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BE BOLLETTINO

DELLA

DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
PER L'UMBRIA

VOLUME LXII



PERUGIA - 1965











Unione Arti Grafiche - Città di Castello - 1965

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Memorie
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Nascita e primi sviluppi del movimento
operaio a Foligno

Situazione eeonomiea in Foligno dalla seconda metà dellOttocento
ai primi anni del Novecento. — Condizione della classe lavoratrice.

Nel nostro Paese nel '700 e durante la prima metà dell’800 pre-
dominavano ancora le attività artigianali, il lavoro a domicilio e,
dove esisteva la fabbrica, il lavoro ancora dipendeva dalle intrin-
seche capacità dell’uomo e quindi il mestiere (oggi diremmo la mano-
dopera qualificata) restava sempre alla sua base ; non si era giunti,
e non si giunse che lentamente, alla macchinofattura, con la forma-
zione dei grandi complessi industriali, i quali esercitarono una pres-
sione sull’artigianato e sulla piccola impresa assorbendoli e dando
luogo a fatti di proletarizzazione.

Solo dopo il 1870, cioè in seguito alla raggiunta unificazione ter-
ritoriale dell’Italia, potè svilupparsi l’industria ; tale processo negli
altri Paesi era avvenuto oltre cinquanta anni prima. Le condizioni
favorevoli al progredire della nostra industria furono : la creazione
di un mercato nazionale, una potente barriera doganale elevata
contro la concorrenza straniera ed una politica governativa di larghi
. aiuti finanziari.

In questo quadro generale si inserisce la nostra Regione : l'Um-
bria, costituita nel suo complesso da terreno montagnoso e poco
fertile e purtuttavia regione essenzialmente agricola. In Umbria
la proprietà terriera era concentrata in poche mani e lasciata nel-
l'abbandono. Il passaggio dell'Umbria dal dominio papale a quello
regio non cambiò sostanzialmente le sorti della nostra economia
e l'Umbria rimase indietro in tutti i settori.

L'agricoltura, che rappresentava il cespite massimo della nostra
economia, camminava ancora sui vecchi binari dell’istituto mezza-





6 GIULIA RAPONI

drile con l'applicazione di metodi sorpassati, di sistemi inadatti
basati soprattutto sulle colture agrarie tradizionali, di una economia
familiare di tipo autarchico ; a questi sistemi irrazionali si aggiun-
gevano una scarsa concimazione ed una lenta introduzione della
meccanizzazione. L’allevamento del bestiame non subiva variazioni
sostanziali sia per quello che riguardava il metodo, sia per quanto
riguardava la qualità e la quantità.

L'industria, al secondo posto nell'economia regionale, si svi-
luppò con un certo ritardo nei confronti delle regioni del nord come
la Liguria, la Lombardia, il Piemonte e la stessa vicina Toscana.

Il grosso commercio, sia per la mancanza di grandi industrie
che per la scarsa possibilità del mercato umbro, non si sviluppò
mai nella nostra regione, prese piede invece il medio commercio
che traeva vita dalla produzione agricola e dai suoi derivati. Nume-
ricamente elevato, ma povero come consistenza finanziaria, il com-
mercio al dettaglio e quello ambulante.

Alla fine del xix secolo l’artigianato umbro, che aveva cono-
sciuto momenti di fama e di prosperità, cominciò a languire e sparì
soffocato dalla concorrenza della produzione meccanizzata e dalla
mancanza di interventi protettivi da parte dei Governi, costituiti
ora dai rappresentanti della giovane industria.

Foligno, in tempi più remoti fu un centro importante tanto dal
punto di vista commerciale, quanto dal lato industriale, per lo svi-
luppo che vi presero l’industria della carta, quella tipografica, non-
chè l’industria della confettura, della cera e l’artigianato in genere.

Le notizie delle prime cartiere risalgono al lontano 1256; tale
industria ebbe la sua culla nella frazione di Pale, grazie alle copiose
acque del fiume Menotre, e si sviluppò poi nei secoli xv e xvi. Nello
stesso periodo ebbe notevole incremento a Foligno l’arte tipografica.
A Foligno sorgeva nel 1470, subito dopo Subiaco e Roma nell’Italia
Centrale, l’arte della stampa ad opera del folignate Emiliano Or-
fini e del tedesco G. Numeister. È loro opera la prima edizione
della Divina Commedia di Dante che fu altresì uno dei primi libri
in volgare stampati in Italia.

Ma agli inizi del xix secolo si cominciarono a notare i sintomi
di un impoverimento dell’economia di Foligno, che non resse sotto
la spinta dei nuovi sistemi economici. Il commercio assai florido,
le fabbriche di cera, le cartiere, l'industria della confettura ecc.
cominciarono a languire.

L’artigianato ed il lavoro a domicilio erano ancora largamente









NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO d

praticati, ma le piccole indutrie o erano scomparse o ridotte in fin
di vita.

La paura di nuovi sistemi economici, la grettezza dei possessori
di grandi capitali, l'inadeguatezza dei mezzi da parte di coloro che
pure avrebbero avuto il coraggio di immettersi in nuove imprese,
la paura del rischio dei titolari delle antiche e rinomate fabbriche
tradizionali, la opposizione dei grandi proprietari terrieri allo svi-
luppo della nascente industria, avevano determinato l’arresto della
economia nella nostra città e, proprio nel periodo in cui iniziava
— nelle regioni dell’Italia settentrionale — il processo di sviluppo
industriale, in Foligno si segnalavano le date di chiusura di molte
vecchie aziende. Esisteva tuttavia un artigianato fiorentissimo.

Ogni casa in Via delle Puelle — oggi Via Mentana — era un
laboratorio di bollettai che fabbricavano chiodi a mano ricercatis-
simi ; le vie della città erano un susseguirsi di botteghe di falegnami,
fabbri ferrai, sarti e tessitori. Esisteva qualche laboratorio di stru-
menti agricoli, l’arte muraria aveva i suoi capimastri e manovali,
ma non esistevano (e non sarebbero sorte che più tardi e non per
merito dei capitali locali) le imprese di tipo moderno.

Anche i proprietari rurali continuavano a vivere nell’inerzia.
I numerosissimi piccoli e medi proprietari si contentavano di rica-
vare dalla terra il solito modesto reddito sordi ai nuovi sistemi di
coltivazione, paghi di quella piccola proprietà che avrebbero tra-
smesso ai successori, così come l’avevano ereditata, e che li auto-
rizzava a qualificarsi negli atti pubblici con il titolo di « possidente ».

I ceti medi (professionisti, impiegati, commercianti) prose-
guivano a vivere senza azzardare una spinta in avanti. Ancora
mancava uno schieramento politico che poggiasse sulla alleanza
tra il ceto medio e la classe operaia, entrambi — per amor del vero —
poco numerosi a Foligno. Dai dati del censimento si rileva che la
popolazione di Foligno, nell’anno 1861, era costituita da 20.255
unità, raccolte in 4.407 famiglie distribuite nel capoluogo e nelle
frazioni. La maggior parte della popolazione era dedita all’agri-
coltura, legata alla terra dal rapporto di mezzadria; pochissimi
erano gli affittuari, abbastanza numerosi i coltivatori diretti, nume-
rosissimo ed in istato di miseria il bracciantato.
Da una statistica successiva (1876) si deduce che la popola-
zione attiva rurale ascendeva a 8.100 unità di cui 3.654 addetti
alla colonia, tutti gli altri erano braccianti, pastori, casengoli (gar-
zoni di stalla). Durante i mesi invernali parte dei braccianti, apparte-



8 GIULIA RAPONI

nenti alla popolazione della montagna, emigravano nelle campagne
romane per lavori stagionali. Immigrazioni di agricoltori non si
verificavano, bastando la popolazione del Comune alla coltivazione
del territorio. Solamente durante il periodo della falciatura dei
grani e per un massimo di una quindicina di giorni, numerosi brac-
cianti, provenienti dalle Marche e diretti nelle campagne romane,
si trattenevano a mietere.

La produzione agricola era quella tradizionale di tipo autar-
chico familiare ; si producevano soprattutto cereali, vino, olive. La
produzione, notevole rispetto a quella dei territori limitrofi, era
dovuta piuttosto alla naturale fertilità del suolo della nostra pianura
irrigua che non alla maggiore capacità, cura od impiego di mezzi
della nostra popolazione rurale. Questa situazione spiega anche lo
sviluppo dell'orticoltura, largamente praticata.

Le carni del bestiame bovino allevato in pianura godevano di
molto credito in commercio, molto richiesti erano i suini di pro-
duzione locale che venivano venduti anche in Toscana, Romagna
e nel territorio romano.

A tale proposito si ricordano le fiere ed i mercati di richiamo
extra-regionale che avevano luogo durante l'anno in Foligno: la
Fiera di S. Feliciano (25-1) quella dei Soprastanti (22/29-5), la
fiera di Santo Manno (14-9) ed inoltre il mercato settimanale di
ogni venerdi. Tutto ció con una agricoltura ancorata ai vecchi si-
stemi.

Da una statistica del 1913 risulta infatti che a tale data esi-
steva in Foligno un solo istituto di medio credito in agricoltura
(Cassa Rurale di prestiti di S. Clemente), una società cooperativa
(Il Risveglio), un Comizio Agrario. Questo ultimo era un’associa-
zione libera di soggetti interessati a svolgere un’azione collettiva
in difesa degli interessi materiali degli agricoltori e dare, ad un
tempo, incremento alla industria agraria mediante una cooperazione
ed una mutualità nei mezzi atti a favorire il progresso agricolo.
A Foligno era notevolmente avvertita la mancanza di una scuola
di istruzione agraria : ne esistevano a Perugia, Terni (la città più
industrializzata dell'Umbria), a Todi ed in altri centri minori, ma
non a Foligno.

Verso la metà del xix secolo le condizioni dell'industria a Fo-
ligno non erano molto buone: le maggiori attività trasformative
erano strettamente legate alla produzione agricola, senz'altro la
più importante nel nostro territorio. Esistevano numerose fabbriche







NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 9

di cordami, fiscoli da mola ad olio, bottami, bigonze, di sellerie e
finimenti da cavallo, molini a grano, e — ancora più numerosi —
molini ad olio, laboratori per macchine agricole. Inoltre si pote-
vano contare alcune piccole fabbriche di confetture, di cera, car-
tiere e tipografie, concie di cuoi e pellami. Queste attività venivano
svolte su scala che anche allora, molto benevolmente, si poteva
definire industriale. Tutte le altre numerose attività erano svolte
in negozi artigiani.

Artigiana era la produzione di chiodi e bollette, sapone, cap-
pelli, ombrelli, sedie, pettini, utensili di rame; artigiane erano le
fonderie di bronzi e lavori in ottone, tintorie, fabbriche di argilla
cotta, calzolerie, laboratori di falegname ; artigiani erano gli incisori
cesellatori, gli scalpellini, i doratori, i vetrai, ed i legatori di libri.

Il numero degli operai impiegati nell’industria si poteva valu-
tare ad un centinaio nelle concie, a circa 25 nelle cererie, nelle car-
tiere trovava occupazione quasi tutta la popolazione delle ville di
Pale e di Belfiore, nella filanda erano occupate 150 donne circa,
oltre un centinaio di individui lavoravano nelle fabbriche di bollette
e chiodi ed altrettanti in quelle degli stagnai, dei ramai e dei fondi-
tori, circa 20 lavoratori erano occupati nelle tipografie.

Verso la metà del secolo scorso la classe operaia in Foligno era
costituita da queste poche centinaia di individui occupati nelle
fabbriche, tutto il resto deila popolazione viveva dell’agricoltura
e del reddito dell’esercizio delle attività artigianali, le più disparate.

Durante gli ultimi anni del x1x secolo Foligno sembrò parte-
cipare attivamente al processo di industrializzazione. Numerose
aziende artigiane si trasformarono subendo un processo di rinno-
vamento delle strutture, altre fabbriche di tipo moderno sorsero
ed assorbirono un numero notevole di manodopera. Se le cartiere
diminuirono ciò avvenne per l'assorbimento delle minori da parte
di quelle meglio organizzate ; le tipografie salirono al numero di
cinque e dettero lavoro a circa 120 persone : la sola Tipografia Cam-
pitelli occupò 53 operai e 35 ne occupò la Poligrafica Salvati.

Un numero notevole di operai trovò lavoro nelle fabbriche di
Alfredo Testa per la costruzione di mobili in legno ed in ferro, nelle
Officine di Giacomini, Ottaviani e Crispolti. Resistettero alla con-
correnza le locali concerie di pellami : la Roccetti e Grifi (fondata
nel 1810 circa), la Salari, la Pisello (1710) e la Passeri. Sorsero i lani-
fici di Mancia (1870) e Luna (1885) in città, Tonti (1884) ed Accor-
rimboni (1810) a Rasiglia. A Scopoli venne aperto il cotonificio





10 GIULIA RAPONI

Micheli (1908) : dotato di un macchinario moderno ed efficiente
occupò circa 50 operai. La fabbrica di fiammiferi Coltorti e F.,
sorta a Belfiore nel 1893, dette lavoro ad una trentina di operai
adulti ed a circa 20 apprendisti; nell’anno 1909 aprì i battenti la
fabbrica di Ferranti Arcangeli & C. per la produzione di maglieria :
tale fabbrica occupava circa 20 operai.

Nel 1873 l’industriale Macrobio Fazi prese l’iniziativa di im-
piantare, per la prima volta nell'Umbria, a Foligno, un'importan-
tissima fornace di laterizi, esercitata da una società all'uopo costi-
tuita in nome collettivo sotto la ragione sociale « Fornace Hoffman
di M. Fazi & C.» con capitali non ingenti, ma, comunque, tali da
garantire la maggiore solidità allo stabilimento e di permetterne
la migliore affermazione. La potenzialità produttiva di questa for-
nace era certo notevole e nei mesi di maggior lavoro lo stabilimento
occupava fino a 140 operai.

Lo Stabilimento del Carburo, aperto nel 1898, era una realtà
con i suoi cento operai occupati; tale stabilimento produceva car-
buro di calcio e sali di bario e ne effettuava la vendita sulle piazze
nazionali.

La Ditta Dell'Orso & C. aveva rilevato un'officina meccanica
con fonderie fuori Porta Ancona, la dotó di macchinario moderno
e si affermó tanto da poter garantire, durante tutto l'anno, il lavoro
a circa 80 operai.

I muratori erano occupati nella costruzione dello stabilimento
per uno zuccherificio. La prima notizia relativa all'impianto di
questo stabilimento da parte di una società italo-belga destó molto
entusiasmo nella popolazione, ma subito cominciarono le preoccu-
pazioni: i proprietari terrieri ed i contadini non erano disposti ad
abbandonare la coltivazione del tabacco per quella della barba-
bietola da zucchero. Per superare questa difficoltà varie organiz-
zazioni svolsero un intenso lavoro e nominarono una apposita com-
missione per fare opera di persuasione e di propaganda presso i
proprietari ed i contadini e per risvegliare l'interesse pubblico su
questo problema. Il lavoro di questa commissione fu coronato dal
successo : nel 1900 venne aperto lo zuccherificio. Questo stabili-
mento occupò circa 30 operai in maniera stabile, ma durante la
stagione della lavorazione delle barbabietole da zucchero, richie-
deva dai 200 ai 250 operai.

Molto più tardi, nel 1911 circa, Foligno riuscì ad ottenere che
venissero impiantate sul suo territorio le Officine delle FF. SS. che





NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 11

assorbirono un numero notevole di operai. L'impianto della grande
officina delle FF. SS. a Foligno fu opera dell'Amministrazione Comu-
nale di allora che, oltre a prendere i dovuti contatti, intervenne
regolando, con apposita convenzione, il concorso del Comune alle
spese di impianto dell'officina di riparazione delle locomotive presso
la stazione ferroviaria di Foligno.

Da numerosi atti si rileva che il Municipio, al fine di incre-
mentare le attività lavorative nell'ambito del Comune, venne in-
contro ai richiedenti con l'assegnazione gratuita di locali e con
l'erogazione di piccoli sussidi. Tali benefici venivano richiesti gene-
ralmente per l'impianto di modesti laboratori artigiani per la fab-
bricazione di vasi di coccio, di potassa, di fiammiferi, di finimenti
per cavalli, di pesi e misure, di mattoni ed altri oggetti in terra
cotta. Il sussidio veniva concesso per più anni e spesso serviva a
coprire le spese di affitto dei locali, date le modeste finanze di questi
artigiani.

Spesso il Municipio intervenne con l’applicazione di dazi di
introduzione sui prodotti dell’artigianato.se questi erano importati
da altri comuni in concorrenza con quelli prodotti localmente o se
erano importati in quantità tale da rendere difficile lo smercio di
quelli prodotti in loco.

Il 16 agosto 1890 (Deliberazione di Consiglio n. 80 del 5 aprile
1890) il Comune emanò un regolamento per la concessione di aree
comunali a scopo industriale a favore delle ditte legalmente costi-
tuite e delle cooperative — con particolare riferimento a quelle
costituite per la costruzione di case per gli operai — dietro corre-
sponsione di un canone annuo minimo perpetuo, proporzionale al
valore dell’area ceduta, all’entità dell’opificio da costituirsi ed al
numero degli operai che sarebbero stati impiegati nell’opificio stesso.

Ma, nonostante l’impianto delle nuove fabbriche che ho già
citato e lo sforzo dell'Amministrazione cittadina per facilitare l'eser-
cizio delle attività industriali, non si andò molto lontano con il
processo di industrializzazione. Si procedette allora con la istitu-
zione di queste nuove aziende, ad un assestamento della vecchia
nella nuova organizzazione economica; come conseguenza si ebbe
un lento processo di disgregazione dell’azienda artigiana e del lavoro
a domicilio, ma non si andò oltre.

Foligno si adeguò ai nuovi tempi solo in parte, comunque non
a sufficienza e per questo perse parte della sua importanza regionale
dal punto di vista economico.









GIULIA RAPONI

Stanti i nuovi sistemi economici Foligno divenne un paese con
forme arretrate sia nell'agricoltura troppo frazionata, nei terreni
migliori gravata da troppe unità lavorative, abbandonata nelle
zone meno fertili (collina e montagna), poco meccanizzata e senza
opere di bonificazione radicale; sia nel commercio che viveva o
cercava di vivere di prepotenza, numericamente troppo elevato,
Scarso di mezzi finanziari e costretto ad una concorrenza piü allar-
gata ; come nell'industria in cui — salvo rare eccezioni — le aziende
continuarono a lavorare con attrezzature già sorpassate e con conse-
guenti alti costi di produzione.

*
* *

In tale regime economico si puó immaginare come viveva la
classe lavoratrice. La mancanza di una legislazione sociale anche
minima, la forte disoccupazione, l'ignoranza delle masse, l'incon-
sapevolezza della forza che avrebbero avuto se organizzate, face-
vano Si che i lavoratori si trovassero in balia dell'imprenditore, il
quale, alla ricerca della piü larga affermazione sul mercato, ridu-
ceva fin quando gli era possibile il prezzo del fattore lavoro. Ed il
lavoratore si trovava nella condizione di dover scegliere tra la disoc-
cupazione permanente e la fame ed un lavoro estenuante contro
salari non sufficienti neppure a soddisfare le esigenze fondamentali
della vita.

Il vitto per tutti i lavoratori era quasi esclusivamente composto
di farina di granoturco, di legumi e di verdure : questa la causa della
diffusione del linfatismo, del rachitismo, della tubercolosi, e di
un'altra malattia: la pellagra. L’Umbria godette per circa
mezzo secolo (1850-1900) del triste privilegio di essere una delle
provincie più pellagrose d’Italia. La descrizione della miseria di
questa parte della popolazione è opera di Giulio Baldaccini in uno
studio limitato alle condizioni di vita del contado della nostra cam-
pagna !) : «... Il granoturco che costituisce la base alimentare di
quasi tutta la nostra popolazione agricola, sotto qualsiasi forma
usato, essendo un nutrimento povero di proteine, e dovendo per
questo essere ingerito in gran massa, produce la dilatazione dello
stomaco, costringe questo organo a contrarsi straordinariamente,
sforza la secrezione del succo gastrico, per modo che questo finisce
per diventare povero ed inattivo, e ben presto ammalare l’intestino,
col trasmettere un chimo malamente preparato. Con lo stomaco







NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 13

e l'intestino malato, si rende laboriosa e difficile la funzione digestiva,
quindi diminuisce l’assimilazione e la riparazione dell’organismo
consumato dall’esistenza e dal lavoro prodotto...

Il paziente inizia la cura, ma riscontrato appena un migliora-
mento, è costretto, per risparmio di spesa, a fare ritorno al pri-
mitivo regime a base di granoturco. Dopo qualche tempo sparisce
il miglioramento conseguito, ed il paziente emaciato, flaccido, col
colore della pelle somigliante a quella del granturco, ricorre nuova-
mente al medico ... diventa un clorotico, o viene colto da febbre
malarica o tifoidea, da bronchite, e quell’organismo non offrendo
la dovuta resistenza alle varie funzioni, finisce con una morte pre-
coce o pellagroso ».

« Il numero dei membri della famiglia colonica varia, secondo la
grandezza e la produttività del podere, dalle 4 alle 10-12 persone. »

«I coloni dei piccoli poderi si trovano spesso in cattive condi-
zioni per deficienza di raccolto, allora il proprietario anticipa loro
il mantenimento per qualche mese dell’anno, sicchè la maggior
parte dei coloni hanno dei debiti col proprietario ...; ... gran
parte della popolazione rurale soffre spesso la fame ed altre pri-
vazioni . . . ?) ».

Fra le diverse categorie di lavoratori i braccianti, i casengoli
(garzoni di stalla) ed i mezzadri erano quelli che vivevano nella
più squallida e desolante miseria : cibo insufficiente, mancanza di
una casa decente, di abbigliamento, di igiene, di assistenza, di istru-
zione, uniti alla fatica bestiale cui erano sottoposti favorivano lo
sviluppo della pellagra che giustamente era chiamata la malattia
della miseria.

Lo stesso Prefetto dell'Umbria, in un rapporto inviato al Mini-
stero dell’Agricoltura Industria e Commercio, e riportato per
esteso sulla Gazzetta di Foligno del 3 febbraio 1894, poneva in evi-
denza la situazione : « In questa provincia la vita industriale, punto
attiva, è in massima parte sussidiata dagli agenti naturali. Anche
l'industria agraria non ha lo sviluppo che pure facilmente potrebbe
avere. La conseguenza naturale di questo stato di cose, di fronte
ad un aumento progressivo della popolazione è la miserevole condi-
zione della classe lavoratrice, la quale si dibatte fra mille difficoltà
per vivere.

In generale le donne sono soggette a lavori assai pesanti. I
pochi opifici nei quali prestano l’opera loro sono ben areati. Però
sono retribuite assai poco in proporzione al lavoro, all’orario e di



14 GIULIA RAPONI

fronte ai bisogni di prima necessità ; e quindi si cibano giornalmente
di farinacei ed acqua, meno la festa, nei quali giorni bevono vino e
mangiano carne quando il capo di casa ha lavorato nella settimana . . .
Nell’agricoltura poche sono in questa città le donne che sono chia-
mate come braccianti per lavori agricoli, vigendo qui il sistema di
mezzadria semplice, che è il contratto fra proprietario ed agricoltore
col quale uno dà la terra come capitale e l’altro si impegna a lavo-
rarla. Di conseguenza il colono, per ritrarre maggior profitto nei
campi vi lavora assiduamente con tutta la famiglia. E per econo-
mizzare in caso di lavori urgenti si scambiano tra coloni vicini gior-
nate di lavoro ... Ciò che qui rende alla famiglia colonica il lavoro
agricolo non è mai sufficiente ad una alimentazione sana ... ».

Si fa notare che trattasi di un documento che risale alla fine
del secolo quando già i lavoratori con le loro lotte avevano comin-
ciato a guadagnarsi un trattamento migliore di quello usato loro
fino allora.

La situazione non era diversa per le altre categorie di lavora-
tori. Nessuna legge ancora esisteva che proteggesse il lavoro delle
donne e dei fanciulli, che garantisse i lavoratori contro gli infortuni,
la malattia, la vecchiaia, che provvedesse a tutelare la loro salute
garantendo che nelle fabbriche fossero osservate determinate norme
igieniche. La notevole domanda di lavoro di fronte all’offerta limi-
tata, lo stato di necessità in cui si trovava il lavoratore con la pro-
pria famiglia, rendevano possibile anche il più disumano sfrutta-
mento.

Gli orari di lavoro continuavano ad essere di 12, e talvolta
13 o 14 ore giornaliere e le paghe erano inadeguate a fronteggiare
i bisogni più elementari per cui, anche nelle famiglie degli operai,
oltre a mancare assistenza, istruzione, igiene, quasi sempre il vitto
era insufficiente.

A margine di una statistica sulla «classificazione per età del
numero degli operai occupati negli opifici esistenti nel Comune di
Foligno il 18 gennaio 1872» il rilevatore annotava : «... l’orario
di lavoro é di 17 ore al giorno in quasi tutti gli opifici tranne nelle
fabbriche di carta...».

In una lettera del Comune di Foligno indirizzata al Ministero
dell'Interno, datata 9 marzo 1893, si legge : «... Donne e fanciulli
sono impiegati soprattutto nelle cartiere e tipografie, l'età in cui
ordinariamente i fanciulli vengono inviati nelle fabbriche é quella

x

di 12 anni. L’orario di lavoro per questi (donne e fanciulli) è ridotto

NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 15

a 10 ore con una sosta di 1/2 ora alle 9 a. m. e 2 ore circa a mezzo-
giorno. Lavorano anche di notte nelle tipografie osservando, però,
il riposo festivo... ».

Completano il quadro della situazione di disagio morale, oltre
che fisico ed economico, in cui si trovavano i lavoratori, i regola-
menti di fabbrica. Questi contemplavano scrupolosamente tutti i
diritti del padrone, ma ignoravano sistematicamente quelli dei
lavoratori. A volte erano talmente rigidi ed onerosi da giustificare
i lunghi scioperi condotti per la loro modifica, come avvenne nelle
acciaierie di Terni nel 1907 *).

Primi mezzi predisposti per il miglioramento delle condizioni della
elasse lavoratrice. — Nascita e sviluppo della Società di mutuo soccorso.

Considerato il contributo notevole che il movimento mutua-
lista, come prima forma di organizzazione operaia, dette a favore
del benessere e del progresso sociale, conviene parlare della consi-
stenza delle prime organizzazioni mutualistiche e dell’attività dalle
stesse svolta nella nostra città fino agli inizi del secolo corrente.
Nella società operaia e nella mutua si consolidò il principio della
necessità dei lavoratori di togliersi dallo stato di isolamento in cui
si trovavano e di unirsi in una associazione di interessi, di inten-
dimenti e di forze, per contrastare il prepotere del datore di lavoro
nelle controversie relative al loro trattamento economico. Tali
società cominciarono a costituirsi in Umbria dopo il 1860 e sorsero
in gran numero in tutti i centri, anche i minori. Spesse volte le so-
cietà di mutua assistenza « si affratellarono » per organizzarsi meglio
e per poter cosi dare agli iscritti il maggior contributo possibile,
per rendere piü efficace la loro attività.

La mutualità in mezzo al ceto operaio in Umbria ebbe affer-
mazioni notevoli; l'organizzazione operaia a base di mutua assi-
stenza si estese dalle più grandi città della Regione alle modeste
borgate ed aumentò di anno in anno in modo confortevole dimo-
Strando lo spirito di previdenza e di solidarietà esistente tra le masse
lavoratrici.

Questo processo fu incoraggiato dalle forze democratiche, dai
progressisti, che rappresentavano l'ala sinistra del movimento liberale,
espressione di quella parte di borghesia piü avveduta ed aperta



16 GIULIA RAPONI

alle istanze sociali, numericamente piü debole, ma piü attiva e decisa,
unita alle forze azioniste e repubblicane.

I democratici, organizzati saldamente anche a Foligno, con-
trastarono il potere ai conservatori fino a quando, nelle elezioni
del 1889, riuscirono a conquistare il Comune. Ma anche negli anni
precedenti avevano costituito una minoranza qualificata grazie
alle indubbie capacità personali dei loro rappresentanti. A Foligno
i rappresentanti piü qualificati, oltre che attivi, li ebbe il partito
repubblicano, tra questi: Espartero Toni, il conte Domenico Hon-
calli Benedetti, Francesco Fazi (il primo Sindaco dell'amministra-
zione democratica); fu loro merito se la sezione locale del partito
repubblicano ebbe un notevole numero di iscritti e di simpatiz-
zanti. Affiancavano il partito repubblicano i progressisti, capeggiati
dal cav. Alpini e, in numero limitato, gli internazionalisti delle due
tendenze: bakuniana in prevalenza e marxista.

La propaganda politica repubblicana per prima presentó al
ceto medio ed all'operaio un programma di rinnovamento sociale,
politico ed economico ; cosi, mentre il partito socialista non si era
ancora costituito con una sua sezione a Foligno, i repubblicani
portarono agli operai la parola del diritto al lavoro, della emanci-
pazione sociale, della necessità di riunirsi in società mutualistiche ;
successivamente furono i primi ad organizzare Leghe di Resistenza
e Camere del Lavoro, a promuovere ed a dirigere scioperi. Sotto il
loro patrocinio furono prese numerose iniziative allo scopo di mi-
gliorare le condizioni della classe operaia ; a Foligno i repubblicani
furono all'avanguardia per qualsiasi rivendicazione di carattere sociale.

A Foligno esistevano fin dal 1830, due associazioni di mutuo
soccorso : la Società dei Cappellai e la Società dei Muratori.

La prima, sorta con lo scopo di portare soccorso ai malati ed
ai cappellai di passaggio per Foligno, aveva un numero limitato di
soci, l'età minima di ammissione era di 17 anni. Il sodalizio non
aveva ordinamenti scritti, ma era regolato da convenzioni pattuite
tra i soci oralmente : esso si divideva in due squadre.

Nella prima squadra non esisteva una tassa fissa di iscrizione
e non si pagava un contributo annuo fisso: i fondi necessari per i
sussidi ai bisognosi si reperivano con questue tra gli iscritti. I soci
della seconda squadra pagavano invece una tassa fissa di iscrizione
ed una quota annua di contributo, e con i fondi cosi costituiti, ed
entro i limiti dagli stessi imposti, provvedevano a soccorrere i soci
malati.

NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 17

Anche la Società dei Muratori era stata fondata nel 1830 con
lo scopo di portare soccorso ai soci che dovevano lasciare il lavoro
perché malati ed alle loro famiglie. Potevano far parte della Società
dei Muratori tutti gli operai abili al lavoro, senza limiti di età. Anche
questa Società non aveva statuto né norme scritte, ma si regolava
in base a semplici patti convenuti tra i soci e che i soci stessi si erano
impegnati ad osservare. Questa organizzazione, che nel 1846-47-
48-49 aveva raggiunto un notevole sviluppo con piena soddisfazione
dei soci, con la restaurazione del Governo Pontificio vide diminuire
la consistenza del numero degli iscritti, e, pian piano, si ridusse ad
un piecolo gruppo di operai che continuarono la loro attività se-
guendo sempre le stesse norme. Anche questa associazione ritroverà
una nuova giovinezza dopo il 1864, ma non raggiungerà di nuovo
l'importanza e le posizioni conquistate nel periodo dal 1846 al 1849,
in quanto, in quello stesso anno, venne istituita in Foligno una
nuova società di mutuo soccorso che, con la sua attività, eclissó
le altre raggruppando il maggior numero di operai, artisti, colti-
vatori ed agricoltori. :

Esistevano altre società di fabbri, falegnami, calzolai, sarti ecc.
ma non avevano uno statuto; il piccolo capitale che annualmente
riuscivano a mettere insieme lo spendevano generalmente per la
festa del Patrono, non avevano scopo di beneficenza, ma di mutua
assistenza morale, più che materiale. Ma è impossibile, oltre che
inutile, rilevare la consistenza e l’entità di dette associazioni, in
quanto non se ne parla che casualmente in poche lettere del Comune.
Nell’anno 1860 si costituì una nuova organizzazione : la Società dei
Conciapelli.

In Foligno erano numerose le concerie di pellami, esse avevano
la struttura di aziende artigiane : tra queste le più antiche erano
quelle di Pisello, fondata nel 1710 circa, le concerie Roccetti & Grifi
ed ancora la conceria Pasquini, di circa un secolo posteriori alla
prima.

A Foligno esiste ancora un luogo denominato «le Concie »
Situato al lato di un canale di derivazione del Topino che attraversa

l’abitato e lungo il quale tali aziende esercitavano la loro
attività.

Lo scopo della Società dei Conciapelli cominciava ad essere più
complesso di quello delle altre di più antica istituzione : perse-
guiva il fine del soccorso ai soci in caso di malattia, ma provvedeva
anche alla erogazione di pensioni di vecchiaia. Il numero iniziale







18 GIULIA RAPONI



dei soci fu di 35 unità, il contributo unitario annuo che gli stessi
versavano era di L. 12,72.

Tale contributo era scisso : una parte veniva versata in conto
soccorso malattia, un'altra in conto pensioni. Si cominció a deter-
minare la quota di iscrizione sulla base di calcoli di probabilità, a
graduarla secondo l'età, sulla scorta delle esperienze delle altre
Società di piü antica istituzione. La tassa di ammissione era rego-
lata in base alla consistenza del capitale sociale, ma, morto il socio,
i di lui figli potevano iscriversi alla società beneficiando della esen-
zione da detta tassa. Il sussidio massimo che la società concedeva
agli aventi diritto in caso di malattia, in base alle norme che la
regolavano, era di L. 1 al giorno ; la pensione annua vitalizia variava
da un minimo di L. 94 ad un massimo di L. 366. L'attività che tale
associazione svolse nei primi anni fu abbastanza intensa in relazione
alle sue possibilità ; alla fine del 1861 aveva un capitale sociale di
L. 240, nell’anno successivo incassava per quote dei soci la somma
di L. 511 e soccorreva 15 malati per un totale di 191 giornate.

Dopo tale anno non si hanno più notizie precise sull'attività
svolta da tale istituzione ; forse la sua attività sarà andata man mano
scemando fino ad esaurirsi, ma più probabilmente la società fu
assorbita da una nuova associazione sorta in Foligno il 25 novembre
1864 con la denominazione Società di Mutuo Soccorso fra gli Operai
ed Agricoltori ed altri Cittadini in Foligno.

Prima di tale anno la previdenza e l’assistenza erano quasi
del tutto trascurate, solamente le confraternite e qualche altra
associazione religiosa sussidiavano i loro membri infermi; ma questo
non era il loro scopo principale e d’altra parte ciò che potevano
fare era molto poco e molto prossimo all’elemosina. Le altre associa-
zioni che ho nominato, dato il numero ristretto dei soci e le loro
limitate possibilità di fronte alle ingenti esigenze degli iscritti, non
avrebbero mai potuto raggiungere i vantaggi di una società ben
ordinata; quindi un Comitato di volonterosi cittadini si assunse
il compito di occuparsi di questo problema per estendere a tutti i
cittadini la possibilità di iscrizione alla nascente associazione. i

Detto Comitato, dopo laboriose sedute, cominciò a muovere i
primi passi per la costituzione di questa Società di Mutuo Soccorso
e, quando tutto fu pronto per poter procedere definitivamente alla
sua attuazione, il Comitato partecipò questo suo proposito all’Am-
ministrazione Comunale.

I| Sindaco, a nome dell'Amministrazione, auspicó la istitu-





NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 19

zione della filantropica associazione ed assicuró la collaborazione
per il suo incremento, promessa che fu mantenuta anche dalle Am-
ministrazioni che succedettero.

Il 25 Novembre 1864 venne indetta la prima adunanza generale
e in quella seduta si costitul la « Società di Mutuo Soccorso fra Ope-
rai, Agricoltori ed altri Cittadini in Foligno » con 1064 aderenti,
834 iscritti e 802 presenti; in tale sede venne dato alla società il
nome sopra riportato e fu eletto il primo presidente nella persona
del conte Serafino Frenfanelli.

A tale organizzazione, come si rileva dallo Statuto, potevano
essere ammessi indistintamente tutti i cittadini di ambo i sessi
purchè avessero compiuto il 16° anno di età e non avessero oltre-
passato il 400, La tassa di ammissione variava da L. 1 a L. 12 in
proporzione dell’età.

I soci in caso di malattia avevano diritto al sussidio purchè
fossero trascorsi oltre sei mesi dalla data di iscrizione : il diritto
al sussidio cominciava a decorrere dal 3° giorno della malattia e
durava fino al 90° giorno ed era corrisposto in ragione di L. 1 gior-
naliera.

La Società non concedeva sussidi per altre ragioni. Però, quando
le malattie oltrepassavano la durata dei 90 giorni e le condizioni
del socio erano riconosciute disagiate dal Consiglio della Società,
lo stesso Consiglio aveva la facoltà di concedere la corresponsione
di sussidi straordinari.

Tale istituzione, sorta con lo scopo di fornire ai soci assistenza
in caso di malattia, dopo pochi anni ampliò la sua attività isti-
tuendo un fondo per la previdenza. Nel 1878, con il ricavato di feste
e lotterie, si costituì un fondo che andò man mano aumentando
con la propria rendita, conle entrate straordinarie della società,
con lasciti e con l’aiuto della locale Cassa di Risparmio e del Muni-
cipio. Tale fondo si accrebbe di anno in anno fino a quando nel 1891,
nella circostanza della inaugurazione del monumento a Giuseppe
Garibaldi in Foligno ed in concomitanza con questa, vennero isti-
tuite le prime cinque pensioni di L. 120 ciascuna a favore dei soci
inabili al lavoro. Tali pensioni nell’anno 1894 furono elevate al
numero di sette.

Le pensioni di vecchiaia nei limiti del numero stabilito erano
accordate a quei soci che avevano oltrepassato il 65° anno di età,
che appartenevano da almeno 15 anni al sodalizio, e che, mediante
certificato medico, potevano provare l’assoluta inabilità al lavoro.

GIULIA RAPONI

La Società di Mutuo Soccorso si occupó anche di altre attività.

Il forte nucleo dei soci (250-300), selezionati dalla cernita fatta
dallo scemare dei primi entusiasmi e quindi migliorati nella qualità
sulla quantità, trovava la forza e la costanza di occuparsi di questioni
relative al benessere generale della massa lavoratrice e non solo
degli iscritti alla società.

Infatti spesso la città ebbe occasione di protestare contro la
esorbitanza dei macellai che, della vendita della carne, avevano
fatto una specie di monopolio e per ben tre volte la società apri un
pubblico spaccio di carne a base di calmiere. Il Consiglio Comunale,
preoccupato dell'aumento dei prezzi della carne, con delibera del
21 giugno 1865 affidò alla Società il compito di aprire un macello
normale, garantendo ogni volta se ne fosse presentato il bisogno,
la copertura delle spese con un sussidio.

La Società ebbe occasione di prendere lo stesso provvedimento
contro i fornai per la vendita del pane ; inoltre al verificarsi di cala-
mità pubbliche, la Società di Mutuo Soccorso portò il suo contri-
buto specialmente a favore delle cucine economiche.

Istituite in un primo momento per alleviare il disagio della
popolazione povera durante un'annata particolarmente sfavorevole
all'economia della nostra città, le cucine economiche avevano lo
scopo di provvedere alla distribuzione di pasti in parte gratuita-
mente ed in parte a pagamento, ma ad un prezzo bassissimo.

Le Cucine Economiche furono aperte per la prima volta il 7
maggio 1874 usufruendo, per la istituzione, degli introiti di una
serata di beneficenza dei Filodrammatici cittadini data al Teatro
Apollo, dei sussidi della locale Cassa del Risparmio, della Congre-
gazione di Carità, di alcuni privati, del Municipio di Foligno, il
quale dette il suo contributo facendo fare a spese proprie l'impianto
dei fornelli e l'adattamento dei locali.

La prima esperienza duró dal 4 maggio al 26 giugno 1874, data
in cui tale gestione venne interrotta « per mancanza sul mercato di
quei legumi della qualità necessaria ed idonea al consumo ».

L'inverno successivo le cucine economiche vennero riaperte e
ritornarono a funzionare ininterrottamente tutte le stagioni inver-
nali, qualche volta anche tutto l'anno.

Tutte queste attività furono incoraggiate anche dall'Ammini-
strazione Comunale, dagli Enti cittadini che offrirono spesso il loro
appoggio materiale, ma principale attrice rimase la Società di Mutuo
Soccorso la quale, in data 27 gennaio 1899, chiese ed ottenne il rico-

NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 21

noscimento giuridico con provvedimento del Tribunale di Perugia.

La Società di Mutuo Soccorso, come risulta dal testo dello
Statuto, non aveva scopo politico nè religioso, ma essenzialmente
assistenziale; ed in questo settore svolse una brillante attività
grazie alla buona volontà dei soci ed alla capacità delle persone che
accettarono gli incarichi della Presidenza. Si succedettero nella
carica di Presidente tutti nomi appartenenti alla borghesia più

accorta ed intelligente, elementi moderati che avevano compreso
la necessità di contribuire al miglioramento delle misere condizioni
della classe lavoratrice, non solo come mezzo per poter contrastare
l'avanzata delle nuove idee socialiste, ma come una profonda esi-
genza di giustizia sociale.

In fine viene riportato un riassunto prospettico (ricavato dai
rendiconti annuali) dal quale risulta l’attività svolta fino alla fine
del xix secolo da questo sodalizio sia nel settore dell'assistenza
(Tabella A), sia in quello della previdenza (Tabella B).

All'insegna e sotto l'impulso dato dai più attivi soci della So-
cietà di Mutuo Soccorso di Foligno sorsero altre istituzioni come
cooperative, società educatrici, Cassa Infortuni sul lavoro ed altre
società mutualistiche nelle frazioni.

Una delle prime iniziative prese dalla Società di Mutuo Soc-
corso e tendente alla elevazione anche morale, oltre che materiale,
delle masse lavoratrici, fu quella di incoraggiare la istituzione di
una «Società Promotrice della Educazione Popolare » (maggio
1867). Tale società fondava, subito dopo la costituzione, la Biblio-
teca Popolare Circolante (6 giugno 1869).

Accanto alla Società di Mutuo Soccorso sorsero varie istituzioni
cooperative annesse alla società stessa, quasi rami speciali della
sua amministrazione e della sua operosità ; degne di menzione sono
la Società cooperativa di consumo di S. Eraclio, frazione di Foligno,
Sorta sull'esempio del felice esperimento già fatto con la Società
cooperativa di consumo di Foligno; ed inoltre la Società anonima
cooperativa per la costruzione di case popolari, la Società anonima
cooperativa ferroviaria di Foligno e la Società cooperativa di consumo
di Belfiore.

Tali società, organizzate dagli operai con i propri mezzi, costi-
tuivano le sole provvidenze di cui gli stessi beneficiavano, essendo
In quell’epoca quasi nulla la legislazione sociale.

Questi sodalizi portarono comunque un giovamento, anche se
relativo, soprattutto alla classe operaia. Del loro contributo ri-

22 GIULIA RAPONI

senti meno la classe contadina, presso la quale, oltre ad esservi una
maggiore tendenza alla conservazione dello status quo, non veniva
neppure effettuata una adeguata azione di proselitismo per la iscri-
zione alle organizzazioni di mutua assistenza.

Gli orari di lavoro erano — e per molto tempo continuarono ad
essere — estenuanti; altissimo, mancando una legge protettiva in
tal senso, era l’impiego di manodopera a basso costo (donne e bam-
bini); non esistevano norme a garanzia dell’igiene e della sanità
dei locali in cui il lavoro si svolgeva, non una legge per la tutela delle
lavoratrici madri.

Nell'anno 1883 venne emanata in Italia la legge sulla assicura-
zione contro gli infortuni sul lavoro, ma la stessa non essendo ob-
bligatoria fu applicata pochissimo (Legge 8 luglio 1883, n. 1473).

Per questa ragione gli operai cercarono di premunirsi contro tale
rischio organizzando una Cassa di Soccorso per gli Infortuni sul Lavoro,
la quale, come del resto tutte le altre società che avevano fino ad
allora costituito, potè funzionare grazie alle quote dagli stessi ver-
sate ed ai contributi degli Enti e dei privati cittadini. L'iniziativa
in Foligno venne presa da una associazione patriottica, il Circolo
Liverani, che se ne fece promotore.

Il 21 giugno 1891, in un'adunanza presso il circolo promotore,
venne data lettura dello schema di statuto regolamentare, prima
della convocazione generale dei sottoscrittori e dei rappresentanti
di tutte le associazioni, ed il 16 agosto 1891 tale Statuto fu approvato ;
la costituzione della Cassa ebbe luogo ufficialmente in data 20 set-
tembre 1891 in occasione della inaugurazione del monumento a Giu-
seppe Garibaldi; lo stesso giorno, come ho detto in precedenza, fu
inaugurata la Cassa per le Pensioni di Invalidità e Vecchiaia, am-
ministrata dalla Società di Mutuo Soccorso.

La Cassa di Soccorso per gli Infortuni sul Lavoro nei primi
anni della sua esistenza svolse alacremente la sua attività a favore
dei soci infortunati con i fondi che le pervennero attraverso Enti e
privati.

Presidente di questa istituzione fu l'infaticabile conte Domenico
Roncalli Benedetti, uomo pieno di vitalità, ricco di cultura e di
conoscenze, la cui presenza in un organismo da sola bastava ad im-
primere allo stesso un notevole impulso, e destava negli altri uno
stimolo ad agire di più e meglio.

Nell'anno 1898 la legge sancì la obbligatorietà dell'assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro e di conseguenza questa forma di assi-

NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 23

stenza si diffuse ; gli operai che ne rimasero sprovvisti diminuirono
di numero e la Cassa contro gli Infortuni sul lavoro (seppure aveva
ancora ragione di esistere perché non pochi erano gli imprenditori
che trovavano modo di eludere la legge) vide scemare la propria at-
tività di anno in anno fino a quando, verso il 1910, cessó del tutto,
anche per la morte del suo piü convinto e deciso sostenitore ed am-

ministratore.
Il Messaggero del 12 maggio 1910 riporta il seguente articolo :

«Dopo la morte del Conte Domenico Roncalli Benedetti, Presidente
della Cassa di Soccorso per gli Infortuni sul Lavoro, questa istitu-
zione non ha più funzionato. I Sigg. Loreti Francesco e Picuci Ales-
sandro, i soli membri rimasti in carica hanno inviato il resoconto
accompagnandolo con lettera dalla quale risultano le seguenti note :
«L’intero avanzo di Cassa in L. 2813,44 trovasi versato nella locale
Cassa di Risparmio con libretto n. 18470 e L. 500 in un altro li-
bretto n. 272 vincolato dal Municipio. I suddetti membri fanno pre-
ghiera al Sindaco per la nomina del nuovo comitato che dovrà am-
ministrare e mantenere in vita tale umanitaria istituzione, rendendo,
in tale modo, omaggio alla memoria del Conte Roncalli Benedetti,
il quale tanto si adoperò per l’esistenza della Società che non poco
vantaggio è per la classe lavoratrice soggetta agli infortuni » (Cfr.
Tabella C).

Evoluzione delle società di mutuo soccorso verso forme sindacali
e rivendicazionistiche.

Il 9 settembre 1894 si tenne a Perugia il I° Congresso delle Società
Operaie Umbre e la Società Operaia di Foligno, per mezzo del conte
Roncalli-Benedetti, riuscì a far introdurre nell’o. d. g. del Congresso
le seguenti due proposte :

1) mezzi più efficaci affinchè le Società Operaie inducano i
Municipi a servirsi delle facoltà accordate dalla nuova legge comu-
nale per il calmiere o almeno per avvertire periodicamente il pubblico
Sui prezzi dei generi di prima necessità ;

2) modi pratici per una azione concorde e costante onde in-
durre i poteri legislativi a deliberare e ad applicare una buona volta
il principio della assoluta esenzione sul necessario e della progres-
Sività nel sistema contributivo.

GIULIA RAPONI

In quella occasione furono esaminati e chiariti molti altri que-
siti, tra i quali i seguenti :

— modo migliore a che le Società Operaie secondino gli sforzi
della Società per la pace e l'arbitrato, come quelli che mirano alla
tutela degli interessi piü vitali per l'operaio ;

— modi migliori per favorire l'azione delle società cooperative ;

— modi per la costituzione di una borsa del lavoro ;

— protezione della donna e del fanciullo.

Come si vede l'attività delle mutue ora valicava i limitatissimi
confini in cui l'avevano costretta i primi organizzatori, con l'andare
del tempo si erano trasformate ed alla Società Mutua l'operaio ora
ricorreva non solo quando doveva chiedere un sussidio in caso di
bisogno, ma la stessa era divenuta palestra di discussioni, centro
di attrazione e di svago, scuola di educazione civile, sociale e
politica.

Nelle sedi di queste associazioni la massa proletaria cominció
ad acquisire le prime conoscenze politiche; in queste sedi i partiti
popolari iniziarono la propaganda dei loro programmi e raccolsero
i primi voti per i loro candidati.

Sin dal 1870 esistevano a Foligno i Collettivisti. Questo era il
nome della corrente rivoluzionaria, anarchica, capeggiata da Ba-
kunin, Cafiero e, in un primo momento, da Costa.

Nella primavera del 1895 sorse a Foligno la sezione aderente
al Partito Socialista Italiano per opera soprattutto del tipografo Si-
nibaldo Sinibaldi, il quale trascinò con sè la maggior parte dei collet-
tivisti e, superando le più rosee speranze degli stessi socialisti, questa
idea politica si diffuse nella nostra città con una notevole rapidità.
Nel 1920 il Partito Socialista di Foligno usciva vittorioso dalle ele-
zioni comunali.

Non è da sottovalutare, per comprendere questo fatto, la posi-
zione che assunsero verso il socialismo i maggiori esponenti folignati
del partito repubblicano. Il partito repubblicano fino ad allora si
era presentato all’elettorato con la esclusiva di un programma di
riforme sociali, si era sempre adoperato per la istituzione di quelle
società mutue che all’operaio avevano recato un certo sollievo,
anche se limitato ; e di questo la classe operaia gliene dava atto.

Gli esponenti folignati di questo partito ebbero simpatia per
l’idea socialista nella quale videro la continuazione logica della lunga
esperienza repubblicana e dimostrarono questa simpatia pubbli-
camente.

NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 25

Il conte Roncalli Benedetti avrebbe in più riprese esortato”i
socialisti con le seguenti parole : « Non vi stancate di lottare, l’avve-

nire è vostro ».
D'altra parte, animati da tanto fervore, i fondatori della sezione

svolsero un indefesso lavoro di divulgazione dell’idea socialista ed
in breve tempo riuscirono a dare al partito un’ossatura robusta.

I socialisti inoltre compresero l’importanza della mutualità e si
adoperarono per il suo sviluppo, non solo aderendovi in massa, ma
lavorando con impegno per trasformare tali associazioni in un valido
strumento di lotta in mano alla classe operaia. E la classe operaia,
dietro l'incitamento e lo stimolo dei partiti popolari, organizzò le
prime leghe di resistenza e cominciò, spinta dal bisogno, a trovare il
coraggio per avanzare le prime richieste di miglioramento alle condi-
zioni materiali e morali in cui si svolgeva il lavoro.

Nell'ottobre del 1889 furono i tipografi della Ditta Salvati di
Foligno a scioperare per ottenere la diminuzione dell’orario di lavoro
e mezz'ora di riposo per consumare il pranzo, riuscendo ad imporre
la propria volontà. Il buon esito dello sciopero incoraggiò i lavoratori
di altre aziende e di altri settori a tentare di guadagnare un miglior
trattamento. D'altra parte, la classe operaia si era irrobustita in
seguito all'aumento dell'attività produttiva.

Esisteva in Foligno, già da vecchia data, un certo numero di
fabbriche di cera, concerie e cartiere, aziende tessili ; ma queste as-
sorbivano un numero limitato di mano d’opera in quanto la loro
struttura era quella di aziende a tipo artigianale.

Alla fine del xix secolo, grazie allo sviluppo di alcune aziende
ed alla istituzione di altre, aumentò la richiesta di manodopera.

Il costituirsi di una classe operaia, il diffondersi dell’idea so-
cialista, l’esito totalmente o parzialmente favorevole dei primi scio-
peri, la possibilità di trovarsi insieme riuniti nell’ambito delle stesse
società operaie a discutere di problemi relativi al lavoro, le notizie,
sempre più numerose, di agitazioni sindacali che si andavano svi-
luppando nelle altre parti di Italia (in particolare nell'Italia Setten-
trionale), cominciarono a scuotere la massa operaia dal suo torpore
e si formò lentamente una coscienza di classe che era coscienza della
propria forza organizzata ; e — sull'esempio di ció che era già stato
fatto in altri paesi — si costituirono le prime Camere del Lavoro
con lo scopo di fornire assistenza e consulenza ai lavoratori e di prov-
vedere al loro collocamento.

Per questo loro carattere le Camere del Lavoro, nei primordi



26 GIULIA RAPONI

della loro esistenza, ottennero contributi e sussidi dai Municipi,
dalle Camere di Commercio e da alcuni istituti di credito locali.

Piü tardi questo organo si trasformó e divenne il centro coor-
dinatore delle numerose leghe di resistenza che si erano intanto for-
mate e che agivano autonomamente, e quindi con un dispendio di
forze a scapito del risultato che i lavoratori avrebbero voluto con-
seguire.

Dopo non molto tempo da questo primo passaggio le Camere del
Lavoro, organi locali, avvertirono la necessità di un organismo cen-
trale che coordinasse ed organizzasse le attività degli organi perife-
rici sotto una direzione unica ed il 1 ottobre 1906 si costituì la Con-
federazione Italiana del Lavoro.

A Foligno furono ancora i repubblicani ad adoperarsi per la costi-
tuzione di una locale Camera del Lavoro ; e il conte Roncalli Be-
nedetti prese contatto con gli Amministratori della città perchè con-
cedessero un locale adatto per costituirne la sede ed un sussidio per
il finanziamento di questo organismo, ed ottenne sia l’uno che l’altro.

L’Amministratore, in data 5 giugno 1892, riportava un ser-
vizio nel quale era illustrato lo scopo fondamentale della Camera del
Lavoro e dal quale si desume che la nuova istituzione svolse un’atti-
vità che poco si discostò da quella delle società operaie mazziniane,
le quali — almeno inizialmente — furono le sole a sollecitare un certo
movimento nella classe operaia.

Era l’anno 1892, circa trenta anni erano trascorsi dalla costitu-
zione della più importante Società di Mutuo Soccorso della città,
e l’attività che la Camera del Lavoro si accingeva ad intraprendere
si differenziava da quella svolta dalla Società di Mutuo Soccorso
solo per l’accenno alla necessità di una più estesa tutela sociale dei
lavoratori ed all'impegno che la Camera del Lavoro si assumeva
come ufficio di collocamento.

Nello stesso anno, il 26 ottobre 1892, la Gazzetta di Foligno, org-
gano della diocesi di Foligno, riportava le decisioni del Congresso
Cattolico Italiano : tra queste la necessità di studiare gli istituti delle
Camere del Lavoro e di far conoscere meglio la loro natura ed il
loro scopo, far comprendere come queste fossero delle insidie alla
neutralità religiosa. Esortava le associazioni cattoliche a provve-
dere alle necessità dei lavoratori istituendo uffici di collocamento,
commissioni arbitrali, cooperative e scuole di perfezionamento, pro-
muovendo la collaborazione tra datori di lavoro e lavoratori secondo
lo spirito della Rerum Novarum; l’articolista quindi concludeva :

NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 27

«..... Noi per conto nostro aggiungiamo che non vorremmo ve-
dere verificato delle Camere del Lavoro quello che accadde delle
Società Operaie. Quando sorsero queste i cattolici le guardarono con
riserbo, furono poi trascinati ad accettarle e si risolvettero di farlo
quando era molto tardi. Oggi deploriamo che non sia stato fatto
prima quello che facciamo oggi ; questo perchè ci parrebbe più pra-
tico entrare numerosi nelle nuove camere, per impedire che degene-
rino in cose cattive. La neutralità politica e religiosa, che forse na-
sconde un tranello dei promotori, potrebbe essere una parte como-
dissima per poterci entrare noi senza alcun timore ».

Il movimento cattolico nacque con un forte ritardo nella nostra
Regione, infatti non sono segnalate fino al 1910, almeno, leghe
bianche nella industria e nell’agricoltura, mentre queste erano pre-
senti, ove più ove meno, in altre regioni italiane. Nodo importante,
agli effetti della rilevazione dei movimenti di ispirazione cattolica,
in Umbria, é l'origine del Partito Popolare nel 1919, data che segnò
Ja ripresa di fatto di tutto il movimento cattolico in Italia.

In Foligno clericali ed anticlericali si erano sempre osteggiati
nella maniera piü aperta attraverso la rispettiva stampa con arti-
coli che, letti oggi, lasciano molto perplessi. E un genere di propa-
ganda molto particolare, fatta di ostilità personali e condotta in
termini tutt'altro che ortodossi dalle parti avverse.

I piü coloriti servizi comunque restano quelli scritti sulla Gaz-
zella di Foligno da mons. Michele Faloci Pulignani nella rubrica
« Barbanera in giro » che erano chiaramente allusivi alla persona ed
all'opera del conte Roncalli Benedetti, il quale, con articoli altret-
tanto clamorosi, replicava sulla stampa democratica attraverso la
rubrica « A Barbanera in giro ».

È spiegabile il fatto che nella nostra città non esistesse un movi-
mento operaio cattolico quando si può constatare che l'organo uf-
ficiale della diocesi, la Gazzetta di Foligno, dagli albori del movi-
mento operaio fino a quando questo acquistò una certa importanza,
divenendo movimento consapevole, continuò a ripetere che la que-
stione sociale si sarebbe risolta con la « devozione della classe ele-
vata alla classe popolare » (23 ottobre 1886) ed ancora che la « que-
stione sociale non si tratta con formule; vi ci vuole uno sforzo ge-
neroso, e questo sforzo é precisamente la devozione ; ma come eser-
citarlo ? Soccorrendo i malati poveri con l'elemosina e la visita per-
sonale che dell'elemosina raddoppia il valore ».

Nello stesso periodo però il Grido del Popolo pubblicava dei ser-

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28 GIULIA RAPONI

vizi per far conoscere i risultati cui erano giunti i lavoratori dove
erano riusciti ad organizzarsi in modo tale da influire con la
loro volontà sulle decisioni del Governo, riportava gli esiti degli
scioperi effettuati in altre parti d'Italia ed incitava gli operai a riu-
nirsi per poter ottenere, adesso, gli stessi modesti benefici ottenuti
dai loro colleghi delle altre parti d’Italia, domani, quelli più consi-
stenti ottenuti dagli operai dei paesi europei nei quali questo ri-
sveglio aveva più antica data.

Le forze democratiche, che nel 1889 avevano conquistato il
potere nel nostro Municipio, avevano incitato gli operai a sostenere
«una grande quanto santa lotta contro l’infinito numero dei pregiu-
dizi che ancora oggi, misconoscendone i diritti, tengono avvinta e
serva la forza produttrice del lavoro a quella egoistica del capitale »
(Grido del Popolo in data 20 marzo 1891).

In data 5 settembre 1891 la Gazzetta di Foligno pubblicò un
servizio che iniziava così : «... lamentandosi nel passato numero del
monopolio che gli anticlericali pretendono di fare delle opere di ca-
rità, dicemmo che ad essi forse si preparava una sorpresa...» e
riportava di seguito la notizia che il Comitato Cattolico di Perugia
aveva riconosciuto, nell'adunanza del 31 agosto 1891, l’urgenza di
mettere mano all’organizzazione sociale cattolica nella nostra Re-
gione, cominciando dalle diocesi dell’alta Umbria; a tale fine era
stata nominata una commissione speciale per completare delle sta-
tistiche sulle Società Cattoliche di Mutuo Soccorso e di Beneficenza
esistenti e per fare una relazione sulla necessità o meno della loro
istituzione, sullo scopo che le stesse dovevano avere, sulla oppor-
tunità di federarle regionalmente.

Come si vede si discuteva ancora per stabilire se istituire o no
tali società, per concordare quale dovesse esserne lo scopo ; inoltre
si sarebbe cominciato ad attuare il programma nelle diocesi dell’alta
Umbria, quindi per Foligno ancora un nulla di fatto.

Penso che il giornale diocesano locale facesse indirettamente
propaganda politica a favore dei partiti popolari pubblicando frasi
come questa (parlando della disoccupazione): «per molti essa è
dovuta alla mancanza di volontà di lavorare per avere un. pretesto
per insorgere contro la società, mediante una rivoluzione sociale ».

L'atteggiamento della Gazzetta di Foligno si modificò leggermente
dopo la emanazione dell'Enciclica Rerum Novarum, ma praticamente
le forze cattoliche di Foligno non si adoperarono in nessun modo
per alleviare le tristi condizioni della classe operaia.

NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 29

Verso la fine del xix secolo e nei primi anni del xx secolo si
comineiarono ad organizzare le prime Società Cattoliche di Mutuo
Soccorso, quando le stesse erano ormai da considerarsi superate.

La prima e più importante organizzazione di operai, da parte dei

cattolici si ebbe con la costituzione della Società Cattolica di Mutuo
Soccorso di Foligno, il 1 aprile 1898, con 34 anni di ritardo ri-
spetto all'analoga iniziativa presa dagli anticlericali ; tale sodalizio
ebbe uno sviluppo relativo, sia perché la Società di Mutuo Soccorso
era superata come istituto a favore degli operai, sia perché gli operai,
fino ad allora, avevano incontrato nei clericali i loro maggiori anta-
gonisti, i sostenitori delle tesi dei padroni.

Lentamente la classe operaia si organizzó e, dapprima timida-
mente, poi, forte nel numero, con piü coraggio, scese in sciopero per
chiedere il riconoscimento dei suoi diritti; diritto ad una retribu-
zione sufficiente a soddisfare le esigenze fondamentali della vita, ad
una giornata lavorativa di otto ore, dato che gli orari di lavoro con-
tinuavano ad essere di 12 e talvolta 13 o 14 ore giornaliere, e le paghe
assolutamente inadeguate a fronteggiare i bisogni più elementari
della famiglia.

