, c. 6: x«l yàp móXv Oufouch» cou8spvíav $Acv ÉBobc
Tielota tiv yonudtov opeteplonodar xai SteBANIM voóg ZUXAav; STRAB., 5, 2, 10:
Toddep èvepxig nó ; PrTOL., 3, 16, 47: oppidum Vilumbrorum; SrEPnz. Bvz., s. v.
Téóàspza nóAic zvgpnvuch, ob0srépoc. Tó "E9wxóv Tu8spzivoc. V. anche il mio art.:
L'Umbria nell'ordinamento della Diocesis Italiciana, in Boll. di Storia Patria
per l'Umbria, Vol. XLVIII, 1951, pp 1-31.

3







































34 MARIO DE DOMINICIS

Ed é opinione quasi con-
corde che tali sanzioni si
applicassero «ob iura se-
pulchrorum violata», anche
se nessuno, che io sappia,
si sia particolarmente sof-
fermato ad esaminare il
fondamento di tale ipotesi
che, va subito rilevato, ap-
pare assai verosimile (6).

Essa potrebbe intanto
dedursi dall'espressione «in
sacrum judicare » per cui
glifatti vietati dovevano
ben riguardare «res sacrae »
o «religiosae » come dal
fatto che, interessando tale
norma cittadini di comu-
nità diverse e lontane, il
suo contenuto doveva pure
avere un carattere gene-
rale.

Ha certamente anche ri-
levanza la precisazione, nel
documento, che ogni com- ;
petenza per la multa arbi-
traria, apparteneva a quei
magistrati o sacerdoti « qui
quoque anno inferiarum sa-
cris fungentur » (7). 2» &«

Ma questi elementi pos-
sono tutt'al piü offrire
qualche apprezzabile indi-
zio, senza peraltro del tutto :
giustificare l'opinione riferita la quale riveste particolare interesse e
importanza in quanto verrebbe a riconoscere, nel frammento Tuder-



Asse librale dell'aniica « Tuder ».



(6) Cfr. MouwsEN, Rómisches Strafrecht, p. 814, n. 6; GIRARD, Org. jud.,
p. 268, n. 1; MonEL, Le sepulchrum, in Ann. de l'Un. de Grenoble, T. 5, p 98.
(7) Cfr- G.LES, X1, 4746.









LA «LEX TUDERTINA » DO

tino, il più antico ricordo di intervento legislativo a tutela del « ius
sepulchri ».

Già la legislazione decemvirale si sarebbe, è vero, occupata di
questa materia. È Cicerone ad informarcene. A proposito della tavo-
la decima egli scrive: « Postquam sumptuosa fieri funera et lamenta-
bilia coepissent, Solonis lege sublata sunt. Quam legem iisdem prope
verbis, nostri viri in decimam tabulam coniecerunt » (8), mentre al-
trove, parlando delle leggi di Solone, ne rileva il largo sviluppo che
vi ebbe il diritto sepolcrale: « de sepulchris autem nihil est apud So-
lonem amplius quam: — ne quis ea deleat neve alienum inferat — poe-
naque est, — si quis bustum... aut monumentum -, inquit, — aut
columnam violaret... » (9). Ma non é chi non veda la poca attendi-
bilità di tali riferimenti, data la nota tendenza degli scrittori romani
e dell'annalistica in particolare ad anticipare iniziative e avvenimen-
ti legislativi. Noi piuttosto pensiamo che non sia fuori luogo mettere
in relazione con il frammento Tudertino un documento epigrafico
che parrebbe contenere il ricordo di una «lex », la quale avrebbe re- -
golato e tutelato proprio questa particolare materia.

Trattasi di C.I.L., VI, 26445, dove il fondatore di un sepolcro
sembrerebbe basarsi sul dispositivo di una legge per conferire efficacia
al divieto che sia comunque donato il monumento da lui eretto: « ...
huic monumento intercedet lex ne donatio fiat. Quod si quis admise-
rit, inferet aerario P. R.... ». Che la parola «lex » possa qui essere
interpretata nel senso di « iussus », comando del fondatore di non do-
nare lo «ius monumenti » (10), appare poco probabile per la mancan-
Za, nel testo, della precisazione che'solitamente ricorre e in forma va-
ria, per indicare particolari divieti o speciali raccomandazioni del « de

(8),.C1c., De leg., IL, 25, 64.

(9): Ci1G, Op. cit, IL. 26, 64. !

(10) Nei testi giuridici ed epigrafici l'insieme dei diritti, attinenti al se-
polcro, vengono indicati con l'espressione ius, iura sepulchri o. monumenti.
(Ofr. fr. 11, Dia; XXXVII, 10; fr. 53, 3, DiGo., X XEX VI; 15 fr. 4,21; Dro; XL,
pg tr.42, T, Dia, XXXVL 1L;fr. 93, Dia, X1,7; 6^8, Cop. DH, 44: c..13,
Cop., III, 44; C.LL., VI, 15056, 15840, 19915, 1452, etc.; v. ALBERTARIO, Il
contenuto del ius sepulchri in Rendiconti dell'Istituto Lombardo, vol. XLIII,
p. 533), mentre per designare il sepulchrum, nel senso di omnis sepulturae lo-
cus di cui al fr. 3, 6, 11, Dic., XLVII, 12, troviamo adoperata, in molte iscri-

zioni, la parola monumentum (C.L.L., VI, 10284, 26488, etc.), talora anche

sepulchrum aut monumentum (C.I.L., V1, 13152, 7006, 6881), monumentum aut
aedificium (C.I.L., VI, 13203), monumentum sive locum (C.I.L., VI, 13618).









36 MARIO DE DOMINICIS

cuius »: per es. « ... si quis voluntati meae contenderit... » (11),
«... contra voluntatem meam fecerit...» (12), «... contra hanc
inscriptionem fecerit...» (13), «... adversus hanc scripturam fe-
cerit...» (14), «... adversus ea quae suprascripta sunt... » (15),
«... eruperit legem praeteriti mei... » (16).

Al contrario non mancano esempi nella epigrafia giuridica dove,
per l'osservanza di talune disposizioni, il fondatore fa richiamo alle
norme «... quae in lege ... continentur... » (17).

A mio avviso, C.I.L., VI, 26445, potrebbe quindi anche far pen-
sare all'esistenza di un'antica legislazione in materia di «iura sepul-
chrorum » forse da identificarsi con quella che troviamo nel frammento
Tudertino, appartenente, come generalmente si ritiene (18), all'epo-
ca di Augusto, mentre la legge romana che vi si ricorda é certamente
di età assai anteriore, forse della fine del sesto secolo.

Né vi contraddice la comminatoria di una multa di 30.000 sesterzi
da devolversi al pubblico erario, che pure troviamo nel documento
riferito; tutt'al pià potremmo dedurne che la «lex » ivi ricordata o
mancasse della «sanctio », ovvero fosse ormai caduta in disuso e si
teneva unicamente a ricordarla perché lo « iussus » del fondatore ap-
parisse anche conforme alle più antiche regole del diritto civile.

Un esame di questo titolo epigrafico parrebbe quindi confermare
la ricostruzione del frammento Tudertino già proposta dal Mommsen,
de resto, ripetiamo, assai attendibile anche per gli altri elementi con-

tenuti nel testo.
* K*

Particolarmente interessante è lo speciale trattamento proces-
suale dell'ammenda fissa che la nostra legge comminava, anche se il
documento è così gravemente lacunoso da non potersi che formulare
delle ipotesi, tenendo conto delle integrazioni più verosimili: quella so-
stenuta dall’autorità del Mommsen: « < qui volet magistratus peti-
tio esto, aut quantae pecuniae magistratus eum multabit tantam pe-

(11).C.EL;, V1,:15048.

(12). C-EL.,.. VI, :29976.

(13) C.LL., VI, 22518.

(14) C.LL., VI, 13484.

(15), CL Ti, 5305,

(16) C.I.L., VI, 10246.

(17) C.L.L., VI, 10235; cfr. On., 4379. Uguale richiamo trovasi in C.LL.,

VI, 9404: ... lege publica uti liceat ...; cfr. On , 4085.

(18) Bnuws, l. c.







LA «LEX TUDERTINA » 37

cuniam > vel populi judicio petere vel in sacrum judicare licet (o)

. » (19) e l'altra proposta dal Voigt:»... < qui volet petitio hac
lege esto. Si quis magistratus multam irrogare volet. quantam
volet — populi judicio petere... » (20).

Secondo dunque il Mommsen anche 1a « petitio » della multa di
10.000 sesterzi sarebbe spettata al magistrato, mentre il Voigt é in-
vece portato a supporre la popolarità di questa azione. La questione
va esaminata tenendo presente gli altri documenti che possono offrire
qualche analogia con il frammento Tudertino.

La «lex Spoletina » (21), che appartiene alla stessa terra umbra
e contiene norme intese a salvaguardare il bosco sacro che ricopriva
il suggestivo Monteluco, a ridosso dell'antica « Spoletium », stabiliva,
per i violatori «sei quis scies violasit dolo malo», un sacrificio espia-
torio in onore di Giove « Iove bovid piaclum datod », insieme con il
pagamento di una multa di 300 assi la cui « petitio » spettava al « di-
cator ». Dichiara infatti la «lex Spoletina »: «eius piacli moltaique
dicator(ei) exatio est(od) ». Il « dicator » era forse il magistrato ‘cui
spettava, secondo l’ordinamento locale, il «ius dicandi » (22).

Nella nota « tabula Bantina », su cui tanto si è disputato (23), os-
serviamo che la legge Osca, riproducente lo statuto municipale dato
alla città di Bantia, in Lucania, probabilmente dai commissari romani,
attribuisce a qualunque magistrato la «petitio » della multa (24).
La stessa procedura figura nella legge romana, quasi sicuramente
un plebiscito, riprodotta nell'altro lato della tavola: «... eam pe-
quniam quei volet magistratus exigito... » (25).

Da osservare che la prima legge é posteriore al 180 a. C., data
della «lex Villia annalis » di cui applica i precetti (26), mentre l'altra
va collocata tra il 133 e il 118 a. C., per il ricordo che contiene dei
«tres viri agris assignandis », da identificarsi nei « tres viri lege Sem-
pronia », i quali appunto operarono in tale periodo e vennero sop-
pressi nel 118 a. C. (27).

(19) Mommsen, C.I.L., XI, 4632.

(20) Berichte de l' Académie de Saxe, 1890, p. 263.

(21) Bnuws, Fontes, p. 260. Tenendo conto dei caratteri e della lingua è
da assegnarsi alla prime metà del sesto secolo.

(22) Cfr. GirARD, Op. cit., p. 267, n. 4.

(29)-G." IL; D p»?46'e seg.

(2) BRUNS;: Op. cit, p. 52; L.. 12, 13; 18, 27.

(25). BRuws, Op. cit., p. 52, l. 12.

(26) Cfr. Krincunorr, Síadtr. v. Bantia, p. 90 e seg.

(27) Cfr. MoMMsEN, in C.LL., I, p. 45 e seg.











38 : MARIO DE DOMINICIS

Offre indubbiamente maggiore interesse per la questione in esa-
me la «lex Lucerina » dei primi decenni del sesto secolo (28), il cui te-

: sto ci è pervenuto attraverso un documento epigrafico, oggi disgra-

ziatamente perduto.

Essa proibisce il deposito di immondizie, il seppellimento di ca-
daveri e la celebrazione di sacrifici funebri in un bosco sacro di perti-
nenza dell’antica colonia di Lucera, nell’Apulia, statuendo : «sei quis
arvorsu hac faxit, (ceiv)ium/ quis volet pro joudicatod n(umum)/ma-
num iniectio estod. Seive mac(i)steratus volet moltare, (li)cetod » (29).
E vi troviamo il più remoto esempio di concorso di multa arbi-
traria, « dicta » o « inrogata » dal magistrato e di una multa fissa il cui
ammontare sarebbe andato, secondo il Bruns (30), a favore del de-
latore e all’erario a parere del Mommsen (31).

Merita anche rilievo la menzione, nell’antichissimo documento,
forse anteriore alla «lex Vallia » (32), della « manus iniectio pro iudi-
cato », il che offre qualche orientamento per stabilire la data approssi-

(28) Cfr. MommseEn, in Ephein. e p., II, p. 198.

(29) C.LL., IX, 782. Contiene analoghi divieti il senatoconsulto, appar-
tenente all'ultimo secolo della repubblica (C.I.L., VI, 3823; Bruns, Fontes,
p. 181 e seg.), relativo a Pagus Montanus, nella zona dell’Esquilino, dove si
stendeva una necropoli simile a quella esistente nei pressi di Porta Collina
(Cic., De leg., II, 23, 58), con un vasto agglomerato di puticoli di plebei, con

culinae per epules funebres e forse con un tempio al centro (... Sacr. .../
Montanus ...; v. Boll. arch. com., XII, p. 40). ; ;
Gli atti proibiti: ... neive ustrinae in [eis loceis regionibusve, nive foci

ustrina(e) caussa fierent, nive stercus terra(m)ve intra ea loca fecisse coniecisseve

veli(t) / quei haec loca. ab.paago Montano ..., sono quasi gli stessi previsti

: dalla lex Lucerina, con la differenza che, sull’Esquilino, era anche vietato l'uso

di foci e di ustrinae. Cfr. COLLINET, Etudes sur la saisie privée, p. 56 e seg.

Alle norme del senatoconsulto di Pago Montano fa probabilmente rife-
rimento l'ordinanza del pretore Lucius Sentius, forse il triunviro monetale del
668, di cui è ricordo nel cippo trovato nella stessa località e con tutta verosimi-
glianza eretto negli ultimi decenni del settimo secolo: ... Nei quis intra / ter-
minos propius | urbem ustrinam | fecisse velit, neive | stercus cadaver | iniecisse
velit (cfr. LANCIANI, Boll. arch. com., X, p. 159, n. 558 e XII, p. 59 e seg.).
Nello spazio tra l'ultima linea del titolo epigrafico e il piano del terreno il Lan-
ciani (1. c.) poté leggere l'espressione Sfercus longe | aufer, | ne malum habeas
dipinta in minio. Cfr. Mommsen, C.I.L., VI, 3823.

Tutti questi divieti trovansi riassunti nella norma dell’editto di cui al fr. 1,
pr. Di., XLIII 6,: In loco sacro facere inve eum immittere quid veto. Cfr. FADDA,
Op. cit, p. 347. 3

(30) Bnuws, Kl, Schr., II, p. 305 e seg.

(31) MowwsEN, Op. cit., p. 298.

(32) Bnuws, l. c.





LA «LEX TUDERTINA» 39



mativa dell'importante legge di cui parla Gaio (33). Ma l'elemento
che maggiormente ci interessa è il carattere popolare di questa azio-
ne. « Quis volet », cioè qualunque privato cittadino, poteva prendere
l’iniziativa per l’applicazione della sanzione che la legge stessa forse
determinava nella misura di 50 sesterzi (34).

Lo stesso trattamento processuale troviamo nel «fragmentum
Mediolanense », conservatoci gravemente lacunoso in C.I.L., I, 1502.
Nulla, è vero, possiamo dire con sicurezza sul contenuto e l'età di que-
sto titolo epigrafico, ma esso è il documento che meglio può orientarci
nella questione che ci interessa perché, malgrado le gravi lacune, l’a-
nalogia con il frammento Tudertino, relativamente al trattamento
processuale della multa, come già ebbe ad osservare il Fadda (35), è
quanto mai stretta ed appare evidente la rassomiglianza dei due testi
dopo l’attribuzione dell’azione.

Anche il Mommsen mostra implicitamente di ammetterla poiché,
per la integrazione del frammento Mediolanense, si vale di quanto,
al riguardo, dichiara quello Tudertino, trascurando poi di applicare
lo stesso criterio analogico per la ricostruzione di quest’ultimo. Ecco
i due testi con le integrazioni proposte dal Mommsen (36):

fr. TUDERTINO ‘fr. MEDIOLANENSE
« ... ei multa esto XS X, eiu- 4c multa esto" XS...
sque pecuni - ae quis volet eiusque pecuniae — qui volet acti

magistratus petitio esto,
aut quantae pecuniae magistratus
eum multabit tantam pecuniam —
vel populi judicio petere vel in vel in sacrum judicare li-
sacrum judicare liceto ...». SaC0O8DO SU Wr

Mentre al «qui volet actio esto » del fr. Mediolanense, il Mommsen
fa seguire il diritto del magistrato o di « petere pepuli judicio », o
di « judicare in sacrum » che troviamo nel Tudertino e l'integrazione
si presenta del tutto convincente per la già rilevata affinità fra i due
testi, non ritiene di introdurre, accanto alla multa «inrogata » della
«lex Tudertina », la «petitio» a carattere popolare per la multa fissa
del documento Mediolanense.
; La questione si ricollega invero a quella piü ampia delle lontane
origini di tale procedimento e che costituisce tuttora un punto piut-
tosto oscuro del diritto processuale romano; perché in proposito le

- o esto ... eamque pecuniam
vel populi judicio — petere

(33) Gan, IV, 25.
(34) Cfr. MoMMsEN, 1. c.
(95) 1L..Jc;
(36) Ctr. Bnuws, Fontes, p. 148, 118.







40 MARIO DE DOMINICIS



fonti più antiche e sicure e quindi maggiormente attendibili, sono
quelle pochissime e frammentarie che abbiamo sopra esaminato, di
cui la più importante, a causa della maggiore vetustà, è la «lex Lu-
cerina » dove, come abbiamo già rilevato, trovasi affermato il prin-
cipio della popolarità dell’azione.

^ E tuttavia evidente che tra questi antichi documenti legislativi
vanno distinti quelli che miravano alla tutela di un interesse politico
dagli altri che, come la «lex Tudertina », pur fondandosi sulle vetuste
tradizioni e sui « mores maiorum », tendevano piuttosto a proteggere
il sentimento religioso della collettività (37).

Ed allora, per quest’ultimi, sulla base di quanto abbiamo sopra
osservato, è possibile supporre che qualunque membro della comunità
cittadina, potesse, anzi dovesse intervenire, promovendo le azioni
del caso per l’applicazione delle norme penali previste dalla legge.

La ricostruzione, già riportata, del nostro testo, proposta dal
Mommsen, non appare convincente. È più verosimile l’integrazione
del Voigt: « qui volet petitio hac lege esto. Si quis magistratus mul-
tam irrogare volet quantam volet populi judicio petere... », non solo
perché concorda con le più antiche fonti legislative, ma anche per il
motivo che, in tema di «iura sepulchrorum violata », la popolarità
dell’azione connessa risulta pure dal materiale epigrafico pervenu-
toci. « Cuilibet de populo...» si dichiara in varie iscrizioni (38).

È vero che questi titoli epigrafici si riferiscono a un’epoca più
tarda. I primi esempi di multe sepolcrali che, inizialmente, poteva-
no elevarsi sino a 100.000 sesterzi (39), risalgono infatti alla metà cir-
ca del secondo secolo (40). Più anteriore è forse C.I.L., VI, 8518, che
appartiene a un liberto di Antonino Pio.

(37) Cfr. GIRARD, Op. cit., p. 270, n. 1.

(38) Cfr. C.I.L., V, 8304; VI, 10219, 26488, etc. Sulle multe sepolcrali
cfr. HuscHKE, op. cit., p. 315 e seg.; MommsEN, Zum ròmischen Grabrecht,
Gesammelte Schriften, III, p. 196 e seg.; MERKEL, Ueber die sogenannten se-
pulcral multen, Festgabe f. R. v. Ihering, 1892, p. 79 e seg.; WAMSER, De iure
sepulcrali Romanorum ; Gronar, Le multe sepolcrali in diritto romano ; ALBER-
TARIO, Studi di diritto romano, II, p. 61 e seg.

(39) V. ad es. C.I.L., VI, 10848. Più tardi si comminarono multe sino a un
massimo di 1.200.000 sesterzi. In C.I.G., esse variano da 2500 a 5000 denari;
talora anche consistono in solidi, libbre, oncie d’oro e d'argento. Cfr. MoMMSEN,
Gesammelte Schriften, T. III, p. 198 e seg.; DE VIisscHER, Les peines sépulcrales,
Festschrift H. Lewald, 1953, pp. 175-184.

(40) La più antica delle latine è C.IL , X, 6707, del 167 d. C., rinvenuta
nel territorio di Anzio, delle greche è quella di Rhodiapolis del 152 d. C. (cfr.







LA «LEX TUDERTINA ) 41

Tuttavia è estremamente probabile che il principio della popo-
larità dell’azione — «ob iura sepulchrorum violata » — affermato nei
documenti epigrafici, riproducesse il sistema procedurale del tempo
di Augusto.

Anzi non è da escludere che queste multe, riguardanti i sepolcri .

familiari (41), comparvero e si consolidarono nella prassi giuridica
del tempo, proprio quando l'antichissima legge, di cui troviamo pre-
zioso ricordo nel frammento Tudertino, cadde in disuso.

E allora le vetuste e ormai inutili sanzioni vennero sostituite
dalle nuove ammende che, nelle più remote fonti legislative, trova-
vano il loro fondamento e la loro forza. L'ipotesi del Mommsen (42)
che vorrebbe far risalire l'origine delle multe sepolcrali a un senato-
consulto per l'Italia e a varie costituzioni imperiali per le diverse pro-
vincie, trova un grave ostacolo nel silenzio delle fonti su tali pretesi
particolari interventi legislativi (43). L'importante e sempre oscura

Inscr. gr. ad res rom. per., III, p. 741), mentre le pi recenti appartengono ai
primi decenni del sesto secolo. Un'iscrizione della Dalmazia, C.I.L., III, 9526,
é del 517 d. C. .

(41) L'originaria distinzione dei sepulchra in familiaria ed hereditaria, su
cui si è molto discusso, puó cosi riassumersi: il ius sepulchri familiaris appar-
teneva ai familiari anche se non eredi e ciò oltre che da Gaio (fr. 5, Dra., XI, 7)
e dal fr. 11, Dra., XXXVII, 10, può rilevarsi indirettamente dal fr. 20;:5, Dia;;
XXIX, 2. I sepulchra hereditaria spettavano invece agli eredi senza che per
essi fosse richiesta la qualità di familiares. Cfr. ALBERTARIO, Filangieri, XXXV,
p. 492 e seg.; Scritti di diritto romano, II, pp. 1-28. V. anche il mio studio Sulla
distinzione dei « sepulchra » in D. 11, 7, 5, in Ann. dell’Univ. di Perugia, Vol.
XXXXII, 1933, Serie V., Vol. IX, le cui conclusioni, risultato di un fati-
coso esame di tutto il materiale epigrafico rinvenuto sino al 1932, trovansi
riassunte nella Rassegna di Epigrafia giuridica (1933-1935) a cura di ARANGIO
Ruiz in Studia et documenta historiae et iuris, Fasc. II, 1936, p. 504. Il GIroRGI
(op. cit.) non tiene conto della importante circostanza che le iscrizioni conte-
nenti divieti o raccomandazioni del fondatore con o senza comminatoria di
multa, riguardano i sepolcri familiari; poche sono relative a sepolcri riservati
a determinate persone, mai si riferiscono a sepolcri ereditari.

E ció ha particolare rilevanza per escludere le multe sepolcrali dalla ma-
teria testamentaria. Sull'argomento V. recentemente, DE VrsscHER, Les défen-
ses d'aliéner en droit funeraire romain, in Studia et documenta hisloriae el iuris,
Vol. XIII-XIV, 1947-48; p. 278 e seg.; Le conflit entre la succession testamen-
taire et le régime des tombeaux de famille, in Revue internationale des droits de
l’Antiquité, T. I, Serie 3, 1954, p. 283 e seg.

(42) Romisches Strafrecht, p. 812 e seg.

(43) Per le costituzioni imperiali che sarebbero state emanate nelle pro-
vincie orientali, l'opinione del MoMMstN (op. cit., p. 826), si appoggia a C.I.G.,
4300 (Licia): ... 'E&v 8& «w «oAufjon &wxnüsUoat cw Omeó9uvoc Éovat volg O1 cv























































42 MARIO DE DOMINICIS

questione andrebbe tuttavia riesaminata, utilizzando forse meglio
il vasto materiale epigrafico di cui fortunatamente disponiamo.

Un ultimo punto connesso con lo studio della «lex Tudertina »
é quello della destinazione delle pene pecuniarie che vi troviamo com-
minate. Si tratta cioé di chiarire se esse andavano all'erario o all'« ar-
ca Pontificum » od anche, in parte, all'autore della « delatio » (44).
Prescindendo ora dalle varie proposte di integrazione del testo lacu-
noso della legge, noi dobbiamo specialmente fermare la nostra atten-
zione sull'interessante norma finale pervenutaci integralmente: « vel
populi judicio petere vel in sacrum judicare liceto ». Va subito rile-
vata la singolarità della forma « populi judicio petere » che vuole
alludere, oltreché alla natura del procedimento, alla destinazione «in
publicum » della: multa, diversamente da quanto doveva avvenire
nei giudizi «in sacrum ».

Vero é che le fonti nulla ci dicono sulla «in sacrum iudicatio »,
anche se, verosimilmente, vi si ricollega quel plebiscito ricordato da

Ietov Srardbcmwv dptoptvors ... e a una iscrizione rinvenuta a Trattes, in Asia,
(cfr. Bull. de corr. Hell., 1881, 435): ... urebduvog Hotar Toîg TE dato yuaoI xaè toîg
Tarpiors véuors xai ’arotetodto TÎ mode ... dove le espressioni tà dtatayuéva,

tà Satdduata, oi màtpo. véuor, potrebbero forse anche far pensare all’esistenza
di qualche norma attinente al diritto sepolcrale, ma i pretesi riferimenti sono
comunque piuttosto vaghi per giustificare le affermazioni troppo decise del-

l'eminente storico. V. pure in proposito: C.I.G., 2834, 2850.

(44) Le multe sepolcrali di cui troviamo ricordo nei testi epigrafici erano
destinate all’erario (aerarium populi romani, C.I.L., VI, 1425, 7788, 9042,
XIV, 1153; aerarium publicum, C.I.L., VI, 13312; aerarium populi, G.L.L.,
VIL, 15405; aerarium Saturni, C.I.L., VI, 13028), all'arca Pontificum (C.I.L.,
VI, 1600, 13152; collegium Pontificum, C. I. L., VI, 8518, 10219; Pontifices,
C.I.L., VI, 14672) e alle Virgines Vestales (C.1.L., VI, 5175, 10848, 13618, etc.;
Virgines, GEL. V1; 17965. a);

Le due casse sacerdotali dovevano tuttavia essere collegate se in alcune
iscrizioni la destinazione delle multe è a favore: pontificibus sive virginibus
(C.I.L., VI, 17965 a) pontificibus aut antescolaris virginum (C.I.L., VI, 14672),

od anche utrisque ark(abus) pontificum (C.I.L., VI, 10682).

In altre troviamo la duplice destinazione: Aerario populi romani, item

v(irginibus) V(estalibus) C.I.L., VI, 10848); Aerario populi romani XS X V m.

n. el collegio pontificum XS X V m. n. (C.L.L., VI, 11219); Fisco Caesaris n. HS
L. m. n., item collegio pontificum HS. L (m. n.) (C.L.L., VI, 8518). Rara l’alter-
nativa che ricorre in C.I.L., VI, 13618: Virginibus Vestalibus HS XX m. n.
aut aerario popoli Romani.

I testi epigrafici ricordano anche la giurisdizione del collegio pontificale
nelle controversie in materia di iura sepulchrorum e la sua competenza per
l'applicazione delle ammende in sacrum, con una procedura forse analoga alla







LA «LEX TUDERTINA » 43



Cicerone, che vietava la « deductio in sacrum » di proprietà private
«iniussu plebis » (45).

E da ritenere tuttavia che tale denominazione servisse unicá-
mente a indicare i giudizi promossi da magistrati della plebe o anche
da sacerdoti sprovvisti del «ius muletandi ». La nostra legge pre-
vedeva e ammetteva questa possibilità con la conseguenza che
l'ammontare di tali sanzioni pecuniarie, anziché essere destinate
all'« aerarium », veniva utilizzato per scopi religiosi «in sacrum ».

Del resto, come dichiarano concordemente le fonti (46), nell'epo-
ca più antica, anche le ammende inflitte dai tribuni della plebe erano
devolute al tempio di Cerere, mentre un’analoga destinazione tro-
viamo pure statuita nella «lex coloniae Genetivae Iuliae » (47). Per-
tanto la nostra legge presenta anche questo di particolare e di inte-
ressante che, ammettendo le duplice destinazione delle pene pecu-
niarie «in publicum » e «in sacrum », rivela la sua appartenenza a un
periodo di transizione poiché, accanto al principio nuovo della loro
attribuzione allo stato, riconfermava le vecchie norme di carattere
sacrale.

D'altra parte la « lex Lucerina » e la «lex Spoletina », che abbia-
mo sopra ricordato, non contengono elementi che possano in qualche
modo orientarci su tale questione, indubbiamente assai complessa,
anche se, data la loro vetustà, é verosimile supporre la SEIMDACOHP
«in sacrum » delle ammende che commivavano. i

Né alcun interesse offre in proposito il frammento Fiorentino

cognitio extraordinaria dei magistrati: C.I.L., VI, 10284, Pelagiorum. Hoc mo-
numentum cum cohaerenti areola et duabus in gamma porticibus superposita
cubiculo solario triclinio ne quis a nomine nostro alienare audeat neve in eo corpus
extraneum inferri patiatur : alioquin sit facultas cuiumque ex familia nostra
adeundi per querellam pontifices cc. vv., quorum de ea re notio est, et poenam
s(estertium) L m(illium) n(ummum) arcae collegii eorum inferendorum exsequendi;
C.I.L., VI, 10675, Hoc cenotaphium muro cinctum cum suo jure omni ex aucto-
ritate et judicio pontificum possederunt ; C.I.L., VI, 29909, Ne veneat, ne fidu-
ciare liceat nec. de nomine exire liceat secundum sententias pontificum cc. vv.
s(upra) s(cripta). Queste iscrizioni appartenenti sicuramente al terzo secolo,
sono da mettersi in relazione con c. 2, Cop. Tu., 9, 17: ... petit a pontifices
(sic) ut sibi permitterent reficere monumentum iuris sui.

(45) Crc., De domo, 49, 127.

(46) Liv, 10, 23, 13; 27, 6, 19; 27, 36, 9; 30; 39, 8; 33, 25, 3; :33,. 42, 10;
38, 35; 24, 16, 19; Tac., Annal., 2, 49; VELL. Par., 1, 14; PLIN., 18, 29; 286;
VARR., De l. L., 5, 158; Ovini Fast., 5, 287.

(47) BRUNS, Op. cit.» p: 118; Nomen. €. D-L; IE p. 191.







44 MARIO DE DOMINICIS

che prevedeva una particolare destinazione della multa statuita (48),
mentre il senatoconsulto di Pago Montano demandando, come é noto,
a speciali magistrati ogni giudizio sull'applicazione delle pene pecu-
niarie che comminava, rende estremamente probabile l'ipotesi della
loro devoluzione all'erario (49). Anche maggiormente oscura é infine
la questione se una parte dell'ammenda prevista dalla «lex Tudertina»
andasse al delatore.

In proposito potrebbe tuttavia offrirci qualche indicazione la
circostanza che, essendo la collettività interessata alla osservanza del-
le norme statuite dalla nostra legge, la sicura aspettativa di un pre-.
mio per il delatore, avrebbe verosimilmente spinto i privati a segna-
larne le eventuali infrazioni.

Tanto più che, in seguito, con l’apparire delle multe sepolcrali,
proprio per stimolare l’interesse dei privati alla loro applicazione,
troviamo affermato il principio che una parte di esse, generalmente
un quarto, andasse al delatore.

— « Delator quartam accipiet » —. ripetono concordemente vari
testi epigrafici (50) e non è del tutto da escludere che tale principio
si ricolleghi a una prassi assai antica, forse anche anteriore alla «lex
Tudertina ».

MARIO DE DomInICIS

(48) C.I.L., I, 1409.

(49) C.I.L., VI, 3823. Il senatoconsulto di Pago Montano, il cui testo,
conservatoci in C.I.L., I, 5913, presenta gravi lacune, prevedeva, per i trasgres-
sori delle sue norme, una manus iniectio e una pignoris capio: ... in (eum XS

. ma)nus injectio pignorisq(ue) ca(pio siet).

Indubbiamente interessanti le integrazioni proposte dal CorrrNET (Etu-
des sur la saisie privée, p. 56 e seg): ... in eum q(ui) vol(et) n(ummum) ... e dal
Rx (Archivio giuridico, XVII, p. 6 e seg.): ... in (eum quis volet) ..., con
evidente riferimento alla lex Lucerina, dove, abbiamo veduto, qualunque cit-
tadino aveva il diritto di agire mediante la manus iniectio pro judicato, per
l'applicazione della multa fissa.

Ma qui é anche prevista la pignoris capio la cui pretesa popolarità solleva
gravi dubbi anche perché non trova rispondenza con quanto dichiara in pro-
posito Gaio (IV, 28, 29). Né e possibile supporre che l'integrazione del quis
volet debba solo riferirsi alla manus iniectio. La menzione, nel documento, degli
speciali addetti alla sorveglianza della necropoli, i redemptores (cfr. C.LL.,
VI, 31614) e degli edili della plebe, induce piuttosto a pensare che ai primi
spettasse la manus inieclio e ai secondi la pignoris capio e contro i violatori
delle norme del senatoconsulto, e forse contro gli stessi redemptores, nella even-
tualità di grave negligenza nell'incarico loro affidato.

(50) C.LL., VI, 20445; cfr. On., 4379.









IL CARDINALE ANGLICO GRIMOARD
E LA SUA OPERA DI LEGATO NELLA REGIONE
UMBRO - MARCHIGIANA |

Questo saggio, prendendo motivo da un contributo ad una più
corretta biografia del cardinale Anglico Grimoard, offre qualche nuo-
vo elemento per una valutazione meno aberrante di quel vasto moto
insurrezionale che, tra la fine del 1375 ed i primi dell’anno successivo,
corse come incendio tutte le terre della Chiesa e scosse d’un tratto
di dosso agli italiani l’odioso peso dei funzionari francesi, che il pa-
pato avignonese aveva riversato in gran ‘copia sulle terre dello stato
‘ pontificio. Quel moto, anche se si prescinde dall’ispirazione che l’in-
cipiente umanesimo per bocca di Coluccio Salutati gli conferì, è in-
dubbiamente un primo segno di quello stato d’animo che sorresse
glitaliani durante la lunga crisi religiosa, che va sotto il nome di
Grande Scisma d'Occidente. Quello stato d'animo fece si che il papato
avignonese, divenuto nella coscienza comune degli italiani una « exter-
na dominatio » fosse definitivamente condannato e morto tra noi as-
sai prima del Concilio di Costanza; quello stato d'animo preparó e
rese possibile l'azione politica per la quale, sul finire del sec. x1v, scom-
parvero dal suolo italiano le armi mercenarie straniere; fu insomma
un primo manifestarsi, ed un ritorno con modi nuovi, di un sentimento
antico, qual era la coscienza nazionale. Questa coscienza, già manife-
Statasi una prima volta nell'epica lotta che i comuni lombardi ave-
vano vittoriosamente combattuta contro gli Svevi, si riaffacciava
ora come prima manifestazione d’un fiero misogallismo, che doveva
svuotare d’ogni contenuto quegl’ideali guelfi, che avevano fatto della
primogenita Francia il naturale usbergo della Chiesa. E come nella
lotta contro l'Impero e contro l’odioso mondo del privilegio feudale,
quel sentimento aveva acquistato consapevolezza di se come contrap-
posizione di «virtù contra furore », di ribellione del «latin sangue
gentile » contro la « tedesca rabbia »; così ora si manifestava come ver-
gogna e dolore di aver patito «Italice gravitati presidere gallicam







| tro il Crudele re di Castiglia: è esatto invece che nel 1367 venis-



46 . GINO FRANCESCHINI



levitatem; latinum sanguinem, cuius iuris est coeteris dominari, tam
turpe iugum et tam fetidum subiisse ». Ed anche questa volta, come
nella lotta contro gli Svevi, quel sentimento, discendendo dai ceti
colti, attinse anche gli strati più umili della popolazione urbana, dan-
dole la consapevolezza di una sua passata grandezza e dei doveri che
quella imponeva, ond’essere « vere digni italica gloria et italico san-
guine » (1).

* * % 4.

Il cardinale Anglico Grimoard é, tra i successori dell'Albornoz,
la personalità politica di maggior rilievo, e per aver più a lungo degli
altri vicari apostolici governato su le terre commesse alle sue cure,
sì che più visibili sono i criteri cui ispirò l’opera propria, e per aver i
lasciato — documento di singolare importanza per la storia italiana È
del secolo x1v + una descrizione delle terre di Romagna soggette alla
sua legazione, descrizione che con altre scritture informative era
diretta al suo successore, il cardinale Pietro d’Estaing, vescovo di
Bourges. (2)

Di famiglia nobile, Anglico Grimoard era nato nel castello di
Grisac, diocesi di Mende, intorno al 1320, fratello minore di Gugliel-
mo, che divenne Papa col nome di Urbano V. Giovinetto, entrò nel
monastero di San Rufino di Valenza dell’ordine degli Agostiniani, e
divenne a «tutti esempio di dottrina e di pietà ». (3) Canonico e
quindi priore di San Pietro de Die nel 1358, vescovo di Avignone il
12 decembre 1362, fu elevato alla porpora il 18 settembre 1366 col
titolo di cardinale prete di San Pietro in Vincoli. Si deve ad un
fraintendimento la notizia ch’ei fosse legato pontificio presso Pie-

se con la Curia pontificia in Italia; anzi da quel momento ha
inizio la sua. attività politica, quale governatore delle terre della
Chiesa. |

(1) Vedi i brani di lettere di Coluccio Salutati da me riferiti nel saggio Lo
Stato d’ Urbino dal tramonto della dominazione feudale all’inizio della Signoria,
in « Atti e Mem d. Deputaz. Marchigiana », Ancona, 1941, p. 35-36.

(2) A. THEINER, Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis, Romae,
1864, v. II, p. 530.

(3) F. DucHESNE, Histoire de tous les Cardinaux francais de naissance.
Paris, 1660, p. 587-90.







IL CARDINALE ANGLICO GRIMOARD E LA SUA OPERA DI LEGATO 47

*ockok

Il 26 agosto 1367 moriva a Belriposo presso Viterbo il cardinale
Egidio Albornoz, che aveva speso gli ultimi quindici anni della sua
vita operosa, ad abbattere nello Stato della Chiesa le autonomie si-
gnorili e quelle non meno riottose delle città, per instaurare, su le
rovine di quel particolarismo anarcoide, l’autorità di uno stato for-
temente accentrato, il più vasto di quanti allora erano nella penisola.

I benefici effetti di quell’energica azione, si fecero sentire fin
dai primi giorni della sua venuta in Italia. La scomparsa dell’arcive-
scovo Giovanni Visconti signore di Milano (5 ottobre 1354), a pochi

mesi dalla venuta del legato, faceva cadere rapidamente in oblio i
deliberati della pace di Sarzana (31 marzo 1353) e lasciava indifesi,
alla mercè del legato, tutti quei signori che s'erano posti sotto la pos-
sente tutela del biscione visconteo. Su l'alta valle del Tevere, Borgo
San Sepolcro e Citerna, che i Tarlati da Pietramala contrastavano a
Città di Castello e che per dieci anni avrebbero dovuto rimanere in-
‘dipendenti sotto la garanzia delle parti, furono restituite I'8 decem-
bre 1354 a Città di Castello, per un lodo di Brancaleone dei Branca-
leoni signore di Castel Durante (Urbania). (1)

Accrebbero anche l’autorità del Legato il suo senso di modera-
zione e una certa arrendevolezza verso tutte quelle richieste, venis-
sero da signori o da città, ché non compromettessero la sovranità
dello Stato. Molte annose questioni furono risolte secondo il deside-
rio dei postulanti, come si vide ad esempio, nella questione sorta pel
possesso del castello di Scalocchio, che il governatore della Massa Tra-
baria asseriva appartenere al suo vicariato e Città di Castello rivendi-
cava come antica pertinenza del suo contado.

Non s'intende dire con ció che non vi fossero lagnanze e che tutti
fossero arcicontenti: anzi, siccome si sapeva che, per opera degli
emuli, non sempre il Pontefice era incline alla moderazione del Le- .
gato, come si vide nella questione del Prefetto di Vico, e che talvolta
le proposte del Legato erano accolte solo parzialmente ed anche mo-

(1) G. MazzatiNnTI, Gli archivi della Storia d'Italia, vol. II, Rocca S. Ca-
sciano, 1900, p. 350-51. Le lettere contenute nei quattro volumi citati, sono
ascritte al sec. xv, mentre in gran parte son dell'ultimo trentennio del sec. XIV.
Vero è che il Mazzatinti dichiara di non aver esaminato il contenuto dei vo-
lumi e d’essersi attenuto alla descrizione fattane da G. Magherini-Graziani,
che da poco aveva riordinato quell’Archivio. Ivi, p. 331. ;











48 GINO FRANCESCHINI



dificate, si prese l'abitudine di ricorrere direttamente in Curia e, ser-
vendosi del patrocinio di qualche potente prelato si cercó di otte-
nere grazie, in deroga alle disposizioni emanate in Italia dal Legato
o dai suoi funzionari (1).

Il ritorno della Santa Sede da Avignone, avvenuta come s’è
detto nell’estate del 1367, segnò una più energica azione da parte
dei funzionari ecclesiastici, intesa ad abbattere le rimanenti auto-
nomie e riaffermare sulle singole città l’autorità della Chiesa. S'era
bensì disposti in Curia a riconoscere, nell’ambito amministrativo, le
antiche libertà municipali, a patto che le città riconoscessero, e non a
parole, l’obbedienza dovuta alla Santa Sede, accettando dal Ponte-
fice o dai suoi Legati i podestà e i governatori, pagando l’annuo
censo alla Camera apostolica e somministrando a spese del comune
un contingente di milizie che «ad nutum » del Legato prestassero
servizio ove fosse necessario.

Era, in fondo, il programma dell’Albornoz; ma nel perseguirlo
il grande Legato aveva dato prova di quella discrezione, ch'é una
delle pià alte qualità dell'uomo di stato. Nell'esecuzione di quel
programma, si notava dall’uno agli altri, un profondo divario. In
altre parole, mentre l’ Albornoz s'era costantemente sforzato, di col-
locare l’autorità dello Stato al disopra delle fazioni, e nell’insediare
vicari o podestà, era riuscito a far sì che questi si presentassero come
mediatori fra gli opposti partiti, rendendo a tutti accetta l’autorità
dello Stato, che garantiva una pacifica convivenza (2), gli epigoni
commisero l’errore di spalleggiare allo scoperto l’una fazione contro
l’altra, sperando di potersene giovare pel consolidamento dell’auto-

(1) Città di Castello incorse in un processo per censi arretrati insoluti:
«1359 die veneris VIII dicti mensis martii sigillavi unum processum contra
Comune Civitatis Castelli ». F. FiLIPPINI. La seconda legazione del Card. Al-
bornoz, in « Studi Storici », vol. XII, Pisa, 1903, p. 277. Città di Castello si
appellò e ricorse alla protezione del card. Capocci: v. Appendice doc. n. 1.

(2) Un esempio di questa superiore equità, al di sopra delle competizioni
di parte, si ebbe nel 1357 a Cagli: in quella circostanza il legato mandò in esi-
lio i promotori dei tumulti, che pur si proclamavano ed erano di parte eccle-
siastica; avocò a sé la designazione del podestà, fece «riformare » gli statuti
cittadini, ma ristabilita la calma, restitui la custodia civitatis ai conti di Mon-
tefeltro, ai quali egli l’avea conferita nel 1355, e cui era stata tolta dai facino-
rosi. Vedi a questo proposito Lo Stato d' Urbino dal tramonto ecc., cit. p. 9.





IL CARDINALE ANGLICO GRIMOARD E LA SUA OPERA DI LEGATO 49

rità dello stato. L'instaurazione di un governo di parte era cosa assai
pericolosa e doveva costare alla Chiesa amare delusioni e lunghi anni
d'espiazione.

Morto l' Albornoz, Urbano V, che da poco aveva fatto il suo trion-
fale ingresso nella Città Eterna, chiamò a succedergli il proprio fra-
tello Anglico Grimoard, cui il 15 novembre 1367 rilasciava le bolle
che lo costituivano « Terrarum ac Provinciarum Sancte Romane
Ecclesie in Italia citra regnum Sicilie consistentium vicarius genera-
lis » (1). Dall’ordine dei cardinali preti (San Pietro in Vincoli), il nuovo
legato era stato da poco elevato a quello dei vescovi (vescovo di Al-
bano), per conferirgli, anche sotto questo riguardo, un’autorità ed
un rango non inferiore a quello del suo predecessore, ch’era stato
cardinale vescovo di Sabina. Non ostante questi segni di distinzione
e la sua posizione nel Sacro Collegio, quale fratello del papa, non gli
fu facile insediarsi nel suo nuovo officio.

Reggeva con mano dispotica la legazione di Romagna Androino
de la Róche cardinale e abate di Cluny, ch'era riuscito qualche anno
innanzi a farla distaccare dalla legazione dell'Albornoz; ed ora non
intendeva affatto essere rimosso dal suo officio, tanto che « ab Urbano
acerrime fuit increpatus intentatumque illi anathema nisi mox gu-
bernacula publicae rei arciumque custodiam Anglico tradidisset ». (2)

Il nuovo Legato non si mostró meno solerte nel proseguire l'ope-
ra del suo grande predecessore, anche se la fortuna non arrise con
ugual favore ai suoi sforzi. A voler formulare un giudizio, se non defi-
nitivo, più comprensivo, su l’opera del card. Anglico Grimoard, sa-
rebbe necessario mettere a contributo i copiosi documenti che del suo
governo si conservano ancora negli archivi romagnoli, umbri e mar-
chigiani. Ma il nostro assunto è qui assai più modesto: ci limitiamo
ad un sommario esame, suffragato dai documenti urbinati, fabrianesi
e tifernati, tenendo presente che Città di Castello è il punto di rife-
rimento, al quale converge quanto si è detto e quanto verremo di-
cendo nella presente memoria.

Appena investito della sua nuova dignità e autorità, il Legato
mandò quale vicario, Enrico de Sessa vescovo di Brescia, a riformare,
in pregiudizio dei conti di Montefeltro, il reggimento della città di
Urbino, e a ricondurre un po’ d’ordine nelle terre della Massa Tra-

(1) THEINER, Codex, 450.

(2) O. RavnaLDI, Annales Ecclesiastici, Romae, 1652, vol. XVI, ad an-
vum.









50 GINO FRANCESCHINI



baria, di recente tolta ai Brancaleoni di Castel Durante e ricondotta
all’immediata dipendenza della Chiesa.

Fra quanti prelati erano allora in Curia, sing d’una restaura-
zione dell’autorità del pontefice su le terre dello stato ecclesiastico,
il nuovo rettore della Massa Trabaria era dei più intelligenti ed attivi,
e dei meglio preparati. Conosceva bene, a differenza dei molti, dei
troppi, funzionari francesi, che imperversavano sulle terre della Chie-
sa, le condizioni sociali e politiche della regione e delle popolazioni
commesse al suo governo, come quegli che da più lungo tempo viveva
nelle Marche ove era stato assunto a maggiori dignità e responsa-
bilità. « Utriusque iuris doctor... ordinarius Ecclesie Mediolanen-
sis », e diacono della chiesa di Pesaro, Henricus de Sessa era stato
scoperto dal card. Egidio Albornoz e adoprato quale vicario in varie
occasioni. Fu delegato dall’Albornoz nel 1356 a ricevere il giura-
mento di fedeltà degli Anconitani e il 25 ottobre 1359 fu mandato
a riformare e pacificare Spoleto, ritornata all’obbedienza della Chiesa
(1). Nel 1357, quando il vescovo di Pesaro Biagio Geminelli fu trasfe-
rito alla sede di Chiusi, Enrico de Sessa fu dal capitolo designato a
succedergli ed Innocenzo VI convalidò l’elezione. L’anno successivo
lo promosse alla sede di Ascoli, residenza allora della Curia della
Marca; ma lo rincontriamo qua e là adoprato sempre in faccende. di
stato. Il 19 decembre 1362 fu da Urbano V trasferito alla sede di Bre-
scia ed il 22 ottobre 1369 a quella di Como, che resse per undici anni,
sino alla morte, avvenuta il 19 giugno 1380. (2)

Il vicario ai primi di novembre era giunto ad Urbino (durante

(1) Enrico de Sessa di nobile famiglia milanese, già illustrata da alte di-
gnità prelatizie e dalla porpora cardinalizia, è delegato da Egidio Albornoz
a ricevere l'8 decembre 1354 in Ancona, il giuramento di fedeltà di Rodolfo
da Camerino; riceve in Gubbio 1’8 luglio 1355 il giuramento di fedeltà del no-
bile Filippuccio di Tano da Jesi, e il 1 luglio, sempre nello stesso luogo, quelli
di Stefano, Cola e Bartolomeo di Smeduccio da S. Severino. Il 2 aprile 1355
gli veniva data dal legato commissione di ricevere il giuramento di fedeltà
di Recanati e 1’8 maggio quello ‘di Macerata. Gli ultimi di giugno del 1371
Enrico de Sessa, vescovo di Como, è mandato dal card. Anglico Grimoard a
San Sepolcro, per la consegna di quella terra a Galeotto Malatesta. Vedi Regi-
strum Recognitionum et Juramentorum Fidelitatis Civitatum sub Innocentio
VI, a cura dell'Acc. di Conferenze Storico-giuridiche, Roma, 1887, p. 24, 25,
42, 229. F. FiLIpPINI, Il cardinale Egidio Albornoz, Bologna 1933, p. 83, 87.
ARrcH. SEGR. CITTÀ DI CASTELLO, Annales, vol. I, e. 55.

. (2) C. EvBZL, Hierarchia Catholica Medii Aevi, Munster, 1898, T. I, p:
112 e 152.







IL CARDINALE ANGLICO GNIMOARD E LA SUA OPERA DI LEGATO DI

l'assenza dei conti di Montefeltro, ch’erano andati a Roma a fare
onorevole scorta al pontefice nel suo ingresso solenne) e s'adoprava
a tutt'uomo per ridurre la città sotto l’immediata obbedienza della
Chiesa. « In reditu meo de Urbe — scriveva Paolo da Montefeltro a
Ludovico e Francesco Gonzaga — quod fuit VIII die mensis novem-
bris... inveni quod Episcopus Brixiensis Urbinum cum apostolicis
literis sub nomine reformatoris advenerat ». (1) In poco tempo an-
nullò le antiche preminenze dei Montefeltro, tolse loro quella « cu-
stodia civitatis» ch’essi avevano ottenuto dall’Albornoz e non
giovò loro l’averla spontaneamente rimessa nelle mani dei cit-
tadini, sì che furono costretti a farsi stipendiari agli ordini del
Legato.

