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DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
PER L'UMBRIA

VOLUME LIV

PERUGIA - 1957

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Memorie

STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI -
DELLA FRATERNITA DI S. MARIA DEI LAICI
DI AMELIA

SOMMARIO
I — Introduzione.
JI — Statuti della Fraternita del 1355 (testo e note).
III — Approvazione degli Statuti (1361) (testo e note).
IV — Inventario I « Bonorum et iurium », del 1349 (testo e note).
V — Inventario II, del 1355 (testo e note).
VI — Appendice di Documenti :
I — Convenzione per un lascito (1371).

II — Modifiche apportate agli Statuti nel 1405,

III — Nomina dei Sindaci e Procuratori della Fraternita fatta dal Comune nel 1405.

IV — Frammento di Memoriale (1405).

- VII - Nomi di persone e di luoghi menzionati nei documenti.

INTRODUZIONE

Universalmente riconosciuta dagli studiosi in genere, ma partico-
larmente dai cultori di storia e di diritto, é l'importanza che accompa-
gna sempre la divulgazione dello Statuto di un ente sociale qualsiasi,
Nazione o Comune, Università di studi o Corporazione artigiana, Or-
dine religioso o semplice Confraternita, Accademia scientifica o Isti-
tuto di beneficenza e simili.

Infatti in ogni Statuto, corpo organico di ordinamenti scritti
aventi valore di legge, è riflessa in misura più o meno vasta la men-
talità la vita l'azione di un popolo, o d'un notevole gruppo d'individui,
che in un dato periodo della sua esistenza e in armonia con i suoi
ideali e con le sue varie necessità, vuol dare alla convenùta manifesta-
zione del suo spirito associativo quella stabilità ch'é indispensabile,
anche se sempre relativa, al mantenimento di ogni conquista spiri-
tuale o materiale e che, al tempo stesso, costituisce un solido punto
di partenza per ulteriori progressi.

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Fatto questo ovvio rilievo, non ci soffermeremo a dire dell'im-
portanza, poca o molta che sia, della pubblicazione degli Statuti
trecenteschi della Fraternita laicale amerina che — insieme a due
contemporanei Inventari della medesima — ci è benevolmente consen-
tito di far noti agli studiosi in questo dotto Bollettino della Deputazione
di Storia Patria per l'Umbria; ma, data una sufficiente descrizione
del manoscritto che ce li ha tramandati e premesse alcune osservazioni
sul contenuto dei documenti, passiamo senz’altro alla presentazione
del testo. :

IL MawoscniTTO. — Il ms., da cui togliamo i documenti, risale
alla metà del secolo xtv ed è unico. Per quanto riguarda il testo degli
Statuti della Fraternita (e molto piü per quello degli Inventari) esso
é finora inedito, anche se, circa due secoli fa, ne fu dato un riassunto
da quell'Anonimo che pubblicó — con numerose modifiche — gli Sta-
tuti del 1575, ivi pure contenuti (1). Trovasi conservato presso la lo-
cale Congregazione di Carità, cioé presso l'Ente nel quale poi giuridi-
camente si trasformó la storica Fraternita medievale e che, conti-
nuandone tuttora l'opera benefica, volle mantenuto all'Ospedale da
quella anticamente eretto il titolo originario e pio di Ospedale di S. Ma-
ria dei Laici.

Quel codice, prezioso cimelio della città di Amelia, è tutto mem-
branaceo. Ha inizio con una grande miniatura rappresentante la Ver-
gine Maria seduta in trono con il divin Figlio fra le braccia (2). Di
ampio formato — mm. 355 x 290 — i suoi attuali fogli 35 — non con-
tando quelli di guardia aggiunti di recente — sono artisticamente ri-
legati in pelle marrone con numerose ed eleganti impressioni a secco
sia nel dorso che nei piatti (3). In origine non ebbe numerazione di fo-
gli; quella fattavi da mano settecentesca non tenne conto dei fogli
miniati; la numerazione invece introdottavi con la recente rilegatura

si estende a tutti i fogli ed é a questa che ci riferiamo nel nostro:

studio.

‘I. F. l': Miniatura d'artista umbro su quasi tutta la pagina.
Sotto di essa, e in minuta scrittura gotico-cancelleresca, su cinque
righe assai consumate, si son potute leggere (col sussidio dei raggi
ultravioletti e con l'aiuto del prof. Giovanni Muzzioli, Direttore del-
l'Istituto di Patologia del Libro) le parole seguenti: « In nomine Do-
mini. Amen. Anno Domini Millesimo CCCo, XLVIIII, tempore domini
Clementis pape VI, indictione IIa, Mense Martii in die II», / Hic est
liber Fraternitatis sancte Marie factus tempore prioratus et ancia-

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STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI Ii

natus discretorum virorum Angelutii / magistri Johannis prioris dicte
fraternitatis, Ser Salvati Ser Jannis, Angnalucoli Fatii, Gregorii
Iannelli / Martucii Iacobutii, Martii Petri ancianorum dicte fraterni-
tatis et Mactei magistri Iannis / factoris dicte fraternitatis ».

(II. F. 1'-2" bianchi; f. 3-9: scrittura gotica libraria umbra, ele-
gante, a due colonne, con iniziali rubriche e capoversi in rosso, con-
tenente gli Statuti del 1355, che qui pubblichiamo insieme ai docu-
menti contenuti nei numeri III-VIII.

III. F. 9": scrittura gotica corsiva del notaro umbro Angelo di
Cuziolo attestante l'Approvazione degli Statuti avvenuta in Viterbo
nel 1361. .

IV. F. 10-16*: Inventario dei beni della Fraternita compilato
nel 1355, scritto dallo stesso amanuense degli Statuti sino al n. 124,
e poi da due diverse mani posteriori (nn. 125-139).

V. F. 17-19' bianchi; f. 19'-25': Inventario del 1349, dello
stesso amanuense che copió gli Statuti e l'Inventario del 1355 sino
al n. 84; i nn. 85-91 sono di altre mani, ma dello stesso secolo xiv.

VI. F. 25: scrittura notarile autografa dell'amerino Francesco
di Ser Pietro attestante una Convenzione per un lascito (1371).

VII. F. 26-27: Riformanza del Comune, del 1405, con la quale si
apporta una modifica agli Statuti della Fraternita e si fa la nomina di
Sindaci da parte dello stesso Magistrato: scrittura autografa del pe-
rugino Andrea di Carità cancelliere in Amelia.

VIII. F. 28": Frammento del « Pro-memoria » presentato dalla
Fraternita al Comune per ottenere la summenzionata modifica.

IX. F. 28" bianco; f. 29'-34': scrittura corsiva posata della fi-
ne del sec. xvi, a volte illeggibile perché troppo sbiadita, contenente
« Ordini, Constitutioni et Statuti del Venerabile Hospedale de Santa
Maria de Laici della Città d'Amelia. 1575 ». Sono 26 capitoli, il primo
dei quali tratta « del numero dell'officiali » e comincia: « Ordinamo et
statuimo che l’offitiali del Hospedale. . . »; l'ultimo invece tratta «Del
modo che deve tenersi in dar la dote alla zitella » e finisce: « ... me-
nato buono dalli sindacatori » (4). F. 34" 35*: bianchi.

Non c'é dubbio, che il codice nella sua formazione materiale ri-
salga all'anno 1349, essendo ciò esplicitamente affermato a f. 1", cioè
nella didascalia formante con la:miniatura quel che si direbbe il
frontespizio (v. sopra al n. I); ma considerando che, dopo un foglio
8 GIUSEPPE ABATE

bianco, il primo documento che vi è registrato (gli Statuti) è del 1355,
bisogna senz'altro dire che il codice stesso sino a tal anno fu un «liber»
solamente nelle intenzioni della Fraternita e non nel fatto; e se poi
ai ff. 19-25 si ha nel ms. l' Inventario del 1349, questo, che sicuramente
è della stessa mano che aveva già scritto i ff. 3-9 e 10-16, vi do-
vette essere copiato sei anni dopo la sua compilazione.

La lingua usata nei documenti che pubblichiamo è il basso latino
medievale, con qualche richiamo al vernacolo e non pochi spropositi
di grammatica e di sintassi, che — salvo eccezioni indicate in nota —
lasciamo intatti, anche se dovuti più che agli autori (ci riferiamo in
particolare agli Statuti e agli Inventari) al poco esperto amanuense;
non sempre chiaro è lo stile e pochissima è la cura usata nella punteg-
giatura; non rara è la mancanza di parole. La numerazione dei capi-
toli degli Statuti e la divisione di ogni capitolo in paragrafi è nostra;
similmente nostra è la numerazione degli istrumenti registrati negli
Inventari. Alla edizione dei testi abbiamo voluto aggiungere un indice
dei moltissimi nomi di persona e di luogo che ricorrono nei documenti
anche perché esso mette tutto sott'occhio un cospicuo materiale uti-
lissimo per lo studio della antroponomastica e toponomastica umbra
del medio evo. Non è inopportuno, infine, far notare, che i predetti
nomi ci sono stati trasmessi nei due Inventari da atti pubblici non più
esistenti, essendosi da secoli perduta la quasi totalità dei protocolli
dei notari di quel tempo, ad eccezione di uno di Giacomo di Lello e di
due di Farisello di Tommaso, che noi non abbiamo omesso di consul-
tare (5).

ORIGINI E PRIMI SVILUPPI DELLA FRATERNITA. — Nel grande
quadro delle associazioni religiose di laici, sorte in Italia durante il
medio evo, crediamo che un posto più considerevole di quello che l’è
stato assegnato finora (6) spetti alla Fraternita di S. Maria dei Laici
di Amelia, non solo per la non poca antichità delle sue origini, ma
anche, e soprattutto, per la pluriforme attività esercitata nel campo

della beneficenza cristiana e sociale in tempi assai lontani e meno ci-.

vili dei nostri.

Nessun documento ci ha tramandato l’anno preciso in cui sorse
la pia istituzione. Gli Statuti del 1355, pur accennando ai « quidam
laici Amelienses » che ne furono i fondatori, nulla dicono del tempo in
cui questi vissero (7). Se poi un « pro-memoria » del 1405 (8) ha un
riferimento esplicito al tempo in cui la Fraternita sorse, esso è indicato
con la formola un po’ vaga di « cent’anni e più », la quale se con cer-

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STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 1 S 9

tezza fà risalire quella fondazione alla fine del Duecento, nondimeno
non indica con precisione di quanti anni la stessa fondazione prece-
dette la fine di quel secolo. Parecchi documenti del primo decennio |
del Trecento confermano l'esistenza della Fraternita e del suo Ospe- |
dale a tale data; noi però siamo del parere che, con ogni verosimiglian- |
za, l’uno e l’altra siano più antichi di almeno un quarantennio, se |
effettivamente la Fraternita Amerina di S. Maria, di cui si ha men-
zione in una pergamena di quel tempo, esistente nell'Archivio del
Comune, è quella di cui ci occupiamo (9). Questo documento — mutilo
in buona parte — contiene, fra l’altro, la comunicazione dei privilegi
della Arciconfraternita del Gonfalone concessa alla Fraternita da
S. Bonaventura mentre era Cardinale-Vescovo di Albano e Ministro
Generale dei Frati Minori, cioè tra il giugno del 1273 e il luglio del
1274 (10). Altro e più solido fondamento per farci ritenere che la
Fraternita amerina rimonti almeno ad alcuni decenni anteriori alla
fine del secolo xii, noi lo troviamo nel fatto che nell'Inventario dei
beni del Sodalizio compilato nel 1349 su antichi precedenti inventari,
vengono menzionati numerosi notari della cui attività professionale
non abbiamo trovato alcuna traccia nella prima metà del secolo xiv.

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Diamo qui notizia di alcuni documenti datati riguardanti la
Fraternita e il suo Ospedale:

1306. Delessio di Benefatto lascia per testamento « Fraternitati
5. Marie de Amelia... unum casale positum in districtu Amelie iuxta
rem heredum Mannis Tete Guide et iuxta viam publicam... », Archi-
vio Notarile, Protoc. di Giacomo di Lello, N. 1, f. 3").

1306, dicembre 5. Casuccia (— Benencasa, Benencasuccia) di Me-
glio (al. Meglioretto), ricco cittadino d'Amelia, con rogito del notaro
Paolo di Narni fa un lascito di terre alla Fraternita di. S. Maria: cfr.
Inventario I del nostro ms., n. 66.

1307, gennaio 8. Menzione d'una casa situata «in contrata Burgi,
cum orto de retro, iuxta rem Fraternitatis S. Marie». Arch. e Protoc.
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1307, gennaio 13. Golata, vedova di Egidio di Todino, insieme a
Cello, suo figlio, offrono in dono alla Fraternita un terreno situato
nelle immediate vicinanze della Città: cfr. Inventario cit., n. 30.

1307, febbraio 15. Berardo di Simeone lascia 10 soldi cortonesi E
« Fraternitati S. Marie Virginis ». Protoc. cit., f. 9”. El

1307, marzo 4. Chiara di Glorio (= Gregorio) fa un'elemosina di 5
soldi alla medesima Fraternita. Protoc. cit., f. 11".

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1309, maggio 25. Tomassa da Lagoscello dispone che alla sua morte
vengano dati 30 soldi « Hospitali S. Marie »: Protoc. cit., f. 22".

1310, novembre 22. Donadoccio di Nicola, detto il Marchesello, fat-
tosi oblato dell'Ospedale di S. Maria, costituisce erede delle moltissime
sue possessioni (case, terreni, diritti e azioni) la Fraternita dei Laici e il
suo Ospedale: cfr. Inventario I cit., nn. 31-44; Inventario II, 95.

1311-1324. Altri lasciti — sempre nell'unico protocollo notarile di
quegli anni a noi giunto — si registrano ai ff. 23", 58", 64", 70, 81, dovuti
alla pietà verso i poveri assistiti dalla Fraternita Laicale di S. Maria da
parte di Cerracchio di Benvenuto, Ciotto di Gerarduccio, Giacomino di
Tebaldoccio e Andrea di Benvenuto.

Indagando ancora sulle origini dell’antico e benefico sodalizio
amerino, sembrerebbe, da quanto si legge nel prologo degli Statuti
del 1355, che esso e il suo « Hospitale » non soltanto siano sorti in se-
guito a una « ispirazione » soprannaturale (e su ciò nulla abbiamo da
ridire, considerando specialmente la grande influenza che ebbe allo-
rà negli animi dei fedeli il risveglio religioso e mariano suscitato dagli
Ordini Mendicanti), ma parrebbe inoltre che Fraternita e annesso
istituto di carità ospitaliera siano nati ad un medesimo tempo:

«... Quidam Layci Amelienses, inspiratione a Domino contemplati,
certas eorum domos cum aliquibus lectis pro peregrinorum et pauperum
refugio deputarunt, ut ipsi peregrini et pauperes in Amelia absque di-
spendio possint commode hospitari, ordinando se ipsos vocandoque
dictas domos et ordinem, quem scribi fecerunt Fraternitatem Sancte
Marie ».

Ma, a nostro credere, i compilatori di quegli Statuti nel rievocare
i primordi dell'istituzione usarono eccessiva compendiosità di stile e
perció fusero in uno due diversi avvenimenti, i quali se furono vicini
l'uno all'altro, pure si verificarono in tempi ben distinti: prima si
ebbe l'istituzione della Fraternita e poi, alquanto tempo dopo, quel-
la dell'Ospizio. Riferirono infatti gli Ufficiali della Fraternita nel già
citato « Pro-memoria », da essi presentato al Comune nel 1405, che
un gruppo di « boni viri et legales layci civitatis » istituirono tra loro
una pia unione ad onore della Vergine, intitolandola perciò Fraterni-
las Beate Marie ; che questa, in seguito, si fece più numerosa nei suoi
membri (« augumentata est ») e conseguentemente in considerazione
delle elemosine che elargiva, divenne anche oggetto di abbondanti
lasciti da parte di benefattori della città e del contado, per cui gli
stessi fondatóri del sodalizio si trovarono in grado di aprire e mante-

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nere in Amelia un ospizio per poveri e pellegrini sia sani che infermi
(11). Ma perché, si potrebbe chiedere, creare in una città tanto piccola
come Amelia un nuovo Ospizio per pellegrini, quando ce n’erano già
almeno due: quello di S. Secondo, nei pressi della città, e quello di S.
Giacomo (12), a soli 5 km. dalle mura ? Passava, é vero, per la piccola
e remota città umbra l'antica Via Amerina (13) che proseguendo per
Todi e per Bettona conduceva a Perugia; ma, d'ordinario, i pellegri-
ni che transitavano per essa erano di gran lunga meno numerosi di
quelli che invece transitavano per le Vie Cassia, Aurelia e Flaminia:
per essi, sino allora, erano bastati gli ospizi già esistenti. Se quindi
dalla Fraternita se ne volle creare un altro, ció avvenne certamente
in seguito ad evento nuovo, esterno e di carattere religioso, il quale
— oltre alla pubblicazione fatta negli ultimi decenni del Duecento del
famoso Perdono di Assisi (14) — non potè essere altro che il Giubileo
dell’anno 1300, che, come è noto, richiamò allora a Roma oltre due
milioni di pellegrini (15). Per conto nostro, in mancanza di docu-
menti espliciti, questa è la data più probabile che va assegnata alla
fondazione dell'Ospedale di S. Maria dei Laici di Amelia.

Un rilievo poi, non certo trascurabile, che va fatto a proposito
di tale fondazione è che — contrariamente all’uso comune di allora —
l'« Hospitale » amerino dai suoi fondatori si volle eretto non fuori
della città, ma dentro di essa, ove più comodo e più decoroso sarebbe
stato l'ambiente materiale e più facile e provveduta la necessaria
assistenza: segno non dubbio questo di progredita civiltà umana e di
carità evangelica ferventissima. Non si dice, invero, cosa nuova,
quando si ricorda che gli Ospizi medievali per i pellegrini e per gl’in-
fermi si creavano di regola fuori dei castelli e delle città per il non in-
giustificato timore di ospitare anche dei nemici o degli infetti da mali
contagiosi (16); e, similmente, si ripete cosa nota, quando si fa osser-
vare che gli antichi Ospizi « d'ordinario non erano che rozzi abituri
dalle pareti nude, dal tetto a scheletro, e dal pavimento a grossi sel-
ci, dove pochissime masserizie e una serie di lettucci accovacciati in
giro formavano tutto l'arredo della dimora ospitale. Ma è pure da ri-
flettere, che la semplicità della vita d’allora non richiedeva maggiori
conforti. Meno molli erano i costumi: meno pungenti i bisogni; meno
pretenziosi i ricoverati » (17).

NATURA E ORGANIZZAZIONE DELLA FRATERNITA. — Fondata da
laici, composta solamente di laici, indipendente da ogni influenza
diretta delle autorità ecclesiastiche, la Fraternita amerina era per-

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tanto un sodalizio con scopi religiosi, cioè di preghiera e di culto, ai
quali s'innestavano particolari e ben definiti scopi di beneficenza.
Tale religiosità si volle pienamente manifestare con l'assunzione del
titolo di Fraternita di S. Maria, con la volontà di fare il bene per
amore di Dio e per servire Iddio, con l'obbligo di alcune preghiere
quotidiane e di altre in particolari circostanze, con l'assistenza dei
soci a messe e predicazioni in giorni stabiliti, con la speciale parte-
cipazione dei confratelli alle sacre esequie di un membro defunto:
fondo religioso questo comune a tutte le similari fraternite del medio
evo che si dicevano laiche (18).

Perché « Fraternitas » il sodalizio amerino — oltre a praticare
alcuni riti religiosi — era informato da quel sentimento di fratellanza
che, pur essendo naturale, era nobilitato rinvigorito e soprannatura-
lizzato dal « mandatum novum » di Gesü Cristo, precetto questo che
si esplicava in varie forme di assistenza non solo spirituale e morale,
ma anche materiale, sia verso i consoci, sia verso altri che non lo
erano. Noi infatti vediamo, che amore verso Dio e amore verso il
prossimo sono alla base degli Statuti della Fraternita, sicché essa,

oltre a costituire un mezzo di perfezione individuale, svolgeva fun-
zione benefica per un sempre maggiore affratellamento umano.:

Organizzata in modo autonomo, anche se col beneplacito tacito
od espresso delle autorità civili ed ecclesiastiche, essa godeva di
personalità giuridica, e quindi del diritto di eleggere da sé i propri
capi, di riunirsi liberamente per i suoi interessi, di provvedere senza
ingerenza dei poteri pubblici alla composizione dei suoi Statuti, pur-
ché questi, naturalmente, nulla contenessero che fosse in contrasto
con le leggi canoniche e civili. Insieme a quello dell'autonomia, la
Fraternita usufruiva del diritto di possedere e di disporre liberamente
dei suoi beni, i quali poi — per essere interamente destinati ad opere
di beneficenza pubblica — da parte del Comune venivano esentati
dalle generali gravezze fiscali. Dato, infine, il suo carattere religioso
e non politico, e ammettendo nel suo seno fedeli di ogni ceto e pro-
fessione, il pio sodalizio di S. Maria, mentre contribuiva a conservare
alla città il tesoro della sua fede, costituiva al tempo stesso un mezzo
efficace di pacificazione sociale, come di leggieri ognuno può rilevare
scorrendone gli Statuti.

Quali poi siano stati gli « Ordinamenta » dati alla Fraternita dai
suoi fondatori noi non sappiamo; essi peró non dovettero essere troppo
dissimili da quelli compilati nel 1355 (che qui pubblichiamo) dato che,
di solito, ogni Statuto nuovo non veniva fatto mai di sana pianta, STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 13

ma era la riproduzione quasi integrale dello Statuto vecchio, salvo,
naturalmente, quelle variazioni e quelle aggiunte che venivano sug-
gerite dalle esperienze fatte e dalle eventuali nuove HS di am-
ministrazione e di governo (19).

Essendo poi l'organizzazione di ogni società in dipendenza degli
scopi prefissi — i quali quanto più sono numerosi e complessi, tanto
maggiormente ampia e ordinata occorre che sia l’organizzazione — non
poteva la Fraternita Amerina di S. Maria, intesa a raggiungere più
fini e di natura diversa, non crearsi fin dalla sua costituzione un corpo
organico di ministri e di uffici, che, distinti in maggiori e minori, prov-
vedessero al governo spirituale e temporale, interno ed esterno del
sodalizio, e con esso alla conservazione e retta amministrazione del
patrimonio destinato alla beneficenza. pau essa ebbe allora, e
poi sempre:

1) Un Priore (20) e cinque Anziani, tutti membri della Frater-
nita, i quali costituivano il potere esecutivo del sodalizio, cioé quel
collegio di ufficiali maggiori che oggi corrisponde alla cosiddetta «Giun-
ta ». L'elezione del primo veniva fatta in assemblea pubblica e a scru-
tinio secreto; la nomina degli Anziani nuovi invece (uno per ogni sin-
golo rione della Città) si faceva secondo il modo indicato dal Priore
e dagli Anziani uscenti (Sfat., Cap. I-II). La durata del loro ufficio
era di tre. mesi (21), nel qual tempo, per privilegio loro concesso,
erano esenti e liberi da ogni carica pubblica. Nel caso di notevole
assenza dalla Città, il Priore veniva sostituito da un Vicario, nomi-
nato volta per volta secondo norme prestabilite (Cap. XVI);

2) un Consiglio Minore composto di dieci « Buoni Uomini »
della Città, il quale era detto « Consilium decem Fraternitalium » e
veniva nominato dal Priore e dagli Anziani (Cap. XIX). Non sembra
che per tale nomina l'appartenenza al sodalizio fosse necessaria,
mentre invece era prescritta per il Priore e per gli Anziani (Cap. VI, 4);

3) un Consiglio Maggiore, formato di 50 « Buoni Uomini » — cioé
di Consiglieri della Città — e nominato come quello dei « Dieci», il
quale veniva convocato in casi prestabiliti, e in altri occasionali,
per trattare quegli affari in cui occorreva il parere di molti (Cap.
XIX). Luogo di adunanza per i due Consigli era la chiesa di S. Maria
di Porta.

Ufficiali minori, o semplicemente ministri, erano:

1) il Camerlengo, al quale era affidata la generale amministra-
zione temporale della Fraternita (Cap. VII);

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14 GIUSEPPE ABATE

2) il Notaro, ossia il Segretario, al quale spettava non soltanto
redigere gli Atti del Consiglio, ma anche registrare le spese fatte dal
Camerlengo (Cap. VII). L'uno e l'altro venivano nominati su propo-
sta del Priore e degli Anziani uscenti, e il loro ufficio durava solo due
mesi (Cap. III).

3) il Dispensiere, che — nominato dal Priore e dagli Anziani
neo-eletti — rimaneva in carica per tre mesi, come questi (Cap. IV).
Sue particolari mansioni erano, fra l'altro, stare a capo del personale
di servizio e della amministrazione propria dell'Ospedale, col man-
dato esplicito di trattar bene tutti i suoi dipendenti e i poveri assistiti
dalla Fraternita, di accogliere con ogni carità i pellegrini (« romipe-
tae») e qualunque altro miserello che avesse chiesto, per amore di
Dio, un po' di cibo per sfamarsi e uno stramazzo per riposarsi (Cap.
VIIT).

I ConrRATELLI. — Fondata principalmente come spirituale sus-
sidio per ottenere da Dio la remissione dei peccati e conseguire la
salvezza eterna (Cap. XXVI, princ.) la Fraternita di S. Maria di
Amelia accoglieva tra le file tanto uomini che donne di ogni condizio-
ne sociale, purché laici e, naturalmente, di buona condotta e spirito
cristiano. Solo ostacolo, menzionato dagli Statuti, a farne parte, era
qualunque giuramento fatto a favore di una fazione politica o di una
Casata (Cap. cit., XIV). Se un Avvocato o Procuratore legale avesse
voluto esservi iscritto, egli avrebbe dovuto far prima giuramento
che nelle eventuali controversie giuridiche della Fraternita non avreb-
be mai esercitato tale suo ufficio in opposizione a questa (Cap. XXII).
La quota individuale da versare una volta sola, all'atto della iscri-
zione, era stabilita per i ricchi in 12 denari; per i non ricchi, quanto
ad essi fosse piaciuto (Cap. XXVI, 13). Per provvedere poi alle ne-
cessità dei consoci poveri nelle loro malattie, era fatto obbligo ad
ogni confratello non povero (22) di versare mensilmente alla cassa
comune la tenue somma di un denaro. >

Per completa mancanza delle Matricole degli ascritti e dei Rotuli
dei soci defunti, nulla sappiamo del numero complessivo dei « Fra-
ternitales ». Possiamo però fondatamente pensare, che se questi in
un primo tempo furono pochi (« quidam laici... »), quando nel 1355
vennero ricompilati gli Statuti dovettero essere molti, sia uomini che
donne (23).

Nulla similmente ci é noto, che faccia ritenere in uso presso la
Fraternita il «sacco » penitenziale comunissimo ai sodalizi religiosi STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 15

di allora, né che essa prendesse parte a processioni con una propria
Croce o Gonfalone, né che facesse alcun banchetto sociale. |
Chiesa o Oratorio proprio per le sue generali adunanze (24) il
.sodalizio non ebbe, almeno fino ai primi decenni del secolo xvi (25),
riunendosi esso ora in una chiesa e ora in un'altra, secondoché era.
indetto in precedenza con pubblico bando (Cap. XXVI, 10).

DIRITTI E DOVERI DEI CONSOCI. — Come in ogni associazione di
reciproca assistenza, i membri dell'antica Fraternita amerina, al
tempo stesso che liberamente assumevano degli obblighi verso di que-
sta, venivano dalla medesima ad essere beneficiati di alcuni diritti.

Il primo era quello che ogni singolo ascritto, purché dotato delle
qualità richieste, poteva essere eletto alle cariche sociali, attuandosi
cosi nel sodalizio quel regime democratico che allora dominava nella
vita pubblica del Comune.

Altro diritto, di natura tutta religiosa e spirituale, era quello di
godere di singolari suffragi nel giorno del decesso e di suffragi comuni,
mensili e perpetui, dopo la morte (Cap. XXVI, 6, 8-10).

Un terzo diritto, pure comune a tutti, era quello di una amore-
vole assistenza spirituale in caso d'infermità, e per chi era povero
anche di una larga e sollecita assistenza materiale. La prima consi-
steva nell'essere visitato da parte dei reggenti il sodalizio, i quali,
oltre a porgere ogni possibile umano conforto, dovevano ricordare
all'infermo l'obbligo di ricevere i Sacramenti della confessione, del
Corpo di Cristo e dell'Estrema Unzione, e ad indurlo a restituire al
prossimo ogni eventuale usura. L'assistenza materiale poi consisteva
nel fatto che ogni confratello ammalato, se povero, doveva essere
provveduto (per cura del Priore o di alcuno degli Anziani) di medicine,
di cibo e, qualora fosse stato necessario, anche di biancheria e di
infermiere, tanto di giorno che di notte (Cap. XXVI, 4, 5). Non nuo-
va nelle confraternite (26), né dismessa (27), questa delicata forma di
assistenza, che soccorrendo l'infermo nella propria casa non lo toglie
alle cure e all’affetto dei congiunti, è resa più lodevole dal fatto che
uno statuto della Fraternita amerina la fa precedere da una obbliga-
toria ricerca dello stesso infermo. Esso dice testualmente: « Mares
et mulieres teneantur et debeant ire per civitatem Ameliae ad invenien-
dum infirmos Fraternitatis praedictae, et, si invenerint Rectoribus su-
pradictis debeant nuntiare, nisi dignitas vel alia iusta causa talem fra-
ternitalem excusaret » (Cap. XXVI, 12).

higuardo agli obblighi da cui ogni membro doveva sentirsi le-
16 GIUSEPPE ABATE

gato per legge della Fraternita, oltre quelli morali di vita cristiana .

intemerata e di obbedienza alle cariche, gli Statuti menzionano:

1) i doveri disciplinari della frequenza alle adunanze del so-
dalizio, della pace da conservare, della ricerca dei soci infermi, del-

Taecompagno alla chiesa dei confratelli defunti (28), di redigere le

ultime volontà testamentarie alla presenza di un Ufficiale della Fra-
ternita (Cap. XXVI, 6, 12, 14, 16);

2) i doveri spirituali della Confessione e Comunione a Pasqua
e a Natale (Cap. XXVI, 1); della recita quotidiana di 5 Paternostri
e 5 Ave Maria (Ivi, 2); dell'inclinazione del capo e della genuflessione
sino a terra quando in chiesa veniva pronunziato il nome della Ma-
donna (Ivi, 3); dell'assistenza alla messa mensile per i Defunti e
della recita, durante la celebrazione di questa, di 5 « Pater» (Ivi, 10);
e infine della recita di 20 « Pater » e « Requiem aeternam » ai funerali
di ogni confratello o consorella defunta (Ivi, 9), funerali con Messa
(Ivi, 8) a spese del sodalizio (29).
Come è facile rilevare dalla presente enumerazione delle « Ob-
servantiae Fralernitalium » — e da alcune altre proprie dei « Rectores »

che menzioneremo appresso — nulla si ha negli Statuti della pia società

religiosa amerina che possa dirsi esorbitante, nulla che non sia di fa-
cile attuazione e alla portata di tutti gli ascritti, sia uomini che donne.
Non é imposto infatti aleun digiuno; nessuna « disciplina » peniten-
ziale è prescritta; di nessuna adunata per canto in coro di laudi si
parla. La Fraternita di S. Maria dei Laici di Amelia non puó quindi
essere annoverata fra le tante Compagnie medievali dei Disciplinati
o dei Battuti, o tra quelle dei Laudesi. ;

Sempre a proposito dei doveri dei membri della Fraternita ame-
rina, un ultimo e importante rilievo è da fare: l'inosservanza di tali
obblighi non induceva a peccato alcuno in se stessa, specialmente se
causata da malattia, da stanchezza, da eccessivo lavoro, da semplice
dimenticanza. Si consigliava pertanto di confessare l'eventuale di-
fetto al proprio « appatrino » — cioè al proprio parroco 0 direttore di
spirito — il quale, secondo discrezione ed arbitrio, avrebbe poi im-
posto a sua volta una qualche penitenza (Ivi, 17).

LA FRATERNITA ECCEZIONALE « MADRE DI CARITÀ ». — Se la Fra-
ternita laicale di S. Maria, nella prescrizione delle osservanze religiose,
non si distacca molto dalla prassi comune alla maggior parte delle
simili Confraternite del suo tempo (se pure, in verità, non è alquanto
s ERO

STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 17

al disotto), nel campo invece della beneficenza sociale tiene uno dei
posti più alti e più cospicui.

Invero, il suo ferventissimo sentimento di fraternità, operante
sotto gli auspici della fede e nel nome della Vergine gloriosa, fu così
generoso ed esuberante da muoverla ad interessarsi non di una sola o
di due categorie di miseri (come generalmente facevano gli. altri so-
dalizi similari), ma, a un tempo, di parecchie, imitando in ció la va-
stità caritativa della famosa Fraternita di S. Spirito di Roma (30).
Come questa, infatti, la Fraternita amerina di S. Maria estendeva la
sua materna carità a infermi, a pellegrini, a trovatelli, a zitelle e a
qualunque altro bisognoso d'un pane, d'una veste, d'un sussidio.

Della sua generosa e pronta sollecitudine verso gli infermi del
sodalizio abbiamo già trattato; ci resta solo da aggiungere che anche
per gli ammalati estranei a questo ebbe, almeno in un secondo tempo,

viscere di misericordia e di pietà. I suoi fondatori, invero, non ave-

vano fatto distinzione alcuna fra poveri ascritti alla congregazione e
poveri non ascritti; anzi non fecero nemmeno riguardo a patria e cre-
denze, sesso ed età, stimando titolo sufficiente per essere accolti nel-
l’ospitale « Domus S. Mariae » anche la sola povertà.

Anche prestare caritatevole assistenza ai pellegrini, concedendo
loro ricovero gratuito ed elemosine, fu sempre uno dei principali in-
tenti della Fraternita (Stat., Prol., Cap. VIII).

Donare a poveri indigenti una veste nuova fu un altro scopo,
e ció perché avere misericordia per gli ignudi é una delle effusioni di
quella carità sociale di cui la stessa Fraternita voleva essere madre
tenerissima, come leggiamo nel Capitolo XII che porta il titolo « De
tunicis faciendis » (31).

Un quarto compito benefico svolto dal sodalizio amerino fu
quello di proteggere l'onestà delle zitelle povere, provvedendole di
una sufficiente dote per il matrimonio (Cap. XI). Tale, ad esempio,
fu il nobilissimo scopo propostosi dalla vedova Francesca di Manno
di Coloccio, quando lasció alla Fraternita una casa da vendere : «ut
maritarentur certae orphanae » (Invent. I, 90).

Ancora. La carità della Fraternita non dimenticava di sovvenire
anche i poveri vergognosi, cioé quei poveri che già stettero in agiata
fortuna e non osano stendere la mano per le strade per invocare quel
soccorso che tante volte é rubato ai buoni da un accattare mai sazio
e sfacciato. A favore di tali infelici erano destinati, ad esempio, me-
tà dei frutti annuali di un terreno legato alla Fraternita da certo
Crescio di Ercolano (cf. Invent. I, 27).

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D AS wwe 18 GIUSEPPE ABATE

Particolare assistenza era data inoltre dalla Fraternita di S.
Maria ai bambini esposti, cioé a quei frutti innocenti d'illeciti amori o
figli di genitori poveri e snaturati, che son detti anche trovatelli.
Infatti essa non dava solo il soccorso momentaneo perché non fossero
periti, ma, dopo averli nutriti ed educati sino ad una conveniente età
(11-12 anni per le femmine; 14 per i.maschi), provvedeva anche al loro
avvenire di buoni e utili cittadini (Cap. XIV).

Infine, non vogliamo omettere di menzionare fra tanta multifor-
me carità sociale esercitata dall'antica Fraternita di S. Maria dei
Laici di Amelia, quella della difesa del povero dalle ingiuste angherie
e dai non lievi soprusi di cui talora egli é vittima per inconsiderazione,
0 poca pietà di potenti. La Fraternita, ben sapendo che bella carità
é sostenere le ragioni del povero, aveva fatto obbligo al suo Priore
di recarsi, all'inizio del suo ufficio e in compagnia degli Anziani, alla
presenza del Podestà per ricordare a questi che se era suo imprescin-
dibile dovere esser giusto con tutti, in maniera particolarissima avreb-
be dovuto esserlo con ogni persona miserella (Cap. V, 9).

L'OsPEDALE. — Sede e strumento di gran parte di tanta attività
caritativa della Fraternita fu quell' Hospitale S. Mariae, che, sistemato

in origine in pochi ma accoglienti locali e dipoi notevolmente ampliato,

ebbe funzioni di Ospizio (Xenodochium) per pellegrini ed ammalati
poveri; di Elemosineria (Ptochotrophium) per distribuzione di viveri,
di vesti e di sussidi; e di Assistenza per trovatelli (Brephotrophium).
Esso, nell’avvicendarsi di periodi prosperi e di decadenza, dopo circa
sette secoli, continua a sussistere e a far sempre del bene, sia pure in
raggio più stretto per le mutate condizioni dei tempi e per la dimi-
nuita consistenza del suo patrimonio. Dalle origini alla fine del Sette-
cento si mantenne stabilmente nello stesso luogo, cioè nella contrada
di Borgo, presso la porta principale della Città e nelle vicinanze della
chiesa di S. Francesco ; dal 1794 ad oggi occupa invece i locali dell’ex-
Monastero Benedettino di S. Stefano, situato nella parte alta di Ame-
lia, di fronte all’antico « Forum» e nei pressi del Palazzo del Comu-
ne (32).

Fondato da laici, amministrato da laici, il memorando Ospedale
nei secoli XIV-XV fu anche servito da certi laici che per essersi vo-
tati a servire in perpetuo il pio istituto e a dimorare anche in esso,
portavano l’appellativo di Oblati (33). Ecclesiasticamente qualche
cosa di più d’un semplice laico e un po’ meno dei « conversi », essi for-
mavano una speciale famiglia e la loro abitazione, come l'Ospedale, STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 19

era detta « Casa di Maria » (Cap. XX). Parecchie sono le savie e pru-
denti disposizioni che li riguardano contenute negli Statuti, tra le
quali, non ultima e non meno opportuna, quella che imponeva al Prio-
re di fare loro più volte — durante il trimestrale suo officio — una « ad-
monitio » (34), cioè una conferenza morale-spirituale (Cap. V, 6;
EE XX)...

Nulla di preciso ci è stato tramandato riguardo al numero dei
letti che l'Ospedale metteva a disposizione dei pellegrini e degli in- -
fermi nei secoli XIV-XVI (35). Al tempo della fondazione furono cer-
tamente pochi («aliqui»; Sfat., Prol.); è però da ritenere assai verosi-
mile che, in seguito alla sopravvenuta abbondanza delle elargizioni,
durante quasi tutto il secolo xiv e parte del xv fossero all'incirca
una ventina. Diminuito nei secoli xvi e xvii il reddito, diminuì an-
che il numero dei letti (36). Nel 1782 gli infermi che contemporanea-
mente potevano essere curati furono generalmente una dozzina; indi
un po’ di più: oggi sono molti.

Assai cospicuo fu il patrimonio della Fraternita e dell'Ospedale
nel secolo xiv come si rileva dagli Inventari del 1349 e 1355; meno
ingente invece alla seconda metà del secolo xv, ma ció non ostante
dovette essere assai considerevole, se il sodalizio poté offrire nel 1470
(alienando peró varie sue possessioni) il grosso contributo di 100 du-
cati d'oro per l'erezione in Amelia del Monte di Pietà (37).

Un patrimonio si grande — e per di più patrimonio dei poveri — fu
sempre oggetto di sollecite cure per esser bene amministrato. Ne erano
tutori e responsabili Ufficiali e Consiglio, ma in modo particolare il
Priore e il Camerlengo, le cui fatiche non venivano compensate da
alcuna mercede, dovendo essere del tutto gratuite. Entrando in ca-
rica, i due Ufficiali dovevano giurare sui Vangeli, che non solo avreb-
bero ben custoditi e rettamente amministrati i beni della Pia Opera,
ma che anzi, potendo, li avrebbero aumentati; a tal fine erano pre-
scritti regolari controlli degli introiti e degli esiti, periodiche revisioni
dei necessari inventari (Cap. V, 1, 4; Cap. VII; Cap. XVIII). Rego-
late dagli Statuti erano le eventuali vendite (Cap. X); similmente
prestabilite erano le somme da spendere per le tuniche da distribuire
a poveri (Cap. XII). Proibito era infine vendere il grano, l'olio, il vino
e le altre grasce provenienti dai poderi lasciati dai benefattori, doven-
dosi esse elargire interamente ai poveri per amore di Dio (Cap. XIII)..

Abbiamo affermato poco fa che la Fraternita di S. Maria fu ecce-
zionale madre di carità e abbiamo corroborato la nostra asserzione
20 GIUSEPPE ABATE

con molteplici e valide prove. Ne aggiungiamo ora un'altra, l'ultima
e la più meritoria dinanzi a Dio e insieme la più gloriosa dinanzi agli
uomini: uno speciale paragrafo degli Statuti comandava al Priore
della Pia Opera e al Dispensiere dell'Ospedale di disporre in tal modo
dei beni, che ogni giorno e ad ogni povero si potesse fare almeno
una volta qualche elemosina (Cap. XIII, 2).

GLI STATUTI DEL 1355. - Gli Statuti del 1355, elaborati indub-
biamente sulla traccia di altri più antichi (38) e stesi in forma legale
dal notaro Toccio di Luzzarello, non trassero la loro origine da una
imposizione dell’autorità civile e religiosa, ma, come tutti gli Statuti
di confraternite similari, sorsero per libera volontà del sodalizio, che,

| per mezzo del Consiglio, ne affidò la redazione al Priore e ai cinque

Anziani allora reggenti la Fraternita.

Divisi in 26 capitoli e compilati in forma obbiettiva, essi sono
preceduti da un protocollo, o prologo, e seguiti da un escatocollo, 0
epilogo. Nel primo di questi, dopo l’invocazione rituale dell’Onnipo-
tente, della Vergine Maria e di alcuni Santi Protettori della Città, si
ha un brevissimo preambolo storico, il quale è seguito dal nome dei
singoli statutari, terminando poi con la sottoscrizione del notaro e
con l’indicazione cronologica solo dell’anno; nell’escatocollo invece,
insieme alla notizia della approvazione data dal Consiglio e susse-
guente promulgazione avvenuta nella chiesa di S. Maria di Porta,
si hanno la data cronologica completa, i nomi dei testi presenti al
fatto e infine la sottoscrizione autografa del notaro corredata del
«signum tabellionatus » usato dal medesimo.

Il corpo degli Statuti — diviso, come abbiamo detto, in sezioni
più o meno lunghe — abbraccia tutta la vita della Fraternita: fine,
ufficiali, membri, attività, culto. Non vi sono inserite formole di giu-
ramento né preghiere rituali, come invece avviene negli Statuti del
1575-1782.

Compilati nel latino del tempo, quegli « Ordinamenta », nella sola
parte che riguardava i doveri dei singoli membri, venivano letti e vol-
garizzati una volta ogni tre mesi in adunanza generale (Cap. X XV1,15).

Come in cento e cento Statuti di congregazioni laicali antiche,
nessuna traccia si riscontra in essi di un benché minimo intervento
ufficiale del Vescovo Diocesano; ma una cordiale intesa preventiva
e un’approvazione tacita, deve esserci comunque stata, dato che gli
Statuti sanciscono come luogo da potersi scegliere per le adunanze
anche la chiesa cattedrale. È però certo, che una approvazione cano-

"Ara s epu ML LL cX MOSES Ut Ac 194 STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 21

nica da parte del Tesoriere Generale della Chiesa poi ci fu, e precisa-
mente non molti anni dopo la loro compilazione, cioè nel 1361 (40).

Similmente, un riconoscimento ufficiale — almeno di fatto — da
parte delle Autorità del Comune .di Amelia (e ciò fin dalle origini
della Fraternita) agli Statuti non potè mancare. Esso, oltre che ri-
chiesto dalla logica delle cose e dall’attività esterna del pio istituto
rivolta ad opere d’interesse pubblico, viene chiaramente attestato
dal fatto che il Sodalizio era riconosciuto esente dalle imposte (cf.
Inv. II, 64) e che il Podestà del Comune prestava il suo aiuto (ber-
rovieri, carceri) per la punizione degli eventuali reati commessi dal
personale di servizio dell'Ospedale (Síat., cap. XXIV).

I DUE INVENTARI: ALBO D’ORO DI CARITÀ SOCIALE. — Diversi sono | E
il tenore e gli scopi dell'Inventario prescritto dagli Statuti (Cap. V, |
1,5) ad ogni entrata in carica degli ufficiali della Fraternita, come pure
diversi sono gli scopi e il tenore dei due Inventari trasmessici dal noto
ms., che qui pubblichiamo. Quello riguardava l'arredamento dell O-

‘spedale e la quantità delle vettovaglie esistenti nei suoi magazzini,

cioè le cose mobili e le cose consuntibili, e perciò veniva redatto ogni

tre mesi. I due Inventari, invece, sono delle chartae iurium, cioè do-

cumenti nei quali è registrata — attraverso vari strumenti legali — I
la consistenza del patrimonio immobile del pio istituto, e sono, in

pari tempo, un « Pro-memoria » per la soddisfazione degli oneri ma-

teriali e spirituali, transitori e perpetui, annessi dai benefattori alle

donazioni e ai lasciti da essi fatti, per cui uno solo di tali inventari

(con le debite aggiunte e variazioni) poteva non essere più rinnovato

per moltissimi anni. Inoltre, mentre l’inventario delle cose mobili

veniva fatto dai ministri della Fraternita, ed era assai sommario, n
l'altro invece per riguardare possessioni d'immobili (case, terreni, "wi
diritti) doveva essere redatto da un notaio pubblico (41), e, oltre a |
far menzione esplicita dei documenti giustificativi, doveva conte-
nere precisi riferimenti di luoghi e di persone e di volontà.

Il primo dei due Inventari, quello del 1349, fu redatto in parte
su altri più antichi; precedette di sei anni la compilazione dei nuovi
Statuti, e contiene poco più di 90 numeri. Il secondo invece, contem-
poraneo ai detti Statuti e in alcuni punti ripetizione (non verbale)
del primo, è notevolmente più esteso, riferendo, a modo di regesto,
il contenuto di circa 140 documenti. Questi poi — secondo l’uso di
molte città dell'Umbria e dell’Italia centrale per le chartae jurium del
Comune — venivano conservati in una cassa riposta nella Sagrestia

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Lal
é
» 22 GIUSEPPE ABATE

di S. Francesco. Nessuno dei documenti originali registrali nei due
Inventari, per quanto ci risulta, é giunto fino a noi.

Senza indugiarci a rilevare l'importanza dei due preziosi elenchi
(perché del tutto superfluo in questa sede), riteniamo non sia privo
d'interesse spigolare, a scopo di edificazione, qualche notiziola sui
numerosi lasciti e donazioni fatte dagli Amerini del Trecento e del
Quattrocento ai poveri di Cristo, mediante la Fraternita Laicale di
S. Maria.

Alcuni di quei pii e generosi benefattori donano case ed orti di
città; altri case con poderi del contado; qualcuno offre terreni semi-
nativi o alberati o boschivi; tal altro concede dei diritti su un molino
o su una selva; parecchi fanno ingente offerta di denaro; non pochi
provvedono ai letti per i pellegrini e per gli infermi, e non manca in-
fine chi regala un gregge intero e lana da tessere o tessuta. È commo-
vente poi constatare, chea fianco di chi lascia per intero il suo pingue
patrimonio, c’è il meno agiato che fa dono di qualche moggio di grano
o d'un bariletto di olio o di vino, o, più non potendo, l'elemosina di
pochi soldi. Memorabili testimonianze di amore del ricco verso il
povero indigente, i due Inventari sono anche manifestazione di gra-
titudine della Fraternita verso chi le dava, generosamente e amo-
rosamente, i mezzi necessari alla sua vasta e pluriforme beneficenza
sociale.

Se stessi e tutte le loro possessioni (case, terreni, diritti) offrirono
Pietrozzo di Mancia, Raniero di Simeone, Bartolomeo di Simoccio e Do-
nadoccio di Nicola (Inv. I, 4, 5-9, 10-16, 31-34); eredità intere, costitui-
te da immobili, sia urbani che rurali, legarono Pietro di Andreuccio, An-
drea di Guido, Angeleria moglie di Ceccarello, Pucciatto di Pietro,
Bucciarella di Lello, Pietro di Buoninsegna, Cecco d'Angelo, Mannuccio,
Pietruccia di Ser Pietro, Gilia vedova di Manno di mastro Paolo, Buccio
di Nicola, Francesca vedova di Giovanni di Giacomino ed altri (Inv. II,
10, 16, 17, 21, 29, 30, 47, 52, 61, 115, 121, 125, 126, 131); 100 fiorini d’oro

. donò Ser Giovanni di Pellegrino, 50 Ranaldo di Andrea; 100 libbre di de-
nari certa signora Milana e 200 Ceccarello di Glorio (Inv. I, 88; II, 135, 66,
76-77); rendite annuali per elemosine a 300 e più poveri lasciò un certo
Nicolino (Inv. I, 80); grosso lascito fece Giovanni di Iannicello per l’e-
rezione di una sezione dell'Ospedale di S. Maria in Castelnuovo (Inv.
I, 78; II, 18-20); una selva « pro uno lecto in servitio peregrinorum »
lasciò certo Naccio, e un possedimento con torre il patrizio Carlo di
Nicolò per tre o quattro letti «ad usum pauperum » (Inv. II, 100,
123); vari letti furono donati da altri (Inv. II, 18, 45, 54, 63, 105).

Ds

ribalta | C mie sul x SOME S Je deva STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 28

LEGATI PER LA « SETTIMA ». — Se la maggior parte dei benefattori
della Fraternita e del suo Ospedale fecero i loro lasciti e le loro dona-
zioni senza dare ad esse una specifica destinazione caritativa o si limi-
tarono a quella alquanto vaga di « elemosina », non pochi invece indi-
carono chiaramente gli scopi delle loro elargizioni. Uno di questi scopi
fu la distribuzione di pane ai poveri, in determinati giorni o nella ri-
correnza di certe speciali feste (Inv. I, 60, 63, 73, 74, 76, 78; II, 7,
28, 35, 37, 39, 41, 62, 67, 124). Ce n'é poi, assai di frequente, un al-
tro indicato con la parola «septima », la quale nel nostro caso non
puó avere affatto il significato che universalmente (e solamente) le
viene attribuito nei dizionari, cioé di « ufficio di messe e altre preghie-
re pubbliche che si dicono per i morti sette giorni dopo il loro passag-
gio ». Invero, la settima dei nostri documenti, pur essendo in relazione a
defunti, non si riferisce a suffragi di preghiere e non ha alcun rapporto
con quel settenario numero di giorni.

Infatti: Casuccia di Meglio, nel 1306, dona un suo terreno con l'ob-
bligo per la Fraternita di fare ogni anno per l'anima di lui due settime
(una ad Ognissanti, l'altra a Epifania) convertendo «in dictis duabus
septimis et cibariis pauperum » i frutti di quel campo (Inv. I, 66); Mi-
lana di mastro Cencio dispone, che ogni anno a Natale, col grano rac-
colto da un terreno lasciato alla Fraternita «fiat panis... et fiat sep-
tima inter pauperes civitatis... » (vi, 75); Amerino di Oliviero vuole
che coi frutti di un casale «fiat quolibet anno bis septima inter paupe-
res...» (Ivi, 65); Someo di Pietro vuole pure che si facciano due set-
time all'anno: una il 1 novembre, festa di tutti i Santi, e l'altra il 25
marzo, festa dell'Annunziata (Ivi, 23); una settima, con una salma di
grano, è imposta per ogni festa dell'Assunta da Donadeo di Giacomo
(Ivi, 24); tre settime annuali (nei giorni di Pasqua, di Natale e dell'As-
sunzione della Vergine) sono prescritte da Mastro Perugino (Ivi, 22).

Per noi è chiaro, che nei citati documenti amerini — special-
mente se messi in relazione ad altri coevi di altre città (42) — per « set-
tima » bisogna intendere una specie di pranzo per i poveri, o per lo
meno una distribuzione di viveri diversi, da farsi per l’anima di un
defunto in un giorno qualunque dopo il decesso e indipendentemente
da un rito funebre di chiesa.

UN OMAGGIO ED UN VOTO. — Giunti al termine di questo studio,
che con la pubblicazione di documenti inediti vuol recare un piccolo
contributo alla storia della beneficenza in Umbria, durante quel Me-
x far e te Mm Sp AM * A {I > . peg = PENNMESRINC [Pa 05
^ * 2 " — b. A. 429i n. - È d

24 GIUSEPPE ABATE

dio Evo che fu «la grande officina e il grande deposito di tutte le
idee dell'attuale nostra civiltà » (43), ci sia benevolmente consentito
di esprimere due nostri personali sentimenti, che si concretano in un
sincero omaggio e in un fervente voto.

L'omaggio é per la nobilissima città di Amelia, che, memore
delle sue tradizioni di ospitalità, ci accolse dal novembre 1924 all'ot-
tobre 1927 insieme ad un Collegio di Fratini, ed é altresi per la me-
moria benedetta della Madre Suor Eufrosiana Ranzani (44), che per
quasi un sessantennio fu angelo di carità nell'Ospedale Civile di Ame-
lia, cioè in quell’Hospitale S. Mariae Laicorum del quale qui ci siamo
occupati.

Il voto poi è questo: che sorga, alfine, uno studioso. dotto e ap-
passionato il quale raccolga — ad onore della città e a edificazione ge-
nerale — tutte le memorie, dai suoi primordi ad oggi, del benemerito
sodalizio di S. Maria dei Laici, costituendo esse una delle tante pietre
miliari che hanno segnato la via della moderna sviluppatissima bene-
ficenza sociale. Un. voto poi diverso da questo, potrebbe essere presen-
tato ai cittadini di Amelia con le note parole di S. Paolo: « Charitas
fraternitatis maneat in vobis, et hospitalitatem nolite oblivisci » (45).

‘Esso però non occorre: gli Amerini tutti, oggi come ieri, amano mol-

to, e beneficano largamente, il loro storico Ospedale.

NOTE ALL'INTRODUZIONE

(1) La pubblicazione, alla quale ci riferiamo, réca il seguente lunghissimo
titolo: Costituzioni e Statuti del ven. Ospedale di S. Maria de' Laici di Amelia.
Fatti nel 1575. Ora modificati allo Stile presente, secondo l'Aggiunta stabili-
ta nel 1774. Stampati per risoluzione della Congregazione del medesimo fatta
nel 1781. Con Approvazione, e Decreto dell'Illustrissimo e Reverendissimo
Monsignore Francesco Angelo Jacoboni vescovo di detta città. In 4, Perugia
1782, pp. 68. ;

(2) Quando, circa 20 anni fa, esaminammo il ms., ci fu riferito dalla Madre
Superiora dell'Ospedale di allora, che esso, sino ai primi anni di questo secolo,

aveva una seconda grande miniatura rappresentante il Crocifisso; e che in-

viato il codice ad una Mostra di Arte, fu poi restituito con una. miniatura
sola, quella della Madonna. A nostro credere la miniatura sparita, occupante
un foglio, doveva seguire il testo degli Statuti, e precedere quello dell'Inven-
tario del 1355: è proprio in tal luogo che manca il primo foglio del quaterno.

(3) Tale rilegatura, e con essa il necessario restauro del codice, venne ese-
guita circa vent'anni fa dai Monaci Basiliani di Grottaferrata sotto la dire-
zione del compianto prof. Alfonso Gallo, fondatore dell'Istituto di Patologia

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STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 25

del Libro e a spese della Direzione Generale delle Accademie e Biblioteche,
in seguito a personale interessamento dell'autore di queste pagine.

(4) Leggiamo presso G. MAzzatINTI, Gli Archivi della Storia d’ Italia,
vol. III, Rocca S. Casciano 1903, 272, che nell'Archivio Comunale di Amelia
trovasi un ms. (senza segnatura) di « Ordini, constitutioni e decreti del ven. Ho-
spitale di S. Maria dei Laici d' Amelia, fatti l'anno 1525 » che terminano col
cap. 24 mutilo. Noi abbiamo veduto tale ms. e abbiamo riscontrato ch'esso
è una copia tardiva degli Statuti del 1575, e che questi non sono affatto mutili,
perché la fine di essi c'é, quantunque sia andata a finire fuori posto nella rile-
gatura. Osserviamo inoltre, che il Mazzatinti (op. e 1. c.) fa menzione del no-
stro codice e ne riporta, con qualche omissione, il lungo Incipit.

(5) Archivio Notarile, Protocolli 1-3, i quali si riferiscono ad atti stipulati
tra gli anni 1303 e 1362.

(6) Oltre all’autore del citato opuscolo del 1782, scrisse della Fraternita
di S. Maria e suo Ospedale E. Rosa in una sua operetta di divulgazione inti-
tolata Note Storiche Amerine. Amelia 1914, 81 ss. Menzione della stessa Fra-
ternita si ha presso G. M. MontI, Le Confraternite Medievali. Venezia 1927,
1:5 EI8: 11: 4125:532;-33.

(7) Cfr. Statuti, Prologo. 3

(8) « Quidam boni viri et legales layci civitatis Amelie, caritatis Spiritu
moti, iam sunt centum anni et ultra, ordinaverunt in civitate Ameliae ad ho-
norem beate Marie Virginis quandam Fraternitatem laycorum, quae vocata
fuit et hodie vocatur Fraternitas Sancte Marie »: frammento del Memoriale
qui pubblicato al n. IV dell'Appendice.

(9) Il solo sodalizio mariano, che nelle carte della Città abbiamo trovato
menzionato, é quello di S. Maria dei Laici. Di altre Confraternite esistenti al-
lora in Amelia noi abbiamo solo notizia di quella di S. Francesco (Terz' Ordine)
e della Fraternitas Clericorum, la quale é da aggiungere alle molte altre simili
ricordate dal Monti: cfr. per esse il Protocollo di Giacomo di Lello (1305-1333).

(10) L'Arciconfraternita romana di S. Maria — probabile derivazione del
nuovo movimento ascetico promosso da Raniero Fasani — fu fondata in
Roma nel 1264 col concorso di S. Bonaventura, che ne compiló lo Statuto.
Ad essa fu aggregata dallo stesso Santo la Fraternita dei Raccomandati di S.
Maria esistente nella cattedrale di Assisi.

(11) Cfr. nostro ms., Appendice, doc. IV. 3

(12) L’Ospizio di S. Secondo è anche menzionato nell’ Inventario Tin. 12;
quello di S. Giacomo, che era per pellegrini e per malati secondo il Di TOMMA-
so, op. cit., 10; attualmente è convento dei Frati Minori Cappuccini. Di un
| terzo Ospizio noi abbiamo trovato menzione tra gli Atti del notaro Giacomo
di Lello agli anni 1323-24, ff. 64 e 91, ed è detto situato «extra Portam Gilio-
nis de Amelia ». A proposito di questa Porta della Città, detta oggi volgar-
mente « Porta Leone », giova rilevare che il predetto Di Tommaso, fondandosi
evidentemente su cattiva lettura di documenti che a suo dire hanno « Porta
Ylionis, o Elionis », scrisse: « Chi non sa che il greco élios significa sole ? Ame-
lia dunque aveva la sua Porta Sole, come Perugia, e altre città: or perché non
anche un tempio dedicato al Sole ? » (op. cit., 13). Nulla di vero in tutto ciò.
I testi da noi veduti, hanno chiaro e tondo Gilionis, vocabolo che nulla ha di
comune col greco èlios, essendo esso il genitivo di Gilionus (come spesso nelle

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26 GIUSEPPE ABATE

carte coeve amerine Mannis è il genitivo di Mannus, Cencis di Cencius e, forse,
Ducis di Ducius), il quale Gilionus non è poi altro che l’accrescitivo del nome
personale Gilius allora usitatissimo in Amelia e altrove; nome — aggiungiamo —
ch'é una forma vernacola latinizzata di Egidio. Nessuno certamente farà le me-
raviglie nel vedere quella porta di Amelia denominata dal nome di un privato
ed oscuro cittadino, non essendo addirittura unico il caso; noi, ad esempio,
possiamo ricordare che nel secolo xir in Assisi una porta della città, prima di
esser detta di « S. Francesco », comunemente era chiamata « Porta filiorum
Crisci » per il semplice fatto che essa confinava immediatamente con la casa
degli eredi di un certo Criscio. Infine (dato che assai difficilmente ne avremo
mai occasione) crediamo non inutile rilevare un altro grave errore del Di Tom-
maso, il quale della parola Supercli (patronimico di certo Guido, presente all'at-
to di sottomissione di Amelia a Todi del 1208) fa una « specie di presidente del
quadrumvirato amerino » e opina sia « una tarda reminiscenza del Curione
maggiore dei romani » (Op. cit., p. 17). Superclus (volg. Soverchio), in verità, fu
uno dei tanti curiosi nomi maschili di persona usati in Umbria e altrove nei
secoli xir-xir. In Assisi, ad esempio, tra il 1194 e il 1228 c'era un Superclus,
un Rainaldus Superclae, una Supercla Alexandri: cfr. A. FORTINI, Nova vita
di S. Francesco, Milano 1926, pp. 400, 406, 440, 457, 459, 470, 474.

(13) Amelia (l'Ameria dei Romani, .patria dell'attore Roscio Quinto,
amico di Cicerone) dista da Roma poco meno di 100 km., e trovasi sulla
retta che da questa città, passando per Todi, conduce a Perugia, dalla quale è
lontana km. 84.

(14) E noto che molti erano i pellegrini che da ogni parte d'Italia e d'Eu-
ropa si recavano, nel secolo xir, a visitare i Santuari Francescani d'Assisi,
e varie diecine di migliaia erano quelli che vi si portavano ogni anno al tempo
del famoso Perdono della Porziuncola. Per tali motivi e in tale circostanza
erano, senza dubbio, insufficienti gli scarsi ospizi annessi ai monasteri, segna-
tamente quelli delle città umbre più vicine ad Assisi. Bisognò allora erigerne
dei nuovi; così, ad esempio, fece il provvido Comune di Perugia. A sue spese,
infatti, venne costruito l' Hospitale S. Mariae, euntium ad Indulgentiam sanctae
Mariae Angelorum de Assisio che si trovava a Ponte S. Giovanni, nelle vici-
nanze della città. Per. questo Ospizio, che nel 1393 a causa delle guerre era
stato totalmente distrutto e devastato, cfr. Archivum Franciscanum Histo-
ricum, IX, (1916), 251-53.

(15) Allora in tutta Italia, e in particolare nelle provincie del Patrimonio
di S. Pietro e lungo le vie principali, moltissime furono le case di ricovero
create dalla carità cristiana in comodo dei pellegrini. Non poche di esse poi,
cessata l'eccezionale necessità sorta col Giubileo, furono trasformate in piü
stabili istituti di beneficenza pubblica.

(16) Invariabilmente tutti lontani dall'abitato, per statuto comunale,
erano allora gli Ospedali per i lebbrosi, che per essere di solito dedicati a S.
Lazzaro, si dissero comunemente Lazzaretti.

(17) C. Pinzi, Gli Ospizi Medievali e l'Ospedale Grande di Viterbo. Viterbo
1893, p. 11. A quanto dice questo A., si puó aggiungere che gli antichi Ospizi
erano di poche stanze, delle quali una era per gli uomini, una per le donne, una
terza per gli ecclesiastici, e una quarta per l'Ospitaliere. Questo era detto
Rector, se chierico; semplicemente Hospitalarius, se invece era laico. STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 27

(18) Sede di una confraternita era in Gubbio, al 1315, la chiesa intitolata
S. Maria dei Laici. :

(19) Innumerevoli sono gli esempi che, al riguardo, potrebbero essere ci-
tati; ma, per non andar troppo lontano, ci basta ricordare lo Statuto del Comu-
ne di Amelia dell'anno 1560, il quale — come noi stessi abbiamo constatato —
non è che un semplice ampliamento di quello più antico, del quale restano
ancor preziosi grossi frammenti degli anni 1330, 1346, 1367 e secolo xv.

