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DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
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VOLUME LVI

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S. P. A. ARTI GRAFICHE PANETTO & PETRELLI - SPOLETO - 9-1960


Memorie

LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI »

LE SUE FONTI E IL SUO VALORE STORICO

INTRODUZIONE

La Legenda Beati Raynaldi crea un problema agiografico di una
certa difficoltà. Del santo vescovo di Nocera Umbra morto nel 1222
le notizie biografiche raccolte nella Legenda ufficiale sono scarse e,
quel che é peggio, di dubbia attendibilità storica. La Legenda infatti,
riportata negli Acta Sanctorum dei Bollandisti sin dal sec. xvi, è, in
parte, un grossolano plagio della Legenda di S. Martino di Tours, dif-
fusissima nel medioevo.

Sembró logico dedurre, come qualcuno espressamente fece, che
un'ombra di scetticismo, se non proprio di falso, gravasse sull'intero
profilo biografico di S. Rinaldo.

Questo studio vuol dimostrare che, in realtà, quella logica era
abbastanza viziata. C'è, si, il plagio nella Legenda; ma è questa, anche
se considerata ufficiale per vari secoli, l'unica Legenda, e, soprattutto,
la più antica? Ricercandone l'origine, sono potuto giungere alla con-
clusione che la Legenda tradizionale é stata compilata dopo quasi un
secolo e mezzo dalla morte di S. Rinaldo, e che essa non è tutta frutto
di fantasia. |

L'anonimo compilatore del sec. xiv aveva sotto gli occhi docu-
menti, ancora in parte reperibili, da cui attingeva con molta libertà
d’integrarli, dove mancassero, con brani rubati qua e là. Il plagio
della vita di S. Martino di Tours è il più vistoso, ma non è l'unico.
Non scandalizziamocene troppo. La fedeltà storica, nel senso inteso
da noi moderni, esulava, in gran parte, dalle preoccupazioni di un
compilatore devozionale del sec. xiv. Ma proprio questo sicuro plagio
della Legenda di S. Martino di Tours ha aperto la strada al sospetto
che l'intera Legenda B. Raynaldi fosse in sostanza nient'altro che un
plagio di fonti preesistenti.
fum

6 D. GINO SIGISMONDI

Questo legittimo sospetto, naturalmente, ha spostato anche l'in-
dagine critica: il problema della storicità della Legenda è diventato
il problema della storicità delle sue fonti una volta che esse fossero
state individuate.

Per questa ricerca di fonti preesistenti, conclusasi positivamente,
è stata preziosa la documentazione d'archivio raccolta o almeno con-
sultata da alcuni eruditi umbri del sec. xvir, specialmente dal Dorio
e dallo Jacobilli. Tanto piü prezioso quel materiale documentario
perché esso o é oggi scomparso o rimane sperduto in codici frammen-
tari esistenti qua e là.

Sulla traccia di queste indicazioni, dopo un minuzioso e scrupo-
loso esame del materiale archivistico rimasto, si é potuto stabilire
che le fonti utilizzate dall'anonimo compilatore della Legenda B. Ray-
naldi del sec. xiv esistono ancora. Di queste fonti, che ho raccolto
sotto la denominazione convenzionale di Legenda minima e Legenda
minor — chiamando Legenda maior quella tradizionale del sec. xiv —
é.stata fatta, anzitutto, la descrizione particolareggiata, codice per
codice. Di ogni singola Legenda, poi, collazionando i vari codici, e
stato fatto il testo critico, e ne é stato discusso il valore storico. Ana-
logo lavoro di descrizione dei vari codici, di ricostruzione critica del
testo e dell'esame dell'attendibilità storica è stato fatto per la Legenda
maior.

Entro queste linee schematiche dello studio han trovato posto,
perché connesse con la tematica generale, alcune indagini marginali.

— A ——
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 7

CAPITOLO PrIMO 7

I CODICI DELLA LEGENDA BEATI RAYNALDI

I. — TESTIMONIANZE STORICHE DEL PRINCIPIO DEL SEC. XVII

Per orientarsi nell’intricata questione sulle fonti della vita di
S. Rinaldo, è necessario ricorrere alle indicazioni del Dorio e dello
Jacobilli, benemeriti, e, in genere, accorti raccoglitori nel sec. xviI
di memorie umbre, specialmente agiografiche, oggi, in gran parte,
perdute.

I due scrittori hanno conosciuto e visitato più volte gli archivi di
Nocera e Diocesi. Durante Dorio da Leonessa è stato Cancelliere ve-
scovile nella Curia di Nocera, quasi ininterrottamente, dal 1632 al
1648, e ha accompagnato spesso il vescovo Florenzi nelle visite pa-
storali (7. Ludovico Jacobilli, poi, oltre ad avere avuto in mano le
opere stampate e i manoscritti del Dorio, fu visitatore della Diocesi
delegato dal vescovo Montani nel 1652. L’abbondante documenta-
zione, raccolta soprattutto durante questa sacra visita, gli permise
di dare alle stampe nel 1653, dedicandolo naturalmente a mons. Mon-
tani, il suo Discorso Historico di Nocera nell' Umbria e sua Diocesi e
Cronologia de’ Vescovi di essa Città (?). Opera che, se ha tutti i difetti
della storiografia dell’epoca, è sempre di utile consultazione, se non
altro per le preziose annotazioni marginali (8).

Lo Jacobilli narra la vita di S. Rinaldo con una certa ampiezza
nel tomo I di Vite de' Santi e Beati dell Umbria (3), e in succinto, nel

(1) Nell’archivio della Cancelleria vescovile di Nocera si conservano vari
volumi di atti notarili del Dorio, il quale compare pure nelle visite pastorali
degli anni 1632-1635. Tra i manoscritti della biblioteca del Seminario di Foli-
gno ce n’è uno intero (A, VI, 19) di appunti presi dal Dorio nella visita pasto-
rale del 1634-1635.

(2) Foligno, Agostino Alterij, 1635.

(3) Nel 1930 il tipografo nocerino Amone Amoni ha ristampato. questa
opera dello Jacobilli, curandone le minime particolarità dell’edizione secen-
tesca. Unica differenza: le note sono messe in fondo alle pagine invece che ai
margini. Ciò spesso è un inconveniente non lieve.

(4) Foligno, Alterij, 1647, pp. 216-223.

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8 D: GINO SIGISMONDI

tomo III della stessa opera, nel capitolo Altri Santi e Beati dell’ Avel-
lana (9) e in più passi dell'opera Discorso Historico di Nocera nell’ Um-
bria, ecc. (5).

Tanto il Dorio che lo Jacobilli hanno opere stampate e mano-
scritti. Le fonti della vita di S. Rinaldo citate dallo Jacobilli sono:

1) Opere stampate:

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a) Durante Dorio, Historia della famiglia Trinci (7)

b) Celso Placidi, Vita di S. Rinaldo Vescovo (8)

c) Giovanni Battista Teodori, Vita di S. Rinaldo (9)
d) Le opere d'indole generale del Ferrari

e) Ferdinando Ughelli, Cathalogus Sanctorum Italiae
f) Abramo. Browski, Italia Sacra e Annales.

2) Manoscritti:

a) Chronicon Gualdense, ant. ms. in Conventu S. Francisci
‘Gualdi (19)

b) Lection. ant. ms. in Conventu S. Francisci Gualdi (1)

c) Lection. ant. ms: apud Plebanum S. Facundini Gualdi I

d) Vita S. Raynaldi scripta ab eius famulo adservata ms.
Nuceriae (12)

e) Acta S. Raynaldi episcopi ms. ant. Nuceriae

f) Codex ant. ms. in sacrario Cathedrali Nuceriae scriptus a
Silvestro Ser Angeli (18).

Altre indicazioni sono: Lection. ant. ms. in Conventu S. Francisci |
Gualdi et aliud apud Plebanum S. Facundini (4); Lection. ant. ms. |

(5) Foligno, Alterij, 1661, p. 349.
(6):0:: 0,5. pp. 28; 79,82;
(7) Foligno, Alterij, 1648. |:
(8) Perugia, Torelli, 1627. [!
(9) Assisi, Salvi, 1617.
(10) JAcoBILLI, Vite de’ Santi, ecc. I, p. 216 dove si citano le pp. 17, 20,
23, del Chronicon.
: (11) JACOBILLI, ivi, p. 218.
(12) JACOBILLI, ivi, p. 216.
(13) JACOBILLI, ivi, p. 222.
(14) JAcOBILLI, Di Nocera, ecc., p. 70.
LA « LEGENDA: BEATI RAYNALDI » 9

Nuc. Gualdi ed alibi (1); Vita S. Ranaldi ant. ms. in Eccl. S. Facun-
dini Gualdi (19).

Il Dorio nell'unica opera stampata, Historia della Famiglia Trin-
ci, scrive: « Del conte Pandolfo si fa mentione in un libretto mano-
scritto della vita di S. Ranaldo che si conserva appresso il Dottor Ales-
sandro Camilli da Nocera et in altri manoscritti antichi asservati in
mano di diversi cittadini di essa città... e l'istesso si conferma nelle
Cronache di Gualdo » (??). E ancora: « In un codicé antico manoscritto
che si conserva nel Convento di S. Francesco di Gualdo ed in un altro
Lettionario antico manuscritto in carta membranea essistente ap-
presso il Rettore della Chiesa di S. Facundino di Gualdo si legge al
lib. 4 cap. 8, 81 et 83... et in dette Croniche di Gualdo le seguenti
parole... Tres fratres ecc. (la discerdenza di S. Rinaldo da Napo-
leone) » (15).

Questo per quanto riguarda le citazioni che i due storici hanno
nelle loro opere stampate.

Più precise le indicazioni tra i manoscritti dello Jacobilli e del
Dorio conservati nella biblioteca del Seminario di Foligno. Eccone
alcune trascritte fedelmente: « Della sua vita (di S. Rinaldo) si narra
nell'historie manuscritte circa a. 1300 come sono essistenti nel Con-
vento di S. Francesco di Gualdo, appresso il Padre Maestro Felice
Bonfigli di Gualdo del medesimo ordine e P. Baccelliero Lodovicho
della medesima religione, et anco nelle croniche ms. appresso il Dot-
tor Angelo Morroni da Gualdo che sono le medesime, e nelle Croniche
di Gualdo dette di S. Facondino esistenti appresso il Priore o Rettore
della Chiesa di S. Facondino fuori di Gualdo... ».

« Nelle dette Croniche ms. cioé nel libro di vite di 52 santi della
Provincia dell'Umbria et altrove che sono nell'Archivio di detto Con-
vento di S. Francesco di Gualdo essistenti in carta membranea si legge
in più luoghi la vita di S. Rinaldo, et in particolare a cart. 92: Sanctus
Episcopus Raynaldus... decoravit miraculis » (19).

(15) JACOBILLI, ivi, p. 28. ;

(16) JACOBILLI, ivi, p. 85. Il titolo di « antiquus » che spesso lo Jacobilli
dà ad un manoscritto non ha presso di lui un valore assoluto, né si estende ad
un'antichità veneranda... Un codice in pergamena, o scritto in caratteri pa-
leografici, o, se liturgico, che non é piü in uso, viene da lui detto « antiquus ».
Così P. CENCI in S. Felicissimo di Nocera Umbra, Roma, Desclée, 1906, p. 3.

(17) DunANTE Donio da Leonessa, Historia della Famiglia Trinci, p. 52.

(18) DunANTE Dorro, Historia, ecc., p. 97.

(19) Biblioteca del Seminario di Foligno, cod. A, II, 16, f. 74. È autografo
dello Jacobilli. ;
10. D. GINO SIGISMONDI

Ancora: « De eo (S. Raynaldo) in antiquo eiusdem Eccle-
siae (Nucerinae) documento, quod vidimus » (?). E ai margini:
« Vita ms. di S. Ranaldo Vescovo nel Convento di S. Francesco di
Gualdo ».

Ai margini del f. 97 dello stesso codice «in membraneis antiquis
sive lettionariis ms. penes Plebanum S. Facundini cap. 88 legitur:
originem... habuerunt (la discendenza di S. Rinaldo) ».

In altro autografo dello Jacobilli si legge: « De Sancto Ray-
naldo, ecc. Lectionario antiquo ms. in Conventu S. Francisci Gual-
densis ad p. 97» (?).

Il Dorio in un suo manoscritto nota: « S. Ranaldo della cui ori-
gine in veruna sua vita si fa menzione di che patria si fusse, se non
che nelle lettioni antiche di Gualdo che sono in carta pecora in mano
del Piovano di S. Facondino si legge al cap. 28: tres vero fratres... »
(La discendenza di S. Rinaldo) (?).

Ancora il Dorio: « Lectionario antico di Gualdo che in carta per-
gamena si conserva appo il Piovano di S. Facondino nel capo 61 f. 60
dice: (vita eremitica di S. Rinaldo)... Item cap. 62 f. 62: De Vicco, ecc.
(discendenza) e f. 63 t: « In quadam cronica manuscripta multa haben-

tur de episcopatu Nucerino... Ibidem etiam legitur vita Beati Ray-

naldi episcopi Nucerini » (?8).

Lo Jacobilli riporta la Legenda di S. Rinaldo annotando: « ms.
nucerino... copia est apud multos Nucerinos » (?). Anche il Dorio
nel riportare parte della Legenda nota: «ex codice ms. ant. Nuce-
ride ». (25). |

Queste numerose citazioni — e non sono tutte — anche se nei par-
ticolari si possono riscontrare non precise (osservazione da tenersi
ben presente quando vengono citati capitoli e pagine) nel loro com-
plesso attestano, riguardo alle fonti della vita di S. Rinaldo, l'esistenza
nella prima metà del sec. xvii di codici di Nocera, codici di Gualdo e
alcuni libri stampati.

(20) Codice, A, II, 16, f. 90.
(21) Codice, A, II, I, f. 69 t.
(22) Codice, C, VIII, II, f. 29 t.
(23) Codice, C, IV, 6, f. 79 t.

‘ (24) Codice, A, II, 7, f. 140.
(25) Codice, C, VIII, II, f. 28.

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LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 11

II. - DESCRIZIONE DELLE FONTI CONOSCIUTE DALLO JACOBILLI E DAL
Donio

1. — Le Stampe.

Riguardo alle stampe c'é ben poco da dire: il Ferrari, l'Ughelli
e il Browski hanno appena degli accenni derivati, naturalmente, dai
codici nocerini e gualdesi. Una vita vera e propria deve avere compi-
lato il Placidi, ma oggi non è possibile rintracciarla in nessuna bi-
blioteca: se non è perduta definitivamente, è, certo, una rarità bi-
bliografica (29).

Celso Placidi, prima ancora del Dorio e dello Jacobilli, conobbe
le memorie e le carte dei nostri archivi perché fu Cancelliere vescovile
di Nocera dal 1610 fino al 1632, quando gli successe il Dorio, e prese

parte a quasi tutte le visite pastorali del vescovo Florenzi. La sua vita .

di S. Rinaldo conteneva anche notizie non strettamente biografiche,
ma relative al suo culto, perché ai margini di una visita pastorale
annota « Reperi ego Celsus Placidus Curiae Episcopalis Nucerinae
Generalis Cancellarius... intus dictum altare (l’altare maggiore della
Cattedrale) fuisse tunc reconditum venerabile corpus Divi Raynaldi
ut latius continetur in vita S. Raynaldi a me composita in fine libri
secundi » (?). Anche nel Placidi, però, la sostanza deve essere deri-
vata dai manoscritti di Nocera e di Gualdo, che egli ha avuto modo
di consultare. Il Teodori non ha fatto altro che dare alle stampe nel
1617 in Assisi una sua traduzione italiana della comune Legenda Bea-
ti Raynaldi. Introvabile anche questa del Teodori oggi, ma fu copiata
intera dal Dorio in un codice miscellaneo della biblioteca del Semi-
nario di Foligno (?).

(26) Lo Jacobilli cita quasi sempre quest'opera di Celso Placidi come ma-
noscritto: « Celsus Placidus 1. 3. c. s. Hist. S. Ranaldi et SS. et BB. Dioece-
sis Nuc. Ms. » (Di Nocera, ecc. p. 24); oppure: « Celsus Placidus de SS. Dioec-
Nuc. Ms. » (Di Nocera, ecc., p. 27). L'opera stampata viene citata nella vita
di S. Rinaldo nel volume primo dei Santi e Beati dell'Umbria (p. 217). Che
il tipografo perugino Torelli nel 1627 abbia stampato soltanto la vita di S. Ri.
naldo ? | :

(27) Archivio della Cancelleria vescovile di Nocera. Visita pastorale Flo-
renzi 1615, f. 3.

(28) Codice A, V, 5, f. 620-630 t.

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12 D. GINO SIGISMONDI

2. — Codici di Gualdo.

Le fonti di Gualdo citate dal Dorio e dallo Jacobilli sono tre:
Chronicon Gualdense (9), Lectionarium Sanctorum in conventu S. Fran-
cisci, Lectionarium apud Plebanum S. Facundini. Il Guerrieri in un
suo studio serio e quasi sempre ben condotto (8°) è potuto arrivare
alla conclusione che del Chronicon l’originale si è perduto, ma restano
due copie complete, l'una alla Biblioteca Vaticana (8), l'altra nella
biblioteca del Seminario di Foligno (3); del Lectionarium di S. Fran-
cesco è perduto l'originale e non esistono copie complete, ma solo
alcune Legende copiate dagli eruditi del sec. xvir di Foligno e di Gub-
bio; del Lectionarium di S. Facondino esiste l'originale oggi nella Bi-
blioteca Vaticana (?) e due copie complete, l'una pure alla Vatica-
na (35, l’altra nell'archivio del Comune di Gubbio (85).

A) Il Chronicon è un disordinato e confuso zibaldone di sto-
ria civile ed ecclesiastica delle terre appartenenti all’antico Ducato
di Spoleto nell’alto medioevo con particolare riferimento a Tadino, a
Gualdo e a Nocera. La caratteristica del Chronicon è proprio questa,
di non aver alcun ordine né logico né cronologico nelle narrazioni
tanto da far pensare ad appunti presi leggendo altre opere e messi
insieme così come sono stati trovati, senza alcuna preoccupazione di
sistemarli in un organico schema generale. Nessuna meraviglia se la
stessa notizia viene ripetuta più volte e quasi con le stesse parole (39).
Il Chronicon parla di S. Rinaldo in quattro passi, due dei quali sono
identici.

B) Il Lectionarium o Leggendario (8?) del Convento di S. France-

(29) Così è chiamata comunemente dal sec. xvi, l'Historia antiquae civi-
tatis Tadini.

(30) RuccEROo GUERRIERI, Le Cronache e le Agiografie Francescane Me-
dioevali Gualdesi e i loro rapporti con altre Cronache e Leggende Agiografiche
Umbre, Gubbio, Oderisi, 1933. Lo studio è un estratto della Miscellanea Fran-
cescana. Vol. XXXIII, fasc. III.

(31) Biblioteca Vaticana, Fondo Ottoboniano 2666.

(32). Codice, A, VI, 6 f. 1-17.

(33) Biblioteca Vaticana, Codice Lat. 7853.

(34) Biblioteca Vaticana, Fondo Ghigi, F, IV, 89.

(35) Fondo Armanni III, C, 24.

(36) Così, per es., la fondazione dell'Abbazia Gualdese di S. Benedetto
viene riferita ben sei volte: pp. 51, 52, 55, 67, 73, 76, del Codice Vaticano
Ottoboniano 2666.

(37) « Leggenda » dal latino «legenda » (cosa da oi significò da
prima il racconto di un santo confessore da leggersi nell’ufficio del mattutino
. LA ( LEGENDA BEATI RAYNALDI » 13

sco, come è dato arguire da ciò che ancora rimane, raccoglieva le vite
dei Santi dell’antica Tadino e di Gualdo — S. Facondino, B. Marzio,
B. Maio, B. Angelo — e delle città vicine, di Nocera — S. Felicissimo,
S. Rinaldo, di Gubbio — SS. Martiri Mariano e Giacomo, Secondino
e Agapito, S. Ubaldo, B. Giovanni, S. Secondo — insieme ad altri pochi
santi famosi nella zona: S. Ansuino di Camerino, S. Severo di Mar-
tana e S. Fortunato prete, S. Felice di Martana, S. Valentino di Terni,
S. Vittorino di Assisi, S. Crispoldo di Bettona. Pochissimi i santi estra-
regionali: S. Vicino di Liguria, S. Pellegrino, S. Mauro.

Quanto al testo del Leggendario gli studiosi convengono sostan-
zialmente nel dire che: molte leggende furono copiate dall'erudito
eugubino Armanni nel sec. xvii e si trovano in un codice miscella-
neo dell’archivio comunale di Gubbio (8). A tale conclusione sono
arrivati specialmente confrontando il codice dell'Armanni con l'in-
dice del Leggendario che trascrisse lo Jacobilli (9). In questo mano-
scritto lo Jacobilli riporta gli indici di alcuni lezionari umbri, e, tra
gli altri, anche del Lezionario Gualdese. Alcune Leggende si trovano
copiate, oltre che nel manoscritto di Gubbio, anche altrove.

Il carattere di queste Leggende è vario; spesso, però, l'autore,
anche qui, non fa che trascrivere quanto trova in Leggende a lui an-
teriori. La Legenda di S. Rinaldo era a f. 96 dell'originale e non a f. 97
e tanto meno a f. 92, come altrove ha notato lo Jacobilli (cfr. le testi-
monianze sopra riportate) (1). Tanto il Chronicon quanto il Leziona-

della sua festa; e perció i libri contenenti simili documenti si chiamarono « leg-
gendari » FRANCESCO LANZONI, Genesi, svolgimento e tramonto delle leggende
storiche, Roma, Tipografia Poliglotta Vaticana, 1925, p. 1. E chiaro quindi che
la terminologia medioevale non include affatto l'idea di racconto favoloso, ma
semplicemente quella di racconto storico o vita nel senso moderno.

(38) Fondo Armanni, Codice, II, C, 23.

(39) Biblioteca del Seminario di Foligno, Codice, A, II, I, f. 178.

(40) Per il primo il gualdese Caiani (manoscritto conservato nell' Archivio
Capitolare di Gualdo Tadino, Vol. I, p. 456 e sgg.) espose l'opinione che il co-
dice dell'Armanni contenesse gran parte del Leggendario di S. Francesco.

Il Faloci Pulignani ha confermato tale conclusione studiando l'indice del
manoscritto dello Jacobilli (A, II, I, f. 178) in Miscellanea Francescana, IX,
fasc. VI, pp. 186-187. L'opinione è stata accettata da Pio Cenci in S. Felicis-
simo, ecc., pp. 7-8, dal Castellucci in La piit antica fonte della vita di S. Rinaldo
nel Numero Unico per il VII centenario di S. Rinaldo, Fabriano 1925, pp. 18-19,
e dal Guerrieri Le Cronache, ecc., pp. 8-12. Su quanto il Guerrieri scrive del Leg-
gendario si possono fare alcune osservazioni:

1. — La testimonianza degli Annales Camaldulenses, t. V, Venezia,
1760, p. 115, sul numero delle leggende, che si dice fossero 52, sembra accetta-
14 D. GINO SIGISMONDI

in appendice al presente capitolo.

3. — Codici di Nocera.

scripta ab eius famulo.

esaminate caso per caso. Esatta é quella di S. Rinaldo.

di immenso vantaggio per l'agiografia umbra medioevale.

di Federico II (cfr. testo e commento piü avanti).

Il Leggendario attende ancora — nonostante i buoni lavori fatti —
riente studio critico che lo ricostruisca nella sua interezza, o, almeno parzial-
mente illumini i punti oscuri e soprattutto ricerchi le sue fonti. Sarebbe opera

rio di S. Francesco sono stati composti o sullo scorcio del sec. xIII o
nei primi decenni del sec. xiv: il Chronicon potrebbe essere stato
composto in un lungo periodo di tempo come farebbe supporre la cao-
tica giustapposizione delle notizie storiche; per il Lezionario si puó
scendere di più, poiché viene ripetuta — sebbene ultima — la « Legenda
B. Angeli solitarj » morto nel 1324. Queste date sono accettate da
quanti hanno studiato criticamente almeno parte dei due codici gual-
desi. Quanto all'autore si conviene nell'attribuzione già fatta nel
sec. xvir al francescano Fra Paolo da Gualdo, che sarebbe vissuto
appunto tra il sec. xiii e xiv nel Convento di S. Francesco di Gualdo.

C) Il Lectionarium di S. Facondino, che gli eruditi del sec. xvII
citano come una delle fonti della vita di S. Rinaldo, non sembra deb-
ba essere ritenuto tale. La questione critica viene trattata a parte

Le fonti nocerine sono nettamente così individualizzate: Vita
S. Raynaldi scripta ab eius famulo asservata ms. Nuceriae (altra de-
nominazione: Acía S. Raynaldi), Codex antiquus ms. in sacrario Ca-
thedralis Nuceriae scriptus a Silvestro Ser Angeli. Questo codice re-
datto dal notaio di Nocera Silvestro di ser Angelo conteneva alcune
grazie e miracoli — più grazie che miracoli — ottenuti per intercessione
di S. Rinaldo negli anni 1414-1415. Il piccolo protocollo notarile é
perduto (€), ma se ne hanno copie varie come appendice alla Vita

bile, perché trova conferma nello Jacobilli (cfr. A, IT, 16, f. 74). Perció le leg-
gende fino ad oggi ritrovate sono poco piü della metà dell'intero leggendario.

2. — È evidente che l'indice dello Jacobilli non è completo: comincia,
tra l’altro, a c. 18 e alcune leggende dovevano essere molto brevi. Difficilmente,
per es., si può sostenere che la leggenda di S. Facondino a c. 92 è identificabile
con quella molto diffusa edita dai Bollandisti in Acta Sanctorum, agosto, t. VI,
p. 471. Le identificazioni del Guerrieri, perché possano essere accettate, vanno

un esau-

.(41) Nocera dopo il mille ha subito almeno tre terribili saccheggi che hanno
distrutto quasi completamente i suoi Archivi. Il primo, che è attestato tra
l’altro, anche dalla Leggenda Nocerina di S. Rinaldo, avvenne nel 1248 al tempo

Il secondo nel primo decennio del sec. xv. Il notaio di Stravignano Pie-
T ae, dts

e —

LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 15

Neppure questa vita che si autodefinisce scritta da un domestico
di S. Rinaldo è reperibile nel suo testo originale, ma rimane comple-
ta in molti codici. L'originale si trovava un tempo nell'Archivio della
Cattedrale, ma era noto anche per numerose copie che devoti di No-
cera ne avevano fatto nei secoli xvi e xvir. In questo senso vanno,
certo, intese le testimonianze del Dorio e dello Jacobilli a proposito
di questa vita.

Ottima conferma si ha nella visita del vescovo Florenzi del 1612:
«Divus Raynaldus, secundum antiquas traditiones quae manu-
scriptae circumferuntur, fuit etc.» (9).

Quando scomparissero dall'Archivio della Cattedrale di Nocera
l'uno e l'altro codice non é dato precisare; non vengono notati nep-
pure nel più antico catalogo dell'Archivio Capitolare che è del 1754.

Probabilmente tale Vita — che chiamerò d'ora in poi a causa della
sua ampiezza Legenda major — faceva parte del Lezionario dei Santi
che, secondo il postillatore della visita Pierbenedetti dell'anno 1592,
esisteva nella Cattedrale.

Di S. Felicissimo annota il postillatore della visita: « De dicto
B. Foelicismo (sic) habetur in quodam libro veteri et lacero in foliis
integris membranis, qui liber caret principio, in quo plures Sanctorum
vitae sunt scriptae et hoc modo asservatur in Sacristia Cathedralis
Ecclesiae in quo de dicto B. Foelicismo sic habetur: XX Julij (29).
S. Foelicissimus Confessor filius Euphimi de Villa Sicciniani Nursiae

rantonio Petrelli rogava i suoi atti a Fabriano invece che a Nocera e attestava:
« Cum Civitas Nucerina fuerit desolata et derrobata ac posita in ruina propter
cuius desolationem ac ruinam quasi omnes contractus et instrumenta perdita
et omissa fuerunt ideo, etc. ».

(Rogiti Petrelli anno 1409, 16 novembre, nell'Archivio notarile di Nocera
A, I, I, f. 18). Si perdette allora quanto s'era salvato dalla distruzione del
1248. Ciò spiega perché nessun documento di Nocera è anteriore al sec. xv,
tolte poche pergamene che generalmente servirono a coprire i protocolli nota-
rili dei secoli seguenti. La terza devastazione si ebbe nel 1501 per opera dei
fuorusciti di Perugia (cfr. Memorie del nocerino Eliseo Albrici nel cod. A, V, 6
f. 605 t. nella biblioteca del Seminario di Foligno). A ragione scrive il Kehr:
« Archivia Nucerina fere interemisse dolemus. Neque enim archivium episcopii
neque archivium canonicorum cathedralis ecclesiae antiquiores chartas pos-
sident: cfr. Gott. Nachr. 1898, p. 356 ». (Kehr Paulus Fredolinus, Italia Ponti-
ficia, Vol. IV, Berlino 1919, p. 51).

(42) Archivio Cancelleria vescovile di Nocera, f. 5 t.

(43) Errore del copista, perché la festa di S. Felicissimo ab immemorabili
si celebra sempre il 15, non il 20 luglio. Il breve cenno biografico incompleto é
tolto dalla Leggenda Nocerina di S. Felicissimo.
16 D. GINO SIGISMONDI

in Monasterio Eutytij litteras discit fugit per montem Augnolam, et
in speluncam quae dicitur Bussetum fugiens, venit ad locum qui
dicitur Politianum, etc. » (4).

Evidentemente qui si parla di un Lezionario dei Santi conservato
nel 1592 nella sagrestia della cattedrale di Nocera, ma si suppone
che non sempre ivi si trovasse. Questo Lezionario Nocerino non è però
da confondersi con quello gualdese di fra Paolo. Il postillatore ignora
il Lezionario di S. Francesco di Gualdo, perché del B. Angelo serive
candidamente: « De quo S.to Angelo habetur quaedam memoria in
quodam libro veteri manuscripto in charta membrana in quo libro
sunt plures orationes et hymni et adest etiam kalendarium » (5), e
del B. Marzio: «de predicto B. Martio nihil invenitur fide dignum
nisi quaedam memoria quae habetur in sopradicto libro manuscripto
in kalendario » (49).

Simili espressioni sono per lo meno inspiegabili se, oltre all Inna-
rio Gualdese, il postillatore avesse conosciuto il Lezionario di fra Paolo
che conteneva le biografie del B. Marzio e del B. Angelo. Indizio certo
anche che neppure il Lezionario della cattedrale di Nocera aveva le
vite dei due beati di Gualdo, differenziandosi cosi dal similare Lezio-
nario del Convento Gualdese di S. Francesco. E senza dubbio a questo
Lezionario Nocerino si riferisce lo Jacobilli quando postilla: Lection
ant. ms. Nuc. (*) e: Lection ant. ms. in Arch. Cath. Nuc. (5) o, ancora
più chiaramente: Lection ant. ms. B. Ranaldi (4). Tale ultima denomi-
nazione fa logicamente supporre che il Lezionario di Nocera, ridotto
in pessime condizioni sulla fine del sec. xvr, contenesse anche la vita
di S. Rinaldo; difficile, peró, accertare se fosse proprio la Legenda
major. Dovrebbe essere questo il vecchio documento della Chiesa di
Nocera su S. Rinaldo che ha visto lo stesso Jacobilli (30).

(44) Archivio Cancelleria vescovile di Nocera. Visita Pierbenedetti 1592-
T5935 f. 17t.

(45) Questo importante codice che appartenne un tempo alla Abbazia di
S. Benedetto ed è ora conservato nell’ Archivio Capitolare di Gualdo, è stato
studiato critieamente da R. Casimiri: Un codice liturgico gualdese del sec. XIII,
Perugia, Unione Tipografica Cooperativa, 1921. È un estratto dell Archivio
per la Storia Ecclesiastica dell’ Umbria, Vol. V, 1921, fasc. 1.

(46) Archivio Cancelleria vescovile di Nocera, visita Pierbenedetti 1592-
1593, f; 61 e t. 80 t.

(47) Di Nocera, ecc., p. 28.

(48) Vita di S. Felicissimo, in Vite dei Santi, ecc., II, p. 36. ©

(49) Di Nocera, ecc., pp. 75, 77, 89.
(50) Biblioteca Seminario di Foligno. Codice, A, II, 16, f. 90.
mme

LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 17

Raccogliendo le diverse documentazioni di fonti si puó senz'altro
concludere che nel sec. xvii della vita di S. Rinaldo esistevano tre
tipi alquanto diversi che saranno chiamati nel presente studio critico:
1) Legenda minima contenuta nel Chronicon Gualdense. 2) Legenda
minor contenuta nel Leggendario di Santi di fra Paolo nel Convento
di S. Francesco di Gualdo. 3) Legenda major contenuta nell’ Archivio
della Cattedrale di Nocera.

Perduti gli originali di tutte tre le fonti, la triplice Legenda 6 re-
peribile oggi nelle copie che di quei codici ancora rimangono.

Appendice
IL LECTIONARIUM DI S. FACONDINO

Il Lectionarium di S. Facondino narra la vita del santo vescovo
tadinate vissuto, secondo la tradizione, sulla fine del sec. vr, ma ha
anche notizie di storia generale e particolare di Tadino, di Gualdo,
di Nocera, Usenti e Rosella, sullo sfondo della desolazione apportata
dalle invasioni barbariche nei secoli anteriori al mille.

A. differenza del Chronicon il Lezionario di S. Facondino si pre-
senta come opera abbastanza armonica e completa, sebbene affiori di
tanto in tanto la frammentarietà di elementi diversi mal fusi insieme.
L'autore del Lezionario è ignoto, ma, certo, è anteriore al minorita
fra Paolo: l'anonimo compilatore è indubbiamente del sec. xri, per-
ché il cod. vat. 7853 è riferibile, per i caratteri paleografici, alla fine
del ‘200 o poco più.

Gli eruditi del sec. xvrr sono unanimi nel dare anche il Leziona-
rio di S. Facondino come una delle fonti della vita di S. Rinaldo. In-
vece la lettura dell’intero codice nelle sue opere e, più, nel suo originale,
che si ritiene il cod. vat. 7853, non rivela neppure un accenno a S. Ri-
naldo. Tale. constatazione negativa sorprende. Siccome un errore
sostanziale da parte del Dorio e dello Jacobilli non sembra probabile,
almeno nel senso più assoluto, bisogna trovare qualche ipotesi che
spieghi sufficientemente il fatto. Si potrebbe, tra l’altro, supporre
che il cod. vat. 7853 non sia proprio l’originale del Lezionario di S. Fa-

condino, e qualche leggero indizio, a tener presenti le note marginali

degli storici secenteschi, si potrebbe anche trovare: per esempio il
codice di cui sopra non ha affatto divisione di capitoli, mentre ad essi
si riferiscono, come s'é visto, il Dorio e lo Jacobilli. Ci sono, sì, ogni
tanto delle rubriche, ma senza alcuna specificazione numerica. Il
cod. vat. 7853 non sarebbe perciò l’originale del Lezionario di S. Fa-
dr ar CES i CIS "mas UR SENE 3 2388 ut [OR E:

ame SS

18 D. GINO SIGISMONDI

condino ma la copia più antica di esso, la cui compilazione dovrebbe
riportarsi al massimo alla seconda metà del sec. xit (1).

È evidente che allora non avrebbe potuto affatto parlare di S. Ri-
naldo.

Altra ipotesi più radicale è questa: è proprio necessario ammet-
tere presso il pievano della antichissima chiesa di S. Facondino —
senza dubbio la più importante della zona di Gualdo — e che doveva
avere anche una ricca dote di manoscritti, come è facilmente dimo-
strabile perfino dai tardivi inventari secenteschi e settecenteschi delle
visite pastorali, l’esistenza di questo famoso Lezionario soltanto, o
non piuttosto anche di qualche codice di memorie storiche — una spe-
cie di Chronicon insomma — ma non una copia pura e semplice di quello
di S. Francesco — scomparso del tutto, oggi, ma assorbito e incorpo-
rato, in gran parte, nel Chronicon Gualdense di fra Paolo ?

Sono buoni sintomi i seguenti dati di fatto. I passi del Lezionario
che secondo il Dorio e lo Jacobilli parlerebbero di S. Rinaldo non si

. trovano attualmente nel noto Lezionario di S. Facondino, ma tutti,

nessuno escluso, nel Chronicon di fra Paolo. Perché, d'altra parte,
l'ambigua denominazione dello Jacobilli: « Croniche di Gualdo dette
di S. Facondino » (2), « Croniche antiche manoscritte di S. Facon-
dino » (3). ? Un'ipotesi questa che, certo, può avere le sue ragioni pro
e contro. Non c'insisto di più: basta averla accennata.

Altra probabile spiegazione è che gli eruditi secenteschi abbiano
un po' confuso tra loro i tre codici gualdesi. E certo, per esempio che
la documentazione del Dorio sulla discendenza e sulla vita eremitica
gualdese di S. Rinaldo (4) sebbene si dica tratta dal « Lezionario antico
di Gualdo... appo il Piovano di S. Facondino » e dalle « Lettioni
antiche di Gualdo in mano del Piovano di S. Facondino », é tolta,
invece, dal Chronicon.

Cosi si dica dello Jacobilli (5): la discendenza di S. Rinaldo non

(1) L’esame interno del codice vat. 7853 suppone molto recente la rico-
struzione di Gualdo, che risale almeno oltre il 1155. In quest’anno infatti, so-
stò a Gualdo l’imperatore Federico I Barbarossa. (GUERRIERI, R., Storia civile
ed ecclesiastica di Gualdo Tadino. Gubbio, Oderisi 1933, p. 32). Nel Lezionario
(cod. vat. 7853, f. 32 t) si legge: « In novissimis vero temporibus... Deus...
novum castrum Gualdum, procreavit... ex vetustissima matre Tadinato iam
diu consumpta et mortua ».

(2) Codice A, II, 16, f. 74.

(3) Codice A, II, 16, f. 79.

(4). Godice C; VIII, 11, f. 20t e C; IV, 6 f. 79:

(5) Codice A, II, 16, f. 97.
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 19

sì trova «in membraneis antiquis sive lettionariis ms. penes Pleba-
num S. Facundini » ma nel Chronicon. C'é stata in questi scrittori un
po' di confusione nel determinare da quale di questi codici gualdesi
attingevano le proprie notizie. Quando, per citare ancora un esempio,
lo Jacobilli asserisce che la vita di S. Rinaldo si trova nel Chronicon
e nel Lezionario dei Santi del Convento di S. Francesco di Gualdo si
esprime, con frase, almeno almeno, equivoca: «nelle dette Croniche
(di Gualdo) cioè nel libro di vite di 52 Santi, ecc. » (9).

Le eventuali indicazioni di capitoli e pagine, anche a volerle ac-
cettare per genuine, mentre consta aliunde la loro non perfetta atten-
dibilità, vanno perciò riferite, il più delle volte, all’uno o all’altro
dei tre codici gualdesi. E sarebbe fatica quasi vana mettersi su queste
tenui orme alla ricerca di quale codice propriamente si tratti.

Questa imprecisione e fluttuazione di fonti citate si nota un po’
dappertutto: quando, per esempio lo Jacobilli nella vita di S. Rinaldo
nel primo volume dei Santi e Beati dell’ Umbria, p. 220, narra che il
santo, trovandosi a pranzo con un principe dette il suo bicchiere ad
un sacerdote prima che al principe — si vedrà in seguito quale conto
bisogna fare di questo e simili episodi — ai margini nota « Lection.
ant. ms. Gualdi » mentre l'episodio deriva sicuramente dall'ampia
Legenda nocerina e non dal sobrio Lezionario di fra Paolo (?).

Altri esempi tipici, sebbene d’altro genere: che significato dare
alla nota « Lection. ant. ms. Nuc. Gualdi ed alibi» (8) se lo stesso
Jacobilli sa che due soli sono i lezionari che parlano di S. Rinaldo,
quello di Gualdo e quello di Nocera ? E non è evidentemente errata
questa postilla marginale: « Vita S. Rinaldi Episcopi ant. ms. in Ec-
clesia S. Facundini Nuceriae » ? (9).

Questi e simili errori di specificazione (non, si badi bene, di so--
stanza) piü, forse, delle altre ipotesi già fatte, possono dare una
spiegazione sufficiente, se non proprio esauriente, del perché il Le-
zionario di S. Facondino non é una fonte della vita di S. Rinaldo,
come farebbero supporre il Dorio e lo Jacobilli.

(6) Codice A, II, 16, f. 74.

(7) Per queste ragioni non sembra abbia una sufficiente base critica la
ricostruzione che fa il Cenci-dai vari codici della Leggenda di S. Felicissimo,
unicamente esaminando e confrontando le annotazioni marginali dello Jaco-
billi (Pro CENCI, op. cit., pp. 2-8).

(8) JAcoBILLI, Di Nocera, ecc., p. 28.

(9) JAcoBILLI, Vite de’ Santi, ecc., p. 112.

pi »—*e ) VENDUE
20 i “UD. GINO SIGISMONDI

-. CaPrrOLO II

LA LEGENDA MINIMA

Nel Chronicon Gualdense si parla sporadicamente di S. Rinaldo
quattro volte e gli accenni che.si hanno si possono così raggruppare:
a) una breve epitome della sua vita: un brano;
b) la sua genealogia schematica: due brani identici;
c) la sua vita eremitica nei monti di Gualdo: un brano.
I codici — copie complete o soltanto parziali del Chronicon — che
riportano tutti questi brani o solo alcuni sono i seguenti:

1) Codice della Biblioteca Vaticana, Fondo Ottoboniano cod.
- lat. 2666.

E un codice cartaceo della fine del ’500, la cui numerazione an-
tica comprende 84 fogli e quella recente fogli 43. Da f. 47 a f. 76 è
| molto rovinato: quasi illeggibile.
Parla di S. Rinaldo a f. 77 (vita brevissima), f. 73 (genealogia),
f. 53 (vita eremitica) (?). Sigla: O.

2) Codice della Biblioteca del Seminario di Foligno A-VI-6.

Cartaceo del sec. xvir. Autografo del Dorio. Il Chronicon si trova
copiato intero da f. 1 a f. 74. Il codice completo comprende f. 660
(antica numerazione) e misura mm 280 x 200.

. i codice appartenne allo Jacobilli che postillò il Chronicon ai
margini e lo divise in capitoli. Di tanto in tanto si trovano dei numeri
marginali posti dal Dorio: indicano i fogli del perduto codice originale
in pergamena nel Convento di S. Francesco di Gualdo.

Si parla di S. Rinaldo a f. 69 t (vita brevissima), f. 66 e f. 52 t
(genealogia), f. 51 (vita eremitica). Tali pagine hanno la numerazione
marginale, rispettivamente: 23, 20, 17. Ottima conferma che il Dorio
ha copiato direttamente dal testo originale del Chronicon. Da questo
manoscritto del Dorio derivano, più o meno, i codici della biblioteca
del Seminario di Foligno indicati più avanti: pochissime e trascurabili
sono le varianti. Sigla: D.

(1) Sono errate le indicazioni di ff. 52, 53, 57 che trae dall’Ottoboniano
per S. Rinaldo, il CAstELLUCCI, in S. Rinaldo Vescovo di Nocera, p. 5 del
Numero Unico per il VII Centenario, ecc.

— 297

r
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 21
3) Codice della Biblioteca Vaticana, Fondo Chigiano, G-V1-157.

È un codice cartaceo miscellaneo di 230 fogli, del sec. xvir, con il
titolo dorsale generico: Historia Conradi et Manfredi et alia. Verso la
fine ci sono alcuni brani copiati dal Chronicon Gualdense, non però
dall’originale del convento di S. Francesco, ma da un esemplare con-
servato nell'abbazia di S. Benedetto di Gualdo. Si legge infatti a f. 208:
« Chronicon Gualdense in quo habetur de situ et destructione civitatis
Tadinatis. Transumptum ex exemplari quod exstat in Abbatia Sancti
Benedicti oppidi Gualdi». Il codice chigiano contiene soltanto la
vita brevissima di S. Rinaldo a f. 215 sotto un paragrafo che porta
il seguente titolo: « Quae castella et arces et Domini et Ecclesiae con-
.structa sunt in regione Tadinati destructi ». Codice importante, ma
spesso scorretto. Sigla: G. | ;

4) Codice Latino 3903 della Biblioteca Vaticana.

E un codice miscellaneo autografo del vescovo di Nocera Angelo
Colosio (1538-1545). Così si legge nel f. 1: « Schedae autographae Ang.:
Colotii Epi. Nucer ». L'importanza di questo codice è molto più grande
di quella che sembra gli attribuisca il Guerrieri (?), perché il vescovo
Colosio ha copiato direttamente dagli originali gualdesi. Senza dire
che rappresenta la più antica copia di alcuni estratti di quei codici;
le altre sono, al massimo, della fine del sec. xvi, mentre questa è an-
teriore almeno di un mezzo secolo. In questo codice del Colosio è ri-
portato il brano del Chronicon della vita brevissima di S. Rinaldo
a f. 276. Sigla: C.

9) Codice della Biblioteca del Seminario di Foligno C-III-12.

È del sec. xvi, misura mm 140 x 200. Autografo dello Jaco-
billi. È una copia quasi completa del Chronicon. Anche in questo
codice sono trascritti dallo Jacobilli i numeri dei corrispondenti fogli
dell'originale oggi smarrito. Il codice non è cartolato. Sono riportati
qua e là tutti i brani su S. Rinaldo, ma non nel loro testo completo.
Sigla: J.

(2) GUERRIERI, Le cronache e le agiografie Francescane, ecc., pp. 26-27.
Nel cod. vat. 3903 sono copiati brani di tutti e tre i codici gualdesi: Per i santi
del Leggendario sono scritti in alto dei numeri che corrispondono perfettamente
alle rispettive indicazioni che dà lo Jacobilli: per S. Rinaldo 96. Conferma,
certo, ottima all'indice dell'erudito folignate. : i

rogna ) s.m I
22 D. GINO SIGISMONDI

6) Codice della Biblioteca del Seminario di Foligno A-II-16.

Cartolato di f. 139, misura mm 140 x 200, del sec. xvir. Auto-
grafo dello Jacobilli. A f. 74 é riportato frammentariamente il brano
della vita brevissima di S. Rinaldo — in parte fuso con la testimonianza
sulla sua vita eremitica — con questa importante didascalia: « nelle
dette Croniche ms. (di Gualdo) appresso il detto Morroni et in Roma (?)
si legge a c. 17 et a c. 23: iuxta flumina, etc. ». Sigla: J bis.

7) Codice della Biblioteca del Seminario di Foligno C-VIII-11.

È del sec. xvii manoscritto del Dorio. Ha il titolo: Historia di
Nocera con il Catalogo dei Vescovi.

A f. 29 t. si legge il brano sulla genealogia di S. Rinaldo. Sigla:
D bis.

8) Codice della Biblioteca del Seminario di Foligno C-IV-6.

Cartaceo parte del sec. xvi e parte del sec. xvir, misura mm 150 x
210. C'é il brano a f. 79 t-80 sulla vita eremitica di S. Rinaldo copiato
dal Dorio, il quale lo dice tratto, con espressioni abbastanza impro-
prie, dal « Lectionario antico di Gualdo... appo il Pievano di S. Fa-
cundino nel capo 61 f. 60 ». Sigla: M.

Riassumendo e schematizzando si ha il seguente prospetto:

T) Vita minima in:

Codice Vaticano Ottoboniano 2666 (= O)f. 77

Codice Vaticano Latino 3903 (— 0) 270

Codice Vaticano Chigiano G-VI-157 X (= G) f. 215

Codice Biblioteca Seminario di Foligno A-VI-6 (= D) f. 69t
» » rt) » A-II-16 (= Jbis) f. 74t

» » » » » C-III-12 Es J) non car-
| tolato, verso la metà

(3) Si tratta, pare, del codice vaticano 3903. Lo Jacobilli accenna piü
volte nelle sue stampe e nei suoi manoscritti all'esistenza di questo codice.
Ctr. Vita dei Santi, ecc., t. II, p. 147, p. 201. Lo nomina espressamente nel
t. III delle Vite, ecc, p. 323: « Chronicon Si in Biblioteca Vaticana sub
n. 3903 ».

9 PE 7 ba k X2 an. vi e RAS i bas i e DA AMI CN I
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 23

II) Genealogia sommaria in:

Codice Vaticano Ottoboniano 2666 (— 0) 1.73
Codice Biblioteca Seminario di Foligno A-VI-6 (— D) f. 66
e 1:52
» » »2 5» » C-VIII-11 (— D bis) f. 29t
» » 3 0» » C-III-12 (= J) non car-
tolato

III) Vita eremitica in:

Codice Vaticano Ottoboniano 2666 (= O) ff. 52-53
Codice Biblioteca Seminario di Foligno A-VI-6 (= D) f. 51
» » » » » C-IV-6 (— M) te Ti 9 t

» 05:55 » » » C-III-12 (> J) non car-
tolato

La vita minima del Chronicon, buona sotto l'aspetto critico, è
questa:

Vidimus etiam in eadem regione Nucerini Comitatus, qui fuerat * olim
Tadinati, filios nobilium comitum? et militum mundum reliquisse et cle-
ricatus officium et religionis habitum adsumspisse ? qui * et ad sublimitatem
prelationis adsumpti * fuerunt et Pastores * animarum et populorum effecti,
Episcopi strenue * (4) Ecclesias gubernaverunt, inter quos praecipuus exti-
tit* Sanctus vir Episcopus? Raynaldus?? qui de stirpe Vichi! processe-
rat ? de Pustiniano ?, Et hic 14 quidem in Sacro !* Monasterio S. Crucis fon-
tis Avellanae Monachus verus !* et perfectus esixtens, divina providentia
factus postea Episcopus Nucerinus, humilem Christum Pastorem bonum
humiliter et devote?" imitatus !* fuit!*, animas sibi commissas vero ? (5)
exemplo gubernans, Beatum Facondinum antiquum predecessorem ® suum,
qui in eodem episcopatu regionis eiusdem praefuerat antiquitus ??, veraciter
sequens, migravit in pace et multis claruit ** signis.

! Fuerant G; ? comitatum G; ? asumfisse G; * omittit O; * asumpti G; * Pastore GO;
* strenui GO; omittit C; ? omittit J; 1° Rainaldus G; ! Vicci G J; Vicchi D; * processit D;
33 Pusteniano O J; Pustignano D. J.; 1 sic G; !5 Sancto G; 16 vero G; 1” e. d. omittit O;
18 incitatus G; 1° addit: et devote O; ?? verbo et: G; ?'! percessorem G; ?? antiquius G;
?3 addit in G.

(4) E buona anche la lezione « strenui » di G. O.; é preferibile, peró quella
degli altri codici.

(5) Si potrebbe anche leggere con G « verbo et exemplo » se il testo del co-
dice Chigiano non fosse troppo difettoso.

aes Fl : A ve ) feci LS m - : rm. ere
PIE CS o. e AP INA MANS

24 ; D. GINO SIGISMONDI

La genealogia di S. Rinaldo può essere così ricostruita:

Tres vero fratres germani! de Alemania venientes? scilicet Vichus ?,
Offredus et Lupus fratres * (6) Camerinum Fulgineum et Nuceriam posse-
derunt. De Vicho 5 descenderunt multi qui dicuntur filii Vichi *; de Offredo,
nati sunt Domini? de Aveano et de Vasculis* (7); de Lupo ? nati sunt plu-
res de quibus dominus ? Raynaldus Neapoleonis processit qui supra Fulgi-
neum et Mevaneam possessiones habuerunt.

1 addit comites D bis; ? venerant J; ? Vicus DJ; Vicchus O; *addit qui ab imperato-
ribus privilegiati plures possessiones in planitiis occupaverunt J; * Vicchio O; Vico D;
6 Vicchi O; Vicci D; * Dominus O; 8 Ranchis O; ? descenderunt antecessores domini Ray-
naldi Neapolionis J. Testo, anche qui a senso; !? beatus D bis.

Per la vita eremitica si ha il seguente testo accettabile critica-
mente: . |

In utraque vero parte Appenninorum montium a nobilibus et fidelibus
viris popularibus in vallibus et in silvis iuxta flumina aquarum perspicua
constructa sunt heremitoria et loca devota! ubi boni monachi et heremi-
tae? solitarij Deo fideliter serviunt * (8), inter quos praecipuus Sanctus vir
Raynaldus vitam heremitoriam* tenuit perfecte et eius adhuc cella permanet.

1geserta M; ? omittit J; ? serviverunt O; * heremiticam J.

*ockok

Il valore storico di questi passi dipende — é evidente — dalla sto-
ricità stessa dell'intero Chronicon. Uno studio in questo senso non é
stato ancora fatto, ma i futuri critici dovranno, senz'altro, convenire
nel dare al Chronicon Gualdense una verità storica abbastanza com-
plessa e varia. C'é una diffusa tendenza oggi a considerare un po'
come sospette tutte le cronache locali: la visione particolaristica e —
più ancora — il naturale amore del « natio loco » falsano e svisano tal-
volta, anche inconsciamente, i fatti. Si sono scoperte alterazioni e
falsificazioni persino in cronache che si credevano fuori di ogni so-
spetto.

Anche sul valore storico del Chronicon non sono mancati quelli

(6) Il testo di.J a questo punto mi sembra che riproduca l'originale nel
suo senso logico non ad litteram. Perció non l'ho accettato.

(7) Errata senza dubbio è la lezione di 0.

(8) Buona anche la lezione dell'Ottoboniano — serviverunt — ma preferi-
bile l'altra perché, oltre ad essere attestata da più codici, risponde ai dati sto-
rici: negli anni in cui veniva compilato il Chronicon la vita eremitica nei monti
di Gualdo ancora era in vigore. i
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 25

che hanno gettato l'ombra della diffidenza (9). Si è creduto — e si crede
ancora da qualcuno — che anche il Chronicon sia stato alterato, in-
terpolato, manomesso insomma, dal celebre falsario umbro, specia-
lista in simile materia, il mevanate Alfonso Ceccarelli finito appunto
per questo suo delitto tragicamente nel 1580. Ma è proprio questa
supposizione che non regge: bisognerebbe ammettere che il Ceccarelli
abbia falsificato — nientedimeno ! — il codice originale scritto in ca-
ratteri paleografici del sec. xiv e ciò nel convento di S. Francesco di
Gualdo, perché — si noti bene — gli eruditi secenteschi Jacobilli, Dorio,
Armanni hanno sotto gli occhi questo originale codice pergamenaceo
autografo di fra Paolo, non qualche copia più o meno manipolata dal
medico-storico falsario.

Non é ammissibile, quindi, la tesi della falsificazione del Chroni-
con tanto meno poi quella della sua assoluta falsità storica.

Dunque tutto ciò che nel Chronicon viene raccontato è verità
pura e semplice ? Neppure questo. Sarebbe un assurdo storico il pen-
sarlo soltanto. I criterii storiografici del sec. xtv erano ben diversi da
quelli attuali: i compilatori di cronache, allora, accettavano un po'
tutto ció che trovavano. Il senso critico era appena appena incipiente.
Fra Paolo è né più né meno che un cronista tra costoro e come costoro.

Ció premesso, la storicità del Chronicon mi sembra vada impo-
stata fondamentalmente cosi: é chiaro che il Chronicon dipende da
fonti preesistenti: di esse vengono espressamente ricordate: Cronaca
dei Signori di Brunforte (1°) (f. 28 e f. 60 dell'Ottoboniano), e libro di
alcuni Nobili Nocerini (p. 62 dell'Ottoboniano). Altre sono facilmen-

(9) Nel sec. xvii espressero dubbi Guido Grandi, il Sarti, il Mengozzi;
recentemente ha riaffacciato quei dubbi il Fumi. (Cfr. Guerrieri: Cronache, ecc.,
p. 15). Giustissima l'osservazione del Guerrieri che tanto il Grandi quanto il
Sarti e il Mengozzi abbiamo dubitato piü che altro per ragioni polemiche con-
tro il card. Stefano Borgia che s'era servito del Chronicon attribuendogli grande
valore.

(10) Qualcuno ha supposto che questa eronaca dei Brunforte non sia mai
esistita se non nella fantasia di fra Paolo, che l'avrebbe escogitata per accredi-
tare il Chronicon: una poco innocente frode storica, insomma.

Questa opinione non sembra sostenibile, come ben dimostra il Guerrieri
(Cronache, ecc., p. 16). Si puó aggiungere che parte della cronaca dei Brunforte
si trova anche fuori del Chronicon Gualdense. Tra i manoscritti della Biblioteca
Piervissani di Nocera c'é il seguente appunto: « Haec omnia desumpta fuerunt
ex libro cuiusdam principis Genuae cum ombelicis argenteis aureatis et auro
miniatus, qui mihi ostensus fuit, et facta copia extraendi quae volui, et extraxi
ea quae spectant ad finitimas Urbes et Oppida et eorum familias nobiles ac
eorum origines. In Gualdo Oppido Umbriae constructo ex ruinis Civitatis
26 D. GINO SIGISMONDI

te individuabili nel patrimonie culturale storico del medioevo, quali
le storie di Orosio e le opere di S. Gregorio. Per questi brani —
e sono la maggior parte — fra Paolo è un semplice copista; certo, non
più di un mediocre collezionista di vecchi testi se sono ancora tanto
male uniti insieme e così poco abilmente amalgamati tra loro. La sto-
ricità di questi passi è la storicità stessa delle fonti da cui derivano.
La loro verità o falsità, direi oggettiva, non muta per il semplice
fatto che vengono trascritti nel Chronicon, ma rimane perfettamente
come era. prima. Il giudizio personale del cronista gualdese che le
crede degne di fede interessa — se mai — la mentalità critica degli eru-
diti del '300; non può in alcun modo alterare il valore che quelle fonti
hanno in sé stesse.

Un'assoluta e totale storicità del Chronicon, per queste ragioni,
mi sembra insostenibile.

Sarebbe, però, grave errore considerare e trattare il Chronicon
come un centone di passi storici attinti a fonti varie e messi insieme
alla meno peggio. È anche questo — forse principalmente questo —
ma non soltanto questo. Fra Paolo ci ha messo qualche cosa di suo:
é copista poco abile, ma é anche scrittore. Non c'era nessun bisogno
di attingere altrove, per esempio i fatti a lui contemporanei o poco a

Tadinensis, ut legitur in Cronicis Dominorum de Brunforte fuit (sic) nobiles
familiae infrascriptae, etc...

...Et in eisdem Cronicis dominorum de Brunforte apud Octonem ter-
tium imperatorem multum honorati fuerunt tres viri nobiles de Alemania
scilicet Vicus Offredus et Arnulfus, etc. ».

Ancora. Nell'appendice del manoscritto della stessa Biblioteca Piervis-
sani Legenda del Beato Ranaldo, vescovo di Nocera, dove sono. raccolti quelli
che potrebbero intitolarsi Memorabilia Nuceriae tre volte viene citata la cro-
naca dei Brunforte cosi: « In libro Dominorum de Brunforte habetur quod
Nuceria tempore Julij Caesaris usque ad novissima tempora pluries fuit capta,
destructa et restaurata » (f. 75 t).

« In libro Dominorum de Brunforte legitur quod quidam nobilis de curia
Imperatoris accepit in domum Arcem Nucerinam cum adiacentibus campis
a Thadinatibus et eam ampliavit et reedificavit et construxit ibi Ecclesiam
ubi Divino cultu Deus adorabatur et haec nunc Sanctae Mariae Veteris no-

. men retinet. Fuit hoc tempore Constantini Magni, qui dono dedit Italiam
Sancto Pontifici Sylvestro (!) » (f. 76).

« In libro Dominorum De Brunforte haec habentur de Nucerino Balneo:
in convallibus Montium Appennini supra Nuceriam scaturiuntur plures indi-
ficientes venae aquarum lympidarum et frigidarum, quae virtuose curant non-
nullos morbos » (f. 77 t). x

Le citazioni, interessanti anche per altri motivi, dimostrano senz'altro
l'esistenza della cronaca dei Brunforte.

ae SER XS m EVER DEEI LIO SO

Cu
uo

LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 27

lui anteriori; ne poteva avere lui stesso un'informazione diretta o,
almeno, indiretta. Possibile che fra Paolo, diligente ed appassionato
raccoglitore di vecchie memorie storiche ed agiografiche non abbia
da parte sua cercato anche di conoscere bene cose ed uomini dei suoi
tempi? Anche il presente immediato o il passato ancora recente ve-
niva messo accanto a quello sciagurato remoto passato sulla perga-
mena da tramandarsi ai posteri. Non si puó pensare diversamente.

Per queste sezioni il Chronicon ha, evidentemente, una sicura
storicità.

A queste sezioni appartengono i brani relativi a S. Rinaldo. S. Ri-
naldo doveva essere ben noto al cronista francescano. Non si trattava
di un semplice monaco, sconosciuto agli uomini, noto solo a Dio ne-
l'austerità della sua vita eremitica; era stato S. Rinaldo il vescovo
della diocesi, cui dal 1007 apparteneva anche Gualdo, l'unico vescovo
santo dopo S. Facondino. Anche se il suo ministero episcopale era
durato tanto poco se ne era, certo, trasmessa l'eco. E fra Paolo che
ben conosceva le vicende della vicina Nocera, come dimostra il suo
Chronicon, non poteva ignorare la santa vita del vescovo Rinaldo,
un discendente di quei superbi conti della zona a lui noti.

C'è di più. Si osservi il brevissimo schizzo biografico del Chronicon.
È il curriculum vitae, nelle sue linee essenziali, senza neppure l’ombra
di esaltazione indiscreta o di amplificazione retorica. Si parla di no-
bili che hanno lasciato il mondo per servire Dio nella vita religiosa e
clericale e che, elevati alla dignità episcopale, hanno valorosamente
governato le chiese di Dio, quasi con la stessa energia con cui i loro
avi guerrieri avevano dominato le città umbre, e si cita tra gli altri —
si noti: uno tra tutti, come il più conosciuto, certo il più rappresen-
tativo — il vescovo S. Rinaldo. Né stona in un cronista gualdese il
ricordo del vescovo tadinate S. Facondino: tradisce, anzi, quasi l’an-
sia di un parallelismo agiografico.

Nessun ipercritico, per quanto mal disposto verso il Chronicon,
‘può sospettare l’inverosomiglianza di questi appunti storici.

Questo stesso senso di misura e di armoniosa coerenza con il re-
sto si riscontra nella genealogia.

Le genealogie sono le pericopi più incriminate delle Cronache. È
noto che la vanità delle famiglie nobili andava cercando i propri lon-
tani avi gloriosi quasi per proiettare sul grigio ed incolore presente lo
splendore del remotissimo passato. Ed era facile trovare qualche avido
storico senza scrupoli — tipo Ceccarelli — che accreditasse la storicità
di quei nomi altisonanti. Neanche l'esile traccia di ciò nella genealogia
28 D. GINO :SIGISMONDI

di S. Rinaldo. Si parla, si, dei conti tedeschi che ebbero il dominio
di alcune città della regione e furono i capostipiti dei signorotti dei
muniti castelli medioevali, ma si tratta di uomini ben noti anche da
altre fonti coeve ed anteriori. Che si falsificasse qualche secondario
ed oscuro ramo genealogico è possibile, ma non è ammissibile un'adul-
terazione delle grandi branche. Nulla di più naturale che fra Paolo
abbia notato come da uno di essi é disceso S. Rinaldo.

Più limpida ancora criticamente è la testimonianza sulla vita
eremitica. Che il Serra Santa fosse tutto un eremitorio è un fatto ben
documentato. Perfino il nome ne è conferma. Tra questi eremiti —
nota fra Paolo — visse S. Rinaldo con ogni perfezione. Il ricordo si
colora anche di più: esiste ancora la sua cella. Come sospettare di
questa notizia ?

E tutti questi accenni — da notarsi proprio bene — sono appena
accenni e nulla più. Si parla di S. Rinaldo non di proposito, ma perché
se ne ha l'occasione; il suo ricordo assume sempre il carattere di esem-
plificazione. Bastava, allora, un richiamo, tanto era ben nota la sua
austera figura di santo pastore.

Gran danno che fra Paolo, il quale deriva le sue notizie dalla
generazione successiva a quella di S. Rinaldo, non si sia diffuso di
più! È questo, però, la conferma migliore dell'assoluta storicità di
quel poco che narra, senza neppure calcare o ampliare enfaticamente
le linee dello scarno profilo agiografico.

ER Yo A4 64. gr. DEÉE IO LE XE) Judge SER
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 29

CaAPrTOLO III

LA LEGENDA MINOR

Quella che ho chiamato Legenda minor B. Raynaldi, un po’ più
diffusa — ma di poco — della brevissima, si trova oggi in quattro codici.
Ordinati cronologicamente, sono i seguenti:

1) Biblioteca Vaticana : Codice Latino 3903. È lo zibaldone del
vescovo nocerino Colocci poco anteriore alla metà del sec. xvi. Tra gli
altri brani storici copiati qua e là dai codici gualdesi c’è anche una pa-
gina, f. 267, in cui viene ripetuta questa vita breve di S. Rinaldo.
In alto c’è segnato un numero: 96. Analogamente ed altri segnati in
altre pagine per altre leggende (!) indica il foglio del codice originale
da cui il Colosio trascrisse il brano relativo a S. Rinaldo.

Il testo, però, che questo codice dà è un po’ difettoso; forse non si
tratta di una trascrizione integrale parola per parola quanto, piut-
tosto, di una copia sommaria della primitiva Legenda. È sempre,
comunque un ottimo testo almeno di orientamento e riferimento.
Sigla: C. PEU

2) Biblioteca del Seminario di Foligno: Ms. A, II, 1. .

È un codice cartaceo del sec. xvir, in massima parte autografo
dello Jacobilli. Misura mm 140 x 200. La Legenda minor trascritta
dallo Jacobilli si legge a f. 69 t-70. Ha questa didascalia iniziale:
«De S. Raynaldo Nucerino 9 Februarij ex supradicto Lectionario ad
D^3973(Sic:) »;

Il lezionario sullo stesso foglio 69 t, a proposito della Legenda di
S. Ansovino, è così specificato: « In Lectionario antiquo ms. in Con-
ventu S. Francisci Gualdensis ». Senza dubbio, dunque, lo Jacobilli
trascrive dall'originale, sebbene l'impaginazione sia leggermente
erronea: deve essere 96 invece di 97.

Ne é conferma l'indice che del Leggendario Gualdese dà lo stesso
Jacobilli, nel cod. A, II, 1 f. 178 dove annota: «Santi dell'Umbria,

(1). Cosi, per esempio nel codice del Colocci le rispettive indicazioni mar-
ginali delle Legendae riportate di S. Ansuinus (18), S. Vicinus (18), S. Severinus
(20) Valentinus episcopus (37), S. Victorinus (53), S. Crispolitus (55), S. Mar-
lius (97) concordano perfettamente con le indicazioni delle carte del Leggendario
dei Santi tramandate dallo Jacobilli (Cod. A, II, 1, f. 178 Biblioteca del Semi-
nario, Foligno).

sa Tn ) omo 4 - o IU aU
30 D. GINO SIGISMONDI

le Vite de’ quali si trovano in lezioni latine in un antico libro
manoscritto, coperto di tavole, conservato nella terra di Gualdo di
Nocera, nel Convento di S. Francesco... S. Rinaldo Vescovo di No-
cera c. 96 lez. 1 ».

Buon testo questo dello Jacobilli. Sigla: J.

3) Archivio Storico Comunale di Gubbio, Fondo Armanni,
Ms. II, C, 28. Autografo dell'erudito eugubino Armanni, Codice car-
taceo del sec. xvir, misura mm 300 x 220. Nota bene il Mazzatinti (?):
« Leggende dei Santi eugubini; copia d'antico Leggendario » peró va
integrato con quanto scrive dello stesso codice il Cenci (3), il quale
giustamente osserva che ci sono nel manoscritto eugubino tre gruppi
di leggende:

a) Il calendario della Chiesa eugubina copiato da un leziona-
rio del sec. xiv spettante alla cattedrale di Gubbio, e le vite di molti
santi della stessa città (ff. 1-67).

b) Quelle di Tadino (ff. 68-135).

c) Quelle di Nocera (ff. 134-136). Si puó aggiungere che seguo-
no altre leggende di santi né nocerini né tadinati — c'é, peró, una vita
brevissima di S. Facondino: che sia questa la primitiva ? — e che, tolte
le leggende del Kalendarium Eugubinum sono più o meno, a giudizio
degli studiosi, tratte dal Leggendario Gualdese di fra Paolo. Questa
derivazione perla Legenda di S. Rinaldo è sicura. Essa si trova a ff. 134-
134 t cosi intitolata:

«De Sancto Rainaldo episcopo Nucerino ».
Ottimo questo codice di Gubbio. Sigla: B.

4) Biblioteca Alessandrina di Roma : Ms. 91. Del grosso volu-
me cartaceo in cui furono raccolti sul finire del sec. xvir o princi-
pio del xvii dall’Abate benedettino, Costanzo Gaetani, col titolo
Vite dei Santi varie leggende in tre volumi di complessivi 938 fogli,
interessa il terzo volume (ff. 612-938). La Legenda minor di S. Rinaldo
si trova a f. 628 t-629. Si legge sopra: « S. Raynaldo episcopo nu-
cerino ex ms. codice Gualdensi». I fogli misurano mm. 195 x 135.
Anche questa leggenda quindi, deriva dal Leggendario di fra Paolo
ed é stata, forse, copiata anch'essa dall'originale.

Il testo è già noto, perché pubblicato dal Castellucci nel Numero
Unico per il VII Centenario di S. Rinaldo a pp. 17-18. Gran merito

(2) MAZZATINTI G., Inventario dei manoscritti della Biblioteca Comunale di
Gubbio. Forli 1891, p. 27. .
(3) CENCI P., S. Felicissimo di Nocera Umbra. Roma, Desclée, 1906,

pi 0ì
LA « LEGENDA BEATI RÁYNALDI » 91

del Castellucci aver richiamato sopra questa Legenda minor, nel testo
dell’Alessandrina, l’attenzione degli studiosi, come la più antica fonte
della vita di S. Rinaldo. Sigla: A.

Ecco il prospetto dei codici della Legenda minor:

- Biblioteca Vaticana, Ms. 3903, f. 267. Sigla: C.

Biblioteca del Seminario di Foligno, Ms. A; II, 1. ff. 69 t-70.
Sigla: J.

Archivio Storico Comunale di Gubbio, fondo Armanni, Ms. II,
C, 23, f. 134-134 t. Sigla: B.

Biblioteca Alessandrina di Roma, Ms., 91, ff. 628-629. Sigla: A.

Le didascalie dei codici — è la prima conclusione che si impone —
sono unanimi nel derivare questa Legenda minor dal f. 96 del Leggen-
dario dei Santi nel Convento di S. Francesco di Gualdo, attribuito,
come il Chronicon, a fra Paolo.

*okok
TESTO CRITICO DELLA LEGENDA MINOR

Purtroppo sono costretto a fare il testo critico soltanto sui codici ro-
mani A e C, perché non sono riuscito a rintracciare i due codici umbri J e B,
per un definitivo confronto con i testi sommariamente copiati oltre due decen-
ni fa. In seguito agli ultimi eventi bellici tanto la Biblioteca Jacobilli di Fo-
ligno quanto l'Archivio Armanni di Gubbio devono ancora essere riordinati.
Comunque, le varianti sono minime e di nessuna importanza per la sostanza del
testo della Minor.

B. Raynaldus episcopus Nucerinus de nobili stirpe filiorum Vicci ortus
fuit +. A ? pueritia moribus bonis ? adornatus * sacris litteris 5 eruditus fuit *.
Et factus * iuvenis mundi ? vanitates contempsit? et lasciviam devitavit 15,
et in venerabili * heremo ?? Sanctae Crucis Fontis 1 Avellanae 14, monachus
factus 5, ibidem cum devotis fratribus monachis Deo perfecte et devote
servivit. Postea, Dei providentia 9, Nucerinus factus episcopus '* praestitit
in sancto proposito !8 et perfectionem vitae tenuit?? sicut prius. Jeiuniis,
vigiliis, orationibus ®, episcopali ** cura ?? instabat et subditis benigne sub-
veniebat; divina celebrans reverenter ?, viduis * pupillis ** orphanis 2° pau-
peribus * elemosynas ?* faciebat ®. Temporibus constitutis sacros ordines
conferens clericis *, devote? ipsos ad sanctitatem vitae et cultum divinum
informabat. In lecto suo bene strato rarius quiescebat, sed super *? tabulas

1 omittit C; ? addit sua A; 3 sanctis moribus A; *ornatus C; addit et A; 5 1. s. A;
6 omittit C; ? omittit C; 8 omittit C; ? omittit A; 1° et lasc. dev. omittit C; 11 in ven. omittit C;
12 omittit A. In C e in A segue una precisazione, con ogni probabilità, di un copista tar-
divo: seu coenobio. !? omittit C; 14 addit quod est in heremo A; !5 Quanto segue fino
al punto manca in C; !* Dei providentia manca in C; !' ep. Nuc. factus C; !? sanc-
tum propositum suum A; !?et perfec. vit. ten. manca in C; ?° omittit A; ?! omittit A;
2 omittit A; ® div. cel. rev. omittit C; * viduas C; ?5 omittit C; ?9 omittit C; ?* omittit C;
28 elemosinas A; ** omittit C; 9 omittit C;?* Quanto segue fino al punto manca in C; ?supra A;
-—

32 D. GINO SIGISMONDI

et pavimentum se reclinans, corpus *, attritum * vigiliis et orationibus ?*
sopore modico ?** refovebat. Et pluries * cubicularii eius ** lectum invenie-
bant ** intactum et coopertum ‘° sicut in sero aptaverant *. Et cum quidam
parvulus pauperculus orbatus patre et madre remansisset, et nullus illum
tenere vellet, famulus Dei Raynaldus statim illum sibi adduci fecit, et in
episcopatu manere, et ut memoria sibi pauperculi nostri Salvatoris Jesu
Christi reduceret, quotidie puerum ipsum, omni die, ante mensam venire
faciebat cum pera ad collum et ab Episcopo et omnibus aliis elemosynam
petere, amore Dei. Et hic vir sanctus, virtutibus ornatus et sanctitate **
migravit ad Dominum * die VIIII intrante Februario, per** quem Deus
miracula operari dignatus est. Cuius sanctum corpus devote ** asservatur
in canonica ecclesia episcopatus nucerini **. ;

Temporibus beati * Raynaldi florebat ** beatus * Franciscus et beata *
Clara, circa annos Domini MCCXVII 5.

33 se rec]. corp. omittit C; ** atritum A; 85 et orat. omittit C dove si legge: ex morbo; 6 addit
se C; ?? omittit C; 38 omittit C; *? reinveniebant A; 40 et coop. omittit C; 4! omittit C; Tutto
questo episodio del : Parvulus pauperculus » è cosi riportato sunteggiato da C: Pauperem
orbatum accersivit et ad mensam faciebat venire puerum cum pera ad collum et ab epi-
scopo et ab omnibus aliis elemosynam petere, amore Dei. 4° hic v. s. virt. orn. et sanct.
manca in C; 48 Deum C; 44 Quanto segue fino al punto manca in €; 45 omittit C; 46 in canonica
Nucerina C; 4 Sancti A; 48 floruit C; 4° omittit C; 5° omittit C; 51 MCCXVI C.

*ockock

Se esistesse ancora il.leggendario di S. Francesco di Gualdo da cui
é tolta la Legenda minor sarebbe molto piü facile determinare il valore
storico della Legenda. Disgraziatamente questo leggendario é perduto
ed é molto arduo oggi tentarne una ricostruzione raccogliendo le di-
verse Legendae copiate qua e là. La ricostruzione fattane dal Guer-
rieri, nonostante l'indiscusso merito di averla almeno tentata, è tut-
t'altro che riuscita nei suoi particolari (*).

Sembra, tuttavia, che qualche elemento sia sicuro. Questo per
esempio, che il minorita fra Paolo piü che autore propriamente detto,
— almeno di gran parte delle Legendae — è raccoglitore: ha aggiunto,
forse, qualche cosa di suo, ma ha lasciato inalterati i testi delle varie
leggende attinte a fonti diverse. Tenendo conto di ciò, il Leggendario
si può, più esattamente dividere in due parti: una parte di cui l’agio-
grafo gualdese è certamente autore e un’altra parte di cui è solo più
o meno fedele trascrittore. Appartengono alla prima categoria le
leggende dei beati di Gualdo: Angelo, Marzio, Maio. Qualche cosa di
simile bisogna pensare della Legenda su S. Francesco: dubbia la Le-
genda di S. Facondino. Le altre leggende appartengono alla seconda
categoria.

(4) GUERRIERI R., Le cronache e le agiografie, ecc., pp. 9-12.
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 33

Queste leggende fra Paolo le trascrive, talvolta interpolando e
mutilando, da fonti preesistenti. Così ha fatto, per citarne alcune, per
le Legendae di S. Felice, vescovo di Martana e di S. Ubaldo, vescovo
di Gubbio. La fonte primitiva della Leggenda di S. Felice risale al
sec. x; da essa derivano due gruppi di codici rappresentati rispetti-
vamente da una leggenda scritta nel 1201 da Matteo Canonico di
S. Terenziano, parrocchia rurale in diocesi di Todi e dall’altra parte
da una leggenda contenuta in un codice di Farfa da cui, a sua volta,
deriva una leggenda in un codice di Pavia del sec. xv. La Leggenda
di fra Paolo appartiene al primo gruppo ed è ben visibile l’analogia
con la leggenda di Todi. Prova indubbia che da qui o da un codice
simile l’ha trascritta l’agiografo francescano (5): :

Di S. Ubaldo hanno scritto due biografi contemporanei: Teo-
baldo vescovo di Gubbio successore di S. Ubaldo e Giordano priore
di Città di Castello. Fra Paolo ha fuso insieme le due leggende, tra-
scrivendo fedelmente la prima ed unendovi i miracoli della seconda (8;
Opera, anche qui, di semplice trascrizione.

Non si è, forse, lontani molto dal vero a generalizzare in questo
senso: fra Paolo ha scritto di suo le leggende dei santi di Gualdo: le
leggende degli altri santi, invece, le trascrive da fonti a lui anteriori.
Questa conclusione, almeno sembra potersi dedurre dall'esame delle
leggende un giorno appartenenti al Leggendario di fra Paolo ed ora
reperibili qua e là.

Tra le leggende trascritte da fonti preesistenti deve essere, senz'al-
tro, messa anche la Legenda minor di S. Rinaldo.

Il testo stesso insinua questa origine. Quando fra Paolo scrive su
santi gualdesi, ha ben altro stile e si rifà, generalmente, alla tradizione
orale dei contemporanei. Cosi del b. Maio, del b. Marzio e del b. Angelo.

La narrazione é mossa e vivificata da un particolare senso di storicità

(5) FALOCI-PULIGNANI M., S. Felice Martire dell Umbria, in Archivio per
la Storia Ecclesiastica del" Umbria. Foligno, vol. IV, pp. 417-484. Cosi afferma
il Faloci-Pulignani (ivi, p. 454): « Da questo prezioso codice del sec. x deriva-
rono due posteriori leggende una delle quali abbiamo chiamato A, sulla quale
furono ampliate, interpolate, alterate le leggende contenute nei codici di Gualdo
e di Todi, ed un'altra che chiamiamo B, sulla quale del pari furono ampliate,
interpolate, alterate le leggende contenute nei codici di Pavia e di Farfa ».

(6) CENc1 D., La Vita Beati Ubaldi scritta da Giordano di Città di Castello,
in Archivio per la Storia Ecclesiastica dell Umbria, vol. IV, pp. 70-136. Afferma
il Cenci: « Convien dire che l'agiografo fra Paolo nel 1300 ebbe in mano la vita
di Teobaldo e di Giordano, trascrisse la prima, ma infine pure i prodigi narrati

dal secondo » (ivi, p. 93).

3

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ii

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34 D. GINO SIGISMONDI

che sgorga, sopratutto, dalla tradizione oralmente tramandata rac-
colta con amore e fedelmente fissata nel profilo agiografico. Nulla di
tutto questo nella Legenda B. Raynaldi. Non c'é neppure l'ombra
di una allusione ad una qualsiasi immediatezza d'informazione. E si
che avrebbe potuto ampliare le tenui linee biografiche con qualche
elemento di colore locale che era a sua conoscenza: per esempio la
vita eremitica di S. Rinaldo sul Serrasanta. E gli sarebbe stato anche
facile, se avesse voluto, raccogliere qualche altro dato rivolgendosi
alla vicina Nocera oppure attingendo alle tradizioni di Fonte Avel-
lana, a lui certo non ignota, dove S. Rinaldo aveva trascorso il meglio
della sua vita. Invece fra Paolo s'é accontentato delle scarne notizie
di questa Legenda. Perché ? Tutto permette si deduca che se la Le-
genda minor è quella sobria cosa che è, ciò si deve al fatto che fra Paolo
non l’ha scritta né l’ha ampliata con informazioni o notizie a lui note,
ma l’ha fedelmente trascritta così come l’ha trovata da una fonte a
lui certamente anteriore.

Difficile oggi poter stabilire quale sia questa fonte donde l’ha
tratta per il suo Leggendario dei Santi. La scarsità quasi assoluta di
altri documenti coevi restringe ancor più il settore d’indagine. Si può,
tuttavia, in mancanza di elementi sicuri, ricorrere a ipotesi più o. meno.
attendibili.

L'ipotesi che sembra meno lontana dalla verità —, la quale, con
certezza, allo stato attuale delle fonti storiche non può essere stabi-
lita — é questa: fra Paolo l'ha presa dalla liturgia della Chiesa nocerina.

Una cosa è certa: che la Legenda minor non può essere affatto
catalogata tra quelle cosi dette ascetiche, che hanno un evidente ca-
rattere parenetico e sono state scritte più ad edificazione che ad infor-
mazione dei devoti. Si presenta, invece, con l'inconfondibile fisiono-
mia di leggenda liturgica. Probabilmente — ma la probabilità è pura e
semplice probabilità — fra Paolo per il suo leggendario ha utilizzato
come fonte la liturgia delle varie Chiese che veneravano i santi, di
cui si narra la vita: perché, d'altra parte, e proprio per le leggende
non gualdesi, la divisione in lezioni, che sono, per di più, o una, o tre o
sei o nove?

Anche questa di S. Rinaldo più che una leggenda vera e propria
nel senso di diffusa narrazione della sua vita, é uno schizzo biografico,
per cosi dire, ufficiale nella Chiesa nocerina. E, d'altronde, facilmente
ammissibile che ben presto qualche cosa del santo vescovo vissuto.
per pochi anni sulla cattedra di Nocera si tramandasse nel ricordo
liturgico. Se poi si analizza un po' a fondo il testo della Legenda stessa
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 35.

si nota la sproporzione tra la vita eremitica e quella episcopale, tanto
da far considerare questa Legenda minor più che altro come la leggenda
dell’episcopato nocerino di S. Rinaldo. La sobrietà insolita della *Le-
genda, comunque, ha difficilmente una spiegazione sufficiente se non si
ricorre al carattere liturgico di essa.

Questa conclusione è ben illuminata da quanto si sa della vene-
razione di S. Rinaldo attraverso i secoli.

Peccato che per mancanza di documentazione — che doveva sicu-
ramente esserci, ma irrimedialmente perduta nelle tristissime vicende,
cui nei secoli è andata soggetta Nocera — non è possibile addurre che
esili e tardive tracce.

In un inventario della cattedrale di Nocera del 17 agosto 1484 il
culto di S. Rinaldo è ben documentato: c’è un pastorale «cum ima-
ginibus Virginis Marie et S.ij Raynaldj, unum palium coloris viridj
pro cassa S.ti Raynaldi » e, più, interessante di tutti «unus quinter-
nus offitij S.ti Raynaldj » (?).

Negli stessi statuti del Comune di Nocera, stampati nel 1567, ma
compilati nel 1371 ricorre spesso il nome di S. Rinaldo..Ecco, per
esempio, come cominciano: Ad honorem et reverentiam Onnipo-
lentis Dei, et gloriosae semper Virginis Marie matris eius ac beatorum
Apostolorum Petri et Pauli, et beatorum confessorum sanctorum. Ray-
naldi et Felicissimi patronorum communis et populi Civitatis et de-
strictus Nucerij.

I rogiti del sec. xv documentano abbondantemente l’esistenza di
una confraternita in onore di S. Rinaldo (8). Nel secondo decennio
del sec. xv il suo corpo è in venerazione nella chiesa di S. Maria Vetus.
Così si legge in un codicillo a un testamento in data 29 agosto 1417:

Reliquit Ecclesiae Sanctae Mariae Majoris de Nucerio ex voto per
eum facto altarij beatj Raynaldi ubi est corpus suum unum duplerium
cerae valoris decem den. de argento » (8).

(7) Archivio Notarile di Nocera Umbra: Rogiti Ser Luca Giacobuzi A,
EDI 6:1.:2;

(8) Valga per tutti un solo documento: Rogiti Pietro Antonio Petrelli A, I,
1, f. 90: c'é una donazione Fraternitati beatj Raynaldi de Nucerio. (Archi-
vio Notarile di Nocera U.) in data 19 giugno 1418. j

(9) Archivio Notarile di Nocera: Rogiti Pietro Petrilli A, I, 1, f. 90. Il
Castellucci nella bibliografia annessa alla monografia sulla Cattedrale di No-
. cera (in Archivio per la Storia Ecclesiastica dell Umbria, vol. III, fasc. I e II
pp. 80-165. Foligno, 1916) cita uno studio di Ricci Amico: per una Chiesa in
36 D. GINO SIGISMONDI

kE

Anche a non insistere troppo sul carattere, per così dire, liturgico
della Legenda minor — ipotesi abbastanza probabile, ma sempre sem-
plice ipotesi, — il suo valore storico è fuori di ogni discussione.

L'essere essa anteriore a fra Paolo che la trascrisse cosi come la
trovó — senza alcuna aggiunta sua, e poteva anche farne — riporta ad
un'epoca abbastanza vicina al santo. La Legenda minor è sicuramente
del sec. xir1 e con ogni probabilità di pochi anni posteriore alla morte
del santo, il cui ricordo era in essa fissato. A queste ottime ragioni in
favore del completo valore storico di questa leggenda, dà conferma il
testo stesso, da cui esula tutto ció che pure sarebbe stato facile super-
costruire ad abbellimento ed ampliamento. Lo schizzo biografico è
ridotto alle sue linee essenziali, anche se la pia curiosità dei fedeli
avrebbe richiesto di più. Altrove sarebbe stato possibile trovar altri
dati, ma essi non hanno trovato posto nella leggenda ufficiale litur-
gica della Chiesa di Nocera sul suo santo vescovo. Perché la sua ori-
gine nocerina sembra più che mai s'imponga.

Né fa meraviglia che a Nocera questa Legenda sia nota soltanto
per la trascrizione che nei primi decenni del sec. xiv ne fece il gualdese
fra Paolo, perché ben presto essa fu dimenticata e sostituita dalla
complessa Legenda Maior compilata nella seconda metà del sec. xiv.

La Maior, che ha — come si vedrà in seguito — incorporata in sé
tutta la Legenda minor, di cui non è che un’amplificazione mal riuscita;
divenne nei secoli posteriori, la tradizionale Legenda B. Raynaldi.

E senza dubbio la Minor sarebbe scomparsa del tutto senza la-
sciare di sé nemmeno una traccia se il benemerito agiografico france-
scano gualdese non l’avesse fedelmente copiata nel suo Leggendario
dei Santi.

onore di S. Rinaldo nel 1356, pubblicato in Memorie storiche della Marca d' An-
cona, tomo I, p. 102, segg.

Questo S. Rinaldo, però, non è il nostro vescovo: si tratta, invece di un
prete dell’ordine dei Crociferi di Monte Olmo (oggi Pausola nei dintorni di
Macerata), di cui s'ignora l'epoca in cui visse e il luogo della morte. (Cfr. M.
Catalanus, De Ecclesia Firmana eiusque Episcopis et Archiepiscopis commen-
tarius, A. D. MDCCLXXXIII, p. 56).

M Ó———À— LA ‘€ LEGENDA BEATI RAYNALDI » 37

CAPITOLO IV

LA LEGENDA MAIOR

Questa leggenda è oggi reperibile nei seguenti codici:

1. — Biblioteca Vaticana. Codice Latino n. 3921 (olim 5835 ?).
E un codice cartaceo con scritti di varie epoche, senza alcun ordine.
Ha appena 95 fogli di grandezza varia. Tra la miscellanea storica (!)
c’è anche riportata, da f. 26 a 29 t, la leggenda di S. Rinaldo.

Il testo che della Maior dà questo Codice, è senza i miracoli del
sec. xv. Termina con il catalogo dei vescovi di Nocera fino al Ridol-
fucci (1362). Sigla: V.

2. — Biblioteca Alessandrina di Roma. Codice 91, della fine del
sec. xvii 0 principio del sec. xvii: (dimensioni mm. 195 x 135). La
Maior si trova nel terzo volume di questo codice da f. 620 a 627 t. Ha
l'asgiunta dei miracoli del sec. xv e l'elenco dei vescovi di Nocera
fino al Ridolfucci (1362).

Il testo di questo codice é quasi del tutto simile a quello del n. 3921
della Biblioteca Vaticana. Sigla: A.

. 9. — Biblioteca Jacobilli del Seminario di Foligno. Codice A, II, 7.
È un codice cartaceo del sec. xvir, quasi tutto autografo dello Jaco-
billi. Riguarda, in gran parte, documenti relativi ai santi dell'Um-
bria (?). La leggenda di S. Rinaldo va da f. 140 a 146 ed è scritta dallo
Jacobilli. Non riporta i miracoli del sec. xv, né l'elenco dei vescovi.
Sigla: J. |
4. — Biblioteca Jacobilli del Seminario di Foligno. Codice C,
IV, 6. E un codice cartaceo del sec. xvi (mm. 150 x 210). La Maior

(1) Ecco il riassunto analitico degli argomenti trattati nel codice: f. 1r-
1t: De civitate Tadinate aedificata et recta a Romanis et eius oppressione et
revelatione, ff. 2-13 t: Legenda B. Facundini. È stata pubblicata dai Bollandisti
in Acta Sanctorum. Aug. Tomo VI, pp. 471-484; ff. 15-16: Contiene vari brani
di storia tadinate; ff. 16-19 t: Legenda « sancti viri Angeli solitarij »; ff. 20-25:
Vita S. Firmini; ff. 26-29 t: Aliqua memorabilia de vita B. Raynaldi Episcopi
Nucerini. Qua e là ci sono fogli non scritti.

(2) Ci sono, tra l'altro, le vite del B. Ventura de Ugolinis de Sassoferrato
(ff. 196-198) e di S. Felicissimo « ex manuscripto » del duomo di Gubbio (ff. 222-
223). ,
aus A

E X Xe —. gira RE mo i3 Co t LO peu X UEM RIT ar ms gr m, I
eo Se Anne AIAR

38 D. GINO SIGISMONDI

si trova a f. 72-79. C'é l'elenco dei vescovi nocerini, ma non ci sono i
miracoli del sec. xv. Sigla: M.

9. — Biblioteca Jacobilli del Seminario di Foligno. Codice C.
VIII, 11. È un codice cartaceo del sec. xvi: (mm. 250 x 270). Auto-
grafo del Dorio. Il testo della Maior è incompleto e si trova nei fogli
28, 28 r, 30. Nel titolo, che è dello Jacobilli, si legge: Vita S. Raynaldi
Episcopi Nucerini ex Codice ms. antiquo Nuceriae. Sigla: D.

Della Legenda Maior si conoscono due antiche versioni italiane
reperibili oggi nei seguenti codici.

a. — Biblioteca Piervissani di Nocera Umbra. È un codice car-
taceo del principio del sec. xvi cartolato da f. 25 a 93. Il titolo del
codice è: Legenda del Beato Ranaldo Vescovo di Nocera. C'é sul fron-
tespizio interno, eseguito a penna, uno schizzo idealizzato di S. Ri-
naldo, a destra lo stemma del Comune di Nocera, a sinistra lo stemma
del vescovo Florenzi (1605-1644). Il testo della leggenda da f. 25 a
f. 61 (3). In fondo a f. 92 t c’è lo stemma di un notaio con la sigla N. A. J.

In una breve lettera dedicatoria al Nobil Ser Antonranaldo Bi-
sello Cittadino di Nocera, in data 28 maggio 1557, l'autore della ver-
sione, che é il poeta nocerino Angelo di Carnevale, avverte di aver
tradotto da un testo latino avuto in mano il 13 dicembre 1551. Da
notare anche che é detto nel titolo: novamente tradotta di latino
in volgare. Ció suppone che ben presto la Maior fu tradotta in ita-

liano per pia lettura dei devoti di S. Rinaldo.

La versione non ha i miracoli del sec. xv né l'elenco dei vescovi
di Nocera. Sigla: P.

b. — Biblioteca Jacobilli del Seminario di Foligno. Codice A, V, 5.
In questo codice è riportata, da f. 621 a 630 t, la versione di Giam-
battista Teodori. Il codice è del sec. xvir e misura mm 280 x 200.
Autografo del Dorio.

Questa versione é diversa da quella della Piervissani di Nocera: ha

‘ in fondo i miracoli del sec. xv e l'elenco dei vescovi di Nocera. È co-
piata dalla stampa che della medesima fu fatta in Assisi nel 1617 dal
tipografo Giacomo Salvi. Sigla: T. |

La Legenda Maior è stata stampata più volte. Vanno ricordati,
per la loro particolare importanza, i Bollandisti e gli Annales Camaldu-
lenses.