Le ragioni di questi provvedimenti e di altri anche più vessa-
tori ed odiosi, non erano ben chiare: certo i conti di Montefeltro non
avevano dato occasione a misure tanto dannose ai loro interessi.
«Huius rei — dice il conte Paolo — rationabilem causam non video
cum in omnibus et per omnia nos omnes de domo et civitas ista ma-
gis simus obedientes Ecclesie quam alii quicumque ». Quelle parti-
colari condizioni, che altrove potevano giustificare un intervento
moderatore del Legato, qui mancavano affatto: « De patria hic. non
sunt exititii — soggiunge la lettera — non divisiones in civibus et co-
mitatinis, non onera in decima parte que sunt in omnibus locis
circumvicinis ». (2)

L'azione del Legato e del suo vicario appariva oltremodo inop-
portuna, non tenendo alcun conto delle difficoltà che incontrava in
mezzo ai consorti chi, come il conte Paolo, caldeggiava una politica
di leale obbedienza verso la Chiesa. La Chiesa e i suoi officiali, con
un trattamento cosi vessatorio e poco leale (3) verso quelli che le
erano fedeli, giustificava l'atteggiamento, non privo di generosità,
dei meno remissivi che, giunta l'occasione opportuna, si gettarono
all’aperta rivolta.

(1) Vedi Lo Stato d'Urbino ecc., cit. p. 50.

(2) Ivi.

(3) Le accuse di slealtà non erano mosse al governo ecclesiastico dai
ribelli come il conte Antonio; ma anche dai fedeli servitori della chiesa stessa.
« La chiesa é una mala femmina — dicono i primi, che ubbidisce soltanto alle
percosse ». « Italici — dice il card. Anglico — vulgarizzant quod Ecclesia non
credit, nisi detur ei de botis... ». Pei secondi vedi il proverbio ingiurioso ed
osceno !dell'anonimo della prima Cronaca Malatestiana, in RR. II. SS., T.
XV, P. II, Bologna 1922, p. 39.











52 GINO FRANCESCHINI

Mentre accadevano queste cose in Urbino, per altre vie gli ec-
clesiastici tentarono d'impadronirsi di Fabriano, cacciandone i Chia-
velli che dal 1362, avevano avuto per concessione dall'Albornoz,
come i Montefeltro la « custodia civitatis ». (1)

Il 28 decembre 1367, ad opera di facinorosi fomentati dal di fuori,
scoppiarono tumulti intesi a rovesciare i Chiavelli; ma i rivoltosi eb-
bero la peggio ed il potere restó saldo nelle mani dei signori. Questi
peró non poterono opporsi a che il Legato s'inframettesse quale ar-
bitro tra le parti, per ricondurre, si diceva, la pace nella città. Il Le-
gato mandó a Fabriano Enrico de Sessa «episcopus Brixiensis » il
quale indusse i Chiavelli a ritirarsi nel castello della Genga, per con-
sentirgli di compiere indisturbato e senza pressioni di sorta, la sua
inchiesta. Questa non risultó sfavorevole ai Signori e si venne pertanto
alla stipulazione di un atto di pace che fu firmato il 9 gennaio 1368 (2)

In virtü di questa pace la terra di Fabriano fu liberamente rila-
sciata dai Chiavelli alla Chiesa, ai quali, per questa loro remissività

(1) R. Sassi, L’anno della morte di Alberghetto Chiavelli, in « Atti e Mem.
della Dep. Marchigiana di Stor. Patria », Ancona, 1948, p. 13. I documenti
editi dal Sassi pongono un po’ d’ordine nell’arruffata matassa di fra Dome-
nico Scevolini ch’è, per questi anni, destituito d’ogni autorità. Il 7 luglio
1362 fu stipulata o confermata la pace tra i Chiavelli e l'Albornoz. I docu-
menti cui accenna il Sassi alla nota 6 di p. 3, inducono a ritenere erronea la
data 1365 che lo Scevolini assegna alla nuova ribellione, se il 22 agosto di
quello stess'anno la restituzione di 1500 ducati dati in mutuo alla Chie-
sa Romana, fa intravvedere rapporti assai amichevoli. Nell'agosto del 1366
l’Albornoz non visitò Sassoferrato, ma s’impadronì di quella fortezza e du-
rante le operazioni militari è probabile ch'egli sia stato. a Fabriano. Se i Chia-
velli fossero stati cacciati nel ‘65 o nel ’66, non si vede come nel '67 avrebbero
potuto recuperare Fabriano, in un momento cioè in cui la potenza dell’ Albor-
noz toccò la sua cima. Propendo a credere, che tutte queste notizie riferentisi
al ritorno dei Chiavelli siano da collocare al 1378. Esatte invece le notizie sugli
avvenimenti posteriori al decembre 1367, come è dato ricostruirle sui docu-
menti pubblicati dal Sassi. I processi e l’ordinanza in data 9 decembre 1370
cui il Sassi accenna a p. 4, fanno pensare a quei perturbamenti cui dettero
luogo le incursioni dei ribelli perugini: la data di quell’ordinanza di poco
posteriore alla pace di Bologna, tra Perugia e la Chiesa (23 novembre 1370),
fanno pensare come non casuale questo accostamento.

(2) Non credo che il potere sfuggisse di mano ai Chiavelli. Leggendo
bene il doc. 3 pubblicato dal Sassi, si rileva che i Chiavelli repressero il moto,
ma non poterono impedire che il card. Anglico s’interponesse quale arbitro









IL CARDINALE ANGLICO GRIMOARD E LA SUA OPERA DI LEGATO 53

ed obbedienza, veniva concessa dal Legato la «custodia civitatis »
con la provvisione annua di tremila fiorini. La concessione era fatta
non a termine fisso, ma a beneplacito del Papa e del Legato, ed aveva
quindi o poteva avere un carattere assai precario. Inoltre il vicario
aveva mandato a Fabriano un tal maestro Audiberto, preposito Pi-
nacense dottore in decreti e auditore di Curia, perché riformasse gli
ordinamenti della città. In pochi mesi la situazione dei Chiavelli si
fece insostenibile, e riconoscendo che neppure la « custodia civitatis »
poteva dar loro la sicurezza necessaria contro i riottosi, la rassegna-
rono spontaneamente nelle mani del Legato, chiedendo umilmente
che concedesse loro quella parte della provvisione, che gli fosse parso
conveniente al mantenimento di una famiglia assai numerosa. (1)

Decaduti da Signori al rango di cittadini, i Chiavelli dovettero
rifugiarsi alla Genga e divennero anch'essi provisionati nell'esercito
del Legato: e come tali li troviamo a Bologna ed altrove. Il 4 decem-
bre 1371 Gregorio XI demandava al vicario di Fabriano per la Chiesa,
la ricognizione di tutte le cause promosse contro Alberghetto Chia-
velli ed i suoi congiunti. La canea dei nemici poteva ora scatenarsi
e servirsi dei funzionari ecclesiastici per far le sue vendette, contro
gli antichi signori; e il 2 aprile 1372 il giudice generale della Marca
ingiungeva ad Alberghetto Chiavelli di comparire in giudizio, cosa
che il vecchio signore, ancorché sì proclamasse leale e fedele servi-
tore della Chiesa, si guardò bene dal fare. (2)

Improvvidamente, a Fabriano come ad Urbino si spodestavano
i signori locali, sostituendoli con funzionari stranieri, che dovevano
far rimpiangere ben presto l'ordine antico. Nell’un caso e nell'altro,
l’essersi affidati al senso di moderazione degli alti funzionari ecclesia-
stici, si rivelò, in quelle circostanze un errore. E quando, qualche

tra i signori e il comune; perché se quelli fossero fuggiti, non certo il legato
li avrebbe richiamati per affidar loro la « custodia civitatis». Si ha l'impressione
che si siano ritirati alla Genga, su consiglio forse del vescovo di Brescia, per
permettere a questi di compiere indisturbato e senza sospetto di pressioni di
sorta, l’inchiesta che doveva portare alla pace del 9 gennaio 1368.

(1) Il documento 26 settembre 1368 pubblicato dal Sassi, consente di |

ricostruire gli avvenimenti della fine dell’anno innanzi con sufficiente esattez-
Za: si noti che chi scrive, o comunque ispira quell’atto, non può esser sospet-
to d’una versione favorevole ai Chiavelli. Il legato fissò, dopo la restituzione
della «custodia civitatis», la provvisione ai Chiavelli «ad duo milia florenorum
auri dumtaxat, attenta vestri filiorum et nepotum multitudine ac familiarium
onerosa magnitudine ».

(2) Sassi, Op. cit. p: 13.































54 GINO FRANCESCHINI

anno dopo, per effetto della generale sollevazione delle terre della
‘ Chiesa, queste famiglie signorili poterono riprendere il loro antico
dominio, a Fabriano come ad Urbino furono messi in disparte quelli
che, con la loro fedeltà e sommissione erano stati cagione della rovina
delle loro famiglie, e furono invece riconosciuti signori quelli che
avevano apertamente combattuto contro gli ecclesiastici o non si
‘erano compromessi con loro.

*okock

Risottomesse all'immediata autorità della Chiesa Urbino e Fa-
briano, essendo Gubbio. sotto l'autorità del suo vescovo, e in mano
del vicario del legato tutte le fortezze a presidio delle strade, che dalla
Romagna o dalle Marche conducevano in Umbria, fu la volta di Città
di Castello. L’8 luglio 1368, Brancaleone Guelfucci gran caporale
guelfo, « istigato dagli emissari pontefici » sì mise alla testa d’un moto
insurrezionale, cui non sembrava estraneo il consenso, se non l’inco-
raggiamento, del governatore della Massa Trabaria, desideroso che
fosse ritolto a Perugia quell’alto dominio su le città umbre, che si
esplicava nella designazione dei castellani e dei podestà. (1)

Il colpo inferto a Perugia veniva ad aggravare le spoliazioni
patite in quegli anni ad opera degli ecclesiastici. Il 29 marzo dell'anno
innanzi la città umbra aveva subito, a Ponte San Giovanni, una gran
sconfitta dagli anglici di Giovanni Acuto, ed in conseguenza di quel-
l’infausta giornata, Assisi, Nocera e Gualdo, erano cadute nelle mani
del legato. La città era ancora piena di mal animo per l’ingiuria su-
bita, quando Urbano V bandì l’indulgenza per chiunque accorresse
nelle file dell’imperatore Carlo IV, in procinto di prender l'armi con-
tro l'alunno di Satana, Bernabó Visconti, conculcatore d’ogni diritto
umano e divino.

Più che mostrarsi disposta ad assecondare la Chiesa in questa
crociata contro i tiranni lombardi, Perugia era propensa ad inten-
dersi con essi e con quei ribelli, messi al bando dello Stato Ecclesia-
stico, che si appoggiavano a loro. Ma i nemici dello stato popolare,
denunciarono in Curia i segreti disegni del governo e si disse poi che
le diffidenze delle autorità centrali, contro i rettori del comune peru-

(1) G. MAGHERINI GRAZIANI, Storia di Città di Castello, vol. III, Città
di Castello, 1912, p. 107-8, v. a pag. 108 i brani delle cronache del Laurenzi
e del Graziani.







IL CARDINALE ANGLICO GRIMOARD E LA SUA OPERA DI LEGATO 55

gino, non erano state estranee nel mutamento accaduto in Città di
Castello. (1)

Non ostante il contenuto malanimo e i reciproci sospetti, Perugia
ricorse al pontefice, perché con le esortazioni e, se necessario, con le
censure inducesse i Castellani al rispetto degli antichi accordi: ed
Urbano V che della città umbra era bene affetto, memore degli anni
che vi.aveva trascorso in gioventü alunno di Baldo degli Ubaldi,
mise in opera ogni mezzo per ricondurre il buon accordo fra le due
città. L'11 luglio, quando da poco il tumulto s'era sedato, mandava
una bolla a Città di Castello ingiungendole di rispettare le convenzioni
ch'essa aveva con Perugia, e il 29 dello stesso mese insisteva ancora,
esortando Città di Castello a far pace con Perugia riconoscendo le
antiche preminenze di quella. Il 9 agosto prorogava il termine già
concesso ai Castellani per concludere la pace coi perugini, e il 13 ot-
tobre mandava Pandolfo Malatesta e Bartolomeo di Giacomo, suoi
nunzi, a prendere possesso della città e delle fortezze, per accelerare
con l'arbitrato loro, la pace tra le due città. Il 28 ottobre doveva peró
constatare che i Castellani non osservavano la pace conclusa coi peru-
gini ed ingiungeva loro di restituire almeno i beni indebitamente
confiscati. (2)

Le cose erano a questo punto, quando vicende interne, rinfoco-
lando ed esasperando le passioni, misero Perugia in aperto conflitto
contro gli ecclesiastici. Erano allora al governo i Raspanti, ai quali
i recenti insuecessi toglievano credito in mezzo al popolo, di cui erano
pure gli esponenti: e di questo disagio approfittarono i Baglioni e
Filippo Vibi abate di San Pietro, che ordirono una congiura, allo scopo
di rovesciare il governo e di consegnare la città al papa. Si sperava
di disarmare per questa via le diffidenze della Curia e del legato, e di

(1) P. PELLINI, Dell' Historia di Perugia, Venezia, 1664, vol. I, p. 1037-
40. MAGHERINI GRAZIANI, p. 108-10. )

(2) Nell’Arch. di Città di Castello conservansi i doc. seguenti: «1368,
III Jdus Julii. Bolla di Urbano V con la quale ingiunge al comune di Città di
Castello di risottomettersi al governo di Perugia; 1368, III Kal. Augusti, Bolla
dello stesso pont. con la quale esorta il comune di C. d. C. a far pace coi pe-
rugini ed a sottomettersi al loro governo; 1368, VIII Jdus Augusti, Lo stesso
pont. proroga il termine stabilito per conchiuder la pace tra castellani e peru-
gini; 1368, Idus Octobris, Bolla del med. con la quale esorta i castellani ad esser
fedeli ed ossequienti ai suoi nunzi Pandolfo Malatesta e Bartolomeo di Gia-
como; 28 ottobre 1368, Breve del med. nel quale lamentasi coi castellani per-
ché non osservano la pace conchiusa coi perugini e ingiunge loro di restituire
a questi le robe confiscate ». Vedi MAZZATINTI. vol. II, p. 336.















56 GINO FRANCESCHINI

riottenere, con l'appoggio delle autorità ecclesiastiche, quel secolare
predominio su la regione, che si riconnetteva alle non spente memorie
dell'antico ducato bizantino.

La congiura fu scoperta proprio quando il malanimo e lo sdegno,
per le subite umiliazioni e per la perdita di Città di Castello, erano
al colmo. Alcuni congiurati si misero in salvo fuggendo, ma gli altri
furono giustiziati sulla pubblica piazza. Urbano, indignato per la
strage dei fedeli della chiesa perpetrata, diceva, in offesa delle som-
me chiavi, lanciò l’interdetto su la città, la quale prese le armi a
discoperta guerra. (1)

Quando le operazioni militari contro Perugia ebbero inizio, i
conti Paolo e Spinetta da Montefeltro, ch’erano i capi di quell'antica
e gloriosa casata, andarono con un folto stuolo di loro consorti e fe-
deli nel campo del legato, quali ligi vassalli. Fra i più giovani dei
Montefeltro era Antonio, figlio di Federico, che l'anno innanzi s'era
imparentato coi Prefetti di Vico, conducendo in sposa Agnesina,
figlia di Giovanni di Vico e sorella di Francesco, di Battista e di Tra-
dita, moglie di Marco da Pietramala.

Il parentado con una famiglia, che nutriva profondi rancori con-
tro i legati pontifici, acceleró nella coscienza d’ Antonio, la consapevo-
lezza dell'intima ragione delle tradizioni ghibelline della sua casa e
rese piü evidenti alla sua mente gli errori commessi a piü riprese dai
suoi maggiori, nell'aiutare gli ecclesiastici ad abbattere quelle si-
gnorie, ch'esercitavano su borghi e campagne, quegli stessi diritti
che d'antico tempo essi avevano esercitato sul Montefeltro e sulla
città d'Urbino. Gli apparve allora evidente come, l'abbattere quelli
che nella difesa dei comuni diritti di fronte alla Chiesa, avrebbero
dovuto essere i naturali alleati, era cosa più che improvvida, stolta:
e le conseguenze non avevan tardato a palesarsi nel rapido declino
dell’antica potenza dei Montefeltro. Nel 1358 essi avevano dato aiuti
al legato per abbattere Francesco Ordelaffi signore di Forlì; nel '60
avevano partecipato all'espugnazione e alla difesa di Bologna, in-
debolendo la potenza dei Visconti, ch'era l'unico loro presidio; ave-
vano aiutato a stroucare sul nascere la ribellione di Nicoló da Bu-
scareto nelle Marche e nel '62 quella di Francesco della Faggiola, che

(1) «15 settembre 1369. La comunità di Montalparo paga al Tesoriere
della Marca Anconitana l'imposta per la guerra contro Perugia per venti sol-
dati pavesari e dieci bolestrieri ». G. Cicconi, Le pergamene dell’ Arch. muni-
cipale di Montalparo, Ancona, 1939, p. 45.









IL CARDINALE ANGLICO GRIMOARD E LA SUA OPERA DI LEGATO 57

aveva in mano, su l'alto Montefeltro, i valichi di Verghereto e di Via-
maggio, di capitale importanza strategica; con le loro mani il legato
aveva potuto nel '66 sradicare la signoria dei Brancaleoni su l'alto
Metauro: e allora, avendo gli errori colmata la misura, era giunta la
loro volta, e il vicario del legato, Enrico di Sessa, aveva iniziata la
loro spoliazione. In poco tempo gli antichi signori del Montefeltro e
e d'Urbino, famosi nel mestiere delle armi, furono ridotti a elemosi-
nare un pane dai loro spogliatori, a ricevere dalle mani del legato,
che li aveva privati d'ogni diritto, il soldo dei mercenari. « Comites
de Monteferetro — scriveva non senza una segreta compiacenza il le-
gato — sunt in tali partito, quod nichil habent agere in civitate Urbini
et comitatu, quod ascendat ad aliquid... Comes Paulus et comes
Spineta cum patre et matre et fratribus... nisi per Ecclesiam susti-
neantur, (irent) pro pane mendicando: dedi eis tempore meo provi-
sionem, comiti Paulo videlicet 40 florenos in mense, comiti Spinete
et illi domui 30 florenos » (1).

La stessa casa dei Montefeltro era stata distrutta dalle fondamen-
ta. « Ipsa domus materialis — dice ancora il legato — est dirupta fun-
ditus et in uno pulcro cassaro, quod fieri feci, est reducta ». Le costa-
tazioni del legato, erano anche quelle dei giovani conti di Montefeltro,
ma suggerivan loro ben diverse considerazioni. A questi risultati, a
questa rovina aveva condotto la fedeltà alla Chiesa. Allora Antonio
e Guido presero la via della ribellione, sicuri che, ovunque conduces-
se, avrebbe loro riguadagnato il decoro e il nome dei loro padri
e avrebbe rinsaldata la fedeltà di tanti sudditi, che ancora guarda-
vano a loro come a naturali signori.

I ribelli passarono a discoperta guerra, quando Francesco di Vico,
nella primavera del 1369, prese le armi alleandosi con Perugia. Il le-
gato cercò di richiamarli, mandando loro Guido Chiavelli e promet-
tendo perdono, ma inutilmente. L’apporto dei nuovi aderenti im-
presse alla guerra un carattere d’audacia, che terrorizzò gli avversari.
Nell'estate del 1369, con un’audace scorreria, si spinsero fin sotto le
mura di Viterbo e per poco non s'impadronirono della persona dello
stesso pontefice, all'indirizzo del quale e dei cardinali, la soldataglia
lanciò le più atroci contumelie. Trascinarono inoltre nella ribellione
Gabriello di Giovanni di Cantuccio Gabrielli, signore di Frontone, e

(1) THEINER, Codex, II, 534-35: anche gli altri brani, pei quali non sia
data diversa indicazione, son tratti dalla relazione citata.















58 GINO FRANCESCHINI



misero in pericolo la sicurezza dei territori di Gubbio, di Fabriano,
di Cagli, d'Urbino e del Montefeltro.

Se la bravata di Viterbo non ottenne un qualche duraturo suc-
cesso, non fu estranea certo a far sì che il Pontefice e la Curia non si
sentissero più sicuriin Italia e contribuì certamente a far prendere la
deliberazione di tornare in Francia.

| Nella guerra perugina Antonio, benché ancor giovane, si rivelò
attore di primo piano ed uomo politico dotato di qualità non comuni
e tale da far presagire quello che poi fu. Consapevole della spropor-
zione delle forze, non facendosi illusioni sull’effimero successo della
fuga della Curia, si recò a Milano presso Bernabò Visconti, per in-
durlo a mandare in Umbria adeguati rinforzi. Non avendoli ottenuti,
o non nella misura ch’era necessario, comprese che bisognava piegarsi
alla pace, finché le forze dei ribelli erano tali da indurre il legato a
qualche concessione.

Ma ascoltiamo il legato, che quando, non volendo, fa l’elogio dei
suoi avversari, è d’accogliersi come voce veritiera. Egli si sofferma a
narrare le gesta di Antonio da Montefeltro ed a tratteggiarne il ca-
rattere morale, presago che da un tanto uomo, sarebbero venute in-
dubbiamente gravi difficoltà ai suoi successori. Dopo aver parlato
dei conti di Montefeltro e della spoliazione perpetrata ai loro danni,
soggiunge: « Sunt alii duo fratres vocati Anthonius et Guido, qui tem-
pore isto moderno, in guerra perusina, ipsi et eorum sequaces et com-
plices posuerunt Ecclesiam in magno discrimine: et nisi Deus provi-
disset in medio, tabulari perusini dixissent (quod) nobis fecissent
scacum et mathum. Tamen cooperante divina clementia, fuit reme-
diatum taliter, quod ipsi et sui complices, sua mala intentione
frustrati remanserunt. Ipsi in summa licet iuvenes, omnia mala que
potuerunt, viis et modis omnibus ecclesie procurarunt, eundo versus
Bernabonem et eum stimulando dictum Perusium (succurrere), usque
ad conclusionem (pacis) in mala agendo stererunt ».

« Da ultimo, soggiunge il legato, quando non poterono far altro,
andarono alla curia Romana e là ottennero la restituzione dei beni
e una provvisione di cento fiorini al mese: « .. .isti proditores fratres
iverunt ultimo ad Romanam Curiam, quando nichil aliud potuerunt
facere et obtinuerunt restitutionem bonorum et provisionem cen-
tum florenorum in mense ». E, con un giudizio riassuntivo, compie il
ritratto di Antonio: « Ille Anthonius est profunde dolificatus et astu-
tus et habet multos sequaces ipse et sua domus in civitate et comi-
tatu predictis (scl Urbini) ».















IL CARDINALE ANGLICO GRIMOARD E LA SUA OPERA DI LEGATO 59

E mentre il legato aveva richiesto, che nessuno dei ribelli delle
ierre della Chiesa, potesse essere incluso tra gli aderenti e raccoman-
dati di Perugia, la Curia volle che fossero eccettuati questi audaci
giovani, che si erano fatti rispettare per la loro temerità e la loro deci-
sione: «...cum actum esset quod perusini de terris ecclesie nullum
possint nominare adherentem, complicem vel sequacem, voluit et
graciose promisit prefatus dominus Albanensis, quod infrascripti
de dictis terris ecclesie absolvi debeant et absolvantur a quibuscum-
que bannis, processibus, penis, condennationibus, maleficis et delic-
tis commissis in presenti guerra et eius occasione, et restitui ad bona
eorum quibus spoliati essent tempore dicte guerre et eius occasione. . .
Quorum nomina sunt hec videlicet: Comes Antonius, Guido et fratres
de Comitibus de Urbino... ». (1)

I ribelli avevano cosi salvato il decoro loro e quello della loro
casa; ma v'era di piü. In virtü di questa pace essi venivano a trovarsi
in una condizione economica molto superiore a quella che la Chiesa fa-
ceva a quei membri della casa dei Montefeltro, che le erano rimasti fe-
deli. Infatti, quando nella primavera del 1369 il card. Albanense «re-
quisivit » i Montefeltro «ut essent cum eo... occasione istius guerre »
(della guerra perugina) Paolo da Montefeltro si recò a Bologna ov'era
il cardinale, ma per la defezione dei suoi nepoti, si trovó nell'impossi-
bilità di servire lealmente la Chiesa. Scrivendone a Lodovico e Fran-
cesco Gonzaga suoi parenti Paolo diceva: « ... sed quia, propter ca-
sus quos scitis occursos michi his diebus proximis, impossibilitas vo-
luntati repugnat serviendi ut decet domino prelibato »... Sentendo,
dopo la defezione d’Antonio e dei fratelli, ripugnanza a prender le
armi contro i suoi consaguinei, il conte Paolo, piuttosto ch’essere ado-
perato come soldato, chiese un officio; ma con parole che suonavano
quasi ironia, il card. legato gli fece rispondere pel suo cancelliere Gio-
vanni da Siena, che uffici « condecenti al suo grado » non ve n'era di
vacanti. La delusione del conte risuona ancora nella lettera indirizzata
ad Oddolino, vicario dei signori di Mantova, cui esprimeva la certez-
za che, ad una richiesta di quelli, il cardinale avrebbe sicuramente
accondisceso. «Ego magis contentarer de offitio quam de provisione »

(1) È un brano dell’Istromento della pace tra il pontefice Urbano V e
la città di Perugia, firmata a Bologna il 23 novembre 1370. ARCHIVIO VATI-
CANO, Arm. XXXV, T. 22, f. 14” e 15". Debbo la copia dei passi di questo
trattato che mi interessavano, alla gentilezza dell'amico Augusto Campana,
scrittore della Biblioteca Vaticana, che qui pubblicamente ringrazio.






































T









60 GINO FRANCESCHINI

che il legato gli dava, ch'era una vera umiliazione, un sussidio dato
ad un povero gentiluomo. Ma il desiderio del conte non fu esaudito.

I ribelli fecero ancora parlare di se, incutendo terrore ai legati
pontifici. Tra il gennaio ed il marzo del 1374, quando le terre della
Chiesa erano prostrate per l'immane sforzo della guerra antiviscon-

tea, essi occuparono Mercatello, Castel d'Elci, Pennabilli e alcuni

altri castelli minori nell'Urbinate e nella Massa Trabaria, mentre
un migliaio di lance venivano in loro soccorso mandate da Bernabó
Visconti. Ma i soccorsi lombardi furono fermati intorno a Bologna,
ed i ribelli non potendo piü a lungo sostenersi nelle posizioni occupate,
si misero in salvo. L'anno successivo, Antonio da Montefeltro rien-
trava il 21 decembre trionfante in Urbino e n'era gridato Signore. (1)

A Città di Castello gli eccessi commessi nei primi tumulti, offri-
rono il destro al legato d'intervenire e di mettere in disparte Bran-
caleone Guelfucci, il quale nonché infrenarli li aveva favoriti, onde
poter addossare al furor popolare le sue personali vendette. I faci-
norosi son simili in ogni età: e si potrebbe dire che, per colpa loro, le
rivoluzioni mancano di fantasia, anche negli episodi. Il male piü grave
si è che poi quelli, proclamando ben alto le loro benemerenze di sal-
vatori della patria, di instauratori della libertà, della giustizia, met-
tono i poteri costituiti, non soltanto nella impossibilità di punirli, ma
anzi nella necessità di compensarli. Avvenne così che la Santa Sede,
non ostante che nel tumulto fossero stati barbaramente massacrati
dei sacerdoti ed un ordinario della cattedrale, dovette compensare
il Guelfucci con la concessione del castello di Celle, per aver modo d'al-
lontanarlo dalla cosa pubblica. (2)

Ora la ribellione di Perugia e la guerra intrappresa contro Ur-
bano V, consolidava l'indipendenza di Città di Castello, per la quale
il pio vescovo Bucio, tanto benemerito e venerato dai suoi concit-

(1) AncH. Var. Schedario Garampi. Indice 517, p. 73 V. «7 gennaio
1374. Bulla contra Vicecomites de Mediolano qui castra Mercatelli, Ilicis,
Penne, Civitatis Castelli dioc. occupare moliti fuerant »: vedi inoltre la let-
tera dell’abate Gherardo du Puy ai Castellani riprodotta in appendice.

(2) Tra gli uccisi vi fu il preposto dei canonici Conte de’ Guastavil-
lani: non furono risparmiati neppure quelli che si erano rifugiati in chiesa. Vedi
MAGHERINI GRAZIANI, p. 108.









IL CARDINALE ANGLICO GRIMOARD E LA SUA OPERA DI LEGATO 61

tadini, otteneva, contro il riconoscimento della dipendenza imme-
diata dalla Sede Apostalica, che il pontefice concedesse alla città il
vicariato apostolico, con l'onere di un annuo censo e l'obbligo di te-
ner pronto un contingente di fanti e cavalli a disposizione del legato.

Se non che la concessione del vicariato apostolico, che è del 13
febbraio 1369, si ridusse ben presto ad una mera parvenza, mercè
l’abilità del legato, o meglio del vicario Enrico de Sessa, che per
le cose della Flaminia e della Massa Trabaria era il consigliere più
ascoltato, Infatti il 17 giugno Lapo dei Ricasoli giurava bensì di assu-
mere la podesteria a norma degli statuti della città; ma pochi giorni
dopo il vicario gli conferiva poteri assai più estesi di quelli che gli
derivavano dalla designazione popolare, proclamandolo « pro domino
nostro Papa et Romana Ecclesia Civitatis Castelli Vicarius » (1).
Come si vede, non la città in quanto investita del vicariato aposto-
lico conferiva i poteri al podestà, ma questi li otteneva direttamente
dallegato o dal suo vicario, che s'erano cautamenti ripresi quanto
il sovrano aveva concesso alla città. Della concessione fatta alla città
non v'era certamente piü ricordo il 26 febbraio 1371, giorno in cui
Landuccio de’ Beccoli si dichiarava podestà di Castello eletto dal car-
dinale Albanese. (2)

I vantaggi della rivolta e della recuperata libertà, come si di-
ceva con eufemismo che sembrava un’ironia, erano rapidamente
sfumati, ma le perdite invece rimanevano. Come Città di Castello
aveva rivendicato la propria libertà rispetto a Perugia, così avevano
fatto le terre a lei soggette e sopratutto Borgo San Sepolcro e Citerna:

(1) 26 giugno 1369 — Assisi — «Noverint universi presentes licteras
inspecturis quod nos Henricus brixiensis episcopus locumtenens etc. tenore
presentium omni modo iure et forma quibus melius possumus, damus, con-
cedimus et tribuimus plenam licentiam ac liberam facultatem Nobili viro Lapo
de Ricasolis pro domino nostro Papa et Romana Ecclesia Civitatis Castelli
vicario recipiendi petendi et exigendi a Comune Civitatis predicte, nomine
ipsius Romane Ecclesie et Camere Apostolice, omnem pecunie quantitatem ad
quam dictum Gomune ei tenetur pro expensis custodie dicte Civitatis et cassa-
ri eiusdem... dictumque Lapum facimus constituimus et creamus specialem
procuratorem Ecclesie et Camere predictarum cum plena et libera potestate
ad omnia et singula suprascripta... In quorum testimonium presentes fieri
iussimus et nostri sigilli munimine roborari. Datum Assisii die XXVI Iunii
septima indictione », AncH. DI CrrTÀ pr CAsTELLO, Filza 5, doc. 35, copia.

(2) Pochi giorni prima, il 22 febbraio 1371, il sindaco del Comune giü-
rava nelle mani del podestà Giacomo de' Guazzalotti, presente Enrico de Sessa
E. di Como e luogotenente del card. Anglico. MAGHERINI GRAZIANI,
p. 118.

























62 GINO FRANCESCHINI

la prima per una curiosa vicenda entrava a far parte della signoria
malatestiana, mentre la seconda il 19 ottobre 1370 veniva occupata
da Masio da Petramala, con le truppe della compagnia dell'Uncino al
comando di Villanuccio da Brunforte (1). Città di Castello che pur
aveva inutilmente ricorso presso il vicario del legato per ottenere
Borgo San Sepolcro, speró di riottenere almeno il castello di Scaloc-
chio, suo antico possesso sui monti verso Urbino. (2)

Già nel 1367 il rettore della Massa Trabaria, asserendo che quel
castello era pertinente alla Chiesa, ne aveva preso possesso per la
Santa Sede. I magistrati tifernati ricorsero allora al cardinale Albor-
noz, che condiscendendo in parte alle loro preghiere, ne affidó la cu-
stodia al vescovo Bucio, ch'era stato fra i suoi piü solerti collabora-
tori. Ma il nuovo legato il 13 febbraio 1368, faceva promulgare da

' Urbano V una bolla nella quale si riaffermava la distinta dipendenza

dalla Sede Apostolica e di Città di Castello col suo distretto e del
castello di Scalocchio. (3) I Castellani fecero presente come gli uomini
di quel castello liberamente avessero fatto, più d’un secolo prima,
atto di dedizione alla città, e come d’allora nessuno mai ne avesse
loro contestato il dominio. Ricorsero in Curia al patrocinio del cardi-
nale di Limoges (Jean de Cros), il quale interessò il noto diplomatico
Nicolò Spinelli, affinché prospettasse al card. Anglico le ragioni, che
avevano ispirato qualche anno prima il benevolo provvedimento del
card. Albornoz. (4) |

Non sappiamo qual esito avesse la commendatizia di un tanto
personaggio, qual era lo Spinelli; ma s'ha ragione di credere che, non
ostante l'altissimo prestigio del patrocinante, i Castellani non otte-
nessero l’esito sperato. Più che largheggiare in concessioni che rispet-
tassero gli antichi diritti della città, il moto accentratore voleva che
si ricercassero terre e castelli da concedere in beneficio a funzionari
francesi, che crescevano d'anno in anno. (5)

(1) «Anno 1370, die penultima octobris. Castrum Citerne occupatum
. per dominum Masium de Petramala », ArcH. cit., Annales, T. I, c. 3

(2) Fin dal 1293 si ha una « Confessio sindici Castri Scalocchi quod dic-
tum castrum sit pleno iure Civitatis Castelli etc. », MAZZATINTI, II, 352.

(3) ArcH. DI Città DI CASTELLO, «Idus februarii 1368, Bolla di Ur-
bano V con la quale si dichiara che Città di Castello e il suo territorio e il ca-
stello di Scalocchio appartengono alla Santa Sede », MAZZATINTI, p. 336.

(4) Vedi appendice, doc. 4.

(5) Circa il crescente numero dei funzionari francesi mandati a reggere
le terre della Chiesa, oltre quanto ho detto a p. 30 della memoria Lo Stato
di Urbino ecc. più volte citata, si tenga presente, che francese era quel

















IL CARDINALE ANGLICO GRIMOARD E LA SUA OPERA DI LEGATO 63

Le cose peggiorarono sotto il pontificato di Gregorio XI. Questi
scoppiata la guerra contro Bernabó e Galeazzo Visconti, affidó al
card. Anglico la legazione di Bologna, perché piü da vicino invigi-
lasse su le operazioni militari; e commise la legazione del Patrimonio
e del ducato di Spoleto al card. Pietro d'Estaing arcivescovo di Bour-
ges, il quale apertamente caldeggiava l'esclusione degli italiani da
gli uffici dello stato della Chiesa e la loro sostituzione con funzionari
francesi. Diceva egli che « pro bono regimine provinciarum » era ne-
cessario «ponere in provinciis rectores ... qui sint citramontani et
non de partibus Italiae propter partialitates » (1). La lungiveggenza
dell'Albornoz aveva con la sua prassi elevato a canone di governo
che non si poteva governare sugli italiani, senza la collaborazione de-
gli italiani. Ora i successori del grande legato li estromettevano dagli
uffici e dai posti di comando, sostituendoli con funzionari. e prelati

« Colynus Bertrandi de Monte Pesulano (Montpellier) Magalonensis diocesis »
procuratore « nobilis et potentis viri Raymundi de Monte Alto » nepote
d'Urbano V, signore di Grisac « Mimatensis diocesis » e di Borgo S. Sepolcro,
L. TowiNr, Rimini sotto la Signoria dei Malatesti, vol. IV, Rimini 1880, p.
297; francese quel messer Guglielmo, altro nepote d'Urbano V e suo luogote-
nente a Todi, di cui parla F. SAccHETTI nella novella CVIII; francese quel
Nicolò Candane de Aurillac nell'Alvernia, che Gregorio XI raccomandava
al card. Anglico, perché lo provvedesse « de castellania Sancti Leonis in mon-
taneis Montisferetri, Provintie Romandiole, seu aliqua alia castellania seu
offitio » di cui parla G. B. MARINI nella Raccolta di notizie del Montefeltro, vol.
III, p. 79 (Ms. nell'Arch. Comunale di San Leo); francese quel nepote dello
stesso Gregorio XI, cui il pontefice aveva infeudato Sarteano, Chiusi e Città
della Pieve coi loro contadi come documenta G. MancINI nella sua Cortona
nel Medioevo, Firenze, 1897, p. 223; francese quel Pietro de Murles vicario
«pro S.R.E. » nelle Marche, v. R. Sassr, Le pergamene dell' Archivio domenicano
' di S. Lucia di Fabriano, Ancona, 1939, p. 86; francese quel « Cambardo de
Saballiano » rettore della Marca, francese quell'arcidiacono Vitale Brost an-
ch'egli rettore della Marca, di cui parlano i documenti marchigiani, v. CICCONI,
p. 31, e 38; francese quel maestro Audiberto preposito Pinacense che il vicario
Enrico de Sessa aveva mandato quale riformatore a Fabriano; e francese era
quel Pierre Bramont signore della Biscina presso Gubbio, « quista Biscina ten-
ne poi gran tempo Pietro. Bramonte,.il quale era francese, et a la sua fine
lassò per testamento la Biscina a Santo Antonio de Vienna (nel Delfinato) »,
come dice Ser Guerriero da Gubbio, Cronaca, in RR. II. SS?, T. XXI, P. IV,
Città di Castello, 1902, p. 17. E l’elenco potrebbe seguitare a lungo. Ed assai
più a lungo seguiterebbe, se all’elenco dei funzionarii aggiungessimo quello dei
vescovi francesi. Ci limitiamo a segnalare quelli che per la chiesa di Bolsena
ed Orvieto ha stabiliti G. BuccoLini. Serie critica dei vescovi di Bolsena e di
Orvieto, in questo Boll. vol. XXXVIII (1941), p. 56-58.

(1) M. ANTONELLI.





















li

64 GINO FRANCESCHINI



francesi. Ma sostituire signori locali e funzionari italiani con funzio-
nari stranieri, era impresa assai rischiosa che doveva inevitabilmente
portare al risultato di far rimpiangere l’ordine antico. Prescindendo
dall’accusa di tracotanza e di rapacità fatta a molti di quei funziona-
ri, pur accogliendola come dettata da ingiusti risentimenti, ammesso
anche ch'essi fossero uomini esemplari, erano stranieri; e questo solo
fatto, a lungo andare doveva farli odiare. In un paese tutto pervaso
da un incipiente sentimento nazionale, che dalle classi piü elevate
discendeva giü giü in mezzo ai ceti della minore borghesia cittadina,
creando in quei ceti il convincimento della superiorità della civiltà
italiana su quella francese, la presenza di quei funzionari stranieri,
non poteva che rinvigorire quel sentimento e far sentire anche alla
coscienza dell'artigiano ch'era ignominioso, che «l'italica gravità fosse
sottomessa e mancipia della gallica licenza ». (1)

Il misogallismo che ispira le lettere di Coluccio Salutati, durante
la « Guerra degli Otto Santi », era antico in Italia, e risaliva a Dante
e al Petrarca; ma ora acquistava un accento, se non piü energico,
più convincente, come quello che sgorgava dall'esame, che la coscienza
comune poteva fare della situazione politica e dal giudizio ehe poteva
trarne.

Ed abbiamo finito. Solo resta da soggiungere che i documenti
che abbiamo prodotto e pedestremente illustrato in questa breve
memoria, contribuiscono a chiarir meglio alcuni punti della biografia
del card. Anglico, e servono a correggere altresì alcune inesattezze in
cui è trascorso il redattore della voce « Grimoard, Anglic de », con-
tenuta a pag. 974 del XVII volume dell’Enciclopedia Italiana: inesat-
tezze che risalgono forse alla fonte stessa, cui il redattore attinse. (2)

In quella voce è detto che il card. Anglico « tenne per breve tempo
il governo della Marca, Umbria, Toscana (era forse meglio dire Tu-
scia), Campagna e Marittima, fino a che tornò col pontefice in Pro-
venza ». A dir vero a noi sembra che la legazione del Grimoard non
sia stata breve, poiché durò dal 15 novembre 1367, fino a quando
egli chiese d’esserne esonerato, e cioè sino al 25 giugno 1371, data

(1) L. CoLucii PiERI SALUTATI, Epistolae editae a. I. Rigaccio, Floren-
tiae, 1741, p.
(2) J. H. ALBANÈS, Famille de Grimoard, Paris, 1886.











IL CARDINALE ANGLICO GRIMOARD E LA SUA OPERA DI LEGATO 65

della bolla di Gregorio XI, con la quale « Anglico episcopo Alba-
nensi conceditur licentia redeundi ad curiam et terras suo commis-
sas regimini, Petro cardinali Bituricensi assignet » (1); ma effetti-
vamente sino al gennaio 1372, quando il cardinale di Bourges venne
di fatto a sostituirlo. bg ;

Non è vero quindi che fece ritorno « col pontefice (Urbano V)
in Provenza » e non è neppure probabile, come afferma il Moroni (2),
che partecipasse al conclave onde Pierre Roger de Baufort uscì eletto -
pontefice col nome di Gregorio XI; perché la lettera, con la quale i
cardinali da Avignone gli comunicavano la morte del fratello, è del
19 decembre 1370 (3) e non può esser giunta a Bologna, ove si tenga
conto delle distanze e dei mezzi di cui disponevano i messi, anche
se sollecitati da un «cito, cito, cito», posto in calce alla soprascritta,
non par probabile, ripetiamo, sia giunta a Bologna prima di Natale.
È quindi poco credibile che il card. Anglico abbia potuto essere ad
Avignone la sera del 29, quando dallo scrutinio uscì eletto il nuovo
pontefice. A. meno che il legato non si sia messo in cammino prima
di ricevere la comunicazione del Sacro Collegio, alle prime notizie
delle gravi condizioni di salute del fratello, dubbio cui possono ri-
spondere solo gli atti del Conclave.

Fece ritorno ad Avignone solo dopo il trapasso dei poteri al suc-
cessore, e vi giunse sui primi d’aprile del 1372, come testimoniano
i dispacci di Cristoforo da Piacenza. (4)

Dei successori dell’Albornoz egli è fra noi il più conosciuto, per
quella « Descriptio Romandiolae » che non ostante sia stata pubbli-
cata per esteso più volte, aspetta ancora chi ne curi un’edizione cor-
retta: fonte notissima agli studiosi romagnoli e preziosa, come ha
dimostrato un recente studioso, per le copiose e singolari notizie sta-
tistiche e pei riferimenti politico-economici riguardanti le terre si-
tuate « fra il Po, il monte, la marina e il Reno » nella seconda metà
del secolo xiv. (5) fab

(1) THEINER, II, 485.

(2) G. Moroni, Dizionario di erudizione storico ecclesiastica, vol. XXXIII,
Venezia, 1845, p. 30. Erra anche il Moroni in altri minori particolari, dicendo
ad esempio, che fu fatto legato della Marca nel 1368: Ivi.

(3) RAYNALDI, Annales, ad annum.

(4) A. SEGRE, I dispacci di Cristoforo da Piacenza, in « Arch. Stor. Ital.»
1909, p. 38.

(9) Questa « Descriptio . Romandiolae » è stata fatta di recente oggetto
di studio da parte di un giovane geografo, che s'é fondato sui dati di quella,
| per stabilire la consistenza della popolazione romagnola nella seconda metà

5













66 GINO FRANCESCHINI

Per queste ragioni, forse, egli è più noto in Italia che nella sua
stessa patria: e si spiega così perché il suo nome figuri nella Enciclo-
pedia Italiana, mentre nessun repertorio biografico francese ne fa
il più breve cenno (6). E meglio sarebbe conosciuto anche da noi,
se fossero più largamente utilizzati i copiosi materiali concernenti la
sua legazione, che si conservano negli archivi umbri e marchigiani
e romagnoli (1). Ma uno studio serio sui meriti e demeriti dei suc-
cessori dell' Albornoz, uno studio che illumini la genesi di quel generale
moto insurrezionale che, tra la fine del 1375 e i primi del ?76, divampò
per tutte le terre della Chiesa, è ancora da desiderare. Lo studio del
Gherardi è ormai troppo vecchio, ed era assai debole sulla sua tesi
già quando apparve. È bensì vero infatti che quel .moto fu in gran
parte promosso da Firenze, che armò e finanziò gli spodestati signori
(i Prefetti di Vico, i conti di Montefeltro, gli Ordelaffi e un nugolo
di piccoli signori); ma è altrettanto vero che quel moto doveva avere
le sue premesse e le sue più ascose ragioni qui, nelle terre della Chiesa,
in quel profondo malcontento delle popolazioni, pronto ad esplodere
alla prima occasione. La questione dei grani, l'affitto del lago Trasi-
meno, il pericolo in cui si trovava Firenze, esposta agli insulti delle
milizie abbandonate (dopo la pace coi Visconti) senza soldo dai
legati, son tutte ragioni che spiegano perché, a un determinato mo-
mento, qualcuno dette fuoco alle polveri; ma perché in quel determi-
nato momento tutto lo stato della Chiesa fosse divenuto, per insi-
pienza e mal governo, una polveriera pronta ad esplodere, questo
non è ancora bene lumeggiato, e questa breve memoria aggiunge
materiali e considerazioni a quelli che già sono acquisiti agli studiosi.

Ritornando al card. Anglico si puó aggiungere che, come uomo
di governo, dovett'essere piü temuto che amato. Il conte Paolo da
Montefeltro, che militava ai suoi ordini in Bologna, in alcune sue

del sec. xiv, e la sua distribuzione geografica. Vedi L. GamBI. Il censimento
del cardinale Anglico in Romagna nell’anno 1371. Estratto dalla « Rivista geo-
grafica Italiana ». Firenze, decembre 1947.

(6) Fa meraviglia non trovare un cenno su di lui, nella Biographie Uni-
verselle Ancienne e Moderne, Paris, 1843-57, perché compilatore per la parte
italiana era il SiswoNnpI, che ha sempre un’informazione di prima mano attinta
alle raccolte di documenti o alla silloge muratoriana. Nessun cenno sul card.
Anglico né su « La Grande Encyclopedie », né su altri repertori biografici fran-
cesi.

(1) MAZzaTINTI, III, p. 92. Lettere e decreti del card. Anglico si conser-
vano oltre che a Città di Castello, a Perugia, a Gubbio, ad Ascoli, a Firenze,
ad Osimo, a Recanati e in molti archivi minori.



















IL CARDINALE ANGLICO GRIMOARD E LA SUA OPERA DI LEGATO 67

lettere ai Gonzaga ci fa intravvedere che il legato usava il «largo
prometter con l’attender corto ». (1) Uno dei notari o dei ricevitori
della camera apostolica, ha affidato ad un registro due epigrammi
poveri di mordente ed abbastanza velenosi insieme. Son la parodia
d’un assai noto gioco di parole:

«Anglicus a tergo caudam gerit, est pecus ergo:

Cum tibi dicit ave, sicut ab hoste cave ».

« Anglicus angelus est

Cui numquam credere fas est ». (2)

In entrambi lo si taccia di doppiezza, il ché dà una conferma
alle lamentele dello spodestato conte di Montefeltro.

Vero si è, che ci son campane che all'opposto suonano ad esalta-
zione di lui. Proprio in un codicetto tifernate, si conserva il ricordo
di un miracolo compiuto dal card. Anglico, quand’era ancora legato
in Italia. (3) Più tardi l’esser stato dei cardinali che aderirono al-
l’antipapa Roberto di Ginevra (Clemente VII), offuscó il ricordo
della sua vita austera e della sua sincera pietà.

Infatti, quando Gregorio XI il 16 gennaio 1377, riportò definiti-
vamente la sede apostolica a Roma, egli non «ritornò in Italia con
Gregorio XI» come erroneamente dice l’autore della «voce » già ci-
tata dell'Enciclopedia Italiana; ma fu invece dei sette cardinali che
rimasero ad Avignone, per espletare le faccende rimaste in pendenza.
A lui ed agli altri sei suoi colleghi, i cardinali residenti a Roma di-
ressero, il 19 aprile 1378, una lettera nella.quale comunicavano la no-
tizia della morte di Gregorio XI, avvenuta il 27 marzo precedente,
e l'elezione di Bartolomeo Prignano a pontefice, col nome program-
matico di Urbano VI, avvenuta l'8 aprile. Egli rimase estraneo alla
lotta, che i cardinali oltramontani, con a capo Jean de la Grange,
condussero contro Urbano, sino all'elezione di Fondi (3 settembre
1378) e alla battaglia di Marino. Il fatto che Urbano fosse stato di-
chiarato non canonicamente eletto e abbandonato dalla quasi tota-

(1) Vedi la lettera 26 novembre 1370 indirizzata da Bologna da Paolo
da Montefeltro a Lodovico Gonzaga pubblicata nella memoria Lo Stato d' Ur-
bino ecc., p. 53.

(2) G. TEMPLE LEADER E MARCOTTI, Giovanni Acuto, Firenze, 1889, p.
56 ove sono riferiti in nota i due epigrammi. È strano che gli autori accennino
alla parentela del card. Anglico con Innocenzo VI (ne era nepote) ed ignorino
che era fratello di Urbano V.

(3) CITTÀ DI CASTELLO, ARCHIVIO MAGHERINI GRAZIANI, Cod. 10, conte-
nente « Memorie raccolte dal Card. Antonio Saluzzi», p. 65: v. MAZZATINTI,
BV p- 33.

























































68 GINO FRANCESCHINI



lità dei cardinali, la difficoltà per lui francese e lontano dal teatro
della lotta, d'attingere notizie, che nou fossero quelle fornitegli dai
colleghi coi più solenni giuramenti, spiegano come egli aderisse in
perfetta buonafede all’antipapa Clemente VII. (1)

Morì ad Avignone il 16 aprile 1388, e fu sepolto, com'egli aveva :
lasciato detto nelle sue estreme volontà, nella chiesa del monastero
di S. Rufino a Valenza, ov’era stato allevato nella regola di Sant’ Ago-
stino. (2) Il citato codice tifernate serba ricordo della sua morte. (3)

Gino FRANCESCHINI

APPENDICE
1.

[1364 ?], maggio 6, Avignone
Il cardinale Niccolò Capocci risponde ai Priori di Città di Ca-.
stello di non poter patrocinare la causa che gli hanno raccomandato

(Città di Castello, Arch. Segreto, vol. XLIV, fol. 78. Originale).