(20) Era detto, nei primi tempi , anche Antepositus.

(21) Di sei mesi, invece, dal 1405 in poi: cfr. Appendice, docum. II.

(22) Nel significato di « povero » va anche incluso l'operaio, che per man-
canza di lavoro, per insufficienza di guadagno, per troppo carico di famiglia,
per vecchiezza, per malattia e simili, puó sovente aver piü bisogno della ca-
rità altrui, che contribuire a farla.

(23) Il MONTI, op. cit., II, 25, tra l'altro, ricorda col Davidsohn che nel
«Duecento, una confraternita di Gubbio raggiunse in pochi anni 3066 consoci,
una senese ne ebbe 1200 all'atto della fondazione, una di Borgo S. Sepolcro
ne ebbe 3293 dal 1268 al 1283; e nel Trecento, la fiorentina di Or S. Michele
conteneva « quasi omnes boni homines » cittadini... ».

. . (24) Per le elezioni delle cariche era stabilita la chiesa di S. Maria di Porta,
la quale, perché piccola, se era sufficiente per contenere gli elettori, non poteva
assolutamente accogliere la grande massa degli iscritti per la quale invece oc-
correva una chiesa assai ampia, come quella della Cattedrale, di S. Francesco,
di S. Agostino. Difatti era in una di queste tre chiese, che si convocavano gli
ascritti sia per le adunanze ordinarie di ogni mese, sia per quella straordinaria
e solenne trimestrale (Cap. XXVI, 10). Che poi l' Hospitale avesse un suo par-
ticolare piccolo oratorio crediamo non sia da mettere in dubbio.

(25) La chiesa propria della Fraternita, alla quale alludiamo, é quella
fabbricata nel 1517 col titolo Divae Mariae de Hospitali Laicorum, la quale
esiste tuttora sotto i titoli della Misericordia e di S. Giovanni Decollato : cfr.
cit. opuscolo Statuti e Costituzioni...., p. 10.

(26) Negli Statuti della Compagnia di S. Eligio di Firenze dell’anno 1278
si legge: « Anche ordiniamo che i Capitani siano tenuti di visitare l’infermi de
la Compagnia sollicitamente et debbiagli amonire et confortare de’. sacra-
menti de la Chiesa li quali fanno bisogno a salute dell'anima. Li quali sacra- |
menti debbiano ricevere humilemente et devotamente satisfaciendo intera- |
mente, se fare si puote, se fossero tenuti sodisfare alcuna cosa. Et se fossero
questi cotali infermi poveri, possano i Capitani et debbiano de’ denari de la
Compagnia provederli... Ammoniamo altresì che gl'infermi di questa Com-
pagnia, quanto possono il più tosto, debbiano a’ Capitani de la loro infermitate
significare »: presso MONTI, II, 149.

(27) Ne sono luminoso esempio le note Conferenze di S. Vincenzo de’ Paoli,
che, fondate nel 1833 dallo storico e letterato francese Antonio Federico Oza-
nam, svolgono a fianco delle iniziative sociali opera attivissima in ogni parte
del mondo cattolico.

(28) Da tale accompagno erano esplicitamente escluse le donne, e ciò in
conformità alle consuetudini, sancite dagli Statuti comunali, allora vigenti sia
in Umbria, che altrove.

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28 GIUSEPPE ABATE

(29) Parecchie sono le affinità che si riscontrano tra i doveri spirituali
della Fraternita amerina e quelli della Compagnia fiorentina di S. Egidio.
Anche presso di questa c'era l'obbligo della Confessione, e non solo due volte
all'anno, bensi ogni mese; della recita ogni giorno di 5 Pater e Ave; della spe-

ciale riverenza da avere per la Vergine Maria; della messa mensile per i defunti

della Compagnia con recita di Paternostri e di Requiem (dodici); delle onoran-
ze funebri con messa e candelotti ad ogni singolo confratello passato da questa
vita: cfr. MONTI, II, 148 ss.

(30) Cfr. AL. CANEZZA, Gli Arcispedali di Roma nella vita cittadina, nella
storia e nell'arte. Roma 1933, 8-174.

. (81) « Quia vestire nudos est species caritatis, cuius mater est Fraterni-
tas supradicta, idcirco dicimus et ordinamus... » Ben giustificato è perciò
l'appellativo di « Domus caritatis » dato da Bucciarella di Nercolo all'Ospizio
della Fraternita (cfr. Invent. II, 29), come pienamente adatti al medesimo
sono i versi, che Teodulfo, vescovo di Orleans e poeta del tempo carolino,
aveva dettato per un Hospitale da lui eretto:

En patet ista domus mediocri exacta paratu,
Utrumque humanis usibus, apta tamen.

Esuriens epulas, sitiens potum, hospes honorem :
Nudus operimentum hic reperire queat.

Fessus opem, languens medicamen, gaudia maestus
Hinc ferat, et cunctis consulat ista domus.

Det Pater altithronus donum hoc habitantibus istic,
Civibus ut pateat, et, peregrine, tibi....

Cf. E. DUEMMLER, Poetae Latini Aevi Carolini, I, 554 in Monumenta
Germaniae Historica, Berlino, 1880.

(32) Da un ms. conservato presso l'Ospedale, dal titolo « Congregationes »
(1783-1838) rileviamo che quello stabile apparteneva allora al Seminario Dio-
cesano e ne fu deliberato l'acquisto il 3 agosto 1787. I lavori di trasformazione
durarono fino al 1794. L'antica sede dell'Ospedale è oggi proprietà privata;
ma dal popolo é chiamata L'Ospedaletto.

(33) Di tali Oblati se ne trovavano ovunque, presso gli ospedali del Medio-
evo. Ne aveva, ad esempio, l'Ospedale della Carità di Todi, che era anteriore
a quello amerino; non mancavano in quelli di Viterbo. Erano tanto uomini che
donne. « Senza professare formalmente i voti d'una regola religiosa, vivevano
nell'osservanza di questa e potevano serbare intatti i loro rapporti civili e di
famiglia, assolutamente interdetti ai Conversi. I vincoli che contraevano col
luogo sacro, anche se ripromessi perpetui, erano, nel fatto, revocabili a loro
talento. La loro aggregazione compievasi con cerimonie tutt'affatto distinte. .
Da quel momento i nuovi adepti entravano in tutti gli obblighi e privilegi
del Luogo Pio, come questo entrava nel possesso dei beni donati. Vestivano
un saio speciale, le donne ordinariamente di bruno; né tutto monastico, né
tutto laicale... »: C. Pinzi, Gli Ospizi medioevali..., 47-48. Venuto meno ver-
so la fine del Oualisocento l’uso di tali oblazioni personali, l'Ospedale Amerino
ebbe sempre a suo servizio, sino a tutto il secolo xVIII, dei semplici laici, re-
golarmente stipendiati, e durante l’Ottocento i religiosi ospitalieri di S. Gio-

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STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI | 29

vanni di Dio, detti Fatebenefratelli. Da oltre un sessantennio infine, l'Ospedale di
S. Maria dei Laici è sotto le amorevoli e diligenti cure delle Suore del Cottolengo.

(34) Siffatta admonitio agli Oblati dell'Ospedale della Carità di Todi, -
per essere questo in tutto dipendente dal Comune, veniva fatta dal Podestà:
«Et teneantur Potestates visitare quater in anno Familiam dicti hospitalis
et dicere eis sicut ei videbitur pro utilitate dicti hospitalis... » Statuto cit.,
Rubr. 109 (Ediz. Ceci-Pensi, p. 117).

(35) La Domus Dei di Viterbo, fondata nel 1293, al principio del Trecento
disponeva di ben 25 letti: cfr. PiNzr, op. cit., 100 ss.

(36) Alcune notizie sullo stato dell'Ospedale alla fine del secolo xvi si
leggono nella Relazione del Vescovo A. M. Graziani pubblicata in Bollettino

«della R. Deputaz. di Storia Patria per l'Umbria, XIII (1907), 141. Altre nella

« Visitatio Episcopi Camaiani » del 1574, ff. 67-69 (Archivio Vescov. di Amelia).

(37) Per maggiori notizie cfr. Costituzioni e Statuti... 11-13, e sopratutto
A. GniNATO, Fondazione e Statuti del Monte di Pietà di Amelia, in Archivum
Franciscanum Historicum, XLVIII (1955), 324 ss.

(38) Tali Statuti si trovano menzionati tra i documenti della Fraternita
esistenti ancora nel 1355 (cfr. Invent. II, 74).

(39) Ci riferiamo a tutto il tempo anteriore al Concilio di Trento, cioé a
quando dal Diritto Canonico allora vigente era prescritta soltanto, generi-
camente, la soggezione delle Opere Pie della Diocesi all'Ordinario: cfr. MONTI,
I, 306. Per decreto di quel Concilio tutte le Confraternite furono sottoposte a
rigorosi vincoli ecclesiastici.

(40) Ne pubblichiamo il testo immediatamente dopo gli Statuti.

(41) Questo era allora uso comune. A tale proposito leggiamo nel citato
Statuto di Todi (Rubr. 109): « Teneantur Potestates facere fieri Inventarium
de bonis Hospitalis Caritatis... et reducere bona ipsius in publicam scrip-
turam, et fiant duo instrumenta, quorum unum sit penes Priorem sive Precep-
torem, et aliud penes Communem Tuderti »; ed. Ceci-Pensi, p. 117.

(42) Proponendoci di trattare più ampiamente in altra occasione l’interes-
sante tema, ci limitiamo ora a ricordare quanto segue: 1) che uno statuto di
una confraternita toscana del secolo x1 imponeva ai singoli membri di portare
al sepolcro del confratello defunto nel giorno della settima e del trigesimo (« ut
elemosinam dignam facerent ») tre pani e un fiaschetto di vino per i poveri;
2) che a Bologna, nel Duecento, spesso si commemorava la settima con un
« convivium » o con una pietanza data in elemosina a qualche convento di
Frati Mendicanti; 3) che a Todi c'era la consuetudine (vietata peró nel 1275,
perché ritenuta un lusso eccessivo) di «facere septimam inter convicinos »,
parole queste che, mentre escludono l'idea di uffici in chiesa, fanno pensare piut-
tosto a un convito di lutto; in Assisi, nel 1276, Leonardo di Scescio ordinó che
nel giorno primo del mese di dicembre susseguente alla sua morte si facesse
una settima bandita — cioè preannunziata con pubblico bando — e fosse dato
ad ogni povero un pane intero e una scodella di fave molli; similmente, in
Assisi, nel 1282, il ricco mercante Ugolino di Contedino ordinò, per testamento,
di spendere dopo il suo decesso la grossa somma di trenta libbre di denari
«in quadam septima bandita »: Archivio del S. Convento, II, Pergam. 33 e 46.

(43) F. GnEGonovrus, Storia della Città di Roma nel Medio Evo. Roma
1912, IV, 803.
30 GIUSEPPE ABATE

(44) Al secolo Giuditta. Nata a Pogliano (Lombardia) il 16 agosto 1862
ed entrata giovanissima fra le Suore del Cottolengo, passó tutta la sua lunga
vita a servizio degl'infermi e dei poveri nell'Ospedale amerino, di cui fu an-
che saggia e fedele amministratrice, meritandosi non solo la più sincera vene-
razione del popolo, ma anche numerosi attestati e decorazioni da parte delle
Autorità Civili ed Ecclesiastiche. Esempio luminoso di virtù religiose e di apo-
stolato sociale, insieme alle sue stimatissime ed amatissime Consorelle, con-
servò così all'Ospedale di S. Maria dei Laici l'antico e bellissimo appellativo
di « Casa della Carità ». Morì da santa, con immenso cordoglio di tutti, il 29
novembre 1946.

(45) Hebr. 13, 1.
—— MÀ

STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 31

II.

STATUTI DELLA CONFRATERNITA DELL’ANNO 1355

In nomine Dei Omnipotentis et gloriosissime sue Matris et Sanc-
torum martyrum et virginum Iohannis et Catherine. Amen.

Ad laudem omnipotentis Dei et gloriosissime Virginis Marie
eius matris Sanctorumque martyrum Firmine et Olimpiadis necnon
Sanctorum Virginum et martyrum Iohannis et Catherine Sancto-
rumque omnium et Sanctarum Dei.

Quidam layci Amelienses, ispiratione a Domino contemplati,
certas eorum domos cum aliquibus lectis pro peregrinorum et pau-
perum refugio deputarunt, ut ipsi peregrini et pauperes in Amelia
absque dispendio possint comode hospitari, ordinando se ipsos vo-
candoque dictas domos et Ordinem quem scribi fecerunt Fraternita-
lem Sancte Marie :

Quam fraternitatem, Deo presule, nos Prior, Anziani et Consi-
lium prefate Fraternitatis, quorum nomina inferius describentur,
gubernari et regi volimus modis et ordinibus inferius iam descrip-
tis, ad hoc, ut, ab ipsa Fraternitate, errore deposito et prava inten-
tione depulsa, omnipotenti Deo, qui pro omnium operanda salute
mori voluit et perforari lancea substinuit latus suum, prono animo
serviamus.

Nomina vero Prioris et Anzianorum dicte Fraternitatis facien-
tium et componentium infrascripta ordinamenta, de voluntate et ex-
pressa licentia Consilii ipsius Fraternitatis, sunt hec:

Dominus Olimpiades magistri Massey, legum doctor, prior Fra-
ternitatis predicte

Ser Iohannes magistri Bartholi

Symeon Gratie

Ser Benedictus Mancie |

Ser Iohannes magistri Pauli

Mastrutius Palli: Anziani Fraternitatis iam dicte.

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32 GIUSEPPE ABATE

Et scriptum per me Thocium quondam Luzzarelli Fhocii, no-
tarii de Amelia, ad predicta ordinamenta scribenda specialiter de-
putatum, sub anno Domini millesimo CCCo L Vo, Inditione VIII,
tempore domini Innocentii pape VI.

Gapw-E

De nominatione Prioris Fraternitatis Laycorum Sancte Marie.

Facturi infra scriptorum capitulorum ordinationem, necessario
prius ab officiorum iniciis incipiendum existimavimus, ad hoc, ut
ipsa capitula officiorum inferius describenda aliorum capitulorum
intellectus clarior habeatur.

1. — Et ideo, circa officium Prioris dicimus et ordinamus, quod
Prior dicte Fraternitatis singulis tribus mensibus infrascripto ordine
nominetur sive eligatur in penultima dominica dictorum trium men-
sium, hoc modo, videlicet: in die sabati post quem sequitur dominica
supradicta eligantur per priorem et anzianos dicte Fraternitatis, vel
per maiorem partem ipsorum, quinquaginta Boni Homines layci
de Amelia; qui quinquaginta homines, ut dictum est electi sive no-
minati, in ipso die sabbati ex parte dicti prioris requirantur quod in
sequenti die dominico placeat eis esse in ecclesia Sancte Marie de
Porta (1), et in dicto die dominico fiat requisitio de ipsis quinqua-
ginta hominibus.

2. — Et, facta requisitione et abstantibus in dicta ecclesia ad
minus duabus partibus dictorum hominum et abstante. priore et maio-
re parte anzianorum, dicti prior anziani et notarius eorum sedeant
ante altare maius dicte ecclesie semotum ab aliis in dicta ecclesia
existentibus, et recipiant voces a singulis supradictorum hominum
vocatorum sub secreto, et ipsas voces de nominatione futuri prioris,
receptas a dictis priore et anzianis, notarius supradictus scribere de-
beat secundum quod ipsis et anzianis videbitur expedire; post quam
nominationem dictus prior et anziani ad nominationem prioris fu-
turi dent voces suas.

3. — Et hiis vocibus sic receptis, dictus prior ipsas voces publi-
cet, dicendo « Talis habet voces [tot], Talis tot », non nominando eli-
gentes, sed tantum personas electas. Ille vero qui plures voces ha-
bebit, ille sit et habeatur pro vero et legitimo priore pro tribus men-
sibus tunc secuturis incipiendis in. kalendis tunc proxime futuris. STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 33

L4

Et si dictus prior taliter nominatus recusabit firmiter acceptare
ipsum officium prioratus, eius recusationem prior et anziani, qui tunc
in officio fuerint, in scriptum redigi faciant modo et ordine infra-
scripto. | ! ;

(AP3IT,

De nominatione Anzianorum dicte Fraternitatis.

1l. — Item, dicimus et ordinamus quod dictus prior, qui pro tempo-
re erit, ad eius consilium habeat et habere debeat quinque anzianos,
| qui sint boni cives civitatis Amelie layci et de Fraternitate predicta.

2. — Et eligantur et eligi sive nominari debeant secundum quod
priori et anzianis, qui [eo] tempore fuerint, videbitur et placebit,
quorum officium duret tribus mensibus tantum et non ultra; vide-
licet unus pro qualibet Contrata (2).

(xp. PLE

[

De nominatione Notarii et Camberarii diéte Fraternitatis.

1. — Item, ordinamus quod Camberarius supradictus nomine-
tur et nominari debeat unus de bonis hominibus de civitate Amelie
laycus secundum quod veteri priori et anzianis, ad quod spectat tri-
buere consilium priori iam dicto, videbitur et placebit; et eorum of-
ficium duret duobus mensibus tantum.

2. — Et simili modo nominetur et fiat Notarius supradictus.

CAP. ING

De nominatione Dispensatoris.

1. — Ad hoc, ut bona dicte Fraternitatis conserventur et occu-
pationes prioris et anzianorum deperiri et male dispensari non pos-
sint, idcirco dicimus et ordinamus, quod prior et anziani predicti
in principio eorum offitii nominent, sive nominatum confirment,
unum bonum et expertum virum, qui stet et moretur in prefata Fra-
ternitate, et supersit omnibus aliis in dicta Fraternitate permanenti-
bus, et faciat elemosinas et alia, ut inferius describentur.

2. — Et officium ipsius dispensatoris sic nominati duret toto
tempore Prioris taliter nominati, sive confirmati, et non ultra.
IE _atr ki : A - EX Dum pignone

34 GIUSEPPE ABATE

CAP. V.

De officio et iuramento Prioris.

1. — Iurabit prior in principio sui offitii, antequam amministret
res et bona nostre Fraternitatis, in ecclesia Sancte Marie de Porta
in manibus prioris sui in officio precessoris, et tangendo librum dicte
Fraternitatis ad sancta Dei Evangelia, res et bona dicte Fraternita-
tis fideliter custodire et salvare, et iuxta suum posse ipsam Fraterni-
tatem agumentare, ac etiam de rebus et bonis dicte Fraternitatis
facere inventarium: Et officii amministrationis sue, finito suo officio,
priori et anzianis successoribus suis reddere rationem cum integra
residuorum consignatione. Et pauperibus et aliis miserabilibus per-
sonis, iuxta suum posse, de bonis dicte Fraternitatis subveniet,
remotis precibus, parentela, odio, amore et pretio. Et dictum iuramen-
tum, prestitum modo et forma predictis, per notarium dicte Fraterni-
tatis in scripto redigi faciat ipse prior.

2. — Qui prior, in suo tempore, semel tantum faciat congregari
omnes Fraternitales in ecclesia sancte Firmine (3) vel sancti Fran-
cisci intus Ameliam (4), vel in loco et ecclesia sancti Augustini (5), et
ibi cantari faciat unam missam, et etiam predicari; et facta predica-
tione, legantur ea, que Fraternitales observare tenentur.

3. — Et nuptui tantum tradat illas, que videantur esse sive pau-
peres et de hiis nuptui tradendis fuerit ad bussulas et palloctas per
ipsum priorem et anzianos obtentum vel per maiorem partem ip-
sorum per modum inferius declarandum.

4. — Quando vero se absentaret ipse prior a civitate predicta,
semper dimittere debeat suum Vicarium de conscientia et consilio
anzianorum dicte domus Fraternitatis.

9. — Item, teneatur et debeat intra octo dies, computandos in
principio sui officii, una cum anzianis et camberario accedere ad do-
mum Fraternitatis predicte, et facere ibi inventarium de omnibus
massaritiis, carratis (6), grano, vino et aliis rebus mobilibus, et ip-
sum inventarium asignabit successori suo.

6. — Faciat etiam congregari in principio sui officii, et prope
finem ad minus, omnes oblatos et stantes continue in domo iam dic-
ta, quos oblatos et servitores domus monere debeat: primo, quod qui-
libet se studeat facere bene facta ipsius Fraternitatis et vivant paci-

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STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 35

fice; secundo, quod si in ipsa Fraternitate est aliquod scandalum sive
vitium, quod eidem priori revelare debeant et tenebitur sub secreto;
tertio et ultimo, quod de rebus et bonis prefate domus bonam et sol-
licitam curam gerant. Demum ipse prior cum duobus anzianis :et
notarius eorum faciant inter predictos oblatos et servitores sollemp-
nem inquisitionem, ut eidem priori videbitur convenire.

7. — Tunicas et alias elemosinas valentia XL solidos (7) et ultra
ipse prior nemini dare possit sine consensu anthianorum omnium
vel maioris partis eorum.

: 8. — Expellere ipse prior possit illum vel illam, qui vel que eidem
priori et maiori parti anzianorum videbitur et placebit et non aliter,
modo et forma inferius declaranda. |

9. — Insuper ordinamus, quod ipse prior una cum anzianis in
principio sui officii vadat ad dominum potestatem civitatis Ame-
lie, cui memorie reducat quod ius et iusticiam omnibus absque dif-
ferentia personarum exhibeat, maxime miserabilibus personis, of-
ferendo eidem adiutorium et consilium prefate domus.

10. — Item, dictus prior lecta sive lectum aliquod alicui officiali
Comunis Amelie non debeat aliqualiter comprestare.

CAP. VI.

De officio Anzianorum et de eorum iuramento.

1. — Ut iurisiurandi religio bonum animarum in melius et malum
in bonum habeat inmutare, idcirco dicimus et ordinamus, quod an-
ziani Fraternitatis prefate in manibus novi prioris vel veteris iurent
ad sancta Dei Evangelia, corporaliter tacto libro priori ipsius Fraterni-
tatis, bonum et sanum consilium tribuere et fideliter capere ad parti-
tum, remotis precibus, parentela, odio, amicitia et pretio et ira, et
stare, prout ipsi priori videbitur expedire, in servitium dicte Fraterni-
tatis. Et quod in nullo priori prefato absentient nisi licitis et hone-
stis; et quod ipsam Fraternitatem, iuxta suum posse, semper liberam
conservabunt.

2. — Quorum anzianorum officium duret per tres menses, compu-
tandos a die eorum nominationis.

3. — Et sine presentia et voluntate maioris partis ipsorum an-
zianorum prior sive alius venditionem donationem sive aliam lar-
gitionem facere non presumat.

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36 GIUSEPPE ABATE

4. — Et si fiet, non valeat ipso iure preter quam elemosinas fieri
consuetas et debitas, ex testamentorum tenore sive alia ultima vo-
luntate. Et si aliquis ipsorum anthianorum in libro Fraternitatis
scriptus non esset, ante omnia in dicto libro scribi faciat suum no-
men.

(CAPS VIT.

De officio Camberarii et Notarii et de eorum iuramento.

Camberarius et notarius dicte Fraternitatis iurabunt ad sancta
Dei Evangelia, corporaliter tacto libro, in manibus prioris, qui pro
tempore fuerit, res et bona ipsius Fraternitatis bene, fideliter et sol-
licite custodire et salvare, et librum facere de introitibus et exitu
dicte domus; qui exitus scribi debeant per ipsum notarium et non
alium. Et [iurabunt] administrationis ipsorum, finito eorum officio,
priori et duobus anzianis reddere rationem cum integra residuorum
consignatione. Eorum. vero officium tantum duret per duos menses.

CAPESNVITEE

De officio et iuramento Dispensatoris.

Dispensator Fraternitatis prefate iurare debeat in manibus
prioris ad sancta Dei Evangelia, corporaliter libro tacto, quod res
et bona dicte Fraternitatis custodiet et fideliter conservabit, iuxta
suum posse, familiam et alios pauperes dicte Fraternitatis benigne
tractabit, romipetas.(8) et alias miserabiles personas cum caritate
recipiet largiendo eis elomosinas, et statium (9) domus, ut fuit et
est actenus consuetudo. Caritates (10) et alia facienda pro anima-
bus illorum, qui de suis bonis reliquerunt Fraternitati prefate, sin-
gulis mensibus faciet et in festivitatibus, ut debetur; et haec omnia
faciet remoto odio, parentela, amicitia, prece et pretio.

Cap. IX.
De Oblatis. recipiendis.

1. — Quia qui altari servit de altari vivere debet (11), idcirco di-
cimus, quod oblati et oblate habeant, et habere debeant, a Frater-
nitate prefata victum et vestitum et alia eis necessaria et opportuna, STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 37

dummodo, secundum eorum possibilitatem, serviant in domo pre-
dicta et fructus omnes, quos habent vel habere possint de suis bonis,
dent domui supradicte.

2. — Insuper, ordinamus, quod nullus oblatus vel oblata a prio-
re in dicta Fraternitate recipiatur, nisi prius fuerit deliberatum (12)
per consilia opportuna dicte Fraternitatis et per duas partes consilia-
riorum in Consilio existentium dicte Fraternitatis obtentum.

3. — Et omnia bandimenta fienda (13) pro Fraternitate iam dic-
ta fiant et bandiantur per unum ex dictis oblatis, cui prior imponet
sive mandet.

GXPOXX.

De venditionibus faciendis.

1l. — Ad hoc, ut omnis suspitionis causa in domo gloriose Virgi-
nis penitus deleatur et res et bona Fraternitatis iusto pretio et sine
festinatione vendantur, idcireo dicimus et ordinamus, quod res Fra-
ternitatis antequam venalis exponatur, deliberetur primo per prio-
rem et maiorem partem anzianorum dicte Fraternitatis; demum de-
liberetur per omnia Consilia eiusdem Fraternitatis inferius decla-
randa, et secundum deliberationem maioris partis Consiliariorum ita
fiat; et si aliter fieret, non valeat alienatio cuiuscumque rei.

2. — Et in casu ubi talis venditio deliberaretur, bandiatur in
scalis (14) Sancte Marie de Porta publice et alta voce, quod quicum-
que vult emere talem rem, quod se scribi faciat a notario dicte Frater-
nitatis, et quod plus offerenti dabitur. Et fiat tale bandimentum qua-
tuor vicibus, omni dominica semel, donec bandimenta facta fuerint;
et factis dictis quatuor bandimentis, fieri possit alienatio, si dicto
priori videbitur.

Cap. XI.
De mulieribus maritandis.
Ut mulieres pauperes honeste vivant et nostra Civitas liberis Deo
servientibus repleatur, statuimus et ordinamus quod ille femine ma-

ritentur que omnibus Consiliis Fraternitatis predicte videbitur et
placebit, vel maiori parti consiliariorum dictorum consiliorum; qui-

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bus mulieribus maritandis fiat dos, ut videbitur consiliis supradictis,
dando eis pro suis dotibus res immobiles sive mobiles secundum quod
in eis fuerit deliberatum (15); aliter vero prior ipsas mulieres maritare
non possit.

Cap. XII.

De tunicis faciendis.

1. — Quia vestire nudos est species caritatis, cuius mater est Fra-
ternitas supradicta, idcirco, dicimus et ordinamus quod prior possit
pro animabus bene facientium in domo predicta dare de bonis ip-
sius domus usque ad valorem XX solidorum cui ei videbitur; et ei
cui XX solidos semel dederit, non possit plus toto suo tempore elar-
gire sine consensu maioris partis anzianorum; cum consensu maioris
partis anzianorum, qui pro tempore fuerint, possit, quoties eis vi-
debitur, dare XL solidos cortonenses. Cum consensu vero omnium
anzianorum possit prior praedictus dare quoties fuerit deliberatum
unum florenum.

2. — Tunicas vero prior dare non possit, nisi primo proponatur
et deliberetur inter anzianos quod fiant tot tunice; demum quod de-
liberabitur per anzianos liberari debeat inter Consilium decem Frater-
nitalium, et factis dictis deliberationibus fiant tunicae. Et dentur
illis quibus priori et maiori parti anzianorum videbitur expedire
et non aliis; voluntatem autem anzianorum et decem Fraternita-
lium ipse prior semper videat cum bussulis et palloctis.

(GAP. XIII,

De elemosinis largiendis.

1. — Item, dicimus et ordinamus ad hoc ut caritas magis abun-
danter fiat, quod granum vendi non possit quod pervenit ad prefatam
domum, nec vinum, oleum sive legumina; sed omne granum, vinum,
oleum et legumina largiantur amore Omnipotentis pauperibus et
aliis miserabilibus personis.

2. — Et dictus prior et dispensator taliter elemosinas debeat
compensare quod omni die et cuilibet pauperi possit saltim semel
elemosinam elargire. STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 39

CAP XIV.

De puellis et pueris expositis sive proiectis.

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1. - Dispensator pueros et puellas expositas et proiectas ad
prefatam domum recipere debeat, ipsosque ad gubernandum det;
possitque prior sine alia deliberatione salarium alupne dare (16).

2. — Quando vero puella ad etatem XI vel XII annorum perve-
nerit, maritetur de bonis dicte Fraternitatis si maritum volet; si
vero nollet maritum, mictatur in monasterio sive carcera (17) cum
dote fienda et declaranda per priorem et maiorem partem anzianorum.
Si vero esset domui prefate utile ipsam expositam in domo morari,
tunc prior de hoc faciat quod ei melius pro Fraternitate et mulie-
ris honestate videbitur expedire.

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3. — Quando vero maris sive masculus proiectus ad etatem XIV
annorum pervenerit, tunc prior provideat Fraternitati et puero
supradicto, faciendo eum dicte Fraternitati offerri, vel dando eidem
licentiam, vel retinendo eum, ut ipsi priori et anzianis videbitur et
placebit.

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CAP. XV.

De bandimentis.

1l. - Bandimentum Fraternitatis fiat per unum ex Oblatis ad
tale ministerium magis aptum; si vero aliquis in dicta domo aptus
non esset, fiat per banditores Comunis Amelie.

2. — Et fiat omni mense unum bandimentum, quod quicumque
habet de bonis, instrumentis, sive aliquid ad dictam Fraternitatem
pertinente sive spectante, debeat id priori assignare et eidem provi-
debitur valde bene.

3. — Item, bandiatur singulo mense missa Fraternitatis, ut
fuit hactenus consuetum.

4. — Item, bandiatur singulis tribus mensibus missa sollempnis
et predicatio, secundum quod priori videbitur; et tunc legantur
ea ad que Fraternitales sunt per ordinamenta abstricti; fiant insuper
alia bandimenta, si consueta et utilia domui supradicte, ut priori vi-
debitur expedire. Nullum vero bandimentum fiat sine voluntate et
consensu prioris Fraternitatis iam dicte.
40 GIUSEPPE ABATE

Cap. XVI.
De absentatione -Prioris et Anzianorum et aliorum Offitialium.

1. Ad hoc ut dicta domus propter absentiam offitialium
dampnum pati non possit, idcirco ordinamus et dicimus, quod si
contigneret priorem aliquo casu de Amelia absentari per XX dies vel
plus, quod ante eius recessum possit et debeat nominare et ponere,
de voluntate maioris partis anzianorum, unum bonum virum loco
sui et pro eius vicario; qui vicarius in omnibus habeat vices suas
toto tempore quo ipse prior stare debeat in officio prioratus. Et de-
beat dictus vicarius dictum officium iurare, sicut iuravit prior suus;
remeante vero priore iam dicto, officium quod inceperat nullatenus
gerere et exercere possit, sed dictus vicarius sit in esse suo.

2. — Quando vero aliquis alius officialis dicte Fraternitatis se
per XX dies vel ultra ab Amelia absentaret, tunc prior et maior pars
anzianorum possit alium noviter congregare, et ille, qui erit a dicto
priore et anzianis taliter nominatus, sit et habeatur pro vero anzia-
no sive alio officiali absente.

3. — Si vero dictus prior se ab Amelia absentaret eius et dicte
Fraternitatis vicario non creato, tunc anziani et consilium decem
fraternitalium possint et debeant talem vicarium facere et ordinare,
prout eis melius videbitur et placebit. Quod dictum est de priore
et alio officiale absente, idem sit de moriente.

Cap. XVII.
De Priore sive alio Offitiale recusante offitium.

1. — Quia equum est, quod is qui honus recusat honorem sive
officium amplecti non possit, idcirco dicimus et ordinamus quod si
quis sine iusta causa officium prioratus de cetero recusabit, quod eius
recusatio in libro Fraternitatis scribatur, et quod in perpetuum of-
ficium prioratus habere non possit in Fraternitate predicta.

2. — Et simili modo fiat de anthiano et de alio officiali sine iusta
causa officium, ad quod est nominatus, recusante, quod eius recu-
satio in libro predicto scribatur et talis recusans ad officium per ip-
sum recusantem perpetuo regressum habere non possit, nec possit
ad illud de cetero nominari. Que causa utrum sit iusta vel non, re-
maneat in discretione prioris et anzianorum iam dicte [Fraternitatis]. STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI

Cap. XVIII.

De Scindicatu sive Ratiocinatione officialium Fraternitatis.

.l. - Volentes dictum sancti Evangelii imitari, in quo dicitur
« redde rationem villicationis tue » (18), idcirco ordinamus et dicimus
quod quilibet officialis Fraternitatis iam dicte debeat, finito eius
officio, eius offitii et administrationis ad petitionem prioris integram
reddere rationem, cum integra residuorum consignatione; et prior,
qui pro tempore erit, tales officiales ad predicta cogere possit et debeat,
implorando brachium domini Potestatis civitatis Amelie; ille vero,
qui in eius officio fraudem commisisse reperietur, perpetuo in dicta
Fraternitate officium habere non possit.

2. — Insuper teneatur et debeat prior, ad cuius petitionem ta-
lis scindicatio fieri debet, facere scribi in libro sui camerarii sum-
mam introitus et summam exitus officialium rationem reddentium.

CAP. XIX.

De Consiliis oportunis.

l. - Item, dicimus et ordinamus, quod Fraternitas Laycorum
superius nominata, regatur et regi debeat per priorem et anzianos
ipsius Fraternitatis, qui prior et anziani in principio eorum officii
nominent et scribi faciant decem bonos homines laycos, quos habeant
ad eorum consilium, et nominetur Consilium decem Fraternitalium.

2. — Item, nominent et scribi faciant quinquaginta bonos ho-
mines laycos de Amelia et istud nominetur Consilium maius Frater-
nitatis. Et quidquid per dictos priorem, anzianos et consilia supradic-
ta factum, actum, sive gestum fuerit, perpetuo obtineat plenum robur.

5. — Qui omnes consiliarii superius nominati eorum officium iu-
rent ipsum bene et legaliter ad utilitatem et commodum dicte Fra-
ternitatis facere, remoto pretio, amicitia, parentela, odio et prece.

4. — Et inteligatur factum per anzianos et consilia supradicta,
id quod per maiorem partem ipsorum ibi in consilio adstantium fiet.
Que consilia fiant in ecclesia Sancte Marie de Porta; nec in dictis
consiliis aliquid deliberari possit absente priore vel eius vicario; qui
prior vel eius vicarius nullam propositam facere possit, si.in dicta
ecclesia non fuerint consiliariorum maior pars presens.

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42 GIUSEPPE ABATE

Cap. XX.
De amonitione fienda.

Cum sit melius ante tempus occurrere, quam post vulneratam

causam remedium querere, idcirco dicimus et ordinamus, quod prior

| dicte Fraternitatis omnes oblatos et familiares domus Sancte Marie
monere debeat semel in mense: primo, quod nullus.ex eis commictat

sive dicat aliquod illicitum sive inhonestum in Fraternitate et domo

predicta, sive extra; secundo, quod si in dicta Fraternitate est, vel

esse potest, aliquod vitium sive quid inhonestum, id ipsi priori re-

velare debeat et tenebitur in secreto; tertio, quod res et bona Frater-

nitatis bene et sollicite debeant ministrare; ultimo, quod bene et

pacifice vivant in Fraternitate predicta, que est domus orationis

et pacis.
Cap. XXI.
De pena non venientium ad consilium.
1l. - Quia sicut initio libera potestas unicuique est officium

Fraternitatis predicte aceptare vel recusare, ita renuere semel con-
stitute obligationi, priore non consentiente, minime potest officia-
lis iam dictus; sed teneatur et debeat, tempore sui officii, ad consi-
lium Fraternitatis accedere, secundum quod ab ipso priore vel eius
parte fuerit requisitus.

2. Requirantur autem dicti consiliarii uno die pro alio; et
siquidem anzianus, qui taliter fuerit requisitus, ad dictum consi-
lium non accesserit, solvat camberario Fraternitatis XII denarios
(19); alii autem consiliarii requisiti per vocem preconis, vel alio modo,
uno die pro die sequenti, post eorum prestitum iuramentum solvant
VI denarios. Et predicta locum habeant, si legitimam causam non
habuerint; que causa utrum sit legitima sive non, remaneat in di-
scretione dicti prioris.

CAP. XXII.
De litigantibus contra Fraternitatem.

Item, ordinamus quod si eveniet quod aliqua questio movere-
tur contra dictam domum, quod nullus Fraternitalis possit esse ad-
vocatus vel procurator contra ipsam Fraternitatem, et sic iurare
STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 43

teneantur antequam suum nomen in Fraternitate scribatur; nichilo-
minus si aliquis contra faceret, ab omni officio, beneficio, dicte do-
mus perpetuo sit exclusus.

CAP. XXIII.

De inquisitione facienda.

Oblatos et alios in dicta Fraternitate absidue commorantes bo-
nos, non solum metu penarum verum premiorum quoque exorta-
tione, efficere cupientes, et ad hoc ut bona opera luceant et mala
omnibus patefiant, idcirco dicimus et ordinamus, quod prior, saltem
semel tempore sui offitii, una cum duobus anzianis et notarius Fra-
ternitatis superius nominate faciat generalem inquisitionem contra
omnes et singulos in dicta domo morantes de factis, dictis et gestis
per eos, ut ipsi priori videbitur expediri, et in scripto redigi faciat
id quod de predictis potuerit inuere.

Cap. XXIV.

De pena inponenda.

In corrigendis oblatis et aliis in Fraternitate morantibus, pro
qualitate delicti, domino priori Fraternitatis iam dicte tribuimus po-
testatem, ut quos bona exempla et admonitiones non provocant,
saltem correctionis medicima compellat: ordinantes, quod talis prior
propter correctionem predictam ad penam Comuni Amelie minime
teneatur possitque ad predicta effectui demandanda, implorare bra-
chium domini Potestatis civitatis Amelie, qui Potestas familiam eius
ad petitionem ipsius prioris dare debeat, et poni faciat, ad volun-
tatem prioris, delinquentes in Fraternitate predicta in compedibus,
carceribus, et in alio loco, ubi ipsi priori videbitur expedire.

CAP. XX V.
De oblatis et aliis expellendis de domo iam dicta.
Item, dicimus et ordinamus, quod oblatus delinquens non possit

de Fraternitate expelli, nisi fuerit obtentus per omnia consilia dicte
Fraternitatis. Alios autem in fraternitate morantes asidue in dicta

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44 GIUSEPPE ABATE

domo possit prior expellere, si primo fuerit optentus per maiorem
partem anzianorum et consilium decem Fraternitalium et non aliter;
alios vero advenas possit prior expellere et non recipere, ut ipsi
priori videbitur expedire.

CAP. XXVI.

De oservantiis Fraternitalium.

Layci Fraternitales ispiratione a Domino contemplati sunt
quid per eos, pro redemptione suorum peccatorum et pro animarum
suarum salute, possint utilius invenire, propter quod quamdam Fra-
ternitatem ad honorem Omnipotentis eiusque gloriose Matris et
sanctorum martyrum et virginum Firmine et Olimpiadis et sanc-
torum virginum et martyrum Iohannis et Catherine duxerunt tali-
ter ordinandum:

1. — In primis quod quilibet fraternitalis de Fraternitate pre-
dicta sua peccata pure bis in anno confiteatur, videlicet in Nativi-
tate Domini et in Resurrectione eiusdem recipiendo Corpus Domini
Nostri Ihesu Christi cum reverentia et devotione.

2. — Item, quilibet de dicta Fraternitate die quolibet dicat
quinque « Pater Noster», cum salutatione Virginis, hoc est « Ave
Maria » etc.

3. — Item, cum nomen ipsius Virginis in ecclesia nominatur, om-
nes eorum capita inclinent et usque ad terram genua reverenter.

4. — Item, quod si aliquis de Fraternitate predicta contigerit
infirmari, visitetur a predictis rectoribus, qui rectores eum visi-
tent et moneant de salute anime inducendo eum ad confessionem
peccatorum et ad recipiendum Corpus Domini et alia ecclesiastica
sacramenta, et ad satisfationem si usuras habet vel aliter rapuerit
aliena.

9. — Item, quod si aliquis vel aliqua de Fraternitate iam dicta
esset [infirmus vel] infirma et pauper, dictus prior vel aliquis anzia-
norum eidem infirmo vel infirme provideat in expensis, ac etiam noc-
turnis et diurnis custodiis, prout necessitas suadebit. |

6. — Item, quod si talis infirmus vel infirma moriatur omnes
dicti rectores et Fraternitales vocentur quod ad domum mortui sive
mortue accedere debeant, qui omnes ad dictam domum accedant
STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 45

hora debita, nisi iuxtam excusationem habeant, et vadant post mor-
tuum usque ad ecclesiam cum candelis accensis; ipse vero prior provi-
deat de duobus cereis, qui semper ardant iuxta feretrum.

7. — Item, predicti rectores ab illis de Fraternitate, exceptis
pauperibus, quolibet mense coligant unum denarium; de quibus de-
nariis fiant candele et cerei supradicti, et infirmis pauperibus pro-
videatur prout superius est expressum.

8. — Item, predicti rectores missam pro defunto sive defuncta
Fraternitatis, cum ad ecclesiam fuerit deportatus seu deportata,
faciant celebrari, nisi hora diei hoc non concedat.

9. — Item, quod quilibet de Fraternitate predicta dicere tenea-
tur pro ipso defuncto vel defuncta XX Pater Noster et Requiem eter-
nam dona ei Domine.

10. — Item, quolibet mense in prima dominica mensis omnes de
Fraternitate predicta conveniant in una ecclesia, quam duxerint
statuendum rectores predicti, ad Defunctorum missam celebrandam.
In quibus missis ibi abstantes de Fraternitate iam dicta dicant quin-
que Pater Noster.

11. — Item, mulieres non teneantur ire ad ecclesiam cum corpus
mortui sive mortue deportatur.

12. — Item, mares et mulieres teneantur et debeant ire per civi-
tatem Amelie ad inveniendum infirmos Fraternitatis predicte et si
quos invenerint rectoribus supradictis debeant nuntiare, nisi digni-
tas vel alia iusta causa talem fraternitalem excusaret.

13. — Item, si quis voluerit esse de Fraternitate predicta, in
libro Fraternitatis scribi faciat nomen suum, et solvat camberario

predicto XII denarios, si est dives; si non, solvat quod sibi placet.

14. — Item, ordinamus quod nullus deinceps in partibus vel
casatis iurare presumat (20), et si iuraverit, quod ad predictam Frater-
nitatem non recipiatur, et si esset de dicta Fraternitate ab ea per-
petuo repellatur.

15. — Item, dicimus et ordinamus, ad hoc ut devotio Fraternitatis
iam dicte agumentetur et predicta ordinamenta Fraternitalibus ad
memoriam reducantur, quod quilibet prior, saltim semel in tempore
sui officii, dici faciat unam missam sollempnem; et ibi predicari faciat,
in qua predicatione legi faciat presens capitulum Observantiarum; ad
quam missam et predicationem fraternitales omnes ire debeant.

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46 GIUSEPPE ABATE

16. — Item, ordinamus si aliquis vel aliqua de Fraternitate pre-
dicta voluerit facere testamentum vel aliam ultimam voluntatem,
ipsum testamentum et ultimam voluntatem facere debeat presente

aliquo officiale dicte Fraternitatis, ad hec ut dicta Fraternitas me- .

morie reducatur illius, qui de rebus suis disponere voluerit.

17. — Item, ordinamus quod si aliquis de Fraternitate predicta,
quid contra predicta vel aliquod predictorum fecerit occasione in-
firmitatis, laboris vel alia quecumque causa, sibi non imputetur ad
culpam. Volimus tamen quod de hoc confiteatur apatrinis (21) suis,
qui in predictis peccanti iniungat secundum suum arbitrium peni-
tentiam salutarem.

Completa, facta et publicata fuerunt hec ordinamenta per pre-
dictos priorem et ser Iohannem magistri Bartholi, ser Benedictum
Mancie et Symeonem Gratie in ecclesia Sancte Marie de Porta civi-
tatis Amelie et in consilio dicte Fraternitatis et aprobata per ipsum
consilium; et scripta per me Thocium Luzzarelli Thocii de Amelia
notarium et iudicem ordinarium imperiali auctoritate ad dicta ordi-
namenta scribenda specialiter deputatum. Sub anno Domini mille-
simo CCC° LV, Indictione VIII, tempore domini Innocentii pape VI,
mense.Februarii, die XXII, presente domino Marthino magistri
Bartholomey, domino Roberto Angnalucoli, ser Marino Celli, Iascio
Lerii et Salvato Colay testibus de Amelia vocatis et rogatis.

Et ego Thocius Luzzarelli Thocii de Amelia, notarius et iudex
ordinarius imperiali auctoritate, iis omnibus interfui, et rogatus
scribere omnia in predictis ordinamentis contempta, prout scripta
sunt scripsi et predictorum prioris et anzianorum mandato publi-
cavi.

Signum mei [s.t.] Thocii notarii.

NOTE AGLI STATUTI

(1) Questa chiesa, in antico, era titolo parrocchiale, e tale si mantenne
sino a tempi piuttosto recenti, cioè sino a quando nel secolo xvii venne in-
terdetta e il suo titolo trasferito ad una nuova chiesa delle vicinanze, che da
taluni (con evidente errore) viene detta S. Maria di Porto. Sulle pareti della
vecchia chiesa (ora adibita ad usi civili) nella seconda metà del secolo xvi
si riscontravano ancora, sebbene assai consunte ed oscure, numerose immagini
di Santi: cfr. Arch. Vescovile, Visitatio ecclesiarum civitatis Amerinen., scritta
da Mons. Giov. Antonio Lazzari nel 1573. STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 47

x

(2) Questa disposizione è conforme a quella degli Statuti Comunali, i
quali allora imponevano la nomina di cinque Anziani per la formazione del
Consiglio Speciale del Comune, e precisamente di un Anziano per ciascuno dei
cinque rioni nei quali era divisa la Città, allo stesso modo che in Assisi si no-
minavano cinque Priori in rappresentanza delle sue cinque Porte. j

(3) La chiesa di S. Firmina qui menzionata è la cattedrale di Amelia,
ove riposa il venerato corpo della Santa. Rifatta nel 1640, è situata nel punto
più alto della Città. i

(4) Questa chiesa, qui come in altri innumerevoli documenti di quel se-
colo detta di S. Francesco, trovasi dentro Amelia e a breve distanza dalla
porta principale della città. Costruita nel 1287 sull’area prima occupata da
altra, vetusta e più piccola chiesa, dedicata agli Apostoli Filippo e Giacomo,
ritenne ufficialmente l’antico titolo come può rilevarsi dal sigillo dell’annesso
convento descritto dal notaro amerino Giacomo di Lello: Arch. Notar., Protoc.
n. 1, 1305-1333, f. 75. C'era pertanto allora in Amelia, fuori delle mura, un’altra
chiesa, che (già diruta nel 1573) era detta comunemente S. Francesco delle
donne: di essa troviamo menzione all'anno 1324 presso il citato notaro (f.
93), che la qualifica come la « ecclesia vetus Fratrum Minorum ». Una chieset-
ta infine dove, come afferma la tradizione, nel 1213 predicò S. Francesco, è
quella di S. Maria ad quinque fontes, la quale, a pochi passi da Porta Romana,
è addossata al monte che sostiene la Città e conserva affreschi votivi del se-
colo xiv.

(5) Detta pure (ma nelle guide non dal popolo) di S. Pancrazio, verosimil-
mente perché costruita dagli Agostiniani al posto di altra (antica) intitolata
a questo santo. Aveva annesso un ampio convento. Attualmente è sede delle
pubbliche scuole.

(6) Specie di botte per la conservazione del vino.

(7) Qui é doveroso rilevare il grave errore in cui incorse il tardo ed ano-
nimo estensore dell’introduzione storica premessa al citato opuscolo Costi-
tuzioni e Statuti... Quell'Autore (pp. 12, 18), per cattiva lettura del nostro
ms., confuse i soldi coi fiorini. Un soldo, o grosso, era in quel tempo la ven-
tesima parte d’un fiorino d’oro di Firenze.

(8) Pellegrini, che si recavano a Roma. Quelli che passavano per Ame-
lia, percorrevano la strada Perugia-Todi-Amelia.

(9) È indubbio che questo vocabolo qui significa alloggio, ricovero; noi
però non l’abbiamo trovato giammai registrato nei lessici latini con tal senso.
Traduzione latina del volgare stazzo-stanza.

(10) Fare « caritatem » a Venezia nel secolo xit, era lo stesso che organiz-
zare un pranzo, in comune, con opere di beneficenza, per i poveri del sodalizio,
in occasione di feste di santi (cf. MontI, I, 74). Qui peró: non sembra che abbia
tale significato, ma voglia solo indicare far delle elemosine in sufiragio dei de-
funti, benefattori della Fraternita; elemosine (aggiungiamo), d'ordinario, con-
sistenti in larga distribuzione di pane, legumi, vino e simili.

(11) Evidente richiamo- alle parole di S. Paolo 7 C0r5,: 9; 13:

(12) Ms. err. prior... deliberatus.

(13) Parecchie erano le circostanze in cui dagli Statuti veniva prescritto
il bando, cioè la notifica con pubblico avviso. Tali erano, ad esempio, la messa

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48 GIUSEPPE ABATE

ordinaria mensile per i defunti e quella solenne con predica ogni trimestre,
nonché le eventuali vendite dei beni: cfr. tutto il Cap. XV, Gap: x9 21

(14) Di questa scalinata (ancora esistente), per cui si ascendeva alla loggia,
immediatamente antistante l'ingresso della chiesa, nonché della sottostante
arcata, frequente è la menzione che dal 1319 in poi se ne trova nei Protocolli
notarili di quel tempo: cfr. ad es. il Prot. 1, f. 50;.2, ff. 41, 51; 3, f. 120. Era
da quella stessa loggia, o tribuna, che dal trombetto comunale venivano pub-
blicati gli avvisi del Magistrato. Infine, era presso quella stessa chiesa e piazza
di S. Maria de Porta (attualmente Piazza Guglielmo Marconi), che era collo-
cata — a somiglianza dell'uso vigente allora in molte città d'Italia — la « Pie-
tra del vitupero » sulla quale venivano messi alla berlina e si acculattavano i
falliti. Per l'esistenza di quella « preta » al 1351 cfr. il Protoc. n. 25315:2551del
notaro Tommaso di Farisello.

(15) La floridezza economica, in cui si trovava allora la Fraternita, po-
teva ben permettere che non si precisasse il numero delle zitelle da maritare
dando loro una dote conveniente; ma venuta meno nei secoli successivi tale ‘
abbondanza di mezzi, e volendo sempre mantenere l’antica caritatevole usan-
za, venne poi stabilito di dare ogni anno un solo sussidio dotale, che dal 1575
al 1774 fu di 25 ducati, e infine di 20 scudi romani: cír., Costituzioni... cit.,
26, 28, 59. i

(16) L'alunna, qui indicata, è la bàlia, cioè una nutrice che allatta per
mercede. La disposizione « ad gubernandum det » dice (se non erriamo) che i
bambini esposti non venivano allevati entro l'Ospedale della Fraternita (per-
ciò questo non può dirsi che fosse anche un vero Brefotrofio, come ad esempio
era quello istituito, circa il 1335, in Venezia dal francescano fra Pietruccio d' As-
sisi, detto della Pietà); ma venivano collocati presso famiglie private — povere,
naturalmente — ove a spese della Fraternita erano allevati sino all'età di 11-12
anni le femminucce e fino all'età di 14 i maschietti. Giunti poi a tale età, la
Fraternita (alla quale essi fin a quel tempo appartenevano) concedeva loro

.completa libertà di provvedere al proprio avvenire, secondo le caritatevoli
e sagge norme contenute nei $8 2-3 di questo capitolo.

(17) Carcer, evidentemente, non ha qui il comune e ordinario significato di
luogo di detenzione e di pena, ove si sta forzati e di malavoglia; ma ha il senso di
un luogo d'isolamento volontario, temporaneo o perpetuo, nel quale una per-
sona si chiude a scopo religioso e contemplativo, menando cosi vita di solitudine,
di preghiera e di penitenza. Di tali carceri, che di solito erano una specie di
tugurio o un bugigattolo qualsiasi, ve n'erano allora sia dentro l'abitato ur-
bano, presso chiese ed ospedali, sia fuori di esso ma nelle immediate vicinanze
delle mura (tali in Amelia erano quelle ricordate nell’Inventario I, 19-20), o
addirittura lungi dalle città, come sono le Carceri di Assisi, abitate spesso da
S. Francesco e dai suoi discepoli, le quali si trovano sulle pendici del monte
Subasio. Abitato da uomini o da donne, non sempre un siffatto « carcer» ac-
coglieva un solo individuo; talvolta poi un carcere ne aveva vicino degli altri.
L'ingresso delle donne in tali prigioni volontarie, quasi sempre, era reso solenne
dalla presenza di un sacerdote e compiuto secondo un rito liturgico tutto proprio.

(18) Luc. 16,2.

(19) Denaro: la più piccola moneta di rame allora in uso. Era pari alla
24 parte del soldo, secondo lo ZINGARELLI, Vocabol. della lingua italiana.
STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI ; 49

(20) Amelia, come del resto tutte le città italiane di quel tempo, era allora
politicamente divisa in partiti con ordinario predominio di quello ghibellino,
capeggiato dai Colonnesi, sull’altro opposto dei guelfi, capeggiato dagli Orsini.
Queste due fazioni, aderenti alle predette Casate principesche, divisero la
Città nei secoli xir-xv. Nel 1340, come leggiamo presso il Dr Tomm&so,
Guida... p. 19, gli Amerini contavano 53 capi guelfi e 83 ghibellini. Molto
accesa era inoltre, nella prima metà del 1300, la lotta tra le due principali
famiglie della Città, i Luzi e i Vati (op. cit., 25). Molto opportuno era quindi
il divieto di « giurare » (non certo di aderire semplicemente) « in partibus vel
casalis », non soltanto perché la Fraternita era composta di laici di ogni
ceto e di ogni tendenza politica, ma anche perché proclamava essere la sua
sede una casa di preghiera e di pace (cfr. Capit. 20). Non crediamo inoppor-
tuno ricordare, a questo proposito, che, già nel 1240, era sorto in Abbiategrasso
un sodalizio per frenare le discordie intestine, nel cui statuto — come si ha
presso MonTI, I, 96 — fra gli obblighi dei confratelli si prescrive: « Anchora che
nessuno si debbia intromettere da parte alchuna, cioé ghelfa o gebellina, ma
tutti debbiano essere de uno animo e una volontà, in carità e bono e pacifico
stato della terra e soccorrere l'uno a l'altro a tutta sua possanza ». Intorno a
I Guelfi e i Ghibellini in Amelia nei secoli XIII-XIV fu pubblicato da C. CAN-
SACCHI un interessante studio in Rivista del Collegio Araldico (Roma 1940).

(21) Chi si vuole qui indicare col termine « apatrinus » noi non sappiamo,
non avendo trovato questa voce latina nei lessici piü noti; é peró probabile
voglia intendersi qui il proprio parroco, dato che quella qualifica, in vari
rogiti amerini di quel tempo, la riscontriamo data solo a sacerdoti (Cfr. cit.
Protoc. di Giacomo di Lello, fi. 3, 9, 22, 58). A solo titolo accademico an-
notiamo di aver trovato piü volte la parola « Appatrinus » usata come nome
di persona. In Assisi, per esempio, vivevano agli anni 1202 e 1203, Donato di
Appatrino e Appatrino di Albrico (cfr. FORTINI; op. cit., 401 e 402); a Bas-
sanello (Viterbo) in certi rogiti del 1274 e 1287 si trovano menzionati un
Appatrino e un Giovanni di Appatrino (cfr. Archivio della Società Romana di
Storia Patria, 1900, 119 e 419).

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peli 50 GIUSEPPE ABATE

III.

APPROVAZIONE
DEI NUOVI STATUTI DELLA FRATERNITA (An. 1361)

In Dey nomine. Amen. — Anno Domini millesimo CCCo LXI,
indictione XIIII, tempore domini Innocentii pape VI et die octavo

mensis septembris intrantis.

Nobilis et sapiens Vir Angelus Tambernini (1), civis Viterbien-
sis, pro Sancta Romana Ecclesia Patrimonii beati Petri in Tusscia
Thesaurarius Generalis necnon et Locumtenens Mangnifici Princi-
pis Iordani (2) de filiis Ursi (3) eiusdem Patrimonii pro eadem
Romana Ecclesia Capitanei et Hectoris Generalis, sedens et exi-
stens in logia suarum domorum sitarum in dicta civitate Viterbii
et contrata Sancte Crucis, approbationem et autenticationem om-
nium et syngulorum capitulorum ordinamentorum seu Heformatio-
num ante et supra scriptarum et contentarum in eis in presenti
volumine comprehensarum omni modo et iure quibus melius potuit
commixit nobili et sapienti Viro domino Petro de Amatrice ibidem
presenti Iudici causarum civilium et appellationum Curie Generalis
Patrimonii, commictens et concedens eidem in predictis et circa pre-
dicta totaliter vices suas et plenam liberam autoritatem potestatem
et baliam et in hiisdem transferens totaliter vices suas.

Actum Viterbii in loco supradicto, presentibus ser Thomasso
magistri Andree de Mira..., ser Blasio Pacis de Aretio, ser Santoro
Cole de Trevio notario dicte Curie testibus ad hoc vocatis et rogatis.

Eodem anno, indictione, pontificatu et die, ac presentibus su-
pradictis testibus supra nominatis.

Nobilis ac sapiens Vir dominus Petrus iudex et commissarius
supradictus pro tribunali sedens in domo eius solite habitationis, vir-
tute et vigore commissionis supradicte sibi facte per supradictum
dominum Thesaurarium, omni modo via iure et forma quibus melius
potuit antedicta capitula ordinamenta seu Reformationes et omnia
et singula in eis contenta confirmavit et approbavit, et ea de iure va-
lida esse voluit et mandavit si et in quantum non essent contra iuris-
dictionem et formam Sancte matris Ecclesie constituta. omoes"
,

STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 51

Actum Viterbii in domo supradicta, presentibus supradictis
testibus ad hec specialiter vocatis et rogatis.

Et ego Angelus Cuctioli Phylipony de Iano publicus imperiali
autoritate notarius et iudex ordinarius, et nunc supradicte curie
Patrimonii et prefati domini Petri commissarii predicti, predictis
omnibus et singulis prout supra legitur rogatus [interfui] et de man-
dato dicti domini Petri commissarii scribere scripsi suprascripta et
publicavi et meo solito syngno syngnavi.

NOTE ALL'APPROVAZIONE STATUTI

(1) Angelo Tavernini teneva la carica di Tesoriere generale già dal 1338.
Su questo personaggio, che ebbe tanta parte nelle vicende storiche della sua
patria del secolo xIv, si leggono parecchie notizie, tratte da documenti archi-
vistici, presso G. SIGNORELLI, Viterbo nella storia della Chiesa. Viterbo 1907,

^1, 423.

(2) Giordano Orsini — membro di quella Famiglia romana da cui uscirono
parecchi Pontefici, una serie di Cardinali, uomini di stato e condottieri — era
stato nominato Rettore del Patrimonio il 12 luglio 1352. Già nel novembre
1342, e poi nuovamente nell'agosto 1354, gli Amerini lo avevano scelto come
arbitro nella questione che avevano con Narni e con Terni intorno al possesso
di Monte Campano: cfr. Arch. Comun. d' Amelia, Pergam. 122 e 142.

(3) Tutta la famiglia aveva questo nome di « filii Ursi ». Di costui, il Gre-
gorovius (Op. cit. II, 668) scrisse: « Un uomo avventurato, guerriero certa-
mente famoso, per costumi rozzi e per muscoli gagliardi appellato l'Orso (Ur-
sus), fu lo stipite di una famiglia che, per numero di discendenti e per durata
di tempo, sovrasta a piü di una stirpe di re. L'età e la persona di quell'antico
signore sono avvolte nel buio: questo solo é sicuro che del nome Ursus si trova
indicazione nell'epoca degli Ottoni ».

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52 GIUSEPPE ABATE

IV.

INVENTARI

I (1349)

Inventarium bonorum Fraternitatis Sancte Marie de Amelia.

In nomine et ad laudem omnipotentis Dei Patris et Filii et Spi-
ritus Sancti et gloriosissime Beate Virginis Matris eius Sanctorumque
omnium aque Sanctarum: Et profectum et salutem cunctorum Ame-
liensium et cunctorum hominum et cunctarum animarum tam vivo-
rum quam defunctorum Fraternitatis eiusdem gloriosissime Virgi-
nis pie Matris: Et conservationem et perpetuam memoriam omnium
bonorum et iurium domus Fraternitatis prefate: Et debitam execu-
tionem omnium legatorum et testamentorum commissam vel in
posterum committendam per quascumque. personas in suis testa-
mentis vel ultimis voluntatibus [...| Prioribus et Anzianis seu qui-
buscumque aliis officialibus fraternitatis predicte ut fiant.

1. Liber iste incipit dictorum bonorum et iurium pro modo
inventarii et dictarum executionum et aliorum ut infra fiendorum
per tempora: ad sollicitam et sanctam expeditionem debitam ex-
pressam ad recordationem faciens mentionem: sumens initium tem-
pore prioratus sapientis et honesti viri Angelutii magistri Iohannis de
Amelia prioris fraternitatis predicte: et tempore anzianatus discreto-
rum virorum eodem tempore anzianorum Lutii Capocii, Simeonis
Gratie, Ceccarelli Angelelli, Angnalelli Zoli, AzuliIacobi, Pauli Mancie
et Macthei magistri Iannis factoris dicte fraternitatis: compilatus
etiam ex aliis antiquis inventariis et publicis istrumentis (1) visis
oculata fide et repertis per me Nicolam Petri Iohannis Silvestri no-
tarium de Amelia unumque dicte fraternitatis licet indignum,
mandato domini Prioris predicti etiam et ortatu. Sub annis Domini
M. CCC.XLVIIII tempore domini Clementis pape VI, Inditione II,
mense Magii, die XXII. : |

2. Olim Ugolini Donadei. Domus quedam posita in contrata
Burgi (2) civitatis Amelie iuxta viam, rem Pressani Iacobuti et rem
filiorum Cambii. m onc m II

STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI c 53

3. Olim Nocii Cardinalis. Ortus quidam positus in dicta contrata
post ipsam domum, iuxta rem heredum domini Petri, rem heredum
Casuccie Benencase, qui ortus fuit emptus a Nocio Cardinalis, et Doe
patet manu magistri Tebaldi Rabertini notarii.

4. Olim Petrocii Mancie de Porclano. Casale quodam positum
in contrata Porclani (3), iuxta rem Petruzzali Grisce, viam et Fossa-
tum: per Petrocium olim Mancie de Porclano oblatum et datum dicte
fraternitatis domui una secum.

9. Olim Raynerii Simeonis. Petium unum terre cum arboribus -

positum in contrata Trisignani iuxta viam et rem heredis Bucii Cle-
rose.

6. Eius Raynerii. Petium unum terre positum in contrata Tri-
signani, iuxta rem domini Ciocii a duabus partibus et iuxta rem Ray-
naldi Gerardi Planule.

7. Eiusdem Raynerii. Silva una pro indivisa communem cum
heredibus Crescenzon et aliis personis posita in contrata Bicchi-
gnani (4), iuxta rem Ciarchi a duabus partibus.