Il 20 gennaio 1900 furono gli operai dello Stabilimento per il
Carburo di Calcio a scendere in sciopero; questi avevano chiesto
un aumento di paga che fu negato. Lo sciopero fu sostenuto dal Par-
tito Repubblicano, da quello Socialista e dalla Federazione Nazionale
cui faceva capo la locale lega dei lavoratori chimici.

Un pubblico comizio espose le condizioni degli operai e si apri-
rono le sottoscrizioni pro scioperanti per sostenerli nella loro battaglia;
dopo 15 giorni lo sciopero si concluse con esito positivo.

La Gazzeita di Foligno del 9 febbraio 1900 così scriveva : «. . .
tra gli scioperanti vi sono degli operai che supplicarono di ottenere un
posto qualsiasi con qualunque mercede. Prima stavano a spasso
e lavoravano poco, dovevano faticare molto magari per 60 cent.
a cogliere olive con un lungo viaggio, sotto un freddo potente e se si
ammalavano non avevano nulla. Oggi hanno uno stipendio fisso,
convenuto, costante, nondimeno abbandonano il lavoro .. . ».

Nello stesso periodo scioperarono i muratori ed i manuali ad-
detti alla costruzione dello stabile per l’impianto dello Zucche-
rificio ; lo sciopero era motivato dalle stesse ragioni di quello esposto
precedentemente : aumento del salario.

Nei primi giorni dell’anno 1901 furono gli operai conciapelle
dello Stabilimento Roccetti & Grifi di Foligno a mettersi in agita-





30 GIULIA RAPONI

zione per la modificazione di taluni articoli del regolamento di fab-
brica ritenuti esageratamente rigidi e gravosi.

Non di rado si verificarono conflitti molto aspri tra operai ed
industriali con grave perturbazione al movimento di affari del paese.
I risultati dei singoli scioperi non furono in prevalenza soddisfacenti
e conformi agli scopi che gli operai di volta in volta si prefiggevano
di raggiungere ; lo sciopero dei dipendenti delle Fornaci Hoffman,
durato quattro giorni (7-10 maggio 1906), con la partecipazione di 30
operai che richiedevano l'aumento della mercede ai cottimisti, ebbe
esito positivo. Diversamente non ottennero alcun vantaggio i di-
pendenti della Fonderia Dell'Orso che scioperarono per lo stesso
motivo poco tempo dopo.

Ma, al di sopra dei singoli scioperi, fu notevole e degna di consi-
derazione la solidarietà che uni gli operai, indice chiaro del risveglio
della coscienza di classe che si operava nei diversi strati popolari
dell'Umbria.

Questi primi passi compiuti dal movimento operaio indussero
i gruppi politici tradizionali a prendere posizione sui problemi della
classe operaia, sulle sue forme di lotta e di organizzazione, sul pro-
blema della partecipazione degli operai alle lotte politiche.

Questa solidarietà attiva ed operante fu la nota caratteristica
che accompagnò e sostenne i lavoratori umbri nelle prime lotte e si
espresse in una forma tanto più larga e generosa quanto più dura fu
la resistenza del datore di lavoro e quindi più lungo si presentò lo
sciopero. La più solenne manifestazione di simpatia per i colleghi
in sciopero si ebbe, nell’anno 1907, in occasione dell’agitazione degli
operai delle Acciaierie di Terni, quando tutti i dipendenti abbando-
narono il lavoro per 90 giorni consecutivi al fine di ottenere il ritiro
di un nuovo regolamento di fabbrica, ritenuto gravoso e lesivo dei
diritti degli operai, ed evitare il licenziamento di circa 20 operai che
la Direzione voleva allontanare, perchè ritenuti dei sovversivi.

Il conte Roncalli Benedetti il 25 maggio 1907 consegnò alla
Camera di Commercio, assistito da due testimoni, la petizione dei
commercianti di Foligno per chiedere a quell’Istituto di proporre
ed esortare un arbitrato per la composizione del conflitto operaio
a Terni. I vari partiti popolari fecero opera di persuasione presso i
lavoratori di Foligno affinchè accogliessero presso le loro famiglie
i figli degli scioperanti di Terni.

I Folignati si dimostrarono sensibili anche a questa richiesta e
numerose lettere di adesione furono inviate allo stesso Roncalli,

NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 31
Camera del Lavoro ed alla Camera di Commercio ; erano lettere
d accogliere i figli degli scioperanti; le Società
Mutue, i partiti, la Giunta Comunale inviarono a Terni contributi in
danaro ; si prepararono serate di beneficenza al Teatro Piermarini
per destinare i fondi così raccolti alle famiglie degli operai di Terni.

Lo sciopero si concluse con esito positivo dopo 90 giorni di lotta.

Nel 1903 esistevano a Foligno numerose Leghe costituitesi negli
ultimi anni del xix e nei primi anni del xx secolo, tra queste : la
Lega dei Tipografi, quella delle Industrie Chimiche, dei Fornaciai,
dei Cartai, dei Metallurgici, dei Braccianti, dei Lavoratori della
Mensa e del Caffè, dei Pellattieri e quindi la Lega Mista, alle quali
complessivamente erano iscritti circa 400 operai.

C'è da osservare di notevole che esisteva una Lega dei Braccianti,
ma non esisteva quella dei coloni.

Il 23 marzo 1903 queste Leghe per coordinare le loro attività,
per riunire le loro forze, per poter conseguire il fine del migliora-
mento della condizione morale ed economica degli aderenti attra-
verso una più equa distribuzione della ricchezza ed una moderna
legislazione sociale, aderirono alla Camera del Lavoro che, in tale
data, fu di nuovo ricostituita. Infatti era stata sciolta, in seguito
a repressioni governative, quella costituita nel 1892 ad opera dei re-
pubblicani.

La Camera del Lavoro di Foligno, consistente più propriamente
in un ufficio camerale alle dipendenze della Camera del Lavoro di
Terni, rinasceva sulle vecchie basi di organismo di assistenza e di
coordinamento e non di lotta sindacale. Ecco infatti un estratto
dello Statuto che ne disciplinava l’attività e ne fissava i compiti;
«Difendere gli interessi dei lavoratori; mitigare i conflitti tra capi-
tale e lavoro ; aiutare i lavoratori nelle aspre difficoltà della vita ;
servire da intermediario tra la richiesta e la domanda di lavoro ;
promuovere l’educazione ed il miglioramento tecnico, morale e ma-
teriale delle classi lavoratrici; formulare i principi del diritto ope-
raio non ancora riconosciuto dalla legislazione ; educare, spronare i
lavoratori a compiere i loro doveri di uomini, operai e cittadini ».

La rinascita della Camera del Lavoro avvenne in un momento di
rapido sviluppo dell’organizzazione economica di tutte le categorie
dei lavoratori, coincise con una vigorosa ripresa delle lotte della
classe operaia, alla quale si unirono, per la prima volta, i lavoratori
della terra. La lotta che fino ad ora era stata condotta solo dagli
operai delle fabbriche, si estese e conquistò anche la campagna. Il

alla i
di operai disposti a



9A GIULIA RAPONI

mondo contadino fu l'ultimo a destarsi e ad organizzarsi per chiedere
migliori patti colonici; d'altra parte, come ho già detto, i repub-
blicani non si interessavano delle masse contadine ed i socialisti
tardarono ad organizzarle ritenendole apatiche ed insensibili al
movimento del proletariato. Poi si cominciò lentamente a sospingere
i mezzadri a cercare di ottenere il minimo necessario alla loro sussi-
stenza, alla denuncia dei patti colonici che continuavano ad essere
applicati secondo una consuetudine secolare e che apparivano ai
contadini come profondamente ingiusti.

L’indirizzo seguito per organizzare i lavoratori dei campi fu
quello di istituire cooperative di consumo fra contadini in modo da
incoraggiarne la socialità, in modo da non costringerli a costituirsi
in leghe di resistenza come si usava per gli operai nelle città ed evi-
tare che, fin dagli inizi, si desse a queste leghe il nome, la veste, i
caratteri, i metodi di lotta che erano loro propri, per non destare quel
senso di atavica diffidenza del lavoratore della terra.

D'altra parte i patti colonici erano talmente gravosi da costi-
tuire da soli una premessa perchè, dopo non molto tempo, questo
lavoro di penetrazione cominciasse a dare un esito positivo.

Riporto le clausole fondamentali di tali patti :

1) il seme di qualunque natura a carico del colono ;

2) l'uva divisa ad 1/5 o 2/5 a favore del concedente, il quale
conserva anche il diritto sulla capatura (cioè sulla scelta) ;

3) il colono paga al padrone la collaia per l’uso dei buoi da
lavoro di proprietà del padrone ;

4) il mezzadro provvede a spaccare la legna per il fabbisogno
del padrone ; la massaia lava il bucato per la famiglia del concedente ;

5) il mezzadro ha l'obbligo di consegnare al concedente una
certa quantità di polli, di uova e per Natale un certo numero di
capponi ;

6) le spese di acquisto di qualsiasi attrezzo di lavoro : carro,
aratro, pompe, ecc. nonché la manutenzione dei medesimi a totale
carico del mezzadro ;

7) il mezzadro non puó prender moglie senza il preventivo
consenso del padrone.

Il colono accettava il paternalismo dell'agrario, ma il continuo
contatto con il mondo operaio piü emancipato, portó i suoi effetti.
Nella nostra zona la popolazione rurale era notevolissima ; da una
statistica agraria del 1876 si rileva che la popolazione che si occupava
di lavori agricoli ascendeva a circa 8.100 unità, di cui 3.654 addetti

NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 33

alla colonia ed il rimanente costituiva il bracciantato. Comunque
fino al 1901-1902 si ebbero delle esplosioni di masse non organiz-

zate nè controllate, ma da questo periodo iniziarono movimenti or-

8
lavoro. : : :
Altri scioperi durante gli anni successivi ebbero luogo in Um-

bria: a Gubbio, Otricoli, Narni, Città di Castello con larga parteci-
pazione di coloni ; a Foligno ancora non si erano avuti scioperi dei
lavoratori della terra e non vi furono fino al 1907 ; ma l'azione svolta
dai coloni in quest'anno riguardó piü che Foligno la limitrofa Spello.

Nel 1907 infatti i coloni di Spello scesero in piazza per dimostrare
il loro scontento e per ottenere dai proprietari alcune concessioni.

Allo sciopero parteciparono braccianti e coloni, i primi per ri-
chiedere un aumento di salario con tariffe diverse a seconda delle
stagioni, ed i secondi la più equa ripartizione dei prodotti agricoli e
l’abolizione di alcuni obblighi verso i padroni. Riporto qui di seguito
la cronaca dello sciopero del 1907.

La Gazzetta di Foligno del 8 settembre .1907, organo del mondo
cattolico qualificato di allora, riportava il seguente articolo : « Non
voglio privare i lettori della preziosa conoscenza dell’ameno memo-
riale inviato dalla lega di resistenza ai padroni ; i contadini chiedono :

1) raccolta a metà dell'uva a cominciare dalla vendemmia
del corr. anno 1907;

2) semina a metà cominciando dal prossimo anno agrario ;

3) spesa per il sostenimento del bestiame a metà ;

4) diminuzione degli obblighi ;

5) le lavoratrici non comprese nell’apoca colonica dovranno
essere retribuite secondo la tariffa dei braccianti;

6) ogni sei mesi revisione del libretto colonico ;

7) il padrone non potrà licenziare il contadino se non per
giuste ragioni riconosciute tali dal consiglio della lega di resistenza
e da un perito agronomo nominato di comune accordo ;

8) la falciatura e gli altri lavori necessari dopo la mietitura
dovranno essere pagati a metà. »

Il giornale stesso commentava inoltre con le seguenti parole :
«... Gli esagerati desiderata, in specie il primo, il settimo e l’ottavo,
rappresentano una imposizione, una violenza che i padroni unanimi
respingeranno ».

Ma l'imponenza dello sciopero fece sì che i proprietari scendes-
sero a trattative, concedendo immediatamente la metà del grano

anizzati per raggiungere precisi obiettivi sul piano dei rapporti di

3



34 GIULIA RAPONI

da seme ed accettando che una commissione mista fosse nominata
per studiare le modifiche da apportare al patto colonico ; da parte
loro i coloni si impegnarono a rispettare, fino all'inizio del 1908, il
contratto in vigore.

La Commissione avrebbe dovuto riferire entro il 10 ottobre 1907.
Ecco l'o. d. g. approvato dai proprietari che permise il componi-
mento dello sciopero : « Intesa la relazione delle trattative fatte con
i rappresentanti dei coloni, esaminata e discussa la risposta di questi
che implicitamente accettano le due pregiudiziali poste dalla com-
missione per trattare (cessazione immediata dello sciopero e rispetto
dei contratti in corso) delibera in conseguenza di venire alla nomina
di una commissione composta di sei proprietari e di sei coloni, pre-
sieduta dal Presidente del Comizio Agrario di Foligno, con mandato
di esaminare l'attuale patto colonico, i desideri dei coloni e dei pro-
prietari e formulare il patto colonico da andare in vigore nel 1908,
tenendo conto del proposito espresso dall'Assemblea di concedere
subito la metà del seme di grano e di quanto in merito si è fatto nelle
regioni vicine e per colture simili. La decisione della Commissione
sarà impegnativa per le parti. La suddetta commissione mista dovrà
espletare il mandato non oltre il 10 ottobre. Le parti potranno essere
assistite da una persona di loro fiducia che avrà soltanto voto con-
sultivo ». La Commissione mista terminò i lavori entro il termine
fissato. Il verbale dell’ultima riunione è riportato dalla Gazzetta di
Foligno del 12 ottobre 1907.

Foligno dai nuovi patti colonici non trovò comunque giovamento ;
infatti La Scintilla in un articolo datato 8 dicembre 1907, riportava :
« Nella conclusione dei nuovi patti colonici a Spello, di cui sì interessò
il Comizio Agrario, fu stabilito che quei patti colonici potessero ser-
vire anche come norma per il territorio di Foligno. Ora sappiamo che,
non solo non si pensa ad adottare la nuova polizza per Foligno, ma
i coloni di Spello hanno informato il Presidente di questo Comizio
Agrario che i proprietari dei terreni tentano di sottrarsi ai patti sti-
pulati ».

Lo sciopero di cui ho parlato durò quattro giorni e portò ad
una revisione parziale del contratto colonico. Gli organizzatori dello
sciopero credettero opportuno non inasprire oltre la situazione anche
per il fatto che l’organizzazione dei coloni era troppo giovane per
poter dare delle sicurezze sulla sua capacità di resistenza. Parteci-
parono allo sciopero circa 100 braccianti e 200 coloni.

Nel 1912, consolidate le leghe di resistenza, si scese in sciopero



NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 35

anzando di nuovo tutte le richieste fatte nel 1907 ed ottenendo dai

rietari piena soddisfazione.

I cattolici, vista la larghissima partecipazione agli scioperi,
s'impegnarono per organizzare l'Unione Agricola Cattolica e pro-
misero la Cassa Rurale Mutua del Bestiame, si preoccuparono so-
prattutto di assicurarsi che la popolazione rurale non abbandonasse
a religione per abbracciare l’ateismo dei socialisti, ma non si preoc-
cuparono della più profonda frattura che si era determinata e del
fatto che, se le agitazioni dei mezzadri venivano anche sfruttate
per fini politici, rappresentavano purtuttavia parte di quel moto
enerale che sospingeva i lavoratori a conquistare un miglioramento
del contratto di lavoro per un più alto tenore di vita ; non erano quei

"moti frutti della propaganda sobillatrice di pochi attivisti del par-
tito socialista, come si credeva, ma l’inizio di una lotta per l'evolu-
zione sociale, per una più larga partecipazione — a volte addirittura
per l’inserimento — di un maggior numero di uomini ai benefici
della civiltà.

Ma di questo si resero conto poche menti illuminate e nè queste,
nè la Rerum novarum, nè la predicazione socialista, nè le profonde
trasformazioni che si erano verificate non solo negli altri paesi euro-
pei, ma anche in altre Regioni d’Italia, riuscirono ad aprire gli occhi
della classe dirigente dei cattolici sulla necessità di una radicale ri-
forma ; questi continuarono a giudicare ogni nuova forza tendente a
rimettere in movimento la coscienza e l'autonomia degli uomini come
un elemento di disordine e di perversione addirittura.

È ancora la Gazzetta di Foligno che ci dà modo di controllare
questa mentalità ; l'articolo è in data 21 maggio 1902 : « Alcuni gio-
vanotti si sono messi a fare i socialisti e vanno a sobillare i coloni.
Ma qui a Foligno che bisogno c’è di iniziare un movimento agricolo

av
prop

stato delle cose : il colono ha la metà del prodotto del grano, degli
altri cereali e del vino, se il terreno non è molto produttivo; se il
terreno è assai fertile del vino ha il terzo, ha del pari la metà del pro-
dotto del bestiame. Ha poi la casa gratis, il pollaio gratis, e gratis
tanti residui che servono per suo uso esclusivo. Paga solo il fuocatico
e metà della tassa bestiame. Al contrario il proprietario ha la metà
del grano e dei cereali, del vino poi se il terreno non è fertile ha la
metà, se è molto fertile i 2/3.- Paga la metà della tassa sul bestiame,
più tutta la tassa fondiaria, restaura la casa colonica, anticipa il
danaro, semi, ecc. ... Ha diritto a poche uova e ad alcune paia di polli.









GIULIA RAPONI

Chi sta meglio ? Ecco il conto. Il colono ha la metà di tutto e
questa metà è tutta sua. Il proprietario su questa metà deve detrarre
le tasse enormi che paga specialmente dove (come a Foligno)
l’estimo è altissimo. Queste tasse tutto compreso salgono oltre il
40 ed anche il 50%. Qual’è la conclusione ? La conclusione effettiva,
vera, concreta è questa : che il colono prende la metà e che il
proprietario la sua metà deve dividerla con il Governo : quindi prende
una quarta parte, quindi prende meno del contadino. La maggior
parte dei poderi non producono grano sufficiente a pagare le tasse.
Stando così le cose è chiara la conclusione. Se i coloni nostri venis-
sero stimolati a chiedere nuovi patti, ciò equivarrebbe a rovinare
l’agricoltura. Il possidente non può sostenere altre gravanze, ove
per imposizioni subite dovesse decurtare il reddito suo, già falci-
diato dal Governo, egli dovrebbe diminuire l’intensità della coltura,
dovrebbe astenersi da bonifiche, da migliorie, depauperando il fondo
con danno comune. Date le tasse altissime che ci gravano, ogni
alterazione del patto colonico, rovinerebbe l'agricoltura del paese.
Tutto ciò in via economica. Riflettendo poi che la maggior parte
dei nostri pacifici coloni non sente il bisogno di modificare il patto,
perchè sa bene in quali acque non liete navighi il padrone, riflet-
tendo che questi coloni stessi sono affezionati al padrone ed al
podere per due o tre generazioni, riflettendo ai vincoli di amicizia
che passano tra le famiglie degli uni e degli altri, ai rapporti di affetto
che li uniscono da tanto tempo, ci manca la parola per bollare come
si devono questi seminatori di disordine, diffidenza, che vanno
spargendo bugie, predicando utopie, promettendo ricchezze ed
agi a chi non li cerca, a chi non li conosce, adescandoli solo per spil-
lare loro il soldino per la Cassa del Partito. Ripetiamo : ciò è cosa
delittuosa; che cosa fare ? Fin ora il buon senso dei coloni, il loro
affetto al padrone li ha fatti resistere alle prove dei farfallini o far-
falloni che sia.

Ma i possidenti non devono aspettare che si costituiscano le
leghe di resistenza tra i coloni per fondare poi, a tempo tardo, le
leghe di difesa tra i possidenti. Questi debbono regolare gli affari
nel senso della più illuminata giustizia e vigilare qualche collega
che fosse poco moderato onde le colpe di uno solo non servano di
pretesto e di stimolo a danno di tutti. Ma debbono anche seriamente,
solidamente, sollecitamente costituirsi in comitati di difesa nell’in-
teresse della giustizia, della libertà della proprietà, dell’utile stesso
del contadino, a carico del quale dovrà poi scaricarsi qualunque

NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 37

soravio danneggiasse il padrone. Quindi i proprietari prendano
i misure in tempo, si organizzino, vedano essi per primi se il patto
i mezzadria ha qualche lato vulnerabile, non permettano che altri
faccia promotore di modifiche in casa altrui, ma, fatto questo,
neludano concordi un patto così : mandare la disdetta a qualunque
colono aderisca alle leghe di resistenza ».

Il movimento contadino cattolico cominciò a manifestarsi nel
primo decennio del secolo e per opera sopratutto dei parroci di cam-
pagna, ispirati da un sentimento di giustizia oltre che dalla preoc-
‘cupazione di sottrarre i coloni al pericolo socialista; ma le loro ini-
ziative furono seguite con sospetto dall’autorità ecclesiastica, piut-
tosto conservatrice.

{ Inoltre l’azione dei cattolici non era sostenuta da obiettivi
chiari e precisi, i cattolici non avevano un concreto programma di

vendicazioni e quindi il contadino si sentì attratto verso chi gli
prospettava un miglioramento delle sue condizioni, ponendo i ter-
mini di questi miglioramenti in maniera precisa.

Era naturale che il contadino pensasse di iscriversi ad una
lega al fine di ottenere la divisione dei semi a metà con il proprie-
tario, che non ad una lega che gli prospettava empiricamente la
risoluzione dei contrasti con il proprietario dei fondi.

CONCLUSIONE

| In Italia l'industria si é sviluppata con alcuni decenni di ritardo
| nei confronti degli altri paesi europei. La borghesia italiana infatti
iniziò il suo cammino con estrema lentezza e cautela, ma raggiunse,
in breve, un notevole sviluppo.

È bene sottolineare che a questo sviluppo solo debolmente
concorse il grosso capitale : principi, conti, latifondisti non vollero
| correre il rischio di impiegare il loro capitale in imprese ritenute
| pericolose ed azzardate. Il successo dell’industria italiana è dovuto
in massima parte ad imprenditori provenienti dalla piccola e media
borghesia, dall’artigianato, dal popolo, quasi sempre sprovvisti di
possibilità finanziarie, ma coraggiosi, ostinati, ricchi di volontà e
di idee.

Nella misura in cui la borghesia progrediva e si consolidava
applicando i ritrovati della tecnica, si poneva ad essa la soluzione
di sempre nuovi problemi, in primo luogo quello di poter arruolare
per le industrie in sviluppo una sufficiente quantità di manodopera.

GIULIA RAPONI

Si creavano in questo modo nuove classi, sorte sulle ceneri delle
altre: scemava la classe dei feudatari, sorgeva quella borghese,
sparivano il servo della gleba ed il garzone di bottega e nascevano
il mezzadro ed il proletario.

Le origini del proletariato italiano risalgono infatti al 1848-
1860, epoca alla quale corrisponde, nel nostro Paese, la nascita della
borghesia industriale. La massa proletaria, con l’ampliarsi dell’in-
dustria, ingrossava le sue file : ma gli operai, non organizzati, riu-
scivano con estrema difficoltà a percepire ciò che a loro ed alla
famiglia serviva per vivere. L’autorità pubblica, espressione della
classe dominante, respingeva l’idea di assumere una funzione conci-
liatrice tra capitale e lavoro. Una tale situazione era, pertanto,
destinata a deteriorarsi in rapporto al peso che nella economia
l'elemento «lavoro » avrebbe acquisito di fronte al «capitale ».

L'operaio intanto comprese che quel peso avrebbe potuto
senz'altro aumentare in suo favore se nei rapporti con il datore di
lavoro non avesse agito individualmente, ma avendo alle spalle una
forte organizzazione di categoria: prese quindi a fiorire l'organiz-
zazione operaia. Di qui infatti doveva scaturire quel fenomeno che
va sotto il nome di « Movimento operaio ».

Con il termine «movimento operaio» si indica generalmente
l'azione organizzata della moderna classe operaia, con implicazioni
e riflessi più o meno ampi e profondi estesi alle classi lavoratrici in
genere, nei diversi settori della vita sociale (mutualistico, economico,
sindacale, cooperativistico, ideologico, culturale, ecc.) al fine di difen-
dere i propri interessi e migliorare materialmente e moralmente le
proprie condizioni.

Si tratta di un fatto storico complesso e tipico degli sviluppi
del mondo moderno e contemporaneo, in quanto questa azione si è
venuta svolgendo con la crescente formazione del proletariato nei
singoli Paesi, in concomitanza ed in antitesi col processo economico
e politico del sistema capitalistico di produzione, con inizio nella
seconda metà del secolo xviri ed il suo pieno svolgimento nel corso
dei secoli xix e xx. Il fenomeno si é venuto maturando lentamente
nel tempo, come conseguenza delle modifiche sostanziali verificatesi
nella struttura dell'economia generale.

Le prime associazioni di operai salariati erano costituite dalle
Società di mutuo soccorso, che non sviluppavano azione classista,
ma Si prefiggevano fini limitati che contavano di raggiungere a
seconda dei casi, mediante l'accordo con i datori di lavoro (es. fis-









NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 39

sazione dei minimi di paga) o mediante la pressione sul Governo
(es. calmieri dei prezzi dei generi di prima necessità).

Ma in entrambi i casi le richieste venivano respinte, ed i Governi
anzi rispondevano in quasi tutti gli Stati con leggi repressive sulle
coalizioni operaie. Questa presa di posizione da parte dei Governi
era giustificata non solo dai principi economici che li informavano,
ma anche dal fatto che nei parlamenti dominavano proprio le cate-
gorie privilegiate che imprimevano a tutta l'economia, e quindi
anche a quella parte di essa che aveva relazione col mondo del
lavoro, una netta linea di condotta.

Queste leggi erano peró destinate a sortire l'effetto di unire
ancor piü intimamente gli operai, che infatti iniziarono azioni di
rivolta per ottenerne l'abrogazione, e man mano strutturarono le
loro organizzazioni in modo da raggiungere quella forza costruttrice
ed organizzativa che le porterà piü tardi alla lotta sindacale per la
difesa dei salari e per la rivendicazione del diritto operaio.

La massa proletaria cominció a prendere, sia pure lentamente,
conoscenza dei suoi fondamentali diritti : si formó una coscienza di
classe. A questa formazione dette un notevole contributo il movi-
mento mutualista che costitui la prima forma di organizzazione
operaia avente il fine di raggiungere il benessere ed il progresso
sociale.

Nella società operaia e nella mutua queste idee trovarono un
favorevole terreno per la loro fecondazione ed il loro sviluppo ; in
queste forme di organizzazione l'operaio cominció ad acquisire la
consapevolezza della utilità e dell'importanza dell'unione e della
forza organizzata.

Il movimento mutualista sorse apolitico e la sua apoliticità
fu difesa da numerosi elementi moderati che in esso militavano.
Fu incoraggiato e difeso dalla parte piü accorta ed intelligente della
borghesia, e non erano rari i casi in cui il padrone di azienda si faceva
promotore per la costituzione di una mutua aziendale versando
nella cassa della stessa una somma rilevante.

Ma traguardo delle agitazioni operaie non era soltanto quello
di risolvere i problemi assistenziali delle masse lavoratrici, ma anche
quello dell'aumento dei salari, della riduzione delle ore di lavoro,
della concessione di norme sulla tutela dei diritti dei lavoratori. Si
fece pertanto largo il principio della politicizzazione della mutua-
lità, principio che venne accolto anche dai moderati che temevano
di perdere il contatto con gli operai.















GIULIA RAPONI

Furono frequentissimi i casi di società operaie e di mutue che
presero parte attiva alle elezioni appoggiando questo o quel candi-
dato, questa o quella lista per il rinnovo del Parlamento e dei Con-
sigli comunali, che intervennero in difesa degli interessi dei soci.

In Umbria, dove la popolazione era dispersa in tanti piccoli
centri agricoli, la mutualità giocó un ruolo di somma importanza
per la formazione della coscienza associativa e per lo sviluppo del
movimento operaio contribuendo a trasformarlo in movimento con-
sapevole, formando una coscienza sociale e guidandolo verso forme
di cosciente rivendicazione dei diritti sociali, fino all'inquadramento
delle masse operaie in associazioni sindacali.

La storia della nascita e dei primi sviluppi del movimento
operaio a Foligno non presenta momenti eccezionali ; l'affermarsi
ed il successivo consolidarsi della coscienza di classe nella massa
proletaria locale avviene lentamente, e le organizzazioni operaie
di Foligno seguono di riflesso i passi compiuti dal movimento operaio
nazionale.

Il movimento operaio italiano, come si é visto, sorse e si svi-
luppò in un primo tempo prevalentemente come movimento di soli-
darietà con fini assistenziali.

Ho ricordato fra le prime organizzazioni dei lavoratori le So-
cietà di Mutuo Soccorso, le quali raccoglievano indistintamente
operai, artigiani, braccianti, mezzadri e piccoli coltivatori. Nel 1864
anche a Foligno sorse una Società di Mutuo Soccorso che ebbe
modo di svolgere una notevole attività grazie alla partecipazione
di un grande numero di cittadini ed all'appoggio di quella parte
della borghesia più accorta ed avveduta che comprese come, ormai,
fosse impossibile ignorare certe richieste fondamentali di carattere
sociale.

Il ritardo con il quale ebbero origine queste istituzioni nella
nostra regione rispetto a quelle analoghe della Lombardia, del Pie-
monte, della Liguria, si deve al ritardo generale dello sviluppo capi-
talistico dell’Italia centromeridionale che era ancora, all’epoca del
Risorgimento, economicamente arretrata. Le pochissime industrie
di tipo moderno erano concentrate quasi tutte in ristrette zone delle
regioni settentrionali.

La Società di Mutuo Soccorso di Foligno ebbe lunga vita in
quanto la stessa risultò per lungo tempo utile per il persistere di
una forma arretrata di economia, che non riuscirono a modificare
nè imprese industriali di tanto poca importanza da confondersi





NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 41

con le aziende artigiane, né una agricoltura ancora di tipo medioe-
vale, che, oggi stesso, stenta ad assumere forme capitalistiche.
Per queste ragioni la classe operaia non poteva avere un carat-
tere ben definito : si distingueva appena dalla classe degli artigiani
e Spesso si confondeva con quella dei contadini, che, del resto, costi-
tuivano la maggior parte della popolazione di questo Comune.
Verso la fine del xix secolo, con l'accostarsi dei caratteri della
economia locale a quelli dell'economia nazionale, nonostante il
carattere primitivo e ristretto delle organizzazioni operaie di quel
tempo, si cominció a notare l'affermarsi di un certo Spirito com-
battivo. Tuttavia da queste agitazioni ancora confuse non sorsero
organizzazioni permanenti di tipo sindacale, e la Società di Mutuo
Soccorso rimase ancora l'unica forma di organizzazione stabile.
Successivamente, sebbene controllata da elementi moderati
che imprimevano alla società un indirizzo paternalistico, questa
cominció ad allargare la propria attività. I problemi dell'istruzione,
delle agitazioni degli operai, della cooperazione, della protezione
della invalidità e della vecchiaia, degli orari di lavoro, degli infortuni,
del lavoro delle donne e dei fanciulli, tutti problemi che vanno al
di là del mutuo soccorso, vennero dibattuti con sempre maggior
intensità nella sede delle società operaie.
Ad ogni problema dibattuto corrispondeva una iniziativa, piü
o meno riuscita, che ci dà la misura della volontà della massa pro-
letaria di uscire da una situazione quasi disperata per rivendicare
a sé una serie di diritti che le permettano di inserirsi e di partecipare
ai benefici della società. Il progressivo allargamento del campo di
azione della società operaia doveva inevitabilmente portarla, nono-
stante gli sforzi contrari dei dirigenti moderati, ad affrontare il
problema della resistenza nei confronti del capitale. Di fronte a
questo problema cominció a delinearsi, prima confusamente, poi
sempre in maniera piü chiara, la solidarietà degli operai nella lotta
contro il capitale e si accelerò la spontanea trasformazione della
Società di Mutuo Soccorso in leghe di resistenza. Ma il movimento
sindacale procedeva ancora in modo lento ed incerto, senza una
©. chiara coscienza della propria funzione, delle proprie possibilità,
dei propri limiti. La stessa Camera del Lavoro costituita per la
prima volta a Foligno il 5 giugno 1892 ad opera dei repubblicani,
continuò a seguire l’indirizzo mazziniano, sebbene le esigenze quoti-
diane la spingessero su posizioni assai più avanzate di quelle maz-
ziniane tradizionali.












































GIULIA RAPONI

Mentre questo complesso processo di chiarimento ideologico
ed organizzativo si andava svolgendo, si manifestava un acutiz-
zarsi della lotta di classe che doveva mettere in movimento nuove
masse di lavoratori, non esclusi i lavoratori della terra. Agli inizi
del secolo infatti si manifestarono gravi conflitti sociali nell'agri-
coltura e si poté assistere perció al formarsi, anche nelle campagne,
di una organizzazione di resistenza.

Nella nostra zona gli scioperi di maggiore portata e piü fecondi
di vantaggi per gli scioperanti furono appunto quelli condotti dai
mezzadri per la revisione del contratto colonico unitamente ai brac-
cianti che rivendicavano un adeguamento dei compensi per il loro
lavoro. È doppiamente caratteristico questo fenomeno se si pensa
che nelle nostre campagne non era avvenuta la formazione di un
proletariato agricolo di massa dovuto al diffondersi dell’azienda
agraria a tipo capitalistico, come, ad esempio, nella valle padana,
che fu il centro di agitazioni di questo tipo.

I lavoratori della terra, più numerosi degli operai per la stessa
struttura della nostra economia, dimostrarono una maggiore forza
di resistenza, una organizzazione migliore di quella degli operai,
pur agendo in associazioni di più recente formazione.

Torna conto ripetere ancora che le fabbriche impiantate nel
folignate erano di modesta portata, occupavano un ristretto numero
di addetti con diverse qualifiche ; il che rendeva più difficile l’orga-
nizzazione sindacale degli operai.

D'altra parte la situazione dei lavoratori nel folignate era vera-
mente disagevole : oltre i pochi documenti che ci descrivono le loro
misere condizioni economiche, basterebbe dare una scorsa ai rego-
lamenti di fabbrica per rendersi conto che le condizioni morali,
nelle quali venivano a trovarsi gli operai durante lo svolgimento
del loro lavoro, non erano certo le migliori.

Trascrivo alcuni degli articoli più significativi di tali regola-
menti.

Regolamento della Poligrafica Salvati :

Art. 3. — Il lavoro viene retribuito ad ora. La direzione si
riserva la facoltà di farlo eseguire anche a cottimo quando lo crede
necessario nell’interesse della società.

Art. 5. — La giornata di lavoro per gli operai viene fissata
al massimo di 10 ore, non computando in essa il tempo per la cola-
zione e per il pranzo.











NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 43

La Direzione con apposito orario stabilirà l'ora dell'ingresso
e della sortita.

Per gli impiegati verrà parimenti stabilito un orario che fissa
le ore sia dell’ingresso che delia sortita dagli uffici. Però in vista
dell'orario più limitato, questi dovranno in caso di esigenze di servizio
restare in ufficio anche in ore fuori d’orario secondo gli ordini che ve-
nissero emanati dalla Direzione, ciò senza diritto a compenso di sorta.

Art. 12. — Il Consiglio d'Amministrazione avrà sempre il diritto
di licenziare in qualunque momento, con preavviso di otto giorni,
quel personale che riconoscesse superfluo per riduzione di lavoro od
eccedente ai bisogni di esso.

Art. 14. — Quando taluno degli addetti allo Stabilimento avrà
bisogno di una o piü giornate di libertà dovrà chiederne il permesso,
se impiegato alla Direzione, se operaio al capo-officina il quale ne
farà proposta col suo parere alla Direzione stessa. Questa é sempre
libera di concederlo o negarlo secondo le esigenze del lavoro. L'im-
piegato od operaio che non domandasse il permesso o che malgrado
gli fosse rifiutato mancasse al lavoro, potrà anche essere licenziato,
qualunque sia il motivo della mancanza.

Art. 25. — Qualsiasi reclamo gli impiegati ed operai intendessero
avanzare dovrà essere presentato alla Direzione per via gerarchica.
Non sono ammessi reclami collettivi o per mandato, dovendo essere
presentati dall'interessato personalmente sempre con modi rispet-
tosi e deferenti.

Art. 27. — Il Consiglio di Amministrazione si riserva sempre
la facoltà di portare al presente regolamento tutte quelle modifica-
zioni che l'esperienza e l'opportunità indicassero necessarie, le quali
dovranno essere accettate dal personale tutto, salvo ad ognuno
di valersi della facoltà di licenziarsi.

Società Italo-Belga per l'industria degli zuccheri :

Art. 3. — La Direzione destina gli operai al lavoro pel quale
li giudica idonei, riservandosi il diritto di cambiarli secondo le circo-
stanze.

Art. 6. — Tutti gli operai ritardatari di piü di cinque minuti
non potranno riprendere il lavoro che dietro autorizzazione della
Direzione, che si riserva di prendere a loro riguardo le disposizioni
che riterrà del caso. I portinai sono tenuti a respingere senza altre
formalità gli operai che si presentassero alla porta in stato di ebrezza.
I recidivi saranno senz'altro licenziati.







44 GIULIA RAPONI




Laboratorio Meccanico Giuseppe Fancera :

Art. 1. — L’ammissione, la sospensione ed il licenziamento del
personale spettano esclusivamente al proprietario ed al Direttore.

Art. 3. — I primi due mesi dall'ammissione saranno di prova
e durante questo tempo l'operaio potrà essere licenziato senza inden-
nizzi e preavviso.

Art. 4. — Il proprietario, o chi per lui, applicherà gli operai a
quei determinati lavori secondo le rispettive attitudini e le esigenze
ordinarie e straordinarie del lavoro.

Art. 7. — Ogni operaio deve depositare alla cassa del proprie-
| tario l'importo di sei giornate di paga a garanzia dell'adempimento
| degli obblighi assunti accettando il presente regolamento.

Ill Art. 9. — È facoltà del Direttore, o chi per lui, applicare multe
Il agli operai, quando il caso lo esiga, come pure ridurre il personale
|
|







quando questo fosse superfluo, ció anche per mancanza di energia
elettrica.

Ii Anche dalla lettura di questi pochi articoli ci si puó rendere
conto di quanto potessero essere giustificate le agitazioni degli
| operai contro l’imprenditore, il quale cercava di tutelare in ogni
WM momento i suoi diritti, ignorando completamente quelli del lavora-
| tore.

EU La classe operaia organizzó le prime leghe di resistenza dietro
/ l'incitamento e lo stimolo dei partiti popolari e, spinta dal bisogno,
cominció a protestare, reagire, lottare per strappare concessioni che
migliorassero la sua situazione.

Elemento decisivo di questo processo di risveglio della classe
lavoratrice umbra fu la concentrazione di proletariato a Terni.

Agli « Alti Forni » lavoravano oltre 3.500 operai, allo « Jutificio »
circa 1.500, al « Cotonificio » piü di 300, per non ricordare i complessi
industriali minori.

Terni diventò il fulcro di ogni azione operaia, da Terni partirono
| IM le iniziative piü ardite, la classe operaia ternana fece le più importanti
ri | esperienze. In questo centro operaio le idee si mossero e fermen-
| | tarono : liberali, radicali, monarchici, progressisti, repubblicani,

Il
|
|
VATI socialisti ed anarchici cercarono, come in una gara febbrile, di acca-
Il | parrarsi la simpatia di un numero piü grande possibile di operai.
Di tutte le forze politiche concorrenti, quella socialista era

ancora la piü debole. I dirigenti cercarono di rimediare lavorando
di piü e coordinando maggiormente gli sforzi di tutti. Nel mese di











NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 45

luglio del 1898 si tenne a Foligno il I° Convegno di rappresentanti
di circoli socialisti dell'Umbria al quale parteciparono numerose
sezioni; non mancò naturalmente la partecipazione dei rappre-
sentanti della sezione di Foligno, costituita nel 1895. I socialisti
avevano compreso l’importanza della mutualità e si erano ado-
perati al suo sviluppo, non solo aderendovi in massa, ma lavorando
con impegno per trasformare tali associazioni in un valido strumento
di lotta in mano alla classe operaia. A Foligno riuscirono a costi-
tuire molte leghe come la Lega dei Tipografi, quella dei Fornaciai,
dei Cartai, dell'Industria chimica, dei Metallurgici, dei Braccianti,
dei Pellattieri ed una Lega Mista.

Ma Foligno non era una città industriale, non aveva una note-
vole massa proletaria. Gli operai, già in numero limitato, non supe-
rando le poche centinaia e divisi in tante Leghe, non erano tecnica-
mente qualificati e, salvo rare eccezioni, neppure politicamente
preparati ad un’azione cosciente e duratura. Ogni tanto si accendeva
un focolaio ; ma erano degli scioperi di poca importanza e per il
numero dei partecipanti e per l’incapacità di. affrontare una resis-
tenza ad oltranza.

Pochi di numero e poco preparati, i lavoratori folignati non pro-
mossero mai delle agitazioni che servissero da esempio alle masse
proletarie, non dico nazionali, ma almeno provinciali o regionali.

La più bella pagina del movimento operaio folignate rimane, a
mio parere, quella che si può scrivere sullo spirito di solidarietà di-
mostrato dai lavoratori di Foligno verso i colleghi dipendenti delle
« Acciaierie di Terni» che, nell’anno 1907, scesero in sciopero ad
oltranza.

Tutta la città fu concorde nel manifestare in maniera tangibile
la sua simpatia per chi lottava per rivendicare principi fondamentali
di giustizia, per coloro che, con una resistenza ammirevole (lo scio-
pero durò circa 90 giorni) cercarono di difendere per sè stessi, e per
tutti gli altri operai, il rispetto della dignità del lavoratore grave-
mente lesa da alcuni articoli del regolamento di fabbrica.

La valida azione di sostegno dello sciopero di Terni da parte
degli operai di Foligno ci dimostra la loro sensibilità per questi pro-
blemi e, quindi, possiamo immaginare che, se in Foligno si fosse
avuta una modifica sostanziale nella struttura dell'economia, con
lo sviluppo del sistema capitalistico di produzione e la conseguente
concentrazione di proletariato, da Foligno sarebbe partito un no-
tevole numero di iniziative, di azioni, di rivendicazioni. Non si tratta,















46 GIULIA RAPONI

o si tratta solo in parte, di fare la storia con i «se», in quanto ab-
biamo avuta la dimostrazione della capacità di organizzazione dei
nostri lavoratori attraverso la istituzione di un numero notevole di
Cooperative e Società Popolari nel periodo caratterizzato dal mo-
vimento mutualista. Nell'ambito regionale Foligno aveva avuto voce
in capitolo nei congressi delle Società Operaie Umbre, ma successi-
vamente, non essendosi verificata in questo territorio la rivoluzione
industriale con la conseguente formazione di concentrazioni di prole-
tariato, si capisce come tale capacità, esistente in potenza, non abbia
avuto modo di potersi manifestare.

Constatato ció diventano notevoli anche gli scioperi condotti
da pochi operai per la rivendicazione di un miglior trattamento eco-
nomico, per la revisione dei regolamenti di fabbrica, le agitazioni
contro il caro-viveri, l'appoggio incondizionato a tutti gli altri lavo-
ratori che lottavano per rivendicare il miglior beneficio possibile
nell'ambito del sistema capitalistico.

GiuLIia RAPONI







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NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO



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48 GIULIA RAPONI



TABELLA B

SOCIETÀ DI MUTUO SOCCORSO DI FOLIGNO
RIASSUNTO PROSPETTICO

determinante la consistenza patrimoniale per la Cassa Vecchiaia.

E Entrate N. dei Pensioni Rimanenze
Anno sli ani annue Totale » donat pagate patrimoniaii
1879 3.062,55 3.062,55 — — 3.062,55
1880 3.062,55 429,17 3.491,72 — — 3.491,72
1881 3.491,72 1.200,30 4.692,02 — -—— 4.692,02
1882 4.692,02 328,94 5.020,96 — —- 5.020,96
1883 5.020,96 226,90 5.247,86 — — 5.247,86
1884 5.247,86 1.235,86 6.433,73 — — 6.483,72
1885 6.483,72 292,— 06.775,72 -— -—— 6.775,72
1886 6.175,12 1.306,90 8.082,62 — — 8.082,62
1887 8.082,62 363,70 8.446,32 —- — 8.446,32
1888 8.446,32 2.383,90 10.830,22 -— — 10.830,22
1889 10.830,22 248 UB FX3045257 — — 18.317,57
1890: 13.917255 2.301,64 15.619,21 — — 15.619,21
1891 —[5.0f9/2T 1.082,26 16.701,47 —- 75 16.626,47
1892 16.626,47 1.334,14 17.960,61 5 540 17.420,61
1898. 17,420,061 5.014,27 22.434,88 12 1.340 21.094,88
1894 — —
1895 21.094,88 2.748,86 23.843,74 1 1.610,02... 22.233,72
1896 — —
1807 22.205,72 1403580. 23.697,57 " 828 23.869,57
1898 23.869,57 1.569,82; 25.439,39 7 876,90 24.562,40

TABELLA C

RENDICONTI DELLA CASSA SOCCORSO PER INFORTUNI



SUL LAVORO:
Anno 1894: Entrata Uscita Do
1439,22 110,40 lI
Avanzo 1328,82 ,
1439,22 1439,22.
Anno 1896: Entrata Uscita
1613,59 933
Avanzo 1520,59
1613,59 1613,59









Entrata Uscita

1585,55 233
Avanzo 1354,55

[585,55 — 1585,55



Anno 1898:








Entrata Uscita

1443,31 223
Avanzo 1220,31

1443,31 1443,31



Anno 1899:











NASCITA E PRIMI SVILUPPI DEL MOVIMENTO OPERAIO A FOLIGNO 49

BIBLIOGRAFIA

ALUNNI PIERUCCI FnANcESCO, Il Socialismo in Umbria. Perugia, Tip. Gio-
strelli, 1960.

BALDACCINI GrULIO, Jl vitto del contadino e la produzione del podere, Foligno,
Tip. S. Carlo, 1892.

BartIsTELLA RENZO, Il senso profondo del movimento operaio, Foligno, Tip.
Salvati, 1955.

CAMERA DI COMMERCIO DELL'UMBRIA, L'Umbria economica e industriale,
Foligno, Tip. Campitelli, 1910.

Rowpowi GrusEPPE, Modo pratico per la costituzione dei circoli nelle cam-
pagne, Foligno, Tip. S. Carlo, 1911.

Rapi Luciano, I mezzadri (Le lotte contadine nell’Italia centrale), Roma,
Ediz. Cinque Lune, 1962.

sensi Francesco, L'agricoltura nella vallata tra Perugia e Foligno, Foligno,
Tip. Salvati, 1899.

Cronache di Foligno sui giornali d’Italia, dal 1862 al 1914.

Cronache di Foligno su « Il Messaggero di Roma », dal 1885 al 1913.

Giornale di Foligno, periodico settimanale, 1886-1888.

Gazzetta di Foligno, periodico settimanale, 1889-1912.

L’Amministratore, organo della Società anticlericale, settimanale, Foligno,
Tip. Cooperativa, 1890-1913.

La scintilla, periodico socialista, quindicinale. Foligno, Tip. Commerciale,
1907- 1913.

Archivio Roncalli-Benedetti, 1875-1910. In: Archivio di Stato di Foligno.

Archivio del Comune di Foligno, archivio moderno, II? serie, 1860-1913.
In Archivio di Stato di Foligno.

NOTE

1) BaLpaccini GiuLIo, Il vitto del contadino e la produzione del podere,
Foligno, Tipografia S. Carlo, 1892, p. 8.

2) SENSI Dr. FRANCESCO, L'agricoltura nella vallata tra Perugia e Foli-
gno. Foligno, Tipografia Salvati, 1889, p. 15, 16.

3) In fine vengono riportati alcuni degli articoli più significativi di tali
regolamenti.







Iq dcp a picdpÉd rcd cM Cc É M ML Hber rcr ab c cc eid re cile perii ede

Lp pacc C ELDÉMEECCE —





Note e Documenti
IEEE o

Ancora sul ** Fragmentum Tudertinum ui

Splendidissima colonia Tuder
(CIL. XL 4659)

Nel settembre 1963, a Bruxelles, durante i lavori della xvi
Sessione internazionale della « Societé d'histoire des droits de l'anti-
quité », mi intrattenni a lungo con il compianto nostro Presidente
FernanD DE VisscHER, su un argomento di comune interesse : il
Fragmentum Tudertinum. I nostri contatti e scambi
di idee su questa particolare materia, risalivano invero ai primi del
1960, quando, dietro sua richiesta, ebbi ad inviargli un mio scritto
sui sepulchra familiaria e i sepulchra hereditaria nel diritto romano ?).
Con la gentilezza e la signorilità che gli erano consueti, volle mani-
festarmi il suo apprezzamento, non senza qualche garbata riserva
sui risultati cui ero pervenuto, scrivendomi testualmente: «Il
s'agit à mon avis d'un apport essentiel à l'histoire du droit funéraire
romain, et je pense devoir me rallier à vos conclusions dans l'ouvrage
que je prépare sur la matiére. Peut-étre, si l'on tient compte de
certains passages de Cicéron, serais-je tenté de reporter l'origine des
tombeaux héréditaires un peu plus haut. Mais dans tous les cas
votre étude constitue un apport capital». E due anni piü tardi,
nel dicembre 1962, aggiungeva: «Ce relevé épigraphique m'a été
precieux et vous le trouverez largement cité dans le volume que
jai en préparation sur le droit des tombeaux romains ».

Nel nostro incontro di Bruxelles, purtroppo l'ultimo, egli tenne
a esprimermi talune perplessità sulla interpretazione del documento
ricordato, pervenutoci disgraziatamente assai incompleto *), nonché

*) Il presente lavoro viene contemporaneamente pubblicato nella Revue
Internationale des droits de l'Antiquité, 3* Serie, Tome XII, Bruxelles, 1965
(N.d.D.).







52 MARIO DE DOMINICIS



sulla esattezza della integrazione del testo proposta dal Mommsen *)
ed alla quale io avevo aderito, anche adducendo qualche argomento
nuovo, in un articolo pubblicato proprio nella sua rivista nel 1956 *).
Sin d'allora nacque in me l'idea di un riesame del lacunoso testo
giuridico, sul quale, poco piü tardi, alla fine di quello stesso anno,
il De Visscher, nel magistrale lavoro con cui, si puó dire, abbia con-
cluso la sua altissima produzione scientifica, esprimeva il seguente
giudizio : « Pour toute la phase historique qui a précédé le développe-
ment de l'édit, les indices sont vagues ou contestés. C'est de facon
toute conjecturale que Mommsen rattachait à notre matiére le
fragmentum Tudertinum, attribuant aux colons de To di le pro-
duit de certaines amendes prononcées par les magistrats » qui quoque
anno inferiarum sacris (fungentur) « à l'exemple de la régle consacrée
par le droit des Quirites en faveur du peuple romain. La restitution
de Mommsen porte: «Quae poenae ob iura sepul-
chrorum violata cautum iure qui (RITIUM com
PREHENSUMVE EST UTI DENTUR POPULO ROMANO, U(ti eadem dentur
colonis eius coloniae, etc.) ». Ce fragment semble bien plutót se
rapporter à certaines irrégularités commises à l'occasion de la célé-
bration de rites funébres annuels » *).

Nell'accingermi a scrivere nuovamente sul fragmentum Tuder-
tinum, intendo rendere omaggio alla memoria dell'eminente studioso
recentemente scomparso, cui mi legavano sentimenti di affettuosa
amicizia.





















































*
LE





Il documento in questione, secondo la congettura del Mommsen,
si sarebbe dunque occupato della protezione delle tombe, in ogni
caso, anche stando alle poche parole superstiti del testo, certamente
di materia funeraria e questo già costituisce un elemento di indubbio
interesse per un orientamento sulla nostra questione. Ma che dicono
in proposito le fonti ?

Il loro silenzio, dalle origini dell'Urbe all'ultimo secolo della
repubblica, é pressoché assoluto. Come giustamente osservava il De
Visscher, disponiamo di indizi piuttosto vaghi, che hanno dato
luogo solo a delle ipotesi più o meno attendibili, come quella che
pone tutta questa materia sotto il controllo dei pontefici *). Altri
negano invece l’esistenza, nei tempi più remoti, di qualsiasi sanzione
civile o religiosa contro i violatori di sepolture, adducendo la povertà





























ANCORA SUL «4 FRAGMENTUM TUDERTINUM » Do



degli arredi funebri e il generale rispetto per i monumenti sepol-
crali, oltre l'uso piuttosto diffuso di incinerare i propri morti ?).

Recentemente, si é voluto addirittura attribuire ai pontefici,
quali interpreti di una pretesa ideologia della classe aristocratica
contraria a ogni credenza sulla vita dell'al di là, una lunga opposi-
zione a ogni misura protettiva delle tombe : tanto che l’actio de
sepulchro violato, la nota azione introdotta dal pretore nella tarda
repubblica, si dovrebbe al trionfo delle credenze plebee sulla immor-
talità dell'anima *). Ma il De Visscher *) ha fatto giustizia di tale
inverosimile tesi.

Per il periodo più antico il Morel **) cita una testimonianza di
Plutarco, secondo cui risalirebbe a Numa Pompilio un provvedi-
mento sulla sicurezza delle tombe. Abbiamo poi la iscrizione conte-
nuta nel lapis niger, la celebre stele arcaica del foro, riesaminata
recentemente dal Goidanich *), il quale, con qualche verosimiglianza,
vi intravede una lex sepulchri da mettersi in relazione con l'anti-
chissima necropoli del septimontium *). Se ne sarebbe occupato
anche il codice decemvirale. Ed é Cicerone ad informarcene. A pro-
posito della tavola decima egli scrive: « Postquam sumptuosa fieri
funera el lamentabilia coepissent, Solonis lege sublaía sunt. Quam
legem iisdem prope verbiis, nostri viri in decimam tabulam coniece-
runt » =), mentre altrove, parlando delle leggi di Solone, rileva il
largo sviluppo che vi ebbe il diritto sepolcrale : « de sepulchris autem
nihil est apud Solonem amplius quam : — ne quis ea deleat neve alie-
nam inferat — poenaque est — si quis bustum ... aut monumentum
— inquit — aut columnam violaret . . . »*). 'Trattasi tuttavia di rife-
rimenti di dubbia attendibilità, data la nota tendenza degli scrittori
romani, e dell'annalistica in particolare, ad anticipare iniziative e
avvenimenti legislativi.

Significativa è invece l'affermazione, sempre di Cicerone 1°),
«pontificio iure sanctitudo sepulturae» che farebbe pensare alla
esistenza di precetti pontificali in materia sepolcrale — « totaque
huius iuris compositio pontificalis magnam religionem caerimoniam-
que declarat » — tiene ancora a rilevare lo stesso scrittore 16) — anche
se non ci sono pervenute notizie precise al riguardo !°). In effetti,
il carattere di locus religiosus ?*) attribuito a ogni sepoltura, esi-
geva verosimilmente qualche norma protettiva atta ad impedire
tutti quegli atti che potessero comunque apparire di offesa e pro-
fanazione delle tombe stesse. Altrimenti non avrebbe senso e non
si comprenderebbe l’esclamazione di Cicerone «iam tanta religio













































54 MARIO DE DOMINICIS



est. sepulchrorum »?*) e l'altra «sepulchrorum sanctitas in
ipso solo est»?*). Inoltre la frase «religio est» e «religiosum
est » ci si presenta sinonimo di nefas, come appare da talune prescri-
zioni riguardanti il flamine di Giove «equo Dialem jlaminem vehi
religio esi » **) nonché dalle espressioni di Livio «lustrum condi reli-
giosum fuit »*) o «castra oppugnare ilerum religio fuit »®) e gli
esempi potrebbero continuare **).

Tutto questo, a nostro avviso, induce a supporre che sino dai
tempi piü antichi vi sia stato qualche intervento legislativo in ma-
teria sepolcrale, di cui proprio il documento Tudertino, e anche
sotto questo profilo appare la verosimiglianza della integrazione
mommseniana, costituirebbe una preziosa testimonianza. Siamo na-
turalmente nel campo delle ipotesi, seppure quanto mai probabili,
poiché per trovare qualche cosa di certo in tale campo dobbiamo
rifarci all’ultima giurisprudenza repubblicana, quando il reato di
violazione delle tombe — lo desumiamo dallo stesso Digesto —
appare perseguibile, per via civile, con l’interdetto quod vi aut clam,
il quale poi, come è noto, non si basava su un delitto contro il patri-
monio, ma sulla trasgressione di un ordine del magistrato. Dichiara
Ulpiano in D. 47, 12, 2 (Libro XVIII ad edictum praetoris) : « Si
sepulchrum quis diruit, cessat. Aquilia ; quod vi aut clam agendum
eril ; el ita de slatua de monumento evolsa Celsus scribit ». E le fonti
ricordano l'ipotesi di chi terram congerat nel sepolcro altrui **) e vi
immetta stillicidio ovvero statuam evelli ?*). Inoltre, a protezione
di un luogo religioso, era possibile opporsi a nuove opere, sempre
che non fossero state ancora eseguite, come risulta dall’interdetto
«Quod in loco sacro religiosove »*?) agendo contro chiunque «sive
iure sive iniuria opus faceret » **).

Ma la tipica azione per tali illeciti era quella prevista dall'ap-
posito editto de sepulchro violato e cosi formulato : « Cuius dolo malo
sepulchrum violatum esse dicetur, in eum in factum iudicium dabo,
ut ei, ad quem pertineat quanti ob eam rem aequum videbitur, condemne-
tur : si nemo eril ad quem pertineat sive agere nolet : quicumque agere
volet, ei centum milium sestertium actionem dabo, si plures agere
volent, cuius iustissima causa esse videbitur, ei agendi potestalem fa-
ciam. Si quis in sepulchro dolo malo habitaverit aedificiumve aliud,
quam quod sepulchri causa factum sit, habuerit, in eum, si quis eo
nomine agere volet, ducentorum milium sestertiorum iudicium dabo » **).

Con questa azione si mirava dunque a punire non solo qual-
siasi atto compiuto in danno delle tombe ma anche quelli che,











ANCORA SUL «FRAGMENTUM TUDERTINUM » 55



come l’habitatio, ne alterassero la originaria destinazione. Era inol-
tre infamante *°) ed aveva carattere popolare. Mancando cioè il
titolare del ius sepulchri o in caso di sua inerzia, essa apparteneva
a qualunque cittadino, a quivis de populo. Prescindendo qui dalle
numerose e discusse ipotesi cui ha dato luogo il testo edittale rife-
rito, circa la storia di tale azione *), interessa rilevare, che, se ve-
niva promossa dal titolare del ius sepulchri o da altra persona diret-
tamente interessata, dava luogo a un’azione concepita in bonum et
aequum, per cui l’attore poteva ottenere quanti ob eam rem aequum
videbitur, vale a dire una piena riparazione del danno sofferto, sta-
bilito con piena discrezionalità dal giudice, sulla base delle modalità
del fatto e di ogni altro possibile elemento di valutazione *?).

In tutti gli altri casi, si aveva invece la comminazione di un'am-
menda fissa di 100 aurei e di 200 contro chi abitasse o costruisse
in luogo dedicato a sepoltura — nel periodo classico rispettivamente
100.000 o 200.000 sesterzi — e ne appare chiara la ragione. Non
avendo il delatore estraneo ricevuto alcun pregiudizio dall'atto che
denunciava, ció che portava a escludere qualsiasi intervento del
giudice, la condanna si risolveva in effetti in un premio per l'attore
popolare e in una pena per il reo.

Esistono notevoli incertezze per la determinazione del periodo
cui risalirebbe questo particolare sistema di condanna pecuniaria.
E stato persino supposto che sarebbe posteriore ai Digesta di Giu-
liano *), ma il De Visscher *) ha dimostrato l'infondatezza di una
tale ipotesi. Del resto la stessa data dell'editto de sepulchro violato
è fortemente controversa, pure ammettendosi che la relativa azione
deve forse considerarsi la più antica tra quelle popolari **). Sta di
fatto che funzione preminente dell’actio de sepulchro violato — e
questo ci preme rilevare — non era il risarcimento di un danno pa-
trimoniale, bensì la riparazione di un’offesa e pertanto l’azione
stessa va collocata tra quelle vindictam spirantes *°), ciò che importava
la comminazione di una poena, cioè in senso tecnico, di un'ammenda
fissa, come avveniva per tutti quegli atti che costituivano iniuria.
Mi limito a ricordare l’actio de posito et suspenso, concessa a quivis
de populo contro l’habitator di un qualunque edificio, nella eventualità
che qualche cosa facente parte del fabbricato stesso o ivi poggiata,
cadendo, avesse procurato danno a persona libera : per il presunto
responsabile era prevista una pena fissa di 10.000 sesterzi.

Dell'actio de sepulchro violato scrive Giuliano: «non ad rem
familiarem, sed magis ad ultionem pertinet »**) e Papiniano : « neque









c —

ra

56 MARIO DE DOMINICIS



id capiatur quod in rei persecutione, sed in solo vindicta sit composi-
tum »**). Infine Ulpiano rileva: « Haec actio poenam el. vindictam
quam rei persecutionem continet » **). Tutto questo va tenuto presente
e d'altra parte costituisce una premessa necessaria e indispensabile
per un approfondito esame del fragmentum Tudertinum.

x

Ecco ora il testo dell’insigne documento giuridico pervenutoci
purtroppo gravemente lacunoso, come si può leggere nella celebre
tavola di bronzo, attualmente conservata nel Museo nazionale di
Napoli *?) :

« .. ritium comprehensumve est uti dentur p(opulo) R(omano)u,
eorum qui quoque anno inferiarum sacri
... andam adíiribuendam curent.
... lel, agito facito, neve quid adversus hanc rog
...t sciens d(olo) m(alo), ei mulla esto XS X, eiusque pecuni
populi iudicio pelere vel in sacrum iudicare licet
huius rogationis ergo fecerit, quodve ex earum
... on fecerit, id ei fraudi multae poenae ne esto
... ationi obrogato neve de ha rogatione derogato
... Ssionem
factum non erit. Quod aliter rogatum e
h(ac) l(ege) n(ihilum) r(ogatur) 4).

m
bd © c 00 -1oO0»0 u&IbN-

dd

Intanto la frase iniziale « (Qui) ritium comprehensumve uti den-
tur p(opulo) R(omano)» va intesa come un evidente richiamo a
precetti romani, che si vollero prendere a modello di legislazione ed
estendere all'importante centro umbro di Todi *), secondo la prassì
costituzionale del tempo, mediante una lex coloniaria, i| cui testo
figurava appunto nella nostra tavola. L'ipotesi dell’Huschke 4) che
il titolo epigrafico riproducesse invece una legge romana, può con-
siderarsi ormai definitivamente abbandonata. È stato anche notato
che l’uso del presente «uli dentur p(opulo) R(omano) », adoperato
per il riferimento alle particolari norme legislative romane, parrebbe
indicare che queste fossero ancora in vigore al tempo in cui ebbe
a operare il legislatore 'Tudertino — l'età di Augusto secondo il
Mommsen *) — perché, diversamente, troveremmo nel documento
l'imperfetto «uti darentur »**). Ma il rilievo non ci sembra troppo
fondato ‘°) e comunque ha scarso interesse per la nostra ricerca.





