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BOLLETTINO
DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
PER LUMBRIA
VOLUME LX
PERUGIA - 1963
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Memorie
La insigne Collegiata
dei SS. Bartolomeo ed Andrea in Orvieto
I?
Nella piazza principale della Città, accanto al Palazzo del
Comune, si eleva la monumentale Collegiata di S. Andrea, tra le
piü antiche chiese sorte sulla rupe.
Fino al 1929, anno in cui iniziarono i grandiosi restauri e furono
eseguite esplorazioni nel sottosuolo, conoscevamo solo quel poco,
che i cronisti orvietani ci avevano trasmesso, nelle loro incerte e
discusse memorie.
Si sapeva che l'edificio sacro era stato costruito sopra le rovine
di un più antico tempio, anche questo elevato sui resti di un tempio
pagano.
Ancora nel 1833, sopra un muro della chiesa si poteva leggere :
« Vetustissimum templum hoc Iunonis Herbanae primitus addictum
cultui, exinde Sanctis Apostolis Andreae et Bartolomaeo dicatum ».
Ma del nobile ed antico passato non rimanevano in evidenza che le
colonne di granito orientale, di pretto stile ionico, le quali sostenta-
vano la navata centrale, testimonianza certa dell'esistenza di un
tempio vetusto, dedicato ad una divinità dell'Olimpo, ma la cui
memoria si perdeva nel buio dei tempi per mancanza di documenti (?).
Che cosa era la Chiesa di S. Andrea prima dei radicali restauri
che l'hanno riportata alla nobiltà delle linee originarie, si domanda
un eminente studioso ? (?)
Nulla; meno che nulla! Un campanile tozzo, goffo nella sua
sovrabbondanza ornamentale, barocca, quasi ridicolo; una fac-
ciata camuffata da una maschera di stucco, che protendeva con le
sue tre cuspidi ad uno stile gotico, ben lontano da ogni sentimento
6 ERALDO ROSATELLI
d’arte e di stile ; l’interno, un basso magazzino nel quale erano ac-
cumulati macchinosi altari settecenteschi, balaustre e tabernacoli
di stucco, di legno e di un gotico, quale si concepiva sessant’anni fa,
ammasso rovinoso di antichi sepolcri, di lapidi ; il tutto intonacato,
tinteggiato, squadrato in modo che non sarebbe stato possibile porre
nemmeno la pregiudiziale del rispetto di tutte le sovrapposizioni
di stile e d’arte, che i secoli hanno lasciato sui monumenti sacri.
La relazione degli scavi e dei restauri era stata inviata alla
Sovraintendenza alle Antichità d’Etruria di Firenze, ma nessuna
pubblicazione è stata finora eseguita a riguardo, per quanto ci sia
dato di sapere, onde potere sulla base dei ritrovamenti ricostruire
la storia del vetusto tempio.
Gli scavi sono visibili a tutti, ma sono rimasti documenti muti
ed inutilizzati, motivo di curiosità per i turisti che possono scendere
con facilità nel sotterraneo.
Cercheremo, pertanto, di portare con questo modesto lavoro un
pò di luce sulle remote e complesse vicissitudini, a cui è andato
soggetto questo edificio nel corso dei secoli. Ci sembra necessario,
a tale scopo, rispondere ai quesiti che gli studiosi locali si sono posti
senza trovare possibilità di risposta.
Quale era la forma e quale la destinazione delle antichissime
fabbriche o costruzioni varie sovra la quale è stata eretta la Chiesa ?
Quale la pianta originaria dell’edificio chiesatico dal periodo
paleocristiano a quello del suo massimo sviluppo, cioè nel "200
e nel '300?
Quale il livello originario ? Dove si trovava il portico che fu
annesso alla chiesa fino al 1303 ? In quale modo si innestava al
corpo principale la Cappella di S. Bartolomeo che talvolta appare
indicata come costruzione a sé, talvolta contenuta sotto lo stesso
tetto della Chiesa di S. Andrea?
Per rispondere esaurientemente a queste domande tenteremo
una descrizione cronologica delle costruzioni, attraverso le varie
fasi storiche, come si puó dedurre dagli scavi surricordati.
II°
Periodo etrusco
Nel 1881 l’illustre archeologo aretino G. Francesco Gamurrini,
che per primo, con fine ed intelligente indagine, ha studiato il pro-
blema archeologico di Orvieto, trovò ruderi e frantumi fittili di
LA INSIGNE COLLEGIATA DEI SS. BARTOLOMEO ED ANDREA IN ORVIETO 7
decorazioni di tempio etrusco, sotto l’attuale Palazzo Comunale
immediatamente congiunto, tramite il classico campanile, alla
Chiesa di S. Andrea.
Eminenti studiosi locali, come Luigi Fumi e Pericle Perali,
opinarono che tutta la zona compresa tra l’edificio sacro e quello
comunale fosse stato un centro di notevole importanza industriale
e religiosa nell’epoca etrusca, anche se l'amore al «natio loco»
talvolta portò ad azzardare ipotesi non sempre attendibili.
L’esplorazione del sottosuolo ha confermato le geniali intui-
zioni e deduzioni di questi studiosi. Infatti nello strato più basso
a circa m. 4 dall’attuale pavimento della chiesa, sono state trovate
tre grandiose muraglie, formate da grossi parallelepipedi di tufo,
regolarmente squadrati e sovrapposti senza l’aiuto di calce. Questi
resti costruttivi, tipicamente etruschi, sono in direzione NE-SO
cioè hanno una inclinazione di circa 60° rispetto all’asse del corso
Cavour e di 30° rispetto alla sua trasversale.
Durante il lavoro di rimozione dello sterro per l’isolamento del
rozzo muro che collega l’insieme delle colonne, si è constatato come
queste hanno per supporto di maggiore rafforzamento tre grandi
basi di nenfro di cui due con toro saliente, altra liscia, mentre le
rimanenti sono rocchi di colonne con listello all’estremità.
Il tipo della base è di carattere etrusco. Avanzi di acciottolati
ben conservati sono comparsi sul limitare del muro perimetrale
della navata destra della chiesa.
Degno di rilievo è che in questa zona le strade hanno la dire-
zione NE-SO, cioè parallela ai ruderi costruttivi. Poco lontano dal-
l’antica strada sono comparse le tracce di una grande muraglia
etrusca a grossi parallelepipedi di tufo, a tre ordini, che segue l’an-
damento della via acciottolata.
All’altezza di questo strato sono state raccolte ciotole etrusche,
campane, piattelli fittili, decorati da zone circolari, tratteggiati
a piccoli listelli verticali dipinti, frammenti tubolari di buccheri
cinerari, ceramica in bucchero e vasi verniciati di nero, molti fram-
menti di bronzo fusi dall’incendio. Ci ha particolarmente colpito
una tipica e singolare costruzione a base circolare del diametro
di m. 1,35 conformata da piccole bozzette di tufo accuratamente
rastremate. Il rudero, distrutto per un terzo della sua circonferenza
è costituito da due filarotti di piccoli tufi che ne determinano l’al-
tezza. Il circoletto riposa sopra una specie di piattaforma cui fanno
seguito due muretti paralleli, formanti un piccolo e stretto corridoio
8 ERALDO ROSATELLI
foggiato a coda di rondine, che per la sua originaria forma e strut-
tura si ritiene debba trattarsi di un antico fornello per fusione me-
talli. Ció é provato dal fatto che i tufi marginali, costituenti l'im-
boccature del corridoio, come quelli interi, recano tuttora le tracce
dell’arrossamento della caloria, derivante dalla combustione della
legna, che ne lambiva i muri parietali. Vicino al muro perimetrale
della navata sinistra della chiesa, all'angolo absidale si vedono altri
muri, che hanno un collegamento con il corridoio in oggetto. Fra
questi si scorge un altro tipico corridoio di stile identico al pre-
cedente, piü spazioso e disposto in sezione obliqua. La scoperta
di questo nuovo rudero ha una importanza eccezionale. Sembrerebbe
che questo secondo corridoio abbia funzionato come un canale
apportatore di corrente d'aria per sviluppare con maggior intensità
la caloria per la combustione della legna agli effetti della fusione.
In base a tali ritrovamenti archeologici, é possibile tentare una
ricostruzione della vita in questa zona, in relazione anche alle altre
parti principali della città etrusca e dedurne alcune considerazioni
di qualche importanza. Le grosse muraglie formate a blocchi di
tufo regolarmente squadrati, poste al di sopra delle fondazioni,
sono le mura perimetrali di un tempio oppure di edifici di singolare
grandezza, adibiti ad abitazione o a scopo industriale ? Benché
la pochezza dei ruderi non possa offrire la possibilità di una sicura
determinazione, ci sembra che la zona presenti un carattere preva-
lentemente industriale con centro abitato. Conforta questa ipotesi
la presenza di un forno per fusione, piani per lavaggi, pozzi, condotti
d'acqua in tufo, ed in canali di terracotta ed una grande quantità
di vasi di diversa natura. Sono bei frammenti di vasi argentati
a rilievo, che fanno parte di una produzione tipica della zona vol-
siniese dell'epoca ellenistica (*), frammenti di vasellami figurati at-
tici e di tipo attico, frammenti di buccheri lisci e rozzi, betjli di
varia grandezza, vasettini di buccheri votivi, tegole e canali.
E facile allora spiegarci la abbondanza di ceramiche etrusche,
disseminate in tutte le parti della città (4) ed i bellissimi esemplari
di vasellami corinti ed attici, che ornavano le tombe delle necropoli
periferiche.
Poco distante da questo centro industriale, nell'area occupata
dal Palazzo Comunale, doveva sorgere, maestoso e solenne, il grande
tempio dedicato a Uni, come risulta dai ruderi, frantumi fittili di
decorazioni templari, basi di aste sacre, basi di colonne, di cui
diffusamente parla il Gamurrini (^). Notevole inoltre il fatto che tali
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LA INSIGNE COLLEGIATA DEI SS. BARTOLOMEO ED ANDREA IN ORVIETO S9
avanzi etruschi rivelano che la orientazione delle strade principali
di Orvieto era diversa da quella attuale, mentre confermano la
persuasione dei dotti che è inutile ricercare nella città, a pianta
etrusca, il reticolato a scacchiera romano del cardo e decumano.
IIIo
Periodo Romano
Un'antichissima tradizione, fissata sopra una lapide (^), posta
in una delle pareti della chiesa fino al 1833, voleva che in questo
punto della città sorgesse un tempio dedicato a Giunone Herbana
o Arbana (*). Nella prima parte del nostro lavoro abbiamo dimostrato
come fin dal primo secolo dell'impero, quando la « Pax Romana »
aveva affratellato le genti, la vita incomincia a risorgere sulla Rocca
Orvietana. Due rioni orvietani portano il nome di Serancia e quello
antichissimo di Corsica, ambedue di dubbia etimologia e testimo-
niati da vetustissimi documenti.
È singolare il fatto che queste due regioni si snodano ad ampio
arco di cerchio, facilmente riconoscibile dalla pianta della città.
In Serancia ed in Corsica i nostri storici cinquecenteschi ricordano
due teatri costruiti dall’imperatore Costantino. Nella Chiesa di
S. Giovanni Evangelista sono stati infatti raccolti frammenti di
epigrafi di epoca costantiniana che possono avere attinenza col
teatro di Serancia (*). Non si potrebbe pensare ai restauri di un
grande teatro etrusco in Serancia e di un circo in Corsica, da col-
legarsi alla costruzione del teatro di Spello ed alla sua importan-
tissima epigrafe costantiniana ? (*). E certo che la zona dove sorge
il tempio dedicato a Giovanni Evangelista, sopra uno dei due acro-
cori che fiancheggiano la cava, godeva di una singolare vitalità
religiosa nell'epoca etrusca. Nell'orto attiguo all'edificio sacro si
trovarono frammenti di terracotta a rilievo e dipinti (antefisse e
fregi) e frammenti di colonne, ed inoltre un tronco di cono in tufo
traversato da un foro circolare per tutta la sua lunghezza, il no-
tissimo «cono di Tinia » con la iscrizione (19) : JI473MIT / AMIT .
Ricordando il passo di Giustino, il quale afferma che fino ai
tardi tempi veniva posto a fianco dei simulacri delle divinità un’asta
dritta, forma e simulacro originario della divinità nell’antichissimo
culto, è facile riconoscere in questo cono il sostegno dell’asta sacra
a Giove.
10 ERALDO ROSATELLI
Il Gamurrini giunge più oltre quando, dopo aver illustrato due
cippi marmorei dell'epoca costantiniana ("), afferma con certezza
che questa di S. Andrea era la zona più importante dal punto di
vista civico e religioso durante l’impero. Orvieto venne acquistando
sempre nuova vita e potenza da superare persino la « Volsinii novum »
nell'epoca costantiniana e possiamo legittimamente pensare che in
essa si tenessero le adunanze annuali a carattere religioso di tutte
le città dell'Etruria e dell'Umbria, di cui ampiamente tratta la
concessione di Costantino (??).
E gli scavi sono venuti a confermare queste geniali intuizioni ;
anzi il sottosuolo di S. Andrea ha portato uno sprazzo di luce, fu-
gando le ragionevoli perplessità degli studiosi ed offrendo la pos-
Sibilità di ricostruire la vita romana in questa zona, dal primo se-
colo dell'impero.
In un primo tempo una trincea di saggio tracciata tra lo im-
posto dei due ordini di colonne del porticato, presso la porta cen-
trale, ha rivelato ruderi di buona fattura costruttiva, costituiti da
muri a cortina di tufo e da parallelepipedi come fondazione base
Scoperti nel centro del cavo, cui fu raggiunta una profondità di
m. 3,85 dall'attuale pavimentazione della chiesa. Le predette costru-
zioni che conservano ancora tracce di intonaco, dipinte a fasci di
colore rosso per la loro particolare posizione, tra lo strato etrusco
e lo strato dell’edificio paleocristiano, risalgono all’epoca impe-
riale e più specificatamente a quella costantiniana.
In questo secondo strato sono stati raccolti una grande quantità
di frammenti di ceramica, resti di anfore e coppe romane di colore
giallognolo e proprio al centro della zona di esplorazione è venuta
alla luce una regolare platea di tufi, con bordo sagomato ai lati.
Al limite superiore si vede affiancato un pozzo, con rivesti-
mento marginale a sacco, che comunica con un piccolo fognolo scor-
rente lateralmente alla platea.
La piccola fogna è rivestita e coperta di mattoni, fitti nel ter-
reno di riporto. La platea è costituita da otto lastroni di tufo, che in
qualche punto rivelano un rivestimento scomparso, è lunga m. 3,80
larga 2,70.
Sul bordo ricorrono due muri ad angolo retto, che delimitano
la platea su due parti. Procedendo all'indagine abbiamo potuto os-
servare a poca distanza un’altra platea simile alla prima, sul me-
desimo piano e nella medesima direzione. La scoperta in situ di
4 strigili di bronzo, due con manico a semplice verghetta, gli altri
LA INSIGNE COLLEGIATA DEI SS. BARTOLOMEO ED ANDREA IN ORVIETO 11
con ingrossamento ricurvo a testa schematica d’oca verso la sommità,
fa pensare che le due camere strutturalmente eguali e comunicanti
siano i resti di un bagno romano.
I romani, infatti, dopo aver preso contatto con i paesi dello
Oriente Mediterraneo, divennero i più fervidi ed appassionati ama-
tori dei bagni.
Negli ultimi anni della repubblica e nell’epoca imperiale, in
luogo dell'unica cameruccia, appaiono due, tre ed anche quattro
locali.
Di solito il locale era diviso in tre sezioni : il calidarium dove
si faceva il bagno caldo, il fepidarium che era una stanza di aspetto
o di passaggio ed il frigidarium per le abluzioni fredde.
Gli strigili erano ferri arcuati per detergere dal corpo il grasso
dopo gli esercizi. Il bagno sopra descritto, in considerazione della
sua ampiezza, doveva appartenere ad un magnifico palazzo prospi-
ciente la piazza, destinato ad abbellire quello che la tradizione con-
sidera Foro Giunone. Ma la prova dell’esistenza di un grande tem-
pio nel luogo sono le snelle ed eleganti colonne che attualmente
si ammirano nella chiesa di S. Andrea. Scampate alla ferocia di-
struggitrice dei barbari che infierirono anche su Orvieto, nono-
stante la sua posizione e conformazione, conservano una linea di
classicità veramente romana. È
Benchè mutilate dei loro capitelli, due colonne conservano
ancora la primitiva base, la cui particolare fattura permette di
datarle al tempo di Traiano e non più oltre Settimio Severo.
IVO
Periodo Paleocristiano
Immediatamente sopra lo strato romano, gli scavi hanno dato
risultati di eccezionale importanza. Una tradizione antichissima,
confortata da documenti.ineccepibili, affermava che in tempi re-
moti sopra un tempio pagano sorgesse una chiesa dedicata ai SS.
Bartolomeo e Andrea ; anzi talora pare che i documenti si riferi-
scano a due chiese distinte dedicate ai due Apostoli. Infatti alla
profondità di due metri circa dall’attuale pavimento, in corrispon-
denza dell’attuale pavimento di piazza della Repubblica e del con-
tiguo corso Cavour, sono state scoperte le vestigia di un pavimento
musivo paleocristiano di un bellissimo effetto, a carattere orna-
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12 ERALDO ROSATELLI
mentale geometrico, diviso in tre settori. Ogni settore, lungo m. 8,30,
è limitato da una lunga fascia a riquadro con grosse tessere in marmo
bianco e nero. Il pavimento, in ciascun reparto, è di vario disegno
geometrico.
Nel primo settore l’ornamentazione musiva è tratteggiata a
stelle allungate ed intersecate da rombi; nel secondo da motivi
a quadrilateri, rombi, triangoli; del terzo sono apparse le tracce
sotto la gradinata dell’abside ed appare tratteggiato da un motivo
a greca in campo bianco, cui fa seguito un grande ovale su fondo di
colore azzurrognolo ; la pavimentazione musiva è a piano inclinato
con una pendenza accentuata verso l’ingresso. Mentre il mosaico
posto nella navata centrale e di destra è bene conservato, quello:
nella navata sinistra è quasi totalmente distrutto. Qualche piccolo
tratto sì può ancora scorgere fra la terza e la quarta colonna del
portico. Nella parte media del pavimento è una piattaforma cir-
colare, con 4 fori paralleli, nei quali originariamente dovevano essere
inseriti dei pilastri. Nel centro di tale piattaforma vi è un muro
trasversale a cortina di tufi che divide i quattro fori in due settori.
Al medesimo piano del mosaico, in corrispondenza dei pilastri di
fondazione delle due navate, sono venute alla luce le vestigia del-
l'antico muro dell’abside in forma circolare, in parte distrutto per
le fondazioni delle due colonne. Il rudero costruttivo è fondato sopra
terreno compatto, cosidetto pulcino, originario del luogo ed ha uno
spessore di m. 1 circa. La parte sinistra e destra del pavimento
musivo è delimitata da mura di singolare spessore che poggiano
su fondazioni base del tempio primitivo. Al limite del muro perime-
trale, sopra un ampio basamento a tre ordini, costituito a cortina
di tufi, è stata scoperta una colonna tufacea in sito, e sul settore
della navata destra fu susseguentemente rintracciato l’imposto del-
l’altra colonna. Lungo il muro perimetrale si scorge un gruppo di
tombe cristiane rivestite da lastre di tufo squadrate. La struttura
richiama il tipo del cassone etrusco e romano, per cui è presumi-
bile che i materiali possono essere stati riadattati all'uso funerario
nel periodo cristiano.
Tutto questo permette di rispondere. agli interrogativi che po-
tevano essere risolti dalle indagini per mezzo degli scavi, principal-
mente per quanto riguarda la posizione, le dimensioni e la pianta
originaria dell’edificio chiesastico del periodo paleocristiano.
I due muri di fondazione paralleli, rilevati e riportati in pianta,
indicano chiaramente che il tempio sacro era ad una sola navata
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LA INSIGNE COLLEGIATA DEI SS. BARTOLOMEO ED ANDREA IN ORVIETO 13
e doveva essere di discreta altezza, considerato lo spessore delle
fondazioni di m. 1,15. :
L'abside era in direzione E-NE e quindi la facciata era prospi-
ciente l'attuale piazza della Repubblica. Le dimensioni del vano
coperto dell'edificio erano le seguenti: m. 27 di lunghezza, m. 18
di larghezza. Il pavimento si trovava ad un livello di circa m. 2
inferiore a quello attuale. Al centro della chiesa era situata la
Schola Cantorum.
Ed ora una domanda che reputiamo piü importante per il
nostro studio. Che la chiesa fosse dedicata a S. Bartolomeo è certo
da tutta la tradizione. Ma a quale epoca risale la chiesa descritta ?
L'unico elemento che puó rispondere con certezza ed orientarci
ad una datazione piü approssimativa possibile alla realtà storica,
dell’edificio sacro, in mancanza di documenti scritti, è il pavimento
a mosaico ancora discretamente conservato, specialmente nella
parte centrale e destra.
Studiosi di archeologia cristiana che hanno avuto la possi-
bilità di visitare gli scavi si sono pronunciati per il V secolo d.C.
in base alle evidenti analogie col primitivo pavimento di Aquileia
(primi del IV secolo). Si tratta infatti di un pavimento a mosaico
tessellato a ornamenti, in alcune parti eseguito in modo sommario
e senza fusione delle tinte, come furono usati largamente nelle
primitive basiliche cristiane (pavimenti delle chiese di Aquileia,
Grado, Parenzo, ecc.).
E questo tempio che sorgeva nel punto principale della città
baciato dal sole nascente, é la prova piü luminosa dell'avvento
ira il III e il IV secolo della nuova religione sulla Rocca Orvietana.
Vo
Due chiese o una dedicate ai SS. Bartolomeo ed Andrea?
Gli studiosi orvietani, a cui va il piü ampio elogio per avere
affrontato problemi di non facile soluzione circa le origini e le com-
plesse vicissitudini della Chiesa di S. Andrea, essendo loro mancato
l'ausilio prezioso e decisivo delle scoperte archeologiche, nella for-
mulazione delle ipotesi erano caduti in errori veramente radicali.
Essi opinarono che la Chiesa di S. Bartolomeo avesse l'orientamento
nord-nord est a sud-sud ovest, che fosse larga circa una decina
di metri e lunga circa m. 19,70, che l'altare maggiore fosse verso
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14 ERALDO ROSATELLI
via della Mercanzia (oggi corso Cavour), e che il portale d’ingresso
guardasse via Cipriano Manente. Anzi asserirono con certezza « che
l'egregio Sig. Priore D. Vincenzo Fumi, aveva rimesso in luce il taglio
della Chiesa di S. Bartolomeo operato al momento dell'ingrandi-
mento dell'altra chiesa di S. Andrea e forse anche la parete di fondo ».
Ma tutta questa costruzione, in cui ammiriamo la buona vo-
lontà, é caduta inesorabilmente, dopo l'esplorazione eseguita nel
sottosuolo che ha rivelato l'esistenza dell'antichissimo edificio sacro.
La chiesa paleocristiana fu dedicata a S. Bartolomeo. Questo apo-
stolo (**) nella iconografia reca originariamente un libro od un rotulo,
simbolo del suo apostolato ; dal sec. XIII in poi un coltello, strumento
della sua tortura, e la propria pelle.
Le piü antiche raffigurazioni del santo si trovano in alcuni
medaglioni di mosaico a Ravenna (sec. V e VI) ed in un affresco
in S. Maria Antiqua a Roma (c. 705). Perché i primi cristiani eres-
sero una chiesa in Orvieto dedicata a S. Bartolomeo ? I documenti
nulla dicono in proposito. Ma sappiamo attraverso la storia della
Chiesa quanto culto ebbero i martiri specialmente se apostoli durante
i primi secoli del cristianesimo. Ed ora affrontiamo una questione
fondamentale e piuttosto oscura. Si tratta di due chiese l'una vicina
all'altra oppure di una sola chiesa dedicata ai SS. Apostoli Barto-
lomeo e Andrea ? Se interroghiamo i documenti, ess possono ap-
parire a prima vista contradditori. Dapprima osserviamo che alcuni
mettono in costante rilievo l'anteriorità e l'importanza della chiesa
di S. Bartolomeo su quella di S. Andrea, concordemente alla co-
stante tradizione ecclesiastica.
In un codice cartaceo del 1490 dell'Insigne Collegiata si legge
questa epigrafe: « Libro del catalogo e del catasto ed inventario delle
costituzioni e delle memorie ed altre cose appartenenti alla chiesa
insigne collegiata e parrocchiale dei SS. Apostoli Bartolomec ed
Andrea di Orvieto». Nella ricorrenza della festa di S. Bartolomeo
il Comune pagava un cero di libbre 26 (Rif. ad ann., c. 244) e
la chiesa ricca di tre titoli o cappellanie aveva tre altari dotati di
molti beni rustici e urbani. Ed anche quando il tempio fu ridotto
alla minima espressione per il prevalere del culto di S. Andrea, come
dirò in seguito, la tradizione popolare e la consuetudine ecclesiastica
lo considerano ancora in piena vita e vigore e tutta la parte infe-
riore della chiesa di S. Andrea fu ritenuta ed indicata come chiesa
di S. Bartolomeo. Per comodità di analisi critica divideró i docu-
menti in due gruppi:
LA INSIGNE COLLEGIATA DEI SS. BARTOLOMEO ED ANDREA IN ORVIETO 15
A) Documenti a favore dell'esistenza contemporanea di due
chiese distinte.
1) Nel 1374 i cappellani Simone, Matteo, Giovanni e Giacomo
trasportarono e tumularono il cadavere di un certo Graziano nella
chiesa e sepoltura di S. Bartolomeo. Il Priore ed i Frati di S..Ago-
stino si lamentarono con il clero di S. Andrea perché sostenevano che
il defunto dovesse essere trasportato e tumulato nella Chiesa di
S. Agostino avendo cosi disposto il Graziano prima di morire. Il
Priore e i canonici si scusarono per l'indebito trasporto, adducendo
come motivo che, sebbene il defunto avesse oralmente disposto
di essere tumulato a S. Agostino, pure i suoi eredi ed esecutori
avevano voluto ed obbligato il clero di S. Bartolomeo a seppellirlo
nella chiesa omonima ed aggiunsero che il cadavere non fu seppellito
nella chiesa di S. Andrea, ma in quella di S. Bartolomeo, poiché questa
chiesa « non est pars et membrus (sic) dicte ecclesie sancti Andree
et de dicta ecclesia S. Andree sed est iuxta ecclesiam Sancti Andree
et iuxta stratam et plateam id est ecclesia per se separata» (15). .
2) Lo storico Luigi Fumi riferisce un rogito di ser Giovanni
riguardante la transazione intercorsa fra Giovanni «q.f. Blanci »
e Riccardo vescovo per i beni «in Corsule » stipulato nella Chiesa
di S. Bartolomeo : « Actum est hoc in civitate urbevetana in eccle-
sia sancti Bartholomei, in presentia multorum qui vocati sunt
testes » (5).
3) Dallo schedario di D. Alceste Moretti, benemerito studioso
orvietano, risulta un istrumento a rogito di ser Angelo del 3 febbraio
1329 dal quale si sa che nella chiesa di S. Bartolomeo si radunó
la «universitas hominum mercantie», d'ordine di ser Oddone Ber-
nardi, Iacopo Abeduti, Ciuccioletti e Marco Ramupti, consoli di
dette arti (1).
4) Altro istrumento rogato da ser Teo Mactei Guidonis e del
30 giugno 1329 «in ecclesia Sancti Bartolomei » (17).
B) Documenti a favore dell’esistenza di una sola chiesa.
1) Ser Giovanni Vannis Lonardi in un suo stromento dell’8
gennaio 1374 (*) per indicare il luogo ove fu stipulato si espresse
cosi: «in cappella sancti Bartholomei posita in ecclesia sancti
Andree », :
2) Altro istromento del 1435 dice: « Actum in strata publica
mercantie ante scabellas cappele sancti Bartholomei sita in ecclesia
Sancti Andree» (*°). Benchè i documenti del Gruppo A facciano
concludere per la esistenza contemporanea di due chiese, quelli del
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16 ERALDO ROSATELLI
gruppo B sono più esatti e più corrispondenti allo stato di fatto.
Anche a questo proposito sono stati gli scavi ed i recenti re-
stauri che hanno assolutamente esclusa la contemporaneità di due
edifici sacri. Ma come conciliare allora i documenti dei due gruppi ?
Tutto sarà chiaro e preciso se seguiremo le varie vicende a cui
andó soggetto il tempio dedicato a S. Bartolomeo. Dal quinto al
nono secolo Orvieto, come le altre città d'Italia, andó soggetta alle
continue incursioni dei barbari. Situata in un punto difficilmente
espugnabile resistette animosamente agli assalti dei barbari che ad
ondate interminabili saccheggiarono le nostre ubertose campagne
spogliando e devastando le nostre città. Nel 539 uno dei piü grandi
generali dell'impero bizantino, Belisario, dopo aver occupata Roma,
‘con tutto l’esercito pose l'assedio ad Orvieto «nutrendo speranza
di riuscire mediante insidia per il fiume o che per fame i nemici
si arrendessero. I barbari (Goti), finché le vettovaglie non vennero
loro affatto a mancare, resistettero straordinariamente non sazian-
dosi mai di cibo, ma solo giornalmente prendendone tanto da non
morire di fame. E quando ogni vettovaglia venne loro meno nutri-
ronsi di cuoi e pelli macerate a lungo nell’acqua, poiché Arbilla,
loro comandante, uomo molto illustre tra i Goti, li pasceva di vane
Speranze ».
Trionfò alla fine il valore di Belisario (*°).
Ma allontanatosi il generale bizantino dall'Italia i Goti, eletto
re Totila, malvagio e crudele, invasero la Toscana, « pigliando anche
la città di Orvieto per accordo, ma con inganno e malizia la mandó
‘a sacco e fu in gran parte distrutta. Con tutto ciò la città fu abitata
da paesani e da Goti, fintanto che da Narsete, mandato in Italia
da Giustiniano, fu vinto Totila, chiamato flagello di Dio, e tutta
la nazione dei Goti fu vinta e distrutta. E così Orvieto come tutta
Italia restò in pace alquanto tempo» (?). Non erano passati quindici
anni dalla definitiva conquista dell’Italia fatta dai Bizantini, quando
nel 568 i Longobardi penetravano in Italia attraverso il Friuli. Fra
le popolazioni germaniche i Longobardi avevano avuto minori rap-
porti con la civiltà latina, conservavano più vive le antiche tradi-
zioni e le consuetudini germaniche, erano un popolo « etiam germana
feritate ferocior ». In poco tempo viene conquistata l’Italia Setten-
trionale. Il pontefice Pelagio (578-590) scrive: «E perchè non
gemere vedendo sparso innanzi ai nostri occhi tanto sangue d’inno-
centi e profanati i sacri altari e fatto insulto dagli idolatri alla fede
«cattolica ? » Ed il successore di Pelagio, Gregorio Magno (590-604)
LR
LA INSIGNE COLLEGIATA DEI SS. BARTOLOMEO ED ANDREA IN ORVIETO 17
scrive : «Dovunque l'occhio si volga non altro vediamo che deso-
lazione, non altro che lamenti! Distrutte le città, smantellati i ca-
stelli, devastate le abitazioni, la campagna diventata un deserto ;
non un contadino nei campi; le città quasi vuote di abitanti....
e vediamo tutti 1 giorni altri cadere in servitü, altri mutilati, altri
anche uccisi. Cosa ci può far cara la vita?» (2)
Nell'anno 603 fra re Agilulfo e i greci fu stipulata una tregua
che venne prolungata fino al 605. Ma caduta questa, mentre si
trattava la pace, i Longobardi occuparono Orvieto e Bagnoregio (?*).
I Longobardi avevano piü volte oltrepassato queste due città,
anzi nel 593 avevano assediato Roma. Nulla peró fa supporre che in
Orvieto si avessero a lamentare nella conquista uccisioni, rovine
d'abitazioni e specialmente di chiese. Era troppo recente la con-
versione di Agilulfo, che lasció buona fama per le larghe beneficenze
ai luoghi di culto. Del resto Paolo Diacono, nel luogo citato non
accenna a danni o devastazioni. Anzi, nota lo storico orvietano,
«regnando dunque in Italia Desiderio, fu Orvieto da esso restaurato
con altri luoghi di Toscana e d’Italia » (*?*).
All'inizio del secolo nono troviamo Orvieto tra le città della
Tuscia Longobarda che fanno parte del dominio della Chiesa (85).
Quale fu la sorte del tempio dedicato a S. Bartolomeo durante queste
ondate di orde barbariche devastatrici ?
Purtroppo quello che avvenne, per noi é completa oscurità.
Molto probabilmente la città, come abbiamo visto, non venne di-
strutta : lo possiamo argomentare dal carattere simbiotico della
dominazione gotica e dal fatto che i vescovi durante la domina-
zione longobarda continuano a risiedervi (2*).
Ma certamente il tempio dovette subire danni rilevanti o tra-
sformazioni sostanziali, sotto l'influsso dell'arte barbarica. Gli scavi
hanno rivelato una grande quantità di frammenti di capitelli di
stile barbarico, sepolture barbariche, alcune devastate, altre con-
servatissime, facilmente identificabili perché leggermente al di sopra
di quelle del periodo paleocristiano e per lo stile della suppellettile
rinvenutavi (collane, pugnali, spilli eneri ecc.) e molte monete del-
l’imperatore Ottone (27).
Col secolo X inizia la politica di Ottone nei rapporti col papato.
Egli riprendeva, ma con altro intento, il programma di Carlo Magno.
Carlo si era servito della cooperazione del Papato e della Chiesa
per diffondere la civiltà ed il cristianesimo, per dominare popoli
diversi, uniti ad una stessa fede, servendosi di dotti ecclesiastici
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18 ERALDO ROSATELLI
nella vasta e difficile opera di governo. Anche Ottone favorì la dif-
fusione del cristianesimo e della civiltà cristiana, ma diversamente
da Carlo, cercava non la cooperazione ma il vassallaggio del Papato.
In questo periodo Orvieto si avviava a diventare un centro
abitato di discreta importanza (**).
A questo punto Cipriano Manente ci dà una notizia che ha
bisogno di essere studiata e vagliata : « Benedetto VII arricchì
la chiesa di S. Andrea di un pavimento a mosaico di pietre dure
nel 977 »(2?). Per la prima volta troviamo nominata una chiesa dedi-
cata all’Apostolo Andrea senza nessun riferimento a S. Bartolomeo.
Perchè ? Le ipotesi che si possono formulare sono due : o si tratta
di una chiesa costruita ex novo, magari in vicinanza alla primitiva
dedicata a S. Bartolomeo oppure della medesima chiesa paleocri-
stiana che dopo le vicende varie delle invasioni barbariche, i ne-
cessari restauri e trasformazioni, fu dedicata all’apostolo Andrea,
il cui culto si diffuse rapidamente in Italia dopo il secolo VI. La prima
ipotesi va senz'altro scartata, perchè gli scavi non hanno rivelato
traccia alcuna di chiese nelle vicinanze. Rimane quindi nel secolo X
l'esistenza di una chiesa dedicata a S. Andrea, abbinata nel titolo
a S. Bartolomeo, come ricordo storico del culto e della devozione,
che i primi cristiani tributarono al santo martire della fede. Anzi
la Chiesa di S. Andrea ebbe certamente nel suo interno una cappella
o un altare dedicato a S. Bartolomeo — sono quindi esatti i docu-
menti surriferiti del gruppo B — collocato in fondo a quella verso
l'angolo di via Mercanzia (oggi corso Cavour) dove si vedeva fino
al 1699.
Ma in considerazione della singolare dignità ed importanza
religiosa molti atti importanti della vita civile si svolgevano ancora
dinanzi alla cappella o all'altare del grande apostolo Bartolomeo.
Nei lavori di riordinamento degli altari, fatto in seguito, anche que-
st'ultimo ricordo spari e nei restauri della crociera fu tolta anche
una statua di S. Bartolomeo che stava al lato dell'altare maggiore
a riscontro dell’altra di S. Andrea. Così nella chiesa superiore si
spense anche la memoria del culto di S. Bartolomeo. Oggi rimane
soltanto, appena accennato nel muro perimetrale della navata si-
nistra, prospiciente il corso Cavour, un grande arco, ove sorgeva
la cappella o l'altare, unico testimonio di una devozione che risale
agli albori del cristianesimo. Ma la chiesa paleocristiana ritornata
alla luce, dopo secoli di tenebre e di silenzio nella austera bellezza
del suo pavimento a mosaico, nelle mirabili grandiosità dei suoi muri
LA INSIGNE COLLEGIATA DEI SS. BARTOLOMEO ED ANDREA IN ORVIETO 19
perimetrali, che hanno resistito alla furia devastatrice delle orde
barbariche, esalta la celestiale e sublime bellezza di una fede e di
una carità che possono essere oltraggiate ma non distrutte ed attra-
verso il tempo si diffondono come inno di vittoria e di trionfo, in un
complesso sinfonico di voci osannanti al martire, che, sorridente
tra i tormenti, abbandona il corpo allo strazio dei persecutori, l’oc-
chio sereno e scintillante nella gioiosa visione di una vita immortale.
Ritorni quindi questo grande apostolo nella chiesa che è stata sua
e la cara immagine ricordi che le glorie religiose di un passato impe-
gnano profondamente ed intimamente le generazioni posteriori ad
esserne degne.
Che cosa pensare del mosaico, che, secondo il Manente, Benedetto
VII avrebbe regalato alla Chiesa di S. Andrea nel suo soggiorno in
Orvieto ? Valentissimi scrittori dichiararono subito falsa la notizia
dello storico orvietano, adducendo sull’autorità del card. Baronio
seguito dal Platina,dal Marabottini, dal Fumi e dal Pardi che questo
papa mai si mosse da Roma e solo Adriano IV (1154-1159) per primo
salì la rupe orvietana. Non è qui il luogo di discutere criticamente
la fondatezza storica delle notizie che Cipriano Manente offre special-
mente nel primo libro delle sue cronache (??).
Ma a conferma della notizia surriferita intervengono due dati
ineccepibili che si integrano a vicenda :
1) dato di fatto : nell'esplorazione del sottosuolo di S. Andrea,
proprio nell'area occupata dal presbiterio dell'antica chiesa, é venuto
alla luce un frammento di pavimento a mosaico a pietre dure molto
ben conservato. La parte centrale é formata da un rettangolo di co-
lore serpentino, definito da altro di marmo bianco ; ai lati quattro
tondini con disegno geometrico e stella di varia colorazione. Inte-
ressante notare che nella parte posteriore é innestato un rettangolo
marmoreo di m. 1,10 X 0,70. La parte superiore di questo presenta
una fascia a greca mentre la parte centrale, di sommario disegno
geometrico, é sormontata da due colombi con il becco poggiato su
piccola croce. Il medesimo disegno e la medesima fattura ritornano
nella parte posteriore di un altro riquadro musivo di m. 0,83 X 0,60.
Questo stile e queste figurazioni trovano appropriato riscontro
nel paliotto d’altare in marmo del sec. V-VI proveniente da una chiesa
di S. Silvestro che in epoca longobarda sorgeva nelle vicinanze di
Orvieto (1).
La notizia del Manente deve intendersi allora nel senso che i!
pavimento — probabilmente solo del transetto e del presbiterio,
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ERALDO ROSATELLI
ove sono stati trovati molti frammenti di mosaici simili al descritto —
fu fatto a cura e spese di Benedetto VII. Egli infatti ebbe somma-
mente a cuore il fiorire dei monasteri (*?) e potè avere relazione con
i monaci benedettini che « prope Urbemveterem » avevano innal-
zato la loro maestosa abbazia. E senza muoversi da Roma non si
potrebbe pensare che il pontefice abbia commissionato ad essi il
lavoro a mosaico per l'insigne chiesa orvietana ?
Quanto diremo subito appresso conforterà questa ipotesi.
2) Dato storico artistico : a pochi chilometri da Orvieto, non
lungi dalla rupe, sopra un piccolo rialzo, sorge l'abbazia dei SS. Se-
vero e Martirio. Questa abbazia di squisita struttura romanica e do-
minata da una magnifica torre dodecaedra, sarebbe stata fondata
secondo la leggenda nel secolo VIII a spese di una matrona longo-
barda di nome Rotruda, sul posto stesso ove si fermarono i due gio-
venchi attelati al carro ove era deposto il corpo di S. Severo (?.
A] secolo VIII o IX si fa risalire l'erezione della abbazia e della
chiesa che presenta però elementi del secolo XI(*9). Proprio nella
chiesa dinanzi alla predella dell'altare maggiore si ammira ancora
un frammento di pavimento a mosaico a pietre dure, originario ed
intatto, composto di porfidi, serpentini, gialli antichi, paonazzetti,
stretti in fascia in marmo bianco, che rivela subito a prima vista
una grande rassomiglianza, per non dire identità, col frammento di
pavimento a mosaico, che attualmente si puó vedere nel sotterraneo
di S. Andrea. Questi due frammenti cosi storicamente ed artistica-
mente uniti presentano una grazia ed una eleganza squisitamente ro-
mane. D'altra parte ció non fa meraviglia se si pensa che il monastero
benedettino fu il più valido custode della tradizione culturale romana.
Aggiungeremo inoltre che frugando a caso nel sottosuolo dell’abside
di S. Andrea sono tornati alla luce molti altri frammenti di 10 ed
anche di 20 cm., un numero considerevole di pietruzze, come ton-
dini di porfido e di serpentino, lastrine di giallo antico e di bianco.
Siamo alla fine del secolo X. Orvieto sta risorgendo a novella
vita politica e civile. Si sente impellente il bisogno di una chiesa più
grande e spaziosa che soddisfi le esigenze dei tempi nuovi.
VI°
Periodo Romanico
L'illustre storico Luigi Fumi pone nell’agosto del 1137 la dona-
zione da parte del conte Ottone al vescovado, del Castello di Menca-
LA INSIGNE COLLEGIATA DEI SS. BARTOLOMEO ED ANDREA IN ORVIETO 21
rone, di « Fageto », delle due Civitelle, Monte Tignoso, avvenuta
«ante Ecclesiam sancti Andree in Orbevetana civitate » in mano di
Rodolfo, vescovo di Perugia che qui certamente rappresenta il ve-
scovo di Orvieto (?*).
La chiesa risultante dal documento surriferito è vasta e già.sup-
pone uno sviluppo economico e politico di qualche importanza. Dopo
l'atto di riconoscimento di Adriano IV (del 1157) (?*9), la città di Or-
vieto incomincia quella ascensione politica e commerciale che in
breve tempo la porterà a capoluogo di uno Stato, che trasversal-
mente si estende dai Castelli dei Conti di Marsciano fino al mare di
Orbetello e di Montalto; e longitudinalmente, da Chiusi e dalle
pendici orientali dell'Amiata con la Badia S. Salvatore e Pian Ca-
stagnaio fino a Bolsena, Bagnoregio, Bomarzo e Lugnano in Teve-
rina. È in questo momento storico che la chiesa di S. Andrea subisce
una quasi integrale ricostruzione. E questo anche il momento mira-
bile in cui l’Italia schiude gli occhi ad una vita nuova. Tutte le sopite
energie della stirpe, concentrate fino allora in un laborioso travaglio
di assimilazione e di organamento, funestato da calamità molteplici,
si espandono in rigogliosa primavera.
La formazione dei Comuni, che determina la coscienza civile,
la cavalleria e le crociate, che colorano le gesta guerresche di deli-
cata poesia, i primi accordi della lingua nei canti di amore e delle
epiche avventure, che i trovatori recavano di paese in paese e di
corte in corte, il fervore che anima le arti figurative, ne sono i segni
fulgenti.
L'antico rifiorisce, plasmato in novelli aspetti, e da esso deriva
il nome al periodo. L'architettura, pur nella elaborazione degli ele-
menti romani, bizantini, arabi, normanni assurge ad uno stile pro-
prio e crea lo schema di chiesa che meglio rispecchia lo spirito cri-
stiano, il tipo austero e fiero del palazzo comunale. La scultura e la
pittura pur negli adattamenti classici e bizantini hanno di quando
in quando balbettamenti, gridi di vita, che preparano la stupenda
manifestazione di Nicola Pisano e di Giotto, i quali insieme a Dante,
al Petrarca ed al Boccaccio proclamano il risorgimento artistico di
Italia e riaffermano la supremazia civile. L'edilizia religiosa ne fu
l'espressione essenziale. Essa subi una trasformazione radicale che
ebbe il suo focolare in Lombardia. Dispoglió la classica grandiosità
ed insieme la grazia splendida di merletti marmorei e d'oro propria
dei bizantini per intonarsi ad austera nudità, propizia al raccogli-
mento dell'anima. Intonata armonicamente a questo spirito arti-
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22 ERALDO ROSATELLI
stico e mistico sorse la Chiesa di S. Andrea. Spaziosa e luminosa nelle
sue tre navate, mirabile nelle colonne di granito del sec. II d. C.,
che sorreggevano in elegante snellezza gli archi romanici, essa. di-
venne il centro religioso e politico della vita orvietana. Urbano
IV in una sua lettera da Orvieto del 20 luglio 1263 affermò
«quae post cathedralem urbevetanam inter omnes alias dignior esse
dicitur» (37).
Nel 1125 i fautori della Chiesa che si erano ribellati agli Impe-
riali per la cessione di Chiusi agli Aretini e Senesi si radunarono a
S. Andrea, e come gli antichi guerrieri romani, dopo aver tratto gli
auspici nel tempio rinnovellato e giurato fedeltà al pontefice di Roma,
il 25 aprile festa di S. Marco, sbaragliarono in via della Mercanzia
gli avversari riuscendo a cacciarli dalla città (**) e quando da tutte
le parti dell'Europa cristiana si elevò entusiasmante e frenetico il
grido per la liberazione del Santo Sepolcro, Innocenzo III nella
Chiesa di S. Andrea predicò nel 1216 la crociata, animato da profondo
ardore apostolico.
E fatti gloriosi della chiesa romanica non terminano qui. Nel
1221 alla presenza di Carlo d’Angiò il cardinale Savelli consacrò
papa Martino IV che nello stesso anno vi tenne solenne concistoro.
In essa le milizie della repubblica deposero solennemente i trofei di
guerra tolti ai Senesi nelle battaglie di Montalcino del 1256 e di Mon-
tepulciano nel 1265. E sulle scalinate di S. Andrea fin da questo
momento si compivano gli atti giurisdizionali del Comune, si pubbli-
cavano le divisioni dei beni, si giurava fedeltà alla repubblica ;
qui ogni anno la vigilia dell’Assunta si pagavano censi e tributi :
« In recognitionem Dominii » della città (*°*). Dal Codice B esistente
nella Cancelleria vescovile risulta che fin dal secolo XII la chiesa
fu insignita della dignità di priore. Nel 1126 il priore di S. Andrea,
Bartolomeo, fu presente all’atto di concessione a censo della chiesa
di S. Cristina di Porano e di quella di S. Martino « pro parte » fatta
dal vescovo di Orvieto Guglielmo ; nel 1154 un altro priore di nome
Rolando fu presente insieme a Viscardo, priore di Giovenale al
decreto del vescovo Ildebrando con cui questo restituì ai canonici
di S. Costanzo l'ufficiatura della Chiesa di S. Maria (‘°). La colle-
giata venne istituita nel sec. XIII. Il più antico documento che ab-
biamo in proposito è del 1 febbraio 1224 indirizzato all'abate di S:
Scrofo, al priore di S. Giovenale e a Tebaldi, canonico di S. Andrea,
per commettere loro la vendita di beni di S. Sepolcro di Acquapen-
dente (4), e quindi con atto del 25 aprile del medesimo anno il
LA INSIGNE COLLEGIATA DEI SS, BARTOLOMEO ED ANDREA IN ORVIETO 23
sindaco del Comune, giuridicamente autorizzato dal Consiglio dei
Cento, radunato a suon di campane, per ordine di ser Matteo po-
destà, di ser Zaccari giudice, di ser Pietro camerlengo e di Enrico,
priore delle Chiese di Marzapolo, con mandato e consenso dei suoi
frati, affidò al prete Tebaldo, can.co della Chiesa di S. Andrea
di Orvieto, sotto pena di 500 marchi d’argento, la questione sorta
tra le parti per la determinazione dei confini di alcune loro pro-
prietà (42).
Non sembra che la istituzione di questa collegiata possa asse-
gnarsi a secoli precedenti. Se nel sec. XI la collegiata fosse già esi-
stita, i canonici di S. Andrea sarebbero stati invitati nel decreto
del vescovo Sigismondo, insieme ai canonici di S. Costanzo e di S.
Giovanni Evangelista a vita comune, secondo la regola di S. Agostino.
D'altra parte non si può supporre che la collegiata fosse istituita
nel sec. XII perchè altrimenti dagli istrumentari A, B, C, esistenti
nell’archivio vescovile verrebbero ricordati i canonici, che come i
priori avessero partecipato agli istrumenti rogati in quel tempo.
Uomini di altissima fama fiorirono nel priorato e nella collegiata.
Fra i priori ricorderemo nel 1284 un tal Corrado nominato da Martino
IV vescovo di Orte, il 19 dicembre di questo stesso anno, e nel 1298
il grande Teodorico Ranieri. Questo illustre orvietano passò dalla
prioria al cardinalato e ai più grandi onori. Bonifacio VIII lo nominò
dapprima cardinale di Santa Croce di Gerusalemme, poi vescovo
di Palestrina e capitano del Patrimonio. Si deve al suo affezionato
corisiglio se Bonifacio VIII di quella nobile famiglia Caetani che ancora
si gloria della avita nobiltà orvietana sparse a piene mani nella nostra
città i suoi favori.
Bonifacio tacitó le tracotanti fazioni, apportó alla repubblica
orvietana, di cui non disdegnó divenire capitano del popolo e po-
destà, i benefici della pace, facendole restituire il contrastato domi-
nio dei castelli di Val del Lago, onorò la città con le fastose ceri-
monie della santificazione di re Luigi IX, il fiordaliso d'oro della
Francia ; volle iniziata e condotta avanti la costruzione di quel gran
salone.concistoriale intorno al quale, a nuovo decoro cittadino, ri-
sorgeranno nella loro primitiva magnificenza le sontuose vestigia
dell’antico Palazzo Papale-Vescovile, dagli ampi saloni gotici a fi-
nestre bifore, dalle nobili loggie, dai torrioni ergentisi al cielo. Ed
ora una descrizione più particolareggiata di questa chiesa romanica.
Da un atto di sottomissione del giugno 1168 si apprende che la fac-
ciata dava sulla piazza maggiore: «Hoc actum est in Orbevetana Civi-
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24 ERALDO ROSATELLI
tate in platea Sancti Andree »(*) e da un altro contenente i capi
toli fra il castello della Pieve ed il Comune di Orvieto del maggio
1171, da cui risulta la medesima circostanza (**).
Non si può dubitare che questa « platea » di S. Andrea o anche
dei canonici di S. Andrea, come si ricava da uno strumento di ser
Francesco quondam ser Simonis Cecchi del 7 gennaio 1407, «in
platea canonicorum ecclesie sancti Andree » (**) sia quella stessa che
contemporaneamente si chiamó Piazza del Comune o maggiore o
grande. In un istrumento di vendita di un terreno per la costruzione
del palazzo nuovo di città in data 25 novembre 1226 fra Aldobran-
dino curatore di Ranuccio del fu Pietro Martini e Roberto del fu
Massuccio Bretoldi si legge che il terreno è posto presso la piazza del
Comune (1) ; in un atto municipale del maggio 1413 si legge : «in
logia superiori palatii eorum residentie supra plateam maiorem » (4?) :
in ultimo in altro atto si legge : « in logia superiori palatii eorum resi-
dentie que plateam respicit » (49).
Dal Cap. LIV della Carta del Popolo si apprende anche che la
facciata, verso questa piazza, era posta non a livello, ma sopra: una
scalinata, «actetur etiam et fiat planellatus in via seu strata platee
C. prefate a planellato, qui est subtus scalas sancti Andree versus dic-
tam plateam » (#°).
Essa era anche cinta di portici. Da un atto del 21 agosto 1303 si
viene a sapere che il vicario ed i canonici di S. Andrea chiesero al
Comune di prendere severi provvedimenti contro i « barachterii », va-
gabundi, che venendo da ogni parte erano soliti fermarsi sui gradini
della. chiesa, «ad ludendum ad cardum in gradibus et pertinentiis.
dicte ecclesie ac etiam in platea comunis predicti », recando disturbo.
ai divini uffici, dando scandalo ai fedeli con schiamazzi e parolacce
«et quod iniquum est fillicas faciunt Salvatori ».
Il Comune provvide comminando la pena di venti soldi, oltre
un giorno di catena a coloro che si facessero sorprendere sulle scale
della chiesa e sulla piazza a fare giuoco o schiamazzi a condizione che
i canonici si obbligassero a distruggere i portici (*"). Quello del lato
della Mercanzia fu ridotto a botteghe e dato in affitto, quello del
lato opposto era già distrutto dal 1213 (5).
La facciata delle chiese romaniche è in genere spartita da lesene:
e paraste in vari corpi, avvivata da sculture classiche o evocanti ani-
mali di un mondo favoloso ed accusa l'interna struttura. Essa non e
preceduta da atrio o da nartece ma da protiro, sorta di padiglione
eretto quasi sempre su leoni stilofori davanti al portale medesimo,
LA INSIGNE COLLEGIATA DEI SS. BARTOLOMEO ED ANDREA IN ORVIETO 25:
sostenente la tribuna nella quale si esponevano le statue dei patroni,
preannunciando in tal modo la santità del tempio.
È costituita da un corpo centrale sopraelevato e animato da
una finestra tonda in cui è iscritta una ruota (rosone) che ne tempera
con la sua grazia l’austerità, e da due ali.
Consueto è il motivo delle gallerie, praticabili o apparenti, oriz-
zontali o parallele agli spioventi del tetto, in cadenze solenni : la de-
corazione a lesene e architetti pensili che racchiudono le masse co-
struttive in una elastica ed elegante ingabbiatura. Da quanto pos-
siamo arguire da documenti a nostra disposizione la facciata roma-
nica di S. Andrea corrispondeva soltanto alla navata di mezzo,
poichè la torre campanaria, le botteghe e le case impedivano le ali
laterali corrispondenti alle navate minori. Il Monaldeschi afferma di
aver veduto due pavoni in marmo rosso che dovevano ornare il
portale della facciata stessa (*).
Dal capitolo LIV della Carta del Popolo risulta anche che la
facciata verso la piazza maggiore era posta non a livello, ma sopra
una scalinata (5).
Con ogni probabilità è in questo periodo di ricostruzione ed am-
pliamento che viene rialzato il pavimento della vestusa chiesa e
vengono dissotterate e utilizzate le colonne romane per sorreggere le
arcate del nuovo tempio. Infatti si puó ancora osservare che le co-
lonne nella parte inferiore presentano un colore piü scuro che nella
superiore e all'altezza mediana rivelano segni visibili di ammac-
cature. Di questa chiesa rimane in dubbio la realizzazione della parte
posteriore e se ci sia stato un vero e proprio transetto. Cosi anche non.
è possibile dal punto di vista architettonico determinare la posizione
dei portici così largamente documentata. Le chiese romaniche inoltre,
per lo più dipendenti da grandi monasteri, o da capitoli di canonici
residenti, avevano un chiostro quadrangolare a portici che immet-
teva in grandi sale capitolari. Anche la nostra chiesa ne aveva uno.
Un documento, istrumento del notaio ser Bernardino di Luzio Man-
cini, di data non precisata, si dice stipulato in claustro ecclesie sancti
Andree (*). Altro strumento si dice rogato in claustro ecclesie sancti
Andree de Urbevetere dal notaio ser Francesco del 24 giugno 1402.
Dove si trovava questo chiostro ? Non si puó dire con certezza ; ma
si puó pensare nella zona che si estende dietro l'attuale abside della
chiesa e il passaggio alla casa priorale di S. Andrea. Ancora un altro
particolare : da molti documenti in archivio risulta che la chiesa
avesse anche un ospedale. In uno strumento di ser Bernardino
26 ERALDO ROSATELLI
quondam Lutii dell'11 gennaio 1375 si legge : «iusta rem hospitalem
sancti Andree » (5*).
Aveva la Chiesa di S. Andrea un campanile? In genere nelle
chiese romaniche la torre campanaria si levava altissima, robusta
eppur snella, a propagare lontano la voce della preghiera, in contrasto
con la massa depressa del tempio, ora appoggiata ad essa, ora distac-
cata. Il solo Cipriano Manente fra tutti i cronisti parla dell'origine
del campanile. Secondo lui é dovuto al Papa Onorio III, al tempo
della sua venuta in Orvieto nel 1217 (5°).
L'errore é veramente madornale. Lo stile infatti rivela una ori-
gine molto piü remota. D'altra parte il nepote trova una diretta smen-
tita nell'avo Luca di Domenico Manente, che in quest'anno parlando
del campanile afferma che Onorio III fece pingere tutto il campanile
di sant’ Andrea intorno (**). Cerchiamo di vagliare le due notizie. Il
campanile fu costruito nel secolo XIII ed è dovuto precisamente
ad Onorio III quando venne ad Orvieto nel 1217 ? Questo Papa ne
n ordinò la ripulitura esterna ? La luce viene dall’arte. Più che i docu-
D menti parlano le chiese, le linee, i contorni. Se compariamo il cam-
il panile di S. Andrea con quello della vicina Abbazia dei SS. Martirio
i e Severo, ci accorgiamo che si assomigliano come due gocce d’acqua.
B || Sono due torri poligonali, con luci ed aperture ristrette.
il I costruttori si ispirarono al concetto della fortezza quando le
i torri campanarie, come le chiese, con le finestre a feritoria, le pode-
| rose fiancate e le fronti merlate, sono veri propugnacoli di libertà
il | popolari e religiose. Il disegno poligonale é già un segno di edificio
| anteriore al secolo XIII. Si usò con frequenza nei secoli precedenti,
nella costruzione di piccoli edifici sacri, come i battisteri e le torri
campanarie. Nella prima metà del V secolo abbiamo S. Giovanni in
Fonte a Ravenna, nella prima metà del secolo successivo S. Maria
in Cosmedin e S. Vitale sempre a Ravenna ed il Battistero a Parenzo ;
nel secolo VII il Battistero a Firenze. Tipica è la costruzione di Todi,
dove sulle rovine di una torre poligonale dodecagona, di età anteriore
al secolo XIII, è sorta una torre quadrilatera : è la torre presso la
chiesa di S. Fidenzo e Terenzio sulla destra della strada folignate,
presso Massa Martana.
Secondo i Mellini la torre dell'Abbazia fu fatta costruire dalla
contessa Matilde (1046-1115) (**). Anzi dalla data che si legge sul ca-
Il pitello a sinistra dell’interno della chiesa, presso l’altare maggiore
Il pare che la costruzione di questa torre sia precisamente del 1100.
|| Ma la parte superiore delle due torri, dove sono appese le campane
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LA INSIGNE COLLEGIATA DEI SS. BARTOLOMEO ED ANDREA IN ORVIETO 27
destinate al culto presenta immediatamente una notevole diffe-
renza. Nelle due torri vi sono due ordini di aperture : la prima a bi-
fore, la seconda piü alta in pleno, con diversa ornamentazione. Le
colonne della torre dell'Abbazia sono tonde o a faccia piana esago-
nale. Sulle colonne insistono. capitelli di vario tipo sostenenti cubi
ad angolo ottuso o semisferici, sulla cui superficie posano gli ar-
chetti delle bifore. Il disegno dei capitelli è a fascie ornate di magri
caulicoli, di varie foglie a contorno arrotondato oppure libere, alcuni
a palme stese, altri a stelo centrale con doppio riccio laterale di rudé
esecuzione. Del resto i particolari decorativi romanici della chiesa e
del campanile si assomigliano in modo mirabile e rivelano la contem:
poraneità di costruzione.
Nella chiesa serie di archetti tondi su pilastrini a faccia piana,
teorie di foglie avvolte in linee ovoidali, croci greche dall’estremità
allargata nel campo di un tondo, fiancheggiate da agnelli croce-
segnati col muso rivolto verso la croce, inoltre foglie e linee, animali
di forma allungata a basso rilievo quasi piatto che richiamano quelle
di chiese o abbazie umbre o umbro-sabine come S. Maria del Piano
in Orvieto e S. Vittoria in Monteleone Sabino. Gli stessi ordini di
aperture nel campanile di S. Andrea presentano delle notevoli diffe-
renze. Da una bifora rimasta ancora intatta e visibile alla sommità
della scaletta interna che conduce all’archivio esula ogni infiltra-
zione di stile barbarico-bizantino e si ammira invece una semplicità
ed una tecnica rivelatrice di uno stile posteriore almeno di due secoli:
È nel secolo XIII che si costruiva così. Ne fanno fede molti esem-
plari dell’Italia centrale e di Roma stessa. Si tratta in ultima ana-
lisi di stile romanico puro in quel periodo che presto si trasformò in
Orvieto in stile gotico.
Per cui con certezza possiamo affermare che il campanile di S.
Andrea fu costruito in due riprese. La costruzione della prima parte
del campanile risale al secolo XI quando la chiesa del periodo bar-
barico acquistò la veste romanica, ma per circostanze di tempo 0
per incuria di uomini il lavoro rimase sospeso.
Quando giunse il papa in Orvieto lo trovò in questo stato e per
fare cosa gradita alla chiesa ed al Comune lo fece perfezionare a sue
spese. Il Manente quindi non fu bugiardo, poichè la parte più nobile
e sostanziale del campanile adibita a sostegno delle campane risale
precisamente al secolo XIII. La data riferitaci dal Manente in cui
Onorio III avrebbe completato il campanile è discutibile ma si può
con certezza affermare tra il 1216 ed il 1220. Che cosa dobbiamo pert-
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ITER EVIDENS
28 ERALDO ROSATELLI
sare della notizia di Luca che in occasione della sua venuta il papa
fece « pingere tutto il campanile all'intorno » ?
A. nostro modesto avviso non ci sembra la notizia inverosimile ed
assurda. Forse che il campanile posto nel punto principale della città,
anzi nella piazza maggiore e più frequentata non può essere stato
intonacato e colorito ? D'altra parte la notizia che porta lo storico
nel medesimo passo che Onorio III fece pingere la chiesa dentro del
vecchio e nuovo Testamento, pare essere confermata da alcuni frammenti
di pitture rintracciati in alcuni locali dietro l'altare della Sacra Fa-
miglia (oggi sotterranei e ridotti a cellari) ma che un tempo furono
certamente adibiti a culto e fecero parte dell'antica chiesa.
VII?
Periodo Gotico
Da una serie di strumenti del secolo XIII e XIV risulta che in.
questi secoli si fecero numerose lascite alla chiesa per lavori in corso.
e specialmente per la ricostruzione della facciata. Con testamento del
26 marzo 1299 a rogito di ser Angelo, donna Altrude lascia cento
soldi «in muritio ecclesie sancti andree ».
Con atto dello stesso notaio il 6 novembre 1319 donna Angela
cosi dispone : «item ecclesie sancti Andree pro ornamentis et fabrica
ipsius ecclesie centum solidos denariorum cortonensium » (5*).
Ma quali furono questi lavori ? La risposta non é difficile: la
trasformazione dell'edificio sacro da romanico in gotico che era lo
stile prevalente del tempo. Il risorgimento sociale d'Italia già ini-
ziato durante il periodo romanico dalle molteplici riforme dell'Or-
dine Benedettino, dal fermento di vita economica e civile dei recenti
governi cittadini e delle corporazioni artigiane, si intensificó ed am-
plió nel Duecento e nel Trecento, preparando l'epoca piü fulgida
della civiltà italiana. Con non minor slancio si svolse quello spiri-
tuale impersonato soprattutto da S. Francesco, Dante e Giotto. Frate
Francesco, anima semplice e squisita di idealista e di poeta, effuse il
suo amore su tutte le cose, liberó la religione cristiana da ogni vesti-
gio di ieraticità, la materió di sentimento e di poesia, ne fece la fede
degli umili e dei derelitti.
Lo stile gotico é la sola civiltà artistica che si sia contrapposta
alla tradizione classica dalla quale ripetono origine tutti gli indi-
rizzi costruttivi, attestandone la mirabile ricchezza di risorse, la
LA INSIGNE COLLEGIATA DEI SS. BARTOLOMEO ED ANDREA IN ORVIETO 29
capacità ad assumere straordinaria varietà di atteggiamenti. Esso si
afferma primamente nelle fabbriche sacre, che nell'Evo Medio me-
glio esprimevano gli ideali ed i bisogni delle collettività umane, av-
vivato da un fervore lirico che si effonde in impeti verso il cielo come
un desiderio di luce e di spazi infiniti. Suo carattere fondamentale
fu la tendenza ascendentale di tutte le forze costruttive, il vertica-
lismo, che espresse lo slancio mistico verso l'infinito, ma non risponde
a verità che costruttivamente l'elemento essenziale sia rappresen-
tato dalle volte a crociera, armate su archi diagonali-ogive incro-
ciantisi alla chiave di volta e determinanti quattro spazi triangolari,
detti vele, perché le ogive e le sottili colonnine dei piloni a fascio,
sulle quali esse impostano, hanno un trascurabile valore statico
mentre disimpegnano soprattutto una funzione decorativa. La dif-
fusione del gotico in Italia fu probabilmente opera di comunità mo-
nastiche, soprattutto dell'ordine cistercense, che ne irradió le forme
dalla Borgogna. Ad esse si riporta la fondazione dell'Abbazia di
Fossanova, meglio la sua ricostruzione nei modi gotici, alla dipen-
denza dell'Abbazia di Altacomba in Savoia. Lo stile gotico in Orvieto
giunse coi monaci premostratensi che sostituirono i benedettini
«nigri coloris » nel 1226. La data dell'arrivo di questi monaci ci é
trasmessa dal nostro grande storico e letterato Filippo Marabottini
nella sua cronaca dei vescovi di Orvieto : « Anno 1226 monachi qui
dicuntur nigri S. Benedicti, ad quos spectabat monasterium SS. Se-
veri et Martirii, pontificis mandato, fuerunt exsclusi et suffecti mo-
nachi pariter S. Benedicti ordinis praemostratensis ».
E come dall'abbazia benedettina era stata informata l'arte
nostra in epoca barbarica e romanica, così dal monastero premostra-
tense giunsero alla città i primi albori dell’arte nuova. Le abbazie e
i monasteri, ricettacolo di duchi, di conti e di ricchi, che pregavano,
studiavano i classici ed i Vangeli e coltivavano la terra, avevano fi-
nito il loro tempo. Le chiese dei conventi non erano più fabbricate sul
modello della basilica romana e della chiesa greca e longobarda e
nelle celle entrava a contemplare i misteri, a filosofare, a temprarsi
per la predicazione o per la carità fra il popolo ed a operare cose d’arte,
una folla di gente nuova, di mercanti e di artieri.
I lavori gotici che ancora possiede la città di Orvieto sono tutti
posteriori alla venuta dei premostratensi. Il palazzo dei Papi nella
parte restaurata da Martino IV, è del 1284, il Soliano del 1296, il
Palazzo del Popolo nelle snelle arcate gotiche è del 1276, la chiesa
di S. Domenico è del 1233, la chiesa di S. Francesco è del 1240, la
30 ERALDO ROSATELLI
chiesa di S. Martino è del 1265, quella di S. Spirito degli Armeni del
1288, di S. Giovanni Battista « a platea » del 1277 ed infine la catte-
drale di S. Maria, il pieno fiore dell’arte gotica è del 1290.
La trasformazione della Chiesa di S. Andrea in gotico è avvenuta
tra il 1280 e il 1300. L’intenzione era di trasformare integralmente
la chiesa secondo gli schemi monastici di oltre alpe. L'affermazione
trova conferma dalla osservazione del transetto, come appare ai
nostri giorni, per gli ultimi restauri che hanno portato il tempio alle
primitive forme stilistiche.
Il cosidetto doppio transetto non è altro che due splendide cam-
pate di navate che ci danno l’idea precisa di come sarebbe risultata
la chiesa in questo periodo se non fossero intervenute delle enormi
difficoltà economiche a far sospendere i lavori intrapresi. La chiesa
aveva cioè tre navate di uguale altezza ed apparteneva perciò al
tipo che si è chiamato convenzionalmente « hallenkirche » (chiesa
a sala). È questo un giusto rilievo dovuto alla perspicacia artistica del
prof. Evers dell’Università di Monaco, che di passaggio in Orvieto
pochi anni or sono si indugiò ad ammirare la Chiesa di S. Andrea.
D'altra parte uno stile simile non è sconosciuto nella nostra città.
Il medesimo tipo di «chiesa a sala » lo notiamo nel S. Domenico di
Orvieto e nel S. Fortunato di Todi. Scrive a proposito l’illustre archi-
tetto Renato Bonelli :
«In questa chiesa grandiosa (S. Domenico), lunga 82 metri,
alta almeno 25 in cui la lunghezza del transetto era di 32 metri e
quella della navata di 56, dalla tribuna illuminata da due finestroni
alti 10 e larghi 4 metri, la principale caratteristica era quella delle
due navate laterali, strette ed altissime ; su di una larghezza di
m. 2,10 una altezza di almeno 19 metri. Conformazione come si vede
rarissima, eccezionale, se non unica. La data del 1264 che possiamo
assegnare al monumento, ci autorizza a ritenere che la chiesa può
essere considerata come una delle prime dell’Italia media nelle quali
è stato adottato il tipo «a sala ». Siamo perciò vicini alla conforma-
zione di quelle tra le chiese « a sala » che sono anche state chiamate »
« pseudobasilicali ».
In esse si può notare che almeno trent'anni prima della comparsa
in Italia delle vere e proprie « hallenkirchem » e cioè delle chiese a
tre navate della stessa altezza, con volte a crociera a sesto acuto, vi
erano già state realizzate delle libere interpretazioni di questo schema
francese » (°°).
: La chiesa gotica di S. Andrea aveva anche un coro collocato
LA INSIGNE COLLEGIATA DEI SS. BARTOLOMEO ED ANDREA IN ORVIETO Sl
nella parte centrale come quello della basilica cattedrale di S. Maria
con opere cosmatesche di cui resta l'ambone oggi ridotto a pulpito.
Il mosaico è databile dallo stile : le lastre sono del 1180-1220 e furono
reimpiegate nel 1280-1300, con mensole goticizzanti. L'esistenza del
coro risulta da tre istrumenti del notaio ser Giovanni ser Venis Lo-
nardi. Il primo, del 1374, «actum fuit, hoc in civitate Urbisveteris
in coro ecclesiae sancti Andree » (9).
Il secondo del 14 gennaio relativo ad una quietanza di dote ri-
lasciata «in coro ecclesie sancti Andree » (*?). Il terzo del 23 febbraio
successivo relativo ad una promessa di dote fatta in Orvieto « in coro
ecclesie sancti Andree » (*?).
Da documenti di archivio risulta che il campanile fin dal secolo
XIV minacciava rovina. I tecnici attribuirono questo fatto sia alla
pessima costruzione delle fondamenta della torre, sia all'enorme peso
della loggia del Comune. :
Il Consiglio Generale nella seduta del 14 marzo 1395 si dovette
occupare di una supplica di prete Simone, priore di S. Andrea, di prete
Pietro, canonico della chiesa stessa e degli altri canonici e cappellani
con la quale si chiedeva un consiglio e un congruo sussidio «adeo quod
prefati prior, canonici et cappellani possint sumptibus fiendis pro
dicta reparatione sufficere ». Il Consiglio deliberò di mettere a dispo-
sizione del Capitolo una partita di pietra lavorata, di pertinenza della
Basilica cattedrale, giacente nella piazza di S. Maria. Su proposta
del consigliere Nicola Di Benedetto fu votato un ordine del giorno, con
il quale venne stabilito che il valore delle pietre non dovesse superare
la somma di venti fiorini e che venissero eletti due cittadini per pro-
cedere alla stima del materiale. Il giorno 13 marzo si elessero a periti
e soprastanti « murittii et remisse campanilis sancti Andree et super
estimationem lapidum macingni » i cittadini Ceccarello Clutii ed
Angelo Nicolai (*). I lavori furono eseguiti con tanta perfezione che
per molto tempo il campanile non destó piü preoccupazioni. Ed ora
un piccolo accenno alle campane. Di una prima campana del Comune
esistente nel campanile di S. Andrea si parla in un documento del 1223.
Dal codice diplomatico della città di Orvieto apprendiamo che in
data 12 marzo 1223 i fonditori di campane Girardo ed Ugolino pro-
misero al potestà Tommaso e a Masseo di ricolare la campana del
Comune : «reficere campanam Comunis in campanile S. Andree in
quo permanet » (**). Pare che questa campana ebbe poca vita perché
nel. 1303 il Comune fu costretto a farla rifondere. Ma anche di que-
sta seconda campana non si ha piü traccia. Tuttavia c'é memo-
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ria dell'iscrizione che vi si leggeva : IN N(O)M(IN)E. D(OMI)NI. ANNO
D(OMI)NI. MCCCHI TEMPORE D(OMI)NI. BENEDICTI PAPAE XI PONT(IFI-
CATUS). EIUS ANNO I TEMPORE POTESTARIAE FORTI BRACHIAE DE GUI-
MIDELLIS DE PISTORIO ET CAPITANERIAE: D(OMI)NI. PAULI DE RIATO.
VERBUM CARO FACTUM EST ET HABITAVIT IN NOBIS (°°).
Vi erano pure riprodotti gli stemmi. delle università che con-
corsero nella spesa :
ARTIS MOLINARIORUM
ARTIS OLARIORUM
ARTIS FUNARIORUM
ARTIS VITTURIORUM
ARTIS HORTULANORUM
ARTIS PRISTINARIORUM (5?)
VIIIO
S. Andrea ‘dal sec. XVI al sec. XIX
Il diarista ser Tommaso riferisce che nel 1507 si cominciò a
costruire la nuova sacristia : « Memoria come la sacristia nova facta
de rietro ad sancta Andrea et nella piazza di essa chiesa dove se io-
cava alla palla, fu incomensata ad cavare li fondamenti il mese di
novembre et lo venerdi che fu lo di nante ad sancto Britio, a di
XII de Novembre 1507 ; fu messa la prima pietra del fondamento
et fuoroce messe da molte schiasce della colonna che stava in capo
de piaza quale fu guasta et fece guastare già misser Antonio de Al-
beriis, veschovo de Nepe et de Sutri et archidiacono già d'Orvieto,
perché la sua Signoria voleva fare rifare la fontana de piaza » (^).
Questo lavoro stava per essere terminato quando improvvisamente
cadde un tratto di tetto della navata centrale verso l'ingresso princi-
pale della chiesa (°°). Una piccola iscrizione a destra della navata
centrale ci fa conoscere la data precisa in cui fu eseguito il lavoro
di ricostruzione, i nomi delle persone e degli enti che concorsero alla
spesa e ci tramanda ancora la memoria del capo d’arte, nostro concit-
tadino, che l’eseguì :
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Base di macina da mulino ?
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Tombe barbariche con materiale etrusco
Abside della Chiesa paleocristiana
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LA INSIGNE COLLEGIATA DEI SS. BARTOLOMEO ED ANDREA IN ORVIETO 33
IULIO II PONT[IFICE] M[AX1IMO]
ANGELI AMERI
NI POP[ULI|] ET FABRI
CAE SUMPTIBUS AC
ANGELI FLORENTINI
VICARII GEN[ERALIS] RESTAURA
TUM MAG[ISTRO] rAcoBo
L'Angelo Fiorentini nominato in questa iscrizione è quello stesso
che alla fine del secolo XV rivestiva la carica di pro-priore (7°).
Ma le ricostruzioni, modificazioni e restauri non terminano qui,
bensi proseguono ininterrottamente fino alsecolo XIX. Nessuno edifi-
cio orvietano adibito a culto, nemmeno il «giglio d'oro delle Cattedrali»
nella sua inarrivabile bellezza e splendore, é stato oggetto tanto la-
voro, adattamenti e trasformazioni. Nel secolo XVII fu costruita l'ab-
side, l'altare maggiore, il coro in legno e fu restaurata la facciata.
L'entità dei lavori fu tale che nel 1736 si credette opportuno riconsa-
crarela chiesa, come risulta dall'iscrizione già da me altrove riportata.
. Nel 1920 fu costruito l'organo, eseguite le balaustre al presbi-
terio e rinnovata la gradinata dell’altare maggiore e nel 1922 fu
fatta l'imbiancatura totale della chiesa.
Quando all'inizio del secolo XX fu eletto priore di S. Andrea
mons. Vincenzo Fumi, la chiesa non conservava nulla della sua ori-
ginaria, nobile forma stilistica. Il turista che giungeva sulla piazza
principale della città e si fermava a rimirare la facciata non ne pro-
vava impressione alcuna e non poteva pensare che la chiesa avesse
una eccelsa tradizione e vantasse un passato glorioso, avendo servito
in certi momenti della storia di Orvieto a tutte le cerimonie e fasti
della intensa vita municipale della città, in continue lotte con quelle
vicine e sovente offriva asilo sicuro a papi e cardinali.
Per l'interessamento costante e amoroso del compianto pio e
dotto sacerdote mons. Fumi, il Ministero della Pubblica Istruzione
nel 1926 affidó all'interno e all'esterno i restauri della chiesa al
prof. Bertini Calosso, specializzato in tale genere di restauri, avendo
già per le mani quello della Abbazia di S. Pietro in Valle presso Fe-
rentillo, su studi dell'architetto Gustavo Giovannoni, valorosissimo
direttore della Scuola superiore di architettura di Roma. Si inizió
con la torre campanaria. Questa nella parte a comune con il palazzo
dello Scalza, sede del Municipio, mostrava ancora due ordini di
3
‘ »
III: TENDA POT
34 ERALDO ROSATELLI
bifore. Da vedute cinquecentesche esumate dal prof. Perali, risul-
tava che la torre era fornita di un terzo ordine ed era merlata.
Relativamente facile fu dunque ripristinare il campanile nella
sua forma originaria e nel suo materiale. L’attuale torre merlata,
dodecagona, appare ora quale interessantissimo tipo di torre romanica
poligonale del sec. XII, affine al campanile della Badia di S. Severo
e Martirio presso Orvieto, che può essere utilmente per la storia del-
l’arte messo a confronto coi campanili analoghi di Asti, di Torino,
di Amelia, di Bevagna nei quali paesi lavorarono le industri corpo-
razioni dei maestri lombardi.
Il tetto della chiesa fu portato alla sua altezza primitiva, libe-
rando il grande arco trionfale del transetto e ripristinando le propor-
zioni della originaria forma basilicale. Poichè lungo la base e per tutto
il perimetro della chiesa restavano tracce delle linee primitive, non è
stato arduo continuarle e chiuderle in alto senza aggiunte, anzi
contendendosi in una severa sobrietà di espressione costruttiva,
usando l’accortezza di tenere distinta la parte aggiunta dalla preesi-
stente, con l'adoperare materiale da costruzione. L'ornamento prin-
cipale della facciata è costituito dal bellissimo bassorilievo, entro
la lunetta del portale romanico, rappresentante la Vergine col Bam-
bino fra i SS. Andrea e Bartolomeo, opera insigne della scultrice An-
tonietta Paoli Pogliani di Roma. L’opera d’arte è in pietra forte di
Settignano, di un bel tono gialletto e caldo che ricorda il travertino
ma d’una grana fine e compatta che rivaleggia col marno di Carrara ;
pietra tanto cara a Desiderio da Settignano che spesso la preferì ad
altro materiale più nobile per i suoi apprezzatissimi bassorilievi.
La purezza casta dei lineamenti della Vergine, china pensosa
sul divino Fanciullo che con vivacità infantile benedice dall’alto,
l’espressione dolorosa e devota di S. Andrea rivolto verso la Vergine,
l’aspetto maestoso di S. Bartolomeo tutto assorto in un rapimento
mistico, l'eleganza un pò gracile, la composizione un pò timida, i
panneggi un pò secchi, che mettono in maggiore evidenza l’eleganza
e il portamento delle figure, il sentimento dei volti, la finezza degli
scorci, qualità tutte che richiamano il nostro migliore rinascimento,
fanno di questo bassorilievo un vero gioiello, un’opera schiettamente
religiosa, tanto che sembra che sempre abbia sormontato il portale
ed abbia insieme con questo divise le sorti, attraversando incolume
le ore movimentate, sensuali e paganeggianti dei secoli successivi.
Si sostiene e si afferma da alcuni critici che di arte sacra moderna
in Italia non si può parlare. Basterebbe invece saper trovare gli
LA INSIGNE COLLEGIATA DEI SS. BARTOLOMEO ED ANDREA IN ORVIETO 35
artisti che non mancano per buona fortuna da noi. E basterebbe imi-
tare il card. Cerretti, nativo, come si sa, di Orvieto, munifico donatore
alla sua città del bassorilievo che ha saputo con intelletto d’amore
scegliere quell’artista che, lontano dai clamori delle esposizioni e
della pubblicità, in devoto raccoglimento, sapesse dare veste degna ad
una visione di vera e sentita arte sacra.
I restauri non si sono limitati qui. Addossate alla chiesa dalla
parte del Corso vi erano luride catapecchie. L’energico intervento
del podestà di Orvieto, avv. De Benedettis, ha reso possibile la demo-
lizione delle casupole e sul luogo la costruzione di un elegante portico
a tutto sesto a colonne decorato sobriamente con ceramiche di Ilario
Ciaurro. Il portico si collega con una grazia di perfetta rinascenza
alla chiesa e costituisce un elemento caratteristico e tradizionale
delle nostre città toscane che pur troppo l’architettura moderna ha
senza ragione ripudiato.
La chiesa di S. Andrea ha raggiunto finalmente la sua forma e
nobiltà antica. Maestosamente classica nell’interno, elegantemente
semplice nella sua facciata dal campanile leggiadro e snello, ha preso
giustamente il suo posto di dignità ed importanza vicino all’incompa-
rabile Cattedrale.
ERALDO ROSATELLI
NOTE
(1) Cfr. PERICLE PERALI, Orvieto, p. 13.
(2) RENATO Paorr, Restauri della Chiesa di Sant'Andrea in Orvieto,
in Arte Cristiana, Gennaio 1929, p. 2.
(3) RarMmonDo BrocH, Ricerche archeologiche franco-italiane nel terri-
torio Bolsenese, in Bollettino dell’ Istituto Storico-Artistico Orvietano, Anno 1956.
(4) G. F. GAMURRINI, Annali Istituto di Corrispondenza Archeologica,
Anni 1881 e 1882. Anche Raimondo Bloch ha riconosciuto nell’opera citata
la ricchezza dei templi etruschi in Orvieto.
(5) Riporto il testo completo della lapide :
TEMPLUM HOC IUNONI HERBANAE PRIMITUS ADDICTUM EXINDE
SANCTIS APOSTOLIS ANDREAE ET BARTHOLOMAEO DICATUM ET
A BENEDICTO PAPA- VIII ANNO MXIII CONSECRATUM PAULO
MOX CANONICORUM CONLEGIUM ERECTUM SAECULORUM PROGRESSUS
PLURIES VARIATIMQUE RESTAURATUM ILL.MUS AC REV.MUS D.
È ; p SS D A
SESS [x Dini 1 E" ME? "s YU Sa «YI Tea " ti B
(CIRIE PINA TTT I CET VENE ATP IIS ENTE EPA T LENA III VOTI NECESITE e ac II ISTAT ^ EE
" en ec AUT TITT PE Pe TROEEUDE TT EVE IT
ERALDO ROSATELLI
IOSEPH E COM. DE MARSCIANO EP. URBEV. SACRIS CONCILII
ROMANI CONSTITUTIONIBUS OBTEMPERANS III KAL IULIAS
A MDCCXXXVI RITU SOLEMNI CONSECRAVIT UNA CUM ALTARI
MAIORE IN QUO RELIQUIAS SS.MO GENEROSI CHRISTIANAE
ET AURELIAE REVERENTER REPOSUIT ANNIVERSARIUM VERO
DEDICATIONIS DOMINICA TERTIA OCTOBRIS CELEBRANDUM AS-
SIGNAVIT PRIOR ET CANONICI IN MEMORIAM POSUERUNT ANNO
pN MDccuH - (cfr. Arch. parrocchiale, Scaff. I, Col. V).
(6) Cfr. CIPRIANO MANENTE, Annali Urbevetani, Vol. Dpp 2e 10; Mo-
NALDO MONALDESCHI, Commentarii Historici, Cap. 22.
(7) Cfr. G. F. GAMURRINI, 0p. cit., Anno 1876, p. 36; L. GIAMPAOLI,
Notizie storiche di N. S. della Fonte, pp. 72-75.
(8) I giuochi sacri dei quali fa cenno Livio (Ann. V, I) si può ritenere
fossero quelli stessi che molti secoli più tardi venivano trasportati per gli
Umbri da «apud Volsinios » a Spello (C.LL., XI, 2 n. 5265).
(9) G. F. GAMURRINI, 0p. cit., pp. 44-53 ; Milani, Studi e materiali di
Archeologia. Vol. II, p. 61, fig. 227.
(10) Cippo quadrato di travertino : « Aram costituit Iovi Ciminio Sel-
leius Priscus» — Cippo marmoreo ridotto a capitello di stile romanico :
«Imperatori Caesari Flavio Costantino Pio Invicto Augusto ». Ambedue i
cippi provengono da casa Franci prospiciente la Piazza Maggiore o di S. Andrea
e si trovano attualmente presso il Museo Archeologico dell'Opera del Duomo.
(11) Ctr. G. F. GAMURRINI, Antichità romane in Orvielo, in. Annali Istituto
di Corrispondenza archeologica, Anno 1879.
(12) Nel N. T. é nominato solo negli elenchi dei Sinottici (Matteo 10;:3.;
Marco 3, 18 ; Luca 6, 14), ove è unito a Filippo e in Atti (1, 13). Era galileo
di Cana (10.21,2) ove oggi una chiesa è dedicata a lui. Il suo apostolato dopo
PAscensione deve essere stato attivissimo, poiché la tradizione posteriore
gli attribuisce lunghi viaggi missionari, ma nulla di preciso si può stabilire.
Secondo una leggenda del secolo IV (Constitutiones Apost., VIII, 19-20) istitui
il rito per l'ordinazione delle diaconesse ; lo Ps. Crisostomo (P.G. 59, 495)
narra che converti i Licaoni ed altri parlano di una sua missione in Asia Mi-
nore, donde poi avrebbe percorso la Mesopotamia e la Partia.Giunto in Armenia
ad Albanopoli, per ordine di re Astiage fu martirizzato ; crocifisso secondo la
tradizione diffusa in Oriente; decapitato secondo i martirologi di Rabano
Mauro, Adone, Usuardo (P.L. 110, 1164); la decorivazione è affermata
da S. Isidoro di Siviglia e dal martirologio di Beda (P.L. 83, 1291) ed è comu-
nemente ammessa presso i latini della fine del Medio Evo.
(13) Archivio di Stato Orvieto, Riformagione ad annum, C. 244.
(14) Bisogna peró notare che dal processo stesso risulta che molti testi-
moni in presenza del giudice asserirono che la chiesa di S. Bartolomeo era con-
siderata come parte e membro della chiesa di S. Andrea ed erano ambedue
sotto un medesimo tetto (Archivio Vescovile, col. V).
LA INSIGNE COLLEGIATA DEI SS. BARTOLOMEO ED ANDREA IN ORVIETO 37
(15) L. Fumi, Documenti e Regesti del Codice Diplomatico della Città di
Orvieto, doc. 59, p. 39.
(16) Schedario di D. Alceste Moretti, c. 28.
(17) » » » c 122;
(18) » » » c. 38.
(19) Schedario Fontanieri, c. I.
(20) ProcopPius CAESARIENSIS, De bello Gothico, Vol. II, p. 127.
(21) M. MONALDESCHI, op. cit, p. 21.
(22) S. GreGoRrIo, Dialogorum liber III.
(23) PAoLo Diacono, Historia Langobardorum, IV, 33.
(24) M. MoNALDESCHI, op. cit., Libro IV, p. 22.
(25) » »2 » » p. 24.
(26) F. MaccHIoNI, Storia di Bagnoregio, p. 79.
(27) M. MoNALDESCHI, 0p. cit., p. 27, ove riferisce le relazioni che Orvieto
ebbe con Ottone I, II, III.
(28) C. MANENTE, op. cit., libro I, p. 1.
(29) » » » p. 1.
(30) Senza dare l'impressione di difendere a spada tratta e senza discer-
nimento lo studioso orvietano, faccio solo notare che egli per primo maneggió
la difficile materia del nostro archivio e quindi come succede a coloro che
fanno i primi passi in ogni campo dello scibile potè con facilità incorrere in
errori ed inesattezze storiche.
(31) P. PERALI, Orvieto, p. 50.
(32) Enciclopedia cattolica, Benedetto VII.
(33) La leggenda di S. Severo é quella inserita nel «tomus alter carta
125 » del magnifico codice membranaceo in folio, detto comunemente il « Leg-
gendario », esistente nell'archivo capitolare della Cattedrale di Orvieto. La
leggenda incomincia con le parole « Incipit vita beati Severi confessoris ».
Questa leggenda venne per la prima volta raccolta « ex Codice Urbevetano
in membrana exarato » dal P. Filippo Ferrari e da esso pubblicata nel suo
Catalogus Sanctorum Italiae, Mediolani, 1613.
(34) P. PERALI, Orvieto, p. 17.
(35) L. Fumi, op. cit., doc. XXVII, p. 17.
(36) C. MANENTE, op. cit., Libro I, p. 59.
(37) Cfr. Reg. Vatic. 29, fol. 187, n. 873.
(38) C. MANENTE, op. cit., Libro I, p. 46.
(39) Prof. arch. Gustavo Giovannoni: articolo sul Popolo di Roma del
30 Agosto 1928. L'illustre architetto curó gli ultimi restauri della chiesa.
(40) Codice B., pp. 72 e 107.
(41) Registro Hon. III, Vol. II, p. 193.
(42) Archivio, Titolario, C. 48.
(43) L. FuMr op. cit., doc. n. XXXIX, p. 26.
(44) » » » » XLI, p. 28.
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(45) Schedario di D. Alceste Moretti, c. 62.
(46) L. Fumi, op. cit, doc. n. CVIII, p. 79.
(47) Archivio Stato Orvieto, Riformagione ad annum, c. 122.
(48) » » » » » » c. 133.
(49) L. FUMI, op. cit., p. 772.
(50) » » » »
(51) Archivio di Stato Orvieto, Riformagione ad annum, cc. 32-34.
(52) M. MonaLpEscHI, op. cit., Libro II, p. 15.
(53) L. Fumi, op. cit., p. 772.
(54) Schedario Fontanieri, instr. Ser Bernardini, c. 38
(55) » » » » Ci
(56) C. MANENTE, Op. cit., p. 99.
(57) C. MANENTE, op, cit., p. 39.
(58) PrgrRo MELLINI, Fatti della Contessa Matilde, p. 55.
(59) Schedario Moretti, c. 153.
(60) R. BonELLI, La Chiesa di S. Domenico in Orvieto, in Rivista Pal-
0, a. 1943.
(61) Sch. Fontanieri, instr. ser Giovanni, c. 45
(62) » » » » c. 47
(63) » » » » c. 89
(64) Archivio di Stato Orvieto, Riformagione ad annum, c. 113.
(65) L. Fuwr, op. cit., doc. CLX, p. 103.
(66) Guida storico-artistica della città di Orvieto e suoi contorni del conte
Tommaso PiccoLoMINI-ADAMI. Siena, 1883, p. 353.
(67) Id. Id. p. 353.
(68) SER Tommaso, Diario, col. 601.
(69) » » » » 810.
(70) » » » $172.
. MONTEFALCO PATRIA DI PROPERZIO .
‘ LA QUESTIONE PROPERZIANA ATTRAVERSO I SECOLI :
Nel discorso di Atto Vannucci, premesso ad una scelta di ele-
gie di Catullo, Tibullo e Properzio, edita in Prato nel 1860, si legge :
«nove sono le città che si disputano l’onore di aver dato i natali
a Properzio » (*). Alla distanza di quasi cento anni, nella nota che
precede l’opera properziana tradotta in italiano per la Rizzoli (1957)
è stato detto : « quattordici città dell'Umbria se lo contendono » (?).
Non si può dire quindi che la questione abbia fatto, in cento anni,
un sol passo avanti; anzi, sembrerebbe che abbia camminato come
i gamberi. Eppure tra quelle due date corre, per la nostra « que-
stione », il periodo più fervido, in cui sono stati versati fiumi
d’inchiostro nel tentativo di risolvere il caso ; furono edite circa una
dozzina di opere riguardanti esclusivamente l’argomento, e ben
cinque studiosi dedicarono gran parte della loro vita a sciogliere
l'enigma, diventato plurisecolare. :
Si puó dire che la questione properziana nascesse controversa,
ché se gli antichi commentatori del poeta lo dicevano nato a Mevania,
e Flavio Biondo (1392-1463), il noto umanista, agli inizi del secolo
XV sottoscriveva tale soluzione, già nello stesso secolo Angelo Poli-
ziano, nell'interpretare un passo assai controverso, lo aggiudicava
ad Assisi(*). Cosi, agl'inizi del Cinquecento, mentre il perugino
Francesco Maturanzio (1443-1518) lo diceva anch'egli nato in Assisi,
seguito dal suo allievo Cristoforo Sassi (1499-1574) pure di Perugia,
gli eruditi Leandro Alberti (1478-1552) e Filippo Cluverio (1580-1623)
perseguivano la tradizione antica che voleva Properzio nativo di
Mevania. E Giuseppe Scaligero (1540-1609) tirava in ballo niente-
meno che la lontana Amelia, allargando la cerchia delle pretese.
Ma la vera e grande polemica ebbe inizio nel secolo successivo, quando
il perugino Girolamo Bigazzini (1575-1658), in un carme perduto,
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40 SILVESTRO NESSI
rivendicava il poeta alla sua Perugia, rigettando fin d'allora le opi-
nioni di ben altre sette città che lo pretendevano (‘). Da ciò possiamo
arguire come già la polemica avesse un’area assai più vasta di quella
dimostrataci dalle fonti edite fino allora, e non sappiamo quando
avesse origine, e come. In seguito anche il P. Felice Ciatti (1592-
1642), nel suo Paradosso istorico prima e nelle Memorie di Perugia
Augusta poi, trattando della questione, volle dimostrare che Proper-
zio era nativo di Perugia, basando tutta la sua arzigogolata impo-
stazione sul falso presupposto che Gallo (di cui parla Properzio nel-
l'elegia IV del I lib.), morto durante l’eccidio perugino, era il padre del
poeta. Dopodichè, con facile inventiva, faceva di Properzio, divenuto
confidente di Augusto, il più valido incitatore di questi per il restauro
della città, che si poteva ben dire orgogliosa del suo ingegno! E
continua : «Quanto al resto degli atti di Propertio ; resta a dire,
che distrutta la Patria si ritirasse nelle materne, e povere case di
Bevagna ; donde anche nel paradosso primo dicemmo, che Perugia
dato havea a quel poeta la culla ; e Bevagna la casa ; e ch'egli ebbe
Perugia per madre e Bevagna per nutrice ; onde anche poté avvenire
ch'ei di Bevagna fosse creduto cittadino ... Dissi io già lui esser
morto in Assisi, per soddisfare a quegli, che lo fanno di quella Patria
cittadino, e de Propertii mostrano antichi marmi sepulcrali con l'inscrit-
tione di molti, i quali io stimo successori del nostro poeta » (*). Cosi,
il buon frate, nella sua candida certezza, cercando di accontentare
un po' tutti, intendeva districato il bandolo della matassa. Ma un
suo coetaneo, Taddeo Donnola di Spello, contemporaneamente,
pubblicava una sua percuriosa dissertatio con cui venne a far valere
le ragioni della sua città ; la quale vantava il patronato avuto da
Augusto sui famosi bagni del Clitumno, e ricordando che a Spello
esisteva, nientemeno, una casa detta «del poeta », credette aver
per sempre fugata ogni nube e districato ogni nodo ; mentre vati-
cinava come non sarebbe passato gran tempo che qualche lapide
sarebbe pur saltata fuori a confermare le sue tesi e a confutare quelle
degli altri (*).
Bevagna non assistette inoperosa a tanto schiamazzo che veniva
a contenderle un suo ambito vanto ; una schiera di eruditi locali, con
ampollose dissertazioni, prese a difendere l’intangibile gloria cittadina.
Contro il Ciatti, che pur era stato così largo di manica e compren-
sivo, e contro il Donnola, scrissero nello stesso secolo un Anonimo,
Antonio Beci, Mercurio De Angelis, Francesco De Angelis, Filippo
Onofri ("). I dizionari comunque, ed anche questo ha la sua importanza
MONTEFALCO PATRIA DI PROPERZIO 41
mantennero concordi l'attribuzione a Mevania (*). Mentre a Spello,
nel 1722, si scopriva finalmente l’epigrafe, dal Donnola interpolata e
sotterrata, manco a dirlo nei pressi della «casa del poeta », ove si
leggeva chiaro e tondo il nome di Properzio. Essa però, fin dal 1725,
veniva messa in dubbio negli Atti di Lipsia da Francesco Carlo Cor-
rado (°) Ma chi ci dice che il vizio non si fosse propagato anche nei
paesi limitrofi? Anzi, il P. Francesco Antonio Zaccaria ci assicura
che « Ancora in Ascoli molte iscrizioni furono finte, per far credere
ascolano di patria lo storico L. Floro: Bevagna, Foligno, e forse Spello
non andò esente da questa malattia, e Taddeo Donnola uomo di
quei paesi fu eccellente in siffatte finzioni » (1°).
Ludovico Antonio Muratori, nel 1730, basandosi sull’« asis »
portato da alcuni manoscritti properziani, non dubitò di interpretarlo
« Asisi» e di pronunciarsi a favore di quella città (7) ; la quale,
pure, non cedeva alla lotta, ed ebbe i suoi campioni in Girolamo
Venturelli, Rufino Bini, Alessandro Fiumi, Alessandro Petrignani.
Antonio Volpi, ai suoi tempi celebre, si mantenne più cauto, ed anzi,
ricordando certi antichi manoscritti, ove si facevano i nomi delle
altre città pretendenti, allargava di nuovo la cerchia e manteneva
insoluta la questione: « Plerique mevanatem, ex Mevania scilicet Um-
briae oppido, fuisse contendunt; et his manu scripti codices fovent :
Ameriam alii, nonnulli Asisium, Hispellum aliqui, vel Falcum, vel
Spoletium, vel Perusiam, eius patriam faciunt ». E tale incertezza
fu a lungo saggiamente mantenuta (?*).
A Bevagna Fabio Alberti, con una esuberante penna, rispose
alle asserzioni dell’abate Petrignani di Assisi, raccogliendo tutte le
prove possibili — che in fondo in quel tempo consistevano per tutti
nel dimostrare una grandezza esagerata delle singole città in epoca
romana — con cui ribattè abilmente le tesi di Assisi, Amelia e Spello;
scese in polemica anche con l’abate Giuseppe Di Costanzo, altro
fautore di Assisi. Tutta la sua dimostrazione la fondò sulla interpre-
tazione dei passi di Properzio ove si parla della patria, e su uno
sforzato tentativo di farli corrispondere a puntino alla posizione geo-
grafica di Bevagna (?). Con lui si chiude il secolo dei «lumi» e si
entra in quello del neoclassicismo, più di ogni altro adatto nel dissotter-
rare i frammenti del mondo classico, che troppo spesso però arbi-
trariamente «restaurava » e con troppa enfasi esaltava. Ancora
Bevagna fece sentire la sua voce tramite un suo valente letterato,
Francesco Torti (1763-1842), il quale nel 1839 pubblicò — anonimo,
si badi bene — un volumetto, che va inteso più nel suo tono pole-
42 SILVESTRO NESSI
mico-letterario che in quello critico e dimostrativo : le sue volute
esagerazioni sono adatte più ad esaltare le glorie della Mevania
romana che a dimostrarla patria dell'umbro Callimaco : a ciò rispon-
dono perfettamente gli arbitri topografici e il gusto che prova nel
demolire, sempre esagerando, le prove delle altre città finitime (1*).
Gli risponde, nel 1843, il bettonese Giovanni Pennacchi, il quale
iniziò le sue Osservazioni dicendo : «Era da qualche anno che i Mani
del Cantore di Cinzia si riposavano, non più invano inquietati dalla
dotta importunità degli Archeografi, quando è sorto, non ha guari,
chi di bel nuovo ha osato interrogarli di quella patria, che par fatale
rimangasi un mistero. Noi vorremmo di tutto cuore lodata la santa
carità di patria che mosse l’anonimo all’impresa di rivendicare a Be-
vagna un nome sì chiaro ; se pari all’erudizione ci fosse avvenuto
di trovare l'imparzialità della critica ». E termina — mi piace ripor-
tare questi brani perchè fanno il punto della situazione prima che si
scatenasse l'ultimo conflitto — con queste parole: «Le mie con-
getture in tal proposito saran forse soggetto ad un altro ragionamento,
bastandomi per ora aver tolto, se mal non mi appongo, dal novero
delle contendenti città Mevania; come voi, vittoriosamente in verità
e da quell'uomo dotto che siete, cacciaste d'arena Perugia, Amelia,
Fuligno, Montefalco e Spello, Spello per antichi vanti rivale fino ad
oggi la più temuta » (15). E per meglio dare idea di quali conclusioni
Si traessero nella prima metà del secolo XIX voglio riportare anche
un brano di lettera dell'archeologo Bartolomeo Borghesi, scritta
nel 1839 : « Dopo ció ch'é stato prodotto dalle quattro città conten-
denti: Bevagna, Assisi, Spello, e Bettona, io non so che le nuove
Scoperte, cosi di classici come di marmi, abbiano niente detratto
all’incertezza in cui si era rimasti al cessar della lite ; onde resta
Sempre oscuro e controverso il luogo natale di quel poeta. Non si
potrebbe adunque se non ripetere le cose fritte e rifritte senza ca-
varne un ragno da un buco. Per portare definitiva sentenza, occor-
rerebbe l'invenzione di una qualche lapide di bel secolo, non di li-
berto e di servo, ma di un magistrato municipale della gente Pro-
perzia, da cui si venisse in cognizione della città in cui esercitava
la sua carica » (1*).
In effetti, da allora, Bevagna, la cui posizione topografica era in
netto contrasto con i testi properziani, fu per sempre esclusa dal
novero delle pretendenti. Né le valsero le successive polemiche in-
vano risuscitate dai mevanati Epaminonda Mattoli (1886) e Walter
Giorgialberti (1935). Chi invece riprese fiato, quasi dal suggerimento
MONTEFALCO PATRIA DI PROPERZIO 43
del Pennacchi, fu Spello ; di cui purtroppo molti ancora presenta-
vano come il più solido appoggio la lapide falsificata dal Donnola (1°).
Spello ebbe un accanito difensore in Giulio Urbini, il quale, tra il
1880 e il 1884, pubblicò una serie di scritti che ebbero grande riso-
nanza, e nell’ambito della regione notevoli ripercussioni (1). Con
una critica non sempre equilibrata ed imparziale, procedè nel de-
molire i forti argomenti di Assisi. Così che Assisi e Spello, da allora,
restarono padrone del campo, portando l’impostazione della questione
a un punto tale da non far vedere più altra possibile soluzione, se
non a favore o dell’una o dell’altra. E con gli scritti di Raffaele
Elisei, editi tra il 1898 e il 1938, Assisi ebbe un netto sopravvento (1°).
Non tale, però, da essere conclusivo e universalmente accetto (*").
Nel 1936 Maria Barba prendeva in esame la questione nelle sue prin-
cipali opinioni, rimanendo ancora indecisa tra Spello e Assisi (?!).
Una cosa balza subito nell’occhio di chi ha seguito la mia breve
esposizione, ed è questa : fra le città pretendenti ve ne sono alcune
scese in lotta con accanimento senza badare a esclusione di colpi
(Assisi, Bevagna, Spello), altre lo fecero in maniera più blanda e ri-
nunciarono ben presto ad ogni rivendicazione (Perugia, Amelia), altre
o si mantennero in un dignitoso riserbo o ignorarono completa-
mente, nell’ambito dell'angusta cerchia di mura che le recingeva,
tale conflitto accademico letterario ; e vi si trovavano soltanto per-
chè indicate da studiosi estranei alla loro compagine cittadina. Que-
st'ultim» furono : Bettona, Foligno, Montefalco, Spoleto, Trevi.
Della questione, a mio avviso — e non soltanto mio — insoluta,
presento ora una tesi, che, senza avere la presunzione di essere la
definitiva, mi sembra degna di essere presa in considerazione e at-
tentamente esaminata. Nel presentare gli argomenti in favore della
mia Montefalco non posso pretendere di più. Sarà già molto se
questo scritto potrà riaprire una polemica, anche se non acre come
per il passato, che sembrava chiusa, per ridestare quell'amore
del proprio campanile, il quale ebbe pure i suoi pregi, e che oggi
vediamo illanguidito.
LA PATRIA DEL POETA NON È NÈ ASSISI NE SPELLO
È ormai tempo di porsi la domanda : e se nè Assisi né Spello
sono patria del poeta ? Nessuno, che io sappia, in questi ultimi
cinquant'anni almeno, ha posto tale possibilità in evidenza (*). E
siccome mi sembra che i passi di Properzio — unico elemento degno
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44 SILVESTRO NESSI
di essere preso in considerazione e capace da solo.ad illuminarci —
escludono a priori la possibilità di qualsiasi pretesa da parte delle
due città, espongo la mia tesi, senza bisogno di cavillare sul testo,
quello comunemente e universalmente riconosciuto ; facendo mia
l’interpretazione dei versi, la più accetta, la più moderna, e soprat-
tutto non fatta da me ; disponendo gli argomenti in modo semplice,
schematico, chiaro : senza divagare in inutili disquisizioni.
a) Properzio non nomina nè Assisi nè Spello nè alcun’altra città tranne
Mevania.
Properzio nel parlare della sua patria non fa assolutamente
il nome di alcuna città: questo è l'argomento principale per cui
nessuna delle pretendenti puó aver dato i natali al poeta. Nella
descrizione che egli fa della sua patria ricorre soltanto il nome di
Mevania, che però è la prima esclusa trovandosi nel piano mentre
Properzio accennando al suo luogo natale lo dice in altura. Quando
sarà espressamente richiesto della sua patria evaderà completa-
mente la domanda. Ma se Properzio fosse nato in uno dei notissimi
municipi sopra accennati (oppure negli altri che pure lo pretesero),
indubbiamente lo avrebbe detto, come lo dissero Ovidio e Virgilio
nei loro versi. Ma anche Properzio lo manifestò chiaramente ; però,
volendogli poi far dire cose che non si era mai sognate, applicando
i suoi versi alle città suddette, ci si accorge che questi non collimano
mai in modo convincente, derivandone oscurità ai versi e a Pro-
perzio la taccia di enigmatico.
Il filologo tedesco Carlo Lachmann, che secondo l’Elisei incam-
minò la critica del testo per la retta via, fu nel nostro caso la pietra
dello scandalo che suscitò le maggiori confusioni; e di ciò lascio
volentieri parlare altri. Il latinista Onorato Tescari, nella sua storia
della letteratura latina dice : « Il Lachmann nel 1829, abbandonando
l’ottimo emendamento arcis proposto fin dal 1529 dal Canter al posto
di asis o axis dato dai manoscritti nel passo 4-1-125, accolse l’altro
di Asisi...»(*). Ed Ettore Barelli, nell'edizione Rizzoli: «Si è
scelta la lezione, che è del resto di molti codici, che in latino suona
cosi: scandentisque arcis consurgit vertice murus, preferendola a.
quella (che pure ebbe molta fortuna ma che non é altro che una
congettura) del grande filologo tedesco Lachmann, il quale leggeva
al posto di arcis, la parola Asisi, credendo cosi di poter indicare
MONTEFALCO PATRIA DI PROPERZIO 45
senz'altro il nome esplicito della città di Properzio » (*). L'emenda-
mento del Lachmann non è mai stato — e non potrà esserlo in fu-
turo — tranquillamente accettato. L'«asis» come corruzione del
testo, per i numerosi altri esempi di nomi geografici gravemente
alterati nella tradizione manoscritta, potrebbe anche ricostruirsi
in «Asisi»; mentre resta però inspiegabile l'origine di «axis» che
dovette avere anche una sua tradizione, per essere questa forma
pervenuta in diversi codici. Il parallelo che si può trarre fra il passo
controverso (vv. 125 ss.) ed un altro della stessa elegia (vv. 65 ss.),
già da altri più volte prospettato, fanno assolutamente escludere
«asis» e quindi «asisi»(**. Properzio dunque non nomina affatto
Assisi, e tantomeno Spello, quantunque espressamente richiesto
della sua patria.
b) Le indicazioni date da Properzio non corrispondono ad esse
Properzio dice del suo paese nativo: «è là dove sì irrora
nella piana Mevania ». Perchè dunque andarlo a cercare nella parte
opposta, cioè dall’altra parte della valle ? Se Properzio fosse nato
ad Assisi o a Spello non avrebbe fatto mai il nome di Mevania, in
quanto le altre due città non avevano niente da invidiare ad essa
(i monumenti lo testimoniano). E resta sempre arbitraria e non con-
vincente qualsiasi spiegazione si volesse dare in merito. Dai versi
del poeta sappiamo che la località in cui nacque era sul vertice di
un'altura; egli usa precisamente due termini, «arce» e « vertex »,
il cui significato è evidentissimo. Ora né Assisi nè Spello, nè alcun’al- |
tra delle città pretendenti (ad eccezione di Bettona e dell'antico |
Urbinum Hortense) hanno mai occupato il vertice di un colle o di
un monte. Ma vi è di più : egli in due differenti elegie cita il fiume
Clitumno, come luogo a lui particolarmente caro. Questo fiume,
geograficamente, resta affatto estraneo ad Assisi e a Spello, dalle
quali non é nemmeno visibile. Né gran valore puó avere quella for-
tunata gestione che gl'ispellati ebbero da Augusto — ad ogni modo,
non prima del 29 a. C., cioé tardi per avere qualche valore (3) — dei
bagni sacri. Resta da determinare soltanto la ubicazione, anche
questa volutamente complicata al massimo e dislocata a piacimento
ora qua ora là, del lago « umbro », per conoseere tutti i luoghi che il
poeta, fanciullo, ebbe sotto i suoi occhi.
SILVESTRO NESSI
c) Le lapidi di Assisi non hanno alcun valore
Il punto forte della città di Assisi sono state sempre le epigrafi
antiche ; le quali però non valgono più di un biglietto da visita tro-
vato in un libro, che non sempre indica il proprietario di esso. La
mania di falsificare le iscrizioni fu una realtà anche ad Assisi, e fu
abbastanza sviluppata (il Bormann ne riporta parecchie, tra cui
due o tre riguardanti proprio Properzio) (*), estesa come abbiamo
visto a Spello e a Bevagna, e nota agli studiosi fin dal secolo XVIII.
Né va dimenticato che era della zona il celebre falsario Alfonso Cec-
carelli, di Bevagna, vissuto nel Cinquecento, di cui sono stati indivi-
duati oltre un centinaio di diplomi falsi atti a creare inesistenti ti-
toli nobiliari per diverse famiglie umbre, ma di cui non conosciamo
finora nessun falso epigrafico, a cui pure sappiamo dedicò gran parte
della sua attività (?*). Il maggior sospetto poi delle lapidi di Assisi
è dato dall’incertezza della loro provenienza. Ma ammesso che le
lapidi di Assisi siano autentiche tutte, e tutte del posto, esse non di-
mostrano ugualmente nulla. Fra le molte e spesso giuste obiezioni
fatte dall'Urbini di Spello a queste lapidi, c'è quella che la gens Pro-
pertia è nota in tante altre parti: in Amelia (C.I.L., XII, 4445), a
Bevagna (C.I.L. XII, 5028), nella vicina Etruria, a Palestrina, a
Roma e perfino a Nîmes. Chi non sa che di quelle famiglie gentilizie
uno era il ceppo e cento le ramificazioni ? Per fare qualche esempio
la gente Egnazia la troviamo oltre che ad Assisi a Carsule e a Mevania;
la Attia ad Assisi, Bevagna, Todi, Otricoli; la Elia ad Assisi, Mevania,
Spello, Carsule, Foligno, Todi. E così quasi tutte le altre grandi fami-
glie le ritroviamo in più luoghi; e chici dice che rami di esse non siano
state anche altrove, senza che ce ne sia pervenuta memoria ? Del
resto la lapide di Mevania, proprio là dove Properzio assicura esser
venuto al mondo, parla di un Sex. Caesio. Sex. (f.) | Propertiano |
ecc., e ci dimostra come la famiglia esistesse su un’area ben più
vasta. Quella assisana riguardante C. Passennus Paullus Propertius
Blaesus (C.I.L., XII, 5405) offre è vero affinità col Passienus Pau-
lus ricordato da Plinio il Giovane come concittadino e parente di
Properzio, ma non è tale da costituire un’assoluta certezza (?). Ché
poi un C. Passenus è ricordato anche nel territorio fra Spoleto Trevi
e Montefalco (C.I.L., XII, 4947, da vedere con la correzione del
Sordini in Additamenta), e un ... Passenius è pure presente in Otri-
coli (C.I.L., XI, 7807/8).
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MONTEFALCO PATRIA DI PROPERZIO 47
Tutto ciò dimostra quanto labile sia l'argomento delle lapidi assi
sane, soprattutto di fronte al contrasto con i passi del poeta ; passi,
che verranno in seguito attentamente riesaminati per farne risul-
tare la divergenza. Infine che le lapidi di Assisi non abbiano alcun
valore nei riguardi di Properzio non sono nè il primo nè il solo. a
pensarlo. Il Tescari, per esempio, completamente estraneo alla que-
stione, dice : « Nè i passi, nei quali il poeta tocca della sua patria, nè
qualche lapide trovata in Assisi costituiscono delle prove decisive in
favore di questa città » (*°).
d) L’interpretazione dei versi è arbitraria
Abbiamo visto come sia malsicura la lezione di « asis » trasfor-
mata in «asisi»; mentre veramente abusiva fu la sostituzione di
« Arnas » ad «arcis » nel verso I, 61; come quello di «uber aquis»
al posto di «umber aquis»; di «non tepet» anziché «intepet »
(quest'ultima dell'Housmann); di «sacer imber » al posto di «lacus
umber » (questa del Torti); ecc. La piü sicura lezione del testo re-
sta quella tradizionale che ci viene dai nostri umanisti. Essa é stata
sempre la preferita e tuttora resiste e si impone. Bisogna riconoscere
le capacità intuitive del Rinascimento, senz'altro superiori a quelle
dell'arido Neoclassicismo ottocentesco. Per lo meno gli umanisti, nel
caso nostro, estranei alla questione, non ebbero altra mira oltre
quella della ricostruzione del testo.
Ma ben piü gravi delle correzioni al testo furono certe stirac-
chiate interpretazioni di semplici vocaboli o di interi versi, che si
contano in gran numero ; ogni città cercó di accomodare il senso delle
parole o di interi periodi, in modo di uscire, più o meno bene, vitto-
riosa. Accenno soltanto a qualche passo dei piü martoriati. « Notis
Penatibus » che anticamente (e tuttora) era stato giustamente tra-
dotto con «nota famiglia », lo si volle intendere come « nota città »,
anzi «la piü nota delle città umbre ». Anche « Arces » lo vollero tra-
dotto in città, anziché in monte, altura o colle. « Muros » lo vollero
pure intendere «città » « Arces-muros» addirittura «mura mer-
late », di cui però si dimenticarono di dirci se quei merli erano guelfi
o ghibellini ! (*) Tutto questo per voler far dire a Properzio di essere
nato in una città ; cosa che egli assolutamente non dice e che quindi
esclude.
Si può chiedere con le parole di Adolfo Simonetti, scritte nel
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48 SILVESTRO NESSI
1908, che si mostrano ancora valide : « Tutti sono pienamente con-
vinti che Assisi è la patria di Sesto Aurelio Properzio ? No ». E con
buone ragioni, valide anche per Spello oltre che per Assisi.
IL LAGO UMBRO
Properzio si dice umbro ; descrive il suo paese natale nei pressi
di Mevania, sulla cima di un colle ; da cui è visibile tutto quel tratto
di pianura che confina con l’etrusca Perugia ; il Clitumno scorre in
quei pressi. Questi sono gli elementi sicuri che il poeta ci offre per
avere l’esatta ubicazione della sua patria. Una sola nota topografica
suscita discussioni e merita una dimostrazione adeguata ; si tratta
del «lago umbro », citato pure da Properzio nel verso « Et lacus aes-
tivis intepet umber aquis ». Era prossimo alla sua patria, e questa
è stata la cagione di vederlo individuato ora qua ora là, dove fa-
ceva più comodo. Lo si è veduto nel lago di Vadimone in Etruria
(oggi laghetto di Bassano) dallo Scaligero, nei pressi di Amelia per
la quale egli optava ; lo si è veduto nell’« Inversato » di Bevagna
(concavità di incerta destinazione, che se conteneva acqua non era
niente più di una pozzanghera) ; in un ipotetico lago di Bastia (di
cui non esiste alcun elemento certo che ci assicuri della sua esistenza);
nelle paludi presso Spoleto ; nel fiume Clitumno; nelle fonti del Cli-
tumno. Molte quindi le congetture, moltissima la foga per accredi-
tare spiegazioni di puro comodo ; ma maggiori le incertezze che tutte
le spiegazioni fin qui date hanno lasciato.
L'Elisei, fin dai suoi primi scritti diceva, giustamente, come
oggi per «lago umbro » non vi sarebbe alcun dubbio venisse inteso
immediatamente il lago Trasimeno, e che nell'antichità non potevasi
intendere altro che il Clitumno, famoso per le sue acque e per i suoi
templi (5). Fin qui l'Elisei vide molto bene, ma cade poi quando
identifica il lago con la fonte, cioé con la sorgente del Clitumno,
la quale, sia pur a quei tempi navigabile con piccole barchette
(come del resto lo è oggi), non poteva mai rispondere a quella desi-
gnazione, che lascia presupporre altra entità, di «lago umbro »;
Ja quale ci rivela anche una maggiore indipendenza e una sicura
e chiara possibilità di facile individuazione. Nessuno ha mai messo
in rilievo, trattando della questione, l'esistenza nell'antichità di
un fonte, di un fiume, di un lago; ben distinti e separati fra loro
anche se andavano spesso sotto uno stesso nome, derivato da una
MONTEFALCO PATRIA DI PROPERZIO 49
divinità indigena. Noti soprattutto la fonte e il fiume, cantati dai
poeti latini per le loro prodigiose qualità, abbiamo numerose altre
citazioni che indicano esplicitamente anche l’esistenza di un lago
a:cui talvolta, per meglio individuarlo, veniva dato il nome di « Cli-
torio ». Filargiro dice : « Clitumnus, amnis est, Umbriam a Tuscia
dividens. Significat autem boves Mevanienses qui sunt albi. Flu-
mine : Clitumnus et Deus et lacus in finibus Spoletinorum ex quo
bibentia pecora alba fiunt »(*). Isidoro: «Clitumnus lacus in
Umbria » (**), e altrove: «Ex Clitorio lacu Italiae ...»(?5). Gli
Scolia Bernensia ci assicura che il lago era ben diverso dalla fonte
e dal fiume: « Clitumni Italiae lacus. Est autem in Umbria, parte
Tusciae, lacus Clitumnus, et eodem nomine deus et fons et
fluvius...»(*9. Altrove si disse: « In Umbria Perusium et lacus
Clitorius et Spoletium consistunt » (7). Infine Paolo Diacono ci
ripete : « In Umbria vero, quae istius in parte ponitur, Perusium et
lacus Clitorius Spoletiumque consistunt » (*8). Da queste citazioni
intanto è bene rilevare come questa valle Spoletana ove scorre il
Clitumno venisse già fin da epoca antica collegata con la Tuscia,
a cui in seguito fu riunita ; e ciò risponde perfettamente alle parole
di Properzio.
Questo lago si trovava tra Montefalco, Foligno e Trevi, in una
località detta oggi Case Nuove. E in una bolla di Onorio III del
1216, diretta al celebre monastero di Sassovivo, vi è la conferma
dei beni, tra cui tutto ciò che possedeva « nel luogo detto il lago »,
presso il priorato benedettino di S. Stefano di Manciano (che sor-
geva sulle prime propaggini delle coste di Trevi) (**). Era questo,
senza dubbio, il lago properziano. Esso aveva come immissario
principale il fiume Clitumno, la cui acqua si mescolava con quella
dei numerosi torrenti che vi confluivano : ecco perchè l’emissario
non si chiamava più Clitumno ma Timia, da Silio Italico appellato
«fiume senza gloria » (‘°); mentre nel tratto di pianura già occu-
pato dal lago assume oggi il nome moderno di Meandro. Questa
diversità di nomi tuttora mantenuta ha la sua origine nella località
suddetta. Il lago, perdutosi nel generale e progressivo impaluda-
mento, già in atto in epoca tardo-antica, a cui cercò di porre rimedio
l’imperatore Teodorico, non esisteva forse già più quando gli ultimi
Scrittori lo citavano ancora, per la conoscenza indiretta avutane
dagli antichi geografi o dalle fonti letterarie (*). Altri tentativi
di bonifica dovettero essere eseguiti successivamente dai bene-
dettini — e ciò spiegherebbe quei loro possessi nel territorio detto
50
SILVESTRO NESSI
«il lago ». Ma i « paduli » in quel sito li ritroviamo durante tutto il
Medio Evo e durante l’età moderna. I numerosi lavori di incanala-
zione delle acque e di prosciugamento ampiamente documentabili
—' e documentati — attraverso i secoli, ebbero una conclusione sol-
tanto nel 1839, quando fu inaugurata la nuova inalveazione del Ma-
roggia e del Tessino, a cura degli ingegneri Natali e Riccardi. Ma
tale opera non fu tale che ogni anno, nel periodo delle piogge non
venga, per mancanza di deflusso, a ricomparire, in tale depressione,
uno specchio d’acqua.
Ecco il tanto discusso «lago umbro »; gli altri sono privi di
qualsiasi fondamento topografico, storico, geografico. In particolar
modo priva di ogni consistenza è la ubicazione di un lago nei pressi
di Bastia (nel piano sotto Assisi), parto della fantasia, che si regge
sull'unico debole elemento dell’Insula Romana (nome, sembra,
altomedievale di Bastia). In Italia esistono quaranta o cinquanta
toponimi di Isole, e tutte quasi contradicono al senso cui siamo
abituati ad attribuire a questa parola, a cominciare da Isola del Gran
Sasso, Isola Farnese, ecc. L’origine filologica deve essere ben altra.
Ma poi è curioso questo lago, taciuto da tutti i geografi antichi,
a cui Properzio darebbe addirittura l’appellativo di « Umbro »,
e che dopo di lui scompare nel silenzio più fitto e impenetrabile.
Di questa stessa idea fu il più valido difensore di Assisi, Raffaele
Elisei, di cui mi piace riportare qualche brano al riguardo : « Ab-
biamo detto che di questo immaginario lago non restano nè tracce,
né memorie » E altrove: « Ma a uno stagno, a un pantano limac-
cioso, che altro non poteva essere, per le condizioni topografiche
dette ; è credibile che Properzio volesse dare eterna fama col nome
di «lago », anzi col titolo pomposo di « Umbro », quasi il lago del-
l'Umbria per eccellenza ? » (*). Ma altri, contrariamente, pensarono
bene di farlo saltar fuori, proprio in quel luogo, altrimenti le lapidi
di Assisi perdevano ogni valore.
Il Clitumno fiume, il lago, Bevagna, la valle umbra costi-
tuiscono quei confini ideali da Properzio posti nel designare il suo
piccolo mondo nativo. Quindi malamente si intricarono quegli
studiosi che vollero vedere questi luoghi come termini esatti di
confine territoriale di un municipio, cercando di provarlo con argo-
mentazioni storiche e geografiche. Soltanto il Sellar li intese come
«familiari limiti visibili dalla o nella immediata vicinanza » (*)).