8. Eiusdem Raynerii. Petium unum silve positum in contrata
Focis (5), iuxta Fossatum et rem heredum Donadei Bernardini co-
mune pro indiviso. 2

9. Eiusdem Raynerii. Molendinum quod est in fossato Focis,
scilicet ius quod habuit in dicto molendino Raynerius Simeonis

oblati dicte fraternitatis, que bona fuerunt Raynerii Simeonis qui se.

et sua obtulit fraternitati predicte.

10. Olim Bartholomucii Simocii. Petium unum terre cum arbo-
ribus positum in contrata Montis Nigri (6), iuxta viam a duabus
partibus et rem heredum Futii Ducis.

11. Olim Bartholomei predicti. Petium unum terre positum cum

‘ vinea in dicta contrata, iuxta viam et rem heredum Iohannis Errici

et rem Iacobelli Francisci.

12. Olim dicti Bartholomucii. Petium unum terre positum in
dicta contrata cum vinea et arboribus, iuxta rem Hospitalis S. Se-
cundi (7) et rem heredum Rubei Iacobi et rem Benencase Albertini.

13. Olim dicti Bartholomucii. Petium unum terre in dicta con-
trata, in vocabulo Bocafosca, iuxta viam rem Iacobelli Francisci et
rem Benencase Albertini.

< UU 2: A / Se be A ^ VE ) Y m (7 | AL Ro DE due

VIETA PI "3 54 GIUSEPPE ABATE

14. Olim dicti Bartholomei. Petium unum terre in dicto vocabulo,
iuxta viam et rem Iacobelli Francisci.

15. Eiusdem Bartholomei. Aliud petium terre in dicto vocabulo,
iuxta rem lacobelli Tebaldi, rem heredum Boncontis et. viam.

16. Eiusdem Bartholomei. Silva una communis cum Benincasa
Albertini, iuxta rem ipsius fraternitatis et rem Benencase Albertini
et rem heredum Boncontis: que bona fuerunt Bartholomucii Simocii
oblati dicte fraternitatis, ut dicitur apparere manu Oddonis notarii.

17. Olim Pauli Similecti. Petium unum terre positum in Vic-
chingnano iuxta rem heredum Marthocii Petri et Fossatum: quod
fuit Pauli Similecti, per eumque relictum dicte fraternitati, ut dici-
tur apparere manu magistri Iohannis presbiteri Simeonis notarii.

18. Olim Ugolini Galgani. Petium unum terre cum arboribus

| positum in contrata Aquilani (8), iuxta rem heredum Tebaldi Bucari

et viam que vadit per dictam terram: quam terram pro medietate
Ugolinus Galgani reliquid fraternitati eidem et pro alia medietate
emit a Lello Bencasoni, ut patet manu magistri Barthi.

^

19. Olim Rise de Canali. Domus quedam sive carcer (9) in plagiis
sita civitatis Amelie, contrata Pontis, iuxta plaggias et stratam
Communis: quod carcer soror Risa de Canali reliquid dicte fraterni-
tati, ut dicitur apparere manu magistri Salvati Spalee notarii.

. 20. Olim Iacobutii Somei Cioccolarii. Domus alia sive carcer in
plaggiis Iacobutii, iuxta plaggias et viam quam Iacobutius Somei

reliquid dicte fraternitati, ut dicitur apparere manu magistri Tebaldi

Rabertini notarii, cum tribus pasis super muros carceris.

21. Olim Primerie Zamis. Casale unum positum in contrata
Aquilani, iuxta viam a duobus partibus et rem magistri Contis: quod
fuit domine Primerie Zamis.

22. Olim magistri Perusini. Petium unum terre positum in
contrata Forpontis, iuxta rem Stephani Benencase, viam et rem
ecclesie Sancti Iacobi (10); quod fuit magistri Perusini, de cuius
rei fructibus debet fieri septima (11) ter in anno, scilicet: in festo
Paschatis et festo Nativitatis Domini et festo Beate Marie de Augusto,
quod dicitur apparere manu magistri Gregorii notarii.

23. Olim Somei Petri Martholi. Petium unum terre positum in
contrata Plani Fornoli (12), iuxta rem Riccardi Ugolini et Fossatum:
quod fuit Somei Petri Martholi, de cuius fructuum medietate in festo

severe i smi

STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 3]

Omnium Sanctorum et alia medietate in festo Annuntiationis Beate
Marie de mense martii omni anno debet fieri septima ad volunta-
tem prioris et anzianorum dicte fraternitatis, ut patere dicitur manu
magistri Gregorii notarii.

. 24. Olim magistri Donadei lacobi. Petium unum terre positum
in dicta contrata, iuxta rem Norducii Donadei, Fossatum et viam:
quod fuit olim magistri Donadei Iacobi, pro quo debet fieri septima
omni anno in festo Sancte Marie de Augusto de una salma grani, ut
dicitur apparere manu dicti magistri Donadei in suo testamento.

25. Olim magistri Ufreducii Ducis. Petium unum terre positum
in Acqua Vivola (13), iuxta rem Gilii Gurdi et viam: quod fuit ma-
gistri Ufreducii Ducis.

26. Olim Celli Gilii et domine Golate eius matris. Petium unum
terre positum in contrata Forpontis, in vocabulo Vallis Ripe sive
Cupe; iuxta rem Andree Ruzzi et iuxta montem Pilium.

27. Eorumdem. Petium quodam terre positum in eadem contra-
ta, in vocabulo Vallis Surripe (14), iuxta rem heredum Filippi Piote,
viam, et rem heredum Gerarducii Nicolay.

28. Eorumdem. Petium unum terre positum in Rotis (15) Lacus
Veteris, iuxta rem olim Andreocii Bonamancie, Fossatum a pede, et
iuxta rem ecclesie Sancti Laurentii.

29. Eorumdem. Petium unum terre positum in contrata Albi
(16), iuxta rem heredum Zapponi, rem Nini Bonamici et viam.

30. Eorumdem. Petium aliud terre positum in plagiis Pusterole
(17), iuxta murum civitatis Amelie, rem Casucie Meliorecti, rem he-
redum Petri Sigizzi et viam. Que bona optulerunt dicte fraternitati
domina Golata uxor olim Gilii Todini et Cellus eius filius, ut patet
istrumento scripto manu magistri Celli Oddonis notarii sub anno Do-
mini M. CCC. VII, tempore domini Clementis pape V, inditione V,
mense Ianuario, die XIII: pro quibus debent dici C. misse XII annis.

31. Olim Donadocii, aliter dicti Marcheselli. Domus quedam po-
sita in contrata Pusterule civitatis Amelie, cum orto iuxta ipsam do-
mum, iuxta viam a duabus partibus et rem Tebaldocii Egidii et rem
heredis Guidi Setammentis.

32. Eiusdem Casale. Casale quodam positum in contrata Forpon-
tis, in vocabulo Rigumicciali, iuxta viam et rem Contucii domine Gay-
te, et iuxta Lucium Viviani et Fossatum et rem Mone magistri Iacobi.
P owmym iri

GIUSEPPE ABATE

33. Eiusdem. Petium unum terre positum in eadem contrata,
in vocabulo Senzani, iuxta rem Cencii Raynerii et rem magistri Gre-
gorii Bonagratie et Fossatum.

34. Eiusdem. Petium aliud terre positum in eadem contrata,
in vocabulo Montis Pilii (18) iuxta viam et rem ecclesie Sancti Iaco-
bi et rem Petruzzali Gerardoni.

35. Eiusdem. Petium terre positum in eadem contrata, in vo-
cabulo Variani (19), iuxta. viam et rem ecclesie Sancti Stephani a

.duabus partibus, et iuxta Cavonem a pede.

36. Eiusdem. Petium aliud terre positum in eadem contrata,
in vocabulo Scloppeti, iuxta rem magistri Angeli Donadei et rem ec-
clesie S. Iacobi.

37. Eiusdem. Petium aliud terre positum in eadem contrata,
in vocabulo Vallis Cupe, iuxta rem heredum magistri Galgani, et
Cavonem.

38. Eiusdem. Petium aliud terre positum in eadem contrata, in
vocabulo Collis Vannelli, iuxta rem heredum olim magistri Galgani.

39. Eiusdem. Petium aliud terre positum in contrata Publi-
ce (20), iuxta viam et rem heredum Raynucii de Publica.

. 40. Eiusdem. Petium aliud terre positum in vocabulo Plagu-
le, iuxta viam et rem magistri Raynucii Petri et alia sua latera.

41. Eiusdem. Aliud petium terre positum in eadem contrata et
vocabulo, iuxta rem, dicti magistri Raynucii et viam.

42. Eiusdem. Aliud petium terre positum in contrata Forpon-
tis, in vocabulo Pilignani, iuxta rem domini Petri Massarocii et rem
Petrucii Benencase.

43. Eiusdem. Petium aliud terre positum in eadem contrata et

vocabulo, iuxta rem Bucii Nardi a tribus partibus.

44. Eiusdem. Omnia alia bona iura et actiones: que res et omnia
alia bona Donadocius, dictus Marchesellus, una secum optulit dicte
fraternitati et eius domui seu ospitali, ut dicitur apparere publico
instrumento scripto manu magistri Bartholomei Bucii notarii sub
anno Domini M. CCC. X, inditione octava, tempore domini Clementis
V, mense novembris, die XXII.

45. Olim domine Guidocte. Petium unum terre positum in Plano
Furnolis, iuxta rem Zarki, rem Zoli Panzii et Fossatum.
STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 57

46. Eiusdem. Petium aliud terre positum in contrata Forpon-
tis, iuxta rem Angelutii Barbari et vias: quas terras optulit domina
Guidocta uxor olim Medici dicte fraternitati, ut asserit apparere ma-
nu magistri Galgani notarii.

47. Olim Andreutii Guidi Medici. Petium unum terre positum
in contrata Rosciani (21) iuxta rem Tudinelli Benencase Nicole,
rem Petrutii Angelutii Occhinocte et rem Petruzoli Hermilie.

48. Eiusdem. Petium aliud terre positum in Bottario, iuxta viam,
rem heredum Angeli Adelascie et rem Casucie.

49. Eiusdem. Petium unum silve comune pro indiviso cum Bu-
cio Guidi Fatii, positum in contrata Marclani, iuxta Fossatellum et
viam: quas terras et silvam Andreutius Guidi Medici optulit dicte
fraternitati.

50. Olim Crescii Fulignati. Petium unum terre positum in con-
trata Casalis, iuxta viam, rem Cecchi Cambii, rem Cangnutii Guil-
lelmi et rem Ugolini domini Ciocii; de cuius rei fructibus medietas
debet expendi omni anno inter pauperes civitatis Amelia in festo
Beate Marie de Augusto et alia medietas debet esse domus dicte
fraternitatis, secundum quod dicitur apparere in ultima dispositione
olim Crescii Fuglignatis.

51. Olim Kere Gerardocii Brunacii. Petium unum terre positum
in contrata Sancti Iacobi, in vocabulo Campi Letravi, iuxta rem ec-
clesie Sancti Iacobi de Reddere et rem heredum Bonacursii Iacobi
et Fossatellum: quam terram domina Kera. filia olim Gerardocii

Brunacii, cum consensu dicti sui patris, reliquid dicte fraternitati, :

ut patet manu magistri Pauli Paulutii notarii; et de tenuta dicte rei

accepta patet manu magistri Galassi magistri Pauli notarii: de cuius

terre fructibus medietas omni anno debet expendi inter pauperes et
alia debent esse domus dicte fraternitatis.

52. Olim Ianhis Iulii. Ortus unus cum arboribus positus in
contrata Porcelli, iuxta viam rem heredum Martini Petri, quem dic-
ta fraternitas emit a Ianne Iutii, ut. patet manu magistri Clerici
Angeli notarii. :

53. Olim Cecchi Cambucii [el] magistri Iohannis magistri Celli.
Ortus alius positus in dicta contrata, iuxta rem heredum domini
Petri et rem heredum Iutii Cardinalis, quem emit dicta fraternitas
a Ceccho Cambii et a magistro Iohanne magistri Celli, ut patet manu
magistri Galassi magistri Pauli notarii.

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58 GIUSEPPE ABATE

94. Olim Vitalis de Canale. Ortus alter positus in dicta contrata,
iuxta predictum alium ortum, rem filiorum domini Petri et rem dicte
fraternitatis, quem Vitalis de Canali (22) dedit dicte fraternitati, ut
patet manu magistri Iacobi Pauli notarii.

99. Pensio debita fraternitati. Domus quedam cum orto posita
in contrata Burgi civitatis Amelie, iuxta viam et rem heredum Mar-
tini Petri, quam domum habet in emphytheusim a dicta fraternitate
Cola Martocii cum orto ad XX solidos cortonenses (23), quos debet
fraternitati omni anno.

96. Pensio debita dicte fraternitati. Domus alia cum orto posita
in dicta contrata, iuxta rem dicte fraternitatis, viam et rem here-
dum domini Petri, quam habet in emphyteusim Ianus Marthocii et
exinde debet omni anno dicte fraternitati in festo Beate Marie de
Augusto XX solidos cortonenses nomine pensionis, ut patet [manu]
magistri Tebaldi Rabertini notarii.

97. Olim filiorum domini Petri. Ortus quidam positum in con-
trata Porcelli (24), iuxta rem ipsius fraternitatis et rem heredum do-
mini Ofreducii et domini Raynaldi de Montorio, quem emit dicta.fra-
ternitas a Cecco et Lutio domini Petri.

508. Pensio debita dicte fraternitati. Colella Veracis tenetur dicte
fraternitati hinc ad XX annos quolibet anno in festo Beate Marie de
Augusto pro censu dicti petii terre, olim magistri Ofreducii Raynaldi
de Montorio, quem emit dicta fraternitas a Te [?] Ducis V solidis et VI.
denariis cortonensibus, ut patet manu magistri Clerici Angeli notarii.

59. Olim magistri Ruberti. Campus quidam positus in contrata
Surripe, iuxta heredum Massarocii, rem magistri Iohannis Gilii,
rem heredum Venturelle barberii et viam.

60. Eiusdem. Casale quoddam positum in contrata Asignani (25),
iuxta rem Lelli Casucie, rem magistri Pauli Paulutii Neretonis et
viam, quem campum et casale reliquid magister Robertüs magistri
Clarentis dicte fraternitati reservatis usufructibus Iohannelle, olim
sue famule, ex eis toto tempore vite sue, dummodo caste vixerit et
honeste, et non intraverit monasterium: hiis conditionibus quod
in festo Beate Marie, Nativitatis Domini et Resurrectionis Paschate
et in festo Beati Iohannis Baptiste annuatim, post mortem dicte
famule, fiat panis de una salma grani et detur pauperibus civitatis
Amelie per Rectores dicte fraternitatis, ut patet manu magistri An-
geli Berardi notarii. ! STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 59

61. Eiusdem. Terre posite in contrata Maclis (26), in vocabulo
Vallis Canalis, iuxta.viam, rem heredum Vati Nicolay et iuxta mon-
tem.

62. Eiusdem. Terre posite in dicta contrata, iuxta viam, rem
Anibaldi Guidaroni, rem Vitalis Andree et montem.

63. Eiusdem. Casale positum in contrata Asignani, iuxta rem
magistri Angeli Donadei, rem Nalli Sinibaldi, rem heredum domini
Petri et rem heredum Rubei Iacobi Zaccarie: quas omnes terras et
casale dicte fraternitati reliquid dictus magister Rubertus hiis condi-
tionibus, videlicet quod in singulis kalendis cuiuslibet mensis Rec-
tores dicte fraternitatis faciant fieri panem de una salma grani de
fructibus dictarum terrarum et casalis et dare dictum panem inter
. pauperes civitatis Amelie.

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64. Olim Roberti magistri Macchabie. Petium unum terre posi-
tum in contrata Focis, iuxta viam, legatum dicte fraternitati per Ru-
bertum Macchabie.

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65. Olim Amerini Oliverii. Casale unum positum in [eadem]
contrata iuxta viam et Fossatum subter viam, relictum dicte frater-
nitati per Amerinum Oliverii, reservatis usufructibus ex eo domine
Clare sue uxori tempore vite sue, et postea de fructibus dicti casalis
fiat quolibet anno bis septima inter pauperes civitatis Amelie secun-
dum testamentum dicti Amerini scriptum, ut dicitur, manu magi-
stri Francisci Iorni notarii.

66. Olim Casucie Mellis. Quoddam petium terre olim Casucie
Mellis (27) positum ante castrum Focis, in vocabulo Crucis (28), iuxta
rem heredum Dominicelli; iuxta vias a duabus partibus et iuxta
rem olim Martini et Iannelli Manni: legatum per dictum Casuciam
in sua ultima voluntate vel testamento scripto manu magistri Pauli
de Narnia, primo ad usufructus ex eo percipiendos presbitero Ray-
nerio, suo fratri, toto tempore vite sue, et post mortem ipsius presbi-
teri quod omnes usufructus [!] dicte terre convertantur et dentur pro
anima dicti Casucie hoc modo, scilicet quod Guardianus Fratrum
Minorum de Amelia et Prior sive Antepositus dicte fraternitatis dicte
civitatis Amelie singulis annis duabus vicibus in anno, scilicet in festo
Omnium Sanctorum et in festo Epyphanie, perpetuo debeant facere
septimas de fructibus dicte terre et omnes dicti fructus convertantur
in dictis duabus septimis et cibariis pauperum prout eidem guardiano
et dicto anteposito, qui pro tempore erunt, visum fuerit: qui habeant
60 GIUSEPPE ABATE

plenam licentiam et liberam potestatem ipsam terram locandi post
mortem dicti presbiteri Raynerii et fructus perpetuo recipiendi et
convertendi in dictis duabus septimis annualibus fiendis in dictis
festivitatibus, et quod dicti guardianus et antepositus extrahant et
habere debeant pro eorum labore singulis annis unum raserium grani
per quemlibet eorum, ut in dicto testamento scripto anno Domini M.
CCC. VI, pontificatus domini Clementis pape V, V decembris, in-
ditione III (29).

67. Olim Branche Pantii. Petium unum terre positum in contrata
Forpontis, in vocabulo Vallis Cupe, iuxta vias.

68. Olim Iani Marthocii. Domus olim Iani Marthocii de Monte

Nigro posita in contrata Burgi, iuxta rem dicte fraternitatis etc.

Renovata est Bucio Petri de Macinis (30), ut patet manu magistri
Sabini magistri Gregorii, etc. Debet solvere XX solidos pro pensione.

69. Olim Nicole condam Petri de castro Fractizole (31). Quodam
petium terre positum in contrata Podii Canalis, in vocabulo Patra-
gnoni, iuxta viam et rem Nicole Amatucii et rem Ugolini Cresci de
Canali.

70. Cessio et traditio facta per dominam Miliam olim domini
Caruli (32) filiam et executricem eius de podere et turri domini Caruli
predicti, uf patet manu magistri Leonardi de Orto.

71. Olim domini Caruli: podere cum turri et terris positis in
tenuta Amelie, iuxta stratam a capite et iuxta Fossatum a pede et
quoscumque alios confines: que cessio supradicta facta fuit per dic-

“tam dominam Miliam Manno condam magistri Pauli de Amelia An-

ziano tunc Fraternitatis et Hospitalis Sancte Marie de Amelia reci-
pienti vice et nomine dicti hospitalis procuratore et syndico dicti
hospitalis.

72. Domine Iohanne uxoris condam Raynaldi de Tuderto. Olim
domine Iohanne Cardonis casale suum cum domo et cum una colum-
baria et arboribus domesticis positis in tenuta Amelie in contrata
Asignani, iuxta rem heredum Petri Massarucoli et viam a tribus par-
tibus.

73. Olim lacobi Nuti. Petium unum terre positum in contrata
Trisignani, iuxta rem dicta fraternitatis, rem domini Petri Donadei,

.rem Sinibaldi Fuczali olim de Canali et rem heredum Zoli Iohannini,

cum hac condictione quod Prior vel Anzianus de mense madii in

LA STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 61

festo Sancti Iacobi de frumento dicti petii terre fiat panis et expen-
datur inter pauperes civitatis Amelie.

74. Olim magistri Roberti magistri Clarentis.. Domus posite
in contrata Burgi civitatis Amelie, iuxta rem Iacobutii Donadei, rem
heredum Martinocii Iannis et viam a duabus partibus, et medie-
tatem citerne et inclaustri ante ipsas domos. Item, terre ipsius ma-
gistri Roberti posite in contrata Maclis, in vocabulo Vallis Canalis,
iuxta viam, rem heredum Vati Nicolay et iuxta montem. Item, terre
posite in contrata predicta, iuxta viam, rem Anibaldi Guidaroni,
rem Vitalis Andree et montem. Item, casale unum positum in con-
trata Asignani, iuxta rem magistri Angeli Donadei, rem Nalli Sini-
baldi, iuxta rem heredum domini Petri, rem Rubei Iacobi Zaccarie:
quas terras omnes et casale dicte fraternitati reliquid et legavit
cum pactis et conditionibus infrascriptis, videlicet quod in singulis
kalendis cuiuslibet mensis Rectores dicte fraternitatis, qui erunt per
tempora, debeant fieri facere panem de una salma grani et dare et
expendere inter pauperes civitatis predicte.

75. Olim domine Milane uxoris magistri Cencis. Unum petium
terre positum in contrata Aquilani, iuxta rem Lelli Cioli, Fossatum
et viam. Item, quod pro C. libris (33) relictis per dictam dominam Mi-
lanam in una manu et XXV in alia et pro aliis denariis, ut patet in
testamento scripto manu magistri Petri magistri Simeonis, quod dic-
ta fraternitas debeat accipere de quodam petio terre posito in con-

trata Trisignani, et voluit de dicto petio terre posito in contrata Aqui-

lani et terra supradicta posita in contrata Trisignani, iuxta rem Bar-
tolelli Avidei et Giliutii sui fratris, scilicet: recipienda pro CXXV
libris, quod dicte terre vendi non possint nec debeant nec aliquo modo
alienari, et si venderentur vel alienarentur, voluit et mandavit quod
dicta relicta sint quoad dictam fraternitatem cassa et irrita et dicte
petie terrarum ex nunc reliquid (si venderentur) Hospitali Sancti
Spiritus de Urbe (34); et voluit quod de blado percipiendo de dicta
terra Trisignani percipienda per Priorem, scilicet de ea parte quam
dicta Fraternitas seu Rectores ipsius recipient pro supradictis dena-
riis, quod omni anno in festo Nativitatis Domini fiat panis de me-
dietate dicti bladii et fiat septima inter pauperes civitatis Amelie.

76. Olim Silvestri magistri Nicole de Amelia. Petium unum terre
positum in tenuta Amelié, in contrata Maclis, iuxta rem Gregorii Pe-
tri, viam et rem Ugolini domini Ufreducii ; et dictum petium terre
vendi non possit nec suppignorari, et si contra factum fuerit, sit dic-
62 GIUSEPPE ABATE

tum petium terre Hospitalis Sancti Spiritus de Roma; et de fructi-
bus dicte petie terre fiat panis et expendatur inter pauperes civita-
tis Amelie. Patet manu magistri Angeli magistri Cardinalis.

77. Olim Domine Lactae uxoris olim Blasii Nicole de Gruptolo
(35). Quoddam petium terre cum vinea et arboribus positum in con-
trata Gruptulis, in vocabulo Vertulini, iuxta rem heredum Noechio-
si a duobus lateribus: hac condictione et pacto, quod dicta Fraterni-
tas vel Prior ipsius fraternitatis teneatur solvere suum iudicium per
eam factum. Patet manu magistri Angeli de Amelia.

78. Olim Iohannis Iannicelli. Unum petium terre positum in
tenuta Amelie, in contrata Totani (36), in vocabulo Melletole, iuxta
rem Fariselli Martellini a duabus partibus, rem ecclesie Sancti Pe-
tri de Urbe a duabus partibus, et iuxta viam a capite: de fructibus
cuius iussit fieri panes et distribui inter pauperes civitatis Amelie
bis in anno; et dictum petium terre nullo modo dicta Fraternitas
possit vendere nec alienare, quod, si contra factum fuerit, voluit
remanere apud Sanctum Petrum et Sanctum Paulum de Urbe. Item,
unam domum cum orto posita in Castro Novo, tenuta Amelie, iuxta
rem Sandri Caprucie et rem Cecchi Cerroni et viam. Item, unum pe-
tium terre positum in contrata Totani, vocabulo Vallis Melletole,
iuxta rem magistri Galapsi magistri Pauli et vias a duabus partibus.
Item, aliud petium terre positum in dicto vocabulo, iuxta rem domi-
ni Petri magistri et rem dicti magistri Galapsi et iuxta vias a duabus
partibus. Item, aliud petium terre cum olivis positum in dicta con-
trata, iuxta rem dicti magistri Galapsi, rem ecclesie Sancti Martini
(37) a duabus partibus et viam. Item, tertia pars unius petie terre pro
indiviso cum dicto magistro Galapso et tertia pars domus ibi exi-

"stentis posita in dicta contrata Totani, iuxta rem dicti magistri

Galapsi a tribus partibus et rem dicti testatoris: sub hac condictione
et pacto, quod dicta fraternitas teneatur et debeat in dicta domo po-
sita in dicto castro mictere unum hospitalerium, qui moretur in dicta
domo et ibi retineat tres lectos pannorum et vocetur Domus hospi-
talis Sancte Marie de Castro Novo; et quod dictus hospitalerius et
hospitale alimententur in perpetuum de proximis supradictis petiis
terrarum et tertia parte domus predicte. Patet manu magistri Pe-
tri Lelli. |

79. Rose Valli due pelie terrarum. Due petie terrarum posite
in tenuta Amelie, in contrata Varignani, quarum una posita est iux-
ta rem Stephani de Luchiano, rem ecclesie Sancte Firmine de Lu-
— ——————— I

STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 63

chiano (38), rem heredum Legue et alia sua latera. Alia posita est
iuxta rem Iucoli Ionte, rem heredum Ceciali et alios confines. Patet
manu magistri Nicole Petri Iohannis Silvestri.

80. Olim Nicolini. Casale unum in contrata Montis Nigri, iuxta
rem Micchaelis Raynucoli et rem Ceccutii Ciappi et viam a capite,
et quod omni anno, in festo Sancte Marie de mense Martii, in perpe-
tuum, [Fraternitas det] ter centum pauperibus civitatis Amelie,

computatis omnibus Fratribus Augustinis et Minoribus et Reclusis,

III denarios perusinos (39) pro qualibet persona. Item, teneatur et
debeat dare in dicto festo ecclesiis scilicet. Sancti Augustini [et]
sancti Francisci, pro qualibet ipsarum pro fabrica ipsorum locorum
X solidos corton., et presbiteris civitatis V solidos pro orationibus
et missis cantandis. Item, modo predicto et dicto in dicto festo, pro
quolibet monasterio, scilicet sancti Manni (40), sancti Stephani (41),
sancti Francisci, et sancti Angeli Ciritani (42) quinque solidos. Testa-
mentum apparet manu Ser Angeli magistri Bartholomei, publica-
tum manu Ser Petri prioris Sancti Laurentii.

81. Olim domine Francisce Nardi uxoris olim Andree. Una pe-
lia terre posita in tenuta Amelie, in contrata Montis Nigri, iuxta rem
Marchi Criscii et viam a tribus partibus: cum hac condictione, quod si
heredes supradicti Andree post mortem supradicte Francesce restitui
deberentur C. libre, ut continetur in dicto testamento dicte do-
mine scriptum manu Tocii Luzzarelli, quod dicta Fraternitas a
dicto legato dicte terre privetur; sed habeat illud plus quam valeret
dicta terra ultra C. libras.

82. Olim magistri Petri Andreulii. Una petia terre cum vinea
posita in contrata Montis Campani (43), in vocabulo Lonterii, iuxta
rem heredum Caselle Martini et rem heredum Roberti Ugolini et
heredum rem magistri Bartholomei Bucii. Item, alia petia terre cum
vinea posita in contrata Mandriani (44), iuxta rem Colai Zaponi et
rem Pauli Foschi et rem Angelelli Mannis. Item, unum casale eius-
dem magistri Petri positum in contrata Aquilani, iuxta rem heredum
Samperini Zucii et rem heredum Vatelli Ranaldi.

83. Olim Colay Maretemani. Petium unum terre posita in con-
trata Luchiani, iuxta rem heredum Iannis Vati (45): ut patet in te-
stamento scripto manu Tomassi Fariselli.

84. Olim Henrici Petri. Petia una terre posita in contrata Vril-

gliani (46), iuxta rem Tuccini Raynucci a duobus lateribus et Fos-
satum a pede. :

TESTER

riti
64 GIUSEPPE ABATE

85. Olim. Fariselli (?).... Petiam unam terre sive casali positi
in contrata Aquilani, iuxta rem Petruzzoli Benencase, rem Mannu-
tii Clarelle et viam: cum hac condictione, quod vendi non possit, et
teneatur dici facere omni mense XII missas in ecclesia Sancti Augu-
stini. Item, omni anno det dictis Fratribus unam barlectam musti
in perpetuum.

86. Facta fuit quedam transactio inter Fraternitatem et ec-
clesiam Sancti Augustini, in qua dicta Fraternitas a dicta conditione
extitit liberata: de qua patet manu ser Francisci Cellutii.

Olim Iohannis Iacobutii. Terre et possessiones posite in
contrata Fornulis, in vocabulo Martone, iuxta rem Ionte Iacobi de
Fornulo, rem ecclesie sancte Firmine, viam a capite et Cavonem a
pede. Item, unam vineam positam in dicta contrata, in vocabulo
Stibi (47), iuxta rem heredum Terentii Lelli, rem Nenni Simoncelli
et rem Brancati pelliciarii. Item, unum aliud petium terre cum olivis
positum in dicta contrata Fornulis, in vocabulo Gezzi, iuxta rem
heredum domini Olimpiadis et viam. Item, unum petium terre posi-
tum in dicta contrata et vocabulo Collis Sancti Bartolomey (48),
iuxta rem ser Zucantis magistri Iacobi et viam. Item, unum petium
terre positum in dicta contrata, iuxta rem Petri Panciani et viam.
Item, unum petium terre positum in dicta contrata, iuxta Montem
Salisciani et viam. Item, unum petium terre cum silva positum in dic-
te contrata et vocabulo iuxta rem Vanucii Massarucoli et rem Ca-
taldi in Foce. Item, unum petium terre positum in contrata Fra-
pontis, iuxta rem heredum domini Olimpiadis, rem Paulelli Vecti
et viam. Et quod dicti petii terrarum non possint vendi aliquo modo,
et quod si aliquo tempore venderentur, spectent et pertineant pleno
iure Ospitali Sancti Spiritus de. Urbe, prout in testamento ipsius
Iohannis et domine Francesche sue matris plenius continetur, ut
de testamento ipsius Iohannis patet manu ser Romani Pellegrini
notarii et de testamento ipsius domine Francische patet manu ser
Iohannis Ranuctii notarii.

88. Item, quoddam testamentum ser Iohannis Pellegrini Car-
lini, in quo reliquid dicte Fraternitati C. florenos auri.

89. Item, testamentüm .Andreutii Petrucioli, in quo reliquid
dictam Fraternitatem heredem, ut patet manu presbiteri Pellegrini.

.90. Item, quodam instrumentum venditionis unius domus, que
fuit olim domine Francische uxoris olim Mannis Colocii ut marita-
rentur certas orfanas, ut patet manu ser Lellis Cecharelli.

—— STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 65

91. Item, quodam instrumentum donationis unius petii terre
quod olim fuit domine Nicolucie, uxoris Pellegrini Chisiastii: cum
conditione quod non possit vendi nec alienare. Patet manu ser Pauli
Antonii de Amelia.

NOTE AL I° INVENTARIO

(1) Nessun inventario antico é menzionato espressamente in questo del
1349, mentre invece vi sono chiaramente segnalati pubblici strumenti di dona-
zioni fatte alla Fraternita negli anni 1306, 1307, 1310 (cfr. nn. 66, 30, 44).

(2) Questa contrada di Borgo era uno dei cinque rioni, nei quali allora
veniva divisa Amelia. Essa conserva ancora l'antico nome ed é la prima che
s'incontra entrando in città da Porta Romana. A nostro credere poi, la domus
qui nominata dovette essere la prima di quel nucleo di stabili che, in seguito
ad acquisti (cfr. n. 3), formarono il complesso degli edifici del primitivo Ospe-
dale.

(3) Porchiano, castello sottomesso ad Amelia fin dal 1318: cfr. Arch. Co-
mun., Pergamene nn. 40, 43.

(4) Vocabolo di un bosco sullo stretto di Rio Grande, a 4 km. dalla Città
detto oggi Micchignano.

- (5) Foce, castello sulla via per Montecastrilli. Preso dagli Amerini e in
parte bruciato nel 1336, nel 1376 fu ceduto dalla S. Sede al nobile perugino
Giacomo de Archipresbiteris.

(6) Monte Nero, a 4 km. dalla Città.

(7) S. Secondo : chiesa situata nelle vicinanze della Città. Fu anticamente
abbazia benedettina con annesso ospizio per i pellegrini.

(8) Aquilano, a 2 km. dalle mura civiche.

(9) Abbiamo già ricordato, che nel Medio Evo si dava il nome di carceri
anche a quei luoghi di clausura volontaria nei quali si ritiravano uomini o
donne pie amanti della vita eremitica.

(10) Di questa chiesa detta in redere e de reddere (cfr. n. 51), costruita
dai monaci di S. Benedetto insieme ad un ospizio per pellegrini ed ammalati
(nonché della Chiesa di S. Magno, pure di Amelia e benedettina) scrisse a lun-
go L. MATTEI-CERASOLI in Bollettino della R. Deputazione di Storia Patria per
l'Umbria, vol. XXIX (1929). Il Dr Tommaso nella sua Guida di Amelia (Terni
1932, p. 10) scrisse, che forse non si va errati nel ravvisare, nell'appellativo in
redere, un ricordo delle rhedae, che passavano sulla via militare Vejetana, o
Amerina. Ma, a parte che tali veicoli venivano usati dappertutto, c'é da os-
servare (secondo un documento narnese del secolo xiv contenuto nel Reg.
Farfense, n. 719, p. 118) che redera significa radura: « venit in rederam, que | E
est sub colle »: cfr. SELLA P., Glossario latino-italiano, Città del Vaticano: 1944, . DB
p. 476. Invero, la summenzionata chiesa si trova in una radura sottostante Mi
allo sperone orientale di Monte Piglio. Dista 5 km. da Amelia verso nord-est.

(11) Septima nell'uso ordinario ecclesiastico significa un uffizio mortuario
celebrato sette giorni dopo il decesso (in die septima); qui peró, come abbiamo

5
OTT

66 GIUSEPPE ABATE

illustrato e documentato nella breve introduzione, indica una distribuzione di
viveri (d'ordinario cucinati) ai poveri di Cristo in suffragio dell'anima del de-
funto, indipendentemente dal giorno del decesso.

(12) Fórnole : castello a 5 km. e mezzo da Amelia, sulla strada che da que-
sta città conduce a Narni ed a Terni.

(13) Oggi Acquaviva, a circa 2 km. da Amelia.

(14) Surripa, a 5 km. dalla Città.

(15) Contrada e vocabolo detti anche oggi Le Rote.

(16) Alvo, a 5 km. dalle mura.

(17) Posterola, quartiere e via cosi ancora denominati da una piccola por-
ta costruita nelle mura civiche per il passaggio di una persona per volta.

(18) Monte Piglio, a km. 6,500 dalla Città.

(19) Vallerignana, ad 8 km.

(20) Piubbica, a 2 km. In questa contrada esisteva nel secolo xvi una
piccola chiesa dedicata a S. Maria.

(21) Monte Rosciano, in territorio amerino.

(22) Canale, castello medievale, ora diruto, situato nel territorio di Col-
licello di Amelia.

(23) Moneta coniata in Cortona nel sec. xir dalla Repubblica. Aveva molto
credito e si trovava in corso in molte parti d'Italia. Ogni soldo era formato da
12 denari; nel 1278 occorrevano 49 soldi e mezzo di cortonesi per un fiorino
d'oro.

(24) Rione della città, che mantiene anche oggi tale denominazione.

(25) Assignano, ad 1 km. dalla città.

(26) Macchie, contrada e castello ancora esistente. A 9 km.

(27) Mellis — di Meglio : nome di persona non infrequente in quel tempo
in Umbria (per es. a Perugia e Assisi). Il padre del Casuccia (— Benencasuccia)
qui menzionato, altrove, infatti, è detto Meglioretto (cfr. n. 30).

(28) Monte la Croce: bosco a 5 km. da Amelia.

(29) Nel 1306 correva l'Indizione quarta; si ha qui dunque una svista
dell'amanuense.

(30) Macine, contrada a 7 km. dalla città, lungo la rotabile Amelia-Giove.

(31) Frattuccia. Da un documento del 25 agosto 1305 apprendiamo che
il Consiglio Comunale Amerino concesse, a quella data, in feudo a vari ex-mas-
sari del castello di Canale il colle della Frattuccia per edificarvi un castello
(cfr. Arch. Comun., Pergam. n. 16). Trovasi in territorio di Guardea, a km.
15,700 da Amelia.

(32) Carlo di Nicoló, che in un rogito di Giacomo di Lello (Arch. Notar.,
Protoc. n. 1, f. 17) del 1 dicembre 1307 é detto Capitano e difensore del Co-
mune e del popolo amerino.

(33) La libra, come moneta in uso, valeva allora nel più dei luoghi 20 soldi,
e ogni soldo 12 denari; i soldi poi erano di due specie, piccoli e grossi, di modo
che c'erano due diverse Libre o Lire ognuna di 240 pezzi.

(34) A questo celebre Ospedale romano, istituito verso il 1204 da papa In-
nocenzo III per gl'infermi e per i pellegrini, si facevano allora lasciti di pos-
sessioni ovunque in Italia e all'estero.

(35) Gruttoli in territorio di Amelia e sulla strada che conduce a Monte
Campano.
omnem

STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 67

(36) Totàno, antichissimo castello, di cui ora resta solo il nome, che si
ergeva a picco su un aspro roccione. Si trovava nei pressi dell'attuale Convento
francescano dell'Annunziata e della via che mena a Giove. A sud-ovest e a
cirea 8 km. da Amelia. ;

(37) Di questa chiesa rurale dedicata a S. Martino nel secolo xvi non esi-
stevano piü che pochi ruderi.

(38) Luchiano è una variazione toponomastica dell’antico Agolianum,
luogo di villeggiatura, secondo un'antica tradizione, della famiglia romana
dei Calpurni e dipoi castello. Tale località, esistente ancora nell’agro amerino,
si riscontra collegata ai nomi di S. Firmina e di S. Olimpiade patroni prin-
cipali della Città. « Una Passione di S. Firmina - scrisse F. LANZONI nel suo
studio critico su Le origini delle antiche diocesi d' Italia, Roma 1923, 271 — vuole
che essa fosse una vergine figlia di Calpurnio, prefetto di Roma, che avrebbe
convertito il suo persecutore, il « consularis Olimpiades » lo avrebbe fatto bat-
tezzare da un « Felix presbyter », e, ucciso che fu da un « Megetius augusta-
lis », lo avrebbe sepolto « in praedio suo in fundum Agulianum » il 19 dicembre.
Ella medesima sarebbe stata martirizzata da Megezio e sepolta da un Hono-
rius «in fundo qui vocatur Agolianum », circa l'ottavo miglio dalla città di
Amelia il 24 novembre, sotto Diocleziano... ». Ora il fatto, che, secondo il
documento che qui pubblichiamo e un altro dell'anno 1160 (cfr. F. UGHELLI,
Italia Sacra, Venezia 1727, I, 298), esisteva nei secoli x1r-x1v (e non sappiamo
da quanto tempo prima) nel territorio amerino di Agoliano una chiesa dedi-
cata a S. Firmina, ci sembra che getti della luce propizia sulla predetta Pas-
sione della Santa e sia di una qualche conferma alla tradizione cittadina, che
ha sempre ritenuto Agoliano primo luogo di sepoltura di quella Santa Pa-
trona. L. BoLLi (Vita di S. Fermina, Amelia 1903, 94-107) scrive a lungo di
Agoliano, e — dopo aver detto che, da numerose fonti, risulta con la massima
chiarezza e precisione tale antica località si chiamò successivamente Luchiano —
si domanda con quale scopo i Canonici della Cattedrale di Amelia si sarebbero
indotti nel 1160 a comprare l’antica chiesa di S. Fermina di Luchiano, se ad
essa non fosse stata legata qualche particolare memoria della stessa Beata
Fermina.

(39) Il Denaro o Piccolo Perugino cominciò ad aver corso in Perugia e fuori

nel 1315. Sebbene facesse parte della cosidetta moneta bianca, pure conteneva

solo una parte di argento e undici di rame. Cinquanta soldi di tali Perugini
pesavano e formavano una Libra: cfr. G. B. VERMIGLIOLI, Della zecca e delle
monete perugine. Perugia 1816, 33 ss.

(40) Oggi S. Magno. Monastero femminile dell'Ordine di S. Benedetto,
dipendente dall'abbazia di S. Paolo di Roma.

(41) Altro monastero di monache benedettine, divenuto nel 1787 sede
dell'attuale Ospedale di S. Maria dei Laici.

(42) Nulla noi sappiamo di questa chiesa. Assai verosimilmente non esi-
steva piü nel 1573, mancando nell'elenco delle chiese di Amelia e sua diocesi
trasmesso quell'anno dal Lazzari.

(43) Monte Campano, castello poi (an. 1354) comprato dal Comune di.

Amelia (cfr. Arch. Comun., Pergam. n. 142). Dista da Amelia km. 9,500.
(44) Oggi Le Mandrie, in territorio di Foce.

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(45) Questo Gianne di Vato (di Nicolò), l'8 aprile 1324, fece un lascito al-
l'Ospedale di S. Maria dei Laici e volle « maritari per Priorem et Antianos dic-
te Fraternitatis unam orphanam mulierem » (Arch. Notar., Protoc. di Giacomo
di Lello, N. 1, f. 84).

(46) Origliano, in territorio amerino.

(47) Stibi, a 3 km. dalla Città.

(48) Località boschiva a 3 km. dalla Città.

——— STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI

NS

II. (An. 1355)

In nomine Domini. Amen. Anno Domini M. CCC. LV, tempore
domini Innocentii pape VI, inditione VIII?*, mense lanuarii, die
XXVIII factum et scriptum fuit infrascriptum inventarium ad
hoc ut facilius iura Fraternitatis possint, per volentes et habentes
administrationem, ad debitum et lucem ostendi, de voluntate Olim-
piadis prioris dicte fraternitatis.

Hoc est inventarium iurium, instrumentorum et rerum Fraternita-
lis Sancte Marie intus Ameliam.

1. Quoddam instrumentum divisionis. In primis quoddam in-
strumentum divisionis celebratum per Leonardum olim Guidaronis
ex una parte et Conradum Iacobi tutorem filiorum Venture filii dicti
Guidaroni: scriptum manu magistri Angeli Zuzzali notarii de Amelia.

2. Testamentum Nardi Lutii. Item, quoddam testamentum Nar-
di Lutii de Colcello (1), in quo testamento dictus Nardus reliquid
Fraternitati Sancte Marie XL solidos.

3. Eiusdem .Item, reliquid eidem fraternitati unum petium ter-
re: scriptum manu Ciocii Peregrini notarii de Amelia.

4. Testamentum domine Bucie. Item, quoddam testamentum do-
mine Bucie, uxoris olim Cecchi Martholini, in quo reliquid Fraterni-
tati predicte unum casalem positum in contrada Albi, iuxta rem Buc-
ciarelli Plenutii et rem heredum Amorosi Iucii; scriptum manu Ni-
cole Petri Silvestri Pentie.

9. Quoddam instrumentum venditionis. Item, instrumentum ven-
ditionis facte Trento Fano de domo posita in civitate Amelie, iuxta
rem Vannutii de Foce: ut patet manu Francisci magistri Angeli.

6. Quoddam instrumentum venditionis iurium. Item, quoddam
instrumentum venditionis iurium facte Gregorio Iannicelli Priori
dicte Fraternitatis factum a Colaolo Lelli Nercoli de quodam petio
terre posito in contrada Albi, iuxta rem heredum Marchi: ut patet
manu magistri Angeli magistri Cardinalis.

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GIUSEPPE ABATE

7. Testamentum Andree Pentie. Item, testamentum Andree Pen-
tie in quo reliquid medietatem cuiusdam campi positi in contrata To-
tani, iuxta rem Rusciolini Rubey: cum hoc pacto quod Prior tenea-
tur septem mensibus, quolibet anno, VII tinos grani macinare facere
ut de eis fiant panes, scilicet de mense novembris decembris ianuarii
februarii martii aprilis et madii, ut patet manu magistri Angeli Mas-
sarucoli.

8. Divisio dicti campi. Item, divisio dicti campi, ut patet manu
magistri Donadey Buzzarelli.

9. Testamentum Cecchi magistri Angelerii. Item, testamentum
Cecchi magistri Angelerii, in quo instituit sibi heredem Angelum eius
filium et sustituit eidem Fraternitatem Sancte Marie et locum Fra-
trum Minorum in duabus partibus, ut patet manu magistri Petri
Symonis.

10. Testamentum magistri Petri Andreutii. Item, testamentum
magistri Petri Andreutii in quo instituit sibi heredem Priorem Fra-
ternitatis, mandans quod omni anno fructus dentur et distribuantur

pro anima sua et consanguineorum suorum, ut patet manu ser Bene-

dicti Mancie.

11. Testamentum domine lohanne uxoris quondam domini Ray-
naldi. Item, testamentum domine Iohanne uxoris quondam domini
Raynaldi de Tuderto, in quo reliquid Fraternitati supradicte unum
casale positum in contrada Asignani, iuxta rem domini Olimpiadis
et viam: cum hac conditione, quod non possit vendere. Item, insti-
tuit dictum ospitale sibi heredem, ut patet manu magistri Iohannis
Sampereni.

12. Quoddam instrumentum venditionis. Item, instrumentum
venditionis et concessionis facte per dominam Micchiloctam domini
Raynaldi de Sosmano (2), ut patet manu Gerardi Bonifatii.

13. Aliud instrumentum cessionis. Item, aliud. instrumentum
cessionis factum a domino Raynaldo Vallucio domini Nini, ut patet
manu Nicolay de Tuderto.

14. Testamentum Blaxii Nicole. Item, testamentum Blaxii Ni-
cole de Gructulo, in quo reliquid post mortem Lacte sue uxoris Fra-
ternitati Sancte Marie unum petium terre in contrata Gructolis,
iuxta rem Pellegrini domini Ciocii et Fossatum. STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 71

15. Eiusdem. Item, unum alium petium terre positum in dicta
contrada, in vocabulo Castianelli, iuxta rem domini Ofreducii et rem
Mannucii Colocii et viam, ut patet manu ser Petri Lelli.

16. Testamentum Andree Guidi. Item, testamentum Andree Guidi
Medici de Amelia, in quo instituit heredem dictam Fraternitatem,
scriptum manu Salvucii domini Episcopi.

17. Testamentum domine Angelerie. Item, testamentum Angele-
rie uxoris Ceccarelli Ioli, in quo instituit heredem Ospitalem Sancte
Marie.

18. Testamentum Iohannis Iannicelli. Item, testamentum Iohan-
nis Iannicelli, in quo reliquid unum lectum. Item, unum petium ter-
re in contrata Totani, iuxta rem Fariselli.

19. Eiusdem. Item, unam domum cum uno orto de retro posito
in Castro Novo.

20. Eiusdem. Item reliquid quinque petia terrarum et domum
et certas alias res, volens quod per predictam Fraternitatem fieret
ospitale in Castro Novo, et si non fieret, privavit dictam fraterni-
tatem a certis relictis, ut patet manu magistri Petri Lelli.

21. Testamentum Puzacti magistri Petri de Sipiczano (3). Item,
unum testamentum Puzacti magistri Petri de Sipiciano, in quo isti-
tuit sibi heredes Blaxium et Santellam, et sustituit pupillariter dicto
Baxio Fraternitatem de Amelia.

22. Donatio facta per dominam Sanctuciam. Item, quedam do-
natio facta per dictam dominam Sanctuciam Priori Fraternitatis Sanc-
te Marie de omnibus terris, que fuerunt olim dicti Puczacti, exi-
stentibus in tenimento castri Iovi (4), et specialiter de uno petio ter-
re posito in dicto tenimento iuxta flumen a pede et viam a capite et
iuxta rem Cobucii de Castro Iovi. Item, de uno alio petio terre posito
in dicto tenimento ut patet manu ser Dominici Mannis notarii.

23. Testamentum Blaxii Nicole de Gructulo. Item, testamentum
Blaxii Nicole de Gructulo, in quo istituit suas sorores et reliquid
Lacte uxori ipsius unum petium terre posito in contrada Gructoli,
ut patet manu magistri Petri Lelli.

24. Testamentum Lutii quondam Nutii barberii. Item, testamen-
tum Lutii quondam Nutii barberii, in quo reliquid uxori sue Florelle,
72, GIUSEPPE ABATE

ultra dotes suas, XX libras et certa alia, ut patet manu ser Dominici
Mannis.

25. Testamentum Florelle. Item, unum aliud testamentum dic-
te Florelle, in quo istituit sibi heredem Ceccutium eius filium, cui
sustituit Fraternitatem Sancte Marie, ut patet manu dicti ser Domi-
nici.

26. Eiusdem. Item, unum instrumentum confessionis dotium
dicte Florelle factum suo viro de CL. libris.

27. Particula testamenti Cresci. Item, particula testamenti Cre-
sci Arculani, in quo reliquid unum petium terre in contrata Casolis,
iuxta rem heredum Cambii et rem Cangutii Iuglalini et viam: hoc
pacto et condictione, quod de fructibus dicte terre omni anno, in fe-
sto Sancte Marie de Agusto, medietas fructuum dentur inter paupe-
res vergognosos, alia medietas remaneat servitoribus dicte Fraterni-
tatis, ut patet manu magistri Angeli Massarucoli: et dicta particula
est suta cum instrumentis supra proxime dictis.

28. Testamentum Nicolini. Item, testamentum Nicolini, in quo
instituit sibi heredem filios suos, quibus mortuis sine filiis sustituit eis
Fraternitatem Sancte Marie, mandans quod casale ipsius cum domo
et vinea posita in tenuta Amelie, in contrada Montis Nigri, iuxta
viam et rem Ceccutii Zappi et rem Sampereni Panzi vendi non possit;
mandans etiam quod tricentis pauperibus civitatis Amelie, compu-
tatis omnibus fratribus Sancti Augustini et Sancti Francisci et Reclu-
sis ipsius civitatis, [dentur] tres denarii perusinorum pro quolibet
paupere, et X solidi ecclesie sancti Augustini et ecclesie sancti Fran-
cisci pro frabricis ipsarum ecclesiarum, et V solidi presbiteris ipsius
civitatis pro orationibus dicendis; item monasterio sancti Stephani,
sancti Manni, sancti Francisci et sancti Angeli de Ciricano V solidi
pro quolibet, ut patet manu Petri magistri Bartholomey.

29. Testamentum Bucciarelle filie Lelli Nercoli. Item, testamen-
tum Buczarelle filie Lelli Nercoli de Amelia, in quo instituit heredem
Fraternitatem Sancte Marie. — Aliud testamentum. Item, aliud testa-
mentum dicte Bucciarelle, in quo istituit sibi Fraternitatem Sancte
Marie et Domum Caritatis de Amelia et patent manu magistri Petri
Lelli.

30. Testamentum Cecchi Angeli. Item, testamentum Cecchi An-
geli in quo instituit heredem Ospitale Sancte Marie cum hac condic-.
STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 73

tione, quod fructus omni anno, in festo Omnium Sanctorum, pro eius
anima dentur amore Dei; et certa [acta] facta super causa mota pro
parte Fraternitatis contra dominum Mactheum Angelecti occasione
hereditatis et bonorum Delessi sui fratris, que acta sunt simul suta.

_ 31. Testamentum Silvestri magistri Nicole. Item, testamentum
| Silvestri magistri Nicole, in quo continetur, quod reliquid unum pe-
tium terre positum in contrata Maclis, iuxta rem Gratie Petri et
Ugolini domini Ufreducii: hoc pacto, quod dictum petium terre alie-
nari non possit, et quod omni anno fructus dicte terre dentur pau-
peribus, ut patet manu magistri Angeli magistri Cardinalis.

32. Testamentum Vati Nocii. Item, testamentum Vati Nocii Mo-
scheti, in quo reliquid Fraternitati predicte unum petium terre po-
situm in contrata [* *] iuxta rem Mannis Clare et Fossatum a pede
et rem heredum Cangni Steppi et viam a capite, hac conditione quod
fructus dicte terre dare debeant inter pauperes.

39. Eiusdem. Item, istituit sibi heredes filios suos nascituros,
et, ubi aliquis filius non nasceretur, istituit sibi heredem ipsam Fra-
ternitatem, ut patet manu Francisci Nicole.

34. Certa acta et Reformatio (5). Item, certa acta et Reformatio
Consilii facta inter Fraternitatem et magistrum Iacobinum Nicolocii
de facto molendini, ut patet manu ser Dominici Mannis.

39. Testamentum Donadocii Nicole. Item, testamentum Dona-
docii Nicole dictus Marchesellus (6), in quo instituit heredem Frater-
nitatem Sancte Marie, et mandavit quod omni anno in festo Sancte
Marie de Agusto fiant panes de quatuor tinellis grani, ut patet manu
magistri Bartholomey Bucii.

36. Testamentum Paulutii Macthucoli, Item, testamentum Pau-
lutii Macthucoli, in quo reliquid, post mortem dictarum filiarum sua-
rum decedentium sine filiis legitimis, certa que in dicto testamento
continentur, ut patet manu Lelli magistri Petri de Urbe.

37. Testamentum domine Lacte. Item, testamentum domine Lacte
scriptum manu Francisci magistri Angeli.

38. Testamentum domine Cecche. Item, testamentum domine
Cecche Nardi, in quo reliquid Fraternitati Sancte Marie unum pe-
tium terre positum in contrata Montis Nigri, iuxta rem Marchi Cri-
sci (7) et Ceccharellum Crisci et viam a tribus partibus, ut patet
manu Thocii Luzzarelli; quem petium terre habet pro dotibus filia
salvati.

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74 GIUSEPPE ABATE

39. Aliud lestamentum domine Lacte. Item, testamentum Lacte,
in quo reliquid Fraternitati predicte unum petium terre cum vinea
positum in contrata Gructolis, iuxta rem heredum Nocchiosi a duo-
bus lateribus et viam, scriptum manu Francisci magistri Angeli.

40. Quodam instrumentum venditionis. Item, instrumentum ven-
ditionis facte a domina Petrucia filia Bucii Cambii Priori fraternitatis
de quodam petio terre seu ortale positum in contrata Burgi, in voca-
bulo Porcelli, iuxta rem filiorum domini Petri, ut patet manu magi-
stri Gregorii Bonagratie.

41. Testamentum Gilii Cole Nicoli. Item, testamentum Gilii
Cole Nicoli, alias dictus Rubeus, in quo reliquid unum petium terre
in contrata Aquilani, iuxta rem Nutarelli Capud-alti: patet manu ser
Dominici Mannis.

42. Quodam instrumentum donationis. Item, instrumentum do-
nationis facte a Gratia quondam Bucii presbyteri Symeonis Priori
fraternitatis de quadam domo posita in contrata Vallis, iuxta rem

| Andree Benvinuti et rem Iohannelli, et de XL libris quas Boccarinus

Nordi (8), Camberarius dicte Fraternitatis apud se habebat, ut patet
manu Iohannis Ufreduciali.

43. Donatio facta per dominam Rosam Valli. Item, donatio fac-
ta per dominam Rosam Valli Fratri Anthaino (9) recipiendi nomine
dicte Fraternitatis de duobus petiis terrarum positis in contrata Va-
rignani, quorum unum positum est iuxta rem Stephani de Luchiano
et rem Sancte Firmine, aliud iuxta rem Iucoli Ionte, ut patet manu
Nicole Petri.

44. Particula testamenti Petrucii olim Contucii de Lacuscello (10).
Item, particula testamenti Petrucii olim Contucii de Lacuscello, in
quo reliquid Fraternitati Sancte Marie unum petium terre in contrata
Rotarum, iuxta rem magistri Angeli de Foce.

45. Testamentum Cioli olim Santucii. Item, unum testamentum
Cioli olim Sanctucii, in quo reliquid dicte Fraternitati XX solidos
et unum lectum fultum; scriptum manu domini Thocii Luzzarelli
notarii.

46. Eiusdem. Item, reliquid, ut asseruit, quartam partem dotis
olim sue uxoris.

47. Testamentum Bucii Nicoli. Item, quoddam testamentum Bu-
cii Nicoli, in quo reliquid dicte Fraternitati multas res ac eandem here-
STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 79

dem sustituit, scriptum manu ser Stephani magistri Bartholomey
notarii.

48. Testamentum Iacobini Thebaldocii. Item, testamentum Ia-
cobini Thebaldocii, in quo substituit Fraternitatem Sancte Marie
pro medietate: scriptum manu magistri Iacobi Nicolocii. Habuit de
dicta hereditate quartam partem; debebat habere tertiam, ita quod
Fraternitas fuit decepta.

49. Testamentum Mactheoli Ciutii. Item, quodam testamentum
Mactheoli, in quo reliquid Fraternitati Sancte Marie CC. libras.

50. Testamentum domine Antanie. Item, aliud testamentum do-
mine Antanie de [.....], in quo post mortem domine Nute Lelli Tebal-
dini Mutati [reliquit] unum petium terre positum in contrata Aquila-
ni, iuxta rem heredum Matthey et viam: ut patet manu Nicole Petri.

ol. Testamentum Lelli Andree. Item, testamentum Lelli Andree,
in quo istituit heredem Mannucium pro tertia parte.

52. Testamentum Mannucii. Item, testamentum dicti Man-
nucii, in quo istituit heredem Fraternitatem Sancte Marie: scriptum -
manu ser lacobi Romani.

93. Eiusdem. Item, adictionem hereditatis dicti Mannucii fac-
tam per Priorem: scriptam manu ser Petri magistri Simonis.

54. Testamentum Falconerie Herrici. Item, testamentum -Fal-
conerie filie Herrici Alfani, uxoris Somarelli Berucii, in quo reliquid
Fraternitati predicte unum lectum et certam partem sue dotis, ut
patet manu supradicti Nicole.

55. Quoddam instrumentum venditionis. Item, unum instrumen-
tum vendictionis facte per Colaum Lelli Cecche filie Mactutii de
Amelia, et instrumentum promissionis de revendendo: scriptum manu
ser Thomassi Fariselli.

56. Testamentum Celli Schudarelli. Item, testamentum Scuda-
relli de Castro Porclani, in quo reliquid domine Latine uxori sue
VI Florenos in una manu et viginti popolenos (11) in alia manu, et
unum petium terre positum in Plano Astoni, iuxta rem Ciarfalgle
et Fossatum et viam. :

57. Eiusdem. Item, unam domum positam in castro Porclani,
iuxta rem dicti testatoris et rem Thocii Curili et viam.

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76 GIUSEPPE ABATE

58. Eiusdem. Item, reliquid eidem sue uxori unum casale po-
situm in contrata Astoni, iuxta rem dicti testatoris et viam; et certa
alia mobilia contenta in dicto testamento, ut patet manu Bartho-
lomey dompni Iacobi de Porclano.

59. Quodam instrumentum confessionis. Item, instrumentum
confessionis dotis dicte domine Latine, ut patet manu ser Salvati Nuti
et Petri Raynerii. ;

60. Quedam saccula. Item, unam sacculam, in qua sunt iura
domine Sciane et iura Latine uxoris Celli Schudarelli.

— 61. Testamentum Petri Bonansengne. Item, testamentum Petri
Bonansegne, in quo istituit heredem Fraternitatem Sancte Marie,
ut patet manu magistri Galassi magistri Pauli.

62. Testamentum Petri Benencase. Item, testamentum Petri
Benencase, in quo reliquid dicte Fraternitati IV*" tinellos grani, vi-
delicet unum tinellum pro quolibet anno hinc ad daorton annos, ut
patet manu magistri Bartholomey Bucii.

63. Testamentum Petri Antelli. Item, testamentum Petri An- |
telli, in quo reliquid unum lectum Fraternitati predicte, ut patet ma-
nu supradicti magistri Bartholomey.

64. Quedam Reformatio (12). Item, Reformatio facta quod om-
nes terre et relicta Fraternitati eleventur de libris Communis Amelie
et ponantur in catasto de Fraternitate, ut patet manu ser Macthey
de Nurscia.

65. Testamentum domine Milane. Item, testamentum domine Mi-
lane, in quo reliquid Fraternitati unum petium terre positum in
contrata Aquilani, ut patet manu Petri magistri Simonis.

66. Eiusdem. Item, reliquid. Fraternitati centum libras. Item,
reliquid ius quod habet in bonis magistri Centis occasione XXV li-
brarum dotis ipsius Milane.

67. Eiusdem. Item, ius quod habet in bonis dicti magistri Cen-
tis pro iudicio et cera et funere dicti magistri Centis, hoc pacto quod .
fiat panis de medietate bladi dicte terre et quod alienari non possint.

68. Testamentum Cecchi magistri Angelerii. Item, testamentum
magistri Cecchi Angelerii, in quo istituit sibi heredem Angelum fi-
lium eius et sustituit eidem Fraternitatem Sancte Marie et locum
Fratrum Minorum in duabus partibus, ut patet manu magistri Pe-
tri Symonis.
STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 7

69. Quedam instrumenta divisionis. Item, quedam instrumenta
divisionis celebrate inter Martholucium olim Cecchi Nicoli et Man-
nucium et Petrum dicti Cecchi, ut patet manu magistri Angeli ma-
gistri Cardinalis.

70. Testamentum Petrucioli Nardi. Item testamentum Petricioli
Nardi, in quo reliquid Fraternitati unum medium grani et V soli-
dos, ut.patet manu ser lacobi magistri Bartholomey.

71. Testamentum domine Vannelle filie Ceccutii magistri Iohan-
nis. Item, testamentum domine Vanelle filie Ceccutii magistri Io-
hannis, in quo istituit sibi heredem Andreolam eius matrem et Nu-
cium et Manocium et Marcucium Cole pro alia medietate, et in casu
ubi dictus Nucius et Marchucius morirentur sine filiis legitimis, su-
stituit sibi Fraternitatem Sancte Marie, ut patet manu magistri
Petri Lelli notarii.

. 72. Testamentum Angnalelli Nicolay. Item, unum testamen-
tum Angnalelli Nicolay, in quo reliquid Fraternitati Sancte Marie
duo petia terrarum in contrata Castri Franchi (13), iuxta suos fines,
et aliud petium terre in tenuta' Lacuscelli.

73. Eiusdem. Item, istituit sibi postomum suum, cui sustituit
Fraternitatem Sancte Marie, et patet manu ser Dominici Mannis.

74. Quedam ordinamenta. Item, ordinamenta Fraternitatis San-
te Marie (14).

79. Testamentum magistri Peruscii (15). Item, testamentum magi-
stri Peruscii, scriptum manu magistri Gregorii Bonagratie.

76. Testamentum Ceccarelli Glorii. Item, testamentum Cecca-
relli Glorii domini Francisci de Mimoia (16), in quo reliquid dicte
Fraternitati L. libras, scriptum manu Symeonis de Porclano et exem-
platum manu Celli de Orto. |

77. Item, aliud testamentum in quo reliquid CL. libras, et patet

manu supradicti notarii; et sustituit Glorio et Sibilie fratribus suis

Ospitale Sancte Marie post mortem supradictorum Glorii et Sibillie.

78. Testamentum Salvucii domini Episcopi. Item, unum testa-

mentum Salvucii domini Episcopi, in quo reliquid Fraternitati unum -

petium terre positum in contrata Aquilani, in vocabulo Plati, iuxta
rem heredum magistri- Simonis et rem heredum lacobi Marscilie.