(1) 20 settembre 1378, Y cardinali Anglic de Grimoard, Gilles Aycelin de
Montaigu e Guillaume de Chanac, mettono a disposizione di Clemente VII sei-
cento franchi d'oro, perché possa dare ai Legati inviati in Francia gli oppor-
tuni sussidi. G. MorLar, Contribution à l' Histoire du Sacré College de Clement
V à Eugene IV, in « Revue d'Histoire Ecclesiastique » vol. XLVI, Louvain,
1951, p. 75; '8 marzo 1379, Anglico Grimoard e gli altri sei cardinali dimoranti
in Avignone notificano che il pontefice legittimo é Clemente VII. G. BArv-.
zius, Vitae Paparum Avenioniensium, nouvelle édition par G. Morrar, Pa-
ris, 1922, T. IV, p. 192; il 7 marzo 1380 Anglico Grimoard, essendo gravemente
infermo fa il suo testamento ed in esso confessa di ritenere Clemente VII papa
legittimo; il 23 giugno 1384 su domanda di Guglielmo vescovo di Maraga, An-
glico Grimoard conferma ch'egli crede legittimo papa Clemente VII; l'77 a-
prile 1388 faceva un secondo testamento ed il 14 vi tegiangota un codicillo:
v. BALUZE-MOLLAT, p. 247, 48, 327, 348, Dil;

(2) BaLUZE MOLLAT, 511.

(3) CrrrÀ pr CAsTELLO, Arch. € Cod cit. p. 63. Nell’Archivio Segreto di
Città di Castello. depositato presso la Bib. Comunale, nel doc. 34 della filza

. 9, il notaio ci ha dato la descrizione del suggello del card. Anglico che in altro

documento si conserva intatto. « Litere nomine supradicto erant sigillate quo-
dam sigillo... dicti domini Albanensis, longo de cira rubea: in dicto quidem
sigillo schulta erat imago virginis gloriose cum Filio suo in brachio, in circulo
dicti sigilli erant litere sic dicentes: « S(igillum) G(rimoardi) Anglici Dei gra-
tia Episcopi Albanensis S(ancte) R(romane) E(cclesie) Cardinalis », et quedam
alia schulta erant in dicto sigillo, sed propter defectu impressionis bene de-
cerni non poterant ».













IL CARDINALE ANGLICO GRIMOARD E LA SUA OPERA DI LEGATO 69

Amici carissimi. Recepimus nuper literas vestras et si scripta per vos
iustitiam saperent habeatis pro certo quod ut ipsam ad votum assequi
valeretis interposuissemus libenter favorabiles assistentie nostre partes,
tum quia ex debito offici nostri tenemur. favere iustitiam et tum quia vos
velut nobis amicos carissimos quadam spetiali affectione diligimus. Set quia
nobis facta extitit plena fides quod in registris camere reperitur quod vos
ad solutionem annuam de quo agitur indubitanter tenemini nedum contra
Ecclesiam matrem omnium cuius nomine Dei res agitur set contra quem-
cumque minimum nullo modo alicui faveremus iniuste. Suademus autem
vobis ne contra Ecclesiam iniustum litigium prout videtur istud aliqualiter
assumatis quia dum bene eritis sumptibus et laboribus fatigati oportebit vos
finaliter succumbere cum eadem prout contigit bene magnis quorum exem-
pla multum a longe expetere non oportet. In cunctis vero iustis que pro
vobis operari possemus nos potestis requirere confidenter. Valete. Datum
Avinioni die VI mensis madii.

N(icolaus) Tusculanus Episcopus et Cardinalis (a tergo) Prudentibus
viris Prioribus Concilio et Communi Civitatis Castelli Amicis nostris caris-
- simis. à

2.

1369, giugno 28, Foligno
Il card. Legato Anglico Grimoard concede al nobile Lapo de Ri-

casoli podestà di Città di Castello, di esigere dal Comune la somma

necessaria per pagare le milizie addette alla difesa (Ivi, Filza 5, doc.
35, copia notarile del 20 gennaio 1370).

Anglicus miseratione divina episcopus Albanensis terrarum Romane
Ecclesie in Italia citra Regnum Sicilie consistentium vicarius generalis, di-
lecto in Cristo nobili viro Lapo de Ricasolis domicello florentino potestati
Civitatis Castelli pro Sancta Romana Ecclesia salutem in domino. Cum de
introitibus Civitatis Castelli castellano qui Roccham ipsius civitatis huc-
usque tenuit et alio ibidem nuper deputato ac quibusdam stipendiariis ad
ipsius civitatis custodiam deputatis et qui deputabuntur in posterum de-
beat satisfieri, tibi durante offitio tuo et usque ad nostrum beneplacitum
Comune prefatum ipsiusque camerarium vel alium seu alios ipsius Comunis
nomine, solventes de quantitatibus que pro satisfactione huiusmodi persol-
ventur, queitandi absolvendi liberandi et superinde quocumque modo cum
promissionibus obligationibus renumptiationibus rogationibus concessioni-
bus et clausulis omnibus ac poenarum adiectionibus oportunis et singula
propterea oportuna faciendi et exequendi, auctoritate apostolica qua fungi-



















70 GINO FRANCESCHINI



mur, specialiter in hac parte plenam concedimus tenore presentium facul-
tatem. Datum Fulginei III Kalendas Julii pontificatus sanctissimi patris
et domini nostri domini Urbani divina providentia pape quinti anno sep-
timo. Albanensis.

1369, decembre 20, Bologna

Il card. Anglico delega Enrico vescovo di Como a riscuotere il
censo di cinquecento fiorini, che Città di Castello deve alla Camera
apostolica (Ivi, Filza 5, doc. 33, originale).

Anglicus miseratione divina episcopus Albanensis terrarum ac provin-
ciarum sancte Romane Ecclesie in Italia citra regnum Sicilie consistentium
vicarius generalis, Reverendo in Cristo patri Henrigo episcopo Cumano so-
tio nostro salutem in Domino. Cum dilecti in Cristo Comune et homines
Civitatis Castelli pro anno proximo preterito quingentos florenos auri pro
censu Camere Apostolice solvere teneantur ipsosque securitate habita de
solutione eorum solvere sint parati, paternitati vestre, de qua in Domino
indubitatam fiduciam obtinemus, censum predictum nomine ipsius Camere
atque nostro ab eisdem Comune et hominibus petendi recipiendi et exigendi
ipsosque Comune et homines de eodem censu vobis primo solutione facta
quietandi absolvendi et liberandi aliaque preterea necessaria faciendi et
exequendi plenam, auctoritate qua fungimur, concedimus tenore presentium
facultatem. Data Bononie XIII Kal. Januarias pontificatus sanctissimi in
Cristo Patris et domini nostri domini Urbani pape Vti anno octavo. Alba-
nensis manu propria.

1371, maggio 31, Montefiascone

Nicoló Spinelli cancelliere del Regno di Sicilia al cardinale An-
glico Grimoard, perché condiscendendo al desiderio di Città di Ca-
stello conceda a quella città il castello di Scalocchio, (Ivi, vol. XLIII,
fol. 115, Originale).

Reverendissime pater et mi domine singularissime. Ex mandato do-
mini mei Lemovicensis scribo dominationi vestre quod cum nondum qua-
tuor annis elapsis Rector Masse Trabarie asserens Castrum Schalochie ad
Ecclesiam pertinere, cuius contrarium per instrumenta publica constare
dictur occupasset et castro predicto in quo ultra quindecim homines non







IL CARDINALE ANGLICO GRIMOARD E LA SUA OPFRA DI LEGATO "i

sunt degentes Comunitatem Civitatis Castelli que in possessione ipsius exti-
tit spoliasset ut dicitur, finaliter tamen de voluntate et consensu bone me-
morie domini mei Sabinensis tunc Sedis apostolice legati et Comunitatis
predicte, Castrum huiusmodi domino Episcopo castellano in custodia extitit
assignatum, unde mandavit michi quod dominationi vestre supplicarem qua-
tenus istis consideratis, Comunitatem predictam ad Castrum huiusmodi cum
eius iuribus et pertinentiis restituere et restitui mandare dignemini, cum
Castrum huiusmodi sit nullius vel modice utilitatis ut dicitur et ipsa Comu-
nitas parata sit servire domino nostro Papa cum 4 hominibus bene munitis
de armis per duos menses expensis propriis in Bononia vel alibi ubi videbitur
expedire. In hiis autem et aliis honorem et statum Ecclesie Romane et do-
mini nostri et vestrum opto preferri sicut scio quod etiam optat dominus
meus Cardinalis, sicut aliorum informationem rogat et loquitur. Recom-
mendo me dominationi vestre quam conservet Altissimus feliciter per
tempora longiora. Scriptum in Monteflascone die ultima mensis maii.

Servitor vester N.(icolaus) de Neapoli Cancellarius Regni Sicilie.

(a tergo) Reverendissimo in Cristo Patri et Singularissimo domino meo
domino Albanensi.

9.

1374, marzo 7, Perugia

Gherardo abate di Monmaggiore ai Priori di Città di Castello circa
una banda armata nemica che dal territorio di Bologna sta per passare
nell talia centrale (&. S. Crrr. Casr., Annales, vol. XI, v. 60, copia).

Geraldus Dei gratia Abbas Maioris Montis Turonensis, alme Urbis,
Patrimoni beati Petri in Tuscia, ducatus Spoletani, Campanie Marittime-
que provinciarum nec non Perusine et nonnullarum civitatum et terrarum
Romane Ecclesie in Italia consistentium Rector et Gubernator Generalis,
Universis et singulis Vicariis, Potestatibus, Capitaneis, seu locum tenenti-
bus, Prioribus et Regiminibus, Consiliis et omnibus Civitatum, terrarum,
Castrorum et locorum Ecclesie Romane et nostre iurisdictioni subiectis,
ad quos et que presen'es advenerint salutem in Domino.

Commissi regiminis cura nos excitat ut ad tutelam terrarum Ecclesie
Romane precipue prefati Regiminis vigilantibus oculis intendamus et tran-
quillam subditorum quietem, qua nihil dulcius possidetur, studeamus a
quibuscunque noxiis preservare. Adducentes itaque et per nostros oratores
Bononie commorantes ac... per litteras relatusque dignos sentientes a
certo quodam pernitiosum consortium gentium emularum in mille lan-
cearum numero hactenus congregatum iam Bononie territorium insultasse
descensurum inde ad partes istas et forte virorum armatorum numero la-

















72 GINO FRANCESCHINI

tiorij od cuius resistentiam et defensam tota intentione et totis viribus
anhelamus, ne ipsius Ecclesie subditi sub eodem nostro regimine constituti
quo huiusmodi nefaria congeries inferre consuevit dapna, pericula, et iactu-
ras, disturbationes, incendia, cedes et vulnera, violentias, et infinita discrimi-
na patiantur, a quibus preservare illos esse singulare desiderium mentis no-
stre. Verum quod absque vestris viribus et subfragiis ista non possumus
complere vel exequi iusta nota, licet vestris oneribus quibus vexari vos no-
scimus nobis compatiamur ex corde, in ardua tamen necessitate precipue
pro status et pacis nostri levis esse debet quilibet magnum nobis labor, qua
re dominationem vestram requirimus et hortamur actente, nobis nichilo-
minus et cuilibet vestrum sub penis nostro arbitrio infligendis districte
precipimus et mandamus quatenus, statim et subcessive ad solertiam et bo-
nam custodiam Civitatis, terrarum et castrorum et locorum quibus... et
illarum fortificationum actactionem et reparationem diligenter debeatis
intendere, nec non ad disgomberationem quorumcumque victualium exi-
stentium extra tuta solicitissime vigil:tis ac etiam vestram gentem actam
ad arma teneatis taliter preparatam et sic attentis et preparatis habeatis
accinctam, quod in prima requisitione fienda statim eodem die ad nos ta-
xandum numerum bene munitum infallibiliter destinetis. Mandantes insuper -
et vobis et vestrum cuilibet sub penis in aliis licteris huiusmodi materia
declaratis ut quantitatem omnem subsidii usque ad ultimum completum
solutionis eiusdem visis presentibus transmictatis, pro conducta gentium
armorum equitum mictendorum versus Bononiam ad resistentiam emulo-
rum, ne inde adversus partes istas transire possint sicut est ipsorum inten-
tionis unquam et pro aliis Camere honeribus subportandis in premissis et
quolibet predictorum taliter vos habentes quod de vestra possitis obedien-
tia commendari, aliter contra vos et vestrum quemlibet ad executionem dic-
tarum penarum et aliter pro ut iustum fuerit et nobis videbitur procedemus
et procedi etiam faciemus. Has autem licteras quas fecimus registrari nostri
consueti sigilli munimine roborantes de quarum presentatione earum por-
tatori dabimus plenam fidem ipsasque ei volumus integras et illesas per unum
quemlibet receptorem ipsarum per ipsum numptium sub... vestri Comunis
sigillo transmitti. Datum Perusii die prima martii Ponteficatus santissimi
in Xpo patris et domini nostri domini Gregorii favente Clementia pape XI
anno quarto.
GERALDUS ABBAS



NOTE E DOCUMENTI

UN CICLO DI AFFRESCHI UMBRI
NELLA GALLERIA NAZIONALE
DI BUDAPEST

Non è facile cosa trovare in una Galleria straniera tanti affreschi
italiani quanti ne possiede quella di Budapest. L'ampio cortile co-
perto che sorge in mezzo al grandioso edificio nel quale essa è ospitata,
accoglie, allineati lungo le sue pareti, varii dipinti murali tutti pro-
venienti dal nostro Paese, e, nella maggior parte, dall'Umbria.

Fra questi, meritevoli sempre di essere conosciuti e studiati da
chi s'interessi alla storia artistica della regione, apparisce specialmente
notevole per i soggetti che vi sono rappresentati un gruppo di dipinti
che un tempo ornavano — secondo mi fu detto — una sala del
Palazzo Isidori in Piazza Morlacchi a Perugia. Nel loro ambiente
essi dovevano comporre, in serrata unità, una decorazione splendida,
viva di cui oggi — anche per il loro stato di conservazione assai .
mediocre — riusciamo a formarci un'idea pallida ed incompleta, ma
ancora bastevole a poterli studiare ed a rimpiangere che abbiano.
varcato per sempre le Alpi.

Entro tredici edicole tabernacolari policrome, di stile gotico, messe
in prospettiva e campite su di un fondo azzurro (alcune risaltano
oggi sulla rossa tinta di preparazione cui aderiva l’oltremare comple-
tamente caduto), stanno altrettante figure femminili in piedi. Le edi-
cole, coperte tutte da volte azzurre con costoloni in rosso, hanno nel
loro interno un drappeggio stampigliato, mentre la loro architettura
esteriore è varia. Ma le più mostrano un arco a tutto sesto e trilobo
sormontato da un frontone con spinosi gattoni rampanti e cel timpano

occupato da un tondo a trafori; e quasi tutte conservano nello zoccolo
iscrizioni dichiarative, e, dentro una riquadratura inferiore, altri
personaggi a mezza ovvero a tutta figura, dipinti a « grisaille » su
azzurro. Una tale decorazione può genericamente richiamare quella
della sala delle Arti Liberali e dei Pianeti e quella del salone dei





















74 MARIO SALMI

Giganti in Palazzo Trinci a Foligno (1); ma le edicole anziché apparire
isolate come sono nella prima, dovevano essere congiunte l'una
all'altra da una qualche membratura architettonica dipinta come le
arcate del secondo; e ció perché lungo i loro lati non resta traccia del
colore ultra-marino del fondo.

Ma veniamo a descrivere le singole rappresentazioni, secondo
l'ordine con cui é verosimile si disponessero nelle pareti del palazzo
perugino.

In una prima edicola, vediamo una figura di donna incoronata
in atto di spezzare un ferro di cavallo (tav. I, a): é l'allegoria della
Fortezza (2) come ci spiega la seguente iscrizione a caratteri gotici
che leggiamo nello zoccolo:

IO TE DARÓ VIGORE

QUANDO FORTUNA TE FACESSE
ASPREZZA GHEL FERRO NON RESISTE
...A MIA FORTEZZA.

Inferiormente, la testa di un uomo con una clava rossa, è ciò
che rimane di un personaggio che doveva tipicamente rappresentare
questa Virtù e noi non tardiamo — dall’attributo — a riconoscerlo
per Ercole.

È noto come fosse consuetudine nel Medio Evo e nel Rinasci-
mento di figurare certe allegorie insieme con uomini che le avevano
illustrate. Nel cappellone degli Spagnoli, nel chiostro verde di Santa
Maria Novella, dove Andrea da Firenze dipinse l’ Apoteosi di S. Tom-
maso d’ Aquino, sotto ognuna delle Scienze Teologiche e delle Arti Li-
berali è rappresentato un loro celeberrimo cultore; mentre nella
cappella di S. Agostino agli Eremitani di Padova, Giusto de’ Menabuoi
— valendosi delle miniature di un codice bolognese ora a Chantilly,
derivato a sua volta da un altro codice miniato da Niccolò da Bologna
(1354) all’Ambrosiana di Milano — affrescò le altre allegorie, le Virtù
Cardinali e Teologali e sotto ciascuna di esse un uomo che si era
infamato appunto per non averla praticata. In quei dipinti oggi per-
duti, Oloferne corrispondeva alla Fortezza, Diomede alla Giustizia,
Epicuro alla Temperanza, Sardanapalo alla Prudenza ; ed alla Fede,
Ario ; alla Speranza, Giuda ; alla Carità, Erode ; giacché nell'arte del

(1) M. SALMI, Gli affreschi del Palazzo Trinci a Foligno, in « Bollettino
d’Arte », 1919, n.. 9-12.

(2) Cfr. L. Dorez, La Canzone delle Virtù e delle Scienze di Bartolomeo
Bartoli da Bologna, Bergamo, 1904, pag. 48.

UN CICLO DI AFFRESCHI UMBRI, ECC. 75

xiv secolo personaggi realmente esistiti andavano sostituendo le per-
sonificazioni dei Vizi che gli artisti dell’xI e xII secolo avevano rap-
presentati in lotta con le Virtù ispirandosi alla Psychomachia di
Prudenzio od a composizioni da questa derivate (1). Il von Schlosser
rammenta inoltre che un manoscritto miniato di Corrado von Scheiern
nella Biblioteca di Monaco reca il ciclo delle sette Virtù con esempi
tolti dal Vecchio Testamento, e che in un cassone dei primi del sec.
xvi presso il sig. Wittgenstein a Vienna, nel quale con la Teologia
sono le sette Virtù, Sansone segue la Fortezza, Giustianiano o Salo-
mone la Giustizia, un antico filosofo la Prudenza, un altro filosofo
la Temperanza ; e alla Fede si accompagna S. Pietro, alla Speranza
S. Iacopo pellegrino, alla Carità, S. Giovanni Evangelista (2).

Un concetto analogo a questo seguirono gli illustratori degli
affreschi ora a Budapest. Nel secondo di essi domina la Giustizia,
ieraticamente frontale, con gli attributi che le sono consueti: la
spada e la bilancia (tav. I, b). Nell’iscrizione sottostante, essa si ri-
volge al personaggio che le fu devoto:

COL MIO GIUSTO FERVORE

SONO ACTA AD AUMENTARTE SENZA
CIANCIA CON QUESTA. SPADA E CO LA
MIA BELANCIA

E il personaggio a mezzo busto ha, questa volta, aspetto regale
(rappresenta forse Traiano) e distende un rotulo nel quale si possono
leggere le parole:... IUSTITIA ME PIACQUE /... PER ME... NON TACQUE

In un altro dipinto murale, riconosciamo la terza delle Virtù
Cardinali: la Temperanza figurata come una giovane donna con la
corona in testa, in atto di avvicinare una mano alla bocca quasi per
suggellarla onde frenare le passioni e di tenere nell'altra un qualche
cosa che oggi non si riesce ad identificare (tav. I, c). L'iscrizione
informa:

NON TROPPO OPRENDO EL CORE
FERO EN SILENTIO TECO DEMORA
PERO CH'IO SO CHIAMATA
TEMPERANZA

(1) I. Von ScurossEn, Giusto 's Fresken in Padua u. die Vorlaufer der
Stanza della Segnatura in « Jahrbuch d. Ksthist. Samml. d. Allerhoch. Kai-
serhauses », B. XVII (1896) pag. 13 e segg.

(2) Cfr. L. DonEZ, op. cit., pag. 57.













MARIO SALMI

Sotto, sono i resti svaniti ed irriconoscibili di un filosofo (?) che
praticó questa virtü.

La Prudenza mi sembra infine giovanilmente figurata nella dama
anch'essa con la corona, che mostra un terzo occhio in mezzo alla
fronte — in luogo del triplice capo con cui altri cicli la rappresentano —
con un libro riccamente legato nella sinistra e con la destra alzata quasi
per accompagnare con un gesto l’inizio del suo discorso (tav. II, a).
Essa dice infatti maternamente nella scritta che adorna lo zoccolo:

PER TRARTE DOGNE ERRORE
SEMPRE TE MIRERÓ CUM GIOCHO
ET FESTA CO MIEIE TRE

OCCHIE CHE ME VEDE EN TESTA.

Un imperatore barbato a mezzo busto con la corona, si vede al
di sotto: é Ottaviano come c'informa il rotulo serpeggiante che egli
reca: OCTAVIAN IO SO CHEL MONDO TENNE/CON SENNO TALE CHE
CRISTO... VENNE(?)

Ma insieme con le Virtù Cardinali facevano parte della serie le
Virtù Teologali prima tra essere la Fede, in atto di stringere tra le
braccia conserte al petto, una ricca croce gotica (tav. II, b). La
iscrizione — ora frammentaria — che la riguarda, suona cosi:

OR VOGLIEME SEGUIRE
E CREDERE FERMAMENTE IN QUESTA
CROCE CHE AD ME ABBRAZZO

ONDE LE CON... ;

È scomparso del tutto il personaggio che stava sotto l'Allegoria;
invece nell’affresco che vien poi con l’immagine della Speranza, ri-
mane ancora una graziosa composizione riferentesi alla Virtù rappre-
sentata. La quale risiede in un tabernacolo più ricco degli altri,
archiacuto e trilobo, con un medaglione nel timpano figurante un
profeta (?) a mezzo busto e adorno nel finale di un putto e di riquadra-
ture e trafori. La Speranza è una dama incoronata che si volge verso
il cielo, le mani congiunte in atteggiamento inspirato, secondo una
concezione ben nota all’arte italiana (tav. II, c). Ma laddove Giotto
e gli altri artisti del sec. xiv la immaginarono alata, con le mani tese
verso la corona simbolo del premio eterno, l'artefice nostro amó spo-

UN CICLO DI AFFRESCHI UMBRI, ECC. 77

gliarla di ogni aspetto divino come più tardi farà, con altro re-
spiro, Piero del Pollaiolo. La iscrizione nello zoccolo dice:

DISPOSTO O EL MIO DESIRE

NEL CONTEMPLARE DE LE SUPERNE
ROTE CHE SONNO MOSSE

DAL... L CHE TUCTO PUOTE.

E sotto ancora, a commento della immagine e della iscrizione,.
siede, in un paesaggio schematico un monaco, tutto assorto, leggendo
un libro sacro, nel suo « desire » di « contemplare le superne rote ».

. La Carità terza fra le Virtù Teologali, appare di solito rappre-
sentata nella iconografia medioevale con la cornucopia ricolma come
una classica Abbondanza. Negli affreschi di Budapest una giovane
donna incoronata è dipinta con un mazzo di spighe in mano, le quali
potrebbero sostituire quell’attributo (tav. III, a). Ma la leggenda
ad essa relativa non ci consente di riconoscere la Carità nella nostra
allegoria e nessun lume ci viene dal personaggio a mezzo busto
— oggi quasi scomparso — che appariva.tenendo un rotulo, al di
sotto dello zoccolo. In questo leggiamo:

VOGLIEME L'OCCHIO APRIRE
MECO SPERANDO CHE VERDE
COLORE DARÀ GIUSTO
FRUCTO DOPO ’L FIORE

L’iscrizione ci indica dunque che siamo di fronte alla allegoria
dell'Estate la quale negli affreschi di Ambrogio Lorenzetti nel Palazzo
pubblico di Siena, reca ugualmente un mazzo di spighe. Essa è accom-
pagnata da un’altra Stagione, dalla Primavera figurata con in mano
un mazzetto di fiori entro un’edicola uguale a quella della Speranza
(tav. III, b). L'iscrizione che l'accompagna suona cosi:

COLTO O DI VOSTRO FIORE
SORELLE PER ESSER PIÙ GIULIVA
PERO’ CH'IO SO LA VOSTRA VITA
ACTIVA.

E nel piccolo scomparto sottostante, un viridario vuole accen-
nare al risvegliarsi della natura durante la stagione primaverile.
Un'altra personificazione si proclama regina delle Virtù : indossa



















78 MARIO SALMI

un ricco pluviale e della regalità mostra le insegna, una corona conica, il
globo elo scettro gigliato intorno al quale si avvolge il rotulo inscritto:
HIS VIRTUTIBUS PREDITA / ORBEM SPETIE SACRA REGO (tav. III, c).

Va escluso senz'altro che essa rappresenti la Filosofia, perché
(di solito con gli stessi attributi) questa apparisce sovrana in mezzo
alle Arti Liberali che non figurano fra le allegorie del nostro ciclo. E —
riferendoci ad altri monumenti — se é vero che Andrea Pisano nella
porta del bel S. Giovanni, foggió l'immagine della Umiltà con uno
scettro nella destra, come compagna delle sette Virtà (perché, se-
condo le dottrine che si trovano in libri agostiniani dei sec. xII e
xIv, le Virtù derivano dall’Umiltà), anche è vero che il carattere
riservato e modesto di essa, ci vieta di riconoscerla nell’imperiosa
figura degli affreschi di Budapest. Per la stessa ragione, non possiamo
pensare alla Obbedienza (sempre del resto rappresentata con altri
attributi) che Giovanni di Balduccio da Pisa scolpì come ottava Virtù,
nell’arca di S. Pietro Martire in Sant’ Eustorgio a Milano. Ma nelle
rappresentazioni allegoriche medievali, come la Filosofia guidava
le Arti, così la Teologia stava a capo delle Virtù. « Theologia est
fons et origo omnium virtutum » dice l’iscrizione che si leggeva nella
pittura ove era figurata, con la mitria in capo, nella Biblioteca dei
Premostratensi a Brandenburgo (1), e può darsi che il dipinto, di cui
ci occupiamo, riproduca proprio questa personificazione. Considerando
tuttavia che la nostra allegoria reca un indumento sacro come il
pluviale e che anche la scritta riferita conferisce ad essa un carattere
preminente potrebbe sembrare più logico supporre che figuri la Mater
Ecclesia ovvero la Sapientia Domini, rappresentazioni entrambe ben
conosciute all'iconografia medioevale.

Se è così, il ciclo nostro appare informato ad un concetto schietta-
mente religioso; e che così effettivamente sia, ci dicono le altre quattro
allegorie che dobbiamo ancora esaminare.

In un affresco danneggiatissimo, è dipinta una gentildonna di
prospetto ma senza la corona, con due fiasche verdi (prezioso accenno
alla majolica umbra del tempo) ornate d’azzurro e di rosso (tav. IV, a).
Un mutilo cartiglio che le sta di fronte, ci spiega:

PRODIGA. DONO E GITTO EL MIO TESORO
TUCTIONE CHE PRENNER NE VORRIA
. «FINALMENTE SERÀ MIO EL DANNO

(1) I. Von ScuHLOSSER, op. cit.

UN CICLO DI AFFRESCHI UMBRI, ECC. 79

È la Ricchezza cui corrisponde in un altro dipinto, pure in condi-
zioni pessime, l’immagine della Povertà, una vecchia scarna, con
vesti dimesse ed il capo avvolto in un candido velo (tav. IV, b).
L'iscrizione posta anch’essa in un cartiglio, dice:

+ + .IO AVARA NON DONO A VERUNO
EL MIO ACQUISTO NE MEN DOMANDARE
ENTRE.CHI. VI... PER ME IL VO SERBARE.

Le due allegorie sono figurate in contrasto fra loro ed una
medesima antitesi notiamo facilmente anche fra le due che seguono:
la Castità e l'Amore. La Castità è una giovane donna vestita ricca-
mente ma priva della corona e reca in braccio un ermellino (tav. V,
a). L'iscrizione, affidata questa volta allo zoccolo, avverte:

ITEGNO MIA PERSONA PURA E

CASSTA E TENGNO INMACULA

TA MIA BELLEZZA SICOME
L'ERMELLINO LA SUA BIANCHEZZA.

Dal piccolo scomparto inferiore si affacciava la testa di un
qualche santo con un rotulo steso, di cui oggi si scorge appena la
traccia.

L'allegoria dell’ Amore appare la più danneggiata del ciclo (tav. V,
b). E. rimasto bensi ancora intatto nel frontone sovrastante all'edicola,
un disco con un giglio argenteo in campo rosso, corrispondente allo
stemma di Foligno. È l’arma del committente ovvero un semplice
motivo ornamentale ?

L’allegoria ha aspetto giovanile sebbene non sia piacente; eppure
le due mazze di giglio in fiore che porta in mano, bastano a renderne
certa l’identificazione. Nel Trionfo della Castità in una delle vele
della Basilica inferiore d’Assisi, anche il piccolo Eros fuggente reca
una rama fiorita; e se la nostra personificazione non è ideata come in
quel celebre affresco, col significato e le sembianze di un demonio
pagano, le sue forme ingrate in antitesi con quelle soavi della Castità,
ci fanno intendere che fu ispirata da una medesima idea religiosa:
l'Amore resta sempre un profano e pericoloso sentimento da evitarsi
per poter trovar rifugio nel candido grembo della Castità.

















MARIO SALMI

Questi gli affreschi conservati nella Galleria di Budapest, i quali
non sono che una parte della decorazione murale del Palazzo Isidori
poiché ci mancano almeno tre allegorie che dovevano necessaria-
mente completare il gruppo delle Virtù Teologali (la Carità) ed il
gruppo delle Stagioni (l’Autunno e l’ Inverno). Comunque l'assenza
di ogni elemento riguardo al numero delle immagini rappre-
sentate, lo stato frammentario dei dipinti, la struttura diversa delle
edicole, non ci permettono di tentare una ricostruzione dell’am-
biente.

Non è il caso d'insistere sul significato didattico-allegorico di tali
figurazioni, ormai ben noto perché esse furono comuni ad un'epoca
intera; e tanto meno è opportuno dilungarci in raffronti iconografici
perché se i nostri affreschi trovano generica rispondenza con cicli
analoghi (e sarebbe facile citarne molti) non sono riuscito a stabilire
alcun legame persuasivo tale da farci concludere che essi derivino da
una fonte a noi sconosciuta. È certo che essi hanno grande interesse;
e coi cieli figurativi di Palazzo Trinci dove sono le Arti Liberali,
i Pianeti, i Nove Prodi, gli Uomini dell’ Antichità, ma non le Virtù
ci rappresentano il sapere enciclopedico dell'Umbria medievale
tradotto nella pittura.

Avanti però di finire, occorre determinare l’età e lo stile dei di-
. pinti. I quali per le loro architetture di un tardo gotico fiammeggiante
e pei costumi che indossano le figure, come ad esempio quella che
rappresenta l'Amore (tav. V, b), con un manto dai panneggi copiosi
e triti, accennano al sec. xv quantunque, nel loro insieme, abbiano
ancora un certo carattere arcaistico. Inoltre quelle « grisailles » nello
zoccolo, di colore verde o giallognolo che risaltano sull'intensità dell'az-
zurro, sonò rare nella pittura del xiv secolo mentre le troviamo fre-
quenti nell'opera dei primi quattrocenteschi umbro-marchigiani come
i Salimbeni da Sanseverino e Ottaviano Nelli da Gubbio. Va infine
osservato che le iscrizioni mostrano una commistione di caratteri
gotici e di caratteri capitali quali non poteva verificarsi che nel
Quattrocento inoltrato. Tutto dunque fa ritenere che gli affreschi
debbano riferirsi a tempo assai tardo.

Le preferenze ornamentali ed i piecoli monocromati (tav. I, a-b)
specie quello del Monaco in lettura, ritratto nell'ambiente secondo
il tipico fare episodico del tempo (tav. II, c), ci dicono che i pittori ai

UN CICLO DI AFFRESCHI UMBRI, ECC. 1-81

quali appartengono, dovevano avere una spiccata attitudine alla
mera decorazione ed alla miniatura.

Ma nelle immagini delle Virtù un po’ goffe nel disegno e fredde
nell’espressione, nulla accenna al lirismo vivace dei maestri ricordati
ovvero alla eleganza aristocratica e ritmica di Gentile da Fabriano.
Ci troviamo di fronte ad artefici che continuano la tradizione sorta
dal vecchio ceppo senese, che peraltro balbettano inconsciamente una
qualche parola del garrulo linguaggio proprio a quell’estremo conclu-
‘ dersi dell’arte gotica.

Ho accennato all’attività di più pittori dinde degli affreschi
di Budapest; mi sembra infatti di potervi scorgere la collaborazione
di almeno due mani diverse. Ad una, più proporzionata nelle forme,
più precisa. nel segno e più diligente nei particolari, appartengono la
Fortezza, la Giustizia, la Prudenza, la Fede, la Speranza, Y Estate,
la Mater Ecclesia (?) e forse anche la Temperanza e la Primavera.
È dunque la mano del principale artefice, il quale ebbe nell’opera un
compagno meno valente ed alquanto grossolano, più avanzato nello
stile, e forse anche più giovane, che possiamo indicare come autore
delle altre allegorie. i

Non sappiamo se tali maestri furono perugini; mi pare bensi
che l'opera loro si vada meglio congiungendo a quella dei folignati. (1)
Il tipo volgaruccio della Povertà (tav. IV, b) si trova negli affre-
schi del Duomo Vecchio di Sanseverino attribuito ai fratelli Sa-
limbeni (2) alla cui corrente stilistica credo che la scuola di Foligno
. debba essere legata. Inoltre tutte le figure dal collo duro e allunga-

tissimo (si veda specialmente la figura a tav. V, b) trovano rapporto
con la Madonna della nota pala di Bartolomeo di Tommaso in San Sal-
vadore di Foligno e con essa presenta analogia anche per nettezza di |
segno ed amore del particolare.
La modesta fatica del pittore folignate è del 1437; ma dodici
anni prima Bartolomeo risiede ad Ancona dove verosimilmente
esercita la sua arte. (3) Io immagino che egli sia sorto da un ambiente

(1) Perugia accolse sempre, con liberalità illuminata, artisti forestieri
fra le sue mura (Cfr. i documenti pubblicati da W. BomBE, Geschichte d. Peru-
giner Malerei, Berlin, 1912, passim); nulla ci vieta quindi di supporre folignati
gli autori degli affreschi di Palazzo Isidori.

(2) Si vedano riprodotti da A. CoLasanTI, Lorenzo e Jacopo Salimbeni
in « Bollett. d’Arte », 1910, pagg. 424-425.

(3) M. FaLOocI PuLIGNnANI, Bartolomeo di Tommaso in «Rass. d’Arte
Umbra », 1921, pag. 67.

6









ILL,





82 MARIO SALMI

dove si dipingeva presso a poco secondo la maniera degli affreschi di
Budapest. E questi rappresentano molto bene quel gusto pittorico
della vallata umbra ancora incerto nella prima metà del Quattrocento,
mentre si andava delineando il movimento stilistico che fa capo ad
Ottaviano Nelli e quello di cui è parte lo stesso Bartolomeo di Tom-
maso.

Ricordo ancora, tra i dipinti della Galleria di Budapest, un’ An-
nunciazione (tav. VI), acquistata con gli altri affreschi e — sembra —
della medesima provenienza, presso Mariano Rocchi a Perugia nel
1894. Il dipinto, assai stridente nel colorito è attribuibile ad una
tendenza umbra dei primi del sec. xv. Tra le altre cose del Museo è
da segnalare anche una danneggiata Madonna col Bambino, già
assegnata a Fiorenzo di Lorenzo, che mi fu possibile restituire a
Bartolomeo Caporali in «Der Cicerone », nov. 1924. Quest'opera
anche a fresco, pervenne al Museo nel 1895 per acquisto ad Assisi
(la possedeva il sig. Paolo Lunghi); ma è verosimile ritenerla ese-
guita per qualche chiesa del contado perugino (1).

MaRIO SALMI

(1) Questa nota è un appunto di viaggio, scritto nella occasione di un
soggiorno a Budapest nel lontano 1924; e la pubblico ora, grazie alle amichevoli
insistenze di Achille Bertini Calosso. Debbo però aggiungere che gli affreschi,
mentre allora erano completamente sconosciuti, furono poi menzionati come
una «importante serie » della prima metà del Quattrocento e come prove-
nienti da una casa di Perugia, dal VAN MARLE, Italian Schools of Painting
vol. VIII (1927), pag. 366. Inoltre nel Catalogo della Galleria in lingua unghe-
rese del 1937 (allora erano esposte solo le personificazioni della Sapienza
(sic), della Fortezza, della Potenza (sic), della Giustizia, della Contempla-
zione (sic), e della Primavera) si avverte che Umberto Gnoli nel 1934 aveva
precisato la provenienza degli affreschi da una casa demolita in Piazza Mor-
lacchi a Perugia e che l’autore dei dipinti avrebbe partecipato alla decorazione
pittorica del Palazzo Trinci a Foligno, ciò che ritengo di dovere escludere.
Ricordo, da ultimo, per il Palazzo Trinci e la pittura folignate il contributo
di E. MessInI, Documenti per la storia del palazzo Trinci di Foligno, in
«Rivista d’Arte », 1942, pp. 74-98; e perla iconografia in Emilia delle Virtù e
delle Scienze, a proposito di un affresco di Serafino Serafini nella Pinacoteca
di Ferrara, lo studio di L. COLETTI, Un affresco, due miniature e tre problemi,
in « L’Arte », 1934, pp. 101-122.











a) La Fortezza b) La Giustizia c) La Temperanza

Invent. 1220 Invent. 1357 Invent. 1258

(Budapest, Galleria Nazionale).





II.

Tav.







) La Speranza

(e)

) La Fede

b

za

La Pruden

a)



1360

Invent.

1167

Invent.

255

1:

Invent.


o
-—
Gc
c
z
o
=
N
o)

alleria

x

(Budapest, €



Bava LE,



a) L’ Estate b) La Primavera c) Mater Ecclesia
Invent. 1365 Inveni. 1362 o Sapientia Domini (?)

Invent. 1262

(Budapest, Galleria Nazionale).

DAY COD:



i
È
|
i
I
I
I
I



a) La Ricchezza

Invent. 1363







b) La Povertà

Invent. 1364

(Budapest, Galleria Nazionale).



a) La Castità b) L’ Amore
Invent. 1261 Invent. 1361

(Budapest, Galleria Nazionale).





GEII ‘3USAU]

auoizpiounuuy ,]



L' AFFRANCAZIONE
DEGLI «HOMINES» DI CASALINA
NEL TERRITORIO PERUGINO (1270)

Il castello di Casalina, le cui vestigia sono ancora visibili nell'at-
tuale paese, fu uno dei più antichi e certamente il più importante pos-
sesso del monastero di S. Pietro in Perugia (1).

Di questa località, situata al confine fra il contado perugino e
quello tuderte, si ha una prima menzione nell’atto con cui i messi del
papa Paolo I e del re Desiderio stabilivano, nel 760, i limiti del ter-
ritorio di Todi (2).
Nell’assegnazione di questi è ricordata una « massam Sane (o Scine)
que nominatur Casalina », che fu donata al monastero di S. Pietro
da un papa Benedetto, da identificare con ogni probabilità in papa
Benedetto IX, che fu pontefice dal 1032 al 1045 (3).

Nel diploma di Enrico III del 1047 (4), che segue alla bolla di

(1) Bisogna distinguere il castello, che sorgeva in pianura sulla via Tu-
derte, dalla Rocca, dominante sulle alture sovrastanti e che pare sia stata
fatta costruire dall’ abate Filippo di Montevibiano, circa l’anno 1365. (Cfr.
TiAcci M., La Rocca di Casalina e l'Abbate Filippo di Montevibiano in Bollet-
tino Deput. Storia Patria per l'Umbria, vol. XXXIV, (1937) pp. 57-63).

(2) L’originale è andato smarrito; ne rimane una copia a Todi (Arch.
Com., Reg. vet. instr., f. 15). Ed.: TroyA C., Codice diplomatico longobardo,
Roma, 1852-55, n. DCOCXLI. Cfr. anche CiATTI F., Perugia Pontificia, Perugia,
1638, parte IV, libro III, p. 114; AMADUzzi G. C., Anecdota literaria ex mss.
codicibus eruta, Roma, 1773-83, vol. I, pp. 449-453, n. DCCXLI ; LEowt L.,
Memorie storiche di Todi, Todi, 1856-60; pp. 274-75 ; SANs1 A., I duchi di
Spoleto, Foligno, 1870, p. 59; CEcI G., Todi nel Medio Evo, Todi, 1897, pp. 26-
29; FAusTI L., Le chiese della diocesi spoletina nel XIV secolo in Archivio per la
storia eccles. dell' Umbria, 1, 1913, p. 140; BecaATTI G., Tuder-Carsulae, Roma,
1938, p. X.

(3) KEHR P. F., Italia Pontificia, Berlino, 1909, vol. IV, p. 68, n. 12.

(4) L’originale si trova nell’archivio del monastero di S. Pietro (cass.
VIII, 20). Ed.: MARGARINI C., Bullarium Casinense, I, Venezia, 1650, II,
Todi, 1670, II, 81,90; Arch. Paleogr. Ital., III, tav. 97; MGH, Heinrici III
diplomata, 221-223, n. 179.











84 OLGA MARINELLI

Gregorio VI del 1045 (1) nella conferma dei diritti dell'abbazia sulle
terre di Casalina, è ricordata la «massam Casalini a Benedicto papa
per privilegii paginam datam eidem monasterio...

Ne ribadiscono il possesso i diplomi di Federico | BAtliroéss del
10 novembre 1163 (2) e di Enrico VI del 22 ottobre 1196 (3).

— Parrebbe quindi che i diritti del monastero, riconosciuti sia dalla
massima autorità ecclesiastica, sia da quella civile, avrebbero dovuto
esercitarsi senza che ostacoli si frapponessero a turbare i rapporti, che
ormai da secoli intercorrevano tra l'abbazia e gli uomini di Casalina.
Ma a distanza di poco più di un decennio dalla bolla di Gregorio IX
del 22 settembre 1231 (4), nella quale ancora una volta la massa è
confermata al monastero di S. Pietro, intervengono fatti nuovi a
provocare un notevole turbamento.

Esistono nell'archivio di S. Pietro documenti, finora completa-
mente inediti, che rivelano il determinarsi di un inasprimento dei rap-
porti creatosi tra i monaci e i coloni e che culminerà nell'affrancazione
degli uomini di Casalina. Si incuneano quindi le vicende che sono sta-
te oggetto del nostro studio in quel vasto e complesso problema del-
l'estinguersi della servitù della gleba in Italia, che ancora non vede
i più valenti nostri studiosi concordi nel tracciarne le linee e nel deter-
minarne le cause (5).

I nostri documenti ci riportano alla metà del sec. xir, ia quella
atmosfera ormai solma di aspirazioni alla libertà e caratterizzata
da rivolgimenti attuati in tanti campi della vita: in quello politico,
economico, religioso, culturale. Le città, che nella prima età comunale
avevano adottato istituzioni democratiche, che davano la maggior

(1) L'originale che è uno dei due unici rimasti di Gregorio VI, è conser-
vato nell'arch. di S. Pietro (cass. VIII, 13). Ed.: MARGARINI C.; op. cit., I, 5;
CocquELINEs C., Bullarium Romanum, Parigi, 1739, I, 354; Arch. Paleogr.
Ital., VI, tavv. 2-3.

(2) L’originale è irreperibile, ma il facsimile è riprodotto in Arch. Paleogr.
Ital., III, tav. 98. Ed.: MARGARINI C., op cit., I, 17; n. 15.

(3) Se è nell’arch. di S. Pietro (cass. VIII, 17). Ed. : MARGARINI
C., op. cit., I, 22, n. 20; Arch. Paleogr. Ital., III, tav. 88; MocHI-ONORY S.,
‘Rienséhie sui dai civili dei Vescovi nelle città Umbre durante l'Allo M. E.,
Roma, 1939, p. 246, n. 38.

(4) L’originale è nell’arch. di S. Pietro (cass. VIII, 23). Ed.: MARGARINI C.,
op cit., II, 264, n, 251.

(5) In proposito si veda la critica mossa da VoLPE G. allo studio ci
CacGESE R., Classi e Comuni rurali nel M. E. italiano ..., Firenze, 1907, voll.
2, nel suo volupio: Medio Evo italiano, Firenze, II ed., 1928, p. 141 e segg.

L'AFFRANCAZIONE DEGLI «HOMINES» DI CASALINA, ECC. 85

possibilità di sviluppo alle arti e ai commerci, e favorivano il crescente
progresso delle classi popolari, esercitavano una grande attratliva sugli
uomini del contado. « L'aria di città fa liberi » si diceva e molti erano
coloro che abbandonavano le terre per andare a vivere tra le mura cit-
tadine, tanto più che gli stessi Comuni erano propensi a questo affluire
di uomini che, nell’esercizio dell’artigianato o del commercio, avrebbe-
ro favorito lo sviluppo economico della città (1). Molti sono naturalmen-
te i fattori che concorsero a disporre gli animi a maggiore liberalità e
comprensione verso le classi soggette, stanche della loro avvilente con-
dizione, ed ormai non più disposte a contenere i fermenti di rivolta.
Ragioni politiche spingevano i Comuni ad assicurarsi la fedeltà di
quei castelli che avrebbero costituito sicuri baluardi contro attacchi
nemici o valido aiuto nelle guerre inferte; ragioni economiche fa-
cevano preferire agli stessi signori laici ed ecclesiastici uomini che,
trattati con umana comprensione, facessero fruttare la loro terra, piut-
tosto che servi, esasperati nella loro squallida miseria, che lasciassero
deperire vaste estensioni di terreno.

Non ultima è l’influenza esercitata dal movimento francescano
che aveva rinnovato profondamente lo spirito di fraternità umana,
sostenendo le classi più umili, favorendo la trasformazione democratica
dei Comuni e facendo opera di conciliazione tra signori e sottoposti (2).

Se già in tempi antichissimi vigeva l’uso di manomettere un servo,
per ricompensarlo di qualche particolare servizio o per affidargli deli-
cati incarichi, o per la salvezza della propria anima (3), e a volte con
forme particolarmente solenni, ben più vasta ed elevata concezione
porterà all’avviamento di quel grandioso e lento meccanismo dell’estin-
zione della servitù della gleba che, messo in moto appunto nel sec. xit1,
si fermerà solo nel sec. xvirr. Spetta il primo posto nelle concessioni
di franchigie e nelle esenzioni dalle prestazioni servili ai signori feudali,
particolarmente a quelli del Friuli e del Piemonte (4). Seguono i Co-
muni che danno un particolare carattere di solennità alle loro affran-

(1) Cfr. DorEN A., Storia economica dell’Italia nel Medio Evo, Padova,
1949, p. 209 e segg.

(2) Lo rileva VAccARI P. in Le affrancazioni collettive dei servi della gleba,
Milano, 1939. ! i

(3) CaLIssE C., Sforia del diritto italiano, Firenze, 1891, vol. III. p. 16, e
LEICHT P. S., Operai, artigiani, agricoltori in Italia dal sec. VI al X VI, Milano,
1946, p. 140 e segg. .

(4) LEICHT P., S., op. cit., p. 128. L’A. sottolinea la particolare importanza
di tale atteggiamento nella storia del lavoro.

6*









86 OLGA MARINELLI

cazioni: il primo statuto rivolto all'emancipazione dei servi della gleba
sembra essere di Pistoia e risalirebbe al 1205 (1).

Posteriore di soli cinque anni è la « concordia » di Assisi (2), con
la quale i rustici vengono esentati da tutte le prestazioni servili. Alla
prima metà del sec. xir appartengono ancora i provvedimenti di"Pia-
cenza, Vercelli, Firenze (3).

È stato detto che più restii a sollevare i rustici dai propri obbli-
ghi fossero i monasteri, i quali con ogni cura e con ogni sollecitudine
si adoperavano a mantenere lo «status quo » nei loro possedimenti (4).

I nostri documenti ci presentano tuttavia un’abbazia, che pur
gelosa dei suoi diritti e pur tenace nella difesa di essi, non era sorda alle
esigenze della nuova età (9).

Secondo il Bini (6) gli uomini del castello di Casalina erano alla
dipendenza del monastero come « aldii »; erano cioè servi emancipati,
che non avevano però acquistato una piena libertà. Essi erano, infatti,
obbligati a dare la propria prestazione ai loro padroni, a coltivare le
loro terre e a pagare un censo annuale. La condizione dei rustici, di-
pendenti dal monastero benedettino di Perugia, appare piuttosto
gravosa da una espressione usata nel doc. III, nel quale il pontefice
chiama gli abitanti di Casalina « homines de corpore monasterii ».
Erano costoro i veri servi della gleba, legati alla terra su cui nascevano

(1) BEsTA E., Le persone nella storia del diritto italiano, Padova, 1931,
pi 99

(2) La «concordia » edita da FICKER J., Forschungen zur Reichs und Rechts-
geschichte Italiens, IV, Innsbruck, 1874, n. 224, è stata in parte riprodotta dal
VACCARI, op. cit. Questa interessante monografia, basata sullo studio di
essenziali documenti, pone in rilievo tutta l’importanza giuridica e morale
della liberazione della servitù della gleba, raggiunta in Italia prima che in
altre nazioni.

(8) Il BesrA nell'opera citata, p. 100, non vede in tutti questi provve-
dimenti « nessuna condanna recisa e generale nè della servitù né del servaggio »,
ma piuttosto una tendenza ad indebolire la potenza, che qualche signore an-
dava acquistando nei dintorni della città.

(4) CAGGESE R., op. cit., vol. I, p. 140 e segg.

(5) D’altra parte già nel 1207 troviamo a Verona un accordo tra il vescovo
Adelardo e il Comune, con il quale l’autorità ecclesiastica liberava tutti i servi
del castello di Roverchiara e della sua corte.

(6) Bini M., Memorie storiche del Monastero di S. Pietro di Perugia dell'Or-
dine di S. Benedetto, (ms. 1848), parti 3: I. Storia del Monastero di S. Pietro;
II. Le Chiese, Monasteri di Monache soggetti al medesimo S. Pietro ; III. Monu-
menti e Fatti relativi alla Chiesa di S. Pietro: storica descrizione della Fabbrica
materiale del Monastero, voll. 2.

L'AFFRANCAZIONE DEGLI « HOMINES» DI CASALINA, ECC. 87

e che non potevano abbandonare, mentre i servi respectu tenimenti,
lasciando la terra, erano anche esenti dagli obblighi (1).

E a stento dovevano sopportare il loro stato i rustici, che avevano
cominciato a manifestare la propria insofferenza alle prestazioni e ai
vecchi legami intorno al 1249. È proprio del 15 marzo di quell’anno
un breve di Innocenzo IV (doc. I), con il quale il pontefice ordina al
podestà, consiglio e popolo di Perugia di ridurre gli uomini di Casa-
lina alla soggezione dell’abate di S. Pietro. Evidentemente quest’ul-
timo aveva avuto delle noie da parte dei coloni ed era ricorso per
protezione e per un suo intervento al papa.