Il bollandista Goffredo Henschen pubblicó nel tomo secondo

(3) Il codice deve essere mutilo perché la numerazione degli attuali fogli
comincia da 25.
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 39

degli Acta Sanctorum Februarii stampati in Anversa nel 1658, a
p. 372 e segg. un testo che è una ritraduzione in latino di una ver-
sione italiana della Maior. Testo, come si comprende, dato questo
suo carattere di ritraduzione, di non molto valore, ma di orientamerito.
Il Mittarelli pubblicó nel tomo IV degli Annales Camaldulenses,
in Venezia, nel 1750, p. 100 e segg. il testo della Legenda Maior con
aggiunte di altre notizie desunte altrove, particolarmente dai docu-
menti del monastero di Fonte Avellana.
Recentemente poi il Poncelet nell'Appendice seconda del Ca-
thalogus Codicum Hagiograficorum Latinorum Bibliothecae Vaticanae,
Bruxelles, 1910, p. 494 e segg., ha pubblicato la Maior collazionan-
do i due testi della Vaticana n. 3921 e n. 91 della Biblioteca Alessan-
drina.
| Quanto al valore stilistico letterario della Maior ecco il giudizio
sicuro del Poncelet: «incomposite et sine ordine scriptus est libellus:
quod autem sermo est incultus et minus emendatus, id non auctori,
sed librariis praesertim vitio est dandum. Ipse enim scriptor nonnul-
lis in locis sermone utitur, ut illis temporibus satis bono » (2).
Schematizzando e riassumendo, ecco i Codici della Legenda major:
Biblioteca Vaticana Codice N. 3921, f. 26-29 t. Sigla: V.
Biblioteca Alessandrina. Codice N. 91, f. 620-627 t. Sigla: A.
Biblioteca Jacobilli di Foligno. Cod. A, II, 7, f. 140-146 t. sigla: J.
Biblioteca Jacobilli di Foligno. Cod. C, IV, 6, t. 72-79. Sigla: M.
Biblioteca Jacobilli di Foligno. Cod. C, VIII, 11, f. 28-30. Sigla: D.
Biblioteca Piervissani (Nocera). Sigla: P.
Biblioteca Jacobilli di Foligno. Cod. A, V, 5, f. 621-630 t. Sigla: T.

Cock ok

Ecco il testo critico della Legenda maior quale risulta dal con-
fronto dei numerosi codici. A tale testo latino si crede opportuno
aggiungere, in una seconda colonna, la versione italiana della Pier-
vissani di Nocera collazionata con quella di Giambattista Teodori:
una terza colonna riporta brani simili alla legenda presi da altri co-
dici che saranno brevemente indicati e specificati volta per volta.

(4) PoNcELET op. cit., p. 495.

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LEGENDA MAIOR
B. RAYNALDI

I - Cum tranquillitas a Deo

fuisset reddita Latinis post maxi-
mas tempestates barbarorum, im-
peratores Alemanorum * venientes
in Italiam incultas regiones comi-
tibus et nobilibus dederunt, qui
cum eis veniebant ?.

Tres autem comites germani
fratres de Alemania? ex originali
ergastulo imperii venientes, sci-
licet Lupus, Vicus* et Eufredus,
et istis datae sunt possessiones,
videlicet Lupo circa Camerinum
longe * lateque, et de isto descen-
derunt nobiles de Alviano et de
Viscolis *.

Vicus vero accepit convallia et
montalicia? ab arce? Nucerina
usque ad confinia Foris Flaminei ?
destructi 10, et de isto Vico plu-
rimi descenderunt episcopi et ab-
bates, et ex
Raynaldus. Eufredus vero accepit
possessiones circa Fulgineum et
supra Mevaneam ?, de quo plu-
rimi descenderunt et ultimo do-
minus Raynaldus Neapoleonis ve-
rus sacerdos Dei ?. Raynaldus ser-
vus et amicus Altissimi Nucerinae
civitatis fuit Episcopus.

1 Barbarorum V; ? veniebant, tres au-
tem M. D; ? Almania V; * Viccus J M;
5 ]ongos V; * Visculis V; 7 montalicios M D;
8 Urbe V A; ? Flaminii A; !? destruti A;
11 de V A; 1? Mevaniam A; 18 verus sacer-
dos. Verus sacerdos dominus Raynaldus
J; Neapoleonis. Verus sacerdos dominus
Raynaldus M D.

istis fuit beatus

n

D. GINO SIGISMONDI

VERSIONE ITALIANA

I — Quando fu renduta
la pace alli Latini, doppo la
gran ruina di Barbari venen-
do l’imperatore allemani in
Italia diremo * delli paesi in-
colti, e deserti a' Conti, e
gentil huomini, de fra li Ger-
mani, et di Alesandria? di
nationi imperiali, cioó Lupo,
Vico et Eufredo: a questi
furon date possessioni large,
et longhe, cioó a Lupo in-
torno a Camerino, et di que-
sto discenderono li gentil
huomini di Alviano, et Vi-
scoli: Vico piglió tutte le valle
et montagne della Rocca di
Nocera sino alle confine del
distretto di Fuora a' Fla-
minio?. Di questo Vico ne
discendettero molti Vescovi,
et Abbati, de quali fu uno il
Beato Ranaldo. Eufredo poi
pigliò le possessioni intorno
a Foligno, et sopra Bevagna,
del quale ne discesero molti
nobili huomini, et ultima-
mente il Beato Ranaldo nac-
que di un Napolione. Il vero
sacerdote di Dio Ranaldo
servo, et amico del Altissimo
fu Vescovo di Nocera.

1Diedero T;?d'Alemagna T. Tut-
to il primo periodo è errato. Ecco
come si legge in T: Renduta da Dio
la pace a Latini doppo le grandis-
sime tempeste de’ Barbari, gl'impe-
ratori Alemanni venendo in Italia
diedero i paesi incolti a' Conti et
persone nobili che. veniano con
loro; ma venendo tre conti fratelli
carnali dal sangue imperiale d'A-
lemagna, cioé Lupo, Vico et Eufre-
do, ecc.; 3 Foro Flaminio T.

BRANI D'ALTRI
CODICI

I. Tres vero fra-
tres germani de Alema-
nia venientes scilicet
Vichus, Offredus et Lu-
pus fratres, Camerinum
Fulgineum et Nuceriam
possederunt.

De Vicho descende-
runt multi, qui dicun-
tur filii Vichi; de Offre-
do nati sunt Domini de
Aveano et de Vasculis;
de Lupo nati sunt plu-
res, de quibus dominus
Raynaldus Neapoleonis
processit, qui supra Ful-
gineum et Mevaneam
possessiones habuerunt.

(Dalla Legenda Mi-
nima: Genealogia).

Raynaldus Episcopus
Nucerinus de nobili stir-
pe filiorum Vicci ortus
fuit.

(Dalla Legenda Mi-
nor).

————
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI »

II. - Hic vir sanctus nobili or-
tus genere, ex-progenie filiorum
Vici 14 nobilioris * cunctis comi-
tibus de Alemania !*, nobilior fuit
sanctitate mentis et perfectae vi-
tae, et ab ipsa infantia crescens in
sanctis moribus, Deo et homini-
bus extitit gratiosus, et litteris
ecclesiasticis " et grammaticali-
bus eruditus fuit; et cum divitiis
et honoribus parentum uti pos-
set!*, sicut alii nobiles patriae et
regionis, inspiratus a Deo pompam
huius mundi et fallaces divitias
dereliquit et in venerabili mona-
sterio Heremi Sanctae Crucis Fon-
tis Avellanae ad serviendum Deo
se reclusit ??, ieiuniis, vigiliis, san-
ctis orationibus et meditationibus
exercitatus Deo fideliter adhesit ?0,

III. — Moriente autem Hugo epi-
scopo Nucerino vir Dei * Raynal-
dus, divina inspiratione ? et Pro-
videntia, effectus fuit Nucerinus
Episcopus, ipso quam ? plurinum
refutante; sed divina providentia
est 2 exaltatus in Ecclesia plebis
et in cathedra * seniorum patrum?^
pontificum sublimatus, qui eum
praecesserunt. Et vir Dei Raynal-
dus eamdem humilitatem et mo-
rum gravitatem tenuit existens
episcopus, sicut ante observave-
rat manens religiosus. Viduis, pu-

14Vicchi JM; Vichi V; !5nobilior VJ M;.

16 Alamania V; !* omittunt JM D; 18 cen-
tum uti possessionibus A; 19 reduxit A;
2 adesit J M D. 2! hic dominus JM D;
22 inspirante A; 2° quoque AV; 24MD omit-
tunt; > chatedra A; 6 patruum AV;

II. — Qual fu huomo santo
nato di nobil gente della
stirpe et figlioli di Vico, piü
nobile di tutti li conti di
Alesandria 4 et d'Alemania,
ma molto piü nobile di san-
tità di mente, et perfetta
vita, che dalla sua infantia
sempre crescette di costumi:
era gratioso a Dio et alli huo-
mini: e fu ammaestrato in
littere ecclesiastiche, et gram-
matica, et essendo che potes-
se usar le ricchezze et honori
del presente, come gl'altri
nobili della sua patria, non-
dimeno spirato da Dio, di-
sprezzó la pompa di questo
mondo, et le sue fallace ric-
chezze abbandonò, et si ri-
dusse a servire a' Dio nel
Venerando Monastero del-
lHeremo di Santa Croce.
Facendo astinenze, vigilie et
sante orationi, meditazioni:
a Dio fedelmente si accostò.

III. - Morendo poi Ugo
Vescovo di Nocera l’huomo
di Dio Ranaldo per divina
ispirazione fu fatto vescovo
di detta città, ancora che esso
più volte lo ricusasse, ma
per Divina Providenza fu
esaltato in Chiesa dal popolo
di Nocera, et in la Cattedrale
delli vechi Padri antichi Pon-
tefici predecessori fu subli-
mato, et questo huomo di
Dio la medesima gravità di
umiltà, et costumi * teneva

4 Evidentissimo errore: Alesan-
dria per Alemania — come sopra.

41

II. — A pueritia mo-
ribus bonis adornatus
litteris sacris eruditus
fuit. P

Et factus iuvenis
mundi vanitates con-
tempsit et lasciviam
devitavit, et in vene-
rabili sanctae Crucis,
heremo Avellanae, mo-
nachus factus, ibidem...
Deo perfecte et devote
servivit.

(Dalla Legenda Mi-
nor).

Et hic quidem in Sa-
cro Monasterio S. Cru-
cis Fontis Avellanae
Monachus verus et per-
fectus existens.

(Dala Legenda Mi-
nima).

III. - Divina Provi-
dentia factus postea
Episcopus Nucerinus

(Legenda Minima).

Postea, Dei Provi-
dentia, Nucerinus fac-
tus episcopus, praestitit
in sancto proposito et
perfectionem vitae te-
nuit sicut prius. Jeiu-
niis, vigiliis orationibus,
episcopali cura instabat
et subditis benigne sub-
veniebat...; viduis, pu-
42

piilis et orphanis benignus erat, et
peregrinis * et pauperibus carita-
tivus 283, devitans curiosa aedificia
facere. et pecunias aggregare ?*.
Sed cuncta quae ex congruo victu
et vestito suo *" et clericorum suo-
rum et familiae superabant * indi-
gentibus et pauperibus erogari fa-
ciebat. Cum vero in Nuceria qui-
dam puerulus pauper orbatus pa-
tre et matre remansisset spretus
ab omnibus et derelictus, cum
inopia torqueretur, vir Dei Ray-
naldus ipsum puerulum sibi * ad-
duci 8° fecit, et paterna pietate in
episcopatu nutriri fecit ®**: cum
aliquantulum crevisset, peram illi
ad collum aptare * fecit, et omni
die ante mensam suam venire fa-
ciebat, et primum ad se, postea ad
omnes alios clericos et laicos secum
comedentes?* elemosinam potere
docuit, et ut diceret: « Amore Dei
et Beatae Mariae Virginis mihi
pauperculo date elemosinam »: et
hoc faciebat vir sanctus, ut sem-
per Christi pauperis memor esset et
Jesum Christum in suo pauperculo
gubernaret.

. 2? perregrinis A; ?8 charitativus J; ?? agre-
gare A; 3° extra congruum victum et ve-
stitum suum AV; ?! superabaturAJ; 32 A
omittit; 3° aduci A;

D. GINO SIGISMONDI

essendo vescovo, che aveva
servato avanti essendo Reli-
gioso. Era benigno a’ pupilli,
orfani, vedove, a’ peregrini,
et a’ poveri.

Era charitativo. Non con-
gregava dinari ma tutto quel-
lo, che avanzava fuori delle
honesto vivere, et vestire suo,
et de suoi chierici et famiglia
il faceva dar a’ poveri et bi-
sognosi. Era in Nocera un
certo puttello rimasto po-
vero di padre, e madre, sprez-
zato da tutti, et abbandonato
patendo gran necessità, l’huo-
mo di Dio Ranaldo fece me-
nare a’ sé detto putto, et
con paterna pietà nel Vesco-
vato di detta città il fece
notrire: e quando fu alquanto
cresciuto, gli fece metter al
collo una tasca, et ogni gior-
no il faceva venire inanzi
alla sua mensa, e prima a’ sé
e poi a tutti gl’altri chierici,
et altri, che mangiavano con
lui, l’insegnò, che dimandasse
l'elemosina, et che dicesse
date l'elemosina a’ me pove-
rello per l'amor di Dio, et
della Beata Vergine Maria
faceva l’huomo santo acciò
che sempre si ricordasse delli
poveri di Cristo: e pasceva
Gesù Cristo nel suo pove-
retto.

pillis ,orphanis pauperi-
bus elemosynas facie-
bat.

(Legenda Minor).

...Et cum quidam
parvulus. pauperculus,
orbatus patre et matre
remansisset, et nullus
illum tenere vellet, fa-
mulus Dei Raynaldus
statim illum sibi adduci
fecit, et in episcopatu

manere; et ut memoria

sibi pauperculi nostri
Salvatoris Jesu Christi
reduceret, quotidie pue-
rum ipsum, omni die,
ante mensam venire fa-
ciebat cum pera ad col-
lum et ab Episcopo et
omnibus aliis elemosy-
nam petere, amore Dei.
(Legenda M inor).

[T LA. ( LEGENDA BEATI RAYNALDI »

IV. — Vir Dei Raynaldus in se
ipso rigidus et severus lectum suum
a ministris stratum bene de sero
vitabat #, de nocte orationibus
intentus per totam noctem #8 vigi-
labat; cum tamen sopor nocturnus
illum opprimebat ?? super tabulas 1°
et pavimentum saepius dormiebat,
et cum cubicularius eius de mane
surgebat et cameram Dei viri Ray-
naldi intrabat, lectum intactum 4!
inveniebat, sicut? de sero apta-
verat. Imitabatur * fideliter vir *
Dei Raynaldus beatum Facundi-
num episcopum, antiquum ante-
cessorem suum, qui in eodem epi-
scopatu multa * et sanctitate flo-
ruit et nocturnis orationibus de-
vote intentus lecti mollitiem ** de-
clinavit et in loco solitario orando
ad Dominum migravit.

8 notabat A; 38 noctam V; ?? opprime-

ret V JM D;^? tabulam V J M; *! Qui

finisce il codice C, VIII, II della Biblio-
teca Jacobilli del Seminario di Foligno;
4 secundum quod V; 4 ortabatur V M;
*^ verus A; 4inclita J M; ‘6 mollitiam V A.

IV. — L'huomo di Dio Ra-
naldo era a se stesso rigido e
severo e fuggiva il letto bene
acconcio la sera dalli mini-
stri, stava sempre intento
alle orationi et tutta la notte
vigilava, non di meno quan-
do il sonno la notte lo pri-
meva; molte volte si met-
teva a dormire sopra la terra,
e quando il suo cameriero la
matina si levava, intrando
nella camera del huomo di
Dio Ranaldo trovava il letto
in quel modo, che la sera
l'haveva acconcio.

Imitava fedelmente il bens
to Facondino Vescovo an-
tico suo antecessore il quale
fioreva nel medesimo Vesco-
vato di molta perfezione et
santità, et alle notturne ora-
zioni divotamente intento;
lasciò la delicatezza del letto,
et orando in un luogo soli-
tario morette e rendette l’ani-
ma al Signore.

43

In lecto suo
fes strato rarius quie-
scebat sed super tabu-
las et pavimentum se
reclinans, corpus, at-
tritum vigiliis et oratio-
nibus, sopore modico
refovebat. i

Et pluries cubicularii
eius lectum reinvenie-
bant intactum et coo-
pertum sicut in sero
aptaverant.

(Dalla Legenda Mi-
nor).

.Beatum | Facon-
dinum antiquum prede-
cessorem suum, qui in
eodem episcopatu re-
gionis eiusdem prae-
fuerat antiquitus, vera-
citer sequens, migravit
in pace.

(Dalla v UD Mi-
nima).

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j

A
È
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V. — Zelo divinae justitiae vir^ Dei
Raynaldus accensus ‘4, sicut benignus erat,
bonus et pius peccatoribus contritis ** et
humilibus, ita 5° severus erat et iustus 5
perversis et malignis. Nam * episcopatum
suum circuibat clericos corrigendo et refor-
mando et populos sibi commissos fideliter
gubernando. Et cum quidam perversi eccle-
siam Sancti Petri districtus Gualdi spolias-
sent paramentis et libris et domos * ibi prope
in Costa succendissent, vir Dei Raynaldus
ad plebem Sanctae Felicitatis accedens et
convocatis clericis et laicis, maleficos 5
illos maledictionis vinculo et anathematis

innodavit. Diligebatur a bonis, quia erat 55

iustus et sanctus, et?* timebatur a malis,
quia corrector erat rigidus ** et severus.

44 ; D. GINO SIGISMONDI

V.- Gli andamenti del huomo di Dio
Ranaldo erano cosi; si come era benigno,
buono, e pio a’ peccatori contriti, et humili;
cosi era severo e giusto a' perversi, et a' ma-
ligni imperoché andava attorno al suo Ve-
scovato, correggendo e reformando i Preti,
et populi a’ se commessi fedelmente gover-
nando. Essendo che certi ribaldi, et per-
versi huomini havessero spogliato la Chiesa !
di S. Pietro distretto di Gualdo di paramenti,
libri et callici, et appresso la Costa abru-
giorno li detti paramenti et libri. Il Santo
Vescovo convocati et raggunati li preti et
laici andando alla Pieve di S. Felicita, et li
ligó quelli malfattori con vincolo di scomu-
nica. Era il santo Pastore molto amato dalli
buoni perché era giusto e santo: era temuto
dalli cattivi perché era corettore rigido e

VI. - Eodem vero tempore quo
vir Dei Raynaldus episcopus erat
Nuceriae 5», venerabilis et perfec-
tus Dei servus beatus Franciscus,
imitator 5? verus © domini nostri
Jesu Christi et professor sancti
Evangelii, cum suis fratribus prae-
dicando poenitentiam et viam sa-
lutis, multos ad Christi servitium
perducebat ©, et sicut stellae *
relucendo, illuminando populos
christianos et religiosos et laicos
verbo pariter et exemplo, cum
beato Francisco serafice apparens
sacris stigmatibus insignivit eum.
Beatus vero Raynaldus episcopus,
Senectute * maceratus vigiliis 9 et
orationibus, cum feliciter tempus
suum in Dei servitio consummas-
set, ornatus virtutibus migravit
in pace ad Dominum. Quem omni-
potens Deus in signis et miraculis *5

Severo.

VI. — Nel medesimo tempo
che l'huomo di Dio, S. Fran-
cesco d'Assisi vero immita-

"tor del Nostro Signore Giesü

Cristo, et professore del San-
to Evangelio, predicando con

VI. — Et hic vir san-
ctus, virtutibus orna-
tus et sanctitate, mi-
gravit ad Dominum die
IX intrante Februario,
per quem Deus mira-

mum... subcendissent... abcedens JM; 5 maledicos VA; A addit Omnes; 5 omittunt VA; 5 omittunt VA;
5? fidus JM. 5 in Nuceria V; 5° immitator J; *? verus omittit A; *! producebat A; © stella A; *? se et totum A;

li suoi frati la penitenzia et cula operari dignatus
la via della salute: molti con- est. ]
ducevano al servizio di Cri- Cuius sanctum cor- [
sto, et come stelle erano ri- pus devote asservatur s
splendenti, che illuminavano in canonica ecclesia epi- t
li populi, a’ quali predica- scopatus nucerini. ?
vano la fede. Poi il Beato (Dalla Legenda Mi- t
Vescovo Ranaldo macerato nor). à
dalla vecchiezza, et estenuato l
dalle vigilie, et orationi, che e
del continuo faceva felice- a
mente venne consumato il t
tempo nel servizio di Dio:
‘hornato di virtù andò in
. pace al Signore, a quale l'on- 5
nipotente Iddio con miracoli te
; n
4? viri V; verus A; 4? adcensus JM; 49 contriti A; 5° sanctum V; 5! justis VA; 5 nam omittunt JM; 53 do- à
1:
gl

6 cum addunt JM; vigilis V; % insignis miraculis V; insignis mirabilibus A.
PET? Lic ur

declaravit esse ** sanctum, et a
fidelibus canonicis et clericis condi-
tus aromatibus et balsamo in eccle-
sia reconditus fuit in * canonica
sua intra arcem ** cum iubilo et
gaudio populi Nucerini.

Atque ** Ugo ? episcopus, qui
Raynaldum *' praecessit, anno Do-
mini MCCXXII ?, et Pelagius, qui
Beato Raynaldo successit anno
Domini MCCXXVI*; unde vide-
tur quod beatus Raynaldus tri-
bus annis episcopus fuit et mi-
gravit ^ ad Dominum ** et mira-
culis claruit. Pelagio ** vero suc-
cessit Bevegnates ** episcopus anno
Domini MCCXXVIII, Guido vero
episcopus successit anno Domini
MCCXXXIII ** usque ad XL, Ber-
nardus episcopus succedens? et
Philippus episcopus * succedens
Bernardo * anno Domini MCCLVII.

VII. - In praeteritis vero tem-
poribus cum arces fortes in sum-
mitate Nuceriae pro imperatore
Federico custodirentur, infernis in
civitate * ad mandata Ecclesiae
Sanctae 8° redire volebant. Theu-
tonici vero et Fulginates, contra
Nucerinos * indignati, fraudolen-
ter per arces intrantes, Nucerinos
invaserunt et ipsos de terra expu-
lerunt anno Domini MCCXLVIII 85
et terram dextruxerunt, reservata
arce suprema, muris fortissimis et
turribus ** circumdata. Et** tunc

6 eum V; *' in omittunt VJM; *8 arcam A;

LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI »

e segni dichiarò esser santo,
e dalli fedeli canonici et cle-
rici fu seppolto con odori, et
balsamo et fu reposto in la
Chiesa sua canonica dentro
la Roccha; et con giubilo,
canto et allegrezza del po-
polo nucerino.

Et anco Ugo il quale fu
avanti l’anno del Signore
MCCXXII, e Pelagio il quale
successe al Beato. Ranaldo
nell'anno MCCXXV. Onde si
crede, che il beato Ranaldo
visse Vescovo tre anni, e poi
passó di questa vita presente
alla gloria eterna illustrato di
miracoli.

Poi successe Benvignate
Vescovo l'anno MCCXXVIII
insino al MCCXL succedendo
poi Bernardo, e dopo Filippo
l'anno MCCLVII.

VII. — Già nelli tempi pas-
sati essendo che fussero guar-
date le torri forti in alterna
di Nocera dall’ Imperatore Fe-
derico secondo, quelli giù
abbasso in la Città volevano
ritornare alli precetti della
santa Chiesa, ma li Folignati
et Ii Teuttonici sdegnati con-
tro li Nucerini fraudolente-
mente intrarono per la Rocca,
et saccheggiarono essi Nuce-
rini l'anno MCCXLVIII, et
distrussero la città riserbata

VII. — Circa illud
tempus Fulginates cum
Theutonicis Nuceriam
invaserunt, perditio-
nem facientes. Qui in
arce suprema manebant
et depredantes et spo-
liantes civitatem, ex-
pulsis civibus eam dex-
truxerunt anno Domini
MCCLCVIII, sola arce
reservata muris ac tur-

ribus circumdata et for-

tificata. |

9° Eique V; et quia JM; ?° ergo A; *! beatum VA; 7" In V.si ha

questa correzione MCC (VII)XXII; ? millesimo CCVI V; 7 migravitque VAM; *5 J addit: die 9 februarii; 76 Il

testo di J è il seguente: Pelagius vero subcessit ei anno Domini 1226. Postea Bev
mini 12... (correzione illeggibile). Philippus de genere Vichi B. Raynaldi anno
sive Fidesmundus successit ei anno Domini 1285 et praefuit tribus
1288. Post eum praefuit Alexander episcopus de ordine Minorum, n

agnates episcopus anno Do-
Domini 1257. Fidemundus

annis. Jannes de stirpe Vichi anno Domini
atione Perusinus de Vinciolis anno Domini

1328. 7? Bevignate V; Beveniate M; 78 Testo molto scorretto: in. V si ha MCCIII; in A si ha: MCC; il testo se-

guito è di M; °° omittunt V A; 8° A omittit: et Phili
matrem Sanctam Ecclesiam A; 84 Nuceriam J; 85 M

ppus episcopus; ?! Leonardo A. 8? Ad civitatem JM; 8 ad
CC 49 A; 89 A omiltit et turribus; 8? omittit J.
46

tribulabantur 88 valde ubique fide-
les ecclesiae; et 8° tunc Nucerina
canonica clericis viduata ® Theo-
tonicorum stipendariorum ® et prae-
donum spelunca facta °° est et sta-
bulum iumentorum fuit *», in qua
cubicula fornicatorum strata; cum
suis uxoribus et concubinis per-
manebant 9*5, non reverentes bea

ti.Raynaldi sacrum corpus et alio-

rum episcoporum ibi quiescientium;
et** ista de causa paramenta, li-
bri et vasa Ecclesiae perdita sunt *5.
Annotata, ut credimus, fuerunt ?*
ante.

VIII. — Dei ** autem iusto ?5 iu-
dicio Federicus mortuus est cir-
ca ?*" annos Domini MCCL, et rex
Corradus filius eius et Manfredus 19
et Corradinus 19° in bello !? occu-
buerunt, et sic, reddita a Deo pa-
ce 19 sanctae Ecclesiae, Nucerini 19
redierunt et civitatem restaurave-
runt, et muros et turres arcis .de-
struxerunt et canonicam reforma-
verunt, et corpus Beati Raynaldi,
Sicut primitus, in devotione habue-
runt. Philippus !'* vero episcopus
fuit ab anno Domini MCCLVII 196
usque ad annum Domini '*

D. GINO SIGISMONDI

la Rocca maggiore circon-
data da torri et muta fortis-
sime, et li Canonici, Monaci,
Sacerdoti et Chierici tutti
fuggirono, et lasciarono le
lor Chiese, et allora la città
di Nocera restò tutta rovi-
nata, et disabitata, et la
Canonica fu fatta una spe-
lonca di predoni tributarii
teuttonici, et una stalla di
bestiame cammere e letti di
fornicatori con le lor mogli,
et concubine, et erano fatti
padroni non riverendo il sa-
cro corpo del Beato Ranaldo,
et d’altri Vescovi, che vi
erano seppolti, et per questa

‘causa li paramenti, libri hor-

namenti et altri vasi della
Chiesa furono presi, le qual
cose come si crede furono
notate avanti al giusto giu-
dizio di Dio.

VIII. — Federico poi mo-
rette circa li anni del Signore
MCCL. Corado, Manfredo et
Coradino, suoi figliuoli mor-
sero in guerra, et cosi da Dio
fu renduta la pace alla Santa
Chiesa et li Nucerini tornoro-
no, et racconciorno la Città,
et le mura et torri della Rocca
gli destrussero, et rifecero
la canonica, et il sacro corpo
del Beato Ranaldo l'hebbero
in devozione come prima.
Filippo poi sedente Vescovo
l’anno MCCLVII insino al-

Tunc Nucerina cano-

nica Ecclesia effecta
fuit cubile fornicato-
rum et stabulum ini-
micorum, quia Theuto-
nici stipendiarii in ea
comedebant et cum
suis concubinis et uxo-
ribus. recubabant; et
non solum in illa eccle-
sia, sed etiam plures
aliae tali irriverentia
tractabantur. Plurimi
vero Nucerini captivi
Fulgineum deducti diu
incarcerati squalore car-
ceris tabuerunt. Omnia
haec ab illis audivimus,
qui passi sunt et inter-
fuerunt.

(Cod. 314 della Bi-
blioteca Comunale di
Assisi, f. 121).

VIII. - Et sub im-
perio christianissimi Oc-
tonis primi secundi et
tertii et Sancti Hen-
rici et aliorum sequen-
tium reformata fuit Ita-
lia, scilicet in priorem
gloriam, et civitas Spo-
letana restaurata fuit,
quae per annos circiter
centum iacuerat deso-
lata, et civibus renatis
repleta. Ita et Eugubia
exterminata et mortua

88 tribulantur VJM; 3? omittit J; 9" omittit A; ?! stipendiorum A; ?? effecta V; 9? omittit VA; 9? bis addit
«et » A; ?* omittit J; 9 Due varianti importanti: in J si legge: et memorabilia beati Raynaldi, iusto Dei iudicio.
In M si legge: et memorabilia beati Raynaldi tradita sunt adnotata ut credimus fuerunt ante Dei autem iusto
iudicio; 9 fuerant A. ?? Dum V; ® juxta A; 9? iuxta A; 19° Manfredus A; 19 Carrodinus A; "omittunt: in

bello JM; 9? pax J; 1% Nucerinae A; 19 Tutto il brano da, « Philippus...

107 A omittit.

a Vinciolis » omittit J; 19° MCC56 A;
IB m

pog da

MCCLXXXV in episcopatu, Fidis-
mundus !°8 vero praefuit post eum
annis tribus; Joannes vero episco-
pus ‘°° praefuit ab anno Domini
MCCLXXVIII usque ad annum
MCCCXXVIII; postea praefuit
Alexander episcopus de ordine Mi-
norum, natione Perusinus 1 de

-. Vinciolis.

Cum post desolationem maxi-
mam Gothorum?! quae oppres-
sit Latinos circa annum Domini
CCCCC #* per annos XVI et Lon-
gobardorum!* tempestatem 14,
quae ! exterminaverat 1 Italiam,
et duravit per annos XXXV, et per
Beatum Gregorium papam, quar-
tum !? doctorem sanctissimum se-
data "* fuisset anno !* Domini
DLX : et ultimo per Carolum
Magnum Longobardorum ! poten-
tia '* eradicata est circa annos
DVIII?** novissime vero a Sara-
cenis discurrentibus '* Apuleam,
Campaneam ?5 Tusciam ?* Vallem
Spoletanam *? Marchiam Anconita-
nam *** supplantata fuit, occisis po-
pulis et fugatis !?? et terris extermi-
natis, quae silvestres effectae sunt,
iacuitque desolata civitas Spoletana
per annos centum et tota regio.

Postea vero tempore Octonis 1%
primi '*' christianissimi imperato-
ris restaurata fuit circa annos Do-
mini DCCCCL 1° et aliae terrae
ducatus * restauratae fuerunt, si-
cut Spellum, Asisium; aliae vero,
sicut Forum Flaminium !* Trevia
plana 1%, Bevania 1 Bittonia !* et
Eugubia plana, Thadinatum, Ro-
sella, Plestea et loca ista 188 oppida

108 F

idismundus in episcopatu A; 199 omittit A;1?Perusina A; 11 Gotorum V
"V; longo Bardorum A; 14 tempestate VA; !15 qui A;1!6 exterminaverunt A511?

LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI »

l’anno MCCLXXXV. Fi-
demondo eletto Vescovo
doppo lui tre anni. Gio-
vanni poi fu Vescovo l'anno
MCCLXXXVIIIinsino all'an-
no MCCCXXVIII. Poi fu fat-
to Vescovo Alesandro del Or-
dine dei Frati Minori di San
Francesco, di natione perugi-
na della nobil famiglia di
Vincioli.

Benché doppo la gran deso-
lazione de Goti, la quale ruinó
li latini circa all'anni CCCCC
per anni XVI, et la roina di
Longobardi, quali estermina-
rono l'Italia, duró per anni
XXXV, et per il Beato Grego-
rio quarto doctor santissimo
fu ceduta la tempesta nel an-
no CCCCCLX, et ultimamente
per Carlo Magno fu destrut-
ta la potenzia di Longobardi
circa alli anni CCCCCCCC.

Di poi discorrendo li Sa-
raceni per la Puglia, per la
campagna di Toscana, per
la valle Spoletina, et per la
Marca di Ancona, occisi li
populi, fuggiti, et guaste le
terre, le quali diventorno
boschi, et la città di Spoleto
restó disolata per anni C, et
parimenti tutto il paese. Poi
nel tempo- del Christianis-
simo Ottone Secondo Impe-
ratore fu restaurata circa al-
l'aandi CCCCCCCCC, et anco
l'altre terre del Ducato furno
restaurate come Hispello, et
Assisio, et l'altre come fu-

47

iam parvum Eugubium
resuscitata in monte.
(Codice 11, E, 18,
f. 62 dell'Archivio Ar-
manni di Gubbio).

Rosella, Luciolum,
Plestea, Usentula, Fo-
rum Flamineum destru-
ctae et numquam re-
stauratae fuerunt. Julia
vero Eugubia subversa,
in monte parum Eugu-
bium constructum est.

(Codice n. 2666, Bi-
blioteca Vat. f. 45).

Plures civitates de-
structae, numquam re-
Stauratae fuerunt; et
istae fuerunt Martana,
Trevia, Forum Flami-
neum, Plestea, Usen-
tula, Rosella, Luciolum,
Tyberina, Tadinatum et
Eugubia plana; sed de
Eugubia, Eugubium in

‘monte reformatum est.

(Codice 341 Biblio-
teca Comunale di As-
sisi, f. 92).

Romanus Pontifex
providus ultra montes
episcopos constituit et
direxit. Et ipsum prae-
latum Nucerinae Eccle-
siae episcopum consti-
tuit in illis (scilicet) Ta-
dinato, Rosella, Usente
tribus episcopatibus

A112 [)- VA: 118 Longobardorum
primum JM; 18 sedita A;11? annos

V;120 560 (corretto sopra: 590) JM; 121 Logobardorum V; 122 patientia V; 123 D8: A; 124 descurrentibus A; 125 Cam-

panam V; 1% Tussiam VM; 127 Vallis Spoletanae V; 128
V; secundi A; secundi corretto in « primi » con callig
que; 1% Flamineum V; !35 Planum A;136 Bevanea V

rum V; istorum A. t

Anconetanam A; !?? effugatis V. 19 Octoni VA; !3! primo
rafia dello Jacobilli in M; 13? 950 AJ; 1333 VJM addunt: alii-
; Mevania corretto in V; 19? Bictonia V ; Bittonam A; 188 ista-

nav —

EE deal Nee wr US a ARA,
48

facta sunt *» Eugubium in monte,
Sassumferratum, Trevium, Beva-
niam 14, Bittoniam 14, et Nuce-
ria !* Thadinati successit in episco-
patu 4 secundum ** historiam as-
sumptam de libris nobilium. Cum
inculta esset patria, aliqui pau-
perculi homines Thadinati destru-
cti 5 totius regionis silvestris et
desolatae 5», congregati insimul,
consilio habito ! inter se recon-
strui 5? Nucerinam 5? arcem, ex-
terminatam restauraverunt et for-
tificaverunt in suum reductum *
et refugium tutum, ne barbari et
Saraceni, si ulterius discurrerent,
eos opprimere nec capere possent.
Et ita Nuceriam 5 restauraverunt
et Thatinatum !5 civitatem. in rui-
nis 5” reliquerunt 5*, nec ultra ad
illam redierunt. In Nuceria vero
constructa fuit ecclesia in hono-
rem "Virginis gloriosae Mariae et
divinus cultus ibi reformatus. Post
haec Romanus Pontifex episcopa-
tum in Nuceria construxit et 159
episcopatus !?^ Rosellae et Thaini
in Nuceria adunavit et Ecclesias 161
Usentis 19° et Plestiae illi coniun-
xit, et populos eorum! et com-
munitatem in Nuceria annatim
praeponi 19 instituit '*, ad ‘con-
servanda iura publica, communia
et spiritualia.

D. GINO SIGISMONDI

rono Flaminio, Trevio, Pian
di Bevagna, Bettona, Agub-
bio, Taino, Rosella, Pistia,
tutte queste terre furono
fatte oppide Terre sotto altri
Vescovati, come furono poi
Agubio sul monte Sassofer-
rato, Trevio, Bevagna, Bet-
tona, Nocera successe poi nel
Vescovato di Taino secondo
l'Istoria pigliata dalli libri

delli Gentil huomini essendo

dunque la Patria ruinata,
et desolata, congragato in-
sieme alcuni poveri huomini
del distretto, et di tutto il
paese silvestre e desolato
Taino fatto conseglio in tra
loro di refare la Rhocca di
Nocera, che era guasta la
riconciorno, et la fortifica-
rono per secur refugio in
la lor ritornata, acció se li
barbari et Saraceni discor-

‘ressero per l'avvenire, non

potessero nocerli, ne pren-
derli, e cosi restaurorno No-
cera et la città di Taino la-
sciorno ruinata, et desolata,
et non ritornorno piü in
quella. In Nocera poi fu edi-
ficata una Chiesa in honore
della Gloriosa Vergine Maria,
et ivi riformato il Vescovato
di Taino et di Rosella addunó
con quello, et le Chiese di
Monte Usente medesimamen-
te le congiunse ad esso Vesco-
vato, et li populi et Comunità
di quelle ogni anno fussero
obligate ad osservar le leggi,
et statuti pubblici e comuni
a' tutti, et anco le spirituali.

quos etiam in unum ad-
gregavit ipse papa.

(Codice Vat. Lat. 7853
1. 32).

Haec igitur adunatio
trium episcopatum sci-
licet Tadinati, Rosellae,
Plesteae, Usentis in Nu-
cerina arce a Homano
Pontifice facta fuit.

(Codice Vat. Ottobo-
niano 2666, f. 47).

Episcopatus vero Ta-
dinati et Hosellae in
Nucerinam arcem ad-
gregati fuerunt in unum
episcopatum per Roma-
num Pontificem, cui
adiunctum est etiam
Usentis destructae ter-
ritorium.

(Codice; T1; "E, 1S;
f. 64 dell'Archivio Ar-
manni di Gubbio).

In planitie, quae Um-
bria antiquitus diceba-
tur et Ducatus nunc
dicitur Spoletanus, plu-
res civitates dextructae
numquam restauratae
fuerunt; et istae fue-
runt Martana, Lucana,
Trevia, Forum Flami-
neum, Plestea, Usen-
tula, Rosella, Luciolum
Tjberina, Tadinatum et
Eugubia Plana; sed de
Eugubia Eugubium in
monte reformatum est,
de Tjberina Castellum,

189 VJM addunt: vel fuerunt; 14° Mevaneam V; 14 Bictoneam V; 14 Nuceriam V; 14 In JM si ha que-
sto testo: episcopatu. Historia adsumpta de libris Nobilium dicit, cum, etc.; 144 omittit V; 14 destructis A;
150 desolatis A; 151 A omittit: consilio habito; 15 recostrui A; reconstruxerunt JM; 153 Nuceriam A; 15 reditum
A; 55 Nucerium V; 156 Thedinatum V; 15° minis A; 158 relinquerunt VA; 15 JM omittunt; 1 episcopatum A;

161 ecclesia VA; 162 Bentis A; 193 earum JM; 194 proponi AJ; 19° istituit VA.

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in
fu LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 49

de Rosella Saxum Ferratum, de Foro Flamineo Fulgineum, deTadjnato vero pluries restau-
rato et circa extrema tempora totaliter derelicto, Nucerina arx fortissima aucta fuit et eius
episcopatu insignita... Tadinato derelicto, dispersi Tadinenses per castellula deinceps habi-
taverunt sub regimine comitis, qui in Nuceria annuatim ponebatur a republica Romanorum
principum et Pontificum transmissi et sub duce ducatus Spoletani.

(Codice 341 in Archivio Comunale di Assisi, f. 92, oggi 96).

IX. - Fuit namque Beatus Raynaldus
multae humilitatis. Nan leprosum (1) quem-
dam cunctis horribilem obvium habens
ipsum osculatus est!** atque benedixit et 1v
statim mundatus est. In secretario quoque

rediens numquam cathedra usus est; nam in

ecclesia nemo illum +8 unquam sedere con-
spexit. Sedebat autem + in sella rusticaria,
quas tripodes 1° pocant 1,

X. — Multae 12 dignitatis. Et 1 par apo-
stolis 14 habitus "5 est, et hoc propter 175
gratiam Spiritus Sancti, quae in eum in
specie? ignis ad robur descendit, sicut
fuit in apostolis. Legitur enim quod qua-
dam vice, dum Beatus Raynaldus solus in
camera staret '* duo sibi '* familiares prae
foribus expectarent, subito 18 mirabili honore
plures in camera audiunt insimul colloquen-
ies. De quo cum postmodum Raynaldum
requisissent, ille ait: «Dicam vobis; sed quaeso
quod nulli dicatis. Maria, Agnes et Tecla 181
ad me venerunt» Nec ?* tantum illa die,
sed saepius se ab eis confessus est visitari,
et Petrum et Paulum a 18 se saepe videri as-
Seruit 184,

XI. — Multae iustitiae 18, Cum enim ab
imperatore, nomine 18 Federico, invitatus
fuisset et Raynaldo poculum primo fuisset

IX. - Fu ancora il Beato Ranaldo di
molta humiltà imperó che scontrandosi in
un certo leproso horribile a' tutti il ba-
ció, et gli dette la benedizione, et subito fu
mondato ritornando poi in un luogo soli-
tario. |

Ma questo huomo di Dio fu visto in Chiesa
sedere in catedra, ma sedeva in una sedia
rusticale, la quale é chiamata tre piedi.

X. — Ma di tanta dignità che si diceva
essere paro all'Apostoli, et questo per la
grazia dello Spirito Santo, la quale tanto
abbondantemente discese sopra di lui, come
su quelli Apostoli in specie di fuoco imperó
che si legge che mentre una volta stava solo
in camera dei suoi familiari stavano ad

aspettare fuor della porta, sentirono un

mirabile odore, et molti, che parlavano con
lui in camera: del quale parlare dimanda-
rono poi al Beato Ranaldo; et esso rispose
dicendoli: il diró a voi, ma vi prego che non
il palesiate a’ nessuno. Maria Vergine, Santa
Agnese et Tecla sono venute altre volte, et
confesso esser stato visitato da loro, et disse
anco di haver veduto San Pietro e San Paolo
Appostoli.

XI. — Era l'huomo di Dio di molta giu-
stitia, percioché essendo inuitato à mangiare
dal Imperatore chiamato Federico per nome,

(1) I passi in corsivo appartengono al testo delle opere di Sulpizio Severo su S. Martino

di Tours: Vita, Dialoghi, Epistole.

166 omittunt VJM; 16° omittit V; 198 illum nemo JM; 169 namque A; 1° tripedes A; 171 vocabant V. 1? Mul-
taeque VA; 1? omittunt VA; 14 apostolos A; 195 dictus VA J; 176 per A; 1”? speciem JM; 1°8 starat A; 179 sui JM;
180 subbito M; 181 Theodra V; 182 Non A; 183 ad VJ; 184 adseruit J. 185 J addit: erat; 186 J omittit.

4

x

Ese soe sca
|
AH
II
Il
MI

oblatum, sperantibus cunctis ut post se
regi tribueret, praesbytero suo dedit, nullum
existimans digniorem qui post se deberet bi-
bere, et indignum iudicans si aut regem ant
regis 38° proximos praesbytero praetulisset 1*5.

XII. - Multae patientiae 189°. Tantam 1%
enim in omnibus 19 patientiam servabat, quod,
cum esset summus sacerdos, impune saepe a
clericis laedebatur, nec a sua caritate propter
haec *** repellebat. Nemo moerentem, nemo
ridentem illum vidit**. Numquam??* in
illius corde nisi pax, nisi pietas, nisi miseri-
cordia **5 inerat.

XIII. — Legitur quoque quod cum Bea-
tus Raynaldus quadam vice in veste hispida
nigro ?** ef pendulo pallio circumtectus, super
asellum praecederet 19°, equis de contra ve-
nientibus expavescens ??? militantes in terram
saltu praecipiti se dederunt *» et Raynaldum
arripientes graviter verberaverunt. Jlle au-
lem mutus caedentibus terga vertebat, sed ma-
gis illi furebant eo quod ille quasi non sen-
tiens > perbera *? illata contemnere * pide-
batur. Protinus animalia ** adeo ** fira in
humo ** ut quantumcumque ?" flagella-
ta *** velut ?*»? saxa moveri 2° non possent ?',
quousque ad Raynaldum redeuntes ?? pec-
catum suum, quod ignoranter in eum 5
commiserant ?'* confitentes ?5 ab eo veniam
postularent. Ille eis licentiam dedit et gradu
concito ?* animalia processerunt.

XIV. —** Multae assiduitatis in ora-
tione, quia ** numquam ullum horae ** mo-
mentum"? praeteriit, quo? aut orationi??? aut

50 D. GINO SIGISMONDI

et fu dato prima da bevere al Beato Ranaldo,
et pensando ogniuno, che lui il desse poi al
Imperadore: Esso il dette ad un suo Prete.

XII. — Era anco di molta patienza, imperó

‘che servava la patienza in tutte le cose ben

che fusse Sommo Sacerdote, et essendo offe-
so molte volte dalli suoi Preti, ma per questo
gli scacciava dalla sua Carità; mai fu visto
ridere, né mesto, non era altro nella sua
persona, si non pace e pietà.

XIII. — Si legge ancora che una volta il
Beato Ranaldo portava una veste di gric-
cia, et ammantato con un mantello negro,
andava per la strada, et vedendolo certi ca-
valli, che venivano incontro a se, et havendo
di lui paura fecero gran salti, et buttorno a
terra li soldati: li quali isdegnati presero il
Beato Ranaldo, et il batterono, ma lui con
silenzio gli voltava le spalle, et elli più fu-
riavano: per che quasi non curandosi delle
percosse pareva, che gli beffasse. Mirabil
cosa, che subito quelli animali tanto resta-
rono fissi in terra, che con quante bastonate
gli dessero come sassi mai li potettero mo-
vere finché non tornarono al Beato Ranaldo,
et domandandoli perdono del loro peccato
che ignorantemente contro di lui avevano
commesso, et esso perdonatoli il loro pec-
cato gli dette licenza et subbito li cavalli
andarono avanti di buon passo.

XIV. — Era quest'huomo di Dio di molta
attività nel Oratione, ne mai passava. un
momento di hora, ché non attendesse al ora-

187 regi A; 188 protulisset J. 189 J addit: erat; V alia manu addit: fuit; 19 tantum AJM; 191 A omittit in
omnibus; 1? hoc VA; 193 JM omiltunt: illum vidit; 19 unquam A; 19 natura JM; gaudium As19 omittit A;
197 precederetur A; 199 spavescens A; *? dedere VA; 201 sitiens JM; ?? verba A; 29 contendere VAM; 2% anemalia
A; a Deo V; adhuc JM; *5 minimo fixa V; humi V corretto; omittit J; 9?" quàncumque A; 208 flagellare A;
209 voluit A; ?! movere V; 211 possunt V; 12 JM addunt: et; 214 commiserunt A; ?!? omittit A; ?*!5 confiden-

222 oratione A.

tes V; *15 conuicto A; cito JM. ?*'? J addit: fuit; 218 quae VA; ?!* hora A; ?" nomentumque J: ??! M addit: non;

Emp and qu INC. Ad enti PU tnl de) gm" "ba exl o C i

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te.

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fe-
sto
sto
ua

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lectioni *? incumberet. Inter legendum ?* ta-
men et operandum numquam animam ab ora-
tione ?** cessabat. Nam ut fabris *** ferrariis ?*
moris est, qui ** inter operandum pro quo-
dam laboris levamine *** incudem ?» feriunt 2%
ita Raynaldus dum aliquid ageret, semper
orabat.

XV. — Multae austeritatis in se ipso ?9,
Nam cum Raynaldus quodam semel a cle-
rico suo lectum sibi plurimo stramine prae-
parasset, ille habere recusans 9 inconsue-
tam ** mollitiem ** perorrexit, quippe qui ?8
nuda humo uno?" tantum ?* cilicio supe-
riecto *? cubare *" consueverat. Itaque per-
motus iniuria ?'!, surgens stramentum ?*? omne
proiecit et se super nudam humum collocavit.
Circa vero mediam noclem tota illa palea
igne *? accenditur et Raynaldus excitatus,
dum exire?" tentaret, sed nequiret 24, ab
igne capitur et eius iam vestimenta urun-
tur ^5, Rediens vero ad solitum orationis
confugium et crucis signaculum ?* in medio
ignis intactus ** permansit et flammas
non *? sentit, et 2° orante quas male ?*
expletus erat mentem 9155, Clerici vero exci-
tati concurruunt ?? et ?: Raynaldum, quem
iam consumptum putabant, de medio flam-

marum illaesum reducunt 25,

XVI. - Multae compassionis erga deli-
quentes? quia omnes volentes 259 se re-
mittere compassionis sinu recipiebat. Nam
cum diabolus Raynaldum ** repreherende-
ret cum semel lapsos ** ad poenitentiam
reciperet, eidem respondet: Si fu ipse, o
miserabilis, ab hominum **» infestatione desi-

« LEGENDA BEATI RAYNALDI »

91

tione, et alle Sante Lettioni: mai in leggere,
o imparare cessava l'Oratione.

Imperó che faceva come il fabro, che si
bene cessa (per riposarsi o altre faccende)
dal battere con il martello, non perleva il
ferro dall'incudine: cosi era il Beato Ranal-
do, che mentre faceva qualche cosa sempre
orava.

XV. — Era anco questo Santo vescovo di
molta austerità in se stesso, che essendoli
una volta preparato un buon letto dal suo
servo, et ello vedendo tanto delicatezza
gli venne in horrore e timeva: per che esso

era adsueto a dormire sopra la nuda terra.

et anco solamente il cilizio era solito aver
sopra il letto. Mosso dunque dallo stimolo
si levó, et buttó via tutto quel letto et si
colcò sopra la nuda terra: poi circa mezza
notte per invenzion diabolica si accese di
fuoco tutta quella paglia, et il Beato Ra-
naldo svegliato per spazio di tempo tentó
di uscir fuora; et non potendo fu preso dal
fuoco; et:.si bruciarono le vestimenta, ma
ello ritornando al solito refugio del Oratione,
et con il segno della Santa Croce in mezzo
del fuoco orando non sentiva le fiamme che
abruciavano et non erano ismorzate; sve-
gliati li Preti corsero tutti et il tiraron fuora
dalle fiamme sano et salvo pensando che
fusse brugiato.

XVI. — Era ancora questo huomo di Dio
di molta compassione verso li peccatori,
imperó che tutti quelli, che volevano ritor-
nare a Dio riceveva nel seno della miseri-
cordia onde essendo, che il Diavolo una
volta riprendesse il Beato Ranaldo che ri-
ceveva a penitenza quelli, che più volte

?9 Jectione A; 224 intelligendum VA: 225 orare V; 226 faber V; Julianus A; *" ferrarius VA; A addit: ut;
228 quod J; 229 levare VA; ?9? incutem V (corretto); ??! ferrum VJM; ferunt A. ?*? J addit: erat; 283 requiescens
JM; 2 consuetam A; *5 mollitiam V; 286 quae VA; 23? unico JM; 288 immo nam A; ?*? super lecto V; supra lec-
to A; 24° recubare A; ?*1 incuria VA; 242 instramentum V; 24 illa A; JM omittunt; ?* ex ira A; 245 requiret V;
^5 urunt JM; 24 signum V; ?4 intattus A; ?9 VJM omittunt; 25° VM omittunt; ?5 malae A;?91bis urentem M.
Ho seguito per la parte finale di questo periodo il testo del Poncelet. Si tratta di un testo evidentemente
errato in tutti i codici attuali. Il probabile testo primitivo è il seguente: sentit orans, quas male expertus erat
urentes; 2° consurgunt A; 25 ad A; 25 inveniunt JM; 255 J addit: erat; *9* omittit VM; 25” Raynaldus A; 258 lapsus.

VAM; 25° omittit V.

T
—— ——

— —Ü

E
teres **' et te factorum *** poeniteret tuorum ?*?
ego *** tibi confisus in ?** Domino Christo 29
misericordiam pollicear ?*..

XVII. - Multae pietatis erga pauperes.
Nam cum Raynaldum in quadam festivitate
ad Ecclesiam tendentem *** pauper quidam
nudus secutus est, Raynaldus autem Archi-
diacono praecepit ut egentem vestiret. Sed
cum ille hoc facere distulisset ?*** ingressus
Raynaldus segretarium funicam suam illi
tribuit et continuo discedere *" iussit. Cum
ergo Archidi aconus moneret ?* ut ad solem-
nia peragenda *? procederet ??, ille de se
loquens ire non potest, donec pauper vestem
accipiat. Archidiaconus non intelligens, quia?
cum extrinsecus cappa lectus *'5 esset, ipsum
nudum internis non videbat, pauper vero
adesse causatur **, At ille: « Mihi inquit,
vestis deferatur *", et pauper non deerit s
vestiendus ». Compulsus ad forum vadit et
quinque argentis tunicam vilem et curtam,
quae dicitur poenula ??° quasi pene nulla ?*,
rapiens, ante pedes Raynaldi iratus proie-
cit **, Quam ille secreto induit, cuius mani-
cae usque ad cubitum et longitudo usque ad
genua protenditur ?*?, et sic missam cele-
brat. Dum autem missam celebraret, globus
igneus super caput eius apparuit et a multis
ibidem visus fuit 28 is, Huic autem mi-
raculo accessit ** quod ?* cum in missa
manus *?* ad Deum levaret, ut moris est,
manicis lineis?** retro latentibus?* cum
nec brachia eius essent grossa nec multum
carnosa, nec praefata tunica praetenderetur
nisi usque ad cubitum, remanentia brachia
nuda, tunc aurei et gemmati deferuntur ab
angelis et brachia decenter operiunt; quem

52 D. GINO SIGISMONDI

erano caduti in un medesimo peccato, gli
rispose o mirabile et maledetto demonio
si tu ancora lassassi di tentare le persone,
et ti pentissi delli tuoi errori io confidato
nel Signore Giesü Cristo ti prometterei mi-
sericordia.

XVII. — Era anco il S. Padre di molta
pietà verso li poveri imperó che andando
un giorno di festa nella Chiesa un certo
povero nudo il seguitava il Beato Ranaldo
commandó ad Archidiacono, che vestesse
quel povero, ma esso mandó in longo far
tal opera et il Beato Ranaldo intrato in
Chiesa gli dette la sua tonica, et egli com-
mandò che se ne andasse, quando poi l'Ar-
chidiacono disse al Beato Ranaldo, che an-
dasse, alla sollenità delli Officii rispose il
Beato Ranaldo (parlando disse) non può
andare il povero, che non abbia la veste,
l'Archidiacono non intendendo quello, che
dicesse: poi che di fuora era coperto con la
cappa, et non vedeva dentro, che era nudo
del che ne era causa il povero, disse il Beato
Ranaldo sia portata a me la veste, che al po-
vero non mancarà. Costretto l'Archidia-
cono andare al mercato, et con cinque mo-
nete d'argento compró una veste vile et
corta, la quale si chiama in latino penulla,
quasi pene nulla. Et pigliandola l'Archi-
diacono in furia irato la buttó avanti li
piedi del Beato Ranaldo, della quale esso
segretamente si vesti, et le maniche anda-
vano sino al gubito, et era longa insino
a li ginochi, et cosi celebrava la Messa, men-
tre dunque celebrava fu visto da molti una
stella infocata sopra il suo capo: a’ questo
miracolo, quando nella Messa levava il No-
stro Signore come è costume havendo le
braccia coperte solo di maniche di lino, le
qual braccia erano gracile et magre, et la

260 desistere J; 21 sanctorum VM; 262 peniteres VJM; ?*! ergoVAJM; 295 V addit: Deo; 25 Christi V; 28” pol-
liceres VJM. ?'? tendens J; tendentes M; 259 detulisset VA; 29° ascendere AJM; ?'! moneretur VAJM; ??? A addit:
Raynaldus; 9 procederit VA; 27 quae VA; 295 tentus A; 276 pauperem non adesse causatus J; °?? deficit J; 278 de-
crevit A; 27° pennula A; 28° pena A; 281 procedit A; 282 perpenditur A; 282 bis est J. 28° omittunt JM; che hanno
questo testo: qui cum in Missa calicem heneum, ut moris est lavaret; 284 qui V; ?8 munus V; 286 lileis V; brileis

A; 28? habentibus V.

CCS "to 0o LS t9 SS CN IND N ff
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 53

gli etiam tonsa 288 quadam vice conspiciens: prefata tonnica non arrivava sino al fin del
iio « Evangelicum 288 P inquit, mandatum 289 gubito remanendo le braccia nude allora
1e; iste *" complevit. Duas tunicas habuit et furno portate le maniche dal Angelo d'Oro
to . unam non habenti tribuit 29; ita et vos fa- et di Argento, et honorevolmente coperte le
ni- cere debetis » 292, sue braccia sentendosi la divina risposta,
che diceva, costui ha adempito il precetto
Evangelico, che avendo due toniche ne ha
dato una a quello che non l’aveva, et così
ta dovete far voi.
do
to
do XVIII. — Multae potestatis erga daemo- XVIII. — Era questo Santo Pastore di
ise nes pellendos ?®, Saepe enim ipsos daemones molta potestà in:discacciare i Demoni im-
ar ex hominibus expulit ?", Nam cum quae- peró che molte volte discacció essi demoni
in — dam ?** paccha a daemone abitata esset, cum dalli corpi humani, che essendo una volta
n- ubique saeviret et multos confoderet, et ver- vessata una, vaccha dal Demonio, andava
T- sus Raynaldum et socios in itinere furi- là e qua mughiando et a molti dava con
n- bunda cucurreret, ille manu elevata illam i corni, accadde che nel viaggio incontrò il
il sistere iubet; qua ?% vis immobili perma- Beato Ranaldo con li compagni, et correva
10 nente, iubet daemonem dorsum illius insiden- con gran furia, et esso levando la mano gli
jo, lem. Quem increpans inquit: « Discede, fu- commando che si fermasse: la quale restando
he neste, de pecude ?*** et innoxium animal agi- immobile commandó al Demonio, che gli:
lae 3 tare desiste ». Quo protinus discedente, vac- era addosso, e lo riprese dicendo « o imbrat-
doc 3 cha illius pedes prosternitur et ad eius ?* tato di sangue et maledetto da Dio partiti da
Lor 3 imperium cum omni mansuetudine in gre- questo corpo innocente e piü non l'agitare,
o- | gem suum ??* revertitur. il quale partito subito quella vaccha si gittó
a- alli piedi del Beato Ranaldo, et per suo
0- commandamento con ogni mansuetudine
et ritornó al suo grege.
2; |
ji-
d XIX. — Multae subtilitatis erga eos. Co- XIX. — Era il Santo Prelato di Dio di
so gnoscendo daemones ita sibi superabiles 299 molta sottilità in conoscere essi demoni
2 reddebantur ut aperte ab ipso sub quacum- e si rendevano cosi chiari a se, apertamente
io que imagine viderentur", Nam interdum da lui sotto qualche immagine erano veduti,
DE daemon Iovis personam plurimumque Mer- imperoche alcuna volta in persona di Ve-
tà curii; aliquando Veneris vel Minervae 8% nare si trasformava con la voce e faccia,
o transfiguratum *? se suis vultibus offerebat. e massime il giorno delle Feste si faceva ve-
n Mercurium mazime patiebatur infestum: Jo- dere in forma di Mercurio, et poi diceva Io
le vem brutum *? atque hebetem ® esse dicebat. son Giove, son Bacco son Ebe moglie di
e Quodam etiam die diabolus in forma *s regis Hercole dea della gioventü. Gli apparve anco
E purpura et diademate ornatus ®, aureis cali- un giorno in forma di un Re ornato di por-
n gis, sereno ore laetaque facie sibi apparuit. pora e diadema con le scarpe d'oro con la
E ?*? tonsam A; 288 bis Evangelium VA; 28° nundatum 'J; ?* ista VA; 29! contribuit JM; *** J addit: inquit.
10 298 J addit: erat; 29% expulsit V; 295 quadam V; ?9 bis quam A; 296 pecuda A; 29 Dei V; 298 V omittit. 29 Spiri-
is tuabiles A; et spicabiles JM; 3% videretur V 9% inruere addit AV; 5° transfiguratur AV; 99? brutuum AV;
304 hobenti V; hebentem M; 3% in forma diabolus A; 3° ornatum, V.
Cum diu ambo tacuissent, diabolus « Agnosce,
inquil, Raynalde, quem colis, Christus **
ego sum. Descensurus ** ad terras prius me
tibi manifestare volui » Adhuc *» cum Ray-
naldus admirans taceret, rursus ait: « Ray-
nalde, cur dubitas credere, cum me vides ?
Christus ego sum ». Tunc ille a Spiritu Sancto
doctus ait : « Dominus Jesus Christus non se
purpuratum et diademate renitentem ?" se
venturum esse praedixit. Ego Christum nisi
in eo habitu et forma, qua passus est, uti crucis
stigmate praeferente *", non credam». Ad
hanc vocem ille disparuit et totam ecclesiam
foetore replevit.

54 D. GINO SIGISMONDI

bocca e faccia allegra e con ció fusse che ne
luno né l'altro parlasse disse il diavolo al
Beato Ranaldo conosci me Ranaldo ? Io
son Cristo il quale tu adori, volendo descende
in terra, prima me son voluto manifestare
a te.

Il Beato Ranaldo e admirato non rispon-
deva a questo parlare, di novo gli disse, per-
ché dubiti credere che me vedi. Io son Cri-
sto. Al hora amaestrato Ranaldo dallo Spi-
rito Santo disse Il Signor Giesù Cristo ven-
turo non predisse dover venire ornato di
purpura e diadema. Adunque se io non vedo
il mio Cristo in quel habito e forma che fu
appassionato, mostrando le stigmate della
Croce, non credo. A questa voce il demonio
disparve e riempì la stanza di puzza e fetore
con quel che segue.

307 Christum tuum A; 398 discessurus VAJM; 9 ad adhuc A; ed hoc adhuc M; 81° remittente VM;?!! prae-

ferrent V; proferente A.
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI »

LE APPENDICI DELLA MAIOR

Fanno parte, oggi, del testo della Legenda Maior due pericopi,
che si possono considerare come appendici. L’una è un catalogo di
Vescovi Nocerini dal 1007 al 1362.

L'altra appendice riporta alcuni miracoli autentici negli anni
1414-1415. Oggi la pericope dei miracoli del sec. xv si trova, in latino,
nel Codice Alessandrino n. 91 e nei Bollandisti che la ritradussero da
una versione italiana; si trova nel testo italiano in Giambattista Teo-
dori: Codice A, V, 5 della Biblioteca Jacobilli di Foligno, e parzial-

mente riassunta in A, II, 7 f. 146 e 146t pure della Biblioteca Jaco-
billi.

Il testo della Cronotassi è reperibile nei seguenti codici:

1) Cod. Lat. Vat. n. 3921 de V).
2) Codice Alessandrino n. 91 (— A).

3) Codice della Biblioteca Piervissani di Nocera, intitolato Le-
genda del Beato Ranaldo Vescovo di Nocera, f. 76 t-77 (= P).

4) Codice C, IV, 6 della Biblioteca Jacobilli di Foligno.

E riportato tre volte:
a f. 79 (al termine della Maior: testo molto.simile a quello
di V; A, T) Sigla: M; i
af. 61t, 62ef.85t, 86: testo diverso dal precedente e molto
simile a quello del codice della Piervissani. Sigla: N.

5) Codice A, V, 5 della Biblioteca Jacobilli di Foligno, f. 630 t
(= T). Ha il testo in italiano.

Un confronto tra questi codici porta a dedurre che della Crono-
tassi si hanno, in sostanza salvo trascurabili varianti, due redazioni:

a) la prima comprende i codici V, A, T, M (più sobria e con
l'indicazione dei soli imperatori);

b) la seconda comprende i codici P, N (un po’ più ampia con -

le indicazioni degli imperatori e dei pontefici).

UL iari mam c eri frate
{= i

E: D. GINO SIGISMONDI

Ecco in sinossi la redazione delle due Cronotassi :

CRONOTASSI DEI VESCOVI SECONDO
LA REDAZIONE DEI CODICI V,A,T,M.

Istos vero episcopos praefuisse! in Nuceria
invenimus, videlicet ?:

Albertus anno Domini
Henrico primo.

Arcoletus? anno Domini MCXIIII.

Munaldus anno Domini MCXLIV, imperante
Carulo secundo 4, TOR

Offredus anno Domini MCLXXVE, re-
gnante imperatore Federico primo.

Anselmus * anno Domini MCXCVI sub eodem
Federico primo. Et iste Anselmus ? guber-
navit ecclesiam Fulginei et Nuceriae.

Hugus anno Domini MCXCVIII 8 imperante
Octone? quarto.

Sanctus Raynaldus anno Domini MCCXXII;
migravit in pace! imperante Federico
secundo.

Pelagius anno Domini MCCXXVII !!, eodem
Federico imperante. :

MVII, imperante

Bevegnatis ? anno Domini MCCXXVIII,
sub eodem ?? Federico secundo.

Guidus anno Domini MCCXXXIII, sub
eodem Federico.

Bernardus anno Domini MCCLVI, sub eodem
Federico.

Philippus de genere Vicchi Beati Raynaldi,
vacante imperio. Nuceriem restauratum
fuit 14 et corpus Beati Raynaldi reinven-
tum fuit et translatum.

Fidismundus anno Domini MCCLXXXV.

1 Profuisse VA; ? Nuceriae... scilicet M; ? Ar-
cholectus M; Archoletus V; 4Il testo di M è il se-
guente: « Munaldus anno Domini MCLXXXVII
regnante imperatore Federico primo. Anselmus anno
Domini MCLXXXXVI sub eodem Federico. Et iste
gub:rnavit Ecclesiam Fulginei et Nuceriae. Ugus
anno Domini MCLXXXXVIIII imperante Octone
quarto (corretto); *»MC 79-A; * Ansellinus V; ? omit-
tit V;.* MC98 A; ?Ottone A; '^ omittunt VM; 11 A
addit: sub; ?? Bevegnate V; Benvegnate MCCXXVIII
Federico secundo M; 18 V omiltit; 14 Il testo di

CRONOTASSI DEI. VESCOVI SECONDO
LA REDAZIONE DEI CODICI P,N.

Cathalogus Episcoporum !.

Albertus fuit Epicopus Nucerinus: anno
Domini 1007 sedente Joanne PP. XVIII,
imperante Henrico primo.

Archoletus anno 1114. Papa Alexandro III
Imperatore Henrico IIII.

2

Monaldus anno 1144 sub Corrado secundo
imperatore et Pontifice Lucio secundo.

Offredus anno 1176 Federico primo sul Lucio
et Urbano III Summis Pontificibus.

Anselmus Fulginas anno 1196, tempore im-
peratoris Henrici V sub Innocentio III et
sub huius episcopi regimine fuerunt Eccle-
siae Fulginates et Nucerinae.

Ugo anno 1198 sub eodem imperatore et
Pontifice. Huic successit B. Facundinus
(sic!!! per Raynaldus) qui floruit in dicto
episcopatu multa sanctitate.

Beatus Raynaldus e domo filiorum Vici anno
1222 Othone V imperatore et Honorio 3
Pontifice. Hic prius fuit Monachus in
Coenobio S. Crucis Fontis Avellanae, et
cum in episcopatu cooptatus esset vixit
in eo quinque annos; obiit anno 1227 die 9
februarij imperante Federico secundo.

Pelagius anno 1229 sub eodem Federico 29 et
eodem Honorio 49 simul cum Gregorio IX.

Constantius? anno 1228 (sic!)? sub eodem
imperatore et Pontifice Gregorio IX.

! N ha: Isti sunt Episcopi quos in Nuceria prae-
fuisse invenimus ab anno Domini MVII imperante
Henrico primo; ? Manca nel testo della Cronotassi
in fondo alla Maior; ?N ha: MCCXXX.
Joannes de stirpe Vicchi anno Domini
MCCLXXXVII.

Alexander de ordine Minorum anno Domini

MCCCXXVIII.

Lucas de Camerino decretorum doctor anno

Domini MCCCLXII 25,

M é: et tr anslatum (aggiunto con altra calligrafia:
anno Domini 1257)... Joannes... MCCLXXXV VIII;
15 Il V finisce così: MCCCXXVIII. Nursia quasi
tota corruit a terremotibus cum multis suis villis, et
multi oppressi sunt. Laus Deo usque (corretto: eiu-
sque) genitrici. Amen. Scripta et exemplata de alia
scripta ». Quasi simile é la finale di M: MCCCXXVII
Nursia, quasi tota corruit a terremotibus cum multis
suis villis et multi oppressi sunt. finis. Ex vetustis-
simo quodam exemplari ut mihi relatum est manu
excellentis iuris utriusque doctoris domini Lucae
Antonii Ser Lucae Jacobutii per me Eu-stachium
fideliter exemplatum, etc.

LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 257

Benignatus anno 1233 sub eodem Federico et
Gregorio.

Marianus de Raynaldis * Mevanas anno 1244
sub eodem imperatore papa:Innocentio IV.

Guido anno 1252 sub eisdem Imperatore et
Pontifice.

Qernardus anno5 sub tempore Rodulphi
imperatoris primi et Alexandri 4.

B. Philippus anno 1257 sub imperatore eis-
dem et Pontifice *. Hic fuit horiundus de
stirpe filiorum Vici, tempore huius episcopi
Nuceria fuit instaurata, et corpus B. Ray-
naldi repertum in S. M(aria) Veteri transla-

tumque in arcem, quae nunc dicitur Cano-
nica.

Fidemundus anno 1285 vacante imperio sub
Martino 3° papa.

Joannes e stirpe Vici anno 1287 sub Honorio:
(sic !) * 49 cum esset interregnum imperii.

Alesander de Vinciolis Perusinus Ordinis Mi-
norum anno 1328 imperante Ludovico 2o
sedente Joanne XXII? Et hic Episcopus
etiam conllatus est in numero Beatorüm
cum Philippo quorum reliquiae inventa
fuere sub anno 1623 et nunc condita sunt
in Cathedrali Nucerina ?,

Luca Camers decretorum peritus anno 1362
sub Vicislao primo et Urbano papa V.

* Questo Marianus de Raynaldis è sconosciuto
al testo della cronotassi in fondo alla Maior;* In P
è lasciato l'anno, in N è: MCCLVII. Questo « Ber-
nardus » è sconosciuto alla cronatassi della Maior;
* La didascalia seguente manca in N;ed ha un errore
evidente: il corpo di S. Rinaldo, fu trovato nella Cat-
tedrale distrutta e riportato nella Chiesa di S. Maria
Vetus, e non viceversa come si legge qui in P.; In
N si ha: Nicolai papa IIII senza la nota dell'inter-
regno dell'impero;? In N si legge: Frater Alexander
fut factus Episcopus Nucerinus sub Joanne pape
XXII et Ludovico Imperatore Bavario. Manca tutto
il resto. Il testo della Cronotassi di N termina qui:
non ha, perciò, il seguente vescovo Ridolfucci;
? Questa didascalia ha il carattere di una nota ag-
giunta nel sec. xvII, quando, cioè, essa fu copiata in
P, al testo primitivo della cronotassi.

|
di
|
li
58 D. GINO SIGISMONDI

Per completare i testi, ecco la pericope sui miracoli di S. Rinaldo nel secolo xv
come si legge nel bollandista Heuschen (1) e nella versione italiana di Giambattista

Teodori (?).

Miracula saeculo xv facta a Silvestro
Ser Angeli descripta.

l. Anno decimo quarto supra millesi-
mum et quadringentesimum, mense Augu-
sto, ipsoque divae Virginis Assumptae
festo, Laurentius Marcutius ex Bagnaia

obtulit beato Patri Raynaldo, erga quem

eximie pius erat, cereum septem librarum,
narrans ab eo sibi beneficia collata eo anno,
quo incolis planitiei Nucerinae. Cecholinus
hostis crudele intulit bellum. Tunc enim
suscepto voto se B. Raynaldo obligarat, ut
cum sua familia ab hoc belli periculo exime-
retur. Et quod Dei benignitate ac B. Ray-
naldi intercessioni attribuit, ab illius belli

incommodis immunis fuit nihil detrimenti |

nec ipse, nec quisquam ex eius familia pas-
sus: imo quamvis durante eo bello saepius
se Laurentius hostibus undique cinctum
viderit, absque ullo tamen damno semper
liber expeditusque evasit. .

2. - Anno decimoquinto eiusdem sae-

culi 23 Iunii, Clarutia uxor Petri de Nolpho
ex colle Mantio narravit se tempore po-

stremae contagionis, cum gravissimo morbo
ex lue inguinaria opprimeretur votum hoc
nuncupasse, ut, si morbus ille evinceretur,
religione obstricta templum B. Raynaldi
adiret. Postero mox die auxilium Dei et
B. Raynaldi experta sublato luis inguina-
riae dolore, liberam se sanamque reperit.

3. - Eodem die, cum mulier quaedam
Assisiensis, morbi gravissimi doloribus op-

(1) Acta SS., februarii, t. IL, p. 376.

(2) Cod. A, V, 5, della Biblioteca Jacobilli di Foligno, f. 630.

Miracoli che si leggono in un foglio con-
servato nella sacrestia della Cattedrale di
Nocera, scritto da Silvestro di Ser Giovanni,

‘il quale gli udi dall'istesse persone che ri-

portarono le grazie.

1. — Nel mese di agosto 1414 Lorenzo di
Marcuccio da Bagnaia, devoto del B. Ra-
naldo portò nella festa di S. Maria d’agosto
un cero di sette libre di valore d’un fiorino
perché riferì haver tante grazie ricevuto da
lui nell’anno che Ciccolino con gli huomini
del piano di Nocera fece grandissima guerra
havendo fatto voto al B. Ranaldo che li-
berasse lui et tutta la sua famiglia da tal
pericolo, per grazia di Dio et del B. Ranaldo
esso tutti della sua famiglia furono liberi
da quella guerra senza alcun impedimento
d’alcuno di loro, et durando l’istessa guerra
Lorenzo si trovò tra nemici et scampò li-
bero senza offesa della persona. i

2. - A di 23 giugno 1415 d. Chiaruccia
moglie di Pietro di Nolfo da Collemancio
riferi che nel tempo dell'ultima mortalità
essendo aggravata da grandissima infer-

‘mità et dall'anguinaria fece voto d’andar

alla chiesa del B. Ranaldo, se la liberasse
da quella infermità, et la matina seguente si
trovò libera senza alcun dolore d’anguina-
ria per grazia di Dio et del B. Ranaldo.

3. — Il detto di essendo una donna d'As-
sisi aggravata d'infermità in pericolo di
IT

———

LA «LEGENDA BEATI RAYNALDI » 59

primeretur, ac mortis vicino periculo expo-
sita videretur; alia faemina singulari ami-
citia illi coniuncta, Checia nomine, ex Po-
stiniano oriunda, B. Raynaldo, ex cuius erat
familia prognata, sponte sua votum pro
ila fecit: cui B. Raynaldus apparens, se
ipsius sociae iam opem ferre addixit. Cuius
patrocinio, divina opitulante gratia, intra
triduum. pristinam altera recuperavit sani-
tatem.

4. — Die sexto Julii eiusdem anni Angelel-
lus, qui et Mancinus de Aviano dictus, cum
iam sedecim menses in arce Nuceriensi de-
tentus in vinculis esset, et numquam inde
egressurum, sed vitam illic finiturum, om-
nes passim Nucerini conquererentur; ipse
supplex opem B. Raynaldi imploravit, vo-
tivo munere ex cera oblato, triginta solidis

. aestimato. Nec frustra, nam beneficio Dei

ac B. Raynaldi fuit libertati restitutus.

5. — Eodem die Illuminata, vidua Nico-
lai ex praefectura Christiana, pro quadam
sua nepte, quae struma a prima nativitate
laborabat, et pro alio puerulo, cuius morbus
ope humana immedicabilis habebatur, vo-
vit Deo et B. Raynaldo se ad aequale in-
firmorum pondus panes oblaturam: et per
gratiam Dei et B. Raynaldi utrique sani-
tatem impetravit.

6. — Bartholomaeus filius Matthaei de
Cecco ex territorio Straviniano Comitatus
Nucerini, coram Dominis Matthaeo Marcio,
Francisco de Antonio, Paulo Vanno et Vi-
tale de Francisco Nucerinis affirmavit se
anno millesimo quadringentesimo decimo
quarto, cum pestis in urbe et comitatu Nu-
cerino per quinque menses grassaretur gra-
vissime, vovisse B. Raynaldo cereum octo
anconitanorum, si contagio illa eius aedes
non penetraret, et tam ipse quam eius fa-
milia ab eius periculo servarentur illaesi.
E voto res successit, omnibus ab eo malo
liberatis.

morte d. Checia da Postignano della stirpe
del B. Ranaldo la quale era amica, et com-
pagna della detta donna, di volontà sua la
votò al B. Ranaldo, et la notte seguente
apparve il B. Ranaldo alla detta Checia, dis-
sele che aggiutava la sua compagna, et così
per grazia di Dio et del B. Ranaldo fra tre
giorni immediati seguenti fu liberata.

4. — A sei luglio del detto anno Angelillo
alias Mancino d'Acciano essendo prigione
nel cassaro di Nocera per sedici mesi si te-
meva da tutti i Nocerini che non uscirebbe
mai anzi morrebbe in preggione offeri per
la sua libertà al B. Ranaldo un doppiero di
cera di valore di venti soldi et per grazia
di Dio et del B. Ranaldo fu libbero dalle

è prigioni.

5. -- Il detto di Illuminata moglie già di
Nicola della balia di Giove, essendo una sua
nepote nata col gozzo il quale ancora por-
tava et di più un fanciullo essendo talmente
infermo che non si pensava potesse guarire
senza l’aiuto divino, fece voto a Dio et al
B. R. di dare tanto grano quanto pesavano
gl'infermi et per grazia di Dio et del B. Ra-
naldo l'uno et l'altro sono liberi dalle sue
infermità.

6. — Meo di Matteo di Cecco della Balia
di Stravagnano contado di Nocera affermò
in presenza di Ser Matteo di Ser Francesco
di Antonio di Paolo di Vanni et di Vitale di
Francesco da Nocera che essendo per cinque
mesi dell'anno 1414 grandissima peste nella
città et contado di Nocera il detto Meo fece
voto al B. R. che se scampasse lui et la sua
famiglia da quella peste in modo che non
entrasse in casa sua gli offrirebbe un cereo
di valore d'otto anconitani cosi fece et ri-
mase libbero egli et tutta là sua famiglia.
60 D. GINO SIGISMONDI

CAPITOLO V

L'AUTORE DELLA MAIOR

La copia della Maior in italiano venuta in mano del bollandista
Lindans aveva questo prologo, tradotto poi in latino insieme con l'in-
tera leggenda dal confratello Henschen: « Famulus quidam B. Ray-
naldi, ut antiqua fert traditio, reliquit huius vitam a se latino sermone
scriptam. Extabat ea in vetusto codice membranaceo aliis actis san-
ctorum, qui per totum annum coluntur, adiuncta: adservaturque in
Archivio Cathedralis Ecclesiae Nucerinae » (1).

L'opinione tradizionale, in realtà, ha sempre parlato di un do-
mestico di S. Rinaldo che ne avrebbe scritto la vita. Sostanzialmente
con ciò sembra concordare, sebbene non in termini così chiari, il pro-
logo dell'attuale Maior: « Haec est vita seu Legenda beati Raynaldi
Episcopi Nucerini. Incipiunt aliqua memorabilia de vita beati Ray-
naldi episcopi Nucerini, sicut ab antiquis relata sunt, quae veridica
relatione retulit minister eius qui illi servivit pluribus annis sicut an-
tiquorum traditio adfirmavit » C). Si afferma, in tale prologo, che
la fonte della legenda é la tradizione degli antichi, individuata, so-
pratutto, nella veritiera relazione di un « minister eius qui illi servi-
vit pluribus annis ».

Non é proprio detto che tale relazione fosse scritta, ma si lascia
facilmente comprendere.

Un famigliare di S. Rinaldo avrebbe, dunque, scritto alcuni suoi
ricordi — aliqua memorabilia — ai quali, poi un anonimo redattore
avrebbe dato la forma che hanno oggi nel testo della Maior. Quanto
ampio e personale sia stato questo lavoro letterario dell'anonimo, se

(1) Cfr. G. HENscHEN, De Sancto Raynaldo Episcopo Nucerino in Umbria,
in Acta Sanctorum, februari, Venetiis, MDCCXXXV. T. II, p. 373. Solo più
tardi il bollandista Papebroeck (Cfr. Acta Sanctorum, Maii, T. I, Venetiis,
MDCCXXXVII, p. 818), riuscì a trovare in latino due copie della Legenda
B. Raynaldi, una presso lo Jacobilli « optime — nota — de Sanctis Umbriae scri-
bendo meritum », l’altra nel Codice della Vaticana N^ 5835 (l’attuale N°03921 ?),
contenente una raccolta di manoscritti del Cardinale Lucio Sanseverino, morto
nel 1622. :

(2) E il testo che si legge nel Codice n. 91 della Biblioteca Alessandrina,
p. 620.
e

LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 61

tanto grande da rifondere quasi tutti i primitivi ricordi del domestico
o ridotto alle minime proporzioni di giustapposizione e sutura di essi,
non è possibile determinare. à

Una domanda s'impone: é attendibile questa tradizione di un
famulus ? Una cosa, oggi, appare certa: che l'autore vero e proprio
della Maior, anche a prendere il prologo cosi com'é, non va affatto
individuato nel domestico di S. Rinaldo. A tale conclusione si arriva
anche dall'esame interno del testo della Legenda stessa. L'elenco dei
vescovi sparso qua e là, ed estratto anche a parte, termina con il Ri-
dolfucci (1363-1389); l'autore, quindi, del testo come oggi si presenta
la Maior, è almeno contemporaneo di questo vescovo cioè della se-
conda metà del secolo xiv.

È almeno il famulus la fonte prima, fonte scritta naturalmente,
tanto che nel sec. xiv ci sarebbe stato solo un lavoro redazionale di
un anonimo ? Neppure ridotta in questi termini l'opinione è accetta-
bile. Niente fa pensare nel testo ad un testimonio oculare di gran parte
dei fatti che narra: un famulus, avrebbe, certo, avuto da dire ben
altre cose che qui non sono dette, e le avrebbe. riferite con ben altro
vigore di espressione.

La stessa terminologia, del resto, è abbastanza sospetta: era di
moda allora, quando si voleva avvalorare la storicità di qualche Le-
genda, il richiamo a una verifica tradizionale degli antichi. Ritroviamo
queste frasi, per esempio nel Leggendario di Fra Paolo a proposito
della Legenda di S. Facondino: «ex traditione etiam veridica anti-
quorum » (3). Ancora: a proposito di S. Francesco si legge l'espres-
sione: « sicut a vera traditione accepimus antiquorum » (5). E cosi più
volte. L'indeterminazione delle fonti orali — una tradizione — nel caso
nostro, é vero, si specifica nell'attribuire questa relazione veridica a
un servo di S. Rinaldo. Anche questo, però, era nelle abitudini degli
agiografi del tempo. Valga per tutti l'esempio della Legenda del B. Gio-
vanni da Lodi vescovo di Gubbio: anch'essa si presenta, come
«scripta ab eius familiari, anonymo Monacho Sanctae Crucis Fon-
lis Avellanae » (*)) mentre si sa che il vero autore di quella Legenda
€ il minorita gualdese fra Paolo. Non si vuole con ció negare

(3) Cod. II, C, 23 (Fondo Armanni) nell'Archivio Storico di Gubbio,
T5101:

(4) Leggendario dei Santi in Codice II, C, 23, f. 73 nell'Archivio Storico di
Gubbio (Fondo Armanni).

(5) Biblioteca Alessandrina di Roma: Codice manoscritto N. 99 (Miscel-
lanea Sacra) parte II, f. 114 (f. 596 numerazione moderna).
ll
|
|
il
il
il
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|

62

—'Sl

del sec. xiv ci siano stati anche i ricordi personali di un familiare di
S. Rinaldo, ma questa probabilità, tutto considerato, allo stato at-
tuale delle ricerche storiche, analizzando a fondo sopratutto i criteri
agiografici del tempo sulla base di sicuri raffronti con altre leggende,
sembra molto lontana da una dimostrazione convincente. Ma se pro-
prio non si vuole ripudiare del tutto una cosi veneranda tradizione
raccolta nel prologo, bisognerebbe, senza dubbio, ammettere che
quella relazione del domestico di S. Rinaldo, se ci fu, ha perduto
nel testo attuale della Maior ogni colore d'immediatezza ed é stata
assorbita quasi completamente dalla redazione di un anonimo sul
finire del sec. xiv.

si è tentata più sopra, su questo punto ha un indubbio valore di do-
cumentazione.

dalla Legenda Minima e dalla Minor, quelle passate nel testo da
coevi zibaldoni storici e il plagio verbale da Sulpizio Severo, ben poco
rimane di personale. Questo carattere di documento — amalgama è
evidentissimo nella Maior. Non è uno scritto omogeneo: è una giu-
stapposizione di elementi diversi e di notizie storiche preesistenti
senza che ci sia, spessissimo, neppure la cura di nasconderne e velarne
le fonti tanto che riesce molto facile oggi, buttate via le ingenue su-
ture,

carattere di centone storico dell'attuale Maior, che; se ci fosse dav-
vero stata una relazione scritta da un famulus B. Raynaldi, essa tra-
sparirebbe nel testo come traspaiono tutti gli altri documenti utiliz-

zati.

escludere la possibilità — non piü, peró, mi sembra — che debba at-
tribuirsi, abbastanza direttamente, al famulus la sostanza della Minor
che si ritrova intera nel testo della Legenda Maior.

invece, uno scrittore non molto avveduto vissuto nella seconda metà
del sec. xiv. Questo anonimo ha, si, una certa conoscenza del SOg-

D. GINO SIGISMONDI

badi bene,- la probabilità che tra le fonti utilizzate dell'anonimo

Ora, questo è assolutamente inammissibile.
Il redattore ha messo ben poco di suo: la sinossi agiografica, come

Si osservi bene: se si tolgono le pericopi prese di sana pianta

individuare queste varie fonti da cui la Maior è nata.
Nessuna temerità critica, quindi, nell'affermare, dato questo

Ció va detto della Maior come si presenta oggi; senza, per altro,

*ock ck

Non un discepolo di S. Rinaldo, dunque, autore della Maior, ma,
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI »

getto, sa prendere di qua e di là dai codici sotto le sue mani, é al cor-
rente della letteratura agiografica e storiografica generale della zona;
ma qui si ferma la sua abilità. Sa mettere vicino, ma non sa assimi-
lare; sa raccogliere, ma non sa utilizzare in forma personale, tanto che
non é irriverente tacciarlo di plagiario. Neppure una passabile recen-
sione l'opera sua, ma, per tre quarti almeno, plagio senza eufemismo.

La fortuna ha assistito noi moderni a ritrovare la maggior parte
delle fonti di quel plagio.

E difficilissimo, peró, individuare oggi, nella estrema povertà
di documenti storici, questo plagiario anonimo redattore, più che au-
tore, della Maior negli ultimi decenni del secolo xrv al tempo del ve-
scovo hidolfucci.

Tento un'ipotesi. Che il plagiario sia stato un nocerino mi sembra
fuori discussione perché se c’è una cosa certa è questa: la Maior, è
sorta a Nocera, dove era custodita in un lezionario della cattedrale
insieme a leggende di altri Santi. Il nome più probabile dell'anonimo
mi sembra il nocerino: Luca Antonio Giacobuzi. A costui, del resto
affatto sconosciuto, le fonti storiche nocerine attribuiscono una certa
attività letteraria e proprio in questo senso lo Jacobilli riferisce: « Il
dottor Luc'Antonio di Luca Jacobuzi, nobile Nocerino, scrisse con
molta erudizione la vita di S. Rinaldo, et un catalogo de' Vescovi No-
cerini, dal mille e sei fino al 1362, estratto da codici antichissimi » (9).

Parimenti in un accurato Ala genealogico della famiglia Gia-
cobuzi che risale alla fine del sec. xvi (*) si riporta il nome di Luca
Antonio Giacobuzi con questa significativa didascalia: biografo dei
Vescovi di Nocera dal 1006 al 1362. Ora l'autore di quel catalogo
episcopale è anche autore dell’intera Legenda.

Buona conferma mi sembra trovarla nel codice della Biblioteca
Jacobilli del Seminario di Foligno C, IV, 6, dove in fondo alla vita
di S. Rinaldo si legge: «ex vetustissimo quodam esemplari ut mihi
relatum est manu excellentis juris utriusque Doctoris Lucae Antonii
Ser Jacobutij per me Eustachium fideliter examplatum » (8):

La didascalia é copiata, evidentemente, dal testo stesso della

(6) Lo JAcoBILLI, Di Nocera, ecc., p. 96.

(7) Presso di me. Questo albero genealogico di grande formato (cm. 44 x
60) termina con Angelo Giacobuzi (morto il 2 luglio 1764) e Flavio Giacobuzi
(morto il 7 novembre 1786) ultimi discendenti da un tale Giacobuzio caposti-
pite. E molto particolareggiato specialmente per il sec. xvii in cui, evidente-
mente, fu compilato.

(8) Biblioteca Jacobilli del Seminario di Foligno: Codice C, IV$ 1.79;

63

BEPERSRESC di US ee PEPPER. —

-— E- Xm 64 D. GINO SIGISMONDI

Legenda: il copista sarebbe stato un certo Eustachio, ma il testo era di
Luca Antonio Giacobuzi. Ancora: mi sembra che così vada interpre-
tata la sigla che si legge in fondo al codice della Maior della Piervis-
sani di Nocera: N. A. I. (Notarius Antonius Jacobutius).

Le varie testimonianze storiche dunque sono concordi nell’atte-
stare che il nocerino Luca Antonio Giacobuzi ha scritto una vita di
S. Rinaldo poco dopo la metà del secolo xiv. Se non è questa la vita
scritta dal Giacobuzi, insieme con la cronistoria dei vescovi dal 1006
al 1362, c'é da domandarsi, dove essa sia andata a finire, dato che non
si hanno altre legende del Santo. Spiegabilissimo invece il fatto che,
diventata la Maior, per cosi dire, la legenda ufficiale della Chiesa
Nocerina, non si sia insistito sul nome del suo compilatore che poi
cogli anni scomparve quasi del tutto.

Naturalmente non é il caso di forzare troppo questa identifica-
zione dell'anonimo autore della Maior con il nocerino Luca Antonio
Giacobuzi, ma i dati in esame sembrano autorizzarne almeno una
buona probabilità.

*

Che l’autore della Maior non sia un famulus B. Raynaldi è oggi
unanime opinione nel campo di quei critici che hanno trattato un po’
a fondo la questione. Già l’Henschen restringeva a ben poco il lavoro
del famulus, perché notava nel « Commentarius praevius » alla leg-
genda: « Famulus seu discipulus S. Raynaldi potuit eas scripsisse,
quae capite priore ad eius usque sepulturam referuntur, quae alius dein
auxit » (?) e notava la strana analoigia tra i miracoli di S. Rinaldo e
quelli di S. Martino di Tours riportati da Sulpizio Severo (19).

Questa stessa somiglianza dei miracoli di S. Rinaldo e quelli
di. S. Martino rileva anche il Mittarelli negli Annales Camaldu-
lenses (t).

Per il Papebroeck è chiaro «ex articulo ultimo, in quo finitur
Series Episcoporum Nucerinorum » che la Maior è stata compilata
al tempo del vescovo Ridolfucci. Quanto al valore storico riferisce
che già il cardinale Sanseverino (morto nel 1622) aveva notato « quae
S. Raynaldum spectant, apocrypha esse, ...et non pauca ex Actis
S. Martini Turonensis episcopi mutuata videri ».

(9) G. HENSCHEN, op. cit., p. 373.
(10) G. HENSCHEN, op. cit., p. 376.
(11) MrrrAnELLI Annales Camaldulenses. Vol. IV, p. 173.
LA « LEGENDA BEATI RAYNOLDI » 65

Il Papebroeck, pure dubitandone — quantuncumque priora de
Raynaldo vacillent, afferma riferendosi al testo precedente la crono-
tassi episcopale — lascia ai posteri il definitivo giudizio critico (139).

I moderni sono più decisi. Il Poncelet afferma senz'altro: « vitam
a discipulo S. Raynaldi nequaquam esse scriptam » (8). Ed, escludendo
come « certo certius » che i miracoli riferiti siano di S. Rinaldo, mette
un gravissimo dubbio che l'anonimo compilatore si sia servito della
relazione del famulus: « utrum autem id saltem tuto credi possit...
vitam a recentiore scriptore confectam esse ad ea quae Sancti minister
olim retulisset, maxime dubium videtur » (5).

Per il Castellucci «alla redazione definitiva della Leggenda ave-
van posto mano tre diversi compilatori, il primo dei quali, vissuto al
tempo in cui la sede nocerina era occupata da Alessandro Vincioli
(1327-1362), aveva ritessuto la biografia di Rinaldo fino alla sua morte;
il secondo, contemporaneo del Vescovo Luca Ridolfucci (1363-1389),
aveva aggiunto, come corollario, i falsi miracoli in questione, il terzo
finalmente, un certo Silvestro Ser Angeli, in sugli inizi del sec. xv,
aveva arricchito la leggenda di alcuni miracoli, realmente operati dal
Santo dopo la sua morte, in quel secolo stesso » (35).

A parte Silvestro Ser Angeli, cui sono dovuti i veri miracoli del
santo, la vivisezione, veramente, sembra eccessiva: non ci sono ele-
menti sufficienti per supporre due diversi compilatori della leggenda.
Basta, come si é fatto sopra, ricorrere ad un solo compilatore, il quale
per la sua imperizia nel riunire i vari documenti che ha tra le mani,
li lascia cosi slegati da far pensare ad una pluralità di autori. C'è, sì,
una pluralità, ma soltanto di fonti e non di compilatori. Per il Ca-
stellucci, è, comunque, fuori discussione la storicità della Maior per-
ché «l’autore della leggenda incriminata, in più luoghi del suo scritto
accennava a fonti e a documenti anteriori certamente autentici e
degni di fede, di cui, oltre che della tradizione, si era servito per la sua
compilazione». Tra queste fonti indica il Castellucci, con felice intuito
critico, quella che sopra è stata chiamata la Legenda minor. Più radi-

(12) D. PAPEBROECK, De B. Alexandro Vinciolo, in Acta Sanctorum, Maii,
Venetiis, MDCCXXXVII, T. I, p. 818.

(13) PoncELET, Catalogus-Cod. Hagiogr. Lat. Bibliotecae Vaticanae, Bruxel-
lis, apud Socios Bollandianos, 1910, p. 494.

(14) PONCELET, op. cit., p. 494.

(15) CasrELLuccr, La più antica fonte della vita di S. Rinaldo in VII
Centenario di S. Rinaldo, Fabriano, Tipografia Gentile, 1925, p. 17.