79. Eiusdem. Item, unum alium petium terre positum in voca-
bulo Sancti Stephani, iuxta rem Celli Petrocii Caciaguerre et rem An-

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78 GIUSEPPE ABATE

gnali Raynaldi: hoc pacto quod omni anno in festo Sancte Marie de
Augusto et in Nativitate visitent omnes pauperes, et cuilibet presbi-
tero de Amelia [dent] tres denarios, ut patet manu magistri Gregorii
de Amelia notarii. 3

80. Quedam instrumenta simul suta. Item, plura instrumenta
simul suta, in quibus continetur quomodo voluntas magistri Dona-
dei Iacobi Bernardi, qui reliquid quod omni anno in festo Sancte
Marie fieret panis unius salme grani de fructibus unius petii terre
posite in contrata Trisingnani, in vocabulo Plani Fornolis, iuxta rem
Nardi Donadei et Fossatum, fuit adimpleta, ut patet manu diverso-
rum notariorum.

81. Quedam divisio. Item, quedam divisio facta inter dominum
Petrum et dominum Raynaldum domini Ugolini de Sosmano (17)
ex una parte et Iohannem Amati de Velta Iovencani ex parte altera,
ut patet manu Viterbutii magistri Angelerii notarii.

82. Testamentum magistri Iannis quodam Henrici. Item, testa-

mentum magistri Iannis quondam Henrici de Amelia, ut patet ma-

nu Corradi Munaldi.

83. Quedam venditio. Item, venditio facta de quodam casali
posito in contrata Trisingnani, iuxta rem domini Ciocii et Vati Cioli
de Amelia, magistro Oliverio magistri Galgani: ut patet manu ma-
gistri Angeli Contis notarii.

84. Testamentum domine Andreocte uxoris olim Tasci. Item, te-
stamentum domine Andreocte, uxoris olim Tasci: ut patet manu
magistri Bartholomey Bucii.

85. Quedam oblatio facta a Mactheo magistri Iannis. Item, obla-
tio facta dicte Fraternitati per Mactheum magistri Iannis, cum cer-
tis pactis et condictionibus; qui donavit imprimis unam domum po-
sitam in contrata Vallis (18), iuxta rem heredum Guidi Cioli.

86. Eiusdem. Item, unum petium [terre] in contrata Quintani,
iuxta rem Serucoli. Item, unum petium terre positum in dicta con-
trata, iuxta rem dicti Serucoli et Fossatum. Item, unum alium petium
terre in dicta contrata. Item, unum alium petium terre in contrata
Luchiani, iuxta rem heredum Amerini. Item, unum aliud casale posi-
tum in dicta contrata: ut patet manu magistri Iacobi Nicolocii.

87. Certa acta. Item, certa acta facta ad petitionem heredum Nini
domini Petri de Sosmano simul cum multis aliis actibus simul invo-
]utis.
STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 79

88. Quoddam instrumentum agumentationis. Item, quoddam in-
strumentum agumentationis dotis domine Latine, uxoris Celli Scu-
darelli de castro Porclani, ut patet manu magistri Angeli Cecchi
Cambii.

89. Testamentum Symeonis Verardi. Item, testamentum Sy-
meonis Verardi de castro Vassanelli (19), in quo reliquid Fraternitati
Sancte Marie unum petium terre positum in tenuta dicti castri, in
contrata Targanti, iuxta renr Cencii Raynaldichie de Orto et iuxta
rem heredum Somarelli de Rosciano.

90. Testamentum lacobi Nuti. Item, testamentum Iacobi Nuti
domini Nordi, in quo reliquid certa legata ecclesie Sancte Marie de
Monte Campano dummodo dicta ecclesia habeat duos presbiteros;
et ubi duo presbiteri non habeat, succedat Fraternitas Sancte Marie
de Amelia. Item, reliquid dicte Fraternitati unum petium terre posi-
tum in contrata Trisignani, iuxta rem domini Petri Donadey etc.
hoc pacto, quod omni anno de mense madii in festo sancti Iacobi (20)
faciant fieri panem de grano dicte terre, ut patet manu magistri
Salvati Spalgle.

91. Quedam venditio facta a domina Pleveria. Item, venditio
facta a domina Pleveria olim Thommasucii Manosie Nuto filio Petri
Nicole ementi pro [se ?] et Iacobucio Uguiccioni fratre suo. Item,
concessio facta dicto Nuto per dictam dominam de usufructu cuius-
dam «casalis positi in contrata Asignani, iuxta rem dicti Nuti, ut
patet manu Bartholi magistri Carli.

92. Quandam sententiam. Item sententiam datam ad istantiam
magistri Angeli Berardi contra heredes Tascioni Raynerii: patet
manu magistri Bartholomey Bucii.

93. Quoddam instrumentum refutationis. Item, instrumentum
refutationis factum Fraternitati predicte heredibus presbiteri Guic-
cionis de tribus libris quas magister Bartholomeus recipere debebat,
ut patet manu dicti magistri Bartholomey.

94. Quoddam instrumentum venditionis. Item, instrumentum
venditionis factum a Cardone Iohannis Ciocio patruo suo, ut patet
manu Celli Odonis.

95. Eiusdem. Item, unum alium instrumentum, venditionis fac-

tum a Ricchardo Iannicelli dicto domino Ciocio, ut patet manu

Raynaldi.

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80 GIUSEPPE ABATE

. 96. Quoddam instrumentum entionis. Item, quodam instrumen-
tum entionis facte a Iohanne Benencase Priore Fraternitatis cuius-
dam petii terre positi in contrata Castri Franchi, ut patet manu
magistri Iohannis magistri Andree. È

.97. Quoddam instrumentum venditionis. Item, instrumentum
venditionis facte a certis Iudeis domine Iohanne Cardonis de iuribus
quibus habebant in casali dicte domine Iohanne, ut patet manu ma-
gistri Petri Andree.

98. Aliud instrumentum venditionis. Item, instrumentum ven-
ditionis facte a Ceccho Andrea et magistro Cerracchio quondam Ben-
venuti Angnalutio Herrici, ut patet manu Thebaldi Albertini de
Amelia.

99. Aliud instrumentum venditionis. Item, instrumentum ven-
ditionis facte a Cardono Iannis dicte domine Iohanne sue Sorori de
omnibus terris et possessionibus existentibus in dicto instrumento:
ut patet manu Viterbutii magistri Angelerii.

100. Quedam traditio possessionis. Item, quedam traditio pos-
sessionis et turris, que fuerunt olim domini Caruli (21), posite in te-
nuta Amelie, iuxta stratam et iuxta Fossatum pro dote dicti Ospi-
talis in quibus debet depigni inmago Virginis et fieri unum Orato-
rium cum quatuor vel tribus lectis ad usum pauperum. Item, inmis-
sio in possessionem, ut patet manu magistri Iacobi Nicolocii.

101. Venditio facta ab Angnalucolo Pucii. Item, venditionem
factam ab Angnalucolo Pucii Cecchelli Cole de castro Focis: patet
manu magistri Petri magistri Gregorii.

102. Quedam refutatio. Item, refutatio facta ab Angnalucolo
Fatii Pellegrino domini Cioci recipienti pro Cecchello Cole dicto
Schibenche: patet manu Benvenuti magistri Petrucii.

103. Quodam instrumentum provisionis. Item, instrumentum pro-
visionis facte a Lutio Victorii de Sancta Romana (22) Cecchello olim
Cole dicto Schibenga de Foce LXV librar. pro dote domine Floris
filie ipsius Lutii: patet manu dicti magistri Detr

104. Quedam compromissio. Item, compromissionem factam in-
ter Mactheolum Cecchi Nigoli et Mannucium condam Cecchi Ni-
goli: patet manu ser Dominici Mannis.

105. Particula testamenti domine Margarite. Item, particula te-
stamenti domine Margarite, filie olim Alcaroni, de Urbe Veteri (23)
STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 81

et uxoris Vannutii de Orto (24), in quo reliquid Fraternitati predicte .

unum C. pecudum, quas habebat cum Tortolglo Bucii de Sancto
Ianne, et unam cassam cum tribus petiis pannis canapis pro quali-
bet; et unam petiam pannis soctilis lini XX blacchiorum, cum LII
boctonibus de argento, cum quatuor centuris de sirico; que res dixit
esse in domo Archipresbiteri de Porclano. Item, eidem Episcopo et
Fraternitati unum mactaratium cum plumatio et duos urceos olei
et medium centinarium vellorum lane pecudum, ut patet manu ma-
gistri Petri magistri Gregorii.

106. Confessio dotis. Item, confessio facta de dote domine Mar-
garite filie Amorosi Iucii per Martolucium Cecchi virum suum, ut
patet manu Ciocii Pellegrini.

107. Quodam instrumentum venditionis. Item, instrumentum ven-
ditionis facte a Vato Cioli Sudalis magistro Iacobo Nuti de uno petio
terre posito in contrata Trisingnani, ut patet manu Celli Odonis.

108. Aliud instrumentum venditionis. Item, instrumentum ven-
ditionis facte a dicto Vato Cioli magistro Oliverio magistri Galgani
de quodam casali posito in dicta contrata, ut patet manu magistri
Angeli Contis.

109. Quedam remissio quarte (25). Item, remissio quarte de relic-
tis factis Fraternitati facta a domino Fratre Mauro episcopo Amelien-
si (26) et domino Martino priori recipienti pro ipsa Fraternitate, ut
patet manu Amerini Pauli.

110. Quedam Consilia pro Fraternitate. Item, duo Consilia (27)
data pro dicta Fraternitate contra Episcopum, in quibus consulitur
quod Episcopo nulla debetur quarta.

111. Quedam remissio quarte per dominum Mannum (28). Item,
remissio facta quarte per dominum Mannum episcopum Ameliensem,
ut patet manu magistri Angeli Lamoti de Tuderto.

112. Quedam sententia Laudi. Item, sententia Laudi lata inter
Martholucium et Mannucium et Petricciolum Cecchi: patet manu
ser Ciocii Pellegrini.

113. Quedam acta. Item, acta facta ad petitionem domine An-
dree uxoris olim Tasse Raynerii contra heredes dicti Tasse: patet
manu magistri Bartholomey Bucii.

114. Confessio dotis domine Petrucie. Item, confessio dotis do-
mine Petrucie filie condam ser Petri Folglani facta a Cecco Iannis de

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A 82 GIUSEPPE ABATE

Sancto Pancratio (29), dictus aliter Mureconi: patet manu Betaldi
Azzolini.

115. Quoddam testamentum eiusdem. Item, fecit testamentum in
quo reliquid heredem Fraternitatem Sancte Marie.

116. Quedam remissio Quarte. Item, remissio facta de quarta re-
lictorum Fraternitati predicte per dominum Fratrem Maurum Priori
dicte Fraternitatis: patet manu Iucoli Iorni.

117. Testamentum Egidii Bonumfantis. Item, testamentum Egi-
dii Bonumfantis: patet manu Celli Odonis.

118. Quoddam memoriale. Item, unum memoriale magistri Pe-
tri Andreutii, in quo continetur quod Silvester magistri Petri et
certi alii homines de Amelia sunt sui debitores.

119. Que omnia instrumenta sunt in quadam sacchetta, ubi est
scriptum de foris « hec sunt instrumenta bona ».

120. Quoddam preceptum contra Matheum Blazxii. Item, preceptum
factum ad petitionem ser Marini Celli Procuratoris Fraternitatis '
predicte contra Mactheum Blaxii de XXI florenis et de certa quanti-
tate grani et alterius bladi, scriptum manu ser Iohannis Raynucii.

121. Testamentum. domine Gilie. Item, testamentum domine Gi-
lie uxoris olim Mannis magistri Pauli, in quo quidem reliquid Frater-
nitati supradicte [....] omnium bonorum suorum, ut patet in actis
protocollorum magistri Galassi magistri Pauli: scriptum et publica-
tum manu ser Petri Lelli.

122. Testamentum Iohannis Colay Mactutii. Item, testamentum
Iohannis Colay Macthutii, in quo quidem reliquid quod casalena
ipsius posita in civitate Amelie, in contrata Collis seu Burgi, vendan-
tur per officiales supradicte Fraternitatis, et instituit sibi heredes uni-
versales Colaum et Mathutium suos filios, et si morirentur in pupil-
lari etate sine filiis, sustituit sibi Domum fraternitatis, ut patet manu
ser Ruberti Blancati.

123. Quedam donatio facta per Nacium. Item, quedam donatio
facta Priori dicte fraternitatis per Nacium Petri Ugoli Nacii de qua-
dam silva, iure cambii, pro uno lecto in servitio peregrinorum, ut
patet manu ser Dominici Mannis.

124. Particula testamenti Simeonis Gratie. Item, particula te-
stamenti Simeonis Gratie, in quo reliquid et legavit unum petium
STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 83

terre Fraternitati Sancte Marie predicte positum in contrata Podii, in
vocabulo Locolari, iuxta rem heredum Vitalis et viam et alios suos
confines: hoc modo quod Prior et Anziani Fraternitatis predicte de-
beant facere singulis annis perpetuo duos tinellos grani in pane paupe-
ribus et religiosis incarceratis et monialibus dare et dispensare pro
Deo et anima sua et parentum suorum, videlicet unum tinellum de
mense agusti et alium de mense novembris, et quod non possint nec
vendere nec alienare, ut patet manu presbiteri Thocii Luzzarelli.

125. Item, testamentum domine Francische matris et heredis
Iohannis Iacobucci domini Marchi, in quo quidam reliquid omnia
bona que remanserunt in hereditate dicti Iohannis sui filii, et insti-
tuit sibi heredem dictam Fraternitatem, ut patet manu ser Iohannis
Raynucii.

126. Item, quoddam testamentum Angnalaccii Saracini, in quo
testamento substituit Fraternitatem Sancte Marie in certis bonis:
scriptum et publicatum manu ser Cole Pinctoris, quod est penes Co-
laolum Monostii.

127. Item, quoddam testamentum Salvatelli Palini, in quo
istituit sibi heredem pro medietate dictam Fraternitatem, scriptum
et publicatum manu presbiteri Pellegrini.

128. Item, quoddam testamentum Lelli Cafay, in quo substi-
tuit sibi heredem post mortem Iohannis et Lelli suorum filiorum, si
morirentur sine filiis, dictam Fraternitatem, scriptum manu magi-
stri Galaxi.

129. Item, quoddam instrumentum donationis facte dicte Fra-
ternitati de omnibus suis bonis, subscriptum et publicatum manu
ser Bartholomey Cole iuxta Toctium Angeli.

130. Item, quandam donationem factam dicte Fraternitati per
dominam Caterinam Marchi Compe, ut patet manu ser Francisci
domini Angeli.

131. Item, quoddam testamentum Meneci Mannis Colay, in quo
istituit sibi heredem Fraternitatem Sancte Marie post mortem sue
uxoris, ut de testamento patet manu ser Geronimi magistri Petri.

132, Item, quoddam testamentum Iohannis Iacobucii domini
Marchi in quo substituit sibi heredem Fraternitatem Sancte Marie,
scriptum et publicatum manu ser Romani Pellegrini; et dictum te-
stamentum est in quadam cassa ipsius Fraternitatis, que cassa posi-
ta est in sacristia ecclesie sancti Francisci (30).

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133. Item, quoddam testamentum magistri Lelli Casoli, in quo
substituit sibi heredem, post mortem domine Romane sue mulieris,
in quibusdam petiis terrarum, ut de dicto testamento patet manu
[AI ser Angeli ser Stefani.
|] INI Il 134. Item, quoddam codicillum Lodovici magistri Merulli, in |
| iN quo reliquid domus suas dicte Fraternitati, ut patet manu ser Gra- |
WAT | bielis Nicole. j
WIE 135. Item, quoddam testamentum olim domini Raynaldi Andree |
| | Tofi, in quo reliquid dicte Fraternitati unam vineam et L. florenos
| auri, ut patet manu ser Francisci domini Angeli.

| | 136. Item, quoddam instrumentum donationis facte dicte Fra-
ili ternitati per Colucium Bucii et dominam Angelam eius uxorem de
III uno petio terre posito in contrata Culcelli, in voc. [.....] iuxta rem Ro-
ll | | berti Vannutii et rem Ripicini de Culcello, quod fuit olim magistri

| Lelli Casolis de Culcello: patet manu ser Pauli Ambrosi.

il) 137. Item, quoddam .testamentum Iohannis Iacobucii domini
| | Marchi, in quo substituit Fraternitatem Sancte Marie post mortem
| RN domine Francische sue matris, ut patet ex testamento dicti Iohan-
nis manu ser Romani Pellegrini. Notandum, quod testamentum dicti
Iohannis est in quadam cassa dicte Fraternitatis in sacristia dicte
ecclesie sancti Francisci de Amelia.

| | 138. Item, quoddam testamentum domine Ficate, uxoris olim
! ui il Iohannis Mastenetii, in quo substituit post mortem dicti Iohannis
BULL sui viri dictam Fraternitatem et ecclesiam sancti Augustini, ut pa-
i tet manu ser Pauli Iacobutii olim notarii.

i | 139. Item, quoddam testamentum domini Angeli Nardi, in quo
| | testamento substituit, post mortem Petri Marchi Compe, dominam
{il Catarinam eius sororem; post mortem dicte domine Catarine, si
moriretur sine filiis, substituit Fraternitatem Sancte Marie.

NOTE ALL’INVENTARIO II

(1) Collicello, a km. 14 da Amelia.

(2) Sismano, castello in territorio di Montecastrilli (Terni).

NA (3) Sipicciano, castello in territorio di. Viterbo, ma verso la valle del
iii Tevere. i
| (4) Giove, castello a 14 km. a sud-ovest da Amelia e sulla sinistra del.
Tevere. 1 i

(5) Deliberazione, sentenza del Consiglio della Città.
STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI

(6) Ms. err. ha Marasellus (cfr. Inv. I, 31-34).

(7) Ms. err. Cricchi.

(8) Nordo, nome piuttosto raro, che peró abbiamo trovato, anche in un
documento del 1160 (cfr. Inv. I, nota al n. 79).

(9) Verosimilmente questi era un «oblato» della Fraternita, poiché an-
che a tali oblati si dava il titolo di frater.

(10) Lagoscello, antico castello, ormai tutto diruto, sulla via Amelia-Avi-
gliano.

(11) Il fiorino era una moneta d'oro e anche di argento, chiamata dal
fiore, che v'era impresso. Il popolino era una moneta fiorentina di 40 gr. d'ar-
gento simile, nell'impronta e nella grandezza, ai fiorini d'oro. Si trova già
a Firenze nel 1305; valeva due soldi e ne occorrevano 20 per ogni fiorino
d'oro. Per segno di zecca aveva una stella. Il popolino di Roma, cominciato
nel 1252-55 a Roma era la frazione dodicesimale del grosso romanino.

(12) La deliberazione (Reformatio) del Comune di Amelia, con la quale le
possessioni della Fraternita vengono esentate da ogni gravezza fiscale, è sen-
za dubbio un autorevole riconoscimento delle pubbliche benemerenze della
Fraternita laicale di S. Maria.

(13) Castelfranco, località distante 5 km. da Amelia.

(14) Abbiamo già rilevato l'importanza di questa notizia, che viene a con-
fermare l'esistenza di una serie di ordinamenti della Fraternita anteriori a
quelli del 1355 pervenuti fino a noi e qui pubblicati.

(15) Non ci sorprende trovare usata in Amelia la parola Peruscius e
Perusinus come nome di persona, trovandosi già largamente adoperata nello
stesso senso in Perugia oltre un secolo prima: cfr. l'indice del Regestum Re-
formationum Comunis Perusii pubblicato da V. AnsIDEI in « Fonti per la Sto-
ria delPUmbria », Perugia 1935, vol. I (an. 1256-1260). Alla stessa maniera
troviamo in Amelia Amerinus (cf. Inv. I 65; II 86.109) e in documenti assi-
sani Assisanus, a Todi Tudinus, in Asti Astesanus.

(16) Mimoia, castello una volta esistito a circa 13 km. da Amelia. Al-
cune notizie su di esso si leggono in Dr Tommaso, op. cit., 44-45.

(17) Ms. err. Sossinano.

(18) Valle, in territorio di Sambucetole (Amelia).

(19) Bassanello, sulla destra del Tevere e a circa 12 km. da Orte. Fu pro-
babilmente il Castrum Amerinum, stazione della via Amerina.

(20) S. Giacomo il Minore, Apostolo e Vescovo di Gerusalemme, la festa
del quale sino al 1955 veniva ovunque celebrata il 1? maggio; ora invece e
assegnata al giorno 11 dello stesso mese.

(21) Cf. Inv. 1, 70-71.

(22) Contrada a 2 km. dalla Città, con chiesa ancora esistente nel 1573.

(23) Orvieto: a 48 km. da Amelia.

(24) Orte: a 14 km. da Amelia.

(25) Per quarta (canonica) qui s'intende la porzione dovuta alla chiesa
parrocchiale sui legati pii fatti dai parrocchiani defunti, ovvero sulle spese dei
loro funerali, in considerazioni dei sacramenti ed altre cose spirituali ricevute.

(26) Questo vescovo Mauro, O.S.B. era stato abbate di S. Prassede in
Roma. Resse la diocesi d'Amelia dal 1286 al 1321, anno in cui mori: cfr. C.
86 GIUSEPPE ABATE

EuBEL, OFM Conv., Hierarchia Catholica Medii Aevi, Monasterii 1913, edit.
II, 85.

(27) Consilium qui denota un parere di un avvocato.

(28) Manno degli Intermibili, amerino, el. il 6 sett. 1328, morto nel 1363:
EuBEL, l. c. Suo padre, Matteo, nel 1314 fu Capitano del popolo a Perugia
e nell'anno seguente Podestà in Gubbio: cfr. Dr Tommaso, 24.

(29) Ms. err. Plancatio. Di una chiesa rurale dedicata a questo Santo mar-
tire, ma allora in rovina, si ha menzione al 1573: cit. Visita Pastorale di Mons.
Lazzari. Tale contrada è a 9 km. dalla Città.

(30) Frequentissimo in quei secoli era l'uso di depositare nelle sagrestie
delle chiese conventuali, in casse ferrate munite di complicati e diversi ser-
rami, carte e documenti importanti sia. di Enti pubblici religiosi e civili, sia
titoli di possessioni, testamenti e oggetti preziosi (iocalia) di famiglie e persone
private. Per quanto, in particolare, riguarda le chiese francescane — nelle cui
sagrestie veniva assai di solito custodita anche l'urna del bossolo contenente
i nomi dei candidati alle cariche del Comune — numerosissimi sono gli esempi
che per i secoli xiu-xvi, si potrebbero arrecare anche limitando le indagini
alla sola Umbria. Ricordiamo solo la basilica di S. Francesco in Assisi, nella
cui sagrestia «secreta» non solamente la S. Sede teneva depositate le carte
piü importanti del suo ricco archivio e la sua biblioteca, ma anche la stessa
Città Serafica per qualche tempo vi volle custoditi i suoi documenti piü an-
tichi e più gelosi, mentre l'urna del bossolo la volle sempre conservata nella
basilica di S. Chiara.
STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI

VI - APPENDICE

E
Convenzione per un lascito (an. 1371).

In nomine Domini. Amen. Anno Domini MCCCLXXI, indictione
nona, tempore domini nostri domini Gregorii providentia divina
pape XI, mensis augusti die penultimo.

Appareat omnibus evidenter per presens publicum instrumentum
qualiter dicto tempore presente me notario et testibus infrascriptis. . .
quod cum inter Fraternitatem Laycorum beate Marie ex parte una et
dominam Suffiam uxorem Iacobutii magistri Francisci et Nennum
Fatii de dicto loco ex parte altera de et super quadam domo posita
in civitate Amelie in contrata Pusterole, iuxta rem dicti Nenni, rem
Luzzarelli de Machie et viam publicam esset lix et questio inter ip-
sas partes occasione cuiusdam relicti seu substitutionis facte dicte
fraternitati per Angelutium Petri magistri Raynucii de Amelia su-
pradicta in quadam sua ultima voluntate, de qua plene constat pu-
blico instrumento scripto manu ser Veraldi Andreucoli publici no-
tarii de Amelia: quare de ipsis litibus et questionibus praedicte par-
tes ad talem concordiam et conventionem pervenerunt, videlicet:
quod ipsa domina... retento sibi usufructu toto tempore vite sue. . .
dedit tradidit et donavit... discreto viro Amannato Piccoli de Ame-
lia sindico et procuratori... vice et nomine dicte Fraternitatis beate
Marie unum petium terre positum in tenuta Amelia, in contrata
Gructolis, iuxta rem heredum Fariselli, rem heredum Bucii Quinti
de Fornulo et viam. Item, aliud petium terrae positum in dicta te-
nuta, in contrata Gructolis supradicti, iuxta rem Benedicti Nuta-
relli (1), rem heredum Nicolai Mancie et murum castri Gructolis.. .
Ex adverso incontinenter dictus Amannatus sindicus et procurator...
nomine ipsius fraternitatis et in recompensationem supradicte do-
nationis, cum consensu et voluntate domini Benedicti Bucole de Ame-
lia prioris fraternitatis dicte, magistri Petri magistri Simonis, Be-
nedicti Nutarelli et Petri Mannis anthianorum fraternitatis... de-
dit concessit transtulit mandavit et remisit eisdem domine Suffie
et Nenno... omnia iura ipsius fraternitatis et actiones reales et per-
sonales...
88 GIUSEPPE ABATE

Actum fuit hoc in civitate Amelie, in logia ecclesie S. Marie de
Porta, presentibus ser Dominico Andreucoli, ser Mattheo Romanutii
et Petro Marchi testibus de Amelia ad predicta vocatis et rogatis,
et presente ser Veraldo Andreucoli publico de Amelia notario, qui
ad fidem omnium predictorum se subscripsit in testem.

Et ego Francischus ser Petri magistri Jacobi de Amelia, publicus
imperiali auctoritate notarius et iudex ordinarius et nunc notarius
supradicte fraternitatis, hiis omnibus et singulis suprascriptis inter-
fui rogatus, de mandato predictorum Prioris et Anthianorum in
presenti libro scripsi et publicavi et meo proprio et consueto singno
singnavi. EUR.

Signum consuetum mei [l.s.] Francisci notarii supradicti.

II.

Modifiche apportate agli Statuti della Fraternita nel 1405.

In nomine Domini. Amen. Anno Domini millesimo quadrin-
gentesimo quinto, indictione VIII, tempore santictissimi in Cristo
patris et domini domini Innocentii divina providentia pape VII et
die XVI mensis martii.

Consilio generali LX prudentum Virorum civitatis Amelie, de
mandato nobilis et strenui Viri Angeli Peri domini Iohannis de
Assisio honorabilis Vicarii civit. Amelie pro Sancta Romana Eccle-
sia et domino nostro domino Innocentio div. prov. papa VII, ad
sonum campane vocemque preconis in sala magna palatii Comunis
et Populi... in numero sufficienti convocato et congregato... pre-
fatus dominus Vicarius, cum presentia consensu et voluntate pre-

sentium dominorum Antianorum numero quinque, absente Andreu-

tio Petruccioli eorum sotio et collega, dixit et fecit propositam in-
frascriptam, videlicet:

Quid videtur et placet dictis Consilio et Consiliariis providere
deliberare ordinare et reformare super quadam supplicatione coram
eis exibita et producta... cuius... tenor talis est, videlicet:

«Coram Vobis Magnificis Viris dominis Vicario et Antianis
Populi civit. Amelie, pro parte fidelium servitorum M. V. Prioris
Antianorum et Officialium nuper Fraternitatis Laicorum... dicitur
exponitur et narratur, quod cum per crebram mutationem prioris
STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 89

et officialium dictae fraternitatis iuxta formam Statutorum dicte
fraternitatis, negotia et iura dicte fraternitatis ut plurimum indiscussa
labantur, et ob id ipsa fraternitas quamplurima gravia damna rece-
perit et recipiat, ac civium in ipsam fraternitatem devotio minua-
tur, et cura atque gubernatio eiusdem fraternitatis vestra et dicti
Comunis sit et esse debeat, supplicatur humiliter quatenus per Vos
et vestra Consilia dignemini ordinare constituere et creare unum vel
plures Sindicos in ipsa Fraternitate et negotiorum gestorem, cum
auctoritate administrandi ex exequendi iura ipsius fraternitatis, ut
Vobis et vestris Consiliis melius et sanius videbitur et placebit; — et
quod in casibus occursis et occurrendis... fiat ius summarium...
sine litigio strepitu et figura iudicii, sola facti veritate inspecta; et
et hoc, quamvis iustum et equum sit, petitur tamen per Vos fieri
de vestra benigna et speciali gratia ».

Super quibus omnibus et singulis *dominus Vicarius petiit a
dicto Consilio et Consiliariis pro dicto Comuni sibi sanum et utile
consilium exiberi.

Ser Beraldus Andreucoli unus de dictis Consiliariis... cum ob
reverentiam divini operis res hospitalium et aliorum piorum locorum
dicte Civitatis cum ordine et diligentia effectiva debeant fieri et ce-
lebrari, dixit et consuluit, quod Prior et Antiani dicte fraternitatis
fiant et eligantur pro tempore sex mensium in Consilio Generali dicti
Comunis, et quod presentes prior et antiani... debeant... in dicto
officio... pro tempore sex mensium, hodie inchoando Christi nomi-
ne et Matris Eius, stare et morari...; et quod in omnibus questioni-
bus causis et debitis dicte fraternitatis per dictum Vicarium et quos-
libet alios Officiales... fiat et fieri debeat summaria et expedita iu-
stitia..., et quod per ipsum dominum Vicarium et eius Curiam qui-
libet debitores dicte fraternitatis cogantur ad satisfaciendum. ..;
et quod omnes expense occurrende... cum ordine scribantur et dein-
de... legantur in Consilio generali dicti Comunis, et aliter dicte ex-
pense non admittantur.

In Reformatione cuius quidem Consili... misso partito ad
bussolas et palluctas... compertum est placuisse dictum et consi-
lium prefati Ser Beraldi consultoris quinquaginta uno Consiliariis. . .
qui eorum palluctas reddiderunt et miserunt in bussola alba « del
Sic », et ita victum obtentum et reformatum fuit, nulla in contrarium
reperta in bussola nigra « del non ».

- EDUFRMU CHEERS: 4

o RESI : AST.

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e s

GU PRU RU. SEVERE GIUSEPPE ABATE

ELI:

Nomina di Sindaci e Procuratori della Fraternita fatta dal Comune
di Amelia nel 1405.

. In nomine Domini. Amen. Anno Domini millesimo quadrin-
gentesimo quinto, indictione VIII, tempore sanctissimi in Christo
patris et domini domini Innocentii div. prov. pape VII et die XXIX
mensis martii.

Nobilis et strenuus Vir Angelus Peri domini Iohannis de Assisio
Vicarius antedictus, dominus Antonius Cole, Petrus ser Pauli, Paulus
Mathiactii, Iohannes Corradi et Barnabeus Iacobi quinque ex do-
minis Antianis Populi civitatis Amelie, absente Andreutio Petructioli
eorum sotio et collega, insimul convenientes in generali Consilio LX
prudentum Virorum dicte Civitatis in numero sufficienti in loco in-
frascripto... more solito congregato... qui Consiliarii omnes insi-
mul congregati de consensu... domini Vicarii et dominorum Antia-
norum... et maxime ob reverentiam beate Marie Virginis sub cuius
nomine sanctissimo dicta Fraternitas insignitur, ad requisitionem
Prioris et Antianorum dicte fraternitatis... constituerunt et crea-
verunt in universitatis dicte fraternitatis veros et legitimos sindicos
et procuratores actores factores et negotiorum gestores et certos nun-
tios speciales:

Egregium legum doctorem dominum Angelum Salvatelli
Dominum Per-Iohannem domini Iohannis

Dominum Antonium Cole

Nicolaum Iacobutii

Ser Franciscum Cellutii

Ser Iohannem Ser Filippi

Ser Iohannem domini Ruberti

Ser Ugolinum Iacobutii

Ser Paulum Iacobutii

Ser Lellum Dominici

Ses Franciscum domini Angeli

Ser Arcangelutium Cioli

Ser Gabriellem Nicole magistri Iohannis

Ser Iohannem Brancatelli, et

Antonium Blasii Farzate STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 91

omnes de Amelia, absentes tanquam presentes... in causa seu cau-
sis quam seu quas dictum Hospitale seu Fraternitas Laicorum...
habet vel habere intendit cum Zucio Bartutii de Amelia et generali-
ter cum quacumque alia persona comuni Collegio seu Universitate
ecclesiatica vel seculari in Curia Patrimonii beati Petri in Tuscia
et qualibet alia Curia tam ecclesiastica quam seculari coram reveren-
do in Christo patre domino domino Benedicto (2) Dei gratia episcopo
Feretrano Romandiole Thesaurario necnon Rectore et Gubernatore
provincie Patrimonii beati Petri in Tuscia.

Actum Amelie in sala magna palatii Comunis Amelie residentie
prefati domini Vicarii, presentibus sapiente et Iuris perito viro do-
mino Iohanne Putii de Spello, Ser Antonio ser Francisci de Gualdo,
Paulo Capiccie et Petrucciolo al. Guizzola Andreucoli de Amelia te-
stibus ad predicta vocatis habitis et rogatis.

Ego Andreas de Caritate (3) de Perusio publicus apostolica et
imperiali auctoritate notarius et iudex ordinarius et nunc cancella-
rius et notarius Reformationum dicti Communis Amelie predictis
omnibus et singulis, que supra manu mea scripta apparent, interfui
et ea rogatus scripsi et publicavi signumque meum apposui consuetum.

IV

Frammento di un memoriale (an. 1405).

In nomine sancte et individue Trinitatis. Amen.

Factum, super quo petitur Consilium, tale est: — Quidam boni
viri et legales layci civitatis Amelie, caritatis Spiritu moti, iam sunt
centum anni et ultra (4), ordinaverunt in civitate Amelie ad honorem
beate Marie Virginis quamdam fraternitatem laycorum quae vocata
fuit et hodie vocatur Fraternitas Sancte Marie :

Et quia principium dictorum virorum bonorum fuit in caritate
fundatum, dicta fraternitas augumentata est, et tam cives quam co-
mitatini ipsius civitatis, vidente elemosinas que in ipsa fraternitate
erogantur, in eorum ultimis voluntatibus de ipsorum bonis ipsi frater-
nitati relinquuntur, et quod predicti boni viri qui ipsam fraternitatem
ordinaverunt et deputaverunt quasdam domos in civitate Amelie sitas
ad usum pauperum et pro receptando pauperes peregrinos ibi occur-
rentes, et ordinaverunt in ipsis domibus lectos pro ipsorum pauperum

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Ut xe 92 GIUSEPPE ABATE

et peregrinorum quiete et ut ibi invenirent de victualibus necessa-
riis tam sanis quam infirmis, et, ut ipsa fraternitas salubriter pure et
legaliter gubernaretur et aptius pauperibus eorum preberetur su-
stantiam, ordinatum extitit quod ipsa fraternitas regeretur per Prio-
rem et [il seguito nel codice non fu mai scritto].

GiusEPPE ABATE O. F. M. Conv.

NOTE ALL'APPENDICE

(1) Il 18 febbraio 1362, l'amerino Nutarellus. quondam Masserucoli im-
poné al figlio, per testamento, di fabbricare una Cappella nella chiesa di S.
Francesco. Sono presenti all'atto i seguenti Frati Minori: Giovanni di Salvo,
Valente guardiano, Giacomo da Amelia, Tommaso di Fidanza da Todi, Gio-
vanni di Colaiolo da Amelia, Matteo di Davino da Terni, Benedetto di Paolo
da Amelia, Bartoluccio di mastro Pietro da Amelia, Nicoló di Angelo da Cor-
neto: Arch. Notar., Protoc. n. 3 di Tommaso di Farisello, f. 136.

(2) Il ms. ha solo una B maiuscola puntata; ma non c’è alcun dubbio che
venga cosi indicato il monaco Benedetto « de Monte Caesen. » che, eletto vescovo
di Montefeltro l'11 febbraio 1390 e nel mese successivo nominato Tesoriere della
Chiesa in Romagna e nella Marca Trabaria, dal 15 marzo 1405 faceva da Ret-
tore del Patrimonio di S. Pietro in Toscana: cfr. EUBEL, op.. cit., 247.

(3) Un Burgolus Caritatis e un Bandinus Caritatis, entrambi di Porta Sole,
negli anni 1259-60 facevano parte del Consiglio del Comune di Perugia: cfr. il cit.
Regest. Reform. edito dall'Ansidei, p. 116, 246, 250. Carità nei predetti casi
era solo nome; divenne peró cognome, come tanti patronimici, qualche secolo
dopo. Non é da escludere, che i Carità di Amelia siano d'origine perugina e di-
scendenti dall'Andrea «de Caritate» di questo documento.

(4) Non è inopportuno rilevare, che con i «cento e più anni » asseriti in
questo documento, viene ad affermarsi che l'Ospedale di S. Maria dei Laici
di Amelia venne istituito non dopo l'anno 1300.

EISE NIASETE TETI
STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI

VII - NOMI DI PERSONE E DI LUOGHI
MENZIONATI NEI DOCUMENTI

Stat. = Statuti — I = Inventario del 1349 — II = Inventario del 1355
Le cifre arabiche si riferiscono al numero marginale dei documenti

Acquavivola I 48.

Adelascia I 48.

Aegidius (vedi Gilius) I 31 59.

— Bonumfantis II 117.

Agnalaccius Saracini II 126.

Agnalellus Nicolai II 72 73.

— Zoli I 1. i

Agnaluculus Fatii fol. 1; II 102.

— Puücii II 101.

Agnalus Raynaldi II 79.

Agnalutius (vedi Angelutius).

Albertinus I 12 13 16; II 98.

Album (contr.) I 29; II 4 6.

Alcaronus de Urbe Veteri II 105.

Alfanus (vedi Fanus) II 54.

Amatrice: Stat. (Appr.).

Amatuccius I 69.

Amatus de Velta II 81.

Ambrosius II 136.

Amerinus Oliverii I 65

— Pauli II 86 109.

Ammannatus Piccoli Stat. (Appr.).

Amorosus Iutii II 4 106.

Andrea (vedi Andreocta).

Andreas I 62 64 81; II 96 98.

— Benvenuti II 42.

— de Caritate de Perusio (notar.)
App. III.

— Guidi Medici II 16.

— Pentiae II 7.

— Ruzzi I 26.

—. Tofì II 135.

Andreocta (al. Andrea), uxor Tasci
II 84 113. :

Andreola, uxor Ceccutii mag. Io-
hannis II 71.

Andreoccius Bonamanciae I 28.

Andreucolus App. I-II.

Andreutius I 82; II 10 118.

— Guidi Medici I 47 49.

— Petruccioli I 87; App. II.

Angela, uxor Colucii Pucii II 136.

Angelectus II 30.

Angelella, uxor Ceccarelli Ioli II 17.

Angelellus I 1.

— Manni I 82. -

Angelerius II 8 68 81 99.

Angelus Adelasciae I 48.

— Bartholomaei (notar.) I 80.

— Berardi (notar.) I 60; II 92.

— Cardinalis (notar. I 76 77; II
6 31 69.

— Cecchi II 9.

— — mag. Angelerii II 68.

— — Cambii (notar.) II 88.

— Contis (notar.) II 83-108.

— Qutioli Philipponi de Jano (no-

. tar.) Stat. (Appr.).

— Donadei I 36 63 74.

— de Foce II 44.

— Lamoti de Tuderto (notar.) II
112.

— Massarucoli (notar.) II 7 27.

— Nardi II 139.

— Peri d.ni Johannis de Assisio,
Vicarius civit. Ameliae App. II-
III.

— Salvatelli (legis doctor) App.
III.

— ser. Stephani (notar.) II 133.

— Tabernini de Viterbio (thesaur.
gener.) Stat. (Appr.).

— Zuzzali (notar.) II 1.

Angelutius Barbari I 46.

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x T LO + — mag. Johannis (Prior), f. 1; I 1.

— Occhinoctae I 47.

— Petri mag. Raynucci App. I.

Agnalutius Henrici II 98.

-Annibaldus Guidaroni I 62 74.

Antania (donna) II 50.

Antellus II 63.

Anthaimus II 43.

Antonius Blasii Farratae App. III.

— Colae (antian. populi) App. III.

— ser Francisci de Gualdo App.
III.

Aquilanum (contar.) I 18 21 75 82;
II 41 50 65 78.

Archangelutius Cioli App. III.

Arculanus (vedi Herculanus).

Arezzo Stat. (Appr.).

Assisi App. II-III.

Augustiniani Fratres I 80; II 28.

Asignanum (contr.) I 60 63 72 74;
II 11 91.

Astonum (vedi Planum Astoni).

Avideus I 75.

Azulus Iacobi I 1.

Azzolinus II 114.

Barnabeus lacobi (antian. populi
App. III.

Bartholellus Avidei T 75.

Bartholomaeus I 80; II 70.

— Colae (notar.) II 129.

— Iacobi de Porclano (notar.) II
58.

— Pucii (notar. I 44 82; II 35
62 63 84 92 113.

Bartholumucius Fimocii I 10-16.

Bartholus Stat. (Appr.).

— mag. Caroli (notar.) II 91.

Barthutius App. III.

Bassanello (castr.) II 89.

Bectus I 87.

Bencasonus I 18.

Benedictus Manciae (notar.) Stat.
(Prol.); II 10.

— Nutarelli (antian.) App. I.

— Pucciolae (prior. frat.) App. I.

Benencasa I 3 22 85; II 62.

— Albertini II 12 13 16.

GIUSEPPE ABATE

— Nicolae I 47.

Benvenutus II 42.

— mag. Petrutii (notar. II 102.

Berardus (al. Verardus, Beraldus)
I, 60; II 89-92.

— Andreucoli (notar.; consiliar.
Communis) App. I-II.

Bernardinus I 8.

Bernardus II 80.

Berucius II 54 (cf. Perusinus).

Betaldus Azzolini (notar.) II 114.

Bicchignanum (v. Vicchignanum).

Blasius II 120.

— Farratae App. III.

— Nicolae de Gruptolo I 77; II
14 15:23. :

— Pacis de Aretio Stat. (Appr.).

— Pucciatti II 21.

Boccafosca (vocab.) I 13-15.

Boccarinus Nordi (camer.) II 42.

Bonaccursius Iacobi I 51.

Bonagratia I 33; II 40-75.

Bonamancia I 28.

Bonamicus I 29.

Bonansegna II 61.

Bonconte I 15-16.

Bonifatius (v. Fatius) II 13.

Bonumfans II 117.

Bottarium (vocab.) I 48.

Branca Pantii I 67.

Brancatellus App. III.

Brancatus I 87; II 122.

Brunacius I 51.

Bucarus I 18.

Bucia (vide (Puccia).

Bucciarella (v. Pucciarella).

Bucciarellus, a.. Buzzarellus (vide
Pucciarellus).

Bucola (vedi Pucciola).

Burgum seu Collis (contr.) I 2 3,
55.56 08 74; TII. 122;

Cacciaguerra II 79.

Cafaus II 128.

Cagnus Steppi II 32.
Cambius I 2; II 27 40 88.
Cambucius I 53.

. Campo Letravi (vocab.) I 51.
es PECE RAS MITO RIZZI LIETA

STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 95

Canale (vedi Vallis Canalis).

Capiccia App. IIT.

Capocius I 1.

Caprucia I 78.

Caputaltus II 41.

Cardinalis I 3 53 76; II 6 31 69.

Cardonus Iohannis I 72; II 94 97
99.

Caritate (de) Andreas (notar. App.
III.

Carolus (mag.) II 91.

Carolus (dominus) I 70 71; II 100.

Casella Martini I 82.

Casole (contr.) I 50; II 27 133 136.

Castianelli (vocab.) II 15.

Casucia I 48 60 66.

— Benencasae I 3.

— Meliorecti I 30.

— Mellis I 66.

Castrum Francum I 72 96.

— Iovi II 22.

— .Novum I 78; II 19-20.

Cataldus de Foce I 87.

Catherina (S.) Virgo et Martyr
Stat. (Prol.).

— Marchi Compae II 130 139.

Cavone I 35 37 87.

Cecca Mactutii II 55.

— Nardi II 38.

Ceccarellus I 90.

— Angelelli I 1.

— Cresci II 38.

— Glorii domini Francisci de Mi-
noia II 76.

— ]oli II 17.

Cecchellus Colae, dictus Scibenga,
II 101-102.

Ceccus II 9 106 112.

—- Benvenuti II 98.

— mag. Angelerii II 9 68.

— Angeli II 30.

— Cambii I 50-53; II 88.

— Cerroni I 78.

— [annis, al. Mureconus, II 114.

— Martolini II 4.

— Nicoli (al. Nigoli, Ningoli) II
69 104.

— domini Petri I 57.

Ceccutius Ciappi (al. Zappi) I 80;
II 28.

— Florellae Lutii II 25.

Cecialus I 79.

Cellus (mag.) I 53.

— Gilii I 26-30.

— Oddonis (notar.) I 30; II 94
107 117.

— Petrocii Cacciaguerrae II 79.

— Sandarelli II 56 88.

Cellutius I 86; App. III

Cencius (mag.) I 75; II 66 67.

— Raynaldinae de Orte II 89.

— Raynerii I 33.

Cerrachius Benvenuti II 98.

Cerronus I 78.

Cesi (castr.) I 87.

Chera (vedi Kera).

Chisiastus I 91.

Ciamis (vedi Zamis).

Ciappus (al. Zappus) I 80.

Ciarcus (al. Zarcus) I 7.

Ciarfaglia II 56.

Ciocius I 6; II 14 83 94 95 102.

— Peregrini (notar.) II 3 106 112.

Ciocolarius I 20.

Ciolus (vedi Zolus) I 75; II 83-85:
App. III.

— Sanctucii II 45.

— Sudalis II 107-108.

Ciricanum (contr. I 80; II 28.

Ciutius II 49.

Clara II 32.

uxor Amerini Oliverii I 65.

Clarella I 85.

Clarente (mag.) I 60-74.

Clemens V (papa) I 30 66.

— NI (papa) I 1.

Clericus Angeli (notar.) I 52 58.

Cobucius II 22.

Cola (— Nicola) II 71-101 103 129;
App. III.

— Marthocii I 55-56-68.

-— Nicoli II 41.

— Pinctoris (notar.) II 126.

Colaolus Lelli Nercoli II 6 55.

— Manostii II 126.

Colaus (= Nicolaus) II 131.

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m — Iohannis Colai Mactutii II 122.
— Maretemani I 82.

— Zaponi I 82.

Colella (— Nicolella) Veracis I 58.
Collicellus (castr. II 2 136.

Collis (contr.; vide Burgum).

— S. Bartholomaei I 87.

— Vannelli I 38.

Colocius I 90; II 15.

Colucius II 136.

Compa II 130.

Conte I 21; II 83 108.

Conradus App. III.

— eO ncobr IE 1.

— Munaldi (notar.) II 82.
Contucius II 44.

— dominae Gaytae I 32.
Conventus S. Francisci I 80.
Crescenzon I 7.

Crescius de Canali I 69.

— Fulignatus I 50.

— Herculani II 27.

Criscius (al. Criccus) I 81; II 38.
Crux (vocab.) in castro Focis I 66.
Curilus II 57.

Delessus Angelecti II 30.

Dominicellus I 66.

Dominicus App. III.

— Andreucoli App.. I.

— Manni (notar. II 22 25 34 41
73 104-123.

Donadeus I 2 24 36 63 73 74; II
80[ 90.

— Bernardini I 8.

— Iacobi (notar.) I 24.

— lIacobi Bernardi II 80.

— "Pucciarelli (notar.) II 8.

Donadocius Nicolae, al. Marche-
sellus (vel Marasellus) I 31 34;
11335: i

Dux I 10 25 58.

Ecclesiae: S. Angeli de Ciricano II

28; =#Se=*Augustini Stat. -V. 2;
I 80 85; II 28; — S. Firminae (A-
mel) Stat. V; 2; 1-87; II-43 —
S. Firminae de Luchiano I 79; —

GIUSEPPE ABATE

» om rias

S. Francisci Stat. V, 2; I 80;
II 28 132 137; — S. Iacobi de
Reddere I 22 34 36 51; — S. Lau-
rentii I 28 80; — S. Mariae de
Monte Campano II 90; — S. Ma-
riae de Porta Stat. Prol. 1; App.
I; — S. Martini I 78; — S. Pan-
cratii II 114 — S. Pauli de Urbe
1.78; — S. Petri de- Urbe 1:78;
S. Secundi I 12; — S. Stephani I 35.

Falconeria Henrici Alfani II 54.

Fanus (vedi Alfanus) II 5.

Farisellus Martellini I 78 82 85;
ITI 18. 55; App. E

Farrata App. III.

Fatius (vedi Bonifatius) I 49; II
102; App. I.

Ficata, uxor lohannis Mastenetii,

:S3TES138.

Firmina (S.) Virgo et Martyr, Stat.
(Prol.).

Florella Lutii Nucii II 24-26.

Flos, filia Lutii Victorii II 103.

Foce (castr. I 8 9 64 66 87; II
101 102.

Fogliano II 114.

Fornole (contr.) I 23 45 87; II 80.

Forponte (contr.) I 22 26 27 32 38
42 43 67 87.

Foscus I 82.

Fossatellum (loc.) I 49 51.

Fossatum (loc. I 4 8 32 33 45 65
71; II 14 56 80 86 100.

Francisca, mater Iohannis Iacobu-
cii d.ni Marchi I 87; II 125 137.

— uxor Manni Colocii I 90.

— Nardi, uxor Andreae I 81.

Franciscus I 11-12-14; App. I-III.

— d.ni Angeli App. III.

— mag. Angeli (notar.) II 5 37 130
135.

— Cellutii I 86; App. III.

— []orni (notar.) I 65.

— de Minoia II 76.

— Nicolae (notar.) II 33.

— ser Petri mag. Iacobi (notar.)

App. I.
Fratres Minores I 66; II 9-68.
Frattuccia (Fractizola) I 69.
Fulignatus (vedi Crescius).
Futius Ducis I 10. -

Gabriel Nicolae (notar. II 134.

— — mag. Iohannis App. III.

Galassus mag. Pauli (notar. I
37 38 46 51 53 78; II 61 121 128.

Galganus I 18; II 83 107.

Gayta I 32.

Gerardocius Brunacii I 51.

Gerardonus I 34.

Gerarducius Nicolai I 27.

Gerardus Bonifatii (notar.) II 13.

— Planulae I 6.

Gezzi (vocab.) I 87.

Giano (castr.) Stat. (Appr.).

Gilia, uxor Manni mag. Pauli II
121.

Gilius (= Aegidius) I 26.

— (Colae Nicoli, al. Rubeus, II 41.

— Gurdi I 25.

— Todini I 30.

Giliutius Avidei I 75.

Glorius d.ni Francisci II 76 77.

Golata, uxor Gilii Todini I 26 30.

_ Gratia Stat. (Prol) I, 1; II 124.
— Petri II 31.

—- Puccii presbiteri Simeonis II, 42.

Gregorius I 68; II 101.

— (notar.) I 22 23; II 79.

— XI (papa) App. I.

— Bonagratiae I 33; II 40-75.

— Jannicelli (prior) II 6.

— Petri I 76.

Griscia (= Criscia) I 4.

Gructulum (castr.) I 77; II 14 15
23.39; App...

Gualdo App. III.

Guiccio (presbit.) II 93.

Guidaronus I 62 74; II 1.

Guidocta, uxor Medici I 45-46.

Guidus Cioli II 85.

— Fatii I 49.

— Medici I 47; II 16.

— Setammentis I 31.

STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI

Guillelmus I 50.
Guizzola App. III.
Gurdus I 25.

Henricus I 11; II 82 98.

— Alfani II 54.

— Petri I 84.

Herculanus II 27.

Hermilia (= Milia ?) I 47.

Hieronymus mag. Petri (notar.)
TIG131:

Hospitale S. Secundi I 12.

— S. Spiritus de Urbe I, 75 76 87.

Iacobellus Francisci I 11 12 14.

— Thebaldi I 15.

Iacobinus Colocii II 34.

— Thebaldocii II 48.

Iacobucius I 2-87; II 138; App. III.

— Donadei I 74.

— mag. Francisci App. I.

— d.ni Marchi II 125 132 137.

— Somei Cioccolarii I 20.

Jacobus I 12 24 33 87; II 1; App.
III.

— Bartholomaei II 70.

— Bernardi II 80.

— Marsiliae II 78.

— Nicolocii (notar.) II 86-100.

— Nuti I 73; II 107.

— Nuti d.ni Nordi II 90.

— Pauli (notar.) I 54.

— Romanus (notar.) II 52.

— Zachariae I 63-74.

Iannellus Manni I 66.

Iannes (Iohannes ) I 74; II 85 114.

— Henrici II 82.

— [utii I 52.

— Nati I 83.

Iannicellus I 78; 6-95.

Ianum (vedi Giano).

Incarceratae (sive Reclusae) II 124.

Innocentius VI(papa) Stat. (Appr.)

— VII (papa) App. II-1II.

Iohanna, soror Cardonis et uxor
Raynaldi de Tuderto I 11 72;
II 97 99.

Iohannella I 60.

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98 GIUSEPPE ABATE

-Iohannellus II 42.

Iohannes (S.), Apost. et Evang.
Stat. Prol.

LI E7194; App. III.

— Amati de Velta Iovencani II 81.

— mag. Andreae II 96.

— Benencasae (prior) II 96.

— Brancatelli App. III.

— mag. Celli I. 53.

— Colai Mactutii II 122.

— Conradi (antian. populi) App. III.

— Gilii I 59.

— Henrici I 11-12.

— ]acobucii d.ni Marci I 86; II
137.

— ]annicelli I 78; II 18 20.

— Lelli Cafai II 128.

— Mastenetii II 138.

— mag. Pauli Stat. (Prol.).

— Pellegrini Carlini I 87.

— ser Philippi App. III.

— Putii de Spello (iuris peritus)
App. III.

—.Raunucci (notar.) I 87; II 120-
125. i

— d.ni Roberti App. III.

— Sempereni (notar.) II 11.

— Silvestri I 1-79.

— presbit. Simeonis (notar.) I 17.

| — Ufreducialis (notar.) II 42.

Iohanninus I 73.

Iolus II 17.

Ionta I 79; II 43.

— Jacobi I 87.

Iordanus Orsini (capit. et rect. ge-
ner. Patrim. S. Petri) Stat. (Appr.)

Iornus I 65; II 116.

Iovencanus II 81.

Iucolus Iontae I 79; II 43.

— ]orni (notar.) II 116.

Iutius (= Giliutius) I 52; II 4 106.

— Cardinalis I 153.
Kera Gerardocii Brunacii. I 51.
Lacta, uxor Blasii Nicolae de Gruc-

*tolo T 77; 11:23: 37:3D0t
Lacus Vetus I 28.

Lagoscello II 44, 72.

Latina, uxor Celli Sandarelli II
56 59 60 88.

Legua I 79.

Lellus I 87; II 15 121.

— Andreae II 51.

— Bencasoni I 18.

— Cafai II 128.

— Casoli de Culcello II 133 136.

— Casuciae I 60.

— Ceccarelli (notar.) I 90.

— Cioli I 75.

— Dominici App. III.

— Lelli Cafai II 128.

— Nercoli II 6-29.

— mag. Petri de Urbe (notar.)
TI36:

— Thebaldini Mutati II 50.

Leonardus (vide Nardus).

— Guidaronis II 1.

— de Orte (notar.) I 70.

Locolarum (vocab.) II 124.

Ladovicus mag. Merulli II 134.

Lonterium (vocab.) I 82.

Luchiano (contr.) I 79-82; II 43 86

Lutius II 2.

— Capocci I 1.

— Nutii II 24.

— d.ni Petri I 57.

— Victorii II 103.

— Viviani I 32.

Luzzarellus I 81; II 38 124.

— de Macchie App. I.

Maccabia (mag.) I 64.

Macchie (contr.) I 61 74 76; II 31;
App. I.

Macchucolus II 36.

Macine (contr.) I 68.

Mactitius II 55 122.

— Iohannis Colai Mactutii II 122.

Mancia (Stat. (Prol.); I 1 4; II 10;
App. I.

Mandrianum (co ntr.) I 82.

Mannucius I 51 53.

— Cecchi Nicoli II 69 104 112.

— Clarellae I 85.

— Qolocii II 15.

TT TETTI Mannus I 66-82; II 34 104 123.

— Clarae II 32 33.

— Colai II 131.

— Colocii I 90.

— episcopus Amelien. II 111.

— mag. Pauli (antian. et proc.
Fraternitalis) I 71; II 121.

Manosia (= Mannocia) II 91.

. Manocius Colae II 71.

Manostius II 126.

Marclanum (contr.) I 49.

Marchesellus (vide Donadocius).

Marcutius Colae II 71.

Marcus II 6 125 132; App. I.

— Compae II 130 139.

— Criscii I 81; II 38.

Maretemanus I 81.

Margarita Alcaroni de Urbe Veteri
II 105.

— Amorosi Iutii II 106.

Marinus Celli (procur. Fratern.)
Stat. (Epil.); II 120.

Marsilia (mulier) II 78.

Marthocius I 55 56.

— de Monte Nigro I 68.

— Petri I 17.

Martholus I 23.

Martinocius Iannis I 74.

Martinus I 82.

— mag. Bartholomaei Stat. (Epil.).

— Manni I 66.

— Petri I 55.

— Prior II 109.

Martolinus II 4.

Martolucius Cecchi II 104 112.

— Cecchi Nicoli II 69.

Martone (voc.) I 87.

Massarocius (vel Massarucolus) I
42 59 72 87; II 27.

Martenetius II 138.

Mastrutius Palli Stat. (Prol.).

Matthaeolus Cecchi Nicoli II 104.

— Ciutii II 49.

Matthaeus II 50.

— Angelecti II 30.

— Blasii II 120.

— mag. Iannis I 1; II 85 86.

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STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI . 99

— Romanutii Zpp. I.

Matthiatius App. III.

Maurus (episc. Amelien.) II 109 116.

Medicus I 46 47; II 16.

Mellis I 66.

Meliorectus I 30.

Menecus (— Dominicus) Manni Co-
lai; EE. 31:

Merullus II 134.

Michael Raynucoli I 80.

Michilotta d.ni Raynaldi de $So-
smano II 12.

Milana, uxor mag. Cencii I 75; II 65.

Milia d.ni Caroli I 70 71 (vedi Her-
milia)

Mimoia (castrum) II 76.

Minores (Fratres) I 80.

Mona mag. lacobi I 33.

Monaldus II 82.

Monasteria: S. Angeli Ciritani I
80; — S. Manni I 80; II 28; —
S. Stephani I 80; II 28 79.

Monte Campano (castr.) I 82; II 90.

— Nero (contr.) I 10 15 81; II 28
38.

— Piglio (contr.) I 34.

— Salisciano I 87.

Montorio (oppid.) I 57-58.

Moschetus II 32.

Mureconus (vedi Ceccus Iannis).

Mutatus II 50.

Nacius II 123.

— Petri Ugoli Nacii II 123.

Nallus Sinibaldi I 63 74.

Nardus (= Leonardus) I 43-81;
II 70-139.

— Donadei II 80.

— Lutii II 2.

Narni I 66.

Nennus Fatii App. I.

— Simoncelli I 87.

— Nercolus II 6 29.

Neretonus I 60.

Nicolaus (al. Nicola): I 27 47 76;
II 14 31 35 39 72 91 134.

— Amatucci I 69.

— Iacobutii App. III.

— de Nursia (notar.) II 64.

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100 GIUSEPPE ABATE

— mag. Iohannis App. III.

— Manciae App. I.

— Petri de Fratizola I 69.

— Petri Iohannis Silvestri (notar.)
I 79; II 4 43 50 54

— Petri Silvestri Pentiae (notar.)
II 4 43 50.

— de 'Tuderto (notar.) II 13.

Nicolinus II 28.

Nicolocius II 33 86.

Nicolucia, uxor Pellegrini I 91.

Nicolus II 41-47-69-104.

Nigolus, Ningolus (Nicolus) II 104.

Ninus II 13.

— Bonamici I 29.

— D.ni Petri de Sosmano II 87.

Nocchiosus I 77; II 39.

Nocius Cardinalis I 3.

— Moscheti II 32.

Norducius Donadei I 24.

Nordus II 42-90.

Nuta Lelli Thebaldini II 50.

Nutarellus App. I.

— Caputalti II 41. .

Nutius (al. Nucius) barberius II 24.

— Colae II 71.

Nutus I 73; II 59 107.

— d.ni Nordi II 90.

— Petri Nicolae II 91.

Occhinocta I 47. ì

Oddo (notar.) I 16 30.

— II 94 107 117.

Offreducius (vedi Ufreducius).

Olimpiades (S.) Martyr: Stat. (Prol.)

— I 87; II 11.

— mag. Massaei, leg. doct. (prior)
Stat. (Prol.); I (Prol.).

Oliverius I 65.

— mag. Galgani II 8 3 107.

Pancratius (S.) II 114.

Pantius II 28.

Paulus Antonii (notar.) I 91.

— Capicciae App. III.

— Foschi I 82.

— Iacobutii (notar.) II 138; App.
III.

— Manciae I 1.

— Matthiatii (antian. populi)
App. III. ;

— de Narnia (notar.) I 66.

— Paulutii (notar.) I 51.

— Paulutii Neretonis I 60.

— Similecti I 17.

Paulutius Macthucoli II 36.

— Neretonis I 60.

Pellicciarius I 81.

Pentia II 4-7.

Peregrinus (al. Pellegrinus) II 3
106 137.

— Chisiastici I 91.

— d.ni Cioici II 14 102.

— presbiter (notar. I 89; II 127.

Perugia App. III.

Perus d.ni Iohannis de Assisio II-
III.

Perusinus (al. Peruscius; mag.) I
21-22; II 54-75.

Petrocius Cacciaguerrae II 79.

— Manciae de Porchiano (oblatus
Fraternit.) I 4.

Petruccia Petri Fogliani II 114 115.

— Puccii Cambii II 40.

Petrucciolus (al. Petruzzolus) App.
II i

— Benencasae I 85.

— Cecchi II 112.
al. Guizzola Andreucoli App. III.

— Hermiliae I 47.

— Nardi II 70.

Petruccius II 102.

— Angelutii Occhiutae I 47.

— Contucii II 44.

Petrus I 17 53 56 59 76 84; II 40
131:

— de Amatrice (iudex) Stat. (Ap-
pr.).

— mag Andreae (notar.) II 97.

— Andreutii (mag.) I 82; II 10 118.

— Antelli II 63.

— mag. Bartholomaei (notar.) II 28.

— Benencasae II 62.

— Bonasegnae II 61.

— Cecchi Nicoli II 69.

— Donadei I 73; II 90.
STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 101

— Fogliani II 114.

— De Fractizola I 69.

—- mag. Gregorii (notar. II 101-
103-105.

— mag. Iacobi App. I.

— Iohannis Silvestri I 1-79.

— Lelli (notar.) I 78; II 15 20 23
29 71 121.

— Manni (antian.) App. I.

— Marci App. I.

— Marci Compae II 139.

-—— Martholi I 29.

— Massarocii I 42 72.
— Nicolae II 91.

— Panciani I 87.

— ser Pauli (antian. populi) App.
III.

— mag. Petri I 78.

— prior S. Laurentii (notar.) I 3 80.

— Raynerii II 59.

— mag. Raynucii App. I.

— Sigizzi I 30.

' — Silvestri Pentiae II 4.

— mag. Simeonis (notar.; antian.)
I 75; II 9-53-65; App. I.

—.de Sosmano II 87.

— Ugoli Nacii II 123.

— d.ni Ugolini de Sosmano II: 81.

— de Urbe II 36.

Petrus-Iohannes d.ni Iohannis App.
FIL

Petruzzalus Gerardoni I 34.

— Grisciae I 4.

Philippus (ser) App. III.

‘— Piotae I 27.

Piccolus App. I.
Pilignanum (vocab.) I 42 43.
Pinctor (vide Cola) II 126.
Piota I 27.

Plagula (vocab.) I 40 41.
Planula I 6.

Planum Astoni II 56. 58.
Platum (contr.) II 78.
Plenutius II 4.

Pleveria II 91.

Podium (contr.) II 124.
— Canalis I 69.

Pons (contr.) I 19.

Porcelli (contr.) I 52 54 57; II 40.

Porchiano (castr.) I 4: II 56 57 105.