Innocenzo IV si rivolge al Comune di Perugia, ma ritiene opportu-
no scegliere al tempo stesso un più immediato intercessore. Lo trova
nell’abate di S. Fortunato di Todi, al quale dirige nello stesso giorno
un breve (doc. II) per invitarlo ad obbligare gli organi dirigenti del
Comune di Perugia a fare quanto aveva ordinato concedendogli di
ricorrere, in questa sua azione, a misure ecclesiastiche.

Anche nel territorio perugino, dunque, era penetrato, o meglio
maturato il desiderio di una vita migliore che portava ad atti di insu-
bordinazione verso coloro a cui erano dovuti tributi morali e materiali.
Né questo appare strano se solo si pensi all'effetto che sugli uomini del
contado doveva aver avuto la «concordia» della vicina Assisi, senza pre-
scindere dalle altre affrancazioni di località più distanti, e alla cura che
il Comune di Perugia poneva nell’alimentare le aspirazioni dei rustici.

Tutti gli studiosi di cose perugine ricordano il diploma di Enrico
VI del 7 agosto 1196 (2), che conferma alla città il dominio sul conta-
do, fatte alcune eccezioni, e tra queste il riconoscimento del diritto
dell’abate di S. Pietro su Casalina.

D'altra parte il castello del monastero benedettino, situato al
confine tra il contado perugino e quello di Todi, città spesso in lotta
tra loro, e sulla strada che conduceva a Roma, assumeva una parti-
colare importanza ai fini della sicurezza del Comune, che aveva un pre-
ciso interesse ad assicurarsi la fedeltà e la devozione dei suoi abitanti.

E se, come dice il Leicht (3), spesso nelle rivolte dei servi della
gleba è da vedere lo zampino del Comune, nel nostro caso ne E
rimasta una chiara impronta. Tanto da averne esatta testimonianza

(1) CarizssE C., op. cit., vol. II, pp. 246-47.

(2) Il documento è stato pubblicato da BartoLI F. nella sua Storia di Pe-
rugia, Perugia, 1843, p. 295.

(3) LEIcAT P. S., op. cit., p. 132.











88 : : OLGA MARINELLI

| in una bolla di Clemente IV del 26 ottobre 1268 (1), il quale si lamenta
con il podestà di Perugia del comportamento del capitano del popolo
che cercava in tutti i modi di sottoporre alla sua giurisdizione il ca-
stello di Casalina «in quo iidem abbas et conventus iurisdictionem
obtinent temporalem ».

Il Comune di Perugia aveva addirittura accolto entro le mura.
cittadine i coloni che avevano abbandonato le terre, nonostante che
qualche mese prima, ed esattamente il 18 giugno, lo stesso Pontefice
avesse indirizzato un breve al priore di S. Rufino di Assisi (doc. III) per-
ché obbligasse il podestà, consiglio, capitano e Comune di Perugia ad
indurre gli « homines de corpore monasterii » a prestare i loro servizi o
almeno a vendere al monastero quelle terre. Occorreranno due anni
ancora prima che la controversia accenui a comporsi e si possa quindi
giungere ad un patto stipulato di comune accordo tra l'abate e i
rustici.

Ed il Comune che, secondo il Briganti (2), aveva sempre cercato
di mantenere rapporti cordiali con gli abati, non avrà voluto proprio
in questa occasione turbare la buona armonia con il potente monastero.
Ma la sua azione era stata già molto efficace.

Il 15 agosto 1270 si riuniscono nella chiesa di Casalina i rappresen-
tanti del monastero di S. Pietro nella persona dell’ abate Raniero
Coppoli, e degli uomini di Casalina nel loro procuratore Golato Benen-
tese. Alla presenza del giudice Ranaldo di ser Salomone da Deruta fu
letto ed accettato un lodo (3) con cui si convenne che: i

il monastero emancipava e rendeva liberi e franchi gli uomini
di Casalina, presenti e futuri, sciogliendo da ogni vincolo anche i loro
beni mobili « ut tamquam liberi homines et Romani cives plena gaudeant
libertate »;

(1) L’originale è conservato nell’Archivio di Stato di Perugia (Archivio
del Comune di Perugia, Diplomatico A, 44).

(2) BRIGANTI F., Città dominanti e comuni minori nel M. E. con speciale
riguardo alla repubblica perugina, Perugia, 1906, p. 80 e segg.

(3) La pergamena originale di mm. 857 x 585 si conserva nell'archivio
di S. Pietro, cass. XI, 1.

Di questa affrancazione, che è un fatto così importante, non si fa menzione
nella ben nota storia manoscritta dei castelli perugini del BELFORTI-MARIOTTI;
mentre ne dà notizia nell’Indice ragionato di tutte le pergamene esistenti
nell Arch. di S. Pietro (ms. sec. xix), l'abate Bini, che ne parla poi diffusa-
mente nell'op. cit.; lavoro che con i dovuti aggiornamenti e completamenti
bene meriterebbe di vedere la luce.

BruNAMONTI TaruLLI L. in Appunti storici intorno ai Monaci Benedet-

L'AFFRANCAZIONE DEGLI « HOMINES» DI CASALINA, ECC. t 89

il monastero dopo un anno a contare dalla data del compro-
messo doveva concedere a titolo di enfiteusi fino alla terza generazione
d’ambo i sessi un pezzo di terra della misura di un modiolo di Bet-
tona (1). All'estinguersi della terza generazione il terreno coi suoi be-
nefici doveva tornare libero al monastero;

ogui famiglia, in cambio di tale appezzamento, nel giorno 15
agosto «in festo sancte Marie de augusto » doveva a titolo di canone
‘al monastero un denaro di moneta usuale;

in ognuna delle cinque contrade nominate nel lodo non pote-
vano, senza il consenso del monastero, abitare più di venti famiglie;

nessuna di dette famiglie poteva cedere i suoi diritti sul pezzo
di terra dato in enfiteusi senza il permesso del monastero, che doveva
‘anzi essere interpellato tre volte a distanza di dieci giorni l'una dal-
l'altra e che a parità doveva essere preferito nella cessione;

la famiglia concessionaria doveva abitare sola nel terreno li-
‘vellario ceduto ed osservare i patti convenuti nel contratto di
enfiteusi; i

tutti i frutti raccolti dagli alberi nell’anno del compromesso
restavano ai coloni, il grano doveva essere diviso per metà tra essi e il
monastero, al quale spettava la decima parte dei frutti delle vigne,
degli olivi, etc.;

gli uomini di Casalina in corrispettività di tale emancipazione
dovevano cedere al monastero tutte le terre, vigne, case, casalini, orti,
selve, prati, boschi, alberi, molini e diritti sul fiume Tevere ed altri
beni che possedevano da sei anni nel castello di Casalina e nel suo di-
stretto o in qualunque altro luogo anche se fossero stati beni livella-
ri, enfiteutici, dotali e dovevano consegnarli liberi al monastero e tali
conservarli, supplendo essi con altri loro beni dotali, eccettuati i beni
enfiteutici posti fuori del distretto di Casalina.

Dopo la stipulazione del lodo gli uomini del castello cominciarono

tini di S. Pietro in Perugia fino ai primi del sec. X V, in Bollettino Deput. Storia .
Patria per l'Umbria, vol. XII, fasc. III, n. 3-4, a p. 27, nota 1, annuncia
sul lodo un suo studio, che non ha poi mai fatto.

Prendo qui occasione per ringraziare l'archivista del monastero di S.
Pietro, Padre Don Costanzo Tabarelli, che mi ha tanto favorito nella ricerca e
consultazione del materiale necessario al mio lavoro.

(1) Questa unità di misura del modiolo di Bettona ha continuato fino ai
tempi recenti, e la trovo registrata nelle Tavole di ragguaglio delle misure lo-
cali... dei singoli territori dello Stato Pontificio... pubblicate dal Dicastero del
Censo nell’anno 1885.











i t

90 OLGA MARINELLI

a chiamarsi «homines franchi » ed il loro paese « Villa de’ Franchi »; (1)
tale denominazione compare da quel momento in tutti i loro atti.

Non si sentirono tuttavia appagati dalle condizioni stabilite nel
compromesso e per anni il loro malumore continuerà a manifestarsi
in gravi atti di ribellione che spingeranno l’ abate Raniero Coppoli
ad incendiare « manu armata » il castello di Casalina. Gli abitanti si
rivolsero al papa Giovanni XXI, il quale il 13 dicembre 1276 spedisce
da Viterbo un monitorio contro l'abate di Perugia, invitandolo a
presentarsi per rendere ragioni del suo operato. Viene deputato a
uditore della causa il cappellano pontificio Pandolfo della Fabura,
(doc. V) (2).

Non rimangono nell'archivio del monastero documenti sull'esito
del giudizio, ma il Bini (3) ritiene che a non intaccare la fama dell'a-
bate e a dimostrare il torto dei Casalinesi, possa bastare il fatto che per
ben due volte, negli anni seguenti, Raniero Coppoli sia stato proposto
a vescovo di Perugia. Neppure sulle vicende del castello e su i suoi
rapporti con il monastero rimane in archivio altra documentazione;
subentrano gli Statuti e gli Annali Decemvirali del Comune di Peru-
gia (4), dai quali appare chiaramente come il processo di liberazione
dalla servitù della gleba continui con atti di affrancazioni, con leggi
rivolte ad assicurare la prosperità del contado e con provvedimenti
idonei a proteggere coloro che dal contado si recavano a vivere in città.

Nello Statuto del 1279 ritorna l’appellativo di « francki » per gli
uomini « de castro Marsciani », del castello di Coccorano e di Casa-
castalda (5); il Comune di Perugia è tra i primi ad adottare la legge per
cui chi aveva dimorato per dieci anni in città acquistava la libertà.

Il Salvatorelli (6) ricorda che nel 1301 fu emanata dal Comune
una disposizione, colla quale. era concesso agli abitanti del contado
di spostarsi liberamente da un castello all’altro. La disposizione « enun-

(1) Negli Statuti del Comune di Perugia, editi dal Cartolari (Civitatis
populique Perusini Statutorum tertium volumen..., Perugia, 1523, rubr. 104,
f. XXXVIII) tra i castelli soggetti alla città, figura la « Villa Francorum
de Casalina ».

(2) Ricorda il monitorio BRUNAMONTI TARULLI L., op. cit., pp. 28-29 e
Hvwoop W., A history of Perugia, London, 1909, p. 153.

(3) Bini M., Memorie Monastero, p. 37; 1», Memorie Chiese, p. 64. B

(4) Archivio di Stato di Perugia. r

(5) Nello stesso Statuto al f. 55 v. c'é una rubrica: « Qualiter muretur in
Castro Casaline ».

(6) SALvaTORELLI L., La politica interna in un poemetto volgare della metà
del Trecento in Bollettino Deput. Storia Patria per l' Umbria, vol. L, 1953, p. 73.

L'AFFRANCAZIONE DEGLI « HOMINES» DI CASALINA, ECC. 91

ciata dal Pellini come la cosa più semplice del mondo, scioglieva i
legami che tenevano avvinto il contadino al suolo, e per conseguenza
al padrone del suolo ».

Il Comune si preoccupa inoltre del buon governo del contado
che forma come un prolungamento della città diviso in cinque zone,
secondo le cinque porte della medesima e ne nomina i capitani (i),
affinché sovrintendano e provvedano alle varie necessità.

Apprendiamo dagli Annali Decemvirali che il 10 aprile 1299 i
magistrati della città ordinano che sia fortificato il castello di Casalina
che tanto era esposto alle offese delle truppe nemiche e particolarmen-
te di quelle ghibeiline (2). Nel 1312, nonostante che ancora una volta
il Comune avesse provveduto alla sua difesa, le truppe imperiali di
Enrico VII, con Cerqueto, Sant'Enea, S. Martino in Colle, incendie-
ranno anche Casalina.

È chiaro come la storia del castello andrà poi via via a confon-
dersi con quella complessiva del contado perugino; Casalina non È
ancora ricordata nella rassegna dei castelli del 1305, riportata dal
Bellucci (3), mentre risulta in quella del 1380 (4); ed apprendiamo che
nel 1428 il castello è tenuto a pagare la propria attribuzione di quat-
tro fiorini al capitano del contado (9). |

Purtroppo si lavora su documenti saltuari, ma nello scorrere

gli Annali Decemvirali, come le storie e le cronache della città, si ha
l'impressione che gli abitanti di Casalina rimangano costantemente
fedeli al Comune perugino, lottando al suo fianco e resistendo ai suoi

(1) Sulle origini e sul carattere di questa magistratura, che fu abolita nel
1580 dal card. legato Alessandro Sforza, cfr. DEGLI Azzi VITELLEScHI G.,
I Capitani del Contado nel comune di Perugia, Perugia, 1897, e BRIGANTI F.,
op. cit., p. 130 e segg. 272 e segg., 167 e 283. Una copia dello statuto dei ca-
pitani del contado è conservata nell’Archivio di Stato di Perugia (Arch. Com.
Serie statuti, n. 20); notizie di questa magistratura si trovano anche nella
serie delle Collette Straordinarie (Arch. Com.) fino al sec. XVI.

(2) Negli Ann. Decemvirali, vol. C., f. 206 r. (Arch. di Stato) sotto la
data del 10 aprile 1299 si trova la supplica degli uomini « comunis et castri
novi (perchè ricostruito) de Casalina » per restauri al castello «cum ipsi multum
dubitent de malis hominibus qui continue conversantur in contrada et insultantur
eis et minantur eos iniuriare et dampna inferre ».

(3) BeLLuccI A., L’antico rilievo topografico del territorio perugino misu-
rato e disegnato da Ignazio Danti in Augusta Perusia, 1907, fascc. 5-6 e 7-8.

(4) Ann. Decemv., 1380, f. 134 e segg. riportati da FABRETTI A. in Docu-
menti di storia perugina, Torino, 1882-1892, I, p. 89.

(5) Ann. Decemv., 1428-29, ff. 30-36, e ff. 137-143 in FABRETTI A., op.
cu: I, p:, 122.











92 OLGA MARINELLI

stessi nemici. E un ripetersi di istanze ai magistrati affinché vogliano
alleggerire il castello dagli oneri ai quali erano obbligati per i gravi dan-
ni subiti nelle guerre a sostegno del Comune o di richieste di aiuto per
la difesa del proprio castello. Cosi nel 1394 gli uomini della Villa de'
Franchi ad istanza anche dell'abate del monastero di S. Pietro, che
allora era il Guidalotti (1), ottengono per tre anni l'esenzione dalle
tasse per i danni subiti « propter suggestiones et iniquas operationes No-
bilium civitatis Perusie »; nel 1397 sono esentati da tasse e gabelle;
nel 1399 ottengono dalla città quaranta fiorini d'oro per riparare le
mura; ed in questo ritmo di lotte e di costante preoccupazione di di-
fesa si giunge fino alla guerra del sale, durante la quale Casalina
subì danni così ingenti che delle venticinque famiglie che abitavano
il castello ne rimasero solo dieci. Sempre in questi frangenti il mona-
stero fu pronto a porgere aiuto agli uomini di Casalina; il 23 dicem-
bre 1510 la comunanza di Casalina cede al monastero di S. Pietro
la torre del castello in tributo di riconoscenza per i benefici ed il soc-
corso ricevuto nelle loro angustie, riserbandosene tuttavia l'uso in caso
di guerra (2).

E certamente l'intervento dell'abbazia, oltre ai notevoli, patenti
danni subiti nella guerra del sale da Casalina, deve aver provocato
la benevola considerazione del papa Paolo III, che la esentó per ben
ventitré anni dalle gabelle, di quel pontefice che per punire Perugia
della sua ribellione, la privó nella stessa occasione di tutti i magistrati
«et anche del dominio del suo contado » (3).

Dopo secoli di silenzio l'ultima notizia del castello di Casalina si
ba nel Diario perugino per l’anno 1772 (4), dove è ricordata tra le
« Comunità che compongono il Territorio di Perugia, soggette al Go-
verno di detta Città ».

(1) Creato abate nel 1381, Francesco Guidalotti é tristamente noto nella
storia di Perugia per il suo tradimento ai danni di Biordo Michelotti, che lo -
riteneva amico fedelissimo e che l’abate fece uccidere dai suoi sicari, dopo
averlo adescato in un tranello, il 10 marzo 1398.

Il Guidalotti, per sfuggire al furore popolare, si rifugiò nella rocca di Ca-
salina, che, secondo PELLINI P., Storia di Perugia, II, p: 98, corse il pericolo di
essere demolita per ordine dei magistrati perugini. I

(2) Lib. Contractuum, XXIII, f. 18 v., arch. S. Pietro.

(3) FroLLIERI G., La guerra del sale ossia Racconto della guerra sostenuta
dai Perugini contro Paolo III nel 1540... edito per cura di F. Bonaini in Arch.
Storico Italiano, vol. XVI, parte II, p. 472. j

(4) Diario perugino ecclesiastico e civile per l'anno bisestile 1772, Perugia,
T1751; ps9

L'AFFRANCAZIONE DEGLI «HOMINES» DI:CASALINA, ECC. 93

Sul contado perugino (1), oltre il volume del Briganti, più volte
ricordato, non mancano pubblicazioni; ne dà un cenno bibliografico
Belforti R. nella introduzione al lavoro di A. Td Il castello di
Montalera (2).

Lamenta il Belforti che pochissime siano le vere "monografie con
ricerche proprie, poiché «la maggiór parte dei rispettivi autori si
sono serviti della fonte Belforti- Mariotti e per lo piü limitati ad
essa. Come tal fonte, seppure preziosa, non sia peró sufficiente lo
dimostra precisamente il fatto, a cui abbiamo accennato che, alla
relativa voce del castello. di Casalina, non si faccia parola della sua
affrancazione.

Ci auguriamo quindi che il nostro studio basato su documenti
strettamente collegati tra loro e sinora completamente inediti, possa
apportare un contributo alla storia del contado perugino, che comple-
ta e lumeggia a sua volta quella della città, oltre che allineare le vi-
cende del territorio perugino nell'età comunale a quelle di tutta la
penisola.

Il lodo, che è l’unico documento di affrancazione per i territorio
perugino, il quale risulti esistente nei nostri archivi, offre elementi
giuridici ed economici che possono essere più ampiamente usufruiti
per studi sul tema generale delle affrancazioni collettive; a noi basta
aver trascritto e pubblicato il documento, portandolo a diretta co-

noscenza degli studiosi.

OLca MARINELLI

(1) Sulla conquista del contado da parte del Comune ha uno speciale
capitolo l' HEvwoop nella citata A history of Perugia. Sul comitatus e i
comitatenses, perugini vedi.la citata edizione del Cartolari degli Statuti del
Comune di Perugia e GILIANI B., Compendium iuris municipalis civitatis
. Perusiae, Perugia, 1635. :

(2) Rossi A., 7I castello di Montalera, in Bollettino Deput. Storia Patria per
lUmbria, vol. XXXVI (1939) p. 6 e segg.














OLGA MARINELLI

DOCUMENTI

E,

MANDATUM
[1249], marzo 15, Lione.

Innocenzo IV raccomanda al podestà, al consiglio e al popolo di Peru-
gia di fare quanto possono per ridurre all’obbedienza gli uomini di Casa-
lina, che avevano ricusato di continuare la soggezione all’abate e ai monaci
di S. Pietro.

L'originale é conservato nell'archivio di S. Pietro, cass. xr, 10.

Innocentius (1) episcopus servus servorum Dei. dilectis filiis . . po-
testati, consilio et populo Perusino fidelibus nostris salutem et/apostoli-
cam benedictionem. Cum sicut dilecti filii .. abbas et conventus mona-
sterii Sancti Petri Perusini, ordinis sancti Benedicti, transmissa nobis
petitione monstrarunt homines castri de Casalina, Perusine diocesis, 5
iurisdictioni eorum temporaliter|sint subiecti, iidem ab ipsorum abbatis
et conventus dominio se subtrahere temere presumentes, debita sibi
exhibere|servitia contradicunt. quia vero hec tanto minus sustinere
debetis quanto magis nostra interest dictum monasteri|um in suis iuribus
conservare, universitatem vestram rogandam duximus attentius et 10
monendam per apostolica vobis|scripta mandantes quatinus, si est ita,
dictos homines ut eisdem abbati et conventui de suis iuribus integre
re|spondeant, ut tenentur, temporali districtione cogatis, ita quod zelum
habere iustitie vos per effectum operis|demonstretis et nos de hoc
commendare vestram diligentiam merito valeamus. 15

Datum Lugduni, idibus marcii, pontificatus nostri anno sexto.

II.

MANDATUM
[1249], marzo 15, Lione.

Innocenzo IV ordina all'abate di S. Fortunato di Todi che con censura
ecclesiastica obblighi il podestà, il consiglio e il popolo di Perugia a co-
stringere gli uomini di Casalina a prestare i debiti servizi al monastero di
S. Pietro.

L'originale è conservato nell’archivio di S. Pietro, cass. xI, 7.

Innocentius episcopus servus servorum Dei. dilecto filio ..abbati
Sancti Fortunati Tudertini salutem et apostolicam benedictionem.|

(1) Papa Innocenzo IV (1243-1254).

L'AFFRANCAZIONE DEGLI « HOMINES» DI CASALINA, ECC. 95

Cum sicut dilecti filii .. abbas et conventus monasterii Sancti Petri
Perusini, ordinis sancti Benedicti, transmissa|nobis petitione monstra-
runt homines castri de Casalina, Perusine diocesis, iurisdictioni eorum
temporaliter sint sub[iecti, iidem ab ipsorum abbatis et conventus domi-
nio se subtrahere temere presumentes, debita sibi exhibere ser|vitia con-
tradicunt. quia vero dilecti filii potestas, consilium et populus Perusi-
nus, fideles nostri, hec tanto minus su|stinere debent quanto magis inte-
rest eorum dictum monasterium in suis iuribus conservare, eosdem ro-
gando duximus|attentius et monendos nostris sibi dantes litteris in man-
datis, ut si est ita, dictos homines ut eisdem abbati et conven|tui de suis
iuribus integre respondeant, ut tenentur, temporali districtione cogere
non postponant, ita quod zelum habere|iustitie se per operis effectum de-
monstrent et nos de hoc eorum diligentiam commendare merito valeamus.
quo circa|discretioni tue per apostolica scripta mandamus, quatinus si
dicti potestas, consilium et populus quod in hac parte mandavimus ne-
glexerint adimplere, tu dictos homines ut eisdem abbati et conventui de
suis iuribus integre respondeant, ut|tenentur, monitione premissa per cen-
suram ecclesiasticam appellatione remota compellas, proviso ne in uni-
versitatem castri de Casalina ex|communicationis vel interdicti senten-

20 tiam proferas nisi super hoc a nobis mandatum receperis speciale.

Datum Lugduni, | idibus marcii, pontificatus nostri anno sexto.

BUE

MANDATUM
[1268], giugno 18, Viterbo.

Clemente IV ordina al priore di S. Rufino di Assisi di obbligare il po-
destà, il capitano, il consiglio e il Comune di Perugia a costringere gli
uomini di Casalina a prestare i soliti servizi al monastero di S. Pietro.

L'originale è conservato nell'archivio di S. Pietro, cass. xr, 13.

Clemens (1) episcopus servus servorum Dei. dilecto filio ..priori
Asisinati salutem et apostolicam benedictionem. Ex parte dilecto-
rum|filiorum ..abbatis et conventus monasterii Sancti Petri Peru-
sini fuit propositum coram nobis quod habitatores castriet ville
de Casalina, homines de corpore dicti monasterii, se ab ipsorum
dominio nequiter subtrahentes, personalia|et alia eis debita servitia con-
tra iustitiam denegant exhibere et ab incolatu loci illius se subtrahere
molientes,|ad civitatem Perusinam et loca alia districtus Perusini ad ha-
bitandum se etiam transferentes, volunt bona|que tenent ab ipso mona-
sterio indebite retinere, in ipsius monasterii preiudicium et gravamen.
unde dilec|tis filiis .. potestati .. capitaneo, consilio et communi Peru-

(1) Clemente IV (1265-1268).











96 OLGA MARINELLI

sino nostris damus litteris in mandatis, ut si est|ita, dictos homines quod
ad locum predictum revertantur et dicto monasterio in premissis et aliis
respondeant, ut|tenentur et hactenus sunt facere consueti, vel saltem quod
omnia bona que ab eodem monasterio in castro et|villa predictis eorum-
que pertinentiis obtinent omnino dimittant, dicti potestas et capitaneus 5
sibi tradita pote|state compellant. quocirca discretioni tue per aposto-
lica scripta mandamus quatinus si dicti potestas, capitaneus, |consilium
et commune Perusinum mandatum nostrum in hac parte neglexerint
adimplere,.tu eos ad id monitio|ne premissa per censuram ecclesiasticam
appellatione remota compellas. ila 30

Datum Viterbii, .XIIII. kalendas iulii,|pontificatus nostri an-
no tertio.

IV.

LAUDUM

.1270, agosto 20, indizione .XIIT., Casalina.

Atto di affrancazione degli uomini del castello di Casalina da parte del
monastero di S. Pietro.

L'originale.é conservato nell'archivio di S. Pietro, cass. x1, 1.

In nomine Domini, amen. anno Domini. MCCLXX., indictione.
XIII., Romana Ecclesia pastore vacante (1), die AL exeuntis mensis
augusti.

Ego Ranaldus dürtini Salamonis de Diruta (2), Perusine diocesis,

(1) La sede apostolica era vacante per la morte di Clemente IV, avve-
nuta il 29 novembre 1268; soltanto il 1 settembre 1271 fu occupata da Gre-
gorio X (1271-1276).

(2) A causa dell’incendio che, dopo l’assedio di Lucio Antonio, distrus-
se Perugia, i suoi cittadini si rifugiarono su un ridente colle a poche miglia
di distanza dalla parte meridionale della città. Alla località fu dato il nome
di Diruta. quaie rifugio degli abitanti della città rovinata. Il MARIOTTI A. Me-
morie istoriche de castelli e ville del territorio di Perugia, P.S. Pietro. (ms. arch.
S. Pietro, p. 265) trova questa etimologia più attendibile di quella che fa-
rebbe derivare il nome di Diruta o meglio Druida dai Druidi Galli.

Secondo alcuni alle terre ospitali fu dato il nome di « Perugia Vecchia »,
mentre secondo altri tale denominazione sarebbe. antecedente all’epoca ro-
mana. (Sulla questione vedi: BRIGANTI F., Perugia vecchia. La città romana
di Casuentillo..., in Perusia, 1951, 7).

Nel noto diploma di Arrigo VI del 7 agosto 1196 si conferma alla città
di Perugia il dominio sul contado « ...exceptis domibus el possessionibus,

L'AFFRANCAZIONE DEGLI « HOMINES» DI CASALINA, ECC. 97

arbitrator, amicabilis compositor, pacificator, ordinator, dispositor, sta-
tutor, modificator, preceptor et amicus communis, electus et assumtus a
relligioso viro domino Ranerio (1), abbate monasterii Sancti Petri de Pe-
rusio, pro se et conventu dicti monasterii eorumque subcessoribus et pro
eodem monasterio et ecclesia Sancte Marie de Casalina (2), diocesis an-
tedicte, ex parte una, et a Golato Benentese syndico et procuratore homi-

singularium personarum universitatis eiusdem ex parte altera, super lite
et de lite seu litibus, questionibus, litigiis, controversiis, causis, rixis et.
10 contemptionibus que olim vertebantur et verti poterant inter ipsas par-

quos habent... nobiles de Deruta etc. »; per cui si può ritenere che a quella
epoca Deruta, che aveva i suoi signori, godesse di una certa autonomia nei
confronti di Perugia.

Farà, in seguito, parte del contado perugino e, nonostante qualche ten-
tativo di ribellione, fra cui quello del 1390, sostenuto. dall'abate del mo-
nastero di S. Pietro in Perugia, Francesco Guidalotti, i Derutesi rimasero te-
deli alla città di Perugia, tanto che spesso essi furono esentati da tasse e dazi
per i danni sofferti nelle lotte a fianco del Comune (Ann. Decemv. 1399, f. 24,
Arch. di Stato di Perugia; Ann. Decemv., 1412, f: 44, e f. 123, Ib.).

Il monastero di S. Pietro vi possedeva quattro chiese: la pieve di S. Gio-
vanni in Cerviano, fuori Deruta, e quelle di S. Salvatore, di S. Pietro in Pla-
tea e di S. Angelo. A quest'ultima in seguito fu unita la pieve S. Salvatore.

Le chiese sono ricordate nei diplomi di Federico Barbarossa del 10. no-
vembre 1163 (v. nota 3, p. 4) e di Arrigo VI del 22 ottobre 1196 (arch. S.
Pietro, cass. VIII, 17). I diritti del monastero furono poi confermati da Grego-
rio IX con la bolla del 22 settembre 1231 (arch. S. Pietro, cass. VIII, 4.).

(1) L'abate Raniero II, che apparteneva alla nobile famiglia perugina
Coppoli, godette di molta considerazione. Fu proposto per due volte a vescovo .
di Perugia, ma egli non volle mai accettare la carica onorifica. ‘

Si ha notizia di lui, quale abate del monastero solo nel 1270, ma se-
condo il Bini (Memorie Monastero, p. 35) é da ritenersi che già qualche anno
prima egli rivestisse quella carica. ;

Fu al centro delle questioni tra il monastero e gli uomini di Casalina,
contro i quali, dopo il tentativo di concordia del 1270, fu costretto a pren-
dere severi provvedimenti. Fece ‘incendiare il loro castello, provocando un
monitorio di papa Giovanni XXI (doc. V). Lo ritroviamo nel 1286, quale
testimone all’atto di sottomissione del Comune di Foligno a quello di Peru-
gia (Lib. Diversorum, f. 12, Cancelleria Decemvirale nell'Archivio di Stato
di Perugia).

Dopo Raniero II, tutti gli abati del monastero, fino al 1436, appartengo-
no alla nobiltà perugina.

(2) La chiesa di S. Maria Annunziata della Rocca di Cassltbn d é una delle
più antiche del monastero di S. Pietro, al quale ne venne confermato il pos-
sesso, insieme ai beni e al castello di Casalina, già .nel 1045 da Gregorio VI
(arch. S. Pietro, cass. VIII, 13).



























98 OLGA MARINELLI

tes coram multis iudicibus et curiis variis et diversis, necnon super aliis
et de aliis multis diversis et variis prout in compromisso scripto[manu
Iacobi notarii infrascripti evidenter apparet, ad omnem materiam scan-
dali amputandam utriusque partis evidenti utilitate pensata, pro bono
pacis et concordie utriusque partis, ex forma et vigore ac tenore compro-
missi in me facti, Christi nomine et auxilio invocato, sic inter predictas
partes laudo, arbitror et ordino et pacificando, statuendo dispono|et mo-
dificando inrefragabiliter statuo et sententiando pronuntio et moderando
precipio et pronuntiando precipiendoque difinitive sententio, videlicet
quod dicti abbas et conventus seu capitulum ipsius monasterii per se vel
legitimam personam pro eis, pro se suisque subcessoribus et pro dicto mo-
nasterio et ecclesia de Casalina ex causa transactionis dictos homines et
universitatem de Casalina et singulares|personas eiusdem eorumque filios
et posteros natos et nascituros cum eorum familiis et rebus mobilibus se-
seque moventibus, quas ipsi et quilibet eorum vel alius pro eis vel ipsorum
aliquo habent, possident et tenent pro bonis stabilibus ipsis abbati, con-
ventui et monasterio ab eis dandis, concedendis, dimittendis et relaxan-
dis, que ipsi vel alius pro eis habent et de tenent, detentant|vel possident
et que habuerunt olim per se vel alium possederunt aut detentaverunt
a.VL annis citra proxime transactis et pro aliis que inferius sequuntur li-
berent, absolvant, adfranchent et manumittant et liberare, absolvere,
adfrancare et manumittere debeant et teneantur iusque patronatus quod
in eis et ipsorum quolibet habent vel habere videntur et quodlibet aliud
ius|dictis abbati, conventui et monasterio et ecclesie de Casalina compe-
tens et competiturum ex quacumque causa, communiter vel divisim in
personis et rebus mobilibus et se moventibus dictorum hominum et uni-
versitatis et singularium personarum ipsius remittant, finiant, refutent
et relaxent cum dictis rebus mobilibus et se moventibus ab ipsorum po-
testate, fidelitate, dominio, homagio seu singnoria, subiectione|et servitu-
te, ab omni condictione, collonaria censita, abscriptitia et qualibet alia
condictione servili et cum rebus stabilibus in fucturum ab eis et ipsorum
quolibet adquirendis absolvant atque relaxent, et absolvere et relacxare
debeant et teneantur omnino. et instrumenta libertatis et manumissio-
nis eis et cuilibet eorum faciant et facere teneantur et debeant ad eorum
petitionem et requisitionem, |ut tamquam liberi homines et Romani cives :
plena (a) gaudeant libertate, et actus legitimos exerceant et facere pos-
sint ea que consueverunt liberi homines exercere tam in negotiis quam in
causis et aliis omnibus que aguntur a liberis hominibus et hiis qui sunt
sui iuris et proprie potestatis; que instrumenta penam contineant legiti-
mam et obligationem bonorum et rerum monasterii|memorati. item
quod promittant et conveniant et promittere et convenire debeant et te-

(a) plena] cancellato il segno di abbreviazione su a.

L'AFFRANCAZIONE DEGLI « HOMINES» DI CASALINA, ECC. 99

neantur quod ipsi vel eorum antecessores per se vel alium inde nulli ius
dederunt, mandaverunt, concesserunt sive cesserunt nec quicquam aliud
fecerunt quod ipsi universitati, hominibus aut singularibus personis ip-
sius communiter vel divisim nocere possit aut eorum libertati in aliquo
derogare, et si adpareret|datum vel cessum aliquod ius vel quicquam
aliud factum quod eis nocere possit, promittant et conveniant eis (a) illud
ius reacquirere factumque tollere, removere ac revocare et in pristinum
statutum reducere, et ipsam universitatem et homines, heredes et sub-
cessores ipsorum et singulares personas eiusdem universitatis communi-
ter et divisim eorumque bona conservare indempnia et indempnes de fac-
toipsorum abbatis, conventus, monasterii et ecclesie de Casalina suorum-
que predecessorum tantum ipsorum abbatis, conventus et monasterii pi-
gnoribus, laboribus, sumptibus et expensis, ita quod dicti homines et uni-
versitas nullam inde propter hoc sentiant lesionem vel dampnum. item
quod dicti abbas et conventus pro se suisque subcessoribus et pro ipsis
monasterio et ecclesia, ipsis hominibus (5) et universitati, syndico et om-
nibus et singulis personis eiusdem predicta|omnia et singula cum efectu
faciant, adtendant, observent et adinpleant, et facere, adtendere, obser:
vare et adimplere sine dificultate et contradictione qualibet debeant et
teneantur inde litem, controversiam vel inquietationem ulterius in iudi-
cio neque extra, de iure neque de facto ipsis universitati, hominibus com-
muniter vel divisim non facturi neque moturi. item quod idem abbas et
capitulum|seu conventus per libellum in emphiteosim unicuique familie
vel unicuique foculari dicte universitatis pro hiis silicet quid dictum Go-
latum procuratorem et syndicum fecerunt ad hec que in instrumento
procurationis (c) vel sindicatus compromisso et laudo continentur (d) vel
ipsi procurationi et sindicatui compromisso et laudo consenserunt aut
consentient cum efectu infra annum unum a die|lati arbitrii computan-
dum locent, tradant atque concedant in tertiam personam sive tertiam
generationem utriusque secxus finitam et completam ipsorum conducto-
rum seu qui conducent medietatem .I. modioli terre ad modiolum castri
Bictonii, Asisinatis diocesis, pro casalino, orto et area faciendis in ipsa
terra et instrumenta locationum eis inde faciant, dicta concessione, con-
ductione|in emphiteosim facienda cuilibet conducturo (e) usque in ter-
tiam generationem ipsius conducturi tantum duratura et non ultra et
ex tunc ipsa re locanda pleno iure ac libere ad ipsum monasterium redi-

(a) eis] aggiunto fra le righe.

(b) ipsis] ? preceduto da una h cancellata ; hominibus ] lo ? corretto da u.
(c) procurationis] Aha davanti un sue espunto.

(d) continentur] corretto da continenuntur

(e) conducturo] segno di correzione sul secondo u























100 j OLGA MARINELLI

tura et recassura (a), pensione[s] vero aut canone[m] dicte terre (5) una-
queque familia ipsam terram conductura det, reddat et solvat, et dare, sol-
vere et reddere debeat et teneatur ipsisjabbati, conventui et monasterio
anuatim, in festo sancte Marie de augusto, .I. denarium usualis monete;
res autem locande pro ortis, casalinis et areis sint site et posite in hiis .V.
locis, silicet in ascio et contrada de Corrotaldo (1) a fossato (c) versus Ca-
salinam, alius sit in contrada Sancti Gualterii (2) et alius locus sit in con-
trada Sancti Gregorii (3), et alius locus|sit in contrada et ascio Sancti
Silvestri (4) et alius locus sit in contrada Sancti Laurentii (d) (5); ita ta-
men quod in aliquo dictorum .V. locorum plures quam .XX. familie aut
focularia non inhabitent et inhabitare non possint neque debeant sine
licentia et consensu abbatis et conventus dicti monasterii, nisi esset vel '
essent descendens vel descendentes (e) ex ipsis. XX. familiis vel aliqua ea-
rumdem. item quod aliquis ex dictis . X X.|familiis habitaturus in quo- .
libet dictorum .V. locorum vel ex eis seu aliqua earum descendens non 15

(a) recassura] correzione su re

(b) dicte terre] sopra al rigo.

(c) fossato] è seguito da uno spazio in bianco.

(d) et alius — Sancti Laurentii] aggiunto jra le righe.

(e) descendentes] de inferlineato.

(1) É da identificarsi con una «Villa Corrictaldi districtus castri Diruti »
(arch. S. Pietro, Lib. Contractuum, III, f. 292).

(2) Nel diploma di Arrigo VI del 22 ottobre 1196 si ha notizia della
chiesa di S. Gualtiero, che era situata fuori del castello di Casalina. Dai
Libri dei Contratti, conservati nell'archivio del monastero di S. Pietro, risulta
che spesso gli abati fecero visite alla chiesa di S. Gualtiero, la cui storia
giunge fino al 1775, anno in cui fu demolita, poiché minacciava rovina. (arch.
S. Pietro Lib. Contractuum, LXIII, f. 140).

(3) Con i diplomi imperiali di Federico Barbarossa dell'anno 1163 e di
Arrigo VI del 1196 si confermava al monastero anche la chiesa di S. Gregorio
« de Pogio », che evidentemente sorgeva su una collina del castello di Casalina.

La chiesa, dopo essere stata riedificata xabvaied p pm nel 1500, fu de-
molita nel 1753.

(4) La chiesa di S. Silvestro doveva appartenere en monastero da tempi
antichissimi, poiché gli fu confermata con tutti i beni, puvieg; e diritti dal-
l’imperatore Corrado II nel 1027.

L’abate D. Ignazio Mantredi la fece riedificare nel 1500; fu dtüdn al
culto forse prima della chiesa di S. Gregorio, della quale si à fatto cenno nella
nota precedente. Ambedue furono unite alla chiesa della Rocca di Casalina.

(5) Della chiesa di S. Lorenzo (Lib. Contractuum, III, f. 326) oggi non
rimane traccia. Di una Villa di S. Lorenzo in Strata, vicina a Casalina,
ricordata nell'atto con cui Desiderio stabiliva i confini del contado di Todi,
rimane un'eco nel vocabolo Valle S. Lorenzo, tra Ripabianca e Casalina.

. (Per le notizie sulle chiese che davano il nome alle contrade ricordate
nel lodo, cfr. Bini, Memorie Chiese).

I. AFFRANCAZIONE DEGLI « HOMINES» DI CASALINA, ECC. 101

donet, non communicet, non vendat nec alienet et non possit, nec debeat
rem sibi vel alii pro eo concedendam seu (d) concessam vel partem ipsius
rei alicui donare, communicare vel per alium aliquem modum dare vel
alienare sine expressa licentia et consensu abbatis et conventus dicti|mo-
nasterii, et si ipsi abbas et conventus in tribus terminis quolibet . X. die-
rum requisiti fuerint ab eo qui rem sibi concessam vel concedendam alie-
nare voluerit et pro pretio quod inde alienare volens habere potuerit si-
ne fraude accipere noluerit, possit volens ius suum quod in ipsa habebit
alienare et dare cui voluerit, dum modo in re ipsa|sola una familia habi-
tare possit et esse et non plures, que familia teneatur et teneri debeat et
sit obligata abbati. conventui et monasterio supradictis pro ipsa re sicut
erat ille a quo recipiet. salvo insuper ac etiam reservato, immo dato ex-
presse ipsis universitati et hominibus ac etiam prefato syndico pro eisdem
pleno arbitrio, expressa licentia, libera potestate|dividendi, dandi et di-
stribuendi prout voluerint et eis videbitur et placuerit totam terram con-
cedendam hominibus supradictis, inter ipsos homines dando, assingnan-
do-et concedendo de ipsa terra et plus et minus uni quam alteri ex ipsis
hominibus prout ipsi universitati et syndico visum fuerit; ita tamen quod
ille cui plus vel minus concesserint (b) de ipsa re semper tene|atur et te-
neri debeat dare et solvere et det et solvat dictis domino abbati, conven-
tui et monasterio integram pensionem superius nominatam. item quod
omnes fructus terrarum, vinearum et arborum presentis anni, dandorum
ab ipsis hominibus eidem monasterio, quas dicti homines coluerunt pro
j se et nomine suo, sint et esse debeant dictorum hominum, hoc addito
25 quod de blado quod|dominus abbas fecit recoligi hoc anno de ipsis terris,
silicet quod pervenit ad eum, dicti homines habeant partem dimidiam,
et dicti abbas et conventus aliam dimidiam; aliorum vero fructuum, si-
licet vinearum et arborum et olivarum abbas et conventus monasterii
habeant decimam partem et dicti homines habeant novem partes. item
quod omnes et singuli monaci tam claustrafles quam qui extra claus-
trum (1) eiusdem monasterii morantur, huic laudo et compromisso et hiis
que continentur in eis consentiant et consentire debeant et teneantur, ra-
tificantes, gratificantes et adprobantes ipsum laudum et compromissum
et omnia que continentur in eis. item laudo, arbitror, ordino, dispono;et
moderando irrefragabiliter statuo, pronuntio et moderando et pacifican-
do (c) precipiolet pronuntiando et precipiendo difinitive sententio quod

(a) seu] l’e è corretto.

(b) concesserint] segno di correzione su int

(c) et pacificando] interlineato.

(1) Si dicevano intrinseci o claustrales i monaci che vivevano nel chio-
stro del monastero, estrinseci quelli che erano destinati al governo delle chiese.

In caso di deliberazioni importanti, 1’ abate richiamava quest’ ultimi
per gli atti capitolari.

102 OLGA MARINELLI

predicti syndicus, universitas et homines et singulares persone ipsius uni-
versitatis pro predictis liberatione, adfrancatione (a) et iuris patronatus
et aliorum remissione (b) et pro aliis supradictis ex causa transactionis
pro se suisque heredibus et subcessoribus, dent, concedant, tradant, di-
mittant et relaxent communiter et singulariter|cum efectu, et dare, con-
cedere, dimittere et relaxare communiter et singulariter cum efectu de-
beant et teneantur dictis abbati, conventui et monasterio terras, vineas,
domos, casalina, ortos, silvas, pascuas, prata, nemora, arbores, molen-
dina et navigandi iura que habent ettenent et que habuerunt et tenuerunt
per se vel alium, communiter vel divisim|et singulariter in flumine Tiberis
a fossato de Sancto, recto inferius versus civitatem Tudertinam, palludes
et stabiles res, necnon omnia et singula bona stabilia, que ipsi vel aliquis
eorum per se vel alium, communiter vel divisim, habent, tenent seu pos-
sident et etiam que olim habuerunt, tenuerunt et possederunt aut deten-
taverunt per se vel alium|a .VT. annis citra in dicto castro eiusque curia
et districtu et alibi ubique locorum, sive bona ipsa sint emphiteoticaria
aut libellaria sive dotalia vel alio quocumque iure et nomine censeantur,
ipsorum que bonorum corporalem possessionem dent et tradant (c), et da-
re, tradere debeant et teneantur cum efectu vacuam, liberam et expedi-
tam et a nemineoccupatam|et datam seu apprehensam et aprehendendam
ipsos abbatem, conventum et monasterium habere et tenere pacifice et
quiete permittant, sinant et patiantur, inde litem, molestiam, inquietatio-
nem, turbationem, controversiam perse vel alium communiter vel divisim
aliquatenus non facturi (d) neque moturi in iudicio aut extra, de iure sive
de facto; et possessionem si quam idem abbas, |conventus, monasterium
et ecclesia habent, per se vel alium confirment eisdem; et quod ipsi ho-
mines pro predictis rebus dotalibus satisfaciant recompensatione et sati-
sfactione condingna (e) et competenti de aliis suis bonis et non de pre-
dictis dandis et relaxandis ab eis monasterio predicto illis personis qua-
rum huiusmodi res dotales dicerentur esse sive fuisse vel ad quas diceren- :
tur|de iure spectare ac satisfacere et reconpensare teneantur et debeant
et taliter facere et curare quod dicti abbas, conventus, monasterium et
ecclesia nullam inde sentiant lesionem vel dampnum. et dent, cedant,
concedant et mandent et dare, cedere, concedere et mandare teneantur
et debeant omnia et singula eorum et cuiuslibet eorum iura et actiones,
petitiones et persequutiones|ipsi universitati et cuilibet eorum et aliis









(a) adfrancatione] il tio è scomparso.

(b) aliorum remissione] il lio di aliorum e l'r di remissione sono scomparsi.

(c) tradant] segno di correzione sulla seconda a.

(d) facturi] tur su rasura.

(e) recompensatione et satisfactione condingna] cancellato il segno di
abbreviazione sull'ultima lettera di recompensatione e di satisfactione e m fi-
nale di condingna.













L'AFFRANCAZIONE DEGLI « HOMINES» DI CASALINA, ECC. 103

pro eis et ipsorum quolibet competentes, competentia et competitura in
dictis et pro predictis bonis et rebus (a) et quolibet eorumdem. et pro-
mittant et conveniant, et promittere ac convenire debeant et teneantur
pro se suis heredibus et subcessoribus quod de predictis bonis et rebus,
iuribus et actionibus et persequutionibus et ipsorum aliquo dicta univer-
sitas, homines, syndicus ac singulares|persone ipsius aut ipsorum alicuius
antecessores aut autores vel eorum seu alicuius ipsarum rerum possesores
vel alius pro eis vel ipsorum aliquo communiter vel divisim aliquod ius
vel actionem, petitionem vel persequutionem alicui non dederunt, man-
daverunt, concesserunt aut cesserunt per se vel alium aliquo modo vel
ingenio, titulo, iure vel fraude, nec quicquam, aliud fecerunt|quod ipsis
monasterio, abbati, (b) conventui eorumque subcessoribus et ecclesie de
Casalina vel alicui eorum nocere vel obesse possit vel iuri ipsorum vel ali-
cuius eorum in aliquo derogare quominus dicta bona omnia et singula ha-
beant, teneant et possideant per se et alium et eis liceat et valeant ha-
bere, tenere et possidere pacifice et quiete per se et alium sicut aliquis
verus dominus habet et possidet|vel quasi rem suam pacifice et quiete.
et si adpareret aliquo tempore de dictis bonis, rebus, iuribus et actioni-
bus, petitionibus seu persequutionibus vel ipsorum aliquo ab ipsa uni-
versitate vel hominibus vel ipsorum aliquo-vel ab alio pro ipsis seu ali-
quo eorum vel alicuius eorum antecessorum autoribus vel eorum vel ali-
cuius eorum rerum possessore vel possesoribus esse actionem, petitio-
nem,| persequutionem vel ius datum, concessum, mandatum vel cessum
alicui vel aliquibus personis, collegio, corpori, loco, ecclesie vel universi-
tati vel quicquam aliud factum communiter vel segregatim quod ipsis
monasterio, abbati (c), conventui et eorum subcessoribus et ecclesie de
Casalina aut alii pro eis vel alteri ipsorum nocere vel obesse possit seu iuri
ipsorum vel alicuius eorum in aliquo derogare, illud ius et actionem, per-
sequutionem eidem monasterio, abbati; conventui reacquirant et huius-
modi factum dirimant, revocent atque tollant et in pristinum statum
reducant et reacquirere debeant et teneantur ipsum ius et factum diri-
mere, tollere et revocare et se liti offere et iudicium in se lite statim mo-
ta, si contingat inde litem vel (d) questionem aut controversiam (c) oriri|
subscipere causamque peragere et defendere usque ad finem et prefatos
abbatem et conventum et suos subcessores et ecclesiam et eorum et cuius-
libet eorum bona cum efectu conservare indempnia et indempnes ipso-
rum hominum et universitatis procuratoribus et advocatis, pignoribus,
laboribus, sumptibus et expensis, et quod de predictis bonis stabilibus,

(a) et rebus] interlineato.

(b) abbati] cancellato il segno di abbreviazione.
(c) abbati] segno di correzione su at.

(d) vel] interlineato.

(e) controversiam] overs abraso.







































104 OLGA MAKINELLI

iuribus et actionibus,|petitionibus et persequutionibus faciant et facere
teneantur et debeant finem, quietationem perpetuam et generalem et ple-
nam remissionem, liberationem, relacxationem, pactum de ulterius non
petendo, non molestando nec inquietando in iudicio neque extra, et libe-
rent et absolvant ipsos abbatem, conventum et eorum subcessores, mo- P

nasterium et ecclesiam et cuiuslibet eorum bona, et|absolvere et (a) libe-

rare debeant et teneantur per Aquilianam stipulationem (1) et adceptila-
tionem et per alium quemlibet modum, viam, formam et ordinem quo
melius et utilius de iure et de facto valeat et teneat id quod agitur et di-
citur et valere ac tenere possit de iure atque de facto in omnem even- 10
tum, causam et casum; hoc salvo, excepto et reservato quod dicta univer-
sitas|et singulares persone ipsius eorumque et cuiuslibet eorum heredes

et subcessores pro rebus et terris quas a dictis .VI. annis citra (b) non ha-
buerunt, teriuerunt et non possederunt per se vel alium, communiter vel
divisim, aut (c) non detentaverunt, non teneantur ipsis abbati, conven- 15
tui, monasterio et ecclesie, nec obligentur, immo ipsos quo ad ipsas res

et bona proxime dicta et pro ipsis et de ipsis|dumtaxat absolvo in totum,
hoc tamen salvo, excepto et reservato quod per predictam salvationem et
exceptionem, reservationem et absolutionem jus dictorum abbatis, con-
ventus, monasterii et ecclesie eis velalteri ipsorum competens aliter 20
quam per hoc laudunîì et competiturum contra alios quos hoc laudum et
compromissum non contingunt, non ledatur nec sibi in aliquo derogetur,

set sit eis salvum ialesumque|in totum et maxime in rebus et bonis pro-
xime dictis, silicet in rebus non possesis aut non habitis ab ipsis univer-
sitate et hominibus a dictis . VI. annis citra, nullo tamen ipsis universi- 25
tati et singularibus personis ipsius vel eorum heredibus dampno, incom-
modo, dispendio aut preiudicio generando tam adversus eosdem abbatem
monasterium, conventum et ecclesiam quam adversus vel contra alias
quascumque|personas per hoc quod hic superius dicitur, quod ius dicto-
rum abbatis, conventus, monasterii et ecclesie eis vel alteri ipsorum com- 30

petens aliter quam per hoc laudum vel competiturum contra alios quos

hoc laudum et compromissum non [con] tingunt, non ledatur et sibi non
derogetur in aliquo, set sit eis salvum in totum et maxime in rebus et
bonis proxime dictis, silicet in rebus non possesis aut non habitis ab ipsis
universitate (d) et hominibusj|a dictis .VI. annis citra, et de hiis omnibus

e
CQ

(a) et] interlineato.