5
66 D. GINO SIGISMONDI

cale è Francesco Mari. In un articolo dallo spirito fondamentalmente
iconoclasta il Mari affermava tra l’altro «che il plagio sia stato let-
terale si rileva da un semplice raffronto del testo di Sulpizio col co-
dice Alessandrino, dove il nostro breviator Sulpitii non fa altro che
sostituire il nome di Rinaldo a quello di Martino, abbreviare alquanto
il raccordo e sopprimere quelle circostanze che avrebbero prodotto una
troppo evidente stonatura; quando aggiunge del suo si addimostra
rozzo e ignorante » (19).

Il Mari pensa che l'autore di questa vita di S. Rinaldo « non sia

. altro che un ignorante e sfrontato plagiario », e lascia ad altri il com-

pito di «scovare il nome di questo volgare falsario » (?). Di più dif-
ficilmente si poteva scrivere.

Ma qui si sconfina dal settore puramente critico — chi è l'autore
della leggenda ufficiale di S. Rinaldo — in quello più delicato del suo
valore storico. Il Mari nega, naturalmente, ogni storicità alla leggenda.
Ora tale illazione, pur stigmatizzando il plagio agiografico, non è giu-
stificata. Plagiario, sì, il compilatore della Maior, anche falsario nella
sezione miracoli, ma, non falsario per il resto della leggenda. Il falso
evidente nei miracoli non si può estendere alle altre sezioni. Simile
generalizzazione, tenendo sopratutto presente il carattere di una spe-
cie di mosaico storico della Maior, non è scientifica. Giudicarla come
un tutt'uno unitario e originario, e trarne le relative conseguenze, è
errore funesto. La storicità della Maior, sul piano strettamente obiet-
tivo e sereno dell’ermeneutica dei documenti, è complessa: va dal
falso assoluto — quale la pericope dei miracoli — alla piena auten-
ticità. i |

Tra le sezioni pienamente storiche, per esempio, vanno messe.
quelle passate qui dalla Legenda minima e minor. Se quelle leg-
gende hanno pieno valore storico da sole — e si è ampiamente dimo-
Strato altrove —, mantengono questo stesso valore anche se incorpo-
rate in un testo che per sé e in altre sezioni puó essere sospetto.

La Maior ha il suo valore storico dalle fonti che cita; e, siccome

(16) F. Mari, Di un curioso esempio di plagio agiografico, in Rivista storico-
critica delle Scienze Teologiche, Roma 1909, p. 926. |
(17) F. MARI, op. cit., p. 925.
LE « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 67

sostanzialmente é una giustapposizione di fonti varie, vario ne é anche
il giudizio critico. í

La questione viene cosi spostata; e se essa 6 risolta in senso affer-
mativo globale, lo é appunto perché attendibili sono le fonti, da cui
la Maior scaturisce quasi tutta con pochissime modificazioni.

Un giudizio negativo a priori o soltanto avendo dinanzi agli occhi
il falso dei miracoli non sembra né sereno né serio. Occorre prima di
pronunciarsi in senso definitivo vivisezionare il testo individuando-
ne le fonti, e esaminare queste fonti ad una ad una. Quest'accu-
rata analisi s'impone. Soltanto cosi si eviterà il pericolo di gene-

ralizzazioni ingiuste e sempliciste e si sarà fatto coscienzioso lavoro
scientifico.

tt ci rn IR MAIN dt ciù
dea og AR (ES,

68 D. GINO SIGISMONDI

CAPITOLO VI

IL VALORE STORICO DELLA LEGENDA MAIOR

Un'analisi, sotto l'aspetto storico, della Maior — provato il suo
indiscutibile carattere di centone raffazzonato e derivato da molte-
plici e vari documenti — é impossibile senza una divisione in sezioni.

Tali sezioni traspaiono abbastanza bene dal testo e possono essere
cosi specificate:

1) Ampliamento delle Legende minima e minor.
2) I miracoli, plagio da S. Martino di Tours.
3) Pericopi storiche varie.

1. —- AMPLIAMENTO DELLA MINIMA E DELLA MINOR.

Uno sguardo alla colonna delle fonti é sufficiente per convincersi

. che il redattore della Maior ha avuto sotto gli occhi la Minima e

la Minor, da cui il più delle volte copia letteralmente. La storicità
di questa fonte della Maior, dopo ció che si é detto della Minima
e della Minor, non si puó mettere in discüssione. E, tuttavia, interes-
sante, sempre allo scopo di una conferma dell'attendibilità storica,
spingere l'analisi ai particolari. Possono questi essere individuati
cosi: genealogia, vita monastica nel monastero di Fonte Avellana, il
triennio episcopale, la morte e la sepoltura. |

La genealogia. — Le genealogie sono di per sé un ginepraio, in cui
per la mancanza di documenti é difficilissimo per il critico moderno
orientarsi. Pur riconoscendo che idee confuse quanto le nostre dovet-
tero avere i cronisti del tempo, per ciò che riguarda S. Rinaldo si è su
terreno abbastanza sicuro. La genealogia remota è, però, certamente
difettosa. I tre conti di discendenza tedesca sarebbero: Lupo, Vico
ed Eufredo, ai quali sarebbero state assegnate in feudi varie terre.
Varia è la determinazione di queste terre nelle fonti, e quindi è di
dubbio valore. i

Ma c’è di più. Sembra che Lupo e Vico siano la stessa persona,
almeno a dare ascolto ai diligenti studiosi del sec. xvir, Dorio e Jaco-
billi; secondo costoro i tre conti sarebbero: Euffredo, Lupo (Vico),
Arnolfo.

Errore evidente è anche che vengano direttamente di Germania:
i genealogisti cinquecenteschi e secenteschi li fanno discendere diret-
4

LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 69

tamente da Monaldo, il quale sarebbe un tardo discendente di un
duca longobardo.

Interessante, ad illuminare il complesso del testo, é un brano
del Chronicon Gualdense : « Tres fratres germani nobiles et filii comites
Munaldi fuerunt, qui ab Octone III imperatore valde privilegiati sunt ;
scilicet Vicus (sive Lupus) Offredus et Arnulphus, qui supra Nuce-
riam Fulgineum et Camerinum multa castra et tenimenta possidebant,
et a diclo imperatore fuerunt creati Vicarii imperiales in pluribus castris
Provinciae Umbriae ».

Il nucleo storico quale viene tramandato nel Chronicon Gualdense
è poi passato attraverso la Legenda minima nella Maior con poche
varianti, e, nella sua sostanza, dovrebbe corrispondere alla realtà
degli avvenimenti. Ma questo è tutto ciò che si può affermare oggi con
sicurezza approssimativa: dedurre di più dalla povertà delle fonti è un
pretender troppo.

Ma se la genealogia generale, specialmente nei capostipiti, appare
difettosa, quella particolare relativa a S. Rinaldo è esatta. S. Rinaldo
è della stirpe di Vico e suo padre si chiamava Napoleone. Il relativo
albero genealogico quale si può ricostruire leggendo sopratutto il Dorio
è il seguente:

Monaldo

|
| |

Eufredo Vico (Lupo) Arnolfo
I

l
|
]

Mainardo

Napoleone conte di Postignano

|
| | |

Rodolfo S. Rinaldo Leonardo

Appartengono costoro ai conti d'Antignano o semplicemente de
Comitibus. Fu l’imperatore Federico Barbarossa che nominò Napo-
leone I, padre di S. Rinaldo, conte di Postignano, di Gaifana e di
altri luoghi nel territorio di Nocera, di Bevagna e di Foligno (1).

(1) Cfr. per la genealogia D. Donro, Istoria della famiglia Trinci, Foligno,
Alterij, 1638, passim, specialmente pp. 27-29, 36, 46, 76, 96, 97.
D. GINO SIGISMONDI

Una variante notevole: mentre la Legenda minima fa discen-
dere Napoleone da Lupo, la Maior lo fa discendere da Eufredo. Ci deve
essere una certa confusione, a meno che non si voglia armonizzare am-
bedue le versioni con lo Jacobilli dicendo che S. Rinaldo discende
«dalla nobilissima stirpe di Vico, detto Lupo, e di Offredo, li quali
Lupo e Offredo dominarono gran parte della Provincia dell Umbria » (?).

Qualcuno dei nomi dei ricchi feudatari di cui parla la Maior è noto
anche aliunde: Eufredo, per esempio, dotava nel 1008 il monastero di
5. Benedetto di Gualdo, attorno al quale crebbe poi la nuova città
in sostituzione di Tadino abbandonata nel piano (3).

Nella Legenda non sono dati né anno né luogo della nascita di
5. Rinaldo, ma si puó accettare quanto specificano, raccogliendo l'an-
tichissima tradizione, il Dorio e lo Jacobilli: S. Rinaldo nacque nel
castello avito di Postignano nel 1157. |

Vita monastica a Fonte Avellana. — La permanenza di S. Rinaldo
nell'Eremo di S. Croce di Fonte Avellana, quale semplice monaco
prima e poi quale priore della comunità, è uno dei dati più sicuri della
sua vita. Si hanno vari documenti al di fuori della Legenda B. Raynaldi
nella sua triplice forma che l’attestano: e tale conferma alla Legenda
è, di per sé, notevolissima. In un rogito in data 9 febbraio 1199 di un
notaio fabrianese (un giorno esistente nell’archivio di Fabriano, dove
lo vide il Sarti) il priore di S. Croce dell’Avellana, Giovanni, fa alcune
concessioni ai consoli di Fabriano, alla presenza di Giovanni proposto
della Chiesa di S. Maria di Vallemergo e dei testimoni monaci della
stessa Chiesa di Vallemergo Trasmondo e Rinaldo (4). Gli storici rico-
noscono in Trasmondo il futuro vescovo di Senigallia e in Rinaldo il
futuro santo vescovo di Nocera. Ricorre ancora il suo nome in un di-
ploma pontificio di Onorio III in data 7 aprile 1218, nel quale il papa
dà amplissimi privilegi « dilectis filiis Raynaldo priori heremi S. Crucis
Fontis Avellanae eiusque fratribus tam praesentibus, quam futuris
regularem vitam professis in perpetuum » (5). Probabilmente in que-
sto stesso anno 1218 S. Rinaldo era stato eletto priore di Fonte Avel-

(2) L. JAcoBILLI, Vite de Santi e Beati dell Umbria. Foligno 1647, tip.
Alter; T. I. p. 2106. :

(3) D. Donro, Istoria, ecc., p. 39 e segg. È riportato intero l'atto di dona-
zione.

(4) Cfr. A. GiBELLI, Monografia dell Antico Monastero di S. Croce di
Fonte Avellana, Faenza, 1896, p. 137. È riportato in nota il testo del rogito
descritto dal Sarti. :

(5) Il testo in Annales Camaldulenses, tomo IV, append. col. 380. Cfr.
anche GIBELLI, op. cit., p. 354. i
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 71

lana e superiore generale della Congregazione Avellanense. Il diploma
datato dal Laterano e scritto da Rainerio Vice Cancelliere di S. Ro-
mana Chiesa fu sottoscritto dallo stesso sommo pontefice Onorio III
e da alcuni cardinali. In un’altra bolla di Onorio III, in data 30 set-
tembre 1218, si trova riassunto un famoso lodo di S. Rinaldo. Ecco i
fatti. Alberghetto podestà di Fano aveva invaso insieme con una schie-
ra di fanesi il territorio di Fossombrone, saccheggiando case e chiese;
temendo l’ira degli abitanti di Fossombrone volle fortificare e restau-
rare le mura della città di Fano. A questo scopo gravò di enormi tasse
gli abitanti, i quali trovarono nel vescovo Riccardo, un monaco avel-
lanita, il loro difensore. Alberghetto non desistette dalla sue iniquità,

anzi insieme con i suoi seguaci mise fuori un bando con il quale veniva .

severamente proibito di avvicinarsi al vescovo e ai suoi famigliari
privati di ogni rifornimento di viveri. Il vescovo per 22 giorni rimase
isolato nel suo palazzo. Il priore dell’Avellana Rinaldo insieme con
Gerardo vescovo di Ancona e Trasmondo vescovo di Senigallia si recò
a Fano per conciliare le parti in aspra contesa. Rinaldo, insieme con
gli altri vescovi, cui Riccardo aveva esposto ogni cosa e alle cui
decisioni si era rimesso, eletto arbitro, dette torto ad Alberghetto.
Il podestà non si arrese, anzi giunse ad entrare con la violenza
nell'episcopio mettendo le mani sacrileghe sul vescovo Riccardo, i suoi

chierici e le sacre reliquie, e asportando le cose preziose, i privilegi

e le bolle pontificie. Allora il legato pontificio Andrea di Alatri sco-
municò Alberghetto e la città di Fano. Nonostante l’assoluzione data
loro, per misericordia del vescovo Riccardo, non si umiliarono, ma di-
ventarono più pertinaci, tanto che lo stesso sommo pontefice li sco-
municò di nuovo con la bolla del 30 settembre 1218 scritta da Feren-

. tino: nella bolla è riassunto il lodo di S. Rinaldo ($).

Ma ormai S. Rinaldo non era più a Fano. Il 6 settembre 1218 si
trova in Cingoli: in questa città gli avellaniti avevano il monastero
di S. Esuperanzio. S. Rinaldo è presente in un istrumento relativo a
questo monastero (7).

Il 14 settembre è a Senigallia come si legge in un atto concer-
nente il monastero di S. Croce dell’Avellana (8). E in un ultimo atto
stipulato il 12 dicembre 1218 è presente S. Rinaldo. In questo docu-
mento, una donazione, accanto al nome del priore si trova Rinaldo

(6) A. GIBELLI, op. cit., pp. 145-146. Il testo della bolla si può leggere negli
Annales Camaldulenses, T. IV, pp. 251-252.
(7) Annales Camaldulenses, T. IX, p. 43. Cfr. A. GIBELLI, op. cit., p. 147.
(8) Annales Camaldulenses, T. IX, p. 44. Cfr. A. GIBELLI, op. cit., p. 147.

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È
] 72 D. GINO SIGISMONDI

prima del priore claustrale Berardo e del cellerario Liberio (?). Eviden-
temente Rinaldo non era più il superiore dell’ Avellana perché sono
pronti i suoi successori, ma il suo nome ha la precedenza sul priore
locale a titolo di onore. La Legenda sui lunghi anni del monaco Ri-
naldo all’Avellana non specifica nulla, è generica; non sa quanto tempo
ci sia rimasto, ignora completamente l’attività di S. Rinaldo come
priore. Indizio sicuro che la Legenda non ha conosciuto i documenti .
sopra citati, che gettano viva luce sul periodo più lungo della vita
del santo specialmente durante il suo priorato nei cinque documenti
del 1218, che è l’anno meglio noto di tutta la sua biografia. ’
Per gli estremi di tempo della vita monastica di S. Rinaldo bi-
sogna ancora una volta affidarsi alla tradizione la quale fissa il 1182
per il suo inizio e il 1218 per il suo termine. Dovette essere eletto priore
dell'Avellana nei primi mesi del 1217 poiché in data 31 dicembre 1216
si ha un documento in cui figura il priore Giovanni suo antecessore (19).
Il tenor di vita che S. Rinaldo condusse all'Avellana — nonostante
il silenzio della Legenda, la quale, peró, fa ben comprendere quali siano
state le sue austerità nell'eremo descrivendoci sobriamente ma efficace-
mente le rigidezze sulla cattedra episcopale — si puó ricostruire con la
lettura attenta degli opuscoli 14 e 15 di S. Pier Damiani, che conten-
gono le regola che per lunghi anni santificó gli eremiti nelle asprezze
del Catria. Queste norme di S. Pier Damiani, che al tempo in cui Dante
scriveva il Paradiso (Canto XXI, v. 119) erano in gran parte andate
in disuso, vigevano in tutta la loro efficacia quando S. Rinaldo fu
monaco prima e priore poi del celebre eremo. Anzi, per completare
l'argomento, é da aggiungere che piü che monaco nel senso moderno
del termine, cioé dimorante in un monastero, come cenobita, S. Ri-
naldo fu eremita, cioé religioso isolato in una cella. Infatti in questo
tempo il vero nome della sua congregazione religiosa era « Congre-
gatio Eremi Fontis Avellanae » e soltanto nel 1325 il papa Giovan-
ni XXII aboliva la vita eremitica e vi instaurava la vita cenobitica,
trasformando Fonte Avellana in abbazia. La terminologia della Maior
è perciò particolarmente precisa nel documentare: «in venerabili
monasterio Heremi Sanctae Crucis Fontis Avellanae ad serviendum
Deo se reclusit ». E corrisponde perfettamente alla realtà storica,
quale si puó ricostruire oggi sulla traccia del Damiani, quanto ancora

(9) Annales Camaldulenses, T. IX, p. 63. Cfr. A. GIBELLI, op. cit., p. 148.
(10) Annales Camaldulenses, T. IX, p. 43. Cfr. A. GIBELLI, op. cit., pp. 140-141.
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 73

si legge: « ieiuniis, vigiliis, sanctis orationibus et meditationibus excer-
citatus Deo fideliter adhaesit » (1).

Gli episodi caratteristici della vita episcopale di S. Rinaldo. — La
Legenda cosi stringata nel narrare la vita eremitica di S. Rinaldo si
diffonde alquanto nel descrivere la sua vita episcopale. Anzi alla ge-
nerica affermazione che non cambió il suo modo di vivere fa seguire
alcuni caratteristici episodi — il puerulus, il cubicularius e il santo
sdegno nella pieve di S. Felicita — nei quali sarebbe anche possibile
vedere il ricordo vivo del famulus cui si attribuirebbe la stesura della
vita primitiva del santo. Intesa cosi, nel suo complesso la supposi-
zione é improbabile, per quanto detto piü sopra, e l'escluderei del
tutto; al più si potrebbe ammettere che si ha in questi episodi il nu-
cleo biografico derivato piü direttamente dai contemporanei e — per-
ché no? — dai familiari di S. Rinaldo. Certo il sapore suggestivo della
documentazione episodica della sua vita episcopale riporta facil-
mente a dati di fatto raccolti dalla prima tradizione dei coevi del santo,
anche perché questi dati tradizionali dovevano aver colpito immensa-
mente i buoni nocerini. A quei tempi di sfarzo grandioso il monaco
diventato vescovo si stagliava ben al di sopra dei suoi contemporanei
e brillava intorno alla sua fama l'aureola dell'austerità e della carità.
Il valore storico di questi brani non potrebbe essere più completo,
anche se letterariamente, tranne l'episodio della pieve di S. Felicita,
son passati qui dalle più antiche Legenda Minima e Minor. La man-
canza di riscontro dell'episodio di S. Felicita di queste leggende, non
lo deve rendere, per questo, sospetto nella Maior. L'episodio non é
supponibile spurio, ma deve essere arrivato al redattore della Maior
da quel patrimonio (oggi controllabile in minima parte) di ricordi
che avevano circondato l'intrepida fermezza del vescovo-monaco.
Basta osservare a conferma la cornice storica dell'episodio. E perfet-
tamente esatta. L'« Ecclesia Sancti Petri districtus Gualdi » € ben nota.
In località oggi detta Casalino sulla via che da Margnano va a S. Lo-
renzo esisteva una chiesa dedicata a S. Pietro. Appare tale chiesa, tra
l'altro, nel Decimario Pontificio degli anni 1333-1334 e in alcuni docu-
menti notarili dei primi anni del sec. xvi conservati a Gualdo Tadino (1°).

Ed è, anche, ben nota proprio nelle vicinanze di S. Pietro la « plebs
Sanctae Felicitatis »: parlano di essa varie pergamene gualdesi di poco

(11) Cfr. il testo riportato nel capitolo IV.
(12) Cfr. R. GUERRIERI, Storia civile ed ecclesiastica del Comune di Gualdo
Tadino, Gubbio, Oderisi, 1933, p. 556.

, n , bs.
ea Ta ea o i REMO ni ee lu 74 D. GINO SIGISMONDI

posteriori a S. Rinaldo in data 10 settembre 1232, 11 giugno 1235,
27 febbraio 1236, 5 novembre 1263 (5). La pieve di S. Felicita nel
villaggio di Busche è una delle più antiche chiese del territorio di
Gualdo. La chiesa andata in rovina fu sostituita tra il 1633 e il 1634
da una nuova chiesa di S. Felicita nel villaggio di Busche, ed ivi fu
trasportato anche l’antico trittico in legno che ne ornava l’altare. In
questa tavola, che si attribuisce alla Scuola Eugubina di Ottaviano
Nelli nella prima metà del sec. xv, quasi a perpetuare il ricordo del-
l’episodio della Maior è raffigurato, tra altri santi, anche S. Rinaldo (25)
E, forse, il più antico dipinto che si ha del santo vescovo.
Pure da sicure testimonianze dirette contemporanee vengono le
informazioni sulla morte e la sepoltura di S. Rinaldo. Così lo scempio
del suo sacro corpo nel 1248 e l’ininterrotta venerazione negli anni. Si
è sul solido terreno della certezza storica, tanto è evidente l’utilizza-
zione di particolari dati di fatto.
Imprecisa, invece, appare la cronologia, ma anche ciò è spiega-
bile tenendo presente la mentalità storiografica del tempo, che poco
o nulla curava i dati cronologici. La Maior dice che S. Rinaldo do-
vette essere vescovo per tre anni, ma lo dice in forma non del tutto
rassicurante — «videtur quod Beatus Raynaldus tribus annis episco-
pus fuit» — perché (è facile arguire oggi) su questo punto nulla gli
dicono le fonti da cui attinge, e perciò supplisce e completa con per-
sonali congetture. In fondo è un indizio di un certo lodevole richiamo
alla schiettezza dello storico. Quel « videtur » quindi, non derime la
questione cronologica, non preclude ulteriori indagini più accurate
e precise. Ora i moderni sono in grado di portare maggiore determi-
nazione nel settore strettamente cronologico, senza per questo fare
una colpa all'autore della Maior dei suoi errori che, candidamente
confessa, debbono attribuirsi a lui personalmente. Rimangono, sì, i
tre anni di episcopato, ma dal 1218 al 1222 e non dal 1222 al 1225.
Dal documento dell’Avellana relativo al priore successore di
S. Rinaldo, è certo che nel 1218 il santo fu eletto vescovo di Nocera,
di cui dovette prendere possesso tra la fine del 1218 e il principio del
1219. Il «terminus a quo » dell’inizio dell’episcopato nocerino non
potrebbe essere più sicuro.
Incerto, invece, è l’anno della morte del santo. Si sa, comunque,
con sicurezza che nel 1224 è già vescovo il suo successore Pelagio, il

(13) R. GUERRIERI, op. cit., pp. 553-554.
(14) R. GUERRIERI, op. cit., p. 555.
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 75

cui nome come vescovo di Nocera si trova in un documento in data
26 settembre 1224 conservato oggi nell'Archivio di Sassovivo: è una
«donatio pro S. Stefano de Gallano, cum reservatione juris patrona-
tus Ecclesiae B. M. V. et S. Jacobi aedificandae » (19).

L'Ughelli dice che Pelagio « defuncto Raynaldo ad eumdem eu
scopatum evectus est anno 1223, consecratus eodem anno ab Hono-
rio III ut haberetur in eiusdem Pontificis regesto » (19).

Lo Jacobilli precisa che Pelagio fu eletto nel 1222 e confermato
da papa Onorio III, di cui egli pure cita il regesto. Nell'impossibilità
di un necessario controllo, pur non tenendo conto per semplificazione
di queste testimonianze e accettando invece ció che sembra indiscu-
tibile nei dati tradizionali cioé un triennio per l'episcopato di S. Ri-
naldo, partendo dall'indubbio 1218 non si va più in là del 1222

Questa, infatti, è la cronologia accettata dall'Ughelli (7), dal Do-
rio (18), dallo Jacobilli (?) e dal Vincioli (??). Non sono probabili, quindi,
i dati della Maior che accettano anche oggi il Gams (3) e l'Eubel (2).

Anche per il giorno della morte, 9 febbraio, si fa affidamento
sulla antichissima tradizione sanzionata ab immemorabili nella festa
liturgica; la variante di un codice della Maior che riporta tale data
non é criticamente accettabile e deriva senza dubbio da questa tra-
dizione liturgica.

2. — I MIRACOLI DELLA « LEGENDA MAIOR ».

Il compilatore della Maior doveva essere abbastanza sorpreso di
fronte alla genericità delle sue fonti nei riguardi dei miracoli di S. Ri-
naldo. Il « multis claruit signis » era troppo poco, e non era sufficiente
ad appagare la curiosità sensazionale e sempre miracolistica dei suoi
devoti lettori. E allora ? Pensó di superare il disappunto, prendendo
altrove ad imprestito i miracoli; precisamente saccheggiando la vita
di S. Martino di Tours conosciutissima in tutto il medioevo. Lo schema

(15) Archivio di Sassovivo, fasc. 94, p. 1250.

(16) F. UGHELLI, Italia Sacra, T. I, col. 1067, n. 21.

(17) F. UGHELLI, op. cit., p. 20.

(18) D. Donro, Codice C, VIII, 11 della Biblioteca Jacobilli di. Foligno.

(19) JAcoBiLLI, passim nelle sue opere.

(20) G. VINCIOLI, VALE di IX soggetti della Famiglia Vincioli, Perugia,
1734, p. 82.

(21) D. B. GaMws, Series Episcoporum E ocleside Cath., Ratisbona, 1873,
p. 709.
(22) C. EuBEL, Hierarchia Ecclesiastica, p. 373.

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76 D. GINO SIGISMONDI

della vita del santo vescovo francese, famoso per la sua carità, aveva
servito da intelaiatura a vari agiografi e poteva senza scrupoli servir-
sene il redattore della Maior: sarebbe bastato sostituire qua e là il
«Martinus » con « Raynaldus ». Presto fatto, e il testo della Maior
è completo per la pia edificazione dei fedeli, i quali sforniti di ogni
senso critico non avrebbero certo avvertito nella loro candida sem-
plicità l’ignobile plagio.

Ma, per i moderni, riconosciuto questo evidentissimo plagio e il
conseguente falso, è riconosciuto tutto. Ed è perfettamente inutile in-
sistere, in sede storica, sull'inverosomiglianza di alcuni particolari, che
più saltano agli occhi quale per esempio quello relativo al banchetto
di S. Rinaldo con Federico II. Una volta messosi per la strada del
plagio il compilatore della Maior è andato sino in fondo, forzando
appena appena con qualche sostituzione di nomi il testo di Sulpizio
Severo. E cornice pseudostorica, frutto ingenuo di pura fantasia. Il
plagio non ha attenuanti, se si eccettui la relativa facilità con cui si
ripeteva dall'agiografia del tempo. Purtroppo, nonostante lo scandalo
dei critici di oggi, allora capitava anche questo e non proprio con
eccezionale rarità. Cosi, tanto per fare un esempio, era avvenuto per
S. Barbaziano di Ravenna i cui miracoli sono tolti dalla biografia dei
SS. Ciro e Giovanni di Alessandria d'Egitto (2). « Il volgo medioevale,
scrive il Lanzoni, concepi il Santo quasi esclusivamente come autore
di miracoli compiuti da lui... A causa di questo erroneo concetto
(quantunque non solo per questo) buon numero di agiografi medio-
evali non solo diedero le primissime parti dei loro racconti ai fatti
prodigiosi; ma in mancanza di materiale adatto, senza scrupolo an-
darono a prenderli in prestito da quei documenti congeneri che ne
potevano fornire in gran copia ».

C'è, piuttosto, da domandarsi se i poco scrupolosi agiografi erano
veramente coscienti, e quindi responsabili, del falso che asserivano.
Bisogna davvero dubitarne perché, scrive sensatamente il Castel-
lucci « molte volte, a risparmiar tempo e diminuir fatica, tolsero di
sana pianta da altre opere ed applicarono al santo, di cui facevano
il panegirico fatti e miracoli che non gli appartenevano, convinti che,
fuori del campo strettamente storico, tanto valesse alla edificazione
il vero quanto il verosimile, tanto il realmente accaduto, quanto l'in-
ventato o l’applicato » (25).

(23) LANZONI, op. cit., p. 218.
(24) CasTELLUccI, articolo citato; p. 19 nota terza.
LA € LEGENDA BEATI RAYNALDI » 77 M

Il redattore della Maior tra costoro e fa precisamente come co- Tii
storo, non rendendosi completamente conto che quel criterio di edifi- !
cazione, cui solo badava scrivendo, avrebbe compromesso la sua se-
rietà storica. E di fatti la pericope pseudo-miracolistica della vita di Wb
5. Rinaldo è responsabile di aver gettato l'ombra sinistra di una colos- - VUE:
sale mistificazione storico-agiografica su tutta la biografia del santo. i
E a prima vista sembra logico un ragionamento lineare come questo: NEGRO
qui siamo nel plagio e nel falso sicuramente, dunque anche tutto il WIE
resto é, per lo meno, dubbio. Per sfuggire e superare questa sensa- INT
zione di generale diffidenza è necessaria un’ampia vivisezione del testo, Hd
sottoponendolo ad un rigoroso controllo ed esame in sede puramente
storico-critica, come si è cercato di fare nel corso di questa laboriosa
trattazione.

Ma forse la causa prima di questo plagio va ricercato nella man- dud
.canza di documenti sui veri miracoli operati dal santo. Questi mira- mM
coli ci sono stati, e molti, a testimonianza della Minor : « multis cla- IN
ruit signis ». La frase, è, sì, impegnativa e quindi degna di essere ac-
colta, ma è anche generica e perciò indeterminata. Perché ? Era il
carattere stesso del complesso della Minor così schematica che im-
pediva una specificazione; ci doveva essere, d’altra parte, già una rac-
colta a sé dei miracoli di S. Rinaldo fatta con ogni probabilità dal ve-
scovo successore del santo, Pelagio. Così almeno testimonia esplicita-
mente lo Jacobilli e non ci sono, in questo, motivi seri per non cre-
dergli (2). Ma quella raccolta dovette, per tempo e per motivi oggi
difficilmente individuabili, andar perduta certo prima della metà del
sec. xiv perché non è capitata tra le mani del redattore della Maior,
che l’avrebbe utilizzata. Quella raccolta, che si può chiamare ufficiale, |
di miracoli doveva essere anche abbastanza completa, cioé miracoli B
in vita, in morte e dopo morte, secondo il classico schema in materia, IU |
se proprio nessuno di essi é sfuggito in altri documenti. Ma in ció la UR |
povertà dei documenti oggi sopravissuti alle molte vicissitudini dei ;
nostri archivi ha la sua parte di responsabilità. |

Miracoli veramente autentici sono arrivati come appendice alla nr
Maior: sono essi dei primi decenni del sec. xv, più precisamente 1414- ABE

Sali i

1415, rogati dal notaio Silvestro Ser Angeli che un tempo costituivano pua
un piccolo codice a sé dell'Archivio della cattedrale di Nocera. Il no- | IN j
taio nocerino avrà, forse, ubbidito alla stessa esigenza di documenta- |

(25) L. JAcoBILLI, Vita de’ Santi, ecc., II; p. 223.
* i j
A i

78 D. GINO SIGISMONDI

zione che aveva già suggerito al vescovo Pelagio la primitiva raccolta
ufficiale a questo tempo già perduta. .

Nessun dubbio su questi miracoli. L'ambiente storico che sup-
pongono e in parte descrivono, è esatto. Gli anni sono 1414-1415 e
precisamente: il ringraziamento per il primo miracolo è del 15 agosto
1414, il secondo e il sesto parlano di una terribile pestilenza che de-
vastò Nocera per cinque mesi nel 1414, si parla anche di un prigio-
niero nella Rocca; per di più nel primo si nomina espressamente Cec-
colino Michelotti che faceva strage con la guerra in Nocera e dintorni.
Circostanze queste, tutte facilmente documentabili aliunde. Di pe-
stilenze più o meno violente è piena la storia di ogni città in questo
tempo; quanto al perugino Ceccolino Michelotti (il fratello del famoso
Biordo Michelotti) è ben nota la sua attività guerresca nell'Umbria
come capitano di ventura fino alla sua totale sconfitta nel piano di
Assisi nel luglio del 1416. C'é, piuttosto, da rettificare la terminologia .
del notaio Ser Angeli: più che di miracoli veri e propri nel senso pieno
della parola si tratta, in gran parte, di grazie specialissime ottenute
per intercessione di S. Rinaldo.

Dopo questo piccolo codice di miracoli non si ha altra memoria,
ma prodigi ci devono essere stati anche nei secoli xv e xvi, se al prin-
cipio del sec. xvi il vescovo Florenzi « formó nuovo processo sopra li
suoi miracoli, e li fece descrivere in libro particolare, a maggior elu-
cenza della santità di questo glorioso Avvocato della Città e Diocesi
Nocerina » (*). Ma anche questa relazione autentica, è, oggi, irre-
peribile. Di un'altra relazione, anch'essa perduta, sui miracoli che
avvenivano per intercessione di S. Rinaldo negli anni 1716-1717 ci dà
notizia il vescovo Alessandro Borgia nella sua Chronica Ecclesiae Nuce-
rinae » (?). Nella stessa cronaca il Borgia riporta due miracoli; il pri-
mo avvenuto l'8 febbraio 1719 (®), il secondo nel febbraio del 1721 (?°).

(26) JAcoBILLI, Vita de’ Santi, ecc., I, p. 221.

(27) A. ALFIERI, La Cronaca del Vescovo Borgia,traduzione, Roma, Desclée,
1910, p. 9.
(28) A. ALFIERI, op. cit., p. 39.
(29) A. ALFIERI, op. cit., p. 52.
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI »

CAPITOLO VII

LE PERICOPI STORICHE DELLA MAIOR

Infarcite nel testo della Maior senza alcun legame, spesso, con
il testo, ci sono varie notizie storiche. Al critico moderno abituato
alla esposizione logica e cronologica dei fatti in connessione tra loro
riuscirebbero inspiegabili queste eterogenee pericopi se non avesse
presente che questa era l’abitudine dell’agiografia medioevale.
Criterio, oggi condannabilissimo, ma di esso bisogna tener

conto come di un dato evidente negli scrittori dell’epoca. Valga, per
tutti (per non uscire dall’agiografia diocesana) l’esempio del Lezio-
nario di S. Facondino nel codice della Vaticana n. 7853, che è della
fine del sec. xir. La biografia del santo si riduce a ben poco, contor-
nata com'è da notizie svariatissime che con la sua vita non hanno nul-
la a vedere, o ben poco. L’agiografo prende l’occasione per narrare, a
proposito e a sproposito, tutto ciò che sa non solo del santo, di Tadi-
no, delle città distrutte nella zona, degli eremitori, della chiesa di Usen-
ti e così via: a cercare un vero nesso tra queste notizie tra loro e con il
testo della Legenda si farebbe una fatica quasi inutile, tanto esso, se
c'é e quando c’è, si riduce ai minimi termini. Questo stesso modo di
fare si riscontra nella Maior. E qui, più che altrove, è documentabile
il saccheggio di fonti preesistenti. Ha voluto il redattore della Maior
fare una specie di riassunto enciclopedico della storia locale parlando
di S. Rinaldo: quello che sapeva ed aveva trovato ce l'ha messo tutto,
avesse o no relazione con il santo, preoccupandosi solo di non trala-
sciar fuori proprio nulla. Queste pericope storiche sono anche facili a
distaccarsi, oggi, dal testo senza portare alcun danno: riprova, se ce
n’era bisogno, del loro carattere addizionale. Esse sono:

1) le notizie sulle invasioni barbariche con le città distrutte e
riedificate;

2) la distruzione di Nocera e la sua ricostruzione ad opera dei
tadinati;

3) il brano francescano;

4) la distruzione di Nocera nel 1248;

5) l’origine dell’episcopato a Nocera;
6) l'elenco dei vescovi dal 1006 fino al Ridolfucci (1363).

e ei AN 80 D. GINO SIGISMONDI

Le fonti di queste pericopi sono varie, ma non si esce fuori dai
già noti codici, quali il Lezionario di S. Facondino, il Leggendario di
S. Francesco di Gualdo, il Chronicon Gualdese e la Cronaca Umbra.

Per la questione che più interessa, cioè il valore storico di questi
brani, occorre, quindi, rimettersi senz’altro alla storicità delle fonti
stesse da cui derivano. Sarebbe grave errore giudicarle così come sono
senza riferirle, per un esame critico in sede storica, alle fonti preesi-
stenti tanto più, poi, che il redattore qui, come spesso altrove, non
fa altro che copiare alla lettera. Unico criterio oggettivo di storicità
non può essere che questo: il valore storico delle fonti copiate.

È necessaria cioè, un’analisi delle singole pericopi.

INVASIONI BARBARICHE E CITTÀ DISTRUTTE

La pericope si trova nel n. VIII della Maior.

Deve essere arrivata qui da uno di quei zibaldoni storici molto
diffusi nel Medioevo; tanto è vero che le fonti dove oggi la troviamo,
o intera o parziale, sono la Cronaca Umbra, il Chronicon Gualdese e il
codice II-E-18 dell'Armanni di Gubbio. Sostanzialmente è la stessa
in tutte queste fonti. Dopo aver descritto con date abbastanza pre-
cise le invasioni dei Goti, dei Longobardi e dei Saraceni si fa un dupli-
ce elenco di città distrutte: alcune distrutte e restaurate, altre distrut-
te e non restaurate nel luogo primitivo, ma o non restaurate affatto o
restaurate come castelli. Alla prima categoria appartengono Spoleto,
Spello e Assisi; alla seconda categoria appartengono Foro Flaminio,
Trevi nel piano, Gubbio nel piano, :Tadino, Rosella e Plestia; tra co-
storo, poi, si trasferirono sui vicini colli Gubbio, Sassoferrato e Trevi.

È storico tutto ciò? Pur notando delle incertezze e un po’ di con-
fusione nel testo collazionato con le proprie fonti, si deve ammettere
che la sostanza è storica. Il ricordo doloroso delle sventure patrie è
in tutti i documenti dell’epoca e su per giù con gli stessi termini; que-
sto richiamo al triste passato più o meno remoto costituiva uno degli
ingredienti più comuni nelle varie cronache e nelle varie leggende.
Nessuna meraviglia, quindi, ritrovarlo anche qui; avrebbe recato me-
raviglia se non ci fosse stato. Tale ricordo, però doveva essere sem-
plicemente nella tradizione orale (almeno non si hanno elementi suf-
ficienti per affermare una derivazione da una documentazione scritta)
e doveva essere anche abbastanza precisa. Per quello che è possibile
confermare con documenti — ma sono tanto pochi! — ci si trova di
fronte a sicure notizie storiche.
Le invasioni dei Goti e dei Longobardi furono veramente funeste
: LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 81

per le città qui nominate; e più funeste ancora furono le incursioni
dei Saraceni. Queste città dovettero essere distrutte varie volte più o
meno parzialmente, ma il brano fa chiaramente comprendere che c’è
stata, ad un certo momento, una distruzione completa, tanto che qual-
cuna di esse non risorse più e qualche altra risorse non più nel piano
così pericoloso, ma nella montagna vicina.

Quando avvenne, per rimanere in argomento e restringerlo, que-
sta completa distruzione delle città della nostra zona: Pistia,Tadino,
e Rosella ? Gli eruditi secenteschi Dorio e Jacobilli sono unanimi nel
dire che furono le truppe dell’imperatore Ottone III nel 996 a radere
al suolo le nostre città. Da molti oggi è messa in dubbio l’esattezza di
queste categoriche affermazioni, ma, certo, è difficile dimostrarne la
falsità. Occorre esemplificare.

Pistia è ricordata per l’ultima volta come città in due diplomi
dell'imperatore Ottone III datati 23 e 26 giugno 996. (1)

Dopo queste date precise Pistia non esiste più: non è ben certa la
causa della sua distruzione (terremoto ? allagamento del territorio omo-
nimo ? truppe di Ottone III ?) (?) ma è, comunque, fuori discussione
che dopo il mille scomparve come città e dalle sue rovine sorsero piü
tardi sui colli i paesi di Dignano, Colfiorito, Cesi, Popola, Annifo ecc.

Anche Tadino (?) e Rosella (^) scomparvero intorno al mille: solo
più tardi diedero origine, rispettivamente, a Gualdo Tadino e a Sas-
soferrato. :

La notizia, quindi, é storica anche se il cronista, da cui ha attinto
la Maior, è tendenzialmente favorevole agli imperatori tedeschi: ac-
cusa i Goti, i Longobardi e per ultimo i Saraceni, ma non parla degli
Ottoni.

LA DISTRUZIONE DI NocERA
E LA SUA RICOSTRUZIONE AD OPERA DEI TADINATI

Una conferma tipica, se ce ne fosse ancora bisogno, di come la
Maior utilizza, senza farne alcun vaglio, le notizie che trova negli

(1) SigkeL, Monumenta Germaniae Historica: Diplomatum Regum ed Im-
peratorum Germaniae, Tomus II pars posterior: Ottonis Diplomata N° 214 et
N° 215.

(2) G. Dominici, Un episodio della seconda guerra punica nell’ Umbria :
il fatto d’armi al lago Plestino. Verona, Editrice « Arena », 1940.

(3) R. GUERRIERI, Storia civile ed ecclesiastica di Gualdo Tadino, pp. 23-24.

(4) Cfr. R. CECCHETELLI IPPOLITI, Sassoferrato e Genga, Roma, Palombi,
1932. Ma il più recente ed originale storico di Sassoferrato, A. Pagnani (In
Sentinum, Sassoferrato, 1957, pp. 139-143) nega addirittura l’esistenza di
Rosella come città dell’alto medioevo erede della romana Sentino.
82. D. GINO SIGISMONDI

zibaldoni storici dell’epoca, si ha nel brano relativo. alla distruzione
della rocca di Nocera e alla ricostruzione da parte dei dispersi profughi
di Tadino. Anzi, qui, è citata anche la fonte: un certo Liber Nobilium.
In questa cronaca, oggi completamente perduta, deve riscontrarsi
una delle fonti che saccheggiò fra Paolo. Come il minorita gualdese
anche il redattore della Maior l’ha consultata, senza, però, alcun di-
scernimento critico neppure elementare. L’autore della Mator non
s'è minimamente accorto che il brano riportato era difficilmente in
accordo con quanto aveva detto prima. Che Nocera, e in modo parti-
colare la sua rocca fortissima, sia stata distrutta verso il mille non lo
afferma alcun documento storico, eccetto questo brano del Liber No-
bilium. Il suo nome non c’è neppure nel lungo elenco, che si legge an-
che qui nella Maior, delle città distrutte e restaurate. |

Proprio verso il mille « Nuceria... tunc erat maior arces (?) et
magis populosa totius regionis » (5); ed era, per questa sua singolare
posizione strategica, sede dei duchi della zona.

Resta, d'altra parte, inspiegabile (accettata come storica la di-
struzione di Nocera verso quest'epoca), perché i dispersi tadinati ven-
gano a rifugiarsi proprio in una città anch'essa travolta dalla bufera
della guerra e perció affatto sicura, ela ricostruiscano invece di rico-
struire la propria Tadino, come fecero, poi, più tardi.

Ma un nucleo storico c'é: un gruppo di tadinati esuli dalla loro
patria dovette trovare in Nocera un asilo: ed esso fu sicuro non perché
essi riedificarono la città distrutta, ma proprio perché Nocera era la
unica città della zona scampata alla rovina.

Piü conforme alla realtà, quindi, sembra la testimonianza della
Cronaca Umbra : « de Tadynato vero pluries restaurato et circa extre-
ma tempora totaliter derelicto, Nucerina arx fortissima aucta fuit» (9).

Questa precisazione l'autore della Maior non la fa perché egli si
limita a riportare il testo cosi come lo trova. Né importa affatto se
poi esso non é armonizzabile con il quadro storico, per quanto som-
mario e intricato, che si ha da altri sicuri documenti e dalla stessa
Maior.

| IL BRANO FRANCESCANO

Nella Maior, quasi sintesi di tutte le memorie storiche della zo-
na, avessero o no relazione con S. Rinaldo, era naturale un richiamo
a S. Francesco. Il profilo che se ne ha è, nella sua sostanza, completo:

(5) Si legge nel Chronicon Gualdense (Cod. Lat. Vatic. n. 2666, f. 46).
(6) Archivio Comunale di Assisi: Cod. 341 f. 92 (oggi 96).
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 83

« Venerabilis et perfectus Dei servus Beatus Franciscus, imitator verus
Domini nostri Jesu Christi et professor sancti Evangeli ». E termina
con il ricordo piü singolare del Serafico: quello delle stimmate.

Non è detto di più, ma è sufficiente. È

. Piuttosto, data l'occasione, c'è da chiedersi se S. Rinaldo abbia
conosciuto S. Francesco. Le fonti storiche, sicure direttamente, tac-
ciono su questo punto, ma non è difficile dedurre da esse una conclu-
sione positiva.

Esisteva in Nocera un antico convento francescano, la cui fon-
dazione risaliva allo stesso S. Francesco: era situato fuori le mura della
città, come attesta (tra l’altro) l’iscrizione ancora visibile sulla fac-
ciata della Chiesa di S. Francesco dentro Nocera costruita nel 1386 (7),
e fu ‘distrutto nel 1248.

Ora, secondo i cronisti più accreditati dell'Ordine, (5) questo Con-
vento fu costruito nel 1221 da S. Francesco stesso che vi avrebbe di-
morato e compito un miracolo risuscitando da morte il figlio di un
medico.

È possibile pensare che S. Francesco non si sia incontrato più
volte con il vescovo della città che era appunto S. Rinaldo? Anche a
prescindere dalla data di fondazione di questo convento francescano,
è storicamente molto probabile che S. Francesco sia venuto più volte
a Nocera, città vicina ad Assisi, cui era unita da una strada diretta
attraverso la montagna che passava per Postignano ‘castello natale
di S. Rinaldo.

(7) Ecco il testo completo dell’iscrizione in lettere gotiche:

Si pacem tellus coleret si bella silerent

Nuceriae trans muros haec nunc templa niterent
Neve ruina desit neu queat igne dolere

Hanc aulam Francisce tuam cum plebe tuere
Quae foris existens fecit quandoque timorem
Urbi iterum surgens iam coepit ferre decorem
Estque perante domus (?) terreno corpore cincta
Mille trecentos sex annos post octoginta.

Cfr. A. CasrELLUCCI, Di un antichissimo Convento Francescano in Nocera
Umbra, Foligno, Tip. Campi, 1912; G. DowiNicr, La fede e l’arte nell’ Umbria:
la Chiesa di S. Francesco in Nocera. Verona, Società Ed. « Arena », 1942.

(8) P. AGOSTINO DA STRONCONE, Cronica della Provincia del N. S. Padre
Francesco dal 1208 al 1680, nell'anno 1221; P. N. CAVANNA, L'Umbria Fran-
cescana, Perugia, Unione Tip. Cooperativa, 1910, p. 356; P. VENANZIO DA LA-
GOSANTO, San Francesco d' Assisi e i suoi tre Ordini in Gualdo Tadino, Milano,
1896, p. 19.

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84 D. GINO SIGISMONDI

Anche il primitivo convento francescano in Gualdo di Valdigor-
go, nella vallata detta poi di S. Marzio, eretto dai frati minori nel 1219,
si deve, sembra, all'interessamento di S. Rinaldo.

È da escludersi, invece, che S. Rinaldo sia stato tra i sette ve- ‘

scovi presenti quando S. Francesco promulgò l'indulgenza della Por-
ziuncola. Tale solenne promulgazione, infatti, avvenne il 2 agosto
1216 o, secondo altri, 1217: S. Rinaldo era ancora all'Avellana e
l'Episcopus Nucerinus presente alla Porziuncola deve essere il suo
predecessore Ugo.

LA DISTRUZIONE DI NocERA NEL 1248.

In una caotica raccolta di memorie patrie, qual'é la Maior, sta
al suo posto la descrizione del relativamente ampio e particolareg-

giato saccheggio di Nocera nel 1248. A poco piü di un secolo di distan-

za lautore della Maior, oltre che negli scritti dell'epoca, (?) doveva
trovare ancora viva nella tradizione locale la terribile strage.

Il brano, storico in tutta la sua pienezza, trova conferma in do-
cumenti coevi, quali la Cronaca di maestro Bonaventura di Benve-
nuto fuit devastatum Nucerium (9?) e la Cronaca umbra, dove il suo
autore (fra Giovanni Elemosina ?) (4) fa risalire il suo efficace rac-
conto. direttamente a testimoni oculari: omnia haec ab illis audivimus
qui passi sunt et interfuerunt.

Ridotto alle sue linee essenziali il triste episodio di guerra non fu
altro che una repressione violentissima — secondo i costumi del tempo,

(9) Lo Jacobilli, a proposito della ricostruzione di Nocera sotto il vescovo‘

B. Filippo (Cfr. Vite de’ Santi e Beati dell’ Umbria, Vol. I, p. 112) cita: « Codex
ant. MS. in civitate Nuceriae sub anno 1258 ».

(10) M. FALOCI-PULIGNANI, Cronaca di Maestro Bonaventura di Benvenuto,
in Fragmenta Fulginatis Historiae nel T. XXVI di Rerum Italicarum Scripto-
T0S; D2 sli

(11) La così detta Cronaca Umbra è un grosso codice membranaceo del
sec. xIV (formato 17 x 24) di 137 fogli conservato nella Biblioteca Comunale
di Assisi con il n. 341, qui venuto dal Fondo del S. Convento di S. Francesco.
Tra gli studiosi di questo importante codice — lo Sbaraglia, l'Ehrle, il Pflung-
Harttungk, il Mazzatinti, ecc. — è da segnalare il P. Girolamo Golubovich in
«Biblioteca Bio-Bibliografica della Terra Santa e dell'Oriente francescano »
Quaracchi, Collegio di S. Bonaventura, T. II, 1913, pp. 103-155, il quale con-
clude il suo esame critico dicendo che autore del codice é un frate minore chia-
mato Elemosina, assai probabilmente nativo di Gualdo Tadino e vissuto nel
Convento di S. Francesco d'Assisi, dove scrisse la Cronaca negli anni 1335-
1336.
'
MM

LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 85

del resto — da parte delle truppe imperiali di Federico II rinforzate da
elementi della vicina Foligno, città devotissima all'imperatore sve-
vo (??), di una rivolta della guelfa Nocera. La città era stata conqui-
stata, come le altre del Ducato di Spoleto, dalle forze ghibelline' nel
1242 (53), che vi avevano lasciato un presidio in nome dell’imperatore
Federico II. La ribellione dei nocerini contro questo presidio nel 1248
fu la causa della crudele rappresaglia.

Precisa é la topografia della città nel brano: la rocca in alto con
il complesso delle sue salde fortificazioni dominate dal maschio pos-
sente (attuale Campanaccio), in basso, nettamente separate dal resto,
le abitazioni civili (15).

Né sembrino una esagerazione di qualche libellista guelfo i tra-
gici particolari della repressione: la città distrutta, i fedeli in angustia,
i paramenti, i libri, i vasi sacri della cattedrale andati perduti, la cat-
tedrale stessa, dove erano sepolti S. Rinaldo e gli altri vescovi, tur-
pemente profanata. Purtroppo a ció erano abituate le truppe al sol-
do della fazione imperiale (15).

Le conseguenze di quel saccheggio si fecero sentire per molto
tempo: la cattedrale dovette essere abbandonata per ben duecento
anni (15) e si ufficiò, come cattedrale, la Chiesa di S. Maria Maggiore
(S. Maria vetus nel quartiere della Torre Vecchia) e il vescovo si tra-

(12) M. FaLoci-PuLIGNANI, Perugia e Foligno nel secolo XIII, Foligno,
Sbrozzi, 1938, pp. 6-7. Proprio per la fedeltà a Federico II, Foligno fu punito
dal papa Innocenzo IV con la temporanea soppressione della diocesi il 17 set-
tembre 1242.

(13) Cfr. FRANZ TONKKROFF, La lotta degli Hohenstaufen per la Marca di
Ancona, il Ducato di Spoleto dalla seconda scomunica di Federico II alla morte di
Corradino, Paderbon, 1893.

(14) Per la topografia di Nocera nel Medioevo, vedi G. DoMinICI, La Via
Flaminia per Ancona e la « Nuceria » degli. Umbri e dei Romani. R. Deputa-
zione di Storia Patria per l'Umbria, 1942, pp. 89-93.

(15) Caterva malorum christianorum li chiama il codice N. 341 della
Comunale di Assisi. E Tommaso da Celano nella Legenda S. Clarae Virginis
scrive: illa lempestate, quam sub Imperatore Friderico in diversis mundi
partibus sustinebat Ecclesia, vallis Spoletana de calice irae frequentius imbi-
bebat. Erant in ea pro depopulatione castrorum pro civitatum expugnatione,
imperiali jussu constitutae acies militum et Saracenorum sagittariorum exa-
mina velut apum. i

(16) Soltanto il 15 giugno del 1448 il vescovo Giovanni Marcolini pose,
con grande solennità, la prima pietra dell’attuale cattedrale in luogo della
antica quam radicitas potentia tirannica destruxerat. (Vol. III dei Rogiti
Bartolelli f. 86 nella Cancelleria Vescovile di Nocera Umbra).

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pre . .

86 D. GINO SIGISMONDI

sferì nella chiesa di S. Facondino di Gualdo e non poté, finché visse,
tornare a Nocera. Soltanto dopo la morte dell’imperatore Corrado nel
1254, tornò a Nocera, insieme con i guelfi nocerini dispersi che abbat-
terono le fortificazioni costruite nella rocca dai Ghibellini, il vescovo
B. Filippo.

Sembra avere di fronte a sé tutto questo l’autore della Maior
quando non sapendo più contenere il suo amore per la città nativa e
la sua passione guelfa indugia nel ricordare Dei iusto iudicio la fine
della casa imperiale sveva e la ricostruzione di Nocera.

LA SEDE EPISCOPALE A NOCERA.

Anche questa pericope deriva dal gruppo dei codici SUA del-
la fine del sec. xir e principio del sec. xiv.

La fonte remota della notizia è, però, il perduto Liber Nobilium,
almeno a stare alle precise indicazioni della Maior e del Chronicon
Gualdese (1).

Di qui è derivata la notizia in una duplice redazione: una più
diffusa e l’altra ristretta alla sostanza del racconto.
La redazione ampia è reperibile oggi:
a) nel Lezionario di S. Facondino (88).
b) nel Chronicon Gualdense (3),
c) nel Leggendario dei Santi (2).

La redazione minima si trova: nel Chronicon Gualdense (2).
Archivio Storico Comunale di Gubbio:

Cod. II - E — 18 (?»: f. 64 (N° 61);

Cod. III — € — 24 (2): f. 69 e f. 72.

(17) Cod. Vatic. Lat. Ottoboniano n. 2666, f. 73.

(18) Cod. Vat. Lat. 7853 f. 32 e 32t.

(19) Cod. Vat. Ottoboniano n. 2666 f. 16-17.

(20) Archivio Armanni di Gubbio: Codice II-C, 23 f. 107.

(21) Cod. Vat. Ottoboniano n. 2666 f. 55, 73 e f. 74.

(22) Il MAZZANTINTI (in Inventario dei Manoscritti della Biblioteca comu-
nale di Gubbio, Forlì, 1891, p. 10) indica questo codice così; Miscellanea Sto-
rica Eugubina, Vol. II.

Questa Cronaca Eugubina, diversa, anche se simile, dal Chronicon Gual-
dense, va da p. 19 a p. 69 della Miscellanea ed è copia settecentesca di un antico
codice esistente un tempo nel Convento di Maria del Pellagio in Gubbio e noto,
come tale, allo Jacobilli (Cfr. Di Nocera, ecc., p. 71).

(23) È in gran parte, copia del Vosa di S. Facondino come si attesta
nel frontespizio: « Haec est copia, sive exemplum cuiusdam vetustissimi libri
descripti caracteribus antiquis in folijs pergamenis non cartulatis, ad numerum


LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 87

Ecco il testo della redazione maggiore come si ha nel Chronicon
Gualdense (?*):

«Romanus Pontifex, compatiens afflictis populis urbium destructa-
rum, de consilio fratrum Cardinalium, in pluribus locis transmisit et consti-
tuit episcopos Deum timentes, (ut) ipsi reliquias pauperculas populorum con-
gregarent et gubernarent in Christo. Misit vero tres sapientes et bonos ho-
mines sacerdotes, quos fecit episcopos, ut unus praeesset in populo Tadinati
desolati et alius in populis destructae Rosellae, et alius in modica plebe par-
vae Usentis eversae.

Ipsi episcopi pauperes, cum venissent et civitates desertas et cives mor-
tuos et dispersos et patriam desertam invenissent, cum se nihil proficere
posse, nec civitates restaurare, et dispersos congregare non valerent, redie-
runt Nuceriam, quae tunc erat maior arces (sic!) et magis populosa totius
regionis Tadinati, ubi etiam erat Ecclesia solemnis, existens ibi conventum
fratrum religiosorum cum praelato bono, et erat ibi regularis observantia
Regulae approbatae sive S. Basilij vel B. Antonij aut S. Benedicti. Ipse vero
praelatus sive Prior praedictus episcopos benigne suscepit et eos oravit ut
ipsi cum eo contulerunt quod missi erant a papa et quod se nihil proficere
posse sperarent si ibi starent, et ad papam redire verebantur timentes de
inobedientia redargui et modica charitate.

Ipse vero praelatus nucerinus compatiens eis asinos eis procuravit quia
debiles erant et cum eis ad Dominum papam profectus est, testificans et
asserens quod supradicti episcopi ibi esse et easdem terras restaurare nec
cives congregare valebant, quia licet aliqui potentiores in castellulis collium
morarentur in regione urbium destructarum, tantum erat impossibile civi-
tates restaurare quia pauci erant nec sua castra deserere volebant, ubi cum
suis familiis et servis et animalibus vivebant... Propterea Romanus Ponti-
fex sapiens et providus, his auditis, compatiens ipsos ab ista obedientia ab-
solvit et in partibus ultramontanis ipsos episcopos constituit et transmisit.
Considerans Dominus Papa quod ipse Praelatus Nucerinae Ecclesiae erat
vir bonus et sapiens et bene loquens et sufficiens, ipsum episcopum consti-
tuit in illis tribus episcopatibus quos in unum adgregavit papali auctoritate.
Cum vero ipse praelatus nec vivere nec necessaria habere de illis episcopa-
tibus posset, dominus papa adiunxit et concessit ut simul praelatus esset
sicut antea erat, et episcopus in Nucerina Ecclesia; eidem constituit ut cum
suis fratribus religiosis viveret et populos paucos Tadinati Rosellae, Ple-
staee et Usentis revocaret ad ecclesiam... Episcopus vero benedictione
accepta a Domino papa rediit in Nuceriam fideliter et solicite dispersos po-
pulos et profugos reformavit... Haec igitur adunatio trium episcopatum
‘cilicet Tadinati Rosellae Plesteae, Usentis in Nucerina arce a Romano Pon-
tifice facta fuit immediate postquam B. Facundinus migravit, vel diu post
decessum ratum non invenimus ».

tamen triginta quatuor et coopertis operimentis ligneis, ob vetustatem pluribus
in locis aliquantulum corrosis, existentis in Ecclesia Sancti Facundini sita in
territorio et prope Oppidum Gualdi ».

(24) Cod. Vatic. Ottoboniano Lat. 2666 fol. 46-47:
E ca E e. SA A. REA VIRA VAS, EE,

88 D. GINO SIGISMONNI

Il Lezionario di S. Facondino ha.un racconto meno diluito ma
sostanzialmente identico.

Il Leggendario di fra Paolo ripete le stesse cose, aggiungendo:
« Nuceria maior erat arx seu castellum regionis episcopatus Tadinati
consumpti ubi etiam comes reipublicae residebat regens provinciam
et in ipsa Nuceria erat Ecclesia solemnis episcopatus Tadinati ca-
pella, in qua erat praelatus bonus sapiens et spiritualis cum suis con-
fratibus sacerdotibus in observatia regulari ».

La relazione minore nei codici é la seguente:

1) nel Chronicon Gualdense (95):

«Derelicto Tadinato eius episcopatus in Nuceriam trasla-
tus est... Ista novitas felix et prospera successit anno millesimo
sexto » (f. 55).

«... In quodam libro antiquo nobilium scriptum est quod...
Tadinato derelicto in ruinis, in Nuceria tre episcopatus in unum ad-
gregati fuerunt a domino papa ». (f. 73). i

«... Et Cathedralis Ecclesia ed episcopatus officium in Nuceria
translatum fuit a Romano Pontifice » (f. 74 t).

2) Nei Codici dell'Archivio Armanni di Gubbio:

d) II - E — 18: «Episcopatus vero Tadinati et Rosellae
in Nuceriam... adgregati fuerunt in unum episcopatum per Roma-
num Pontificem; cui adiunctum est etiam Usentis destruae (sic !)
territorium » (f. 64 N° 61).

b) III — C - 24:

«... In Nucerina arce, ad quam episcopatus B. Facundini tran-
slatus est...» (f. 69). |

«... et in ipsa Nuceria episcopatus Tadinati translatus est »
(f. 72).

È difficile dare un giudizio critico sicuro su questa narrazione spe-
cialmente su alcuni particolari che possono insinuare il sospetto di
una tardiva manipolazione per ampliare il nucleo centrale del primi-
tivo racconto.

Per esempio quel grande convento di monaci (regola di S. Basilio,
di S. Antonio o di S. Benedetto ?) in Nocera verso il mille é comple-
tamente sconosciuto, e quel « praelatus » (**) che è anche il capo spi-

(25) Cod. Vat. Lat. Ottoboniano n. 2666.
(26) Per sé la parola ha un significato molto esteso. Scrive il Du Cange
(Glossarium ad scriptores Mediae et Infima Latinitatis, T. V, Venetiis, apud Set.
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 89

rituale « Nucerinae Ecclesiae » ha una fisionomia giuridica alquanto
incerta; come, d’altra parte, non si riesce a comprendere bene la posi-
zione della stessa Nocera, presentata concordemente come rocca for-
tissima e sicura sede dei conti della zona (?°), e che nello stesso tempo
ha una « Ecclesia solemnis episcopatus Tadinati capella ». A parte,
peró, questa incertezza, restano saldi alcuni dati. Questo anzitutto:
che la sede episcopale di Tadino, come quella di Rosella e di Plestea
(Usenti é fuori catalogo, perché si parla di tre episcopati e non di quat-
tro; doveva trattarsi, solo, di una grossa plebs) (55), fu trasportata a
Nocera. E la data del Chronicon 1006 è accettabile, anche perché,
tra l'altro, proprio allora comincia la cronotassi episcopale quale an-
cora si legge nella Maior.

Nessun dubbio, d'altra parte, che prima del mille Tadino e Ple-
stea siano state sedi vescovili. In Tadino, città romana nel piano a
sud dell'odierna Gualdo Tadino, v'era un vescovo nei sec. v e vr, co-
me attesta la lettera del papa S. Gregorio Magno, nel luglio 599, al
vescovo Gaudioso di Gubbio perché visitasse Tadino, la cui sede ve-
scovile era da molti (?°) anni vacante, e curasse l'elezione di un nuovo
vescovo.

In Plestia, poi, c'era sicuramente un vescovo alla fine del se-
colo v (39

Coleti, 1739, p. 711): « Praelatus, Praefectus Ecclesiae, quomodo hodie Epi-

scopos vocamus... Ita etiam appellantur quivis inferioris dignitatis rectores,
ut plebani et curiones...
Eodem Praelati nomine designantur Abbates... Sed et monasteriorum

Praepositi ita nuncupantur ».

(27) Nocera « verso l’850 era stata ceduta dall'imperatore Lotario in vi-
cariato, col titolo di contea, a Monaldo, ultimo dei duchi longobardi di Spoleto,
sostituiti da Carlo Magno con duchi di origine franca. Caduto il ducato nelle
mani degli imperatori germanici, questi riconfermarono ai discendenti di Mo-
naldo la contea di Nocera. Manfredo, avendo difatti insieme ai fratelli aiutato
l’imperatore Ottone III a debellare Crescenzio, nel 996 veniva solennemente
dall’imperatore confermato conte di Nocera ». Così A. CASTELLUCCI, La Cat-
tedrale di Nocera Umbra, già citata, p. 108.

(28) Dal complesso dei testi sopra riportati sembra da escludersi una sede
episcopale (del resto affatto sconosciuta aliunde) in Usenti, località poco lon-
tana dall'odierna parrocchia di S. Biagio di Lanciano a circa una decina di
Km. a nord-ovest di Nocera: si parla sempre di tre episcopati riuniti, cui si
aggiunge il territorio di Usenti, che doveva avere, d'altra parte, una notevole
importanza ecclesiastica come plebs di una vasta zona montana.

(29) JAFFÉ-LOEWENFELD, Regesta Pontificum, nn. 1712-1713.

(30) L. DUCHESNE, Les Evéchés d'Italie et l'invasion lombarde in Mélanges
d'arch. el hist., 23 (1903), p. 94.

CREE GANE SWEAT Gp Mr

Re ca pw US qr. —
90 D. GINO SIGISMONDI

Dubbia, invece, è la sede episcopale in Rosella (da cui deriva
l’attuale Sassoferrato, secondo la maggioranza degli storici con la
sola eccezione del Pagnani), ignota ad ogni altra fonte storica di-
versa da questi codici medioevali della zona (5).

Certo a questo anno 1006 risale la giurisdizione ecclesiastica
odierna della diocesi di Nocera e Gualdo (82), quando cioè la sede di
Nocera, essendo distrutte le città di Plestia, Tadino, e Rosella as-
sorbì tutto l’estremo nord del ducato di Spoleto.

I nostri documenti in proposito hanno una terminologia esatta:
«translatio » «adunatio o « adgregatio ».

Ad integrare l'argomento é legittimo chiedersi: Nocera era già
sede vescovile prima del 1006 o lo diventó solo allora in sostituzione
delle distrutte sedi sicure di Plestea, Tadino e della dubbia sede di
Rosella ?

La risposta affermativa é stata fuori discussione fino alla metà
del sec. xviii, quando l'erudito Card. Stefano Borgia nipote del ve-
scovo nocerino Alessandro Borgia (1716-1724) nella sua opera Breve
Istoria dell’antica città di Tadino, stampata.in Roma nel 1751, basan-
dosi proprio sull' interpretazione di queste fonti storiche (Lezionario di
S. Facondino, Chronicon Gualdense e Leggendario dei Santi) negó per
il primo che Nocera fosse stata sede episcopale prima del mille. Ma la
sua opinione non ebbe seguito negli storici locali posteriori. Solo re-
centemente, dando pieno credito al passo della Maior circa le « pre-
ziose notizie su la fine della diocesi di Tadinum e di Plestia e sull'ori-
gine di quella di Nocera » il Lanzoni afferma categoricamente che No-
cera prima del mille non fu sede di un Vescovo (9).

Occorre dire subito che l'esegesi più ovvia dei testi non sembra
affatto autorizzare una simile deduzione. Essi nulla dicono in proposi-
to, la loro diretta testimonianza riguarda Tadino, Plestea e Rosella e
non Nocera, dove vengono «translati et adunati in unum» i loro epi-
scopati.

Solo implicitamente si afferma che in Nocera allora c'era non un

(31) Considerano Rosella diocesi sulla traccia di questi codici medioevali,
tra gli altri lo Jacobilli (Di Nocera, ecc. p. 45 e p. 70) e trai moderni il Gams
(Series Episcoporum Ecclesiae Cath. Ratisbone, 1878, p. 710). I vescovi, però,
che quest’ultimo attribuisce a Rosella sono in contestazione in quanto un si-
curo « Episcopus Rosiliensis » c'era in Toscana (Grosseto).

(32) L'attuale denominazione di diocesi di Nocera e Gualdo data dal 2
gennaio 1915, quando fu elevata a cattedrale « honoris tantum causa » la chie-
sa abbaziale di S. Benedetto di Gualdo Tadino.

(33) F. LANZONI, Le Diocesi d'Italia, I, pp. 483-484.
————

LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 91

vescovo ma un prelato non meglio definito; ma, anche ad accettare ció
come del tutto rispondente alla realtà storica, si puó trarre la dedu-
zione che si, nel 1006 a Nocera mancava il vescovo, ma non che mai
ci fosse stato prima di allora.

Sarebbe far dire ai testi più di quel che dicono.

Cosi — per ricorrere ad una significativa analogia — quando si af-
ferma che, sempre da Tadino, comitatus officium et dominium in
Nuceriam translatum (*) non si vuole certo negare che in Nocera
non vi fosse, già antecedentemente, un conte (come, del resto, è ben
noto da altre fonti); ma si vuole solo fare un riferimento al fatto della
traslazione in Nocera della contea di Tadino.

La negazione di una sede episcopale in Nocera prima del mille.
— è necessario ripeterlo — non si trova affermata esplicitamente né
qui né altrove nei vari passi cronacari ed agiografici dei codici ormai
ben noti.

Li hanno, perciò, bene interpretati questi brani gli eruditi secen-
teschi Dorio e Jacobilli, per i quali una simile questione neppure esi-
ste tanto essa è risolta, unanimemente, in senso positivo.

D'altra parte una indagine approfondita e diretta su documenti
diversi da questi, si conclude con l'ammettere Nocera tra le sicure
sedi vescovili prima del mille.

Resta, comunque, ben confermato che l'autore della Maior an-
che in questo discusso brano trascrive con cieca fedeltà le fonti che
trova.

ELENco DEI Vescovi paL 1006 AL 1363

Prima di esaminare il valore storico di questa pericope bisogna
tentare di risolvere alcune questioni preliminari.
Anzitutto: di questo elenco in triplice edizione (testo inserito
nella Maior, testo in appendice alla Maior e testo isolato dalla Maior)
qual è il più antico ? Difficile poterlo stabilire; ma un esame comparato

inclina a supporre una precedenza in ordine di tempo del testo in-

cluso nella Maior. Tra l’altro, esso termina con il vescovo Vincioli
(1327-1363) che è predecessore del Ridolfucci (1363-1389) con cui,
invece, si chiudono, eccetto N, gli altri cataloghi. È, del resto, anche
più semplice perché non ha alcuna indicazione né di pontefici né di
imperatori; questa omissione non si spiegherebbe sufficientemente se

(34) Cod. Lat. Vat. n. 7853 (Lezionario di S. Facondino) f. 33 (Cfr. anche
l'Ottoboniano n. 2666, f. 43).
Brini Ie A OE IA NOR Ad

92 D. GINO SIGISMONDI

si ammettesse una dipendenza letteraria del testo della Maior dalla
Cronotassi dell'appendice e da quella isolata, dato che non é abitudine
dell'autore della Maior fare il riassunto dei testi che ha tra le mani:
la sua fedeltà di copista non ammette eccezioni. E, d'altronde, piü
consono alla realtà supporre un lavoro d'ampliamento e d'integra-
zione di un testo, in sé molto sobrio con dati incompleti e ridotti al-
l'essenziale.

Siccome, però, la differenza nella triplice redazione non è molto
grande bisogna anche supporre che i testi più ampi siano di poco poste-

riori a quello della Maior e che risalgano — epurati come devono essere

da alcune aggiunte posteriori, evidenti specialmente nella forma piü
completa — al tempo del Ridolfucci.

Per l'autore di questa Cronotassi deve essere ricordata la testi-
monianza dello Jacobilli: « Il Dottor Luc’ Antonio di Luca Jacobuzij,
nobil Nocerino, scrisse con molta erudizione la vita di S. Rinaldo, et
un Catalogo de’ Vescovi Nocerini, dal mille e sei, fino al 1362, estratto
da Codici antichissimi » (59).

Si può ammettere, quindi, che questo erudito nocerino della se-
conda metà del sec. xiv non sia solo l'autore della cronotassi inserita
nella Maior, da lui compilata intera, secondo quanto già detto, ma
anche di quella reperibile oggi come appendice della Leggenda di
S. Rinaldo (8). Naturalmente avrebbe fatto ciò in un tempo posteriore
alla composizione della Maior, ma non di molto e certamente sotto
l'episcopato del Ridolfucci. Su questa edizione a parte, poi, avrebbe
fatto un lavorio di arricchimento qualche anonimo posteriore, cui si
dovrebbe — in definitiva — il testo della Cronotassi nella sua terza
forma più completa di tutte.

Preziosa, poi, per una ulteriore indagine in sede storica, è la pre-
cisazione della fonte di questo catalogo: esso fu « estratto da Codici
antichissimi ».

È impossibile, oggi, nell'estrema povertà dei documenti salvati
dalle stragi cui nel corso dei secoli andò soggetta Nocera, rintracciarli
perché sicuramente perduti: ma già a priori era da supporre che l’auto-
re della Maior, il quale non crea mai ma trascrive sempre, abbia an-
che in questo caso fatto l’amanuense. Solo che non si deve essere trat-

(35) JACOBILLI, Di Nocera, ecc. p. 96.

(36) Anche il CENCI (Cfr. S. Felicissimo, opera già citata, pp. 37-38), parla
di una cronotassi dei vescovi di Nocera, « opera di Luc’ Antonio di Luca Jaco-
buzii, che va dal 1006 al 1362 » la quale esisterebbe in manoscritto, ma che egli
non è riuscito a trovare.
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 93

tato di un catalogo già bell’e fatto, ma di documenti sparsi qua e là i ii
che egli è dovuto andare a cercare e che poi ha messo insieme nella I
Cronotassi, la quale, perciò, come tale sarebbe tutta sua. Così si dà
spiegazione sufficiente a quanto si legge nel testo praefuisse inveni-
mus, videtur; e al fatto che vicino ad ogni vescovo sono delle date ER
sarebbero proprio quelle che l'autore ha letto nei documenti venuti NE
tra le sue mani. AA i

Altro dato sicuro è questo. Non è stata intenzione dell’autore Bhd
fare una cronotassi completa, ma solo parziale e personale; niente fa
supporre un'indagine a fondo da parte sua in materia, ma anzi ri- MINI
sulta ben chiaro questo carattere del suo lavoro. Nel testo della Maior UA
s'era addirittura fermato al predecessore di S. Rinaldo, e pochi altri TURO,
vescovi dei secoli x1 (uno solo) e xII (soltanto quattro) è riuscito ad n .
aver dai vecchi documenti da aggiungere alla Cronotassi in appendice. (NO *
Né ha creduto spingersi — tanto la ricerca gli si è presentata impos- È;
sibile — prima del mille; anche perché, al 1006 risaliva l’ordinamento
territoriale della Diocesi come era ancora (ed è anche oggi) sullo scor-
cio del sec. xiv. : BH

Precisate cosi le questioni preliminari su questo catalogo dei ve- TA
scovi nocerini, occorre vagliare la storicità con i documenti che uno i
studioso di oggi può avere a disposizione. E data l’importanza del-
l'argomento ne farò l'esame più ampio e più completo possibile nel
capitolo seguente, non limitando l’indagine ai soli vescovi noti alla
Cronotassi, ma anche a quelli ivi non nominati, e noti da altre fonti.

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94 D. GINO SIGISMONDI

CapitoLo VIII

LA CRONOTASSI EPISCOPALE

Ecco la cronotassi dei vescovi nocerini dopo il mille sino alla
fine del sec. xiv.

. VESCOVI DEL SECOLO XI

1. ALBERTO 0 ADALBERTO, anno 1007. È l’unico vescovo del
sec. xI noto alla Cronotassi. Prima di essere vescovo sembra sia stato
monaco nell'abbazia (vecchia) di S. Benedetto di Gualdo. È il primo
vescovo della diocesi dopo la sua riorganizzazione. Era della famiglia
dei conti di Nocera.

2. Romano, contemporaneo di S. Romualdo, anni 1016-1018 ?

Prima di essere vescovo di Nocera era stato monaco nel mona-
stero di S. Maria di Sitria, nel territorio di Sassoferrato insieme con
S. Romualdo, che egli accusó d'infame calunnia. E S. Pier Damiani
che riferisce queste notizie, il quale cosi le completa: « Ille autem...

. episcopatum postmodum Nucerinum per simoniacam haeresim acqui-

sivit, et per biennium illum occupans, in primo anno incensam aedem
cum libris et tintinnabulis, ac caeteris sacris ornamentis, exigentibus

Per ridurre al minimo le note, se non è indicata espressamente altra
opera, per gli autori che seguono si fa riferimento alle opere accanto:
F. UGHELLI, Italia Sacra, Venetiis, 1717, T. I, ff. 1063-1074.

P. B. GaMs, Series Episcoporum Ecclesiae Catholicae, Ratisbona, 1873,
pp. 709-710.

C. EuBEL, Hierarchia Catholica Medii Aevi (dall'anno 1198 al 1431), Münster,
1913 (seconda ed.), p. 373.

G. CAPPELLETTI, Le Chiese d'Italia, Venezia 1846. Voce: Nocera.
L. JAcoBILLI, Di Nocera nell Umbria, ecc.

D. Donro, Historia di Nocera con il catalogo dei suoi Vescovi, ‘Manoscritto
C, VIII, 11 nella Biblioteca Jacobilli di Foligno.

G. Vincioti, Catalogo dei Vescovi di Nocera (pp. 77-92) in Vite di nove s0g-
getti della Famiglia Vincioli. Perugia, Costantini, 1734.

D. MansI, Sacrorum Conciliorum nova el amplissima collectio. Firenze, 1759

e segg. Voll. 30.

—C——————À
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 95

suis meritis, vidit: in secundo autem dignitatem cum vita, divina
illum feriente sententia, miserabiliter perdidit » (1).

3. DopoNEr, anno 1027. Partecipò al sinodo romano del 6 aprile
1027, nel quale fu risolta dal pontefice Giovanni XIX, presente l’im-
peratore Corrado, la questione « de jure metropolitico » tra Grado ed
Aquileia in favore di quest’ultima città. Tra i vescovi sottoscritti c’è
anche « Dodone Nocerensi » (?).

4. Lupovico, anni 1057 e 1059.

Nel sinodo romano del 5 luglio 1057 c’è tra i vescovi italiani
« qui interfuerunt et corroboraverunt » il privilegio del papa Vittore II
« Winimanno Archiepiscopo Ebrudunensi » anche un «Ludovicus Nu-
cerinus » (?). È ancora presente tra i 113 vescovi del sinodo romano
tenuto da papa Niccolò II nella Pasqua del 1059.

La sottoscrizione conciliare é riportata in tre codici: il vaticano
(molto difettoso), il fiorentino e il farfense. Ora mentre nel primo si
sottoscrive Lodoicus episcopus Amiternus negli altri due, che hanno
lezioni molto piü corrette, si legge rispettivamente nel fiorentino
Lodiucus episcopus Nucerinus, nel farfense Ludovicus Nucerinus (?).

Tenuta presente la bontà dei due codici rispetto a quello vaticano
e la sottoscrizione del sinodo romano del 1057, non ci puó essere dub-
bio che si tratti dello stesso Ludovico vescovo di Nocera.

VESCOVI DEL SEC. XII

Dei vescovi noti in questo secolo la Cronotassi ne ignora due:
Lotario e Lorenzo.

5.. AGOSTINO 0 ARCOLETO, anno 1114. Errati nella cronotassi i
nomi del pontefice e dell'imperatore.

Il nome di questo vescovo è noto da un atto, datato «anno ab
Incarnatione D. N. Jesu Christi MCXIIII indictione VII» con cui
egli « Ego Augustinus Episcopus Nucerinus » confermava la donazione
che nello stesso anno 1114 il conte Monaldo e il conte Rodolfo avevano
fatto alla canonica di S. Feliciano di Foligno ed a Gisleno « Presbi-

'(1) S. PETRUs DawrANUS, Vita S. Romualdi, caput XLIX.

(2) D. Mawsr, D. C., T. XIX, col. 479. Quanto dico qui di Dodone cor-
regge e completa ciò che ho.scritto altrove. (Cfr. Cronotassi dei Vescovi di Nocera
in Numero Unico per l’ingresso solenne di S. Ecc. Mons. Domenico Ettorre
nella Diocesa di Nocera e Gualdo. Nocera Umbra, 22 settembre 1940, pp. 22-26).

(3) D. MANSI, op. cit., T. XIX, col. 858.

(4) D. MANSI, op. cit., T. XIX, col. 912 e col. 916.
mn

—7—————

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———-

——- ==;

96 D. GINO SIGISMONDI :

tero et Priori ipsius canonicae » della « Ecclesia nostra S. Petri con-
structa in loco qui dicitur Valle de Landolina inter montes Appenni-
nos, cum omni jure patronato et cum omni alio iure » (5). Questo atto
da parte del vescovo di Nocera era necessario perché il monastero di
Landolina era situato nel territorio della sua diocesi.

Il vescovo Agostino è anche ricordato, e proprio per questo suo
atto relativo a Landolina, in un documento del successore Anselmo
del 1174, di cui parlerò trattando di questo vescovo.

6. LorarIo, anno 1125 ? — 1130 ? È noto dall’atto del vescovo
Anselmo del 1174, perché «l’anno 1125 confirmò al detto Monastero
di S. Pietro dell'Andolina, i beni, e decime, che gli haveva concesso
Agostino suo antecessore ». Cosi lo Jacobilli.

In un necrologio che va dal sec. xir al sec. xvi del monastero di

Fonte Avellana si legge: « die 17 Octobris: obiit Luterius Nucerinus
episcopus commissus noster (5).

Secondo lo Jacobilli l'anno della morte, che non si legge nel ne-
crologio avellanita, fu il 1130; ma sembra dubbio perché nell'ottobre
del 1130 c'é già il vescovo successore Lorenzo.

7. LoRENZO, anno 1130, mese di ottobre. In un atto con questa
data « Laurentius episcopus Nocerine ecclesie » conferma a Bonatto
abate del monastero di S. Donato di Pulpiano, nei dintorni di Gubbio,
il possesso della Chiesa di S. Stefano di Parrano (vicino a Nocera) e di
S. Maria di Compresseto «et aliis vocabulis qui ibidem nuncupantur
cum dotis et decimis et primitiis... et totam ipsam ecclesiam Sancti
Christophori... cum omnibus illorum pertinentiis » (7).

(5) Archivio di Sassovivo, fasc. 97 n. 1321. I documenti autentici di Sasso-
vivo si trovano nell'Archivio della Cancelleria arcivescovile di Spoleto. Il
regesto di essi é stato fatto dagli studiosi ricercatori dell' Archivio per la Storia
Ecclesiastica dell'Umbria nel 1919, ma è ancora inedito nella Biblioteca Jaco-
billi di Foligno (D-I-45; D-I-46, 47 e 48).

Copia di questo atto del 1114 relativo al monastro benedettino di S. Pie-
tro di Landolina si trova in molti manoscritti del sec. xvir della Biblioteca Ja-
cobilli di Foligno: tra gli altri in B-VI-8 fol. 5-6 (copie de' Brevi et Istrumenti
spettanti all'Abbazia di Sassovivo) e in B-V-18 fol. 41 t (Regesto parziale di
Sassovivo).

(6) Copia di questo necrologio con il titolo: « Memoriae ex kalendario
Venerabilis Monasteri Avellanae » nel Codice della Biblioteca Jacobilli di Fo-
ligno A-VI-6 fol. 222 t.

(7) P. CENCI, Codice diplomatico di Gubbio dal 900 al 1200, in Archivio per
la Storia Ecclesiastica dell’ Umbria, Foligno, 1915, p. 251.
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 97

8. MonaLpo, 1146, 10 marzo.

Oltre che dall'atto del 1174 del vescovo Anselmo più volte già
citato — la conferma di Monaldo relativa al monastero di Landolina,
secondo lo Jacobilli, avvenne nel 1144 — questo vescovo è noto dal
documento in cui si ricorda la solenne consacrazione della cattedrale
di Foligno da parte del Cardinale, del titolo di S. Marcello, Legato
Apostolico di papa Eugenio III il 10 marzo 1146 (8). La consacrazione
avvenne al termine di un « generale concilium in Fulginatensi ecclesia »
cui parteciparono 2 Arcivescovi, 23 Vescovi, 92 Abati e numerosi
altri prelati: tra gli altri c'è « Episcopus Nucerinus cum V prioribus
et VII abbatibus ».

9. OFFREDO, predecessore del vescovo Anselmo.

Non si hanno, oggi, documenti extra Cronotassi in conferma del-
l'esistenza di questo vescovo, che, peró, non deve per questo essere
cancellato dal catalogo ufficiale dei vescovi nocerini. E, comunque,
sicuramente sbagliato l'anno 1176; secondo il Dorio (in Historia della
Famiglia Trinci, p. 67) Offredo fu vescovo di Nocera dal 1164 al 1170;
secondo lo Jacobilli, invece, dal 1154 al 1160.

10. ANsELMO, anni 1166, 1170, 1174.

Fu vescovo contemporaneamente di Nocera e di Foligno, come
appare dai documenti che lo riguardano. Non è ben chiaro se ebbe la
sede di Nocera quando era già vescovo di Foligno, come dicono i più
(Jacobilli, ecc.) oppure viceversa. È certo, comunque, che rinunziò al
vescovado di Nocera — nel 1190 secondo lo Jacobilli — e mori vescovo
della sola Diocesi di Foligno nel mese di agosto del 1201.

Negli atti si firma indifferentemente con l'una e l'altra qualifica o
con ambedue insieme, anche quando é sicuro che ormai aveva una
sola sede episcopale: cosi, per esempio sulla facciata laterale della cat-
tedrale di Foligno, da lui fatta fabbricare insieme con il braccio destro
nel 1201, c'é scolpita la sua immagine di fronte a quella dell'imperatore

(8) D. MANSI, op. cit., T. XXI, coll. 696-698. La data è un po' discussa:
siccome si ha: « Datum Fulginie anno ab Incarnatione Domini Jesu Christi
MCXLVI Eugenio papa tertio presidente eius pontificatus anno quinto », men-
tre l'anno quinto del pontefice Eugenio III é il 1149, qualcuno (per esempio
M. FaLoci-PuLIGNANI, I Priori della Cattedrale di Foligno. Perugia, 1914,
pp. 38-41) ha proposto di spostare in quest'anno la data del concilio folignate.
Altri, però, più semplicemente con il Mansi suppongono « anno quinto: nota
mendosa pro secundo ».

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98 D. GINO SIGISMONDI

‘Federico Barbarossa, e proprio sullo stipite destro si legge questa
iscrizione: Anselmus Fulginensis et Nucerinae Ecclesiae episcopus hoc
opus fieri fecit, anno Domini MCCI, mense Junii.

Ora sì sa che nel 1201 non era più « Nucerinae Ecclesiae Episco-
pus ». Oltre a questa lapide, i documenti nei quali compare il vescovo
Anselmo sono i seguenti: Anno 1166: è presente alla consacrazione
di una Chiesa in Rieti: « Ego Dodo Reatinae Ecclesiae Episcopus de-
dicavi Ecclesiam S. Victoriae Virginis cum tribus Episcopus, videlicet
Anselmo Fulginate Episcopo, etc.» (?). Anno 1170: « Anselmus Dei
gratia Nucerinus Episcopus licet immeritus » conferma a Berardo
Priore e al Capitolo della Cattedrale di Foligno la famosa concessione
relativa al monastero di S. Pietro di Landolina (1). Anno 1174, 17 giu-
gno. Data l'importanza di questo atto credo opportuno riportare i
brani principali: |

«In Dei nomine. Factum est in anno ab Incarnatione Domini
MCLXXIV, ind. VIL mense iunii, XV Kal. iulii, temporibus papae
Alexandri ac Frederici dicti imperatoris.

Cum divina humanaque precipiant iustum esse ac equa compen-
satione dignum, quemque pro suo servitio compendiose debent re-
munerari, ut propensius ad maiora prestanda non declinet; hinc est
quod Ecclesiam Landuline apud quam a principio ottaviane heresis
stati opprimens illam in omnibus qui mihi necessaria erant, tam pro
me, quam pro omnibus qui ad me veniebant, precipue pro servitio
Romane Curie quoque volendo, sed plurimum nolendo, nec aliud
poteram, multis sepe oppressus necessitatibus, quapropter ego Ansel-
mus, Dei gratia non meis meritis, Fulginensis et Nucerine Ecclesie
episcopus ex concessione Domini Pape et totius Romane Ecclesie
consensu ibidem, toto tempore vite mee ordinatus, ad predictorum
pro tempore compensationem aliquantum eam remunerans, apostolica
auctoritate Nucerine Ecclesie Prioris Rainerii ceterorumque fratrum
consensu, confirmo in eternum et reinvestio sicut Augustinus conces-
sit temporaliter et ego in eternum, sicut retentum fruit tempore pre-
dictorum Augustini et Lotarii et Munaldis ita in eternum reinvestio
per me ac meos successores te tuosque successores abbatem Landoline
A(ttonem) nomine monasteri Sancti Petri... ». Firmano l'atto, oltre
« Ofredutius notarius » e il vescovo « Ego Anselmus Fulginensis et

(9) CAPPELLETTI, 0Dz: CU DV p. 312.
(10) Archivio di Sassovivo, fasc. 97, n. 1328. Copia nel codice della Bi-
blioteca Jacobilli di Foligno B-VI-8, fol. 12-13.
: LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 99

Nucerine Ecclesie episcopus hoc totum ut supra legitur confirmo et
approbo » il priore Rainerio, il prete Benencasa «ecclesie Sancti
Felicissimi » e un « Crassus sacerdos et prior congregations » (11).

A parte la ormai tradizionale riconferma al monastero di Lando-
lina dei suoi privilegi, traspare dall'involuto periodare non sempre
corretto del notaio Ofreduccio la triste condizione politico-religiosa
dei territori di Foligno e Nocera che risentono delle lotte tra papato
e impero e staglia la figura del vescovo Anselmo che preferisce vivere
in esilio tra i monti dell'Appennino, — fedele al legittimo pontefice
Alessandro III e alla sua Curia contro lo scisma del cardinale Ottavio,
antipapa con il nome di Vittore IV — piuttosto che sottomettersi
alle pretese di Federico Barbarossa « cosi detto » imperatore.

11. Uco, anni 1197, 1199, 1202.

E presente nei seguenti documenti ancora reperibili:

Anno 1197, 31 agosto « Consecrata est Ecclesia Sancte Crucis
Fontis Avellane, presente domino Gentili venerabili sancte Romane
Ecclesie Legato a Domino Rainerio Castellano et Viviano Perusino...
et Ugone Nucerino venerabilibus episcopis, Henrico Senogaliensi
electo assistente » (??). |

Anno 1199, 4 maggio. Si trova il suo nome in una lettera del papa
Innocenzo III (?). |

Anno 1202, 15 gennaio. Con questa data fu emessa da Anagni
una sentenza da parte dei cardinali Giovanni vescovo di Albano e
Benedetto del titolo di S. Susanna con cui vengono composte alcune
contese tra l'abate del monastero di S. Pietro e il vescovo di Gubbio
rappresentato dall'arciprete della chiesa di.S. Vittore e dal « venera-
bilis fratrer noster Hugo episcopus Nucerinus » (1).

VESCOVI DEL SECOLO XIII

12. S. RinaLpo. La questione cronologica è stata già trattata
più sopra nel capitolo VI.

(11) Archivio di Sassovivo, fasc. 46, n. 592.

(12) MiTtTARELLI, Annales Camaldulenses, Venetiis, 1755, T. IV, p. 161.

(13) PorrHasT, Regesta Romanorum Pontificum. Alexander III, n. 687.
(Cfr. C. EUBEL, op. cit. p. 373).
j (14) Il documento che si trova nell'Archivio Comunale di Gubbio (Fondo
monastero S. Pietro) é stato pubblicato da P. Cenci, S. Felicissimo, opera già
citata, pp. 70-73.
100 D. GINO SIGISMONDI

13. PeLAGIO, anno 1224.

Ci è noto, oggi, solo da un atto di una donazione a Giovanni
abate di S. Stefano di Gallano, vicino a Valtopina, « cum reservatione
iuris patronatus Ecclesiae B. Mariae Virginis et S. Jacobi aedificanda »
in data 26 settembre 1224. Vi si legge: « Nos quidem in Dei nomine
Pelavicinus Nucerinus Episcopus, etc...» (15).

Si legge nell'Ughelli: « Pelagius deine Raynaldo ad eundem
Episcopatum evectus est anno 1223. Consecratus eodem anno ab
Honorio III, ut habetur in eiusdem Pontificis regesto ». Ma la notizia,
oggi, non puó essere confermata.

14. CosTANZO.

Ignoto all'autore della Maior — per il quale: « Pelagio vero suc-
cessit Bevegniates — e alla sua appendice, é stato inserito nella Crono-
tassi da qualche anonimo copista in epoca posteriore al sec. xiv. Ma
sì tratta di vescovo autentico.

15. BEVIGNATE, anno 1229.

Anno 1229, 5 agosto. Viene stipulato un atto dal notaio Paolo
«in plebe de Glea » con cui Sabuccio di Rolando di Bernardo dona
« domino Martino » cappellano di S. Cristoforo « de colle » un terzo di
una vigna « posita in valle genestreti » presente « d. B. Episcopo Nu-
cerino » (15). Benché indicato solo con l'iniziale del nome, non c’è dub-
bio che si tratta del vescovo Bevignate. Sono presenti all'atto anche
«dominus Philippus » pievano di Sigillo e « dominus Oddo » priore
di Nocera.

16. Guipo, anni 1233, 1234.

Si trova nominato negli atti che seguono:
Anno 1233, 26 novembre. Si tratta dei documenti di esenzione
della chiesa e del monastero di S. Maria di Vallefeggio (17).

(15) Archivio di Sassovivo, fasc. 94, n. 1256. Copia di questo atto con data
leggermente diversa — 5 settembre 1224 — nel codice della Jacobilli di Foligno,
(55V - 55-1. 340-t.

(16) L'atto sta nel complesso di documenti che costituivano un tempo
l'Archivio del Monastero di S. Maria d'Appennino ed oggi conservati nell Archi-
vio del Capitolo di S. Venanzo in Fabriano. Il regesto di esse è stato pubbli-
cato da Romualdo Sassi, Le Carte di S. Maria d'Appennino, Fano, 1929. Per
quest'atto in cui è presente il vescovo Bevignate cfr. p. 20 dello studio del
Sassi al N. 30.

(17) Questo monastero di clarisse francescane era situato a circa tre km. da
Nocera in località ancora chiamata Vallefeggio un po' a destra e poco dopo il
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 101

« Arino Domini MCCXXXIII VI Kal. Decembris, etc.

Dominus Guido Nucerinus Episcopus una cum domino Joanne,
domino Petro, Actone, Michaele et Petro Canonicis Nucerinis, simul
fecerunt Ecclesiam Sanctae Mariae et locum Sororum Vallis Flogii
exemptum... Actum in Civitate Nucerina in choro ipsius Ecclesiae;
unde sunt testes Dominus Alatrinus Rector Ducatus Spoleti, etc. » (15).