E così debbono essere intesi, se non vogliamo relegare quei versi in
una opprimente «non poesia ». Il lago, dunque, rappresenta un
MONTEFALCO PATRIA DI PROPERZIO 51
punto fisso sicuro nella identificazione della patria del poeta.
Properzio dice : « intiepidisce alle correnti estive l'umbro lago ».
Se esso fosse stato una palude non ci sarebbe stato nulla di ecce-
zionale che le sue acque si fossero intiepidite al caldo dell'estate.
Il Clitumno invece, fonte e fiume, non intiepidisce neanche nei
giorni in cui la canicola é piü forte. Particolarità, questa, provata
fin dall'antichità e tuttora verificabile. Plinio il Giovane, nell'ampia
descrizione che ne fece all'amico Romano, diceva : « Il freddo delle
sue acque non cede alla neve » (**). Con tale caratteristica lo classi-
ficó Sidonio Apollinare, fra numerosi altri fiumi : «... id est vitrea
Velini, gelida Clitumni, Anieni caerula, Naris sulphurea, etc. » (5).
« Gelido » lo chiamò Silio Italico (*). Non a caso quindi Properzio
disse di questo lago « umbro » che, durante la. bella stagione, intie-
pidiva : per il calore del sole, e perchè le sue acque si mescolavano
con quelle di numerosi torrenti (Maroggia, Ruicciano, Tatarena,
ecc.) che scendono «dalle montagne degradanti intorno ».
Il limpido e fresco Clitumno, già cantato da Virgilio, dovette
rappresentare un'immagine assai cara al suo cuore di poeta. Egli,
ci dice, si recava spesso a cacciare «teneri leprotti, o a cogliere nel
volo con aguzza canna gli uccelli, là dove il Clitumno con ombre
sacre le sue belle linfe incorona d'intorno e la corrente lava i candidi
buoi » (II, 19, 23-26). Lo ricorda ancora altrove insieme all'Aniene,
al lago Albano, al lago di Nemi, cercando di accendere nell'amico
Tullo il desiderio di ritornare in Italia (III, 22, 23). Ora, tutto som-
mato, a me non sembra che il poeta, se fosse nato ad Assisi o a Spello,
avesse avuto bisogno di recarsi a cacciare in luoghi così remoti,
quali erano le sponde del Clitumno — pur tenendo conto dell’at-
trattiva poetica o letteraria che questo poteva produrre sia pur
in modo fantastico ed irreale — quando aveva le altrettanto allet-
tanti coste boscose del Subasio, a due passi, ed egli doveva essere
poco più che un fanciullo.
Perciò se si vuol trovare la patria di Properzio, converrà cer-
carla fra il Clitumno, il lago-or ora precisato, e la « caliginosa » Me-
vania.
SILVESTRO NESSI
MONTEFALCO PATRIA DEL POETA
a) La sua posizione geografica corrisponde esattamente alle indica-
zioni di Properzio
Visto quanto incerto è l'argomento delle epigrafi, non resta,
per identificare la patria del poeta, che servirsi delle sue parole e
delle sue indicazioni, le quali risultano chiare ed evidenti. Conviene
dunque riesaminare le citazioni che egli fa della patria, nel testo
più comune, e nella traduzione recentissima di Ettore Barelli :
1) Proxima supposito contingens Umbria campo
Me genuit, terris fertilis uberibus. (I, 22, 9-10)
L'Umbria fu quella che mi generò,
dove digrada verso la pianura,
fertile terra fra le terre fertili (*).
Prima aveva parlato della guerra perugina, e con queste parole
vuol significare in modo assai generico che la sua patria è l’ Umbria,
precisamente quella parte contigua alla valle « ubertosa » e « fertile »,
estendentesi fin sotto l’etrusca Perugia, teatro della recente san-
guinosa guerra tra Ottaviano Augusto e Lucio Antonio. Ecco quindi
adombrata quella zona tra Mevania e il Clitumno, già a quei tempi
vagamente incerta tra la Tuscia e l'Umbria ; ma per il poeta Umbria
autentica. Properzio rispondendo in tal modo, all'amico Tullo,
che glie ne aveva fatta espressa richiesta, evade completamente la
domanda. Le sue parole escludono l’esistenza di paludi sotto Assisi
e Spello, facendo sparire ogni possibilità di lago. Infatti se la valle
verso Spoleto era paludosa per mancato deflusso (ciò è ampiamente
documentato), l’altra verso Perugia pure: la « fertile terra fra le terre
fertili » dove bisogna andarla a cercare ? Ma Properzio ci assicura la
fertilità e l'ubertosità di questa pianura estesa tra Mevania e Peru-
gia. E siccome l'Elisei pensava a una sintetica descrizione della
valle fatta all'amico dai colli di Perugia, si puó obbiettare: e perché
non fatta da Montefalco, sulla cui altura il visitatore che veniva
da Roma quasi lo portava l'antica Flaminia ? Soltanto da Monte-
falco questa valle é visibile in tutta la sua estensione fino alla città
di Perugia.
MONTEFALCO PATRIA DI PROPERZIO
2) Scandentes quisquis cernit de vallibus arces,
Ingenio muros aestimet ille meo. (IV, 1, 65-66)
Chi vedrà un giorno incombere dall'alto
sulle valli la rocca, ammirerà
per il mio genio quelle vecchie mura
La patria di Properzio é in alto e domina le «valli». Assisi,
Spello e tutte le altre città pretendenti hanno di fronte soltanto una
relativamente modesta porzione di valle. Soltanto Montefalco,
dividendo la valle umbra in due, guarda a nord-ovest la parte verso
Perugia, a sud-est la parte verso Spoleto ; nonché a sud-ovest la
valle del Puglia che lo divide dai monti Martani. Argomento questo
comodamente evitato da tutti.
In quanto allo « scandentes », inteso per Assisi nei diversi ripiani
della città, in modo tale che l'Elisei restó convinto delle sue idee
quando si accorse che «i lumi di Assisi si vedono tutti, perché é
fatto a scaletta », indica molto meglio quell'insieme di colline, quel
groppo di alture su cui si eleva Montefalco, determinando da qual-
siasi parte lo si guardi diversi scaglioni. Verso nord abbiamo Col
Verano (m. 288), Colle Scancellato (m. 357), Colle S. Clemente
(m. 320), Montepennino (m. 366); a sud l'Alzatura (m. 244), Colle
Arfuso (m. 362), Monte Imperiale (m. 434); a est il Colle (m. 282),
Poggio (m. 348), Poggetto (m. 356), Poggiolo (m. 396); a ovest
Colle Moro (m. 399), Monte dell'Ospedale (m. 437), Colle del Ver-
ziere (m. 459), ecc.
3) Umbria te nolis antiqua penatibus edit ;
Mentior ? An patriae tangitur ora tuae?
Qua nebulosa cavo rorat Mevania campo,
Et lacus aestivis intepet umber aquis,
Scandentisque arcis consurgit vertice murus,
Murus ab ingenio notior ille tuo. (IV, 1, 121-126)
L'Umbria ti generó terra vetusta
da famiglia ben nota. Se non erro,
é la tua patria là, dove si irrora
nella piana Mevania, tra le nebbie,
e intiepidisce alle correnti estive
l'umbro lago e si levan le muraglie
della rocca rampante, alta sul monte,
fatta più nota dall’ingegno tuo.
54 SILVESTRO NESSI
Questi versi sono stati i più martoriati dalle infinite congetture
che si son fatte, dalle iperboliche costruzioni pensate; tanto, che
da ogni parola si potrebbe ricavare un articolo. « Notis penatibus »
anticamente inteso, come oggi, per « nota famiglia », fu cambiato
in «nota città »; mentre per l'Elisei potrebbe anche esprimere le
« agiate condizioni della famiglia », prima che fosse ridotta in povertà
(«tenues lares») dalla guerra perugina. Il «patriae ora» fu per l'Urbini,
« quel tratto di terreno in cui sorgeva la città natale di Properzio »
delimitato dai « luoghi adiacenti» di cui si parla nei versi che seguono.
Il « qua » con cui si apre la descrizione dei tre luoghi, é tradotto dal
Plessis in « du cóte de », dal Colonghi, « dove ». Per « Intepet aestivis
aquis» l'Elisei dice: «La spiegazione piü ovvia, quella che tutti
han fin qui data, è la seguente : « è tiepido, s'intiepidisce d'estate» ;
ma vien fatto di domandarsi : che qualifica é mai cotesta del Lacus
Umber, che non si convenga a tutte le acque in genere ? » (**). Del-
l«arcis» si è già detto abbastanza.
Ora, al di fuori di tutte le pedanterie, dobbiamo dire che il
poeta non poteva mettere in evidenza il sito della sua patria meglio
di come lo ha fatto. Mevania è ai piedi di Montefalco verso nord,
ai margini della pianura che si estende verso Perugia; mentre la
costa orientale scendeva verso il lago ed è tuttora lambita dal fiume
Clitumno. Né Assisi, nè Spello hanno mai occupato la vetta di un
colle; e Properzio usa due termini che si confermano a vicenda :
«arce » e « vertice ». Di cui è chiaro come il primo più che rocca con
cui viene generalmente tradotto vada inteso come luogo eccelso,
sommità, che insistentemente ritorna due volte in una stessa elegia,
convalidato da « vertice » che significa cima, punta estrema. « Arces-
muros» rende assai meglio «alture » (poc'anzi ne ho enumerate
diverse) che « mura merlate ». Assai significativo mi sembra il modo
di intendere datone dal Plessis : « Peut-ètre Arx, Arces designe-t-il
à la fois la hauteur sur laquelle est bàtie la ville et les murs eux-
mémes, le tout ne formant, pour ainsi dire, qu'un seul bloc »(**).
Ciò risponde in pieno per Montefalco.
b) Properzio non nacque in una città
Se fosse nato ad Assisi o a Spello o in qualche altro importante
municipio, il poeta lo avrebbe detto chiaramente : perchè richiesto
esplicitamente da altri e perchè tre volte torna sull'argomento.
Ma tutti i fautori delle altre città, a ragion veduta, hanno scan-
MONTEFALCO PATRIA DI PROPERZIO 55
tonato da una più che possibile ipotesi che l'Elisei accennó appena,
‘dicendo : « Più conseguenti, come notammo, quelli, che, non sapendo
liberarsi dall’idea dei confini, ne hanno dedotto che Properzio doveva
esser nato non a Bevagna o ad Assisi, ma in campagna, fra i tre
luoghi suaccennati. Niente di male, del resto : in una villa era nato
Cicerone, poteva nascerci anche il nostro Properzio» (5°). E Properzio
ci nacque se vogliamo bene intendere quegli accenni evasivi riguar-
danti il luogo di origine, tutti propri di chi non è nato in un grande
centro ed è quindi costretto a dare indicazioni per mezzo dei luo-
ghi conosciuti più prossimi. Anche Virgilio fece ‘o stesso di-
‘cendo di esser nato a Mantova, mentre sappiamo benissimo che
proveniva dal non lontano villaggio di Andes. Così Properzio, di-
cendo di esser nato presso Mevania, faceva intendere senz'altro
il luogo ove oggi sorge Montefalco, compreso entro i confini di
quel municipio.
Il Plessis, trattando dei luoghi citati da Properzio, conclude :
« Tels sont les éléments dont nous disposons pour découvrir dans
quelle ville naquit Properce. Cette ville était située . . . du cóte de
Mevanie et du Lacus Umber ; sur une hauteur...»(*). Il Magnus,
che pure accettó con maggior rigore quei luoghi come termini di
confine, obbiettó che Properzio poteva esser nato in un luogo della
campagna compreso fra quelli nominati (**). Michele Faloci Puli-
gnani, studioso di cose umbre fra i piü insigni di questo secolo, il
quale si interessó soltanto marginalmente della questione disse:
« Vedo solo che qui Properzio usa tali termini, che quasi fa creder
non sia nato in nessuna città, ma in un podere rusticano o in una
villa di campagna » (5). Infine il Phillimore diceva: « Si attende
che sia cittadino di qualche borgo vicino » alludendo a Civitella
d’Arna (5). Lo stato della sua famiglia concorda pienamente con
ciò : io, dice Properzio, non nacqui di stirpe nobile né da gente
dedita alle armi (nec sanguine avito nobilis - nullus et antiquo Marte
triumphus avi) (55). Fui di agiata famiglia rurale (Nam cum multa
mei versarent rura iuvenci), finchè non giunse la confisca (Obstulit
excultas pertica tristis opes), che mi ridusse quasi in povertà (Et
in tenues cogeris ipse Lares) (**). Chi non vede nelle sue parole una
origine agreste che dissente completamente dal tono delle lapidi
assisane, ove è ricordato perfino un « Legato della X legione e fla-
mine » ? (5°). Un fatto certo è questo: Properzio non dice mai di
essere nato in una città, e non vi è assolutamente nulla che lo possa
far credere.
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SILVESTRO NESSI
c) Questa identificazione è la sola a non suscitare nuove difficoltà
Tutte le versioni finora date dalle altre città pretendenti ave-
vano qualche punto debole che veniva generalmente evitato oppure
affrontato e spiegato per mezzo di congetture e di interpretazioni
fantastiche ; sulle quali, come abbiamo visto col Ciatti ed altri,
si basava spesso tutta l’argomentazione. Ultima di tali romanzate
rievocazioni fu quella del Torti, il quale, per dimostrare i diritti
della sua Bevagna, pensò bene di impostare tutta la questione
sull'« arcano mistero » e sulla « ostinata riserva » voluta mantenere
da Properzio ; il quale, lo avrebbe fatto per non rivelare Mevania,
chè, avendo essa partecipato nella guerra perugina contro Ottaviano
Augusto (ma nessun antico storico ci dice questo), il solo ricordo
di quella città avrebbe potuto privare il poeta delle grazie dell'im-
peratore. Detto questo, addio monte, addio lago, addio Clitumno ;
tutto veniva a confondersi sotto la fitta caligine di Mevania. Per
Spello, le difficoltà erano pure molteplici, perché scoperta la famosa
interpolazione di una lapide antica, e messa da parte la « casa del
poeta», restava il fatto di non aver mai occupato la vetta di un
colle, di non potersi includere nell’indicazione vaga « presso Me-
vania», di essere troppo distante dal Clitumno anche se vi pos-
sedette i bagni, di non avere alcun lago nei pressi. Queste stesse
ragioni valgono a maggior ragione per Assisi, le cui lapidi, lo ab-
biamo visto, indicherebbero piü una famiglia di antica nobiltà
o comunque di maggior levatura che non quella di Properzio, ricca
soltanto. di giovenchi e di pertiche di terreno. Lo stesso valga
per Bettona e per Collemancio, ancor più estranee ai luoghi citati
nei versi presi in esame. Soltanto nei riguardi di Montefalco la
spiegazione di quei versi diventa semplicissima e ogni nodo si
scioglie da se.
Properzio sperò con le sue elegie di rendere noto il suo paese
nativo : segno che era affatto sconosciuto. Lo stesso Elisei afferma :
« Properzio, della sua città (?) natale, non ci ha rivelato altra qua-
lità notevole, che il sito o aspetto esteriore ; solo avvisando il pas-
seggiero, che a quella città (?) dovevasi rispetto per merito dell’in-
gegno di lui poeta: come a dire, che, senza di lui, non aveva ella
di che raccomandarsi alla notizia e alla stima delle genti » (5*). Ora,
dir questo, significa degradare la propria città, che possedeva un
tempio oracolare di Apollo (quante rievocazioni avrebbe potuto
LA VALLE UMBRA:
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Torre di Montefalco ».
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La valle del Clitunno e del lago « umbro » sotto la nebbia, vista da Montefalco.
(Foto G. Nessi)
MONTEFALCO PATRIA DI PROPERZIO 57
suscitare ciò nel poeta, consacrato a quel nume !), e un tempio di
Minerva da far invidia a Roma stessa. Argomento valido anche per
tutti gli altri municipi : ai primordi dell’impero noti e arcinoti per
le molteplici menzioni fattene da letterati e geografi, nonchè per
quell’abitudine ai viaggi e alla ricerca dei bei luoghi, assai di moda
nella classe colta con cui Properzio era in contatto. Ma vi è di più;
alcuni passi, se riferiti a Montefalco, qualsiasi senso si dia loro,
gli si attagliano precisamente. Così è per «notis penatibus », che
tradotto sia con « famiglia », sia con « dei tutelari », sia infine con
« città» — per un riferimento particolarissimo di Montefalco con
Mevania entro il cui territorio municipale si ritrovava, e che più
oltre metterò in evidenza — gli si addicono. Lo stesso «lago umbro »,
su cui ho già espresso chiaramente un’opinione, anche se dislocato
presso Bastia andrebbe bene lo stesso, perchè ampiamente visibile da
Montefalco. Ma una particolarità assai importante è data dall’« arce »,
che merita una precisa illustrazione. Anche perchè il preteso « asis »
dei manoscritti, se fosse esatto, avrebbe una sua spiegazione nel-
l’ambito di Montefalco, ove nel Medio Evo «asio » equivaleva ad
« altura », a « colle » — e il P. Di Costanzo ai suoi tempi già lo sapeva,
ma i successivi studiosi fecero orecchie da mercante (*). Insomma
Montefalco ai tempi di Properzio era l'«arce» per eccellenza, il
«monte » — come oggi del resto — per antonomasia : tale, da non
lasciare alcun dubbio nei contemporanei del poeta che leggevano
i suoi versi.
MONTEFALCO AI TEMPI DI PROPERZIO
Il Torti, con la sua critica ottocentesca, passando in rassegna
tutte le città contendenti alla sua l'ambito onore di aver dato i
natali a Properzio, se la sbrigó con grande facilità celebrando una
grandezza, tutta immaginosa, di Mevania, e dimostrando, a suo
modo, che tutte le altre città, al tempo di Properzio, o non esiste-
vano o erano cittaducole talmente misere che era come se .non ci
fossero. Una lunga diatriba, tra l'altre, è riserbata a Montefalco,
il cui nome era stato del resto immesso nella questione da altri e
mai dagli storici locali (°°); naturalmente, conclude dicendo che
ai tempi di Properzio non esisteva. Ma sarà esistito almeno il colle
su cui oggi é fondato Montefalco ? Voglio procedere nella mia espo-
sizione a ritroso, cominciando cioè dai primi documenti che ab-
58 SILVESTRO NESSI
biamo, per andare poi indietro nel tempo e cercare di fare un po’
di luce sull’antica origine di questa cittadina umbra; senza tener
conto delle favole raccontateci dagli eruditi locali, contro i quali
facilmente sfogava il suo sarcasmo il Torti.
Montefalco, anteriormente al 1249, si chiamò Coccorone o
Corcorone ; nome abbandonato improvvisamente nel settembre di
‘quell’anno, dopo essere stato devastato da Tommaso d'Aquino
conte di Acerra vicario di Federico II, perchè ribellatosi, insieme
a Bevagna, al partito imperiale (*). Nel 1209 Ottone IV riteneva
Bevagna e Coccorone al servizio dell'impero (*). Nel 1184 il Barba-
rossa confermava Bevagna e Coccorone a Foligno, a cui l'aveva
già concessi nel 1177 (*). Un castello di Coccorone, differente da
questo, ma poco distante da esso, nel 1155, da quell’imperatore
era stato dato con titolo di contea a un Monaldo da Foligno, e quella
famiglia per quasi cento anni ne ebbe il titolo (*). È del 1121 la
notizia più antica offertaci da un documento dell’archivio di Sas-
sovivo (5). Però, nel 1180 la già ben organizzata compagine comu-
nale, con a capo i consoli, era capace di trattare, contrariamente
alle disposizioni imperiali che la sottomettevano a Foligno, un patto
di reciproco aiuto con Spoleto (**); dissidi di confine con Foligno,
tali che gli spoletini dovevano prenderne le difese, si ebbero nel
1201 (6°) ; nel 1216 lo troviamo alleato con Spoleto e con Narni contro
Terni (*) : tutto ciò ci fa supporre che l'esistenza di Coccorone
va ben più in là del mille ; ché non si crea all'improvviso una orga-
nizzazione comunale di tale importanza ; né é stato mai facile creare
un territorio se questo non aveva lontane tradizioni di autonomia,
specialmente quando tutt'intorno, in brevissimo spazio, esistevano
città importanti e di antico prestigio come Spoleto, Trevi, Foligno,
Bevagna. I confini di Spoleto, confermati da Federico II nel 1241,
giungevano come ancor oggi al Tatarena e a S. Brizio (et descendit
ad Tartarenam per pedem Calvesani et tenimentis omnibus plebate
sancti Britii) (°°). Quelli di Foligno, confermati da Innocenzo III
nel 1198 erano anch'essi tali e quali a quelli di oggi, presso il fiume
Timia e il «flumen mortuus » (7°). Infine, in un placito di Desi-
derio, del 760, in cui vengono stabiliti i termini della diocesi di Todi
con Spoleto, Bevagna, Assisi, Perugia, ritroviamo pure il confine
attuale di Montefalco verso i monti Martani, presso il torrente
Puglia: «... et per cacumen montis, qui nominatur Martanus, et
rectum in cerqua designata in ipso monte in loco, qui nominatur
Jane, et rectum in Puleam, et deinde transit Puleam, et rectum in
MONTEFALCO PATRIA DI PROPERZIO 59
Petra Mascarana etc. » (?*). E si badi bene che ivi è detto come
tali confini erano definiti « per loca, vel signa qualiter ab antiquis
monstrata sunt » (7°).
In certi documenti si trova castri Coronii, e questa credo sia
da ritenersi la forma più antica, la quale si potrebbe ravvisare in
Coronito, citato in un documento farfense del 1016 contenente le
proprietà dell'abbazia di S. Marco di Spoleto (?). Durante l'alto
Medio Evo, vi troviamo un importante fundus posseduto dai duchi
longobardi di Spoleto, in località « Variano », sulla costa orientale,
verso la capitale del ducato (**). E una vARIA ARCE è nota da una
epigrafe romana (C.I.L., XI, 4934). Nel IV o V secolo abbiamo
notizia di una turritanae ecclesiae, sempre sulla costa orientale,
dove oggi esiste il villaggio di Turrita (7°). Insomma fino alla
fine del periodo tardo antico troviamo tracce di vita su queste
colline.
Se poi prendiamo in esame il nome Corone o Corcorone, vediamo
che esso filologicamente rende lo stesso significato odierno di Monte.
È evidente la derivazione dal greco xopwvtc-tdoc = fine, sommità,
compimento e dxpov-x&òpa = acrocoro, paese in alto, sommo, estremo ;
che racchiudono sia la forma dpos = monte, altura che la forma
&xoov = alto, sommo, estremo che gli equivale, sia pur in modo più
specifico (^). Ma vi è di più, $poc significa anche confine, limite,
termine e xopwwda èmrdévar = metter termine, e xopaxiw = chiudo.
Sicchè si resta stupiti come tali interpretazioni del nome antico
di Montefalco si addicano alla sua conformazione geografica.
Il nome deve aver distinto fin dalla più remota antichità questo
aggruppamento di colli — quasi un massiccio — che si eleva al
centro della valle spoletana. Ed è pur notevole il significato di limite,
di confine che ragioni storiche e scientifiche confermano (??). Il
nome Corone o Coccorone non è raro in area mediterranea ; anzi è
molto usato, e sempre con identico significato. Abbiamo Corona
nel Friuli, Corona in provincia di Savona, Corone nel bergamasco,
Corone in Umbria nel territorio di Preci, Coron nell’antica Morea,
Coron fra Nantes e Saumur in Francia ; inoltre Coccorano (Perugia),
Cuccurano (Fano), Coccore (Fabriano), Coccore (Sassoferrato), Cuc-
curone (Fermo), Cucuron (in Provenza), ecc. (*)
Altri toponimi di origine indoeuropea testificano lo stesso
significato. Così risalendo le pendici di Montefalco, sulle ultime
balze, quando s’incomincia a scoprire il vasto panorama, s'incontra,
nel versante verso Bevagna, Monte Pennino: e pen nel linguaggio
60 SILVESTRO NESSI
dei gaeli significava monte, capo, vetta. Risalendo da Spoleto si
incontra Cerrele : e cerr per i celti equivaleva a sommità montagnosa,
particolarmente la cima più elevata in un groppo; si incontrano
Turrita e Turri, e tor o tur, sempre in celtico, indicavano altura
notevole, elevazione terrestre, che per gli umbro-sabini acquistò lo
specifico significato di configurazione naturale del suolo che favoriva
una valida difesa (^*). Forse il toponimo Palilo nasconde la base
preindeuropea pala che dà il senso di altezza (*°). Credo che, se non
tutti, almeno in gran parte questi toponimi rispecchino una antica
origine ; e presento un esempio inoppugnabile. È noto come herna
indicasse saxum, quale base preindeuropea : orbene nel territorio
di Montefalco si ha testimonianza di una località, S. Martino di Erno,
ove esisteva una chiesa di S. Giovanni del Sasso (8). Ma sarà anche
da tener presente come la base cor, nota in testi umbri arcaici, venne
a costituire «il concetto inferiore dell'ordinamento rurale, corrispon-
dente al latino pagus » (Battisti).
Le fonti antiche possono, storicamente, scarsamente illuminarci,
dal momento che un passo di Plinio, riportato da tutti gli storici
locali, risulta assai incerto (*). La vetta principale (m. 473) era
sicuramente compresa nel territorio di Mevania. Anzi io credo addi-
rittura che essa, secondo l’antichissima consuetudine umbra, ne
costituisse l'arce. Il dualismo della città e dell’arce, solennemente
consacrato dal rituale delle famose tavole eugubine, lo ritroviamo
— in Umbria — quasi sempre. Se consideriamo le antiche Interamna,
Ocriculum, Iguvium, Trebia, Fulginia, Nuceria, Tadinum, troviamo
che erano tutte originalmente costituite da un nucleo a valle e da
un nucleo a monte; spesso lo percepiamo dagli spostamenti da
monte a valle, e viceversa. Più raro è il caso della formazione e
del sorgere di due centri ben distinti, come sarebbe avvenuto per
Montefalco e Bevagna, per Gubbio e per Attiggio. Sovente l'arce,
per una particolare contiguità, rimase strettamente legata alla
città, ma pur sempre distinta; cosi fu per Spoletium, Hispellum,
Asisium.
Se ciò che ho detto è vero, potremo finalmente intendere Monte-
falco al posto di Mevania tutte le volte che nelle fonti classiche
troviamo una resistenza militare o una concentrazione di truppe
fatta in quel municipio. Cosi per quegli umbri che col solo apparire
il console Fabio Rulliano dissipó, poco dopo il 308 a. C. (*) ; cosi
per l'accampamento posto da Vitellio per far fronte a Vespasiano
nel 69 d. C. (*). La posizione di Mevania, circondata da alture da
orto PIRATI:
MONTEFALCO PATRIA DI PROPERZIO 61.
cui i nemici potevano da un momento all'altro piombare addosso,
non era il luogo piü adatto per organizzarvi difese militari. Mentre
soltanto da Montefalco venivano ad essere sorvegliati i due tratti
della vecchia e nuova Flaminia (ambedue attivi fin dall'antichità),
da cui era assai facile bloccarne i passi sia del nord che del sud.
Secondo questa mia congettura — documentabile — verrebbero
ad avere nuova luce alcuni passi degli storici antichi. Ad esempio
Plinio ci parla delle mura laterizie di Mevania, mentre la cinta
romana conservataci in larghi tratti risulta costruita a blocchetti,
in opera quasi reticolata, con pietra del Subasio (*). Una cinta
muraria non mi sembra opera da poter essere ricostruita ex novo
in breve tempo. Tutto invece appare chiaro se si tiene conto della
città e dell'arce. Plinio ci dice pure di una vite che dava un vino
squisito, la Itrìola, che cresceva in Mevania; a questo riguardo si
é già pensato al Sacrantino di Montefalco, unico vino pregiato di
tutta la valle spoletana (5°). Insomma il fatto di trovare sempre
associati negli avvenimenti storici dei secoli XII e XIII Bevagna
e Coccorone non mi sembra assolutamente casuale.
L’arce di Mevania, alla non eccessiva distanza di cinque chilo-
metri, dovette distinguersi ed emanciparsi, in certo senso, fin da
epoca remota. In un cippo sepolcrale montefalchese di Tito Elio
Ospite (C.I.L., XI, 5074), databile al II-III secolo d. C., si nota
già tale distinzione ; ivi è detto: nrc SITUS EST / MEVANIE NATUS.
Mentre le tracce del culto di Valetudo, noto soltanto a Mevania
e a Fossombrone (*?) ; quella dei seviri sacris faciundis, carica pecu-
liare del municipio di Mevania (85); la presenza in una epigrafe
della tribù Emilia di cui esso faceva parte (C.I.L., XI, 5084); gli
stessi gentilizi e le stesse magistrature ; le memorie più importanti
dei magistrati mevanati si trovano in Montefalco ! (**). Perfino lo
stesso stile decorativo di certi prospetti di urne di tipo etrusco,
che riconducono alla memoria il «proxima supposito contingens
Umbria campo me genuit»(?*) di Properzio, ci rivelano un'area
ben omogenea, nel territorio municipale di Mevania. E la passio
di S. Vincenzo, primo vescovo di Bevagna, ci dice che fu se-
polto al 95° miglio da Roma, mentre Mevania si trovava al 90°,
ha fatto pensare che egli possa essere stato inumato sul nostro
Monte (?).
Su quest'arce, dove il culto degli dei penati come Valetudo,
aveva sede, nel I secolo d. C. persistevano ancora certe magi-
strature umbre rispettate dalle leggi romane, le quali risultano da
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62 SILVESTRO NESSI
un'epigrafe da me scoperta recentemente e che qui riproduco perché
inedita, data la sua importanza :
ves QVI SVIR SACL. è
... AEST MARONI I...
ds IVNIGIP_ET.. ING. 1*1)
Essa va integrata in questo modo: [(quattuor)vir(o)] [g(uin)]
q(uennali) vivir(o) sacr[(is) fac(iundis)] / [qu ]aest(ori) Maroni i |. . .] /
Municip(es) et inc(olae) | [patrono ?]. E noto come i magistrati
civili delle antiche città umbre fossero appellati « marones ». Tale
magistratura non ignota agli altri popoli italici della penisola — ne
resta traccia presso gli antichi siculi e nel ricordo del « maru » etru-
sco — è documentata particolarmente nell'Umbria, ad Assisi e a
Fossato di Vico (*). Ed è assai probabile anzi che il quaestori, « di
nome ma non di tipo romano » (Devoto) celi il Kvestur delle tavole
eugubine (Va 23, b2), che sotto l’influsso di Roma sappiamo aver
sostituito l’autore = ahtur : carica eminentemente religiosa (**). Nella
seconda riga forse seguiva iudices, autorità pure nota agli antichi
italici, ma non è possibile asserirlo con certezza. Una cosa invece
è certa : in questo cursus onorifico, non comune, sono state inserite
magistrature tipiche degli antichi umbri.
Nè mi si venga a dire che le quasi quaranta epigrafi — edite e
inedite — di Montefalco, superiori numericamente a quelle di fio-
renti municipi romani quali Trevi, Nocera, Tagina, Urbino Ortense,
Bettona, Plestia, ecc. possano provenire da Bevagna o da altrove,
che anche le lapidi è più facile rotarle a valle che trasportarle a
monte. Al tempo di Properzio queste colline erano abitate, e vi
esistevano ville e fondi rustici di antiche famiglie patrizie, di cui
la toponomastica ci sovviene ancora: Galliano = Allianum, Ca-
miano = Cominianum, Lasignano = Licinianum, Satriano = Satria-
num, Vaiano = Varianum, Vecciano = Vettianum, Vecchionano =
— Vetienanum, ecc., ci ricordano gentilizi noti dalle epigrafi della
zona (*5). Flegetonte di Tralles ricorda a Mevania una villa di Agrip-
pina, madre di Nerone (°°); e il nome di ville dato alle nostre fra:
zioni, documentato fin dal secolo XI, risale all'antichità classica ro-
mana. La celebre « Lex spoletina » sul culto dei boschi fu trovata in
duplice esemplare alle falde di Montefalco (°°); e nel tardo impero
vi compare il culto di Mitra (**. Nè voglio in questa sede fare una
rassegna di tutte le antichità preromane e romane, scoperte a Mon-
tefalco, rimandando ciò ad altra occasione.
EIUONESECNRNT TXOPSENR A
MONTEFALCO PATRIA DI PROPERZIO 63
Qui è bastato a me poter dimostrare come i commentatori
antichi e i periegeti del Quattrocento, assegnando Properzio al
municipio di Mevania, furono quelli che si avvicinarono di più alla
verità, e che insomma la questione, dopo tanti clamori, va riportata
alle origini. E che Properzio, nato su questo amenissimo colle, fra
il fervore delle opere campestri, dove un Apulus vilicus dedicava
una stele ai suoi amici defunti (C.I.L., XI, 5032), poteva ben dire
che la sua patria era l'Umbria : avuta da bambino sotto i suoi occhi,
nell’incanto di un panorama meraviglioso.
SILVESTRO NESSI
N#O#TE
(1) Poesie scelte di Catullo Tibullo e Properzio ecc. precedute da un di-
scorso di ATTO VANNUCCI, IV ed., Prato, 1869, p. XXX, nota 1.
(2) Sesto ProPERZIO, Elegie, Milano, Rizzoli, 1957, p. 5.
(3) Alla Laurenziana di Firenze si conserva un incunabulo proper-
ziano del 1474 postillato dal Poliziano, il quale al verso IV, 1, 125 annotò :
« Asis legendum, quod oppidum nunc Asisium dicitur, patria S. Francisci ».
(4) Cfr. G. B. VERMIGLIOLI, Biografie degli scrittori perugini ecc., Pe-
rugia, 1821, T. I, P. I, p. 216 ; InEM, Bibliografia storico-perugina o sia cata-
logo degli scrittori, Perugia, 1823, p. 183. L'opera del Bigazzini, perduta, aveva
il titolo : De Patria Propertii poetae.
(5) F. CIATTI, Delle Memorie Annali et Istoriche delle cose di Perugia,
Vol. I, Perugia, 1838, p. 354. Dieci anni prima aveva pubblicato : Paradosso
Istorico nel quale si prova Perugia esser patria di Sesto Aurelio Properzio Poeta
elegiaco, Perugia, Per Angelo Bartoli, 1628.
(6) T. DoNNora, De patria Sex. Aur. Propertii poetae percuriosa disser-
tatio, Foligno, 1629.
(7) Cfr. sulla questione properziana, specialmente nei suoi rapporti con
Bevagna, C. PIETRANGELI, Mevania, Roma, 1953, pp. 11-14.
(8) Cfr. F. Rozzi, Nuovo dittionario poetico, et historico, Bologna, 1694,
p. 386; H. ToRRENTINO, Elucidario poetico, Venezia, 1696, p. 194.
(9) Cfr. LApvocar, Dizionario storico portatile, Bassano, 1766, vol. III,
p. 219.
(10) F. A. ZACCARIA, Istituz. antiq. lapid., Venezia, 1793, p. 413.
(11) L. A. Munaroni, Lettera diretta al Card. Enriquez governatore di
Perugia nel 1730 ; riprodotta in R. ELISEI, Della città natale di S. P., Roma,
1916, pp. 367-68.
(12) I. A. VuLpio, De vita Propertii, (pubbl. nel 1732), in Sexti A. P.
64 SILVESTRO NESSI
umbri carmina castigata, Roma, Ospiz. Apost., 1861, p. 3. Vedi inoltre : C. V.
Catulli, A. Tibulli, et S. A. Propertii carmina selecta, Roma, Presso F. Biz-
zarrini Komarek, 1766, p. 119 : « Sunt tamen qui ex Umbria civitatibus prae-
ferant Fulginiam, Trebiam : alii Montefalchium, Vectonium, Assisium, Ame-
riam, Cannariam. Pro Hispello pugnat Thaddaeus Donnola ».
(13) F. ALBERTI, Brevi animadversioni per rapporto alla patria del poeta
S. A. P. indirizzate al sig. Abate Alessandro Petrignani, Venezia, s. a. ; IDEM,
Dissertazione epistolare sulla patria del poeta S. A. P. diretta al P. D. Giuseppe
Di Costanzo, Spoleto, 1803 ; IDEM, Della patria di S. A. P. poeta elegiaco, in
Nuova raccolta d'opuscoli scientifici e filologici di A. Calogerà, T. VII, Venezia,
1760, pp. 61-280.
(14) La Patria di S. A. P. nell'antica Mevania città degli Umbri dimo-
strata dalle prove storiche, morali, e politiche desunte da più luoghi dello stesso
poeta, Loreto, 1839.
(15) G. PENNACCHI, Alcune osservazioni sulla Patria di P. in risposta
ad un opuscolo pubblicato in Loreto, estr. dal giorn. Utile-Dulci, Imola, Per I.
Galeati, 1843, p. 16.
(16) Cfr. G. BrANCcONI, Su Bettona terra antichissima ed illustre dell’ Umbria
Perugia, 1892, p. 58, nota 63.
(17) Cfr. L. PonrELLI, C. Valerii Catulli ecc. Carmina castigata, Roma,
Osp. Apost., 1848, p. 235: «... Tandem sepulcrum Propertii, recentiore ae-
tate, scilicet anno MDCCXXII Hispelli repertum non leve pondus addit no-
strae sententiae ; adeo ut Propertium in posterum Hispellatem habendum vix
dubitare posse videatur ». A. VANNUCCI, op. cit., p. XXX, nota 1: « Nel 1722
si aggiunse un fatto che dette piü peso a questa opinione. A Spello presso
gli avanzi di una casa che l'antica tradizione chiamava la casa del poeta fu
scoperta una pietra tumulare con un'iscrizione che ricordava Properzio ».
Le prove della falsificazione si possono vedere in R. ELISEI, op. cit., 21-26.
(18) G. URBINI, La Patria di P., Terni, 1880; La vita, i tempie l’elegie
di S. P., Foligno, 1883 ; Properziana, Perugia, 1884; Per i natali di S. P.,
Ancona, 1884.
(19) R. EtLIsEI, Della città natale di S. P., Roma, 1898 ; Questiones Pro-
pertianae, Assisi, 1901 ; De Urbe Propertii natali, Assisi, 1901; Ancora sulla
patria di S. P., Assisi, 1908 ; Animadversiones in Propertium, Teramo, 1909 ;
Della città natale di S. P., Roma, 1916 ; La patria di P., in Mondo classico,
1938, pp. 148-58.
(20) Ultima, recentissima, pubblicazione uscita mentre questa già era
giacente presso la Deputaz. di St. Patria per l'Umbria, è quella di G. MADDOLI,
Ancora sulla patria di Properzio, in La parola del passato, XCI (1963) 295-301 ;
ove si propone Urbinum Hortense. Alcune mie conclusioni, specialmente nei
riguardi di Assisi, coincidono con quelle esposte in questo studio, di cui si
terrà conto nelle note.
(21) M. Bana, La patria di Properzio, Palermo, 1936.
MONTEFALCO PATRIA DI PROPERZIO 65
(22) Vedi ora il recente studio di G. MADDOLI, già citato.
(23) O. TEscanmr, Storia della letteratura romana, Torino, 1942, p. 215.
(24) Op. cit., p. 6.
(25) Cfr. G. MADDOLI, op. cit., p. 297; anch'egli è della stessa opinione :
« Viene qui in soccorso il passo della stessa elegia, v. 65 s. (per tanti elementi
analogo ai vv. 125 s.) il cui « scandentes . .. arces » offre un validissimo pa-
rallelo per restituire anche al v. 125 « scandentis arcis ». Le due coppie di versi
sono, ciascuna in se, strettamente legate e i rispettivi secondi versi voluta-
mente si richiamano fra loro sia per l'impiego delle stesse parole sia per l’ar-
chitettura generale non molto dissimile ; è ben probabile quindi che anche
i rispettivi versi precedenti, comincianti entrambi con lo stesso participio
dello stesso verbo, contengano la stessa espressione, pur diversamente im-
piegata e per ragioni non solo sintattiche e metriche ». Ed io voglio infatti
mettere in evidenza che si tratta di una consapevole sottolineatura di una
particolare e non comune e non casuale generica posizione geografica !
(26) Cfr. SvETONIO, Octavius Caesar Augustus, XLVI: « Ad hunc modum
urbe urbanisque rebus administratis, Italiam duodetriginta coloniarum nu-
mero, deductarum ab se, frequentavit, operibusque ac vectigalibus publici
plurifariam instruxit ...». Non c’è dubbio che da tale sistemazione ebbe
origine la Colonia Julia Hispellum, con le relative concessioni, nel periodo
di pace dell'Impero.
(27) C. I. L., XI, 681 (ove si leggeva molto esplicito : Propertio de Asisio
o Propertius Asisias), 682 e forse la 687.
(28) Cfr. L. FuMI, L’opera di falsificazione di A. Ceccarelli, in Boll. della
Dep. di St. Patr. per l'Umbria, VIII (1902) 213-277.
(29) Cfr. G. URBINI, op. cit. ; ed ora G. MADDOLI, op. cit., p. 299: «...1a
identificazione automatica del Passennus Paullus Propertius Blaesus con il
Passenius Paulus pliniano diviene assai rischiosa ».
(30) Op. cit., p. 215.
(31) Cfr. R. ELIsEI, Della città natale di S. P., Roma, 1916, p. 175.
(32) R. ELISEI, op. cit., pp. 41 e 46.
(33) PnuiLARG., Ad Verg. Georg., II, 146.
(34) IsIip., Etym., XIII, 13, 6.
(35) IDEM, XIII, 13, 2.
(36) Scholia Bernensia, ad Verg. Georg., II, 146.
(37) Catal. Provinc. Ital.
(38) PAur. Diac., Hist. Langob., II, 16.
(39) Cfr. L. IAcoBILLI, Cronaca di Sassovivo, Foligno, Alterii, 1653,
pp. 65-66.
(40) Sir. IrAaL., Pun., VIII, 450.
(41) Cfr. lettera di Teodorico a Giovanni Apparitore, riportata da Cas-
siopoRo, Variar., II, 21:«... Dudum siquidem Spei et Domitio, spectabilibus
viris, loca in Spoletino territorio, coenosis fluentibus inutiliter occupata, largitas
66 SILVESTRO NESSI
nostra concesserat etc. ». Maggiori notizie si possono vedere in A. MESSINI,
Il fiume Topino e la Bonifica idraulica del Piano folignate attraverso i secoli,
Foligno, 1942.
(42) R. ELISEI, op. cit., p. 140.
(43) W. Y. SELLAR, in Classical Review (novembre 1890), p. 40.
(44) PLINIO, Epist., VIII, 8.
(45) Sipon. ApoLt., Epist., I, 5, 8.
(46) Sir. Irar., Pun., IV, 546.
(47) Sesto PnoPEnzio, Elegie, ed. Rizzoli, 1957, trad. di E. BARELLI ;
tutti i passi tradotti riportati sono da riferirsi a tale edizione.
(48) R. ELISEI, op. cit., p. 131-32.
(49) F. PrEssis, Études critiques sur Properce et ses élégies, Paris, 1884 ;
cfr. R. ELISEI, op. cit., pp. 51-52.
(50) R. ELISEI, op. cit., p. 245.
(51) F. PLESSIS, op. cit., cfr. R. ELISEI, op. cit., p. 40.
(52) MacNus, Berl. philol. Wochenschrift, 1890, col. 698.
(53) M. FArLocr PULIGNANI, Recensione, in Arch. Stor. per le Marche e
PUmbria, IV (1888) p. 712.
(54) J. S. PHILLIMORE, In Propertium retractationes selectae, in Classical
Review (febbraio maggio 1914) ; cfr. R. ELISEI, op. cil., p. 191.
(55) PRoPERTII Elegiae, II, 34, 55.
(56) IDEM, IV, 1, 128-130.
(57) Cfr. F. CALDARI, Il tempio oracolare di Apollo e Sesto Properzio, in
Atti dell’Accademia Properziana del Subasio, V-2 (1955), estr., p. 6; vi si
riporta l’epigrafe : D(iis) / Redi(it) / (Pr)operti(us) / X legat(us) / (Fl)amen ;
a cui si aggiunge : « Non é da ravvisare in questo comandante della X legione
e flamine del tempio oracolare un familiare o addirittura il padre di Sesto
Properzio sacrificato come vittima espiatoria davanti all'ara di Cesare con
altri trecento cavalieri e senatori dopo l'eroica e sfortunata difesa di Perugia ? »
Non sembra invece di esser tornati ai tempi del Ciatti e del Donnola ?
(58) R. ELISEI, op. cit., p. 159.
(59) A me sembra che il Dr CosTANZO, contrariamente a quanto dice
lVELISEI (op. cit., p. 144 ss.), non « pargoleggiasse » affatto quando riporta
(nella sua Disamina ecc., Assisi, 1797, pp. 195-98) Asio asis quale equivalente
di monte, « dato nelle carte antiche ai luoghi eminenti di Bevagna, di Spello,
di Fuligno, di Montefalco, e fin anche di Gubbio ».
Infatti io trovo nelle antiche pergamene di Montefalco, soltanto per far
un esempio, come « asio Hospitalis » corrisponda oggi al « monte dell'ospedale »,
(Montefalco, Arch. Monast. S. Chiara, perg. A-14, del 1238).
(60) Soltanto in un vol. ms. con appunti dello storico locale P. VALERIO
AGATONI (f 1727) trovo questa nota: «Parimenti asseriscono bevanato
Sesto Aurelio Properzio, Poeta assai celebre, e che fiori ne' tempi d'Augusto,
ma gli vien conteso da Perugia, Amelia, Assisi, Foligno, Spello, Montefalco
MONTEFALCO PATRIA DI PROPERZIO 67
e Bettona ». (Montefalco, Arch. Camilli, n. 9, c. 99 v.). Egli però non
ne fa cenno nella sua Istoria di Montefalco.
(61) Cfr. B. PierGILI, Vita della B. Chiara della Croce da Montefalco
ecc., Foligno, Alterii, 1663, p. 314.
(62) Cfr. M. FALOCI PULIGNANI, J confini del comune di Foligno, in Bollett.
della Dep. di St. Patr. per 'Umbria, XXXIII (1935) 231.
(63) Cfr. Ibidem, pp. 228-29.
(64) Cfr. D. Donro, Istoria della famiglia Trinci, Foligno, Alterii, 1638,
p. 102.
(65) L. IACOBILLI, op. cit., p. 37.
(66) A. SANSI, Documenti storici inediti in sussidio dello studio delle me-
morie umbre, Foligno, 1879, pp. 203-205.
(67) Cfr. Ibidem, pp. 216-18.
(68) Cfr. D. SEGOLONI, Bartolo da Sassoferrato e la civitas perusina,
Milano, 1962, p. 110.
(69) Cfr. A. SAnsI, Documenti storici inediti tratti dall'archivio comunale
di Spoleto, Fuligno, 1861, p. 7.
(70) Cfr. P. Lugano, Delle chiese della città e diocesi di Foligno, in Bollett.
della dep. di Stor. Patr. per l'Umbria, X. (1904) 447 ss.
(71) Cfr. A. SansI, I duchi di Spoleto, Foligno, 1870, p. 59.
(72) Questa è la dimostrazione di quanto gelosa fosse rimasta la custodia
dei confini durante l'Alto Medio Evo.
(73) Reg. Farfense, ed. GrorGI e BALZANI, Roma, 1924, V, 232, n. 1252:
« ...etin S. Salvatore et in Coronito et in Marrubia . . . ». Il torrente Maroggia
e il S. Salvatore sono luoghi prossimi a Coccorone.
(74) Ibidem, II: « Datum iussionis in curte nostra ad varianum » (a.
749, p. 31, n. 15) ; « ... Actum in curte nostra ad Varianum » (a. 750, p. 39,
n. 28). I due diplomi sono del duca Lupo. Dal luogo proviene l’epigrafe :
VARIA € ... NI / OSSURA, oggi nel museo comunale ; cfr. S. NESSI, Síoria
e arte delle chiese francescane di Montefalco, in Miscell. Francesc., 62 (1962) 271.
(75) Cfr. S. NESssI, op. cit., pp. 270-71.
(76) Già il SANSI (Degli edifici e frammenti antichi, Foligno, 1859, p. 83
seg., nota 1) osservava: «Perchè sotto il Core — Orone non si potrebbe nascon-
dere il Kircos e oros Falco — Monte ? ».
(77) Cfr. CARLO PIETRANGELI, op. cit., p. 137 : « È evidente che siamo qui
in zona di confine tra Mevania e Spoletium ma la posizione geografica di Mon-
tefalco farebbe pensare che qui giungesse il territorio mevanate ».
(78) Per i toponimi italiani cfr. Annuario generale del Touring Club, 1961.
(79) Cfr. E. Rosa, 7 nomi locali dell Umbria ; tentativo linguistico nel
campo della preistoria regionale, 1910, p. 7 ssgg.
(80) Cfr. G. GracomeLLI, Falerii e Falisci nella toponimia italiana, in
VII Congresso Internaz. di scienze Onomastiche, Firenze-Pisa, 1961, estr., p. 11.
(81) Cfr. Bull. Franc., IV, 253, nota 1, e S. NESSI, op. cit., p. 246.
68 SILVESTRO NESSI
(82) Cfr. G. GIACOMELLI, op. cit., p. 15, ove prende in esame l'antichità
di Montefalco, seguendo le indicazioni errate degli storici del sec. XVIII —
e ritenendole dubbie — dice il passo di Plinio (Nat. Hist., 2, 103: «... in
Falisco Clitumni amnis aqua ...») assolutamente condannabile. Delle an-
tiche origini di Montefalco trattò pure l'abate Dr CosrANzo, L’Odeporico, ed.
M. Faloci Pulignani, in Arch. stor. per le Marche e l'Umbria, II (1885) 635 :
« Nell’articolo . .. della mia Deca archeologica, che versa sulla lezione genuina
di un testo di Plinio ho parlato di Montefalco con esporre alcune congetture
su l’antichità di questo paese, al quale articolo rimetto ora chi legge ». Pur-
troppo la sua Deca archeologica è oggi perduta, cfr. ibidem, p. 539.
(83) Liv., IX, 41.
(84) Tac., Hist., 3, 55, 56; 3, 59.
(85) PLIN., Nat. Hist., XXXV, 14 (173).
(86) Idem, XIV, 3 (37): « Itriola Umbriae Mevanatique et Piceno agro
peculiaris est » : cfr. C. PIETRANGELI, op. cit., p. 47, nota 182: « E da tener
presente che Montefalco, e anche subordinatamente il territorio di Bevagna,
producono attualmente la caratteristica uva sagrantina con la quale si pre-
para il tipico « Sagrantino » montefalchese ».
(87) Mi riferisco alla iscrizione inedita del museo comunale di Monte-
falco, ove si fa riferimento ai « magistri valetudinis »; eccola ricostruita, te-
nendo conto di quella mevanate C. I. L., XI, 5040:
[c.] avfidi[us]
agroec[us]
mag(istri) val(etudinis)
d(ecurionum ?) c(onsensu ?)
(88) Cfr. C. PrETRANGELI, op. cil., p. 151, n. 42.
(89) Cfr. Idem, p. 154 sg.: nn. 61, 64, 65.
(90) Cfr. Jdem, p. 137.
(91) Cfr. Idem, p. 50.
(92) Essa è scolpita sul retro di un bassorilievo romanico, murato fino a
qualche anno fa presso il fonte battesimale della chiesa di S. Bartolomeo ;
oggi è conservata in sagrestia. Il frammento misura cm. 26x 48x 9 — 13 ; le
lettere cm. 4,3 nella prima riga, cm. 4 nella seconda, cm. 4,2 nella terza:
esse sono riferibili al periodo augusteo, cioè al I secolo d. C.
(93) Cfr. G. DEvoro, Gli antichi Italici, Firenze, 1951, p. 260.
(94) Cfr. Ibidem, p. 277.
(95) Dal C.I.L., XI, rileviamo la presenza delle seguenti famiglie:
ALLIA (Montefalco, 5077 ; Mevania, 5078, 5079; Assisi, 5391, 5392, 5396,
5411, 5446, 5447 ; ecc.), CominIA (Carsule, 4606, 4607, 4629, 7852 ; Spoleto,
4862 — ivi ric. da cic., Pro Cluen., 36, Brut., 78; Ascon. PEDIAN., In Cor-
nelianam, 52-53, ed. Kiessling e Schoell ; Mevania, 5041, 5091; Spello, 5308 ;
MONTEFALCO PATRIA DI PROPERZIO 69
Assisi, 8026), LiciniA (Todi, 4655, Mevania, 5128), SATRIA (Mevania, 5126,
7954 ; Assisi, 5533), VARIA (Todi, 4668 ; Spoleto, 4934, 4787, Urbino Ortense,
5175 ; Spello, 5344, 5345), VETTIA (Spoleto, 4885, 7895 : Foligno, 5252 ; Assisi,
9422, 5423, 5427 ; Mevania, 7961), VETIENA (Mevania, 7961). Ho citato sol-
tanto quelle dei municipi limitrofi, e ancora una volta voglio sottolineare
come certe famiglie fossero diramate in piü luoghi, a dispetto dellé lapidi
pseudo properziane di Assisi.
(96) Cfr. JacoBy, Fragm. Griech. Historiker, II. B. 1179 ; e C. PrETRAN-
GELI, Op. cit., p. 29 e 127.
(97) C.I.L., XI, 4766: «a Spoletio XII fere milibus, a Montefalco
fere VI».
(08) C.I.L, XI, 4775.
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Note e documenti
Un intervento legislativo di Costantino
in materia religiosa |
(Nota A C.I.L., XI, 5265)
I presente lavoro viene contemporaneamente
pubblicato nella Revue Internationale des droits
de l'Antiquité, 3* Serie, Tome X, 1963. (N.d.D.)
In un rescritto verosimilmente del 333 (3), l’imperatore Costan-
tino accoglieva una istanza del popolo umbro di autonomia religiosa
e, sotto un certo profilo, anche amministrativa, nei confronti della
« Tuscia », cui era unita in federazione. Da tempi assai remoti — « ut
instituto consuetudinis priscae» (*) — nell'antichissimo centro etrusco
di « Volsinii » (5), che Valerio Massimo chiama « Etruriae caput » (*),
annualmente si svolgevano feste e celebrazioni comuni ai due popoli.
Molto probabilmente fu l'esistenza di questi legami religiosi a
determinare l'unione amministrativa della « Tuscia » e dell'Umbria,
attuata da Diocleziano, nel suo riordinamento della « Dioecesis
Italiciana » (*). Ed è noto che, a queste celebrazioni, facevano seguito
speciali riunioni o assemblee, alle quali partecipavano i maggiori
esponenti e rappresentanti della regione (*).
La loro competenza era quanto mai vasta e a tale proposito
sono di grande interesse le istruzioni che lo stesso Costantino rivol-
geva alle popolazioni dell'impero (?). Le scarse fonti che possediamo,
pur non facendo piena luce sull’attività svolta da questi organi
provinciali, chiamati «concilia provinciae » (*), di indubbia impor-
tanza, attestano tuttavia che essa fu ovunque rilevante. Non
solo venne richiamata l’attenzione dell’autorità imperiale sul com-
portamento di taluni governatori (?), su numerose questioni fiscali
che tennero agitate intiere provincie (1, ma furono via via pro-
posti quesiti e rivolte interpellanze in materia di diritto civile (*),
processuale (3?) e amministrativo (19).
Ponendo in attó una illuminata e coraggiosa riforma di strut-
tura dell'impero romano, si volle dare inizio ad una nuova vita
MARIO DE DOMINICIS
provinciale che, già nei primi decenni del secolo quarto, appariva
intensa e fiorente (!*). Orbene alla richiesta degli Umbri di essere
dispensati di recarsi a « Volsinii » « propter ardua montium et itine-
rum saltuosa impendio » (15) e di potersi invece riunire, per le perio-
diche celebrazioni, in un centro proprio, più comodo e di facile
accesso perchè attraversato dalla via Flaminia, l’imperatore avendo
anche presente, come si chiarisce nella premessa del documento, la
«pristinam dignitatem » del popolo richiedente (*), dichiarava di
aderire di buon grado : « precationi ac desiderio vestro facilis acces-
sit noster adsensus ».
Nel documento si precisa che queste celebrazioni consistevano
in «ludos scenicos et gladiatorum munus » (17), cioè, come chiari-
scono alcuni testi epigrafici (*), in corse di bighe, combattimenti
il gladiatori, competizioni atletiche, esibizioni e cacce di animali
Miti || feroci ed altri spettacoli vari. Sappiamo pure che le riunioni provin-
ciali erano precedute da un rituale piuttosto semplice : un corteo
ufficiale, aperto dal «sacerdos », la personalità designata a presie-
dere le varie manifestazioni, rivestito della toga purpurea e ornato
: di una corona d'oro (1°), e al quale partecipavano i deputati della
ES | | regione e che si concludeva nel tempio federale, con una cerimonia
N propiziatrice.
Eid Ora l’imperatore Costantino, ed è questo che particolarmente
E interessa, permetteva che nella nuova metropoli umbra, essendo
|| IM necessario un tempio «nam ludorum celebrationes — scrive Lat-
Idi) tanzio — deorum festa sunt ; si quidem ob natales eorum, vel tem-
| TUE plorum novorum dedicationes sunt constituti » (2°), si provvedesse
| | | a costruirne uno grandioso, « magnifico opere», da dedicarsi alla
ST sua stessa famiglia, alla « gens Flavia », peraltro con questa avver-
i.) tenza : «ea observatione perscripta ne aedis nostro nomini dedicata
il cuiusque contagiosae superstitionis fraudi-
bus polluatur»(?)
Che cosa significano queste parole del rescritto ? L'espressione,
giudicata addirittura sibillina (*), è indubbiamente tutt'altro che
chiara e d’altra parte la sua esatta interpretazione ha particolare
interesse, perchè fa luce sulla politica religiosa di Costantino negli
ultimi anni del suo principato.
Vari ed eminenti studiosi hanno fermato la loro attenzione sul
passo in questione, giungendo a conclusioni diversissime. Così il
Duruy interpretava che Costantino avrebbe inteso proibire, nel
nuovo tempio, la celebrazione di riti cristiani : « ce qui était conta-
NE UTTITORSHLUS
Msi
UN INTERVENTO LEGISLATIVO DI COSTANTINO 73:
gieux pour les Ombriens — egli scriveva — c'était la foi chrétienne
et non le paganisme qui se mourait » (*?). Invece, secondo l'Allard :
« Constantin pose cette condition formelle qu'il ne devra étre souillé
par les fraudes d'aucune contagieuse superstition, c'est-à-dire par
aucun acte de paganisme » (?*).
E sembra questa l'opinione prevalente : la condanna, nel nostro
rescritto, del paganesimo. Di qui la sua importanza nella storia
della legislazione religiosa del basso impero. E quando il Martroye
provò ad affacciare l'ipotesi che « dans les textes des lois de cette
époque, le terme «superstitio» a la signification de supersti-
tion au sens vulgaire » (25), la nuova versione non trovò favorevoli
accoglienze, anzi venne decisamente combattuta : specialmente dal
Faloci Pulignani, in una memoria senza dubbio dotta e acuta (15),
ma le cui conclusioni, come dichiarammo in un precedente scritto (*7),
non ci convinsero. Secondo altri, sarebbero state proibite «forme
di culto non permesse dalla legge »(?9, spiegazione astrusa e che
non chiarisce nulla. Abbastanza recentemente, il Gaudemet è tor-
nato sull'argomento e questo ci ha indotto a prendere nuovamente
in esame il passo controverso. Egli osserva che la parola « superstitio »
è usata, nel linguaggio classico, per designare un culto sospetto
«sans estampille officielle» e nel nostro rescritto, per proibire la
superstizione (2°). Ma la conclusione è piuttosto vaga.
Poichè per poter comprendere il pensiero del legislatore, si
tratta proprio di stabilire che cosa si debba intendere con questa
parola e ciò si può solo desumere attraverso una attenta esegesi
delle fonti, specie giuridiche, in cui essa ricorre. Intanto già appare
in un testo di Plinio il giovane, del 112, a proposito della nuova
dottrina cristiana, giudicata «su perstitionem pravam»(?°)
e quasi due secoli più tardi, in un documento di Diocleziano, diretto
al governatore dell’Africa proconsolare, per indicare le nuove cre-
denze dei Manichei contrapposte alla «religio vetus » (*).
Nel codice Teodosiano l'uso della parola «superstitio » è assai
raro prima del 379. Ricorre solo in due costituzioni di Costantino
e in altrettante dei suoi figli. Ci interessano naturalmente le prime.
Nel 323 l’imperatore, informato che i seguaci «catholicae sectae»
venivano talvolta costretti «ad lustrorum sacrificia celebranda »,
invia energiche istruzioni, probabilmente al «vicarius Italiae » (?),
minacciando severe pene contro coloro i quali : «ad ritum alienae
superstitionis cogendos esse crediderit eos qui sanctissimae
legi serviunt » (5).
MARIO DE DOMINICIS
Dobbiamo qui scorgere una condanna della religione pagana ?
Prima di rispondere, si rende necessaria una breve premessa e qual-
che chiarimento sui «sacrificia lustrorum » dei primi decenni del
quarto secolo, che suggerirono l'espressione in esame. Tali ceri-
monie risalenti all'età serviana (**) tendevano, come è noto, alla
purificazione sia dell'individuo che della collettività.
Nei tempi più antichi, la «lustratio » costituiva la base di certe
celebrazioni assai popolari, come quelle dei « lupercalia », « cerealia »,
« ambarvalia » e assurse a grande importanza quando acquistó carat-
tere ufficiale, cosi nelle cerimonie propiziatrici che precedevano
l’attività dei comizi, come in quelle a conclusione delle operazioni
del censo (85).
Ma queste lustrazioni, cadute in disuso alla fine del primo
secolo d. C. — le ultime tracce risalgono a Vespasiano (3°) — soprav-
vissero del tutto deformate per la sovrapposizione di elementi nuovi,
spesso espressione del costume locale, che ne alterarono la fisionomia
€ il carattere tanto da cadere nel generale discredito, almeno presso
i ceti più evoluti della popolazione (*).
Ai tempi di Costantino, la più diffusa cerimonia lustrale e puri-
ficatrice era quella detta del « taurobolium », originaria dell’Asia
e sino dal secondo secolo d. C., largamente praticata in Italia e nelle
provincie romane di Occidente (*?). Nel breve periodo di restaura-
zione dei culti pagani, ad opera di Giuliano, sappiamo che vi parte-
cipavano i personaggi di rango piü elevato che anche rivestivano
la carica di «sacerdotes publici populi Romani » (*°) e ne abbiamo
ricordo sino al 390, almeno a Roma, dove le celebrazioni del « tau-
robolium », come attestano vari documenti epigrafici, avevano soli-
tamente luogo nei pressi dell'odierna basilica di S. Pietro (15);
Consisteva nel noto sacrificio di un toro, il cui sangue serviva
ad una specie di battesimo del neofita prescelto per il rito, il quale
sembra che anche ne bevesse(*) per sentirsi «in aeternum rena-
tus » (12).
Seguiva un rumoroso corteo nel quale, tra il frastuono dei
«tibicines »(*), venivano portati in processione i «vires» della
sacra vittima (**. E le feste del «taurobolium » si prolungavano
non di rado per più giorni (^9), con altre complicate cerimonie di
cui abbiamo vago ricordo e che sembra si svolgessero con rito se-
greto nel cuore della notte. Ora nei «sacrificia lustranda » della
costituzione Costantiniana, a nostro avviso, dobbiamo specialmente
riconoscere questi riti esotici, che, nel 323, non facevano certamente
UN INTERVENTO LEGISLATIVO DI COSTANTINO 75
parte del paganesimo ufficiale, ma erano soltanto tollerati (*).
Il Martroye preferisce invece identificarli nei « lupercalia ». Egli
scrive : « Le mot «lustrum » ne peut désigner au IV siècle, que les
lustrations qui se célebraient périodiquement ... surtout les luper-
calia » (47). i
In effetti queste antichissime celebrazioni già da noi ricordate,
risalenti, secondo la tradizione, ad Evandro (4), si conservarono
per tutto il quinto secolo — furono abolite dall'imperatore Ana-
stasio solo nel 518 — ma si svolgevano quasi esclusivamente nella
città di Roma (**), per cui non avevano quella larga diffusione da
provocare le gravi intemperanze che resero necessario l’intervento del
l’autorità imperiale.
Nessuna analogia esisteva poi tra le antiche lustrazioni e le
feste dei «lupercalia », durante le quali, come è noto, i « luperci »,
sacerdoti dell’antico dio Pane, percorrevano quasi nudi le vie del-
l’urbe, colpendo con fruste tutti coloro che incontravano nel loro
cammino e particolarmente le donne coniugate, che si ripromet-
tevano da quei colpi una felice maternità (5°).
Ma anche volendo accettare l’identificazione proposta dal
Martroye, basterebbero queste singolari credenze e le modalità
della cerimonia per concludere che con l’espressione « alienae supersti-
tiones» di C. Th. 16, 2, 3, non si è voluto comunque alludere al paga-
nesimo in genere ma solo a particolari cerimonie sacrali, ritenute
piuttosto indecorose e disdicevoli al progresso dei tempi e al modo
di vivere civile del popolo romano.
E che la nostra interpretazione sia quella esatta, si deduce
anche meglio da un altro documento di poco posteriore. Trattasi
di una costituzione del 319 circa, riguardante il privato vaticinio,
diffusissimo in quel periodo, tanto che l’imperatore fu costretto a
intervenire. Un tale intervento si era già verificato al tempo di
Tiberio, il quale non solo vietò agli astrologi di esercitare la loro
arte, ma addirittura ordinò che venissero bruciati in pubblico i
loro strumenti di lavoro (5).
Costantino dunque dispose: «nullus aruspex limen alterius
accedat, nec ob alteram causam, sed huius modi hominum, quamvis
vetus, amicitia repellatur», ma anche volle aggiungere e in ció
scorgesi il suo temperamento piuttosto portato a soluzioni di equi-
librio e di compromesso, «qui superstitioni suae servire
cupientes poterunt publice ritum proprium exercere » (*)).
Eccoci nuovamente di fronte al termine in esame, in un altro
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76 MARIO DE DOMINICIS
documento giuridico della stessa età, dove appare più che mai evi-
dente il valore attribuitogli dalla cancelleria imperiale.
Non è infatti possibile supporre che una divinazione, considerata
dannosa ai cittadini, perchè avrebbe potuto turbarne la serenità,
riducendone l’efficienza e il lavoro, fosse, nello stesso atto di deplo-
razione e di condanna, altrimenti indicata che con l’appellativo
veramente adatto e proprio di superstizione. ;
Ora, alla luce di queste considerazioni, quale significato dob-
biamo attribuire alla «contagiosa superstitio», che
Costantino anche condanna nel suo rescritto diretto agli Umbri ?
Abbiamo piü sopra riferito le opinioni espresse al riguardo dai vari
studiosi, ponendo in rilievo quella più notevole del Martroye, il
quale peraltro chiarisce il suo pensiero affermando « que Constantin
considére comme superstitieux l'acte d’honorer d'un culte le prince
à l'égal d'une divinité et de lui offrir des sacrifices » (86).
Non ci sembra che tale conclusione possa essere accolta, come
parimenti vanno respinte le interpretazioni del Druy e del Faloci
Pulignani, anche se quest'ultima invero é piü degna di attenzione.
Noi crediamo intanto di poter affermare : 1) che in tutti i docu-
menti esaminati, come giustamente ebbe a rilevare il Martroye,
la parola «superstitio » va intesa nel senso di comune supersti-
zione ; 2) che l’erezione nella nuova metropoli umbra di un tempio
monumentale in'onore della «gens Flavia», doveva servire per il
culto dell'imperatore e della sua famiglia (**). Tale destinazione
appare chiara e riceve conferma dalla duplice circostanza che, mentre
i successori di Costantino, malgrado la professione di fede cristiana,
conservarono la carica di « pontifex maximus » almeno sino a Gra-
ziano (5), nei territori provinciali i «sacerdotes provinciae » conti-
nuarono quasi ovunque a svolgere il loro ruolo di ministri del culto
imperiale, collegato con l'attività delle diete regionali.
L'«Albus ordinis col(oniae) Thamg(adensis) » in Africa (5°), si
badi bene, del 360 circa d. C. (*?), ricorda ancora tra i suoi membri,
dopo i «patroni viri clarissimi» e i « patroni viri perfectissimi »,
ma prima del «curator coloniae », i « sacerdotales » (5) e, più sotto,
i «flamines perpetui », i « pontifices » e gli « augures ». D'altra parte,
in un documento epigrafico degli ultimi decenni del secolo quarto,
troviamo addirittura tributate lodi al proconsole dell'Africa « Julius
Festus Hymetius », per avere, tra l’altro, rialzato il prestigio del
sacerdozio provinciale (5).
Ma c’è di più. Alle celebrazioni del nuovo tempio Flavio, nel-
UN INTERVENTO LEGISLATIVO DI COSTANTINO 77
l| Umbria, venne preposto un « pontifex gentis Flaviae ». E sappiamo
che Caio Matrinio Aurelio, un personaggio eminente della sua terra,
che visse al tempo di Costantino, fu tra i primi a rivestire quest'alta
carica e a conferirle prestigio e dignità : «editor... abundantis-
simi... muneris... et praecipuae laetitiae theatralis » (**). -Prece-
dentemente, prima del nostro rescritto, egli era stato «sacerdos»
a « Volsinii », con il titolo di «coronatus Tusciae et Umbriae » (°)
e non é improbabile che a lui si dové, almeno in parte, il merito
del provvedimento imperiale a favore del popolo umbro. Ce lo fa
supporre il suo esclusivo e generoso interesse per le magistrature
municipali e provinciali attestatoci da C.I.L., XI, 5283 :
«C. Matrinio Aurelio C(ai) f(ilio) Lem(onia) Antonino v(iro)
p(erfectissino), co RONATUS TUSC(iae) ET UMB(riae), PON-
T(ifici) GENTIS FLAVIAE, abundantissimi muneris, sed et
praecipuae laetitiae Theatralis edit)o(ri), (aedili, quaestori, duum-
viro iterum q(uin)q(uennali) i(ure) d(icundo) huius splendidissi-
mae coloniae, curatori r(ei) p(ublicae) eiusdem colon(iae) et primo
principali ob meritum benevolentiae eius erga se (ple)bs omnis
urbana Flaviae constantis, patrono dignissimo » (°).
Del resto questo pontificato in onore della «gens Flavia »,
nemmeno fu l'unico dell'età costantiniana, perché ad analogo alto
sacerdozio accenna, ad esempio, Aurelio Vittore: «per Africam
sacerdotium decretum Flaviae gentis »(*), mentre «L. Aradius
Valerius Proculus », console nel 340, é ripetutamente indicato « pon-
tifex Flavialis » (**), titolo che ancora ricorre in un tardo documento
della fine del quarto secolo (°°).
Si aggiunga che lo stesso Costantino, in data 21 maggio 337 (°°),
dispose notevoli privilegi, l'esenzione dalla carica di « praepositus
annonae» e da altri «inferiora munera », a favore dei ministri del
culto imperiale, i «sacerdotales atque flamines » e fu l'ultimo suo
atto legislativo, concessione indubbiamente di rilievo per il parti-
colare significato.
Inoltre, nella nuova metropoli umbra, consacrata con rito pa-
gano e posta sotto la protezione della dea Fortuna, che vi ebbe
tempio e culto (**), l’imperatore, in occasione delle periodiche cele-
brazioni, permise i cruenti spettacoli gladiatori, «gladiatorum
munus »(*5), tanto deplorati dalla Chiesa (°°) e che, in altra occa-
sione, subito dopo il concilio di Nicea, egli stesso aveva energica-
mente condannato.
Sta di fatto che, come capo dello stato, Costantino doveva
“morit
ta
78 MARIO DE DOMINICIS
mirare alla tranquilla coesistenza di tutti i sudditi e alla loro sem-
pre più stretta unione, nel nome di Roma e delle sue secolari tradi-
zioni. Il momento era peraltro particolarmente grave e delicato,
data la presenza, all’interno dell’impero, di due grandi e opposte
forze: i Cristiani e, più numerosi, i seguaci dell’antica religione (7°).
Solennemente proclamata con l’editto di Milano la tolleranza
dei vari culti, si trattava ora di adottare una forma di religione di
stato che fosse, se non gradita, almeno accessibile a tutti. Per questo
Costantino volle che il culto imperiale, considerato ormai l’espres-
sione più valida del paganesimo ufficiale (7) e strettamente colle-
gato a tutta la vita amministrativa e politica dell’impero, assu-
messe un volto nuovo, con l'esclusione di qualsiasi rituale —« c u i u s -
quam-contagiosae superstitionis. fraudibus»
— ad esempio quello del « taurobolium », spesso celebrato « pro salute
imperatorum » (??), che potesse comunque apparire atto di supersti-
Zione, menomarne la dignità e offendere la sensibilità dei Cristiani.
Questo ci sembra il senso da attribuire alle parole del nostro
rescritto. A prima vista, esse senza dubbio possono apparire oscure,
ma se considerate nel quadro di tutta la legislazione costantiniana,
rivelano, di qui l'importanza del documento giuridico preso in esame,
la chiara volontà dell'imperatore di conferire alle manifestazioni
religiose ufficiali, un carattere prevalentemente civile e laico (??).
MARIO DE DOMINICIS
NOTE
(1) C.LL., XI, 5265 e AnBoT JoHnHnson, Municipal administration in the
roman empire, pp. 496-497. Sulla sua autenticità cfr. MoMMSEN, Ges. Schr.,
VIII, 24, sgg. Non possiamo con sicurezza stabilire l'anno cui risale questo
importante documento imperiale. Il trovarvisi tuttavia ricordato, come
Cesare, Costante, il figlio minore di Costantino, é un valido elemento per
assegnarlo al 333 o poco dopo. Cfr. CAVEDONI, Ricerche critiche, p. 7.
(2) GEL. XI 0265, D 17.
(3) Sulla sua topografia, V. Pars, Storia dell'Italia antica, I, p. 184;
SOLARI, Topografia storica dell' Etruria, I, p. 265 sg., Not. d. s., 1906.
(A): IX, 1; 2:
(5) La più antica fonte di cognizione di tale ordinamento, il « Laterculus
Veronensis » ricorda l'Italia come « Dioecesis Italiciana » (ed. Seeck, p. 250),
che la « Notitia dignitatum » (Occ., I, 25) già ci presenta divisa in due circo-
UN INTERVENTO LEGISLATIVO DI COSTANTINO 79
scrizioni minori, vicariati, quello detto d’Italia, comprendente tutto il ter-
ritorio dell’antica Gallia Cisalpina, dalle Alpi sino all’Arno e all’Esino, con
l’aggiunta della « Retia » e delle alpi Cozie e l’altro di Roma, costituito, oltre
che dalle isole, dalla parte centrale e meridionale della penisola.
Da osservare l’eccezionalità di tale ordinamento, perchè le varie diocesi
costituivano, di regola, una sola circoscrizione ed erano amministrate da un
unico vicario. Il funzionario preposto al vicariato d’Italia, cui spettava il
titolo di « vicarius praefectorum per Italiam » (C.L.L., XI, 831) o più sempli-
cemente di « vicarius Italiae » (N.D., 1.c.), risiedeva a Milano, dove pure
avevano la loro sede la corte imperiale, peraltro sino ai tempi di Onorio e il
prefetto del pretorio d'Italia.
Deve probabilmente la sua denominazione al fatto che il nucleo princi-
pale del territorio dipendente costituiva, un tempo, I'« Italia Transpadana
et citra Padum ». Dal « vicarius praefectorum praetorio in urbe Roma»,
residente in questa città, chiamato pure « vicarius urbis Romae», « vicarius
urbis aeternae» ed anche «vicarius urbi» (su questi titoli abbreviati cfr.
BETHMANN-HoLLwEG, Ròm. Civilprozess, III, p. 51 sgg.) dipendeva invece
l’altro vicariato, ad eccezione dell’importante territorio che si stendeva sino
a cento miglia da Roma e la cui amministrazione venne affidata ad un funzio-
nario di rango consolare, il « praefectus urbi » (cfr. il mio scritto, I distretti
della prefettura urbana e le « regiones suburbicariae » in « Studi in onore di G.
Zanobini » (1962), V, p. 87 sgg.).
A seguito del nuovo ordinamento l’Italia risultava pertanto divisa in
tre circoscrizioni : il vicariato di Milano, quello di Roma e la prefettura ur-
bana. Inoltre l’intiero territorio della penisola venne suddiviso in dodici di-
stretti minori, ciascuno alle dipendenze di un funzionario chiamato « corrector »,
cui si dette il nome di « regiones ». Cfr. MowMsEN, Die Diocletianische Reichs-
praefectur, Hermes, 1901, p. 201 sgg.
(6) Nel nostro rescritto non troviamo, è vero, alcun accenno a queste
assemblee. Rientrava tuttavia nella comune prassi costituzionale del tempo
che i rappresentanti delle varie città confederate, in occasione delle periodiche
celebrazioni, si riunissero insieme, sotto la presidenza di un « sacerdos », di
regola anche versato nelle discipline giuridiche (C.Th. 12, 1, 46), dando cosi
vita al « concilium provinciale ». Cfr. ManQuaARDT, in «Eph. ep. », I, p. 200
sgg. e GurRAUD, Les assemblées provinciales dans l'empire romain.
(7)uCII C. Thi 12; 12; 1 e*1; 40,33.
(8) In proposito le fonti sono esplicite e nei testi giuridici ricorre con fre-
quenza l'espressione « provinciale concilium », che il codice Teodosiano, pub-
blicato nel 438, ci rappresenta come una istituzione tuttora viva e operante
(Nov. I di Teodosio II. Cfr. KAnLowa, Ròm. Rechtsgeschichte, I, pp. 944-
945).
(9) C.I.G., 2595, 2596, 2597; C.LL., VI, 1702, 1706, 1729, 17365 IH,
10725- IL 19725 "VID" 70125. 7013 elc:
MARIO DE DOMINICIS
(10) C.Th. 11, 7, 4 (Ad Afros): «Quoniam subclamatione vestra merito
postulastis ne qua his qui praestationes fiscales differunt reliquorum laxitas
proveniret..- 9. Cfr: 6G. Th;:11,:28, 25.11, 28;:77:0e 12 5 11;:7, 18:115, 1;.33;
Nov. di Teod. II, 11, etc.
(IDb:C Thi 25514; 35:45:11, 1; ete.
(12) CTh. 11;: 30,:15.
(13):G. Th5 1255525 12,1;:59 ;16:2;:17 57,15; 06:12:11, 64; 96;160;.180.:
12, 1, 24, etc.
(14) C.LL., XI, 5265, ha importanza anche sotto tale profilo, perché
ci mostra che, nel pensiero degli statisti romani, si veniva maturando e pren-
deva consistenza normativa la graduale sostituzione della provincia al « mu-
nicipium », come unità amministrativa nuova, a base dell'ordinamento Dio-
clezianeo-Costantiniano. Cfr. il mio studio, II rescritto di Costantino agli Umbri,
in Bull. Ist. dir. romano (1962), p. 173 sgg. -
(15) C.LL., XI, 5265, Il. 22-23.
(16) Ibid. 1. 14. Il provvedimento di Costantino che riportava la
gente umbra, composta, secondo Plinio, di ben 47 popoli o tribù (H. n., III,
14; cfr. Strab., V, 2, 1), alle civili tradizioni della sua storia antichissima,
evidentemente si richiamava alla politica di Augusto, particolarmente aperta
e sensibile alle aspirazioni delle vetuste popolazioni italiche « gentium vel
fortissimarum Italiae » (Plin., H, n., III, 103). Allorchè questo imperatore
operò la nota divisione dell’Italia in undici circoscrizioni, riunì la più gran
parte del territorio abitato dagli Umbri in una regione a sè, la sesta del nuovo
ordinamento: «sexta regio Umbriam complexa Agrumque Gallicum citra
Ariminum » (Plin., H. n., III, 14, 112).
(17) Ibid., ll, 33-34.
(18) C.I.G., 2511, 3677, 3213, 247, 3674, 3190, 1720, 2810, 3208, etc.
(19) Tertull, De idolatria, XVIII: «Purpura illa et aurum cervicis
ornamentum... coronae sacerdotum provincialium ».
(20) Inst., VI, 20, 34.
(21) C.LL., XI, 5265, ll. 45-48.
(22) G. M. CoLumBA, Impero romano, p. 371.
(23) V. Dunvv, Histoire des Romains, VII, p. 64.
(24) P. ALLARD, Le Christianisme et l'empire romain, p. 178.
(25) F. MARTROYE, in Bulletin de la Soc. nat. des ant. de France, 1915,
p. 290 e in Rev. hist. de droii francais et étranger, 1930, p. 669 sgg.
(26) M. FALoci PuLIGNANI, in Archivio per la storia ecclesiastica del-
Umbria, III, p. 361 sgg.
(28) Cfr. Annali dell’Università di Macerata, VII, 1931, p. 246 sgg.
(28) R. Cessi, «Enc. Treccani», v. Costantino, p. 605.
(29) J. GAUDEMET, La législation religieuse de Constantin, in Revue
d'histoire de l'Eglise de France, 1947, p. 52.
(30) Ep., 1, 10, 36.
UN INTERVENTO LEGISLATIVO DI COSTANTINO
(31) Coll., 15,.3, 1-2.
(32) Cfr. SeECK, Zeitschrift der Recthsg., p. 1889, pp. 227-230.
(33) CTh. 16, 2, 5.
(34) Liv., I, 44.
(35) Val. Max., IV, 1, 10.
(36) Cens., 18. :
(37) Già in qualche scrittore dell'età augustea troviamo non dubbi
accenni alle misteriose e magiche formule adoperate dai contemporanei nelle
private lustrazioni. V. ad es. Tib., Eleg., I, 5.
(38) Cfr. VAN DALE, Diss. antiquit., p. 27; ZoEGA, Bassiril., p. 103,
n. 122.
(39) C.LL., VI, 498, 499, 501, 503.
(40) C.I.L., VI, 497-504.
(41) Prud., Perist., X, 1011.
(42) On., 2352, Il singolare rito del faurobolium valeva a impetrare la
grazia degli dei, oltre che su coloro che vi partecipavano, anche sopra gli
assenti a favore dei quali fosse stato eventualmente celebrato.
(43) C.LL., XIII, 1754.
(44) C.I.L., XIII, 522.
(45) C.LL., XIII, 1753, 1782.
(46) Cfr. BoucuE-LEecLERCQ, Manuel des Inst. romaines, p. 476, n. 1.
(47) Bull. de la Soc. nat. des antiq. de France, 1915, p. 287 sgg.
(48) Ovid., Fast., II, 279 ; Liv., I, 5.
(49) Cfr. MARQUARDT, Le culte chez les Romains, II, p. 178.
(50) Ovid., Fast., II, 101.
(51) Suet., Tib., 36.
(52) CTh. 9, 16,1. Cfr. J. Voet, Zur frage des christlichen Einflusses
auf die Gesetzgebung Konstantins des grossen, in Fost für Leopold Wenger
IT. p.120.
(53) L. c.
(54) Cfr. A. PiGaNIOL, L’empereur Constantin, p. 182.
(55) Zos., IV, 36.
(56) C.I.L., VIII, 2403.
(57) Cfr. Mommsen, in Eph. epigr., III, p. 77 sgg.
(58) I «sacerdotes», una volta usciti di carica, conservavano il titolo
onorifico della dignità ricoperta ed entravano a far parte della categoria dei
« sacerdotales » fra le più autorevoli e di maggior prestigio nelle città pro-
vinciali. Cfr. MARnQuARDT, in Eph. Epigr., I, p. 200 sgg.
(59) C.LL., VI, 1736; Or., 6904. Cfr. GuiRAUD, op. cit., p. 282.
(60) C.I.L., XI, 5283.
(61) Era questo il titolo attribuito al «sacerdos » o « flamen provinciae »,
per l'uso della corona d'oro, ornamento caratteristico dei sacerdoti provin-
ciali (Tert., I. c.), che risale alla prima metà del terzo secolo, come è attestato
6
82 MARIO DE DOMINICIS
da C.I.L., III, 1433 (cfr. Eph. epigr., IV, n. 142) e continua sino ai
primi decenni del quinto. Il Marquardt (op. cit, II, p. 228) suppone che
in tal modo venissero anche indicati, nelle provincie, i massimi esponenti
del clero cristiano. Egli si basa su CTh. 16, 2, 38, aderendo così al punto
di vista già espresso dal Gotofredo. Nel documento imperiale, del 407, si
dichiara che, nel caso di speciali favori alle Chiese da parte dell’imperatore,
queste dovessero darne notizia ai governatori «non per coronatos, sed ab
advocatis, eorum arbitratu, et iudicibus innotescant et sortiantur effectum ».
Ma la proposta identificazione ci sembra tutt'altro che certa, perché, tra
l’altro, contraddetta dall’«ordo salutationis » della Numidia, del tempo di
Giuliano, conservatoci in C.LL., VIII, 1796 e su cui v. MoMMSEN, in Eph.
epigr., V, p. 632 sgg.
(62) Cfr. WILMANNS, 2843.
(63) De Caes., XL, 28.
(64) C.LL., VI, 1690, 1691, 1694.
(65) On., 3672.
(66) CTh. 12, 5, 2.
(67) Ctr. COLUMBA, l. c.
(68) C.LL., XI, 5265, 1L, 33-34.
(69) Cfr. ad es. Tert., De spect., 11.
(70) Cfr. Ep. Scmwanrz, Kaiser Constantin und die Christliche kirche ;.
P. BatirroL, La paix constantinienne et le Catholicisme.
(71) Cfr. BeEURLIER, Le culte imperial.
(72) C.LL., XII, 4323.
(73) Cfr. E. ALBERTINI, L'empire romain, p. 358 e PIGANIOL, l. c., n. 1
Le origini dell'Ospedale di Santa Maria
della Misericordia in Perugia
Queste brevi note sulle origini dell’ospedale di S. Maria della
Misericordia hanno il solo scopo di porre alcune iniziali premesse e
stabilire determinate relazioni che potranno essere utili in sede di
storia generale dell'istituto (?).
Tra coloro che presiedettero, in epoche diverse e sotto varia
veste e autorità, all'erezione dell'ospedale spicca il vescovo di Pe-
rugia Bulgaro Montemelini, la cui figura assunse importante rilievo
nella vita perugina tra il finire del sec. XIII e l'inizio del XIV (?).
Per quanto riguarda le origini dell'ospedale il Crispolti afferma
che «... circa gli anni 1303 alcuni uomini della città chierici e laici
fecero una divota compagnia... e a loro spese fondarono una casa
vicino alla porta antica di S. Pietro dove oggi questa vedesi cresciuta
in grandissimo circuito ...»(?). :
Il Gigliani data la erezione dell'Ospedale al 1305 (*).
Il Lancellotti la sposta al 1303 (5).
Nella prefazione dell'A/fo di fondazione di S. Maria della Mise-
ricordia in Perugia (*) si attribuisce al 1303 l'origine dell'Ospedale.
Dal canto nostro notiamo anzitutto come la pergamena n. 55
— 1296, febbraio 12 — menzioni l’esistenza di una «... Misericordie
fraternitatem clericorum et laycorum Sancte Marie de Perusii...»
alla quale certo Pascolo di Rigolo «...corporea infirmitate grava-
tus...interrogatus a domino Angelo rectore Ecclesie Sancti Silvestri
dispensatore dicte domus . . . » lascia i suoi beni. L’atto è rogato nella
«... domo Misericordie fraternitatis clericorum et laycorum de Pe-
rusia.. . »(?).
Dall'esame dell'atto possiamo presumere l'esistenza di una con-
fraternita organizzata, la presenza di un « capo » della confraternita
denominato «dispensator», una sede fissa e funzionante, come ri-
sulta dalla menzione «... existens in domo . . . » riferita al testatore.
L'appartenenza della pergamena al fondo dell'Archivio dell'Ospe-
84 RAOUL GUÉZE
dale rafforza l'ipotesi che in questo documento si possa vedere la
testimonianza attualmente piü antica delle primissime origini del-
l'Ospedale.
Nel continuare l'esame delle pergamene abbiamo trovato te-
stimonianze posteriori confermanti la tesi che l'origine della confra-
ternita e dell'Ospedale sia da attribuirsi a date diverse da quelle ci-
tate dal Crispolti, Lancellotti e Gigliani.
In un testamento del 1302, dicembre 5 si legge che Munaldo di
Ventura di Porta S. Susanna, parrocchia S. Maria della Valle, destina
un legato alla «... domum Misericordie de Perusio fraternitatis cle-
ricorum et laycorum et dispensatorem ipsius domus in qua reci-
piuntur pauperes que est posita in Civitate Perusii et porta Sancti
Petri» (3):
Quest'atto documenta in modo chiaro la sede, l'esistenza, i
componenti e i fini della confraternita che appare già gerarchicamente
organizzata con una « domus » nella quale si ricevono e si ricoverano
i« pauperes ». Esso dunque rappresenta la conferma della citata per-
gamena n. 55; di modo che possiamo attribuire l'origine della con-
fraternita, e con logica deduzione d'un immobile adibito a ricovero,
almeno alla fine del secolo XIII.
Passiamo adesso all'esame della pergamena denominata Atto di
fondazione dell' Ospedale, rogata l'11 marzo 1305 da Simone di Ben-
venuto da Cortona, notaio del vescovo di Perugia Bulgaro Monte-
melini. Questo documento fu noto al Crispolti, Lancellotti e Gigliani
ed é, come già detto, l'unico riguardante la storia dell'Ospedale at-
tualmente pubblicato (?*).
Non é qui il caso di affrontare il problema delle origini delle
confraternite, problema fra i piü discussi della storiografia me-
dioevale.
Ci limitiamo ad esaminare in particolare l'associazione che stiamo
studiando.
L'atto in esame all'inizio afferma che «... dudum in Perusina
civitate refriguit caritas et inolevit oblio cum torpore... quod fre-
quenter in anno pauperes, pellegrini... reperiebantur mortui sub
banciis, in viis ....et plateis ac infantuli reperiebantur in locis
turpibus suffocati... nonnulli clerici et layci seculares. ... sub no-
mine Beate Marie Virginis inierunt et ordinaverunt domum ... sub
murum porte S. Petri Perusine civitatis ».
Anzitutto vogliamo far rilevare la coincidenza con gli atti ci-
tati del 1296 e del 1302, relativamente alla sede, i fini, i componenti
LE ORIGINI DELL'OSPEDALE DI SANTA MARIA DELLA MISERICORDIA 85
della confraternita (1°) nonché a una domus di proprietà dei confratri
già adibita a ricovero precedentemente alla data dell'atto (1).
Nella stessa. pergamena appare successivamente iltesto delle
richieste dei confratri al vescovo Bulgaro quali risultano da atto
trascritto del 5 gennaio 1305. I chierici e i laici perugini «... qui
adinvenerunt quandam confraternitatem sub nomine Marie Virgi-
nis...» chiedono al vescovo Bulgaro Montemelini «... quod ad
substentationem spiritualem et temporalem dictarum miserabilium
personarum ... concedere in loco prefato ...ecclesiam sive horato-
rium et ecclesiasticam sepolturam et quod ibidem dispensator seu
cappellanus ....possit celebrare divina et quod ipsum locum et
personas eximat a lege diocesana... eiusdem loci gubernationem
....8pud ipsam fraternitatem ... remanent semper... secundum
....Ordinamenta presentia et futura....».
Nessun documento fino ad oggi ci ha riportato i nomi dei fon-
datori della fraternita e in questa sede « istituzionale » ogni domanda
su vincoli preesistenti tra confratelli è destinata a restare senza ri-
sposta. Sappiamo solo che si tratta di chierici e laici, ma non é possi-
bile precisare la « natura » della confraternita, se non avendo riguardo
allo scopo assistenziale citato.
A] momento delle richieste la « societas » è attiva (**) e solo l'esame
della risposta del vescovo potrà chiarire il problema della condizione
giuridica della confraternita e dei suoi beni.
In linea generale noi sappiamo che le confraternite non avevano
bisogno del riconoscimento dell'autorità civile. Nemmeno da parte
dell'autorità ecclesiastica veniva considerata la necessità di un rico-
noscimento preventivo perché il Corpus iuris canonici accenna solo
alla generica soggezione delle opere pie diocesane al proprio vicario (**).
Quasi sempre i capitoli furono «approvati» dal vescovo dopo
la deliberazione delle confraternite. Tuttavia alcune di esse resta-
rono sprovviste di capitoli e statuti per decine di anni. Un modo in-
diretto di riconoscimento ecclesiastico era la concessione di privilegi
e indulgenze ma si trattava, per essere una largizione facoltativa, di
riconoscimento di fatto e non di diritto.
Nell'atto in esame il vescovo riconosce la qualifica di « . . . cole-
gium licitum ...» alla confraternita, concede che il «... guberna-
tor vocetur pauperum dispensator... electus a personis dicte fra-
ternitatis... absque... licentia approbatione... superioris...».
Continua dicendo che il dispensator «...sacerdos sit... possit in
....horatorio loco et in ecclesia celebrare divina...conferre
———
86 RAOUL GUÉZE
sepolturam et ecclesiastica sacramenta ...». Inoltre afferma:
«...renuntiamus... cathedraticum et... quamcunque canoni-
cam consuetudinariam . . . et procurationem . . . que nobis debetur...
reserbatam tamen nobis... spiritualem visitationem ...in tempo-
ralibus non remaneat visitatio et correctio predictorum dicte fra-
ternitatis quod ad temporalia bona dicti hospitalis regimen et gu-
bernationem eorum ...». Chiede la consegna di un fiorino d'oro in
occasione della annuale festa di S. Ercolano e «... insuper con-
cedimus ut... per dictam fraternitatem ... ofitiales... ipsius loci
et ecclesie ad vitam vel temporales creentur ...episcopo incon-
sulto... et fiant per eos contractus et administratio rerum tempo-
ralium ... et statuta et ordinamenta ... possit facere per se tantum
episcopo inconsulto ». Termina concedendo indulgenze varie agli
iscritti alla confraternita e a chi lavorerà all'Ospedale e lo soccorrerà
in qualsiasi modo.
Tutte le richieste dei confratri perciò sono «approvate » dal
vescovo. Di fondamentale importanza, in merito alla natura isti-
tuzionale della « societas », appare la rinunzia del vescovo a qualsiasi
ingerenza nella elaborazione degli statuti, elezione delle cariche di-
rettive e amministrazione patrimoniale. L'ordinario si riserva solo
un logico diritto in merito alla « visitatio spiritualis ». La confrater-
nita appare « sui iuris » in tutte le manifestazioni della sua vita tem-
porale e, come tale, pienamente indipendente ed autonoma nei ri-
guardi dei poteri dominanti sia civile che religioso (14).
Aggiungiamo che essa non chiede in realtà il « riconoscimento
giuridico » al vescovo ma solo la concessione di determinati privilegi
d'indole meramente spirituale e, per questa loro specifica natura,
indispensabile alla «...spiritualem substentationem ... dictarum
miserabilium personarum ». L'attribuzione da parte del vescovo della
qualifica di « collegium licitum » e la concessione logica di indulgenze
e privilegi assumono valore indiretto di riconoscimento di fatto
d'un organismo autonomo già esistente e funzionante.
In epoche diverse le autorità civili presero contro le confra-
ternite una serie di rigorosi provvedimenti (spesso in pratica desti-
nati a restare lettera morta), con ogni probabilità in relazione alla
azione politica diretta o indiretta esercitata dalle medesime (15),
Noi siamo attualmente poco documentati sull'azione politica
delle confraternite, ma possiamo presumere che fosse rilevante,
come provano le proibizioni statutarie emanate a Firenze, Pisa e in
Francia (1°).
M-
LE ORIGINI DELL'OSPEDALE DI SANTA MARIA DELLA MISERICORDIA 87
A Perugia nel 1351 abbiamo rilevato la seguente decisione :
«cum in civitates et comitatu Perusie sint multe fraternitates, col-
legia fraternitatum et conventualium proibita tamen ab iure co-
muni quam municipali ....in quibus multa enormia inconvenien-
tia...contra comunem Perusii et bonum statum ipsius comunis . ..
priores .... statuerunt quod fraternitates, collegia, conventuales seu
societates sint casse inite et nullius valoris... .» (??).
La particolare sorveglianza sulla vita e organizzazione degli
Ospedali, esercitata dal Comune di Perugia, é provata dalle disposi-
zioni contenute negli statuti del 1279, che stabiliscono che il podestà
e il capitano sono tenuti a mantenere e difendere i beni degli Ospe-
dali (15). Nel libro degli statuti del Comune di Perugia dell'anno
1366 si stabilisce che l'Ospedale di S. Maria della Misericordia sia
esente da ogni gravame (1°). Ma negli statuti del 1389 leggiamo
che «... cum hactenus indifferenter quilibet volens aspirare ad fra-
ternitatem hospitalis admissus fuerit nulla persone qualitate inspecta,
cumque nuper nequitia et experientia docuerint bonos et antiquos
viros dicte fraternitatis eiusque reformationes... nullatenus suffi-
cere ad reprimendam voraginem aliquorum ex bonis pauperum que-
rentium impinguari... ideo omnem fraternitatem dicti hospitalis,
que nunc est, et omnia dicte fraternitatis ordinamenta ... cassa-
mus ...salubrius providendo quod ipsa fraternitas fiat et... ho-
spitalis regatur secundum ordinamenta ... que in hoc volumine de-
scribentur . .. » (9). Seguono i nuovi ordinamenti e costituzioni del-
l'Ospedale.
In questo caso il Comune di Perugia scioglie la confraternita
originaria, ne riforma le costituzioni e ricetta le nuove disposizioni
nel suo diritto statutario. Dalla espressione letterale dell’atto si può
presumere che l’azione del Comune sia stata provocata non tanto
da motivi politici o d’altro genere, quanto da gravi disordini ammi-
nistrativi.
I] Comune tronca una situazione praticamente insostenibile e,
come già parzialmente previsto negli statuti del 1279, stabilisce,
stavolta in modo completo, la sua supremazia sull'organizzazione
ospedaliera « privata ».
Da questa azione del Comune nasce per l'Ospedale una nuova
situazione giuridica. In una riforma del 16 settembre 1393 premesso
che «...quod... erga gubernationem ... Hospitalis Sancte Ma-
rie...ad comunem Perusinum spectantis iure pleno et perti-
nentis...» le Magistrature del Comune confermano i precedenti
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88 RAOUL GUÉZE
statuti del 1389 e dettano alcune modifiche (??). Il 6 novembre 1403
il Comune, su richiesta del Priore della fraternita, interviene ancora
a modificare gli statuti del 1389, attribuendo alla fraternita e al go-
verno dell’Ospedale quella forma che permarrà inalterata per alcuni
secoli (??).
Il nostro esame sulla situazione giuridica della confraternita e
dell'Ospedale nel primo periodo della loro esistenza termina con la
constatazione che i medesimi sono sottoposti, a partire dal 1389, alla
sovranità del Comune di Perugia.
Il governo dell'Ospedale apparteneva, giusta gli statuti rifor-
mati il 6 novembre 1403, a un Priore chierico, residente in esso,
eletto per tre anni da 50 laici per porta, da tutti i parroci della città
e sobborghi e dai Dottori dell'una e dell'altra Facoltà. Gli stessi elet-
tori eleggevano anche un Priore laico, due Visitatori chierici e due
laici, per lo stesso periodo di tempo.
L'Ospedale riceveva infermi di tutti i ceti e paesi, provvedendo
alla loro cura con medici e chirurgi. Per le donne inferme vi era un
ospizio separato con una Priora preposta. Per gli infanti abbando-
nati erano tenute nutrici e balie: i ragazzi venivano ricoverati e
istruiti fino agli anni 18 e 20. Durantetale periodo potevano essi stessi
lavorare per procacciarsi il vitto. Le ragazze restavano fino al matri-
monio, in occasione del quale ricevevano una dote di 100 fiorini. Ad
esse erano preposte donne del Terzo Ordine. Venne creato anche un
« Hospitale Leprosorum » a due miglia da Perugia con personale par-
ticolare. :
L'Ospedale nei secoli di mezzo godeva delle cospicue rendite di
ampi possedimenti e assolse egregiamente le sue funzioni, di modo
che ancora all'inizio del '600 il Crispolti calcolava ad 800 il numero
degli assistiti.
Tuttavia é necessario rilevare che, in seguito, l'Ospedale decadde
gravemente e venne a trovarsi in difficoltà per una serie di motivi
non Solo economici ma anche di attrezzatura e di organizzazione.
Infine, dopo sei secoli di vita ininterrotta nella medesima località,
nell'anno 1910 si dava inizio in Perugia alla costruzione della nuova.
Città Ospitaliera.
RaouL GUEZE
LE ORIGINI DELL'OSPEDALE DI SANTA MARIA DELLA MISERICORDIA 89.
NOTE
(1) Non ci risulta che esista, almeno a tutt'oggi, una storia generale del-
lOspedale di S. Maria della Misericordia. Un manoscritto della seconda metà
del sec. XVIII del canonico Giacomo ManciINI, Notizie antiche e . moderne
sull Ospedale di S. Maria della Misericordia, può essere utile, malgrado alcune
inesattezze, a ricostruire la storia dell'Ospedale (Archivio di Stato di Peru-
gia, Archivio della Congregazione di Carità di Perugia e altre istituzioni di
Assistenza : Ospedale S. Maria della Misericordia, Miscellanea n. 5).
(2) RaouL Gufize, Bulgaro Montemelini, in Bollettino della Deputazione
di Storia Patria per l'Umbria, Perugia, vol. LVI (1960), pp. 161 e segg.
(3) CESARE CrIsPOLTI, Perugia Augusta, Perugia, 1648, p. 179:
(4) BAnTOLOMEO GILIANI, Compendium juris municipalis Perusie, Pe-
rusie apud Angelum Bartolum, 1635 pag. 157.
(5) OTTAVIO LANCELLOTTI, Scoría sagra per tutti i giorni dell’anno, ma-
noscritto primi anni del sec. XIX, in Archivio San Pietro (Perugia), c. 190.
(6) Atto di fondazione di S. Maria della Misericordia in Perugia, Città di
Castello, 1939. Trascrizione a cura di Raffaele Belforti. E, a tutt'oggi, l'unico
documento pubblicato della storia dell'Ospedale.
(7) Archivio di Stato di Perugia, Archivi della Congregazione di Carità
di Perugia e altre istituzioni di Assistenza: Ospedale di S. Maria della Mise-
ricordia, pergamena n. 55.
(8) L'atto citato non é numerato perché non abbiamo terminato i re-
gesti delle pergamene dell'Archivio posteriori al secolo XIII.
(9) L'originale si conserva tuttora presso l'Archivio del moderno Poli-
clinico. Nel fondo depositato presso l'Archivio di Stato abbiamo rinvenuto
una copia notarile perfettamente conservata.
(10) Cfr. la dizione «... clerici et layci..».
(11) Cfr. la dizione nel prosieguo del testo «... adinvenerunt quandam
confraternitatem. .. et domum construxerunt de facultatis propris. . . ».
(12) Archivio Sodalizio Braccio Fortebracci, PERUGIA, Pergamena
n. 31, 1305, marzo 5. Cassuccio di Accomandolo del contado di Porta S.
Angelo, Castello di Ronzano, lascia erede universale il figlio Vivolo. Numerosi
legati pii a Chiese e Ospedali e fra l’altro a «... hospitali de Misericordia
de porta S. Petri. ..». Da un documento dello stesso Archivio risulta che
l'atto di costituzione dell'Ospedale di S. Maria della Misericordia (probabil-
mente una copia) era fra gli strumenti posseduti dalla confraternita di S.
Francesco (cfr. S. Francesco, codice 422, carta 171 v.). Il codice 426 — della
medesima confraternita di S. Francesco — contiene alle carte 1r. — 10v.
atti degli anni 1382-86 riferentisi alla Confraternia di S. Maria della Mise-
ricordia.
(13) Decretali Gregorio IX, lib. 39, tit. 369, carta 3 e Clementine, lib.
39, tit. 119, carta 2 (ed. Friedberg, Leipzig 1881).
RAOUL GUÉZE
(14) In un manoscritto dell’Archivio dell’Ospedale (in Archivio di Stato
di Perugia, Archivi della Congregazione di Carità di Perugia e altre istituzioni
di Assistenza - Ospedale di S. Maria della Misericordia - Miscellanea, n. 3,
carta 3 v.) è trascritta una bolla di Gregorio XI «... 1373 calende junii. . . »
nella quale il Papa si mostra informato che l'Ospedale «... duos viros unum
clericum alterum laycum... iuxta morem hactenus observatum per ho-
mines dicte fraternitatis eligentur... et nullus Sedi Legatus vel Nuncius. . .
se intromittat. ..». cfr. B. GIGLIANI, op. cit., pag. 157.
(15) Vedi, pur nei suoi limiti: GENNARO MARIA MONTI, Le Confraternite
medioevali nella Alta e Media Italia, Venezia, 1927, vol. II, pag. 74.
(16) G. M. MONTI, op. cit., vol. I, pagg. 143-144; FRANCESCO BONAINI,
Statuti inediti della città di Pisa dal XII al XIV secolo, Firenze 1854, vol. I,
pag. 632. In Francia le confraternite furono abolite nel 1306 per aver preso
parte « aux agitations politiques ». Cfr. G. M. MONTI, op. cit., pagg. 193-194.
(17) Archivio di Stato di Perugia, Consigli e Riformanze, n. 23, c. 90
r. e v. D'ora in avanti per le fonti esistenti presso l'Archivio di Stato di Pe-
rugia citeremo semplicemente con la sigla A.S.P.
(18) A.S.P. Statuti, n. 1, cc. 56 v. e 57 r. e v. Acarta 57 v. si trova una
rubrica intitolata « Qualiter hospitalia cogantur facere lectos pro pauperibus ».
Il testo afferma che «... potestas et capitaneus costringere debent omnes
rectores hospitalium civitatis ut... hospitari omnes pauperes venientes...
in ipsis hospitalibus. . . ».
(19)-A-S.P., Statuti, n. 3, c. 104 r. e v., rubrica CCXXVIIII.
(20): A. S.P.,. Statuti, n. 8, c.. 32 v.
(21) A.S.P., Consigli e Riformanze, n. 39, c. 190 r. e v.
(22) A.S.P., Consigli e Riformanze, n. 48, cc. 190 v., 191 r. e v., 192 r.
Un affresco 1gnorato dei Raccomandati
di S. Maria in Gualdo Tadino
(Con un notiziario storico-artistico sulla Confraternita gualdese
del Gonfalone).
PREMESSA
Questa nota è stata scritta con un duplice fine: quello di
illustrare un dipinto sconosciuto a Gualdo, collocandone il fiorire
in un clima che travalica i limiti della storia locale; non secondo,
quello che si traduce nella speranza di poter con essa richiamare l'atten-
zione delle Autorità cui compete la tutela del patrimonio artistico nazio-
nale su un’opera, altrimenti destinata, per volgere di vicende, a finire.
Esprimo un voto per la città: che, qualunque alterazione
muraria possa subire la facciata dello stabile dove si apre la nicchia
recante l'affresco in questione, questo rimanga in situ e sia sottoposto
a restauro.
Ciò, a nostro giudizio, è preferibile all'altra possibile, sebbene
non facile, forma di intervento : il distacco del dipinto. La sua conser-
vazione nel luogo di origine rispetterebbe infatti le ragioni del passato
e quelle del presente. Il presente, s'é detto, che è anche nel desiderio
vivissimo degli abitanti dell’antico quartiere di Porta S. Martino che
la loro secolare Madonna continui a guardarli e proteggerli da vicino.
Una provvidenza di restauro sarebbe inoltre più che opportuna
per la nicchia affrescata della chiesa di S. Maria, di cui qui è fatta
menzione.
Non si scriverà mai troppo sulle nostre antiche città, maggiori
e minori, che nel passato espressero tanta civiltà.
La storia civile e quella religiosa in esse si compenetrarono come
non mai, il sentimento civico e quello della fede procedettero di
pari passo allorchè sulle nostre piazze cantavano in armonia le
campane della chiesa e del pubblico palazzo.
ENZO STORELLI
Anche in Gualdo, nella seconda metà del XIII secolo, già si
respirava questo clima ; l'erezione della cinta muraria federiciana,
nel 1242, aveva contribuito a concentrare ed a rendere piü fervida
la vita della città, sorta nel 1237 sul Colle di Sant'Angelo.
Le Confraternite, o Fraternite, é noto, sono di questo momento
Storico, soprattutto umbro, uno degli aspetti piü caratteristici e
salienti. È appunto di una di esse che noi ci accingiamo a trattare,
della più antica del luogo : la Confraternita di S. Maria dei Racco-
mandati o del Gonfalone.
Il Bucari, si ignora sulla base di quale documento, la dice isti-
tuita nel 1267 da papa Clemente IV, a trent'anni quindi dalla fonda-
zione dell'attuale Gualdo; comunque, le notizie certe su di essa
reperite dal Guerrieri cominciano a datare non molto dopo: 1274.
Per essa, si puó parlare della piü genuina Confraternita gual-
dese, se non della piü importante, per il gran fervore religioso e
civile che la caratterizzó sempre, per la cospicuità dei beni dei quali
disponeva, per il patrimonio documentario e artistico di cui era
depositaria e che si accrebbe con gli anni.
La chiesa di S. Maria le appartenne sin dall'inizio, ed essa fu
il centro irradiatore della sua attività, che si svolse anche nell'am-
bito civile abbiamo detto, perché si soccorreva ai monasteri, ai
poveri, ai carcerati, agli infermi e si accompagnavano i defunti
all'estrema dimora. Peculiare compito di detta Confraternita era
peró l'assistenza ospedaliera.
Già nel 1290 si parla dell'Ospedale dei Confratelli di S. Maria
dei Raccomandati. Nel 1373, cadente il primitivo ospizio di Porta
S. Donato, dal vescovo di Nocera Luca di Gentile Ridolfucci si
autorizzava l'erezione del nuovo nella cosiddetta Casa di S. Gia-
como, adiacente alla vetusta chiesa di S. Maria di Tadino ed in pros-
simità della Porta civica di S. Martino. Tale ospedale si nominò
dall'apostolo S. Giacomo, predicatore della carità, ed ebbe qui sede
sino al 1575 (allorché tornó a sorgere fuori Porta S. Facondino,
presso l'attuale Istituto Salesiano, dove svolse mansione sino al
1772). La Casa di S. Giacomo, con il mutamento della sede ospeda-
liera, fu occupata dalle Clarisse : per questo S. Maria di Tadino fu
poi detta S. Chiara.
Su di un particolare della Casa di S. Giacomo, di questa dipen-
denza dei Raccomandati gualdesi, si accentra il presente contributo.
Un contributo, questo, in tema iconografico, e che ben si affianca
a quello, noto, in sede storico-letteraria del Guerrieri (e storico-
UN AFFRESCO IGNORATO DEI RACCOMANDATI DI S. MARIA 93
‘musicale del Casimiri), offerto nel 1923 sul Laudario lirico della
(Confraternita in questione, opera della fine del Trecento, felice-
mente reperita e studiata dall’illustre storico locale.
All’inizio dell’erta di via Imbriani, in Gualdo, al termine della
facciata della già menzionata Casa di S. Giacomo, meglio nota oggi
come Ospedale Vecchio (a chiarire quest’ultima denominazione è
necessario dire che, abbandonato dalle Clarisse, dalla prima metà
dell'Ottocento sino al 1909 in quello stabile di Porta S. Martino
tornó a funzionare un ospedale: quello di S. Lazzaro o di Dioti-
salvi) si puó vedere una grande nicchia affrescata, con arco a sesto
ribassato. Il dipinto si presenta piuttosto offeso dai secoli ed é mal
leggibile ; in parte mutilo, l'intonaco mostra di essere stato fermato
da ulteriore rovina. Esso domina dall'alto un piccolo largo di schietto
sapore medievale, sebbene sia posteriore a piü antichi manufatti.
Si tratta di una di quelle « pitture devozionali pubbliche » che
nel XIV e XV secolo si aprirono su molte vie e piazze d'Italia, a
guisa di gonfaloni perennemente esposti alla pietà dei fedeli ed a
lustro dei quartieri cittadini.
Riteniamo questa condotta circa il 1460. Nei Frammenti di
Storia Ecclesiastica Tadinate del Casimiri si legge che tal Ristoro
di Angelo di ser Martino da Gualdo, con testamento del 15 dicembre
1463, dopo aver disposto lasciti per ornamento della Cappella di
S. Lorenzo nella chiesa di S. Benedetto e per una tavoletta e pitture
da eseguirsi nelle chiese di S. Francesco e S. Donato, «reliquit fra-
ternitati Sante Marie et hospitali Santi Jacobi de Gualdo florenos
duos expendendos in evidentem utilitatem, ornamentum et accon-
cimen ipsarum fraternitatis et hospitalis ».
Non è improbabile che quell'«ornamentum » abbia rapporto
proprio con la nicchia di cui stiamo trattando. E un'ipotesi, ma
non trascurabile ai fini d'una piü esatta collocazione cronologica
dell’affresco. Quel Restoro ci dà peraltro l'impressione di essere
stato un vero e proprio munifico committente di opere d'arte!
Veniamo ora alla descrizione della nicchia, sino ad oggi ignorata.
Misura questa m. 1,702 circa.
Vi compare la Madonna, quale Mater misericordiae, che am-
manta, a proteggerli, i devoti della confraternita gualdese di S.
Maria dei Raccomandati, di cui parliamo. Sono essi uomini e donne,
vestiti di un bianco saio che reca sulla schiena un'apertura a tondo
che ne mette a nudo l’incarnato.
Tredici angeli glorificano animatamente la Vergine (parte ne
94 ENZO STORELLI
sono scomparsi); per chi guarda, a sinistra dei confratelli incap-
pucciati, fiorisce un viridario ; a destra, presso le donne, si accampa
un motivo naturale, forse rupestre.
Sull'intradosso e sui lati della nicchia, entro medaglioni, erano
effigiati otto santi; alla sommità sta Gesù Maestro benedicente.
Quanto ai primi, o sono andati del tutto perduti o sono molto dete-
riorati; è ben visibile di essi solo un giovane Santo Vescovo, che,
data la vicinanza dell'omonima Porta civica (demolita in epoca
sconosciuta) potrebbe essere S. Martino di Tours.
L'ignoto autore dell'affresco — un umbro che diremmo eugu-
bino — riprende qui il tipo tradizionale della Misericordiosa caro
alla pittura del Quattrocento. Questa volta peró la Vergine non
solleva l'ampio manto sopra una folla anonima ; coloro che le si
stringono ai piedi sono i confrati di un sodalizio religioso locale,
che, come i Battuti, palesano quella parte del corpo che si offre
alla disciplina delle flagellazioni ascetiche settimanali.
Lo sguardo dei Raccomandati é rivolto alla Madonna ; attraverso
la preghiera e i flagelli essi chiedono l'intercessione sua e quella dei santi,
implorano affinché essi li proteggano contro i fulmini dell'ira divina.
L'opera si dimostra compiuta con sicuro senso della linea,
anche nelle parti ornamentali, mentre il colore é mantenuto su
tonalità fonde, sapientemente lumeggiate (1).
Vediamo a questo punto come la Confraternita gualdese di
S. Maria dei Raccomandati o del Gonfalone, e quindi l'affresco in
esame sebbene posteriore alle origini di questa, rientrino nel clima
del celebre movimento religioso medievale umbro dei Disciplinati,
altrimenti detto dei Flagellanti o dei Battuti. Ci sono in ció di au-
silio anche gli atti, raccolti in volume, dell'importante Convegno
Internazionale perugino del 1960 sui Disciplinati.
Il nostro sodalizio si costitui non molto dopo la predicazione
del Fasani; riteniamo anzi come conseguenza prossima di questa.
Come i Battuti, i suoi membri vestirono il sacco bianco aperto sulla
schiena; anch’essi più tardi possedettero un originale Laudario
(il Torrefranca dice il nostro e quello di Cortona «relitti di un grande
naufragio ») che ama esaltare la grandezza della Vergine e com-
mentare la passione di Cristo. Al canto di quelle Laudi, con lo stesso
empito mistico dei Flagellanti, i Bianchi di Gualdo processionavano
per le vie e le piazze, invocando la Madonna e gridandole il « suc-
curre » e il « miserere » ; come i Disciplinati, essi contarono nel pro-
prio sodalizio anche le donne: nobili e popolane, che non furono
UN AFFRESCO IGNORATO DEI RACCOMANDATI DI S. MARIA 95
estranee a tanta devozione e che, come altrove, usavano « disci-
plinarsi » nelle loro stanze.
Léon Kern, nel Convegno di Perugia, con la sua comunicazione
mise in risalto i rapporti che intercorrono tra le Confraternite dei
Raccomandati alla Vergine e i Flagellanti; nello stesso simposio
storico-letterario, Mario Pericoli parlò della « Fraternitas Disci-
pline et Recomandatorum beate Marie Virginis et passionis domini
nostri Jesu Christi de Tuderto (Memoriale e matricola, secc. XIII-
XVI) », rilevando un ulteriore dato di unione tra Disciplinati e
Raccomandati, controllabile ancora in Umbria, a Todi.
Sfortunatamente, quel poco che rimane del già ricco archivio
della confraternita gualdese non ci dà elementi per stabilire sicuri
rapporti tra i Raccomandati di Gualdo e i Disciplinati. Per questa
conclusione ci sarebbero forse state di ausilio le trentadue anti-
chissime pergamene che l’archivio suddetto possedeva ancora nel
1771. Esse ben potevano contenere la regola o statuto confrater-
nale, o illuminanti riferimenti. Le migliori indicazioni in tal senso
sarebbero potute provenirci proprio da quelle perdute carte.
Accenneremo ora brevemente alle opere del patrimonio artistico
gualdese legate alla storia della Confraternita di S. Maria dei Rac-
comandati. In genere, questi organismi, in gran numero succedutisi
dal secolo XIII all’attuale, furono tutti pensosi del loro prestigio
anche attraverso l’opera d’arte, commissionata spesso a famosi
maestri del tempo. Ciò ben si inserisce nella loro fervida attività
apologetica, caritativa, spirituale.
In S. Francesco, dove la nostra associazione aveva un proprio
sepolcro, sulla faccia del pilastro di destra dell’arco trionfale, alla
base, un ignoto umbro (un tardo seguace perugino di Meo da Siena,
attivo anche nella primitiva cappella della Rocca di Gualdo) affre-
scava nella seconda metà del Trecento un S. Giacomo Minore apo-
stolo : il santo cui si intitolò il primo ospedale della Fraternita.
Nella stessa chiesa, sempre ad affresco, Matteo da Gualdo
eseguiva un S. Giacomo ospitaliero sulla parete d’ingresso, prossimo
ad una Ss. Trinità, sempre di sua mano e certo commissionatagli
dalla omonima confraternita locale. Un chiaro riferimento, nel
Santo d’Altopascio, alla pratica pietosa del sodalizio.
Per l’altare della Concezione della chiesa di S. Maria, già
ricordata come sede dell’associazione, ancora dal noto pittore quat-
trocentesco umbro si eseguiva quella singolarissima tavola, ora
n ri AE
96
ENZO STORELLI
nella Pinacoteca Comunale della città, che raffigura la Genealogia
della Vergine. Il dipinto rientra nella produzione finale di Matteo
da Gualdo, allorché egli senti il fascino delle stampe tedesche. L'Im-
macolata vi è rappresentata come ultimo, prezioso virgulto che
fiorisce dall'Albero di Jesse. A parte l'ormai risolto problema circa
la paternità dell'opera, non sarà qui inopportuno ricordare che
linsigne concittadino mons. Raffaele Casimiri, per la prematura
scomparsa, non potè dare pubblicazione nella collana « Tadinum »,
da lui diretta, dell'atto con il quale i Raccomandati di Gualdo com-
mettevano a Matteo di Pietro la bella pala d'altare.
Lo stesso mons. Casimiri poté inoltre rilevare nei libri della
Confraternita di S. Maria del Gonfalone un pagamento dell'anno
1574 a tal Luca Nucci per aver «fatto un bon Gesù ». Il dipinto non
ci é pervenuto. Lo riteniamo comunque opera di cavalletto e piü
che pala d'altare uno stendardo processionale. Sebbene ne sia scom-
parsa la testimonianza concreta, ci è sembrato interessante almeno
il ricordo di questa particolare devozione, di ispirazione bernardi-
niana, della Confraternita.
Ancora una nicchia, questa volta sulla facciata della chiesa di
S. Maria, la Confraternita fece aprire ed affrescare sui primi del
XVI secolo. L’opera, meno deperita di quella di via Imbriani, mostra
rappresentata .al centro la Madonna in trono col Divin Figlio ;
le stanno a lato il Battista e S. Giovanni Evangelista, recanti in mano
cartigli. L’intradosso, decorato a grottesche, ha in alto l'Eterno
benedicente ; in basso, sui lati, S. Antonio da Padova e un biondo,
giovane Santo. Quanto all’autore dell’affresco, non concordiamo
con le proposte formulate e dallo Gnoli e dal Guerrieri ; essi avan-
zano i nomi di Bernardo e Girolamo da Gualdo : rispettivamente
nipote il primo, figlio il secondo del più famoso Matteo. Noi pen-
siamo ad un seguace del perugino Bernardino di Mariotto (not.
(1498 — 1566), pittore operoso prima che in Umbria nelle vicine
Marche (dal 1502 al 1521 tenne bottega a S. Severino). Il dipinto
è da collocarsi tra il 1503 e il 1513, termini del pontificato di Giulio
II. Ce ne fa fede l'iscrizione, mutila, « (SE)DENTE (I)ULIO 11 » apposta
in doppia riga sotto il tondo con l’effigie del santo incognito.
Di un’altra Misericordiosa, dipinta entro nicchia sul lato della
chiesa di S. Maria che guarda il corso cittadino, rimangono solo
pochi frammenti e qualche traccia di sinopia.
Le alterazioni settecentesche delle strutture interne della chiesa
ci impediscono purtroppo di trattare e dell'ordinamento architet-
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Ospedale Vecchio
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(Pittore eugubino del XV secolo)
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UN AFFRESCO IGNORATO DEI RACCOMANDATI DI S. MARIA 97
tonico originario del tempio dei Raccomandati gualdesi e della
decorazione ad affresco che certo lo nobilitava : senz'altro tutta
dispiegata in lode della inclita Patrona.
L'affresco ignorato che ha dato titolo alle nostre pagine ci è
stato in questo modo d’occasione per un opportuno notiziario storico-
artistico sulla più antica Fraternita gualdese (la cui vita può dirsi
estinta) e per alcune argomentazioni di carattere generale, neces-
sarie a chiarire ed ambientare la sua vicenda.
ENZO STORELLI
Gualdo Tadino, estate 1963
NOTA
(1) Per l'impianto compositivo, il dipinto sconosciuto richiama quello
d’un noto esemplare e prototipo di Madre della Misericordia : la tavola della
Madonna dei Raccomandati nella cappella del Corporale del duomo di Or-
vieto, opera del senese Lippo Memmi, che il Carli pone tra il 1317 e il 1320,
ove però la Vergine congiunge le mani in propiziatrice preghiera e i supplicanti
sono popolo e personaggi.
BIBLIOGRAFIA
ALEssIo BucaRrI BATTISTELLI, La Bastola (racconto popolare gualdese del
secolo XIII), Milano, Cogliati, 1901, p. 363, nota 5.
RuccEROo GUERRIERI, Storia civile ed ecclesiastica del Comune di Gualdo
Tadino, Gubbio, Oderisi, 1933, pp. 580-83 e sgg.
Ip., Il laudario lirico della Confraternita di Santa Maria dei Raccomandati
in Gualdo Tadino, in Bollettino della Deputazione di Storia Patria per
l'Umbria, Vol. XXVI (1923), p. 201.
Ip., Gli antichi istituti ospedalieri in Gualdo Tadino, Perugia, Donnini, 1909.
RAFFAELE CasIiMIRI, Frammenti di storia ecclesiastica tadinate della seconda
metà del sec. XV (Dai protocolli notarili del Comune di Gualdo Tadino :
Prot. di Ser Gaspare Ranieri, 1455-1488, f. 151 v.), Roma, Collana
« Tadinum », Edizioni Psalterium, 1940, pp. 35-36.