Pressanus Iacobutii I 2.

Primeria Zamis I 21.

Publica (contr.) I 39.

Puccia, uxor Cecchi Martolini Il 4.

Pucciarella Lelli Nercoli II 29 30.

Pucciactus (al. Puzzactus) mag.
Petri de Sipizzano II 21.

Pucciarellus II 8.

— Plenutii II 4.

Pucciola (Bucola) App. I.

Puccius (al. Putius) I 44; II 35 62
63 84 92 93 113 136.

— Cambii (prior) II 40.

— Cecchelli Colae II 101.

— Clerosae I 5.

— Guidi Fatii I 49.

— Nardi I 43.

-— Nicoli II 47.

--- Petri de Macinis I 68 82.

--. presbiteri Simeonis II 42.

— Quinti de Fornulo App. I.

— de S. Ianne II 105.

Pusterola (contr.) I 30-31.

Quintanum (contr.) II 86.
Quintus App. I.

Rambertinus I 20-56.
Raynaldichia de Orte II 89.
Raynaldus I 82; II 79.

— (notar.) II 95.

— Andreae Tofi II 135.

— Gerardi Planulae I 6.

— de Montorio I 57 58.

— de Sosmano II 12.

— de Tuderto II 11 72.

— d.ni Ugolini II $1.
Raynerius I 33; II 59 92.

— Mellis (presb.) I 66.

— Simeonis (oblatus) I 4 9.
Raynuccius I 40-84-113; App. I.
— Petri I 40 41.

— de Publica I 39.
Raynucolus I 80.

Reclusae (sorores) I 80; II 28.
Richardus Iannicelli II 95.

luo X DE: © ca TY SEE SIE GE 7
102 GIUSEPPE ABATE

— Ugolini I 23.

Rigumicciale (vocab.) I 32.

Ripicinus II 136.

Risa de Canali (soror incarcerata
seu reclusa) I 19.

Robertus (mag.) I 59-63; App. IIT.

— Agnalucoli Stat. (Epil.).

— Brancati (notar.) II 122.

— mag. Clarentis I 60 74.

— mag. Maccabiae I 64.

— Ugolini I 82.

— Vannotii II 136.

Roma (vide Urbs).

Romana (vide S. Romana)

— uxor Lelli Casolis II 133.

Romanus II 52.

— Peregrini (notar.) I 87; II 132.

Romanutius App. I.

Rosa Valli. I 79; II 43.

Roscianum (contr.) I 47; II 89.

Rotae Lacus Veteris (contr.) I
28; II 44.

Rubeus (al. Gilius Colae) II 41.

— (vide Rusciolinus).

— ]acobi Zachariae I 12 63 74.

Rusciolinus Rubei II 7.

Ruzzus I 26.

Sabinus mag. Gregorii (notar.) I 68.

Salvatellus Palini II 127.

Salvatus (al. Vatus) II 38.

— Colai Stat. (Epil.).

— Nuti (notar.) II 59.

Spagliae (notar.) I 19; II 90.

Salvuccius d.ni Episcopi II 16 73 79.

Samperinus Panzi II 28.

— Zucii I 82.

S. Romana (loc.) II 103.

Sanctella Pucciacti II 21.

Sanctorus Colae, de Trevio, Stat.
(Appr.).

Sanctuccia II 22.

Sanctuccius II 45.

Sandrus Capruciae I 78.

Saracinus II 126.

Schibenga (vide Cecchellus Colae)
II 102.

Sciana II 60.

Scloppetum (vocab.) I 36.
Scudarellus de Porclano II 56 88.
Semperenus (v. Samperinus).
Senzanum (vocab.) I 33.
Serucolus II 86. |
Setammante I 31.
Sibilia d.ni Francisci, de Minoia,
T1177: ; )
Sigizzus I 30.
Silvester I 1-79.
— mag. Nicolae I 76; II 31. |
— Pentiae II 4. |
— mag. Petri II 118.
Simeon I 4 9 75.
— (presbiter) I 17; II 42.
—c: Gratiae Stat. ProL; I 1; II. 124.
— Verardi de Bassanello II 89.
Similectus I 17.
Simocius I 10 16.
Simon II 9 53 78.

J. Simoncellus I 87.

Sinibaldus I 63 74.

— Fuzzali de Canali I 73.

Sipizzano (loc.) II 21.

Somarellus Peruscii II 54.

— de Rosciano II 89.

Someus Cioccolarii I 20.

— Petri Martoli I 23.

Sosmanum (loc.) II 12 81 87.

Spaglia II 90.

Spello (civit.) App. III.

Spiritus (S.) de Urbe (vite Hospi-
tale)

Stephanus II 133.

— mag. Barthomaei (notar.) II 48.

— Benencasa I 22. i

— de Luchiano I 79 ; II 43.

— de Luchiano I 79; II 43.

Steppus II 32. Î

Stibium (vocab.) I 87. |

Sudalis II 107. )

Suffia, uxor Iacobucii mag. Franci-
sci App. I.

Tascionus (al. Tascius, Tassa) Ray-
nerii II 84 92 113.

Terentius Lelli I 87.

Thebaldinus Mutati II 50.


p

STATUTI MEDIOEVALI E INVENTARI 103

Thebaldocius Aegidii I 31.
Thebaldus I 15.

— Albertini (notar.) II 98.

— Bucari I 18.

— Rambertini (notar.) I 3 20 56.

"Thoctius (al. Tocius, Thozzius) An-

geli (notar.) II 130.

— Curili II 57.

— Luzzarelli (presb.; notar.) Stat.
(Prol. ed Epil.); I 81; II 38 45
124.

Thomassus Fariselli (notar. I 82
84; II 55.

Thommasucius Manosiae II 91.

Todi I 72; II 11.

Todinus I 30.

Tofus II 135.

Tortoglius Puccii de S. Ianne II
105.

Totanum I 78; II 7 18.

Trentus Fanus II 5.

Trevi Stat. (Appr.).

Trisignanum (contr. I 5 6 73 75;
II 80 83 90 107 108.

Tuccinus Raynucii I 84.

Tudertum (vedi Todi).

Tudinellus Benencasae Nicolae I 47.

Ufreducialis II 42.

Ufreduccius I 76; II 15.

— Ducis I 25.

— Raynaldi de Montorio I 57 58.
Ugolinus I 23.

— d.ni Ciocii I 50.

— Cresci de Canali I 69.

— Donadei I 2.

— Galgani I 18.

— lIacobutii App. III.

— de Sosmano II 81.

— d.ni Ufreduccii I 76; II 31.
Ugolus Nacii II 123.

Urbs (— Roma) I 75 76 87; II 36.
— Vetus (Orvieto) II: 105.

Ursus (v. Iordanus Orsini)..

Vallis (contr.) II 42 85.
— Canalis I 19 54 61 69 74.

— Cupa I 26 37 67.

— Meletolae I 78.

— Ripae sive Cupa I 26.

— Surripa I 27-59.

Vallus I 79; II 43.

Valluccius d.ni Nini II 13.

Vannella (Iohannella) Ceccutii mag.
Iohannis II 71.

Vannellus I 38.

Vannotius II 136.

Vannutius de Foce II 5.

— Massarucoli I 87.

Varignanum (contr.) I 35 79; II 43.

Vassanellum (Bassanello) II 89.

Vatellus Ranaldi I 82.

Vatus (vedi Salvatus) I 82.

— Cioli Sudalis II 83.107 108.

— Nicolai I 61 74.

— Nocii Moscheti II 32.

Vectus (vedi Bectus).

Ventura Guidaroni II 1.

Venturella (barberius) I 59.

Veraldus (vedi Berardo).

Velta Iovencani II 81.

Verax I 58.

Vertulinum (vocab.) I 77.

Vicchignanum (contr.) I 7 1

Victorius II 103.

Vitalis II 124.

— Andreae I 62 74.

— de Canale I 54.

Viterbo Stat. (Appr.).

Viterbutius mag. Angelerii II 81 99.

Vivianus I 32.

Vriglianum (contr.) I 84.



f.

Zacharia I 63-74.

Zamis (al. Ciamis) I 21.
Zapponus I 29-82.

Zappus (al. Ciappus) I 80; II 28.
Zarcus (al. Ciarcus) I 6 7 45.
Zolus (vide Ciolus) I 1.

— Iohannini I 73.

— Pantii I 45.

Zuccante mag. lacobi I 87.
Zucius I 82.

— Barthucii App. III.
Zuzzalus II 1.

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Note e documenti

NOTIZIE SULLA DIRUTA ABBAZIA
DI SAN NICOLÓ IN SANGEMINI

Là dove lantica Flaminia, divenuta da una ventina d'anni
strada statale Tiberina, lasciando la verde conca di Terni per salire
ad Acquasparta, ne raggiunge il ciglione, viene incontro, a chi si
avvii verso Todi e Perugia, l'abitato di Sangemini. Le case nuove
debordano ormai dal doppio ordine di mura che le chiudevano (le
più esterne in certo modo recenti, le più interne in parte almeno ro-
mane) e il tracciato ancor nuovo della strada le lascia, e con loro la
porta del paese che si adorna dello stemma dei Santacroce, e descrive
un'ansa circuendo il giro esterno delle antiche mura. E qui, al di là
della strada, in una propaggine del colle grande sul quale sorge il
paese, fa mostra di sé, pittorescamente, quanto resta di una antica
abbazia dedicata a San Nicoló, santo assai presente in tale parte
dell'Umbria se, per non andar lontani, abbiamo una chiesa di San
Nicolò a Collescipoli, un'altra a Stroncone ed una (abbattuta non dalle

bombe) sotto il titolo di San Nicolò in viis divisis sorgeva entro Terni.

L'abbazia è oggi ridotta ad un insieme di fabbricati che, per
essere in pietra viva e per le rotte sagome un po’ turrite, lasciano
indovinare il complesso abbaziale: il quale guardava su una corte,
sul cui fianco era la chiesa. La corte è ancor oggi chiusa sul davanti, in
continuazione del muro del più avanzato dei fabbricati, da un alto
muro in pietrame che ha un grande portale rettangolare con stipiti in
pietra squadrata sormontati da un massiccio architrave, con stemmi
scolpiti di carattere rinascimentale. A tale muro segue, più alta, sem-
pre sulla stessa linea, l'antica facciata della chiesa e, dall'altro lato
sul medesimo filo, quanto resta della torre campanaria. L’interno della
chiesa, scoperchiato, era un tempo a tre navate spartite da arcate
a pieno centro costruite in pietra lavorata, girate su robuste colonne
(alternate ogni tre con pilastri a corsi di pietrame regolari) sormon-
tate da capitelli a fusto, di tipo romanico, gli uni differenti dagli altri.

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75

N N P Y JN Imt THEE 106 PIERO GRASSINI

BI La facciata, costruita a ricorsi di grandi pietre squadrate a faccia li-
| scia, è suddivisa orizzontalmente da una cornice lavorata poggiante
su mensolette, simile a quelle che nel Duecento s’incontrano in molte |
chiese romaniche umbre: e termina, ancora orizzontalmente, con una )
IET cornice un po' piü ricca, in cotto peró, e sconnessa, e che non appog-
gia tutta su muratura a conci regolari ma, ai lati, particolarmente
verso l'abbazia, su muratura di pietrame informe. La apparenza, che )
si avrebbe, di una facciata del tipo abruzzese terminata in piano nel-
| li l'alto, non é quindi forse da ricondursi all'aspetto originale.
"WE : La gradinata, che doveva estendersi a tutta la facciata come lo
B mostra, nella zona basamentale, l'assenza di paramento, é sparita.
WELL La facciata é dunque mutila ed in essa, che risulta ancora fiancheg-
ill giata dalla robusta torre campanaria, oltre ad una porticella rettan-
1 golare dal lato del complesso abbaziale, si apriva un portale che il
d Lanzi (1) definiva mirabile « per ricchezza di ornamenti e per origina-
M lità di stile » aggiungendo che « tra i nostri monumenti non si ha forse
Il | ill alcun altro che possa vantare un portale più interessante e più bello,
i per finezza di tecnica e per singolarità di decorazione ». Di tale por-
MI li : tale è, nel detto volume del Lanzi, una documentazione fotografica
B cui ci si deve ricondurre per ricordarlo dato che gli elementi ornamen-
tali sono stati trasportati in America e oggi il vano é murato. Già
8 per altro nella fotografia di poco precedente il 1910 il portale era mu-
N | ill 2 rato: da esso sporgevano in basso due leoncelli romanici, sui quali
| il poggiavano stipiti marmorei, larghi ciascuno circa un terzo del vano,
fil) su cui insisteva un alto architrave pure di marmo, tutti assai ben lavo-
rati a fogliami e viticci e tralci con motivi classicheggianti: quello di
sinistra con disegno a tutta larghezza, quello di destra spartito verti-
calmente con due disegni, a losanghe l’uno, a tralci l’altro: l’archi-
| trave era già spaccato nel mezzo. Sopra l'architrave, il giro di un arco
NI Il a tutto centro esterno agli stipiti chiudeva il disegno romanico del
| portale, con la lunetta rotonda nuda di ogni decorazione, come già
fosse stata spogliata, e riempita invece di grezza muratura. In alto,
fra le due cornici orizzontali della facciata, coassiale al portale ma non
| al centro della facciata, si vedono le traccie di un occhio rotondo che, ;
| per essere cieco non dice se fosse occhio o rosone, riquadrato in marmo
T EM bianco liscio, con tracce esterne di decorazione cosmatesca.
3 il La facciata mostra una forte lesione verticale, che spezza la cor-
|
|
|

nice intermedia e spezzava pure l'architrave del portale come se la
parte destra della facciata si fosse abbassata. Sul lato destro, a ren-
dere dissimmetrica la posizione del.portale, più vicino a questo che

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NOTIZIE SULLA DIRUTA ABBAZIA DI SAN NICOLÒ IN SANGEMINI 107

non all’opposto fianco della chiesa, alla facciata si appoggia la torre
campanaria, assai larga, costruita tutta in muratura viva di pietrame
a faccia grezza, a piccoli ricorsi, con gli angoli in pietra lavorata anche
nel tratto contiguo alla chiesa dalla quale venne, pertanto, separa-
tamente costruita. La torre è, a tergo, crollata: sul fronte, la torre è
piena, salvo feritoie, sino a tutta l’altezza attuale della facciata, sulla
quale sovrasta con una parte alleggerita da due sfinestrature ad arco
tondo. Immediatamente sopra a queste, aperte sul cielo, una prov-
visoria accimatura a timpano sembra ridurre la torre ad un semplice
campanile a vela.

Nella sua superstite apparenza attuale, all’interno, la chiesa
scoperchiata è ridotta a due navate essendo il primitivo muro esterno
a destra di chi entri, verso la valle, crollato. All'evidente fine di far
sussistere la chiesa, la si ridusse di ampiezza e, in corrispondenza del-
l'antica separazione fra navata centrale e navata destra, venne co-
struito un nuovo muro perimetrale in pietrame, che include le colonne
e chiude con muratura le varie arcate. Il pavimento non si ravvisa più
sotto leerbacce: qualchetraccia di affreschi primitivi si nota sulle pareti.

Le origini dell'abbazia si perdono nel passato secolare di San-
gemini: tale centro era, nell'epoca romana, un borgo del territorio
della assai vicina notevole città di Carsoli. Il borgo, come lo mostrano
le tracce delle porte, era attraversato per il mezzo dall'antica Flami-
nia che andava direttamente da Narni a Massa Martana e Foligno:
ed era noto sotto il nome di Casventum, nella storia poi italianizzato |
in Casventino, e che rimase presso che il solo luogo abitato nella zona, li
dopo la distruzione di Carsoli tradizionalmente avvenuta ad opera i |
di Totila nel 547. Per tale fatto Casventum sarebbe divenuta luogo
di confine, una ventina d’anni dopo, dei Longobardi, ed in essa, come
resto della chiesa vescovile di Carsoli, sarebbe una chiesa concat-
tedrale di quella di Terni.

Sotto Papa Leone III, nel 790 circa, sarebbe venuto in Italia,
dalla Siria, il Santo Confessore Gemine, divenuto monaco benedet-
tino: e si sarebbe recato a Casventino, dimorando in un monastero
che era situato, entro le mura del tardo medioevo ma fuori della cer-
chia di quelle più antiche, dov'é ora Ia chiesa principale di Sangemini
intitolata al suo nome: e ciò prima di ritirarsi a Ferento ove morì.
Nell'882 i Saraceni distrussero Terni e Casventino: e quivi la popola- |
zione, ritornata poi sul luogo e memore del santo monacc, nel rico- Il
struire la chiesa principale con annesso monastero, la dedicò al santo, |
portandovi il corpo recuperato a Ferento.

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Col tempo, la fama dei miracoli del santo superò quella del pae-
setto, che divenne, in chi lo nominava, il paese del Santo Gemine;
e così in tal modo venne probabilmente ad affermarsi l’uso di chiamare
Sangemini la località prima nota sotto il nome di Casventum.

‘Intanto, nel 962 era salito al trono imperiale Ottone il Grande:
il quale, trovato Casventum parte del regio patrimonio perché già
sede di un regio gastaldo, avrebbe rimosso il gastaldc. In tal modo
egli riusciva ad infeudare tutto il vasto territorio già di Carsoli, che
ora faceva capo a Casventino, ormai comunemente detta Sangemini,
al conte Arnolfo, tedesco: personaggio capostipite della casata degli
Arnolfi, i quali, nei loro vari rami, dominarono il territorio da loro
detto delle Terre Arnolfe. Il loro ramo principale risiedeva a Sange-
mini, così che si ebbero i Conti di Sangemini.

Si è visto che già esisteva, al margine di Sangemini, la Chiesa
ed Abbazia dedicata al Santo patrono; e pertanto, poi che da un
documento del Regesto Farfense ad essi intestato, la chiesa di S. Ni-
colò è chiamata «la nostra chiesa » è probabilmente a tali conti che
deve riferirsi la costruzione della « nostra chiesa » di San Nicolò: co-
munque essa fu nel 1037 (è il documento sopra citato del Regesto
Farfense (2), rogato da Silvestro tribuno il 18 agosto 1037) donata ad
un prete Vitale, monaco, perché egli ne fosse abate e priore e la uffi-
ziasse «con i suoi monaci dell'annesso Monastero» dal Vescovo di Narni
Dodo o Dodone, da suo fratello Giovenale I Conte di Sangemini. e
dalla loro madre Nonvolia. Nella donazione, nella quale si precisa
che la ‘chiesa di San Nicolò «è stata edificata nel luogo che veniva
detto Fico Nero nel colle di Arenariolo ad Sanctumgeminum » essi
dotano il cenobio, nel quale erano monaci benedettini, di molti beni,
dichiarando espressamente di volere « che la Chiesa fosse uffiziata e
il monastero abitato mai sempre da Preti, e monaci in perpetuo, per-
ché con la salmodia, Orazioni, Messe, luminarie e con altri divoti e
spirituali esercizi, attendessero incessantemente a suffragare le anime
dei loro Antenati, e altri fedeli, ed a placare la Divina Giustizia, irri-
tata dai reati degli uomini ».

Riferendosi a tale documentazione, la ciibsa risalirebbe all’in-
circa al 1000: e tale conferma storica troverebbe rispondenza nei
caratteri architettonici interni già abbastanza evoluti. Invece, da un
passo del Lubin (3) dedotto non si sa da quali fonti, risulterebbe che
nell'abbazia fuori delle mura dell’« Oppidi Sangemini » lo stesso

Santo Gemine avrebbe, all’incirca nell'800 costruita una chiesa col
titolo di San Nicolò dove già era un monastero: nella quale sarebbe
NOTIZIE SULLA DIRUTA ABBAZIA DI SAN NICOLÓ IN SANGEMINI 109

poi stato conservato il corpo del Beato Vitale Monaco. Ma può darsi
che il Lubin confonda tra le due abbazie, quella entro le mura me-
dioevali in cui dimoró Santo Gemine (che non poteva dedicarla a sé
stesso, e che in seguito si sarebbe intitolata a lui) e l'altra sul .Colle
Arenariolo, di San Nicolo.

Comunque, secondo il Milj (4) sotto il governo dell'abate Vitale
«a cui alcuni autori danno il titolo di Beato e di Santo e lo suppon-
gono sepolto con altri Santi Monaci in quella Chiesa » l'abbazia pro-
speró. Ma nulla si sa di lui e dei suoi successori, storicamente.

Nell’anno 1094 risulta invece abate un monaco Carbone, fra-
tello carnale di un chierico Odone e del conte di Sangemini Giovena-
le II:-egli pure fece notevoli acquisti in beni stabili al monastero,
particolarmente nella diocesi di Todi (documento del Reg. Farfense
1094: donazione di Opizzone e süoi nipoti Arnolfi alla chiesa di S. Ni-
coló «in Castello Sanctigemini »; id. 1095, donazione di Gualfredo
di Tebaldo; id. 1100 donazione della chiesa di S. Maria di Cicigliano,
nonché nel 1099-1100 compere di terreni con tutti gli uomini e donne
addetti alla loro coltivazione). La giurisdizione del monastero di S. Ni-
coló veniva pertanto ad essere piuttosto notevole, territorialmente,
perché si estendeva sino alla località nella quale, in processo di tempo,
distrutti i più antichi castelli ad esso soggetti (il castello di Cicigliano
fra gli altri) doveva sorgere il paese di Montecastrilli. Ed il nostro
Egidio Milj osserva che nelle donazioni e acquisti appariscono i nomi
di alcuni proprietari confinanti quasi a comprovare che il luogo non
venne rovinato del tutto dalle invasioni barbariche: Per la sua im-
portanza l'abbazia sarebbe stata nullius (i1 Lubin nel citato De abbat.
Ital. Litt. G., dice: « ejus Abbas olim gaudebat privilegio Mitrae »).

Intanto, avendo l'abate Carbone insieme ai suoi fratelli conside-
rata l'autorità e la potenza cui era salito l'abate di Farfa Berardo II,
cortigiano e gran favorito dell'Imperatore Arrigo IV di cui era il prin-
cipale e, sembra, non buon consigliere, nonché la sua avidità di robe
e di onori e ambizione di signoria «colla speranza di avvantaggiare
e porre al coperto gli interessi spirituali e temporali della loro Chiesa
e Monastero per il tempo avvenire, convennero concordemente di
sottoporlo alla protezione, disciplina e giurisdizione di quel di Farfa
e degli Abati pro-tempore del medesimo ». Se ne fece istromento di
cessione, sommissione e accettazione reciproca nell'anno 1119 (Cro-
naca farfense). Alcune delle famiglie del luogo, vincolate in vassal-
laggio al monastero, pretesero una dichiarazione scritta da detto
abate Berardo che né lui né i successori avrebbero preteso da loro, o

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discendenti, servitù, vassallaggio o quello che si chiamava « far corte »
all'abate.

Andati dispersi gli archivi del monastero di S. Nicoló, manca,
nel tempo successivo alla aggregazione a Farfa, la serie degli abati
regolari e qualunque notizia sulla loro opera; si sa che nel 1302 Papa
Bonifazio VIII destina l'abate di S. Nieoló a commissario presso il
vescovo di Terni per fare eseguire con lui una sua costituzione nella
diocesi di Todi. Poi si ha notizia che nel 1314 era abate del monastero
un Leonardo, che fece fondere la campana maggiore di quella chiesa
nella quale si leggeva, con la data, «opera di Marco da Venezia ».
Nel 1402 era abate di S. Nicolò un Pietro Bevignate da Narni, il
quale chiese alla Comunità una casetta presso la Chiesa di S. Maria
de Incertiis (che sarebbe quella detta nel 1800 « di Palazzo » conti-
gua al « Palazzo Vecchio » di Sangemini) per farvi una sagrestia, dopo
che egli aveva risarcito la Chiesa stessa.

Intanto in quel periodo, come si legge nelle Riformanze (5) di
Sangemini, ogni eletto nuovo Podestà di Sangemini aveva l'obbligo
di dover dare, quando iniziava il suo ufficio, due fiorini d'oro per la
spesa di un palio da recarsi alla chiesa e all'abate di S. Nicoló: e ció
praticavasi fin dal secolo decimoquarto. Successivamente, si ha solo

notizia che nel 1427 un monaco Andrea del convento di S. Nicolò,

dopo essere stato ultimo parroco di S. Giovanni Battista in San-
gemini, era ancora commissario presso il vescovo di Terni, come
lomonimo del 1302.

Dopo quel.tempo, sembra, sempre secondo il Milj, che l'altro
monastero esistente in Sangemini, quello fondato dal Santo, fosse
soppresso e dato in commenda dopo il governo di un abate Benedetto
che figura arbitro in una lite nel 1453; detta soppressione non si può
stabilire esattamente quando sia avvenuta, dato che, posteriormente
si sa di un Pellegrino abate, presumibile successore di Benedetto, in
quanto esso e citato in un lodo pronunciato a Narni, per commissione
di Paolo II, sopra i confini territoriali tra Acquasparta e Portaria, il
17 settembre 1470 dal cardinale Eroli, a ció delegato dal Papa Paolo;
ma non é noto se egli fosse abate regolare o prete secolare. Si sa in-
vece per certo che abate commendatario di quel monastero era nel
1479 (6) e ancora nel 1494, un Giovanni Antonio figlio di Oddone di
Bartolomeo Graziola di Sangemini: e che ancora abate commanda-
tario successivamente era il card. Lodovico Portocataro.

. Se scarse sono le notizie del monastero di Santo Gemine, minori
notizie ancora si hanno sulla soppressione del monastero di S. Nicolò.
NOTIZIE SULLA DIRUTA ABBAZIA DI SAN NICOLÓ IN SANGEMINI 111

Dice ancora il nostro Milj che «osservando nel grosso architrave
di pietra di travertino sopra la porta principale, che dava l'ingresso
al Monastero, le armi di Innocenzo VIII e quelle del Cardinale Gio-
vanni Micchieli veneziano, il quale fu fatto Cardinale da Paolo II

suo zio nel 1468 e mori nel 1503, si può congetturare che la soppres- -

sione fosse fatta o da Paolo o da Sisto o da Innocenzo, e (il monastero)
dato in Commenda per la prima volta ad esso Micchieli: e che fino
d'allora cominciasse il tracollo nei beni e nella fabbrica ». Per certo,
ad ogni modo, e con tutto che nel 1514 una costituzione del General
Concilio Lateranense, sotto Leone X, stabilisse che, ad evitare che
le commende divenissero una sottrazione di beni a favore di privati,
le commende stesse potessero essere date solo a cardinali od altri
illustri personaggi, riserbando la quarta parte delle rendite ai risarci-
menti delle fabbriche e dei monasteri ed ai poveri, il 2 maggio 1531,
con proprio diploma, un anonimo Vice Legato di Perugia incorpora
l'abbazia di S. Nicoló, ancorché in diocesi di Narni, ai capitoli di San
Pietro e S. Gregorio di Spoleto. E evidentemente la fine non solo di
ogni vita autonoma, ma di ogni vita per l'abbazia.

Già precedentemente, forse ab immemorabili, l'abbazia era gra-
vata di un canone annuo a favore della Comunità di Sangemini e
consistente in due pranzi ai priori della Comunità, che si davano il
giorno 25 aprile, festa di S. Marco e il giorno 6 dicembre, festa di
S. Nicoló: tale canone fu poi convertito in 5 fiorini per ciascun pranzo,
successivamente ragguagliati a 6 scudi. Tale canone, che duró per
due secoli, sinché i commendatari non vollero rifiutarlo, fa pensare
all'esistenza di un giuspatronato della Comunità sul monastero. A
conferma di ció, é da riferirsi che nel 1539 « essendo stato proposto
nel pubblico e general Consiglio » della Comunità di Sangemini
«se dovesse accettarsi in cappellano curato o Vicario di S. Nicoló
il soggetto proposto dai capitoli di S. Pietro e S. Gregorio a Spo-
leto, fu risolto cosi: Electio Praesbiteri S. Nicolai sit in pecto (?)
Parochianorum ».

In tempo successivo, dai libri consiliari del Comune di Sangemini
risulta ancora che, intenti i commendatari ad appropriarsi quanto
di lucro apportasse loro l'infelice badia, e minacciando rovina la
chiesa, dal Consiglio Generale fu decretato il sequestro dei frutti e
rendite .della medesima ed, eletti alcuni deputati che sovrastassero
alla fabbrica, venne rinnovato poi l'ordine perché fosse continuata
l'opera di restauro fino al suo compimento, che sarebbe avvenuto
il 28 ottobre 1658. |

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112 PIERO GRASSINI

Il Milj, così accurato raccoglitore di notizie, nel descrivere bre-
vemente la chiesa, non indugia ad accennarci particolari circa Jo
stato in cui era la Chiesa intorno al 1800. Ma dicendo ch'essa « rimane
a tre navate, delle quali una, a risparmio della borsa non è stata più
ristabilita così che.la Chiesa rimane ora deformata » lascia supporre
che, sebbene a quell’epoca già fosse crollata la parte verso il burrone,
esistesse ancora il tetto e la chiesa fosse ancora officiata. Egli attesta
che vi era il solo altare maggiore nella navata di mezzo e che dietro
ad esso, nella tribuna, v’era una scritta da cui si rilevava che nel 1295
un Francesco Giudice, figlio di Giacomo, fece fare quell’opera dal
maestro Ruggero da Todi. Tale iscrizione era apposta al di sotto di
un'immagine della Madonna col Figlio, dipinta sul muro. L’altare era
sopraelevato con scalinata «di marmo mischio». Accenna ancora che
negli stipiti e l'architrave del portale apparivano «intagliati a basso
rilievo diverse figure di uccelli, ed altri geroglifici ».

La sovraricordata descrizione non deve per altro trarre in inganno
circa l’epoca cui riferire la chiesa: che, non foss’altro per la dimostra-
zione che ne danno le arcate tra le navate ed il portale, ha carattere
architettonico romanico e non già gotico, di tipo simile, nell’ in-
terno, al San Cassiano della valle del Nera sotto Narni, del quale
pure è da temersi ora rovina dopo il crollo totale del tetto avve-
nuto dopo la guerra, mentre nel '36-'37 esso aveva solo una piccola
. parte caduta.

L’interno di S. Nicolò, comunque, presenta una singolarità degna
di studio: l'incunearsi della torre campanaria nel corpo stesso della
chiesa: essa torre sorge in corrispondenza della terza navata crollata,
donde la dissimmetria della facciata in quanto il portale, che non è
nel centro di essa, è però al centro della navata mediana; ma mentre
il colonnato di separazione della navata centrale da quella destra si
innesta sullo spigolo interno della torre, il lato interno della torre (si-
nistro della torre per chi guardi la facciata) che termina a tale spi-
golo, non è allineato con il successivo colonnato. In più, questo lato
della torre, costruito come gli altri in piccole pietre non lavorate,
ha mensole sporgenti verso la chiesa, a guisa di barbacani, che non
hanno alcuna funzione statica nei riguardi del tetto della chiesa. Il
quale era del tipo a capanna, più alto nella navata centrale, più basso
nella sinistra: da ciò si può pensare che, non ostante le rilevate diffor-
mità di struttura nella lavorazione della parte alta della facciata essa
fosse stata nel tempo sistemata superiormente orizzontale, senza
timpano, al fine di mascherare tale divario; la cornice estrema at-

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NOTIZIE SULLA DIRUTA ABBAZIA DI SAN NICOLÓ IN SANGEMINI 113

tuale della facciata, che é in cotto come già detto, mentre quella piü
bassa di partitura orizzontale è in pietra, si constata più alta della
strüttura del tetto.

E probabilmente quindi da argomentarsi che la torre campa-
naria sia da ritenersi precedente alla facciata attuale, forse coeva di
una piccola chiesa (per quanto anche l'attuale non sia grandissima:
la facciata, compresa la torre, misura poco piü di 15 metri) che po-
trebbe essere quella cioé che i primi donatori, vescovo Dodo e conte
Giovenale potrebbero aver chiamato «la nostra Chiesa », sorta poco
prima della donazione del 1037: o comunque che la torre sia da ri-
ferirsi ad altra chiesa dall'attuale, magari preesistente (la notizia del
Lubin ?). Pertanto la chiesa nella struttura che ora rimane e che, pur
conservandosi orientata a levante, non ha abside romanico rotondo
ma abside (o coro ?) rettangolare con parete esterna in pietra squa-
drata, ad alternanze di filari chiari (travertino di Carsoli) e legger-
mente rossi (calcare di presso Cesi) con due ampie finestre ad arco,
potrebbe essere stata ricostruita nel ‘200 sotto il dominio di Farfa,
con influenza della nuova architettura monastica adoperando elementi
(capitelli) anteriori: e tale induzione sarebbe avvalorata dallo stile
della facciata, dall'assenza di abside tipico, dagli stessi archi fra le
colonne, che, a tutto sesto all’intradosso, sono di spessore variabile,
minore all'imposta e maggiore in chiave (sebbene questa specie di
preludio del gotico nell’estradosso sia già presente a San Damiano
di Carsoli che ha una decorazione romanica assai primitiva), e mo-
strano così nell’estradosso in chiave quasi un accenno di arco acuto.
Ne sarebbe conferma altresì la residua decorazione pittorica: l’affre-
sco, sul fondo della tribuna che ora costituisce un piccolo ambiente
a sé coperto da un tetto recente, dietro l’altare maggiore, e che è il
pallidissimo ricordo, ormai, dell’opera di un Ruggero Tuderte è da-
tato, come abbiam visto, al 1295: esso campeggia fra le due finestre
che si aprono sulla parete absidale di chiusura e che sono in pietra
viva, a sguincio, piuttosto larghe, e ad arco tondo.

Se il Toesca (7) rammenta il San Nicolò di Sangemini come am-
biente di «raccolta architettura romanica» deve dirsi che i medioevali
affreschi evanescenti che si notano sulle pareti interne appariscono
in qualche tratto in più strati, il che pure può lasciar campo a pensare
(ove pur non si tratti di successive decorazioni dello stesso ambiente
come a S. Pietro ed allo stesso San Francesco di Terni) a successivi
sviluppi della fabbrica quali si delineerebbero dalle difformità strut-
turali accennate. |

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114 PIERO GRASSINI

Come che sia in ogni modo, provvidenziale sarebbe che si prov-
védesse subito alla ricostruzione del tetto e ad opere di consolida-
mento e restauro di un monumento di arte sacra notevolissimo * per
il suo tempo e per le sue memorie.

PrERO GRASSINI

NOTE

(1) Luigi LANZI, Terni, Collezione monografie Italia Artistica, Bergamo,
1910, pag. 148-149.

(2) Registro farfense citato in MiLJ, Carsoli rediviva, dalla cui opera sono
derivate molte delle notizie qui raccolte.

(3) LuBIN, De abbat. ital. pag. 160.
1 (4) Ea1D10 ANTONIO MiLJ, Carsoli rediviva, ponderoso volume stampato
nel 1800 a Macerata da Antonio Cortesi, nel cui frontespizio, modestamente e
volontariamente, non figura il nome del detto autore. Come già detto molte
notizie qui esposte sono derivate dal Milj.

(5) Liber Reform. Terrae Sanctigemini ab anno 1398 ad 1403.

(6) Luca ALBERTO PETTI, Commentari.

(7) Pietro ToEsca, Storia dell’ Arte Italiana, vol. I: « Il Medioevo », To-
rino, 1927. ye epi — i op — Ce AME TEST
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Fonti

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

NOTIZIE STORICHE DAL 1794 AL 1833 scRITTE DAL SAC. GIAMBATTISTA MARINI

(Vedi volume LI, pag. 119 e segg.)

La Cronaca di G. B. Marini fu cominciata a pubblicare nella trascrizione .
curata da don Ettore Ricci : interrotta, per la scomparsa di quell’appassionato stu-
dioso, al dicembre 1812, detta trascrizione è stata ripresa sotto la data gennaio 1813 -
da Mario Roncetti.

SN. td; Di

1813
GENNAIO:

Fu mandato Editto dal Maire sopra le Maschere, dandone il permesso ed.
in questo giorno se ne videro.

Napoleone dopo il ritorno a Parigi pensó di mettere in piedi una nuova
armata per aprir la campagna per la primavera. Perció nel di 10 radunó il Corpo
Legislativo.

Il Senato decretó, e mise a disposizione del Ministero della guerra 320/m
uomini. Intanto le Potenze europee fortunatamente, e con solidità si andavano
collegando per abbattere quell'Impero, che tutte minacciava di distruggerle.

A dì 13. In un foglio fu annunziato, che in Russia in 3 luoghi furono bru-
ciati 243.612 cadaveri umani, e 123.142 di cavalli. Ma il calcolo non fu giusto,
ma fu piü assai la perdita.

Intanto che l' Imperator delle Russie venia innanzi col suo numeroso eser-
cito ed occupava le Città e Provincie invitava i Monarchi e Principi ad unirsi
con lui, e furono fatti dei trattati di alleanza tra le Potenze, e tutte si unirono
alla Russia e all'Austria per andar contro la Francia.

A di 15. Mori di anni 54 Artemisia Boncambi, e nel di 16 fu sepolta in
S. Agostino.

A dì 20. Fu fatta la requisizione de’ cavalli per l'Armata.

A dì 21. Morì in Roma di anni 60 Filippo Ansidei.

A dì 23. Il Re di Prussia partì da Berlino, lasciando una commissione.
Berlino fu occupato dai Russi, e tutti i popoli della Prussia si sollevarono con-
tro i Francesi.

A dì 27. Giunse il freddo a 6 gradi.

A di 29. Fu mandata dal Maire lettera ai Parrochi per aver la nota de
coscritti nati nel 1794. i
116 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A dì 30. Fu assassinato la mattina di buon ora un Bagherino da una
persona mascherata.

A di 31. Fogli pubblici annuncianti le offerte de Cavalli e Cavallieri al-
l'Imperatore de Francesi per la nuova campagna da aprirsi nella Moscovia.

^

FEBBRAIO :

A di 3. Il freddo giunse a sei gradi sopra il gelo.

A di 4. I fogli pubblici annunziarono la riunione della Famiglia Impe-
riale e Senatori al Palazzo di Fontainableau, dove da qualche mese trovavasi
la Santità di Pio VII.

A di 5. Fu inviata lettera circolare ai Parrochi dal Vescovato richieden-
. dosi la nota degli Oratorj esistenti nei limiti delle respettive Parrocchie.

A di 7. Essendo il S. P. Pio VII in Fontainableu era continuamente mo-
lestato, ed istigato a far la rinunzia del suo Stato a favore dell' Imperator Na-
poleone. Nel di 25 gennaio scorso si dette per concluso un Trattato tra il me-
desimo S. Padre e Napoleone in 11 Articoli. Che il S. Padre rinunziava a suoi
Stati all'Imperatore Napoleone, ma 1° che il S. Padre avrebbe esercitato il
Pontificato in Francia e nel Regno d'Italia nella forma de suoi Predecessori.
29 che gli Ambasciatori delle Potenze estere avrebbero potuto avere i privilegi
che godevano i Membri del Corpo Diplomatico pegli affari col Papa. Furono
pubblicati gli articoli non accordati dal S. Padre per buttare la polvere pegli

occhi de popoli. Ma il S. Padre saputo tale pubblicazione pochi giorni dopo fece '

affiggere alla Chiesa principale di Fontainableau una protesta, che il Concor-
dato era supposto, e che-Esso non aveva accordato, ne sottoscritto. Ma essen-
dosi dato per vero il Concordato nel di 7 giorno di Domenica coll'intervento
delle Autorità civili e militari in Duomo fu cantato il Te Deum in ringrazia-
mento per questo Concordato conchiuso tra il S. Padre e Napoleone. Dopo poi
fu saputo essere tutto falso quanto si era pubblicato.

A di 11. Mori di anni 83 Orazio Donini, e nel di 13 fu fatto il Funere
in S. Domenico.

A. di 22. Si spacció in vendita in stampa il falso Concordato tra il Santo
Padre e Napoleone.

A di 24. Parti da Dresda in Sassonia il Re, essendovi poi entrati i Prus-
siani collegati colle Potenze Unite.

MARZO:

A di 5. Furono avvisati 4 Perugini arrolati volontari a partire per la
grande Armata.

A di 11. Si seppe morta di anni 52 in Orbetello accasata Bianca Dan-
zetti.

A di 12. Seguirono vari furti in tempo di notte.

A di 14. Furono rimosse dalla Sagrestia di S. Francesco 6 Tavole de Pi-
sanello per trasportarsi con altre al Quirinale, che poi furono ricuperate se-
guita la pace universale.

A di 16. Si pubblicó l'alleanza della Prussia colla Russia.

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CROMACA DI GIAMBATTISTA MARINI 117

A di 17. Si videro vendibili in stampa i fatti d'arme del 1812 nelle vici-
nanze della Russia.

A. di 25. La Prussia avea in armi 110/m uomini. Fu dichiarata la guerra
alla Francia. I Principi del Nord della Germania fecero causa comune con i
Prussiani. ;

A di 30. Mori di anni 61 D. Vincenzio Battaglini, e nel di 31 fu fatto il fu-
nere in S. Teresa de' Carmelitani scalzi.

APRILE :

A di 1. Fu sentita di notte una scossa di terremoto.

Mons." Campanelli andò alla Villa Baglioni del Palazzone per causa di salute.

A di 11. Fu pubblicato il Decreto Imperiale, che limitava il tempo per pre-
starsi il Giuramento degli Ecclesiastici, che aveano ricusato di dare.

A di 15. Fu fatto un furto nel negozio di Gabrielli.

A di 20. Fu da Mons. Campanelli conferito un Canonicato a D. Luigi
Mattioli Maestro del Seminario.

A di 23. Giunsero a Dresda in Prussia l' Imperatore Alessandro ed il Re
di Prussia.

A di 24. Mons. Campanelli Vescovo fu per Diploma Imperiale eletto
Cavaliere della Legione di onore.
A di 25. Blucher Generale de Prussiani occupó Lipsia scacciandone i Fran-
cesi. ;

MAGGIO :

A dì 3. Partì per Parigi la Cont.* Anna Connestabili conducendo il figlio
descritto tra le Guardie d'onore di quella Corte.

A di 17. Segui alla Porziuncola degli Angioli l'accasamento del Sig." Della
Penna con Terdelinda Cesarei.

A di 29. Ad un ora di notte furono sonate tutte le Campane per l'avviso in-
viato dall Episcopio per festa della vittoria riportata contro de Russia Lutzan.

A di 30. Fu cantato in Duomo il Te Deum per il sud.? motivo.

GIUGNO:

A di 4. Dopo varie battaglie tra Francesi e Russi e Prussiani si fece Ar-
mistizio fino alli 20 Luglio.

A di 8. Nella sala della Mairie fu istallato il Maire provvisorio colle dovute
formalità, essendo presente Mons." Arcivescovo Campanelli, il Sotto-Prefetto
e le Autorità Civili.

A di 14. Dalla Cancelleria Vescovile fu mandata circolare ai Parrochi ed
economi per far sapere a tutti i Sacerdoti d'intervenire con Cotta e Cero alla
Processione del Corpus Domini. i

A dì 17. Fu sospesa la Processione del Corpus Domini per causa della
pioggia.

A di 19. Mons." Arcivescovo Campanelli andò incontro al Ponte di S. Gio-

CEL AUTRE N MAIA ISCR E I E MET EL N IT ERE 118 . CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

vanni al Prefetto del Trasimeno, che dovea portare a lui per parte di Bona-
parte la Croce di ferro, ma.non giunse.

A dì 20. Mons. Arcivescovo Campanelli andò allo Spedalicchio per lo
stesso motivo, ove trovò due Baroni inviati dal Prefetto a fare le sue veci, coi
quali tornò in Perugia, e poco dopo da questi ricevè la Decorazione in presenza
di 24 distinte persone in Cappella sua.

A dì 23. Il Parroco di S. Savino andò a complimentare colla pagella in
mano Mons. Arcivescovo Campanelli a nome del Clero Urbano per la nuova
decorazione ottenuta dall’ Imperatore Napoleone.

A dì 24. Fu fatta in questo giorno la Processione del Corpus Domini, qua
trasferita per causa di pioggia.

A dì 25. Partì il Cavalier Millin, membro dell'Istituto, che fu inviato dal
Prefetto a far le sue veci per conferir la decorazione a Mons.' Campanelli, e
parti per restituirsi a Parigi. ;

LUGLIO:

A dì 7. Fu trasferito dalla Chiesa di S. Francesco al Duomo il quadro del
Fiammingo rappresentante l’adorazione de Re Magi.

A dì 17. Furono fatte preghiere ai SS. Confalont pon allontanar le intem-
perie dell'aria.

A di 20. Tre quadri rimossi da S. Francesco per trasferirsi al Museo Capi-
tolino per Decreto Imperiale.

A di 23. Furono esposti i SS. Confaloni.

A di 26. Fu cantato.il Te Deum nelle Chiese, ove erano esposti i SS. Con-
faloni.

AGOSTO :

A di I. Alcuni detenuti sortirono all'improvviso dalle Carceri del Governo

nelle prime ore della notte, ma furono rinchiusi col rindoppio delle Guardie
accorse.

A dì 7. Fu pubblicato Editto di Mons." Campanelli per avviso ai Sacer-
doti di vestire secondo il loro grado, e di celebrare i Divini Misteri colla piü
scrupolosa osservanza, decenza e gravità.

In questi tempi si fecero varie guerre, ma sempre colla peggio de Fran-
cesi, che andavano perdendo quello, che aveano acquistato. Anche in Spagna
seguivano scaramucce di rilevo colla perdita de francesi.

A di 14. Il Maire mando notificazione per l'amministrazione del buon Go-
verno, e per crearsi vari corpi per il buon regolamento.

SETTEMBRE:

A dì 7. Il Maire spedì lettera ai Parrochi per aver la lista de maschi dai
20 ai 60 anni per la guardia nazionale.

A di 14. Il Vicario generale fu inviato alla sagra Visita delle Parrocchie .

suburbane di P.S.A.
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 119

A dì 21. Si mise in marcia la Guardia di onore per Parigi.

A dì 29. Fu cantato in Duomo il Te Deum per la vittoria riportata dai
Francesi contro i Russi, e suoi alleati sotto Dresda. Buttavano I Francesi la
polvere sugli occhi. In questi tempi erano battuti, e da per tutto scacciati, e
se aveano un piccolo vantaggio, lo pubblicavano per una vittoria completa.

OTTOBRE:

Nella Spagna ancora si erano fatti, e si facevano attacchi parziali contro
i Francesi, a quali faceansi dei danni. Questa guerra fu aperta nella Spagna
dagl’ Inglesi nel corrente anno con un armata di 40/m uomini oltre molta ar-
tiglieria, ed a queste forze mandate dagl’Inglesi erano uniti 27/m Portoghesi,
e 80/m Spagniuoli sotto la condotta del Generale valoroso Welington: ed ai
26 si [occupava] Panplona.

Dopo li 13 detto Napoleone essendo stato per tutto battuto dai Russi ed

. attaccato e scacciato avea raccolto a di 18 detto tutte le sue forze presso Lipsia

in faccia a Blucher bravissimo Generale della Cavalleria Prussiana, e nella
mattina del dì 16 avea stabilito attaccar l'Armata di Blucher. Napoleone spie-
gava un’armata di 140/m o 130/m uomini, e più copiose erano le armate con-
trarie. Cominciò la battaglia su tutti i punti con un vemente cannonamento.
Più di mille bocche vomitavano fuoco le une contro le altre. Dopo tre giorni
di battaglie si rivolsero contro i Francesi i Sassoni, e a loro esempio la Fante-
ria di Baden lo stesso, e ciò seguì nel di 19. La mischia divenne generale, ed i
Francesi si ridussero a una gran confusione. Niuno ad altro pensava, che
a salvar se stesso, e gli Alleati s'impradronirono di Lipsia. Napoleone ordinò
che si facesse saltare in aria un Ponte tutto minato vicino a Lipsia all’ultimo
momento di pericolo. Un incaricato mal inteso dell’operazione fece saltare
in aria il ponte prima del tempo. La testa dell’armata francese, che giungeva,
credendo che il ponte fosse in potere degli Alleati si commosse e si propagò un
grido di spavento di fila in fila, e s'incominciarono i soldati a sbandare, e cer-
cavano salvarsi. L'imperatore Napoleone seppe tale sconcerto, quando non
vi era piü tempo da porvi rimedio, e segui una gran perdita nell'armata fran-
cese. Per questo avvenimento si fece ascendere la perdita a circa 32mila uo-
mini, e parecchie centinaia di vetture, delle quali 80 ne rovinó il ponte sbalzato.
In tale occasione gli alleati presero 250 cannoni, e circa 900 carri di munizione,
e piü di 8/m prigionieri in 3 giornate. Negli Ospedali di Campagna vi erano 15/m
feriti. La perdita de Francesi fu in 60/m uomini in tutto. Otto Regimenti di
Pollacchi in questo giorno passarono sotto gli alleati. Nell'armate degli alleati
si calcoló una perdita di 10/m tra morti e feriti. Questa fu la celebre guerra. di
Lipsia.

A di 28. Mons.” Vescovo Campanelli andò a Monte Bagniuolo.

A dì 29. Fu congresso nella sala del Maire, dove si elessero due Deputati
da inviarsi a Parigi a ringraziare l’ Imperatrice per aver fatto l'onore alla Città
nell'ammettere alla sua Corte alcuni Cavalieri in qualità di Guardie Nobili.

A dì 30. Si unirono in S. Lucia i Parrochi Urbani e rurali, ed elessero tre

Deputati per insistere al sollecito pagamento delle pensioni.
A dì 31. Fece neve ai monti.

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120 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

NOVEMBRE:

A di 4. Furono giustiziati tre assassini.

A dì 5. La Fortezza fu approvigionata di munizioni e biscotti. Dopo la
guerra di Lipsia tutto andó alla peggio per i Francesi. Furono abbandonati
da tutti i Principi Tedeschi (di cui alcune armate fecero fuoco contro de Fran-
cesi, anche prima della dichiarazione formale di guerra) retrocedettero preci-
pitosamente, e si posero in guardia del Reno, che lo caratterizzarono per una
diga insormontabile.

A di 7. Il Maire mandó una circolare ai Parrochi riguardante una leva
. d'uomini per l’armata francese.

A di detto Don Romualdo Abbate della Massa Cassinese mori di anni 82,
e nel di 8 fu fatto il funere in S. Pietro.

A di 10. Fu di notte tolto dal Portone di Casa Baglioni lo stemma del Re
di Baviera.

A di 11. Dresda si rese agli alleati dai Francesi con 15 Articoli, ed i fran-
cesi di là partirono.

Il Duca di Wellington in Spagna facea varie battaglie, e veniva vincendo
e scacciando i Francesi dalle Città e forti di Spagna.

A di 12. La Sagrestia del Duomo fu derubata di scudi 200, che apparte-
nevano alla Cancelleria.

- A di 13. Per ordine del Governo fu incominciato ad eseguirsi il taglio de-
gli alberi posti nelle strade consolari.

A dì 14. Con una Circolare del Maire furono richiesti dai Parrochi i libri
de nati e morti e matrimoni dal 1789 fino al 1809.

A dì 18. Fu giustiziato uno come incendiario.

A dì 19. Vennero fogli indicanti le perdite di Napoleone nei conflitti di
Lipsia a Desdra [sic].

A dì 23. Furono chiamati dal Maire 5 Sacerdoti per affare politico.

A dì 27. Si aumentò il Dazio, prezzo del sale, e l’Octroy.

DICEMBRE:

A di 4. Alluvioni de fiumi per l'abbondanza delle acque.

A dì 5. Incominciarono.le preghiere ai SS. Gonfaloni per avere la sere-
nità.

A dì 6. Morì di anni 54 Contessa Rosa Morandi Graziani, e nel dì 7 fu
fatto il funere in S. Domenico.

A dì 10. Furono incominciate le preghiere al S. Anello per ottenere la
serenità.

A dì 25. Partì dal Forte la Guarnigione di linea per unirsi cogli altri re-
gimenti dell’armata.

A quest’epoca in Spagna poche piazze erano restate ai Francesi nell’Ara-
gona e Catalogna.

A dì 26. L’armata di Napoli al soldo del Re Gioacchino, composta di 400
. Cavalli col respettivo Stato Maggiore.
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 121

A di 30. Mons. Arcivescovo Campanelli richiese dai Parrochi con una
Circolare la nota delle Sagre funzioni solite a praticarsi in ciascuna Chiesa.

A di 31. Mons." Campanelli assistette in Duomo alla solita funzione del
fine dell'anno.

1814
GENNAIO:

A dì 1. Venne ordine del Re di Napoli Gioacchino per la requisizione de
Cavalli, come ancora del frumento.

A di 6. Essendo rimaste in Spagna a quest'epoca in mano de Francesi po-
che piazze, Napoleone vedendosi a mal partito per essere incalzato da per tutto
dalle guerre pensó a fare un Trattato con Ferdinando VII Re di Spagna tenuto
prigioniero a Valency, e convenne con lui, che dovesse come Re risalir sul trono
de' suoi Antenati; e a tale effetto Napoleone rinunziava a lui la sua Dinastia.
Il Trattato era composto di 15 Articoli. Vi era la libertà del Re, la resa delle
piazze, l'evacuazione delle Spagne degl'Inglesi e Francesi; l'assegno annuo per
parte del Re Ferdinando di 30 milioni reali per il mantenimento del Re suo
Padre. Il Trattato fu spedito alle Cortes nel principio del presente anno anche
in Italia venne l'esercito degli alleati, che batterono i Francesi, e agli alleati
eravi unito anche Gioacchino Re di Napoli.

A di 11. Alla venuta del Corriere si affolló gente alla Posta per ricevere
notizia sull'esito di Roma, che dovea essere occupata dai Napoletani colla pre-
senza del Re.

Per ordine del Sotto-Prefetto fu la guardia civica impiegata nelle ore not-
turne a pattugliare.

A di 14. Sapendosi che le armate degli alleati faceano progressi in Italia,
e che i Francesi erano battuti e scacciati, i partitanti si posero in costerna-
zione, ed i buoni si rallegravano.

A di 11. L’Imperator d'Austria conchiuse un Trattato di pace con Gioac-
chino Napoleone Re di Napoli, con cui si garantiva al detto Re e suoi succes-
sori il Regno di Napoli. Vi prestarono il loro assenso la Russia, la Prussia e la
Bretagna. Al 1° Febbraio fu armistizio coll’ Inghilterra e Napoli. Alli 4 Feb-
braio fu ratificato il Trattato.

A dì 16. Morì di anni 71 il Cavalier Federico Baldeschi Ciamberlano del-
l’Impero di Germania, e nel dì 18 fu fatto il funere in S. Francesco.

A dì 20. Il Prefetto del Trasimeno fu di passaggio per ritornare in Fran-

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A dì 22. Militari ed Impiegati Francesi giunsero da varie parti per resti-
tuirsi al loro regno.
D.? Federico Pascucci detenuto in Seminario fin da alcuni mesi fu rimesso
in libertà.
La fortezza fu dal Comandante francese consegnata al Maire, che v'intro-
dusse il presidio della Truppa civica sotto la direzione dell’aiutante Angelo
Barrattini Palla. Il
A dì 23. Fu detto che il S. Padre era stato da Savona trasportato in Fran- |
cia a Fontainableu, ove fu per ordine di Bonaparte tenuto ristretto, e molto

CEN AL. 2g 6 WERE © RIT STE, SAEC PV Um RE 192: —: CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

maltrattato perché richiesto da Napoleone a cedergli i suoi stati avea sempre
resistito. Non avendo esso potuto ottener cosa alcuna dal S. Padre, fu a lui
più volte inviato dal Governo Mons. di Beaumont Vescovo di Piacenza no-
minato da Bonaparte Arcivescovo di Bourges, per persuaderlo a qualche con-
venzione, ma tutto in vano. Il Governo mando il Vescovo di Toreaux, l'Arci-
vescovo di Tours, ed il Cardinal Maury ad insinuargli che facesse qualche sa-
grifizio per evitare qualche conseguenza funesta. Il S. Padre ripose — Lascia-
temi morire in una guisa degna de travagli, che ho sofferti — Intanto il Vescovo
di Piacenza continuava le sue premure. Il S. Padre annoiato fece sapere al Ve-
scovo che mettesse in scritto le sue commissioni. Il Vescovo obedi, e fece pre-
sentare una promemoria, in cui si diceva che Bonaparte avrebbe restituito la
metà del suo Stato, purché ne avesse ceduta l'altra metà. Il S. Padre fece en-
trare il Prelato e gli disse. Il Patrimonio di S. Pietro non è di mia proprietà !
esso appartiene alla Chiesa, né io posso rinunziare la più piccola parte. Dite al
vostro Imperatore, che se per i miei peccati io non posso tornare in Roma, vi
tornerà in trionfo il mio Successore malgrado tutti i sforzi del Governo Fran-
cese — Il Prelato volle giustificare l'Imperatore dicendo, che avea le migliori
intenzioni del mondo. Il S. Padre soggiunse. — Io mi fido più degli Alleati,
che di lui — Il Vescovo sorpreso domandò la spiegazione — Il S. Padre re-
plicò — A me non conviene darvela, né a voi sentirla — A quest'epoca era en-
trato Alessandro Imperator di Russia colla sua armata in Francia, ove mandò

‘un Proclama di voler ricondurre il Pontefice alla sua Sede, ed il Re di Francia

rimetter nel suo Trono. Vedendo il Vescovo di Valenza, che ogni tentativo era
vano, gli disse, che l'Imperator volea, che tornasse in Roma. Il S. Padre do-
mandò, se vi sarebbero tornati anche i Cardinali. Il Prelato rispose, essere ciò
impossibile. Il S. Padre continuò — E bene; poiché il vostro Imperatore mi
riguarda come un semplice Religioso, ed io lo sono, non ho bisogno che di una
Garrozza. Il mio desiderio è di essere in Roma per adempire all’ Apostolico mio
ministero — Il Vescovo disse — L' Imperatore rispetta la vostra dignità, un Co-
lonnello sarà di vostro seguito — Il S. Padre dimostrò di voler esser solo in Car-
rozza, e congedò il Vescovo. Quasi subito si presentò un Colonnello, esi annun-
ziò destinato a seguirlo a Roma. Disse il S. Padre, che partirebbe la mattina
seguente dopo aver detta la Messa. Il Colonnello non abbandonò la stanza di
S. Santità, che fece convocare a Fontainableau 17 Cardinali, e diede loro l'apo-
stolica benedizione, esortandoli a patire, e dando loro altri ricordi. Partì il
S. Padre di Domenica 23 gennaio 1814 da Fontainableau sotto nome di Ve-
scovo d’Imola, scortato da un Corpo di Cavalleria sotto gli ordini del Colon-
nello Francese e da Mons. Bertazzoli, e dal suo Medico, e la sera giunse ad Or-
leans, ove pernottò. Pochi giorni dopo i Cardinali furono fatti partire separata-
mente da Fontainableau con un giandarme da pagarlo con 12 franchi il giorno.
Tre Cardinali ebbero il permesso di rimanere in Parigi.

A dì 24. Gran confusione nei Tribunali Civile e Criminale. L'uno. firmava
le scritture a nome di Napoleone, l’altro con quello del Re di Napoli Giovac-
chino, dicendosi, che questo occupava i Stati Papali. i

A di 27 d°. Si era conclusa l'alleanza fra l’ Imperator d'Austria e Gioac-
chino Re di Napoli; dopo la quale le Truppe Napoletane venivano ad occu-
pare secondo il Trattato i Stati Romani, e Toscana, e Dipartimenti dell’Italia
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 123

meridionale di la delle Legazioni, e Ducati fino al Po. Furono perciò dalla Città
inviati 4 Deputati Nobili per complimentare il Re di Napoli, che già era en-
trato in possesso dello Stato Papale. |

A.di 30. Proclami del Re di Napoli pubblicati per il rimpiazzo de posti,
che occupavano i Francesi, e per l'immissione de generi coloniali ne' porti de
suoi Stati. :

A di 31. Nelle ore notturne fu deposto lo stemma Imperiale francese dal
Portone del Palazzo Pubblico.

A di d.? Un Maresciallo Napoletano con 800 uomini giunse a Sesto distan-
te da Firenze 5 miglia, e nello stesso giorno entró in Firenze.

FEBBRAIO:

A di 1. Si seppe, che Napoleone per diminuirsi i nemici, come dicea, avea
data la libertà al S. Padre, e gli avea restituiti i suoi Stati.

A dì d.° Partì da Firenze l'Archiduchessa Elisa colla Figlia, dirigendosi
verso Lucca; questa era sorella di Bonaparte, che si recò a Vienna.

A dì d.° Eugenio Vice-Re d’Italia pubblicò un Proclama di Partenza in
Verona.

A dì d.° Dec eto del Re di Napoli riguardo la reintegrazione de danni agli
Ecclesiastici deportati.

A di 2. Il Canonico Ranaldi riassunse in Cattedrale il servizio del Coro a
tenore della legge emanata.

A di 3. Vennero Cappuccini da Leonessa.

A di d.° Minutolo Generale de’ Napoletani prese possesso di nome del
Re di Napoli di Firenze e della Toscana.

In questi tempi le Truppe degli alleati erano in n° di 400/m uomini attivi.
Al contrario Napoleone non poteva dopo la battaglia di Brienne disporre per
parte della Francia di più di 225/m uomini, da’ quali si dovea defalcare
l’armata di Spagna. Dopo le guerre di Brienne, e delle Rothiere seguirono
alcuni affari di lieve momento. Ma si sapeano le vittorie di altri Generali in al-
tre parti.

A dì 4. Giunse da Napoli il Cav. Macedonio Presidente del Consiglio di
Stato in Casa del Maire per organizzare il Governo provvisorio.

A dì 5. Passarono per andare a Cortona 2/m Napoletani con armi, e con

Scelta Banda. ;
A di 6. Il Cav. Macedonio si portò in Duomo, e fu ricevuto in forma pub--

blica dal Capitolo, che lo guidó ad ascoltar la Messa al SS.mo Sagramento.

Il Duca di Arpino col seguito di 4 mute passò, diretto ad organizzare la
Toscana.

A dì 7. Editti del Re di Napoli per la condonazione delle multe e la libertà
ai detenuti dopo avuta la pena afflittiva, e per l'esenzioni delle pigioni arretrate
a tutti i partecipanti del sussidio di beneficenza, abitanti ne Conventi sop-
pressi.

A dì 8. Il Marchese Otto Marabottini entrato sostituito del Vice-Prefetto
e del. Maire.

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A di9. Il S. Padre parti da Frejus per Nizza, e nel di 11 arrivò a Savona,
ed ivi restó sino alli 24 di Marzo.

Gli Alleati trionfarono gloriosamente di tutti gli ostacoli, che incontrarono
per parte de' Francesi; forzarono il Reno, inseguirono i Francesi, e diedero 8
battaglie nel cuor dell'Impero. -

A di 13. Si stipuló tra Napoleone e Ferdinando VII il Trattato di pace,
come si disse nel 6 gennaio.

Nel di 14 fu presa Soissons, ed in Italia capitoló Ancona.

A di 18. Furono occupate le Città di Pisa e Livorno dagli Alleati, cioè dai
Napoletani, ed i Francesi si ritirarono nel Genovesato.

A dì 19. I Deputati spediti dal Maire al Re di Napoli per complimentarlo,
si rimpatriarono.

In questi giorni il freddo si facea molto sentire, e nel di 23 giunse a 8 gradi
sotto il gelo.

A dì 26. Il Sotto-Prefetto ed il Maire furono decorati dell'Ordine delle
Due Sicilie dalla Corte di Napoli.

MARZO :

A dì 8. Morì di anni 81 la Contessa Livia Vermiglioli Baldelli, e nel dì 10
fu fatto il funere in S. Agostino.

A dì 10. Morì di anni 78 S. Chiara Isabella Massini ex-Monaca Agosti-
niana, e nel dì 11 fu fatto il funere in S. Domenico.

A dì d.° Morì di anni 49 Anna Rossetti brava ricamatrice; e nel dì 11 fu
fatto il mortorio in S. Francesco.