Anno 1234, 23 marzo. E un atto che integra quello precedente.

« Anno Domini MCCX XXIV, X Kal. Aprilis, etc. Dominus Guido
Nucerinus Episcopus una cum domino Petro, Michaeli et Actone
Canonicis in ipsa Canonica tunc residentibus reservavit sibi in instru-
mento exemptionis ab ipso et Canonicis facto Ecclesiae Sanctae Ma-
riae Vallis Flogii vel loco Sororum ut ipsae Sorores in ipsa Ecclesia
vel loco commorantes... teneantur sibi dare et exhibere ipsi Episcopo
et suis successoribus annuatim unam libram cerae in Festo S. Mariae
mensis augusti tantum. Actum in Civitate Nucerina in Claustro Ca-
nonicae Nucerinae » (19).

I due atti sono riportati interi nel breve del papa Innocenzo IV,
datato il 12 giugno 1252, con cui il pontefice concede privilegi e con-
ferma l'esenzione fatta al monastero di S. Maria di Vallefeggio dal
vescovo Guido negli anni 1233 e 1234: il documento pontificio esi-
steva autentico nell'Archivio del S. Convento di Assisi, da cui l'ha
trascritto lo Sbaraglia nel sec. xvirr.

Da notare che in questi atti del vescovo Guido trova conferma la
cronologia della Cronotassi della Maior, mentre è errata quella pro-
posta dall'Ughelli, dallo Jacobilli, dal Vincioli, ecc.

E, poi, da espellersi dal catalogo quel « Marianus de Raynaldis
Mevanas » che si legge nella Cronotassi in recensione isolata perché
ignoto ad ogni altro documento e perciò non accettato né dall'Ughelli,
né dallo Jacobilli, ecc.

17. EGIipIio, anno 1243.

E ignoto alla Cronotassi nella sua triplice forma.
Anno 1243, 18 dicembre. È una bolla del papa Innocenzo IV di-
retta « Aegidio quondam episcopo. Fulginatensi » con cui l'ex-vescovo

principio della strada montana detta Clementina. Da Vallefeggio si trasferi
dentro Nocera, dove fu edificato il monastero di S. Chiara con chiesa annessa,
in seguito all'autorizzazione del pontefice Alessandro IV in data 15 maggio
1256. (Cfr. G. Sbaraglia, Bullarium Franciscanum, Roma, 1759, 'T. II, p. 132).

(18) G. SBARAGLIA, Bullarium Franciscanum, Roma, 1759, T. I, p. 614.
(19) G. SBARAGLIA, op. cit., T. I, p. 615.

n = me -
H
ii rin a ES mn estt N 102 D. GINO SIGISMONDI

di Foligno viene trasferito alla vacante diocesi di Nocera: « Cum Eccle-
sia Nucerina pastore vacet, nec possit eidem de facili provideri ne
per vacationem diutinam dispendia solita incurrere valeat tibi...
administrationem ipsius tam in spiritualibus quam in temporalibus
auctoritate praesenti usque ad nostrae voluntatis beneplacitum du-
ximus committendum » (29).

La città di Foligno era stata punita con la privazione del vescovo
Egidio (che la reggeva dal 1208), mediante bolla del papa Innocenzo IV
del 17 settembre 1242 (?), perché dominata dal partito ghibellino: il
pontefice aveva chiamato Foligno «civitatem apostatricem, primor-
dium schismatis, plantarium proditionis, totius infedelitatis dete-
standae sentinam » (?).

18. BER(N)ARDO, predecessore del B. Filippo, anno 1256 ?

Questo Ber(n)ardo é noto alla Cronotassi della Maior — che ha
l'anno 1256, accettabile — e delle altre redazioni. Non si sa altro. Se-
condo i più fu incaricato dell'amministrazione della diocesi di Nocera
mentre — senza essere, peró, vescovo — teneva anche quella di Foligno
in vigore della bolla di Papa Innocenzo IV del 15 dicembre 1243 con-
fermato da Alessandro IV nel 1255 (?). Sembra che Ber(n)ardo non
sia stato mai consacrato vescovo, ma che sia rimasto sempre « Archi-
diaconus Fulgini ». |

La continua fraterna lotta tra guelfi e ghibellini — di cui la di-
struzione di Nocera nel 1248 é un episodio — ebbe una sinistra influenza
anche nel governo spirituale della diocesi, ed è, perció, molto difficile,
oggi, vedere chiaro nella situazione giuridica ecclesiastica che appare,
anch'essa, confusa.

Il Gams e l'Eubel hanno, forse, ragione nel considerare questo
Ber(n)ardo e il precedente Egidio come semplici amministratori,
quindi, non proprio vescovi, della diocesi di Nocera.

(20) C. EuBEL, op. cit., p. 373. La lettera del papa Innocenzo IV porta
il numero 236 (238) della raccolta ufficiale.

(21) C. EUBEL, op. cit., p. 256.

(22) Cfr. M. FALOCI-PULIGNANI, Perugia e Foligno nel sec. XIII. Foligno,
Tip. Sbrozzi, 1938, p. 8. Foligno ebbe, invece di un vescovo, un ammini-
stratore e nei documenti pontifici si scriveva: « quondam Dioecesis Fulginat. ».
(Cfr. per esempio, lettera di Alessandro IV in data 21 marzo 1260, « Priori
Sancti Feliciani Fulginaten » nell'Archivio di Sassovivo, fasc. I, n. 17). Fu il
papa Clemente IV che con bolla del 31 marzo 1265 restitui alla diocesi di Fo-
ligno il vescovo proprio. (Cfr. F. MARINI, I vescovi di Foligno. Vedelago di Tre-
viso, Tip. « Ars et Religio », 1948, p. 23).

(23) Cfr. F. MARINI, op. cit., pp. 22-23.
LA «€ LEGENDA BEATI RAYNALDI »

19. B. Filippo, anni 1257, 1276, 1277, 1281.

Documenti nei quali compare il suo nome ed oggi reperibili:

Anno 1257, 19 marzo. È una bolla del papa Alessandro IV in cui
si conferma la donazione fatta dal vescovo Filippo al monastero delle
clarisse di S. Maria di Vallefeggio della antica Chiesa di S. Felicis-
simo (24), situata nelle immediate adiacenze di Nocera (?°). Veramente
nella bolla pontificia non c’è il nome del vescovo Filippo, ma non ci può
essere alcun dubbio che si tratti di lui, perché si nomina nell’atto au-
tentico di donazione di questo documento e che si conservava un tempo
nell'Archivio del Convento di S. Francesco di Nocera insieme con il
documento papale che questo vescovo Filippo aveva fatto per mano
del notaio Egidio Ippoliti. Decisivo in proposito è ciò che si legge nella
visita del vescovo Massaioli alla chiesa di S. Felicissimo il 3 maggio
1772: « Dictum sacellum est iuris monialium S. Clarae, quibus anno
1257 concessum donatumque fuit, una cum annexis praediolis a B.
Philippo de Cimitibus Antignani Episcopo, datum ex monasterio
Fontis Avellanae, rogito Hippoliti Egidii, quod in membrana conser-
vatur, et una litterae dictam donationem confirmantes datae die 19
Martii 1257 ab Alexandro papa IV in Conventu Fratrum Minorum
S. Francisci Nuceriae » (29).

La bolla pontificia — e lo dice espressamente — aveva annesso l'atto
di donazione del vescovo Filippo (che, peró, oggi manca) ed era in tutto
simile a quella del 1233 in cui compare il vescovo Guido, come già
detto sopra.

Anno 1276, 10 Luglio. Sentenza del vescovo Filippo con cui si
pone termine alla controversia tra Trasmondo, abate del monastero
di S. Maria di Sitria e S. Albertino priore dell'Avellana, intorno ai
confini di alcuni possedimenti dei due monasteri. Il b. Filippo era stato
scelto arbitro dagli interessati e fu steso l'atto alla presenza di S. AI-
bertino e Giovanni economo di Fonte Avellana, Trasmondo e Rustico
cellerario di quello di Sitria e Guglielmo abate di S. Benedetto di
Gualdo (?).

Anno 1277, 7 maggio. È una procura, rogata «in palatio mona-
sterii S. Mariae de Appennino », con cui l'abate Giácomo e i suoi mo-

(24) Su questa chiesa cfr. P. CENCI, S. Felicissimo, ecc., capit. V.

(25) G. SBARAGLIA, Bullarium Franciscanum, II, p. 206.

(26) Archivio della Cancelleria Vescovile di Nocera. Atti di S. Visita del
vescovo Massaioli, anno 1772.

(27) MITTARELLI, Annales Camaldulenses, Vol. IX, p. 74.
104 D. GINO SIGISMONDI

naci nominano il converso Ventura loro rappresentante per dimostrare
a Bartolo priore del monastero di S. Cassiano e vicario « domini Phi-
lippi Episcopi Nucerini » che la chiesa di S. Gregorio di Serradica di-
‘pende dal monastero di S. Maria d’Appennino ed è già stata conferita
ad un certo Paolo (?8).

Anno 1281, 18 gennaio.

È un decreto «domini Philippi Episcopi Nucerini » con cui si
«dava facoltà a chi possedeva indebitamente roba d'altri di devol-
vere il valore al Convento (di S. Maria Maddalena in Gualdo) » che
in questo tempo veniva restaurato ed ingrandito (?°).

Sotto il vescovo Filippo, secondo la Cronotassi, Nucerium re-
stauratum fuit et corpus Beati Raynaldi reinventum fuit et translatum.

A commento di questa notizia importantissima ecco quanto scrive
lo Jacobilli, che aveva tra le mani un Codex antiquus ms. in Civi-
late. Nuceriae sub anno 1258 (9), oggi scomparso: « Con tale occa-
sione (cioè l’espulsione da Nocera delle truppe ghibelline dopo la
morte dell’ultimo imperatore Svevo) il B. Filippo si diede con più
animo a restaurar la città di Nocera; dove risiedè sempre: convocò i
sacerdoti e chierici ed altri habitatori di Nocera, ch’erano fuggiti per
la Diocesi; e li ridusse a ritornar ad habitar in Nocera; et a restaurare
le loro case, ch'erano rovinate... E perché la Catedrale con la ca-
nonica era affatto rovinata, la trasferì nella Chiesa, detta di S. Maria
Maggiore, chiamata poi S. Maria vecchia, ch'al presente possedono
le Monache del Monastero di S. Giovanni dentro Nocera; la cui Chiesa
di S. Maria ampliò, e si edificò la canonica; et a di 6 di luglio 1257 vi
traslatò il corpo di S. Ranaldo, che trovò illeso, ed incorrotto: e fu
dal popolo maggiormente venerato per li molti miracoli, che N. Signore
operò per lui in questa traslazione. Restaurò anco altre chiese e case
rovinate da detti soldati di Federico 2, e procurò, che si restaurasse
la città, e rifacessero le nuove mura: e se bene non fu potuta ridurre
la città alla grandezza di prima, per esser la maggior parte degli edifizii
abrugiati, o andati per terra, e le mura rovinate: contuttociò, furono

(28) Archivio Comunale di Fabriano, B. IV, 170. Cfr. R. SASSI, Le carte, ecc.,
p. 26.

(29) R. GUERRIERI, Storia del Comune di Gualdo Tadino, ecc., p. 337. L'ori-
ginale di questo documento si conserva nell’ Archivio del Monastero di S. Maria
Maddalena in Gualdo (oggi Istituto del Bambin Gesù).

(30) Lo cita nella Vita del B. Filippo da Foligno, vescovo di Nocera scritta
dallo stesso Jacobilli e pubblicata in Vite de’ Santi e Beati dell’ Umbria, Vol. I,
pp. 111-114. IM.
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 105

restaurate molte Chiese, et habitazioni, e ridotta la città con le nuove
mura in assai minor circuito di prima; e nello stato, che si vede al
presente; che non è un terzo di quello, ch'era mentre stava nella mag-
gior grandezza. Con l’elemosina, e proprie entrate, ch’erano ‘assai,
sovvenì i poveri, ela restaurazione delle Chiese; e con la divina predi-
cazione, e sante essortazioni consolò gli animi degli afflitti; e con il
buon esempio giovò a tutti » (8).

Tutto accettabile quanto qui scrive lo Jacobilli, meno E data
della traslazione del corpo di S. Rinaldo dalla distrutta Cattedrale
in S. Maria vetus. Con ogni probabilità questa prima traslazione av-
venne nel giugno e non nel luglio del 1257. E la seconda traslazione
da S. Maria vetus nella ricostruita Cattedrale iuxta arcem che avvenne
il 6 luglio 1487. Lo Jacobilli confonde le date delle due traslazioni
del corpo di S. Rinaldo. Del resto che di S. Rinaldo dalla fine del

sec. xv si celebrassero tre feste — una nel giorno della morte e le

| altre due nei giorni delle due traslazioni — appare chiaro dagli Sta-

E. tuti del Comune. Gli statuti di Nocera (*) infatti, ricordano tre fe-
ste di S. Rinaldo: « In festo B. Raynaldi unum duplerium cerae pon-
deris 6 libr. et de mensibus Februarii et Junii... Item in festo B.
Raynaldi de mense Julii proxime nunc venturi ad aram seu altare
praedictum, unum pallium de siricho novum ponatur, et offeratur dum
Missa in ipsa ecclesia solemniter celebratur. Et ab inde in antea sin-

gulis tribus annis simili modo offerri debeat ad dictum altare, unum

pallium novum de sirico in dicto festo de mense Julii » (83).

Mi sembra sia esatta l'interpretazione che di questo passo statu-
tario nocerino fa il Castellucci: « La festa di febbraio ricordava la
morte del Santo; quella di giugno la prima traslazione dopo l'incendio
della Cattedrale (del 1248); quella di luglio — evidentemente aggiunta
agli Statuti dopo la loro compilazione e prima della stampa, cioè nel
1487, come sembra doversi dedurre dall'avverbio « nunc » — l'ultima
traslazione con la quale il corpo del Santo fu nel 1487 solennemente
riportato nella ricostruita Cattedrale » (3*).

(31) L. JAcoBILLI, Di Nocera, etc., pp. 85-86. Qui cita genericamente la
fonte da cui deriva questa notizia: « Monumenta antiqua Nuceriae ».

(32) Furono compilati nell'anno 1371 e stampati « Fulginei per Augusti-
num Colaldum de Civitate Ducali, apud Vincentium Cantagallum » nel 1567.
Di questa stampa esiste copia nella Pinacoteca Comunale di Nocera.

(33) Statuta... Nucerii... lib. V, De Extraordinariis, cap. 34, f. 90.
(34) A. CASTELLUCCI, La Cattedrale di Nocera, p. 118 in nota.
106 D. GINO SIGISMONDI

La seconda traslazione avvenne il 6 luglio del 1487 (8) ed era
questa seconda data che veniva celebrata con solennità.

Si conosce il giorno e il mese della morte del b. Filippo: si legge
infatti, nel necrologio di Fonte Avellana: «die 17 septembris: obiit:
dominus Philippus Episcopus Nucerinus monachus nostrae congre-
gationis » ($9). Per l'anno, il più probabile è il 1284. Fu sepolto nella
chiesa di S. Agnese di Gualdo, da lui stesso fatta costruire, la quale,
da allora, nei documenti si chiama dei SS. Agnese e Filippo apostolo (3).

20. FrpEMONDO, anni 1285, 1286, 1287.

Anno 1289, 6 agosto. Bolla del papa Onorio IV con cui Fidemondo
viene eletto vescovo di Nocera (8).

In data 9 agosto dello stesso anno ancora Onorio IV scrive una
lettera al vescovo di Todi perché consacri vescovo di Nocera. Fide-
mondo (9).

Anno 1286, 23 luglio. Decreto del vescovo Fidemondo con cui
«si autorizzavano le Monache (del Monastero di S. Maria Maddalena
di Gualdo) a raccogliere offerte per opere murarie e per suppellettili
di cui abbisognava la loro Chiesa e il loro Convento e si concedevano
indulgenze per i benefattori » (2):

Anno 1287. Insieme con i Vescovi Giacomo di Città di Castello,
Bernardo di Foligno, Simone di Assisi e Benvenuto di Gubbio, il ve-

scovo di Nocera Fidemondo consacra la chiesa di S. Domenico in
Gubbio (*).

(35) In calce ad un breviario, stampato a Venezia nel 1637, del convento
di S. Giovanni in Nocera probabilmente scritto da una monaca del convento
stesso nel sec. xvir, si legge: « A di 6 Julii è la traslatione del corpo di S. Ri-
naldo, cioé preso nella Chiesa che hor é delle monache di S. Giovanni e portato
in processione al Duomo di Nocera ». (Cfr. A. CASTELLUCCI, op. cit., p. 120 in
nota).

(36) Codice della Biblioteca Jacobilli di Foligno A, II, 6, f. 222 t.

(37) R. GUERRIERI, Storia di Gualdo; ecc., p. 400.

(38) Lettera 74 (78) del pontefice Onorio IV. (Cfr. C. EUBEL, op. cit., p. 373).

(39) Lettera 75 (79) del pontefice Onorio IV. Cfr. oltre C. EUBEL, come so-
pra, anche l'Ughelli, op. cit.

(40) L'originale nell'Archivio dell'attuale Istituto Bambin Gesù in Gualdo.
(Cfr. R. GUERRIERI, Storia, ecc. p. 338). Copia nel Codice della Biblioteca Jaco-
billi di Foligno, A, V, 6, f. 610.

(41) Il documento di consacrazione esisteva ancora nel sec. xvirr nell'Ar-
chivio del Monastero di S. Domenico di Gubbio, dove lo vide il Sarti. (Cfr. U.
PESCI, I vescovi di Gubbio, Unione Tipografica Coop. Perugia, 1919, p. 68).
- MÀ

LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 107

- 91. B. GIOVANNI, anni, 1288, 1289, 1291, 1292, 1299, 1300, 1304,
1309, 1310, 1312, 1315, 1316, 1323.

Per questo vescovo e per il seguente, dati i numerosi documenti

che li riguardano, mi limito a farne — e solo dei principali — un elenco

cronologico.
Anno 1288, 24 agosto. Nomina del vescovo Giovanni con bolla

del Papa Nicolò IV (*?. FO

Anno 1289, 27-28 aprile, 4 maggio. Vari atti del vescovo Giovanni
per dare esecuzione al breve del pontefice Nicoló IV del 15 marzo
1289 con cui si vietava ai gualdesi di recarsi ad abitare nel castello
di Poggio S. Ercolano - costruito allora da Perugia abusivamente —,
di andarvi per qualsiasi motivo e si prescriveva a quelli che già vi
avevano preso dimora di partirsene immediatamente, pena la sco-
munica e la confisca dei beni (9.

Anno 1289, 23 maggio. Il vescovo Giovanni nomina Ubaldo mo-
naco di S. Maria d'Appennino rettore della chiesa di S. Romualdo
«heremite vallis loreti Nucerine Dioecesis » (4).

Anno 1291, 23 marzo. Decreto del vescovo Giovanni relativo
alla raccolta di offerte in favore del monastero di S. Maria Maddalena
in Gualdo (5). |

Anno 1292, 7 marzo. Atto di fondazione del monastero di 5. Ma-
ria del Fonte in Fossato (39). i

Anno 1299, 14 febbraio. Lettera del vescovo Giovanni a Guarino
priore di S. Venanzo di Fabriano circa la permuta di alcuni terreni
del monastero di S. Maria d’Appennino (*).

Anno 1300, 6 febbraio. Accordo del vescovo Giovanni con Ben-
venuto, vescovo di Gubbio, con cui «si stabili... che chiunque ri-
tenesse roba rubata, o fatta con l'usura, potesse essere sciolto dal-
l'onere della restituzione, qualora s'ignorasse a chi si fosse dovuto
restituire, purché la portasse al procuratore dei.Frati Minori di Co-
stacciaro » (1).

(42) Lettera 143 (258) del pontefice Nicolò IV. Cfr. C. EUBEL, op. cit., p. 393.

(43) R. GUERRIERI, Storia di Gualdo, pp. 68-70.

(44) Archivio Comunale di Fabriano, B, IV, 204. R. Sassi, op. cit., p. 29.

(45) R. GUERRIERI, op. cit., p. 338. L'originale si trova nell'Archivio del-
l’Istituto del Bambin Gesù in Gualdo Tadino.

(46) Tutti i documenti relativi a questo monastero di S. Maria del Fonte
in Fossato sono stati pubblicati da F. BruscHELLI, nell’ Archivio per la Storia
Ecclesiastica dell’ Umbria, Vol. III, fasc. III, anno 1916, pp. 434-445.

(47) R. Sassi, op. cit., p. 31.

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108 D. GINO SIGISMONDI

Anno 1304, 24 giugno. Lettera del vescovo Giovanni a Marco,
cappellano di S. Cristoforo di Fossato, nella quale si riconoscono i
diritti del monastero di S. Maria d'Appennino circa il possesso di un
terreno «in plagiis castri Fossati » (09).

Anno 1308, 8 marzo. Lettera di « Joannes indignus Episcopus
Nucerinus» ...«universiis Christi fidelibus pro civitate et Dioecesi
Nucerina constitutis » nella quale si raccomanda di fare elemosina in
favore del monastero di S. Maria del fonte di Fossato (5).

Anno 1310, 25 maggio. Atto di presentazione di una lettera del
card. Arnaldo di S. Maria in Portico, legato pontificio nelle Marche,
all'abate e al convento di S. Maria d'Appennino, nella quale si dà al
vescovo di Nocera, Giovanni, facoltà di benedire la prima pietra della
nuova chiesa di S. Cristoforo «in giclano » (oggi Cerchiano) costruita
alle porte di Fabriano (53).

Anno 1312, 17 agosto. L’abate di S. Maria d’Appennino, Paolo,
nomina il monaco Giovanni suo procuratore presso Giovanni, vescovo
di Nocera (52).

Anno 1315, 1 maggio. Insieme con i vescovi di Cagli, Perugia,
Iesi, Assisi, Gubbio e Città di Castello il vescovo Giovanni di Nocera
consacra la chiesa di S. Francesco in Gualdo (88).

Anno 1316, 17 maggio e 11 dicembre. Compare il vescovo Gio-
vanni in atti riguardanti il Monastero di S. Maria d'Appennino (5).

Anno 1323, 30 maggio. Approvazione parziale da parte di « Joan-
nes Episcopus Nucerinus » di un atto collettivo con cui vari vescovi
residenti in Avignone concedevano indulgenze ai visitatori della chiesa
di S. Caterina del Colle di Fossato (95).

Da questi documenti risulta che il b. Giovanni fu vescovo di
Nocera ininterrottamente dal 1288 ad oltre il 1323: deve essere per-
ciò eliminato dal catalogo dei vescovi nocerini un certo Stefano (cui
seguirebbe un Giovanni II) che, secondo il Gams (5), sarebbe stato
vescovo di Nocera dal 1304 al 1308.

Secondo lo Jacobilli il b. Giovanni morì in Gualdo il 31 gennaio
del 1327 e «il suo corpo fu sepolto appresso quello del sopradetto

(49) R. Sassi, op. cit., p. 35.
(50) F. BRUSCHELLI, op. cit., pp. 436-437.
(51) R. Sassi, op. cit., p. 36.
(52) R. Sassr, op. cit., p. 39.
(53) R. GUERRIERI, op. cit., p. 372.
(54) R. Sassi, op. cit., p. 41.
F.

(55) BRUSCHELLI, op. cit., pp. 441-443.
(56) GAMS, op. cit., p. 710. >
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 109

B. Filippo vescovo suo parente, come «egli haveva ordinato nella
detta Chiesa de’ SS. Filippo et Agnese fuori di Gualdo » (97).

Dopo il b. Giovanni, nel febbraio del 1327, sarebbe stato eletto
vescovo di Nocera — secondo lo Jacobilli, il Vincioli e il Gams — un
certo Guido, il quale, peró, sarebbe morto prima di essere consacrato.
Ma, questo Guido deve essere eliminato — la Cronotassi della Maior
non lo conosce — perché il breve pontificio di nomina del b. Alessandro
parla della sede episcopale di Nocera vacante per la morte del vescovo
Giovanni.

22. B. ALESSANDRO ViNcioLi, anni 1327, 1331, 1343.

Anno 1327, 17 novembre. E il breve di nomina: il pontefice Gio-
vanni XXII da Avignone - datum Avenione, XV Kal. Decembr.
pontificatus anno XII — scrive: « Dilecto Filio Alexandro Electo Epi-
scopo Nucerino ». Ecco la parte principale del breve: « Postmodum
vero Nucerina Ecclesia, eidem Romanae Ecclesiae immediate subiecta
et in terra, spectante immediate ad dictam Romanam Ecclesiam,
constituta, per obitum b. m. Joannis Episcopi Nucerini, qui in parti-
bus illis diem clausit extremum, Pastoris solatio destituta, Nos ad
provisionem ipsius Nucerinae Ecclesiae celerem et fidelem... pa-
ternis et solicitis studiis intendentes; ac cupientes talem eidem Eccle-
siae preesse personam, quae curet et possit eandem praeservare a
noxiis et adversis, ac in suis manutenere iuribus, et etiam augmen-
tare; post deliberationem, quam super his cum fratribus nostris habui-
mus diligentem, demum ad te, Ordinis Fratrum Minorum professo-
rem, Poenitentiarium nostrum, quem litterarum scientia praeditum,
conversationis, et morum honestate decorum, et discretionis et con-
silii maturitate dotatum, in spiritualibus providum et providentia
circumspectum, aliisque virtutum meritis multipliciter novimus insi-
gnitum, direximus oculos nostrae mentis: quibus omnibus attenta
meditatione pensatis, de persona tua nobis et eisdem fratribus ob
huiusmodi tuorum exigentiam meritorum accepta, praefatae Nuceri-
nae Ecclesiae, de ipsorum Fratrum consilio, auctoritate apostolica
providemus... » (35).

(57) L. JAcoBILLI, Di Nocera, ecc. p. 91.

(58) Lettera del papa Giovanni XXII, n. 341. Ho seguito il testo, che il
bollandista Papebroeck riporta nel breve cenno « De B. Alexandro Vincioli,
ex ordine Minorum S. Francisci, Nuceriae in Umbria Episcopo » in « Acta SS. »
Maii, T. I, pp. 818-819.
110 D. GINO SIGISMONDI

Questo atto è, oltre tutto, una bella testimonianza che il papa
rende alle virtù del suo penitenziere.

Anno 1331, 22 novembre. Nicola procuratore del monastero di
S. Maria d’Appennino presenta a Filippo priore di S. Pellegrino e
vicario generale di frate Alessandro vescovo di Nocera una costitu-
Zione deliberata nel capitolo il 17 novembre per cui, a causa delle
scarse rendite e dato il numero sufficiente di monaci si stabilisce che
per sei anni nessuno possa essere ammesso al monastero quale monaco
o converso. Il vescovo approva (8).

Anno 1343, 20 gennaio. Dopo un regolare processo e con il bene-
placito del pontefice Clemente VI, il vescovo Alessandro insieme con
l'abate di S. Benedetto Ardenguccio Goncelli del Poggio fa la rico-
gnizione canonica del corpo del b. Angelo di Gualdo e lo pone in una
grande urna di pietra rossa, che viene poi collocata su un altare la-
terale della chiesa di S. Benedetto (t9).

Fu molto amico del celebre giurista Bartolo da Sassoferrato,
del quale si conserva un consilium ad un quesito del vescovo Ales-
sandro (01).

Morì in Sassoferrato il 3 maggio (secondo altri il 22 maggio) del-
l’anno 1363 « sepultusque in Sassoferrato, in Choro Fratrum Minorum,
ubi pia credulitas fidelium eum veneratur ut Sanctum » (9):

Il successore del b. Alessandro Vincioli fu il camerte Luca Ri-
dolfucci, il quale dal pontefice Urbano V fu eletto vescovo di Nocera
il 21 luglio 1363 (8) e fu consacrato nella chiesa dei frati minori di
Ancona dal legato apostolico Egidio Albornoz vescovo di Sabina, il
21 dicembre 1363 (64).

*ockok

La Cronotassi termina qui: non conosce altri vescovi di Nocera
oltre il Ridolfucci; anzi la redazione nel testo della Maior si ferma al

(59) R. Sassi, op. cit., p. 43.

(60) Biblioteca Jacobilli di Foligno, cod. A, VI, 6, f. 75 e ancora f. 321.
Cfr. R. GUERRIERI, Storia di Gualdo, ecc, p. 324.

(61) « Consilium CII » di Bartolo da Sassoferrato. Se ne puó leggere il te-
sto anche nei Bollandisti Acta SS. Maii, T. I, p. 819.

(62) Cfr. Acta SS., p. 819. Hanno scritto del b. Alessandro Vincioli lo
JACcOBILLI in Vita de Santi e Beati dell’ Umbria, T. I, pp. 461-462; e G. VINCIOLI,
Del b. Alessandro vescovo di Nocera in Vite di IX soggetti della Famiglia Vincioli,
Perugia, Costantini, 1734, pp. 57-70.

(63) C. EUBEL, op. cit., p. 373.

(64) Archivio Vaticano Miscellanea dell'anno 1363. Cfr. C. EUBEL, op. cil.,
p. 373.
LA « LEGENDA BEATI RAYNALDI » 111

precedente b. Alessandro Vincioli. È segno sicuro del tempo in cui è

stata compilata, anche se, specialmente nella forma, è facile notare

qua e là delle aggiunte posteriori, le quali, però (è bene avvertirlo)
j non ne migliorano mai il testo, che, nel suo complesso, si manifesta
| più rispondente alla realtà storica in proporzione della probabile prio-
rità della sua stesura.

Risulta anche che le indagini personali del suo autore sui docu-
menti relativi ai vescovi — e di cui molti sono giunti anche ai nostri
tempi, benché in copie posteriori, nella maggior parte dei casi —, sono
state abbastanza fortunate. Non bisogna, certo, dar calcolo ecces-
sivo alle indicazioni vicino a ciascun vescovo dei papi e degli impera-
tori contemporanei, che sono quasi sempre errate, perché, mancando
esse nella forma primitiva della Cronotassi quale si ritrova nel testo
della Maior, sono, con ogni probabilità, da attribuirsi a quel lavorio
di arricchimento e, specialmente in questi sincronismi, di deteriora-
mento con cui quel parziale e abbastanza esatto catalogo dei vescovi
nocerini é stato manomesso in tempi successivi alla sua primitiva
compilazione.

Comunque, a conclusione, si può affermare che il valore storico
di questa Cronotassi è fuori discussione: i documenti sopra riportati —
. l'elenco ha il carattere di esemplificazione, non essendo affatto defi-

nitivo perché si limita quasi esclusivamente ad alcuni di quegli atti
che ancora esistono, o negli originali o in copie antiche degne d'ogni
fede — sono la migliore conferma che anche in questa pericope il com-
pilatore della Maior non è che un fedele copista di quanto è riuscito
ad avere tra le mani.

, E questi documenti rimangono storici, anche se inclusi in un la-

voro di complesso e vario valore, quale in definitiva si dimostra la
Maior ad un obiettivo esame critico.

"

D. Gino SIGISMONDI

E 1° MA 5 agp PP NND, IL GIORNALISMO UMBRO
DALLE ORIGINI AL 1860

PREMESSA

Sul giornalismo umbro non sono stati fatti sino ad oggi studi
particolari, né dal punto di vista storico, né da quello bibliografico. La
ricerca di un materiale in gran parte disperso e frammentario è stata
perciò particolarmente laboriosa ed ha richiesto una sistematica
esplorazione delle biblioteche e degli archivi dei più importanti centri
dell'Umbria. Dalle ricerche eseguite nell'Archivio di Stato in Roma
e nell'Archivio Vaticano ho avuto notizia di periodici che non ero
riuscita a trovare nelle biblioteche locali, pubbliche e private, e in
particolare fra le carte della Polizia ho trovato degli interessanti car-
teggi riguardanti i due giornali ufficiali dell'Umbria relativamente:
agli anni 1859 e 1860.

Per un orientamento generale nel campo giornalistico in Italia
e negli Stati Pontifici nel Risorgimento, ho consultato varie opere da
me elencate nella bibliografia generale, nelle quali, tranne alcuni ac-
cenni ai giornali romani, nessuna particolare attenzione è stata ri-
volta ai giornali dell' Umbria.

Il Fattorello (Il giornalismo italiano dalle origini agli anni 1848-
1849, Udine, 1937), sorvolando sulla stampa periodica delle Marche
e dell'Umbria, osserva soltanto che anche in queste regioni «si possono
riscontrare molti dati interessanti » per una storia del giornalismo
italiano ed auspica che qualcuno venga prima o poi ad interessarsi
all'argomento.

Per Foligno, di valido aiuto pur nella sua schematica esposizione,
mi è stato lo scritto del Messini (7 giornali di Foligno, Roma, 1943)
che mi ha fornito un elenco completo dei periodici stampati in questa
città fin dalle origini.

Pure di qualche utilità per quel che riguarda l'antica ditta Cam-

pitelli e la prima attività giornalistica in Umbria, mi è stato l'opu-
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 113

scolo del Mancinelli (La stampa nell’ Umbria e la Regia Tipografia di
Feliciano Campitelli di Foligno. Cenni storici, Foligno, 1886), mentre
per quanto riguarda il giornalismo scientifico e letterario, che, almeno
fino alla seconda metà dell’800, trovò unica sede in Perugia, mi ha
fornito alcuni cenni critici l’opera del Cecchini (Saggio sulla cultura
artistica e letteraria di Perugia nel secoloXIX, Foligno, 1921).

Vanno inoltre ricordati alcuni articoli di particolare interesse,
come quelli del Bongi (Le prime gazzette in Italia, in Nuova Antologia,
Firenze, a. IV, 1869, vol. XI, f. VI), del Fassini (Paolo Rolli giornali-
sta ?, in Rivista d'Italia, a. XVI, 1913) intorno ad una famosa gazzetta
stampata a Todi e mai più ritrovata, e del Sordini, che nel Bibliofilo
(a. IV, n. 11, 1883) ci dà la breve storia di un periodico spoletino da
lui rintracciato nel 1883 e che non si sa oggi come o dove sia andato
a finire.

Una rassegna di periodici stampati a Todi è contenuta in un
articolo di Franco Franchi (Stampa todina, in La Tribuna, a. XII,
1934) che mi è stato gentilmente comunicato da A. Tenneroni di Todi.

Quando mi è stato possibile, ho consultato sempre direttamente
il materiale di prima mano, altrimenti mi sono attenuta a testimo-
nianze sicure, come nel caso dell’antico periodico spoletino scoperto
dal Sordini e ricordato poi dal Bernardini. Talvolta, pur avendo sotto
mano indizi interessanti, ho dovuto arrestarmi per mancanza di ulte-
riori documenti: cosi per esempio il Fumagalli (Lexicon typographicum
Italiae, Firenze, 1905) accenna ad una gazzetta stampata dallo Sgari-
glia in Assisi fin dalla prima metà del 1700 e che procurava all’editore
grandi guadagni, ma non ho trovato in nessun luogo ulteriori accenni
a tale gazzetta.

La mia ricerca perciò è stata non sempre fruttuosa, trattandosi
di un materiale che il tempo e spesso la noncuranza hanno disperso o
ridotto in frammenti. Tuttavia mi è sembrato utile studiare questo
giornalismo di provincia che, pur essendo di tono minore e conser-
vato soltanto in parte, presenta indubbiamente i suoi lati interes-
santi, se non altro per porre in luce un’attività che, soprattutto nella
città di Foligno, vanta una tradizione assai fiorente ed antica.

DEKA. . s
NS — QUIDNE e US API PE
114 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

CAPITOLO I.

IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI
ALL’AVVENTO DI PIO IX

L'arte della stampa si era affermata da alcuni anni a Subiaco,
a Roma e a Venezia, quando trovava nell'Umbria la sua prima sede
nella piccola città di Trevi, ove nel 1470 si costituiva una società per
la stampa dei libri, «la più antica che si conosca in Italia » (1). Ma
dopo la stampa di due sole opere, tale società si scioglieva e la tipo-
grafia veniva assorbita dalla vicina Foligno, che divide con Trevi il
primato nell’introduzione della stampa nell'Umbria. Fin dagli inizi
l’attività tipografica folignate sì dimostrò assai fiorente e durante la
sua lunga e quasi ininterrotta esistenza « ha fornito prevalentemente
volumi di storia sacra e profana, di ascetica, di erudizione, ma quel
che costituisce il vanto singolare dell’industre città umbra e che accen-
tua il carattere commerciale della sua attività tipografica sono gli
Avvisi e i famosi Lunari, i quali dal sec. xvi vi si presero a stampare
per conto di quasi tutte le città dell’Italia centrale e settentrionale
con una estensione ed una continuità che dovevano portare alla costi-
tuzione di una specie di monopolio assai lucroso ». (?) Potremmo af- .
fermare che Foligno vanta il primato nella storia del giornalismo ita-
liano, se dobbiamo dar credito ad una notizia riportata nello studio
del Bongi, Le prime gazzette in Italia (?), in cui si dice che già nel 1570,
«in quella prima persecuzione di Roma contro gli spacciatori di Avvisi»
erano stati « messi in prigione alcuni che vendevano le nuove stam-
pate a Viterbo et a Foligno et in altri luoghi per quella città ».

Il Bongi pensò che quelle « nuove » stampate a Foligno non fos-
sero altro che relazioni straordinarie, non periodiche, come tante se
ne imprimevano in altre parti d’Italia. Altri videro in esse gli ante-
nati di stampe popolari con il racconto di eventi straordinari, come
orribili delitti o apparizioni della Madonna, che si distribuivano nelle
fiere dai cantastorie: nel qual caso però non si comprende perché ci
si accanisse tanto contro i venditori di simili fogli. Meglio forse pen-
sare col Messini che la cosa sia « da mettersi in relazione con il brutto
quarto d'ora che stavano attraversando i gazzettieri ante litteram di
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 115

allora ». (4) Infatti già nel febbraio del 1569 Pio V aveva deplorato
in un concistoro la cattiva abitudine di scrivere e divulgare « nuove
pregiudiciali del papa, di cardinali, di vescovi, et delli altri prelati »
e aveva affermato di voler procedere assai severamente contro gli spac-
ciatori di tali «nuove». Alle minacce seguì l'impiccagione di messer
Niccoló Franco, ma tale esempio pare che non bastasse, giacché nel
febbraio del 1571 il pontefice emanava un editto contro i « novellanti »,
cui seguiva di nuovo l’impiccagione di tre o quattro di essi. Infine
nella bolla del 17 marzo 1572 si ordinava che « ogni qualità di libelli
famosi e specialmente le lettere d'Avviso offensive alla fama di chic-
chessia si intendessero proibite e gli autori, nonché quelli che dessero
loro aiuto in qualsiasi modo o copiassero e divulgassero esse scritture,
o che anche capitandone loro in mano non le presentassero immedia-
tamente ai governatori di Roma e della provincia, s'intendessero
incorsi in ogni piü grave pena, anche della morte e della confisca ».
Simili e più gravi pene minacciarono contro i « menanti » Gregorio XIII
e Clemente VIII, il quale in un bando del 1602 ordinava che nessuno
potesse scrivere «lettere d'avviso » senza la licenza del governatore.

Né tali provvedimenti erano del tutto privi di giustificazione
giacché «i governi e specie la Corte Papale vedevano questi menanti
violare i loro segreti, penetrare i piani piü celati dei loro negozi poli-
tici, quindi erano diffidenti e tentarono in ogni modo di ostacolarne
l'opera. Si ebbero così i primi martiri, se si può dire, del giornalismo». (5)

Insieme col Fattorello, possiamo vedere nel bando del 1602 l’i-
nizio della censura preventiva sulla stampa, che graverà ininterrotta-
mente sugli Stati Pontifici, costringendo ogni attività giornalistica
a rimanere nei limiti della pura informazione e soffocandone gli slanci
ed i possibili sviluppi.

Tornando alle «nuove » stampate a Foligno nel 1570, sembra
logica la tesi del Messini, che « fossero del genere degli Avvisi incri-
minati » e quindi quei fogli fossero da annoverarsi fra i più antichi
esempi di stampa periodica.

Il Messini stesso, in una nota al citato suo opuscolo, (5) aggiunge
come in un catalogo della libreria antiquaria di Rosenthal di Monaco
di Baviera si offrisse un foglio di « Nuove stampate a Viterbo », il
cui stampatore era forse Agostino Colaldi, che nel 1562 aveva im-
piantato una tipografia a Foligno in società con Vincenzo Cantagalli
di Foligno e che poi nel 1568 si era trasferito a Viterbo. Tuttavia della
sua ulteriore attività in Foligno non si hanno finora notizie precise.

Verso la fine del secolo xvii e il principio del secolo xvir com-

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116 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

paiono i primi fogli politici nelle principali città d’Italia e fra queste.

figura Foligno, ove nel 1680 circa nasceva il primo giornale folignate,
sicuramente il più antico dell'Umbria e fra i più antichi d'Italia. An-
tonio Mariotti, non si sa se folignate o forestiero, aveva iniziato la sua
attività tipografica a Foligno nel 1677, servendosi del materiale del-
l'antica casa Alterij, che, trasferitasi da Narni a Foligno, aveva qui
iniziato una produzione tipografica copiosissima fin dal 1624.

Nel 1677 il Mariotti ottenne il titolo di Tipografo Camerale fino
al 1708. « Dai torchi del Mariotti non pare che uscissero opere di grande
mole. Tra le pubblicazioni di questa tipografia prevalgono quelle di
occasione e di carattere popolare. Al Mariotti spetta il vanto di aver
pubblicato il primo foglio folignate di Avvisi, ossia un periodico set-
timanale intitolato Fuligno, che, ...iniziato nel 1680, continuò inin-
terrottamente sino al 1708, prima datato da Foligno e poi, dal 1701,
da Spello » (*). Era esso un foglio di quattro pagine del formato di cm.
27 x 20. A sinistra del titolo c'era il numero progressivo del giornale,
a destra la data di uscita. Le notizie seguivano al titolo senza sotto-
titolo, la composizione era fitta e i caratteri tutti della medesima gran-
dezza. Di solito precedevano le notizie da Roma, seguivano poi alla
rinfusa le notizie provenienti dalle varie città d'Italia e d'Europa.
La cronaca locale di Foligno era rarissima, tutte le notizie erano di
carattere politico ed impiegavano molto tempo prima di giungere
a destinazione. (8) i

Attività tipografica assai popolare del Mariotti fu anche la stampa
dei Lunari o Calendari a foglio o a libretto, ma soprattutto di questo
ultimo tipo, che si pubblicavano ogni anno con gli strani titoli Apo-
catastasi celeste, Almanacco universale, Il chiaro-oscuro delle stelle e
simili. Anche altri tipografi folignati si dedicarono a questa produzione
che continua ancora oggi ininterrotta. Nel 1762 appariva per la prima
volta il famoso Barbanera, che superò per fama tutti gli altri almanac-
chi e la cui tradizione è tuttora fiorente.

La produzione di almanacchi si affermò ben presto anche nelle .

vicine città dell'Umbria, soprattutto ad Assisi e a Perugia (?). In-
tanto, sempre a Foligno, sorgevano altri periodici in concorrenza con
quelli stampati dal Mariotti. Dal 1686 al 1695 circa, i fratelli Gaetano
e Carlo Zenobi pubblicavano un periodico settimanale di Avvisi simile
a quello del Mariotti. (19)
Contemporaneamente apparivano periodici in. altre città del-
l'Umbria: nel 1684 ce n'era uno a Todi edito da G. Domenico Fau-
stini, nel 1701 un altro ad Assisi edito dal Mastici, altro a Terni nel
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 . 15157:

1704 e nel 1707, edito da Niccolò Saluzii, altro a Spoleto da Giuseppe
Giuliani, che lo stampava anche nel 1711. (14)

Giuseppe Sordini parla di un antico periodico spoletino da lui
rinvenuto nelle soffitte del palazzo dei Duchi di Ferentillo e rimasto
fino allora sconosciuto. (?)

Il Sordini chiudeva il suo articolo augurandosi che, anche se fosse
andato perduto l'esemplare da lui scoperto e non se ne fosse trovato
alcun altro, restasse almeno la memoria di esso. Il Bernardini, alcuni
anni dopo, rinverdiva tale memoria. (18) Ma né il primo ci dice se il
periodico, dopo la sua scoperta, fosse rimasto nelle soffitte di quel pa-
lazzo o fosse stato collocato in altro luogo, né il secondo sa dirci se
esistesse ancora ai suoi tempi e tanto meno dove si trovasse. La colle-
zione messa in luce dal Sordini comprendeva nove annate continue,
ma probabilmente il giornale visse anche più a lungo ed è veramente
cosa degna di meraviglia che nessuno, a Spoleto, avesse mai accen-
nato a tale periodico, «né memoria alcuna, per tradizione almeno,
ne fosse tra i più vecchi viventi, e la mia meraviglia » aggiunge il Sor-
dini, « crebbe a mille doppi, quando, avuto in mano il primo volume
della Strenna — Album, pubblicato dall’ Associazione della stampa,
potei accertarmi che l'antico periodico spoletino era ignoto anche al-
l’erudito estensore della storia del giornalismo in Italia ». Era esso
un foglio di carta grossa, che conteneva in quattro pagine di fitta
stampa le notizie politiche e commercia!i di tutto il mondo. Al centro
della testata campeggiava lo stemma di Spoleto inquadrato con la
croce rossa, a sinistra in lettere maiuscole si leggeva Spoleto, a destra,
sotto il numero d'ordine, i! giorno, il mese e l'anno. Come tutti i suoi
coetanei, il giornale aveva per titolo la città in cui veniva stampato
e anzi nel 1728 nella testata si leggeva non piü Spoleto, bensi Spoleti,
come il tipografo Parenti aveva stampato fin dal principio in fondo
alla quarta pagina. (1^)

Di una simile attività giornalistica nel secolo xvi ci è documen-
tata l'esistenza anche in Todi, ove nel 1745 si inizió la pubblicazione
di una gazzetta, fatta ad imitazione di quella d'Olanda, ma che non
s'é fino ad oggi ritrovata. Già Salvatore Bongi aveva richiamato l'at-
tenzione degli studiosi su di una gazzetta « che nel 1745 si prese a pub-
blicare in Todi per cura di Paolo Rolli » (!) e della quale egli aveva
avuto notizia in una lettera del Rolli, rinvenuta nell'Archivio Corte-
landini di Lucca e pubblicata per la prima volta dal Fassini nel 1913.
Ma per quante ricerche avesse fatte, non era riuscito a saperne la fine.
Il Rolli, indirizzandosi al lucchese padre Alessandro Pompeo Berti,
118 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

«autore di numerose opere stampate e manoscritte, facondo predica-
tore, valoroso insegnante, socio di parecchie accademie, amico di molti
de’ maggiori letterati del suo tempo » (1), « V'includo », scriveva «la
prima gazzetta pubblicata in questa nuova stamperia, sì perché ne
leggiate uno de’ caratteri sì ancora per trovar fra vostri conoscenti
alcuni che a poca spesa aiutin la barca a fine ch’ella porti buone mer-
catanzie ». Giuseppe Zucchetti aggiunge che la cosa non costituiva
una novità, giacché fin dal-secolo precedente molte se ne stampavano
nell'Umbria e anche a Todi ne stampava una G. Domenico Faustini
nel 1684. « Però il Rolli che tornava dall' Inghilterra e conosceva paesi
dove il giornalismo era in gran fiore, deve aver dato preziosi suggeri-
menti e consigli ispirati ad una maggiore modernità ». (1?) Il Fassini,
nel già citato articolo, precisa che nelle numerose lettere del Rolli pas-
sate nelle sue mani, mai gli accadde di leggere altro accenno a tale pub-
blicazione, né alcuna notizia poté attingere intorno alla tipografia che
dovette sorgere in quel tempo a Todi. Il Fumagalli, nel Lexicon typo-
graphicum Italiae non ne parlava. Quindi, concludendo, il Fassini
aggiungeva: « Osserveremo qui di passata, che, secondo ogni verosimi-
glianza, contribuì alla nascita di essa la singolare fortuna avuta nella
vicina Assisi da una gazzetta periodica stampata dalla tipografia Sga-
riglia, la quale « eut — scrive il Fumagalli — un très grand débit et ap-
porta aux Sgariglia de gros gains ». (18)

Comunque, anche se è impossibile avere altre notizie, una cosa
è sicura: tale gazzetta fu realmente inaugurata a Todi nel giugno del
1745. Di altri giornali, gazzette o periodici non si ha memoria in que-
sta città fino al 1859, quando cioè Lorenzo Leonij, Giuseppe Cocchi
e Alessandro Natali pubblicarono Il mio Paese, del quale avrò occa-
sione di parlare più ampiamente in seguito. (19) Ma se nel corso del
sec. xviii abbiamo scarsi documenti che ci attestino una notevole atti-
vità giornalistica nel resto dell'Umbria, l'antica tradizione continuava
ininterrotta a Foligno, dove aveva iniziato la stampa dei periodici
Niccoló Campitelli, la cui attività forse risale al 1694, anche se i primi
fogli che vanno sotto il suo nome sono del 1696. Nel 1706 iniziava
a stampare avvisi Pompeo Campana: ambedue continuarono tale
attività per lungo tempo, l'uno fino ai primi del sec. x1x, l’altro fino
al 1788. A costoro, nella seconda metà del secolo, si aggiungeva Fran-
cesco Fofi, il cui foglio di avvisi nasceva nel 1775. Tale giornale, sotto

il consueto titolo Foligno, recava il sottotitolo Corriere neutrale d' Eu-

ropa co’ ragguagli universali, ma con l'anno 1787 si presentava note-
volmente modificato, offrendo come unico titolo Corriere neutrale d' Eu-
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 119

ropa coi ragguagli universali, chiuso in una cornice tipografica di segni
vari. (2°) I fogli di avvisi del Campitelli e del Campana erano di quat-
tro pagine come quelli de! Mariotti, ambedue stampati su due colon-
ne, ma di diverso formato; (2!) inoltre il Campitelli usava caratteri
più piccoli ed alcuni numeri del Campana erano stampati a pagina
intera, come avevano stampato anche il Mariotti e lo Zenobi. Tutti
questi fogli di notizie venivano venduti dietro abbonamento e pos-
siamo vedere come gli editori usassero di frequente avvertire gli abbo-
nati morosi di pagare anticipatamente il « solito denaro » se deside-
ravano che fosse loro regolarmente inviato il giornale. Naturalmente
anche questi giornali recavano notizie dall'Italia e dal mondo intero,
mentre della cronaca cittadina non si faceva parola. « Prudenza que-
sta, afferma il Mancinelli, non so se dell'editore, o del direttore o
forse dell’uso dei tempi (il gerente responsabile non era ancora venuto
di moda), la quale scansava polemiche, diatribe e talvolta, diciamolo
pure, scandali intra moenia ». (22)

La prudenza comunque non doveva mancare neanche nel ripor-
tare le notizie politiche del resto del mondo, giacché l’autorità pon-
tificia, gravando con oculata sorveglianza sulla stampa periodica,
non tralasciava occasione per far sentire la propria voce. A questo
punto mi piace riportare dal testo del Messini una lettera del ponte-
fice Benedetto XIV indirizzata al card. Tenciu, in data 5 giugno 1754:
«...A proposito poi del Vescovo d'Auxerre, negli avvisi di Foligno,
sotto la data di Parigi si € data notizia della morte di lui (Mons. Carlo
Daniele de Testal de Lévis, giansenista, morto il 3 aprile 1754) con
elogio non ordinario e che esso certo non ha meritato. Siamo restati
sorpresi, abbiamo ordinato la disdetta, come già è seguito abbiamo
arrestato lo stampatore e dicendo esso d’aver stampato quanto ha
stampato, si prosegue il processo per aver nelle mani l'ordine trasmesso
o almeno per sapere dallo stampatore il trasmittente che, scoperto
sarà severamente punito ». (23) Verso la metà del ‘700 scemano la va-
rietà e la quantità di tutti questi giornali senza titolo, ma il Campi-
telli continua nell’opera sua, dando al suo giornale il titolo alquanto
pomposo di Notizie del mondo : esso si stampava sicuramente prima
del 1785, si presentava nello stesso formato del Corriere neutrale d' Eu-
ropa e particolarmente interessanti erano alcuni numeri del 1798, di
carattere nettamente repubblicano. (*) Dopo Foligno, altra città
dell'Umbria, di cui ci è in parte documentata una lunga attività gior-
nalistica, è Spoleto, ove nel 1784 si stampava un periodico dal titolo
Notizie universali, di cui si conservano sedici fascicoletti nella Biblio-

ir

è EXJGm CE 7 t
ad r—— I 120 : FRANGESCA VALENTINA DALESSANDRO

teca Comunale di questa città. Non sono in grado di dire se la pubbli-
cazione di tali avvisi avvenisse ininterrottamente e fino a quando, né
posso dire con precisione quando il titolo generico Spoleto di questi
primi giornali cedesse il posto ai più moderni titoli. Le Notizie Uni-
versali erano un bollettino settimanale di informazioni religiose e po-
litiche internazionali, edito dalla tipografia di Domenico Bossi « stam-
patore Vesc. e Pubbl. con permesso ». Usciva ogni giovedì e come i
soliti antichi avvisi riportava le notizie dall'Italia e dall'Europa di-
stinguendole solo mediante il nome della città e la data all’inizio. (?9)

Dopo l’anno 1784 non si ha notizia di altri periodici spoletini,
finché nel 1810 vedremo sorgere il Giornale del Trasimeno.

Ma frattanto era sorto un nuovo giornale folignate, che ben presto
aveva superato tutti i precedenti, per fama, importanza e durata:
la Gazzetta Universale, che si affermò, non solo a Foligno, ma in tutta
l'Umbria, come il più importante organo ufficiale di informazione. A
darle inizio fu Pompeo Campana, probabilmente nel 1776, e dovette
crearla in sostituzione e a continuazione dell’antico foglio già da lui
stampato in Foligno. (?9)

A cominciare da] 3 maggio 1788 al Campana si sostituì come stam-
patore Ottavio Sgariglia, che diede al foglio maggiore sviluppo. (?")
Il periodico si stampó a Foligno sino al numero del 22 agosto 1783,
poi passó in Assisi, nel 1799 tornó a Foligno presso l'editore-tipografo
Giovanni Tomassini e i successori di questo lo continuarono sino
alla fine. (28)

Durante la dominazione napoleonica e precisamente dal 25 set-
tembre 1810 al maggio 1814, la Gazzetta, dietro un decreto imperiale
del 3 agosto 1810, interruppe la sua pubblicazione. Tale decreto sta-
biliva che si dovesse stampare non più di un giornale in ogni diparti-
mento, dietro revisione e approvazione del prefetto.

Si è detto che il giornalismo politico sorse in Italia col formarsi
delle repubbliche italo-francesi, (29) ma se questo si può dire per il
resto d’Italia, non si può certo affermare per l'Umbria in particolare,
ove in tutta la prima metà dell’800 si inneggerà alle idee di libertà
e di nazionalità solo quando l’affermazione di questi ideali non correrà
il pericolo di cozzare contro l’autorità pontificia.

Nel periodo dell’occupazione francese la stampa periodica in
Umbria, come nel resto dello Stato della Chiesa, venne sottoposta ai
nuovi regolamenti napoleonici e limitata alla pubblicazione di pochi
organi ufficiali del nuovo governo.

Così, cessata la Gazzetta Universale, nel settembre del 1810 sor-
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 121

geva il nuovo organo ufficiale del dipartimento del Trasimeno. Giu-
seppe Bassoni di Spoleto stampava il 21 settembre un piccolo avviso
di quattro pagine per annunciare la prossima pubblicazione di un
nuovo giornale (8°), che, iniziata il 19 ottobre 1810, dovette continuare
fino al 1812 e oltre, finché cioè durò la dominazione napoleonica nel-
l'Umbria. (8) Il foglio, intitolato Giornale del Trasimeno, recava gene-
ralmente in prima pagina le varie leggi e disposizioni napoleoniche,
ma nelle pagine seguenti dava anche notizie internazionali. Infatti
il numero 1 dell’ottobre 1810, dalla quarta all’ottava pagina, ripor-
tava notizie da Roma, Spagna, Svezia, Napoli, Austria, Inghilterra,
Svizzera, Turchia, Ungheria, Inghilterra, Firenze. Infine un lungo
avviso annunciava al pubblico un «poema lirico » dal titolo Napoleo-
nide che avrebbe contenuto «le più rinomate gesta politiche e mili-
tari di Napoleone il Grande, dalla prima sua giovinezza sino alla Pace
di Tilsit, accettata e gradita da S.M.I. e R. in Parigi », e più sotto:
«...crede l'Editore e si deve credere con sicurezza che il pubblico
accoglierà con piacere l'Istoria d'un Eroe consacrata dal genio delle
Muse e dall’opera dell’Arte ». Il maggiore spazio era naturalmente
riservato ai decreti, alle disposizioni napoleoniche e alle notizie di
Francia, le quali ultime erano comprese, insieme a quelle del diparti-
mento del Trasimeno, fra le Notizie Interne. Come si è visto, il gior-
nale non tralasciava occasione di incensare Napoleone e di riportare
poesie o altri scritti inneggianti alla sua persona e alle sue imprese:
il che del resto non ci meraviglia, dal momento che esso era sorto ‘in
funzione degli interessi francesi. Infatti, appena partiti i francesi, il
giornale finiva di vivere e la Gazzetta Universale poteva riprendere la
sua tranquilla esistenza.

Non si ha notizia di altri periodici spoletini fino al 1819, quando
nasceva un nuovo foglio settimanale con notiziario internazionale, il
Giornale dell Umbria, edito a Spoleto dai tipografi Bossi e Bassoni e
recante nella testata l'insegna del Clitunno. Ne fu iniziata la pubbli-
cazione il 4 settembre e la Biblioteca Comunale di Spoleto ne possiede
una collezione incompleta che va dal primo numero sino a quello del
23 agosto 1828. (??) Le notizie erano riportate dai vari giornali ita-
liani e stranieri, senza note di commento, e di solito in quarta ed ultima
pagina si riportavano Notizie compendiate e varie curiosità, come scia-
rade e indovinelli.

Anche questo giornale ha un mero carattere informativo e per-
ció, ligio al potere costituito, si limita a riportare freddamente le varie
notizie — pena l'impossibilità di continuare la propria esistenza.
122 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

Non so come, né quando tale giornale finì, tanto più che dell’ul-
tima annata rimasta esiste un solo numero, quello del 23 agosto 1828.
Certamente in questo periodo i giornali che godevano di maggior cre-
dito e di maggior diffusione erano la Gazzetta Universale di Foligno
e la Gazzetta di Perugia, che dovettero oscurare la fama di questo o
di altri probabili giornali umbri dello stesso tipo.

Infatti la Gazzetta Universale era appena tornata in vita, quando,
non molti giorni dopo, e precisamente il 4 giugno del 1814, nasceva
la Gazzetta di Perugia, che, dopo il periodico folignate, occupa il se-
condo posto per importanza e durata.

‘Il foglio, uscente il martedì e il sabato, esordiva nel formato di
cm. 31,9 x 22,5 e gli editori Costantini, Santucci e Compagni nel
primo numero davano agli associati le solite informazioni (??) e all’ul-
tima pagina in un breve avviso aggiungevano: « La presente Gazzetta
non contiene che gli affari piü interessanti che possono servire alla
storia dei tempi presenti, e appagare la curiosità dei lettori saggi.
I piccoli fatti si ometteranno e per servire alla brevità, e per non instan-
care la pazienza di chi cerca cose degne di essere tramandate alla me-
moria dei posteri ». Il « prezzo convenuto » era quello di paoli otto
annui, franchi di posta e pagati anticipatamente di semestre in se-
mestre.

Col nuovo anno 1815 il giornale usciva col titolo Osservatore del
Trasimeno, che rimarrà pressoché invariato fino al 1860. Il formato
appariva leggermente ingrandito (4) e l'abbonamento annuo portato
ad uno scudo. Anche questo periodico, come la Gazzetta Universale,
riportava le notizie dai vari giornali italiani e stranieri, per esempio
per Ja Francia dall'Osservatore di Padova, dalla Gazzetta di Firenze, dal
Giornale del Dipartimento del Reno, per l’Italia dalla Gazzetta di Ve-
nezia o dal Giornale di Roma ; le notizie sullo Stato della Chiesa ave-
vano sempre la precedenza e fin dal primo numero non si risparmia-
vano lodi al Pontefice ed espressioni di gioia per il suo ritorno nella
capitale. Certo, non pochi lettori dovettero 1imanere delusi o insod-
disfatti di questo nuovo giornale, come si può intendere da un Avviso
inserito nel n. 102 del 25 dicembre 1815, in quarta pagina, in cui si
voleva ricordare ai lettori che l’Osservatore del Trasimeno era una
«Gazzetta compilata cogli articoli che annunziano i fogli periodici

italiani e stranieri che noi con grave dispendio ci procacciamo per
servirvi come meglio possiamo. Una gazzetta non é sempre obbligata
di dire la verità perché la sua fede è garantita dall’altrui testimonianza,
la quale, come ognuno sa, non è sempre sincera. Una gazzetta poi

— rem
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 123

che aduna le notizie più rimarcabili che sono sparse in altre non è
degna di accuse né di rimproveri se queste non sono sempre le più
interessanti. Sia ciò detto per quei tra i nostri Signori Associati che
ci hanno tramandato qualche lamento sul poco interesse del nostro
Osservatore. Se la pace attuale che la Dio mercè respiriamo, se le
attuali vicende, se la storia giornaliera non ci somministrano fatti ri-

levanti da narrare, dovremmo noi inventarli a capriccio per compia-

cere chi non si appaga di Leggi, di Sedute, di Promozioni, di Visite, di
viaggi, che formano la materia delle presenti notizie? Noi assicu-
riamo tanto i Signori che vorranno continuarle quanto quelli che si
degneranno iscriversi alla nostra associazione pel futuro anno che
nulla ammetteremo (sic) per far loro sapere tuttociò che di più im-
ponente e considerabile accederà in progresso in Europa, ma esigiamo
ancora che essi vogliano mostrarsi con noi discreti...» Questa in-
soddisfazione da parte di alcuni lettori dimostra come anche nell'Um-
bria, specie dopo il periodo della dominazione francese, non mancas-
sero aspirazioni al progresso ed alla libera espressione, quindi ad un
giornalismo piü attivo, che non fosse pura e semplice informazione.
Ma dopo la Restaurazione, la stampa periodica nell'Umbria, come
nelle altre province dello Stato Pontificio, riprendeva la condotta « più
o meno imposta dagli organi del governo », limitandosi a riprodurre
cronache, notiziari e persino gli echi dei moti del '20-'21 « senza alcun
accenno di assenso o di dissenso. I provvedimenti di Pio VII resero
certo più agile la censura, ma conservarono intatto quello spirito
che fin allora aveva regolato la stampa e la regolerà ancora fino al
celebre editto di Pio IX ». (35)

Agli editori dell'Osservatore del Trasimeno interessava soprattutto
che il loro giornale continuasse a pubblicarsi regolarmente e per que-
sto era necessario scansare polemiche e rimettersi a regolamenti im-
posti dalle autorità. Dal dicembre del 1816 l’Osservatore uscì una sola
volta la settimana, cioè ogni sabato, in seguito all'aumento di spesa
dovuto al bollo della carta e anche « all'alienazione di molti associati ».
Il prezzo era portato a 15 paoli per un anno, cioè a 75 baiocchi per
ogni semestre, da pagarsi in anticipo, oltre la spesa di baiocchi 12 e
mezzo per semestre per chi lo desiderasse franco di posta. Gli editori
poi annunciavano che, se il numero degli abbonati non fosse stato
tale da poter soddisfare i loro interessi, si sarebbero visti costretti,
loro malgrado, «a desistere da siffatta loro impresa ». Tuttavia il pe-
riodico riuscì a sopravvivere a lungo, anche se spesso ebbe momenti
di non facile vita. (39) |
124 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

Accanto all’Osservatore proseguiva frattanto nelle sue regolari
pubblicazioni l'altro organo ufficiale dell' Umbria, che, sorto anch’esso
per ragioni commerciali, aveva salutato con gioia la restaurazione
del governo pontificio, annunciando così in prima pagina il proprio
ritorno in vita: « In un’epoca la più brillante per l'Europa e in un
tempo in cui le notizie hanno il carattere della più alta importanza,
si riproduce finalmente la nostra Gazzetta Universale, sepolta già nel-
l'oblio per quasi un lustro ». L’editore prometteva «di prendere di
mira » nella composizione del suo foglio, «tutto lo straordinario che
ha accompagnato lo sviluppo de' fatti principali, non lasciando in-
tanto di riportare quanto attualmente accade di strepitoso, profit-
tando a questo oggetto de' fogli oltremontani piü accreditati e non
risparmiando spesa alcuna onde i Signori Associati rimanghino (sic)
soddisfatti ». Il foglio era settimanale e usciva il venerdi, ma in se-
guito i giorni di uscita variarono per tutti i giorni della settimana
eccetto la domenica. Anche la testata subi variazioni. Il prezzo di
abbonamento annuale era fissato nella « somma discreta » di paoli 5
per coloro che ritirassero il foglio in tipografia e di paoli 7 per i fore-
stieri che dovessero riceverlo per posta. (3?) Anche se è impossibile
conoscere l'esatta tiratura del giornale, (38) si può senz'altro affermare
che esso era il più diffuso nell'Umbria e forse ragione non ultima di
ció doveva essere il prezzo abbastanza modesto. Nel 1816, pur essendo
ambedue settimanali, la Gazzetta costava 12 paoli e mezzo, l'Osserva-
fore invece 15 paoli di abbonamento annuale. Anch'essa come l'Os-
servatore, riportava da vari giornali italiani e stranieri, senza note di
commento, le notizie, la cui freschezza era condizionata dal tempo
che impiegavano i corrieri a portare i giornali. In genere le notizie
impiegavano dai dieci ai quindici giorni per giungere dall'estero, piü
velocemente giungevano dalle città dello Stato Pontificio. Talvolta
si pubblicavano fogli aggiunti o Supplementi uscenti in uno dei giorni
intercorrenti tra i giorni di pubblicazione, nei quali si riportavano
ulteriori notizie non pervenute prima a causa di un ritardo dei cor-
rieri stessi. Fino alla vigilia dei moti del '31, i due periodici condussero
un'esistenza più o meno tranquilla, preoccupandosi solo di porgere
notizie quanto più numerose e più fresche possibili e di ricevere rego-
larmente il prezzo dell'abbonamento, che veniva spesso richiesto ai
lettori dietro minaccia di dover sospendere l’invio del giornale. Ma
con l’incalzare dei nuovi avvenimenti, la relazione dei fatti si fa sem-
pre più fredda e circospetta, finché, instaurato il Governo delle Pro-
vincie Unite, i due organi ufficiali dell’ Umbria, senza pensarci due
ia

IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 125

volte e anzi con espressioni di entusiasmo, si fanno interpreti
della nuova situazione: non più una parola su Gregorio XVI, la cui
elezione era stata annunciata con esultanza dalla Gazzetta Univer-
sale e dall’ Osservatore nei numeri rispettivamente del 5 e del 12
febbraio. (8°)

Ora il massimo spazio è occupato dalle varie notificazioni del
Governo Provvisorio della provincia di Perugia e dalle notizie dei
successi conseguiti dalle truppe rivoluzionarie.

Ma l’entusiasmo dei due giornali umbri per il nuovo stato di cose
durò tanto quanto gli avvenimenti che lo ispirarono e ne permisero
la libera espressione. Nei numeri dei primi di aprile, annunciando il
ripristino del Governo pontificio, i due giornali, dimentichi delle pa-
role di biasimo e di esecrazione verso il governo dei preti, tornano
al rispettoso ossequio verso il pontefice e non tralasciano di descri-
vere l’entusiasmo e la « gioia sincera » delle popolazioni. « La popola-
zione di Perugia » diceva fra l’altro l'Osservatore, « continuando sempre
a far pompa di quel grado di civiltà, che la distingue, gareggiò in
mostrar soltanto letizia del fortunato avvenimento né fuvvi pur uno
che si occupasse di rammentare, non dirò esprimerlo, un diverso modo
di pensare. Tutto fra essi era pacatezza e tranquillità ».

Attraverso la stampa periodica locale, le popolazioni umbre ci
appaiono ancora delle masse prive di maturità politica, pronte solo
a subire gli avvenimenti e a sfogare, quando se ne presenti la possi-
bilità, il loro antico risentimento contro il governo dei preti.

Soffocata la rivoluzione e restaurato il vecchio regime, vediamo
queste popolazioni tornare passivamente all’obbedienza verso l’an-
tico sovrano e in quella loro « pacatezza e tranquillità » si riflette il
grado di ignoranza e di avvilimento che in queste terre avevano in-
culcato i pontefici «incuranti del bene dei loro sudditi e di ogni loro
miglioramento intellettuale e sociale ». (19)

Del resto la scarsezza dei giornali e il loro disinteresse politico
ne sono la riprova.

Non mancò certo in questo periodo qualche debole tentativo
di dar vita ad organi del governo rivoluzionario, ma ancor prima che
ess] venissero in luce, la rivoluzione era finita, l'ordine ristabilito, e
la Gazzetta e l'Osservatore tornavano ad essere organi ufficiali della
Chiesa. (*) Cosi, dopo la breve ondata rivoluzionaria, non mancò qual-
che tentativo di dar vita a giornali di carattere religioso che servissero
a riportare gli animi sulla retta via. Domenico Bruschelli, professore
126 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

della Pontificia Università di Perugia, in una lettera del 5 aprile 1831,
chiedeva al Segretario di Stato di poter pubblicare un giornale inti-
tolato Eco di Perugia che « formerebbe in vari fascicoli un corpo di
critica ragionata relativa a tutte le stampe fatte in Perugia nel corso
dei 44 giorni funesti della Italiana Rigenerazione ». Dapprima veniva
concessa al Bruschelli la pubblicazione di tale giornale, ma dopo averne
letto il primo: fascicolo, il Segretario di Stato ne proibiva l'edizione
aggiungendo che «il buono spirito da cui si mostra animata la popola-
zione di cotesta pacifica città è di tanta soddisfazione del S.P. che
Egli n'é veramente geloso, e non saprebbe perdonare né a me né a
chicchessia l'azzardo, a cui lo si ponesse con qualunque atto o scritto
che servisse ad irritare alcun partito. Un osservatore acuto e filosofo
qual'Ella è non potrà dissimulare a se stessa il pericolo che si corre-
rebbe di un tal risultato, se ora si riandassero cose che il Governo
desidera cordialmente di veder poste in oblio. Il S.P. non aspira che
a veder sopito ovunque lo spirito di parte, onde riconciliarsi gli
animi di tutti i suoi sudditi, poterli dirigere allo scopo che interessa
tanto il suo cuore; quello cioè di conservare intatta la pubblica tran-
quillità ». (82)

Certo tale giornale, ancor prima di venire alla luce, dovette in-
contrare serie difficoltà, soprattutto da parte della « setta », come il
Bruschelli chiamava i più accesi anticlericali, ancora eccitati dai re-
centi avvenimenti di Perugia.

Da questo momento fino all’avvento di Pio IX, la sorveglianza
sulla stampa periodica si fecé sempre più attenta: nel 1831 si vietava
l'introduzione negli Stati della Chiesa di quei giornali francesi che,
come il Débats, il Courier Francais, il Journal de Commerce e altri,
contenessero articoli «riprovevoli » dal punto di vista religioso e po-
litico. Col 1838, non solo i giornali francesi, ma tutti i giornali esteri
vennero sottoposti a revisione e si istitui una speciale censura che im-
pedisse la « circolazione parziale » di quei fogli « che sebbene compresi
nel permesso di introduzione, tuttavia per qualche articolo che vi si
trovasse riportato, fossero riconosciuti meritevoli di qualche grave
osservazione a tenore delle istruzioni date al Revisore, tanto sotto i
rapporti religioso e morale, come anche nel senso politico ». (4) I soli
giornali scientifici e letterari erano esclusi dalla revisione della cen-
sura; tuttavia anche su di essi si esercitava un certo controllo. Cosi
vediamo come i] Segretario degli Affari Interni, pur permettendo la
pubblicazione di un periodico scientifico-letterario a Perugia, vie-



—————
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 ' 127

tava che facesse parte della sua compilazione il medico Cesare
Massari, che risultava nell’elenco dei compromessi di Perugia dopo
le vicende del '81. (4^

Gli unici giornali umbri che, uniformandosi ai severi regolamenti,
poterono continuare indisturbati a fornire notizie ai lettori, furono
la Gazzetta Universale e l'Osservatore del Trasimeno. (*°)
re I AR te - TIS GR

128 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

NOTE AL CAPITOLO PRIMO

(1) Mostra dell'arte della stampa umbra. Catalogo a cura di Giovanni Cec-
chini, Perugia, 1943.

(2) ivi, pp. X-XI.

(3) In Nuova Antologia, vol. XI (1869), p. 336.

(4) MESSINI A., I giornali di Foligno, Roma, 1943, p. 4.

(5) FATTORELLO F., Il giornalismo italiano dalle origini agli anni 1848-49.
Udine, 19237; p. 11.

(6) MESSINI A., op. cit., p. 4.

(7) CECCHINI G., op. d. p: 16.

(8) Infatti il n. 20 uscito il 15 maggio 1691 recava notizie da Roma da-
tate col 12 maggio, da Livorno col 3 maggio, da Londra col 13 aprile, da
Vienna col 29 aprile. Da notare comeinn. 11 e 12 del 1701,inn. 43-52 del 1704
e l'intera annata 1705 non sono datati da Foligno, bensi da Spello, ove il Ma-
riotti dal 1700 estese la sua industria affittandola al figlio Gregorio Ubaldo:
infatti quando il lavoro nella tipografia di Foligno era troppo intenso, il perio-
dico veniva stampato a Spello, pur restando la redazione in Foligno.

(9) Vedi: MEssINI A., Barbanera di Foligno e i suoi antenati, Ricerca sto-
rico-bibliografica, Foligno, Roma, Milano, 1941.

- (10) DEGLI Azzi G., Il giornalismo nell’ Umbria (in L' Umbria, a. B (1900)
nn. 9-10, p. 80) in una nota afferma che sin dal 1649 e anche da prima lo Ze-
nobi stampava una Gazzetta di Foligno in questa città, da lui segnalata nell'ar-
chivio del conte Giuseppe Conestabile della Staffa in Perugia. Ma sicuramente
quella data deve essere un errore di stampa, in quanto gli Zenobi iniziavano
la loro attività tipografica in Foligno solo verso il 1684.

(11) Esemplari conservati nella Biblioteca Planettiana a Iesi, ove fra l'al-
tro si conservano anche le annate 1704-1705, incomplete, della Gazzetta Uni-
versale edita a Spello da Gregorio Ubaldo Mariotti.

Nella Biblioteca Comunale di Spoleto si conserva il n. 31 del 22 luglio 1688,
anch'esso simile agli avvisi del Mariotti, con notizie brevi di politica interna-
zionale. Sempre nella Comunale di Spoleto si conserva un altro foglio (n. 11 del
1718), anch'esso dal titolo Spoleto, ma di formato piü piccolo del precedente.
Nella Planettiana a Iesi esiste altro numero del 1697 (Mancinelli).

(12) SorDINI G., Breve storia di un antico periodico spoletino, in Il Bi-
bliofilo, a. IV (1883), n. 11, pp. 167-168.

(13) BERNARDINI M., Guida della stampa periodica italiana, Lecce, 1890,
pp. 598-99.

(14) La collezione andava dal 1° gennaio 1720 a tutto il dicembre 1728.
ma, come si è già detto, il foglio visse anche di più, il che potrebbe essere pro-
vato dal fatto che gli ultimi numeri avevano subìto vari miglioramenti e che
«il Parenti fu uno dei più solerti ed industriosi tipografi spoletini e pare si pia-
cesse molto della stampa di effemeridi ».

(15) Bowai1 S., art. cit., p. 341.
E

IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 129

(16) FASSsINI F., Paolo Rolli giornalista? in Rivista d' Italia, a. X VI (1913),
p. 792.

(17) ZuccHETTI G., Paolo Rolli e la sua attività letteraria negli ultimi anni
di vita, in Convivium, p. 543 (il fascicolo da me consultato manca della data).

(18) In realtà il Fumagalli dice che verso il 1730 sorse in Assisi la tipogra-
fia Sgariglia « dirigée d’abord par Andrea, ensuite par Ottavio, son fils, rendu
célèbre par la première édition des oeuvres de Spedalieri et la publication d'une
gazette périodique qui eut un très grand débit et apporta aux Sgariglia de gros
gains », ma di quale gazzetta si parla ? Il Fumagalli non ne dice altro, né io
sono riuscita ad averne notizia (Lexicon typographicum Italiae, pp. 19-20).

(19) FRANCHI F., La stampa todina, in La Tribuna, 6 ottobre 1934.

(20) Inoltre il formato da cm. 27,5 Xx 19,6 passava a cm. 19 x 13, le pa-
gine da 4 diventavano 8, stampate su due colonne. La numerazione era pro-
gressiva da 1 a 400. Del Corriere neutrale si conoscono le annate dal 1787 al
1797, importanti per la gran quantità di notizie, in special modo per quelle ri-
guardanti la rivoluzione francese.

(21) Quelli del Campana misuravano cm. 27,5 x 20, quelli del Campi-
telli cm. 29: x: 21.

(22) MANCINELLI A., La stampa nell Umbria e la R. Tipografia di Feli-
ciano Campitelli di Foligno, Cenni storici, Foligno, 1886, p. 20.

(23) Lettera citata da MESSINI A., op. cit., p. 9.

(24) Essi recavano in prima pagina in alto le parole Libertà-Eguaglianza
e su di esse riprodotta l'immagine della Repubblica, oltre la data comune c'era

anche la data repubblicana e in fondo alla pagina 8 si leggeva: « In Foligno..

Per il cittadino Feliciano Campitelli, Stamp. nazionale ».

Nella Biblioteca di storia moderna e contemporanea a Roma esiste il n.
7/8 del 28 settembre 1773 (o il supplemento al n. 28) dal titolo Notizie del mon-
do (senza indicazione tipografica) anch'esso di:8 pagine numerate progressi-
vamente. Nello stesso periodo di tempo in cui si pubblicavano le Notizie del
mondo, si stampava a Foligno un altro foglio di avvisi dal titolo Estratto di
nolizie interessanti, edito da Giovanni Tomassini, anch'esso di 8 pagine, del
formato di cm. 19 x 13.

(25) I sedici fogli che si conservano vanno dal giovedi, 19 agosto 1784,
(n. 3) a giovedi 30 dicembre (n. 22) dello stesso anno. Mancano i nn. 1, 2, 4,
5, 16, 19. Il formato è di cm. 28 X 17, le pagine sono otto numerate pro gres-
sivamente e stampate su due colonne, il titolo é chiuso in una cornice ornamen-
tale e cosi le prime lettere della prima colonna.

(26) Nella Biblioteca Casanatense a Roma si conserva un volume di Av-
visi degli anni 1773 e 1774, che sono forse i primi due anni della Gazzetta
Universale, la cui esistenza duró quasi ininterrottamente fino al 1871.

(27) Lo Sgariglia lo rese bisettimanale (mercoledi e sabato), mentre pri-
ma usciva ogni venerdi.

(28) Il formato iniziale misurava cm. 19 x 13, le pagine erano otto nu-
merate progressivamente, il giorno di uscita era il venerdi di ogni settimana.
Il n. 1 di venerdi 5 gennaio 1776 recava notizie da Roma, Bologna, Firenze,
Madrid, Parigi, Vienna, Belgrado, Augusta, Costanza, Berlino, Londra, Var-
savia, Cracovia, Altona, Hannover, Bruxelles, l'Haia, Amsterdam, Venezia,

9
LA IR

le

130 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

con date varie dal 12 al 29 dicembre. Col Tomassini la gazzetta ridiventò set-
timanale, ma si ampliò il formato a cm. 22 X 16, in fascicoli di 8 CUN la te-

stata era composta su 4 righe (Gazzetta Universale di Fuligno N°.... data).
(29) FATTORELLO F., Il giornalismo italiano dalle origini agli anni 1848- 49,
p. 135.

(30) « Il proprietario della Gazzetta Universale di Foligno avendoci ce-
duti tutti i suoi diritti sopra questo Foglio, ed il Sig. Prefetto avendoci permes-
so in conformità del Decreto Imperiale de' tre agosto 1810 di pubblicare l'unico
giornale del Dipartimento, autorizzato da questa Legge, abbiamo l'onore di
prevenire tanto i Signori Associati alla Gazzetta Universale di Foligno, quanto
tutti i funzionari pubblici, e gli Abitanti del Trasimeno, che a cominciare dal
19 del prossimo ottobre pubblicheremo un Foglio intitolato Giornale del Tra-
simeno, il quale escirà dai Torchj nel lunedi di ciascuna settimana. Questo
giornale conterrà, oltre alle notizie politiche, interne ed estere, gli Atti dell'am-
ministrazione, dei quali é necessario che i funzionari pubblici e gli Ammini-
strati, siano informati, delle Notizie interessanti sull'Agricoltura, sul Com-
mercio e sulle Arti... ». Si aggiungevano poi informazioni pratiche: il prezzo
di associazione annuale era fissato a paoli 15, per sei mesi a paoli 9, per tre mesi
a paoli 5 « franco di posta per tutto l'Impero » CAT Com. Foligno,Istr.Pubbl.
Tit. VIII art. 99, fasc. 19, n. 905).

(31) Nella Biblioteca Comunale di Spoleto si conserva una collezione com-
pleta di questo periodico, dal n. 1 del 19 ottobre 1810 al n. 56 del 21 ottobre

. 1811. Il formato era di cm. 22 x 16,4, il titolo era chiuso in una cornice orna-

mentale. Col n. 3 la testata appariva leggermente modificata, infatti oltre al
titolo vi era inserita la data. Le pagine erano otto numerate progressivamente
e stampate a pagina intera.

(32) Usciva il sabato di ogni settimana, ma tra il 1819 e il 1820 usci tal-
volta il giovedi e il martedi. Il formato iniziale era di cm. 30,5 x 22, ma in
seguito subi molte oscillazioni di breve entità. Il prezzo non era indicato nella
testata, ed era fissato a 2 scudi annui. Probabilmente il giornale si vendeva
solo dietro associazione. :

Nella Biblioteca Comunale di Spoleto esistono le annate 1820, "21, '22,
'23, complete; 1824, '25, '26, ‘27, ‘28, incomplete.

(33) « Questa Gazzetta conterrà le notizie dei presenti avvenimenti, e
delle attuali vicende che riguardano specialmente l'Italia e l'Europa sono trop-
po per sé medesime utili ed interessanti. Le vicende che tuttodi vengono di
queste da ogni genere di persone, sono una prova irrefragabile del comun de-
siderio di averle. Quindi i Soci, componenti la Stamperia Economica hanno
risoluto di darsi ogni possibile impegno, onde attingere dai fondi piü puri e
meno soggetti a falsità le anzidette notizie relative in particolare ai fatti e alle
leggi dei ripristinati governi d'Italia e di Francia... ».

(34) Cm. 32,4 x 29,13. In seguito, quasi ogni anno, il formato, i giorni
di uscita e la testata subiranno continue variazioni.

(35) FATTORELLO F., Il giornalismo italiano, Udine, 1936, pp. 201, 229.

(36) Mancano nella Biblioteca Comunale di Perugia, e non mi è riuscito
di trovare altrove, le annate dal 1817 al 1824. Nel 1825 il giornale appare col
titolo di Osservatore del lago Trasimeno e nel formato di cm. 31 x 22,itipografi
sono Garbinesi e Santucci. Nel 1826 si aggiunge un supplemento ogni mese,
131

IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860

le notizie sono più varie e più numerose « per l’acquisto di un maggior numero
di giornali stranieri ». Nel 1828 la testata appare migliorata e i supplementi
seguono quasi ad ogni numero. Ma nel luglio dello stesso anno il formato è
ridotto a cm. 28 x 20,5, i caratteri sono più piccoli e la testata si restringe
per ragioni di economia, dato il nuovo regolamento sul bollo. Il prezzo resta
invariato.

(37) Col 1815 il prezzo di associazione dovette essere portato a paoli 12 e
mezzo per l'aumento delle spese postali.

(38) Dato che il giornale si vendeva dietro abbonamento, per saperne la
tiratura sarebbe bastato conoscere l’elenco degli abbonati, che forse si trovava
nell'Archivio della Tipografia Tomassini che, insieme a quella del Campitelli,
fu poi assorbita dall’odierna tipografia Salvati. Ma nel 1943 i Tedeschi fra
l’altro bruciarono molti documenti relativi a quelle antiche tipografie, ed è
perciò oggi praticamente impossibile saperne di più, almeno circa i giornali di
Foligno. :

(39) Gazzetta Universale, n. 5, 5 febbraio 1831; Osservatore del Trasimeno,
n. 7, 12 febbraio 1831.

(40) MARIANI M., La liberazione delle Marche e dell Umbria e i giornali
del tempo, in Le Marche, 1911, fascc. V-VI, p. 237.

(41) Durante il breve governo delle Provincie Unite i tipografi perugini
Garbinesi e Santucci avevano tentato di dar vita ad un nuovo periodico, l' Eco
del Umbria. Nell' Archivio Comunale di Foligno (tit. VIII, Istr. Pubbl., busta
n. 905, a. 1831) si conserva una circolare con cui il Comitato municipale di
Perugia esorta i vari « Comitati Municipali, le Pubbliche rappresentanze, i Go-
vernatori ed altri Impiegati», di quella provincia ad associarsi a tale periodico.
Segue un « Manifesto di Associazione » che reca la data da Perugia, 5 marzo
1831, in cui gli editori annunciano al pubblico che « La somma importanza
delle politiche vicende che tanto nella nostra Provincia quanto nelle altre parti
d'Italia han prodotta la felice Rigenerazione dei popoli e il diritto che questi
hanno di conoscere il corso degli ultimi avvenimenti, non meno che l'influenza
dei medesimi sulla causa pubblica, esigevano che il Governo usasse ogni cura
per esaurire un oggetto cosi interessante. Si aggiunge che ormai, dati i grandi
avvenimenti in corso, il solo Osservatore non sarebbe bastato, «sia per l'ab-
bondanza delle materie che or si presentano, sia per non essere mai stato sotto

l'influenza del Governo, onde avere pérció che concerne il Governo istesso, un.

positivo carattere di autenticità ». Ma di tale giornale non ho trovato trac-
cia ed é presumibile che non ne sia mai stata iniziata la pubblicazione, dato
che poco dopo la rivoluzione veniva soffocata e il potere pontificio veniva ri-
stabilito anche nell'Umbria.

(42) Archivio Vaticano, Giornali e Gazzette, Rubr. 1/2; 25 1831:

(43) Archivio di Stato, Roma, Polizia, tit. 7, Rubr. 1, n. 113 a. 1838 (Let-
tera del Lambruschini, 22 maggio 1838, al Pro- Governatore Direttore Gene-
rale di Polizia).

(44) Archivio di Stato, Roma, Polizia, Tit. 7, Rubr. 508, n. 118 a. 1841.

(45) Il prezzo della Gazzetta Universale era salito nel 1833 a scudi 1,20 per
lo Stato Pontificio e a scudi 1,50 per l'Estero. Al giornale fu data la primitiva
veste dei fogli di « avvisi », ossia il formato di cm. 27 X 19, in quattro pagine
su due colonne. Peró il n. 2 del 27 maggio e altri numeri successivi erano di
132 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

sette ed anche otto pagine. Col numero 12 del 22 marzo 1834 il formato fu un
poco ampliato (cm. 30 x 22) e così rimase fino al 1847. L’Osservatore del Tra-
simeno con l’anno 1832 portò il suo prezzo da scudi 1,50 a scudi 2 annui; in
fondo all’ultima pagina si leggeva: « Presso Vincenzo Santucci redattore, edi-
tore e proprietario », si pubblicava il martedì. Col 1833 usciva il martedì e il
sabato. Col 1839 si notano miglioramenti nella qualità della carta, nei carat-
teri, nella testata. Nel 1842 si pubblicava il martedì e il venerdì, anche la te-
stata veniva modificata; nel 1844 sotto il titolo appariva il sottotitolo Gaz-
zetta politica di Perugia e si indicava anche il prezzo di un numero separato
(Baj. 5).
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860

CapitoLo II

IL GIORNALISMO UMBRO SOTTO PIO IX

Con l'anno 1846 l'Osservatore si presenta entusiasticamente cle-
ricale, mentre la Gazzetta Universale espone le medesime notizie in
maniera più scialba e concisa. Ambedue.i giornali sono concordi nel
criticare l'insurrezione di Ginevra del 4 ottobre e la notizia é riportata
da vari giornali tutti conservatori, come il Courier des Alpes, il Fédéral,
la Gazzetta di Stato di Lucerna. Col nuovo anno 1847 le espressioni di
entusiasmo e di riverenza verso Pio IX continuano ad occupare il
maggiore spazio nei due giornali anche se le varie riforme sono ripor-
tate per lo più senza note di commento (1) e i sentimenti di adesione
al pontefice venivano ben presto accentuati dall'ingresso degli Au-
striaci a Ferrara, che sollevava un'ondata di indignazione popolare,
cui facevano eco i due organi ufficiali dell'Umbria. La Gazzetta Uni-
versale, presa nel vortice dei sentimenti comuni, si scagliava contro
gli invasori ed entrava in polemica con altri giornali, quali la Gazzetta
di Venezia, che non credeva agli aiuti offerti al pontefice, o la Spe-
ranza, «piacevolissima metempsicosi del Fanfulla », la quale, tra le
altre allusioni più o meno maligne, rimproverava al giornale folignate
che non si fossero fatte a tempo debito nella città di Foligno « pubbli-
che manifestazioni di esultanza al nome santissimo di Pio IX ». A sua
volta la, Gazzetta lanciava ironici strali affermando che « oggi... ci vo-
gliono scrittori di nerbo che trattar sappiano gravi argomenti... che
siccome non tutti hanno la missione di essere scrittori, così quando
si sente e si conosce di non esser capace di produrre cose di qualche
utilità e rilievo, è miglior partito il tacere... ». (?) Certo in questo
momento non si poteva rivolgere al giornale folignate offesa più grave
. € più ingiusta che quella di venir tacciato, insieme ai suoi concitta-
dini, di poco entusiasmo verso Pio IX. (?)

Così, fino all'Allocuzione del 29 aprile, i due giornali procedono
di pari passo con l’entusiasmo delle popolazioni e solo quando il pon-
tefice, rinunciando al suo programma liberale, torna a dichiararsi
padre comune e a riaffermare il suo potere internazionale, i due perio-
dici; lasciandosi indietro le folle, continuano a far causa comune col
134 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

Supremo Potere, salvo poi a cambiar direzione quando le circostanze
lo permetteranno.

Verso la fine del '48 il maggiore spazio è naturalmente occupato
dagli avvenimenti italiani. L'Osservatore insiste nell'affermare che
negli Stati Pontifici regna l'ordine e il sovrano «è non solamente ri-
spettato, ma desiderato e pregato a ritornare nella Sua Sede, che non
altro si chiede, se non che siano secondati i giusti desideri della Nazione,
e siano attuati quei provvedimenti che conducono all'unione e all'in-
dipendenza d’Italia ». (*) Finalmente il 15 dicembre si dà in terza
pagina l'annuncio della demolizione del forte eretto da Paolo III
e col nuovo anno 1849 non più una parola sul pontefice: l'Osservatore
riporta freddamente gli avvenimenti senza dilungarsi a descrivere
feste e dimostrazioni popolari. Adattatosi per necessità di vita alle
nuove circostanze, il giornale si limita a riportare « ragguagli ufficiali »
0 articoli tratti dal Contemporaneo e dal Monitore romano senza ag-
giungere parole di commento. Aggravandosi le condizioni della repub-
blica, unica preoccupazione degli editori rimaneva quella di fornire
ai lettori notizie quanto piü fresche ed esaurienti possibile: per que-
sto dal giugno il numero del venerdi veniva suddiviso in due mezzi
fogli, il primo dei quali si pubblicava il giovedi e l'altro il sabato dopo
mezzogiorno. Anche la Gazzetta Universale, durante i lavori della se-
conda sessione del Parlamento e del Governo Provvisorio, si era limi-
tata a farne un resoconto, astenendosi prudentemente dall'esprimere
qualsiasi giudizio e dal manifestare qualsiasi sentimento.

Tuttavia, man mano che la rivoluzione era andata prendendo
una piega definitiva, si era adattata con facilità, anzi con manifesto
entusiasmo, al nuovo stato di cose. Nel n. 53 del 30 dicembre 1848
recava in prima pagina un lungo articolo in cui si discuteva « L'ori-
gine del dominio dei Papi ». Esso era tratto dal Contemporaneo, il piü

importante dei giornali romani del tempo, che, come il Fanfulla e la
Bilancia, pur restando fedeli al pontefice, chiedevano una costitu-
zione liberale. Dopo la proclamazione della repubblica, il giornale
folignate appare decisamente ed entusiasticamente repubblicano e
non risparmia elogi verso il nuovo potere costituito. Il n. 16 pubblica
un articolo dal titolo Una cuccagna che ho voluto riportare quasi per
intero, perché nell'esposizione di questa festa popolare inneggiante
alla repubblica si avverte lo spirito entusiasticamente repubblicano .
e democratico del giornale alla vigilia di Novara. « Domenica 18 del
corrente Febbraio, la Società popolare di Spello festeggió l'Albero .
Repubblicano piantato nella piazza principale della Città... Il po-
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 135

polo bevve il vino, non per stravizio, ma per vera devozione Repub-
blicana. Accorse alla festa anche il corpo dei Cannonieri, che di
quartiere risiede in Foligno. Il popolo abbracciava quei bravi militi
e tutti danzarono al suono della banda Cittadina intorno all’ Al-
bero Redentore. Benedetto quest'Albero |: Questi onorati militi
insieme colla Guardia Nazionale della Città, confusero le voci loro
clamorosamente e al suono dell’acciaio, che a gara imbrandirono
sotto il Vessillo Repubblicano, giurarono fedeltà e costanza ai diritti
del popolo.