ANCORA SUL «FRAGMENTUM TUDERTINUM » DI



È dunque certo che siamo di fronte a una legge coloniaria, e
questo già suggerisce, di per sé, una prima considerazione : e cioè
che le norme in questione, interessando comunità diverse e lontane,
dovevano rivestire carattere piuttosto attuale e riguardare inoltre
una materia di interesse generale, oltrechè di qualche importanza.
Ciò porta senz'altro a dubitare dell’ipotesi del De Visscher, secondo
il quale, come abbiamo riferito, il nostro documento si sarebbe
esclusivamente occupato di pretese irregolarità in occasione della
celebrazione di riti funebri annuali, materia che, a parte il contenuto
piuttosto oscuro, appare subito di scarsa rilevanza e, in ogni caso,
non tale da giustificare il duplice intervento del legislatore di Roma
e di quello coloniario.

La congettura del De Visscher, la quale poggia evidentemente
sulle parole della 1 2 inferiarum sacri, dà quindi luogo, per
lo meno, a molte perplessità. Le inferiae vel parentalia *°) erano, è
vero, cerimonie di larga diffusione, strettamente connesse con il
ius Manium **) celebrate, sappiamo, talvolta ogni due mesi **),
quasi sempre in giorni fissi « die natalis et rosalionis et violae et paren-
talibus », come viene precisato in CIL., VI, 10248 *°). Indubbiamente
anche lo svolgimento di tali speciali cerimonie veniva ora sotto-
posto alla particolare vigilanza di un magistrato locale, designato
annualmente — quoque anno si dichiara nel testo — ma la sua
competenza non ci sembra potesse limitarsi a questo ristretto set-
tore, di importanza secondaria, ma anche estendersi, come è stato
supposto dal più grande trattatista del diritto pubblico romano 9),
a tutta la materia funeraria. Di qui l'attendibilità della sua rico-
struzione « ob iura sepulchrorum violata» *?) che giustificherebbe non
solo la recezione di una norma del diritto ufficiale di Roma nello
statuto municipale dell'antica Tuder, ma anche il ricorso alla spe-
ciale procedura della in sacrum iudicatio, ricordata nella
l. 2 del testo.

Le fonti nulla purtroppo ci dicono sulla iudicatio in
sacrum di cui é pure cenno nella lex Silia de ponderibus publi-
cis 5), secondo l’Haubold dei primi anni del sesto secolo ** anche
se verosimilmente è da mettere in relazione con quel plebiscito,
cui accenna Cicerone, che vietava la deductio in sacrum di proprietà
private iniussu plebis **). Doveva tuttavia trattarsi di giudizi extra-
legali promossi, almeno nei tempi piü antichi, da magistrati della
plebe o municipali appositamente designati — cosi il dicator,
provvisto del ius dicandi e preposto alla custodia del bosco sacro









58 MARIO DE DOMINICIS

che ricopriva il suggestivo Monteluco, a ridosso dell'antica Spole-
tium, come apprendiamo dall'apposita ler Luci, documento della
prima metà del sesto secolo 5) — e diretti a punire tutti quegli atti
che comunque violassero norme sacrali e religiose. Caratteristica di
tali giudizi era la destinazione in sacrum delle somme prove-
nienti dalle sanzioni comminate, analogamente del resto a quanto
avveniva per le ammende inflitte dai tribuni della plebe che, per un
lungo periodo, come dichiarano concordemente le fonti °°), andavano
alla cassa del tempio di Cerere. Da rilevare che una destinazione
pressochè analoga, ricorre ancora nella lex coloniae Genetivae Iuliae,
si badi bene, del tempo di Cesare, con tutta probabilità del 44 a. C. 59).

Il sistema punitivo, che troviamo adottato dal legislatore Tu-
dertino, offre d’altra parte interesse anche per la sua articolazione
nella forma di una alternativa : comminazione o di una multa fissa
di 10.000 sesterzi 5°), come viene precisato nella l. 5, senza dubbio
per via civile, ovvero con cifra arbitraria, mediante procedura pe-
nale *?) e con eventuale provocatio al popolo. Ne consegue che la
multa fissa, prevista nella statuizione Tudertina, richiamando il con-
cetto di iniuria, di cui abbiamo parlato sopra, viene implicitamente
a caratterizzare il reato che si voleva punire, facendolo apparire per
lo meno della stessa natura di quello perseguito dal pretore con
l'editto de sepulchro violato. E ciò costituisce un indubbio elemento
positivo a favore della ricostruzione mommseniana del nostro
testo.

Ma a chi spettava la petitio della multa fissa ? Il documento
ci è giunto così gravemente lacunoso che anche qui dobbiamo limi-
tarci a delle ipotesi, naturalmente basandoci sulle più verosimili
proposte di integrazione del nostro testo : quella sostenuta dall’au-
torità del Mommsen «... qui volet magistratus petitio esto, aut quan-
lae pecuniae magisiratus eum mulíabit tantam pecuniam vel po-
pulls TEdrocro petere vel in sacrum iudicare
licet (0)...»*) e l'altra del Voigt «... qui volet petitio hac lege
esto. Si quis magistratus multam irrogare volet quantam volet p o-
Pull '.(Gdiviò petere vel in vaeram iudicare
Dot 1i.

Secondo dunque il Mommsen questa petitio sarebbe spettata al
magistrato, mentre per il Voigt a quivis de populo *).

La questione, che offre notevole interesse anche per la nostra
ricerca, va peraltro esaminata con metodo comparativo, cioé sulla
base di altri documenti, più o meno contemporanei, che possono











ANGORA SUL «FRAGMENTUM TUDERTINUM » 59

offrire qualche analogia con il frammento Tudertino. Ci si presenta
per primo la lex Luci Spoletini, cui abbiamo piü sopra accennato,
e appartenente alla stessa terra umbra. Essa stabiliva per i violatori
del bosco sacro, un sacrificio espiatorio in onore di Giove « Iove
Bovid piaclum datod », per chi invece «scies / vilasit dolo malo, |
Iovei bovid piaclum | datod et a(sses) ccc | moltai suntod . . . », la cui
petitio spettava al dicator, l'apposito magistrato preposto alla sor-
veglianza del luogo. Dichiara infatti la lex Luci: « eius piacli mol-
laique dicator(ei) exaclio | est(od) » **).

Nella nota Tabula Bantina **), la quale fu nel passato oggetto
di vivaci dispute osserviamo che il testo redatto in lingua osca,
riproducente lo statuto municipale dell’antica Bantia, in Lucania,
probabilmente opera dei commissari romani incaricati della organiz-
zazione di questo territorio, attribuiva a qualunque magistrato la
petitio della multa ©). Uguale procedura figura nel frammento della
analoga legge romana, quasi sicuramente un plebiscito, riprodotta
nell'altro lato della tavola : «...eam pequniam quei volet magistra-
tus exigito . . . » *"). ]

Da osservare che il primo documento è posteriore al 180 a. Ci,
data della lex Villia annalis, di cui applica i precetti *), mentre
la legge romana va collocata tra il 133 e il 118 a. C., per il ricordo
che contiene dei «fres viri agris assignandis », da identificarsi nei
« tres viri lege Sempronia », i quali operarono appunto in tale periodo
durando sino al 118 a. C. **).

Offre indubbiamente maggiore interesse la lex Luci Lucerina,
dei primi decenni del sesto secolo ?°), il cui testo ci è pervenuto
attraverso un documento epigrafico, oggi disgraziatamente perduto.

Essa proibiva il deposito di immondizie, il seppellimento di
cadaveri e la celebrazione di sacrifici funebri in un bosco sacro di
pertinenza dell’antica colonia di Lucera nell’Apulia, statuendo :
«sei quis arvorsu hac fazit, (ceivium / quis volet pro Joudicatod n(u-
num) | manum inieclio estod. Seive mac(isteratus) volet moltare, (li)-
celod » *").

Troviamo qui il più remoto esempio di concorso di multa arbi-
traria dicta o inrogata dal magistrato e di una multa fissa, il cui
ammontare sarebbe andato, a parere del Mommsen ®) all'erario
o, secondo noi, più verosimilmente al delatore come anche suppone
il Bruns *).

Merita pure rilievo la menzione, nell'antichissimo documento,
forse anteriore alla lex Vallia ), della «manus íniectio pro iudi-















60 MARIO DE DOMINICIS

cato », che offre qualche orientamento per stabilire approssimativa-
mente la data dell'importante legge di cui parla Gaio '*).

Ma l'elemento che maggiormente interessa, è il carattere po-
polare di questa azione. «Quis volet», cioé qualunque cittadino
poteva prendere l'iniziativa per l'applicazione della sanzione che
la nostra legge forse stabiliva nella misura di 50 sesterzi **).

Lo stesso trattamento processuale ricorre nel fragmentum Me-
diolanense, conservatoci gravemente lacunoso in CIL., I, 1502.
Nulla, é vero, possiamo dire con sicurezza sul contenuto e l'età
di questo titolo epigrafico, ma esso è il documento che meglio può
orientarci nella questione in esame perché, malgrado le gravi lacune,
l'analogia con il frammento Tudertino, relativamente al regime pro-
cessuale della multa, come ebbe già ad osservare il Fadda ??), è piut-
tosto stretta per l'evidente rassomiglianza dei due testi. Anche il
Mommsen mostra implicitamente di ammetterla poichè, per la inte-
grazione del frammento Mediolanense, si vale di quanto, al riguardo,
dichiara quello Tudertino, senza peraltro applicare lo stesso criterio
analogico per la ricostruzione di quest’ultimo. Ecco i due testi messi
a confronto con le integrazioni proposte dal Mommsen **) :

fr. TUDERTINO fr. MEDIOLANENSE

«...ei multa esto XS X, eiusque | «... (ei mulla esto XS... eiusque
pecuni(ae quis volet ma- pecuniae) qui volet acli(o esto . . .
gistratus petitio esto, | eamque pecuniam vel) populi iudi-
aut quantae pecuniae magistratus cio (petere vel insacrum
eum mulíabit tantam pecuniam) judicare liceto)...».

vel populi iudicio petere vel in sa-

crum judicare liceto . . . ».

Mentre al « qui volet actio esto » del fr. Mediolanense, il Mommsen
fa seguire il diritto del magistrato di « petere populi judicio » o di
«iudicare in sacrum » che troviamo nel Tudertino e l'integrazione
appare del tutto convincente per la già rilevata affinità dei due testi,
non ritiene di introdurre, accanto alla multa inrogata della lex Tu-
dertina, la petitio a carattere popolare per la multa fissa contenuta
nel documento Mediolanense. La questione si ricollega invero a
quella più ampia delle lontane origini di tale procedimento e che
costituisce tuttora un punto piuttosto oscuro del diritto processuale
romano : perchè, in proposito, le fonti più antiche e quindi maggior-







ANCORA SUL «FRAGMENTUM TUDERTINUM » 61



mente attendibili, sono quelle pochissime e frammentarie che ab-
biamo sopra esaminato, di cui la più importante, a causa della sua
vetustà, è la lex Luci Lucerina, dove, lo abbiamo già rilevato, tro-
vasi affermato il principio della popolarità della nostra azione.

Pensiamo tuttavia che tra i documenti legislativi in questione
occorre distinguere quelli che presentavano un prevalente interesse
politico dagli altri i quali, come la lex Tudertina, contenevano parti-
colari precetti in materia religiosa o sacrale, basati sulle vetuste
tradizioni e sui mores maiorum *?). Ebbene, per quest’ultimi, è vero-
simile supporre che qualunque membro della comunità cittadina
potesse, anzi fosse tenuto a operare, promovendo le azioni del caso
per l'applicazione delle sanzioni statuite dal legislatore. La ricostru-
zione del nostro testo, proposta dal Mommsen, non appare convin-
cente e ne abbiamo già detto le ragioni. È invece verosimile l’inte-
grazione del Voigt : « qui volet petitio hac lege esto. Si quis magistratus
multam irrogare volet quantam volet populi judicio petere ...». Ecco
quindi ancora un elemento a favore della ricostruzione Mommse-
niana in esame, in quanto proprio la popolarità caratterizzava le
azioni de sepulchro violato *") e quelle successive, peraltro di natura
essenzialmente privata, per l'applicazione delle multe sepolcrali :
« Cuilibet de populo ...» si ammonisce in varie epigrafi *). È vero
che queste attestazioni si riferiscono a un’epoca più tarda. I primi
esempi di multe sepolcrali che, inizialmente, potevano raggiungere
un massimo di 100.000 sesterzi **), risalgono infatti alla metà circa
del secondo secolo *). Piü anteriore è da ritenere CIL., VI, 8518,
relativo a un liberto di Antonino Pio.

Tuttavia è assai probabile che il principio della popolarità
dell’azione «ob iura sepulchrorum violata» affermato nei docu-
menti epigrafici, riproducesse il sistema procedurale dei tempi più
antichi. Forse nemmeno è del tutto da escludere che queste multe,
riguardanti i sepolcri familiari 8), comparvero e si consolidarono nella
prassi giuridica del tempo, proprio quando le vetuste sanzioni sa-
crali in materia sepolcrale caddero completamente in disuso. L'ipo-
tesi tuttavia del Mommsen #5), che vorrebbe far risalire la loro ori-
gine, per l’Italia a un lontano senatoconsulto e a diverse costituzioni
imperiali per le varie provincie, per quanto suggestiva, trova un
grave ostacolo nel silenzio quasi assoluto delle fonti su tali pretesi
interventi legislativi 8°).

Non mancano, è vero, esempi di iscrizioni dove si invoca una
lex per rendere più efficaci taluni divieti, come quello di non cedere











62 MARIO DE DOMINICIS




ad altri « ne de nomine exeat familiae suae »**) il ius monumenti **),
ma trattasi di ler privata, cioé di manifestazioni di volontà dello
stesso fondatore del sepolcro. Troviamo così: «...se quis volun-
tati meae contenderit » 8°), « . . . contra voluntatem meam fecerit . . . » **),
«...contra hanc inscriptionem fecerit . ..» *), «... adversus hanc
scripturam fecerit...» *??), «... adversus ea quae suprascripta sunt
2.» 9), «... eruperit legem praeteriti mei...» *). Qualche raro
titolo epigrafico, come CIL., VI, 10235, dove il de cuius si richiama
alle norme «...quae in lege continentur . . . » **), specie se collegato
con la chiara precisazione «... lege publica uti liceat . . . » che figura
ad esempio in CIL., VI, 9404°), potrebbe, a prima vista, anche
far pensare a un’antica legislazione, in tema di iura sepulchrorum,
ma si tratta seppure di indizi quanto mai incerti, che non consen-
tono la formulazione di alcuna seria ipotesi. Nessun elemento — dob-
biamo ammettere — viene quindi alla nostra questione da un esame
obbiettivo del materiale epigrafico in nostro possesso.

*
*ok

Un ultimo punto, cui dobbiamo accennare, perché anche con-
nesso con lo studio della legge in esame, è quello della destinazione
delle multe che vi si comminavano. In proposito le nostre cognizioni
debbono esclusivamente basarsi sulla parte finale del testo «vel
populi iudicio petere vel in sacrum iudicare liceto », che abbiamo
più sopra esaminato ma da un punto di vista strettamente processuale.

Secondo noi, le due espressioni starebbero intanto a indicare
non già l'appartenenza del documento all'età di Augusto, come sup-
pone il Mommsen *?, senza peraltro darne alcuna giustificazione
— e nessuno poi, che io sappia, si è più curato di indagare al ri-
guardo — ma a un periodo più antico, che ci appare come di transi-
zione. Perchè, accanto al principio nuovo, che finirà per prevalere,
dell’attribuzione di tutte le multe in publicum, cioè all’erario, si
ammetteva ancora, con la iudicatio in sacrum, la validità di talune
vetuste norme di carattere religioso e sacrale. Ed è in base a tale
interessante particolare che il nostro testo va riportato un po’ indie-
tro nel tempo, verosimilmente alla metà circa dell’ultimo secolo
della repubblica, cui pure risale la lex coloniae genetivae Iuliae che,
come é stato già rilevato, stabiliva una destinazione tutta speciale
per le ammende inflitte dai propri magistrati.

Siamo inoltre propensi a supporre, e per varie considerazioni,
che l'eventuale delatore, molto verosimilmente quivis de populo,

t











ANCORA SUL «* FRAGMENTUM TUDERTINUM ) 63

come ritiene il Voigt, ricevesse una parte delle ammende comminate.
In proposito non solo la lex luci Lucerina forse prevedeva questo
trattamento, almeno nei casi di applicazione della pignoris capio
stragiudiziale **), ma la c. d. lex rivi incerta, diretta a punire coloro
i quali inquinassero le acque del rivo che si voleva proteggere, dichia-
rava esplicitamente : « delatoris pars dimidia esto » **). Altra circo-
stanza di rilievo é che l'intiera colonia doveva tenere al rispetto
delle proprie norme statutarie promovendo la denuncia delle even-
tuali infrazioni, con la promessa di un adeguato e sicuro premio.

Tanto piü che, in seguito, con l'apparire delle multe sepolcrali,
proprio per stimolare un po' l'interesse di tutti alla loro applicazione,
troviamo affermato il principio che una parte di esse, generalmente
un quarto, andava al delatore. « Delator quartam accipiat » ripetono
concordemente alcuni testi epigrafici !°°) e non è da escludere che
tale principio, ricollegandosi a un’antica prassi, fosse già accolto
dal legislatore Tudertino, anche se le sue statuizioni sono rimaste
in gran parte mute per l’opera distruttiva del tempo. Tuttavia i
pochi frammenti superstiti, di qui l’importanza del nostro docu-
mento, ci danno qualche spiraglio di luce su uno dei più oscuri
problemi legislativi dell'antichità, quello della protezione legale delle
tombe : e nel senso di fare apparire estremamente probabile la resti-
tuzione della parte iniziale del nostro testo «... Quae poenae ob
iura sepulchrorum violata cautum iure Quiritium . ..» proposta dal
Mommsen e già accettata da insigni studiosi tra cui il Fadda, che
ne fa un presupposto quanto mai verosimile per svolgere talune sue
acute argomentazioni sulla natura dell’azione popolare 1%).

MARIO DE DomINICIS

NOTE

1) Sulla distinzione dei « sepulchra » in D. 11, ?, 5, in «Annali dell’Uni-
versità di Perugia», vol. XXXXII, 1933, Serie V, IX, pp. 53-97, le cui con-
clusioni, risultato di un faticoso esame di tutto il materiale epigrafico esi-
stente, vennero poi riassunte dall’ArangGIo Ruiz in SDHI, fasc. II, 1936,
p. 504.

) CIL., I, 1409; Bnuws, Pontes, p. 157 sg.; MoMMSsEN, Strafrecht,
p. 814, n. 6 ; Droit Pénal, III, p. 130, n. 9.

*) CIL., XI, 4632. Cir. VorGT, Berichte de l'Académie de Saxe, 1890,
Di 209.

*) RiDA, 1956, p. 183 sgg.













64 MARIO DE DOMINICIS

*) Le droit des tombeaux Romains, 1963, p. 143.

*) Bruns-ScraLoIA, 142; MoMMsEN, Ges. Schriften, III, p. 2045: 0
FERRINI, Opere, IV, p. 2; DULL, Festschr. Schulz, 1 (1961) p. 19.

?) G. Gronar, Le mulíe sepolcrali in. diritto romano, 1910, p. 2. Sul rito
dell'incinerazione presso gli antichi popoli di civiltà mediterranea, cfr. A.
PiGANIOL, Essai sur les origines de Rome, 1917, p. 70 sgg.

8) F. CAsAVOLA, Studi sulle azioni popolari romane, 1958, p. 85 sgg.

*) Op. cit., p. 144, n. 18.

») MonEr, Le «sepulchrum », in « Annales de l'Univ. de Grenoble »,
1928, p. 94.

1) GorpanIcH, Rapporti culturali e linguistici tra Roma e gli Italici in
« Atti Acc. Italia», cl. Sc. Mor., 2 (1943), p. 316, 467 sgg.

1?) L'ipotesi del De Martino (Storia della costituzione romana, I (1951)
p. 67) che la stele contenesse invece norme per assicurare il transito e la
praticabilità nella zona del foro, dove si trovavano gli antichi pozzi, per
quanto interessante, ci lascia piuttosto perplessi.

1) De leg., 1l, 25, 64.

4) Op; cit; Il; 26. 54.

5) Phil., 9, 6, 14 ; De rep., 4, 8, 8; De leg., 2, 19 ; 47, 21 ; 54, 22, 55.

Y) De leg., II, 55.

7) In proposito cfr. PrArr, Sepulchri violatio, in PWRE, 2, Reihe, 2,
1625 (1925); BoucHé-LEcLERQ, Les Pontifes de l’ancienne Rome, p. 196;
Couvet, Le droit pontifical chez les anciens Romains, p. 77. È certo in ogni
caso che gli edili dovevano pure esercitare qualche sorveglianza sulle tombe
(CIL., VI, 12389; Dessau, 8388; Fira, III, 85 f.) in connessione con
la loro specifica funzione di controllare la regolarità dei funerali dal punto
di vista delle leggi sumptuariae (CIL., VI, 1375; Dessau, 9172; Gic.,
Phil., 9, 7, 17; Ovid., Fastes, 6, 663). Sul primitivo carattere sacerdotale
della edilità cfr. D. SABBATUCCI, L’edilità romana: Magistratura e Sacer-
dozio, « Atti d. Acc. Naz. d. Lincei», Memorie, cl. S. Mor., s. VIII, vol. VI,
1954, p. 311 sgg.

5) Cfr. DE VisscHER, Locus religiosus, in «Atti Congresso Verona»,
(1953), 3, p. 179 sgg.

5) De leg., II, 22, 55.

Phi IS 11

1) Fabius Pictor in Aulo Gellio, N. A., X, 15, 3 e 24.

m 11v, 2.23, t.

1 bv, 4,9024, 2.

) Cfr. Liv., 6, 27, 11: « Collegam suffici censori religio erat» ; 8, 3, 4:
« religio incessit . . . comitia habere » ; 10, 37, 16 : « ut aedem etiam fieri senatus
iuberet, bis eiusdem voti damnata republica, in religionem venit » ; 28, 15, 11:
« quosdam etiam religio ceperit ulterius quicquam eo die conandi » ; 39, 13, 12:
« nihil nefas ducere hanc sumunam inter eos religionem esse ».

8) D. 43, 24, 15, 2.







ANCORA SUL « FRAGMENTUM TUDERTINUM » 65



2) D. 47, 12, 2. Come è noto, non solo il monumento funebre e il suolo
su cui sorgeva, ma anche lo spazio sovrastante veniva considerato locus
religiosus e in caso di violazione, si poteva ricorrere a l'actio de violato sepulchro :
p. 43, 24, 22, 4 (Venuleius, Libro II interdictorum) « Si quis proiectum vel
stillicidium in sepulchrum immiserit, etiamsi ipsum monumentum non tan-
gerit, recle cum eo agi, quod in sepulchro vi aut clam factum sit, quia sepul-
chrum sit non solum is locus qui recipiat inhumationem, sed omne etiam supra
id coelum : eoque nomine etiam sepulchri violati agi posse ».

7) V. la ricostruzione in LENEL, Ep?. p. 456 sg.

E D.39, Ll 5, pr.

®) LENEL, Edictum, p. 228. È generalmente ammesso che la parte
finale relativa all'Aabitatio delle tombe debba considerarsi una successiva
aggiunta al testo originario. In questo senso si era già espresso DERNBURG,
Untersuchungen über das alter der einzalen Satrungen des prátorischen Edikts,
in Fest. Heffter (1873), p. 123 sgg. cfr. CASAVOLA, op. cit., p. 24, n. 1.

?) D. 47, 12, 1 (Ulpianus, Libro II ad Edictum praetoris) : « Sepulchri
violati actio infamiam irrogat ».

3)) Cfr. M. KasEn, Zum Ediktstil, Festchr. Schulz, II, p. 51, n. 14;
DE Visscuzn, Le droit des tombeaux Romains, p. 140 ; CASAVOLA, op. cit.,p. 24 sg.

®) D. 47, 12, 3, 8. .

3) CASAVOLA, Op. cil., p. 43.

9: DE VISSCHER, op. cit., p. 141 sgg.

8) Cfr. DE VISSCHER, 0p. cit., p. 142.

8) Cfr. DE VisscHER, Vindicta et noxa, Études de droit romain, I,
1931, p. 115 sgg., « Studi in onore di Bonfante », III, p. 238 sgg.

". D. 47, 12, 6.

8) D. 47, 12, 10.

) D. 29, 2,20, 5.

‘) Venne rinvenuta occasionalmente nel 1719, nei pressi del Tevere,
poco lontano dalla città umbra di Todi.

4) CIL., I, 1409; Bruns, Fontes?, p. 157 sg.; MowwsEN, Sírafrecht,
p. 814, n. 6; Droit Pénal, III, p. 150, n. 9.

«) L’antica Tuder (Splendidissima colonia, CIL., XI, 4659), compresa
nella sesta regione Augustea, i cui abitanti facevano parte, insieme con gli
Amerini, della tribù Clustumina. Cfr. Plin, n. h.: « ab Amerinis et Tudertibus » ;
Sisenna, hist., IV (Nonio v. iussus): « Tamen Tudertibus senati consulto et
populi iusso dat civitatem » ; Plut., de Crasso, c. 6: xol Y&p mÓóXxv 'Oufpuchy
Tovdepriav £AOv ÉBoEe rActovx vOv ypnukvov oosreploao9at xoà BvA7 91 vpóc Ze ;
Strab., 5, 2, 10: Toddep sbepx?c nóX ; Ptol, 3, 16, 47 : oppidum Vilumbro-
rum; Steph. Byz. s. v. «ó8spva móXuc *vpnvvixt, ou8evépoc. Tó “Edvwixdv Tudeprivoc.

V. anche il mio studio L'Umbria nell’ordinamento della Dioecesis Ita-
liciana in « Annali dell'Università di Perugia», vol. LIX, 1949-50.

5) HuscHKE, Die multa und das sacramentum in ihren verschiedenen
Anwendungen, 1874, p. 177.











66 MARIO DE DOMINICIS

«y GIL, I; 1409.. Gfr. BRUNS, 01. 6;

4) MOoREL, op. cit., p. 108.

*) Sulla questione della desuetudine della legge nel diritto romano, cfr.
Scnuuzz, Principii, p. 75.

5) Cfr. MARQUARDT, Staatsverw, 3, p. 312.

«) Fest., ep. p. 112. Cfr. Tac, hist, 2, 95; Suet., Calig. 15; Catull, 101,
18; Aul Gell, N. A. 19, 8,43,

4) D. 40, 4, 44.

9) Cfr. CIL., 9626, 10239; V, 2072, 4489, 5272. In occasione di tali
celebrazioni e per antica consuetudine si usava versare sulla tomba acqua
(Fest., ep. p. 11), vino (Fest., p. 2623, 15 ; Virg., Aen, 5, 77, 98), latte caldo
(Serv., Aen. 3, 67), miele (CIL., XI, 1420), olio (Arnob. 7, 20) e sangue delle
vittime, di regola pecore nere (Virg., Aen. 3, 67; 5, 96 ; Arnob., 7, 20), con
largo uso di profumi e incensi (Propert., 4, 16, 23). Anche i fasti menzionano
sacrifici celebrati nell'anniversario della morte di personaggi appartenenti
alla casa imperiale. Sappiamo cosi che il 14 settembre avevano luogo le
Inferiae Drusi Caesaris (CIL., VI, 3493 ; cfr. Tac., Ann. 3, 5), il 10 ottobre
le Inferiae actae ob excessum Germanici (Fasti Ostiensi, CIL., XIV, 244).
Cfr. MARQUARDT, l. c.

My) CIE. 1409;

*) Da rilevare che il DE VisscHER (Le droit des tombeaux Romains,
p. 143), mentre respinge l’integrazione del Mommsen, senza peraltro precisarne
troppo i motivi, non si cura di proporne un’altra a giustificazione del suo
diverso punto di vista che, anche per questo, appare poco attendibile.

5) Fest., v. Publica pondera : « Eum qui volet mag. multare dum minore
parti familiae taxat liceto : sive quis in sacrum judicare voluerit, liceto ».

4 Cfr. BRUNS, Pontes ', p. 46, 3.

55) Cic., De domo, 49, 127.

MJ) FIRA, 8, 715;

5) Div, 10; 33, 135 275 6; 10: 25 36:9: 30, 30,9; 33; 25, 3; 33, 42,
10:5:38;.35; 24, 16; 19 ; Tac., Ann. 2, 405 Vell. Pat. 1, 14 ; Varr., De I. 1l. 5,
158; Ovid hasb 5, 287.

5) V. Pl'esauriente commentario del Mommsen in CIL., II, 5439, ristam-
pato in Jur. Schrift. I, p. 206 sgg.

5) Il termine di multa o ammenda, con cui vengono indicate queste
pene, secondo il Mommsen (Strafrecht, p. 816, trad. Duquesne, III, p. 133), sa-
rebbe del tutto improprio ed anzi estraneo alle nostre fonti. Va tuttavia osser-
vato che esso già ricorre nella nota formula attribuita a Catone (Aul. Gell., N. A.
6, 3, 37) « mille minus dimidium familiae multa esto », nonché nella lex Osca tabu-
lae Bantinae (BRuNs-MoMMSEN, p. 50 sg., 1. 11-12 : mulía esto) e infine nella lex
luci Spoletini (BRuNs-MoMwsEN, p. 251: moltai suntod : eius . . . moltai exactio).

*') Cfr. MoMMSEN, Droit public, I, p. 206; Strafrecht, pp. 1016-1019 ;
GinanD, Histoire de l'organisation judiciaire des Romains, 1901, p. 266, n. 3.

vu) CIL. Xl, 4632.













ANCORA SUL « FRAGMENTUM TUDERTINUM » 67

mL c.

6) Cfr. CASAVOLA, op. cit., p. 29.

s) Sul dicator della lex luci Spoletini, cfr. RupoLpHi, Stadt und Staat
in ròm. Italien, 1935, p. 13 sg.

ID. GIL. I, p. 46 sg.

*) Bnuws, Fontes *, p. 50 sgg. ll. 12, 13, 18, 27.

*) FrRA, I, 6, p. 82.

9) Cfr. KrincHorr, Síadtir. v. Bantia, p. 90 sg.

9*) Cfr. MoMMSEN in CIL., I, p. 45 sg.

?) Cfr. MowMSsEN in Eph. ep. II, p. 198.

©) CIL., IX, 782; Fira, 3, 71B. Troviamo analoghi divieti in un
documento dell'ultimo secolo della repubblica, il sc. de Pago Montano (Fira,
I, 39), nel campo Esquilino, una vasta area di cui è ricordo in Frontino (de
controv. agr., Lachmann, 55, 8), dove si trovava una necropoli per la plebe
e gli schiavi (Hor., Saît. I, 8, 8; Epod. 5, 99). Vi erano anche gettati i cada-
veri dei giustiziati, che rimanevano insepolti. Tutta questa zona, triste e
insalubre, venne poi trasformata in orti e giardini da Mecenate, che vi costruì
anche il proprio auditorium, tuttora esistente (Phorphyrion, 7). La necropoli
in questione, simile a quella che si stendeva nei pressi di Porta Collina (Cic.,
de leg. II, 23, 58: « Nostis extra portam collinam aedem Honoris ; aram in
eo loco fuisse memoriae proditum est; ad eam quom lamina esset inventa
et in ea scriptum lamina: « Honoris », ea causa fuit, ut aedis haec dedica-
retur. Sed quod multa in eo loco sepulchra fuissent, exarata sunt; statuit
enim collegium locum publicum non potuisse privata religione obligari »),
si presentava come un grande agglomerato di puticoli, con culinae per epules
funebres e forse con un tempio al centro, come parrebbe potersi desumere
dalle parole : «...sacr..../ Montanus... (cfr. Boll. arch. com., XII, p. 40).
Gli atti proibiti: «... neive ustrinae in / eis loceis regionibusve, nive foci
ustrina(e) caussa fierent, nive stercus terra(m)ve intra ea loca fecisse conie-
cisseve veli(t) / quei haec loca ab paago Montano . ..», sono quasi gli stessi
di quelli previsti dalla lex luci Lucerina, con la differenza che, sull'Esqui-
lino, era anche vietato l’uso di ustrinae e persino di foci ustrinae causa. Cfr.
CoLLineT, Études sur la saisie privée, 1893, p. 56 sgg. Alle norme del sc. fa
riferimento l'Edictum praetoris de campo Esquilino, inciso su un cippo ter-
minale rinvenuto nella stessa zona e verosimilmente del periodo sillano (cfr.
MomxwsEN, Rom. Miinzwesen, p. 579). Il pretore Lucius Sentius, forse il trium-
viro monetale del 668 prescriveva : «... Nei quis intra / terminos proprius
/ urbem ustrinam | fecisse velit, neive | stercus cadaver | iniecisse velit . . . »
(Fira, I, 39).

Il LANCIANI, che fu mio Maestro nella vecchia « Sapienza » romana,
instancabile ricercatore e interprete quanto mai felice dei più diversi docu-
menti epigrafici, amava ricordare di essere riuscito a decifrare, nello spazio
tra l’ultima linea di questo titolo epigrafico e il piano del terreno, l’espres-
sione « Stercus longe | aufer, | ne malum habeas » di difficile lettura perchè













68 MARIO DE DOMINICIS

scritta in minio ormai quasi del tutto scolorito dal tempo. Cfr. Boll. Arch.
com., X, p. 159, n. 558 e XII, p. 59 sg. ; v. pure MouMsEN, CIL., VI, 3823.

m Lc

7) BmRuws, Kl. Schr., II, p. 305 sgg.

7) Cfr. Bnuws, l. c.

75) Gar., IV, 25.

*)) Cfr. MoMMSEN, Ll. c.

7) FApDA, L'azione popolare, p. 9.

*5) Cfr. Bruns, Fontes, p. 157 e 119.

") Cfr. GIRARD, 0p. cit.; pi 2/0, n.d.

9) Cfr. FADDA,- 0p. cil. D. JÀ6:

8) Cfr. CIL., V, 8304; VI, 10219, 26488, etc.. Sulle multe sepolcrali
cfr. HuscHKE, Mulía und sacramentum, pp. 315 sgg. ; MowMsEN, Zum Ró-
mischen Grabrecht, Gesammelte Schriften, III, pp. 198 sgg.; Droit Pénal
romain, III, pp. 130 sgg.; Droit public, III, p. 79 sg.; MERKEL, Über die
sogenannten Sepulcramulten, Festgabe f.R.v. Ihering, 1892, pp. 79 sgg.;
FERRINI, Opere, IV, pp. 12 sgg.; ScrALorA, Teoria della proprietà, I, 1928,
pp. 179 sgg. ; Gronar, op. cit.,; ALBERTARIO, Studi di diritto romano, 1941,
pp. 61 sgg.; DE VisscHER, Les peines sépulchrales, Festschrift H. Lewald,
1953, pp. 175-184; ArangIo Ruiz, Fira, III, p. 257 sg.

8) Cfr. CIL., VI, 10848. Più tardi si comminarono multe sino a un
massimo di 1.200.000 sesterzi. In CIL., esse variano da 2500 a 500 denari.
Talora potevano anche consistere in solidi, libbre, oncie d’oro e d’argento.
Cfr. Mommsen, Gesammelt Schriften, III, p. 198 sg.; DE VisscHER, l. c.

$) La piü antica delle latine è CIL., X, 6707, del 167 d. C., rinvenuta
nel territorio Anziate : delle greche é quella di RAodiapolis del 152 d. C., men-
tre le più tarde appartengono ai primi decenni del sesto secolo, come ad es.
CIL., III, 9526, proveniente dalla Dalmazia, del 517 d. C.

*: La distinzione dei sepulchra in familiaria ed hereditaria, tema tuttora
controverso, puó cosi riassumersi; il ius sepulchri familiaris apparteneva
a tutti i membri della famiglia, anche se non eredi e questo, oltre che da
Gaio (D. 11, 7, 5) e da D. 37, 10, 11, puó indirettamente desumersi da D.
29, 2, 20, 5. I sepulchra hereditaria spettavano invece agli eredi, senza che
per essi fosse richiesta la qualità di familiares. Cfr. AvBERTARIO, Sepulchra
familiaria e Sepulchra hereditaria in Filangieri, XXXV (1910), p. 49 e sg. ;
Studi di diritto romano, II, pp. 1-27. V. anche il mio studio citato alla nota 1.
Il Grona: (op. cit.) non tiene conto della importante circostanza che le iscri-
zioni, contenenti divieti e raccomandazioni del fondatore del monumento
con o senza comminatoria di multa, riguardano e un po' caratterizzano
i sepolcri familiari, mai quelli ereditari. Sull'argomento cfr. DE VisscHER,
Les défenses d'aliéner en droil funéraire romain, in SDHI (1947-48) p. 278
sgg.; Le conflit entre la succession lestamentaire et le régime des tombeaux de
famille in RIDA, 1954, p. 283 sgg.

*) Rómisches Strafrecht, p. 812 sg. ; cfr. C. FERRINI, Archivio giuridico,













ANCORA SUL « FRAGMENTUM TUDERTINUM » 69



1893, p. 480 ; Opera Omnia, IV, De iure sepulchrorum apud Romanos, p. 37.

$) Per l'Oriente, l'opinione del Mommsen (op. cit, p. 826) si basa
su due documenti: CIL., 4300, proveniente dalla Licia &xv 8& «t6 1020101)
?'exxnàs Doo. Ttw& drebduvoc fora volg OuX cGv9clov OuxvkEEov ópucuévorg e una
iscrizione rinvenuta a Traltes, in Asia (cfr. Bull. de corr. Hell., 1881 p. 435)
$meb9uvog Éocat Toîc te OuxvkYuaxot, x«l volz maTplotz voptot xat orxoveteto co 7, rÓAet
dove le espressioni té Fatoyuata, oi Tatpror véuot, tà Seixtayà, potrebbero
forse anche far pensare all’esistenza di qualche norma legislativa in materia
sepolcrale. Peraltro i pretesi riferimenti sono troppo vaghi per giustificare le de-
cise affermazioni dell’eminente studioso. In proposito cfr. pure GIL., 2834, 2850.

s) Vedi ad es.: CIL., VI, 10026, 10243, 11781, 13195, 13203, 13785,
18435, 19319, 19562, 21925, 22083, 22421, etc. La formulazione del divieto
poteva naturalmente variare: « ne de nomine libertorum libertarumve eorum
posterisq(ue) eorum exeat», (VI, 26940); «... fecit... libertis libertabusque
ulriusque sexus qui ex familia mei erunt... posterisque eorum qui in nomine
meo permanserit » (VI, 8456) ; « [du]m originis nostre costituerit [nomen ma]-
neat, quod si nomen ori[g]inis [nosíre de] f[ecerit]. Tunc ad possessorem [per-
tineat] » (VI, 13562). Cfr. D 31, 77, 28 (Papinianus, libro VIII Responsorum) :
«... ut de nomine familiae non exiret ».

$) Nei testi giuridici ed epigrafici l'insieme dei diritti, attinenti al se-
polero, vengono indicati con l'espressione, jus, iura sepulchri o monumenti
(D. 37, 10, 11 ; 36, 1, 53, 3; 40, 5, 4, 21; 36, 1, 42, 1; 11, 7, 33; C. dì
44, 8; 3, 44, 13; CIL., VI, 15056, 15840, 19915, 1452, etc. ; cfr. ALBER-
Tanro, Il contenuto del « ius sepulchri », Studi di diritto romano, II, p. 29 sgg.
M. E.L. PETERLONGO, Jn lema di « ius sepulchri », « Studi in mem. E. Alber-
tario», 1953, pp. 29-42), mentre per designare il sepulehrum, nel senso di
omnis sepulturae locus, espressione che ricorre in D. 47, 12, 3, 6, 11, troviamo
comunemente usata la parola monumentum (CIL., VI, 10284, 26488, etc.),
talora anche sepulchrum aut monumentum (CIL., VI, 13152, 7006, 6881),
monumenium aut aedificium (CIL., VI, 13203) monumentum sive locum
(C.I.L., VI, 13618). Oltre il divieto di cessione troviamo quelli di : adulterare
tollere titulum, manus iniicere titulo, litteras incidere (CIL., III, 6082, 6084 ;
VI, 2346, 22915, 25961, 29917, 29938) ed anche: deasciare, aliud nomen
inscribere (CIL., VI, 2479; XIV, 1153). Cfr. GrioRGr, op. cit., p. 44 sgg.

$) CIL. VI, 15048.

*) CIL., VI, 29976.

*) CIL., VI, 22518.

*) CIL., VI, 13484.

*) CIL., VI, 5305.

*) CIL., VI, 10246.

*) CIL., VI, 10235. Cfr. OR., 4379.

*) Cfr. On., 4085.

©) CIL., I, 1409. Anche il Fappa (op. cit., p. 347) colloca il nostro
documento nel periodo Augusteo.
















































70 MARIO DE DOMINICIS

%) Cfr. MommseEn, in Eph. ep., 2, p. 205 sgg. ; COLLINET, op. cit., p. 6 sg.

®) Bruns, Fontes”, p. 288.

100) CIL., VI, 20445; cfr. Or., 4379. Prescindendo comunque da
questo praemium delatoris, che talora poteva anche raggiungere la metà
dell'intero ammontare della pena, destinatari delle multe, come risulta
dalle numerose attestazioni pervenuteci, (cfr. WawsER, De iure sepulchrali
Romanorum quid tituli doceant, 1887, 1, 4, 7-16), appaiono principalmente
l'aerarium (aerarium populi romani, CIL., VI, 1425, 7788, 9042;
XIV, 1153; aerarium publicum, CIL., VI, 13312; aerarium populi, CIL.,
VL, 15405; Aerarium Saturni, CIL., VI, 13028; l'arca pontificum
(CIL., VI, 1600, 13152; collegium Pontificum, CIL., VI, 8518, 10219;
Pontifices, CIL., VI, 14672) e infinele Virgines Vestales (CIL.,
VI, 5175, 10848, 13618, etc. ; Virgines, CIL., VI, 17965). Peraltro le due
casse sacerdotali dovevano essere in qualche modo collegate, come parrebbe
potersi desumere da talune iscrizioni dove la destinazione delle multe viene
stabilita a favore: pontificibus sive virginibus (CIL., VI, 179659), ponti-
ficibus aut antescolaris virginum (CIL., VI, 14672) ed anche utrisque ark(a-
bus) pontificum (CIL., VI, 10682). In altre troviamo addirittura la du-
plice destinazione: Aerario populi romani, item v(irginibus) V(estalibus)
(CIL., VI, 10848); Aerario populi romani XS XV m. n., et collegio ponti-
ficum XS XV m. n. (CIL., VI, 11219; Fisco Caesaris n. HS L.m.n., item
collegio pontificum HS. L (m.n.) (CIL., VI, 8518). Piuttosto rara l'alter-
nativa che ricorre in CIL., VI, 13618; Virginibus Vestalibus XS XX m. n.
aut aerario populi Romani. Dai testi in questione si desume anche la giuri-
sdizione dei pontefici nella speciale materia sepolcrale, con la devoluzione
in sacrum delle ammende da essi inflitte, forse con una procedura analoga
alla cognitio extraordinaria dei magistrati. Ecco alcune di queste attestazioni:
CIL., VI, 10284: « Pelagiorum. Hoc monumentum cum cohaerenti arcola
et duabus in gamma porticibus superposita cubiculo solario triclinio ne quis
a nomine nostro alienare audeat neve in eo corpus extraneum inferri patiatur :
alioquin sit facultas cuiumque ex familia nostra adeundi per querellam ponti-
fices cc. vv., quorum de ea re notio est, et. poenam s(estertium) L m(illium)
n(ummum) arcae collegii eorum inferendorum exsequendi » ; CIL., VI, 10675:
«Hoc cenolaphium muro cinctum cum suo iure omni ex auctoritate et judicio
pontificum possederunt »; CIL., VI, 29909: « Ne veneat, ne fiduciare liceat
nec de nomine exire liceat secundum sententias pontificum cc. vv. s(upra)
s(cripta) ». Le iscrizioni riferite debbono verosimilmente essere messe in
relazione con quanto statuito in CTh. 9, 17, 2: «... petit a pontifices (sic)ut
sibi permitterent reficere monumentum iuris sui ».
DO HADDA, dp; CIL; p. 947.












Fonti

Contributo alla raccolta di fonti manoscritte, a
stampa, archivistiche e figurative per la storta
dello sviluppo urbanistico di Perugia.

Comunicazione conferita al Convegno Nazionale di Urbanistica tenuto a Perugia
nei giorni 12, 13 maggio 1962 sul tema «Conservazione e vitalità dei
centri storici».

L'attuale Convegno mi ha suggerito l'idea dell'utilità di una
raccolta di quelle fonti storiche, archivistiche e artistiche che con-
corrono alla conoscenza delle fasi e delle vicende che il centro urbano
di Perugia, ed eventualmente le immediate sue adiacenze, ha attra-
versato nei secoli dalla costituzione del Comune medievale in poi,
escludendo di proposito l'epoca di competenza archeologica pro-
priamente detta, che pure ha avuto il suo peso determinante.

Ho pensato quindi che non fosse inutile conferire al Convegno
un elenco di quelle fonti, alcune notissime, altre poche sinora
— credo — non conosciute, perlomeno quanto meriterebbero, che
nel corso delle ricerche effettuate in biblioteche ed in archivi ho
avuto occasione di conoscere e di consultare.

Dichiaro subito per debito di coscienza che all'elenco da me
compilato sono imputabili almeno due difetti originari. Il primo
riguarda la sua incompletezza, dovuta in parte alla ristrettezza di
tempo rispetto alla scadenza cronologica del Convegno. Il secondo
si riferisce al carattere elementare ed empirico dell'ordinamento
interno dell'elenco, il quale, all'infuori da una sistematica organica,
che avrebbe richiesto una preparazione ed una esperienza nella
disciplina urbanistica ch'io non possiedo, si limita a riunire il mate-
riale in quattro gruppi — fonti a stampa, manoscritte, archivistiche,
figurative — con disposizione topologica e cronologica entro ciascun
gruppo per quanto possibile.

Le fonti, specialmente per i secoli dal xim a tutto il xv, per
una positiva utilizzazione forniscono una congrua quantità di dati
per chi sappia dedurli, dati tuttavia che necessitano di raffronto reci-







72 GIOVANNI CECCHINI



proco e d'integrazione ; lavoro di commesso oneroso e difficile che
non sempre sfocia in una plausibile e sufficiente ricostruzione della
tessitura edilizia della città nelle fasi piü tipiche e salienti della
sua evoluzione.

Nei secoli susseguenti, dal principio del xvi in poi, sia per la
maggiore e piü varia quantità di fonti, sia per una direi naturale
disposizione intellettuale dei tempi nostri a penetrare e a inter-
pretare lo spirito dominante nelle fasi di storia cittadina che si
sono susseguite dopo quel termine temporale, la possibile migliore
conoscenza di quei fattori demografici, etnici, sociali, economici,
politici, amministrativi, religiosi e di culto, giudiziari, assistenziali e
caritativi, culturali, di costume, che, saldamente consertati, formano
il nucleo vitale ed il tessuto organico della città, la cui più con-
creta e appariscente estrinsecazione si realizza nell’aspetto urba-
nistico, rende più agevole la determinazione, nelle sue reali fasi di
attuazione, di una linea di sviluppo edilizio, economico e sociale,
di cui l’urbanista deve impadronirsi per affrontare consapevolmente,
appropriatamente e senza generalizzazioni il problema della conci-
liazione delle due esigenze: la sopravvivenza delle valide testi-
monianze del passato e le autentiche necessità del moderno incre-
mento con la definizione programmatica quindi della proiezione nel
futuro dell’unità cittadina oggetto dello studio.

I — Fonti MANOSCRITTE

Biblioteca Augusta.

1. — Mss. 1150/53. Annali del convento di S. Domenico di
p. Timoteo Bottonio e successori, 1200/1792.

2. — Ms. 3064. Il libro delle piante et ritratti delle città, e
terre dell'Umbria sottoposte al governo di Perugia di Cipriano
Piccolpasso. Contiene : Pianta di Perugia, Veduta di Perugia da
est, Veduta di Perugia a volo d’uccello. 1579.

3. — Ms. 1256. Descrizione e notizie di chiese, monasteri,
edifici pubblici, porte della città. Seconda metà del sec. xvi.

4. — Ms. 1198 (N. 149). Notizie piuttosto generiche e indicative
su chiese, monasteri, parrocchie, ospedali e luoghi pii della città.
Vi sono anche dati sulla popolazione della città e del contado nonchè
sui collegi delle arti. Dal 1590 in poi.

5. — Ms. 1155. Elenco di torri esistenti a Perugia nel 1315.









CONTRIBUTO ALLA RACCOLTA DI FONTI MANOSCRITTE, A STAMPA ECC. 78

Dati numerici sulle anime esistenti nella città e nella diocesi di
Perugia nel 1586 e nel 1729. Sec. xvI.

6. — Ms. 1191. Breve compendio di tutte le chiese di Perugia
e sua diocesi. Contiene notizie, dati cronologici e limitati riferimenti
topologici. Sec. xVII.

7. — Mss. B 4/5. Scorta Sagra di Ottavio Lancellotti, sec. xvII.

8. — MS. C. 11. Spoglio da documenti e da altre raccolte mano-
scritte di notizie concernenti chiese, monasteri e oratori, con pre-
valente descrizione di opere di pittura. Sec. xvIII.

9. — Mss. 1841/42. Spoglio di notizie con relativa rubricella
concernenti chiese, monasteri, confraternite della città desunto.
dagli annali decemvirali. Ne è autore Giuseppe Belforti; seconda
metà del sec. xvi.

10. — Mss. 1413/17. Illustrazione storico-topografica della città
di Perugia di Belforti-Mariotti, secc. xvIII/xIx.

11. — Ms. 3035. Provenienza dei palazzi e case di Perugia
di Antonio Brizi; metà del sec. xIx. Contiene utilissimi ragguagli
storici per l’individuazione dei principali palazzi privati della città
con frequenti e circostanziati riferimenti ai passaggi di proprietà.

12. — Ms. 1332. Contiene abbastanza ampie e ordinate no-
tizie sulle chiese, monasteri, oratori della città in parte riprese da pub-
blicazioni a stampa, in parte desunte da fonti archivistiche. Sez. xIx.

13. — Mss. 1903/04/05. Memorie storiche delle chiese della
città e diocesi di Perugia di Francesco Riccardi cancelliere vescovile
del sec. xvi. Copia del sec. xix.

14. — Ms. 1653. Zibaldone di appunti in prevalenza di mano
di G. B. Vermiglioli contenenti i piü disparati riferimenti all'arte
antica, a iscrizioni, a monumenti perugini. Vi sono numerosi disegni
e stampe riproducenti piante, sezioni e particolari di monumenti
perugini, in specie l'Arco etrusco e la chiesa di S. Angelo. Sec. xix.

15. — Ms. 1853. Contiene notizie concernenti alcuni monu-
menti della città in specie le torri. È copia ottocentesca di mano-
scritto di epoca anteriore non citato.

Biblioteca Nazionale Centrale, Roma.

1. — Ms. Vittorio Emanuele 550. Il Libro delle piante et ritratti
delle città e terre dell’Umbria sottoposte al governo di Perugia di
Cipriano Piccolpasso. Contiene: Pianta di Perugia, Veduta di Perugia,
Pianta della Fortezza ; in fine Tavola demografica-economica, 1565.









74 GIOVANNI CECCHINI



Biblioteca Apostolica Vaticana.

1. — Ms. Urbinate latino 279. Il libro delle piante et ritratti delle
città e terre dell'Umbria sottoposte al governo di Perugia di Cipriano
Piccolpasso. Contiene : Pianta di Perugia, Veduta di Perugia, Pianta
della Fortezza. Non contiene testo. I disegni sono la brutta copia
di quelli contenuti nel ms. 3064 della Biblioteca Augusta. 1578-79.

2. — FONTI ARCHIVISTICHE

Archivio di Stato, Perugia.

1. — Archivio Storico del Comune di Perugia. Serie Vari offi-
ciali, vol. I. 1275-76.

Contiene verbali di atti compiuti da un giudice assistito da
quattro diffinitores per ciascuna parrocchia « electi ad definendum
et terminandum vias et stratas comunis Perusii inter Comune et
speciales personas secundum predictas reformationes consiliorum ».

Vengono prese in esame una per una le proprietà urbane in
ciascuna parrocchia, indicate col nome e tavolta con la professione
del proprietario e con i confini; e dai definitori sono precisati i
limiti della proprietà privata con l’indicazione esatta per mezzo di
esplicite misure del terreno adiacente eventualmente di apparte-
nenza della proprietà privata. Vi sono anche i verbali delle decisioni
adottate da una Commissione di revisione dei deliberati di quelle
di prima istanza, formata dal podestà, da un giudice e da tre o
quattro definitori e alla quale compete di rettificare gli errori di
attribuzione commessi. L’area rimasta libera dalle proprietà pri-
vate costituiva la via pubblica. Le operazioni riguardano il territorio
di 12 parrocchie di P. S. Susanna, 5 di P. S. Angelo, 17 di P. S.
Pietro, 9 di P. Eburnea, 8 di P. Sole nella prima revisione ; 5 di P.
Eburnea, 6 di P. Sole, 8 di P. S. Pietro, 7 di P. S. Susanna nella
seconda. Ms. pergamenaceo di cc. 402 di cui 4 bianche in fine ; le
carte in principio sono state rosicchiate dai topi al margine esterno,
specialmente le prime 25.

2. — Statuti, vol. I. Statuto latino del Comune del 1279. Con-
tiene numerosi ed abbastanza circostanziati riferimenti alla costru-
zione e al mantenimento delle fonti, all’approvvigionamento di acqua,
alla sistemazione e manutenzione delle vie urbane, alla manuten-
zione delle cloache e dei condotti di spurgo, alla costruzione del









CONTRIBUTO ALLA RACCOLTA DI FONTI MANOSCRITTE, A STAMPA ECC. 75

nuovo palazzo pubblico, alla tutela degli ospedali e ad alcune norme
e limitazioni disciplinanti l'edilizia nella città.

3. — Consigli e riformanze. 1198/1816.

4. — Indici delle riformanze. Sec. x111/1816.

5. — Ricordanze. 1523/1818.

6. — Massari. 1277/1519.

7. — Conservatori della moneta. 1346/1511.

8. — Depositario. 1436/1815.

9. — Officiali sopra le masserizie. 1409/1508.

10. — Conservatori delle mura. 1415/1581.

11. — Fabbrica di S. Lorenzo. 1451/91.

12. — Fonte di piazza. 1454/1742.

13. — Catasti. 1339/1830.

14. — Registri parrocchiali della popolazione. 1522/1861.

15. — Miscellanea. Busta 26, Definizione e misurazione dei
fossi fuori le mura dei borghi della città di Perugia eseguite da cinque
boni homines e officiali del Comune e registrate da un notaio. 1338.

— Registrum cedularum laboreriorum Comunis Perusii. Dispositivi
con ampi dettagli tecnici per lavori di sistemazione e riparazione in
città e nel territorio. 1441/60.

16. — Scritture diverse disposte per alfabeto. Busta 5, Bula-
gaio, Bottinelli. — 7, Mura della Cupa.

17. — Posizione di cause disposte per alfabeto. Busta 10, Bot-
tinelli. — 11, Bottinelli. — 23, Cloache pubbliche. — 59, Pro-
getto di porticato dinanzi al palazzo dello Studio in Piazza Piccola. —
61, Piaggia Marota. — 62, Palazzo dei Priori, Piscinello, Piazza
Grimana, il Corso o Piazza Grande. — 68, Fonti e acque sotter-
ranee. — 69, Frane al Monastero di Monteluce e Fonte Novo. —
70, Strade di città.

18. — Congregazioni varie. Busta 16, Atti della Congrega-
zione delle Strade, 1746/79. — 17, Ordinanze governatoriali sulle
strade, 1754/1815.

19. — Opere pubbliche. Busta 3, Torre del Palazzo dei priori.
— 18, Spese per lavori al Palazzo dei Priori e alla Fonte di piazza,
- etc., 1566/68.

20. — Amministrativo 1871/59. Busta 3, Riapertura, chiu-
sura, riattamento di strade urbane. — 36, Fortezza Paolina. — 39,
Demolizione della Fortezza. — 116/25, Lavori di sistemazione di
strade urbane. — 128, Piaggia Colombata, il Cavallaccio. — 132,
Lavori di costruzione, rettifica e manutenzione di strade urbane







76 GIOVANNI CECCHINI



e suburbane con disegni di progetti e preventivi di spesa (Strada
da Porta S. Costanzo alla Porta di S. Anna ; Strada di comunicazione
fra la Nazionale Cortonese e la Comunale di S. Anna). — 138, Pro-
getto di sistemazione e deviazione della via Lomellina. — 205,
Posizioni degli atti e relazioni sul circondario delle mura della città
con particolare riguardo ai declivi fuori le mura e al deflusso delle
acque per la disciplina dei fossi, con piante e disegni (tra l’altro
mappa della città di Perugia e sue adiacenze). — 206, Rivendica-
zioni di passi di pubblico uso. Concessioni di suolo pubblico per uso
di private costruzioni.

21. — Amministrativo 1860/70. Busta 45, Lavori pubblici;
strade e edifici di proprietà comunale. Pubblico ornato. — 66, Pub-
blico ornato. Edifici comunali. — 67, Strade interne.

Accademia di Belle Arti, Perugia.

1. — Pianta di Perugia col tracciato dei cunicoli sotterranei
eseguita da Serafino Calindri completata da disegno colorato raffi-
gurante la Porta S. Costanzo di G. Agretti. 6 dicembre 1806. È cor-
redata da una relazione redatta da Serafino Calindri, 29 agosto 1807.

Archivio di Stato, Roma.

1. — Catasto Gregoriano, Perugia 116.
Mappa originale della città di Perugia elevata dall’ingegnere
geometra Gio. Gambini di Pavia dal giorno 24 novembre dell’anno
1818 al giorno 13 maggio dell’anno 1819 coll’intervento delli sotto-
scritti Assistente ed Indicatore Comunitativo sotto la direzione del
signor Ingegnere Ispettore del Catasto Pietro Ravelli. È firmata
da Giovanni Gambini, Ingegnere Geometra Censuario, Ingegnere
Gaspare Bertolli Aiutante Censuario, Germano Bertoccini, Assi-
stente Comunitativo, Gioacchino Giorgi Indicatore Comunitativo.
I numeri delle particelle fanno riferimento al relativo brogliardo.

2. — Collezione II delle Piante e Mappe. Cartella 135.

1. — Vari disegni acquerellati di piante e profili di parti della
Fortezza (Caserma fortificata, Opera a corno) 1854-56. Comando
Genio Militare Pontificio.

2. — Pianta della Fortezza. Disegno a lapis, giugno 1856.
3. — Due piante della Caserma di S. Fiorenzo. Comando Genio











CONTRIBUTO ALLA RACCOLTA DI FONTI MANOSCRITTE, A STAMPA ECC. 77

Militare Pontificio. Sul rovescio v'è il bollo del Genio Militare Italiano.
3. — Collezione III delle Piante e Mappe. Cartella V, 13.

1. — Pianta topografica della città di Perugia delineata ed
incisa dal Dicastero Generale del Censo nell’anno MDCCCLI.
2. — Pianta della Traversa interna di Perugia che dalla Fonte

Rossa sale alla Piazza Rivarola passando al ponente del Forte pro-
segue verso Firenze.

3. — Traversa Postale.

4. — Pianta e profilo della nuova strada da farsi all’interno
della città di Perugia dalla Fonte Rossa alla Piazza Rivarola.

5. — Pianta della nuova strada che si costruisce nell’interno

della città di Perugia dalla chiesa di S. Ercolano alla Piazza Riva-
rola. Comando del Corpo del Genio. 8 giugno 1833.

6. — Fortezza di Perugia: Opera a corno, pianta. Comando
del Corpo del Genio. Prima metà del sec. xIx.

7. — Pianta generale della Fortezza e adiacenze, dedicata a
Mons. Rivarola Delegato Apostolico.

8. — Piante, prospetti e sezioni della Fortezza; sei disegni
acquarellati. Comando del Genio, 1854.

9. — Piante e due sezioni della caserma fortificata nella For-
tezza. Comando del Genio, 1856.

10. — Pianta della Chiesa Nuova di Francesco Grotti, sec. xVII.

12. — Facciata per la chiesa di S. Bernardo dell’ing. Francesco

Trinci, sec. XIX.

13. — Sei piante dell’Ospedale di S. Maria della Misericordia,
Sec. XIX.

14. — Pianta generale del Camposanto dell’ing. Filippo Nar-
doni, sec. XIX.

15. — Due piante della Caserma di S. Agostino. Comando del
Genio Militare Pontificio, sec. XIX.

16. — Due piante della Caserma di S. Domenico. Comando del
Genio Militare Pontificio, sec. xix.

17. — Due piante della Caserma S. Fiorenzo. Comando del
Genio Militare Pontificio.

18. — Nuove Carceri di prevenzioni per la città e provincia
di Perugia. Filippo Navone ing. e arch. ; Litografia Franceschini,
EC xix.