(5b) pro-citra] molto consunto.

(c) aut] cancellato il segno di abbreviazione.

(d) universitate] interlineato.

(1) La stipulazione Aquiliana è cosi chiamata dal giurista romano Caio
Gallio Aquilio (T tra il 55 e i1 44 a. C.). Consisteva in un formulario col quale
venivano raccolti in una stipulazione generale obblighi di ogni genere, allo
scopo di poterli poi estinguere in blocco con una sola acceptilatio.

L'AFFRANCAZIONE DEGLI « HOMINES» DI CASALINA, ECC. 105

et singulis et de ipsorum et cuiuslibet eorum accessoriis, adiacentiis, se-
quelis et circumstantiis faciant et facere teneantur et debeant publica
instrumenta continentia penam dupli valoris dictorum bonorum et re-
rum omnium et obligationem bonorum suorum et rerum (a), sicut melius
et utilius fieri poterunt, de iure et de facto perpetuo plene valituralin
omnem eventum, causam et causum, ita quod libera sit facultas, plena li- -
centia, liberaque potestas sine alicuius contradictione vel consensu et au-
ctoritate et sine pena legis, ordinamenti atque statuti sua propria aucto-
ritate ipsis abbati, conventui et monasterio intrandi in tenutam et pos-
sesionem corporalem dictorum bonorum omnium et singulorum et eam
apprehendendi et retinendi per se et alium et ipsis|rebus et bonis utendi
et fruendi et omnia et singula faciendi et exercendi que de ipsius abbatis
et (b) conventus eorumque subcessorum voluntate et arbitrio processerint
et que verus ac legitimus dominus potest facere et exercere de rebus et
bonis suis. et huiusmodi potestatem, licentiam et auctoritatem eis ex nunc
concedo, confero atque do in hac parte hoc laudum seu arbitrium exe-
quendo,|non obstante eo (c) quod mihi potestatem et auctoritatem exe-
quendi servavi atque retinui, prout inferius scriptum est. item quod ipsi
homines, universitas et ipsius persone singulares et syndicus eamdem po-
testatem, auctoritatem, licentiam et facultatem dent conferant et conce-
dant (d), et dare, conferre et concedere debeant et teneantur litem (e), mo-
lestiam, inquietationem, turbationem aut controversiam|de iure sive de
facto de dictis bonis et rebus, iuribus et actionibus, petitionibus, perse-
quutionibus vel ipsorum aliquo per se vel alium in iudicio neque extra
ipsis abbati, conventui, monasterio et ecclesie vel alii pro eis vel ipsorum
altero ulterius non moturi neque facturi, set permissuri et passuri eos di-
cta bona omnia et singula habere, tenere, possidere vel quasi (f) uti et
frui et alia facere que de ipsorum|processerint voluntate pacifice et quiete
tamquam veros et legitimos dominos eorumdem et sicut verus et legitimus
dominus habet, tenet et possidet vel quasi rem suam. item quod ipsa
bona stabilia omnia et singula et res (g) sint et esse debeant ipsius mona-
sterii et sibi tamquam sua propria bona spectent et pertineant pleno iure
et eadem bona ipsis abbati, conventui et monasterio adiudico et assingno|
pro suis et tamquam propria sua bona et sua bona esse debere (h) decla-
35 ro. hocsalvo, excepto et reservato ipsi universitati et hominibus singula-

(a) rerum] abraso.

(b) et] interlineato.

(c) eo] interlineato.

(d) concedant] cancellato il segno di abbrevazione su ant
(e) litem] it su rasura.

(f) vel quasi] interlineato.

(9) et res] interlineato.

(h) debere] inzerlineato.



























106 OLGA MARINELLI

ribus personis ipsius (a) ipsorumque heredibus et subcessoribus, quod si
dicti homines vel aliquis eorum extra castrum, curiam et districtum Ca-
saline habent aliqua bona stabilia, dotalia (D) silicet que fuerint data ali-
cui in dote, pro dote et nomine dotis alicuius mulieris ab aliqua|persona
que non fuerit de dicto castro Casaline vel eius (c) curia aut districtu et
si in dicto castro eiusque curia et districtu vel alibi ubique dicta universi-
tas et homines vel aliquis eorum habent aliqua bona stabilia, emphiteo-
tica (d) seu libellaria conducta ab aliqua ecclesia vel alia persona que non
ad dictum monasterium nec ad aliquod suorum membrorum spectet sive
pertineat aliqua ratione|et de ipsis bonis dotalibus et emphiteoticariis seu
libellariis adparuerint publica et legitima instrumenta per que dumtaxat
hoc probetur, possitque super hiis per ipsa instrumenta tamen plene ve-
ritas probari, illa bona remaneant et remanere debeant dictis universi-
tati et hominibus et illarum sint precipue personarum ad quas de iure
spectare et quibus pertinere noscuntur probatione aliterfacienda quam
per instrumenta in premissis et promissis et de ipsis bonis et rebus do-
talibus et emphiteoticariis in iudicio vel extra minime valitura nec ha-
bitura alicuius roboris firmitatem, non obstantibus hiis que de rebus do-
talibus seu emphiteoticariis superius dicta sunt (e). et hec omnia et. sin-
gula supra et infrascripta laudo, arbitror, precipiolet modificando (f) sta-
tuo, moderando et ordinando et pacificando dispono et pronuntiando et
precipiendo difinitive sententio ipsaque omnia et singula iubeo, volo, man-
do et precipio ab ipsis partibus et ipsarum qualibet et ab omnibus et sin-
gulis quos negotium seu causa contingit aut potest contingere tam prin-
cipaliter quam accesorie vel.alio quovis modo, occasione, ingenio, causa
vel|causu fieri, adtendi, adimpleri cum efectu et inviolabiliter observari
et contra ipsa vel ipsorum aliquod non fieri, non actentari neque veniri
de iure neque de facto in iudicio vel extra, sub obligatione et ypotheca
bonorum et rerum utriusque partis et sub pena decem milium librarum
bonorum denariorum usualis monete que in dicto compromisso contine-
tur, quam penam pars non observans parti observanti det, tradat, |prestet
et solvat et dare, tradere, prestare et solvere teneatur et debeat cum efe-
ctu, et que pena totiens committatur peti ac exigi possit in singulis capi-
tulis et in solidum quotiens esset factum, actentatum vel ventum contra

*

30

hec vel aliquod eorumdem de iure sive de facto in iudicio aut extra. et 35

dampna et expensas et interesse reddat, restituat et resarciat et reddere,
restituere,resarcire debeat et teneatur sine dificultate qualibetet defe-

(a) ipsius] cancellato il segno di abbreviazione.
(b) dotalia] alia su rasura.

(c) eius] interlineato.

(d) emphiteotica] il testo poría emhpiteotica.
(e) sunt] seguono espunti supra et infrascripta.
(f) modificando] segno di correzione sul primo i.

L'AFFRANCAZIONE DEGLI « HOMINES» DI CASALINA, ECC. 107

clu. item quod una pars alteri confiteatur et confiteri debeat et teneatur
cum efectu in iudicio et confessionem faciat de omnibus et singulis in hoc
laudo seu arbitrio et in premisso compromisso contentis faciendis, obser-
vandis, adimplendis et adtendendis cum efectu, in curia Perusii et coram
iudicibus ipsius|curie et coram alio iudice competenti ac confessionem
facere debeant et teneantur mutuo ad invicem ad voluntatem et petitio-
nem seu requisitionem partis petentis vel etiam (a) requirentis, et ex nunc
in dicte pene dationem, traditionem, prestationem, solutionem et in dam-
pnorum et expensarum et interesse refectionem, restitutionem et resar-
citionem partem non observantem vel contrafacientem vel contrafacere
seu venirejactentantem parti observanti, facienti et adimplenti. item
in omnibus et singulis premissis faciendis, observandis, adimplendis et
cum efectu adtendendis ad invicem et versa vice hinc et inde prout su-
perius et inferius narata et scripta sunt, unam partem alteri mutuo invi-
cem et versa vice difinitive condempno. salva, reservata retentaque mi-
hi potestate, licentia et facultate et auctoritate interpretandi, declaran-
di, disponendi, tollendi, certificandi ambiguitates, dubitationes et obscu-
ritates, si quas adparere vel emergere contigerint in predictis vel aliquo
predictorum et exequendi ac exequutioni mandandi per me et per alium,
de iure et de facto et que in hiis compromisso (b), laudo|seu arbitrio con-
tinentur et que exequutioni mandata nondum sunt, sed exequutioni iam
facte nullum per hanc reservationem, salvationem retentionemque pote-
statis, facultatis et auctoritatis exequendi preiudicium generetur, et men-
surandi et assingnandi et terminandi terrenum predictum pro casalinis,
areis atque ortis in locis superius nominatis, omnibus et|singulis supra-
dictis nichilominus perpetuo valituris siveipsa pena fuerit soluta sive non.]|

Latum et pronuntiatum fuit hoc laudum et arbitrium supradictum
per prelibatum arbitratorem et lectum per me Iacobum notarium infra-
scriptum eius mandato, presentibus partibus supradictis in ecclesia mo-
nasterii prelibati, presentibus: domino Peruscio domini Iacobi, domino
Bonafidantia iudice, domino Filippo|Nicole iudice, Benevenuto eius fra-
tre, Zonolo Ranerii domini Arinerii, Guidone (e) de Tuderto, Iohanne
Albertini, Bonconte domini Ufredutii Girardi de Tuderto, Giliutio Orlan-
dini, Angelo Uguicionis de Roma et Bonaiuncta Maffei, testibus ad hec
vocatis et rogatis.

In anno Domini. MCCLXX., indictione .XIII., Romana Ecclesia
pastore vacante, die .XII. exeuntis mensis augusti. :

[S.T.] Et ego Iacobus Appostolice Sedis auctoritate iudex et nota-
rius, predictis omnibus interfui et ut supra legitur de mandato et volun-
tate dicti Ranaldi arbitratoris scripsi et in publicam formam redegi et

(a) etiam] interlineato.
(b) et — compromisso] consunto.
(c) Guidone] è seguito da uno spazio in bianco.

























108 OLGA MARINELLI

eis et dicte terre, et alius locus, in contrada Sancti Laurentii, et rebus,
et pacificando et|universitate et vel quasi et res et debere et etiam in-
terlineavi atque singnavi. Y

In nomine Domini, amen. anno dior (a) die et hora et eodem loco
et testibus suprascriptis. suprascripte partes, videlicet dominus abbas
et omnes et singuli monaci et conversi et conventus monasterii prelibati
pro se suisque subcessoribus nomine dicti monasterii ex una parte et pre-
fatus Golatus syndicus et procurator supradicte universitatisjet singu-
larium. personarum nomine ipsius universitatis et singularium persona-
rum et pro ipsis ex altera supradictum laudum et omnia et singula supra-
scripta et in eo contenta emologantes ratificaverunt, gratificaverunt, cor-
roboraverunt et confirmaverunt, promittentes, convenientes inter se et
solempniter ad invicem stipulantes prefatum|laudum et omnia et singula
que continentur in eo adtendere, observare, facere et adimplere et rata
et firma perpetuo habere atque tenere et contra ipsa velaliquodipsorum
per se vel alios seu alium nullo tempore facere vel venire, nec aliquid ac-
tentare de iure vel de facto, sub pena decem milium librarum denariorum
usualis monete, que in supradicto compromisso|continetur et sub ypo-
thecha (b) et obligatione bonorum et rerum dicti monasterii et universi-
tatis et omnium et singularum personarum ipsius, quam penam pars non
observans omnia et singula supradicta vel contra ea seu contra aliquod
eorum faciens vel veniens parti observanti quotiens contrafactum, ven-
tum vel adtentatum fuerit totiens in|solidum et in singulis capitulis com-
mittendum stipulatione solempni dare, solvere omni condictione et ex-
ceptione remota promisit atque convenit, et pena soluta vel non, dicta
omnia et singula rata sint et firma. et insuper dicte partes de predictis
omnibus et singulis ad invicem adtendendis, observandis,|faciendis et
adimplendis et de supradicta pena decem milium librarum denariorum
usualis monete ipsi prefato.domino abbati, conventui (c) et monasterio
predictis omni condictione remota danda et solvenda, si predicta omnia
et singula a predicta universitate et hominibus omnibus et singulis non
fuerint observata,|vel si per ipsam universitatem vel per ipsos homines
vel aliquem ex eis vel per alium pro eis vel eorum aliquo contra predicta
vel aliquod de predictis factum seu ventum vel adtentatum de iure vel
de facto fuerit quoquo modo coram iudice communis Perusii et coram iu-
dice competenti confessionem facere|promiserunt et convenerunt.

[S.T.]. Et ego Iacobus Appostolice Sedis auctoritate iudex et nota-
rius predictis omnibus interfui, ut supra legitur, rogatus scripsi et publi-
cavi.

(a) eodem] su rasura.
(b) ypothecha] th su rasura.
(c) conventui] consunto.



L'AFFRANCAZIONE DEGLI « HOMINES» DI CASALINA,





V.





MONITORIUM




[1276], dicembre 13, Viterbo.




Papa Giovanni XXI convoca in giudizio l’abate Raniero, che aveva
ordinato l’incendio del castello di Casalina.



L'originale è conservato nell’archivio di S. Pietro, cass. xi, 8.






Iohannes (1) episcopus servus servorum Dei. dilecto filio . abbati
monasterii Sancti Petri Perusini, salutem et apostolicam benedictionem.
Quere|lam dilectorum filiorum Petri Boniscapui, Raynerii Iohannis, t

Philippi Boniscapui, Scarpe Logiurbis, Orlandi Bonentesi, Iohannis Bar- |
tholi,| Andree Boniscanni, Angeli Andree et Moritii Acconreboni castri de 1 | |

Casalina, laicorum, recepimus continentem quód tu contraleos ad ..prio- |

: rem Sancti Rufini Asisinatis super quibusdam iuribus que contra eosdem
È homines et ipsorum bona te preten|debas habere, felicis recordationis Cle- AME
mentis pape. predecessoris nostri, in communi forma litteras impetrasses,
10 tandem non-conten|tus quod ezrum auctoritate coram priore prefato su-
per (a) premissis trahebas in causam, sed coram eo huiusmodi causa pen-
den|te contra predictos et alios dicti castri habitatores manu armata ho-
stiliter insurgendo, dictum castrum nequiter incendio|destruxisti, aspor-
tando seu asportari faciendo exinde omnia bona mobilia hominum pre-
dictorum. quare dicti homines nobis humiliterisupplicarunt ut eisdem
15 faceremus super hiis apud Sedem Apostolicam iustitiam exhiberi. nolentes
ipsis sic afflictis, ut dicunt, in|suo iure deesse, qui sumus omnibus in exhibi-
tione iustitie debitores, dilectum filium magistrum Pandulphum de Fa-
bura capellajnum nostrum dedimus in causa huiusmodi auditorem. quo
i circa discretioni tue per apostolica scripta mandamus, quatinusinfra ocio
E 20. dies|post receptionem presentium, quas tibi per nostrum cursorem pro- 5 :
E. prium destinamus, quem siquidem diem si non fuerit feriatus, alio|quin
alium non feriatum ei proximum pro tempore peremptorio assignamus,
per te vel per procuratorem idoneum compareas coram|nobis, facturus
et recepturus super premissis quod ordo dictaverit rationis.

Datum Viterbii, idibus decembris,|pontificatus nostri anno primo.






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(a) super] su rasura.
(1) Papa Giovanni XXI (1276-1277).





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[1249], marzo 15, Lione.

Innocenzo IV raccomanda al podestà, al consiglio e al popolo di Perugia di fare quanto possono
per ridurre all’obbedienza gli uomini di Casalina, che avevano ricusato di continuare la soggezione

all’abate e ai monaci di S. Pietro.



















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II

[1249], marzo 15, Lione.

Innocenzo IV ordina all'abate di S. Fortunato di Todi che con censura ecclesiastica obblighi
il podestà, il consiglio e il popolo di Perugia a costringere gli uomini di Casalina a prestare i debiti
servizi al monastero di S. Pietro.
















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III
[1268], giugno 18, Viterbo.
Clemente IV ordina al priore di S. Rufino di Assisi di obbligare il podestà, il capitano, il consi-
ylio e il Comune di Perugia a costringere gli uomini di Casalina a prestare i soliti servizi al mona-
stero di S. Pietro.















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IV
[1270], agosto 20, indizione .XIII., Casalina.

Atto di affrancazione degli uomini del castello di Casalina da parte del monastero di S. Pietro.

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BRACCIO FORTEBRACCI DA MONTONE
RICOSTRUISCE LA ROCCA DI TODI
NEL 1423

Braccio Fortebracci da Montone (1368-1424) aveva appreso, dalla
esperienza nelle campagne militari, a tenere in gran conto l’efficienza
delle cinte di mura fortificate con torri. Dal 1413, quando dovette rifu-
giarsi entro il castello di Marsciano, sopraffatto dalle truppe di Ladi-
slao, al 1419, quando, tenendo in scacco da Todi l’emulo Muzio Atten-
dolo Sforza, con mossa fulminea comparve sotto le mura di Assisi e
mise in fuga i Feltreschi, inutilmente aveva cercato con occhio di capi-
tano, sulla vetta del colle tudertino la grandiosa costruzione della
Rocca famosa. Appena rimise piede nel territorio umbro, dopo il trion-
fale incontro, a Firenze (26 febbraio 1420) con Martino V, dal quale
ottenne il riconoscimento del possesso che già aveva delle terre del
Vicariato, Braccio iniziò monumentali lavori. L’emissario del Trasi-
meno, le volte di sostegno della piazza del Sopramuro e la famosa
Loggia che porta il suo nome in Perugia, testimoniano ancora la gran-
diosità della concezione e la perfezione delle realizzazioni del condot-
tiero per mezzo di esperte maestranze. Ma la ricostruzione della Rocca
di Todi, intrapresa da Braccio con non minore grandiosità, non ebbe
uguale fortuna, e uomini e frane si sono dato scambievole aiuto per tut-
to demolire e inghiottire (1).

Manca così, oggi, al profilo del colle tuderte un particolare caratte-
ristico, mentre il territorio, che, immenso anfiteatro, circonda l’altura
della marzia città, è abbellito ancora da torri e castelli medioevali;

(1) Anche in questi ultimi anni, per dar lavoro ai disoccupati, l'Ammini-
strazione comunale di Todi ha demolito un tratto di mura nel piazzale della
Rocca! Non si poteva ottenere una livellazione riempiendo i vuoti e chiudendo
opportunamente angoli nascosti ?





















112 MARIO PERICOLI

il fortilizio centrale, al quale si erano ispirati i costruttori dei castelli
minori, è rimasto decapitato del suo fastigio militare. Dalle tre super-
stiti porte maggiori della cinta medioevale tuderte sembra, pure oggi,
di vedere, da un momento all’altro, uscire ancora la forte, cavalleria
che parta per una missione di guerra; dalle feritoie delle torrette sulle
mura e dai bastioni si teme un improvviso lancio di freccie o lo sparo di
armi; si prova invece un senso di delusione nell’innalzare lo sguardo
verso l’alto, dove un relitto di mura si ostina a indicare che lassù si
innalzava una torre, grandiosa e ferrigna, cuore e cervello di tutta la
difesa cittadina, e antenna di collegamento con le torri ausiliarie,
schierate con perfetta disciplina in mezzo al verde dei campi e dei
boschi.

Il possesso militare di Todi dava a Braccio forse qualche momento
di inquietante preoccupazione. La città, consapevole delle sue gloriose
tradizioni militari, avrebbe potuto, rinnegando la sua sottomissione,
creare qualche sorpresa imbarazzante. Nell’adunanza consiliare del
10 luglio 1422, ad esempio, fu letta la seguente missiva di Braccio:
« Magnifici priores precarissimi nostri, per alchuna bona cagione, fate
che veduta la presente, ne mandiate Cento fanti, cinquanta con la bale-
stra et cinquanta con le rotelle, homini joveni li migliori possete avere
et questo fayte non falli per niuno modo. In campo nostro ternitatis prope
Civitatem Castelli, viii Julii, xv Indict. Braccius de Fortebraccis Comes
Montoni, Perusii, etc ». Dopo discussa la richiesta segue la votazione
che non é unanimente favorevole, e si stabilisce di inviare solo cin-
quanta uomini, a spese della comunità, per un solo mese. Contempo-
raneamente si dà incarico agli ambasciatori del Comune di supplicare
Braccio che consideri la difficoltà di trovare uomini validi « tempore
messium »; ma che se vorrà insistere nella richiesta il Comune fornirà
la spesa necessaria.per cento « pedites » sempre per un mese (1).

Il 7 gennaio 1423, venne perció stipulato, nella Cappella dei pa-
lazzi comunali di Todi, un contratto di lavori di fortificazione tra l'«il-
lustre et magnifico prencipo, Signor Braccio de Fortebracci Conte di
Montone etc. » e « magistro Johanni de Santuccio de la Cipta de Spoleti
et mo habitatore de la Cipta de Tode » (2). Stava per terminare il trien-
nio della concessione del Vicariato di Todi fatta da Martino V il 26

(1) Todi. Arch. Comun., Riformagioni, 58 f. 165-165’.
(2) Vedi Documento I.

BRACCIO FORTEBRACCI DA MONTONE, ECC.







Dalla pianta di Giacomo LAuRO del 1633.

febbraio 1420, e Braccio si preoccupava di fortificarvisi per continuarne
il possesso anche contro il volere papale.

Il contenuto del breve contratto è chiaro. Ricostruzione dai fonda-
menti della torre maestra della Rocca nello stesso luogo della prece-
dente, e colle stesse dimensioni « salvo et riserbato che la lumaca non
deggia fare, ma la deggia guastare et menare la detta torre quadra ».
Ricostruzione del muro di cinta che parta dalla nuova torre e scenda
verso Nord fino alla porta della Valle con uno spessore di « fre piedi
e meggo grosso si como stava prima che la decta roccha fosse guasta ».
Ricostruzione infine del muro a Sud della nuova torre « verso el piano
de sancto Jorio » (S. Giorgio), e questo tratto sarà « grosso de tre piedi
si como era prima ».

L’assedio fatto a Todi dallo stesso Braccio nel 1416, dopo con-
quistate Rieti, Terni, Narni e altre città umbre, gli aveva fornito
esperienze preziose per stabilire alcuni particolari costruttivi, e il

8




























































114 MARIO PERICOLI



condottiero ben sapeva che se fosse stata in piedi la grande costru-
zione dei tempi di Urbano V e Gregorio XI, Todi non sarebbe stata
occupata. Solo il furore popolare, devastatore inconsulto, poté demo-
lire fino al suolo, il 21 agosto 1382, la Rocca che successivamente aveva
offerto sede sicura al Duca di Baviera, al Re d'Ungheria, e al Cardi-
nale Giudice, Arciv. di Taranto, per conto di Urbano VI.

Della vecchia gloriosa Rocca un solo tratto di muro aveva resi-
stito alla distruzione e alle intemperie e quel rudere doveva collegarsi
alla nuova costruzione e ricevere il rivestimento di cortina. Non si do-
veva tralasciare alcun dettaglio e potenti inferriate e attrezzature
ugualmente di ferro, doveva disporre m? Giovanni di Santuccio tanto
nella torre maestra come nei due tratti di muro nuovo.

Risulta anche una particolare preoccupazione da parte di Brac-
cio: fare il lavoro con massima sollecitudine e lavorare con calce fresca.
Dodici « magestri » devono essere ininterrottamente sul lavoro fino al
compimento. È fissata la mercede a misura di « pertica » con esplicita
menzione della norma « che se mesuri vuoto per pieno ». È inoltre a ca-
rico del committente tutto il rifornimento del materiale per palca-
ture: funi e legname, e per costruire: calce, pietra e ferro, tutto a pié
d’opera, non escluso « ogni fornimento per Ingenij che besognasse e re-
chiedessese dy decti lavori] ».

Come mai Braccio aveva affidato il lavoro a m? Giovanni di San-
tuccio da Spoleto ? Fin dal 1415 questi si trovava a Todi a lavorare nel-
la fabbrica del Tempio di S. Fortunato, e in seguito a quei lavori aveva
fissato il suo domicilio a Todi, ottenendone anche la cittadinanza
(26 giugno 1416). Al lavoro del monumentale tempio francescano at-
tese fino al 1458 (1).

Nel marzo del 1423 il lavoro è in pieno svolgimento e da una let-
tera di Braccio ai Priori apprendiamo che si devono mettere a dispo-
sizione di m° Johanni de Santuccio, calcina da pagarsi e legnami da re-
stituirsi, che erano di proprietà della fabbrica di S. Fortunato (2).

Organizzato il lavoro di ricostruzione della Rocca e della cinta
di mura, Braccio ritenne sicuro il dominio della città anche perché fuo-
ri di Todi, nelle vicinanze, aveva tre importanti posizioni ben raffor-

(1) PENSI G., Comrz A., Todi, guida per forestieri. Todi, Tip. Tuderte,
1912, p. 26, 30. PENSI G,, Maestro di Giovanni Santuccio da Fiorenzuola di
Spoleto e la facciata del Tempio di S. Fortunato in Todi. Atti dell’Accademia
Spoletina 1923-1926.

(2) Vedi Documento III.



BRACCIO FORTEBRACCI DA MONTONE, ECC. 115

zate, alle quali aveva pensato fin dal 1418: i tre colli minori intorno al-
la Città: Monte Santo, Monte Cristo, e S. Maria Maddalena. Anche nel
resto del territorio prosegue alacre il lavoro di ricostruzione e revisione
degli impianti di fortificazione, come è stabilito nell'adunanza del
Consiglio dei Priori del 25 febbraio dello stesso anno (1).

In altra adunanza si approva la ricostruzione della fortezza di
« Castri Burchiani », distante da Mezzanelli « unum miliare vel circa »,
resa fino allora impossibile per la ribellione di Angelo Bartolomei da
Mezzanelli contro Braccio (2).

Continua la fortuna delle armi per il condottiero che nel gennaio
dell’anno seguente vede scomparire Muzio Attendolo Sforza, già colle-
ga alla scuola di Alberico da Barbiano e poi accanito avversario. Dalla
reggia di Napoli invia ai Priori di Todi consolanti notizie, ma poi im-
provvisamente lo colpisce la morte sotto le mura dell'Aquila il 2 giu-
gno 1424.

Poco piü lunga fu la durata della torre maestra della Rocca e delle
mura di Todi, se, sotto il pontificato di Paolo II (1464-1471) si parla
di riedificazione della fortezza di Todi; anche questa durata ben poco
perché il 18 agosto 1503, il giorno stesso della morte di Alessandro VI,
si ripeté la scena devastatrice del 1382, né mai piü la maestosa Rocca
tornó a svettare nel cielo, anzi le sue mura inghiottite dalle frane a
Nord, e, per la sommità e il lato Sud, demolite nel primo ventennio
del sec. XVI, servirono a gettare le fondazioni che sostengono la me-
ravigliosa cupola bramantesca del Tempio di Maria SS. della Consola-
zione.

Gran parte del pietrame, che m? Giovanni di Santuccio aveva po-
sto a servizio delle guerre fratricide, e che tante sofferenze erano costate
ai Tuderti, compie ora una missione spirituale, pacifica e consolatrice.

Sac. MarIO PERICOLI

NOTA BIBLIOGRAFICA

ALvi G. B., Braccio Fortebracci signore di Todi, sue vicende e progressi nel
Todino. Todi, Bibl. Comunale, ms., 2 C, 26, f. 88-91'.

VALENTINI R., Braccio da Montone, in « Enciclopedia Italiana », VII, p. 649-
650.

AncEGNI C., Fortebracci Braccio, in « Condottieri, Capitani, Tribuni » EBBI,
1936. « Enciclopedia Biografica e Bibliografia Italiana », serie XIX, vol. I.

MicHeLINI Tocci Luici, Braccio da Montone, in « Enciclopedia Cattolica », II.

(1) Vedi Documento II.
(2) Todi. Arch. Comun., Riformagioni, 58, f. 87-87°.





















MARIO PERICOLI

DOCUMENTI

I

(7 gennaio 1423)

Al nome de dio Amen. Questi sono li pacti fermati et convenuti, tra lo
Jllustre et Magnifico prencipo, Signor Braccio de Fortebracci, Conte di
Montone etc. dal una parte, et Magistro Johanni de Santuccio de la Cipta
de Spoleti, et mo habitatore de la Cipta de Tode, dal altra parte. Cioè che el
detto m? Johanni se obliga et promecte refare, ordinare et reconstruere, la
Mastra Torre de la Roccha de la Cipta de Tode dal pie fine ad la cima, et
coniungere el muro nuovo de la decta Mastra Torre, quale el decto m? Johan-
ni farà, al muro vecchio el quale é remasto de la decta Mastra Torre si como
stava prima, et de la largheca che era prima che la decta torre fosse guasta,
et secondo trova el muro vecchio, remasto de la decta Torre, et fare tutto el
concime de pietre. Et murarce tucti ferri che appartenesse et besognasse ad
la decta Torre. Item promecte el decto m? Johanni refare et construere da
novo el muro de la decta roccha verso la porta de la valle de tre piedi et
meco grosso si como stava prima che la decta roccha fosse guasta. Et simile
fare hedificare et construere l'altro muro appresso et contiguo con la decta Ma- .
stra Torre verso el piano de sancto Jorio grosso de tre piedi si como era pri-
ma, con tucto el concime et mectere de ferri che se appartenesse et se re-
chiedesse ay decti muri. Salvo et riserbato che la lumaca non deggia fare, ma
la deggia guastare, et menare la decta torre quadra. Et promecte el decto m?
Johanni comencare el decto lavorio subito entrisa la calcina et excom[encati]
li fondamenti. Et tenere et operare continuo al decto lavorio dodici magestri,
et perseverare fine al fine. Et questo se repromise el decto m? Johanni, et ad
le predecte cose se obligó, perché versavice el decto Jllustre et Magnifico pren-
cipo Signore Braccio promise dare et pagare al decto m? Johanni, per magi-
sterio precco mercede et fatiga de li decti lavorij, cioè de la decta Mastra
Torre de la larghecca che era el decto moro da piedi in Cima, fiorini octo per
ciaschuna perticha del moro de la decta Mastra Torre, et quactro fiorini per
ciaschuna pertica de li decti doi altri mori, cioè de quello verso la porta de la
Valle, et del altro muro presso la decta Mastra Torre verso el piano de sancto
Jorio. Et pià el decto Jllustre Signore promise al decto m? Johanni darli, o
farli dare, pietra, ferro, funi, legname, et calcina ad volta la prima fiata ad
pié del muro, et ogni fornimento per Jngenij che besognasse et rechiedessese
ay decti lavorij. Et che se mesuri voto per pieno. Et tucto el concime de la
decta Roccha che se trovasse exmurato ne la decta roccha, lo possano tol-
lere et mectere ne li decti lavorej, et che el fiorino se intenda ad bolognini
quaranta per fiorino.

BRACCIO FORTEBRACCI DA MONTONE, ECC. 117

Acta fuerunt hec in Civitate Tuderti videlicet in domo dicti Jllüstris
domini videlicet in cappella dictarum domorum ubi situm est altare, pre-
sentibus Eximio legum doctore domino Troiolo de Boncompagnis de Visso,
et Trincia de Fracta testibus, sub anno domini M9CCCCexxiij? Ind. prima,
die vij? mensis Januarij.

JacoBus DE FRACTA
Causarum in m.to ss.

Todi. Arch. Comun., Orig. cart. in doppio foglio, con traccia di timbro e ripie-
gato più volte, trovato dall’A. e collocato nel volume 59 delle Riforma-
gioni (1423-1424), dopo il f. 82.

Die xxv mensis februarij (1422)

. Considerantes multa Castra ac loca comitatus Tudertini que hac-
tenus propter hominum inhabitantium multitudinem, ac etiam quia vallata
erant muris et alijs repagulis constabant esse fortia et inexpugnabilia: nunc
autem quia numerus hominum et habitatorum dictorum Castrorum et lo-
corum nimium sit diminutus, et muri, et ambitus et propugnacula ipsorum
sint in maiori parte diruti et solo equati, ita quod ab incursu hostium como-
de tueri non possent, et per conveniens status presens pacificus excelsi et in-
cliti dnj nostri Braccij de Fortebraccijs de facili posset inquietari et pertur-
bari, volentes igitur huic inconvenientie et periculo providere ac salubre re-
medium adhibere ad hoc ut perinde noxia non eveniant nocumenta, ...una-
nimiter... deputaverunt super concimine, reparatione, fortificatione ac de-
fensione omnium et singulorum castrorum, locorum et fortellitiorum Comi-
tatus Tudert. etc.

Todi, Arch. Comun. Riformagioni, vol. 58 (1422), f. 146'-147.

Die septima mensis martij (1423)

... ‘Lictera ex. dni Braccij ad dnos Priores. Magnificis viris precaris- :
simis nostris Prioribus populi nostre Civitatis Tuderti... Regni Sicilie Ma-
gnus Com. lus etc.

Magnifici viri precarissimi nostri. Ricevuta vostra lectera et inteso mes-
ser Jacobo de Leoncino vostro Ambaxiatore, Respondemo et primo semo con-





































118 MARIO PERICOLI

tenti et volemo che Jugurta de messer Francesco sia rectore de sancto For-
tonato, sicomo per li vostri precessori fu ordinato et facto et che lui exercite
l'ufitio non obstante altra eletione fusse da poi facta et cosi fate observare
et decretare commo ve piace.

Ala parte de la calcina et legni de sancto fortonato volemo che m? Johan-
ni de Santuccio, a cui havemo dato el coptimo de la roccha, extime la dicta
calcina ad denari et cosi volemo li sia pagato et de ció scrivemo al camorlen-
go. Bem volemo che avendo bisognio di quelli legni li siano prestati, fine a
tanto lui li farà procurare d'avere daltronde et che subito siano restituiti et
cosi non si turbarà né volemo se turbe el vostro lavorio et cosi direte a Trin-

cia da nostra parte.
... Perusij, quarto martij, prime Ind.

Braccius de Fortebraccij princeps Capue, Montoni Comes Perusij, etc.



Todi, Arch. Comun., Riformagioni, vol. 59 (1423-1424), f. 3-3".



FONTI

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

a cura di ErronE Ricci

(Vedi volume XXXIX pag. 220 e segg.)

1809
GENNAIO:

A di 5. II S. P. fece scriver lettera a Miollis, riclamando sulla autorizza-
zione di far Maschere, Festini e Corse.

A di 6. Monsignor Vescovo Campanelli recitó l'Omilia dall'Altare.

A di 7. Fu sospeso il Consiglio Generale per mancanza del Luogotenente
che dovea assistere in luogo del Governatore al Giuramento dei Camerlenghi.

A di 9. Si seppe la morte di Giambattista Altieri, Gran Priore di Malta,
seguita in Roma il di 5 in età di anni 83. :

A di 17. Comparvero alcune Maschere contro il divieto Pontificio.

A di 19. Fu pubblicato Editto francese per il giuramento da prestarsi
in faccia al Comandante della Fortezza di tutti i Spagnuoli commoranti in
Città a Giuseppe Bonaparte dichiarato Sovrano delle Spagne.

A dì 20. Il S. P. spedì Breve ai Vescovi di Urbino e della Marca, traspor-
tati fuori delle loro Diocesi, per non aver voluto prestare il giuramento a Go-
verno francese richiesto fuori de’ termini, dal S. P. determinati, e li consolò
nelle loro afflizioni.

A dì 22. Il S. P. reclamò per essersi arrestato il Ministro di Spagna, e gl’ In-
dividui di quella regione nel proprio Palazzo di Spagna nella notte del dì 9.

A dì 23. Si ebbe notizia dell’assassinio seguito di notte al Parroco di Ra-
mazzano, D. Luigi Fabrizi, che in modo orribile venne legato nel proprio letto
insieme con la serva, e quindi derubato di tutto ciò che avea in casa.

A dì 26. Editto Francese di Roma per il regolamento da tenersi il dì 4
Febbraio.

A dì 29. Giornata di Primavera e morte di Maddalena Friggeri di anni 66
e fu fatto il funere il dì 30 in S. Gio: Rotondo de’ Filippini.

FEBBRAIO:

A dì 6. Tornando a casa di notte Domenico Morelli, Cameriere del O. An-
sidei della Fortezza da due travestiti fu spogliato di tutto ciò che avea.

A dì 11. Ordine francese, che niuna carrozza potesse passare per il corso
dopo il mezzo giorno all’usanza di Roma. Quindi fu arrestata la carrozza di
Monsignor Campanelli Vescovo, dalla Guardia francese, uscita poche ore dopo
il divieto.









120 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A di 15. Fu pubblicato l'Indulto Pontificio assai amplo per i cibi quare-
simali.

A dì 16. Nella notte seguì un furto nella Chiesa del Duomo; fu spogliata
la Madonna delle Grazie de’ principali voti di argento e di altri Dont preziosi.

A di 17. Notificazione Vescovale, con cui, a nome del S. P. si notificava
lincendio seguito nel tempio di Gerusalemme a riserva del Sagro deposito;
e si richiedeva dai popoli limosine per il riedificamento del suddetto edificio.

A di 18. Lettera vescovile ai Parrochi di dar lo Stato delle anime.

A di 20. Per ordine del Vescovo, il Priore del Clero Urbano fece noto ai
Confratelli, nella chiesa di S. Lucia radunati, che non permettessero in appresso
la celebrazione ‘de’ matrimoni, se non la dottrina in tempo della Messa.

A dì 27. Un Commissario Francese richiese al Magistrato 500 ne che

- si disse fatta la ripulsa per mancanza dell’ordine Sovrano.

MARZO:

A dì 3. Fu posta Guardia francese allo spaccio del pesce, per ricorsi fatti,
che i Birri corressero a provvedere a forza il pesce migliore a prezzo infimo.
A dì 5. L’accatto nella Chiesa dello Spedale, peril Purgatorio; fu di scudi 53.
Partì il Comandante francese colla maggior parte della Guarnigione.

A dì 9. Alcuni Ragazzetti si presentarono al Vice-Comandante della For-
tezza per avere i passaporti; si meravigliò il Comandante, e ne fece consape-:
voli i rispettivi Genitori.

A dì 12. Il Canonico Mancini, essendo stato soggetto ad una pericolosa
malattia, ristabilito che fu mandò per ringraziamento alla Madonna delle Gra-
zie un Voto di argento del valore di scudi 25, rappresentante la Vergine soste-
nuta in gloria da due Angeli.

A dì detto l’accatto per il Purgatorio fatto in Cattedrale fu di scudi 102.50.

A dì 13. Cadde della neve. Notificazione per gli esercizi da farsi in Duomo
e nelle altre 4 chiese, da incominciarsi il dì 19.

A dì 19. S’incominciarono nel giorno gli Esercizi Spirituali in Duomo,
e nella mattina per tempo in 4 Chiese.

Morirono Vittoria Gualtieri Cesarei di anni 34, e Piera Donnini di anni 35,
e nel dì 21 furono fatti i funerali: per la prima in S. Teresa de’ Carmelitani scalzi;
della 28 in S. Domenico.

A dì 27. Fu fatta dichiarazione di guerra dall'Imperatore d’ Austria alla
Francia.

Circa questo tempo una Flotta Russa s'impadroni di Cattaro per incuria
de' Francesi, che tardarono occuparlo, e l'Imperator d'Austria ne >» pagò la pena.

Paprreene si era costituito Protettore della Lega.

APRILE: M

A di 2. Monsig.r Campanelli recitó l'Omilia nel Trono dopo il Vangelo.

A015, 6; 7. "Neve:

A dì 6. Fu fatta la Cavalcata de’ Cocchieri per portar Cera ed altri al Luogo
nuovo.

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 121

A dì 7. Stante la intimazione della Guerra fatta alla Francia dall’ Impera-
tor d’Austria, questi partì per andare all’ Armata.

Fu fatto il funere in S. Domenico per Anselmo Veglia morto di anni 66
il giorno 6. : 1 1

A di 8. Freddo fuori di stagione, come anche nel di 9.

A di 11. Giunse il Comandante francese nella Fortezza.

A di 12. Mori di anni 62 Giambattista Alfani, e fu fatto il funere in S. Fran-
cesco nel di 14. ; |

A di 14. Parti da Vienna Francesco II con tutta la famiglia per l'Ungheria.

A di 15. Parti.da Parigi l'Imperatore Napoleone accompagnato dal-
l’Imperatrice per andare alla guerra intimata dall’Austria. ;

A di 16. Un Chirurgo dell'Armata francese, essendo stato condotto per
passatempo con altri Compagni in una casa prossima a quella di Marcarelli
nella Parrocchia di S. Fiorenzo, per saltare da una finestra delia medesima,

rimase precipitato, e morto nel di 23, e nel 24 fatto il funere allo Spedale.
A di 17. Passó un distaccamento di Francesi per l'Etruria.

A di 19. Francesco Alfani, divenuto pazzo frenetico, sul far del giorno
fu veduto quasi ignudo girar le piazze, che venne preso, e legato ricondotto
alla propria casa coll'assistenza dei Medici.

A di 21. Fu aggiunta la Colletta alla Messa per ottenere la serenità. Giunse
un corpo d'armata di quasi 800. Il comandante ordinó che si chiudessero la
sera le ‘botteghe per evitare qualunque inconveniente; inviandosi da esso a
tale effetto un birro con due comuni. :

A di 23. Furono mandati esploratori da Monsignor Campanelli per tutte
le chiese parrocchiali per osservare se si insegnava la dottrina. cristiana. '

A di 25. Preghiere ai SS. Confaloni per ottenere la serenità.

Nel tempo che Napoleone, partito da Parigi per l'Armata, avea il quartier
generale in Ratisbona, con decreto delli 24 aprile soppresse l'Ordine Teuto-
nico in tutta la Confederazione del Reno. I beni e possedimenti de' detti Ordini
dovessero essere uniti al demanio de' Principi degli Stati, ne' quali erano si-
tuati, col darsi le pensioni ai membri dell'Ordine. Fece sequestrare tutti i beni
de’ Principi e Conti dell' Impero e membri dell'Ordine equestre, che non s'erano
uniformati agli articoli della Confederazione del Reno. Non avea dichiarato
mai alcuna religione dominante in Francia. Una tolleranza era il sistema ad-
dottato. Riaperte furono le Sinagoghe, conceduto un culto pubblico ai Luterani,
e riformati; erano protetti i Ministri e sostenute le loro assemblee. La sola Re-
ligione Cattolica fu presa di mira, e si cercavano le vie per conculcarla ed
opprimerla, come si é veduto e si vedrà in appresso.

A di 30. Giunse in Perugia Monsignor Luigi Pandolfi, come Governatore
della Città e Preside dell'Umbria.

MAGGIO:

A dì 1. Furono esposti i SS. Confaloni nelle respettive Chiese per ottenere
la serenità.

A dì 2. Fu fatto il funere in S. Spirito di Ugolino Borbone di Sorbello,
morto il dì 30 aprile di anni 68. Ed in S. Ma. Maddalena per la Monaca Bal-
deschi morta di anni 33.











122 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A dì 3. Fu pubblicato Editto di Monsignor Pandolfi, con cui si richiama-
vano in vigore tutte le leggi emanate dai suoi Predecessori.

A dì 6. Editto del Preside sulla essenzione del Dazio del Testatico.

A di 8. L' Imperatore Napoleone era lontano 3 leghe da Vienna a S. Pol-
ten ove pose il Quartiere. Per motivo della Guerra coll’Austria, Napoleone
abbandonò la Spagna ed andò in Alemagna, ove in 10 fatti d’armi cogli Au-
striaci gli battè che domandarono poi la pace, come si dirà, di cui fu pegno il
matrimonio di Ma. Luisa Arciduchessa d’Austria.

L’Arciduca Massimiliano non avendo forze in Vienna, se ne partì ed andò
in Boemia.

Nel dì 11. Fu firmata una capitolazione del Generale di divisione per la
resa di Vienna. Bonaparte pubblicò un Proclama agli abitanti di Vienna, come
il suo solito, di promesse, ma non da adempirsi. Fece imposizione di molte
centinaja di milioni di franchi. Si cantarono Te Deum solenni. Napoleone
giunse in Vienna con milanterie di morti, prigionieri, artiglierie prese; ma
furono cose tutte false. La Russia dovette dare ajuto in tali circostanze di
guerre alla Francia in vigor di un trattato conchiuso fra i due Imperatori;
agiva però lentamente, non volendo veder la Francia ingrandita. Napoleone
se ne accorse, e si sdegnò contro la Russia e portò seco la spedizione dell’ar-
mata francese in quell’Impero, come si vedrà.

A dì 14. Editto del Preside, in cui si vietava di tener muraie di sassi, let-
tamaje e gettar immondezze nelle strade maestre.

A dì 15. Il Preside proibì giuochi di qualunque specie ne’ pubblici
ridotti.

A dì 16. Bullettini Ministeriali francesi delle battaglie seguite in Germa-
nia tra le Armate Austriache e Francesi.

La partenza di Napoleone da Parigi nel dì 15 aprile per Strasburgo e poi
per Vienna, abbandonata da Francesco II nel dì 11, e partito per il suo
Regno di Ungheria con tutta la Famiglia, ed equipaggio.

A dì 17. Essendosi occupata Roma dai Francesi, e Pio VII rinchiusosi
nel Quirinale con eroica rassegnazione, Napoleone meditando annievtare la
potestà Spirituale e Temporale del Pontefice, fulminò da Vienna, nel dì 17
maggio 1809 un Decreto in cui riuniva all'Impero Francese gli Stati del Papa
e Roma dichiarata Città Imperiale Libera. Che nel dì 1 giugno una Consulta
dovea prender possesso a nome suo degli Stati del Papa acciò fosse orga-
nizzato il Governo francese nel p?. Gen. 1810.

A di 21. Omelia di Monsig.r Campanelli in Domo il di di Pentecoste.

A dì 20. Gonfio Napoleone de’ suci avvicinameati fece fare alla sua ar-
mata il passaggio del Danubio, gittando varj ponti.

A dì 22. Nel dì 22, giorno fatale per la sua armata. Per una corrente di
acqua, prodotta da pioggia dirotta, si staccarono i Molini, e portando degli
alberi furiosamente in gran quantità, e urtando tali masse ne’ ponti, questi
furono rotti e trasportati, e fu intercettata la communicazione tra la spondg
e le diverse isolette del Danubio. L'Armata Francese trovossi abbandonata
sulla riva opposta, senza artiglieria e munizione: 200 Cannoni fulminavano
Napoleone e l'Armata sua, le truppe Austriache e battevano il nemico. Napo-
leone avvisato si gettò in una barca e lasciando a Lannes Generale il comando
dell’Armata, cercò di salvarsi la vita. Gli Austriaci ripresero le loro posi-

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 123

zioni. Dalli 21 maggio sino alli 6 luglio non seguirono che parziali combat-
timenti.

A di 29. Furono di nuovo trasportati i Canali di Piombo dai Magazzini
della Tesoreria in Fortezza coll'assistenza della guardia francese.

GIUGNO:

A di 1. Per ordine di Napoleone del di 17 scaduto, una Consulta prese
possesso a suo nome degli stati del Papa, da organizzarsi nel 19 Gennaio 1810.

A dì d.° seguì diverbio tra il Preside ed il Comandante Francese per il
primo posto nella Processione del Corpus Domini, che non essendo ceduto
al Comandante lasciò d’intervenirci.

Ad ore 22 venne una scossa di Terremoto.

A dì 2. Per editto del Preside si riprovavano gli abusi de’ Bagherini,
sempre intenti a monopolj, opposti al libero commercio, privando il popolo
di potersi provvedere de’ commestibili di qualunque specie, e si proibì loro
di non comprare se non un’ora prima del mezzodì per motivo de’ ricorsi.

A dì 7. Si viddero de’ cariaggi carichi di fucili, palle, spingardi e tam-
buri guidati fuori della Fortezza per essere altrove trasportati.

A dì 9. Proibizione del Comandante di non andare a caccia senza licenza.

A dì 10. Trasportati furono nuovamente i Canali di piombo dalla For-
tezza nel locale della Tesoreria per ripristinarsi per uso degli acquedotti, stante
il rescritto ottenutosi da Pietro Vermiglioli, che indefesso e premuroso per
gli affari della Patria sua, erasi di nuovo rapidamente trasferito in Roma dal
Generale Francese per tale oggetto. «4

A di detto fece il S. P. pubblicare una notificazione a' suoi sudditi in occa-
sione del cangiamento di governo che si tentava.

A dì 11. Il S. P. fece pubblicare la Bolla di Scomunica contro il Governo
Francese.

A dì 12. Gente in folla fuori dell’Offizio della Posta per sentire le nuove di
Roma, che intese il destino dello stato Papale stante il Decreto di Napoleone
del dì 17 maggio scaduto, in Vienna, e che il Governo Costituzionale doveva
avere organizzato nel dì 1° Gennaio 1810.

A dì 13. Fu arrestato il Preside nelle proprie Camere per organo di Giu-
seppe Rosa Direttore di Polizia per essersi opposto alla pubblicazione del-
l’accennato Decreto.

A dì 14. Fu pubblicato il Decreto di Napoleone per ordine di 7 Decemviri
colla scarica di sei perzi d’Artiglieria della Fortezza ed il suono delle Campane
del Pubblico a festa, alle ore 15 e fu osservata dal Popolo sventolare la Ban-
diera tricolore nel Maschio di d.® Fortezza, col suono di Trombe. Furono ve-
duti affissi Proclami in diverse ore del giorno, sottoscritti dai Francesi Miollis,
Saliceti, Vanet e del Pozo, membri della Consulta straordinaria. Nel p.° an-
nunziavasi a nome dell’Imperatore Napoleone la conferma dei pubblici fun-
zionarj; nel 2.° la sospensione dei Giudizj; nel 3.° la deposizione dei Stemmi
Pontificii. Quello dei Xviri invitava i popoli di Perugia ad illuminare le case.
Avanti le 24 il Rigattiere Fiori fece innanzi le 24 risplendere il suo zelo per l’im-
pero francese sopra la porta della sua bottega situata sotto il palazzo Crispolti.
Nella sera fu illuminazione al Teatro del Verzaro aperto gratis per ogni sorta









124 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

di persona. Nel Tiferno i popoli si posero in sommossa per sentirsi sudditi
de' Francesi.