A dì 13. Per convenzione fattasi fra Bonaparte e Ferdinando VII Re di

Spagna, questi nel dì 13 partì dal Castello di Valency, luogo della sua dimora,

e prigionia in compagnia dell’ Infante D. Carlo suo Fratello e D. Antonio zio,
e viaggiò sotto nome di Conte di Barcellona sino alle Frontiere della Spagna,
e così nel mese di marzo i regni della Spagna furono felicitati dalla presenza
del loro Re.
: A di 16. Il Sotto-Prefetto e Maire partirono per Spoleto.

| A dì 17. Fu inviata Circolare ai Parrochi, richiedendosi lo stato degli in-
dividui tornati nelle differenti Comunità.

A dì d.° Tornarono da Spoleto il Sotto-Prefetto e il Maire. Il primo eletto
Segretario di Prefettura, il secondo nell’impiego del primo.

A dì 19. Ferdinando VII Re di Spagna giunse a Perpignano, da dove partì

‘nel dì 22.

A dì 20. Fu fatto in Duomo l’accatto per il Purgatorio nella somma di
scudi 50. 23%

A dì 21. Fu illuminata la Città per l'anniversario della Incoronazione di
Pio VII. ;

A di 24. Parti Pio VII da Savona per Alessandria, e nel di 25 arrivò ai po-
sti avvanzati Austriaci, e Napoletani, e dal Colonnello Francese fu fatta loro
la Consegna. Lo stesso giorno fu scortato sino a Parma dagli Ussari Ungaresi,
e fu complimentato per parte del Re Gioacchino, a cui spedi Mons.r Morozzo.

Occupata Troyes era l'Armata degli Alleati padrona dell'alta Senna, ove

Web 45.1. 3 COSSE SUY esp 5% €RONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 125

furono posti alcuni corpi, che s'inoltrarono sino vicino a Fontainableau e Me-
lun. Patow Generale Russo s'impadroni di Nemoray. Napoleone avea fatti pro-
getti di piombare con forze superiori sopra i corpi isolati degli Alleati, e per
fuggire combattimenti parziali un invitto Generale chiamato Plucher portossi
coll'armata a Mery. Dopo molti successi nel fin del corrente marzo era’ vicina
la presa di Parigi. Le battaglie della Fere Champinoise e di Bondy apersero
la strada per Parigi. Sentirono i Parigini cessare all'improvviso lo strepito del-
l'Artiglieria e che l'Armata era poco distante dalle Barriere. Incominció a cir-
circolare un Proclama diretto ai Parigini del General Schwarzemberg.

A di 23. Partito il 22 il Re Ferdinando da Perpignano nel di 23 si tratten-
ne a Figueres, e poi parti per Girona.

A di 27. Il S. Padre pranzò a Reggio. Partito per Modena 4 miglia lon-
tano dalla Città fu incontrato dal Vescovo e da una folla di Cittadini, che stac-
carono i Cavalli dalla Carrozza, la quale si strascinó lentamente ornata di tap-
pezzerie e fiori, e ivi si trattenne fino al 31.

A di 28. Fu in Madrid dalle Cortes annunziato il prossimo ritorno del Re,
e nel di 29 uscì da Madrid un corpo di armate per andare ad incontrare il Re.

A di 30. La sera parti Bonaparte da Parigi, ed ivi in sua vece lasció il Re
Giuseppe suo Fratello. I Generali Francesi piü esperti vedendo la Città stretta
dalle numerose armate, ed in stato da non potersi difendere, aprirono delle
Trattative.

Nella notte del 30 per andare al 31 marzo seguì la battaglia datasi sotto
gli occhi di Parigi, Bonaparte tornava verso Parigi con 5 Carrozze a passo a
passo senza scorta, un Uffiziale francese, che veniva da Parigi a briglia sciolta
giunto alla Carrozza di Bonaparte, questa si fermò, e Napoleone scese con altri
del suo seguito e sentì dal General Francese quanto era succeduto a Parigi, Na-
poleone ripiegò verso Fontainableau, fatti de congressi, tentando di rianimare
gli avvanzi delle sue truppe disorganizzate, e disperse, e nel dì 4 e 5 pubblicò
vari ordini in Fontainableau. Si fecero in Parigi gran preparativi dopo la ca-
pitolazione fatta per riavere l’ Imperatore d'Austria. Il Conte di Artois luogo-
tenente del Re di Francia dovea andare a riceverlo alla testa della Guardia
Nazionale. Vi andò e andarono ancora l’ Imperator Alessandro delle Russie,
il Re di Prussia, il Granduca Costantino, il Principe ereditario di Svezia, Wit-
temberg e Prussia a Cavallo, e giunse nel dì 31.

A dì 31. Dodici Maires si portarono al Quartier Generale dell’ Imperator
Alessandro, che gli ricevé cortesemente e ascoltò con bontà, e disse loro rispon-
dendo alle proposte fatte — Il destino della guerra mi ha portato fin qua. Il vo-
stro Imperatore, una volta mio alleato per tre volte mi ha ingannato. Una giu-
sta difesa mi conduce qua; ma non per vendicarmi de mali contro i Francesi;
questi non ne hanno colpa. I Francesi sono miei amici, e voglio render bene per
male. Napoleone solo è il mio nemico. Io prometto la protezione a Parigi, e la
difenderò ! Fu nel dì 31 fatta la Capitolazione in 8 articoli; e nella stessa mat-
tina entrarono in Parigi l’ Imperator Alessandro, il Re di Prussia, il Principe
di Schwarzemberg e Generali ed Uffiziali. Le Guardie Russe gli accompagna-
rono, e circa 180/m uomini restarono fuori di Parigi. L'Imperatore colle pri-
marie cariche della Corte, colla Imperatrice sua sposa, e il Principe suo Figlio
già partito da Parigi nella sera del dì 30 erasi diretto a Fontainableau. I pub-
$owm ti abR

126 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

blici fogli dissero, che il sud.° Napoleone avea dato ordine al Ministro della
» Guerra, che ingiungesse al Comandante della Polveriera di Grenelle di darvi
fuoco per subbissare una parte della Città. Dopo I Ingresso in Parigi l'Impe-
ratore Alessandro pubblicó de' Proclami per il buon Regolamento, e per pro-
niuovere la tranquillità e la quiete.
A di d.? Partito da Modena il S. Padre, sfiló la Carrozza fra due ali di trup-
pa Napoletana fino al piazzale fuori della Porta di Bologna, dove si trattenne
fino al 2 aprile.

TIME APRILE:

In questo mese Gioacchino Napoleone Re di Napoli annunziò ai Romani
il ritorno del S. Padre.
In questo mese fu ristabilito il Re Ferdinando VII nel Trono di Spagna
dopo una guerra di 6 anni.
A dì 1. Le Potenze alleate andarono pe’ luoghi della Città girando, come
ancora ne giorni in appresso, osservando quanto vi era da vedersi.
A dì 2. Il S. Padre partì da Bologna, e giunse nella sera ad Imola, e vi
stette 12 giorni.
A dì d.° Si presentò all’ Imperatore il Senato, di cui ricevette gli Omaggi.
| Dopo una conveniente deliberazione il Senato fece un Decreto per il Governo
provvisorio, e nel di 3 il Governo Provvisorio elesse i Commissarj per tutti gli
| 105 affari, e furono fatti vari atti necessarj per il bene comune.
Di A dì d.° Il Governo provvisorio avendo saputo con dolore, che furono
| messi alcuni ostacoli al Governo del Papa ne' suoi Stati, ordinó, che nell'istante
| | cessasse ogni ostacolo, e nel viaggio gli si dassero gli onori dovuti. Le Autorità
Li Civili e Militari furono di ciò incaricate. Si restituì la libertà a Fontana Gene-
| rale de Barnabiti Teologo del S. Padre, a Mons." Gregorio Segretario della
I I | | Congregazione de’ Concilj ed a Podicini Segretario del Cardinal Pacca. Furono
E I al S. Padre restituiti i Sigilli, gli Archivj e tutti gli oggetti appartenenti a Lui,
| | : che si trovavano in Parigi e in altri luoghi. :
MI : A dì 4. Il Conte Giovanni Spada Vice-Prefetto nel Governo Francese partì
IB i per Spoleto ad occupare l'Impiego di Segretario di Prefettura.

Per ordine di Mons." Arcivescovo Campanelli le Campane di tutte le Chie-
se della Città suonarono a doppio dalle ore 24 sino ad un'ora di notte per di-
spaccio mandato dal Re di Napoli pér solennizzare il ritorno di S. Santità dalle
Gallie in Roma. |

Mori nella sera antecedente D. Giuseppe Monti bravo Canonista e Litur-
gico di anni 69, e fu sepolto nella Chiesa del Gesü.

A dì detto Napoleone in Fontainableau passò in rivista le Truppe, che
avea. Pubblicò nel detto dì o nel 5 varj ordini. Il Maresciallo Ney osò di pro-
IB nunziare a lui ad alta voce in nome di abdicazione dell’ Impero. Gli furono dopo
| | presentati i pubblici fogli sulla gran rivoluzione seguita in Parigi. Esso scrisse
al Senato progettando di rinunziar la Corona al suo Figlio. Dopo li 4 e 5 le
Truppe abbandonarono il comando di Napoleone, ed abbracciarono di servir
alla Patria.

A di 5 Volea Bonaparte assistere alla parata, ma vari Generali lo distol-
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 127

sero. Avea progettato di passare in Italia con 20/m uomini. Un Maresciallo gli
disse, che le Truppe non l'avrebbero seguito in Italia. Tornó il Generale man-
dato da lui al Senato, e gli disse, che il Senato riconoscea i Borboni, e non il suo
Figlio, e che a lui si concedeva per asilo l'isola dell Elba con 6 milioni di fran-
chi l'anno per suo mantenimento e della Famiglia. La condizione di tutto ció
era l'abdicazione della Corona di Francia.

A di 6. Si fece la Processione del SS.mo Sdcidmento. per le due piazze con
l'intervento delle Confraternite, Clero e Corporazioni, e fu poi in Duomo com-
partita la benedizione da Mons." Arcivescovo Campanelli.

A di 10. La Guardia Parigina prese le armi e si portó ai posti designati.

A di 11. Napoleone prima della sua partenza fece l'abdicazione della Co-
rona di Francia, e furono stipolate le convenzioni in 21 articoli. In Fontaina-
bleau vide Bonaparte cadergli di mano lo scettro, che avea usurpato. Là il
suo destino ebbe compimento. In quel medesimo luogo e palazzo segnó la sua
abdicazione, ove tenne rinchiuso lungamente il Venerabile Capo della Santa
Religione Cattolica. Nel di 8 degli Offiziali superiori abbandonarono Fontai-
nableau e dissero, che Bonaparte si teneva chiuso in un appartamento remo-
tissimo. Tentó esso d'impedire, che non penetrasse a Fontainableau la cono-
scenza degli avvenimenti di Parigi. Quando trapelò la notizia della sua desti-
tuzione disertarono tutti i soldati, che l'aveano odita. A tutti i momenti si au-
mento la defezione dell’Armata. In Fontainableau cadde il gran Colosso cre-
duto inespugnabile; finì il governo di un Ambizioso doloso Conquistatore, che
si disse, che avea, come un annoso albero formate le sue radici, che non si sa-
rebbero potute schiantare. Andò ad infestare una Mosca, che contro lui si ri-
voltò, e lo gittò a terra, e lo rese schiavo prigioniero per tutto il tempo del
suo vivere.

Seguì il Trattato suddetto conchiuso tra le Potenze alleate, con i Commis-
sari di Napoleone. Di poi partì da Fontainableau per l'isola dell'Elba.

Il Governo provvisorio di Parigi messe in libertà i Cardinali. Ordinò, che
tutti i ragazzi fossero rimessi all’arbitrio de’ loro genitori.

A dì 12. Venne in Parigi il Principe d'Artois, che andarono ad incontrare
il Governo provvisorio e: Commissari].

A dì d.° Il S. Padre partì da Imola, e giunse a Friuli il dì 16, e vi-stette
sino al 18.

A dì 14. Venne lettera al Sotto-Prefetto, che annunziava imminente la ve-
nuta de’ Commissarj Pontificii col Preside per evitare qualunque disordine.

A di 15. Pattuglia in ronda di notte.

A dì d.° Andò in Parigi l'Imperator d'Austria, e nel 19 il Senato a lui si
presentò.

A dì 16. Morì Giuseppe Veglia di anni 40 e nel dì 18 fu fatto il funere in
S. Domenico..

A dì 18. Il S. Padre giunse a Ravenna, il 19 a Cervia, ed il 20 a Cesena,
ove stette 18 giorni.

A dì d.° Genova capitolò, e gli Inglesi vi entrarono il dì 26. Vi fu ristabi-
lito l'antico Governo.

A dì 19. Fu fatto armistizio con 18 articoli tra il Re di Napoli e suoi ge-
nerali, ed il Vice-Re d' Italia.

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128 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A. di 20. Dal Sotto-Prefetto furono inviati a Cesena 4 Deputati Nobili a
complimentare S. Santità.

A di d.? Napoleone parti da Fontainableau.

A di 23. Furono incominciate in tutte le Chiese le preci per il felice viag-
gio di S. Santità di ritorno alla sua Sede Apostolica per ordine di Mons. Ve-
scovo Campanelli. ;

Luigi XVIII abitava in Inghilterra nel Castello Hartwell 16 leghe da Lon-
dra e vi erano con lui il Conte di Artois, il Duca d'Angoulemme con la Duchessa
di lui Sposa figlia del Re di Francia ucciso, ed il Duca di Berry. Le rendite
erano ridotte a 20/m lire sterline, che passava l'Inghilterra, e a 75 rubli, che
somministrava la Russia; in tutto circa 700/m franchi.

La Duchessa d'Angoulemme Figlia di Luigi XVI nata li 19 dicembre
1778, avea 14 anni, quando era a parte della prigionia del Padre nel Tempio.
A Mittau 600 leghe lontano da Parigi sposò li 10 giugno 1799 il suo Cugino Du-
ca Angoulemme alla presenza di Luigi XVIII. L'Imperator di Russia sotto-
scrisse il contratto di matrimonio. Luigi XVIII informato de cambiamenti
nel di 23 aprile s'imbarcó per Calais con la sua comitiva, e giunsevi nel di 24.
Parti il dì 26 per Boulogne, e di là nel di 27 per Abeville, di dove proseguì per
Amiens e Compiegne sempre circondato da popolazioni. Alli 29 arrivó a Com-
piegne, ove ricevette una Deputazione del Corpo Legislativo, il di cui Presi-
dente fece un discorso al Re.

A di 23. Venne conclusa e ratificata a Parigi una Convenzione fra il Duca
d'Artois a nome di Luigi 189 e ciascuna delle Potenze alleate.

A di 24. Fu innalzato di notte lo Stemma Pontificio sopra l'ingresso
laterale del Duomo, illuminato fra il suono delle Campane e Banda mi-
litare. ;

A di 25. Ad Orgon 4 Leghe d'Avignone giunsero 3 Carrozze, e conosciuto
esservi Napoleone Bonaparte, si affollarono delle genti attorno alla Carrozza,
ov'era, e gridarono — Morte al Tiranno, e le donne co’ sassi lo caricarono d'im-
precazioni.

A di 26. Fu consegnata la Toscana dal Duca di Rocca Romana a nome
del Re di Napoli.

A di 26. Tornarono da Cesena i 4 Deputati spediti al S. Padre, i quali
vennero ammessi all'Udienza sua previa la ritrattazione del giuramento al de-
posto sovrano di Francia.

A di 29. Giunse a Compiegne, come si disse, Luigi XVIII.

A dì 30. La sera antecedente pervenne a Mons. Arcivescovo Campanelli
un Decreto Pontificio per la ritrattazione del Giuramento dato dagli Ecclesia-
stici e secolari e si portarono in Cancelleria per essere istruiti.

A dì 30. I Distaccamenti e le Truppe, che erano nelle vicinanze di Pa-
rigi entrarono il dì 30 per solennizzare l’entrata del Re.

MAGGIO :
A di 1. Fu illuminata la Fortezza, preso il possesso e-inalberata l'arma

ducale. Nel 2 fu cantato il Te Deum.
A di 1. Giunse a Compiegne il Principe di Benevento, e fu ammesso alla
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 129

Udienza dal Re di Francia, e vi giunse l'Imperator di Russia. I due Monarchi
si abbracciarono, e nella sera l'Imperatore riparti per Parigi.

A di 2. Il Re di Francia Luigi XVIII giunse a S. Oven.

A di 3. Fece il suo solenne ingresso nella Capitale Parigi. Era in Carrozza
con alla sinistra la Figlia di Luigi XVI vestita di bianco. Entrò per la Porta
di St. Denys in mezzo alle acclamazioni. I Potentati alleati in diverse parti
posti vollero vedere il nobile spettacolo. Andò in Chiesa, e vi fu cantato il Te
Deum, e dopo fu condotto al Palazzo delle Toulleries. La sera fu la Città illu-
minata.

A di d.? Comparve a Portoferraio dell’isola dell’Elba una Fregata In-
glese, ov'era Napoleone con 2 Generali Francesi, uno Russo ed uno Austria-
co, destinati dalle Potenze alleate ad abitare in quell’isola, cedutagli in piena
sovranità. Nel dì 4 fu pubblicato un Proclama dal General Francese agli abi-
tanti dell’Isola dell’Elba.

A dì 4 d.° II S. Padre a Cesena pubblicò un Proclama diretto a’ suoi sud-
diti, che si vidde affisso in Roma nel dì 11.

A dì d.° Fu inalberato in Roma in Castel S. Angelo lo Stemma Pontificio
in occasione, che si riprese il possesso de’ suoi Stati.

A dì d.° Restituito Luigi XVIII nel suo Trono dalle Potenze alleate nel
dì 4. Parigi presentó al Re le Chiavi della Città. Tutti i Corpi furono ammessi
all'udienza. Nel dopo pranzo andarono i Potentati alleati a far visita. Il Re
diede a conoscere colla saviezza del suo Governo, che non era punto degene-
rato dalla stirpe de’ Capetigni. Fu conosciuto, che il dominio esercitato da Bo-
naparte fu una sospensione del governo de Capeti in Francia, essendo stato
predetto da una visione avuta da Ugon Capeto primo di questa Casa nel 998,
che la tal Casa deve durare in perpetuo insignita di tal Corona. Ciò si riporta
nel Breviario storico in due tometti all'anno 998.

A di d.» Giunse D. Giuseppe Cardinal Doria proveniente da Parigi, allog-
giato alla Corona, che fu visitato subito da Mons." Campanelli.

A dì 6. Il Re di Francia ricevette gli omaggi dal Senato.

A dì 7. Il S. Padre partì da Cesena per Ancona e Loreto..

A dì 8. Mons.” Arcivescovo per lettera della Sacra Penitenzieria fu ob-
bligato con tutti gli Ecclesiastici e Secolari a ritrattare il giuramento. Il Ve-
scovo lo fece in pubblico Capitolo, e lo stesso i Canonici, e furono destinati vari
Penitenzieri ad assolvere dalla scomunica gli Ecclesiastici, che aveano prestato
il giuramento ed assistito alle pubbliche preci ordinate dalle autorità Cu del
Governo passato.

A dì 9. Ecclesiastici e Secolari concorsero in Cancelleria Vescovile a ri-
trattare il giuramento, e a confermare col proprio nome e casato sottoscritto
lo scandalo dato nel recitare ordinare e assistere alle pubbliche preci ingiunte
dal passato Governo. Molti Parrochi e regolari, che aveano dato il giuramento
furono trovati già assoluti privatamente per facoltà ottenute dal Vice-Gerente
con somma cautela, dopo di avere conosciuto, che aveano illecitamente giurato
secondo le istruzioni pontificie.

A dì d.°, Giunse Mons. Cesare Membrini inviato come Delegato a gover-
nare la Città.

A dì 10. Mons. Delegato Membrini creò un Magistrato interino composto
di 10 soggetti.

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A di d.° Si seppe, che il re di Napoli non corrispose alle intensioni degli
alleati, non agendo contro i Francesi, ed incassando a proprio vantaggio le
contribuzioni, che riceveva.

A di 11. Furono sgombrati i Conventi di S. Agostino. S. Domenico e S.
Bernardo dai Carcerati condannati, e colla forza armata furono mandati al
loro destino. Fu abolito il Tribunale di prima istanza. Fu ripristinato lo Stem-
ma Pontificio sopra il Portone del Palazzo tra il suono delle Campane e delle
Trombe e fu affisso un Proclama del S. Padre.

A dì d.° In Saragozza in Spagna fu levata la lapide Costituzionale, e po-
stavi nel medesimo luogo la Statua di Ferdinando VII.

A dì 12. Da Mons” Delegato Membrini furono inviati nelle {Città vicine
Commissari per eleggere 1’ Amministrazione Pontificia.

A dì d.° Il Re di Sardegna il primo tra i principi Italiani tornò alla sua
Capitale. Nel dì 12 fu cantato il Te Deum in Turino. Da Genova, ove giunse
sui primi di maggio, andò ad Alessandria, ove giunse nel dì 17, e nel dì 20
fece la sua entrata solenne tra le acclamazioni in Torino. Nell'Agosto fu resti-
tuita a lui dalle Truppe Austriache la Savoia.

A dì 13. Mons” Agostino Rivarola pubblicò in Roma un Proclama, es-
sendo destinato Delegato Apostolico a riassumere a nome del S. Padre la so-
vranità di Roma e Stati. Furono subito aboliti il Codice Civile e di Commer-
cio, penale e di procedura e richiamata l’antica legislazione.

A dì .14. Il Canonico Canali tornò dalla Corsica ivi detenuto con altri per
non aver voluto prestare il giuramento.

A dì 15. Fu cantato in Duomo dopo la Messa solenne il Te Deum per rin-
graziamento del felice ritorno di Sua Santità in Roma, e intervennero il De-
legato, l'Amministrazione,. Lettori della Università, e Dottori di Collegio.

A dì 16. Illuminazione generale per la Città.

A dì d.° Il S. Padre Fl in Macerata, nel dì 17 a Tolentino, li 18.19.20 a
Foligno, li 21 a Spoleto, li 22 a Terni, li 23 a Nepi, e nel dì 24 fece il suo
solenne ingresso in Roma.

A dì 15. Ferdinando VII entrò con trionfo in Madrid.

A dì 18. Il S. Padre escluse dal bacio del piede, come si seppe per foglio
stampato, i Vescovi di Città della Pieve, Perugia, Anagni, Terni e Narni; e che
in Roma dall'Arcivescovo di Edessa e Tebes avrebbero i suoi ascoltato le di
Lui determinazioni.

A di 20. Sistema giudiziario e della Posta tornato nell'antico vigore.

A di 21. Perugini tornati da Foligno con piena soddisfazione de grandiosi
preparativi, e Feste fatte per l'arrivo e permanenza di S. Santità Pio VII se-
guita la sera del 18 tra le indicibili acclamazioni di un'immenso popolo. I Ca-
nonici vestiti di sagri arredi in cocchio accompagnarono il S. Padre al Palazzo
Giberti.

A di 21. In Madrid per ordine del Re emanato in un Proclama furono in-
combensati gli Arcivescovi e Vescovi per restituirsi ai Religiosi Claustri i Con-
venti e le loro proprietà.

A di 22. Tornó il Canonico Montani deportato in Piemonte.

A di 24. Furono ripristinate le Carceri del Vescovato.

A di d.° Giunse il S. Padre a Roma, e fece circa il mezzo giorno il suo
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 131

solenne ingresso in mezzo ad una moltitudine di popoli, e preparativi magnifici
fatti prima assai. Alla Porta del Popolo vi era il Senato Romano. Il re di Spa-
gna Carlo IV, la regina sua Consorte, il Re di Sardegna e l'ex-Regina di Etruria
erano sopra un palco per riguardare il passaggio del S. Padre.

A di 27. Fr. Girolamo Perilli Servita inviato da Roma per organizzare
una Commissione Ecclesiastica per l'amministrazione de' beni dei luoghi pii.

A dì 28. Due Editti Pontificii, uno per il pagamento della pensione d'un
bimestre per le Monache da eseguirsi da Monte di Pietà, l'altro per la ricupe-
razione de Beni Ecclesiastici da farsi dai respettivi condomini, colla premessa
dell'istanza.

A di d.° Il Re di Napoli fu rimproverato di esser politicamente soltanto
entrato in lega europea; d'essere stato troppo inattivo colla sua armata, e corpo
austriaco, e non aver fatto conoscere la sua attività dopo la presa di Parigi.

A di 29. Fu cantato in Duomo il Te Deum per il felice ritorno di S. San-
tità nella sua sede in Roma.

A di d.? Tornarono 8 Nobili Giovani dal Collegio militare della Fleche
condotti da un ex-Gesuita Spagniuolo.

A di 30. Fu fatto e conchiuso il Trattato di pace tra la Francia colla Rus-
sia, Brettagna e Prussia in 32 articoli, e dopo furono aggiunti altri articoli
colla Francia e ciascuna delle Potenze alleate. |

Il Generale Gioacchino Napoleone Murat, Cognato di Bonaparte, una
sorella di cui nominata Carolina avea per moglie, innalzato al Trono di Napoli
dal suo Cognato Napoleone fu sempre suo compagno. Lo accompagnò in Egit-
to, in Alemagna, in Prussia e Spagna. Andò ancora in Russia, e dopo della rotta
dell'Armata in Russia ritornó in Napoli. Il suo scopo era di posseder Napoli
e parte della Marca, ed aver un compenso per la Sicilia, ché non eragli riuscito
occupare. Per mantenersi nel Regno ed aprirsi la strada per concludere il suo
disegno procuró di aprir trattativa coll'Imperator d'Austria Francesco I.
Questi prestó orecchio alle proposizioni di Murat. Si aprila campagna del 1813,
eriuscendo in prima a favor di Napoleone, Murat non fece più parola del Trat-
tato proposto. La guerra di Lipsia rinnovò i suoi timori, e abbandonò l’armata
tornando a Napoli. Riapri di nuovo il Trattato coll'Austria ed Inghilterra, e
ne fece parola con Napoleone, che gli contradisse. Vedendo di non poter otte-
nere il possesso delle provincie, che desiderava, coll'Austria dei Stati Romani
e della Toscana e di altre Provincie insino al Po, si rivolse a stringere l'accordo
colle potenze alleate. Il Trattato fu conchiuso, come si disse, agli 11 gennaio

‘1814 stipolato a Vienna, e fu a lui con quello assicurata la Corona di Napoli,

come anche alli discendenti della sua famiglia. Alli 4 febbrajo venne la ratifica,
ed in virtù di questa alli 6 si mise in marcia colla sua armata. Prese Reggio e
giunse sotto le mura di Piacenza. Agiva con lentezza per timore del Cognato,
e perciò temporeggiava nelle sue operazioni, e la sua tattica era di passeggiare
da Bologna a Modena, e da Modena a Bologna. Presa Parigi per l’armistizio,
che seguì tanto in Francia, che in Italia, si ritirò nelle Marche dove avea mira.
Gli convenne di abbandonar le Marche restituite al Pontefice e si ritirò nel suo
Regno. Ivi avea in pensiero di fare istanza per la indennizzazione della Sicilia,
e perciò, che si fossero effettuate le promesse del Trattato. Agiva segretamente

ancora per la evasione di Bonaparte dall'Isola. dell'Elba.

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CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

GIUGNO :

A dì 1. L’Imperator di Russia e quello di Austria fecero visita di partenza
al Re e Famiglia reale di Francia. Nella notte l'Imperator di Russia si pose

in viaggio, e partì ancora l'Imperator d'Austria. Nel dì 5 partì il Re di *

Prussia. 3

A dì 3. Fr. Girolamo Perilli Servita pubblicò un Proclama riguardante
la sua istallazione nel Convento di S. Maria Nuova come Delegato per la ripri-
stinazione de’ Beni de’ luoghi pii ai legittimi proprietari.

A dì 6. Fu proibito di mandare i porci e tenerli per la Città.

A dì d.° Il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla era stato ceduto nel
Trattato di Parigi nel dì 30 maggio tra le Potenze alleate a Sua Maestà l’ Im-
petratrice Maria Luisa, Moglie di Napoleone Bonaparte, Figlia di Francesco
I Imperatore d’Austria, ed al principe figlio di Maria Luisa, che aveano segui-
tato da Parigi, a Vienna l’ Augusto suo Padre ed Avo. Fu annunziato questo
destino nel dì 6.

A di 9. Fu fatta la Processione del Corpus Domini, e v’intervennero Mons.”
Delegato, i Superiori dell'Amministrazione coi Ministri, Donzelli, e Mazzieri
ec. come era prima di costume.

A dì 12. Tornò dal Piemonte il Canonico Alessandro Verucchi deportato.

. A di 14. In Torino si pubblicò Editto, che proibiva le Congreghe e adu-
nanze segrete de’ Liberi Muratori e di altre denominazioni proibite già nel 20
maggio 1794 con minacce di severe pene.

A dì 15 Partirono dalla Corsica i Deportati Ecclesiastici dello Stato Ro-

mano.

A di d.° Tornò dal Piemonte Mons.* Arcidiacono degli Oddi Deportato.

A dì 22. Morì allo Spedalicchio Marianna Aurelia Baldeschi ex-Monaca
di Monte Luce.

A dì 25. Il Canonico Mariano Ranaldi prese possesso della Chiesa e Casa
parrocchiale di S. Luca a nome del Commendatore Fr. Niccola Bonaccorsi.

A dì 29. Lettera dell’ Amministrazione Ecclesiastica ai Parrochi e Custo-
di delle Chiese per aver le note de’ Legati pii.

A dì 30. Congresso de’ Lettori Collegiati, i quali elessero 4 Deputati per
ripristinare sull’antico sistema il Collegio.

LUGLIO:

A dì 3. Anna Connestabili tornata da Parigi col suo Figlio dopo 14 mesi
di assenza, andata là con esso richiesto dal Governo Francese per impedire
che fosse impiegato nella guerra.

A dì d.° Si ritrovarono in Parigi molti Vescovi rifugiati in Inghilterra,
e se ne aspettavano altri di ritorno.

A dì 5. Morì di anni 51 S Maria Geltrude Battisti ex-Monaca di S. EDO
se in Mantignano, ove fu sepolta.

A dì 7. Partirono da Roma i due Squadroni di Usseri, che aveano servito
il S. Padre nel Ritorno in Roma.
A dì 10. Fu innalzato sopra l’ingresso dello Spedale Maggiore lo Stemma

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CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 133

di Mons Rivarola eletto Protettore, tra il sóno delle Campane, illuminazione
e spari.

A di 13. Fu emanato un Proclama a Strasburgo ai soldati, che tornavano
in Francia, acció rientrando in Patria fossero vissuti quieti pensando ai danni
delle guerre passate. Ma non fu sufficiente questo, perché sempre vi furono i
malcontenti, e cospiratori contro il Governo de' Borboni, e furono causa di
nuovi mali nel Regno.

A di 14. Editto del Delegato contro gli abusi da togliersi e distruggersi,
vietandosi i giuochi delle Taverne, l'esplosioni in Città, i canti dopo le due di
notte, la bestemmia e l'obbligo di tenersi dai venditori di vino ed olio le misure
di vetro in mostra.

A di 15. H Marchese Niccola Antoni fu eletto Direttor dell'Officio della
Posta. :
A di 16. Mons. Francesco Leonini da Recanati fu inviato da Roma in

.qualità di Vicario Generale di Mons” Campanelli richiamato a Roma, ed in

luogo di Mons. Pressi.

A di d.? La Città e Stati di Modena furono felicitati dalla presenza del
Sovrano il Duca Francesco IV d'Este, della Principessa Maria di Sardegna di
lui Consorte e di S.A.I. l'Arciduca Massimiliano.

A di 17. Mons.” Vicario Leonini celebrò in Duomo.

A di 18. Fu ossequiato Mons." Vicario colle visite dell'Amministrazione
e del Clero.

A di 19. Istruzione Pontificia riguardo alle Penitenze spirituali da imporsi
ad arbitrio de' respettivi Vescovi agli Ecclesiastici caduti in fallo nel passato
governo..

A dì d.° Dal Cav. Rinaldo Ranieri fu ripreso il possesso del Monastero
delle Cappuccine di S. Chiara in vigore delle facoltà ottenute.

A dì d.? Fu inviata lettera a tutti i Parrochi per dar la nota delle Monache
esistenti nelle respettive cure; e nel dì 20 andarono i Parrochi in Cancelleria
Vescovile a portare le note richieste.

A dì 21. Tornarono varj giovanetti da Francia sì nobili, che Cittadini
mandati ne’ Collegi militari nel passato Governo.

A dì 22. Mons. Leonini si diede il carico di rimediare a molti sconcerti in
materia di Lenocinj e Concubinati. :

A di 23. Editto ai Sacerdoti a vestirsi d'abiti a loro grado convenienti, a
deporre il cappello tondo e non tosarsi alla bruta.

A di 24. Editto di Mons. Leonini Vicario per le pene ai profanatori delle
Chiese e delle Feste e per i bestemmiatori.

A dì 27. Il S. Padre con notificazione pubblicata concesse il perdono a
tutti i sudditi di qualunque pena corporale, in cui erano incorsi nello scorso
Governo.

A di 29. L'Uditore Angelucci di Macerata eletto Canonico Coadiutore del
Canonico Montani impotente in Cattedrale.

A di 30. Notificazione Pontificia per riguardo al Perdono generale, fuori
degli Ecclesiastici refrattari.

A di d.° Il Re di Francia desideró di far conoscere ai suoi popoli lo stato
della Francia, in cui si trovava, quando egli riprese le redini del Governo. Il

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) :
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134 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

bisogno di far leve, o per rimpiazzare, o farne delle nuove nasceva ad ogni
istante. Non si puó valutare il numero degli uomini sagrificati nel governo di
Napoleone. Lo stato delle Coscrizioni dopo la Campagna di Russia fa racca-
pricciare. Eccole:

11 Gennaio 1813 iR gw M qeu o P oA e 350.000
3 Aprile Guardia d'onore = CRISES 10.000
Primo Bando alle Guardie Nezionali IM ES 50.000
24 Legioni Armata di Spagna NAUES CREMA 30.000
Guardie Nazionali per le Coste RE 90.000
9 Ottobre 1814 Coscrizione SER PAPERS IET QN. 120.000
Altra anteriore i um 160.000
15 Novembre iubeas dell 1811 ino al 1814 i 320.000

Gennajo 1813 Offerta di truppa a cavallo equi-
paggiata EE BS MU S LIE 17.000
1814 Leva in massa iniziai SESIA 140.000
TOTALE: i: 92972000

Alla fine del 1813 vi erano 1364 Stalloni stabiliti per le razze de Ca-
valli. Nel 1814 furono requisiti 30/m Cavalli. Dopo il 19 Gennajo 1812 la per-
dita fatta dalla Francia de' Cavalli ascese a 230/m, e le spese di rimonta a
scudi 105.200.000.

AGOSTO :

A di 2. Fu ridotta in tricoli ed incendiata la Guillotina in quel medesimo
sito, dove si era adoprata per i condannati alla morte.

A di 4. Sei Sacerdoti Teologi occupati ad esaminare i Sacerdoti giurati a
tenore della istruzione del Pontefice diretta al Vicario Generale.

A di 7. Fece l'ingresso in Berlino il Re di Prussia ritornato al suo Trono.

Era stata già stabilita una Unione o Congresso in Vienna dei principali
Monarchi d'Europa per stabilir la pace.

In questo mese al Re di Torino fu dalle Truppe Austriache resti la
Savoja.

A di d.° Luigi Cattivera fu ripristinato nell’Officio di Comandante della
Piazza per ordine di Roma.

A di 12. Pietro Vermiglioli e Luigi Canali diretti a Roma per affari dello
Studio Generale.

A di 13. Passó per Foligno Mons." Campanelli per ritornare a Matelica
per ordine del Pontefice, e per complimentarlo vi si diressero il Priore Camer-
lengo e due altri Parrochi del Clero Urbano.

A di 16. Bolla Pontificia in Volgare riguardo la ripristinazione della Com-
pagnia di Gesü, approvata dalle Potenze unite.

A di 17. Notari trascelti dal Governo secondo le previe pontificie istru-
zioni, divisi in tre classi, in perpetui, provvisori e sospesi.

A di d.° Con pubblico Editto in Roma emanato furono proibite le Adu-

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CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 135

nanze de Liberi Muratori, ed altre sotto qualunque denominazione, e de' Car-
bonari, e qui pubblicato nel di 20.

A di 20. Partito per Roma il Canonico Luigi Mattioli per l'annunzio avuto
d'essere stato privato del suo posto in Capitolo per ordine supremo.

A di 23. Terminarono in Roma le Sagre Missioni fatte per 10 giorni.

A dì 26. Furono palesate da Mons Vicario le istruzioni Pontificie ai Pro-
fessori della Università ed ai Maestri di scuole minori esercenti e giubilati, sot-
toscritti all'erezione del Liceo sotto il Governo passato, d’essere incorsi nelle
censure riservate al Pontefice; onde ognuno ne procurasse l’assoluzione prima
di esercitare i loro impieghi.

A dì 28. Mons” Delegato passò ad abitare l'appartamento de’ Governa-
tori in Palazzo, essendo stato restaurato, essendo stato in avanti in casa Don-
nini a stanziare.

A di 30. Fu saputa la morta in Roma di Mons. Becchetti Vescovo di Città
della Pieve, seguita nel dì 25, avendo prima l’abdicazione del Vescovato, e fu
sepolto alla Minerva.

A dì 31. Bolla Pontificia. per la ripristinazione de Conventi Religiosi se-
condo la prima istituzione.

SETTEMBRE:

A dì 1. Mandato da Roma l’Architetto Antonio Mollari per esaminare le
fabriche de’ Conventi per imprenderne un sollecito restauro.

A dì 3. Fu congiunto in matrimonio nelle ore notturne in faccia a Mons."
Vicario Leonini il Cavaliere Giovanni Baldelli con Eufrosina... da Pisa.

A dì 4. Morì di anni 55 in Firenze il Conte Alessandro Baglioni Oddi.

A dì 8. Mons. Vicario Leonini all’Eremo di Monte Corona per assistere
alla vestizione di n. 40 Eremiti.

A dì 9. Venne notificata la promozione di Mons." Arcidiacono degli Oddi
alla sede vescovile di Spoleto, che rinunziò per causa di salute.

A dì 13. L’Imperator di Russia si mise in viaggio per andare al Congresso
di Vienna.

A dì 16. Fu notificata la elezione del Canonico Francesco Canali al Ve-
scovato di Spoleto per la rinunzia fatta di quello da Mons." Arcidiacono
degli Oddi. Il Canonico Canali partì subito ricevuta la nuova secondo l’or-
dine avuto.

A dì 17. Il Sovrano della Toscana entrò in Firenze tra gli evviva, e fu
cantato nella Metropolitana il Te Deum intuonato dall’Arcivescovo di Siena.

A dì 18. Il Principe Leopoldo ereditario di Toscana giunse in Firenze de-
corato dall’augusto suo Zio del grado di Colonnello del Regimento de’ Dra-
goni.

A di 19. Furono presentati a S.A.R. e I. i Deputati di Lucca.

A di 20. Mori di anni 85 il Canonico Giacomo Mancini uomo di gran me-
rito, e nel di 22 fu fatto il funere in Duomo. Il D.* Luigi Pascucci D." medico
ne celebró le lodi. ;

A di d.? In pubblici Fogli fu annunziato il ritorno già seguito di Ferdi-
nando III d'Austria in Firenze come Gran Duca. 136 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A di 23. Mons." Vicario Leonini per Diploma Pontificio eletto Vicario
Apostolico.

A di 24 e 25. Si fecero feste in Firenze al Sovrano, e a tutta la Famiglia
Reale.

A di 25. Giunsero in Vienna l'Imperator di Russia, ed il Re di Prussia
incontrati dall’ Imperator d'Austria cogli Archiduchi e Generalità Austriaca.
Dopo giunsero altri Sovrani. :

A di 24. D.* Carlo Giovio tornato da Matelica, dov'era stato eletto da
Mons.'iCampanelli Vescovo di Perugia per Canonico della Cattedrale coll'as-
senso dell'Arciprete e di tutto il Capitolo parti per Roma dopo essere stato
acremente trattato da Leonini Vicario Apostolico, giudicando invalida la sua
elevazione.

A di 25. Fu celebrata in Duomo con somma solennità la Festa della Ma-
donna delle Grazie coll'intervento del Delegato e di tutta l'Amministrazione.

A di 27. In Parma furono ristabiliti 4 Conventi, uno per i Riformati, uno
pe' Minori Osservanti, altro pe' Cappuccini, altro per le Cappuccine.

Nel mese corrente e nel futuro ottobre molte case di Religiosi e Religiose
furono riaperte, e riassunsero l'abito religioso negli Stati della Chiesa e fuori.

OTTOBRE :

A di 1. Cessó il Dazio dell'Octroy de' Francesi, ossia il Dazio d'ingresso
alle Porte. $

A di 3. I Canonici Mattioli e Giovio vessati ambedue per i loro Canonicati,
conferitigli da Mons." Campanelli tornarono da Roma, ma Giovio ripartì per
Roma per l'opposizione fattagli da Mons. Vicario, che volle contendergli il
Canonicato conferitogli da Campanelli sud.°

A dì 4. Fu riaperto in Roma il Tribunale della S. Rota.

A dì 6. D. Sisto Monsignorini Parroco di S. Biagio fu assalito di notte
vicino alla sua casa da un assassino, dal quale ricevè alcune percosse con arme
da taglio.

A dì d.° Ebbe luogo in Vienna una gran Festa di Pace.

A dì 7. D. Carlo Giovio tornato da Roma Canonico e successore del Ca-
nonico Giacomo Mancini.

A dì 8. Fu determinata in Vienna l’apertura del Congresso per il 1 di no-
vembre.

A dì 13. Morì D. Angiolo Moroni di anni 82, e fu fatto il funere nel dì 14
in S. Mariano.

A dì 17 Tornarono da Roma Pietro Vermiglioli e Luigi Canali per gli af-
fari dello Studio Generale di Perugia con poca soddisfazione del pubblico.

A dì 19. Morì di anni 42 Maddalena Connestabili, e nel dì 20 fu fatto il
funere in S. Agostino.

A di 22. L’Abbate Alessandri venne a ripristinare il Monastero di :

S. Pietro.

A di 24. Furono in S. Giugliana sequestrati i mobili di Francesco Ugu-
lini caduto negli attentati nel proseguire a far demolire il Monastero di detta
Santa dopo il precetto datogli.
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CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 137

NOVEMBRE :

A di 1. Fu aperto in Vienna il Congresso de' Sovrani concorsivi per dar
sesto agli affari d'Europa. Le operazioni del Congresso furono basate sul Trat-
tato di Parigi nel 30 Maggio scorso.

A di 4. Mori di anni 72 D. Luigi Copioli Parroco di S. Marco, e nel di 5 fu
fatto il funere in S. Agostino.

A di d.° I punti d'agitarsi nel Congresso di Vienna erano 6 : 1° Sulla Po-
lonia e Sassonia; 29 Sulla Federazione germanica; 39 Sul Ducato di Luxem-
burgo riclamato da due Sovrani in un tempo; 49 Sulla decisione della sorte
delle tre Legazioni del Papa, e sulle pretese della Spagna; sui Ducati di Parma
e Piacenza; 5° Sugli affari della Svizzera; 6° Sull'abolizione dell'infame tratta
o traffico de' Negri.

A di 9. Fu pubblicato Editto Pontificio sulla restituzione de Beni alle
Comunità Religiose, sulla ripristinazione de' Conventi, Case Generalizie delle
Famiglie religiose già eseguita in Roma, estesasi per tutti gli altri Stati di re-
ligiosi e Monasteri di Monache, che poteano ristabilirsi in Roma e nello Stato
Pontificio.

A dì 10. Parti per Roma il Conte Marcantonio Oddi coll’ Amministrazione
Generale de’ Beni Ecclesiastici.

A dì 12. Ordine di Mons." Vicario Apostolico al Sig." della Penna per la
restituzione de Locali appartenenti ai Cappuccini.

A di 22. Notificazione di Mons." Vicario con Autorità Apostolica Dele-
gato riguardante l’invito al Clero Urbano e Parrochi di Campagna ai Spiri-
tuali Esercizi da incominciarsi la sera del dì 13 nella Chiesa dell’Orato-
rio de’ Nobili sotto la Chiesa del Gesù, dal P. D. Antonmaria Cadolini
Barnabita.

A dì 20. Era opinione in Vienna, che gli alleati Sovrani sarebbero per
trattenersi in Vienna finché decisi fossero i punti principali tendenti a dar la
pace all'Europa.

A dì 19. Essendo vari legionari assassini nello Stato Pontificio, non osan-
do entrar soli nello stato di Napoli, si divisero in due comitive, commettendo
eccessi crudeli. Furono assalite queste due turme da Legionari e Gendarmi
sotto il General Ottati, e l'una fu assalita sulle vicinanze di Castelforte, e l'al-
tra nel passaggio del Liri. Tutti quelli assassini aleuni caddero in mani della
forza, altri rimasero uccisi, altri annegati nel fiume.

A di 21. D. Massimiliano Ansidei fu eletto Canonico della Cattedrale in
mancanza di Mons." Canali fatto Vescovo di Spoleto. Ma poco dopo rinunziò.

A di 22. Essendosi dal P. Cadolini istituita l'Unione di S. Paolo, furono
comunicati gli Uffiziali al Clero radunato la mattina nell'ultima riforma de
Spirituali Esercizi. Ma tale unione rimase affatto inoperosa e disciolta. Dopo
fu cantato il Te Deum e fu compartita la Benedizione col Sagramento da Mons.”
Vicario.

A di 24. Erano penitenzieri a commodo di tutti in varie Chiese della Città.

A di 26. Fu raccolta l'elemosina pei poveri.

A di 27. Fu Communione Generale al Gesü. Terminarono gli esercizi spi-
rituali in Duomo.

*

WI XU ALL Yo Y MEAL SA USOS. OZ ca Moz ai) Svr à Ne I 138 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

DICEMBRE:

A dì 1. Circolare del Vicario a tutti i Parrochi da doversi da loro il titolo
della propria Parrocchia, il provento, il n.° delle Famiglie e persone, le cure
confinanti, e la casa più lontana dalla propria Chiesa.

A dì 3. Indulto Pontificio dell’uso del lardo, e strutto per causa della scar-
sezza degli Olj.

A dì 5. Regolari dell’uno e l’altro sesso partiti per ripristinarsi ne respet-
tivi Monasteri.

A dì 7. Cappuccini del Luogo Nuovo e di Montemalbo ripristinati nei
loro Monasteri restaurati.

A dì 10. Da Genova si seppe, che i Cristiani della Vallachia e Servia cer-
cavano sottrarsi dal giogo Mussulmano.

A dì 11. Immagine prodigiosa di M.® Sant.ma del Monastero delle Cap-

‘ puccine di S. Chiara, custodita nella Chiesa di S. Teresa per 4 anni fu riportata

processionalmente a detto Monastero nella Chiesa ribenedetta da Mons. Vi-
cario prima di celebrarvi il divin sagrifizio.

A dì 14. Da Trieste si seppe, che i Turchi incrudivano contro i Servi, e che
altri popoli a loro si erano uniti per agire contro i Turchi.

A dì 17. Gli Elettori si adunarono nelle Camere Decemvirali per fare la
elezione de’ Magistrati secondo l'antico costume, abolito dal Governo Fran-
cese.

A dì 18. Mons. Ancajani eletto Vescovo di Gubbio amministrò in questi
giorni la Cresima in varie Chiese.

A dì 26. Fu pubblicata l’unione del Genovesato agli Stati del Re di Sar-
degna per il Congresso di Vienna.

Fu detto l’anno presente anno d’oro per essere tornati ai Troni i loro So-
vrani e ridotto all'ultimo avvilimento il genio distruttore degli Altari, de’ Troni
della Umanità e della roba.

A dì 29. Morì di anni 75 Antonio Canali, e nel dì 30 fu fatto il funere nella
Chiesa nuova.

A dì 31 Mons. Delegato colle Amministrazioni intervennero in Duomo
per la solita funzione nel finir dell’anno. E EM Te E x IT = nt doce j tiw
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Varietà

PIACENTINA GUINIGI
SIGNORA DI LUCCA A CITTÀ DI CASTELLO

Nell'Archivio Storico del comune di Città di Castello, depositato
presso la Biblioteca civica, vi sono tra gli altri, alcuni codici formati
da lettere originali dei secoli xiv e xv, rilegate insieme senz'altro
criterio che quello del formato. Altre volte mi sono indotto a trarre
da quella copiosa silloge documenti che a mio giudizio aggiungevano
particolari ad eventi storici e ne chiarivano meglio circostanze e
moventi: ed anche ora ne scelgo alcuni che ampliano ed arricchi-
scono di nuovi particolari una breve memoria pressoché clandestina,
di un erudito lucchese, che quasi sessant’anni fa si propose di illu-
strare le relazioni di Paolo Guinigi coi Signori di Camerino (1).

Rimasto vedovo della bella Ilaria del Carretto, signora di Or-
tonovo, che lo scalpello di Jacopo della Quercia immortalò, Paolo
Guinigi, signore di Lucca, s'accinse per la terza volta, a passare a
nozze: e questa volta con una giovinetta marchigiana di sangue gen-
tile. Condusse in moglie Piacentina da Varano, figlia del signor Ro-
dolfo dei signori di Camerino. Il marito, dice un contemporaneo,
«honorevolmente menò a Luccha » la sposa giovinetta « facendo di
tal donna honorevole festa di armeggiare e altri sollazzi, come a tali
feste si richiedono, con deznari et cene in grande abundantia » (2). Am-
basciatori fiorentini, senesi, del signore di Cortona e di alcuni marche-
si di Lunigiana solennizzarono quelle nozze, celebrate nel marzo
del 1407.

Un anno dopo, o poco più, Ladislao di Durazzo, re di Napoli, oc-
cupata Roma, iniziava la sua avventurosa campagna in Umbria e
in, Toscana: e siccome Paolo Guinigi si era schierato tra i fautori del
re (3) e i nemici di Firenze, la sposina si trovò per alcuni anni segre-
gata dalla sua nativa Marca, nella impossibilità di farvi ritorno an-
che per poco a:rivedere i suoi monti e i suoi familiari, essendo tutta
l’Italia centrale schierata nell’uno o nell’altro campo, piena d’armi e
d'armati. Il 29 settembre 1409 essa dava al marito un figlio che sventu-
ratamente visse solo ‘sette giorni; ma a consolare i due coniugi venne

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140 : GINO FRANCESCHINI

alla luce il 28 agosto dell'anno seguente un altro fanciullo, cui fu
imposto il nome di Agostino Filippo (4).

L'anno dopo la nascita di questo secondogenito, Piacentina Va-
rano poté finalmente dar compimento al suo desiderio di rivedere i
familiari e la nativa Marca. In quell'anno infatti Lodovico d’Angiò,
il pretendente al trono di Napoli, ridiscese in Italia e s’accinse a pren-
dere il comando dell’esercito della lega, per muovere verso il reame.
Ladislao tentò di scindere le forze avversarie e vi riuscì felicemente,
inducendo Firenze ad una pace separata, mediante la cessione della
città di Cortona, da lui poco innanzi tolta ai Casali.

La pace tra la repubblica e il re, firmata il 7 gennaio 1411, fu
perfezionata a Napoli il 26 aprile; ma ancora non si sapeva quale
reale efficacia avrebbe potuto avere e quale sarebbe stato il contegno
degli alleati di Firenze, nel caso di un grande successo delle armi di
Lodovico d'Angiò. Ma dopo la giornata di Roccasecca (19 maggio
1911) quando a tutti apparve evidente, come l’insipienza del princi-

pe angioino avesse disperso i frutti della clamorosa vittoria e dato

saldo fondamento alle fortune del re, allora si vide che Firenze aveva
giocato la carta vincente.

Paolo Guinigi, accedendo, ora che la situazione era assai più
serena, alle preghiere della moglie, acconsentì a rimandarla per alcun
tempo a Camerino a salutare i parenti. E siccome la sposa avrebbe

fatto la via dell’alta valle del Tevere, con una sosta a Città di Castello, .

il signore di Lucca chiese alla città altotiberina un salvacondotto
sebbene diceva, per la pace vigente, la richiesta non gli sembrasse
necessaria. La lettera del Guinigi è del seguente tenore :

«Magnifici fratres et amici carissimi. Quia magnifica consors mea
Placentina filia magnifici et potentis domini Rodulfi de Camerino iam
diu desideravit ire visitatum parentes, fratres et alios coniunctos suos,
volens ego et suis et suorum votis annuere, deliberavi eam mittere
Camerinum. Et quamvis expediens non existimem, tamen tum respectu
honoris Magnificentie Vestre tum etiam pro satisfactione mentis mee
Fraternitatem Vestram rogatam velim quatenus, mei contemplatione,
providere placeat de salvo conducto et licteris passuum plenissimis pro
ipsa Magnifica consorte mea usque in sexaginta equitibus et viginti
peditibus suisque salmis, valisiis, arnensibus, pannis, iocalibus et re-
bus suis tam in eundo quam in redeundo, morando et transeundo
duobus proximis futuris mensibus valituris. Quas litteras et salvum
conductum dari facere placeat latori presentium, de quibus michi fa-
cietis complacentiam singularem. Paratus ad omnia vobis grata.
Datum Luce die XXXJ octobris MCCCCXJ.
Paulus de Guinigiis Luce etc. dominus (5).
PIACENTINA GUINIGI SIGNORA DI LUCCA A CITTÀ DI CASTELLO 141

Il latore del messaggio del signore di Lucca tre giorni dopo giun-
geva a Città di Castello e, quello stesso giorno, i magistrati « provide-
runt quod domina Placentina de Guinigiis, egregia consors Magnifici
domini, domini Pauli de Guinigiis domini civitatis Lucane, etc. pos-
sit et valeat licite et libere et sine pena cum omni et quacumque sua
comitiva equestri et pedestri transire per dictam civitatem et omnia
loca Comitatus et districtus Civitatis Castelli, cum omnibus et sin-
gulis eorum bonis, valisiis, salmeriis arnensibus et iocalibus in acces-
su et reditu etc. et sine aliqua solutione alicuius pedagii vel gabelle
etc. » (6). " :

Quattro- giorni dopo, il 7 novembre, alla richiesta del Guinigi,
cosi gentilmente accolta dal magistrato castellano, s'aggiunse una
simile richiesta da parte del signor Berardo di Rodolfo Varano, fra-
tello di Piacentina, ch’era dei capitani che il re Ladislao aveva la-
sciati alla custodia di Perugia. La sua lettera dice:

« Magnifici honorandi tamquam fratres etc. Perché mia sorella
Piacentina consorte del signore de Lucha de venire ad Camerino et
venendo passa et allogiera a questa vostra Cita, per la quale cagione
per fare compagnia alla nominata mia sorella, me ce bisogna venire ad
me. Pertanto ve prego, benché me renda certo non besogne, no demino
per mia satisfactione piaciave mandarme uno. salvo conducto pienaro
per me con sessanta o septanta cavagli, possa stare, venire e ritornare
senza alcuno impedimento. Rendome sempre presto ad simile e a tucte
cose ve sia de piacere et ad me possibile de farli. A Colombella de
Fracta Perusii, die VII novembris IIIJ. indictione.

Berardus Rodulfi de Camerino etc. » (7).

La signora di Lucca, ricevuto il salvacondotto da Città di Castel-
lo, il 9 novembre si mise in cammino accompagnata da numerosa
scorta ed anche da ser Leonardo da Massa cancelliere del Guinigi,
che il suo signore presentava ai priori di Castello, con la seguente cre-
denziale:

« Magnifici fratres amici honorandi. Circumspecto viro Ser Leo-
nardo de Massa, cancellario meo carissimo, nonnulla commisi Civitati
vestre mei parte vivis vocibus exponeda cui placeat in cunctis credere
tamquam michi.

Datum Luce die VIIIJ Novembris MCCCCXJ.

Paulus de Guinigiis Luce etc. dominus » (8).

Il 13 novembre, attraverso le terre dei da Pietramala, legati d'a-
micizia col signore di Lucca, la brigata giunse a Città di Castello e
lo stesso giorno « Magnifici domini Priores Populi Civitatis Castelli,

f

^ * ed AL \ re dua. dui) ES su. e * x PN E 142 GINO FRANCESCHINI

etc. viso quod hac die Magnifica Domina Placentina egregia consors
Magnifici domini Pauli de Guinigiis, domini civitatis Lucane, ac nata
Magnifici domini Rodulfi de Camerino, ed hanc Civitatem applicuit,
recensentes mutuam amicitiam et dillectionem vetustam et moder-
nam vigentem inter dictam Communitatem et Paulum maritum et
Rodulfum patrem ipsius domine, habita super predictis etc. Provi-
derunt quod dicta Magnifica domina, honorare et honorari debeatur
pro Communi, videlicet quod ei presentetur in munere in cera, confec-
tionibus et blada aut aliis, ut presentibus dominis placuerit, pro qui-
bus expendere de pecunia Comunis usque in quantitate quindecim
florenos auri nettos, quos camefarius solvere etc. teneatur» (9).

Le carte castellane non ci dicono quanto tempo la signora di
Lucca si trattenne a Camerino; e non si ha ricordo che nel viaggio di
ritorno sia passata ancora di qui. È probabile che per Colfiorito e
Foligno, la via che deve aver tenuto anche nell'andata, abbia fatto
la strada di Perugia e Arezzo e per la val dell'Arno abbia raggiunto
Firenze e quindi Pistoia, per entrar nella val di Nievole, che era an-
cora, dopo Serravalle, dominio lucchese. |

Non é improbabile che nel viaggio d'andata, o in quello di ritorno,
abbia conosciuto a Foligno, quella che doveva succederle nel talamo
nuziale, Jacopa di Corrado Trinci, che qualche anno dopo, diveniva
la quarta moglie di Paolo Guinigi.

Piacentina Varano infatti, visse ancora col marito, dopo il ritor-
no a Lucca, quattro anni o poco più: e moriva in seguito ad un aborto
l'11 settembre 1416.

Il cronista lucchese accennando alla morte di lei dice: « Si chome
innanti avete sentito che il signor Paulo Guinigi di Lucha avea preso
per donna Madonna Piagentina, figliuola del signor Rodolfo de Cha-
merino, dalla quale ebbe molti figliuoli, fra quali funno Sveva, Agu-
stino Filippo, Angiolo e Rodolfo; et essendo gravida, a di XI settem-
bre, dopo il disertarsi, quella Iddio chiamò a sè l’anno di MCCCCXVI.
Al chui corpo fu facto sommo honore, come già fu facto a madonna
Illaria, com'é stato contato. E fu sepelita in nella chieza overo capella
di santa Lucia de' frati minori... » (10).

Una nepote di Piacentina Varano, Maria di Gentile di Rodolfo
da Camerino, andó qualche anno dopo sposa a Ladislao di Paolo
Guinigi, nato da Ilaria del Carretto il 24 settembre 1404.

Gino FRANCESCHINI

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PIACENTINA GUINIGI SIGNORA DI LUCCA A CITTÀ DI CASTELLO 143

NOTE

.(1) L. BonricLi, Sulle relazioni di Paolo Guinigi Signore di Lucca coi

da Varano Signori di Camerino. Lucca, Baroni 1901: ed. di soli dieci esemplari.

(2) GiovANNI SERCAMBI, Parte seconda delle Croniche a cura di S. Bongi,

vol. III, Roma, 1892, pp. 126-127. Ilaria del Carretto era morta l’8 decembre

1405 in seguito ad un parto: verso la fine di settembre aveva dato alla luce una

bambina, cui fu posto il nome di Ilaria e che piü tardi andó sposa a Battista
da Campofregoso.

(2) Fin dalla morte di Gian Galeazzo Visconti, Paolo Guinigi aveva ricer-
cato l'amicizia del re: ed il 24 settembre 1404 aveva imposto il nome di Ladi-
slao, in onore del re, ad un figlio natogli da Ilaria del Carretto.

(4) «... il quale fanciullo fu bactegiato per lo cardinale di Bordeus, e
puosegli nome Francesco et Angiolo. E come fu piacere di Dio, a di VI octo-
bre il dicto fanciullo morio e fu sopellito in nella cappella di Sancta Lucia a
Santo Francesco...» « E a di XXVIII agosto MCCCCX lo di di Santo Agu-
stino, nacque al signor Paulo Guinigi, di Madonna Piagentina sua donna, uno
fanciullo e al batismo li fu posto nome Agustino Philippo. Dio li dia lunga e
buona vita...» SERCAMBI, op. cit., pp. 170-171 e 184.

(5) ARCH. SEGRETO DEL COMUNE DI CITTÀ DI CASTELLO, che indicherò
con le iniziali A.S.C.C. Cod. XLIV, fol. 48: sul tergo « Magnificis fratribus et
amicis carissimis dominis Prioribus Civitatis Castelli ». Originale.

(6) A.S.C.C., Riformagioni, vol. XXXVI, c. 154 t.

(7) A.S.C.C., Cod. XLII, fol. 31: sul tergo « Magnificis et prudentibus
dominis Prioribus Artium et Communis Civitatis Castelli tamquam fratribus
honorandis ». Originale.

(8) A.S.C.C., Cod. XLII, fol. 10: a tergo « Magnificis fratribus et Amicis. . .
dominis Prioribus Civitatis Castelli ». Originale.

(9) A.S.C.C., Riformagioni, vol. XXXVI, ff. 159r e 159v.

(10) SERCAMBI, loc. cit. p. 233. L'archivio di stato di Lucca conserva al-
cune lettere di Piacentina Guinigi, che per la compiutezza di questa notizia
segnaliamo. Il 27 agosto 1415, quando da poco aveva dato alla luce il suo ul-
timo figlio Rodolfo, scrivendo da Pietrasanta, diceva che fra Giovanni poteva
andare a suo piacere, poiché il signore restava ancora a Pietrasanta e chiedeva
notizie del suo piccolo Rodolfo. Scrivendo il 28, il 30 agosto, il 2 eil 4 settem-
bre, si mostra sopratutto sollecita del suo piccino e lo raccomanda alle nu-
trici. ARCH. ST. pr Lucca, Governo di Paolo Guinigi, b. 20; vedi Regesti del-
l’ Archivio di Stato di Lucca, vol. III, parte II, Pescia, 1933, pp. 12 e 14.

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Dai suoi ventitre castelli e dalle sue quarantasei ville, sparsi in
un vasto territorio, dove vivevano oltre ventimila abitanti (1), l'an-
tica Cascia vedeva riversarsi ogni anno entro le sue mura una vera
fiumana di gente, la quale accorreva per assistere ai giuochi che si
tenevano nella festa di S. Spirito o della Pentecoste che dir si voglia.

La festa durava tre giorni: quello della solennità e i due succes-
sivi (2).

Però, già nei quindici giorni che la precedevano, le quattro cam-
pane della chiesa priorale, « celebri per l'armoniaco suono», mette-
vano, con le loro note gaie, un tono di pico d anticipata nel cuore
di ognuno (3).

Una grandiosa fiera rendeva le tre giornate rumorose e ciarlie-
re, poiché ad essa partecipavano anche commercianti dei paesi limi-
trofi, attratti da più lauti guadagni che provenivano dalle vendite
delle merci esenti, per l'occasione, :dal dazio e dalle gabelle. Tutti
ne potevano godere, purché non fossero micidiari, ribelli, banditi
capitali e debitori camerali (4).

La chiesa di S. Spirito, ora trasformata in pubblico locale, fa-
ceva parte integrante dell'ospedale omonimo, che doveva essere
quello di cui si ha notizia fin dal 1037 (5). Ad essa la Comunità di
Cascia, per disposizione statutaria, offriva due ceri di pura cera di api:
« Ecclesiae sive hospitali sancti spiritus duo cerei cere, cum candeli
ponderis X librarum pro quolibet ». Uno veniva offerto nella festività
della Pentecoste e l'altro in quello dello sposalizio della Vergine, il
23 gennaio: « Unus videlicet in festo paqualis pentecostes et alter in
festo nuptiarum de mense ianuarii (6) ».