19. — Pianta parziale delle Case Baglioni e Vermiglioli, dise-
gno di Sabatino Lippi pubblico perito e agrimensore della città di
Perugia, 10 novembre 1702 (mutila).







78 GIOVANNI CECCHINI



20. — Pianta di due case in Porta Sole, parrocchia di S. Fio-
renzo con annesso atto notarile, 1722.

4. — Camerale I e III.

Nelle numerose buste contenenti registri della Tesoreria del-
l'Umbria si rinviene una larga messe di notizie, sia nei libri dei
conti ordinari e straordinari dei governatori, sia in quelli dei mandati,
nei quali con maggior quantità di particolari sono specificate le
causali dei pagamenti.

3. — FONTI FIGURATIVE
Galleria Nazionale dell’ Umbria, Perugia.

1. — Tavola a tempera raffigurante i SS. Pietro e Ercolano,
il quale sorregge all’altezza del petto una veduta di Perugia e pro-
babilmente della cattedrale come era nel sec. xir. Scuola di Meo
da Siena del sec. xiv.

2. — Affreschi di Benedetto Bonfigli nella Cappella dei Priori.
Veduta della chiesa di S. Ercolano, Porta Marzia e Case dei Ba-
glioni; del Palazzo dei Priori; di Borgo S. Pietro. Seconda metà
del sec. xv.

3. — Tela ad olio su fondo oro. Veduta complessiva di Perugia
presa da levante. Ignoto della prima metà del sec. xvi.

Cappella del Gonfalone, Perugia.

1. — Gonfalone di S. Francesco al Prato di Bottega di Bene-
detto Bonfigli, veduta della città dall'esterno delle mura di Porta
S. Susanna, 14064.

Chiesa di S. Maria Nuova, Perugia.

1. — Gonfalone di S. Maria Nuova di Benedetto Bonfigli.
Parziale veduta della città. 1472.

Raccolta Lodovico Silvestri, Perugia.

1. — Schedel H., Chronicarum liber. Norimberga, 1493.
2. — Veduta di Perugia. Le grand atlas. Amsterdam,
J. Blaeu, 1663.










CONTRIBUTO ALLA RACCOLTA DI FONTI MANOSCRITTE, A STAMPA ECC. 79

3. — Perusia Augusta. Pérouse ville de l'Etat de l'Eglise.
Elle est capitale du Perousin. Amsterdam, par Pierre Mortier,
Sec. XVII.

Cattedrale di S. Lorenzo, Perugia.

1. — (Gonfalone della Cattedrale di Berto di Giovanni. Veduta
panoramica della città da est piuttosto precisa e dettagliata. 1526.

Chiesa di S. Domenico, Perugia.

1. — Gonfalone di S. Domenico di Giannicola di Paolo. Ve-
duta complessiva di larga parte della città da est. Prima metà del
sec. XVI.

Biblioteca Augusta, Perugia.

1. — Pianta e profilo di Perugia. Incisione. su rame di Livio
Eusebi, 1602.

Chiesa di S. Ercolano, Perugia.

1. — Pittura a tempera su tela. Processione per la traslazione
delle reliquie di S. Ercolano. Veduta della chiesa di S. Ercolano
e adiacenze. Matteuccio Salvucci, c. 1628.

2. — Due tele a tempera. Il martirio di S. Ercolano in due
fasi. Veduta in parte immaginaria di Perugia nel vi secolo. Mat-
teuccio Salvucci ?

Museo Storico Topografico, Perugia.

1. — Fotografia di pianta prospettica di Perugia della fine
del sec. xvi.

2. — Perusia gratum Musis in Tuscia domicilium. Veduta
prospettica della città da sudest. Incisione su rame colorata a mano.
Braun Giorgio, Urbium praecipuarum totius mundi volumen quar-
tum, tav. 51. Colonia, 1574.

3. — Pianta e profilo di Perugia. Incisione su rame della fine
del sec. xvi.





80 GIOVANNI CECCHINI



4. — Perugia. Veduta della città da nordest. Incisione su rame.
Giovanni Cristiano Leopold ed. Augusta Vindelicorum. Sec. xvii.

5. — Perugia. Veduta della città da oriente. Incisione su rame
del sec. XVI.

6. — Tela ad olio riproducente Piazza del Sopramuro alla

fine del sec. xvr; importante per la struttura del palazzo del
Capitano del Popolo.

7. — Perugia. Veduta generale da oriente. Incisione su rame.
Dis. F. B. Werner. Joh. Balthasar Probst ed., sec. xviir.
8. — Tempera su pergamena raffigurante una veduta della

città, in particolare del Borgo S. Pietro dal Frontone ; è impostata
sugli affreschi del Bonfigli nella Cappella dei Priori, completata
tuttavia con la fortezza e animata da figure, sec. xVIII.

9. — Quattro tavole prospettiche contenenti disegni acqua-
rellati riproducenti: Borgo S. Antonio e Piaggia Marota, Valle di
S. Domenico (Bottinelli), Valle del Bulagaio, Valle della Cupa.
Sec. XVII.

10. — Incisione su rame di R. Faucci riproducente pianta pro-
spettica e profilo di Perugia. Fine del sec. xvini. È inserita nel
volume i delle Memorie istoriche del Mariotti.

11. — Dodici incisioni su rame di Luigi Carattoli contenenti
vedute della città. Circa 1820.

12. — Markt Platz zu Perugia. Disegno di O. Wagner. Inci-
sione di T. Faber, 1832.

13. — Pérouse. Vue prise au dessus de la Porte S.t Girolomo
route de Rome. Dessiné par A. Guesdon. Lit. Villemen, Paris.
Publiée par Hauser. Databile 1849-60.

14. — Cinque disegni acquarellati del capitano Forti del Genio
militare Pontificio contenenti rilievi della Fortezza dopo la parziale
demolizione del 1849, notevoli per la definizione del preesistente
quartiere dei Baglioni. 1850.

15. — Pianta e profilo dell'andamento dell’acquedotto di Pe-
rugia con veduta della Piazza della fonte. Prima metà del sec. xix.

16. — Sei litografie di Annibale Angelini e di Napoleone Che-
rubini su disegno di Annibale Angelini rappresentanti: Pubblico
passeggio del Frontone; Monastero di S. Pietro e veduta di borgo
S. Pietro ripreso dall’affresco del Bonfigli; Maestà delle Volte ;
Arco Etrusco ; Piazza della Minerva una volta Collegio Pio secondo
il progetto della piazza e della nuova strada ; Piazza del Sopramuro.
Meta del sec. xix.







CONTRIBUTO ALLA RACCOLTA DI FONTI MANOSCRITTE, A STAMPA ECC. 81

17. — The Piazza. Perugia. Litografia colorata a mano di
+ G. Moore. Metà del sec. xix.
18. — Quattro incisioni su rame con vedute del Collegio della

Sapienza, dello Stabilimento di S. Margherita, della Porta Marzia,
della Piazza Grande, sec. xIx.

19. — Sette miniature a tempera di Napoleone Verga ripro-
ducenti: S. Galgano ; il Crocevia a Porta S. Pietro; Piazza Gri-
mana ; Porta S. Costanzo ; Porta S. Margherita ; Porta S. Pietro ;
Piazza della Fonte, sec. xix.

20. — Otto tele ad olio di Giuseppe Rossi riproducenti : Fronte
della Fortezza e Piazza Hivarola; Fianco occidentale della For-
tezza e adiacenze; Fianco orientale della Fortezza e adiacenze;
Fianco meridionale della Fortezza e adiacenze; Scorcio del lato
meridionale della Fortezza e prospetto esterno del corridoio e dello
sferisterio ; Veduta dell'interno dello sferisterio ; Piazza del So-
pramuro ; Piazza degli Aratri, sec. XIX.

Raccolta Francesco Santi, Perugia.

1. — Dodici incisioni su rame di R. Faucci contenenti vedute
della città, sec. xVII.

Archivio del Monastero di S. Pietro, Perugia.

1. — C. M. 74. Vedute di Perugia. 161 disegni a penna di pic-
colo formato alcuni dei quali con ombreggiature in inchiostro nero,
raffiguranti chiese, oratori, monasteri, ospedali, porte urbiche,
monumenti, palazzi e scorci di vie della città e dell'immediato su-
burbio. L'esecuzione diligente e precisa fornisce un interessante
documentario, che consiste nella rievocazione di aspetti propri di
epoche precedenti (dal sec. xv al xvir) desunti da fonti in parte
attualmente sconosciute. Ignoto del sec. xvirr.

Raccolta Vincenzo Mazza, Perugia.

1. — Pianta del nuovo andamento da darsi alla Salita, che
resta sopra Ponte Rio. Disegno a scala colorato, sec. xVIII-XIX.
2. — Arco antico in Perugia (Porta Marzia). Rossini arch.

dis. Roma, 1835.



82 GIOVANNI CECCHINI



3. — Brucke zu Perugia di Otto Wagner, Busle sc. (Via del
Cardellino), sec. xix.

4. — Perugia. Veduta di S. Francesco al Prato dal Poggio.
C. Frommel del. - H. Winkles. Carlsruhe im Kunst Verlag.

5. — Palazzo del Popolo in Perugia. C. Martinelli inc. nel
vol. Il palazzo del Popolo di A. Rossi.

6. — Deiparae Herculano ab Laurentio DD. C. Mariotti dis.
R. Faucci inc. In basso veduta della piazza grande col duomo.

7. — Porta Trasimena avanti il restauro. Disegno della prima
metà del sec. XIX.

8. — Pianta di Perugia, a colori. Litografia L. Tilli, Perugia, 1884.

9. — Pianta della Città di Perugia, a colori. Lit. Camilla e
Bertolero. Torino. Nel volume dell'Umbria della collezione « La
Patria ». Geografia dell'Italia di Strafforello, Un. Tip. Ed. Torinese.
Ve n'é una tiratura in nero senza indicazione dell'opera.

10. — Pianta della Città di Perugia. Geom. Manlio Carattoli
dis. 1922. Edit. T. De Carolis et C., Perugia. È a colori.

11. — Pianta della Città di Perugia. Milano, Dr. Francesco
Vallardi Tipografo Editore. Fratelli Bonatti dis. C. Magrini incise.

12. — Pianta di Perugia edita a cura e spese di Domenico
Terese Cartolaro-Libraro. Maggio 1895. È a colori.
13. — Bozzetti di progetti di sistemazione della Piazza grande :

due riguardano la Scala della Vaccara sulla fronte nord del palazzo
dei Priori, che presentano varianti diverse dalla soluzione adottata ;
uno la sistemazione della statua di papa Giulio III più a levante
della posizione attuale. Acquetinte di Ulisse Ribustini.

14. — S. Francesco al Prato. Incisione di Ulisse Ribustini.

15. — Arco della Mandorla in Porta Eburnea. Acquaforte di
Bruno Croatto, 1915-20.

16. — Pianta della Città di Perugia. Studio di massima per
l'apertura di nuove strade costiere e anellari nell'interno della città
di Perugia secondo l’Arch. Ulpiano Bucci. Roma, 8 novembre 1930.

17. — Piazza del Sopramuro. Disegno di Alfredo Giancarli.

18. — Via delle Streghe. Monotipo di Alfredo Giancarli.

Raccolta Raffaele Belforti, Perugia.

1. — Via dell'Acquedotto e rampa viste dal basso della Conca.
Acquarello di Ulisse Ribustini (35 x 25).

2. — Una strada sotto l’arco di Via dell’Acquedotto, acqua-
rello di Ulisse Ribustini (35 x 25).





CONTRIBUTO ALLA RACCOLTA DI FONTI MANOSCRITTE, A STAMPA ECC. 83

3. — Veduta parziale del coro della Basilica di S. Pietro col
leggio monastico, olio di Ferdinando Gigliarelli (55 x 65).

4. — Presbiterio con l'altar maggiore visto di fianco e l'organo
di destra della Basilica di S. Pietro, olio di Ferdinando Gigliarelli
(55 x 65).

Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Castello Sforzesco, Milano.

1. — Raccolta di le più illustri et famose città di tutto il mondo.
Venezia c. 1580. Incisione. Veduta panoramica da mezzogiorno
(Albo C-2, p. 202).

2. — Augusta Perusia. Matteo Florimi for. Pianta prospettica
e profilo da est; c. 1600. (Raccolta delle piante di città edite da
Matteo Florimi, Siena, principio del sec. xvir). (Albo H-20, tav. 31).

3. — Mercurius italicus hospiti fidus per Italiae precipuas
regiones et urbes dux iudicans explicans etc. Augustae Vindeli-
corum Typis Andreae Apergeri mpcxxv. Tavola tra le pagine 142,
143: Pianta di Perugia : Perusia Augusta. (Vol. J-13).

4. — Theatro delle città d’Italia con le sue figure intagliate
in rame et descrittioni di esse in questa terza impressione accre-
sciuto etc. In Padova Appresso Francesco Bertelli 1629. Pianta
prospettica di Perugia (a destra in alto entro ovali stemmi ponti-
ficio e di Perugia). (Albo C-I, p. 177).

5. — Perugia Augusta. Pianta prospettica e profilo della città
da nord-nord-est ; in alto a sinistra stemma pontificio, a destra
stemma della città e n. 44. Pubblicata in raccolta di piante di città
diverse da G. Lauro ; c. 1625. (Albo E-60, tav. 26).

6. — Perusia. Veduta della città da est di fianco alla basilica
di S. Pietro con varie figurette in primo piano. Martini Zeillen, Itine-
rarium Italiae, Frankfurt beii Mattheo Merian, 1640. (Vol. Y-6,
tra le pp. 194, 195).

7. — Perusia Augusta. Pianta e profilo della città da nord.
Serie P. Miotte, c. 1650. (Albo B-71, tav. 21).
8. — Nova et accurata Italiae Hodiernae descriptio etc. Lug-

duni Batavorum Apud Bonaventuram et Abramum Elsevir Aca-
demiae Typographi 1627. Perusia. Gratum Musis in Tuscia domi-
cilium. Pianta prospettica della città da sud a nord analoga a quella
del Braum, ma in dimensioni più piccole. (Albo D-18, p. 107).

9. — Perugia. Veduta prospettica da est ; ha lo stesso impianto
della veduta edita da Matteo Merian a Francoforte, ma semplifi-







84 GIOVANNI CECCHINI

cato e di più piccole proporzioni : in basso a sinistra sigla AB. Da
opera del Coronelli, Raccolta di vedute delle città dello Stato Eccle-
siastico. Venezia, s. d. (c. 1700). (Cart. pp. 28-25).

10. — Perugia. Pianta schematica; in basso a sinistra sigla
AB. Da opera del Coronelli, id. id. c. 1700. (Cart. pp. 28-26).
11. — Lo stato presente di tutti i paesi e i popoli del mondo

naturale, politico e morale etc. Venezia. Nella stamperia di Giam-
battista Albrizzi q. Gir. mpccLvi, Vol. 21. La città di Perugia
Capitale del Perugino nello Stato Ecclesiastico. Profilo della città
da est. (Vol. J-9, le pp. 648, 649).

12. — Europa's Eden in Bildern. Pracht-Ausgate. 50 Land-
schaftbilder und Stüdte-Ansichten aus Carl Frommel's pittoreskes
Italien. Leipzig, Christian Ernest Kollmann. Perugia. Veduta di
S. Francesco al Prato e S. Bernardino dal Poggio. Carlsruhe im
Kunst Verlag C. Frommel del. Atelier v. C. Frommel et H. Winkles,
c. 1830. (Albo F-I, tav. 20).

13. — Italien. Klassich, historich und malerisch in 60 Ansichten
nach Zeichnungen von Brockedon, Stanfield, Roberts, Harding,
Prout, Leitch, Barnard, etc. etc. von W. Brockedon. Erste Lieferung.
Leipzig, Verlag von T. O. Weigel, 1846. Perugia. Veduta da oriente,
porta S. Girolamo. Disegno di Brockedon, incisione di Brandard
Blackie & son, Glasgow. (Vol. Z-98, p. 56).

14. — L’Italie de nos jours par Edmond Roche. Paris, H.
Mandeville, c. 1860. Perugia Pérouse. Veduta da est piuttosto arbi-
traria e fantastica. (Vol. S-104, tra le pp. 186, 187).

15. — Pianta topografica della città di Perugia nel rapporto
di 1 a 4000 incisa da Giulio Delicati e dedicata alla onorevole Giunta
Municipale. Perugia 1866. Stabilimento Tipo-Litografico.

16. — Pianta della città a fotolito a colori, Touring Club Ita-
liano, Centottantacinque piante schematiche di città ad uso del-
l'automobilista. Itinerari d’attraversamento. Milano, 1936 (Vol.
O-221. p. 66).

17. — Pianta topografica. Roma, Istituto geografico Visceglia.
Distribuita in un dépliant dell'Azienda Autonoma di Turismo di
Perugia, s. a.

4. — FONTI A STAMPA

1. — Pellini Pompeo, Dell’historia di Perugia, Venezia, Gio.
Giacomo Hertz, 1664 e segg., Voll. 3.





xeu



CONTRIBUTO ALLA RACCOLTA DI FONTI MANOSCRITTE, A STAMPA ECC. 85

2. — Orsini B., Guida al forestiere per l'Augusta città di
Perugia. Perugia, Costantini, 1784.

3. — Mariotti A., Saggio di memorie istoriche civili ed eccle-
siastiche della città di Perugia e suo contado, Perugia, 1806, Voll. 3.
4. — Siepi S., Descrizione topologico-istorica della città di

Perugia, Garbinesi e Santucci, 1822.

5. — Gambini R., Guida di Perugia esposta nel 1826 con
prospetto istorico di detta città. Perugia, Garbinesi e Santucci, 1826.

6. — Cherubini Vincenzo, Dissertazione sulle strade urbane
di Perugia. Perugia, 22 luglio 1838. Assisi, Dalla Stamperia Sga-
riglia. Relazione al conte Francesco Conestabile Della Staffa e agli
Anziani del Comune di Perugia.

7. — Archivio Storico Italiano. Tomo xvi in due voll. Fi-
renze, 1850-51. Cronache e storie inedite della città di Perugia dal
MCL al MpLxiH seguite da inediti documenti tratti dagli archivi
di Perugia, di Firenze e di Siena con illustrazioni ed a cura di Fran-
cesco Bonaini, Ariodante Fabretti e Filippo Luigi Polidori.

8. — Rossi Scotti G. B., Guida illustrata.di Perugia, Perugia,
G. Boncompagni, 1878.

8. — Cronache della città di Perugia edite da Ariodante Fa-
bretti, Torino, 1887-94. Voll. 5.

9. — Disegni e descrittioni delle fortezze e piazze d'armi arti-
glierie, armi, monitioni da guerra, soldati, bombardieri pagati,
milizie scelte di cavalleria, e fanteria dello Stato Ecclesiastico. Roma,
Tipografia della Buona Stampa, 1888.

Copia esatta di un codice cartaceo con bella rilegatura dell’epoca
esistente nella Biblioteca Vaticana, presentato l’anno primo del
secolo decimottavo a Sua Santità Clemente x1 di s. m. dal suo
ministro D'Aste. Contiene notizie del presidio e l'inventario delle
armi e munizioni e una veduta prospettica della fortezza di Perugia
da sudovest.

10. — Documenti di storia perugina editi da Ariodante Fa-
bretti, Torino, 1890-92. Voll. 2.
11. — Gigliarelli R., Perugia antica e Perugia moderna. Indi-
| cazioni storico-topografiche, Perugia, Un. Tip. Coop., 1908.
12. — Statuti di Perugia dell’anno wcccxrir a cura di Giusti-
niano Degli Azzi, Roma, 1913-16, Voll. 2.
13. — Sessant’anni di vita perugina nelle vecchie fotografie

(1855-1956). Catalogo. Perugia, Grafica, 1956.
GIOVANNI CECCHINI







CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

NOTIZIE STORICHE DAL 1794 AL 1833 scRITTE DAL SAC. GIAMBATTISTA MARINI
Trascrizione di MARIO RONCETTI
(Vedi volume LXI, p. 109 e segg.)

1830

GENNAJO:

A dì 1. 2 Tempo bello e freddo acuto. 3 Nuvoloso, minaccioso, vento
e freddo : nel giorno buono con vento. 4 Buono, nel giorno calmato il vento.
5 Lo stesso. 6 Neve, nel giorno buono. 7 Lo stesso. 8 Nuvoloso. 9 Neve alta
una gamba. 10 Altra neve e poi buono. 11 Sempre neve. 12. 13 Neve e nebbia.
14 Nebbia, nuvoloso con freddo. 15 Lo stesso, spruzzante neve, e poi neve. 16.
17 Neve. 18 Buono, poi torbido. 19 Raddolcita l’aria, poi si sciolse l’alta
neve, mal si camminava, e fu giornata buona. 20. 21. 22 Lo stesso. 23 Vario
nebbioso. 24 Lo stesso. 25 Buono, vento greco, e freddo. 26. 27. 28 Lo stesso.
29 Torbido freddo. 30 Vario. 31 Buono e freddo.

A dì 18 detto. Era in Perugia caduta molta neve, che in alcuni luoghi
la gettavano via dai tetti, e nella notte venne una siroccata, che la sciolse
in gran parte, e per tutto si camminava malamente, perché le strade tutte
erano ingombrate dai ghiacci e dalle nevi. Il Governo non pensò mai a dare
ordine di togliersi le nevi, come sempre è stato solito per gli anni passati.
Due giorni dopo venne l’ordine del governo, quando le nevi erano già am-
massate per le strade. Dal 1° giorno di Natale fino al 18 erano sempre cadute
nevi. Nelle Piazze stesse non s’incominciò a ripulire che dopo 6 giorni. Al-
l’editto niuno ubbidì perché troppo tardi, e perché ogni giorno facea nuova
neve. Nel 18 venne un dolco, ed allora s’incominciò la neve a sgombrare, ma
per 3 o 4 giorni non si potea caminare. Durò molto tempo la neve a sussistere
radunata in mezzo alle strade. Il freddo nei giorni da Natale fino al 18 Gen-
naro era acuto.

FEBBRAJO:

A di 1 Nuvoloso e freddo. 2 Mezza gamba di neve con buffa, freddo acuto
e vento. 3 Neve, freddo e vento. 4 Nuvoloso, nebbioso. 5 Acqua nella notte,
siroccale, addolcito. 6 Venti interrotti, nella sera raggiata di neve. 7 Buono,
grecale. 8 Bello, buono e freddo. 9 Vario siroccale e nuvoloso. 10. 11 Nebbia





88 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

siroccale. 12 Greco nuvoloso. 13. 14. 15 Bello, vento e freddo. 16 Turbato e
poi bello, freddo. 17 Bello e freddo. 18 Nuvoloso, siroccale e spruzzante acqua.
19 Nebbia siroccale e poi bello. 20 Lo stesso. 21 Nuvoloso e acqua. 22 Nebbia,
poi vario buono. 23 Buono e vario. 24. 25. 26 Bello, quieto. 27 Lo stesso. 28
Nuvoloso.

A. di 22 detto. Predicatore in Duomo fu un Padre Minore osservante di
Ara Coeli.

Allo Spedale D. Francesco da Doveda di Faenza Excanonico Toscano.

MARZO:

A dì 1. 2. 3. 4. 5 Tempo bello, ventoso e freddo. 6. 7. 8. 9. 10 Vario e
freddo. 11 Turbato siroccale. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20 Buono, vario,
fresco. 21 Vario siroccale. 22 Buono grecale. 23 Nuvoloso siroccale. 24 Lo
stesso e poche gocce. 25. 26. 27 Bello. 28 Lo stesso e poi turbato. 29 Bello.
30 Lo stesso, nel giorno guazzata. 31 Bello.

A dì 1 detto. In quest’anno vi è stata gran quantità di Olive, e la raccolta
è stata abbondante : ma per causa delle grosse nevi, e lunghi e ostinati geli
rimasero per molto tempo parte sepolte sotto la neve e parte in aria senza
potersi cogliere, e perciò rimase per molto tempo interrotta la coltura e maci-
natura. Si era raccattata l’Oliva di molto e in alcuni luoghi riescì minore la
raccolta dell’Olio. Per un gelato patirono molto gli olivi, meno però quelli
di uva dolce, ma molto di quella cimignola. Fu fatta perciò una universale
potatura. Ciò non ostante gli Olivi nella primavera davano fuori bene, e da-
vano speranza di qualche piccola raccolta anche per quest'anno. In molti
luoghi perirono delle piante e furono a terra segate. Il prezzo dell’Olio fu
scudi 2,80 e scudi 3,20. Il Grano era di prezzo a scudi 6,50 il rubbio.

A dì 9 detto. Morì l’ Inquisitore Cappelli Domenicano Religioso di merito.
Nel tempo del Governo Francese dette il Giuramento ; ma poi si pentì. Per
varie vicende non fu stabilito nell'impiego nel ritorno del Sommo Pontefice
nella sua sede, ma dopo molti anni fu ristabilito nel posto d'Inquisitore. Era
bravo Oratore. Mori di mal di petto. Fu fatto il Funere in S. Domenico. Recitó
l’Orazione funebre il D." Luigi Canonico Mattioli, come Dottore Collegiato
di Teologia.

A dì 13 detto. Morì il Canonico Baldassarre Titi di anni 74 per febre
apoplettica. Dal Vescovo fu conferito il Canonicato a D.n Costanzo Gigliucci
suo Vicario Generale.

A dì 14 detto. Allo Spedale l’Elemosina per il Purgatorio fu di scudi 29, 17.

A dì 17 detto. Fu creato ponente di Consulta Monsignor Giacomo Oddi
Baglioni Perugino, e Mario Felice Peraldi.

A dì 21 detto. Giunse in Roma il Re di Baviera col nome incognito di
Conte di Augusta, ed andò a Napoli per far bagni.

A dì 21 detto. L’Elemosina in Duomo per il Purgatorio fu di scudi 55,23.





















CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 89

APRILE :

A di 1 Tempo buono e vento impetuoso. 2 Nuvoloso e vento. 3 Buono
e vento. 4 Bello. 5. 6 Nuvoloso siroccale. 7. 8 Lo stesso. 9 Caliginoso, nuvoloso,
settentrionale. 10. 11. 12 Lo stesso. 13 Lo stesso minaccioso e poi vario buono
settentrionale. 14. 15. 16 Lo stesso. 17 Turbato, poi buono. 18 Buono. 19 Buono,
di poi nuvoloso, minaccioso settentrionale, nella notte acquata. 20 Buono
con vento settentrionale impetuoso. 21 Buono calmato. 22 Vario nuvoloso,
nella sera acquata. 23 Buono. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30 Lo stesso, vento set-
tentrionale.

A di 4 detto. In Stuttgard in Germania vi era Alois Senefelder celebre
inventore della Litografia, che avea perfezionato il suo metodo da poter co-
piare qualunque Quadro ad Olio, o tavola in rame con tutte le degradazioni
del chiaro scuro. Avea ancora trovata la maniera di formare delle pietre arti-
ficiali, che riescono più utili della pietra naturale.

A dì 10 detto. Si era incominciata una nuova strada per andare più in
piano in Piazza, incominciata a formarsi entrata la Porta di S. Carlo, che
dovea passare in mezzo alla tenaglia della fortezza, formato un gran portone.

A dì 15 detto. Vi erano in Perugia Francesi forastieri con Animali di Af-
frica, e de Saltatori, e giocatori ne Cavalli, che al Circolo agivano. Concorreva
moltissima gente, ed essendo la Città povera, eppure con salti e forze faceano
ogni giorno qualche centinaro di scudi.

A dì 23 detto. Giunse in Perugia il Cardinal Giorgio Doria Panfili Gran
Priore dell'Ordine Gerosolimitano.

A. di 24 detto. Si ordinó la Colletta dal Vescovo ad petendam pluviam.

MAGGIO :

A di 1 Tempo bello. 2 La mattina lo stesso, nel giorno turbato con acque
intorno. 3 Come ieri. 4. 5 Buono. 6 Lo stesso, nel giorno turbato. 7 Lo stesso.
8 Sempre turbato. 9 Nuvoloso e poche gocce, siroccale. 10 Nuvolo nebbioso,
minacciante, ed acquate leggere, e poi vario. 11 Vario, siroccale impetuoso
e poi buono. 12 Buono siroccale. 13 Nuvolo minaccioso. 14 Sempre nuvolo
caliginoso con vento settentrionale. 15. 16. Lo stesso. 17 Nuvoloso, la mat-
tina con piccola guazzata, nella sera acquetta. 18 Nuvoloso settentrionale.
19. 20. 21. 22 Buono e caldo. 23. 24 Buono retato. 25. 26 Lo stesso, siroccale.
27 Nebbioso, siroccale, ventoso, nel giorno acquata. 28 Acqua placida sem-
pre. 29. 30 Buono siroccale.

A dì 1 detto. Fu incominciato un Triduo alli SS. Confaloni per aver l’acqua,
essendo aride le campagne.

A dì 4 detto. Non essendo venuta acqua s’incominciò altro Triduo ai
SS. Confaloni.

A dì 5 detto. Tornò in Perugia il Re di Baviera per andare alla Colom-
bella.



m a mr t ————— —







90 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A di 8 detto. Non essendo venuta l'acqua si esposero i Quadri dei Confa-
loni. In occasione de Tridui fatti i Contadini vennero a turme a queste fun-
zioni, cosa, che dopo il principio del secolo presente non si era più veduta
in tale occasione.

A dì 11 detto. Non essendosi ottenuta l’acqua con i Tridui ed Esposizione
de SS. Confaloni, si ottenne licenza dal Vescovo per le grandi istanze dei con-
tadini di portare i Quadri in Processione, ed incominciarono le Processioni
nel dì 11, e si proseguirono nel 12 e 13. Il Vescovo essendo in Visita non ri-
tornò in tale occasione, che fu molto biasimato dal popolo. Gran gente di
fuori concorse alle processioni, ma nell’ultimo giorno concorse un popolo
immenso. In aria appariva disposizione alla pioggia, ma i venti settentrionali
dissipavano le nubi, e l’acqua non cadde, rimanendo il Cielo coperto di cali-
gine, ed il sole nascosto.

A dì 13 detto. Da alcuni giorni indietro fino al dì 16 fu sempre un nuvolo
caliginoso e minaccioso con venti settentrionali e sole coperto.

A dì 15 detto. Dopo una ostinata siccità nella notte di questo giorno
cadde un’acqua torbida e fangosa sopra la superficie della terra, e nelle foglie
delle erbe ed alberi.

A dì 22 detto. Persistendo il tempo a non piovere, essendo sempre sereno
con venti settentrionali, ed essendo bisognosa la campagna di acqua, non pensò
né il Magistrato, né il Vescovo a ricorrere alla SS.ma Vergine per mezzo de’
Tridui al S. Anello per ottenere la pioggia, avendo alcuni luoghi circonvicini
ottenuta l’acqua, un sol Divoto fece fare un Triduo al S. Anello nei giorni
23. 24. 25.

A dì 23 detto. Fu eletto il Ministro Generale in Roma ne’ Minori Conven-
tuali il P. Domenico Secondi di Montefalco Lettore di Teologia nella nostra
Università di Perugia.

A dì 26 detto. Dopo il Triduo fatto al S. Anello da un Devoto, i Conta-
dini fecero orazione a S. Costanzo. Nel dì 27 di sera e notte vennero guazzate.
Nel dì 28 cadde della pioggia con acqua lenta, e placido, senza strepito ; e nel
dì 29 fecero a S. Costanzo la Processione colla statua essendo il tempo rimesso.

GIUGNO:

A dì 1. 2 Buono e caldo. 3 Lo stesso. 4 Nuvoloso. 5 Lo stesso. Nel giorno
contro ogni aspettazione pioggia placida. 6 Buono, poi vario settentrionale. 7
Buono, nel giorno acqua. 8 Buono, nuvoloso. 9 Nuvoloso, nebbioso, siroccale.
10. 11. 12 Lo stesso. 13 Lo stesso, nel giorno nuvoloso, ventoso ponente. 14.
15 Vario nebbioso siroccale. 16 Lo stesso, nel giorno acqua, vento impetuoso
in turbine per poco tempo. 17 Mattina buono vario, nel giorno acqua e poi
vario. 18 Vario con acquata. 19 Acquata nuvoloso minaccioso, nel giorno
buono. 20 Buono. 21 Vario nuvoloso nebbioso. 22 Buono poi vario. 23. 24. 25.
26. 27. 28. 29. 30 Buono e caldo.

A dì 5. Dopo lunga siccità pregiudicevole, fuori di ogni aspettazione per









CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 91



circa ore 3 cadde pioggia piacevole senza strepito, con comune contento per
la necessità della campagna, che subito si ravvivó per frutto delle Orazioni
fatte, e giunse a tempo opportuno.

A di 4 il Re di Baviera parti dalla Colombella per i suoi stati per la via
delle Marche.

A dì 10 detto. La Processione del Corpus Domini passò per l'antica strada
della Via Nuova, Pesceria e Piaggia S. Ercolano, dove si posò il Sagramento,
per essersi già mezzo fatta l’apertura della nuova strada, che dovea passare
vicino alla Chiesa di S. Ercolano mano destra per andare ad imbroccare den-
tro il fosso della Fortezza e andare al foro della Tenaglia, ov’erasi già aperta
la Porta per andare alla Sapienza nuova.

A dì 21 detto. Si viddero mietitori in piazza, e s'incominciarono le mieti-
ture. Per tutto il grano era bello e polito, ma di poca paglia.

A di 29 detto. Negli anni scorsi i mietitori andavano a mietere, ed in que-
stanno tornarono alle loro case, essendosi anticipata la mietitura. Era il
grano senza erbe.

LUGLIO :

A di 1. 2 Tempo bello e caldo. 3 Lo stesso ventilato. 4 Lo stesso con vento
furioso a Ponente e Maestro. 5 Bello caliginoso. 6. 7 Lo stesso. 8 Torbido
ventoso. 9 Mattina minaccioso, poi buono. 10 Buono ventilato. 11 Lo stesso.
12 Buono schietto caldo. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26
Sempre giornate schiette, calde, ed in qualche ora ventilate settentrionali.
27 Lo stesso, nel giorno nuvoloso. 28 Buono, vento settentrionale, nel giorno
aequata. 29 Buono, nel giorno nuvoloso. 30. 31 Lo stesso.

A dì 5. Il Caldo era giunto a gradi 26.

A dì 16. Era del tempo, che non era piovuto. Erano giornate belle con
caldo sensibile, e le campagne erano aride. Non vi era erba per il bestiame. I
Granturchi per le colline e terre secche erano tali da non poter dar frutto, e vi
era un gran segnale di carestia. Fu raccolto del grano bello e polito, ma po-
chissimo di altri generi. Eppure in tale stato non si promovevano orazioni
dal Superiore Ecclesiastico e Magistrati.

A dì 25 detto. Essendo una grande e lunga siccità, si erano raccolti po-
chissimi minuti, e del granturco si era spenta la speranza del raccolto. Nella
sera del 24 non si trovava pane per la Città. Essendosi pochi giorni prima aper-
tosi il Teatro nella sera stessa del 24 era pieno il Teatro. Ecco il bel costume
. che regnava in questi tempi in mezzo alle angustie ed ai castighi. Non si pensava,
che ai divertimenti. Non fu promossa preghiera alcuna nè per parte de’ Ma-
gistrati nè per parte del Vescovo, nè per parte della Campagna. Si era fatta
una sufficiente raccolta di grano buono e polito, ma si prevedeva la carestia
in campagna. Si pensava e si lavorava una nuova strada a parte sinistra di
S. Ercolano colla spesa di sopra 20/m scudi, che veramente da tutti era bia-
simata, e perchè non necessaria, e perchè ha tolto alla Città una strada, che



92 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

facea simetria all'altra a mano destra ; e si potea fare la strada con minore
spesa, piü commoda e piü breve per quella di sotto per Penna. Il prezzo del
grano era di scudi 9 il rubbio, e qualche cosa di più del Granturco. Ne andava
via molto, ma per i schiamazzi del popolo fu da Roma proibita l’estrazione.

A dì 25 detto. Morì il Cardinale Francesco Cesarei-Leoni Perugino Ve-
scovo di Jesi.

A dì 28 detto. In quest’anno il caldo è giunto a gr. 27. 28 e nelle ore più
calde anche a 30.



AGOSTO :

A dì 1. 2. 3 Tempo buono e caldo. 4 Lo stesso, nel giorno acquata. 5.
Buono. 6. 7. 8. 9. 10 Lo stesso. 11 Lo stesso, nel giorno turbato. 12. 13. 14.
15. 16 Buono e caldo grande. 17 Mattina fresco, nel mezzodi turbato, e cadde
acqua abbondante, che duró un'ora incirca con tuoni, che produsse danni
in molti luoghi. 18. 19. 20 Buono. 21 Vario nuvoloso, e nel giorno e nella notte
acqua. 22. 23. 24. 25. 26. 27 Buono, schietto e caldo. 28. 29. 30. 31 Lo stesso.

A di 27 detto. In Parigi si pubblicó l'ordine, che tutti quelli, che per delitti
politici del 7 Luglio 1815 erano forusciti, potessero ritornare nella patria, ed
esser reintegrati de’ loro diritti civili e politici.

A dì detto. In Brusselles ne Paesi Bassi, o Belgio seguì una ribellione. Fu
innalzata la Bandiera a tre colori rosso, nero e giallo col motto Libertà o Morte. :
Le abitazioni del Comandante della Piazza, del Direttore di Polizia, del Pro-
curatore del Re e di altri furono saccheggiate ; ed il Palazzo del Ministro di
Giustizia consunto dal fuoco. Il Barone Emanuele d'Ongront fu invitato e
posto alla testa della Guardia Nazionale. La Reggenza con Proclama invitó
i Cittadini ad armarsi, e far parte della Guardia. Fu procurato di ridurre
tutto in calma, e nel di 30 regnava la pace in Brusselles, e s'invitarono i cit-
tadini a riunirsi alla legge fondamentale de Paesi bassi, e al Trono, che essa
ha fondato, e alla Dinastia, di cui Guglielmo é l'Augusto Capo.



SETTEMBRE :

A di 1. Tempo turbato, poi buono. 2 Buono. 3 Buono, nuvoloso caldo. 4
Nuvoloso spruzzante acqua. Nella sera e notte acqua. 5 Nebbioso con acqua,
| e poi nuvoloso sottile. 6 Buono con Tramontana, poi vario. 7 Nuvoloso si-
u roccale, nel giorno acqua. 8 Lo stesso. 9 Buono, settentrionale. 10 Bello.
11 Piovoso siroccale, sera e notte acqua con tuoni. 12 Piovoso, verso sera
buono. 13 Nuvolo, nebbia, siroccale, poi buono ventoso. 14 Bello. 15 Nuvolo,
nebbia, spruzzante acqua, nel giorno vario buono. 16. 17 Buono e caldo. 18
Lo stesso. 19 Nuvolo, nebbia e spesso acqua. 20 Nebbioso, minaccioso e vario.
21 Vario. 22 Nuvolo minaccioso, nebbia, sirocco, poi acqua. 23 Vario. 24
Buono. 25 Nuvolo minaccioso e poi sempre acqua. 26 Acqua e poi buono. 27
Nuvoloso, torbido, settentrionale fresco. 28 Vario. 29 Nebbia ed acqua, siroc-
cale, poi vario. 30 Sempre vario.







CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 93



A di 9 detto. In Dresda in Sassonia fu turbata la tranquillità dai mali
intensionati dell'ultima classe del Popolo, che fecero dei danni al Palazzo
: della Polizia e della Città. Fu di poi tutto sedato dal Principe Federico.

A di 11 detto. Gran torbidi vi erano in Lisbona nel Portogallo, e la Città
era come un Deserto.

A di 12 detto. Fu solennizzata una gran Festa in Duomo alla Madonna
delle Grazie. Erano tutte le pareti parate con Damaschi, e fregi di oro con 4
stendardi rappresentanti quattro oggetti riguardanti la SS.ma Vergine. Arcata
di Damaschi e trine sopra l'Altar Maggiore a padiglione, e cosi padiglioni su
tutte le arcate fra le Colonne e molte lumiere per tutta la Chiesa. La paratura
costó scudi 200. L'Altare ricco di cera col nome di Maria a destra e sinistra
formato con fiaccole. Fu celebrato un Triduo. I primi Vesperi si celebrarono
da scelti musici e Suonatori. Pontificó la Messa Monsignor Vescovo. La mu-
sica de primi Vesperi e della messa fu diretta dal suo Compositore, che fu
Tancioni Perugino, che studiava in Napoli sotto l’insigne Zingarelli, e riuscì
musica gradita, e da Chiesa, e non alla moderna da Teatro. I secondi Vesperi
furono solennizzati con musica di Rossi Maestro di Cappella della Cattedrale
e del pubblico. Nella sera della vigilia caddero acque abbondanti con tuoni
e lampi, che impedirono i Fochetti al Circo. Nella mattina della Festa caddero
delle guazzate, ma poi riuscì tempo buono. Un Romano lavorò i fuochi per
la machina, che non potè essere accesa nella sera, non essendosi potuto
comporla per causa del tempo. Vi concorse una immensa quantità di popolo
e gente forastiera. Nella sera vi furono i Fochetti all’ Anfiteatro composto
nel piazzone sotto la Fortezza dalla parte di S. Giuliana.

Dovendosi solennizzare in Cattedrale la Festa della Madonna delle Gra-
zie con gran pompa, si espresse il Vescovo di non volersi trovare in Città
in quel tempo. I promotori di tale solennità ne dettero un ricorso a Roma,
e di là venne a lui ordine di non partire, e gli convenne trattenersi ed ubbidire.

A dì 13. Fuvvi la corsa nel Luogo medesimo detto di sopra.

A dì 14. Vi fu lo steccato ; nella sera seguì il fuoco artifiziato composto
in faccia alla Fortezza dalla parte di S. Ercolano ; e poi fu aperto il Teatro.
Il Fuoco riuscì sorprendente e con universale applauso.

A dì 15 fu fatta la Giostra, e poi la Tombola di scudi 500, altra di scudi
100, la terza di scudi 70. Le cartelle spacciate furono 10.195.

A dì 16. Vi fu lo steccato, e fu tutto finito. Tutto riuscì con magnificenza,
soddisfazione comune, con quietezza e pace.

A dì 14 detto. In Copenaghen in Danimarca vi seguirono de torbidi, che
furono presto sedati.

A dì 20 detto. In Berlino in Prussia successero varj attruppamenti di
gente, tra quali molti furono arrestati; ed erano Garzoni de’ Sarti, ed altri
quelli che si unirono domandando la libertà cogli arrestati. I Garzoni arre-
stati innocenti furono rilasciati.

A. di 29 detto. S'incominciarono le vendemmie senza aspettare le acque
con loro pregiudizio, e tutti gli altri aspettando l'acqua fecero buona raccolta.







94 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI



Se vi fosse il Governo, che su ció provvedesse di non vendemmiar senza or-
dine, come usa in molti luoghi, non succederebbero tali inconvenienti. Ma vi
hanno colpa i padroni.

Il Grano costava scudi 8 il rubbio, essendosi proibita l'estrazione dallo
Stato e dalla Diocesi.

OTTOBRE :

A dì 1 Vario nuvoloso. 2 Vario ed acquata. 3 Buono nebbioso. 4 Bello.
5 Lo stesso, nel giorno guazzata. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12 Buono. 13 Nebbia, poi
buono grecale. 14. 15. 16 Bello e freddo. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23 Bello. 24
Nuvoloso, poi buono. 25. 26 Buono. 27 Sempre nebbia e acqua lenta. 28
Buono. 29 Vario. 30 Nuvoloso e poi acqua. 31 Acqua con vento impetuoso
freddo.

A dì 1 detto. Giunse in Perugia il Cardinal Dandini, andò in casa Penna
Gonfaloniere.

A dì 2 detto. Seguì la biura di un Giovane della Germania allevato nel
Luteranismo. Fu istruito nella dottrina cattolica da un Lettore Minore Os-
servante del Monte, ed in Cattedrale ascoltatasi dal Vescovo la sua biura fu
dal suddetto communicato, e cresimato. Il Patrino fu Fabio Danzetta.

Dopo la risposta e decisione del Sommo Pontefice sull’oggetto del Giu-
ramento di sopra espresso il Vescovo dimostrò di essersi piccato per la proce-
dura del Capitolo per difendere la verità, provvedere alla propria coscienza ed
impedire qualunque inconveniente in avvenire per ingiuste pretensioni, e re-
putandosi offeso pretendeva che il Capitolo gli avesse chiesto perdono, quando
esso fu quello, che inquietò senza ragione il Capitolo. Per tal motivo per pren-
dersi una irragionevole soddisfazione aspettò l’opportunità per farlo nella
Pasqua dell’anno venturo 1832. Prima del Giovedì Santo, che fu alli 19 Aprile
fece sapere al Capitolo, che non voleva nella Messa Solenne ammetterlo alla
Comunione. Saputosi ciò dal Magistrato ricusò l’invito, che gli fu fatto per la
intervenzione in quel giorno. Questo fatto fece nascere un grande scandalo
e mormorazione in tutta la Città, che lo giudicò vendicativo ed egoista, e per-
dette ogni stima. Dalle storie si sa, che in quel giorno tutti gli offesi si ricon-
ciliavano, perdonando agli Offensori.

Gl’Imperatori erano quelli, che ciò pratticavano, aprendo le prigioni ai
propri ribelli. Ne fu data notizia in Roma, ed il Pontefice s’era espresso di
rimuoverlo da questo Vescovato, ma nulla è fin qui avvenuto, quantunque
si conoscesse, che esso non era stato offeso in conto alcuno. Usava un
gran contegno coi Capitolari venendo in Cattedrale, e lo seguitò ancora dopo
il fatto.

A dì 18 detto. Giunse il Cardinal Rivarola e partì il dì 21.









CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI : 95



NOVEMBRE :

A dì 1. 2. 3 Tempo bello e fresco. 4. 5. 6. 7. 8. Lo stesso e nebbia. 9. 10
11 Vario buono. 12 Acqua e nebbia. 13. 14 Vario buono. 15 Nuvoloso. 16. 17
Buono. 18 Nebbia e acqua. 19 Lo stesso, nel giorno nuvoloso. 20. Nebbia ed
acqua. 21 Buono, grecale fresco. 22 Vario. 23 Nuvolo minaccioso e poi vario.
24 Bello freddo, neve ai monti. 25 Acqua e poi vario tempestoso. 26 Vario
ventoso. 27 Vario. 28 Nuvoloso e poi vario. 29. 30 Vario buono.

A dì 29 detto. Scoppiò in Varsavia nella Polonia una ribellione nella
sera nell’Armata polacca. L’armata polacca era di 40/m uomini, e la milizia
di 30/m. Nella sera si disse, che la insurrezione incominciò sulla scuola mili-
tare di Varsavia per un ordine dato alle truppe russe di marciare nell’interno
del Regno. Si seppe che nella sera due regimenti della Guardia russa a cavallo
erano venuti alle mani cogli allievi della scuola militare, e varie compagnie
d’infanteria. I morti dall’una e l’altra parte furono di circa 6/m. La zuffa
fu sanguinosa, e perciò vi furono tanti estinti. La cavalleria russa si ritirò ;
e una divisione di truppe polacche si ritirò al Castello Belvedere, ove il gran-
duca non si trovava più ! Si battè la Generale, ed in tutta la notte si combattè.
Molti Generali rimasero morti. Due delle più nobili Famiglie s’interposero
per sedare ; e fu publicato un proclama a nome dell'Imperatore, che annun-
ziava un nuovo stabilimento di Consiglio nominando i soggetti. Nel dì 30
gli Abitanti di Varsavia rimasero sotto le armi, e nella sera si organizzò la
Guardia nazionale. Le Truppe russe rimasero in inazione, e la Fanteria e ca-
valleria polacca, che si trovava in vari luoghi ebbe ordine andare a Varsavia.
Il popolo era furibondo, e vi erano unite anche le donne. Nella mattina non
si sentì alcun colpo di fucile, e fu procurato di metter tutto in buon ordine.

A dì 30 detto. Morì Pio VIII per una malattia violenta di petto di Martedì
in 13 giorni, nato nel 1761 ; regnò mesi 12. Fu saputa la sua morte in Perugia
nel di 4. A dì 6 fu celebrata Messa funerale in Duomo coll’intervento di Mons."
Vescovo e delle Potestà pubbliche. A dì 7 fu cantata Messa dello Spirito
Santo, ed incominciate le preghiere per le Chiese, e aggiunta la Colletta alla
Messa per tutti i sacerdoti.

Il Sagro Collegio era al presente composto di 55 Cardinali, e vi erano va-
canti 15 Cappelli. Vi erano in Roma 27 Cardinali, 13 nello stato e 6 erano
nell’estero. Si era riservati in petto il S. Padre 8 Cardinali.

DICEMBRE:

A dì 1. 2. 3 Tempo buono vario. 4 Acqua, nebbia, siroccale. 5 Nebbia,
nuvolo, minaccioso e poi vario. 6 Lo stesso. 7. 8 Nebbia, acqua e poi vario.
9 Nuvoloso vario, nella sera vento impetuoso per tutta la notte, poi acqua
abbondante. 10 Sempre nuvolo minaccioso. 11 Vario. 12 Nebbia e nuvolo.
13 Nuvoloso piovoso. 14 Nuvolo, vento greco. 15 Nuvoloso, vento impetuoso,
vento ai monti. 16 Vento, acqua e poi vario. 17 Vario. 18 Placido vario. 19









































96 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

Bello. 20 Bello, brina, nebbia. 21 Nuvoloso, nebbioso. 22 Bello, vento freddo.
23 Lo stesso. 24 Vento impetuoso ed acqua. 25 Nebbia ed acqua. 26 Poca
neve e nebbia. 27 Neve e vento. 28 Nuvoloso con vento impetuoso. 29 Nuvo-
loso nebbioso. 30 Buono. 31 Vario.

A di 1 detto. In Parigi nella seduta fu dichiarato, che si sarebbe guar-
dato il proprio Stato senza prender parte negli interessi estranei, e che per
difender lo Stato avea la Francia un milione di Guardie Nazionali e 500/m
soldati.

A di 3 detto. Fu saputo, che in Pietroburgo da alcuni eransi fatte cose
da inquietarsi, e per tali azioni furono scoperti i rei. Alcuni vi perdettero la
vita, e 2 de più ragguardevoli impiegati messi in fortezza per qualche tempo,
e poi impiegati fuori per correggerli.

A dì 16 detto. In Brusselles fu deciso, che vi sarebbero 2 Camere nel Go-
verno del Paese.

A di 7 detto. Si seguitavano in Parigi gl'interrogatorj delli 4 Ex-Ministri
di Carlo X Re di Francia, che incominciarono li 28 Agosto, e si rilevó, che
Polignac avea 50 anni, de Peyronnet 42, Guernon de Rauville 43, de Chan-
telanze 43. Nel 29 Novembre in una seduta un Commissario protestó, che né
esso, né i suoi Colleghi aveano scoperto cosa, che potesse autorizzare la sup-
posizione, che i suddetti Ministri avessero parte nel piano infernale a loro
apposto di promuovere incendi seguiti in una provincia della Francia.

A di 8 detto. Erano accaduti nella Svizzera dei disordini in varie parti,
ma dal Governo furono prese delle misure per assicurare la neutralità della
| Svizzera verso gli Esteri.
ni A. di 8 detto. Vi é stata una grande abbondanza di rapi in quest'anno,
che é stata di sollievo tanto per gl'individui massime di Campagna, che per
il Bestiame, per cui mancarono i pascoli.

NI A di 14 detto. Nella notte soffiando vento libeccio impetuoso fu commesso
| un furto in casa Florenzi a pianterreno nell'Uffizio de sali e tabacchi colla
rottura di tre porte. La somma ascendea a circa scudi 2.500.

A. di 14 detto. Entrarono i Cardinali in Conclave in n.» di 35.

(iù A dì 17 detto. Le pretensioni (sic/) della Polonia erano molte, ma la
MI piü singolare era, che domandava alla Russia la retrocessione delle Provincie
I già Polacche, che possiedeva ora nel regno della Gran Caterina. Vi é il quadro
Ill storico di tali paesi nella Gazzetta di Perugia 1831 n.° 3, p. 3, Russia 15
| | Dicembre.

| | A dì 17 detto. La Francia in una seduta determinò spedire Corrieri a
I Berlino, Vienna e Londra, significando alle 3 Corti, che in caso prendessero
| parte la Prussia e l’Austria unendosi colla Russia per sottomettere la Polonia,
la Francia considererebbe questa intervenzione come una dichiarazione di
guerra.

| | A dì 21 detto. Fu pronunziata la Sentenza contro i 4 Exministri di Carlo
i Il X, giorno 7° di sopra nominati, e furono giudicati colpevoli di delitto di tra-
| | dimento ; e furono condannati alle deportazioni e carcere perpetua in diverse
|





CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 97



fortezze ed alle spese del processo, e furono tutti quattro trasportati a Vin-
cennes in una vettura con scorta, e con la maggior cautela per causa del po-
polo, che li voleva morti, in tutto il cammino.

A di 22 detto. Tutti nella Russia erano pronti a sostenere l'Imperatore
Nicolao contro la Polonia, e si operava con animosità. Era eletto per supremo
Generale il Maresciallo Diebistch. Tutte le truppe andavano nei confini po-
Jacchi.

A dì 24 detto. Una Deputazione della Polonia era giunta a Pietroburgo,
ottenuto il permesso dall’ Imperatore. Intanto la Polonia agiva per far guerra
e sostenersi.

A dì 25 detto. In Francia fu soppressa la Società delle Missioni di Francia,
basato l’ordine sopra un rapporto del Ministro della Pubblica Istruzione
e del Culto. Si considerava in Parigi, che la marcia russa contro la Polonia
si potesse giudicare come una violazione del principio di non intervenire.

A dì 25 detto. In Monaco succedette un disordine per parte di molti
studenti n.° 300, che fecero del chiasso, e non vollero ubidire alla voce del
Rettore. Alcuni furono arrestati. Fu con editto interrotto il corso delle le-
zioni dell’Università dal 1° Gennaio fino a tutto Febbraio 1831.

A dì 26. L’imperator di Russia andando con un Esercito di 180/m uomini
si dichiarò, che non andava contro i Polacchi, ma contro i ribelli.

A dì 27 detto. Tutto l’interno della Polonia era in grande operosità per
sostenersi. Pareva, che la Polonia non potesse durarla contro la Russia.

A dì 28 detto. I Polacchi operavano molto per le fortificazioni, ed erano
apparecchiati al combattimento. A loro si erano uniti i popoli di altre città
unite una volta alla Polonia. I Ricchi, i Monasteri e particolari mandavano
somme in Varsavia per le spese da farsi.

A dì 31. In Monaco, in sequela delle cose accadute nel dì 15 scorso, fu
affisso un editto, come si disse, con cui si sospendevano le Lezioni della Uni-
versità fino al 1° Marzo 1831 ; e che tutti i studenti forestieri ritornassero alla
loro Patria ; e che non vi fosse persona, che potesse in Monaco ritenere alcuno
de’ suddetti studenti. Ma per preghiere del Magistrato civico e di 1000 Stu-
denti il Re soppresse le misure prese e permise sui sentimenti dei Cittadini
la continuazione de studi a patto di non rinnovare i passati disordini. Circa
i studenti non domiciliati fu modificato l’ordine in ciò, che li Giovani facenti
parte della Società Germanica, dovessero lasciare la Capitale a mezzo giorno,
e non potessero esser ricevuti in alcuna Università del Regno sino a nuovo
ordine.

A dì 6 Dicembre. 31/m uomini della Lituania (che si volea riunita alla
Polonia dal popolo) misero la Coccarda polacca. Tutte le Truppe Polacche
avevano giurato fedeltà alla Patria. 100/m uomini erano sotto le armi senza
la milizia.

A dì 28 detto. Comparì in Varsavia una Declamazione diretta ai Francesi,
i quali essendo per il passato aiutati in vari incontri dai Polacchi, ora invi-
tava i Francesi a dar soccorso a loro ne presenti bisogni contro la Russia.

T







98 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

Si seppe che si era in Parigi organizzato un Comitato per aprire una
sottoscrizione nazionale in favore dei Polacchi.

A di 31 detto. In Cattedrale fu celebrata la solita funzione di ringrazia-
mento coll’intervento di Mons." Vescovo, Magistrato ed Impiegati, canta-
tosi il Te Deum ed impartita la Benedizione col Venerabile.

839
GENNAJO:

A di 1 Nebbioso vario siroccale. 2 Siroccale, sempre nebbia e pioggia. 3.
4. 5 Buono grecale. 6 Nuvoloso, siroccale, nel giorno nebbia ed acqua. 7. 8. 9.
10 Buono, grecale freddo. 11 Nuvoloso, poca pioggia, poi nuvoloso. 12. 13
Vario. 14. 15. 16 Bello, brina e freddo, giorno nuvoloso. 17 Vario buono.
18. 19 Bello. 20. 21 Vario freddo. 22 Vario. 23 Vario freddo, nel giorno
turbato. 24 Nebbia ed acqua, poi vario minaccioso. 25 Nebbia ed acqua,
e poi vario siroccale. 26 Raggiata di neve, nuvoloso, nebbioso siroccale ; poi
sempre neve. 27 Minaccioso, freddo, vento impetuoso, e poi buono. 28 Bello,
freddo acuto. 29 Nuvoloso freddo acuto, minaccioso. 30 Bello, freddo acuto.
31 Nuvolo, minaccioso, freddo, poi bello.

A di 5. Varsavia era molto fortificata, e correvano operai da tutte le
Provincie. Rimasero in Varsavia Offiziali, e soldati russi, che abbandonarono
colle armi le loro file. Una Polacca mandó un avviso a tutte le femine a for-
mare un regimento di Donne sarmati, come una Legione di Amazzoni impie-
gate nella biancheria e viveri per l'esercito, curare i feriti ed eccitare la
costanza.

A di 10 detto. In Basilea seguitavano a sussistere de' torbidi.

A. di 12. 13 detto. La mattina a tempo sereno fu veduta a levante ad
occhio nudo una Cometa caudata, che nacque a ore 4 della mattina ed alle
5!/, era alta guasi 30 gradi sopra l'Orizonte. La sua coda era volta in alto
ed inclinava a ponente. Alle 6 al comparir del Crepuscolo non fu piü visibile.

A. di 12 detto. Si seppe, che nel regno di Hannover in Gottinga scoppió
una sommossa popolare, che i Scolari aveano fatta causa comune coi Citta-
dini, ed erasi eretta una guardia nazionale, e che una Deputazione era par-
tita per Londra per rappresentare le doglianze e i desiderj de' suoi sudditi
Alemanni.

A di 13 detto. L'Imperatore di Russia partiva da Pietroburgo alla testa
delle Truppe, che andavano in Lituania; che il 17 giungeva a Wilna per i
confini della Polonia, ove erano raccolti 140/m uomini, e vi dovea giungere
un rinforzo di 60/m uomini.

A di 24 detto. L'Armata Polacca si era inoltrata verso i confini della
Lituania.

A di 17 detto. Le Truppe russe giunte verso la Polonia erano di 80/m
uomini, e vi era la riserva da venire.





CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 99



A di 19 detto. Fu indirizzato un Proclama ai Polacchi, e nel di 25 nella
seduta fu dichiarata la Polonia indipendente e dichiarossi il Trono vacante.
Fu udita con applauso la indipendenza della Polonia e la vacanza del Trono.
Tutta la popolazione era in entusiasmo e chiedeva la guerra, e si facevano
preparativi con gran fervore.

A dì 17 detto. Nella Fillandia ebbero luogo diversi tumulti per le dif-
ferenze tra i Maestri de Fabri e gli Operai. Quasi 100/m operai avevano
lasciato gl’impieghi, ed erano in ostilità coi Capi, e tutta quella gente era
senza impiego, e senza i mezzi di sussistenza.

Lettera della China annunziava in data delli 3 Luglio, che successe una
insurrezione scoppiata a Canton. Nel distretto di Suntih circa mille vaga-
bondi attaccarono le Autorità. A dì 24 Luglio una trentina di armati entra-
rono in un Tempio, e derubarono tutti gli oggetti di valore.

A dì 20 detto. Si seppe, che l’Imperator Nicolao avea nominato il Ma-
resciallo Diebistch a Governatore della Polonia.

A dì 22 detto. In Conclave vi erano 25 ardinali.

A. di 24 detto. Nella seduta coll'unanimità de' voti fu dichiarato vacante
il Trono della Polonia. Nel dì 27 le ostilità tra le armate russe e polacca nei
confini non erano incominciate. :

A di 25 detto. I Francesi aveano spedito in Varsavia ai Pollacchi una
somma di 16 milioni di fiorini.

A di 25 detto. In Ispagna una Colonna di 150 uomini coi colori nazionali
si fecero vedere ad Albaroccin, gridando Viva la Libertà. Furono inseguiti :
ma presero le montagne, e niuno ne fu arrestato.

A dì 31 detto. Il freddo giunse a 3 e 4 gradi.

FEBBRAJO:

A dì 1 Tempo bello e poi vario nuvoloso. 2 Nuvolo nebbioso con acque

leggiere e poi abbondante. 3 Vario. 4 Nuvoloso nebbioso. 5 Vario, nella notte
acqua e vento. 6 Buono grecale. 7. 8. 9. 10. 11. 12 Buono. 13 Lo stesso
con vento. 14 Lo stesso. 15 Nebbioso freddo. 16 Bello e freddo. 17 Nuvolo,
nebbioso siroccale. 18 Nuvoloso, greco, ventoso, freddo. 19. 20. 21 Lo stesso.
22 Vario buono con vento impetuoso freddo. 23 Nuvolo minaccioso con vento
e freddo. 24 Lo stesso e neve ai monti. 25 Bello con freddo acuto. 26 Lo
stesso. 27. 28. 29 Nuvoloso, siroccale con acqua leggiera.
: A di 2 detto. Fu creato Pontefice il Cardinal Mauro Cappellari Caman-
dolese Benedettino, nato in Belluno il di 18 Settembre 1765, e pubblicato
Cardinale da Leone XII nel di 13 Marzo 1826. Prese il nome di Gregorio
XVI. Gli Elettori Cardinali furono 50 in Conclave. Rimase vacante la sede
Pontificia per 64 giorni.

A di 3 detto. In Salamanca in Spagna successero torbidi tra i volontarj
reali, e i studenti. Si udirono le grida di libertà e morte, ed imitarono i Fran-
cesi, i Belgi, i Polacchi.