- A di 15. Fu regolato l'Orologio all astronomica per il suono, e vi era la.
mostra 2.* all'Italiana.

A di 16. I Decemviri emanarono un editto che non s'insultasse alcuno
per opinione.

A di17. Furono inviati dai Decemviri il Marchese Marazottini e Curzio
Moroni per rendere omaggio a loro nome al Governatore di Roma Alessandro
Miollis e ad altri della Consulta.

A dì d.° Fece il S. P. indirizzare a Vescovi dello stato Pontificio lettera
in dilucidazione di alcuni dubbi insorti sulla Bolla di Scomunica delli 10
giugno corrente. I dubbi proposti furono 6 espressi nel libro de’ Documenti
di sopra nominato. : ;

A di 19. Fu ordinata la Colletta alla Messa per ottener la pioggia.

A di 22. Giunse da Spoleto Francesco Laurenti organizzatore della truppa
Civica per l'Umbria. ;

A dì d.°. Il S. P. fece scrivere lettera a Monsig.r Cesarei, Reggente della
S. Penitenzieria per rispondere ad un dubbio proposto riguardo ai Parrochi.
Nel libro suddetto. )

A dì 23. Il S. P. fece scrivere lettera ai Vescovi dello Stato . Pontificio,
ingiungendo che niuno de’ suoi sudditi potesse ascriversi alla Truppa civica.

Fu scritta lettera a Terni dal Generale Radet Francese a Terni, in cui
facea conoscere che il Papa, Vescovi, Sacerdoti dovessero intrigarsi negli af-
fari di Religione e non in quelli del Governo. Ordinò il rispetto al Capo della
Chiesa e poi fu il primo ad intimargli l’arresto.

A dì d.°. Furono pubblicati 4 Proclami; l’uno del Prefetto del Metauro
per il regolamento da tenersi nella Fiera di Sinigaglia; altro 2.° di Miollis
per la requisizione delle armi da fuoco e da taglio; il 3.° della Consulta per
la organizzazione della Truppa Civica e di linea; il 4.° del Correnti per avviso
a tutti i volontarj di doversi presentare a Giovanni Anselmi, Capo di Batta-
glione per essere intesi de’ Privilegi, ed ammessi al Ruolo. ;

A dì d°. Abboccamento tra Giovanni Anselmi ed il Preside Pandolfi che
fu dal p°. guidato con la forza francese al Convento di S. Agostino.

A di 24. Si erano già arrolati tra volontari 100 giovani.

A di 28. Fu innalzato lo stemma di Napoleone sopra la Porta del Palazzo
illuminato, essendo stato deposto quello del Papa tra il suono della Banda
Militare e le Campane del Pubblico, e coi Donzelli colle torce accese in mano,
essendo 3/4 di notte.

A di 30. Editto de' Decemviri per il puntuale pagamento del Testatico
imposto in tempo del Governo Pontificio.

Tornò da Roma Curzio Moroni creato dalla Consulta Governatore interno
di Perugia. Andò in Roma Antonio Brizi, come agente degli affari della Città.

LUGLIO:

A dì 1. In tempo di notte si sollevò un improvviso turbine alle ore 344
con lampi, tuoni, acqua e grandine con spavento di tutti.

A dì 2. Fu aggiunta la Colletta alla Messa in ringraziamento per la pioggia
ottenuta.

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 125

.Fu intimato Consiglio dai Decemviri coi Capi di Famiglia per l'annunzio
avuto che Perugia era stabilita Cantone soggetto a Spoleto, e ne risultó che
' fosse fatta spedizione in Roma di Curzio Moroni e Ferdinando Cinelli per
far ricorso di tale determinazione.

A di 3. Proclama di Miollis per l'istituzione di una Guardia di onore per
Roma, da fermarsi nel Dipartimento da 116 volontarj tra Nobili e Cittadini.

A dì 4. Turbine nella mattina con pioggia e gragnuola. Editto di Miollis
per i pagamenti da darsi ai pubblici funzionari.

A dì d°. Morì di anni 72 il Dr. Giuseppe Spiganti, pubblico Lettore, e
nel dì 5 fu fatto il funere in S. Simone del Carmine.

A dì 6. Editto della Consulta di Roma per la soppressione del S. Offizio
e della Immunità Ecclesiastica. :

Agli affari della Guerra surriferita si unirono molti fatti nel Granducato
di Toscana. Le Diocesi faceano parte della Chiesa Gallicana. Roma tripudiava
sull'orlo delle proprie rovine per essere unita al Regno e Impero di Francia.

Nel di 6. Un Ministro, che fu Radet arrestó il Vicario di Cristo Pio VII;
di notte tempo lo costrinse ad abbandonar la sua sede per passare in Francia.
L'iniquità trasportava gli abitanti del Campidoglio. Questo memorabile fatto
segui nel di G suddetto e di notte fu eseguito.

Nel dì sudo. Il S. P. congedossi, dopo intimato il suo arresto, e la depor-
tazione. Nel lib°. sud°.

Nel dì sudo. Successe la sanguinosa battaglia di Wagram tra l Armata
Austriaca e francese, e nel dì 11 fu firmato armistizio tra l'Imperatore d’Au-
stria e Napoleone. Dopo questo armistizio l’Arciduca Carlo, Generale delle
Truppe dell’Austria, si dimesse dal comando dell’Armata, e se ne partì.

A dì 8. La sala ‘de’ poteri rimase chiusa sino al mezzo giorno; ma poi
per ordine del Governatore interino rimase, secondo il solito, aperta.

A dì 9. Vennero editti della Consulta: Primo per le pensioni; 2°. per i De-
positi; 3°. ordine ai parrochi di dare lo stato attivo e passivo delle loro annuali
rendite.

Fu fatta da Gioxanbi Anselmi la distribuzione de’ posti militari per la
Truppa civica.

A dì 10. Si seppe la inuitus di S. Santità Pio VII seguita il di 6 alle
ore 7 italiane, per non aver voluto sottoscrivere la cessione de' stati apparte-
nenti al suo dominio, venendo guidato alla volta E Savona dal Radet, Generale
de' Gendarmi. .

A dì 11. Seguì l’Armistizio oggi sottoscritto tra l'Imperatore d'Austria
e l'Imperatore Napoleone. i

Giunse il Colonnello Miollis Governatore dell'Umbria e ricevè la visita, e
riprove di rispetto dai pubblici rappresentanti e a di lui contemplrzione vi
fu illuminazione al Teatro del Verzaro, gratis per tutti e distribuito un so-
netto di Brugalassi Sacerdote e Maestro in lode del medesimo.

A dì 12: Andaro dal Governator Miollis molti capi di famiglia che gli
rese consapevoli di ciò che doveano fare per la elezione del Maire. Furono
chiamati, che vennero, il Vicario, Capitolo e Parrochi e Capi di Comunità rego-
lari, per essere informati del modo come doveano portarsi verso le popolazioni.

A dì 13. Venne ordine francese a Monsig.r Pandolfi di partire dalla Città
e Territorio in termine di ore 24.

















126 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

Fu convocato il Consiglio di molti Capi di Famiglia di varj ceti nelle Ca-
mere Decemvirali, che per schedola nominarono co' soggetti, tra' quali per
voti si elesse il Maîre.

A dì 14. Monsignor Campanelli andò a far visita al Governatore Miollis
tornato da Città di Castello.

A dì 15. Partì per Spoleto Miollis.

A dì 16. Monsignor Cesarini inviò alla Cattedrale in dono due Pianete
di drappo bianco, un camice con merletto di notabile altezza ed un calice
di argento.

A dì 17. Il Governatore interino Moroni mandò editti; l’uno per prove-
dersi della Tariffa da qualunque venditore di commestibili; l’altro proibì ai
rispettivi superiori de’ regolari possidenti di poe ai coloni loro la ven-
dita del bestiame di qualunque specie.

A di do. Mori di anni 31 Ascanio Baldeschi, e nel di 19 fu fatto il funere
in S. Francesco.

A dì d°, Morì di anni 75 Giambattista Baldelli e nel di 19 si fece il funere
in S. Agostino.

A dì 20. Fu fatto dalla forza armata sulla sera il perquiratur al P. Revilli
servita in S. M*. Nuova per aflar politico.

A di do. Mori di anni 82 il P. Prior Lauri in S. Pietro, e nel di 21 ne fu
fatto in S. Pietro il funere.

A di do. Mori di anni 21 Girolamo Montesperelli, e nel di 21 fu fatto
il funere in S. Francesco.

Editto del Governatore sull'abuso de' Cani.

A di 22. Fu fatto il perquiratur nelle Camere del Confessore di S. Mar-
gherita e arrestati il Servigiano e Coloni per affari politici.

A di 24. Le lettere di Roma per la p®. volta dispensate a bajocchi 3.

A di 28. Comparvero copie stampate di una Scrittura fatta da Antonio
Brizi legale all'Imperial Consulta di Roma, dove erano descritti i meriti
della Città di Perugia superiori a quelli di Spoleto, eletto per Capoluogo.

A. di 29 Decreto della Consulta di Roma a nome di Napoleone, dove ri-
manevano aboliti i Feudi e titoli.

Fu pubblicato un Editto dal Governatore interino, che richiamava alla
scrupolosa osservanza tutte le leggi pubblicate nel Governo Pontificio.

AGOSTO:

A di 1 Fu fatto un furto di notte nella Spezieria Bonucci di 40 piastre.

A di 2. Giupnse una compagnia di Gendarmi, edil Comandante della Fortezza.

A di 3. Mori Costanzo Pucci Boncambj di anni 22, e nel di 4 fu fatto il
funere in S. Severo.

Editto peri Gendarmi per il loro Uffizio in difesa della proprietà e delle
persone.

A di 5. Varj editti fatti dal Governo: l'uno riguardante la festa di S. Na-
poleone, da succedere in Roma colla illuminazione della Cuppola di S. Pietro
in Vaticano; 2e. l'istituzione della Società di pubblica beneficenza in Roma;
39. l'istallazione de' sottoprefetti e Maire; 49. sull'archivio fissato per custo-
dire le Carte deil'antico Governo; 59. sulla conferma dei Monti di Pietà da re-

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 127

golarsi colle loro leggi particolari; 6°. il divieto di percepirsi dal Cambista più
del 5 per 100 dei denari dati ad interesse; 79. sullo stabilimento dei Cimiteri
da erigersi in qualche distanza fuori della Città; 8°. sul provvedimento da
prendersi in Roma per la custodia de’ monumenti pubblici.

A dì 6. Quadrante dell'Orologio pubblico tornato a regolarsi ell'Italiana
ed Astronomica.

A dì 8. Quattro del Magistrato si portarono da Monsig.r Campanelli Ve-
scovo, per invitarlo a far Pontificale la mattina delli 15 in Duomo, in ricor-
renza della Festa di S. Napoleone.

A dì 11. Fu trasmesso biglietto d’avviso dal Governo ai rispettivi Su-
periori per aver drappi rossi per ornare la Chiesa del Duomo per la festa di
S. Napoleone.

A dì 12. Editto della Consulta per i privilegi accordati a vantaggio della
fabbricazione dell’Olio di lino.

A dì 13. Fu pubblicato un manifesto per riguardo alle Funzioni Eccle-
siastiche e militari per il dì 15 per la festa suddetta di S. Napoleone.

A dì 14. Decreto di Napoleone riguardante gli anniversari da celebrarsi
in ogni anno per varj felici avvenimenti seguiti all’Armata francese.

Editto del Governator dell’Umbria, dove s’ingiungeva di farsi la Pro-
cessione e cantarsi il Te Deum nella Cattedrale nel giorno di S. Napoleone
per il ristabilimento della religione Cattolica in tutte le Gallie.

Dopo quattro colpi di Cannoni dati dalla ‘Fortezza rimase illuminata
tutta la Città e si viddero 160 lampioni di varj colori all’ingresso della Porta
della Cattedrale in faccia alla fortezza.

Nella sera medesima vi fu congresso da Monsignor Vescovo del Vicario
e varj Teologi per riguardo il rito di cantarsi il Te Deum la mattina se-
guente.

A dì 15. Vennero alla Messa la Milizia Civica e di linea, il Governatore
Moroni con altri, e comandante, e Uffiziali, e prima fu fatta la Processione
per la Chiesa, col canto dell’Ave Maris Stella. Di poi fu intonato il Te Deum.

Nella sera vi fu illuminazione per la città, e poi all’ora competente si diede
fuoco ad una Machina preparata di fuochi artificiati.

A dì d°, Napoleone creò un ordine intitolato de’ tre Tosoni d’oro.

A dì 16. Furono incominciate le Trattative di pace tra l’ Imperator d’Au-
stria e Napoleone, il dì 14 ottobre fu firmata la pace da ambe le parti in
Vienna in numero 17 Articoli con gran Sacrifizi dell’ Imperator d’Austria in
favore della Francia. i

A dì d°, Giunse il Marchese Spada di Spoleti destinato dalla Consulta
per Sottoprefetto di Perugia con guardia di Gendarmi.

A dì 19. Fu posto il ritratto di Napoleone dipinto da Domenico Garbi
nel luogo dov'era quello di Pio VII, cioè nella Camera avanti la Cappella De-
cemvirale.

A dì 20. Venne copia della difesa di Benedetti da Spoleto contro la scrit-
tura legale di Antonio Brizi a favore di Perugia.

A dì 22. Editto della Consulta per l'abolizione dell'appalto de Spill
stracci, ed altri generi.

A di 23. Istallamento del Giudice di Pace, dei Presidenti del Tribunale
di p?. istanza e di giustizia, seguito per ordine del Vice-prefetto.













128 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A di 24. Cadde una saetta sopra il tetto della Parrocchia di S. Andrea
P. S. S. senza grave danno del Campanile.

‘A dì 25. Si seppe caduta nel giorno antecedente una saetta nel Casino
Campestre di Pelliccione di Marco Rossoni col danno di un figlio di anni 10.

Seguì una scossa di terremoto dopo il mezzo giorno.

A di 27. Fu mandata lettera circolare dal, Vice-prefetto a tutti i parro-
chi a dare in scritto in termine di 6 giorni lo stato delle anime.

A dì 28. Si portarono dal Vescovo 4 deputati del Clero Urbano per con-
sultarlo sulla richiesta fatta dal Vice-prefetto dello stato delle anime.

Fu biffata la porta della Sala de' Notari per ordine del Governo.

Fu dato il possesso al Maire Conte Giulio Cesarei a due aggiunti e a 30
Consiglieri dal Vice-prefetto.

A di 30. La sala de' poteri fu ridotta in locale per uso della Cancelleria
Criminale a spese del Tribunale dell'abolita Inquisizione del S. Offizio per
non aver voluto cedere a tale effetto le rispettive camere.

SETTEMBRE

y A dì 1. Furono chiamati tutti i Superiori delle Comunità Religiose nelle
Camere del Vice-Prefetto per l’avviso di contribuire le occorrenti suppellet-

tili per commodo de’ Giudici.

A dì 2. Andarono gli Uffiziali della Truppa Civica a tutte le Cure per pren-
dere i libri dello stato delle anime.

A dì d° Morì di anni 62 Adriano Mariotti, e nel d 3 fu fatto il funere
in S. Angelo P. B.

A dì 6. Furto seguito senza fascio, di robe, e denari, nella Bottega in
faccia alla Porta del Palazzo.

A dì 7. Giunse Colonna da Roma deputato Demanio.

A dì 8. Essendosi opposto D. Giuseppe Tori, Parroco di S. Angelo P. S. A.
di ricevere la truppa civica per la Processione della Madonna, fu spedita la
Gendarmeria dal Capo di Battaglione, e fu ritardata la Processione.

A dì 9. Partirono il Maire e gli aggiunti per Spoleto per complimentare
il Prefetto dell’Umbria.

A dì 11. Seguì un-incendio in Casa di Scaramucci, Caldararo, in faccia
a Casa Ranieri al Carmine, e da Gendarmi accorsi si riparò ad ulteriori danni.

A dì 12. Tornò da Roma Antonio Brizi assente per affari della Città per
alcuni mesi.

A dì 13. Legge della Consulta per il mantenimento della lingua italiana
nella sua purità e provvedimenti per la riforma dell’Accademia degli Arcadi.

A dì 15. Editto del Maire per impedire varj abusi del libero commercio.

Editto della Consulta in cui si proibiva alla Municipalità d’imporre Dazi
e prestiti senza il beneplacito del Prefetto, Vice-Prefetto e Consulta.

A dì 20. Giubileo per 8 giorni nella chiesa della Confraternita di S. Antonio
Abbate, con 4 Penitenzieri destinati dal Vescovo per commodo dei Fedeli.

A dì 22. Editto della Consulta per il divieto de’ giuochi di azzardo.

Altro per arrestare i fomentatori dell’insurrezione colla promessa del premio.

A dì 26. Legge del Maire per rimuovere le ruote dentate ai Carri dei Coloni
per trasporto delle derrate.

È CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 129.

A.di 28. Editto del Vice-prefetto Fguarsazio la pubblicazione dei ma-
trimoni, nascita e morte di persone.
A dì 30. Neve ai monti.

OTTOBRE:

A dì 1. Fu fatto il funere nella Chiesa del Gesù al P. Simonetti Barnabita,
morto il dì 30 settembre di anni 68.

Seguì furto di robe e denari nella casa del Parroco di S. Biagio.

Legge della Consulta:di non vestire abito. Ecclesiastico nero se non da
quei impiegati per gli Ordini Sagri.

A dì 6. Legge della Consulta che determinava la somma de’ franchi a chi
avesse arrestato un brigante.

A dì 7. Prima seduta di correzione fatta ‘Dalla Camere del Maire e furono
giudicati ed esaminati 3 rei.

A dì 9. Morì in età di 67 anni il Barone Giuseppe Crispolti, e nel di 10
fu fatto un solenne funere: in S. Crispolto di Bettona.

A dì 11. Furono poste Catene di ferro per ornamento e riparo nella piazza
nuova.

A dì 13. Cadde una saetta in Casa del Medico Ceccotti nella Pescheria,
senza danno notabile.

A dì 14. Fu firmata la pace tra l’ Imperator d’ Aiuta e Napoleone con
gran sagrifizi del primo.

A dì 16. Partì da Vienna l’ Imperator dine dirigendosi a AAA
e nel dì 26 giunse a Fontaineblau.

A dì 17. Fu spedito un corpo di Truppa Civica per arrestare gli insor-
genti del. Tiferno. i

A di d». Mori di anni 79 Francesco Maria Rosa e nel di 18 fu fatto il fu-
nere in S. Domenico.

A di 19. Fu aperta la seduta criminale nella Sala dei Notari e furono fatte
allocuzioni dal Procuratore Imperiale e Presidente.

A di 20. Seduta criminale di 3 rei d'assassinio in pubblico, condannati
a 24 di ferri.

A di 21. Per ordine Imperiale io unte partire. per Parigi il Conte Ales-
sandro Oddi in Termine di ore 48 e segui nel di 24.

A di 22. Fu aggiunta alla Messa la Colletta per il Papa.

A dì 25. Fu pubblicata a suon di Tromba la pace tra l’Austria e la Francia,
. che fu poi l'occasione del Matrimonio seguito tra Napoleone e la Figlia del-
l’Imperator d’Austria col ripudio di Giuseppina Beaurnais per averne da
questa Figli e successori per la Corona di Francia. ;

A dì 27. Si portarono i gendarmi ell’Episcopio circa le ore 7 della sera,
che in portantina condussero Monsignor Arcivescovo Campanelli alle Camere
del Vice-prefetto, col quale trattenutosi circa due ore alle... per ordine
del medesimo dovette essere trasportato in Carrozza dalla forza armata alla
volta di Spoleto Capoluogo del Dipartimento per presentarsi al Prefetto.

A dì 28. Venne lettera di Offizio al Capitolo del Duomo riguardante l'in- .
vito al medesimo di cantare nel dì 29 l’inno Te Deum inter Missarum Solem-
nia per la pace suddetta già pubblicata

9









130 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A di 29. Essendosi il Capitolo del Duomo opposto a cantare il Te Deum
nella propria Chiesa, questo fu cantato in S. Domenico coll'intervento de'
pubblici rappresentanti e Funzionarj La sera vi fu iluminazione al Teatro
del Verzaro per la Città e Veglione gratis nel detto Teatro.

A di do, Mori Ludovico Perna, uno dei 30 Consiglieri, di anni 62 e nel
di 31 fu fatto il Funere in S. Agostino

A di 31. Parti Serafino Silvestrini, Cancelliere Vescovile, per Roma per
perorare la causa di Monsignor Campanelli Vescovo, presso quella Consulta
dimorando intanto in Spoleto nel Convento dei Serviti.

NOVEMBRE:

A dì 6. Ritornò da Spoleto Monsignor Campanelli nella sera e nel di 7
ricevette visite di congratulazione dal Capitolo ed altre distinte persone.

A dì 11. Si seppe venuto in Roma il nuovo Re di Napoli.

A dì 12. In Monte Malbe vesti l'Abito Religioso Raniero Friggeri di anni
30, e prese il nome di Fr. Crispino.

A dì 14. Partì per Monte Corona Monsignor Arcivescovo Campanelli.

A dì 15. Seguì un incendio in casa del D.r Orsini P. B. ma senza grave
danno.

A dì 16. Seguì di notte un furto in Casa Mandolini vicino alla Chiesa
Nuova. :

A di 18. Consiglio di 39 Lettori della Università avanti il Vice-Prefetto
per causa di una lettera del Sindaco a loro diretta, in cui s'invitavano a dare
il giuramento civico a tenore del codice di Napoleone, che si prestó da loro
a tenore della formula di quello.

A di 20. Partiil Canonico D. Pasquale Rosei per l'Eremo di Monte Corona
a vestir l'abito Camaldolese dopo un mese di prova.

A di 22. Furono sospese le scuole della Università per ordine del Vice-
Prefetto. :

A di 23. Giunse il Boia coll'Ajutante, abitando al Bulagajo.

A di 25. Dal Governo per l'esecuzione delle Giustizie per i delinquenti
fu stabilito il Prato di S. Francesco de' Conventuali.

A di 29. Furono riaperte le Scuole della Università per ordine del Vice-
Prefetto attese le istruzioni della Consulta di Roma.

DICEMBRE:

A dì 1. Fu innalzato il palco vicino alle mura laterali della chiesa di S. Fran-
cesco per uso de’ rei condannati ai ferri.

A dì 2. Fu aggiunta alla Messa la colletta per la serenità da ottenersi.

A dì 3. In S. Domenico fu cantato l’Inno Te Deum coll’intervento delle
Autorità e Funzionarj per l'anniversario della vittoria riportata dai Francesi
nella battaglia di Austerliz.

A di de. Napoleone in Parigi apri la sessione del Corpo legislativo: che
l'Olanda dovea soffrir cambiamento: vantó il suddetto l'alleanza colla Russia
e mostró lo sdegno contro il Pontefice, dicendo, che l'infiuenza spirituale era
contraria alla indipendenza della Francia ed alla Sicurezza del suo Trono.

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 131

A di 4. Neve ai monti. A di 5 e 6 Pioggia.

A dì 6. Cadde di notte il Palco peri rei esposti sulla Piazza di S. Francesco
e venne trasportato fuori della Immunità, presso il muro dell’Orto dei Con-
ventuali per i reclami fatti al Maire e Procuratore Imperiale.

A dì 7. Ritornò Monsignor Campanelli da Monte Corona.

A dì 11. Partì il Vice-Prefetto e Giuseppe Antinori per Spoleto per com-
plimentare il nuovo Prefetto.

A dì 15. Napoleone non avendo figli da sua moglie Giuseppina per averli
e far successori al Trono concepì idea di prendere altra moglie, e ne avvisò
tutti i principi da lui creati ad intervenire, nel giorno destinato, a Parigi per
far noto questo suo concepito pensiero. Perciò nel dì 15, nella sera, nella sala
ov’era il suo Trono, in faccia ai Principi e Principesse ivi radunati a tal uopo,
essendovi anche presente l’Imperatrice Giuseppina, parlò e disse, che non
avendo figli in età di 40 anni, e potendoli avere, determinato avea di sciogliersi
con Giuseppina. Questa rispose che per tal motivo era contenta di aderire
alle risoluzioni dell’ Imperatore, e sciogliersi da lui. Il matrimonio era contratto
validamente, e senza ricorrere al Pontefice di suo arbitrio venne allo sciogli-
mento del medesimo.

A dì 16. Nel dì 16 comparve il Senatus Consulto e determinò, che il ma-
trimonio fra Napoleone Imperatrice e Giuseppina era sciolto; si stabilì, che
la medesima riterrebbe il titolo e rango d’Imperatrice Regina coronata, e
le fu assegnato per il suo stato vedovile due milioni di franchi sul tesoro dello
Stato. Giuseppina dopo non molto tempo morì.

A dì 15. Morì di anni 84 D. Vincenzo Marcarelli, Professore di eloquenza,
e nel dì 16 fu fatto il mortorio in S. Angiolo P. B. e Luigi Canali ne recitò
lorazione funebre.

A di 19. Fu eletto il Comitato di pubblica Beneficenza per sopraintendere
agli Orfanotrofj, Conservatorj ed Ospedali.

A di 20. Venne l'Organizzazione delle Poste.

A di 28. Giunse la notizia del Divorzio seguito in Parigi nel di 16 tra
Napoleone e Giuseppina.

1810
GENNAI1O:

A di 1. Legge del Vice-Prefetto per l'attivazione del Registro dello Stato
Civile.

A di 2. Segui matrimonio clandestino tra Antonio Antinori e Violante
Cianina, che furono ambedue penitenziati per 10 giorni.

Incominciarono in questo giorno a giungere i Corrieri per la prima volta
quasi contemporaneamente per la corsa di Roma destinati il martedi, mer-
cordi, venerdi, e domenica: da Firenze il lunedi, martedi, giovedi, e sabato.

A di 3. Editto della Consulta per l'istallazione dei ricevitori del sale e
Tabacco che doveano ripartire ai spacciatori di ogni Comune per vendersi
dai medesimi a nome del Sovrano colla prescritta mercede.

Si aumentó il prezzo delle ... di Roma da baj. 2 a 4.

A di 4. Istallazione del nuovo aggiunto seguita in persona di Pietro Busti.















132 CRONACA DI GIAMBATTISTA. MARINI

Editto del Maire di non giocarsi alla ruzzola meno di Y4.di miglio lontano
dalla Città o luogo murato.

A dì 5. si seppe essersi in Roma chiusi i Tribunali della Penitenziaria,
Dataria, di Propaganda etc.

A dì 6. fu fatta per la prima volta a suono di Tromba all’ingresso del
palazzo del Governo, e venne pubblicato il matrimonio di Marina, figlia del
Conte Giulio Cesarei maire con Ludovico Baldeschi.

A dì 7. tariffa per la riduzione de’ scudi; baj. e quattrini, moneta romana
in franchi, centesimi e frazioni.

A di de, Napoleone stabili di unire il Regno di Olanda, da lui formato,
al Regno di Francia. Detronizzó Luigi suo fratello, Re d'Olanda prima da lui
creato. La nota fu scritta li 7 gennaio e le Truppe presero dopo possesso del-
l'Olanda.

A di 9. Fu stampata un'aggiunta al Calendario che conteneva l'anniver-
sario della Creazione, e incoronazione del Sommo Pontefice con alcune altre
cose non permesse inserirsi nel Calendario. Tale aggiunta fu mandata per le
sagrestie, ove si facea uso del Calendario Perugino.

A di 12. Fu dichiarato dall'Assemblea di Francia nullo il Matrimonio di
Napoleone con Giuseppina e già era intavolata occultamente l'unione con
la Figlia dell’Imperator d’Austria M?. Luisa.

A dì 13. Editto del Maire riguardante di far maschere per tutto il corso
di Carnevale colle debite riserve.

A dì 14. Editto della Consulta sull’obbligo per ciascuno di premunirsi
di passaporto per uscire dal proprio circondario.

A dì 16. Fu compita la Machina della Guillottina fatta da alcuni
Artisti della Città in Fortezza, e fatta vedere ad alcune Dame e Cavalieri.
Il prezzo ascese a quattromila franchi, e fu poovata in Fortezza con due
pecore.

A di 19. Si fece lo scavo nel Prato di S. Francesco per collocarvi la Guil-
lottina, e di notte fu preparato il Palco per la Gogna.

A di 20. Furono di notte trasportati i pezzi componenti la macchina della
Guillottina, e nella mattina fu guillottinato un reo colle solite formole che si
sono sempre usate, di accompagno, Messe etc.

A di 23. Fu dimessa dal Portone del Palazzo del Governo la guardia Ci-

vica e postavi quella di linea, che sono a rimettersi nel di 27.
: A di 28. Intavolandosi occultamente il maritaggio di Napoleone con
Maria Luisa, figlia dell' Imperatore d'Austria, si portó a tal fine il Conte Otto
‘a Vienna per Ambasciatore Francese, e nel di 28 ebbe udienza dall’ Imperator
d’Austria, ed in seguito altre udienze da lui, e dalla figlia archiduchessa Maria
Luisa.

Napoleone in seguito mandò nuziali e fu disposto di solennizzare l’avve-
nimento.

Si fece la processione e andó a S. Costanzo, ma senza l'intervento de'
Collegi.

A di 30. Si seppe morta in Roma Luisa Donini, Vedova di Filippo Massini,
di anni 42.

A dì 31. Seduta criminale sull’attentato contro Scipione. Montesperelli,
seguito il dì 18. novembre 1808, incominciata il giorno innanzi.

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

FEBBRAIO:

. A di 1. Editto imperiale di non tenere presso di sè armi offensive e difen-
sive senza licenza in scritto del Maire.

A di 6. Di notte si senti una scossa di Terremoto.

.A di 7. Editto imperiale sul Dazio del Macinato.

A di do, Fu firmato in Parigi il contratto di Sponsali tra Napoleone e
Maria Luisa Arciduchessa d'Austria.

A dì 8. Seguì il Maritaggio tra Ludovico Baldeschi e Marina Cesarei
Rossi.

A dì d°, Morì di anni 92 Fioravante Fiori, e nel dì 9 fu fatto il funere in
S. Spirito.

A dì 10. Fu guillottinato un reo di Assassini e furti.

A dì 12. Morì di anni 20 Alfonso Veglia, e nel dì 13 fu fatto il funere in
S. Domenico.

A dì 15. Fu introdotta la Carta Bollata per uso delle scritture giudiziali.

Nel dì d°. Furono in Vienna cambiate le ratifiche del Matrimonio tra
Napoleone Imperatore e Maria Luisa d’Austria, il cui contratto fu firmato
nel dì 7 in Parigi, come si disse. .

A dì 17. Fu guillottinato un reo di assassinio.

A dì do, In Vienna si annunziarono pubblicamente i Sponsali tra l’ Impe-
ratore Napoleone e Maria Luisa, il cui contratto fu firmato allì 7.

Napoleone, che aveva stabilito di non riconoscere alcuna Sovranità Eccle-
siastica, e d'indebolire l'Autorità Pontificia, e qualunque altro Principe de-
corato colle insegne della Chiesa, tentó l'annientamento della potestà papale.
Avea palesata questa intenzione sua dopo il ritorno a Parigi di un discorso
fatto al corpo legislativo, e disse, che i Papi, divenuti sovrani di una por-
zione dell'Italia, si sono mostrati nemici di qualunque autorità nella penisola:
essi cercano nuocerla: che la sovranità Spirituale esercitata ne' suoi stati da
un Sovrano straniero era contraria alla indipendenza della Francia e alla si-
curezza del Trono; che perció annulló la donazione degl'Imperatori Francesi
fatta alla Chiesa, riunendo i stati alla Francia (come nell'Editto fatto a
Vienna); che non riconoscea il dritto della triplice Corona. Da ciò ne seguì
che nel 17 febbraio 1810 fece un Decreto Imperiale, che lo stato di Roma do-
vea formare, unito all'Impero francese, due Dipartimenti: Di Roma e del
Trasimeno. Roma era la 23. Città dell'Impero. I] Principe avea il Titolo di
Re di Roma. Gl’Imperatori dovevano essere incoronati nella Chiesa di S. Pie-
tro, avanti il decimo anno del Regno. I Papi dovevano giurare di non far cosa
contro le 4 proposizioni gallicane; che i Papi doveano averi Palazzi in diversi
luoghi: Uno a Parigi, uno a Roma. Doveano avere due milioni di rendite in beni
rurali. Le spese del Sagro Collegio e Propaganda doveano essere imperiali.

A dì 18. Essendosi dal Governo francese destinate 10 Dame per presie-
dere alli Conservatori, dello Spedale, Derelitte, Carità e Benincasa, vi fu adu-
nanza delle suddette nelle Camere Priorali dello Spedale.

A dì 19. Il Vice Prefetto andò incontro al Prefetto del Trasimeno che
giunse nel giorno in Casa Donini.

A di 22. Mori di anni 72 l'Abbate D. Flaminio Goga Olivetano, e nel di
23 fu fatto il funere in Monte Morcino.















134 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A di 26. Essendo caduta della neve, nei due giorni scorsi, venne ordine
dal Maire di pulirsi le strade dai rispettivi adiacenti per ricorso del Jos

A di 27. Parti il Prefetto per Spoleto.

A di 28. Fu fatta nella mattina la Processione di S. Ercolano da S. Do-
meaico al Duomo per causa delle Maschere da farsi nel giorno.

MARZO:

A di 1. Giornata di Primavera. Notizia di un furto seguito al Palazzone
della Baglioni nella notte del 28 febbraio.

A di 5. Indulto del Sommo Pontefice di potersi cibare di carni e latticinj
nel corso quadragesimale con alcune riserve.

A di do. L'Ambasciatore di Napoleone Imperatore, spedito a Vienna per
domandare in Sposa Maria Luisa a nome di Napoleone ivi fece il solenne in-
gresso, ebbe udienza dall Inperator d' Austria, e nel di 7 n'ebbe altra e domandò
per Napoleone la mano di Maria Luisa Archiduchessa.

A di 10. Venne avvisato dal Maire il Predicatore dello Spedale a rego-
larsi con prudenza nell'esercitare il suo apostolico Ministero.

A di 11. Segui il Maritaggio di Alessandro Coppoli con Marianna Brizi
nell'Oratorio di S. Filippo

Nel dì d°. L’Arciduca Carlo d’Austria accettata la procura per i spon-
sali di Maria Luisa con Napoleone, nel di d^. nella sera, con tutta pompa, fu-
rono celebrati nella chiesa degli Agostiniani

A dì 12. Il Conte Massimiliano Ansidei celebrò la prima Messa alle Cap-
puccine di P. S. S.

A dì 13. Partì l'Imperatore Napoleone da Vienna per Parigi.

A dì 15. Lettera circolare inviata dall’Officiale dello Stato Civile a tutti
i Parrochi per dare in termine di 3 giorni il preciso numero dei rispettivi par-
rocchiani, età, sesso e condizioni.

A dì 16. Era fatto trattato tra la Francia e Olanda di non aver commer-
cio cogli Inglesi, e farsi varie operazioni dalle Truppe. Furono spedite truppe
in Olanda e fu occupata la Capitale

A dì 17. Incominciarono al Gesù gli Esercizi Spirituali.

A dì 20. Partì da Parigi Napoleone per Compiegne per attendervi la
sposa.

A dì 25. L’accatto del Purgatorio allo Spedale fu di scudi 45.

A dì 27. Giunse la Sposa Maria Luisa con tutto il Treno in Compiegne e
tutti partirono per Parigi il dì 30.

A dì 31. Fu eseguita la sentenza di morte contro un reo per avere gittata
la sua moglie in una fonte.

APRILE

A dì 1. Fu celebrato nel Palazzo di S. Cloud il matrimonio civile di Na-
poleone Imperatore con Maria Luisa Archiduchessa d’Austria, e nel dì 2
fu fatto il solenne ingresso in Parigi, e la solenne Cerimonia del matrimonio
religioso secondo il rito della Chiesa.

A dì d°. L’elemosina in Duomo per il Purgatorio fu di scudi 85.

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

Fu fatta esecuzione della Tassa del Registro.

Fu fatta la visita delle 7 Chiese.

A di 4. Cariaggi di Cassoni di Manoscritti rimossi dagli archivj del Vati-
cano e Propaganda etc., per trasportarsi in Francia, e passarono per Perugia.

A di 7. Fu commesso un furto di notte al negozio Perucchini e Valenti.

A di 8. Incominciarono gli esercizj in Duomo nel giorno e nella mattina
in 4 chiese.

A di 11. Fu eretta una colonna di pietra nella piazza piccola che era nello
stillicidio di S. Angelo P. S. A. che era della Cattedrale. Questa si vede
anche al presente.

A di 14. Fu giustiziato un omicida.

A di 16. Fu posta in cima alla Colonna eretta in piazza piccola una Lan-
terna per illuminar la notte con bandirola per indicare i venti.

A di 18. Si appiccó da sé un certo Vincenzo. marito della serva di S. Mar-
gherita.

A di 25. Fu fatta la cavalcata dei Cocchieri.

A di 26. Notizia avuta della deportazione a Roma delli Vescovi d'Assisi,
Foligno, Nocera, Amelia.

A di 27. Legge per l’assegna dei Censi, Cambj da esibirsi al Conservatore
delle Ipoteche.

A dì 28. Lettera del Vice-Prefetto ai Parrochi della città e circondario
per l'assegna dei maschi nati nel 1789.

A dì 29. Editto della Consulta riguardante la conscrizione dei maschi
dalli 21 alli 22 anni.

MAGGIO:

A dì 2. Editto Imperiale con Decreto che i Sacerdoti Regolari e Secolari
non nati nei due Dipartimenti del Tevere e Trasimeno dovessero partire nel
termine di 15 giorni, eccettuati gl’infermi e quelli di varie isole o mari occupati
dalle armate nemiche, accordandosi 100 franchi a ciscuno per ogni 150 miglia
di viaggio.

A dì 3. Giunsero a Favarone 8 carri di Bombace venuti da Napoli, che si
disse essere un genere appestato.

A dì 4. Pubblicati furono a suon di tromba i Coscritti del circondario di
Perugia nati nel 1789.

A dì 5. Editto del Governo che tutti i sacerdoti non nati nei due Diparti-
menti detti di sopra si dovessero presentare al Maire tra ore 24.

A dì 7. Editto della Consulta con cui si accordava una proporzionata sov-
venzione a tutti gli Ecclesiastici esteri col certificato di povertà.

A dì 8. Truppa civica in armi con banda per la venuta di uno de’ membri
della Consulta di Roma incontrato dal Maire e Vice-Prefetto.

A dì 9. Editto della Consulta, che rendeva nota la scuola dell'Arte Ve-
traria da introdursi in varj paesi dell’ Impero.

A dì 11. Si seppe la morte di Monsignor Cesarini seguita in Roma il dì 7.

A dì 12. Notificazione del Maire per la festa da farsi nel dì 13 per le nozze
dell'Imperatore Napoleone con Maria Luisa Archiduchessa d'Austria.



136 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A di 13. Furono celebrate feste per il Matrimonio seguito tra Napoleone
Imperatore e Maria Luisa d'Austria. Cinque Comuni della Truppa Civica si
'congiunsero con 5 zitelle, che col consenso de' respettivi Parrochi celebrarono
il Matrimonio in S. Domenico. Si fece limosina al Prato di S. Francesco di
libbre 1 di pane, e nella sera si accese la machina di fuochi già preparata in
faccia al Duomo.

A di 14. Editto del Governo, vietandosi ai Religiosi di vendere mobili e
biaucherie, generi, commestibili appartenenti ai rispettivi Conventi e Mona-
steri. Vi furono alcune Maschere al Corso.

A di 16. Editto del Maire per dar polpette ai Cani e bracchi che non fos-
sero contrassegnati.

Fu incominciato a farsi l'Inventario de' mobili delli Silvestrini e de' Servi
di S. M. Nuova dai ministri del Demanio.

A di 19. Editto della Consulta, che conteneva il Decreto Imperiale per
l’abolizione delle Corporazioni e Congregazioni a riserva delle Cattedrali ed
insigni Collegiate, e che i Claustrali secolarizzati dovessero coadiuvare i Par-
rochi e riscuotere dai Vescovi l’attestato di residenza per percepire l’assegnata
pensione. :

A di 25. Fu fatta l'estrazione dei Coscritti nati.nel 1789.

Nella mattina del di suddetto andó il Sotto-Prefetto con Guardia dei Gen-
darmi a richiedere il giuramento civico da Monsignor Arcivescovo Campanelli
a cui vennero accordate poche ore. di tempo a risolvere. Il Prelato suddetto
non lasciò di usare le debite cautele prima di venire ad un tale atto. Avea
fin da molti giorni ricevuto occultamente il Breve Papale, in cui si vietava
a dare il Giuramento nei termini proposti da Napoleone. Radunò 8 de’ più
assennati e dotti. Teologi interpellandoli se potea dare tal giuramento, ‘e
tutti furono concordi a decidere che, egli non solamente poteva, ma do-
veva prestare il suddetto giuramento di sudditanza all’odierno Imperatore
de’ Francesi. :

Egli sulla loro assertiva venne all'atto giuridico sottoscritto di proprio
pugno nel tempo che nelle contigue Camere dalle genti di suo servizio si stava
. preparando il Baulo per la partenza sottoscrisse il foglio giurando nei termini
che esigeva il Decreto Imperiale.

A di 27. Fu inviata a nome del Prefetto una lettera circolare a tutti i
superiori de’ Regolari, che avvisassero tutti quelli religiosi destinati a partire
dal Dipartimento del Trasimeno e da quello del Tevere di portarsi nel ter-
mine di 3 giorni alla Prefettura di Spoleto per ricevere il passaporto.

A dì 28. Si pubblicò la legge imperiale da cui si proibiva ai chierici in
minoribus di vestire nel tratto successivo gli abiti da Ecclesiastico.

Furono deportati Monsignor Benigni e Gazzoli; l’uno Vescovo di Terni
e l’altro di Todi, colla forza armata, passando per Perugia colla permanenza
di poche ore.

Giunsero 11 compagnie di Armata francese a suono dì banda, col Colonnello.

A dì 29. I Claustrali erano in moto per trasferirsi a Spoleto per avere i
passaporti per partire

A dì 30. Lettera del Governo diretta a tutti i Sacerdoti esteri setolari
di munirsi di passaporto per dirigersi ai loro rispettivi paesi in termine
di ore 24. ;

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

GIUGNO.

A di 1. Intervennero i Parrochi nelle Camere del Maire a manifestare il
paese di loro nascita, il tempo e quantità degli anni passati nell'impiego.

Giunse un distaccamento di 700 di Cavalleria francese, distribuiti in varie
Case e Conventi.

A di 2. Giunse altro distaccamento di Cavalleria con la Casa militare,
artiglieria banda e Colonnello.

A di 3. Dai Deputati eletti si fecero per ordine del Governo ai possidenti
di Città e Contado perquisizioni di letti per l'Armata francese.

A di 4. Fu pubblicato Decreto Imperiale per la soppressione di tutte le
Comunità Religiose, da eseguirsi nel di 15, tanto peri Frati che perle Monache.

A di 7. Furono inviati Commissarj uno per ogni Comunità Religiosa per
fare inventario de' mobili e stabili, ed a prendere la Consegna dei libri eco-
nomici dell'entrate ed uscita.

A di 9. Le Monache tutte si dettero pensiero di far abiti per l'egresso loro
da seguirsi nel dì 15.

A di 10. Cariaggi in giro pieni di mobili appartenenti ai Monasteri di
Monache. ;

A dì 11. Gran confusione e sbigottimento nei Conventi regolari dell’uno
e l’altro ‘sesso per le presenti lagrime voli sciagure.

A dì 12. Fu inviata lettera circolare dal Governo a nome del Prefetto ai
Capi de’ Conventi ad evacuare nel dì 15 i locali respettivi trasportando la. roba
e che le monache estere si fossero a norma de’ Frati condotte alla Preiettura

‘ di Spoleto per ottenere il Passaporto ed il denaro opportuno per il viaggio.

A di do. Mori di anni 62 Leonardo Ippoliti superiore della missione ed
Esaminatore Sinodale, e nel di 13 fu fatto il funerale nella propria Chiesa della
Missione.

A di 13. Giunsero nel di 13 due Canonici di Assisi inviati dal Capitolo a
questo di Perugia per sapere come doveasi contenere riguardo alla richiesta
del Giuramento civico.

A dì 14. Fu diretta dal Governo lettera al Capitolo di questa Città alle ore
10 antimeridiane acciò si disponessero i membri di esso a prestare ili guramento
civico in termine -di ore 24 sotto pena di essere deportati a Piacenza in caso
di ripulsa. Essendo fuori di città alcuni membri del Capitolo, furono subito
spediti messi per dare avviso di tale intimo, acciò tornassero per discutere
su tale affare di massima importanza. Si seppe che otto di essi furono di parere
di non potersi dare e furono: l’Arcidiacono degli Oddi, Casali, Cenci, Montani,
Veracchi, Ranaldi, Rossi, Titi, che partirono nella notte seguente per Pia-
cenza. E

Rimasero ad officiare in Duomo, prestando il giuramento, 1’ Arciprete
Ranieri, Pressi, Vicario. Generale, Pacetti, Eugeni, Uffreduzi, Pellini, Mancini,
Battisti, per insinuazione del Teologo Galluzzi Domenicano, Prefetto del
Seminario. i

A di d». Le Monache evacuarono i Monasteri.

Passarono varj legni coi Canonici di Spoleto diretti a Piacenza, avendo
ricusato di prestare il giuramento.





138 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A di 16. Passarono i Canonici della Bastia, diretti al loro destino detto
prima.

Furono confiscati i beni appartenenti a quei membri del Capitolo partiti
da Perugia per ordine del Governo poche ore prima.

A. di 17. Si seppe che l'esilio intimato ed eseguito in persona dei membri
del Capitolo del Vaticano e di altre Basiliche di Roma, per essersi opposti a
dare il Giuramento nei termini richiesti dall' Imperator dei Francesi.

A di 18. Intimo fatto dal Governo a quelli ecclesiastici fuori dei Dipar-
timenti rimasti per alcuni giusti motivi in questa Città, di dover partire
in termine di 2 giorni.

A di 19. Passó il Canonico Rossi di questa Cattedrale, che avea vestito
l’abito Camaldolese per seguire il destino degli 8 partiti.

A dì 20. Fu promulgata legge riguardante la proibizione di esigersi dai
popoli le consuete decime.

A dì 21. Fu fatta solenne Processione del Corpus Domini coll’intervento
delle solite Fraternite e delle pubbliche autorità, funzionarj e Collegi, accom-
pagnata dalla Truppa civica in armi.

A dì 22. Dalli Deputati dello Spedale Maggiore fu preso possesso delle
Confraternite, della Casa delle Suore della Torre.

A dì 24. Giunsero colla forza armata alcuni Sacerdoti della Collegiata
di S. Gemini, che furono chiusi nelle Carceri della Fortezza.

A dì 26. Giunse Colizzi Sacerdote Ex-Barnabita inviato da Roma ad orga-
nizzare l’Università di Perugia a norma delle Accademie di Parigi.

A dì 30. Legge per la vendita delli raccolti de’ Predj di varie Comunità
religiose soppresse con prezzi fissati dai periti. Giunse il Governatore Miollis
in Compagnia del Prefetto, cui andarono a far visita Monsignor Vicario e al-
cuni individui del Capitolo e Clero Urbano.

LUGLIO:

A dì 1. Essendo incorporato all'Impero Francese l'Olanda, Bonaparte spedì
Truppe e fu occupata da esse la Capitale. Luigi Bonaparte, che ne era stato creato
Re, nel dì 1° luglio rinunziò il Regno al suo Figlio e si congedò dall’Olanda,
ed in seguito di ciò fu perfezionata la unione dell’Olanda alla Francia.

A dì 6. Era stato eletto Governator Generale di Roma e de’ dipartimenti
annessi, dalla Imperial Corte di Parigi, il Duca di Otranto, dé Regno di Napoli.
Questi venne in Perugia e fece un solenne ingresso.

Fu spedita lettera a tutti i Parrochi, inviata all'Episcopio per aversi l'esatta
nota de’ Religiosi e Religiose, del loro nome di Religione e del secolo e del luogo
dove abitavano.

Fu sentita nella mezzanotte una buona scossa di Terremoto.

A di 11. Notificazione Imperiale per la unione de' Vescovati del Dipar-
timento del Trasimeno, cioé quello di Foligno, Assisi e Nocera, al Vescovato
di Spoleto; quello di Todi ed Amelia al Vescovato di Perugia.

Tra il 10 ed il 12 Napoleone con varj Decreti nominó a varj Vescovati
vacanti in Francia ed Italia soggetti senza dipendenza dal Pontefice.

A di 14. Notizia di un fatto d'armi accaduto tra l'Armata Francese ed
Inglese, tra Scilla e Cariddi.

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 139

A di 15. Legge del Governo, che le Monache non impedite si portassero
in persona al Bureau del Maire a sottoscrivere il Certificato per ottener la
pensione.

A dì d°, L’Arcitesoriere giunse in Amsterdam.

A dì 16. Fu spedita lettera dal Governo alli Canonici del Duomo di dare
al più presto la nota de’ predj e bestiame annesso.

A dì 18. Partì per i bagni di Chianciano Monsignor Campanelli Vescovo.

A dì 22. Fu mandato avviso ai Parrochi di città e suborghi di trasferirsi
alle 9 pomeridiane del dì seguente alle Camere della Sottoprefettura.

A dì 23. Intervennero quasi tutti i Parrochi della Città e Subborghi in-
nanzi al Sottoprefetto, che manifestò loro il sentimento dell’Imperatore di
esigere il giuramento civico da ognuno. Tutti prestarono il giuramento, fuori
di 4, due Preti e due Regolari, i quali vennero dai Gendarmi condotti all’ex-
collegio dei Barnabiti per essere custoditi, e nella sera dovettero partire per
Piacenza.

A dì 24. Giunsero tutti i Parrochi rurali e furono intimati a prestare il
giuramento, e fu prestato dai medesimi in numero di 62 a riserva di due.

Furono poi stabiliti dal Provicario Mancini 4 soggetti per Economi di
quelle Parrocchie, vacanti per la partenza dei 4 soggetti partiti.

A dì 25. I Commissarj andarono a prendere possesso dei predj apparte-
nenti alle soppresse Abbazie.

A dì 26. Passarono quasi tutti i Parrochi della Città e Circondario di
Perugia esuli per Piacenza.

AGOSTO:

A dì 1. Intervennero dei Parrochi di P. S. S. con varj Mansionarj del
Duomo fecero la Processione sotto la Croce della Parrocchia di. S. Luca, dalla
Porta piccola per la maggiore di S. Francesco e cantarono i primi Vesperi e
concorsero i Fedeli a prendere il perdono.

A di 2. Passaggio dei Parrochi di Todi e del Circondario esuli per Pia-
cenza.

A di 4. Partirono i Coscritti della Città e Circondario di Perugia.

A di 6. Alcuni Nobili furono richiamati dal Tribunale di Polizia per avere
istruzioni, come dovessero trattenersi al Teatro.

A di 8. Requisizione per ordine del Governo dei nomi, Casato ed età e
studj de’ Seminaristi ed Oradini.