Siro A. CHIMENZ, La poesia religiosa umbra del Duecento, in L' Umbria nella
storia, nella letteratura, nell’arte, a cura dell’Università degli Studi di
Perugia, Bologna, Zanichelli, 1954.
LuiGir SALVATORELLI, Spiritualità umbra, ibidem.
Il movimento dei Disciplinati nel settimo centenario dal suo inizio (Perugia,
1260), Perugia, Deputazione di Storia Patria per l'Umbria.
UmBERTO Gor, Pittori e Miniatori nell' Umbria, Spoleto, Argentieri, 1923-
25, p. 349.
Enzo SrorELLI, Gli affreschi della monumentale chiesa di S. Francesco in
Gualdo Tadino, A cura dell’ Associazione Turistica Pro Tadino, 1960.
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Congressi e Convegni
NUOVE PROSPETTIVE STORIOGRAFICHE SULLA
PRIMA GUERRA MONDIALE NEL CONVEGNO
DI SPOLETO DEL 1962
_ Mi sembra doveroso ricordare nel Bollettino della nostra Depu-
tazione il Convegno di Studio tenuto a Spoleto nei giorni 7-8-9
settembre 1962 e di cui è uscito ora, a cura di Giuseppe Rossini,
il cospicuo volume degli Atti (1).
Ciò non solo perchè è stata un’importante manifestazione che
ha avuto luogo nella nostra regione, o perchè sulla nostra storia
regionale non sono mancati, — mia comunicazione a parte — nume-
rosì, interessanti riferimenti, ma più propriamente perchè si è trat-
tato di un incontro di storici che, per l’attualità del tema discusso,
per il concorso di illustri studiosi italiani e stranieri e per le prospet-
tive proposte da talune sue conclusioni, credo sia destinato a costi-
tuire una tappa di rilievo nella elaborazione storiografica di un no-
stro recente passato.
Dopo il primo Convegno bolognese del 1960 che prendeva in
esame gli Aspetti della cultura cattolica nell’età di Leone XIII (?), ad
iniziativa delle stesse riviste promotrici (Civitas, Humanitas, Rivista
di Storia della Chiesa in Italia, Studium e Vita e Pensiero) e sotto
la direzione del medesimo Comitato Scientifico (composto orig'naria-
mente dai proff.ri Paolo Brezzi, Ettore Passerin d'Entreves, Massimo
Petrocchi, Cinzio Violante e ampliato questa volta con Mario Ben-
discioli, e Gabriele De Rosa, rimanendo Giuseppe Rossini come se-
gretario) é stato, questo di Spoleto, un secondo incontro inter-
nazionale dedicato allo studio del Movimento Cattolico in un pe-
riodo di tempo molto piü ristretto, quale quello del breve pontificato
di Benedetto XV, ma di non minore interesse perché dominato
dalla tragica esperienza della prima guerra mondiale.
Così il tema di questo Convegno : Benedetto XV, i cattolici e la
prima guerra mondiale, mentre ne precisava i limiti e restringeva
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100 PIER LORENZO MELONI
l'indagine fondamentale intorno ad un unico argomento centrale,
indicava allo stesso tempo le direttrici essenziali di questa ricerca
rivolta, da un lato alla valutazione storica dell’opera del pontefice
e, dall'altro, all'esame dell’atteggiamento assunto dai cattolici di
tutte le nazioni belligeranti di fronte alla guerra e suoi problemi.
In questi termini erano già identificate due delle sezioni (la
prima e la terza) in cui si articolava il convegno, mentre una parti-
colare attenzione veniva dedicata ai cattolici italiani con la piü
nutrita serie di comunicazioni che ne costituivano la seconda sezione.
*
* *
Benedetto XV è uno di quei personaggi cui la prospettiva
storica giova. Il suo pensiero, la sua opera sono più comprensibili
e certamente più validi (vorrei dire più vicini) per gli uomini del
nostro tempo che per i suoi contemporanei.
I quaranta anni che ci separano dalla sua morte hanno visto
la tragica consunzione di quella ideologia nazionalista — «la plus
redoutable perversion des temps modernes» come l'ha definita
Maurice Vaussard nel suo Discours inaugural du Congrés de Spo-
leto sottolineandone l'estraneità e l'avversione di questo pontefice
— nella quale appaiono invece più o meno consapevolmente in-
clusi tutti gli uomini del suo tempo.
Le ben piü tragiche esperienze che in questo lasso di tempo
lumanità doveva ancora attraversare, hanno indotto tutti, governi
e popoli, a modificare sostanzialmente i propri punti di vista sulla
guerra, non solo o non tanto alla luce di una più approfondita coscienza
umana e cristiana, quanto anche piü semplicemente in ordine al-
l'esclusiva possibilità di sopravvivenza ; mentre, per un altro verso,
il sorgere di una nuova coscienza ecumenica nell'interno della Chiesa
e nel mondo ha predisposto credenti e non credenti ad un nuovo
atteggiamento di fratellanza e ad una ben diversa impostazione del
problema della convivenza reciproca.
Di queste idee, dolorosamente maturate nel tempo, appare
portatore ed anticipatore questo pontefice che perció, nonostante
l'indiscussa preparazione politico-diplomatica di cui disponeva e
malgrado gli opposti quanto autorevoli giudizi di taluni suoi contem-
poranei, sembra oggi, piuttosto che alla schiera dei papi « dits poli-
tiques » appartenere alla famiglia di quelli « dits réligieux ».
Giudizio questo del Vaussard sostanzialmente ribadito da
NUOVE PROSPETTIVE STORIOGRAFICHE SULLA PRIMA GUERRA Ecc. 101
Merio Bendiscioli nella sua accurata disamina, La Santa Sede e
la guerra, il quale trova che la posizione di Benedetto XV è « pri-
mariamente religioso-pastorale e parenetica » anche se concreta-
mente si accompagna ad «uno studio discreto, ma sistematico e
penetrante della situazione militare, politica, psicologica per co-
gliervi la possibilità di avviare il deprecato conflitto tra Stati e
Popoli ad una conclusione che tenesse conto delle esigenze legittime
degli uni e degli altri ».
Una ricerca della pace che consegue la radicale condanna della
guerra che negli apprezzamenti di questo papa fu «suicidio dei
popoli», «suicidio dell'Europa civile», prima di esser detta «inutile
strage ».
Caratteristica l'assenza dai documenti pontifici del «motivo
— che è invece così largamente valorizzato nelle pastorali di guerra
dell'episcopato francese, tedesco, italiano (^) — secondo cui la guerra
è occasione di rinnovamento morale, di « conversioni religiose, per
non dire di azioni eroiche per grandi ideali come la difesa della
civiltà, del buon diritto conculcato, nello spirito degli antichi
crociati ». Negli stessi documenti «le pronuncie sulla guerra usata
come mezzo per risolvere le controversie tra Stati e Stati, fra Stati
e Nazioni, sono fortemente critiche, negative e praticamente senza
alcun riferimento alla casistica giuridico-scolastica di guerra giusta
e di guerra ingiusta, di armi lecite e di armi illecite ».
Atteggiamento radicale quello di Benedetto XV che sembra
«costituire una novità » ed avere «le sue radici in un ripensamento
ben più realistico dei principi dell’etica cristiana in rapporto alla
guerra », mentre la stessa definizione di «inutile strage » (espres-
samente voluta dal pontefice, secondo anche la testimonianza resa
dal conte Della Torre) segna, per il Bendiscioli « un principio nuovo,
insieme etico e politico, che doveva fruttificare, da un lato, in una
meditazione sul diritto di guerra alla luce preminente dell’etica
cristiana che proibisce di uccidere; dall’altro nello sviluppo della
organizzazione internazionale con fine precipuo di prevenire la
guerra ».
Queste considerazioni hanno trovato conferma nella lezione di
Jean Leflon, L'action diplomatico-réligieuse de Benoit XV en faveur
de la paix durant la prémiére guerre mondiale, che ha messo in risalto
il contrasto tra l'azione del papa, che, come pastore universale,
doveva «préconiser la paix et rester neutre dans un conflit qui
opposait les chrétiens » e l'atteggiamento dei cattolici che tanto in
Ti AI
102 PIER LORENZO MELONI
Francia quanto in Italia « traités par leur gouvernements en citoyens
de seconde zone, surenchérirent en fait de patriotisme, come s'ils
voulaient se réhabiliter et versèrent dans un nationalisme exacerbé ».
Da un lato quindi «i silenzi » pontifici (mancata condanna
dell'aggressione tedesca, della violazione della neutralità del Belgio,
del bombardamento della cattedrale di Reims, ecc.), dall’altro le
pesanti accuse contro questo papa «boche» cui s'imputava oltre-
tutto di «faire le jeux des anticléricaux ».
A distanza di tempo la pretesa germanofilia di Benedetto XV,
che pure è da ricollegare all’infelice contesto (noto solo nei limiti
consentiti dall’attuale mancata disponibilità delle fonti vaticane)
della situazione diplomatica della S. Sede durante il conflitto, non
consente «le droit de mettre en doute l’impartialité très sincère »
di questo papa « mal compris, méconnu, desservi par la conjoncture,
physiquement petit de taille et chétif » ma, come Leflon auspica
che la storia debba finalmente riconoscere, «en realité grand ».
La comunicazione di Angelo Martini, La nota di Benedetto X V
alle potenze belligeranti nell’agosto 1917, che sulla scorta di documenti
inediti (P. Martini è l’unico che ha avuto un limitato accesso agli
archivi vaticani) ha ricostruito la genesi di questo tentativo ponti-
ficio, conferma tanto i limiti in cui la diplomazia vaticana era co-
stretta, quanto il suo realistico sforzo di impegnare i riluttanti
Imperi Centrali su di una base concreta e possibile di trattative,
mentre prospetta la necessità di inquadrare questo nobile tentativo
«nel più ampio programma di Benedetto XV relativamente alla
posizione e all’influsso della Santa Sede e della Chiesa nel mondo
contemporaneo ».
Propositi di presenza e volontà d’inserimento che sono apparsi
evidenti anche nella comunicazione di Rodolfo Mcsca, La mancata
revisione dell'art. 15 del Patto di Londra, nella quale peraltro si ricon-
duce la decisa opposizione del Sonnino, più che al suo «preteso
anticattolicesimo » al «timore che la Santa Sede contribuisse, una
volta ammessa al Congresso della pace, a svalutare, sollevando
precisamente la Questione Romana, gli impegni contenuti nel Patto ».
Questo il nuovo, grave scacco della diplomazia vaticana, forse
come il precedente scontato in partenza eppure ugualmente tentato.
Ma non fu per questa esclusione che Benedetto XV apparve
severo giudice della pace come già lo era stato della guerra. Le sue
riserve verso la pace che il Bendiscioli ha qualificato come un parti-
colare revisionismo ante litteram, appaiono ispirate infatti agli
NUOVE PROSPETTIVE STORIOGRAFICHE SULLA PRIMA GUERRA Ecc. 103
stessi principi di universalismo cristiano che avevano condannato
la guerra, sono giudizio critico verso una pace imposta con le armi
e che non porta la riconciliazione tra i popoli non riconoscendone
le giuste aspirazioni, sono ancora condanna di ogni prepotere nazio-
nalistico e, forse, un preveggente intuito della precarietà dei trattati
stipulati.
E non mi sembra solo pura coincidenza il fatto che, mentre
questa voce rimane inascoltata o impedita in Europa, riesca a
penetrare come germe di rinnovamento vaste porzioni del mondo
con quella che è stata definita «la più grande rivoluzione missionaria
della storia ».
Raimon Rainero con la sua comunicazione, Attualità del
pensiero missionologico di Benedetto XV, analizzando il riordina-
mento predisposto con l’enciclica Maximum illud del 30 novembre
1919, ne ha sostenuto «la straordinaria preveggenza e quindi l’in-
timo vigore e la universale validità proprio riguardo a quegli aspetti
che di lì a poco avrebbero dovuto sconvolgere l’assetto del mondo
sul piano politico come su quello ideologico ». Non si tratta infatti
soltanto di operare lo svincolo dell’azione missionaria da quella
civilizzatrice delle potenze coloniali, di precisare una nuova fisio-
nomia del missionario ripudiando quella del « paladino di un Cristo
avvolto nella bandiera nazionale », d’incrementare il clero indigeno
e di altre cose del genere quanto piuttosto « dell’affermazione solenne
dei diritti dell'autoctono alla conservazione della propria fisionomia »
contro ogni «snaturazione » e contro ogni «europeizzazione » di
consacrare in definitiva il riconoscimento della sua «dignità » e
della sua «responsabilità civile e religiosa ».
Questa impostazione moderna del problema missionario che
rompe definitivamente con il passato, sembra anticipare il futuro
e prevedere in modo lungimirante la fine del colonialismo europeo.
« Caratteristica primaria » di questo pontefice, come anche a
questo proposito ha voluto sottolineare Angelo Tamborra, «era
quella di saper guardare per tempo molto lontano » E sembra evi-
dente che tale preveggenza sia da ricondursi all’avversione antina-
zionalistica di un rinnovato spirito ecumenico che si esplicava con
novità d’impostazioni ed anche con novità di accenti « che saranno
ritrovati solo un cinquantennio più tardi» con un altro grande
pontefice.
Altri aspetti dell’azione di Benedetto XV, in rapporto a spe-
cifiche situazioni nazionali, sono state prese in esame nelle altre
WW
|
M
dii
104 PIER LORENZO MELONI
sezioni del Convegno : così per l'Italia la rimozione del non expedit
che consentiva un superamento di fatto della Questione Romana.
Su un particolare e poco noto episodio di questa vicenda, ha qui
riferito intanto Renato Mori con la comunicazione, L'offerta spa-
gnola di ospitalità a Benedetto XV.
*
* *
Una prospettiva diversa e spesso contrastante, anche se per
molti aspetti non priva di più immediato interesse, hanno introdotto
nel Convegno i temi cui erano dedicate le successive giornate di
studio, quando dall’esame della posizione pontificia si è scesi a quello
dell'atteggiamento dei cattolici nei singoli paesi belligeranti.
Dal piano dell’universalismo pontificio ci si è, per così dire,
calati nei rispettivi punti di vista nazionali in cui i cattolici degli
stati belligeranti, dibattuti tra il richiamo del dovere patriottico
e quello del sentimento religioso, sembrarono non avvertire «lo
scandalo dei popoli cristiani in lotta fra loro », offrendo un quadro
da più voci giudicato « deludente ». Giudizio che riflette una ma-
turata coscienza cristiana e civile che è, se non una realtà, almeno
una più diffusa aspirazione dei nostri giorni, ma che, salvo rare ed
isolate eccezioni, appare del tutto estranea alla mentalità dei catto-
lici di tutte le nazioni impegnate nel primo conflitto mondiale.
Così nella seconda giornata l'esame della situazione italiana
è stato introdotto dalle relazioni di Pietro Scoppota, Cattolici
neutralisti e interventisti alla vigilia del conflitto, e di ALFONSO PRANDI,
La guerra e le sue conseguenze nel mondo cattolico italiano, cui si sono
affiancate le seguenti relazioni su piü specifici argomenti : CARLO
BELLO, Miglioli e il movimento contadino «bianco » nel periodo bel-
lico ; Pietro Borzomati, I cattolici calabresi e la guerra 1915-1918 ;
ANTONIO FAPPANI, / cattolici bresciani e la prima guerra mondiale ;
Cosimo Damiano Fonseca, / cattolici lombardi della « Pro cultura »
e la prima guerra mondiale; Tommaso GaLLARATI ScoTTI, Idee e
orientamenti politici e religiosi al comando supremo : appunti e ricordi ;
PreRO GRASSINI, Ricordo di Eligio Cacciaguerra ; GrorGIo Gua-
LERZI, La neutralità italiana e « Il Momento» di Torino; PASQUALE
Lopez, I cattolici napoletani e la prima guerra mondiale nella stampa
dell’epoca; Rarmonpo LuraGHI, I cattolici torinesi di fronte ai fatti
dell'agosto 1917 ; SERGIO MARIANI, Appunti per una storia del movi-
mento cattolico a Bergamo nel periodo 1913-1918; PrgR LoRENZO
NUOVE PROSPETTIVE STORIOGRAFICHE SULLA PRIMA GUERRA Ecc. 105
MELONI, I cattolici e la grande guerra nella pubblicistica perugina ;
ALBERTO MonTICONE, I Vescovi italiani e la guerra 1915-1918 ;
Francesco TRANIELLO, Guerra, Stato, Nazione, negli scritti di P.
Rosa apparsi sulla « Civiltà Cattolica» (1914-18); DANILO VENE-
RUSO, I rapporti fra Stato e Chiesa durante la guerra nei giudizi dei
maggiori organi della stampa italiana; VaLeRIO VorPiNi, Orienta-
menti della letteratura cattolica italiana durante la guerra; ANTONIO
ZieGER, La stampa cattolica trentina fra il 1913 ed il 1919.
Lo schieramento « vario e ricco di sfumature assai più di quello
di altre correnti d’opinioni o partiti politici », che le forze cattoliche
presentarono di fronte al problema dell’intervento, è per Scoppola
sintomo dell’importanza che anche per i cattolici assunse il dibattito
sull’intervento, duro banco di prova, occasione di scissioni, di
ridimensionamenti e di qualificazione politica per tutti.
Secondo la classificazione proposta, che utilizza la terminologia
parlamentare, gli orientamenti «ideologicamente e politicamente
ben definiti e relativamente stabili lungo tutto il corso della neu-
tralità italiana », offrono all'estrema destra una posizione di «un
deciso neutralismo in cui rivivono i motivi dell’intransigenza tem-
poralistica », sulla sinistra i due orientamenti antitetici del neutra-
lismo del Miglioli « di forte ispirazione sociale e contadina » e dell’in-
terventismo «acceso » di alcuni giovani della Lega Democratica
Cristiana Italiana, mentre «il grosso del mondo cattolico coni suoi
organismi ufficiali, la sua stampa, i suoi deputati, si trova al centro
di questi due estremi «in una posizione riassunta dalla formula
assai elastica della neutralità condizionata ».
Se non nuova l’individuazione di queste quattro posizioni fonda-
mentali (‘), nuova e di grande interesse è risultata invece la caratte-
rizzazione fornita in questa ricerca « rivolta essenzialmente a lumeg-
giare le premesse ideologiche dei vari orientamenti di fronte alla
guerra», e nuovo sostanzialmente il giudizio storico scaturito da
un consapevole inserimento in quella revisione dell’interpretazione
dell'interventismo proposta dalla più recente storiografia.
Così il neutralismo di estrema destra, rappresentato soprattutto
dall' Unità Cattolica di Firenze, si caratterizza «riducendo tutto il
discorso sulla guerra ai vecchi tempi della polemica intransigente
e temporalistica» ravvivando una tradizione alquanto affievolita
durante il periodo giolittiano per il prevalere dell'indirizzo clerico-
moderato.
La guerra é essenzialmente il castigo di Dio abbattutosi su di
CREME, i E US d A Matar
106 PIER LORENZO MELONI
un'Europa in cui il liberalismo ha scardinato il tradizionale principio
d’autorità sovvertendo l'ordine dei valori; l'interventismo nelle sue
varie espressioni non è che una forma di disordine sociale che discendé
anch'esso dal liberalismo, progenitore di ogni male della società
moderna ; alla mancata pietà per il Belgio invaso, troppo sensibile
ai traviamenti liberali, corrisponde invece una diffusa simpatia per
l'Austria, « baluardo della cristianità ed argine al pericolo panslavo »;
si giustifica l'ultimatum alla Serbia « proposto in nome della civiltà »
e si giunge persino ad una « patetica difesa in extremis » della Tri-
plice perché la Germania «ha assunto il pensiero ed il linguaggio
della religione ».
Atteggiamento questo che in definitiva si compendia nella
incapacità di vedere «altri attori, altri argomenti che quelli tradi-
zionali (l'indipendenza del pontefice, liberalismo e massoneria) e che
quindi condiziona tutto alla preoccupazione fondamentale di difen-
dere la Chiesa, la S. Sede, la cui libertà sarebbe compromessa dal-
leventualità di una entrata in guerra dell'Italia ».
Sull'estrema sinistra gli orientamenti opposti, rappresentati dai
due giornali omonimi l'Azione di Cremona e l'Azione di Cesena,
hanno il pregio comune di offrire una posizione «attiva e risoluta »,
piü facilmente delineabile.
La prima è l'espressione di quel movimento contadino a carat-
tere sociale e religioso sorto nel cremonese negli anni a cavallo tra
i due secoli, ed il suo «accanito neutralismo, che, ripudiando ogni
interpretazione della guerra come lotta per la civiltà », vede in essa
«solo lo scontro d'interessi finanziari, militari, imperialistici », lo
Strumento delle classi padronali per l'oppressione delle classi lavo-
ratrici, é da ricollegarsi alla tradizione di quell'intransigentismo
sociale cui, a differenza di quello religioso, la questione romana
era del tutto indifferente. Tale anche il limite della posizione
dell'on. Miglioli (efficacemente puntualizzata da Carlo Belló nella
sua comunicazione) che ha peraltro il pregio della costante ed
assoluta fedeltà alla base nell’esplicazione del proprio mandato
parlamentare.
Quanto all'accesso interventismo dei giovani della Lega Demo-
cratica Cristiana, Scoppola ne smentisce la diretta discendenza
«dalle premesse del riformismo religioso del primo ’900 ». Questa
Si esplica più coerentemente in quel neutralismo di natura essen-
zialmente religiosa, che ebbe limitate ma salienti manifestazioni nelle
riviste Coenobium e Bilychnis e la sua espressione più alta nel P.
NUOVE PROSPETTIVE STORIOGRAFICHE SULLA PRIMA GUERRA Ecc. 107
Alessandro Ghignone, e che tentò, col promuovere la Lega dei Neutri,
di dare un contenuto positivo ed attivo alla neutralità italiana.
Nessuna contaminazione d'altra parte con le nuove posizioni del
Murri, ormai fuori della Chiesa ed idealisticamente proteso ad una
esaltazione « mistica » della guerra: l’eredità dell’antico leader è
solo ricollegabile a quel principio di autonomia politica ormai salda-
mente acquisito dalla Democrazia Cristiana. E l'originalità di questa
posizione dei giovani dell'Azione di Cesena, che si stacca dall'eredità
del modernismo nelle sue derivazioni pacifista ed interventista,
«sta proprio nell'essere una consapevole scelta politica », promossa
particolarmente da un Vaina, un Donati ed un Cacciaguerra, cui
Piero Grassini ha dedicato un commosso ricordo.
Peculiare significato del dibattimento sull'intervento (che si
sviluppa attraverso la polemica della stampa cattolica con altri
gruppi o correnti politiche impegnata tanto contro l'interventismo
democratico o di sinistra, quanto contro quello di destra di stampo
nazionalistico, mentre resta sempre protesa alla differenziazione del
proprio neutralismo da quello socialista), è quello di essere occasione
di chiarimento «in cui si realizza una prima esperienza d'autonomo
giudizio politico dei rispettivi orientamenti cattolici, allo stesso tempo
che si andrà precisando l'atteggiamento ufficiale della maggioranza ».
Cosi la formula della « neutralità condizionata » (di cui si studia
attentamente la genesi) appare il punto di compromesso cui appro-
derà «quel progressivo indebolimento della volontà di conservare
la pace » che si registra nei dirigenti politici del movimento cattolico,
«divisi tra la fedeltà agli orientamenti della base, decisamente
neutralista, e gli orientamenti degli ambienti politiciliberali e con-
servatori che si volgono gradualmente verso l'intervento ». Sarà
la formula valevole per l'inferclassismo cattolico che permetterà ai
clerico-moderati di preparare « quell’accettazione della guerra in
chiave di esaltazione patriottica e richiami alla missione nazionale »
che, se rappresenta un cedimento al clima nazionalistico del momento,
è altresì « occasione di colmare una volta per tutte la frattura fra i
cattolici stessi e la nazione ».
Questo il merito del clerico-moderatismo ; ma si è voluto sotto-
lineare che l'allineamento della maggioranza cattolica su posizioni
nazionali, «l'accostamento alla classe dirigente liberale per una più
stretta collaborazione », si realizza «.proprio nel momento in cui,
ripudiata la linea giolittiana, essa cessava di esprimere l’esigenza
di un allargamento delle basi dello Stato, [e] cercava, più o meno
DITA T Uam imc m
108 PIER LORENZO MELONI
consapevolmente, nell’intervento l'ultima possibilità per salvare
la sua egemonia ».
Cosi l'accettazione dell'intervento, se politicamente è l'ultima
espressione dell'indirizzo clerico moderato, non è sembrata costi-
tuire «la premessa dell'affermazione, nel dopoguerra, del Partito
Popolare Italiano ... tanto più che la guerra contribuirà a spazzar
via le ultime illusioni del moderatismo cattolico, a far maturare
l’esigenza di un radicale rinnovamento della vita politica del Paese ».
Giudizio questo condiviso in stretta unità d’ispirazione dal
Prandi per il quale appunto, se «i clerico-moderati durante la prima
guerra mondiale toccarono l’apice della loro fortuna... insieme
diedero la dimostrazione dell’aridità morale, ideale e religiosa della
loro impostazione ».
«Il progressivo inserimento dei cattolici nello stato, a difesa
dell’ordine minacciato dai socialisti, dal 1904, dal Patto Gentiloni,
alla guerra di Libia, al filogiolittismo, al sostegno del governo Sa-
landra, sia nella neutralità, sia nell’intervento, fino alla partecipazione
di Filippo Meda nei governi Boselli e Orlando », fu il costante ob-
biettivo perseguito dai clerico-moderati con «una monocroma
linea di approccio » che nasconde la loro più profonda aspirazione
di diventare « nazionali » e « costituzionali », il loro sentire il passato
unicamente «come una passività da colmare »; che li costrinse
«ad equilibrismi spesso mal riusciti tra credo religioso ed ambizione
politica », «ad una costante disponibilità per tutte le cause» e che,
in definitiva, ebbe il torto di non promuovere «la causa dei cattolici »
ma di renderli «truppe ausiliarie e mal ricompensate di antichi
avversari in vena di interessate blandizie ».
In questo «itinerario senza svolte» sono perduti «i valori
dell'antica protesta cattolica », espressa dalle correnti intransigenti,
«senza neppure accogliere quella convinzione di energico messia-
nesimo che era propria della tradizione murriana ». In tal modo
«il risultato massimo — la partecipazione al governo — era anche il
fallimento dei clerico-moderati. Se, infatti, scoccava l’ora dei popoli
essi sarebbero stati travolti con quella classe dirigente che si erano
indotti ad affiancare per una sorta di congeniale vocazione ».
Il moderatismo, in definitiva, non è che «una versione di un
duttile conservatorismo cattolico, e, si potrebbe dire una delle anime
permanenti del movimento politico dei cattolici in Italia ». Perciò
anche per il Prandi c’è profondo stacco tra la sua linea e quella
«nuovissima coesione dei cattolici di cui fu catalizzatore la guerra » :
NUOVE PROSPETTIVE STORIOGRAFICHE SULLA PRIMA GUERRA Ecc. 109
il popolarismo sturziano in cui sono recuperate « le esigenze dell’in-
transigentismo, della democrazia murriana, del populismo miglio-
lino », mentre si approda alla grande scoperta della «separazione
dell'azione politica cristianamente ispirata da quella religiosa eccle-
siasticamente disciplinata ».
Come si vede, è il problema della autonomia il perno di questa
impostazione che non ha mancato di sollevare la critica di chi — come
Brunello Vigezzi — ha creduto ravvisare in essa un tentativo di
riduzione della storia del Movimento Cattolico alla « preistoria »
del P- B. L
Ma il problema dell'autonomia politica é stato invece inserito
nel più ampio contesto della prospettiva religiosa per cui diventa
il problema della coscienza cristiana difronte alla guerra (*). Ed uno
storico impegnato come il Prandi nel vaglio attento delle idee (« an-
che quando, travestite da idee, si ha a che fare con miti passionali,
e con ingannevoli suggestioni »), nel chiarimento dei contenuti
impliciti in quel giudizio moralistico sulla guerra che vien ricondotto
al tipo della « geremiade » pur sapendo di non poter «erigersi a
giudice di qualità religiose », rivendica tuttavia a se stesso il compito
della denuncia di quelle « commistioni, che allora parvero irrefre-
nabili, tra religione e sentimento nazionalistico, sia pure travestito
dei colori e del linguaggio del più puro patriottismo ».
Del resto un’esperienza drammatica come quella del P. Semeria,
che Tommaso Gallarati Scotti ha rievocato con l’efficacia della sua
testimonianza, è tale da risultare emblematica del travaglio della
coscienza cristiana in questa età e da giustificare il rigore di questa
impostazione.
*
* *
Sull'opposto lato della barricata hanno, nella terza giornata
del Convegno, trasferito l'esame le relazioni di HzrwnRIcH Lurz,
I cattolici tedeschi di fronte alla guerra ed alle sue conseguenze, e di
FrieprIca EncEL-JANOSI, Benedetto XV e l’Austria.
Quest'ultimo, ritornando nell'ambito della storia diplomatica,
si è limitato a riportare i risultati di suoi precedenti studi (parti-
colarmente noto il suo Oesterreich und der Vatikan, riproponendo la
famosa equazione del principe Schónburg (salvezza dell'Austria,
salvezza della Santa Sede) sulla quale si fece leva da parte austriaca
particolarmente durante il periodo della neutralità italiana. Cosi
110 PIER LORENZO MELONI
pure ha ricostruito, sulla scorta di fonti austriache, le vicende che
precedettero la stesura della nota papale del 1 agosto 1917.
Il Lurz ha invece tentato per la prima volta, con originale ed
efficacissima sintesi, un’indagine d’opinione sui cattolici tedeschi
di fronte alla guerra e al dopo-guerra. Partendo da una presenta-
zione della minoranza cattolica in Germania alla vigilia del conflitto
e sulla scorta dell’evoluzione del pensiero del filosofo Max Scheler,
ha messo a fuoco orientamenti ideologici e attività politica, rievo-
cando le vicende del Zentrum e di altri gruppi, assieme a quelle di
autorevoli esponenti cattolici a partire da Matthias Erzberger e dal
Cancelliere Hertling fino all'esordio del giovane Adenauer.
Cosi sono emersi i «complessi d'inferiorità » della minoranza
cattolica tedesca, per «le umiliazioni inflitte dalla classe dirigente
liberale e protestante », che determinarono l'accettazione della guerra
« come speranza di riabilitazione nazionale » e che inclusero anche
i cattolici nella tematica del nazionalismo tedesco sulla «guerra
giusta » sulle «annessioni come garanzia politica» per sventare
nuove possibilità di « accerchiamento », mentre, sia pure con grande
ingenuità, il loro capo « considerava e trattava il papato come un or-
gano per la tutela degli interessi tedeschi » nella questione del Belgio.
Solo verso le metà del 1917 si determinava in campo cattolico
un nuovo e piü indipendente orientamento, di affievolito lealismo
al sistema guglielmino e piü spinto a sinistra, che produsse la mag-
gioranza per la «pace senza annessioni » e che fini con il portare i
cattolici ai vertici della gerarchia nazionale, senza peró che si ren-
dessero conto di essere divenuti le pedine di un giuoco ormai in mano
a Hindenburg e Ludendorff. E nella Repubblica di Weimar, «ri-
volta nata dalla stanchezza e dall’esaurimento », dal calcolo dei mi-
litari, i cattolici tedeschi « sprovvisti di un minimo di tradizione re-
pubblicana », si lasciarono progressivamente travolgere da quella de-
formatio conscientiae che, scaturita « dalla profonda convinzione di
essere vittime di una ingiustizia immane », impedì al popolo tedesco
«un esame di coscienza », avviandolo per una strada ben nota.
Il panorama degli orientamenti dei cattolici nelle varie nazioni
belligeranti veniva poi completato dalle seguenti, ampie e interes-
santissime comunicazioni della 3* sezione del Convegno: OrrAvio
BanrE, / cattolici americani e la prima guerra mondiale ; VALERIANO
Mrvszrowicz, L'alteggiamento dei cattolici polacchi nella prima
guerra mondiale; Giuseppe Musco, I cattolici inglesi agli inizi del
secolo di fronte alla guerra e alle sue conseguenze ; ExrroRE PASSERIN
NUOVE PROSPETTIVE STORIOGRAFICHE SULLA PRIMA GUERRA ECC. 111
d’ENTRÈVES, Il pensiero e l'azione di Padre De Foucauld agli inizi
della guerra, nei suoi riflessi nel nord-Africa e nel Sahara; LAJos
PàszronR, I cattolici ungheresi e la prima guerra mondiale ; PAoro
SCARANO, Atfteggiamenti dei cattolici ibero-americani ; ANGELO TAw-
BORRA, Benedetto XV e i problemi nazionali dell' Europa orientale-
Ciò che più sorprende in questa rassegna, è il fatto della sostan-
ziale coincidenza della situazione di fondo in cui vengono a tro.
varsi, sia pure per motivi contingenti assai diversi, i cattolici di
tutti i principali paesi belligeranti alla vigilia del conflitto, e quello
dell’altrettanto sostanziale identità del processo storico cui li co-
stringe la guerra.
Furono le passate condizioni d’inferiorità, d’esclusione e di
minoranza, i sospetti perduranti sulla loro lealtà verso lo stato o
sulle qualità del loro patriottismo, che accomunano l’esperienza dei
cattolici d'Europa: per tutti si prospetta nella guerra la possibilità
di una riabilitazione, del conseguimento di una reale parità di di-
ritti e condizioni con gli altri cittadini della stessa nazione e, per
tutti si determina la spinta all’accettazione della guerra nel quadro
dei rispettivi nazionalismi e delle loro ragioni, ignorando il divario
con quelle più profonde della comune fede religiosa.
Ciò risulta evidente particolarmente per i cattolici francesi (*),
italiani e tedeschi, ma lo stesso fenomeno si registra per tutti, non
esclusi gli inglesi, come chiaramente appare dalla comunicazione
di Giuseppe Musco. Se infatti lo scoppio della guerra portò all’ac-
cantonamento temporaneo della «spinosa» questione irlandese (giunta
in quei giorni al limite di rottura) per una sollecita ricomposizione
dell’unità nazionale, durante tutto il conflitto si ebbe, da parte dei
cattolici inglesi di ogni estrazione sociale ed etnica, un’azione co-
raggiosa e leale, «quasi che il loro unico scopo fosse quello di fu-
gare colla dimostrazione pratica della loro lealtà ogni pregiudizio
contro di loro ».
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Come conclusione mi sia consentito un breve accenno alla mia
comunicazione dal titolo : 7 cattolici e la grande guerra nella pubbli-
cistica perugina, che vuol essere un primo contributo alla storia
regionale del movimento cattolico ancora intestata.
In tale mancanza di studi, il mio intento precipuo é stato quello
di ricostruire, nel modo piü esatto possibile, la situazione locale,
ricordando persone ed eventi prima ancora che il passare del tempo
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112 PIER LORENZO MELONI
renda ciò più difficoltoso, astenendomi però da ogni conclusione
che mi è sembrata affrettata o esorbitante i miei termini.
I limiti della stampa cattolica perugina — interrotta tra il
1910 e la fine del 1915 a seguito della crisi modernista, e lacunosa-
mente conservata o non conservata affatto alla sua ripresa (?) — mi
hanno impedito taluni interessanti accertamenti, primo tra tutti
quello concernente il dibattito sull’intervento, per cui indirettamente
e solo in parte ho potuto proporre una valutazione indicativa.
Tale carenza mi ha indotto a rivolgermi a tutta la pubblici-
stica perugina dell’epoca (*), nella quale ho cercato di cogliere, alla
luce delle rispettive prospettive, tanto l’espressione locale delle
singole correnti di opinioni o dei singoli partiti a riguardo dei catto-
lici italiani e delle loro vicende, quanto, e più diffusamente, informa-
zioni ed apprezzamenti su quelli perugini ed umbri.
Ho poi potuto integrare la mia indagine con ricerche d’archivio
e con preziose testimonianze di autorevoli protagonisti superstiti
di quei giorni (*).
Il quadro che ne é risultato é quello di una prevalente e notevole
adesione patriottica dei cattolici perugini che si esplica in numerose
manifestazioni e molteplici iniziative, realizzando quella progressiva
convergenza con l'elemento dirigente liberale (in chiave di appelli
all'unità nazionale e quindi in funzione antisocialista e talora anche
antimassonica) propria dell'indirizzo clerico-moderato che anche da
noi vuole il superamento di vecchie diffidenze e di vecchie esclusioni.
In tale atteggiamento mi è però sembrata evidente la pre-
senza di superstiti influssi della democrazia murriana che si esplicano
soprattutto in direzione sociale; mentre le conseguenze della crisi
modernista rimangono la caratteristica piü saliente di questa età,
perché la guerra, in concomitanza con il mutato indirizzo voluto
da Benedetto XV a questo riguardo, é occasione per il superamento
anche di questa frattura.
In mancanza di studi sul movimento cattolico umbro è difficile
esprimere un giudizio complessivo, ma la situazione emersa dalla
mia indagine mi sembra che si possa coerentemente riallacciare
ad una tradizione umbra, dove non risulta che abbia molto attec-
chito l'intransigentismo ottocentesco (*), ma sia sopravvissuta piut-
tosto quell’altra tradizione conciliatoristica apertasi con Paolo Cam-
pello e Carlo Conestabile e proseguita attraverso l’opera di vari espo-
nenti della cosidetta «Corte perugina » di Leone XIII, almeno fino
all’epoca di Crispi.
NUOVE PROSPETTIVE STORIOGRAFICHE SULLA PRIMA GUERRA Ecc. 113
Tutto ciò meriterebbe più dettagliate ricerche e più appro-
fonditi studi su piano regionale, come pure andrebbe approfondito
il rapporto con i socialisti ancora inesplorato da parte cattolica.
Infine, benché tutta la stampa perugina dell'epoca si presenti
come stampa regionale, lo è solo di nome : impossibile perciò esten-
dere le mie conclusioni all'intera Umbria. Nonostante il prevalere
di un indirizzo che reputo comune, sono convinto che non manchino
sul piano regionale differenze locali, almeno di tono, e talune forse
anche piü sostanziali, secondo le indicazioni fornite dal Rapporto
del Procuratore del Re presso la Corte d'Appello di Ancona al Mini-
stro Guardasigilli in data 18 settembre 1918 (3), che distingue tra
l'atteggiamento patriottico dei vescovi o del clero urbano e quello più
«riservato » del clero di campagna, e che, nell'esame della situazione
nelle varie diocesi dell'Umbria, avanza riserve per Città di Castello,
Narni e Terni e soprattutto per Foligno.
Anche a questo proposito la mia comunicazione — come questo
Scritto — vuol essere un invito a nuovi e piü particolareggiati studi
in questo campo ancora intatto della nostra storia regionale.
Pier LoRENZO MELONI
NOTE
(1) Benedetto XV, i cattolici e la prima guerra mondiale, Atti del Con-
vegno di studio tenuto a Spoleto nei giorni 7-8-9 settembre 1962, a cura
di Giuseppe Rossini, Edizioni 5 Lune, Roma, 1963.
(2) Aspetti della cultura cattolica nell'età di Leone XIII, Atti del con-
vegno tenuto a Bologna il 27-28-29 dicembre 1960, a cura di Giuseppe Ros-
sini, Edizioni 5 Lune, Roma, 1961.
(3) Le pastorali di guerra dell’episcopato italiano sono una delle fonti
della comunicazione di Alberto Monticone che, sulla scorta anche di accu-
rate indagini archivistiche, studia gli atteggiamenti e le idee politiche dei
vescovi italiani in occasione della prima guerra mondiale, proponendone
una classificazione in nazionalisti, neutralisti, patriottici e moderati. Dei ve-
scovi dell'Umbria, alcuni, che però non sono specificati, apparterrebbero
alla prima categoria, ma nessuno alla seconda; tra i vescovi patriottici è
menzionato mons. Nicola Cola di Nocera e Gualdo, mentre tra i moderati
sono ricordati i mons.ri Pietro Pacifici di Spoleto e Vincenzo Migliorelli
di Norcia.
(4) Lo stesso Scoppola richiama l'impostazione di G. DE Rosa, Storia
politica dell’ Azione Cattolica in Italia, Vol. II, Bari, 1954, pp. 382-431, e la
8
114 PIER LORENZO MELONI
chiara sintesi di F. FonzI, Stato e Chiesa, nelle Nuove questioni di Storia del
Risorgimento e dell'Unità d'Italia, Milano, 1961, pag. 355 e seguenti.
(5) Questo problema è stato particolarmente sottolineato nel lucido
intervento di Sergio Cotta che — nell’intento di chiarire il senso della « ri-
sposta che in quella occasione i cattolici, e più in generale i cristiani, cre-
dettero di dover dare in coscienza al problema della loro concreta parteci-
pazione alla guerra... uno dei massimi problemi della vita umana e [che]
quindi si presenta continuamente » — propone una ricerca fenomenologica
« delle motivazioni di coscienza o anche solo degli impulsi emozionali », tale
da consentire un arricchimento dello studio della storia politica « portan-
dola sul piano di storia della civiltà, di storia della religiosità e dei senti-
menti umani » e da contribuire «a rendere la filosofia sempre più attenta
alla realtà degli impegni e degli atteggiamenti umani ».
Di notevole interesse anche lo « schema provvisorio » che per una siffatta
indagine prospetta utilizzando i dati forniti dal Convegno, e, soprattutto,
l’interpretazione del fallimento della mediazione di pace di Benedetto XV,
come scacco inerente alla condizione della testimonianza cristiana.
(6) L'atteggiamento dei cattolici francesi risulta evidente dalle esposi-
zioni del Vaussard e del Leflon, pur essendo mancata al Convegno la pre-
vista relazione di Alois Simon dal titolo : « I cattolici francesi e belgi di fronte
alla guerra ed alle sue conseguenze ».
(7) Nel 1910 s’interrompe la pubblicazione del settimanale Vita Umbra
che era succeduto al più che trentennale I! Paese (1876-1907). Solo nel di-
cembre del 1915 esce il nuovo settimanale, L’Umbria, che si pubblica per
tutta la durata del conflitto e, forse, anche nel primo dopoguerra, ma di
cui ho rintracciato solo le due prime annate. Di limitato interesse il modesto
mensile : La Voce di Maria — Periodico diretto a promuoverne la conoscenza
e l'amore — di Don Adolfo Severi canonico della Cattedrale. Inizia nel 1914
ed è conservato solo parzialmente. Nell'immediato dopoguerra si ha anche
Il Lavoratore, Quindicinale cattolico perugino, che però non è conservato.
(8) Ho utilizzato soprattutto la Unione Liberale, Corriere quotidiano
Umbro-Sabino, ma anche 7I Popolo, Settimanale repubblicano, La Battaglia,
Giornale della Federazione Intercollegiale Socialista, e stampa d’occasione.
(9) Le ricerche d’archivio ho dovuto limitarle a quelle condotte presso
l’Archivio Centrale dello Stato in Roma dove ho potuto esaminare il Fondo
culto e quello di P.S. Di valido aiuto mi sono state le testimonianze di varie
persone, tra cui ricordo e ringrazio in particolare i mons.ri Luigi Piastrelli,
Canzio Pizzoni e Giocondo Marchesini, l'avv. Carlo Vischia ed il compianto
prof. Giuseppe Angelini.
(10) « L'Umbria rimase sempre una zona impervia per l'intransigentismo ».
Così conclude l'esame della situazione umbra tra il 1883 e il 1897 A. GAm-
BASIN, Jl movimento sociale nell'opera dei Congressi (1874-1904), Contributo
per la storia del cattolicesimo sociale in Italia, Roma, 1958, p. 339.
(11) ACSR, Fondo culto, fasc. gen. 231.
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V CONVEGNO STORICO REGIONALE
« Tipografi, Editori, Produzione libraria in Umbria nei sece. XV-XX »
Città di Castello, 28-29 settembre 1963
Palazzo Vitelli a S. Egidio
APERTURA DEL CONVEGNO
28 Settembre 1963, ore 10,3)
Prof. LuiGi ANGELINI : In assenza del Sindaco, che si scusa
per la sua forzata assenza, ho l’onore e il piacere di dare il saluto del-
l Amministrazione Comunale della Città alle Autorità convenute e
a tutti i presenti. È il saluto cordiale di una gente molto cordiale, come
Voi potrete constatare se rimarrete per un poco a Città di Castello,
come ci auguriamo. È il saluto anche grato di una Città, che purtroppo
non è molto conosciuta anche da parte degli Umbri e noi vorremmo
che fosse conosciuta un po’ di più poichè lo merita. Un particolare
ringraziamento, naturalmente, l’ Amministrazione Comunale e la città
lo danno alla Deputazione di Storia Patria e in particolare al Presi-
dente prof. Cecchini, che hanno voluto che questo quinto Convegno,
così importante, abbia sede qui a Città di Castello. Dicevo che Città
di Castello lo merita, lo merita per la sua lunga storia di cui i suoi
monumenti sono la testimonianza, e vi invito a guardare, a vedere
questi monumenti, che non sono forse all’altezza di quelli di Orvieto,
o di Assisi o di Gubbio, ma che comunque sono certamente di notevolis-
sima importanza. Città di Castello merita considerazione anche per
la sua attuale realtà sociale ed economica, di cui è parte viva, impor-
tante ed attiva l’arte tipografica, che risale nella sua tradizione ai
tempi del Cinquecento-Seicento e che ha trovato poi in Scipione Lapi
l’espressione più alta e l'organizzatore fecondo e attivo: Scipione Lapi,
che noi intendiamo onorare domani mattina, con tutta la solennità
del caso.
Città di Castello, dicevo, è una Città che merita tutta la considera-
zione da parte degli studiosi, da parte dei cittadini, da parte delle autorità.
E io, qui, approfitto dell’occasione per richiamare l’attenzione un pò
di tutti, di tutte le Autorità, di tutti gli studiosi, di tutti gli Umbri su
116 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
questa città così a Nord ma così sostanzialmente umbra nella sua tra-
dizione e nella sua realtà attuale. Rinnovo il mio saluto e vi auguro
buon lavoro.
Francesco BaRrBERI: J| Direttore Generale delle Accademie
e Biblioteche, dott. Mazzaracchio, nell’impossibilità di intervenire a
questo simpatico Convegno di Studi, promosso dalla Deputazione di
Storia Patria per l'Umbria, mi ha incaricato di rappresentarlo e di
portare il suo cordiale saluto a tutti i convenuti e l’augurio di proficui
lavori ; un incarico che io assolvo tanto più volentieri in quanto, essendo
personalmente interessato al tema del Convegno, avevo già dato a
esso la mia adesione.
Il Convegno trae occasione dalla commemorazione di Scipione
Lapi, un industriale e insieme un artefice del libro, che tenne alte
e vive le nobili tradizioni umbre in fatto di tipografia e di editoria,
tradizioni che risalgono fino ai primordi dell’arte tipografica in Italia.
Le città di Trevi, di Foligno, di Perugia, sono scritte a lettere
d’oro negli annali della tipografia italiana del Quattrocento : è quindi
assai opportuno che alla commemorazione di Scipione Lapi sia stata
unita una serie di comunicazioni sulla storia della tipografia nelle
varie città dell' Umbria.
L'Umbria ha avuto egregi cultori di storia della tipografia locale :
basti pensare al Vermiglioli, a Adamo Rossi, al Faloci Pulignani,
a Tommaso Valenti, a Domenico Tordi e allo stesso Cecchini, organizza-
tore della presente manifestazione; ma sarebbe bene che dal Convegno
uscisse se non il voto, almeno il proposito di procedere ad una rico-
gnizione sistematica e ad una descrizione più attenta dei fondi librari
sparsi un pò dovunque nella Regione ; penso che soltanto da questa
ricognizione e da questa descrizione sistematica possano venire una
migliore conoscenza e un approfondimento degli studi tipografici umbri.
Mi consta che la Soprintendenza Bibliografica ha iniziato da anni
€ sta continuando quest'opera di ricognizione; ma noi sappiamo che
i mezzi e il personale a disposizione della Soprintendenza sono quelli
che sono, cioè scarsi, e quindi sarebbe opportuno che all'opera sua
si affiancassero, ove possibile, anche iniziative locali, magari coordi-
nate con quella della Soprintendenza stessa. C°è una ragione partico-
lare oggi per farlo: è noto che nel prossimo anno cadrà il quinto
centenario della introduzione della stampa in Italia, un evento me-
morabile che non interessa soltanto Subiaco o Roma, dove i due proto-
tipografi tedeschi Schweinheim e Pannartz installarono le prime
(SE SOLE oo yan) (ESCHE s Aem Pu | ow
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 1:177
lipografie italiane ; ma interessa tutta l'Italia, non foss'altro per la
rapidità e l’intensità con cui la nuova arte si diffuse sul suolo italiano,
il che testimonia, se ce ne fosse bisogno, il primato culturale dell' Italia
nel secolo dell' Umanesimo. È auspicabile quindi che nel prossimo
anno altre Deputazioni di Storia Patria, magari in collaborazione
con le Soprintendenze Bibliografiche Regionali, con le principali
Biblioteche, promuovano convegni, mostre, studi analoghi a questo
che oggi si inaugura e che assume quindi il significato di un'antici-
pazione di questo ciclo di manifestazioni che ci auguriamo di veder
sorgere un pò dappertutto. E anche sotto questo riguardo il Convegno
promosso dalla Deputazione di Storia Patria per l'Umbria merita
ogni plauso e il migliore successo.
GiovANNI CeccHINI : Saluto e ringrazio sentitamente le Autorità,
i Soci della Deputazione, gli invitati e tutte le persone presenti a questo
Convegno, e in modo particolare ringrazio l'Amministrazione Comunale
nella persona del Vice-Sindaco prof. Angelini, per le espressioni usate
nei riguardi della Deputazione e, anche, per la favorevole accoglienza
che subito mostrò quando io fui latore dell'ordine del giorno che venne
espresso dal III Convegno della Deputazione, a Terni nel 1961, per
intraprendere la riesumazione dell’opera, oltre che della vita, di Sci-
pione Lapi ; della cui dimenticanza generale io mi sono sempre ram-
maricato, dimenticanza che si concreta ad esempio nell’assenza assoluta
del nome del Lapi nell'Enciclopedia Italiana, mentre figura con tre
righe nel Dizionario Enciclopedico. Questo Convegno é il quinto se-
condo la numerazione dei convegni tenuti dopo la guerra, mentre nel
periodo aureo della Deputazione, che va sino a quell'altro conflitto
europeo all’incirca se ne erano tenuti già parecchi; e appunto dal
1° al 3 settembre 1900 la Deputazione si riunì in Convegno qui a Città
di Castello. Allora era Presidente della Deputazione il conte Paolo
Campello Della Spina ed era Sindaco di Città di Castello il dott. Fi-
lippo Gavasei. Le riunioni, che furono tenute al Circolo Tifernate,
si concretarono prevalentemente in due discorsi commemorativi di
re Umberto (da poco era avvenuto il regicidio) : uno dei discorsi fu
tenuto dal conte Paolo Campello Della Spina, e l'altro dall'avv. Raf-
faello Ricci. Poi, alla presenza del Sottosegretario alla Pubblica Istru-
zione on. Panzacchi e del suo Capo di Gabinetto, che era proprio Vit-
torio Fiorini, fu tenuta, sempre nella Sala del Circolo Tifernate, una
Assemblea pubblica dell' Accademia dei Liberi; e credo che sia stata
l’ultima manifestazione dell’Accademia dei Liberi di Città di Castello,
racco —
==’
118 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
che è stata una delle ultime delle numerosissime accademie umbre
a morire. E fu tenuto un discorso dal prof. Pietro Tommasini Mat-
teucci, valoroso studioso tifernate, sui fatti e figure della storia lette-
raria tifernate. In quell'occasione fu espresso da tutti i presenti un
unanime voto di plauso al Carducci, al Fiorini e al Lapi per la rin-
novata edizione dei Rerum Italicarum del Muratori. Ora torniamo,
dopo 63 anni a città di Castello, sempre, in fondo, nel nome del Lapi,
e quindi pensiamo che questo ‘tentativo di riprendere un argomento di
capitale importanza, come ha già accennato molto bene il prof. Bar-
beri, possa avere ulteriori sviluppi decisivi. Naturalmente la Deputa-
zione cerca di seguire non dico una linea politica ma una linea pro-
grammatica (dico una linea politica culturale, intendiamoci bene) :
e in questo caso, scegliendo questo argomento, si è appunto cercato di
convogliare nell’orbita operativa della Deputazione di Storia Patria
quelle forze operanti sopratutto nell’ambito delle Biblioteche e degli
Archivi della regione, per accoglierne la collaborazione attiva, indiriz-
zata a determinati fini programmatici. A queste forze si sono aggiunte
in questo Convegno quelle di volontari ricercatori solitari, tanto più
apprezzabili perchè alternano queste loro ricerche al loro lavoro quoti-
diano, che è di tutt'altra natura, appunto facendo tesoro di questo loro
fervore e di questa loro esperienza, in modo da allargare, finchè è pos-
sibile, la cerchia. di coloro che possono portare contributi definitivi
in una sfesa che in effetti è piuttosto specialistica, che può parere arida,
perchè bisogna persuadersi che tra le testimonianze più fedeli di tutta
la vita di un aggregato umano, è proprio la stampa, dal 400 in poi.
Quindi mi auguro, come si è già augurato Barberi, come si augura il
Consiglio Direttivo, che la Deputazione possa con questo suo atto di
fede stimolare tutte le volontà attive per concorrere a questo fine molto
importante. Con ciò io chiudo il mio breve saluto, che rinnovo fervi-
dissimo, e mi auguro che anche i partecipanti, ciascuno per suo conto,
possano, prendendo la parola, con suggerimenti, con qualsiasi idea,
contribuire a quest'opera a cui ci accingiamo.
Ora propongo all’ Assemblea e prego il prof. Salvatorelli, di assu-
mere lui la presidenza ; e gli chiedo il permesso di comunicare alcune
adesioni al Convegno : il dott. Mazzaracchio, Direttore Generale delle
Accademie e Biblioteche, il dott. Ermenegildo Prosperi della medesima
Direzione, la prof.ssa Anna Paoletti, socia di questa Deputazione, la
prof.ssa Carmelina Naselli della Università di Catania, il prof. Giu-
seppe Mira, nostro socio ; l'Accademia di Scienze, Lettere e Arti di
Udine, il dottor Filippo Griffi, dell'Ufficio Centrale Archivi di Stato,
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 119
l'Accademia Patavina di Scienze, Lettere e Arti, il prof. Raffaello
Morghen, nostro illustre socio, il dott. Ercole Capizzi della Direzione
Generale Accademie e Biblioteche, il prof. Aldo Ferrabino, Presidente
della Giunta Centrale per gli Studi Storici, il dottor Carlo Frattarolo,
anche egli della Direzione Generale Accademie e Biblioteche, l'Istituto
di Studi Romani e il suo presidente Pietro Romanelli, la Direttrice
della Biblioteca Comunale di Perugia.
Luigi SALVATORELLI : Do’ la parola per la prima comunicazione
a Giovanni Cecchini che tratterà il soggetto: Stato di conoscenza
della tipografia ed editoria in Umbria dal secolo XV al secolo XIX.
STATO DI CONOSCENZA DELLA TIPOGRAFIA E DELLA
EDITORIA IN UMBRIA DAL SEC. XV AL SEC. XIX.
Non sembri strano, e nemmeno fuor di luogo, se, come pream-
bolo, mi permetto esporre alcune considerazioni che spontanea-
mente mi si sono offerte nel riprendere più vivo contatto con un
argomento — l’attività tipografica ed editoriale in Umbria dal
1470 al secolo scorso — di cui mi occupai con particolare impegno
vent'anni fa, ma al quale per necessità professionale sono stato
e sono tuttora interessato.
Su un altro piano, avviene di constatare odiernamente che un
argomento frequentemente ricorrente nella stampa locale, nei di-
battiti che si svolgono nei circoli culturali e politici, nei consessi delle
pubbliche amministrazioni é quello dello stato di depressione eco-
nomica dell'Umbria, del basso indice di reddito della sua popola-
zione, del troppo languido ritmo di vita economica e sociale, della
esclusione da parte degli organi di governo da quegli incentivi che
sotto le più varie forme sono somministrati a favore di altre
regioni. E pertanto ricorrono frequentemente paralleli e rai-
fronti con altre regioni, sopratutto con quelle che, favorite da più
fortunate risorse naturali o da condizioni di più antica e felice for-
mazione storica, hanno raggiunto una fase ben più avanzata di
progresso e di benessere.
Come sempre accade quando l’uomo guarda allo stato altrui,
anche in questo caso si notano soltanto gli aspetti allettanti e po-
sitivi dell’altrui condizione, ma non si considera quale è stato il
contributo di operosità, di sforzo, di sacrificio che gli elementi co-
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120 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
stitutivi di quel nucleo associato, gli abitanti di quelle regioni, come:
individui e come membri di società, di imprese, di enti hanno recato:
alla realizzazione di quel progresso e di quel benessere.
Facendo un esame sereno delle vicende svoltesi in Umbria dal--
l'Unità d'Italia in poi, una specie di esame di coscienza, come si
constata che si sono compiuti complesssivamente progressi lievi e
lenti nell'andamento generale della vita regionale, più sensibili in
alcuni settori particolari di attività, così si deve riconoscere che
è mancato e manca tuttora quel senso di fervore realizzatore capace
di instaurare un clima di coscienza operativa concorde e solidale,
atta a configurare la regione come un'individualità attiva e in-
traprendente.
Nel ritmo sempre piü rapido della vita contemporanea si fa
ognor piü viva e pressante la competitività dei gruppi etnici, sociali,
amministrativi ed economici. Da questa gara competitiva sorge la
necessità imperiosa di configurarsi come individualità cosciente
delle proprie tradizioni, del proprio carattere, delle proprie finalità.
E, per raggiungere questo fine occorre avere esatta, completa con-
sapevolezza della propria storia, dei propri istituti caratteristici,
delle proprie capacità e dei propri impulsi realizzatori.
Non é fuori di luogo affermare che per dirigersi verso il futuro
occorre possedere la conoscenza del proprio passato con l'obiettivo
di riallacciarne i vitali filoni alle direttive preminenti della civiltà
in sviluppo.
Per sostenere onorevolmente il confronto conle altre regioni
bisogna esibire le prove di quanto é stato creato e attuato nel pas-
sato e documentare quel che si fa al presente ; testimonianze queste
che possono venir prodotte soltanto da un'intensa, operosa, metodica
elaborazione storica e documentaria in tutti i settori dell'attività
umana all'infuori da qualsiasi vaniloquio apologetico materiato dei
soliti luoghi comuni, di frasi fatte, di campanilistiche iperboli.
Per raggiungere pertanto tali inderogabili obiettivi occorre che con
l'adeguato concorso degli organi economici e degli enti ammini-
strativi, che debbono sentirne l'imprescindibile dovere, si prov-
veda con continuità alla disponibilità di mezzi, di strumenti di
lavoro e di persone capaci per conseguire la piü ampia, metodica,
seria, documentata illustrazione storica della Regione, in modo da.
accumulare quei titoli di merito, di rispettabilità e di orgoglio che
oggi sono invocati ma senza il suffragio di autorevole dimostrazione.
Purtroppo siamo ben lungi da tutto ciò ed è facile persuader-
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 121
sene quando si prende ad esaminare la situazione degli studi im
molti settori della cultura nella nostra regione, come questo di
cui oggi ci occupiamo.
*
* *
L’attività della tipografia, con parallela editoria, ha avuto un
ragguardevole sviluppo in Umbria sin dagli albori di quest'arte
in Italia ; ragguardevole sotto l'aspetto dell'espansione e della quan-
tità dei prodotti se non per la singolarità, in specie sotto il profilo
tecnico, dei prodotti stessi, caratterizzati comunque da pregi di
notevole dignità e compostezza. L'Umbria è stata la quarta regione
italiana ad introdurre quest’arte prestigiosa, indice di aperta sen-
sibilità e stimolo potente al progresso culturale e civile. Date fon-
damentali: 1464, Subiaco; 1467, Roma; 1469, Venezia; 1470,
Trevi e quasi contemporaneamente Foligno; 1471, Perugia con
Ferrara, Milano, Firenze, Treviso, Bologna, Napoli, ecc.
Orbene quale è stato il progresso segnato nel corso degli ultimi
vent'anni nella conoscenza dei tipografi e della loro produzione
in Umbria ? Cercherò di fare il punto su questo argomento nel modo
più succinto. Sino al 1942 gli studi condotti in questo settore e di-
vulgati per mezzo della stampa hanno tutti carattere particolare
con speciale riguardo a singole città o a singoli stampatori. Nel
1942 si offrì l'occasione di una esemplificativa rassegna dell'opera
degli stampatori in Umbria dal sec. XV al XIX con la Mostra del-
l'Arte della Stampa Umbra, ordinata nelle sale di palazzo Trinci
a Foligno, come manifestazione complementare della celebrazione
dei Grandi Umbri. Il catalogo di questa Mostra, che vide la luce
l’anno seguente, fornisce una veduta d’insieme di questo settore
e può costituire un orientativo punto di partenza per successive
ricerche e per congrue integrazioni. La Mostra, com'è esplicitamente
dichiarato nella prefazione al catalogo è stata «la prima manife-
stazione regionale umbra in questo importante campo di attività
tecnico-industriale » ed ha avuto «l’intendimento principale di do-
cumentare con una esemplificazione essenziale, ma sufficiente, l’opera
svolta dagli stampatori dell'Umbria dall'inizio dell'introduzione
della stampa ad oggi ». Essa si proponeva anche « di mostrare, sempre
con valore indicativo, altri aspetti di tale attività, fra cui quello
del contributo conferito all’incremento culturale e alla vita spi-
rituale della regione nelle molteplici sue esigenze d'ordine politico,
civile, economico, tecnico, didattico, letterario, artistico, scientifico.
certe n
122 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
È naturale quindi che nella Mostra abbia avuto il posto d’onore il
libro, che nella duplicità della sua essenza, tecnico-artistica e in-
tellettuale, necessariamente compendia tali caratteri e li armonizza
in un’unità organica, in cui sono sigillati i postulati spirituali, le
vocazioni di gusto, le attitudini pratiche di un’epoca, d’una genera-
zione, d’una classe, e su cui verte con sempre possibile felicità d’esito
l'esame interpretativo tanto del biografo, che dello storico, del
critico e del tecnico tipografo ».
Ma per accertare con quanta maggior esattezza possibile lo
stato di conoscenza dell’attività svolta dai tipografi e dagli editori
sarà bene prendere in considerazione di volta in volta i centri di
produzione libraria.
Cominceremo da Perugia, che indubbiamente, almeno dal sec. XV
a tutto il XIX, si presenta come il centro più attivo, in parte per lo
stimolo proveniente dallo Studio, specie nei primi secoli. Oltre i
saggi specifici forniti dal Vermiglioli e da Adamo Rossi, per citare
soltanto i maggiori, son da ricordare come basilare fonte sistematica
tuttora inedita le raccolte degli Annali tipografici perugini, e la
Bibliografia storico-perugina di Antonio Brizi. Il periodo incuna-
bulistico è quello che è stato più compiutamente illustrato, anche
se, con ogni probabilità, verranno fuori col progredire degli studi
nuove notizie sopratutto nei riguardi di altri stampatori operanti
a Perugia e di altre opere ivi stampate. Un enigma, che sinora non
ha trovato soluzione, è costituito dal nome del tipografo che si na-
sconde dietro le iniziali H. M., interpretate senza alcuna prova in
Hieronymus Mendesanus de Parma dal Vermiglioli e in Henricus
Mayer dal Rossi.
Ma assai maggiore impegno di studio e di illustrazione richiede
l’attività tipografica ed editoriale svolta nei secoli seguenti e so-
pratutto nel Cinquecento, fervidissimo di operosità anche in questo
campo. Un’attenuante alla indifferenza sinora dimostrata dagli
storici e dai bibliografi per la migliore conoscenza di questo periodo
in Umbria può essere fornita dalla constatazione che anche sul
piano nazionale si è ben lungi da un’adeguata conoscenza. Soltanto
in questi ultimissimi anni il Cinquecento ha cominciato ad avere
opere sistematiche e scientificamente rigorose di illustrazione del-
l’attività tipografica, condotte quasi sempre con carattere mono-
grafico; come gli ottimi contributi di Alberto Serra Zanetti sulla
stampa a Bologna nei primi venti anni del secolo, di Luigi Balsamo
sullo Scinzenzeler, di Fernanda Ascarelli sugli stampatori di tutta
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 123
Italia, di Marina Bersano Begey sulle cinquecentine piemontesi.
A mano a mano che si viene prendendo conoscenza, per virtù di
lunghi, pazienti lavori di ricerca e di raffronto, della produzione
libraria nei secoli posteriori al Quattrocento appare sempre più as-
sumere carattere arbitrario e antistorico la netta distinzione tra
periodo incunabulistico e produzione incunabulistica e quelli po-
stincunabulistici, distinzione che costituisce un intralcio alla de-
finizione della continua linea di sviluppo che l’arte della stampa
ha svolto, pur segnando successive fasi tipologiche dei prodotti.
Nella Mostra già ricordata fecero capolino nomi nuovi di ti-
pografi operanti in Perugia nel sec. XVI sulla cui attività non solo
in questa ma anche in altre città è tuttora da far luce. Essi sono :
Giovanni Lausardo da Ginevra, Vittorio Muzio da Rimini, Michele
Porto da Lione. Un tipografo editore, di cui sono assai scarse le
notizie, salvo il breve cenno che ne fa il Bonazzi nella sua Storia
di Perugia, ma che merita molta attenzione sopratutto per l’indi-
rizzo sociale-patriottico impresso alla sua produzione è Giovanni
Balducci, operante tra il 1835 e il '40, editore nel '35 sotto falsa
data parigina del poema L’esule di Pietro Giannone in due volumetti
di quel formato che, adottato e lanciato col nome di diamante da
Barbera nel 1856, incontrò larga fortuna. Mi risulta che le stampe
del Balducci sono talvolta pubblicate con la soscrizione Tipografia
del Pellicano.
Così nel corso del radicale riordinamento con relativa nuova
schedatura dei vari fondi librari della Biblioteca Augusta mi è ac-
caduto di rinvenire una piccola pubblicazione della Privata Stam-
peria « L’Astrone », che per quanto mi consta era sin qui sconosciuta.
Di tutti i tipografi, editori e tipografi-editori inclusi nel ca-
talogo della citata Mostra ed anche di altri che, pur essendo esclusi
dalla Mostra, meritano di essere presi in considerazione per la loro
attività, come la Tipografia Umbra piuttosto attiva sullo scorcio
del secolo passato e al principio del corrente, son da compilare
gli annali. Un solo contributo ragguardevole per congruità di ma-
teria e per alto valore documentario e scientifico è quello dedicato
da Francesco Barberi alla produzione romana di Baldassarre Carto-
lari e sua moglie Girolama compresa tra il 1540 e il 1599; saggio
pubblicato in La Bibliografia del 1951 (anno LIII). Il lavoro di
compilazione degli annali della produzione attuata da Francesco,
Girolamo, Baldassarre Cartolari in Perugia da me iniziato da qualche
anno è ancora lontano dalla sua conclusione a causa anche della dif-
124 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
ficoltà di reperire gli esemplari delle pubblicazioni piuttosto rari
e sparsi in raccolte private e in biblioteche pubbliche che non sem-
pre possiedono cataloghi completi dei propri fondi. Sono inoltre
tuttora da chiarire i rapporti esistiti fra Gaspero Barbera, il fio-
rentino Carlo Martini e l’assisano Giovanni Boncompagni e in con-
nessione da precisare la rispettiva sfera operativa della Tipografia
in S. Severo, della Tipografia Boncompagni e dell’Unione Tipogra-
fica Cooperativa.
Per la conoscenza dei tipografi operanti in Foligno siamo fermi
ai saggi consacrati all’argomento da mons. Faloci Pulignani, da
Tommaso Valenti, da Angelo Messini. Il primo si è occupato a più
riprese sulla rivista La Bibliofilia dell’arte tipografica in Foligno
limitatamente ai secoli XV-XVII ; il secondo della stamperia degli
Orfini e dell’edizione della Divina Commedia ; il terzo del lunario
Barbanera e dei giornali o, più esattamente, degli Avvisi. Sull'ar-
gomento dei giornali e della stampa periodica l’unico recente con-
tributo valido meritevole di segnalazione è l'ampia memoria di
Francesca Valentina Dalessandro su // giornalismo umbro dalle
origini al 1860 pubblicato nel Bollettino della nostra Deputazione
(Vol. LVI). Ma ben più attente cure merita e richiede l’attività
tipografica ed editoriale di Foligno, che per la sua posizione di
centro di comunicazione e di commerci ha ospitato un cospicuo.
numero di stampatori — tra cui il Blado — che hanno svolto una
ininterrotta operosità di notevole pregio sostanziale e formale.
Basta ricordare i nomi dei Campitelli, dei Mariotti, di Pompeo
Campana, di Giovanni Tomassini.
Per Orvieto occorre tuttora rifarsi all’utile saggio pubblicato
nel Bollettino della nostra Deputazione (Voll. VI-VII) col titolo
La stampa in Orvieto nei secoli XVI e XVII dal diligente e paziente
bibliografo Domenico Tordi, che, com’è noto, ha legato la propria
sceltissima raccolta privata alla Biblioteca Comunale della sua
città. Assai rare sono le prime stampe orvietane e sulla sola testi-
monianza del Tordi si asserisce che l’origine della stampa in quella
città risalga al 1538 con un opuscolo stampato da Pier Matteo
Tesori di Fossombrone che nessuno, all’infuori del Tordi, ha veduto.
Ma la serie dei tipografi e delle stampe in Orvieto comincia nel
1581 con Rosato Tintinnassi, Tommaso e Giuseppe Guerrieri,
Michelangelo Fei, Giuseppe Perfetti, Luigi Carlucci, e conti-
nua, ininterrottamente, salvo due brevi interruzioni a metà e nel
secondo cinquantennio del sec. XVII, sino al secolo corrente.
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 125
Non sono numerosi i tipografi orivietani, ma qualcuno di essi
rimarchevole per qualità e quantità di produzione, come i Tosini,
che perdurarono per circa due secoli; tuttavia i prodotti dell’atti-
vità tipografica in Orvieto nella quasi totalità attende di essere
censita e illustrata.
L'ultimo contributo su questo argomento è quello di Lucia
Tammaro Conti, Notizie sulla stampa in Orvieto nei sec. XVII e
XVIII pubblicato nel Bollettino dell’Istituto Storico Artistico Or-
vietano (A. IV-1868, fasc. II).
Per Città di Castello si sa con sicurezza che la stampa venne
introdotta nel 1538 dai tipografi ambulanti Antonio Mazzocchi
da Cremona e Nicolò e Bartolomeo Gucci da Cortona, i quali furono
chiamati dai priori castellani per fare stampare gli Statuti del Co-
mune, edizione oggi assai rara. Ma dopo la breve sosta di questi
tipografi in Città di Castello bisognerà attendere il 1627 per la ri-
presa di quest'arte con Sante Molinelli. Nel corso dei secoli XVII-
XIX parecchi tipografi si sono succeduti, ma tutti, sembra, con assai
limitata attività nel tempo e nella quantità di prodotti. Questo ri-
sulta dai succinti contributi forniti da Vittorio Corbucci, Le vicende
della stampa in Città di Castello e le sue odierne tipografie (1538-1916),
(Città, di Castello, 1917) da Angelo Falchi e Angelo Marinelli, La
stampa a Città di Castello, Città di Castello, Lapi, 1909).
Nel 1916 fu tenuta a Città di Castello una Mostra del libro
e in quella circostanza Vittorio Corbucci tenne una conferenza che
fu pubblicata col titolo già citato.
Nel giugno 1938 si svolse sempre a Città di Castello la Setti-
mana poligrafica Tifernate imperniata su una Mostra libraria mon-
tata per documentare i quattro secoli di attività tipografica ed edi-
toriale castellana nella ricorrenza del quarto centenario della prima
edizione locale, quella, assai rara, degli Statuti comunali.
Ma soltanto nel 1942 furono raccolti in un apposito fascicolo
della rivista L'alta valle del Tevere, particolare ed amorosa cura del-
l’indimenticabile Gustavo Bioli, i discorsi che in quella occasione
erano stati tenuti da Raffaello Bertieri, dalla Soprintendente bi-
bliografica, dott. Nella Vichi, e da mons. Enrico Giovagnoli.
Nel periodo che precedette il sorgere dello Stabilimento tipo-
litografico di Scipione Lapi, che fu il vero fondatore della tradi-
zione tipografica in Città di Castello, è degna di menzione l’opera
svolta da Francesco e Biagio Donati continuata poi dalla tipografia
Grifani-Donati.
126 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
Anche a Spoleto la produzione tipografica ha inizio con gli
Statuti cittadini per opera del mantovano Luca Bini, che passerà
poi a Cascia a stamparvi gli Statuti del Comune. Ma l'attività tipo-
grafica e la produzione libraria in Spoleto di cospicua consistenza
e di considerevole merito sotto l'aspetto formale non ha sinora at-
tratto alcuno studioso, sicché nel suo insieme é tutta o quasi da ri-
conoscere. Ch'io sappia vi fa riferimento soltanto il breve cenno
che Luigi Fausti in un paio di pagine vi dedica nell'articolo descrit-
tivo della Biblioteca Comunale spoletina pubblicato in Accademie
e Biblioteche d'Italia (A. VII, fasc. III-VI, pp. 278-86). Ma fra i
nomi di tipografi ivi ricordati mancano quelli di Luigi Carlucci,
Luigi Giannelli, Nicola Aquilani operanti nel sec. XVII.
Domenico Tordi si é occupato della stampa in Todi oltre che in
Orvieto (La Bibliofilia, A. VI) sulle orme di quel Pier Matteo Tesori
da Fossombrone che da Orvieto sarebbe passato a Todi per stam-
pare gli Statuti comunali. Ma anche in Todi dopo la prima fugace
apparizione di tipografi nomadi intercorre circa un secolo avanti
che l'attività sia ripresa con Annibale Alvigi o Aluigi. Da allora
si svolge con una concatenazione cronologica quasi assolutamente
continua una serie di tipografi, che la Mostra dell'Arte della Stampa
Umbra ha sommariamente presentato, ma la cui attività é da ca-
talogare e illustrare. È certo per esempio che l'inizio dell'attività
di Agostino Faustini va anticipata di due anni, cioè dal 1654 al '52.
In quell'ottima e utilissima raccolta di ben vagliate notizie di ogni
genere che il nostro valoroso socio, prof. Franco Mancini, ha de-
dicato alla sua patria adottiva non trovo alcuna, sia pur breve,
trattazione dell'opera dei tipografi, che pure avrebbe concorso a
definire meglio quel profilo storico e spirituale della città ch'egli
ha felicemente delineato.
Tarda è l'introduzione della stampa in Assisi, che ebbe poi fasi
di intensissima attività e di vero splendore. Nessuno ha mai de-
dicato ex professo la propria attenzione ai tipografi assisani, di
alcuni dei quali, gli Sgariglia ad esempio, si sono occupati coloro
che, come Angelo Messini, hanno preso in esame la produzione
libraria da loro data fuori di Foligno in altri centri dell'Umbria.
Ma ora per merito di un operoso quanto modesto ricercatore, Fer-
nando Morotti, che ne riferirà a questo Convegno, Assisi sarà la
prima città dell'Umbria ad avere i suo Annali tipografici divulgati
per la stampa.
Piuttosto oscure, specialmente nei primi secoli — XVII e XVIII
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 127
— sono le condizioni dell’attività tipografica in Terni, già scarsa-
mente e lacunosamente prospettate nella Mostra dell'Arte della
Stampa Umbra, dove tra l’altro non figurava la tipografia Possenti.
Ch'io sappia non esiste alcun lavoro specifico sull'attività tipogra-
fica in Terni, salvo un breve elenco delle prime stampe note pubbli-
cato da Lamberto Morelli nella rassegna della Camera di Commercio
di Terni. Un contributo non sistematico, ma di una certa entità
si ricava dalla Bibliografia della Città di Terni e del suo territorio
pubblicata dal nostro socio Italo Ciaurro nel 1938.
Ma nel complesso si tratta di terreno ancora quasi affatto ver-
gine da esplorare; è certo ad esempio che l'attività del primo ti-
pografo noto, Tommaso Guerrieri, va anticipata dal 1626, data
fornita dal Catalogo dell'Arte della Stampa Umbra, al 1619, data
desunta dal citato elenco del Morelli.
Per Gubbio, il deserto, per quanto si sappia che la stampa
vi fu introdotta nel sec. XVII, che pochi furono i tipografi ivi ope-
ranti e limitata la loro attività.
Conclusione : il settore di cui ci occupiamo risulta illuminato
a sprazzi e allo stato attuale non è consentito rinvenire da una suf-
ficiente conoscenza nella sostanza e nelle forme della materia che
gli compete la documentazione dal sec. XV in poi delle correnti
di pensiero e di gusto, delle norme e condizioni di vita civile, poli-
tica, economica, delle fogge di costume, dei conflitti di idee e di
interessi, insomma di tutte le più salienti manifestazioni ed espres-
sioni della vita, di cui la produzione tipografico-editoriale fornisce
la testimonianza. Perché proprio di questo si tratta: di esplorare,
mettere insieme ed illustrare tutta la produzione dell'arte della
stampa in Umbria per entrare in possesso degli elementi utili per
la piü efficace delineazione del profilo storico della regione dalla
fine del sec. XV in poi.
E possibile tracciare un programma in questa direzione ? La
Deputazione di Storia Patria se lo propone promuovendo la com-
pilazione e la pubblicazione di monografie contenenti gli annali
tipografici delle principali città umbre: Perugia, Assisi, Foligno,
Spoleto, Terni, Todi, Città di Castello, Gubbio.
Mi sia concesso dichiararmi molto lieto che la reviviscenza di
quello spirito fervidamente operoso che fu Scipione Lapi attuata
dalla manifestazione celebrativa della sua opera indetta dal Co-
mitato Cittadino abbia offerto il destro per trattare questo argo-
mento veramente fondamentale per la formazione di una storia
128 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
generale dell'Umbria con la speranza del conseguimento di concreti
risultati.
Ritengo che un valido contributo al progresso di questi lavori
potrebbe venire dagli studenti della Facoltà di lettere sotto la guida
dei docenti con la compilazione di cataloghi ragionati anche di li-
mitata ampiezza che permetterebbero di rivelare le attitudini e le
capacità di scelta degli studenti; lavori non vertenti sul Quattro-
cento, perchè è un pò più difficile, è perchè è settore in gran parte
esplorato; ma di uno o due stampatori del Cinque o del Seicento.
Penso che potrebbe essere esercizio utile e questo porterebbe il van-
‘taggio della produzione di concreti contributì entro i limiti di
questo settore. Desidererei sapere che cosa pensa in proposito il Pre-
side della Facoltà di Lettere della Università di Perugia prof. Ugolini.
SALVATORELLI : Ringrazio a nome mio innanzi tutto — perchè
sono ignorantissimo della materia, e credo anche a nome di tutti voi,
fra cui ce ne sono parecchi che appunto ne sanno molto più di me di
questo tema — il prof. Cecchini per questa esemplare relazione generale,
in cui sono indicati nella maniera più precisa e, per quanto io posso
giudicare, più completa, i temi fondamentali del Convegno.
Mi permetto soltanto di aggiungere per conto mio che bisognerebbe
inculcare, far comprendere — per vincere l'indifferenza che c'è e che
egli stesso ha rilevato, per questi studi — che non si tratta di uno
studio puramente tecnico dell’arte tipografica, un contributo alla sto-
ria della tecnica della tipografia, e neanche di un elenco di glorie
locali : si tratta di storia della coltura. Per esempio, io conosco qualcosa
di questa materia, lo studio dei codici del Rinascimento, e vedo quali
risultati sorprendenti ne sono venuti fuori, soltanto dalla storia di un
codice passato da una mano all’altra. Evidentemente è analoga l’im-
portanza della storia dello sviluppo tipografico, specialmente dei
due primi secoli, XV e XVI; ma anche dopo, perchè ad un certo
punto essa si intreccia non soltanto con la storia della coltura, ma con
quella politica. A questo proposito mi viene in mente un fatto che se
non riguarda la politica pura, appartiene alla storia del pensiero po-
litico. Cecchini ha ricordato Assisi: ora, ad Assisi è stato stampato
quel famoso libro dello Spedalieri sui diritti dell Uomo, che fa testo an-
cora adesso per detta storia. Io stesso me ne sono occupato, dedi-
candogli parecchie pagine. Chi lo giudica in un modo, chi in un altro;
ma questo non c'entra : sta il fatto che è un libro in certo senso fonda-
mentale per la storia del pensiero politico italiano in quel periodo cri-
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 129
tico di crisi di passaggio dal Settecento all'Ottocento, il periodo della
Rivoluzione. Forse si saprà perchè è stato stampato ad Assisi; co-
munque, lo cito, per notare questo intreccio strettissimo che c’è fra la
storia della tipografia e la storia politica. Dopo di che, io penso
che, essendo questa relazione quella fondamentale, sia il caso, se c’è
qualcuno che vuole intervenire, di aprire subito la discussione, prima
di passare...
CeccHINnI: Se mi permetti, c'è il rappresentante della Depu-
tazione marchigiana, prof. Enrico Liburdi, che vuole rivolgere un saluto.
SALVATORELLI : Il prof. Liburdi è invitato a parlare.
Lisurpi: Mi scuso di essere arrivato in ritardo, ma vengo da
una cittadina molto lontana, da S. Benedetto del Tronto, e per strada
ho voluto anche fermarmi un pochino nella mia città natale di Urbania.
Scendendo da Bocca Serriola, non potevo dimenticare che da Apecchio
è sceso, dalle vallate che convergono al Metauro alla Valle del Tevere,
il vostro Scipione Lapi, di cui quest'oggi fate una così degna e meritata
celebrazione. Quindi io porto il ringraziamento della Deputazione
marchigiana, di cui sono segretario, alla consorella che, onorando la
tipografia umbra, onora anche un grande marchigiano ; e sono lieto di
questo, perchè tra le tante edizioni che certamente vedremo nella Mostra
che ancora non ho visitato, ci poteva essere e ci sarà anche (me lo ri-
cordava chi mi ha accompagnato fin qui, il dotto monsignor Leonardi,
Bibliotecario di Urbania) quella pubblicazione che riguarda la santa,
molto venerata qui a Città di Castello, e che è venuta dalla vallata del
Metauro, S. Veronica Giuliani, di cui Lapi ha iniziato la pubbli-
cazione dei diari spirituali. Quindi in mezzo a queste grandi produzioni,
diciamo di storia, di arte che sono il vanto della tipografia Lapi (basta
pensare alla ristampa dei Rerum Italicarum) figurino anche le espres-
sioni e la vita di questa Santa Giuliani, di cui noi abbiamo una parti-
colare venerazione. Ringrazio quindi dell'invito il vostro presidente
prof. Cecchini, che ha fatto un così minuzioso e bel panorama della
stampa umbra, la quale anche in questo ha viaggiato di pari passo
con la stampa marchigiana, perchè le prime tipografie quattrocentesche
sulle quali non so se egli ha sorvolato perchè sono arrivato a conferenza
avviata, vanno proprio di pari passo. I poveri tipografi vaganti, come
quel Matteo da Fossombrone, che non so come facessero, in un’ epoca
in cui non c'erano nè i camions nè i trattori, a portarsi dietro quei
9
E O o
130 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
macchinosi torchi, sono veramente il vanto di una cultura tutta nostra,
di una cultura marchigiana, di una cultura umbra che, come nelle arti
belle (e voi qui a Città di Castello avevate le primizie del nostro genio,
di Raffaello) andavano a confluire verso quella cultura veramente soda,
veramente grande a cui il prof. Cecchini ha accennato nella sintesi
di riepilogo della sua bella relazione. Io sono lieto di trovarmi fra voi
e ringrazio nuovamente per l’onore che rendete a un grande tipografo,
ma anche ad un grande e sopratutto ad un onesto marchigiano.
SALVATORELLI : Apro la discussione, se qualcuno vuole inter-
venire su questa relazione generale... .
CEGCHINI: ; i... sopratutto suggerendo qualche sussidio biblio-
grafico che mi sia sfuggito o che non conosco.
SALVATORELLI : Non solo, ma alla fine sono stati enunciati
anche dei criteri sul come converrebbe sviluppare questi studi. Quindi
la relazione offre una materia di discussione anche a chi non abbia
da completare i dati esposti.
UcoriNi : Jo penso che il suggerimento che ci viene dato in questa
occasione dal prof. Cecchini sia da accogliere dalla nostra Facoltà,
direi nel senso più lato possibile.
Io ho già consigliato per argomenti di tesi negli anni scorsi qualche
cosa del genere, e qualche cosa del genere fu fatto appunto sotto la di-
rezione del prof. Manselli uno studio sopra i tipografi di Città di
Castello. Come filologo romanzo, io mi interesso più di cose di data
anteriore, cioè di manoscritti, e se mai di qualche incunabulo, quale rap-
presentante di una tradizione che può essere anche andata perduta
attraverso i manoscritti. Ma io faccio qui solenne promessa di ricor-
dare ai miei colleghi più direttamente interessati questo consiglio
del prof. Cecchini, e sono sicuro che verrà, come dicevo, tradotto in atto,
anche perchè — ripeto — queste ricerche, condotte da giovani, possono
portare a delle scoperte, che proprio il fervore giovanile riesce meglio
a mettere in esponente. E qualche cosa potrei aggiungere anch’io di
personale. C'é un aspetto della tipografia clandestina, o semiclande-
stina umbra della metà dell’Ottocento, che con tutta probabilità rive-
lerà, se approfondito, qualche novità interessante soprattutto per i con-
fatti politici. E spero di poter prossimamente dire qualche cosa di più
intorno a una piccola serie di pubblicazioni fatte appunto in questo
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 131
periodo, che avrebbe un carattere politico ; anonime, ma di cui io spero
di poter additare l’autore, un avvocato perugino.
SALVATORELLI : C'é qualche altro che desidera intervenire ?
SARDELLA : Permettete all'ultimo venuto di esprimere tutta la
mia riconoscenza al prof. Cecchini, che ha voluto ieri sera onorarmi
della sua bontà per poter essere tra loro stamattina. Io, dopo la magi-
strale esposizione che abbiamo ascoltato stamattina, naturalmente non
avrei niente da aggiungere, se non felicitarmi col prof. Cecchini per
le questioni metodologiche sollevate. Le questioni metodologiche sol-
levate dal prof. Cecchini sono fra le più interessanti e che potranno
certamente incamminare queste nostre ricercce verso risultati scientifici ;
dico scientifici perchè io vengo qui, non dico come rappressentante, ma
vengo dalla ricerca scientifica di Francia, e allora tutto il lavoro umano,
tutte le ricerche, anche letterarie, tutte le ricerche storiche sopratutto,
se non contribuiscono a migliorare la condizione umana non hanno
valore di essere, come diceva nel suo testamento Marco Bloch, sparito
in un periodo tragico sulla terra di Francia.
Ora, quello che ho ritenuto dalla esposizione del prof. Cecchini,
è il sigillo mentale, anzi volevo chiederle una notizia, se nell'esposizione
di Foligno del 1942 ci fosse stata una carta, cioè se l’esposizione avesse
messo una carta dimostrativa dell’attività tipografica. Ora questo mi
fa indicare che nelle nostre ricerche (Cecchini l’ha suggerito) se cer-
chiamo di rappresentare topograficamente il centro di produzione e di
espansione e le vie di comunicazione del pensiero di queste edizioni,
noi avremo nello stesso tempo la provenienza e l’idea di dottrine che
non potremmo altrimenti capire. E poi questa topografia, questa meto-
dologia cartografica ci permetterebbe di vedere in un colpo d’occhio
assenze e presenze. Allora, quando noi avessimo stabilito assenze e
presenze, noi potremmo subito orientare i nostri scavi verso quelle zone
che dal punto di vista culturale dobbiamo pensare come fertili e come
producenti oppure quelle che per ragioni diverse sono rimaste sterili.
Ora una volta fatto questo lavoro, noi certamente arriveremmo a carat-
terizzare lo sviluppo di civiltà di certe regioni senza dimenticare però
che la tipografia è una questione tecnica, che può far prendere delle
cantonate dal punto di vista culturale. Allora, dico, per le origini,
per il Quattrocento per esempio, e per il Cinquecento, a questa carta
della tipografia si è aggiunta un’altra carta, ossia dei codici e dei ma-
noscritti, poichè ci possono essere delle regioni che continuano a scri-
Lt
132 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
vere a mano invece di scrivere a stampa, come si verificano anche oggi
delle regioni più o meno industriali, che possono anche rivelarsi delle
regioni culturalmente di alto livello senza che siano industrializzate.
Non parliamo della grande Grecia e dell’Italia stessa. Poi l’ultimo
suggerimento è che naturalmente tutte le Facoltà possano intrapren-
dere un lavoro del genere e con profitto, ma oggi ultimamente (il prof.
Cecchini lo conosce meglio di me) è stata creata presso la Facoltà di
Lettere di Roma, credo, una Scuola per Archivisti e Bibliotecari.
CeccHINI : È stata rinnovata.
SARDELLA : Allora, quale scuola più indicata e con profitto tec-
nico, anche, per i bibliotecari per attuare le ricerche, direi, non sul
ventesimo secolo; ma invece direi di assegnarvi come tesi di laurea
la compilazione di cataloghi e di cataloghi ragionati di questa nostra
produzione libraria.
SALVATORELLI : C'é ancora qualcuno che vuole intervenire sulla
relazione di Cecchini?
BARBERI : J| prof. Cecchini ha giustamente, mi pare, impostato
un eventuale lavoro cooperativo sulla storia della tipografia in Umbria,
sulla compilazione di annali, ma soltanto chi ha fatto degli annali
di antichi tipografi sa quale impresa quasi disperata sia il raccogliere
schede che si riferiscano a singoli tipografi a cominciare magari dallo
spoglio del Brunet, del catalogo della Biblioteca Nazionale di Parigi,
del British Museum, ecc.
Perciò mi permetto di insistere su quello a cui ho accennato prima,
che cioè il lavoro preliminare dovrebbe essere di schedare tutti i fondi,
rintracciare, riconoscere, catalogare tutte le antiche edizioni che si
trovano nella regione. Evidentemente non tutti i libri stampati, non tutti
i prodotti della tipografia umbra si trovano nelle biblioteche umbre,
e Cecchini ha accennato ai miei annali dei Cartolari, del periodo ro-
mano. Posso dire che ventisette edizioni di Avvisi di Cartolari le
ho trovate nella Bayerische Staatsbibliothek, non possedute da nessuna
Biblioteca non dico umbra, ma italiana. Evidentemente, non si può
allargare questa indagine a tutte le biblioteche ; ma le biblioteche straniere
ci vengono oggi incontro : sappiamo che il British Museum ha pubbli-
cato tre anni fa un Catalogo delle edizioni italiane del Cinquecento,
e questa è anche una bella lezioncina, e dovrebbe essere uno sprone a
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 133
noi italiani che non le abbiamo ancora censite. Comunque a me pare
che la premessa di un lavoro che può avere la sua sede certamente
anche nella Facoltà di lettere e nella Scuola di Roma, dovrebbero es-
sere la ricognizione delle edizioni e lo studio sistematico anche di quelle
non datate, senza note tipografiche ; molte delle edizioni Cartolari infatti
io le ho potute riconoscere in base ai caratteri. Si dice che dopo la fine
del Quattrocento e nei primi anni del Cinquecento i caratteri perdono di
importanza: non è vero, anche nel tardo Cinquecento è possibile rico-
noscere prodotti di una tipografia dall’esame del materiale tipografico.
SALVATORELLI : Ha la parola l'on. Salari.
On. GiusEPPE SALARI: Chiedo scusa se prendo la parola, per-
chè io qui sono un apolide, non avrei diritto di cittadinanza, perchè
non sono nè uno storico e nemmeno uno studioso. Io conosco il prof.
Cecchini da quando ero studente liceale e andavo a passare il mio tempo
libero nella Biblioteca, che già lui con tanta genialità e con tanta sa-
pienza dirigeva. Mi permetta di esprimerle, prof. Cecchini, il mio più
vivo compiacimento per questa attività insonne che ella svolge a favore
della nostra Regione e a favore della cultura, non solo della cultura
regionale, ma della cultura nel senso più vasto, nel senso più lato.
La cultura del resto non ha cittadinzna, e non si possono quindi fare
a questo proposito nè campanilismi nè regionalismi. Io la ringrazio
per quelle sue constatazioni che ha premesso alla sua rapida, lucida
e dotta relazione sulla storia tipografica della nostra Regione. Ha fatto
molto bene a rivolgere quell’appello a tutti noi Umbri ; ha fatto molto
bene ed io gliene sono profondamente grato. Gli Umbri si sono spe-
cializzati nel muro del pianto e bisognerebbe a tutti i costi venirne
fuori, come ha suggerito lei: spostarsi dalla muffa di questo muro
e riprendere a navigare attraverso i nostri vastissimi storici orizzonti ;
perchè l'Umbria — non bisogna dimenticarlo — si potrebbe chiamare
veramente la terra che ha dato al mondo i grandi navigatori, ma i na-
vigatori dello spirito, i navigatori quindi che non hanno incontrato
terra o le alghe che designavano a Cristoforo Colombo attraverso la loro
provenienza i lontani e sconosciuti lidi di un continente da scoprire,
ma attraverso gli spazi che cingono questa nostra povera aiuola. E noi
queste cose ce le teniamo nascoste nella nostra anima di gente timida,
forse, di gente chiusa, di gente riservata. In quella pubblicazione curata
dall’ Accademia di Lettere mi pare che questo nostro temperamento
134 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
si fa risalire nientemeno ai secoli della più lontana storia degli Umbri,
e prosegue nei lontani secoli della storia romana.
Rompiamo quindi questa nostra mentalità particolarmente chiusa
e riservata, e presentiamoci alle altre regioni d'Italia, a tutto il mondo,
come portatori dei più grandi valori dello spirito, che abbiamo genero-
samente donato a tutto il mondo. Quindi la ringrazio nuovamente per
questo invito che ha rivolto agli Umbri, e la ringrazio per tutte quelle
azioni che attraverso la sua fatica così nobile, così encomiabile svolge
a favore della nostra terra e della nostra cultura.
SALVATORELLI : Se non ci sono altri che intendono parlare sulla
relazione Cecchini, passiamo alle successive comunicazioni.
CeccHINI : Jo devo ringraziare, anzitutto, S. E. Salari, perchè
mi fa molto piacere che questa mia invocazione, che del resto credo possa
essere generalmente sentita, abbia riscontrato in lui una rispondenza
così grande. D'altra parte è proprio necessario che noi con propositi
fermi lavoriamo sul serio per illustrare i valori che nella nostra terra
sono sorti, ma che ancora hanno bisogno di una definizione più precisa,
anche in senso comparativo, e anche di una certa dimostrazione più
profonda. Come ringrazio Barberi ; sono d'accordo perfettamente :
non si può fare nessun lavoro serio se le biblioteche non hanno i fondi
bonificati, è evidente. Tanto me ne sono reso conto, che in circa dieci
anni di lavoro, prima di lasciarla, alla direzione della Biblioteca Au-
gusta io mi sono dedicato sopratutto, con dei messi straordinari che
l'Amministrazione — devo dire — mi ha largamente concesso, alla
bonifica dei fondi non solo antichi, ma anche dei moderni. D'altra
parle, a proposito del lavoro per Perugia, prof. Ugolini, che io rin-
grazio per le promesse fatte, non dico che sia molto facile, perchè, come
diceva Barberi, bisogna cercare i libri anche fuori ; ma per un lavoro
programmatico e sistematico, se anche poi si aggiungerà qualche altra
voce, qualche altra scheda, si potrà sempre fare un’appendice, purchè
il lavoro iniziale assorba almeno i tre quarti, i quattro quinti insomma
dell'argomento. Per Perugia, oltre agli annali tipografici del Brizi,
che sono molto importanti e inediti, c'è anche la schedatura, fatta in
doppia scheda apposita di tutte le stampe perugine che io ho fatto ini-
ziare sin da allora, anche delle correnti ; di qualsiasi stampa perugina
è fatta una doppia scheda che va a inserirsi nello schedario delle pe-
rugine. Intendiamoci bene, con questo non sarà forse neanche il cin-
quanta per cento della totalità delle stampe ; però indubbiamente ci
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 135
sono già due strumenti di lavoro piuttosto validi, insomma, uno dei
quali poi è in continuo accrescimento. Grazie di tutto.
SALVATORELLI : Che ordine ha il programma?
CeccHiNniI : L'ordine dipende dai presenti, perchè vedo che c’è
qualche lacuna ; quindi, in ogni modo possiamo fare una specie di
appello. Dipende purtroppo dalla giornata lavorativa, non tutti possono
venire. Dunque, intanto dovrebbe esserci il dottor Ricciarelli, che mi
Rasdettosterissera 4. 555
SALVATORELLI : Sarebbe anche abbastanza largo questo suo con-
tributo alla storia della Tipografia in Perugia.
CeccHINI : Bene, egli lo limiterà, ma comunque credo che verrà
nel pomeriggio. Invece mi pare che venga poi padre Ugolino Nicolini,
che è presente.
SALVATORELLI : Allora, padre Ugolino, vuol venire? Il titolo è :
« Giovanni di Giovanni da Augusta, stampatore a Perugia della
Summna philosophiae di Paolo da Venezia ».
GIOVANNI DI GIOVANNI DA AUGUSTA
STAMPATORE A PERUGIA DELLA SUMMA PHILOSOPHIAE
DI PAOLO DA VENEZIA (25 gennaio 1477)
Tra i primi tipografi germanici operanti a Perugia nel decennio
1470-1480 figura anche Giovanni di Giovanni da Augusta. Ma la
fama non è stata generosa con l’augustano : il suo nome infatti,
nonostante la pubblicazione fin dal 1868 dei documenti scoperti da
Adamo Rossi e la segnalazione del Bonazzi nella sua Storia di Perugia,
non è giunto al traguardo dei grandi cataloghi di incunaboli, come le
Emendationes allo Hain del Reichling e il Gesamtkatalog der Wie-
gendrucke. In questi e in tutti gli altri cataloghi il Wydenast usurpa
ancora la fama di Giovanni con l’attribuzione fattagli dei Consilia
super ultimas voluntates di Benedetto Benedetti, stampati invece dal
tipografo di Augusta, abitante a Perugia (1).
A proposito di quest’ultimo e della sua attività di tipografo
nella città umbra, lo stesso Adamo Rossi conclude la breve rassegna
136 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
dedicatagli cosi: «...chi sa quanti libri vi mandò in luce, ma fi-
nora non si ha notizia che dei sopradescritti Consigli del Benedetti
e del Breviario ; quelli rarissimi, questo irreperibile » (?).
Una fortunata scoperta nell’Archivio di Stato di Perugia mi ha
messo in grado di poter comunicare che anche la Summa Philoso-
phiae di Paolo da Venezia, incunabolo recante la data del 25 gennaio
1477 e di cui si conoscono solo sei esemplari, tutti in Italia, fu stam-
pato a Perugia da Giovanni di Giovanni da Augusta.
L’opera figura nel Repertorium dello Hain, tra quelle non viste
dal compilatore (n. 12523), « sine loco et sine typographi nomine ».
Il Reichling, conosciuto l'esemplare della Nazionale di Napoli, ha
potuto darne la descrizione, rimanendogli ignoti tuttavia sia il luogo
di edizione, sia il tipografo (^).
Ad un secolo circa di distanza dalle ricerche di Adamo Rossi,
abbiamo conosciuto il nome dello stampatore e la città. Essi sono
quelli indicati, perché il contratto scoperto tra i rogiti del notaio
perugino ser Matteo Nardi non consente più alcun dubbio (*).
Giovanni di Giovanni da Augusta il 7 dicembre 1475 stipulava
un contratto di società con il perugino Pietro di Venanzo per la stampa
dei Consilia di Benedetto dei Benedetti, soprannominato Capra;
il 27 giugno dell’anno seguente l'opera, secondo i termini stabiliti,
usciva alla luce (). Il tipografo tedesco non lasciò riposare i suoi
torchi. Poco dopo, infatti, il 26 settembre, si mise in società con
Piero Veli per l’edizione della Summa Philosophiae di Paolo da Ve-
nezia. I commenti ad Aristotele dello scolastico agostiniano erano
il libro di testo per la facoltà di « Arti e Medicina » nello Studio di
Perugia (°). Ma erano dispersi in una vasta serie di opere, secondo i
libri della tradizione aristotelica. Era opportuno quindi — e utile
commercialmente — curarne una « Summa » o antologia ad uso degli
scolari. La « emendatio » fu affidata dai contraenti al domenicano
Valentino da Camerino, maestro in teologia e bibliotecario del con-
vento di S. Domenico di Perugia (*).
La società di Giovanni da Augusta con Piero Veli si configura
giuridicamente come un'associazione in partecipazione con garanzia
ipotecaria. Il contratto fissa in cinque capitoli i diritti e gli obblighi
reciproci. Piero Veli, finanziatore dell'impresa, partecipa con 12 fio-
rini (o 50, se vuole) ; il tipografo mette a disposizione la sua esperienza,
l’officina e la carta. Non è fissato il prezzo al quale il volume sarà
messo in vendita né la misura dell'utile del finanziatore, dopo la
restituzione della quota del capitale.
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 137
È interessante notare che l’attrezzatura dell’officina doveva
avere raggiunto un ottimo grado di efficienza se in due mesi (cioè
dalla fine di settembre a tutto novembre) poteva stampare 400 vo-
lumi. È vero che l’opera uscì il 25 gennaio del 1477, con un ritardo
di due mesi sulla scadenza prevista dal contratto, ma ciò si deve si-
curamente alla peste che proprio in quel periodo infieri a Perugia (*).
Il volume, come si è detto, non reca il nome della città e del
tipografo, analogamente a quello dei Consilia del Benedetti. E ri
cordata però la revisione del domenicano Valentino da Camerino.
Sorprende la diversità dei caratteri: dal nitido romano dei Consilia,
stampati sei mesi prima, si passa al semigotico. Si stenterebbe a cre-
derlo, ma la disponibilità di caratteri dell’officina di Giovanni au-
gustano è un fatto sicuro e si deve forse alla collaborazione di Stefano
Aquila, un altro tedesco, bravissimo nel fondere caratteri (°). Le fili-
grane della carta presentano quattro tipi di disegni, contro gli otto
dei Consilia : cesoie, bilancia iscritta nel cerchio, giglio, due cerchi
tangenti interni ; solo le cesoie e la bilancia si ritrovano nel volume
dei Consilia.
L'attività dello stampatore continuó. A Perugia aveva sposato
una certa Mattea nativa di Ponte Pattoli, che gli aveva portato una
casa in dote. Data alla luce la Summa, Giovanni il 3 marzo dello
stesso anno 1477 si unisce in società con il connazionale Stefano
Aquila: fanno caratteri e stampano breviari forse in vista della
grande richiesta da parte dei francescani. Nel 1479 rinnova la società
con Piero Veli e decidono ambedue di stampare breviari. Se ne sareb-
‘bero stampati un migliaio, secondo il contratto. Oggi non se ne trova
neppure uno.
Una parola su Piero dei Veli, il finanziatore di Giovanni da
Augusta. Era figlio di Giovanni e nipote di ser Lando di Città di Ca-
tello. Trasferitosi a Perugia e ottenuta la cittadinanza nel 1458, si
era dato al commercio dei panni, particolarmente dei veli. Da questa
attività gli venne il cognome « Veli». Aveva costruito una discreta
fortuna, contrariamente al tipografo tedesco che é sempre indebi-
tato col suo finanziatore. I documenti non parlano piü di loro dopo
il. 1483 (1°).
NOTE
(1) Ctr. A. Rossi, L'arte tipografica in Perugia durante il secolo XV e
la prima metà del XVI, Perugia, 1868, pp. 18-19 ; L. BONAZZI, Storia di Pe-
rugia, Città di Castello, 1959, I°, p. 597. Non si capisce per quale ragione si
138 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
siano attribuiti i Consilia del Benedetti a Giovanni Wydenast anzichè a
Giovanni da Augusta ; noto però la contraddizione di Adamo Rossi, che dopo
il contratto tra il tipografo augustano e gli eredi del Benedetti per la stampa
dell’opera, elenca l'incunabolo tra le edizioni di Pietro di Pietro da Colonia ;
cfr. A. Rossi, op. cit., p. 16 e pp. 18-19. La questione dei Consilia è chiarita
dal Lange ; cfr. H.-O. LANGE, Les plus anciens imprimeurs à Pérouse 1471-
1482, in Bulletin de l'Académie Royale des Sciences et des Lettres de Dane-
mark, 1907, n. 6, pp. 280-81. Lo stesso Autore identifica l’augustano con
Giovanni Reseps (op. cit. pp. 281 e 296).
(2) A. Rossi, op. cil., p. 20. Neppure oggi l'esame attento e il confronto
tra i documenti del Rossi e i numerosi cataloghi d’incunaboli hanno potuto
fornire argomenti validi per l'identificazione di qualche esemplare di bre-
viario stampato a Perugia.
(3) D. REIcHLING, Appendices ad Hain, Monachi 1905-1911, fasc. III,
p. 134; la Summa Philosophiae è posseduta dalle biblioteche comunali di
Ferrara e di Mantova, dalla biblioteca Ambrosiana di Milano, dalla biblio-
teca Nazionale di Napoli, dalla biblioteca Casanatense di Roma e dalla bi-
blioteca del Civico Museo Correr di Venezia.
(4) Il nome del notaio ricorre anche tra i documenti pubblicati dal Rossi
e ci si potrebbe meravigliare come questo contratto sia sfuggito alle ricerche
dell'erudito perugino. Probabilmente egli fu ingannato dal titolo del proto-
collo notarile di Matteo Nardi sulla cui copertina pergamenacea una mano
posteriore ha apposto l'indicazione : « Testamenti ». Infatti anche il documento
che ora si pubblica reca sul margine sinistro: « Test. o » (Testamento) ; il
protocollo contiene peraltro pochi testamenti tra molti contratti di varia
natura.
(5) A. Rossi, op. cit., pp. 18-19.
(6) Cfr. U. NicoLINI, Dottori, scolari, programmi e stipendi alla Univer-
sità di Perugia verso la metà del sec. XV, in Bollettino della Dep. di St. Patria
per l'Umbria, Vol. LVIII (1961) p. 149.
(7) La presenza di frate Valentino a Perugia è abbondantemente docu-
mentata dal 1471 al 1494, anno in cui fu eletto superiore della Provincia
Romana. Nel 1477 è ricordato come priore del convento di S. Domenico di
Perugia (Archivio di Stato di Perugia, Corporazioni religiose soppresse, S. Do-
menico, n. 37 [Entrate e uscite], c. 35v.) ; nel ms. 1141, c. 66v, della biblio-
teca Comunale di Perugia si dice espressamente ch'ebbe a discepolo il car-
dinale Gaetano. La piü aggiornata bibliografia su Valentino da Camerino si
trova in T. KAEPPELI O. P., Inventari di libri di S. Domenico di Perugia
(1430-1480), Roma, 1962, pp. 180 e 308.
(S) Cfr. A. Hosst,-op...cit.; p. 23.
(9) L'attività di Stefano Aquila è ampiamente documentata dal Rossi,
op. cit., pp. 19 e 23.
(10) Il 24 agosto 1466 si fa iscrivere nel catasto di Porta S. Angelo, par-
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 139
rocchia di S. Cristoforo, allegando il diploma di cittadinanza perugina avuta
I11 giugno 1458. Il 29 luglio 1480 risulta trasferito in Porta S. Susanna, par-
rocchia di S. Giovanni Rotondo. Possedeva terreni a Villanova, S. Enea,
S. Valentino ; cfr. Archivio di Stato di Perugia, Comunale, Catasti, I gr.,
n. 26, c. 134r-v ; II gr., n. 17, c. 363r. Qualche altro documento che attesta
rapporti d'affari tra Piero Veli e Giovanni di Giovanni d'Augusta ho notato
nei protocolli del notaio Francesco di Giacomo sia per l'anno 1472 (c. 222r-v),
sia per il 1473 (c. 294v-295r) ; ancora nel 1479 (c. 22r-23r) l'augustano deve
ricevere fiorini 51 da un debitore del Veli per una casa vendutagli in Porta
S. Angelo, parrocchia di S. Martino del Verzaro ; cfr. anche Notarile, Acta Si-
monis lacobi, prot. 1484-87 (foglio sciolto in fondo al volume).
APPENDICE
CONTRATTO DI SOCIETÀ PER LA STAMPA
DELLA SUMMA PHILOSOPHIAE DI PAOLO DA VENEZIA
Perugia, 1476, settembre 26. — Piero di ser Giovanni Veli da Perugia e
Giovanni di Giovanni da Augusta si uniscono in società per stampare
la Summa philosophiae di Paolo da Venezia. (Archivio di Stato di Pe-
rugia, Notarile, Acta Mathei Nardi, prot. 1476, cc. 107r-108r).
Eisdem millesimo, indictione et pontificatu, et die XXVI mensis sep-
tembri:. Actum Perusii in Porta Sancte Subxanne et parochia Sancti Va-
lentini, in domibus heredum Alovigii Laurentii, presentibus Francischo
ser Geromini (?) de Perusio Porte Sancte Subxanne et Iacobo Christofori
Iohannis de Perusio, testibus ad infrascripta vocatis, habitis et rogatis.
Convenientes ad invicem in supradicto loco coram dictis testibus et
me notario infrascripto, Perus ser Iohannis de Velis de Perusio Porte Sancti
Angeli, per se et suos heredes obligando se et omnia et singula sua bona mo-
bilia et immobilia, presentia et futura pro observatione omnium et singu-
lorum infrascriptorum, ex una parte, et magister Iohannes lohannis de
Augusta habitator in civitate Perusii in Porta sancti Angeli, per se et suos
heredes obligando se et omnia et singula sua bona mobilia et immobilia,
presentia et futura pro observatione omnium et singulorum infrascriptorum,
ex parte altera, contrasserunt insimul ad invicem societatem de exercitio
et trafficu artis librorum qui scribuntur in forma et spectantibus ad dictam
artem, per tempus (lacuna) proxime futurum, dicta die incipiendum et fi-
niendum ut sequitur, cum pactis, modis, capitulis et conventionibus infe-
140 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
rius vulgariter denotatis in quodam foleo michi notario infrascripto in pre-
sentia dictorum testium dato et consignato ; cuius quidem scripti tenor ta-
lis est, videlicet :
Al nome de Dio, amen. Adì 26 settembre 1476.
Sia noto e manifesto a ciascuna persona che leggerà la presente scripta
o audirà leggere, como che adì dicto et millesimo Piero de ser Giovanni da
Veli da Peroscia Porta Sant'Angelo et mastro Iohanne de Giovanni da Au-
gusta, habitatore in Peroscia in Porta Sant'Angelo, fanno compagnia in-
sieme allo exercitio de libra che se fa in forma, a pro et in dampno, el quale
danno Dio el cesse, colli infrascripti capitoli, cioè :
imprima, che dicto mastro Giovanni promette exercitare la sua per-
sona bene e diligentemente a laborare et fare laborare libri in forma, cioe
la « Somma » de mastro Paulo de Venetia, o altro volume che metesse utile
a la compagnia con suoi massarie e fornemente da laborare e carte ;
secundo, che el dicto Piero promette mettere o fare mettere o acor-
dare per la compagnia per tucto el mese de novembre prox:mo che viene fio-
rini dodece a bolognini XL per fiorino, cioé altramente fiorini doie e fiorino
uno per la settimana, sicché in fine del dicto mese sia pagato e accordato
]a dicta somma de fiorini XII ;
tertio, sonno d'acordo che quando el dicto Piero volesse mettere
nella dicta compagnia per fine a la somma de fiorini cinquanta per tucto el
mese de dicembre proximo da venire, che li possa mettere o acordare per la
fine a la dicta somma, de quali fiorini cinquanta, secondo la somma de
denari che metesse e acordasse per la dicta compagnia, che per quilla abbia
tirare e avere l'utile e ’1 dampno, el quale dampno Dio el cesse ;
quarto, sonno d'acordo che dicto mastro Giovanni promecte fare e
fare fare per tucto el mese de novembre sopradicto quatrocento volumi de
la Summa sopradicta de mastro Paulo ;
quinto, promette dicto mastro Giovanni al dicto Piero che per sino
a carnevale proximo che viene, rendere e pagare al dicto Piero la mità de
la quantità de denari che dicto Piero avesse pagato a dicto Giovanni o acor-
dato a la dicta compagnia, del quale pagamento aparesse per terza persona
o per scripta del dicto mastro Giovanni ; e l’altra mità promette rendere e
pagare a Pascha de la Resurectione proxima che viene, cum utile che fosse
facto, e cosi sequendo mese per mese l'uteli che se facesse de li dicti volumi
de la Summa sopradecta magistri Pauli venetiano, o de altre volumi li quali
fossero facti e non venduti.
Io mastro Giovanni sopradicto ho scripta e soscripta questa scripta con
V' CONVEGNO STORICO REGIONALE 141
mia propria mano, dicto dì e anno millesimo ; che Dio ce presta bona ventura
e guadagno.
Pro quorum florenorum restitutione et contentorum in supradicta
scripta observatione, dictus magister Iohannes cum presentia, consensu,
licentia et voluntate domine Mathee Angeli de castro Pontis Pactoli comi-
tatus Perusii eius uxoris expresse et specialiter, obligavit et ypotechavit
dicto Pero presenti, acceptanti, stipulanti et recipienti ut supra, unam do-
mum sitam in Porta Sancti Angeli et parochia Sancti Christophori, fines
cuius ab uno Laurentius Lodovici alias de Caposancto, ab alio via ab
alio Angelus Corsanti...(?) vel si haberet meliores confines ; quam do-
mum voluit dictus magister Iohannes cum consensu predicto esse obliga-
tam et ypotechatam dicto Pero pro restitutione et conservatione ipsorum
et circha prefata et instrumento predicto etc.
Et insuper prefatus magister Iohannes fuit confessus et contentus ha-
buisse et recepisse et habuit et recepit in presentia dictorum testium et mei
notarii infrascripti in prima manu a dicto Pero florenos duos ad rationem
XL bolonenorum pro floreno, ad quos dictus Perus obligatus erat virtute
dicti scripti et vigore ipsius. Quos dictus magister Johannis sub obligatione
predicta promisit et convenit dicto Pero stipulanti et recipienti etc.
SALVATORELLI: Ringrazio padre Ugolino di questo interessante,
inedito contributo. Forse, data — come devo dire? — la peculiarità
dell'argomento, non ci sarà nessuno che vorrà intervenire, ma se qual-
cuno vorrà fare qualche osservazione, siamo qua per ascoltare. Se no,
passiamo avanti.
CeccHINI : Se andiamo in ordine, chi c'è?
SALVATORELLI : C'è Morotti per la comunicazione : « Editori e
Tipografi in Assisi dal secolo XVI al secolo XIX».
EDITORI E TIPOGRAFI IN ASSISI DAL SEC. XVI AL SEC. XIX
Fino dagli anni lontani della mia giovinezza, quando frequen-
tavo le scuole normali, incominciai a prender nota di tutti quei
libri stampati in Assisi che mi riuscisse di trovare in biblioteche o
presso famiglie amiche. Successivamente le vicende della vita mi
tennero lontano dalla mia città : così, per molti anni le mie inge-
Son na
o Cut o Nia inn
nue schedine furono messe da parte. Ma più tardi le ricerche sono:
UO ET Cp
—
IG RAI
a
142 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
state riprese con maggiore impegno ; ed ora il materiale raccolto
e opportunamente ordinato mi è sembrato così copioso da giusti-
ficare questa mia comunicazione : e non tanto per far conoscere il
risultato delle mie ricerche, quanto anche per la timida speranza
che esso possa portare un iniziale contributo alla conoscenza del-
l’arte tipografica in' Assisi.
Il mio lavoro sulle tipografie assisane (frutto di anni di assidue
esplorazioni nelle biblioteche pubbliche e private, maggiori e mi-
nori, dell'Umbria) elenca oltre millecinquecento voci, grandi e
piccine, che testimoniano della operosità intelligente e fervida di
quei valorosi artigiani. Tuttavia, a questo cospicuo quantitativo
di stampe da me catalogate piace oggi aggiungere idealmente le
tre centinaia stampate dopo il termine del periodo considerato
(1900), comprendenti anche tredici periodici (da una rivista di
studi filosofici ad una di storia e letteratura, da un mensile per
fanciulli, ad un settimanale politico, dalla Miscellanea Francescana
ai bollettini delle accademie locali) le quali potrebbero utilmente
aggiungere fama alla Tipografia Metastasio, nel periodo che pre-
cedette la morte di Luigi Vignati, avvenuta nel 1937.
Sarà bene chiarire subito che non ho la pretesa di avere scoperto
molti nomi nuovi ; tuttavia, le ricerche negli archivi della mia città
mi hanno consentito di precisare date e parentele, di raccogliere
documenti, di conoscere avvenimenti poco noti, o addirittura sco-
nosciuti ai più, che hanno illuminato la vita, l’attività, gli intenti
di alcuni editori-tipografi assisani, i quali non furono secondi ai
loro più famosi colleghi del tempo.
Il catalogo, condotto con semplicità elementare e senza pretese,
non risponderà forse ad ogni esigenza culturale; ma son sicuro
che anche così come è stato abbozzato potrà riuscire utile alle ri-
cerche bibliografiche; e rimarrà modesto documento storico di
qualche interesse, malgrado le inevitabili lacune esistenti tra la
fine del Cinquecento e il principio del Seicento. In esso non pre-
valgono opere storiche, scientifiche, letterarie di grande rilievo,
né sempre nomi di studiosi giunti alla notorietà o alla gloria ; peró
molti di questi libri (che pure a quel tempo erano assai diffusi e
ricercati), sono ancora letti e citati proficuamente ; mentre é indubbio
che anche le pubblicazioni minori hanno sempre la loro importanza
documentaria per la cronaca e la vita civile e spirituale del tempo.
Il periodo piü attivo e significante per l'arte tipografica assisana
fu indubbiamente quello giansenista, la cui lunga, polemica, lotta
V
Y CONVEGNO STORICO REGIONALE 143
cartacea ebbe in Assisi il suo quartier generale : naturalmente solo
per quanto riguarda la parte ortodossa. Uscirono infatti dai torchi
di Ottavio Sgariglia le più importanti pubblicazioni sull'argomento
che appassionava (e divideva) gli animi: nel breve periodo di un
ventennio esse superarono il centinaio. |
E lecito chiedersi il perché di tanto fervore antigiansenista in
questa cittadina di provincia, se gli autori di queste opere non
erano assisani, nè risulta che risiedessero in Assisi. E stata avan-
zata l'idea d'un centro antigiansenista sorto qui ad opera di alcuni
ex gesuiti venuti a stabilirsi nell'Umbria dopo la soppressione del
loro ordine. Ma sebbene vi siano tracce del loro passaggio in Assisi,
Todi, Perugia e altrove, non abbiamo nulla che possa avvalorare
questa ipotesi. La stessa vita culturale del tempo, ispirata dalla
Colonia Arcadica Properziana, non ha lasciato traccia di simili
dispute teologiche.
Altri ha supposto trattarsi di ristampe abusive operate alla
macchia; ma se pure, per evidenti ragioni, molte di queste opere
mostrano notazioni tipografiche false, è poi vero il contrario : cioè
che altri si sia arrogato il diritto, abusivo, di ristamparle.
Più prosaicamente s'é detto che il tipografo assisano faceva
pagar poco : e potrebbe anche essere vero; ma non è certo questa
la ragione determinante.
Intanto è certo che lo Sgariglia s'era validamente affermato
nell'arte sua, mentre un suo giornale, la Gazzetta Universale, larga-
mente diffuso in tutta l’Italia centrale, ne divulgava il nome tra i
suoi numerosi lettori. Inoltre, don Giacinto dei conti Bonacquisti,
assisano e Vicario del Sant'Uffizio, fervente antigiansenista, lasciava
stampare con una certa larghezza un tal genere di libri. Infine non
bisogna dimenticare che don Gioacchino Sgariglia, sacerdote in
Roma, era fratello del tipografo, ed avrà certamente indirizzato
alla officina assisana tutti quegli studiosi che potè conoscere.
Queste pubblicazioni, spesso anonime, originali o tradotte, re-
cavano i nomi di dotti cultori delle discipline morali, teologiche,
filosofiche e storiche, come quelli dei gesuiti Gaetano da Brescia
(Diego Giuseppe Fuensalida), Giuseppe Antonio Rasier, Raffaele
Nuix de Perpignan, Emanuele Ithurriaga ; di Gian Vincenzo Bolgeni,
Carlo Borgo, don Luigi Borgo, don Francesco Gusta, don Francesco
Alba, don Paolo Calini, don Antonio Bonelli, del canonico Muzzarelli,
di monsignor Mercier; del padre Giovanni Ferrari, del p. Gourdan,
del p. Francesco delle Grotte di Castro, del p. Eusebio Nierenberg ;
144 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
di Giambattista Gemini, Eugenio Guasco, Pietro Gazzaniga, Gia-
cinto Andrà, Giancarlo Brignole, Nicola Spedalieri.
La diffusione e l’ardore aspro e caustico della polemica con-
sigliarono spesso il nostro editore a nascondersi dietro notazioni
tipografiche vaghe, reticenti, false : come Perugia, Colonia, Finale,
Italia, Mondorbopoli, Hala. Ma a queste opportunità contingenti
se ne aggiunge un’altra, stranissima, che mi ha lasciato più volte
perplesso, obbligandomi spesso a rettificare indicazioni precise, che
la scoperta d’un altro esemplare dello stesso libro mi faceva supporre
errate. Infine le mie incertezze vennero fugate dal confronto di due
esemplari di una stessa opera (trovati in due diverse biblioteche)
identici nel titolo, nel formato, nei caratteri, nel numero di pagine,
nel contenuto, insomma in tutto, ma con notazioni tipografiche
differenti.
Talora, la indicazione completa (In Assisi 1784 per Ottavio
Sgariglia) è abbreviata così: In Assisi 1784, senza più il nome
del tipografo; un’altra sostituisce le intere notazioni dell’editore
con Finale 1789 ; ed ancora : Assisi 1790 è sostituita da Italia 1790,
oppure, più brevemente 1790, con permesso ; i quattro tomi della
Cabala dei moderni filosofanti recano alternativamente Italia 1792,
con permesso e Assisi 1792, lasciando evidentemente supporre la
esistenza delle. due distinte edizioni; infine un’altra opera ha per-
fino frontespizi con tre diverse notazioni tipografiche: In Assisi
MDCCXC (in numeri romani), In Italia MDCCXC e In Italia
1790.
Non saprei spiegarmi una tale anomalia se non supponendo che
l'editore abbia voluto distinguere gli esemplari destinati all'in-
terno dello Stato Pontificio da quelli che mandava fuori dei suoi
confini.
Ottavio Sgariglia fu però universalmente noto soprattutto per
la pubblicazione bisettimanale della Gazzetta Universale che fu uno
dei primi giornali dell’Umbria, originariamente fondato da Pompeo
Campana di Foligno. A Firenze, l’editore Pagani stampava, nello
Stesso periodo, un’altra Gazzetta Universale, identica alla nostra
nel titolo, nel formato, nella impaginazione e perfino nel fregio
molto simile che ne circondava la testata : unica differenza nella
notazione tipografica, che nella edizione nostra era completa, mentre
la fiorentina si limitava a segnare il solo luogo di stampa, lasciando
così facilmente cadere in inganno il lettore poco attento.