In seguito l'offerta venne modificata: invece dei ceri venivano ver-
sati « Venerabili Priori sancti Spiritus, pro caera in eius festivitate,
florenum unum, et bolenenos viginti » (7). |

In detta festa e nei due giorni che la seguivano era vietato non
solo vendere vino (8), ma anche tenere cause civili (9) ed era disposto
«che nisciuna persona della Terra de Cascia et suo distritto ardisca
ne presuma de lavorare-overo fare alcuno exercitio manuale ne alcuna

.soma con bestie far portare excepto le some che andaranno a macinare

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146 AGOSTINO SERANTONI

et portaranno grano dall'ara a casa sotto la poena de XX. sol. per
ciascuno et ciascuna volta » (10).

Le pene pecuniarie, applicate per reati commessi nella giornata
della Pentecoste e del sabato precedente, venivano raddoppiate (11).

In questa solennità si davano anche giuochi e manifestazioni
folkloristiche, che culminavano nella corsa della « Inquintana » o
« Anquintana » come é chiamata nei documenti ufficiali (12).

Per S. Spirito il Comune rimetteva un po' a nuovo ogni cosa: da
«li calzi ele cappe » ai famigli del Palazzo ai « pendoni » delle trom-
be (13).

La prima notizia al riguardo si ha nel 1491 — a tale anno risale il
primo volume delle riformanze — quando, nella tornata consiliare del
15 maggio, fu trattato « de modo ordinandi armatam » e fu discusso
sui mezzi per trovare il denaro sufficiente « pro armatis, tibicinibus,
piffarinis et aliis interessariis in dicto festo » (14).

Le origini della manifestazione devono essere peró di molto ante-
riori a detto anno, se, nella ricordata seduta, fu disposto che il pro-
gramma fosse svolto « more solito » e se nel 1535, nel fissare il numero
degli armati, fu convenuto che esso fosse « secundum antiquam con-
suetudinem » (15). i

Tali dizioni rivelano di per sè che i giuochi venivano effettuati
da tempo antico, antico almeno quanto l'istituzione della fiera di S.
Spirito, che deve ripetere la sua origine dai monaci benedettini di
Farfa, quando la loro pietà li spinse a prendere la direzione dell'o-
spedale, immediatamente adiacente, secondo il loro costume, al mo-
nastero con il quale formava un unico edificio.

Il nome « Inquintana » fa la sua comparsa ufficiale nel 1558:
anticamente essa veniva chiamata « corsa comune » mentre nel 1600
era detta anche «lotta o corsa dell'anello » oppure « Giostra del sa-
raceno » (16).

Il premio messo in palio era in denaro ed era fissato dal Consi-
glio. Il Comune ritirava dal vincitore l'anello dietro versamento della
somma stabilita in tabella: dal 1608 in poi il Mastro di Casa do-
veva riscattarlo spesso al Monte di Pietà dietro versamento di uno
scudo (17) ! Nel 1694 ad un certo Giovanni Pierantoni, primo clas-
sificato, furono corrisposti cinque paoli « prezzo di una papera o
gallinaccio » (18): ciò sta a dimostrare quanto grande fosse, in quel
periodo di tempo, la decadenza della manifestazione !

Ogni anno i reggitori della cosa pubblica prendevano in esame
l'ordinamento della festa e delegavano i consoli per la scelta degli
LA FESTA DI S. SPIRITO A CASCIA 147

uomini da preporsi alla direzione della giostra e per precettare gli
armati.

All'opera di un comitato organizzatore, composto di elementi
della città e del contado, si ricorse fino a quando non si procedette,
da parte dei consoli, alla elezione dei soprastanti, con la retribuzione
ordinaria di quattro fiorini. Essi venivano nominati ogni anno; resta-
vano in carica per la durata della fiera ed avevano il precipuo compito
di sovrintendere ai giuochi ed alla fiera stessa. Era fatto loro assolu-
to divieto di riscuotere o di domandare alcunché ai partecipanti, sia
in natura che in denaro, pena la perdita « della provisione » e il pa-
gamento «de dui scudi d’oro » (19).

Ma nel 1717 i consultori Tommaso Regi e Francesco Maria Fran-
ceschini, in una comparsa da loro fatta, nominarono i soprastanti
senza che i consoli vi si opponessero (20). Nel 1541 fu data a questi
ultimi la facoltà di scegliere dieci uomini della città ed altrettanti
dei castelli per stilare il regolamento dell’Inquintana: « ad faciendam
tabulam observandam » e fu forse in questa occasione che si pensò
all'istituzione della carica di soprastante (21).

Nessuna innovazione poteva essere apportata alle norme stabi-
lite senza la approvazione del Consiglio (22).

Delle prescrizioni vere e proprie furono fissate nella seduta consi-
liare del 28 marzo 1557, su suggerimento del consultore Francesco
Antonio Grasso. Infatti fu disposto che ogni castello facesse un palio
del prezzo di 25 scudi, in cima al quale doveva essere scritto. in let-
tere maiuscole, il nome della località che rappresentava e vi doveva
essere dipinta l’arma di Cascia. Detti palii, portati dai massari e
dai sindaci a ciò deputati, nella domenica di Pentecoste dovevano
essere presentati al canonico priore di S. Spirito, alla presenza dei
consoli e del governatore « antequam anulus curratur ». Dopo la cor-
sa essi dovevano essere portati in giro per tutta Cascia « per totam
terram Cassiae » fino al palazzo consolare dove avvenivano le ceri-
monie. E ciò fatto, tutti i palii venivano offerti all’abbadessa della
Beata Rita (23).

I consoli che non avessero ottemperato alle disposizioni consi-
liari venivano multati con due scudi d’oro (23).

Sempre su proposta del predetto ser Francesco Antonio Grasso,
il Consiglio, nella tornata del successivo 22 aprile, dispose che ogni
palio fosse accompagnato da un’offerta di una libra di cera per la
chiesa di S. Spirito «et hoc pro elemosina et amore dei » (24).

Il 22 maggio del 1562 fu stabilito che il ciclo delle feste penteco-

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148 AGOSTINO SERANTONI

stali si chiudesse con una grandiosa manifestazione in onore della

Beata Rita. Infatti fu prescritto che il mercoledì successivo alla festa

di S. Spirito il clero si dovesse riunire nella Collegiata di S. Maria
e da qui procedere in processione fino alla chiesa della Beata Rita,
dove, alla presenza dei forestieri intervenuti alla fiera e di tutti gli
uomini delle ville e dei castelli casciani, ivi convenuti pure in proces-
sione, doveva essere celebrata una messa solenne (25).

Il problema della sovvenzione della festa aveva i suoi ritorni ogni
anno. La spesa non era indifferente, se al capitano, ai soprastanti,
agli armati, ai suonatori ed al vincitore della gara veniva corrispo-
sto un compenso e spesso anche il pranzo. Nel 1561 questo fu appron-
tato per 77 trombe e 12 timpanisti intervenuti alla manifestazione.
Qualche anno si arrivò a spendere oltre ottanta fiorini (26).

Nella ricordata seduta del 22 aprile 1557, allo scopo di trovare i
fondi occorrenti per correre il palio, furono multati tutti coloro che
non mandarono i « guastatores » nel capoluogo in occasione della mi-
nacciata invasione del 1556 da parte di banditi regnicoli nel terri-
torio casciano.

Talora si avevano delle battute quasi comiche. Nel 1584 il teso-
riere fece chiaramente intendere che non poteva sborsare nemmeno
«un quattrino » per mancanza di « assegnamento » e che sarebbe stato

. meglio pagare piuttosto i 200 scudi al medico di Rieti (che doveva

aver prestato servizio a Cascia) e corrispondere quanto dovuto ai
salariati, al bargello di campagna ed al prefetto che minacciavano
«represaglie et essecutioni » (27).

Si faceva fronte alla spesa per l'armata, oltre che con l'aumento
del dazio sul vino, anche con parte del ricavato della gabella del pas-
so, delle pene dei malefizi, della fida della Montagna, del banco civile
e della gabella della stadera (28).

Nel 1583 la manifestazione corse pericolo di essere soppressa.
Infatti nella seduta del 9 giugno di detto anno, poiché «l'armata che
si fa per la fiera di S. Spirito causa piü tosto disturbo, che quiete se
propone se pare de cassarla » (28). La mozione non ebbe alcun esito (29).

Già del 1553 furono nominati due uomini con l'autorità di repri-
mere ogni eccesso (30).

Nel 1586 il consultore Girolamo di Flaminio, prendendo lo spun-
to dal «tempo gennarolo » e impressionato forse anche delle licenze
che i partecipanti si prendevano, ottenne per quell'anno, la sospen-
sione della giostra e la ratifica della proposta « che in quelli tre giorni
della festa di S. Spirito se debba pregare il sig. Dio ch'abbi ad aiutare
LA FESTA DI S. SPIRITO A CASCIA 149

tutti in questi tempi si penuriosi e che li presenti signori Consoli
faccino intendere et sapere a tutti li reverendissimi religiosi che per
ciò quelli tre giorni debbino fare oratione et pregare il Sig. Dio per
tutti et ordinare anco qualche processione acció il sig. Dio c'esaudi-
sca » (31).

Con l'andar del tempo, e precisamente nei primi del 1600, l'in-
teressamento popolare per l'Inquintana andó scemando, finché,
dopo il terremoto del 1703, che tanti lutti e rovine seminò nel territo-
rio casciano, cessó del tutto. Restó tuttavia la fiera, ridotta ormai a
semplice mercato, per la quale si continuó ad eleggere i soprastanti
fino al 1805 (16).

Dove si svolgeva la manifestazione ? Le cronache non lo dicono;
ma è da supporre che si effettuasse nella piazza di S. Spirito, come
puó desumersi dal contesto della seduta del 28 marzo 1557 dianzi
ricordata. Non poteva essere l'attuale piazzale di S. Agostino i in quan-
to faceva parte integrante dell'interno della Rocca e che un tempo

aveva una conformazione differente da quella di oggi. Valle Canuta,.

dove ora si svolge il mercato del bestiame, non era idonea, poiché
a quei tempi non era altro che l'alveo del fosso di Cuccaro.

Il luogo nel quale si teneva la giostra era detto « teatro » ed era
delimitato da una palizzata per evitare disgrazie o invasioni del
campo da parte di scalmanati. Esso era cosparso di sabbia per far
si che i cavalli, durante la corsa, non scivolassero. Entro il suo peri-
metro era sistemato un finto armato, girevole su se stesso, con uno
scudo a difesa, da un braccio del quale pendeva, legato ad un « ca-

pocordo », l'anello che doveva essere centrato dal cavaliere parteci-

pante alla gara (32).

L'armata di S. Spirito, che era composta da 200 a 350 uomini,
a discrezione dei consoli, aveva il compito di tenere pacifico lo Stato
casciano durante quei giorni di baraonda collettiva, di tutelare l'or-
dine pubblico e di prender parte attiva alla giostra: « pro custodiendo
et venerando festum » (33). Coloro che, coscritti, non si fossero pre-
sentati, venivano puniti con ammende: alla stessa pena soggiacevano
i tamburini se si fossero astenuti, per qualsiasi motivo, dal servizio.
Nel 1535 fu stabilito che il ricavato delle multe fosse devoluto parte
alla cassa del Governatore e parte a quella comunale da servire per
il salario degli armati. Nel 1540 invece fu disposto che esso andasse,
in parti uguali, alla Comunità ed alla società degli stessi (34).

I consoli fissavano, di anno in anno, per ogni villa o castello, il
numero degli uomini da precettare; mentre i nominativi, dal 1507 in

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poi, venivano fatti dai componenti il Consiglio che presentavano
quattro nomi « de suo loco castro aut. villa »; anteriormente a tale
anno invece era un comitato ristretto di quattro elementi, due della
città e due del contado, che formavano la lista di coloro che dovevano
essere chiamati in servizio (35).

Gli armati dovevano restare in attività dal martedì antecedente
la Pentecoste al giovedì susseguente ad essa: « fiat armata in nundi-
nis sancti Spiritus incipiens die martis et finiens die Iovis » (36).

L’armata era denominata anche Società degli armati, « Societas
Armatorum » ed era comandata da un capitano, « Dominus Arma-
te », eletto «cum honoribus et honeribus solitis », coadiuvato da un
«camerarius » da un «cancellarius » e da un « vessillifer ». Costoro,
con i soprastanti, erano chiamati ufficiali « festivitatis et nundinor-
rum s. spiritus »: l'elezione spettava ai consoli (37).

Particolari onori venivano tributati ai suonatori dei piü svariati .

strumenti, provenienti dalle più disparate località: da Todi, Leonessa,
L'Aquila, Spello, Norcia, Poggio Bustone, S. Severino, Spoleto, Ama-
trice, Campi di Norcia, Camerino, Trimezzo, Narni, Rocca di Mezzo,
Ascoli, Nocera (16). à

La manifestazione si apriva la mattina della Pentecoste con la
consegna dei labari e con l'offerta della cera da parte dei sindaci o
dei massari a ció deputati.

I consoli, nei sontuosi paludamenti dell'epoca (37), insieme al
podestà, fino al 1519, e, dopo tale anno, in compagnia del governa-
tore, accompagnati dagli squilli delle trombe (38), si portavano so-
lennemente al tempio di S. Spirito, sul limitare del quale ricevevano
i rappresentanti dei rioni e del contado e i suonatori convenuti
alla festa. Il priore, indossati i paramenti sacri, li benediceva e ne
riceveva i doni. I consoli, attorniati dalle autorità e dai famigli del
Palazzo, in costume, presentavano l'offerta in nome della Comunità,
mentre i palii garrivano al vento e per il cielo si spandevano le note
degli strumenti musicali. |

Al termine della messa solenne, alla quale i consoli erano tenuti
ad assistere,il priore prendeva in custodia i palii, come prescritto
dalle riformanze.

La giostra aveva inizio il lunedi dopo la Pentecoste. Dal 1600 in
poi peró essa si teneva nello stesso giorno della solennità. I banditori
ne davano l'annuncio. Ogni guaita (rione), ogni castello o villa parte-
cipante faceva intervenire alla gara il più aitante e valente giovane
con a fianco la più bella dama del luogo, poiché, naturalmente, non è
—— e ma

LA FESTA DI S. SPIRITO A CASCIA i 151

possibile concepire un torneo senza il sorriso luminoso della donna.

Al termine della manifestazione avveniva la grandiosa sfilata
per le anguste vie delle guaite formanti l'antica Cascia.

Arazzi multicolori abbellivano finestre e balconi.

I banditori aprivano il corteo. Suonatori di timpani, di ane di
pifferi, di zampogne, di tamburelli e di altri strumenti, precedevano
il capitano a cavallo, avanti al quale era l'alfiere con l'insegna del-
l'armata; seguivano coloro che avevano preso parte alla giostra e che
facevano corona al vincitore. Venivano poi, forse in ordine d'impor-
tanza, i vessilli dei rioni e dei castelli, che brillavano al sole fra un
tripudio di festa e di colori. Una grande folla, a stento contenuta
dagli uomini di servizio; si assiepava lungo le strade, facendo ala
al corteo; le campane si rincorrevano garrule dalle torri campanarie:
su tutte peró sovrastava la voce cupa del campanone del Comune,
che, dall'alto del colle di S. Agostino, si faceva sentire su buona parte
del territorio casciano. Le rondini volteggiavano intanto sui tetti
delle case, sugli spalti della Rocca e sopra i colli di S. Salvatore e
della Bastia.

Il corteo, snodandosi nel dedalo delle strade, si portava nella
guaita di Piazza, sul vasto piazzale intorno a cui si ergevano la sede
consolare, il palazzo del podestà, il teatro, le case patrizie, il conven-
to e la chiesa di S. Agostino.

I protagonisti della festa erano accolti dallo sventolio dei drappi
e dai battimani della folla che gremiva la piazza, le finestre ed i
balconi delle case circostanti.

I consoli, nei caratteristici costumi del tempo, attorniati dal po-
destà, dai priori e dai maggiorenti del paese, con a fianco il fiammante
gonfalone del Comune, portato dall'alfiere e scortato dai valletti, ri-
cevevano il corteo ai piedi della scalea del portone principale del pa-
lazzo. Ad essi facevano ala le dame che, con il loro sorriso e con la
loro bellezza, avevano incitato i giovani alla vittoria.

I cavalieri, dopo aver effettuato evoluzioni, caracollando sui
loro destrieri, madidi di sudore, si disponevano in semicerchio;
dietro si allineavano i portatori di palii.

Ad un tratto si sentivano echeggiare nell'aria gli squilli delle
trombe: il vincitore assoluto della gara, raggiante in volto, si portava
presso i consoli per ricevere da loro il premio dovuto.

La dama della località vincente si appressava al giovane e gli
dava a baciare la sua bianca mano, mentre i vessilli si abbassavano
in segno di saluto. :

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Ricostituitosi, il corteo scendeva nella chiesa della Beata Rita |
per deporre, nelle mani dell'abbadessa del monastero, la prescritta
offerta dei palii: era l'attestato di affetto che l'intera Comunità di -
Cascia, in quella maniera, esternava alla sua figlia prediletta.

AGOSTINO SERANTONI
Avvertenza — Quando non viene altrimenti indicato, le notizie s'intendono
desunte dall'archivio del Comune di Cascia.

.(1) Avv. Bonucci, Relazione, ms. presso il Comune di Norcia. :
(2) Statuti 1387, liber. II, r. XXXVII e 1545; liber." V, r.-EIX. : j
(3) Relazione del terremoto 1703. |
(4) Riformanze, vol. 10, ff. 96 e 97.
(5) Giovan Maria Giuliani, I chirurghi preciani e norcini, pag. 181.
(6) Statuti 1387, liber. I, r. 1.
(7) Statuti 1545, liber. I, r. 1.
(8) Riformanze, vol. I, f. 51. —
(9) Statuti 1387 e 1545, liber II, r. XXXVIII.
(10) Statuti 1545, liber V, r. LXIX.
(11) Statuti 1387 e 1545, liber III, r. XIII. |
(12) Riformanze, vol. 20, f. 61 e 144; Bollettari delle Tesoreria. t
(13) » vob 275 1- 74: Il
(14) » vol. 1, f. 48. |
(15) » vol. 3, f. 146, 148, 149. j
(16) Bollettari della Tesoreria. | i |
(17) c. $..vol 6, f. 1300. |
(15)-c."s.; vol. 16, f. 97.
(19) Statuti 1545, liber V, r. LXXII.
(20) Statuti 1545, annotazioni marginali mss. al f. XLI. |
(21) Riformanze vol. 4, f. 204. |
(22) » xol. 7, £.. 03. |
(23) » VOl.; 11, f; 66.
(24). -» vol. 11, f. 66.
(25) » vOE 14, 1:64. |
(26) Bollettari della Tesoreria, vol. 7, f. 36. |
(27) Riformanze, Vol. 20, ft. 61 e 62. |
(28) Don Marco Franceschini, Memorie storiche di Cascia, Cascia 1913, pag. 109. |
|
;

(29) Riformanze vol. 19, f. 195. |
(30) » vol. 9, f. 107.

(31) » vol. 21, f. 25.

(32) Bollettari della Tesoreria, vol. 16, ff. 123 e 128.
(33) Riformanze wol. 1, f. 48.

(34) » vol. 3, ff. 146 e 148; vol. 4, f. 32. |
(35) » vol. 1, f. 48; vol. 2, f. 76. IA
(36) i; vol. 14, f. 194. (N
(37) n voled 10:32; vo: 10; f. 1904. MSN
(38) Statuti 1387 e 1545, liber I, r. 1. . I
| Congressi e Convegni

I CONGRESSO NAZIONALE ARCHIVISTI

Orvieto, 23-24 ottobre 1949

| Nel 1949, l'Amministrazione Comunale di Orvieto, volendo degnamente
onorare lo Storico ed Archivista Luigi Fumi, nel primo centenario della na-
scita, costituì un comitato presieduto dal Sindaco prof. Carlo Gregori per ren-
dere il doveroso tributo a colui che della sua terra fu figlio devoto, paziente
|l ricercatore e divulgatore di memorie (1).

I Furono presi contatti con il prof. Emilio Re, Soprintendente Archivistico
| | per il Lazio, Umbria e Marche, il quale propose che la data centenaria di Luigi
ji Fumi fosse celebrata riunendo per la prima volta a congresso in Orvieto tutti
gli archivisti italiani. In un modo migliore non si sarebbe potuto onorare il
Maestro insigne e nello stesso tempo si sarebbe realizzata quella Associazione
Archivisti Italiani, sempre rimasta da anni nelle aspirazioni dei custodi delle
patrie memorie, che avrebbe permesso all'Italia di essere rappresentata nel
consesso archivistico internazionale sorto sotto gli auspici dell'Unesco. La
- proposta del prof. Re, per la considerazione così concessa alla città, ebbe la
approvazione del Comitato orvietano e non mancò anche del consenso del ve-
scovo di Orvieto mons. Francesco Pieri, che venne poi incontro a tutte quelle

richieste di collaborazione necessarie alla riuscita della manifestazione.
Stabilito di svolgere il Congresso nella seconda quindicina di ottobre, il
- Comitato organizzatore locale e quello provvisorio degli Archivisti, per la co-
E stituenda Associazione Nazionale, presieduta dal prof. Re, con sede in Firenze,
| . lavorarono in accordo dal luglio 1949 ed immediatamente si delineò il pro-
gramma delle giornate del congresso, con la commemorazione di Luigi Fumi,
per la quale venne officiato l'orvietano prof. Pericle Perali, mentre nei locali
della Biblioteca si approvò di allestire una mostra di autografi e lettere di per-
sonalità, con le quali il Fumi ebbe rapporti, che meglio facessero risaltare la
opera dello storico, unitamente ai documenti più preziosi degli archivi cittadini.
j Per questa il materiale venne messo a disposizione dal conte dott. Ranieri
Fumi, figlio dello storico, per la parte delle lettere e manoscritti, dal Comune,
} dal Capitolo della Cattedrale e dell'Opera del Duomo. La scelta dei pezzi e
compilazione delle schede vennero curate dal dott. Crispino Ferri e dalla dott.
Lucia Tammaro Conti, mentre la disposizione della mostra e gli adattamenti
" negli ambienti furono eseguiti dal prof. Nello Benini e dal prof. Fernando Puppo.

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i (1) Per gli Atti e Cronache del Congresso vedi Notizie degli Archivi di Stato, A.X. nn. 1-2,
i . gennaio-agosto 1950, Roma, Poligrafico dello Stato, 1950.

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154 CRISPINO FERRI

Il 23 ottobre, nella mattinata, nel Teatro Mancinelli alla presenza dell’on.
Achille Marazza, Sottosegretario agli Interni, in rappresentanza del Governo,
del dott. Biagio Abate, Capo dell’Ufficio Centrale Archivi, delle autorità pro-
vinciali e locali e di numerosi archivisti, fra i quali i direttori dei maggiori
archivi italiani, il prof. Pericle Perali, dopo il saluto agli ospiti, porto dal Sin-
daco prof. Carlo Gregori, fece rivivere la figura di Luigi Fumi sotto l’aspetto
del cittadino, del cattolico e dello studioso ed il prof. Guido Manganelli, Soprin-
tendente agli Archivi della Lombardia ricordò l’opera dell’insigne orvietano
nell’ Archivio di Stato di Milano.

Autorità e pubblico si portarono poi alla Biblioteca Comunale per l’inau-
gurazione della Mostra che rimase aperta fino al 31 ottobre.

Nel pomeriggio di quello stesso giorno i convenuti si recarono in Duomo
dove, dopo le parole di saluto del vescovo, che anche sottolineò il prezioso la-
voro degli Archivisti in funzione degli ideali cristiani, l'organista mons. Ernesto
Bezzi dette un concerto d’organo di musiche classiche. A questo seguì lo sco-
primento e la venerazione della Reliquia del SS. Corporale. Indi nell’ Audito-
rium della SS. Annunziata, gentilmente concesso dal vescovo, il prof. Re porse
il saluto alla famiglia archivistica italiana, ringraziò Orvieto, nelle sue autorità,
per l'ospitalità predisposta ed espose gli scopi della riunione in modo che l’Ita-
lia fosse rappresentata nel consesso internazionale degli archivi e meglio fossero
svolte tutte quelle attività intese a valorizzare il prezioso materiale documen-
tario nazionale.

La prima giornata si chiuse con un ricevimento in Municipio offerto dalla
Amministrazione Comunale.

Il Congresso, dalle interessanti comunicazioni e relazioni, continuò l’in-
domani e si chiuse con l'approvazione dello Statuto dell’ Associazione Nazio-
nale Archivisti Italiani e l'elezione del Consiglio Direttivo della medesima.

Studiosi ed Archivisti riportarono un gradito ricordo delle giornate orvie-
tane, nelle quali, il soggiorno, tra lo stupendo scenario dei monumenti, non
mancò della tradizionale signorile ospitalità.

CrIsPINO FERRI

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RECENSIONI

Nicco FasoLa Giusta, La Fontana di Perugia, con la relazione su i lavori di
restauro del 1948-49 del dott. Francesco Santi, Roma, 1951.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale il prof. Achille Bertini Ca-
losso, sovrintendente ai monumenti dell'Umbria, fece coprire la Fonte dei
Pisani da un apparato antischegge che la nascose per tutta la durata della guer-
ra stessa. Finita questa, si procedette da apposita Commissione ad un dili-
gente esame delle condizioni del monumento, le quali furono trovate disastrose:
la statica stessa pericolante e resa tale non solo per opera del tempo, ma an-
che per inconsulti restauri che da piü di sei secoli, allo scopo di consolidare,
si erano susseguiti, aggravando i mali che s'intendeva di scongiurare. La Com-
missione decise che la Fonte si scomponesse, si togliessero le aggiunte che ne
alteravano l'aspetto originario, si liberassero i marmi e i bronzi dalle concre-
zioni calcaree che li ricoprivano con strati di persino cinque centimetri di spes-
sore, e si rimettesse insieme abolendo le grappe di ferro che ossidandosi fa-
cevano scoppiare i marmi, sostituendole con grappe di rame. La delicata e pe-
ricolosa opera di pulimento fu affidata all'Opificio delle Pietre Dure di Firenze
che la portó a termine in modo perfetto rimettendo in luce rilievi e statue,
resi irriconoscibili dai depositi delle acque. Il lavoro di ricostruzione del mo-
numento venne eseguito adoperando mezzi sicuri per scongiurare infiltrazioni
pericolose e sconnessioni dei pezzi, più pericolose ancora. Il dottor Santi,
segretario relatore della Commissione, ha scritto pagine che rimarranno fon-
damentali per la storia delle vicende del monumento.

Il merito di averci data una monografia esauriente, degna dell'importanza
della Fontana, va alla Nicco Fasola che per la sua conoscenza profonda
della scultura pisana e per la sua acuta sensibilità, era la più adatta a trattare
un tema tutt'altro che facile, data la ricca bibliografia che lo riguarda, date le
discordanti interpretazioni dei documenti d'archivio e delle leggende incise
sul monumento, come anche un certo spirito di campanile che aveva finito
con l'assegnare al perugino Fra Bevignate una parte preponderante nel com-
plesso di un'opera, che é del tutto e in tutto schiettamente pisana. Eliminato
Arnolfo al quale realmente i perugini si rivolsero, in un primo tempo ma
che non poté o non volle assumersi l'incarico della nuova fonte, questa fu
eseguita da Nicola e dal figlio Giovanni in brevissimo spazio di tempo, che
fa pensare ad una larga partecipazione di aiuti, adoperati peró con molta
parsimonia nell'esecuzione delle statue del secondo bacino e nei dittici a ri-
lievo del primo. C'é da concludere che la bottega abbia lavorato nelle parti
architettoniche: fasci di colonnine, cornici di profili schiettamente nicoliani,
mentre i due maestri erano impegnati negli elementi figurativi.

I perugini da tempo sognavano la visione di una fontana monumentale
sulla piazza grande della città; il loro Comune aveva raggiunto nella seconda

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156 RECENSIONI

metà del 1200 l'apogeo della potenza e della ricchezza: la fonte doveva de-
gnamente celebrare questo trionfo. L'iconografia delle statue del secondo ba-

cino risponde allo scopo: le figure allegoriche della città, del Trasimeno, del

Chiusino si trovano vicine a quelle di Roma e della Chiesa. I Santi protettori
di Perugia stanno con quelle dei Principi degli Apostoli, dell'Arcangelo Mi-
chele, di S. Benedetto, fondatore del monachismo occidentale. Giustamente
é rilevata l'assenza di S. Francesco, che per altro ebbe in Perugia un culto
profondo: ma tra Perugia ed Assisi non correva buon sangue e gli statuti pe-
rugini punivano chi avesse ingiuriato altrui chiamandolo assisano. Ma in com-
penso le immagini del Podestà e del Capitano del Popolo del 1278 rappresen-
tano nella storia del ritratto italiano due dei più antichi e già individuatis-
simi saggi della ritrattistica medioevale. L'enciclopedia compresa nei dittici
del bacino inferiore é meno caratteristica, ma non mancano di significato i
soggetti che insegnano a tener d'occhio i nemici e non dar loro tempo e modo
di farsi forti e pericolosi.

In tanta ricchezza figurativa di statue e di rilievi la Nicco Fasola rileva
lo spirito preponderante di Nicola: Giovanni dimostra già qualche accenno
della sua personalità, che, così diversa da quella del padre, sarà già tutta nel
pulpito di Pistoia; ma nella Fontana perugina si subordina al padre ed è anzi
il suo maggior collaboratore. Ma il Nicola Pisano di Perugia è ben diverso da
quello dell’anteriore pulpito di Siena: egli tende, e vi riesce mirabilmente, ad
una sintesi formale, che potrebbe richiamare la stessa tendenza di Miche-
langelo vecchio. L’unità della vasta opera è costituita da questa costante ca-
ratteristica; risorge più vigoroso il vecchio spirito romanico che trova un po-
tente equilibrio classico, decisamente antigotico. L’analisi che l’autrice fa dei
singoli pezzi per determinarne i caratteri stilistici e per distinguere le parti
da assegnare al padre o al figlio, è quanto mai convincente e si spiega con la
con la sua squisita, acutissima sensibilità.

La fontana di Arnolfo che ornava il fondo opposto della Piazza Grande
del Comune, é illustrata nella sua storia e nelle sue vicende, che non le con-
cessero lunga vita, come dimostra la perfetta conservazione dei tre rilievi
oggi nella Galleria Nazionale dell'Umbria, alquanto sottovalutati dall'Au-
trice, a parer nostro, non equamente. Anche i due grandi bronzi del Grifo e
del Leone, che furono collocati sopra la porta del Palazzo Priorale, sono stu-
diati, riportandoli ad un'opera non anteriore alla metà del '200 e fusi con pro-
cedimento tecnico ben diverso e piü leggero dei bronzi della Fontana, culmi-
nanti in quel mirabile gruppo delle tre giovani, che la Nicco Fasola chiama
Portatrici d'acqua, definizione che non ci sembra molto convincente. Quanto
alla lunga iscrizione metrica incisa sul secondo bacino, tanto studiata e varia-
mente interpretata, bisogna riconoscere che presenta tante oscure ambiguità
dovute alle esigenze della rima nei versi leonini e ad evidenti errori di trascri-
zione, da chi li scolpì, c'è da corchiudere che neppure la versione datane
dall'Autrice è da accogliere come definitiva: a cominciare da quel iocundum
vivere fontes, dove l'aggettivo non può essere riferito al verbo, nel qual caso il
poeta avrebbe adoperato l'avverbio e non può concordare con fontes, a meno
che abbiano inciso il plurale per fontem. Fra Bevignate è definito perfetta-
mente con l'ad omnia pronus: fu questo benedettino un vero factotum del
Comune e niente di piü inesatto che chiamare la Fontana di Fra Bevignate;

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RECENSIONI 157

‘ questo pisanissimo capolavoro il più caratteristico di quanti ne possiede Pe-

rugia, veramente unico essendo la più monumentale fontana del Medioevo
Europeo. L'illustrazione della Nicco Fasola ne è veramente degna. ì

GIUSTINO CRISTOFANI

WALEY DANIEL, Medieval Orvieto. The political history of an italian city-state
1157-1334, Cambridge 1952, pp. xxv-170 con quattro tavole, una carta
. e tre alberi genealogici.

Piuttosto che soffermarci minutamente nell’esame di un’opera così ricca
di notizie e già favorevolmente recensita, seppure con qualche giustificata
riserva (nel ‘52, poco dopo la pubblicazione, a cura di Leopoldo Sandri in
Bollettino dell’ Istituto Storico Artistico Orvietano, a.. VIII, 1952, fasc. unico,
pp. 20-1 e assai minutamente nel '53, a cura di Raoul Manselli in Rivista
Storica Italiana a. LXV, fasc. I, pp. 128-30) sembra più opportuno fermarci
su qualche brano particolarmente adatto, a mio giudizio, per rivelare puntual-
mente il metodo seguito dall’A.

Egli parte dallo scioglimento dei vincoli che univano strettamente Or-
vieto al papato, negli anni intorno al 1155-7 per potere poi narrare con minu-
zia quasi pedantesca i « fatti » che seguirono: la prima espansione nel contado,
sopratutto grazie alla alleanza con Siena a danno degli Aldobrandeschi; la
ribellione ad Orvieto, di Acquapendente (ca. 1196) che, qualche anno dopo,
cercò di appoggiarsi ad Innocenzo III; l'inviluppo di momenti della lotta fra
« ortodossi » ed « eretici » nell’inasprimento dei rapporti fra Innocenzo ed Or-
vieto, colpita da interdetto; l’uccisione di Pietro Parenzo (1199 mag. 20) co-
me episodio culminante della « most dramatic chain of events » (il corsivo è
mio !; cf. Waley, p. 13) messa in moto dall’interdetto lanciato da Innocenzo
(in questi eventi l'A. sottolinea l'intervento dei catari: cf. p. 13 cit. e sgg.).

E questo appunto ci consente di cogliere un tipico aspetto del metodo
seguito dall’a.: egli parla di catari senza sentire il bisogno di avvertire che è,
questa, una terminologia impropria assai diffusa nel xir secolo, e ci con-
sente così di sottolineare, invece, una coincidenza non ‘certo rara fra l’at-
tività patarinica e quella ghibellina, in una mescolanza di motivi religiosi

e politici tipicissima del Medioevo. Inoltre lA. allude ad un « Council of Ca- :

thars » da tenersi sotto la « presidenza » di un viterbese « who called himself
Peter Lombard » (p. 14) nonché ad un progetto (riferito nella « Legend of St.

. Pier Parenzo » cit. a p. 13) di espulsione dei « cattolici » da Orvieto per trasfor-

mare la città in un caposaldo «for their fellow-believers ex omnibus mundi
partibus ».

Orbene, non solo l' A. non si sente affatto tenuto a soffermarsi sul problema
di un ipotetico « Council of Cathars » (si trattava di una terminologia impro-
pria, come si è visto) e sul non meglio identificato viterbese dal nome carico del
ricordo di problemi dottrinari che si erano agitati a Reims qualche decennio
prima nonché sull’ipotetica trasformazione di Orvieto in un caposaldo dei « ca-
thars» ex omnibus mundi partibus: non solo tutto questo, ma per giunta in nota
a quest’ultima significativa frase non pone affatto l’indicazione del luogo della

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158 RECENSIONI

«Legend» (si tratta della cronaca S. Pietro Parenzo. La leggenda scritta dal Mae-
stro Giovanni come è detto finalmente nella bibliografia in calce al volume) da
cui l'ha tratta ma rileva, incomprensibilmente, che « The.Cathars of Southern
France, the Albigenses, were actually to conduct such a last defence at Mont-
ségur in 1242-4 (v. G. Belperron, La Croisade contre les Albigeois, Paris, n.
d., pp. 427-33). Montségur is an isolated rocky feature very similar to that
on wich Orvieto stands. » (cf. Waley, cit. p. 14 nota 1).

Come si vede, é agevole (anche senza avere la benché minima intenzione
di sminuire il merito dell'A. e pur comprendendo che il suo metodo edi suoi
interessi sono diversi dai nostri) spigolare a caso nel libro problemi che avreb-
bero attratto appassionatamente l'attenzione di un ricercatore attento ai
piü tenui.accenni di voci e problemi che — almeno ai suoi occhi di « uomo di
cingolo » — tenui non possono affatto apparire; e questo, aggiunto alla con-
vinzione espressa dall' A. nel sottotitolo del libro, e cioè che la storia di Orvieto
medievale sia non la «storia del Medioevo in Orvieto » ma la storia politica
di una delle città-stato italiane (cioè di una « middle» Italian City-state) ci fa
cogliere il limite di questa onesta, minuziosa e diligente storia locale di Orvieto
dalla metà del xr agli inizi del xrv secolo.

LUCIANO GULLI

BATTISTELLA RENZO, Umbria (sta in: Atti della Commissione parlamentare di
inchiesta sulla disoccupazione. Monografie regionali, vol. III, tomo 2,
pagg. 521-631. Camera dei Deputati, Roma, 1953).

Nel panorama, piuttosto squallido, della pubblicistica economica sull'Um- -

bria questo studio del Battistella, cui fu occasione l’ Inchiesta parlamentare sulla
disoccupazione, si colloca come uno dei contributi più seri e completi, degno di
affiancarsi alla lontana monografia del Nobili-Vitelleschi per l'Inchiesta Ja-
cini del 1881, ai volumi del Mancini, di valore prevalentemente documenta-
rio ed informativo, a quello del Faina su: « L'Umbria ed il suo sviluppo indu-
striale », a quelli del Vignati per l’ Inchiesta I.N.E.A. del 1930 e su: « Regime
fondiario, categorie rurali e contratti agrari in Umbria »; ma con caratteristi-
che che ne fanno, fra tutti, il lavoro più interessante per le sollecitazioni, lar-
gamente offerte, ad ampliare ed approfondire una problematica che, nell’e-
conomia del lavoro, non poteva essere adeguatamente sviluppata, per le so-
luzioni che vi si indicano come atte a sollevare una economia depressa di cui
non tanto si sono individuati i mali occasionali, quanto le carenze strutturali.

Dovendo studiare la consistenza e le cause della disoccupazione in Um-
bria, il B. appunto è stato indotto ad un esame delle condizioni strutturali
dell'economia regionale — agricoltura, industria, viabilità, commerci — e cosi
ne sintetizza i risultati generali (pag. 602):

«1) Le cause della disoccupazione in Umbria nella loro maggior parte, non
hanno un carattere occasionale, ma traggono motivo di essere e di influire negativa-
mente sulla situazione economica generale da una sostanziale carenza di funzio-
nalità delle presenti strutture.

2) Le cause menzionate non sono eliminabili con provvedimenti occasionali

>.

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RECENSIONI : 159

o di emergenza ma esigono un'azione organica e sistematica, condotta in profon-
dità con una visione panoramica di tutte le necessità della economia umbra.

3) Per la natura delle cause medesime il fenomeno della disoccupazione ha
assunto un carattere inelastico, e perciò stesso permanente, connesso quindi alle
stesse strutture economiche. Per questo motivo esso costituisce un onere inelimina-
bile che rende ancora più difficile l’azione di ogni eventuale stimolo a una ripresa
produttiva ».

Per formulare e riassumere quindi, nei seguenti punti, le suddette cause
(pag. 604):
« 1) stato perdurante di attrito e di frizione tra i fattori produttivi in agri-
coltura là dove vige il contratto di mezzadria ;

2) situazione di stasi e inelasticità del ritmo produttivo in agricoltura,
dovuta : a) al motivo espresso nel capoverso precedente ; b) ad uno squilibrio fra
quantità degli investimenti e capacità produttiva ;

3) condizionamento delle possibilità espansive della produzione industria-
le a quelle della produzione agricola per quanto riguarda soprattutto la provincia
di Perugia;

4) vicende alterne e non ancora definitivamente superate della situazione
dell'industria di Terni e della zona circostante ;

5) esistenza di una condizione di depressione economica per la deficienza
di alcuni settori di attività economica. Stato di depressione che non puó essere
affrontato dalla sola iniziativa privata ma esige il concorso dello stato per un or-
ganico programma di investimenti destinati a colmare talune deficienze e a sti-
molare l'avvio ad una piit dinamica attività economica ».

Elemento essenziale di questa ricerca è stato l'esame delle condizioni del-
l'agricoltura e, quindi, delle conseguenze del prevalere in essa, fra i diversi ti-
pi di conduzione della terra, del rapporto mezzadrile. Con pagine che sono fra
le più convincenti ed efficaci del lavoro il B. dimostra come proprio nel pre-
valere di tale rapporto di conduzione deve ricercarsi la causa del basso reddito
pro-capite percepito dai lavoratori della terra. Per parte nostra alla docu-
mentazione addotta vorremmo aggiungere alcuni elementi che ci sembrano
particolarmente pregnanti (e ci si perdoni se le nostre affermazioni non avran-
no qui, se non limitatamente, il conforto delle cifre. In tal caso non una recen-
sione, ma un volume avremmo dovuto scrivere; quel volume che speriamo di
poter presto dare alle stampe ed al quale rimandiamo chi vorrà usarci la cor-
tesia di un po' di pazienza).

Nella polemica, tuttora vivace, fra sostenitori e denigratori della mezza-
dria i primi portano a loro fondamentale sostegno, per dimostrare che la mez-
zadria non é fattore di stagnazione economica, lo sviluppo colturale e produt-
tivo che l'agricoltura avrebbe avuto negli ultimi decenni. É un argomento sul
quale, di solito, non si incentra la discussione, tutti riconoscendone dunque la
veridicità. Avviene, nel caso, quello che il Valenti chiamava una estensione
al generale di certe impressioni particolari che ciascuno può aver ricevuto os-
servando certi miglioramenti apportati in questo o quel fondo, certi incrementi
produttivi realizzati su questa o quella proprietà. Che infatti qualcosa in
questo senso, in certe zone almeno, ci sia effettivamente stato non v'é dubbio; -
160 RECENSIONI

ma questo é vero quando si consideri la regione nel suo complesso ? Assoluta-
mente no. Il valore della produzione lorda vendibile in Umbria ricavato dalla
valutazione fatta dallo Zattini nel 1924 e riferibile alla situazione media del
periodo ante 1914 — eseguita utilizzando in larghissima misura i dati dell'in-
dagine disposta dal Valenti per il Catasto agrario del 1911 — ridotta in lire
1955 con i coefficienti forniti dall'Istituto Centrale di Statistica, risultava
di L. 74.000 circa per abitante, mentre risulta di L. 72.000 circa, sempre per
abitante, calcolandolo sulla produzione lorda vendibile media del sessennio
1950-1955. Le cifre, ci sembra, non hanno bisogno di commenti.

A questo punto si dirà: come ciò è possibile se, in certe zone almeno, si
é pur andati avanti ? Vuol dire allora che in altre si é andati indietro piü di
quanto si sia andati avanti nelle prime. È il caso infatti di tutta l’alta collina
ela montagna ove sono venute a mancare addirittura le condizioni minime
che permettono il sostentamento di una famiglia colonica; con i risultati che
si possono vedere nello studio del Guerrieri e con l'avvertenza che, da allora,
la situazione é ulteriormente peggiorata.

Le conseguenze di una tale situazione le ha individuate in maniera ine-
quivocabile il B. dimostrando che: «... il numero maggiore di disoccupati
proviene dalle famiglie coloniche il cui reddito di lavoro in agricoltura si dimostra
sempre più insufficiente » (pag. 598). Per cui, benché la disoccupazione agri-
cola non incida che in misura modesta (1’8,8 %) sul totale, è proprio alla crisi
che investe l’agricoltura che essa deve farsi risalire, eccetto quella parte da
attribuirsi alla industria ternana.

Il problema si presta però anche ad altre considerazioni. È opinione ge-
nerale di studiosi, tecnici, uomini politici che, nel nostro paese, si impone uno
spostamento di forze di lavoro dall’agricoltura ad altre attività produttive,
come da decenni è avvenuto nei paesi più progrediti; tali sono anche le premes-
se contenute nello schema del Piano Vanoni. Di per se dunque l’allontana-
mento di un certo numero di lavoratori agricoli dalla terra è un fatto positivo,
se non accadesse che: 1) esso, in Umbria, non si presenta come spostamento
di eccedenze, ma come espulsione dal processo produttivo ‘con conseguente
abbandono di terreni che, sotto certe condizioni, potrebbero essere conve-
nientemente coltivati; 2) detti lavoratori non trovano possibilità di impiego
in altri settori, in particolar modo nell’industria. i

Il discorso allora si sposta. Qual’è la situazione dell’industria umbra ?
Anche qui l’analisi del B. è precisa ed efficace, impostata su una divisione
netta fra industria ternana e del resto della regione, in pratica della provin-
cia di Perugia. Per la prima si documenta come le difficoltà che essa incontra
non possono essere risolte se non con un intervento massiccio dello stato che
ridimensioni le aziende senza pregiudizio dell'occupazione. Le caratteristiche
dell’industria ternana sono infatti estranee, per gran parte, a quelle della re-
gione umbra, chè-poco o nulla può fare oltre che difenderla ad oltranza dalla
smobilitazione che precipiterebbe una intera città nello sfacelo economico.
Per il resto la situazione viene così riassunta: « ... dati i caratteri della indu-
stria umbra (esclusa quella ternana), le sue dimensioni, la sua funzione, risulta
ovvia la conclusione che ogni possibilità di incremento dipenderà dai capi-
tali che potranno essere offerti dal mercato locale. Non si può pensare infatti
che qualche esempio di industria sorta ad opera e con capitali di industriali ve-
RECENSIONI 161

nuti da fuori, possa costituire una regola. Caso mai è l’eccezione che conferma la
,

. regola, cioè quella che l'ambiente economico debba offrire i mezzi allo sviluppo

regionale della propria industria.

Può essere formulata la domanda se in Umbria vi siano disponibilità di
mezzi da destinare a tale scopo. i

La risposta potrebbe essere interessante se non richiedesse una indagine
troppo ampia per renderla in termini concreti e reali. Resta comunque il fatto
che uno sviluppo dell’industria locale non può che essere condizionato alle dimen-
sioni con cui vi può partecipare il capitale locale » (pag. 619).

Giunge cosi al pettine un altro nodo: quello dell’esistenza o meno, in loco,
di capitali per gli investimenti. D'accordo sulla difficoltà di una ricerca di
questo tipo, ma come non considerare il fatto che i concedenti a mezzadria
realizzano un profitto netto di 12-15 miliardi annui ? Ed i profitti industriali
e commerciali ? La nostra opinione è che la questione si chiarisce meglio spo-

.stando l'obiettivo sulla attività degli istituti di credito. Ci sovviene in pro-

posito un episodio ormai lontano nel tempo, ma illuminante. Nei primi
anni del secolo anche l'Umbria partecipa a quel moto di sviluppo econo-
mico che investe tutta l’Italia; la sua agricoltura ha un notevole incre-
mento produttivo e, nei capitali che cosi affluiscono sul mercato, l'indu-
stria trova la base del suo sviluppo, mentre l'aumentata capacità di acqui-
sto della popolazione crea un mercato per i nuovi prodotti (a riprova della
giusta impostazione del B., piü sopra ricordata, per cui lo sviluppo indu-
striale è legato a quello dell'agricoltura). A sostenere questo risveglio econo-
mico è una fitta rete di istituti bancari locali che raccolgono i grossi come i
modestissimi risparmi e li fanno confluire al finanziamento a breve e medio
termine delle nuove iniziative industriali e agricole (ricordiamo che la quasi
totalità delle attuali aziende industriali sono sorte nel primo decennio di que-
sto secolo).

È sul finire del 1908 che accade l’episodio cui accennavamo. La Banca di
Perugia, il più importante di tutti gli istituti di credito regionali, viene assor-
bita da una banca nazionale: il primo di tali istituti che entra in Umbria. I
giornali dell’epoca gridano alla « vendita di Perugia industriale » perché i
nuovi criteri di gestione del credito soffocano ogni ulteriore iniziativa. L’eco-
nomia regionale ne è sconvolta e da quel momento l'Umbria entra nel gruppo
delle regioni ad economia di tipo meridionale, destinate cioè alla perenne sta-
gnazione economica perché il capitale ivi esistente viene rastrellato e desti-
nato a finanziare le attività di altre regioni del nord Italia. In compenso, a
tale carattere della sua economia non mancò il conforto del riconoscimento
ufficiale con l'estensione all'Umbria, sia pure per soli quattro anni, dei bene-
fici della anche allora funzionante Cassa del Mezzogiorno. Non è forse questa,
tuttora, la situazione ?

Soffermatici così ampiamente sui due principali settori dell'attività pro-
duttiva, non resta che accennare all'ampio rilievo dato alla denuncia delle
gravi deficienze della viabilità, tanto che in questo settore l'Umbria puó esse-
re considerata non zona depressa, ma arretrata; nonché all'esame delle atti-
vità commerciali cosi spesso in Umbria esplicate per surrogare l'impossibilità
di altra occupazione e del turismo cui ben altri sviluppi sono possibili.

Giungiamo cosi alle proposte e provvedimenti suggeriti: sia che essi ten-

11 SERIEN

162 RECENSIONI

dano a contenere il fenomeno disoccupazione, sia che tendano ad eliminarlo.
In gran parte essi sono impliciti in quanto siamo venuti dicendo. In agricol-
tura si chiede che prima si rivedano i rapporti fra i fattori della produzione e
quindi si prendano quelle iniziative che permettano un decisivo incremento
del reddito unitamente ad una azione che favorisca la sostituzione del contrat-
to-mezzadrile con altre forme di rapporti più adeguati alle moderne esigenze
‘dell'economia. agricola; in secondo luogo si chiede che venga affrontato il
fenomeno dello spopolamento montano. Tali proposte ci trovano pienamente
d'accordo, ma non si può non osservare che, a quattro anni da quando esse
furono presentate, nulla é stato fatto in proposito. La Cassa della piecola pro-
prietà contadina non ha quasi per nulla operato in Umbria, mentre con la
legge per la montagna, a quel che ebbe a dire il presidente della Camera di
Commercio di Perugia, non si sono avute che poche diecine di milioni di mu-
tui. Ed intanto sulla agricoltura umbra si é abbattuto il flagello di due gelate,
la prima delle quali ha distrutto totalmente il 30 % del patrimonio olivicolo,
danneggiando buona parte del resto e costringendo all'abbandono della terra
anche quelle famiglie di coltivatori della bassa collina ove l'olivo rappresentava
l’unica, o quasi, fonte di reddito.

Per l'industria i provvedimenti essenziali vengono sollecitati per Terni
e la sua zona. Da allora ci sono stati soltanto licenziamenti, la chiusura delle
miniere del Bastardo, la crisi di quelle di Morgnano. Qui cade opportuna una
ultima breve parentesi sulla questione delle fonti di energia in Umbria. Essa ha
tre aspetti: energia elettrica, lignite, metano. Quando nei primi anni del secolo
vennero costruite le grandi centrali elettriche della zona di Terni l'opinione
pubblica e gli enti locali rivendicarono che l'energia prodotta dovesse essere,
prima di tutto, riservata all'Umbria; ma da quando nel 1909 la totalità della
produzione passó nelle mani della « Terni» — attraverso una sua filiazione — l'e-
nergia prodotta prese la più remunerativa strada della capitale e a nulla val-
sero i numerosi appelli e convegni di protesta dei Comuni, della Provincia, dei
piccoli e medi operatori economici. Si ripeteva per l’energia elettrica quello
che abbiamo visto per il mercato dei capitali rafforzandosi così il carattere
meridionale dell'economia umbra.

Per le ligniti, le cui miniere appartengono in notevole parte alla stessa
società, non accade diversamente e si preferisce chiuderle anziché affrontare
il problema della loro utilizzazione per la produzione di energia termoelet-
trica, secondo progetti che ne hanno dimostrato il tornaconto economico. In-
fine il metano; e la storia non cambia. Questa volta tocca all'E.N. I., altra
azienda IRI. Nonostante le reiterate sollecitazioni non solo non si è accettato
di far passare un metanodotto per l'Umbria, perché molte industrie trovino
possibilità di vita e di sviluppo nella meno costosa fonte energetica, ma si è
dato scarsissimo peso alle ricerche in loco, benché eminenti geologi abbiano
dato garanzie sufficienti sull’esistenza del gas. E al presidente del Comitato
per le ricerche metanifere in Umbria non è rimasto che protestare dando le
dimissioni.

Può ben dirsi allora che, mai come oggi, lo studio del B. presenta tanti
motivi di interesse sia per le cose che dice che per quelle che stimola ad inda-
gare, mai come oggi è augurabile che sia letto e meditato in misura ben più
ampia di quanto sia avvenuto finora, con l’augurio però che ne siano ascoltati
RECENSIONI 163

i suggerimenti. Ci sia permesso quindi di concludere con un plauso ed una
esortazione: il primo all'autore che, docente di Geografia economica presso
l'Ateneo perugino, ha posto il lavoro fra i testi per la preparazione agli esami;

la seconda agli studenti umbri dello stesso Ateneo perché leggano quelle pa- .

gine con attenta partecipazione, onde attraverso essi possa diffondersi la
coscienza dei mali che affliggono l'economia regionale ed insieme della strada,
nel lavoro cosi ben indicata, per cui passa ogni rimedio ad essi.

LUIGI BELLINI

CECCHINI GIOVANNI, Archivio Storico del Comune di Perugia. Inventario. Mi-
nistero dell'Interno, Pubblicazioni degli Arc.vi di Stato, XXI. Roma,
1956, in-8° pp. xLII-474.

Del materiale documentario venuto a costituire l'Archivio di Stato di
Perugia, il nucleo più importante per mole e per valore degli atti che racco-
glie, è senza dubbio quello rappresentato dall’ Archivio storico del Comune pe-
rugino. i

Il prof. Giovanni Cecchini, il quale da tempo aveva ripreso una assidua
battaglia per l'istituzione anche nel capoluogo dell’Umbria dell'Archivio
Statale che riunisse tanti fondi documentari della città e dintorni sparsi in
località molteplici e lontane, al fine d’una migliore loro conservazione e mag-
giore accessibilità agli studiosi; ed ha avuto infine il merito e la soddisfazione
di avergli dato realtà e consistenza in appropriata e degna sede, ha testè pub-
blicato l'Inventario del complesso archivistico tramandatoci dal nostro Co-
mune, e rispecchiante la sua esistenza ed attività dal secolo xir al 1870.

Il Volume XXI delle pubblicazioni degli Archivi di Stato fatte dal Mini-
stero dell'Interno, contiene appunto il lavoro del Cecchini, in 474 fitte pagine,
intercalate da numerose riproduzioni di miniature che abbelliscono tanti dei
registri e degli atti della antica Cancelieria Comunale, attestanti quale dignità
i reggenti la pubblica cosa volessero impressa alla documentazione della pro-
pria operosità.

Un Inventario dell' Archivio Comunale di Perugia ad opera di Alessandro
Bellucci era già apparso nell'« Archivio storico per le Marche e l'Umbria »
del 1888; ed un ragguaglio sullo stesso nel Vol. I degli « Arc.vi della storia
d'Italia » editi da Giuseppe Mazzatinti; ma una più esauriente e particolareg-
giata indicazione del suo contenuto, anche per i tempi piü vicini al nostro,
e che a torto vengon considerati di scarso interesse, mentre in essi si scorge e
si segue il progressivo formarsi della moderna vita economica e sociale, era
un'esigenza sentita, e ad essa dà soddisfazione l'attuale volume.

L'autorità direttrice della città, prima politica e amministrativa, poi ri-
dotta a questa soltanto, si concreta in magistrature; gli atti via via consegnati
in archivio sono emanazioni di esse. Per un'intelligenza degli atti, è necessaria
quindi una conoscenza delle magistrature; e logicamente il Cecchini premette
un cenno illustrativo degli organi di governo del Comune Perugino.

Non è impresa agevole per giungere ad essere precisa ed esauriente, per-
ché é materia sempre in movimento; non si ferma in una struttura stabile,

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164 RECENSIONI

almeno per un lungo periodo di anni, con una chiara distribuzione e gerarchia
di poteri, con sfere ben delimitate di competenza. Più difficile ancora è fissare
l'attribuzione dei vari organi comunali, per l'interferenza e invadenza conti-
nua di un potere esterno, la Chiesa.

Papato ed Impero sovrastano naturalmente alla Repubblica perugina;
ma l'Impero è lontano, il Papato è vicino: a dati momenti è in casa stessa.

Il rapporto politico tra Perugia e la Chiesa puó dirsi un rapporto di amici-
nemici. La città si é affidata alla Chiesa, ma nello stesso tempo ne diffida.

Il guelfismo perugino quanto riconosce, quanto accetta e quanto ricusa
della supremazia e dell'ingerenza pontificia ? Sta in fatto che il Papato le è
sempre al fianco, influente e intromettente, fino a che non l’avrà resa defini-
tivamente sua suddita.

Questione storica, quella della relazione tra Perugia e il Papato invero non
ancora studiata a fondo, in tutti i suoi aspetti di diritto e di fatto; nel suo mi-
surarsi e affermarsi in teoria, e nel suo cimentarsi in realtà.

Ragione per cui, giacché siamo in tema di archivi e di documenti, quelli
delle raccolte cittadine, che finora hanno costituito, si può dire, la fonte quasi
esclusiva della storiografia locale, non bastano; ma altrettanto necessari in
approfondita conoscenza diretta sono gli altri degli archivi pontifici, così
raramente consultati; non diciamo quando erano ancora chiusi gli Archivi
Vaticani, ma pure dopo. Cosicché, già mi è accaduto altra volta di scriverlo,
la storia perugina sarebbe all’istanza di quest'altra fondamentale necessità
informativa, interamente da rifare.

Potrà questa dirsi un'affermazione magari esagerata; ma la esigenza che
proclama, non può contestarsi.

Ecco che qui peró si affaccia subito un'altra domanda; se, siano stati,
quanto dovrebbero, sfruttati i fondi documentari cittadini.

L'inventario dell'Archivio Comunale che abbiamo ora a disposizione ci
risponde per la parte sua di no. Dell'antica Cancelleria Decemvirale soltanto
alcune serie han formato la maggior fonte istruttiva per gli storici; altre ap-
pena sfiorate; altre presso che ignorate. E appunto l'indicazione di queste
dà il più valido interesse al volume pubblicato. Le pergamene sciolte (Bolle,
Diplomi, Contratti), gli Statuti, le Riformanze, le Sommissioni, e appena qual-
che altro gruppo di atti del Comune, sono stati il campo dove hanno mietuto
o anche soltanto spigolato i cercatori di documenti. Ma gli atti contabili (un
quattromila volumi dalla metà del Duecento alla metà dell'Ottocento) hanno
avuto giusto qualche occhiata fugace; e se si considera come tutte le determi-
nazioni del Comune abbiano un diretto e indiretto sfondo o riflesso finanziario,
appare quale miniera di notizie racchiudano le carte della antica Computi-
steria civica, a fine di chiarire e spiegare provvedimenti e avvenimenti.

E per altri e altri gruppi di atti della pubblica amministrazione perugina
si potrebbe lo stesso ripetere.

Il presente Inventario ci dà una buona volta, una visione sufficiente del
materiale che costituisce 1’ Archivio storico del nostro Comune.

Sta ora agli studiosi di meglio usufruirne.

Verranno anche ad affacciarsi pareri diversi sul come questo materiale
avrebbe potuto raggrupparsi e distribuirsi. Però non crediamo affatto di di-
minuire il pregio del lavoro e la cospicua fatica che al Cecchini è costato, di-
RECENSIONI 165

cendo che esso é opera anzitutto di ricognizione e di accertamento dell'effettiva
consistenza di una imponente raccolta documentaria emanata da un ente
strutturalmente definito e storicamente operante con vasta propria attività.

Il volume assolve un compito essenziale e apre la via ad una esplorazione
in profondità degli atti inventariati, dalla quale potranno venir fuori altri
criteri sistematici e suggerimenti ordinativi.

È una impellente aspirazione quella di poter ridurre una raccolta, sia di
quadri, sia di documenti, sia di qualsiansi altre curiosità storiche o artistiche o
magari folcloristiche, in un complesso armonico e articolato, che dia la sensa-
zione di un organismo con tutte le parti fra di Doro coordinate e concorrenti,
senza lacune e senza residui.

Bisogna fare i conti con la materia di cui si dispone: questa purtroppo è la
realtà coercitiva; ma un desiderio e una speranza di riuscirvi non si soppri-
mono.

Far conoscere intanto l’Archivio in tutto il suo contenuto era lo scopo im-
mediato ed urgente; e J’ Inventario vi risponde.

Però oltre a quello di un'indicazione e una guida allo studioso, l'interesse
del volume, va al di là, offrendosi sotto un certo rispetto con un fine proprio
a sè stesso, e che si assolve con la sola intitolazione degli atti.

Spieghiamo: certi gruppi miscellanei di documenti, contenenti materie
diversissime, difficilmente classificabili sotto specifici argomenti, e che ragio-
nevolmente il Cecchini ha lasciato nelle ripartizioni di comodo, tramandateci
da precedenti ordinamenti, riproducendone però dettagliatamente i soggetti,
ci danno le più svariate notizie di fatti, di persone, di luoghi, facendoci, adden-
trare nel complesso svolgersi amministrativo, economico, civile; e la loro let-
tura è tutto un contributo a darci idea del configurarsi e procedere della mul-
tiforme vita cittadina in sé medesima e nei contatti con l’autorità che la go-
verna e l'amministra.

Nell'Archivio Comunale si trovavano poi conservati anche atti non pro-
venienti da organi inerenti alle funzioni del Comune. E ne é stata debitamente
segnalata la presenza.

Così i Libri parrocchiali dei battesimi, morti, matrimoni, stati d'anime :
della città e contado, dal sec. xvi al sec. xix. La loro importanza dal lato ge-
nealogico, demografico e molte volte anche giuridico, non è necessario dimo-
strarla.

Vi sono poi registri, carteggi, documenti degli antichi Collegi delle Arti
Perugine. È nota la dispersione che dopo la soppressione delle Corporazioni
artigiane e cessazione delle pubbliche funzioni ad esse attribuite, avvenne dei
loro archivi. Ritenuto materiale privato dei membri della Corporazione, docu-
menti preziosi per la storia e per l'arte, soprattutto le Matricole, vennero da-
gli ultimi iscritti venduti o distrutti; e quanto oggi ne ha potuto sopravvivere
possiede perció un valore singolare.

Altra raccolta di peculiare interesse è quella di atti di gestione d'aziende
commerciali perugine dal sec. xiv al xvrr. Sarà una grata soprpresa per molti
studiosi sapere che almeno qualche gruppo di testimonianze dell'antica vita
mercantile di Perugia sussiste. L'Archivio del Collegio della Mercanzia, quale
ora si ritrova, sotto questo riguardo forma una delusione. Non v'è | più nulla
tranne le Matricole che si riferisca all'andamento mercantile. La D giudi-
166 RECENSIONI

ziaria, gli atti del Tribunale della Mercanzia, da cui avrebbero potuto venir
fuori oltre indicazioni di ditte, di rapporti commerciali interni ed esterni della
città, le usanze, le norme scritte e consuetudinarie regolanti l'attività mercan-
tile locale, sono interamente scomparsi. ;

Ha sempre meravigliato che nel popolo perugino, fra giuristi, guerrieri, let-
terati, artisti, non sia mai emersa nessuna figura di mercator, il tipico uomo
d’affari, di governo, di cultura che nei tempi specialmente rinascimentali porta
una sua personale impronta di azione economica e di direttiva politica.

Potrebbe segnalarsi soltanto quell’Alfano Alfani della famiglia del gran-
de Bartolo, che praticò la mercatura, allora non ritenuta disdicevole alla no-
biltà, ed emerse in cariche e funzioni pubbliche. Ma della sua azienda e della
sua attività mercantile non ci restano particolari notizie e documenti.

Chi quindi volesse scrivere una storia della mercatura Perugina sappia
intanto che ha un materiale da cui prender le mosse.

Lapubblicazione del prof. Cecchini apre quindi opportunamente la via per va-
lorizzare la raccolta inventariata in più campi di indagine e ricostruzione storica.

Crediamo però di rilevarvi una mancanza.

Per mettere l’inventario a più pronto servizio dello studioso che si reca a
consultare l’ Archivio con l'indicazione preordinata delle carte da esaminare,
sarebbe stato opportuno un raffronto di rispondenza delle antiche e ormai
acquisite denominazioni di certi gruppi documentari con le nuove sotto cui
vengono a trovarsi nella classificazione attuale.