100 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI



A dì 5 detto. In Bruselles fu fatta la Votazione per il Sovrano del
Belgio, e colla maggioranza di voti a competenza di due altri rimase eletto
S.A.R. Luigi Carlo Filippo d'Orleans di Nemo[urs] per Re del Belgio, colla
condizione, che accettasse la costituzione, come sarebbe decretata e formata
dal Congresso Nazionale, e che avesse prestato il giuramento in mezzo al
Congresso.

A di 6 detto. Gregorio XVI fu consagrato Vescovo e fu coronato solen-
nemente.

A di 6 detto. Essendo seguita nei scorsi giorni una rivoluzione in Modena,
anche Ferrara avea le armi in mano, ed avea occupato i primi posti. Le Truppe
Pontificie cedettero le armi. La Truppa Tedesca, che era di guarnigione si
ritirò in Fortezza, segno che si esecutava la non intervenzione. Anche in
Bologna seguì lo stesso, e gli armati rivoluzionari giurarono moderazione.
La Truppa pontificia nel secondo giorno della Rivoluzione passò sotto il
governo provvisorio. In Bologna e Ferrara regnava grande unione ed armo-
nia tra il Governo ed il Clero. Nel Modenese le Città si ribellarono anteceden-
temente al Duca loro Sovrano, il quale si ritirò in Germania. Anche in Parma
e Piacenza succeduto era lo stesso.

Per dare una relazione de’ tempi presenti si sappia, che erano succedute
delle ribellioni in vari stati di Europa, l'Inghilterra e la Francia aveano tra
loro convenuto e formato un Trattato di attendere e pensare alla pace dei
loro respettivi regni, e non intervenire colle forze loro nei regni stranieri,
che erano o fossero per essere in ribellioni, ma di poter solo giovare col con-
siglio, e colle insinuazioni ed impegni soltanto, e che le altre Potenze ancora
dovessero far lo stesso. E non conservando e non adempiendo questo trat-
tato di non intervento qualcuna di loro, et intervenendo con armi, fosse
subito tal atto segno di guerra dichiarata ; il che fu accettato dalle Potenze.
In sequela di tale Trattato e determinazione vi furono delle Teste calde,
che si unirono e determinarono di formare dell’Italia un sol Regno col nome
di Popoli liberi, e sottoposto ad un sol regnante. Incominciarono in Modena
e Parma, e poi s’inoltrò la ribellione nello Stato Pontificio. Tutti i popoli
dello Stato Pontificio erano malcontenti del Governo Romano Pontificio,
la cui condotta era biasimevole. Non si amministrava la Giustizia ; tutto si
promoveva coll’impegno et interesse; Roma non cercava che i propri van-
taggi. I Dazi erano gravosissimi, ed erano giunti ad un numero grande :
da tutto si traeva denaro per promuovere ed eseguire i disegni del Governo
Romano. Gl’Impieghi si davano a persone indegne, e si premiavano i vizi.
Se vi era Impiegato, che male esercitava il suo Officio, si toglieva dal posto,
ma si pensionava ; e tutte le pensioni erano tanto mensili, che annuali di
somme esorbitanti. Erano molti i compensi, che si davano ai Conventi per
le perdite fatte nel tempo del governo francese, colli quali compensi forma-
vano capitali, e s'impinguavano, tutto ció si facea coll'aggravio de' sudditi.
Erano milioni quei compensi, giubilazioni ingiuste, e paghe d'impieghi vi-
stosissime. Nella Corte romana non vi regnavano, che monopolj, raggiri,





CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 101

impegni e fino in qualche rispettabile Congregazione, e si commetteva aperte
e chiare ingiustizie. Non erano protetti ed impiegati che uomini corrotti e
di cattiva massima. In uno stato si deplorabile si allarmarono molti e si mos-
sero, cosa mal fatta, alla ribellione. Fu conosciuta la mano potente di Dio
contro i Capi del Governo di farli ritornare al loro dovere per mezzo del
castigo potente, che era diretto contro loro, e che andava ancora sopra tutti
popoli, com’è succeduto. Si mossero i Capi ribelli sul fondamento della non
intervenzione a sollevare i popoli per togliere il Governo Politico Pontificio.
In tempo che si era eletto il nuovo Pontefice si presentarono in Ferrara e
Bologna i primi Capi, ed a nome del popolo in rivolta dichiararono ai Delegati
cessato il Governo Pontificio, e con pace e senza spargimento di sangue
furono deposti i superiori Pontifici e formati Comitati per le Città. Allì 9
Febbraio dopo Ferrara e Bologna si fece la rivoluzione nella Romagna e
nel Ducato di Urbino, e dopo passò nella Marca. In tanto il sommo Pontefice
spedì nei luoghi suddetti, e per tutto un Invito Pastorale ai ribelli, che ritor-
nassero alla ubidienza promettendo un benigno e general perdono agli ubbi-
dienti. Calò il sale di un baiocco, calò per metà il Macinato, e promise dar
sesto alle gravose Dogane, ed a tuttociò potea aggravare ed offendere i popoli,
ma non fu atteso l’avviso, e seguitava la ribellione, ma con pace e senza
sangue. Per tutto ove eransi formati i Comitati, questi venivano ossequiati
dai Capitoli e Vescovi per impedire i danni alla Religione. Si sentiva qui in
Perugia qualche notizia su di tali ribellioni, e si temeva che o Deputati, o
armati potessero qua venire per fare lo stesso ; il Delegato, Gonfaloniere cogli
Anziani pensarono di formare una guardia per provvedere a ben pubblico,
per render quieto il popolo e tener lontane persone, che avessero potuto
brigare. Nella sera del 12 formarono tal progetto. Nella mattina del dì 13
fu formata tal guardia urbana, ed aprirono gli arrolamenti, e nella sera era
formata di molti individui. Nella mattina del 14 era in esercizio tal guardia.
Il Delegato di Perugia, e gli altri delle circonvicine provincie ricevettero let-
tera della Segreteria di Stato, in cui si dava ordine di armar fortezze e armate
per resistere a quei, che avessero immesse ribellioni. Qual lettera non fu
approvata dai respettivi Delegati, perché promoveva un massacro tra Cit-
tadini. Quei che erano i Capi della Guardia in Perugia giunsero a penetrar
tal cosa; e pensando che si volea promuovere un massacro tra Cittadini,
si allarmarono arrabbiati, e nella sera del 14 si presentarono al Delegato a
nome dei Popolo, e lo dichiararono decaduto dall’impiego, e che era cessato
il Governo Pontificio, e presero il possesso della Città, vollero il possesso
» della Fortezza, e senza strepito, e senza sangue seguì il cambiamento del
Governo. Fu innalzata la bandiera tricolore, insegna del nuovo Governo ;
fu formato un Comitato di 6 Individui, che subito fece stampare un avviso,
con cui si dichiarava mutato il governo pontificio per motivo di un allarme
fomentato da una lettera della Segreteria di Stato ; s’inculcava la pace, la
quiete, il rispetto ; si prometteva il rispetto alla Religione, agl’Individui, e
si mantenevano le persone ne’ propri impieghi. Si calò il sale un baiocco, come















102 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

avea fatto il Pontefice, fu abolito il Dazio del Macinato in tutto, e fu cre-
sciuto il pane. Fu formato un armamento di giovani volontarj, ma colle
proprie armi, non essendovene altre. Fu abolito di poi il Tribunale del S.
Offizio, ed il Tribunale criminale del Vescovato per i Secolari. Diedero licenza
alle Donne, che erano nel Monastero delle Convertite di poter andar via,
se avessero voluto, e molte ne sortirono. Da Perugia furono spediti Deputati
nelle Città sottoposte e nelle altre dell'Umbria per sottoporsi ed abbracciare
il nuovo Governo. Si seppe, che alli 18 Febbrajo guasi tutta l'Umbria avea
abbracciato il sistema di libertà, ed indipendenza, ed anche in Ancona avea
la Fortezza capitolato per mancanza di viveri ed individui. Il Patrimonio
Pontificio non abbracció tale sistema, ma resistette senza mai cedere. In
Città era una gran pace e quiete.

Da Bologna furono spedite Truppe di Bolognesi e Romagniuoli verso
Roma per poterla prendere colle armi, e col mezzo di ribelli dello stesso luogo.

Dopo la rivolta fu dal Governo di Roma spedito il Cardinal Benvenuti
Vescovo di Osimo con dei Dispacci e denari per promuovere la difesa del
Pontefice. Fu per la strada fermato dai Romagniuoli e spedito a Bologna,
dove giunse il dì 23 Febbraio. Tutti popoli nelle parti di Bologna erano in
gran sommossa per arrolarsi e marciar contro Roma, e già erano partite
2 Colonne. Questa rivolta fu formata senza esservi arme, né denari, e si disse,
che non dovea scoppiare nel tempo, in cui scoppiò, ma o nel Giovedì Santo,
ma sicuramente nel mese di maggio. Il Cardinal Benvenuti detenuto in ostag-
gio, ma rispettato e difeso dalla Guardia Nazionale. Si osservò, che tutti i
pensionati da Roma furono i ribelli più accaniti. Dal parlar, che si sentiva
dalla bocca di molti di questi ribelli Liberali, si poteva congetturar, che si
cercava di pregiudicare alla Religione, e che molto avrebbe patito, se fosse
persistito questo governo. Tutti però biasimavano il Governo de Preti, e
sparlava[no] molto contro loro, contro i Frati, contro le Monache. Andavano
continuamente Truppe di Bologna e Romagna e anche dei Perugini, Castel-
lani e Gubbini verso Roma, che non giunsero mai a Civita Castellana, che
resistette insieme col Patrimonio, e Jesi. Intanto il Pontefice ricorse all’ Austria
ed alle Potenze Alleate, che protestarono di non proteggere i ribelli. Fu Fer-
rara alli 6 marzo occupata da Tedeschi per un Trattato di Vienna col Pon-
tefice di tenervi la Guarnigione. Anche Modena e Parma furono occupate
dal Duca colle Truppe d’Austria per diritto di versibilità sui Ducati.

Dopo la metà di Marzo avvicinandosi le Truppe Tedesche verso Bologna
il Comitato di detta Città conducendo seco il Cardinal Benvenuti andò a
rifugiarsi in Ancona. Entrate le Truppe tedesche in Bologna, vedendo Bo-
logna di non aver forze, e la Francia non movendosi a suo favore, mandò
6 Deputati in Ancona per capitolare col Cardinal Benvenuti, che avea carta
bianca con tutte le facoltà concesse a Lui da Gregorio XVI. Nel dì 26 Marzo
fu fatta la Capitolazione col Cardinal suddetto con alcuni Capitoli, fra quali
vi era quello di un generale perdono. Saputosi in Roma la Capitolazione il
Pontefice per insinuazione di alcuni Cardinali non approvò l'Atto. I Depu-





CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 103



tati bolognesi e tutti quei che aveano parte nella ribellione e poi tutti anche
per le altre Città coi passaporti fuggirono imbarcandosi per la Francia, ove
si rifugiarono. Per tutto si ripristinó il Governo Pontificio, e nel di 31 Marzo
fu rimesso lo Stemma Pontificio. Duró il Governo ribelle 48 giorni, dalli
14 Febbrajo fino alli 26 Marzo. Nella notte del 30 Marzo giunse in Perugia
all’improviso una colonna di Romagniuoli armati in n.° di circa 400 chie-
dendo la fortezza. Questa era armata dai soldati papalini, che erano già
tornati. Minacciando i Romagnioli di dare il sacco, che furono contrariati
da Ministro di Polizia. Minacciarono di condurre via il Vescovo, il quale
benedì gli Olj in Cappella essendo il Giovedì Santo. Nella mattina chiedendo
i Romagnioli denari, furono esibiti scudi 4 ciascuno colla condizione che
depositassero le armi, come fecero, e dati loro i denari se ne partirono ma a
piccole turme, minacciando ed asserendo, che sarebbero a suo tempo ritor-
nati. Furono rimessi in posto i Soldati di Linea e delle Finanze, ed abolita
la Truppa de Carabinieri, i quali restarono nelle Legazioni, ove comandava
il Cardinale Opizzoni Legato a Latere, speditovi dal Papa nel principio della
rivolta, essendo amato da tutti quei popoli e benveduto. Il Cardinal Bernetti
Segretario di Stato publicò per ordine Papale un Editto assegnando le pene
per i ribelli, ed il perdono a quei, che giudicò degni di perdono. Nel 2 Aprile
giunse altra Truppa di Romagnioli, e Bolognesi in n.°, di circa 300, che nel
giorno seguente depositate le armi, e ricevuti denari se ne partirono. Fran-
cesco Guardabassi fu quello, che improntò tutto il denaro, e poi partì e andò
a Parigi, lasciando la Famiglia in Firenze.

7 Febbrajo. I Russi passarono i confini in 5 punti. Varsavia doveva tra
pochi giorni esser posta in assedio.

A dì 9. Rivoluzione in Pesaro e Urbino, allì 7 in Forlì e Ravenna. I Ca-
pitoli e Vescovi di tutti i luoghi officiarono i Comitati rispettivi. Abbraccia-
rono la Coccarda tricolore anche Macerata ed Osimo.

A dì 10 detto. L’Imperator d’Austria avea mandato 5/m uomini a Fer-
rara, ed erasi rimesso il Governo Pontificio con tutta quiete.

A dì 13 detto. Avendo le 3 Legazioni del Papa lasciato il suo Governo
temporale, il Delegato di Perugia, Gonfaloniere e Nobili pensarono di provve-
dere al ben pubblico, e tener lontane le persone, che avessero voluto brigare,
pensarono di formare una guardia urbana, ed in questa mattina convennero
insieme ed aprirono gli arrolamenti, e fu formata la guardia e posta subito
in esercizio.

A dì detto. Leopoldo Granduca in Firenze ordinò la ripristinazione della
- Guardia Urbana per servirsi della militare nei confini in caso di bisogno.

A dì 14 detto. Sua Santità Gregorio XVI calò il sale un baiocco e la
metà del Macinato, e promise quello delle Dogane. Le cose politiche erano
in cattivo stato e minacciavano rivolte.

A dì detto. Fu creata dal Magistrato la Guardia Urbana per il buon or-
dine della Città. Venne una lettera della Segreteria di Stato al Delegato per
armare e difendere da qualunque movimento, che fosse potuto accadere, e







104 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

ció a tutti gli altri Delegati. Il Delegato Ferri disapprovó tal condotta e
tenne occulta la lettera. Fu saputa tal cosa la sera da quei della Guardia,
irritati da tal condotta, come tendente al massacro de propri cittadini, si
presentarono al Delegato, e dissero essere egli deposto dalla sua carica, e che
prendevano essi le redini del Governo, e presero tutte le misure per mantener
la pace. Fu confermata la Magistratura, ed aggiunti cinque membri, chiamati
Comitato. Fu calato il sale un baiocco, fu tolto il Dazio del Macinato : furono
assicurate la Religione, la proprietà e le persone, e fu sedata ogni commo-
zione suscitata per causa della lettera della Segreteria di Stato.

A dì 15 detto. Erano in Rivoluzione i Ducati di Parma e Piacenza.

A dì 16 detto. Il Predicatore in Duomo era un Cappuccino di Ancona,
che riuscì di soddisfazione. Allo Spedale un Sacerdote Secolare.

A dì 18 detto. Si seppe, che guasi tutta l'Umbria avea addottato il si-
stema d’Indipendenza, che il Porto di Ancona si era arreso. I Deputati di
Perugia doveano in questo giorno essere a Bologna per avere istruzioni
sulla maniera di agire nel Governo.

Si sospese il Tribunale del S. Offizio, ed il Tribunale Criminale in Vesco-
vato per i secolari. Era in Città una gran calma e quietezza. Fu ordinata la
Coccarda tricolore anche per la Campagna. Fu cresciuto di peso il pane. Fu
proibito il Bagarismo, e si mise fuori la Bandiera, che niun bagarino potesse
comprare prima dell’ora assegnata. Si tolsero molti abusi introdotti.

A dì 19 detto. In Polonia vi fu una gran battaglia tra Russi e Polacchi ;
140 bocche di fuoco in una parte e l’altra. Morirono 7/m Russi e 2/m Polacchi.
I Russi si ritirarono in ogni parte.

A dì 20 detto. Vi fu altro combattimento colla perdita di molti.

A dì 24 detto. In occasione della rivoluzione dalla Corte Romana e Go-
verno politico Pontificio fu spedito il Cardinal Benvenuti Vescovo di Osimo
con dei dispacci, denari e Cambiali per promuovere armamenti a favor del
Pontefice. Fu arrestato dai Romagnioli e condotto a Bologna, ove giunse
il dì 23. Tutti i popoli nel Bolognese e Romagna erano in gran sommossa
per arrolarsi e marciar contro Roma ; ed erano già in viaggio alcune colonne.
Era un malcontento per tutto sul Governo Pontificio.

Dal principio della rivoluzione fino a questo e più innanzi ancora erano
piene le Muraglie in più luoghi della Città destinati di notizie sui progressi
delle Truppe, che andavano verso Roma, e notizie sull’accettazione delle
Città al nuovo governo. Furono letti molti scritti sulla condotta del Governo
Pontificio, e sui dritti de’ popoli datisi anticamente sotto il Governo suddetto,
violati e non curati dallo stesso Governo.

MARZO:

A dì 1. Tempo nuvoloso e nebbioso. 2 Bello e freddo. 3. 4 Nuvoloso,
nebbioso, siroccale. 5 Bello. 6 Vario. 7 Nebbia ed acqua. 8. 9 Vario. 10
Nuvoloso con acqua lenta. 11 Buono con vento grecale. 12 Lo stesso. 13 Nu-









MAP ett S



CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 105

voloso spezzato con sole. 14 Nebbia e vario. 15 Nuvolo nebbioso, minaccioso,
nel giorno poc’acqua e poi vario. 16 Nebbia e poi bello. 17. 18 Lo stesso.
19 Nuvoloso, nebbioso e vario ; nel giorno vento greco e fresco. 20 Bello e
fresco. 21 Nuvoloso, minacciante neve, che ne spruzzò. 22 Lo stesso. 23
Caduta poca neve, tempo bello e freddo. 24 Nuvoloso e nebbioso. 25 Lo
stesso. 26. 27 Buono. 28 Nuvoloso, nebbioso e vario ; nella notte acqua ne-
cessaria. 29. 30 Nuvoloso e vario. 31 Nuvoloso, nella notte acqua.

A dì 2 detto. Il Gabinetto di Vienna avea dichiarato, che non si chiamava
intervenzione la protezione, che dovea avere per la Duchessa di Parma Maria
Luisa e del Duca di Modena, come membri della Famiglia Imperiale, e che
doveano essere considerati come due Ducati a suo riguardo, come il Ducato
di Varsavia riguardo alla Russia, e facea il Gabinetto suddetto ogni sforzo
per convincere la Francia.

Si disse, che il Sig." di Sainte Aulaire dovea partire per Roma con spe-
ciale missione riguardo agli avvenimenti d'Italia.

A di 6 detto. La limosina del Purgatorio allo Spedale fu di scudi 13,47
e nel di 13 al Duomo di scudi 87,16.

A. di 6. Erano giunti 8/m Austriaci comandati dal Duca di Modena nel
Modenese, come Ducato dell'Austria.

A. di detto. Ferrara fu occupata dalle Truppe Tedesche per un Trattato
col Pontefice di tener ivi la Guarnigione sempre.

A di 9. Segui l'ingresso in Palermo di S.A.R.D. Leopoldo Fratello del
Re di Napoli, e suo Rappresentante in Sicilia.

A dì 14. Il Comitato di Bologna era assicurato, che gli Austriaci non
occuperebbero altra Piazza, che Milano, ed il Comitato rimase in Bologna.

A dì 16 detto. Ritornando in Russia la Gioventù educata ne paesi esteri
con false idee senza adesione all'Impero, mancante ancora del patrio lin-
guaggio, e senza conoscere i bisogni dell'Impero, l'Imperatore ordinò che i
Giovani dalli 10 sino agli anni 18 fossero educati nella Patria propria o sotto
i Genitori, o altre persone abili ad istruirgli, ma sempre in Russia : e i gio-
vani sopra gli anni 18 si possano mandare all’estero per istruirli nelle scienze.

A dì 20 detto. L’incaricato degli affari di Francia a Berlino scriveva,
che il Generale Diebistech avea avuto ordine dall’Imperatore di evitare la
distruzione di Varsavia; onde il Generale dovea costringere Varsavia alla
resa senza disastri. Il suddetto Generale era partito per ricevere dall’ Impe-
ratore istruzioni per il piano di Campagna. Pareva, che i Polacchi si convin-
cessero di non potere contro le forze russe.

A dì 26. Fu in questo giorno fatta la Capitolazione di pace in Ancona
tra i Deputati in n.° di 4 del Comitato di Bologna, e per parte del Pontefice
col Cardinale Benvenuti Legato a Latere, che era in ostaggio in Bologna,
quando di là partì per Ancona, ove si rifugiò in occasione che venivano a
riprendere lo Stato Papalino. Nel dì 27 il Cardinale pubblicò un editto richia-
mando tutti al dovere, ed avvisando del Concertato nella Capitolazione fatta,
essendo il Cardinale autorizzato con foglio del Pontefice. Fu concesso il per-



sc







106 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

dono a tutti anche ai Capi della rivoluzione, e rimessi negli Uffizi tutti quei,
che prima ne godevano, a tutti i Militari ed alle Truppe Nazionali colla
deposizione delle armi, e si davano i passavanti a tutti per ritornare alle
proprie case. Il Santo Padre non riconobbe e non approvò la Capitolazione
e molti fuggirono e s’imbarcarono con i passaporti, che si accordavano.

A dì 26 detto. Fu nominato dall’Imperator di Russia per Governatore
Generale della Polonia il Maresciallo Diebitsch per calmare la insurrezione
del dì 29 novembre scorso successa in Varsavia.

A dì 29. Fu ripristinato qui il Governo Pontificio e fu cantata Messa
solenne in Duomo.

A dì 30 detto. Nella sera giunsero 400 Romagnioli da Foligno, che richie-
sero la Fortezza, dare il saccheggio e condurre via il Vescovo in ostaggio.
La mattina del 31 fu tutto composto ; deposero le armi, dandosi a ciascuno
scudi 4 per il viaggio, e ricevuti i passaporti partirono, ma a pochi per volta,
e non in truppa.

A dì 31. Fu alzata l'Arma Pontificia, deposte le Coccarde e ristabilito il
Governo Pontificio.

APRILE:

A dì 1 Tempo nebbioso e piovoso. 2 Bello. 3 Lo stesso, nel giorno nuvo-
loso. 4. 5 Nuvoloso, nebbioso ed acquate. 6 Buono vario, e poi acqua sottile
e nebbia. 7 Vario buono. 8 Lo stesso, nel giorno acqua. 9 Buono, nel giorno
nuvoloso. 10. 11 Buono. 12 Buono, nel giorno nuvoloso. 13 Buono. 14 Lo
stesso, nel giorno acqua. 15 Nebbioso e poi vario. 16 Buono, nel giorno acqua
molta con gragniuola e neve ai monti. 17 Buono, poi nuvoloso e fresco. 18
Vario, nuvoloso, fresco, giorno piovoso. 19 Nuvoloso, nebbioso, piovoso e
poi vario. 20 Bello, fresco e poi turbato minaccioso. 21 Acqua, parte buono.
22 Vario siroccale e poi acqua. 23 Nebbia, acqua e siroccale. 24 Nebbia,
siroccale, sole e poi acqua. 25 Siroccale, nebbia. 26 Nuvoloso, vario, setten-
trionale. 27 Nuvoloso ed acqua. 28 Nuvoloso, giorno acquate. 29 Vario e
poi nebbia ed acqua. 30 Tempo nuvoloso, siroccale, nebbioso, giorno caligine,
assolato e vento.

A dì 1 detto. Nella sera giunsero circa 300 di Truppa Romagnola e
Bolognese con Cannone e Spingardi. Depositarono le armi in S. Domenico
e partirono parte nel dì 2, e parte nel dì 3. Tutti dissero, tra qui e 3 o 4
mesi vedrete cosa sarà.

A dì 4 detto. Venne ordine di depositare le armi da fuoco e da taglio 1).

1) Il Lunedì di Pasqua (4 Aprile 1831) la Regina Ortensia e il Prin-
cipe Luigi Napoleone Bonaparte erano a Perugia. La Signorina Valeria Ma-
suyer, dama della Regina Ortensia, così scrive nel suo diario: «Pérouse
enfin! Nous nous effrayons d'y voir toute la population en l'air, dans l’at-
tente impatiente des Autrichiens, qu'elle croyait plus prés. Puis nous nous
rassurons en apprenant que la Municipalité provisoire a disparu ce matin












CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 107

A di 6 detto. Dopo la pace fatta in Ancona fuggirono molti da Bologna,
e Modena, e dalle altre Città, e s'imbarcarono.

Si seppe da Modena il 2 corrente, che la Flotta Austriaca avea preso
in mare 98 fuggitivi, tra quali il Generale Zucchi con altri Capi Rivoluzionari.

A di 5 detto. Il S. Padre Gregorio XVI publicó un suo Editto, in cui
fece conoscere il diritto della Chiesa Romana sul possesso dello Stato avuto
in dono, la ingiusta invasione del suo Stato, e l'impegno, che hanno tutte
le Potenze europee d’indenizzarlo da qualunque aggressione, e dichiarava
nulla la Pace fatta col Cardinal Bentivogli, perchè estorta con forza, essendo
esso detenuto in ostaggio, malato, maltrattato, che perciò non dovendosi
lasciare illesa la cattiva semenza dovea questa sciegliersi per non contami-
narne la buona ; diceva, che vi sarebbe usata misericordia, ma che vi dovea
essere anche la Giustizia. In sequela venne un Commissario con due Giudici
Processanti per formare il Processo contro i Ribelli.

A dì 7 detto. Giunse nel giorno la Truppa Papalina da Roma per guar-
nigione in n.° di 400 uomini.

A di 9 detto. Si erano ribellati nella Prussia i Giovani di Wilma, Gi-
rodno, e Volinia e si unirono ai Polacchi.

A dì 10 detto. Le Truppe Polacche ottennero una vittoria sui Russi,
di cui furono fatti prigionieri tra i 3/m e 4/m, e conquistati cannoni. La
ribellione della Lituania andava crescendo. Più vittorie riportarono i Po-
lacchi. Ma come poteano reggere a Guerra lunga contro i Russi ?

A dì 13. Fu saputo, che le Truppe Austriache erano partite da Bologna
e da altri punti occupati e si erano ritirate.

A dì 19 detto. Fu pubblicato un Editto del S. Padre, in cui si numera-
vano le pene contro i suoi Ribelli.

A dì detto. Furono dimessi i Gendarmi e rimessi i birri; cosa veramente
dispiacente a tutti, perché dimessa una Truppa a tutti accetta, e rimessi
i Birri, gente infame, disonorata e odiata.

A dì detto. Correndo voce, che sarebbero venuti i Francesi a proteggere
i Ribelli d’Italia, il Ministro Francese in ciò consultato dal Segretario di
Stato, il suddetto Segretario assicurò, che non sarebbero venute in Italia
le Truppe Francesi per tale oggetto, essendo il Re di Francia unito con il Go-
verno costante a mantenere le promesse sulle Protestazioni fatte al Pontefice.

pour gagner Livourne par la Toscane, qu'aucune autorité papale n'est encore
rétablie, qu'ainsi il n'y a personne ici pour nous demander nos passeports.

. Il pleut, par bonheur, et le Prince sur son siége peut se cacher le visage avec

son parapluie ».

E sopra é detto: « Foligno, où nous arrivons, est retombé au pouvoir
du Pape. C'est un point singuliérement dangereux pour le Prince, puisque
tout le monde Y'y connait ».

(«Revue des deux Mondes», fascicolo del 15 Novembre 1914. M.lle
VALÉRIE MasuvER, La Reine Hortense et le prince Louis - La fuite en France,
Mars-Avril 1831).



















CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI



A di 20 detto. I Ministri delle 5 Potenze riuniti in Londra si doveano
occupare sulla conservazione della pace, concludendo un Trattato, con cui
si sarebbero i detti Ministri collegati contro quella Potenza fra di loro, che
per vista di ambizione e senza adesione delle altre intraprendesse qualunque
guerra. Che le questioni pendenti riguardanti il Belgio e la Polonia sarebbero
sciolte all’amichevole senza pregiudizio d'interesse. Tali basi concluse si sareb-
bero spedite alle respettive Corti. Si disse approvato un tal sistema.

A. di 22 detto. I Russi ripresero Wilna con Grodno. Altra ribellione era
nella Volinia.

A di 27 detto. Mori Carlo Felice Re di Sardegna, e successe nel Trono
Carlo Alberto Principe di Savoia Carignano, come erede legittimo sul Trono
de' Sabaudi.

MAGGIO :

A di 1 Nuvoloso, caliginoso con vento. 2 Buono caliginoso. 3. 4 Caligi-
noso nuvoloso. 5 Buono nebbioso siroccale. 6 Bello con vento impetuoso
occidentale. 7. 8. 9 Bello calmo. 10 Buono arretato, giorno nuvoloso. 11.
12 Vario buono. 13. 14 Bello. 15 Tuoni ed acqua la mattina, poi nuvoloso
siroccale, nebbioso oscuro con acqua. 16 Vario buono. 17. 18 Vario. 19
Guazzate. 20 Vario con sguazzate. 21 Lo stesso. 22. 23 Nuvoloso, piovoso.
24. 25. 26 Vario. 27 Nuvoloso, piovoso, poi vario nebbioso siroccale. 28.
Nebbia, guazzate nel giorno. 29 Buono. 30 Arretato. 31 Buono, poi vario
nuvoloso.

A di 2 detto. Cadde grandine con grande danno a Monte Tezio, Colle,
Ponte Pattolo, Cordigliano ed altrove.

A di 13 detto. Fu condotta a S. Margherita la mattina di buon'ora in
Portantina col sacco la Conversa suor Diomira Cesaroni, che era Conversa
in Belvedere nella Diocesi di Sinigaglia per essere stata in demenza, incom-
modando tutta la Comunità di Monte Luce, minacciando le Monache. L'anno
scorso non fu in tal grado di quest'anno.

A di 18 detto. I Polacchi presero Oscrolent, ove trovarono gran denaro
e vettovaglie ; fecero molti prigionieri. Presero poi Lonza, ove erano delle
armi depositate.

A. di 28 detto. Nella battaglia di Ostrolenk le due armate russa e polacca
successe un gran conflitto con molti morti da ogni parte, ma de russi mori-
rono molti generali, e de polacchi due.

A. di 29. Fu ordinata la Colletta nella messa per la serenità.

GIUGNO :

A di 1. Tempo buono, vario, ponente. 2 Buono, nebbioso, nel giorno
nebbia, acqua con grandine, tuoni e poi vento. 3 Buono, di poi nebbia ed
acqua lenta. 4 Nuvoloso, di poi assolato vario. 5. 6 Bello. 7 Arretato, buono,
vario, nella sera fresco. 8 Bello, fresco, e poi vario. 9 Buono. 10 Nuvoloso,
nebbioso e poi vario. 12 Cielo arretato, tempo buono. 13. 14 Vario. Nel giorno












CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 109

fresco. 15. 16. 17 Bello, schietto, caldo, nel giorno vento. 18 Bello. 19 Lo
stesso con vento. 20 Bello con vento e caldo. 21 Lo stesso, caldo, nella
sera turbato e sgocciante. 22. 23. 24 Bello e caldo. 25 Bello, nel giorno vento
ponente. 26 Nuvolo, nebbioso, vento siroccale e poi vario. 27 Nuvoloso,
poi nebbia, acqua, e vento, e poi buono. 28 Vario ventoso. 29 Nuvoloso vario.
30 Lo stesso.

A dì 1 detto. Gregorio XVI mandò una ordinazione provisoria alle 4
Legazioni. Ciascuna di esse dovea avere centro nel Capo luogo, e dovea esser
retta da una Congregazione governativa composta di 4 Soggetti secolari,
uno de’ quali col titolo di Presidente, e fissò la Tabella degli eletti.

A dì detto. Sua maestà il Re di Napoli Ferdinando II, il quale da qualche
tempo avea dimesso il lusso in sè e nella sua famiglia per minorar le spese
a sollievo de propri sudditi per farsi amare, nel 30 Maggio fece pubblicare
un Decreto Reale, con cui accordò un real perdono a tutti i rei nella Causa
del 1820, ed accordando di ritornare i fuorusciti per riprendere i propri im-
pieghi; il che fu di sommo contento in tutto il regno, e si aprì la via ad
un amore, cui corrispondessero tutti suoi sudditi.

A dì 4 detto. Il Gabinetto Inglese si era da qualche tempo espresso
d’intervenire a favore de Polacchi, e far valere le stipolazioni di Vienna
del 1814. Si erano fatte le aperture a tal effetto a Pietroburgo, che tendevano
a far valere la suddetta stipolazione, ed assicurare ai Polacchi la loro indi-
pendenza come Nazione. I Polacchi seguitavano con grande accanimento
le loro imprese coi Lituani e Woliniani.

La perdita dei Polacchi nel 26 Maggio ad Ostrolenk non oltrepassò i 3/m.

A dì 13 detto. Due Offiziali Russi si portarono al Campo Polacco e
presentarono un Proclama dell’Imperator Russo, con cui nuovamente ri-
chiamava tutti a deporre le armi, e tornare alle loro Case, e dopo gli Uffi-
ziali ritornarono ai loro Posti.

In Varsavia vi erano Medici di tutti i Paesi, anche di America per curare
il morbo Cholera, che si era già ivi diminuito. Un Medico nominato Leo
adoperava con successo il Bismuto per tal male.

A dì 21 detto. Nelli scorsi giorni alla Fratta nella sera cantavano molti
della Plebe, Viva la libertà, e perciò vi furono spediti 50 soldati.

A dì 25 detto. I Polacchi erano stati battuti in più punti, e 3 Corpi
sconfitti.

LUGLIO:

1 Mattina buono, giorno acquate. 2 Buono e poi vario. 3 Mattina nu-
voloso, acquata nel giorno e tuoni, e sempre fresco. 4 Vario buono ; giorno
acqua e poi buono. 5 Bello, nel giorno fresco. 6 Bello ; nel giorno acquata
con vento turbinoso, e poi buono. 7. 8 Bello. 9 Lo stesso, nel giorno turbato
con tuoni. 10 Bello ; nel giorno nebbioso, con acqua lenta. 11 Nebbia folta,
e siroccale bello, giorno acqua intorno. 12. 13 Vario buono. 14 Lo stesso e





110 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

poi arretato. 15 Lo stesso. 16 Bello. 17 Bello con vento impetuoso. 18
Bello calmo, caldo. 19 Lo stesso. 20. 21. 22. 23. 24. 25 Lo stesso e caldo.
26 Buono nuvoloso e caldo. 27 Nuvolo, nebbia ed acqua. 28 Buono ; nel
giorno acqua e tuoni. 29 Buono, grecale e poi vario. 30. 31 Buono e caldo.

A dì 5. Il S. Padre pubblicò un Editto, in cui divise lo Stato Ecclesiastico
in 12 Delegazioni, oltre i luoghi suburbani col titolo di Camera di Roma.
In ognuna pose un Cardinale col titolo di Delegato e suoi onori alterni Ve-
scovati, col ristabilimento delle Delegazioni di Camerino e Civitavecchia, e
la creazione di una nuova d’Orvieto.

A dì 12. Il S. Padre mandò un Manifesto alle 4 Legazioni, in cui diceva,
che partivano le Truppe Tedesche, che sedarono la sedizione, e che perciò
avvisava ed esortava tutti i sudditi a rimettersi nel loro dovere per non
avere a soggiacere ad una nuova spedizione di Tedeschi.

La Francia avea mandato dispaccio al S. Padre per la evacuazione de
Tedeschi dalle 4 Legazioni, ed approvava il Concordato di Ancona, o sia
Capitolazione.

A dì 9 detto. Fu pubblicato colla stampa la protesta delle Potenze di
Austria, Francia, Inghilterra, Prussia, Russia, Sardegna fatta dalli loro
rappresentanti di prender interesse al mantenimento dell’Ordine Pubblico
nello Stato Pontificio, ed alla Conservazione della Sovranità Temporale del
Papa, alla integrità e indipendenza tanto interna, che esterna di questa
Sovranità. Tali sentimenti il Governo Francese espresse con nota dell’Am-
basciatore il 19 Aprile scorso. Ciò fu notificato a tutti i sudditi, acciò stassero
in dovere, e non facessero delle rivolte. Si annunziò la ritirata delle Truppe
Austriache nel dì 15 Luglio. Concesse il S. Padre ed accordò piena ed intera
amnistia a tutti quei, che concorsero ai sconvolgimenti, gli assolvea da ogni
emenda, e confisca ad eccezione di piccol numero de più compromessi, da
quali sperava un pentimento, ed onesta condotta ne paesi stranieri per ripa-
rare agli eccessi commessi.

A dì 28 detto. Giunse a Parigi un Corriere latore di un progetto d’inter-
venzione della Francia, ed Inghilterra a favore de Pollacchi.

AGOSTO :

A dì 1. 2 Tempo bello e caldo. 3 Lo stesso, ma ventilato. 4. 5. 6 Lo
stesso. 7 Nuvoloso, spruzzante acqua, e poi buono. 8 Caliginoso e sole pal-
lido. 9 Nuvolo, acqua e poi vario. 10 Nuvoloso, caliginoso. 11. 12. 13 Lo
stesso nel giorno acquato. 14 Nuvoloso. 15 Nuvoloso ed acqua. 16. 17 Vario.
18 Nuvoloso ed acqua. 19 Nebbioso, caliginoso. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26
Lo stesso e buono. 27 Lo stesso. 28 Buono, nel giorno tuoni ed acque. 29
Vario. 30. 31 Buono.

A dì 5 detto. In Magonza si seppe, che vi erano negoziazioni per la
Polonia e Russia. La Indipendenza della Polonia era la base del Trattato.

A dì 13 detto. In Monteluce fu posta all’altar maggiore la Copia del









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CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI TI

Quadro di Raffaello d'Urbino, venuta da Roma, fatta dal Cavalliere Silva-
gni per ordine di Leone XII, che costó scudi 500.

A di 16 detto. Da molti mesi nelle parti settentrionali vi serpeggiava
un male detto Morbus Cholera, ed avvicinavasi verso noi. Alla metà di
questo mese un divoto fece fare un Triduo al Confalone in Duomo ; e nel
fine di Agosto venne da Roma ordine del Sommo Pontefice di fare orazioni
per tener lontana dal morbo l'Italia. Fu nel 27 Agosto esposto all'Altar
maggiore il Quadro del Gonfalone e per 8 giorni intimate le Litanie de Santi
colla benedizione ogni sera al Venerabile. In tutti i Conventi de Frati e Mo-
nache fu intimata la detta Orazione ne detti giorni. In tutte le Parrocchie
nelle Domeniche di Settembre aggiunta la Colletta alla messa. Fu pubbli-
cata indulgenza di 7 anni ed altrettante quarantene a chi concorreva in
Duomo alla Funzione ed Indulgenza plenaria a chi in questi 8 giorni avesse
per 5 volte visitata la Chiesa Cattedrale, o intervenuto alla Funzione, fatta
la Confessione e Comunione. Il di 28 Agosto incominciarono gli 8 giorni
fino alli 4 Settembre.
A di 18 Agosto il Caldo giunse a gradi 30.

SETTEMBRE :

A di 1 Tempo buono ; nel giorno turbato. 2 Nuvoloso, caliginoso sempre.
3 Nebbia ed acqua : giorno libeccio impetuoso. 4 Vario quieto. 5 Nuvoloso,
minaccioso sempre. 6. 7. 8 Bello. 9 Vario, poi acqua. 10 Vario e poi acqua
al giorno. 11 Nebbioso buono. 12. 13 Buono, caliginoso. 14 Lo stesso e poi
nuvoloso. 15 Vario, giorno acqua. 16 Acqua, e nebbia e poi vario. 17. 18.
19. 20 Buono. 21 Nuvoloso. 22. 23. 24 Vario nuvoloso. 25. 26 Bello. 27
Acqua. 28. 29. 30 Buono.

A di 1 detto. In Lipsia in Sassonia successero disordini e rivoluzioni ;
ma poi si procuró sedar tutto colli mezzi efficaci necessari. Vi furono de
morti e feriti.

A di detto. Anche in Palermo successe qualche disordine per parte dei
male intensionati, ma furono repressi.

A. di 2 detto. Si seppe per la parte di Genova e Livorno, che gli affari
di Polonia erano terminati, mediante una convenzione, e che era concluso
un armistizio tra l'armata Russa e Pollacca, ma non si avveró.

Nei primi di Settembre i Polacchi capitolarono coi Russi, ed entrarono
in Varsavia.

A di 14 detto. Regnava in Varsavia (Polonia) una cupa tranquillità. Le
perdite sofferte dalle due parti belligeranti in occasione dell'assalto fu di
30/m morti e feriti, un terzo dei quali fu di Polacchi. Si curavano in Var-
savia dopo il fatto di armi 22/m feriti polacchi e 12/m feriti russi. Si riceve-
vano in Varsavia tutti i Polacchi, che ritornavano, ma con solenne giura-
mento di non piü battersi.

A di 26 detto. La Vendemmia era in colmo. Grande abbondanza d'uve.







112 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

OTTOBRE :



A. di 1. 2. 3 Tempo vario buono. 4 Nuvoloso, poi vario buono. 5 Bello,
nebbioso. 6. 7. 8 Bello. 9 Lo stesso ; nella sera acqua. 10 Nuvolo, nebbia,
poi vario. 11 Bello caliginoso. 12 Buono, nebbia ai piani. 13. 14. 15 Lo
stesso. 16 Nuvoloso, fresco. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28
29. 30. 31 Lo stesso con nebbie ai piani.

A dì 2. Successe in Duomo la biura di Cristiano Adolfo Lacesser di
Amburgo di Religione Luterana fatto Ebreo. Monsignor Cittadini Vescovo
lesse la Messa. In tempo opportuno fece esso la biura, e la professione di
Fede, e dopo communicato fu confermato. Patrino fu Fabio Danzetta.

NOVEMBRE:

A di 1. 2 Tempo bello e nebbioso. 3 Nuvolo e acqua lenta. 4 Nuvo-
loso, nebbioso. 5 Neve a monti, vario. 6 Nebbioso umido, giorno vario.
7 Nebbioso e poi vario. 8 Vario. 9 Buono nebbioso, placido. 10 Nebbioso
e poi vario. 11 Nebbia guazzata e poi vario. 12. 13 Bello. 14 Nuvoloso, neb-
bioso. 15 Nuvoloso, caliginoso, minaccioso con vento. 16 Vento, vario buono.
17 Vario buono. 18 Buono e poi nuvoloso, minaccioso. 19 Nuvoloso e vario.
20 Nuvoloso ed acqua. 21 Nuvoloso, caliginoso. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28
29. 30 Lo stesso.

A di 2 detto. In quest'anno essendo stagione buona e tempo bello è
stata una fiera abbondantissima di roba e gente.

A. di 7 detto. Innanzi giorno si senti una scossa di terremoto, ed un'altra
all'istess'ora 4 giorni prima. In Foligno fece gran danno essendo patite tutte
le Case, Conventi. In questo giorno seguitó tutto il giorno in 36 scosse.
Fuggirono nella notte guasi tutti ai Canapé. Si sentiva una romba interna
sotto terra.

Dalli 25 Novembre fino al 1 Gennaio 1832 fui sempre malato.

A di 20 Novembre. Incominció in Perugia un male epidemico, chia-
mato febre gialla, con febre, raffreddore, tosse e dolor di capo, e duró circa
un mese e mezzo. Colpì molte Comunità di Donne, ed anche molte case di
secolari; alcuni monasteri di monache furono talmente attaccate, che fu-
rono sospesi gli atti comuni, e convenne introdurvi donne per assistere le
ventine di malate. Furono fatte sanguigne senza numero, ma non segui-
rono morti.

1832
GENNAJO :

A di 1 Neve. 2 Tempo nebbioso, caliginoso, minacciante neve. 3 Pic-
cola nevata e nuvoloso. 4 Vario. 5 Vario buono. 6 Nuvoloso. 7 Nebbioso
vario. 8 Acqua e poi nebbioso ; nella sera acqua. 9. 10 Nuvoloso, nebbioso.









CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 113



11 Nebbioso, buono placido. 12 Nuvolo, nebbioso, siroccale. 13 Nuvoloso,
nebbioso, acqua, di poi vario: neve a monti. 14. 15 Nuvoloso, caliginoso.
16 Nuvoloso spezzato con vento impetuoso e freddo. 17 Vario con vento
impetuoso. 18 Vario ventoso nuvoloso. 19. 20. 21. 22 Bello freddo. 23 Lo
stesso con nebbia e caligine. 24 Buono, fosco. 25 Lo stesso. 26 Lo stesso.
27 Nuvoloso, caliginoso, poi acqua. 28 Buono, settentrionale. 29 Bello. 30
Vario. 31 Nuvolo nebbioso.

In questo mese fu aggiustato l'Oriuolo vecchio sopra l'Arcata della
Sagrestia, che erano degli anni, che piü non serviva. Nello stesso tempo,
ed anche innanzi furono aggiustate le Stanze dell'antica Fattoria per gli
Uffiziali e per il Capitolo dei Canonici. E l'antico Capitolo fu ordinato per
custodire le robe della Sagrestia.

A dì 13. Fu sentita alle ore 21 una gran scossa di Terremoto ondulatorio,
e dopo circa un’ora altra piccola scossa. Fece dei danni alle fabriche, cad-
dero dei Camini. Rimase molto danneggiata la Chiesa degli Angeli; pati-
rono molto Foligno, Cannara, Bastia, Bevagna, Montefalco. Fu fatto subito
un Triduo a S. Emidio. Fuggirono molti da Foligno, e vennero e Perugia.
Nei suddetti luoghi era un pianto alle genti. Anche qui patirono molte
Fabriche. °

A dì 17 detto. Furono sentite nella sera altre piccole scosse di Terremoto.

A dì 20 detto. In Cesena e Forlì seguì baruffa tra le Truppe Pontificie
e Romagnoli, che dovettero cedere ed accettare la Truppa, che non vole-
vano, essendo tutta la Romagna e Bolognese scontenti per le leggi poco
confacenti al ben pubblico e pubblica felicità.

A dì 26 detto. Ritornarono a Bologna le Truppe Tedesche in n.° di
12/m perché non volevano accettare le Truppe Pontificie.

A dì 28. Si erano fatte delle vistose questue in Città per gl’infelici abi-
tanti di Foligno, e tra denari e legnami fu abbondante, e si seguitava farne
delle altre. Il Sommo Pontefice di suo dette due mila scudi, ed 11/m della
Camera.

FEBBRAIO:

A dì 1 Nuvoloso, nebbioso, nella notte vento impetuoso. 2 Nuvoloso,
nebbioso, caliginoso oscuro con pioggia minuta. 3 Mattina acqua, poi nebbia,
nuvolo, caligine. 4 Nuvoloso, nebbioso, caliginoso, nella sera acqua. 5 Nuvo-
loso. 6 Bello, freddo grecale. 7 Nuvoloso. 8 Buono, freddo, neve a monti.
9 Lo stesso. 10 Lo stesso, sera acqua lenta. 11 Buono, fresco, notte acqua
e neve a monti. 12 Buono. 13. 14 Lo stesso con vento freddo e nuvoloso.
15 Freddo acuto, vento grecale impetuoso, nuvoloso, e di sera nevigante.
16 Nuvoloso, vento, freddo acuto, minacciante neve, che cadde di sera. 17
Buono e freddo, sera acqua lenta, caliginoso, neve a monti. 18 Buono schietto
e freddo. 19 Buono, freddo acuto e vento. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28
Sempre bello e freddo con caligine. 29 Nuvoloso con guazzata.



114 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

A dì 4. Da molti giorni è stato tempo nuvoloso, nebbioso, caliginoso,
oscuro minacciante acqua.

A dì 10. La questua fatta da Francesco Guardabassi per sussidio degli
Infelici di Foligno, danneggiati dal Terremoto ascese a scudi 16,87.

A dì 12 detto. Si seppe che la Francia era in corrispondenza cogli
Austriaci per assestare gli affari dello Stato Pontificio, che perciò era stata
destinata una flotta per Ancona e Civitavecchia ; ed il Governo Francese
spedì due Uffiziali veterani al Papa avvisandolo della venuta della Truppa,
acciò potesse spesarle e mantenerle.

A dì 13 detto. Si erano dato carico tutti i Corpi Religiosi ed i Secolari
per porgere suppliche all’Altissimo per essere liberati da presenti gastighi
de’ Terremoti; ma intanto era aperto il Teatro e si facevano maschere, Fe-
stini e Balli. Miscebantur sacra profanis.

A dì 29 detto. Erano giunte le Truppe Francesi in Ancona, e capito-
larono coll’Armata Pontificia. Il Papa non approvò la Capitolazione fatta
coi Francesi ed ordinò che la Truppa Pontificia partisse insieme col Delegato
che andò ad Osimo.

MARZO:

A dì 1. 2. 3. 4. 5 Tempo bello e fresco. 6 Nuvolo, caliginoso, nella sera
acqua. 7 Nebbioso, caliginoso, nel giorno acqua. 8 Nuvolo, nebbioso, caligi-
noso, minaccioso, spruzzante acqua. 9 Lo stesso con acqua. 10. 11 Vario
con vento. 12 Nuvolo, caliginoso, con vento e fresco. 13 Lo stesso con vento
impetuoso e freddo. 14 Bello, caliginoso. 15 Nuvoloso e poi acqua bramata.
16 Lo stesso, nella sera acqua. 17 Nuvoloso, nebbioso, caliginoso, poi buono.
18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27 Sempre nebbioso caliginoso. 28 Lo
stesso e poi acqua. 29 Nebbioso, caliginoso, vario. 30 Lo stesso. 31 Lo
stesso con acqua.

A dì 12. Dopo la mezzanotte furono sentite due scosse di Terremoto, la
28 più sensibile.

APRILE :

A di 1 Tempo nuvoloso, caliginoso, sole coperto. 2. 3 Bello, placido,
caliginoso. 4 Lo stesso, caliginoso con vento. 5. 6 Lo stesso. 7 Lo stesso e
poi nuvoloso con vento fresco. 8 Buono, ventoso, fresco. 9 Lo stesso, cali-
ginoso e vento fresco. 10 Lo stesso e poi nuvoloso e molta neve ai monti.
11 Buono, caliginoso con vento. 12 Lo stesso. 13 Lo stesso. 14 Bello, cali-
ginoso. 15 Nuvolo nebbioso. 16 Bello caliginoso. 17 Lo stesso, nel giorno
acqua. 18 Nuvolo, nebbioso e buono. 19 Buono e poi ventoso e acqua nella
sera. 20 Bello. 21 Lo stesso, nella sera acqua. 22 Nuvolo, caliginoso ed acqua.
23. 24 Buono e fresco. 25 Lo stesso, nel giorno nuvoloso. 26 Nuvoloso, cali-
ginoso. 27. 28 Buono, caliginoso. 29 Lo stesso e poi acqua lenta. 30 Nuvo-
loso, caliginoso.







CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 115



A di detto. Cadde la neve, ma non compose, molta ne cadde ai monti.
A di detto. Giunse il Re di Baviera in casa Florenzi. Parti la mattina
seguente per Napoli.
A dì detto. Il Santo Padre decorò Giambattista Vermiglioli nostro con-
cittadino benemerito dell’Ordine di Cristo.

MAGGIO :

A di 1. 2 Tempo buono, ma nebbioso, e caliginoso. 3 Nebbia, caligine e
buono. 4 Nuvoloso. 5.6. 7. 8. 9 Buono, vento settentrionale. 10 Nuvolo,
nebbia e minacciante acqua. 11 Nuvoloso e molt'acqua. 12 Nebbioso e poi
buono. 13 Nuvoloso ed acqua. 14 Nuvoloso, siroccale e fresco. 15. 16. 17
Buono e nebbioso. 18 Buono e fresco. 19 Nebbia, nuvolo e caligine, acqua
e poi buono. 20 Bello e fresco. 21. 22. 23 Buono. 24 Lo stesso, nel giorno
acqua. 25 Buono. 26 Lo stesso, nel giorno acqua, sera tuoni. 27 Nuvoloso,
nebbioso e poi acqua. 28 Nuvoloso nebbia. 29. 30 Bello. 31 Buono, cali-
ginoso, poi nuvoloso ed acqua.

In questo mese fu fatto un esposto da due Nobili perugini per la sop-
pressione del Monastero di S. Giuliana per formare un Conservatorio per
le Giovani nobili. La Sagra Congregazione ne fece il Decreto per la esecu-
zione. Saputosi ció dalle Monache ricorsero e per mezzo di buoni canali
venne ordine di sospensione sino a nuovo ordine. Si disse che si cercava
di sopprimere quattro monasteri, ma tutto si quietó.

A di 10 detto. In molti luoghi della Germania ed altrove si erano formati
degli attruppamenti, alzati gli alberi della Libertà. Gran disordini vi erano
in questi tempi.

A di 11 detto. Cadde dell'acqua tanto desiderata, che rianimó la Cam-
pagna, che era in cattivo stato e scarsa di erbe per i fieni per i bestiami.

A di 30 detto. Si seppe, che Ferdinando Re delle due Sicilie comparti
nel giorno del suo natalizio molte grazie ai suoi sudditi. Richiamó al suo
servizio 97 Individui e li destinò alla 302 Classe secondo il Decreto. Perdonò
a moltissimi condannati rimettendoli in Famiglia. Accordò il ritorno agli
Spatriati in sequela di suppliche presentate. Si facea ben volere ed era molto
amato.

A dì 31 detto. Il Sommo Pontefice Gregorio XVI prese il possesso solenne.

GIUGNO :

A dì 1 Tempo buono e poi nuvoloso ed acqua. 2 Nuvoloso, nebbioso,
acqua lenta tutta la giornata. 3 Nebbioso, nuvoloso con replicata acqua
tutto il giorno, incostante. 4 Nuvolo, nebbia, acquate spesse nel giorno, vario
fresco. 5 Nuvoloso, spezzato e buono. 6 Buono, caliginoso, giorno turbato
con acqua lenta sino a sera. 7 Nuvoloso, caliginoso, guazzate e poi vario
buono. 8 Buono, caliginoso, giorno guazzate. 9 Buono con nebbia caligine.



116 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

10. 11 Lo stesso. 12 Buono e bello con poca caligine e caldo. 13 Buono,
caliginoso e nuvolo spezzato. 14 Lo stesso. 15 Bello caliginoso. 16 Lo stesso,
nel giorno turbato con vento fresco e acqua. 17 Buono caliginoso. 18 Lo
stesso, nel giorno turbato con aequata. 19 Buono, caliginoso, nel giorno
turbato e acquata. 20 Lo stesso. 21 Nuvoloso, nebbioso, siroccale, nel giorno
acqua. 22 Nebbia, caligine folta, nel giorno acqua vento e grandine e tuoni.
23 Nuvolo, spezzato nel mezzogiorno acqua grossa, € poi bello settentrionale.
24. 25. 26 Bello, caldo. 27 Nebbia, caligine, acqua nel giorno, buono. 28.
29. 30 Buono, fresco, grecale.

A dì 9 detto. Il Sommo Pontefice conferì a Fabio Danzetta Patrizio
Perugino ed a suoi discendenti il titolo di Barone con tutti i privilegi annessi.

A dì 21 detto. Il S. Padre fece pubblicare Bolla di scomunica contro
quei di Ancona, che erano stati ribelli, come ivi si esprimeva, e che aveano
offesi i diritti del Pontefice, e qui si spedì tal Bolla e si pubblicò il dì 23.

LUGLIO :

A di 1 Tempo bello e nel giorno turbato e poi acqua. A di 2 Bello,
nel giorno minaccioso e poi acqua e poi buono. 3 Nebbioso, caliginoso e buono.
4 Bello con poca nebbia e caliginoso e caldo. 5 Lo stesso. 6 Vario, nel
giorno turbato e pure acqua. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15 Sempre caligi-
noso e caldo. 16 Lo stesso, nel giorno turbato. 17 Lo stesso e vento gre-
cale. 18 Lo stesso. 19. 20. 21. 22. 23. 24 Sempre nebbioso, caliginoso. 25
Acqua, tuoni e vento grecale e fresco. 26 Nuvoloso, caliginoso e poi turbato.
27. 28. 29. 30. 31 Sempre caliginoso e vario.

A di 1. S'incominciarono le mietiture.

AGOSTO :

A di 1 Tempo buono, caliginoso e caldo. 2. 3 Lo stesso. 4 Nuvoloso e
nebbioso. 5. 6. 7 Lo stesso. 8 Bello, schietto. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16.
17. 18. 19 Pure lo stesso. 20 Lo stesso e poi turbato caliginoso. 21 Caldo
grande e caliginoso. 22. 23. 24 Buono, caldo, caliginoso. 25. 26 Lo stesso.
27 Lo stesso e poi turbato, acqua, vento, turbine. 28 Nebbioso, buono. 29.
30. 31 Lo stesso con caligine.

A di 23 detto. Furono proibite le Gazzette in Perugia per ordine di
Roma; ma dopo pochi giorni si tolse la proibizione.

A dì 27 detto. Dopo una lunga siccità in questa mane cadde acqua
molta con tuoni, lampi, vento e poi nebbia.

SETTEMBRE:

A dì 1 Tempo bello. 2 Turbato nuvoloso. 3 Nuvoloso vario ; nella sera
acqua. 4 Nebbioso e poi acqua. 5 Bello caliginoso. 6 Nebbioso, caliginoso.
7. 8 Lo stesso. 9 Nuvoloso con sole pallido, poi acquata ; dopo nuvoloso mi-









CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 117

paccioso, di poi acqua placida. 10 Nebbia e poi vario. 11 Buono, nuvoloso,
caliginoso. 12 Bello settentrionale fresco. 13 Lo stesso e poi turbato. 14 Lo
stesso. 15 Siroccale nebbioso con acquata. 16 Bello, settentrionale fresco
con neve alle montagne lontane. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27.
28 Bello freddo con vento grecale. 29 Lo stesso. 30 Nebbia densa, poi buono.
Tutte le suddette sere si fece vedere grande splendore a ponente nel tra-
montar del Sole.

A dì 30 detto. Essendovi al Frontone o 6 o 7 Giovani che cantavano
le arie del Teatro, passò la pattuglia de’ soldati, ed il Carabiniere con loro
disse che si quietassero. Essi risposero, perchè non potessero cantare, non
vi essendo legge che il proibisse. I soldati si avventarono con baionette, e
buttati quelli a terra, gli dettero de’ colpi e rimasero molti feriti. Furono
condotti in arresto con colpi. Fu fatto il rapporto al Delegato, che con il
Colonnello calmò il tutto. In piazza si radunò gran gente. Erano le ore
quattro della sera all’italiana. Si disse messi in arresto i soldati maneschi.
I feriti si curarono. Questi soldati erano della Truppa composta di galeotti,
liberati dal Papa per servirsene per truppa nella rivoluzione accaduta. Ecco
cosa era una parte dei Soldati Papalini.



































OTTOBRE :

A dì 1. 2.3 Tempo bello caliginoso. 4 Lo stesso poi mutato. 5 Nebbia,
di poi bello. 6 Nuvoloso, nebbioso e poi vario. 7 Buono vario ; nel giorno
turbato e poi guazzata. 8 Nebbioso e vario. 9 Nebbia e vario ; nel giorno
minaccioso con vento. 10 Nuvoloso, fresco. 11 Bello con vento fresco set-
tentrionale. 12. 13 Lo stesso. 14 Nuvoloso, nebbioso, sgocciante e poi nuvo-
loso grecale. 15 Buono fresco. 16 Vario fresco con vento. 17 Nuvoloso fresco.
18 Vario buono con freddo. 19 Nuvoloso vario. 20 Lo stesso e poi bello
21. 22. 23. 24. 25 Bello con vento freddo. 26 Buono con vento impetuoso.
27 Lo stesso. 28 Nuvoloso, nebbioso, caliginoso. 29 Lo stesso e poc’acqua.
30 Vario freddo. 31 Bello con vento freddo.

A dì 27 detto. Il Governo di Sardegna riconobbe (per prima) il Re del
Belgio (prima monarchia costituzionale), e che la sua Bandiera sarebbe rico-
nosciuta nel Regno.

NOVEMBRE:





A dì 1 Tempo bello, vento grecale placido. 2 Nuvoloso, nebbioso, si-
roccale. 3 Nuvoloso, minaccioso. 4 Nebbioso e poi buono. 5 Nuvoloso, neb-
bioso, minaccioso, siroccale. 6 Lo stesso, sguazzata, notte acqua. 7 Acqua,
poi nuvoloso, giorno nebbia ed acqua. 8 Nuvolo nebbioso, spruzzante acqua.
9 Vario. 10 Buono, nebbia al piano. 11 Lo stesso. 12 Nuvolo, nebbioso, cali-
ginoso e spruzzante acqua. 13 Lo stesso e poi vario. 14 Lo stesso nebbioso,
nuvoloso e greco. 15 Buono e poi nebbia, caligine e minaccioso. 16 Lo stesso.
A dì 17 Nebbia sempre. 18 Buono, nebbia al piano. 19 Bello grecale freddo.

118 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

20. 21. 22. 23 Lo stesso nuvoloso. 24. 25. 26. 27 Lo stesso. 28 Nebbia ed
acqua, e poi sempre nebbia. 29 Buono con nebbia. 30 Nuvoloso spruzzante
acqua.

A di 1 Non si potevano far le sementi per la lunga siccità, e non vennero
mai acque, benché fosse tempo nuvoloso, minaccioso ; era nebbia densa con
caligine, e poi tempo buono.

A di 6 detto. Cadde dell'aequa, che consoló tutti per causa delle se-
menti e per causa delle erbe per bestiami, che pativano molto.

A di 11 detto. Tutti si affrettarono di seminare, essendo tempo nuvo-
loso, caliginoso con vento greco e qualche guazzata.