Quando il Pagani conobbe la gazzetta assisana, montò in furore
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 145
e diffidò i propri associati a « non lasciarsi abbagliare da una sem-
plice apparenza, sostenuta da un falso nome...». Ma non potè
impedire che il nostro giornale continuasse a circolare felicemente
per tutta Italia ; mentre la fama e la diffusione crebbero tanto che
la stessa Teresa Campana, zia di Ottavio Sgariglia, pretese dalla
sorella Maria la concessione gratuita di ben quindici numeri, per
tutto il tempo che venisse stampata.
Per far fronte alle esigenze editoriali del suo intenso lavoro
lo Sgariglia dovette comperare immobili e attrezzature sempre più
nuove ; e a questo scopo non esitò a utilizzare tutte le sue sostanze,
alle quali aggiunse poi la dote e l’usufrutto materno, i capitali de-
stinati dal padre a dotare le sorelle e perfino i residui dotali delle
zie materne. Potè così dare alla sua azienda quello sviluppo e quel-
l’impulso che gli permisero di gareggiare felicemente con gli altri
tipografi del tempo.
Mi sono alquanto dilungato su questo notevole editore perchè
la sua fervida attività, così scarsamente nota, ha tuttavia riempito
di per sè tutto un periodo, che riuscì il più significativo della atti-
vità tipografica assisana.
Una interessante scoperta è quella dell’atto di morte del ti-
pografo Michel'Antonio Bertagna di Saluzzo : nel documento è chia-
ramente indicata la qualifica di stampatore del sacro convento. La
notizia, ignota fino ad oggi, è avvalorata dal fatto che il Bertagna
era appunto alloggiato in quel maestoso edificio e che quando si
ammalò venne ricoverato in quella infermeria ove morì; e fu poi
sepolto nella stessa basilica.
Un cenno particolare meriterebbe infine un altro famoso editore
assisano : Domenico Sensi, più noto perchè più vicino a noi, tanto
valoroso quanto sfortunato. Nei ventiquattr'anni di sua attività
egli stampò, tra l’altro, le opere dello storico di Assisi, Antonio
Cristofani, di Tullio Dandolo, di padre Giuseppe Fratini, del ca-
nonico avvocato Tommaso Loccatelli Paolucci. Ma le forti spese
richieste dall’acquisto del macchinario, la firma per avallo su alcune
cambiali, un fallimento, una truffa, la calunniosa e ingiustificata
persecuzione di Pietro Cannetti (che gli aveva venduto parte del
macchinario della gloriosa tipografia Sgariglia da lui ereditata),
infine la morte improvvisa del conte Tullio Dandolo che doveva
ancora pagargli i lavori tipografici già eseguiti per lui, debito che
gli eredi non vollero riconoscere, lo posero in così gravi difficoltà
finanziarie e ne turbarono tanto l’animo, da costringerlo a chiudere
10
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— pr crolla vae. d
^el t
146 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
la sua bella officina, che aveva pur dato pane a venti famiglie. E
l'anno successivo ne mori di crepacuore.
Queste succinte notizie avranno potuto dare (almeno lo spero)
una idea sufficiente della attività notevolissima, per qualità e quan-
tità di opere degli stampatori assisani; attività che pone, a buon
diritto, Assisi a fianco delle più note e più grandi tipografie umbre
senza timore di sfigurare.
SALVATORELLI: Ringrazio Fernando Morotti per questa comu-
nicazione piena di dati inediti, credo, e che poi conferma quello che
era già stato detto qui, cioè questo intreccio tra storia della tipografia,
storia della cultura, in questo caso perfino storia della teologia, del
diritto ecclesiastico, perchè quando siamo al giansenismo, all'anti-
giansenismo, specialmente quello della seconda metà del secolo XVIII,
ci troviamo proprio di fronte a questo intreccio di politica, religione,
diritto. Non so se qualcuno, specialista in storia assisiate, voglia in-
terloquire. Pensavo poi fra me quale interesse avrebbe in quanto si
potesse non solo seguire questa produzione tipografica, ma la fortuna,
poi, delle pubblicazioni ; per esempio la tiratura, quali tirature si
facevano, tutto questo sarebbe certo utile. Mi limito ad esprimere questo
voto. Gli studiosi ne tengano conto.
UcoLINI : Fernando Morotti si è dimostrato cosi profondo co-
noscitore della tipografia assisiate, che io mi permetto di sottoporgli
un piccolo quesito, che m’è accaduto di formulare a me stesso studiando
una certa attività culturale umbra, anzi in particolare perugina, a
partire dal 1870. Io ho notato questo : che ad un certo determinato
momento, scrittori, poeti umbri (adesso non ho qui le carte, ma ri-
cordo per esempio il Bini-Cima) che dopo aver stampato per un primo
tempo le loro cose a Perugia, hanno emigrato, dirò così, hanno trasmi-
grato ad Assisi. Altri (adesso non ho i nomi, ma ho delle schede che
potrei al momento opportuno mostrare), altri perugini, che hanno
cominciato a stampare a Perugia, presso la Tipografia Boncompagni,
ad un certo momento, 1872-73, pubblicano invece in quelle caratteri-
stiche edizioni dalla copertina rosa, in cui appunto compaiono i versi
di Bini-Cima, usciti ad Assisi. C'é una qualche ragione, oppure si
tratta di una ragione soltanto economica? È un piccolo quesito che
vuole dimostrare soltanto l’interesse con il quale abbiamo seguito la
sua importante comunicazione. |
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 147
MorotTI : C'é stato un momento in cui il Tiberi, per stampare
la sua rivista La Favilla si serviva anche lui della Tipografia Sgariglia.
SALARI: Professor Cecchini, lo Sgariglia era di Foligno o di
Assisi?
CeccHINI : Ho trovato degli Sgariglia anche ad Ascoli Piceno;
non so, non ho risolto questo problema.
MorotTI : Jo non ho trovato l'atto di nascita di questo Sgariglia,
però ne ho trovati tanti di Sgariglia, e li ho accennati.
SALARI: Nella mostra che è stata fatta a Foligno anche recente-
mente figura tra i tipografi folignati.
MorotTI : Jl nipote dell'ultimo Sgariglia, Pietro Cannetti che
assunse il cognome dello Sgariglia perchè ne aveva ereditato la tipo-
grafia, ha venduto in un primo tempo la tipografia al Barbera, che la
istituì a Perugia, a Porta Sole. Una parte della tipografia è rimasta
a lui, che l’ha portata a Foligno mentre il resto della tipografia l’aveva
venduto al Sensi.
CeccHINI : Vogliamo sentire ancora Costantini, e poi basterà.
SALVATORELLI: Fernando Costantini : « Sconosciute o poco note
tipografie eugubine nei secoli dal XVII al XX ». Vorrei raccomandare
di parlare a voce un pò alta.
SCONOSCIUTE O POCO NOTE TIPOGRAFIE EUGUBINE
NEI SECOLI XVII-XX
L’Arte della Stampa fu introdotta in Gubbio molto tardi ri-
spetto alle altre città Umbre. Le prime notizie sull’attività degli
stampatori eugubini le dobbiamo al Catalogo a cura del prof. Gio-
vanni Cecchini: Mostra dell'Arte della Stampa Umbra, stampato
a Perugia presso lo stabilimento Tipografico Guglielmo Donnini
nel 1943.
La Mostra fu ordinata nel palazzo Trinci in Foligno nel 1942:
è il primo tentativo, per Gubbio, di dare un quadro esemplificativo
Yi Tino et",
in
148 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
dell'attività tipografica dall'inizio dell'introduzione della stampa
ai giorni nostri, ma a causa del deficiente indispensabile lavoro di
ricerca non poteva fornire una documentazione piü ampia.
In quella prima rassegna della Stampa Umbra le stamperie
eugubine rappresentate erano quattro: Ciotti sec. XVII, Bartolini
sec. XVIII, Magni sec. XIX, Soc. Tip. Oderisi sec. XX ; gli esem-
plari di stampa da queste prodotti, limitatamente ai secc. XVII-XIX,
undici.
Una esemplificazione così scarna non è sufficiente a stabilire
quale realmente fu il contributo degli stampatori di Gubbio all’in-
cremento culturale e alla vita spirituale non solo dell'Umbria, ma
della stessa Gubbio ; da qui sorge l'esigenza di accertare e docu-
mentare la loro reale opera.
Premesso ciò, è necessario dire che questa nostra ricerca non
vuole essere la parola definitiva sugli stampatori eugubini, ma più
modestamente si propone di rispondere a due domande :
1) quando e da chi la stampa fu introdotta a Gubbio ?
2) quante e quali officine tipografiche hanno operato in Gubbio
dall’introduzione della stampa al sec. XX? La risposta a queste
domande potrà costituire la base per una futura ricerca tendente a
rendere nota tutta la produzione delle stamperie eugubine.
La nostra indagine pertanto, che non esclude la possibilità di
nuovi ritrovamenti, volta ad individuare stampatori non conosciuti,
ci consente di presentarvi quattro officine tipografiche che hanno
operato in Gubbio nei secc. XVII-XX, e che alla Mostra di Foligno
non erano rappresentate.
Le quattro stamperie sono :
1) Triangoli, sec. XVII;
2) Mattioli, sec. XVIII;
3) Cecchetti, sec. XIX;
4) Romitelli, secc. XIX-XX.
Stamperia Triangoli
Il Gonfaloniere di Giustizia, nella seduta del 14 marzo 1621 (2),
informa il Consiglio Generale che Cesare Triangoli intende « porre
l’arte della stampa » nella città, e per questo chiede un contributo
che gli consenta di affittare una grande casa atta allo scopo. Il Gon-
faloniere chiede al Consiglio di giudicare se sia conveniente o no ac-
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 149
cordare il contributo «stante la strettezza che ha la comunità per
hora », facendo notare però quanto grande sarebbe «la reputazione
e l'ornamento » che la stampa porterebbe alla città.
Questa situazione economica del Comune, che riflette le condi-
zioni economiche generali della città, non è certamente l’ultima delle
cause che impedirono l’impianto di una officina tipografica in Gubbio
prima di quel tempo. Il Consiglio accordò a Cesare Triangoli 12
scudi l’anno per quattro anni con 42 voti favorevoli e 6 contrari.
Di questo, che è il primo stampatore eugubino, allo stato at-
tuale delle ricerche non possediamo o più precisamente non abbiamo
trovato alcun esemplare di stampa ; quelli che conosciamo di questa
stamperia sono stati prodotti dal suo successore Marc’ Antonio Trian-
goli. Poche notizie abbiamo di questo pioniere dell’ Arte della Stampa
a Gubbio; sappiamo che partecipò alla vita pubblica della città
poichè fu eletto sesto Console nel bimestre novembre-dicembre
1609, quinto Console nel bimestre marzo-aprile del 1611 e ancora
quinto Console nel bimestre marzo-aprile del 1615 (?). (A Gubbio in
quel tempo i Consoli erano otto, uno per ognuno dei ceti sociali in
cui era divisa la cittadinanza). Nel 1623 a Cesare Triangoli, ancora
vivente, era già succeduto nella direzione della stamperia il figlio
Marc’ Antonio ; di questo, come vedremo, conosciamo cinque esem-
plari di stampa. Marc'Antonio Triangoli nel 1625 chiede al Comune
un nuovo contributo (*), evidentemente non era facile trovare in
Gubbio sufficienti risorse che garantissero lo stabile esercizio della
stamperia ; il Consiglio Generale ritenne che mantenere in vita la
stamperia tornava ad onore ed utile della città e accordò al Triangoli,
con 37 voti favorevoli e 5 contrari, otto scudi l’anno per otto anni.
Nel 1630, nella seduta del 20 ottobre (*), il Consiglio, letti i me-
moriali di Francesco Maria Ciotti e di Marc’ Antonio Triangoli, ac-
corda al Ciotti, a partire dalla scadenza della concessione votata nel
1625 a favore del Triangoli e in luogo di questo, il contributo annuo
di scudi otto con l’obbligo di stampare gratis i bollettini e quant’altro
potesse occorrere al Comune. Il memoriale del Ciotti conteneva la
richiesta di contributo, ma quello del Triangoli cosa conteneva ? Si
opponeva alla concessione del contributo al Ciotti, oppure consentiva
rinunciando a rinnovarne la richiesta ? O il Ciotti succedeva al Trian-
goli nella stamperia ?
Franciscus Maria de Ciottis seu de Surianis, prima e dopo il
1630, è in ottimi rapporti con il Triangoli, tanto che più volte lo tro-
viamo testimone di transazioni effettuate da Marc’ Antonio Triangoli
T_—==-C--v=_vcEZZGSZZE&
150 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
quando l’atto di queste è redatto nella tipografia o nella adiacente
casa di questo.
Abbiamo potuto rilevare ciò scorrendo i protocolli del notaio
Corinzio Baroncini (5). Dunque fra i due non vi è contrasto. È presu-
mibile anzi che il Ciotti lavorasse nella stamperia del Triangoli e che
questo con il memoriale assumesse l'impegno di lasciargliene la dire-
zione e di associarlo all’impresa, e ciò perchè avesse titolo a richiedere
il contributo.
Siamo portati a formulare questa ipotesi non solo perchè pos-
siamo documentare gli ottimi rapporti esistenti fra i due, prima e
dopo il 1630, e la significativa presenza, più volte riscontrata, del
Suriani agli atti stipulati dal Triangoli nella tipografia o nella vicina
casa, ma anche dalla personalità stessa del Triangoli. Questo oltre
che stampatore, notaio, è anche uomo d’affari attivo e intraprendente
non nuovo a combinazioni di questo genere (*) Di più, la conces-
sione del contributo al Triangoli scadeva nel 1633, quella del Ciotti
aveva inizio dal 1634 e, proprio di tale anno è l’esemplare di stampa
più antico che conosciamo prodotto da quest'ultimo (*).
Nel 1644 Marc'Antonio Triangoli chiede al Comune un contri-
buto per l'acquisto di una nuova macchina da stampa a tre carat-
teri (?), ma il Consiglio Generale non accoglie la sua richiesta. Il
tempo del mecenatismo comunale era definitivamente passato ? Non
sappiamo se questa od altra fu la ragione del rifiuto. Marc'Antonio
Triangoli, come Cesare suo padre, partecipò alla vita pubblica :
fu terzo Console nel bimestre settembre-ottobre 1630 e nel bimestre
gennaio-febbraio 1634 (*). È importante notare la rapida ascesa so-
ciale della famiglia Triangoli, perché certamente legata alla loro
attività di stampatori; in un ventennio circa é salita dal sesto al
terzo grado, cosa piü che insolita a Gubbio dove tale ascesa era nor-
malmente lenta.
Il terzo grado era il grado proprio dei « Maestri Artigiani ». La
famiglia Triangoli raggiungerà poi il grado civico, ma non sappiamo
quando questo sia avvenuto. Nello stemmario del Comune è ripro-
dotto il suo stemma : in campo azzurro tre stelle, un compasso con
le punte aperte in basso, tre triangoli fra le punte del compasso.
La stamperia Triangoli era sita nel quartiere di San Giuliano
iuxta plateam magnam (*). Gli esemplari di stampa che conosciamo
Sono :
1) Un volume miscellaneo che raccoglie tre diverse opere dello
stesso autore :
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 151
d) VITA | ET FATTI /| E MIRACOLI / DEL GLORIOSO PADRE
s. UBALDO DA / GUBBIO CANONICO REGOLARE LATE / RANENSE, VE-
SCOVO E PROTETTORE DI / DETTA CITTÀ / Di nuovo raccolta .... /
dal M.R.P. D. CARLO OLivieRI da Vicenza cittadino di Gubbio /
IN PERUGIA, E GuBBIO APPRESSO / MARC’ ANTONIO TRIANGOLI, 1623.
13 x 7,5, pp. 122 +14 n. n. in fine, delle quali 2 bianche, 7
contenenti la Tavola, l'Imprimatur, V Errata corrige e 3 bianche.
Carattere romano.
b) GRATIE FATTE / DA / S. UBALDO / CAN. REG. LAT. / ET
vESCOVO DI GUBBIO / A' SUOI DEVOTI / POSTE IN LUCE DAL R. P. D.
CARLO OLIVIERI / ..... / in GuBBIO PER MARC'ANTONIO TRIAN-
cori / 1623.
13 x 7,5, pp. 26 +2 n. n. in fine, delle quali 1 contenente l’ Im-
primatur e 1 bianca. Carattere romano.
C) GRATIE FATTE / DA / S. UBALDO / CAN. REG. LAT. / ET
vescovo DI GuBBIO / A' suor DEVOTI / oltre alle altre stampate da
me, tanto nella sua vita, quanto in un altro libretto / NUOVAMENTE
RACCOLTE . ../ DAL M. R. P. D. CARLO OLIVIERI DA VICENZA ETC.
| in GuBBIO PER MARC'ANTONIO TRIANGOLI, 1623.
13 x 7,5, pp.164 + 2 n. n. in fine, delle quali 1 contenente l' Zm-
primatur e 1 bianca. Carattere romano.
2) STATUTA / CIVITATIS / EUGUBII / AUCTORITATE SERENIS-
simi / FRANCISCI MARIAE II / DUCIS NOSTRI / CONFIRMATA ET EDITA /
(xilografia) / EuGuBII / APUD MARCUM ANTONIUM TRIANGOLUM
MDCXXIV.
Xilografia : Arma della città al centro, la Giustizia con bilancia
e spada a sinistra, la Pace con palma a destra, il motto «iustitia et
pax osculatae sunt » sotto.
24 x 14,5, pp. 3-193 + 18 n. n. in principio, delle quali 2 conte-
nenti la dedica a Francesco Maria II duca d’Urbino, 1 Auctor lectori,
1 un sonetto di Carlo Gabrielli all’autore Giacomo Beni, 11 l’indice
e 1 bianca, +3 n. n. in fine, delle quali 1 contenente l’Errata cor-
rige, 1 il decreto di approvazione degli statuti e una piccola xilo-
grafia dello stemma ducale e 1 bianca.
3) LETTURA / DE CASI DI COSCIENZA / IN CENTO LEZIONI /
SPIEGATA / DAL M. R. P. MAESTRO REGGENTE / FRA FULGENZIO PE-
TRELLI DA SIGILLO / ETC. / PARTE PRIMA / AL SANTISSIMO PONTE-
FICE UrBaNO VIII / in GuBBIo / PER MARC'ANTONIO TRIANGOLI /
MCDXXVII.
17,5 x 12,5, pp. 381 4- 30 n. n. in principio, delle quali 1 conte-
al ; -
152 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
nente il frontespizio, 1 bianca, 4 con la dedica al pontefice Urbano
VIII, 5 con la dedica ai lettori, 1 con l'Approbatio, 2 con epigrammi
e un sonetto, 2 con sonetti di Francesco Maria Galeotti, 2 bianche, 12:
con una canzone di Guid'Ubaldo Benamati 4-33 n. n. in fine, delle
quali 1 contenente l’ /mprimatur, 2 Y Errata corrige, 30 la Tavola.
Stamperia V. Mattioli ed Eredi - Sec. XVIII
Per quanto abbiamo cercato non ci é stato dato di trovare al-
cuna notizia su Vincenzo Mattioli, la sua stamperia, i suoi eredi.
Non sappiamo quando incominció la sua attività, né quando questa
cessó. Per conoscere questo stampatore ed i suoi eredi non abbiamo
che gli esemplari di stampa che piü avanti descriveremo, dei quali
il più antico è del 1721 e il più recente del 1749.
Dalla notazione tipografica dell'opera L'Apostolo del Chablais
apprendiamo che gli eredi del Mattioli fin dal 1742 ebbero il titolo.
di Stampatori del S. Uffizio.
All’infuori di ciò è da ritenere che questi stampatori siano stati
di famiglia eugubina, poichè in quel torno di tempo molti membri
di una famiglia Mattioli fecero parte del Consiglio Generale della
Città (1*).
Ed ora ecco gli esemplari di stampa prodotti da questa stamperia :
1) MEMORIE / SPETTANTI A DIVERSI AFFARI DELLA / CONGREGA-
ZIONE / SPERELLA / (xilografia) / in GuBBIO MDCCXXI / PER Vin-
cENZO MATTIOLI. /
Xilografia : piccolo stemma del vescovo mons. Alessandro Spe-
relli.
16,5 x 11,5, pp. 54. Carattere romano.
2) PretRo MARIA AVANZI - ORATIO / IN FUNERE / REVEREN-
DISSIMI PATRIS / D. IusTINI RossELLH / ETC. / EUGUBII, TYPIS VIN-
cENTII MaTTHIOLI / MDCCXXV J.
11,5 x 7, pp. 30 +2 n. n. in fine, bianche, carattere romano.
3) CANTATA / DA RECITARSI / IN OCCASIONE DELLA PUBBLICA
ACCADEMIA / DA FARSI AD ONORE / DEL NOSTRO GLORIOSISSIMO CON-
CITTADINO / VESCOVO E PROTETTORE / S. UBALDO / NEL CORRENTE.
ANNO / 1731 / in GuBBIO, PER VINCENZO MATTIOLI.
15 x 8,5, pp. 16. Carattere romano.
4) ORATORIO A QUATTRO VOCI / DI /s. FRANCESCO / D'Assisr
/ ETC. / IN GuBBIO, PER VINCENZO MATTIOLI, 1733.
15 x 9,5, pp. 8. Carattere romano.
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 153
5) S. FERMINA / ORATORIO / DA CANTARSI IN GUBBIO IN /
OCCASIONE DEL SOLENNE TRIDUO / CHE SI CELEBRA IN ONORE DI /
MARIA / SEMPRE VERGINE / IN GUBBIO PER IL MATTIOLI 1737.
18 x 10, pp. 16. Carattere romano.
6) ADAMO / CANTATA / DA RECITARSI IN GUBBIO IN / OCCASIONE
DEL SOLENNE TRIDUO / CHE SI CELEBRA IN ONORE DI / MARIA / SEM-
PRE VERGINE / IN GUBBIO PER Vincenzo MatTIOLI / 1737 /.
Nel frontespizio piccola xilografia con la Madonna e il Bambino.
16 x 8, pp. 12. Carattere romano.
7) LA CONTESA / DELLA FORTUNA COLLA VIRTU / PER LE GLORIE
| DELL'ILLUSTRISSIMO E REV.MO MONSIGNOR VESCOVO / SOSTEGNO
MARIA CAVALLI / CANTATA NEL VENERABILE SEMINARIO DI GUBBIO;
Erc. / iN GuBBIo MDCCXXXVII PER Vincenzo MATTIOLI |.
15,5 x 10,5, pp. 8. Carattere romano.
8) L’APOSTOLO / DEL CHABLAIS / COMPONIMENTO SACRO / IN
ONORE DI SAN FRANCESCO / DI SALES / ETC. / MUSICA DEL SIGNORE /
FnaANcEsCcO / Feo NAPOLITANO / IN GUBBIO / PER GLI EREDI DEL
MATTIOLI STAMPATORI DEL S. UFFIZIO / 1742.
15 x 9, pp. 20. Carattere romano.
Stamperia Cecchetti
Le date estreme che noi possiamo indicare per questa stam-
peria sono 1814-1850, ma non possiamo affermare che queste rappre-
sentino la data d’inizio e la data di cessazione dell’attività della
stamperia ; esse indicano soltanto il periodo di tempo per il quale
l’attività di questa officina tipografica è documentabile. L'attività
della stamperia Cecchetti è rivolta prevalentemente alla produzione
di stampe ad uso amministrativo : circolari, stampati per contabilità,
lettere pastorali, ecc.
Nel 1833 la stamperia era diretta da Marianna Cecchetti (1). Di
questi stampatori due sono gli esemplari di stampa che noi conosciamo :
1) RELAZIONE / DELLA SOLENNE VESTIZIONE / DEL / SACRO
CORPO DI / S. UBALDO / CITTADINO VESCOVO E / PROTETTORE DI
GusBIO / ESEGUITA IL DI' 20 maGgIo / MDCCCXXII / GugBIO
TIPOGRAFIA CECCHETTI /
14 x 8, pp. 16. Carattere bodoniano.
2) ANACREONTICHE / pi Luigi BoNFATTI / GUBBIO NELLA
STAMPERIA CECCHETTI.
14,5 x 6, pp. 16. Carattere bodoniano.
— Ha
: r
= = Pi = S s
A] - n
II i
Loser lare, iron
154 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
Stamperia Sante Romitelli ed Eredi - 1859/1938
Sante Romitelli nel 1859 è direttore della stamperia Magni.
In quello stesso anno si ritiene che egli acquistasse poi tale officina
tipografica. Sul finire del sec. XIX gli successe il figlio Gioacchino
ed a questo successero poi i figli Luigi e Raffaele, i quali continuarono
l’attività fino al 1938, anno in cui la tipografia chiuse i battenti
dopo oltre un settantennio di vita.
La stamperia era sita nel quartiere di S. Pietro e nello stesso ave-
vano l’abitazione i Romitelli. È da supporre che la produzione di
questa officina tipografica, in un così lungo periodo di attività, sia
stata copiosa, ma noi non possiamo indicarne per ora che i pochi
esemplari di seguito descritti :
l) NEI SOLENNI FUNERALI / CHE IL MUNICIPIO DI GUBBIO /
VOLLE CELEBRATI / PER IL COMPIANTO / RE VITTORIO EMANUELE
/ 1L IX FEBBRAIO MDCCCLXXVIII si LEGGEVANO | LE SEGUENTI
ISCRIZIONI / GUBBIO TIP. ROMITELLI.
16: 10: pp.. 8S;
2) VINCENZO PAGLIARI / ALLA NOBIL DONNA / MARIANNA
CONTESSA BERIOLI / VEDOVA DELLA PORTA / QUESTE PIETOSE MEMORIE
/ DE’ SUOI CARI CHE RIPOSANO IN CRISTO / L'A. CONSACRA / GUBBIO
/ TIP. S. RoMITELLI / 1893.
15,5 x 9, pp. 2-14.
3) Pro CENCI / RICORDI / STORICO-ARTISTICI / DELLA / CHIESA
ABAZIALE DI S. PIETRO / pi GuBBIO / TIP. ROMITELLI / GUBBIO / 1904.
16 x 9, pp. 40. Carattere bodoniano.
4) POLIDORO BENVENUTI / STUDI SULLE TAVOLE / EUGUBINE /
SERIE PRIMA / GuBBIO TIP. ROMITELLI / 1920.
17 x 10,5, pp. 16. Carattere bodoniano.
9) PAGLIARI VITTORIO / ABITAZIONI AVANTI ROCCIA EO vu]
FORTILIZI PREISTORICI / IN ITALIA / GuBBIO TIP. ROMITELLI.
15,6 x 9, pp. 31 +1 n. n. in fine, bianca.
Concludendo riteniamo di avere soddisfatto l'impegno che ci
eravamo assunti ; ora sappiamo che la stampa fu introdotta a Gubbio
da Cesare Triangoli nel 1621 e conosciamo tutte le stamperie, almeno
cosi riteniamo, che hanno operato in questa città dal 1621 ad oggi,
se a quelle già descritte nel Catalogo del prof. Cecchini e in questa
comunicazione aggiungiamo le altre due tipografie tuttora in attività :
Tip. F.lli Bagnoli, sorta sul finire del sec. XIX; Tip. Eugubina,
aperta nel 1937.
T—
T—
V CONVEGNO STORICO REGIONALE
NOTE
(1) Arch. di Stato Gubbio, Fondo Comunale, Riformanze, Reg. n. 66,
1621-1624.
(2) Ibidem, Riformanze, Reg. n. 67, 1624-1629.
(3) Ibidem, Fondo Comunale, Bussolo de' Magistrati.
(4) Ibidem, Riformanze, Reg. n. 68, 1629-1634.
(5) Ibidem, Arch. Notarile, Protocolli n. 1240, 1241, 1243.
(6) Ibidem, Riformanze, Reg. n. 67, 68.
(7) Ibidem, Riformanze, Reg. n. 71, 1643-1647.
(8) Ibidem, Fondo Comunale, Bussolo de' Magistrati.
(9) Ibidem, Arch. Notarile, Protocollo n. 1240.
(10) Ibidem, Fondo Comunale, Bussolo de' Magistrati.
(11) Ibidem, Fondo Comunale, Busía n. 105.
SALVATORELLI: È interessante anche sia tenuto conto di questi
rapporti tra le autorità : è uno degli aspetti che converrebbe seguire ;
i rapporti tra le autorità municipali, locali e questi stampatori ; fino
a che punto si interessavano, in che misura sussidiavano, per quali
scopi sussidiavano, e qui poi si congiunge con l’interesse di esaminare
il carattere di queste produzioni. Mi domando se, quando veniamo
proprio ai nostri tempi, valga ancora la pena di seguitare.
CeccHINI : Diventerà storia poi, dopo.
SALVATORELLI : Diventa un tale intreccio generale.
CeccHINI : Serve tutto oggi specialmente che, mi pare, la storia
si orienta verso il taglio di vita completo, di più aspetti e quindi tutto
diviene più utile.
SALVATORELLI: Allora, però, ad un certo punto diventa una
pura raccolta di semplici dati.
CeccHINI : Adesso chi crede può andare a visitare col Direttore
la Pinacoteca ; per l'una tutti sono convocati all’ Albergo Tiferno per
la colazione. Nel pomeriggio poi, alle ore 16, avrà luogo la visita allo
Stabilimento Lapi, oggi della Società Editrice Dante Alighieri, il cui
156 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
proprietario, ing. Silvano Spinelli, ha lelegrafato che è molto dispia-
cente di non poter essere presente, perchè egli ha molto attivamente
partecipato alla preparazione di questa manifestazione ; tra l’altro
l'ing. Spinelli possiede ancora il marchio editoriale di Scipione Lapi,
®»
come io ho trovato presso l'Associazione Italiana Editori a Milano,
LU | IMI nel cosidetto Catalogo dei cataloghi, che è in fondo la raccolta di tutti
tod RICE i cataloghi degli stampatori soci — il più antico conservato è del 1891 —
il quello del Lapi con la sua classica, caratteristica composizione di
TE pagina.
A ERIHE Alle 17 circa riprenderemo i nostri lavori.
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V CONVEGNO STORICO REGIONALE
28 Settembre
Seduta pomeridiana, ore 17
Presiede il prof. Francesco Ugolini.
CeccHINI : La prego di dare la parola al prof. Abbondanza che
vuol fare una breve comunicazione.
UcoLINI : Prego il prof. Abbondanza di voler venire qui, per
trattare di che cosa ?
ABBONDANZA : Per dare una semplice notizia, abbastanza fresca,
su un certo manoscritto che è stato acquistato dall’ Archivio di Stato
di Perugia. Non c’è sede migliore che un'adunanza della Deputazione
di Storia Patria per l'Umbria, per comunicare una freschissima no-
tizia, abbastanza piacevole per l’archivista e per tutti coloro che si
occupano della cultura storica in Umbria, cioè che nei giorni scorsi,
e precisamente l’altro giorno, nella lontana città di Basilea, è stato
acquistato a un’asta per conto dell’ Archivio di Stato di Perugia un
grosso frammento di uno statuto perugino del Trecento, esattamente il
Liber de maleficiis nella redazione che prende la data convenzionale
del 1366, con aggiunte fino al 1415. Questo frammento, per l’inter-
vento dell’ Amministrazione degli Archivi di Stato e per l'agevolazione
fornita dalla Cassa di Risparmio di Perugia, che si è prestata gentil-
mente ad anticipare i fondi necessari per partecipare all’asta, è stato
potuto assicurare a Perugia. La connessione con il tema che si sta
trattando, cioè la stampa in Umbria, me l’ha suggerita il prof. Cec-
chini, quando mi ha ricordato — e non c’è occasione in cui non me
lo ricordi e fa bene a ricordarmelo — l’impegno che io ho e che è
piuttosto vicino alla sua realizzazione, della pubblicazione dello
Statuto del Comune di Perugia del 1279, di cui ebbi l’onore
di informarvi un anno fa, alla riunione delle due Deputazioni, Umbra
e Toscana. Credo, con questo, di avere già abbastanza abusato del
vostro tempo.
Ma C mure. S Sd renne —
x
V CONVEGNO STORICO REGIONALE
CECCHINI : Grazie!
UcoLINI : Jo ringrazio il prof. Abbondanza per la comunicazione
di questo acquisto, che senza alcun dubbio viene ad arricchire i fondi
del nostro Archivio di Stato. È veramente un ritrovamento di impor-
tanza eccezionale, che penso venga a colmare una lacuna nelle collezioni
dell’ Archivio di Stato. Vorrei domandare al prof. Abbondanza se in
questo libro di malefici compaiono nomi di personaggi di qualche ri-
lievo nell’ambito della vita. cittadina o — direi — di importanza sto-
rica su un piano generale.
ABBONDANZA : Questo frammento, che è stato acquistato a Basilea,
è stato acquistato, oserei dire, ad occhi chiusi, sulla descrizione del
catalogo d'asta che era molto ampia e persuasiva ; per giunta il mio
collega, professor Bruckner, Direttore dell’ Archivio di Stato di Basilea,
si è prestato gentilmente ad esaminare il testo, prima, naturalmente,
di procedere all’acquisto, che posso dire è avvenuto a condizioni molto
vantaggiose. Ebbene, posso dire questo, che io ho guardato nell’ Archivio
di Stato di Perugia se esisteva un testo analogo a ciò che mi veniva
descritto nel catalogo ; credo di poter dire che il terzo libro De maleficiis
esiste anche nell’ Archivio di Stato ; solo che è privo di tutta una serie
di Additiones, che fanno invece seguito nel testo di Basilea.
UcoriNi : Il quale rappresenterebbe quindi una redazione ulteriore ?
ABBONDANZA : Sarebbe tutto ciò che si è venuto aggiungendo
di modificazioni e di aggiunte fino ad una redazione ulteriore il cui
termine è da stabilirsi intorno al 1415. Quindi parrebbe chiara e ma-
nifesta la storia per quanto riguarda il libro cosìddetto dei delitti e delle
pene dal 1366 al 1415, laddove il terzo libro De maleficiis che abbiamo
in questa redazione a Perugia non è integrato da quelle aggiunte, ed
è una tarda redazione del fine Quattrocento, che fu compilata dal Co-
mune di Perugia per colmare una lacuna che già allora esisteva nella
collezione statutaria della città.
Lei mi domanda se ci sono nomi di eventuali personaggi ; general-
mente la formulazione statutaria è piuttosto astratta ; ciò non esclude
che vi siano alcune norme in riferimento, come del resto e più frequente-
mente negli statuti precedenti, a fatti specifici. Si tratta in certi casi
di regole tratte dalla decisione di questioni concrete, per cui la norma
statutaria, prima di considerarsi un principio generale di diritto, rispec-
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 159
chia ancora una realtà storica. Più si procede nel tempo, più la formu-
lazione tende a diventare astratta ed a staccarsi dalle contingenze che
hanno dato origine a quella determinata formulazione statutaria ; an-
che perchè col progredire della scienza giuridica, dopo la metà del
°300, dopo la scuola bartolista, è chiaro che anche la formulazione
dei testi legislativi acquista una maggiore sistematicità e anche una
maggiore astrattezza rispetto alle formulazioni più antiche.
UcoLINI : Il professore Abbondanza non è nuovo a felici ritrova-
menti; ricordo quello recente di un autografo del Boccaccio. Io lo
ringrazio molto di questa anticipazione che ha voluto fare in occasione
di questo nostro Convegno e mi felicito molto con lui. Prego ora il dottor
Ricciarelli di voler venire qui al tavolo della Presidenza e di voler
conferire i suoi « Contributi alla Storia della Tipografia in Perugia
nel secolo XV ».
CONTRIBUTO ALLA STORIA DELL’ARTE DELLA STAMPA
IN PERUGIA NEL SEC. XV
Uno spoglio sistematico degli atti notarili del secolo XV,
oggi conservati nell’Archivio di Stato di Perugia, mi permise, molti
anni fa, di raccogliere molte notizie relative ai vari aspetti della
vita cittadina, fra le quali naturalmente non mancano quelle ri-
guardanti la nuova arte della stampa.
Proprio per ricostruire una storia di questa arte nella città
di Perugia, nel secolo scorso, effettuò ricerche sullo stesso fondo,
Adamo Rossi, il quale ne pubblicò i risultati in una sua opera
intitolata L'Arte Tipografica in Perugia, edita nel 1868 per i tipi
della tipografia Boncompagni.
La pubblicazione rimase incompleta e si arrestò ai primi del
secolo XVI con le notizie riguardanti Bianchino dal Leone.
Confrontando quanto pubblicato con le notizie da me raccolte
sullo stesso argomento, ho potuto constatare che l’opera del Rossi
è suscettibile di essere integrata da nuovi elementi, reperibili tanto.
nel medesimo fondo che in altri.
Di tale confronto espongo qui un breve saggio, necessariamente
limitato, avente per oggetto l’attività editoriale in Perugia del
maestro Federico Eber, di nazionalità tedesca.
Secondo il Rossi, Federico Eber viene conosciuto soltanto in
siii ITA
160 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
‘occasione della di lui morte, a seguito dell’unico atto che il Rossi
ha potuto rinvenire, il cui contenuto è il seguente : per rogito di
ser Francesco di ser Giapeco, in Perugia, il giorno 11 marzo 1482,
si fanno certi patti fra tale Gio. Battista di Pietro, cittadino peru-
gino, da una parte e tali Sigismondo di Lodovico, tedesco, e maestro
Pietro di Pietro da Colonia, stampatore, dall’altra.
Premesso che, fin dal 13 marzo 1479, il maestro Federico Eber
contrasse società all’arte della stampa con il suddetto Gio. Battista,
allo scopo di pubblicare « libros in formis in jure civili de jure dotium »,
e che, dopo che detta stampa fu iniziata, il m°. Federico « fuerit
preoccupatus morte, ob cuius mortem opera non fuit ad finem
deducta », pertanto, detto Gio. Battista, poichè Sigismondo e m°.
Pietro asseriscono aver interesse in detta società, consente che essi
intervengano, quali successori per la rata spettante al socio m.° Fe-
derico, al fine di completare la edizione.
L’opera si finirà di stampare in casa di Giovanni di Enrico
Wydenast, bidello dello Studio, fornendo allo stesso carta, telai,
lettere nonchè spese di bocca per lui e quattro garzoni.
Questa opera, conosciuta col titolo De dotibus et de dotatis
mulieribus ed avente come autore Baldo Novello dei Bartolini,
risultava stampata dal Wydenast circa l’anno 1479, e di essa se ne
conoscevano sei esemplari, di cui uno alla Comunale di Perugia.
Più precisamente quindi il Rossi, a seguito del suo rinveni-
mento, potè affermare che l’opera del Bartolini si iniziò a stam-
pare dall’Eber nel 1479 e fu condotta a termine dal Wydenast nel
1482.
Fin qui il Rossi, ma esistono altri atti che ci danno notizie
sull’Eber, i quali sono sfuggiti alle ricerche del Rossi.
Infatti da un rogito di ser Marsilio di ser Francesco, il 26 marzo
1477, maestro Federico Eber «de Alamanea » risulta già presente
in Perugia, ove nomina suo procuratore Giovanni de Ferrantis da
Rocca Antica « diocesis sabinensis ».
Per rogito, poi, di ser Benedetto di Massarello, il 21 maggio
1479, e quindi poche settimane dopo aver contratto società per
la stampa dell’opera del Bartolini, maestro Federico Eber «de
Alamanea magister librorum in forma» abitante nella città di
Perugia, promette a tale maestro Simone, che abita in casa di messer
Pietro Baldeschi, sette ducati d'oro «pro conventione cuiusdam
repetitionis videlicet Ranutius » da consegnare entro il prossimo
agosto, e più una copia dello stesso capitolo Ranuccio.
—
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 161
Di questa Repetitio in capitulum Raynutius de Testamentis,
il Vermiglioli, nella sua Biografia degli Scrittori Perugini, cita una
edizione del I secolo, in folio grande, fra le opere di Pietro II di
Matteo Baldeschi, edizione dottamente illustrata dall’abate An-
drea Zannoni, Bibliotecario della Comunale di Faenza, e della quale
risulta esistere un esemplare nella Biblioteca Feliniana di Lucca ;
l'opera è pure citata dallo Ziletti nel suo Indice ed il Copinger ne
riporta una edizione veneziana del 1485.
Quest'ultimo rogito ci permette di credere che il maestro Eber
sia lo stampatore della prima edizione di questa opera del Bal-
deschi, dopo essersene procurato il manoscritto da quel maestro
Simone che abitava appunto in casa di Pietro Baldeschi, autore
della Repetitio.
La presunta morte dell'Eber di data anteriore al 1482 é smentita
poi da atti successivi.
Infatti per rogito di ser Mariano di Petruccio, il 15 febbraio
1486, un tale Francesco di ser Battista, perugino cartolaio, dichiara
di essere in possesso di certi libri di cui si dà l'elenco. Tali libri sono
di proprietà di maestro Federico, stampatore teutonico, ed esso
Francesco li detiene allo scopo di venderli, nell'interesse di maestro
Federico, ai prezzi indicati nell'elenco scritto di sua mano.
Francesco promette di restituire i libri a maestro Federico,
‘a sua petizione e termine, ovvero di pagargli il denaro ricavato
dalla vendita, non assumendo peraltro responsabilità «de casibus
fortuitis ».
A sua volta maestro Federico promette di dare per compenso
a Francesco un carlino per ogni fiorino ricavato, senza peró che
Francesco possa pretendere alcunché per l'uso della sua bottega.
Dalla restituzione viene esclusa una copia del libro Clementinarum
che maestro Federico dona al notaio a compenso dell'opera di pa-
trocinio prestatagli e da prestare in una causa che il maestro ha
pendente presso la Curia vescovile ; fra i libri compresi nell'elenco
vi sono due esemplari del trattato De testamentis.
Dopo ció é da credere che la frase « preoccupatus morte, ob cuius
mortem opera non fuit ad finem deducta», stia piuttosto ad indi-
care che alli 11 marzo 1482 il maestro, per tema di morire, forse
per qualche pestilenza, si fosse da molto tempo allontanato da
Perugia, chi sa, rientrando in patria, e quindi venisse presunto
morto. 1
Inoltre questi nuovi elementi, così acquisiti, sembrano autoriz-
11
Pi
DATE IE RAZIONE
162 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
zarci a dare all’Eber la paternità della prima edizione del trattato
del Baldeschi.
La data della stampa verrà quindi a porsi dopo il 1477, anno
in cui il maestro acquistò una copia del manoscritto, e prima del
1482, anno in cui il maestro era già assente da Perugia e presunto
morto.
Altre notizie ci fanno credere che nel 1481 l’edizione era forse
già compiuta.
Infatti nel 1481 tale maestro Stefano, tedesco, promosse giu-
dizio contro Jacopo Doleatore, tedesco, Rettore della Sapienza
vecchia, e soci, allo scopo di essere soddisfatto del pagamento di
certa mercede dovutagli per essere stato condotto quale famulo o
garzone «ad artem impressoris litterarum ».
Nel giudizio, il 15 maggio 1481 è chiamato a testimoniare lo
stesso Giovanni Wydenast, bidello dello Studio.
Asserisce il teste avere egli stesso condotto Stefano per gar-
zone «mandato dicti D.ni Jacobi et sotiorum », dice che Stefano
era obbligato «ad componendum », che egli stesso lo ha visto la-
vorare tutti i giorni, poichè lavorava nella sua stessa bottega, nella
quale dice che avea fatto il trattato De testamentis ; soci di messer
Jacopo furono messer Niccolò e lo stesso teste, mentre alla stampa
si applicarono lo stesso teste e 4 garzoni.
Quest’atto è riportato dal Rossi, il quale non sapendone altro,
congettura trattarsi qui di una prima edizione dell’opera di Angelo
Gambalioni, aretino, pubblicata nel 1486 a Venezia.
Noi riteniamo più veritiero trattarsi sempre dell’opera di Pietro
Baldeschi, forse pur essa lasciata incompiuta dalla fuga del maestro
Federico e pure portata a termine nella stessa bottega di Giovanni
Wydenast, come è avvenuto per l’opera del Bartolini, ma con di-
versi finanziatori.
Questa prima edizione del Baldeschi può quindi datarsi fra il
1477 ed il 1481, come iniziata a stampare nella bottega dell’Eber
e portata a termine in quella del Wydenast.
Per finire, ci resterebbe da provare che sia esistita una edizione
della Repetitio capituli Raynutius de testamentis di Pietro Baldeschi,
anteriore alla edizione veneziana del 1485. Ebbene ciò risulta sicura-
mente da un rogito di ser Francesco di ser Giapeco, datato 24 di-
cembre 1484, nel quale è registrata la vendita di certi libri, fatta
in Perugia da tale Carlo di maestro Cristoforo al dottor Mariotto
di Gaspare Boncambi ; infatti nell’elenco di questi libri è menzionata
—
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 163
appunto la Repetitio capituli Raynutius per Dominum Petrum de
Ubaldis.
La mia esposizione é cosi finita, e ardisco sperare che sia riu-
scita nell’intento di additare l'interesse che potrebbe assumere per
la storia dell'arte della stampa in Perugia, il lavoro di revisione
e di completamento delle ricerche fatte da Adamo Rossi sull'ar-
gomento.
UcoLINI : Ringrazio vivamente il dottor Ricciarelli per la sua
circostanziata comunicazione, che integra largamente le notizie già
date da Adamo Rossi su questo stampatore tedesco le cui vicende, sia
in Perugia che nella sua patria, vengono puntualmente precisate.
Invito il professor Crispino Ferri a svolgere la sua comunica-
zione su « Tipografi Orvietani del secolo XIX: i Tosini ».
TIPOGRAFI ORVIETANI DEL SEC. XIX: I TOSINI
Nelle celebrazioni a Scipione Lapi non poteva mancare il ricordo
di quei rapporti che, in qualche maniera, lo unirono a Orvieto a di-
mostrazione così che l’arte tipografica, alla fine del secolo scorso,
fu mezzo efficace per stringere maggiormente i vincoli dei più im-
portanti centri della nostra regione, recentemente costituita (?).
Se alla tipografia, vivente il Lapi, il comune di Orvieto commis-
sionò vari lavori di cancelleria, nel 1920 dall’officina di Città di Ca-
stello, per la collana Rerum Italicarum Scriptores di Ludovico An-
tonio Muratori, uscì la raccoltà completa degli storici orvietani,
diligentemente curata da Luigi Fumi (?).
Quella pubblicazione, dopo le passate edizioni, per il corredo
delle varie note e per la ricchezza dei commenti, costituisce oggi,
con il Codice Diplomatico, una guida preziosa per quanti si accingono
a perfezionare la conoscenza della storia locale (?).
L’editore tifernate ebbe carissimo il Fumi alla pari degli altri
storici che si raccolsero attorno alla nascente Deputazione di Storia
Patria dell'Umbria e le lettere del Lapi, rinvenute tra le carte del
l’archivio privato dello studioso orvietano, rivelano il tono amiche-
vole delle espressioni di stima nella consapevolezza di una attività
così nobile per la valorizzazione delle patrie memorie (*).
Per questa amicizia forse il Fumi, nella sua instancabilità di
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164 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
ricercatore fu spinto ad interessarsi della storia tifernate, dando cosi
il suo contributo di storico, come già lo aveva dato alle altre città
dell'Umbria, con l’Inventario e lo spoglio dei registri della Tesoreria
apostolica di Città di Castello dal R. Archivio di Stato in Roma e Il
conte Guidantonio di Montefeltro e Città di Castello (*).
Tra le opere di soggetto storico orvietano, edite dal Lapi, non
bisogna dimenticare Orvieto. Note storiche e biografiche di Luigi Fumi
stampata a cura del Comune nel 1891, proprio in un periodo di in-
tensa attività e di positivi risultati nelle ricerche presso gli archivi
cittadini (9-7).
La considerazione e la stima, ricambiate dal Fumi per il Lapi,
restano documentate nel necrologio che lo storico orvietano scrisse
per l'amico tifernate e nel quale si espresse : «... Monumento stu-
pendo di scienza storica rigorosa e di perfezione tipografica, noi
dobbiamo rammentare la nuova edizione del Muratori, diretta e
curata da Vittorio Fiorini, pur esso nostro socio, che dell'amico
suo, spento anzi tempo, rispecchia la tenace costanza nei forti pro-
positi, l'assiduità nel lavoro grave e complesso, oltre alla dolcezza
delle maniere e dell'intima bontà dell'animo. Il Lapi si era tutto
consacrato a questo grande fine, che oltre a ridarci l'edizione del
Muratori, raggruppa intorno all'opera del padre della storia quanto
di più utile in questo campo si era raccolto dalla critica moderna » (*).
Se per il momento le ricerche sui rapporti tra il Fumi e il Lapi
non sono state fruttuose per permettere, nelle manifestazioni cele-
brative, un'interessante comunicazione sulla fattiva collaborazione
tra l'orvietano e il tifernate, possa questa breve introduzione in-
vitare ad una piü accurata esplorazione degli archivi privati in modo
da avere una perfetta conoscenza delle figure preminenti della
cultura della nostra terra, alla fine del secolo scorso.
Poiché il Lapi fu il tipico rappresentante di quella generazione
postrisorgimentale che nell'Umbria, piccola regione, ma costituita,
per ragioni politiche, da territori diversi per caratteristiche storiche
ed etniche, nel fervore delle iniziative tentó quelle realizzazioni
per il progresso economico e culturale delle popolazioni, puó sem-
brare esser nel giusto tema del convegno tratteggiare l'attività ti-
pografica in Orvieto nel secolo scorso, pur limitandola a quella
dei Tosini.
E opportuno premettere che di questo periodo, cosi denso di
avvenimenti politici, si presenta difficile localmente la ricostru-
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 165
zione storica per la dispersione dei fondi di archivio pubblici e pri-
vate, la documentazione tipografica, in genere, ancora conservata,
può evidentemente essere un ausilio determinante per illuminarci
su fatti e persone.
Nell'Ottocento, in Orvieto, non vennero stampate opere di
vasta mole, nel campo scientifico e letterario, anche per la vici-
nanza di Perugia, Viterbo e Montefiascone, le quali ebbero tipografie
di consistente rilievo (?).
Se la storia dell'arte tipografica di un periodo si ricollega na-
turalmente a quella dei secoli precedenti, argomento già esauriente-
mente trattato dal Tordi e dalla Tammaro Conti, l'unica tipografia
in efficienza in Orvieto proprio all'inizio del secolo scorso, é quella
dei Tosini. Questi non furono nuovi all'arte tipografica (1°).
Già nel '700, come è stato scritto, comparve Livio Tosini, stam-
patore comunale, il quale dal Consiglio della municipalità del 5
dicembre 1757, fu affiancato dall’orvietano Giuseppe Perfetti (11-12).
I Tosini dovettero avere una certa consistenza economica che
supplì agli scarsi guadagni in un periodo di guerre e rivoluzioni,
facendo ad essi superare le conseguenziali crisi economiche (*).
Titolare della tipografia fu, in un primo tempo, Rodolfo Tosini
il quale venne poi sostituito dal figlio Alessandro, continuatore
dell’arte paterna per lungo periodo.
In quegli anni, pieni di sconvolgimenti, finì, si può dire, la
vita pacifica dell’arte tipografica.
Nei continui mutamenti di potere le autorità compresero i
pericoli che potevano venire ad essi dalla stampa e cercarono di
evitarli con una serie di provvedimenti.
I tipografi, che fino allora avevano esercitato senza obblighi
di sorta, la loro professione, cominciarono a sottostare ad una se-
rie di formalità tra le quali una forma di censura preventiva (14-15).
Lo stesso «maire » dovette, anzi, una volta intervenire in di-
fesa del Tosini stesso per la diffusione di un volantino contenente
un sonetto che forse non fu molto gradito (1°).
Nel campo della stampa si agì con prontezza poichè Orvieto,
come gli altri centri dello Stato pontificio, dette spesso segni di
irrequietezza.
Se una sommossa nel 1798 dimostrò l’insensibilità della quasi
totalità della popolazione alle idee di rinnovamento divulgate dai
rivoluzionari, la deportazione poi del vescovo e degli ecclesiastici,
che rifiutarono il giuramento, spinse gli organi di polizia ad una più
1
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Lost lavet
ra
166 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
attenta sorveglianza per reprimere eventuali moti di sollevazione (1°).
Per oltre un ventennio l’arte tipografica in città ebbe mode-
stissime attività, poichè nel 1825 il Consiglio Generale, nell’indire la
gara per i caratteri della stamperia comunale che dovevano essere
affidati ad un tipografo, così si espresse dopo la comunicazione
delle domande di Alessandro Tosini e di Sperandio Pompei «... pro-
pongono delle condizioni che sotto tutti i rapporti sono di utile
alla Comune e di decoro alla città tenendo principalmente a sta-
bilire una stamperia ben fornita e provveduta di nuovi moderni
caratteri, e capace di intraprendere tutti quei lavori tipografici
per i quali la città è presentemente costretta di ricorrere alle stam-
perie di altri luoghi ».
Il Consiglio nella seduta del 18 agosto 1825 mise a votazione
la concessione della tipografia ed in questa raccolse il maggior nu-
mero di voti favorevoli Alessandro Tosini nei confronti del con-
corrente Pompei che gesti poi la tipografia vescovile (19).
Con l’aggiudicazione della stamperia comunale ad Alessandro
Tosini si ebbe effettivamente l’auspicata ripresa dell’attività tipo-
grafica e per quasi tutto il secolo vi fu emulazione tra le due aziende.
Come già è stato detto, non si ebbero lavori di vasta mole ma
pubblicazioni e stampati che fanno oggi rivivere l’agitata vita
cittadina del secolo scorso.
Sono le carte che rivelano l’elevazione di Orvieto a capoluogo
di provincia, le drammatiche vicende della Repubblica Romana
e il lavoro sotterraneo che precedette l’annessione all'Italia.
Quella documentazione, sebbene in numero ridotto, presentata
a Città di Castello alla Mostra della stampa patriottica umbra,
lo scorso anno, potè dimostrare l’attività tipografica degli arti-
giani locali (1°).
Fu in quella rassegna che venne presentato anche un opuscolo
edito dal Tosini nel 1861 che, per non testimoniare un grande av-
venimento, sfuggì forse all’attenzione dei più.
Il Regolamento dell’ Associazione di Mutuo Soccorso degli Operai
di Orvieto fa oggi apprezzare quel vincolo di solidarietà che unì,
nei primi anni dell’Italia unita, le classi sociali e che fu poi seme
fecondo nel progredire del tempo delle forme assistenziali (*°).
L’azienda dei Tosini passò da padre in figlio : Rodolfo, Gioac-
chino ed Ernesto, aggiungendo nelle stampe, fino ad oltre il 1860,
l’appellativo « Comunale » per essere stata consegnataria dei ca-
ratteri della stamperia pubblica (*).
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Y CONVEGNO STORICO REGIONALE 167
Nel breve periodo della Repubblica Romana, la Pompei, invece,
che era già al servizio della Delegazione, prese il nome di Tipografia
Governativa e, nelle mutevoli vicende degli organi amministrativi,
prestó sempre la sua opera alle autorità statali.
I lavori della Tosini furono di carattere divozionale, scolastico
ed encomiastico, mentre per il fine documentario puó essere utile
curare la raccolta dei vari manifesti. Questi si presentano, ancora
oggi, in lettere nitide e con un non disgiunto tono di serietà (?2-2*).
Con i semplici ornamentali nei bordi spicca sulla testata l'arti-
stico stemma del Comune, mentre spesso la lettera iniziale del ma-
nifesto presenta una forma decorativa.
In una comunicazione non puó essere certamente presentata
tutta la produzione di una tipografia anche perché attualmente
potrebbe riuscire incompleta per le dispersioni nel tempo.
Ció vuole essere l'introduzione a un lavoro che pazientemente
dovrà essere svolto nel futuro per richiamare quelle fonti di notizie
utili alla storia locale, le quali, come già é stato rammentato, possono
supplire alla mancanza della diretta documentazione.
Per l'elencazione di ciò che è stato stampato in un secolo, spe-
cialmente in una fervida ripresa di attività culturale, puó certamente
giovare quanto é stato già pubblicato, anche recentemente, ma
in maniera limitata, da non riuscire ancora a colmare le lacune
su determinati argomenti (?*).
Perchè un lavoro sulla stampa in Orvieto ed in altri centri del-
l’Umbria venga ad essere completo è auspicabile che possa essere
diligentemente esaminata la biblioteca Rolandi, oggi presso la
Fondazione Cini in Venezia.
Ulderico Rolandi, legato ad Orvieto ed alla nostra regione
da vincoli affettivi curò la raccolta di spartiti, di libretti d’opera
e di varie curiosità musicali, in modo che questa è una miniera
di notizie per l’arte melodica e per la storia della stampa (?*).
Alla fine del secolo, negli anni dell’Accademia «La Nuova Fe-
nice» e delle varie iniziative nel campo degli studi che erano
prese da Luigi Fumi e dai suoi collaboratori, avvenne il declino
della tipografia Tosini che passò poi ad altra gestione.
Da quella stamperia uscì qualche opera di argomento storico e
artistico, mentre il Comune non mantenne l’esclusività per una
tipografia nel commettere il lavoro (?*).
La figura di Scipione Lapi ha richiamato alla mente la vita
della nostra terra in un periodo di fermenti e di lotte.
168 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
Nella nuova regione umbra, nella quale cominciavano a pre-
mere le istanze sociali, si comprese che una nuova era non poteva
sorgere se non dai valori dello spirito.
L'esperienza del passato, nel ricordo di tali uomini, i quali
della vita fecero una missione nel lavoro, nello studio e nella com-
pleta adesione ai principi civici e morali, possa sempre più spingere
alla ripresa delle attività dello spirito e delle ricerche così necessarie
al progresso ed alla difesa di un invidiabile patrimonio di arte e
di cultura.
NOTE
(1) Nell’Archivio del Comune di Orvieto si conservano delle fatture,
con eleganti ed artistiche imprese, di lavori eseguiti dalla Tipografia Lapi
negli ultimi anni del secolo scorso.
(2) Rerum Italicarum Scriptores, Tomo XV, Parte V, Voll. I-II, Città
di Castello, Scipione Lapi, 1920.
(3) Codice Diplomatico della Città di Orvieto. Documenti e Regesti dal sec.
XI al XV e la Carta del Popolo. Codice Statutario del Comune di Orvieto con.
illustrazioni e note di Luriar Fuwr. Firenze, G. P. Vieusseux, 1884.
(4) Nell'archivio privato di Luigi Fumi, attualmente di proprietà del
figlio dr. Ranieri, in Orvieto, sono state rinvenute due lettere di Scipione
Lapi: 1901, 28 dicembre da Città di Castello. Nell'inviare al Fumi, direttore
dell'Archivio di Lucca, gli auguri per il nuovo anno, comunica la prossima
pubblicazione della storia di Gubbio curata dal Mazzatinti ed esprime la
speranza di avere presto quella di Orvieto. 1901, 28 marzo, da Catania. Rin-
grazia il Fumi per la fiducia accordata nell'affidargli la stampa della Cronaca
di Aldobrandino da presentare al Congresso di Scienze Storiche. Aldobran-
dino Pietro, La Legazione in Francia del Cardinal Pietro Aldobrandino narrata
da lui medesimo e pubblicata in occasione del Congresso Internazionale
di Scienze storiche in Roma a cura di Luiar Fuwr. Città di Castello, Sci-
pione Lapi, 1903.
(5) Fumi Luci, Inventario e spoglio dei registri della Tesoreria Aposto-
lica di Città di Castello dal R. Archivio di Stato in Roma, Perugia, Unione Ti-
pografica Cooperativa, 1900; Fumi Luigi, Il Conte Guidantonio di Monte-
feltro e Città di Castello, in Bollettino della R. Deputazione di Storia Patria
per l'Umbria, Vol. VI (1900).
(6) Lucia TawMAno ConTI, Bibliografia di Luigi Fumi, in Bollettino
dell'Istituto Storico Artistico Orvietano, Fasc. Unico, Anno XIV (1958). Or.
vieto, Tipografia degli Orfanelli, 1960, Fumi Lurar, Orvieto, Note storiche e
biografiche a cura del Municipio, Città di Castello, Scipione Lapi, 1891.
+
+
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 169
(7) FERRI CnisPrNO, Problemi politici, economici e culturali in Orvieto
nel sec. XIX, in Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria,
Vol. LVIII, Città di Castello, Unione Arti Grafiche, 1963.
(8) Fumi Lurci, Scipione Lapi (necrologio), in Bollettino della R. Depu-
tazione di Storia Patria per l'Umbria, Vol. IX, (1903).
(9) Dictionnaire geographique d'Italie pour servir à l’histoire de l'impri-
merie dans ses pays. Lexicon iypographicum Italie par G. FuMAGALLI, Flo-
rence, Leo S. Olschki, 1905.
(10) DowENICO Tonpr, La stampa in Orvieto nei secoli XVI e XVII,
Parte I, in Bollettino della R. Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, Vol.
VI-VII, Fasc. II-III, n. 16-19, Perugia, 1903. Lucia ContTI, Notizie sulla
stampa in Orvieto, in Bollettino dell' Istituto Storico Artistico Orvietano, Anno:
IV, Fasc. II, luglio-dicembre 1948, Orvieto, Marsili, 1948.
(11) Lucia CONTI, op. cit.
(12) Archivio di Stato, Orvieto, Fondo Comunale, Riformagioni 1756-
1762. (n. 362) c. 59 r.
(13) Archivio di Stato, Orvieto, Fondo Comunale, Parte economica :
Dativa reale per l'anno 1802 sopra i terreni situati nella città, distretto e ville.
id. Registro tasse 1816.
(14) Archivio di Stato, Orvieto, Fondo Comunale, Corrispondenza anno
1811, reg. 790, Lettere del maire al sottoprefetto in Todi del 2 febb. 1811:
« In questa mia mairie non vi sono proprietari o possessori di torchi caratteri
o altri utensili di stamperia, né tampoco stampatori d'imagini, carte colorate
o tappezzerie, ad esclusione dello stampatore Tosini che essendo autorizzato
ad esercitare la sua professione non sembra compreso nel Decreto Imperiale
del 19 novembre per cui non ho creduto fargli fare la dichiarazione richiesta.
Se poi crede questa indispensabile la prego ad avvertirmelo che mi faró in
dover di ritirarla e rimetterla a corso di posta. Tanto le devo. Firmato Viti ».
(15) Archivio di Stato, Orvieto, Fondo comunale, Corrispondenza anni
1811-1813. Lettera al Sottoprefetto in Todi del 16 dic. 1811: «ho passato
a questo stampatore Tosini il brevetto che Ella ha favorito rimettermi ma
essendo questo diretto al signor Ridolfo stante la sua impotenza non esercita
piü la professione vedo che egli é nell'impossibilità di presentare il giura-
mento dello stesso brevetto in seguito del Decreto Imp. del 5. febbraio 1810.
Il vero stampatore è il di lui figlio Alessandro a cui il padre ha ceduto in
questo rapporto detto il pieno maneggio, in conseguenza al figlio e non al
Padre incombono tutti i doveri relativi a tale professione. Firmato Viti ».
(15) Archivio di Stato, Orvieto, Fondo Comunale, Corrispondenza anno
1811, Reg. 791. Lettera del 17 sett. 1811. Il maire trasmette al sottoprefetto
in Todi lo stato delle opere stampate dal Tosini nel mese di giugno del me-
desimo anno. i
(16) Archivio di Stato, Orvieto, Fondo Comunale, Corrispondenza anno
1811, Reg. 790. Lettera al sottoprefetto dell'8 giugno 1811. Il maire dopo aver
uf
———————— EAE
caste i
‘Cardinale Giacomo Antonelli Segretario di Stato che nell’anno 1855 ravvi-
170 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
ammesso di aver rilasciato lui stesso il permesso al Tosini così si esprime :
«... circa l'ode del Bianchini Ella stessa l'ha conosciuta meritevole, circa
il sonetto poi le faccio riflettere che lo aveva conosciuto per una scempiag-
gine, ma una forza di riguardo e di umano rispetto, che tutte volte non può
disvelarsi verso della persona che lo aveva scritto mi impedì di esternare il
mio sentimento, e facendo, come suol dirsi, una stretta di spalle, con un sì
detto fra le labbra, ne approvai la pubblicazione. Il disprezzo peraltro con
cui è stato accolto generalmente, è stato un bastevole avvertimento per l’autore
di esso. Di un tale sonetto ne hanno fatto distribuzione portandolo per le case,
ed ora i distribuiti sono tutti lacerati, nullameno in esecuzione dei suoi ordini
ho subito ritirato quel numero di copie che restavano ancora presso l’incari-
cato alla distribuzione di esse, e a lui le rimetto per il Pedone. Viva certa, che
questo stampatore è incapace per malizia, di contravenire alle disposizioni
delle Leggi, ed in avvenire Ella sarà sempre intesa di qualunque specie di
stampa. Mi farà però sempre un piacere, se vorrà degnarsi, come parla l’in-
dicato arretè di autorizzarmi a poter dare io il permesso per le cose da stam-
parsi in foglio volante, che frequentemente cade la circostanza in questa città
ove facendosi molte Festicciole vengono queste spesso decorate di qualche
composizione poetica. Ho l’onore. Firmato Viti ».
(17) CARLO ALBERTO CarisTRI, La sommossa dell'aprile 1798 in Orvieto,
in Bollettino dell’Istituto Storico Artistico Orvietano, Anno III, Fasc. 2, 1947.
Orvieto, Marsili, 1947. CRISPINO FERRI, Documenti sulla deportazione di Ec-
clesiastici nel periodo napoleonico, in Bollettino dell’Istituto Storico Artistico
Orvietano, Anno VIII, Fasc. unico, 1952, Orvieto, Tipografia degli Orfanelli,
1952.
(18) Archivio di Stato, Orvieto, Fondo Comunale, Riformagioni anni
1815-1826, n. 368, cc. 163-164a.
(19) Mostra della Stampa patriottica risorgimentale umbra, Città di Ca-
stello 23 sett. - 10 ott. 1962. Città di Castello, Istituto Professionale di Stato
per lIndustria e l’Artigianato, 1962.
(20) Regolamento dell’ Associazione di Mutuo soccorso degli operai di Or-
vieto, Orvieto Stamperia Comunale Tosini, 1861.
(21) Archivio di Stato, Orvieto, Archivio dello Stato Civile, Registro
dei Battesimini della Cattedrale, « Santa Maria della Stella », anni 1849-1861.
(22) Capitoli sulla Nuova Gabella di Pavoli tre per ciascuna soma di
vino che si venderà in questa città e sue ville cittadine, formati dal Prestan-
tissimo Consiglio Generale tenuto li 11 marzo del corrente anno, ed approvati
dalla S. Congregazione del Buon Governo il primo maggio corrente 1801,
Orvieto, presso Ridolfo Tosini stampatore comunitativo e Pub. 1808. Stam-
pati in doppia colonna con decorazione nell’iniziale e sormontati dallo stemma
del comune, 40X25.
(23) Alle eccelse virtudi dell’Eminentissimo e Reverentissimo Principe
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 171
vava le glorie e le speranze di Orvieto con assumerne la tutela. Orvieto, Gioac-
chino Tosini, 1855, Versi di autori vari, pp. 62. Programma per le Feste del
SS. Corporale che si celebra in Orvieto, Anni 1834-1836-1838-1841, Alessandro
e Gioacchino Tosini stampatori comunali. Manifesti con il Programma delle
celebrazioni Civili e Religiose stampato dal Comune, in nero con decorazioni
ai lati, 45x30. Archivio di Stato, Orvieto. Il manifesto del 1838 ricorda il V
Centenario della prima pubblica esposizione all’adorazione dei fedeli del
«Sacratissimo Corporale ». Il reliquiario con il Lino del Miracolo di Bolsena
fu terminato da Ugolino di Vieri nel 1338. Statuto per la Cappella del Duomo
di S. Maria della Stella. Archivio di Stato, Orvieto, Fondo Comunale. Stam-
pato dalla Tipografia Comunale Tosini s. d. Senza particolari rilievi su 5
colonne, 40x35.
(24) PiccoLomini ApAMI Tommaso, Guida storico-artistica della Città
di Orvieto. Siena, Tip. All'insegna di S. Bernardino, 1880 ; GIOVANNA CIRINEI
Rriaur, La visita di Pio IX a Orvieto negli Atti Consiliari, in Bollettino dell Isti-
tuto Storico Artistico Orvietano, Anno XIII, (1957) Orvieto, Tip. degli Orfa-
melli, 1958 - Dei manifesti della Tipografia Comunale Tosini, citati in questa
pubblicazione, sono la Notificazione del Comune del 22 luglio 1857 per il
miglioramento dell’esterno delle abitazioni lungo le vie che verranno attra-
versate dal Pontefice. L’ Avviso del Comune del 30 agosto 1857 che comunica
la distribuzione del pane ai poveri, a celebrazione dell’evento nella piazza
di S. Domenico il 1° settembre. I manifesti non presentano nessun rilievo
tipografico. BRIGANTI FRANCESCO, La vita e le opere di Mons. Antonio Bri-
ganti Vescovo di Orvieto, Arcivescovo di Apamea, Perugia, Natale Simonelli,
1960. FERRI Crispino, Documenti dell'annessione di Orvieto al Regno d'Italia,
in Bollettino dell Istituto Storico Artistico Orvietano, Anno XVI, Fasc. unico,
1960, Orvieto, Tip. degli Orfanelli, 1962.
(25) ULDERICO RoLaANDI (necrologio) in Bollettino dell'Istituto Storico
Artistico Orvietano, Anno VII, Fasc. unico, 1951, Orvieto, Tip. degli Orfa-
nelli, 1952.
(26) Crispino FERRI, Accademia Nuova Fenice di Orvieto, in Bollettino
della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, Vol. XLIII (1946) Perugia,
1946. Lucia Tammaro Conti, Bibliografia di Luigi Fumi, in Bollettino del-
l’Istituto Storico Artistico Orvietano cit. FerRI Crispino, Problemi. politici
economici e culturali in Orvieto nel sec. XIX. cil.
UcoLinI: Mi auguro che il professor Ferri voglia mantenere
la sua promessa e pubblicare negli atti queste sue note di vita culturale
orvietana, che mi paiono, a giudicare da quanto ne ha detto oggi, molto
interessanti. Allora io credo che potremo dare la parola al dottor Luigi
Bellini, il quale ci parlerà della « Produzione libraria in materia
economica in Umbria nel secolo XIX ».
ai —
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V CONVEGNO STORICO REGIONALE
BELLINI : Devo chiedere scusa di una certa frammentarietà del-
l'esposizione, non avendo un testo scritto, perchè gli impegni di
queste ultime settimane mi hanno impedito di dare forma scritta
a questa comunicazione.
PRODUZIONE TIPOGRAFICA
IN CAMPO ECONOMICO IN UMBRIA DALLA FINE DEL '700:
ALLA I* GUERRA MONDIALE
La presente comunicazione, modesto contributo alla storia della
stampa in Umbria nell’800, nasce non tanto da ricerche specifiche
sull'argomento, ma dallinteresse che chi scrive porta alla storia
dell'economia umbra, particolarmente nel secolo scorso. I titoli che
qui Si riportano provengono sia dallo spoglio delle bibliografie esi-
stenti, quella del Niccoli per l'agricoltura italiana fino al '900 e quella
del Ciaurro per Terni (1), sia da ricerche nelle biblioteche perugine :
Augusta, del Comune ; Centrale, dell'Università degli Studi; della
Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi; quest'ultima parti-
colarmente ricca in proposito e l'unica, inoltre, per la quale si disponga
di un ampio e sistematico indice per soggetti. Ricerche piü limitate
sono state effettuate anche presso le biblioteche comunali di Foligno,
Spoleto e Terni. La nostra esposizione sarà suddivisa in due parti :
nella prima illustreremo quanto di nuovo il materiale raccolto ap-
porta alla conoscenza dell'attività degli stampatori umbri, facendo
riferimento, allo scopo, al lavoro più importante e completo apparso
fino ad ora : il Catalogo della Mostra dell'arte della Stampa Umbra a
cura di Giovanni Cecchini (?). Nella seconda parte, invece, illustre-
remo rapidamente le caratteristiche della produzione tipografica
stessa in relazione alla storia economica della regione nel periodo cor-
rispondente.
I — Gli stampatori umbri nell" 800
L’elenco completo degli stampatori attivi in Umbria nell’’800-
distinti per località, compilato sulla base delle opere da noi presentate
è riportato in appendice unitamente all’elenco delle opere stesse.
Rispetto al ricordato Catalogo Cecchini notiamo le seguenti va,
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 173
rianti ed aggiunte, che elenchiamo secondo l’ordine, là riportato,
delle località.
Trevi — Nel 1876 risulta attiva una Tipografia S. Martino (n. 6).
FoLiGno — Fra il 1892 ed il 1897 risulta attiva una Tipografia
Cooperativa (n. 203).
PeRUGIA — L'attività del Baduel a Perugia risulta aver avuto
inizio nel 1776 (n. 35) e non nel 1782.
Nella complicata vicenda dell'attività tipografica di cui fu ini-
ziatore il Barbera (vedi Catalogo Cecchini, p. 108) si inseriscono alcune
varianti rispetto a quanto riportato nello stesso Catalogo.
L'attività del Boncompagni risulta come tale fino al 1894,
(n. 195) e non fino al 1883 ; d'altra parte quella dell'Unione Tipo-
grafica Cooperativa, che ne fu l'erede, risulta anticipata al 1879
(n. 30) rispetto al 1884. La cosa in verità, appare non molto chiara
per l'evidente interesse della nuova insegna ad usare il nome del
Boncompagni.
Comunque noi ci siamo attenuti a quanto indicato in ciascuna
opera. Fra il '62 (anno di cessione del Barbera) ed il 1867, anno di
assunzione dell'attività, in proprio, da parte del Boncompagni, si
ha produzione sotto l’insegna Martini e Boncompagni nel 1863
(n. 143), del solo Carlo Martini nel 1867 (n. 175) e di Stabilimento
Tipo-Litografico S. Severo fra il 1864 e il 1867 (nn. 178 e 182).
Risultano, inoltre, attive le tipografie Guerra, Perugina, Umbra.
Orvieto — Per la tipografia Marsili, che, dalle opere riportate
nel Catalogo Cecchini, risulta attiva dal 1911, si documenta, invece,
l’attività già nel 1891 (n. 69).
Città DI CasrELLO — La Tipografia Cattolica risulta attiva an-
cora nel 1901 e non fino al 1895 (n. 52).
SpoLeTto — Della Tipografia Ragnoli-Annesanti (n. 45), scono-
sciuta al Catalogo Cecchini, si ha una pubblicazione nel 1903, suc-
cessiva, cioè, al passaggio della Tipografia Bassoni, di cui era proprie-
tario il Ragnoli, alla Panetto e Petrelli, passaggio effettuatosi nel 1902.
Topi - Della Tipografia Foglietti si ha una pubblicazione del
1886 (n. 71) che permette di anticiparne di due anni l’attività rispetto
al Catalogo Cecchini.
TERNI — Particolarmente cospicuo il numero di Tipografie at-
tive da aggiungere a quelle segnalate nel Catalogo Cecchini.
Per quel che riguarda lo Stabilimento Tipografico Alterocca, dal
Catalogo suddetto risultano opere a partire dal 1935, ma coll’in-
segna Alterocca si hanno pubblicazioni anche fra il 1894 e il 1901.
174 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
Fra il 1881 e il 1886 si hanno poi cinque pubblicazioni della Ti-
pografia Borri, sconosciuta al Catalogo Cecchini, che riporta, invece,
Bossi. Errore o altra insegna ?
Alla nota attività della Pacelli-Tomassini si affianca quella
coll’insegna del solo Pacelli (nn. 170 e 118) fra il 1870 e il 1882.
Fra il 1846 ed il 1861 sono, infine, due pubblicazioni, con l’in-
segna Saluzzi, che dal Catalogo Cecchini risulta attiva solo nel XVIII
secolo. Per le altre Tipografie e per la loro attività si veda l’elenco
in appendice.
Norcia — Questa località non figura nel Catalogo Cecchini. Fra
il 1871 ed il 1883 cinque pubblicazioni, tutte dello stesso autore, do-
cumentano l’attività della Tipografia Micocci (nn. 74 a 78).
UMBERTIDE — Anche questa località non figura nel Catalogo
Cecchini. Una pubblicazione del 1890 (n. 122) documenta l’attività
della Tipografia Tiberina.
II — L'economia umbra nella pubblicistica economica regionale
Scorrendo l’elenco dei 214 titoli riportati in appendice, si può
constatare come la quasi totalità di essi riguardi problemi o situazioni
di zone o località regionali.
L'attività degli stampatori umbri, almeno per quel che si rife-
risce al settore scopo della nostra ricerca, è limitata, cioè, ad argo-
menti ed interessi locali.
Si tratta, chiaramente e per la gran parte, di pubblicazioni ef-
fettuate per commissione e non di vera e propria attività editoriale.
Non sembra far eccezione, per questo aspetto, nemmeno l'attività
del Lapi, cui pure si deve una buona parte dei titoli aventi interesse
non solo locale ; a conferma, anche da questo punto di vista, di quale
diverso respiro la sua attività avesse rispetto a quella degli altri
stampatori della regione.
Se, dunque, l'attività degli stampatori umbri dell"800, almeno
per quel che riguarda la pubblicistica economica, non esce dai limi-
tati orizzonti dei problemi locali, tuttavia, nella sua notevole dimen-
sione quantitativa, essa ci offre un'interessante testimonianza dei
problemi e degli interessi che hanno agitato la vita economica regio-
nale. Se si escludono, infatti, alcuni importanti lavori di Eugenio
Faina attinenti all'agricoltura umbra, alcuni di quelli di Coriolano
Monti sulle ferrovie e poche altre cose — nonchè quanto apparso
in giornali e riviste, anche locali, esclusi dalla nostra ricerca — ri-
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 175
troviamo nei titoli riportati tutte le opere più significative che testi-
moniano l’evolversi della problematica e della vita economica re-
gionale. Non è questa la sede per un’analisi approfondita dei conte-
nuti di esse, ma ci sembra, tuttavia, che alcune considerazioni ge-
nerali possano essere utili anche per un migliore inquadramento
dell'attività degli stampatori umbri, la quale si sviluppa, essenzial-
mente, dopo il 1860, cioè dopo l’unificazione. Prima di tale data,
infatti, risultano stampate solo 27 delle 214 opere riportate. Di esse
solo quella del Calindri (n. 196) — ricca di notizie storiche ed eco-
nomiche sulle varie località dell'Umbria (oltrechè di tutto lo Stato
Pontificio) — e quelle di Coriolano Monti (nn. 163 e 164) presen-
tano rilevante interesse, che trascende la stessa dimensione regio-
nale ; nelle altre o si affrontano problemi frutto di ricerca storica o,
se riguardano l’agricoltura, il contenuto è, per lo più, didattico o
didascalico.
Subito dopo l’Unità di riaccende la polemica sul prosciugamento
del Lago Trasimeno, di cui si era scritto già sulla fine del secolo pre-
cedente da parte del Bernardi e del Mariotti, e che continuerà fin
verso la fine del secolo, allorchè verrà istituito, per merito del Pom-
pilj, il Consorzio di bonifica.
Ma è, soprattutto, a partire dagli anni intorno al 1880 che la
pubblicistica economica in Umbria ha il massimo sviluppo, in coin-
cidenza, cioè, con l’inizio di quel trentennio che risulterà fondamen-
tale per la vita economica della regione.
L’iniziativa del Parlamento per una inchiesta agraria, — che,
dal suo promotore e realizzatore, passerà alla storia come inchiesta
Jacini — apre un periodo di fecondi dibattiti e fruttuose ricerche,
già vivi in alcune regioni, e soprattutto in Toscana, per merito dei
Georgofili, ed in Piemonte e Lombardia.
L’avvento, in quegli anni, alla proprietà terriera di nuove forze
che costituiscono, in larga parte, le vecchie famiglie nobiliari, dà
nuova vitalità all'attività agricola che, se troverà la più piena testi-
monianza nei risultati del catasto agrario del 1910, è documentata,
altresì, dal notevole complesso di pubblicazioni nelle quali si affron-
tano sia i problemi delle nuove tecniche produttive e delle nuove
colture che quelli relativi alle condizioni di vita e reddituali dei la-
voratori della terra.
Queste ultime erano questioni terribilmente vive — come la
grande diffusione della pellagra stava a dimostrare — e si poneva
con forza l’esigenza di un loro sostanziale miglioramento.
1
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di
I
RT SITR]
176 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
Da qui le analisi sul patto colonico e le proposte di revisione,
verso le quali si indirizzava, sul finire del secolo, l’attività delle prime
organizzazioni sindacali e l’obiettivo delle prime grandi battaglie
rivendicative.
Nello stesso tempo il sorgere a Terni dello stabilimento per la
lavorazione del ferro e la utilizzazione delle acque del Nera per la
produzione di energia elettrica aprono un capitolo nuovo nella pub-
blicistica regionale e proprio a Terni vedono la luce decine e decine
di scritti che affrontano i problemi posti dallo sviluppo della nuova
industria e quelli di ordine sociale connessi al rapido accrescersi della
città e dei suoi traffici.
In tutta la regione, inoltre, é vivo l'interesse per le nuove costru-
zioni ferroviarie, di cui si mette in rilievo l'importanza per lo svi-
luppo economico, con la rivendicazione di quel collegamento tra la
valle del Tevere e la Romagna, di cui già Coriolano Monti aveva mo-
strato la necessità.
La documentazione su quel che l'Umbria era alla vigilia della
prima guerra mondiale é raccolta nei due volumi di Fernando Man-
cini (nn. 205 e 206), che costituiscono il piü accurato e attendibile
bilancio conclusivo di trent'anni di vita economica regionale.
Il dramma che l'Umbria si apprestava a vivere proprio sul fi-
nire del primo decennio di questo secolo con il soffocamento del suo
sviluppo economico trovó anch'esso la sua forte eco (n. 208), vinta
peró dal giuoco di interessi che finirono per prevalere.
Il dramma è ancora quello di oggi e, se ha unito tutti gli Umbri
decisi a rovesciare i termini della soluzione che allora fu data, non ha
ancora, peró, trovato il suo storico.
N:OST.E
(1) NiccoLi VrrronRio, Saggio storico e bibliografico dell'agricoltura ita-
liana dalle origini al 1900. Nuova Enciclopedia Agraria Italiana. Torino,
U.T.E.T., 1902; CrAvunno IraLo, Bibliografia della città di Terni e del suo
derritorio. Terni, Alterocca, 1938.
(2) Celebrazione dei grandi umbri. Mostra dell'arte della stampa Umbra.
Catalogo a cura di GiovANNI CEccHINI. Perugia, Donnini, 1943.
V CONVEGNO STORICO REGIONALE
APPENDICE
I. — Opere di argomento economico stampate in Umbria fra la fine del XVIII
secolo e la I guerra mondiale
Le 214 opere sotto elencate (ma, in verità, si tratta di 216, chè i nn.
67 e 202 risultano stampati, a distanza di anni, da due diverse tipografie)
sono state suddivise in gruppi, secondo che la trattazione riguardi l’agri-
coltura, l’industria e il commercio, le strade o ferrovie, il Lago Trasimeno
— la proposta del suo prosciugamento fu motivo, specie negli anni succes-
sivi all’unificazione, di un appassionato dibattito — ovvero costituiscano
fonti di documentazione statistica.
L’attribuzione di ciascuna opera all’uno o all’altro gruppo ha soltanto
lo scopo di facilitare la ricerca delle singole opere.
Sono state comprese nell’elenco anche due opere (nn. 116 e 159) per le
quali non è conosciuto nè luogo, nè data, nè nome dello stampatore. Ma sia
per l’autore che per il contenuto riteniamo debbano essere considerate stam-
pate, rispettivamente, a Perugia e Foligno ; perciò le abbiamo riportate.
Di altre due non si ha data di stampa ; di altre venti, infine, non si ha nome
di stampatore.
È probabile che un attento esame delle opere avrebbe permesso di avan-
zare ipotesi fondate in merito, ma ciò avrebbe richiesto un impegno di la-
voro che, al momento, ci era assolutamente impossibile. Ne chiediamo
venia.
Nella scelta delle opere abbiamo seguito un criterio non restrittivo,
evitando soltanto di segnalare opere la cui finalità economica era assoluta-
mente secondaria. Nessuna di quelle non comprese, tuttavia, era importante
quale nuovo documento di attività dello stampatore.
AGRICOLTURA
1 — AGOSTINI CESARE, La pellagra in Umbria. Perugia, Unione Tipografica
Cooperativa, 1904.
2 — AMBROSINI ENRICO, Dei torrenti e delle opere per la loro sistemazione,
con un cenno sui forrenti compresi nella bonificazione umbra. Spoleto,
Tipografia dell'Umbria, 1894.
3 — Amicizia GIusEPPE, Notizie e dati statistici sull'agricoltura tifernate ;
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178
V CONVEGNO STORICO REGIONALE
monografia compilata in occasione della Esposizione agricola umbra del
1893. Città di Castello, Lapi, 1893.
4 — AMMINISTRAZIONE TorLonia, J| principato di Fucino al concorso
regionale di Aquila del 1888. Città di Castello, Lapi, 1889.
5 — ANGELINI G. F., L'agricoltura a Spoleto. Spoleto, Bassoni, 1895.
6 — ANTINORI RAFFAELE, Almanacco agrario perugino pel 1876. Trevi,
Tipografia San Martino, 1876.
7 — BADALONI Giuseppe. La pellagra nell’ Umbria. Perugia, Guerra, 1894.
8 — Bapia RarrAELLO, Sulla convenienza di accellerare i lavori del ca-
tasto nel comune di Perugia. Perugia, Boncompagni, 1888.
9 — Barpaccini GiuLio, Il vitto del contadino e la produzione del podere.
Foligno, Tipografia Artigianelli S. Carlo, 1892.
10 — BaLpaccini GiuLIio, Condizioni agrarie economiche del territorio di
Cannara. Foligno, Sgariglia Pietro, 1882.
11 — Barpaccini GiuLio, Contributo alla storia fisica della valle spoletina
e folignate in rapporto alla irrigazione, Foligno, Salvati, 1903.
12 — BATTAGLIA V., Nozioni di tecnologia chimica del vino. Todi, Fo-
glietti 1888. |
13 — BEnruzzi Giuseppe, Criteri sulla bonifica della Valle dell'Elsa.
Foligno, Tipografia Cooperativa, 1893.
14 — BoneLLI MicHELANGELO, Monografia delle tenute di S. Valentino e
Monte Castello premiata alla esposizione di Perugia del 1899. Perugia,
Unione Tipografica, 1899.
15 — BoLte F. - IncontrI G., La pratica coltivazione della barbabietola
da zucchero. Perugia, Unione Tipografica, 1898.
16 — Bonsi P., Manuale dei proprietari di bestie bovine. Orvieto, 1853.
17 — Borgia Tiserio, Il Senato e la legge sull'asse ecclesiastico. Perugia,
Martini, 1867.
18 — Borgia TIBERIO, / furti campestri nell Umbria. Perugia, Bartelli, 1868.
19 — Bracci FLaminIo, Provvedimenti per il miglioramento dell'industria
olearia nell' Umbria. Spoleto, P. Bossi, 1907.
20 — Bravi T., L'allevamento del cavallo in rapporto all'economia Nazionale.
Perugia, Guerra, 1899.
21 — Brizi ALEssANDRO, Sulla mezzadria nella pianura di Assisi. Assisi,
Tipografia Metastasio, 1909.
39 - Brizi ALessanpro, Sull'olivicoltura nella zona perugina del Trasi-
meno. Assisi, Tipografia Metastasio, 1898.
23 — BnucGNOLA AnSENIO, Il bilancio nutritivo e l'alimentazione del conta-
dino nell' Umbria come base allo studio della etiologia della pellagra.
19 contributo. Perugia, Unione Tipografica Cooperativa, 1903.
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 179
24 — Bucci ANNIBALE, Necessità del censimento generale della proprietà
fondiaria in Italia per perequare le imposte secondo i bisogni attuali.
Città di Castello, Lapi, 1882.
25 — CALINDRI Ugo, Lezioni di agraria teorico-pratica o corso completo
di dgricoltura. Perugia, Santucci, 1844. ;
26 — CAMERA DI Commercio DI PEnucGiA, L'Umbria olearia. Foligno.
Campitelli, 1888.
27 — CecconI DromEDE - RosavinI C., Progetto da prodursi ai Ministri
dell'Interno e delle Finanze diretto ad ottenere matematica impossibilità
di poter perpetrare e consumare furti di bestiame ecc. Foligno, Sal-
vati, 1890.
28 — CIRCOLO DEI CACCIATORI SPOLETINI, Proposta di modificazione ai
progetti di legge sull’esercizio della caccia. Spoleto, Bassoni, 1893.
29 — CoNESTABILE FnRANCESCO, La cultura miglioratrice secondo i principi
di Lecouteux e l'agricoltura nell' Umbria. Perugia, Tipografia Boncom-
pagni, 1884.
30 — CONFERENZA SULLA MEZZADRIA, Necessità di un patto colonico unico per
la provincia dell Umbria. Perugia, Unione Tipografica Cooperativa, 1879.
31 — De FiLippis SALVATORE, Il Fucino ed il suo prosciugamento con an-
nessa carta descrittiva. Città di Castello, Lapi, 1893.
32 — Dx Pizzo Vito, La devoluzione del fondo enfiteutico in rapporto alle
locazioni stipulate con l’enfiteuta. Città di Castello, Lapi, 1899.
33 — DE Rossi DomeENIcO, Discorso, con un nuovo metodo di unire o mari-
tare due peri di qualità diverse per ottenere un frutto misto di sapori. Fo-
ligno, Tommasini, 1786.
34 — DonaTtI C. - Rosati C., Saggio pratico di contabilità rurale. Perugia,
Boncompagni, 1892.
35 — FABBRONI Apamo, Istruzioni elementari d’agricoltura (in XXII le-
zioni) ovvero guida necessaria ed utilissima per gli agricoltori italiani,
ecc. Perugia, Baduel, 1776. 3
36 — FABBRONI Apamo, Della coltivazione del gelso e dell'educazione del
filugello. Perugia, 1784 (?).
37 — FABRONI ApAMO, Del bombice e del bisso degli antichi. Dissertazione.
Perugia, 1782 (?).
38 — FALZACAPPA Casimiro, Sui pascoli Comunali. Memoria. Perugia,
1842 (?)
39 — Fazi FnANCESCO, Consorzio idraulico del fiume Topino per la bonifi-
cazione di Budino. Foligno, Tomassini, 1885.
40 — Fazi FRANcESsco, La distillazione del vino e delle vinacce nella pro-
vincia dell’ Umbria. Foligno, Campitelli, 1890.
180 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
A1 — FONTANA Pietro, Lezioni agrarie. Spoleto, Simone Saccoccia, 1806.
49 — FrancHETTI LeopoLpo, Relazioni sui demani meridionali. Città di
Castello, Lapi, 1885.
43 — FrancoLini Francesco, Come migliorare la produzione degli oli
umbri. Spoleto, Panetto e Petrelli, 1905.
44 — FrancHINI Trro, La patata nell'agricoltura dell’ Italia Centrale. Pe-
rugia, Unione Tipografica Cooperativa, 1908.
45 — FRANCOLINI - CaseLLI, Per la difesa delle capre. Relazione in merito
alle nuove prescrizioni di massima che regolano la legge forestale nella
provincia dell'Umbria. Spoleto, Ragnoli-Annesanti, 1903.
46 — GacLiarni G. B., Metodo pratico d'allevamento dei bachi da seta.
Città di Castello, Lapi, 1879
47 — GALANTI ANTONIO, Dell’arte di ottenere molto vino con poca uva.
Spoleto, 1855 (?).
48 — Gama Riccarpo, Monografia artistico-economica sull'agro reatino e
suo mandamento. Terni, Pacelli-Tomassini, 1873.
49 — Guenon Francesco, Trattato delle vacche lattaie per conoscere, alla
semplice vista dell’animale, quanta quantità può dare qualunque vacca
al giorno, quale è la qualità del latte e quanto tempo lo manterrà durante
la gravidanza nuova. Foligno, Tomassini, 1849.
50 — Laurenzi ANGELO MARIA, La perequazione fondiaria nella provincia
dell’ Umbria. Perugia, Boncompagni, 1888.
51 — LELLI AMEDEO, Studi ed osservazioni intorno al valore del sistema di
Guénon per giudicare il grado d'attitudine lattifera delle vacche. Perugia,
Tipografia Cooperativa, 1897.
59 — MaMBRINI GiusEPPE, La questione sociale agricola nel territorio ti-
fernale e limitrofi. Città di Castello, Tip. Cattolica, 1901.
53 — MANASSEI PaoLano, Il Comizio agrario circondariale di Terni. Terni,
1913 (2).
54 — MANAssEI PaoLano, Risparmio ed agricoltura. Studi economici in-
torno alle Casse di Risparmio, al Credito agrario ed ipotecario, ecc.
Città di Castello, Lapi, 1896.
55 — ManassrI PaoLano, Sul Credito agricolo in Italia. Considerazioni.
Terni, Possenti, 1881.
56 — MANAsSsEI PaoLano, Sul patto colonico. Città di Castello, Lapi, 1902.
57 — Mancini CAuiLLO, Il Lazio viticolo e vinicolo. Monografia premiata
con medaglia d’oro dalla Soc. Gen. It. dei viticoltori. Città di Ca-
stello, Lapi, 1888.
58 — MaranEsI GaETANO, Progetto d'irrigazione e di bonifica delle valli
di Terni e di Rieti. Terni, Ceccarelli, 1881.
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V CONVEGNO STORICO REGIONALE 181
— MancureTTI ABRAMO, Sullo stato e pel miglioramento della razza bo-
vina della Val di Chiana. Riflessioni. Foligno, Sgariglia, 1887.
— Maroni EwmiLIo, Domanda di affrancazione e domanda di devoluzione
nelle enfiteusi antiche. Città di Castello, Lapi, 1897.
- MARTELLI DomENIcO, Le muffe in cantina. Perugia, Santucci, 1899.
- MoNarpi Luigi, Le vigne e i vini della fattoria di Collelungo (Perugia)
del Conte Zefferino Faina al concorso agrario regionale di Arezzo nel
settembre 1882. Relazione della Commissione giudicante. Perugia, Bar-
telli, 1882.
— MoniInI Pierro, L’apicoltura nel perugino. Perugia, Unione Tipo-
grafica Cooperativa, 1902.
— MonInI Pietro, Corso elementare d’agraria teorico-pratico ridotto
in compendio per uso delle scuole rurali. Perugia, Unione Tipografica
Cooperativa, 1898.
— MONTANARI Ezio, Per l’agricoltura. Applicazione dei concimi chimici
sistema Solari. Perugia, G. Donnini, 1900.
— MontANARI Ezio, Origini e funzionamento del credito agrario nel-
l'Umbria. Perugia, Tipografia Perugina, 1915.
— Monti ConroraANo, Delle norme di compilare le stime campestri nella
provincia di Perugia, con proposta di metodo razionale di stima in surro-
gazione delle empiriche maniere. Perugia, Tipografia V. Santucci, 1846
e Bartelli, 1852.
— MonETTINI ALEssANDRO, Cultura industriale del pomodoro dell’ Um-
bria. Perugia, Tipografia Perugina già Santucci, 1912.
— Mostra agraria e concorso agrario di Orvieto nel 1891. Relazione.
Orvieto, Marsili, 1891.
— Onorato COLUMELLO NicoLa, Delle patate. Loro coltura, uso econo-
mico e maniera di farne il pane. Foligno, Tomassini, 1817.
— PAGANELLI G. B., Corso elementare teorico-pratico di agraria, diviso
in 52 Lezioni ad uso specialmente degli agricoltori dell' Umbria. Todi,
Foglietti, 1886.
— PaLMEGGIANI Giuseppe, Relazione sul concorso a premi per molini
oleari nel circondario di Terni. Terni, Tipografia Possenti, 1887.
— Parr Ciro, Per l'incremento dell'industria del bestiame in Umbria.
Tipografia Perugina, 1910.
— PassarINnI Giuseppe, Relazione sullo stato delle campagne nei terri-
tori di Norcia e montagna. Norcia, Micocci e C., 1871.
5 — PassaRINI GiusEPPE, Il prato artificiale di erba medica quale base
dell'agricoltura miglioratrice nelle aziende rurali. Norcia, Tipografia Mi-
cocci e C., 1873.
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V CONVEGNO STORICO REGIONALE
— PassARINI Giuseppe, Il formaggio pecorino in armonia alle esigenze
del commercio. Norcia, Micocci, 1879.
— PassaARINI GiusEPPE, Il mandorlo o l'olivo dei monti. Monografia per
uso degli agricoltori. Norcia, Micocci, 1883.
— PassAnINI Giuseppe, Sulla mietitura del grano nelle montagne di
Norcia. Considerazioni. Norcia, Micocci, 1882.
— PeccHIoLI, Appunti di economia rurale. Spoleto, 1904 (?)
— PRAMPOLINI, Jl credito agrario nell' Umbria. Osservazioni e note sulla
legge 2 gennaio 1910. Perugia, Tipografia Umbra di G. Benucci e
C, 1910.
— Puncorri SEBAsTIANO, Intorno alla memoria di Egidio Pollucci sulla
facoltà assorbente delle terre arabili. Perugia, Bartelli, 1858.
— RiseccHi AwTONIO, Memoria sopra il saggio degl'insetti nocivi al-
l'agricoltura di S. Bayle - Barelle. Foligno, Tomassini, 1810.
— Ricci Giuseppe, Istruzione teorico-pratica intorno al processo che deve
seguirsi per la fabbricazione dello sciroppo dell'uva. Foligno, Tomas-
sini, 1812.
— RuarA CanLo, Prelezione al corso d' Igiene rurale fatto al R. Istituto
Agrario Sperimentale di Perugia il 17 novembre 1897. Città di Castello,
Lapi, 1897.
— Sensi Francesco, L'agricoltura nella vallata tra Perugia e Foligno.
Foligno, Stabilimento Tipo-lito F. Salvati, 1899.
— Sensi Francesco, Delle forze che entrano in gioco nei movimenti di
traslazione degli animali domestici. Foligno, Salvati, 1898.
— Sensi Francesco, Metodo per determinare il centro di gravità degli
animali domestici. Foligno, Salvati, 1898.
— StraparoLI G., Sulla introduzione delle vacche bretoni nell'alta valle
del Tevere. Città di Castello, Lapi, 1893.
— Studi sulla coltivazione e riproduzione del grano. Memoria presentata
al concorso regionale di Arezzo del 1882. Perugia, Bartelli, 1882.
— Tarpucci IciLio, Se l'ipoteca impressa sull'immobile ne comprenda di
diritto gli accessori reputati immobili. Perugia, Boncompagni, 1881.
— Tarsoni CesarE, L’avvicendamento quadriennale nella fattoria di
Fontesegale. Città di Castello, Lapi, 1884.
— Ticci TonELLo, Discorso intorno agli effetti della concorrenza ameri-
cana sulle condizioni dell’agricoltura italiana. Perugia, Boncom-
pagni, 1884.
— VANNUCCINI Guipo, Letame e concimi chimici. Considerazioni e con-
fronti. Città di Castello, Lapi, 1885.
94 — Vivenza ALESSANDRO, La concimazione chimica del frumento nel-
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V. CONVEGNO STORICO REGIONALE 183
l'Umbria. Risultati sperimentali di un quadriennio. Perugia, Stabili-
mento Tipografico G. Donnini, 1902.
— Vivenza ALEssANDRO, Convegno agrario Umbro in Foligno. 8 set-
tembre 1915. Resoconti. Perugia, Tipografia Perugina, 1915.
— Vivenza ALESSANDRO, La coltivazione della barbabietola da zucchero
nell' Umbria. Relazione alla IV Assemblea generale della Soc. agricola
in Perugia nell’ottobre 1899. Perugia, 1899 (?)
— ZOLFANELLI CESARE, Lettere nursine sopra i tartufi. Città di Castello,
Lapi, 1881.
INDUSTRIA E COMMERCIO
— ArTEROCCA V. - Lanzi L., Guida illustrata di Terni e dintorni, con
indicatore industriale e commerciale umbro. Terni, Tipografia Al-
terocca, 1899.
— Amati Luici, Agricoltura, Industria e Commercio. Terni, 1878 (?)
— AZIENDA ELETTRICA MUNICIPALE DI TERNI, Note illustrative sull'im-
pianto idroelettrico di produzione dell'energia de! Comune di Terni e
sullo sviluppo dell’ Azienda elettrica Municipale. Terni, Tipografia Al-
terocca, 1894.
— BARTOLI BARTOLOMEO, Jl progetto di Terni sulla cascata delle Marmore.
Terni, Tipografia Alterocca, 1896.
— BeLLucci Apa, La zecca di Terni, Perugia, Unione Tipografia Coo-
perativa, 1902.
— Bini AnceLo, Le acque di Buon Riposo ed il bicarbonato di potassa.
Studi per l'impianto di alcune industrie da attivarsi in Città di Castello,
presentati all'Esposizione artistica industriale della provincia del-
l| Umbria dal chimico farmacista Angelo Bini, l'anno 1879. Città di
Castello, Stab. Tipo-Litografico Lapi, 1879.
— BresapoLA Pompeo, La utilizzazione della cascata delle Marmore per
la Città di Terni. Spoleto, Tipografia dell'Umbria, 1900.
5 - Bnuworri FeRRUccIO, Relazioni di contratti preliminari sul progetto
di provvista d’acqua potabile e di illuminazione stradale elettrica della
città di Terni. Terni, 1884 (?).
— CaMPornEGOoso Luigi, Sulla straordinaria importanza militare-in-
dustriale di Val Ternana. Terni, Pacelli Tomassini, 1872.
— CranconI C., Terni industriale. « Ricordo di Terni». Terni, Tipo-
grafia Possenti, 1886.
— CorETTI Ortavio, Società ternana di incoraggiamento delle arti, in-
dustrie e mestieri. Terni, Tipografia Pacelli, 1876.
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124 — PontEcorvI RANIERO, L'utilizzazione delle forze idrauliche del Ve-
V CONVEGNO STORICO REGIONALE
— CorETTi OTrAvIO, Costruzione di un nuovo canale industriale sulla
sinistra del Nera. Terni, Tipografia Borri, 1886.
— CornETTI OrrAvio, Nuovo canale industriale sulla sinistra del Nera.
Terni, Tipografia Borri, 1886.
— CorLETrT: OrrAvio, Terni ed i suoi stabilimenti industriali. Terni,
Tipografia dell'Umbro Sabino, 1886.
— COLLEGIO DEGLI INGEGNERI, ARCHITETTI E PERITI E BRIGATA DEGLI
AMICI DELL'ARTE NEL MANDAMENTO DI TERNI, Per la difesa dei diritti
di Terni e del circondario sulle acque del Velino e del Nera per la conser-
vazione della cascata delle Marmore. Terni, Tipografia Visconti, 1917.
— Corrapi Luigi, Della istituzione di una scuola di meccanica industriale
e di metallurgia presso il Regio Istituto Tecnico di Terni. Terni, Tipo-
grafia Borri, 1883.
— ErcuLEi R., Capitoli stabiliti fin dal 1703 per la Pia Unione, ossia
congregazione dei mercanti e riforma dei medesimi fatta nel 1829. Perugia,
Garbinesi e Santucci, 1829.
— Fazi Francesco, 7 giacimenti lignitiferi dell' Umbria e la loro utiliz-
zazione. Foligno, G. Campi, 1906.
— FRANCESCONI GIiusEPPE, I° Congresso regionale degli industriali, com-
mercianti e agricoltori umbri. S.n.t.
— Gay Costanzo, Guida storica o descrizione topografica, poetica e pro-
sastica della gran caduta delle acque Veline, dell'ameno, ferace ridente e
salubre clima della pianura della borgata delle Marmore, frazione dell’an-
tico Castello di Papigno, Circ. e Mand. di Terni : città industriale in ogni
arte e mestiere e di grandiosi stabilimenti antichi e moderni. Terni, Tipo-
grafia Pacelli Tomassini, 1885.
— Menicocci Giuseppe, Sul modo di condurre acqua potabile nella città
di Terni. Terni, Pacelli, 1882.
— MercoTTI G. - Ponzano L., Guida illustrata di Terni e dintorni.
Terni, Tipografia Cooperativa, 1899.
— MunicIPIO DI PERUGIA, Riscatto dell’attuale illuminazione a gas. Costru-
zione dell'acquedotto. Impianto elettrico per l'illuminazione pubblica e
privata. Perugia, Unione Tipografica Cooperativa, 1897.
— NALDINI CEsARE, /° Congresso dei commercianti industriali ed agri-
coltori umbri. Spoleto, Bossi, 1906.
— NaraLI, Notizie e memorie sulle figurine e sull'arte del vasaro a Fratta
(Umbertide). Umbertide, Tipografia Tiberina, 1890.
— Pontecorvi RaniERO, Giustizia distributiva. Per gl'interessi eco-
nomici di Terni e dell' Umbria. Terni, 1904 (?)
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 185
lino e della Nera in rapporto ai pubblici servizi ed al miglioramento in-
dustriale economico dell' Umbria. Terni, Tipografia Cooperativa, 1906.
125 — PossENTI P. GAETANO, Il quartiere operaio di Terni e la casa-tipo.
Progetto. Terni, Tipografia Possenti, 1884.
126 — PosseNTI P. GaETANO, Ampliamento e piano regolatore della Città
di Terni. Terni, Tipografia Possenti, 1885.
127 — Principi, Materiali da costruzione dell’ Umbria. Perugia, 1909 (?).
128 - RiecerspERGHER TogBia, Sull'incompatibilità di una diga od anche
di una semplice soglia nel corso dei fiumi Topino e Topino-Chiergio in
rapporto al regime idraulico della Valle Umbra. Foligno, Tipografia Coo-
perativa, 1897.
129 —- RutiILI ANTONIO, Della necessità di una pronta sistemazione del fiume
Topino e del modo di effettuarla. Discorsi due. Foligno, Tomassini, 1837.
130 — ScALvANTI Oscar, Il Mons pietatis di Perugia. Perugia, Tip. Bon-
compagni, 1892.
131 — SconoccHIA ADRIANO, Relazione sull'aumento dell'acqua potabile nella
città di Terni. Terni, Tipografia Scariglia, 1869.
132 — SconoccHIa AprIANO, Progetto di un nuovo canale per le industrie
in Terni. Terni, 1872 (?).
133 — ScoNoccurA AnpnIANO, Relazione sul modo di accrescere la forza mo-
trice nella città di Terni e progetto di un nuovo canale per l’industria.
Terni, Tipografia Ternana, 1872.
134 — SconoccHIA AprIANO, L'acqua potabile nella città di Terni. Terni,
Tipografia Borri, 1881.
135 — SinisaLpi Tiro, Relazione sui provvedimenti proposti dal governo
pel mezzogiorno e le isole e sulla loro estensione alla nostra regione. Spoleto,
Tipografia dell'Umbria, 1906.
136 — SOCIETÀ ALTI FORNI FONDERIE, (Gli stabilimenti della Società degli
alti forni, fonderie ed acciaierie. Terni, Tipografia Borri, 1886.
137 — SOCIETÀ ALTI FORNI FONDERIE, La società Alti Forni, Fonderie ed
Acciaierie di Terni ed i suoi stabilimenti. Terni, Tipografia Alte-
rocca, 1898.
138 — SPADA ALperANO, Notizie del Sacro Monte di Pietà di Terni dal
1467 al 1845. Terni, Tipografia Saluzzi, 1846.
139 — Spezi ALEssANDRO, Progetti per l'apertura di un canale d’irrigazione
e bonificamento traendo l’acqua dal fiume Topino a beneficio dei terreni
situati a destra di detto fiume. Foligno, Tipografia Tomassini, 1862.
140 — TeRrNI, Sull'esodo dal territorio di Terni e della provincia umbra
dell'energia elettrica prodotta dalla derivazione del Velino e del Nera.
Terni, Tipografia Visconti, 1910.
186 V. CONVEGNO STORICO REGIONALE
141 — VisiseLLi Tommaso, Miniere umbro-sabine ossia industria della li-
gnite applicata come agente illuminante, calorifero ed altri usi. Perugia,
Bartelli, 1863.
STRADE - FERROVIE
142 — Agostini G. C. , Osservazioni sul primo atto della Presidenza Umbro-
Perugina per la Società Nazionale delle strade ferrate nello Stato pontificio.
Foligno, Campitelli, s. a.
143 — AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DELL'UMBRIA, Sulle nuove costruzioni
stradali. Perugia, Tipografia Cooperativa, 1905. i
144 — Alcuni documenti sulla Ferrovia Aretina nei pressi di Perugia. Pe-
rugia Martini e Boncompagni, 1863.
145 — BaBocci Augusto, La navigazione del Nera. Terni, Tipografia l'Eco-
nomica, 1912.
146 — Bavosi GiusEPPE, Relazione intorno ai vari tronchi di strade ferrate
fra l' Umbria e le Marche. Perugia, V. Santucci, 1846.
147 — BeLLucci Giuseppe, Ferrovie economiche e tranvie della provincia
dell' Umbria. Perugia, Tipografia Boncompagni, 1884.
148 — BoneLLi MicHELANGELO, Progetto di canali per irrigazione e forza
motrice nella valle fra Perugia e Todi. Perugia, Unione Tipografica Coo-
perativa Boncompagni, 1897.
149 — Bollettino ufficiale del Comitato per la ferrovia trasversale Foligno
Todi Orvieto Porto S. Stefano. Foligno, Tipografia Artigianelli, 1907.
150 — Casini Gino - ABBIATI ErcoLE, Ferrovia umbro-tosco-romagnola.
Foligno, Salvati, 1913.
151 — CianconI C., Progetto per una ferrovia a scartamento ordinario da
Terni a Visso. Terni, 1885 (?)
152 — CoLLEGIO INGEGNERI CIVILI, ARCHITETTI E PERITI LIBERI ESERCENTI
NEL MANDAMENTO DI TERNI, Completamento strada provinciale Poggio
Mirteto-Terni. Per cura del Comune di Stroncone. Terni, Tipografia
Alterocca, 1898.
153 - Comune DI PeruGIA, Sulla ferrovia Perugia (Fontivegge)-Umber-
tide (Monte Corona). Perugia, Tipografia Umbra, 1889.
154 - Comune DI PrnuciA, Sulla ferrovia Perugia-Todi-Terni. Perugia,
Boncompagni, 1889.
155 — Faina EucenIo, La ferrovia Umbertide-Perugia-Todi-Terni. Orvieto,
E. Tosini, 1885.
156 — FERROVIA ADRIATICO TIBERINA, Estratto dal giornale La Provincia.
Perugia, Santucci, s. a.
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— FERROVIA UMBRO-ARETINA A SCARTAMENTO RIDOTTO, Relazione del
Consiglio amministrativo. Città di Castello, Lapi, 1895.
- Francesconi Francesco, Sulla ferrata perugina. Perugia, Bar-
telli, 1861.
— GaLEOTTI LEoPOLDO, Sulle questioni attinenti alla costruzione della fer-
rovia Tuoro-Chiusi. Perugia, Boncompagni, s. a.
— Indirizzo alla presidenza centrale romana della Società Nazionale per
le strade ferrate da parte della popolazione di Nocera per il progetto di una
ferrovia. S. n. t.
— MartINI MatTEO, Dimostrazione comparativa del tronco appennino
di via ferrata secondo l'andamento del Chiagio e lettera in accompagno.
Perugia, Santucci, 1847.
— MATTEUCCI D. - Amicizia G., Cronistoria della strada Città di Castello-
Apecchio, compilata dal prof. D. Matteucci e G. Amicizia e dedicata ai
municipi di Città di Castello e di Apecchio, 29 settembre 1895. Città di
Castello, Tip. dello Stab. S. Lapi, 1879.
— Memoria intorno ad una strada per la valle del fiume Nera da Piedi-
paterno a Terni. Terni, Tipografia Saluzzi, 1861.
— Monti ConiorAwo, Dell'andamento più conveniente sotto l’aspetto tec-
nico statistico ed economico della ferrata vertebrale nell' Umbria e nelle
Marche. Perugia, Tipografia V. Bartelli, 1848.
— MontI CorioLano, Dell'andamento della strada ferrata. da Roma ad
Ancona particolarmente nell' Umbria rispetto anche alla comunicazione
tra i due mari dell’Italia Centrale. Todi, Aless. Natali, 1856.
— MontI CorIoLano, Le strade ferrate nazionali di interesse dell’ Umbria.
Perugia, Bartelli, 1879.
— Municipio DI PERUGIA, Sulla ferrovia a binario ridotto Perugia-Umber-
tide. Perugia, 1880 (?)
— Nuova strada ferrata nazionale e intenazionale della Venezia e dell' Eu-
ropa Centrale a Roma e di secondo passaggio dell’ Appennino : dall’ Italia:
superiore alla media. Città di Castello, Stab. Tip. Lapi, Raschi e Co, 1878.
— OnrANDO GiusEPPE, La navigazione del Nera. Terni, L'Economica,
1912.
— PossENTI P. GAETANO, Tram elettrico Terni-Ferentillo. Terni, Alte-
rocca, 1898.
— ScowoccuiA ApnniANO, Rapporto sull’attuazione della nuova strada
d'accesso alla stazione ferroviaria in Terni. Terni, Tipografia Pacelli, 1870.
— Strada ferrata per la Umbertide-Ponte San Giovanni-Orvieto con dira-
mazione per Perugia e per il suo coordinamento alla futura direttissima
Venezia-Roma. Perugia, Boncompagni, 1891.
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V CONVEGNO STORICO REGIONALE
— Strada Valnerina, Piano di massima tra i ponti sul Nera di Arrone e
Torre Orsina. Foligno. P. Sgariglia, 1874.
— Sui tracciati della strada ferrata umbro-aretina a sezione ridotta. Osser-
vazioni degl’ingegneri S. Lapi e L. Gigli, sulla relazione pubblicata dal-
l’ingegnere sig. T. Aloigi-Luzzi. Città di Castello, Stab. S. Lapi, 1879.
— Sulla prosecuzione della ferrovia aretina nei pressi di Perugia fino al-
l’incontro della linea da Roma ad Ancona. Perugia, Bartelli e San-
tucci, 1861.
LAGO TRASIMENO
— BaLpucci MicHELANGELO, Poche parole documentate per portare a
pubblica conoscenza la veridicità dei fatti pel prosciugamento del lago
Trasimeno. Perugia, Martini, 1867.
— BERNARDI BENEDETTO, Riflessioni economico-politiche sul disec-
camento del lago Trasimeno oggi detto lago di Perugia. Perugia,
Baduel, 1790.
— Bonanr, Descrizione geografica, fisica e naturale del Lago Trasimeno
comunemente detto il lago di Perugia. Spoleto, Tipografia Bassoni, 1821.
— Borgia TiBERIO, Cenni sulla questione del prosciugamento del Lago
Trasimeno. Perugia, Stabilimento Tipografico S. Severo, 1867.
— Cuppari Pietro, Intorno al prosciugamento del Lago Trasimeno.
Perugia, Bartelli, 1865.
- Du Houx C., Cenni sulla questione del prosciugamento del Lago Tra-
simeno. Perugia, 1864 (?).
— FRANCESCONI Francesco, Relazione sul prosciugamento del Trasi-
meno. Perugia, Bartelli, 1864.
— FRANCESCONI Francesco, Sul prosciugamento del Lago Trasimeno,
Perugia, Stabilimento Tipo-Lito S. Severo, 1864.
— FrancesconI Francesco, Talune osservazioni sulle pubblicazioni a
favore del prosciugamento del Trasimeno. Perugia, Bartelli, 1867.
— MARIOTTI ANNIBALE, Riflessioni fisico-mediche sul progetto del di-
seccamento del Lago Trasimeno. Perugia, Baduel, 1790.
— Memoria sul prosciugamento del Lago Trasimeno pubblicata per conto
del Municipio di Perugia. Perugia, 1864.
— Per la solennità inaugurale dei lavori del Lago Trasimeno, Perugia,
Unione Tipografica Cooperativa già Boncompagni, 1897.
— PompiLs Guipo, Consorzio di bonifica del Trasimeno. Relazione.
Perugia, Boncompagni, 1892.
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 189
188 — PompiLs Guipo, Memoria in favore del consorzio per migliorare ed
ordinare il Lago Trasimeno. Perugia, Bartelli, 1877.
189 — Spezi ALEssaNnDRO, Relazione sui progetti per il disseccamento del
Lago Trasimeno. Foligno, Campitelli, 1884.
190 — Sulle osservazioni e schiarimenti di Camillo Bonfigli intorno al prosciu-
gamento del Lago Trasimeno. Perugia, Stabilimento Tipografico Lito-
grafico S. Severo, 1865.
DOCUMENTAZIONE - STATISTICA
191 — ArrEROCCA VirciLio, Annuario umbro-marchigiano, a. I. Terni,
Alterocca 1901.
192 — Amicizia Giuseppe, Notizie statistiche del Municipio di Città di Ca-
stello. Città di Castello, Lapi, 1883.
193 — Annuario statistico del Comune di Perugia. Perugia, Unione Tipo-
grafica Cooperativa, 1908.
194 — Annuario statistico dell Umbria, Perugia, Boncompagni, 1863.
195 — BApALOoNI GiusEPPE, Sullo stato sanitario della provincia nell'anno
1893. Perugia, Boncompagni, 1894.
196 — CaLinpri GABRIELE, Saggio statistico storico del pontificio Stato.
Perugia, Garbinesi e Santucci, 1829.
197 — Catalogo ufficiale della esposizione dell'alta Valle del Tevere. Città di
Castello, Lapi, Raschi editori, 1878. Vi è unito : Supplemento al cata-
logo ufficiale della esposizione agricola artistica industriale dell’alta Valle
del Tevere. Città di Castello, 1878.
198 — Cori ArminIo, Notizie statistiche della Città di Todi e sua statistica
dell’anno 1842. Todi, Raffaello Scalabrini, 1843.
199 — DIREZIONE di STATISTICA DELL'UMBRIA, Ragguaglio delle misure e
dei pesi dei comuni dell' Umbria ai pesi e misure Italiane, con la ridu-
zione della moneta romana in lira italiana. Perugia, Bartelli e San-
tucci, 1861.
200 — Esposizione provinciale in Perugia. Perugia, Boncompagni, 1879.
201 — Esposizione umbra del 1879 in Perugia. Appunti. Perugia, V. San-
tucci, 1879.
202 — FABBRI ALESsANDRO, Appunti di demografia e d'igiene sulla città
di Terni e cenni sulle limitrofe stazioni idrologiche e climatiche, in « Ri-
cordo di Terni». Terni, Tipografia Possenti, 1866 e Tipografia del-
l’Unione libraria, 1886.
‘190 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
203 — Fazi FrANcEScO, Esposizione agricola, industriale, artistica di Fo-
ligno nel 1892. Relazione. Foligno, Tipografia Cooperativa, 1892.
204 — FrancEscoNI Francesco, Alcuni elementi di statistica delle provincie
dell' Umbria. Perugia, Boncompagni, 1872.
205 — MawciNI FERNANDO, L'Umbria economica e industriale. Studio Sta-
tistico. Foligno, Campitelli, 1910.
206 — Mancini FERNANDO, L'Umbria agricola, industriale, commerciale.
Studio economico statistico, anno 1913. F oligno, Soc. Poligrafica Fran-
cesco Salvati, 1914.
207 — MunicIPIO DI PERUGIA, Ragguaglio sommario di pesi e misure. Pe-
rugia, Boncompagni, 1872.
208 — Per l’agitazione a favore dell’ Umbria, delle Marche e del Lazio. Foligno,
Tipografia Artigianelli, 1906.
209 — PREFETTURA (R.) DELL'UMBRIA, Supplemento al foglio periodico
anno 1893. Tavole riassuntive delle statistiche agrarie per gli anni
1891-92. Perugia, Boncompagni, 1893.
210 — Provincia UMBRA, Raccolta di tavole itinerario statistiche della pro-
vincia dell'Umbria. Perugia, G. Boncompagni, 1868.
211 — Ragguaglio delle misure ternane lineari, di capacità, e peso col sistema
metrico decimale, ecc. Terni, Tipografia Possenti, 1869.
212 — Rapporto sulla esposizione provinciale tenuta in Perugia nel settembre
1855 e Premiazione. Perugia, Tipografia Vagnini, 1856 (a cura di
GiusEPPE Ricci).
213-214 — ViaLiETTO GrUsEPPE, Notizie statistiche sul patrimonio boschivo
dell' Umbria e del suo commercio legnoso. Perugia, 1872 (?).
II — Elenco degli stampatori umbri dell’’800, ricavato dal precedente elenco
delle opere.
Le singole località sono date nell’ordine usato nel Catalogo Cecchini ;
le località di Norcia ed Umbertide, là mancanti, sono date per ultime. Le
opere utilizzate sono state 214, poichè per due, come si è già detto, la man-
canza di ogni indicazione ha reso impossibile l’attribuzione all’una o all’altra
città.
Per ciascuna tipografia è dato il numero di opere e gli anni entro cui
esse sono state stampate.
Con asterisco sono state contrassegnate le tipografie di cui non si dà
notizia nel Catalogo Cecchini.
3—
+++t+ +++
V CONVEGNO STORICO REGIONALE
TREVI
San Martino
FOLIGNO
Artigianelli S. Carlo
Campi
Campitelli
Salvati
Sgariglia
Tipografia Cooperativa
Tomassini
PERUGIA
Baduel
Bartelli
Bartelli e Santucci
Boncompagni
Donnini
Garbinesi e Santucci
Guerra
Martini
Martini e Boncompagni
Santucci
Stabilimento Tipo-Litografico S. Severo
Tipografia Perugina
Tipografia Umbra
Unione Tipografica Cooperativa
Vagnini
Ignote
ORVIETO
Marsili
Tosini
Ignote
(1876)
(1892-1907)
(1906)
(1884-1910)
(1890-1914)
(1882-1887)
(1892-1897)
(1786-1885)
(1776-1790)
(1848-1882)
(1861)
(1863-1894)
(1900-1902)
(1829)
(1894-1899)
(1867)
(1863)
(1884-1899)
(1864-1867)
(1910-1915)
(1889-1910)
(1879-1908)
(1856)
(1891)
(1885)
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192
|
--
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|
-
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Lapi
Tipografia Cattolica
Ignote
Bassoni
Bossi
Panetto e Petrelli
Ragnoli e Annesanti
Saccoccia
Tipografia dell'Umbria
Ignote
Foglietti
Natali
Scalabrini
Tipografia Metastasio
Alterocca
Borri (Bossi ?)
Ceccarelli
Tipografia l’Economica
Pacelli
Pacelli e Tomassini
Possenti
Saluzzi
V CONVEGNO STORICO REGIONALE
CITTÀ DI CASTELLO
SPOLETO
TODI
ASSISI
TERNI
(1878-1897)
(1901)
(1821-1895)
(1906-1907)
(1905)
(1903)
(1806)
(1894-1906)
(1886-1888)
(1856)
(1843)
(1898-1909)
(1894-1901)
(1881-1886)
(1881)
(1912)
(1870-1882)
(1872-1885)
(1866-1887)
(1846-1861)
Ni: 22
» 1
» 1
Tot. 24
Ni
» 2
» 1
» 1
» 1
» 5
» 2
Tot. 13
Nd
» 1
» 1
Tot; 4
N. 2
N 7
» D
» 1
» 2
» 3
» 3
» 7
» 2
V CONVEGNO STORICO REGIONALE
+ Sgariglia (1869) Nos
+ Ternana (1872) » 1
-- Tipografia Cooperativa (1899-1906) 2:52
+ Tipografia dell'Umbro Sabino (1886) » 1
+ Tipografia dell'Unione Libraria (1886) ER
Visconti (1910-1917) nidi 2
Ignote » 6
Tot. 44
NORCIA
+ Micocci (1871-1883) IN 09
UMBERTIDE
+ Tipografia Tiberina (1890) NT
UcoLINI : Il dottor Bellini ci ha dato un saggio veramente rag-
guardevole di bibliografia storico-economica pertinente ail’ Umbria. La
ringrazio anche a nome dei presenti. Dobbiamo ora rinunciare alla
comunicazione sulla « Litografia a Perugia nel secolo XIX » del conte
Ludovico Silvestri, il quale non è ancora tornato dal suo viaggio al-
l’estero. Allora io pregherei il prof. Mancini di parlarci «Di un
ironico falso tipografico nella Todi del Risorgimento ».