I Cannonieri si divisero dai Cittadini tra gli amplessi repubblicani.
La mattina di questo giorno felice e memorando fu consacrata tutta
alla Religione... Non si può non raccapricciare nell’osservare che i
Preti in questi tempi di fratellanza ed. unione, siano sfacciatamente.
nemici della Religione: infatti di diciotto Canonici che conta quella
Collegiata, il solo Priore mostrò il vero spirito evangelico... ». (5).
Frattanto gli avvenimenti precipitavano: alla rottura dell'armistizio
seguiva la sconfitta di Novara, il 23 marzo, ma la notizia giungeva
a Roma solo il 29 marzo e la Gazzetta la pubblicava nel n. 27 di mer-
.coledì 4 aprile. Tuttavia fino all'ingresso dei francesi a Roma, il
giornale persevera nel suo ideale repubblicano, lanciando invettive
anche contro i napoletani avanzanti ed esortando i romani a parteci-
pare tutti a questa lotta che innalzerà ancor di più il loro nome. Dai
giornali di Francia si sa dell'arrivo del Lesseps e della ritirata dell'Ou-
dinot. « Lode a Dio che un raggio di luce si fa strada fra tanta cali-
gine. Lode a Dio che avremo finalmente a combattere coi nostri veri
ed eterni nemici, l’Austria e il Borbone ». (9)

Ma la delusione segue ben presto: gli avvenimenti precipitano, la
Gazzetta reca notizie sommarie dei giorni 2, 3 e 4 luglio, mentre i
francesi vanno occupando quasi tutta la città e l'Assemblea Costi-
tuente, rigettate le condizioni del generale Oudinot, vota definitiva-
mente ed unanimemente la Costituzione della repubblica. Vediamo
come man mano che le condizioni della repubblica si aggravano, la
relazione dei fatti si fa sempre più fredda e circospetta. Dal n. 52
del 23 giugno non appaiono più sulla Gazzetta i decreti del Triumvirato
e delle Autorità sotto il titolo « Repubblica Romana. In nome di Dio
e del Popolo ».

Nei nn. 57; 58, 59 e 60 è pubblicato un lungo articolo a puntate
in cui l’autore riporta in sunto una lunga serie di articoli scritti dal-
l’abate Dupauloup, canonico di Parigi, che li aveva inseriti nell’ Ami
de la Religion. Vi si affermava la necessità del potere temporale, come.
cn rr A TREIA

136 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

sacro diritto del pontefice, chiedendo e dimostrando cosa mai sareb-
bero l’Italia e l'Europa senza il papa. (7)

Pare quasi impossibile che in sì breve spazio di tempo la Gazzetta
possa manifestare idee totalmente opposte. Basta leggere un articolo
nel n. 60, in cui, descrivendo le cerimonie del giorno precedente,
quando la bandiera pontificia era stata innalzata su Castel S. Angelo
e sulla torre del Campidoglio, la Gazzetta così si esprime: « Roma, libe-
rata da alcune centinaia di faziosi che da vari mesi l’opprimevano,
ieri poté infine manifestare apertamente il suo vero volto »; e nel n. 66
in quarta pagina, descrivendo le dimostrazioni che avevano avuto
luogo a Foligno e a Spello, aggiunge: «...La parte presa a questa
festa veramente popolare da ogni ceto di persone, l’ordine e la tran-
quillità singolare, che regnò sempre e dappertutto senza neppure
la presenza di un sol militare per l’intera città, mostrano a chiare
note, lo spirito veramente pacifico dei cittadini, e cancellano piena-
mente quella macchia d’infamia che fuori sembrò deturpare il nome,
di Spello, solo perché qui si compirono negli ultimi nefandi tempi,

. obbrobriosi e dolorosi avvenimenti, nei quali però non ebbero che

piccolissima parte pochissimi tra gli abitanti di essa. Anzi la festa
di questo giorno lietissimo sarà solenne testimonianza della modera-
zione, fedeltà e sincero affetto degli Ispellesi verso l'amato Principe
e Supremo Pontefice Pio IX ». (8)

Così, dopo la breve parentesi repubblicana, anche la Gazzetta
ritorna antiliberale e clericale.

Il carattere puramente informativo e conformistico del periodico,
se da un lato viene avvalorato dal fatto che esso ha potuto continuare
ininterrottamente la sua attività tanto nel periodo repubblicano
quanto nel periodo successivo della Restaurazione, d’altro lato tale
carattere affiora in forma evidente quando si pensi che le notizie in
esso contenute sono generalmente ricavate da altri periodici di tutta
Italia.

Con il nuovo anno 1850 la Gazzetta continuava a vivere brillan-
temente e anzi col primo numero di questo anno si presentava ai let-
tori in formato più ampio ed in veste più elegante, sia per quanto ri-
guarda la testata che appariva notevolmente modificata, sia per la
maggior varietà degli articoli e la disposizione dei medesimi. (?) In
terza pagina si leggeva per lo più un’ Appendice con caratteri in cor-
sivo, in cui venivano trattati argomenti diversi, letterari o scientifici,
o Varietà di notizie, o biografie e, nonostante l'ampliamento del forma-
to, molti numeri recavano ancora un supplemento al foglio del giorno.
——__—__—=-

IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 137

Il giornale perugino rimaneva sempre in secondo piano rispetto
a quello folignate, e per quanto riguardava l’interesse, sia pur sempre
relativo, delle notizie politiche, e per quanto riguardava articoli di
interesse vario o miglioramenti tecnici. La maggior vitalità della
Gazzetta rispetto all’Osservatore si avverte anche attraverso gli arti-
coli polemici, in cui, come si è già visto, il giornale folignate non si
peritava di criticare e di controbattere altri giornali di una certa im-
portanza. Nell'agosto del 1850 la Gazzetta pubblicava in Appendice
un lungo articolo a puntate Sul libercolo di G. Mazzini intitolato e di-
retto ai Preti italiani — Osservazioni del P.G.M.A., in. cui l'autore si
rivolgeva agli « uomini di senno e figliuoli sinceri della Cattolica Chie-
sa» per confutare quelli che secondo lui sono gli errori principali
fra le «calunnie che contro l’Enciclica del Sommo Padre e Pastor
nostro augustissimo, clementissimo, santissimo Pio IX... cumulata-
mente disfrena e saetta il Mazzini da quel pestilentissimo scritto ».

Comincia: ad affermarsi il carattere nettamente antimazziniano
del giornale, che del resto, tornato organo ufficiale dello Stato Ponti-
ficio, per tutto il periodo della Restaurazione non farà che seguirne e
rispecchiarne gli interessi. D'accordo con la Gazzetta Bolognese la Gaz-
zetta di Foligno confuta le « calunnie » rivolte allo Stato Pontificio e
si scaglia contro la Gazzetta d' Augusta, il Risorgimento, l'Indipendenza
belgica e « simili ». (19)

Dopo l’attentato mazziniano del 6 febbraio 1853, il giornale de-
finisce tali fatti come « criminali » e più in là « vergognosa impresa » (11)
e ancora nel n. 45 dello stesso anno, riporta un lungo articolo dalla
Bilancia, che, animata da forte spirito antimazziniano, parlava con
ironia ed acredine dell'ultimo scritto del Mazzini. (1°)

Dall'estate del 1853 fino al '56 il maggiore spazio nei due gior-
nali umbri è occupato dalla guerra d'Oriente, verso cui gravitano gli
interessi delle maggiori potenze europee, e il loro atteggiamento ri-
spetto alle varie nazioni, è piuttosto imparziale, come si vede dagli
articoli sulla Russia e rispettivamente sull’Inghilterra e sulla Fran-
cia. Infatti lo Stato Pontificio non ha interessi diretti in Oriente né
motivi di discordia con la Russia.

La sorveglianza sulla stampa periodica, dopo la breve fiammata
insurrezionale, era tornata a gravare sugli Stati della Chiesa con sem-
pre maggiore oculatezza. Nel 1851 si riceveva a Perugia e a Spoleto
il giornale La sentinella dell'esercito, che proveniva da Genova e si
stampava a Torino. Il governatore di Narni ne aveva informato il
Ministro dell'Interno e questi, con lettera indirizzata ai capi delle
138 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

province, ne aveva vietata la consegna annoverandolo tra i giornali
proibiti perché contenente articoli « antipolitici », (33) Nel 1854 si in-
troduceva negli Stati Pontifici un periodico stampato a Milano, Le
ore casalinghe, e anche Vincenzo Bassi di Spoleto ne riceveva alcune
copie. Tale periodico di mode e di lavori femminili, veniva diffuso
in tutti gli Stati della Chiesa, ma ben presto ne veniva impedita la
pubblicazione perché i suoi articoli erano sembrati « censurabili in
materia di morale e di religione ». (!*) Anche i giornali stranieri subi-
vano un assiduo controllo, e assai spesso si negava ai giornali pontifici
di riprodurre articoli giudicati « non adatti ».

In una lettera del 24 febbraio 1854 il direttore di Polizia Matteucci
chiedeva al Ministero dell'Interno il permesso per la Gazzetta Univer-
sale di pubblicare un articolo tratto dall’ Indépendance Belge compreso
fra i giornali vietati, ma il permesso non veniva accordato giudican-
dosi l'articolo « non adatto ». (1) La Gazzetta quindi, per continuare
a vivere e a prosperare, doveva far uso della massima prudenza. Non
mancavano inoltre difficoltà di carattere economico, se nel 1857 Do-
menico Pacelli Tomassini, rappresentante la ditta di Giovanni To-
massini, con una lettera del 26 maggio, chiedeva al pontefice di por-
tare il diritto di bollo da due ad un quattrino, per permettere alla
sua numerosa famiglia di vivere e per potere aggiungere un terzo
foglio al giornale, «una Gazzetta, la quale è stata sempre attaccata
agli interessi della Chiesa e dello Stato ». (19)

Circa i disordini avvenuti a Genova la notte tra il 29 e il 30 giu-
gno 1857, la Gazzetta riporta le notizie dai vari giornali di Milano e di
Genova e nel n. 58 anche dall’ Indipendente che, « giornale affatto libe-
rale, dice che nella storia non vi sia tiranno che abbia versato tanto
sangue come il Mazzini, questo sciagurato è circondato da una im-

mensa quantità di capi mozzi di giovani da lui lanciati al patibolo ». (17)

Simili e più gravi accuse contro il Mazzini muoveva l'Osservatore
traendole direttamente dal Giornale di Roma. (19)

Con l’inizio del 1859, alla vigilia delle seconda guerra d’indipen-
denza, la Gazzetta, consapevole dello stato di timore e di incertezza
in cui sì trova tutta l’Europa, in un lungo articolo a due puntate
addita Roma come centro ideale cui tutte le nazioni d'Europa si ri-
volgono fiduciose. Intanto nel Lombardo-Veneto ‘continuano gli ar-
mamenti. Nel n. 36 del 26 marzo la Gazzetta loda quelle provincie per
lo «spirito d’ordine, la fedeltà al legittimo sovrano; la riverenza alle
leggi, congiunta per avventura anche ad un senso innato e squisito
di religione che fa posporre al dovere anche le più seducenti promesse »
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 139

e riguardo all'Austria così si esprime: « Le gravi e straordinarie com-
plicazioni di questi ultimi tempi ed il dovere dell’imperiale governo
di trovarsi pronto ad ogni eventualità, per difendere i propri diritti,
resero, tra le altre misure, necessario di chiamare alle bandiere i mi-
litari che si trovavano in temporaneo permesso... ed un atto sin-
golare per verità nel momento attuale, si è che alcuni non attesero
tampoco l’ordine speciale, ma spontanei si presentarono alla sola e
generica notizia di quella sovrana disposizione ». Dal maggio 1859
l'interesse generale della Gazzetta è concentrato sulla guerra austro-
piemontese e le vicende italiane occupano quasi interamente il foglio,
che riporta le notizie dai vari giornali austriaci, francesi e piemontesi.
Circa la sommossa di Perugia del 14 giugno e la conseguente repres-

gano ufficiale della curia romana, fu tra quei periodici reazionari e
clericali che, secondo quanto afferma il Degli Azzi, «tentarono una
disperata difesa del Governo Pontificio, giustificandone la condotta
"con menzognere affermazioni e con argomenti altrettanto deboli
quanto era cattiva la causa che propugnarono » e riprovarono « l’au-
dace moto di Perugia e l’eroica sua resistenza ». (1°) Naturalmente la
Gazzetta si serve con piena acquiescenza di questo giornale, che era in
quel momento il «corifeo di codesti patrocinatori del governo teo-
cratico » e fino al dicembre del 1859 riporta ampi e numerosi articoli
| tratti per lo più dal Giornale di Roma allo scopo di difendere il papa
i e il governo pontificio dalle accuse e dalle critiche mosse da altri gior-
nali italiani e stranieri. Tuttavia, proprio verso l’agosto di questo
anno, il periodico folignate si era trovato in serie difficoltà, incor-
rendo nel pericolo di venir sospeso.

Si è già detto come i giornali ufficiali dello Stato fossero sotto-
posti ad una revisione preventiva e come spesso si proibisse loro di
riportare anche da giornali non proibiti, articoli ritenuti pericolosi.
Con lettera del 26 agosto 1859 il governatore supplente di Foligno,
Bragozzi, scriveva al delegato di Perugia avvertendolo che nel n. 102
della Gazzetta Universale del 27 agosto erano contenuti articoli ripro-
vevoli; in particolare giudicava «impudicissimo», sia per la materia,
sia per il modo in cui era compilato, l'articolo delle Due Sicilie e « non
ammissibili » le rubriche Toscana, Modena, Parma e Lombardia ; inol-
tre criticava come « congettura d'un rivoluzionario » le notizie tratte
dall' Indipendente sul ricevimento del Duca di Toscana e come «inam-
missibile » un articolo tratto dall’ Invalido Russo. (?*)

sione, la Gazzetta ne riporta le notizie dal Giornale di Roma, che, or- .
rit =

pu 1
n————————— REPRE

140 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

Il delegato di Perugia dovette tuttavia mostrarsi non troppo
sollecito della cosa se il Bragozzi si vide costretto a rivolgersi diretta-
mente al Ministro dell’Interno informandolo che già prima della guerra
di Lombardia, sia il governatore quanto il governatore supplente
avevano notato e fatto presente «lo spirito poco ordinato di questa
Gazzetta Universale di Foligno che pel suo prezzo assai limitato ha
una grande circolazione e può, se ben diretta, produrre un gran bene,
ed al contrario, guidata da cattivo spirito, o desunta da fonti non
buone, un male di non poca estensione ». (*!) Quindi ‘aggiungeva che,
caduta Bologna in mano di faziosi e successi i fatti di Perugia, si
intese con piacere da tutti i buoni, proibiti i giornali incendiari (sic)
delle Romagne, Lombardia, Piemonte e Toscana, e si sperava che
la Gazzetta pure di Foligno non potendo più attingere a cattive fonti
cambiasse tenore. Ciò però non avvenne, e quantunque più contenuta
pure seguitava ad esser formata di articoli tolti da giornali o cattivi
o sospetti ». Già il governatore aveva più volte ammonito il giornale
e tolto articoli, quindi il governatore supplente aveva fatto togliere
il suddetto articolo tratto dall’Invalido Russo in cui si proclamava
il diritto dei popoli « di darsi quel governo e quel governatore che
piace » e aveva pregato il Tomassini di servirsi unicamente di « perio-
dici sicuri », quale il Giornale di Roma, il Cattolico, il Piemonte.

L'editore della Gazzetta Universale aveva replicato che il gior-
nale di Foligno in sessanta anni di vita non era mai stato sospeso,
nonostante le molte vicende accadute in tal periodo di tempo e tanto
meno rimproverato dal governo, dato «il buono spirito ed attacca-
mento » che aveva sempre dimostrato verso la religione e la S. Sede.
Aggiungeva che il medesimo giornale era soggetto ad una severa pre-
ventiva revisione del governatore locale e non veniva mai pubblicato
senza il visto dello stesso. La sua redazione veniva eseguita copiando
articoli di altri giornali, « evitando polemiche sposatrici di partiti,
appigliandosi con moderazione alla sola storia dei fatti e degli atti
ufficiali di tutti gli Stati» e, data l’inibizione della maggior. parte
dei fogli della Penisola, veniva redatto sui fogli esclusivi di Roma e
di Perugia. Quindi il Tomassini faceva notare come la sospensione
del giornale, oltre a danneggiare il suo particolare interesse, avrebbe
lasciato senza pane circa venticinque famiglie che trovavano sostegno
dal suo «stabilimento ». (?) Tuttavia, nonostante questo breve inci-
dente, la Gazzetta poté continuare a pubblicarsi regolarmente.

Sempre in questo anno 1859, la tipografia del Gattamelata ini-
ziava a Narni la stampa di un periodico dal titolo Bollettino di notizie

T 7E
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 141

contemporanee. Il giornale, di aspetto non troppo raffinato, nel suo
primo numero del 10 agosto recava un articolo di fondo dove in tono
piuttosto leggero e scherzoso si enunciava il programma del nuovo
periodico. Pare che tutti volessero a loro modo intravvedere nel foglio
un «colore », per cui il redattore, nonostante avesse già dichiarato
di «voler parteggiare per l'ordine », si vide costretto ad esporre con
maggior chiarezza le proprie idee :« Amanti sinceri della patria comune
noi ne desideriamo la grandezza e la gloria. Ammiratori del Gioberti,
noi partecipiamo alle sue opinioni politiche riferibili al primato pon-
tificio e riteniamo che la Confederazione dei principi italiani presie-
duta dal Sommo Pontefice sia un gran mezzo per rendere grande, te-
muta e rispettata la dignità nazionale... ». Anche questo Bollettino
riportava notizie da tutta l’Europa e col n. 4 spingeva lo sguardo
anche in America e in Asia; al contrario, non vi appaiono notizie
inerenti alla città di Narni, se si esclude un brevissimo annuncio in
fondo alla quarta pagina del n. 5 circa due leggere scosse di terre-
moto. (23) Ma dopo il quinto numero il periodico veniva sospeso per or-
dine del delegato apostolico di Spoleto. L'editore del giornale, Crolla-
lanza, aveva per diversi anni pubblicato in Fermo insieme ad Angelo
Gabrielli un periodico dal titolo Enciclopedia contemporanea che fino
al 1858 era apparso « plausibile ». Proprio in quell'anno il Crollalanza
si era trasferito a Narni, dove aveva ben presto ripreso la sua attività
giornalistica, dirigendo la tipografia denominata del Gattamelata
e dando vita al nuovo periodico. Ma la sua precedente intimità con
Angelo Gabrielli, « non ben veduto dai buoni » e il fatto che l'Enciclo-
pedia contemporanea fin dall'inizio del 1859 avesse mutato lo spirito
«o per dire meglio, mostrasse quello del suo autore », furono ragioni
sufficienti perché il Ministero dell'Interno ordinasse la immediata
sospensione del nuovo giornale. Il Consiglio dei Ministri, cui era stata
sottoposta la questione, faceva notare come nel suddetto Bollettino
« sebbene si leggessero parecchi articoli lodevoli, pur se ne includeva-
no molti tolti da Gazzette della Toscana, del Piemonte, di Milano... ».
Inoltre alcune affermazioni contenute nell'articolo intitolato Colore
del Bollettino erano sembrate quanto mai sospette ed atte a fomentare
i partiti, o ad aprire la via «nel cuore specialmente della gioventù,
ad opinare, ed eziandio, a sperare secondo le massime popolari, sov-
versive di ogni ordine sociale e della legittimità de’ troni ». (**) Cosi il
19 settembre si intimava al Crollalanza di sospendere le pubblicazioni
del Bollettino « nel quale s'introducevano spesso articoli poco misu-
rati nell'interesse della conservazione della pubblica quiete ».

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Frattanto la Gazzetta Universale di Foligno continuava impertur-
bata: nel nuovo anno 1860 vediamo scemare il numero degli articoli
tratti dal Giornale di Roma e dall’ Armonia, mentre molte sono le no-
tizie attinte direttamente dal Giornale del Regno delle Due Sicilie e
dalla Gazzetta Ufficiale del Regno di Sardegna.

Ufficialmente i due giornali dell'Umbria, almeno fino a tutto
l'aprile del 1860, mostrano di seguire ancora il Giornale di Roma rivol-
gendo aspre critiche alla stampa rivoluzionaria. Nel numero del 9
febbraio la Gazzetta in un lungo articolo di prima pagina riporta noti- '
zie dettagliate sulla «rivoluzione », quindi inveisce contro i sobilla-
tori che cercano di indurre i cittadini al disordine e infine aggiunge
che «né cosa si lascia intentata perché la stampa sia mezzo al per-
vertimento della fede, alla corruzione della morale... e mentre è
vietata l'introduzione dei giornali saggi sol che tocchino ancora indi-
rettamente il potere che colà ci è insediato, ogni altro periodico, che,

‘ sia col semplice dettato, sia ancora con l’aiuto delle più sconcie e

laide figure si faceva messaggero di empietà, trova accesso e favore ». (29)
Tuttavia anche la Gazzetta non rimaneva insensibile alla nuova on-
data di fermenti determinata dai complessi avvenimenti italiani. Ag-
gravandosi il pericolo per gli Stati Pontifici, il controllo sulla stampa
si era quanto mai inasprito e si vietava severamente ai due organi
ufficiali dell'Umbria di riportare notizie insurrezionali che, tratte da
giornali rivoluzionari, potevano, se non scritte col debito spirito, fo-
mentare disordini e accendere gli spiriti, specie nei giovani.

Indubbiamente col procedere del tempo e degli avvenimenti si
avverte nei due periodici un progressivo orientamento verso i nuovi
ideali politici che porteranno ben presto ai plebisciti e alle conseguenti
annessioni.

Il numero del 26 maggio della Gazzetta Universale, che riportava
dettagliate notizie sulla guerra traendole dai giornali rivoluzionari,
non era sfuggito alla sospettosa vigilanza delle autorità, divenendo
oggetto delle più aspre e severe critiche. Il governatore supplente di
Foligno il 10 maggio 1860 indirizzava una lettera al Ministro dell'In-
terno, lamentando come il Giornale del Trasimeno e la Gazzetta Uni-
versale dimostrassero una « malcelata simpatia a tutti i fatti e a tutti i
principi della Rivoluzione. Gli indizi che si rilevano costantemente sono
parte negativi e parte positivi. I negativi consistono: 1) nel non vedere
quasi mai in questi giornali registrati articoli di altri periodici pro-
nunciati per la religione e decisi contro la rivoluzione come il Catto-
lico, 'Armonia, etc; 2) di vedere che sebbene il Giornale di Roma, per
‘IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 143

gli articoli interessanti che riporta e pei fatti che narra per lo più assai
tranquillizzanti sull'emergenza del continente, possa servire di norma
e fornire materiali talvolta anche abbondanti ai nostri giornali, pure
.si fa di questo buon periodico un uso oltremodo temperato, limitan-
dosi per lo più alle sole notizie romane, quasi si tenesse in sospetto e
in diffidenza. I positivi sono di mostrare una specie di gara nell’essere
i primi a dare le notizie di quei fatti i quali non producono altro effetto
che di tener viva la fiamma tra i rivoluzionari e di riscaldare le teste
leggere, omettendo poi quei fatti che controbilancerebbero l’effetto
dei primi. Inoltre di prendere le narrative degli avvenimenti per lo
più dei fogli Rivoluzionari, per cui i medesimi di qualunque genere
siano vengono sempre rappresentati con quel colore che è proprio del
partito cui appartengono... Io faccio venire il giornale Trasimeno,
come pure quello del Tomassini. .. Ho in pari tempo l' Armonia, la Sfer-
za, il Giornale di Roma, Le Monde, V Univers e quindi mi sembra di
vedere che i due nostri giornali Provinciali fuoryiano quasi del con-
tinuo, e a tutt'altro servono che alla causa della Religione e dell'or-
dine ». Si rimproverava quindi al Giornale del Trasimeno di aver at-
tinto le notizie circa la « Rivoluzione di Sicilia » a fonti estranee al
Giornale di Roma e quindi, mentre questo dava notizie rassicuranti,
quello «riportava ancora le torbide notizie di provenienza torinese »,
« Il giornale di Perugia poi che si pretende (senza alcun fondamento)
inspirato dalla delegazione, è per Fuligno una gran pietra d'inciampo,
poiché si vorrebbe che ció che in esso si legge possa riprodursi senza
che si abbia a far osservazioni in contrario ». Quindi il governatore
supplente suggeriva la necessità di porre alcune norme regolatrici
sui compilatori e sui revisori dei giornali, giacché il giornalismo « non
può negarsi, è divenuto una potenza e questa potenza presso di noi
sta in mano di gente ignorante e venale che viene usufruttuata dalla
Rivoluzione. E questa è così astuta ed attiva che s’insinua e domina
con tutta facilità. Per esempio, il nostro gazzettiere è intimamente
convinto (ed han pensato a persuadervelo i Faziosi da cui è attor-
niato) che se la sua gazzetta prendesse un colore decisamente con-
servativo perderebbe tutti gli abbonati ». (?9) Osservazione quest’ultima
non priva di verità, tanto più se, come si è già detto, interessava so-
prattutto all’editore che il suo.giornale trovasse il maggior numero
di lettori, Comunque la Gazzetta riusciva a superare brillantemente
quest’altra difficile prova, ottenendo, non solo la revoca della sospen-
sione, ma anche una riabilitazione da parte delle autorità.
144 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

Ben più seri guai procurava al governo pontificio la pubblica-
zione di un nuovo periodico che nel febbraio del 1860 era sorto clan-
destinamente a Todi. I promotori di esso, Lorenzo Leonj, Giuseppe
Cocchi ed Alessandro Natali, avevano deciso di aprir guerra al «Go-
verno dei Preti » che, nella persona del vescovo di Todi, « creatura
dell'Antonelli, fra l’inetto e il perverso, scaduto pure nell'opinione
del clero che lo chiamava per antonomasia raparum rapa », (??) aveva
finito con lo stancare le anime più sensibili e benpensanti.

Di Lorenzo Leonj si sa che era uno dei signori più distinti e per
nascita e per ricchezza della città di Todi. Educato nel collegio dei
Gesuiti e poi dedito agli studi archeologici, aveva ottenuto anche
la decorazione di S. Gregorio. Ma nel luglio del 1852 era stato tratte-
nuto per alcuni giorni in carcere perché sospettato di aver collaborato
ad introdurre libri proibiti nello Stato Pontificio. (28) Quanto ad Ales-
sandro Natali, nativo di Todi, aveva abitato per diciotto anni a Roma,
dove dirigeva una tipografia. Nel 1846 aveva dovuto sostenere una
vertenza con la polizia a causa di un « motto ingiurioso » da lui diretto
agli editori degli Annali Universali di Milano, che pare volessero co-
stringerlo ad accettare il foglio da essi periodicamente pubblicato. (29)
Cacciato da Roma in seguito agli avvenimenti del '48-'49, si era ri-
tirato in Todi, ove appunto lo ritroviamo nel 1860, animato da forte
spirito anticlericale.

Naturalmente gli autori del nuovo foglio incendiario si tennero
ben nascosti, affidando la stampa del giornale al tipografo Scalabrini
di Todi, non esente anch'esso da qualche trascorso con la polizia per
aver pubblicato nel 1843 un libello pericoloso « in spreto delle veglianti
leggi ». (39)

Il suddetto periodico intitolato Il mio Paese (8) vedeva la luce
per la prima volta il 12 febbraio 1860 e, distribuito clandestinamente
e gratuitamente, « non venne disapprovato nemmeno da quelli che
erano stretti d’interessata dipendenza al vescovo, e che anzi eran

. detti che potendo con più speranze d’impunità ritenere quel pericoloso
foglio, ne dettero lettura a grandissimo numero di persone, che altri-.
menti non l’avrebbero mai letto, e per la difficoltà di procurarselo e
pel pericolo d’essere incolti dalla vigilantissima Polizia episcopale ». (??)
L'indignazione del vescovo crebbe al massimo quando al primo segui
il secondo numero del giornale. Allora fece venire in Todi un capitano.
dei gendarmi che procedesse alla perquisizione nelle case dei tre sunno-
minati individui, ritenuti ormai da tutti autori dell’audace iniziativa.
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 145

Infine il 3 luglio giungeva un corpo di mercenari svizzeri che chiudeva
i medesimi nelle carceri locali, donde venivano poi condotti in quelle
di Perugia in attesa del processo. La pubblicazione del terzo numero
avveniva dopo la carcerazione dei redattori, ad opera dei loro amici.
Tuttavia, circa due mesi dopo, e precisamente il 14 settembre, i pri-
gionieri potevano salutare con gioia l’ingresso delle truppe italiane
a Perugia e insieme la loro riacquistata libertà.

Anche la Gazzetta Universale e l’Osservatore del Trasimeno ave-
vano accolto con entusiasmo il lieto avvenimento e senza difficoltà
si erano trasformati in organi ufficiali del regio commissario per le
provincie dell'Umbria, cambiando anche la loro veste esteriore. (33)

La Gazzetta Universale, quanto mai entusiasta del nuovo stato
- di cose, nell'articolo di fondo del 16 settembre sembra dar sfogo final-
mente alla sua gioia per l’unità d'Italia: « . . .la città nostra ancor essa
sorgeva a vita libera e nazionale all’unanime grido di Viva Vittorio
Emanuele il Re Costituzionale d’Italia! Già scomparsi fin dal giorno
precedente al primo tuonare del cannone in Perugia gli ultimi avanzi
di ciò che chiamavasi armata Pontificia, verso le ore 10 del memorabile
mattino giungeva notizia che la truppa mercenaria svizzera, l'autrice
delle nefande stragi Perugine, era caduta sul luogo stesso... Disposi-
zione meravigliosa della Provvidenza !... » e descrivendo le manife-
stazioni popolari in Foligno e nei paesi vicini, così conclude, « l’inces-
santi prolungati applausi lungo tutta la strada, gli universali evviva
ai prodi Fratelli Soldati, al Re Galantuomo, all’Indipendenza d’Italia,
le cordiali strette di mano, gli abbracciamenti... Chi tra noi e de’
nostri posteri dimenticherà più mai il dì 15 settembre 1860?!» (*)
Anche l’Osservatore non risparmia espressioni di giubilo per l’ingresso
delle truppe liberatrici. In un manifesto di associazione del 20 set-
tembre 1860 gli editori annunciavano al pubblico che il Regio Com-
missario straordinario per le provincie dell'Umbria aveva ordinato
la pubblicazione in Perugia di un foglio ufficiale quotidiano che ripro-
ducesse tutti gli Atti del nuovo Governo e aggiungevano che questo
foglio sarebbe servito « mirabilmente ad illuminare le popolazioni, a
persuaderle a dimenticare le passate sventure, ad unirsi in stretta
concordia rispettando le opinioni di ognuno, a convincerle che nessun
attentato vuole arrecarsi e si arreca alla Religione e ai suoi Ministri,
ed in pari tempo che a nessun uomo è dato sottrarsi alle punizioni
meritate, essendo essa la necessaria conseguenza della vera e legittima
libertà ed uguaglianza al cospetto delle leggi... ». Nei numeri succes-
sivi i due giornali riportano notizie delle città occupate via via dalle

10
146 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

truppe regie accompagnandole con esclamazioni di gioia e di entusia-
smo. Come per il passato, con semplicità, senza subire crisi di coscien-
za, i due giornali umbri si adattavano ai tempi nuovi, tenendo fede
al loro unico scopo di rimanere gli esclusivi organi ufficiali d'informa-
zione nell'Umbria, con tutti i vantaggi di ordine pratico che loro ne
potevano derivare. | |
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860

NOTE AL CAPITOLO SECONDO

(1) Dal punto di vista formale, l'Osservatore con l'anno 1846 aveva accre-
sciuto il suo formato (cm. 32 x 22), che rimarrà tale fino al '49, restando inva-
riati il prezzo e i giorni di uscita.

La Gazzetta Universale, sempre nel formato di cm. 30 x 22, usciva dal 1846
ogni sabato, al prezzo di sc. 2 per lo Stato e sc. 1,80 per l'Estero. In fondo
alla IV pagina recava qualche annunzio tipografico di carattere storico o reli-
. gioso; spesso al foglio del giorno seguiva un supplemento in cui erano posti
avvisi di vendite giudiziarie, che non entravano nello spazio normale del gior-
nale. Ancora nel 1846 i caratteri erano piccoli e l'aspetto e la disposizione dei
vari articoli non si discostavan gran che da quelli degli antichi avvisi, anche le
notizie erano riportate dai vari giornali senza note di commento. Ma col n. 1
del 3 luglio 1847 il formato saliva a cm. 40 x 27, l'aspetto diveniva piü mo-
derno, la stampa su tre colonne. :

(2) Gazzetta Universale, n. 28, 27 novembre 1848, p. III.

(3) Il nuovo clima politico determinato dalle riforme di Pio IX aveva dato
un maggiore impulso all'attività giornalistica e anche nell'Umbria non man-
carono tentativi di dar vita a nuovi giornali, sia pure di scarsa importanza.
Nella collezione di G. SPADA (Saggio di giornali italiani, 1846-50, Arch. Vat.)
si conserva un numero dal formato di cm. 21 x 15,5, dal titolo: Foglio settima-
nale delle vacanze; rimpiazzi, elezioni, onorificenze, Terni, 19 e 26 novembre 1847,
stampato dalla tipografia Possenti. Forse, come dice il Mencacci, trattavasi
di un saggio di giornale che poi non si stampò più, o di cui almeno non si hanno
altre notizie.

(4) Osservatore deli Trasimeno, n. 99, 12 dicembre 1848, p. III.

(5) Gazzetta Universale, n. 16, 24 febbraio 1849.

(6) Gazzetta Universale, n. 42, 19 maggio 1849.

(7) Gazzetta Universale, n. 60, 21 luglio 1849.

(8) Gazzetta Universale, n. 66, 11 agosto 1849.

(9) Il formato, «fra i grandi che si pubblicano nella penisola », è di cm.
44 Xx 20, la testata viene modificata (Anno LI, Fuligno, 2 gennaro, 1850, n. 1)
e il titolo è scritto in grandi caratteri gotici. La carta è più sottile ed alcuni ti-
toli appaiono in caratteri più ornati.

(10) Gazzetta Universale, n. 81, 12 ottobre 1852.

(11) Gazzetta Universale, n. 16, 24 febbraio 1853.

(12) Gazzetta Universale, n. 45, 7 giugno 1853. :

Frattanto dal 1852 la Gazzetta era tornata bisettimanale (mercoledì e sa-
bato) e il titolo era riapparso con gli antichi caratteri del 1849. Con l’aprile del
1852 i giorni di pubblicazione erano il martedì e il venerdì, poiché in quei gior-
ni si aveva la partenza dei corrieri e si potevano perciò dare le notizie più sol-
lecitamente. Nel n. 97 del 7 dicembre 1852, in prima pagina, sotto il titolo
Belle Arti e il sottotitolo Insigne artistica Congregazione di virtuosi al Pantheon
era riportato il giudizio sulle opere esibite al concorso bimestrale di esercizio x
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148 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

in pittura, scultura ed architettura. Da notare come l'interesse della Gazzetta
cominciasse ad estendersi anche alle materie artistiche, mentre finora si era
limitato al campo letterario e piü precisamente agli annunci tipografici e ad
additare all'attenzione dei lettori opere recentemente ristampate di carattere
storico o morale. Dal luglio del ’58, sotto il titolo varietà Politiche, ogni mese
si passano in rivista gli avvenimenti politici più importanti del mese trascorso.
Col 1854 sia la Gazzetta che l'Osservatore appaiono migliorati nella qualità della
carta, nei caratteri, nella testata. Il nuovo formato della Gazzetta è di cm. 38 x 28,
che rimarrà invariato sino alla fine del giornale stesso.

: (13) Archivio di Stato, Roma, Ministero Interni.

(14) Archivio di Stato, E Ministero Interni, vol. 1108, tit. CLX.II
a. 1854.

(15) Archivio di Stato, Roma, Ministero Interni, vol. 1108, tit. CLXII
a. 1855.

(16) Archivio di Stato, Roma, Ministero Interni, vol. 1109, tit. CLXII,
a. 1857.

(17). Gazzetta Universale, n. 58, 21 luglio 1857.

(18) Purtroppo manca nella Biblioteca Comunale di Perugia e non mi è
riuscito di trovare altrove, l’intera annata 1859 dell’ Osservatore. Quanto alla
Gazzetta Universale, durante l’anno 1858, il suo maggiore interesse è costituito
da una serie di articoli contenenti uno scambio di vedute fra il Natali e l’inge-
gnere L.F. circa il tracciato delle strade ferrate relativamente al tratto fra
Terni e Foligno. i

Gli articoli contenuti nei nn. ‘19, 22, 28, 29, 32 sono tratti dal Giornale
delle strade ferrate.

Col 1 giugno 1858 il prezzo è bórtato' a baj. 3 annuiei giorni di uscita
sono martedi, giovedi e sabato.

(19) DEGLI Azzi G., L'insurrezione e le stragi di Perugia nel giugno 1859,
Perugia, 1909, p. 251.

(20) Archivio di Stato, Roma, Ministero Interni, vol. 1109, tit. CLXII,
a. 1859, Delegaz. di Ascoli, Perugia, Spoleto:

(21) Archivio di Stato, Roma, Ministero Interni, vol. 1109, a. 1855.

(22) Archivio di Stato, Roma, Ministero Interni, vol. 1109, tit. CLXII
(Lettera di G. Tomassini al Ministero dell'Interno, Fuligno, 14 settembre 1859).

(23) II Bollettino di notizie contemporanee si presentava nel formato di
cm. 27,8 X.21,2, si pubblicava il mercoledì e il sabato al prezzo di 1 scudo per
sei mesi. I redattori risiedevano a: Narni presso la tipografia del Gattamelata
(Palazzo Comunale). Era un foglio di quattro pagine stampate su due colonne.

I suddetti cinque numeri del 10, 15, 17, 20 e 24 agosto si trovano nell'Ar-
chivio di Stato in Roma (Miscellanea di carte politiche e riservate, dal 1801 al
1870, a. 1859).

(24) Archivio di Stato, Roma, Ministero Interni, vol. 1110, tit. CLXII,
a. 1860 (Delegazione di Spoleto).

(25) Gazzetta Universale, n. 17, 9 febbraio 1860.

(26) Archivio di Stato, Roma, Ministero Interni, vol. 1110, tit. CL XII,
a. 1860.

(27) FrancHI F., Cenni manoscritti, copiati il 12 settembre 1886 da uno
scritto di Alessandro Natali, Todi 1886.
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 149

(28) Archivio di Stato, Roma, Ministero Interni, vol. 1103, tit. CLX, a.
1851-52.

(29) Archivio di Stato, Roma, Polizia, tit. 7, Rubr. 1, n. 114.

(30) Archivio di Stato, Roma, Polizia, tit. 7, Rubr. 1, n. 113. '

(31) Il giornale era di quattro fogli, stampati su due colonne e misurava
cm. 30 x 40 di grandezza. Sotto il titolo recava una citazione con la firma di
Vittorio Emanuele, Goito 6 giugno 1848: « Gran parte dell'avvenire d'Italia
dipende dalla parola degli uomini liberamente pensanti ». Nel primo numero
del 12 febbraio appariva un breve articolo di introduzione, dal tono fortemente
satirico : « Ma guardate mania di giornalismo ! pure in Todi a qualche bell’umo-
re è saltato in testa il ticchio di potere sapere e voler scrivere un giornale ! Ma
perché scrivere un giornalismo in una città scordata e mentre un nostro ben
conosciuto « giornalomane », datemi venia per la parola nuova di gitto, ne fa
venire in Todi da tutte le parti del mondo, ed una società di amici patrioti li
diffonde in paese, e di là anco a chi non li vuol leggere, e mentre monsignor
Vescovo nostro chiamato dai preti Raparum rapa, assoluto Papetto di provin-
cia, ex cathedra dichiara empi e scredenti i lettori di giornali e scomunicati
quelli che non leggono la Civiltà Cattolica, sola regola del credere del nostro
Clero poco dotto, od il Giornale di Roma menzognero od il Vero amico del Po-
polo, impudentissima opera di un ex frate vituperoso ? ». Quindi l’autore ag-
giungeva che il giornale sarebbe uscito « ogni volta che il compilatore avrà vo-
lontà, agio e soldi per mandarcelo »; si raccomandava inoltre di essere prudenti
‘ e di non cercare di indovinare chi fosse l'autore.

(32) FRANCHI F., op. cit,

(33) Dal n. 1 del 18 settembre la Gazzetta Universale vedeva la luce sotto
una veste leggermente diversa: nella testata in alto appariva lo stemma di
casa Savoia e la numerazione veniva interrotta come se iniziasse una nuova
era.

L’Osservatore del Trasimeno, all’inizio del 1860 si era presentato in for-
mato più piccolo (cm. 39,2 x 27,3) con qualche modifica nella testata. Nel
numero del 15 settembre in cui si annunciava l’ingresso di Vittorio Emanuele
in Perugia, il titolo appariva ridotto (Il Trasimeno) e i caratteri ingranditi.
Dopo questo numero il giornale si trasformava in Gazzetta di Perugia (ufficiale

del regio Commissario generale per le provincie dell'Umbria). Al centro del ti- .

tolo era disegnato lo stemma del re di Sardegna. Era sempre pubblicato da G.
Santucci e G. Ricci, il formato era portato a cm. 41 x 39 e si pubblicava ogni
giorno compresa la domenica. Col 20 settembre, tipografi erano V. Bartelli e
G. Santucci, il prezzo per un anno ammontava a sc. 6 (pari a lire italiane 32).
Col n. 65 del 19 novembre il formato aumentava a cm. 47 x 33 e il titolo si
trasformava in Gazzetta Ufficiale per le provincie dell’ Umbria. Il prezzo per un
anno in Perugia era di L. 32, per il resto dell'Umbria L. 36, per il resto d'Ita-
lia L. 40.

(34) Gazzetta Universale, n. 1, 18 settembre 1860.
FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

CAPITOLO III

IL GIORNALISMO SCIENTIFICO E LETTERARIO IN UMBRIA
NELLA PRIMA METÀ DELL’800

Nella prima metà dell’800 si pubblicavano periodicamente dei
fascicoli di carattere scientifico, letterario, agrario, che, venduti dietro
associazione, venivano poi riuniti a formare opere uniche. (!) Ma,
tranne questi umili e sporadici tentativi, non si può parlare di un -
giornalismo letterario e scientifico nell'Umbria fino al 1833, quando
cominciò a pubblicarsi per iniziativa del Mezzanotte, l'Oniologia scien-
tifico-letteraria di Perugia, alla quale collaborarono molti dei lette-
rati e degli scienziati di quella città.

Nel manifesto che annunciava la prossima pubblicazione del
periodico (?), l'editore tipografo Vincenzo Bartelli dava anche una
curiosa spiegazione del titolo: « Raccolta dell’utile, dalle greche voci
onémi juvare, e logia da legin, nel significato di colligere » e aggiungeva
che essa aveva lo scopo di «raccogliere e scegliere tutto quello che di
piü utile si sarebbe prodotto in fatto di Scienze e di Letteratura ».
Augurava inoltre una felice riuscita alla sua intrapresa; data l'esi-
stenza in Perugia di un «gabinetto » abbondantemente fornito di
giornali italiani.e stranieri, ed il prossimo acquisto di nuove opere
che si sarebbero stampate in Italia e fuori, dato lo zelo e la molta
dottrina dei collaboratori e la cooperazione di dotti delle altre pro-
vincie italiane che avevano promesso di offrire il loro contributo alla
nuova impresa. |

Il primo numero dell'Oniologia vedeva la luce nel gennaio del
1833 e il periodico continuó a stamparsi in fascicoli mensili. Diret-
tori del giornale erano Ferdinando Speroni, vice-presidente del tri-
bunale di Bologna, che ne era anche il proprietario; e i perugini Mar-
chesi, Bartoli e Marroni. Cinque erano gli «stabili » collaboratori e
precisamente: per la medicina e la storia naturale, Domenico Bruschi
e Cesare Massari, per la fisica, chimica e matematica, Matteo Martini,
per le scienze morali, la letteratura e le belle arti, Antonio Mezzanotte
e Filippo Polidori. Le materie erano suddivise in due parti principali:
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 151

una comprendente le scienze, la seconda le scienze morali, la lettera-
tura e le belle arti. Seguivano due Appendici, l’una intitolata Rivista
Scientifica con brevi articoli, invenzioni, viaggi e necrologie di « illu-
stri scienziati », l’altra intitolata Rivista Letteraria con argomenti di
lettere, filosofia, belle arti e notizie necrologiche di letterati ed artisti.
Infine ogni fascicolo era chiuso da una Indicazione bibliografica.

| Dopo due anni di vita piuttosto stentata, (?) il periodico si tra-
sformò in Giornale scientifico-letterario e dal 1839 in Giornale scientifico-
letterario-agrario, continuando a vivere fino al 1867 circa. (?)

Nel Proemio i fondatori si rivolgevano ai lettori dicendo: « E
risoluti come siamo di fare ogni sforzo perché queste carte non vadan
prive di quella utilità che il loro titolo fa sperare, diamo qui la nostra
fede di tener sempre mai lontano da esse ogni orgoglio di provincia
e di municipio. Protestiamo eziandio che ci guarderemo al possibile
dall'inchinare nei nostri scritti a verum partito letterario, né d'altra
natura: pregando perció quelli che di tali ricerche fossero soverchia-
mente curiosi a voler vedere in ciascuno dei nostri articoli le opinioni
di un individuo, non quelle di una qualunque siasi società. Non sa-
remo in alcuna cosa giudici troppo severi, che già non vi è siffatta
l'indole nostra, ma neppur tale è il nostro costume che non abbiamo
a schifo ed in abbominio la mercenaria compiacenza e quelle lodi che
tornano cosi a danno del lodato come a vergogna del.lodatore. Daremo
per ora tutto quel meglio che intorno alla Scienza e alla Letteratura
ci sarà dato di produrre e di raccoglier da quelli che, com'é detto,
‘vorranno esserci liberali dei loro consigli ed aiuti ». (5)

Indubbiamente tale rivista aveva il grande merito di divulgare
nozioni di carattere scientifico ed economico ignorate dai più: sotto
il titolo Scienze si riportavano, ad esempio, i Dialoghi filosofici sulle
maggiori difficoltà mosse al sistema del Rosmini particolarmente dal
Gioberti, oppure l’Esposizione della dottrina sensistica nella sua pu-
rezza e semplicità, saggio offerto dal prof. Colizzi agli studenti del-
l'Università di Perugia. (6)

Assai frequenti erano gli articoli di medicina e di chimica orga-
‘ nica. Oltre al Pestalozza per la filosofia, collaboravano per le scienze
mediche e per la chimica il Bruschi e il Purgotti, che, riportavano
spesso articoli inseriti nella Bibliothèque Universelle de Genève. Non man-
cavano questioni di carattere sociale come il lungo articolo a puntate
Della riforma delle prigioni (*), né di minore interesse era la parte
agraria, in cui si illustravano e si discutevano nuovi metodi e nuovi
ritrovati diretti a facilitare e a migliorare la produzione agricola.
152 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

La parte letteraria del Giornale comprendeva opere di prosa e
ii di poesia e trattava di questioni letterarie ed artistiche, talvolta si
i ; affrontavano temi piuttosto impegnativi, come quello della critica
TON - dantesca, oppure si riportavano e si lodavano le numerose liriche di
Il poetesse di scarso valore come Assunta Pieralli e Giannina Milli.

Nulla di geniale e di profondo si manifesta in questa critica, che,
fredda e superficiale, risente per lo più dell'accademia e del pregiu-
dizio.

Nel n. 72 dell’anno 1842, sotto il titolo Letteratura sì riportava
un articolo critico su La Rondinella, la così detta Strenna Umbra,
che dal 1840 si stampava ogni anno a Spoleto dai tipografi Bossi e
Bassoni. (8) Pur definendosi «Ricordo di letteratura» e annoverando
fra i suoi compilatori alcuni personaggi assai noti nella storia del ri-
sorgimento umbro, quali Pompeo di Campello, Ariodante Fabretti,
Francesco Benaducci, Cesare Agostini, tale rivista era completamente
| priva di ogni valore letterario. Si leggevano in essa poesie, novelle e
ill racconti storici, infarciti di immagini e di espressioni di pessimo gusto,
i atte a far presa sull’animo delle folle. Nel suddetto articolo, il Gior-
ti nale di Perugia, pur lodando l’iniziativa degli editori, non risparmia-
va le critiche a questa troppo popolare Strenna Umbra : « Per quanto
taluno vorrà forse dire che a queste così dette Strenne, a queste rac-
colte di svariati letterari lavori, possa darsi una migliore e più utile
direzione, fatto sta che l’uso di andar destando così l’amor dello stu-
dio e della lettura nelle classi della società dalle agiatezze, da’ piaceri
ill . e da’ negozi divagate è assai commendevole. E ci gode l'animo che
WM l'Umbrià nostra lo abbia seguito per opera di alcuni giovani volen-
Ill terosi e dotati di nobile animo, d’ingegno non comune ». Delle poesie
e in essa contenute si diceva che, esclusa « in alcune quella tinta al nostro
gusto troppo ‘romantica’ e direm meglio ‘non italiana’, ci par che
molto sia il che lodare. Invece dei Racconti (che sono in letteratura
nella classe delle novelle) non si potrebbe con uno squarcio di storia
o peregrina o mal tramandata fra il popolo, formare una.letteratura
*popolare' ? Invece di lumeggiare gli avvenimenti od ideati o veri
con quei colori troppo caldi e 'sensitivi', che ne falsano il vero con-
cetto nella mente del poco istruito a cui si vuò favellare, perché il
colorito non potrebbe essere più semplice e naturale? Invece di ecci-
tar tanto gli ‘affetti’, quasiché in Italia si scarseggiasse di ‘sensiti-
vità’, perché non potrebbe essersi più severi? Perché sempre tra le
sventure, il pianto, le ambascie, le traversie della vita, se questo
ridente terreno, questo splendente sole d’Italia dispone gli abitanti
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 153

del prediletto Paese ad una festiva vivacità di pensieri, anziché ad

una tetra malinconia ? Perché poi, ‘mutato nomine’, ritornar sempre:

a ricantare le cose medesime, sempre le stesse scene, costantemente
alle medesime immagini. ..?». Quindi si esortavano i « valorosi gio-
vani » a ricercare « il vero e il buono, in modo da rettificare i senti-
menti, riformar l’indole e migliorare il costume oltre che istruire il

popolo ». (?)
Nel n. 76 dell'anno dopo, il Giornale di Perugia tornava a parlare

della Rondinella: «Ecco il quarto anno della Strenna Umbra. Essa:

presentasi alla pubblica luce in veste assai più gentile che non suoleva,
tantoché or veramente nulla lascia da desiderare per nitidezza ed
eleganza tipografica, se togli le mende che pur molte qua e là la scon-
ciano. E a questo proposito, oggimai che tutte cose sembrano pie-
gare al meglio, sarebbe pur tempo che questi benedetti tipografi e
compositori di stampe sapessero un po' piü leggere, se non il grazioso
francese o l'antico italiano, almeno il moderno ». (19)

Rimprovero questo, che l'autore, sia pure in forma larvata,
alludendo agli errori di stampa, voleva forse rivolgere ad alcuni col-
laboratori della Rondinella, nei cui racconti non mancavano in realtà
errori di ortografia e di sintassi.

. Ho voluto dilungarmi un po’ nel riportare queste parti critiche
su di un’opera periodica; che sarebbe per noi non degna affatto di
nota, perché attraverso di esse può meglio risaltare la levatura cul-
‘turale e letteraria di questo Giornale Scientifico-letterario, che, pur
con le dovute riserve, fu indubbiamente, e per l’interesse delle svariate
materie in esso trattate e per la sua durata nel tempo, l’unica rivista
enciclopedica degna di qualche considerazione che si stampò in Um-
bria nella prima metà dell'800. (11)

A conclusione di questa lunga e laboriosa ricerca, aggiungerò
che, sebbene esistessero in Umbria centri tipografici come Foligno,
Spoleto, Perugia, in cui, come si è visto, si ebbe una notevole attività
giornalistica non priva di continuità e di antica tradizione, pure que-
sto giornalismo si dimostrò quasi sempre di carattere commerciale
e puramente informativo.

La Gazzetta Universale di Foligno, con la sua quasi centenaria
ed ininterrotta esistenza, ci fornisce un chiaro esempio di tale gior-
nalismo, che subì gli avvenimenti senza mai tentare di guidarli e
seppe adattarsi senza fatica e senza rimpianti al variare dei tempi.

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tu
Ne pen e UL EP PROTESI 154 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

Sia la Gazzetta di Foligno che quella di Perugia finirono soprattutto
per esaurimento e per la concorrenza che col proceder del tempo
non tardarono a far loro i grandi quotidiani di Roma e delle altre
maggiori città dell’Italia centrale.

La mancanza di un giornalismo più attivo, sia nel campo politico
come in quello letterario e scientifico, mi pare sia da imputarsi, più
che ai regolamenti ed ai limiti imposti dal Governo Pontificio, all’in-
dole stessa delle popolazioni umbre, piuttosto sorde, anche per il
passato, ad ogni impulso vivificante e prive di maturità politica e
culturale. ;

Solo nell'ultimo quarto del sec. x1x si potrà assistere ad una ricca
fioritura di giornali politici di tendenza democratica, che, particolar-
mente in un centro industriale come Terni, riceverà notevole impulso
dai fermenti della nuova classe operaia.

FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860

NOTE AL CAPITOLO TERZO

(1) Nel 1830 un manifesto di associazione annunciava l’opera dell'ing.
Gabriele Calindri di Perugia, Saggio statistico, geografico e storico dello Stato
Pontificio. L’opera era suddivisa in sette fascicoli di cinque fogli l’uno, al prezzo
di baj 20, che dovevano essere pagati alla consegna di ciascun fascicolo. Gli
editori erano Garbinesi e Santucci. (Archivio Comunale, Foligno, Istruzione
Pubblica, art. IX, fasc. I, n. 905).

(2) Archivio Comunale, Foligno, Istruzione Pubblica, tit. VIII, art. IX,
fasc. I, p. 905.

(3) Anche in seguito il periodico ebbe vita non troppo facile « per difetto
forse, o ritardo dei collaboratori » (Archivio di Stato, Roma, Ministero Interni,
Vol. 1107, tit. CLXII, a. 1846) il che è provato dal fatto che in alcuni anni
si pubblicò un numero inferiore di fascicoli.

(4) Nel 1834 si trasformò sensibilmente anche nell’aspetto esteriore che
si andò ancora leggermente modificando col tempo. Immutato invece rimase
il formato in 8°, ed anche il prezzo di sc. 1,80 entro lo Stato e di lire it. 10
fuori dello Stato, da pagarsi anticipatamente la metà per semestre.

I fogli erano numerati progressivamente per tutto un anno, tre fascicoli
mensiliformavano un volume che veniva poi pubblicato con frontespizio e indice.

(5) Proemio, in Oniologia scientifico-letteraria di Perugia, n. 1, I quaderno
1833, pp. 6-7.

(6) Giornale scientifico, letterario, agrario di Perugia, a. XIII (1845).

(7) Giornale scientifico, letterario, agrario di Perugia, a. XXIV (1856).

(8) Tale rivista annuale, diretta alle donne italiane, si presentava in un
volumetto di 300 pagine circa. Iniziata a stamparsi nel 1840, se ne conservano
tre copie nella: Biblioteca Comunale di Foligno e in quella di Spoleto (Serie II,
anno 39, 49, 50). Il prezzo era di paoli 8. Fino all'anno 1844 si stampava nel-
l'Umbria dai tipografi locali Bossi e Bassoni, ma poi, forse per la grande diffu-
sione raggiunta, si stampò a Firenze presso il Gabinetto SelentiBco- Letterario
del Vieusseux.

(9) Giornale Scientifico-letterario-agrario di Perugia, n. 72, ottobre, novem-
bre, dicembre, 1842, pp. 368-370.

(10) Giornale Scientifico-letterario-agrario di Perugia, n. 76, ottobre, no-
vembre, dicembre, 1843, p. 376.

(11) Non mancarono, sempre nella prima metà dell’800, altre riviste di
carattere specifico: nel 1843 si stampava a Gubbio dalla tipografia Magni un
Giornale di letteratura ed estetica cristiana, il cui scopo era « quello di ammani-
festare il Bello delle Arti irradiate dal Genio del Cristianesimo ». Ma dopo al-
cuni anni esso cessava di esistere, a dire del direttore Locatelli « per calamità
domestiche del Redattore e per le condizioni dei tempi cui parve insipida ogni
scrittura che non fremesse arme e politica ».

Piü tardi esso veniva ripubblicato a Roma col titolo L' Artista Cristiano.
(Archivio di Stato, Roma, Ministero Interni, vol. 1107, tit. CLXII, n. 14177).
Inoltre dal 1841 il tipografo Pompei stampava in Orvieto un Giornale di Vete-
rinaria, comprendente le materie di chirurgia, medicina ed igiene, che il Car-
—Ó = A
io gi ri carene ni
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156 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

dinale Lambruschini giudicava assai vantaggiosa allo Stato Pontificio «le cui
primarie risorse economiche sono quelle che fornite gli vengono dall’agri-
coltura e dalla pastorizia » (Archivio Comunale, Foligno, Istruzione Pubblica,
tit. VIII, art. IX, fasc. I, n. 946).

BIBLIOGRAFIA GENERALE

FATTORELLO F., Notizie per una bibliografia del giornalismo italiano, Udine,
1936 (parte generale).

FATTORELLO F., Il giornalismo italiano, Udine, 1936.

FATTORELLO F., Il giornalismo italiano dalle origini agli anni 1848-49, Udine,
1937.

FATTORELLO F., Oggetto e limiti della storia giornalistica, Miscellanea di scritti
di bibliografia ed erudizione in memoria di Luigi Ferrari, Firenze, 1952.

GasPERONI G., L'abate Giovanni Cristoforo Amaduzzi, vol. I, Settecento ita-
liano, Padova, 1941.

Fonzi F., La pubblicistica, in: La mostra storica della Repubblica Romana, 1849,

Roma 1949.
PiccarpI L. G., Saggio di una storia sommaria della stampa periodica, Roma,
1886.

Piccioni L., Il giornalismo letterario in Italia, Torino, 1864.

CeccHINI G., Mostra dell'arte della stampa umbra. Catalogo, Perugia, 1943.

CeccHINI G., Saggio sulla cultura artistica e letteraria in Perugia nel secolo XIX,
Foligno, 1921. ;

MANCINELLI A., La stampa nell' Umbria e la R. Tipografia di Feliciano Cam-
pitelli di Foligno, Cenni storici, Foligno, 1886.

MEssINI A., I giornali di Foligno, Roma, 1943.

FrANCcHI F., Cenni manoscritti sulla pubblicazione del giornale clandestino Il
mio Paese, Biblioteca Comunale, Todi, 12 settembre 1886.

DecLi Azzi G., L'insurrezione e le stragi di Perugia nel giugno 1859, Peru-
gia, 1909. ©.

BERNARDINI M., La stampa nell’ Umbria, p. 598. Un antico periodico spoletino,
pp. 598-99 in Guida della stampa periodica italiana, Lecce, 1890.

FuMAGALLI G., Lexicon typographicum Italiae, Firenze, 1905, pp. 19-20.

GIORNALI

Nota: Di tutti gli antichi esemplari unici esistenti nella Planettiana di
Iesi e nelle varie biblioteche locali non si può stabilire se gli anni citati siano i
primi della pubblicazione, perché non si usava in quei tempi, come si usó in
seguito, segnare nel periodico l'anno della sua vita.

Foligno:
Foligno, foglio di « avvisi » settimanale, di quattro pagine, formato di cm. 27 X
20 (a. 1680-1708), editore A. Mariotti, Foligno.
Biblioteca Planettiana, Iesi: collezione incompleta dal 1680 al 1707 t

(di alcuni anni si conservano solo pochi numeri).
Biblioteca Casanatenze, Roma: collezione dal 1691 al 1706, voll. I-V..
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860 157

Foligno, foglio di «avvisi » settimanale, simile al precedente (a. 1686-1695)

Editori Gaetano e Carlo Zenobi.
Biblioteca Planettiana, Iesi: collezione incompleta dal 1686 al 1695.
Biblioteca Comunale, Foligno: n. 19 del 7 maggio 1694.

Rrotigno, foglio di « avvisi » settimanale, di quattro pagine, su due colonne,

formato cm. 29 x 21. Iniziato intorno al 1694. Editore e tipografo F.
Campitelli, Foligno. sE

Biblioteca Planettiana, Iesi: n. 45 del 9 novembre, 1626, n. 2 dell’11
gennaio, 1697, n. 50 del 12 dicembre 1710, n. 49 del 2 dicembre 1712,
pochi numeri del 1707.

Biblioteca Casanatense, Roma: Annate dal 1706 al 1717 (vol. V-VIII),
edite dal Campitelli e dal Campagna.

Notizie del mondo, giornale settimanale, continuazione dell’antico foglio Foli-

gno, formato di cm. 27,5 x 19,5. Editore -tipografo F. Campitelli.
Biblioteca di storia moderna e contemporanea, Roma: collezione incom-
pleta dal 25 settembre al 24 novembre 1797, n. 78 del 28 settembre 1773
e supplemento al n. 28 (senza indicazione tipografica).
Biblioteca Comunale, Foligno: n. 12 del 19 marzo 1762, n. 29 del 22 lu-
glio 1785, n. 37 del 9 novembre 1796, n. 18 del 5 luglio 1798, n. 40 del 12
ottobre 1793, n. 20 del 17 maggio 1805.

Gazzetta universale, periodico settimanale, formato. iniziale, cm. 19 x 13.Edi-

tori tipografi P. Campana, in seguito Sgariglia e ‘Tomassini. (a. 1776-1871)
Foligno.

Biblioteca Casanatense, Roma: collezione di 19 voll. dal 1776 al 1795,
incompleta (i voll. 14-19 contengono solo i numeri del mercoledi, manca
l’annata del 1724).

Biblioteca Comunale, Foligno: n. 20 del 20 maggio 1735, n. 45 dell 11
novembre 1735, n. 21 del 26 maggio 1741, n. 24 del 14 giugno 1783. An-
nate complete dal 1814 al 1815, n. 10 del 1816, vari numeri del 1828, 1831
1840.

Biblioteca di storia moderna e contemporanea, Roma: Annate dal 1800
al 1873.

Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele, Roma: coll. dal 1799 al 1871.

Biblioteca Iacobilli, Foligno: coll. completa dal 1818 al 1871.

Corriere neutrale d’ Europa, periodico settimanale, formato di cm. 27,5 x 19,5

poi cm. 19 x 13. Iniziato nel 1775. Editore-tipografo, G. Tomassini,
Foligno.

Biblioteca Comunale, Foligno: n. 21 del 15 giugno 1775, n. 92 del 7 ago-
sto 1753, annate dal 1787 al 1797 in 9 voll. (manca l'annata 1796).

Estratto di notizie interessanti, di cm. 19 x 13. Editore Tomassini, Foligno.

Biblioteca Comunale, Foligno: numero del 19 dicembre 1799.

Spoleto:

Spoleto, foglio di « avvisi », edito da G. Giuliani, Spoleto.

Biblioteca Planettiana, Iesi: un numero del 1697.
Biblioteca Comunale, Spoleto: n. 31 del 1688 e n. 11 del 1718.
T M] P RL -18_Fyet Vo Sn "a - aee n XS "pt DAT Ce — NOTET Ei

158 FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

Spoleto, foglio simile al precedente. Editore Parenti, Spoleto. (a. 1720-1728
e oltre).

Notizie universali, bollettino settimanale di notizie religiose e politiche, stam-
pato su due colonne, del formato di cm. 28 x 17. Editore tipografo: D.
Bossi, Spoleto.

Biblioteca Comunale, Spoleto: 16 fasc. dal giovedì 5 agosto 1784 (pal
mo numero del periodico) al giovedì 30 dicembre 1784 (mancano cinque
numeri).

Il giornale dell’ Umbria, settimanale. Editore-tipografo: Bossi e Bassoni. Ini-
ziato il 3 settembre 1819. i
Biblioteca Comunale, Spoleto: coll. incompleta dal n. 1 del 4 settembre
1819 al n. 23 del 23 agosto 1828.

Giornale del Trasimeno, settimanale, stampato su pagina intera, formato di
cm. 22 x 16,4. Editore tipografo: G. Bassoni, Spoleto.
Biblioteca Comunale, Spoleto: 56 numeri dal 1 ottobre HUM al 21 otto-
bre 1811.

La rondinella, Strenna Umbra. Editori: Bossi e Bassoni.
Biblioteca Comunale, Spoleto e Biblioteca Comunale, Foligno: serie II,
a. III, 1843; serie II, a. IV, 1884, serie II, a. V, 1845.

Todi:

Todi, foglio di « avvisi » edito da G. Dom. Faustini, Todi.
Biblioteca Planettiana, Iesi: un numero del 1684.

Todi, gazzetta stampata a Todi sicuramente nel 1745, ma che non si é fino
ad oggi ritrovata.

Il mio Paese, periodico edito da Scalabrini, Todi.
Biblioteca Comunale, Todi: n. 1 del 12 febbraio, n. 2 del 30 aprile, n. 3
del 25 maggio 1860, in Miscellanea, n. 99.

Assisi:

Assisi, foglio di « avvisi » edito dal Mastici.
Biblioteca Planettiana, Iesi: un num. del 1701.

Gazzelta universale, edita dallo Sgariglia in Assisi dall'agosto del 1783 al 1798-
Biblioteca di storia moderna e contemporanea, Roma: dal 2 febbraio
1793 al 10 novembre 1797, saltuariamente.

Spello:

Foligno, foglio di avvisi, stampato a Foligno, saltuariamente a Spello presso
Gregorio Ubaldo Mariotti.
Biblioteca Planettiana, Iesi: nn. 11 e 12 del 1701; nn. 43, 52 del 1704
e l'intera annata 1705.
IL GIORNALISMO UMBRO DALLE ORIGINI AL 1860

Terni:

Terni, foglio di avvisi edito da N. Saluzii.
Biblioteca Planettiana, Iesi: un numero del 1707.

Foglio settimanale delle vacanze, rimpiazzi, elezioni, onorificenze.
Terni, 19 e 26 novembre, 1847. Saggio di foglio settimanale -tsmpato
dalla tipografia Possenti, Terni.
Archivio Segreto Vaticano, coll. di G. Spada, Saggio di giornali italiani
(1846-1850).

Perugia:

Osservatore del Trasimeno, già Gazzetta di Perugia (a. 1814-1860). Editori-tipo-

grafi: Costantini e Santucci, poi Garbinesi e Santucci. Formato iniziale di
cm. 31,5 x 22,5.

Biblioteca Comunale, Perugia: annate dal 1814 al settembre 1860
(manca l'annata 1859).

Biblioteca di storia moderna e spo nes Roma: dal n. 1 del 30
aprile 1829 al n. 52 del 28 dicembre 1830, dal n. 1 del 4 gennaio 1831 al
n. 103 del 29 dicembre 1849, dal 2 al 18 gennaio 1850.

Gazzetta di Perugia, continuazione dell'Osservatore del Trasimeno. Editore: San-
tucci, Perugia.
Biblioteca Comunale, Perugia: tutti i numeri dal 16 settembre al 31 di-
cembre 1860.

Giornale scientifico-letterario, già Oniologia scientifico- -letteraria, (a. 1833-1834), .

poi Giornale scientifico-letterario (a. 1839-1856), quindi Giornale scientifico-
letterario-agrario (a. 1857-1859), infine Giornale scientifico-agrario-lette-
rario-artistico (a. 1860-1867).
Biblioteca Comunale, Perugia: collezione completa (a. 1833-1867).
Biblioteca di storia moderna e contemporanea, Roma: dal n. 69 del
gennaio 1842 al n. 76 del dicembre 1843.

Saggio geografico, statistico, storico dello Stato Pontificio, opera pubblicata pe-
riodicamente in 7 fascicoli da Garbinesi e Santucci (a. 1880).

Biblioteca Comunale, Perugia.

Narni:

Bollettino di notizie contemporanee, Tip. del Gattamelata, Narni.
Archivio di Stato, Roma, Miscellanea di carte politiche e riservate
(1801-1870) a. 1859, n. 4623: nn. 1-5 dell'agosto 1859. FRANCESCA VALENTINA DALESSANDRO

BIBLIOGRAFIA SPECIFICA

Bowari S., Le prime gazzette in Italia, in Nuova Antalogia di scienze, lettere ed
arti, Firenze a. IV (1869), vol. XI, fasc. VI, p. 341.

ANNIBALDI C., Una biblioteca umbra a Iesi, in Bollettino della regia Deputa-
zione di Storia Patria per l’Umbria, vol. XIX, 1915, p. 183.

DecLI Azzi G., Il giornalismo nell’ Umbria in L' Umbria, a. III (1900), n. 9-10,
p. 80.

FRANCHI F., Stampa todina, in La Tribuna, a. XII, 5 ottobre, 1934.

FassINI S., Paolo Rolli giornalista ? in Rivista d'Italia, a. XVI, 15 maggio,
1913, p. 792.

SorpINI G., Breve storia di un antico periodico spoletino, in Il Bibliofilo, an.
IV, n. 11 (1883) pp. 167-188.

MARIANI M., La liberazione delle Marche e dell Umbria e i giornali del tempo,
in Le Marche, fasc. V-VI (1911), p. 237.

ZuccHETTI G., Paolo Rolli e la sua attività letteraria negli ultimi anni di vita, in

Convivium, p. 543 (il fascicolo da me.consultato é in possesso del sig.

Tenneroni di Todi e manca della data).
Note e documenti

BULGARO MONTEMELINI

PREMESSA

Bulgaro dell’antica e potente famiglia dei Montemelini, fu ve-
scovo di Perugia per circa diciotto anni tra la fine del secolo xt e
l’inizio del secolo xiv.

Le storie di Perugia menzionano spesso il Nostro, ma le citazioni
sono molte volte inesatte e contrastanti, di modo che la figura e l’opera
di Bulgaro non appaiono chiare e precise.

Poiché non sembra che esistano monografie o pubblicazioni spe-
cifiche che lo riguardino, riteniamo interessante illustrare la sua vita

e chiarire i dubbi tuttora affioranti nelle opere a stampa e manoscritte. .

Per l’elaborazione di queste brevi note ci siamo basati su documenti
tratti dall'Archivio Segreto Vaticano, dall'Archivio di Stato di Pe-
rugia, dall'Archivio di S. Pietro di Perugia, dall'Archivio della Curia
di Perugia, nonché su alcuni riferimenti tratti da opere manoscritte
di autori perugini.

1 — La famiglia Montemelini
2 — I predecessori di Bulgaro: sua elezione
3 — L’opera di Bulgaro Montemelini, vescovo di Perugia

LA FAMIGLIA MONTEMELINI

Enrico Agostini fa risalire l'origine della famiglia Montemelini
addirittura all'anno 717, quando un tal Leodio, venuto in Italia con
Teutone, duca di Baviera, si fermó a Perugia e piantó la sua sede nel
castello di Montemelino da cui i discendenti presero il nome (1).

Annibale Mariotti dice, nei riguardi della menzionata località,
che il castello « ... in latino Mons Melinus, è posto in bella collina
circa 7 miglia distante da Perugia dalla parte di ponente... ». Il Ma-
riotti continua affermando che « ... i discendenti di un nobil uomo di
nazione teutonica chiamato Alaudio eressero dai fondamenti questo

11

Y

NEUES —- d APR AARON, DIE SEPTIES,
169: RAOUL GUÉZE

castello e lo signoreggiarono come feudo imperiale per molte età onde
vennero chiamati Montemelini » (2).

La famiglia Montemelini, all'inizio del sec. xri, era molto co-
spicua ed occupava un posto rilevante fra la nobiltà perugina. La
figura più importante fra i Montemelini della prima età del ’200 (e in
un certo senso crediamo la personalità più « spiccata » di tutti i Mon-
temelini) fu Andrea di messer Giacomo, conte di Monte Gualandro.

Questo messer Andrea ricoperse molte e importanti cariche pub-
bliche e fu alleato fedele di Federico II. In queste pagine dedicate ad
un suo discendente, merita un breve cenno particolare che crediamo
non risulterà sgradito al lettore, perché anche in questo caso non ab-
biamo trovato nessuna pubblicazione che lo riguardi (3). |

Nel 1218 fu podestà di Perugia, ma alcuni anni dopo si dichiarò
nemico di Perugia e fu da essa esiliato. Lo troviamo in seguito podestà
di Modena e di Firenze (4). Secondo l’Agostini fu rimesso in grazia di
Perugia da Onorio III e nel 1223 fu podestà di Arezzo.

Nel XXV cantò dell'Inferno Dante, a proposito di Vanni Fucci,
dice che « ... alla fine delle sue parole il ladro le mani alzò con am-
bedue le fiche... ». Questo gesto di spregio è curiosamente legato ad
una località che fu teatro delle imprese guerresche di messer Andrea.
Infatti, sempre secondo l’Agostini, Andrea di Monte Gualandro, in
qualità di capitano generale dei Fiorentini, nel 1228 mosse contro
Pistoia e distrusse il castello di Carmignano.

Il Villani nel ricordare l’episodio dice che « ... in su la Rocca di
Carmignano avea una torre alta braccia 70 e su v'erano due braccia
di marmo che le mani facean le fiche a Firenze: onde, per rim-
proccio, usavan gli artefici di Firenze, quando era loro mostrata
moneta o altra cosa diceano: « Non la veggio perché mi è dinanzi
la rocca di Carmignano » (5). Il medesimo autore afferma che nel
1228 fu podestà di Firerize un messer Andrea Perugino, (6) ma non
dice di che lignaggio fosse: il Pellini suppone (7) che si tratti di
Andrea di Monte Gualandro.

Nel 1235 Federico II andò a Todi e vi cacciò la parte della Chie-
sa. Poi fu a Foligno, con cui ebbe accordo, e a Spoleto. Tornato nel
Perugino e postosi con l’esercito « non ben due miglia lontano dalla
città... passò nel Cortonese... e poi in Lombardia » (8).

In questo volgere di anni, nelle guerre fra Santa Sede e Impero,
Andrea di Monte Gualandro tenne per gli Svevi contro la sua città,
alla quale anzi tolse Campignano. Inoltre, sempre secondo l'Ago-
stini, ospitò l’imperatore nel suo castello.
BULGARO MONTEMELINI 163

Morì certamente prima del 1250 perché in quell’anno (9) il po-
polo di Perugia, sdegnato contro i Montemelini, accaniti sostenitori
della parte imperiale, mosse contro Monte Gualandro e, cercato in-
vano di catturare Ranieri figlio di Andrea, datosi alla fuga, distrusse
il castello; tratto poi dalla tomba il corpo di messer Andrea « ... già
morto alcun prima...» lo trascinò per le strade e le piazze di Pe-
rugia (10).

I PREDECESSORI DI BULGARO: SUA ELEZIONE

. Queste brevi notizie ci possono dare un'idea sufficiente della
famiglia nella quale nacque il nostro vescovo, che in tutte le opere
già precedentemente citate è detto unanimamente « figlio di Andrea
di Tiberio dei nobili di Montemelino ».

La data di nascita è sconosciuta ma nel 1290 appare priore della
chiesa di San Marzano (11).

In quell'anno era vescovo di Perugia Giovanni di Campagna
(forse cosi detto per essere nativo della Campagna di Roma), successo
a Bernardo Corio (12).

Il vescovo Giovanni venne a morte nel 1290. Il Pellini dopo aver
detto che nel novembre del 1290 il vescovo si era gravemente ammá-
lato, riporta l'episodio della elezione di alcuni custodi dei beni del
vescovato e termina dicendo che « ... poscia il Vescovo mori l'istesso
mese...» (13). i |

Noi crediamo di poter precisare che il vescovo Giovanni mori
nella prima quindicina del mese di novembre e anche a proposito
della elezione dei custodi siamo in grado di dare piü precisi particolari.

Infatti il 7 novembre 1290 Rinaldo di Pontirolo « ... capitaneus
populi et communis Perusie... » ordina che « ... super eo quod...
Johannes episcopus graviter infirmatur et... de morte dubitatur...
reformatum est quod sapientes homines duo per portam eligantur...
et res episcopatus Perusie ob infirmitate... Episcopi... custodiantur
et salventur... et sint custodes bonorum episcopatus... et no-
tarius populi... sit cum eis et faciant inventarium rerum et bono-
rum... » (14).

Il 17 novembre risulta che «... custodes positi et electi ad
custodiendas res et bona episcopatus ad tumulum bone memorie
domini Episcopi Perusini honorifice celebrandum... pro cera et
aliis expensis necessariis... mutuo acceperunt certam quantitatem
pecunie...» (15).

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164 ] RAOUL GUÉZE

Alla luce di questi documenti l'opinione riportata dal Mariotti
e Belforti che Bulgaro fosse elevato al vescovato di Perugia addirit-
tura il 12 gennaio 1290, (16) è evidentemente da respingere.

Morto il vescovo Giovanni, furono proposti per la sede episco-
pale Libriaco, arcidiacono della Cattedrale, e Ranieri Coppoli, abate
di San Pietro. Quest'ultimo fu per la seconda volta «eletto per una-
nime consenso del Clero e del Popolo » vescovo di Perugia (17). Di-
ciamo per la seconda volta, perché, anche in occasione della morte del
vescovo Bernardo Corio, fu offerta all'abate Ranieri Coppoli la di-.
gnità vescovile (18).

" Ció del resto è confermato anche dal Bini, il quale ci dice che
«... solamente nel 1270 conosciamo essere abate del Monastero Don
Raniero della illustre famiglia Coppoli di Perugia, il quale probabil-
mente era abate alcuni anni prima... per ben due volte ricusó la
sede vescovile di Perugia alla quale fu eletto dal Capitolo dei Cano-
nici, e in sua vece fu nominato Bulgaro Montemelini... mori nel
finire del 1290 o principio del 1291 e i monaci elessero a suo succes-
sore Orlandino de' Vibi... (19).

Morto il vescovo Giovanni tra il 7 e il 17. novembre 1290, te-
nendo conto dei funerali, del rifiuto del Coppoli e di qualche tempo,
anche breve, logicamente trascorso, si puó presumere che il vescovo
Bulgaro sia stato elevato alla dignità vescovile dal papa Nicoló IV
non prima dell’inizio del 1291. L'Agostini anzi, pur senza citare la
fonte, precisa il giorno — 8 gennaio 1291 — mentre il Pellini dice che
«alli di 28 di gennaio (1291) fu eletto Vescovo messer Bulgaro che
fu della casa dei signori di Montemelino » (20). Questo ultimo autore
afferma di aver tratto la data da un antico memorialista di cui non
menziona il nome. Meno preciso appare il Crispolti il quale attri-
buisce l'elezione di Bulgaro prima al 1290 e successivamente, in
palese contraddizione, al 1291 (21). |

I registri del 1291 di papa Nicoló IV ci forniscono l'argomenta-
Zione decisiva «... vacanti ecclesia Perusina... per obitum bone
memorie Johannis episcopi Perusini... HR. abbatem Monasterii 5.
Petri... cum vero hic electioni consentire noluerit papa... Bulga-
rum tunc priorem ecclesie santi Johannis de Marsano Perusine dio-
cesis, eidem ecclesie praecipit... Datum apud Urbemveteris IIIIidus
ianuarius... » (22). Grazie a questo documento possiamo anche cor-
reggere la menzione errata di Bonifacio Gams che riporta l'elezione
al 10 gennaio 1290 (23).
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BULGARO MONTEMELINI 165

L’opPERA DI BuLGARO MONTEMELINI VESCOVO DI PERUGIA

Prima di esaminare particolarmente la vita e l’opera del vescovo,
sembra opportuno illustrare brevemente la situazione generale citta-
dina negli anni tra la fine del sec. x11 e il primo inizio del xiv, affinché
sia possibile inquadrare il personaggio che ci interessa nel periodo
storico nel quale visse e operò. |

In via generale si può affermare che l'epoca menzionata è la più
florida della storia perugina.

Il Comune tocca il massimo del suo splendore. La città appare
tutta tesa nello sviluppo delle sue magistrature e dei suoi traffici.
Come giustamente osserva il Cecchini « ... nello sviluppo evolutivo
del Comune di Perugia si ravvisano con sufficiente chiarezza, nei li-
miti fissati tra il x11 e i primi anni del xiv secolo, le basi del Governo
dei Consoli, del Podestà, dei Priori delle Arti... allo stadio attuale
degli studi non possiamo andar oltre l'opinione, da suffragare con
prove minute ed inoppugnabili, che induce a considerare l'avvento
del Capitano e dello Statuto del popolo come il portato di forze po-
polari prodotto dalla reazione all'inquinamento magnatizio e persino
delle Arti e promosso dai ceti di coloro che... socialmente poco effi-
cienti... ma numericamente rilevanti erano rimasti esclusi dal go-
verno della cosa pubblica » (24).

All'inizio del sec. xtv, in seguito ai contrasti di fazione degli anni
1302-1303 (provocati dalla parte contraria ai Raspanti popolari),
si attua una trasformazione costituzionale che si concreta nella magi-
stratura dei Priori delle Arti (1303) sul modello di Firenze. Rimasero
il Podestà e il Capitano del popolo con i relativi consigli generali e spe-
ciali. I Priori furono 10 (2 per porta) minuziosamente vigilati e con-
trollati per timore di un possibile abuso di potere.

Risultato della floridezza generale, fu il sorgere della Università
degli Studi (1308) e il moltiplicarsi delle costruzioni monumentali,
prima fra tutte la grande fabbrica del palazzo comunale.

Malgrado l'esistenza di un profondo sentimento religioso, anzi
mistico, nella popolazione, non si deve credere che la indipendenza del
Comune e l'autorità e prestigio delle magistrature cittadine risultas-
sero diminuite. Anzi Clemente IV esternó la sua meraviglia nel ve-
dere i perugini cosi devoti e al tempo stesso tanto fieramente gelosi
delle prerogative comunali, anche se ció li portava talvolta a contra-
stare con le autorità ecclesiastiche (25).
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166 , RAOUL GUÉZE

Il contrasto fra autorità civile ed ecclesiastica per motivi di
competenza sarà una delle caratteristiche piü salienti anche dell'epi-
scopato di Bulgaro Montemelini. ;

. L’Agostini ci informa che Bulgaro «... attese agli studi delle
scienze nelle quali fece progressi tali che acquistó gran fama per la
sua santità di costumi... » (26). raw

‘Il Crispolti più brevemente scrive che « ... molto inclinò all'utile
del suo gregge e alla magnificenza della sua chiesa... » (27): al con-
trario nel Mariotti e Belforti (28) non si danno notizie preliminari
generiche ma si specifica l'opera del vescovo.

Già nel 1291 sorge il primo conflitto fra il Capitano del popolo e
il nuovo presule. Infatti il 22 dicembre 1291 Papa Nicoló IV infor-
mato della « ...querelam gravem fratris nostri Bulgari episcopi Peru-
sini quod Julianus de Ugonibus capitaneus civitatis Perusine, non
attendens quod laicis nulla est attributa potestas et praetendens
quod Andreas Jacobi, clericus Perusinus, in magistrum Guariscum,
civem Perusinum, insultum fecerat ... eundem clericum auso sacri-
lego capi ... Idem quoque Julianus asserens. Gualteronum Odonis
ejusdem loci diaconum ... Petrum Jardine, Perusine diocesis, cum
cultello percuxerat .. . eundem diaconum ... capi fecit ... plura
insuper idem Julianus in civitate Perusina committere non veretur
que manifeste redundant in pregiudicium ecclesiastice libertatis. . . »
cita il Capitano del popolo a discolparsi (29).

Un'altra delle prime operazioni fu di disunire i due monasteri
di monache di San Galgano e di Santa Lucia, ambedue in porta S.
Susanna, già uniti dai suoi predecessori e divisi da Bulgaro per le
continue discordie sorte fra quelle religiose.

Nel 1294 notiamo una disputa tra il vescovi ei monaci Camaldo-
lesi a proposito della Chiesa di Santa Giovanna all'Eremo di Monte
Erile, poco distante dall'altra di Santa Croce e da San Domenico della
Ierna (nelle pertinenze di Piegaro). Il Mariotti ci informa che tale
chiesa posta « ... in cima a un monte selvoso che... diede forse anche
all'Eremo il nome, che se egli ha in alcune Bolle di Eremo di Monte
Sterili e più frequentemente di Monte Herili... era già posseduto da
più anni da un Abbate e da Monaci probabilmente Camaldolesi quando
essendone stati deposti... a istanza del Vescovo di Perugia, a cui
spettava a tenore della Bolla di Innocenzo III del 1206 essi torna-
rono a invocarlo circa il principio dell’anno 1294. Si risentì il Bul-
gato: D:(00).

Il Mariotti afferma che le buone ragioni del vescovo furono rico-
BULGARO MONTEMELINI 167

nosciute e appoggiate dal Comune. Infatti l'8 febbraio 1294 leggiamo
che « ...super invasionem et aprehensionem. . . de Monasterio heremi
Montis Aralis... per abatem et suos complices ob olim deposi-
tum a dicto officio et abbatia... bono et iurisdictio quem’ habet
dominus Bulgarus episcopus Perusinus in heremo... defendatur per
commune Perusii... et reddant locum dicto episcopo et suis nunciis
et quod capiant clericos qui sunt ibi et conducant eos in forciam com-

munis... quod omnis honor et iurisdictio quem et quam... habet
Bulgarus episcopus Perusinus... in Monasterium Eremi Monti Alaris
observatur et in suo robore debeat permanere...» (31).

Tuttavia la vittoria del vescovo nel 1294 non dovette essere defi-
nitiva, poiché della disputa per Monte Erile ci dovremo occupare
anche in seguito: anzi sarà forse uno dei motivi principali dell'osti-
lità sorta fra il vescovo e le autorità comunali.

Sempre nello stesso anno, «...commise Bulgaro all'Arcivescovo
di Salerno... la consacrazione della chiesa di S. Egidio del Colle,
membro fino a quel tempo del Monastero di S. Giuliana...» (32).

Il Mariotti ci informa più dettagliatamente a proposito della
chiesa in oggetto che essa è « ...antichissima pertinenza del Mona-
stero di S. Giuliana. Fu nell'anno 1294 maggio 2 coll'annesso cemete-
rio consacrata da monsignor Filippo Arcivescovo Salernitano eletto
a compiere questa funzione dal Vescovo Perugino Bolgaro Monteme-
lini con decreto di questo...» (33).

La notizia riportata dal Mariotti è confermata da quanto si legge
nel già citato Codex Diplomaticus Perusinus in cui a c. 333 e segg.
troviamo che « ...Venerabili in Christo Patri Domino Philippo Dei
et Apostolice Sedis Gratia Archiepiscopo Salernitano. Bulgarus...
episcopus perusinus... cum nos aliis occupatis negotiis, consacratio-
nem facere non possumus... paternitatem Vestram rogamus ut
vice nostra expedire sub anno Domini Millesimi CC novagesimo quar-
to septime inditionis die XXI mensis Aprilis Apostolica Sede Va-
cante...» (34).

Nel 1296 la faccenda di Monte Erile torna a galla. Anzi si può

presumere, come già detto, che in realtà non sia mai stata definiti-

vamente risolta o che almeno i Monaci non si siano arresi alle unite
volontà del vescovo e del Comune. Comunque il vescovo deve avere
fortemente insistito nella difesa di quello che riteneva un suo diritto
se il 27 febbraio 1296 leggiamo nei Consigli e riformanze che « . . .item
rogetur dominus Episcopus pro parte communis et populi Perusi,
ni... sibi placeat non molestare dominum capitaneum... de reban-
168 RAOUL GUÉZE

nitione... monachorum Eremi montis «Aralis...» (35). Il capitano
è « Rolandinus de Putaliis ».

Il contrasto tra Bulgaro e il Capitano del popolo appare uno
degli episodi più importanti del periodo dell'episcopato del Monte-
melini. Tale contrasto, non del tutto chiaro nelle sue cause e nei suoi
elementi, è stato reso ancora più complicato dalle affermazioni e de-
duzioni che ne trasse il Bonazzi (36).

Il 7 marzo 1296, essendo Capitano del popolo il medesimo Ro-
landino, noi troviamo che Bulgaro scomunica il capitano e la sua
«familia » «quod processit... contra Cucium domini Jacobi domini
Gualfredutii clericum occasione homicidii... in personam Naldoli
Fabiani...» (37).

Questa scomunica del vescovo è posteriore, sia pur di pochi
giorni, alla secca intimazione del Capitano del popolo diretta al ve-
scovo di non disturbare più il Comune con ulteriori richieste di aiuto
nella sua diatriba coi monaci Camaldolesi per l'eremo di Monte Erile.
Tuttavia il caso del chierico Ciuccio di Jacopo, accusato d'omicidio,
non è il solo motivo di lite fra vescovo e Comune, dato che sotto
la data dell'8 ottobre 1296 leggiamo ancora che « ...item cum dica-
tur... potestas et capitaneus et offitiales excommunicatos occasione
processus factus contra Uguccionellum... reforment si placed quod
omnes et singuli processus et cause habite in curia communis Perusie
non obstante excommunicatione valeant et... teneant effectum...
placuit toto consilio... obtineant firmitatem... » (38).

Il Comune evidentemente si preoccupa non solo delle conseguen-
ze religiose ma anche « civili » dell'interdetto (o degli interdetti — ché
potrebbe anche trattarsi di una seconda scomunica) del vescovo e
stabilisce che il suo potere d'imperio non resta in nulla diminuito
dalla pendenza di una sanzione ecclesiastica.

Ammesso e non concesso che il dissidio sorto nel 1296 si sia ri-
solto, i buoni rapporti fra l'autorità ecclesiastica e quella cittadina non
durarono certamente a lungo. Il 29 aprile 1297, essendo aricora Rolan-
dino capitano del popolo... «dominus Citadinus Vicarius domini
Episcopi fecit dominun capitaneum... per suis litteris quod sub
pena excomunicationis debeant Ingeramus Francischi clericum revo-
care et tollere... de banno... dato in quo est occasione mortis Gui-
darelli Petri... cum per inquisitionem. . . ex officio domini Episcopi. . .
ipsum intendat Dominus Episcopus comdemnare prout postulat
ordo iuris » (39).

Ancora un caso di chierico accusato di reato e ancora un con-
BULGARO MONTEMELINI 169

flitto di competenza (il terzo nel giro di pochi mesi) fra vescovato e
Comune.

Stavolta si può forse presumere che l’autorità religiosa abbia
fatto ricorso non solo alle sanzioni spirituali ma anche ad argómenta-
zioni giuridiche (almeno a stare alla menzione « ...prout postulat
ordo iuris... ») o che almeno le argomentazioni giuridiche siano
state piü energicamente sottolineate perché lo stesso giorno — 29
aprile 1297 — leggiamo « ...per consilium populi civitatis Perusie...
Ingerame Francischi clericus comdamnatus et exbanditus... occa-
sione mortis Guidarelli Petri (cum per inquisitionem domini Episcopi
contra eum inquiratur... et ipsum intendat dominus episcopus com-
demnare... per litteris domini Citadini vicari domini Episcopi sub
pena excommunicatione de ipso banno tollere)... de banno et com-
demnationibus predictis... cancellatur et sollevetur... et totaliter
absolutus... » (40). |

Se noi giudichiamo tutti questi casi non solo da un punto di vista
«giuridico » ma anche come tante «prove di forza» di una autorità
nei confronti dell'altra autorità, la cancellazione del bando contro il
chierico Ingeramo di Francesco é un successo riportato dal Vescovo
contro il Comune, cosi come la precedente deliberazione del 1296 è
una autorevole testimonianza della «posizione » del. Comune nei
confronti del Vescovo.

Tuttavia il Vescovo Bulgaro in questo stesso volgere di tempo
ottiene un risultato ancora più clamoroso. Un'altra deliberazione del
Comune in data 7 Maggio 1297 c'informa che « ...super eo quod Sum-
mus Pontifex suas delegavit litteras Venerabili Viro Bulgaro Epi-
scopo Perusino... citari faciat dominum Rolandinum capitani po-
puli... ut coram suo conspecto debeat comparere . ..quod in officio. .
male se gessit contra clericos... in reformatione consilii... per do-
minum Panzirum capitanum... placuit quasi toto consilio... super
litteris a Summo Pontifici destinatis domino Episcopo ut citetur...
Dominus Rolandinus... qui compareat coram domino Pape... » (41)

Dalla lettera di questo documento ci sembra che l'opinione del
Bonazzi sia piuttosto esagerata, (42) perché, anche se si ammette che
il Comune non abbia abbandonato la difesa del suo capitano, tutta-
via la richiesta dell'autorità ecclesiastica é — in via principale — esau-

dita poiché si ammette che Rolandino « ...compareat coram Domino
Pape. ;. » : ;
Nel medesimo anno 1297, secondo l’Agostini, il vescovo « .. .am-

messe nella nostra città i Carmelitani di Porta Sole e concesse l’in-
170

RAOUL GUÉZE

dulgenza a tutti quelli che avessero dato elemosine e aiuti per la edi-
ficazione e riattamento della Chiesa... (43). Il Mariotti conferma che
«...1 Carmelitani prima erano a S. Maria della Valle... dopo aver
qui abitato furono trasferiti a S. Simone e Giuda... avendo questi
religiosi ottenuta questa chiesa dal Vescovo Bulgaro di Montemelini
il quale concesse indulgenze a queili che con limosine li avessero sov-

venuti...

Nel 1302 Bulgaro uni al Monastero di San Francesco delle Don-
ne «...quello di San Mario di Valverde il quale era fuori Porta Bor-
gna che soppresse intieramente e di cui oggi non rimane vesti-

gio...» (45).

Il 30 ottobre 1304 abbiamo ancora notizia di un conflitto fra
episcopato e Comune e di un altro riconoscimento della competenza
a giudicare i chierici da parte dell'autorità ecclesiastica « . . . Hugutio
Canonicus Assesinas vicarius venerabilis patris Domini Bulgari...
omnem comdemnationem per Dominum Ranaldum de Montone olim
potestatem civitatis Perusie contra Feum Bartutii de Perusie cleri-

cum.

. occasione omicidii qui dicebatur commissum in personam Jo-

hannelli de Porta S. Petri et parochie S. Savini... de consensu domini
Ugolini Rubei capitani populi... et consensu dominorum priorum

artium...
ne... » (46).
Nel 1305 il nome di Bulgaro appare legato all'avvenimento più -

Feus Bartutii Maffei debeat extrahi de comdemnatio-

importante del suo vescovato, avvenimento le cui conseguenze si
prolungarono per secoli nella vita della sua città e di cui ancor oggi
sì possono ammirare le testimonianze architettoniche.