Per esempio, le Riformanze sono note col nome di Annali Decemvirali;;
e così citate da tutti gli scrittori di storia perugina. Nel volume pubblicato,
questa tradizionale denominazione degli atti deliberativi della suprema rap-
presentanza comunale non è richiamata come le spetterebbe. Non appare quel-
la di Registro delle Bolle e Brevi, che è pure di comune riferimento sulla storio-
grafia locale. Certi volumi, specialmente della parte più antica dell’Archivio
erano contraddistinti con lettera dell’alfabeto ‘od altri segni, e con essi ne ve-
niva fatta citazione; conveniva pertanto metterlo in evidenza onde facili-
tarne la sollecita identificazione. Altrettanto potrebbe dirsi per ripartizioni
ormai stabilizzate di vecchi Catasti e seguite in spogli dei medesimi.

Ma in sede dell’Archivio stesso potrà offrirsi anche manoscritto, un pro-
spetto delle corrispondenze delle vecchie. classazioni con le nuove adottate;
per ogni più agevole orientamento del ricercatore. i

Concludiamo augurando e confidando che questo laborioso Inventario,
stimoli l'interesse degli studiosi verso l'insieme documentario dello storico
Archivio Comunale perugino, e contribuisca per parte sua a meglio farci co-
noscere la storia della città, basata su piü ampi e sicuri elementi.

RAFFAELE BELFORTI

LECCISOTTI TOMMASO e TABARELLI COSTANZO, Le carte dell’archivio di S. Pietro
di Perugia, voll. 2, pp. XXXII, 231, e tavv. VI; pp. xr, 270, tavv. VII,
Milano, 1956.

L’opera dovuta a una provvida e bene intesa iniziativa dell’allora commis-
sario della Fondazione Agraria di Perugia, dr. Nallo Mazzocchi Alemanni,
RECENSIONI 167

sotto l'alto patronato dell'ex-Presidente sen. Einaudi, rappresenta certamente
un contributo di non comune importanza alla storia di Perugia e dell'Umbria
in genere. La Fondazione Agraria che trae le sue origini dal monastero stesso
di S. Pietro, gli è subentrata nel possesso del patrimonio agrario, almeno nel
suo nucleo più importante, in modo da continuare l'esperienza multisecolare
di un organismo d'origine monastica. Di qui l'interesse non piccolo, anche per
gli studiosi di economia e di agraria, per avere la serie dei documenti che, qua-
si anno per anno, illustrano le vicende agrarie, i metodi di affittanza, i tipi di
contratti, i vari criteri di ripartizione dei prodotti e via dicendo.

In questi primi due volumi sono pubblicati tutti i documenti dell'archivio
del monastero aventi carattere storico, a partire dai piü antichi (sec. x1), fino
a tutto il 1436, anno questo dell'unione di S. Pietro alla congregazione rifor-
mata di S. Giustina di Padova, allora nel suo primo fiorire. L'anno 1436 se-
gna quindi la fine di un ciclo storico; d'ora innanzila vetusta badia non avrà
piü vita autonoma, non sarà piü uno dei massimi centri motori delle lotte po-
litiche cittadine, data la potenza politica ed economica dei suoi abati, ma farà
parte di un organismo a direzione accentrata, che ne controllerà strettamente
le mosse, che fornirà non solo i dirigenti, cioè gli abati, sempre temporanei
e con breve durata di governo, ma anche, almeno per alcune aliquote, la stessa
popolazione claustrale, con l'immissione di monaci già formati a nuova e piü
austera disciplina, in un ambiente fino allora strettamente umbro-perugino.
Mutamento questo che conosceranno anche altri monasteri famosi, valga per
tutti ricordare Montecassino, annesso a S. Giustina nel 1504, anno a partire
dal quale, la congregazione omonima, prese il nome, tuttora mantenuto, di
Cassinese.

Si é già accennato alla pubblicazione integrale di tutti i documenti di
carattere storico fino al 1436. Gli altri seguiranno nei prossimi volumi, secondo
il programma reso noto nell'introduzione, dal già ricordato dr. Nallo Mazzoc-
chi Alemanni. Molti dei documenti pubblicati in questa prima serie erano già
in fac simile nell' Archivio Paleografico Italiano, ma ognuno comprenderà age-
volmente il pregio tutto particolare di una raccolta, per la prima volta com-
pleta e omogenea, che permette immediati confronti tra decine di atti ponti-
fici e imperiali, tutti presentati con un completo apparato di note paleografi-
che, storiche e critiche, tali da facilitare ogni ulteriore ricerca. Si possono, in
tal modo, seguire le vicende di tutte le chiese e terre annesse alla badia, e
quindi, di rimbalzo, si possono ricavare molte indicazioni per la storia mede-
sima della regione attorno a Perugia, e anche per altre plaghe dell'Umbria
che ebbero rapporti di dipendenza col massimo monastero, non solo perugino,
ma della regione umbra medesima.

Nelle note, poi, é stato riportato per larghi tratti quanto scrisse nello scor-
so secolo, D. Mauro Bini nelle « Memorie storiche del monastero dl S. Pietro
di Perugia », opera questa rimasta allo stato di manoscritto, e non piü atta
a una pubblicazione integrale per lo sviluppo assunto dagli studi storici odier-
ni, ma che offre ancora una quantità di dati preziosi e di chiarimenti, special-
mente sulle dipendenze di S. Pietro. Ma anche altre fonti locali sono utilizzate
sistematicamente; basti a questo proposito fare i nomi di Francesco Riccardi,
di Ottavio Lancellotti, di Giuseppe Belforti, di Annibale Mariotti, le cui opere
manoscritte sussistono in copia fedele anche nell'archivio di S. Pietro, e che for-

CRE

4 datati 168 RECENSIONI

niscono una quantità di dati preziosi sulle memorie storiche e sulle tradizioni
locali. Non solo, ma la pubblicazione fatta a cura della Biblioteca Apostolica
Vaticana delle « Taxae pro communibus servitiis » dell' Hoberg nell'anno 1949,
e nel 1952 delle « Rationes Decimarum » per l'Umbria, a cura di P. Sella, ha
permesso di potersi servire di una quantità di dati su Perugia e il suoterritorio,
senza contare l'utilizzazione in varia misura di molte altre opere, sia mano-
scritte che stampate, il cui elenco figura al termine dei volumi ora usciti.

Ma un contributo tutto particolare e del tutto nuovo, lo hanno fornito
i Registri Vaticani, che hanno permesso in taluni casi di chiarire vecchie in-
certezze, come quelle per l'elezione e conferma di Ugolino I Vibi, poi vescovo
di Perugia; per la successione di Ugolino II, ove dai Registri di Urbano V
sono state tratte le notizie per la nomina di Coppolo (I, p. 210, n. 3) e per l'i-
stituzione dell'abate Filippo il cui nome peraltro era già noto; come pure per
la complicate vicende della successione dell'abate Guidalotti, con la contempo-
renea presenza di due abati, dovuta probabilmente alle vicende dello Scisma
Avignonese. I documenti relativi sono stati pubblicati in nota, e sono prova
ulteriore del come tante vicende perugine, per esser viste in luce più appro-
priata, abbiano continua necessità di un controllo e di una integrazione
attinti dalle fonti romane, finora non sfruttate in modo metodico. Ma anche
ira i documenti tratti dall'archivio di S. Pietro ve ne sono alcuni del tutto
inediti, come un gruppo di conferme di Gregorio IX, degli atti di precedenti
pontefici in favore di S. Pietro. Questo gruppo, tanto per fare un esempio,
non figura neppure nel regesto di Gregorio IX pubblicato dall'Auvray.

Gli eventi medesimi connessi con le prime origini della badia, sono stati
esaminati criticamente, ed é stata avanzata la documentata tesi che la morte
del fondatore, San Pietro Vincioli, non possa esser fissata prima dell'anno 1022
(I, p. 6). Un pregio tutto particolare dell'opera é costituito dall'esteso indice
analitico, che comprende oltre ottanta pagine di fitta composizione, fatica
questa tutta particolare del p. Costanzo Tabarelli, addetto all’archivio di
S. Pietro e monaco del medesimo monastero. L'indice, come si è detto, è co-
piosissimo e, a differenza di altri, è unico, comprendendo persone, luoghi e
nomi di cose. È un validissimo strumento che permette di utilizzare sotto i
più vari aspetti, e con ogni prontezza, la massa dei documenti pubblicati.

Per un lavoro di portata cosi ampia, solo un'analisi paziente e un contatto
prolungato, possono rivelare eventuali difetti di costruzione. Tuttavia anche
per un elementare criterio di obiettività si possono fin da ora fare alcuni pic-
coli rilievi che, naturalmente, non incidono sulla solidità e sulla bontà del la-
voro ora presentato. Per le molte chiese che dipesero, e in parte ancora di-
pendono dalla badia di S. Pietro, sarebbe stato meglio non limitarsi alle no-
tizie tratte dal Bini e dagli altri noti epitomatori perugini, ma sarebbe stata
cosa utilissima dare di ognuna la sua attuale situazione. Gli studiosi di memorie
locali se ne sarebbero certamente avvantaggiati non poco. Sempre in tema di
chiese dipendenti, si può notare l'omissione, a proposito del S. Martino in
Ajole, nominato come tale nel diploma di Corrado II del 1027, della conferma
fatta, ma alla cattedrale di Perugia, della medesima chiesa, da parte d'Inno-
cenzo II nel 1136. In questo documento pubblicato da Pflugk-Harttung nei
ben noti, Acta Romanorum Pontificum inedita (Stuttgart, 1881-86, II, p. 286)
RECENSIONI 169

è ricordata la concessione, che ora s'intendeva revocare, di questa chiesa si-
tuata « in territorio perusino », fatta dal vescovo Onesto a San Pietro Vincioli.
Per un'altra chiesa, S. Angelo di Papiano, manca la citazione di un lavoro di
Ascenso Ricceri, Memorie storiche di Papiano (Perugia, 1905), ove si danno
pure notizie sulla chiesa appartenuta a S. Pietro. Un errore tipografico» asse-
gna inoltre a S. Giustino di Montebello l'anno 1765 (I, p. 27, n. 5), come quel-
lo della benedizione della chiesa rinnovata, mentre è certamente il 1756. In-
fine si puó ancora rilevare che nelle note del volume secondo (p. 48), riportan-
do quanto dice il Bini sull'attività dell'abate Graziani, s'identifica un non me-
glio precisato « monasterium Corporis Christi » con S. Severo di Perugia. Ora
quest'ultima chiesa, stata Camaldolese fino ai nostri giorni, non ha mai fatto
parte della congregazione cisterciense denominata del Corpo di Cristo, di dif-
fusione esclusivamente umbra, che a Perugia ebbe, com'é noto, S. Ercolano e
S. Fiorenzo, per non parlare di altre. chiese dei dintorni.

Queste piccole inesattezze si segnalano, se non altro, per riprova del vivo
interesse con il quale é stato accolto ed esaminato questo egregio lavoro, che
fa veramente onore ai due padri Cassinesi che si sono assunto l'onere non
lieve di condurre in porto una tale impresa. Auguriamo fervidamente che
possano presto uscire tutti gli altri volumi, a completamento della bellissima
e molto meritoria iniziativa della Fondazione Agraria di Perugia, erede, sotto
| questo aspetto, del culto delle memorie, così vivo sempre nei monasteri bene-
| dettini, ed al quale dobbiamo tanta parte dei documenti storici del nostro

(i Paese.

A. PANTONI
e i

Necrologi

FRANCESCO MENCARELLI

Si assottiglia sempre piü la schiera degli amici di questa nostra
Umbria cosi ricca di memorie storiche ed artistiche, degne di essere
conservate e studiate con intelletto d'amore, e la speranza di poterla
ringagliardire si dilegua, ché il ritmo travolgente della vita odierna
indirizza i giovani a percorrere altro cammino.

La scomparsa quindi dell'avvocato Francesco Mencarelli, oltre
che affligerci il cuore, rende pensose le nostre menti, tanto è il vuoto
lasciato a Perugia — la città alla quale Egli consacrò le migliori ener-
gie — in ogni campo sociale ed intellettuale.

Presidente del Sodalizio di S. Martino dal 1915 al 1921, si dimo-
strò non soltanto esperto amministratore, ma seppe penetrarne lo
spirito cristianamente benefico; e con serupolosa onestà, con impar-
ziale sollecitudine, i poveri furono costantemente assistiti.

Alle multiple attività del Pio Sodalizio di S. Martino, volle ag-
giungervene una nuova, tutta pervasa d'amore: la fondazione nel 1916
dell'Istituto per l'Infanzia abbandonata.

La Congregazione di Carità di Perugia, ‘dal 1935 al 1938, aven-
dolo a Presidente, potè apprezzarne il valore, tanto che, soppresso
l’Ente — dando vita autonoma alle Opere Pie già in esso congregate,
tra le quali il Civico Ospedale di S. Maria della Misericordia — ne fu
eletto Presidente, carica che degnamente adempi a tutto il 1940.

Assessore alle Finanze del Comune di Perugia dal 1914 al 1919,
Vice Podestà dal novembre 1934 al novembre 1938, diede prova co-
stante del suo amore alla Patria .diletta e di adamantina onestà, in
tempi socialmente difficili, senza mai trascurare il multiplo lavoro del
suo apprezzato studio legale, in cui i clienti trovavano l'amico sempre
pronto a dar consigli saggi e buoni, ad interpretare la legge, con vero
spirito di illuminata giustizia.

Nel santuario domestico fu il padre modello, il nonno squisita-
mente (mi si conceda l'espressione) materno, trovando sempre nella
fedele compagna della vita la corrispondenza di quegli amorosi sen-
timenti che rendono la casa tempio sacro di ogni virtü.

i LD ah

per 172 NECROLOGI

Quasi a premio all'assillante quotidiano lavoro, all'alba e al tra-
monto si concedeva lo svago di solitarie passeggiate, contemplando
la natura, gli ammirabili monumenti cittadini del tempo passato, de-
plorando il sorgere delle nuove antiestetiche costruzioni, con quei
suoi occhi, del colore del nostro cielo umbro, che avevano nel tempo
stesso l'espressione dolce dell'adolescente, la profondità indagatrice
del pensatore.

Socio Corrispondente della nostra Deputazione di Storia Patria
per l'Umbria, con interessamento ne seguiva le vicende, e salutava
con entusiasmo la pubblicazione del Bollettino, nella speranza che
viva ardesse la lampada per illuminare la via a sempre nuove ricer-
che, a studi destinati ad accrescere il patrimonio culturale, avuto in
retaggio da eruditi antenati.

Conoscitore profondo della storia di Perugia, dalle lontane ori-
gini al nostro tempo, non cessava di arricchire la sua biblioteca di
tutte le pià interessanti pubblicazioni destinate a far rifulgere le glorie
dell'Umbria e a propugnare l'ascesa artistica, culturale, industriale.

Mente e cuore lo sospingevano incessantemente ad una operosità
multiforme, resa ammirevole in modo da produrre un'armonia in cui
ciascuna nota vibrava concorde.

Il segreto di tutto questo ce lo ha spiegato la sua fine, sintesi di
una vita profondamente, puramente cristiana, l'accettazione serena
del supremo abbraccio di «sorella morte corporale ».

ORTOLANA FIUMI

sort icta mm

Notizie

COMMEMORAZIONE DI PIETRO BILANCINI

Per iniziativa di un Comitato locale di cui é stato fervido ani-
matore il rag. Pietro Momaroni amante delle patrie memorie ed
esperto studioso di metapsichica, domenica 27 settembre 1956 sono
state tributate alla memoria di Pietro Bilancini solenni onoranze in
Monteleone d'Orvieto sua patria. Erano presenti o rappresentate
le maggiori Autorità provinciali: il Prefetto, il Questore, il Provve-
ditore agli Studi di Terni, il Commissario della Deputazione di Storia
Patria per l'Umbria, l'Ispettore scolastico prot. Teodosio De Biasi,
il Capitano dei Carabinieri dott. Pecorella, comandante della Com-
pagnia di Orvieto, il sig. Pietro Graziani di Assisi diretto nipote di
Pietro Bilancini. ds

Dopo un discorso di saluto e di ringraziamento del Sindaco sig.
Giuseppe Cesaroni, il Magnifico Rettore dell'Università degli Studi
di Perugia, on. prof. Giuseppe Ermini ha rievocato con caldo fervore
la nobile figura di studioso, di letterato e di educatore di Pietro Bi-
lancini, troppo presto rapito alla considerazione e all'affetto dei suoi
conterranei e dei suoi ammiratori. Sono state scoperte in quell'oc-
casione due lapidi: una sulla facciata del moderno edificio della
Scuola Elementare, l'altra sulla casa natale dello scrittore.

E da segnalare il contributo decisivo che alla migliore conoscenza
del Bilancini e alla più esatta valutazione dell'opera di valente in-
segnante e di acuto e scrupoloso critico letterario per cui egli va ri-
cordato, ha portato Pietro Momaroni con la pubblicazione di una
completa biografia del Bilancini.

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# Atti della Deputazione

DECRETO MINISTERIALE DI NOMINA
DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO

IL MiNisTRO SEGRETARIO DI STATO PER LA PUBBLICA ISTRUZIONE

Veduto il Decreto Legislativo del Capo Provvisorio dello Stato
24 gennaio 1947, n. 245, che abroga il Regolamento della Deputazione
di Storia Patria e l'annessa Tabella A, stabilita con R. Decreto 20
giugno 1935, n. 1176 e che restituisce alle Società di Storia Patria
istituite e riconosciute dallo Stato anteriormente al 28 ottobre 1922
le loro tradizionali autonomie;

Veduto il Decreto Ministeriale 8 agosto 1947 con il quale il Prof.
Achille Bertini Calosso venne nominato Commissario straordinario
della Deputazione di Storia Patria dell'Umbria con sede in Perugia
con il compito di provvedere alla riorganizzazione della Deputazione
stessa;

Considerato che, per il decesso del Prof. Calosso, si rende neces-
sario provvedere alla nomina di un’altra persona nella carica di Com-
missario straordinario della Deputazione suddetta;

Decreta:

Il Prof. Giovanni Cecchini è nominato Commissario Straordinario
della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria con sede in Perugia
con il compito di provvedere alla riorganizzazione e alla temporanea
amministrazione dell’Ente.

Roma, 20 marzo 1955. IL MiNISTRO
f.to Ermini
ATTI DELLA DEPUTAZIONE

LETTERE CIRCOLARI
DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO

Ai Soci Ordinari e Corrispondenti '
OcceTTo: Fondazione Achille Bertini Calosso

Perugia, 12 aprile 1955
prot. n. 60

Nell'assumere l'incarico di Commissario di questa Deputazione
rivolgo un deferente, commosso pensiero al mio predecessore, l'illu-
stre Prof. Achille Bertini Calosso, ed un cordiale saluto ai Soci Ordi-
nari e Corrispondenti.

Il precipuo compito, che mi sforzerò di assolvere col maggiore im-
pegno, è quello di effettuare il completo accertamento delle condizioni
in cui attualmente si trova la Deputazione dal punto di vista finan-
ziario, delle pubblicazioni, delle relazioni con le Autorità centrali e
periferiche, con gli Enti di cultura regionali e nazionali.

Conto di portare a termine le operazioni inerenti alla composi-
zione del quadro generale della attuale situazione della Deputazione
prima che sopraggiunga la pubblicazione del decreto col quale verrà
approvato il nuovo Statuto, che, da informazioni recentemente as-
sunte, non dovrebbe esser molto lontana.

Intanto ritengo di non oltrepassare i limiti delle mie attribuzioni,
prendendo l’iniziativa di promuovere la costituzione di una Fonda-
zione intitolata ad Achille Bertini Calosso, che ha operato così atti-
vamente e così a lungo nel settore della cultura storica e artistica della
nostra regione. |

La Deputazione di Storia Patria per l'Umbria pertanto con la
somma di L. 50.000 apre fra Enti, amici, conoscenti dell'indimenti-
cabile Presidente una raccolta di oblazioni per la costituzione di un
fondo, la cui rendita sarà destinata all'assegnazione, per mezzo di ap-
posita regolamentazione, di un periodico premio in denaro a favore
di pregevoli contributi di storia regionale nel doppio intento di per-
petuare e onorare la memoria di cosi eminente studioso e di incorag-
giare i giovani agli studi storici. :
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ATTI DELLA DEPUTAZIONE : 177

Sono certo che l'iniziativa troverà larghi consensi e spontaneo,
concreto appoggio innanzi tutto fra i Soci della Deputazione, ai quali
per primi mi rivolge, e fra i numerosissimi amici ed estimatori di
Achille Bertini Calosso.

Dei risultati della raccolta di fondi verrà dato tempestivamente
ai Soci esattissimo ragguaglio.

Mi è grata l’occasione per esprimerLe i sensi della migliore e più
cordiale considerazione.

IL COMMISSARIO
Giovanni Cecchini

AVVERTENZA - Le oblazioni dovranno essere dirette a questa Deputa-
zione presso la Biblioteca Comunale - Perugia.

Ai Soci Ordinari e Corrispondenti

OGGETTO: Varie.
Perugia, 5 gennaio 1956
prot. n. 5

le cure rivolte a prendere esatta e completa conoscenza della
situazione di questa Deputazione, non avendo avuto luogo alcuna
consegna a causa della lunga malattia seguita da decesso del com-
pianto prof. Achille Bertini Calosso, mi hanno messo in grado di ri-
prendere l’attività momentaneamente sospesa e di recuperare quasi
del tutto l’attardamento che si era prodotto nella pubblicazione del
Bollettino.

Nel recupero del materiale vario (corrispondenza, articoli, bozze

di stampa, documenti contabili, titoli finanziari, etc.) sono stato fa-

vorito dalla premurosa sollecitudine della signora Emma Bertini
Calosso e del dott. Francesco Santi, ai quali esprimo la più sincera
gratitudine.

Le assidue cure dedicate dal compianto prof. Bertini Calosso a
questa Deputazione avevano assicurato un quantitativo di materiale
per il Bollettino già composto in tipografia sufficiente alla compila-
zione dei fascicoli XLIII (1946), XLIV (1947), XLV (1948), XLVI
(1949), LI (1954) e mezzi finanziari”per la copertura della spesa re-
lativa alla stampa del Bollettino per quasi tutti i suddetti fascicoli.

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178 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

Sino ad oggi sono stati pubblicati e distribuiti i fascc. XLIII
(1946) e XLIV (1947). E stato stampato il fasc. XLV (1948) che
verrà distribuito alla fine del corrente mese con il fasc. XLVI (1949)
in corso di stampa. Ai primi di marzo verrà stampato e distribuito
il fasc. LI (1954) e praticamente verrà cosi colmata la lacuna che si
era prodotta nel periodo della guerra e del dopoguerra nella pubbli-
cazione del Bollettino, che era rimasto arretrato di circa sette anni.

Ho il piacere di comunicare che nel frattempo è stato approvato
il nuovo Statuto di questa Deputazione e che pertanto con la prossima
primavera allo scadere del mio mandato commissariale si procederà
alla costituzione degli organi normali previsti dallo Statuto.

Felice andamento registra l’iniziativa della Fondazione Achille
Bertini Calosso, il cui fondo ha superato a tutt’oggi il milione di lire,
dopo la cospicua oblazione conferita dalla Direzione Generale Acca-
demie e Biblioteche del Ministero della Pubblica Istruzione. Nel ri-
levare che pochissimi soci della Deputazione hanno aderito alla no-
bile iniziativa essendo probabilmente sfuggito alla maggior parte
di essi l’invito a suo tempo rivolto, mi permetto ancora rivolgere le
più vive premure affinché tutti i Soci si compiacciano essere presenti
nell’elenco degli oblatori.

Il sottoscritto ha impegnato tutte le proprie modeste forze nel-
l’assolvere il gravoso compito affidatogli nella confortevole speranza
di poter contare sul più largo consenso e sul più fattivo spirito di colla-
borazione di tutti i Soci della Deputazione.

Nella fiducia che col prossimo ristabilimento della struttura or-
ganica della Deputazione si schiuda un avvenire fecondo di opere
degne, rivolgo il più cordiale saluto ed augurio di buon anno a tutti
1 soci ed amici.

IL COMMISSARIO

Giovanni Cecchini

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DECRETO PRESIDENZIALE DI APPROVAZIONE
DEL NUOVO STATUTO

REPUBBLICA ITALIANA

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Veduto il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 24
gennaio 1947, n. 245;

Veduto lo statuto della Deputazione di Storia Patria per l'Um-
bria, con sede in Perugia, approvato con regio decreto 17 novembre
1932;.. n. 1595;

Veduto lo schema di nuovo statuto deliberato dal Commissa-
rio per l'Amministrazione straordinaria della Deputazione soprari-
ferita, nominato a norma dell'art. 3 del già citato decreto legislativo
24 gennaio 1947;

Udito il parere del Consiglio di Stato;

Sulla proposta del Ministro per la pubblica istruzione;

Decreta:

Art. T.

E abrogato la statuto della Deputazione di Storia per l'Umbria
con sede in Perugia, approvato con regio decreto 17 novembre 1932,
n. 1593.

Art. 2;

E approvato il nuovo statuto della Deputazione soprariferita,
allegato al presente decreto e firmato, d'ordine del Presidente della
Repubblica, dal Ministro proponente.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito
nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica Ita-
liana. E fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo os-
servare.

Dato a Roma il 1° marzo 1955. F.to Luigi EINAUDI

C.to GrusEPPE ERMINI

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STATUTO DELLA DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA

PER L'UMBRIA CON SEDE IN PERUGIA

ATU €T:

La Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, costituita con
decreto Reale 27 febbraio 1896, n. 74, a seguito della trasformazione
della Società Umbra di Storia Patria, a sua volta fondata il 12 settem-
bre 1894, ed eretta in Ente morale con decreto Reale 22 maggio 1898,
n. 426, ha il fine di promuovere gli studi storici nella regione Umbra.

La Deputazione ha sede in Perugia.

Art. 2.

La Deputazione si compone di soci ordinari, in numero di trenta;
di soci corrispondenti, in numero di sessanta e di aggregati, in numero
indeterminato.

I soci ordinari sono scelti fra i cultori italiani di studi storici che
siano in grado di dare un notevole contributo all'attività della Depu-
tazione.

I soci corrispondenti sono scelti fra i cultori italiani e stranieri
di studi storici che riguardano la Regione.

Gli aggregati sono scelti fra persone che comunque si siano rese
benemerite per studi e ricerche storiche riguardanti la Regione.

Arta 3°

I soci ordinari sono eletti dall'Assemblea dei soci ordinari e la
loro nomina è approvata con decreto del Capo dello Stato.

I soci corrispondenti sono eletti dall’ Assemblea dei soci ordinari
e la loro nomina, approvata dal Presidente, viene comunicata al Mi-
nistero della pubblica istruzione. |

Gli aggregati sono eletti dall' Assemblea dei soci ordinari e la loro
nomina viene approvata dal Presidente.

Art::4.

I soci ordinari, i soci corrispondenti e gli aggregati sono tenuti
a corrispondere alla Deputazione una quota annuale fissata dall'As-
semblea dei soci ordinari.

Per gli aggregati può essere stabilita una quota che ne assicuri

la appartenenza alla Deputazione per tutta la durata della vita.

—— —
ATTI DELLA DEPUTAZIONE 181

ATt.: 5.

I soci della Deputazione e gli aggregati che siano in regola con il
pagamento delle quote, ricevono il « Bollettino ». :

I soci ordinari e i soci corrispondenti in regola con il pagamento
delle quote possono acquistare tutte le altre pubblicazioni della Depu-
tazione con le facilitazioni che saranno stabilite volta per volta dal
Consiglio.

Art. 6.

La Deputazione é retta da un Consiglio direttivo composto di un
Presidente, di un Vice Presidente e di tre Consiglieri, tutti eletti dal-
l'Assemblea dei soci ordinari con le norme di cui al successivo articolo 8.

I componenti il Consiglio direttivo durano in carica quattro anni
e possono essere rieletti.

La sostituzione dei componenti che per qualsiasi ragione, ven-
gono a mancare deve aver luogo mediante regolare votazione da parte
della Assemblea dei soci ordinari, ed ha effetto sino al termine del
quadriennio.

Il Consiglio direttivo nomina un Segretario-economo ed un Bi-
bliotecario, i quali possono essere scelti anche fra i soci corrispondenti
e restano in carica per tutta la durata del Consiglio. Ad essi, con deli-
berazione dell’Assemblea dei soci ordinari, può venire assegnata una
retribuzione.

NI

Art.

Sono organi della Deputazione:
a) l'assemblea generale dei soci;
b) l'assemblea dei soci ordinari;
c) il Consiglio direttivo.
Spetta al Presidente della Deputazione presiedere gli anzidetti
organismi collegiali.
Art. 8.

I componenti il Consiglio direttivo sono eletti dall' Assemblea dei
soci ordinari, a semplice maggioranza di voti.

La nomina del Presidente é approvata con decreto del Capo dello
Stato; quella degli altri componenti con decreto del Ministro per la
pubblica istruzione. 3

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ATTI DELLA DEPUTAZIONE

Art. 9.

Il Consiglio direttivo
d) sovraintende a tutte le attività della Deputazione;

b) esamina le proposte che interessano gli studi che la Depu-
tazione cura e, per mezzo del Presidente, ne riferisce nelle adunanze
ordinarie e straordinarie;

c) prepara la lista dei nuovi soci da proporre all' Assemblea dei

soci ordinari e la deposita, almeno dieci giorni prima dell'assemblea -

stessa, nella segreteria, a disposizione dei soci ordinari;

d) fa quant'altro ritiene di interesse della Deputazione.
Le deliberazioni sono prese a maggioranza di voti. In caso di pa-
rità prevale il voto del Presidente.

Art. 10.

Il Consiglio si raduna ogni volta che il Presidente lo reputi op-
portuno o che due dei componenti ne facciano richiesta.

Le deliberazioni del Consiglio sono valide a maggioranza di voti
e con l'intervento di almeno tre membri.

Art. 11.

Il presidente, che ha la rappresentanza legale della Deputazione,
convoca le adunanze, le presiede e le dirige; firma gli atti e i mandati
e cura l'esecuzione delle deliberazioni.

AT: 112;

Il Vice Presidente supplisce il Presidente in caso di assenza o di
impedimento, e ne assume le funzioni. :

ATL. 13;

L'assemblea generale dei soci ha luogo ordinariamente in occa-
sione di convegni, che possono essere indetti a Perugia o in altri centri
della Regione, allo scopo di estendere e intensificare l'azione che la
Deputazione si prefigge di svolgere in pro della cultura e dell'amore
degli studi storici.

Puó inoltre essere indetta in seguito a deliberazione dell' Assem-
blea dei soci ordinari.

In occasione dell' Assemblea generale dei soci puó tenersi in altri
centri della Regione anche l'Assemblea dei soci ordinari.
ATTI DELLA DEPUTAZIONE 183

TU TA:

L'Assemblea dei soci ordinari si riunisce in via ordinaria due volte
all'anno e in via straordinaria su domanda motivata da almeno un de-
cimo dei soci ordinari o per decisione del Consiglio direttivo, previo
avviso ai soci da inviarsi dieci giorni prima dell’ Assemblea medesima.

AES T5;

Nelle adunanze l'Assemblea dei soci ordinari procede:

a) alla nomina, una volta all'anno, dei nuovi soci;

b) alla nomina del Consiglio direttivo, con la designazione del
Presidente e del Vice-presidente;

c) all’approvazione dei bilanci preventivi e dei conti consun-
tivi;

d) all'approvazione ed alle modifiche dello statuto della De-
putazione;

e) alla nomina, una volta all'anno, di due Revisori dei conti,
che non siano peró membri del Consiglio direttivo.

Art;.:16.

Le adunanze dell'assemblea dei soci ordinari sono valide in pri-
ma convocazione con la presenza di metà piü uno dei soci ordinari.

In seconda convocazione le adunanze sono valide qualunque
sia il numero degli intervenuti.

INTUS CL.

Per le deliberazioni relative alle modifiche dello statuto organico
occorrerà la presenza della metà più uno dei soci ordinari; per la deli-
berazione di scioglimento e devoluzione del patrimonio della Deputa-
zione ad altro scopo occorre il voto favorevole di almeno tre quarti
dei soci ordinari.

Art. 18.
L'assemblea dei soci ordinari ha facoltà di nominare speciali Com-

missioni con particolari compiti per facilitare il raggiungimento degli
scopi della Deputazione.

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184 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

Art. 19.

: La Deputazione pubblica annualmente il Bollettino, del quale il
Presidente pro-tempore é di regola il Direttore responsabile.

Il Bollettino comprende gli atti della Deputazione, memorie ori-
ginali, documenti illustrati e regesti, bibliografia storica umbra, re-
censioni e notizie d'interesse per la Deputazione.

Art. 20.

La Deputazione provvede alle proprie spese con i seguenti mezzi:
a) sussidi dello Stato, delle Provincie e dei Comuni;
b) contributi dei soci ed interessi del fondo di riserva;
c) sussidi straordinari da parte dei vari Enti;
d) vendita delle pubblicazioni.

Art. 21.
I titoli delle spese ordinarie che può avere la Deputazione sono

j seguenti:

a) per la presidenza e. suo ufficio;

b) per il carteggio;

c) per la stampa di lettere, avvisi, circolari e diplomi;

d) per trascrizione di documenti;

e) per pubblicazioni;

]) per indennità;
9) per la conservazione e per l’incremento della Biblioteca

NATU. 22,

I Revisori dei conti durano in carica un anno e possono essere
rieletti. Uno dei Revisori può essere scelto fra i soci corrispondenti.

Art. 23.

Non oltre il mese di gennaio di ogni anno il Presidente trasmette
al Ministero della pubblica istruzione una relazione sull'attività svolta
dalla Deputazione nell'anno precedente.

Visto d'ordine del Presidente della Repubblica
Il Ministro per la pubblica istruzione

F.to GiusEPPE ERMINI

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COMMEMORAZIONE
DI ACHILLE BERTINI CALOSSO

La Deputazione, prima di riprendere il suo cammino con i suoi
organi normali ricostituiti secondo il nuovo Statuto, ha sentito il do-
vere di rievocare l'indimenticabile suo Presidente prof. Achille Ber-
tini Calosso. i

‘ Sabato 27 ottobre 1956 nella Sala Maggiore dell’Accademia di
Lettere alla presenza di donna Emma Bertini Calosso, del magnifico
Rettore dell’Università degli Studi on. prof. Giuseppe Ermini, del

Pro-Rettore dell'Università Italiana per Stranieri prof. Ottavio Pro-

sciutti, del Vice prefetto Vicario, dell’Assessore del Comune prof.
Marcello Grego e di un folto e scelto pubblico, il Commissario straor-
dinario, dopo brevi parole di circostanza, ha invitato il prof. Luigi
Salvatorelli a pronunciare il discorso commemorativo:

«Sono passati cinquantatre anni dal mio primo incontro con
Achille Bertini-Calosso. Fu in un giorno del novembre o forse dicem-
bre 1903, a una lezione di Adolfo Venturi, in un’aula della vecchia
Sapienza romana. Io ero studente di lettere di primo anno, anzi di
primo mese; egli, già in via per la laurea in legge — la conseguì nel
1905 —, frequentava contemporaneamente corsi di lettere col propo-
sito di ottenere codesta seconda laurea, ció che infatti avvenne dopo
il necessario intervallo.

Come fosse che, fin da quella prima conoscenza occasionale, si-
mile a tante altre fra studenti, superficiali ed effimere, noi ci attac-

-cassimo — è l'espressione giusta — l'uno all’altro iniziando una amici-

zia intima, durata ininterrottamente, senza eclissi e senza intepidi-
menti, per più di mezzo secolo, è uno di quei segreti degli spiriti che
sarebbe vano, e quasi incongruo, indagare. Vale invece la pena di
ricordare una forma specifica in cui essa si affermò, e si cimentò du-
rante i primi anni, quelli universitari di entrambi. Vale la pena, per-
ché vi si ritrova un tratto importante, caratteristico, della fisiono-
mia spirituale di Bertini Calosso. Ricordo, dunque, come agli incon-
tri abituali nelle lezioni universitarie, e ai ritorni compiuti, talora per
assai lungo tratto di strada, in comune, si intramezzassero le passeg-
giate libere per Roma, da Monte Mario all’Appia Antica, le discese

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o. 186 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

nella basilica sotterranea di San Clemente o nelle catacombe di San
Callisto; e, più lontano, le escursioni ai Castelli, ai boschi e ai laghi del
suburbio romano. Natura, arte, storia, senso religioso, si associavano
spontaneamente, intimamente, in quelle passeggiate, che lasciavano
in fondo a noi sensazioni e sentimenti d'importanza primaria per i
nostri spiriti in formazione.

Stabilito da pià anni in Roma, egli era mia guida, mio iniziatore.
Né soltanto per codesta precedenza cronologica; ma anche, e piü, per
la sua personale preparazione. I suoi studi storico-artistici erano già
in pieno sviluppo, e gli avevano fornito fin da allora una conoscenza
minuta e precisa di Roma e del Lazio. In Roma, pur non trascuran-
done nessun aspetto, egli prediligeva non tanto i monumenti fastosi
dell'Alto Rinascimento e dell'età barocca, quanto quelli più modesti,
reconditi e frammentari (ma per ciò stesso più suggestivi) dell'età pa-
leocristiana e altomedievale. Si unirono in tale predilezione l'indirizzo
di una parte dei suoi studi, l'amore del particolare pittoresco e poco
noto, e il profondo e non ostentato sentimento cristiano. Ho parlato
di visite comuni a San Clemente; posso adesso aggiungere il ricordo
di una splendida passeggiata mattutina, sui margini dell'Appia, nei
pressi della grotta della Ninfa Egeria, al cosiddetto tempio di Bacco, o
chiesetta altomedievale:di S. Urbano alla Caffarella.

Il corso di lettere era per il giovane Bertini Calosso il quadro na-
turale di quello studio dell'arte italiana a cui avrebbe atteso, per varie
vie, lungo tutta la sua vita. In quel campo di studio egli si inoltrava
con una preparazione storico-filologica tutt'altro che comune, e ri-
spondente non solo alla serietà del suo temperamento e al metodo dei
suoi maestri, ma al suo gusto personale per la coltura e l'erudizione
storico-letteraria. Scolaro assiduo e devoto di Ernesto Monaci, — e
anche colà fummo compagni — egli ebbe altresi stretti contatti con
la « Società filologica romana », trovando nell'uno e nell'altra un fon-
damento essenziale della sua formazione scientifica. Di quella scuola
egli seguitó la tradizione fin negli ultimi anni di vita, quando mi in-
citò — potrei dire mi incalzó — a pubblicare nel « Bollettino della Depu-
tazione di storia patria per l'umbra » un poemetto perugino inedito del
Trecento col relativo commento filologico-storico, che erano tutt'in-
sieme la mia vecchia tesi di laurea. Da quella scuola — a cui conviene
aggiungere l’insegnamento metodico eccellente di Giovanni Monti-
colo, nostro comune professore di storia medievale e moderna — Ber-
tini Calosso trasse una sicura padronanza nello studio dei manoscritti,
nella ricerca, lettura e critica dei documenti. ATTI DELLA DEPUTAZIONE

Quale parte possiamo credere che abbiano avuto, in tutta co-
desta preparazione e coltivazione spirituale, i suoi studi di Legge? Puó
venir naturale di pensare — e il pensiero non importerebbe per Lui
nessuna menomazione — che essi si riducessero al mezzo necessario
per procurarsi un diploma, tradizionalmente considerato come quello
che più e meglio di ogni altro schiude la via alle carriere impiegatizie.
Che codesto intento ci fosse, è ovvio; ma concludere da ciò che quei
corsi di giurisprudenza siano stati per Bertini-Calosso una semplice
fatica utilitaria — e quasi un boccone amaro da ingoiare il più rapi-
damente possibile — sarebbe un errore. Anche a non voler conside-
rare la serietà morale che lo faceva applicarsi diligentemente anche
alle cose minori e minime — fu questo un tratto costante e saliente
della sua indole — occorre tener presente la connessione di una parte
di quegli studi con la coltura storico-letteraria. Ma c’è soprattutto da
ricordare che Bertini Calosso fu per tutta la sua vita, dall’ Università
in poi, funzionario amministrativo: assiduo, scrupoloso, esperto fun-
zionario, degnamente salito ai più alti gradi. La preparazione agli esa-
mi di legge — e supponiamo pure, affrettata e piuttosto superficiale,
come tutte, o quasi, le preparazioni studentesche - non fu certamente
inutile ed estranea a codesto aspetto fondamentale della sua attività
successiva. Bisogna anche aggiungere che di una educazione al ri-
spetto, e direi quasi al culto, della legge, della buona amministrazione,
del servizio statale, egli ebbe in casa un eccellente esemplare nella
persona del suo prozio e padre adottivo, che terminó la sua carriera
quale direttore generale al ministero delle finanze; e un rincalzo al-
l'insegnamento paterno gli venne da altro parente, anch'egli alto fun-
zionario nello stesso ministero, e padre di Colei che del nostro Achille
è stata la degna, perfetta compagna.

A questo punto mi accorgo di aver dimenticato una circostanza
non trascurabile. Achille Bertini Calosso era nato — il 19 ottobre 1882 —
a Perosa Argentina: in Piemonte, dunque, e veramente in una parte
di esso « a pié del monte », sul margine delle Alpi: piemontese due volte,
potremmo dire. Io che sono umbro, e ci tengo, ma ho anche passato
un lungo periodo della mia vita in Piemonte, posso con libertà di
spirito, e conoscenza di causa, attestare che non é un luogo comune,
una tradizione arbitraria, quella di attribuire ai piemontesi una se-
rietà di carattere, un culto dell'ordine e insieme della libertà, un sen-

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188 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

so dello stato e una devozione alla patria particolarmente eminenti:
così come non è un caso che Torino sia stata la prima capitale dell’I-
talia unita. Certo, se tali sono le caratteristiche della stirpe piemonte-
se, Bertini Calosso fu piemontese per eccellenza. Una prova per tempo
ne dette con la serietà e l'impegno posti nel suo servizio militare, che
egli aveva terminato qualche mese prima del nostro incontro e da cui
trasse, o rafforzò, quel piglio risoluto, quella energia di parola e di deci-
sione, che furono fra i tratti caratteristici della sua fisionomia fisica e
morale, e che si componevano in superiore armonia con la sua bontà

. affettuosa, e altresi con il suo senso vivo di critica e di osservazione.

. Dopo l'università, la vita di Bertini Calosso si svolse per parecchi
anni su due linee parallele. L'una, quella dell'impiego statale, che lo
condusse nella segreteria universitaria di Genova per un semestre, e
poi in quella di Roma e nell'amministrazione scolastica provinciale
romana per piü di sei anni, dal 1907 al 1913. L'altra, quella degli stu-
di storico-artistici, proseguiti con tenacia nei margini di tempo la-
sciatigli dall’ufficio, e che dettero per frutto sin da allora una serie di
lavori, modesti di mole, preziosi per illustrazione sagace di affreschi
inediti, per interpretazioni iconografiche originali, per l’impeccabile
condotta di metodo. L’accoppiamento di ufficio impiegatizio e di stu-
dio personale non è, o almeno non era allora, cosa rara, specialmente
a Roma, sede ideale per ciò. Un po’ più raro, possiamo credere, era an-
che allora che l’uno o l’altro dei termini accoppiati non ne risentisse:
uno di codesti casi fortunati fu quello di Bertini-Calosso. Più raro

ancora, che le due linee parallele finissero, a un certo punto, per con-

vergere in una risultante comune, o almeno in uno stretto, organico
collegamento. Ciò avvenne per il nostro Achille, e non per semplice
fortuna ocasionale. Bertini Calosso, cioè, dopo avere sviluppato in
quegli uffici le sue capacità e tendenze amministrative, vinse il con-
corso per ispettore nel ruolo scientifico dell’Amministrazione delle
Belle Arti, e fu nominato nel giugno 1913 ispettore alla Galleria Bor-
ghese di Roma. Cosi a poco più di trent'anni, egli poté conferire
unità organica alla sua vita e all'opera sua. Tutore e amministratore
esperto e zelante del patrimonio artistico della nazione, egli poté se-
guitar a studiare, nel contatto diretto e costante con un materiale
eletto: tutte le sue facoltà e attività si fusero insieme, per la piena
ATTI DELLA DEPUTAZIONE . 189

espansione della personalità sua e per il movimento della coltura

nazionale.

Appena due anni dopo il suo ingresso nella Amministrazione del-
le Belle Arti, il servizio del paese lo chiamó in ben altri luoghi, a ben

altre opere. L'educazione e attitudine militare, da lui posseduta nel

senso migliore del termine — lontana, cioé, da ogni deformazione mili-
taresca o posa eroicizzante — combinata con la saldezza morale e il
profondo amore di patria, gli fecero superare ottimamente la dura
prova del fronte italo-austriaco: fronte di fanteria. Né gli recó il mini-
mo impaccio, per l'adempimento del dovere supremo, la personale
precedente opinione (condivisa da chi vi parla) circa le circostanze in
cui l'intervento avvenne. Dichiarata la guerra, egli non pensò più che
alla salvezza, alla vittoria del paese. Fu ferito, decorato della meda-
glia di bronzo al valor militare, e uscì dalla guerra con la croce al
merito e col grado di maggiore; e fu poi nominato tenente-colonnello
nella riserva.

Tornato alla vita civile, agli studi e uffici storico-artistici, egli
fu nominato alla fine del 1923 reggente della Sopraintendenza all’Ar-
te medievale.e moderna di Perugia: e fu questo l’inizio di un intimo
legame, non venuto mai meno, con la città a lui già cara fin dagli
anni giovanili, per i suoi studi di storia della pittura umbra, e più par-
ticolarmente del Perugino. Dopo dieci anni di reggenza, nel 1933 fu
nominato Sopraintendente in Perugia: e tenne la carica per quindici

anni, fino al 1948, quando fu trasferito alla Sopraintendenza romana:.

e se il posto di massima importanza fu meritato e gradito, il lasciare
la sede perugina non gli riuscì privo di dolore, anche se legami molte-
plici e ritorni temporanei frequenti scemassero il distacco. A Roma
terminò la sua carriera come Sopraintendente di prima classe, fino al
collocamento a riposo per limiti d’età il 1° giugno 1952.

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Il venticinquennio perugino rappresentò per Bertini Calosso il
periodo più fecondo, più ampio, più vivo: quello in cui fu più piena-
mente Lui. È il periodo dei suoi saggi storico-artistici più importanti,
di più largo respiro: alla prevalenza giovanile dell’alto Medio Evo
— prevalenza, non esclusività: ho detto come fino da allora egli stu-
diasse intensamente la pittura umbra — succede adesso quella del Ri-
nascimento, più particolarmente l'Alto Rinascimento, il Quattro-

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tant

a

Tene 190 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

cento (anche qui, non esclusivamente: egli ha scritto anche su Miche-
langelo). Ma è altresì il periodo dei grandi restauri, a cui mi basterà
di accennare perché, compiuti in Umbria, e taluni fra i più importanti
in Perugia, sono qui certamente presenti a tutti. Ricordo, senza
pretesa di esaurire la serie, l'Abbazia di Ferentillo; gli affreschi di
Giotto nella chiesa superiore di San Francesco in Assisi; quelli di Luca
Signorelli nel Duomo d'Orvieto; il ciclo peruginesco nel collegio del
Cambio; numerose tavole della Galleria Nazionale dell'Umbria; in-
fine — e davvero, last not least — la scomposizione, ripulitura e ricom-
posizione magistrale e di quasi prodigioso effetto della Fontana mag-
giore in Perugia: fiore stupendo e supremo dell’Italia comunale all’a-
pogeo. Ma tutta codesta opera sarebbe riuscita vana, o non si sarebbe
potuta intraprendere per mancanza dell’oggetto, se egli non avesse
saputo durante la guerra provvedere alla salvezza del patrimonio ar-
tistico umbro, con pieno successo.

Infine, è in questo periodo che Bertini Calosso — educato tec-
nicamente fin da giovane alla storia e alle sue discipline ausiliarie, —
tenne la direzione della Deputazione umbra di storia patria, col ti-
tolo di presidente dal 1938 al 1947, con quello di commissario nel pe-
riodo di riordinamento degli istituti storici, fino alla morte. Fu un
periodo di difficoltà straordinarie, in cui alla tradizionale scarsezza di
mezzi di codesti istituti, pur così importanti per la coltura storica na-
zionale; e all'abbassamento generale della vita culturale di provincia,
sì aggiunsero vicissitudini belliche e civili quali mai l’Italia unita
aveva conosciuto, e poi gli ardui compiti e pesi della ricostruzione.
Tuttavia, con la solita tenacia, egli trovò i mezzi finanziari indispen-
sabili per il mantenimento in funzione dell’istituto; e riuscì, coadiu-
vato da volonterosi elementi locali — primo fra questi il direttore della
Biblioteca Augusta, Giovanni Cecchini — a mantenere in vita il Bol-
lettino, e nel periodo della ricostruzione a portarlo ben avanti verso il
pareggio dell’arretrato. Ma egli si adoperò anche ad affiancarlo con
edizioni di testi e altre attività di studio. Sotto di lui fu' avviata
un'opera fondamentale per la conoscenza documentaria della storia
del Comune di Perugia, il Regestum Reformationum Communis Peru-
sii, rimasto interrotto per la morte dell'editore, l'insigne studioso e
cittadino Ansidei, ma che certo sarà ripreso. Fu anche progettata una

edizione degli statuti umbri, che dovrebbe cominciare dallo statuto

perugino del 1279. Cura speciale, e particolarmente fruttuosa, del
Bertini Calosso furono i convegni umbri di studio, di cui vorrei ri-
cordare particolarmente quello del 1939 a Orvieto, dedicato alla que- ATTI DELLA DEPUTAZIONE 191

stione degli Archivi, che il Cecchini illustró in una relazione apposi-

‘ta, e i due di Gubbio del 1942 e del 1947: il primo dei due per es-

sersi tenuto, e con ottimo successo, in piena guerra; il secondo, per-
ché, avendovi personalmente assistito, è vivo in me il ricordo della
importanza scientifica delle comunicazioni, particolarmente di quelle
del Devoto e del Pettazzoni. |

Nei tre anni e mezzo passati dal Bertini Calosso alla Soprainten-

denza romana l'opera sua maggiore e più difficile fu quella spesa a pro
della Galleria nazionale di arte antica, nota più comunemente col
nome — che impicciolisce la cosa — di Galleria Corsini. L'argomento
si collega con la vicenda, tutt’altro che terminata, di Palazzo Bar-
berini.

Ho assistito alla lotta lunga, difficile, estenuante dell’amico
— che, adesso stabile a Roma, vedevo con regolare frequenza — prima
perché lo Stato esercitasse il suo diritto di prelazione, poi perché, ad
acquisto effettuato, il palazzo avesse la destinazione in vista della
quale era stato compiuto l'acquisto stesso: quella, cioè, di divenire
la splendida sede della riordinata e ampliata Galleria Nazionale. Egli
ne apprestò il progetto, e ne espose i criteri in una conferenza dell’a-
prile '52 al II Convegno nazionale degli Ispettori onorari tenuto nello
stesso palazzo Barberini. Solo dopo il suo collocamento a riposo una
parte della Galleria ha potuto prender posto in casa sua. Non sarebbe
qui il luogo di indagare ed esporre il come e il perché di queste vicis-
situdini, anche se io le conoscessi integralmente e intimamente: ciò
che non è. Debbo invece dire, che il Bertini Calosso ha coronato de-
gnamente la sua carriera di Sopraintendente con la fatica spesa in
codesta faccenda e le amarezze incontrate, e ha meritato più che mai
la riconoscenza di quanti amano, insieme, il patrimonio artistico ita-
liano, e la buona amministrazione dello Stato.

Collocato a riposo, Bertini Calosso non fece che cambiare lavoro.
Non soltanto egli continuò a partecipare ai lavori del Consiglio supe-
riore di Antichità e Belle arti, ove era stato eletto nel 1948; ma, no-
minato subito dopo il collocamento a riposo Commissario governativo
dell'Istituto Nazionale di archeologia e storia dell’arte, impresse ad
esso una vita nuova e culturalmente feconda, soprattutto con l’orga-
nizzazione di corsi di lezioni e di conferenze. In questa ultima impresa

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Ansia

MEUS 192 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

egli prodigó con capacità antica e ardore giovanile le sue forze ormai
non più giovani: e seguitó a occuparsene nelle pause della malattia
che dopo lunghe sofferenze, sopportate con serenità stoica e cristiana
rassegnazione, lo condusse a morte il 6 marzo 1955. |

Mock

Spendere altre parole per tratteggiare la figura dell' Uomo sarebbe

superfluo; e mi parrebbe di sentire la sua voce amichevole ammonir-

mi, con la vibrazione a lei propria, di porre fine al mio dire. Bertini
Calosso non era di quelli che espongono in mostra e portano in giro
il proprio io; e come tutti coloro che veracemente sentono, e attenta-
mente riflettono, non sciorinava conoscenze, giudizi, professioni di
fede, programmi ideali. Ma la sua personalità traspariva lucidamente
dall'opera sua; cosi come la sua indole schietta, il suo carattere diritto
apparivano chiari a chiunque l'accostasse. Sinceramente cristiano e
cattolico, egli associó senza difficoltà la sua fede con la libertà dello
studioso e la coscienza del cittadino, sapendo istintivamente congiun-
gere quel che va congiunto, e distinguere ció che va distinto. Non
fece politica né laica né ecclesiatica; ma, come fu figlio devoto della
Chiesa, senza bigottismo e servilità, cosi ispiró la sua condotta civica
all'amore della patria, al servizio dello Stato, secondoché gli insegna-
vano l'educazione piemontese e le tradizioni del Risorgimento. Figlio,
marito, padre esemplare, fu un amico rarissimo per profondità e te-
nacia di affetto; ma, anche fuori della cerchia della famiglia e dell'ami-
cizia prodigò a quanti si rivolsero a lui i tesori di una cristiana pazien-
za, di una sconfinata bontà.

Benedetto Croce negava che la categoria «genio » abbia vali-
dità concettuale: e io mi accosterei volentieri alla sua negazione. Ma
comunque sì pensi sulla questione teorica, una cosa è certa: non sono i
genî a costituire le fondamenta morali della società umana. La vita
dell'umanità :riposa sull'opera modesta, largamente anonima, di
quanti compiono con capacità e coscienza il loro dovere quotidiano.
Ai migliori fra costoro appartiene Achille Bertini Calosso; e tale egli
vivrà nel nostro ricordo affettuoso e riconoscente ».

Al termine del suo felice discorso il prof. Salvatorelli è stato
lungamente applaudito e complimentato dai presenti.

Erano rappresentati alla manifestazione: la Giunta Centrale per
gli Studi Storici, l'Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell'Ar-

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M. Voss p ————— a ÓÓÓ€

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ATTI DELLA DEPUTAZIONE 193

te, la Società Romana di Storia Patria, la Direzione Generale Acca-
demie e Biblioteche. Avevano inviatola propria adesione: la Deputa-
zione di Storia Patria per le Marche, la Società ligure di Storia Patria,
la Deputazione di Storia Patria per le antiche Provincie Modenesi, la
Società Savonese di Storia Patria, l'Unione internazionale degli Isti-
tuti di Archeologia, Storia e Storia dell'Arte, l'Istituto di Storia Mo-
derna, la Fondazione Primoli, l'Istituto Storico Italiano per il Medio
Evo, la Società Storica Lombarda, la Società Messinese di Storia Pa-
tria, la Società Napoletana di Storia Patria, la Società Storica Nova-
rese, la Deputazione di Storia Patria per la Romagna, la Società di
Storia Patria per la Sicilia Orientale, la. Deputazione Subalpina di
Storia Patria, la Deputazione di Storia Patria per il Friuli, l'Istituto
Storico Artistico Orvietano, la Direzione Generale di Antichità e Belle
Arti, la Direzione Generale dell'Istruzione Universitaria, il Rotary
Club Perugino, i Sindaci di Assisi e di Foligno, l'Arcivescovo di Spo-
leto, il Vescovo di Assisi, il Direttore del Museo Civico di Torino, il
Direttore dell'Ente Provinciale per il Turismo di Perugia, il prof.
Aldo Capitini, il conte Alessio Conestabile della Staffa, la prof. Paola
della Pergola, il prof. Walter Binni, il prof. Pietro Paolo Trompeo,
lavv. Libotte, l'avv. Fausto Andreani, il dott. Nino Madau Diaz,
l’ing. Piero Grassini, il dott. Renato Bonelli, il prof. Alberto M. Ghi-
salberti, il prof. Salvatore Valitutti.

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ASSEMBLEA DEI SOCI ORDINARI
del 28 ottobre 1956

Sono presenti Abate p. Giuseppe, Salvatorelli prof. Luigi, Bri-
ganti dott. Francesco, Cristofani prof. Giustino, Belforti dott. Raf-
faello, Biagetti rag. Angelo, Cecchini prof. Giovanni.

Assenti: prof. Umberto Calzoni, mons. Fiorenzo Canuti, prof. Fe-
derico Chabod, dott. Giustiniano Degli Azzi, avv. Pasquale Laureti.
In seconda convocazione la riunione ha inizio alle ore 10,15, sotto la
presidenza del Commissario Straordinario prof. Giovanni Cecchini.

Il Commissario stesso rende una breve ma circostanziata rela-
zione sul funzionamento della Deputazione nell'anno e mezzo circa
di gestione commissariale. La lunga malattia seguita da decesso che
ha rapito agli studi e agli amici il Presidente prof. Achille Bertini
Calosso ha impedito che potesse aver luogo una consegna. Con l'at-
tiva cooperazione della signora Emma Bertini Calosso e del dott. Fran-
cesco Santi é stato possibile acquisire via via tutti gli elementi ne-
cessari, sia sotto l'aspetto della situazione finanziaria, sia sotto quello
dell'attività culturale, per la ripresa del lavoro. Come primo atto
della sua gestione straordinaria egli ha aperto tra i soci, enti pubblici
e privati una sottoscrizione per l'istituzione di una fondazione inti-
tolata ad Achille Bertini Calosso.

Il Commissario con l'abbondante materiale quasi tutto già com-
posto ha provveduto a recuperare gran parte del ritardo che nella
pubblicazione del Bollettino si era prodotto durante gli anni della
guerra e del dopoguerra. Infatti dalla primavera del 1955 alla data
odierna sono stati pubblicati e distribuiti cinque volumi del Bollet-
tino, e precisamente i volumi XLIII, XLIV, XLV, XLVI, LI.

Nel frattempo é stato dato inizio allo spoglio dei 51 volumi
del Bollettino per raccoglierne in volume gli indici generali, cioè degli
autori, delle opere recensite, degli analecta, dei soggetti.

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196 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

Con i mezzi finanziari residuati dalla precedente gestione inte-
grati dall'impiego parziale del sussidio ministeriale per l'anno 1955
é stato saldato il conto del tipografo per la stampa e confezione dei
volumi suddetti del Bollettino.

E stata anche avviata la ripresa dei cambi delle pubblicazioni
con società storiche e accademie. Sono stati riattivati i cambi con i
seguenti istituti e periodici:

1. — Archivio Economico dell'Unificazione italiana

o
|

Archivio Storico Lodigiano
Ateneo di Brescia
. — Biblioteca dell'Istituto di Archeologia e Storia dell'Arte

I

. . Ecole Francaise

.- Istituto Domus Mazziniana

3

4

5)

6. — Giunta Centrale per gli Studi Storici

7

8. — Istituto Internazionale di Studi Liguri
9

. — Miscellanea Francescana
10. — Museo Civico di Padova
11. — Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale
12. - The Warburg Institute — University of London

13. - Università degli Studi di Perugia.

L'Assemblea approva allunanimità nelle sue risultanze la ge-
stione finanziaria del periodo 6 aprile 1955 - 30 settembre 1956, che
oltre ad un residuo di cassa di L. 1.351.116 al 6 aprile 1955, segna
un'entrata di\L. 1.430.480 contro un'uscita di L. 2.378.946, con un
avanzo di cassa di L. 1.735.110 (ivi compreso il fondo raccolto per
la Fondazione A. Bertini Calosso).

Si procede successivamente alla elezione del Consiglio Direttivo
e di due Revisori dei Conti secondo le norme del nuovo Statuto.

Sono eletti: al Consiglio Direttivo, dott. Giovanni Cecchini Pre-
sidente, dott. Raffaele Belforti Vicepresidente, P. Giuseppe Abate,

dott. Francesco Briganti, prof. Luigi Salvatorelli . Consiglieri; come

Revisori dei Conti dott. Francesco Duranti, rag. Angelo Biagetti.
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ATTI DELLA DEPUTAZIONE 197

L'Assemblea determina la misura delle quote sociali annuali a
partire dal 1957 in L. 1.000 per i soci ordinari e corrispondenti e in

L. 800 per i soci aggregati.

Dall' Assemblea sono poi eletti come nuovi soci:

— Dott. Mario Melelli

— Prof. Gioacchino Nicoletti
— Don Mario Pericoli

— Mons. Canzio Pizzoni

— Prof. Toni Reinhard

— Dott. Paola Scaramucci
— Dott. Danilo Segoloni

— P. Costanzo Tabarelli
— Prof. F. A. Ugolini
Prof. Salvatore Valitutti
Dott. Fritz Weigle

P. Giuseppe Zaccaria.

ORDINARI

1. - Avv. Arnaldo Fortini

2. — Prof. Aldo Capitini

3. — Prof. Gino Franceschini

4. — Dott. Don Bruno Frattegiani

9. — Dott. Francesco Santi

6. — Prof. Ignazio Baldelli

7. — Prof. Giuseppe Mira

8. — Prof. Raffaello Morghen

9. — Prof. Leopoldo Sandri

10. — Prof. Mario Salmi

11. — Prof. Eugenio Dupré Theseider

12. — Prof. Giuseppe Ermini.
CORRISPONDENTI
1. — Prof. Giulio Agostini 14.
2. — Feliciano Baldaccini 15.
3. — Ugo Barberi 16.
4. — Prof. Tommaso Bozza I7.
5. — Prof. Vittore Branca 18.
6. — Dott. Umberto Ciotti T9:
7. — Prof. Gianfranco Contini 20.
8. — P. Lorenzo di Fonzo 21.
9. — Prof. Crispino Ferri 22.
10. — Prof. Wolfgang Hageman 23. —
11. — Dott. Guido Lupattelli 24. —
12. — Prof. Franco Mancini 25. —
13. — Dott. Olga Marinelli

La seduta é tolta alle ore 12.30.

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Wd MUST Be . SOMMARIO DEL VOLUME

Memorie
GIUSEPPE ABATE, Statuti medioevali e inventari della Fraternita di
: S. Maria dei Laici di Amelia
Note e documenti

Piero GRASSINI, Notizie sulla diruta abbazia di San Nicolò in San-

gemini
Fonti
Cronaca di G. B. Marini
| Varietà
GINO FRANCESCHINI, Piacentina Guinigi iius di Lucca a Città di

Castello
AGOSTINO SERANTONI, La festa di S. SD a Gua

Congressi e convegni

CrIsPIino FERRI, Primo Congresso Nazionale Archivisti (Orvieto,
‘23-24 ottobre 1949)

Recensioni

Nicco FasoLa Giusta, La fontana di Perugia (G. Cristofani)

WALEY DANIEL, Medieval Orvieto. The political history of an city-
state 1157-1334 (L. Gulli) 5 i

BATTISTELLA RENZO, Umbria (L. Bellini)

CECCHINI GIOVANNI, Archivio storico del Comune di Perugia. AL
rio (L. Belforti) Mors

LECCISOTTI TOMMASO e TABARELLI Comiso. ns uu dell’ Archivio
di S. Pietro di Perugia (A. Pantoni)

Necrologi
ORTOLANA Fiumi, Francesco Mencarelli

Notizie
Commemorazione di Pietro Bilancini

Atti della Deputazione

Decreto ministeriale di nomina del Commissario Straordinario — Let-
tere circolari del Commissario Straordinario — Decreto Presiden-
ziale di approvazione del nuovo Statuto — Commemorazione di
Achille Bertini Calosso — Assemblea dei Soci Ordinari del 28
ottobre 1956

. Pag.

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Direttore Responsabile: DOTT. GIOVANNI CECCHINI

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