DI UN IRONICO FALSO TIPOGRAFICO NELLA TODI
DEL RISORGIMENTO
Nei primissimi anni dell'Ottocento, Raffaello Scalabrini di Todi
poteva ben definirsi stampatore vescovile : se non altro per il copioso
numero di Officia propria, che, quasi annualmente, uscivano dalla sua
tipografia : alla quale, nel 1802, anche l’erudito sacerdote Ottaviano
Ciccolini aveva affidato una sua opera, d’interesse locale, fra lo sto-
rico e il celebrativo, riguardante i più illustri reggitori della città,
dal XIII secolo ai suoi tempi (!). Le edizioni scalabriniane, di un
nitore e di un’accuratezza bodoniana, andarono assumendo una lor
fragile grazia settecentesca, via via che gli argomenti celebrativi
e d’occasione diventarono più numerosi: anzi, la grazia sconfinò
13
194 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
nella leziosaggine, data la frivolezza dei contenuti anacreontici ed
encomiastici. L’accademia più stucchevole indugiava in componi-
menti poetici per monacazioni, anniversari di santi patroni, nomine
vescovili ed elezioni pontificie. Tutto un repertorio cincischiato. e
astratto che dal secolo precedente si prolungava nella provincia ita-
liana in genere e in particolare si complicava, nei territori ammini-
strati dalla Chiesa, di un rugiadoso misticismo. Tale atteggiamento
induceva ovviamente, anche sul piano delle altre attività spirituali,
all’insincerità, al plagio, al falso storico, all’invenzione del documento.
Così Adelaide Dominici dedica (gennaio 1808) alla sorella monaca
in San Francesco di Todi un cantico che dice di Iacopone, da lei, se-
condo quanto afferma, trovato in un manoscritto antico. Eccone una
strofe : « Non basta in verità panni mutare, Convienti il tuo voler
mortificare, E per amor di cuor bene osservare Quel ch'hai promesso ».
Lo Scalabrini concedeva — con quanta buona fede ? — alla
saffica della contessa Dominici, un opuscolo in sedicesimo con leg-
giadra incisione, figurante un paesaggio, scrupolosamente impresso (?).
Il buon editore, infatti, nonostante le ricorrenti pubblicazioni delle
premiate tesi teologiche disputate in seminario — che pur s'inge-
gnava di presentare in decorosi corsivi umanistici — aveva un in-
nato e cavalleresco istinto all’eleganza, alla sobrietà, sia pure arca-
dica, del segno e del fregio: ché il suo pubblico ideale, per cui
sempre avrebbe fatto gemere i torchi, era quello delle gentili e ari-
stocratiche dame. E non certo per una postuma o, comunque, rivo-
luzionaria rivalutazione del gentil sesso a lui contemporaneo, quanto
per un attardato omaggio di borghese escluso dai paradisi dei salotti,
alla sensibilità e alla perfetta bellezza dell’eterno femminino.
Nel 1841, arditamente avviando le sue editoriali ambizioni oltre le
mura terrazzane, dedica Alla Leggitrice italiana un volume anto-
logico (*), dalla cui accorta prefazione in elzevìri trascelgo il passo
che segue : « Veramente a te (*), vaga come sei del bello e temprata
tutta a soavità, a gentilezza, ci saremmo dovuti astenere dal presen-
tare un libro sì umile, non fatto elegante da vignette dilicate, non
ingentilito da capricciosa legatura ... E tu vorrai tenerci conto delle
troppe difficoltà, le quali sorgono a contrariare le edizioni di pro-
vincia e ad impedire che si ornino con gradevoli incisioni . . . » Eppure
in tale raccolta l’ingenuo stampatore todino includeva anime fieris-
sime di liberali come Giuseppe Cocchi, Giovanni Pennacchi, Assunta
Pieralli, Luigi Bonazzi. Di essi Giuseppe Cocchi sarà colui che — in-
sieme ai concittadini Lorenzo Leòni e Alessandro Natali — segnerà,
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 195
tra il febbraio e il giugno 1860, la fine della fiorente attività dello
Scalabrini.
Furono appunto tre numeri di un giornale patriottico, Il mio
paese, clandestinamente stampato a Firenze (dove il Leòni contava
numerosi e potenti amici, frequentatori taluni del Gabinetto Vieus-
seux) ad annegare nel ridicolo la pia figura dell’editore todino. Idea-
tore della beffa fu Alessandro Natali, pubblicista e scaltrito tipografo,
rifugiatosi da Roma (dove dimorava da 18 anni) a Todi, sua patria
d'elezione (5), in seguito alla gloriosa vicenda repubblicana del '49.
Nonostante l'occhiuta vigilanza della polizia (* e la fama dei suoi
trascorsi liberali o piuttosto, come si diceva, giacobini (a lui si attri-
buivano, tra l'altro, la stampa e la diffusione dei noti fogli satirici
del don Pirlone), il Natali, espertissimo conoscitore dello stile dello
Scalabrini, suggerì che il giornale — assai vicino alla rivista in quanto
a formato — si presentasse in una cornice tipografica limpida e ma-
gari con qualche civetteria, come le capitali degli inizi, la sottile
doppia filettatura tra colonna e colonna e il frontespizio bene inqua-
drato ed arioso. La pubblicazione, di quattro fogli, doveva insomma
attenersi, pur nei limiti di un urgente romanticismo, al motto, che ben
pareva compendiare il programma dello Scalabrini: In tenui labor.
L'esecuzione, alla macchia, comportó senza dubbio errori vi-
stosi: la linea risultó a volte appesantita da un'inchiostrazione di-
fettosa ; le pause bianche e il classico fregio finale (un rotolo, una
penna e una corona di alloro) scomparvero nei frettolosi due numeri
successivi.
L'intento era stato tuttavia raggiunto con il primo numero che
chiudeva appunto gli aspri attacchi anticlericali con le note tipo-
grafiche dello Scalabrini (?. Il quale veniva dunque burlescamente
chiamato a sottoscrivere un contenuto nuovo, che si opponeva, con
violenza a volte libellistica, alla mentalità conservatrice delle sue
migliori edizioni, sovvertendo con l'irruenza di una scrittura rapida
e tutta cose le infiorettate elucubrazioni di un neo-classicismo ozioso
e distillatissimo (*).
« Le condizioni dell'associazione al giornale » — cosi concludeva
l'articolo di fondo del primo numero — «sono che escirà in luce
ogni volta che il compilatore avrà volontà, agio e soldi per mandar-
celo ; si dispenserà gratis ai cicaloni, cui si raccomanda di essere pru-
denti e non farselo attrappare da madonna polizia episcopale ; e si
raccomanda agli indiscreti di non cercare d'indovinar l'autore, per-
ché farebbero falsi sospetti, giudizi temerari senza imberciare nel
— “Ss
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196 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
segno. » Un linguaggio così immediato, che si sostanzia della pas-
sione di un'idea politica — cui dai più arditi si soleva appena e timi-
damente alludere — e si richiama senza sottintesi a una difficile
realtà contemporanea e tutti sottopone a un identico, severo giudizio,
chiamando umili e potenti con il loro nome, colpì profondamente
l’animo di ogni lettore. Fu l'improvviso e vigoroso concretarsi di
sentimenti e aspirazioni ancora confuse e indefinite nel quotidiano
deserto della cittadina umbra. La ventata capovolgeva idoli da se-
coli venerati e temuti, mescolandoli ridevolmente alla turba delle
maschere paesane. Dal limbo di una cultura disseccata e scolastica
si évocano immagini, cui la realtà dà vita e ricchezza di significati ;
la mitologia viene ironicamente, efficacemente adattata ai fatti di
cronaca ; citazioni da poeti latini, da Dante, dai classici della nostra
letteratura si inverano nella nuova situazione storica con impensato
vigore. Dall’ambiente scrupolosamente osservato nei particolari e
nella varietà dei toni emergono in contrappunto macchiettistico fi-
gurine vivide, indimenticabili: come quella dell’incauto pastore di
anime che «con le sue visite notturne e frequenti (alle monache)
ha posto (fra di esse) scissure dividendole in monsignoresse e non
monsignoresse » (*) e dell'insipiente maestro Gregorio di Pasqualone,
il quale « giunse a dire ai discepoli che la saracinesca era una bestia
dell'America settentrionale » (**) e di Fortunato Valentini, «prete
di esemplare condotta, (che reputava) ingiuria alla religione l'imporre
ai neonati il nome di Vittorio Emanuele »(?), del grosso curato
d’Ilci, che invece di leggere ai fedeli le lunghe omelie vescovili, se ne
giovava per avvolgere capocolli e «pilottare i palombacci » (?) e
infine dello stesso nostro divoto tipografo Raffaello Scalabrini, detto
il Biocco, il quale «ad istanza di un legale sciocco e vagellone » e
con l'imprimatur dei superiori era arrivato a stampare un poema,
«intitolato La Peteide, luridissima cosa » (1?).
I redattori del giornale non si limitavano peró a corrodere il
malcostume e a irridere al vecchiume : pieni di ingenuo entusiasmo
per il progresso, tracciano programmi di opere pubbliche, parlano
di scuole, di strade, soprattutto di strade, di ponti, magari di ferro,
sospesi sul Tevere, sulla Naia, sul Rio. Par già di avvertire il fragore
del Satana carducciano. Un invincibile residuo di campanilismo li
domina, quando additano come esempio «la magistratura perugina,
che, per quanto sia composta di retrivi e codini, pure si adopera per
il suo paese ; cerca le esigenze della civiltà moderna; migliora la città,
l'istruzione, l'amministrazione ; vede i bisogni del popolo; difende
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 197
contro il governo la propria indipendenza » (!). Scorie del passato,
che si ravvisano a volte nel troppo severo (e romantico) cipiglio mo-
ralistico. Ma' sono appunto scorie, ché dal passato li distacca l'appas-
sionata adesione al nuovo mondo, cui sono consapevoli e orgogliosi
di appartenere ; alle larve del passato gli scrittori de Il mio Paese de-
dicano la parabola, con la quale mi si permetta di por fine alla mia di-
vagazione : il magistrato municipale dorme da sempre come i sette
santi dormienti della leggenda, i quali, « destandosi dopo alcune
centinaia di anni di sonno, trovarono mutate le strade, e non sape-
vano andare attorno per la città ; trovarono cambiata la moda, ed
eglino, vestiti all'antica foggia, erano derisi dai monelli, che loro cor-
revan dietro coi fischi; trovarono mutato il danaro, che di cuoio
era addivenuto d'argento, e non potevano spendere i loro facconi ;
trovarono mutato il linguaggio, e non intendevano gli altrui parlari ;
trovarono mutati i tempi e gli uomini, e disperati vollero tornare a
dormire in eterno » (1).
Iamque irae patuere a Todi per la clandestina pubblicazione. Ma
sull’ira prevalse lo sgomento, lo stupore, l'ammirazione. Le copie
vennero distribuite alla lesta e lette, specie dagli avversari. Natural-
mente anche dallo Scalabrini, che non seppe o potè proclamare la
sua manifesta innocenza. Il vescovo Giovanni Rosati, sospettoso e
irritabilissimo (**), pur sapendolo del tutto estraneo alla faccenda, lo
ebbe da allora in uggia e in fastidio, quasi coinvolto in un episodio
estremamente spiacevole. Come stampatore vescovile gli subentrò
Zenone Foglietti e la pia tipografia dello Scalabrini (morto forse nel
decennio seguente il sessanta) cedette il passo a quelle laiche di An-
tonino Trombetti, del medesimo Alessandro Natali e di Franco
Franchi.
NOTE
(1) O. Crcconiwr, Raccolta de’ consoli, podestà, capitani di guerra e go-
vernatori che sono stati in diversi tempi nella città di Todi, Todi, Scalabrini, 1802.
(2) Professando il dì 23 gennaio 1808 nel venerabile monastero di S. Fran-
cesco l'istituto di S. Chiara suor Maria Clemente Fedele Dominici. .., In Todi,
Nella Stamperia Scalabrini.
(3) Eco degli Appenini umbri. Dono di letteratura per l’anno 1841...,
Todi, R. Scalabrini, 1841.
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198 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
(4) Non inganni il tu neoclassico, tradizionalmente rivolto al «
lettore ».
(5) Per una più vasta biografia di Alessandro Natali mi permetto di
rimandare al mio divulgativo Todi e i suoi Castelli, Città di Castello, 1960,
pp. 370-72.
(6) Si leggano in proposito le note, più tardi redatte (1884), dallo stesso
Natali e premesse alla raccolta dei ire numeri de Il mio paese. (Bibliot. Com.
di Todi, 1, 224).
(7) Ma nell’ultimo numero : Terni, Tipografia vescovile di G. Saluzi.
(8) Cfr., ad es.: C. MorÈLLI, Saggio per una versione oraziana (1837);
P. Tommasi, Pietro Gambacorti. Tragedia (1845) ; AnonIMO, Le ròse. Compo-
nimento anacreontico (1865). Tutte opere stampate dallo Scalabrini.
(9) N91, p. 2.
(10) N9-1; p. 3.
CET) N92 3p. 13.
(12) N° 3, p. 23.
(13) Autore del poemetto giocoso era il Cocchi medesimo.
(14) N° 3, p. 21.
(do) ^N9 45 p.93.
(16) Il giudizio sul Rosati uomo verrà benevolmente riveduto dal Leóni
nella sua Cronaca dei vescovi di Todi, Todi, F. Franchi 1889, p. 211: « Vir
simplex, fortasse bonus, sed pastor ineptus. Vult, tentat, peragit plurima, pauca,
nihil ».
UcoLINI : La comunicazione del dottor Mancini mi sembra molto
interessante, anzi vorrei augurare che i quattro numeri che sono, a
quanto mi consta, pressochè sconosciuti, di questo giornale, siano,
se non ristampati in esteso, per lo meno in estratto, e che se ne possa
avere una conoscenza da parte di chi voglia fare questa storia metodica
del Risorgimento todino. Allora, poichè il programma odierno è esaurito,
le tre comunicazioni che rimangono, quella del prof. Giombini, del
professor Teofoli e della professoressa Pirazzoli, si terranno domani
mattina alle 9. Io ora dò la parola al nostro Presidente perchè voglia
ragguagliarci intorno al nostro futuro.
CEccHINI : D'accordo, quindi, di riprendere i lavori domani mat-
tina alle nove, in modo da lasciar tempo all’inizio e allo svolgimento
della cerimonia celebrativa di Scipione Lapi, indetta dal Comitato
cittadino.
Vorrei ringraziare, perchè stamane me ne sono dimenticato, le
Edizioni Thyrus di Terni,
le quali hanno generosamente offerto vo-
candido
— — —______
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 199
lumi di propria edizione che avrete trovato nelle buste, e in modo parti-
colare il professor Teofoli, il quale è uno degli esponenti della Casa
Editrice e si è interessato per fare da tramite per questo omaggio reso al
Convegno.
Il Comitato locale della Sagra Musicale Umbra si è compiaciuto
invitare i partecipanti al Convegno ad assistere all’esecuzione che avrà
luogo a Città di Castello il 2 ottobre. Pertanto, chi avesse l'intenzione
di usufruire del gentile invito, abbia la compiacenza di dare la propria
adesione. Il professor Giombini avrà cura di raccogliere queste adesioni.
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200 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
29 Settembre 1963
Ore 9,30
Presiede il Professor Ugolini.
Ucorimr: La prima comunicazione di stamani è quella della
professoressa Eliana Pirazzoli, sui « Tipografi Castellani avanti al
Lapi» (Non si riproduce il testo di questa comunicazione che è
stata già pubblicata in elegante opuscolo. N.d.D.). Segue nel pro-
gramma la comunicazione del prof. Leopoldo Giombini su :
« IL SOLCO » DI CITTÀ DI CASTELLO
Nel programma di questo V9 Convegno Storico Regionale della
Deputazione di Storia Patria per l'Umbria. non poteva mancare un
ricordo della Casa Editrice « Il Solco », che svolse la sua attività in
Città di Castello, dal 1920 al1935, con dignità e con fini culturali e so-
ciali che onorano i suoi fondatori, oltre che per la serietà, anche per
la cura e l’eleganza delle edizioni molto curate nella veste tipografica
benchè quasi costantemente mantenute col carattere di libro eco-
nomico.
Due uomini si trovarono ad operare in Città di Castello nel me-
desimo tempo e, per quanto di formazione culturale e spirituale di-
versa, marxista l’uno, sacerdote l’altro, si compresero. Questi furono :
Giulio Pierangeli, nato a Città di Castello il 3 gennaio 1884 e
morto il 12 agosto 1952; il canonico Enrico Giovagnoli, nato a
Gubbio il 20 novembre 1876 e morto a Città di Castello il 31 di-
cembre 1944.
Il Pierangeli, avvocato e giornalista dotato di una capacità po-
lemica non comune e di un ingegno versatile e acuto, non potè di-
menticare le origini umili dalle quali proveniva e, nella giovinezza
come nella età matura, ebbe come fine della sua vita, l'elevazione
economica e spirituale degli operai e dei contadini.
Per questo, nel 1910, si fece promotore di una cooperativa di
tipografi, sette di numero, che in seguito ad uno sciopero, nello stesso
IMXUGENTEYNUSEACATIDTEN GIGS
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OR gr
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 201
anno, si erano staccati dallo stabilimento Lapi e con essi diedero vita
alla « Unione Cooperativa Arti Grafiche », società che ancora gestisce
uno dei più grandi complessi tipografici della città.
Il Giovagnoli, scrittore fecondo ed erudito, fu un sacerdote di
ricca spiritualità e d’una intensa umanità che lo avvicinò a quel
movimento chiamato Modernismo cattolico, che tendeva ad adattare
la religione a tutte le esigenze dell'epoca moderna nel dominio della
cultura e del progresso sociale.
Anche lui, nel 1911, si fece promotore di una cooperativa di ti-
pografi e diede vita allo stabilimento « Leonardo da Vinci », tipografia
che ebbe, fino a pochi anni fa, vita florida e rigogliosa.
Sia l'uno che l'altro vissero per le aziende da loro volute e ad
esse offrirono consigli, mezzi, lavoro.
Durante la prima guerra mondiale il Pierangeli parti volontario
ed ebbe due croci di guerra, il Giovagnoli rimase in città prodigan-
dosi in opere di assistenza secondo le necessità piü vive che le circo-
stanze richiedevano, sia materiali che spirituali.
Finita la guerra incominciarono una attività editoriale a cui si
uni anche il capitano Gustavo Bioli, grande mutilato di guerra, nato
a Città di Castello il 15 febbraio 1885, morto il 27 ottobre 1945, auto-
didatta, spirito irrequieto e aperto a ideali patriottici e sociali, che
poi sarà direttore della rivista Alta Valle del Tevere. Essi, in base
all'esperienza acquisita, compresero che tutti gli sforzi di migliora-
mento sociale, e gli sforzi di inserimento della classe operaia nella vita
economica e politica, sarebbero stati vani se non fosse stata creata
una coscienza sociale ; gli operai sarebbero sempre rimasti strumento
e mezzo d'urto in mano di demagoghi. Partiti da questo convinci-
mento, per creare un’attività editoriale capace di assicurare lavoro
alle tipografie cittadine, fondarono, nei primi mesi del 1920, la So-
cietà Editrice « Il Solco ». Come già era avvenuto per le due coope-
rative di tipografi, cittadini di ogni ordine sociale parteciparono con
quote, anche minime, alla costituzione della società editrice della quale
gli anni di vera attività furono quelli che vanno dal 1921 al 1930.
Il bollettino mensile delle novità del 22 maggio 1921 porta già
un elenco di 27 pubblicazioni divise in cinque classi : politica, storia,
filosofia, I Germogli, I e II serie, pubblicazioni varie.
Nella prima abbiamo :
PnRoupHow, La capacità politica delle classi operaie, Prima edizione
italiana.
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202 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
Con questo libro, con introduzione di G. Pierangeli datata
Pasqua 1920, si inizia la vita de « Il Solco ».
MEzzATESTA V., Carbone ed elettricità in Italia.
TocQuevILLE (DE), A., L'antico regime e la rivoluzione. Prima edi-
zione italiana con pref. di G. Pierangeli.
GUARNIERI M., I consigli di fabbrica.
Nella seconda :
CaraccioLo I., Bagliori di comunismo nella Riforma (La guerra dei
contadini).
CattTANEO C., Le cinque Giornate di Milano e la guerra del 1848
(nuova edizione a cura dell’On. Macaggi).
FERRARI G., La Rivoluzione e i rivoluzionari in Italia. La Rivoluzione
e le riforme (a cura del prof. F. Momigliano) in corso di stampa.
Nella terza :
Sen. CnuraPPELLI A., La crisi del pensiero moderno.
GiurrniDA F., Il fallimento della pedagogia scientifica.
FERETTI G., L'uomo nel fanciullo, in corso di stampa.
D'Amato F., Il pensiero di Enrico Bergson.
La Collana dei Germogli si articolava in due serie : la prima era
. dedicata ai problemi di attualità ; riproduceva pagine vive di scrit-
tori del sec. XIX su questioni ancora attuali, con prefazioni critiche.
Sempre lo stesso bollettino per questa Collana porta per la
18) serie;
BruER O., La realizzazione del socialismo con prefazione di Feuer-
bach (pseudonimo di G. Pierangeli).
Trorzki L., Il fallimento della seconda internazionale, con prefazione
dell’on. Egilberto Martire.
TRorzk1 L., L'esercito russo con prefazione dell'on. Egilberto Martire.
ZINOVIEW e LENIN, Il socialismo e la guerra con prefazione di Feuer-
bach.
LENIN N., La rivoluzione e la guerra, con prefazione di F. Arieli.
MacciIoRE G., Che cosa è la borghesia?
Per la II? serie :
CATTANEO C., Terra italiana (Trento, Trieste, Nizza e Savoia, Canton
Ticino), con prefazione di F. Arieli.
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 203
MARX C., Le origini della società borghese, con prefazione di G. Pie-
rangeli.
Tommaseo N., L'Italia e la Dalmazia, con introduzione del prof.
Nunzio Vaccalluzzo.
Seguiva una Collana di pubblicazioni varie che comprendeva :
PRESENZINI-MATTOLI A., Le campane (liriche).
JAccHIA P., Un figlio della terra (liriche).
JaccHIA P., Il sogno di Maria (liriche).
CELALFA G., (Pseudonimo di Angelo Falchi), La sora Nena, nova
ricca (venticinque sonetti dialettali).
La Canzone di Orlando, a cura del prof. G. L. PASSERINI (edizione di
lusso).
CAPPELLETTI A., Visioni Umbre.
CIANETTI E., Il tramonto del salariato.
ERNEST G., Il dovere dei genitori.
Il bollettino seguente del 30 giugno 1921 lamenta le difficoltà
del mercato librario, ma confida nel benevolo appoggio della sua
clientela e annuncia le novità per la biblioteca di cultura :
LoncoBarpi E. C., La conferma del Marxismo, con sottotitolo : Co-
munismo scientifico e le recenti esperienze storiche.
FeRRARI G., 7 partiti politici italiani dal 1789 al 1848 (Rivoluzioni
e rivoluzionari in Italia. Riforme e rivoluzioni in Italia. I Neo-
Guelfi - Macchiavelli giudice della rivoluzione italiana).
Per la collezione dei « Germogli » :
MancHIONINI K., Perché la dittatura del Proletariato ? Polemica dei
socialisti indipendenti tedeschi contro maggioritari e comunisti.
MaisTrRE (DE) G., Saggio sulle costituzioni politiche, a cura di P.
Flores.
MarcHIONINI C., La dittatura del proletariato a cura di Aroldo Nor-
lenghi.
Per le pubblicazioni varie :
‘GrovagnoLI E., Città di Castello e le origini della scuola pittorica
umbra. i
BonavENTURA L., L'educazione come profilassi dello spirito.
escort ere
e = DE
atei
V CONVEGNO STORICO REGIONALE
Le predette pubblicazioni appartengono al primo periodo edi-
toriale.
Se osserviamo le pubblicazioni degli anni che vanno fino al 1933.
vediamo che i confini degli interessi culturali de « Il Solco » non sono
più ristretti al carattere sociale e politico, ma si allargano. Nel 1925
sì ha già una biblioteca di cultura letteraria diretta da Gennaro
Maria Monti e si annunciano opere dei migliori maestri e di giovani
che diano affidamento sicuro di serietà di metodo e di profondità
di indagine scientifica.
Sono già pubblicati :
MonTI G. M., Cino da Pistoia giurista. Studi letterari. Le villanelle alla
napoletana e l’antica lirica dialettale a Napoli.
ALUNNO A., Jacopone da Todi tratto dai suoi cantici.
Mauro A., Francesco del Tuppo e il suo Esopo.
NasELLI C., Domenico Cavalca.
Nel 1928 la collana è già arricchita e vi troviamo :
TonnaAcA F., Aneddotti di storia letteraria.
CaLISTI G., Il De Partu Virginis di Jacopo Sannazzaro.
SORRENTINO A., Cultura e poesia di Giacomo Leopardi.
CAPONE Braca G., Il mondo delle idee.
ZAZO A., L'istruzione pubblica e privata nel napoletano dal 1767
al 1860.
Dott. CENTONZE G., Il diritto al nome (studio giuridico).
MagHERINI G. e GrovagnoLI E., La prima giovinezza di Raffaello:
(edizione di lusso).
Di pari passo si arricchiscono anche le altre collane. Nella bi-
blioteca di filosofia nel 1930 figurano le seguenti pubblicazioni,
oltre quelle già ricordate :
MacarionE G., Fichte, Studio critico.
Ruiz A., Conoscenza e moralità.
SACHELI A., Le faccie dell'anima (Saggio sulle classificazioni dei ca-
ratteri).
FERRETTI G., L'uomo nell' infanzia.
ALIOTTA A., Il problema di Dio e il nuovo pluralismo.
MonpoLro R., La filosofia e l'insegnamento di Francesco Acri. Alli
del V Congresso italiano di filosofia tenuto a Firenze.
TnoiLo E., Lo spirito della filosofia.
pi
V CONVEGNO STORICO REGIONALE
Musatti C., Analisi del concetto di realtà empirica.
CARDONE D. M., Saggi sul materialismo idealistico.
RepANÒ U., L’Infinito.
REDANÒ U., L'Universo nel pensiero scientifico.
BicginI C. A., Il fondamento dei limiti all'attività dello Stato.
CaBoARA L., La filosofia del diritto di G. D. Romagnosi.
CARDONE D. A., Il diritto e lo stato secondo la nuova filosofia della
vita. Parte Prima. La parte seconda verrà pubblicata nel 1933.
CAnDOoNE D. A., Saggi di filosofia giuridica e politica.
CicALA F. B., Introduzione alla teoria dell'essere. Le relazioni ontotetiche.
CicaLa F. B., L'Essere e i suoi elementi.
CiCALA F. B., Per la teoria generale del possesso secondo il diritto romano.
CicALA F. B., Filosofia e diritto.
Bonaiuti E., Saggi sul cristianesimo primitivo.
Nella collana « Germogli » abbiamo :
AncANGELI D., La funzione della borghesia.
ARCANGELI G. P., Democrazia.
KaurskJ C., Socialismo e colonie.
Nella « Biblioteca di cultura storica » :
GHeLLI A., Da Napoleone a Foch.
Nelle monografie di politica contemporanea :
FANELLI F., Don Sturzo e il partito Popolare.
Dott. Faina C., L'Umbria e il suo sviluppo industriale.
Si aggiunge anche una collana di classici delle letterature orien-
tali con :
RaAJACEKHARA, La Karpuramanjari. Dramma in quattro atti tradotti
dall'orientalista Tucci.
KsnuEMiCUARA, Condakaucika. Dramma indiano, prima traduzione
italiana di Cimmino.
AMaRU, La Centuria, versione dal sanscritto di U. Norsa.
Dopo il 1930 abbiamo praticamente la fine de « Il Solco ».
Anche le pubblicazioni che appaiono come rari segni di vita sem-
brano non corrispondere più a quell'impegno morale a cui « Il Solco »
aveva corrisposto per il passato e che si era pubblicamente assunto
coi suoi clienti.
V CONVEGNO STORICO REGIONALE
Nel 1931 abbiamo:
RossEtTI C. G., Il mercato dei folletti, Monna Innominata e altre poesie |
tradotte dall'inglese da Francesco Gargano. |
CaviccHI L., L'imposta sui redditi della ricchezza mobile. P
MANFREDINI M., I delitti di competenza del tribunale speciale per la |
difesa dello Stato.
GiovAGNOLI E., Conferenze alla Montesca. |
Nel 1935 :
GARGANO F., La rosa nel vento. Poesie dall'inglese (da William Blake
a James Stephens).
Non esiste più nelle ultime pubblicazioni neppure il marchio
editoriale con la vanga e un libro aperto con il motto : « Dissodare ».
Il clima politico forse rese difficile a « Il Solco » continuare la
sua strada ed esso preferi sospendere le pubblicazioni.
UcoLINI : Ringrazio il professor Giombini per questa interessante
comunicazione, che ci ha consentito di conoscere meglio e particola-
reggiatamente l’attività di una Casa Editrice che ciascuno di noi, tutto
sommato, penso, conosceva unicamente per quei libri che erano più
affini alla propria materia, al proprio campo di indagine. Io, per
esempio, ricordo di questa casa editrice il volume, che ha citato il
professore, della traduzione della Chanson de Roland e il volume di
Gennaro Maria Monti intitolato Studi letterari. Ho appreso con molto
interesse che questa casa aveva una cerchia di collaboratori veramente
egregi; nomi che poi a lungo sono ritornati nel campo della critica
letteraria, nel campo degli studi scientifici ; abbiamo sentito per esem-
pio il nome di Giuseppe Tucci. Le prime traduzioni di testi orientali
di Tucci sono state pubblicate dal Solco, a quello che ho appreso oggi ; e
poi ho anche apprezzato, direi, l'audacia dell'impresa, perchè, insomma,
ho l’impressione che parecchi testi di carattere sociale e politico siano
stati portati per la prima volta a conoscenza degli italiani grazie a
queste edizioni, per lo meno a una più larga conoscenza di pubblico. |
Quindi mi rallegro di nuovo molto col professor Giombini che ci ha
permesso questo arricchimento delle nostre cognizioni intorno alla |
attività della Casa Editrice « Il Solco », la quale, da quello che ab-
biamo appreso, è morta poeticamente, cioè ha cessato la sua atti-
vità pubblicando un libro di versi. C'é qualcuno che vuole intervenire?
————— dii
SALVATORELLI : Anch'io sono stato estremamente interessato da
questa comunicazione, che ha il merito di essere così precisa e par-
——— ps
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 207
ticolareggiata, perchè ricordo benissimo il primo periodo di attività
della Casa. Io sono stato tra quelli che hanno ricevuto fra i primi
varie di quelle pubblicazioni; quella sui bagliori della Riforma,
quella anche su Cattaneo e altre simili, che mi venivano mandate,
suppongo, perchè ero giornalista, a «La Stampa» di Torino. Devo
confessare con rincrescimento che credo di non aver corrisposto ‘che
molto raramente all’intenzione della Casa che io me ne occupassi nei
miei articoli, ciò che è accaduto non perchè non mi interessassero,
(anzi mi interessavano molto), ma per varie circostanze, prima delle
quali quella che la mia attività nel giornale era quasi esclusivamente di
politica attuale. Sento il dovere di portare la mia testimonianza a
questi volonterosi che tentarono veramente un allargamento notevolis-
simo della editoria italiana e lo fecero anche con libertà di spirito,
come del resto è testimoniato dal fatto (da me ignorato finora) che
concorsero nelle iniziative un sacerdote modernista e un marxista.
E io vorrei poi osservare subito che questo marxista era tutt'altro che
ortodosso, perché ha cominciato col pubblicare un libro di Proudhon.
Come a tutti è noto Proudhon è stata una bestia nera di Marx. E
mi dispiace che nel secondo periodo ho conosciuto ben poco dell’atti-
vità della Casa, sopratutto, poi, mi dispiace che, nonostante questa te-
nacia di sforzi, la Casa non abbia raggiunto quella diffusione che essa
si proponeva. E qui c’è una certa sordità, vorrei dire, del pubblico,
del grosso pubblico italiano di allora. Quanto alla fine, la fine poetica
di cui parlava il professor Ugolini, io non la vedrei così en beauté,
come egli mostrava di volerla vedere ; perché se la Casa editrice pub-
blicava all'ultimo, non grande poesia, ma opere di autori locali, è per-
chè non si poteva occupare d'altro.
UcoLINI : Ringrazio il professor Salvatorelli di aver voluto in-
tervenire, di averci detto delle cose così interessanti, frutto di una espe-
rienza personale.
E allora prego il professor Teofoli di fare la sua comunicazione
de «La Casa Editrice Thyrus di Terni: origine e attività ».
LA CASA EDITRICE THYRUS DI TERNI
ORIGINE E ATTIVITÀ
TroroLI: La mia comunicazione differisce da tutte le altre,
perchè io non posso attingere alla storia, in quanto la Casa Editrice
Thyrus è sorta da pochi anni; perciò presento in mezzo a tante
208 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
Case, oramai illustri per il loro passato, una Casa giovane, che sta
ora formandosi, con la speranza che possa affermarsi.
L'origine delle edizioni Thyrus. Debbo fare due constatazioni ;
una constatazione di fatto, di carattere generale, e una constata-
zione di fatto, di carattere particolare. Di carattere generale : in
Italia ancora c’è il complesso della carta stampata. Poter stampare
un libro è molto difficile, difficilissimo, perchè le Case Editrici, le
grandi Case Editrici, o si affidano a nomi già affermati, o ai colpi di
milioni nei premi letterari, per cui si assiste a questo fatto curioso,
che un libro proclamato primo in un premio letterario, con molti
milioni di premio, dura sì e no un anno e viene letto molto spesso
più per curiosità, che per il suo intrinseco valore. Studi particolari,
studi semplici, studi di non grande risonanza le Case Editrici dif-
ficilmente l’accettano, come difficilmente accettano gli autori giovani.
Altra constatazione di carattere particolare è la seguente: oggi in
qualsiasi lavoro occorre la sperimentazione ; tutto è basato su un
processo sperimentale, un processo critico, che porta per forza di
cose i professionisti a raccogliere le proprie esperienze.
Nel campo della scuola, poi, in modo assoluto è necessario ormai
raccogliere esperienze e pubblicarle, e tutto questo comporta diffi-
coltà appunto rivolgendosi alle grandi Case Editrici. Ora, da queste
constatazioni è sorta in tre persone (che io chiamerei un pò matte),
l’idea di costituire una Casa editrice. Un primo tentativo vi è stato
nel 1948, ad Acquasparta, con l’amico Angelo Biagetti, che fa parte
della Deputazione di Storia Patria, con la pubblicazione di quaderni
di carattere didattico per la diffusione di alcuni principi che era
necessario diffondere, specialmente dopo la guerra. Furono pub-
blicati questi quaderni presso una tipografia locale di Terni;
poi, apprezzati, furono assorbiti dalla Casa Editrice Gismondi di
Roma, che allora si interessava anche di pubblicazioni riguardanti
testi scolastici per la Scuola Elementare. Poi la Casa Editrice
Gismondi si è orientata verso pubblicazioni per la Scuola media,
e quindi le pubblicazioni della scuola elementare sono state ab-
bandonate. In seguito a ciò abbiamo ripreso l’idea di voler costi-
tuire una Casa Editrice libera, che consentisse a ognuno di poter
pubblicare il proprio pensiero e con facilità, se non economica, al-
meno di accettazione. Ci riunimmo in tre amici (io, il prof. Sotgiu,
sardo, assessore alla pubblica Istruzione al Comune di Terni, do-
cente di lettere classiche al Liceo di Terni, il Direttore didattico
Benigni) e decidemmo di fondare questa Casa Editrice, nel 1956 ;
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 209
x
però non avevamo soldi, perchè è molto difficile trovare persone
della scuola che abbiano soldi. Questo è il destino di noi che lavo-
riamo nella scuola, ma siamo lo stesso contenti, perchè se non
abbiamo soldi, abbiamo altri compiti, altre attività che ci procu-
rano molte soddisfazioni. Poichè nella vita ritengo che più che i
soldi valgano la stima e la fiducia, ci rivolgemmo al Poligrafico
Alteroccca, e dicemmo all’ing. Mondini, direttore del Poligrafico :
« Noi non abbiamo soldi ; ha fiducia in noi, Lei? Proviamo, vuol
dire che se le cose non andranno, rimetteremo tutti qualche cosa ».
L'ingegnere ci accolse molto cordialmente, e allora ci quotammo
tutti e tre per la grande somma di cinquemila lire al mese, cioè
con quindicimila lire mensili noi iniziammo la pubblicazione del
primo libro. Dal 1956 ad oggi abbiamo un modesto ma continuo cam-
mino ; è chiaro che, di fronte alle relazioni che ho inteso, io offro
a voi più la buona volontà, che un grande merito della Casa Edi-
trice Thyrus, ancora troppo giovane. Fa piacere a me parlare di una
Casa giovane, a me che non sono più giovane, ma che non rinuncio
mai a nessuna cosa che mi porti verso un’idea aperta, un’idea ampia,
che mi faccia sentire la vita diversamente da come può essere intesa
da chi vuol rinunciare a tutto. Dal 1956 noi abbiamo stampato 53
opere, per un totale di circa cinquantamila copie; costo tipografico
dei libri circa nove milioni ; valori a prezzo di copertina lire 25.365.000.
Queste opere sono suddivise in collane. La collana di Problemi
educativi è stata quella che ci ha consentito di poter andare avanti,
a causa del fervore esistente oggi per i problemi dell’educazione, che
non è più considerata improduttiva, ma produttiva, direttamente pro-
porzionale in rapporto all'economia di un popolo. Questi problemi
educativi ci hanno consentito di poter diffondere con una certa fa-
cilità le opere, specialmente nei concorsi, e con idee nuove, con idee,
direi anche, azzardate. In tale collana ci sono alcuni libri che si sono
affermati molto bene. Cento anni di esperienze didattiche è già alla
quarta edizione ; e la terza edizione si è esaurita in questi giorni.
Un libro, andato molto bene, è di un umbro, di Orlando Berioli,
morto pochi anni fa, Ispettore scolastico, uno dei migliori e valo-
rosi ispettori, il cui ricordo mi commuove, perchè io sono stato
un pò allievo dell'ispettore Orlando Berioli, persona colta, one-
sta, dignitosa, sotto ogni riguardo, persona di grande stima :
L’ambiente ed il programma didattico ha avuto molta fortuna spe-
cialmente in Alta Italia.
Del professor Mei, un’opera ha molto interessato su Vitto-
14
TITO cali O at AR iii
m - — ILIUM
210 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
rino da Feltre: L'Educazione come gioia dello spirito. Poi ci sono
altre pubblicazioni di questa collana, che io non elenco. La seconda
collana é di classici per i concorsi magistrali: collana modesta,
che si sta avviando verso piü pubblicazioni di valore. La narra-
tiva comprende un libro, Racconti veri, che ha avuto il secondo
premio nazionale dell'Ente Nazionale per le Biblioteche Popolari
e Scolastiche, ed è ispirato all'Umbria.
Altre collane sono di letteratura per ragazzi, di studi economici,
sociali, di diritto e legislazione, di quaderni di fisica ed infine una
collana di poesia. Qui io debbo fare una constatazione che a me
ha procurato molto piacere ; in questo mondo così freddo, così siste-
matico, troppo tecnico, troppo industriale, stranamente sta fio-
rendo un desiderio di poesia in tutti i settori; interessante è la
professione di questi poeti, operai, impiegati, studiosi, il che si-
gnifica che la poesia è un’evasione, necessaria. Il premio Stroncone
di poesia umbra, ad esempio, è al terzo anno, e quest’anno è stato
presieduto da Edvige Pesce Gorini, una delle migliori poetesse, con la
quale abbiamo scambiato interessanti idee. Siamo rimasti meravi-
gliati come il popolo di Stroncone, in quella bella piazza incorniciata
da un’artistica fontana, abbia seguito la dizione delle poesie, con
silenzio religioso, e l’abbia intese così profondamente, da indicarne,
con fragorosi e spontanei applausi, le migliori.
Tutto questo significa che la poesia vive perenne, e noi ci stiamo
orientando decisamente verso la collana di poesie per poter consentire
ai giovani poeti di pubblicare i propri lavori. Naturalmente le Edi-
zioni Thyrus si sono orientate anche verso problemi riguardanti
la nostra regione ; ed uno degli scopi principali è di facilitare la pub-
blicazione di studi regionali. BerIoLI, Alla conoscenza dell' Umbria :
è un gioiello, quel libro, perchè presenta l'Umbria sotto una forma
così cortese, cosi delicata, così propria ; si legge con tanto piacere
ed ha avuto una buona diffusione ; MANELLI, Poeti dialettali ternani ;
MANELLI, Il cantamaggio a Terni; MiseLLIi, Le più belle poesie in
dialetto ternano; MANELLI, Il movimento operaio a Terni, pubblica-
zione interessantissima, come altra pubblicazione interessante : BAR-
TOLOTTI, L'economia di Terni dal 1700 ai nostri giorni.
La finalità di questa Casa Editrice è molto semplice: ha una
finalità culturale, senza grandi pretese; ad una finalità morale :
noi non pubblichiamo libri che abbiano una prosa molto discutibile
e un contenuto molto discutibile; noi vogliamo libri che siano
scritti in una forma buona e con un contenuto morale, perchè portare
RES
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 211
i lati più brutti e spesso osceni della vita alla ribalta della lettera-
tura non mi sembra bello. Noi cerchiamo di pubblicare cose che
facciano piacere allo spirito e che secondo noi possano educare i
giovani. Vogliamo favorire gli studi locali ed accettiamo anche studi
di carattere politico, purchè non siamo faziosi o partitici ; cerchiamo
di favorire i giovani scrittori e andiamo avanti con le nostre forze,
senza chiedere niente a nessuno, sperando di proseguire in questa
nostra opera. Certo si è che le Edizioni Thyrus non sono su di un
piano commerciale, ma sono su un piano culturale, anche se mode-
sto. Io mi auguro, che le forze editoriali umbre un giorno possano
unirsi per attuare un programma di lavoro, che consenta di poter
pubblicare tutto ciò che interessa la Regione.
Con questo augurio ringrazio la Deputazione di Storia Patria
per avermi invitato a fare questa comunicazione. Io ho offerto a
voi non un’opera eccezionale o di grande valore, ma ho offerto a voi
la buona volontà di alcune persone di scuola, perchè gli autori delle
Edizioni Thyrus sono in genere professori, insegnanti, direttori, pre-
sidi. Accettate la nostra buona volontà come questa mia comu-
nicazione modesta, semplice, senza pretese, con la certezza, che la
nostra Regione saprà affermarsi anche nel campo editoriale, con
forze nuove, di cui la nostra Umbria è inesauribilmente ricca.
UcoLINI: Mi rallegro col professor Teofoli e con i suoi colla-
boratori per questa attività, alla quale io faccio i migliori auguri per
un progressivo e felice incremento.
—
Appendice
Si pubblica in Appendice il testo della Comunicazione di Lo-
dovico Silvestri, il quale non poté esporla verbalmente perchè era
in viaggio all’estero (N.d.D.)
LA LITOGRAFIA IN PERUGIA NEL SEC. XIX
Alla fine del XVIII? secolo il bavarese Luigi Senefelder inventó
la litografia, che rese più semplice, nell’illustrazione, l’arte incisoria.
Questa tecnica, senza sostituire in tutto e per tutto i procedi-
menti tradizionali, s'impose sempre più nel corso del secolo decimo-
nono. Fu sopratutto in Francia, che la litografia prese un singolare
valore d’arte : infatti grandi artisti, da Daumier a Toulouse-Lautrec,
la praticarono nelle loro migliori opere.
In Roma, la litografia era già apparsa nel 1805, per merito del
trentino Giovanni Dall’Arme, (!) il quale fondò uno stabilimento
litografico, che portava il suo nome ancora nell’anno 1830 : questa
impresa, situata in via della Croce, passò poi a Settimio Rossi. Nè va
dimenticato, che con i torchi di Dall'Arme operò, tra i molti, anche
il Camuccini, artista attivo in Perugia nel secondo decennio del se-
colo, quando dipinse le tele con fatti storici della famiglia Baglioni.
La litografia si diffuse anche a Bologna, ove il Bertinazzi, l'An-
giolini e lo Zanoli, lavoravano fin dai primi anni del secolo ; in Fi-
renze venne introdotta verso il 1824 per iniziativa del marchese Co-
simo Ridolfi.
Perugia non può davvero vantare una produzione litografica
di alto livello, come quella di Roma, Firenze e Bologna, ma la serie
di sei vedute della città, disegnate da Annibale Angelini (*) e lito-
grafate da Napoleone Cherubini (?) sono di un tono decoroso, nell'am-
bito del gusto romantico.
Quest'opera non può essere anteriore al 1829 ; difatti la prima
tavola della serie è dedicata al direttore dell’Accademia di Belle
Arti di Perugia, l'architetto Pietro Canali (), che venne nominato
214 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
quell’anno e che mantenne la carica fino al 1841. Il termine ante
quem può essere invece stabilito dalla dedica della terza tavola, alla
marchesa Marianna Florenzi, nata Bacinetti, ove non si menziona il
nome del suo secondo marito, Evelino Waddington (*), da lei sposato
nel 1836.
Dopo queste opere non abbiamo trovato materiale che dia testi-
monianza della litografia perugina fino al 1860. È vero che in questo
periodo, alcune pubblicazioni di tipografi perugini sono corredate
di litografie, ma tutte eseguite fuori di Perugia, come per esempio,
la carta topografica della nota litografia Angiolini di Bologna, nel-
l'opuscolo di Giuseppe Bavosi sulle strade dell'Umbria e delle Marche,
pubblicato in Perugia nel 1846 dalla tipografia Vincenzo Santucci ;
oppure l’altra carta topografica raffigurante la tenuta degli Ornari
e l’Istituto Agrario, inserita nella Guida dell’ Istituto Agrario di G. B.
Bianchi, pubblicata in Perugia nel 1857 dalla tipografia Vagnini
diretta da Giuseppe Ricci. Ed anche le stampe di propaganda risor-
gimentale, che ebbero diffusione nell'Umbria in quegli anni, furono
eseguite per la maggior parte a Torino.
Con l’annessione di Perugia allo Stato italiano, la litografia ri-
compare in città e forse fu il famoso tipografo Gaspero Barbera (9)
con l’assisano Giovanni Boncompagni ed il fiorentino Carlo Martini
a riattivarla, anche se di ciò non sussistono prove certe. Ad ogni
modo, siamo sicuri che, pressapoco in quell’epoca, operava l’An-
driani, autore di alcune litografie a carattere patriottico, ed anche di
una produzione prettamente commerciale. Partito il Barbera da Pe-
rugia, nel suo stabilimento di S. Severo sorse la Società tipo-lito-
grafica perugina, che poi prese il nome di Litografia S. Severo, ove
certamente lavorò C. Martinelli con il Boncompagni (?) e l'Andriani
ed iniziò la sua attività il litografo Napoleone Verga (8).
La produzione si ampliò in diversi campi, come fanno fede le
litografie per la produzione della Tipografia Santucci e varie altre
pubblicazioni.
Una volta disciolta la Società tipo-litografica di S. Severo, il
Verga ed il Boncompagni fondarono in proprio delle fiorenti tipo-
litografie, cui poi seguirono quelle del Tilli e del Ciocca.
Napoleone Verga, la cui bottega era nel palazzetto dei Notari,
(ove ora è l’ufficio della C.I.T.), è forse il migliore litografo perugino,
avendo raggiunto, in quest'arte, lo stesso virtuosismo tecnico di cui
dette prova nelle sue note miniature. Ricordiamo di lui le notevoli il-
lustrazioni del Giornale di Erudizione Artistica ed, in altro campo,
D» 4
14 --—
«e
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 215
anche la impeccabile esecuzione di alcuni fondi inimitabili per carte
valori.
La Litografia Boncompagni operava su di un livello più modesto ;
ma la sua opera ebbe assai più diffusione specie nella produzione
commerciale, come si vede dalla gran quantità di fatture, con gra-
ziose testate pubblicitarie. Si sa inoltre che, in questa tipo-litografia,
vennero eseguite anche delle carte da giuoco, ma purtroppo non ab-
biamo potuto rintracciarle per la descrizione in questa sede.
Girolamo Tilli venne a Perugia nel 1870 chiamato dal Verga
quando questi, probabilmente per il successo ottenuto nel campo
della decorazione pittorica, stava abbandonando l’attività litografica.
Il Tilli ebbe bottega, dapprima in Porta Sole n. 9, poi in via Pintu-
ricchio n. 19, ed in seguito aprì anche un negozio in via Mazzini. La
sua produzione, prettamente commerciale, fu più vasta di quella dei
suoi precedessori : di lui si hanno fatture, foto per diplomi, carton-
cini pubblicitari, biglietti da visita, partecipazioni, ecc.; pubblicò
anche molti numeri unici in autolitografia (con questa tecnica, tutto
un testo viene direttamente trascritto sulla pietra litografica); non
va dimenticato che con perizia eseguì anche lavori in cromolitografia.
Per la sua produzione lavorarono alcuni dei migliori pittori perugini
di quel periodo come Matteo Tassi, Domenico Bruschi, Lemmo Rossi-
Scotti ed Ulisse Ribustini. Nell’opere più avanzate del Tilli riscon-
triamo di già i caratteri del primo liberty.
A Girolamo successe il figlio Guglielmo ed a questi i nipoti Livio
e Brenno che a tutt'oggi, in Roma ed in Perugia, esercitano, in pro-
prio stabilimento, l'arte litografica : la famiglia Tilli dunque può
vantare un'attività ininterrotta di oltre novant'anni in questo set-
tore.
Queste le notizie da noi raccolte sulla litografia perugina ; un
primo contributo su di un argomento finora trascurato ma che ha il
suo significato nella storia del gusto e della tecnica.
Necessariamente una prima indagine in un settore sinora ine-
splorato che d’altra parte ha avuto sotto il profilo tecnico-commerciale
un notevole rilievo, non può aspirare a quella completezza che sa-
rebbe desiderabile (?).
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V CONVEGNO STORIOO REGIONALE
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(1) Cfr. LEANDRO OZzzoLA, La litografia italiana, Roma, Alfieri & Lacroix,
1923.
(2) ANNIBALE ANGELINI, Perugino (1810-1884) buon pittore di pro-
spettiva e decorazione, allievo del Monotti. Cfr. : CoccHETTI LuIci, Intorno
alle pitture del Cavaliere Annibale Angelini, Perugia, Tipografia Santucci,
1863. (Necrologio), Onori funebri tributati al Cavaliere Professore Annibale
Angelini, morto in Perugia il 19 luglio 1884, Perugia, Santucci, Boncom-
pagni, 1884. SANTI FRANcESsco, Mostra di pittura dell’800 a Perugia, Catalogo,
Accademia dei Filedoni, settembre-ottobre 1951, Perugia, « Grafica » edi-
trice, 1951.
(3) CHERUBINI NAPOLEONE, ingegnere, ricoprì la carica di economo
all'Accademia di Belle Arti di Perugia dal 1851 al 1861, fu anche iscritto
nella Società Promotrice delle Belle Arti nell’Umbria fino dall'anno 1862.
Cfr. : Atti della Pontificia Accademia di Belle Arti di Perugia nel 1851, Pe-
rugia, Bartelli 1851; idem, 1861.
(4) Pretro CANALI, architetto, Direttore dell’Accademia di Belle Arti
di Perugia (1829-1841). Cfr.: CEccHINI GIOVANNI, Accademia di Belle
Arti di Perugia, Firenze, Le Monnier, 1954.
(5) WApDiNGTON EvELINO. Nato a Londra nel 1805 da illustre famiglia
inglese, morto in Perugia nel 1883. Sposó la marchesa Marianna Bacinetti
vedova Florenzi. Con idee liberali partecipó attivamente al Risorgimento.
Dopo il 1860 prese la cittadinanza italiana e fu sindaco di Perugia dal 1868
al 1870.
(6) BARBERA GasPERO, uno dei più celebri editori italiani, nacque in
Torino nel 1818, mori in Firenze nel 1880. La sua attività si svolse maggior-
mente a Firenze ed a Roma ma, dopo aver acquistato la Tipografia Sgariglia
in Assisi, impiantó, in Perugia, uno Stabilimento Tipografico dal 1861 al
1862. Cfr. : BARBERA GaAsPERO, Memorie di un editore, Firenze 1883 ; CECCHINI
GrovANNI, Catalogo della Mostra dell’ Arte della stampa umbra, Perugia, 1943.
(7) BoncoMmPAGNI GIOVANNI, tipografo assisano, si trasferì in Perugia
nel 1861, chiamato dal Barbera e lavorò nella sua tipografia di S. Severo
per più di un anno. Cfr. : CECCHINI GIOVANNI, Catalogo della Mostra dell’ Arte
della stampa umbra, Perugia, 1842.
(8) VERGA NAPOLEONE, nato in Perugia, nel 1833, morto a Nizza nel
1913. Noto miniatore, decoratore e litografo. Cfr.: LUPATTELLI ANGELO,
Il civico Cimitero di Perugia nel 70° anniversario, Perugia, Santucci, 1920 ;
DE GUBERNATIS ANGELO, Piccolo dizionario dei contemporanei italiani, Roma
s.a. ; SANTI FRANCESCO, Mostra di pittura dell" 800 a Perugia, Catalogo, Acca-
demia dei Filedoni, settembre-ottobre 1951, Perugia, « Grafica » editrice, 1951.
(9) Ringrazio il dott. Raffaele Belforti, il prof. Mario Bellucci, ed in
particolare l'avv. Vincenzo Mazza per il prezioso materiale da loro fornito.
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NV CONVEGNO STORICO REGIONALE 217
LITOGRAFIA ANGELINI-CHERUBINI
1. — Serie delle vedute di Perugia (circa 1830-1836).
Tav. 1. Arco Etrusco, disegnato da A. Angelini, litografia Angelini-Cheru-
bini, mm. 230 x 254.
Nel margine inf. bianco la seguente scritta e dedicatoria : Arco « Etrusco
della Via Vecchia di Perugia. Al Signor consigliere Pietro Canali architetto e
direttore dell’Accademia di Belle Arti. Annibale Angelini e Napoleone Cheru-
bini D. D. D. ».
Interesse storico-topografico : a sinistra si nota una fila di case basse
demolite per allargare Via Bartolo, a destra una piccola casa demolita per
aprire Via Cesare Battisti. (S. M. G. Uy
Tav. 2. Il Frontone, disegnato da A. Angelini, litografia Angelini-Che-
rubini, mm. 318 x 251.
Nel margine inf. bianco la seguente scritta e dedicatoria : « Pubblico
passeggio del Frontone in Perugia. « A. S. E. il Signor March. Ghino Meni-
coni Comm. Bracceschi amatore delle belle arti. Annibale Angelini, Napoleone
Cherubini D. D. D. ».
Interesse storico-topografico: il giardino nella sua forma originale.
(8 MG. U»5
Tav. 3. Piazza del Sopramuro in Perugia delineato da A. Angelini,
litografia Angelini-Cherubini, mm. 232x250. Nel margine inf. bianco la se-
guente dedicatoria : « A. S. E. la Signora Marchesa Marianna Florenzi nata
Contessa Bacinetti, canonichessa dell'ordine di S. Anna. Amatrice e cultrice
delle belle arti. Annibale Angelini, Napoleone Cherubini, D. D. D. ».
Interesse storico-topografico : nella piazza, in primo piano (proveniente
da S. Angelo), colonna con lanterna, in secondo, fontana, che ora si trova nei
giardini presso la chiesa di S. Ercolano ; nel lato destro della piazza il vecchio
Palazzo Podiani, all'angolo di via Mazzini, dove oggi è la Posta Gentrale ;
nel lato sinistro, il Palazzo dello Studio nella cui facciata si nota la tettoia
pensile oggi non più esistente. (S. M. G...U.).
Tav. 4. S. Pietro di Perugia ed altri monumenti, dall’affresco del Bon-
figli esistente nella Cappella del Palazzo dei Priori di Perugia; disegno di
A. Angelini, litografia Angelini-Cherubini, mm. 320 x 247.
Nel margine inf. bianco la seguente scritta e dedicatoria : « Monastero
dei Cassinesi di S. Pietro di Perugia ed altri monumenti disegnati secondo
l'antica forma. Al Nobil Uomo Padre Rev.mo Don Mauro Bini abbate del sud-
detto monastero, conoscitore ed amatore delle belle arti. Annibale Angelini,
Napoleone Cherubini D. D. D.» (S. M. G. U.).
5. — Tav. 5. Maestà delle Volte ed avanzi dell’antico palazzo del Podestà
e de’ Delegati di Perugia, incendiato nel 1534. Disegno di A. Angelini, lito-
218 V. CONVEGNO STORICO REGIONALE
grafia Angelini-Cherubini, mm. 330x254. Nel margine inf. bianco, la se-
guente dedicatoria : « A S. E. il Signor Barone Lodovico Ancaiani, conosci-
tore ed amatore delle belle arti. Annibale Angelini, Napoleone Cherubini
D. D.:D.»* (S.M. G. U);
Tav. 6. Piazza di Minerva una volta Collegio Pio disegnata come se
avesse avuto il suo compimento. Disegno di A. Angelini, litografia Angelini-
Cherubini, mm. 332 x 250.
Nel margine inf. bianco la seguente dedicatoria : « All’illustr.mo Giovanni
Cerrini, architetto ed ingegnere in capo della provincia di Perugia, Autore e
direttore della piazza suddetta. Annibale Angelini, Napoleone Cherubini,
D*D-D:-3:(SEMEG305)
Interesse storico-topografico : nel fondo Palazzo Ansidei, a destra il
lato est della Rocca Paolina. La piazza si estendeva nell’area ove attual-
mente è la Banca d’Italia.
LITOGRAFIA ANDRIANI
2. — Ritratto della Marchesa Florenzi Waddington. Litografia incisa
da C. Martinelli, litografo, da una fotografia fatta in Germania nel
1863, mm. 235x167. Litografia Andriani Perugia, s. d. (circa 1863).
(12955.
3. — Foglio litografico, mm. 257x227. Al centro l'Italia con la mano
destra sollevata in alto che impugna il gladio, e nella sinistra la bandiera ;
é circondata da figure allegoriche raffiguranti le capitali degli Stati italiani
liberati ; a destra, in ginocchio, altre due figure allegoriche con catene ai polsi
raffiguranti Roma e Venezia. Al centro, in alto, lo stemma sabaudo con due
figure muliebri ai lati. In secondo piano, a sinistra, truppe garibaldine, a de-
stra, truppe piemontesi. Nel fondo a sinistra, mura bastionate e ciminiere, a
destra il Campidoglio. In basso al centro, in primo piano, due putti che
sorreggono trionfi d'arme e bandiere con al centro lo stemma di Pe-
rugia sormontato dalla corona civica. A sinistra, nella parte inferiore, firma :
L. O. Dottorini. Sul margine inferiore bianco litografata la dedica e un
sonetto :
Gli Onorevoli Ufficiali, Bassi Ufficiali e Militi
della
Guardia Nazionale
di Perugia
Augurio per le Feste Natalizie e pel Buon Capo d'Anno 1864
offerto in segno d'ossequiosa riconoscenza
Il Tamburino
— m m MEME ——
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 219
L'ITALIA ALLE PROVINCIE LIBERATE
Come il brando nel pugno, ho in cor lo sdegno
Nè minor dello sdegno è il mio cordoglio.
È tempo è tempo : nel servaggio indegno
Roma e Venezia più veder non voglio.
Di pianti alfin di libertade il segno
Sulla terra di Marco, e in Campidoglio
Che ha scritto di aver più vasto il Regno
Più bello il serto più sublime il soglio.
E se un’insidia lo Stranier ci tesse
Alle nobili schiere i ceppi infranti,
D'ogni timore troncherem noi stessi.
Chi delle genti la ragion calpesta
Maledetto in eterno !! Avanti, avanti
Sol l'Alpe e il mare mi può dir t'arresta.
Prof. Giuseppe CoccHI
Litografia Andriani, Perugia, 1864 (R. B.).
4. — Foglio per fattura in litografia intestato alla ditta : « Camillo Men-
gucci via Riaria, 28 Perugia, oggetti di selleria e manifatture di carrozze ».
Al centro della testata una sella inglese e fregi calligrafici in chiaroscuro.
Litografia Andriani Perugia, s. d. (circa 1870). (V. M.).
5. — Foglio per fattura in litografia intestato alla ditta: « Andriano
Massimi, negoziante; via del Commercio, già via Pinella, 28-30 Perugia ».
La scritta è arricchita da fregi calligrafici in chiaroscuro. Perugia, Litogra-
fia Andriani, s. d. (circa 1870). (V. M.).
STABILIMENTO TIPOGRAFICO-LITOGRAFICO IN S. SEVERO
6. — Autori vari. (Alessandro prof. Bruschi, Cesare ing. Cesari, Raffaello
prof. Antinori, Francesco prof. Francesconi).
Sul prosciugamento del Lago Trasimeno, Perugia 1864. Stabilimento Tipo-
litografico in S. Severo. In 8°. pp. 128, cinque tavole piegate piü volte, pp. nn.
10. Delle cinque tavole fuori testo due, cm. 70 x 47-em. 79 x 54, sono litogra-
fate: una raffigura la pianta del Lago Trasimeno con la sezione del bacino
per le varie profondità, l'altra, pianta del cunicolo e canale emissario del Lago
Trasimeno, ambedue incise da C. Sacchetti. Stabilimento tipografico-litogra-
fico in S. Severo Perugia, s. d. (circa 1864). (L. SÒ:
220 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
7. — Foglio litografato, mm. 325 x 240.
Un sonetto inquadrato da otto vignette divise da tralci ; esse rappre-
sentano : da destra in alto, facciata del Duomo di Orvieto, l’Italia che indica
a Vittorio Emanuele II ed a Garibaldi la Città di Roma, l’Arco Etrusco di
Perugia, la Cascata delle Marmore, soldati piemontesi che sfilano in parata
con tamburini e banda in testa, veduta panoramica del Lago Trasimeno,
tamburini al campo, ed infine il Ponte delle Torri di Spoleto. Al centro dedica
e sonetto :
Agli Ufficiali Bass'Ufficiali e Militi
della
Guardia Nazionale
I Tamburini
In occasione delle Feste Natalizie
e del Capo d’Anno
offrono il seguente
SONETTO
I POPOLI UMBRI AI ROMANI
A voi, Romani, che d’infame pondo
Indignati, fremete in rio servaggio,
Su cui del Sole che dà vita al mondo,
Rotto il nembo d’acciar si posa il raggio,
A Voi, Romani, con desio profondo
Giunga il nostro saluto, il nostro omaggio,
Poichè labbro erudito e mal fecondo (1)
Osò ferirvi il crudele oltraggio.
Romani siete, e vi crediam Romani :
Si lagna a torto chi di voi si lagna.
Or ch’avete in catene e piedi e mani
Vi ferve in petto la virtù latina ;
Virtù che un giorno del poter compagna
Darà lo scettro alla Città Regina.
Prof. GiusEPPE CoccHI
(1) Petruccelli della Gattina
Stabilimento litografico tipografico di S. Severo in Perugia, 1864. (L. S.).
8. — Rossi ApAmo, Il Palazzo del Popolo in Perugia, Monografia. Perugia,
Stabilimento tipografico-litografico in S. Severo, 1864. In 8°, pp. 20, testo
>
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 221
racchiuso da duplice filetto tipografico ; in antiporta litografia raffigurante
il Palazzo del Popolo incisa da C. Martinelli. Stabilimento tipografico-lito-
grafico S. Severo Perugia, 1864. (M. B.).
9. — AUTORI VARI. (Braccio Salvatori, Giovanni Pennacchi, Carlo Bru-
schi), In morte del Cav. Filippo dott. Tantini. Perugia, Stabilimento tipo-lito-
grafico in S. Severo, 1865, in 8°, pp. 48. In antiporta ritratto del Tantini in
litografia contrassegnato con il monogramma C. M. (C. Martinelli). Stabili-
mento tipo-litografico in S. Severo, Perugia, 1865. (L. S.).
10. — SAaLvatorI Braccio. Parole dette da Braccio Salvatori quando
veniva inaugurata la lapide commemorativa nella casa che vide nascere Dome-
nico Lupattelli. Perugia, Stabilimento tipo-litografico in S. Severo, 1866,
in 8°, pp. 16.
Fuori testo, inserito tra la quarta e la quinta pagina ritratto di Domenico
Lupattelli, in litografia, nel margine inferiore la seguente didascalia : « Pac-
chioni fece negli ultimi istanti i ritratti dei suoi compagni. La mano che li
delineò non ha punto tremato ». Stabilimento tipo-litografico in S. Severo,
1866. (V. M.).
11. — Borgia TrseRIo, Cenni sulla questione del prosciugamento del Lago
Trasimeno. Perugia, Stabilimento tipografico-litografico in S. Severo, 1867,
in 4°, pp. 32.
Una tavola più volte piegata, mm. 633 x 476, per la pianta del Lago Tra-
simeno, al centro i progetti per i bacini artificiali di espansione e contenzione
per servire al prosciugamento delle acque, incisa da S. Delicati.
Stabilimento tipo-litografico in S. Severo, Perugia, 1867. (L. S.).
12. — Pianta topografica della provincia dell'Umbria. Litografia da
Giulio Delicati, cm. 71 x 49,5.
Stabilimento Tipo-Litografico in S. Severo, Perugia, 1867. (V. M.).
STABILIMENTO TIPO-LITOGRAFICO DI PERUGIA
13. — RorELLI (Can.) Lurci, Il Duomo di Perugia. Illustrazione storico-
descrittiva. Perugia, Tipografia di V. Santucci diretta da Giovanni Santucci
e Giuseppe Ricci, 1864, pp. 52. In antiporta una litografia raffigurante l'in-
terno di S. Lorenzo, Cattedrale di Perugia, mm. 148 x 111. Stabilimento tipo-
litografico, 1864. (L. S.).
14. — Relazione sul riordinamento territoriale delle corti di appello nel-
l'Italia Centrale. Perugia, Tipografia litografica perugina diretta da G. Bon-
4
am CA i x -
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222 V CONVEGNO STORICO REGIOTALE
compagni e C., in 49, pp. nn. 4, pp. 90, in fine tavola ripiegata in litografia
con carta geografica dell’Italia Centrale, mm. 410x370. Società tipo-lito-
grafica perugina, 1867. (L. S.).
15. — Rossr-Scorri Giovan BATTISTA, Guida di Perugia, seconda edi-
zione ampliata e riveduta dall’Autore con la pianta della città. Perugia, Ti-
pografia V. Santucci diretta da Giovanni Santucci e Giuseppe Ricci, 1867,
in 16°, pp. nn. 3, pp. 127. In fine, tavola ripiegata, in litografia, con la
pianta di Perugia con nomenclatura dei principali monumenti della città, dise-
gnata da Giulio Delicati, eseguita nella Società Tipo-litografica Perugina,
1867, mm. 380x220 (L. S.).
LITOGRAFIA VERGA
16. — Litografia, mm. 338 x 257 compresi i margini.
Il foglio è riquadrato da fregio litografico con meandri, grottesche, putti,
uccelli e vasi; nel lato superiore, al centro, stemma sabaudo tra trionfi di
alabarde e bandiere, sorretti da due figure grottesche ; al centro dei due lati,
destro e sinistro, ritratti di Vittorio Emanuele II e Umberto. Nell’interno,
sulla parte sinistra la seguente dedica e preghiera :
Nel giorno natalizio
del Re e del Principe ereditario
PREGHIERA NAZIONALE
Dedicata a S.A.R. la Principessa Margherita
Domine salvum fac Regem nostrum Victorium
Emanuelem, Haeredesque Umbertum et
Margheritam :
Et exaudi nos in die in qua invocaverimus Te
PARAFRASI
Voti t'innalza il popolo Tu Re de’ Regi accoglila
O de’ Signor Signore, E a popolo fedele
Pel figlio del Magnanimo Serba Gran Dio de’ Secoli
D'Italia Francatore, Vittorio Emanuele,
Oggi che di Sua Nascita L’Ereditario Principe
Esulta Italia intera, Nel giorno stesso nato
Egli t'invoca supplice Al Trono Avito serbalo
Con fervida preghiera ; Con Margherita a lato.
'Teol. Cav. A. RoBECCHI
>
NV CONVEGNO STORICO REGIONALE 223
A destra, stampata in carattere corsivo inglese, una lettera di ringraziamento,
al R.mo Teologo A. Robecchi, inviata dal Gabinetto particolare di S. M.,
firmata : Ministro della R. Casa Nigra. Litografia Verga, Perugia, 1865 (L. S.).
17. — Foglio per fattura in litografia intestato alla ditta : « Ermenegildo
Bartoccini di Perugia negozio di marmi, deposito di caminetti ecc. ». — La
scritta è arricchita da fregi calligrafici. Litografia Verga, Perugia, s. d. (Circa
1870). (V. M.).
18. — Foglio per fattura in litografia intestato alla ditta : « Ferdinando
Rossi, officina meccanica e lavori in ferro, via S. Angelo (Porta Eburnea)
Perugia ». Scritta arricchita da fregi calligrafici in chiaroscuro. Litografia
Verga, Perugia, s. d. (circa 1870). (V. M.).
19. — Foglio per fattura in litografia intestato « Ditta Federico Lancetti,
Intarsiatore della Real Casa, Fabbrica di mobili, biliardi ed ogni genere di
lavoro in legnami, ecc.». La scritta è sormontata da stemma sabaudo e
scudo con monogramma V. E. e serie di medaglie d’esposizione, il tutto le-
gato da fregi calligrafici e meandri. Perugia, c. s. (circa 1875). (V. M.).
20. — Foglio per fattura in litografia intestato alla ditta : « Carboni An-
tonio, fabbricante di carrozze e ferramenta d’ogni genere, via del Circo, 2 ».
La scritta è arricchita da fregi calligrafici e meandri. Litografia del prof.
Verga. Perugia, s. d. (circa 1875). (V. M.).
21. — Foglio per cambiale litografato, mm. 216 x110. Nel lato sinistro,
sul quarto, del foglio, su fondo inimitabile, la scritta : « Luigi Baldini Perugia »
nei rimanenti tre quarti, su fondo mille fili, stampato il formulario in carat-
tere inglese corsivo. Litografia Verga, Perugia, s. d. (circa 1875). (V. M.).
22. — Foglio per cambiale litografato mm. 192x110. Nel lato sinistro
sul quarto del foglio, al centro, grifo rampante racchiuso in cornice ovale
con la scritta : « Società della Cassa di Risparmio di Perugia ». Nei rimanenti
tre quarti del foglio, su fondo inimitabile, a meandri, al centro, « Cassa di
Risparmio di Perugia », mille fili per le cifre e formulario in carattere inglese
corsivo. Litografia Verga, Perugia, s. d. (circa 1875). (V. M.).
STABILIMENTO TIPO-LITOGRAFICO DI G. BONCOMPAGNI E GC.
23. — Ragguagli intorno alla fazione operata in Calabria nel 1844 dai
fratelli Bandiera e consorti. Perugia, Stabilimento tipo-litografico di G. Bon-
compagni e C., 1868. In 89, pp. 16. In antiporta, in ovale su fondo giallo ri-
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224 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
tratto litografato di Domenico Lupattelli, (firma illeggibile). Stabilimento
tipo-litografico di G. Boncompagni e C., 1868. (M. B.).
24. — Foglio per fattura in litografia intestato alla ditta : « G. Boncom-
pagni e C. Tipografia e Litografia — Perugia sotto la loggia del Palazzo Pro-
vinciale ». Nella testata, al centro, in tondo, i ritratti di profilo di Gutenberg
e Senefelder, legati da fregi calligrafici. Litografia Boncompagni, Perugia,
S. d. (circa 1870). (V. M.). :
25. — Foglio per fattura in litografia intestato alla ditta: « Alfonso Vi-
talucci, ebanista Perugia, Piazza del Papa, 18». Nella testata, a destra di-
segnata una scrivania secréfaire, a sinistra una poltrona. La scritta è ar-
ricchita da fregi calligrafici in chiaroscuro. Stabilimento Boncompagni, Pe-
rugia, s. d. (circa 1870).) V. M.).
26. — Foglio per fattura in litografia intestato alla ditta : « Buscaglione
Pasquale e Salazza, fumisti di Torino, Perugia, via della Stella, 7 ». La scritta
è arricchita da un meandro a foglie d'acanto. Tipo-litografia di G. Boncom-
pagni e C., s. d. (circa 1870). (V. M.).
27. — CONESTABILE GIANCARLO, Di G. B. Vermiglioli, de’ monumenti
di Perugia etrusca e romana, della letteratura e bibliografía perugina. Nuova
pubblicazione. Perugia, Tipografia Vincenzo Bartelli, 1855-1856, stabilimento
tipografico-litografico di G. Boncompagni e C., 1870. Quattro volumi in 49.
P. L: Della vita degli studi, e delle opere di G. B. Vermiglioli. Discorso,
pp. 190-CII; in antiporta ritratto di G. B. Vermiglioli (fotografia da una
stampa).
P. II: Sepolcro dei Volumni ; pp. nn. 4, pp. n. 148.
P. III: Monunenti della necropoli del Palazzone circostanti al sepolcro
dei Volumni ; pp. nn. 4, pp. 248 ; a pag. 190 una tav. f. t.
P. IV: Monumenti etruschi, scritti e figurati, risultanti da escavazioni
diverse, nel territorio di Perugia e in parte esistenti nel museo o in collezioni
private di delta città, in parte in musei esteri, in parte smarriti, pp. XXIV-556.
Unito all'opera un atlante di 109 tavv., di cui 16 per la 2? parte, 12 per la
terza e 81 per la quarta. La tav. 106 è in litografia eseguita dal prof. Napoleone
Verga e vi sono raffigurati: uno specchio etrusco, con incisa scena mitolo-
gica, due orecchini, e un'urna cineraria. Litografia Verga, Perugia, 1870. (L. S.).
28. — Rossi ApAMo, Di Galeazzo Alessi architetto perugino. Memorie
attinte dai patri scrittori ed archivi. Perugia, Tipo-litografia Boncompagni
1873. In 8°, pp. 37. In antiporta, litografato, ritratto in ovale dell’Alessi,
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DIAZZA DEL SOPMRAIMIRO: IN PERITO:
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(Litografia di Angelini e Cherubini della serie di vedute di Perugia)
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(Litografia di Angelin
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 225
(probabilmente eseguito da N. Verga); nel margine inf. bianco si legge :
« Galeazzo Alessi, ritratto cavato da quelli posseduti dal Signor G. Man-
dolini Borgia e C.te G. B. Rossi-Scotti ». A pag. 34 altra tavola f. t. con l'arme
degli Alessi litografata ; nel margine inferiore bianco si legge: « Arma degli
Alessi — ricavato da quello scolpito sulla lapide del loro sepolcro gentilizio in
S. Fiorenzo in Perugia ». L'onorata famiglia degli Alessi, si gloria di aver l'arme
antica che portava un daino, cambiata con un leone sbarrato in mezzo
donatole da Ladislao, re di Napoli nel 1409. (LANCELLOTTI, Scorta Sacra, sotto
il/di 8 dicembre). Perugia, Litografia Verga, s. d. (1873). (L. S.).
29. — Morpurco CarLo A., Il parricida. Romanzo storico-contempo-
raneo. Perugia, Tipo-litografia G. Boncompagni e C. 1874. In 16° pp. 160 -
In antiporta litografia anonima (probabilmente Verga) raffigurante la testa
di Adriano Panari decapitato in Perugia il 22 settembre 1874. Litografia
Boncompagni, Perugia, 1874. (L. S.).
30. — Giornale di erudizione artistica pubblicato a cura della R. Commis-
sione conservatrice di Belle Arti nella provincia dell'Umbria. Perugia, Tipo-
litografia di G. Boncompagni e C., 1872-1877. Voll. 6, in 40.
Vol. I° : dal fasc. 1, 1° gennaio 1872, al fasc. 12°, dicembre 1872, pp. 368,
tre tav. f. t. — Vol. 2° : dal fasc. 1, 1° gennaio 1873, al fasc. 12°, dicembre 1373,
pp. 352, tre tav. f. t. — Vol. 3°: dal fasc. 1, 1° gennaio 1874, al fasc. 12°, di-
cembre 1874, pp. 380, una tav. f. t. Vol. 4°: dal fasc. 1, 1° gennaio 1875, al
fasc. 12°, dicembre 1875, pp. 384. Vol. 5°: dal fasc. 1, 1° gennaio 1876. al
fasc. 12°, dicembre 1876, pp. 384. Vol. 6°: dal fasc. 1, 1° gennaio 1877, al
fasc. 12°, dicembre 1877, pp. 387. Le sette tavv. f. t. sono in litografia deli-
neate da N. Verga e Gigliarelli incise da N. Verga e Ciocca ; una è a colori raf-
figurante iniziale ornata e alluminata in oro, le altre sono stampate in
nero e raffigurano : - Una medaglia in bronzo di Paolo III coniata nella zecca
perugina, con al verso il busto del pontefice, al retro il grifo che lotta con un
serpente che l'attorciglia — Una tessera pagana — Manico del sigillo di Pietro
Bembo - Peso longobardo — Una pietra figurata a forma di stele di epoca incerta
— Ferro da cialde del Roscetto. Litografia Verga, Perugia, 1872-1874. (L. S.).
31. — Cenni biografici del Comm. Avv. Giustiniano Degli Azzi de’ Mar-
chesi Vitelleschi. Perugia, Tipografia G. Boncompagni e C., 1875. In anti-
porta il ritratto litografato del Degli Azzi Vitelleschi (probabilmente eseguito
dal Verga). Litografia Boncompagni e C., Perugia, s. d. (1875). (L. S.).
32. — Foglio per fattura in litografia intestato alla ditta: « Stabilimento
Tipo-litografico e fabbrica di carte da giuoco di G. Boncompagni e C. Peru-
gia, Via del Corso, 110 — Piazza S. Francesco N. 7 ». La scritta è arricchita
15
226 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
da finissimi fregi a foglie d’acanto. Litografia Boncompagni, Perugia, s. d.
(circa 1875). (V. M.).
33. — Opuscolo per nozze Ansidei-Angeloni. Perugia, Tipografia Bon-
compagni, 1887; in 8°, pp. nn. 1, pp. 8, in fine una tav. piegata, mm. 405 x 245.
Nel retro della prima pagina la seguente dedicatoria : « Nelle bene auspicate
nozze — Che oggi 21 aprile 1887 — Si celebrano — Fra la colta e gentile Signo-
rina — Elisa Angeloni — E l’egregio giovane dott. Vincenzo C.te Ansidei — Uno
storico ricordo di famiglia — Offre — Con voti di felicità — Reginaldo Ansidei —
Zio dello sposo ». Nella tav., in appendice, litografato, fac-simile della perga-
mena riguardante il C.te Farulfo Montemarte di Titignano morto a Fama-
gosta. Litografia Boncompagni, Perugia, s. d. (1887). (L. S.).
34. - LAURENZI ANGELO MARIA, Studi per una íramvia da Perugia a
Chiusi nella provincia di Perugia. Memoria sulle condizioni tecniche ed eco-
nomiche della linea. Perugia, Tipografia Boncompagni, 1889. In 89, pp. 57 e
due tavv. in litografia, piü volte piegate: una per la pianta topografica
della zona Pozzuolo, Lago Trasimeno, Perugia, Olmeto, Città della Pieve e
Chiusi, con tracciata in rosso la linea della tramvia ; l'altra, per il profilo
altimetrico. Litografia Boncompagni, Perugia, 1889. (L. S.).
35. - RANIERO GIGLIARELLI, Sospiri e baci. Perugia, Tipografia Boncom-
pagni, 1893, in 89, pp. 253. In copertina, nella parte sup. sinistra, una fila
di visi di bimbi nei loro propri e vari atteggiamenti espressivi di sorriso,
pianto, sofferenza e stupore ; al centro, su festone, titolo del libro, all'angolo
inf. sinistro, fregio a meandri, stampati in litografia. Litografia Boncompagni,
Perugia, s. d. (1893). (L. S.).
36. — BELLUCCI GIusEPPE, Le stelle cadenti e le loro leggende. Perugia,
Tipografia Boncompagni, 1893; in 8°, pp. 35. In copertina, nel lato sup.
sinistro, una figura allegorica femminile con una conocchia nella mano destra
e strumento magico nella sinistra ed intorno stelle cadenti ; titolo stampato
in carattere fantasia ; il tutto su fondo celeste, stampato in litografia. Lito-
grafia Boncompagni, Perugia s. d. (1893). (L. S.).
37. — Strenna perugina letteraria ed artistica per l’anno 1894. Perugia,
Tipografia Boncompagni, 1894 ; in 89, pp. 128 ed 11 fogli per inserzioni pub-
blicitarie. Copertina e 15 tavv. litografate f. t. raffiguranti vari soggetti : ve-
duta del Lago Trasimeno, veduta di Sarteano, l'Arco Etrusco di Perugia e
vignette di genere disegnate da dilettanti: Irene Antonini, Matelda Albertini,
Evelina Servadio, Aurelia Angeletti, Maria Angelini, Lavinia Baldelli, Bice
Brunamonti, Alessandrina Coen, Azeglia Corbellini, G. Fanelli, Teresina Gal-
— o
media
WIEN:
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 227
letti, Bianca Gazzurelli, Vittoria Piattelli, Esperia Rimbotti, M. C. Rossi-
Scotti. Litografia Boncompagni, Perugia, 1894, (L. S.).
38. — Strenna perugina letteraria ed artistica per l'anno 1895. Perugia
Tipografia Boncompagni, 1895 ; in 89, pp. 132 ed otto fogli per inserzioni pub-
blicitarie. Copertina e 12 tavv. f. t. litografate raffiguranti vari soggetti E
disegnate da dilettanti: G. Vitelleschi, Aurelia Angeletti, Roberto Gatte-
schi, Bianca Gazzurelli, Luigia Fabretti, Vittorina Piattelli, Evelina Serva-
dio, Laura Marchetti, Teresina Galletti, Alessandrina Coen, Bice Marchetti.
Litografia Boncompagni, Perugia, 1895. (L. S.).
LITOGRAFIA TILLI
39. — Carta da lettera litografata, intestata alla ditta : « Litografia Tilli »
in carattere corsivo inglese. Litografia Tilli, Perugia, s. d. (circa 1875). (V: M5)i
40. — Foglio per cambiale litografato, mm. 257x114. Nel lato sinistro
fregio a meandri e fiori che racchiude la scritta : « Banca Perugina di sconto »,
su fondo mille fili ; nel resto del foglio formulario in carattere corsivo inglese
e mille fili per le cifre. Litografia Tilli, Perugia, s. d. (circa 1875). (V. M.).
41. — Foglio per diploma, in litografia, mm. 305 x 440, senza margine
bianco. « La Fratellanza Operaia Rione di Porta Sole in Perugia ». Foglio
riquadrato da una cornice con fregio composto da foglie d’acanto e cartigli,
al centro della parte sup., stemma del Rione di Porta Sole, al centro della
parte inf., scudo con squadra, compasso, martello e scalpello intrecciati.
Il diploma è stampato in nero con carattere fantasia su fondo verde chiaro.
Litografia Tilli, Perugia, s. d. (circa 1875). (V. M.).
42. — Foglio per diploma in litografia, mm. 440x305, senza margine
bianco. — «La Società di Mutuo Soccorso degli Artisti e Operai di Perugia ».
Foglio riquadrato da una cornice con fregio composto da foglie d’acanto e
cartigli, al centro della parte sup. stemma di Perugia ; al centro della parte
inf., scudo con squadra, compasso, martello e scalpello intrecciati. Il diploma
è stampato in nero con carattere fantasia su fondo verde chiaro. Litografia
Tilli, Perugia, s. d. (circa 1875). (V. M.).
43. — Rossi SCOTTI GIOVAN BarrIsTA, Guida illustrata di Perugia. Terza
edizione ampliata e riveduta dall’Autore. Perugia, G. Boncompagni e C., 1878,
in 165, pp. 165.
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228 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
Copertina interamente litografata con al centro lo stemma di Perugia
circondato da una corona di foglie e frutta. Dodici tavole litografate. Le illu-
strazioni sono stampate in inchiostro nero su fondo avana e raffigurano
i seguenti monumenti di Perugia: — Palazzo Pubblico — Fontana del XIII
sec. — Interno della Cattedrale — Statua in bronzo di Papa Giulio III — Porta
urbica etrusca — Oratorio della Giustizia — Palazzo del Capitano del Popolo —
Chiostro dell'Ospedale Militare, già monastero di S. Giuliana — Monumento
sepolcrale di Benedetto XI-— Porta urbica di S. Pietro — Interno della chiesa di
S. Pietro — Sepolcro dei Volumni ; in fine, una pianta della città, con leggenda,
ripiegata due volte. Litografia Tilli, Perugia, 1876. (L. S.).
44. — PENNACCHI GIOVANNI, Nelle funebri onoranze — Alla sacra memoria
del glorioso — Vittorio Emanuele II — Questo discorso — Che il Corpo Accade-
mico — dell’ Università di Perugia — Per voto concorde commetteva — Al suo Ret-
tore Giovanni prof. Pennacchi — E che il giorno XII febbraio — Fu letto innanzi
alla marmorea Effige — Oggi XIV marzo — Giorno a tutta Italia memorando e
caro — All'Augusta Maestà — Di Umberto I — In testimonio di devozione — Offre
reverente. Perugia, Tipografia G. Boncompagni e C., 1878, in 4°, una pagina
nn., pp. 20, l'ultima pag. nn.
In antiporta litografia raffigurante il cortile del Palazzo del Governo
con al centro il busto di Vittorio Emanuele II su piedestallo. Litografia Tilli,
Perugia, 1878. (L. S.).
45. — Foglio per diploma in litografia, mm. 340x455, senza margine
bianco. — «Esposizione Umbra Artistica Industriale Agricola del 1879 ».
Al centro, nella parte sup. grifo passante che tiene con l'artiglio uno
scudo con la scritta « Umbria ». Grande lettera capitale arricchita da grotte-
sche, fregi floreali, meandri a foglie d'acanto ; nella parte sup. stemma di
Perugia tra bandiere. Il diploma è stampato in carattere lapidario in rosso e
nero, su fondo giallo pergamena. Litografia Tilli, Perugia, s. d. (1879). (V. M.).
46. — Pianta dell'Esposizione Umbra del 1879, in Perugia ; litografata,
mm. 580x350. Delineata da ing. G. Fucci. Litografia Tilli, Perugia, s. d.
(1879); (E "S.
47. — MunIcIPIO DI PERUGIA, Sulla ferrovia a binario ridotto Perugia-
Umbertide. Verbale e deliberazione della Giunta in data 28 luglio 1880. Perugia,
Tipografia Boncompagni e C., 1880, in 49, pp. 26, due tavv. ripiegate, di cui
una litografata, mm. 420 x 450 compresi i margini, per il tracciato della ferrovia
Perugia-Umbertide ; nella parte inferiore del foglio, profilo altimetrico. Li-
tografia Tilli, Perugia, 1880.
Il progetto della ferrovia che doveva unire Perugia a Umbertide interes-
sava la zona montuosa del Tezio, toccando le seguenti località: S. Marco
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V CONVEGNO STORICO REGIONALE 229
di Cenerente, Colle del Cardinale, S. Giovanni del Pantano, Monte Corona
e Umbertide. (L. S.).
48. — Foglio per fattura in litografia intestato alla ditta « Premiata
sartoria civile e militare F. Andrei e Figlio, Corso Vannucci Perugia, stoffe
estere, forniture militari, articoli da scherma, ecc. ». Al centro, nella testata,
una medaglia della Esposizione Umbra in Perugia, 1879. Litografia Tilli, Pe-
rugia, s. d. (circa 1880). (V. M.).
49. — Foglio per fattura in litografia intestato alla ditta : « Camillo Men-
gucci sellerie d'ogni genere, finimenti per carrozze e cavalli, assortimento di
valigeria, deposito per carrozze ». Nella testata, a sinistra, medaglia della
Esposizione Nazionale di Milano, 1881; a destra, medaglia dell Esposizione
Umbra in Perugia, 1879. Litografia Tilli, Perugia, s. d. (circa 1882). (V. M.).
50. — Cartolina pubblicitaria litografata, mm. 130 x86, intestata alla
ditta «Nicola Baduel». Nel retro con caratteri e fregi litografici, pubbli-
cità del caffé e pasticceria Baduel, Corso Vannucci, 97-99, Via Boncambi,
5-9; nel verso, lineato per l'indirizzo. Litografia Tilli, Perugia, s. d. (circa
1880). (V. M.).
51. — Foglio per fattura in litografia intestato « Litografia Tilli, Piazza
Danti Perugia». A destra della testata in un tondo l'Arco Etrusco. Lito-
grafia Tilli, Perugia, s. d. (circa 1880). (L. S.).
Lirocraria TiLLi, Piazza Porta Sole 9, Perugia
52. — Numero unico. « PERUGIA CASAMICCIOLA ». 10 aprile 1881. Per
beneficenza. Perugia, Litografia Tilli, s. d. (1881), in 4°, pp. nn. 16 (mm.
375 x 2775). Stampato in litografia e tipografia. In copertina, stampati in lito-
grafia su disegno di U. Ribustini, sono raffigurati in primo piano un vecchio
ed una donna con un bimbo in braccio, al di sopra di macerie. Nella parte
superiore, a raggiera, la scritta : « Perugia Casamicciola », in fondo a destra,
il Grifo di Perugia racchiuso in una cornice di lauro ; in secondo piano, di
scorcio, il palazzo dei Priori. Le pp. dall’1 al 5, dall’8 al 9, dal 12 al 16, sono
tutte in litografia, le 24 illustrazioni, intercalate nel testo, sono disegnate da :
G. Fringuelli, U. Ribustini, A. Cozza, Camilletti, P. C. Ciani, F. Gigliarelli, M.
Tassi, Lemmo Rossi-Scotti, R. Angeletti, Rotondi, Tito Moretti, Angelina
Rossi-Scotti, D. Bruschi e raffigurano sculture, costumi, ritratti, figure alle-
goriche, inoltre oggetti di oreficeria, fax-simili di autografi di celebri perugini,
come : Pietro Vannucci, Fiorenzo di Lorenzo, Malatesta Baglioni, Domenico
di Paris Alfani, Benedetto Bonfigli, Galeazzo Alessi, ecc., inoltre la veduta del
Trasimeno, la chiesa di S. Claudio a Spello e S. Francesco al Prato in Perugia.
I racconti, le poesie e le notizie sono di : Giuseppe Bellucci, Patrizi, G. Monaldi,
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230 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
Giuseppe Cocchi, Luigi Rossi-Scotti, Geremia Brunelli, Giovanni Pennacchi,
Cesare Ragnotti, Alinda Bonacci Brunamonti, C. Berarducci, V. Angeloni,
Ruggero Torelli (poesia in vernacolo). All'ultima pagina di copertina annunci
pubblicitari stampati in litografia.
Alla pagina 12 nn. sono raffigurati, a imitazione di monete, i seguenti
ritratti così disposti.
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1) Avv. Fabio Patrizi
2) Leopoldo Tiberi
7) Avv. Cesare Fani
8) Prof. Alessandro Raspi
3) Marchese Pietro Serafini 9) Prof. Agostino Cianelli }
4) Adolfo Adriani 10) Leopoldo Bonucci r
5) C.te Rodolfo Pucci-Boncambi 11) Terzo Bellucci |
6) C.te Marco Oddi-Baglioni 12) Grifo di Perugia
53. — Biglietto d'invito stampato in litografia con carattere corsivo in-
glese e gotico moderno, mm 130x100 ; lettera capitale arricchita da fregi.
Invito ad una rappresentazione degli allievi del Collegio della Sapienza
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V CONVEGNO STORICO REGIONALE 231
in Perugia nel teatrino dell'Istituto il 10 febbraio 1882. Litografia Tilli, Pe-
rugia, s. d. (circa 1882). (V. M.).
54. — Carta topografica dell'Umbria in litografia, zona: Perugia-Mar-
sciano-Foligno-Assisi, mm. 783 x 440 compresi i margini. Pianta delle grandi
manovre che avranno luogo dal 6 al 14 settembre 1882 nelle località : Bastia,
Spello, Brufa, Bevagna e Foligno. Scala 1: 75.000. Sul margine destro, elenca
degli Ufficiali Superiori delle due armate impiegate nelle manovre. Auto-
litografia Tilli, Perugia, 1882. (L. S.).
55. — Cartoncino pubblicitario piegato in due per la vendita d'oggetti
d'arte del marchese Ranghiasci-Brancaleoni avvenuta in Gubbio il 12 aprile
1883.
Al retro del primo lembo, in litografia, la Piazza dei Consoli in Gubbio,
nel lato destro, ben chiara, la facciata del Palazzo Ranghiasci. Nel verso del
primo e retro del secondo lembo, la pianta del palazzo con un elenco somma-
rio degli oggetti esposti in ciascuna sala. Tipografia Tilli, Perugia, s. d. (1882).
(Dp. s)
56. — MoNALDI Luigi, Le vigne ed i vini della fattoria di Collelungo (Pe-
rugia) del C.te Zeffirino Faina al concorso agrario regionale di Arezzo nel set-
lembre 1882, in 89, pp. 40. In fine I tav. in litografia, ripiegata per la pianta
topografica della fattoria, tinaia, cantine e la vigna del Pian del Rocchio
in Collelungo, mm. 530x360. Stabilimento tipografico-litografico Tilli,
1882; (L. S).
57. — Fascicolo per nozze Cianelli-Eschini, interamente litografato. Pe-
rugia, Litografia Tilli, s. d. (1882), in 89 oblungo, pp. 16, con otto illustrazioni
intercalate nel testo, mm. 230 x 217.
L'opuscolo é una raccolta di poesie, pensieri, lettere di: Arambaldi,
Biscini, Marconi, Gino Monaldi, Cesare Ragnotti, Fabrizio Degli Oddi, Gio-
vanni Cozza, Cesare Berarducci, Cesare Fani e due pagine di musica di Decio
Giustiniani. In copertina, ripetuto nel frontespizio, amorini e tralci d'edera
con la scritta: «Per le nozze Cianelli-Eschini gli amici, settembre 1882 ».
Nel testo, intercalate, otto illustrazioni disegnate da U. Ribustini e A. Cozza.
Litografato in autografia Tilli, Perugia, s. d. (1882). (L. S.).
58. — Carnet per ballo litografato in cartoncino piegato in due, mm. 90 x 60.
Retro, primo lembo : fregio di rose con putto e colombi su tre margini, stam-
pato con inchiostro marrone su fondo celeste sfumato ; al centro lettera « D »
maiuscola in carattere fantasia intrecciata con una corona baronale, piü
in basso, la data 2 gennaio 1883. Al verso del primo lembo, in carattere go-
tico moderno, la nota dei balli ; al verso del secondo lembo, al centro, fregio
con tralci di rosa. Litografia Tilli, Perugia, s. d. (1883). (V. M.).
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292 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
59. — Cartoncino per nozze Veglia-Botti in litografia, mm. 175x112.
Al verso, stampato in carattere corsivo inglese, la seguente dedicatoria :
Perugia 26 aprile 1883 — Nel fausto connubio — Della Signorina Emma Veglia —
Con l’Egregio Signore — Carlo Botti — Alla giovane sposa — Per amicizia e gra-
tulazione — Aristide Foschi — Offriva il seguente — Augurio ». Segue una poesia
di Luigi Rossi-Scotti. Litografia Tilli, Perugia, s. d. (1883). (L. S.).
60. — Cartoncino per nozze stampato in litografia, piegato in due. Matri-
monio : Natali-Rossi. Perugia, 1885.
A] retro del primo lembo decorazione neo-greca, con al centro un cam-
meo, al verso dedicatoria : « All’Egregia donzella — Signorina Annita Rossi —
Nel dì solenne dei suoi sponsali — Col distinto Signore dott. G. B. Natali —
Antonino Antonini per ricordo ». Retro, secondo lembo ; anacreontica stampata
in carattere corsivo inglese, al verso decorazioni neo-greche, con al centro
un trofeo di tamburi, pifferi, zampogne e tralci. Le decorazioni sono stam-
pate su tre colori: giallo, marrone e nero, il testo in oro. Litografia Tilli, Pe-
rugia, s. d. (1885). (L. S.).
61. — Cartoncino pubblicitario in litografia intestato alla ditta « Dro-
gheria, pasticceria, distilleria Ciro Falci, Via Nuova, 33 Perugia — Listino
dei prezzi », mm. 155 x 116.
Nel verso del cartoncino, in basso, in primo piano, la raffigurazione di
Mercurio appoggiato ad un'àncora con il caduceo nella mano destra; nel
margine inf. medaglie dell'Esposizione 1881, a destra, lambicchi e mortai.
Disegnato da P. Catarucci. Al retro, su due colonne, listino dei prezzi. Lito-
grafia Tilli, s. d. (1885). (V. M.).
62. — Cartoncino piegato in due, per tessera, in litografia, mm. 128 x 88.
Nel retro del primo lembo, in carattere gotico, stampato in rosso e nero :
« Associazione Oftalmologica Italiana Riunione in Perugia dal 14 al 19 settem-
bre 1885, tessera di riconoscimento ». La scritta è arricchita da fregi e lettere
capitali in rosso, nel lato sinistro, stemma di Perugia. Nel verso del primo
lembo nel recto del secondo, pianta della città di Perugia con leggenda, nel
verso del secondo lembo, indirizzi utili, stampati in carattere gotico rotondo
e corsivo inglese. Litografia Tilli, Perugia, s. d. (1885). (V. M.).
63. — Perugia. Pianta della città, descrizione dei suoi monumenti ed isti-
tuti pubblici. Perugia, Litografia Tilli, s. d. (1887), in 165, pp. 16. In copertina,
stampato in litografia, l'Arco Etrusco ; in fine una tavola piegata piü volte
per la pianta topografica della città e leggenda, mm. 350 x215. Litografia
Tilli, Perugia, s. d. (1887). (V. M.).
64. — Biglietto d'invito litografato e stampato in carattere corsivo in-
glese, mm. 162x105. Invito alla premiazione degli alunni del Collegio della
T
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NV CONVEGNO STORICO REGIONALE 233
Sapienza in Perugia il 3 settembre 1888, firmato dal Direttore Prof. G. Cal-
deroni. Litografia Tilli, Perugia, s. d. (1888). (V. M.).
65. — Cartoncino per partecipazione di nozze in litografia piegato in due,
mm. 197x82. Matrimonio: Alcmena Salvatori-Domenico Valerj. Perugia-
Roma. 1889.
Nel verso del primo lembo e nel retro del secondo, nel margine sup. fregio
floreale, al centro trofeo con face, arco e faretra, al margine inferiore tral-
cio d'edera stampato in rosso, azzurro ed oro. Disegnato dal Bruschi. Lito-
grafia Tilli, Perugia, s. d. (1889). (V. M.).
66. — Foglio per diploma, in litografia senza margine bianco, per l’Acca-
demia di Belle Arti in Perugia, mm. 445 x370. Al centro, nella parte sup.
stemma dell'Accademia raffigurato da un grifo rampante che sostiene uno
scudo con al centro un pennello, una stecca e compasso, con il motto : « Co-
njurant amice et altor et cultor ». Il diploma é stampato in nero con carattere
lapidario con due lettere capitali ornate da fregi su fondo giallo pergamena.
Litografia Tilli, Perugia, s. d. (circa 1890). (V. M.).
67. — Cartoncino intestato alla ditta « Litografia Tilli » mm. 130 x 79.
Nell’angolo sup. sinistro litografato l'Arco Etrusco. Litografia Tilli, Perugia,
s. d. (circa 1890). (V. M.).
68. — GicrrAnELLI R., La scelta del marito. Conferenza tenuta al Circolo
Mandolinisti in Perugia la sera del 1° marzo 1891. Perugia, Tipografia Bon-
compagni, 1891, in 85, pp. 31. Copertina litografata, su langolo sup. sinistro
fregio di fogliame e fiori ed un angelo con il braccio destro in alto ed in mano
una face; tutto su fondo marrone chiaro. Perugia, Litografia Tilli, s. d.
(1891). (L. S.).
69. — PaoLETTI G., I nostri bambini. Conferenza tenuta al Circolo Mando-
linisti in Perugia la sera del 15 marzo 1891. Perugia, Tipografia Boncompa-
gni, 1891, in 8°, pp. 38. Copertina litografata, su l’angolo sup. sinistro fregio
di fogliame e fiori ed un angelo con il braccio destro in alto ed in mano una
face ; tutto su fondo celeste chiaro. Perugia, Litografia Tilli, s. d. (1891).
(14:28).
70. — ZANETTI ZENO, La medicina delle donne. Conferenza tenuta al Cir-
colo Mandolinisti in Perugia la sera dell'8 marzo 1891. Tipografia Boncom-
pagni, Perugia, 1891, in 89, pp. 36, di cui l'ultime bianche. Copertina lito-
grafata, su l'angolo sup. sinistro fregio di fogliame e fiori, ed un angelo con il
braccio destro in alto ed in mano una face; tutto su fondo verde grigio. Perugia,
Litografia G. Tilli, s. d. (1891). (L. S.).
71. — Programma di un concerto della Banda Municipale di Perugia ese-
guito il 14 settembre 1892 in Piazza Garibaldi, mm. 160 x 92. Litografia, stam-
234 V CONVEGNO STORICO REGIONALE
pata in oro su un foglio ripiegato in tre lembi a foggia di busta ; il programma
del concerto è stampato in carattere tipografico ; al verso del primo lembo
stella d’Italia, al margine sinistro del secondo e terzo, fregio con putti, armi,
bandiere e strumenti musicali, sormontato da un grifo rampante ; nel margine
inf., figura allegorica che suona l'arpa ; al retro del primo lembo, stemma di
Perugia, nel secondo lineato per l'indirizzo. Litografia Tilli, Perugia, s. d.
(1892). (V. M.).
72. — Cartolina postale litografata, intestata alla ditta « Girolamo Tilli —
incisore in Perugia — Premiato stabilimento Tipolitografico — Laboratorio
Via Pinturicchio, 19 — Succursale con libreria e cartoleria, Via Mazzini, 2 ».
Nel recto, sul lato sinistro, figura di donna tra liane fiorite e lineato per l'in-
dirizzo. Litografia Tilli, Perugia, s. d. (circa 1900). (V. M.).
LITOGRAFIA Ciocca E C.
73. — Foglio per fattura intestata alla ditta: « G. Ricciarelli e C. nego-
zianti di ferrareccia Via dell'Ospedale N. 8 Perugia ». La scritta è arricchita
da fregi calligrafici. Litografia Ciocca e C., Perugia, s. d. (circa 1870). (V. M.).
LITOGRAFIE ANONIME
74. Litografia s. 1., s. d., (circa 1870) probabilmente eseguita in Perugia.
Carta da lettera, mm..209 x 137. Nel recto del primo foglio, in testata, vignetta
litografata raffigurante il Palazzo Comunale di Perugia. In basso a sinistra,
monogramma A. B.
Interesse storico topografico : non si nota, nel Palazzo del Comune, la
merlatura che venne aggiunta nei restauri della fine del XIX sec.
Altre tre carte da lettere della medesima serie con la raffigurazione del-
l'Arco Etrusco; della Fonte maggiore della Piazza del Sopramuro. — (V. M).
75. — Autori vari. G. Cozza, Ada Conestabile della Staffa, Alinda Bonacci
Brunamonti, Cesare Ragnotti, Luigi Fumi, Cesare Berarducci, Francesco
Guardabassi, Adamo Rossi, C.te Luigi Rossi-Scotti, Angelo Lupattelli, ecc.
Raccolta di varie prose e poesie. Questo memore libricino — Come — Sírenna
nuziale — A madamigella — Alessandrina de’ Conti Faina — Nel dì 1 ottobre
MDCCCLXXXV - In che va sposa — Al Nobile Marchese — Torello Torelli —
Offre — Giovanni Cozza — Di lei — E della famiglia sua tenerissimo. Perugia,
Santucci, 1885, in 16°, pp. 156, tiratura limitata in cento esemplari.
La copertina litografata, disegnata da Ulisse Ribustini, raffigura una
scena allegorica con putti che sorreggono uno scudo con gli stemmi degli
Sposi; in alto, un’ara accesa e nello specchio frontale i nomi Faina-Torelli.
Nel frontespizio, in gotico, la scritta : « Strenna nuziale » con lettera capitale
D__— :
V CONVEGNO STORICO REGIONALE 235
e tralci di fiori e api, disegnata dal Rotondi; da pag. 139 a pag. 142, e da
pag. 145 a pag. 152, musica litografata. Litografia Anonima, Perugia, 1885.
qs).
76. — Cartoncino per menù stampato in litografia, mm. 200x132. Nel
recto, nel margine esterno, fregio di frutta, pesci, cacciagione uniti da tralci ;
nella parte sup., in tondo, lo scorcio del « Grand Hótel Perugia» (oggi Bru-
fani). La pagina è lineata per l'elenco delle vivande. Litografia Anonima, s. l.,
s. d., (circa 1890); probabilmente eseguita nella Litografia Tilli. (V. M.).
77. - BELLUCCI GiusEPPE, Usi nuziali nell’ Umbria. Nel giorno degli spon-
sali Taticchi-Meniconi Bracceschi l' Autore in segno di augurio O. D. C. Pe-
rugia, Tipografia Umbra, 1895, in 8°, pp. 16 di cui l’ultime due bianche.
Nella copertina, in litografia, disegnata da U. Gualaccini, scena folklo-
ristica umbra : un fidanzato offre la conocchia alla promessa sposa ; nei mar-
gini esterni delle pagine del testo varie illustrazioni raffiguranti figure deco-
rative incise nelle conocchie, esemplari di fusarole in terracotta con motti
d'amore o il nome della fidanzata. Litografia anonima, 1895. (V. M.).
78. — Opuscolo per nozze Ferrari-Roberti. Perugia, Unione Tip. Coop.,
s. d. (1896), in 169, pp. 19. Contiene: dedicatoria di Alessandro e Vincenzo
Ansidei, sonetto di Filippo Alberti Alla nave di Cristoforo Colombo ; se-
guono notizie su Filippo Alberti con note. Nella copertina, nell'angolo sup.
sinistro, in litografia, figura muliebre seduta su rami fioriti con accanto un
amorino e rondini. Litografia Anonima, Perugia, s. d. (1896). (V. M.).
SIGLE DELLE RACCOLTE CUI SI RIFERISCONO LE SCHEDE
Belforti prof. Raffaele RB:
Bellucci prof. Mario M. B.
Mazza avv. Vincenzo. ViM:
L. S.
S.
Silvestri Lodovico
Soprintendenza ai Monumenti ed alle Gallerie delPUmbria S. M. G. U.
RECENSIONI
SANTI FnANCESCO, La Nicchia di San Bernardino a Perugia, Milano, Electa
Editrice, 1963, pp. 20, tavv. 28 e ill. 3.
Questo libro affronta nuovamente la questione forse più affascinante ma
anche più intricata e difficile di tutta quanta la storia dell’arte umbra quat-
trocentesca. Le pitture che una volta ornavano la nicchia dell’Oratorio di
San Bernardino e che sono oggi nella Galleria Nazionale dell'Umbria a Pe-
rugia, costituiscono infatti un complesso attorno al quale la critica ha lavo-
rato più a lungo specie in tempi recenti; eppure malgrado l’intervento di
tanti studiosi, bisogna concludere che il problema è ancora ben lungi dal-
lessere risolto. Il Santi conosce benissimo quanto sia pericoloso tentare di
definirlo una volta per tutte quasi sforzando la soluzione in un senso o nel-
l’altro : ed in questo suo lavoro egli cerca di metter meglio a fuoco i vari
aspetti dell'argomento ed avanza alcune sue osservazioni (frutto di una lunga
consuetudine con i dipinti) che segnano realmente un progresso nella storia
della critica.
Come prima cosa esamina i tentativi di ricostruzione della nicchia di
San Bernardino e comincia intanto con lo scartare quello del Bombe, il quale
pensó che le tavolette con i miracoli del Santo formassero le chiudende della
nicchia stessa, evidentemente creata per conservare il gonfalone bonfigliesco
(a nostro avviso prevalentemente di bottega), dipinto nell'anno 1465. Solu-
zione questa, osserva il Santi, affatto errata e non solo perché manca ogni
traccia di serrature e chiavistelli nelle tavolette e perché l'uso di simili chiu-
dende sembra riuscire estraneo al gusto quattrocentesco : ma ancora perchè
un esame attento delle cornici dipinte e delle decorazioni esistenti sullo spes-
sore delle tavolette rivela chiaramente la loro disposizione originaria in due
ante verticali. A questa constatazione era giunto del resto il Bertini Calosso,
il quale aveva disposto i miracoli di San Bernardino appunto uno sopra
l’altro a decorazione dello sguancio interno della nicchia. Ma il Santi obbietta
che tale positura delle tavolette avrebbe per un verso reso la loro lettura
assai difficile e per quell’altro le avrebbe esposte a tutte le ingiurie derivanti
dal maneggio continuo del gonfalone : mentre, per nostra fortuna, esse sono
fra le pitture ben conservate che di quel tempo sono giunte fino a noi. Il
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238 RECENSIONI
Santi propone allora di considerare le famose storie sovrapposte in modo
da formare la fronte di due lesene, mentre il « celetto » con il trigramma ber-
nardiniano doveva servire da trabeazione. Un'ipotesi la quale, per quanto non
approfondita nei particolari, sembra assai più ragionevole delle altre avanzate
sin qui. '
L'Autore passa poi a riassumere tutta la lunga e complessa vicenda cri-
tica. Essa inizia sul finire del Settecento con gli eruditi locali, il Mariotti,
l'Orsini, il Siepi (seguiti poi dal Marchesi e dal Rosini), i quali proposero la
attribuzione al Pisanello : assai strana invero solo che si legga nella epigrafe
della guarigione della fanciulla la data, 1473.
Eppure, fra i primi vagiti della critica storica, quel nome vuol dir qual-
cosa : significa intanto un primo collegamento delle tavolette con gli ambienti
artistici settentrionali e mostra nel contempo quanto riuscisse difficile inserirle
«tout court» nel solco della tradizione locale. Fu il Passavant a compiere
il primo tentativo in tale direzione, pronunciando il nome di Fiorenzo di
Lorenzo che, accettato li per li senza riserve e ripetuto piü volte fino agli inizi
di questo secolo, é stato categoricamente rifiutato dalla critica recente. Ora ci
si permetta qui di aprir parentesi per obbiettare che se l'attribuzione indiscri-
minata a Fiorenzo evidentemente non regge, solo che si considerino le diver-
sità stilistiche e qualitative delle tavolette, il suo nome non é neppure da
escludere a priori dall'impresa come si fa oggi. E bisogna anche rilevare che
la vecchia attribuzione ebbe se non altro il merito di avvicinare a questo com-
plesso l'artista umbro, il quale più d'ogni altro intrattenne rapporti con gli
artisti patavini e ferraresi da cui deriva certo parecchio materiale per le storie
in questione. E poi, non è forse Fiorenzo il pittore che più di tutti i compaesani
mostra di possedere una tecnica da miniatore, un segno esile e secco, un co-
lorito metallico e quel gusto acre ed insieme quasi umoristico nell’atteggiare
i personaggi come tanti manichini, caratteri i quali si ritrovano qui specie nel
Miracolo del bimbo nato morto ed anche nel Miracolo del Capitano ? E non
è forse ancora Fiorenzo colui che più di ogni altro contemporaneo peru-
gino si dilettò di mettere per ogni dove lucidi bronzi e sfoggiò tanto
quei lavori di oreficeria come appunto nelle figure e nelle cornici stesse delle
tavolette? Ma di questo si dirà ancora in seguito.
Torniamo adesso brevemente alla storia critica che il Santi espone nel
suo libro con molta chiarezza. Il nostro secolo s'apre con una serie di impor- |
tanti interventi dal Broussolle alla Carlyle Graham, ad Adolfo Venturi i
Wi quali tutti notarono le differenze tra i dipinti e cominciarono ad attribuirli
| a diversi artisti. Il Venturi, che dopo molte oscillazioni aveva finito per far
| convergere le ricerche sul Perugino quale ideatore di tutti gli sfondi archi-
tettonici, credè che questo maestro avesse eseguito direttamente la Guari-
gione della fanciulla ed il Miracolo del cieco, mentre per le altre sei tavolette
fece il nome di Bartolomeo Caporali, di Fiorenzo di Lorenzo e del Pinto-
ricchio. Anche il Bombe e Corrado Ricci si orientarono verso soluzioni con-
RECENSIONI 239
simili; mentre lo Gnoli vide in tutti i lavori soprattutto il Pintoricchio. Il
Berenson dapprima tirò in ballo artisti senesi quali Neroccio e Francesco di
Giorgio, poi in un secondo momento li escluse. Il Van Marle creò per l’occa-
sione un Maestro del 1473, misterioso personaggio che, come vedremo, non
resterà il solo innominato di tutta la faccenda.
Alcuni critici studiarono soprattutto le architetture, mettendone soprat-
tutto in evidenza le ascendenze urbinati. Così il Salmi fece derivare questi
scenari dalle idee di Piero della Francesca, il Papini le mise in rapporto con
Francesco di Giorgio, il Richter addirittura col giovane Bramante. Altri
come il Ragghianti, il Longhi e lo Zeri, (i quali ebbero nei loro studi ad im-
battersi nell’argomento più che affrontarlo direttamente), confermarono
tutti più o meno il ruolo direttivo conferito di già al Perugino. E lo Zeri in-
trodusse tra la ricca ed eterogenea compagnia dei veri o presunti collabora-
tori un nuovo venuto, il Maestro dell’ Annunciazione Gardner che in seguito
lo studioso ha ritenuto doversi identificare con Pier Matteo d’Amelia.
A lui dovrebbero venire attribuite le prime due tavolette della lesena
destra e cioè il Giovane travolto dal toro ed il Miracolo del bimbo.
Il Santi dinnanzi ad una situazione così difficile, quasi incancrenita
nel giuoco delle ipotesi, una situazione che sembra fatta apposta per ingene-
rare sfiducia nella filologia, si tiene per una strada che può promettere an-
cora qualche buon risultato ; lo studio delle architetture dipinte. Non che
esse, lo si è visto, siano state trascurate fin qui: ma si debbono al Santi al-
cune osservazioni condotte sul vivo dei testi che hanno il merito di aggiungere
realmente nuovi elementi di giudizio. Egli nota difatti come tutte le archi-
tetture siano nate da una sola mente e disegnate da una sola mano. La mente
è quella di un teorico d’architettura, preoccupato di mettere a punto i suoi
edifici entro il rigore di una definizione prospettica ; e la mano incide a secco
le imprimiture con un solco preciso e sottile senza la minima sbavatura pit-
torica. Si dirà che siffatta tecnica è comune un pò a tutta la pittura della
epoca, ma il Santi precisa che essa appare qui assai più nitida e più minu-
ziosa di altrove ; e soprattutto che «ogni particolare delle strutture è deli-
neato con cura straordinaria, in accordo rigoroso con la proiezione centrale
ed il suo « punto di fuga » ; delineazione che mostra di essere stata preventi-
vamente completata in ogni membratura chiudendo tutte le parallele pro-
spettiche orizzontali. Già questi, crediamo, sono dati significativi per carat-
terizzare un artista il cui interesse prevalente sembra rivolto, come in un ar-
chitetto o in uno studioso di prospettiva, ad una espressione lineare più che
pittorica, e formato in un ambiente di esperienze intellettuali prevalentemente
teoriche ; ed a questo proposito sarà opportuno notare come nelle scene non
compaia mai alcuna porzione di edificio che non rivesta dignità monumentale
di schema ideale e soltanto con qualche piccolo particolare (le aste stendidrappo
=— nesiece eroe ten
ai €—
dal Santi attribuito al Bonfigli; il secondo invece di una qualità pittorica
240 RECENSIONI
o le impannate, appunto come nei disegni di prospettive o nelle note piazze
ideali) gli sia conferito un minimo di convenzionale abitabilità ».
Ora, che questo scientifico apparatore degli scenari possa essere identi-
ficato nel giovane Perugino di ritorno da Firenze, il Santi nega risolutamente.
Ma anche se si riuscisse a dimostrare una permanenza dell'artista in Urbino,
negata dal Santi e sostenuta dal Rotondi (e che a noi veramente non appare
improbabile) non perciò ne verrebbe automaticamente confermata l’attri-
buzione delle architetture al maestro di Città della Pieve. Poiché siamo qui
dinnanzi ad uno spirito astratto e speculativo che punto s'addice al carat-
tere ed alle disposizioni pittoriche dell'artista umbro. E se quest'ultimo
conservò il ricordo delle architetture ideali lungo tutta la sua carriera, dalla
Consegna delle chiavi nella Sistina fino agli affreschi e tavole piü tarde, é
chiaro che se ne servi soprattutto per partiti ritmici, per suggestioni puramente
spaziali : mentre tutti gli edifici delle tavolette sono disegnati con quella cri-
stallina lucidità, caratteristica degli apparatori di vuoti scenari e di piazze
metafisiche. Del resto, a tagliare la testa al toro, il Santi riproduce opportuna-
mente, accanto alle tavolette bernardiniane, l’ Annunciazione Ranieri, opera
indubitabile del Perugino giovane, ove ritorna, sia pure con varianti, il cortile
del Miracolo del bimbo che a sua volta deriva dal gran cortile di Urbino. Ed
è facile vedere quanta differenza corra tra l’architettura peruginesca tutta
intessuta di sottili vibrazioni atmosferiche e la diafana, sottile precisione di
questo suo presunto modello. Sicchè il Santi ha ragioni da vendere quando
esclude il Perugino da siffatte invenzioni e le riferisce a fonti urbinati, in quel-
l'incrocio eccezionalmente fervido degli anni settanta, quando Pier della
Francesca e il Laurana dominavano il campo ; le architetture ideali in pittura
od in tarsia fornivano tutta sorta di ambientazione per soggetti sacri e profani,
mentre nella vicina Rimini il Tempio Malatestiano dettava legge quanto a
interpretazione dell’antico.
Da queste giuste considerazioni il Santi è portato a costruire una nuova
personalità : un artista non umbro, formatosi a Urbino e che calato a Perugia
avrebbe fornito ai giovani pittori locali gli scenari «à la page ». Ma certo il
« Maestro urbinate » (cosi il Santi nomina questo personaggio), é figura assai
evanescente. Resta difficile fermarne la fisionomia, assicurarne l'esistenza.
È un’ombra più che un’entità corporea, reale. E difatti quando il Santi, pas-
sando dalla critica delle architetture a quella delle narrazioni pittoriche cerca
di afferrarne i connotati attribuendogli le prime due tavolette della lesena
destra e cioè il Miracolo del giovane travolto dal toro ed il Miracolo del bimbo,
il suo ragionamento diviene assai meno convincente. Sopra tutto perchè quei
dipinti sembrano di mano diversa, il primo di un pittore abbastanza materiale
che colorisce pesantemente le raffinate architetture senza comprenderne lo
spirito, e che nelle figure mostra una rigidezza di disegno, una convenzionalità
di colorito quali solo ritroviamo nel Miracolo dell’uomo colpito dalla pala,
RECENSIONI 241
‘assai più alta, di una fattura assai più raffinata e di un’arte assai più sottile,
‘ove affiorano chiaramente intenzioni maliziose ed ironiche. Di già abbiam
detto come in questa storia siano caratteri che più si accostano all’arte di
Fiorenzo, artista tanto notevole e tanto bistrattato dalla critica moderna.
A nostro modesto parere vi sono difatti analogie di fattura e di stile tra
‘questa tavoletta ed il Polittico n. 230 della stessa Galleria, che è considerato
cosa giovanile di Fiorenzo ed anteriore al nostro complesso. Del resto carat-
teri propri all’arte di Fiorenzo si ritrovavano anche nella scena con il Ca-
pitano di Tornano aggredito e miracolato dal Santo (dal Santi attribuita al
Bonfigli), ancorchè la fattura sia più abborracciata e la qualità meno alta.
Ma non è certo questo il caso di entrare nei particolari di una questione
così ingarbugliata. Aggiungeremo soltanto che per le altre quattro tavolette
il Santi accetta l’attribuzione tradizionale al Pintoricchio (a nostro parere
indiscutibile) ed al Perugino. Ma il risultato più importante della sua fatica
critica ci par quella di aver tolto al Perugino un ruolo direttivo che qui male
gli si addice e di aver intravisto al suo posto un’altra personalità strettamente
collegata con l’ambiente urbinate : anche se resta assai più difficile ricostruire
la sua fisionomia di pittore, fra tutta la brillante compagnia del 1473.
PIETRO SCARPELLINI
MappoLI GIANFRANCO, Ancora sulla patria di Properzio, in La parola del
passato, Rivista di studi antichi, XCI (1963), pp. 295-301.
L’Autore, riprendendo in esame i noti passi di Properzio nei quali fa
menzione della patria, criticando alcuni emendamenti e certe antiche e malsi-
‘cure lezioni di codici, riproponendo l’incertezza dei numerosi monumenti epi-
grafici relativi a una gens Propertia, arriva alla conclusione che Assisi — fin
ora ritenuta la più probabile — non può essere la patria del poeta. Le obbie-
zioni del Maddoli — non nuove, soprattutto per quanto riguarda le lapidi
assisane (vedi: G. URBINI, La vita, i tempi e l'elegie di Sesto Properzio, Fo-
ligno, 1883; opera ristampata col titolo : La patria di Properzio, Studi e po-
lemiche, Torino 1899) — hanno qualche buon fondamento. Non si riesce in-
vece a capire quale « conforto » possono avergli dato « alcuni scavi cominciati
per iniziativa privata nel 1932 nella zona di Bevagna in località Collemancio »
(i quali è vero che risalgono ad iniziativa privata, ma vanno però anticipati
a più di un secolo e mezzo fa, e il merito spetta all'abate Di Costanzo : cfr.
L'Odeporico, in Archivio Storico per le Marche e l'Umbria, II, 1885, pp. 640-
660). Nessuna prova seria è addotta quindi in favore di Urbinum Hortense
che sorgeva in quel luogo ; il quale oltre a presentare in maniera assai più
evidente tutti quei dubbi che è lecito avere nei riguardi di Assisi, non offre
al contrario neanche il sostegno di un’epigrafe. Ed oggi gli studiosi moderni
non sono proclivi ad accettare nuove proposte se queste non sono convali-
16
242 RECENSIONI
date da prove inoppugnabili. Insomma di Properzio si dovrebbe finalmente
trovare una lapide che ci dicesse chiaramente il luogo e l’anno di nascita.
— malsicuro anche questo — e magari i nomi dei genitori: una vera e pro-
pria carta d’identità ! La quale purtroppo non si troverà mai, a meno che
qualcuno, interessato, come fece già il Donnola di Spello, non l’avesse sot-
terrata a bella posta.
SiLvestRo NESSI
FrcARELLI AURELIO, Sancta Urbevetana Legio, Orvieto, Tipografia degli
Orfanelli, 1962, pp. 461.
Il compianto avv. Aurelio Ficarelli, fervente cattolico e strenuo difen-
sore, quale figlio esemplare, del patrimonio spirituale della sua città, ha vo-
luto lasciare un lavoro che rimane a testimonianza delle sue preclare virtù
civiche e religiose.
Costante sua preoccupazione, che ha portato infatti nei molteplici inca-
richi in ogni ufficio e sodalizio, è stata quella di valorizzare sempre più il
passato di Orvieto nell’aspirazione ad una sicura rinascita.
Il Ficarelli, è doveroso ricordarlo, ha affiancato perciò ogni iniziativa
nel campo artistico e culturale, mentre ha acquisito maggiori meriti nel col-
laborare entusiasticamente e disinteressatamente per riportare ad elevato
livello religioso la storica processione del Corpus Domini.