DECEMBRE :

A di 1 tempo bello e fresco. 2 Nuvolo caliginoso e vario. 3. Lo stesso. 4
Bello. 5 Nuvoloso, greco, freddo. 6 Lo stesso. 7 Vario freddo. 8. 9. 10. 11.
12. 13. 14. 15. 16. 17. 18 Buono, freddo, nebbioso. 19 Nebbia, nuvolo, cali-
ginoso minacciante. 20 Nuvolo nebbioso, acqua lenta. 21 Buono con vento
grecale e freddo. 22 Nuvolo nebbioso. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29 Buono e freddo.
30 Nuvoloso nebbioso. 31 Nuvolo nebbioso minacciante acqua e freddo.

A di 2. Predicatore al Duomo fu un Minore Osservante per l'Avvento.

A di detto. Gregorio XVI concesse un Giubileo universale, che incomin-
ciava in Roma nella Domenica 3? dell'Avvento, e terminava il primo giorno
dell'anno venturo.

A di 6 detto. Mori Braccio Bracceschi di anni 66. Fu fatto il funerale in S.
Agostino. Nella sera degli 8 fu trasportato il Cadavere con pompa ed accom-
pagno straordinario, e fu un funerale ricco e dispendioso.

A di 9 Gran neve ai monti, e perció freddo grande.

A di 16. Venne in Perugia il nuovo Re della Grecia Ottone figlio del Re
di Baviera per andare a Napoli. Andó allo studio di Montemorcino, e poi parti.

A di 20 detto. Si pubblicó in Perugia il Giubileo da incominciare alli 23
Dicembre, durando fino alli 14 Febbraio 1833.

Si pubblicarono ordini per crescimenti di dazi, sulle lettere della Posta,
sul sale, e Registro, da doversi pagare dagl'Impiegati le Patenti. Agli Eccle-
siastici un Dazio di un 3, di un 5, di un 8 per 100 secondo le qualità dei Bene-
fizi, eccettuati i Parrochi, e titoli di ordinazione per i semplici sacerdoti.

Una gran siccità era in questi tempi, e in parte di quel tempo futuro
seguitó. Mancava per tutto l'acqua. La terra era arida, le vene mancanti.
Fin dalli primi di Decembre incominció la siccità. Le Bestie pativano e nel
bere e ne pascoli.

1833

GENNAJO:

A di 1 Tempo nuvoloso. 2 Lo stesso e poca neve. 3 Un palmo di neve. 4
Nuvoloso, minaccioso e vario. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12 Bello, freddo. 13 Nuvolo













CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 119



nebbioso. 14. 15 Lo stesso buono. 16. 17. 18. 19..20. 21. 23. 23. 24. 25. 26.
97. 28. 29. 30. 31 Sempre buono, caliginoso e freddo.

FEBBRAJO:

A di 1 Tempo nuvoloso, nebbioso ed acqua lenta. 2 Buono, freddo e vento
greco. 3 Nuvolo, nebbioso con acqua placida e sempre nebbia. 4. 5. Bello.
6 Nuvolo, caliginoso sempre. 7 Lo stesso. 8. 9. 10. 11. Lo stesso 12. 13 Lo stesso.
14 Nebbioso con acquate, nella notte molt'acqua. 15 Nebbia sempre. 16
Nebbia e caligine e acquate, nel giorno acqua, grandine vento e neve ai
monti. 17 Bello con vento. 18 Lo stesso. 19. 20 Lo stesso, nel giorno acqua.
21 Acqua e poi nuvolo minaccioso, siroccale gagliardo, poi buono. 22 Vento
freddo. 23. 24 Bello. 25 Nuvoloso sempre. 26 Nuvolo nebbioso. 27 Buono
vario, nella sera acqua. 28 Nuvoloso, nebbioso buono.

A di 1 detto. Dopo una lunga siccità cadde un'acqua placida con neve ai
monti.

A di 20 detto. Predicatore al Duomo fu un Canonico di Matelica, Ta-
rulli che fu un Predicatore di tutte le buone qualità.

Allo Spedale un Agostiniano, che suppli per un altro ammalato.

MARZO:

A dì 1 Nuvolo minaccioso, poc’acqua sempre. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Tempo bello.
8 Nuvoloso con vento greco e freddo. 9 Buono caliginoso. 10. 11 Nuvoloso,
caliginoso nebbioso e poc'acqua. 12 Lo stesso con acqua. 13 Nuvoloso, cali-
ginoso, nebbioso. 14 Lo stesso con acqua. 15 Lo stesso. 16 Buono. 17 Nuvoloso,
nebbioso, caliginoso, minacciante acqua, che cadde molta in tutto il giorno.
18 Nuvoloso, nebbioso e acqua lenta. 19 Lo stesso. 20 Nuvoloso, nebbioso
vario. 21 Vario buono. 22 Lo stesso e fresco. 23 Nuvoloso, nebbioso, caliginoso.
24 Bello, neve a monti. 25 Nuvoloso, caliginoso sempre. 26. 27 Nuvoloso, cali-
ginoso. 28 Lo stesso con vento freddo. 29 Lo stesso buono.

A di 5 detto. Gregorio XVI con Breve del 5 Marzo conferi il nome di
Città a Gualdo di Nocera colla denominazione di Gualdo Tadino.

A dì 10 detto. L'elemosina del Purgatorio allo Spedale fu di scudi 15.

A di 17 detto. L'elemosina della Quaresima al Duomo fu di scudi 104.

A di 15 Marzo. L'inverno scorso ha sofferto un freddo assai mite. Nella
Danimarca si udirono ai prini di Febbraio cantare le Lodole. La Russia ebbe
un sol giorno di 28 gradi di freddo, del resto fu molto moderato : per 12 giorni
fu di soli gradi 10 in tutta l'Europa centrale e perció moderato. La neve in

. alcuni paesi si fece appena vedere. Un gran contrapposto provarono le Pro-
vincie del mezzo di nella Turchia europea, ove il freddo fu assai forte e senza
esempio. Fu significante nella Persia, e dove nel Gennaio fioriscono le rose
giunse a gradi 30 di Reaumur, che è estraneo nella Europa settentrionale.

A. di 20 detto. Il Sig." Canonico Giuseppe Maria Lippi, Patrizio Perugino,
e Canonico nella Cattedrale e Professore nella Università fu ammesso da Sua
Santità fra suoi Cavalieri d'onore.

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

APRILE:

A dì 1 Tempo bello e buono, giorno turbato minaccioso. 2 Nebbia ed
acqua; giorno vario buono. 3 Nuvoloso, nebbioso, guazzate e poi vario.
4. 5. 6 Buono caliginoso. 7 Nuvoloso, nel giorno acqua. 8 Nuvoloso nebbia,
acqua lenta. 9 Bello, grecale, freddo. 10 Bello, nel giorno guazzate. 11 Buono,
grecale, ventoso. 12 Nuvoloso con vento e minaccioso. 13 Lo stesso con guaz-
zate. 14 Nuvoloso ed acqua. 15 Nuvoloso, nebbioso. 16 Nuvoloso, nebbioso,
acqua lenta tutto il giorno. 17 Nuvolo, nebbia, poi assolato, dopo acqua.
18 Nebbia ed acqua. 19 Nebbioso buono. 20. 21. 22 Bello. 23 Nuvoloso con
nebbia ed acqua, poi buono e freddo. 24 Bello. 25 Nuvoloso nebbioso. 26
Guazzata, dopo nuvoloso, greco, freddo. 27 Lo stesso. 28 Bello, placido. 29
Lo stesso. 30 Nuvolo, di poi acqua ; e dopo vario buono.

A dì 6 detto. Nella notte fu per ordine della Suprema di Roma fatta una
improvisa ed esatta perquisizione della Truppa di linea e Carabinieri e
Dragoni nel Monastero di S. Agostino, frugando per tutto, ma senza frutto,
non sapendosi con chiarezza, chi dovessero arrestare. E fu saputo per arre-
stare il Depositario, che era già partito. Solite imprudenze, che si prattica-
vano in questi tempi, in cui si ascoltavano i calunniatori senza la pena del
Taglione.

Fu chiarito il fatto nel dì 9 con Editto pubblicato dalla Inquisizione con-
tro il Depositario o Procuratore Buci Agostiniano, che era fuggito, coll’in-
timo di presentarsi in termine di tre giorni sotto pena di scomunica.

MAGGIO :

A dì 1 Tempo nuvoloso. A dì 2. 3. 4. 5. 6 Bello, fresco. 7 Nuvoloso con
vento impetuoso. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15 Bello. 16 Lo stesso, nel giorno tur-
bato. 17 Buono, giorno acque interrotte. 18 Nuvoloso e poi acqua intorno.
19 Buono e giorno e sera acquate. 20 Bello e poi vario. 21. 22 Buono, giorno
guazzata. 23 Lo stesso. 24 Lo stesso. 25 Lo stesso. 26 Buono, dopo acqua in-
torno. 27 Vario buono, giorno acqua. 28 Nuvoloso, poi buono. 29. 30 Bello
e fresco. 31 Lo stesso con venti impetuosi.

A dì 2. Giunse in Perugia il nuovo Delegato Mons." Anton Maria Cagiano
de Azevedo, e fu visitato dal Vescovo, Magistratura e Impiegati.

A dì 7. In questi tempi l’incostanza dell’aria per i caldi e freddi mischiati
c’era l’influenza di reumi e flussioni.

A di 8 detto. Dopo il mezzodì si videro comparir Giandarmi con Ministri
di Polizia ed impiegati nella Spezieria dello Spedale di Giuseppe Tei, o per
meglio dire del suo figlio Bernardino ; ed andare altri Gendarmi sotto la spe-
zieria nella strada sopra il campo, ed altri in casa dello stesso Tei per fare
perquisizione contro Bernardino Tei per motivo d’opinioni. Siccome la Casa
Tei è da tutti benveduta per causa del Padre Giuseppe Tei, che sempre ha
fatto bene a tutti, e lo stesso anche i figli, e dal Popolo tutto benedetto per la
sua carità, si adunò il popolo in un momento, e fu fatto un tumulto popolare

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 121

di circa 600 persone, ed alcuni entrarono nella spezieria, scacciarono i Gen-
darmi, e poi diedero addosso agl'impiegati, che se non fossero fuggiti, sarebbe
successo dell'inconveniente, e lo stesso Bernardino ne salvó uno che volevano
gittare dalla finestra. Tutto ció successe per imprudenza del Governo per dare
udienza alli falsi rapporti. Vi erano alcuni, che continuamente scrivevano in
Roma imposture, e perció succedevano delle perquisizioni, ma senza trovar
delitti e senza effetto. Tre ne erano state fatte, una in Casa Oddi, in S. Ago-
stino, e nella Via nuova in un negozio di mercanzia. Se vi era la pena del Ta-
glione, nulla sarebbe successo.

21 detto. In quella della sommossa popolare seguita nel di 8, furono cre-
sciute le truppe, e nel di 20 di notte furono fatte delle carcerazioni, ed i sog-
getti arrestati furono trasportati in Civita Castellana in legni pronti; de quali
niuno fu conosciuto reo.

A dì 25 detto. In questi giorni giravano pattuglie di notte e fermavano
quei, che incontravano, e niuno perciò potea girar di notte.

A dì 26 detto. Andò in scena la Commedia. Erano tempi di duolo e di
mestizia per causa della pubblica inquietezza, e per il bisogno delle acque
per causa della raccolta essendovi bisogno di orazioni, si promoveva il di-
vertimento. Erudimini qui judicatis terram. Grande accecamento. Si segui-
tava a fare delle carcerazioni senza prudenza e senza cautele. Il Paese era
malcontento. ”

Qui finisce l'Autografo Marini.

Copiate nel 1876 dall’Originale esistente nella Libreria Dominicini.

INDICE DEI NOMI DI PERSONA

Adreano Tommaso, LVI, 199.
Alba Franeiseo, XXXIV, 93.
Albani Giuseppe, LVII, 56 ; LXI, 161.
Alessandra Feodorovna Carlotta Luisa
di Hohenzollern, imperatrice di
Russia, LXI, 163.
Alessandri Lavinia, XXXIV, 96.
Alessandri Stefano, LIV, 136.
Alessandro I zar di Russia, XXXIV,
79, 104, 106; XXXIX, 226, 227,
237; LL 1411. 150. 151. 159;
LIV; 115, 117. 122. 125; 126;
128; 129; 152^ 195; 196; EVI,
178, 182,. 100) 193; 198;- 199 ;
LVITI, 96; 98; EXT, 120, 1306.
Alfani Anna, LVII, 38.
Alfani Elisabetta, LI, 144.
Alfani Franeesco, LI, 121 ; LVI, 197.
Alfani Giambattista, XXXIII, 88;
LI, 121
Alfani Gregorio, XXXIV, 88.
Alfani Tindaro, XXXIV, 88.
Alfonso Maria (S.) de’ Liguori, LVI,
202.
Altieri Angelo, XXXIII, 91.
Altieri Giambattista, LI, 119.
Altieri Lorenzo, XXXIV, 102.
Altieri Paluzzo, LVI, 186.
Ancajani Mario, LIV, 138;
192, 195; LVIIT, 91.
Andreoli Francesco, LXI, 110.
Angela (Beata) da Foligno, LXI, 121.
Angelucci Giovanni Battista, LIV, 133;
LNVa,:1/8: LVITI, 91, 105.
Angouléme (duca d’), Louis Antoine,
LIV. 128; LVI, 181, 182.
Angouléme (duchessa d’), Marie Thé-
rèse Charlotte, LIV, 128.
Annibale, XXXIII, 98.
Anselmi Giovanni, LI,
LVII, 46, D6.
Ansidei (conte), LI, 119.
Ansidei Filippo, LIV, 115.

LVI,

124, 125;

Ansidei Fulvio, XXXIV, 95.

Ansidei Giambattista, LVI, 194.

Ansidei Luigi, XXXIX, 222.

Ansidei Maddalena, XXXIV, 83.

Ansidei Massimiliano, LI, 134, 147;
LIV, 137.

Ansidei Pietro, XXXIV, 80.

Ansidei Riginaldo, XXXIII,
XXXIX, 222.

Ansidei Vincenzo, LVI, 177.

Antinori, LI, 150.

Antinori Antonio, LI, 131.
Antinori Giuseppe, XXXIII, 90 nota,
LI, 131; LVII, 57.

Antinori Vittoria vedi:
Vittoria, nata Antinori.

Antonelli Leonardo, XXXIX, 237.

Antoni Niecola, LIV, 133.

Antonini Filippo, XXXIX, 234;
LXI, 135.

Antonini Luigi, LI, 148.

Antonio Clemente re di
LVI, 179.

Archetti Giovanni Andrea, XXXIV,
92.

Arezzo Tommaso, X XXIX, 237 ; LXI,
117.

Armellini Francesco Domenico, ve-
scovo di Terni, LXI, 127, 128.

Arpino (duca di), LIV, 123.

Artois (conte di) vedi: Carlo X re di
Francia, prima conte di Artois.

Asburgo (d’) Carlo Luigi Giovanni,
arciduca d’Austria, LI, 125, 134.

Asburgo (d’) Carolina, principessa di
Sassonia, LVIII, 99, 100, 102, 103.

Asburgo (d’) Costantino, principe pa-
latino, LVIII, 98.

Asburgo (d’) Giuseppe Antonio Gio-
vanni, arciduca d’Austria, palatino
d’Ungheria, LVIII, 97.

Asburgo (d’) Maria Amalia, princi-
pessa di Sassonia, LVIII, 99.

88;

Mandolini

Sassonia,



CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

Asburgo (d’) Maria Clementina, prin-
cipessa di Salerno, LVI, 200;
LVII, 39; LVIII, 104; LXI, 123,
139.

Asburgo (d) Massimiliano, arciduca
d'Austria, LI, 122 ; LIV, 133.
Asburgo (d’) Rodolfo, arciduca d’Au-
stria, cardinale arcivescovo di

Olmitz, LVIII, 103.

Asso Francisco, XXXIX, 227.

Augustoni (predicatore agostiniano),
LXI, 146, 147.

Aureli Bontempi Anna, XXXIV, 81.

Aureli Ranieri Angiola, XXXIII, 94.

Azzi Rossi Demetria, XXXIV, 105.

Bachiorre, LXI, 152.

Baciocchi Felice, XXXIV, 105.

Baciocchi Bonaparte Elisa, XXXIV,
103 ; LIV, 123.

Baciotti Diomede, LI, 143.

Baglioni Anna, nata Graziani, LVII,
42; LVIII, 96, 97; LXI, 110.

Baglioni Francesco, XXXIII, 89.

Baglioni Oddi Alessandro, LI, 144;
IV, 135.

Baldella Antonio, LVII, 39.

Baldella Luzio, XXXIV, 95.

Baldelli (conte), XXXIX, 224.

Baldelli Ernesto, XXXIX, 235.

Baldelli Fidalma, LI, 142.

Baldelli Giambattista, XXXIX, 224;
EL 126.

Baldelli Giovanni, LIV, 135.

Baldelli Guido, LVII, 39.

Baldelli Rossetti Anna, LVII, 40.

Baldeschi Ascanio, LI, 126.

Baldeschi Braccio, LXI, 122.

Baldeschi Costanza vedi: Donini Co-
stanza, nata Baldeschi.

Baldeschi Domitilla, LVI, 185.

Baldeschi Federico, LIV, 121.

Baldeschi Francesco, XXXIII, 109.

Baldeschi Giacomo, XXXIII, 108.

Baldeschi Giulio, LVIII, 105.

Baldeschi Ludovico, LI, 132, 133.

Baldeschi Marianna Aurelia, LIV, 132.

Baldeschi Vittoria, LI, 121.

gen Perotti Lucrezia, XXXIV,

9.

Balioddi Galeotto, LVII, 41, 42.

Balioddi Lavinia, LVII, 48.

Ballerini Vermiglioli Chiara, LVI, 191.

Barattini Palla Angelo, LIV, 121.

123

Barattini Palla Rosaura, XXXIV, 93.

Barbanera Emilio, LXI, 166.

Barbara (S.) vergine e martire, LVIII,
104.

Barocei Federico Fiori detto il, LVII,
53; LVIII, 96, 97.

Baronio Cesare, XXXIX, 223.
Barral (de) Louis Mathias Joseph,
arcivescovo di Tours, LIV, 122.

Bartoccini, XXXIV, 76.

Bartoceini Cesare, XXXIV, 76.

Bartoccini Francesco, XXXIX, 238.

Bartoccini Pio, XXXIX, 224.

Bartoli Luigi, LVII, 53 ; LXI, 135.

Bartolomei (predicatore agostiniano),
LXI, 158.

Bartolucci, LXI, 137.

Batini Mattia, LVII, 48.

Batocchi Ubaldo, XXXIX, 226.

Battaglini Vincenzo, LIV, 117.

Battisti (Can.), LI, 137.

Battisti Chiara, XXXIV, 84.

Battisti Francesco, XXXIV, 83.

Battisti Ilarione, LI, 153.

Battisti Luigi; LVI, 198.

Battisti Maria Geltrude, LIV, 132.

Battisti Niecola, LVII, 38, 54.

Beauharnais Eugéne, XXXIV, 101,
104 ; XXXIX, 221 ; LIV, 123, 127.

Beauharnais Giuseppina, vedi: Giu-
seppina imperatrice dei Francesi.

Beauharnais Hortense, vedi: Ortensia
di Beauharnais, regina d'Olanda.

Beaumont, vedi: Fallot de Beau-
mont, Etienne.

Becchetti Filippo Angelo, XXXIX,
222 ; LIV, 135.

Bécherel Francois,
lence, LIV, 122.

Beda il Venerabile (S.), XXXIX, 223.

Belforti Giuseppe, XXXIX, 228.

Bellerofonte (vascello inglese), LVI,
192.

Benedetti, LI, 127.

Benedetto PP. XIV (Prospero Lam-
bertini), LXI, 114, 117.

Benero (S.) martire, XXXIV, 94, 95;
XXXIX, 224.

Benevento (principe di), LIV, 128.

Benigni Carlo, LI, 136.

Bentivogli (Card.), LXII, 107.

Benvenuti Giovanni Antonio, LXII,
102, 104, 105.

vescovo di Va-



124

Berg (granduca di) vedi: Murat
Gioacchino.

Bernadotte Jean Baptiste Jules, vedi :
Carlo XIV re di Svezia e Norve-
gia.

Bernardi (Dr. medico), XXXIX, 236 ;
LVIII, 108.

Bernardino (S.) da Siena, LXI, 126,
127.

Bernetti Tommaso, LXI, 145 ; LXII,
103, 107.

Berry (duca di) Charles Ferdinand di
Borbone, LIV, 128.

Bertazzoli Francesco, arcivescovo di
Edessa e Tebes, LIV, 122, 130.
Berthier Louis Alexandre, XXXIII,

95, 96, 97, 98, 99; XXXIV, 76.

Berthier Louis César Gabriel, XXXIV,
70; (11.

Berti Chiaretta, LXI, 137.

Bertoceini, XXXIX, 236.

Bertrand Fanny nata Dillon, LVII, 42.

Bianchi Federieo, LVI, 183, 184, 185,
186.

Bini Vincenzo, LVI, 182, 200.

Blasi, LVIII, 106.

Blasi Angelo, LI, 145.

Blücher Gebhard Leberecht, principe di
Wahlstatt, EIV, 117, 119, 125;
LVI, 180; 187, 189, 190; 192.

Boccanera (mercante), XXXIV, 101.

Boldrini Bonaini Orazio, XXXIV, 93.

Bolgeni Giovanni, XXXIII, 92.

Bollandisti, XXXIX, 223.

Bonaccorsi Nicola, LIV, 132.

Bonaini Baldeschi Agata, XXXIV, 83.

Bonaparte (Dinastia), XXXIX, 231;
LVI, 189.

Bonaparte Carolina, LIV, 131; LVI,
186, 157, 189, 189, 191.

Bonaparte Elisa, vedi: Baciocchi Bo-
naparte Elisa.

Bonaparte Giuseppe, XXXIX, 221,
222, 224, 235 ; LI, 119 ; LIV, 125.

Bonaparte Letizia nata Ramolino,
XXXIV, 96, 97 ; L VI, 178.

Bonaparte Luciano, XXXIX, 235.

Bonaparte Luigi, XXXIX, 222; LI,
132, 139; L' VEHI, 90.

Bonaparte Paolina, LVI, 178.

Boneambi Artemisia, LIV, 115.

Boncambi Lavinia nata degli Oddi,
LVII, 43.

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

Boneambi Ottaviana, LI, 150.

Bonei Paolo, LI, 149.

Bontigli (ufficiale pontificio), X X XIX
234.

Borbone (Dinastia), XXXIX, 231
294; LIV, 127, .133.

Borbone (di), Antonio, XXXIX, 233;
LIV, 124.

Borbone (di) Franeeseo di Paola (Spa-
gna), duca di Cadice, LVI, 177.
Borbone (di) Leopoldo, principe di Sa-

lerno, LVI, 184, 186, 187, 189,
200; LVII, 39; LVIII, 104;
LXI, 112, 123, 139 ; LXII, 105.
Borbone (di) Maria Carolina Augu-
sta, duchessa d'Aumale, LXI, 139.
Bordoni Ereole, XXXIII, 88.
Bordoni Luigi, LVI, 199.
Borgia Diamante, LVII, 47; LVIII,
90.
Borgia Tiberio, LVI, 178.
Boulogne (de) Etienne Antoine, ve-
scovo di Troyes, LI, 147.
Bourbon di Sorbello Ugolino, LI, 121.
Bourlié Francesco, LVIII, 94.
Bracceschi Braccio, XXXIII,
LXI, 122, 132; LXII, 118.
Brami Luigi, LVII, 57.
Braneadoro Cesare, XXXIV, 102.
Braschi Onesti Luigi, duca di Nemi,
XXXIV, 83.
Briganti Tommaso, XXXIX, 238.
Brizi Antonio, LI, 124, 126, 127, 128;
LXI, 145.
Brizi Giuseppe,
P7.

Brizi Marianna, LI, 134.

Bruealassi Nieola, LI, 125 ; LVI, 199 ;
LXI, 180, 158.

Bruschelli Domenico, LXI, 153.

Bruschi Silvestro, XXXIII, 106, 109 ;
NXXIV, 75.

Brutti (Famiglia), LVII, 55, 56.

Brutti Antonio, LVII, 56.

Bueei Angiola, XXXIII, 89.

Buei (religioso agostiniano), LXII,
120

100 ;

LIX, 181; LXI,

Bufalini, LVII, 49.

Bufalini (predicatore), LXI, 121.
Bussi Giambattista, LXI, 111.
Busti Pietro, LI, 131.

Butaoni A., LXI, 132.

Cadolini Antonmaria, LIV, 137.



CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

Cagiano de Azevedo Antonio Maria,
LXII, 120.

Calindri Felice, X XXIX, 238.

Calvieri Giuseppe Maria, LIX, 181.

Campalastri Carlo, LVIII, 103.

Campanelli Camillo, XXXIV, 104,
105, 106 ; XXXIX, 220, 221, 222,
223, 224, 225, 226, 227, 229, 232,
234; LI, 119, 120, 121, 122, 126,
127, 128, 129, 130, 131, 136, 139,
140, 141, 143, 144, 145, 146, 147,
148, 149, 150, 151, 152; LIV,
117, 118, 119, 121, 126, 127, 128,
129, 133, 134, 136; LVI, 197,
201; LVII, 38, 39, 40, 41, 42,
44, 45, 48, 49, 50, 51, 52, 53, 55,
56; LVIII, 90, 91, 92, 93.

Canali Antonio, LIV, 138.

Canali Francesco, LIV, 135,
LVIII, 95; LXI, 145, 148.

Canali Giuseppe, LVI, 182.

Canali Luigi, LI, 131; LIV, 130,
134, 136 ; LVI, 178.

Canova Antonio, LIX, 179.

Capetingi (Dinastia), LIV, 129.

Capoeei Nicolò, LI, 141.

Cappellari Matteo, LXI, 117.

Cappelli (religioso domenicano),
LXII, 88.

Cappoccia (omicida di Todi), LXI,
139.

Capra Vermiglioli Virginia, LVI, 187.

Caprara Giovanni Battista, XXXIV,
83; XXXIX, 232.

Carabba Giuseppe, LIX, 185.

Caravita, LXI, 114.

Carlo Magno Imperatore del Sacro
Romano Impero, XXXIX, 234.
Carlo X re di Francia, prima conte di
Artois, LIV, 125, 127, 128 ; LVI,

179, 180 ; LXII, 96.

Carlo IV di Borbone re di Spagna,
XXXIX, 228, 229, 230, 231, 233,
234, 235; LI, 151; LIV, 131;
LVI, 177, 181, 192.

' Carlo XIV re di Svezia e Norvegia,
LI, 140.

Carlo Alberto di Savoia Carignano re di
Sardegna, LVIII, 109; LXII,
108.

Carlo Emanuele IV di Savoia re di
Sardegna, XXXIII, 101, 102;
XXXIV, 88 ; LVI, 181.

137;

125

Carlo Felice di Savoia re di Sardegna,
LXLi180; EXIL 109.

Carlo Ludovieo re d'Etruria (in se-
guito duca di Lucca e infine duca
di Parma col nome di Carlo II),
LVL 181, 182,

Carlos di Borbone, XXXIX, 231, 233 ;
LIV, 124.

Carolina Amelia Elisabetta di Bruns-
wick, regina di Gran Bretagna e
Irlanda, LVIII, 105.

Carolina Augusta di Baviera impe-
ratrice d'Austria, LVII; (39;
LVIII, 99, 100, 101, 102, 103.

Caruso Luigi, XXXIV, 89 ; LIX, 184.

Casali (Can.), LI, 137.

Casoni Filippo, XXXIX, 222, 229.

Castiglioni Giovanni, XXXIV, 92.

Caterina II la Grande imperatrice di
Russia, LXII, 96.

Cattivera Luigi, XXXIV, 91;
XXXIX, 229, 234; LIV, 134.
Cavalehini Francesco Guidobono,

XXXIX, 232.

Cecchetti Alessandro, XXXIII, 106.

Ceccotti (medico), LI, 129.

Ceccotti Liborio, XXXIV, 85.

Cecilia (S.) vergine e martire, XXXIX,
231.

Celestino (Maggiore dei monaci ca-
maldolesi), XXXIII, 88.

Cenci Pier Girolamo, LI, 137, 140.

Cenci Serafina, LXI, 152.

Cerallos Pedro, XXXIX, 235.

Cerrini Giovanni, XXXIV, 91.

Cesarei (vedova), LVII, 51.

Cesarei Emerenziana, LVII, 41, 42.

Cesarei Giulio, LI, 128, 155; LVII,
51, 55, 56.

Cesarei Mare’ Antonio, LVII, 42.

Cesarei Maria, LVII, 42.

Cesarei Terdelinda, LI,
117.

Cesarei Torquato, LIX, 184.

Cesarei Vittoria, nata Gualterio, LI,
120.

Cesarei Baldeschi Marina, LXI, 137.

Cesarei Leoni Francesco, LI, 124,
142; LVII, 47, 48, 49, 51; LIX,
184; LXI, 127, 128, 129; LX.II, 92.

Cesarei Leoni Giulio, LXI, 161.

Cesarei Rossi Marina, LI, 132, 133.

Cesarini (vescovo originario di Pe-

155; LIV,





126

rugia, XXXIX, 237; LI, 126,
135.

Cesarini Giuseppe, LI, 146.

Cesaroni Diomira, LXII, 108.

Chabran Joseph, XXXIII, 98.

Champagny (de Nompére de) Jean
Baptiste duca di Cadore, XXXIX,
232.

Chantelauze (de) Jean Claude Bal-
thazar Victor, LXII, 96.

Cherubini Giuseppe, LXI, 148, 161,
164.

Chiatti, LVIII, 89.

Cianelli (predicatore
LXI, 160.

Cianina Violante, LI, 131.

Cinelli Ferdinando, LI, 125; LVIII,
108.

Cinelli Sebastiano, LIX, 181.

Ciofi Vincenzo, XXXIV, 91.

Cittadini Carlo Filesio, LVIII, 93,
94, 95, 96, 99, 100, 102, 103, 105,
106; LIX; 170) 182, 183; 185;
LXI, 110; 118, 1241, "125, 127,
129, 130, 132, 136, 139, 144, 145,
147, 152; 154; 155, 161, 162, 165 ;
LXII, 88, 89, 90, 91, 93, 94, 95,
98, 103; £06; 112, 120.

Ciuehi Vincenzo, LXI, 131.

Clary Julie, consorte di Giuseppe
Bonaparte, XXXIX, 230.

Clemente PP. XIV (Vincenzo Gan-
ganelli), XXXIV, 97.

Cocchi (Dr.), XXXIV, 95.

Coli Giuseppe, LIX, 182; LXI, 110.

Colizzi Giuseppe, LI, 138.

Collin, LXI, 135.

Colombo (Il). Opera di Francesco Mor-
lacchi, LXI, 156.

Colonna (deputato al Demanio), LI,
128, 145, 151.

Conestabile della Staffa Anna, LIV,
717, 15825 LVIII, 96.

Conestabile della Staffa Francesco,
LV. 38; DLVII, 98, 103, 105,
Conestabile della Staffa Giovanni,

XXXIII, 88; XXXIV, 99.

Conestabile della Staffa Maddalena,
LIV, 136.

Conestabile della Staffa Teresa, vedi:
Meniconi Teresa, nata Conestabile
della Staffa.

Conestabile della Staffa Vittoria, nata

domenicano),

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI



Odescalchi, LVII, 38; LVIII, 98,
103; LXI, 150.

Connestabili Dionisio, XXXIX, 225.

Connestabili, vedi anche: Conestabile
della Staffa. ius

Consalvi Ereole, XXXIV, 81, 82, 84,
90, 96; XXXIX, 222; LVIII,
100, 101, 106; LXI, 110. pel

Conte d'Augusta, vedi: Luigi I di
Wittelsbach re di Baviera.

Copioli Luigi, LIV, 137.

Coppa Filippo, LI, 143.

Coppoli Alessandro, LI, 134.

Coppoli Camilla, LI, 140.

Coradini (tenore), LVIII, 94.

Cordella Martino, vescovo di Bagno-
rea, XXXIV, 103.

Corogni Gioacchino, LVIII, 103.

Corrado (Beato) da Offida, XXXIX,
223; LVII, 53.

Correnti, LI, 124.

Corsini Tommaso, LVII, 56.

Costantini Antonio, XXXIII, 106.

Costanzo (S.) vescovo e martire,
XXXIV, 95, 100; XXXIX, 220;
LXI, 123, 124, 125, 126, 127,128,
129, 130; LXII, 90.

Crispolti (barone), LVI, 197, LVIII,
98

Crispolti Giuseppe, LI, 129.
Crispolti Teresa, XXXIX, 221.
Cristaldi Belisario, LXI, 135.
Cristianopoli, LXI, 115.

Cruciani Errigo, LVII, 48.

Damiani, LXI, 160.

Dandini Ercole, LXII, 94.

Danti Vincenzo, LVII, 38.

Danzetta Fabio, XXXIII, 106 ; LVII,
56; LVIII, 89, 92; LXI, 122;
LEXII 94, 112, 116.

Danzetta Giacomo, LXI, 131.

Danzetti Bianea, LIV, 116.

Degli Azzi Francesco, XXXIII, 89.

Degli Azzi Maddalena, XXXIV, 97.

Degli Oddi Artemisia, LI, 142.

Degli Oddi Carlo, XXXIII, 93;
XXXIV, 89; LI, 137; LIV,,132,
135 ; LVI, 178 ; LIX, 181.

Degli Oddi Cesare, LVI, 195.

Degli Oddi Chiara, LIX, 182.

Degli Oddi Costanzo, XXXIX, 232.

Degli Oddi Francesco, LI, 140.

Degli Oddi Giacomo, LVI, 198.









Degli Oddi Lavinia, vedi: Boncambi
Lavinia, nata degli Oddi.

Degli Oddi Ludovico, XXXIII, 94.

Degli Oddi Margherita, XXXIII, 94.

De Laurentiis Pierantonio, LIX, 185.

Del Gallo (duca), LVI, 186.

Delicati Margherita, LVII, 53.

Della Genga Caterina, LXI, 121.

Della Genga Lucrezia, LXI, 121.

Della Genga Simone, LXI, 121.

Della Massa Romualdo, LIV, 120.

Della Penna, LI, 155 ; LIV, 117, 137.

Della Penna (barone), LVI, 177.

Della Penna Adriano, LVI, 185.

Della Penna Fabrizio, LVII, 42;
LXII, 94.

Della Porta Girolamo, XXXIV, 90, 97.

Della Somaglia Giulio Maria, LIX,
183; LXI, 146.

Del Pozzo, LI, 123.

De Michelis (orologiaio), XXXIV, 95.

De Simoni Domenico, LVII, 45, 46,
47, 50, 51, 52.

Diebitseh Ivan Ivanovit, LXII, 97,
99, 105, 106.

Domenico (S.) di Guzman, LI, 146;
EVI, 193.

Dominici Maria, vedi: Trinci Maria,
nata Dominici.

Donini Costanza, nata Baldeschi,
EVII, 42.

Donini Filippo, LI, 144, 145, 147,
148.

Donini Francesco, XXXIV, 79.

Donini Luisa, LI, 132.

Donini Orazio, LIV, 116.

Donini Stefano, LI, 149.

Donnini, XXXIX, 238.

Donnini Piera, LI, 120.

Doria Pamphili Giorgio, LXII, 89.

Doria Pamphili Giuseppe, XXXIX,
230, 231; LIV, 129.

Dorici Giuseppe, XXXIII, 102.
Drais von Sauerbronn Carl Friedrich
Christian Ludwig, LVII, 47.
Ebrei, XXXIII, 93; XXXIX, 223,

224 ; LVII, 48.

Elena (granduchessa di Russia, con-
sorte di Michajl Pavlovit Roma-
nov), LXI, 158, 163.

Elisabetta (S.) d'Ungheria, LVII, 38.

Emidio (S.), LI, 141; LXII, 113.

Enghien (duca di) Louis Antoine di

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 127

Borbone-Condé, XXXIV, 96 ; LVI,
194

Ercolani Diomede, LVII, 42, 43.

Ercolani Luigi, LXI, 135.

Ercolano (S.) vescovo e martire, LI,
134; LXI, 126.

Ermanni, vedi: Conestabile della
Staffa.

Errighi Claudio, LI, 144.

Este (d’) Antonio, LXI, 133.

Eufrosina... da Pisa, LIV, 135.

Eugeni Luigi, LI, 137.

Eugeni Maria Colomba, LI, 148.

Exmouth (visconte di) Edward Pel-
lew, LVI, 201, 202.

Fabrizi Luigi, LI, 119.

Faina Lorenzo, LVI, 193 ; LXI, 125.

Fallot de Beaumont Etienne, LIV,
122.

Fantusati Luigi, XXXIV, 85, 88.

Federieo Augusto I re di Sassonia,
LIV, 116; LVI, 179, 187 ; LXI,
141.

Federieo Augusto II re di Sassonia,
LXI, 156 ; LXII, 93.

Federieo Guglielmo III re di Prussia,
XXXIX, 225; LIV, 115, 117,
125, 132, 134, 136; LVI, 182,
190, 193, 194.

Federieo Guglielmo IV re di Prussia,
LXI, 158.

Ferdinando III (S.) re di Castiglia e
di León, XXXIII, 96.

Ferdinando I re delle Due Sicilie,
vedi: Ferdinando IV di Borbone,
re di Napoli e Sicilia.

Ferdinando II di Borbone re delle
Due Sicilie, LXII, 109, 115.

Ferdinando IV di Borbone re di Na-
poli e Sicilia ; dal 1816 Ferdinando
Ire delle Due Sicilie, XXXIII, 96 ;
XXXIV, 89, 93, 97; XXXIX,
220, 221, 237 ; LVI, 183, 184, 185,
188, 189, 195, 200, 201, 202;
LVII, 39 ; LVIII, 104, 107 ; LIX,
185 ; LXI, 112.

Ferdinando VII di Borbone re di
Spagna, XXXIX, 228, 230, 231,
233, 234, 235; LIV, 121, 124,
125, 126, 130 ; LVI, 177 ; LVIII,
107.

Ferdinando III di Lorena Granduca di
Toscana, XXXIII, 92 ; LIV, 135,











128

1305; LWE 185, 1835; EXE 115,
113.

Ferranti Pietro, LVII, 45.

Ferri Carlo, LXI, 164; LXII, 101,
103, 104.

Ferrini Giuseppe, LI, 145.

Feseh Joseph, LI, 145, 146.

Fieschi Adriano, LXI, 124, 125, 126,
127, 128, 129, 134, 136, 137, 139,
141, 143, 144, 145, 148.

Fiori Fioravante, LI, 133.

Fiori Giuseppe, XXXIII, 105; LI,
123; LVIII, 98.

Floramonti Andrea, XXXIV, 92.

Floramonti Celidora, XXXIV, 100.

Floramonti Montecuccoli Anna, LVI,
202.

Florenzi (Famiglia), LXI, 114, 156.

Florenzi Eleonora nata Sorbelli, LXI,
156.

Florenzi Isabella, XXXIV, 100.

Fontana Francesco Luigi, LIV, 126.

Fortunelli Tommaso, LVII, 56.

Fouché Joseph duca d’Otranto, LI,
138.

Fra Diavolo (ribelle
XXXIX, 225.

Franeeseo (S.) d'Assisi, LI, 141, 149;
ENI 194 EVIL 52; EVIL 95,
90. 107 "LIX, 181; LXI, 115,
TIO 1175 121.

Francesco I Imperatore d'Austria,
vedi: Francesco II d'Asburgo-
Lorena, Imperatore del Sacro Ro-
mano Impero.

Francesco II d’ Asburgo-Lorena Impe-
ratore del Sacro Romano Impero ;
dal 1806 Francesco I Imperatore
d’Austria, XXXIII, 89, 91, 96,
1015 XXXIV, 77, 104, 106;
XXXIX, 220, 221, 223, 224, 227,
280; LI,:120, 121, 122, 125, 127,
T29 TA 194, 151; LIV, 121,
392. 195. 127, 1351, 132, 156;
LVI, 181, 190, 193, 194, 196, 198,
200. 202; LVII, 38, :39, Dl;

calabrese),

EVITE, 96, 97, 98, 99, 100, 101,
102, 103, 104; LXI, 123, 139,
146, 159, 160, 166; LXII, 103.
Francesco I di Borbone, re delle Due
Sicilie,
105.
Francesco IV d’Austria-Este, duca di

LXI, 122, 123; LXII,

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

Modena e Reggio, LIV, 133;
DVIIL 100; LXL; 1993;0EAII;
100, 102, 105.

Francesco (D.) da Doveda, LXII, 88.

Franchi Pietro, LVIII, 95.

Friggeri Filippo, LVIII, 103.

Friggeri Giovanni Pietro, XXXIV, 94.

Friggeri Maddalena, LI, 119.

Friggeri Maria Clementina, LI, 146.

Friggeri Raniero, LI, 130.

Fucelli Vincenzo, LVIII, 102; LIX,
180.

Fusconi Teodoro, LXI, 117.

Gabrielli (commerciante), LIV, 117.

Gabrielli Giulio, XXXIX, 232, 233,
234.

Galassi Francesco Maria, LXI, 124.

Galeotti Antonio, LVII, 55.

Galleffi Pier Francesco, LVI, 188;
LXI, 117.

Galluzzi (teologo domenicano), LI,
137

Garbarini Carlo, LXI, 129.
Garbi Domenico, LI, 127, 154.
Gazzola Bonaventura, LXI, 111.
Gazzoli Francesco Maria, LI, 136.
Gentili Maria Luisa, LI, 144.
Gentili Pietro, XXXIV, 104.
Gerdil Hyacinthe Sigismond, XXXIV,
89.
Germanelli Serafino, LVI, 202.
Gerolamo ($.), LI, 152. i
Gherardesea (della) Camillo, XXXIII,
88, 91.

Giammarroni Vincenzo, LI, 155.
Giampe Francesco Maria, vescovo di
Assisi, LVII, 52; LVIII, 95.

Gigliueei Costanzo, LXII, 88.
Giorgio III di Hannover, re d'Inghil-
terra, LVIII, 105.
Giorgio IV di Hannover, re d'Inghil-
terra, LVI, 184 ; LVIII, 105.
Giovanetti Andrea, arcivescovo di Bo-
logna, XXXIII, 92.

Giovanni VI di Braganza, re di Por-
togallo, LXI, 116.

Giovi Alessandro, LI, 148.

Giovio Averardo, LIX, 181.

Giovio Carlo, LIV, 136 ; LVIII, 108.

Giovio Caterina, XXXIX, 230.

Giovio Francesco, LI, 153.

Giovio Maria, nata Montesperelli,
LXI, 135.







Giovio Vineenzo, XXXIII, 106, 107,
108; XXXIV, 78, 86; LVI, 201.

Giulio PP. III (Giovanni Maria
Ciocchi del Monte), XXXIV, 89;
XXXIX, 234 ; LVII, 38.

Giuseppe (S.), LVI, 178.

Giuseppina, imperatrice dei Francesi,
XXXIV, 98, 99, 102, 103; LI,
121, 129, 131, 132. :

Giustiniani Giacomo, LXI, 148.

Giustiniani Paride, XXXIV, 90, 91,
92, 94, 96, 97, 98, 101 ; XXXIX,
220, 226, 229, 233, 236.

Goga (Can.), XXXIII, 91.

Goga Camillo; LI, 148.

Goga Eleonora, LVII, 40.

Goga Flaminio, LI, 133.

Goga Francesco, XXXIV, 95.

Goga Giulio, LVII, 54.

Goga Cenci Costanza, XXXIV, 106.

Gouvion-Saint-Cyr (de) Laurent,
XXXIII, 105; XXXIV, 94.

Gravina (duca di), Carlos, XXXIV,
105.

Graziani (Famiglia), LXI, 110.

Graziani Anna, vedi: Baglioni Anna
nata Graziani.

Graziani Marianna, LI, 148.

Graziani Tommasi Fiordispina, LVI,
197.

Gregorio PP. I(S.) Magno, LIX, 184.

Gregorio PP. XIII (Ugo Boncom-
pagni), LXI, 114.

Gregorio PP. XVI (Mauro Cappel-
lari), LXII, 99, 100, 101, 102,
103, 105, 106, 107, 109, 110, 111,
113, 114, 115, 116, 117, 118, 119.

Gregorio (de) Emanuele, LIV, 126.

Gualterio Vittoria, vedi: Cesarei Vit-
toria nata Gualterio.

Guardabassi, LVIII, 90.

Guardabassi Francesco, LXII, 103,
114.

Guardabassi Matilde, LVI, 199.

Guernon de Ranville, LXII, 96.

Guerrieri, LXI, 162.

Guglielmo I d’Orange- Nassau, re dei
Paesi Bassi, LVI, 181 ; LXII, 92.

Guiducei Giuseppe, LXI, 151.

Gustavo IV Adolfo, re di Svezia,
XXXIV, 93.

Impaceianti Giacomo, LXII, 117.

Ippoliti Leonardo, LI, 137.

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 129

Jannet, LI, 123.

Jeneini, LXI, 137.

Kaunitz (von) Eleonora, LVIII, 99.

Keith George Elphinstone, XXXIII,
96

Labré Giuseppe, LXI, 158.

Labruzzi Carlo, LVI, 178 ; LVII, 52.

Lacesser Cristiano Adolfo, LXII, 112.

Lamauroy (generale), XXXIX, 228.

Lambardi Eugeni Elisabetta, XXXIV,
93

Lancellotti Ottavio, LXI, 114, 120.

Landi Landino, LVII, 40.

Landini Landino, LVII, 47.

Lannes Jean, duca di Montebello,
XXXIII, 98, 99; LI, 122.

Lante Alessandro, XXXIV, 85, 88.

Laudon (generale), XXXIII, 98, 100.

Laurenti Francesco, LI, 124.

Lauri Giuseppe, LI, 126.

Lazi Cesare, LVII, 53.

Lazzaro (S.), LXI, 116.

Leo (medico), LXII, 109.

Leone PP. XII (Annibale della Gen-
ga), LIX, 183, 184, 185; LXI,
109, 112, 114, 115, 116, 117, 118,
121, 122, 123, 130, 131, 132, 133,
135, 139, 141, 145, 146, 147, 153,
157, 159, 160; LXII, 99, 111.

Leoni Cesarei Francesco, vedi: Ce-
sarei Leoni Francesco.

Leonini Francesco, LIV, 133, 135,
136, 137, 138; LVI, 177, 179,
184, 186, 188, 189, 191, 192, 193,
194, 195, 197.

Leonissa (conte di), LXI, 115.

Leopoldo (Beato) da Gaiche, LXI,
122, 131.

Leopoldo I di Sassonia Coburgo Go-
tha, re del Belgio, LXII, 117.
Leopoldo II, granduca di Toscana,
LIV, 135 ; LXI, 113, 156 ; LXII,

103.

Lewson, LVI, 199.

Lippi Giuseppe Maria, LXII, 119.

Lippi Franeeseo, XXXIV, 93.

Lippi Seipione, LVI, 195; LVIII,
105.

Lorenzo (S.) martire, XXXIV, 97;
LVIII, 92.

Lucchesi Stanislao, vescovo di Fo-
ligno, LVIII, 95 ; LXI, 127, 150.

Ludovico I di Borbone-Parma, re

9







130 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

d’Etruria, XXXIV, 83, 87, 90,
92, 93.

Ludovisi Leone, LVI, 182.

Luigi (S.) Gonzaga, LXI, 113, 150.

Luigi I di Wittelsbaeh, re di Baviera,
LVII, 56; LXI, 114, 139, 140,
147, 148, 162; LXII, 88, 89, 91,
97, 115, 118.

Luigi XVI di Borbone, re di Francia,
XXXIX, 232; LIV, 128, 129;
LVI, 178.

Luigi XVIII di Borbone, re di Fran-
cia, XXXIX, 282; LIV, 128,
129, 132, 133 ; LVI, 178, 179, 180,
181, 182, 188, 189, 190, 191, 192,
194, 190; LVH, 40: LXL 131.

Luigi Filippo di Borbone-Orléans, re
di Francia, LXII, 107.

Macedonio (Cav.), LIV, 123.

Mach (generale), XXXIV, 104.

Maddalena di S. Egidio, XXXIII,
105.

Madonna, LI, 128, 150; LIV, 138;
LWI, 178,.185; LNVXH, 42, 45;
LVLIIL 89,101. 102, 110, 111;
LIX;|13b: LXL 1425, 189, 142,
143; LXI, 90.

— Addolorata, LXI, 142.

— Assunzione, XXXIX, 223.

— Auxilium Christianorum, LVI,
199; LVIB 34.

— del Carmine, LVIII, 103.

— del Rosario, LVI, 193 ; LVII, 45,
51.

— delle Grazie, LI, 120; LIV, 136;
LVE 135. 2300, 2025; LVEL 51;
LVILHE 90; LXIE 93.

Mancini Giacomo, XXXIII, 105;
ACXIW, 105; XXXIX, 223;
Et, 120, 137, 139, 146; LIV, 135,
136.

Mancini Guerrieri Francesca,
MXXIV, 105.

Mandolini Camillo, LVII, 52.

Mandolini Francesco, XXXIV, 86.

Mandolini Vittoria, nata Antinori,
LVII, 44.

Marabottini Otto, LI, 124 ; LIV, 123;
EVE TIT

Marearelli, LI, 121.

Marearelli Francesco, LI, 154.

Marcarelli Vincenzo, LI, 131.

Mari Filippo, LXI, 125.

Maria Amelia di Zweibriicken, regina
di Sassonia, LVI, 179.

Maria Antonietta d’ Asburgo-Lorena,
regina di Francia, LVI, 178.
Maria Beatrice Vittoria di Savoia,
duchessa di Modena e Reggio,

LIV, 133.

Maria Carolina d’ Asburgo-Lorena, re-
gina di Napoli, XXXIII, 94, 103,
104.

Maria Clotilde di Borbone, regina di
Sardegna (venerabile), XXXIII,
101, 102; XXXIV, 87 ; XXXIX,
232.

Maria Cristina di Borbone, regina di
Sardegna, LXI, 130.

Maria Isabella di Borbone, regina
delle Due Sicilie, LXI, 122,
123.

Maria Luisa d’Asburgo-Lorena, Im-
peratrice dei Francesi, poi du-
chessa di Parma, Piacenza e Gua-
stalla, LI, 122, 129, 132, 133,
134, 135, 136, 142, 143, 144, 147;
LIV, 119, 125, 132; LVI, 187,
194, 198; LVIII, 97, 98.

LXII, 105.

Maria Luisa di Borbone, regina
d’Etruria, XXXIV, 90, 92;
XXXIX, 229; LIV, 131; LVI,
181, 182.

Maria Luisa di Borbone, regina di
Spagna, XXXIX, 229, 230, 231,
233; LIV, 131; LVI, 177, 181,
192.

Maria Luisa Beatrice d'Austria-Este,
imperatrice d'Austria, LVI, 196,
198.

Maria Plinia (Suor) LI, 150.

Maria Terdelinda (Suor), LI, 146.

Maria Teresa di Savoia, duchessa di
Lucca, LXI, 147.

Marini Giovanni Battista, LXII, 112,
121.

Mariotti Adriano, LI, 128.

Mariotti Annibale, XXXIII, 89 nota ;
XXXIV, 81.

Mariottini Angiola, XXXIV, 84.

Mariottini Eugenia, XXXIX, 232.

Marsciano (conti di), LXI, 121.

Marsciano (conte di) Federico, LXI,
121.

Martin Ignace Thomas, LVI, 196.







Martini Antonio, arcivescovo di Fi-
renze, XXXIV, 78; LVIII, 106.

Massari Silvestro, LXI, 143.

Massena Andrea, XXXIII, 88, 92,
96 ; XXXIX, 220, 225.

Massi Vincenzo, vescovo di Gubbio,
LXI, 127.

Massimi Innocenzo, XXXIX, 238.

Massimiliano I di Wittelsbach, re di
Baviera, XXXIX, 223; LIV,
120 ; LVIII, 99; LXI, 114.

Massini, LVI, 197; LVIII, 98.

Massini Caterina, vedi: Ugulini Ca-
terina, nata Massini.

Massini Chiara Isabella, LIV, 124.

Massini Filippo, LI, 132.

Massini Rosa Giacinta, LIX, 180.

Masuyer Valérie, LXII, 106, 107
nota 1.

Mattioli Luigi, XXIV, 100 ;
XXXIX, 227; LIV, 117, 135,
136 ; LVII, 42; LVIII, 92, 101,
105, 112; LXI, 125, 127, 136,
150; LXII, 88.

Mattioli Michele, LI, 139; LVII, 53,
54; LVIII, 96.

Maury Jean Siffrein, LI, 141; LIV,
122.

Mazza, LVII, 56 ; LVIII, 98.

Mazzetti Giovanni, LVI, 198.

Melas Michael Friedrich, barone di,
XXXIII, 95, 96, 99, 100.

Menieoni Bernardino, LI, 143.

Meniconi Chiara, LVII, 54.

. Menieoni Menicone, LI, 148; LVII,
45.

Meniconi Teresa, nata Conestabile
della Staffa, LI, 148; LVII, 45,
54.

Metastasio Pietro Trapassi, detto,
LVII, 37, 38, 56.

Metternich Winneburg (principe di),
Klemens Wenzel Lothar, XXXIX,
236 ; LVIII, 99, 100, 101.

Mezzanotte Antonio, LXI, 149, 158.

Miani Francesco, LXI, 125.

Michelangeli Francesco, LXI, 140.

Michelangeli Luigi, LVII, 42.

Migliorini (ex-religioso francescano),
LI, 141.

Millin (Cav.), LIV, 118.

Millius (generale), XXXIII, 102.

Minelli Agostino, XXXIV, 91.

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 131

Minutolo (generale), LIV, 123.

Miollis Sextius Alexandre Francois,
XXXIX, 229, 230, 231, 232, 234,
235, 237, 238 ; LI, 119, 123, 124,
125, 126, 127, 138.

Mohammed ‘Ali, governatore del-
PlEgitto, LXI, 130.

Molier, LVIII, 89.

Mollari Antonio, LIV, 135.

Monaldi, X XXIX, 234.

Monaldi (marchese), LVII, 38.

Monaldi Carlo, XXXIII, 103.

Monaldi Cesare, XXXIII, 105.

Monaldi Giambattista, LI, 148 ; LXI,
122, 132.

Mondelli Francesco Antonio, LVI,
201 ; LVII, 56.

Monnier Jean Charles, XXXIII, 98,
104; XXXIV, 79, 80.

Monotti Luigi, LVII, 54.

Monsignorini Sisto, LIV, 136 ; LVII,
45.

Montani (Can.); LI, 137 ; LIV, 130,
133 ; LVI, 191.

Montesperelli Dario, LVIII, 97 ; LXI,
110.

Montesperelli Girolamo, XXXIX,
238 ; LI, 126.

Montesperelli Giuseppe, LVI, 198.

Montesperelli Seipione, X XXIX, 237,
238 ; LI, 132 ; LVIII, 108.

Montesperelli Spiridione, XXXIII,
89; XXXIX, 230.

Montesquiou- Fezensae (conte di) Am-
broise Anatole Augustin, LVI, 187.

Monti (abate silvestrino), LVII, 55.

Monti (Dr.), LVIII, 108.

Monti Giuseppe, LI, 143; LIV, 126.

Morandi Graziani Rosa, LIV, 120.

Moreau Jean Victor Marie, XXXIII,
103 ; XXXIV, 75.

Morelli Domenico, LI, 119.

Morlaechi Alessandro, LVII, 38.

Morlacchi Francesco, LI, 151; LVII,
38 ; LXI, 141, 156.

Moroni Angiolo, LIV, 136.

Moroni Curzio, LI, 124, 125, 126,
127, 147.

Moroni Damaso, XXXIV, 89.

Morozzo Giuseppe, LIV, 124.

Mortier Édouard Adolphe, LI, 154.

Muller Johann, LVII, 46.









192 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

Murat Gioacchino, XXXIII, 98;
XXXIV, 76, 77, 3; XXX;
230, 231, 235, 236; LI, 130;
LIV, 120, 121, 122, 123, 124, 126,
127, 128, 130, 131; LVI, 177,
179, 180, 181, 182, 183, 184, 185,
186, 187, 188, 191, 193, 194, 195.

Muti (Can.), LXI, 142.

Napoleone (S.), martire, XXXIV,
98; XXXIX, 223; LI, 126, 127.

Napoleone I, imperatore dei Francesi,
XXXIII, 92, 95, 96, 97, 98, 99,
101.; XXXIV, ‘77,-78, 81, 89.56,
94, 96, 97, 98, 99, 100, 101, 102,
103, 104, 105, 106 ; XXXIX, 220,
221, 222, 223, 224, 225, 226, 227,
228, 229, 230, 231, 232, 233, 234,
235, 286, 237; LE 120; 121. 122,
123, 124, 125, 126; 127, 129; 190,
131, 182,133, 134, 135-130, 138,
139, 140, 141, 142, 143, 144, 145,
146, 147, 148, 149, 150, 151, 152,
158,. 1b4, 455: LIV. 45: L16;
118, 119, 120, 121, 122, 123, 124,
195, 126; 127. 198, 129. 131; 152,
194, 188; D VT. 0777 178; 179, 130,
181. 1522183. 185; T86; 187; 189,
190, 191, 192, 193, 194, 196, 198 ;
LVII, 39; 42, 43, 49, 50; L VIII,
90;:975 110:

Napoleone II, re di Roma, LI, 144;
LW.-1425; 126, 127, 132; LVI,
182; 187; 189, 191; LVIII, 97.

Napoleone III, imperatore dei Fran-
cesi, LXII, 106, 107 nota 1.

Naselli Diego (generale; luogote-
nente di Sicilia, XXXIII, 94;
EVILE 107.

Negroni Carlo, LXI, 149.

Nelson Horatio, XXXIII, 103;
XXXIV, 104.

Nembrini Domenico Cesare, LIV, 129,
150, 1351 136,138.

Nerboni Giambattista, LVIII, 90.

Nerboni Giammaria, LI, 140 ; LVIII,
89:90:

Nerboni Ubaldo, LVIII, 89, 90.

Ney Michel, duca d’Elchingen, prin-
cipe della Moscova, LIV, 126;
LVI, 180, 182.

Nicola I, zar di Russia, LXI, 136,
158, 161, 163; LXII, 95, 97, 98,
99, 105, 106, 109.

Nieto Alfonso, XXXIV, 77.

Nucci Antonio, XXXIV, 88.

Oddi Alessandro, LI, 129.

Oddi Benedetto, LVII, 42, 56 ; LVIII,
95 LXI, 110.

Oddi Errigo, XXXIV, 99.

Oddi Francesca, LXI, 140.

Oddi Francesco, XXXIII, 89.

Oddi Giacomo, LVIII, 97.

Oddi Ludovico, XXXIX, 224.

Oddi Marcantonio, LI, 148; LIV,
137; LVII, 56; LVIII, 93.
Oddi Tommasa, LVII, 56; LVIII,

89, 92.

Oddi Baglioni Giacomo, LXI, 164;
LXII, 88.

Odesealehi Carlo, LVIII, 103; LXI,
127, 128, 129, 150, 151.

Odescalchi Vittoria, vedi: Conestabile
della Staffa Vittoria, nata Ode-
scalchi.

Odoardi Alessandro Maria, XXXIII,
90, 91, 94, 95, 104, 105, 107;
XXXIV, 78, 79, 81, 82, 83, 85,
86, 87, 88, 89, 90, 91, 92, 93, 94,
95, 96, 97, 99, 100 ; X XXIX, 220,
223 ; LXI, 124, 127.

Ongront (d^ Emanuele, LXII, 92.

Onorio PP. III (Cencio Savelli),
LVI, 194.

Oppizzoni Carlo, LXII, 103.

Orléans di Nemours (d^) Luigi Carlo
Filippo, LXII, 100.

Orsini Baldassarre, XXXIV, 101;
LI, 142.

Orsini Niceola, XXXIX, 226; LI,
130; LVII, 46; LVIII, 94.
Ortensia di Beauharnais, regina di

Olanda, LXII, 106, 107 nota 1.

Ortolani (albergatore), LVI, 177.

Osmond (d’) Antoine Eustache, ve-
scovo di Nancy, LI, 142.

Otranto (duca di), vedi: Fouché Jo-
seph, duca d’Otranto.

Ott (von) Karl, XXXIII, 96.

Ottati (generale), LIV, 137.

Otto (conte), LI, 132.

Ottone di Wittelsbach, re di Grecia,
Lt, 118.

Ottoni Speranza, LVII, 41.

Pacca Bartolomeo, XXXIX, 237;
LIV, 126 ; LVI, 194; LVIII, 105,
106.











Paeea Tiberio, L' VIII, 105, 106.

Pacetti Filippo, XXXIX, 226; LI,
137; LXL, 136.

Pacifici Famiano, LXI, 146.

Paeini Luigi, XXXIX, 228.

Paganini Virginia, LVII, 41.

Pages, LI, 152.

Pagliariecio Pietro, LXI, 144.

Palermo Giuseppe, LXI, 144.

Pallotta Antonio, LXI, 111.

Pandolfi Luigi, LI, 121, 122, 123,
124, 125; LVI, 185; LXI, 110.

Panichi Luigi, LI, 154.

Paolo (S., Apostolo, XXXIV, 97;
XXXIX, 223; LIV, 137; LVI,
178.

Paolo PP. III (Alessandro Farnese),
LVII, 38.

Paolo I, zar di Russia, XXXIV, 79.

Paolueci, LXI, 134.

Parizioli Lorenzo, L VIII, 106.

Parriani Carlo, LI, 148.

Parriani Domenico, LVI, 185 ; LVIII,
105 ; LIX, 182 ; LXI, 110.

Paseueei Carmelo, LXI, 110, 154.

Paseueei Federieo, LI, 154 ; LIV, 121;
LVIII, 90.

Pascucci Luigi, LIV, 135.

Pasquale (S.), LI, 152.

Patow (generale), LIV, 125.

Patrignani Alessandro, LVI, 197,
198 ; LVII, 50, 53, 54 ; LVIII, 93.

Patrizi Bernardina, LI, 150.

Patrizi Cesare, LVI, 198.

Pecci Filippo, LVII, 38.