In quell’anno infatti, secondò ed approvò l’erezione dell'Ospedale
di S. Maria della Misericordia, il più grande e illustre fra tutti gli

ospedali perugini (47).

L'Agostini ci dice che il nostro vescovo si trovò ai funerali di
Benedetto XI (morto com'é noto a Perugia nel 1304) e che i car-
dinali lo vollero nel Conclave « ...ove stette fino al 5 giugno 1305
giorno in cui a Perugia fu eletto Clemente V... » (48).

Le parole dell’Agostini sono in realtà assai oscure perché esse
non ci precisano « come » Bulgaro abbia partecipato alla famosa ele-

zione.

Se la notizia fosse esatta, Bulgaro sarebbe stato presente ad
uno degli avvenimenti capitali nella storia della Chiesa.
Infatti, com'é noto, l’elezione di Bertrand de Got, arcivescovo

di Bordeaux, al soglio pontificio col nome di Clemente V provocò
BULGARO MONTEMELINI 171

il trasferimento della sede papale in Francia, la creazione di nove
Cardinali francesi e uno inglese (15 dicembre 1305) e la reintegrazione
di Giacomo e Pietro Colonna.

Si tratta di episodi di importanza storica europea troppo noti
perché sia necessario insistervi in questa sede. |

A noi interessa appurare se veramente Bulgaro Montemelini
partecipó al conclave.

Lo Hefele (49) descrive con minuzia di particolari l'importan-
tissimo conclave, critica il noto racconto del medesimo fatto dal
Villani, (50) ma non parla del vescovo di Perugia.

Il decreto di elezione di Bertrando di Got a pontefice ignora il
nome di Bulgaro, il quale non é citato nemmeno nella lettera che

.1305 inditione quinta die sexto idus Juni » i cardinali indirizza-
rono al pontefice neo-eletto (51).

Dato il silenzio delle opere consultate non possiamo, almeno
per adesso, accettare la notizia dell'Agostini (52).

Per l'anno successivo i Consigli e riformanze in data 25 febbraio
1306 dicono che: «...Hugutio Canonicus Asinas vicarius venera-
bilis patris domini Bulgari... contra Lellum Ricucii de Perusie
clericum de cuius clericatum constat... publico documento... homi-
cidium commisisse in Petrucium Angelutii... et comdemnatum.
fureis suspendere... comdemnationem... cassare et annullare...
sub excomunicationis pena... » (53).

A carta 240 verso appare che il Comune aderisce alla richiesta
del vicario del vescovo.

Secondo il Crispolti, Bulgaro sarebbe morto « ...poco dopo il
conclave seguito in Perugia per la morte del Sommo Pontefice Bene-
detto: XI...» (54).

A. Mariotti e G. Belforti invece riportano al 23 novembre la
data della morte (59).

Disgraziatamente alcune inesatte menzioni del Pellini rendono
poco chiara tutta la situazione. Parlando degli avvenimenti del 1306
egli dice che « ...e nel medesimo tempo fu fatta istanza al Pontefice
che il Vescovo Francesco da Lucca dell'Ordine dei Predicatori dovesse
tornare alla sua residenza, essendo egli all'hora alla Corte, dove era
pure assai dimorato e pareva loro necessario che vi tornasse cosi
per l'utile del Popolo Perugino... » (56). Successivamente, narrando
gli eventi del 1308, il Pellini scrive « ...e soggiungono che di questo
anno morisse in Perugia del mese di novembre il suo vescovo da al-

cuni detto Messer Bulgaro Montemelini e da altri Francesco da Lucca .

ALL da Tit: 172 RAOUL GUÉZE

e non concordano perché non sono continuate le scritture e le serie
degli anni; ma noi crediamo che fosse il Lucchese e crediamo bene
poiché gli ambasciatori che andarono a fare riverenza al Papa dopo
la sua creazione ebbero ordine di pregarlo che egli ordinasse a F. Fran-
cesco che se ne tornasse alle sue residenze e del Montemelino se ne è
fatto memoria molti anni addietro...» (57).

La menzione fatta dal Pellini di una «istanza » del Comune per-
ché il vescovo Francesco torni in Perugia (58) può forse essere attri-
buita al 1326 sulla scorta di quanto si legge il 29 dicembre 1326 sul-

l'invio di lettere al papa «...propter absentia Venerabilis Patris
Francisci episcopi perusinii... Ecclesia... perusina... damnum
et incomodum... habet...» (59).

La morte di Francesco Poggi (60) é naturalmente smentita da
tutte le successive citazioni di storia ecclesiastica di Perugia contenute
nel libro del Pellini (61).

Tanto per portare un esempio il Pellini, dopo aver detto che il
vescovo morto nel 1308 non puó non essere che Francesco Poggi, lo

fa bellamente resuscitare nel 1317 al preciso scopo di trattare « .. .col
Marchese della Marca cose importanti... vi destinarono... il rive-
rendissimo P. Francesco di Lucca vescovo di Perugia...» (62).

In realtà la data riportata dal Mariotti ci sembra più accettabile
perché il 25 agosto 1309 si legge « ...Joanne de Montesperello cano-
nicus Perusinus qui se dicitur vicarius capituli ecclesie Perusine
vacantis... » (63). |

Anche il Pellini ci conferma quanto sopra dicendo che « ...in
principio dell'anno 1310 essendo podestà di Perugia messer Giovanni
di San Vitale da Parma... ebbe questo magistrato una dura e aspra
controversia con Messer Giacomo Montesperelli nobile perugino il
quale dopo la morte del Vescovo a cui non era stato dato ancora un
successore... » (64). P

Appare importante indicare che l’11 settembre 1310 il palazzo
vescovile di Perugia è ancora vuoto dato che « ...domini Priores...
deliberaverunt quod Dydagnus Mareschalcus illustris regis Ruberti. . .
hospitetur in episcopatu Perusii...» (65). |

Il Belforti e Mariotti parlano però di una lapide posta sulla porte
del Castello di Corciano per il cui testo « ...sub MCCCX die V Sep.
Comune Tuderti fuit per Comune Perusi debellatum Montis Melini
presentes lapides asportati... alcuni furono d'opinione che egli (cioé
Bulgaro) vivesse ancora nel 1310... » (66).

Stavolta il Pellini puó esserci utile perché ci conferma che i Pe-
BULGARO MONTEMELINI 173

rugini, irritati per l’aiuto dato da Todi a Spoleto in occasione della
battaglia combattuta fra Perugini e Spoletani nel luglio del 1310
a Maiano, decisero di muovere guerra a Todi e invasero il suo ter-
ritorio « ...e arrivati al Tevere posero gli alloggiamenti al di qua
del Ponte di Monte Molino luogo così chiamato nel territorio di To-
di...» dove il 5 settembre i Perugini vinsero i Todini «...che non
cessarono di fuggire fino alle porte della città sempre i nostri segui-
tandogli... uccidendo e abbruciando quanto incontravano e tor-
nati subito addietro pigliarono il Monte Molino... e furono arse
tutte le case...» (67).

È chiaro che la lapide ricorda la vittoriosa incursione in terri-
torio todino e la distruzione della località di Monte Molino.

Nel Gams la morte di Bulgaro è attribuita al 1312, (68) ma dopo
quanto riportato in precedenza ci pare chiaro come la menzione non
sia sostenibile.

Anche nella prima edizione dello Eubel (69) il decesso del Monte-
melini si dà per avvenuto nel 1312. Però nella seconda edizione della
stessa opera si legge che « ...obiit Bulgarus 1308 Nov. 23... » (70).

Malgrado la correzione della data della morte lo Eubel è incorso
ancora in una inesattezza perché nella nota n. 6 - alato della data di
conferma alla sede vescovile 1291 Jan. 10 — si dice « Rejecto Bo-
ninsegna tunc canonico Perusino, nunc Episcopo Asculano et Guidone
de Baysie archidiacono Bonaniense... ».

Abbiamo già visto (e « Les Registres de Nicolas IV » ce ne hanno
dato definitiva conferma) come i candidati alla Sede Perugina furono,
nel 1290, Libriaco e Raniero Coppoli. I nomi menzionati dall'Eubel
si riferiscono a candidati che rifiutarono l'incarico dopo la morte di
Bulgaro e prima della nomina del suo successore Francesco Poggi
da Lucca (71).

L'Agostini ci dice che Bulgaro fu accettissimo a Bonifacio VIII
e a Clemente V (72) e Mariotti e Belforti aggiungono che la sua mor-
te «...fu pianta universalmente dal popolo di Perugia che per tre
giorni continui concorse ad onorare i di lui funerali... » (73).

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RAouL GUÈZE

(1) EnRICo AGostINI, Le famiglie Perugine, manoscritto del sec. xvi,
in Archivio S. Pietro, c. 219 e seguenti.

Nelle note seguenti la menzione Archivio S. Pietro verrà indicata con la
abbreviazione: A.M.P.

(2) ANNIBALE MARIOTTI, Memorie storiche de castelli e ville del territorio
174 RAOUL GUÉZE

di Perugia: Porta S. Susanna, manoscritto dell'inizio sec. Xix, in A.M.P.,
c. 328 e seguenti. L'origine molto antica della famiglia è confermata dal do-
cumento riportato da Francesco Galassi, Codex Diplomaticus Perusinus, ma-
noscritto del 1778, in A.M.P., c. 337 r.

(3) Ci ripromettiamo di ilusmare in altra sede pià ampiamente Andrea
di Monte Gualandro.

(4) Lupovico ANTONIO MURATORI, Rerum italicarum scriptores, Tomo
XV, Milano, 1723, p. 560.

(5) Storie di GrovaNNI, MaATTEO e FrLiPPO VILLANI. Milano, 1729, Vol. 1,
Libro VI, paragrafo 5.

(6) G. VILLANI, op. cit., Libro VI, paragrafo 5.

(7) Pompeo PELLINI, Historia di Perugia, Venezia, 1664, p. 247.

(8) P. PELLINI, op. cit., p. 251.

(9) LuiGi Bonazzi, Storia di Perugia, Perugia, 1875- 1879, Vol. 1, pag.
293, afferma che la distruzione di Monte Gualandro e lo scempio del cada-
‘ vere di Andrea avvennero il 19 maggio 1249.

(10) P. PELLINI, :0p. cit., p. 259.

(11) ANNIBALE MaRrIoTTI e GrusEPPE BELFORTI, Serie dei Vescovi di
Perugia dall'anno di Cristo CLXXI a tutto l'anno MDCCLXXXV. Mano-
scritto della fine del sec. xvii, in A.M.P., c. 193 e segg.; SERAFINO SIEPI,
Serie dei Vescovi di Perugia, manoscritto prima metà del sec. x1x, in Archivio
della Curia Vescovile, c. 140 e segg.; E. AGOSTINI, op. cit., c. 219 e segg.; F.
GALASSI; 0p. cit., c. 337 r.

(12) A. Manrorri e G. BELFORTI, op. cit., c. 189 r.

(13) P. PELLINI, op. cit., p. 308.

(14) Archivio di Stato di Perugia, Consigli e punti n:510,* c. 160. T.
e segg. I custodi eletti furono: Petrucius Petri, Peruzulus Bonaiuncte, Johan-
nellus Aportuli, Petruzulus Petri, Finolus Uguzonis, Masolus Simeonis, Re-
cholus Andree, Ugolinucius Boniscagni, Rigolus Johannis, Cucius Petruccii,
notarius populi, Comandolus Michaelis. D'ora in avanti per le fonti esistenti
presso l'Archivio di Stato di Perugia citeremo semplicemente con la sigla
A:S.P.

(15) A.S.P., Consigli e riformanze, n. 10, c. 161 r. Quanto da noi riportato
precisa la notizia riscontrata nei Les Registres de Nicolas IV di Ernest Lan-
glois, Parigi, 1905, tomo 1°,in cui a p. 586 (3919) — alla data 23 dicembre
1290 — leggiamo « ...licet bone memorie Johannes episcopus Perusinus... ».

(16) A. MarIoTTI e G. BELFORTI, op. cit., c. 193 e segg.

(17) A. MarIoTTI e G. BELFORTI, op. cit., c. 193 e segg.; E. Agostini,
op. cit., c. 220 r.; F. GALASSI, op. cit., c. 337 r.; KoNRAD EuBEL, Hierarchia
Gatholica Medii Aevi, 1% edizione, Münster, 1898, p. 416.

(18) A. MarioTTI e G. BELFORTI, op. cit., c. 189 e segg.; E. LANGLOIS,
op. cit., tomo 1°, pag. 9 (42-45).

(19) MauRo Bini, Memorie Storiche del Monastero di S. Pietro di Perugia,
manoscritto del 1848, in A.M.P., c. 35 e segg.

(20) P. PELLINI, Op. cit., p. 309.

(21) CEsAnE CRISPOLTI, Perugia Augusta, Perugia, 1648, pp. 266 e 321.

(22) E. LanGLOIS, op. cit., T. 19, p. 587 (3936-3939).
BULGARO MONTEMELINI 175

(23) BonIFAcIUS Prius Gams, Series Episcoporum Ecclesiae Catholicae,
Ratisbona, 1873, p. 714.

(24) GIOVANNI CECCHINI, Archivio Storico del Comune di Perugia, Roma,
1956, p. x. 7

(25) P. PELLINI, op. cit., p. 274 « ...tra le molte scritture che nel Duomo
si conservano... vi sono alcuni Brevi di questo Pontefice diretti al Podestà
e Capitano nei quali si doleva che il Popolo di Perugia tanto alla Santa Sede
devoto tenesse così poco conto dei Religiosi non solo troppo indiscretamente
attribuendosi case e palazzi... di uso loro ma imponendo anche gravezze alle
persone loro insopportabili... ».

(26) E. AGOSTINI, op. cit., c. 219 e segg.

(27) C. CRISPOLTI, op. cit., p. 321.

(28) A. MARIOTTI e G. BELFORTI, op. cit., c. 193 e segg.

(29) E. LanGLOIS, op. cit, T. 2°, Parigi, 1905, p. 855 (6371).

(30) A. Manrorrt, Memorie storiche dei Castelli e Ville di Perugia : Porta
Eburnea, manoscritto dell'inizio del sec. xix, in A.M.P., c. 407 e segg.

Piü innanzi (cfr. c. 399 v.) l'autore dice: «... fin dal 1206 Innocenzo III
a istanza di Giovanni Vescovo di Perugia, ricevendo sotto la sua protezione
le chiese soggette a questa nomina fra le altre Monasterium S. Donati de Gerna
cum omnibus ad ipum pertinentibus... ».

(31) A.S.P., Consigli e riformanze, n. 10, c. 226 r. e v.

(32) A. ManrorrI e G. BELFORTI, op. cit., c. 193 e segg.

(33) A. ManrorrTI, Memorie storiche de castelli e ville del territorio di
Perugia : Porta Sole, manoscritto dell'inizio del sec. xix, A. M.P., c. 199 e segg.

(34) Nello stesso Codex, c. 371 v. e r. « Philippus Salernitanus ad Patriae
Archiepiscopatum erectus fuit die 30 Mai 1282 a Summo Pontefice Martino
Quarto. Defunctus Neapoli anno 1298. In majori templo sepulchrum habuit...»

(35) A.S.P., Consigli e riformanze, n. 12, c. 24 v.

(36) L. Bonazzi, op. cit., Vol. 1, p. 328.

(37) A.S.P., Consigli e riformanze, c. 27 r.

(38) A.S.P., Consigli e riformanze, n. 10, c. 249-T. eV.

(39) A.S.P., Consigli e riformanze, n. 12, c. 37 r.

(40) A.S.P., Consigli e riformanze, n. 12, c. 38 r.

(41) A.S.P., Consigli e riformanze, n. 12, c. 41 r. e v.

(42) L. BoNazzr, op. cil., pag. 328 «... quando per ordine di Bonifacio
VIII il Vescovo... intimó al capitano Rolandino di comparire davanti al
trono pontificio... la istanza non fu esaudita dal Generale Consiglio. che de-
terminó di non abbandonare la difesa del preteso colpevole... ».

(43) E. AGOSTINI, op. cit., c. 220 e segg.

(44) A. MARIOTTI, Memorie storiche delle chiese della città di Perugia.
Porta Sole, manoscritto dell'inizio del secolo XIX, in A.M.P., c. 207 e segg.

(45) A. MARIOTTI, Memorie storiche delle Chiese della città di Perugia,
Porta S. Angelo. manoscritto dell’inizio sec. XIX, in A.MiD.,:c. 027851:

(46) A.S.P., Consigli e riformanze, n. 1, c. 170 v.

(47) Sulle origini dell'Ospedale e sul contributo di Bulgaro al sorgere del
medesimo ci riserviamo di tornare con altro scritto.

(48) E. AGOSTINI, op. cit., c. 219 e segg.
a enis ee rt "lia “I D cr gonna 4 ROC 4*7

176 RAOUL GUÉZE

(49) CHARLES JosEPH HEFELE, Histoires des Conciles, nouvelle traduction
francaise par H. Leclercq, Tome VI, première partie, Parigi, 1914, p. 485 e segg.

(50) GIOVANNI VILLANI, op. cit, Tomo I, Libro VIII, p. 415 e segg.

(51) Annales Ecclesiastici ab anno MCXCVIII ubi desinit Cardinalis
Baronius ; auctore Odorico Raynaldo, Lucca, 1749, IV, p. 393 e segg. I mede-
simi documenti si possono consultare nella Sacrorum Conciliorum nova et
amplissima collectio di Giovanni Domenico Mansi, Venezia, 1769, T. XXV,
p. 123 e segg. Naturalmente il nome di Bulgaro é sempre omesso.

(92) Vogliamo aggiungere che la storia del conclave dal quale usci eletto
Clemente V — conclave sul quale esiste una imponente massa di pubblica-
zioni come riportato dall'Hefele, op. cit., pag. 485 e seguenti — necessita. ven-
gono chiariti definitivamente i rapporti fra il Comune di Perugia, i cardinali
e gli altri potentati. Anche di questo particolare problema ci occuperemo in
altra sede.

(53) LA-STP enti c 239, v.

(54) C. CRISPOLTI, op. cit., p. 321.

(55) A. MARIOTTI e G. BELFORTI, op. cit., c. 196 e cfr. la nota « ....1308
a di 23 novembre passó di questa vita Messer Bulgaro Vescovo di Perugia, di
morte naturale... »; Cronache Perugine, p. 61.

(56) P. PELLINI, op. cit., p. 348.

(527) PS PELLINI Op-.cil;, p.351.

(58) P. PELLINI, op. cit., p. 348.

(59) A.S.P., Consigli e riformanze, n. 1, c. 299 r.

(60) P. PELLINI, op. cit., p. 351.

(61) P. PELLINI, op. cit., p. 353, 450, 509, 510.

(62) P. PELLINI, op. cit., p. 326. La storia del Pellini segue il criterio
cronologico. Tuttavia a causa di palese errore di legatura dei quinterni le no-
tizie del 1317 sono riportate a p. 326 mentre quelle di data anteriore si tro-
vano nelle pagine successive.

(63) A.S.P., Consigli e riformanze, n. 13, c. 217 r.

(64) P. PELLINI, op. cit., p. 360-361.

(65) A.S.P., Consigli e riformanze, n. 13, c. 245 v.

(66) A. Manrorri e G. BELFORTI, op. cit., c. 193 e segg.

(67) P. PELLINI, op. cit., p. 363 e segg.

(68) B. P. GAws, op. cit., p. 714.

(69) K. EuBEL, op. cit., Münster, 1898, p. 416.

(70) K. EuBEL, op. cit., Münster, 1913, p. 396.

(71) A. MARIOTTI e G. BELFORTI, op. cit., c. 193 e segg.; P. PELLINI,
Op. cil., -p... 353.

(72) E. AGOSTINI, op. cit., c. 219 e segg.

(73) A. MARIOTTI e G. BELFORTI, op. cit., c. 193 e segg.
Fonti

Li

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

NOTIZIE STORICHE DAL 1794 AL 1833 SCRITTE DAL SAC. GIAMBATTISTA MARINI
Trascrizione di MARIO RONCETTI

(Vedi volume LIV, p. 115 e segg.)

1815

GENNAJO:

A dì 1. Rivestirono l’abito religioso i Minori Osservanti di S. Girolamo
e del Monte.

A dì detto. Presero possesso i Decemviri sortiti dalla palla d’oro secondo
il solito portandosi alla Chiesa della Maestà delle Volte.

A dì detto. Il S. Padre si lagnò presso il Congresso di Vienna, perché si
ritenessero i Governi della Chiesa senza restituirgli.

Il Re di Sardegna andò a trattare in Vienna i suoi interessi, volendo sa-
pere quello, che a lui si volea dare e quello gli dovea restare,

A dì 4. Si misero le monache in. moto dirigendosi alle respettive Superiori
dopo l'Oracolo Pontificio trasmesso da Roma, accordandosi a ciascuna l'ar-
bitrio d’eleggersi qualunque monastero per il provvisorio ritiro.

A dì 7. L’Offizio della Posta fu trasferito e posto per sempre sotto la Log-
gia del Seminario.

A dì 9 e 10. Dopo presosi possesso degli Stati di Genova dal Re di Sar-
degna, tutte le Autorità e Impiegati prestarono a lui il loro giuramento.

A dì 11. Molti Regolari di diversi Istituti erano già stati ali ne’
possessi de loro Monasteri in Roma.

A dì 12. Le Monache intesero i sentimenti del Vicario Apostolico riguardo
al ritiro provvisorio.

A dì 13. Furono aggregati al Collegio della Mercanzia il Barone della
Penna, Vincenzo Ansidei e Marchese Marabottini.

A dì 14. Ferdinando VII Re di Spagna e l’Augusto suo Padre Carlo IV
conchiusero in Roma una convenzione tra loro colla condizione che Carlo IV
‘non dovesse vivere in alcun paese soggetto a Napoleone e Murat, come nemici
di Spagna. Si accordarono dodici milioni di reali annualmente al Re Carlo,
ed otto milioni di appannaggio alla Regina, qualora essa gli sopravvivesse,
ed anche una non piccola dotazione per l’Infante Don Francesco fratello del
Re Ferdinando.

A dì 16. La locanda, che si è collocata nel monastero di S. Maria Madda-
lena da Ortolani Bolognese fu trasferita in casa Graziani al Corso.

A dì detto. Sua Maestà Vittorio Emanuele Re di Sardegna e Sovrano di

12
178 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

Genova giunse nella detta dominante, accordatagli dal Congresso di Vienna,
e fu ricevuto con grande applauso.

A dì 19. Fu aperta l’unione di S. Paolo nell’Oratorio di S. Filippo Neri,
ove fece l’orazione preliminare il Canonico Angelucci.

A dì 20. Tiberio Borgia fu vinto in Consiglio per sopraintendente in Roma
agli affari di Perugia con decente annuo onorario. Cessò nel 1823.

A dì 22. Riassunsero l’Abito Religioso i Regolari di Perugia de’ propri
Istituti. ;

A di 20. Furono dissotterati in Parigi i Corpi di Luigi XVI Re di Francia
e di M.? Antonietta con tutto l'apparato per collocarli altrove.

A di 23. Fu posto nell'Altare del S. Anello il Quadro rappresentante lo
Sposalizio di Maria Vergine con S. Giuseppe dipinto da Carlo Labruzzi, in
luogo di quello di Pietro Vannucci portato via dai Francesi.

- A di 24. Giambattista Vermiglioli e Luigi Canali partirono per Roma per
agire ed insistere a serbare l’Università ne’ fissati sistemi.

FEBBRAJO:

A dì 1. In Roma fu licenziata e dimessa la Guardia Civica per minorar
le spese.

Dopo il dì 5 dall’ Imperator delle Russie furono mandati in dono al P. 100
Cavalli, 100 paia di Pistole, 100 sciable ad uso di Dragoni con 2/m fucili. Il
S. Padre gradì molto il dono.

A dì 8. Andò il Re di Sardegna nelle noi del Genovesato conferi-
tegli nel congresso di Vienna e vi fu ricevuto con dimostrazioni di giubilo.

A dì 8. Primo giorno di Quaresima» Indulto Pontificio per l'ampla di-
spensa dei cibi quaresimali colle debite riserve.

A dì detto. I beni dei Luoghi Pii non ripristinati passarono dall’ammini-
strazione del P. Perilli in mano di Mons.” Arcidiacono degli Oddi sotto-Collet-
tore de Spogli.

A dì 26. Nella Chiesa dello Spedale l’accatto pel Purgatorio fu scudi 40.

A dì 26. Mentre in Francia il Re s’occupava seriamente a rimarginare le
profondissime piaghe del suo regno per la guerra avuta, Napoleone abbandonò
improvvisamente l’Isola dell’Elba. Nel di 26 giorno di Domenica dopo la Messa
con somma velocità Napoleone montò a bordo del Brik o Brigantino lo Spar-
viere, che avea 400 uomini con 26 cannoni, e con tre legni alle ore nove dal-
l'Isola dell Elba fece vela verso il Nord dell'Isola Capraia. La Flottiglia però
composta de sud.! tre legni non uscì dalla rada che alle 11 due ore dopo par-
tito il Brigantino. Nella Flottiglia vi erano cento uomini d’ Infanteria, 100 Ca- .
valleggieri Polacchi e 200 Fiancheggiatori. A mezzo giorno la Flottiglia non
era più alla vista dell'Isola dell'Elba. Madama Letizia Madre di Napoleone, e
Madama Paolina sorella rimasero a Portoferraio. Nel 28 Febbrajo al 1° Marzo
la Flottiglia entrò nel Golfo di Juan-e sbarcarono con Napoleone tutti in Antibo
vicino a Cannes nella Provenza. Volea prender questa Piazza per sorpresa, ed
il Capíio di Bonaparte si propose di far mutar la Coccarda al Battaglione, che
era in Antibo, ed entrò nella Piazza. L’Uffiziale, che comandava per il Re fece
alzare il Ponte Levatoio e chiudere le porte: la sua Truppa prese le armi. Così
l'operazione del Capfio andò a vuoto. Fu formato un campo in riva al mare
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 179

fino allevar della luna. Alle 11 della sera Napoleone si pose in marcia alla testa
della sua piccola truppa, e prese la direzione di Cannes. Prima di partire dal-
l’Isola dell'Elba avea Napoleone fatto stampare due proclami in gran numero;
uno diretto all'armata, l'altro alla Nazion francese. Questi proclami produs-
sero la reduzione con gran rapidità. L'evasione di Napoleone non segui per
concerto del Governo Britannico. Costó da prove autentiche notificate al pub-
blico. Fu una fortuna, che Napoleone e la Flottiglia superasse le Crociere In-
glesi e Francesi presso l'Isola; e dopo avere i navigli della Flottiglia messo a
terra nelle Coste della Provenza in Antibo Bonaparte, partirono per l'Elba,
rientrarono felicemente nella rada di Portoferraio li 5 marzo giorno di Dome-
nica, rendendo inutile la caccia, che era loro stata data. La partenza di Napo-
leone dall'Elba precedé di poco la pubblicazione degli atti del Congresso di
Vienna, dovendo dopo pochi giorni rendersi noti al pubblico. Sorta la Luna
Bonaparte si mise in marcia con 800 uomini, 3 cannoni e 6 Cassoni: dopo la
perdita fatta in Antibo, si diresse a Cannes, e nel di 3 giunse a Breme, e nel 4
in Digne. Niuno in tali luoghi si mostró per lui disposto. Furono avvisati i
Popoli di Marsilia dello Sbarco di Bonaparte e di dover difendere il Trono.

Intesasi la nuova della fuga di Napoleone nella Toscana, spedi questa
un Corriere al Congresso di Vienna per rendere di ció intesi i Monarchi.

MARZO:

A di 5. La questua per il Purgatorio in Duomo fu di scudi 81.

A di detto. Giunse in Parigi la notizia dello sbarco di Napoleone in Fran-
cia, e nel di 6 il Re mandó un Proclama per radunar le Camere.

A di d.° Murat Re di Napoli ebbe notizia dell'evasione di Bonaparte dal-
l'isola dell'Elba, a cui avea segretamente con maneggi contribuito. Pensó su-
bito ad unirsi col Cognato, e giungere allo scopo proposto di avere il possesso
della bassa Italia, e costituirsi ivi regnante.

A. di 7. Campana minore della Chiesa di S. Antonino fu trasferita al Cam-
panile della Parrocchia di S. Croce di Porta S. Susanna ad istanza del Vicario
Apostolico.

A di detto. Napoleone Bonaparte lasciato Digne andò per la strada di Gap
e Grenoble, dove entró fuggendo le truppe reali. Queste, che contro lui anda-
vano passarono sotto il suo comando, unendosi a lui. Ne' luoghi peró dove
andava trovava dai popoli poca accoglienza.

A dì d.° Giunse a Vienna la nuova dello sbarco in Francia di Napoleone
e si risolse di dirigere l'armata d'Italia di 15/m uomini sotto il Generale, che
parti subito per quella volta.

A di d.? Giunse a Presburgo il Re di Sassonia con la Regina, la principessa
Augusta, e il di lui fratello Principe Antonio per riprendere possessó de' suoi
stati secondo il Congresso di Vienna.

A di 9. Don Giuseppe Tori entró al possesso della Dignità di Canonico
Penitenziere nella Cattedrale, vacata per la rinunzia fatta da D. Pasquale
Rosei.

A di d.° Napoleone fece marciare verso Lione parte della sua Truppa,
essendovi giunto nel di 8 il Conte d'Artois speditovi dal Re suo Fratello, ma
gli convenne partire. Bonaparte andando verso Lione rimase circondato, ma
dere - ade ye m Keri FA

180 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

per tradimenti seguiti ebbe il campo di proseguire il viaggio, e nel di 11 giunse
in Lione, da dove era partito il Duca d’Artois per non aver modo di difendere
questa Città. Alli 13 partì da Lione, ove non trovò accoglienza, come sperava,
e prese la direzione di Villafranca.

A dì 13. Le Potenze Alleate, che firmarono il Trattato di Parigi li 30 Marzo
1814, radunate nel Congresso di Vienna saputa nei principi del mese corrente
la evasione di Bonaparte dall'Isola dell Elba, dichiararono nel presente giorno,
che Napoleone era fuori delle relazioni.civili e sociali; che si era dichiarato
nemico e perturbatore della pace del mondo; e che era abbandonato alla pub-
blica vendetta; perció erano risolute di proteggere il Trattato fatto in Parigi,
e proteggere il Re e rimetterlo nel Trono. Fu firmata tale dichiarazione da 8
Ministri delle Potenze Alleate. ;

A di 14. Alcuni Generali dell'armata reale volevano agire contro Napoleone;
ma loro non riuscì, perché le Truppe sfilarono e si unirono a lui. Arrivò Bona-
parte a Chalon, e poi ad Autun. Il Generale Dey, che si era offerto al Re di
servirlo contro Napoleone, giunto ad Autun con 15/m o 20/m uomini si uni a
lui e tradi il Re.

A di 16. Napoleone andó a Jaulien, il 17 ad Auxerre e il 18 a Troyes.

A di 19 al 20. Parti da Parigi il Re con tutti i Principi della sua famiglia.
Alli 21 giunse a Lilla e nel 24 ad Ostenda.

A di detto. La Vanguardia di Napoleone era vicina alle Barriere di Pa-
rigi.

A di 20. Napoleone dopo 20 giorni di trionfale camino, nel quale s'impa-
droni di tutti i militari, che gli furono spediti contro per arrestare i suoi pro-
gressi, entró nuovamente in Parigi nel di presente alla testa delle Truppe ri-
belli, essendo fuggita la famiglia reale nel giorno prima precipitosamente, come
si disse, trovandosi tradita. Regnó per cento giorni l'usurpatore, ed in questo
tempo signoreggiando procuró con arte la piü fina di guadagnare gli alleati,
non trascurando di allestire una grossa armata per riprendere colla spada il
regno tutto. Le più prossime armate degli Alleati (che eransi ritirate, pensando
non esservi piü paura), erano i Prussiani comandati da Blucher, e gl'Inglesi
condotti da Welington, situate ne' Paesi Bassi. Napoleone dopo tre mesi si batté
co’ Prussiani e cogl’Inglesi; s’azzuffò con accanimento, facendo rimaner inde-
cisa la battaglia di Vaterloo per 3 giorni, dopo di che terminò a favore delle
Potenze Alleate, e rimase vinto Napoleone, e poi loro prigioniero.

A dì d.° Gioacchino Murat Re di Napoli dopo saputa la fuga di suo Cognato
si diede tutto il pensiero di formare un’ armata numerosa per andare ad in-
vadere tutta l’Italia bassa, prenderne il possesso per giungere al bramato e
conceputo fine di farsi quivi Principe. Perciò per mezzo del Console si fece do-
manda al S. Padre dal Governo Napoletano di poter far transitare per il suo
Stato due Divisioni, una per le vicinanze di Roma e l’altra per Terni. Il S. Pa-
dre non accordò tal cosa, perché contraddittoria al suo carattere, e nociva
agl’interessi della S. Sede. Ciò non ostante Murat fece sfilare le sue Truppe
per gli Stati Pontificii. Saputosi dal S. Padre che le Truppe erano entrate ne’
suoi Stati, protestò contro tale violazione, e pensò allontanarsi da Roma per
mettere al sicuro la sua persona.

Nel dì 22 partì il S. Padre alla volta della Toscana, andò a Viterbo, e nel
23 arrivò ad Acquapendente, il 24 a Siena, e li 25 a Firenze. Fu seguito da tutti

LARE
CRONACA DI AIAMBATTISTA MARINI 181

i Cardinali e Ministri Esteri, e dagl'Illustri Personaggi Carlo IV Re di Spagna
con sua Consorte, Figlia ed il giovane Re Carlo Ludovico, e dal Re di Sar-
degna Carlo Emanuelle.

A dì 25. Fu pubblicata qui la partenza da Roma del S. Padre e dei Car-
dinali e Principi per fuggire l'Armata di Gioacchino Re di Napoli.

A dì d.° In Vienna i Sovrani Alleati rinnovarono l’alleanza con 8 Articoli
per sostenere il Re di Francia, e vi concorse l'Inghilterra, ed il Sovrano de’
Paesi Bassi, i Principi di Baviera e Germania mettendo in ordine armate nu-
merose per entrare in Francia con quelle degli Alleati. Influì molto la determi-
nazione dell’ Imperator d’Austria colla ratifica del Trattato nel dì sud.° 25
Marzo, fatta conoscere ne’ 9 maggio 1815 con un Proclama; il Governo Bri-
tannico nel 6 Maggio; la Nazione Elvetica nel 10 Giugno. 80/m Austriaci erano
in Svezia; l'Armata Russa di 17 divisioni traversò nel fin di Maggio la Sassonia.
Tutte queste Truppe giunte ai loro posti formarono una massa di 152 m sol-
dati, tra quali 70/m di Cavalleria: Russi 110/m compresi 6/m Cosacchi: In-
glesi, Annoveresi e Belgi 60/m: Wurtemberghesi 10/m: Austriaci 100/m: Ba-
desi 8/m: Assiani 4/m: Svedesi 15/m: Piemontesi 15/m: Spagnioli 45/m. Ascen-
deva tutta l’Armata contro di Francia 583/m. Anche i preparativi della Fran-
cia erano grandi. L'armata di linea era di 200/m uomini, fra quali 18/m di
Cavalleria; 1500 pezzi di Cannone, e 100 Obizi; la Guardia Imperiale aumen-
tata a 36/m; aumentate la Truppa di terra a 40/m.

A dì 26. Napoleone ricevette i Ministri e Corpi Civili, che gli furono pre-
sentati dall’Arcicancelliere. Esso era padrone già di tutte le Piazze forti della
Francia. Le Provincie dell'Est si mantenevano per il Re.

A dì 26. Dopo 15 giorni, che le Truppe Austriache erano partite da Bolo-
gna, per causa dell’impensato movimento dell’Armata Napoletana in questo
giorno rientrarono in Bologna fra le acclamazioni.

A dì 28. Stante la nuova Alleanza tra l’Austria, la Russia, la Prussia e
l'Inghilterra, ciascuna dovea avere nel fine di aprile nelle Frontiere di Francia
150/m uomini pronti.

A dì 29. Giunse la notizia, che erano giunti in Bologna nel dì 26 15/m uo-
mini, e 4/m di Cavalleria di Truppa Austriaca.

A dì 27. Passarono fuori di Roma 6800 uomini Napoletani in due divi-
sioni.

A dì 29. Partì da Firenze il S. Padre per Livorno; di là partì nel 31 e si
diresse a Savona per Genova.

A dì d.° Erano già in marcia tre formidabili armate degli Alleati contro la
Francia. è

A dì detto. Incominciarono le ostilità per parte de’ Francesi. Il Duca d’An-
goleme era andato a Montelimur; a questa Piazza un General francese intimò
la resa, e fu respinto con la sua truppa.

A dì d.° Partì Murat Re di Napoli d’Ancona alla testa d’un Corpo di
Truppa napoletana per dirigersi verso le Legazioni e giunse in Rimini.

A dì 30. Murat incominciò contro degli Austriaci le ostilità: e seguì un
fatto d’armi al Ponte di S. Lazzaro.

A dì 31. Gli Austriaci erano 11/m sopra Forlì, in tutto in circa 38/m uomini
e tra questi 11 o 12 mila di Cavalleria tra Ungaresi, e Ulani.

A dì d.° Il Re di Napoli andò a Forlì.

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182 . CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

APRILE:

A dì 1. Il sud.° andò a Faenza. La sua truppa in tutto tra la presente e
passata era tra 33 o 34 mila uomini. È

A dì d.° Si attendevano a Pesaro già sfilati 30/m uomini, e altri ancora
doveano andare.

A dì detto. Giunse in Genova S. M. la Regina M.* Luisa con il suo figlio
accompagniata dalla sua Corte e Carabinieri Reali.

A dì detto. Il S. Padre giunse a Sarzana, tra gli applausi, suono di bronzi
e spari di artiglieria.

A dì 2. Il Duca d’Anguleme si mise in marcia da Montelimur.

A dì detto. Fu fatto il funere nella Chiesa Nuova per Giuseppe Canali
defonto nel dì 1 di anni 82.

Venne nel dì detto Armata di Napoli composta di Usseri, Fanti, Lancieri
e volteggiatori.

A dì 3. Venne il Generale Pignattelli da Foligno per dirigersi colla sud.*
truppa a Firenze. i

A dì detto. Giunse il S. Padre in Genova in mezzo agli applausi.

A dì detto. D." Leone Ludovisi d'anni 25 trovato estinto nel proprio letto
con rammarico universale, essendo medico di talento, che dava di se grandi
speranze, e nel dì 4 fu fatto il funere nella Chiesa della Compagnia della Morte,
e recitò i suoi encomi il Lettor Bini Monaco Cassinese e Professore della Uni-
versità.

A dì 4. Stando per entrare le Truppe Napoletane nella Toscana il Gran-
duca parti per Pisa. -

A dì 5. Un Generale degli Alleati pubblicò un proclama, che smascherò
Murat Re di Napoli, descrivendone la sua condotta maligna e dolosa, essen-
dosi da se prima smascherato. i

A dì detto. Da Brusselles si seppe, che marciavano per la Francia 995/m
uomini, tra quali 200/m di Cavalleria, e un Treno di 400 Cannoni.

A dì 6. Vari Gubbini si rifugiarono in Perugia, seguita l’uccisione del sotto-
Prefetto tornato a impossessarsi dell’ Impiego in quella Città, liberata da Mons.”
Vescovo Ancajani.

A dì detto. Circa questi giorni fu tentato a Vienna d’involare il piccolo
Napoleone, e sostituirvi altro ragazzo; ma il tentativo neppur per allora riuscì.

A dì detto e 7. Correva voce in Francia, che Napoleone era stato ucciso
da Ney ma fu ciò spacciato per ritardar la marcia delle Truppe degli alleati.

A dì 7. Federico Guglielmo Re di Prussia da Vienna pubblicò un Pro-
clama, invitando i suoi soldati a riprendere le armi e andare contro Bonaparte.

A dì 8. Si pubblicò il Bollettino, che annunziava l'ingresso di Bonaparte
in Parigi, seguito nel di 20 Marzo, previa la partenza del Re.

A di7e8. Giunse in Firenze una Divisione di Napoletani di circa 6/m
uomini.

A di 10. L'Imperator delle Russie scrisse al Re di Francia di rientrare
nel Regno di Francia per riguadagnargli il Trono. Buonaparte intanto celebró
la Festa nel Campo di Marte li 4 Giugno.

A di 11. Tutte le Potenze alleate sottoscrissero un manifesto di Guerra
contro la Francia.
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 183

Nei dì 12. 13. 14. 15 I diversi corpi d’armata Napoletana furono battuti
e distrutti dalle Truppe Imperiali. Murat Re di Napoli si diede ad una preci-
pitosa fuga verso Ancona. Nel 16 la Vanguardia Austriaca era giunta a Ri-
mini, e l’esercito Imperiale si dirigeva verso Ancona.

A dì 13. Furono imposte somme di denaro dal Governo ai Mercanti per
l'Armata.

A dì detto. Partì da Turino S. M. il Sovrano per la volta di Alessandria.

A dì 14. Giunsero in Vienna alcuni corrieri di Bonaparte, ma furono licen-
ziati e mandati alle frontiere, non volendo le Potenze riconoscerlo per Sovrano
di Francia.

A dì 15. Editto Pontificio riguardante le misure da prendersi nel morbo
epidemico Epioozotia bovina.

A dì detto. Giunsero le Truppe Austriache in Firenze tra le acclamazioni,
essendo partite prima le Napoletane.

A dì detto. Il Congresso di Vienna riconobbe i dritti di S. M. il Re Fer-
dinando IV sul Regno di Napoli, e prese impegno di farglielo restituire. Il Re
fece mettere in piedi in Messina un’armata di 40/m uomini di truppe Napole-
tane, Siciliane e inglesi.

A dì 16. Fogli pubblici annunzianti gli onori fatti dai Genovesi al S. Padre
in occasione del suo felice ingresso fra loro.

A dì detto. Fu pubblicato dispaccio di dichiarazione di guerra dell’In-
ghilterra al Re di Napoli Murat.

A dì 17. Collette e Dazi di un bimestre anticipato per il bisogno delle
Truppe. napoletane.

A dì 18. Napoletani in armi tornati in fuga dalla Toscana in due divisioni
di circa 6/m uomini vennero in Perugia, e partirono il dì 21, una Divisione per
Gubbio, l’altra per Foligno.

A dì 19. Dopo 16 giorni di assenza il Sovrano della Toscana, partito alli 4,
si restituì nella Dominante.

A dì detto. Corpi di osservazione di Truppa Napoletana inviati in varie
colline con gran danni di predj e armenti.

A di*20. Giunse in Firenze da Bologna con gran corpo di armata austriaca

sotto il comando del Baron Bianchi; dopo un breve riposo una forte colonna
andò verso Arezzo.

A di 21. Grano nella somma di 30/m staia trovato in un magazzino murato
del Monastero di S. Pietro, che si disse appartenere ad un fiorentino da qui
esiliato.

A di detto. Il Re Gioacchino domandò per mezzo di lettera un armistizio
al General in Capo dell'armata austriaca, e gli fu negato.

A di 22. Entró la Vanguardia austriaca in Arezzo e nel 23 parti per Pe-
rugia e giunse in due giorni tutto il grosso dell'armata di 16/m uomini col Baron
Bianchi.

A di 23. Le Truppe austriache obbligarono i Napoletani ad abbandonar
Cesena.

A dì 24. Commissari Austriaci venuti da Firenze, richiedendo a momenti
200 ferri da Cavallo.

A dì detto. Regnava nelle Truppe Napoletane una gran costernazione
dopo essersi negato l’armistizio richiesto nel dì 21.
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184 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A dì detto. Gioacchino fece nuovo tentativo per un armistizio, ma non
fu ascoltato.

A dì 25. Giunse un Reggimento del Principe Reggente d’Inghilterra colle
Bande, Tamburi, Bandiere, cocchi, carri, cannoni e munizione.

A dì detto. Arrivò in Bologna altro Generale Austriaco, e con tale unione
di corpo si aprì la via alla disfatta di Murat.

A dì detto. Successero in Romagna fatti d’arme colla peggio de’ Napo-
letani.

A di detto. Si venne assicurato, che l’esercito degli Alleati era forte di 800/m
uomini.

A dì 26. Si trovò il Magistrato in angustie, stanti le pretensioni quasi im-
possibili de’ Commissari Tedeschi, che si scordarono della dignità del mede-
simo dopo le negative.

A dì 27. Si incominciarono a dispensare in vari magazzini le razioni di pane,
carni, legne, biade e vino.

Furono aggiunti al Magistrato altri signori per sollecitare le necessarie
provvisioni per l’armata.

Vari soldati ingannarono vari artisti nelle compre delle robe.

A dì 27. Si restituirono a Firenze le due RR. Arciduchesse essendo esse
dimorate nel memorabile tempo in Padova.

A dì detto. Entrò in Roma l’armata Austro-Toscana.

Sui principj di Aprile informato il Congresso di Vienna della condotta di
Murat, e d’essersi chiaramente smascherato, si era dichiarato solennemente
a favore dei diritti di Ferdinando IV Re di Napoli, e di voler rimetterlo sul
Trono. Dopo tal dichiarazione questo Sovrano partì alla volta di Messina dopo
aver formato un Trattato di alleanza offensiva e difensiva fra la Corte di Vienna
e quella di Palermo oltre il Trattato coll’ Inghilterra s'impegnó Ferdinando di
mettere in vela un’armata, come si disse, per andare a prendere Napoli. Il
Principe Leopoldo di Sicilia suo Figlio da Vienna giunto in Toscana era par-
tito da Firenze sul fine di Aprile per raggiungere l’ Armata austriaca, e con quella
andare verso la Capitale. A Roma si mise alla testa della nuova Legione reale
Napoletana.

A dì 28. Essendosi richieste 48/m razioni dai Commissari Tedeschi, per
insinuazione di Pietro Vermiglioli nelle Camere del Delegato in faccia al Ba-
rone Bianchi furono ridotte a 24/m.

A dì detto. I poveri piangevano e si lamentavano per mancanza de generi
. di prima necessità.

A dì 29. Andarono in Roma Deputati due alla Giunta di Roma per otte-
nere a Perugia l’esenzione dal Magazzino militare.

A dì detto. L’Armata Austriaca si mise in marcia alla volta di Foligno.

A dì detto. Nei magazzinetti della Carrozza di Murat restata nella sua
fuga nelle mani degli Austriaci erano due milioni in oro e in gioie.

A dì detto. Si era formato un trattato offensivo e difensivo col Re Ferdi-
nando IV delle 2 Sicilie non solo con Vienna ma con tutte ancora le Grandi
Potenze.

A dì 30. Da Mons." Vicario furono eletti 10 Sacerdoti per sermocinare
ognuno 3 giorni nella Chiesa del Gesù per il mese Mariano.

A dì detto. Si riferirono i cattivi portamenti de Napoletani nelle tre Lega-

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CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 185

zioni e nella Lombardia. Ferrara dovette pagare 20/m scudi romani, che furono
ripartiti a carico degli Ebrei.
A dì detto. Napoleone fece varj Decreti.

MAGGIO :

A dì 1. Morì Adriano della Penna di anni 9, e fu sepolto nel dì 2 a S. Isidoro.

A dì detto. Un corpo di Armata Austriaca entrò nel Territorio Napoletano.
La Campagna nel regno fu fortunata per gli Austriaci, che a gran passi s’av-
vicinarono in poco tempo alla Capitale. E nel medesimo giorno Ferdinando
pubblicò un proclama annunziando ai popoli di andare a risalire sul Trono di
Napoli. I cannoni portati da Vienna erano 1100.

Nei primi di maggio lo Stato papale era stato evacuato dai Napoletani.

A dì 2. Si arrese il Forte dell’Aquila agli Austriaci, ove entrarono.

A dì detto. Murat Re di Napoli vicino a Macerata con 25/m uomini at-
taccò il Corpo del General Bianchi di 11/m uomini, che vinsero dopo il com-
battimento, e nel dì 4 entrarono in Macerata, guadagnarono l’artiglieria, perché
i Napoletani si ritirarono precipitosamente. Da ciò fu, che Murat perdette
tutto in un punto de suoi acquisti. Dalli 3 alli 13 Murat avea perduta quasi
la metà dell’Armata.

A dì 4. Furono trasportati dalla Forza tedesca in S. Agostino i Prigio-
nieri Napoletani.

A dì d.° Morì di anni 58 Domitilla Baldeschi, e nel dì 5 si fece il funere
in S. Francesco.

Furono procurati dai possidenti di Campagna 500 letti per i soldati feriti
e infermi collocati a S. Pietro, alla Sapienza nuova, ed in Fortezza.

A dì 7. Fu incominciato un Triduo a SS. Gonfaloni per ottenere la serenità.

A dì detto. Venne ordine in Pesaro del Generale Austriaco diretto a Mons.”
Pandolfi di dare il possesso delle Marche a Sommo Pontefice.

A dì 8. Furono inviati 4 Deputati della Città al General Tedesco per otte-
nere la diminuzione del fornimento per il magazzino militare eretto in Terni.

A dì 9. Don Domenico Parriani fu eletto Rettore del Collegio Pio in as-

senza dell’abbate Torriglioni.

A dì detto. Le Truppe Tedesche entrarono in Ascoli, lasciato da Murat.

A dì 10. Giunse[ro] altre Truppe Austriache.

A dì detto. Il S. Padre partì da Genova per Savona per far l'Incoronazione
della Statua di Maria della Misericordia.

A dì 12. In Madrid si pubblicò la dichiarazione di guerra contro la Fran-
cia. La crudeltà di Murat fece spargere in Madrid nel 2 Maggio 1808, e il 2
Maggio 1815 la Spagna ha dichiarato la guerra a Bonaparte e suoi fautori.

A dì 13. La Città di Napoli capitolò e si arrese alla Flotta Inglese. Dopo 10
anni di sconvolgimento penetrarono da per tutto nel Regno le Truppe degli
Alleati ricevute con applauso. Fu innalzato nello stesso giorno lo stemma del
legittimo monarca.

A dì 14. Da Ponte Corvo i Napoletani furono respinti dai Dragoni To-
scani. Altre truppe occuparono Itri e Nola; e Gaeta restò serrato da questo
Corpo.

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186 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A dì detto. Giunse in Napoli S.A.R. il Principe Leopoldo secondo Genito
‘del Re proveniente da Vienna ricevuto tra gli applausi.

A dì 15. Il Quartier Generale passò a S. Germano, da dove Murat s’era
ritirato, dove, ed in altri luoghi entrarono le Truppe degli Alleati fra le accla-
mazioni. Tutti i luoghi e le Calabrie si erano sollevati, e tutto era perduto per
Murat. Vi furono altri fatti in altre parti colla peggio de’ Napoletani. Nel dì 18
si seppero in Napoli i Rovesci dell’Armata. Alli 19 entrò Murat a cavallo in
Napoli. Il Duca del Gallo azzardò alli Generali Alleati proposizioni per una
convenzione, che fu da loro rigettata. Assicurò il Duca, che Gioacchino Murat
co’ suoi Ministri non sarebbe entrato nella Convenzione. Su tale assicurazione
il Duca spedì al Quartier Generale per offerire una Capitolazione, e fu formato
tra una parte e l’altra un armistizio in 13 articoli nel dì 20 avanti Capua: e
che nel 23 sarebbe entrata l’armata alleata nella Città di Napoli. Murat per
il disordine, che v’era in Napoli, vedendo in pericolo la sua persona, si sottrasse
colla fuga a: cavallo in abito bigio e senza decorazione. In faccia all'Isola di
Nisida in una spiaggia entrò in una barca senza farsi conoscere, e guadagnò
l’Isola d’Ischia. Preso un poco di riposo rimontò nella Barca e raggiunse in
mare ad alcune leghe di distanza una filucca, in cui l’attendevano alcuni Gene-
rali, e fece il bastimento vela' nell’istante per le coste dell'Est della Francia.
Si era Murat premunito di un passaporto Inglese, che era stato rilasciato a un
Uffiziale Francese. La regina, mentre fuggiva il marito, Murat, avea condotto
i figli in una Cappella del Palazzo, e dopo si era racchiusa nel Castello dell’ Uovo.

. Ma per sua sicurezza e de figli convennele partire per Gaeta; e di poi per mezzo

di un Ammiraglio Inglese s’imbarcò, e si sottrasse da un massacro di se e de
figli. Essa dunque chiamata Carolina fu condotta a Triest, giuntavi li 6 Giu-
gno, ed ebbe ordine di andare coi Figli a Praga in Boemia portata da un Capi-
tano Austriaco. 2

A di 16. Aumento nelli Dazi, e Macinato per supplire alle spese del Ca-
sermaggio. :

A di 17. Furono spediti due Deputati dalla Città al General Bianchi per
ottenere la diminuzione delle razioni per l’armata Tedesca accampata nelle

,vicinanze dell'Aquila.

A dì 18. Il S. Padre presto ritornò ne’ suoi Stati dopo il suo allontana-
mento. In questo giorno parti da Genova scortato da Carabinieri Reali e si

.incammino a Torino nel 19, da cui si diresse a Modena, ove giunse il di 25. Nel

27 partì da Modena: nel 28 entró in Pistoia. Nel 29 si rimise in viaggio per :
Firenze, ove entró alle ore 9. Il suo arrivo era stato preceduto da varj Cardi-
nali e dal Principe Altieri.

A di detto. Il Clero di Parigi non volle dare il giuramento richiesto da
Bonaparte fuori di due Curati.

A di 20. Furono ordinati Sacerdoti alcuni Diaconi dal Vescovo di Nocera
per ordine del Vicario Apostolico. ;

A di 21. Si rivestirono l'abito religioso i monaci di S. Pietro.

A di 21. Le Truppe Austriache presero possesso di Capua previa la capito-
lazione.

A di 22. Dovendo entrare la Truppa Austriaca nel di 23, minacciandosi
nel 21 e 22 gran massacri in Napoli, il Generale in capo dell'armata alleata,
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 137
informato di ciò, anticipò l’ingresso, che seguì nel giorno d’oggi 22 e vi entra-
rono il Principe Leopoldo, i Generali e l’armata composta di 22/m uomini, e
nel 23 si presentò a Napoli una Flotta di 50 navi con 6500 uomini. Napoli fu
per tre sere illuminata. Nel dì 23 20/m di Truppa partirono per le Calabrie e
per altri luoghi presidiati dai soldati di Murat. Nel 25 sbarcarono le Truppe
Anglo-siciliane.

A dì 23. Il tradimento e la seduzione avevano rimesso nel Trono Bona-
parte: avendo ottenuto tanto Bonaparte nell’interno della Francia, fece agire
anche all’esterno. Erano stati mandati per più parti degli emissari francesi, ed
i Sassoni furono sommossi, e nei dì 2 e 3 maggio ne fecero alcune, ma le truppe
prussiane le sedarono, ed il General Blucher alli 6 mandò un proclama ai Sas-
soni per quietargli. Furono puniti i Capi, ed arrestati gli emissari. Questi erano
penetrati in Italia e nella Germania, ed in questa furono presi partiti contro
coloro. Vi era partito anche tra francesi, che erano al servizio di M.? Luisa
moglie di Bonaparte, e del piccolo Napoleone. Questo fu tentato rapire. Il
Conte Montesquieu si fece presentare alla zia del fanciullo, e poté stabilire
un progetto con altri traditori. Nel dì 22 maggio s’impadronirono per mezzo
d’una Cameriera i sopradetti Congiurati, ed erano preparati cavalli e carroz-
ze per trasportarlo via. Nello scendere le scale la forza sorprese i congiurati,
che seco aveano il principe condotto dalla sua cameriera: niuno poté fuggire,
ed i congiurati con Montesquieu furono mandati in Sprelberg in Moravia. Il
Fanciullo era allora colla madre in Schoembrun, ma dopo tal fatto fu condotto
in Vienna.

A dì detto. Chiesa di S. Bevignate ridotta ad uso di polveriera.

A dì 25. Gli Ordini regolari per la prima volta tornarono alla Processione
del Corpus Domini.

A dì detto. L’ex regina di Napoli Carolina da Napoli fece vela per Gaeta
per prendere la sua famiglia ed andare a Trieste.

A dì detto. Murat era sbarcato nella spiaggia di Cannes con 30 persone
di seguito, e spedì un corriere a Parigi a Bonaparte. Murat alli 2 Giugno andò
a Parigi, e partì subito a Fontainableau sino a nuovo ordine. Murat trovò in
Napoleone durezza e disprezzo, e a lui proibì di non avvicinarsi a Parigi, e
comparire alla sua presenza. Viveva incognito a Plaisance. Al principio delle
ostilità domandò d’essere impiegato nell’armata francese, che non poté otte-
nere. La guerra di Vaterloo portò il precipizio di Bonaparte.

A di 24. Morì di anni 35 Virginia Capra Vermiglioli, e nel dì 27 fu fatto
il funere in S. Gio: Rotondo, Chiesa Nuova.

A dì 28. Rivestirono l’abito religioso i PP. di S. Domenico.

A dì 29. Si arrese alle armi alleate la Fortezza di Pescara.

A dì 30. Furono inviati in Firenze due Deputati della Città per ossequiare
il S. Padre, ed invitarlo a passar per Perugia nel restituirsi a Roma: ma non
accettò.

A dì 31. Partì da Vienna il Re di Sassonia Federico Guglielmo Augusto,
a cui convenne cedere una porzione dei suoi stati alla Prussia per ritornare
nel suo Trono, e nel dì 22 maggio il Re di Prussia rese noto ai suoi Stati tale
unione. Fu ciò stabilito nel Congresso di Vienna.

A dì detto. Capitoló Ancona dandosi alle armi austriache con 32 arti-
coli.
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI
GIUGNO:

A dì 1. Arrivò in Napoli il Consiglier di Stato, che prevenne l’ingresso di
Ferdinando IV in Napoli, che seguì nel dì 17.

A dì detto. In Parigi vi fu l’assemblea del Campo di Maggio; ed intanto
le Truppe degli alleati faceano progressi in Francia.

A dì 2. Si rimise in viaggio il S. P. partendo da Firenze.

A dì detto. Gioacchino Murat ex-Re di Napoli giunse in Parigi.

A di 2. Giunse in S. Maria nuova il Cardinal Galeffi venuto da Genova
per andare a Roma, e partì il dì 4.

A dì 4. Giunse da Benevento la Cavalleria Pontificia, e fu preso il possesso
di quella Piazza.

A dì 6. Carolina moglie di Murat giunse in Trieste ed ebbe ordine d’andare
coi Figli a Praga in Boemia scortata da un Capitano Austriaco.

A dì 7. Il S. Padre dopo due mesi e 16 giorni di assenza si restituì felice-
mente in Roma in mezzo agli applausi.

A dì 9. Fu firmato in Vienna in questo giorno, e fu quello, che firmò lo
Stato Politico d’Europa. Quelle istesse Potenze, che in Francia aveano fir-

mato il Trattato nel di 30 Maggio 1814, firmarono questo del 9 Giugno. Tutto
lo stabilimento vien riportato nel T. II della Storia delle ultime Guerre verso
il fine stampato in Firenze. -

In questi giorni gran pioggie.

A dì 10. Luigi XVIII si trovava in Gand.

A dì 14. Fu aggiunta alla Messa la Colletta per ottenere la serenità.

A dì 11 detto. Fu l’ultimo congresso in Vienna, dopo il quale parti-
rono i Ministri per le loro Corti, ed i Sovrani partirono parimenti per la
Francia.

A dì detto. Si portò Murat a Tolone per passare in Corsica, o sulle coste
d’Affrica. Ma si diresse in Corsica, ove sbarcò, ed andò al Vescovato Villaggio,
e sì mise a fare il Capo Banda, e facendo degli attruppamenti con un Proclama
dovette partire da Bastia il dì 15 Settembre, ed andò a Ghisoni altro villaggio
dell'Isola; ed essendosi portato ad Ajaccio nel dì 27 Settembre fuggì, e s'im-
barcò con 200 uomini e circa 30 Uffiziali sopra grandi barche con i viveri per
8 giorni.

A dì detto. La Guarnigione Austriaca si riunì al Campo di Marte in N apoli,
ed assisté al Te Deum per la liberazione del Regno di Napoli, e per il ritorno
di Ferdinando IV.

A dì 12. Furono ircominciate le preci alli SS. Confaloni per ottenere la
serenità.

A dì 13. Si seppe dai pubblici fogli l’ingresso di Ferdinando IV in Napoli
da seguir presto previa la partenza della famiglia Murat.

A dì 14. Il Vicario Apostolico mandò circolare ai Parrochi per la requisi-
zione perpetua di uno scudo l’anno dalle Confraternite e priorate da pagarsi
per le spese dell’annua Festa di Maria SS.ma delle Grazie da celebrarsi in Duomo
l’ultima Domenica di Settembre.

A dì detto. Ebbero principio le ostilità in Francia in alcune parti della
Savoja.

A dì 15. Incominciarono le ostilità nella Belgica.
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 189

A dì 16. Per ordine supremo Madama Carolina Murat con i Figli dovette
andare a Praga per sua abitazione.

A dì 17. Fece il suo ingresso in Napoli Ferdinando IV con gran treno
coll’augusto figlio Leopoldo in mezzo agli evviva, preceduto e seguito da 20/m
uomini di Truppa. Fu cantato il Te Deum, e la Città fu per tre sere illuminata.

A dì detto. Nella domenica antecedente i Monaci Cisterciensi riassun-
sero l'Abito Religioso.

A di 18. Fu cantata messa solenne col Te Deum in Duomo coll'intervento
del Preside e Magistrato per ringraziamento del felice ritorno di Pio VII in
Roma seguita nel di 7, e fu illuminata la Città nella sera ed il Teatro.

A. di detto. Fu consegnata Bologna al Delegato del S. Padre.

A dì detto. Presso il Monte S. Giovanni dall'armata inglese e dal Mare-
sciallo Blucher Generale de Prussiani fu rotta l'armata di Bonaparte da lui
diretta. Abbandonarono i Francesi l'artiglieria, cannoni e bagagli: 300 can-
noni e l'equipaggio di Bonaparte andarono nelle mani delle Armate degli Al-
leati. La perdita degli alleati fu di 30/m uomini; de Francesi 36/m tra morti
e feriti e 40/m prigionieri. Dopo tal battaglia giudicando Napoleone i suoi di-
sastri senza riparo, abbandonò l’armata, come fece a Mosca, e Lipsia, e ri-
tornò a Parigi a celare il suo dolore e vergogna; e vedendosi in stato di perdere
la vita sua politica, come si espresse nel dì 20 al 21 consigliato ad abdicare il
regno di Francia, fece la sua abdicazione e nominò e dichiarò il suo Figlio pic-
colo successore al Trono di Francia col nome di Napoleone II, e ciò fece in
scritto. Gli amici ed i parenti rivolsero tutti i sforzi per l’esecuzione di tal pro-
getto. Le Camere accettarono la sua abdicazione nel dì 24. Le Potenze non
vollero riconoscere e proclamare Napoleone II, protestando di voler ristabilire
sul Trono il Re Luigi XVIII. Al Giovane Napoleone fu assicurata la signoria
di Parchiwitz in Boemia per una decisione del congresso di Vienna.

A dì 21. Luigi XVIII Re di Francia partì da Gand per Mons, e 23 per
Maubeuge.

A dì 22. Nel giorno dopo la Guerra di Waterloo Bonaparte non avea più
armata.

A dì 23. Alcuni Mansionari del Duomo uno per rione furono deputati dal Vi-
cario Apostolico per questuar mobili per ripristinare il Monastero delle Convertite.

A dì 24. Luigi XVIII in Chateau Cambresis mandò un Proclama a Parigi
e nel 26 entrò a Cambray. Si era presa Cambray per assalto ed altra Piazza.
Si fecero ascendere a più di 100 i Cannoni presi e a circa 69/m i prigionieri.
Blucher e. Welington erano alle Porte di Parigi. Il Governo Francese spedì
a Blucher per venire a trattative di pace, ed esso rispose, che prima di venire
a trattative di pace conveniva consegnare agli Alleati Bonaparte, la sua Fa-
miglia e tutte le Fortezze di Fiandra.

A dì 26. Tutta la Provenza si dichiarò per Luigi XVIII.

Napoleone uscì di Parigi in un Calesse dicendo rassegnarsi a qualunque
decisione potesse prendersi su lui. Alli 27 era a Compiègne.

A dì 29. Otto milioni doveano dalla Città di Parigi per la sussistenza degli
Eserciti Alleati, che occupavano la Capitale sud.* senza relazione alla contri-
buzione di guerra.

A dì detto. Per Decreto di Ferdinando IV Re di Napoli furono restituiti
ai respettivi proprietari e titolari di Commende Costantiniane tutti i beni,
190 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

azioni e diritti, che erano presso l’amministrazione de Demani: fu tolto il se-

questro sui beni de’ Cardinali e Prelati con tutti i frutti sino al giorno del De-
creto.

LUGLIO:

A dì 1. Napoleone Bonaparte giunse a Rochefort, luogo destinato per il
suo imbarco. Così finì il suo interregno. In 22 giorni dall'Elba giunse a Parigi
col mezzo delle ribellioni fattesi dalle armate reali contro il Re a suo favore,
e dalli 20 Marzo fino alli 24 Giugno durò il suo regno.

A dì detto. Dopo l’abdicazione di Napoleone le due Camere fecero una
deputazione alle Potenze Alleate per negoziare una pace, che garantisse la
Francia. I Deputati giunsero ad Hagenau, ove si fecero annunziare presso i
Ministri delle Potenze alleate; ma non furono ricevuti. Vennero bensì eletti
Commissari per sentire le loro proposizioni. Sentite queste ed esposte in scritto,
risposero i Ministri, che i Sovrani avrebbero communicato tutto ai Coalizati ;ma
che non bastava l'abdicazione di Bonaparte, ma si voleva la consegna del sud.?
I Deputati avuta tal risposta se ne tornarono a Parigi.

A di 3. I Commissari convennero con le condizioni in 18 articoli per la
resa di Parigi da effettuarsi il di 5.

A di detto. Napoleone Bonaparte giunto a Rochefort credea di poter pren-
dere la fuga per l'America, ma rimase deluso. Si rimise in viaggio tornando a
Rochefort ove si trattenne fino al 8, e nel di 9, sbarcó nell'Isola di Aix. Fu
consigliato a tentare cogl'Inglesi di poter fuggire. Ma essi consultati risposero
che si aspettava la risposta dall'Inghilterra per sapere dove dovea esser con-
dotto; e tal risposta fu portata agli 11. Alli 15 fece vela per la Stazione Inglese
ove entró in un Vascello.

A di 5. Seguita la Capitolazione tra le Potenze alleate e la Francia nel
presente giorno, ritiratesi le Truppe Francesi a Laon dietro la Loira entrarono
le Truppe alleate in Parigi in numero di 100/m; entrate stabilirono de Corpi,
e postarono i Cannoni in molti luoghi. Le armate entrarono sotto gli ordini
di Welington e Blucher. In 19 giorni fu terminata la guerra. Le armate en-

trarono in Parigi erano composte di Prussiani e Inglesi. Nel dì 10 entrarono in
Parigi l’Imperator d’Austria e il Re di Prussia, e pochi giorni dopo i Principi
colle loro Famiglie e l’Imperator di Russia.

A dì 8. Luigi XVIII Re di Francia pervenne alle Barriere e fece il solenne
ingresso fralle acclamazioni del Popolo in Parigi, essendo entrati 50/m uomini
nel dì 7, e l’altro esercito rimase acquartierato nei contorni di Parigi per una
lega di estensione. Furono dipoi occupate le porte del Palazzo del Corpo legi-
slativo dalla Guardia Nazionole. Il Re sciolse le Camere con un Decreto del

' di 9. Furono poi riorganizzate nel di 17 Agosto. Le Truppe che ritrocedevano

furono avvertite di ritornare indietro e tra queste un’armata russa di riserva
di 84/m uomini e 32/m di Cavalleria; rimanendo oppressa -la Francia da tale
nuova inondazione. I Prussiani volevano far saltare in aria il Ponte di Jena, e
le operazioni erano sul termine, quando per mediazione dell’ Imperatore Ales-
sandro si desisté da tal rovina. In seguito si venne alla condanna degli Uffiziali
ribelli per ordine reale. ;

A dì 9. Fu mandata lettera circolare da Mons.” Delegato a tutti i Parrochi
per darsi la nota de vagabondi, oziosi, inutili a se, alla Patria, al Principato.

ies
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 191

Nel dì 8. Morì il Canonico Montani, e nel dì 10 fu fatto il funere nel Duomo. î IE

Nel dì detto. Morì Chiara Ballerini ne’ Vermiglioli, e nel dì 10 fu fatto |
il funere nella Chiesa nuova.

A. di 12. Per capitolazione l'Armata Austriaca occupò Lione.

A dì 13 e 14. Dal Cesareo Imperiale Inviato furono trasmesse lettere nelle
Marche e Legazioni, acciò dai Ministri Imperiali si fossero evacuate quelle
Provincie, e ne fosse fatta la Consegna ai Delegati Apostolici, NE

A dì 16. Il Vascello Inglese, ov'era entrato Bonaparte fece vela per l’In- MI
ghilterra; nel dì 19 e 20 arrivò alle Coste della Gran Brettagna. Nel dì 18 si |
trovó Bonaparte in mano degli Alleati con ordine di essere trasportato in luogo
di sicurezza, acció non recasse ulteriori disturbi. Nel di 19 giunse, come si disse,
alle Coste della Gran Brettagna. In pochi giorni le Potenze Alleate convennero
di trasportare Bonaparte all'Isola di S. Elena con un piccolo seguito. Fu a lui
communicata la risoluzione del Governo Britannico, e che egli non era consi-
derato, che come un Generale Francese; e che come tale sarebbesi trattato, e UU
non altrimenti. A Blimouth, ov’era, si diresse il Vascello per trasportarlo a n
S. Elena dopo 25 anni, che apportó tante miserie all'Europa.

A di 17. Fu fatta per capitolazione la Consegna della Città di Grenoble
con 10 articoli alle Potenze alleate.

A di detto. Per ordine del Vicario Apostolico furono fatte preghiere in tre
giorni ai SS. Gonfaleni con messa cantata pro quacunque necessitate e con la
facoltà ai Confessori di assolvere dai casi riservati. |

A dì 19. Fu mandata forza armata in casa Rosa per demolire un ponte |
fatto per entrare nell'orto delle Cappuccine in S. Maria delle Orfane, doven- ED
dosi restituire l'orto comprato dal sud.° Rosa al Monastero secondo le leggi 1 | 4

|
|

papali.

A. di 20. Giunse al S. Padre la notizia, che Luigi XVIII era risalito al suo s
Trono di Francia. P

A. di 21. Fu incominciato il Triduo di ringraziamento alli SS. Confaloni.

A. di 22. La Prussia chiese alla Francia 70 milioni per le somministrazioni
della Campagna contro la Russia, e la restituzione degli oggetti rari, che erano
3 in Parigi, tolti in Prussia nel 1805. Anche le Corti di Madrid e di Napoli dopo
1 i i primi di Luglio presentarono per mezzo de loro ambasciatori al Congresso di BN
; Vienna i reclami per la restituzione delle cose preziose portate via dalla moglie BI
di Murat da Napoli fuggendo a Trieste, e di quelle, che portó via Murat da la
Spagna. I Reclami furono accolti nel Congresso. Nella Carrozza di Bonaparte
furono trovati 6 milioni di talleri, e fu determinato che si dovessero considerare
come proprietà dello Stato Prussiano.

A di 23. Fu nella Chiesa di S. Luigi de' Francesi in Roma Cantato il Te
di Deum in ringraziamento del ritorno di Luigi XVIII nella sua Capitale.

A di 24. S'imballarono in Parigi per essere restituiti tutti i Capi d’opera,
che i Francesi rapirono ne’ diversi regni. i

A di 25. Il Territorio di Parigi e di tutta la Francia fu mantenuto nella sua M | ti
integrità, come nel Trattato fissato in Parigi. Che la Francia dovea pagare per j Di
{ la guerra una contribuzione in 4 anni, e nel 28 doveano le truppe alleate eva- li
I cuare il Territorio francese, eccettuati alcuni corpi da dover essere stazionati
| per tutto il tempo opportuno in Francia. La contribuzione richiesta fu di 100
milioni di franchi.
192 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A dì 27. Giunse Napoleone a Torbay in Inghilterra, ed ivi si attese l’as-
senso degli alleati per mandarlo all'Isola di S. Elena, e che ivi dovesse esser
trattato come un semplice Generale. S. Elena era un luogo di sicurezza; onde
non potea fuggire né poteano approdar legni.

A dì 29. La Chiesa Parrocchiale di S. Cristoforo in P.S.A. rimase unita
alla Chiesa degli Agostiniani per breve pontificio ad istanza del Vicario Apo-
stolico.

AGOSTO :

A di 3. Venne un Turbine.

Stando i Francesi nel possesso de' Capi d'opera e delle arti, in questo mese
fu decisa in Francia la restituzione delli sud.! Questi capi d'opera, di arti e di
scienze erano stati rilasciati alla Francia per un trattato del 1814. Ma per gli
attentati seguiti fu di poi determinato, che ciascun paese rientrasse in possesso
di ció, che gli era stato tolto.

A di 4. Fece vela il Belloforonte, ov'era Bonaparte ed il Tonante da Ply-
mouth per S. Elena; dopo giunse il Northumbertand, ove montó Bonaparte
per ordine britannico e degli Alleati. Bonaparte fece de' contorcimenti e delle
mosse. Poche furono le persone ammesse per suo servizio, cioè la 32 parte di
quelle, che avea seco; le altre furono rimandate in dietro. Fu ricevuto Bonaparte
con titolo di Generale; il che a lui servi di rammarico. Parti per S. Elena il di 11.

Nel di 2. Fu fatta una convenzione fra la Brettagna e l'Austria in Parigi
in 6 Articoli riguardante la condotta da tenersi sulla persona di Bonaparte,
ed altre con la Russia e colla Prussia, in sequela delle quali Bonaparte parti
al suo destino il di 11..

A di 8. Si rese Gaeta alle armi alleate in 22 articoli. -

A. di 9. S'imbarcó Bonaparte col seguito permessogli, e negli 11 parti per
S. Elena. L'Isola di S. Elena sta nel mare atlantico, ha 7 leghe di circuito; fu
scoperta da un Portoghese nel 1502 il giorno di S. Elena, da cui prese il nome.
Fu abbandonata dai Portoghesi ed occupata dagli Olandesi, e la lasciarono per
il Capo di Buona Speranza. Se ne impossessarono gl’Inglesi nel 1618, che l'han-
no sempre posseduta.

A di 12. Le Monache di Monteluce furono poste sotto la Clausura vescovile.

A di 13. Fu aggiunta alla Messa la Colletta per ottenere il sereno.

A di 15. I minori conventuali si rivestirono dell'abito religioso.

A di 16. Fu mandato avviso ai Parrochi, che dassero la nota di quelli, che
non aveano sodisfatto al precetto Pasquale.

A. di 17. Fu mandata istanza in Parigi dal Delegato per riavere gli oggetti
di Belle Arti portati via da’ Francesi, e da doversi restituire per Decreto fatto
in Francia, promulgato dal Blucher Generale de' Prussiani.

A di 17. Furono riorganizzate in Parigi le Camere per Decreto del Re.

A di 26. Tornarono in Roma le MM. LL. Carlo IV Re di Spagna con la sua
Consorte e Figlio dopo l'assensa di mesi 5 e giorni 6 e nel di 29 fecero visita
al sb

A di 24. Giunse il Nothumberland, che portava Bonaparte, all'isola di
Madera, e nel di seguente riassunse il camino con le vele'verso S. Elena.

A di 31. A questa parte fino dal 14 furono godute guasi tutte giornate
serene. :
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

SETTEMBRE: | NI

Durò per altri sei giorni il tempo sereno.

Gemendo i Francesi sotto il peso delle armate straniere desideravano la
pace. A tale effetto nello scorso mese ebbero principio le trattative, e fu segui-
tato a promuoverle anche nel presente mese di Settembre.

A dì 1. L' Imperator d'Austria concesse a Murat un asilo ne suoi Stati in 3
Articoli, e nel dì 17 giunse a notizia pubblica questo Decreto firmato dall’ Im-
peratore. Giunto a notizia sua tal decreto fattogli far noto dalle Potenze al-
leate, esso ricusò di accettare; ma prima di dichiarare la sua importanza pensò
a spedire in Napoli un Emissario per potere indagare la posizione degli affari
e poterli disporre col preparare i Napoletani a suo favore. Ma fu arrestato e re-
stò impedito a poter più agire a favore di Murat. Si sentirà l'esito di sotto. i:

A dì 5. Per Decreto fatto nel Congresso di Vienna rimasero uniti al Gran- N
ducato di Toscana li stati di Piombino, dell Isola d'Elba, ed il Feudo di Monte ij
S. Maria.

A di 6. Eravi una Truppa di Assassini in questi tempi, che avidi di robe e
denari derubavano i Capi di Famiglia e viandanti nelle pubbliche strade,li
conducevano nei loro nascondigli nelle macchie, e poi chiedevano grosse somme
di danaro per il riscatto de' prigionieri, o minacciavano la morte. Il Governo
fece una spedizione nelle Provincie di Marittima e Campagna, e ne furono pre-
si 9. Gli altri si costituirono secondo l'ordine del S. P. promettendo loro la di-
minuzione di pena.

A di 7. Acqua di notte.

A di 14. In Parigi l' Imperator d'Austria e quello di Russia ed il Re di
Prussia conchiusero una convenzione fra loro per il bene dei popoli.

A di 16. Si seppe, che Murat ex-Re di Napoli era giunto in Corsica.

A dì 17. Mons." Vicario andò a Deruta e Marsciano per prendere il possesso
de' beni stabili, mobili, chiese e Conventi ottenuti in vantaggio del Seminario
per Breve di Pio VII.

A di 21. Mons. Vicario andò al Colle della Strada sopra il Ponte S. Gio-
vanni a benedire solennemente la restaurata Chiesa Parrocchiale di S. Urbano.

A dì 23. Al principio di questo mese 16 anni fa Napoleone prigioniero in i
S. Elena Isola imprese il viaggio marittimo per l'Egitto. (IEEE

A dì 27. Da S.M.I. e R. l’Imperator d’Austria fu ordinato, in Milano, Il |
come in tutte le Provincie sue si dovesse osservare il Codice Civile pubblicato I | !
nel 19 Giugno 1811, e da incominciarsi ad osservare nel 1° Gennaio 1816. |

A di 28. Murat avendo ricusate le proposizioni fattegli dall' Imperatore
d'Austria, ed Alleati, prevedendo che in Corsica si sarebbero prese delle misu-
re per assicurarsi della sua persona, essendo andato ad Ajaccio, e non sapendo
cosa alcuna delle sue. commissioni date. all’Emissario spedito a Napoli nella
notte del 28 s'imbarcó con 200 persone, e 30 Uffiziali sopra 6 gran barche con
viveri per 8 giorni, e se ne fuggi verso Napoli.

OTTOBRE:

A di 1. Comparve compita la nuova pittura sopra la porta di P.S.P.
nell'interno rappresentante la Madonna del Rosario, S. Domenico e S. Fran-
cesco dipinta da Faina a spese d'alcuni divoti col permesso del Governo.

13 x
moe PS RATE *- :

194 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A di 4. Rivestirono l'abito religioso le Monache di Monte-Luce, in Chiesa
a Porte chiuse previa la messa Celebrata da Mons.* Vicario. Questo Monastero
fu eretto nel 1218 sotto Onorio III.

A di do. S. A. R. e I. M*. Luisa figlia di Francesco II e Moglie di Napoleone
sottoscrisse un atto formale di Rinunzia per la sua persona e per quella di
suo Figlio al titolo di Maestà, ed a qualunque pretensione alla Corona di
Francia.

A di 5. Giunse il Cardinal Bartolomeo Pacca Camerlengo.

A dì 6. Le Truppe straniere dentro la Francia erano in numero di 300/m
uomini.

A di detto. Si aprirono in Parigi le Camere con messa solenne dello Spi-
rito Santo nella Chiesa di nostra Signora, e fu prestato il Giuramento al He.

A di detto. Venne al pubblico un Foglio Cronologico combinato su di
Napoleone Bonaparte.

Marzo 1796. Bonaparte divenne Generale dell'Esercito d'Italia.

Marzo 1802. Conchiuse il Trattato d'Amiens.

Marzo 1804. Fece fucilare il Duca d'Enghien.

Marzo 1805. Assunse solennemente la regia Dignità.

Marzo 1808. Cominció le sue imprese in Francia.

Marzo 1809. Intraprese l'ultima sua guerra contro l'Austria.

Marzo 1810 Celebró nuovi sponsali.

Marzo 1811. Annunzió la nascita di suo Figlio.

Marzo 1812. Cominció la sua spedizione contro la Russia.

Marzo 1813. Raccolse nuove forze militari contro l'Europa alleata.

Marzo 1814. Venne detronato. È

Marzo 1815. Rientrò in Parigi.

A dì 6 (Ottobre). Murat approdò pel mezzo giorno nella Manica del Piz-
zo nella Calabria ulteriore, non lungi da Monteleone, e circa 48 ore da Napoli.
Scese a terra con 30 persone. Lasciò 40 uomini e alcuni Uffiziali su due barche.
Dalla Marina si diresse a Pizzo, e prese a muovere il popolo a sedizione, e or-
dinò gridare Viva il Re Gioacchino, dicendo, che veniva a rimettersi in possesso
dei suoi stati. Non vi erano truppe, ma i villani del circondario, si armarono,
saputo lo sbarco di Murat, e andavano ad attaccarlo. Dopo molta resistenza
Murat ed il seguito, che s'incaminavano a Monte Leone vedendosi incalzati
dai paesani armati non potendo resistere si precipitarono per dirupi per aprirsi
la strada alla marina; ma quelli, che gl'inseguivano li raggiunsero, e furono fatti
prigionieri tanto Murat, che i suoi seguaci. Nel bollore della zuffa di 6 legni 4
ne furono presi dalla marina leggiera napoletana, e due si diedero alla fuga.
Murat fu condotto avanti ad una commissione militare e fu condannato alla
morte. Murat condannato chiese un Confessore, con cui stette un'ora, e poi
subi la sentenza, e fu fucilato nel di 13 Ottobre a Pizzo. Nel di 10 un distacca-
mento prese le altre due barche, che costeggiavano.

A dì 8. Il Re di Prussia partì da Parigi per Bruseles.

A dì 15. Morì di anni 56 Giambatta Ansidei, e nel dì 16 fu fatto il funere
in S. Fiorenzo. i È i

A dì 12. L’Imperator d’Austria abbandonò Parigi.

A dì 16. Giunse Bonaparte all’Isola di S. Elena, e nel dì 18 sbarcò, e
regalò 100 Napoleoni all’equipaggio del Nortumberland.
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI. » 195

A dì 18. Ferdinando Re di Napoli pubblicò un proclama contenente 9
articoli. Per essere stati fedeli i popoli di Pizzo nello sbarco di Murat al proprio
sovrano, questi dette a Pizzo in premio di sua fedeltà il titolo di Città fedelissi-
, ma. Fu data una medaglia d'oro a quelli, che avessero occupati posti e cariche:
furono sgravati dalle gabbelle civiche; ogn’anno si distribuirebbe una quantità
di sale agli abitanti di Pizzo: a spese del real tesoro si sarebbe compita la Chie-
sa; si sarebbe eretto un monumento nella marina adiacente.

A di 27. Mons. Ancajani Vescovo di Gubbio consagró il nuovo altare
principale eretto in S. Maria delle Povere.

A di 29. Fu ribenedetta la Chiesa di S. Giugliana.

A dì d.°. I Russi partiti dalla Francia attraversarono la Boemia, gli
Austriaci ripassarono le Alpi, i Prussiani retrocederono verso il Reno; l'Europa
armata si ritiró dalla Francia. ;

NOVEMBRE:

A di 4. Spediti per ingaggio a Roma 100 Discoli.

A dì 5. Prese possesso Lippi maggiore del Canonicato in Cattedrale.

A dì 6. Circolare ai Parrochi del Vicario per darsi da loro per ordine del
Segretario di stato la nota degl’individui dal 1° Ottobre.

A dì 18. Si ripristinarono i Signori della Missione, o Missionari.

A dì 20. Fu sottoscritto lo stipolato Trattato di pace in 12 articoli, ed i
trattati parziali addizionali in 7 articoli tra le potenze alleate da una parte e
la Francia dall'altra, cioè trattato tra l’Austria, la Gran Brettagna, la Prussia
e la Russia da una parte, e la Francia dall’altra in 12 Articoli, e le potenze al-
]leate rinnovarono la loro alleanza in 7 articoli. E dopo firmato il Trattato se-
guitarono ad evacuare la Francia le Truppe alleate.

A dì 26. Furono alle Camere annunziati il Trattato di pace firmato il
dì 20, ed i trattati addizionali.

A dì 28. Giunsero in Torino i monumenti preziosi appartenenti ai
Stati Pontifici.

DICEMBRE:

A dì 3. Incominciarono a giungere da Parigi a Milano i Convogli de’
Carri contenenti gli oggetti d’arte.

A dì 8. Mori di anni 75 il Conte Cesare degli Oddi, e nel dì 9 fu fatto
il funere in S. Francesco.

A dì 16. Fu mandata Circolare ai Parrochi dalla Cancelleria Vescovile
. per avere da loro la nota dei nati, morti e matrimoni seguiti dal 1° Ottobre
1815.

A dì 18. Le Cappuccine di S. Maria delle Orfane ripresero l’abito reli-
gioso presente il Vicario Apostolico.

A dì 24. Morì di anni 85 la Contessa Livia Simonetti Oddi, e nel dì 25
fu fatto il mortorio in S. Agostino.
A dì 27. Si decretò dal S. Padre di doversi formare in Roma la Guardia
Civica.

BRA: dadi A LD RE hai 196 + CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A dì 31. Fece solenne ingresso in Milano l’Imperator e l'Imperatrice
d’Austria in mezzo a grandi acclamazioni e fu cantato il Te Deum.

1816
GENNAIO:

A dì 2. Fu fatto un furto di perle in casa Donini.

A dì 4. Giunsero in Roma diversi Carri di Capi d’opera in pittura e scul-
tura, che erano in Parigi derubati da Francesi.

Essendosi scoperto nel principio dell’anno un morbo pestilenziale in Dal-
mazia, che passò nel regno di Napoli, il Governo Napoletano prese tutte le
cautele e precauzioni per impedire il progresso.

«A di 7. Girarono i birri in tempo dei divini Officj per impedire le botte-
ghe che si aprissero.

A dì 9. Si seppe l’arrivo di Bonaparte nell’Isola di S. Elena seguita nel
25 dello scorso Ottobre.

A dì 13. Si pubblicò la Notificazione pontificia riguardante il Cordone da
porsi per impedire il progresso del contagio inoltratosi nel regno di Napoli a
Noja. i

A dì 15. Fatto accaduto in Francia e saputosi per stampe nel 1822
d'Immola; corredato delle più sicure riprove. Questo fatto accadde ad Igna-
zio Tommaso Martin Agricoltore della Beauce nel subborgo di Gallardon, lon-
tano 4 leghe da Chartres in Francia. Ebbe questo Martin delle apparizioni di
un Giovane. La prima apparizione successe nel luogo sud.° ma in un paese de-
serto, detto Contier de longs-Camps 3/4 di lega da Gallardon. Gli si presentò un
uomo alto 5 piedi uno o due pollici incirca con cappello rotondo di forma alta,
con abito lungo color d’oro, vestito alla Levitica, e disse a Martin, che andasse
al Re di Francia (Luigi XVIII), e gli dicesse, che la sua persona era in pericolo,
e quella ancora de’ Principi: che i maleintensionati cercavano rovesciare il
governo: che facesse una polizia esatta e generale ne’ suoi stati, e massime nella
Capitale: che ristabilisse le Feste di precetto, e che fossero santificate: che ces-
sassero allora i pubblici lavori, e che eccitasse il popolo alla penitenza, e to-
gliesse i disordini, che precedono la Quaresima; che il Re si portasse come
padre, e che punisse il numero de traviati per intimorire gli altri: e che se il
Re non facesse tutto questo, si cagionerebbe danno alla Corona, ela porrebbero
gli empi in rovina. Martin riferì tutto al Parroco, il quale fece tutto noto al
suo Vescovo, ed il Vescovo rese informato di ciò la Polizia di Parigi, che si
prese tutto il pensiero e la premura di esaminare il fatto. Martin dovette su-
bire molti esami, e molti incommodi, ed intanto ricevette molte apparizioni,
in cui s'inculcava da quell'uomo, che era un Angelo, il parlare al Re, e gli
promise, che in faccia sua avrebbe avuto in bocca, quanto avea a dire. Dopo
molte vicende nel 2 Aprile 1816 fu introdotto al Re, al proprio Parroco, che
scrisse tutto con esattezza, e nel dì 13 Maggio ne fece pubblico attestato. Que- -
sto fatto corredato di tutte le testimonianze e prove fu dato alla luce, e fu ri-
stampato ad Immola nel 1822.

A dì 17. Fu pubblicato il permesso di far maschere colle debite riserve.

A dì 18. Venne notizia della caduta del Campanile d’Isola Maggiore.
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 197

A dì 19. Si riseppe la morte di Fiordispina Graziani Tommasi di anni 82
seguita in Roma il dì 7.

A dì 27. Essendosi scoperto nel principio dell’anno un morbo pestilen-
ziale in Dalmazia, che passò a Noia nel regno di Napoli, il governo napoletano
si dette tutto il carico nel giorno presente di prendere delle precauzioni, ed
il morbo nel fine del mese presente era ristretto tra le mura di Noia senza
essersi potuto dilatare.

Nel Gennajo un uragano impetuoso in Ungheria rovinò più di 200 bestie
bovine, e più di un mezzo milione di pecore. Gran danni oltre questi cagionò.

FEBBRAIO:

A dì 1. Fu fatto in S. Francesco il funere per Francesco Alfani ultimo
della famiglia morto il giorno antecedente di anni .32.

A dì 5. Giunse in Perugia il nuovo Vicario Generale Alessandro Patri-
gnani col Nipote di Mons.” Campanelli, che dovea ritornare alla sua sede Pe-
rugina.

A di 6. Partì Mons.” Leonini Vicario Apostolico in Perugia in assenza
di Mons." Campanelli.

A di 9. I1 S. Padre promosse alla Sagra Porpora 21 soggetti, ed agli 11
dette il Cappello Cardinalizio nel Concistoro tenuto.

A di 11. Rivestirono l'abito religioso le Monache delle Povere coll'assi-
stenza del nuovo Vicario Patrignani.

A di 23. Venne ordine dalla Cancelleria Vescovile in tutte le Sagrestie
di aggiungere alla Messa la Colletta Pro Episcopo itinerante.

A di 25. Fece il suo ingresso in Perugia, ed in Duomo Mons. Campanelli
in mezzo alla folla d’immenso popolo, col suono di tutte le Campane, strepito
di mortaretti, e suono di banda. In Duomo fu cantato l’inno Ambrosiano in
musica. Nella sera vi fu rinfresco in Vescovato.

A dì 26. Si cantò in Duomo la Messa pro gratiarum actione e fu distri-
buita a poveri l’elemosina.

A .di 26. Primo giorno di Quaresima. Venne indulto di potersi cibare di
carni e di far uso de’ lardi e strutti nei giorni di magro con alcune riserve.

MARZO:

A dì 1. Il Palazzo Cecconi, e poi del Baron Crispolti passò per vendita
in mani di Massini di Marsciano.

A dì 10. Lo Stemma del nuovo Delegato fu rimosso dall’ingresso del
Palazzo pubblico e trasportato nell’interno della sua residenza.

Nel dì 8. Nel Concistoro tenuto il S. Padre elesse alla sagra Porpora 2
soggetti.

A dì 17. La limosina per il Purgatorio nello Spedale ascese a scudi 62.

Furono aperte stanze pubbliche in casa Anselmi a norma di quelle di Fi-
renze aperte a spese di 6 soci del Ceto Civico per trattenimento da un’ora pri-
ma del mezzo giorno fino a mezza notte.

A dì 21. Le Monache di S. Giuliana si rivestirono dell'Abito Cister-
ciense in perpetua Clausura nella Cappella del Monastero. :

REATO 7 ER TIA PELA
198 CRUNACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A dì 23. Fu fatto un furto nel negozio di Baldoni in piazza piccola.

A dì 24. La limosina per il Purgatorio in Duomo ascese a scudi 38.

A di d.° Anniversario dell'innalzamento al Trono della Russia dell' Im-
peratore Alessandro.

A di 25. Furono impiegati ai lavori al Campo di Marte, e sotto la fortezza
i poveri, che morivano di fame per la penuria.

A di 27. Mons." Vicario Generale minacciò la multa ai Parrochi e Con-
fessori, perché negligenti ad intervenire alla congregazione de' Casi morali.

A di 29. Mori di anni 69 il Canonico Luigi Battisti D." Legista, e nel
di 30 fu fatto il funere nel Duomo.

A di 31. Le Monache di S. Lucia rivestirono l'abito religioso in perpetua
clausura.

APRILE:

A di 4. Le Monache di S. Maria Maddalena rivestirono l'abito religioso
in perpetua clausura.

A di 6. Conte Giacomo, degli Oddi prese possesso del Canonicato nel
Duomo. ;

A di 5. Le Monache di S. Paolo rivestirono l'abito religioso in perpetua
clausura.

A di 7. Le Monache di S. Caterina rivestirono l'abito religioso in per-
petua clausura.

A. di detto. Morì di anni 29 in Verona l'Imperatrice Maria Ludovica
Beatrice Moglie dell'Imperator d'Austria, nata li 14 Dicembre 1787: si marito
il di 6 Gennajo 1808. Nel giorno 13 furono fatti i funerali; e di poi fu trasportato
il Cadavere in Vienna, ove giunse il di 25 Aprile, e nel di 28 fu inumato.

A di 12. Cesare Patrizi fu ucciso in via nuova con un colpo di pistola
da un Birro tra la folla ad un'ora di notte.

A di 14. Cadde dalla Torre del Campanile di S. Domenico il Campanaro
e fini la vita.

A di 15. Mori di anni 32 Giuseppe Montesperelli, e fu CRE nel dì
16 in S. Francesco.

A dì 17. Fu ripristinato in Venezia con Feste il Leone Veneto fatto tra-
sportare in Francia da Bonaparte.

Essendovi gran penuria, e languendo la povera gente nel dì 19 si spedi-
rono Deputati in giro a questuare l’elemosine per sostentamento nei mesi di
Maggio e Giugno. Vi era carestia de generi di prima necessità.