Sancta Urbevetana Legio che, elencando i santi, beati, venerabili e per-
sone distintesi nella preghiera e nell'azione con una vita strettamente ade-
rente ai principi della fede, divulga i loro rapporti, sotto tutti gli aspetti, con
Orvieto, va vista alla luce di una religiosità sentita e di un amore esemplare
per il luogo natio.
Non bisogna dimenticare che l'A. non ha voluto abbandonare la fatica
benchè menomato nel corpo per una lunga infermità.
Queste circostanze, che hanno del commovente, giustificano le imperfe-
zioni e le inesattezze nella bibliografia e nelle citazioni dei documenti, non
espressi secondo la moderna tecnica archivistica, perchè non è stato possibile
effettuare l'indagine presso archivi ed un utile aggiornamento sulle recenti
pubblicazioni.
L'autore ha accuratamente ed a largo raggio interpellato fuori di Orvieto
per corrispondenza singoli studiosi, archivi e biblioteche diocesane, mentre
per certi avvenimenti si é affidato alla tradizione o ad opere oramai superate
da recenti lavori.
Se attualmente qualificati studiosi hanno delineato i rapporti tra Or-
vieto e S. Bonaventura da Bagnoregio, S. Tommaso d'Aquino ed il beato Tom-
maso Corsini, per i santi dei primi secoli della Chiesa ed altri, specialmente
dell'età medioevale, é opportuno ancora un attento esame. Per i ricordati
RECENSIONI 243
santi non bisogna dimenticare l’esauriente trattazione del Petrangeli-Papini,
del Valz e del Roschini.
Il Ficarelli ha semplicemente raccolto una grande messe di notizie, senza
vagliare le fonti pubblicate e documentate e per questo permangono i dubbi
e le perplessità di certe argomentazioni.
Con lo stato attuale degli archivi ecclesiastici di ogni genere, problema
in parte affrontato specialmente per quel che riguarda i fondi del secolo scorso
ed i primi decenni dell'attuale, opportuna è stata l'aggiunta di dichiarazioni
di persone che furono presenti alla visita in Orvieto di S. Giovanni Bosco e
del Ven. Michele Rua, mentre per altri, quali Cesare Guasti, Giulio Salvadori
ed Aristide Leonori, non é stato segnalato, per i rapporti con la nostra città,
quanto invece é stato ricordato dagli scritti degli ultimi venti anni.
La descrizione presentata dall'A. di S. Faustino, di S. Savino e del beato
Stefano Cuor di Ferro, unitamente a quelle di qualche altro, sono incerte e la-
sciano il sospetto che siano stati scambiati con degli omonimi per l'impossi-
bilità di approfondimento delle indagini.
L'aver raccolto un ricco schedario di personaggi, vissuti nel lungo arco
di venti secoli, merita giusta considerazione perché sarà un ausilio non disprez-
zabile ai futuri indagatori della storia orvietana.
Nomi sui quali si accentrano episodi della vita locale, civile e religiosa
tratti dall'oblio, possono e potranno suscitare degli interessi e l'opera del Fi-
carelli sarà cosi lo stimolo per ricerche complete e veramente aderenti al ri-
gore scientifico.
La presentazione di Sancta Urbevetana Legio, documento di fede e di
amore, può spingere ad altre considerazioni perchè anche la recente scom-
parsa dell'A. ha segnato la fine completa di quelle generazioni ammirevoli
per il loro disinteressato attaccamento alla terra natale e per il loro entusiamo
portato in tutte le iniziative.
Se in questa sede quindi non è opportuno prospettare le carenze attuali
di uomini che generano giusti timori per il futuro dei nostri centri ricchi di
storia e di arte, si è certi che Aurelio Ficarelli, con la sua opera, ha lasciato
testimonianza di quelle virtù e di quelle doti che, spesso troppo misconosciute,
sono state fermento di vita e di elevazione spirituale e materiale.
CRISPINO FERRI
PICKERT LUISE CHARLOTTE, Relazioni fra archeologi italiani e tedeschi nell’Ot-
locento, Estratto dai Rendiconti della Classe di Scienze Morali, Storiche
e Filologiche dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Serie VIII, Vol. XVIII,
fasc. 5-6, maggio-giugno 1963.
La dott.ssa Pickert prosegue con accurata indagine ad offrirci illustra-
zione del clima intellettuale e delle correnti studiose nella Perugia dell’Otto-
WEM 244 RECENSIONI
cento, scoprendo ai perugini stessi vivai di laboriosità culturale cittadina da
T loro poco conosciuta e valutata.
| In una precedente monografia (recensita nel nostro Bollettino, vol. LVII)
ci aveva tratteggiato i rapporti di artisti tedeschi con la nostra Accademia
di Belle Arti, ed ora in una dotta memoria presentata alla Accademia dei
Lincei si occupa delle relazioni intercorse nel secolo passato fra archeologi
italiani e tedeschi, soffermandosi specificamente su quelle coi perugini più
direttamente versati in questa materia, da G. B. Vermiglioli a M. Guardabassi
5 E | e anche piü genericamente cultori di discipline storiche, quali Antonio Cri-
| stofani di Assisi e Adamo Rossi di Perugia.
Nel non troppo sveglio Ottocento locale, che pare offrire solo spunti
IET di malignazione e pettegolezzo al malamente quotato come lo storico della
ii 4 città, lavoravano assidui, se anche non seguiti da soverchio interessamento
| dei concittadini, gli archeologi Gio. Battista Vermiglioli, Ariodante "abretti,
Mariano Guardabassi, Gianbattista Rossi Scotti, dando e mantenendo alla
scuola di antichità della nostra Università un prestigio che si perderà colla
fine dell'insegnamento umanistico nell'Ateneo, ristrettosi sul declinare del
secolo scorso alle sole Facoltà Giuridica e Medica.
MI Quei nostri scienziati furono in diretti rapporti personali, in scambio
| di corrispondenza, in contatto di lavoro, con tanti dei piü insigni scienziati
tedeschi; e ci resta nella nostra civica Biblioteca buon materiale per rico-
| | | struire quella vicenda intellettuale intrattenutasi fra rappresentanti delle |
| due nazionalità. Non è quel massimo che si sarebbe potuto desiderare, poichè
sfortunatamente troppi dei loro documenti biografici, dei loro carteggi, dei
loro ricordi individuali, è andato distrutto o disperso ; però di ciò che è ri-
masto la dottoressa Pickert si è abilmente avvalsa per ridarci una cognizione,
I e sopratutto un'immagine colorita e vivace, documentata da lettere testual-
mente riprodotte ed altri elementi espressivi, della comunanza spirituale che
| | animò dotti tedeschi e perugini in un concorde impegno per la scienza.
! Nel 1829 per privata iniziativa di studiosi tedeschi con l'adesione di al-
! cuni italiani e d'altre nazioni, sorse in Roma I'« Istituto di Corrispondenza
Archeologica » che, formatasi poi negli ultimi decenni del secolo l'unità ger-
manica, diventò 1’« Imperiale Istituto Archeologico Germanico ». L'origi-
nario Istituto di Corrispondenza Archeologica fu il mediatore della conoscenza
| ed intesa fra i professori tedeschi e i nostri, del reciproco apprezzamento se- |
| guito alla comunicazione di notizie, indicazioni di fonti e di materiale, al mu-
| tuarsi di vedute e opinioni. |
| Se taluna fuggevole occhiata aveva dato qualche nostro erudito citta- |
dino alle antichità propriamente intese, e presso collezionisti privati, per |
puro gusto ornamentale, senza intenti dottrinali, si era formata qualche in-
| teressante raccolta (basti ricordare il Museo Oddi nella Villa di S. Erminio) ; |
IU se nell'Università si era istituito nel 1812, col nucleo donato al patrio Muni-
| cipio dal conte Francesco Friggeri, un Gabinetto di Antiquaria composto di
SITI Seen
RECENSIONI 245
pezzi particolarmente etruschi, pure mancava ancora da noi l’archeologo
specializzato e competente per vocazione e studio, sull’argomento.
La prima figura che emerse e che ne merita il nome è quella di Gio.
Battista Vermiglioli. È ben conosciuta l’opera di lui che si muove per tanti
campi della storia politica, letteraria, artistica di Perugia; ma sul terreno
specifico sono anzitutto da segnalarsi le sue Lezioni elementari di archeologia
pubblicate a Perugia nel 1822-23 e ristampate l’anno appresso a Milano, le
quali costituiscono un primo saggio sistematico della materia e di cui un in-
signe professore di Heidelberg, non appena uscite, raccomandava la lettura
ai suoi ascoltatori.
Vengono quindi Ariodante Fabretti, Giancarlo Conestabile, Mariano
Guardabassi, Gio. Battista Rossi Scotti. Quel che ha trovato e che riporta
la dott.ssa Pickert serve a lumeggiare la loro personalità, anche al di là del
puro riguardo scientifico. Della corrispondenza del Vermiglioli, essa nota
come dia l’impressione di essere scambiata tra persone fornite non soltanto
di valore intellettuale, ma anche di sentimento ed anima.
Eravamo allora all’organico costituirsi di questa nuova branca del
sapere, la conoscenza archeologica ; e non può non essere di intimo com-
piacimento per noi, la quasi scoperta, chiamiamola pure così, fatta dal-
l’Autrice, sulla scorta di documenti dimenticati,. di rare notizie diligente-
mente raccolte, dell'apporto dato da studiosi perugini all’affermazione e
sviluppo della novella disciplina nei suoi vari rami, iconografico, epigrafico,
glottologico.
Gli archeologi perugini avevano, e non poteva esser di meno, un'altissima
considerazione dei dotti tedeschi, e in specie il Fabretti e il Conestabile si
dimostrarono studiosi delle loro opere. Non meno attenti erano i Germanici
alla produzione dei nostri. Afflusso di idee, di esperienze, da una parte all'altra ;
e influsso dell'una sull'altra.
Questa compenetrazione e integrazione del lavoro intellettuale è una
delle piü alte espressioni della comunanza umana e dove é stata attuata ri-
fulge quale auspicio del suo sempre piü bramato raggiungersi.
Degli scienziati, dei dotti, l'opera compiuta rimane consacrata nei loro
volumi, e ad essi attinge lo studioso. Ma rimangono per lo piü ignorati il
lavoro, la fatica preparatoria che si espleta in scambi di informazioni di
vedute, in incontri, discussioni con altri competenti della medesima dottrina ;
resta ignorato quello che potrebbe chiamarsi il retroscena del volume che va
a prendere posto definitivo e stabile sullo scrittoio o sullo scaffale del dotto
e dell'intenditore.
Le indagini come Ja presente della Pickert sono di tanto attraenti
perché par ci conducano nel laboratorio stesso dove le opere vanno in
gestazione.
La corrispondenza fra i dotti tedeschi e perugini é doppiamente illu-
strativa ; le lettere pubblicate se sono, come scrive l'A., interessanti « dal lato
ili
|
l
i
/(——————O—— A —
246 RECENSIONI
scientifico per lo sviluppo degli studi archeologici e particolarmente etruschi »
sono pure «importanti dal lato umano quali documenti della stima ed ami-
cizia reciproca, e significative dal punto di vista locale per l'affetto che por-
tarono gli eruditi tedeschi alla città di Perugia ». E, noi aggiungiamo, lo scritto
della dottoressa Pickert é testimonio dell'affetto che l'Autrice palesa di nu-
trire per la nostra città e i suoi valori di storia e di cultura.
Di che le rinnoviamo grato riconoscimento.
SEGOLONI DANILO, Bartolo da Sassoferrato e la Civitas Perusina, Estratto
da Studi e documenti pubblicati dalla Università di Perugia per il VI
centenario di Bartolo, Milano, Giuffrè Editore, 1962.
Il senso pratico che animava lo spirito di Bartolo, e col quale il di lui
maggior discepolo, Baldo degli Ubaldi, ha creduto di marcare la sua opera di
giurista, potrebbe forse far pensare ad un’intima sua carenza di passionalità
e a una sua positiva freddezza di sentimento. Non è cosi; Bartolo ha vissuto
e nel segreto del suo pensiero meditante, pure sofferto i grandi problemi che
agitavano l’età sua, religiosi, politici, morali.
Non altrimenti avrebbe potuto essere, data la finalità etica che egli ri-
teneva affidata al giurista : quella di operare per il bene. A tale vocazione non
si poteva rispondere senza una passione interiore. E delle lotte e polemiche
divampanti nel porre e in qualche modo risolvere quegli alti problemi, osserva
l'A., com'egli nei propri scritti ci tramandi motivi ed echi « Spesso non uditi,
e talvolta confusamente percepiti ».
Come vien detto nel titolo del volume, il rapporto di Bartolo uomo-giu-
rista con Perugia entità politico-giuridica ne costituisce l'argomento. Ma
questo rapporto non potrebbe intendersi, se già non si conoscesse la posizione
intellettuale di Bartolo di fronte ai due massimi istituti dominanti l'età sua,
la Chiesa e l'Impero ; cosicchè lo studio del prof. Segoloni si svolge su tre linee
direttive: Papato, Impero, Civitas Perusina. Trattazione di ampia portata,
richiedente larga e sicura preparazione per addurvi originale e bèn apprez-
zabile contributo.
Bartolo si trova a dover soddisfare a tre impegni : fedeltà incondizionata
alla Chiesa, unica fonte di salvezza ; riconoscimento per la persistente tradi-
zione romanistica dell'Impero quale depositario d'una sovranità universale ;
fondamento e giustificazione dello stato di libertà della città sua patria di
adozione.
La massima questione che piü acutamente aveva appassionato e segui-
tava ancora ai suoi giorni a tormentare le menti era la contesa fra Papato ed
Impero ; contesa non ristretta a fatti contingenti, come, per tanto dire, una
vertenza territoriale, ma risalente ai supremi principii ordinativi della società
terrena, derivanti dalla volontà provvidenziale che regola il mondo, e la di
cui autorità non si discuteva, ma si cercava di interpretare.
—
RECENSIONI 247
Senza farne questione di supremazia dell'uno sull'altro, il rapporto di
coesistenza fra Papato e Impero parrebbe che avesse potuto facilmente ri-
solversi, stando saldi alla fondamentale distinzione e separazione delle due
giurisdizioni, spirituale e temporale ; ma il guaio stava nel definire i loro ri-
spettivi limiti, per linterferire della ratio peccati; e poichè il peccato può
insinuarsi in ogni atto dell'uomo, se ne traeva il diritto al potere spirituale di
controllare anche il temporale, e quindi una preminenza negli ordinamenti
politici e giuridici del primo sul secondo.
Tale il carattere della lotta che si dichiara tra due autorità, Papa e Im-
peratore, ma che ha componenti più profonde, latenti, e più o meno svelan-
tisi : fra latinità e germanesimo, fra classe sacerdotale e classe militare, fra
confessionalismo e laicismo, fra giure canonico e giure civile, f:a fede e ra-
gione.
Bartolo non affronta direttamente il problema, ma l'opinione sua in
merito risulta da svariati passi dei suoi scritti, e ne emerge dalla penetrativa
analisi che vi ha condotto l'A.
Posto pertanto in termini di una supremazia dell’una potestà sull’altra,
Bartolo tiene partito per quella della Chiesa sull’Impero. Bartolo appare
aver fatto la sua scelta, sottoscrivendo alle argomentazioni canonistiche e
curialistiche.
Ecclesia tenet quod imperium dependat ab Ecclesia pulcherrimis rationibus.
Si potrebbe sottilizzare su quel pulcherrimis. Chiama le ragioni addotte dalla
Chiesa « bellissime » non sentendo in coscienza di poterle dire validissime ?
Autorevoli scrittori hanno accusato Bartolo di insincerità e di opportunismo
‘coll’assumere le posizioni curialistiche. Ma l’A., pure ammettendo come l’argo-
mentare di Bartolo sui rapporti fra i due massimi poteri appaia talora incerto
e insoddisfacente, lo difende da quell’accusa, e fa riflettere come le ragioni
di base su cui si poggiava la Chiesa affondavano le loro radici nel terreno della
teologia, e lo schieramento per la Chiesa o per l'Impero assumeva anche un
significato religioso.
Bartolo è profondamente cristiano e credente. Su di una fede sentita e
sincera di Bartolo non potrebbero sollevarsi dubbi. In quel suo trattatello
Processus Satanae contra Virginem pone pur col suo impolito latino (che farà
scandalo ai venturi umanisti) sul labbro della Vergine accenti di commossa
affettuosità che solo la più pia devozione per Essa poteva suggerirgli.
Ma scartando la taccia di opportunismo che ripugna alla indiscussa di-
rittura morale del grande giurista, pure rimane una perplessità : che egli ac-
‘cetti le tesi papali, più per un atto di volontà (volens favere Ecclesiae), che
per un assoluto assenso mentale. Bartolo teme di venir accusato di eresia,
e di essere espulso dal seno della Chiesta fuori della quale non c’è salvezza.
Ha dinnanzi gli occhi l'esempio di Dante (di cui era studioso) incriminato di
«eresia per il suo De Monarchia, e ripete più volte la propria completa adesione
alla dottrina della Chiesa. Molto acutamente l'A. osserva come in una tale
248 RECENSIONI
intenzionale posizione di Bartolo si sarebbe potuto scorgere un riflesso di
quella teoria del primato della volontà sull’intelletto, peculiare della teologia
scotista, di cui doveva essersi compenetrato nell'ambiente francescano entro
il quale aveva sviluppato la sua cultura, e a cui era rimasto fedele anche in
atti della sua vita.
Con nostro molto interesse il prof. Segoloni s’intrattiene sui rapporti di
Bartolo con l’ordine francescano, che arricchiscono di nuovi elementi il pro-
filo del maestro ; dal primo insegnamento avuto da minoriti, fino alla sepol-
tura voluta nel Tempio di S. Francesco al Prato di Perugia.
Ed augura che questi rapporti vengano maggiormente studiati, a tutto
profitto d’una più profonda conoscenza del di lui intimo sentire, e che potrebbe
spiegare anche i suoi atteggiamenti.
Un nutritissimo apparato di testi accompagna la esposizione e insieme
discussione del pensiero di Bartolo (fra tutti i corpi documentari a cui l'A.
attinge e che cita non abbiamo però notato il Regesto di Clemente V fatto com-
pilare da Leone XIII).
L’A. con la diretta conoscenza che mostra degli scritti di lui, si affida
alla immediata eloquenza delle sue parole per illustrare le sue idee. Certo è
laborioso e insidioso il movimento fra tante espressioni che si rincorrono, e
bisogna dare pieno atto all'A. della loro paziente ponderata valutazione. Lo
sfondo storico ne dà poi il rilievo.
Preso il posto nel grande certame, e ancorato alle tesi curiali, Bartolo
tuttavia non poteva non sentire ancora tutta la maestà dell'idea imperiale
che tuttora avvolgeva col suo manto (con la sua ombra, avrebbero detto le
nazionalità allora affermantisi) la terra. Era l'idea della composizione uni-
taria in tutti i campi ; dalla speculazione filosofica ai rapporti giuridici, alle
attività pratiche, che attraeva le menti. Se alcuni credevano che questa
non potesse realizzarsi che a mezzo della Chiesa, e sotto il suo comando ;
per altri piü rivolti alla storia, l'artefice ne doveva essere l’Impero che già
l’aveva attuata nel mondo antico.
Ai tempi però di Bartolo sarebbe stato arduo prendere una decisa posi-
zione per l'Impero, poiché l'istituzione volgeva in patente declino e appariva
difficile un ritorno alla sua autorità d’un tempo ed a una sua funzione equili-
bratrice fra le forze politiche. Si andava piuttosto a puntare sui rapporti per-
sonali coll’ Imperatore ; e Bartolo dice che a Carlo IV debito fidelitatis adstringor,
per i favori e i privilegi largitigli, a lui e alla sua famiglia. E anche Perugia
aveva avuto da quel sovrano cospicui privilegi, tra cui la concessione in per-
petuo da parte imperiale dello Studio Generale, che formava il maggior pre-
stigio della città. L’A. dedica tutto un lungo capitolo ai rapporti tra Perugia
e Carlo IV sui documenti del tempo e negli scritti di Bartolo, che se storica-
mente interessano, non risultano determinanti per le sorti di Perugia che
ormai poco aveva da temere, da parte dell’Impero, per la propria autonoma.
esistenza.
RECENSIONI 249
Lo scrittore immette nella rievocazione d’un’epoca larghissima messe
di fatti, di teorie, di tutto un materiale che la fa rivivere e rimeditare, non per
mera curiosità erudita, ma per un suo interesse, che può dirsi duraturo, se è
vera l’asserzione della contemporaneità d’ogni storia.
E senza addentrarci in un minuto esame, che non è possibile nello spazio
d'una recensione, va subito segnalato il valore globale del suo lavoro.
Dalla questione ideologica della preminenza fra le due supreme potestà,
si viene al fatto concreto della sovranità politica e giuridica su di un dato.
soggetto territoriale e storico qual è Perugia ; e quindi si apre la via a un ri-
percorso della storia perugina nei secoli XIII e XIV, i cui eventi si compongono
con quelli del Papato, suo esilio avignonese, riconquista delle posizioni per-
dute in Italia. Ed è un riuscito sforzo di chiarificazione e coordinazione quello
sostenuto dall'A. in materia così complessa e aggiungiamo intricata, per por-
tarvi un ordine, trovare un filo conduttore, porre gli avvenimenti su di un
comprensibile binario di sviluppo.
È d’uopo rifarsi anche alle vicende interne della città per intendere la
natura e le dimensioni del dominio preteso su Perugia. L’Impero era tenuto
da mani in verità non troppo vigorose, il Papato invece retto da saldi polsi.
Le intenzioni ultime dell'Impero non paiono troppo precise ; chiare quelle
del Papato : formarsi un proprio Stato, con la pienezza di poteri sia di diritto.
pubblico che privato, in quella confusione tra sovranità e proprietà vizian-
te la mentalità giuridica del tempo.
Stranezze della storia. Un individuo di originaria stirpe germanica, di-
scendente da famiglia di conquistatori longobardi, Lotario Diacono, dive-
nuto papa Innocenzo III, sarà uno dei più fieri e intransigenti assertori della
supremità del Pontificato Romano, e fautore d’un assoluto regime ierocratico.
(Per curioso contrapposto : sarà un individuo orgoglioso del proprio sangue
romano, Dante Alighieri, a porre tutte le sue speranze in un sovrano tedesco).
Un documento fondamentale proviene precisamente da Innocenzo III, ed è
la bolla del 2 ottobre 1198, fatta dagli storici delle vicende nostre oggetto
di assai diverse interpretazioni ; essendovisi visti sia il principio della sogge-
zione alla Chiesa, sia le concessioni fondamentali per la libera vita del Co-
mune.
L’A. entra nel vivo della discussione, riconducendo al testo esatto al-
cune espressioni del documento, decisive per il loro senso. Se quel che richie-
deva più approfondito e vigile esame era appunto la posizione di Perugia
nei confronti della Chiesa, nella bolla del 1198 si è andata cercando la chiave
per la soluzione del problema.
L'Ermini scrive che in Perugia è proprio del pontefice soltanto un sem-
plice ed effimero riconoscimento di sovranità ; il Vergottini che il Papato sem-
brava accontentarsi della sovranità nominale e del giuramento di fedeltà.
Storici moderni costoro e liberi di apprezzamenti e giudizi; ma quanto agli
scrittori perugini anteriori, cominciando dal Pellini fino a quelli del secolo
X EDEN EIL -
Pa
stan
250 RECENSIONI
scorso, il Bartoli, il Bonazzi, lo Scalvanti (e aggiungiamo se ancora piü re-
cente, il Guardabassi, non menzionato dall'A.) avanza il Segoloni il plausibile
dubbio che sarebbe stato difficile, per costoro riconoscere nella bolla un docu-
mento incontestabile del dominio della Chiesa su Perugia ; poichè vissuti
nell'atmosfera risorgimentale, e quindi cosi propensi a immagini e rimpianti
di antiche godute libertà, da averne influenzate e forzate anche le visioni
storiche.
Per l'A. il significato positivo della bolla è che vien presa e posta sotto
la protezione della Chiesa la città di Perugia, la quale appartiene ad jus et
proprietatem della medesima. Non si puó minimizzare il valore di queste espres-
sioni. Il pontefice non fa rinuncia ai suoi proclamati diritti, come non de-
fletterà dal suo programma di realizzazione. Un secolo dopo Bonifacio VIII
in una bolla del marzo 1296, riesprime in modo inequivocabile il diritto della
Chiesa ad un dominio sulla città. Pel frattempo l’A. produce ben più testi-
monianze dell’affermata, se anche non del tutto attuata, effettiva sovranità
papale. Con tali testi dinnanzi vien meno quella credenza alquanto mitica in
una assoluta indipendenza, in una piena libertà politica attribuite a Perugia
per il Medioevo.
Ma è doverosa una riserva : che parlando di sovranità, di libertà, di sud-
ditanza, di fedeltà, di protectio, devotio ed altri concetti concomitanti, rimane
ben valido un richiamo proveniente dall'A. ad essere guardinghi nel dare
significato e contenuto fisso a questi termini, poichè variano nel tempo, su-
bendo diverse estensioni e limitazioni.
I concetti medievali vanno precisati ad un lume filologico. |
Le parole restano letteralmente immutabili, mentre si adeguano ai tempi,
assumendo nuovo senso, e adattandosi a nuove maturate situazioni, possono
conciliare fra loro fatti e cose che sembrano inconciliabili, stando fermi al
proprio originario valore.
Papato e Impero erano gli scogli di Scilla e Cariddi, e sull’unoo sull’altro
si andava ad urtare. Quidquid non subest Imperio est sub Ecclesia ; e da questo
dilemma conviene l’A. che Bartolo non sapeva razionalmente come trarne fuori
Perugia. Seguendo passo passo l'esposizione delle opinioni di Bartolo sulla
libertà di Perugia non ci si può sottrarre all'impressione della fatica che egli
fa per assegnarle fondamento e misura.
La libertas di Perugia sarebbe la piü ampia che egli accordi de jure ad
una civitas. Al de jure si sovrappone però il de facto, che è il legislatore defini-
tivo. Al di là di enunciazioni, delimitazioni, contrasti di principi, si sostan- |
ziavano i fatti, e Bartolo li osservava e seguiva, studiando di adattare ad
essi la teoria.
Si rivela l’homo” multum inhaerens practicae.
La Civitas Perusina si era costituita in organismo autonomo in sè com-
piuto, e ad un giurista qual era Bartolo s'ingiungeva di dare una rispondente
precisazione sul terreno del diritto.
RECENSIONI 251
Si delinea così, sia pur con preparazione anteriore, la figura della civitas
sibi princeps, formulazione dottrinale su cui ristà il pensiero di Bartolo.
La visione di Perugia è presente alla mente e, aggiungiamo, anche al sen-
timento di lui, nell’articolazione di questo concetto. Dando una base e una
configurazione giuridica alla posizione di fatto raggiunta nell'epoca sua da
Perugia, Bartolo si può dire che abbia reso un personale tributo d’affetto, alla
sua seconda e più effettiva patria.
Perugia lo ha riconosciuto, vivente, uno dei suoi più grandi cittadini,
tributandogli adeguati onori. Bartolo ha profondamente amato Perugia:
dalla sua amenità di natura, di costrutta bellezza, fino alla eccellenza del suo
governo di popolo, regimen magis Dei quam hominum.
Bartolo è uomo del Medioevo ; ed una delle più intense passioni che, in
un dato momento abbiano animato la storia, è stata quella dell’uomo medio-
«evale per la propria città.
RAFFAELE BELFORTI
KAEPPELI Tommaso O. P., Inventari di libri di San Domenico di Perugia
(1440-80). Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1962, « Sussidi Eru-
diti$..n. 15; pp. 385, I tav. I. t.
Nel decennio, tra il 1947 e il 1957, occorso per il restauro dei locali, per
l'impianto e la sistemazione dell'Archivio di Stato nei depositi, uffici, ser-
vizi e laboratori in una parte dell'ex Convento di San Domenico, durante la
classificazione e l’inventariazione del fondo archivistico relativo appunto
al medesimo Convento, assai assottigliato nelle varie vicende e nei molti
spostamenti subiti dalla sua avocazione allo Stato in poi, mi imbattei in un
registro di notevole interesse contenente l'inventario dei beni posseduti
dai padri domenicani nel 1430 e seguenti (Archivio di Stato di Perugia, Cor-
porazioni religiose soppresse, San Domenico n. 59).
L'inventario condotto con apprezzabile diligenza descrittiva è diviso
in cinque parti: « Primo ponentur res sacristie, secundo res librarie, tertio
res vestiarie et infirmarie, quarto res canape, orti et procurarie, rasure et
coquine, quinto possessiones et res immobiles ». Mi resi conto del notevole
contributo alla storia della cultura in genere e del convento in ispecie, e so-
pratutto particolare della sua biblioteca, di cui si veniva eseguendo l’inte-
grale ripristino nell’austera sede quattrocentesca, che avrebbe fornito la
pubblicazione dell'inventario, almeno della cospicua parte che riguardava
la suppellettile libraria. Ne parlai al compianto don Giuseppe De Luca, nel
corso di una delle periodiche visite che gli facevo ed insieme convenimmo di
proporre allo storico domenicano Tommaso Kaeppeli di assumersi l’onere
di dedicarsi alla pubblicazione degli inventari di libri contenuti in quel ma-
noscritto. Ed ecco il bel yolume che ne è venuto fuori.
La restituzione della suggestiva aula a tre navate al suo pristino aspetto
—
vr,
y
irquiin puit Min uim M idi
252 RECENSIONI
dopo il suo adattamento per circa settanta anni a camerata di soldati, e la
esauriente, scrupolosa e dotta illustrazione dei fondi librari originari della
biblioteca compiuta dall’illustre storico domenicano costituiscono una ac-
concia azione di riparazione dell’oblio in cui questo ragguardevole istituto
era caduto, in buona parte per le sfortunate vicende che l’hanno colpito : in-
cendi, depredazioni e infine la totale dispersione dei libri.
Il manoscritto che ha fornito la materia a questo studio ricostruttivo e
illustrativo contiene quattro inventari di libri: quello del 1430 compren-
dente 486 unità librarie, con le aggiunte del 1446 per altre 57 unità ; quello
del 1446 comprendente 463 numeri; quello del 1458, che comprende 663
numeri e reca postille di revisori e di bibliotecari fino al 1471 e un elenco di
libri appartenuti a frati defunti per 123 numeri. Tutti questi volumi, prima
che fosse costruita per volere del priore Leonardo Mansueti la nuova, deco-
rosa sede, erano divisi in due gruppi di diversa consistenza numerica e qua-
litativa : la Bibliotheca maior e la Bibliotheca minor.
Infine il manoscritto contiene l’inventario ragionato dei libri della bi-
blioteca personale di padre Leonardo Mansueti, da lui lasciata alla sua morte
al Convento perugino ; inventario redatto dal suo segretario fra Leonardo
di ser Uberto da Firenze, già bibliotecario nel Convento fiorentino di San
Marco, mentre il Mansueti copriva gli uffici di Maestro del Sacro Palazzo
prima e poi di Maestro Generale dell'Ordine, durante il quale mori (26 lu-
glio 1480).
I volumi, sia manoscritti che a stampa, sono descritti con molta cura,
sicchè l'inventario costituisce un esemplare modello di saggio bibliografico.
quattrocentesco ; vi.sono indicati con precisione i nomi degli autori e i titoli
delle opere, partitamente anche nei miscellanei, particolareggiata è la descri-
zione dei singoli pezzi con indicazione del formato, della materia e del colore
della rilegatura e del materiale scrittorio usato. Seguono la indicazione della
«littera » con valutazioni estetico-calligrafiche, la trascrizione degli «incipit»
e degli « explicit » ; in tutti i casi possibili sono notati il nome dell'amanuense
e la data di compilazione ; utili anche le note bio-bibliografiche sugli autori
e sulle opere aggiunte in alcune schede descrittive.
Nel volume padre Kaeppeli nella prima parte ha dedicato singoli capi-
toli alla determinazione dell'antica biblioteca di San Domenico entro i limiti
temporali compresi tra il 1234 e il 1474, alla illustrazione della raccolta di
libri messa insieme da padre Leonardo Mansueti con la ricostruzione della
vita di lui; alla descrizione della nuova sede della biblioteca e a quella del
manoscritto contenente gli inventari. Segue poi la trascrizione integrale dei
quattro inventari. In Appendice l’A. ha incluso una tavola di concordanze
dei tre primi inventari ; un elenco di codici e incunaboli ritrovati, meritorio.
frutto delle sue diligenti e intelligenti ricerche in biblioteche di Berlino, Mo-
naco, Oxford, Washington, Modena, Roma, Perugia (dove alla Comunale
Augusta se ne conserva il maggior numero).
de
RECENSIONI 253
Arricchiscono l'Appendice un elenco di «incipit » di opere e un opulento
Indice alfabetico di nomi di autori, di persone, di luoghi, di argomenti delle
opere.
La vastità del disegno dell'opera, la nutrita informazione storica e bi-
bliografica, la diligenza impiegata nella ricerca documentaria e storico-cul-
turale, la sicurezza di orientamento nell’individuazione dei rapporti
esistenti tra cultura e produzione libraria, la chiarezza espositiva inducono a
ritenere il volume uno dei più apprezzabili contributi alla storia delle bi-
blioteche medievali in Italia e alle forme della cultura del Quattrocento.
Rosini Corrano, Città di Castello. Guida estetica della città, dei dintorni e
luoghi vicini. Realizzazione grafica di Nemo Sarteanesi. [Città di Castello].
Edizioni Nemo, 1961, in 89, pp. 155, 4 tavv. f. t., 70 ill., L. 1500.
Toscano Bruno, Spoleto in pietre. Guida artistica della città, a cura della
Azienda del Turismo, Spoleto, 1963, in 179 pp. XXIV-310, 50 tavv.
f£ 1.4 piante; .L;1.400:
Foligno, Bevagna, Montefalco, Spello, Trevi. Testo di AwGELOo MESSINI ri-
veduto ed aggiornato da Giovanni CeccHINI. Milano, Guido Moneta
Editore, 1963, in 16°, pp. 132, 4 tavv. a colori, ill., L. 500.
La rapida e continua trasformazione che ha subito e subisce dalla fine
dell'ultimo conflitto in poi la società umana con atteggiamenti, abitudini e
gusti affatto nuovi ha recato riflessi in certo senso imprevedibili nel campo
del movimento turistico, che si viene sviluppando con assiduo incremento
di volume mediante l'afflusso notevole di classi sociali che precedentemente
vi partecipavano in minima misura. Pertanto la nuova situazione impone
una corrispondente necessità di adattamento della letteratura turistica che
soddisfi l'esigenza di illustrazione storico-artistica delle varie località, con una
impostazione aderente alla realtà attuale. Le guide turistiche in particolare
per esercitare un'utile funzione debbono essere impostate con precisi carat-
teri di sobrietà, chiarezza e sintesi espositiva, di sicurezza nei dati storici,
di obiettività e di misura nelle valutazioni critico-estetiche. La difficoltà
maggiore nella elaborazione di tali prodotti consiste nel trovare quella giusta
misura nella trattazione della materia che soddisfi le esigenze di diverse tem-
perie intellettuali, culturali e sociali, delle persone colte e di quelle meno colte,
del turista singolo e dei partecipanti al turismo di massa. Dalla tendenza
romantica ottocentesca dell’illustratore di città e monumenti che presu-
meva di prendere per mano il visitatore forestiero per accompagnarlo nel
giro artistico della città secondo l’itinerario di suo gusto e una scelta perso-
nale, suscitandone l'ammirazione mediante colorite descrizioni non immuni
da apologetiche esaltazioni verbali, si passa a una trattazione di metodico
ordine, di obiettiva chiarezza espositiva, il cui pregio maggiore consiste nella
esattezza dei dati storici, nella precisione delle attribuzioni critiche delle
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254 RECENSIONI
opere artistiche, accompagnate da essenziali sussidi eruditi c
interpretazione del contenuto concettuale dell’opera, ma co
tazione di valutazioni estetiche. In sostanza una guida turistica
deve essere sopratutto chiara, breve, limitata all’
cura nell’informazione, aggiornatissima, per virtù di un preliminare
ed esauriente lavoro di ricerca storica e di valut
bile infatti effettuare la compilazione di una degn
se non è stato prima compiuto un largo, metodic
fonti storiche e documentarie e se non si è
roso dei più validi sussidi che la critica stori
Se si ritiene valido il concetto di guida storico-
di abbozzare, bisogna riconoscere che nessuna delle tr
ndicate corrisponde adeguatamente ad esso.
La guida di Città di Castello, salvo l'impr
cazione di tal genere, nel taglio descrittivo e pe
materia si
impiego di caratteri, in una impaginazione ariosa, con la gradevole
di illustrazioni al testo, agevola l'utile lettura dei monumenti mediante i
suggerimenti di dati, notizie e sobri giudizi interpretativi forniti dall'A., che
dimostra sicura conoscenza della materia e duttile capacità di penetrazione
nello spirito e negli impulsi creativi e di gusto affermatisi nell'ambiente.
Può sembrare forse superflua la qualificazione di estetica nel titolo. Ottima
l'edizione nella realizzazione curata da Nemo Sarteanesi ; assai pratico l'in-
serimento delle piante della città indicative con apposite tracce dei monu-
menti descritti in ciascun itinerario.
Spoleto in pietre, guida artistica della città, costituisce un contributo
di prim'ordine come visione panoramica completa dell’
storico e artistico della nobile città umbra :
di utilizzazione delle fonti documentarie, di
avveduta e aggiornatissima valutazione esteti
e propria storia artistica di Spoleto, un compendio completo e perfetto anche
dal punto di vista bibliografico, di tutta la piü scelta materia storica e arti-
stica, messa insieme, criticamente vagliata con largo disegno e scandita pro-
spettiva cronologica ed esposta in una forma fluida e forbita veramente esem-
plare. Ma non risponde, nonostante l'impiego di caratteri di vario corpo, per
la stessa opulenza della materia ivi raccolta, a quei criteri diselettiva snellezza,
di concentrazione descrittiva, di rapida successione nello svolgersi degli iti-
nerari, requisiti che sono indispensabili in una guida utilizzabile nel corso
di una visita turistica della città. Da questo diligente,
lavoro preparatorio non sarà difficile estrarre una vera
le sintetica e sicura nei dati informativi con l’i
corredo di ben scelte illustrazioni.
aspetto monumentale,
frutto di un coscienzioso lavoro
sicuro inquadramento storico, di
ca. Potremmo dire che è una vera
esauriente ed acuto
e propria guida agi-
ntegrazione di un congruo
he agevolino la
n massima limi-
moderna
essenziale, ma precisa e si-
accurato
azione critica. Non è possi-
a guida turistica di una città
o lavoro di utilizzazione delle
raggiunto un aggiornamento rigo-
ca, filologica e artistica ha fornito.
artistica che ho cercato
e pubblicazioni sopra
atico formato per una pubbli-
r l'economia distributiva della
avvicina di più al concetto preliminarmente esposto. Il variato
alternanza
RECENSIONI 255
La guida di Foligno, compilata oltre vent'anni fa, ma non integrata di
tutti i dati, dal compianto canonico Angelo Messini, direttore della Biblio-
teca Comunale di quella città, perito in un bombardamento aereo verso la
fine del 1943, è quejla che si mostra più lontana dall'accennato modello di
guida turistica moderna, salvo, forse, per la concisione e per l'esclusione di
valutazioni e giudizi tecnico-estetici. Il difetto principale risiede nella sua
impostazione di vecchio stampo, che, tra l'altro, riecheggia ancora la confi-
gurazione bragazziana della rosa dell'Umbria, che, allo stato attuale, non ha
alcuna giustificazione di vitalità e di necessità. Non c'é piü ragione infatti
di raccogliere in un unico complesso storico-artistico intorno a Foligno le
città di Spello, Trevi, Montefalco e Bevagna ; queste ultime due già possie-
dono una buona guida turistica.
Inoltre, mentre per alcuni monumenti e opere d'arte sono raccolti suffi-
cienti dati cronologici di attribuzione, di formazione e provenienza, per molti
altri ve ne è quasi assoluta mancanza. Ció dipende in gran parte dalla limitata
disponibilità di fonti storiche e documentarie, ma sopratutto dalla mancanza
di quel lavoro preliminare di ricerca storica e artistica, senza il sussidio della
quale la compilazione di una guida turistica procede in modo lacunoso ed
incerto. Per quanto inserita in una collezione ispirata piü a criteri economici
che estetici, nondimeno nel corredo di illustrazioni riesce a fornire una suffi-
ciente presentazione degli aspetti piü significativi dei luoghi.
In conclusione queste guide sono frutto di un serio lavoro di illustrazione
di notevoli centri storici, per quanto per luno o per l'altro motivo non in-
carnino completamente il tipo di moderna guida turistica che adempia in
misura perfettamente sintetica al compito di presentazione storico-artistica
in corrispondenza alle esigenze attuali del flusso turistico ai più vari livelli.
GIOVANNI CECCHINI
UR
7
V
—
Preistoria
Archeologia classica e cristiana
Città della Pieve
FALCONI AMORELLI MARIA TERESA,
Rivista di epigrafia etrusca, Clusium,
in Studi Etruschi, XXX. (serie II),
1962, p. 305.
Illustra una urnetta etrusca della
collezione Gorgia di proprietà dello
Stato in Roma e la identifica con
quella edita in CIE 4852 proveniente
da Città della Pieve.
Foligno
Crotti UMBERTO, Foligno, in Enciclo-
pedia dell’Arte, III, 1960, p. 718.
Gualdo Tadino
Ciotti UmsertTo, Gualdo Tadino, in
Enciclopedia dell’arte, III, 1960, p.
1066.
Gubbio
Ciotti UMBERTO, Gubbio, in Enciclo-
pedia dell’Arte, III, 1960, pp. 1067-
1068.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
PouLTNEY JAMES WiLson, The Bronze
Tablets of Iguvium (Philological mo-
nographs published by the American
Philological Association XVIII) Bal-
timore, 1959, 89, pp. XVI - 333
tavole.
Riporta il testo delle 7 Tavole Eu-
gubine con una traduzione inglese e
un ampio commento.
Nell’introduzione si tratta della sto-
ria di Iguvium e si confronta la lingua
con quella degli altri testi umbri, si
illustrano le istituzioni religiose ricor-
date nelle tavole, che sono di epoca
diversa e la cui datazione viene fis-
sata tra il principio del 3° secolo — al
più presto — e la 1? metà del 1° secolo
a. C.
Recens.: CAMPOREALE GIOVANNAN-
GELO, in Studi Etruschi, XXVIII,
1960, pp. 524-528.
Lrenov MAURICE, in Antiquité classique,
XXIX, 1960, pp. 235-237.
ScARDIGLI Pier Luici, Studi sulla III
e IV tavola di Gubbio, in Studi Etru-
schi, XXV, 1957, pp. 267-301, XXVI,
1958, pp. 155-184.
Devoro Giacomo, Interpretazioni um-
bre III, in Studi Etruschi, XXX
(Serie II), 1962, pp. 193-204.
Sulla interpretazione di alcune pa-
role delle Tabulae Iguvinae.
^
ra peer epr MM
4
OrzscHA K., Die Kleinen Opfergaben
in den Agramer Binden und auf den
iguvinischen Tafeln, in Studi Etruschi,
XXVIII, 1960, pp. 385-401.
Monteleone di Spoleto
RoccugTTI L., Monteleone di Spoleto,
in Enciclopedia dell’ Arte, V, 1963,
p: 167:
SCERRATO UMBERTO, Considerazioni
sul Carro di Monteleone di Spoleto, in
Archeologia Classica, VIII, 2, 1956,
pp. 153-163.
Si tratta di opera dedalica con
influenze ioniche eseguita nel territorio
di Perugia intorno alla metà del VI
sec. a. C.
Norcia
Crorri UMBERTO, Norcia, in Enciclo-
pedia dell’ Arte, V,:1963, p. 544.
Orvieto
Bizzarri MARIO, Orvieto, in Enci-
clopedia dell’arte, V, 1963, pp. 773-
779.
Bizzanni MARIO, La necropoli di Gro-
cifisso del Tufo in Orvieto: I, Sto-
ria e topografia della necropoli ; II,
Campagna di scavo 1960-61; III,
Inventario e illustrazione dei mate-
riali; IV, Problemi e considera-
zioni. Appendice I, Le iscrizioni
funerarie ; Appendice II, Relazione
del prof. A. Costa sul cranio della
tomba 21, in Studi Etruschi, XXX
(Serie II), 1962, pp. 1-154, tavo-
le I-XVI.
258 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Orvieto. Scavi nella necropoli del Croci-
fisso del Tufo [M. Bizzarri], in
Studi Etruschi, X XVIII, 1960, p. 442.
Id. Id. [A. TaALOccHINI], in Studi
Etruschi, X XVIII, 1960, pp. 446-47.
Bizzanni MARIO, Scavi nella necropoli
del Crocifisso del Tufo, in Fasti Ar-
chaeologici, XV, 1963 (1960), p. 175,
n. 2575.
Presso l’Istituto Centrale del Re-
stauro proseguono i restauri di vasi
greci ed etruschi del museo Faina di
Orvieto (cfr. anche F. A., X, 317;
XI, 323).
BonnELLI VLAD L., in Fasti archeolo-
gici, XIV, 1962, n. 257.
PARIBENI E., Pittore di Orvieto A 191,
in Enciclopedia dell’ Arte, V, 1963,
pp. 779-780.
Hus ALAIN, Amphore étrusque à fi-
gures noires du « Peintre du Vatican
2650», in Latomus, XVI, 2, 1957,
pp. 326-328.
Si raggruppano alcuni vasi asse-
gnandoli ad un ceramista attivo a
Chiusi o Orvieto verso il 480-470 a. C.
Orvieto, località varie, Allerona,
Monteleone d’Orvieto, Porano, S. Ve-
nanzo : scoperte varie.
BIZZARRI M., in Studi Etruschi, XXXI,
1963, pp. 172-173.
Otricoli
PIETRANGELI CARLO, Otricoli, in En-
ciclopedia dell’ Arte, V, 1963, p. 805.
PARIBENI ENRICO, Vasi otricolensi, in
Enciclopedia dell’ Arte, V, 1963, pp.
804-805.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 259
Perugia
Jonnstone Mary A., Perugia and
her people, Perugia, Grafica, 1956,
pp. 262.
Recens. : NEPPI Mopona A., in Studi
Etruschi, XXV, 1957, p. 616.
GurrIiERI OrtoRrINO, L’Ipogeo dei
Volumni, la necropoli del Palazzone,
l'Ipogeo di S. Manno, l'Ipogeo di
Villa Sperandio, Perugia, Azienda
Aut. di Turismo, 1963, pp. 23.
Heurcon L, À propos du cognomen
Violens et du tombeau des Volumnii,
in Archeologia Classica, 10, 1958,
pp. 151-159.
PrirriG A. J., Untersuchungen zum
« Cippus Perusinus », in Studi Etru-
schi, XXIX, 1961, pp. 111-154.
Prirric AMBROS Joser, Addenda und
corrigenda zu « Untersuchungen zum
Cippus Perusinus (CIP)», in Studi
Etruschi, XXX (Serie II) 1962,
pp. 355-357. Cfr. St. Etr., XXIX
1961, pp. 111-154.
Haynes SvBiLLe, Drei Silberreliefs
in British Museum, in Jahrbuch d.
Institut, LXXII, 1958, pp. 9-17.
Tratta di tre rilievi d’argento ritro-
vati nel 1812, insieme con altri indub-
biamente etruschi conservati a Peru-
gia e a Monaco, presso Castel S. Ma-
riano a sud ovest di Perugia. Anche i
rilievi del Museo Britannico sono si-
curamente etruschi.
I bronzi di Castel S. Mariano del
Museo Archeologico di Perugia che
comprendono elementi di decorazione
di un carro nonchè di mobili e arredi
si stanno restaurando presso l'Istituto
centrale del Restauro. BoRRELLI VLAD
L., in Fasti archaeologici, XIV, 1962,
p. 257.
BizzanRI MARIO, Una nuova tazza del
pittore di Antiphon, in Studi Etru-
schi, XXVI, 1958, pp. 259-265.
Tazze del museo di Perugia con
banchettante su kline, datata al 480
aC.
DoznnN ToBias, L/ Arringatore nato etru-
sco-cittadino romano, in Atti del pri-
mo convegno di studi umbri, Gub-
bio, 26-31 maggio 1963, pp. 197-
211.
TERROSI ZANCO O., Ex voto allungati
dell’Italia Centrale, in Studi Etruschi,
XXIX, 1961, pp. 423-459.
Ricorda esemplari del Museo Archeo-
logico di Perugia (dalla stipe della
Caligiana e da Colle Arsiccio presso
Magione).
Caputo Giacomo, La tradizione del
Grifo perugino, in Studi Etruschi,
XXIX, 1961, pp. 417-422.
Jounnstone MARY A., The Griffin the
coat-of-arms of Perugia, in Studi
Etruschi, XXX (serie II) 1962,
pp. 335-352.
Sulla derivazione etrusca del grifo
che figura nello stemma di Perugia.
Spoleto
RosseTttI IppoLITO, La colonia romana
di Spoleto e gli altopiani plestini nella
II guerra punica. Notizie sulle ori-
gini del Cristianesimo nella regione
di Spoleto. «I quaderni dell’Appen-
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260 SEGNALAZIONI
nino Camerte», Seconda Serie, n. 11,
Camerino, 1964, pp. 66 e segg.
DE ANGELIS PieTRO, Spoleto « Umbriae
caput»: reminiscenze, Roma, 1960,
pp. 24.
Sintesi storica in occasione del cente-
nario dell'entrata delle truppe piemon-
tesi in Spoleto.
Immagini e memorie di Spoleto.
Cassa di Risparmio di Spoleto/1963,
pp. 84:
PIETRANGELI CARLO, Le origini e l'epo-
ca romana.
RAMBALDI ALCEO, Il Cristianesimo nei
primi secoli.
ANTONELLI GIOVANNI, I! ducato.
Toscano Bruno, Il fardo medioevo.
PompPiLJs Luigi, Dal Rinascimento alla
fine del Settecento.
LEONARDI LIoNELLO, Il Risorgimento
e l’età contemporanea.
PALLOTTA CARLO, La Cassa di Rispar-
mio di Spoleto dalle origini ad oggi,
Ciorri UMBERTO, Il teatro romano di
Spoleto, in Spoletium, VII, 1960,
n. 1-2, pp. 9-26.
Ampia sintesi sullo scavo e restauro
del monumento.
RAMBALDI ALCEO, Lavori di restauro
e scoperte archeologiche [a Spoleto
e dintorni], in Spoletium, VII, 1960,
Notiziario, pp. 12 e segg.
Resti fittili preistorici a Colleri-
sana ; iscrizione romana in via Aurelio
BIBLIOGRAFICHE
Saffi, altre già in via Q. Settano
(CIL, XI, 2, 4803), pavimento romano
in piazza della Nazione ; sarcofago e
tombe romane sulla strada di S. Pietro
fuori le mura; rudere romano sulla
strada di monte Pincio ; ritrovamento
del carme in onore di S. Vitale (CIL,
XI, 2, 4966); lance di ferro trovate
presso il traforo della Rocca.
RAMBALDI ALceo, Epigrafi romane
a Spoleto, in Spoletium, VIII-IX,
1962, pp. 3-6.
RAMBALDI ALCEO, Ruderi romani, in
Spoletium, VIII-IX, 1962. Noti-
ziario, n.s., n. 4, Spoleto, 1963,
pi 6:
Segnala resti romani presso la Villa
Pucci della Genga a Poreta e presso
l’Osteria del Bastardo.
Terni
AutoRI VARI, Rassegna degli scavi
e delle scoperte, in Studi Etruschi,
XXVIII, 1960, pp. 439-442.
Scavi in provincia di Terni.
Todi
Rendiconti della Pontificia Accademia
Romana di archeologia, X XXX-XXXI,
1957-58 ; 1958-59, pp. 307 e segg.
Nel Museo Vaticano è stato restau-
rato il « Marte di Todi ».
Umbria
OrzscHA K., Confronti di parole etrusco-
umbre, in Studi Etruschi, XXIX,
1961, pp. 475-491,
SEGNALAZIONI BILIOGRAFICHE
RADMILLI ANTONIO, La preistoria della
Toscana e dell'Umbria, in L'Uni-
verso, XL, 1960, pp. 813-836.
BLocH RayMonDp, Rituali umbri e ro-
mani: rapporti e parentela, in Atti
del Primo Convegno di Studi Umbri,
Gubbio, 26-31 maggio 1963, « Pro-
blemi di storia e archeologia del-
PUnibria », pp. 213-225.
Devoro Giacomo, Umbri e Etruschi,
in Studi Etruschi, XXVIII, 1960,
pp. 263-276.
Devoro Giacomo, Gli antichi Umbri,
in Spoletium, VII, 1960, pp. 3-8.
Testo del discorso pronunciato nella
sede della Accademia Spoletina il 18
dicembre 1959.
Bizzarri MARIO, Rassegna degli scavi
e delle scoperte avvenute nel territorio
della Soprintendenza alle Antichità
dell' Etruria dal 1° luglio 1956 al 30
giugno 1958, in Studi Etruschi,
XXVI, 1958, pp. 187-191.
Scoperte nelle province di Perugia e
Terni.
SusiNnI GIANCARLO, Ricerche sulla bat-
taglia del Trasimeno, in Annuario
dell’ Accademia Etrusca di Cortona,
N. S. XI, IV, 1956-60 (1960), pp.
1-93.
Via Flaminia
Fustier P., Notes sur la constitution
des voies romaines en Italie, 1:
Via Flaminia, in Revue des études
anciennes, 60 (1958), p. 82-86.
CARLO PIETRANGELI
261
Storia politica, civile e religiosa
GiovannI M., Passionista, Lettere ine-
dite di San Gabriele dell’ Addolarata;
in L'eco di San Gabriele, XLIII
(1955), pp. 110-111, 138, 139.
Testo di quattro lettere scritte dal
santo al cugino Pietro Possenti nel
1854 e 1855.
CeccHINI GIovANNI, Una bolla inedita
di Innocenzo IV, in Bullettino se-
nese di storia patria, vol. 44 (1957),
pp. 184-185.
Edizione della bolla, che riguarda
non un monastero delle Clarisse di
Chiusi, mai esistito, bensì il monastero
di S. Lucia in Città della Pieve, al-
lora (1252) in diocesi di Chiusi.
Di MATTIA GIUSEPPE, « Iurisdictio quasi
episcopalis » e altare papale nella
basilica e cappella papale di S. Fran-
cesco in Assisi, in Ephemerides iuris
canonici, vol. XV (1959), pp. 67-95.
L'A. esamina quali fossero le persone
godenti di «iurisdictio quasi episco-
palis » ammesse a celebrare all'altare
papale della chiesa di Assisi, creata
basilica patriarcale e cappella papale
dalla bolla Fidelis Dominus del 25
marzo 1754.
MARIO PERICOLI
Nevi BraTRICE, Una lettera inedita di
Maurizio Quadrio; in Bollettino della
Domus Mazziniana, Pisa, V (1959),
n. 1, pp. 11-14.
Lettera dell’ottobre 1875 indirizzata
a Giuseppe Contucci, che dopo il 1867
aveva fatto parte a Perugia del Co-
mitato d’Emigrazione Romana con
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262 SEGNALAZIONI
Francesco Giovagnoli, Carlo Lizzani e
Giuseppe Santangeli.
OnroLr GIOVANNI, Francesco Spada
poeta romano, in Studi Romani, VII,
n. 2, marzo-aprile 1959, pp. 173-191.
I primi documenti sull'origine della
famiglia Spada sono datati da Terni,
dove rimase fino al secolo XV.
MANSELLI RAouL, Arnaldo da Villa-
nova e i Papi del suo tempo. Tra re-
ligione e politica, in Studi Romani,
VII, n. 2, marzo-aprile 1959, pp.
146-161.
Ricorda Perugia dove Arnaldo da
Villanova fu incarcerato per ordine di
Benedetto XI.
M. C. CRISPOLTI
VILLANI GIusEPPE, Una visita aposto-
lica nel regno di Napoli (1556-1568).
Conflitti giurisdizionali e condizione
del clero, in Studi in onore di Ric-
cardo Filangieri, vol. II, Napoli,
L’Arte tipografica, 1959, pp. 433-466.
L’A. studia la visita di Tommaso
Orsini, vescovo di Strongoli e poi di
Foligno, compiuta nel 1566 ed interes-
sante per l’applicazione dei decreti del
Concilio di Trento.
MARIO PERICOLI
MrÜnH RoBERT, L'idea della religione
romana, in Studi Romani, VII, n. 4,
luglio-agosto 1959, pp. 309-404.
L'A. documenta la sua teoria della
concezione romana della divinità in
« actu » esaminando i nomi di divinità
estratti dalle Tavole Iguvine.
BIBLIOGRAFICHE
SACCHETTI GiuLIo, Il Cardinale Giulio
Sacchetti (1587-1663), in Studi Ro-
mani, VII, n. 4, luglio-agosto 1959,
pp. 405-416.
Accenno a Perugia dove Giulio Sac-
chetti compì i primi studi.
ReEDANÒ Uco, Il XVII Convegno di
Studi cristiani in Assisi, in L’Italia
che scrive, anno XLII, n. 9-10, set-
tembre-ottobre 1959, p. 235.
Si tratta delle lezioni tenute nel
corso di Studi Cristiani nella Citta-
della di Assisi.
CHERUBINI WANDA, Movimenti pata-
rinici in Orvieto, in Bollettino del-
l’Istituto Storico Artistico Orvietano,
anno XV (1959), pp. 3-42.
Esamina i rapporti che l’eresia ca-
tara ha avuto con il resto della vita
cittadina e in particolare con la realtà
politica comunale.
Fioroni MARINO, La famiglia Baschi
di Carnano e la storia di alcuni Do-
mini Collettivi dell' Umbria, Todi,
Tipografia Tuderte, 1959, ill, pp.
XIV-233.
Le origini e gli sviluppi dei Domini
Collettivi della zona che si estende fra
Todi e la Teverina e la storia delle
grandi famiglie, come i Baschi di Car-
nano, gli Ancajani, gli Alviano, che si
succedettero nel dominio di quel ter-
ritorio.
CHIoccIoNI P. PrgTRO T.O.R., Il Pa-
lazzo Comunale di Assisi luogo di
nascita di S. Gabriele dell’ Addolo-
rata, Atti dell’Accademia Proper-
ziana del Subasio, Serie V, n. 6,
giugno 1959, S. Maria degli Angeli,
omega emer
SEGNALAZIONI BIBLIO GRAFICHE
Tipografia Porziuncola, 1959, pp.
89, 43 tavv.
Storia della famiglia di Francesco
Possenti, S. Gabriele dell’Addolorata,
figlio di Sante Possenti che fu Gover-
natore di Assisi dal 1837 al 1840.
È riportata, inedita e tratta dalle
Riformanze e da documenti dell’Ar-
chivio Storico Comunale, la serie dei
Governatori Pontifici che abitarono
nella Residenza Governativa del Pa-
lazzo Comunale dal 1788 al 1860.
FortINI ARNALDO, Nel 7509 anniver-
sario della fondazione dell'Ordine dei
Frati Minori (1209-1959). Storia,
cronaca, discussioni, S. Maria degli
Angeli, Tipografia Porziuncola, 1959,
pp. 33, 11 tavv. f. t.
Una fonte autorevole, la Cronaca dei
XXIV Generali, risolve la questione
da tempo dibattuta sulla data pre-
cisa di fondazione dell'Ordine dei Frati
minori ponendola al 16 aprile 1209.
Per questo motivo nel 1959, 7509
anniversario, fu deciso di tenere ad
Assisi le lezioni di chiusura del corso
di Studi Francescani con la rievoca-
zione degli episodi della conversione
di S. Francesco e di S. Bernardo di
Quintavalle.
Ferri CrisPINO, L'archivio Luigi Man-
cinelli, in Bollettino dell’ Istituto Sto-
rico Artistico Orvietano, anno XV
(1959), pp. 48-50.
Contiene un elenco delle partiture
d'orchestra, in manoscritti originali e
a stampa, che fanno parte dell’ar-
chivio Luigi Mancinelli donato al
Municipio di Orvieto dai figli del com-
positore.
SOTTOSEZIONE ARCHIVIO DI STATO
Orvieto, Catalogo della Mostra di
26
Codici notarili dal secolo AGERE al
XVIII, Orvieto, Tip. Orfanelli, 1959,
rec. di CARLO ALBERTO CALISTRI in
Bollettino dell'Istituto Storico Arti-
stico Orvietano, anno XV (1959),
D::97;
I] catalogo, opera del dottor Cri-
spino Ferri, porta l'elenco dei qua-
ranta codici presentati alla Mostra ed
è completato da sei riproduzioni foto-
grafiche e da richiami bibliografici.
Biconi P. Giacomo, Un celebre Ve-
scovo eugubino, fautore del dogma
dell' Immacolata, in L'Eugubino, X,
n. 9-10, 24 dicembre 1959, p. 9.
Si tratta del cardinale Giuseppe
Pecci, di famiglia eugubina e vescovo
di Gubbio, che ebbe una parte impor-
tante nella preparazione del dogma
mariano.
Capasso RiccarDo, Spoleto : studi alto
medievali, in L’Italia che scrive,
XLII, n. 5, maggio 1959, p. 108.
Illustrazione del tema «Le Chiese
nei Regni dell'Europa occidentale e i
loro rapporti con Roma sino all 800 »,
svolto dal Centro Italiano di Studi
. sull’Alto Medioevo.
M. C. CRISPOLTI
Rzcarawr ANGELO, Notizie storiche di
Pietralunga, Città di Castello, G.
Paci, 1959, pp. 120.
L'A. sviluppa sempre inquadrandoli
nella storia generale le vicende molto
interessanti di un centro abitato del-
l’alta valle del Tevere. Si succedono
in ordine strettamente cronologico i
mutamenti di luogo e di denomina-
zione dal Forum Iulii Concubiense,
—
> LER
= - al)
II
a Tofia, Pratalonga fino all’attuale
Pietralunga. Il lavoro presenta inte-
ressanti segnalazioni come ritrovamenti
del periodo umbro etrusco, resti di
costruzioni romane, di un acquedotto,
un bassorilievo romanico, il sorgere
di una Confraternita dei Disciplinati
nel 1394, uomini illustri ecc. oltre no-
tizie agiografiche su S. Crescenziano
e della chiesa di Pieve de’ Saddi.
MARIO PERICOLI
Ruaur Don Quirico, La Festa dei
Ceri in alcuni documenti del 1500, in
L’Eugubino; XI, maggio 1960, p. 21.
Esame di un interessante editto del
1568 e di altri documenti di mons.
Mariano Savelli, vescovo di Gubbio
dal 1561 al 1599.
M. C. CRISPOLTI
CAPuccI-FERRARI I, L’ottavo Con-
vegno spoletino di studi altomedioe-
vali, in Convivium, A. XXVIII,
Nuova serie, n. 6, novembre-dicem-
bre 1960, p. 759.
Relazione sui lavori del Convegno
tenutosi a Spoleto dal 21 al 27
aprile 1960. Argomento: monete e
scambi nell’Alto Medioevo.
MarIo MELELLI
BiGoni P. GrAcomo 0. M. F. CONV.,
Sant’ Ubaldo del 1833. Due Cardinali
a Gubbio e la cronaca di Don Manuali
Parroco di Montanaldo, in L'Eugu-
bino, XI, maggio 1960, pp. 17-18.
Cronaca delle celebrazioni per la
festa di Sant'Ubaldo nel 1833, alla
presenza dei cardinali Giuseppe AI-
bani e Placido Zurla.
264 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
FERRI CRISPINO, Documenti dell'annes-
sione di Orvieto al Regno d’Italia,
in Bollettino dell’ Istituto Storico Arti-
stico Orvietano, anno XVI (1960),
Pp. 29-32.
Elenco dei documenti esposti nella
mostra per il centenario del plebiscito
4 novembre 1860, nella sede dell'Ar-
chivio di Stato di Orvieto.
M. C. CRISPOLTI
REGGIANI ANGELO, Ricerche sulle ori-
gini del cristianesimo nell'alta valle
del Tevere, Città di Castello, Unione
Arti Grafiche, 1960, pp. 58.
L'argomento é svolto raggruppando
in altrettanti capitoli le vicende del
cristianesimo dei primi cinque secoli
nella zona umbra precisata nel titolo.
Lo scopo che l'A. si è prefisso: «ri-
chiamare l'attenzione degli studiosi um-
bri sopra i monumenti dei primi secoli
cristiani, aricora esistenti nella nostra
valle, perché vengano conosciuti, stu-
diati e conservati » sarà senz'altro rag-
giunto. Tredici tavole illustrano inediti
paleocristiani di Loreto (Gubbio), Pieve
di Saddi (Città di Castello), Campo-
reggiano (Gubbio), Badia di Petroia
(Città di Castello), Padule (Gubbio),
Montecorona (Perugia), Badia di S. Be-
nedetto Vecchio (Gubbio).
MARIO PERICOLI
DevoTo Giacomo, Per la storia delle
regioni d’Italia, in Rivista Storica
Italiana, A. LXXII, (1960), n. 2,
p. 221.
Formazione delle regioni nelle loro
delimitazioni di aree linguistiche in-
quadrate nelle vicende della storia
generale. Nel par. V si parla dell'area
umbro-sabellica.
MARIO MELELLI
p ————
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 265
FANELLI VirTORIO, Adriano VI e
Angelo Golocci, in Studi Romani,
VIII, n. 1, gennaio-febbraio 1960,
pp. 13-24.
Accenno al vescovato di Nocera in
Umbria, che Angelo Colocci ottenne
nel 1536.
PARATORE ETTORE, Il bimillenario della
guerra di Perugia e della pace di
Brindisi, in Studi romani, VIII,
n. 5, settembre-ottobre 1960, pp. 523-
534.
L'assedio e la presa di Perugia fu-
rono tra gli episodi piü duri dellà po-
litica di Ottaviano e rivivono nella
poesia dolorosa di Properzio.
Gini Giorgio, I| Monte Ingino o di
Sant'Ubaldo, in L’Eugubino, XI,
maggio 1960, pp. 8-10.
Breve storia del Monte Ingino e
osservazioni sullo stemma di Gubbio.
Rocanr ORIGENE, Origine dei Ceri, in
L’Eugubino, XI, maggio 1960, pp.
12-15.
Espone gli studi di mons. Pio Cenci
sull'origine dei Ceri, respingendo le
argomentazioni dello scrittore Herbert
Bower che vede in questa tradizione
una rievocazione dei riti pagani.
M. C. CRISPOLTI
MANCINI FRANCO, recens. a Luigi Bo-
NAZZI, Storia di Perugia dalle origini
al 1860, a cura di GIULIANO INNAMO-
RATI, con una nota di L. SALVATO-
RELLI, Città di Castello, 1960, in La
Rassegna della letteratura italiana,
Anno 65, Serie VII, n. 1, gennaio-
aprile 1961, pp. 134-137.
La «vera cagione» della storia bo-
nazziana risiede in quel sentimento ge-
loso e violento che legó lo scrittore alla
terra natale. Osserva come la tendenza
a tradurre l'informazione cronachi-
stica in termini autobiografici e appas-
sionati sia una delle note piü vivaci e
appariscenti. Elenca poi alcuni passi
esemplari degni di una scelta antolo-
gica. Elogia infine l'impegno col quale
Giuliano Innamorati ha curato la pre-
sente edizione, arricchendola d'un'am-
pia premessa nella quale è data una
documentata biografia del Bonazzi e
sono illustrati i temi-chiave della sua
arte.
M. C. OTTAVIANI
Spoleto nel Risorgimento, Mostra di
cimeli e documenti, 17-25 settembre
1960, Spoleto, Comitato Cittadino
per la celebrazione dell'Unità d'Ita-
lia, 1960, pp. 67.
Catalogo dei documenti esposti alla
Mostra Storica del Risorgimento te-
nuta a Palazzo Collicola ; tra questi è
una lettera di Giuseppe Garibaldi agli
Italiani di Spoleto.
AI catalogo è premessa una memoria
della partecipazione di Spoleto al Ri-
sorgimento nazionale, a cura di ANNA
TOSCANO.
Foligno nel Risorgimento 1817-1860, Fo-
ligno, Comitato cittadino per la ce-
lebrazione del 1° Centenario del-
l'Unità d'Italia, 1960, pp. 78.
Catalogo dei documenti esposti alla
Mostra del Risorgimento.
DvupenkÉ THesEIDER EuGENIO, Come
Orvieto venne sotto il Cardinale Al-
bornoz, in Bollettino dell' Istituto Sto-
rico Artistico Orvietano, anno XVI
(1960), pp. 3-20.
266 SEGNALAZIONI
L'A., dopo una breve storia della
Orvieto medievale e comunale e delle
lotte tra le grandi famiglie cittadine,
sottolinea come, con la sottomissione
della città da parte del cardinale AI-
bornoz, si avvii la riconquista e la
ricostruzione dello Stato della Chiesa.
FRATEL ALBANO F. S. C., I Fratelli
delle scuole cristiane a Orvieto, in
Bollettino dell'Istituto Storico Arti-
stico Orvieíano, anno XVI (1960),
pp. 21-25.
Brevissima storia dell'Opera dei
Fratelli delle Scuole Cristiane, dalla
fondazione del loro Istituto di Orvieto.
DE FELICE RENZO, L’industria del
ferro nei dipartimenti romani del-
l’impero francese, in Studi romani,
IX, n. 1, gennaio-febbraio 1961,
pp. 30-42.
Si tratta di uno studio sull’economia
romana del 1700-1800 che VLA. fa
valendosi in gran parte del materiale
fornito dall’inchiesta effettuata dai
funzionari dell’impero napoleonico nel
1809-1810 nei dipartimenti del Te-
vere e del Trasimeno, cioè nel Lazio
e nell’Umbria di oggi.
M. C. CRISPOLTI
MANCINI FRANCO, Miscellanea di let-
tere su Luigi Bonazzi, in La Rasse-
gna della letteratura italiana, Anno
65; Serie VI. nm 2, maggio-agosto
1961, pp. 287-292.
Pubblica un gruppo di lettere da lui
ritrovate nell'Archivio Comunale di
Todi, le quali forniscono notizie sul
Gustavo Modena, sulla Storia di Peru-
gia e dettagliate informazioni circa
gli ultimi giorni della vita dello scrit-
BIBLIOGRAFICHE
tore. Esse vengono ad integrare l'in-
terpretazione che della personalità del
Bonazzi ha già dato l’Innamorati nella
Notizia, premessa alla nuova edizione
della Storia di Perugia.
M. C. OTTAVIANI
DiviziaN1 ANTONIO, Il Patrimonio di
S. Pietro in Tuscia. Lineamenti sto-
rici, in Bollettino dell’Istituto Sto-
rico Artistico Orvietano, anno XVII
(1961), pp. 3-39.
Origine e storia della sovranità dei
Papi nell’Italia centrale. Donazioni dei
re longobardi e dei re franchi. Lotta
per le investiture, il pontificato di
Innocenzo III e l’istituzione del Par-
lamento. Organizzazione politico-am-
ministrativa del Patrimonio di S.
Pietro in Tuscia fino al 1870.
MonETTI BruNO, L'eugubino Angelico
Fabbri protagonista ed eroe dell'unità
d'Italia, in L'Eugubino, XII, mag-
gio 1961, pp. 19-20.
Ricordo dell'eroico patriota, lette-
rato ed artista eugubino.
BENDIsCIOLI Manmro, Il quietismo a
Roma e in Italia, in Studi Romani,
IX, n. 2, marzo-aprile 1961, pp.
168-179.
Fra gli autori quietisti ricorda il
cappuccino fra' Battista da Perugia.
FABRIZI Mons. BENEDETTO, Il Ca-
stello di Campello sul Clitunno, Ro-
ma, «Pfizer Corporation», 1961,
pp. 61.
Il Castello di Campello trae l'origine
del suo nome dal fondatore Rovero di
Champeaux, che, giunto in Italia con
EDS —,
—
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 267
Guido duca di Spoleto, edificó una
fortezza nei pressi delle fonti del Cli-
tunno e la ottenne in feudo insieme al
territorio circostante dall'imperatore
Lamberto verso l'anno 921. L'A. ne
delinea le vicende storiche fino alle
gloriose gesta dei suoi abitanti nella
guerra 1915-1918.
RicHi Gino, Un orvietano fra i « Mille »,
in Bollettino dell Istituto Storico Arti-
stico Orvietano, anno XVII (1961),
pp. 42-44.
L'A. ricorda come Pietro Stagnetti,
orvietano, non solo partecipò alla
spedizione dei Mille ma fu uno dei
componenti lo stato maggiore di Ga-
ribaldi.
BnEzzi PaoLO, Pellegrinaggi e spiritua-
lità medievale, in L'Italia che scrive,
XLIV, n. 10-11, ottobre-novembre
1961, pp. 206-207.
È un'ampia illustrazione del Con-
vegno tenuto a Todi sul tema « Pelle-
grinaggi e culto dei Santi in Europa
fino alla prima Crociata », a cura del
Centro di Studi sulla spiritualità me-
dievale.
Biconi GiAcowo O. F. M. Conv., Epi-
stolari eugubini dell’800 e altre cose,
in L'Eugubino, XII, maggio 1961,
p. 25.
Si tratta di lettere e documenti rac-
colti da monsignor Pio Cenci e riguar-
danti le grandi famiglie cittadine e i
patrioti del secolo scorso.
Parisi ANTONIO F., Filippo Brignone,
Francesco Fiorentino, Pietro Ardito,
D. Tallarigo e le resistenze clericali
nella Spoleto del 1860-61, Estratto
dalla Rivista Historica, anno XIV,
1961, n. 4, Stab. Tip. «La voce
di Calabria », pp. 12.
La liberazione di Spoleto, centro di
grandi fermenti patriottici, ad opera
di Filippo Brignone fu un episodio di
grande importanza se si considera la
posizione strategica della città, «chiave
di tutta l'Umbria ».
In appendice l'A. pubblica una re-
lazione degli avvenimenti composta
da Lorenzo Sinibaldi per onorare il
generale Brignone e coloro che ave-
vano partecipato all’impresa.
M. C. CRISPOLTI
CEccHINI GIiovANNI, L'origine della
Biblioteca Augusta di Perugia, in
Accademie e Biblioteche d'Italia, An-
no XXIX (1961), n. 1, Roma, Fra-
telli Palombi Editori, 1961, pp. 8-15.
Premessa una breve introduzione,
LA. pubblica latto (finora inedito)
con cui Prospero Podiani nell'anno
1582 fece donazione al Comune di
Perugia della sua biblioteca, da cui
si generó l'attuale Biblioteca Augusta.
PAOLA SCARAMUCCI
STUDIUM GENERALE CIVITATIS PERUSII,
Formula ad conferendum doctoratum
honoris causa in almo Studio gene-
rali perusino ad instar moris saec.
XVI, Perugia, Stabilimento Tipo-
grafico « Grafica », 1961, pp. 15.
Formula con la quale veniva con-
ferita la laurea al candidato che aveva
sostenuto la «publica», saggio so-
lenne e pubblico del suo sapere.
Tale formula é stata estratta ed
adattata dal professor Giuseppe Er-
mini da un manoscritto contenuto in
un codice cinquecentesco dell’Archivio
dell’Università di Perugia.
M. C. CRISPOLTI
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BERLAsso FiLiPPO MARIA O. S. M,,
La fine del dominio pontificio in
Umbria nel carteggio del card. Pecci
con il p. Bonfiglio Maria Mura, in
Studi Storici dell'Ordine dei Servi
di Maria, XII (1962), pp. 217-
286.
Edizione di 29 lettere, scritte la
maggior parte dall'arcivescovo di Pe-
rugia card. G. Pecci, conservate presso
, l'archivio generale dell'Ordine dei Servi
di Maria in Roma, e dirette al p. Bon-
figlio Mura, già professore di Diritto
presso l’Università di Perugia; nel
1854 nominato Rettore della medesima
e riconfermato nel 1859. Non fu pre-
sente il Mura a Perugia durante i moti
del giugno 1859 perché nominato V’11
giugno di quello stesso anno Priore
Generale dell'Ordine e nell'aprile del
1860 eletto Rettore dell'Università Ro-
mana della Sapienza.
Manio PERICOLI
MaNzorTI FERNANDO, Convegno a Spo-
leto su Benedetto XV, i cattolici e la
I Guerra mondiale, in Gonvivium,
A. XXX, Nuova serie, n. 6, nov-
die. :1962;pi 758.
Dei lavori del Convegno, tenutosi
nei giorni 7-9 settembre 1962, e pre-
sieduto da Paolo Brezzi, cui parte-
ciparono studiosi e critici italiani e
stranieri, si dà un riassunto esauriente
dei principali e più interessanti punti
di vista.
OLIVIERI AcHILLE, La X settimana di
studi altomedioevali a Spoleto in
Convivium, A. X XX,n. 5, settembre-
ottobre 1962, p. 631.
Relazione sui lavori del Convegno
tenutosi nei giorni 26 aprile-2 maggio
268 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
1962, che ebbe come argomento la
Bibbia e l'esegesi biblica nell'alto me-
dioevo.
MARIO MELELLI
BoGNETTI GIAN PrERO, « Longobardi »
a Spoleto, in Spoletium, VIII-IX
(1962), n. 1-2, pp. 11-16.
Parla della costituzione del Centro
di Studi sull'Alto Medioevo e del suc-
cesso avuto, tra gli studiosi, da questa
iniziativa.
M. C. CRISPOLTI
CECCHINI GIOVANNI, La famiglia Pic-
colpasso di Bologna, in L'Archigin-
nasio, anno LVII (1962), Bologna,
Pp. 299-306, 2 tavv. f.t.
Della famiglia Piccolpasso di Bo-
logna ebbero rapporti con l’Umbria
Francesco di Nicolò di Filippo, nello
svolgimento di importanti funzioni di-
plomatiche e politiche (p. 301), e Ci-
priano (di un ramo, però, marchigiano),
provveditore della fortezza di Perugia
(1558-75) e autore di una notevole
opera statistico-tecnica, di rilevante
interesse anche artistico.
PAOLA SCARAMUCCI
CANDIDO SALVATORE, Un carteggio ine-
dito di Giuseppe Mazzini con Filippo
De Boni (1846-1863), in Bollettino
della Domus Mazziniana, Pisa, VIII
(1962), n. 1, pp. 2-28.
In una lettera scritta da Londra il
10 luglio 1865 ad Antonio Cansacchi
di Amelia a Genova, Mazzini esorta
l’amico ad «intendersi con Pianciani »
«per un lavoro d'organizzazione se-
greta ».
h-
COM
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 269
NicoLiNI UcoLINO, La vita comune del
clero a Perugia, nei secoli XI e XII,
Estratto dal volume La vita comune
del clero nei secoli XI e XII. Atti
della settimana di studio, Mendola,
settembre 1959, vol. II, Milano,
Vita e Pensiero, 1962, pp. 260-264.
Breve riassunto di un piü ampio
studio che offre un vasto panorama
sulla vita del clero in Umbria nei
secoli XI e XII, e di cui IA. dà l'an-
nuncio.
FortINI ARNALDO, Il significato sto-
rico e spirituale della visita di Gio-
vanni XXIII alla tomba di S. Fran-
cesco, Assisi, Direzione della Sala
Francescana di cultura, 1962, pp.
8t; 11 tavw. £t. 6
L'omaggio di Giovanni XXIII alla
tomba del Santo si riallaccia spiri-
tualmente alla visita di Gregorio IX,
che nel 1228 aveva posto la prima
pietra della Basilica di S. Francesco
dichiarandola soggetta alla sola giu-
risdizione del Sommo Pontefice; è
quindi un ritorno del Papa alla « sua »
Chiesa e riafferma la «gloriosa mis-
sione » di pace di Assisi nel mondo.
Parisi ANTONIO, Filippo Brignone, i
« Calabresi » e alcune polemiche nella
Spoleto del 1860-61, in Spoletium,
VIII-IX (1962), n. 1-2, pp. 43-50.
L’A. parla della liberazione di Spo-
leto da parte di Filippo Brignone e
delle polemiche che seguirono tale
evento. Pubblica in appendice una re-
lazione di Lorenzo Sinibaldi, che fu
testimone degli avvenimenti.
M. C. CRISPOLTI
FoRTINI ARNALDO, I notai nella città
di San Francesco, Giornata interna-
zionale del notariato latino, Assisi,
14 ottobre 1962, Assisi, Tipografia
Porziuncola, pp. 58.
In un’interpretazione dei vecchi ro-
giti notarili degli archivi assisani, in
sintesi commossa più che in tratta-
zione sistematica, l'A. propone figure
di notai nella storia della città fran-
cescana, dal primo nome di cui si
abbia conoscenza (Autimo notarius ci-
vitatis Asisinatae, anno 763, Registro
Farfense, 54) fino a Paolo Cesini, del
sec, XIX.
CeccHINI GIOVANNI, Perugia del '500
nelle testimonianze di un artista, Ci-
priano Piccolpasso, in L' Accademia
di Belle Arti Pietro Vannucci nel
1961-62, Perugia, Sezione Arti Grafi-
che Istituto Statale d'Arte, 1962,
pp. 28.
Discorso inaugurale dell'anno acca-
demico 1961-62, in cui si prospetta
lo scorcio di un travagliato periodo
storico di Perugia, messo maggior-
mente in luce dalle notizie e dai giu-
dizi contenuti in un'opera inedita di
Cipriano Piccolpasso.
PeRrIcoLI Manro, Il Trionfo della Pas-
sione e Resurrezione a Todi nella
Pasqua 1563, « Res Tudertinae » n. 3,
Todi, Tipografia Tuderte, 1963, pp.
249 tav LU
Premettendo qualche nota sulle rap-
presentazioni del mistero della Pas-
sione in Todi nei secoli XV e XVI,
l’A. pubblica l'ampio resoconto, con-
tenuto nei primi fogli del volume delle
Congregazioni della Compagnia del
Monte di Pietà, di una grandiosa rap-
presentazione della Passione tenuta a
Todi nella Pasqua del 1563.
PAOLA SCARAMUCCI
GIUNTELLA VITTORIO E., Scuola e cul-
tura nella Roma settecentesca, in
Studi Romani, XI, n. 5, settembre-
ottobre 1963, pp. 528-541.
Si tratta della trasformazione sco-
lastica dei dipartimenti del Tevere e
del Trasimeno effettuata dopo il 1809.
Come risulta da un manoscritto del
periodo napoleonico, oggi nella Bi-
blioteca dell’Accademia dei Lincei e
Corsiniana, a Perugia rimasero una
«Scuola di diritto » come sezione stac-
cata della facoltà di Roma e una
«Scuola di medicina ».
DeL RE Niccorò, Il governatore di
Borgo, in Studi Romani, XI, n. 1,
gennaio-febbraio 1963, pp. 13-29.
Tra i governatori della « Città Leo-
nina », chiamata comunemente Borgo,
troviamo il capitano perugino Ascanio
della Corgna, nominato con breve del
22 febbraio 1550.
M. C. CRISPOLTI
ASCANI ANGELO, Storia di un monu-
mento. Chiesa di San Domenico a
Città di Castello, Città di Castello,
Ist. Profess. di Stato, 1963, pp. IV-
58, tavv. 6.
L'A. segnala ed illustra i documenti
di storia ecclesiastica relativi all'esi-
stenza in Città di Castello, dal sec.
XIII, dei Padri Domenicani. Primi al-
bori, Primo Gonventino, Grande Chiesa,
Convento e Chiostro, Corpo incorrotto
della B. Margherita (Cieca della Metola),
Risurrezione del Monumento ; sono i
titoli dei brevi capitoli ricchi di docu-
mentazione miranti a far conoscere la
storia della chiesa monumentale.
270 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
ASCANI ANGELO, Cospaia, storia ine-
dita della singolare republica, Città
di Castello, Ist. Profess. di Stato,
1963, pp. 84, tavv. 4.
La minuscola republica, nata nel
1441 «da un errore topografico com-
binato inconsciamente da Commissioni
legittimamente costituite e qualifi-
cate» si trovava come Stato cusci-
netto tra il Granducato di Toscana e
lo Stato Pontificio sulla sinistra del
Tevere tra S. Sepolcro e S. Giustino.
Dopo curiose ed interessanti vicende
nel 1798 fu inclusa nel territorio del
Dipartimento del Trasimeno. L’A. ha
impreziosito il volume con originali
ricerche d’archivio.
MARIO PERICOLI
Il movimento dei Disciplinati nel Set-
timo centenario dal suo inizio (Pe-
rugia, 1260). Convegno Internazio-
nale : Perugia, 25-28 settembre 1960,
Recensione di SALVATORELLI LUIGI,
in Rivista Storica Italiana, A. LX-
EV: (1963), n: f, p. 159.
Particolareggiato giudizio sul libro
di cui sopra (pubblicato dalla Depu-
tazione di storia patria per l'Umbria,
organizzatrice del Convegno) e sul
Convegno stesso, con precisi cenni
riassuntivi sulle relazioni, comunica-
Zione e discussioni.
FRUGONI AnsENIO, Il dolore e la morte
nella spiritualità dei secoli XII e
XIII: V Convegno storico interna-
zionale a Todi, in Convivium, A.
XXXI, n. 4, luglio-agosto 1963,
p. 504.
Breve cenno riassuntivo dei lavori
del Convegno tenutosi dal 7 al 10
ottobre 1962, organizzato dal Centro
is sco FIRME
—-
—
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 271
di Studi sulla spiritualità medievale
presso l'Accademia Tudertina.
MaRIO MELELLI
PERICOLI MARIO, La Matricola dei Di-
sciplinati della Fraternita di S. Ma-
ria Maggiore in Todi, Todi, Biblio-
teca Capitolare, 1962, pp. 50, 3 tavv.
Lit.
Notizie sulla Fraternita dei Disci-
plinati di S. Maria Maggiore desunte
da un manoscritto rinvenuto dall’A.
nel 1944 e contenente anche un elenco,
o matricola, degli iscritti nel periodo
dal 1475 al 1553.
I documenti sono pubblicati in ap-
pendice al volume.
M. C. CRISPOLTI
ASCANI ANGELO, Seminario Tifernate,
Città di Castello, Ist. Profess. di
Stato, 1963, pp. 87, savv. 7 ed. 22.
Memorie ricavate da documenti de-
gli Archivi locali che contemplano il
periodo di preparazione dal Concilio
di Trento al 1638, anno della erezione
del Seminario, alle successive vicende
fino ai giorni nostri.
MARIO PERICOLI
Nessi Silvestro, Due lettere inedite
di S. Carlo Borromeo, Estratto dalle
Memorie Storiche della Diocesi di
Milano, vol. X, 1963, pp. 391-397.
I due documenti non sono autografi
ma riportati in copia in un volume
cartaceo del XVI secolo facente parte
dell'Archivio comunale di Montefalco.
La prima lettera, datata 7 settembre
1560 e indirizzata al Vescovo De Grassi
Vicelegato di Perugia, testimonia l’in-
tervento di S. Carlo Borromeo affin-
chè Montefalco e il suo territorio, con-
cessi contro la loro volontà al Cardi-
nale Girolamo Simoncelli di Orvieto,
fossero annessi alla Legazione. Cosa
che avvenne il 18 ottobre 1560. La
seconda lettera, del 16 aprile 1561, è
una circolare che doveva rendere più
agevole il trasporto di un prezioso ta-
bernacolo, dono del papa Pio IV alla
città di Milano, imponendo a tutte le
città che si trovavano sul percorso che
«... con ogni diligenza et prontezza
faccino provedere loro de tutto quello
che saranno ricercati in servigio della
conducta d'esso Tabernaculo . . . ».
Nessi Silvestro, Un mecenate fran-
cese in Italia: Jean Amiel, Estratto
da Studi Francesi, n. 21, anno VII,
fasc. III, settembre-dicembre 1963,
pp. 477-483, 2 tavv. f. t.
Jean Amiel (Giovanni d'Amelio),
mandato dal Pontefice in Italia sul
finire del 1317 per riordinare l'ammi-
nistrazione finanziaria e inviare al
Papa, in esilio ad Avignone, notizie
sugli avvenimenti d'Italia, è noto so-
pratutto per la sua attività politica
svolta principalmente nel Ducato di
Spoleto.
L'A. lo presenta nella veste meno
conosciuta di mecenate e protettore
delle arti ; sotto la sua protezione nac-
quero i dipinti della Chiesa di Santa
Croce a Montefalco e il movimento
pittorico, con la potente personalità
del «maestro di S. Chiara », dal quale
avrebbe avuto origine la scuola umbra.
In appendice un indice di documenti
inediti che riguardano l'opera poli-
tica e amministrativa di Jean Amiel.
M. C. CRISPOLTI
*
"———Q
Storia e critica letteraria.
Brcr EmiLio, Francesco Torti critico
preromantico, in La Rassegna della
letteratura italiana, Anno 63, Serie
VII, n. 2, maggio-agosto 1959,
pp. 177-193.
Esamina la formazione letteraria e
l’ambiente nel quale il Torti visse a
Roma prima del ritorno alla natia
Bevagna, e particolarmente l’amicizia
che lo legò al Monti, col quale man-
tenne fervida corrispondenza. Attra-
verso un esame analitico della prin-
cipale opera del Torti, Prospetto del
Parnaso italiano, individua nel crite-
rio preromantico di « interesse » il prin-
cipio fondamentale in base al quale lo
scrittore procedè alla sua revisione dei
valori della nostra letteratura. Assai
notevole esempio del metodo della re-
visione critica del Torti è nel capitolo
dedicato a Dante, come in quelli de-
dicati all'Ariosto e alla letteratura del
Seicento.
DioNisoTTi CARLO, Per la data dei
«Cinque Canti», in Giornale sto-
rico della letteratura italiana, vol.
CXXXVII, fasc. 417, I trim. 1960,
pp. 1-40.
Nella seconda parte del saggio isti-
tuisce un confronto tra l'invenzione dei
Cinque Canti ariosteschi e il poema
Morte del Danese di Cassio da Narni,
edito a Ferrara nel 1521. Riscontrati
notevoli punti di contatto, l'A. con-
clude che probabilmente Cassio da
Narni, quando componeva gli ultimi
canti del suo poema, abbia avuto
notizia, per una facile indiscrezione,
dell’episodio che Ariosto aveva versi-
ficato, o stava forse versificando, e ne
abbia approfittato.
272 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
CARLO SEGRE, recens. a Poeti giocosi
del tempo di Dante, a cura di MARIO
MARTI, Milano, Rizzoli, 1956, in Gior-
nale Storico della letteratura italiana,
CXXXVII, fasc. 417, I trim. 1960,
pp. 105-117.
Elogia nell'opera, fra l'altro, il set-
tore che riguarda il canzoniere di Neri
Moscoli, per la prima volta diretta-
mente trascritto dal cod. Vat. Barb.
lat. 4036, in una edizione interpreta-
tiva e commentata.
M. C. OTTAVIANI
TATEO FnRANcCESCO, Astrologia e mo-
ralità in Giovanni Pontano. Univer-
sità di Bari. Pubblicazioni dell'Isti-
tuto di Filologia moderna. I. Bari,
Adriatica Editrice, 1960, pp. 188.
L'A. si propone di mostrare come i
caratteri essenziali dell'opera del Pon-
tano, che fanno di lui un rappresen-
tante tipico e coerente dell' Umanesimo
italiano, possano essere verificati nella
parte meno fortunata della sua pro-
duzione, cioè negli scritti astrologici
e nei trattati morali,
PAOLA SCARAMUCCI
SCHIAFFINI ALFREDO, recens. a GIo-
VANNI GETTO, Francesco d' Assisi e il
Cantico di Frate Sole, Univers. di
Torino, Pubbl. Facoltà di Lettere,
Vol. VIII, f. 2, 1956, pp. 70, in Gior-
nale Storico della letteratura italiana,
CXXXVII, fasc. 418, 2° trim. 1960,
pp. 306-8.
Si parla di studi francescani (oltre
che del Getto, di G. Folena, L. Spitzer,
E. W. Platzeck, F. Ageno, R. Bac-
chelli).
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 273
MANCINI FRANCO, La prigionia di Jaco-
pone e l’«empiasto » di fra Gentile,
in La Rassegna della letteratura ita-
liana, Anno 64, Serie VII, n. 1, gen-
naio-aprile 1960, pp. 47-50.
Una pagina manoscritta di Lorenzo
Boselli, cronista todino, morto nel
1765, sembra definitivamente accertare
l'identità tra il ** fra Gentile " jacopo-
nico e fra Gentile Bentivenga di Acqua-
sparta (divenuto poi vescovo di Nepi),
che intorno al 1280 era incaricato del-
l'esecuzione delle sentenze di scomu-
nica o di interdetto riguardanti le sin-
gole persone o l’intera città di Todi.
L’A. conferma questa scoperta con
l’appoggio di altri documenti e infor-
mazioni.
FOLENA GIANFRANCO, recens. a FRANCA
AGENO, Osservazioni sulla struttura
e la lingua del «Cantico di Frate
Sole », in La Rassegna della lettera-
tura italiana, Anno 64, Serie VII,
n. 2, maggio-agosto 1960, pp. 286-
288.
Lo studio della Ageno rappresenta
un contributo veramente utile e sostan-
ziale, portando l’attenzione soprattutto
su alcuni particolari concetti del testo,
sul suo colorito linguistico e sulla sua
partizione ritmica. Esso propone in-
fine alcune ipotesi molto accettabili.
BALDELLI IGNAZIO, La lauda e i Disci-
plinati, in La Rassegna della lettera-
tura italiana, Anno 64, Serie VII,
n. 3, settembre-dicembre 1960, pp.
396-418.
Si propone di porre un ordine storico
(« che vuol dire un distinguere tecnico-
compositivo ») nella enorme congerie
dei testi di laude liriche e drammatiche.
Individua i centri letterari e spirituali
di produzione delle laude, limitando
l'indagine alla lauda connessa con le
confraternite umbre, ai probabili suoi
antefatti e premesse. Interessante l’esa-
me della correlazione fra l’origine pe-
rugina del moto dei flagellanti e la
compilazione della grande silloge dei
laudari perugini. Indica poi i caratteri
fondamentali della lauda perugina in
contrasto con quella assisana.
M. C. OTTAVIANI
TERZI AnDuINO, Ultime battute sul
luogo di nascita del Cantico di Frate
Sole, Roma, Scuola Tipografica Fran-
cescana, 1960, pp. 51.
L’A. respinge l’affermazione del
prof. Arnaldo Fortini, che vuole come
luogo di nascita del Cantico di Frate
Sole S. Damiano di Assisi, e lo invita
ad esaminare la sua tesi e i documenti
sui quali si è basato per indicare S.
Fabiano de la Foresta come il vero
luogo dove il Cantico fu composto.
TERRUGGIA ANGELA, Lo sviluppo del
dramma sacro aitraverso i Codici di
Assisi, Estratto dall’ Annuario XI
1956-1960 dell’Accademia Etrusca di
Cortona, Cortona, Tipografia Com-
merciale, 1960, pp. 30.
Studia l'evoluzione del dramma sa-
cro dalle laudi della Fraternita dei Di-
sciplinati, aventi come unico scopo
la penitenza, alla Rappresentazione
Sacra della Passione di Gesù e del
dolore della Madonna.
Esamina in particolare il Laudario
Illuminati, appartenente alla Frater-
nita di Santo Stefano.
M. C. CRISPOLTI
PAZZAGLIA Manrio, Un Libro e un me-
todo, in Convivium, A. XXVIII,
18
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Nuova serie, n. 6, novembre-dicem-
bre 1960, p. 728.
Esposizione della metodologia cri-
tica di Walter Binni, noto studioso pe-
rugino docente di storia della lette-
ratura italiana all'Università di Fi-
renze.
MARIO MELELLI
AGENO FRANCA, Motivi francescani
nelle laudi di Jacopone da Todi, in
Lettere italiane, anno XII, n. 2,
aprile-giugno 1960, pp. 180-184.
Attraverso molteplici e significativi
riferimenti contenuti nelle stesse laudi
documenta l’inserirsi di Jacopone in un
ambiente di cultura francescana or-
todossa.
M. C. OTTAVIANI
SPAZIANI MARCELLO, Gli amici della
principessa Matilde, Lettere inedite
di Mérimeé, Sainte-Beuve, Gautier,
Flaubert, Rénan, Taine, Goncourt,
Maupassant. «Quaderni di cultura
francese » a cura della Fondazione
Primoli 29, Roma, Edizioni di Sto-
ria e Letteratura, 1960, pp. 237,
25 illustr.
Materiale inedito nell'archivio dei
conti Campello a Spoleto.
CARLO PIETRANGELI
GIANFALA Gino, Millennio della lingua
italiana oppure VII centenario ?, in
L’Italia che scrive, XLIV, n. 7-8,
luglio-agosto 1961, p. 148.
Ricorda il Cantico delle Creature di
S. Francesco d’Assisi quale prima vera
espressione della nuova lingua italiana.
274 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
BIANCARELLI LuIGI, La piccola Divina
Commedia di Ada Negri, Studio let-
terario breve di Mons. Origene Rogari,
in L'Eugubino, XII, n. 5, 25 giugno
19001; p: 3.
È un commento allo studio di mons.
Rogari su Ada Negri.
M. C. CRISPOLTI
BINNI WALTER, Ritratto di Annibale
Mariotti (1738-1801), in La Rassegna
della letteratura italiana, Anno 65,
Serie VII, n. 1, gennaio-aprile 1961,
pp. 97-103.
Mette in rilievo i valori spirituali e
intellettuali dell’illustre perugino, uomo
ben vivo nella sua città e nel suo tempo.
Egli seppe settecentescamente compor-
re scienza, poesia e studio erudito ; im-
personò inoltre un esempio della mi-
gliore tradizione democratica perugina 1
e degli uomini del '99 quando, dopo la
caduta della Perugia repubblicana, sop-
portó l'arresto, la prigionia e il pro-
cesso.
AGENO FRANCA, recens. a GIUSEPPE
Mazza, Il Laudario Jacoponico 4A-
VII-15 della Biblioteca civica « An-
gelo Maj » di Bergamo. Presentazione
e testo critico, Bergamo, 1960, in
Giornale Storico della letteratura ita-
liana, CXXXVIII, fasc. 421, I
trim. 1961, pp. 132-34.
ITALO LANA, recens. a EDUARD FRAEN-
KEL, Elementi plautini in Plauto, Il
pensiero storico, 41, La Nuova Ita-
lia, s. d. (ma 1960), in Rivista di filo-
logia e di istruzione classica, vol. XL,
I trim. 1962, pp. 67-71.
L'opera del Fraenkel, apparsa nel
lontano 1922, è ora tradotta in italiano,
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 275
arricchita di una lunga e densa serie
di Addenda. Riassume i principali ca-
ratteri della ormai classica opera dello
studioso tedesco.
BARIGAZZI ADELMO, Properzio, Ovidio
ed Euforione, in Rivista di filologia
e di istruzione classica, vol. XL, 3°
trim. 1962, pp. 287-298.
Fonti e interpretazione di un famoso
distico properziano riguardante Gallo.
M. C. OTTAVIANI
SPAZIANI MARCELLO, Con Gegé Pri-
moli nella Roma bizantina, Lettere
inedite di Nencioni, Serao, Scar-
foglio, Giacosa, Verga, D’Annunzio,
Pascarella, Bracco, Deledda, Piran-
dello, ecc. «Quaderni di cultura
francese » a cura della Fondazione
Primoli, 69, Roma, Edizioni di
Storia e Letteratura, 1962, pp. 298,
11 illustr.
Materiale inedito nell'archivio dei
conti Campello a Spoleto.
CARLO PIETRANGELI
PeRICOLI MARIO, Escatologia nella
lauda jacoponica, Todi, Biblioteca
Capitolare, ** Res Tudertinae ’’ n. 2
1962, pp. 21, 4 tavv. f. t.
Esame di alcune laudi di Jacopone
da Todi che rivelano come egli scor-
gesse i segni dell’avvicinarsi della fine
del mondo, che poneva alla fine di quel
secolo XIII, e che sembrava preannun-
ciata dalle tristi condizioni dell'uma-
nità e dalla condotta dei religiosi che
con il loro comportamento avevano
alterato lo spirito della Chiesa.
M. C. CRISPOLTI
BALDELLI IGNAZIO, Lingua e letteratura
di un centro trecentesco : Perugia, in
La Rassegna della letteratura italiana,
Anno 66, Serie VII, n. 1, gennaio-
aprile 1962, pp. 3-21.
Esamina nel suo insieme la lettera-
tura perugina svoltasi fra il 1320 e il
1350 come espressione di una forte vi-
talità storica e culturale. Nel campo
della poesia lirica studia i componi-
menti di Andrea Stramazzo, Neri Mo-
scoli, Marino Ceccoli, Cecco Nuccoli,
Gilio Lelli, del Marfagnone, del Man-
fredino e di altri. Esamina poi i carat-
teri e i temi-del grande laudario peru-
gino, e successivamente del Romanzo
in prosa, riecheggiante la materia di
Francia e di Troia (insieme all’altra
abbondante produzione rappresentata
dalla prosa documentaria del grande
Statuto volgare, delle cedole, gabelle,
inventari, memoriali politici e lette-
rari ecc.).
MaNciNI FRANCO, Testimonianze e do-
cumenti per un laudario jacoponico
del 1300, in Lettere italiane, anno XV,
n. 2, aprile-giugno 1963, pp. 141-164.
Riguarda il cod. 598 del Museo Con-
dé di Chantilly. Insieme ad una esau-
riente storia del codice e delle sue
interpretazioni, lo studio raccoglie ri-
ferimenti iconografici e biografici (an-
che relativi alla leggenda di Jacopone).
PiNcIN CARLO, segnalaz. bibliografica
di ABBONDANZA RoBERTO, Spoleto
e Montefalco nell'autografo del Boc-
caccio recentemente scoperto a Peru-
gia, « Spoletium », 11, 1962, in Gior-
nale Storico della letteratura italiana,
CXL, fasc. 430, 2° trim. 1963, p. 305.
M. C. OTTAVIANI
I Fioretti di San Francesco. Introdu-
zione e note di Giovanni Bastianini.
Illustrazioni, copertina e tavola f.t.
di Maria Spiller, Assisi, Edizioni Pro
Civitate Christiana, 1963, pp. 282.
Elegante e maneggevole edizione ar-
ricchita da graziose vignette in testa
ai capitoli, dei Fioretti, che vengono
presentati con una sobria introdu-
zione storico-estetica e accompagnati
da brevi note.
PAOLA SCARAMUCCI
Filologia e glottologia
GERNIA MARIA Luisa, recens. a DEL-
FINO MARIA GIOVANNA, Il problema
dei rapporti linguistici tra l’osco e
il latino, in Serta Eusebiana, Mi-
scellanea Philologica, Genova 1958,
in Archivio Glottologico italiano,
Vol. XLV (1960), pp. 78-80.
Condivide, sia pure con qualche ri-
serva, i risultati del lavoro che ha in-
teso mettere in rilievo le principali
analogie tra i due gruppi linguistici.
BALDELLI IGNAZIO, Testi mediani dei
secoli XIIe XIII,in Studi di filologia
italiana, vol. XVIII, 1960, pp. 5-17.
Volgarismi in testi marchigiani ed
umbri del XII e XIII sec. : indagine ed
esatta catalogazione di un codice della
Abbazia di Sassovivo, ora in custodia
nell’Arcivescovato di Spoleto, segnato
fascicolo 109, n. 1436, contenente l’elen-
co dei pensionari dell’ Abbazia stessa.
MANCINI FRANCO, Vocabolario del dia-
letto todino, in Studi di filologia ita-
liana, vol. XVIII, 1960, pp. 319-377.
Raccolta di voci dialettali riguar-
danti la città di Todi e il suo territorio,
276 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
escluse le zone di infiltrazione perugina,
ternana, orvietana. La ricerca è indi-
rizzata verso strati piü antichi del
linguaggio, cioè verso quelle sopravvi-
venze del dialetto arcaico che vanno
oggi scomparendo.
GERNIA MARIA Luisa, recens, a PIER
GIUSEPPE ScARDIGLI, Studi sulla III
e IV Tavola di Gubbio, in Studi Etru-
schi, vol. XXV e XXVI, in Archi-
vio glottologico italiano, vol. XLVI
(1961) fasc. I, pp. 73-75.
Dopo aver riassunto la situazione
relativa alla interpretazione delle Ta-
vole III e IV, ritiene accettabili le
ipotesi proposte dallo Scardigli, che
muove da una interpretazione agricolo-
simbolica di tutto il passo.
MANCINI FRANCO, Spattata, spettata, in
Lingua Nostra, vol. XXII, Fasc. I,
marzo 1961, p. 14.
Scheda lessicale del dialetto umbro.
M. C. OTTAVIANI
VALLONE ALDO, Antonino Pagliaro, in
L'Italia che scrive, XLV, n. 3-4,
marzo-aprile 1962, pp. 53-58.
Recensione di alcune opere di Anto-
nino Pagliaro. Nel volume Saggi di
critica semantica è interessante uno
studio sul Cantico di Frate Sole e sul
significato da attribuire a per («laudato
si' mi Signore per. ..»).
M. C. CRISPOLTI
MancINI FRANCO, Addarse, adarse ;
rancore, rancura, in Lingua Nostra,
vol. XXIV, Fasc. II, giugno 1963,
pp. 44, 45.
Scheda lessicale del dialetto umbro.
M. C. OTTAVIANI
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 277
Storia e critica delle arti
Zeri FEDERICO, Tre argomenti umbri,
in Bollettino d’Arte del Ministero
Pubblica Istruzione, Anno XLVIII,
Serie IV, n, 2, luglio-settembre 1953.
1) Maestro della Dormitio di Terni ;
esamina varie opere tra cui una Ma-
donna con il Bambino (Church of St.
Maryand John, Cambridge, Mass.),
Madonna con il Bambino (già Roma,
Collez. Ferroni), Incoronazione della
Madonna (Philadelphia, Coll. Johnson)
e altre da cui emerge la personalità di
un autore del tardo Trecento loca-
lizzato nella parte meridionale del
l'Umbria.
2) Aggiunte a Bartolomeo di Tom-
maso. Nuova ricerca dopo il restauro
del trittico di San Bartolomeo in Fo-
ligno, e il ritorno in Italia (Coll. Cini)
della Madonna con il Bambino e i santi
Giovanni Battista, M. Maddalena, Cri-
stoforo e Domenico e altri inediti.
3) Il Maestro di Eggi. Studia le
opere e la personalità di questo ano-
nimo, individuandone le caratteri-
stiche stilistiche in una formula tra-
dizionalistica unita al senso gotici-
stico.
CECILIA MAZZI
Rogari Dow OnicENE, Dal « Colle
eletto » alla gloria di Roma, in L' Eugu-
bino, X, n. 9-10, 24 dicembre 1959,
p. 3.
Tra le statue che coronano il co-
lonnato di S. Pietro si innalza anche
l’immagine di S. Ubaldo.
SERRA JosELITA, Scultura preromanica
a Spoleto e nel suo territorio, in
Spoletium, VI (1959), n. 1-2, pp. 5-19.
L'A. segue le vicende della scultura
dell'Alto Medioevo a Spoleto e nel suo
territorio per verificare, analizzando
in gran parte materiale inedito, la
validità delle teorie sui caratteri e
sulle origini della scultura dei secoli
«barbari» e in particolare della co-
sidetta « scultura ad intreccio » in uno
dei centri più importanti della domi-
nazione longobarda in Italia.
Tra le opere in esame, interessante
una scultura inedita utilizzata come
pilastro nella cripta della chiesa di
S. Giovanni Profiamma presso Fo-
ligno.
M. C. CRISPOLTI
ANTONIO CANOVA, I quaderni di viaggio
(1779-1780), Edizione e commento
a cura di ELENA Bassi, Istituto per
la collaborazione culturale, Vene-
zia, Roma, 1959, pp. 160, 16 tav.
Ricordi di Narni, Terni, Spoleto,
Foligno (pp. 140-141).
CARLO PIETRANGELI
Toscano Bruno, I Barberini, il Ma-
derno e la Fonie di Piazza, in Spole-
tium, VI (1959), n. 1-2, pp. 20-30,
Storia della settecentesca Fonte di
Piazza di Spoleto e dei rapporti tra
la città umbra e la famiglia Barberini.
In appendice, a p. 33, sono riportate
due lettere scritte da mons. Giulio
Zampolini ai Priori di Spoleto.
M. C. CRISPOLTI
Pirri Pietro S. J., L’abbazia di S.
Eutizio in Val Castoriana presso
Norcia e le Chiese dipendenti, in
Studia Anselmiana, XLV, Roma,
Ist. S. Anselmo, 1960, pp. VIII-
376.
Accuratissimo studio su questa Ab-
bazia e la sua Congregazione Mona-
278 SEGNALAZIONI
stica. L’A. ne narra le vicende dalle ori-
gini alla rinascita del sec. X, alla sua
espansione, al periodo della giurisdi-
zione feudale degli abati, al governo dei
Commendatari. Infine pubblica docu-
menti che riguardano la leggenda dei
fondatori, i privilegi, la liturgia, i bene-
fici, la biblioteca e l’archivio.
MARIO PERICOLI
NEPPI ALBERTO, Avvenimenti d’arte
a Roma, in Idea, XVI, n. 8, agosto
1960, pp. 562-564.
L'A. parla del Pinturicchio e in par-
ticolare descrive la decorazione della
cappella di S. Bernardino nella Chiesa
di Santa Maria in Aracoeli.
GIUNTA DEL GALLO DI ROCCAGIOVINE
ZENAIDE, La mazza d’argento della
città di Spoleto, in Spoletium, VII
(1960), n. 1-2, pp. 27-28.
Notizie storiche sull’esistenza di un
«mazziere » che accompagnava il Ma-
gistrato di Spoleto nelle cerimonie e
descrizione della mazza di Spoleto, una
delle più belle che si conoscano, e di
altre mazze d’argento.
M. M., Contributo orvietano alle cele-
brazioni centenarie del Sanmicheli, in
Bollettino dell Istituto Storico Arti-
stico Orvietano, anno XVI (1960),
pp. 26-28.
Opere orvietane esposte alla Mostra
tenuta a Verona nel 1960 in occasione
del IV centenario della morte di Michele
Sanmicheli ; importante è l'identifica-
Zione di un'opera del Sanmicheli fi-
nora sconosciuta : una tomba situata
originariamente nel presbiterio di S.
Domenico.
BIBLIOGRAFICHE
FLEMING JOHN, An Italian Sketchbook
by Robert Adam, Clérisseau and
others, in The Connoisseur, 1960,
pp. 186-194.
Vedute del ponte di Augusto a
Narni, di Spoleto e del tempio del
Clitunno.
CARMIGNANI RENATO, Di Annibale
Marianini, combattente a Roma nel
'49, in Bollettino della Domus Maz-
ziniana, Pisa, VI (1960), n. 1, pp.
24-26.
In nota, tra i più importanti dipinti
di Annibale Marianini, è ricordata la
Madonna di Foligno.
Chiesa (La) dedicata a S. Ventura fuori
le mura di Spello, Spoleto, S. p. A.
Arti Grafiche Panetto & Petrelli,
1960, ill, pp. 23.
L'opuscolo, pubblicato in occasione
del restauro e della riapertura al culto
del tempio, contiene, oltre alle notizie
che riguardano i lavori eseguiti, una
breve storia della chiesa di S. Ventura
di Spello e una rapida biografia del
Santo.
M. C. CRISPOLTI
GnRAssINI PieERO, Consolidamento di
una chiesa trecentesca mediante ce-
mentazione, in Industria italiana del
cemento, ottobre 1960.
Brevi cenni storici e relazione tec-
nica sul consolidamento della Chiesa
di San Francesco a Terni.
CECILIA MAZZI
LiPINSKY ANGELO, La « crux gemmata »
e il culto della S. Croce nei monumenti
superstiti e nelle raffigurazioni mo-
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 279
numentali, in Corsi di cultura sull’arte
ravennate e bizantina, vol. VII (1960),
pp. 139-189, ill.
Rassegna delle reliquie della $.
Croce ; tra esse è posta in particolare
rilievo la «crux vaticana» donata
dall'imperatore Giustino II (565-570)
e conservata nella basilica di S. Pie-
tro. Esame di altre croci gemmate per
lo più raffigurate nei mosaici delle
chiese romane, ravennati, monzesi,
bresciane, perugine. Bibliografia.
MARIO PERICOLI
SANTI FRANCESCO, Considerazioni sulla
fontana di Arnolfo a Perugia, in
Commentari, n. 3-4, Anno XI (1960),
pp. 220-30.
Studia la fonte eseguita nel 1281
da Arnolfo, collocata, in base ai do-
cumenti, distante dalla Fonte Mag-
giore. Dopo la demolizione, poco prima
del 1308, i materiali provenienti dalla
parte architettonica della fonte fu-
rono destinati alla costruzione della
scalinata di Sant'Ercolano. Individua il
significato iconografico delle sculture
nella «necessaria funzione dell’acqua
nel senso di un pubblico bene offerto
a tutti i membri della comunità ».
CECILIA MAZZI
AMICI DEI MUSEI DI Roma, Le case
romane con facciate graffite e dipinte,
Roma, Palazzo Braschi, 1960, Pref.
di G. DE ANGELIS D'OssaT ; catal.
di CECILIA PERICOLI RIDOLFINI, pp.
128, tavv. 36.
A p. 72 è descritta la casa di Tizio
da Spoleto maestro di camera del card.
Farnese la cui facciata è affrescata
da Federico Zuccari.
CARLO PIETRANGELI
BeRTI ToescA ELENA, Un frammento
di Arnolfo, in Bollettino d'Arte del
Min. P. I., Anno XLV (1960), Serie
IV, pp. 66-67.
Segnalazione di «una testa fram-
mentaria di Diacono» nel Museo Ca-
pitolare del Duomo in Perugia che as-
segna ad Arnolfo.
GAZZOLA PieRo, La pergula della Catte-
drale di Verona, in Bollettino d'Arte
del Min. P. L, Anno XLV (1960),
Serie IV, p. 105.
Tratta anche dell’altare dei Magi
nel duomo di Orvieto.
LaAviosA CLELIA, Vasi etruschi sovra-
dipinti, in Bollettino d’ Arte del Min.
P. I., Anno XLV (1960), Serie IV,
pp. 305-310.
Prende in esame anche il « Cratere
a colonnette » n. 29 della Coll. Faina
a Orvieto.
DeL Bravo Carto, Liberale a Siena,
in Paragone, Anno XI, 1960, pp.
16-36.
L’A. suppone dovuta a Liberale la
introduzione delle architetture « alla
perugina » con le due tavolette « Storie
di San Pietro ».
SANTI FRANCESCO, Un capolavoro gio-
vanile di Ottaviano Nelli, in Arte
antica e moderna, n. 12, 1960, pp.
373-381.
Studia gli affreschi della chiesa di
S. Francesco a Gubbio, testimonianti
un momento di equilibrio fra gli ele-
menti senesi di Gentile e quelli della
miniatura lombarda.
280 SEGNALAZIONI
PupPI LroNELLO, Francesco Verla, in
Rivista dell’ Istituto Nazionale di Ar-
cheologia e storia dell’arte, Roma,
Erma di Bretschneider, 1960, Nuova
serie, Anno IX, pp. 266-297.
Considerazioni sulle opere del V. e
sullo sforzo dell’artista di conciliare
i dati dell’esperienza umbra con una
tradizione veneta.
CECILIA MAZZI
PANDOLFI Vrro, Il Festival di Spoleto,
in Letteratura, A. XXV, vol. EXS
Nuova serie, n. 52, luglio-agosto
1961, p. 130.
Cronaca, osservazioni e commento
delle rappresentazioni teatrali tenutesi
a Spoleto durante il VII Festival dei
Due Mondi.
Manio MELELLI
I seguenti dipinti sono stati esposti
nella mostra : L'Italia vista dai pittori
francesi del XVIII e XIX secolo,
Roma-Torino, 1961:
BipAuLT JEAN-JosEPH-XAVIER (1758-
1846), Veduta di Narni (n. 23), Le
gole del Nera a Narni (n. 24).
Conor JEAN-BAPTISTE-CAMILLE (1796-
1875), Le rocce di Papigno al sole,
1826 (n. 75), Il lago di Piediluco,
1826 (n. 76), Il Velino alle sorgenti
del Lago di Papigno, 1826 (n*757).
FLANDRIN HrpPoLyTE (1809-1864), Pa-
lazzo pubblico a Perugia (n. 128).
Huer Paur (1803-1869), Veduta fan-
tastica di Spoleto(n. 190).
Cassas Lours-FRANgOIS (1756-1827),
Album di schizzi fatti in un viaggio
in Italia dal 1780 al 1784 (n. 58),
tra cui una veduta del Ponte di
Narni (tavola).
CARLO PIETRANGELI
BIBLIOGRAFICHE
SERANTONI Agostino, Cascia. Guida
storico-artistica, "Terni, Alterocca,
1905 pp. 127;-dlasZatavw. ft
Uno studio sull’origine e sulla storia
di Cascia, notizie sulla vita di Santa
Rita e cenni storici sugli uomini più
insigni della città sono la premessa
alla guida, che presenta riproduzioni
e fotografie degli affreschi e dei mo-
numenti più interessanti.
Biennale del Metallo, in L’Eugubino,
XII, n. 6-7, 15 agosto 1961, p. 4.
Elenco dei premiati dalla Commis-
sione giudicatrice della Biennale d’Arte
del Metallo.
FioRruccI Piero, Gli uomini dell’arte :
Mastro Giorgio, in L'Eugubino, XII,
maggio 1961, pp. 11-12.
La tecnica, l’arte e le opere più
significative di Mastro Giorgio.
NEPPI ALBERTO, La scultura lignea in
Italia, in Idea, XVII, n. 10, ottobre
1961, pp. 707-708.
Accenno ad una Madonna in trono
col Bambino della fine del sec. XII
proveniente da Borgo S. Sepolcro e
considerata «capostipite » delle Ma-
donne umbre. L’A. ricorda inoltre la
Annunciazione della Galleria di Pe-
rugia.
BANDERA ANTONIO, Alla Biennale del
Metallo di Gubbio, in L’Eugubino,
XII, 1 ottobre 1961, p. 2.
Nota sulle opere presentate in questa
importante manifestazione
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Fiorucci Piero, Alla ricerca di una
Gubbio nascosta, in L'Eugubino, XII,
n. 8, 1 ottobre 1961, p. 3.
Esiste una Gubbio meno conosciuta,
ma che conserva un incanto medievale
e consente alla città dei Ceri di man-
tenere intatta quella sua particolare
atmosfera.
BIANCARELLI Luigi, Pieno successo
dei « Persiani » di Eschilo sulla scena
del Teatro romano di Gubbio, in
L’Eugubino, XII, n. 8, 1 ottobre
1961, p. 4.
Commento allo spettacolo realiz-
zato dalla Compagnia del Teatro Clas-
sico di Roma.
Gini Giorgio, Le mura cittadine e la
Rocca, in L’Eugubino, XII, n. 9-10,
24 dicembre 1961, p. 3.
È un rapido sguardo alla storia delle
mura di Gubbio e un invito perchè si
restauri quest'opera poderosa.
Biconi P. Giacomo, A proposito di
una pubblicazione sopra Ottaviano
Nelli, pittore eugubino, in L'Eugu-
bino, XII, n, 9-10, 24 dicembre
1961, p. 4.
Polemica sulla scoperta degli af-
freschi del Nelli in S. Francesco di
Gubbio fatta da padre Ludovico Uber-
ti e attribuita invece dal professor
Stefano Bottari ad Achille Bertini
Calosso.
Gini Gionoio0, Dipinti di Felice Da-
miani in Recanati, in L'Eugubino,
XII, 9 aprile 1961, p. 4.
Nota storica che riguarda i dipinti
di Felice Damiani, artista eugubino
281
del XV secolo, conservati nella chiesa
municipale di S. Vito e nella chiesa
Collegiata in Castelnuovo.
M. C. CRISPOLTI
LoncHI RonEnTO, Il maestro del Far-
neto, in Paragone (Arte), n. 141,
Anno XII, settembre 1961, pp. 3-7.
L'A. esamina il dossale 27 (Perugia,
Pinacoteca) di anonimo forse umbro
della fine del ’200, individuando la
novità maggiore dell’opera nell’ac-
centuazione dimensionale del centro
con « Madonna e il Bambino » inter-
pretata come cenno di un consenso
locale alle innovazioni di Giotto su
un fondo di cultura cimabuesca e del
maestro di S. Francesco. Attribuisce
allo stesso autore, in epoca di poco
posteriore, la tavola San Francesco e
due compagni (già a New York, Coll.
miss Bell da Costa Greene).
FELLETTI-MAJ BiancA MARIA, In-
torno ad una fibula aurea dalla ne-
cropoli longobarda di Nocera Umbra,
in Commentari, n. 1, Anno XII,
gennaio-marzo 1961, pp. 3-11.
La fibula si riallaccia alla tradizione
classica dell’imago clipeata, fa parte
di una produzione dell’oreficeria di
epoca tardo-romana.
SANTI Francesco, L'altare di Agostino
di Duccio in S. Domenico in Perugia,
in Bollettino d'Arte del Min. P.I.,
Anno XLVI (1961), Serie IV, n. 11,
pp. 162-170.
Dà notizia del restauro dell’opera
a cura della Soprintendenza, che ne
permette una più attenta lettura;
ponendola in relazione con la produ-
zione agostinesca del primo periodo
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282 SEGNALAZIONI
perugino si traggono considerazioni
sugli elementi formativi della scultura.
L’opera si avvicina ora alla forma ori-
ginaria quale risulta dai documenti
dell’epoca. La relazione tecnica pro-
segue con la notizia del restauro dello
altare della Pietà (Cattedrale di S.
Lorenzo) e della facciata di San Ber-
nardino.
PREVITALI GIOVANNI, Una tavola del
Maestro del Farneto a San Damiano,
in Paragone, n. 141, Anno XII,
settembre 1961, pp. 7-11.
Parla di una tavola (cm. 62 x 165
circa) Madonna con il Bambino (San
Damiano, Assisi) ascritta al M. del
Farneto e posta in una situazione cro-
nologica affine al dossale 27 (Perugia,
Pinacoteca) basandosi sui dati bio-
grafici del committente: Corrado da
Offida.
LonGHI RoBERTO, Un dossale italiano
a St. Jean Cap Ferrat, in Paragone,
n. 141, Anno XII, sett. 1961, pp.
11-19.
Ricerca statistica e iconografica e
cronologica su un trittico a centro e
ante nel museo Ile de France a St.
Jean Cap Ferrat che si attribuisce al
maestro di Cesi romano non già umbro.
ZERI FEDERICO, Bartolomeo di Tom-
maso da Foligno, in Bollettino d’ Arte
del Min. Pubb. Istr, Anno XLI
(1961) " Serie IV; n. 1; cpp; 41-04.
Ampia indagine sulla vita e opere
di Bartolomeo di Tommaso che si
trovano a Foligno (Pinacoteca, chiesa
di S. Salvatore) e a Terni (Cappella
Paradisi in S. Francesco) e sulla sua
posizione nella vicenda del gotico nel
2400.
BIBLIOGRAFICHE
GuaALDI FAUSTA, Contributi a Berto
di Giovanni, pittore perugino, in
Commentari, n. 4, Anno XII, otto-
bre-dicembre 1961, pp. 253-267.
Rassegna della vita e delle opere con
attenzione alle influenze e ai rapporti
con Perugino e Raffaello.
PAOLETTI ANNA, Materiali archeolo-
gici nelle Chiese dell' Umbria, Pe-
rugia, Grafica Editrice, 1961.
Illustra il sarcofago del chiostro
della Chiesa di San Domenico in Peru-
gia, raffigurante il trasporto di Melea-
gro al sepolcro, ed esamina altri sarco-
fagi riferentisi allo stesso mito, di età
tardo-romana, per inquadrarli stori-
camente e cronologicamente, e trac-
ciare le caratteristiche di tale scultura
nella prima metà del III secolo d. C.
CECILIA MAZZI 4
Gini Gronaro, Gli orafi, in L' Eugubino,
15 maggio 1962, p. 15.