A di 13. Lettera circolare del Maire ai Parrochi per sapere il numero dei
celibi, zitelle, vedove, maritati, maritate e militari in armata.

A di 14. Annunzio della Festa anniversaria per il ristabilimento della
Religione Cattolica in Francia, datosi dalla Fortezza con colpi di Arti-
glieria.

Illuminazione al Teatro.

A di 15. Solenne funzione in Duomo ove fu esposta all'Altar Maggior
l’insigne reliquia del S. Anello e portata in processione per le due piazze dopo
la Messa cantata coll’intervento delle Fraternite, Capitolo e Potestà Civili e
Militari. Dopo si recitò il discorso da Don Michele Mattioli, e fu cantato il
Te Deum.





140 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

Fu celebrata la Festa per il perdono di Monteluce, e fatti i 7 discorsi;
nella sera vi fu illuminazione per la Città.

Nel di 17. L'ex monaca Terenzi si gettó per la fenestra di casa e rimase
morta nella notte.

A di 21. Tornó Monsignor Arcivescovo Campanelli dai bagni di Chianciano.

A di 22. Furono giustiziati due delinquenti.

A di 23. Lettera ai Parrochi dalla Polizia inviata per aversi la nota
delle persone estere, loro impiego, nome, casato e abitazione.

A di 24. Editto per la demanazione dei Predj de' Canonici esercenti e
assegnata a ciascuno l'annua pensione di scudi 180 liberi.

A di 25. Editto ai Claustrali dell'uno e l'altro sesso per aversi da ciascuno
lattestato di Professione per esigere le assegnate pensioni.

A di 29. Fu posto il quadrante nel Campanile di S. Ercolano per commodo
degli abitanti di P. S. P.

A di 30. I periti stimarono le robe dei soppressi luoghi pii.

A di 31. Furono rimosse le Campane dai Campanili dei soppressi Con-
venti.

A dì de. Mori la Zitella Marchesa Camilla Coppoli di anni 51 e nel 19 set-
tembre fu fatto il funere in Duomo.

SETTEMBRE:

A di 2. Legge di chiudersi le osterie e ridotti alle ore 7 della sera.

A di 3. Legge di chiudersi le Chiese alle ore 24 d'Italia.

A di 4. Aggiudicazioni dei Pred] spettanti alle soppresse Comunità Reli-
giose incominciate oggi.

A dì 5. Venne legge di doversi stendere gli attestati di wualanindé qualità
senza abbreviature.

A dì 13. Fu fatto decreto da Napoleone relativo alla soppressione di tutti
gli Ordini Religiosi Monasteri e Congregazioni di Uomini e Donne, che vi fos-
sero nei Dipartimenti dell’ Arno e dell’ Dtübrene; e che alli 5 ottobre doveano
esser chiusi i Conventi.

A dì 15. Venne legge del Prefetto per la potatura delle siepi.

A dì 16. Tra piogge, tuoni e saette cadde un fulmine in casa Oddi, che recò
nocumento alle robe del Canonico Ranaldi, trasportato a Piacenza.

A dì 18. Fu dal Demanio fatta la consegna della chiesa di S. Francesco
al Parroco di S. Luca con tutte le suppellettili espresse nell’Inventario.

A dì 21. Si seppe creato da Bonaparte per Re di Svezia il General Bernar-
dotte. : 3

A di 23. Fu posto l'orologio sotto il campanile dell'Orfanotrofio di S. Anna.

A di 25. Mori di anni 61 il Conte Francesco degli Oddi e nel di 26 fu fatto
il funere in S. Severo.

A di 17. Divieto di suonarsi le campane del Duomo e del pubblico in questo
giorno per causa di una seduta per 18 detenuti.

A di 28. Ritorno dei Canonici Ranaldi e Cenci da Piacenza per essere esen-
tati dalla legge per causa della età decrepita.

A di 29. Parti Gio: M*. Narboni per andare al servizio del Vice-Re d'Italia
ritornato in Milano.

CRONA@A DI GIAMBATTISTA MARINI

OTTOBRE:

A dì 4. Fu fatta la solita processione di S. Francesco colla statua del Santo.

A dì 6. Furono chiamati tutti i Religiosi pensionati della Comune e Cir-
condario alle Camere del Maire per prestare il giuramento. Trenta lo presta-
starono e 3 ricusarono.

A dì 8. Si proseguì a ricercare il giuramento da altri ex-religiosi pensionati,
parte dei quali lo prestarono, e parte ricusarono.

A dì 14. Nelle ore notturne si sentirono varie scosse di Terremoto.

A dì 16. Furono demaniati i beni stabili e mobili delle 3 Sapienze: Vecchia,
Nuova o Collegio Pio e Bartolina.

P A di 18. Due scosse di Terremoto si fecero sentire. Fu fatto un Triduo
per tal motivo all'Altare di S. Emidio.

A di 20. Venne legge per lo stabilimento dei Diritti riuniti.

A dì d°, L’Imperatore Bonaparte mandò un dispaccio all’ Imperatore
Alessandro di Russia facendo vedere che non potea sussistere la pace nel
Continente finché la Gran Brettagna avesse conservata la sua preminenza; e
questo fu pubblicato anche in Londra; che l'Inghilterra era quella che tur-
bava l'Europa e facea spargere il sangue da per tutto.

A dì 22. Partì Monsignor Campanelli per la visita in campagna.

A dì 24. Fu arrestato l’Ex-religioso P. Migliorini Min. Oss. e condotto
in Fortezza, che poi fu condotto via.

A dì 26. Dal Maire fu mandato ordine ai Parrochi che dassero la nota di
tutti i maschi delle famiglie distinte dai 16 ai 19 anni, e la nota dei figli di
famiglia qualunque al di sopra di anni 21, indicando la professione, il domicilio,
il costume.

A dì 31. Andarono i Commissari a prender possesso delle Commende di
Malta.

NOVEMBRE:

A dì 1. Non si potea portar più l’abito religioso e si pagava la pensione
a tutti gl’individui.

A dì d°, Lettera circolare a tutti i Parrochi della città per darsi la nota
delle famiglie indigenti delle respettive parrocchie per somministrarsi a cia-
scuna un pronto soccorso proporzionato.

A dì 5. Scrisse da Savona il S. Padre lettera al Cardinale Maurj eletto
dall’ Imperator Napoleone per Arcivescovo di Parigi, e lo rimproverò che ab-
bandonasse la sua chiesa di Monte-Fiascone per accettarne un’altra senza la
autorità superna pontificia.

A di 9. Fu assegnato al Rettore della Chiesa di S. Luca un appartamento
a suo genio nel soppresso Convento di S. Francesco.

A di 16. Furono dal Governo mandate lettere ai medici, acció dassero
ragguaglio del male degl'Infermi.

A di 17. In questi tempi eravi gran scarsezza di grani.

A di 21. Fu pubblicato il sistema della Università da mantenersi colle
rendite del Collegio Capocchi.









142 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A di 25. Mobilie distinte messe allincanto, appartenenti a Monsignor
Cesarei che avea venduto i suoi beni per estinzione di debiti.

A di 24. Mori di anni 71 la Contessa Artemisia degli Oddi, e nel dì 26 fu
fatto il mortorio in S. Angelo P. B.

A dì 27. Incominciate furono le Litanie coll'orazione « Concede» in Duomo
e in tutte le Parrocchie per la felicitazione del Parto della Imperatrice Maria
Luisa Consorte di Bonaparte; e, ció per un ordine ministeriale diretto da Pa-
rigi a tutti i Vescovi giurati dell'Impero.

A di 29. Fu trasportato dagli appaltatori lo spaccio del sale in Dogana.

A. di 30. Lettera circolare spedita dal Maire a tutti i Parrochi acció in-
viassero al Prefetto la dichiarazione della congrua percepita nei tempi passati
dalle soppresse corporazioni, firmata di propria mano; una petizione per otte-
nere il pagamento della medesima al Consiglio di liquidazione; un estratto
autentico dall’atto costitutivo ricognitivo della congrua.

DICEMBRE:

A dì 2. Il S. P. diede risposta al Vescovo di Nancy per una domanda
da lui fattagli.

A di de. Fu in Duomo celebrata la festa anniversaria per la solenne inco-
ronazione di Napoleone, coll’intervento del Vice-Prefetto, Potestà, Funzio-
narj e milizie. Furono dispensate once 10 di pane in S. Francesco a ciascun
povero.

A dì do. Napoleone, secondato dalla fortuna non seppe moderare la sua
ambizione; altrimenti sarebbe giunto ad essere l’Eroe più grande dell’ Universo
disse un autore. Avea eletto per Arcivescovo di Firenze Monsignor Ormondo,
Vescovo di Nancy, Prelato degnissimo, e di dottrina, ma era contro i Canoni
l'elezione. Il Vescovo dovette ubbidire. Si premunì perciò d’un Breve Ponti-
ficio, quale Napoleone proibì si pubblicasse, e punir volea chiunque l’avesse
pubblicato.

A dì 3. Fu incominciato per Decreto Imperiale lo studio generale nel sop-
presso Monastero di Monte Morcino con le ore assegnate ai Lettori.

A dì 4. Notizie di inondazioni seguite nei fiumi per le piogge dirotte
avute.

A di do. Si presentarono i Parrochi al Boureau del Maire a dare la pe-
tizione per percepire le congrue, da inviarsi alla Prefettura di Spoleti.

A di 5. S'incominciarono a segnarsi a numeri e lettere cubitali le deno-
minazioni delle strade e numerazioni delle case nelle muraglie e vicino le
porte delle respettive case.

A di 10. Con un Senato Consulto si pubblicarono nuove riunioni di Pro-
vincie e Stati all'Impero Francese.

A di 11. Furono mandati ordini agli Osti e Locandieri per riguardo ai
forastieri.

A di 14. Si aumentó il prezzo del pane a bajocchi 3 la libbra.

A di 15. Fu fatto in S. Teresa il funere per Baldassarre Orsini gran pre-
cettore nell’arte pittorica e prospettiva, come lo dimostrano le sue opere.

A dì 19. Morì di anni 39 Fidalma Baldelli e nel dì 20 fu fatto in S. Fran-
cesco il Funerale.

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 143

A di 31. Fu fatta funzione in Duomo secondo il solito.

Tornó ad agire la Guardia civica, essendo partita la milizia di linea.
dopo 7 mesi di permanenza.

In quest'anno 1810 fu fatta la coscrizione da Napoleone di 180 mila uo-
mini.

1811
GENNAIO:

A di 2. Fu introdotta per decreto imperiale, la Gabella dell'Octrois in
Perugia, come in tutte le città dell'Impero.

Nel di do. fece grossa neve.

A di 4. Giunsero due compagnie di milizia francese per presidiare questa
piazza.

A di 5. Mori di anni 83 D. Diomede Baciotti, e nel di 7 fu fatto il funere
nella sua Parrocchia di S. Maria del Verzaro.

A dì 7. Furono arrestati tre ex-religiosi e deportati all’Isola dell'Elba
per ordine della Polizia di Parigi.

A dì 11. Fu incominciato un Triduo in Duomo per la felicitazione del
Parto di Maria Luisa incinta, Consorte di Napoleone Imperatore.

A dì 13. Editto per le Maschere con le solite riserve.

A dì 16. Morì di anni 82 Filippo Coppa, e nel 17 fu fatto il funere in
S. Severo.

A di 22. Furono giustiziati due delinquenti.

A di 25. Freddo di un grado sotto il glaciale.

A di 29. Segui un furto nelle Camere del Casino Ecclesiastico.

A di de. Moriil Dr. Francesco Rossi, di anni 85, e nel di 30 fu fatto il
funerale nella Chiesa dello Spedale.

FEBBRAIO:

A dì 3. Fu consegnata da Monsignor Vescovo Campanelli al Parroco di
S. Luca l’insigne Reliquia della S. Spina in S. Francesco.

A di de. Mori di anni 92 D. Giuseppe Monti Beneficiato del Duomo, e
nel di 4 fu fatto il funere nella Cattedrale.

A di 12. I periti andarono a pesar le Campane nelle Chiese soppresse che
attualmente si offiziavano. .

A di 13. Fu fatto il funere in S. Domenico, di Domenico Torelli Notaro,
morto il di 11 di anni 65.

A di 20. Mori di anni 92 Bernardino Meniconi, Speziale dello Spedale,
e nel di 21 fu fatto il funere nella Chiesa Nuova.

A di 22. Si tenne da Monsignor Vescovo Campanelli... di 18 Sacerdoti,
e ne risultó l'Indulto di poter far uso di carni nella Quaresima, a norma del-
l'anno scorso.

A di 23. Decreto di Napoleone di far leva di 1000 Coscritti nati nel di-
cembre del 1790, nei Dipartimenti di Roma e Trasimeno.

A dì 25. Napoleone Imperatore formò in Parigi un Corpo legislativo
composto di quattro dei più savj e ricchi soggetti d’ogni Dipartimento. Tra

144 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

i soggetti di Perugia eletti furono il Conte Alessandro Baglioni-Oddi e Filippo
Donini. La notizia giunse, il di suddetto notificossi ancora l'apertura.
A di 28. Fu giustiziato un delinquente.

MARZO:

A di 7. Monsignor Arcivescovo Vescovo Campanelli spedi ai parrochi
lettera stampata con cui si avvisano a mandare al piü presto al Consiglio
di liquidazione lo stato delle loro rendite ecclesiastiche.

A di 11. Lettera del Governo ai Parrochi per l'assegna delle Case.

A di 15. Mori Elisabetta Alfani di anni 62, e nel di 18 fu fatto il fu-
.nere in S. Francesco.

A di 17. L'elemosina del Purgatorio allo Spedale fu di scudi 72.

A di 20. L'Imperatrice dei Francesi Maria Luisa si sgravó di un figlio
maschio, a cui il Padre diede il titolo di Re di Roma. Fu battezzato nell'istesso
giorno in Cappella privata e nel di 9 giugno fu intimata la pubblica cerimonia

. da compirsi nella chiesa di nostra Signora. i

A di 25. Fu fatta illuminazione con fuochi e suono di tutte le Campane
delle Chiese in allegrezza per la nascita del Primogenito dell'Imperatore Napo-
leone. La notizia di tal fatto seguito il di 20 si fece noto per tutte le corti
amiche in brevissimo tempo per via di Telegrafo.

A di 20. Furono fatte n. 101 scariche di Artiglieria nella Fortezza per
lavviso ministeriale spedito dal Vice-Prefetto del Parto suddetto.

A di 29. In Duomo coll'intervento di Monsignor Campanelli s'intonó
il Te Deum per il felice suddetto parto seguito, ed in fine fu data la bene-
dizione col Venerabile; e lo stesso seguì nelle chiese principali della Città in
vigore di un Bullettino trasmesso per la Posta dal Ministro del Culto che
era un secolare.

APRILE:

A dì 2. Furono eletti i Fabricieri per la Chiesa di S. Francesco. Questi
erano secolari, che doveano fare Inventarj degli attrezzi delle Chiese, delle
rendite e sopraintendere al regolamento delle Chiese.

A dì 8. Fu eseguita giustizia di due delinquenti...

A dì 10. Partirono 500 coscritti.

A dì 12. Avviso a varj Religiosi non giyrati di presentarsi al Maire in
termine di 24 ore.

Morì di anni 61 Maria Luisa Gentili, e nel dì 15 fu fatto il funere in
S. Simone.

A dì 16. Morì di anni 72 Don Claudio Errighi Dr: Teologo e Benefiziato
del Duomo, e nel 17 fu fatto il funere in Cattedrale.

A dì 19. Editto del Governo, che esprimeva le pene contro i Coscritti in
caso di diserzione.

A dì 20. Per editto del Governo fu ordinata l’assegna delle bestie di qualun-
que sorta da esebirsi dai Parrochi Rurali.

A dì 25. Napoleone volea che il. Papa approvasse tutte le innovazioni
fatte e confermasse quanto avea risoluto di fare. Il Papa ricusò da forte non

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 145

valutando le minaccie. Esso vedendo di non poter vincere l'animo del suc-
cessore di Pietro si dette ad operare scopertamente senza velo, come non avea
fatto prima; e se non seguivano i grandi avvenimenti, che seguirono in appresso,
era inevitabile un totale rovesciamento della Gerarchia Ecclesiastica ed un -
grandissimo danno per il Cristianesimo. Pensò perciò di convocare un Concilio ‘
Nazionale, a cui intervenissero tutti i Vescovi di Francia e d'Italia. La lettera
di convocazione fu pubblicata alli 25 aprile. Si radunó il Concilio, ed alli 17.
giugno segui la prima seduta alla presenza del Cardinale Flech.

MAGGIO: .

A dì.2. Nel Monastero delle Povere si fecero lavori e si dipinsero stanze
per le logge de' Francmassoni ivi destinate. ;

A di do. Mori di anni 58 Don Angelo Blasi. Sagrestano, e nel di 3 fu
fatto il funerale in Duomo. .

. A di 8. I Fabricieri andarono a registrare. i mobili ed entrate delle Con-
fraternite.
; A di do. Mori di anui 57 Don Giuseppe Ferrini ex Terresiano Lettor di

Matematica, e nel di 9 fu fatto il funere in Monte Morcino.

A dì 11. Si ebbe notizia della partenza di varj Vescovi d’Italia per Parigi,
dove il dì 17 si sarebbe aperto il Concilio Nazionale intimato lì 25 aprile per
Decreto Imperiale. :

A di 12. Furono inviati dispacci ministeriali per mezzo di due Gendarmi
a Monsignor Campanelli Vescovo nell’istante che si ponea in viaggio per far
la Sagra Visita alle Chiese del Pian del Tevere.. Essendo con i suddetti di-
spacci intimato a portarsi in Parigi per assistere al Concilio nazionale,
esso sospese la Visita, ed inviò due Deputati a Spoleto al Prefetto ad esporre
le sue critiche circostanze per causa di salute, che gl'impedivano d'intra-
prendere il viaggio per Parigi, a norma fe altri Vescovi giurati dell'Im-
pero Francese. .

A dì 13. Fu spedita dal Maire lettera ai. Parrochi, richiedendosi la nota
deglindividui Maschi dalli 20 alli 60 anni per. la Guardia Nazionale, esclusi
i Sacerdoti, servi e malati cronici.

A dì 14. Partì per Parigi Filippo Donini, come membro del corpo legisla- -

"tivo per trovarsi all'aperturà di do. Corpo. :

A dì do. Andò in S. Luca il Demanio Colonna e prese il possesso della
soppressa Commenda di S. Luca.

A dì 16. Morì di anni 79 il Conte Giovanni Antonio Ranieri e fu nel 17
fatto il funerale in S. Giovanni Rotondo, o sia Chiesa Nuova.

A dì 20. Fu affisso per ordine di Monsignor Campanelli un manifesto fuori
della Sagrestia del Duomo in rimprovero a due Parrochi de’ SS. Proto e Gia-
cinto e di Piscille, per aver, contro le leggi canoniche, fatto cantare nella Or-
chestra delle respettive loro chiese, nella Messa cantata, le Cantatrici del
Teatro; vietando i in avvenire un tale abuso, sotto pena d’interdetto alle Chiese,
e sospensione a divinis ai Ministri.

A dì 22. Monsignor Campanelli ammonì nelle sue Camere varj Ecclesia-
stici per essere intervenuti, contro il suo divieto, al Teatro.

A dì 29. Avviso fattosi dai Parrochi Deputati delle respettive Porte a tutti.

10

146 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

i Curati di nomina, ed Economici, di dovere intervenire alla Processione
nel giorno del Corpus Domini con Cotta e Cero sotto la Croce del Clero Urbano
e gli altri Sacerdoti sotto quella del Capitolo.

A dì 31. Di notte tempo furono fatti insulti alla Sentinella nella Porta del
Palazzo pubblico da 4 giovanastri discoli.

GIUGNO:

A di 1. In questi tempi vi era gran scarsezza di grano e nel giorno d'oggi
verso la sera non si trovava il pane con gran clamori degl'indigenti.

A di 3. Furono incominciate preghiere ai SS. Confaloni per ottenere
la pioggia. :

A di 6. Mori di anni 78 Maria Clementina Friggeri ex-monaca di S. Do-
menico, e nel di 7 fu fatto il funere nella Chiesa Nuova.

A di 8. Si annunzió là festa da celebrarsi nel di 9 per le cerimonie solenni
da farsi in Parigi nella Chiesa di Nostra Signora, del Battesimo del figlio
dell' Imperator Bonaparte, che era stato battezzato dopo nato nella Cappella
privata, e furono sonate le Campane nel mezzo di.

A di 9. Fu cantata Messa solenne in Duomo ed intonato il Te Deum dal
Canonico Mancini coll'intervento delle Potestà Civili, Giudiziarie e Militari,
e di 5 Zitelle già spose coll'assegnamento per la dote di 100 franchi. Furono
fatti altri segnali di allegrezza e furono dispensate libbre 10 di pane a ciascun
povero. Nella sera fu illuminata la Città.

A di 13. Processione solenne del Corpus Domini coll'intervento di tutti i
Sacerdoti, Confessori, Parrochi ed Economi e Vicarj Curati, sotto la Croce
del Clero Urbano per istanza di Monsignor Campanelli fatta, come si disse alcuni
giorni innanzi.

A di 14. Processione del Corpus Domini fatta dalla Compagnia degli
Agonizzanti in S. Elisabetta, che terminó in S. Fortunato per causa della
pioggia. ;

A di 15. Processione suddetta fatta nello Spedale Maggiore che ritrocedé
per causa di Pioggia.

A di 17. Segui in Parigi la prima seduta del Concilio Nazionale in faccia
al Card. Fesch.

A di 24. Adunanza festiva de' Francmassoni alle logge nel Monastero
delle Povere.

A di 27. Lettera del Maire a varj parrochi per la distribuzione di 7 doti
a 7 zitelle oneste e povere, da preferirsi le figlie de' Militari.

A di 30. Intimo della Polizia al Sacerdote Giuseppe Cesarini di partire
per la Bastia di Corsica in tempo di 2 ore.

Espulse le Monache dai Monasteri e dandosi in giudicazione i locali, M?.Gia-
cinta Trinci, e Mà. Terdelinda, Monache in S. M*. Maddalena di P. S. P. dopo
essere espulse per salvar quel locale e mantenerlo intero cercano unitamente
di prendere in affitto o giudicazione il d9. luogo; e riusci loro e ne presero il
possesso. La Madre della Trinci con altre sue Figlie si unirono colla ex-monaca,
e ricevettero ivi alcune ex monache a dozzina, e molte ragazze per far loro
scuola ed istruirle ne’ lavori e nelle scienze atte alle fanciulle, e così mantennero
sempre quel locale di S. M®. Maddalena in buono stato.



CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 147



LUGLIO:

A di 3. mori di anni 57 compendiosamente Curzio Moroni, Presidente
del Tribunale di prima istanza amatissimo del Governo francese, e nel di 4 fu
fatto il funerale in S. Spirito. s

A di 5. si ebbe notizia della prima Congregazione Generale tenutasi il
di 17 giugno, composta di 6 Cardinali e 9 Arcivescovi e 77 Vescovi. Il vescovo
di Troyes fece il discorso preliminare.

A di 7. fu tenuto il Consiglio di Fabrica in vigore del Decreto di Napoleone
del 1809. L'Adunanza era composta dal Parroco, dai 5 Fabricieri, 3 eletti dal
Vescovo e 2 dal Prefetto, e da uno rappresentante la persona del Maire.

Essi, dopo aver riguardate le istruzioni sulle spese fatte e da farsi nel 1811
e 1812, manutenzione della Chiesa, casa ed oggetti di consumazione e per le
sagre funzioni, vennero alla elezione de’ Santesi; uno ebbe l’impiego di presi-
dente, l’altro di tesoriere, l’altro di sagrestano. Ciò che fu fatto nel Comune,
fu fatto ancora in tutte le altre Parrocchie.

A dì 11. Furono carcerati i Fornari addetti al pubblico Spaccio.

A dì 12. Si seppe la Deportazione di alcuni Ecclesiastici di Roma, che non
vollero intervenire alla Festa del mese di giugno, celebrata per la purifica-
zione di Maria Luisa consorte di Napoleone.

A dì 14. Ritornò il Conte D. Massimiliano Ansidei detenuto in arresto
nella Rocca di Spoleto più di un anno per cause politiche.

AGOSTO :

A di 15. Dopo la Messa cantata pronunzió un'allocuzione D. Valentino
Turreni ex Domenicano alla presenza del Vice-Prefetto, Maire, aggiunti, Con-
siglieri e Giudici per la festa celebrata.

A di 17. Torna Filippo Donini da Parigi.

A di 27. Lettera del Maire ai possidenti per aver una proporzionata rata
di grano in prestito per lo sfamo della Città.

A di 31. Si esegui la giustizia contro un delinquente.

SETTEMBRE:

A di 3. Editto del sotto-Prefetto per l'inoculazione del Vajolo vaccino,
ingiunta per legge imperiale a tutti gl'individui per sfuggire le morti ed epi-
demie ne' fanciulli.

A di 4. Un machinista d'Urbino nell'atto di accomodare la Tromba nel
pozzo della casa di Vincenzo Stamigni a pié la via Pinella a Mandritta, svenne
cadde nell'acqua e rimase affogato.

A dì 6. Apparve una Cometa dalla parte del Nord.

A dì 7. Ordine per una Coscrizione per gl'Individui maschi nati nel 1792
da estrarsene 500 nel Dipartimento del Trasimeno.

A dì 13. Fu fatta l’estrazione de’ Coscritti.

A di 15. Lettera della Prefettura ai Possidenti nobili e possidenti Citta-






































































148 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

dini per ordine dell'Imperatore. che volea da ciascuna un Figlio non mag-
giore di anni 12 per i Collegi de la Fleche, Sancy, S. Germano, Toledo etc.

A di 17. Giustizia di due delinquenti.

A di do. Mori di anni 75 D. Luigi Antonini Beyeficialo del Duomo, e
Curato, e nel dì 18 fu fatto il funere in Cattedrale.

A dì 19. Fu trasmesso il libro di Regolamenti ai Presidenti del Collegio
elettorale dei 3 Cantoni.

A dì do. Morì di anni 65 Alessandro Giovi Segretario de’ Decemviri nel
Governo Pontificio, e nel di 20 fu fatto il funere in S. M*, del Verzaro.

OTTOBRE :

A dì 1. Giunsero i soldati di Prefettura.
A dì 15. Partirono i coscritti per il loro destino.
. A dì 21. Notizia che l'Imperatore era andato a visitare i Forti di Olanda.

A dì 22. Proibizione di tenere i vasi di terra con fiori alle finestre essendo
stata offesa una donna per la caduta di un vaso.

‘A dì 23. Morì di anni 62 D. Camillo Goga ex- Qlivetano, e nel di 24 fu
fatto il funere in S. Domenico.

A dì 24. Seguì il Matrimonio tra Filippo Donini e Marianna Graziani
nella. Cappella della Porziuncola degli Angeli.

A dì 25. Partì per Parigi il Marchese Giambatta Monaldi per Uditore del
Consiglio di Stato.

A dì 29. Fu fatto nella Compagnia della morte il Biene per Maria Colomba
Eugeni ex-monaca. Era di anni 60.

A di 30. Notizia del ritorno de' Vescovi dal Concilio nazionale tenuto
in Parigi.

NOVEMBRE :





A di 3. Mori di anni 61 Carlo Parriani e nel di 4 fu fatto il funere in
S. Angelo P. B. ^

A di 6. Incendio nella Bottega di Batocchi in Via Nuova con danni molti.

A di 14. Partenza di varj giovanetti nobili per il collegio de la Fleche.

A dì 17. Partenza di altri 3 giovanetti nobili. i

A dì 20. Seguì il maltiaggio tra Menicone Meniconi con Teresa Conne-
stabili.












DICEMBRE:




A di 1. Anniversario in Duomo per l'Incoronazione dell’ Imperatore Bo-
naparte e per la vittoria da esso riportata per la battaglia d'Austerlitz in Mo-
ravia, coll’ intervento del Vescovo Campanelli, e Autorità pubbliche.
A dì 8. Giunsero 30 di Cavalleria francese per guarnire il Forte e la città.
A dì 16. Partenza di 12 giovanetti Artisti per le Gallie a spese della
Comuna. :
A di 21. Parti il Conte Marcantonio Oddi col Genitore e Tancredi di Sor-
bello per la Francia.










CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI i ; 149



A di 23. Parti per Francia Stefano Donini in educazione.

A di 24. Fu posto il Conduttore in Casa Penna P. S. P.

A di 27. Adunanza alle Logge delle Povere.

Nell'anno 1811 fu fatta la Coscrizione di centoventimila uomini.

1812
GENNAIO:

A di 6. Permesso di andare in Maschera.

Fu pubblicato Editto Imperiale per la Coscrizione dei nati nel 1792.

A dì 18. Scuola de” Trampoli al sospeso Monastero delle Cappuccine.

A dì 21. Editto Imperiale di sospensione di coscrizione peri figli di Madri
vedove e per quei che avevano fratello in Armata.

A dì 25. Fu fatta l’estrazione de’ Coscritti.

A dì 30. Morì di anni 82 D. Paolo Bonci Chierico del Conclave pensionato
e nel dì 31 fu fatto il funere in S. Martino del. Verzaro, sua Parrocchia.

FEBBRAIO:

Conquistata parte della Spagna, volea Napoleone andare contro l'Inghil-
terra. Volle prima assicurarsi dei due Imperi Russia ed Austria con nuovi
trattati. Il primo fu conchiuso nel dì 24 di febbraio: il 29 nel di 14 marzo.

A dì 24. Partirono i Coscritti. :

‘A dì 29. Incominciarono gli Esercizi Spirituali al Gesù.

MARZO:

A dì 1. L’accatto per il Purgatorio allo spedale fu di scudi 75.

A dì 2. Deputati in giro per rimuovere da varie chiese alcuni quadri di
accreditati Autori per trasportarsi in Parigi per la Galleria per Decreto: Im-
periale. s

A di 5. Furono spedite lettere ai Parrochi per l'aggiudicazione dei beni
delle Fabriche. 1

A dì 8. Accatto in Duomo per il Purgatorio di scudi 101.

A dì 14. Fu conchiuso il 2°. Trattato tra l'Imperatore de’ Francesi e la
Russia ed Austria. :

A dì 21. Seguì in Roma una scossa di Terremoto con danno molto.

A dì 26. Si trasferì la.Statua di S. Francesco con licenza del Maire dalla
Chiesa del Monte a quella di S. Francesco per istanza del Parroco di S. Luca.

A dì 29. Omilia recitata da Monsignor Campanelli inter missarum so-
lemnia. : i

APRILE:

A dì 6. Individui della Truppa nazionale radunati, invitati ad arrolarsi |
per andare a guardare le spiagge marittime.
. A dì 8. Furono avute notizie degli scavi fatti in S. Mariano nel predio
degli Olivetani, dove tra le altre cose antiche fu ritrovato un Arco Trionfale.

n







150 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI
i

A dì 12. Napoleone spedì una nota all’ Imperatore delle Russie per ri-
guardo all'Inghiterra. L'Imperatore di Russia si offerse mediatore presso
lInghilterra: il che fu accettato da Napoleone. Ma l'Imperator di Russia
veniva provedendo a se stesso, osservando la cattiva posizione degli
affari.

A di 20. Fu mandato a Città di Castello la forza armata per causa di una
sommossa popolare a motivo della Coscrizione.

A di 25. Mori di anni 80 Ottaviana Boncambj e il di 27 fu fatto. il funere
in S. Agostino.

A dì do. Morì di anni 65 Ma, Plinia ex-monaca, e nel di 28 fu fatto il
funere in S. Simone.

MAGGIO:

A dì 5. Morì di anni 27 Bernardina Patrizi, e nel dì 6 fu fatto il funere
in S. Domenico.

Nacque rottura tra la Francia e la Russia, e Napoleone determinó di an-
dare in Russia con una grossa armata, e veniva disponendo per eseguire il suo
piano per partire al più presto verso quell’ Impero.

A dì 12. Partì Monsig.r Campanelli per Castiglione del Lago per affari
ecclesiastici. \

A di 21. Fu tolta ad un’Immagine della Madonna, in faccia a Casa degli
Oddi una Corona di Argento. [

A di 22. Partirono per la Fleche gli Antinori giovanetti.

A dì 23. Si ebbe notizia che Napoleone era partito da Parigi colla Real
Famiglia per andare alla Dieta di Dresda.

A dì 23. Furono ordinati alcuni Giovani Seminaristi, che erano stati in
Seminario, ed aveano compito la loro carriera secondo le costituzioni di Mon-
signor Campanelli.

A dì 24. Si seppe il Decreto Imperiale degli 8 in Parigi del prezzo del grano
a scudi 16 il rubbio fino a settembre.

Partì la Forza Armata per Monte Corona per sopprimere quell'E-
remo.

A dì 25. Per ordine sovrano i Salnitrari incominciarono a scavare i sot-
terranei dei soppressi Conventi.

A di do. L'Imperator delle Russie, Alessandro, fece pace con la Porta
e si preparava per la guerra con la Francia, che avea a quellá dichiarato. Le
Truppe di Napoleone nell’andare contro la Russia ascendevano a mezzo mi-
lione e precisamente ascendeva a 830 mila uomini, ed il totale delle sue ar-
mate, che avea in altri luoghi ascendeva a 1.120.000 combattenti.

A dì 28. Solenne Processione del Corpus Domini coll’intervento dei
Curati, ed economi in Cotta e Stola a riserva de’ Parrochi del Clero Ur-
bano.

"A di 29. Giunsero 300 soldati per trasferirsi in Ancona.

Accesso di varj ex-Religiosi dal Maire, dove intesero il Decreto Imperiale
riguardo al Giuramento da prestarsi sotto pena della confisca de' mobili e
della deportazione.







CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 151

GIUGNO:

A di 11. Cadde una muraglia del Monasteto delle Convertite, e furono
trovati nel giorno dopo due, sotto le macerie.

A di 13. In tempo che si stava per dare la benedizione in S. ineo seo.
ripiena di gente, per la caduta di alcune piccole scrostature nella volta, uno
incominció a gridare che si scaricava la volta; e fu tale la sommossa e la fuga
del popolo per uscire che vi fu la perdita di molte robe disperse; fuggirono
i ministri dall'Altare.

A di 15. Furono arrestati in casa della Commissione Militare tutti gli
Ecclesiastici sopra i 60 anni, i quali aveano ricusato di prestar giura-
mento, e gli vennero confiscati i mobili e stabili di loro proprietà dal Dema-
nio Colonna. :

A di 14. Per lettera della Commissione amministrativa furono i Parroch!
incombensati a dispensare i buoni ai poveri per essere sostenuti nella loro grave
indigenza di libbre 2 di minestra per ciascuno in una Casa in via S. Ercolano.

A di 18. Si distribuirono le Suppellettili Ecclesiastiche de' soppressi Mo-
nasteri a quei parrochi curati, prescritte dai Deputati.

A di 19. Editto del Vice Prefetto, che vietava la sparlar del Governo,
sotto pena di esser condotto alla Prefettura di Apo per esser giudicato
e punito militarmente.

A di 21. Requisizione d'armi alla Truppa Civica.

A di 22. Si ebbe notizia dell'arrivo in Roma di Carlo IV ex-Monarca di
Spagna, alloggiato in Casa Borghesi, coll'assegnamento di scudi mille il giorno
per decreto Imperiale.

A. di 23. Le Truppe destinate per andare in Russia passarono il Niemen.
Dalli 23 giugno fino al.7 settembre non si conta veruna battaglia con i Russi
che si ritiravano sempre in dentro, ma solo combattimenti parziali. Un bravo
generale inglese detto Velington regoló per la Russia l'Armata, ed insinuó ad
Alessandro, Imperatore Russo, che aveva due terzi meno di armata, di ri-
tirarsi in dentro per poi inviluppare tutto l'esercito di Napoleone, come ebbe
a succedere se non Si ritirava.

A di 24. Fu amministrato il battesimo nella Cappella del Seminario, da
Monsignor Vicario, ad un ragazzo di anni 18, che per un fatto particolare si
scopri essere esso stato battezzato sopra il corpo della madre avanti nascere
credendosi da una imperita Comare ben battezzato in tal modo, e da Monsignor
Vescovo venivagli conferita la Cresima.

A di 26. Si seppe donato dall' Imperator de' Francesi a Morlacchi,perugino
Maestro di Cappella in Dresda, un anello con brillanti per compenso di un'ope-
ra in Musica dedicatagli dal medesimo, mentre si trovava Napoleone in quella
Città coll'Imperatore d'Austria ed altri Principi.

LUGLIO:

A dì 4. Vennero i Parrochi Urbani e Rurali colla pagella autentica di na-
scita per esebirla al Cancelliere Vescovile ad oggetto di ottenere dal medesimo
il mandato per conseguire le congrue.





152 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI.

: A dì 6. Si seppe che Pio VII era stato trasportato a Fontainebleau, dove

' Napoleone usó tutte le maniere, e con parole, e con minacce e con strapazzi

e colle insinuazioni di Cardinali e Vescovi per indurlo a fargli rinunzia del suo

‘ stato. Ivi molto soffrì e gli furono fatte le possibili violenze. Sempre rimase

intrepido il Sommo Pontefice. x
i A dì 11. Lettera circolare del Sotto prefetto ai parrochi Urbani, che ri-

chiedeva lo stato de’ muli, e mule, cavalli e cavalle atti o inabili alla gene-

razione.

A dì d°, Morì di anni "i Canonico Vincenzo Pellini e nel di 13 fu fatto
il funere in Duomo.

A dì 17. Unione de’ ECZO nel soppresso Monastero delle Povere.

‘A dì 18. Vennero i Parrochi di Città alle Camere del Maire ad esebire a
voce quali erano quei poveri degni -di esenzione del dazio imposto sulle re-
spettive case.

In questo mese Napoleone fece passare alle sue numerose armate la Di-
vina e poi il Boristene o Dnieper. Alessandro Imperatore andava ritirandosi
colle sue truppe nell’interno, avendo l’esercito due terzi minore dell’ Armata
di Napoleone.

. A dì 31. Decreto Monsignor Campanelli di far supplire i Benefiziati agli
Uffizi de’ Diaconi e Suddiaconi in luogo de’ Canonici trasportati. I Sacerdoti
che avevano dato il giuramento cercarono tutte le vie per indurre Napoleone
‘a decretare di doversi dare il giuramento da tuttii Sacerdoti semplici. Fecero
ricorsi al Prefetto per tale effetto. Ma andarono a vuoto i loro sforzi. Bonaparte
ricusó, e cosi fu finita ogni questione.

AGOSTO:

A di 1. Monsignor Campanelli spedi lettera pastorale a tutti i parrochi
ordinando sotto pena di sospensione a divinis di ritenere il Sagramento nelle:
chiese parrocchiali, di celebrar la Messa pro "M tutte le Feste a norma
dei Decreti stabiliti ne’ Concilj.

A: dì 7. Si ebbe notizia dei progressi dell’Armata francese nella Polonia
Russa dopo il passaggio del Dnieper.:

A dì do. Fu mandata lettera circolare ai "Paxtoohi Urbani t Rurali. per
il provedimento stabilito di 500 franchi da darsi alle povere donne partorienti,
che aveano perduto il marito ed aveano ùn sol figliuolo durante la loro
gravidanza; ed a quelle che avendo un fanciullo vivo avessero il marito
storpio.

A dì 13. Pergolo o orchestra .di ferro dorato, che era a pie’ la Chiesa
di S. Caterina fu posto all’estremo della Casa Vincenti al Corso ove è al
presente.

A dì 17. La grande Armata francese S ’impadronì di Smolensko, settanta-
sei leghe lontano da Mosca.

A dì 21. Fu mandato ai Parrochi il Catalogo de’ Disertori per annunziarli
al popolo, onde venendosi in cognizione di qualcuno di essi se ne procurasse
l’arresto. 4 .

A, di 30. Lettera inviata al Pages per rimettere il quadro di S. Gerolamo
all'Altar Maggiore collocato arbitrariamente nell'Altare di S. Pasquale.











. CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 153

SETTEM BRE:

A di 6. Furono fatti varj furti di notte e furono da alcub discoli troncate
le Croci.nel prato di S. Francesco e di S. Sebastiano.

A di 12. L'Armata francese avendo date 5 piccole. Battaglie in Russia,
mentre era sul punto Napoleone, come pensava; di cogliere il frutto sotto le
mura di Mosca, fu apetidtam di un terribile incendio di quella capitale antica
dell'Impero Russo.

Avvicinandosi là, l'armata francese, il. Governatore di Mosca secondo
gli ordini avuti, chiamato Conte Feder Ropstockin, fece mettere fuoco a Mosca.
Nelli 13 e 14 il fuoco incominciò a manifestarsi a Solenka. Nel dì 15, sollevatosi
un forte vento, venne il fuoco generale e non si estinse che alli 19 e 20.

; A dì 14. Fu presa la Città di Mosca danneggiata dal fuoco in una maniera
incredibile. La pariepe riti dei Francesi durò fino al giorno 29 del mese cor-
rente.

A dì 28. Si seppe la morte del PEWENO di S. Martinello deportatoi in Ales-
sandria della Paglia.

A di 29. Furono arrestati i due Canonici, che erano ritornati dopo il de-
portamento per causa della età avvanzata, e furono condotti nel Convento
di S. Domenico e partirono il di 30 per Spoleto. Fino al di d'oggi duró la pro-
sperità de’ Francesi in Russia. Dopo l’entrata dell’ Armata in Mosca incendiata,
agendo i ‘Russi con la maggiore attività, aveano preso posizioni tali da invi- |
luppare tutta l’armata francese. Napoleone aprendo gli occhi conobbe la pro-
fondità dell’abisso in cui si era posto. Ebbe ricorso alle negoziazioni, e col pre-
testo di far cambi di prigionieri trattare un armistizio. Ma nulla si volle con-
cludere dai Russi. La stagione si rendea sempre più fredda ed i Cosacchi in-
torno a Mosca si erano resi formidabili ai Francesi e le strade erano coperte
di cadaveri. Alla scoperta mandò Napoleone a far trattative, ma tutto fu ri-
cusato. Erano afflitte le Truppe dalla penuria de” viveri e degli approvvigio-
namenti; e mancanti di ciò che era necessario per garantirsi dal freddo che facea
perire gran numero di cavalli.

In tale desolazione venne ordine di ritirarsi. Fu palliata la necessità della
ritirata con un atto prudenziale per dare quartiere d’inverno alle Truppe.

OTTOBRE:

A dì 2. Notificazione per la vendita de’ Conventi.

A dì 6. Morì di anni 75 Francesco Giovio, e nel dì 7 fu fatto il funere
nel Duomo.

A dì 9. Giunse la notizia della presa di Mosca nel dì 14 deHorabie; come
fü detto.

A di 10. Si seppe che in Parigi furono puniti militarmente colla niorte
tre ex generali francesi per essere stati causa d'un allarme per la nuova
sparsa della morte di Napoleone in Russia, smentita poi coll’arrivo di un
corriero.

A dì 13.-Morì di anni 65 D. Ilarione Battisti ex Monaco Cassinese, e nel dì
14 fu fatto il funere in S. Agostino.


































154 CRONACA GIAMBATTISTA MARINI

A dì 14. Morì di anni 72 D. Francesco Marcarelli Cappellano del Duomo
e nel dì 15 fu fatto il funere nella chiesa dello Spedale. t

A di 15. Incominciano a sfilare le Truppe francesi da Mosca verso la Di-
vina. Nelli 15. 16. 17. 18 si evacuarono i Spedali a Mosca. Vi restó il Mare-
sciallo Mortier con una parte del suo corpo, ma non per restarvi fisso, ma per
far retroguardia all'Armata. Nel ritirarsi l'Armata restó rovinata, e dispersa
pel freddo estremo, per la fame e per i nemici che la inseguiva colla spada
ai reni. Il tragico racconto di questa orribile ritirata farà non solamente epoca
nella storia della guerra, ma desterà eziandio orrore in ogni cuore ben fatto,
ed attesterà luminosamente alla Posterità, che se Napoleone fu sagace e glo-
rioso in alcune campagne, commise ancora in altre de’ falli enormi che deci-
sero della sua rovina e del Colossale Impero innalzato all’insaziabile sua
cupidigia. Così uno storico parlò.

A dì 19. Partì Napoleone da Mosca. Marciando le truppe francesi per la
strada, venivano dai Cosacchi e Russi attaccati i loro distaccamenti e rove-
sciati. Venti reggimenti di Cosacchi inseguivano i francesi. Mancando i viveri
andavano i francesi a cercargli. I cavalli perivano a migliaia. Tutte le popola-
zioni si lagnavano perché i francesi andavano a derubare. Si facevano levate
in massa ed uccidevansi i francesi. Incominciò l’armata a cibarsi di carne di
cavallo, e scannar quelli della artiglieria e bagagli, e questi lasciavano andar
per le strade. Si vedevano i poveri soldati morire a centinaia per le fatiche
e per gli stenti.

Nel dì 24. Partì per Spoleto D. Federico Pascucci, arrestato per aver
assoluto uno dal giuramento civico. Andò alla Prefettura per giustificarsi sulla
ricevuta ritrattazione.

NOVEMBRE:



A dì 5. Morì di anni 67 Domenico Garbi pittore, e nel dì 6 fu fatto il
funere in S. Valentino.

A dì 6. In tempo che ritrocedevano i Francesi nel dì 6, si coperse la
terra di neve, si guastarono le strade e si facea sentire un freddo eccessivo.
Morivano i soldati pel freddo e per la fame. In un sol giorno ne morirono
tredicimila. La truppa dovea bivaccare sul gelo e sulla neve col solo alimento
di carne di cavallo gelata, senza bevande e senza vesti da inverno. Ogni notte
morivano soldati dal freddo, e molti di\ sfinimento. Da Mosca e Smolesko
l’armata francese avea perduti 400 cannoni. Un’armata partita da Mosca
in numero di centomila, a Smolesko erano sessantamila e la metà senz’armi.
A dì 12. Partirono i coscritti.





















DICEMBRE:




A dì 3. Si seppe che era morto nello Spedale di Piacenza il Parroco di
S. Antonino e S. Croce, D. Luigi Panichi, deportato per non aver voluto
prestare il giuramento.

A dì 5. Fu giustiziato nella Piazza un Comune della Truppa Francese.
A dì 6. Fu fatta festa al Duomo anniversaria per la vittoria ottenuta




CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 155

da. Napoleone nella guerra d'Austerlitz, e recitó il discorso Don Vincenzio

Giammarroni.

A di 10. Furono stipulati i fogli di matrimonio tra il Della-Penna e Ter-
delinda figlia del Conte Giulio Cesarei.

A di 14. Napoleone giunse a Dresda.

A di 15. Parti da Dresda per Lipsia e Magonza, dirigendosi a Parigiove
giunse il di 18 dopo 7 mesi e 9 giorni di assenza. Ritornato a Parigi formó de'
preparativi per la guerra del 1813.

A di 17. Fu fermato il luogo per la posta sotto le carceri nella Piazza del gn.
Vescovato per opera del Maire.





RECENSIONI

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA. ACCADEMIA DI LETTERE. Anno acca-
'demico 1953. L'Umbria nella storia nella letteratura nell'arte. Bologna,
Zanichelli, 1954, pagg. VII-346, 59 tavv. f. t., L. 2000.

L'Accademia di lettere dell'Università degli studi di Perugia ha voluto
lasciare precisa testimonianza del lavoro compiuto nel suo primo anno di vita.
Ed ha raccolto nel volume zanichelliano del quale ci occupiamo le lezioni te-
nute a palazzo Donini nella primavera-estate del 1953 da alcuni tra i più in-
signi rappresentanti della cultura e del magistero universitarî d’oggi. Il volume
si presenta nella sobria eleganza che distingue le edizioni Zanichelli, e si adorna
di una serie di illustrazioni, che hanno tutte stretta aderenza al testo. Ma in
un volume di così singolare pregio sarebbe stata opportuna, diciamolo sùbito,
una più accurata revisione tipografica, e molto avrebbe giovato all’intelli-
genza piena d’alcune lezioni una carta della Regione, d’agevole lettura. Co-
deste trascurabilissime mende nulla, peraltro, tolgono all’alto valore della
pubblicazione, che non entrerà mai certo nel novero di quelle, a dirla col Cat
taneo, « destinate agli onori del marocchino e ai sonni inviolati della libreria
virile ». Tra l’altro, esso costituirà anche un singolare documento della poli.
tica scolastica italiana del nostro tempo.

Il volume, afferma Giuseppe Ermini nella stringata prefazione, vuol soddi-
sfare un duplice ordine di esigenze: dare un degno contributo al mondo della
: cultura, ed esaltare insieme quei valori umanistici, che hanno sempre costi-
tuito, nel passato ed ancor oggi, un alimento: fondamentale della vita umbra.
: E l'Ermini, che ha retto per lunghi anni, e regge tutt'ora, le sorti del nostro
| Ateneo (egli è autore, altresì, d’un’eccellente Storia dell’ Università di Perugia,
Bologna, Zanichelli, 1947) fa cadere con piena competenza ed assoluta legit-
timità l’accento su di un fatto incontestabile, questo: nel volgere di oltre quat-
tro secoli, sino alla seconda metà dell’Ottocento, il culto di tali valori ebbe il
suo unico e cospicuo centro nella Facoltà di umane lettere dello Studio peru-
gino. Per questa solida e non discutibile ragione, l’Ermini, facendosi eco di
un’aspirazione di tutta l'Umbria, reclama apertamente che l'attuale Accademia
evolva al più presto in una regolare Facoltà di lettere del nostro Ateneo, che
nell’ultimo decennio è entrato nel circolo delle più provvedute, operose e fe-
conde Università italiane. È a

Non é piü possibile, pertanto, revocare in dubbio la verità, con tanto
vigore ed autorità proclamata anche dall'Ermini, che attesta come la cultura
umanistica abbia trovato proprio in Umbria, da secoli, il terreno più idoneo
ed una sede incomparabilmente splendida per esprimersi nelle forme più elevate
e singolari. Perchè anche nell’Umbria d’oggi si respira non solo il clima di









RECENSIONI : 157

tradizioni tra le piü illustri e significanti della civiltà umana, ma si avverte
altresì un fervore di vita intellettuale, che non è affatto artificioso o retorico,
ma è espressione genuina delle caratteristiche condizioni-ambiente proprie
della Regione, che si adopera in ogni modo per soddisfarle con agilità e spre-
giudicatezza tutte moderne. A Perugia, infatti, pel provvidenziale e fortunato
confluire di tanti elementi che vanamente altrove, in tutta Italia, si cerchereb-
bero, potrebbe agevolmente costituirsi un centro universitario di tipo oxonien-
se, del quale la Facoltà di lettere dovrebbe essere non un elemento mera-
mente decorativo, bensì di guida e di propulsione. .