A dì 20. Giunse in Parma tra le Feste e acclamazioni S.M. Maria Luisa
d’Austria: moglie già di Napoleone destinata Sovrana dal Congresso di Vienna,
e nella mattina seguente fu cantato il Te Deum.

A dì 25. Morì di anni 62 D. Giovanni Mazzetti Organista Benefiziato
del Duomo, e nel dì 26 fu fatto il Mortorio nella stessa Chiesa.

MAGGIO:

- Nei mesi di Maggio, Giugno e Luglio fu grande la qua degli indigenti,
e furono prese tutte le misure per sovvenirgli.
A di 11. Furono avvertiti con notificazione del Tesoriere tutti i cre-
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 199

ditori de’ Francesi dei dipartimenti di Roma e del Trasimeno di dover dare
dentro lo spazio di un mese, ed esibire le note de’ crediti per esser pagati.

A dì 13. I Poveri e invalidi incominciarono ad esser sostentati colla
minestra dispensata a spese de’ particolari da proseguirsi nel mese anche di
Giugno. ,

A di 17. La Città di Mosca in Moscovia arsa nell'andata de' Francesi

‘risorgeva rapidamente dalle sue ceneri non tanto grande, ma più bella di prima.

A dì 23. Le Monache della B. Colomba in P.S.P. rivestirono l’abito re-
ligioso in S. Domenico.

A di d.» L'Imperator delle Russie chiamó per mezzo dell'Arcivescovo i
PP. Domenicani per servizio della Chiesa Cattolica Romana di Pietroburgo,
e per l'istruzione della Gioventù cattolica romana.

A. di 24. Fu istituita da Pio VII Sommo Pontefice l'Officio con la messa
della B. Vergine col titolo auxilium Cristianorum per eterna memoria della
libertà ridonata alla Chiesa cattolica e al di Lei Capo Supremo.

A di 26. La Sagrestia di S. Giovanni Rotondo, o della Chiesa nuova, che
pativa ne' fondamenti, ristaurata e corredata di armari tornó a porsi in uso.

GIUGNO:

A dì 3. Morì di anni 70 Luigi Travigi Cancelliere del Tribunale della re-
ligione Gerosolimitana e nel dì 4 fu fatto il funere nella Chiesa nuova.

A dì 13. Passò sopra Desdra in Sassonia per lo spazio di due ore in den-
se nuvole una numerosa quantità d’insetti, chiamati dai Latini Libellae mi-
grantes, i quali erano neri e gialli, longhi circa 3 pollici con grossa testa, 1
ali, e 6 piedi: venivano dal Nord-est diretti al sud-ovest.

A. di 22. Campana maggiore del pubblico esposta al trapano per rendersi
sonora.

A di d.° Mori in Londra la Lewson di anni 116. Nella sua morte non volle
medici. Visse sempre ritiratissima Seno l’anno 26 di sua età, in cui rimase ve-
dova.

A dì 24. Matilde Guardabassi si sposò con Luigi Bordoni.

A dì 25. Rumore nella gente per mancanza di vino.

A dì 26. Patuglie in giro per dissipare gli ammutinamenti.

A dì 28. Morì Tommaso Adreano Auditore di anni 56, e fu nel

LUGLIO:

Giorno 1° Luglio sepolto in S. Maria Nuova. Fece l’elogio funebre Se-
rafino Siepi.

A dì 6. Il S. Padre Pio VII destinò una Congregazione per l’indenniz-
zazione de Luoghi Pii, a quali erano stati alienati i beni.

Nel dì 7. Un Liberato dalla gallera fu portato in processione dai Con-
fratelli del Crocifisso di S. Maria nuova, che per privilegio lo liberarono, ed in
Duomo fu recitata da Brugalassi l’Orazione, e dopo fu rilasciato.

A dì 12. Gli Algerini fino da molto tempo infestavano i mari, e quando
potevano prendere i Cristiani, li faceano schiavi e li trattavano con la mag-
200 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI
gior crudeltà. Predavano legni di ogni nazione e faceano barbarie inaudite.
Fecero in Algeri un maltrattamento al Console Inglese. Riclamando tutti i
Cristiani Europei, l' Inghilterra volle prendere soddisfazione dei torti ricevuti,
e con cuor grande volle dar riparo alla schiavitù de’ Cristiani, e por freno alla
baldanza Algerina. Spedì una flotta completa contro gli Algerini, che non avea:
no voluto sentire alcuna proposizione d’accomodamento e Costantinopoli
stessa preparò una Flotta contro di essi per unirla con quella d’Inghilterra, e
nel giorno presente partì per Algeri.

A di 13. Morì di anni 19 il Marchese Uguccione di Sorbello, e nel dì 16
furono celebrati i funerali nella Cattedrale di S. Lorenzo.

A dì 15. II S. Padre decretò l'erezione di un Conservatorio di educazione e
Scuole Pie, concedendo le rendite e locali di alcuni Monasteri, cioé S. Francesco
delle Donne e Bartolelle, non perché non si erano potuti ristabilire, ma im-
pediti a ristabilirsi per vie non proprie, e per impegni impoliti, quantunque
fosse cosa benfatta, anzi necessaria di fare questo stabilimento; ma vi era bi-
sogno usar maniere semplici, polite e regolari. Le Maestre Pie furono fatte ve-
nire con sommo vantaggio delle zitelle povere.

A di 4 Luglio. Fu fatta convenzione fra il S. Padre e Ferdinando IV
Re delle due Sicilie in 10 Articoli per concorrere a vicenda colla forza armata a
stirpare i malviventi ed assassini, che derubavano e faceano crudeltà da Turchi
contro quelle persone, che riusciva loro di catturare, richiedendo somme gros-
se per il riscatto, o minacciando trucidarle.

A di 16. Fu conceduta altra dilazione di un mese a quei che non si erano
prestati ad esebire i loro crediti contro i Francesi.

A di 20. Fu spedita lettera circolare ai Parrochi dalla Cancelleria Ec-
clesiastica, nella quale veniva raccomandato di raccogliere l'elemosina dai
popoli per solennizzare la festa della Madonna delle Grazie nella Cattedrale
nel mese di Settembre.

A di 22. Esci alla luce il 1° T.9 della Storia della Università, di Perugia
del P. Lettor Bini Cassinese. :

A di 23. Giunse in Vienna il Corriere, che portò da Roma la Bolla di
dispensa di Pio VII, necessaria per celebrare il matrimonio dell’Arciduchessa
d’Austria Figlia dell'Imperatore con Leopoldo figlio del Re di Napoli.

Nel dì 20. Il Principe Ruffo domandò all’Imperator d’Austria la mano
dell’Arciduchessa Maria Clementina per sposarsi con Leopoldo figlio del Re
di Napoli e delle due Sicilie, il che accordò S. M. Imp. e R. Lo stesso fece a
M.® Clementina, la quale si informó all'annuenza del S. Padre. Nel dì 27 ebbe
luogo il solenne atto di Rinunzia della prefata A. I. e R. Arciduchessa Maria
Clementina. L’Imperatore si degnò con la giovane copia di annunziare l’im-
minente atto, e lessesi ad alta voce ad ambedue i sposi l'Istrumento di rinun-
zia, e di accettazione, e giurarono sul Vangelo ed apposero la firma all’Istru-
mento. E nel dì 28 S. A. I. l'Arciduchessa Clementina si Sposò col real Prin-
cipe Leopoldo delle due Sicilie.

A di 24. Il S. Padre creò cinque Cardinali.

A di 25. I Missionari aveano ottenuto successi vantaggiosi a Erinco
Isola vicina ad Otaiti nella nuova Galles meridionale. La maggior parte
della popolazione abiuró l'Idolatria. Da Londra venne tal notizia. !

A. di 27. Una Fregata Siciliana erasi recata a Gibilterra. Questa aspettava
CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 201

la Flotta Inglese per andare contro Algieri. I crudeli Algerini aveano prese
tutte le precauzioni per difendersi, poco però davano segno di spavento.

A di 28. La Flotta Inglese sotto gli ordini di Lord Exmouth passò da-
vanti a Flamouth usciendo dalla Manica per andar contro Algieri.

A dì 30. Mons.” Campanelli elesse i Confessori di Monache in n° di 14,
e 13 Direttori, ed a tutti spedì le Patenti.

A dì 31. Fu ordinata in Roma la organizzazione di un Corpo militare,
chiamato de’ Carabinieri Pontificj, e furono invitati i giovani a concorrere per
esservi ammessi. Questo corpo fu organizzato per togliere i Birri, contro i
quali tutte le popolazioni riclamavano.

AGOSTO:

Nel dì 16. Il Caldo in Roma giunse a gr. 28 e 9 decime. Il caldo maggiore
ivi sofferto fu quello del 1797, che giunse a gradi 29 e 8 decime.

A dì detto. Si seppe da Londra, che gli Olandesi aveano. cannoneggiato
per molte ore la Città di Algieri. Si aspettava la flotta inglese. Nel mediter-
raneo i Corsari Algerini barbareschi faceano caccia ai bastimenti cristiani ed
aveano fatte delle prede. Gl’Inglesi doveano rimediare.

A dì 8. Ferdinando IV Re delle due Sicilie pubblicò una legge, che
proibì ed annullò tutte le sette di MUSIQUE specie nel suo regno con pene sta-
bilite in 8 articoli.

A dì 13. Seguì un Oragano nel Lago Trasimeno ed Isola Polvese ed al-
tri luoghi, che produsse gran danni, e sommerse una barca nel Lago con al-
cune persone di S. Arcangelo.

A di 15 Mons. Mondelli Vescovo di Città di Castello aprì una casa di
pubblica educazione per le fanciulle povere sul piede del Conventino di Firenze,
da dove scelse un numero di Maestre Salesiane per insegnare alle suddette i
lavori manuali, la lettura, scrittura e conteggio, e nel dì 1° Settembre si aprì
la scuola.

A dì 16. Fu pubblicato editto di Segreteria di Stato minacciando gravi
pene contro gl'Incettatori de’ Grani.

A di 17. Mori di anni 78 Vincenzio Giovio Colon eo Pontificio Giu-
bilato, e nel di 19 fu fatto il funere in Duomo.

A di 20. Editto di Segreteria di Stato colla Proibizione di ricettar
disertori, o comprare oggetti militari in 19 articoli.

A di 24. Giunsero in Roma 52 Casse di Monumenti d'Arte reduci da
Parigi, e fu l'ultimo convoglio, a spese della Deputazione Inglese.

A di 27. La squadra Inglese con l'Ammiraglio Lord Exmouth giunse
sotto Algieri nel di d'oggi. Fece il suddetto l'intimo al Bej di consegnar la
squadra Algerina in tempo di un'ora, e di accedere alle condizioni di aggiu-
stamento. Il Bej si diede per non inteso; perció trascorsa l'ora, e nulla vedutosi
sulle richieste fatte, attaccò l'Ammiraglio la Città. Il fuoco durò fino alle 11
di notte, e tutta Algieri fu in fiamme. La Flotta Algerina rimase bruciata. Per-
derono gli Algerini 4/m morti e 1500 feriti, gl’ Inglesi 800 tra morti e feriti, e tra
questi l'Ammiraglio col Segretario. Il Bej accedé alle domande. Consegnò circa
1000 schiavi, e tutto il denaro ricevuto per gli schiavi restituiti antecedente-
mente, e fu liberato il Console inglese da’ ferri. Fu abolita la schiavitù per
202 . CRONACA DI GIAMBATTISTA HARINI

tutta la Cristianità. Tali notizie furono subito spedite, e trasmesse a tutte le
Corti d'Europa, e produssero un gran contento e gioia universale. Più a lungo
alli 15 Settembre.

A dì 30. Si annunziò in Vienna, che si credeva, che l'Imper ator d'Au-
stria fosse per passare alle seconde nozze con una principessa di passonia,
come appunto segui, come in appresso.

A di 31. Le Suore delle Bartole furono trasferite nel Monastero di S.
Francesco delle Donne fin dal 1815, ed ora riunite in quello di S. Agnese.

SETTEMBRE:

A di 1. Tornó in uso la Carta bollata e registro per gli atti pubblici
in vigore del motu proprio del S. Padre del 6 Luglio trasmesso in Perugia fino
dal d.° mese. Il Registro poi gravosissimo.

A di 3. Per indicazione avuta da un MS. sulle memorie della nostra Pa-
tria, che era in mano di Serafino Germanelli fu scoperta una stanza nell'interno
del Palazzo Apostolico, ove si trovarono protocolli e pergamene antichissime.

A di 9. Mori Anna Floramonti Montecuccoli di anni 60, e nel di 10 fu
fatto il funere in S. Girolamo de' Minori Osservanti.

A di 10. Per le nozze dell'Imperator d'Austria fu già destinato un sog-
getto per domandar, in qualità di ambasciatore, la Principessa di sopra no-
minata per sposa del sud.°

A di 12. Si udirono lamenti popolari per non trovarsi vino da comprare.

A di 15. Fu celebrata con gran solennità in Duomo la Festa della
Madonna delle Grazie. Nella mattina dopo 10 colpi di Artiglieria, i Canonici e
Mansionari andarono in coro, e cantarono tutto il Matutino.

A di 15. Si celebró in Roma la Funzione della Beatificazione del Ve-
nerabile Alfonso M.* de Liguori Vescovo.

A di detto. Si seppe officialmente in Roma, che Lord Exmouth Ammi-
raglio della Flotta Inglese in ore 8 di combattimento domò la ferocia de’ Bar-
bareschi di Algieri. Fu obbligato il Bei d'Algieri a sottoscrivere la pace con 4
condizioni, che fosse abolita in perpetuo la schiavitü de Cristiani: che fossero
istantaneamente liberati tutti i Cristiani schiavi, e fossero consegnati alla
Flotta inglese di qualunque nazione essi fossero e che fosse restituito tutto il
denaro ricevuto per il riscatto de' Cristiani dopo il principio dell'anno corrente
principalmente dal Re di Sardegna e di Napoli. I Cristiani Pontifici era 170,
che furono condotti a Civita Vecchia da una Fregata Inglese. AI Principio il
Bei ricevette con disprezzo le domande fatte dall'Ammiraglio. Ma dovette ce-
dere. L'abboccamento successe il di 29 Agosto. Il Bei oltre le cose suddette
dovette dimandar perdono degl'insulti fatti al Console Britannico.

A di 16. Nell'anfiteatro di legno fabbricato nel piazzone sotto la fortezza

.a 5 Ordini a carico di 12 Artisti fu fatta la corsa de’ Fantini a Cavallo,

che furono 5 ed il premio per il vincitore fu di scudi 50. Vi concorsero
circa 5/m persone.

[Trovando nell’ Autografo quinc’innanzi delle cose affatto insulse, come ricette lette nelle
Gazzette ec. si. crede di poterle a volta a volta omettere].
RECENSIONI

ARCHIVIO DI STATO DI Roma. L'Archivio della S. Congregazione del Buon Go-
verno (1592-1847). Inventario. Ministero dell'Interno. Pubblicazioni degli
Archivi di Stato. Roma, 1956. Vol. in —8, pp. cLxxv1-471, L. 5000.

Il volume XX della sempre più ragguardevole Collezione intitolata « Pub-
blicazioni degli Archivi di Stato » edita dal Ministero dell’Interno è dedicato
alla descrizione e all’illustrazione dell’Archivio della S. Congregazione del
Buon Governo (1592-1847) conservato presso l'Archivio di Stato di Roma.

Alla S. Congregazione del Buon Governo, organo di grande importanza,
di vasta competenza e di complessa struttura nella vita dello Stato Eccle-
siastico, si suole assegnare come data di costituzione e di origine il 1592, ed
ufficialmente così è. Ma, come opportunamente fa osservare al principio della
Introduzione Elio Lodolini, che ha egregiamente curato questo volume, la
prima origine di questo importante dicastero va ricercata nella bolla Immensa
Aeterni Dei del 22 gennaio 1588, con la quale Sisto V gettò le basi organiche
dell'amministrazione pontificia, istituendo le quindici Congregazioni, una delle
quali, la nona, Congregazione degli Sgravi, confluì poi a formare la Congre-
gazione del Buon Governo, mentre parallelamente la preesistente Sacra Con-
sulta svolgeva, nel campo più propriamente politico, attività a quella analoga.

Nel corso dei secoli xiv e xv si era gradualmente iniziata con lenta pro-
secuzione la penetrazione del potere della Santa Sede nella vita interna dei
comuni compresi nelle regioni che poi entreranno a far parte dello Stato Eccle-
siastico, e la prima inserzione di essi ebbe luogo negli organi economico-finan-
ziari. Così a Perugia circa la metà del sec. xv si ha un Commissario ponti-
ficio nel corpo dei Conservatori della Moneta, che, parallelamente ai Massari
del Comune, amministravano la gestione economica comunale. Successiva-
mente dal settore della gestione economico-finanziaria .il controllo del po-
tere politico centrale si estese per tramite dell’ufficio del governatore e dei
tribunali alle altre branche della pubblica amministrazione.

Ma, tornando all’origine della S. Congregazione del Buon Governo, essa
fu dunque formalmente istituita con la promulgazione fatta da papa Clemente
VIII della bolla Pro commissa del 15 agosto 1592. Con quest’atto si provve-
deva a disciplinare tutto il settore dell'amministrazione locale, su cui veniva
sistematicamente ad esercitarsi il controllo del potere centrale, prevalente-
mente, sopratutto in principio, sulla gestione finanziaria. Nei trentun articoli
tuttavia in cui si divideva detta bolla venivano presi in considerazione e re-
golamentati tutti gli aspetti, i compiti, le funzioni dell'amministrazione co-
204. RECENSIONI

munale. Per effetto poi di successive disposizioni e sotto l’impulso determi-
nato dalle necessità di sviluppo del dicastero e dei suoi servizi la S. Congre-
gazione nel corso dei secoli xvii e xvin subì una notevole trasformazione
insieme ad un considerevole accrescimento con differenziazione dei suoi uffici;
per virtù della bolla Romanum decet Pontificem, promulgata il 23 giugno 1692
da Innocenzo XII, significativa l’abolizione del « nepotismo », cioè della con-
suetudine di affidare la carica di Prefetto della S. Congregazione del Buon
Governo unitamente a quella di Prefetto della S. Consulta al Cardinal Nipote,
che era anche investito dell’altissimo officio di Sovraintendente Generale dello
‘Stato Ecclesiastico. Salvo le due interruzioni dovute a rivolgimenti politici
determinati dalla costituzione della Repubblica Romana del 1798 e dall’af-
fermazione del predominio napoleonico (1809-14) la S. Congregazione del Buon
Governo ha esercitato le sue funzioni sino a tutto il 1847, essendosi proce-
duto con l'anno successivo all’istituzione dei Ministeri; il Ministero dell'In-
terno appunto proseguì l’opera della Congregazione.

Elio Lodolini con la diligenza meticolosa che pone in tutta la sua atti-
vità, burocratica e scientifica, ha illustrato ampiamente e minutamente con
sicurissima conoscenza della materia e abbondante erudizione in un’Intro-
duzione di 176 pagine tutti gli aspetti, giuridici, organizzativi e funzionali,
della S. Congregazione del Buon Governo.

Tanto per dare la misura della vastità del campo così illustrato e dell’im-
portanza degli argomenti trattati, corrispondenti quindi ad altrettante serie
d'archivio, mi pare utile riprodurre i titoli dei capitoli in cui si suddivide 1’ In-
troduzione. Essi sono: Origini e vicende del Buon Governo; L’organizzazione
dei Comuni e la tutela del Buon Governo; Le principali imposte; Le spese
militari; Le spese di polizia; Dogane ed industrie; I Monti; Repubblica Ro-
mana; Regno Italico; Impero Napoleonico ed Amministrazioni provvisorie;
Le «visite »; I catasti; I censimenti della popolazione; Fermo, Terracina e
Nocera; L'Amministrazione delle Strade ed Acque; La dimissione del debito
delle Comunità; Monti di Pietà ed Ospedali; L'attività giudiziaria del Buon
Governo; La Congregazione nel sec. xix e la sua soppressione; I Conti o Casse
del Buon Governo e le entrate e spese d'ufficio; Le vicende dell'Archivio e
l'attuale ordinamento. :

Segue poi l’Inventario vero e proprio, il quale risente inevitabilmente, in
quanto a organicità e chiarezza d’impostazione, del travagliato ordinamento
dei fondi archivistici ad esso corrispondenti; sicché è indispensabile per l’utile
impiego dell’inventario tener conto delle avvertenze che Lodolini dà, con
pratiche esemplificazioni, nell'ultimo capitolo dell’ Introduzione.

Molto materiale archivistico contenuto nel Buon Governo riguarda l'Um-
bria e pertanto la consultazione di questo fondo è indispensabile per qualsiasi
ricerca che riguardi non solo l'amministrazione dei Comuni umbri, ma anche
vicende e fatti locali, personaggi messi in evidenza dagli uffici pubblici rico-
perti. E altrettanto indispensabile è la consultazione del volume del Lodolini,
che costituisce la più completa ed esauriente illustrazione sotto gli aspetti
legislativo, amministrativo ed organico della S. Congregazione del Buon
Governo.

GIOVANNI CECCHINI
RECENSIONI 205

DE NEGRI EMMINA, Galeazzo Alessi architetto a Genova, Genova, Scuola Tip.
Derelitti, 1957.

Da accenti del Rinascimento nel suo maggior rigoglio, fino a preludi
del Barocco, la produzione architettonica del perugino Galeazzo ‘Alessi si
dispiega con marcato suggello d'una personalità artistica di alta misura. E
se anche può essergli elevato qualche appunto di eclettismo, una sua indivi-
dualità, con novità di concetti e di forme, non può venirgli contestata.

L’Alessi godette al suo tempo di una celebrità indiscussa, confermata
da successivi giudizi di storici dell’arte, finché nel secolo scorso ha cominciato
qualche riesame critico dell’opera sua, che tuttavia rimane insigne nei carat-
teri salienti e fondamentali.

Desiderato è ancora sul nostro architetto un lavoro che ne esponga com-
piutamente l’attività creativa, e ci dia riuniti tutti i particolari conosciuti e
possibilmente pur anco rintracciabili della sua vita e dei suoi rapporti con
l’arte e gli artisti dell’età sua.

Emmina De Negri ci ha dato intanto un’ottima monografia che illustra
l’attività dell’Alessi in Genova, città dove si esplicò più ampliamente il suo
ingegno, e dove ha lasciato un’impronta incancellabile, tanto da essersi po-
tuto affermare che la superba capitale ligure deve a lui la propria storica fisio-
nomia architettonica.

E pensa lA. che se molte sono le opere che un po’ la fama, un po'
la pigrizia dei ciceroni avevano dato e conservato all’ Alessi, non per questa
revisione la figura dell’architetto ne risulti minimamente diminuita. Bastano
poche opere, ma certe e significative per aver provocato in quella città uno
sviluppo architettonico assolutamente originale. Ed è giustissimo questo suo
apprezzamento. Se la mano diretta dell’Alessi è stata vista anche dove non
c’è, manifesta però è la sua influenza. Egli fu un maestro, e i suoi cantieri
una scuola.

Delineato nel suo aspetto essenziale l’ambiente edilizio genovese con cui
si incontrerà l’Alessi, riporta pure i principali dati biografici e dell’operosità
edificatrice, ne analizza e valuta con vedute proprie e con la scorta delle ri-
cerche e dei giudizi di altri studiosi dell’opera alessiana, le costruzioni che con
fondatezza documentata e ragionata possono essergli attribuite.

Con genialità versatile, l'Alessi fu in Genova architetto sacro, civile, mi-
litare, urbanista.

Sull’opera sua massima, la Basilica di S. Maria Assunta in. Carignano,
sindugia particolarmente l'autrice. Elementi estetici positivi e negativi vi
sono stati individuati dagli scrittori in specie più recenti; ma nel suo insieme
il tempio s'impone per la sua unità di concezione, per la felice soluzione di
certi problemi, per la bellezza di vari particolari, unendo ai valori intrinsechi
anche quello estrinseco di una grandiosità che scenograficamente la spazia.

Vengono poi studiati nell’aspetto esteriore con rapporto alla struttura
interna, i palazzi e le ville da un attento esame critico assegnitagli; e delle
costruzioni militari quanto ci rimane, cioè quella Porta del Molo, che ad unico
fornice protetto dai due poderosi bastioni avanzati a tenaglia, opportuna-
mente richiama all’A. la presenza che l’architetto può aver avuto dinanzi

alla mente del nostro Arco Etrusco.

T

sea e

I orat
206 i RECENSIONI

Creazioni più proprie dell’Alessi, restano però il palazzo e la villa signo-
rili, non assorgenti al fastigio di dimore principesche, ma sontuose abitazioni
di ricchi gentiluomini che alla venustà esteriore dell’edificio congiungono la
interna disposizione di ambienti per una vita comoda e lussuosa.

La agiatezza e raffinatezza dell’esistenza in un soggiorno di bellezza, ap-
paiono l’esigenza che ispira queste costruzioni dell’Alessi e che si realizza anche
nell'armonica relazione di edificio e giardino.

Ricordando le opere giovanili del nostro artista, eseguite nella città na-
tale, prima della sua andata a Genova, la De Negri nell’accenno alla palaz-
zina del castellano dentro la distrutta Rocca Paolina, osserva come la loggia
formantene il prospetto, poteva rappresentare una buona premessa alle suc-
cessive logge genovesi, rammaricando che ce ne sia rimasto solo un ricordo
negli scrittori cittadini. Notiamo alla egregia autrice, che di quella loggia
ci resta presso la nostra Accademia di Belle Arti un disegno eseguito non
molto prima della sua demolizione, e che conferma appunto quanto lei aveva
intuito.

Concludiamo riaffermando il pregio e l’interesse della monografia. Inte-
resse dato anche dalla bibliografia e dalla analitica menzione degli autori che
hanno parlato e discusso dell’Alessi, tra cui primeggia il meglio informato e
penetrante conoscitore dell’arte alessiana, l’architetto Mario Labò.

In attesa dell’auspicato volume che ci illustri nella sua interezza l’opera
dell’Alessi, questo sulla sua attività genovese, della De Negri, ci si presenta
fino ad oggi come il più diligente ed ampio saggio, di proposito scritto su di lui.

La monografia corredata di 35 illustrazioni in tavole separate, costituisce
il primo dei quaderni pubblicati dall’Istituto di Storia dell’ Arte dell'Univer-
sità di Genova.

RAFFAELE BELFORTI

MINISTERO DELL'INTERNO. PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO. SOPRAIN-

TENDENZA ARCHIVISTICA PER.IL LAZIO, L'UMBRIA E LE MARCHE, Gli archivi

dell' Umbria, Vol. XXX, Roma, Istituto grafico Tiberino, 1957.

Lungo e laborioso è stato il processo per giungere ad. un ordinamento
degli archivi dell'Umbria, in via di diritto e in via di fatto. Questo ultimo
é ancora in corso di attuazione, ma il piano della sistemazione é già comple-
tamente tracciato, e si tratta di lavorare dentro le sue linee per renderlo in
tutto efficiente.

Il prof. Cecchini premette al suintitolato volume indicativo e illustra-
tivo degli archivi Umbri, una notizia storica e topografica dell'organizzazione
archivistica regionale, ricordando provvedimenti legislativi e amministrativi
con cui si é arrivati all'attuale distribuzione degli archivi nei vari centri locali.

L'Umbria ha ora due Sezioni di Archivio di Stato nei capiluoghi delle
Province: a Perugia e a Terni; ha sottosezioni istituite o in via di istituzione
ad Assisi, Città di Castello, Foligno, Gubbio, Narni, Norcia, Orvieto, Spoleto,
Todi. Vi è poi una vasta ripartizione di Archivi Comunali che abbraccia tutte — -
le più importanti delle cittadine umbre; archivi soggetti ad un controllo go-
vernativo, cosicché si può dire che tutta una rete di raccolte archivistiche,
RECENSIONI 207

accertate nella loro consistenza e vigilate nel loro funzionamento abbraccia
. la regione e ci dà affidamento per una conveniente custodia e miglior possibile
utilizzazione, del nostro cospicuo patrimonio storico documentario.

Uno dei problemi più impellenti in tema di Archivi è quello della loro
migliore conservazione.

Gli Istituti Statali offrono per questa le più sicure garanzie, e la concen-
trazione del materiale archivistico in essi sarebbe la soluzione più consona al
fine. Però non si può negare, a città che hanno avuto una storia, il diritto
e la legittima ambizione di trattenere presso di loro e custodire esse stesse,
i documenti di quella propria storia.

E dentro una stessa città ci sono enti e istituzioni che hanno avuto una
parte preponderante nelle vicende cittadine, e nemmeno a questi si può con-
testare una altrettanto giustificata aspirazione, che parimenti va rispettata.
Perché altrimenti si ditruggerebbero quell’amore e quell'attaccamento alle
memorie patrie, quel sentimento, che si dica pure campanilismo, ma nel senso
piü affettuosamente umano della parola.

E un panorama dei fondi archivistici regionali che il volume fa scorrere
davanti al lettore, rivelando una ricchezza di materiale che forse non la si
sarebbe aspettata. Ma non poteva essere diversamente.

Nel suo variato e pittoresco paesaggio di monti, di colline, di piani,
l'Umbria è popolata da tante città maggiori e minori, ma tutte con le avventure
del passato e la propria espressione delle molteplici forme in cui si concreta
nel tempo e si estrinseca la vita di un centro cittadino.

Se si considera quello che è stata la città nello svolgimento della civiltà
nostra, particolarmente nel Medioevo e nel Rinascimento, condensato nucleo
di tutte le energie politiche, economiche, culturali con le quali si attua e si
rivela l’attività umana consociata, si doveva attendere da ognuno di questi
agglomerati urbani, accanto alla complessità dei loro istituti e avvenimenti,
anche la ricchezza degli atti e delle scritture che li hanno accompagnati, e
che oggi a noi li raccontano e ne portano testimonianza.

Questa rassegna degli Archivi particolari della regione, ci offre un pro-
spetto panoramico di vita locale, che accanto a quella parlata dai monumenti,
dalle architetture, dalle pitture, dagli oggetti più magnificenti del culto a quelli
più modesti della esistenza quotidiana, integra la visione storica che vogliamo
farci dell'Umbria.

E non si dica che è materiale di secondaria importanza di fronte a quella

che è la grande storia delle città più cospicue.

È questione di proporzioni: ma i piccoli Comuni, le piccole Signorie pre-
sentano gli stessi fatti strutturali organizzativi, manifestano gli stessi feno-
meni politici sociali delle molto maggiori di loro. Come ritroviamo in ogni
luogo la Cattedrale, i Palazzi del Comune, del Podestà, le sedi delle Arti,
così da per tutto ritroviamo statuti, riformanze, raccolte diplomatiche, car-
teggi, libri contabili, processi e via dicendo. La storia molteplice e varia, ri-
torna sempre ad essere una e informata a un tipo, a un modello.

Malgrado le perdite infertegli dal tempo e dagli uomini, l’attuale patri-
monio archivistico dell'Umbria è, come abbiamo notato, e il volume ci ri-
vela, veramente cospicuo. E bisogna aggiungere che non tutti gli archivi esi-
stenti nella regione, sono stati, per dir così, chiamati all’appello.
208 RECENSIONI

Mancano dati e notizie sugli archivi ecclesiastici, quegli archivi episco-
pali, capitolari in cui pure è segnata tanta parte della nostra storia non solo
religiosa, ma civile, artistica. Non sappiamo se di proposito siano stati la-
sciati a sé stessi, perché ci venga una volta tanto data notizia dell’esistenza
e consistenza loro ad opera delle Autorità da cui direttamente dipendono;
oppure perchè purtroppo la maggiore parte non sono ordinati e accessibili,
.cosicché è difficile poterne avere adeguata cognizione.

Ma anche di diversi archivi locali che pure non sono preclusi agli studiosi
mancano indicazioni. Per soffermarci a Perugia, non si segnala quello del-
l'Accademia di Belle Arti, importantissimo per la nostra storia artistica, né
altri più modesti, ma pure da consultarsi per le vicende culturali cittadine,
come per esempio quelli dell'Accademia del Teatro Morlacchi e della Acca-
demia dei Filedoni.

In una nuova edizione, quando l'organizzazione schianta regionale
sarà completamente realizzata e funzionante, queste lacune potranno essere
colmate; anzi sarebbe opportuno che le omissioni venissero da chi è in grado
di rilevarle, segnalate, cosicché in future ristampe o in apposito supplemento
vi si provvedesse.

Accolgano intanto con viva soddisfazione gli studiosi la pubblicazione
che mette a loro profitto uno strumento di lavoro che può efficacemente orien-
tarli per il vasto campo delle fonti documentarie della regione.

Uno strumento di lavoro: questo vuol essere il volume. Cosi si esprime
nel presentarlo il dott. Leopoldo Sandri, aggiungendo che qualunque ne sia
la forza, uno strumento é sempre un amico.

Ed esso, aggiungiamo noi, riesce nel caso attuale un amico valido e pre-
zioso.

RAFFAELE BELFORTI

BRIGANTI FRANCESCO, L'Umbria nella storia del Notariato Italiano, Archivi
notarili nelle Provincie di Perugia e Terni (con 42 illustrazioni), Perugia,
Tip. Grafica di Salvi e C., 1958.

«Spesse volte l'arida scrittura di uno sconosciuto Notaio serve a porre
in evidenza preziosi particolari biografici di un illustre personaggio, e a rive-
lare la paternità di una insigne opera d'arte attorno a cui i critici polemiz-
zavano invano ».

Così il Briganti addita quali fra tante altre notizie, possono darci; e
quindi che valore storico abbiano quelle raccolte di scritture venutesi accu-
mulando nel corso dei secoli, che. sono gli atti notarili.

. ‘Il Notaio è un personaggio spiccato nella società medioevale, per le sue
mansioni di ampia portata giuridica, e rappresenta nello stesso tempo, un
peculiare elemento culturale di quella società. Per il corso di studi compiuto,
per la conoscenza che ha delle leggi, per la capacità letteraria ad esprimere
in forma scritta convenzioni, deliberazioni, sentenze e. quant'altro doveva
essere impresso dal suggello di legalità e autenticità. Cultura testimoniata
dai Notai giuristi, dai Notai poeti..
RECENSIONI 209

Il Notaio si formava in una speciale scuola di teoria e di pratica; e il
Briganti ne rievoca i primordi e l’esistenza nel nostro Studio.

La materia dottrinale si venne fissando in una particolare disciplina nella
prima metà del Duecento, e fu precisamente un perugino, Rainerius Perusinus,
a sistemarla e divulgarla in un trattato di Ars Notaria, a cui seguì quello di-
venuto più celebre, del suo allievo bolognese, Rolandino dei Passeggeri.

Il Notaio si immette ed è presente in tutte le Magistrature, in tutte le
funzioni politiche, amministrative, giudiziarie.

Dato il loro intervento in tanti rapporti della vita pubblica e privata, i
Notai sono molti e costituiscono un numeroso gruppo sociale. Ci si può chie-
dere quale fosse il loro peso, quale il loro atteggiamento nel governo e nella
politica della città.

Luigi Salvatorelli nel suo studio su la politica interna di Perugia quale
apparisce da un poemetto del Trecento (pubblicato nel nostro Bollettino,
vol. L) fa dei rilievi sulla posiz one assunta dai Notai, mentre più ferveva
la lotta fra nobili e popolari. I Notai erano fuori della organizzazione delle
Arti, formando un Collegio a sé; e parrebbe logico come, dato che l’opera loro
poteva essere richiesta da tutti i ceti, avessero conservato una posizione di
neutralità. Ma da provvedimenti, pur diversi, del Comune in loro riguardo,
si vedrebbe in essi una classe che è tenuta fuori dal popolo, e considerata più
contro che in favore e su cui dunque potevano fare assegnamento i Magnati.

Tuttavia è da ritenere che avranno saputo, come corpo e come singoli,
destreggiarsi tra le fazioni avverse. Indubbio è però che il Notariato risenta
dei vari governi e delle vicende politiche della città.

Le riforme delle proprie costituzioni indicano un adattamento a tempi e
a condizioni diverse. Attraverso dati e notizie, addotte dal Briganti, si può
scorgere tale evolversi dell’istituzione. Si assiste ad un progressivo restrin-
gersi dei compiti dimandati e assunti dai Notai.

Coll’insediarsi nelle Magistrature e negli uffici di propri funzionari dotati
di specifica competenza, viene diminuendo il numero dei Notai, e ne scema
lingerenza nella vita pubblica; rafforzandosi però quella nella vita privata.
Scrive V’A.: « Con i contratti nuziali, le donazioni, divisioni e testamenti, di-
viene il custode dei segreti familiari, l’arbitro nelle difficili situazioni finan-
ziarie, consigliere sincero, e il regolatore della pace domestica ». Quindi l’im-
portanza degli atti notarili per le genealogie e i fatti interni delle famiglie, in
specie di quelle che hanno avuto esercizio di potere, preminenza civile, in-
fluenza determinante. Tanta parte della storia dei secoli scorsi è storia di
famiglie.

Il Briganti in questo suo volume, che è andato alla stampa in occasione
del V Congresso Internazionale del Notariato Latino, tenutosi in Roma nel
1958, presenta lo sviluppo storico dell’istituto notarile nella nostra regione
dall’età di mezzo ai tempi odierni, intrattenendosi sulla legislazione comunale
del Medio Evo, e disposizioni successive, e sui particolari Statuti dei Collegi
notarili delle principali città dell'Umbria.

Le Matricole dei Collegi hanno avuto da lui preminente attenzione, sia
quelle che ancora si conservano nei luoghi di origine, sia quelle che malaugu-
ratamente sono andate a finire fuori dell'Umbria. Sul Collegio di Perugia

14
210 i RECENSIONI

si indugia di più: le monumentali residenze, l'Ospedale, la proprietà fondiaria.
Il Collegio poteva contare anche delle benemerenze verso l’arte. Aveva una
chiesina dedicata alla SS.ma Annunziata, propria patrona, dov'era la bella
tavola con questo soggetto, fattura del Bonfigli, ora una delle opere più pre-
gevoli della Galleria Nazionale di Perugia.

Dalla sottoscrizione di tanti rogiti da lui esaminati, e da altri documenti
ricostruisce elenchi nominativi di Notai e ne compila statistiche per le diverse
località delle due provincie di Perugia e di Terni. Ma ha un interesse tutto
proprio il capitolo intitolato « Il Notariato nella vita spirituale e culturale »,
in cui allinea e dà notizie biografiche di Notai umbri che hanno emerso nel
campo intellettuale; e basta un solo nome per dare lustro alla categoria: Ja-
copone da Todi.

La seconda parte del lavoro riesce di pertinente vantaggio ai ricercatori
di nuclei originari di documenti; ed è l’elenco degli Archivi Notarili delle due
provincie, con indicazioni sul loro materiale, stato attuale di conservazione
e possibilità di consultazione.

Così il volume viene ad affiancarsi all’altro poco prima uscito sugli Ar-
chivi dell'Umbria edito nelle pubblicazioni degli Archivi di Stato.

Per gli storici della nostra regione l’orizzonte delle fonti documentarie
da utilizzare si viene sempre più ampliando e precisando.

RAFFAELE BELFORTI

ASTENGO GIOVANNI, Assisi: salvaguardia e rinascita, in Urbanistica, nn. 24-
25 settembre 1958, pp. 10-132.

Nel 1955 l'Amministrazione Comunale di Assisi affidò all’arch. Giovanni
Astengo il compito di studiare il Piano Regolatore Generale della città e nel
1958, a conclusione di profonde indagini, l'elaborato venne pubblicato. Ri-
sultò immediatamente chiaro che il Piano Regolatore di Assisi costituiva un
esempio, una pietra di paragone a cui avrebbe dovuto riferirsi ogni altro stu-
dio di pianificazione dei nuclei abitati umbri storicamente ed artisticamente
significativi. Infatti, durante tutto il Medio Evo molte cittadine dell'Umbria
si svilupparono sulla base di comuni necessità economiche, politiche e militari.
Esse seguirono un’identica parabola storico-economica e presentemente sono,
pressoché completamente, ridotte alla stessa condizione di « Città del silen-
zio ». Perciò i problemi che l’urbanistica deve affrontare nella pianificazione
di una qualsiasi città umbra sono, in fondo, comuni a tutti gli altri centri
della regione. In genere i vecchi stanziamenti si presentano o situati su di
un'altura o piazzati lungo le pendici di una collina e dall'alto guardano verso
le vallate che si adagiano circa duecento metri più in basso. Lungo la zona
pianeggiante corre la ferrovia e la strada nazionale; in corrispondenza di que-
ste direttrici di traffico, ed in epoca recente, si sono formati altri nuclei abi-
tati in cui fiorisce, talvolta, qualche limitata iniziativa industriale. Citerò gli
esempi di Assisi e Santa Maria degli Angeli; Orvieto ed Orvieto Scalo; Narni
e Narni Scalo; Todi e Ponte Rio; Trevi e Borgo Trevi; infine Perugia fian-
RECENSIONI 211

cheggiata dalle grosse borgate di Ponte S. Giovanni, Ponte Felcino e Fonti-
vegge. È constatabile cioè lo spontaneo moto di traslazione attraverso il quale
la popolazione dei vecchi centri tende a spostarsi al piano ed a raggrupparsi
in insediamenti che sono di gran lunga più vitali dei centri storici da cui
hanno avuto generazione. Quando la distanza tra vecchio e nuovo nucleo non
è eccessiva si assiste al fenomeno della «colata a valle ». L’antico abitato
cioè straripa lungo le pendici della collina sulla quale è piazzato: una serie
di case e casette dai colori squillanti e stridenti con la sobria compostezza
cromatica dei vecchi edifici colma lo spazio intercorrente fra i due insedia-
menti e salda il nuovo al vecchio, con quali gravissimi danni per il panorama
e relativi valori ambientali è facile immaginare. Pertanto nello studio del
Piano Regolatore di una qualsiasi cittadina umbra bisognerà evitare che si
verifichi tale deprecabile circostanza: occorre perciò collegare efficacemente i
due abitati, le cui economie dovranno essere complementari, tenendo però
staccati nella maniera più assoluta il nucleo storico da quello di più recente
formazione. Mi sembra perciò che progettare un piano regolatore per questi
centri situati prevalentemente a mezza collina sia molto più difficile che stu-
diare la pianificazione di una città di pianura, soprattutto per le difficoltà
imposte dalla necessità di rispettare i valori paesistici ed ambientali dell'an-
tico insediamento. Nel Piano Regolatore di Assisi, a conclusione di una mi-
nuziosa indagine che ha spaziato dallo studio della popolazione e sua compo-
sizione all'economia comunale, dalle attività cittadine alla struttura urbana
ed ai valori urbanistici ed architettonici, si è cercato di rivitalizzare il vecchio
centro languente da secoli in un sonno letargico, oggigiorno’ saltuariamente
interrotto dalla benefica ondata di turisti stranieri invadenti l’Italia durante
la stagione estiva. L'indagine sopra accennata si è concretizzata non solo nella
dettatura di norme intese a pianificare la futura espansione edilizia, ma anche
a suggerire una serie di interventi a favore della economia assisana, forte-
mente depressa. Ciò dimostra il carattere di profonda umanità a cui è stato
informato il Piano Regolatore di Assisi: l’Astengo infatti è divenuto citta-
dino di Assisi ed attraverso il suo studio, che travalica di gran lunga i limiti
entro i quali è normalmente racchiuso un piano regolatore, ha conclamato
le ristrettezze di ogni genere entro cui si dibatte questa « Città del silenzio »,
facendosi implicitamente banditore del profondo bisogno di rinnovamento
sentito da tutte le città dell’Italia centrale, di cui Assisi può ben essere presa
a prototipo.

Nel Piano Regolatore Generale di Assisi, presentato in degna veste tipo-
grafica sulla rivista Urbanistica, n. 24-25, del settembre 1958, è preso an-
zitutto in esame il tracciato delle linee di grande comunicazione esistenti ed
a conclusione della indagine viene proposta la creazione di una-strada trasver-
sale collegante la SS. 75 ad Osteriola con la SS. 147 a San Giovanni in Cam-
piglione. La nuova strada, se realizzata, permetterebbe il rapido deflusso del
traffico Perugia-Foligno, eliminerebbe due passaggi a livello e sarebbe in de-
finitiva la vera e propria spina dorsale della nuova rete viaria. A questa ar-
teria principale dovrebbero confluire le strade della pianura. Per quel che ri-
guarda invece lo sviluppo della città entro le mura, si stabilisce che tutti

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212 RECENSIONI

gli edifici siano soggetti a vincolo « non altius tollendi » mentre le aree tuttora
inedificate sono soggette a vincolo «non aedificandi ». La zona destinata al-
l'edilizia residenziale di espansione, e relative attrezzature pubbliche, é pre-
vista fuori Porta Nuova ad adeguata distanza dalle mura castellane e se-
parata dalla vecchia città mediante una fascia di terreno olivato profonda
circa centocinquanta metri. I nuovi fabbricati dovrebbero essere opportuna-
mente circondati da larghe zone di verde.

L'abitato di Santa Maria degli Angeli viene ristrutturato, sia mediante
la riorganizzazione delle zone residenziali parzialmente edificate, sia attra-
verso l'innesto di un nuovo quartiere piazzato a valle della ferrovia e saldato,
con un nuovo centro civico, al primitivo insediamento. Sono state indi-
viduate larghe zone per la localizzazione dei futuri impianti industriali, i cui
volumi sono soggetti a vincoli di altezza e di cubatura onde accordare gli
usi industriali con le esigenze paesistiche ed igieniche.

Per le frazioni di Petrignano e Palazzo è stata prevista, oltre alla nuova
rete viaria, una zona residenziale e nuove aree destinate ad usi industriali ed
artigianali. È fatto obbligo inoltre di restaurare e risanare gli antichi castelli
medioevali ed i fabbricati colonici antichi. Questi, in larghissima sintesi, gli
interventi previsti nel Piano Regolatore Generale.

È spontaneo ora chiedersi se il generoso tentativo di rivitalizzare il vec-
chio nucleo storico possa sortire l’effetto sperato o meno, tenendo presente
che le città antiche sorsero a causa di situazioni storiche ed economiche to-

——talmente. differenti dalle attuali. In conseguenza di ciò i vecchi nuclei mal si

adattano alle diverse necessità condizionanti il buon funzionamento di un
nuovo centro abitato; né gli sventramenti operati in un recente passato nel
tessuto viario degli antichi insediamenti ottennero i risultati sperati. La
struttura urbanistica di un centro medievale blocca in partenza la possibi-
lità di rivoluzionare in senso moderno l'economia di una città come Assisi,
vivente essenzialmente di un’agricoltura basata su sistemi arretrati e di tu-
rismo di scorrimento. Conseguentemente credo che, col tempo, quelle che sono
attualmente le frazioni a valle dei nuclei storici situate presso le grandi di-
rettrici di traffico, pulsanti di vita operosa intorno alle installazioni industriali,
che, seppur piccole, costituiscono sempre una soddisfacente premessa per una
integrale rivoluzione del sistema di vita attuale, soverchieranno in ogni di-
rezione i capoluoghi da cui hanno avuto filiazione.

Ai vecchi centri rimarrà tuttavia la funzione di rappresentare la conti-
nuità tra vecchio e nuovo nel senso che i più recenti insediamenti saranno
improntati allo stesso spirito secondo il quale furono successivamente edifi-
cati gli antichi nuclei. Ma perché ciò avvenga occorrerà tenere presenti le
frasi con le quali Giovanni Astengo introduce lo studio del Piano:

« Il rinnovamento della città deve partire soprattutto dall’interno, dal-
l'autocoscienza dei cittadini: le proposte del Piano non saranno allora im-
posizioni operate dall'esterno, bensi stimoli di iniziative locali. In tal maniera
anche Assisi potrà essere matura per un ragionato sviluppo, basato sull'equi-
librio fra un rigoroso controllo di conservazione ed un audace e totale rinno- .
vamento ».

RENZO PARDI
RECENSIONI 213

DUFNER GEORG, Die « Moralia » Gregors des Grossen in ihren italienischen
Volgarizzamenti, in Miscellanea erudita, Padova, Antenore, 1958, in 169,
pp. 204 (vol. II della collezione).

In un elegante volume apparso ultimamente come secondo della serie
Miscellanea erudita, l'editrice Antenore offre al fiore della cultura umanistica
italiana un brillante studio, condotto con la più encomiabile serietà scientifica
che si possa desiderare in un settore di investigazioni ove i preconcetti e i
presupposti hanno spesso, purtroppo, non poca parte.

Lo specialista appassionato dello sviluppo della lingua italiana nel Trecento
e Quattrocento conosce l'importanza che rivestono per il suo arduo lavoro i
«volgarizzamenti » delle opere latine composti nel « buon secolo della lingua »;
i seri e numerosi studi già apparsi su quasi tutte le versioni in « volgare »
dei grandi classici latini ne sono chiara e decisiva dimostrazione. Finora,
però, il vasto settore riguardante i « volgarizzamenti » di autori classici del
periodo patristico era passato in sott'ordine, se non quasi trascurato. A col-
mare in parte tale lacuna appare ora il risultato di più anni di studio che il
Dufner compie sulle traduzioni « volgari » che il ‘300 e il '400 videro nascere
dalla nota opera di S. Gregorio Magno: Moralia. L’influsso che il grande papa
del sec. vi esercitò su tutto il Medioevo, tramite le sue opere omiletiche, ese-
getiche, dogmatiche, ecc. è quanto di più vasto e profondo si possa pensare;
i manoscritti ancora rimastici sono numerosi e tra le « auctoritates » tanto
care alla letteratura sacra dell’epoca, raramente Gregorio non fa risentire il
peso della sua « autorità » con qualche citazione da lui desunta. In partico-
lare, i Morali ebbero il più invidiabile dei successi. Né si limitarono al solo
Medioevo, ma continuarono anche nel periodo dell’umanesimo, e noi vediamo
che il primo periodo di questo movimento nutre la più grande venerazione
verso un’opera che stima quale compendio di vita cristiana, ove con un’in-
terpretazione letterale, morale e mistica del grande dramma del dolore, nar-
rato nel libro veterotestamentario - di Giobbe, si offre il più sostanziale cibo
spirituale alle anime pie, sia di religiosi che di laici.

Il Dufner si interessa precisamente di questo; e, si noti, è il primo che si
mette su un campo quanto mai difficile ed irto di pericoli quale è lo studio
di manoscritti originali « volgari » in archivi italiani, specie se lo studioso è
(come spesso accade !) uno straniero. A lettura terminata, però, si deve con-
fessare che l’opera ha superato ogni aspettativa, rispondendo, nel suo com-
plesso, ai più profondi e ardui interrogativi.

Il primo volgarizzatore dei Morali fu Zanobi da Strada; dal 1352 al 1355
egli è a Napoli ai servizi di Nicola Acciaiuoli, dal quale riceve l’incarico di
tradurre i Morali. Il Dufner ne riesce a chiarire le circostanze e la data ap-
prossimativa, dando così un contributo non indifferente alla storia del primo
umanesimo, di cui il Zanobi è un noto rappresentante.

La sua traduzione tuttavia non fu completa; a metà dell’opera (libro XIX)
sospese il suo lavoro, lasciando incompleta la frase. Il lavoro fu condotto a
termine da un traduttore finora rimasto poco conosciuto: Giovanni da Sammi-
niato, camaldolese fiorentino. L’A. ce ne offre un’esauriente biografia, por-
tandoci alla conclusione di trovarci innanzi ad un personaggio assai signifi-

Le rule GIA ILS de CCo d OO ELE
214 RECENSIONI

cativo: Giovanni, infatti, oltre che per i suoi volgarizzamenti, è noto anche
per la sua enorme collaborazione alla traduzione di testi classici.

La traduzione di Zanobi da Strada e di Giovanni da Samminiato fu la
sola scritta in una lingua toscana pura. Non c’è dunque da meravigliarsi di
vederla vincere le altre versioni, tutte più o meno dialettali e incomplete.
Ebbe l’onore di quattro ristampe, delle quali la migliore è senza dubbio l’in-
cunabolo del 1486, presente in quasi tutte le grandi biblioteche d’Italia.

Il diligente A. riesce anche a individuare l’autore di un altro volgariz-
zamento, rimastoci in due manoscritti a Venezia e a Oxford: Giovanni da
Tossignano, gesuato a Venezia e più tardi vescovo di Ferrara, tipico rappre-
sentante di quel mondo chiuso e conservatore, che non si lascia toccare dalle
onde già alte dell'umanesimo. Giovanni è una di quelle grandi figure della
riforma ecclesiastica, che parte da quella schiera di uomini dal nome di Eu-
genio IV, Ludovico Barbo, Dandolo Fantino a Niccoló Albergati. Oltre alla
vita del traduttore, il nostro libro dà pure un elenco delle sue opere, che sono
abbastanza numerose. Dal punto di vista culturale generale Giovanni da Tos-
signano é una figura di grande importanza; la sua vita illumina non poco
anche la storia dei gesuati, finora cosi poco studiata, eppure di non trascura-
bile entità. -

Un altro volgarizzamento dei Morali é particolarmente interessante per
gli studiosi di storia umbra. Il manoscritto 1056 della Biblioteca Augusta di
Perugia contiene la traduzione di una monaca del monastero di Monte Luce,
nei sobborghi di Perugia, scritta all'inizio del Cinquecento. La storia di questo
monastero, come ce l'offre l'A., testimonia la forza creatrice che animava
il convento di Monte Luce. Nato come fondazione cisterciense, fu unito all'or-
dine di San Damiano sotto Gregorio IX. Riformato da Giovanni da Capistrano
e dalla badessa Margherita da Sulmona, il convento diventó nella seconda
metà del Quattrocento il centro di una grande riforma monastica, che s'irra-
diava molto oltre i confini dell'Umbria. San Casimato (Cosimato !) in Tra-
stevere (1451), Firenze (1453), Urbino (1455), Arezzo (1492), Borgo S. Sepol-
cro (1500) e molte altre città ricevono le suore di Monte Luce e aprono le -
porte dei monasteri alla riforma. Non abbiamo citato qui che i primi mona-
steri riformati da Monte Luce. Il Dufner dà un elenco con ogni probabilità
abbastanza completo di tutte le fondazioni e di tutte le riforme (pp. 113-116).
Questo grande periodo di riforma coincide, si noti, con un'intensa attività
letteraria.

Il paragrafo Die Schreibschule von Monte Luce (Lo scrittorio di Monte
Luce, p. 116 ss.) dà un elenco délle. monache che copiarono per lo piü testi
patristici, tutti in lingua volgare. Suor Eufrasia, badessa, scrisse il Libro delli
quattro evangelii e il Liber Reformationis, che fu continuato da altre suore.
Suor Maria di Bartolomeo di Perugia (} 1508) è nota per i breviari e per due
esemplari della Regola del beato Bernardino da Feltre e per E! libro de le
Collazione dey santi padri. Suor Felicita di Perugia sembra essere la copista
più feconda; la lista dei suoi manoscritti è la più ricca: Vita della Beata Angela
da Foligno, Libro delle Collazioni di Giovanni Cassiano, Omelie e Dialoghi di
S. Gregorio, Vita della Beata Eustochia, Trattato di S. Bernardo sopra « Missus
est », ecc. Suor Battista Alfani continua il Liber Reformationis e copia il Libro
delli SS. Padri e la Leggenda della nostra S. Madre Chiara. Suor Virgilia Ran-
RECENSIONI 215

doli scrive la metà della Franceschina di Giacomo degli Oddi; il suo manoscritto
viene terminato da Suor Modesta Jerii. Il Dufner riesce a rintracciare gran
parte di detti manoscritti nella Biblioteca Comunale di Perugia; altri sono
dispersi o perduti e sfuggono perciò alle sue pazienti ricerche. Molti mano-
. scritti sono datati e vengono elencati perciò in ordine cronologico.

Quanto ai Morali di S. Gregorio non si riesce a identificarne la traduttrice,
ma con argomenti convincenti l’A. fissa i limiti della traduzione all’inizio
del Cinquecento. Il volgarizzamento risulta quindi troppo recente per poter
offrire una lingua perugina pura e genuina. D'altra parte il vocabolario usato
prova chiaramente che molti elementi dialettali si mantengono a lungo anche

x

nella lingua scritta. Il nostro testo è straordinariamente conservatore e da
questo punto di vista è anche filologicamente interessante: il Dufner si pre-
occupa di metterne adeguatamente in rilievo i caratteri più specificamente
perugini. ; i

Altra importanza significativa, forse la principale, di questo volgarizza-
mento di Monte Luce consiste ancora nel fatto che esso ci offre un esempio
eloquente di come le riforme dei nuovi ordini si nutrissero della spiritualità
degli antichi ordini monastici. San Gregorio, San Bernardo e Giovanni Cas-
siano sono gli autori più copiati e per conseguenza anche più letti nella riforma
di Monte Luce.

Accanto a queste traduzioni di primo piano, il Dufner ricorda anche altre
traduzioni parziali: tutte stanno a dimostrare l’influsso dell’opera gregoriana.
Il libro offre in fine un florilegio di testi, tra i quali troviamo pure quello di
Monte Luce. Un elenco dei manoscritti consultati e una vasta e scelta biblio-
grafia chiudono il prezioso volume. Del quale, da parte nostra, dopo averne
esposto in breve il denso contenuto, non rimane che augurare la più cordiale
e simpatica accoglienza anche presso il pubblico studioso italiano.

AIl’A., poi, i migliori rallegramenti, nella certezza di aver presto a di-
sposizione altri suoi apporti così solidi e positivi quali il presente; speranza
non infondata, poiché l'A. sta ancora continuando sull'argomento per illu-
strarlo da altre prospettive.

CosTANZO TABARELLI

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SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Preistoria
Archeologia classica e cristiana.

Amelia

CIOTTI UMBERTO, Amelia, Restauri ‘e
scoperte, in Fasti Archaeologici, X,
1957, p. 195, n. 2471.

Durante i restauri alle mura poligo-
nali sono stati scoperti. gli stipiti di
una porta, da cui due strade accedevano
alla città. :

PIETRANGELI CARLO, CIOTTI UMBERTO,
Amelia, in Enciclopedia dell’arte, I,
21:057; 5p: 3173

Assisi

PIETRANGELI CARLO, CIOTTI UMBER-
To, Assisi, in Enciclopedia dell’ Arte,
I, 1958, pp. 740-741.

PAOLETTI ANNA, Materiali archeologici
nelle Chiese dell'Umbria: S. Rufino,
Assisi, Perugia, 1958, pp. 47.

Sarcofago di Endimione e Selene,
del mr sec. d. C. nella cripta della
cattedrale di Assisi. |

Bettona

PIETRANGELI CARLO, Bettona, in Enci-
clopedia dell’ Arte, II, 1959, pp. 76-77.

Bevagna -

PIETRANGELI C., Mevania, Roma 1953
Rec.: M. R(ENARD), in Revue belge de
Philologie et d'histrire, X X XV, 3-4,
1957, pp. 1196-1197.

Rec. a PIETRANGELI CARLO, Mevania,
Roma 1953: NEPPI MoDoNA A. in
Studi Etruschi XXIII, 1954 (1955),
p. 456.

PIETRANGELI CARLO, Bevagna, in Enci-
clopedia dell’ Arte, II, 1959, pp. 77.

Carsulae

Criorri UMBERTO, Carsulae, in Enci-
clopedia dell’ Arte, II, 1959, p. 372.

CiorTI. UMBERTO, Carsulae, scavi e
scoperte, in Fasti Archaeologici X,
1957, pp. 346-47, n. 4325.

Nel Teatro è stata scoperta una gra-
dinata che collegava l’ambulacro con
la summa cavea. Iniziato lo sterro del-
l'anfiteatro di cui sono stati rinvenuti
gli ingressi principali. Rialzato in parte
lo stilobate del Capitolium. Ritrovato
nello scavo un busto di Claudio ap-
partenente a statua colossale dell’im-
peratore.

Cascia

CIOTTI UMBERTO, , Cascia, Scoperte, in
Fasti Archaeologici X, 1957, p. 347,
n. 4326.
n

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 217

Nella strada da Maltignano a Tazzo
scoperte due tombe a camera del 1

sec. La suppellettile comprende vasi:

tittili e vitrei e placchette di rivesti-
mento in osso.

Clitunno (vedi Spoleto)

Corciano

MAETZKE GucLIELMO in Studi Etruschi
XXIII, 1954 (1955), pp. 338.

A Monte Torrazzo scoperta una pic-
cola necropoli romana con tomba
«alla cappuccino ».

Ficulle

Bizzarri MarIO in Studi Etruschi
XXVI, 1958, p. 190.

A Ficulle in loc. Pian di Meana è
stata trovata una statuetta fittile
acefala, forse un Giove o un Esculapio,
di fattura etrusca.

Foligno

Foligno (G. Cecchini)
Bevagna (C. Pietrangeli)
Urvinum Hortense (Collemancio) (C.
Pietrangeli)
Nocera Umbra (G. Cecchini)
Spello (G. Cecchini)
Trevi (G. Cecchini)
Notizie relative al periodo romano
in Foligno ecc., a cura della Cassa di
Risparmio di Foligno, 1858-1958 (1959).

Gubbio

ScARDIGLI Pier Luigi, Studi sulla
III e IV tavola di Gubbio, in Studi
Etruschi, XXV, 1957, pp. 267-301;
XXVI, 1958, pp. 155-184.

Secondo l’autore le due tavole si
riferiscono entrambe ad un rito unico

dedicato a varie divinità e forniscono
indicazioni sulle varie fasi di questo.

Monteleone di Spoleto

SCARZATO UMBERTO, Considerazioni sul
carro di Monteleone di Spoleto, in
Archeologia Classica, VIII, 2, 1956,
pp. 153-163.

Riassunta la questione sul celebre
carro bronzeo ora nel Metropolitan
Museum di New York, l'A. conclude
trattarsi di un’opera dedalica con note-
voli influenze ioniche eseguite nel ter-
torio perugino alla metà circa del
VI:Sec. al:

Montefalco

TESTA E., Chrestus nome precristiano in
un cippo inedito di Montefalco, in
Studi Biblici Franciscani 1. VII, 1956-
57, pp. 125-144.

Iscrizione di C. Norbanu(s) C. L.
Chrestu(s), databile tra il 2° e il 1° sec.
axi:

Norcia

CIOTTI UMBERTO, Saggi di scavo nella
Cripta di S. Benedetto, in Fasti Ar-
chaeologici X, 1957, pp. 352-53, n.
4385.

Effettuate esplorazioni nel vasto edi-
ficio in opera reticolata sottostante alla
Chiesa e databile tra la fine del 1 e
il principio del r1 sec. e in particolare
in una sala quadrata absidata di m. 23 -
x 23.

Orvieto

Nell'Istituto Centrale del Restauro di
Roma si sta procedendo al restauro
della preziosa raccolta vascolare del
Museo Faina di Orvieto, in Fasti Ar-
chaeologici X, 317; XI, 323.
SEGNALAZIONI
Orvieto

Studi Etruschi XXVII, 1959,p. 223.

A Bardano presso Orvieto in terreno
di propr. Cimicchi è stato scoperto
un tratto di acquedotto etrusco lungo
c. 8 m.; scavato nella roccia, esso è
fiancheggiato da due muretti in tufo
su cui poggia una copertura a doppio
spiovente di lastre trapezoidali pure
di tufo. Lo stesso tipo di copertura è
ripetuto più in basso a difesa del con-
dotto ove tuttora scorre acqua limpida.
Il cunicolo è alto al massimo m. 1,70.

Studi Etruschi XXVII, 1959, pp. 223-
224.

In località Montecavallo presso Or-
vieto nella cava di pietrisco di proprie-
tà dell’ANAS è venuta in luce una
tomba a camera con suppellettile fu-
nebre; nelle adiacenze si sono scoperte
altre 5 tombe dalle quali è stata recu-
perata numerosa suppellettile data-
bile alla metà del rv sec. a. C.: una
cinquantina di vasi di bucchero, im-
pasto chiaro e rossiccio, a vernice
nera; tre strigili di bronzo, un’accetta
di ferro, resti di un lebete di bronzo.
Il pezzo più importante è una tazza di-
pinta di fabbrica chiusina con satiro
ebbro che si sostiene con le braccia at-
torno al collo di un altro satiro e di una
menade. i

BIZZARRI MARIO in Studi Etruschi,
XXVI, 1958, p. 190.

In loc. Corbara, voc. Chiesuola è
stato prelevato un bel cippo inedito
col nome del console Cornelio Prisco
Valerino, finora ignoto. Ora è nel
Museo dell'Opera. del Duomo.

Nell’area del Palazzo Vescovile è
venuto in luce un fosso rettangolare

etrusco profondo m. 7.

BIBLIOGRAFICHE

Nello sterro del Campo Sportivo è
stata trovata una ciotola che deve es-
sere servita di coperchio ad un ossuario
villanoviano.

Otricoli

PIETRANGELI CARLO, Scavi e scoperte di
antichità sotto il pontificato di Pio VI,
seconda edizione, Roma, Istituto di
Studi Romani, 1959, pp.189,tavv. 22.

Pubblicazione di notizie archeolo-
giche desunte dal « Diario di Roma »,
nell'archivio Campello a Spoleto.

Notizie sugli scavi di Otricoli al
tempo di Pio VI.

MINGAZZINI PAOLINO, Tre brevi note sui
laterizi antichi, in Bullettino del Museo
della Civiltà Romana, vol. XIX (Ap-
pendice del Bullettino della. Commis-

sione Archeologica Comunale di Roma, .

vol LXXVI, 1956-58, p. 93.

Accenno alle figlinae Ocriculanae, da
non considerarsi municipali.

Perugia

MANSUELLI GUIDO ACHILLE, « Forni-
ces» etruschi, in Studi Etruschi, XXIII
1954 (1955) pp. 439-440.

Tratta del sepolcro di Arnd Velimna
di Perugia.

Bizzarri MARIO in Studi Etruschi,
XXVI, 1958, p. 190.

In loc. Strozzacapponi sono state
trovate quattro urne etrusche di tra-
vertino, delle quali due con epigrafi.

Bizzanni MarIo in Studi Etruschi,
XXVI, 1958, p. 190. |

In loc. Pieve S. Sebastiano, voc. Ca- .

sella sono state trovate due urne ci-
nerarie inscritte di travertino, una del-
le quali adorna di una scena di asse-
dio e, sul coperchio, di una figura mu-
liebre giacente.

— A.
e

BizzARRI MARIO, in Studi Etruschi,
XXVI, 1958, pp. 189-190.

A Perugia in loc. Pallotta scoperti i -

resti di una tomba a camera. Tra la
suppellettile è stata recuperata una
bella kylix a figure rosse di stile severo.

BizzARRI. MARIO, Una nuova tazza del
pittore di Antiphon, in Studi Etruschi,
XXVI, 1958, pp. 259-265.

Studia la coppa a figure rosse di stile
severo trovata in loc. Pallotta nel
1957 insieme con materiale vario.

La coppa rappresenta un giovane
disteso sulla kline, nell’atto di giocare
al kottabos. Lo stile è quello del pit-
tore di Antiphon; è databile al 480
a. C.

JoHNSTONE MARY A., Perugia and
her people, Perugia, Grafica, 1956,
pp. 262.

Rec. NEPPI MopoNA A.,in Studi Etru-
schi, XXV, 1957, p. 616.

Studi. Etruschi XXVII, 1959 p. 223.

In locali di proprietà dell’Ospedale
Civile in via S. Ercolano sul lato destro
della strada scendendo verso l’Arco
omonimo, si sono trovati resti dell’an-
tico . lastricato stradale, presumibil-
mente etrusco, con allineamento retti-
lineo rispetto all’Arco. Assai notevole
la pendenza riscontrata nel breve
tratto scoperto.

Spello

CASTAGNOLI FERDINANDO, Tracce di
centuriazione nei territori di Nocera,
Pompei, Nola, Alife, Aquino, Spello,
in Rendiconto della Accademia Nazio-
nale dei Lincei, s. VIII, XI, 1956,
pp. 373-378.

Tracce di centuriazione sul territorio
di Spello.

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Spoleto

Pascucci GIOVANNI, Caio Melisso, in
Spoletium, VN, 1958, pp. 36-38.

Notizie sul commediografo spoletino
bibliotecario di Augusto.

PrETRANGELI CARLO, Clitumno (tem-
pietto del), in Enciclopedia dell' Arte,
II, 1959, p. 723.

Clitumnus (dio), in Enciclopedia del-
l'Arte 1I, 1959, p. 723.

Zocca Manio, Il Ponte Sanguinario di
Spoleto e la sua sistemazione, in Atti
del V Convegno Nazionale di Storia
dell’ Architettura, Perugia, 23 set-
tembre 1948 (Firenze, 1957), pp. 467-
478.

Storia dello scavo, progetti di re-
stauro e nuovo progetto di sistema-
zione.

CioTTI UMBERTO, Scavo e sistemazione
dell’edificio romano presso l’ Arco di
Druso [a Spoleto], in Spoletium, IV,
1957, pp. 3-10.

Illustrazione dei lavori di isolamento
di un pilone dell’Arco di Druso e del
fianco del tempio adiacente.

CIOTTI UMBERTO, Spoleto : teatro roma-
no, in Fasti Archaeologici, X, 1957,
p. 357, n. 4430.

Completata l’esplorazione della cavea
e dell'orchestra fino al pulpitum. Rin-
venuto un ritratto di Augusto e parte
di puteale neoattico.

Pascucci GIOVANNI, Un nuovo poeta
latino, in Spoletium, IV, 1957, pp. 17-
18.

Scoperta, dovuta ad A. Campana,
di una silloge di 71 epigrammi latini
di Giunio (o Giulio) Naucellio che vis-
se gli ultimi anni della sua vita a Spo-
leto. Numerosi accenni a Spoleto (« Ter-
me di Mirone »; Aquae Maternae).
220 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Zorzi, G. G., Altri disegni di vari artisti
riguardanti monumenti antichi nelle
raccolte palladiane di. Vicenza e Lon-
dra, in Palladio, 1956, pp. 54-68.

Pubblica un disegno di autore sco-
nosciuto del Tempietto del Clitunno.

Terni

GRASSINI Piero, Le sottostrutture ro-
mane alla luce di recenti scavi della
chiesa di S. Salvatore in Terni, in
Atti del V Convegno Nazionale di
Storia dell’ Architettura, Perugia, 23
settembre 1948 (Firenze 1957), pp.
475-479.

La Chiesa di S. Salvatore in Terni è
fondata su costruzioni romane indipen-
denti delle quali ha utilizzato anche
materiale sporadico. Si tratta di una
casa romana e forse anche un edificio
a pianta circolare con colonnato:

Umbria

Museo della Civiltà Romana, Catalogo.
Roma, Casa editrice Carlo Colombo,
1958, pp. 695.

Descrizione di numerosi monumenti
antichi dell’Umbria.

Enciclopedia Classica. Sezione III, Ar-
cheologia e Storia dell’arte classica.
Volume XII, Archeologia (Arte ro-
mana) a cura di P. E. Arias, Tomo
I. LuIiGI CREMA, L'architettura roma-
na, Torino, S.E.L, 1959, pp. 688.
Numerose citazioni di monumenti

antichi dell'Umbria.

CARLO PIETRANGELI

Critica e storia dell’arte.

PRrIMoLI JosePH NAPOLEON, Pages
inédites recueillies, présentées et an-
notées par MARCELLO SPAZIANI (Qua-
derni di cultura francese a cura della

Fondazione Primoli, I), Roma, Edi-
zioni di Storia e Letteratura, 1959.

Pubblicazione di scritti inediti del
conte Giuseppe Primoli conservati nel-
l'archivio Campello a Spoleto.

Borur G., Montoro, Storia di un ca-
stello umbro e di una famiglia romana,
Roma, Atel, 1956, pp. 135.

BERLINER RupoLF, Zeichnungen | von
Carlo und Filippo Marchionni, in
Münchner Jahrb. der bildenden Kunst,
IX-X, 1958-59, pp. 292, 293, 296.

Pubblica alcuni disegni dei Marchion-
ni per la decorazione della chiesa dei
baroni Ancajani a Spoleto, che si con-
servano nel museo della Università di
Würzburg.

BERLINER RupoLr, Zeichnungen von
Carlo und : Filippo Marchionni, in
Münchner Johrbuch der bildenden
Kunst, IX-X, 1958-59, pp. 318-323.

Vari disegni dei Marchionni relativi
a Montefranco nel Museo di Roma.

CARLO PIETRANGELI

NoGARA BARTOLOMEO, Il pensiero e l'o-
pera di Pericle Perali, in Aspetti let-
lerari, 1959, fasc. VI.

E la prefazione che l'illustre diretto-
re dei Musei vaticani aveva preparato
per l'opera I Fasti di Pericle Perali e
che é stata pubblicata dopo la morte
dell'estensore.

MARTINELLI VALENTINO, Un capolavoro
inedito del Lanfranco in S. Domenico
a Spoleto, in Spoletium, IV (1957).
L'A. dedica un accurato esame sotto
gli aspetti compositivo, iconografico,
stilistico al grande quadro della Madon-
na col Bambino, i SS. Anna, Caterina

da Siena, Caterina d'Alessandria, Ele- .

na di Giovanni ' Lanfranco esistente
nella chiesa di S. Domenico, già S.
Salvatore, di Spoleto.

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SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 221

SALMI MARIO, Un problema storico-arti-
stico medievale (A proposito di un mo-
saico scoperto nel Duomo di Narni),
in Bollettino d' Arte del Ministero della
Pubblica Istruzione, n. 3, luglio-
«settembre 1958.

L'A. prende lo spunto da un esame
approfondito condotto sotto la guida
della documentazione storica e dei
caratteri stilistici e iconografici sul sa-
cello di S. Cassio e della zona ad esso
sovrastante, per addivenire alla clas-
sificazione cronologica e stilistica dei
vari elementi di diversa epoca che in
rimaneggiamenti successivi sono stati
mescolati e per rifare, sia pure in linea
essenziale, ma sicura la storia di quel-
l’insigne cattedrale.

PIETRANGELI CARLO, Guida di Bevagna.
A cura della Associazione Turistica
«Pro Mevania », 1959, pp. 81, ill.

La modestia della stampa è riscat-
tata dalla felicità dell’esposizione chia-
ra, ordinata e densa di notizie e di
giudizi critici e richiami comparativi
assai efficaci; sicché non si poteva
attuare un modo migliore per mettere
in pieno valore le vicende storiche e
i pregi artistici e monumentali della
graziosa cittadina umbra.

SANTI FRANCESCO, 7 privilegi e la cap-
pella dei maestri lombardi in Perugia
in un codice quattrocentesco, in Arte e
artisti dei laghi lombardi, 1959, della
Rivista archeologica dell’antica pro-
vincia o diocesi di Como, pp. 289-307,
1 tav.

Il contributo è dedicato allo studio e
all’illustrazione del ms. 1451 della
Biblioteca Comunale di Perugia, che
contiene vari privilegi ed atti pubblici
riguardanti la corporazione perugina
dei maestri lombardi di pietra e legna-
me, documenti di cui vien data la tra-
scrizione integrale.

GUERRIERI OTTORINO, Perugia. Guida
artistica illustrata con pianta dei mo-
numenti. Milano-Roma, Industrie gra-
fiche N. Moneta, 1958, pp, 111, ill.

È una guida pratica della città di
Perugia, suddivisa in otto itinerari, in
cui è data in breve una rilevante somma
di notizie artistiche e storiche, che
in una nuova edizione sarebbe desidera-
bile fossero date in alcuni casi con mag-
giore precisione di determinazione cro-
nologica. La pubblicazione è corredata
di nitide e talora originali illustrazioni.

GIOVANNI CENTRINI

ANDREOLA AMINA, Una stupenda ab-
bazia abbandonata nel cuore dell’ Um-
bria, in Arte Cristiana, vol. XLVI,
1958, pp. 163-165.

Notizie storico-artistiche sull’abazia
benedettina di Sassovivo (Perugia)
già fiorentissimo centro di vita religiosa.

MARIO PERICOLI

Storia, politica, economia civile
e religiosa

LAZZARINI ANDREA, Gratianus de Ur-
beveteri, in Studia Gratiana, Bologna,
vol. IV, 1956-1957, pp. 3-15.

Individuata nell’Orvietano la patria
di Graziano sulla scorta di fonti seriori,
l’A. ritiene che la vocazione claustrale
di Graziano sia da mettere in relazione
con la discesa di Enrico V (1110).

OrsINI GriUusEPPE, L'Istituto Tecnico
Agrario Statale « Augusto Giuffelli »
di Todi, Todi, Tip. Tuderte, 1957,
pp. 24, ill.

Sono narrate l’origine e le vicende di
questo istituto scientifico dal 1863,
sorto come Colonia Agricola, e trasfor-
matosi via via nel tempo fino all’at-
tuale importante centro di studi agrari
organizzato e attrezzato per corrispon-
dere alle attuali esigenze. È dotato di
azienda agraria e di collegio.

ForTINI ARNALDO, Per la rinascita .

delle Bande musicali, con notizie sto-
riche sulla Banda Cittadina di Assisi
nel 134° anniversario della sua fon-
dazione. S. Maria degli Angeli, Tip.
Porziuncola, 1957, pp. 41, ill.

Dall’uso fatto dei trombettieri per
i funerali di S. Francesco e di S. Chiara
e documentato nelle pitture medio-
evali, l'A. rievoca avvenimenti e per-
sonaggi della vita assisana fino ai nostri
giorni mettendo in nota lo sviluppo e le
vicende della Banda cittadina.

MawciNI FRANCO, Lucrezia Borgia
governatrice di Spoleto, in Archivio
Storico Italiano, vol. CXV, 1957, pp.
182-187.

Pubblica ed illustra -cinque lettere
di Lucrezia Borgia riguardanti la sua
amministrazione. :

WALEY D. P. — HoLTZMANN W., La
legazione papale in Umbria del 1210
in un documento. inedito di Amelia,
in Rivista di Storia della Chiesa in
Italia, vol. XII, 1958, pp. 120-125.

Premessa una nota sulla legazione
del card. Benedetto di S. Susanna,
viene pubblicato il testo di un docu-
mento contenente le condizioni della
sottomissione degli abitanti di Lugnano
in Teverina al Comune di Amelia
(Terni).

TENTORIO Manco, Cenni storici sul
collegio S. Michele Arcangelo dei
PP. Somaschi in Amelia, in Rivista
dell'Ordine dei Padri Somaschi, vol.
XXVII, 1954, pp. 475-492.

222 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

L'A. rileva l’opera svolta dai Soma-

schi nella città di Amelia (1601-1839):

scuole gratuite, chiesa di S. Michele
Arcangelo, convitto, cura spirituale di
monasteri.

GHINATO ALBERTO 0.F.M., I primi
Monti frumentari di fra Andrea da
Faenza, in Antonianum, vol. 33,
1958, pp. 423-442.

Notizie biografiche su questo predi-
catore francescano del Quattrocento
e lineamenti storico-giuridici dei primi
Monti frumentari di Sulmona, Spoleto,
Terni e Cremona.

MARIO PERICOLI

BALDACCINI FELICIANO, Processi a Fo-
ligno contro i Fraticelli nel 1455, in
Archivio Storico Italiano, Anno CXV,
n. 414, 1957, disp. II, pp. 176-182.

Documenti trascritti dal Liber male-
ficiorum dell’Archivio Notarile Manda-
mentale dii Foligno. Il Baldaccini fa
una breve descrizione introduttiva
dei mss., per riportare poi con alcune
note di completamento, i testi dei pro-
cessi tenutisi a Foligno nel luglio-ago-
sto 1455, a carico di tre fraticelli ac-
cusati di eresia, provenienti «da alcuni
conventi tra Visso e Camerino.

DEMARCO DomENIcO, L'economia degli
Stati italiani prima dell’unità, in
Rassegna storica del Risorgimento,
Anno XLIV, fas. II-III, aprile-set-
tembre 1957, pp. 191-258.

Relazione alquanto particolareggiata
sulla economia del Piemonte (Stati
Sardi), Regno del Lombardo Veneto,
Granducato di Toscana, Stato Ponti-
ficio, Regno delle Due Sicilie. Per quel
che riguarda l'Umbria (agricoltura:
pp. 197-198; 205; industrie: pp. 214-
215; rete stradale: p. 230; strade fer-
rate: p. 235; istituti di credito: p. 247)
solo alcune notizie brevi e di passaggio,

ia
4 TUE vers

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 223

con dati per lo più comprensivi della
economia delle altre regioni dello Stato
Romano, comunque alquanto indica-
tivi e orientativi.

Sisto ALESSANDRA, Settimana di Studi

Medievali a Spoleto, in Convivium,
Anno XXV, nuova serie, n. 3, mag-
gio-giugno 1957, pp. 379-380.

Breve resoconto sui lavori della
Quinta settimana del Centro italiano
di studi sull'alto Medioevo, svoltisi a
Spoleto: dal 23 al 29 aprile 1957.

CAMPOREALE GIOVANNANGELO, Sull'or-
ganizzazione statuale degli Etruschi,
in La parola del passato, Anno 1958,
fasc. LVIII (gennaio-febbraio), pp.
0-25. -

Nella controversia fra gli studiosi
intorno alla «lega » etrusca, l'A., dopo
avere riproposto i testi degli scrittori
latini concernenti l'argomento, e dopo
aver esaminati e confrontati i termini
etruschi, cui egli dà un significato etnico
e non politico, conclude col negare che
possa essere esistita una tale lega, come
quella che vide alleate contro Roma in
espansione le città dell'Italia meridio-
nale. Si accenna alle città etrusche del-
l'Umbria e a Gubbio, dalle cui Tavole
sono tratti spunti di interpretazione e
termini utilizzabili come bilingui.

Boni Marco, Studia Gratiana, in Con-
vivium, Anno XXVI, nuova serie,
n. 5, settembre-ottobre 1958, p. 633.

Notizia sulla pubblicazione dei voll.
IV e V degli « Studia Gratiana », rac-
colta di studi sulla vita e le opere di
Graziano e sulla canonistica medievale,
edita sotto gli auspici’ dell'Istituto
Giuridico : dell'Università di: Bologna,
per celebrare l’ottavo centenario del
Decretum di Graziano.

Bue. v IO mE TA

PiGH1 G. B., Convegno storico su « Ja-
copone e il suo tempo », in Convivium,
Anno XXV, nuova serie, n. 4, luglio-
agosto 1957, p. 510.

à

Notizie sul convegno indetto dalla
Accademia Tudertina, auspice l'Uni-
versità degli Studi di Perugia, e tenu-
tosi a Todi nei giorni 13-15 ottobre
1957.

SERRA GIANDOMENICO, Contributo alla
storia dei derivati di « Burgus »: Bor-
gale, Borgaria, Borgoro, in Filologia
Romanza, Anno V, Fasc. I, n. 17,
gennaio-marzo 1958, pp. 1-48.

Nella parte III si accenna ad alcune
città umbre, che nella organizzazione
dell'Italia bizantina sembra facessero
parte di quella « Provincia Castello-
rum » o Pentapoli Annonaria, la quale
fu anche probabilmente chiamata « Bul-
garia vetus ».

GHINATO ALBERTO, O.F.M., I France-
scani e il Monte di Pietà di Terni dal
1490 al 1515, in Archivum francisca-
num historicum, vol. 52, 1959, pp.
304-389.

Sviluppi benefici per il Monte di
Pietà di Terni con l'istituzione del Mon-
te Frumentario, studiati su documenti
inediti.

GHINATO ALBERTO O.F.M., I Fran-
cescani e il Monte di Pietà di Terni
da fra Agostino da Perugia al B. Ber-
nardino da Feltre, in Archivum fran-
ciscanum historicum, wol. 51, 1958,
pp. 95-160.

Dopo la fondazione il Monte di Pietà
di Terni per mancanza di mezzi finan-
ziari decadde. La benefica istituzione
fu ricostituita con la predicazione e
l’organizzazione dei Francescani Osser-
vanti.

GIUSEPPE ZACCARIA
224 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

INNAMORATI GIULIANO, Notizia di Lui-
gi Bonazzi, in La Rassegna della let-
teratura italiana, Anno 63, serie VII,
n. 2, maggio-agosto 1959, pp. 235-
257.

Si tratta — a parte alcune lievi modi-
fiche — del profilo biografico e morale
dello storico e letterato perugino del
periodo risorgimentale, che VA. ha
preposto alla Sforia di Perugia, nuova-
mente edita per iniziativa del Comune
di Perugia e in occasione delle celebra-
zioni del centenario delle stragi di Pe-
rugia del 20 giugno 1859 e del cente-
nario dell’unità d’Italia.

BRIZIARELLI GiuLIO, Umbertide e Um-
bertidesi nella Storia, Città di Castello,
Unione Arti Grafiche, 1959, pp. 453.

In un insieme di aneddoti e curiosità
si espongono le vicende di Umbertide
dalle origini ai giorni nostri (1954), con
descrizione di luoghi e monumenti. e
con interi capitoli dedicati agli umber-
tidesi illustri. :

Vasina Augusto, Il: VII Convegno
Spoletino di studi altomedievali, in
Convivium, Anno XXVII, nuova
serie, n. 6, novembre-dicembre 1959
pp. 762-765.

Esposizione particolareggiata dei la-
vori svoltisi a Spoleto nei giorni 7-13
aprile 1959, nel convegno indetto dal
Centro Italiano di studi sull’alto Me-
dioevo.

PrETE SERAFINO, La VI Settimana di
studi sull’alto Medioevo a Spoleto,
in Convivium, Anno XXVII, nuova
serie, n. 1, gennaio-febbraio 1959,
pp. 118-119.

Esposizione dei temi principali di-

scussi nei lavori del Centro Italiano di

studi sull’alto Medioevo, tenutisi a
Spoleto dal 10 al 16 aprile 1958.

MARIO MELELLI .

. BENSI GAETANO, Il castello di Casaca-
stalda. Frammenti di storia civile ed
ecclesiastica raccolti a cura di G. B.
Milano, Edizioni Rotaprint del re-
parto litografico della «Boehringer»,
1957, pp. 51. 1

È un tentativo molto lodevole di
tracciare un lineamento storico, ine-
vitabilmente lacunoso e frammenta-
rio, messo insieme tuttavia sulla scorta
di fonti storiche a stampa fra le più
valide e di documenti rintracciati in
pazienti ricerche d’archivio. La prima
parte è dedicata alla storia civile con
notizie anche di famiglie e di uomini
illustri; la seconda riguarda la storia
ecclesiastica e particolarmente le chie-
se, i conventi, gli ospedali, le confrater-
nite esistenti non solo nel castello ma
anche nel suo territorio.

GIOVANNI CECCHINI

GHINATO ALBERTO O.F.M., Primi ten-
tativi per la fondazione di un Monte
di Pietà a Terni (1464-1472), in
Archivum franciscanum historicum,
vol. 50, 1957, pp. 379-440.

Studio particolareggiato per la fon-
dazione del Monte di Pietà a Terni
con documenti inediti.

GIUSEPPE ZACCARIA

PacLIAccI GiusEPPE, Fonti archivisti-
che per una storia economica di Assisi,

in Annali della Facoltà di Scienze

politiche ed Economia e commercio
di Perugia, anno accademico 1955-
56, a. IV, nuova serie, pp. 581-608.

L’A. dà notizia di una serie di docu-
menti appartenenti all’Archivio del
comune di Assisi e depositati presso la
Biblioteca comunale. Il materiale elen-
cato riguarda il Medio Evo e l’Età
Moderna. In fine é data anche notizia
di alcuni documenti, sullo stesso argo-
mento, depositati presso Enti religiosi
della città.

y

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La
V
K
RA?

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 225

MinA GrusEPPE, L'estimo di Perugia
dell’anno 1285, in Annali della Fa-
coltà di Scienze politiche ed Economia
e commercio di Perugia, anno acca-
demico 1955-56, n. 4, nuova serie,
pp. 341-403.

. Si tratta di un'ampia descrizione del
primo estimo perugino e di una parti-
colareggiata analisi dei suoi elementi
costitutivi, degli estimati di professio-
ne nota, degli estimi di redditi da lavoro
o da lavoro e comitale, dei riflessi dei
rapporti fra le classi sociali sulla po-
litica fiscale, di un raffronto con l'esti-
mo di Macerata del 1268, della distri-
buzione delle cifre d'estimo quale in-
dice della distribuzione della potenzia-
lità economica fra le classi sociali,
nonché della possibilità di utilizzare
l'estimo stesso per valutare l'ammon-
tare della popolazione di Perugia nel
xin secolo.

MinA GIUSEPPE, 7 catasti perugini del
XIV e XV secolo, in Economia e

storia, a. II, fasc. 2, aprile-giugno -

1955, pagg. 171-204.

L'A. espone ampiamente le caratte-
ristiche dei catasti conservati presso
l'Archivio di Stato di Perugia, che si
presentano di gran lunga piü interes-
santi di quelli del secolo precedente.
Dopo alcune considerazioni sulla di-
stinzione dei cives dai comitatenses
(cioè dei cittadini dagli abitanti del
contado); dei cives dai forenses e dagli
absentati (cioè dai forestieri residenti
in città da un certo numero di anni e
da quelli che avendovi risieduto per
un certo numero di anni, se ne erano
poi assentati) e sui privilegi esistenti,
l’A. descrive la procedura seguita nella
compilazione dei catasti, la struttura
formale del catasto, la valutazione delle
case, dei terreni, dei beni mobili, con-
cludendo con alcuni cenni sui catasti
perugini dei secoli successivi e sulle

15

linee di utilizzazione dei catasti perugi-
ni in genere per ricerche di storia eco-
nomica.

RoroNpo FELICITA, Il fenomeno cor-
porativo nei secoli con particolari in-
formazioni sui Collegi perugini della
Mercanzia e del Cambio, Torino,
SEI, 1955, p. 315.

L'A. esamina il fenomeno corpora-
tivo dall'antichità ai nostri giorni ed

informa particolarmente sulle origini,

statuti, ordinamento interno, ammini-
strazione, funzioni e prerogative dei
due importanti Collegi perugini.

MinRA GriusEPPE, I catasti e gli estimi
perugini del XIII secolo, in Econo-
mia e storia, a. II, fasc. 1, gennaio-
marzo 1955, pp. 76-84.

L'A. dà una rapida descrizione di un
codice e di un registro, rispettivamente
del 1260 e del 1285, che raccolgono
materiali relativi alla libra o estimo.
Il primo si riferisce ad una delle prime
fasi del lavoro di estimazione, di cui,
invece, il secondo costituisce la fase
finale. Gli estimi riportati sono da clas-
sificarsi fra quelli per sola cifra d'estimo.
Essi si trovano conservati presso l'Ar-
chivio di Stato di Perugia.

Mira GiusEPPE, Il fabbisogno di cerea-
li in Perugia e nel suo contado nei
secoli XIII e XIV, in Studi in onore
di Armando Sapori, vol. I, pp. 505-
517, Milano, 1957.

L'A. valuta il consumo unitario di
grano — e di altri cereali — per persona,
per la confezione del pane nonché il
consumo totale effettivo in Perugia.
Allo scopo viene tentata una ricostru-
zione dell'ammontare della popolazione
della città e del contado, nel periodo con-
siderato, sulla base del numero dei
fuochi. Completa lo studio un cenno
al problema dei rifornimenti granati
nel quadro dell'economia medioevale.

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eda a Bc aita à UE +

226

Mira GrusEPPE, Aspetti dell'organizza-

zione corporativa in Perugia nel XIV.

secolo, in Economia e storia, a. VI,
fasc. 3, luglio-settembre 1959, 366-
398. i

L’A. ha preso, come base del suo
studio, essenzialmente un ruolo di
prestanza delle arti perugine per l’anno
1368; vengono analizzati i seguenti
aspetti: le corporazioni di Perugia e il
problema della loro gerarchia; quante
erano le Arti in Perugia; la gerarchia
fra le Arti in relazione alla loro pre-
senza negli organi politici ed ammini-
strativi del comune; l’evoluzione nel
tempo della gerarchia fra le Arti; con-
Íronti con la gerarchia fra le Arti in
altre città; valore economico della pre-
stanza del 1368. Lo studio è arric-
chito di alcuni prospetti sul numero
delle Arti, degli iscritti e delle presenze
di rappresentanti di ogni Arte nei con-
sigli dei Priori lungo il secolo xiv.

Storia del Risorgimento

FRACESCAGLIA FRANCESCO, A proposito
di Luigi Bonazzi e della sua « Storia
di Perugia », in Cronache Umbre, a
II, n. 1, gennaio-febbraio 1959, pp.
35-41.

L’A. interviene nella polemica susci-
tata dalla decisione del Comitato per
le Celebrazioni del XX Giugno di ri-
stampare la famosa opera del Bonazzi
dimostrando l’utilità dell’iniziativa e
l'interesse storico e letterario della
Storia.

RAGIONIERI ERNESTO, J| 20 giugno a
Perugia nella storia del Risorgimento
italiano, in Cronache Umbre, a. II,
n. 3, maggio-giugno 1959, pp. 12-19.

L’A. si propone, essenzialmente, di
apportare alcuni elementi alla ricostru-
zione dell’opera del Governo Provvi-

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

sorio nei giorni della sua vita fra il
14 e il 20 giugno e dell’azione da esso
svolta in collegamento con gli emissari
del governo piemontese.

LuIiGI BELLINI

MONTESPERELLI AVERARDO, Perugia nel
Risorgimento, 1830-1860. Perugia, Edi-
tore Natale Simonelli, 1959, pp. 127.

L'A. ha adempiuto col massimo. im-
pegno l’incarico affidatogli dal Comi-
tato per le Celebrazioni perugine del
Centenario dell’Unità d’Italia di redi-
gere una succinta, ordinata e piana
esposizione storica delle vicende risor-
gimentali cui è legato il nome di Pe-
rugia, mettendo in evidenza il contri-
buto che al movimento d’indipendenza
e di unità della Nazione hanno portato
i suoi cittadini. La narrazione d’inten-
dimento divulgativo e popolare è ri-
marchevole per la temperanza dei giu-
dizi e per la chiarezza espositiva.

GIOVANNI CECCHINI

GHISALBERTI ALBERTO MARIA, Il XX
giugno 1859 a Perugia, in Belfagor,
Anno XIV, n. 6, novembre 1959,
pp. 726-735.

Rievocazione dei fatti del 20 giugno
1859 a Perugia, in occasione delle cele-
brazioni del centenario. Testo trascritto
da registrazione su nastro magnetico e
pubblicato in conseguenza di una pole-
mica sorta sull’argomento.

MARIO MELELLI

Filologia, Storia e critica letteraria.