Note sugli orafi eugubini dal 1300
al 1800.
BENEDETTI NicoLa, Restaurata la Casa
di S. Ubaldo, in L'Eugubino, XIII,
15 maggio 1962, p. 17.
Si tratta del palazzetto trecentesco
attribuito dalla tradizione alla fa-
miglia di S. Ubaldo e futura sede del
Centro Universitario di Studi sulla
storia degli Umbri.
ZACCARIA GrUSEPPE O.F.M. Conv.,
Il principale fondo musicale della
Cappella di S. Francesco in Assisi,
Estratto da Miscellanea Francesca-
na, Tomo 62, fasc. I-II, 1962, pp.
155-161.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 283
L’A. traccia una breve storia del-
l'origine e la formazione del fondo e
ricorda i maestri piü importanti, dal
Cinquecento in poi, che figurano nel
repertorio assisano.
GRONDONA CarLo, Todi, Guida sto-
rica ed artistica, Marsciano, Tipo-
grafia Marscianese, 1962, pp. 157,
17 tavv. nel t.
La guida, ricca di fotografie dei mo-
numenti e delle opere d'arte della
città, è preceduta da un indice delle
fonti dalle quali l'A. ha attinto le
notizie e da una riproduzione della
pianta di Todi incisa nel 1641 da Gia-
como Lauro.
BeLLOccHI ANTONIO, Il Palazzo di
Giustizia a Perugia, Perugia, Acca-
demia Giuridica Umbra, 1962, pp.
45. 9-tavv. t^t
L'attuale Palazzo di Giustizia com-
prende tre edifici un tempo aventi
una diversa destinazione: il Palazzo
del Capitano del Popolo, costruito nel
XV secolo, l'antica sede dello Studium
Perusinum e l’ex Collegio dei Gesuiti.
Notizie storiche e artistiche.
ULLU DANTE, La XVI stagione lirica
a Spoleto, in Idea, XVIII, n. 10,
ottobre 1962, p. 709.
ID. ID, Lu XVII Sagra Musicale
Umbra a Perugia, in Idea, XVIII,
n. 10, ottobre 1962, pp. 709-710.
L’Orfeo di Gluck e il Vespro della
Beata Vergine di Monteverdi esecu-
zioni di grande rilievo delle due ras-
segne musicali umbre.
CARADENTE GIOVANNI, Sculture nella
città, in Spoletium, VIII-IX (1962),
n. 1-2, pp. 19-22.
Sono le sculture moderne situate a
Spoleto in occasione del Festival dei
Due Mondi del 1962.
PiETRANGELI CARLO, Ritratti papali
già a Villa Redenta, in Spoletium,
VIII-IX (1962), n. 1-2, pp? 39-40.
Si tratta di due bassorilievi in mar-
mo riproducenti i profili di Pio VI e
Pio VII.
M. C. CRISPOLTI
LonGHI RoBERTO, Tracciato orvietano,
in Paragone, n. 149, Anno XIII,
Nuova serie, gennaio 1962, pp. 3-11.
Vasta indagine critica su tre espo-
nenti della cultura figurativa orvie-
tana: Cola Petruccioli, Ugolino di Prete
Ilario, Pietro di Puccio con cenni sulla
formazione di Gentile da Fabriano in
Orvieto, centro, nella seconda metà del
300, di una specifica cultura pittorica.
LoncHi RonBERTO, Qualità del maestro
di San Torpè, in Paragone, n. 153,
settembre 1962, pp. 10-15.
Individua nel Maestro di San Torpè
una formazione nell’ambiente di As-
sisi.
PREVITALI GIOVANNI, Jl possibile Mem-
mo di Filippuccio, in Paragone,
n. 155, novembre 1962, p. 4.
Tratta anche delle influenze del-
l’ambiente di Assisi (affreschi della
Basilica superiore di San Francesco)
definendolo di cultura giottesco-assi-
siate e indaga sulla « possibile attività
prima del soggiorno a San Gimignano ».
CecILIA MAZZI
GurRrIERI OTTORINO, Il tempio di San
Michele Arcangelo in Perugia. Guida
een
284 SEGNALAZIONI
illustrata, Perugia, Azienda Auto-
noma di Turismo, 1962, pp. 34, ill.,
4 tavv. nel t.
Origine e storia del tempio di San
Michele Arcangelo ; studio accurato dei
lavori di restauro, l’ultimo dei quali
è stato eseguito nell’anno 1948 e non
ancora perfettamente ultimato.
GuRRIERI OTTORINO, La Basilica di
S. Pietro in Perugia. Guida illustrata,
Perugia, Azienda Autonoma di Tu-
rismo;* 1962, pp. 58, ill; 2: tavv.
nel t.
Cenni storico-artistici. Descrizione
dell’interno della Basilica e delle nu-
merose opere d’arte in essa contenute.
Nella sacrestia si conservano i 4 pre-
ziosi Corali miniati rispettivamente da
Giacomo da Pozzuolo, Giacomo Capo-
rali, Giovanni e Francesco Boccardini.
Guida alla visita del Convento dei
Padri Benedettini, oggi in gran parte
occupato dalla Facoltà di Agraria del-
l'Università di Perugia.
GurRrIERI OTTORINO, 7| Collegio del
Cambio e il Collegio della Mercanzia
in Perugia. Guida illustrata, Perugia,
Azienda Autonoma di Turismo, 1962,
pp. 34, ill., 5 tavv. nel t., 2 tavv. f. t.
Notizie storiche dei Collegi del
Cambio e della Mercanzia e della loro
funzione nella vita cittadina nel tempo.
Descrizione delle sale dipinte dal Pe-
rugino ed aiuti. Particolare risalto è
dato nella descrizione alle pregevoli
sculture in legno.
GURRIERI OTTORINO, Il tempio di S.
Francesco al Prato e l'Oratorio di S.
Bernardino in Perugia. Guida illu-
strata, Perugia, Azienda Autonoma
BIBLIOGRAFICHE
di Turismo, 1962, pp. 42, ilL, 8
tavy nel. t,
L'A. dice che la grande devozione
a S. Francesco fece fiorire numerosi
cenobi ; molti di questi rimangono alla
nostra ammirazione: lo splendido Con-
vento di Monteripido, l'Oratorio di S.
Bernardino, la chiesa di San Francesco
al Prato.
Quest'ultimo tempio fu particolar-
mente caro al cuore dei Perugini tanto
che in esso vollero le tombe delle loro
famiglie piü illustri. I secoli portarono
alla rovina la chiesa, che è stata re-
staurata nelle sue mura esterne e nella
facciata in occasione dell’ultimo cen-
tenario francescano.
GuRRIERI OTTORINO, Il! Palazzo dei
Priori in Perugia. Guida illustrata,
Perugia, Azienda Autonoma di Tu-
rismo, 1962, pp. 41, ill.,:3 tavv.
nel t.
Cenni storici dalle origini del Pa-
lazzo, con particolari notizie sulle suc-
cessive modifiche subite attraverso i
secoli.
L'A. si sofferma nella descrizione dei
bellissimi interni, della Pinacoteca,
della Biblioteca Augusta.
GuRRIERI OTTORINO, La Chiesa di
Santa Maria Nuova in Perugia.
Guida illustrata, Perugia, Azienda
Autonoma di Turismo, 1962, pp. 42,
Ill., 5 tavy. nel t.
Notizie storiche della Chiesa di San-
ta Maria Nuova che nel 1542 fu data
da Papa Paolo III ai Padri Serviti, la
cui chiesa di Santa Maria dei Servi
in Colle Landone era stata demolita per
far posto alla costruzione della Rocca
Paolina.
La chiesa, particolarmente frequen-
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
tata dagli stranieri che nei secoli pas-
sati venivano a studiare presso l'Uni-
versità, fu ricca di pitture, molte delle
quali si trovano nei Musei del Louvre
e nella National Gallery di Londra.
M. C. CRISPOLTI
RaccnrANTI CanLo, Codicillo mante-
gnesco, in Critica d'arte, n. 52, Anno
IX, luglio-agosto 1962, Vicenza, Neri
Pozza.
Studia La Madonna con il Bambino
e angeli (Pinacoteca, Perugia).
santi Francesco, Per la pala dei
Francescani a Terni, in Arte antica,
n. 13-16, Firenze, Sansoni, 1961.
Dopo il restauro si avverte nella
pala una molteplicità d'interventi, lo
autore della pala centrale ha diretto
l’opera di tre collaboratori, uno dei
quali in contatto con l’Italia Setten-
trionale.
GurrieRrI OrroniNO, I tesori artistici
di Perugia in Italia e nel mondo,
Perugia, Grafica Editrice, s. a.
Elencazione di opere d’arte antiche,
medievali e moderne esulate da Pe-
rugia. In vista anche della ricchezza
dell'edizione, avrebbe giovato una ri-
cerca più accurata e completa con una
più costante aderenza a severi criteri
metodologici. Le raccolte artistiche
private di Perugia infatti sono elen-
cate in base alle vecchie guide locali.
SonBI SALMAREGGI ANNA MARIA, Pri-
mordi della Chiesa di San Francesco
al Prato, Santa Maria degli Angeli,
Tip. Porziuncola, 1962.
Studio sulla cronologia relativa alle
origini del tempio con la rievocazione
285
del nucleo dei Disciplinati esistente
nel suo ambito, e della figura di frate
Egidio.
Nessi Silvestro, Storia e arte delle
Chiese francescane di Montefalco,
Roma, Ediz. « Miscellanea france-
scana », 1962.
Approfondito esame storico-arti-
stico di undici chiese francescane di
Montefalco, centro, per sette secoli, di
un vasto movimento culturale-educa-
tivo e di grande importanza econo-
mico-sociale.
: CECILIA MAZZI
BoArro ALBERTO, Fautrier e Burri,
in Letteratura, A. XXVII, vol. pup
Nuova serie, n. 64-65, luglio-ottobre
1963, p. 144.
Giudizi sulla pittura espressionista
di Alberto Burri, con raffronti critici
tra l'opera del tifernate e quella del-
Partista francese Fautrier.
Ponrri GraNrFRANCO, Antologia di ar-
tisti umbri, in Letteratura, A. XXVI,
vol. XI, Nuova serie, n. 64-65, lu-
glio-ottobre 1963, p. 158.
Giudizio critico sulla mostra di ar-
tisti umbri organizzata nel maggio
1963 ad Orvieto.
BoaATTO ALBERTO, Le nuove « plastiche »
di Burri, in Letteratura, A. XXVII,
vol. XI, Nuova serie, n. 61, gennaio-
febbraio 1963, p. 97.
Giudizio critico sugli ultimi sviluppi
dell'arte figurativa di Alberto Burri,
noto pittore espressionista di Città di
Castello.
Manio MELELLI
286 SEGNALAZIONI
CECCHINI GIOVANNI, Tre manoscritti
di un’opera inedita di Cipriano Pic-
colpasso, in Accademie e Biblioteche
d’Italia, anno XXXI, 1963, n. 2-3,
Roma, Fratelli Palombi Editori,
1963, pp. 198-206.
L’A. descrive i tre manoscritti (Vit-
torio Emanuele 550, Urbinate latino
279, 3064 della Biblioteca Augusta)
dell'opera 71 libro delle piante et ritratti
delle città e castelli dell’ Umbria sotto-
posti al governo di Perugia, che Ci-
priano Piccolpasso mise insieme quando
era Provveditore della fortezza di Pe-
rugia (1558-75), assolvendo la missione
di rilevazione e di ispezione assegna-
tagli per disposizione di Pio IV. L’opera
è rimasta inedita fino al 1963.
FABBI Sac. AnsaNO, Documentario sto-
rico-artistico della Diocesi di Norcia.
Preci e la Valle Castoriana terra
ignorata, Spoleto, Panetto e Pe-
trelli, 1963, pp. X1-252, ill, L. 6.000.
L'A. ha raccolto una foltissima
messe di materiale documentario, fi-
nora sconosciuto o male esplorato, che
faccia convergere l'attenzione dei lettori
su ricchezze d'ogni genere che la Valle
Castoriana conserva, e che permetta
lo studio della zona sotto l'aspetto
geologico, archeologico, storico, arti-
stico. Utilissimi gli inventari precisi
e minuti, per ogni chiesa, di tutti
gli oggetti d’arte minore.
PAOLA SCARAMUCCI
ULLU DANTE, Il IV Festival dei due
Mondi a Spoleto, in Idea, XIX, n. 8,
agosto 1963, pp. 564-565.
L’A. dopo aver deplorato che il Fe-
stival abbia esaurito da tempo il suo
slancio iniziale, dà una breve cronaca
BIBLIOGRAFICHE
della serata inaugurale dedicata a Giu-
seppe Verdi con l’esecuzione della
Traviata.
MASsTROLONARDO EnoTRIO, Il Car-
paccio a Venezia, in Idea, XIX, n. 12,
dicembre 1963, pp. 842-845.
L'A. fa notare come nel ciclo dipinto
dal Carpaccio per la Scuola di Santa
Orsola si avvertano richiami all'arte
toscana e alla pittura del Perugino e
del Pinturicchio.
M. C. CRISPOLTI
CARLI Enzo, I Memmi e San Gimi-
gnano, in Paragone (Arte), n. 159,
marzo 1963, pp. 37-39.
Ricorda anche la tavola « Madonna
de’ Raccomandati » nella Cappella del
Corporale (Orvieto, Duomo).
LonGHI RoBERTO, Alcuni anonimi tre-
centisti, in Paragone (Arte), n. 167,
novembre 1963, pp. 3-16.
Si occupa anche del trittico di San
Giorgio nella chiesa di Santa Chiara
(Assisi) e della Santa Chiara nella
stessa chiesa.
PANTONI ANGELO, Due pitture di An-
drea da Salerno per Montecassino
e le loro vicende, in Commentari,
Anno XIV, aprile-settembre 1963,
pp. 160-170.
Attribuisce un quadro su tavola
(m. 1,32 X 1,45) raffigurante S. Ber-
tario (e non S. Benedetto) creduto del
Perugino, ad Andrea Sabatini da Sa-
lerno. Si trova nell'abbazia di Mont-
serrat.
CECILIA MAZZI
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 287
Nessi Silvestro, Un raro cimelio nel
monastero di S. Chiara a Montefalco,
Estratto dalla Rivista Commen-
tari, n. 1, gennaio-marzo 1963,
Roma, De Luca, 1963, pp. 7, 2 tavv.
ftt
Sulla scorta di alcuni documenti è
stata rintracciata la cassa che accolse
il corpo di Santa Chiara e che nel 1577
fu sostituita da un sarcofago di cri-
stallo.
La cassa, in legno di cipresso, è
decorata a tempera sia all’esterno che
all’interno ; l’autore è ignoto, ma sem-
bra preferibile l'ipotesi della sua appar-
tenenza alla tradizione pittorica um-
bra.
M. C. CRISPOLTI
Scienze politiche, giuridiche,
economiche, sociali
BEviLACQUA EUGENIA, Perugia, ricer-
che di geografia urbana, in Memoria
di geografia antropica, vol. IV, 1949,
a cura del Consiglio Nazionale delle
Ricerche, Centro di Studi per la
geografia antropica presso l’Istituto
di Geografia della Università di
Roma.
L’A. tratteggia brevemente i linea-
menti dello sviluppo della città di Pe-
rugia dall’antichità ad oggi in riferi-
mento, particolarmente, allo sviluppo,
nelle varie epoche, dell’insediamento
umano ed alle sue caratteristiche. Sono
riportate varie notizie sulle condizioni
demografiche della città dall'XI sec.
alla metà del XIX sec. e sul suo svi-
luppo demografico ed economico dal
1860 ai nostri giorni.
CONSORZIO DELLA BONIFICAZIONE UM-
BRA, SproLETO, L’Irrigazione della
valle di Spoleto, Arti grafiche Pa-
netto e Petrelli, Spoleto, 1957.
È l'illustrazione della più recente
iniziativa del Consorzio, con la siste-
mazione del corso del torrente Marog-
gia, allo scopo di rendere possibile
l'irrigazione su un vasto territorio
della piana spoletina.
CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E
AGRICOLTURA DI PERUGIA, Atti del
Convegno-Mostra Nazionale delle li-
gniti, Pol.-Salvati F., Foligno, 1959.
Il volume raccoglie le relazioni pre-
sentate al Convegno, relazioni che
hanno riguardato gli aspetti geologici,
i metodi di coltivazione dei giacimenti,
le nuove tecniche di utilizzazione, sia
da un punto di vista generale che in
diretto riferimento alle ligniti umbre.
Luic1 BELLINI
Zucàro DomeENICO, L’organizzazione
di base del partito comunista d' Italia
avanti al Tribunale speciale (1926-
1928), in Studi Storici, I, (1959-
1960), n. 5, ottobre-dicembre 1960,
pp. 1044-1075.
Si tratta della sentenza di rinvio a
giudizio del P.C.I., accusato dal gover-
no fascista di attività « antinazionale ».
Fra gli imputati è Francesco Innamo-
rati di Foligno noto « Spartaco Ome-
ga», segretario del 5° Segretariato
interregionale comunista con sede in
Roma (p. 1051).
M. C. CRISPOLTI
MORETTI rag. Bruno, La prima Cassa
di Risparmio in Perugia. Fondata
con Decreto Pontificio del 27 di-
288 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
cembre 1842 terminò la sua opera
nel 1889, Perugia, Tipografia eco-
nomica Giostrelli, 1960, pp. 24,
E tav. Lt
Dopo aver ricordato che a Perugia
sorse il primo dei Monti di Pietà in
Europa, l’A. delinea rapidamente il
diffondersi delle Casse di Risparmio
in Umbria, a partire da quella di
Perugia, della quale vengono ricordati
norme, funzionamento e primi sviluppi
dell’attività.
PAOLA SCARAMUCCI
GueRrRrIERI GiusePPE, 7 problemi at-
tuali della tabacchicoltura dell’ Italia
Centrale (Relazione al convegno della
C ESL. del 12° marzo: 1900) Pe-
rugia, Tip. Olmo, 1960.
Interessante analisi dei problemi pro-
duttivi del tabacco, condotta con par-
ticolare riferimento all'Umbria.
Luici BELLINI
PARADISI Bruno, La diffusione euro-
pea del pensiero di Bartolo e le esi-
genze attuali della sua conoscenza, in
Studia et documenta historiae et
iuris, XXVI (1960), pp. 1-70.
L’A. espone i risultati di una sua
vasta ricerca su 490 codici di bibliote-
che d’Europa contenenti opere di Bar-
tolo.
MARIO PERICOLI
BERLUTTI TEMISTOCLE, Orientamenti
per il miglioramento della selvicoltura
nell’ Amerino, a cura della Camera
di Commercio Industria e Agricol-
tura di Terni, Pol. Alterocca, Terni,
S; d.
L'A., capo dell'Ispettorato diparti-
mentale delle foreste di Terni, illustra
i possibili interventi per un migliora-
mento del patrimonio boschivo della
zona.
Zuccowi GIOVANNI, L'economia agraria
umbra del dopoguerra, Pol. Alte-
rocca, Terni, s. d.
Sulla base della documentazione uf-
ficiale esistente viene esemplificata la
situazione dell'economia agricola della
regione umbra.
FANTOZZI ANTONIO, Orientamenti per
lo sviluppo dell'agricoltura nella zona
di Amelia, a cura della Camera di
Commercio, Industria e Agricoltura
di Terni, Pol. Alterocca, Terni, s. d.
L'A., capo dell'Ispettorato provin-
ciale per l'agricoltura di Terni, illustra
alcune indicazioni produttive valide
per un rilancio dell'agricoltura della
zona.
ASSOCIAZIONE PER LO SVILUPPO ECO-
NOMICO DELL'UMBnRIA, Quaderni di
documentazione, n. 1, Tip. Model-
graf, Roma, s. d.
Viene qui illustrata l'attività del-
l'associazione dal suo sorgere, le ini-
ziative da essa promosse ed il suo Sta-
tuto.
MicHELI FiLippo, Relazione in occa-
sione dell’insediamento del Comitato
regionale per il piano di sviluppo
economico dell’ Umbria, Soc. Grafica
Romana, Roma, s. d.
L’A. riassume qui le ragioni che
hanno determinato il realizzarsi del-
l'iniziativa, gli obiettivi che il piano
intende perseguire, le prospettive di
una sua efficace realizzazione.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 289
FaGIOLI ANGELO, Alcuni aspetti della
produzione delle carni bovine pregiate
in Umbria, in Orientamenti di tecnica
agraria. Ciclo di conferenze, a cura
della Camera di Commercio Indu-
stria e Agricoltura di Terni. Tip.
Alterocca, Terni, 1960.
L’A. esamina alcune caratteristiche
attuali dell’allevamento in relazione
alle condizioni del mercato di consumo
e fornisce alcune indicazioni atte ad
assicurare il miglioramento qualitativo
della produzione ed un più alto ren-
dimento economico degli allevamenti.
BATTISTELLA RENZO, L'Umbria e le
sue ligniti, in Annali della Facoltà
di Scienze Politiche ed Economiche e
Commercio dell’ Università degli Studi
di Perugia, n. 6, anno accademico
1959-60. Giuffrè, Milano, s. d.
L’A., dopo alcuni cenni sullo svi-
luppo geologico dei terreni umbri e i
processi formativi delle ligniti e l’in-
dicazione della ubicazione e localizza-
zione dei giacimenti lignitiferi umbri,
discute i vari aspetti economici della
utilizzazione della lignite, con parti-
colare riferimento ai giacimenti umbri.
BonroLorTi ARRIGO, L’economia di
Terni dal 1700 ai nostri giorni, Edi-
zioni Thyrus, Terni, 1960.
Sulla base di un’ampia documenta-
zione lA. traccia un breve, interes-
sante quadro dell’economia ternana.
La utilizzazione di materiale di archivio
e giornalistico gli permette di fornire
un quadro vario ed articolato, ma un
po’ frammentario della situazione. È,
comunque, lavoro meritorio, primo del
genere.
CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E
AGRICOLTURA TERNI, Indagine sulla
viabilità minore in provincia di Terni,
Poligrafico Alterocca, Terni, s. d.
Lavoro di grande interesse in cui
sono elencate, per tutti i comuni della
provincia, le caratteristiche delle stra-
de comunali e vicinali.
Precede un commento introduttivo
dell’ing. Piero Grassini, curatore del-
l’indagine.
CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E
AGRICOLTURA PERUGIA, I Biennale
di attività agricole e artigianali, Fo-
ligno, Poligrafica F. Salvati, 1960.
È una raccolta di scritti di vari au-
tori che illustrano singoli aspetti della
mostra, o affrontano particolari pro-
blemi dell’attività agricola ed artigia-
nale della provincia.
Ciser, Studio sulle possibilità di im-
pianto di nuove industrie nella zona
di Amelia, Camera di Commercio
Industria e Agricoltura di Terni, s. d.
Analisi della situazione attuale del-
l'economia amerina e delle possibilità
di sviluppo di nuove industrie nella
zona.
Luici BELLINI
CArAGNA Luciano, L’industrializza-
zione italiana. La formazione di una
«base industriale » fra il 1896 e il
1914, in Studi Storici, II, n. 3-4,
luglio-dicembre 1961, pp. 690-724.
Rapido accenno alla « Terni» (p. 709).
M. C. CRISPOLTI
MAZZOCCHI ALEMANNI NALLO, Intro-
duzione al piano regolatore delle acque
19
290
umbre, Quaderni di documentazione
n. 2, Tip. Modelgraf., Roma, 1961.
Vengono qui presentate in opuscolo
separato le pp. XVII-XXXV del
volume di cui è detto in altra nota.
GUERRIERI GIUSEPPE, Alcuni aspetti
del mercato delle carni bovine, Tip.
Perusia, Perugia, 1961.
L’A., presenta una completa ed
interessante analisi con riferimento
anche alla situazione del mercato di
Perugia. Dati di grande interesse cor-
redano il lavoro.
MicHeLI FiLippo, La utilizzazione in-
dustriale delle ligniti umbre. Tip. Mo-
delgraf, Roma, 1961.
L’A. illustra la possibilità di pro-
grammare la utilizzazione, su larga
scala ed in forma industriale, dei gia-
cimenti lignitiferi di cui è ricca la
regione umbra.
TEATINI Danrio, Il Trasimeno sulla
china della decadenza. Tip. « Grafica »
Perugia, 1961.
L’A. illustra alcune sue proposte
per il risanamento del lago, dal punto
di vista geologico e tecnico.
BoccinI S., Polino sulla via delle mon-
tagne, in Rassegna Economica, a
cura della Camera di Commercio, In-
dustria e Agricoltura di Terni, n. 1,
gennaio-febbraio 1961, a. VIII.
Il più piccolo comune della regione,
punto di collegamento fra l’economia
agricola della valle e quella della mon-
tagna.
=
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
BoccinI S., Appunti per una moderna
politica edilizia nella provincia di
Terni, in Rassegna Economica, a
cura della Camera di Commercio in-
dustria e agricoltura di Terni, n. 2,
marzo-aprile 1961, a. VIII.
L’A. analizza l’azione dell’Istituto
autonomo delle case popolari nel qua-
dro dell’attività edilizia provinciale.
DELLA MassEA A., Fonte di nuovo or-
goglio orvietano, morale e materiale,
la « Fondazione Faina », in Ras-
segna Economica, a cura della Ca-
mera di Commercio, Industria e
Agricoltura di Terni, n. 3, maggio-
giugno 1961, a. VIII.
L’A. illustra l’organizzazione e l’at-
tività dell’istituzione orvietana, nonchè
il successo degli scavi da essa promossi.
GrassINI Piero, Dal piano territoriale
di coordinamento dell’ Umbria al pia-
no di sviluppo economico, in Bollet-
tino della Associazione per lo Sni-
luppo Economico dell’ Umbria, dicem-
bre 1961.
L’A. illustra i risultati delle ricerche
svolte a cura di vari studiosi per il
piano territoriale di coordinamento
dell’ Umbria.
BENIGNI CosTANTE, La «società fi-
nanziaria » per lo sviluppo dell'in-
dustria umbra, in Bollettino dell’ As-
sociazione per lo sviluppo economico
dell’ Umbria, dicembre 1961.
L’A., riconosciuta la esigenza di
provvedere a nuove forme di finanzia-
mento delle attività economiche della
regione, analizza i termini di attua-
zione di una possibile società finan-
ziaria e le sue finalità.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 291
PirAMI ELIO, La cooperazione in agri-
coltura, in Bollettino dell’associazione
per lo sviluppo economico dell’ Um-
bria, dicembre 1961.
L’A. illustra le possibilità di avviare
alcune iniziative cooperative agricole
in Umbria, soprattutto nelle zone di
montagna.
C. B., Un ente irriguo anche per U Um-
bria, in Bollettino dell’associazione per
lo sviluppo economico dell’ Umbria,
dicembre 1961.
Illustrazione del Piano regolatore
delle acque umbre approntato dal prof.
Nallo Mazzocchi-Alemanni.
BertugLIA C. S., Per un piano di
sviluppo economico regionale. Una in-
dagine sulle attività artigiane nel-
l'Umbria. Estratto dal Bollettino
dell’ Associazione per lo sviluppo eco-
nomico dell’ Umbria, Tip. Edit. Mo-
delgraf, Roma, 1961.
L’A. illustra le caratteristiche di im-
postazione e le finalità dell’indagine
sull’artigianato realizzata nel quadro
dei lavori di preparazione del Piano
regionale di sviluppo economico del-
Umbria.
DeL ComMmopa ALDO, Prospettive di
sviluppo dell’agricoltura umbra, Tip.
editrice, G. Guerra, Perugia, 1961.
L’A. sviluppa, con qualche appros-
simazione, alcune valutazioni sulle
prospettive dell’agricoltura regionale.
Sono riportati anche molti dati, non
tutti strettamente attinenti alla ma-
teria.
TeATINI DARIO, Il Trasimeno nello
sviluppo economico dell'Italia cen-
trale. A cura della Camera di Com-
mercio Industria e Agricoltura Pe-
rugia, novembre 1961.
L’A. inquadra il problema del lago
in quello della utilizzazione delle acque
umbre (ed in questo quadro sostiene
l’utilità della congiunzione del Tevere
e del Trasimeno) per lo sviluppo delle
attività agricole ed industriali.
CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E
AGRICOLTURA DI TERNI, Per il mi-
glioramento dell’agricoltura e dell’eco-
nomia nella zona di Amelia, Terni,
Poligrafico Alterocca, 1961.
Testo della relazione conclusiva del
Convegno tenutosi ad Amelia l’11
marzo 1961. Riporta vari dati sulle
colture e sulle produzioni dei comuni
della zona.
GARNERO A., Aspetti e prospettive del
Piano di Sviluppo Economico del-
lUmbria, in Rassegna Economica a
cura della Camera di Commercio In-
dustria e Agricoltura di Terni, n. 5-6,
settembre-dicembre 1961, a. VIII.
Illustrazione della organizzazione dei
compiti e delle finalità del Centro Re-
gionale per il Piano di sviluppo eco-
nomico dell'Umbria.
BoccinI S., L'Esposizione dei merletti
alla II Mostra Nazionale delle trine
e dei merletti in Orvieto, in Rassegna
Economica, a cura della Camera di
Commercio Industria e Agricoltura
di Terni, n. 5-6, settembre-dicembre
1961, a. VIII.
Illustrazione delle caratteristiche
della mostra dedicata ad una delle
più importanti attività artigiane della
zona.
mirum idee re ui omne
VALLERANI R., Programmazione degli
indirizzi produttivi della provincia di
Terni, in Rassegna Economica, a
cura della Camera di Commercio
Industria e Agricoltura di Terni,
n. 1, gennaio-febbraio 1961, a. VIII.
L’A. analizza le prospettive offerte
per lo sviluppo delle colture industriali
ed ortofrutticole.
RosBeRT G., Cento anni fa: nasce il
Regno d’Italia e comincia a formarsi
la rete ferroviaria dell’attuale Com-
partimento ferroviario di Ancona, in
Rassegna Economica, a cura della
Camera di Commercio Industria e
Agricoltura di Terni, n. 1, gennaio-
febbraio 1961, a. VIII.
L’A., esamina il formarsi storico,
nella seconda metà dell’800, dell’at-
tuale rete ferroviaria umbra.
CiAuRRO I., Provvidenze annonarie di
tre secoli fa a Terni, in Rassegna
Economica, a cura della Camera di
Commercio Industria e Agricoltura
di Terni, n. 1, gennaio-febbraio 1961,
a. VLL.
Fiere, mercati, carestie nella vita di
Terni dal '500 ali 800.
LuIci BELLINI
Procacci GIULIANO, La classe operaia
italiana agli inizi del secolo XX, in
Studi Storici, III, n. 1, gennaio-
marzo 1962, pp. 3-76.
Accenno alla Camera del Lavoro di
Terni (p. 53).
M. C. CRISPOLTI
292 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
PrunaI GiuLIo, Carte mercantili dei
Piccolomini nel diplomatico fioren-
tino. Estratto da Studi in onore di
Amintore Fanfani, vol. II, Milano,
Dott. A. Giuffrè editore, 1962, pp.
549-637.
L’A. ricorda che la compagnia dei
Piccolomini ebbe relazioni d’affari con
Orvieto (p. 555) e che Jacopo di Ala-
manno di Ugo di Piccolomo, detto
Agnello, partecipò alle operazioni di
Filippo d’Antiochia contro Perugia
(p. 574 nota 16). Si avverte inoltre,
con riferimento ai documenti trascritti,
che Pietro di Salomone di Bartolomeo
di Guglielmo rappresentò Siena nella
lega con Firenze e Perugia (p. 624
nota 147); Mocata di Gabriello di
Ranieri di Rustichino fu capitano di
guerra a Perugia nel 1319, podestà di
Gubbio nel 1340, di Foligno nel 1341,
capitano del popolo di Perugia nel
1347 (p. 627 nota 149).
PAOLA SCARAMUCCI
De FaLco EsposiITo SALVATORE, L'Ar-
tigianato dell’ Umbria, Ministero del-
l'industria e del Commercio. Tip.
Faili F., Roma, 1962.
I] lavoro, effettuato nel quadro di
una indagine promossa dal Ministero
dell'Industria, si articola in tre parti :
1) Importanza dell'artigianato nel-
l'economia umbra ;
2) Struttura dell'artigianato um-
bro ;
3) Misure per promuovere lo svi-
luppo dell'artigianato dell'Umbria.
La «Perügina» di ieri... 0ggl.-..
domani, in Bollettino dell'associazione
per lo sviluppo economico dell’ Um-
bria, n. 1, aprile 1962, a. II.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 293
Illustrazione delle vicende della So-
cietà, del suo sviluppo e delle sue pro-
spettive.
MicHeLI FiLippo, Un piano « opera-
tivo » per lo sviluppo economico del-
l'Umbria, in Bollettino dell’associa-
zione per lo sviluppo economico del-
l'Umbria, n. 2, settembre 1962, a. II.
L’A. illustra gli obiettivi del Piano
regionale di sviluppo economico del-
l Umbria ed indica il carattere di ope-
ratività che esso dovrà avere per tra-
sformare la realtà economica regionale.
BENIGNI COSTANTE, C'é spazio per le
vallate umbre nell' Ente Irriguo Are-
tino ?, in Bollettino dell’associazione
per lo sviluppo economico dell’ Um-
bria, n. 2, settembre 1962, a. II.
L'A. esamina la possibilità che la
Umbria possa essere compresa nel
raggio di attività dell'Ente irriguo
della Val di Chiana.
PeccETTI SiLvio,... sul piano di svi-
luppo economico, in Bollettino del-
l’associazione per lo sviluppo econo-
mico dell Umbria, n. 2, settembre
1962, a. II.
L’A. illustra alcuni suoi punti di
vista polemici sul Piano regionale di
sviluppo economico dell’Umbria. Allo
scritto segue una postilla della Reda-
zione della rivista.
La « Spagnoli » industria tipicamente ita-
liana, in Bollettino dell’associazione
per lo sviluppo economico dell’ Um-
bria, n. 2, settembre 1962, a. II.
Illustrazione dell’attività e delle pro-
spettive di sviluppo dello stabilimento
Spagnoli di Perugia.
SANTI Manio, Jl piano regionale, in
Bollettino dell’associazione per lo svi-
luppo economico dell’ Umbria, dicem-
bre 1961.
L’A. illustra le esperienze fatte dal
Centro Regionale per il Piano di svi-
luppo economico dell'Umbria nella sua
prima fase di attività.
AUTORI VARI, La « Società finanziaria »
per lo sviluppo dell’industria umbra,
in Bollettino dell’associazione per lo
sviluppo economico dell’ Umbria, n. 1,
aprile 1962, a. II.
Interventi per una discussione sulla
creazione di una finanziaria per lo svi-
luppo economico dell’Umbria.
CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E
AGRICOLTURA PERUGIA, Riunione
plenaria della consulta economica
provinciale 25 giugno 1960. Spoleto,
Arti grafiche Panetto e Petrelli, 1960.
— Riunione plenaria della consulta eco-
nomica provinciale del 1° luglio 1961,
Spoleto, Arti grafiche Panetto e Pe-
trelli, 1961.
— Riunione plenaria della consulta eco-
nomica provinciale 21 luglio 1962.
Spoleto, Arti grafiche Panetto e
Petrelli, 1962.
Nei volumi è riportata la relazione
sulla attività svolta dall'Ente Came-
rale in ciascun anno, nonchè sugli
interventi da questo promossi nei sin-
goli settori di attività economica. Sono
anche riportate le relazioni relative ai
concorsi annualmente banditi dal-
l’Ente stesso.
Carità MoreELLI E., Sulla economia
della zona agricola dell’ Amerino, in
294
Rassegna Economica, a cura della
Camera di Commercio Industria e
Agricoltura di Terni, n. 2, maggio-
agosto 1962, a. IX.
L’A. illustra alcune indicazioni per
una ripresa produttiva dell’agricoltura
nell’ Amerino.
Luigi BELLINI
MANACORDA GASTONE, Formazione e
primo sviluppo del partito socialista
in Italia, in Studi Storici, IV, n. 1,
gennaio-marzo 1963, pp. 23-50.
Breve accenno al complesso side-
rurgico « Terni» (p. 35).
M. C. CRISPOLTI
CAMERA DI COMMERCIO ÍNDUSTRIA E
AGRICOLTURA DI PERUGIA, Linee di
indirizzi zootecnici in Umbria, Arti
grafiche Panetto e Petrelli, Spoleto,
1963.
Sono qui raccolti vari interventi al
Convegno tenutosi a Foligno nel giu-
gno 1962 per discutere nuovi indirizzi
zootecnici in rapporto alle nuove esi-
genze della produzione e del mercato.
MAZZOCCHI-ALEMANNI NALLO, e altri,
Piano Regolatore per la utilizzazione
irrigua delle acque umbre, Soc. Gra-
fica Salesiana, Roma, 1963.
È il più completo studio sulla uti-
lizzazione irrigua delle acque umbre.
Dopo una analisi delle attuali condi-
zioni di utilizzazione, vengono indi-
cate prospettive e soluzioni, nonchè le
relative opere ed i costi necessari.
Trattasi di un lavoro che apporta una
notevole massa di dati alla conoscenza
di un problema di grande rilievo per
l'economia agricola della regione.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Rosati Toco, Danni economici e so-
ciali dovuti alla tubercolosi ed alla
brucellosi dei bovini, in Nuova Eco-
nomia, Rassegna mensile della Ca-
mera di Commercio Industria e Agri-
coltura di Perugia, n. 6, giugno 1963,
a. LXXV (Nuova Serie).
L’A. illustra l'importanza economica
della lotta contro le due gravi malat-
tie, con particolare riferimento alla
provincia di Perugia.
LoLLi OLIiviero, L'Umbria ed il suo
artigianato, in Nuova Economia,
Rassegna mensile della Camera di
Commercio Industria e Agricoltura
di Perugia, n. 6, giugno 1963, a.
LXXV (Nuova Serie).
L’A. illustra brevemente caratteri-
stiche e pregi dell’artigianato locale.
AGOZZINO GIUSEPPE, Artigianato um-
bro : salvare il filone artistico e per-
seguire nuovi orizzonti mencantili, in
Nuova Economia, Rassegna mensile
della Camera di Commercio Industria
e Agricoltura di Perugia, n. 7, luglio
1963, a. LXXV (Nuova Serie).
L’A. indica alcune delle più impor-
tanti finalità cui devono tendere le
attuali manifestazioni artistiche nel set-
tore della ceramica.
Rosi HucaEno, A che punto è il piano
verde in Umbria, in Nuova Econo-
mia, Rassegna mensile della Camera
di Commercio Industria e Agricoltura
di Perugia, n. 8, agosto 1963, a.
LXXV (Nuova Serie).
L’A. riporta, per i singoli capitoli,
i finanziamenti ottenuti sui fondi del
Piano verde e illustra le realizzazioni
più importanti.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 295
PaoLETTI GiusEPPE, Vicende e pro-
spettive dell’ortofrutticoltura in Um-
bria, in Nuova Economia, Rassegna
mensile della Camera di Commercio
Industria e Agricoltura di Perugia,
n. 8, agosto 1963, a. LXXV (Nuova
Serie).
L’A. illustra lo sviluppo avutosi nel
settore rispetto al periodo prebellico
e avanza alcune previsioni per il pros-
simo futuro.
Mira G., Le corporazioni di arti e me-
stieri in Perugia durante il medioevo,
in Nuova Economia, Rassegna men-
sile della Camera di Commercio in-
dustria e agricoltura di Perugia, n. 11
e 12, novembre e dicembre 1963,
a. LXXV (Nuova Serie).
Con ampia dottrina e documenta-
zione — pur senza nuocere al carat-
tere essenzialmente divulgativo dello
scritto — VA. illustra le caratteri-
stiche, l'ordinamento e le funzioni delle
corporazioni, con particolare riferi-
mento a quelle perugine di cui docu-
menta — sulla base di vasto materiale
d’archivio — la consistenza numerica,
la potenza economica e la importanza
che ebbero nella vita economica della
città.
Focu NicoLa, Una politica economica
per la rinascita dell’ Umbria, in Nuo-
va Economia, Rassegna mensile della
Camera di Commercio Industria e
Agricoltura di Perugia, n. 1, gennaio
1963, a. LXXV (Nuova serie).
L'A. riassume le piü importanti
indicazioni contenute nel documento
finale del Piano regionale di sviluppo
economico dell'Umbria illustrandone
l'importanza al fine di una ripresa del-
l'economia regionale.
V. P., Popolazione legale della provincia
di Perugia secondo il censimento del
15 ottobre 1961, in Nuova Economia,
Rassegna mensile della Camera di
Commercio Industria e Agricoltura
di Perugia, n. 1, gennaio 1963, a.
LXXV (Nuova Serie).
Si tratta di una illustrazione dei
dati censuali con l’indicazione delle
variazioni rispetto al precedente cen-
simento, e la distribuzione della po-
polazione — e relative variazioni —
per zone altimetriche e per classi di
ampiezza demografica.
V. P., Tra sociologia e statistica, in
Nuova Economia, Rassegna mensile
della Camera di Commercio Industria
e Agricoltura di Perugia, n. 2, feb-
braio 1963, a. LKXV (Nuova Serie).
L'A. analizza l'andamento demogra-
fico nei singoli comuni, in cifra as-
soluta ed in percentuale, nei censi-
menti dal 1861 al 1951.
Squaproni Giuseppe, L’annata agri-
cola 1962, in Nuova Economia, Ras-
segna mensile della Camera di Com-
mercio Industria e Agricoltura di Pe-
rugia, n. 3, marzo 1963, a. LXXV
(Nuova Serie).
L’A. sviluppa una serie di conside-
razioni sulla attività agricola nella
provincia di Perugia, con particolare
attenzione ai principali prodotti ed
alla realizzazione di alcuni importanti
impianti di trasformazione.
V. P., Principali caratteristiche strut-
turali delle aziende agricole della
provincia secondo i risultati del 1°
Censimento generale dell’ Agricoltura,
96 SEGNALAZIONI
in Nuova Economia, Rassegna men-
sile della Camera di Commercio Indu-
stria e Agricoltura di Perugia, n. 3 e
4, marzo e aprile 1963, a. LXXV
(Nuova Serie).
L’A. presenta i risultati del censi-
mento agricolo del 1961 per la pro-
vincia di Perugia, nonchè alcune inte-
ressanti elaborazioni sui dati relativi.
BuccIANTI Fosco, Il problema del cre-
dito alle piccole e medie imprese in-
dustriali, in Nuova Economia, Ras-
segna mensile della Camera di Com-
mercio Industria e Agricoltura di Pe-
rugia, n. 4, aprile 1963, a. LXXV
(Nuova Serie).
Frutto di una conferenza tenuta al
Rotary Club di Foligno, lo scritto
sviluppa alcune considerazioni sul-
l’importanza del credito a medio e
lungo termine come chiave di volta
per la valorizzazione delle capacità
imprenditoriali degli operatori econo-
mici umbri.
PonTI STEFANO, Il turismo non s'im-
provvisa, in Nuova Economia, Ras-
segna mensile della Camera di Com-
mercio Industria e Agricoltura di Pe-
rugia, n. 5, maggio 1963, a. LXXV
(Nuova Serie).
Illustrando l’attività dell' ISEA (Isti-
tuto per lo sviluppo economico del-
l'Appennino Centro-Settentrionale), lo
A. fa presente come il miglioramento
della ricettività è condizione indispen-
sabile per l’avvenire turistico della
montagna umbra.
BaLzoTTI LuIGI, Prospettive di irriga-
zione nella Piana di Santa Scolastica,
in Nuova Economia, Rassegna men-
BIBLIOGRAFICHE
sile della Camera di Commercio In-
dustria e Agricoltura di Perugia, n. 5,
maggio 1963, a. LXXV (Nuova Se-
rie).
L’A. espone un progetto per lo
sfruttamento delle risorse idriche della
zona particolarmente depressa.
DELLA MASSEA A., L’invaso di Cor-
bara risorsa agricola, industriale e
turistica per Orvieto, in Rassegna
economica, a cura della Camera di
Commercio Industria e Agricoltura
di Terni, n. 1, gennaio-marzo 1963,
an X.
L'A. illustra le caratteristiche della
diga e le modificazioni economiche e
paesistiche che ne sono derivate.
CAMERA DI COMMERCIO ÍNDUSTRIA E |
AGRICOLTURA DI TERNI, Convegni
sulle localizzazioni industriali, Orvieto
Amelia, Estratto dalla Rassegna
Economica, n. 3-4, 1963.
Resoconto dei convegni tenuti ad
Orvieto e ad Amelia rispettivamente
il 31 agosto ed il 6 ottobre 1963.
LuIici BELLINI
Francescanesimo
BRrookE RosALINE, Early Franciscan
Government. Elias to Bonaventure,
Cambridge Studies in Medieval Life /
and Thought, VII, New York, Cam-
bridge University Press, 1959, XV,
ppi:313;
L'A. studia gli sviluppi dell'Ordine
francescano attraverso l’opera dei suoi
Generali e delle sue Costituzioni. La
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 297
prima parte è dedicata al generalato di
Elia, che l’A. difende, la seconda agli
anni 1239-1260.
MARIO PERICOLI
Biconi P. GIiacomo 0. F. M. Conv.,
Storia di un sigillo del quattrocento,
in L'Eugubino, X, maggio 1959,
pp. 22-23.
Si tratta dell'opera La serie cronolo-
gica e storica dei Ministri Provinciali
della Provincia Umbra di P. Bonaven-
tura Bartolomasi e delle polemiche per
affermare la veridicità del miracolo
compiuto da S. Francesco sul lupo di
Gubbio, storia convalidata da un si-
gillo del sec. XIV che reca impresse la
figura del santo e quella del lupo.
M. C. CRISPOLTI
SACCHETTI SASSETTI ANGELO, Question-
celle francescane, Rieti, Tip. Belisari,
1959, pp. 22.
Cenni sui luoghi nei quali avrebbe
dimorato S. Francesco nelle sue visite
a Rieti e sulle origini del convento
quattrocentesco di S. Antonio al Monte
di quella città.
QuagLIA AnMANDO O. F. M., L'origi-
nalità della regola francescana, Sas-
soferrato, Ediz. La Pace, 1959, 22s
ediz., pp. XIX-187.
Opera originale e ben condotta,
anche se non ha trovato unanimi
consensi.
MARIO PERICOLI
BnacALoNi P. LEeonE O.F.M., La
Chiesa Nuova Casa paterna di San
Francesco, S. Maria degli Angeli,
Tipografia Porziuncola, 1960, pp. 28.
L'A. respinge la tesi dell'avv. Ar-
naldo Fortini, che pone la casa pa-
terna di S. Francesco d’Assisi in fondo
alla Piazza del Comune, tra le chiese
di San Nicolò e San Paolo, e dimostra,
sulla base di antichi documenti e at-
traverso tradizioni popolari, come la
esatta ubicazione della « domus Fran-
cisci» sia presso il santuario della
Chiesa Nuova.
M. C. CRISPOLTI
CHIAPPINI ANICETO O. F. M. Fr.
Ioannes de Gelano O. F. M. S. Fran-
cisci Assisiensis biographus coaevus,
in Antonianum, vol. 35 (1960), pp.
339-342.
Notizie su questo scrittore finora
sconosciuto e confuso con un ipotetico
Giovanni da Ceprano. Scrisse una vita
di S. Francesco, oggi perduta o non
ancora identificata.
PraTESI Riccarnpo O. F. M., I Fio-
retti di S. Francesco. Le considerazioni
sulle Stimmate. La vita di Frate
Ginepro. La vita e i detti del Beato
Egidio. Capitoli aggiunti. Il cantico
di Frate Sole. Firenze, Salani, 1960,
pp. 465.
Accurata introduzione storica ad
ognuno dei documenti, ma specialmente
ai Fioretti; numerose note storiche,
critiche, topografiche : buona biblio-
grafia.
TERZI Arpuino O. F. M., « La Chiesa
Nuova» in Assisi, casa natale di
S. Francesco, Roma, presso l’Autore,
1960, pp. 33.
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cecluecu
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Difende l’autenticità della tradizio-
nale casa natale del santo.
MARIO PERICOLI
CaNoNICI Luciano O. F. M., Il faro
sul monte. Il B. Leopoldo da Gaiche
frate minore, missionario apostolico.
S. Maria degli Angeli, Assisi, 1957.
Una recensione dell’opera, con giu-
dizi del tutto favorevoli, si legge in
Studi Francescani, 57 (1960) p. 152,
redatta da D. Cresi O. F. M.
CANNAROZZI Ciro O. F. M., Due vite
della B. Antonia da Firenze, in Studi
Francescani, 57 (1960), pp. 319-42.
L’A. pubblica due diverse redazioni
di fra Mariano da Firenze sulla vita
della fondatrice di un monastero di
clarisse in Aquila. Lo studio offre una
grande quantità di notizie e di nomi
sul monastero di S. Anna a Foligno al
quale erano uniti in - congregazione
quelli di S. Antonio di Perugia e di
S. Quirico d’Assisi. È ricordata — tra
altre suore native dell'Umbria — suor
Geronima da Todi, compagna della
fondatrice, dalla cui bocca apprese le
notizie fra Mariano.
PACETTI DionIsIO O. F. M., Studi e ri-
cerche intorno a Frate Ugo Panziera
(c. 1260-1330), in Studi Francescani,
57 (1960), pp. 215-253.
Studio fondamentale sul celebre trat-
tatista e laudese coetaneo di Iacopone
e di Dante. L’A. dimostra che il luogo
d’origine di Ugo Panziera non è Prato
ma Pomarance in quel di Volterra. Tra
gl’incunaboli rarissimi dei Trattati spi-
rituali del Panziera sono ricordati
quello dei tipografi Lorenzo Morgiani e
298 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Giovanni Magonza, Firenze, 15 dicem-
bre 1492; quello di Antonio Misco-
mini, Firenze, 9 giugno 1492 ; quello di
Nicolò Brenta a Varena, Venezia (senza
data). Le tre edizioni furono donate,
insieme a tutta la sua biblioteca, da
Cesare Guasti al convento di S. Maria
degli Angeli per la biblioteca conven-
tuale.
NERI DAMIANO O.F.M., Il francescano
P. Angelo Santi, paciere di Pistoia,
e una bolla di Pio II, in Studi Fran-
cescani, 57 (1960), pp. 140-50.
L’A. parla della funzione di « arbitri »
e «pacieri » esercitata frequentemente
dai predicatori degli Ordini Mendi-
canti quando le fazioni insanguinavano
la vita dei Comuni. Durante il soggiorno
di Pio II ai Bagni di Petrolio in Val di
Merse (Siena), nel 1464, furono spe-
dite dal pontefice varie lettere. Oltre
a quella con cui si approvava l’arbi-
trato di fra Angelo, l’A. nota quella
inviata all'abate di S. Benedetto di
Scalocchio in favore di certa suora
Elisabetta Canali da Città di Castello
che aveva fatto voto d’entrare nel mo-
nastero di Monteluce di Perugia o di
S. Lucia di Foligno.
MATTESINI FRANCESCO O. F. M., La bi-
blioteca francescana di S. Croce e Fra
Tedaldo Della Casa, in Studi Fran-
cescani, 57 (1960), pp. 254-316.
L’A. ricorda, per il primo periodo
di formazione della famosa biblioteca
francescana di Firenze, i codici con
gli scritti di S. Basilio, S. Ambrogio e
S. Giovanni Damasceno, postillati da
fra Filippo da Perugia. Si notano inol-
tre: un accenno alla biblioteca del
convento di S. Francesco in Assisi e
il fondo donato alla biblioteca con-
Las
»
SEGNALAZIONI
ventuale di S. Spirito di Firenze da
Agostino Tinacci, vescovo di Narni,
morto nel 1377.
Lior RENATO O. F. M., I « Sermones
quadragesimales » di S. Giacomo della
Marca in un codice della Biblioteca
Comunale di Foligno, in Annali del
Pontificio Istituto Superiore di Scienze
e Lettere « S. Chiara», X, Napoli, 1960.
Sono 103 «sermones», di cui si dànno
l’« Incipit », l'«Explicit» e la «divi-
sio », contenuti nel ms. C.A. IX. 1. 11.
della Comunale di Foligno.
PnATESI RiccaRrDo O. F. M., Nuovi do-
cumenti sul B. Alberto da Sarteano
(m. 1450), in Archivum Francisca-
num Historicum, 53 (1960), pp. 78-
110.
Nel corso dell'articolo si sottolinea
l’importanza del movimento degli Os-
servanti dell'Umbria che da questa
regione si diffuse in Italia e in Europa.
PRATESI RiccaRrDo O. F. M., Marco da
Montefalco O. F. M., maestro in teolo-
gia e vescovo di Sarsina e di Marsico
Nuovo, in Archivum Franciscanum
Historicum, 53 (1960), pp. 205-206.
LAURENT M.-H., O.P., Fr. Marco de
Montefalco et les Evéques de Marsico
Nuovo à l'époque du Schisme d'Oc-
cident, in Archivum Franciscanum
Historicum, 53 (1960), pp. 449-57.
Una figura, questo fra Marco da
Montefalco, quasi dimenticata, ma di
notevole interesse, a giudicare dai
nuovi documenti prodotti.
ABATE Giuseppe O.F.M. Conv., Il
primitivo Breviario francescano (1224-
1227), in Miscellanea Francescana,
60 (1960), pp. 47-240.
BIBLIOGRAFICHE 299
Studio vasto e profondo condotto sui
tre mss. 693, 694 e 696 della Biblioteca
Comunale di Assisi. L'A. ha individuato
nei tre mss. il Breviario della Curia
Romana imposto da san Francesco ai
suoi frati e da costoro diffuso in tutta
la Chiesa. ;
PIANA CELESTINO O. F. M., La Facoltà
teologica dell’ Università di Bologna
nel 1444-1458, in Archivum Fran-
ciscanum Historicum, 53 (1960), pp.
361-441.
Nel lavoro ricorrono notizie su Ni-
colò Tignosi da Foligno, ricordato nel
prologo d’un commento ad Aristotele
dell’umanista Giovanni Tortelli d’Arez-
zo ; sono trattati, inoltre, il francescano
Agostino d’Assisi, membro del Collegio
teologico di Bologna nel 1453-54 e nel
1456; il domenicano Ugolino da Peru-
gia, presente a S. Domenico di Bolo-
gna nel 1439 ; il servita Arcangelo da
Città di Castello, iscritto nel Collegio
negli anni 1445-49, 1452-56 e l’altro
servita tifernate Angelino, presente nel
convento dei Servi di Bologna nel 1437 ;
il francescano Giovanni di Cristoforo
da Pontremoli, licenziato a Bologna
nel 1454 e precedentemente presente
a Perugia e Assisi ; l'agostiniano Ga-
briele Garofali da Spoleto, licenziato a
Bologna nel 1403, poi vescovo di No-
cera dei Pagani; Cecchino dei conti
di Campello di Spoleto, podestà a Bo-
logna nel 1449; Giovanni Marcolini,
dei Minori, vescovo di Nocera Umbra
dal 1444 al 1465. È ricordato anche il
formulario del Privilegium doctoratus
della Università di Perugia.
VENANZIO DA CuroaaiA O. F. M., CAP.,
Un inedito di S. Veronica Giuliani,
in Italia Francescana, 35, ns.
(1960), pp. 385-88.
L’inedito narra una rivelazione avuta
dalla Santa e alla quale ella stessa di-
chiara con semplicità di non prestare
fede. Lo scritto è autenticato da Gio-
vanni Muzi, vescovo di Città di Ca-
stello e noto storiografo.
NATALI Augusto, Francesco Pennacchi
nel centenario della nascita, in Italia
Francescana, 35, n.s. (1960), pp. 74-
78.
Commemorazione dello studioso as-
sisano, del quale sono ricordati i rap-
porti con le più grandi personalità
dell'ambiente scientifico francescano.
FiNnI ALESSANDRO, Nel terzo centenario
della nascita di S. Veronica Giuliani,
in Italia Francescana, 35, n.s. (1960),
pp. 338-41.
Illustrazione divulgativa della fi-
gura della santa cappuccina di Città
di Castello.
DE LA GRANGE ANNESI KLITSCHE D.,
Un francescano diplomatico, stra-
tega e scrittore alla corte del Gran
Kan, in Italia Francescana, 35, n.s.
(1960), pp. 336-37.
Breve riassunto della vita e dell’opera
di fra Giovanni da Pian di Carpine
(Magione).
RossETTI FELICE O. F. M. Conv., Anna
Maria Lapini pellegrina ad Assisi,
in Italia Francescana, 35, n.s. (1960),
pp. 192-98.
L'A. parla diffusamente della fon-
datrice dell'Istituto delle Suore Stim-
matine e della sua permanenza in
Assisi e a Perugia verso la metà del
Sec. XIX.
"Me Eo eene nr sendas sor Veri abet e EE ert
300 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
IGINO DA ALATRI O. F. M. Cap., Gli
ultimi giorni del card. Quifiones e i
Cappuccini, in Italia Francescana,
35, n.s. (1960), pp. 103-15.
L'A. svolge diffusamente un episodio
registrato nella Cronica dei Cappuc-
cini del p. Bernardino da Colpetrazzo.
WALMSLEY CONRAD O. F. M., Robert of
Leicester's treatise an evangelical po-
verty (« Tractatus fratris Roberti de
Leycestria super istum verbum:
Beatus qui intelligit super egenum
et pauperem »), in Collectanea Fran-
ciscana, 30 (1960), pp. 78-100 ; 176-
207.
L'A. afferma, tra l'altro, che il trat-
tato fu scritto dopo il Capitolo gene-
rale di Perugia (maggio-giugno 1322)
durante il quale esplose il dissidio dei
Frati Minori con Giovanni XXII.
ABATE GIUSEPPE O. F. M. Conv., Fra’
Matteo da Bascio e gli inizi del-
l'ordine Cappuccino, in Collectanea
Franciscana, 30 (1960), pp. 31-77.
Tra le fonti più frequentemente ci-
tate nell’acuto studio figurano le cro-
nache dei cappuccini Bernardino da
Colpetrazzo e Paolo da Foligno. Le
conclusioni cui giunge l’A. sono una
completa demolizione della figura di
Matteo da Bascio.
GABRIELLI MARGHERITA, Gli affreschi
di Giotto in Assisi e S. Bonaventura,
in Doctor Seraphicus, 7 (1960),
pp. 40-60.
L'A. afferma che il ciclo giottesco
d'Assisi è condotto sul testo della
Legenda e degli altri scritti bonaven-
turiani.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 301
MaRIANO D’ALATRI O. F. M. Cap., In-
quisitori veneti del Duecento, in
Collectanea Franciscana, 30 (1960),
pp. 398-452.
Lo studio è analogo a quello dello
stesso A. sull’Inquisizione francescana
nell'Italia centrale nel secolo XIII,
pubblicato in Collectanea Franciscana,
22 (1952), pp. 233 e Ss.
MeELCHIOR A PoBLADURA O. F. M. CAP.,
Monumenta Historica Ordinis Mi-
norum Cappuccinorum, 8-9, Romae,
1960.
Nel vol. n. 9 si nota il primo docu-
mento del 1806, redatto dal cappuc-
cino Michelangelo da Sansepolcro.
Quaderni di Spiritualità Francescana,
Assisi, Tip. Porziuncola, 1961.
1) Che cos'è la Spiritualità fran-
cescana (1961).
2) Gesù Cristo nella Spiritualità
francescana (1961).
3) L’Eucarestia nella Spiritualità
froncescana (1962).
4) La passione di Gesù Cristo
nella Spiritualità francescana (1962).
5) La Madonna nella Spiritualità
francescana (1963).
L’iniziativa di questa serie di « Qua-
derni » (meravigliosi per la veste e per
il contenuto) e una presentazione dei
primi cinque si leggono in Studi Fran-
cescani, 58 (1961), pp. 418-20; 60
(1963), pp. 213-14.
Manifestazioni della Sala Francescana
di Cultura di S. Damiano nell’anno
1960, in Studi Francescani, 58 (1961),
pp. 203-07.
È la cronaca succinta delle 10 con-
ferenze annuali svolte da diversi ora-
tori sugli argomenti proposti dalla Di-
rezione della Sala.
UcoLiNO NICOLINI
FAnnETTI NazARENO O. F. M., Nel
VII Centenario della morte di Frate
Ginepro giullare di Dio. Per trono
un'altalena, Assisi, Sala Francescana
di S. Damiano, 1961, pp. 20, tavv. 4.
Celebrazione svoltasi nel sagrato del
Santuario di S. Damiano il 14 settem-
bre 1958.
MARIO PERICOLI
CHIAPPINI ANICETO O. F. M., Relazione
sul monogramma dello stemma e del
gonfalone del Comune de L’ Aquila, in
Studi Francescani, 58 (1961), pp. 193-
95.
Dalloccasione di un errore nel gon-
falone di Aquila l'A. prende lo spunto
per dare utili notizie sulla sigla ber-
nardiniana IHS (Ihesus) diffusa dal
santo senese in tutta Italia.
MarrTEsINI FnANCESCO O. F. M., « Non
ti chiamerò più padre » (Vita di San
Francesco in controluce), in Studi
Francescani, 58 (1961), pp. 171-87.
È un brillante commento al grande
romanzo storico di R. Bacchelli (Non
ti chiamerò più padre, Milano, Monda-
dori, 1959). Nel corso dell’articolo sono
citate le recensioni più autorevoli del
romanzo apparse in varie riviste.
Lior RENATO O. F. M., Un gruppo di
« Sermones dominicales » di S. Gia-
como della Marca contenuti nel codice
V H 270 della Biblioteca Nazionale di
Napoli, in Studi Francescani, 58
(1961), pp. 3-61.
302 SEGNALAZIONI
L'A. pubblica gli «Incipit» e la
« divisio » delle prediche del ms. napo-
letano con riferimenti al ms. della Co-
munale di Foligno segnato C A IX 1 11
e agli altri codici di Falconara e Mon-
teprandone.
CHIAPPINI ANICETO O. F. M., Fra Pietro
dell' Aquila « Scotello », O. Min., ce-
lebre scolastico del Trecento (m. 1361),
in Miscellanea Francescana, 61 (1961)
pp. 283-310.
Dello «Scotello », famosissimo sco-
lastico denigrato dal Boccaccio, l'A.
traccia un profilo documentato e com-
pleto dal quale si apprende che fra
Pietro insegnò anche a Todi. Nel 1334
in Assisi approvò, insieme a fra Simone
da Spoleto e fra Nicola da Terni, il
commento alle Sentenze di Pietro
Lombardo, scritto da Guglielmo Rubiò.
NEssI SirLvEsTRO, La vita di S. Fran-
cesco dipinta da Benozzo Gozzoli a
Montefalco, in Miscellanea France-
scana, 61 (1961), pp. 467-92.
Con erudite ricerche l'A. premette
alcune notizie sulla fondazione del con-
vento, sulla situazione politica di Mon-
tefalco nel secolo XV, per trattare poi
ampiamente il famoso ciclo pittorico
di Benozzo.
BLASUCCI ANTONIO O. F. M. Conv., Un
gioiello di spiritualità « Le Opere
Spirituali » della B. Varano, 0.S.CL
(n. 1524), in Miscellanea France-
scana, 61 (1961), pp. 109-117.
Recensendo la nuova edizione de
Le Opere Spirituali della beata Camilla
Battista Varano, clarissa di Camerino,
curata da G. Boccanera (Tesi 1958), VA.
accenna all'ipotesi che la spiritualità
BIBLIOGRAFICHE
della Varano dipenda da quella della
beata Angela da Foligno. Si ricorda
anche la figura del francescano Dome-
nico da Leonessa che tanto influi sulla
clarissa di Camerino.
GRUNDMANN HERBERT, Die Bulle « Quo
elongati » Papst Gregors IX, in Ar-
chivum Franciscanum Historicum, 54
(1961), pp. 3-25.
È la bolla con la quale Gregorio IX
dichiarava che i Frati Minori non erano
tenuti all'osservanza del Testamento di
san Francesco. L'A. dà una nuova edi-
zione critica del documento, segna-
lando anche il testo contenuto nel ms.
1046 della Biblioteca Augusta di Pe-
rugia.
PACETTI DionIsIO O. F. M., L'« Expo-
sitio super Apocalypsim» di Mattia di
Svezia (c. 1281-1350) precipua fonte
dottrinale di S. Bernardino da Siena,
in Archivum Franciscanum Histori-
cum, 54 (1961), pp. 273-312.
Nello studio si citano frequentemente
i mss. 46, 50, 66, 71, 358 della Biblio-
teca Comunale di Assisi e il 68 della
Comunale di Todi. Vengono ricordati,
inoltre, due illustri francescani di Pe-
rugia operanti in Toscana, compagni di
san Bernardino: fra Ercolano (da
Piegaro o da Perugia) e fra Giovanni.
PRATESI RiccARDO O.F.M., Angelo Sal-
vetti, Ministro Generale O.F.M. (10
maggio 1421-6 ottobre 1423), in Ar-
chivum Franciscanum Historicum, 54
(1961), pp. 94-113.
Nel corso dell'articolo lA. dà un
autorevole giudizio — fondato sul-
l'Umbria Serafica di fra Agostino Mat-
tielli da Stroncone — sul moto riformi-
è
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 303
stico in seno all'Ordine francescano
promosso da fra Gentile da Spoleto
verso la metà del sec. XIV.
CLASEN SoPHRONIUS O. F. M., S. Bona-
ventura S. Francisci Legendae maio-
ris compilator, in Archivum Franci-
scanum Historicum, 54 (1961), pp.
241-72; 55 (1962) 3-58; 289-319.
Nell'acuto studio l'A. fa continui
riferimenti all’ Anonimus Perusinus, ms.
appartenuto al convento perugino di
S. Francesco al Prato, scomparso nel
secolo scorso. Frequentissimi, inoltre,
i rimandi alla famosa Legenda Peru-
sina Antiqua, contenuta nel ms. 1046
della Biblioteca Augusta di Perugia.
È ricordato anche fra Filippo da
Perugia, amico di san Bonaventura e
ministro della Provincia Toscana.
PAszror EpITH, Luca Wadding, edi-
tore della « Vita Anselmi episcopi
Lucensis », in Archivum Francisca-
num Historicum, 54 (1961), pp.
303-28.
Un ms. di questa « Vita » ebbe il
Wadding dal suo alunno e connazio-
nale,, l'irlandese N. Walsch O. F. M.,
che nel 1640 era lettore nello Studio
generale del convento perugino di
S. Francesco del Monte (Monteripido).
ARTHUR INaniD, « Lo Cavalier armat »,
version provencale attribué à Pierre
de Jean Olivi, in Studia Neophilolo-
gica, A Journal of Germanic and Ro-
mance Philology, 31 (1959), pp. 43-64.
Una breve recensione del lavoro,
con aggiornati rimandi bibliografici,
è in Archivum Franciscanum Histori-
cum, 54 (1961), pp. 447; firmata da
C. Schmitt O. F. M. attuale Direttore
della Rivista. La versione provenzale
del Miles armatus si trova in un prezioso
ms. della Biblioteca francescana della
Chiesa Nuova in Assisi.
Vian NELLO, Il Processo di S., Chiara
d'Assisi, Milano, 1961.
La nitida edizione divulgativa è
preceduta da una «notizia », ottima
sintesi della vita della santa assisana.
ANDRISANI GAETANO, Una nuova col-
lana a cura di Luciano Canonici
O. F. M., in Italia Francescana, 36,
ns.. (1961), pp. 371-72.
Sono presi in esame i primi cinque
opuscoli della collana sorta attorno
al periodico La Porziuncola; il se-
condo, Interpretazioni francescane di
Tiberio d'Assisi a cura di Raffaella
Por, è un interessante elenco analitico
delle opere del pittore assisano.
MetopIO DA NemBo O. F. M. CAP.,
Aspetti e motivi del « Diario» di
S. Veronica Giuliani, in Italia Fran-
cescana, 36 n.s. (1961), 225-39.
L’A. inserisce il «Diario» nella
tradizione letteraria degli scrittori mi-
stici con adeguata conoscenza e ana-
lisi della vasta produzione in questa
materia.
LonEeNzOo Da TARA O. F. M. Cap., Na-
tura e grazia nella devozione mariana
di Iacopo (sic) da Todi, in Italia
Francescana, 36, n.s. (1961), pp.
161-69.
Divagazioni teologico-letterarie su
alcune laudi iacoponiche prese in
esame senza impegno critico.
ARSENIO DA CAsoRATE O. F. M. CAP.,
Lettere inedite di Paolo Sabatier a
Francesco Pennacchi, in Italia Fran-
cescana, 36, n.s. (1961), pp. 1-21;
88-103 ; 240-56.
Carteggio di fondamentale impor-
tanza per la biografia e per la cono-
scenza della genesi di molte opere del
celebre francescanista alsaziano.
DIVIZIANI ANTONIO, Onofrio de Bona-
venturis Conte Palatino, in Doctor
Seraphicus, 8 (1961), pp. 54-69.
Nel corso della trattazione sono ri-
cordati Simone «de Solis» da Gubbio
signore di Castelluzzo in quel di Ba-
gnoregio e Battista Sbaraglini da
Perugia priore di Lubriano, entrambi
della prima metà del sec. XVI.
FipeLE DE Ros O.F.M. Cap., Les
éditions d’ Alonso de Madrid hors
d’Espagne, in Collectanea Franci-
scana, 31 (1961), pp. 218-29; 645-56.
Tra le numerose edizioni italiane
de L’arte per servire a Dio figura anche
quella stampata a Foligno da Pom-
peo Campana nel 1757 e adattata per
i suoi confratelli di Bevagna dal p.
Girolamo da Narni O. F. M. Cap.
Lupovico DA Osrna O. F. M. Car.,
Epistolario del beato Benedetto Pas-
sionei d' Urbino, in Collectanea Fran-
ciscana, 31 (1961), pp. 176-217.
Dalle ricerche dell'A. risulta che il
Passionei studiò all’Università di
Perugia nel 1577-78 e che nel 1583
dimorò a Gubbio.
Sancta Veronica Giuliani vitae spiri-
tualis magistra et exemplar tertio
304 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
ab eius natitivate exeunte saeculo
(1660-1960).
È il terzo fascicolo di Collectanea
Franciscana, 31 (1961), pp. 249-608 e
contiene sette dottissimi studi sulla
vita e gli scritti della santa venerata
a Città di Castello.
UGOLINO NICOLINI
PALMA Bruno, Itinerari laziali : mari
monti e colline dell’intera regione, in
Rassegna del Lazio, IX, n. 9-12
settembre-dicembre 1962, pp. 81-83
Ricorda Greccio dove è conservato
il primo ritratto a tempera di S. Fran-
cesco, eseguito poco dopo la sua morte.
PeRrIcoLI CECILIA, Sabina e turismo,
in Rassegna del Lazio, VII, maggio
1960, pp. 15-21.
Descrive la Valle Santa prediletta
da S. Francesco per i suoi ritiri nella
preghiera.
M. C. CRISPOLTI
BuLLETTI ENRIcO O. F. M., Composi-
zioni inedite di S. Giovanni da Cape-
strano, in Studi Francescani, 59
(1962), pp. 373-86.
L’A. pubblica un Ufficio ritmico di
san Bernardino scritto dal Capestranese
nel 1450 e ricorda che un altro Ufficio,
già divulgato nell’Ordine dei Frati
Minori, fu revocato a S. Maria degli
Angeli nel 1464.
Lior RENATO O. F. M., Il « Directorium
Iuris » del francescano Pietro Quesnel
nei sermoni domenicali di S. Giacomo
della Marca, in Studi Francescani,
59 (1962), pp. 213-69.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 305
L'A. descrive i codici nei quali è
tramandato il « Directorium » del Que-
snel (sec. XIV) e dimostra la dipen-
denza di san Giacomo dall'opera dello
inglese. Tra l'altro si afferma che
san Giacomo si laureó «in utroque
iure » alla Università di Perugia, senza,
peraltro, documentare l'affermazione.
MopnEsTINI FRANCESCO, Dal Santuario
di Frate Sole. Manifestazioni della
Sala Francescana di Cultura di
S. Damiano nel biennio 1958-59, in
Studi Francescani, 59 (1962), pp.
195-96.
Il resoconto comprende anche gli
anni precedenti fino dall’origine (1945).
Le conferenze quasi annualmente sono
state raccolte in volume e pubblicate
dalla Direzione della Sala.
GERARDI SIMONE O. F. M. Conv., Aver-
roismo e Averroisti padovani nei
secoli XIV-XVI, in Miscellanea
Francescana, 62 (1962), pp. 369-86.
È un ampio commento all’opera
miscellanea di B. Nardi (Saggi sull’ Ari-
stotelismo Padovano dal secolo XIV al
XVI, Firenze, 1958).
Sono menzionati Agostino Steuco da
Gubbio che difese Alessandro d'Afro-
disia, commentatore greco di Aristo-
tele, dalla taccia di negatore dell'im-
mortalità dell'anima e fra Giovanni da
Pian di Carpine (Magione), il famoso
francescano missionario e legato pon-
tificio presso i Tartari.
Di BeNEDETTO VIRGILIO, Nota filo-
logica alla nuova edizione delle Laudi
del b. Ugo Panziera, O. Min., (m. c.
1330), in Miscellanea Francescana,
62 (1962), pp. 414-44.
È il capitolo sulla questione critica
dei codici che hanno tramandato le
Laudi del Panziera, capitolo che era
stato omesso per ragioni particolari
nell’edizione delle stesse Laudi curata
dal Di Benedetto (Roma, 1962). Tra
i numerosissimi mss. collazionati figura
anche il Tuderte 194, appartenente alla
Comunale di Todi.
Brown RAPHAEL, Franciscan Mystic.
The Life of Blessed Brother Giles of
Assisi, Companion of St. Francis,
New Yorck 1962.
GamBoso VeRGILIO O. F. M. Conv., Il
Beato Egidio d'Assisi, compagno di
S. Francesco, Padova, 1962.
Le due opere date alle stampe per
l'occasione del VII centenario della
morte del b. Egidio sono fatte oggetto
di ampie recensioni da C. Schmitt
O. F. M. in Archivum Franciscanum Hi-
storicum, 56 (1963), pp. 217-221, dove
si nota tuttavia che la migliore recente
opera su frate Egidio è quella di L.
Hardick O. F. M., Leben und Goldene
Worte des Bruder Aegidius, Werl in
W., 1953.
MoLLaT GUILLAUME, Clément VI et
l'Ordre des Frères Mineurs, in Archi-
vum Franciscanum Historicum, 55
(1962), pp. 258-61.
È un’integrazione del Bullarium
Franciscanum per quanto concerne
Clemente VI. Nel 1349 è sospeso l’in-
terdetto su Assisi a causa dell’afflusso
dei fedeli per il Perdono. Nel 1352 si
assolvono i fedeli dalla scomunica
incorsa per il trafugamento del Tesoro
di S. Francesco.
CENCI CESARE O. F. M., Fra Francesco
da Lendinara e la storia della Provin-
20
cia di S. Antonio tra la fine del s. XIV
e l'inizio del s. XV, in Archivum
Franciscanum Historicum, 55 (1962),
pp. 103-92.
L'apparato critico-erudito dello stu-
dio presenta nutrite serie di elenchi no-
minativi di francescani tra i quali si
notano molti Frati Minori umbri ope-
ranti nel Veneto ; essi sono : Francesco
da Norcia, Francesco da Perugia, In-
nocenzo da Foligno, Lodovico da Spo-
leto, Lodovico d'Assisi, Niccoló da
Bettona, Ondedeo da Città di Castello,
Onofrio da Gubbio, Paolo d'Assisi,
Filippo da Perugia. In altri casi frati
veneti operano in Umbria, come fra
Lodovico da Venezia e fra Giovanni di
Francia. Utili notizie s'incontrano per
la storia dei mss. 506 e 633 della Comu-
nale di Assisi.
CENCI CESARE O. F. M., Antonio da Pe-
reto, Ministro Generale O. F. M.ei
Capitoli generali di Roma (1411) e
di Mantova (1418), in Archivum
Franciscanum Historicum, 55 (1962),
pp. 468-500).
L'A. ricorda, tra l'altro, alcune tappe
importanti nella carriera di fra Pa-
scuccio Davini da Assisi, guardiano di
Monte Sion nel 1414 e Inquisitore per
l'Umbria nel 1417. Un utile riferimento
è dato per il ms. 183 della Comunale
d'Assisi e per le Costituzioni di fra
Michele da Cesena.
ARSENIO DA CASORATE O. F. M. Car.,
Un viaggio storico, in Italia Fran-
cescana 37 n.s. (1962) 430-32.
Riflessioni sul pellegrinaggio ad As-
sisi di Giovanni XXIII (4 ottobre
1962).
306 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
VIAN NELLO, La dottrina spirituale del
b. Egidio di Assisi nei suoi « Detti »,
in Italia Francescana, 37, n.s. (1962),
pp. 414-17.
Rapida e acuta introspezione nel
vasto orizzonte in cui spaziano i
« Detti ».
ARSENIO DA CASORATE O. F. M. Car.,
A che punto è la « Questione France-
scana », in Italia Francescana, 37,
n.s. (1962), pp. 81-91.
L’A. dichiara d’avere svolto l’argo-
mento tenendo sott’occhio in modo
particolare lo studio del p. G. Abate,
pubblicato in Miscellanea France-
scana del 1939. Come è noto, nella
«Questione » hanno grande importanza
l’Anonimo Perugino (ms. perduto) e
la Legenda Antiqua Perusina conte-
nuta nel ms. 1046 della Biblioteca
Augusta di Perugia.
ARSENIO DA CASORATE O. F. M. CAP.,
S. Francesco sullo schermo, in Italia
Francescana, 37, n.s. (1962), pp. 69-
72.
È una rassegna della stampa, ita-
liana e straniera, sul film di produzione
americana « Francesco d’Assisi » visto
in Italia nell’autunno del 1961. Le
inconcepibili contraffazioni storico-bio-
grafiche hanno provocato severi giu-
dizi da parte della critica italiana, al-
meno di quella che tiene in qualche
conto l’informazione storica.
CHIAPPINI ANICETO O. F. M., La se-
quenza « Dies irae dies illa» di fra
Tommaso da Celano, in Collectanea
Franciscana, 32 (1962), pp. 116-21.
Riaffermando polemicamente l’attri-
buzione del Dies irae al Celanese, VA.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 307
sostiene, tra l’altro, che il ms. VI G
38 della Nazionale di Napoli, del sec.
XIII, è uscito dallo «scriptorium »
francescano di Assisi.
OcTAVIANUS A RIEDEN 0. G. M. CAP.,
De sodalium franciscalium in Con-
cilio Oecumenico Lugdunensi Se-
cundo parando et celebrando prome-
ritis, in Collectanea Franciscana,
32 (1962), pp. 122-47.
Nellarticolo é ricordato uno dei
concistori di Gregorio X tenuto prima
del 29 maggio (Pentecoste) del 1273
ad Orvieto e nel quale furono creati
cardinali S. Bonaventura da Bagno-
regio e Pietro da Tarantasia.
Bascapè GriAcoMOo C., Note sui sigilli
dei Francescani (secoli XIII-XVI), in
Collectanea Franciscana, 32 (1962),
pp. 148-64.
Tra i vari sigilli presi in esame figu-
rano quello del monastero di S. Croce
e S. Caterina di Montefalco, della cu-
stodia francescana di Gubbio, del vi-
cario di Chiusi, di Angelo Clareno, del
ministro della provincia umbra di
S. Francesco, del convento di Cascia,
del card. Matteo d'Acquasparta, di
frate Elia, delle clarisse di S. Caterina
di Foligno, del protomonastero di
S. Chiara in Assisi.
ZACCARIA GIusEPPE O. F. M. Conv., Il
principale fondo musicale della Cap-
pella di S. Francesco in Assisi, in
Miscellanea Francescana, 62 (1962),
pp. 155-61.
L’A. illustra diffusamente le vicende
storiche della formazione dell’interes-
sante fondo musicale, testimonianza,
anch’esso, delle splendide tradizioni
artistiche della basilica di Assisi.
MARTINI ApoLrFo O. F. M., Che cosa
sono le cosi dette « Assoluzioni gene-
rali », in Studi Francescani, 60 (1963),
pp. 157-61.
Una formula antica di tali assoluzioni
si trova nel ms. E. 3 dell’archivio
provinciale dei Frati Minori della To-
scana, nel convento di S. Francesco a
Firenze. Il codice fu scritto nel 1474
a Perugia nel convento di S. Francesco
del Monte (ora Monteripido).
BerTAGNA Martino O. F. M., Vita e
apostolato senese di San Bernardino
(1391-1444), in Studi Francescani, 60
(1963), pp. 20-99.
Narrando gl’inizi della vita religiosa
di san Bernardino l’A. si riallaccia al
movimento francescano della Regolare
Osservanza che, nato in Umbria, fu
introdotto in Toscana da fra Giovanni
da Stroncone (m. 1418) e Angelo da
Monteleone di Spoleto (m. 1415), di-
scepoli di fra Paoluccio Trinci da Foli-
gno (m. 1391). Si accenna inoltre alla
predicazione di san Bernardino in
Umbria nel 1425-26, alla controversia
sulla devozione al Nome di Gesù con
lagostiniano Gabriele da Spoleto, alla
divisione in due distinte vicarie degli
Osservanti delPUmbria e Toscana
(1441).
PaceTtTI Dionisio O. F. M., Le fonti
dottrinali di San Bernardino a servi-
zio del suo fecondo apostolato, in Studi
Francescani, 60 (1963), pp. 3-19.
Tra i numerosi autori ai quali si
ispirò san Bernardino, dopo il suo Mat-
tia di Svezia, sono ricordati Iacopone
da Todi e l’agostiniano Simone Fidati
da Cascia, fervente discepolo di Angelo
Clareno. Dall’articolo si apprende pure
che il codice D. 300 della Biblioteca
€
Forteguerriana di Pistoia con l’Expo-
sitio super Apocalypsim di Mattia di
Svezia era ad uso del b. Ercolano da
Piegaro, compagno di san Bernardino.
Per quanto riguarda il frutto dell’apo-
stolato del Senese, l'A. cita le parole
dette dal santo a Perugia durante la
predicazione del 1425.
MATTESINI FRANCESCO O. F. M., At-
tenzioni francescane nel « Frontespi-
zio », in Studi Francescani, 60 (1963),
pp. 134-40.
Sono prese in esame le « attenzioni »
dei quattro anni 1930-33 della nota
rivista cattolica di cultura. Si notano :
l’ultima edizione de La vie de S. Fran-
cois del Sabatier, recensita con una
stroncatura ; il San Francesco di An-
gelo Conti, I! Santo Poeta (san Fran-
cesco) di Domenico Giuliotti e I Detti
del Beato Egidio nella bella edizione
curata da Nello Vian.
CRESI DoMENICO O. F. M., Supplemento
al « Codice diplomatico della Verna e
delle SS. Stimate » di P. Saturnino
Mencherini, in Studi Francescani, 60
(1963), pp. 446-95.
In questo supplemento di cronaca
(1263-1963) PA. ricorda, tra l'altro,
la partecipazione del card. Gioacchino
Pecci arcivescovo di Perugia, poi Leone
XIII, alle celebrazioni del VI cente-
nario della morte di san Bonaventura
svoltesi alla Verna nel 1874 e il suo
dono al santuario di insigni reliquie
(due costole del b. Egidio e una sca-
pola del b. Corrado da Offida). Più
tardi, da papa, donó — tramite mons.
Gabriele Boccali — un suo ritratto da
collocare nella cella dove aveva sog-
giornato.
308 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
BERTAGNA MARTINO O. F. M., Vita re-
ligiosa francescano-senese sulle orme
di S. Bernardino nel sec. XV, in Studi
Francescani, 60 (1963), pp. 231-89.
L'A. traccia, nell'ambito di un qua-
dro storico generale, lo sviluppo del
movimento dell'Osservanza nella zo-
na senese, raggruppando luoghi e per-
sone secondo i rapporti avuti con san
Bernardino. Cosi negli elenchi di fran-
cescani che furono soci, discepoli o
seguaci dell'Albizzeschi, nel sec. XV,
si notano: Giovanni, Precordiano e
Eugenio da Perugia, Giovanni da
Stroncone, Onofrio da Seggiano, vis-
suto lungamente a Perugia e morto a
Norcia, Cherubino da Spoleto, Andrea
da Sangemini, Fortunato Coppoli da
Perugia. È ricordato il soggiorno del
beato Bernardino da Feltre a Perugia
e quello di fra Mariano da Siena in As-
sisi. L'A. dà, inoltre, inedite e impor-
tanti notizie sulla compagnia di S. Gi-
rolamo detta « del di » fondata a Siena
da san Giacomo della Marca e sui
rapporti di essa con quella di Perugia
istituita nel 1445 dallo stesso predica-
tore francescano.
CANONICI Luciano O. F. M., La Por-
ziuncola e gli inizi dell'Ordine Fran-
cescano, S. Maria degli Angeli, 1963.
« Savante étude » lo giudica C. Schmitt
in Archivum Franciscanum Histori-
cum, 56 (1963), p. 221.
ZACCARIA GIusepPE O.F.M. Conv.,
Diario storico della Basilica e Sacro
Convento di S. Francesco in Assisi
(1220-1927), in Miscellanea France-
scana, 63 (1963), pp. 75-120; 290-
361 ; 495-536.
É una compilazione, ordinata dia-
risticamente, di ciò che l’A. ha trovato
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFI CHE
sparso in varie pubblicazioni e nell'ar-
chivio di Assisi.
PAGNANI Giacinto, viaggi di
S. Francesco d'Assisi nelle Marche,
Milano, 1962.
Il lavoro è recensito e discusso in
Archivum Franciscanum | Historicum,
56 (1963), pp. 350-52.
BreNGIO Lopovico O. F. M., L'Osser-
vanza Francescana in Italia nel sec.
XIV, Roma, 1963.
Uno studio organico nel quale si
sistema tutta la svariatissima produ-
zione storiografica su quel movimento
ch'ebbe origine in Umbria e si propagò
a tutta la Chiesa.
BeERTAGNA Martino O. F. M., La ba-
silica di S. Bernardino all’Osservanza
di Siena. Note storico-artistiche, in
Archivum Franciscanum Historicum,
56 (1963), pp. 284-331 ; 390-438.
Per le vicende della basilica gran
parte della documentazione é desunta
dalla relazione della visita apostolica
svolta nella diocesi di Siena da Fran-
cesco Bossio, vescovo di Perugia, nel
1575. I preziosi appunti personali del
Bossio su quella « Visitatio » si trovano
nelParchivio della curia arcivescovile
di Perugia.
GvurMAN HarrI B., Michelangelo 's
Botschaft in der Sixtinischen Kapelle,
in Archivum Franciscanum Histori-
cum, 56 (1963), pp. 258-283.
L'A. si sforza di dimostrare che il
Buonarroti nelle pitture della Sistina
si ispirò alla dottrina francescana.
Infatti il committente Giulio II era
stato alunno nello studio minoritico di
S. Francesco al Prato di Perugia.
309
Cenci Cesare O.F.M., Constitutiones
Provinciales Provinciae Umbriae anni
1316, in Archivum Franciscanum
Historicum, 56 (1963), pp. 12-39.
L’A. pubblica le Costituzioni fran-
cescane della provincia umbra secondo
il testo del ms. 1711 della Biblioteca
Universitaria di Padova, risolvendo la
questione della datazione con il fortu-
nato rinvenimento di un frammento
conservato nell’Archivio di Stato di
Perugia.
DaLLARI DanIELE O. F.M. Car. I
titoli che ebbe il Serafico, in Italia
Francescana, 38, n.s. (1963), pp. 13-
23; poi col titolo S. Francesco di
Assisi nel giudizio della Chiesa e
degli uomini, 149-61 ; 235-46 ; 325-
39 (continua).
Diffusissima esposizione apologetica
delle deformazioni subite dalla figura
di san Francesco lungo i secoli.
DErRENZA GiusEPPE, lacopone poeta,
in Italia Francescana, 37, n.s. (1962),
pp. 183-91; 233-39; 324-38 ; 38,
n.s. (1963), pp. 36-41; 108-17 ;
177-86.
Saggio critico-letterario sulle laudi
di Iacopone, condotto sull'edizione di
F. Ageno.
MarIANO D’ALATRI O. F. M. Cap., Gli
idolatri recanatesi secondo un rotolo
vaticano del 1320, in Collectanea
Franciscana, 33 (1963), pp. 82-105.
L'A. accenna anche alle vicende
politico-militari dell'Umbria durante
il pontificato di Giovanni XXII. Fi-
gurano i nomi di Pietro da Gubbio,
vicario del vescovo di Osimo e Pietro
di maestro Giacomo da Spoleto, avvo-
310 SEGNALAZIONI
cato e procuratore degli imputati re-
canatesi. Giudice del Rettore della
Marca Anconitana, Amelio, è Cino
da Pistoia.
OcTAVIANUS A _RIEDEN O. F. M. CAP.,
De Sancti Francisci Assisiensi stig-
matum susceptione. Disquisitio hi-
storico-critica luce testimoniorum sae-
culi XIII, in Collectanea Franci-
scana, 33 (1963), pp. 210-66 ; 392-
422.
L'ampio ed esauriente studio si
inserisce indirettamente nella questione
delle fonti francescane. Si notano : la
testimonianza di fra Filippo da Pe-
rugia, il bassorilievo robbiano conser-
vato alla Porziuncola, il processo in-
quisitoriale del 1361 contro il silve-
strino Leonardo da Foligno negatore
delle stimmate.
MARIANO D’ALATRI O. F. M. Car., Do-
cumenti sulla vertenza del 1355-56
tra Inquisizione e Tudertini, in Collec-
tanea Franciscana, 33 (1963), pp. 267-
326.
Nello studio si tratta, nonostante
il titolo, della ripresa e conclusione dei
processi contro eretici e fraticelli del
famoso decennio 1320-30, studiati e
pubblicati da L. Fumi. La pubblica-
zione, condotta principalmente sul ms.
367 della Comunale di Todi (scono-
sciuto al Fumi), fornisce una serie ric-
chissima di notizie e di nomi di tutta
l'Umbria.
ABATE GIUSEPPE O. F. M. Conv., Con-
ferme dei vicari generali cappuccini
date dai maestri generali conventuali
(1528-1619), in Collectanea Fran-
ciscana, 33, (1963), pp. 423-41.
Nel corso dello studio sono ricor-
dati il celebre teologo del Concilio di
BIBLIOGRAFICHE
Trento p. Bonaventura Pio da Costac-
ciaro, Minore conventuale (m. 1562),
i cappuccini Tommaso Garotti da Città
di Castello, Bernardino da Colpetrazzo,
Marco da Cascia.
UGOLINO NICOLINI
Costumi e Tradizioni locali
Nucci RAFFAELE, Una mucca nutrita
d’uva per il capitano dei Ceri, in
L’Eugubino, X, maggio 1959, pp.
17-18.
Aneddoti sulla festa dei Ceri.
GinI Gronaio, I Balestrieri di Gubbio,
in L'Eugubino, X, maggio 1959, p. 19.
Notizie sui balestrieri e descrizione
della loro arma.
CHIOCCI FRANCOBALDO, Ceri e Gerealie,
in L'Eugubino, X, maggio 1959, p. 20.
Le « Cerealie » sono una tradizionale
sagra che si celebra ad Enna e che
presenta analogie con la festa dei Ceri.
INTRONA SoTIR, Arte fede e tradizione
ad Oberammergau, in L'Italia che
scrive, XLIII, n. 3-4, marzo-aprile
1960, pp. 63-64.
Illustra le sacre rappresentaz oni
della Passione, tradizione secolare di
Oberammergau, che traggono le loro
origini dai misteri religiosi sviluppatisi
dopo il mille in Italia e particolarmente
in Umbria e in Toscana.
Giornata di Gubbio a Thann ed in
Alsazia, in L' Eugubino, XII, 9 aprile
1001; p:1.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 311
Programma per lo svolgimento della
giornata di Gubbio a Thann, in occa-
sione delle celebrazioni dell’8° cente-
nario di S. Ubaldo.
FARNETI ALDO, Elogio di un ceraiolo
« Pulpettone », in L’Eugubino, XII,
maggio 1961, p. 21.
Profilo di una figura caratteristica
di ceraiolo.
Nucci RAFFAELE, Una mostra di pit-
tura di Sergio Dino Chesini su Gubbio
e la Festa dei Ceri, in L'Eugubino,
XII, n. 5, 25 giugno 1961, p. 3.
Si tratta di venticinque tele che
dimostrano con quanta sensibilità
l'artista abbia capito lo spirito di
Gubbio.
Gini GrorcIo, Settimana Santa eugu-
bina, in L'Eugubino, XIII, n. 2, 22
aprile 1962, p. 3.
Origine delle manifestazioni sacre
e della Processione del Cristo Morto
del Venerdi Santo.
BRUNI Bruno, Olimpiade annuale nella
città di Sant’ Ubaldo, in L’ Eugubino,
XIV, 15 maggio 1963, pp. 3-6.
Note storiche su Gubbio e sulla
festa dei Ceri.
Nucci RAFFAELE, S. Ubaldo preferiva
il pugilato all'uso delle armi, in
L’Eugubino, XIV, 15 maggio 1963,
pp. 15-16.
Il santo proibì ai suoi concittadini
l’uso delle armi e il lancio dei sassi du-
rante le inevitabili lotte, consigliando
loro di misurarsi con «il gioco delle
pugna ). 3
M. C. CRISPOLTI
Biografia
Provincia SERAFICA DI SAN FRAN-
cesco D’Assisi, Padre Egidio Maria
Giusto dei Frati Minori. In me-
moria, Assisi, Tipografia Porziun-
cola, 1958, pp. 111.
La pubblicazione ricorda la vita e
l’attività religiosa e culturale del Frate
minore, che fu anche socio della De-
putazione di Storia Patria per l'Umbria.
PAOLA SCARAMUCCI
Finori MARIA, Angelico Fabbri, in
L'Eugubino, X, maggio 1959, pp.
8-9.
Note biografiche del patriota eugu-
bino.
Gini Giorgio, Giovanni Architetto,
Sec. XII, in L'Eugubino, X, maggio
1959, pp. 13-14.
Notizie e documenti su Giovanni da
Gubbio, l'insigne artefice della chiesa
di S. Rufino di Assisi.
BRocan: Mons. OnRIGENE, Vita di Santo
Ubaldo, Perugia, Ente Provinciale
per il Turismo, 1960, pp. 154, ill. ;
10 tavv. nel t.
Agli albori del secolo XI nacque a
Gubbio, semidiroccata come molte al-
tre città d'Italia e fiaccata nello spirito
dalle invasioni barbariche, un uomo,
un Santo-Eroe, che piü volte inter-
venne a placare le inevitabili lotte che
accompagnarono il sorgere delle libertà
comunali e che divenne il patrono e
il simbolo stesso della città.
M. C. CRISPOLTI
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312 SEGNALAZIONI
NATALI AUGUSTO, Francesco Pennacchi
nel centenario della nascita, in L'Ita-
lia Francescana, XXXV (1960), pp.
374-378.
Notizie biografiche del Pennacchi
(1860-1932), che fu bibliotecario ed
archivista della Biblioteca comunale di
Assisi e negli anni 1898-1926 mantenne
un frequente carteggio con Paul Sa-
batier su questioni di storia france-
scana.
CANONICI LuciANO O. F. M., Antonio
Vici principe conteso, S. Maria degli
Angeli, Tip. Porziuncola, 1961, p.
XIV-200, tavv. 27.
«Un libro che presenta Stroncone
nell'Umbria nelle sue vicende millena-
rie di eroismi, di gloria, di virtù ; te-
nace nella libertà contrastata e nella
fedele sudditanza ad Antonio Vici
(francescano, beato, 1381-1461) espres-
sione e simbolo del paese ». Precedono
il lavoro (pp. IX-XIV) ricche note
bibliografiche. Avrebbe impreziosito
il lavoro un indice di nomi di luoghi
e di persone.
MARIO PERICOLI
Ricordo di Mons. Francesco Pieri Ve-
scovo di Orvieto (1941-1961), Orvieto,
Tipografia Orfanelli, 1962, pp. 39,
2 tavv. fit:
Commemorazione di Mons. Pieri pro-
nunciata da Mons. FRANCESCO TROILI
il 19 maggio 1962, primo anniversario
della morte.
NATALI GIULIO, Luigi Morandi, in
Studi Romani, X, n. 4, luglio-agosto
1962, pp. 423-431.
Biografia di Luigi Morandi, editore
dei sonetti di G. G. Belli, nato a Todi
BIBLIOGRAFICHE
nel 1844 e allievo a Perugia di Luigi
Bonazzi, che svolse in Umbria gran
parte della sua attività.
GENTILE CARLO, Rapsodia asclepica ed
italica di Vincenzo Lanza, Foggia,
Università Popolare « V. Lanza »,
1962, pp. 49.
La vita e il pensiero di Vincenzo
Lanza, nobile figura di patriota e di
Scienziato, che fu in rapporto anche
con l'Università di Perugia.
In appendice una lettera del prof.
Ferdinando Matoni a Francesco Gen-
tile.
M. C. CRISPOLTI
Varie
Cosimo C., Santuari mariani affidati ai
Passionisti, in Il Crocifisso, ottobre
1954, pp. 42-49.
Cenni storici dei santuari di Maria
SS. della Catona in Lanzignano, della
Basella (Bergamo), del Romitello in
Borgetto, delle Grazie in Nettuno e
della Stella (Perugia).
MARIO PERICOLI
ALIPRANDI (GIUSEPPE, Un pioniere
della stenografia meccanica a Spoleto,
Luigi Lamonica, in Spoletium, VI
1959, n. 1-2, pp. 35-36.
Luigi Lamonica pubblicò a Spoleto
nel 1868 un opuscoletto in cui descri-
veva un suo modello perfezionato di
macchina logomerografica, costruito a
Spoleto.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 313
TorTI ALBERTI LINA, Solenne inaugu-
razione del 34° anno accademico del-
l'Università Italiana per Stranieri, in
L'Italia che scrive, XLII, n. 7-8,
luglio-agosto 1959, pp. 173-174.
Inaugurazione dell'anno accademico
dell'Università per Stranieri di Peru-
gia. E riportato il discorso del Ret-
tore avv. Carlo Vischia e il saluto del
ministro Medici agli studenti.
Eugubino (L', anno X 1959, n. 6,
pp. 16.
Fascicolo pubblicato in onore del
Presidente della Repubblica Argen-
tina Arturo Frondizi, la cui famiglia
trae origine da Gubbio.
Sono riportati, tra l'altro, la moti-
vazione della laurea in Scienze Poli-
tiche concessa « honoris causa » al Pre-
sidente dall'Università di Perugia e il
discorso tenuto da Mons. ORIGENE
RocarIi nel 150° anniversario dell'In-
dipendenza della Repubblica Argen-
tina.
RoBERT GIANNI, Cento anni fa : nasce
il Regno d’Italia e comincia a for-
marsi la rete ferroviaria dell’attuale
compartimento di Ancona, Supple-
mento alla rivista Ancona, anno III,
n. 6, dicembre 1960, Ancona, Stab.
Tipografico Trifogli, pp. XXVI.
Lo sviluppo della rete ferroviaria
italiana nel clima politico e sociale
degli anni fra il 1860 e il 1888.
M. C. CRISPOLTI
MomaronI Pietro, Consilio Darda-
lini da M. Leone d’Orvieto Mastro
vetraio del XIV secolo, in Tecnica
vetraria, Milano, Anno VI, n. 4
(luglio-agosto 1961), pp. 21-23.
MomaronI PrigrRO, L'Arte vetraria in
Umbria. Cenni storici, in Tecnica
vetraria, Milano, Anno VI, n. 6
(novembre-dicembre 1961), pp. 16-17.
Due interessanti contributi alla mi-
gliore conoscenza dell’operosità svolta
in Umbria in questo campo con l’ap-
porto di notizie sin qui inedite. .
GIOVANNI CECCHINI
Nucci RAFFAELE, L'acquedotto del
Monte Ingino è finalmente una con-
creta realtà, in L' Eugubino, XII, n. 5,
25 giugno 1961, p. 2.
Realizzazione di un'opera che ha la
massima importanza per il futuro svi-
luppo del Monte Ingino.
Convegno sul tema : salvaguardia e ri-
sanamento dei centri storico-artistici.
Gubbio 17, 18, 19 settembre 1960,
Torino, Stampa a cura della rivista
Urbanistica, 1961, pp. 57, 3 tavv.
neb t, 3 tavv. Lt.
Atti del primo Convegno Nazionale
sulla salvaguardia e sul risanamento
dei centri storici, tenuto a Gubbio
nel 1960.
Importante la dichiarazione con-
clusiva del professor architetto Gio-
vanni Astengo che rappresenta un
impegno preciso alla realizzazione dei
provvedimenti auspicati.
ABBONDANZA RoBERTO, Spoleto e Mon-
tefalco nell’autografo del Boccaccio
recentemente scoperto a Perugia, in
Spoletium, VIII-IX (1962), n. 1-2,
pp. 7-10.
È l’unica lettera autografa del Boc-
caccio che giunga a noi nell’originale
e contiene nell’ultima parte la notizia
della cattura del capitano tedesco Ani
chino Baumgarden e del suo interna-
mento nella Rocca di Montefalco (epi-
sodio che manca nella biografia di
Anichino e nella storiografia spoletina
e albornoziana).
DEARDOFF RoBERT, L’immutato fa-
scino dell'antica Gubbio, in L'Eugu-
bino, XIV, n. 9, 25 dicembre 1963,
pisò:
Articolo su Gubbio pubblicato su
The New York Times il 17 novembre
1963.
M. C. CRISPOLTI
314 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE
PIRAZZOLI ELIANA, La stampa a Città
di Castello prima di Scipione Lapi,
Città di Castello, Istituto Professio-
nale di Stato per l’industria e l’arti-
gianato, 1963, pp. 16.
Rapido sguardo all’attività tipogra-
fica in Città di Castello dal 1538 alla
prima metà del sec. XIX, in una co-
municazione presentata al V Convegno
storico regionale indetto dalla Deputa-
zione di Storia Patria per l’Umbria,
sul tema « Tipografia, editoria, produ-
zione libraria in Umbria nei secoli
XV-XX ».
PAOLA SCARAMUCCI
FRANCESCO BRIGANTI
L'11 agosto 1961 è scomparso, cadendo sulla breccia di appas-
sionato studioso, il decano dei cultori e scrittori di memorie storiche
cittadine e regionali : il dottor Francesco Briganti.
Ottantottenne, aveva negli ultimi suoi giorni già pronto per la
stampa, un lavoro illustrante episodi e ricordi risorgimentali, e
pensava anche ad altre sue future pubblicazioni. Eminente esempio
di dotta continuata attività, che nè dolori domestici, nè gli anni
e infine la penosa cecità avevano fiaccato.
Dalla generazione di storici umbri che l’aveva preceduto, che
contava uomini quali Luigi Fumi, Giuseppe Mazzatinti, Oscar
Scalvanti, Michele Faloci Pulignani e di cui si era meritata la stima,
aveva appreso la paziente costanza della ricerca documentaria e
il suo concretarsi in saggi e monografie erudite. Aveva quindi la-
vorato in feconda gara di operosità con compagni della generazione
sua, tra cui primeggiava Giustiniano Degli Azzi.
Francesco Briganti fu Direttore della Biblioteca e dell’antico
Archivio Comunale e dette parte attivissima alle iniziative ed istitu-
zioni storiografiche regionali; su tutte alla Deputazione di Storia
Patria.
Collaborò a tutte le riviste locali, che pur nel loro circoscritto
interesse illustrativo di luoghi, persone ed eventi, han valso a di-
mostrare una continua sempre efficiente cultura regionale, e un
amore riverente per le tradizioni e i fatti della propria terra natale.
Restano numerose le sue pubblicazioni. Dal suo primo scritto
che ampliò un originale tema svolto nella sua tesi di laurea, Città
dominanti e Comuni minori nell'Umbria, ha toccato molti punti
della nostra civica storia, che egli conosceva a fondo nelle narra-
zioni degli scrittori e nelle fonti d’archivio.
316 NECROLOGI
Francesco Briganti esercitò con elevata coscienza profes-
sionale l'ufficio di notaro, ben compreso della delicatezza di questa
funzione, facente di tale ufficiale che gode la pubblica fede, il de-
positario di segreti familiari, il buon consigliere nella sistemazione
d'affari e interessi domestici.
Amò, anche per tradizione familiare, quest’ufficio, e il suo
volume su L'Umbria nella storia del Notariato italiano espone lo
svolgersi dell'istituto notarile da allora che, nel Medio Evo, forniva
il personaggio indispensabile a dar forma e valore giuridico a tutti
gli atti della vita politica della Città, fino a quando nell'epoca mo-
derna ha ristretto i suoi compiti alla vita privata, ma non ha di-
minuito il suo prestigio morale.
Francesco Briganti si è occupato anche di interessi artistici.
Fu tra gli ordinatori della indimenticata Mostra di Antica Arte
Umbra del 1907 che riveló tanti nostri ignorati o appena conosciuti
tesori di bellezza. Nella sua gioventü egli, nativo di Deruta, fu uno
dei promotori del risorgimento artistico della ceramica derutese,
decaduta dagli splendori del Quattro e del Cinquecento, quando
i suoi prodotti ornavano le case e le mense dei principi, e fanno oggi
rara mostra nei musei e nelle collezioni di amatori, a fabbrica di
rozze terraglie per popolazione di campagna. Egli conta questa
benemerenza del suo rinnovamento, verso l'arte nostrana della ma-
iolica. Ebbe pur tante altre idee originali e geniali : sempre in cerca
di qualche utile cosa da realizzare.
Inizió una raccolta storico-topografica di Perugia e dell'Umbria
cosi indispensabile a documentare le trasformazioni edilizie e le vi-
cende dei monumenti di una città caratteristica e ricca di aspetti
tipici e suggestivi. La raccolta venne poi ripresa dalla Sovraintendenza
alle Gallerie, e provvisoriamente disposta prima all'Accademia di
Belle Arti e poi nel Palazzo Comunale, ma per mancanza di locali,
tutto il cospicuo materiale messo assieme, attende una sede, una si-
stemazione definitiva, che non dovrà mancare, anche per l'interesse
che suscita nel forestiero.
Il Briganti si occupó anche per accrescere il Museo del Risorgi-
mento, pur esso; ancor oggi in attesa di stanza e ordinamento.
Con i suoi scritti, con le sue realizzazioni, con la sua iniziativa,
sale il Briganti studioso che desta tanto ricordo di só.
L'uomo poi fu simpaticamente a tutti caro ed accetto per la
bontà dell'animo, per la semplicità dignitosa del vivere; senza al-
cuna iattanza, ma col tono più bonario e modesto. Di tempera-
NECROLOGI 317
mento mite e sereno, invano si sarebbe attesa una parola aspra
e tanto meno malevola uscire dal suo labbro. Profondamente otti-
mista, nelle persone e nelle cose vedeva sempre il lato migliore.
Mai lo sfiorò un’ombra di scetticismo, che lo lasciava quasi mera-
vigliato di trovarlo in altri: sentì l’amicizia come un intimo bi-
sogno; spontaneo dette agli amici e da loro riebbe l'affetto.
A contatto con lui si provava un senso di tranquillità di spirito,
di fiducia nella missione operosa della vita.
RAFFAELE BELFORTI
BIBLIOGRAFIA
a cura di PAOLA SCARAMUCCI
1. — Cenni storici sul Castello di Torgiano sino a tutto il secolo XVI. Alla
signorina Ulderica Galeota e al dott. Severo Severi nel giorno delle loro
nozze la famiglia Briganti-Vitalini offre. Deruta, 7 giugno 1900. Perugia,
Unione Tip. Coop., 1900.
9. — Cenni storici sull'arte degli speziali in Perugia. Per nozze Briganti-
Andreoli. Perugia, Unione Tip. Coop., 1900.
3. — Documenti per la storia della medicina in Perugia. Secoli XIII-XIV.
Per nozze Gigliarelli-Pucci Boncambi-Tei. Perugia, Unione Tip.
Coop., 1903.
4. — Le coppe amatorie del secolo XVI nelle maioliche di Deruta. Nozze
Magnini-Bondi. Deruta, 14 novembre 1903. Perugia, Unione Tip.
Coop., 1903.
5. — L’antico Comune della Spina. Cenni storici pubblicati dalla Soc. Operaia
di Beneficenza di Spina pel XXV anniversario della Fondazione, 2 ottobre
1904. Perugia, Tip. Umbra, 1904.
6. — Città dominanti e Comuni minori nel Medio Evo, con speciale riguardo
alla Repubblica Perugina. Perugia, Unione Tip. Coop., 1906.
7. — Un autografo del Pintoricchio. Perugia, Unione Tip. Coop., 1906.
8 — ANSIDEI VINCENZO-BRIGANTI FnANCESCO-DEGLI Azzi GIUSTINIANO,
La città di Perugia al I Congresso storico. Mostra Nazionale del Risorgi-
mento Patrio in Milano, novembre 1906. Perugia, Unione Tip. Coop., 1906.
9. — Albero genealogico della Famiglia perugina dei Montesperelli, conti di
Poggio Aquilone. Perugia, Tip. V. Bartelli, 1911.
10. — BRIGANTI FRANCESCO — BARTELLI ALDO, Per le nozze Montesperelli-
Briscese, sarà ognora ricordato, fra i giorni più fausti delle due Case, il
XV gennaio 1911. Perugia, Tip. V. Bartelli, 1911.
11. — Ugolino di Petruccio conte di Montemarte luogotenente del Cardinale
Albornoz. Perugia, Unione Tip. Coop., 1913.
D ele RA DUE LA io y
eine: C. Por TSI d A Iguana C
318 NECROLOGI
12, — Sommaria enumerazione di tutte le opere da compiere,
: servizi e istituzioni da curare e promuovere nell’interess
Deruta. Perugia, Unione Tip. Coop., 1914.
13. — Castelleone,
Tromboni-Malvaioli. Perugia, Tip. Commerciale, 1925.
14. — Ricordi francescani in Perugia (in occasione dell'inaugurazione della
facciata della Chiesa di S. Francesco al Prato ;
scano 1926). Edit. Comune di Perugia, 1926.
15. — Il Santuario della Madonna dei Bagni presso Casalina
rugia, Tip. Commerciale, 1927.
16.
Perugia fino all'anno 1935. Perugia, Tip. Guerriero Guerra, 1946.
17. — Le chiese di Deruta e la difesa del loro
Tip. Guerriero Guerra, 1952.
18.
rugia, Stab. Tip. « Grafica» di Salvi e C., 1954.
— Gio. Andrea Angelini- Bontempi (1624-1705), musicista, letterato
chitetto. Perugia-Dresda. Firenze, Leo S. Olschki Editore, 1956.
— L’Umbria nella storia del notariato italiano. Archivi notarili nelle P
19.
20.
Roma, MCMLVIII. Perugia, Stab. Tip. Grafica, 1958.
21. — La vita e le opere di Mons. Antonio Briganti Vescovo di Orvieto Arci-
vescovo di Apamea. Ricordi di cronistoria locale contemporanea (1817-
1906). Perugia, N. Simonelli Ed., Tip. « Grafica », 1960.
In riviste :
1
putaz. di Storia Patria per l'Umbria, vol. X (1904), pp. 479-484.
2
di Storia Patria per l'Umbria, vol. X (1904), pp. 485-492.
3. — I due quadri dell' Alunno in Deruta, in Augusta Perusia, II (1907),
fasc. IV, pp. 56-59.
4. — Le giostre in Perugia nel secolo XVI e XVII
III (1908), fasc. VI-VII-VIII-IX, pp. 122-131.
9. — Lo Statuto di Gaiche del 1318, in Bollettino della R. Deputaz. di Storia
Patria per l'Umbria, vol. XIV (1909), pp. 491-544.
, in Augusta Perusia,
6. — Le case del Pintoricchio in Perugia, in Bollettino della R. Deputazione
di Storia Patria per l’ Umbria, vol. XVII (1911), Pp. 625-630.
7. — ANSIDEI VINCENZO-BRIGANTI FRANCESCO, « Bartolomeus de Gabriel-
libus de Regno Francie » e « Ugo de Belciampolo de Ingilterra » Conesta-
bili al servizio del Comune di Perugia nel 1321, in Bollettino della R. Depu-
taz. di Storia Patria per l'Umbria, vol. XXI (1915), pp. 221-250.
vere 7 S.
di tutti i pubblici
e del Comune di
Pomonte, Sorgnano, Perugia- Vecchia. Nozze Del Buon
VII centenario france-
(Deruta). Pe-
— Relazione sulla Biblioteca Augusta e Antico Archivio del Comune di
patrimonio artistico. Perugia,
— Perugia. Guida Toponomastica con ottantacinque illustrazioni. Pe-
, ar-
ro-
vincie di Perugia e Terni. V Congresso Internazionale Notariato Latino.
. — Della guerra tra Perugia e Foligno nel 1254, in Bollettino della R. De-
. — Principi giapponesi a Perugia e Foligno, in Bollettino della R. Deputaz.
NECROLOGI 319
8. — Un protocollo di Pietro Petrioli di Bettona, Notaio di Andrea Bontempi,
Vescovo di Perugia, in Bollettino della R. Deputaz. di Storia Patria per
l'Umbria, vol. XXIII (1918), pp. 3-114.
9. — Per l'istituzione di un Archivio di Stato nell’ Umbria, in Bollettino della
R. Deputaz. di Storia Patria per U Umbria, vol. XXIII (1918), pp. 347-351.
10. — Dante Viviani (Necrologio). in Bollettino della R. Deputaz. di Storia
Patria per l'Umbria, vol. XXIII (1918), pp. 405-407.
11. — Favorino Fiumi (Necrologio), in Bollettino della R. Deputaz. di Storia
Patria per l'Umbria, vol. XXIII (1918), pp. 409-411.
12. — Perugia 1? sede di Conclave, in Aperusen, Foligno, Campitelli, 1922.
13. — Cipriano Piccolpasso di Castel Durante. Note bibliografiche, in Perusia,
anno 1929, fasc. I, pp. 27-32.
14. — Perugia sotto la neve, in Perusia, I (1929), fasc. II, pp. 61-64.
15. — Perugia negli usi, costumi e nella vita delle sue antiche organizzazioni.
in Perusia, I (1929), fasc. III, pp. 99-105 ; fasc. IV, pp. 160-168 ; fasc. V,
pp. 218-222. à
16. — Tommaso Valenti (Necrologio), in Bollettino della R. Deputazione di
Storia Patria per l'Umbria, vol. XXXVIII (1941), pp. 237-239.
17. — I Rioni della città di Perugia, in Perusia, N. S., n. 1 (1949), fasc. I,
pp. 5-9.
18. — Padre Girolamo Diruta e un suo ignorato Antifonario, in Perusia,
fasc. VI, 1950, pp. 34-37.
19. — Perugia vecchia: la città romana di Casuentillo. Ricordi dell’epoca
eneolitica, etrusca e romana nella media Valle del Tevere, in Perusia, N. S.,
fasc. VII (1951), pp. 29-33.
20. — Luigi Tarulli Brunamonti (Necrologio), in Bollettino della Deputaz.
di Storia Patria per l’ Umbria, vol. XLVIII (1951), pp. 212-214.
21. — La tradizione delle feste goliardiche perugine, in Perusia, fasc. VIII,
anno 1951, pp. 32-35.
22. — Adolfo Morini (Necrologio), in Bollettino della Deputaz. di Storia Patria
per l'Umbria, vol. XLVIII (1951), pp. 228-235.
23. — L'ordinamento militare e lo spirito combattivo dei perugini durante
l'epoca comunale, in Perusia, N. S., fasc. X (1952), pp. 9-18.
Deruta al tempo di Mastrogiorgio da Gubbio, in Perusia, N. S., fasc.
XII (1953), pp. 35-38.
24.
320 NECROLOGI
CLEMENTE PIZZI
Si è spento a Lucca il prof. Clemente Pizzi, socio corrispondente
della Deputazione di Storia patria per l'Umbria e tocca a me, che
gli fui collega in anni lontani, l’onore di ricordarlo nel Bollettino
di cui egli fu valente collaboratore.
La vita di Clemente Pizzi fu tutta dedicata alla scuola in cui
entrò giovanissimo nel 1922 e che solo morendo lasciò.
Oltre quarant'anni di dedizione all'insegnamento, svolto con
amore e con passione ammirevole in tante città d’Italia, da Pisa
a Forlì, da Parma a Perugia fino a Lucca, ove si conclusero la sua
vita e la sua opera!
Ma il dovere scolastico non attuti, nè spense il suo amore dello
studio e della ricerca: attese a testi scolastici in collaborazione
coll’insigne grecista Bruno Lavagnini; fu diligente ed intelligente
editore di opere inedite come le Lettere tra G. B. Morgagni e Vin-
cenzo Cavallucci, pubblicate a Perugia nel 1936, frutto delle accu-
rate ricerche del Pizzi nei manoscritti della Biblioteca Dominicini ;
gli Epigrammi latini inediti di Bartolomeo Beverini e le lettere ugual-
mente inedite di Nicolao Tegrimi.
Filologo ed umanista estese le sue ricerche anche al mondo
bizantino e le comunicazioni da lui tenute ai congressi internazionali
di studi bizantini di Salonicco, Istambul e Monaco di Baviera furono
ascoltate con grande interesse per la novità e l’importanza dei do-
cumenti che Clemente Pizzi presentò all’attenzione dei congressisti.
Anche il campo dell’umanesimo giuridico non sfuggì alle sue
particolari cure, come dimostra l’edizione critica, colla traduzione
a fronte, del trattato didattico-pedagogico del celebre giurista Gio-
vanni Battista Caccialupi, De modo studendi in utroque iure.
E che dire delle sue eleganti traduzioni in versi di epigrammi
greci, delle sue profonde indagini filologiche su alcune isole linguistiche
della Lucchesia ?
Ma a me oggi preme ricordare non solo il maestro e lo studioso
che fu Clemente Pizzi, ma l’amico caro e indimenticabile, l’uomo
dal gran cuore che profuse i tesori del suo ingegno e del suo animo
a studenti ed amici. Lo ricordo, e con me lo ricordano quanti lo
conobbero, nella sua grande bontà d’animo, in quella sua schiettezza
di carattere che creava una corrispondenza di amichevoli sensi al
primo incontro, in quella sua religiosità, che non era una forma
NECROLOGI 321
esteriore, ma motivo informatore di tutta la sua vita. Ottimista
per natura egli vedeva solo i lati buoni dei colleghi e degli amici
e agli studenti, non sempre generosi verso di lui nella loro intempe-
ranza giovanile, elargiva facile comprensione e perdono.
Non mancò anche a Clemente Pizzi la dolorosa esperienza della
guerra che egli visse a Lucca, dove si trasferì nel lontano 1940 e
c'è in questo periodo un gesto che sembra riassumere la sua ge-
nerosità d’animo.
Il 29 giugno 1944, negli ultimi sussulti della guerra, i Tedeschi
nella zona di Lucca, a Volpromano, avevano catturato degli ostaggi
che dovevano essere mandati a morte. Ai soldati inferociti per la
uccisione dei loro camerati si presentó Clemente Pizzi e colla sua
aria un po’ trasognata si offrì ostaggio volontario per liberare quelle
vittime ignare ed innocenti, prese nell’ingranaggio della orribile
guerra.
Con questo suo gesto nobile ed eroico mi piace concludere il
mesto ricordo di Clemente Pizzi, maestro, studioso, amico incom-
parabile.
OTTAVIO PROSCIUTTI
BIBLIOGRAFIA
1) B. LAVAGNINI-C. Pizzi, Gli Autori Latini per il Ginnasio inferiore, Torino,
Chiantore, 1929, II Ed., 1930.
2) B. LavaGnINI-C. Pizzi, Gli Autori Latini per l’Istituto Tecnico In-
feriore. Torino, Chiantore, 1928, II Ed., 1930.
3) B. LavaenInI-C. Pizzi, Gli Autori Latini per l’Istituto Magistrale In-
feriore, Torino, Chiantore, 1928, II Ed., 1930.
4) CLEMENTE Pizzi, Lettere inedite tra G. B. Morgagni e Vincenzo Caval-
lucci. Testo, introduzione e commento, in Bollettino della Dep. di S.
Patria per l'Umbia, vol. XXXVI (1939), pp. 169-76.
5) — Il Canzoniere latino di Vincenzo Cavallucci, in Bollettino della Depu-
tazione di Storia Patria per l'Umbria, Perugia, 1937, pp. 27.
6) — Latinissantes. Avviamento all’uso dell’espressione diretta in latino,
Roma, Società Editrice « Dante Alighieri », 1938, pp. 131.
7) — Nozze Lippi Boncambi-Rossi, Versione poetica di epigrammi greci
erotici, Perugia, La Litografia, 1939.
8) — Michele Franceschi. Carmina Latina Selecta. Estratto da « Il Mondo
Classico », N. 1-6 (1949), pp. 60.
-
322 NECROLOGI
9) — Nozze Tamburini-Gemignani. Epigrammi latini inediti di Bartolomeo
Beverini, Lucca, 1950.
10) — La grammatica greca di T. Gaza ed Erasmo. Comunicazione letta al-
VIII Congresso Internazionale di Studi Bizantini di Palermo, 1951.
Estratto dagli Atti dell’VIII Congresso di Studi Bizantini. Vol. I.
11) — Michele Marullo Tarcaniota e Piero Crinito. Saggio umanistico-bi-
zantino. Estratto da Rassegna Volterrana, Anno 1952, pp. 15.
12) — L’assedio dei Bizantini a Lucca del 552 d. C. Comunicazione letta al
IX Congresso Internazionale di Studi Bizantini a Salonicco, 12-25 Aprile
1953, pp: T£
13) — Influenze etrusche nell'istituto familiare romano, in Studi Etruschi,
Vol. XI, Firenze, 1937.
14) — L’umanista Andrea Ammonio, Firenze, Le Monnier, 1956, pp. VII-
100, con illustrazioni.
15) — Una relazione inedita e sconosciuta su Costantinopoli del sec. XVII.
Pubblicata in riassunto in francese, per ragioni economiche, negli Atti
del X Congresso Internazionale di Studi Bizantini, Istanbul, 1957.
16) — La tradizione umanistica lucchese dal Fiadoni al Mansi. Firenze, L.
S. Olschki, 1957.
17) Andrea Ammonii Carmina Omnia. Accedunt tres epistolae nondum
editae. Firenze, L. S. Olschki, 1957.
18) — Lettere inedite di Nicolao Tegrimi. Firenze, Tipografia Giuntina, 1957.
19) — Giovanni Battista Caccialupi. Il metodo di studio in Utroque Iure.
Edizione e Versione Italiana. In corso di pubblicazione.
20) — Ripercussioni in Lucca nel sec. XVIII della polemica tra il Patriarca
ortodosso Dositeo e Luigi Andruzzi. Comunicazione all’XI Congresso
Internazionale di Studi Bizantini, Monaco di Baviera, 1958, pubblicata
negli Atti del Congresso, pp. 466-498, Monaco di Baviera, 1960.
21) — Lo Statuto di Gombitelli (1604). Lucca, Tipografia Artigianelli, 1960,
pp. 1-15.
22) — L'isola linguistica di Gombitelli. Memorie storiche con documenti ine-
diti. Lucca, Tipografia Artigianelli, 1960, pp. 27 con tavole illustrative.
23) — Numero Unico per l’inaugurazione dell'Acquedotto di Gombitelli,
27 Nov. 1960, Lucca, Tipografia Artigianelli, 1960, pp. 52.
24) — Il tricolore su Firenze è verso il Fronte, nel periodico La Provincia
di Lucca, Anno I, N. 4, ottobre-dicembre 1961, pp. 59-63.
25) — Terenzio Mamiani Accademico Lucchese, nella stessa Rivista, Anno
II, Supplemento al N. 2, aprile-giugno 1962, pp. 41-45.
26) — Nozze Gregori-Paglianti. Echi e messaggi della Grecia immortale,
Lucca, maggio 1963, pp. 16.