Una Facoltà universitaria di lettere a Perugia, infatti, non sarebbe mai
una creazione artificiale intesa a soddisfare le pur commendevoli esigenze
turistiche o commerciali, né tanto meno sarebbe fatua espressione di quella

boria regionale, più pestifera ancora e negativa della boria delle nazioni, de-

precata dal Vico. Una. Facoltà di lettere, inoltre, integrerebbe in loco anche il
lavoro compiuto con tanta genialità dalla Università italiana per stranieri, che
ha già contribuito notevolmente ad accentuare il carattere cosmopolita di
una città, tra le più belle e vetuste d’Italia. Si creerebbero, in tal modo, le
condizioni più propizie per l’effettuarsi in concreto di quegli intercambi e di
quelle influenze necessarie all’alta cultura, che cerca appunto nel fervore dei
rapporti internazionali il clima più idoneo ‘al suo manifestarsi.

Ecco, quindi, un'opportunità concreta e vicina, come questa di una
pronta istituzione della reclamata Facoltà di lettere, per allinearsi, non a
parole soltanto, in quell'ordine di provvidenze, che senza in nulla incidere
le gelose prerogative dell’assetto politico - amministrativo dello Stato, da-
rebbe serio incremento a quella vita regionale, che la stessa Costituzione della
‘Repubblica prevede potenziata al massimo. Un regionalismo inteso in code-
sti limiti troverebbe consenzienti anche coloro che fanno esplicite riserve sulla
opportunità di procedere ai progettati decentramenti politico-amministrativi,
poichè esso si risolverebbe solo in un cospicuo potenziamento. della civiltà
nazionale. « Chi in Italia prescinde da questo amore delle patrie singolari,
ammonisce il già ricordato Cattaneo, seminerà sempre nell’arena ».

Che non abbia seminato nella sabbia neppure la giovane Accademia di
lettere della nostra Università lo dimostra appunto il volume che qui esa-
miniamo, che intende dare un primo esempio, uno schema orientativo della
mole e qualità di lavoro, cui potrebbe attendere la Facoltà, della quale si re-
clama l’istituzione. Nessuna riserva, è ovvio, si può fare sulla serietà intellet-
tuale e sulla preparazione di insigni studiosi (li citiamo nell’ordine in cui, nel
volume, sono state raccolte le loro lezioni) Salvatorelli, Devoto, Pallottino,
Mochi Onory, Bognetti, Morghen, Arnaldi, Monteverde, Chimenz, Galletti,
Apollonio, Romanelli, De Angelis D’Ossat, Bertini Calosso, Salmi, Torrefranca
e Toschi. Per parlare e giudicare ex informata conscentia di tutti e di ciascuno
dei contributi recati all'Accademia da tale accolta di nobili e alti ingegni,
occorrerebbe una preparazione ad hoc su ciascuno dei temi trattati, che fa
assoluto difetto al sottoscritto, e che, forse, difetterebbe a chiunque altro.
Dirò soltanto, con la franchezza che è nel mio costume, l’impressione ripor-
tata da un’attenta lettura e meditazione di codeste interessanti lezioni, al-
cune delle quali ebbi anche la. gradita ventura d’ascoltare dalla viva voce dei
Maestri che le professarono.





158 RECENSIONI

Diró, allora, che nel novero delle lezioni considerate, si rivelano senz'al-
tro contributi di prim'ordine, per profondità di dottrina ed efficacia didattica,
quelle di Salmi (« Essenza della pittura umbra »), di Monteverde (« Prime te-
stimonianze di lingua e di poesia volgare in Umbria »), di Devoto (incisivo e
chiarissimo ne « La Città e lo Stato degli Umbri »), di Pallottino (« Gli Etruschi
in Umbria »), di Morghen (« Il Conclave di Perugia nel 1305 ela lettera di Dante
ai cardinali italiani »), di Bertini Calosso (che con particolare amore e rara
competenza si è a lungo indugiato su « La scultura del Duecento in Umbria »),
di De Angelis D’Ossat (signorilmente polemico e sempre assai fondato ne «L’ar-
chitettura sacra del Medioevo in Umbria »), di Torrefranca (colmo di lirico
slancio nella sua « Umbria, nido del canto italiano »), di Romanelli, che ha
parlato, con pacato eloquio e sicuro dominio dell'argomento, di « Arte e cul-
tura romana nell'Umbria ».

Sforzate mi sono invece apparse le pur brillanti e seducenti tesi del Mochi
Onory, che nella sua « Umbria bizantina » appare sopratutto preoccupato
di aprire un dibattito sulle sue tutt'altro che ortodosse, in sede storiografica,
affermazioni. Gian Piero Bognetti ha parlato del « Ducato longobardo di Spo-
leto » con la profonda e vasta dottrina che lo segnala tra i più eminenti storici
del nostro diritto, ma forse con eccessiva sovrabbondanza di particolari. Un
poco prolissa si palesa (dopo la bellissima lezione — un modello! — del Mon-
teverde) la relazione del Chimenz su « La poesia religiosa umbra del Duecen-
to ». Eloquente, ma nel complesso acritica, la lezione del Galletti su «I Fioretti
di San Francesco » Un linguaggio piü diretto, meno ermetico ed allusivo,
avremmo desiderato nell'originale e dottissima conferenza dell'Apollonio su
«Dante e l'Umbria». Il Toschi ci é apparso assai poco impegnato in un tema a
lui particolarmente congeniale, « Le tradizioni popolari umbre », che avrebbe-
ro meritato più ampio e motivato discorso. E nella nervosa, e tutta solcata
da elementi di solida dottrina e di sicuro tecnicismo, lezione dell’ Arnaldi su
gli « Scrittori latini del Umbria » avremmo desiderato, in alcuni punti, un
discorso piü diretto e meno divagante in allusioni ad uomini e fatti d'oggi.

Nel concludere questa rapida rassegna sentiamo il dovere d'aggiungere
una parola sulla lezione, già citata, del Salmi, una delle più pregevoli del cor-
so per la sua elegante proporzione, per la chiarezza e la proprietà stilistica del
dettato, per la conoscenza profonda e non soltanto accademica dei problemi,
per il coraggio e la sempre dominata energia d’alcune rivendicazioni. Si re-
spira, nelle pagine del Salmi, l’alito della vera cultura, che accede alle esigen-
ze della divulgazione con semplicità, ma con un controllo, capace di mante-
nere alla parola, sempre, una sua particolare dignità ed efficacia.

Ma chi ha saputo dare una precisa misura dell’anima e della civiltà um-
bra, è stato il Salvatorelli, la cui lezione sulla « Spiritualità umbra » non a caso,
nella raccolta, precede tutte le altre. « Spiritualità » è pel Salvatorelli parola
che va presa in senso lato, e va quindi riferita a tutte le attività dello spirito,
e non soltanto alla vita religiosa, anche se questa a buon diritto vi ocupa una
parte primaria. Ed egli, che nel breve saggio qui presentato si conferma sto-
rico di penetrazione e di veduta tra le più robuste geniali e fondate del nostro
tempo, ci dà un mirabile spaccato della civiltà umbra dal Duecento ad oggi,
riuscendo a comporre un quadro di una forza, di una evidenza e di una verità
davvero eccezionali.









RECENSIONI 159

A nostro avviso, proprio cotesta, epitome storica del Salvatorelli avrebbe
dovuto servire di paradigma al contenuto e alla proporzione di tutte le altre
lezioni del corso, pel convincimento che abbiamo che ne sarebbe escita una
visione più omogenea ed evidente dell’Umbria che si aveva in animo di rap-
presentare. E qui cade opportuno, ci sembra, un finale rilievo sulla bellissima
pubblicazione e sull'economia del corso tenuto dall'Accademia nel suo primo
anno di vita, questo: non sarebbe stato disdicevole se fossero state incluse nel
programma anche una lezione o due, che ci dessero un preciso profilo storico
delle vicende e delle glorie dello Studio perugino, cui l'Accademia si richiama
con tanto legittimo orgoglio. C'é qui solo da ricordare che lo Studio inizió i
suoi fasti nella seconda metà del Duecento, e già nel primo decennio del secolo
seguente divenne quello Studio generale, abilitato a concedere sin dal 1321

dottorati in medicina e in tutte le arti liberali:

GIOACCHINO NICOLETTI.

AsTORRE LuPATTELLI, L'Università italiana per Síranieri di Perugia. 1925-
1943. Perugia, Donnini, 1947, pagg. 378, 2 tav. f. t.

Questo volume costituisce il quadro piü completo, piü autentico, piü
appassionatamente efficace che raffiguri l'Università italiana per stranieri
nelle sue premesse, nella sua origine e costituzione, nel suo eccezionale sviluppo,
nelle sue possibilità future. Esso é stato compilato con mirabile impegno e con
gelosissimo amore dall'ideatore, creatore e primo rettore dell'Università
per stranieri, Astorre Lupattelli, che negli anni intercorsi tra la sua desti-
tuzione e la morte ha trovato un qualche conforto all'acerbità di una
sofferenza senza pari nell'affidare a queste pagine la. documentazione fedele
dell'opera sua.

Chi ha avuto la possibilità di seguire le vicende dell'Università per stra-
nieri dalla sua origine e ne ha seguito i primi incerti e contrastati passi sino
al massimo rigoglio della sua vitalità realizzatosi intorno al 1936, si é reso
conto che tale rapida e splendida affermazione ha avuto un suo intimo mo-
tore e una sua logica giustificazione nella virtù organizzativa, nella incrolla-
bile fede, nella consumata capacità amministrativa di Astorre Lupattelli.
Lo stesso concorso di consensi da parte di personalità, di enti; di autorità si
convogliava verso il giovane e vitale istituto sotto la spinta del fervore crea-
tivo e combattivo che emanava dallo spirito e dall’opera del rettore.

Il volume, come s’è detto, è una chiara documentazione di tutto ciò.
Nei numerosi cap'toli che lo compongono si comincia col parlare dell'origine,
della sede, dell'organizzazione dei corsi, della biblioteca, della propaganda,
delle attività complementari e parallele ai corsi. Assai larga parte del volume
è riservata alla statistica concernente gli studenti, i diplomati, le lezioni dei
corsi, alla documentazione dei rapporti intrecciati e sviluppati con i vari paesi
del mondo per tramite di docenti, di studenti e dei corsi, in particolare con
quelli coi quali tali rapporti sono stati più continui e più voluminosi: come
Francia, Belgio, Olanda, Svizzera, Germania, Ungheria, Gran Bretagna,
Spagna, Romania, Cecoslovacchia, Polonia, Stati Uniti d’ America, Paesi





160 i RECENSIONI
dell'America latina, Egitto, India, Australia. In fine é aggiunto l'elenco com-
pleto delle lezioni tenute ai corsi di alta cultura dal 1926 al 1943.
L'edizione é stata curata dai figli Maria Bellucci Lupattelli e Guido Lu-
pattelli, che vi hanno Boe una brevissima prefazione. L'edizione è fuori
. commercio. /
GIOVANNI CECCHINI

IACOPONE DA TODI, Laudi, Trattato e Detti a cura di Franca ‘Ageno; Firenze
1953.

- FRANCA AGENO, Per il testo di « Donna de Paradiso », in La Rassegna della Let-
teratura italiana, 1953 pp. 62-93.

GIANFRANCO CONTINI, Per l’edizione critica di Iacopone, in La Rassegna della

Letteratura italiana, 1953 pp. 310-318.

Franco MAncINI, Di un antichissimo frammento iacoponico, in La Rassegna
della Letteratura Italiana, 1954 pp. 232- 239.

Gli anni 1953 e 1954 sono da indicare come i più importanti per la de- :
finizione di una serie di questioni iacoponiche e soprattutto del testo delle .

Laudi. Naturalmente emerge il lavoro dell’Ageno, anche perchè i più note-
voli fra gli altri dalla sua edizione prendono spunto. Nella introduzione, in-
vero troppo scarna, considerata appunto la cura: veramente notevole eserci-

tata attorno al testo, l'autrice ci ragguaglia innanzi tutto sui dati biografici .

di Jacopone sicuramente accertati, ai quali notevole apporto dà un articolo di
F. Mancini (1). Riprendendo poi un suo articolo e in parte scorciandolo (2),
l’Ageno accenna ai temi ed ai motivi essenziali della poesia iacoponica: il
linguaggio ricco di termini astratti, il ricorrere a modi plebei per dare parti-

colare intensità all'espressione, la lotta drammatica contro il male, il tendere .

a una continua esortazione, donde una frequente ridondanza di espressione.

. Ma proprio in questa parte avremmo desiderato dall'Ageno una discussione :

più approfondità ed anche forse una fruizione più ampia di certi studi precedenti
sulla poesia e sullo spirito di Iacopone, come per esempio di quello di Mario
Casella (3). Delle sue cure al testo alcuni lavori ci avevano già informato (4).
A proposito della versificazione, ricordo le osservazioni e i materiali rac-
colti da G. Galli (5), che possono offrire lo spunto a riflessioni piuttosto impor-
tanti. Le note al testo possono essere considerate a buon diritto il primo ten-
tivo SPESO con serietà e cura di un’interpetrazione puntuale del testo delle

(1) F. MANCINI, Due postille iacoponiche, in Convivium, 1952 pp. 456-60.

(2) F. AGENO, Modi stilistici nelle Laudi di fra Iacopone da Todi, in La Rassegna d' Italia, I
(1946) pp. 20-9; EADEM, Per un commento a Iacopone da Todi, in Convivium, 1950 pp. 73-96.

(3) M. CaseELLA, Jacopone da Todi, in Archivum Romanicum, IV (1920) pp. 281-329.

(4) F. AcENo, Per il testo delle Laudi di Iacopone da Todi, in La Rassegna, 1943-48 estr.

pp. 1-47; EADEM, Ancora per il testo di Iacopone da Todi, in Studi di Filologia Italiana, III (1950) —

p. 5-28; EAaDEM, Questioni di autenticità nel Laudario Iacoponico, in Conviium, 1952 pp. 555-61.
5) G. GaLLI, I Disciplinati dell’ Umbria del 1260 e le loro Laudi », in — 9 al Giornale storico
della letteratura Italiana.











RECENSIONI 161

Laudi: fra le molte recensioni all'edizioni dell'Ageno ricorderemo a questo pro-
posito quella del Sapegno, con una serie di precisazioni di grande acutezza (6).

Dal 1914, in cui uscirono i due lavori del Galli (7) e del Brugnoli (8), la
tradizione manoscritta di Iacopone é stata ripresa per una sezione limitata,
anche se di grande interesse, soltanto nel 1947 dall’Ugolini (9), che fa precede-
re e seguire la sua edizione da una serie di osservazioni linguistiche di note-
vole interesse. Ma soltanto l’Ageno e Gianfranco Contini, negli studi pubbli-
cati nella Rassegna del 1953, affrontano di nuovo sistematicamente il pro-
blema testuale, limitatamente per ora alla lauda « Donna de Paradiso ». L'A-
geno, dimostrata con assoluta sicurezza l’esistenza di un archetipo, passa a
definire due famiglie dei codici presi in esame, una costituita dai mss. 598
del Museo Condé di Chantilly, 10 del Convento di Giaccherino, 2306 dell’ An-
gelica di Roma, un’altra dai Add. 16567 del British Museum di Londra, Urb.
Lat. 784 della Vaticana, 194 della Comunale di Todi, Conv. Soppr. 6::8.:957
della Nazionale di Firenze, Oliv. 4 della Comunale di Pesaro, It. 1037 della
Nazionale di Parigi, Vitt. Em. 941 della Nazionale di Roma; per lo studio delle
forme si serve soprattutto opportunamente dell'Add. 16567, antico e scritto
sicuramente a Todi.

Le precisazioni continiane sono di una sistematicità esemplare, e in esse
si colgono alcuni passi che possono essere estratti per inserirsi in un ideale
massimario del perfetto filologo: « L’eterno circolo e paradosso della critica
testuale è che errori predicati certi servono a decidere l’erroneità di varianti
per sé indifferenti: un giudizio non soggettivo si fonda sopra un’evidenza ini-
ziale, che, fuor di casi particolarmente grossi, è o rischia di essere soggettlva.
Per sfuggire al cortocircuito occorre non stancarsi di discernere l'errore sicuro
e la variante adiafora, almeno nei raggruppamenti alti dell'albero, perché
nei suoi piani più bassi poco importa che la variante sia palesemente cattiva
o indifferente... ». Poi altre osservazioni di più limitata portata, ma sempre
trascendenti la questione iacoponica: la necessità di assumere le quartine
aaax al posto del distico (a) A (a) X, le lucenti considerazioni sulla rima e sul-
l’anisosillabismo. Passando poi al testo iacoponico le indicazioni sul codice
dei Disciplinati di Urbino assumono importanza rivoluzionaria proprio tenuto
conto della dicotomia dello stemma offerto dall’Ageno, in quanto tale codice
«esorbita nientemeno dall’archetipo umbro » delle due famiglie: ciò permette,
fra l’altro, di risolvere i vv. 28, 67, 68.

Opportuna la riedizione accurata fatta da F. Mancini della lauda « Or ki
averia cordolglo » dal risguardo del codice 172 della Comunale di Todi, con
le varianti da Add. 16567 e dal 598 del Museo Condé di Chantilly. Una serie
di note con buone osservazioni segue il testo: sarebbe stato forse opportuno
accompagnare l’edizione con una riproduzione fotografica.

IGNAZIO BALDELLI

(6) In Giornale Storico della Letteratura Italiana, CXX X (1953) pp. 249-271.

(7) G. GaLLI, Appunti sui Laudari iacoponici, in Giornale Storico della Letteratura Italiana,
LXIV (1914) pp. 145-62.

(8) B. BnucNorr, Le satire di lacopone da Todi ricostituite nella loro più probabile lezione, Fi-
renze 1914. :

(9) F;: A. UcoriNr, Laude di Iacopone da Todi tratte da due manoscritti umbri, Torino 1947,
a cui la recensione dell'Ageno in Cultura Neolatina, 1948 pp. 141-6.

11

c



162 RECENSIONI
IeNAZzIO- BALDELLI, Correzioni cinquecentesche ai versi di Lorenzo Spirito, in
Studi di Filologia Italiana, IX (1951) pp. 39-122.

IpEM, Adonii italiani in una saffica del Cantalicio, in Studi di Filologia Ita-
liana, IX (1951) p.. 163-173.

InEM, Ballate e preghiere in un libro di conti del secolo XIV,in Studi di Filo-
logia Italiana, X (1952) pp. 25-35.

IpEM, Glossario latino-reatino del Cantalicio, in. Atti del Accademia Toscana di
- Scienze e Lettere « La Colombaria », XVIII (1953-54) pp. 367-406.

1) Definizioni ed indicazioni essenziali si ritrovano nei lavori di Ignazio
' Baldelli, con i quali la storia dell’antico perugino viene documentata fino al
'500, fin quando cioé la secolare aspirazione ad adeguarsi al Toscano può dirsi
realizzata: del trionfante influsso che i testi dei tre grandi trecentisti eserci-
tarono sono prova notevole le correzioni e varianti cinquecentesche (1526)
al Canzoniere di Lorenzo Spirito Gualtiero, dal Baldelli attentamente prese
in esame sul ms. H. 64 (a. 1461) della Comunale di Perugia.

Rapidamente rilevate. le principali caratteristiche dei mutamenti appor-
‘tati nello sforzo di sopprimere le forme del volgare perugino, lo studioso af-
fronta, come questione preliminare, la relazione tra H. 64 ed un’altra copia
‘ugualmente autografa ms. 232 della Classense di Ravenna: dall’analisi di tale
rapporto scaturiscono osservazioni le quali, oltre ad illuminarci sulle vicende
testuali, giovano particolarmente all’identificazione di due serie di varianti;
l'origine di queste si potrebbe forse ritrovare in una cerchia di poeti perugini,
desiderosi di apprestare per la stampa i versi del Canzoniere. i

Si passa poi all’esame delle varianti, attentamente, e minutamente va-
gliate alla luce delle teorie linguistiche dell’epoca (Fortunio, Claricio, Bembo),
alle quali i variatori si sono di frequente attenuti; ma l’interna dinamica del
testo così corretto si rivela più che mai nel rimaneggiamento del vocabolario,
nelle sostituzioni lessicali che implicano una scelta, determinata da una poetica
in voga, ma anche iscritta nel particolare gusto del variatore o meglio del col-
laboratore (begli occhi, guardare, corpo, ligiadro pannicello, etc. divengono
vaghi lumi, mirare, volto, vel leggiadro e bello, etc.). Piuttosto notevoli certe con-
clusioni che ci piace riferire: « Attraverso dispute e controversie si era preci-
sato il canone dell’imitazione classica: molti furono subito, chi più, chi meno
coscientemente, che tentarono di porre su quella linea il problema del volgare.
Naturalmente non ci si poteva rivolgere che soprattutto al Canzoniere, con
i suoi temi slegati da ogni contingenza, offrenti la possibilità di riconoscervisi
al trionfante platonismo; slontanati e classici (sfuggirà in genere la parte più
drammatica, di sofferto e. mai risolto dualismo), in una raffinatezza tecnica
che tutti intuivano e che chi poteva porre gli occhi sugli autografi petrarche-
schi, realizzava immediatamente. Questa cultura, che tendeva tutta alla poe-
sia, mirava naturalmente ad una grammatica di' poesia, non di uso: un credere
cioè che alcune forme, alcune espressioni, fossero belle in sé, da adoperarsi
in ogni caso, e che quindi tutto ciò che apparisse volgare fosse senz'altro da
togliere... Spesso questa vasta diffusione (del petrarchismo) è considerata
nelle storie letterarie con un certo fastidio per la poca originalità della maggior











ba 3

RECENSIONI 163

parte degli scrittori: ma sarà sempre piü da porre l'accento sul fatto che tale
aulica cristallizzazione linguistica, se da una parte è uno degli aspetti più pa-
tenti della frattura fra nazione e cultura, rimanendo in ciò del resto sulla linea
di ben altre fratture politiche e sociali, è d’altra parte, con questo vasto dif-
fondersi di um modulo e di un gusto, ciò che più ha contribuito ad una vera
unità italiana almeno nell’espressione letteraria ».

2) Una premessa al glossario latino-reatino può considerarsi questa nota
che puntualizza alcuni fatti caratteristici del volgare di G. B. Valentini, detto
il Cantalicio, poeta umanista, «la cui lingua di cultura è soltanto il latino ».
La saffica contenuta nel ms. 1554 della Biblioteca Casanatense, interessa per-
tanto per l’adonio in volgare, che rispecchia elementi linguistici tra folignati
e reatini. Il Baldelli segnala anche altri documenti volgari del Cantalicio, che
servono a « meglio definire Ja misura di italianizzazione, il procedere di quella
che proprio allora sta per divenire la lingua comune ».

3) Il Baldelli pubblica quattro ballate popolaresche, che potrebbero de-
finirsi « della fede amorosa », trovate in un libro di conti del Monastero di
Santa Maria di Valdiponte, oggi Montelabbate. Le trascrisse fra il 1363 e il
1367 Guiduccino della Fratta: notevole in una di esse l’accenno ad Arcita e
ad Emilia, che sta a testimoniare la rapida diffusione del Teseida boccacce-
sco. La lingua è fondamentalmente il Perugino, ma presenti sono anche altre
influenze provenienti dal nord dell’Umbria e forme di origine lirico-siciliana.
« Le tradizioni volgari locali - cioè dei centri di notevole importanza — tra la
fine del sec. XIII e la prima metà del XIV si rafforzano, si irrobustiscono
sempre più, si vanno organizzando in vero e proprio istituto linguistico, pro-
prio quando quei centri raggiungono un punto massimo di democratizzazione

. sia pure con chiari annunci di prossimo dissolvimento in oligarchia signorile...

E intanto proprio allora cominciano a diffondersi modelli poetici e quindi lin-
guistici fiorentini ».

4) Particolarmente lucida, e nella sua sobrietà, preziosa per talune ori-
ginali osservazioni, l’illustrazione del glossario latino-reatino del Cantalicio,
che il Baldelli trae dal ms. 631 (125) della Comunale di Perugia. Le informa-
zioni sul vocalismo tonico e precisamente sulla metafonesi secondo lo schema
sabin , sul pr.blema della u/o finale sono tra le più fini del saggio. Notevole
il glossario, anche dal punto di vista puramente lessicale, che il Baldelli annota
di continui richiami all’AIS e riferimenti a vocabolari dialettali.

FRANCO MANCINI

CARLO GAMBA, Pittura umbra del Rinascimento — Istituto Geografico De Ago-
stini — Novara (1949). Collezione « Storia della Pittura Italiana ». Testo
pagg. LXX, Tavole 124. L. 2000.

È un’ampia e piacevole rassegna della scuola umbra dagli ultimi senesi
della fine del Trecento al periodo romano di Raffaello. Organica nella struttura,
l’esposizione, premessa l’importanza del contributo toscano, in specie di Be-
nozzo, offre in principio un accurato ed assai utile esame del movimento go-
tico internazionale in Umbria e della figura e dell’opera del Nelli e della sua
scuola, illustrando poi i rapporti, spesso complessi, fra la scuola di Camerino

11*







164 ; RECENSIONI

(Gerolamo di Giovanni, il Boccati) e le scuole di Foligno e di Perugia. Se uno
dei molti pregi del libro é quello di tratteggiare efficacemente le figure di
tutti gli artisti minori e in special modo quelle dei perugini B. Caporali,
B. Bonfigli e Fiorenzo di Lorenzo, sembrano difetti il frettoloso esame del-
l’opera dell’Alunno, pur di così fondamentale importanza, il troppo severo
giudizio sul Mezzastris e su Matteo da Gualdo, ma sopratutto le non accetta-
bili attribuzioni delle tavolette dei Miracoli di S. Bernardino, specie per quanto
riguarda il misterioso Pietro di Galeotto. L’interesse dell’A. si concentra,
com'é naturale, sul Perugino e sul Pintoricchio, dei quali si espongono, con
garbo e piena informazione, le lunghe vite e le molte opere. Assai ampli i
capitoli finali dedicati a Raffaello, la cui opera è esaminata accuratamente e
amorevolmente sino alle ultime opere romane ed al quale si tolgono giusta-
mente le note parti degli affreschi del Cambio.

Un'ottima, vasta ed utilissima bibliografia arricchisce il bel volume, la
cui abbondante e ben scelta parte illustrativa ne fa la più considerevole opera

divulgativa sulla pittura umbra.
FRANCESCO SANTI

Uco TarcHI, L'arte del Rinascimento nell’ Umbria e nella Sabina. Con una Ap-
pendice su / calchi michelangioleschi nell’ Accademia di Perugia e i marmi
nella Cappella Medicea. Milano, Garzanti Editore (1954). Tavole 481.
L. 12.000.

Il volume, il VI dell'opera L'Arte nell Umbria e nella Sabina e che com-
prende l'architettura religiosa dal sec. XV a tutto il XVIII, ha in comune
con le altre parti dell’opera stessa la scarsa organicità nella sistemazione della
materia, nella quale sono interpolate documentazioni sulla scultura, la pit-
tura e le arti minori; nessun ordine cronologico, storico-artistico o topografico
guida l'abbondante raccolta di fotografie di opere e di rilievi e piante di edi-
fici. Inoltre, la mancanza di un rigoroso metodo, la scarsezza di informazione
aggiornata provocano, specie per le opere d'arte, errori ed inesattezze: vedi,
per es., l'attribuzione a Raffaello dell Eterno dell'Alfani (Gall. Naz. dell'Um-
bria) e del Gesù Bambino e S. Giovannino della Sacrestia di S. Pietro in Peru-
gia, quella a Tiberio d’Assisi del Portacroce della Beata Colomba; le statue
lignee policromate, rappresentanti L’ Annunciazione (Gall. Naz. dell'Umbria),
squisite e notisime opere quattrocentesche, credute del secolo XVI; la Fla-
gellazione bronzea di Francesco di Giorgio, per la quale si riporta la vecchia
e balorda attribuzione a Vincenzo Danti; la Croce argentea di Mongiovino,
quasi certamente dei Lattanzi, data al Roscetto. L’unica, vera utilità dell’o-
pera per lo studioso è rappresentata dall’abbondanza di belle fotografie di
particolari, di sezioni, piante e rilievi di edifici.

Ben più serio, ma non persuasivo, è lo studio condotto sulle statue mi-

chelangiolesche.
FRANCESCO SANTI













SOMMARIO BIBLIOGRAFICO

(1937-1943)

ABATE p. GiusEPPE, La casa dove nacque S. Francesco d'Assisi nella sua
nuova documentazione storica. (Pro manuscripto), in Miscell. France-
scana, 1939-40, pp. 55 e XXIV-321-697, ill.

[E cfr. BracaLonI p. LEONE, Risposta al « pro manuscripto » de La
casa dove nacque S. Francesco d’Assisi. Assisi, tip. Metastasio, 1939,
pp. 35, in 8° (tavv.)].

ABATE p. GrusEPPE, La casa dove nacque S. Francesco d'Assisi nella sua
nuova documentazione storica, Roma, Miscell. Francescana, vol. XL,
1941.

[E cfr. ancora BracaLonI p. LEONE, La nuova casa paterna di San
Francesco in Assisi. Assisi, Vignati, 1941].

ANDREOLI GrorcIo, Da un antico diario. Gubbio, tip. Eugubina, 1939, in 89,
pp. 41 (tav.).

AnTIcI MATTEI GIUSEPPE, I grandi condottieri umbri: Niccolò Piccinino, in
Latina Gens, 1940, pp. 169-79; e in Riv. Araldica, 1940, pp. 398-409.

ARNOLFE, TERRE, (v.), a c. di P. F. Palumbo, in Enc. It., App., 1938, p. 156;
e id., id., a c. dello stesso, in Enc. Cattolica Italiana, vol. I, Milano, 1946.

BaRBERI Ugo, L’archivio gentilizio dei marchesi Bourbon del Monte di Sor-
bello a Perugia. Città di Castello, 1943. [Collez. stor. Sorbello, Quad. I].

BecaTTI GIovANNI, Musei comunali umbri di Orvieto (Opera del Duomo),
Spoleto, Terni, Bettona, Todi. Fasc. I, Roma, Libr. di Stato, 1940, in 4°
[« Corpus Vasorum Antiquorum ». Italia, fasc. XVI].

BErELLI GrovaxNr, L'istituto del podestà in Perugia nel secolo xiri. Bolo-
gna, Zanichelli, 1937, pp. in 8°.

[Ma cfr. rec. di P. F. Palumbo in Leonardo, 1938, pp. 323-25].
BeLrortI RarraELE, La riforma repubblicana dell’Università degli Studi
di Perugia nel 1799, in Rass. stor. Risorgimento, 1940, pp. 959-76.
BeLFORTI RAFFAELE, Il materiale archivistico riguardante la storia del Ri-
sorgimento a Perugia, in Rass. stor. Risorgimento, 1940, pp. 69-70.
BENEDETTO Luci Foscoro, Il cantico di Frate Sole. Firenze, Sansoni, 1941,

pp. 260, in 89.

BertINI CaLosso AcHiLLe, Andrea Palladio e il tempietto del Clitunno,

in Atti III Convegno Naz. di St. dell’ Architettura, Roma, 1938, pp. 183-839.





166 i SOMMARIO BIBLIOGRAFICO

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1940, pp. 24, in 16°, ill. (per nozze Buffa di Perrero-Visconti).
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[Nota postuma e v. del G. i precedenti contributi alla biografia del
Cesi riguardante il soggiorno di Galileo Galilei in Acquasparta, ospite
del Principe Federico Cesi, fondatore dei Lincei, nel palazzo ducale,
dall’8 al 22 aprile 1624. Poco o nulla per la storia della cittadina].



Di







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suoi rapporti con la cosa pubblica nei fondi dell'Archivio del Comune
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Anacleto II, in app. al vol., pp. 654-56; e v. pure, dello stesso, La can-
celleria di Anacleto II, in Studi in on. di V. Federici, Firenze, Olschky,
1943, e in estr., p. 15 sgg.

[Vescovo di Todi, Ottone fu « plantarius » di Pasquale II, e cioé sgra-
natore di cause e controversie presso la Curia e il Tribunal papae, e poi
legato in Francia e Germania di Anacleto II, nel 1130, dopo la di
lui intronizzazione. E v. già il Leonii, Cronaca dei vescovi di Todi,
Todi 1889, pp. 45-46 ed il Ceci, Todi nel Medio Evo, I. Todi 1897,
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SALZANO AMEDEO, La « Tabula exitus, expensae et introitus» del Comune di
Spoleto per l'esercizio 1400-1401. Spoleto, tip. dell'Umbria, dato come
«in corso di stampa » nell'altro vol. su « Il Monte dei denari» (studio
sulle finanze e sull'ordinamento amministrativo di Spoleto all'alba del
Quattrocento). tad

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EA







SOMMARIO BIBLIOGRAFICO ali

TENNERONI ALBERTO, Vicende storiche della città di Todi e del suo terri-
torio.

Parte I: Todi Etrusca, alle dipendenze di Roma. Parte II: il Cristia-
nesimo a Todi. Parte III: Todi dalla caduta dell’Impero Romano fino
alla sua costituzione a Comune. Parte IV: Todi moderna, 2 voll. Todi,
tip. Tuderte, 1939, pp. 115 e 53, in 16°.

Ip. Ip., La Cattedrale, il Tempio di S. Fortunato e gli avanzi dell'epoca ro-
mana comunemente denominati « Tempio di Todi » in Todi descritti, ecc.
Todi, tip. Tuderte, 1939, pp. 51, in 16°, ill.

TiserI Enzo TIBERIO, L'Aquila e i Falchi, II ed. Roma - Città di Castello,
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[Umbri antichi (Gaetano De Sanctis, Francesco Ribezzo); Regione
geogr. condiz. economiche (Riccardo Riccardi); Preistoria (Umberto
Calzoni); Storia (G. Candeloro); Dialetti e lett. dialettale (Giovanni
Cecchini); Arte (Achille Bertini Calosso)].

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1870. Roma, Ediz. Univ., 1942, pp. XXXVI - 215 in 8° [« Pubbl. Ist.
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Zocca Emma, Vetri umbri dorati e graffiti, in riv. L'Arte, 1939, pp. 174-
184 (ill.).



NECROLOGI

GIANCARLO CONESTABILE peLLA STAFFA

Rare volte un insieme di fattori spirituali e sociali, tutti positivi,
radicati nella vita di una famiglia, per tradizione di più generazioni,
quali la signorile opulenza d’un cospicuo patrimonio, la nobiltà di
sangue intesa come aristocrazia morale, la cultura umanistica arric-
chita e vivificata di esperienze molteplici e di viaggi per tutta Euro-
pa, le relazioni con grandi figure d’uomini di vari paesi e di diverso
convincimento ideale, la pietà cristiana sincera e profonda e resa con-
sapevole da meditazioni e letture, rare volte, crediamo, tutti questi
elementi di così difficile incontro, che pur caratterizzavano un ambiente
familiare, hanno saputo trovare una così omogenea ed armonica
fusione come nella personalità 'di Giancarlo Conestabile della Staffa.

C'era un ambiente d'antica nobiltà e dignità, quello della fa-
miglia Conestabile sul finire dell'800, che i più vecchi ricorderanno di-
rettamente e che quanti di noi ricercano memorie e documenti della
vita perugina del secolo scorso debbono conoscere ed apprezzare. Que-
sto ambiente dette il suo prodotto migliore in Giancarlo Conestabile,
di cui la prestanza fisica era quasi la manifestazione di una singolare
bellezza morale, di un perfetto equilibrio interiore.

Il Conte Giancarlo Conestabile della Staffa nacque a Firenze dal
Conte Francesco e dalla Contessa Adda Zoubow il 14 dicembre 1879.
Gli fu posto un nome, frequente nella famiglia, illustrato dal padre
di Francesco, l’archeologo Giancarlo Conestabile, di fama europea,
amico del Mommsen, del Renan, del Montalembert, che ebbe ai suoi
funerali Giosuè Carducci, rappresentante ufficiale del Ministero della
Pubblica Istruzione, della cultura italiana in lutto.

Giancarlo senior fu nella sua Perugia del Risorgimento, nei con-
trasti, nelle polemiche, nelle contraddizioni del momento, uomo di
alto ‘prestigio, di indiscussa autorità morale. Cattolico di aperta e co-
raggiosa professione, fu un simbolo ai cattolici di coerenza e di digni-





e






















NECROLOGI 178

tà. Non fu peró esponente della reazione e del conservatorismo. Lui
storico sapeva bene a quale delle due parti la storia riserbasse la pal-
ma della vittoria, per ció non assunse atteggiamenti di sterile rim-
pianto o di legittimismo antistorico. Fu aperto all'ordine nuovo sen-
za odio, senza acrimonia, cristianamente pieno di buona volontà. Il
dramma fu tutto intimo, ma pur acuto e penosissimo: da una parte
un dovere di lealtà ad un ordine legittimamente costituito, di fedeltà
ad un sovrano, al più paterno di tutti i sovrani e per di più Vicario di
Cristo; dall'altra l'aspirazione della parte più consapevole di tutto
un popolo, un'esigenza di unità che postulava il progresso civile e so-
ciale. In questo contrasto è il tormento di quell’anima, è il tormento
: dei suoi figli Francesco e Carlo, figure nobilissime dei primi movimenti
per una conciliazione tra Italia e Papato.

A tutte queste cose viene fatto di pensare, e si deve pensare, per
capire tanta parte della personalità del nostro Giancarlo Conestabile
che aveva sofferto questi grandi problemi, che appartenevano come
una pesante eredità anche alla sua generazione. A queste cose si
deve pensare per capire il contributo di valore e di sacrificio di Gian-
carlo Conestabile nella guerra 1915-1918 nella sua portata che vor-
remmo dire storica: con la grande guerra ogni diaframma è caduto,
le forze cattoliche — già isolate e forse sospettate — con tutte le al-
tre forze della vita italiana, in unità di propositi, hanno combattuto
e si sono immolate a questa nuova realtà storica che è l’Italia. È la
conclusione del Risorgimento, nell’unità del popolo italiano.

Nato a Firenze, Giancarlo Conestabile crebbe a Perugia. Le sue
condizioni gli permisero un’istruzione privata accuratissima. Ebbe
i migliori professori della Perugia fine secolo, fervida di vita cultura-
le: Berarducci, Ferrini, Blasi. Scelti con molta larghezza, per il loro
valore e senza pregiudiziali. Angelo Blasi, maestro indimenticato di
generazioni di perugini, filosofo che nulla scrisse, ma che Benedetto
Croce ha ricordato per tutta la vita con l’affettuosa gratitudine quasi
di discepolo, che, nelle lunghe passeggiate e nelle conversazioni altis-
sime, costituiva uno dei motivi dei frequenti soggiorni perugini del
giovane filosofo partenopeo, Angelo Blasi ebbe a definire Giancarlo
Conestabile il suo migliore discepolo.

Basterebbe un simile elogio per convincersi del livello intellet-
tuale e morale di Giancarlo Conestabile, il quale, peraltro, pur non
abbandonando mai gli studi umanistici e la cultura, si indirizzò alle
scienze naturali (aveva forse delle naturali affinità con Pascal, filosofo
del suo cuore) e si laureò a Firenze nel 1906 in chimica pura. Si laureò







































174 . 3 NECROLOGI

bene, perché bene faceva tutte le cose che faceva: aveva un senso di
‘ dignità, più che di amor proprio, che costituiva una regola indefetti-
bile in tutte le sue azioni. Di un uomo di grande talento come Gian-
carlo Conestabile, che oltre tutto era un gran signore e che aveva così
vaste e varie esigenze intellettuali e faceva tante cose, vien fatto di
pensare ad un magnifico dilettante, di quelli di cui la nostra terra fu
particolarmente ferace, ma di quei dilettanti nei quali non c'era om- 4
bra di dilettantismo, perché la serietà e l'impegno li ponevano al li-
vello degli studiosi di mestiere. (Il gentiluomo Alessandro Manzoni,
di condizione agricoltore, era, in fondo, un IRA dilettante e si
riconosceva e proclamava tale).

Un simile impegno questo giovane. signore lo pose anche negli |
studi naturalistici e all'Università di Firenze (che allora si chiamava !
Istituto di Studi Superiori) divenne prima assistente e ES aiuto del
Prof. Schiff.

La carriera scientifica si apriva a lui, piena di felici promesse.
Ma dopo appena due anni egli dovette abbandonare quella vita, che

- ricorderà poi sempre con commozione e legittima compiacenza, il pa-
dre avendolo richiamato a Perugia per associarlo nella direzione della
sua grande ed esemplare azienda agricola.

Fu questo un campo di nuove esperienze, tecniche, sociali, eco-
nomiche. L'impegno di sempre Giancarlo Conestabile lo pose anche
in queste, senza timore di novità, anzi con quell'audacia che é pro-
pria di chi ha le idee chiare e la coscienza diritta, ma che sorprende e
forse sconcerta i prudentissimi del nequid nimis. Dei quali l'agricol-
tura umbra non si può certo dire che mancasse o che manchi.

Un lavoro, pur così complesso e assorbente e con tanti riflessi
umani, non esaurì le energie della sua mente e le risorse del suo cuore:
egli trovò di potersi dedicare, nella Perugia del suo tempo, ad atti-
vità di beneficenza. Anche qui la sua opera non fu da dilettante, ma
ebbe risultati concreti. Istituì a Perugia e le presiedette lungo tempo
le Conferenze di San Vincenzo de’ Paoli ed il Comitato Antituberco-
lare Perugino.

A quei tempi, che sembrano ormai tanto lontani, lo Stato non
aveva quella caterva di compiti che si arroga oggi o, per lo meno, non
li aveva nella misura odierna e l’iniziativa privata aveva assai più
larga sfera d’attività e maggior vigore e importanza. La beneficenza
di Stato, l’assistenza ai poveri ed ai malati affidata ad enti pubblici,

erano cose — se pur c'erano — trascurabili ed in questa carenza del-
lo Stato suppliva, come poteva, la beneficenza privata, volontaria.











NECROLOGI ) 175

I tempi per gli indigenti erano senz’altro e di gran lunga peggiori dei
nostri, ma grande era il merito di questi apostoli della beneficenza
e la loro attività era la più cristiana e disinteressata che si potesse im-
maginare, né la politica intossicava come oggi tutti i rapporti umani,
né la forza elettorale dei poveri — che non era quella di oggi — po-
teva far sospettare del cristiano disinteresse della beneficenza privata.

Riprese gli studi filosofici e artistici, con quella consueta vastità
e molteplicità di interessi, illuminato da una sensibilità acutissima.
Raccolse una ricca ed importante biblioteca personale, aggiornando
ed aumentando notevolmente quella pur notevolissima familiare.
Acquistò la biblioteca del suo defunto maestro Angelo Blasi, salvan-

- dola dalla altrimenti inevitabile dispersione e la cedette quindi alla

Biblioteca Augusta del Comune di Perugia. Raccolse antiche tavole
pittoriche e studió le opere dei primitivi, con passione, con abilità e
talora con successo.

In questo fervore di iniziative e di attività, private e pubbliche,
nel vigore degli anni lo colse l'entrata dell'Italia in guerra nel 1915.
La guerra rappresenta, generalmente, un capovolgimento di valori:
tra coloro che nella vita civile d’ogni giorno non hanno saputo essere
se stessi ed hanno sentito, nell’insuccesso della loro vita, il tedio di
un’esistenza uniforme, tra questi è più facile trovare quelli che in
guerra sanno superare ogni egoismo della natura umana e affrontare
il rischio della nuova vita con lo slancio e l’abnegazione dei migliori
soldati. Ciò, si intende, non senza eccezioni numerose. Giancarlo Co-
nestabile fu di queste eccezioni. Lui provvisto di tutti quei doni che
la natura e la società offrono ai più fortunati, lui che aveva una per-
sonalità così universalmente stimata e ammirata, nel pieno successo
di tutte le sue iniziative, portato alla pace da mitezza di temperamen-
to, educato alla gentilezza, alla pietà cristiana, fu nella grande guerra
un eroico combattente.

Ufficiale dei granatieri prese parte a numerose azioni di guerra:
naturalmente coraggioso, pur senza spavalderia, ma con fermezza,
aveva un forte ascendente sui suoi soldati e tali qualità, insieme ad
un senso della disciplina così rigido da non essere quasi italiano, non
gli consentirono, certo, di essere risparmiato dai comandi che lo ve-

. devano, in determinate situazioni, insostituibile. Promosso capitano

passò al 116 fanteria e con questo grado, in una delle numerose azio-
ni, conducendo i soldati all'attacco, già ferito, continuó a combatte-
re e venne nuovamente colpito, cosi gravemente che per tutta la vita
ebbe a sopportare una dolorosa mutilazione.





176 NECROLOGI

Ebbe due medaglie al valore: una d’argento, l’altra di bronzo.
Né si può certo dire che un uomo così riservato, così modesto, così
signore, che non conosceva affatto l’arte tanto italiana del farsi
avanti, abbia brigato né poco né assai per questi riconoscimenti.

Tornato dalla guerra riprese tutte le sue attività di prima di quel-
la dolorosa parentesi. Le riprese con rinnovato fervore, sebbene pe-
sassero e sanguinassero sempre le ferite di guerra, e le riprese con im-
mutato senso di fiducia nella utilità di esse per il benessere sociale.
Nel generale scetticismo del dopoguerra, egli fu sereno, come sempre,
né le sue idee di socialità cristiana ebbero in alcun modo ad oscurarsi.
Riprese le sue iniziative di beneficenza, con una più acuta sensibilità
che vedeva quanto difficile fosse, terminata la guerra, ricostruire la
pace, riassorbire nella vita civile una così gigantesca massa di armati,
smobilitare le coscienze dall’idea dell’odio.

Visse al di fuori di ogni competizione politica: uomo di singola-
re prestigio e dignità seppe conquistarsi le simpatie di uomini d’ogni
parte politica, pur non transigendo mai coi propri principi per ren-
dersi bene accetto e popolare. Ma conquistava quella rigidità con se
stesso, quella disciplina intima che traspariva in tutti gli atti, con
quella longanimità, con quella pacatezza e tolleranza verso tutti gli
uomini, che erano poi manifestazioni di quella sincera e radicata ca-
rità cristiana, donde tutta la sua vita riceveva carattere e luce.

Pur riservatissimo ed alieno da pubblici incarichi, ne ebbe a ri-
coprire moltissimi. La sua città, che lo conosceva e lo apprezzava, lo
chiamò a presiedere istituti della massima importanza nella sua vita
economica e sociale. Vi portò la sua saggezza, il suo equilibrio, la sua
vigile sensibilità, li peso, in una parola, della sua personalità auto-
revolissima.

Fu, tra altri istituti ed associazioni e comitati, presidente della
Cassa di Risparmio di Perugia, del Consorzio Agrario di Perugia, della
Fondazione per l'Istruzione Agraria.

Aggregato alla Deputazione di Storia Patria per l'Umbria fu ap-
prezzato per il contributo che all’occorrenza sapeva portarvi per le
sue vaste cognizioni artistiche e storiche, materiate di profonda dot-
trina filosofica, tanto più apprezzabile in un’epoca in cui la notizia
erudita, nella storiografia di provincia in specie, era considerata fine
a se stessa e non in un rapporto organico di cause e di effetti. Avrebbe
potuto scrivere di storia e trattare problemi storici, così come avreb-
be potuto scrivere di questioni artistiche o di problemi filosofici. Non
lo fece. Ebbe sempre un estremo pudore di affidare al pubblico i pro-













NECROLOGI 177

blemi che si agitavano nella sua mente o nella sua coscienza. Fu una
riservatezza eccessiva assecondata in questa negatività dalla più re-
cisa mancanza di ambizione e da un’autocritica intransigente.

Non lo ricordiamo per la carta stampata che egli ha lasciato, ma
per la grandezza della sua personalità morale, che egli seppe manife-
stare in tanti campi e con accenti così originali. La sua cosa più bella,
il suo capolavoro, fu la sua vita e s’egli fosse stato un signore del Ri-
nascimento si sarebbe potuto pensare alla sua vita come creazione
d’arte. Ma non c’era l’olimpicità degli uomini del Rinascimento, ben-
sì la consapevole sofferenza degli uomini migliofi del tempo nostro.

Sofferenza come partecipazione, meglio come presenza ai drammi
cosmici delle nostre generazioni. Consapevole sofferenza — illumi-
nata di certezza, rassegnata, serena — nel dolore fisico onde per qua-
si quarant'anni le lacerazioni e le mutilazioni di guerra, ognor più
aggravantesi, lo resero quasi un simbolo vivente di cristiana perfe-
zione, una visione confortatrice di quel che possa sulla natura uma-
na l’idea cristiana profondamente sentita e coerentemente vissuta.
Dolore fisico accettato e sofferto senza un lamento, e forse gradito per
la insostituibile sua scuola morale e religiosa.

Pensando alle sofferenze di Giancarlo Conestabile vien fatto di
pensare a quante volte egli col suo Pascal avrà pregato: « Fatemi la
grazia, o Signore, di unire alle mie sofferenze le vostre consolazioni,
affinché io soffra da cristiano. Non domando di essere esente da
dolori perché questa è la ricompensa dei Santi; ma domando di non
essere abbandonato ai dolori della natura senza le consolazioni del
vostro Spirito... Non senta io dolori senza consolazioni; ma ch'io
senta dolori e consolazioni insieme, per arrivare finalmente a non
sentire più che le vostre consolazioni senza verun dolore ».

Nella pace di questa conquistata consolazione egli mori, nella
sua villa di Montemelino, il giorno 21 marzo 1954.

FRANCESCO DUuRANTI















INDICE DEL VOLUME

G. CEccHiINI, 7 sessant'anni della Deputazione di Storia Patria
Memorie
M. DE DowiNicis, La « Let Tudertina »

G. FRANCESCHINI, Il Cardinale Anglico Grimoard e la sua opera di

Legato nella Regione Umbro-Marchigiana

Note e documenti

M. SALMI, Un ciclo di nem umbri nella Galleria Nazionale di Bu-

dapest

O. MARINELLI, T 'aghintasione degli « Homines » di Casalinga nel ter-
ritorio perugino (1270) .

M. PeRIcOLI, Braccio Fortebraccio da Montone ricostruisce e là PE
di Todi nel 1423
Fonti
E. Ricci, Cronaca di Giambattista Marini

Recensioni

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA. ACCADEMIA DI LETTERE,

Anno 1953, L'Umbria nella storia, nella letteratura, nell'arte (G.
. Nicoletti) WU RET. S UT JC 2

A. LuPATTELLI, L'Università italiana per Stranieri di Perugia (G.
Cecchini) 500 ; 2l : SSA

JACOPONE DA Toni, Laudi, Trattato e : Detti — F. AaENO, Per il i doo
di « Donna de Paradiso » — G. CONTINI, Per l'edizione critica di
Jacopone — F. MawciNr, Di un antichissimo frammento iacopo-
nico (I. Baldelli) WO S ESI CILE Pe DRM Ee

I. BALDELLI, Correzioni cinquecentesche ai versi di Lorenzo Spirito
— IpEM, Adonii italiani in una saffica del Cantalicio — IpEm,
Ballate e preghiere in urì libro di conti del sec. XIV - IDEM, Glos-
sario latino-reatino del Cantalicio (F. Mancini) .

C. GAMBA, Pittura umbra nel Rinascimento (F. Santi)

U. TARGHI, L’arte del Rinascimento nell’ Umbria e nella Sabina (F.
Santi)

Sommario Bibliografico .

Necrologi
Giancarlo Conestabile della Staffa (F. Duranti)



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Direttore Responsabile: ACHILLE. BERTINI CALOSSO