Pecci Giambattista, XXXIII, 88.

Pellieciai (Cardinale), LXI, 116.

Pelliceiani (Parroco di S. Donato),
LVII, 45.

Pellini Vincenzo, LI, 137, 152.

Penna, LXII, 92.

Penna Fabio, LVIII, 89.

Penna degli Arcipreti Adreano,
XXXIV, 86.

Pensi Giuseppe, XXXIX, 238.

-Peraldi Mario Felice, LXII, 88.

Perilli Girolamo, LI, 126 ; LIV, 131,
132; LVI, 178; LVII, 49, 50,
52.

Perna Ludovico, XXXIV, 75 ; LI, 130.

Perucca, LIX, 180.

Peruechini, LI, 135.

Petroni, LIX, 184.

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 133

Peyronnet (conte di), Charles Ignace,
LXII, 96.

Piazza Giacomo, XXXIV, 100, 101.

Piceianti Carlo, LXI, 153.

Piccinino Nicolò, LXI, 141.

Piervissani Francesco Ludovico, ve-
scovo di Nocera, LVIII, 95 ; LXI,
127.

Pietro (S.), Apostolo, XXXIV, 97;
XXXIX, 223: LI 145; LIV,
122; LVIII, 101, 106.

Pignatelli Francesco, LVI, 182.

Pignattelli Francesco Maria, XXXIX,
232.

Pio PP. VI (Giovanni Angelo Bra-
schi), XXXIII, 88, 89, 92, 93;
XXXIV, 83, 86, 100.

Pio PP. VII (Gregorio Barnaba
Chiaramonti), XXXIII, 93, 94,
96, 97, 99, 100, 101, 102, 103,
104, 106 ; XXXIV, 76, 77, 78, 79,
80, 81, 82, 83, 84, 85, 88, 89, 90,
91, 92, 96, 97, 98, 99, 100, 101,
102, 103, 105 ; XXXIX, 228, 229,
230, 231, 232, 233, 234, 235, 2306,
237, 238 ; LI, 119, 122, 123, 124,
125, 127, 129, 130, 131, 132, 134,
141, 142, 144, 145, 152; LIV,
116, 121, 122, 123, 124, 125, 126,
127, 128, 129, 130, 131, 132, 133,
134, 135 ; LVI, 177, 178, 180, 181,
182, 183, 185, 186, 187, 188, 189,
191, 192, 193, 195, 197, 199, 200,
202; LVII, 37, 47, 49, 51, 52;
LVIII, 103, 104, 106, 107 ; LIX,
181, 182; LXI, 114, 117, 131,
160, 161; LXII, 88.

Pio PP. VIII (Francesco Saverio
Castiglioni), LXI, 161, 163, 164,
165; LXII, 94, 95.

Pisanello, LIV, 116.

Pitt William, junior, XXXIX, 221.

Podicini, LIV, 126.

Polignae (principe di), Auguste Jules
Armand Marie, LXII, 96.

Pompili Giuseppe, XXXIV, 85.

Postio (monaca), LVIII, 96.

Praga (orologiaio), XXXIV, 95.

Pressi Giovanni, XXXIX, 221; LI,
137; LIV, 133; LVIII, 91, 92,
93, 104, 105.

Previtali Francesco, LVIII, 92.

Principe delle Asturie, vedi: Ferdi-









134 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

nando VII di Borbone, re di Spa-
gna.

Prossedi, LXI, 115.

Pueei Ridolfo, LXI, 163.

Pueei Boneambi Costanzo, LI, 126.

Pucci Boncambi Federico, XXXIX,
235.

Radet Étienne, LI, 124, 125.

Ranaldi Ignazio, LVIII, 91.

Ranaldi Mariano, LI, 137, 140 ; LIV,
123, 132; LVIII, 92, 104.

Ranieri (conte), LVIII, 93.

Ranieri (Famiglia), LVIII, 103.

Ranieri Angiola, vedi: Aureli Ra-
nieri Angiola.

Ranieri Giovanni Antonio, LI, 145.

Ranieri Glotto, LI, 137 ; LVIII, 112;
LXI, 125.

Ranieri Luigi, LXI, 125.

Ranieri Raniero, XXXIV, 106;
LVIII, 104.

Ranieri Rinaldo, LIV, 133.

Rastrelli, XXXIV, 98.

Réaumur (de) René Antoine Fer-
ehault, LXI, 110, 166 ; LXII, 119.

Rezza Francesco Saverio, XXXIX,
230.

Rieei Cristiano, XXXIV, 105.

Righetti Margherita, vedi: Degli Oddi
Margherita.

Righetti Niccola, LVII, 54.

Righetti Vincenzo, XXXIV, 94.

Rivarola Agostino, XXXIII, 103,
106, 107, 108, 109; XXXIV, 75,
760. 77. ‘718, 79, 81, 82, 83, 85, 86,
87, 88, 89, 90, 91, 106; XXXIX,
228; LIV. 130,133; LVII, 51;
EVILL- 04, 103, 110; LIX, 183;
LXI, 111, 142, 145, 146, 155, 162;
LXII, 94.

Rocca Romana (duca di), LIV, 128.

Roechi Domenieo, LVII, 47.

Romanov Konstantin Pavlovié, LIV,
195; EX 1530; LXIL 95.

Romanov Michajl Pavlovié, LVIII,
967 LXL 158.

Rosa Francesco Maria, LI, 129.

Rosa Giuseppe, LI, 123.

Roscetti Valentino, XXXIV, 92.

Rosei Pasquale, LI, 130; LVI, 179.

Rossetti (arciprete), LXI, 120, 154.

Rossetti Anna, LIV, 124.

Rossetti Antonio, XXXIV, 87.

Rossetti Riccarda, LVII, 55, 56.

Rossetti Scipione, LVII, 55, 56.

Rossetti Stefano, XXXIV, 89.

Rossi (can.), LI, 137, 138; LVIII,
105.

Rossi (maestro di cappella), LIX,
184; LXII, 93.

Rossi Adamo, LIX, 184.

Rossi Alessandro, XXXIX, 226.

Rossi Francesco, LVII, 40.

Rossi Francesco (Dr.), LI, 143.

Rossi Giuseppe, LVII, 48.

Rossi Orazio, XXXIII, 88.

Rossoni Marco, LI, 128.

Rossoni Pelliccione, LI, 128.

Rostopcin, Fedor Vasil’evit, LI, 153.

Rubaga Martino, LXI, 116.

Ruffo (principe), LVI, 200.

Sainteyr (generale), vedi: Gouvion-
Saint-Cyr (de) Laurent.

Sainte Aulaire (conte di) Louis Clair
de Beaupoil, LXII, 105.

Sala Nieola, XXXIV, 89.

Salieeti Cristoforo, LI, 123.

Saluzzo Ferdinando, XXXIX, 232.

Salvatori Giambattista, XXXIX, 227.

Santi Felice, XXXIV, 81; XXXIX,
228, 230.

Sanzio Raffaello, LXII, 111.

Scaramucei, LI, 128.

Sehwarzenberg Karl Philipp, LIV, 125.

Secchi (generale), XXXIII, 98.

Secondi Domenico, LXII, 90.

Sellique (Ing.), LXI, 161.

Senefelder Aloys, LXII, 89.

Sensi Luigi, LVIII, 89.

Sensini Maddalena, LXI, 140.

Sereni Costantino, LVIII, 98.

Setrarier (generale), XXXIII, 95.

Siepi Serafino, LVI, 199; LVIII,
90; LXI, 114, 166.

Silvagni Giovanni, LXII, 111.

Silvestrini Lorenzo, LXI, 127.

Silvestrini Seratino, LI, 130 ; LVIII,
95.

Simonetti (P. barnabita), LI, 129.

Simonetti Giambattista, X XXIII, 88.

Simonetti Oddi Livia, LVI, 195.

Sisto PP. IV (Francesco Della Ro-
vere), LXI, 160.

Sommariva Giambattista, XXXIII,
105, 106.

Soncini (capitano), LVII, 56.





CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

Sorbelli Eleonora, vedi : Florenzi Eleo-
nora, nata Sorbelli.

Sorbelli Lavinia, vedi: Balioddi La-
vinia.

Sorbelli Ugolino, XXXIII, 100.

Sorbello (marchesi di), LVIII, 96.

Sorbello (di), Anton Maria, XXXIV,
98.

Sorbello (di) Tancredi, LI, 148.

Sorbello (di) Uguecione, LVI, 200.

Spada Giovanni, LI, 127, 128 ; LIV,
126.

Spannoechi (gen. magg., XXXIII,
89.

Spear Thomas, LXI, 134.

Sperelli Giambattista, LVII, 55.

Sperelli Teresa Francesca, LXI, 149.

Spiganti Giuseppe, LI, 125.

Spinola Ugo Pietro, LVIII, 95, 96,
97, 98, 99, 100, 102; LIX, 181,
182, 183, 185.

Squarta Gregorio detto Tozzo, LXI,
144.

Staffa Chiara, LIX, 182.

Stamigni Vincenzo, LI, 147.

Stefano (S.), XXXIX, 224.

Strambi Vineenzo, LVIII, 93, 103;
LXI, 109.

Suvarov Aleksandr
XXXIII, 91, 92, 95.

Talleyrand Périgord (de) Charles Mau-
rice, XXXIX, 234.

Tancioni, LXII, 93.

Tarulli (canonico), LXII, 119.

Tascher de la Pagerie, Marie Josè phe
Rose, vedi: Giuseppina impera-
trice dei Francesi.

Tei Bernardino, LXII, 120, 121.

Tei Giuseppe, LVII, 38; LXII, 120.

Terenzi (ex-monaca), LI, 140.

Termis (de) Giovanni, LXI, 121.

Tiechioni Giuseppe, LVII, 39.

Titi Baldassarre, LI, 137; LVIII,
91; LXI, 120, 154; LXII, 88.

Tognacci Giuseppe, XXXIV, 90.

Tonante (vascello inglese), LVI, 192.

_ Torelli Domenico, LI, 143.

Tori Giuseppe, LI, 128; LVI, 179;
LXI, 127.

Tornera Urbano, XXXIII, 107 nota.

Torriglioni Pietro, LVI, 185.

Tosoni Pietro, XXXIV, 79.

Trasimeni Giovanni, LVII, 44.

Vasilievie,

Travigi Giuseppe, XXXIII, 88.

Travigi Luigi, LVI, 199.

Trinei Domenico, LVIII, 92.

Trinei Maria, nata Dominici, LVIII,
92.

Trinci Maria Giacinta, LI, 146.

Turchi Francesco Diodato, XXXIV,
94.

Turreni Valentino, LI, 147.

Uffreduzzi Camillo, XXXIV, 94;
LI, 137.

Ugo Capeto, LIV, 129.

Ugulini Carlo, XXXIV, 84.

Ugulini Caterina, nata Massini, LXI,
109.

Ugulini Francesco, LIV, 136.

Ugulini Ludovieo, XXXIV, 85, 88.

Usuardo, XXXIX, 223.

Valenti, LI, 135.

Valenti Francesco, LVII, 57.

Vannucei Pietro, LVI, 178; LVIII,
96, 99.

Varzi Antonio, XXXIX, 226.

Vatrin (generale), XXXIII, 98.

Veglia Alfonso, LI, 133.

Veglia Anselmo, LI, 121.

Veglia Giuseppe, LIV, 127.

Veracchi Alessandro, XXXIV, 89;
LI, 137; LIV, 132; LIX, 182.
Vermiglioli Agnese, LVII, 56 ; LVIII,

93.

Vermiglioli Alessandro, LVIII, 93.

Vermiglioli Giambattista, LVI, 178;
LVIII, 111; LXII, 115.

Vermiglioli Lavinia, LVII, 56; LVIII
93.

Vermiglioli Pietro, LI,
134, 136; LVI, 184.

Vermiglioli Baldelli Livia, LIV, 124.

Vietor (Claude Perrin), duca di Bel-
luno, XXXIII, 95.

Villeneuve (de) Pierre Charles Jean
Baptiste Silvestre, XXXIV, 105.
Vincioli Montes perelli Caterina,

XXXIV, 98.

Viti Giuseppe, XXXIV, 87.

Vittorio Emanuele I di Savoia re di
Sardegna, XXXIV, 88; LIV,
130, 131, 134 ; LVI, 177, 178, 183,
202; LVIII, 109.

Vivarelli Pasquale, LVIII, 94.

Volante (Il) (capo di briganti), LXI,
117.

123; LIV,



136

Wellington (duca di) Arthur Wellesley,
MAXIX, 235, 238: LI, bl:
LIV, 119, 120; LVI, 180, 189,
190.

Wettin (di) Augusta, principessa di
Sassonia, LVI, 179.

Wicar Jean Baptiste Joseph, LXI,
135.

Won Bergher Angelo, LXI, 150.

York (duca di) Henry Benedict Ma-

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

ria Clement
XXXIX, 227.
Zannetti Napoleone, LXI, 159.
Zingarelli Nicola Antonio, LXII, 93.
Zondadari Antonio Felice, arcivescovo
di Siena, LIV, 135.
Zucchi Carlo, LXII, 107.
Zurla Placido, LXI, 149, 163.
Zurli Rosa, LVII, 56.

Stuart, cardinale,

INDICE DEI NOMI DI LUOGO

Abbeville, LIV, 128.

Aequapendente, LVI, 180 ; LXI, 157.

Adige XXXIV, 85.

Adriatico (Mare), LXI, 113.

Africa, LVI, 188; LVII, 43; LXI,
159; LXII, 89.

Agro Romano, LVII, 41.

Aix (Isola di), LVI, 190.

Ajaccio, LVI, 188, 193.

Albano, XXXIV, 87; LXI, 122.

Albarda (Alture di), XXXIII, 98.

Albarocein, LXII, 99.

Alemagna, LI, 122 ; LIV, 131 ; LXI,
117, 136; vedi anche: Germa-
nia.

Alessandria, XXXIII, 99; LI, 153;
LIV, 124, 130; LVI, 183.

Alessandria d’Egitto, XXXIII, 92.

Algeri, LVI, 200, 201, 202 ; LVII, 45.

Alpi, XXXIII, 97; LVI, 195.

Amburgo, LXII, 112.

Amelia, LI, 135, 138; LXI, 144.

America, LVI, 190; LXI, 115, 159;
LXII, 109.

Amiens, XXXIV, 87, 88 ; LIV, 128;
LVI, 194.

Amsterdam, LI, 139.

Anagni, LIV, 130.

Ancona, XXXIII, 95, 99, 101, 102,
103, 104, 105, 106, 108, 109;
XXXIV, 76, 78, 80, 81, 82, 83;
XXXIX, 228; LI, 150; LIV,
124, 129; LVI, 181, 183, 187;
LVII, 37; LIX, 181; LXI, 118,
119; LXII, 102, 104, 105, 107,
110, 114, 116.

—— Fortezza, LXII, 102.

— Università, LXI, 116.

Antibes, LVI, 178, 179.

Aosta, XXXIII, 100.

Aragona, LIV, 120.

Aranjuez, XXXIX, 230.

Arezzo, XXXIII, 89, 92, 103, 105,

106, 107 ; XXXIV, 75 ; LVI, 183 ;
LVIII, 99.

Arno (Dipartimento dell), LI, 140.

Aseoli, LVI, 185; LVIII, 107.

Asia, LXI, 159.

Assisi, XXXIV, 79, 89; XXXIX,
236; LI, 135, 137; 133; LVIL
52; LVIII, 95, 96; LIX, 180,
181; LXI, 116, 117, 134, 153.

— Basilica di S. Francesco, LIX,
181; LXI, 116, 117.

— Conservatorio delle Alunne,
XXXIV, 90.

— Monastero di S. Chiara, XXXIII,
109. :

— Territorio, LXI, 134.

Asturie, XXXIX, 228.

Aiene, XXXIV, 104.

Atlantico, LVI, 192.

Augusta (Germania), LXI, 147.

Austerlitz, X X XIV, 104, 106;
XXXIX, 220 ; LI, 130, 148, 155.

Austria, XXXIV, 104 ; X XXIX, 220,
224, 236 ; LI, 121, 122, 125, 129,
132, 133, 134, 135, 136, 149, 151;
LIV, 115, 121, 122, 125, 127,
131, 132, 135, 136; LVI, 181,
192, 193, 194, 195, 196, 198, 200,
202 ; LVII, 38, 39, 51, 52; LVIII,
96, 97, 98, 99, 103, 104; LXI,
112, 132, 139, 146, 147, 160;
LXII, 96, 102, 103, 105, 110.

Autun, LVI, 180.

Auxerre, LVI, 180.

Avignone, LIV, 128.

Badajoz, XXXIX, 235.

Baden, XXXIX, 220; LIV, 119.

Bagnaeavallo, LXI, 157.

Bagnara, XXXIX, 238.

Baiona, vedi: Bayonne.

Bareellona, XXXIV, 90, 92; LIV,
124.

Bard (Forte di), XXXIII, 97, 98.





138

Basilea, LXII, 98.

Bastia (Corsica), LI, 146 ; LVI, 188.

Bastia (Umbria) LI, 138; LVIII,
108; LXII, 113.

Baviera, XXXIII, 101; XXXIX,
220; LVI, 181; LVII, 39, 56;
LVIII, 99; LXI, 114, 139, 140,
147, 148, 162 ; LXII, 88, 89, 91,
97, 115, 118.

Bayonne, XXXIX, 231, 233.

Beauce, LVI, 196.

Belgio, XXXIV, 94 ; LVI, 188; LXII,
92, 96, 100, 108, 117.

Bellinzona, XXXIII, 100.

Belluno, LXII, 99.

Belvedere Ostrense, LXII, 108.

Benevento, XXXIX, 237; LVI, 188.

Berlino, XXXIX, 225: LIV; 115,
134; LXI, 113; LXIL 94. 96,
105.

Bettona, LVII, 44.

— Chiesa di S. Crispolto, LI, 129.

Bevagna, LXI, 130; LXII, 113.

Boemia, LI, 122. LVL 186, 188,
189, 195.

Bologna, XXXIII, 92, 102, 104;
XXXIV 01. WXXIX. 227;
LIV, 126, 1341; EVI. 151, 185,

154 188; LVIIL 97. 1075 LXI,
122. 136; 143; LXIEL 100, 101,
102, 104, 105, 107, 113.
Convento di S. Giacomo degli
Agostiniani, XXXIII, 92.
Convento di S. Michele in Bosco

dei monaci XXXIII,
92.

— Territorio, LXII, 113.

— Università, LXI, 116.

Bondy, LIV, 125.

Bordeaux, XXXIX, 236.

Borgo San Sepolero, LXI, 141.

Boristene, vedi: Dnepr.

Boulogne, XXXIV, 93, 98;
128.

Bourges, LIV, 122.

Bracciano, LVII, 38.

Brasile, XXXIX, 227, 229.

Breme, LVI, 179.

Brescia, XXXIII, 100, 101.

Brienne, LIV, 123.

Bruxelles, LVI, 182, 194; LXII, 92,
96, 100.

Bufalona, XXXIII, 98.

Olivetani,

LIV,

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

Cadice, XXXIV, 104; XXXIX, 234.

Caina, XXXIX, 226.

Calabria, XXXIX, 222, 225; LVI,
186, 187, 194.

Calais, LIV, 128.

Cambray, LVI, 189.

Camerino, XXXIV, 93; LXII, 110.

— Università, LXI, 116, 117.

Campagna (Provincia), LVI,
LXI, 117.

Campoformio, XXXIV, 76.

Cannara, XXXIV, 79; LXII, 113.

Cannes, LVI, 178, 179, 187.

Cantiano, LXI, 121.

Canton, LXII, 99.

Capo di Buona Speranza, LVI, 192.

Capo Rojo (Portorico), LXI, 118.

Capraia (Isola), LVI, 178.

Capua, LVI, 186; LIX, 184.

Cariddi, LI, 138.

Casalina (Deruta), LVII, 49.

Castelforte, LIV, 137.

Castel Rigone, XXXIV, 95.

Castel Viscardo, LXI, 157.

Castello delle Forme (Marsciano),
LVII, 49.

Castiglia, XXXIX, 228; LXI, 115.

Castiglione del Lago, XXXIV, 83;
LI, 150.

Catalogna, LIV, 120.

Cattaro, XXXIX, 223, 227 ; LI, 120.

Cecina, XXXIV, 94.

Cervia, LIV, 127.

Cesena, XXXIII, 93, 104 ; LIV, 127,
128, 129, LVI, 183; LIX, 182;
LXII, 113.

Chálons - sur-Marne, LVI, 180.

Chambéry, XXXIV, 98.

Charlottenburg, XXXIX, 225.

Chartres, LVI, 196.

Chateau Cambrésis, LVI, 189.

Chianciano, LI, 139, 140.

Chiavazza, XXXIII, 99.

Chiesa Cattolica, XXXIII, 91;
XXXIV, 82; XXXIX, 234, 235,
238; LI, 133, 134; LIV, 122;
LVI, 199; LVII, 55; LXII, 107.

Chiusi, LVII, 46.

Cina, LXII, 99.

Cingoli, LXI, 161.

Città della Pieve, XXXIV, 75, 102;
XXXIX, 222; LIV, 130, 135.

Città di Castello, XXXIV, 84, 95,

193;

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

102 ; XXXIX, 237 ; LI, 126, 150 ;
LVI, 201; LVII, 48, 56; LXI,
141.

—— Territorio, LXI, 134, 139.

Civita Castellana, XXXIII, 101, 102 ;
LXII, 102, 121.

— Palazzo Vescovile, XXXIII, 102.

Civitanova, LVII, 37.

Civitavecchia, XXXIII, 100;
XXXIV, 82, 84, 96; LVI,
202; LVII, 39; LXI, 118; LXII,
110, 114.

Civitella del Tronto, XXXIX, 223;
LXI, 121.

Compiègne, LI, 134 ; LIV, 128 ; LVI,
189.

Confederazione del Reno, XXXIX,
223, 228, 236; LI, 121.

Copenaghen, LXII, 93.

Corciano, XXXIX, 238.

Cordigliano, LXII, 108.

Corneto, LXI, 111, 150.

Corsica, LI, 146; LIV, 130, 132;
LVI, 188, 193.

Cortona, XXXIII, 108; XXXIV, 76,
105; LIV, 123; LVII, 54, 55.

Cospaia, LXI, 141.

Costacciaro, LXI, 110.

Costantinopoli, XXXIX, 223; LVI,
200.

Cracovia, LXI, 163.

Cremona, XXXIII, 100.

Crescentino, XXXIII, 99.

Cuneo, XXXIII, 101.

Dalmazia, XXXIV, 104; LVI, 196,
197.
Damietta,
Danimarca,

93, 119.

Danubio, LI, 122; LXI, 166.

Danzica, XXXIX, 226, 227.

Deruta, XXXIV, 75; LVI, 193.

Digione, XXXIII, 95, 97.

Digne, LVI, 179.

Dnepr, LI, 152.

Donnaz, XXXIII, 98.

Dresda, LI, 150, 151, 155; LIV,
116, 117, 119, 120; LVI, 199;
LXII, 93.

Due Sicilie (Regno delle Due Si-
cilie), XXXIX, 236; LIV, 124;
LVI, 184, 200, 201; LVII, 43,
49, 55; LVIII, 104; LXI, 111,

XXXIII, 92.

XXXIX, 228; LXII,

139

H3. 195 1314, 1534, 136,
146; LXIL 105 109, 115

Dvina oceidentale, LI, 152, 154.

Egitto, XXXIII, 94 ; LIV, 131; LVI,
193; LVII, 45; LXI, 115, 116,
130.

Elba (Isola) LI, 143; LIV, 127,
129, 131; LVI, 178, 179, 180,
190, 193.

Erfurt, XXXIX, 237.

Erineo (Isola), LVI, 200.

Etruria, LI, 121.

Europa, XXXIV, 103 ; XXXIX, 223,
205; LL 14t:; LIV, l34, 13$;
LVI, 188, 191, 194, 195, 202;
LVII 42; LVIIL 97, 111; LIX,
180; LXI, 115, 159; LXII, 100,
119.

Fabriano, LIX, 183.

Faenza, LVI, 182;

Falmouth, LVI, 201.

Fano, XXXIII, 104; XXXIV, 82.

Fenestrelle, X XXIX, 232.

Fére (La) Champinoise, LIV, 125.

Ferentillo, LXI; 140.

Ferentino, LXI, 111.

Fermo, LVII, 37.

— Università, LXI, 117.

Ferrara, LVI, 185; LVII, 41; LXI,
127, 143; LXII, 100, 101, 102,
103, 105.

— Università, LXI, 117.

Fiandra, LVI, 189.

Figueras, LIV, 125.

Finlandia, LXII, 99.

Firenze, XXXIII, 89, 101, 103, 105,
106; XXXIV, 76, 77, 78, 80, 81,
82, 83, 84, 90, 92, 98, 101, 102,
103; XXXIX, 221, 230; LI,
131, 142; LIV, 123, 135, 136;
LVI, 180, 181, 182, 183, 184,
186, 187, 188, 197, 201; LVIII,
100, 101, 106 ; LXI, 112, 132, 140,
147, 163; LXII, 103.

— Basilica di S. Lorenzo, LXI, 113.

Fiumicino, LVII, 37.

Fléehe (La). Collegio, LI, 148, 150;
LIV, 131.

Foligno, XXXIII, 101, 102, 103,
106, 109; XXXIV, 78, 80, 81,
83, 86, 102, 103, 105; XXXIX,
220, 226, 229, 231, 232, 234 ; LI,
135, 138; LIV, 130, 134; LVI,

145,

LXII, 88.









140

182, 183, 184; LVII, 46, 48;
LVIII, 94, 95, 97 ; LXI, 118, 121,
125, 127, 135, 150; LXIL 106,
112, 113, 114.

— Canapé, LXII, 112.

— Cattedrale, XXXIII, 102.

— Monastero di S. Anna, LXI, 121.

— Palazzo Giberti, LIV, 130.

— Vescovato, XXXIII, 102

Fontainebleau, XXXIV, 98, 99;
XXXIX, 228 ; LI, 129, 152; LIV,
116, 121, 122, 125, 126, 127, 128 ;
LVI, 187.

Forli, XXXIII, 104 ; LVI, 181 ; LXI,
143 ; LXII, 103, 113.

Fosso Sanjore XXXIII, 104.

Francia, XXXIII, 88, 92, 94;
XXXIV, 78, 83, 84, 85, 88, 93,
94, 99, 103, 104; XXXIX, 220,
223, 224, 225,227, 229) 2344295,
236 ; LI, 120; 121; 122, 425; 127,
129, 180; 132, 133, 134, 135; 138,
139, 145, 148, 149, 150 ; LIV, 115,
116; 117, 121,422;123, 125, 127,
128, 129, 1315 1325 £35, 134 ; L VI,
178, 179, 191, 1582) 183: 155,
186, 187, 188, 189, 190, 191, 192,
194, 195, 196, 198; LVIII, 89,
105 LX 450,184: EXIT, 131,
163; TL XITL, 96, 07, 100, 102, 103,
105, 107, 110; 114.

— (Repubblica Francese 1795-1804),
NONO TV mor. 4.

Francoforte, LVII, 47.

Frascati, XXXIX, 224, 227; LXI,
261.

Fratta (Umbertide), XXXIII, 106,
107: XXXIX, 237; LVIIIL,. 90;
DPIX f81; EXII, 109.

Fréjus, LIV, 124.

Friedland, XXXIX, 227.

Friuli, XXXIX, 227;
LDD 115.

Frosinone, LVII, 56 ; LXI, 115, 133,
148.

Gaeta, XXXIX, 221, 223 ; LVI, 185,
186, 187, 192 ; LXI, 122.

Gaiche, LXI, 122, 131.

Gallardon (Chartres), LVI, 196.

Galles, LVIII, 105.

Gallie, LI, 127, 148 ; LIV, 126.

Gand, LVI, 188, 189.

Gap, LVI, 179.

LIV, 127;

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

Genga, LIX, 183 ; LXI, 159.

Genna, XXXIX, 226.

Genova, XXXIII, 88, 91, 92, 93, 95,
96, 97, 99, 100, 101, 102 ; XXXIV,
103; LIV, 127, 130, 138; LVI,
177, 178, 181, 182, 185, 186, 188 ;
LXI, 134, 136, 146, 156 ; LXII,
111.

— (Repubblica di Genova), XXXIV,
103.

— "Territorio ; LIV, 124, 138 ; LVI,
178.

Germania, XXXIV, 104, 106;
XXXIX, 223, 224 ; LI, 122 ; LIV,
117, 121, 137; LVI, 181, 187;
LVIII, 90, 99; LXI, 132; LXII,
89, 94, 100, 115.

Gerona, LIV, 125.

Gerusalemme, LI, 120 ; LXI, 117.

— Moschea di Omar, LXI, 117.

— S. Sepolcro, LXI, 117.

— Tempio di Salomone, LXI, 117.

Ghisoni (Corsica), LVI, 188.

Gibilterra, LVI, 200.

Golfo Juan, LVI, 178.

Gottinga, LXII, 98.

Gran Bretagna, LI, 141; LIV, 121,
131; LVI, 191, 192, 195; vedi
anche: Inghilterra.

Granada, LXI, 133.

Grecia, LXII, 118.

Grenoble, LVI, 179, 191.

Gressoney, XXXIII, 98.

Grodno, LXII, 107, 108.

Grottammare, LVII, 37.

Grotte di Castro, LXI, 157.

Guadalupa, LXI, 134.

Gualdo Tadino, XXXIV, 79; LXII,
119.

Guastalla, XXXIV, 95; LIV, 132.

Gubbio, XXXIV, 77; LIV, 138;
LVI, 183, 195 ; LVIII, 91; LXI,
127.

Hagenau, LVI, 190.

Hannover, XXXIV,
98.

Hartwell (Castello), LIV, 128.

Il Cairo, XXXIII, 92; LVII, 45.

Imola, XXXIII, 93; LIV, 122, 126,
127; LVI, 196 ;LIX, 182; LXI,
148.

Impero Francese, XXXIV, 103, 104 ;
XXXIX, 227 ; LI, 122, 123, 125,

93; LXII,

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

133, 135, 138, 142, 143, 145;
IEIV, 115, 124, 120.

Impero Ottomano, LI, 150.

Indie, XXXIX, 231 ; LXI, 138.

Inghilterra, XXXIV, 100, 104;
XXXIX, 221, 225, 227, 228, 235,
236 ; LI, 141, 149, 150 ; LIV, 121,
128, 131, 132 ; LVI, 181, 183, 184,
190, 191, 192, 200 ; LVII, 37, 39,
42; LVIII 105; LXI, 134;
LXII, 100, 110.

Ischia, LVI, 186.

Isola Maggiore (Lago Trasimeno)
XXXIV, 95; LVI, 196.

Isola Polvese (Lago Trasimeno), LVI,
201. .

Istria, XXXIII, 100.

Italia, XXXIII, 95, 97, 98, 99, 104;
XXXIV, 78, 102, 103; XXXIX,
228, 232 ; LI, 133, 138, 140, 145 ;
LIV, 116, 121, 122, 124, 127, 131 ;
LVI, 179, 180, 187, 194; LIX,
185 ; LXI, 116, 121 ; LXII, 100,
105, 107, 111.

Itri, LVI, 185.

Ivrea, XXXIII, 98.

Jaulien, LVI, 180.

Jena, XXXIX, 224; LVI, 190.

Jesi, LVII, 47, 49, 51; LXI, 127;
LXII, 92, 102.

Kónigsberg, XXXIX, 227.

Lago Maggiore XXXIII, 98.

Laon, LVI, 190.

L'Aquila, LVI,
109.

Larissa, LXI, 148.

Lech (Fiume) XXXIII, 101.

Legazioni (Stato Pontificio), X XXIII,
102; LIV, 137; LVI, 184, 185,
191; LXII, 103, 109, 110.

Legnago, XXXIII, 100.

Leonessa, LIV, 123.

Lilla, LVI, 180.

Lione, XXXIV, 98; LVI, 179, 180,
191.

Lipsia, LI, 155 ; LIV, 117, 119, 120,
131 ; LVI, 189 ; LXII, 111.

Liri, LIV, 137.

Lisbona, XXXIX, 227, 229; LXI,
116; LXII, 93.

Lituania, LXII, 97, 98, 107.

Livorno, XXXIV, 84, 98; XXXIX,
222 ; LIV, 124 ; LVI, 181; LVII,

185, 186; LVIII,

141

48 ; LVIII, 106 ; LXII, 106 nota 1,
111

Lodi, XXXIII, 95.

Lodz, LXII, 108.

Loira, LVI, 190.

Lombardia, XXXIV, 85; LVI, 185;
LEXI, 147.

— (Regno Italico), XXXIV, 102,
103, 104, 105 ; XX XIX; 231; 232,
2945 LIV, 116, 123::127.

— (Repubblica Cisalpina), XXXIV,
95.

— (Repubblica Italiana),
86, 102.

Londra, XXXIX, 223 ; LI, 141 ; LIV,
128; LVI, 199, 200, 201; LVII,
41, 42; LIX, 180; LXI, 117;
LXII, 96, 98, 107.

Loreto, XXXIII, 101; XXXIV, 78,
91, 92; XXXIX, 236 ; LIV, 129.

— Basilica, XXXIII, 101 ; XXXIV,
92.

— Palazzo Apostolico, X XXIII, 101.

— Santa Casa, XXXIX, 236.

Losanna, XXXIII, 97.

Lubecca, XXXIX, 225.

Lucca, XXXIV, 85, 103, 105; LIV,
123, 135; LXI, 147.

— (Repubblica di Lucca), XXXIV,
85, 103.

Lunéville, XXXIV, 77, 78.

Lussemburgo (Granducato di Lussem-
burgo), LIV, 137.

Lützen, LIV, 117.

Macerata, XXXIII, 101; XXXIV,
87, 90, 106; XXXIX, 228 ; LIV,
130, 133; LVI, 185; LVII, 52;
LVIII, 92, 93, 103; LXI, 109,
148; LXII, 103.

— Università, LXI, 116, 117.

Madera, LVI, 192.

Madrid, XXXIX, 230, 231, 234 ; LIV,
125, 130; LVI, 185, 191; LIX,
185; LXI, 115, 133.

Magione, XXXIX, 221.

Magonza, LI, 155; LXII, 110.

Malmó, LXI, 135.

Malta (Isola), XXXIII, 94, 104.

— (S.M.O.M.), LI, 119, 141; LVI,
199; LVIII, 104; LXII, 89.

Manica (La), LVI, 201.

Mantignana (Corciano) XXXIX, 231;
LIV, 132.

XXXIV,











142

Mantova, XXXIII, 100;
77; XXXIX, 233.
Marche, X XXIX, 228 ; LI, 119 ; LIV,

131; LVI, 185, 191 ; LVIII, 91,

XXXIV,

99; LXI, 134 ; LXII, 91, 101.
Maremme, XXXIV, 79.
76, 102.
LV;

Marengo, XXXIV,

Marittima (Provincia),
LXI, 117.

Marmore (Cascata delle), LVIII, 97.

Marrano, LVII, 37.

Marsciano, LVI, 193, 197;
98; LXI, 121.

Marsiglia, LVI, 179; LXI, 116.

Matelica, XXXIV, 104; XXXIX,
224, 227, 229; LIV, 134, 136;
LVII, 49, 50;/51,:02: LTL 119.

Maubeuge, LVI, 189.

Mediterraneo (Mare), LXI, 130.

Melfi, LXI, 115.

Melun, LIV, 125.

Mery, LIV, 125.

Messico, XXXIX, 229, 230.

Messina, XXXIII, 94 ; LVI, 183, 184.

Metauro, LI, 124.

Milano, XXXIII, 95, 96, 98, 100,
101, 103 ; 0CX XIV, 101, 102, 103 ;
XXXIX, 232; LI, 140 ; LVI, 193,
195, 196; EVITI, 97: LXI, 108,
191. 123; DXULE 105.

— Territorio, XXXIII, 100.

Mincio, XXXIII, 100.

Mittau, LIV, 128.

Modena, XXXIV, 98 ; XXXIX, 232;
E2V; 125; 126, 131, 133; LVI,
1256. LVWII5b- 109; LXI, 113;
T3611, 100, 107.

— (Ducato di Modena), LIV, 133;
TEXTE 106; 102, 105.

Monaco, LI, 129; LXII, 97.

— Università, LXII, 97.

Moncenisio, XXXIV, 98.

Mons, LVI, 189.

Montali, LIX, 182; LXI, 110.

Monte Bagnolo, LIV, 119.

Montecastrilli, LXI, 150.

Monte Corona, Eremo, LI, 130, 131,
190 LIV, 135.

Monte del Lago (Magione), LXI, 140.

Montefalco, LXII, 90, 113.

Montefiascone, LI, 141; LXI, 111.

Monteleone, LVI, 194.

Montélimar, LVI, 181, 182.

193 ;

LVIII,

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

Montélimur, vedi: Montélimar.
Monterosi, XXXIII, 101, 102.
Monte San Giovanni, LVI, 189.
Monte Santa Maria, LVI, 193.
Montone, XXXIV, 98 ; XXXIX, 237.
Monza, XXXIV, 102, 103.
Moravia, XXXIV, 104; LI,
LVI, 187.

Morea (Sassonia), LXI, 143.

Mortara, XXXIII, 99.

Mosea, LI, 152, 153, 154 ; LIV, 127;
LVI, 189, 199; LXI, 145.

— Solenka, LI, 153.

Moseovia, LIV, 116; LVI, 199.

Naney, LI, 142.

Napoli, XXXIII, 91; XXXIV, 82,
87, 89, 93; XXXIX, 221, 222,
224, 225, 232 ; LI, 130, 135 ; LIV,
123, 124, 131; LVI, 182, 184,
185, 186, 187, 188, 189, 191, 193,
194 ; LVII, 39; LVIII, 105, 107,
109; LIX, 184, 185; LXI, 109,
113, 115, 122, 131, 132, 156;
LXII, 88, 93, 115, 118.

(Regno di Napoli), XXXIII,
96; XXXIX, 220, 221, 223, 225,
232, 234, 235 ; LI, 138 ; LIV, 120,
121, 122, 123, 124, 126, 127, 128,
130, 131, 137; LVI, 179, 180,
181, 182, 183, 184, 185, 188, 189,
193, 195, 196, 197, 202; vedi an-
che: Due Sicilie (Regno delle
Due Sicilie).

Castel dell'Uovo, LVI, 186.
Chiesa di S. Francesco di Paola,
LVII, 39.

— Palazzo Reale, LVII, 39.

— Porta Capuana, LIX, 185.

— Teatro di S. Carlo, LVII, 40.

“Nanni, XXXIII, 101 ; XXXIX, 235 ;
LIV, 130.

Nazareth, XXXIV, 91.

Nemoray, LIV, 125.

Nepi, LIV, 130.

Nestore, XXXIX, 226.

Niemen, LI, 151.

Nisida (Isola), LVI, 186.

Nizza, XXXIII, 91, 92, 101;
124.

Nocera, XXXIV, 79; LI, 135, 138;
LVI, 186 ; LVIII, 95; LXI, 127 ;
LXII, 119.

Noia (oggi Noicattaro), LVI, 196, 197.

148;

LIV,



Nola, LVI, 185.

Norimberga, LVIII., 98.

Northumberland (vascello inglese),
LVI, 192, 194.

Novara, XXXIII, 95, 98.

_ Territorio, XXXIII, 100.

Nuova Galles del Sud, LVI, 200.

Oceania, LXI, 159.

Oglio, XXXIII, 100.

Olanda, XXXIX, 222, 228 ; LI, 130,
132, 134, 138, 148; LVII, 41;
LVIII, 90.

Ombrone (Dipartimento dell’), LI, 140.

Orbetello, XXXIII, 106; LIV, 116.

Ordine Teutonico, LI, 121.

Orgon, LIV, 128.

Orléans, LIV, 122.

Orvieto, XXXIV, 87; LVIII, 90;
LXI, 153, 157; LXII, 110.

Osimo, LVII, 52; LXII, 102, 103,
104, 114.

Ospedalieehio (Bastia), LIV, 118, 132.

Ostenda, LVI, 180.

Ostroleka, LXII, 108, 109.

Otaiti, LVI, 200.

Padova, XXXIII, 96; LVI, 184;
LXI, 115.

Paesi Bassi, LVI, 180, 181 ; LXII, 92.

Palermo, XXXIII, 94; XXXIV, 89;
XXXIX, 221 ; LVI, 184; LVIII,
107 ; LIX, 183 ; LXII, 105, 111.

Pamplona, LIV, 119.

Panicale, LVII, 55; LXI, 149.

Parchiwitz, LVI, 189.

Parigi, XXXIII, 97, 103; XXXIV,
78, 81, 82, 84, 91, 94, 96, 97, 99,
100, 101 ; XXXIX, 220, 223, 224,
231, 236 ; LI, 121, 122, 129, 130,
131, 133, 134, 138, 141, 142, 143,
145, 146, 147, 148, 149, 150, 153,
155 ; LIV, 115, 117, 118, 119, 122,
125, 126, 127, 128, 129, 131, 132,
137 ; LVI, 178, 179, 180, 182, 186,
187, 188, 189, 190, 191, 192, 193,
194, 195, 196, 201 ; LVII, 40, 43,
53; LIX, 180; LXI, 110, 131,
134, 166; LXII, 92, 96, 98, 103,
110.

— Gattedrale di Nótre Dame,
XXXIV, 99; LI, 144, 146; LVI,
194.

— Palazzo delle Tuileries, LIV, 129.

— Palazzo di St. Cloud, LI, 134.



CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 143

— Polveriera di Grenelle, LIV, 126.

— Porta St. Denis, LIV, 129.

— Prigione del Tempio, LIV, 128.

Parma, XXXIII, 100; XXXIV, 94,
95 ; LIV, 124, 132, 136, 137 ; LVI,
198; LVIII, 90, 97; LXI, 129,
LXI; 102.

— (Ducato di Parma e Piacenza),
LIV, 132; LXII, 100, 102, 104,
105.

Passignano, XXXIII, 108 ; XXXIV,
75; LVIII, 99.

Patrimonio (Stato Pontificio), LXII,
102.

Pavia, XXXIII, 95, 99, 100.

Perpignano, LIV, 124, 125.

Persia, LXII, 119.

Perugia, XXXIII, 89, 93, 95, 96, 99,
101, 102, 103, 105, 106, 107, 108 ;
XXXIV, 76, 78, 79, 80, 81, 84,
86, 88, 89, 90, 91, 92, 94, 98, 100,
101, 102, 103, 104, 105, 106;
XXXIX, 220, 221, 232, 235, 237 ;
LI, 121, 123; 124, 125, 126, 127,
128, 130, 132, 135, 136, 137, 138,
139, 140, 141, 143, 144, 146,
147, 148, 152 ; LIV, 118, 123, 124,
126, 130, 132, 133, 136, 137;
LVI, 178, 182, 183, 184, 185, 186,
187, 189, 197, 202 ; LVII, 39, 42,
43, 44, 46, 48, 49, 50, 51, 53,
54, 55, 56; LVIII, 90, 92, 93, 94,
95, 96, 97, 99, 101, 102, 103, 104,
105, 109, 111; LIX, 180, 182,
183, 184; LXI, 112, 114, 115,
117, 118, 123, 124, 125, 127, 128,
132, 135, 141, 142, 145, 147, 148,
149, 152, 154, 155, 156, 158, 162,
163, 166; LXII, 87, 89, 90, 91,
93, 94, 95, 96, 101, 102, 103, 104,
106, 112, 113, 116, 118, 120.

— (Diocesi) LXII, 94.

— Albergo Ortolani, LVII, 39.

— Anfiteatro, LVIII, 90, 92.

— Anfiteatro per il giuoco del Pal-
lone, XXXIV, 104.

— Arcadia, XXXIX, 227.

— Arco della Conca, LXI, 119, 120.

— Arco della Mandorla, XXXIX,
226.

— Arco di S. Agnese, XXXIV, 88
n. 1.

— Arco Etrusco, LVII, 55.












































































— € €







CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

Badia Celestina vedi: Monastero
di S. Paolo di Val di Ponte.
Bagnaia, LVII, 45.

Bagni di S. Galgano, LXI, 114.
Biblioteca Dominicini, XXXIV,
98 ; LXI, 136, 154 ; LXII, 121.
Biblioteca pubblica, XXXIII,
108; LVIII, 102.

Bottega Batocchi, LI, 148.
Bulagajo, LI, 130.

Buttinelli (dirupo), XXXIV, 76.
Caffé Masi, LVII, 39; LXI,
153.

Camera della Inquisizione XXXIV,
89.

Campana maggiore, XXXIII, 107.
Campo di Battaglia, XXXIV, 80;
LVII, 55; LVIII, 100, 110 ; LIX,
184.

Campo di Marte, LVI, 198.
Campo Santo, LVII, 50, 52, 53,
54; LVIII, 89.

Cancelleria dei Canonici, XXXIII,
T06:; LXI; 120) 128. 154.
Canonica, LXI, 120, 154 ; LXII,
113;

Carceri del Governo, LIV, 118.
Carceri del Vescovato, LIV, 130;
LVII, 39.

Carceri della Fortezza, XXXIV,
75,84, 85; 90 ; LI, 138.

Carceri di S. Tommaso, ex Con-
vento delle Domenicane, XXXIII,
89, 90, 92, 93, 102.

Carceri segrete, XXXIII, 109.
Carmine, LI, 128; LVIII, 103,
TIO DLND 1125.

Casa Alessandri, XXXIII, 107.
Casa Anselmi, LVI, 197.

Casa Ansidei, LVII, 41.

Casa Baglioni, LIV, 120 ; LVIII,
96, 97, 104.

Casa Balioddi, LVII, 51.

Casa Bartoccini, LVII, 39.

Casa Bichi, LVII, 54.

Casa Borghesi, LI, 151.

Casa Conestabile, LVIII, 99, 100,
103; LXI, 147, 148, 150.

Casa Coppoli, LVIII, 99.

Casa Degli Oddi, LI, 150.

Casa del Monte Spinello, LVIII,
104; DXI, 162.

Casa della Missione, XXXIV, 83;

LVII, 39, 42; LVIII, 105; LXI,
155.

Casa Donini, LI, 133 ; LVI, 196 ;
LVIII, 99, 101; LXI, 158.
Casa Florenzi, LXI, 139, 162;
LXII, 96, 115.

Casa Friggeri, LVIII, 94, 98, 99,
103.

Casa Goga, LVII, 53.

Casa Mandolini, LI, 130; LVII,
52, 53.

Casa Oddi, LI, 140 ; LVIII, 101;
LXII, 121.

Casa Penna, LI, 149; LXII, 94.
Casa Ranieri, XXXIII, 95, LI,
128.

Casa Rosa, LVI, 191.

Casa Tei, LXII, 120.

Casa Vincenti, LI, 152.

Casino al Sorbo, LVII, 56.

Casino dei Murelli, XXXIII, 103.
Casino dei Nobili, LVII, 41.
Casino Penna, LVII, 42.

Castel del Piano, XXXIII, 89;
XXXIV, 81; LVIII, 108.
Cattedrale di S. Lorenzo o Duomo,
XXXIII, 89, 91, 94, 100, 101;
XXXIV, 79, 82, 85, 89, 90, 94,
95, 97, 99, 100, 101, 102, 103, 104,
105, 106 ; XXXIX, 221, 222, 223,
226, 227, 229, 230, 231, 232, 237,
238 ; LI, 120, 122, 126, 127, 129,
130, 134, 135, 136, 137, 138, 139,
140, 142, 143, 144, 145, 146, 147,
148, 149, 152, 153, 154; LIV,
116, 117, 118, 119, 120, 121, 123,
124, 127, 128, 130, 131, 133, 135,
136, 137, 138 ; LVI, 178, 179, 188,
189, 191, 197, 198, 199, 200,
201, 202 ; LVII, 37, 38, 40, 41, 42,
44, 48, 50, 51, 53; LVIII, 90,
91, 92, 94, 95, 97, 99, 100, 101,
102, 105, 108, 110, 111, 112 ; LIX,
179, 180, 181, 182, 183, 184,185 ;
LXI, 111, 118, 120, 121, 123, 124,
125, 126, 127, 128, 129, 130, 135,
136, 138, 139, 140, 143, 144, 145,
146, 147, 151, 152, 153, 154, 155,
156, 158, 159, 160, 161, 165, 166 ;
LXII, 88, 93, 94, 95, 98, 104, 105,
106, 111, 112, 118, 119.
Cattedrale di S. Lorenzo o Duomo.
Sagrestia, LXII, 113.

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 145

_ Chiesa del Gesù dei PP. Barna-

biti, XXXIV, 88, 100; XXXIX,
224 ; LI, 129, 134, 149 ; LIV, 126,
137 ; LVI, 184 ; LVII, 39 ; LVIII,
102; LXI, 139, 150, 154.

Chiesa del Seminario, LXI, 154.
Chiesa dell'Annunziata, LXI, 111.
Chiesa dell'Università, LXI, 158.
Chiesa della Compagnia della
Morte, XXXIX, 233; LI, 148;
LVI, 182; LVII, 38; LVIII, 92,
102.

Chiesa della Confraternita della
Giustizia, LVII, 43.

Chiesa della Confraternita di S.
Antonio Abate, LI, 128.

Chiesa della Maestà delle Volte,
LVI, 177; LXI, 113.

Chiesa della Missione, LI, 137.
Chiesa delle Cappuccine, XXXIII,
94; XXXIV, 96 ; LI, 134; LVII,
40, 41; LXI, 110.

Chiesa delle Cinque Piaghe,
XXXIII, 90.

Chiesa delle Derelitte, LXI, 126.
Chiesa dello Spedale, XXXIII,
109; XXXIV, 79, 85; XXXIX,
231 ; LI, 120, 121, 134, 143, 144,
149, 154; LVI, 178, 197; LVII,
41, 51, 53, 54; LIX, 180; LXI,
110, 121, 126, 142, 146, 147, 153,
160 ; LXII, 88, 104, 105, 119.
Chiesa di Monteluce, LXII, 110.
Chiesa di S. Agata, LVII, 38, 42.
Chiesa di S. Agostino, XXXIII,
89; XXXIV, 80, 81, 83, 85, 87,
93, 96, 99, 105; XXXIX, 222,
224, 230 ; LI, 126, 130, 150, 153 ;
LIV, 115, 124, 136, 137; LVI,
192, 195; LVII, 43, 48, 54; LVIII,
96, 99, 102 ; LXI, 131, 139; LXII,
118.

Chiesa di S. Angelo in P. B.,
XXXIV, 81; XXXIX, 226; LI,
128, 131, 142, 148; LVII, 40,
47 ; LXI, 166.

Chiesa di S. Angelo in P.S.A.,
XXXIV, 94, 95; XXXIX, 224;
LI, 128, 135; LVII, 47.

Chiesa di S. Antonino, LI, 154;
LVI, 179.

Chiesa di S. Antonio Abate,
XXXIX, 232; LXI, 140.

Chiesa di S. Bernardino, LVIII,
101.

Chiesa di S. Bernardo, LVII, 38.
Chiesa di S. Bevignate, LVI, 187 ;
LVII, 53.

Chiesa di S. Biagio, XXXIX, 238 ;
LI, 129 ; LIV, 136 ; LVII, 45.
Chiesa di S. Caterina, XXXIV,
106; LI, 152.

Chiesa di S. Caterina Vecchia e
Cimitero contiguo, LVII, 42, 43,
44, 50, 52.

Chiesa di S. Costanzo, LI, 132;
LVII, 53; LVIII, 90; LXI, 123,
124, 125, 126, 127, 129, 130;
LXII, 90.

Chiesa di S. Cristoforo di Piscille,
LVII, 40.

Chiesa di S. Cristoforo in P.S.A.,
LVI, 192.

Chiesa di S. Croce, XXXIX, 224,
238; LI, 154.

Chiesa di S. Domenico, XXXIII,
89, 92; XXXIV, 93, 94, 105;
XXXIX, 227, 234, 235 ; LI, 120,
121, 129, 130, 133, 134, 136, 143,
148, 150 ; LIV, 116, 120, 124, 127 ;
LVI, 198, 199 ; LVII, 42, 43, 44,
45, 53, 54 ; LVIII, 100, 101, 103 ;
LXI, 123, 139, 147, 163, 165;
LXII, 88.

Chiesa di S. Donato, XXXIII, 92 ;
XXXIX, 232; LVII, 45; LXI,
120, 140.

Chiesa di S. Elisabetta, LI, 146;
LVIII, 106, 110 ; LXI, 111.
Chiesa di S. Ercolano, XXXIV,
91; XXXIX, 232 ; LI, 140; LXI,
126 ; LXII, 91, 93.

— Chiesa di S. Erminio e annessa

Galleria (Museo di Antichità),
LVIII, 98, 99.

Chiesa di S. Filippo, vedi: Chiesa
Nuova.

Chiesa di S. Fiorenzo, XXXIX,
226; LVI, 194; LVII, 53, 54;
LVIII, 102.

Chiesa di S. Fortunato, XXXIII,
89; XXXIV, 105 ; XXXIX, 232;
LI, 146 ; LVII, 56 ; LXI, 162.
Chiesa di S. Francesco al Prato,
XXXIII, 94, 95; XXXIV, 79,
83, 87, 88, 91, 92, 95, 100, 106;

10



"
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i rie a pti





146



CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

XXXIX, 223, 226, 230, 232, 237 ;
LI, 121, 126, 130, 131, 132; 136,
139, 140, 142, 143, 144, 149, 151,
153; LIV, 116, 118, 121, 124;
LVI, 185, 195, 197, 198; LVII,
42, 53, 54; LVIII, 101, 108; LIX,
180, 181; LXI, 109, 139, 165.
Chiesa di S. Francesco del Monte,
XXXIV, 95; LI, 149; LVIII,
102.

Chiesa di S. Francesco di Paola,
XXXIII, 90, 94; XXXIV, 93,
98; XXXIX, 2225 EXL 165.
Chiesa di S. Giovanni Rotondo,
vedi: Chiesa Nuova.

Chiesa di S. Girolamo, XXXIV,
86, 105 ; LVI, 202.

Chiesa di S. Giuliana, LVI, 195;
LVII, 53; LVIEE 98, H1 S EXIT,
93.

Chiesa di S. Isidoro, XXXIV, 89;
LVI, 18b; LXT, 163.

Chiesa di S. Lucia, XXXIX, 227;
LL 141. 145 115; LIV, 122;
LNIL 42. BEX. [90.

Chiesa di S. Luca, LI, 120; LIV,
+19;

Chiesa di S. Lucia di Colle Lan-
done (del Clero Urbano), LVII, 44.
Chiesa di S. Margherita, LI, 126,
ISO XE 116,

Chiesa di S. Maria degli Aratri (0
del Verzaro), LI, 148 ; LXI, 119.
Chiesa di S. Maria della Miseri-
cordia, XXXIV, 93.

Chiesa di S. Maria della Pace dei
PP. Cappuccini, XXXIV, 84;
XXXIX, 221: LVII, 41, 42;
EVIIL. S39.

Chiesa di S. Maria della Valle,
XXXIV, 81.

Chiesa di S. Maria delle Povere,
EVI 1905.

Chiesa di S. Maria di Colle,
XXXIX, 238; LVIII, 103, 111.
Chiesa di S. Maria Maddalena, LI,
II. LXL 120.

Chiesa di S. Maria Nuova,
XXXII 105; XXXIV, 105;
XXXIX, 227, 236 ; LI, 126, 136 ;
LVI, 188, 199 ; LVII, 49 ; LVIII,
89, 94; LXI, 142.

Chiesa di S. Mariano, LIV, 136.

Chiesa di S. Martino del Verzaro,
LI, 149; LVII, 38.

Chiesa di S. Pietro, X XXIII, 95 ;
XXXIV, 89, 94, 102, 103;
XXXIX, 223, 232 ; LI, 126 ; LIV,
120; LXI, 123, 125, 126, 128,
129.

Chiesa di S. Proto e S. Giacinto,
XXXIII, 103; LI, 145.

Chiesa di S. Savino, LIV, 118;
LVII, 44; LXI, 165.

Chiesa di S. Sebastiano alla Conca
(sede della Confraternita dei SS.
Rocco e Sebastiano), XXXIII,
104; XXXIV, 92; LI, 153.
Chiesa di S. Severo, XXXIV, 84,
101; LI, 126, 140, 143 ; LVIII,
102, 106 ; LIX, 182; LXI, 117,
149.

Chiesa di S. Simone del Carmine,
XXXIV, 104; LI, 125, 144,
150.

Chiesa di S. Spirito, XXXIX, 232 ;
LI, 121, 133, 147; LVII, 40.
Chiesa di S. Teresa dei PP. Car-
melitani Scalzi, XXXIV, 93;
XXXIX, 228, 230 ; LI, 120, 142 ;
LIV, 117, 138; LXI, 145, 149,
154, 161.

Chiesa di S. Valentino, LI, 154.
Chiesa Nuova, XXXIII, 94;
XXXIV, 79, 83, 84, 86, 106;
XXXIX, 228 ; LI, 119, 130, 143,
145, 146; LIV, 138; LVI, 182,
187, 191, 199; LVII, 48, 56;
LVIII, 90, 101, 102, 104, 108;
LXI, 155.

Chiesina della Madonna di Don-
nini, XXXIX, 238.

Circo del Rastello, XXXIX, 223,
224; LVII, 51; LVIII, 90, 92,
94, 111, 112; LXI, 124, 127, 130;
LXII, 89, 93.

Colle del Cardinale, LVII, 55;
LVIII, 101.

Collegio Bartolino o della Sa-
pienza Bartolina, XXXIV, 84, 91;
XXXIX, 226 ; LI, 141.

Collegio dei Barnabiti, XXXIV,
95; LI, 139.

Collegio del Cambio, XXXIII,
93 ; LVIII, 97, 99, 102.

Collegio della Mercanzia, XXXIII,

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 147

93; XXXIX, 227; LVI, 177;
EXI, 123, 131.

Collegio della Sapienza Nuova o
Collegio Pio, XXXIX, 227, 228 ;
LI, 141; LVI, 185 ; LVIII, 104 ;
LXI, 148, 165 ; LXII, 91.
Collegio della Sapienza Vecchia,
XXXIII, 91, 102; XXXIV, 91;
LI 141; LVII, 56; LXI, 131,
148.

Collegio Oradino, XXXIV, 84;
LI, 139.

Collestrada, XXXIX, 226 ; LVI,
193 ; LVIII, 101, 108 ; LXII, 108.
Collestrada. Chiesa di S. Urbano,
LVI, 193:

Colombella, LXI, 139, 148, LXII,
89, 91.

Compagnia della Morte, XXXIV,
27.

Conca, LVIII, 106, 110; LXI,
111, 119, 120.

Confraternita del Crocifisso di
S. Maria Nuova, LXI, 142, 143.
Confraternita dell'Annunziata,
LXI, 139.
Confraternita della
XXXIV, 93.
Confraternita di S. Anna, LVII,
46.

Confraternita di S. Domenico,
XXXIII, 105.

Confraternita di S. Francesco,
LVII, 45.

Congregazione dei PP. Filippini,
XXXIX, 237.

Conservatorio Benincasa, XXXIV,
77; LI, 133.

Conservatorio delle Derelitte, LI,
133.

Conservatorio dello Spedale di S.
Maria della Misericordia, XXXIV,
84 ; LI, 133.

Conservatorio di educazione e
Scuole Pie, LVI, 200; LVIII,
104.

Conservone di S. Agnese, LXI,
140.

Convento di Monte Malbe, LI,
130 ; LIV, 138.

Convento di Monteripido, XXXIV,
79 ; LVI, 177 ; LXI, 165; LXII,
94.

Giustizia,

Convento di S. Agostino, XXXIX,
290 LT. 124; LIV, 190; EVE
185.

Convento di S. Bernardo, LIV,
130.

Convento di S. Domenico, LI,
153 ; LIV, 130 ; LVI, 187 ; LXII,
106.

Convento di S. Francesco,
XXXIX, 223, 229 ; LI, 141, 142;
LVIII, 91.

Convento di S. Girolamo, LVI,
177.

Convento di S. Maria della Pace
ovvero Luogo Nuovo dei Cap-
puccini, XXXIX, 235 ; LI, 120;
LIV, 138 ; LVIII, 89.

Convento di S. Maria Nuova, LIV,
132.

Corso, XXXIV, 89; LI, 136,
152; LVI, 177.

Favarone, LI, 135.

Fonte Maggiore o Fonte Grande,
XXXIV, 101; LVIII, 110, 111,
112; LXI, 132, 140, 143, 144,
146.

Fonte Nuovo, LVIII, 110.
Fonte Piccola, LXI, 146.

Fonte Rossa, LVIII, 110.

Fonti Vegge, XXXIV, 87, 102;
LVIII, 109.

Fortezza (Rocca Paolina),
XXXIII, 97, 107, 108 ; XXXIV,
75, 80, 81, 82, 84, 85, 88, 89, 91,
93, 94, 97, 99, 101, 102, 104;
XXXIX, 221, 229, 235, 236, 237,
238 ; LI, 119, 120, 121, 123, 126,
127, 132, 138, 139, 141, 144, 148 ;
LIV, 120, 121, 128; LVI, 185,
198, 202; LVII, 38, 39, 41, 43,
44, 53, 56; LVIII, 98, 100, 101,
104, 109, 110, 111; LIX, 181,
182; LXI, 124, 139, 165; LXII,
89, 91, 93, 101, 103, 106.
Frontone, XXXIV, 102, 103;
XXXIX, 227; LVIII, 100, 109;
LXII, 117.

Gonfaloni, XXXIII, 91, 94, 95,
96; XXXIV, 80, 81, 87, 90, 91,
93, 97, 99, 104; XXXIX, 226;
LI, 121, 146; LIV, 118, 120;
LVI, 185, 188, 191; LVII, 42,
43, 44; LVIII, 89; LIX, 181;











URN E

148

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

LXI, 141, 148, 155; LXII, 89,
90, 111.

Locanda, XXXIII, 108 ; LVIII,
96, 97, 98; LXI, 112.

Locanda alla Corona, XXXIV,
77; XXXIX, 225; LIV, 129.
Locanda della Posta, LVIII, 101,
104; LXI, 158.