MaNciNI FRANCO, In margine ad una
edizione di antichi Poeti perugini, in
Studi di filologia Italiana, in Bullet-
tino dell’ Accademia della Crusca, 1958,
pp. 439-425.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Si tratta di un notevole contributo
all'edizione di M. Marti, Poeti giocosi
al tempo di Dante (Rizzoli, 1956) che
comprende anche i poeti perugini
Neri Moscoli e Cecco Nuccoli.

SARATELLI GiAcoMO VAIFRO, La prima
traduzione delle laudi Iacoponiche,
in Studi francescani, vol. 55, 1958,
pp. 4-45.

Descrizione della rarissima .edizione
cinquecentina di questa versione ed
esame critico della medesima.

MARIO PERICOLI

Miscellanea Properziana, Atti dell’Ac-
cademia Properziana del Subasio,
Assisi, 1957, p. 107.

Pubblicazione importantissima per
gli studiosi di Properzio costituita da
saggi di: L. Alfonsi, E.A. Barber, E.
Paratore, Enk, J. Hubaux, G. Jach-
mann, N. Terzaghi.

CAMPOREALE GIOVANNANGELO, La ter-

. minologia magistratuale nelle lingue
osco-umbre, Firenze, Leo S. Olschki,
1957.

L'A. si propone di superare il con-
cetto della storiografia romantica, se-
condo cui sarebbe mancata una orga-
nizzazione statale italica prima della
conquista romana. Il Camporeale, nello
esame del filone linguistico umbro,
nettamente separato da quello osco,
indica in alcuni termini arcaici delle
Tavole di Gubbio notazioni che possono
risalire al periodo indoeuropeo (uhfur
e kumno, corrispondenti a capo e comi-
zio) e testimoniare di una organizza-
zione italica assai vitale e radicata.

GALLINA ANNAMARIA, Osservazioni
sulla lessicografia italo-spagnola dei
secoli XVI e XVII, in Filologia
Romanza, Anno IV, fasc. 4, n. 16,
ottobre-dicembre 1957, pp. 398-435.

FRUGONI

227

Vi si parla all’inizio, fra gli altri, del
Codice B 56 (anonimo) della Biblio-
teca Comunale di Perugia, considerato
dall'A. il primo tentativo lessicografico
italiano. Segue in poche righe la sua
descrizione con alcune induzioni circa
l'autore del ms.

GETTO GIOVANNI, Il realismo di Jaco-
pone da Todi, in Lettere Italiane,
VIII (1956), 3, pp. 223-269.

È posta in rilievo la diversità tra la
personalità di Francesco e quella di
Jacopone che non sentì il motivo crea-
turale e la natura, ma concentrò la sua
attenzione sull'uomo e sull'amore mi-
stico. Di qui lo spunto per un'analisi
accurata del linguaggio realistico di
Jacopone.

ARSENIO, Jacopone france-
scano, in Il Veltro, I (1957), n. 9,
pp. 39-44.

Si pone l'accento sulla necessità di
ricostruire la personalità di Jacopone
dallo studio attento della sua opera,
senza dover subire l'influenza dei mo-
tivi agiografici. Tale scopo sembra egre-
giamente raggiunto dall'A. che pre-
senta i vari aspetti del carattere di
Jacopone in modo chiaro ed essenziale,
sì che sembrano potersi convalidare
alcuni elementi biografici controversi.

MANnNcINI FRANCO, Un poeta. burlesco
a Todi nel Secolo XVI, in La Rasse-
gna della letteratura italiana, Anno
639, Serie VII, n. 1, gennaio-aprile
1959, pp. 52-71.

Sul rimatore burlesco Adriano Con-
coli da Todi. Sulla base di mss. accen-
nanti a notizie biografiche e sulla base
dell’unico esemplare a stampa rimasto
delle poesie del Concoli, esistenti alla
Comunale di Todi, il Mancini fa un ra-
pido quadro del carattere e della per-
sonalità del rimatore, e attraverso uno
228 SEGNALAZIONI

studio dei sonetti, di cui è riportato

un gruppo di tredici in fondo all'arti- :

colo (IX (LII) c. 29 v., contro Perugia
e i perugini) espone aleuni suoi punti
di vista sulle tendenze letterarie e
sulle particolarità linguistiche del Con-
coli. Il tutto corredato di abbondanti ed
esaurienti note a pié pagina.

PompiLJ Lurar, Carducci alle « Fonti
del Clitunno » in Nuova Antologia,
XCII (1957), pp. 249-256.

Cronaca di alcuni giorni che il Car-
ducci trascorse a Spoleto (Sullo stesso
argom. v. N. SABBATUCCI, in Il Ponte,
vol. XI, 1955, n. 21, pp. 2079-82, già
citato al vol. LV, p. 247 — Segnalaz.
bibliogr. — di questo Bollettino).

DREXLER Hans, Neue Plautinische
Akzentstudien, in Maia, nuova serie,
fasc. IV, Anno XI, ottobre-dicem-
bre 1959, pp. 260-314.

Studio intorno alla struttura metrica
e agli accenti nelle commedie di Plauto.

BARCHIESI MARINO, - Problematica e
poesia in Plauto, in Maia, nuova
serie, fasc. III, Anno IX, luglio-
settembre 1957, pp. 163-200.

Dopo una esposizione della critica
essenziale intorno a Plauto, VA. si
propone di individuare l’autentico pro-
blema plautino, sostenendo infine che
la critica deve giungere a trarre una
impostazione corretta e moderna . dal-
limmensa congerie del materiale, a
realizzare una sintesi dell'indirizzo della
critica tedesca con quello della critica
anglosassone e a determinare il carat-
tere del lirismo comico plautino.

ATTISANI BoNANNO TERESA, Nota pro-
perziana, in Maia, nuova serie, fasc.
II, Anno IX, aprile-giugno 1957,
pp. 111-114.

Studio interpretativo su alcuni versi

di Properzio.

MARIO MELELLI

BIBLIOGRAFICHE

AGENO FRANCA, Chiusura, in Lingua
. Nostra, vol. XVIII, fasc. 2, giugno
1957, pp. 31-33.

Corregge parzialmente l’interpreta-
zione data a tale espressione nel suo
commento iacoponico (su suggerimento
del Ferri), e a questo scopo si serve
di numerose antiche documentazioni,
sottolineando la speciale cultura giu-
ridica di Jacopone.

AGENO FRANCA, Mostrare « Mostrarsi »,
in Lingua Nostra Vol. XIX, fasc. 19,
marzo 1958, pp. 9-12.

Raccoglie ampie documentazioni di
antichi testi (tra i quali Vita di S.
Francesco, Vita del Frate Egidio, Ja-
copone é altri) relativi all'uso di tale
verbo con complemento predicativo,
ma senza la particella pronominale.

AGENO FRANCA, Morte « Tormento »,
in Lingua Nostra, vol. XX, fasc. 2,
giugno 1959, pp. 45-46.

Uso antico dell’espressione « morte »
per significare «tormento » (Jacopone
e altri).

AGENO FRANCA, Coordinazione di modo
finito e di infinito nelle proposizioni
secondarie, in Lingua Nostra, vol.
XX, fasc. 3, settembre 1959, pp.
69-71.

L’A. attinge esempi di tale fenomeno
tra gli altri, da Jacopone.

PRATI ANGELICO, Bazza e altri nomi
del mento sporgente, in Lingua No-
stra, vol. XX, fasc. 3, settembre
19595: puzzo:

L’A. cita alcune espressioni usate a
Città di Castello.

FoLENA GIANFRANCO, « Parlamenti »
podestarili di Giovanni da Viterbo,
in Lingua Nostra, vol. XX, fasc
4, dicembre 1959, pp. 97-105.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Esempi tratti da alcuni comuni del-

la zona umbro-laziale (Narni, Todi,

Orvieto). Nelle note 21 e 22 (pag. 103)
l'A. rimanda alla bibliografia speciali-
stica relativa alla metafonesi in Um-
bria e alla distinzione sabina di o e u.

"GiovANNI B. BRONZINI, Del contrasto

tra madre e figlia in Francia e in
Italia, in Cult. Neolat. anno XVII,
fasc. 1-3, 1957, pp. 182-208.

Rimanda, tra l’altro, a M. CHINI,
Canti popolari umbri, Todi, Atanor,
1917, p. 252.

FRANCO MANCINI, Due quartine « del-
la dissimulazione onesta» in una
pergamena todina del ’300, in Cult.
Neolat., anno XVIII, fasc. I, 1958,
pp. 71-73.

Conservate nell’interno della per-
gamena inferiore che protegge il fa-
scicolo di Riformazioni todine del
1335 (Arch. com., arm. III, B. 35).
La grafia è dello stesso notaio todino
Damiano di Venturella.

GIOVANNI B. BRONZINI, Las serias del
marido e La prova, in Cult. neolat.,
anno XVIII, fasc. 2-3, 1958, pp.
217-247.

Riporta la versione di Città di Ca-
stello di una canzone riguardante il
ciclo del «ritorno del marito ». Ri-
manda a 0. MARCOALDI, Canti popo-
lari inediti umbri ecc. Genova, 1855.

FRANCESCO SABATINI, recens. a R. A.
HALL jr., Bibliografia della lingui-
stica italiana, Firenze, 1958, in Cult.
Neolat., anno XVIII, fasc. 2-3, 1958,
pag. 281-290.

Lamenta l’omissione di alcune opere
fondamentali e tra queste, per ciò che
riguarda gli studi relativi all’ Umbria,
quelli di G. Contini, E. Monaci, L.
Peirone, F. Ageno, A. Monteverdi.

MARIA CLOTILDE OTTAVIANI

P topa} H o eu

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ID
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Teologia, agiografia

DE GAIFFIER BAUDOIN, Hagiographie
du Picenum. Vie de S. Elpidius.
Passion de S.te Franca, in Analecta
Bollandiana, vol. XXV, 1957, pp.
277-298.

IA: pubblica questi due testi ine-
diti, esistenti nella Biblioteca Capitolare
di Spoleto.

MARIO PERICOLI

Scienze economiche, politiche
e sociali.

BeLLINI Luigi, Note per la storia del
movimento contadino umbro (1900-
1921), in Rivista Storica del Sociali-
smo, n. 7-8, luglio-dicembre 1959, pp.
637-651.

L'A. espone sinteticamente il sor-
gere e lo svilupparsi del movimento
contadino nel periodo considerato, in-
dica le forze politiche che ne promosse-
ro l’organizzazione, gli sviluppi di
questa, le più importanti lotte condotte
e le più importanti rivendicazioni in-
torno alle quali esse si articolarono.
Viene inoltre data un’ampia bibliogra-
fia di giornali ed opuscoli dell’epoca.

BeLLINI Luigi, L’agricoltura umbra
negli ultimi cento anni. Appunti per
uno studio, in Cronache Umbre, a. I,
n. 1, novembre-dicembre 1958, pp.
23-33 e a. II, n. 1, gennaio-febbraio
1959, pp. 28-34.

L’A., con largo corredo di dati, svi-
luppa l’analisi del modo come l’agri-
coltura umbra si è sviluppata dagli
anni immediatamente successivi alla
Unità ai nostri giorni attraverso l’esa-
me delle modificazioni verificatesi nella
distribuzione delle colture, nella con-
centrazione della proprietà e nell'an-
damento del reddito.
230 : SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

BeLLINI Luigi, La vita nelle campagne

dall’ Unità alla fine del secolo XIX,
in Cronache Umbre, a. II, n. 2, marzo-
aprile 1959, pp. 57-63.

L'A., riprendendo, in parte, un argo-
mento già oggetto di un suo prece-
dente scritto, illustra le condizioni di
vita dei lavoratori dei campi sulla base
delle clausole del contratto mezzadrile,
di notizie sui loró redditi, i loro con-
sumi, lo stato delle abitazioni, le con-
dizioni igieniche. e sanitarie.
BELLINI LvuiGri, Cattolici e movimento
contadino in Umbria agli inizi del
secolo, in Cronache Umbre, a. II,
n. 2, inarzo-aprile 1959, pp. 78-84.

L'A. esamina ampiamente, sulla ba-
se dei giornali dell'epoca, l'attività che
il clero dispiegó, negli anni fra il 1908
e il 1911, per l'organizzazione dei con-
tadini umbri, guidandoli anche in
forti azioni di sciopero per rivendicare
un patto colonico più equo e migliori
condizioni di vita.

BELLINI LuiGi, Aspetti economici del-

lPUmbria, in Politica ed Economia,
a. III, n. 11, novembre 1959, pp. 38-
43.

Con amplissimo corredo di dati, l’A.
— premessi alcuni rilievi sull’anda-
mento demografico regionale — espone

«la situazione economica dell'Umbria :

nei diversi settori di attività: agricol-
tura, industria e commercio, analiz-
zando anche le modificazioni che nella
struttura economica regionale si sono
determinate rispetto al periodo pre-
bellico.

Nel costatare il ristagno dell’econo-
mia regionale l'A. indica altresì le ini-
ziative che egli ritiene atte a modificare
positivamente tale situazione.

BELLINI LuiGi, Aspetti e problemi eco-
nomici dell’ Umbria, in Cronache Um-
bre, a. II, n. 4-6 luglio-dicembre
1959, pp. 41-66.

Si tratta dello stesso articolo — già
segnalato — apparso in Politica ed Eco-
nomia, con la sola sostituzione di
due tavole di dati e le relative piccole
modificazioni formali che ne sono
derivate.

BELLINI LuIGI, A proposito di un piano
di sviluppo economico per l'Umbria,
in Cronache Umbre, a. II, n. 4-6,
luglio-dicembre 1959, pp. 70-75.

L'A. prende in esame un articolo di
Luigi Anderlini sull'argomento e ne
discute l'impostazione e le conclusioni
indicando sia i punti secondo i quali
egli ritiene che una discussione sull'eco-
nomia umbra — ed in particolare su
un piano di sviluppo economico — puó
essere condotta correttamente, sia le
linee generali per l’impostazione e la
discussione di un tale piano nell'inte-
resse di tutta la popolazione.

BELLINI LuIGI, recensione a: Carac-
ciolo Alberto, L'inchiesta agraria Ja-
cini, Torino, Einaudi, 1958, in Cro-
nache Umbre, a. II, n. 1, gennaio-feb-
braio 1959, pp. 75-79.

L'A. si occupa soltanto della mono-
grafia sull’Umbria che il Caracciolo ha
unito alla sua ricerca sull'ambiente po-
litico nel quale l'inchiesta maturò, di-
mostrando le molte inesattezze che an-
nullano completamente l'interesse del
lavoro.

CARACCIOLO ALBERTO, L’ Inchiesta (agra-
ria Jacini) in Umbria, in L’inchiesta
agraria Jacini, Torino, Einaudi, 1958,
pp. 126-173. ;

L’A., dopo aver esaminato il mo-
mento politico nel quale l’ Inchiesta ma-
turò ha voluto tentare un sondaggio nel
merito dell’ Inchiesta stessa, scegliendo
allo scopo l'Umbria. I risultati di que-
sto sondaggio sono, in verità, quanto
mai deludenti, ché le molte inesattezze
nelle quali l'A. incorre lo rendono pra-
ticamente inutile.

yX
v
B
,:


SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 231

RaDpI Luciano, Aspetti strutturali e di-
namici dell'economia umbra, Terni,
1957 (bozze di stampa).

Il lavoro costituisce la Relazione ge-
nerale al II Convegno degli operatori
economici umbri tenutosi a Terni il 9
novembre 1957 a cura della locale Ca-
mera di Commercio. L’A. esamina am-
piamente la situazione regionale nei
diversi settori di attività economica,
anche in rapporto alla rispettiva situa-
zione nazionale, ed indica le linee se-
condo le quali può determinarsi un so-
stanziale sviluppo economico regionale.
In appendice sono riportati: un piano
previsionale di sviluppo delle industrie
manifatturiere nel periodo 1955-64 e-
un gran numero di dati statistici regio-
nali e nazionali.

ANDERLINI Luiar, Un piano di svi-
luppo economico per l'Umbria, in
Mondo Operaio, a. XII, n. 10, otto-
bre 1959, pp. 23-33.

L’A., dopo una analisi della situa-
zione dell’agricoltura e dell'industria
umbre, espone le linee secondo le quali
dovrebbe configurarsi un piano di svi-
luppo economico e gli impegni finan-
ziari che ne dovrebbero essere il pre-
supposto.

AMMINISTRAZIONI PROVINCIALI DI PE-
RUGIA E TERNI, L'economia dell" Um-
bria nelle aree depresse dell’Italia
Centrale, Terni, 1959.

Si tratta della relazione introduttiva
— curata dall’assessore provinciale di
Terni Fabio Fiorelli — al Convegno
Economico Umbro organizzato dalle
amministrazioni provinciali di Perugia
e Terni e tenutosi.a Terni il 28 giugno
1959. .

Si esamina rapidamente — con am-
pio corredo di dati — la situazione eco-
nomica regionale e si prospettano al-

cune soluzioni. In appendice sono ri-
portate le proposte di legge presentate
al Parlamento da deputati di diversi
schieramenti politici e riguardanti
l'Umbria od altre regioni o provincie
dell’Italia Centrale.

SECCI EMILIO. L’«IRI», la « Terni»elin-
dustria regionale, in Cronache Um-
bre, a. I, n. 1, novembre-dicembre
1958, pp. 11-22.

L’A. fa un ampio quadro del modo
come l’industria ternana è sorta e si è
sviluppata per poi passare ad esami-
nare come la situazione è andata evol-
vendosi negli ultimi anni ed indicare
secondo quali vie è possibile ridare ad
essa tutta la sua vitalità produttiva per
farne elemento di progresso economico

dell’intera regione.

PieRuccI FRANCESCO, Note di storia del
movimento operaio. La lotta contro la
consorteria, in Cronache Umbre, a. I,
n. 1, novembre-dicembre 1959, pp.
40-45.

L’A., utilizzando largamente i gior-
nali dell’epoca, illustra un momento
importante della lotta condotta dai so-
cialisti e democratici umbri, nel pri-
mo decennio di questo secolo, contro le
forze politiche conservatrici che diri-
gevano le locali istituzioni politiche ed
economiche.

Cronache Umbre, Rivista bimestrale
diretta da Gino Galli e Raffaele Ros-
si, Perugia, dal novembre 1958.

La rivista porta la propria attenzio-
ne soprattutto ai problemi economici e
politici dell'Umbria, attuali e passati,
con articoli e saggi anche di una certa
ampiezza, ma non mancano anche scrit-
ti di carattere letterario. La rivista ha
poi rubriche varie .di informazione e di
polemica, segnalazioni librarie e re-
censioni.

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1
232 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Rossi RAFFAELE, Regione e decentra-
mento, in Cronache Umbre, a. II,
n. 1, gennaio-febbraio 1959, pp. 9-19.

L’A. fa la storia della struttura am-
ministrativa dell'Umbria e dimostra
come l'attuale suddivisione non cor-
risponda a esigenze economiche sentite
e come sia necessario, aldilà di ogni
particolarismo campanilistico, lottare
per l'attuazione dell’ordinamento re-
gionale. secondo la Costituzione.

MASCHIELLA LoDpovico, Le risorse ener-
getiche regionali ed il loro sfrutta-
mento, in Cronache Umbre, a. II,
n. 1, gennaio-febbraio 1959, pp. 20-27.

‘ L'A. esamina, con ricchezza di dati;
il patrimonio energetico regionale, sia
in risorse idroelettriche che in lignite,
ne documenta, sulla base di vari studi
tecnici, la notevole entità e la possi-
bilità pratica di utilizzazione, necessità
fondamentale per lo sviluppo dell’eco-
nomia regionale.

INNAMORATI FRANCESCO, Un episodio
. di lotta delle campagne umbre contro
il dominio pontificio, in Cronache um-
bre, a. II, n. 2, marzo-aprile 1959,
. pp. 52-56.

L'A. ricorda la lotta che le popola-
Zioni della campagna umbra sosten-
nero nel 1849 contro il governo ponti-
ficio per impedire che, dopo la caduta
della Repubblica Romana, fosse ri-
pristinata l'imposta sul macinato e si
sofferma, in particolare, sui fatti acca-
duti a Poggiodomo e sul processo che
ne segul.

GALLI GINO, Lo sciopero dei contadini di
Narni (marzo-aprile 1902), in Cro-
nache umbre, a. II, n. 2, marzo-apri-
le 1959, pp. 64-77.

L’A., dopo una breve premessa sulle
condizioni economico-sociali generali
della regione agli inizi del secolo ed un

‘esame del peso che la mezzadria aveva
sull'economia agricola, illustra l’atti-
vità dei socialisti ternani a favore dei
contadini e quindi, attingendo larga-
mente dai giornali dell’epoca e dell’ar-
chivio del comune di Narni, documenta
in tutte le sue fasi il grande sciopero
dei contadini di Narni, uno dei primi
e più imponenti movimenti rivendica-
tivi nella regione.

Sulle condizioni di vita dei contadini
umbri, in Cronache Umbre, a. II, n. 2,
marzo-aprile 1959, pp. 163-170.

Si tratta di una serie di scritti, tratti
da fonti varie, di epoca oscillante fra
il 1875 e il 1910, che documentano va-
riamente lo stato di miseria dei lavo-
ratori dei campi dell’epoca.

I liberali e la questione della mezzadria,
in Cronache Umbre, a. II, n. 2, marzo-
aprile 1959, pp. 171-178.

Da opuscoli e giornali del periodo fra
la fine del secolo scorso e l’inizio del-
l’attuale sono riportati alcuni giudizi
significativi di esponenti liberali umbri.

I socialisti umbri e i contadini, in Cro-
nache Umbre, a. II, n. 2, marzo-aprile
1959, pp. 178-198.

Sono qui dati alcuni documenti par-
ticolarmente interessanti sull’azione di-
spiegata dai socialisti a favore delle
classi agricole fra il 1900 e il 1920.

Associazione per lo sviluppo economico
dell'Umbria. Supplemento alla Ras-
segna economica, organo della Ca-
mera di Commercio, Industria e
Agricoltura di Terni, dal gennaio
1959.

Il supplemento, che ha caratteristi-
che di rivista autonoma, ha periodicità
bimestrale e pubblica articoli e notizie
varie relativi ai problemi dello sviluppo
economico regionale. Ha due rubriche
fisse: Rassegna della stampa e Docu-
mentazioni.

reno od
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE : 233

DEsPLANQUES HENRI, Le possibilità
dell' Umbria, in Associazione per lo
sviluppo economico dell’ Umbria, n. 3-
4, maggio-agosto 1959, pp. 39-43.

. L'A. esamina alcuni aspetti dell'an-
damento demografico regionale, illu-
stra le situazioni economiche, profon-
damente diverse, che si riscontrano fra
le varie zone della regione ed indica
alcune linee secondo le quali l'economia
umbra può risollevarsi.

Prospettive umbre, Periodico di politica
e di cultura, diretto da Giancarlo
De Carolis, Perugia, dal febbraio
1959.

La rivista, che ha periodicità bime-
strale, dedica la sua attenzione parti-
colarmente a problemi politici, econo-
mici e sociali riguardanti l'Umbria,
con articoli e brevi saggi.

GUERRIERI GIUSEPPE, Aspetti attuali
della nostra agricoltura, in Prospettive
umbre, n. 1-2-4, 1959.

Si tratta di uno studio, pubblicato
in tre puntate con titoli anche diversi
— e noi lo segnaliamo sotto il primo di
essi — condotto soprattutto confron-
tando la situazione dell’agricoltura
umbra fra il 1929 e il 1955. Si dimostra
che, nell’intervallo considerato, la si-
tuazione dell’agricoltura regionale è ri-
masta sostanzialmente stagnante, e
in particolare, che quella della monta-
gna ha subito un processo di grave de-
gradazione.

RapI Luciano, Indicazioni per una
politica a favore delle zone sottosvi-
luppate dell’Italia centro-settentrio-
nale, in Prospettive umbre, n. 4,
1959, pp. 13-21.

È il testo della Relazione tenuta al
1° Convegno sui problemi delle zone
depresse e sottosviluppate dell’Italia

p cya FIX

centro-settentrionale, tenutosi a Peru-
gia il 29 giugno 1959 ad iniziativa della
Democrazia Cristiana.

L'A. traccia un ampio quadro dei
problemi che si pongono nelle regioni
interessate (fra le quali è l'Umbria),
perché attraverso l'intervento dello
stato — direttamente o a sostegno della
iniziativa privata — esse possano svi-
luppare le loro economie arretrate.

DEGLI Esposti RAINERI, L'istruzione
professionale nell’economia umbra, in
Prospettive umbre, n. 1, 1959, pp.
11-14.

L’A., nel quadro delle discussioni
intorno allo stato di depressione della
economia regionale e alle soluzioni che
da molte parti si avanzano, richiama
l’attenzione sulla questione della qua-
lificazione professionale dei lavoratori.

Esaminata la suddivisione della po-
polazione secondo il titolo di studio,
l’A. dà un quadro dell’attuale distribu-
zione delle scuole professionali, tecniche
e di avviamento ed avanza alcuni sug-
gerimenti sulle linee di incremento di ta-
li scuole, oggi insufficienti per le neces-
sità di sviluppo economico della regione.

Piano decennale della scuola, Piano di
adeguamento o di sviluppo degli
istituti e scuole d’istruzione tecnica
della provincia di Perugia, in Pro-
spettive umbre, n. 3, 1949, pp. 26-39.

Nel quadro di attuazione del Piano
decennale della scuola, predisposto dal
Ministero della Pubblica Istruzione,
Perugia è, a partire dal 1° ottobre
1959, provincia pilota, cioè una delle
provincie nelle quali viene sperimen-
tata l’attuazione pratica del Piano
stesso. Qui si riporta un esame della si-
tuazione scolastica attuale, nonché il
numero di nuove scuole che verranno
aperte, secondo il tipo e la località.
9)

GnrECo RucaaEno, Un uomo moderno,
in Pietro Farini, Una vita per il so-
cialismo, supplemento a Cronache
Umbre, a. II, n. 3, Perugia, 1959.

È il testo del discorso commemora-
tivo tenuto dall'A. a Terni nell'undi-
cesimo anniversario della morte del
Farini.

RoBoTTI Paoro, Farini nell' Unione
Sovietica, in Pietro Farini, Una vita
per il socialismo, supplemento a
Cronache Umbre, a. II, n. 3, Perugia,
1959.

L’A. raccoglie alcuni ricordi di vari
incontri avuti col Farini nell’Unione
Sovietica, ove questi dimorò dopo il
1932 e morì nel 1940.

MARABINI ANSELMO, Pietro Farini,
in Pietro Farini, una vita per il so-
cialismo, supplemento a Cronache
Umbre, a. II, n. 3, Perugia, 1959.

È una biografia che l'A. pubblicò
in un volume di versi del Farini edito
a Mosca, ove il Farini si era rifugiato
dopo l’avvento in Italia del fascismo,
nel 1937. -

FARINI PIETRO, Una vita per il sociali-
smo, Supplemento a Cronache Umbre,
a. II, n. 3, Perugia, 1959, pagg.

Il Farini, nativo di Russi di Romagna
si trasferì, giovane, a Terni e qui di-
venne una dei più attivi ed importanti
dirigenti del movimento socialista, fino
ad essere eletto deputato. Il volume
raccoglie una serie di scritti editi ed
inediti oltre ad alcuni scritti comme-
morativi del Farini e ad una sua bio-
grafia.

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI PE-
RUGIA, Per una politica dell’energia
elettrica che corrisponda alle esigenze
di sviluppo dell’economia umbra, Pe-
rugia, tip. Grafica, 1959.

234 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Il volume raccoglie gli Atti del Con-
vegno Utenti Elettrici tenutosi a Pe-
rugia, per iniziativa di quella Ammi-
nistrazione Provinciale il 15 novembre
1958, relatore l’ing. Ilvano Rasimelli,
con la partecipazione di rappresentanti
delle Amministrazioni comunali e pro-
vinciali della regione, di Enti, Associa-
zioni ed organizzazioni varie.

PROVVEDITORATO REGIONALE ALLE 00.
PP. PER L’UMBRIA, Piano territoria-
le di coordinamento della regione um-
bra. Studi preliminari a cura del
gruppo di studio: Piero Maria Lugli,
Antonio: Antonelli, Renato Bonelli,
Giuseppe Guerrieri, Agostini Paci.

. Società Poligrafica Editoriale, Città
di Castello, 1959.

Il lavoro, il cui scopo è quello di for-
nire le conoscenze base per l'elabora-
zione del piano urbanistico regionale,
si articola in due parti: la prima di
Relazione generale, la seconda di do-
cumentazione statistica. Con vasto
corredo di dati si prendono in esame
problemi demografici, economici e so-
ciali regionali. i

Fora ALpovino, Trent'anni di lotte
socialiste nel nostro comune, a cura
della Sezione di Città della Pieve
del Partito Socialista Italiano, Ro-
ma, 1952, pp. 30.

L'A., che ha stampato il suo opu-
scolo per il 60° anniversario della fon-
dazione del Partito Socialista Italiano,
fa la storia particolareggiata del mo-
vimento socialista pievese e riporta
molte minute, ma utili, notizie sull’at-
tività della sezione e sugli uomini che
la diressero fino al fascismo.

RoMETTI CrorrDE, Sessant'anni di
socialismo | nell' Alla Umbria e in
Italia, Città di Castello, Il Solco,
1954.

L'A., che fu uno dei primi organiz-
zatori socialisti nell'Alta Valle del Te-
vere, ha raccolto qui i ricordi della sua
attività politica in Italia e nell’emi-
grazione. Il lavoro, se pur può avere
una qualche utilità per la storia del
movimento socialista umbro, presenta
gravi limiti per i polemici commenti
| con cui l'A. intercala la narrazione,
commenti che traggono origine dalle
sue attuali posizioni politiche e che
spesso conducono ad una sostanziale
distorsione dei fatti.

FRANCESCHINI ETTORE, Ricordi di un
vecchio socialista. (Appunti sulle lotte
operaie nel perugino e nell’Umbria),
II edizione, Roma, Morara, 1956.

L'A., che fu, negli anni immediata-
mente precedenti il fascismo, segre-
tario della Camera del Lavoro di Peru-
già e primo sindaco socialista di Pe-
rugia, raccoglie qui i ricordi della sua
milizia socialista. Il lavoro, pur con
non poche inesattezze (l'A. cita a me-
moria, senza alcun riscontro sui docu-
menti) e privo di una seppur minima
unità, ha interesse per le molte notizie
che offre sul movimento socialista um-
bro fino al fascismo.

MaANELLI HarwMoNDO, ll movimento
operaio a Terni nella seconda metà
dell'ottocento, Terni, ed. Thyrus, 1959,

pp. 95.

i Il volume costituisce la prima parte
di un lavoro che, nelle dichiarate inten-
zioni dell’A., dovrebbe giungere fino
al 1920. Esso è stato condotto sia su
b documenti a stampa — giornali, opu-
scoli vari conservati presso la biblio-
teca comunale di Terni — che sulle te-
stimonianze dirette di alcuni vecchi
militanti del partito socialista.

Pur lacunoso e frammentario il la-
voro porta un primo ed utile contri-
buto alla storia del movimento operaio
umbro.

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 239

In appendice sono poi riportati alcuni
interessanti documenti sulla vita di
associazioni operaie e cooperative ter-
nane ed un elenco dei giornali democra-
tici, operai e socialisti editi a Terni
dal 1876 al 1900.

LuIiGI BELLINI

CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E
AGRICOLTURA DI PERUGIA, Indici
della vita economica della provincia
di Perugia: anni 1952-1957. Spo-
leto, Arti Grafiche Panetto e Pe-
trelli, s.d.

La vita economica provinciale è qui
illustrata con ricchezza di dati che per-
mettono la conoscenza di ogni aspetto
di essa negli anni più recenti, dopo le
rilevazioni censuarie del 1951.

CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E
AGRICOLTURA DI PERUGIA, Il pro-
dotto netto dell’agricoltura in pro-
vincia di Perugia : 1951-1955, Spo-
leto, Arti Grafiche Panetto e Pe-
trelli, s. d.

Il volume é la continuazione di una
precedente pubblicazione relativa agli
anni 1949 e 1950 e reca un importante
contributo alla conoscenza dell'econo-
mia agricola della provincia di Perugia,
di cui offre un'ampia e completa docu-
mentazione quantitativa.

Luici BELLINI
Francescanesimo.

MoLLaT GUILLAUME, Documents sur
l'Ordre des Frères Mineurs au XIV
siècle, in Archivum Franciscanum
Historicum, vol. 50, 1957, pp. 222-
223.

Tra altro notizie ricavate dagli ar-
chivi di Orvieto e di Assisi, -
236 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

FUSSENEGGER GERALDUS O.F.M., Aliud .

exemplar originale diplomatis Theo-
baldi episcopi Assisiensis, de in-

. dulgentia Portiunculae, in Archivum
Franciscanum Historicum, wol. 50,
1957, p. 221

Descrizione di un altro esemplare
del famoso diploma in favore dell'in-
dulgenza della Porziuncula, conserva-
to nel Tirolo.

Esser KAJETAN, O.F.M., Franziskus
von Assisi und die Katharer seiner
Zeit, in Archivum franciscanum hi-
storicum, vol. 51, 1957, pp. 225-264.

Studia l’atteggiamento di S. Fran-

cesco nei riguardi degli eretici del suo

tempo, particolarmente dei catari, ed
i suoi sforzi per neutralizzarne l’azione.

GIUSEPPE ZACCARIA

DELARUELLE E., L’influence de saint
. Frangois d'Assise sur la piété po-
pulaire, « X Congresso internazio-
nale di scienze storiche », Relazioni:
vol. III: Storia del Medioevo, Fi-
renze, Sansoni, 1955, pp. 449-466.

Influenza di S. Francesco sulla pietà
popolare: terz'ordine, ordo de poeni-
tentia, l'imitazione di Cristo e la devo-
zione. della Croce, nascita. della lauda,
riscoperta dell'infanzia attraverso il
presepio.

SALVATORELLI Luiar, Movimento fran-
cescano e gioachimismo. La sto-
riografia francescana contemporanea.
« X Congresso internazionale di scien-
ze storiche». Relazioni: vol. III:
Storia del Medioevo, Firenze, San-
soni, 1955, pp. 403-448.

Esame dei movimenti religiosi con-
temporanei a S. Francesco, sintesi di
storia del francescanesimo dugentesco,
rapporti fra gli spirituali e i gioachi-
miti.

‘ IE E DE VIE FA

Zorzi DiEGOo, Testi inediti francescani
in lingua provenzale, in Miscellanea
del Centro di Studi Medioevali, Serie
I (1956), pp. 249-324.

Sul codice proveniente dal Convento
delle Carceri di Assisi, conservato nella
Biblioteca della Chiesa nuova, e sui ca-
pitoli indicati nella tavola del codice.
Osservazioni sul probabile compilatore
(frayre, Mathieu de las Bosiguas ?) e
su alcuni casi di lingua provenzale in
rapporto con l’italiana.

GETTO GIOVANNI, Francesco d'Assisi e
il « Cantico di Frate Sole », Pubbli-
cazioni della Facoltà di Lettere e
Filosofia dell’Università di Torino,
Vol. VIII, fasc. 2, Torino, 1956,
Dp: 70:

Molto importanti le conclusioni cui
giunge l'A. in questo suo studio. Tra
le principali: sentimento della natura
di carattere liturgico; le lodi del Crea-
tore sono ispirate anche all’Ecclesia-
stico; protagonista del Cantico é l'uomo
in rapporto umile con Dio; le preposi-
zioni per hanno valore di agente; la
genesi del Cantico é riportata al rac-
conto della Leggenda Perusina.

TERZI A., S. Francesco d' Assisi a Roma,
Roma, Tip. Nardini, 1956, pp.100-
XXXVII tav Db,

Raccolta di tutti i documenti concer-
nenti la presenza e l’attività di 5$.
Francesco a Roma. Particolare la ri-
costruzione di episodi relativi ai rap-
porti del santo con la curia pontificia,
ai seguaci in Roma, alla nobildonna
Giacoma Frangipani dei Settesoli, alla
vergine Prassede.

TERZI A., S. Fabiano de « La Foresta »
ascoltò per primo il Cantico di Frate
Sole, Tip. Nardini, Roma, 1957,
pp. 224.

Tesi sulla possibilità che il Cantico
di Frate Sole e la Laude per le Damia-
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 237

nite non siano stati composti a S.
Damiano di Assisi, ma a San Fabiano
de la Foresta, presso Rieti. L'A. vi
sviluppa alcune idee peraltro non nuo-
ve, entrando poi in polemica coi soste-
nitori (soprattutto col Fortini) della
tesi della composizione del Cantico
di Frate- Sole in Assisi. Abbondanti i
particolari e la documentazione. Resta
qualche dubbio sul metodo forse non
sempre rigorosamente critico.

PLATZECK E. W., Das Sonnenlied des
heiligen Franziskus von Assisi. Eine
Untersuchung seines Gestalt und
seines inneres Gehaltes nebst neuer
deutscher Ubersetzung, München,
M. Hueber, 1957, pp. 84.

Traduzione tedesca del Cantico se-
condo il ms. Assisiate 388. Studio sulla
struttura interna e forma ritmica del-
linno e commento. Poco persuasiva
la ricostruzione metrica.

BIGARONI MARINO, Il Cantico di Frate
Sole. Genesi del Cantico, Assisi, Tip.
Porziuncola, 1956, pp. 158.

Polemica sul tempo, ma soprattutto
sul luogo della composizione del Can-
tico.

PerRroccHI GIoRrGIo, Inchiesta sulla
tradizione manoscritta dei « Fioretti
di San Francesco », in Filologia Ro-
manza, Anno IV, fasc. 3, n. 15, lu-
glio-settembre 1957, pp. 311-325.

Presentazione dei primi risultati di
un tentativo di ricostruzione critica
del testo dei Fioretti e di definizione
dell’ordine strutturale di quest’opera.
Segue inventario di 84 mss. di Fioretti,
reperiti in varie biblioteche italiane e
straniere, con brevi notizie descrittive.
L’A. invita infine chi conoscesse altri
mss. dell’operetta a renderli noti.

TERZI A., Memorie francescane nella
valle reatina, Roma, A cura del Co-
mitato per la rinascita dei Santuari
francescani reatini, 1955, pp. 512.

Illustrazione dei luoghi, memorie,
edifici della regione, relativi alla vita
di S. Francesco d’Assisi e alla sua pre-
dicazione nel reatino. L’A. sulla base
di nuovi documenti, chiarisce alcuni
punti oscuri della vita del santo.

MARIO MELELLI

SoLINAS MARIO, La Verna, Perugia,
Editore. « Grafica» 1959, pp. 190,
tavv. 6.

Il volumetto fa parte di un ciclo,
Le vie del silenzio, dedicato dall'A. al-
l'interpretazione spirituale emistica del-
le località francescane che testimoniano
le tappe fondamentali del: magistero
del Santo assisano. L'esposizione assai
aderente ai suggestivi luoghi e alle sin-
golari vicende che vi si sono svolte è
arricchita da un ampio corredo di note
contenenti larga messe di riferimenti
bibliografici.

GIOVANNI CECCHINI

Biografia

CanoNIcI Luciano O.F.M., Il faro
sul Monte. Il B. Leopoldo da Gaiche.
Assisi, ediz. Porziuncola, 1957, pp.182.

Accurata biografia di questo predi-
catore popolare (t 1815).

BeDESCHI CAMILLO, L'arcivescovo Rug-
gero Bovelli « Pastor bonus in popu-
lo» in Analecta ferrariensia, 1957,
pp. 7-36.

Biografia del Bovelli (nato a Pan-
talla frazione di Todi il 13 gennaio
1875), vescovo di Modigliana (1915),
di Faenza (1924), e arcivescovo di Fer-
rara dal 1929 fino alla morte, 1954.

MARIO PERICOLI
9

BoccaNERA GIACOMO, Biografia e Scrit-
ti della B. Camilla-Battista da Vara-
no, Clarissa di Camerino (1458-1524),
in Miscellanea Francescana, vol. 57,
1957, pp. 64-465.

Studio approfondito e ricco di ma-
teriale bibliografico intorno alla vita
e gli scritti della Beata.

GIUSEPPE ZACCARIA

VANNUCCI PASQUALE, Medaglioni : Don
Brizio Casciola, in Idea, Anno XIV,
n. 4, aprile 1958, pp. 240-244.

Breve biografia di un sacerdote na-
tivo di Montefalco, che fu noto in Ro-

ma nei primi del secolo per i suoi espe-

rimenti sociali e filantropici; amico di
don Luigi Orione, Romolo Murri,
Ernesto Buonaiuti, nonché di Giovanni
Pascoli ed altri.

MARIO MELELLI

238 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Varie

Fano FaBIO, La cappella musicale del
Duomo di Milano. I, Le origini e il
primo maestro di cappella: Matteo
da Perugia. Milano, Ricordi, 1957,
XV, pp. 503, tavv. 20 (Istituzioni e
monumenti dell’arte musicale ita-
liana, n. s. vol. I).

Storia delle origini della cappella
musicale metropolitana milanese, il
cui primo maestro (1402-1416) fu
Matteo da Perugia. In appendice do-
cumenti di archivio.

MARIO PERICOLI

ULLU DANTE, Il « Festival dei due mon-
di» a Spoleto, in Idea, Anno XIV,
n. 8, agosto 1958, pp. 563-565.

Giudizio critico sul programma musi-
cale e sulle esecuzioni del Festival,
edizione 1958.

MARIO MELELLI
Necrologi

PIO CENCI

Pio Cenci, sacerdote di Gubbio, canonico della Cattedrale, Pre-
lato Domestico di S. Santità, dottore in S. Teologia, in Diritto Cano-
nico e Civile, nato a Gubbio il 14 marzo 1876, morto a Roma il
3 luglio 1956.

Fu una delle figure più eminenti del clero eugubino:. ebbe animo
aperto e generoso cuore. La sua generosità, unita a una semplicità che
gli faceva sempre vedere negli uomini la sincerità che era nel suo nobile
spirito, gli fece trovare non raramente nel suo aspro cammino dei pro-
fittatori della sua rara bontà.

Giovane sacerdote, fu subito chiamato a insegnareStoria civile ed
ecclesiastica — per la quale aveva già dimostrato grande passione
e attitudine — nel Seminario diocesano. Andò quindi a perfezionarsi
all'Università di Innsbruck, dove gli fu maestro il celebre Ludovico
Pastor, di cui poi avrebbe tradotto nella nostra lingua la monumenta-
le Storia dei Papi e che lo ebbe sempre carissimo. Dal 1912 al 1916
passó ad insegnare Storia ecclesiastica nel Pontificio Seminario Regio-
nale di Assisi, fondato nello stesso anno 1912. Fu infine « archivista »
all'Archivio Vaticano, per molti anni. In Roma svolse anche il suo
pio ministero di sacerdote e di Rettore della Chiesa di S. Agnese.
Cosicché si puó dire che due furono i momenti della sua attività,
legati alle due città in cui visse per lungo tempo: Gubbio e Roma.

L'epoca eugubina segue immediatamente alla sua ordinazione
sacerdotale. Campo delle sue ricerche sono le tradizioni locali e gli
archivi inesplorati, dopo la confisca dei beni religiosi nella sua città.
Le ricche biblioteche già dei Benedettini, dei Domenicani, degli Ago-
stiniani, dei Canonici Regolari Lateranensi, dei Frati Minori Conven-
tuali offrirono a lui una fonte inesauribile per la conoscenza della vita
religiosa e civile di Gubbio nella sua storia. Soprattutto la mole di
documenti custoditi nell'archivio della Cattedrale passó al vaglio
appassionato e critico delle sue indagini.
. sua Foligno l'Archivio di Storia Ecclesiastica per l'Umbria, per fa-

240 NECROLOGI

Nel luglio 1912 il celebre mons. Faloci-Pulignani fondò nella

vorire la conservazione, la pubblicazione e la illustrazione di tutti i
documenti, inediti o male editi, riguardanti i principali avvenimenti,
i più illustri personaggi e i più importanti monumenti che avessero rela-
zione con la storia ecclesiastica delle 15 diocesi dell’Umbria. Il Cenci,
insieme a una corona di sacerdoti umbri, vi figura come consi-
gliere e apprezzato collaboratore.

Ma il periodo romano segnò anche la sua più numerosa produzione B
alimentata, e su più vasto campo, oltre che dal suo singolare tempera-
mento indagatore, dal fatto di essere vicino a fonti storiche di primo
getto quali erano quelle dell'Archivio Segreto che da pochi anni era
stato aperto agli studiosi di ogni fede e di ogni corrente.

Il dotto P. Giacomo Bigoni dei Conventuali, su ricerche da lui
condotte direttamente sulle schede della Biblioteca Sperelliana di
Gubbio, sui volumi della R. Deputazione di Storia Patria dell'Umbria e
su quelli dell'Archivio di Storia Ecclesiastica per l'Umbria, ha ricavato
una enumerazione delle opere del Cenci. Ma egli dichiara che essa è
soltanto parziale « poiché è da ritenersi che, specialmente per il pe-
riodo che il Cenci trascorse in Roma, molta parte dei suoi scritti
siano stati pubblicati su riviste culturali storiche o su giornali oggi
non facilmente controllabili ».

Tuttavia il copioso elenco che segue a eines brevi note biografi-
che vale a mettere nella sua degna luce la personalità e il valore di
mons. Pio Cenci che il nostro concittadino march. prof. Polidoro Ben-
veduti, direttore della Biblioteca dell'Università di Cagliari, definiva
«il Muratori di Gubbio ».

OnIGENE RocaRI

BIBLIOGRAFIA

1) Ricordi storico-artistici della Chiesa Abaziale di S. Pietro in Gubbio. Gubbio
Tip. Romitelli, 1904.

2) Arcone dell'abside della Chiesa di S. Agostino (il Giudizio Universale) :
affresco del Nelli scoperto in Gubbio, in Miscell. di Storia Eccl., Roma,
anno II (1904), n. 3, p. 79 e segg.

3) Sulla « membranarum Archivii Ecclesiae Cathedralis Eugubinae recensio
a Card. Jos. Pecci peracta, in Miscell. di Storia Eccles., Roma, vol. II (1904),
p3915;

4) Vita di S. Giovanni da Lodi, Vescovo di Gubbio : pubblicata nel VIII Cen-
fenario della sua morte. Città di Castello, Soc. Tip. _Coop., 1906.

5) San Felicissimo di Nocera Umbra: Leggenda e memoria del suo culto,

Roma, Desclèe-Lefebvre, 1906, pp. 73.
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NECROLOGI : 241

6) Regesti delle pergamene dell’ Archivio Armanni, Gubbio, 1907, voll. 3. -

7) Inventario dell’ Archivio della Cattedrale di Gubbio. Vol. XIII degli Inven-
tari degli Archivi d'Italia, curati da G. Mazzatinti, 1907.

8) La Chiesa eugubina. Storia ecclesiastica eugubina. Discorso letto in occasione
del solenne ingresso in Gubbio del nuovo Pastore, Mons. Giov.'Battista
Nasalli Rocca. Città di Castello, Scuola Tip. Coop., 1907.

_9) I Ceri di Gubbio e la loro storia. Città di Castello, Società Tip. Coop., 1908.

10) Le relazioni tra Gubbio e Perugia nel periodo comunale. In Bollettino della
Deputaz. di Storia Patria per l'Umbria, vol. XIII (1908), 521 e segg.

11) Memoria storica su l'origine e scopo della Confraternita della Misericordia
(1538). Città di Castello, Scuola Tip. Coop., 1908.

12) Le Costituzioni sinodali della Diocesi di Gubbio del sec. XIV e XV, in
Archivio di Storia Eccl. per l'Umbria, a. I, fascc. II e III (1914), Foligno,
pp. 286-380.

13) Le iscrizioni medioevali e della Rinascenza di Gubbio e suo territorio, in Bollet-

tino della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, vol. XX (1914), pp. 3-92.

14) Codice Diplomatico di Gubbio dal 900 al 1200. Perugia, Unione Tip. Coop.,
1915, pp. 64.

15) Martiri venerati a Gubbio e l'iscrizione di Costantina, (con 2 tavole), in
Arch. Stor. Eccl. Umbr. Vol. III (1916), fasc. III, pp. 382-398.

16) Leggenda inedita di S. Ubaldo, Vescovo di Gubbio, in Arch. Stor. Eccl. Umbr.,
1916.

17) La « Vita Beati Ubaldi » scritta da Giordano di Città di Castello. in Arch.
Stor. Eccl. Umbr., 1917.

18) Vita di S. Ubaldo, Vescovo di Gubbio. Gubbio, Tip. Oderisi, 1924.

19) L'Archivio della Cancelleria della Nunziatura Veneta. in Miscellanea Fran-
cesco Ehrle, Roma, 1924, vol. V, pp. 273-330.

20) Regesto delle pergamene della Sperelliana di Gubbio. in Bollettino della Depu-
tazione di Storia Patria per l'Umbria, vol. XXV (1922).

21) Tre importanti documenti dell’ Archivio e della Biblioteca Vaticana per la
Storia Umbra, in Bollettino della Deputazione di Storia Patria perl Umbria,
vol. XXVII (1924), pp. 201-211.

22) Sopra importanti reliquie di monumenti antichi scoperti a Gubbio. (Memoria
all'adunanza del Consiglio della Deputazione in Perugia tenuta il 24
settembre 1928).

23) Il Cardinale Raffaele Merry Del Val. (con prefazione del Card. Eug. Pa-
celli, Segretario di Stato di S. E.), LICE, Roberto Berruti e C. Editori,
1933, pp. 875. o

24) La Madonna della Misericordia. Cenni storici. Gubbio, Tip. Oderisi, 1946,
Pp. 34. i

25) Traduzione dal tedesco della Storia dei Papi del Pastor (in 16 volumi).
Dopo la morte del grande storico austriaco, avvenuta il 30 settembre
1929, il Cenci pubblicò una biografia del Pastor, come introduzione al
volume su Clemente XIII (vol. XI della Storia).

26) Ven. Innocenzo XI Papa (1611-1689). Roma, Ediz. Bibliotechina pp. 26.

27) Documenti inediti su la famiglia e la giovinezza dell’antipapa Cadalo. Par-
ma, Offic. Grafica Fresching, s. a., pp. 39.

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GUIDO LUPATTELLI

Guido Lupattelli è nato a Perugia da ragguardevole famiglia di
spiccate virtù civiche il 7 dicembre 1891, è morto a Perugia il 19
settembre 1958.

Conseguita a Firenze la laurea in medicina e chirurgia il 2 giugno
1915, partecipò come volontario alla guerra 1915-18 quale ufficiale
medico in reparti di prima linea, contraendo un’invalidità perma-
nente e meritando la croce di guerra. Negli anni accademici 1919-20
e 1923-24 fu aiuto alla cattedra di medicina legale nell'Università
di Perugia. Nell’intervallo fra l'uno e l'altro anno accademico risie-
dette a Milano, dove ricopri gli uffici di medico dell'Ufficio d'Igiene
di quel Comune e di perito medico del Tribunale di quella città. Rien-
trato a Perugia, si dedicó all'esercizio della libera professione come
pediatra apprezzatissimo per la dottrina, per la prudenza e per il
garbo tutto personale. Nel frattempo appassionato, come sempre,
del sapere e della cultura, riprese gli studi universitari seguendo i

quattro anni di corso della Facoltà di scienze politiche recentemente

istituita presso l'Università di Perugia e un anno della Facoltà di
giurisprudenza; sostenne con esito brillante vari esami, ma non con-
segui la laurea.

Gran parte della propria cultura umanistica, medica e giuridica,
della propria esperienza personale e, quel che piü conta, della sua
alta maturità di giudizio e del suo spiccato senso sociale, egli ha messo
al servizio della Cassa Nazionale di Assicurazione per gli infortuni
sul lavoro, nella quale entró nel 1929 come medico fiduciario nella
sede di Perugia, passando poi dal 19 luglio 1943 consulente medico
di seconda classe nell'Istituto Nazionale infortuni sul lavoro. Dall'a-
gosto 1941 al febbraio 1943 disimpegnò con lo scrupolo e col senso
d'italianità che lo distinguevano il delicato incarico di Commissario
straordinario per gli ospedali della Dalmazia.
NECROLOGI 243

Ricoprì molti offici attinenti alla sua professione: quelli di mem-
bro del Collegio medico legale per le pensioni di guerra presso l'O-
spedale militare di Perugia, membro effettivo della Commissione ar-
bitrale di prima istanza per l'Assicurazione Sociale, presidente del
Collegio medico provinciale per il collocamento degli invalidi di guerra,
membro effettivo della Commissione giudicatrice degli esami di Stato
per l'esercizio professionale di medico, presidente del Comitato co-
munale dell'Opera Nazionale Maternità e Infanzia, segretario del
Consiglio dell'Ordine dei medici della provincia di Perugia, giudice
del Tribunale per minorenni. In relazione particolarmente all'eser-

cizio di tali attività fu insignito della medaglia d'argento della C.R.I. .

e del diploma al merito della redenzione sociale.

Ma ben altri offici di carattere rappresentativo nel campo ammi-
nistrativo e culturale egli ricopri nella sua città, adempiendoli con
acuta intelligenza delle situazioni, con equanime temperanza di cri-
teri, con vero saldissimo affetto filiale. Fu per vari anni Vicepodestà
di Perugia, dal 1940 al '44 presidente dell'Accademia di Belle arti
e dell'Istituto d'Arte, a più riprese presidente dell’Accademia dei
Filedoni, vicepresidente della « Fonte maggiore » e dell'Associazione
Amici del teatro, consigliere della Famiglia perugina; era Socio cor-
rispondente di questa Deputazione.

Il quadro degli studi, delle attività professionali, degli impegni
di cittadino denunzia da solo, anche a chi non l'abbia conosciuto, il
profilo psichico e intellettuale, le tendenze e le predilezioni di Guido
Lupattelli. Ma chi l'ha conosciuto ed ha beneficiato dell'impareggia-
bile sua compagnia e della sua indefettibile amicizia, che rendono,
appunto per la loro singolarità, più cocente il rimpianto, sa quali
erano le intime predilezioni dell’animo suo: le opere nelle quali qual-
siasi sforzo o lotta o sacrificio era ripagato dal piacere di dedicarvisi.
La professione di medico e la medicina innanzi tutto, ma intese am-
bedue nel senso più lato possibile, come un campo sperimentale di
esperienze umane, come un elemento di studio del mistero della vita,
di conoscenza più intima, più segreta, più totale della natura dell’uomo.
Ma la sfera degli interessi intellettuali e di cultura di Guido Lupat-
telli era di ben vaste proporzioni; ne è validissima e parlante dimo-
strazione la sua biblioteca privata, che raccoglie in non meno di 4000
volumi scienza e filosofia, classici dell’antichità e delle moderne lette-
rature, belle arti — sopratutto pittura — teatro, romanzi e saggi-
stica. In lui sotto lo stimolo di un inesauribile impulso di penetra-
Zione e di comprensione svanivano i confini di separazione delle

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244 NECROLOGI

scienze, delle discipline, delle correnti di pensiero nello sforzo di con-
seguire un’organica, vitale unità di sapere.

Un istintivo rispetto e una considerazione altissima egli ebbe
per le manifestazioni e le realizzazioni di carattere culturale, un amore
infinito, tenerissimo e persino geloso egli nutri per Perugia e l'Umbria,
e non vi fu sentimento che l’esaltasse quanto l’amor di patria, inteso
come una religione. Qualsiasi iniziativa quindi che tornasse a decoro
della città, che mettesse in valore taluni aspetti negletti della vita
cittadina, che portasse incremento al progresso di un'istituzione o
di un’impresa culturale lo trovava sempre favorevole e disposto a
fornire il suo appoggio. Fu durante la sua presidenza che l'Accade-
mia di Belle Arti e l'Istituto d'Arte si rammodernarono nella sede,
nei quadri del personale, nell'organica struttura, dando inizio a quel
rinnovamento che é giunto al massimo sviluppo negli ultimi anni.
L'Accademia soprattutto fu ringiovanita col rinnovo dello statuto,
con l'apporto di nuove energie nel corpo insegnante, col riordina-
mento delle raccolte e con una maggiore disponibilità di mezzi finan-
ziari e didattici. Fu proprio allora avviata la pratica burocratica per
ottenere all'Accademia il pareggiamento a quelle statali, che fu con-
cesso poco dopo la fine del conflitto mondiale.

L'Accademia dei Filedoni ha anche avuto da Guido Lupattelli
cure assidue ed affettuose, partecipando egli attivamente alla vita
di essa e stimolando lo sviluppo della sua attività culturale e arti-
stica, tenendo conferenze lui stesso su argomenti di storia e arte
locale, promuovendo premi di pittura; mostre, come quelle fortuna-
tissime di pittura perugina dell'Ottocento e fotografica di Perugia.
E laccademia, come luogo di piacevole ma non dispersiva disten-
sione, come punto d'incontro di temperamenti diversi ma assimilati
almeno su un piano di civile tolleranza e di sociale solidarietà di
fondo, era l'ideale centro in cui per vocazione e per formazione Guido
Lupattelli sentiva di voler vivere, in mezzo a belle cose, in un'atmo-
sfera di signorile agevolezza e di cordiale amorevolezza, fra briosi
e variati conversari in cui si temperassero per educazione e per be-
nignità d'animo, le divergenze d'opinione e dall'apporto di ciascuno
si comunicasse a tutti una corroborante consapevolezza di umana
superiorità e di confidente speranza.

GIOVANNI CECCHINI
NECROLOGI 245

BIBLIOGRAFIA

L’opoterapia nella ittiosi congenita (Istituto di Patologia e Clinica medica del-
l’Università di Perugia), s. d. ;

Contributi alla conoscenza dei sarcoidi fi ibrosi nell'infanzia (R. Clinica Pedia-
trica di Perugia), s. d.

Uno scienziato perugino cui Galileo Galilei chiedeva consiglio (Giuseppe Neri),
in Jl Messaggero di Roma, 31 ottobre 1940.

Il Cristo della beata Colomba, in Il Messaggero di Roma, 15 gennaio 1947.

La Galleria Nazionale d' Arte del Umbria, in La Nazione italiana, di Firenze,
2 luglio 1947.

La Madonnina dei Conestabile sorride al Metropolitan Museum di New York,
in La Nazione italiana, 4 aprile 1947.

Gerardo Dottori alla Galleria Nuova, in La Nazione italiana, 1 aprile 1947.

La Madonna delle grazie, in La Nazione italiana, 16 luglio 1947.

Giovanni Dragoni alla Galleria Nuova, in La Nazione italiana, 23 luglio 1947.

Il Frontone dall'aperta fronte, in La Nazione italiana, 22 agosto 1947.

Vittoria Aganoor a Perugia, in La Nazione italiana, 12 settembra 1947.

Commento ad una manifestazione d'arte,in La Nazione italiana, 23 dicembre 1947.

San Costanzo vescovo protettore di Perugia, in La Nazione italiana, 28 gennaio
1948.

Perugia e Benedetto XI, in La Nazione italiana, 19 maggio 1948.

Perugia nel secolo X V e un eminente artista dimenticato. in La Nazione italiana,
11 giugno 1948.

Ombre e luci perugine alla fine del XVIII e ai primi del XIX secolo, in La
Nazione italiana, 8 luglio 1948.

San Lorenzo, in La Nazione italiana, 10 agosto 1948.

Gli acquedotti perugini, in La Nazione italiana, 22 settembre 1948.

La « messa in do minore » voce cosmica corale che celebra Dio nella vita e nella
morte, in La Nazione italiana, 25 settembre 1948.

Fra Giovanni di Pian di Carpine é una tempera di Gerardo Dottori, in La Na-
zione italiana, 27 ottobre 1948.

Uno scultore veneziano e un giurista perugino del '400, in La Nazione italiana,
25 novembre 1948.

Giambattista Caporali pittore, in La Nazione italiana, 30 marzo 1949.

La chiesa di S. Fiorenzo e la Madonna degli Ansidei, in La Nazione italiana,
24 giugno 1949.

L’insurrezione del 7 dicembre 1375, in La Nazione italiana, 12-14 agosto 1949.

L’ipogeo dei Volunni, in La Nazione italiana, 27 dicembre 1949.

La villa del Cardinale ai piedi di Monte Tezio, in Il Messaggero di Roma, 24
agosto 1950.

Il monastero di Montelabbate, in La Nazione italiana, 4 agosto 1951.

Come gli artisti perugini vissero, soffrirono e dipinsero, in Il giornale d'Italia,
3 ottobre 1951.

L'antica città e l'edilizia nuova, in La Nazione italiana, 23 agosto 1952.

Da Perugia a Milano corre il ricordo del Piccinino, in Il giornale d'Italia,
18 ottobre 1952.

Madonne perugine. Perugia, 1953.

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CARLO CANSACCHI

Il generale Carlo Cansacchi, conte e nobile di Amelia, nacque
nel castello di Montecampano presso Amelia (provincia di Terni) il
7 maggio 1879 da una famiglia di antica ed illustre tradizione civica
e militare. Intrapresa la carriera militare, fu nominato sottotenente di
cavalleria nel 1901 e come cavalleggero prestó servizio a Pinerolo,
a Tor di Quinto e in diverse altre sedi, partecipando con successo
anche a vari concorsi ippici. All'inizio della prima guerra mondiale
1915-18 fu destinato al corpo areonautico ed automobilistico e quindi,
a sua richiesta, passó in fanteria combattendo sull'Isonzo e in Mace-
donia; su questo fronte, al comando del 619 fanteria, prese parte alla
vittoriosa avanzata contro Bulgari e Turchi. Maggiore nel 1916, te-
nente colonnello nel 1918, fu nominato colonnello nel 1929; andato a
sua richiesta in posizione ausiliaria speciale, vi raggiunse il grado di
generale di brigata. Era decorato di una medaglia di bronzo e di due
croci di guerra al valor militare; era Commendatore della Corona
d'Italia, Cavaliere Mauriziano e Cavaliere di Grazia e Devozione del
Sovrano Ordine Militare di Malta. Laureatosi brillantemente in Giu-
risprudenza nel 1908 presso l'Università di Torino, e diplomato in
paleografia ed archivistica, si dedicó con passione agli studi storici,
pubblicando vari scritti, frutto di pazienti ricerche di archivio, spe-
cialmente sulla storia medioevale umbra e sugli ingegneri ed architetti
militari.

Ricorderemo fra le più note alcune sue monografie: Capitani ed
uomini d'arme di Amelia (pubbl. nella Rivista Araldica del 1936);
Note bibliografiche sui sumenzionati capitani (pubbl. in Bollettino del-
l'Istituto Storico dell' Arma del Genio del 1937); I primi passi di un
grande condottiero : Bartolomeo di Alviano (ibidem, 1937); Antonio
da San Gallo il giovane (ibidem, 1938); Armi, armati e castellani di
Pio II, Paolo II e Sisto IV (ibidem, 1938); Castelli e castellani 1458-
NECROLOGI 247

‘84 (ibidem, 1939); Castellani, capitani, artiglieri, ecc. di Paolo III (ibi-
dem, 1939); L'Albornoz, i suoi uomini e le sue rocche (ibidem, 1941);
Ingegneri militari del periodo barberiniano, 1623-44 (ibidem, 1942);
Le compagnie di ventura nei dintorni di Amelia (ibidem, 1956); La
millenaria torre campanaria di Amelia (ibidem, 1957); I Guelfi e i
Ghibellini in Amelia (in Rivista Araldica, 1940); Amelia nelle lotte
contro i due Federichi (ibidem, 1940); Connestabili ed uomini d'arme
della Santa Sede nella seconda metà del secolo XV (ibidem, 1943); Cro-
nistoria amerina dal 1400 a. C. al 1943 d. C. (ibidem, 1955-56-57-58).

Egli lascia alcune opere inedite e moltissimi appunti e note di
ricerca; la sua opera storica venne assai apprezzata sia in Italia che
all’estero, e ne rendono testimonianza le lusinghiere e incoraggianti
recensioni avute da eminenti storici, nonché i frequenti richiami da
questi fatti nelle loro opere agli scritti del Cansacchi, reputato autore
scrupoloso e penetrante; fu per molti anni Ispettore Onorario Biblio-
grafico per il Piemonte, membro del Giurì d’Onore del Nastro Az-
zurro, socio corrispondente della Deputazione di Storia Patria per
l'Umbria, del Collegio Araldico Romano e di molte associazioni cul-
turali. Morì improvvisamente per trombosi cerebrale in Torino, alla
età di anni 80, il 22 giugno 1959.

GuiDO ASTUTI

BIBLIOGRAFIA

1. Un illustre giureconsulto umbro : Martino Cansacchi di Amelia (secolo xiv),
in Bollettino della Deputazione di Storia patria per l'Umbria, vol. XXIX,
1929.

2. Elenco dei più illustri podestà, capitani del popolo, vicari ecc. del Comune

di Amelia dalla metà del secolo XIII a tutto il secolo XVI,in Rivista Araldica,

1935.

I Chiaravallesi, in Rivista Araldica, 1935.

. Capitani ed uomini d’arme di Amelia, in Rivista Araldica, 1936.

. Famiglie nobili di Amelia ancora viventi : i Cansacchi, i Petrignani, i Geral-

dini, i Ferratini, in Rivista Araldica, 1937 e 1938.

6. Note bibliografiche di alcuni capitani ed uomini d’arme di Amelia ecc., in
Bollettino dell’Istituto Storico e di Cultura dell’ Arma del Genio, 1937.

7. I primi passi di un grande condottiero : Bartolomeo di Alviano, in Bollet-
tino dell’ Istituto ecc. dell' Arma del Genio, 1937.

8. Antonio da San Gallo, il giovane, in Amelia, in Bollettino ecc. delU Arma del

"A Genio, 1938.

9. Armi, armati e castellani di Pio II, Paolo II e Sisto IV, in Bollettino ecc.
del Arma del Genio, 1938.

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"NECROLOGI

Castelli e Castellani 1458-1484, in Bollettino ecc. dell’ Arma del Genio, 1939.
Castellani, capitani, artiglieri, ingegneri di Paolo III, in Bollettino ecc.
dell' Arma del Genio, 1939.

I Guelfi e i Ghibellini in Amelia nei secoli XIII e XIV,in Rivista Araldica,
1940.

Amelia nelle lotte contro i due Federichi (Federico I e II di Hohenstaufen),
in Rivista Araldica, 1940.

L'Albornoz, i suoi uomini e le sue rocche, in Bollettino ecc. del Arma del
Genio, 1941. :
Ingegneri militari del periodo barberiniano (1623-1644), in Bollettino ecc.
dell' Arma del Genio, 1942.

Connestabili ed uomini d'arme della Santa Sede nella seconda metà del se-
colo XV, in Rivista Araldica, 1943.

Le compagnie di ventura nei dintorni di Amelia (secoli xiv e xv), in Bol-
lettino ecc. dell' Arma del Genio, 1956.

La millenaria torre campanaria di Amelia in Umbria, in Bollettino ecc. del-
l'Arma del Genio, 1957.

Cronistoria amerina (1400 a. C. — 1943 d. C.), in Rivista Araldica, 1955-
56-57-58.

Monsignor Agapito Geraldini di Amelia, primo segretario intimo di Cesare
Borgia (1450-1515), 1958 (scritto inedito).
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UMBERTO CALZONI

Nato a Perugia il 19 novembre 1881 e-laureatosi in Giurispru-
denza nel 1905 presso l’Università perugina, Umberto Calzoni di-
mostrò fin dagli anni della sua giovinezza un ingegno particolarmente
vivace e versatile. Lo scriver poesia era come un passaggio obbligato
per i giovani del suo tempo (ma questo talento doveva poi riapparire,
maturato, in uno degli aspetti più suggestivi — anche se più segreto —
della sua personalità intellettuale). Soprattutto lo attirava, di là dagli
studi e dalle esperienze professionali, una inappagabile curiosità di
ricerca, che lo accostò a quell’appassionato indagatore e raccoglitore
di selci preistoriche che fu Giuseppe Bellucci. Amò intensamente l’e-
scursione, la montagna, la ricognizione archeologica (e questa era,
per i giovani del suo tempo, una passione inconsueta).

Venne la guerra del 1915-1918. Umberto Calzoni vi partecipò
quale ufficiale della Brigata Cacciatori delle Alpi; fu ferito a Colle del
Miglio; combatté sul fronte francese; si guadagnò la Croce al Merito
di Guerra. Fu chiamato al Tribunale Militare di Ancona; in questa
città egli fece un incontro che doveva essere di importanza decisiva
per la sua attività futura: quello con Antonio Minto. Di ritorno a Pe-
rugia, negli anni del travagliato dopoguerra, il valoroso ufficiale ed
ormai brillante civilista diede anche il suo contributo alla vita
pubblica, come Consigliere Comunale nell'Amministrazione presie-
duta dal Sindaco L. Valentini e come Commissario degli Alloggi.

Ma tra tutti gl’interessi, quello archeologico era destinato a dive-
. nire soverchiante. Del 1920 e 1921 sono le prime esplorazioni, i primi
scavi di Calzoni intorno a Perugia e nella stazione preistorica del
Torbidone sull’altipiano di Norcia; e le prime sollecite diligentissime
pubblicazioni dei materiali scoperti. Seguiranno le ricerche di San
Martino in Colle presso Perugia, delle stazioni eneolitiche di Monte
Vergnano, Perugia vecchia, Monte Belveduto, di Abeto di Norcia,
250 NECROLOGI

della cinta preistorica di Città di Fallera presso Piegaro, di San Vito
. in Monte. Con pochi aiuti, sovente a sue spese, sempre operante di
persona, il nostro instancabile indagatore veniva cosi aprendo la
preistoria umbra, dal paleolitico all'età dei metalli, alla conoscenza,
al controllo moderno. Quale forza egli fosse per la scienza comprese
Antonio Minto divenuto Soprintendente alle Antichità dell'Etruria,
che gli fu subito prodigo di ogni possibile aiuto (ma le possibilità erano
limitate, sicché la fatica di Calzoni rimase pur sempre personalissima);
e soprattutto gli fu amico, confortatore, protettore incondizionato.
Nel 1928 poté cosi avere inizio il capitolo culminante dell'attività
archeologica di Umberto Calzoni, e cioè la rivelazione dei resti preisto-
rici della Montagna di Cetona a sud di Chiusi, con gli scavi dell’abitato
dell’età del bronzo di Belverde (1928-1935), dell'abitato della estrema
età del bronzo a « Casa Carletti » (1936), della Grotta Lattaia e della
Grotta di Gosto (1940-1941). A queste scoperte fecero riscontro, anche
per affinità di problemi archeologici, quelle delle « Tane del Diavolo »
a Parrano presso Orvieto (1934). Sarebbe troppo lungo ricordare le
molte, altre indagini variamente perseguite fruttuosamente in quegli
anni, e nei successivi, in Umbria e nel Reatino: oltre che la diuturna
opera di controllo dei rinvenimenti archeologici occasionali, per cui
egli volenterosamente collaborò — fin quando gli fu concesso dalle
forze — con le Soprintendenze di Firenze e di Roma.

Se è vero che non le istituzioni creano gli uomini, ma gli uomini le
istituzioni (e le tradizioni), certo questa verità emerge esemplarmente
dalle vicende che fecero di Perugia la sede di un grande museo prei-
storico: uno dei più ricchi, e indiscutibilmente il più moderno — almeno
finora — che esista in Italia. Veramente a noi sembra oggi familiare, e
quasi naturale, l’idea dell’esistenza di questa raccolta perugina: e
l'associare a Perugia le antichità del Monte di Cetona. Ma si deve con-
fessare che né per vicinanza di antichi e cospicui campi di ritrovamenti
paletnologici, né per segnalate tradizioni di studio in questa disciplina
(se si eccettua la benemerita attività del Bellucci), Perugia poteva dirsi
. predestinata ad ospitare il Museo Preistorico dell'Italia centrale;
tanto meno ad attrarre le più preziose testimonianze dell’età del bronzo
toscana, i remoti e prossimi precedenti della civiltà storica dell’agro
chiusino, vogliamo dire appunto il materiale del Cetona. La creazione
e la particolare configurazione del museo preistorico (quest’altra
recente gloria scientifica e culturale perugina) è opera di una sola
tenace volontà, ha un solo nome: quello di Umberto Calzoni.

Egli lo aveva concepito, lo aveva fatto nascere, con l’aiuto della

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NECROLOGI 251

Brigata Perugina degli Amici dell'Arte, tra il 1921 e il 1923, dall'ac-
quisto della collezione Bellucci, dal frutto delle sue prime ricerche; fu
preposto a dirigerlo; lo sistemò provvisoriamente nel Palazzo Gallen-
ga. Nominato nel 1926 direttore anche del Museo Etrusco-Romano,
allora all’Università, e Ispettore Onorario per le antichità del territo-
rio di Perugia, il suo sogno rimase, ostinatamente quello dell’incre-
mento e della valorizzazione delle collezioni preistoriche. Dopo le cla-
morose scoperte del Monte Cetona l’occasione propizia venne dalla
destinazione del Palazzo Donini a sede dei Musei Civici. Calzoni si
affrettò ad ordinare il materiale prediletto in tredici sale del piano
superiore del Palazzo (1937-38): ad ordinarle con chiarezza, sicurezza
scientifica, perspicuità didascalica, freschezza e gusto rari ancora
nelle esperienze museologiche di quegli anni; e fu il suo capolavoro.
Il resto della sistemazione dei Musei Civici, per la parte delle antichità
etrusche e romane, non poté essere affrontato. Sopravvenne la guerra,
con i suoi provvisori prudenziali smantellamenti. Nuovi decreti delle
Amministrazioni cambiarono i destini della sede dei Musei, ai quali
fu assegnato, in luogo del Palazzo Donini, l’antico convento di San
Domenico, putroppo incompiutamente. Al Direttore già anziano,
ma non ancora stanco, toccò di ricostruire la sua creatura in nuovi
spazi; ed egli seppe farlo con non minore grazia e sapienza. Si aggiunse,
ultima e più grave fatica, la definitiva presentazione del materiale
etrusco-romano. Quando, nel dicembre del 1958, Umberto Calzoni
lasciò la Direzione dei Musei civici di Perugia, destinati a passare dal
Comune allo Stato, la Nazione riceveva dalla Città un complesso di
raccolte uniche, degne di figurare al fianco dei più grandi Musei Nazio-
nali. La riceveva dalle mani del loro artefice. Tanto esse erano legate
alla sua passione e alla sua predilezione, che parve quasi naturale che
il lasciarle fosse per lui - malato ed ormai veramente stanco — il lasciare
una ragione di vita. Infatti pochi mesi dopo, il 3 luglio 1959, quasi
ottantenne, egli abbandonava serenamente e silenziosamente le per-
sone, le cose, le opere amate.

Non ci restano di lui soltanto le scoperte e il museo, ma anche una
serie di pregevoli scritti, destinati soprattutto ad illustrare i risultati
scientifici delle sue ricerche. La familiarità del Bellucci, indagatore
umanissimo estraneo alle grandi scuole, non poté equivalere ad un
autentico magistero, né sostituire una formazione metodologica spe-
cializzata: la quale dunque mancò ad Umberto Calzoni, se non per
quanto egli seppe costruirsi da sé medesimo. Tanto più meritorie, e
quasi straordinarie, appaiono la vastità e sicurezza delle sue cogni-
252 NECROLOGI

zioni, e la maturità critica dei suoi giudizi. Se qualcuno poté ricordarsi
del suo autodidattismo (o tacitamente nutrire riserve per essere egli
un «avvocato » e non un «professore »), certo il critico appartenne
alla categoria degli schifiltosi analisti della scienza, meglio noti per
la ricerca delle altrui imperfezioni che per la propria fattività. L’opera
di Calzoni come paletnologo militante supera, al consuntivo del
metodo e dei risultati, quella di molti suoi colleghi professionisti
patentati: con in più un certo entusiasmo, una certa fede che sono,
ahimé, sovente caratteristici più degli amatori che dei professionisti.
Se quella fede seppe smuovere la montagna di Cetona, ciò non va
ascritto se non a merito di Calzoni: ed un poco anche di Antonio Minto
che, dalla sua posizione ufficiale, ne fiancheggiò le generose iniziative.
Delle sue scoperte Calzoni diede quasi sempre adeguate e pronte noti-
zie agli studiosi, senza quelle dilazioni ed incertezze, dovute ad un
amore di perfezione, per cui quattro quinti dei rinvenimenti archeo-
logici italiani dormono inediti nei depositori dei musei. L’inquadra-
mento degli ambienti culturali preistorici con i quali egli venne in
contatto fù di regola sicuro e definitivo, sin dalla prima pubblicazione.
Ciò vale anche per la massima scoperta, quella di Belverde, per cui
la civiltà del bronzo appenninica — intravista dal Rellini sull'Adria-
tico — si accertò primamente anche nell’Italia centrale tirrenica. Se
di questa scoperta è mancata fino ad oggi una sistematica esauriente
pubblicazione critica, ciò si deve essenzialmente all'immensità mate-
riale del lavoro e alla responsabilità scientifica implicita nell'assunto —
per la stessa importanza storica della rivelazione — di fronte alla quale
Calzoni, quasi per naturale modestia, parve, se non ritrarsi, per lo
meno esitare. Tuttavia egli, a parte le prime notizie generali, ne scrisse
e stampó una relazione introduttiva topografica (nei « Quaderni di
Studi Etruschi », 1954); ed ha lasciato pronto un secondo manoscritto,
dedicato alla ceramica, che vedrà prossimamente la luce a cura del-
l'Istituto di Studi Etruschi ed Italici. Tra le opere di Umberto Cal-
zoni debbono essere ricordate anche quelle dedicate alla illustrazione
del suo museo; ed in queste, come nella disposizione del museo stesso,
torna ad avvertirsi quella chiarezza didattica che — se altre forme di
attività non lo avessero prevalentemente attratto — ne avrebbe fatto
anche un buon maestro (nel 1935 aveva conseguito la libera docenza
in Archeologia preistorica presso l'Università di Roma).
L'amicizia di Minto, l'estimazione dei colleghi, la fama raggiunta
anche all'estero per le sue scoperte lo avvolsero, specialmente negli
ultimi anni, di un'aura di meritati riconoscimenti. Né mancarono onori
NECROLOGI 253

ufficiali, ai quali per altro egli tenne assai meno che al proprio con-
creto lavoro. Fu Accademico d’onore e Vicepresidente dell’Accademia
di Belle Arti di Perugia, socio della Deputazione di Storia Patria per
l'Umbria e dell’Accademia Properziana del Subasio, Consigliere Ono-
rario della Brigata Perugina degli Amici dell'Arte; sul piano nazionale,
membro dell'Istituto di Studi Etruschi ed Italici, dell’ Istituto Italiano
di Preistoria e Protostoria, dell’Accademia delle Lettere e delle Arti
di Siena, socio della Società Italiana di Antropologia ed Etnologia e
dell'Istituto Italiano di Paleontologia Umana; all'estero, socio dell’I-
stituto Archeologico Germanico e della Société Préhistorique Fran-
caise. Nel 1942 fu insignito della Medaglia di bronzo delle Arti; nel
1955 della Medaglia d'argento dei Benemeriti dell'Arte e della Cul-
tura. Nel 1956 l’ Amministrazione Provinciale di Perugia lo onoró
con una medaglia d’oro, in una solenne cerimonia durante la quale
Ranuccio Bianchi Bandinelli e chi scrive queste pagine ebbero l’oc-
casione gradita di esprimergli pubblicamente la riconoscenza e l'am-
mirazione di tutti gli uomini di studio.

Ciò che la ricostruzione della storia non scritta degli abitatori
dell’Italia antica deve al suo talento e alla sua volontà fu detto allora;
e potrà riassumersi con quelle stesse parole: « ...vista nella sua tri-
plice prospettiva di concreta conquista archeologica, di scoperta ri-
voluzionatrice della protostoria italiana, di fermento innovatore nel
metodo, l’opera di Umberto Calzoni si consegna alla storia della
scienza. Tutta la problematica delle origini degli antichi popoli ita-
lici è dominata dalle scogliere di Cetona ». Ma qui giova soprattutto
sottolineare il valore complessivo della figura dell’uomo e dello stu-
dioso. Abbiamo già indicato i segni di un carattere deciso, di una per-
sonalità spiccata, di un temperamento di pioniere. Lontanissimo da
Calzoni fu l’ideale che — se fosse lecito adoperare l’aggettivo in senso
deteriore — potrebbe esser definito umanistico, l’ideale dello studioso
da tavolino, adagiato nel solco delle belle tradizioni, della buona co-
struzione letteraria; della facile conversazione, degli agi e delle « mon-
danità » della cultura. L'«avvocato » Calzoni fu, viceversa, per ele-
zione un solitario, uomo di campagna, cercatore instancabile di cose
nuove; archeologo rude, in gambali. Il suo ufficio di direttore al Museo
era, ancora negli ultimi tempi, quasi come una tenda da campo, con
pochi arredi, con.qualche oggetto antiquato. Tutto in lui denunciava
semplicità, schiettezza, decisione per le cose essenziali, disinteresse
perle accessorie. Ciò spiega perché egli abbia « sentito » il colloquio con
gli antichi come una conquista delle verità elementari nascoste nella

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254 NECROLOGI

terra, più che come una speculazione critica; ed abbia aperto, più che
percorso, nuovi sentieri della ricostruzione del passato. Dietro l’ap-
parenza chiusa e risoluta, si celavano però in lui doti di sensibilità,
di finezza, di delicatezza che dominarono in ogni tempo la sua vita
familiare e i suoi rapporti con amici, colleghi, collaboratori; oltre che
un senso di osservazione sottile, arguta delle cose e degli uomini, rive-
lata specialmente dai versi, di genuina vena vernacolare, delle T'ráp-
pele del monno (ignoti a coloro che ebbero occasioni di apprezzarlo
soprattutto come studioso, ma degni di essere conosciuti — e quasi
scoperti, come accadde casualmente a chi scrive — quale testimonianza
non secondaria del suo talento).

sarà infine e principalmente da ricordare ció che lega Umberto
Calzoni alla sua città: ció che Perugia fu per lui, ed egli per Perugia.
Nutrito, maturato dall'aura perugina, radicato alla-sua terra dagli
affetti e dagli interessi di studio, con tutta l'apertura del suo spirito
mal riusciva a staccarsi, anche materialmeute, da queste pietre e da
questo orizzonte. L'umore e gli ideali di Calzoni non s'intendono senza
la chiave della sua « perusinitas »: meglio ancora di una sorta di « peru-
sinitas » rustica (cari personaggi del suo sogno furono soprattutto i
contadini umbri, evocati con il piccone nei fondi di capanne preisto-
riche, con la penna scherzosa nelle aie sul margine delle strade asfal-
tate). Al patrimonio culturale di Perugia egli ha aggiunto un nuovo
museo, una nuova tradizione di studi. Nella serie dei grandi perugini
che illustrarono le antichità italiche, da Giovanni Battista Vermi-
glioli ad Ariodante Fabretti, da Giancarlo Conestabile a Giovan
Battista Rossi-Scotti, il nome di Umbérto Calzoni si inserisce di pieno
diritto, con autentico vanto, con una fama non destinata a perire,
con un esempio che ci auguriamo atto a suscitare nei giovani il desi-
derio di riprendere e continuare la sua impresa.

Massimo PALLOTTINO

BIBLIOGRAFIA

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Le stazioni preistoriche della montagna di Cetona: Belverde. La ceramica. Qua-
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PUBBLICAZIONI LETTERARIE

Vetusta Nursia, Versi, Perugia, 1899.

Dal Poema della Giovinezza, Perugia, 1901.

Le Trappele del Monno, I e II, Perugia, 1946, 1950. Ed. Oplonte.
Umbria Paesana, Milano, 1952.

PUBBLICAZIONI SULL'OPERA DI U. CALZONI

Manifestazione culturale in onore dell’ Avv. Umberto Calzoni Direttore dei Musei
Civici di Perugia (R. Bianchi Bandinelli, M. Pallottino), Amministrazione
Provinciale di Perugia, 1956.

F. Rittatore, Umberto Calzoni, in Studi Etruschi, XXVII, 1959.
CESARE MANARESI

Con la stessa trepidazione con la quale venti anni fa Cesare Ma-
naresi rievocò su questo Bollettino la figura di Luigi Fumi, mi accin-
go ora io a commemorare il grande studioso recentemente scomparso,
da molti anni (1940) Socio Corrispondente della Deputazione di Sto-
ria patria per l'Umbria. Ho accettato questo difficile e triste compito,
a così poca distanza dalla sua dipartita, come piccolo tributo di ri-
conoscenza e di devozione verso l'Uomo che ho avuto la fortuna di
avere quale preziosa guida sin dai primi anni dell’Università, e
ininterrottamente poi durante tutta la mia carriera, avendo modo di
apprezzarne quotidianamente la vasta dottrina e la grande modestia.

Cesare Manaresi si è spento improvvisamente il 1° settembre
1959, tra il più profondo e vasto rimpianto, mentre lavorava ancora
alacremente per portare a termine l’ultimo volume della sua poderosa
opera, i Placiti del « Regnum Italiae ».

Nato a Roma nel 1880, si era trasferito fanciullo ad Imola ed
aveva frequentato l’Università di Bologna, conseguendovi la laurea
nel 1904. Due anni dopo, avendo vinto brillantemente il concorso
negli Archivi di Stato, venne assegnato a quello di Milano. Si stabilì
così nella metropoli lombarda, ove svolse tutta la sua lunga operosa
attività di archivista, di studioso e di insegnante. Tuttavia alla re-
gione nella quale era vissuto nella prima giovinezza e aveva compiuto
gli studi, dedicò le sue prime pubblicazioni, condotte su materiale
documentario e frutto di ricerche di archivio.

Da esse appare quale sarebbe stato l'orientamento e il carattere
di tutti gli studi successivi del Manaresi: far conoscere, a mezzo di
edizioni o di regesti, il maggior numero possibile di preziosi docu-
menti, che si conservano nei nostri archivi, servirsi dei documenti per
spiegare e illustrare certi momenti della nostra storia, particolari
istituzioni locali, determinati fenomeni storici, paleografici e cultu-

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258 NECROLOGI

rali. Il documento fu sempre alla base di ogni sua argomentazione
ed attività; si puó dire che non vi é manifestazione grande o piccola
di lui nella quale non si rispecchi questa sua passione per i documenti.
Infatti egli più che storico, era e si sentiva archivista, in tutto simile,
sotto questo aspetto, a colui che gli era stato guida nei primi anni
della carriera archivistica, Luigi Fumi.

L'Archivio di Stato di Milano, miniera inesauribile di documenti
per la storia politica, economica e religiosa, fu la principale palestra
per le sue appassionate e severe indagini; in questo istituto rimase per
32 anni, prodigandosi instancabilmente per riordinare serie e sten-
dere inventari, che permettessero la conoscenza e la rapida consul-
tazione del materiale.

A questa attività interna, che gli permetteva di essere guida e
consigliere prezioso a chiunque a lui si rivolgesse, accompagnò ben
presto una attività scientifica, intesa ad illustrare o determinare serie
dell’archivio, come nei volumi dedicati ai Registri Viscontei (n. 9)
e al Regesto di S. Maria di Monte Velate sino all'anno 1200 (n. 42)
o interi gruppi di atti, come negli articoli riguardanti i Documenti
sull'attività dei giudici imperiali degli appelli nel secolo XIII a Milano
(n. 12), Le pergamene di S. Bartolomeo in strada di Pavia (n. 23), Gli
atti privati milanesi e comaschi del sec. XI (n. 37). Ma l'opera docu-
mentaria di maggior mole che Egli pubblicó in questo periodo di sua
permanenza nell'Archivio milanese, é il poderoso volume Gli atti del
Comune di Milano fino al 1216 (n. 15), uscito nel 1919 a spese della
Banca Commerciale Italiana. Si tratta dell'edizione critica di n. 401
atti, dal 1117 al 1216, in gran parte conservati nell'Archivio di Stato,
nei quali Milano ebbe parte attiva e che perciò, pur nella loro grande
varietà, possono considerarsi come l'emanazione di un unico organo,
il Comune. I documenti- sono seguiti da un elenco cronologico delle
autorità del Comune, da due indici minutissimi, uno per i nomi di
luoghi e di persone, l'altro per le cose e dal glossario; di fondamentale
importanza è l'ampia Introduzione, nella quale è affrontata, innanzi
tutto, l'ardua questione delle origini del Comune di Milano, arri-
vando alla conclusione, con il contributo di molti documenti e di os-
servazioni originali, che esso sorse per lenta evoluzione dal potere
arcivescovile dopo l'affievolimento dell'autorità dell'Impero; un se-
condo capitolo tratta degli organi del Comune, nel loro sorgere e nel-
la loro evoluzione, con risultati del tutto nuovi, scaturiti dall'attenta
osservazione degli atti, sotto i loro vari aspetti, sia di contenuto che
di forma; un terzo capitolo infine studia la struttura degli atti ema-

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NECROLOGI ; 259

nati dal Comune di Milano e i vari genefi di essi, portando un contri-
buto concreto alla diplomatica comunale.

A seguito, essenzialmente, di questo magistrale lavoro, il Mana-
resi conseguì Ja libera docenza (22 luglio 1922) in paleografta e diplo-

matica e iniziò anche l’insegnamento, sia nella Scuola annessa al-
l'Archivio di Stato e sia all'Università, quale incaricato, dapprima a
Pavia (1923-26) e poi a Milano (1927-28). In quest'ultimo Ateneo
divenne professore ordinario, allorché nel 1942 il conte Giacomo Fel-
trinelli, con gesto munifico e per particolare simpatia e ammirazione
verso l’insigne studioso, istituì la cattedra di Paleografia e Diplo-
matica. Fu cosi costretto a lasciare l'Archivio di Stato e si dedicó
intieramente all'insegnamento e agli studi, sempre pronto però a
mettere a profitto degli altri la sua specifica preparazione archivistica
e la sua vasta conoscenza dei moltissimi archivi che, per i suoi lavori,
aveva consultato. In modo particolare amò occuparsi e seguire le
vicende dell’Archivio Storico Civico di Milano, nel quale, per suo
consiglio, io ho iniziato la mia carriera; nominatone Consulente sin
dal 1925, fu sempre largo di consigli preziosissimi a me e a .tutto il
personale, e favorì anche l’incremento dell'Istituto con frequenti
doni di documenti e di opere a stampa. In questo istituto egli amava
soffermarsi giornalmente lunghe ore a studiare e a questo istituto ha,
con suo testamento, assegnato, oltre ai suoi libri, i numerosissimi
studi di genealogia e di araldica che aveva steso per molte famiglie
lombarde, con rigore scientifico pari a quello seguìto per i lavori a
stampa. Si tratta di un materiale che può essere assai utile per chiun-
que voglia cercare notizie su determinati personaggi o gruppi fami-
liari, ma che può anche fornire preziose notizie su molti archivi lom-
bardi, perché vi si trovano accurate e precise descrizioni di tutte le
fonti documentarie consultate.

Il Comune, da parte sua, ha voluto riconoscere gli alti meriti
acquisiti dal Manaresi, come studioso e come munifico donatore del-
l'Archivio, assegnandogli. la medaglia d’oro dei Benemeriti del Co-
mune (aprile 1955). E mi è caro ricordare che proprio in una sala
dell'Archivio Storico, nel 1953, quando egli, per limiti di età abban-
donò l’insegnamento, gli fu presentato, con una intima e commovente
cerimonia, il volume che un gruppo di colleghi, discepoli e ammira-
tori, per rendergli omaggio, gli volle dedicare, giovandosi della colla-
borazione di illustri studiosi italiani e stranieri.

Questa attestazione di stima e di affetto gli procurò grande
gioia e gli rese meno penoso l’allontanamento dalla cattedra e dagli

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260 NECROLOGI

studenti, ai quali si sentiva tanto legato, perché egli amava molto
stare fra i giovani, farli partecipi delle sue vaste conoscenze, spie-
gare loro, con semplicità ed arguzia, problemi difficili e talvolta appa-
rentemente aridi. È

Per continuare questi suoi contatti con i giovani, mantenne la
direzione della Scuola di Perfezionamento per archivisti-paleografi
e bibliotecari, che egli aveva fondato presso l’Università e nella quale
continuò ad insegnare, gratuitamente, Scienze sussidiarie della storia
e Archivistica.

Intanto, con sempre maggiore lena, si dedicava a quell’opera
poderosa, che aveva ideato da molti anni e per la quale aveva già
raccolto tutto il materiale, facendo ricerche negli archivi di ogni parte
d’Italia e dell’estero e fotografando gli atti destinati alla pubblica-
zione. Le difficoltà di trovare chi si assumesse l'onere dell’edizione
lo amareggiarono per molto tempo; infine l’Istituto Storico Italiano
per il Medio Evo, per la comprensione del suo benemerito Presidente,
prof. Raffaello Morghen, che ben seppe valutare la grande impor-
tanza di questo lavoro, decise di pubblicarlo nella serie « Fonti per
la Storia d’Italia ». Così tra il 1955 e il 1957 uscirono i primi due grossi
volumi (il II suddiviso in due parti), ciascuno munito di ricchi e mi-
nuziosi indici, che permettono la migliore utilizzazione di questi
atti che, pur essendo giudiziari, offrono un interesse notevolissimo,
oltre che per la storia del diritto e delle istituzioni, per la diplomatica
e per la paleografia. Ora, come dissi, il Manaresi attendeva alla re-
visione delle bozze del III ed ultimo volume, quando la morte lo colse.

Secondo il suo desiderio, sarà ora mio compito, seguendo sem-
pre i suoi criteri e servendomi degli appunti che stava stendendo,
portare a termine questo ultimo lavoro con il quale egli chiuse la
sua operosa vita e che meglio onora l’insigne Maestro, a tutti sem-
pre esempio di probità scientifica, di grande umanità e di eccezio-
nale modestia.

CATERINA SANTORO

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DOAIORESSIOLICORERE SS CORE PO RE OI, Pag. 5
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originali 180042". AIR AL
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Gufize RAouL, Bulgaro Montemelini IRR 5:5: 5161
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A cura di: BELLINI LuIGi, CECCHINI GIOVANNI, MELELLI MARIO,
OTTAVIANI MARIA CLOTILDE, PERICOLI MARIO, PETRANGELI
(ARLO; ZAGGARIASGIUSEPPE Gli 29555 iene » 216
Necrologi
IDlo.Genei (ORIGENESROGARI) . 1.9 75. 800 e o cx od M Og
Guido-Lupattelli: (GIOVANNI CECCHIND) 135... 20. 2.2 0 9060 009242
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Direttore responsabile: DoTT. GIOVANNI CECCHINI
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