27) — Poesie e articoli su quotidiani, settimanali, riviste o foglietti volanti
a cura di Enti o privati di Lucca, Firenze, Perugia, ecc. dal 1926 in poi,
nonchè iscrizioni latine e italiane, onorarie e funebri.
de —_—
ATTI DELLA DEPUTAZIONE
ADUNANZA DEL CONSIGLIO DIRETTIVO
DEL 24 FEBBRAIO 1963
Presenti : il presidente prof. Giovanni Cecchini, il vicepresidente
dott. Francesco Santi, i consiglieri p. Giuseppe Abate e prof. Luigi
Salvatorelli.
Il Presidente, aperta la seduta alle ore 11, dà lettura del ver-
bale della precedente adunanza, che viene approvato all'unanimità.
Riprendendo alcune osservazioni raccolte nello stesso verbale,
si discute il problema di possibili attribuzioni a carattere pubblico,
che giustificherebbero un più concreto aiuto finanziario da parte
dello Stato alle Deputazioni, e il loro inserimento nel ritmo della
attuale vita pubblica. Il dott. Santi cita per esempio le commis-
sioni comunali per i toponimi, mentre il Presidente pensa a possibili
collegamenti con enti di diffusione ed aziende di turismo, nelle quali
le Deputazioni eserciterebbero un controllo culturalmente qualifi-
cato. Tali questioni potranno essere dibattute al Convegno delle
Deputazioni e Società Storiche che la Giunta Centrale per gli Studi
storici si è impegnata ad organizzare ogni due anni.
Intorno a queste fondamentali prospettive di vita delle De-
putazioni è stato inviato a tutte le Deputazioni e Società storiche
l'ordine del giorno presentato al Convegno storico umbro-toscano
dell’ottobre scorso : il Presidente informa il Consiglio sull’esito di
questa iniziativa, che ha ottenuto il consenso di quindici Deputa-
zioni e Società storiche delle varie regioni d’Italia.
Il presidente introduce l’argomento della creazione di un Centro
di Documentazione sul Movimento dei Disciplinati, che fu auspicato
dall'assemblea dei partecipanti al convegno celebrativo del Mo-
vimento stesso, nel 1960, e che il Presidente propone al Consiglio,
dopo che si sono risolte alcune questioni preliminari. Vista inutile,
324 ATTI DELLA DEPUTAZIONE
per vari motivi, la ricerca di collaborazione con il Sodalizio B. For-
tebracci, il Presidente propone che siano compiuti i necessari atti
deliberativi. Il Presidente informa inoltre il Consiglio di aver di-
ramato una circolare a tutti gli Ordinari ecclesiastici e ai Capi degli
Ordini religiosi per chiederne la collaborazione al fine di iniziare
un censimento delle Confraternite di Disciplinati. Inoltre, per quanto
riguarda i paesi stranieri, ha preso contatto con la delegazione ita-
liana dell'Unesco.
Il Consiglio approva la proposta avanzata dal Presidente di
affidare l’incarico di ricercatori al dott. Lodovico Scaramucci e al
prof. Pierlorenzo Meloni, dando mandato al Presidente stesso di
ripartire i compiti fra di essi.
Il prof. Salvatorelli suggerisce che la ricerca si estenda ad
argomenti affini, collaterali e collegati, e che si indaghi particolar-
mente nei secoli successivi a quello di origine ; quindi si stabilisce
che il titolo da attribuire all'organismo sia « Centro di Documenta-
zione sul Movimento dei Disciplinati »; si discute e infine si ap-
prova il regolamento di esso, che risulta cosi formulato :
CENTRO DI DOCUMENTAZIONE SUL MovIMENTO DEI DISCIPLINATI
1. — È istituito presso la Deputazione di Storia Patria per l'Um-
bria il Centro di Documentazione sul Movimento dei Disciplinati.
2. — Il Centro consegue i fini :
a) di raccogliere l'elenco delle Confraternite che dal sec. XIII
ad oggi hanno seguito la corrente promossa da Raniero Fasani, le
indicazioni di tutti i documenti, le composizioni letterarie, le figu-
razioni iconografiche, le opere d'arte, gli istituti assistenziali e so-
ciali, le pubblicazioni, i dati d'informazione storica riferibili, sia in
Italia che all'estero, al Movimento dei Disciplinati ;
b) di fornire a chiunque ne faccia richiesta le informazioni at-
tinenti al materiale raccolto sul Movimento dei Disciplinati ;
c) di promuovere la pubblicazione di repertori, di studi e di
saggi a carattere monografico su particolari aspetti e momenti del
Movimento dei Disciplinati usufruendo del materiale raccolto.
3. — II Centro dipende direttamente dal Consiglio Direttivo
della Deputazione ; esso si giova, per l'esecuzione del lavoro che ri-
chiede, della opera di elementi adeguatamente qualificati per prepa-
razione culturale e capacità tecnica.
ATTI DELLA DEPUTAZIONE 325
4. — AI finanziamento del Centro sarà provveduto mediante
apposite sovvenzioni da parte di enti pubblici e di privati, che sa-
ranno amministrate dalla Deputazione di Storia Patria per l'Um-
bria con una contabilità a entrata e uscita a parte.
5. — Compete alla Deputazione di Storia Patria per l'Umbria
la proprietà del materiale raccolto dal Centro e di tutto quanto ad
esso attiene.
Il Consiglio, riconoscendo la necessità di provvedere alla spesa
occorrente per il funzionamento del Centro con mezzi finanziari
appositamente procacciati, evitando di impegnare le già limitate ri-
sorse di cui la Deputazione dispone per la sua normale gestione, dà
incarico al Presidente di svolgere le pratiche da avviare a questo
Scopo.
Per quanto riguarda le pubblicazioni, il Presidente informa il
Consiglio di aver preso i primi accordi con due soci, p. Ugolino Ni-
colini e don Costanzo Tabarelli, ai quali lo stesso Consiglio aveva
progettato, nella precedente riunione, di affidare la prosecuzione dei
Regesti delle Riformanze del Comune di Perugia.
Per il vol. LVIII del Bollettino é già pronto il materiale che com-
prende studi — fra gli altri — del gen. Cansacchi, del prot. De Do-
minicis, di mons. Sigismondi. Il prof. Salvatorelli interviene con al-
cune osservazioni metodologiche.
Il Presidente presenta al Consiglio un pro-memoria del socio
Feliciano Baldaccini, sul lavoro già fatto dal defunto prof. don
Angelo Messini per la pubblicazione degli Statuti del Comune e del
Popolo di Foligno, e sulla necessità di rivederlo e di completarlo.
Dopo che il prof. Salvatorelli ha raccomandato un confronto tra
le due copie esistenti di detto Statuto per accertare la più antica,
e dopo che si sono prospettate le possibilità di reperire almeno in
parte nella stessa Foligno (presso il Comune, la Cassa di Risparmio,
l'Azienda di Turismo, la Camera di Commercio) i mezzi finanziari,
il Consiglio decide di dare ufficialmente incarico al socio Baldaccini
di preparare l’opera per la pubblicazione, mentre giudica che si
debba sollecitare un filologo per la preparazione di un glossario.
A proposito della situazione finanziaria, il Presidente presenta
le fatture della Tipografia Panetto e Petrelli relative al vol. LVII del
Bollettino e al volume di Atti del Convegno sui Disciplinati, e di-
< 7| ^ a
VENERE C. mod: SS ilari "cm deiode etai a
326 ATTI DELLA DEPUTAZIONE
scute con il Consiglio la possibilità di rivolgersi per l'avvenire ad altre
tipografie, che facciano condizioni più vantaggiose e siano d’altronde
meno affollate di lavoro.
Per i contributi di enti locali e centrali non si sono verificati
miglioramenti di rilievo.
Si viene quindi a parlare dei Convegni storici regionali. Il prof.
Salvatorelli ritiene che si potrebbe farli ogni due anni, alternandoli
a quelli indetti dalla Giunta Centrale. Il Presidente giudica invece
opportuno, per ora, continuarli nella frequenza annuale, a scopo di
propaganda e di incremento della Deputazione.
Nel 1963 si potrà tenere il Convegno a Città di Castello, in con-
comitanza con la celebrazione di Scipione Lapi, dedicandolo al tema
« L'arte della stampa in Umbria ». Il p. Abate ricorda a questo pro-
posito che un catalogo delle stampe di Assisi é stato fatto dal sig.
Fernando Morotti, col quale d'altronde il Presidente si é già messo
in contatto.
La seduta é tolta alle ore 13.
La Segretaria Il Presidente
PAOLA SCARAMUCCI GIOVANNI CECCHINI
ADUNANZA DEL CONSIGLIO DIRETTIVO
DEL 12 SETTEMBRE 1963
Presenti : il presidente prof. Giovanni Cecchini, il vicepresidente
dott. Francesco Santi, i consiglieri p. Giuseppe Abate e prof. Luigi
salvatorelli.
Il Presidente, aperta la seduta alle ore 11, dà lettura del verbale
della precedente adunanza, che viene approvato all'unanimità.
Nello stesso verbale già si prospettava la possibilità di un Con-
vegno di delegati delle Deputazioni e Società storiche, che la Giunta
Centrale per gli Studi Storici, in accoglimento dell'ordine del giorno
emanato dall'assemblea dei partecipanti al Convegno del Centenario,
Si era impegnata ad organizzare entro l'anno corrente. Riprendendo
l'argomento, il Presidente dà notizia degli sviluppi che si sono veri-
ficati, mettendo il Consiglio a conoscenza della corrispondenza in-
tercorsa con il sen. prof. Aldo Ferrabino, presidente della Giunta
medesima, che ha confermato la decisione di indire entro il 1963 il
ATTI DELLA DEPUTAZIONE 327
Convegno, e della comunicazione che di tale decisione è stata data
da questa Deputazione alle Deputazioni e Società storiche. Alcuni
di questi istituti hanno dato una risposta, avanzando in taluni casi
proposte di argomenti da trattare al futuro Convegno.
Il prof. Salvatorelli ricorda e raccomanda la proposta di even-
tuale collaborazione delle Deputazioni e delle Società storiche per
la ripresa della pubblicazione dei Rerum Italicarum Scriptores, che
il prof. Raffaello Morghen aveva fatto a conclusione del Convegno
del Centenario delle Deputazioni toscana ed umbra ; ed è sostanzial-
mente d'accordo anche con il Presidente, che giudica fondamentale
e preminente necessità dell'attività delle Deputazioni la pubblica-
zione delle fonti, estesa ai secoli successivi al XVI e con inclusione
di altri materiali, come carteggi, memoriali e simili. E comunque
essenziale, a parere del Presidente, con il quale il Consiglio è d'accordo,
in primo luogo che, nei riguardi dell'attività scientifica, si imposti
un programma di lavoro su scala nazionale, e in secondo luogo che si
rivedano e si estendano le possibili attribuzioni di funzione pubblica
che innestino la vita degli istituti storici nel flusso della vita contem-
poranea. Il Consiglio Direttivo pertanto ritiene che gli argomenti
da trattare al Convegno siano fondamentalmente due : l'uno, tenuto
conto dell'attuale condizione e posizione delle Deputazioni e Società
storiche nel quadro degli organi ed istituti esercenti attività storica,
riguarda la impostazione di un programma scientifico e finanziario
di pubblicazioni di fonti storiche nel senso più lato ; l'altro considera
la possibilità di promuovere l'attribuzione a detti istituti di funzioni
di carattere pubblico che ne avvalorino il compito, e attribuiscano
ad essi quel prestigio nella vita regionale e nazionale di cui hanno
goduto sino alla riforma De Vecchi.
Il prof. Salvatorelli esorta il Presidente a proporre un piano
di lavoro (argomenti, relatori, finanziamento, ecc.) per il Convegno
progettato e a sottoporlo al prof. Ferrabino, concordando con il pa-
rere del Presidente, il quale aggiunge tuttavia che ritiene opportuno
preliminarmente prendere accordi, su un piano di proposte concrete
e realistiche, con le Deputazioni maggiori e piü attive.
Si passa quindi a discutere sui vari punti dell'ordine del giorno.
Il quinto Convegno storico regionale si terrà, come era stato
stabilito, a Città di Castello, nei giorni 28 e 29 del corrente mese.
Il Presidente dà brevemente notizia dell'organizzazione del Convegno,
e delle comunicazioni che vi saranno conferite.
Passando alla trattazione del punto dell'ordine del giorno at-
cs
terr:
328 ATTI DELLA DEPUTAZIONE
tinente al Centro di Documentazione sul Movimento dei Disciplinati,
il Consiglio, constatato che lo svolgimento del lavoro nelle due branche
assegnate ai due ricercatori già assunti prosegue normalmente, es-
sendo giunto il momento di dare inizio all’impostazione del terzo
settore non meno importante degli altri, quello cioè della compila-
zione sistematica con schede ragionate della Bibliografia generale,
italiana e straniera, sul Movimento dei Disciplinati, delibera all’una-
nimità di affidare tale incarico alla Segretaria e Bibliotecaria prof.
Paola Scaramucci, che per provata formazione culturale e tecnica
e per encomiabile zelo, fornisce tutte le garanzie di merito per un'opere
di così notevole rilievo.
Il Consiglio discute su alcune osservazioni di metodo (eventuale
divisione dello schedario in sezioni) e accetta la proposta del Presi-
dente di riservare al Centro di documentazione una speciale rubrica
nel Bollettino.
Il Presidente informa ancora il Consiglio che la Commissione
Italiana per l’Unesco dà la sua collaborazione perchè il Centro ri-
ceva notizie sulle Confraternite da varie nazioni europee. Per il fi-
nanziamento del Centro sono state avanzate richieste alla Presi-
denza del Consiglio e alla Direzione Generale per l'Istruzione Uni-
versitaria, e se ne attende l’esito.
Il Presidente comunica che il vol. LVIII del Bollettino è ormai
pronto e sarà distribuito al Convegno regionale. Questo volume è
stato stampato dalla Unione Arti Grafiche di Città di Castello, che
sembra dare nel lavoro risultati soddisfacenti e che pratica condizioni
notevolmente più favorevoli di quelle praticate dalla tipografia Pa-
netto e Petrelli di Spoleto. Ben presto sarà dato a comporre, almeno
in gran parte, anche il materiale per il vol. LIX, così da eliminare
rapidamente il ritardo nella pubblicazione.
Per ciò che concerne la pubblicazione delle fonti, il Presidente
comunica che : per gli Statuti del Comune di Foligno procede il la-
voro del socio Feliciano Baldaccini; per i Regesti delle Riformanze
del Comune di Perugia, l’impegno del socio p. Ugolino Nicolini
ha già portato alla preparazione di materiale di tale consistenza che
sarà possibile fare uscire un volume entro l’anno prossimo. Il Presi-
dente propone di assegnare al p. Nicolini un acconto di L. 50.000
(cinquantamila) sulla remunerazione finale, e il Consiglio approva.
Lo Statuto del Comune di Perugia, che il prof. Roberto Abbon-
danza va preparando, sarà stampato a suo tempo, secondo il parere
del Consiglio, in numero di circa 400 copie.
ATTI DELLA DEPUTAZIONE 329
x
Prendendo lo spunto da un contributo del p. Nicolini, che è
compreso nel vol. LVIII del Bollettino, il p. Abate raccomanda la
prosecuzione di studi e pubblicazioni sugli scolari dell’Università
di Perugia.
Il Presidente fa quindi brevemente il punto della situazione
finanziaria che, grazie ad una politica di misura nelle spese e di
continue ricerche di contributi, se pure non brillante, è oggi tale da
concedere qualche respiro all’attività della Deputazione. Toglie in-
fine la seduta alle ore 12,30.
La Segretaria Il Presidente
PAOLA SCARAMUCCI GIOVANNI CECCHINI
RD REST ETA Ye eua PR e FE TA
À
CENTRO DI DOCUMENTAZIONE
SUL MOVIMENTO DEI DISCIPLINATI
NOTA INTRODUTTIVA
Il Consiglio Direttivo della Deputazione con un atto deliberativo
riportato in altra parte di questo volume, ha istituito il Centro di Do-
cumentazione sul Movimento dei Disciplinati, come organo permanente
di ricerca e di studio in prosecuzione del Convegno di Studio che su
quel movimento fu tenuto nel 1960 in occasione del settimo centenario
della data da cui, secondo una incontrovertibile testimonianza docu-
mentaria, esso prese le mosse.
Il Consiglio Direttivo ha altresì deciso di riservare una parte del
Bollettino alla pubblicazione di tutto quel materiale documentario,
critico e artistico che abbia attinenza con questo campo d'indagine
e che verrà via via fornito dai ricercatori e dai collaboratori del Centro.
Si invitano pertanto i soci, i collaboratori e gli studiosi in genere
ad inviare alla Direzione del Bollettino contributi originali ed inediti
nella materia che è oggetto di indagine e di studio del Centro.
Il Presidente
GIOVANNI CECCHINI
Nuove testimonianze su fra Raniero Fasani
e i suoi Disciplinati
La figura di fra Raniero Fasani è destinata a conseguire quei
contorni storici netti e sicuri che la salvino dal mare nebuloso e
fantastico nel quale vorrebbero relegarla per sempre i critici della
ormai famosa Lezenda bolognese ? Lezenda che ha portato più danni
che vantaggi al suo protagonista, se la storiografia moderna, fa-
cendo un fascio di tutto — della vita cioè e dell’opera di fra Ra-
niero — ha cercato di sbarazzarsene.
È vero che dopo la celebrazione del settimo centenario dei
Disciplinati, con il volume di Atti che ne è nato e dopo l'acuta «messa
332 NUOVE TESTIMONIANZE SU FRA RANIERO FASANI E I SUOI DISCIPLINATI
a fuoco» operata dal Frugoni (1), della vasta problematica che si
agita sia intorno a fra Raniero sia nei riguardi del suo movimento
penitenziale, molte tesi sono cadute e per conseguenza si scioglie-
ranno le riserve meno giustificate.
Non sembri superfluo, intanto, ricordare brevemente le più
recenti posizioni.
Il Ricci e il Kern negarono addirittura l’esistenza di un fra
Raniero Fasani da Perugia (?). Il bollandista Delehaye, pur consen-
tendo alla storicità della persona, negò qualsiasi legame storico
dell'eremita perugino con la Confraternita della Vita di Bologna (*).
Il peso della sua formidabile autorità e la diffidenza gettata sull’au-
tenticità della Lezenda hanno scoraggiato ulteriori tentativi d’appro-
fondimento da parte degli studiosi. Così il Toschi afferma che il
Fasani fu l’iniziatore d'un movimento ereticale (*).
La recente disamina del Frugoni, rifacendosi alla inoppugnabile
documentazione dell'Ansidei e dell'Ardu (5), ha collocato nella
giusta luce la figura storica di fra Raniero Fasani, permettendomi
di inserire nella discussione nuovi elementi.
Nella predicazione quaresimale del 1260 è forse il punto di
partenza del moto penitenziale che dette origine in aprile allo spet- 1
tacolo della disciplina pubblica a Perugia. Ma è difficile dare un
nome e un volto ai quaresimalisti perugini del 1260. Negli Ordini do-
menicano e francescano si dovranno comunque cercare quei « qui-
dam religiosi » che insieme a fra Raniero il 4 maggio ottennero dal
podestà le ferie per la disciplina (9). È nota la popolarità del do-
menicano fra Bendefende (?); già nel 1258, durante la guerra tra
Perugia e Gubbio, aveva avuto il permesso di rimanere in città
con alcuni domestici «causa serviendi dominabus penitentie » del
monastero di S. Giuliana (). Un altro domenicano, un «frater
Zampolus », è ricordato nel 1258: per luil'amanuense Recabene
Tignosi, su ordine del podestà, doveva scrivere una Summa vi-
liorum entro il mese di settembre (?).
Tra i francescani, solo per il 1267 si può fare il nome di fra
Umile, che durante la quaresima di quell’anno fu sul punto di
provocare con l’accesa sua parola una sommossa popolare, se l’ar-
resto di qualche più fanatico uditore non avesse impedito il
peggio (1°).
Nè la Lezenda di fra Raniero Fasani, con la precisa motiva-
zione del moto del 1260, può orientare nella ricerca dei temi della
predicazione quaresimale di quell’anno : «...propter peccata in-
NUOVE TESTIMONIANZE SU FRA RANIERO FASANI E I SUOI DISCIPLINATI 333
numerabilia et turpia, scilicet sodomitarum, feneratorum et corrup-
tionem fidei christiane, scilicet propter incredulitatem patare-
norum, gacarorum, pauperum Leonis et aliorum multorum...» (?).
A Perugia la cronistoria dei giorni precedenti alle ferie del 4 maggio
non conosce episodi sensazionali. Per tutto il 1260 si puó ripercorrere
giorno per giorno la vita cittadina. Il noto codice delle Riformanze,
pubblicato in regesto dall'Ansidei, non contiene soltanto le delibera-
zioni degli organi politici (consigli generali e speciali, consigli di
giunta, adunanze del collegio dei savi) ma, come è noto, anche tutta
lattività giudiziaria e parte dell'amministrativa : inchieste, depo-
sizioni di testimoni, assoluzioni e condanne, multe, ordinanze e
citazioni, imposizione e consegna del contingente di frumento del
contado, fideiussioni (1°). La lettura attenta del poderoso volume
mette a disposizione una tale quantità di elementi da poter ri-
costruire un quadro sufficientemente chiaro dell'anno 1260.
Ebbene, l'analisi di questa documentazione, come quella degli
anni immediatamente precedenti e successivi, non permette, se non
in forma quasi trascurabile, una scoperta non dico di cause e di
nessi tra i fatti esterni della politica perugina e il moto dei Disci-
plinati — quale risulta motivato dalla Lezenda — ma neppure
semplici coincidenze. In qualsiasi registro di sentenze podestarili
dei Comuni italiani intorno al 1260 si potranno leggere condanne
di sodomiti, blasfemi ed eretici, esecrazione dell'usura e del con-
cubinato in atti dell’autorità ecclesiastica, inviti alle «paci» e
sanzioni per chi tentasse di violarle (*) ; in sostanza, i mali della
società perugina non erano diversi da quelli delle altre città.
La festa grandiosa delle calende di marzo, Sant'Ercolano,
— banco di prova per l’efficienza dell’autorità podestarile, capita-
neale e dei loro organi — era trascorsa senza incidenti, nonostante
la visita di Rainaldo da Brunforte, podestà del 1259, che aveva
causato il raduno in città di una gran folla di « milites » e « popu-
lares » (14).
Proprio sotto la podesteria di Rainaldo si erano firmate paci e
concordie, ma il Consiglio speciale e maggiore confermò con grande
solennità il 6 aprile 1260 nuovi «ordinamenta populi», discussi
nell'arengo pubblico il giorno prima, pregando il vescovo di sanzionarli
solennemente con la pena della scomunica (15). Evidentemente, questi
«ordinamenta » erano stati preparati in precedenza, durante la pre-
dicazione quaresimale. Prima ancora, dunque, che gruppi di flagel-
lanti, nel contado e nella città, dessero inizio alla « divocio », le
334 NUOVE TESTIMONIANZE SU FRA RANIERO FASANI E I SUOI DISCIPLINATI
coscienze erano state percosse dai severi richiami dei predicatori
e la cittadinanza era stata fatta consapevole della necessità del
perdono, strumento indispensabile per il «buono e tranquillo stato
della città », come dicevano sempre le ordinanze podestarili. Do-
vevano cessare le discordie tra « milites » e « populares », i « pacta »
delle consorterie e delle contrade (« vicinantie »), i giuramenti di
vassallaggio, gli assembramenti, i «rumores », le risse, gli odi.
Il podestà Tommaso da Gorzano di Modena fu inflessibile nella
punizione di coloro che rifiutavano o rompevano la pace con i pro-
pri nemici (1°), severo con ogni sorta di malfattori ; solo al tempo
della Disciplina concesse un’attenuante ad alcuni cittadini contrav-
ventori della legge del coprifuoco (17).
È di quegli stessi giorni un episodio che merita particolare
attenzione per i probabili rapporti con l’inizio e lo svolgimento
della « generalis divocio » nella città e nel contado di Perugia.
Vespucciolo di Benvenuto «custos noctis» nella parrocchia di
S. Maria dell'Oliveto, rione di Porta S. Pietro, aveva ordito una
macchinazione ai danni di Bonagura di Gilio, abitante nel castello
di S. Valentino. Per rancori personali lo accusava d'averlo Sorpreso
in città il 24 febbraio, dopo il segnale del coprifuoco, producendo
a suo carico alcuni falsi testimoni. Il contadino poté provare la sua
innocenza, affermando, fra l'altro, che quella sera era a casa nel
suo castello dove pure si trovava un tale di Perugia « qui refferebat
predicationem cuiusdam fratris». L’assoluzione di Bonagura fu
letta il 7 maggio. Alcuni giorni dopo, il 12 maggio, un colpo di
scena. Sono davanti al tribunale del podestà i quattro falsi testi-
moni che ritrattano l’accusa, svelando la trama di Vespucciolo.
Ecco una delle ritrattazioni: « Ofreducius Iacobi, Sponte et sine
violencia aliqua, fuit confessus et dixit coram potestate et capi-
taneo quod malum testimonium tulerat contra ipsum Bonaguram
et contra rei veritatem quia non viderat ipsum die sive diebus quas
dixit in suo testimonio in civitate nec extra ullo modo nec etiam
per multos dies ante et ideo de ipso testimonio accepit peniten-
ciam et opportuit ipsum ire verberando usque Spoletum » (1°).
Se si considera il periodo delle grandi ferie penitenziali di fra
Raniero iniziato il 4 maggio, il pellegrinaggio del podestà e della
sua curia in Assisi, già messo in rapporto con le processioni dei
Disciplinati (^?) e la tradizione folignate e spoletina in favore di
fra Raniero (*°), appare legittima l'interpretazione di una penitenza
sacramentale inflitta al falso teste Offreduccio e che dovette con-
»
NUOVE TESTIMONIANZE SU FRA RANIERO FASANI E I SUOI DISCIPLINATI 335
sistere nell'unirsi a qualche gruppo di flagellanti che si recavano
a Spoleto.
Ma se Offreduccio con la spontanea confessione della sua colpa
e della penitenza eseguita mediante la pubblica disciplina sperava
di ottenere l'assoluzione degli uomini, dovette disilludersi. Come gli
altri testimoni, secondo la legge, fu condannato al «bannum » di
100 libbre e all'arresto, qualora non desse fideiussori. Gli altri, date
le «ricolte » e versata la cauzione, furono prosciolti. Non lui, po-
veraccio. Trascorso invano il periodo di 15 giorni, tempo utile per
pagare le 100 libbre, il notaio annota indifferentemente : « Non
debet exigi infrascripta condempnatio centum librarum quia dictus
Offreducius est punitus in persona et fuit ei abscissa manus et
lingua » (?)). |
L'episodio non fu forse cosi presto dimenticato e le ferie pe-
nitenziali continuarono per tutto il mese di maggio ed oltre. Il
principale protagonista della Disciplina, fra Raniero Fasani, nell'au-
tunno successivo, è forse nell'Emilia con le schiere dei flagel-
lanti (33). Nel novembre del 1262 un «frater Raynerius » è all'opera
: per la pacificazione degli abitanti dell'Isola Maggiore del Trasi-
| meno (2). Non è certo che si tratti del Fasani; tuttavia ben presto
il promotore dei Battuti, ritornato a Perugia, dove non si era spento
del tutto il fuoco del primitivo fervore, dovette pensare a conso-
lidare il movimento e a dare una sede, un «locus », ai suoi seguaci
perseveranti nella penitenza.
È a questo punto che un nuovo documento riporta alla ribalta
lautorità della Lezenda bolognese, confermando certi aspetti
di essa, già messi in rilievo dal Kern, e rispondendo definitivamente
ai dubbi del Meersseman e alle recise negazioni dell’Ardu. Scrive
infatti il Meersseman : « A Perugia non si sa da alcun documento
contemporaneo dove i primi Disciplinati fissassero la loro sede so-
ciale » e fa l'ipotesi che essi «si siano stabiliti a S. Domenico » (*)).
L'Ardu, di rincalzo : «... tutte le notizie riferite dai biografi di fra
Raniero Fasani sulla sua prodigiosa attività di iniziatore e orga-
A nizzatore di confraternite e ospedali di Disciplinati, tanto in Perugia
come in altre città poiché, fino ad oggi, non hanno trovato una
sicura conferma in documenti storici diretti e originali, sono da con-
siderarsi nel loro complesso, leggendarie » (?*).
È stato messo in evidenza il legame tra la chiesa di S. Fiorenzo,
il culto di san Bevignate e la Lezenda (*°). A parte gli ornamenti
fantastici di questa, è comunque significativa l’insistenza nella
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336 NUOVE TESTIMONIANZE SU FRA RANIERO FASANI E I SUOI DISCIPLINATI
topografia : teatro d’azione di fra Raniero, secondo la Lezenda,
è il rione di Porta Sole. E qui precisamente, fuori della porta del
borgo, fra Raniero fissa il «locus » dei suoi discepoli. Infatti il do-
cumento venuto alla luce è stato rogato dal notaio perugino Tom-
maso (??) «apud locum fratris Ranerii qui est extra portam burgi
Porte Solis », il 13 febbraio 1266.
Niente di più monotono che la lettura di certi privilegi papali
del Duecento. Nel nostro caso si tratta del privilegio « de distantia
trecentarum cannarum » concesso da Clemente IV al monastero
perugino delle clarisse di Monteluce, fuori del borgo di Porta Sole.
L’isolamento, come salvaguardia della solitudine contemplativa e
di specifici interessi temporali, era nella prassi delle case religiose
che sorgevano fuori della cerchia delle mura cittadine. Anche Ales-
sandro IV, il 5 giugno 1256, con lettera al vescovo di Perugia a
favore dei Templari e delle clarisse, aveva proibito che si costruissero
edifici religiosi nello spazio compreso tra le mura di Porta Sole,
Monteluce e il colle di S. Giorgio (**). Garantita così la fronte del
loro monastero, le suore temettero una manovra alle spalle con la
costruzione di S. Bevignate ; si tranquillizzarono quando fu certo
che la chiesa era fuori, magari di poco, del raggio di 300 canne
(circa m. 500).
Forse non del tutto improvvisa si affacciò poi la pretesa di fra
Raniero Fasani, alla ricerca di una sede in quella zona, sulla strada
di S. Bevignate. La moglie dell’eremita aveva dei possedimenti in
quei paraggi, la cosa era maggiormente temibile (*°). Poichè Cle-
mente IV era a Perugia, non fu difficile alle monache premunirsi
contro le mire del Fasani, provocando un privilegio del papa indi-
rizzato alla badessa, il 10 ottobre 1265 (*°). Il 13 novembre lo stesso
documento, con appropriate varianti, venne indirizzato all’abate
di S. Pietro, Raniero Coppoli, al quale il papa affidava il compito
dell’inchiesta in difesa del monastero. Dopo tre mesi, il 13 febbraio
1266, l’abate si recò sul posto e fece stendere dal notaio il processo
verbale del sopraluogo.
«In Christi nomine, amen. Noverint universi quod nos domp-
nus Ranerius abbas monasterii Sancti Petri perusini a sanctissimo
patre domino Clemente papa quarto recepimus licteras in hac
forma :
«Clemens episcopus servus servorum Dei dilecto filio [Ranerio]
abbati Sancti Petri perusini, salutem et apostolicam benedictionem.
Paci et tranquilitati dilectarum in Christo filiarum ... abbatisse
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NUOVE TESTIMONIANZE SU FRA RANIERO FASANI E I SUOI DISCIPLINATI 337
et conventus monasterii Sancte Marie de Monte Lucido perusino
ordinis sancte Clare providere volentes ut nulli omnino liceat ali-
cuius religionis monasterium seu oratorium vel ecclesiam aut hospitale
oratorium habens religiosarum vel secularium personarum hedificare
vel construere aut ecclesiam vel domum iam hedificatam in locum
religiosum vel regularem domum transferre infra spatium trecen-
tarum cannarum iuxta monasterium earundem abbatisse et conventus
auctoritate literarum nostrarum inhibendum, statuendum ac eis
etiam duximus indulgendum, nichilominus statuentes ut quicquid
contra ipsius inhibitionis, constitutionis et indulti tenorem hedi-
ficari contingerit, protinus diruatur. Ne vero circa mensuram pre-
dictarum cannarum que diversimode in diversis partibus mensuran-
tur dubitatio forsitam oriatur octo dumtaxat palmos varia locorum
consuetudine non obstante computari pro canna qualibet et huius-
modi trecentas cannas a principalibus ecclesie dictarum abbatisse
et conventus foribus volumus et precipimus mensurari, non obstan-
tibus aliquibus privilegiis, indulgentiis sive literis quibuscunque
ordinibus aut personis eorum a sede apostolica sub quacunque
verborum forma concessis, etiam si de ipsis plenam et expressam
seu de verbo ad verbum oporteat fieri mentionem. Quocirca di-
scretioni tue per apostolica [scripta] mandamus quatinus dictam
abbatissam et conventum super hiis contra huiusmodi inhibitionis,
constitutionis et indulti tenorem non permittas ab aliquibus indebite
molestari; molestatores huiusmodi per censuram ecclesiasticam,
appellatione postposita, compescendo. Attentius provisurus (??) ne
de hiis que cause cognitionem exigunt et que inhibitionem, constitu-
tionem et indultum huiusmodi non contingunt te aliquatenus in-
tromittas. Nos enim, si secus presumpseris, tam presentes literas
quam in processum quem per te ipsarum auctoritate haberi con-
tingerit, omnino carere viribus ac nullius fore decernimus firmitatis.
Huiusmodi ergo mandatum nostrum sic sapienter et fideliter exe-
quaris ut eius fines quomodolibet non excedas, presentibus post
quinquennium minime valituris. Datum Perusii idibus novembris,
pontificatus nostri anno primo ».
Cumque pro parte predictarum abbatisse et conventus fueri-
mus requisiti quod quidam nomine frater Ranerius Fa-
canus infra spatium predictarum cannarum extra portam burgi
Porte Solis construxerat quoddam hedificium quod in horatorium
erigere intendebat cum ibidem divina officia essent pluries cele-
brata nosque personaliter ad predictum locum accessimus et per
22
338 NUOVE TESTIMONIANZE SU FRA RANIERO FASANI E I SUOI DISCIPLINATE
rei evidentiam nobis constitit quod erat vicinum dictum hedifi-
cium ipsi monasterio infra spatium cannarum ipsarum et sic inha-
bitantibus dictum locum auctoritate predictarum literarum pre-
cipimus quod eundem locum non deberent in monasterium, eccle-
siam seu hospitale horatorium habens erigere, statuentes quod si
secus fieret demoliri deberet iuxta prefatarum literarum tenorem ;.
in contradictores ex nunc excomunicationis sententiam promulgantes.
In cuius rei testimonium et stabilem firmitatem presentem car-
tam per Thomasium notarium qui nobiscum ad predicta presens.
fuit iussimus in publicam formam redegi.
Facta fuerunt hec apud predictum locum fratris Ranerii qui.
est extra portam burgi Porte Solis, presentibus dompno Tribaldo
priore Sancti Salvatoris de Pocale, Andrucio domini Tudini, Dona-
ducio Farolfi, Bonacurso Stabilis, Tancredo Perusii et Dato Ber-
nardi testibus, sub anno Domini millesimo ducentesimo sexagesimo
sexto, indictione nona, tempore domini Clementis pape quarti,
die decima tertia mensis februarii intrantis.
(S.T. Ego Thomasius sancte romane ecclesie auctoritate no-
tarius predictis omnibus interfui et ut supra legitur mandato dicti
domini abbatis scripsi et publicavi» (*?).
L'atto contiene alcuni elementi di rilevante interesse: anzi-
tutto la costruzione ad iniziativa di fra Raniero Fasani di un edi-
ficio, già ultimato nel 1265, fuori del borgo di Porta Sole, da iden-
tificarsi probabilmente in quei ruderi duecenteschi che ancora si
possono osservare nella proprietà contigua al cosidetto « Oratorio:
di S. Crispino » nel borgo di Fontenuovo (*); l'intenzione di fra
Raniero d'ottenere l'erezione canonica di un oratorio con ospedale,
quantunque abusivamente nella casa fossero stati celebrati piü
volte « divina officia » ; con fra Raniero vivono nella casa altre per-
sone, naturalmente suoi seguaci.
Non si conoscono, peraltro, gli effetti dei provvedimenti del-
l’abate di S. Pietro. Essi in verità non furono drastici e non soddi-
sfecero in pieno le clarisse che il 7 marzo dello stesso anno 1266.
ottennero la stessa lettera da Clemente IV, diretta questa volta
al priore di Rabatta (**) e un'altra ancora al monastero il 7 marzo
1268 (*5). Fu continuata l’opera di fra Raniero nel borgo di Fon-
tenuovo, e da chi? Dietro i piati delle monache di Monteluce si
possono intravedere i Frati Minori, i loro amici di Perugia, alcune
NUOVE TESTIMONIANZE SU FRA RANIERO FASANI E I SUOI DISCIPLINATI 339
famiglie di magnati perugini da cui proveniva gran parte delle
clarisse ; fra Raniero aveva dalla sua parte il vescovo, il popolo, il
Comune, addirittura san Bevignate. Allo stato delle ricerche, in
Perugia, da questo momento fino al fiorire improvviso verso il 1315
delle tre grandi confraternite di S. Domenico, S. Agostino e S. Fran-
cesco non si trova più memoria alcuna dei Disciplinati (**). Solo
intorno al 1340 cominciano le testimonianze su quelli di S. Fiorenzo
e sul loro ospedale, in Porta Sole (*?).
E tuttavia doveroso notare una grave dimenticanza degli
studiosi del moto penitenziale perugino del 1260. Il rimprovero
si leva dagli affreschi della chiesa di S. Bevignate — austera e so-
litaria sui colli che guardano Assisi — e dagli studiosi dell’arte
che li hanno segnalati, sia pure con troppa sobrietà
Sulla parete destra dell’abside, la banda orizzontale inferiore del
Giudizio universale raffigura i Disciplinati di fra Raniero Fasani.
È la più antica e veneranda testimonianza iconografica dello spet-
tacolo «a saeculo inaudito » che si vide a Perugia nel 1260. Quelle
figure immobili e gelide come spettri, nude dalla cintola in su, con
il duro flagello in pugno, lacerante la spalla, non sono i dannati
dell’inferno, come scrisse erroneamente il Bombe, seguito dal Ricci,
ma i seguaci di fra Raniero, secondo l’occhio esperto dello Gnoli
che assegnò agli affreschi la data del 1280 (83).
Quantunque tutto taccia su fra Raniero, dopo le ultime ele-
mosine erogate dal comune alla vedova e alle figlie nel 1290 (25);
non é possibile tuttavia che la dimenticanza sia stata cosi radicale
da non lasciare un'orma, sia pure tenue per un esauriente appro-
fondimento storico.
E infatti almeno il rione di Porta Sole e il suo borgo non di-
menticarono il Fasani. Una testimonianza tarda, ma egualmente
significativa, é quella che si legge negli « Annales Decemvirales »
perugini, ossia le Riformanze, del 1° giugno 1466: «Lex 30 flo-
renorum super debitis registri rubei pro constructione fontis fratris
Raynerii ». Una fonte intitolata al famoso eremita ? E anche una
porta col suo nome sopravviveva nella tradizione popolare se, su-
bito dopo, il notaio aggiungeva che la fonte si costruiva « pro uti-
litate transitantium per stratam porte fratris Raynerii » (49: Il 28
gennaio successivo i magnifici Priori delle Arti elessero il sopra-
stante «ad construendum fontem sive fontes noviter fiende prope
portam fratris Raynerii de Porta Solis » (4).
Ció dimostra che l'opera di fra Raniero Fasani non si era esaurita
340 NUOVE TESTIMONIANZE SU FRA RANIERO FASANI E I SUOI DISCIPLINATI
nelle vampate penitenziali, fomentate o no dalla suggestione gioa-
chimitica, del 1260. Faticosamente, ma con sicurezza, si fa strada
la veridicità del substrato storico della Lezenda e di molte tradizioni
che la riflettono quando mettono in luce la figura del suo prota-
gonista.
UcoLINO NICOLINI O.F.M.
NOTE
(1) A. Fnuconr, Sui Flagellanti del 1260, in Bullettino dell’ Istituto Storico
Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano, 75 (1963) pp. 211-37.
(2) E. Ricci, La chiesa di San Prospero e i pittori del Duecento in Perugia,
ivi 1929, p. 34, nota 2; L. KERN, Le Bienheureux Rainier de Borgo San Sepolcro
de l'Ordre des Frères Mineurs, in Revue d’Histoire Franciscaine, 7 (1930)
pp. 233-83.
(3) H. DELEHAYE, Une lettre d'indulgence pour l'hópital della Vita de
Bologne, in Analecta Bollandiana, 49 (1931) p. 403.
(4) P. ToscHi, Confraternite, voce della Enciclopedia dello. Spettacolo.
(5) Sui Flagellanti, cit., p. 211. Per la completezza dell’informazione sul
contributo dell'Ardu, cfr. A. FORTINI, La lauda in Assisi e le origini del teatro
italiano, Assisi 1961, p. 15, nota 4. Alle stesse conclusioni ero giunto prece-
dentemente, dandone ragguaglio in un articolo pubblicato nel settimanale
La Voce (organo cattolico di Perugia e di molte altre diocesi dell’Italia cen-
trale) del 14 agosto 1960.
(6) V. AnsIDEI, Regestum Reformationum | comunis Perusii ab anno
MCCLVI ad annum MCCC, Perugia 1935, p. 266. Il volume fa conoscere
sufficientemente il ruolo importante dei due Ordini nella vita comunale di
Perugia in questo periodo ; cfr. anche E. Annu S. J., La data d’inizio del mo-
vimento dei Disciplinati, in Il movimento dei Disciplinati nel settimo centenario
dal suo inizio (Perugia 1260), Atti del Convegno (= Atti), Perugia 1962,
‘p. 369; G. G. MEERSSEMAN O. P., Disciplinati e Penitenti nel Duecento,
Atti cit., pp. 57-58.
(7) E. Arpu S. J., Frater Raynerius Faxanus de Perusio, Atti, p. 87,
nota 1.
(8) Archivio di Stato di Perugia (= ASP), Giudiziario, Podestà 1258
[Liber Rolandini de Guidisbovibus], c. 521r ; cfr. P. PELLINI, Dell'historia di
Perugia, I, Venezia 1664, pp. 264-65.
(9) ASP, id., c. 522v.
(10) Ecco due utili testimonianze in proposito : « Herculanus qui moratur
in spitale negotiatorum [bannitus] quia cum ipse staret in predicatione quam
faciebat frater Humilis de ordine fratrum Minorum in platea comunis et di-
ceret quod boni homines deberent surgere et videre super bonum statum
NUOVE TESTIMONIANZE SU FRA RANIERO FASANI E I SUOI DISCIPLINATI 341
civitatis Perusii quia civitas Perusii non erat nec stabat in bono statu, suresit.
et cepit vocare cridando et rumorando fortiter: domine Blance, venias ad
fratrem et accipias islam capetan|an|ciam, ut constat nobis per confessionem
ipsius Herculani et per inquisitionem factam ex nostro officio et ea de causa
fuit rumor in popullo ibi stantem, cum sit res mali exempli talia dicere et
tractare et ea de causa potuisset mutari statum civitatis, ideo dominus ca-
pitaneus condempnavit eum comuni Perusii secundum formam statuti po-
puli in centum libras perusinas, temperata pena propter paupertatem »;
(ASP, Giudiziario ; Capitano 1267 [Scorta de Porta de Parma], c. 13r) ; « Fu-
masius Alfaroni qui in dicta predicatione suresit et dictum dominum Blan-
cum vocavit ut veniret et acciperet datam capitan[an]ciam, cridando et ru-
morando malo modo et ea de causa rumor fuit in platea et etiam dicebat
hominibus qui iusta eum stabant in dicta predicatione : surgite et vocate do-
minum Blancum ut veniat ad fratrem, et quod per ipsum peterat fieri bonum
statum civitatis ut constat nobis per confessionem ipsius et per inquisitionem
factam ex nostro officio cum res sit mali exempli talia dicere et tractare et
talia malleficia non debeant remanere impunita et pro predictis de causis
potuisset mutari statum comunis, ideo dominus capitaneus condempnavit
comuni Perusii secundum formam statuti populi in centum libras perusinas » ;
(ibid. [4 marzo], c. 13v).
(11) Arpu, Frater Raynerius, cit., Atti, pp. 95-6.
(12) Preziosa, per la datazione dell’inizio della Disciplina, l'assoluzione
di alcuni cittadini, messa in evidenza dal Frugoni ; cfr. Sui Flagellanti, cit.,
pp. 216-17; AnsIDEI, Regestum, cit., p. 335, nota 1.
(13) A Perugia la omosessualità era punita, « secundum formam Consti-
tuti », con la multa di 500 libbre o col fuoco, come risulta dal detto volume
4 delle Riformanze, [Liber exbannitorum ], c. 319v (17 luglio 1260) e c. 375r
(13 agosto 1260). Nello Statuto del 1279 si stabiliva che il podestà e il capi-
tano dovevano fare una volta al mese speciale ricerca dei sodomiti; ASP,
Statuto del 1279, rub. 8, c. 2r. La Lezenda di fra Raniero parla di patarini,
valdesi e « gacari » : quest'ultimo termine a Perugia era sinonimo di sodo-
mita. Infatti nel 1271 il tribunale del podestà condanna un cero Zonolo « quia
volebat gacarare et bugiarare Conolum filium Hugolini» e Benvenuto di
Borromeo « publicus gacarus et sodomita » ; ASP, Giudiziario, Podestà 1271
[Liber Bonacursi de Monticulo], c. 268v (12 maggio e 22 giugno 1271). Magia
e superstizioni d’ogni genere sono anch'esse testimoniate : « dominus Bicha
Gratiani fecit vel fieri fecit quandam facturam domine Clare uxori Acoman-
duli Negocoli » ; ASP, Giudiziario, Podestà, 1258 [Liber Orlandini de Guidi-
sbovibus], c. 250v ; Piero di Giovanni da Preitino (contado di Porta S. An-
gelo) uccide la moglie e poi racconta ai giudici che essa «a festo beati Her-
culani citra videbatur quod haberet super se demones et voluit ea de causa
eam ducere ad ecclesiam Sancti Bartholomei prope Sanctam Luciam et non
potuit. ..; et dicit quod in nocte diei veneris sancti proxime preteriti vocavit
——r——
2
rotore
*
342 NUOVE TESTIMONIANZE SU FRA RANIERO FASANI E I SUOI DISCIPLINATI
diabolum fortiter et exivit extra domum cum quodam ticone ignis volendo
cum ipso ticone ponere in domo ignem et tunc ipse venit et accipiendo sibi
ignem ante viderat quendam hominem nigrum super equo quodam nigro,
quem diabolum credidit fore. . . » ; ASP, id., cc. 135v e 191r, (25 marzo e 16
luglio 1258) ; Gaudente e Belemprima « fecerunt et operaverunt malias contra
fidem catholicam et tenorem statuti Perusii»; ASP, Giudiziario, Capitano
1263, (registro non cartolato, 30 giugno). Il prestito, sia pubblico che privato,
ad alto tasso d'interesse, era largamente praticato, come si puó osservare
nei regesti delle Riformanze del 1260. Nel 1262 sono presenti come prestatori,
insieme ai romani, gli ebrei ; il consiglio discute, senza giungere a conclusione,
sulla invalidità degli «instrumenta de duplo» — contratti che garantivano
l'interesse del cento per cento sul mutuo — e sulla limitazione del tasso di
interesse a 4 denari « pro libra» ; ASP, Riformanze, 2, c. 73r-v. I patarini e
i valdesi non s'incontrano, ma é utile segnalare il Liber de disputatione contra
patarenos di cui una copia, della seconda metà del sec. XIII si trova nel ms.
24 dell'archivio capitolare di Perugia. Il codice, per il suo contenuto, é un ti-
pico prontuario di un sacerdote della canonica perugina ; cfr. U. NICOLINI,
La vita comune del clero a Perugia nei secoli XI e XII, in La vita comune del
clero nei secoli XI e XII, (Atti della Settimana di Studio: Mendola 1959),
II, Milano 1962, pp. 263-64.
(14) ASP, Riformanze, 4, [Liber condempnationum], c. 359v.
(15) ANSIDEI, Regestum, cit., pp. 163-65.
(16) Già il 24 febbraio si hanno testimonianze su tentativi di pacifica-
zioni tra privati; cfr. ASP, Riformanze, 4, [Liber testium receptorum], c. 136r-v.
Bevignate di Lamberto «requisitus... quod veniret coram potestate pro
bono statu civitatis et ad pacificandum se cum suis inimicis et venire con-
tempsib, ibid., [Liber exbannitorum], cc. 318v e 392r, (25 maggio); Uffreduccio
di Bosio che ha rotto la pace, peraltro «sine armis » con Uguccione «de
Brectis » è condannato a 100 libbre, ibid., c. 394v, (30 ottobre) ; condannati
egualmente «homines vicinantie seu contrate Mercati», cc. 396v-397r, (4
dicembre).
(17) Fnvucow:, Sui Flagellanti, cit., p. 217.
(18) ASP, Riformanze, 4, [Liber testium receptorum], c. 139r. Il notaio
ha scritto le ritrattazioni in calce alle singole deposizioni fatte precedente-
mente, per cui non si puó sapere chi per primo sveló la calunnia della guardia
notturna ; cfr. ibid., cc. 138v-139v.
(19) A. M. TERRUGGIA, In quale momento i Disciplinati hanno dato ori-
gine al loro teatro ?, Atti, p. 434.
(20) L. IAconiLLI, Vite de’ Santi e Beati dell Umbria, I, Foligno 1647,
p. 625; L. A. Munaroni, Annali d'Italia, ad an. 1260.
(21) ASP, Riformanze, 4, [Liber condempnationum], c. 264v. La sen-
tenza fu letta il 15 maggio, la mutilazione quindi ebbe luogo il 30. La falsa
testimonianza è punita alla stessa maniera nello Statuto del 1279, rub. 313
NUOVE TESTIMONIANZE SU FRA RANIERO FASANI E I SUOI DISCIPLINATI 343
« Qualiter puniantur falsi testes », in fine della quale si legge : « Et hoc capi-
tulum quolibet mense duabus vicibus die sabati potestas et capitaneus ba-
niri faciant ut sit omnibus manifestum » (c. 44v). Nello Statuto in volgare
del 1342 la pena pecuniaria è portata a 400 libbre ; cfr. G. DEGLI Azzi, Sta-
T tuti di Perugia del'anno MCCCXLII, (Corpus Statutorum Italicorum),
II, Roma 1916, p. 41-2. La spietata applicazione della norma statutaria nei
riguardi di Offreduccio, quando si sa dell'attenuante concessa dallo stesso
podestà in vista della « divocio » ai trasgressori del coprifuoco, si spiega anche
‘con la considerazione che, come la richiesta e la concessione di pace tra pri-
vati, cosi la benevolenza sperata dai delinquenti in occasione della Disciplina, |
potessero costituire pericolosi precedenti «in preiudicium comunis », cioé in
danno della legge ; a questo proposito cfr. ASP, Riformanze, 4, [Liber exban-
nitorum], c. 318v, dove nei giorni successivi al 25 maggio Bevignate di Lam-
berto propone l'eccezione, regolarmente accordata dal giudice, contro le con-
danne fatte « occasione pacium »; vedi anche la nota 16.
(22) Per quanto libero dalle immediate ripercussioni in Perugia della
battaglia di Montaperti, il podestà Tommaso da Gorzano non si allontanó
mai per piü d'una settimana dalla città, come si deduce dalle adunanze da lui
presiedute (ANSIDEI, Regestum, cit., pp. 257-61 e 265-69) ; è da escludersi per-
‘ciò un suo pellegrinaggio in Emilia con il Fasani ; cfr. FRuGoNr, Sui Flagellanti,
cit., pp. 223-24. Inoltre osservo rapidamente che Perugia si mantenne scru-
polosamente neutrale durante il conflitto tra guelfi e ghibellini toscani che
‘condusse alla battaglia di Montaperti. Pochi giorni prima del 4 settembre,
mentre le truppe tedesche di Manfredi al comando del conte Giordano tran-
sitavano nei pressi del Trasimeno dirette a Siena (ASP, Riformanze, 4, [Liber
testium receptorum], c. 142v — gli abitanti dell’Isola Polvese che volevano
| vendere l'uva ai soldati, il 29 agosto, seppero che l'esercito era passato —)
il podestà condannava al bando di 200 libbre Guido da Monte Vibiano e Fi-
carello di Monaldo perché si diceva «ivisse in Tusciam cum armis ad offen-
sionem seu ad deffensionem » ; ibid., [Liber exbannitorum], c. 323r. Ció natu-
ralmente non impedi che, a cose fatte, il comune intervenisse in favore di pri-
vati cittadini caduti prigionieri, secondo una precisa norma statutaria ;
«cfr. ASP, Statuti del 1279, rub. 70, c. 13r-v; cfr. FRuGONI, Sui Flagellanti,
«cit., p. 223.
(23) L’Ardu assegna erroneamente a questo episodio la data del 1266 ;
ma il fascicolo citato del n. 5 delle Riformanze appartiene certamente al 1262,
come dimostra l'intestazione col nome del podestà Pietro Parenzi romano che
ricoprì appunto l’ufficio in questo anno ; cfr. ASP, Riformanze, 2, c. 57r ss.
(24) Disciplinati e Penitenti, cit., Atti, p. 60.
(25) Frater Raynerius, cit., Atti, p. 92.
(26) L. KERN, A propos du mouvement des flagellants de 1260. S. Bevi-
gnate de Pérouse, in Studien aus dem Gebiete von Kirche und Kultur, Festschrift
Gustav Schnürer, Paderborn, 1930, pp. 39-53 ; DELEHAYE, in Analecta Bollan-
344 NUOVE TESTIMONIANZE SU FRA RANIERO FASANI E I SUOI DISCIPLINATI
diana (recensione dello studio del Kern), 49 (1931) p. 222. A proposito della
chiesa di S. Bevignate, sulla cui costruzione si parlava nel consiglio comunale
del 1256 (AnsIDEI, Regestum, cit., p. 32), è utile segnalare che già nel 1258.
il toponimo « San Bevignate » era nettamente affermato nella consuetudine.
Si trova infatti un’inchiesta giudiziaria per una rissa avvenuta «in contrata
de Vilegemine prope Sanctum Benvegnatum » (ASP, Giudiziario, Podestà
1258 [Liber Rolandini de Guidisbovibus], c. 201r, 20 agosto), e un’altra per
violenza carnale commessa «iusta Sanctum Benvegnatum, ibid., c. 219v (24
ottobre).
(27) Come notaio serviva particolarmente l’abbazia di S. Pietro il cui
archivio conserva l’originale di due contratti enfiteutici del 1254; rogava
ancora nel 1279 ; cfr. T. LeccisoTTI-C. TABARELLI, Le carte dell’archivio di
S. Pietro di Perugia, I, Milano 1956, pp. 161-64 e 206.
(28) J. H. SBARALEA, Bullarium Franciscanum, I, Romae 1765, pp. 133-
34. Un originale si conserva nell’Archivio di Stato di Perugia, Corp. Rel.
Soppresse, Monteluce, cassetto 3, mazzo F, n. 5.
(29) In un « Liber censuum » della chiesa di S. Fiorenzo recentemente
trovato tra il materiale in corso di riordinamento dell’Archivio di Stato di
Perugia e messo cortesemente a mia disposizione dal Direttore prof. R. Ab-
bondanza, si legge, a c. 31r, in data 19 ottobre 1281, di un appezzamento di
terra dato « ad laboritium » dalla stessa chiesa, situato «in loco qui dicitur
Triblinianum. .. cui a capite uxor Ranerii Fagani ». Il vocabolo s'identifica
nella zona scoscesa, scendendo dalla città, a destra e a sinistra di Fontenuovo.
Nel passo citato non sono premessi, al nome di Raniero, nè « quondam »
(era ancora vivo ?) né «frater»; questo appellativo era spesso tralasciato
quando si parlava di frati della Penitenza ; cfr. A. FANTOZZI-B. BUGHETTI,
Il Terz Ordine francescano in Perugia dal sec. XIII al sec. XIX, in Archivum
Franciscanum Historicum, 33 (1940), pp. 14-7.
(30) SBARALEA, Bullarium Franciscanum, II, pp. 40-1; A. PorTrHAST,
Regesta Pontificum Romanorum, II, Berolini 1874, p. 1569, n. 19395.
(31) Provisurus: così anche nella bolla di cui alla nota (34).
(32) ASP, Corp. Rel. Soppresse, Monteluce, cassetto 4, mazzo K, n. 6;
pergamena di mm. 192x336. Nel verso si leggono con difficoltà le parole
« non se puó apresare », di mano del sec. XIII.
(33) S. SrepI, Descrizione topologico-istorica della città di Perugia, ivi,
1822, p. 330. Il sito, a ridosso di Monteluce, è realmente a poco più di 100
metri in linea d’aria dalla facciata della chiesa del monastero, ora sede del-
l'Ospedale della Misericordia e Policlinico. Anche secondo lo Iacobilli l'anno
di fondazione dell’oratorio di fra Raniero sarebbe il 1265 (Vite de’ Santi,
Cit; «Ps. 625).
(34) Parrocchia-priorato nel contado di Porta S. Angelo, sotto la giuris-
dizione dei canonici della cattedrale ; cfr. G. BELFOnRTI-A. MARIOTTI, Memorie
di Perugia, Archivio di S. Pietro, ms. 295, pp. 287-88. L'originale della bolla,
NUOVE TESTIMONIANZE SU FRA RANIERO FASANI E I SUOI DISCIPLINATI 345
che ha perduto il sigillo, misura mm. 290x326 e si conserva nel suddetto Ar-
chivio di S. Pietro, cassetto III, n. 12. Nell'esterno della plica si legge : « Mi-.
chael » ; nel verso, di mano del sec. XIII, « Bonaspes de Assisio Sancte Clare »,.
e altre annotazioni più recenti. Come la precedente diretta all'abate, è sco-
nosciuta.
(35) SBARALEA, Bullarium Franciscanum, II, p. 41, nota (c). Non è pos-
sibile stabilire, peraltro, se l'altra bolla del 5 giugno 1268 con la quale si ri-
duceva la distanza, per i conventi dei Frati Minori, a 140 canne (Bull. Fran.,.
II, p. 41, nota [b]), abbia favorito indirettamente fra Raniero.
(36) Mi sembra insostenibile l'ipotesi dell'Ardu che vorrebbe identificare
per questo periodo i Disciplinati con i «fratres de Penitentia » costituenti
un vero «ordo» con una «regula»; quale meraviglia, del resto, che i frati
della Penitenza si iscrivessero alla Disciplina ? La netta distinzione tra i due
sistemi penitenziali è ben dimostrata; Anpv, Frater Raynerius, cit., Atti,
p. 91 ; MEERSSEMAN, Disciplinati e Penitenti, cit., Atti, pp. 49-53. Quest'ultimo,
studioso parla di una confraternita di S. Francesco che « non fu fondata molto
prima del 1280 » e dell'«unico ospedale dei Disciplinati perugini » del Tre-
cento «affidato alla cura spirituale dei frati di S. Domenico », affermazioni
insostenibili dopo la pubblicazione dei Documenti attinenti alle confraternite
perugine dei Disciplinati a cura dell'Ardu negli Atti, pp. 519-55; cfr.
MEERSSEMAN, Disciplinati e Penitenti, cit., Atti, p. 60.
(37) La «fraternitas Disciplinatorum S. Florentii» di Porta Sole, con
l’«ospitale » sono ricordati nel 1347 e 1348; ASP, Corp. Rel. Soppresse,
S. Fiorenzo 22 [Liber censuum], cc. 1r, 8v, 11v, 17v e anche Catasto, I gruppo,
n. 9, c. 41r (1340). In questo periodo in Porta Sole esistono anche gli ospe-
dali « Disciplinatorum S. Benedicti » e « Disciplinatorum S. Antonii », ibid.,
cc. 39v e 40r. Una confraternita « S. Marie et S. Antonii » di Porta Sole ot-
tenne un'indulgenza dal vescovo Bulgaro Montemelini il 6 dic. 1290 ; nel do-
cumento peró non si dice se fosse di Disciplinati ; ibid., Monte Morcino, cas-
setto 6, mazzo I, n. 69. Sul domenicano frate Angelo di Porta Sole, cfr. ARDU,.
Frater Raynerius, cit., Atti, p. 90, nota 8.
(38) Gli affreschi di S. Bevignate furono riportati alla luce, contrariamente
a quanto afferma il MEERSSEMAN (Disciplinati e Penitenti, cit., Atti, p. 53),
nei primi mesi del 1910; cfr. A. BRIGANTI, Note e documenti. Notizie sui
primordi delle arti in Perugia, in Rassegna d’ Arte Umbra 1 (1910) fasc. III,
p. 87, nota 1 ; W. BomBE, Geschichte der peruginer Malerei, Berlin 1912, p. 24,
dove scambia la disciplina in mano alle figure per un rotolo («jede in der
Rechten eine Rolle haltend ») ; U. GnoLI, La storia della pittura perugina, in
Rassegna d' Arte, 14 (1914) pp. 246-48, è una recensione dell’opera del Bombe;
lo Gnoli mette in evidenza l'errore d'interpretazione del critico tedesco ;
Ricci, La chiesa di San Prospero, cit., p. 45 e fig. 41: ignorando lo Gnoli,
riprende la tesi del Bombe, senza citarlo ; R. VAN MARLE, Le Scuole della
Pittura Italiana (trad. it. di A. Buitoni), I, Milano 1932, p. 427: sot-
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346 NUOVE TESTIMONIANZE SU FRA RANIERO FASANI E I SUOI DISCIPLINATI
tolinea l'errore del Bombe e accetta la lettura dello Gnoli. Sulla datazione
degli altri affreschi dell’abside, vedi M. SALMI, Note sulla Galleria di Perugia,
in L'Arte, 24 (1921) pp. 155-77. Sullo scarso valore artistico dell'insieme, cfr.
P. ToEsca, Storia dell’arte italiana, I (Il Medioevo), Torino 1927, p. 1042.
Ringrazio il dr. F. Santi della Soprintendenza di Perugia, don Costanzo
Tabarelli, archivista di S. Pietro, per alcune segnalazioni bibliografiche e il
prof. G. Cecchini, il quale mi fa osservare, giustamente, che nell’ultima fi-
gura a destra è forse rappresentata una donna.
(39) Arpu, Frater Raynerius, cit., Atti, p. 87-8; FruGONI, Sui Flagel-
lanti, cit., p. 214; vedi anche la nota 29.
(40) ASP, Annales Decemvirales, 1466, c. 55r.
(41) ASP, Annales Decemvirales, 1467, c. 18r. Non ho trovato preceden-
temente alcuna testimonianza di questa tradizione. In una cronaca volgare
posteriore la «porta fratris Raynerii » è diventata « porta delli frati delli
Ranieri » (R. GicLIARELLI, Perugia antica e Perugia moderna, Perugia 1907,
p. 38). Lo stesso Gigliarelli ricorda che la porta e le case del borgo di Fonte-
nuovo furono bruciate nel 1517 durante la guerra contro Francesco Maria
d’Urbino ; ibid., p. 112.
DOCUMENTI PER UNA STORIA DELLE CONFRATERNITE DEI DISCIPLINATI
IN PIEMONTE E DELLA LORO SPIRITUALITÀ DAL XIV AL XVIII SECOLO
Capitoli della Confraternita dei Disciplinati
di S. Croce
(Torino, Biblioteca Reale, Mss. Varii 169)
Codice pergamenaceo di mm. 335 x 235; cc. 26 di recente
numerazione ; sono bianche le cc. 3v, 4t, 24t, 26t ; scrittura del sec.
XVI inc. con aggiunte del 22 agosto 1546 e 1* luglio 1584. Nella c.
24r in alto si legge in scrittura corsiva rossa : « In nomine Jesu Do-
menico Alladio. 1729 ». G. Alberigo, che del nostro ms. ha dato una
ampia descrizione e ha pubblicato il prologo dello statuto (?), si
mostra troppo esitante nell'assegnarlo a una Confraternita di Di-
sciplinati del Piemonte. Infatti è fuor di dubbio che la quasi totalità
delle confraternite di Disciplinati in Piemonte prendono il titolo di
S. Croce, come ne fanno fede i documenti privati e pubblici (?). Si
veda per tutti la bolla di Gregorio XIII del 1° febbraio 1572 « Ex
iniuncto nobis », diretta al priore e ai confratelli « Disciplinatorum
nuncupatorum Societatis sub invocatione S. Crucis». Orbene i ri-
chiami espliciti al « vexilo di la S. Croce » nel nostro statuto si tro-
vano non solo nelle due aggiunte posteriori, come afferma l’Alberigo,
ma anche nel corpo stesso dello Statuto, e precisamente nei capi-
toli 3°, 14° e 18°. Il dubbio verterà semmai su l’attribuzione di esso
alla confraternita di S. Croce di Torino. Ipotesi questa, come si ve-
drà, tutt'altro che priva di fondamento. Intanto quella data 1729 con
la firma di Domenico Alladio, che si legge a c. 24r, porta a pensare
alla Bolla Magistrale di Vittorio Amedeo II del 3 aprile 1729 in se-
guito alla quale la Confraternita di S. Croce si trasformó in Arci-
confraternita dei SS. Maurizio e Lazzaro, e suggerisce l'ipotesi che
l'archivista della Confraternita, all'atto della consegna delle « scrit-
ture » abbia apposto la sua firma a un documento particolarmente
prezioso. Purtroppo, allo stato attuale delle ricerche, non risulta
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348 CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISGIPLINATI DI S. CROCE
che Domenico Alladio fosse, in quegli anni, archivista o confratello
della Confraternita di S. Croce.
Comunque, se è vero, come afferma anche l’Alberigo, che questo
Statuto è « evidentemente copia d’uno statuto comune a più confra-
ternite », è assai probabile che sia stato compilato dalla Confrater-
nita di S. Croce di Torino, la quale concordemente negli atti pubblici
del Comune (3) e presso gli storici che si sono occupati di essa, è ri-
conosciuta come la più antica delle confraternite di S. Croce, e quasi
come la madre, almeno nella archidiocesi torinese (*). Una conferma
ne sono le patenti di aggregazione di confraternite di S. Croce di
borghi e città piemontesi a quella di Torino, come quella di Beinasco,
che il 26 marzo 1703, domanda nuove patenti di aggregazione e di
privilegi, avendo smarrito l’originale risalente a «circa anni ot-
tanta » (*).
Anche il fatto, abbastanza singolare che il nostro Statuto non
porti l'approvazione del vescovo, puó essere una conferma della sua
probabile appartenenza alla Confraternita di S. Croce di Torino.
Infatti negli Atti della visita Apostolica di mons. Angelo Peruzzi,
che percorse l'archidiocesi torinese negli anni 1584-1585, si legge che,
dopo la visita fatta alla chiesa dei Disciplinati di S. Croce il 2 agosto
1584, non ebbe a fare che un solo appunto agli osservanti confratelli
e cioè quello di avere i Capitoli un pò antiquati e ancora senza l'ap-
provazione dell'Ordinario (*).
Giustamente l'Alberigo ha sottolineato il notevole interesse del
prologo « che offre, in uno stile rozzo ma di ampia ispirazione biblica,
una spiegazione singolare dell'origine della Confraternita dei fla-
gellanti »() ; ma vorrei aggiungere che agli effetti di uno studio
della spiritualità laicale dei Disciplinati prima e dopo il Concilio
Tridentino, presentano sempre vivo interesse non solo i prologhi ma
anche i singoli capitoli che trattano gli argomenti piü generali e co-
muni, come la preghiera, la liturgia (S. Messa, S. Comunione, Sacra-
menti, culto della Vergine SS. e dei Santi), la carità fraterna e sociale,
la penitenza e in particolare la « disciplina », l'obbedienza ai superiori
laici ed ecclesiastici, nei quali anche tenui differenze verbali rivelano
una sensibilità nuova, nuovi orientamenti in questa luminosa e mi-
steriosa corrente di vita spirituale immessa dal Cristo e continua-
mente alimentata dal suo Spirito nel Corpo Mistico della Chiesa.
P. EmiLio ARDU S.J.
CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE 349
NOTE
(1) ALBERIGO G., Contributi alla storia delle Confraternite dei Disciplinati
e della Spiritualità laicale nei secc. XV e XVI, in Il Movimento dei Disciplinati
nel settimo centenario dal suo inizio, Perugia, 1962, 172 n. 1 e 215-217.
(2) Si veda una copia esistente nella Bibl. Reale, Ms. Miscell. 101/44.
(3) Arch. Stor. del Com. di Torino, Ordinati anno 1595, vol. 145, f. 26r-v. :
« Attestazione in favore de disciplinanti de S.ta Croce.
Sopra la supplica de' Disciplinanti de S.ta Croce di Turino, per la quale
domandano essergli fatto fede per questo Consiglio, si come detta Compagnia
è la più antiqua che sia in questa città, et che da essa non è mai uscito
alcun mal esempio nè mala edifficatione al Populo ; li sopranominati Signori
Consiglieri et Consiglio hanno fatto et fanno ampia attestazione di fede, si
come detta Compagnia supplicante è molto antiqua et come si tiene et crede
la più antiqua che sia in questa Città, dalla quale, o sij dalli confratelli
d’essa ne sono nate et procedute altre Compagnie in detta Citta, et la qual
Compagnia ha dato et da buono esempio di devozione con sodisfatione uni-
versale ».
(4) FALco G., Le Confraternite, pp. 6 e 25; MAROCCO M., La Basilica
Magistrale, pp. 39 e segg.; MANNO A., Bibliografia storica degli Stati della Mo-
narchia di Savoia, Torino, 1902, vol. VII, Indice generale alfabetico dei primi
6 voll., sotto la voce «S. Croce ».
(5) Documento esistente nell’Arch. dell’ Arciconfraternita nella Basi-
lica Magistrale, senza segnatura.
(6) Arch. Arciv. di Torino, Visita Apost. Peruzzi, vol. I, c. 95r « Societas
ipsa est satis numerosa [...] Sed quia confratres ipsi habent Capitula anti-
quata nec a Rev.mo D.no Ordinario loci approbata propterea mandavit alia de
novo compilari et ea postmodum Rev.mo Archiepiscopo offerri pro eorundem
approbatione obtinenda, et alia fieri et servari mandavit que in Decretis
generalibus statuentur ». Simile ingiunzione viene fatta alla Confraternita
di S. Croce di Avigliana, (Ivi, c. 240r) e a quella di Collegno (Ivi, vol...II,
c. 20v). Cfr. M. Grosso-M. F. MELLANO, La Controriforma nella Archidiocesi
di Torino (1558-1610), Tip. Polig. Vat., II, 1957, 87.
(7) ALBERIGO G., Contributi etc., p. 172 n. T.
350 CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE
[ST AB T 0]
e. 1r CAPITULO 1. — A che tempo et hora abiano li fratelli T
a convenire insema in la fraternitade.
Ancora de la obedientia che abiano a fare li
fratelli a lo locotenente in (in) absentia dil
necvtore:
CaPrTULO 2. — Dil modo che ha da tenere il fratello
alo introito de la fraternitade et il modo che
anoatenerea fare loro oratione abiando preiso
lo osculo di la sancta pace.
Ancora che nesuno fratello presumi rumpere il
Silentio ne la fraternitade.
CaPrrULO 3. — De lo ordine che si a da tenere lo re-
ctore anticho et li fratelli ne la electione del
rectore nuovo: 1
Ancora del modo a tenere il rectore antico a dare
sue voce.
Ancora che nesuno fratello presumi investigare
né inducere altro fratello de dare sua voce
ne a sene ad altri.
CaPrTULO 4. — Del modo a da tenere el retore novo
electo et rectore antico a volere ascoltare la
vove de Ir travel a elegere- li consegliarij.
Ancora essendo electi li consiliarij el rectore
novo et antico insiema el modo di eligere li
altri officiarij pertinenti a la fraternitade.
CaPrrULO 5. — Di la posanca dil rectore ad punire li
inobedienti fratelli.
Ancora che altro fratello de una fraternitade
non possi essere receputo in la nostra.
Ancora che nessuno fratello presumi andare ad
altra fraternitade officiare senca expressa li-
centia.
CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE 351
Ancora che el rectore cum el suo conseglio o vero
la maior parte possa || ordinare ogni cosa ne- civ
cessaria a la fraternitade.
Ancora che il rectore non possi ricevere alcuno
novitio senca voluntade de li fratelli.
Ancora che il rectore!non. possi rumpere i ca-
pituli approbati né altri capituli fare.
Ancora non possi il dicto rectore mutare ne al-
terare nè altri contracti fare salvo-con la. vor
luntade dil suo conseglo.
CAPITULO 6. — Del modo che ano a tenere li masari in
la fraternitade et di rendere computo al fine
diel::suo officio.
CAPITULO 7. — Dil modo che ano a tenere li adtri of-
ficiali in la fraternitade in soi offíci]:
CAprTULO 8. — Dil modo che si a da tenere volendo
alcuno esser receputo.
Ancora accadendo alcuno fratello morire in al-
cuno vitio dil quale a lacorectione dil rectore
non si fusse emendato.
CapituLo 9. — Dil modo di recevere alcuno novitio
facte le tre preposte.
Ancora come se deve fare li testamenti de lifra-
telli:
Ancora che non si possi recevere alcuno novitio
con reservatione alcuna et accadendo retro-
varsi alcuno questo non habia in la fraterni-
tade nesuno officio.
CapiruLo 10. — Dil modo che debe tenire il fratello
nel suo vivere gardandosi de li peccati mor-
tali et altri vitij como se conyene.|
CapituLo 11. — De la devotione che debe dire ogni c 23r
iorno el fratello.
Ancora in che tempo se debeno co[n]fessarsi et
. 2V
352 CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S, CROCE
recevere' il Sacratissimo corpo di Ch[risto.
Ancora de la punitione che debe dare il rectore
al fratello negligente non essendo comuni-
cato" a^ li*tempi'debrti.
Ancora de quello che è tenuto pagare el fratello ]
ad ogni mutatione del rectore.
Ancora di quello che debe dire il fratello inanci
et 'qpresso9bsd puesio.
Ancora che ogni fratello sia tenuto ieiunare tuti
li venerdi de uno' anno^et'.ogni altre: vigilie
di comamndamemnto.
CarrrUuLO 12. — Dil modo che a tenire il rectore a li
fratelli et officiari che stano. per sei/ domi-
niche successive che non:.veneno. a la fra-
ternitade.
Ancora de la devotione et penitentia che deve
fareil fratello da sé stesso quando venirà a la
fraternitade et ancora di uno fratello et altro
stranio.
Ancora che li fratelli a tuta sua possibilitade
debeno invitare (sic) ogni questione et con-
venire alcuno a la. corte-o!s12a-in iudicio,
CaPITULO 14. — Del ordine et modo che a tenire el re-
ctore et li fratelli ne {|la processione dil iobia
samcoto-et dria: festa: dal vcorpo:di-:christo.
Ancora dela disciplina che debeno fare tuti li fra-
telli in lo iobia sancto et la ultima dominica
del meise.
CapituLo 15. — Del ordine et modo che a tenere el
rectore a fare la visitatione a li fratelli et
lui sia punito visitato dal rectore anticho et
ritrovandosi in alcuno vitio el modo che a te-
nereelrectore anticho et el conseglo presente.
Ancora che el rectore ogni festa habia a doman-
dare et cerchare se el si trova alcuno fratello
perseverante in alcuno vitio che li sia notifi-
cato secretamente.
E
CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE 353
CAPITULO 16. — Che ogni fratello habia a tenere il
silentio et accadendo: ad aleuno fratelló vo-
lere dire alcuna cosa el modo che a da tenere.
Ancora che non sia introducto alcuno stranio
in la fraternitade senca licentia.
Ancora volendo alcuno fratello di altra citade
o vila essere recevuto in la fraternitade el
modo che se deba tenere.
CAPITULO 17. — El modo che debe il rectore tenere
al fratello inobediente.
Ancora del modo che si a tenere al fratello ca-
Sato dr Ia fraternitade dal rectore o'da lui
stesso essere usito fora.
Ancora de li fratelli murmuranti ovvero detra-
henti di la fraternitade.
CaAPrTULO 18. — Del ordine che si debe tenere essendo
morto alcuno fratello de la fraternitade. An-
cora che ogni fratello sia tenuto pagare quarti
doi per fare celebrare le messe dil defuncto
e.
CAPITULO 19. — Che el rectore sia tenuto ad ogni festa o 3r
de comandamento compito lo officio fare le-
gere'umo o-doj de -eapituli.
Nel capitulo 20 si contene la penitentia quale
a dare 1] rectore a; li fratelli:che uon se ri-
troverano ala mutacione dil rectore et altri
officiarij(*).
bianca c. 3A
bianca
Il sapientissimo Conditore nostro e clementissimo Idio de la spiri- o. 5r
tuale nostra vita e perpetua salute desideroso che tute le cose guida al
precognito fine cognoscendo la infirmità de la nostra mortal carne e la
pronità de li sensi al peccare, che nullo po essere ne la sua vita si prudente
(1) «Nel... officiarij », aggiunto da altra mano.
. DV
354 CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S, CROCE
e nel suo operare sì circumspecto che alcuna volta da la drita semita non
erri, el salutifero porto de salute ci ha aperto, a cio che ala inclinatione
del peccato ala quale la natura imferma scorre et è subiecta la medicina
de la penitentia da po il lapso subvenire possa. Ha ordinato donche la
miseratione divina che non sia alcuna si grave colpa si facinoroso errore
si enorme delicto o vero inveterata macula che cum le nostre pie sparse:
lachrime lavar non si possi e cum la divina gratia superinfusa extinguere
a la quale ne invitava sancto Johanne baptista in sancto Matheo al 3°
capitolo dicendo: «penitentiam agite appropinquabit enim regnum ce-
lorum » [Mt. 3, 2] et ancora il nostro Salvatore Jesu Cristo nel principio
del suo predicare in S. Matheo al quarto [Mt. 4, 17] e pero in Sancto Luca
al 13* dicea : «si penitentiam non habueritis omnes simul peribitis » [Lc. 13,
3, 5]. La figura habiamo 3ij reg. 21° de Achab re de Ysrael sceleratissimo
qual per evitare la crudel morte da parte Idio per Natam propheta nun-
tiata [3 Rg. 21, 27], la carne sua de cilicio cooperiendo et ieiunando dor-
mite nel sacco con il capo in terra demisso per il che fu mutata la meritata
sententia. Et Imanase Re de Iuda per sue sceleragine como se dice 2 pa-
rali. 33. da li Assirij con chathene vincto in Babilonia fu conducto [2 Par.
33, 9-11]. Da po la penitentia nel cospecto divino facta nel suo regno fu
risposto [2 Par. 33, 12-15]. Et Hester (*) quarto se dice che audita la grande
potentia de Holoferne, li sacerdoti de cilicij se vestirno [Jdt. 4, 9-15] e cusi
fece Hester ponendo la cinere sopra il capo de cilicio se vestite ale cui
prostratione e oratione il populo israelitico da dicto Holoferne fu liberato.
Et amplamente questo dimostra in Jona al 3° il quale in quela magna
cità de Ninive intrando per il divino precepto exclamando dicea:
«Adhuc quadraginta dies et Ninive subvertetur» [Jon. 3, 4], cio è : « sapiati
niniviti che il Signore Idio per le vostre enormitade delicti et peccati con-
tra di voi é molto irato et se de essi penitentia non fariti da poi li quaranta
jorni la cità vostra con tuti soi habitatori serà destructa et ruinata ala
cui predicatione essi niniviti cum firma fede al Signore Idio e ale parole
del propheta credendo predicorno el ieiunio : de sue vane e pompose veste
expoliandose tuti dal maior al minor de sacchi se vestirno e cusi el suo Re
le veste regale abiciendo in cinere sedendo de saccho se vestite et per edicto:
regale precipiendo che tuti li homini de saccho se vestisseno et nulla || et (*)
aqua ieiunando gustassino, et in questa arcta penitentia al Signore Idio
cum ferventissime oratione per la remissione de li loro peccati exclamas-
sino persuadendosi la clementia divina ala remissione de li loro peccati
(2) In margine si legge scritto da altra mano : « Giudith ».
(3) Il ms. dà: «et».
CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE 355
et del flagello dal propheta nuntiato promtissima. Le quale opere de pe-
nitentia et conversione da le sue vie male et peccati con diplicentia cor-
diale, il pijssimo Idio vedendo compatiendoli li perdonò non mandandogli
il flagello dal propheta nuntiato. Per cui exemplo et imitatione sono prin-
cipiate et originate molte scole et confraternitade de disciplinanti per molte
cità e terre de la christianità. Li quali per placare la ira de lo omnipotente
Dio contra il misero mondo de peccati pieno et aciò più perfectamente e
facilmente a Dio servire possino et exequere la sua infinita voluntà dal
mondo in molte cose sequestrandosi, ultra li precepti divini a questo modo
de vivere de disciplinanti de saccho vestendosi a molte ordinatione ge-
nerale et speciale se astringano; maxime attendendo el dicto del pro-
pheta Ezechiel al 18° cap.°: «se lo impio de tute le sue iniquità farà pe-
nitentia e tuti li miei precepti e comandamenti observerà de vita viverà
spirituale et non morerà e de le sue inquitade perpetrate non me arecorderó
cioè a vindicarle» [Ez. 18, 21-22]. Et sancto Augustino in libro de penitentia
dice: «questa penitentia é quella che li homini ali angelici chori perduce
la creatura al creatore restituisse la pecorela smarita e perduta al que-
rente pastore ha insegnato, el filiolo disipatore al padre ha reducto et il
vulnerato da latroni al custode da esser curato ha dato. In questa ogni
bene se ritrova, per questa ogni bene se conserva : fuga le tenebre, induce
la luce et é uno fogo el peccato consumante ». Et sancto Joanne Chriso-
stomo dice: «questa è quela che per misericordia divina il peccato re-
mette; il paradiso aperisse, el contrito sana; il tristo realegra ; la vita
da la morte revoca, el stato restaura ; lo honore renova ; la fidutia reforma 3
le posance (*) et gratia più abundante refunde. Questa tuti li ligami solve,
tucte le adversita mitiga; tute le cose confuse lucida, le disperate cose
anima. Questa è più rutilante del auro ; più splendida del argento. Qual
el pecato non vince, ne defecto supera. Questa refuta la avaritia, ha in
horrore li venerei acti, fuge il furore, firma lo amore de Dio et del pro-
ximo, calca la superbia, contene la lingua, compone li costumi, ha in odio
la malicia. Questa è madre di misericordia magistra de le virtù, disliga
li rei, reficia li delinquenti, releva li lapsi et desperati recrea, per questa
he superato il demonio et se aquista il regno del cielo, et le pene eterne in
temporale commuta et l’anima grande delectatione e pacificatione sente.
Per questa lo homo he de tuti li beni de la Sancta ecclesia facto partecipe,
Se letificano tuti li chori angelici la patria celeste exulta et le sedie de]
paradiso per il peccato de Lucifero evacuate se reimpleno. Le quale tute
cose considerando molte persone de questa nostra terra dal splendore |
(4) Segue breve rasura.
_————_——_—————————————“ 6
356 CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE
et lume de la supernatural gratia irradiate et illustrate cognoscendo lo
fundamento et origine de dicti disciplinanti et confraternitade peroptimo ;
e il grande fructo e utilità spirituale e temporale che ne li intranti in questa
fraternita procede et mali innumerabili che se fuge, sono intrate in questa
confraternitade et modo de vivere de disciplinanti e per meglo et più per-
fectamente alo omnipotente Idio servire in tal confraternitade et habito
et vivere de disciplinanti, hano ordinati e instituiti alcune ordinatione
et statuti: quali dato non obligano a peccato mortal niente dimancho :
grande utilità et profecto spirituale ali veri observanti conferiscano quali
sono de soto anotati. Sforcamosi aduncha dilectissimi fratelli ultra li divini
precepti de observare dicti statuti et ordinatione et perseverare nel bono
et firmo proposito havuto nel principio aciò che mediante questo modo
sacro de vivere, pessondate le affectione mondiale, ala celeste patria se-
curamente pervenire possiamo, la quale Dio ne conceda a sua laude e
gloria per sua infinita bontà e misericordia. Amen.
CAPITULO PRIMO (5)
Primo (*) al nome de Dio è statuto et ordinato che li fratelli de la
fraternitade de li disciplinanti habiano tuti a convenirse insiema in la
fraternitade nel iorno de la dominica. Et ogni altra festa di comandamento
et altre volte et iorni como parerà al Rectore, cio é nel principio dil iorno
o veramente a la hora ordinata per esso Rectore di la dicta fraternitade.
Ancora che tutti li fratelli predicti habiano et siano tenuti ad obedire al
Rectore ed in sua absentia al suo loco tenente in tuti li facti pertinenti
a la fraternitade.
CAPITULO SECONDO
Ancora che a lo introito di ciascaduno fratello in la fraternitade con
devotione abia ha dire : « Sit nomen Domini benedictum » et ad questo ri-
spondi lo ostiario : « Ex hoc nunc et usque in seculum ». Et poi procedendo
verso al oratorio abi a fare sua oratione in genochione secundo si exten-
derà sua devotione: piglando lo sculo (sic) di la pace pregando el nostro
Signore Jesu Christo che per sua pietade et misericordia li piaca (sic) re-
(5) Questo titolo, e cosi tutti in seguito sono scritti in carattere più grande
e in rosso.
(6) La lettera iniziale è assai grande e miniata con svolazzi ; così tutte
le lettere iniziali di capitolo.
CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE 357
ducere ogni anima rationale al vero lume di la sancta fede. Et ad vera
confessione et penitentia et multiplicare dicta fraternitade di fratelli et
devotione. Et che alcuno fratello presumi rumpere el silentio in la fra-
ternitade salvo con licentia dil rectore o dil suo loco tenente in sua absentia.
CAPITULO TERTIO
Ancora é ordinato che in la electione dil rectore ogni fratello abi ad
uscire dal suo loco ponendosi in genochione verso lo oratorio dicendo cum
devotione. 3. Pater Noster et .3. Ave Marie in honore e reverentia di la
Sancta Trinidade pregando li piacia di concedere gratia di elegere uno
rectore quale sia a laude sua et augmento di essa fraternitade. Et deinde
il Rectore ingenochiato a lo pede dillo oratorio intoni trey volte ad alta
voce « Domine labia mea aperies » et li fratelli habiano ad respondere « Et
os meum || annuntiabit laudem tuam» et questo finito si canti lo
hymno « Veni Creator spiritus » quale finito si dica el sequente verseto et
oratione, cioè « Emitte spiritum tuum et creabuntur » R. (?*) et renovabis
faciem terre. Oratio (7) Deus qui corda fidelium Sancti Spiritus etc. et
essendo questo finito li fratelli vadano al loco loro restando il Rectore
solo con il sacerdote ad questo deputato in uno loco da parte ad recevere
le voce dil novo Rectore eligendo deinde il loco tenente incomentia a dare
sua voce da poi li consiliarij et cusi gradatim tuti li altri fratelli de uno in
uno senca strepito alcuno et che le dicte voce siano bene inteise dal sa-
cerdote et Rectore soli et che il dicto Rectore habia a dare doe voce cioé
la prima et l'ultima in dicta electione dil Rectore in la quale electione
nesuno fratello presumi instigare né inducere altro fratello in dare voce né a
sè nè ad altri et accadendo a ritrovarsi alcuno fratello ad questo inobediente,
non passi senza rigida penitentia. Et recepute le predicte voce de tuti li
fratelli astanti quelo che se troverà havere più voce sia electo per Rectore,
al quale li sia per el Rectore antiquo presentato el vexilo di la sancta Croce
in mano ingenochione apreso lo altare et alora si canti « Te Deum laudamus»
etc. Quale finito si dica in canto: Kyrieleison trey volte poi Pater noster
con li verseti et oratione ad questo ordinate. Quale finite el Rectore novo
abia ad andare al loco deputato per esso || et essendo ivi ionto confirmi
per suo loco tenente quelo che si troverà avere abiuto piü voce apreso di lui
et ad quelo abiano tuti li fratelli di la fraternitade ad obedirli como al
proprio rectore in sua absentia et la dicta electione si abia sempre a fare la
(7) Rubricato.
c.
e.
Tr
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o. 8r
c. 8v
358 CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE
prima dominica apreso la Nativitade di Jesu Christo : et la prima dominica
apreso la Nativitade di Sancto Joanne Baptista.
CAPITOLO QUARTO T
Ancora é ordinato che el Rectore novo electo con el Rectore antiquo
siano tenuti in uno loco da parte soli di ascoltare le voce de li conseglerij
facendo tenere l'ordine in dare le voce como è dicto di sopra nel capitulo
3° ne la electione dil Rectore da li fratelli astanti et che dicti Rectori, cioè
novo et antico abiano a dare salvo una voce per ciascaduno et essendo fi-
nito di dare dicte voce che nove de li fratelli quali si troverano avere abuto
più voce queli siano electi per consigliarij et confirmati per esso Rectore
novo et acadendo in dicta electione non ritrovarsi el numero de li dicti nove
consiliarij che si habia a ritornare in far dare le voce per li fratelli ad queli
che ano habiuto manco voce per fin che el numero de li nove consiliarij
sia compito quali in compagnia dil Rectore novo et antico in uno loco ||
secreto abiano ad eligere doi masarij doi tabularij uno overo doi ostiarij
secundo accaderà il bisogno, uno espositore di capitoli al comandamento
dil rectore o vero dil suo loco tenente in sua absentia et uno che abia ad
scrivere nel libro di la fraternitade le electione di Rectori et de altri offi-
ciarij. Et scrivere li inventari et altre cose oportune a la fraternitade. Quatro
visitatori di fratelli infermi, doi vestitori di fratelli morti. Et lo officio de li
predicti tutti non posi durare salvo per sei meisi. Et che nel medesimo
officio non posino esser electi salvo che siano facte doe electione apreso la
loro.
CAPITULO QuiNTO
Ancora è statuto per el gubernio et regimento di la fraternitade meglo
exequendo che ciascaduno Hectore abia libera posanza di corigere et di
punire queli chi se troverano inobedienti a li Capituli et ordinatione di essa
fraternitade et ad esso Rectore in le cose licite et pertinente a la fraterni-
tade et queli chi non vorano esser corecti che il dicto Recrore abia posanza
di scaciarli et casarli di la fraternitade precedente la debita monitione iusta 4
la forma et statuto dil Capitulo. 17, né queli posano piü in essa esser rece-
puti salvo al modo di novitij. Et accadendo in la citade o vero || vila esser
piü fraternitade non posi alcuno fratello di una fraternitade esser receputo
ne l'altra nec e converso nec etiandio posi alcuno fratello di una fraterni-
tade andare cantare né officiare né manco processione con li fratelli de
altra fraternitade senca espressa licentia dil suo rectore.
CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE 359
Ancora posi il dicto rectore con el suo conseglio o vero la maiore parte
ordinare ogni cosa necessaria a la fraternitade como saria in fare elemosine
impetrare privilegii in fabricare et ogni altra cosa opportuna.
Ancora posi el dicto rectore con el suo conseglio o vero la maior parte
imponere talee et colecte necessarie ad essa fraternitade.
Non posi el dicto rectore recevere alcuno novitio senca voluntade de
tuti li fratelli overo de la maior parte.
Non posi dicto rectore fare alcuni capituli né manco li capituli apro-
bati rompere sed queli inviolabilmente observare salvo s'el procedesse da
la voluntade dil suo Conseglio et de la maior parte de li fratelli.
Non posi dicto rectore mutare e acatare, vendere né permutare né altro
contracto fare salvo con la voluntade dil suo Conseglio o vero di la maior
parte. ||
CAPITULO SEXTO
Ancora è ordinato che li masarij siano tenuti la matina a hora ordinata
ne li iorni ne li quali se venerà a la fraternitade accendere lo lume et prepa-
rare l'oratorio et poi sonare li debiti segni de la campana di essa fraterni-
tade.
Ancora abiano dicti masarij a provedere la fraternitade di oleo et
altri lumi pertinenti ad essa fraternitade secondo le sollemnitade in lequale
in quela se a da venire.
Ancora dicti masarij siano tenuti di recevere et conservar li denari
exacti da li fratelli et de altre persone et queli expendere in cose necessarie
a la fraternitade con voluntade dil rectore et dil conseglio o vero de la
maior parte.
Ancora abiano dicti masarij ad conservare li privilegij instrumenti
libri et ogni altre scripture pertinente a la fraternitade in una capsia la quale
abia trey chiave de le quale l'una sia tenuta dal rectore, l'altre doe da cia-
scaduno de li dicti masarij et poi ogni altra chiave opportuna a la frater-
nitade.
Ancora siano tenuti dicti masarij di conservare ogni capa osia camisio
de li fratelli defoncti overo casati et di queli | farni a la voluntade dil
rectore.
Ancora non posano dicti masarij prestare chiave libri et altre cose exi-
stente in la fraternitade ad alcuna persona salvo con licentia dil suo rectore
il quale con dicti masarij al fine dil suo officio siano tenuti rendere rasone
al rectore et masarij novi electi di ogni cosa receputa et expenduta per la
raternitade et de ogni altri beni mobili et questo sia per debito inventario
e. 9r
e. 9v
c. 10r
c. 10v
360 CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE
in presentia de tuti li fratelli o vero di la maior parte quali fratelli existenti
abiano a relevare el dicto rectore con soi masarij de ogni cosa per loro facta
et manegiata essendo peró sucessa et executa secondo la forma de li capituli.
CAPITULO SEPTIMO
Ancora é ordinato che lo expositore de li capituli sia tenuto queli expo-
nere a coloro chi vorano essere in la fraternitade.
Ancora li tabularii siano tenuti tenere la tabula de li nomi di fratelli
in quela scripti bene ordinata et quela legere ad ogni mandamento dil
rectore overo dil suo loco tenente | in sua absentia et abiano a tenere
in memoria al fine di dicta tabula li nomi de li fratelli morti et queli annun-
tiarli alli fratelli ad ogni festa che se venerà a la fraternitade per uno anno
et uno iorno di uno in uno dicendo tutti li fratelli astanti doi Pater noster
et doi Ave Marie con Requiem eternam et questo sia per ciascaduno fra-
tello defoncto.
Li ostiarij o vero ostiario abia a sedere apreso a l'usio dove se a ad
intrare in la fraternitade et mancando lo dicto ostiario il primo intrante in
la fraternitade apreso li masarij quelo abia a tenere el loco dil dicto ostiario
et di quelo non partirsi per sin a la venuta di lo ostiario.
Li visitatori de li fratelli infirmi quando li venera notitia essere alcuno
fratello infirmo siano tenuti quelo incontinente visitare exortandolo a la
sancta confessione et sacratissima comunione et per parte dil rectore et de
tuti li fratelli exortarlo e comendarli facia testamento se non l'avese facto
iusta la forma dil capitulo nono seguente et el dicto fratello infirmo sia visi-
tato più e manco volte secondo parerà al rectore et a li dicti visitatori in sua
infirmitade || .
Ancora dicti visitatori siano tenuti ad notificare a lo rectore como el
tale fratello é infirmo ad ció che per lui in la fraternitade si facia special
oratione.
Et accadendo el fratello infirmo essere tanto povero che non podesse
subvernirsi a li besogni soi che li dicti visitatori siano tenuti questo notifi-
care al rectore ad ció che s'el sarà posibile li sia proveduto a la sua necessi-
tade a le speise de la fraternitade.
Ancora siano tenuti dicti visitatori investigare se el fratello infirmo fuse
tenuto ad alcuna resitutione o vero debito ad ció che in le cose pertinente a
la salute di l'anima li sia proveduto.
Li visitatori de li corpi de li fratelli defoncti incontinenti che averano
notitia de alcuno fratello esser defoncto siano tenuti quelo andare vestire
CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE 361
de la sua capa ossia camisio et cingendolo dil cingulo, ponendoli le mane in
croce et la disciplina in la mane dextera. ||
CAPITULO OcTAVO
Ancora é statuto che volendo alcuno esser recevuto in la fraternitade
sia notificato a lo rectore o vero al suo loco tenente in sua absentia il quale
abia ad investigare se nel tale recipiente regna vicio alcuno detestabile como
è eresia, usura et inonestate et altri simili vitii et peccati per li quali fuse
indegno di essere receputo in essa fraternitade et havendo bene investigato
et non retrovandosi vicio alcuno nel predicto recipiente che el rectore o
vero suo loco tenente in sua absentia abbia ad anuntiarlo in la fraternitade
finiti li offitii per trey di dominice sucessive avanti tuti li fratelli astanti
tra li quali se alcuno fratello avese noticia di alcuno vitio regnante nel pre-
dicto recipiente sia tenuto quelo continente facta la anuntiacione notifi-
carlo al rectore o vero al loco tenente in sua absentia secretamente con
charitade et remota ogni pasione d'animo e sia el dicto accusante di tal
accusatione tenuto celato et il rectore o vero il loco tenente abia ad amo-
nire il predicto recipiente che di tale vitio si abstegna quale || prome-
tendo di abstenirse sia devotamente et cum benignitade receputo iusta
la forma dil capitulo 9° sequente esendo di etade di discretione et acadendo
ad alcuno fratello morire in alcuno vitio dil quale in vita non si fuse emen-
dato a la corectione dil rectore o vero di altro per parte di esso rectore, non
sia vestito dil suo camisio nè sia da li fratelli acompagnato cum loro camisio
vestiti secundo el solito modo che si observa a la sepoltura de li fratelli obe-
dienti circha a li suffragij per l'anima sua li siano facti secundo a li altri
fratelli.
CAPITULO Nono
Ancora che da poi la tertia proposta avan che qualcuno sia in la fra-
ternitade receputo li siano lecti et declarati li capituli de la dicta fraterni-
tade et prometendo el dicto intrante ne le mani dil rectore o vero suo loco
tenente in sua absentia queli iusta sua posanza observare abia in prima a
confessarsi et comunicarsi et fare el suo testamento se lo po fare et non ||
posendolo fare per causa legitima sia tenuto di mano sua propria scrivere
nel libro a questo deputato in presentia de testimonii sufficienti il loco
dove vole esser sepelito et fare alcuno legato per l'anima sua se li parerà et
accadendo il talle non sapere scrivere lo posi fare scrivere per mano aliena
con trei testimonii almanco con el debito modo, il quale libro soprascripto
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362 CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE
sia diligentemente conservato in la capsia de le trei chiave, et porti uno
camisio de la sorte de li altri in la fraternitade et uno cirioto de una libra
osia in valore, et esendo il predicto intrante tanto povero che non potesse
fare la dicta speisa li sia dato il camisio a le speise di la fraternitade et li
sia facta gratia per amor de Dio dil cirioto et in la sua receptione li sia facto
lo officio a questo ordinato con le altre solite cerimonie. Et se advertischa
che non sia receputo in la fraternitade alcuno fratello con resevatione alcuna
etaccadendoritrovarsi alcuno fratello esser receputo con reservatione questo
tale non posi havere offitio alcuno in la fraternitade. ||
CAPITULO Decimo
Ancora è statuto che ogni fratello sia tenuto vivere onestamente et
castamente, gardandosi da peccati mortali et di dare cativo exemplo al
proximo et maxime di iurare osia biastemare il nome de Dio osia de la Vir-
gine Maria e di non zugare ad alcuno iocho da azaro osia di fortuna come
sono dadi, carte et altri simili iochi nè in publico nè in secreto et manco con-
versare con homini di mala fama et vita inonesta salvo per causa de corec-
tione et per ritirarlo al pensare e sopra ogni cosa gardarsi di partialitade tanto
in facti como in parole.
Nè portare arme se non per causa legitima et non portare vestimente
osia calciamenti da devisa nè piume sopra boneti et maxime in la frater-
nitade non conversare in ostarie inordinatamente et non stravertirsi (sic)
nel carnevale nè ad altri tempi nè far farse nè altri simili iochi salvo
in cose le quale non redondeno in scandalo nè vergogna. Et de tale cose
averni espressa licentia dal rectore et parimente non essere auctori de ab-
batie de balli || nè impedirsi di soni per far ballare, salvo in cose licite
et debite ac solite a la discretione dil rectore et se in alcuno de li predicti
viti) se troverà alcuno fratello sia rigidamente punito ad arbitrio et volun-
tade dil rectore.
CAPITULO UNDECIMO
Ancora è statuto et ordinato che per la memoria de le cinque piage
dil nostro Signor Jesu Christo ogni fratello sia ogni iorno tenuto dire v
Pater noster et v Ave Marie. Ancora vij Pater noster e vij Ave Marie per la
pietade di nostro Signor Jesu Christo benedicto. Ancora vij Pater noster
et vij Ave Marie cum Gloria Patri per li vij gaudii di la Virgine Maria. An-
€ora. 25. Pater noster et. 25. Ave Marie per le sete ore canoniche che se di-
&».
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dii
CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE 363
c E
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CIT
o
cano da la sancta madre Ecclesia. Ancora. 7. Pater noster et. 7. Ave Marie
per le anime de li fratelli pasati di questa vita. Ita tamen che se alcuno fra-
tello dicesse lo offitio de la Virgine Maria o vero li septi psalmi penitentiali
sia omnino exempto da li xxv Pater noster et Ave Marie || et ogni iorno c. 13v
de dominica et altre feste di comandamento orldire (sic) la messa in-
tegra et etiam li altri iorni feriati et oldire la predica quando se predi-
cherà se sarà posibile et tamen questo non facendo non incorra in peccato.
Essendo la confessione salute delle anime nostre dissipatrice de li
vicii et restauratrice delle virtü sia tenuto ogni fratello quatro volte l'ano
di confessarsi et recevere el sacratissimo Corpo di Cristo cioé una volta a
la Sancta Pascha iusta al comandamento de la Ecclesia, una volta a la Pen-
tecosta, una volta ala Somptione di la Virgine Maria di augusto et a la Na-
vitade di Jesu Christo et altre più volte se parerà a lo rectore secundo la
devotione di fratelli e secundo le occurrentie.
Et quel iorno deputato a la receptione di dicto Sacramento li fratelli
abiano a vestirse le loro cape a li loro officij e facta la comunione in la fra-
ternitade el rectore comanda che se alcuno non é comunicato quelo iorno
venga a fare sua execusatione con lui et ritrovandosi alcuno fratello mancare
in quelo iorno ordinato a la sancta comunione senca causa legitima sia obli-
gato incontinente || inienochiato sora il suo loco dire xv Pater noster c. 14r
et xv Ave Marie di la neglegentia usata et da poi el rectore li comandi che
a la octava seguente sia preparato a la comunione et a questo mancando
senca causa legitima sia punito a la volunctade dil rectore.
Ancora sia etiamdio obligato ogni fratello ad ogni mutatione dil rec-
tore pagare la sua offerta ordinata per la fraternitade.
Ancora sempre avanti et da poi il pasto dire uno Pater noster et una
Ave Maria rigratiando Dio di quelo et tuti altri beneficij.
Ancora ieiunij ogni fratello tuti li ieiunij de la Sancta Eclesia insti-
tuti et tuti li venerdi de uno anno per memoria di la passione di Jesu Christo
benedicto: se possa tamen questo ieiunio convertirse in elimosina o altra
opera pietosa secondo la divotione dil fratello.
7
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CAPITULO DUODECIMO
Ancora è statuto che accadendo alcuno fratello stare per trei dominice
successive che non veni a la fraternitade a l'ora de lo officio senca legitima
excusatione in la quarta domenica sequente sia da || fa fraternitade ca- c. 14v
sato in presentia de tuti li fratelli stanti né piü in essa sia receputo salvo
a modo de novitio et posto l'ultimo in la tabula.
c. 15r
364 CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE
Ancora accadendo alcuno officiale mancare per doi dominice sucessive
che non venise a la dicta fraternitade et non abia vera excusatione in la
tercia dominica sequente in suo loco sia electo uno altro officiale iusta la
ordinatione de la electione del capitulo quarto salvo se questo officiale fusa
consiliario et questo possa esser electo per lo rectore et li altri soi consi-
gliarij.
Ancora se alcuno fratello non venirà a la fraternitade in el iorno nel quale
se fa lo officio a l'ora ordinata cioé avanti che el rectore incomenci a dire
« Miserere mei, Deus » etc. sia tenuto, finito lo oficio e la oratione apreso la
Salve Regina o vero secundo parerà al rectore o vero soto rectore in sua
absentia, dire con la capa vestita denanci lo oratorio xv Pater noster et
xv Ave Maria secundo el modo solito et contra facendo a questo sia tenuto
dire el duplo.
CAPITULO TERCIODECIMO ||
Ancora è statuto che se intra doi fratelli o vero più acadesse qualche
questione quelo o queli chi sarano autori inanci che faciano convenire la
parte avanti la corte spirituale o sia temporale siano tenuti notificare a lo.
rectore como non volendosi concordarsi la parte el se intende convenirla
in iuditio et parimente la parte convenuta sia tenuta notificare al predicto
rectore como l'altra parte la vole in iudicio convenire et alora il predicto
rectore abi ad intendere tale dicte parte como et per quale causa procede
tale questione, quale essendo bene inteisa sia tenuto il dicto rectore somma-
riamente deciderla et essendo la questione di tal natura che non si posi
cusi presto decidere che le dicte parte siano tenute al mandamento dil rec-
tore elegere uno o doi fratelli per ogni parte ad acordare la dicta questione
la quale li electi abiano ad exercitarsi al più presto la dicta questione finire
et bisognando de alcuno altro conseglio li dicti electi lo posino prendere
secundo la materia di la questione a le speise de la || parte quale si
troverà a avere il torto; et non volendo le dicte parte o vero l'una de quele
stare a la decisione de li electi quele o quela siano punite a la voluntade dil
rectore et del suo conseglio o vero da la maior parte.
Ancora accadendo in la cità o vila essere piü fraternitade et nasere
questione intra il fratello de una fraternitade et di l'altra siano tenuti noti-
ficarlo a loro rectori li quali in la dicta questione sedanda abiano a tenire
il modo sopra dicto.
Ancora accadendo alcuno fratello avere questione con alcuno stranio
abi il rectore essendo informato de la dicta questione exercitarsi ne lo
acordio.
PM
CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE 365
Ancora siano moniti tuti li fratelli che a tuta loro posibilitade debiano
evitare ogni questione et maxime di convenire o far convenire a corte osia
] in iudicio a ció quelli chi debeno imitare lo Evangielio de la pace non siano
principio di confusione et sectatori di discordia.
— —
CAPITULO QUARTODECIMO
Ancora é ordinato che ogni domenica de le Palme il rectore abi a co-
menda|re a tuti li fratelli che il cobia sancto sequente da seira abiano c. 16r
a ritrovarsi in la fraternitade a l'ora per lui ordinata et ancora ordinare la
processione et li officij et altre cose pertinente a la dicta processione et ivi
in memoria di la passione di Jesu Christo tuti li fratelli abiano a fare disci-
plina per tanto tempo quanto se extenderà sua devotione, cioé in la dicta
fraternitade et facto il segno per il rectore ogni fratello vadi al suo loco et
al altro segno dil rectore quelo chi sarà deputato a portare la croce habi a
| usire primo il quale abiano a sequitare tuti li altri fratelli a doi a doi cum
| devotione vestiti de loro cape con la facia coperta salvo li cantori cantando
: gli officij ordinati et queli chi non sano respondere a li oficij abiano a dire
| deli Pater noster et Ave Marie et se habi in la dicta procesione ad andare a
tante ecclesie quante parerà a lo rectore et se advertisca che la dicta pro-
cessione sia fornita a tale hora che la matina sequente se posi andare oldire
la predicatione di la passione di Jesu Christo et retornati che sarano li fra-
telli da la processione finiti li officij se lega la tabula et queli chi non sa-
rano venuti a la dicta processione tanto dil iobia || sancto quanto a la c. 16v
processione di la festa dil Corpo di Cristo, excepto siano fora di la terra o
vero amalati, siano tenuti di pagare una mecalibra di cera o vero siano
puniti a la voluntade dil rectore
Ancora che ogni ultima dominica de ogni meiso (sic) il rectore abia a
comendare la disciplina a li fratelli in la casa de la fraternitade ; et como
ne insegna la experientia ogni capitanio é sempre il primo et cusi per man-
tenire dicta observantia e disciplina é ordinato et laudamo che lo rectore
4 como bono capitanio sia sempre il primo imitando el dicto ne li acti degli
Apostoli al capitulo primo, che prima Christo incominció a fare et poi a
insegnare. Et queli che non farano la dicta disciplina habiano a fare la sua
excusatione al rectore o vero al suo locotenentein sua absentia la qual audita
abia imponere pena secondo la sua arbitria voluntade non essendo excusa-
tione legitima adeverétisca tamen il rectore di comendare la dicta disci-
plina a tempi congrui et debiti ac convenienti.
366 CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE
CAPITULO QuiNTODECIMO ||
Ancora è statuto che la domenica avanti la mutatione dil rectore overo
altra domenica o festa di comandamento quando piacerà al rectore che esso
rectore ne la visitatione habi tenere il modo infrascripto : primamente con
ció sia che non si trovi alcuno tanto iusto il quale qualche volta non manchi
in le cose da essere observate et maximamente circa la observatione de li
capituli et regula della fraternitade il predicto rectore comandi a tuti li
officiali incomenciando al suo loco tenente et al suo conseglio et sic succes-
sive a tuti li altri fratelli che se sarano stati negligenti circha a la observa-
tione de li officij et statuti di essa fraternitade non li increscha per amor
di Dio tolerare alquanta penitentia, alora incontinenti siano tenuti tuti li
fratelli usir dal loco suo metendosi in genochioni verso l'oratorio et fare la
penitentia la quale li sarà iniuncta da esso rectore et sia advertente esso
rectore che ali officiarij impona pena alquanto piü rigida essendo stati
negligenti che a li altri fra || telli a ció siano exemplo a li altri chi ave-
rano a sequire et finita la dicta penitentia sia ancora esso rectore visitato dal
rectore antico al modo previsto et trovandosi esso rectore colpabile in alcuna
cosa pertinente a lo officio suo sia punito dal rectore antico iusta la quali-
tade dil suo difecto et accadendo dicto rectore essere trovato in alcuno vitio
che redundasse in desonore di Dio et vergogna et scandalo di essa frater-
nitade posi il dicto rectore antico con il conseglio alora presente deponere el
predicto rectore dal suo officio et in suo loco abia a stare il suo loco tenente
per fino a la nova electione.
Ancora sia tenuto el rectore ogni festa compito lo officio dire che se
alcuno fratello havesse notitia de alcuno vitio de altro fratello che redun-
dase in vergogna a la dicta fraternitade venga da lui denontiarlo secreta-
mente per charitade.
Ancora parimente sia tenuto il rectore ogni festa investigare se li sia
infra alcuni fratelli qualche || diferentia a ció che li pona fine et pace
iusta la forma dil precedente capitulo 13.
CAPITULO SEXTODECIMO
Ancora è statuto che in la fraternitade se debe tenere il silentio per sin
a tanto che sarà data licentia dal rectore di poter parlare salvo per causa
legitima et accadendo alcuno fratello voler dire alcuna cosa in onor di Dio
et utilitade de la fraternitade abia da impetrare licentia dal rectore dicendo
primamente « Sit nomen Domini benedictum » quali obtenuta posi dire quelo
che li piaserà de dire.
A
CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE 367
Ancora se advertischa che alcuno stranio non sia introducto ne la
fraternitade salvo cun licentia dil rectore et accadendo alcuno fratello intro-
ducere alcuno stranio senca licentia dil rectore overo loco tenente in absentia
dil rectore sia punito a la voluntade di esso rectore overo loco tenente || .
Ancora se accadese alcuno fratello di altra citade o vila volese esser
receputo in la fraternitade non posi esser receputo salvo con littere dil suo
rectore.
CAPITULO DECIMOSEPTIMO
Ancora è statuto che ritrovandosi alcuno fratello inobediente al rec-
tore in le cose pertinente a la fraternitade sia tenuto el dicto rectore a amo-
nirlo o vero farlo amonire a dover fare la obedientia il quale non volendola
fare lo posi el dicto rectore casare né piü sia recéputo salvo che el venise
ad humiliarsi a il rectore domandandoli perdonanca ed offerendosi apare-
chiato a tolerare la punitione la quale li vorà iniungere lo rectore il quale
cosi facendo posi a modo di novitio essere receputo et per modo tale che sia
ad exemplo de tuti queli che en tal modo se troverano inobedienti.
Ancora accadendo ad alcuno fratello essere casato || da la frater-
nitade per quale causa se voglia o vero de sua propria voluntade sia usito
et casato, ipso facto sia privato da ogni rasone et de ogni cosa la quale in la
dicta fraternitade avese o vero li apartenise salvo che non fuse per causa
di presto.
Ancora se alcuno fratello accadese murmurare osia detrahere de la
dicta fraternitade subitamente avuta la notitia di questo iusta et con prova
sia gravemente punito dal rectore o vero dal suo loco tenente in sua ab-
sentia.
CAPITULO DECIMO OCTAVO
Ancora è statuto e ordinato che mancando alcuno fratello de la pre-
sente vita avendo ordinato le cose continente nel capitulo. 7. sia di la sua
morte data noticia a lo rectore il quale abia a comandare a li masarij che in-
continente vadano sonare la Ave Maria de la campana de la fraternitade
et uno segno apreso, a ció se faci intendere ad ogni || fratello la morte
dil fratello defuncto et abuto la noticia ogni fratello sia tenuto dire. 12.
Pater noster et. 12, Ave Maria con Requiem eternam per l'anima dil defuncto
et a tempo de la sepoltura et al segno della campana abiano tuti li fratelli
ad ritrovarsi in la fraternitade ad compagnare il corpo dil defuncto a la
sepultura con loro cape vestite et il rectore abi ad eligere li portatori dil
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368 CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE
dicto corpo defuncto et uno che porti el vexilio de la sancta croce inanci
et li doi masarii abiano ad portare li cerij di essa fraternitade et a questo
deputati sequitando la croce con devotione et ordine et uno fratello quale
incomenca el « Miserere » et altri psalmi secundo parerà a quelo chi é depu-
tato a questo et queli fratelli che non sarano (sic) dire li salmi abiano a dire
de li Pater noster et Ave Marie per l'anima dil defuncto et queli che non
se troverano a la dicta sepoltura non havendo legitima excusatione siano
gravemente puniti perché l'é sancta et salubre cogitatione prejgar per
li defuncti.
Ancora sia tenuto ogni fratello pagare quarti doi di Savoia per fare cele-
brare le messe et altri officii per l'anima dil dicto defuncto et accadendo
alcuno fratello aver legitima excusatione di non poter pagare dicti doi quarti
sia tenuto dire. 50. Pater noster et. 50. Ave Marie con Requiem eternam
per l'anima dil defuncto.
Ancora a la festa sequente da poi dicta sepultura dil fratello defuncto
se abia a far lo officio in dicta fraternitade di requiem a questo ordinato
per l'anima dil dicto defuncto.
Ancora che ogni fratello di dicte fraternitade sia tenuto dire ogni ultima
dominica del meise li septe psalmi penitentiali o vero. 25. Pater noster et.
25. Ave Marie per le anime de li fratelli defuncti.
CAPITULO DECIMONONO
Ancora é statuto che el rectore ad ogni festa di comandamento compito
lo officio sia tenuto fare legere uno o più de li predicti capituli secondo |
a lui piacerà a ció che nessuno fratello si posi excusare de l'ignorantia et ad
ciò che ogni fratello sapia quelo che è tenuto di fare et observare et maxime
nel tempo de la electione del rectore novo et altri officiarij se habiano a
legere li capitoli ad queli ordinati.
CAPITULO VIGESIMO
Anchora he statuto et ordinato che ogni fratello se habia ad ritrovare
in la fraternitade ad ogni mutacione di Rectori Consciliarij et altri offi-
ciarij nel iorno a quelo ordinato et a tempo di poter dare la soa voce secondo
Ja forma si contiene nel capitulo tercio et acadendo ritrovarsi alchuno fra-
delo essere absente a la sopra || dicta mutacione di la fraternitade quale
non habia legitima excusatione, como saria esser absente di la terra o vero
CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE 369
infirmo, quelo sia tenuto di pagare libra una di cera o vero la valsuta a li
masarii di la fraternitade et più che sia punito di punitione rigida per el
Rectore al fine possi essere exemplo a queli che a dicta mutacione man-
cherano.
CAPITULO VIGESSIMOPRIMO
Item s'é ordinato cum consensu et in presentia de la mayor parte de li
fradelli de di|cta compagnia qui congregati che accadendo per lo avenire
la morte dil rectore de dicta Compagnia che illico et incontinente senza
altra electione il locumtenente o vero socto rectore sia teriuto et nominato ac
electo per rectore de dicta compagnia il quale habia da exercir il suo offitio
dil rectorato per fine al termine che deveva stare lo rectore defoncto, ita
che finito el dito termine et electo el novo rectore il supradicto soto rectore
tenuto et nominato per rectore per fin al dicto termine sia tenuto e facia
lo officio da rectore antiquo. Ma circa la electione de uno altro loco tenente
o vero soto rectore se recorerà a la electione facta dil rectore defoncto et
quelo che se troverà avere piü voce apresso el sopradicto soto rectore ||
tenuto per rectore, acadendo il dicto caso, sia electo per soto rectore il quale
il rectore novamente nominato lo haba a confirmare per suo loco tenente et
se li acadesse esser doi o più apresso el sopradicto soto rectore novamente
ut supra electo per rectore avesseno he fusseno equali de voce si pona infra
loro la sorte prima tamen facendo alchuna special oratione per li fratelli
et poi facta la oratione si pona la sorte et a colu a chi acaderà la sorte sia
electo per sotorectore como di sopra, il qual habia a far l'offitio de sotorec-
tore et questo ordine é stato facto cum consentimento della maior parte de
li fratelli congregati in la chasa e li disciplinati in dominica. 22. de agosto
ne lo anno 1546. ||
Piü perché si vede che il capitulo osia statuto de la sancta comunione
non viene a compimento da molti fratelli oservato pertanto acció che quello
venghi in osservanza sendo de le tre parti piü delle doi delli fratelli congre-
gati ne la presente casa et cruciata il primo di lulio giorno di dominica del
anno. 1584. tuti unanimi et niuno contradicente hanno statuito et ordi-
nato per nova reformatione che tutti queli fratelli di essa cruciata che non
si ritroverano esser comunicati li giorni descriti nel sudeto capitulo, sendo
peró di legitima etade, si habiano a de || scriver i lor nomi separatamente
et con ogni dilige(n)za dil loro rectore o da altro da lui deputato a quali si
darà termin di comunicarsi di tre dominiche indi seguenti ne li quali giorni
et altre feste ocorenti tra mezo di esse dominiche si nominerano li sudeti
non comunicatti alla presenza de tutti li fratelli astanti et quelli che alla
21
c. 21v
ec. 22r
e, 22v
o. 23r
370 CAPITOLI DELLA CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI S. CROCE
quarta dominica osia la festa doppo la terza si ritroverano ancora iscritti
non comunicati senza causa legitima la qual causa detto rectore conosserà
diligentemente siano dal detto rectore cassati et cossì per casi alla presenza
di tutti li fratelli astanti per il retore sudetto pronunciati senza più ||
altra monutione et perchè molti per non esser cassati potrebeno non venir
et far sua scusa de esser comunicati altrove fori della casa, perciò s'é ordi-
nato che venendo a far tal sua scusatione habino da riportar una fede dal
sacerdote dal qual sarano comunicati altrimente non sarà da esso rectore
tal loro excusatione admessa et il già detto rectore sarà tenuto di osservar
et far apieno osservar il presente capitulo non havendo riguardo ad alcuno
a questo inobidiente.
P
INDICE
Memorie
RosATELLI ErALDO, La insigne Collegiata dei SS. Bartolomeo e
Andrea a Orvieto E olx
Nrssi SrLvEesTRO, Montefalco n di Ew 5 questione
properziana attraverso i secoli .
Note e documenti
DE Dominicis MARIO, Un intervento legislativo di Costantino in
materia religiosa (Nota a C. I. L., XI, 5265). i
GuÉzE RAOUL, Le origini dell Ospedale di Santa Maria della Mi-
sericordia in Perugia i
STORELLI Enzo, Un affresco ignorato dei Raccomandati di s. Ma-
ria in Gualdo Tadino
Congressi e Convegni
MELONI PiERLORENZO, Nuove prospettive storiografiche sulla prima
guerra mondiale nel Convegno di Spoleto del 1962
V CONVEGNO STORICO REGIONALE
Città di Castello, 28-29 settembre 1963
Tipografia, Editoria, Produzione libraria in Umbria nei secc.
XV-XX.
Apertura del Convegno s è
CECCHINI GIOVANNI, Stato di conoscenza i della ti DOgrafta e della edis
toria in Umbria dal sec. XV al sec. XIX . : è
NicoLiNI UGoLINO O. F. M., Giovanni di Giovanni da uni
stampatore a Perugia della Summa philosophiae di Paolo da
Venezia (25 gennaio 1477).
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91
99
372 INDICE
MoroTTI FERNANDO, Editori e tipografi in Assisi dal sec. XVI al
sec. XIX ii e to
COSTANTINI FERNANDO, SE o poco nur tipografie eugu-
bine nei secc. XVII-XX > eso
RicciARELLI GIiocoNDO, Contributo alla storia dell'arte della stampa
in Perugia nel sec. XV : ^u PE
FERRI CRISPINO, Tipografi orvietani Bu sec. XIX: i Tosini .
BELLINI Lurar, Produzione tipografica in campo economico in Um-
bria dalla fine del Settecento alla prima guerra mondiale.
ManciINI Franco, Di un ironico falso tipografico nella Todi del
Risorgimento è :
GrioMBiINI LEoPoLDO, La Casa Editrice « Il Solco » di Città di Ca.
stello Magic ers ICT
TEOFOLI ROLANDO, La Casa Editrice Thyrus di Ten origine
e attività
SILVESTRI LoDovico, Li litografia in Perugii nel sec. XIX.
Recensioni
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lano, Electa Editrice, 1963, pp. 20, tavv. 28, ill. 3 (Pietro
Scarpellini) ie de
MaAnpDoLr GIANFRANCO, Ancora SE patria. di DRIN in La
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FICARELLI AURELIO, Sancta Urbevetana Legio, Orvieto, Tipo-
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SeGoLONI DANILO, Bartolo da Sarmi fenndio e ila Civitas Bentisina,
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INDICE
Toscano Bruno, Spoleto in pietre. Guida artistica della città,
a cura della Azienda del Turismo, Spoleto, 1963, in 16°, pp
XXIV-310, 50 tavv. f. t., 4 piante, L. 1.400. .
Foligno, Bevagna, Montefalco, Spello, Trevi. Testo di ANGELO
MEssINI riveduto ed aggiornato da GIOVANNI CECCHINI.
Milano, Guido Moneta Editore, 1963, in 16°, pp. 132, 4 tavv.
a colori, ill., L. 500. (Giovanni Cecchini) .
Segnalazioni bibliografiche
A cura di: Luigi BELLINI, GIOVANNI CECCHINI, M. C. CRISPOLTI,
CecILIA Mazzi, MARIO MELELLI, UGoLINO NICOLINI, M. C.
OTTAVIANI, MARIO PERICOLI, CARLO PIETRANGELI, PAOLA
SCABAMUGCOIS 5 0, 0 0. S. inte
Necrologi
FnRANcESCO BRIGANTI (Raffaele Belforti) .
CLEMENTE Pizzi (Ottavio Prosciutti) . . . . . .
Atti della Deputazione
Adunanza del Consiglio Direttivo del 24 febbraio 1963. . .
Adunanza del Consiglio Direttivo del 12 settembre 1963.
CENTRO DI DOCUMENTAZIONE
SUL MOVIMENTO DEI DISCIPLINATI
CeccHINI GIOVANNI, Nota introduttiva RSI
NicoLIiNI UGoLINO O.F.M., Nuove testimonianze su fra Raniero
Fasani;e-ARDU EmiLIO S. J., Capitoli della Confraternita dei Disciplinati
di S. Croce in Torino, (Torino Biblioteca Reale, Mss.
Varii, 169). VR A uL ION SIT
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