Loggia del Seminario, LVIII, 110.
Madonna di Loreto, LVII, 55.
Maestà delle Volte, LXI, 154.
Migiana di Monte Tezio, LXI, 152.
Monastero delle Bartole (o Barto-
lelle), XXXIII, 101; LVI, 200,
202; LVIII, 104.

Monastero dello Sperandio (Be-
nedettine), XXXIII, 104.
Monastero di Monte Morcino Nuo-
vo dei PP. Olivetani, XXXIII,
88; LI, 138, 142, 145; LVII, 97,
99, 111; LXI, 158, 155.
Monastero di S. Agnese (Clarisse),
XXXIV, 88 ; XXXIX, 226; LIV,
132; LVL 202; LVIL 38, 41;
LVHL ID4£. LMADLE ioi.
Monastero di S. Agostino, LXII,
120, 121.

Monastero di S. Antonio Abate dei
PP. Olivetani, LXI, 152.
Monastero di S. Antonio da Pa-
dova (Clarisse), XXXIII, 109;
XXXIV, 84, 88.

Monastero di S. Benedetto già
S. Maria Novella (Monache Sil-
vestrine), LVII, 38; LVIII, 104,
106, 107.

Monastero di S. Bernardo (Mo-
naci Cistercensi), XXXIV, 87.
Monastero di S. Caterina (Bene-
dettine), XXXIV, 97; XXXIX,
224 ; LVI, 198 ; LVII, 50, 51, 55;
LVIII, 96, 104, 107.

Monastero di S. Caterina da Siena
detto della B. Colomba o delle Co-
lombe (Domenicane), XXXIII,
102; XXXIV, 103, 104; LVI,
199; LXI, 126.

Monastero di S. Chiara delle Cap-
puccine, LI, 149 ; LIV, 133, 138 ;
EXEL:110.

Monastero di S. Francesco delle
Donne, LVI, 200, 202 ; LVII, 40;
LVIII, 104.



— Monastero di S. Giuliana (Mona-

che Cistercensi), XXXIII, 108;
XXXIV, 87; LIV, 136; LVI,
197; LVII, 55; LVIII, 104;
LXII, 115.

Monastero di S. Lucia (Agosti-
niane), XXXIV, 94; XXXIX,
231 ; LVI, 198 ; LIX, 180; LXI,
149, 150.

Monastero di S. Margherita (Be-
nedettine), LVII, 43, 46, 51, 52;
LVIII, 104 ; LXI, 116.
Monastero di S. Maria delle Or-
fane dette Cappuccinelle, LVI,
191, 195.

Monastero di S. Maria delle Po-
vere (Ordine dei Servi di Maria),
LI, 145, 146, 149, 152; LVI, 195,
197; LVIII, 94.

Monastero di S. Maria di Monte-
luce (Clarisse), XXXIII, 101;
XXXIX, 223, 235; LIV, 132;
LVI, 192, 194; LVII, 53; LXI,
134, 140; LXII, 108.

Monastero di S. Maria Maddalena
delle Convertite in P. B. (Dome-
nicane), XXXIII, 104; XXXIV,
92, 93, 98; LI, 151; LVI, 189;
LXII, 102.

Monastero di S. Maria Maddalena
delle Convertite in P. S. P. (Be-
nedettine), XXXIV, 103; LI,
146; LVI, 177, 198; LVIII, 92,
94, 104; LXI, 126.

Monastero di S. Paolo (Clarisse),
LVI, 198 ; LVIII, 104 ; LIX, 180 ;
LXI, 147.

Monastero di S. Paolo di Val di
Ponte (Monaci Cistercensi),
XXXIV, 87.

Monastero di S. Pietro (Benedet-
tini Cassinesi), XXXIV, 82, 103;
LIV, 136; LVI, 183, 185, 186;
LXI, 124, 127.

Monastero di S. Tommaso (Do-
menicane), XXXIII, 93, 102;
XXXIV, 106.

Monte Corneo, LVII, 48.
Monteluce, XXXIX, 236; LI,
140; LVII, 44; LVIII, 92, 110;
LIX, 183, 184; LXII, 110.
Monte Morcino, LVII, 53 ; LXII,
118.







Monterone, XXXIII, 107, 108;
XXXIX, 224 ; LVIII, 100.
Museo della Università, LVIII,
T

Negozio Baldoni, LVI, 198.
Offizio della Posta, LI, 123.
Olmo, LVIII, 99, 101.

Oratorio dell'Annunziata, XX XXI,
226.

Oratorio dell'Università, LVII, 39.
Oratorio di S. Filippo Neri,
XXXIX, 223, 231; LI, 134;
LVI, 178 ; LVIII, 90, 93.
Orfanotrofio di S. Anna, XXXIII,
104 ; LI, 140 ; LVII, 40, 52, 55;
LVIII, 108; LXI, 128, 156.
Palazzo Antinori, LXI, 111.
Palazzo Apostolico, LVI, 202.
Palazzo Baldeschi, LVII, 38;
LVIII, 99, 100.

Palazzo Cecconi, LVI, 197.
Palazzo Crispolti, LI, 123; LVI,
197; LVIII, 98.

Palazzo Donini, XXXIV, 89; LIV,
135.

Palazzo Graziani, LVI, 177; LVII,
56; LVIII, 98.

Palazzo Patrizi, LXI, 112.
Palazzo Pubblico, XXXIII, 89,
93; XXXIV, 101; LI, 123, 124,
128, 132, 140, 146 ; LIV, 123, 130,
135; LVI, 199; LVII, 48; LIX,
181, 183; LXI, 146, 153.
Palazzo Vescovile, XXXIV, 106 ;
LVIII, 94, 95.

Palazzone, LI, 134 ; LIV, 117.
Parrocchia dello Spedale, LVII,
Dd.

Parrocchia di
XXXIX, 238.
Parrocchia di S. Andrea, LI, 128.

Montemelino,

Parrocchia di S. Antonino,
XXXIV, 86.

Parrocchia di S. Biagio, LVII,
41, 45.

Parrocchia di S. Costanzo, LXI,
124.

Parrocchia di S. Croce, XXXIV,
86; LVI, 179.

Parrocchia di S. Elisabetta, LVIII,
106, 110.

Parrocchia di S. Fiorenzo, LI,
121; LVII, 48, 53.





CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 149



Parrocchia di S. Luca, LI, 139,
140, 149.

Parrocchia di S. Marco, LIV, 137 ;
LVII, 48.

Parrocchia di S. Maria del Ver-
zaro, LI, 143.

Parrocchia di S. Maria in Colle,
XXXIX, 224.

Parrocchia di S. Martinello, LI,
153.

Parrocchia di S. Martino del Ver-
zaro, LXI, 152.

Pescheria, LI, 129, LXII ; 91.
Piaggia di S. Ercolano, LIX, 179;
LXII, 91.

— Pian di Massiano, XXXIII, 107 ;

LVIII, 101.

Piazza Aureli, LVIII, 89.

Piazza dei Cappuccini, LVII, 49.
Piazza dei Corsi, LVII, 39 ; LVIII,
98.

Piazza degli Oddi, LVIII, 94.
Piazza del Vescovato, LI, 155.
Piazza della Paglia, LVII, 38.
Piazza di S. Maria del Verzaro o
Piazza degli Aratri, LXI, 119,
123.

Piazza Grande, LVII, 44; LVIII,
110, 111, 112; LIX, 179, 183,
185; LXI, 119, 128, 155; LXII,
89.

Piazza Grimana, LVIII, 104;
LXI, 119, 162.

Piazza Piccola, LI, 135; LVII, 44;
LVIII, 111; LIX, 183; LXI, 113.
Piazza Rivarola (o Piazza della
Fortezza), XXXIII, 107 ; XXXIV,
81, 82, 88, 91, 94; LVIII, 104,105.
Piazza S. Spirito, XXXIII, 101,
nota 2.

Piazzetta di S. Donato, LVIII,
107; LXI, 120.

Piazzone, XXXIII, 107 ; XXXIV,
88, 91; LVI, 202; LVII, 44;
LVIII, 109, 110, 111; LIX, 181;
LXI, 124, 139; LXII, 93.
Piscille, XXXIV, 104; LI, 145;
LVII, 40; LXI, 126.

Piscille. Casino delli Valli,
XXXIV, 104.

Poggio di Pelliccione, LVIII, 103.
Ponte di S. Galgano, LVIII, 93.
Ponte Felcino, LVIII, 100, 104.







150

Ponte Pattoli, LXII, 108.
Ponte S. Giovanni, LIV, 117;
LVWI,. 1995; LVIIL 101. 10x.
Porta del Carmine, LVIII, 110.
Porta della Conca, LXI, 111, 114.
Porta della Fortezza, LXII, 91.
Porta della Pesa, LIX, 183, 184 ;
LXI, 119.

Porta Eburnea (Borgna), XXXIII,
107, 108; XXXIV, 89 n. 1;
XXXIX, 226 ; LI, 128, 130, 142,
148; LVII, 38, 40, 47 ; LVIII,
109 ; LXI, 166.

Porta S. Angelo, XXXIV, 88n.1;
XXXIX, 224 ; LI, 128 ; LIV, 118 ;
LVI, 192; LVII, 40, 47, 52;
LVIII, 102, 109 ; LXI, 148, 162.
Porta.S. Carlo; XX XIIL 107;
XXXIV, 85, 102 ; LVII, 44, 54;
LXI, 165; LXiL #9,

Porta S. Girolamo, XXXIV, 105.
Porta. S. Pietno, X XIV. 70;
XXXIX, 294. 238; L5 140, 146,
149; LVI, 193,199 LVII, 01;
LVIII, 92, 94, 100, 103, 104, 109,
110.

Porta S. Susanna, XXXIV, 96;
Li 1098.434135; LVI, 179;
LVL 40,5 50; EVI, 109; LXI,
110, 492.

Porta Sole, XXXIX, 222 ; LVIII,
109; EXI. 120, 152.

Porte, XXXIV, 91, 98, 99, 100;
XXIX. 221, 237; LI, 145;
rv 1305 LVIL 47, 55.

Prepo, XXXIV, 105.
Ramazzano, LI, 119.

Sala dei Notari, LI, 128, 129;
LVIID 410: LXI, 146, 155.
San Marino, XXXIV, 94.
Sant'Anello, XXXIII, 90, 101;
XXXIV, 101, 103, 106 ; XXXIX,
223: [1,139 ; LIV, 120; LVI,
178; LVII, 42, 43, 44, 45, 53, 56;
LVIII, 89, 90, 91, 94, 99, 102;
EDe 185; LXE 130, 135, 141;
EXII, 90.

Sant'Egidio, XXXIII, 105.
Sant Egidio. Chiesa Parrocchiale,
XXXIL 105.

SantEnea, XXXIV, 75.
Seminario, XXXIX, 221 ; LI, 137,
139, 150, 151; LIV, 117, 121;

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI



LVI, 177, 193 ; LVIII, 90, 91, 92,
97, 100, 106, 110; LIX, 184;
LXI, 126, 127, 128, 129, 136, 154.
Sodalizio di S. Martino, LXI, 122,
132.

Spedale della Mercanzia, LXI,
148.

Spedale di S. Giovanni di Dio,
XXXIX, 226.

Spedale di S. Margherita, LVII,
46, 51; LVIII, 104, 110; LXI,
116; LXII, 108.

Spedale di S. Maria del Popolo,
XXXIII, 88.

Spedale di S. Maria della Miseri-
cordia, XXXIV, 92, 97. ; LI, 143 ;
LVII, 38, 43, 51 ; LVIII, 94, 110 ;
LXI, 116, 142, 156.

Spedale Maggiore, LI, 138, 146;
LIV, 132; LVII, 40.

Spedale Militare, XXXIV, 80.
Spezieria Bonucci, LI, 126.
Spezieria dello Spedale, LXII,
120, 121.

Statua di Giulio III, XXXIV, 89 ;
XXXIX, 234 ; LVII, 38.
Teatrino delle Belle Arti, LVII,
56.

Teatro Civico, LVIII, 89, 92, 93,
96, 102; LXI, 124, 130; LXII,
91, 93, 114.

Teatro dei Nobili, LXI, 136, 137.
Teatro del Pavone, XXXIII, 99;
LVII, 50, 53.

Teatro del Verzaro, XXXIV, 86 ;
XXXIX, 221 ; LI, 123, 125, 130,
139.

Torre del Municipio, XXXIV,
95.

Unione di S. Luigi Gonzaga, LXI,
113,. 150.

Università, LI, 130, 138, 141,
142 ; LIV, 130, 132, 134, 135, 136 ;
LVI, 178, 182, 200; LVII, 39,
53 ; LVIII, 97, 99, 102, 105, 111 ;
LIX, 181, 184; LXI, 116, 117,
129, 145, 152, 153, 158; LXII,
90, 118, 119.

Verzaro, XXXIV, 86; XXXIX,
221 ; LI, 123, 125, 130, 139, 143,
148, 149; LVIII, 99; LXI, 119,
123, 152.

Vescovato, LVII, 45, 48; LVIII,











HL. 96, 110; LIX, 183 ; LXI, 117,
119, 124; LXII, 104.

— Via del Loto, LVIII, 107, 108,
Mt; LXI, 120, 138.

— Via del Parione, XXXIII, 101,
nota 2.

— Via della Cupa, LXI, 148.

— Via Muzia, LVIII, 102 ; LXI, 119.

— Via Nuova, XXXIV, 92; LI,
148 ; LIX, 183 ; LXI, 126 ; LXII,
91, 121.

— Via Pinella, XXXIV, 95; LI,
147; LVII, 44; LIX, 183.

— Via Righetti, LXI, 119, 123.

— Via S. Ercolano, LI, 151.

— Via Vecchia, LVII, 55.

— Villa Baglioni del Palazzone, LI,
134; LIV, 117.

— Villa dei Murelli, LVIII, 90.

— Villa La Torricella, LVII, 45.

— Villa Montesperelli, LVII, 55.

— Villa Pucciarella, XXXIV. 95.

Pesaro, XXXIII, 99, 100, 104;
XXXIV, 75, 94; XXXIX, 220,
228; LVI, 182, 185; LVII, 37;
LVIII, 105 ; LXI, 143 ; LXII, 103.

Pescara, LVI, 187.

Peschiera, XXXIII, 100, 109.

Piacenza, XXXIII, 95, 100 ; XXXIV,
95, 98; LI, 137, 139, 140, 154;
LIV, 122, 131, 132, 137.

Piceno, XXXIV, 106.

Piemonte, XXXIII, 95; LIV, 130,
132; LVIII, 105.

Pietroburgo, XXXIII, 95; XXXIX,
223 ; LVI, 199; LXI, 166 LXII,
96, 97, 98, 109.

Pieve Caina (Marsciano), LVIII, 98.

Piombino, LVI, 193.

Pisa, LIV, 124, 135; LVI, 182.

Pistoia, LVI, 186.

Pizzo Calabro, LVI, 194, 195.

Plaisance, LVI, 187.

Plymouth, LVI, 191, 192.

Po, XXXIII, 95, 100; XXXIV, 85;

, LIV, 123, 131.

Polonia, XXXIX, 226; LI, 152;
LIV, 137 ; LXI, 161, 163 ; LXII,
95, 96, 97, 98, 99, 104, 106, 108,
110, 111.

Ponteeorvo, LVI, 185.

Ponte della Trave, XXXIII, 101.

Ponte di S. Lazzaro, LVI, 181.

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 151

Ponte Nuovo (Torgiano), XXXIV, 75.

Portoferraio, XXXIV, 82, 88; LIV,
129: EVI, 178, 179.

Portogallo, XXXIX, 227, 228, 229;
LEXJ1::93.

Portorico, LXI, 118.

Praga, LVI, 186, 188, 189.

Presburgo, XXXIV, 104; XXXIX,
220, 224; LVI, 179.

Provenza, LVI, 178, 179, 189.

Prugneto, XXXIV, 88.

Prussia, XXXIX, 225, 226, 227, 228;
LIV; 115, 116, 147, 121, 125, 131,
132, 134, 136; EVI, 181,182,
187, 191, 192, 193, 194, 195;
LVII, 46 ; LXI, 141, 158; LXII,
93, 96, 107, 110.

Ragusa (Iugoslavia), LVII, 52.

Ratisbona, LI, 121.

Ravenna, LIV, 127; LXI, 111, 142,
155, 156 ; LXII, 103.

Recanati, LIV, 133 ; LVII, 37.

Reggio Emilia, XXXIX, 232; LIV,
125, 131.

Reno, XXXIII, 91, 92; XXXIX,
224; LIV, 120, 124; LVI, 195.

Rieti, XXXIX, 220.

Rimini, XXXIII, 104; LVI, 181,
183; LVII, 37; LXI, 113.

Rioja, LXI, 115.

Ripatransone, LVIII, 91.

Riva, XXXIII, 98.

Rivoli, XXXIII, 96.

Roeeagorga, LXI, 115.

Rochefort, LVI, 190.

Roma, XXXIII, 88, 91, 92, 93, 94,
100, 101, 102; XXXIV, 77, 78,
80, 81, 82, 83, 84, 85, 86, 37, 88,
91, 93, 95, 96, 97, 98, 100, 101,
103; XXXIX, 222, 226, 227,
229, 230, 231, 232, 233, 234, 235,
237, 238 ; LI, 119, 122, 123, 124,
125, 126, 127, 128, 130, 131, 132,
133, 135, 138, 147, 149, 151;
LIV, 115, 121, 122, 126, 129,
130, 131, 132, 133, 134, 135, 136,
137; LVI, 177, 178, 180, 181,
184, 187, 188, 189, 192, 195, 196,
197, 200, 201, 202; LVII, 37,
38, 39, 41, 45, 48, 49, 50, 52, 53,
54, 56; LVIII, 89, 92, 93, 94,
95, 96, 97, 98, 99, 101, 104, 105,
106, 107; LIX, 180, 181, 182,





152











CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

183; 184, 185; EXL 109, 01»,
115; 117, 118; 122; 123; 125; 13
132, 133, 134, 135, 137, 138, 139,
140, 145, 146, 147, 148, 149, 150,
155, 156, 158, 160, 161, 164;
LXII, 88, 90, 92, 93, 94, 95, 100,
102, 104, 105, 107, 110, 111, 116,
118, 120, 121.

(Dipartimento di), LI, 133, 143;
LVI, 199.

Archiospedale di S. Spirito, LXI,
114.

Archivio Vaticano, LI, 135.
Basilica dei SS. Apostoli, LIX,
179.

Basilica di S. Giovanni in Late-
rano, XXXIV, 85, 97 ; LXI, 163,
164.

Basilica di S. Maria in Trastevere,
LXI, 115.

Basilica di S. Maria Maggiore,
LXEL 164.

Basilica di S. Paolo; LXI, 110,
133, 135. 147.

Basilica di S. Pietro in Vaticano,
XXXIVS86, 983. LL 126, 15353,
T3235; EVIHIEB 408; LIX, 182;
EXE [9. 135 132, 135, 146,
160, 161, 164.

Campidoglio, LI, 125.

Cappella Sistina, XXXIV, 88.
Castel S. Angelo, XXXIX, 237;
BERVi 1239. DXL 129, 133.
Chiesa dei Marchigiani, XXXIV,
91.

Chiesa dei SS. Vincenzo e Ana-
stasio, LXI, 160.

Chiesa di S. Ignazio, LXI, 114.
Chiesa di S. Luigi dei Francesi,
LVWIL 191.

Chiesa di S. Maria di Ara Coeli,
EXIT, 88.

Chiesa di S. Maria sopra Minerva,
DEXOGITE 91 ; EIV, 135 ; LVII, 37.
Chiesa di S. Silvestro, LIX, 182.
Chiesa e ospizio della Trinità dei
Pellegrini, LVII, 37; LXI, 123.
Circo Agonale, LXI, 146.
Collegio Romano, LXI, 109, 114,
116.

Monastero della Madonna dei Do-
lori; L XL 150.

Museo Capitolino, LIV, 118.

— Palazzo del Quirinale, XXXIII»
97, 102; XXXIV, 98; XXXIX»
29912429, 2905 LI, 122; LIW?
116; LIX, 182, 184.

— Palazzo Vaticano, LXI, 121.

— Piazza del Popolo, XXXIII, 102.

— Porta Angelica, XXXIV, 98.

— Porta del Popolo, LIV, 131.

— Porta S. Giovanni, LXI, 123.

— Trastevere, LXI, 115.

— Università, LXI, 116.

— Vaticano, XXXIII, 93, 102 ; LXI,
131, 132, 146, 147, 160.

Romagna, XXXIII, 104 ; LVI, 184 ;
LXII, 101, 102, 104, 113.

Rosso (Mare), LXI, 130.

Rothiére (La), LIV, 123.

Russia, XXXIV, 104 ; XXXIX, 224,
226 ; LI, 122, 130, 149, 150, 151,
153 ; LIV, 115, 116, 117, 121, 122,
125, 128, 129, 131, 132, 134, 136;
LVI, 178, 181, 191, 192, 193,
194, 195, 198, 199; LVIII, 96,
98 ; LXI, 121, 136, 158, 161, 163;
LXII, 96, 97, 98, 105, 106, 110,
119.

Sabina, LVII, 39.

Saint Cyr. Collegio, LI, 148.

Saint Germain. Collegio, LI, 148.

Saint Herem, XXXIV, 99.

Saint Lueia (Isola), XXXIV, 93.

Saint Ouen, LIV, 129.

Sala, XXXIX, 222.

Salamanea, LXII, 99.

Salerno, LXI, 123, 139.

San Benedetto, LVII, 37.

San Bernardo (Monte e Monastero),
XXXIII, 97.

San Feliciano, LIX, 184.

Sangemini. Collegiata, LI, 138.

San Germano, LVI, 186 ; LVIII, 109.

San Mariano (Corciano), LI, 149.

San Marino, LXI, 160.

Sankt Pólten, LI, 122.

Sant’ Arcangelo, LVI, 201.

Sant'Elena (Isola), LVI, 191, 192,
193, 194, 196; LVII, 39, 42;
LVIII, 90, 97, 110.

Sant'Elpidio, LVII, 37.

Santa Maria degli Angeli, XXXIV,
105; XXXIX, 236; LXI, 121.

— Porziuncola, LI, 148; LIV, 117;
LXI, 121; LXII, 113.



|
E
| 3
|

Saragozza, LIV, 130.

Sardegna (Regno di Sardegna),
EX XIV, 88; LIV, 190, 131, 133,
138; LVI, 177, 181, 202; LXI,
130:. LXII, 108, 110, 117.

Sarzana, LVI, 182.

Sassonia, XXXIX, 220, 225; LIV,
116, 137; LVI, 181, 187, 199,
202; LVIII, 99; LXI, 121, 141,
143, 156 ; LXII, 93, 111.

Savoia, LIV, 130, 134; LVI, 188.

Savona, XXXIII, 91, 94, 95; LI,
125, 141; LIV, 121, 124; LVI,
181, 185.

Sehónbrunn, LVI, 187.

Seilla, LI, 138.

Seozzone, XXXIV, 79.

Senigallia, XXXIII, 95, 104; LI,
124 ; LVII, 37 ; LXI, 113 ; LXII,
108.

Senna, LIV, 124.

Serbia, LIV, 138.

Sesto Fiorentino, LIV, 123.

Sicilia, XXXIX, 221; LIV, 131;
LVI, 184; LVIII, 107; LXI,
110; LXII, 105.

Siena, XXXIII, 106 ; XXXIV, 75;
LVI, 180.

Smolensk, LI, 152, 154.

Soissons, LIV, 124.

Spagna, XXXIV, 84, 100; XXXIX,
222, 227, 228, 229, 230, 231, 233,
234, 235, 238 ; LI, 119, 122, 149,
151; LIV, 118, 119, 120, 121,
123, 124, 126, 130, 131, 134, 137;
LVI, 177, 181, 191; LVII, 42;
LVIII, 105, 107 ; LIX, 180, 185;
LXI, 115, 136, 146; LXII, 99.

Spello, LXI, 157.

Spielberg, LVI, 187.

Spoleto, X XXIII, 101; XXXIX, 220,
226 ; LI, 124, 125, 126, 127, 128,
129, 130, 134, 136, 137, 138, 142,
145, 151, 153, 154; LIV, 124,
126, 130, 135, 137; LVIII, 90,

4 95, 105 ; LXI, 122, 131, 144, 148.

— Carceri, XXXIII, 109.

— Convento dei Serviti, LI, 130.

— Rocca, LI, 147.

Stati Uniti d’ America, XXXIV, 78.

Stato Pontificio, XXXIII, 102, 103,

108; XXXIV, 75, 79, 84, 93, 94,

98, 99, 100, 105; XXXIX, 222,



CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

153

226, .234, 236, 238 ; LI, 122, 123,
124, 125, 1933, LIV, 116; 122, 125,
126, 130, 431, 1232, 190, 137;
LYVI, 177, 180; 185, 180, 195;
LVII, 53, 56; LVIII, 95, 104,
1074 EX, 189; LXI, 116, 135,
141, 157, 161; LXII, 94, 95,
100, 105, 107, 110, 114.

Stoeearda, LXII, 89.

Stoccolma, LVII, 41; LXI, 135.

Storta, XXXIII, 102.

Strasburgo, XXXIX, 223; LI, 122;
LIV, 133.

Suntih, LXII, 99.

Svevia, XXXIII, 103.

Svezia, LI, 140 ; LIV, 125 ; LVI, 181 ;
LVII, 41; LXI, 135.

Svizzera, XXXIII, 97 ; XXXIX, 228 ;
LIV, 137; LVI, 181; LXII, 96.

Terni, XXXIX, 235; LI, 124, 136 ;
LIV, 130 ; LVI, 180, 185 ; LVIII,
93; LXI, 127, 128, 140, 146.

— Chiesa dei SS. Filippo e Giacomo,
LXI, 128.

Terra di Lavoro, LIX, 184, 185.

Tevere, XXXIII, 92; XXXIV, 75,
84, 94, 99, 100; XXXIX, 226;
LI, 145; LVII, 52; LXI, 138.

— (Dipartimento del), LI, 135, 136.

Tezio (Monte), LXI, 152; LXII, 108.

Ticino, XXXIII, 98; XXXIV, 85.

Tiferno, LI, 124, 129.

Tilsit, XXXIX, 227, 228.

Tirolo, XXXIII, 101; XXXIV, 104.

Tivoli, LXI, 114, 145, 148.

Todi, XXXIV, 77 ; LI, 136, 138, 139;
LVII, 56 ; LXI, 139, 144.

Toledo, Collegio, LI, 148.

Tolentino, XXXIII, 101; LIV, 130.

Tolone, LVI, 188.

Torbay, LVI, 192.

Toreaux, LIV, 122.

Torgiano, XXXIII, 89; XXXIV, 95.

Torino, XXXIII, 95, 96, 99, 100,
101; XXXIV, 98, 101 ; LIV, 130,
132, 134; LVI, 183, 186, 195;
LVIII, 109; LXI, 115, 130.

— Territorio, XXXIII, 100.

Torrecola, LXI, 144.

Torricella (Magione), LVII, 39.

Tortona, XXXIII, 99.

Toscana, XXXIII, 88, 92, 95, 96,
99, 100, 105, 106, 108, 109;















s

154 CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

XXXIV, 76, 78, 79, 80, 81, 82,
83, 85, 87, 98; XXXIX, 227,
228, 229, 235 ; LIV, 122, 123, 128,
131, 135; LVI, 179, 180; 182,
183, 184; LVII, 47; LVIII, 97,
101, 102, 103, 109; LXI, 112,
113, 123, 141, 156; LXII, 106
nota 1.

— (Granducato di Toscana), LI, 125;
LVI, 193.

— (Regno d’Etruria), XXXIV, 84;
XXXIX, 225.

Tours, LIV, 122.

Trafalgar, XXXIV, 104

Trasimeno, XXXIII, 107, 108 ; LVI,
201.

— (Dipartimento del), LI, 133, 135,
136, 138, 143, 147; LIV. 118,
121; LVI, 199.

Trieste, LIV, 138: LV 130; 187,
188, 191.

Trino, XXXIII, 99.

Trobigo, XXXIII, 98.

Troyes, LI, 147 ; LIV, 124; LVI, 180.

Turchia, LXII, 119.

Turingia, XXXIX, 224, 225, 237.

Ulma, XXXIV, 104, 105.

Umbria, LI, 121, 124, 125, 127, 128;
LXL 199: EXIT 102, 104.

Ungheria, XXXIV, 106; LI, 121,
122; INL. 194: EXI,-166.

Urbino, XXXIV, 83; XXXIX, 236;
LEAT9 147, EXIT, 143; LXII,
Esche

— (Ducato di), LXII, 101.

Valacchia, LIV, 138.

Valence, LIV, 122.

Valenciennes, XXXIV, 83, 86.

Valeney, LIV, 121, 124.

Valle d'Aosta, XXXIII, 95, 98.

Varallo, XXXIII, 98.

Varsavia, LXI, 163; LXII, 95, 97,
98, 99, 103, 105, 106, 109, 111.

— (Granducato), LXII, 105.

— Castello Belvedere, LXII, 95.

— Scuola militare, LXII, 95.

Velletri, XXXIX, 224; LXI, 122.

Veneto, X X XIV, 104 ; XXXIX, 221.

Venezia, XXXIII, 96, 99; XXXIV,
104; XXXIX, 221, 229; LVI,
198 ; LVII, 52; LVIII, 97 ; LXI,
159, 160, 166.

— Isola di S. Giorgio, LXI, 166.

— Monastero di S. Giorgio, XXXIII,
93.

Veralto, XXXIII, 98.

Vercelli, XXXIII, 95, 99, 100.

Verona, XXXIII, 101; XXXIV, 75;
LIV, 123; LVI, 198.

Vescovato (Corsica), LVI, 188.

Vesuvio, XXXIX, 222; LXI, 111.

Vienna, XXXIII, 90, 99; XXXIV,
75, 104, 106 ; X XXIX, 221, 223 ;
LI, 121, 122, 123, 127, 129, 132,
133, 134; LIV, 123, 131, 132,
134, 135, 136, 137, 138; LVI,
177, 178, 179, 180, 181, 182,
183, 184, 185, 186, 187, 188, 189,
191, 193, 198, 200, 202; LVII,
38, 39; LVIII, 101, 103, 104;
LXI, 110, 121, 140, 160, 166;
LXII, 96, 102, 105, 109.

— Chiesa degli Agostiniani, LVII,
39.

Villefranche, LVI, 180.

Vilna, LXII, 98, 107, 108.

Vincennes, LXII, 97.

Viterbo, XXXIV, 83; XXXIX, 225,
235; LVI, 180.

— Territorio, LVII, 51.

Volinia, LXII, 107, 108.

Wagram, LI, 125.

Waterloo, LVI, 180, 187, 189.

Weimar, LXI, 121.

Wittenberg, X XXIX, 220 ; LIV, 125.

Worcester [?], LVII, 47.





-——









VI CONVEGNO STORICO REGIONALE
DANTE E L'UMBRIA

Perugia, Palazzo Donini

20 marzo 1965, ore 10,30

Presidente : Compio il dovere per me molto gradito di rivolgere,
anche a nome del Consiglio Direttivo della Deputazione, un deferente
saluto alle autorità presenti, e il benvenuto più cordiale ai soci e agli
invitati che hanno avuto la compiacenza di partecipare a questo Con-
vegno. Non mi dilungo, non dico a giustificare, ma a spiegare la scelta
dell'argomento. In questo anno il Consiglio Direttivo ha ritenuto op-
portuno di trattare l'argomento « Dante e l'Umbria», non solo per
rivolgere un atto di omaggio al Poeta, altissimo simbolo della spiri-
tualità italiana, ma anche per puntualizzare, per precisare con quanto
possibile impegno alcuni rapporti fra Dante e la nostra regione. Rin-
grazio con caldi sentimenti di riconoscenza i valorosi docenti e studiosi
che generosamente hanno consentito a prestare la loro opera per lo svolgi-
mento del Convegno e per la felice riuscita di esso. Un ringraziamento
particolare rivolgo al Magnifico Rettore dell’ Università degli Studi,
che oggi è impegnato altrove, perchè ha concesso anche questa volta
che si svolgesse il nostro Convegno in questa sede universitaria. Dò
comunicazione di alcune adesioni pervenute fino ad oggi :

Accademia Nazionale dei Lincei; Istituto di Studi Romani,
Roma; Deputazione di Storia Patria per le Antiche Province Mo-
denesi ; Deputazione di Storia Patria per le Marche ; Società di Storia __
Patria di Terra di Lavoro ; sen. Giuseppe Salari ; gr. uff. dott. Nicola
Mazzaracchio, Direttore Generale Accademie e Biblioteche ; gr. uff.
dott. Mario Gaia, Direttore Generale Archivi di Stato ; gr. uff. prof.
Antonino Lombardo, Ispettore Generale Archivistico ; dott. Ercole
Capizzi, della Direzione Generale Accademie e Biblioteche; S. E.
l Arcivescovo di Perugia ; col. Enrico Vinciguerra, Comandante Le-
gione Carabinieri, Perugia; prof. Mario Sansone, Preside della
Facoltà di Lettere, Università di Bari; prof. Paolo Brezzi, Roma ;
prof. Arsenio Frugoni, Roma ; mons. prof. Mario Natalucci, Ancona ;
prof. Carmelina Naselli, Catania ; prof. Massimo Petrocchi, Perugia ;









156 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

prof. Italo Ciaurro, Roma ; dott. Francesco Duranti, Perugia ; prof.
Giuseppe Mira, Roma; prof. Raffaello Morghen, Roma; on. prof.
Elia Rossi Passavanti, Roma; prof. Rolando Teofoli, Terni.

Mi permetto a nome loro di pregare il prof. Battelli di assumere
la presidenza di questa prima tornata del Convegno.

BATTELLI : Sono grato al Presidente del cortese invito, ma dichiaro
apertamente che non ho nessuna qualifica per tale ufficio, se non forse
quella di appartenere ad una società consorella della Deputazione
umbra, cioè la Società Romana di Storia Patria. Accetto tuttavia con
piacere l'onore d'essere chiamato a dare svolgimento ad un programma
scientifico di cosi alto interesse, il cui merito spetta senza dubbio al
Presidente.

Nel dare inizio ai lavori sono particolarmente lieto di dare la
parola al primo oratore, il prof. Manselli, il quale non ha bisogno di
presentazione per la notorielà dei suoi studi e per la profonda meritata
stima di cui gode ; non posso però fare a meno di ricordare in questa
stessa sede, che, è ancor vivo l’insegnamento da lui svolto presso
l'Università perugina.

L’UMBRIA NELL’ETÀ DI DANTE

Il tema che mi è stato affidato — c’è appena bisogno di dirlo —
è estremamente complesso e ricco ; non posso perciò davvero preten-
dere di svolgerlo interamente. Dovrò qnindi limitarmi soltanto a
degli accenni, a degli spunti, che vogliono evocare ricordi, indicare
linee di sviluppo o conclusioni di studi, più che — ripeto — affron-
tare, nella loro totalità, i molteplici problemi connessi con la storia
dell'Umbria, sotto l'aspetto politico e religioso, nell'età di Dante.

La prima questione che si pone chi affronta questi problemi
è precisamente quella di precisare quale posto l’Umbria occupa
nell’opera di Dante 1). E diremo subito che questo posto è grandis-
simo, se noi teniamo presente specialmente quella vetta di poesia,
ma anche di penetrazione storica, che a me sembra il canto xi del
Paradiso, e l'importanza che esso ha nell'ambito di tutta la prospet-
tiva spirituale dantesca. Se ne ricava che l'Umbria ha per il Poeta
sopratutto significato e valore spirituale, tanto alto da indurlo a
passar sopra anche alle divergenze politiche ?). Certo proprio nel
canto di san Francesco è ricordata Perugia, come città dominante







NI CONVEGNO STORICO REGIONALE 157



nella regione, ma vi è intesa più come termine di riferimento per
indicare Assisi, ricordando la sua ubicazione, e ricordando i rap-
porti con Nocera e con Gualdo, che non in se stessa, per la sua ef-
fettiva importanza politica ed economica.

Eppure anche alla vita politica umbra Dante doveva ben aver
rivolto la sua attenzione, se noi cogliamo uno di quei fuggevoli
accenni che tanto spesso, nella Divina Commedia, balenano come
un lampo che illumini una scena per poi chiuderla immediatamente
dopo. Quando nel canto vi del Purgatorio si rivolge ad Alberto
tedesco che abbandona a se stessa l’Italia, permettendo così lo strazio
che le fazioni facevano delle città italiane, lo invita «a veder Montec-
chi e Cappelletti, Monaldi e Filippeschi, . . . color già tristi e questi
con sospetti ».

È solo un’indicazione di scorcio : ma i fatti storici sono colti
proprio nel momento in cui si manifestano e si delineano, l'esplodere
degli odi ed il manifestarsi dei sospetti, proprio in quell'attimo, in
cui la storia si decide per determinarsi *).

Un altro accenno noi troviamo, e che aveva, dietro di sé come
un alone di paura e di triste ricordo : é quello relativo alla distruzione
di Spoleto da parte di Federico Barbarossa, là dove, nella Epistola Vr,
Dante, rimproverando la riluttanza dei Fiorentini e la loro ostilità
ad Arrigo vi, avverte : « Recensete fulmina Frederici prioris, et
Mediolanum consulite, pariter et Spoletum ».

Cogliamo così l’eco d’una vicenda, che dopo cento anni ancora
continuava a gravare, come un incubo ammonitore nella tradizione
dell'Italia Centrale *).

Delle famiglie nobili e delle personalità umbre Dante non parla,
ma ricorda invece un uomo che nobile non era, ma grande per al-

tezza d’arte : è quello Oderisi

«onor d’Agobbio e onor di quell’arte
che alluminare è chiamata in Parisi ».

È il grande miniatore Oderisi da Gubbio : varrà perciò la pena di
porre in evidenza uno dei tanti giochi d’allusioni. Dante non ha mai
nominato chi gli ha fatto tanto male, il podestà Cante Gabrielli da
Gubbio che lo condannò e che apparteneva ad una delle più ricche,
potenti ed illustri famiglie della città ; esalta invece l'artista Ode-
| risi opponendo così, ancora una volta l'altezza dell'ingegno e del-
l’arte alla nobiltà di sangue, a cui tante volte non corrispondono
azioni ugualmente nobili e grandi.





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158 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

Non dobbiamo infine dimenticare che l'Umbria entra nell’opera
di Dante anche per quello che non è detto ; entra per la formazione
di quel panorama che Dante traccia della storia e delle vicende
d’Italia nei suoi anni, nella sua epoca, e contribuisce — abbiamo
visto l’accenno ai Monaldi ed ai Filippeschi — alla precisazione di
quel giudizio così severo e così pessimistico che egli formula nei
riguardi dell’Italia tutta.

Se dunque in un canto famoso Dante considera l’Italia,

«di dolore ostello
nave senza nocchiero in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello »,

ciò sarà anche per quel che nell’Umbria in quegli anni avveniva.
Ed in realtà nel periodo che qui ci riguarda, i cento anni circa che
dal 1250 si spingono verso il 1350, l'Umbria attraversa un profondo
travaglio politico al quale, lasciato il fascino della personalità di Dante
e del suo poema, dovremo ormai rivolgere la nostra attenzione *).

Dante nasceva nel 1265 : ebbene, proprio in quell’anno si andava
verificando nel nostro paese un evento che era destinato ad avere
le più profonde e significative ripercussioni : è la calata di Carlo
d’Angiò, la fine del regno di Manfredi, la trasformazione profonda
di tutta la politica italiana fino a qualche decennio successivo.
Del 1266 è la battaglia di Benevento, la prima e netta vittoria
di Carlo d’Angiò ; del 1268 è la battaglia di Tagliacozzo, che segna
la seconda e conclusiva vittoria dello stesso Carlo, ponendo fine
con queste due battaglie ad ogni e qualsiasi sogno di ghibellinismo,
ad ogni e qualsiasi sogno di nuove affermazioni d’una politica im-
periale in Italia. E s’iniziava invece quella sistemazione guelfa della
penisola, in cui Carlo d’Angiò venne ad assumere un ruolo fondamen-
tale di mente direttrice e di forza organizzatrice, portando ad una
serie di fatti e mutamenti politici che non possiamo certo esaminare
nella loro ampiezza, ma che hanno poi avviato la nostra storia d’Italia
su direzioni profondamente nuove e diverse. Ora se per questa poli-
tica guelfa nell'Italia centrale ed in particolare in Toscana il centro
di appoggio di Carlo d’Angiò fu Firenze *), invece nell'Umbria il
sostegno fu proprio Perugia.

Bisogna dire, prima di tutto, che Perugia non aveva atteso
la venuta di Carlo d’Angiò per una impostazione guelfa, nè solo
dopo la venuta di Carlo d’Angiò aveva iniziato una politica di ap-
poggio e di amicizia al papato ?).







VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 159



Questo indirizzo si era già venuto formando e maturando nella
città dall'inizio del secolo xir, sulla base d'un esame crudamente
realistico della situazione — si direbbe oggi con una parola moderna,
brutta ma significativa, della sua situazione geopolitica — in rela-
zione cioé alla sua posizione geografica, ed all'intreccio di forze po-
litiche ed al contrasto di interessi in gioco, nei quali Perugia veniva
a trovarsi rispetto alle altre città italiane ed in particolare alle altre
città umbre *).

La politica di Perugia, infatti, si era venuta articolando e svi-
luppando specialmente nel contrasto con quella di città tenace-
mente ostili, come Spoleto, saldamente posta a controllo della valle
spoletana, che, dopo la distruzione di cui ci parla appunto Dante
nell'Epistola VI, era poi stata saldamente tenuta in mano impe-
riale da persone, che ben ne comprendevano l'importanza politica
e strategica.

Infatti alcuni dei più famosi uomini d’arme, alcuni dei più fa-
mosi funzionari dell'Impero erano stati appunto a Spoleto, e nel
territorio che da Spoleto dipendeva. Così, tanto per ricordare qual-
cuno, il famoso Corrado di Urslingen che tanto filo da torcere diede
agli Umbri, e che seppure con fatica, riuscì a tenerli a freno era
uno dei personaggi, che aveva potuto impostare in Umbria una poli-
tica ghibellina proprio tenendo vigorosamente testa alla espansione
perugina *). Ed è questa contrapposizione tra gli interessi di Pe-
rugia e quelli di molte altre città umbre, che caratterizza molta
parte del Duecento, ponendo in luce un gioco politico intricato e
complesso, donde Perugia per la intelligenza della sua classe diri-
gente, per un coerente e realistico senso di valutazione dei suoi
interessi, seppe trarre profondi vantaggi.

Questi cominciano già dalla fine del secolo xir, quando si deli-
nea quella che noi potremmo chiamare non alleanza formale, ma
certo una significativa coincidenza di indirizzi politici tra Perugia
da una parte e Innocenzo mi dall’altra.

È opportuno, a questo punto, rifarci indietro nel tempo, per
intendere meglio quel che qui si vuol dire. Nel 1198 Innocenzo ui,
riprendendo le suggestioni e gli indirizzi di precedenti pontefici,
iniziava una politica che si suole per brevità, chiamare delle recu-
perationes 1°). Sulla base di diritti non sempre ben chiari, non sempre
ben giustificati, il pontefice venne iniziando una politica di occupa-
zione e di annessione, all'autorità della Chiesa, delle città della Tuscia,
della cosidetta Tuscia romana, e poi di molta parte dell'Umbria ").











160 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

Naturalmente per il geloso senso d'autonomia delle città,
questo processo di annessione non fu affatto tranquillo e pacifico,
dando anzi luogo a vicende drammatiche e tragiche; basterà, fra
tutte, accennare alle vicende orvietane, ove il podestà, mandato dal
Pontefice, il romano Pietro Parenzo, veniva assassinato a tradi-
mento da un gruppo di nobili con l'appoggio anche di quella parte
della cittadinanza che vedeva con favore il propagarsi dell eresia
catara 1).

Proprio nella crisi di quegli anni, mentre Orvieto cercava di
allontanare da sé, con mezzi anche disperati, il dominio papale,
Perugia invece si stringeva ancor piü al pontefice : nel 1198 Inno-
nocenzo Hi accoglieva la città «que ad ius et proprietatem Eccle-
siae pertinere noscitur » sotto la protezione del Beato Pietro e la
propria, gettando così le basi d’uno strettissimo rapporto che riuscì
a resistere per decenni, come abbiam detto, per una convergenza
d’interessi che superò le crisi più diverse : durò infatti attraverso le
vicende della lotta di Innocenzo mi con Ottone rv, fino al tempo
della lotta fra Federico Ir e Gregorio IX e poi si mantenne al mo-
mento dei contrasti con Manfredi ed all’inizio della politica guelfo-
angioina.

C'é appena bisogno, perciò, di ricordare che nel 1237 Perugia,
dopo d’aver ribadito un giuramento di fedeltà a San Pietro nelle mani
del suddiacono Alatrino, uno dei più fini ed intelligenti esecutori
della politica papale nei primi decenni del xmi secolo **), mandò
poi aiuti a Roma, quando Federico 11 sembrò minacciarla. Inoltre,
dieci anni dopo, nel 1246, per obbedire al papa i perugini affronta-
rono le forze ghibelline di Foligno, ricevendo da Marino di Eboli
una severa sconfitta. Morto poi Federico, quando Manfredi cercò
con minor genio e con ancor minore fortuna di riprendere la politica
del padre in Italia, ancora una volta Perugia fu la città che, nel-
l’Italia Centrale, obbedendo alle sollecitazioni del papa Alessandro rv
nel 1259, s'oppose all'espansione sveva !*).

È una politica di cui si son potuti qui appena indicare le linee
fondamentali, ma che viene sviluppata con una notevole e coerente
continuità : è un fatto che, in quegli anni di profondi sconvolgimenti
nelle città italiane, davvero merita d’esser segnalato, anche perchè,
consentendo alla città una relativa pace interna, le permise d’altra
parte una notevole espansione nella regione !*).

Non c'é dunque da meravigliarsi se, per riprendere la tratta-
zione del nostro argomento, quando Carlo d'Angió conquistó il Mez-







VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 161



zogiorno d'Italia, con l'appoggio di Firenze fu appunto Perugia,
a formare una roccaforte guelfa, se non nel punto piü centrale, certo
nel piü nevralgico dell'Umbria, sviluppando appunto una politica
filopapale e filoangioina, sempre che coincidesse con i suoi interessi
e con le sue esigenze di espansione e di controllo delle vie di comu-
nicazione. In questo senso è egualmente caratteristico il procedere
di pari passo, tra Firenze e Perugia, anche sul piano della struttura
interna della città.

Perciò nel 1266 a Perugia troviamo un capitano di parte guelfa ;
nello statuto del 1279 (che si riferisce per altro ad un testo della
disposizione ad anni precedenti) si avverte che il podestà della città
di Perugia deve essere «amator et fidelis Ecclesiae et de parte Ec-
clesiae » e si precisa che in ogni caso la elezione sarebbe stata nulla
«si esset vel fuisset de parte olim regis Manfredi » «et de parte seu
voluntate Uberti Pelavicini seu etiam Corradini vel eorum heredum
vel eorum seguacium in civitate de qua esset electus ». Dunque
Perugia non solo era fedelmente guelfa, ma voleva un'organizzazione
politica alla cui testa fosse un personaggio di sicura, indubbia fede
guelfa, non solo individualmente, ma anche nella sua famiglia 1).

In verità non sembra che in Perugia ci fosse una opposizione
molto forte a questa politica guelfa, come invece noi troviamo al-
trove in Umbria 7).

Una città dalla storia molto drammatica, come Orvieto, era
anch'essa riuscita in questi anni, attraverso un accorto, equilibrato
dosaggio di forze all'interno della città e dei rapporti tra papa ed
imperatore, o papi e Manfredi, a mantenersi autonoma nella sua
politica, ad impedire inserzioni od intrusioni estranee alla sua vita in-
terna. Pur tuttavia una opposizione potente doveva esservi ed era
legata al mondo dell'eresia patarinica, se diede luogo ad una serie
di processi di cui ancor oggi noi serbiamo il registro, mostrando,
all'evidenza, con quanto accanimento l'Inquisizione (e dobbiamo
anche dire i Guelfi) combatteva contro gli eretici che, non a caso,
erano anche esponenti della parte ghibellina della città 18).
| Va certo detto, analogamente a quel che successe a Firenze ‘*),
che questi processi non sono processi politici mascherati da religiosi,
anche se mostrano una caratteristica coincidenza di interesse poli-
tico e religioso insieme : come ho indicato altrove, fra gli anni 1266
e 1285 circa, molte città italiane hanno una serie di processi contro
dei Patarini, in cui gli inquisiti sono certamente degli eretici — l'In-
quisizione aveva un rispetto della verità che non so quanti tribunali

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162 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

politici odierni avrebbero — ma anche in modo davvero indubbio
dei ghibellini. Oltre a Firenze e ad Orvieto processi analoghi, di cui
abbiamo qualche vago cenno, ma che probabilmente furono più
grossi ed importanti di quel che sembra in apparenza, si ebbero
anche a Spoleto nel 1267 ®°).

Perugia invece, lo abbiamo già notato, non aveva eretici, quindi
il suo guelfismo non aveva — neppure sul piano della opposizione
spirituale — degli avversari d’una certa importanza o di un certo
rilievo.

Ne risulta quindi, sul piano spirituale come su quello politico
una situazione di invidiabile, innegabile forza rispetto alle altre
città umbre, che dava perciò ai grandi protagonisti della politica
italiana dell'epoca, il papa e Carlo d'Angió, una sicura fiducia e
suscitava l'esigenza di appoggiarla e di sostenerla in quella espan-
sione esterna che é un'altra direttiva della politica di Perugia. Viene
alla storia della città in questi anni una chiarezza ed una coerenza
ancor piü nitida : mantenere, il piü possibile, questo indirizzo guelfo,
inserendosi nella politica generale d'Italia, riuscendo a tenere il
controllo del suo territorio con una continuità che gli studiosi di storia
perugina ed umbra ben conoscono e che giovó ai ricchi e rese potente
la città permettendole di controllare le vie di comunicazione che ne
partivano o vi giungevano *).

Proprio in questa seconda metà del secolo xir, mentre questa
preponderanza guelfa si fa piü decisa, Perugia vede peró un rallen-
tamento della sua espansione territoriale : in realtà i papi avevano
certo interesse a mantenersi la fedeltà e l'amicizia di Perugia, ma
non potevano d'altra parte consentire la piena realizzazione di quelle
che sarebbero state le esigenze della città : l'estendersi cioé su tutta
la regione, controllandone i punti nevralgici e le città piü inquiete.
Va poi aggiunto che i pontefici della seconda metà del secolo xii,
specialmente verso la fine di esso — pensiamo ad un Bonifacio vi —
erano delle tempre di politici notevoli, tutt'altro che disposti, per-
ció a lasciar via libera ad una città sia pur fedelissima come Perugia.
Loro prima e fondamentale aspirazione era sempre la cura degli
interessi del patrimonio di San Pietro e della Curia romana nell'Um-
bria e nell Italia centrale. Ma un Bonifacio vini aveva d’altra parte
chiesto ed ottenuto, sia pur con qualche esitazione, l'appoggio di
Perugia contro Gubbio, che nei primi anni del Trecento aveva cac-
ciato dalla città i guelfi ed aveva chiamato a suo capo il potente,
ma lontano Uguccione della Faggiola; più tardi aveva insistito







VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 163



— e questo noi lo sappiamo benissimo — perché Perugia mandasse
un buon numero di cavalieri ad accompagnare Carlo di Valois, che
andava a far da « paciaro » precisamente a Firenze. E Dino Compagni
ci racconta infatti: « Venne il detto messer Carlo nella città di
Firenze domenica addi rv di novembre 1301... Vennero i Luc-
chesi, dicendo che veniano a onorare il Signore. Vennero i Peru-
gini con cc cavalli...» e questi cavalieri diedero man forte alla
parte nera *».

Morto Bonifazio vini, Benedetto x1 nel suo breve pontificato
aveva posto a Perugia la sua sede facendo della città un centro di
vivaci contrasti politici e spirituali insieme. Vi venne il famoso me-
dico Arnaldo da Villanova a sostenere la causa dei suoi amici, gli
Spirituali, finendo in prigione ; vi si tenne il famoso conclave da cui
doveva uscire eletto quel Clemente v, che doveva iniziare la lunga
permanenza dei papi in terra di Francia *).

Proprio col trasferimento della sede papale da Roma ad Avi-
gnone, l'importanza di Perugia, già grande, diventa essenziale
ai fini del mantenimento d'una situazione politica favorevole al
papato in Umbria.

Il Papato infatti, a Roma, era fatalmente costretto, per le esi-
genze stesse della sua attività, anche spirituale, a tener d'occhio i
problemi dell'Italia Centrale, ai quali Roma era profondamente
legata **). Quando peró con Clemente v, con Giovanni xxII, con Be-
nedetto xit 0o coi loro successori, la Curia ebbe una sede abbastanza
tranquilla ed il Papato venne invece profondamente ad inserirsi
nell'intreccio di una politica europea a piü vasto respiro, che partiva
per cosi dire dall'Inghilterra e finiva a Bisanzio, e che aveva come
problemi non piü la turbolenza dei Romani o l'inquietudine dei Vi-
terbesi, ma la vicinanza di un Filippo il Bello o l'ostilità di un Lodo-
vico il Bavaro, è fatale un qualche disinteresse per le vicende dell’Ita-
lia Centrale ?°).

In queste regioni Perugia non è più la città di San Pietro, ob-
bediente alle direttive pontificie : diventa piuttosto la potente città
.che bisogna blandire, di cui bisogna conquistare l’amicizia, perchè
delle direttive pontificie si faccia interprete e portatrice. Non è
quindi un caso che Perugia combatta i Ghibellini a Città di Castello
nel 1306, a Todi nel 1310, a Spoleto nello stesso anno; e quando
nell'Italia Centrale viene Arrigo vii, «l’alto Arrigo » di Dante,
resiste anche se l'Imperatore nel settembre del 1312 le si avvicina
minaccioso, devastando, nel suo territorio, Marsciano *°).

















VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



Certo era assai difficile per Perugia, quando l'imperatore vicino
rafforzava tutti i ghibellini dell' Umbria, tenere in pugno la situazione :
basti pensare alle drammatiche vicende dell'estate del 1313 in Or-
vieto, quando in pochi giorni si ebbe un continuo capovolgimento
di situazioni. I guelfi erano riusciti ad escludere dalla città i ghibel-
lini, ma questi riescono ad avere l'appoggio dei Todini comandati
da Bindo de' Baschi: entrano tutti in città, finalmente felici di
poter espellere una buona volta gli odiatissimi guelfi e senza dar
retta a voci di pietà cacciano i loro avversari. Ma proprio quando gli
orvietani guelfi sono fuori della città, da lontano arrivano in aiuto
i perugini. La situazione si capovolge : i guelfi trionfano, e questa
volta per sempre *).

E una situazione tesa, nella quale Perugia é costretta a stare
all'erta: all'improvviso la morte di Arrigo vu, il 24 agosto 1313,
poneva fine ad ogni possibilità di restaurazione ghibellina in Italia.

A nulla servi, nel 1315, la vittoria di Uguccione della Faggiola
a Montecatini, anche se la sua ripercussione giunse fino in Umbria,
perché Firenze, impaurita per la ripresa ghibellina in Toscana,
sollecitò l’aiuto di Perugia. Ma Firenze ormai era troppo potente, e,
pur nella sconfitta, preoccupava; inoltre la sua politica era sempre
più venuta acquistando un respiro sovraregionale, che, inevitabil-
mente, andava al di là delle mire e delle stesse possibilità politiche
ed economiche di Perugia. Ciò spiega perchè questa non accettò
l'invito di Firenze di giungere, definitivamente, ad un accordo,
ma piuttosto cercò di porsi alla testa di una lega di città umbro-
marchigiane rinsaldando l'alleanza che era riuscita a stringere, dopo
lunghe lotte, con Spoleto e Todi, ed evitando quindi di impegnarsi
in una politica a più vasto raggio, che si sarebbe dovuta appoggiare
su Siena, su Bologna, su Firenze in opposizione a tutto il ghibellinismo
italiano.

Alla lega aderirono numerose città come Orvieto, Foligno, Came-
rino, Spoleto, Assisi, Cagli, Gubbio ed altre città ancora. A raf-
forzarla si aggiunse l’appoggio finanziario di Roberto d’Angiò, che
considerava Perugia un antemurale dei suoi stati; alla fine anche
Firenze diede il suo sostegno politico e militare.

Eppure era una situazione che, malgrado tutto, permaneva
instabile ; nel 1319 una ribellione espelle i guelfi da Assisi, nel no-
vembre da Spoleto, ma è l’ultimo sussulto : Perugia intervenne con
durezza, ponendo fine all’autonomia delle due città, sottomesse di
fatto se non di diritto, nel 1322 l’una, nel 1324 l’altra.





VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 165



Era il riconoscimento d'una situazione di fatto, che si era venuta
creando dai primi anni del Duecento, facendo di Perugia, in realtà,
il cuore e l'intelligenza, il centro di vita per tutta la Regione.

Di fronte a questi risultati che, adoperando in senso esteso un
termine moderno, noi chiameremmo di politica estera, è meno im-
portante lo sviluppo interno di queste città ; anche se proprio Peru-
gia alla fine del Duecento vede l’inserimento del popolo nella vita
cittadina, anche se Orvieto dopo un drammatico travaglio costi-
tuzionale, dopo lotte tra guelfi e ghibellini e nell’interno delle varie
famiglie orvietane, è ormai matura per la signoria Monaldesca, mentre
le altre città vedono anch’esse un turbinoso succedersi di varie e
contrastate vicende politiche ?*).

Ma ancora un fatto nei primi anni del Trecento dava a Perugia
un crisma di primato: non vorrei dimenticare di ricordare che,
proprio nel 1308, con la bolla Super specula, Clemente v fondava
l'Università **).

Né si deve dimenticare accanto al travaglio tormentoso e dram-
matico del mondo umbro sul piano della politica la vitalità anche
letteraria, specialmente ed ancora di Perugia *), mentre un fervore
non meno vivo, che é ben piü di un fatto di cultura, perché prende
davvero tutta la popolazione, é quello che io vorrei chiamare il tra-
vaglio religioso dell'Umbria.

C'é una tradizione della quale qualche volta, a torto, si sorride,
quella dell'Umbria mistica: ebbene bisogna dire qui, senza esita-
Zione, che si tratta invece di cosa estremamente seria per la vastità,
la profondità, l'impegno spirituale.

Di questo misticismo indubbiamente il tono fondamentale a
me sembra sia quello francescano, o comunque ispirato dal france-
scanesimo ; proprio qualche anno fa, nel mettere a fuoco il problema
dell’origine e dello sviluppo dei Disciplinati, si ebbe occasione di riba-
dire che proprio a Perugia aveva avuto il suo principio e che affon-
dava le sue radici in una religiosità legata al francescanesimo ed al
senso religioso della umanità e della sofferenza di Cristo che S. Fran-
cesco aveva vivacemente risvegliato nella coscienza religiosa del

° Duecento 81).

E da Perugia il moto diventò europeo, e durò a lungo ; il che
significa che poneva l’accento su qualche cosa che in Perugia era
forse, alle origini, anche più vivo e presente che altrove, ma che
tuttavia, aveva importanza significato e valore per tutta l'Europa
religiosa. Certo rimane ancora, se possibile, da precisare la figura











166 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

di Ranieri Fasani ed il volto originario del Movimento, ma val la
pena di ripetere che esso non fu fatto legato a poche persone, ma
comprese, con una unanimità rara, un'intera popolazione nella sua
totalità se i documenti dicono il vero parlandoci di una profonda
esigenza di purificazione, mostrando come a fondo scendessero certe
esigenze spirituali, di cui i Disciplinati sono espressione.

Se poi da un fenomeno cosi grande da essere perugino nella sua
origine ed europeo nei suoi sviluppi, noi passiamo ad esaminare
qualche episodio piü particolare e piü preciso, il quadro dell'Umbria
non per questo ci sembrerà men ricco e men vario.

Se noi non ci lasciamo abbagliare dallo splendore della Basilica
di Assisi, vedremo che l'Umbria é tutto un pullulare di conventi,
meglio, io direi, di case spesso anche piccole, francescane, dove il
Francescanesimo piü che altrove, se non mi inganno, mostra il suo
aspetto men noto, ma non per questo meno importante, tendenzial-
mente eremitico, che altrove ha avuto assai minore rilievo, perchè
i francescani si sono più legati alla vita delle città nelle quali pren-
devano dimora. A questo eremitismo, o — se questa parola ci può
sembrare troppo tecnicamente precisa — a questo rigorismo che
ama la solitudine, deve la sua origine psicologica quella tendenza
che si può chiamare la tendenza francescana spirituale *). Nel-
l’Umbria specialmente questa si animerà dei ricordi di un frate
Leone, di un frate Masseo, di un frate Egidio e di tutte le altre nume-
rose persone che non ci hanno lasciato forse dei documenti scritti,
ma la cui parola, spesso popolarescamente arguta e viva, correva,
passava, girava da un convento all’altro, da una bocca all’altra.
Non dobbiamo infatti dimenticare, pur nel doveroso rispetto dei
documenti, il fatto che questi non possono del tutto conservarci
la fervida partecipazione degli uomini che non lasciano traccia e
che pure hanno la loro importanza nella storia.

San Francesco infatti viveva tra gli uomini : non dieci o quin-
dici persone lo hanno visto agire ed operare, ma centinaia, migliaia
ed in qualche caso dobbiamo dire decine di migliaia nella sola Umbria
e tutti questi sottolineavano dunque e ponevano l’esigenza di con-
tinuarne la vita esemplare, la povertà totale, la umiltà profonda e
pur coraggiosa. Gli Spirituali, certo, non si possono limitare e re-
stringere, in tutto e per tutto, a dei ricordi o a dei risentimenti od
all’attaccamento per un ideale che sembra dimenticato o tradito ;
ma pure nell’Umbria e dall’Umbria essi ricevevano succhi vitali
che alimentavano la loro fede e la loro tenace speranza. Rivelazioni,













VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 167

racconti, episodi che noi troviamo diffusi nelle varie raccolte bio-
grafiche di San Francesco pervenuteci al di fuori della tradizione
ufficiale dell'Ordine, ci riconducono tutti, per la piü gran parte, ad
Assisi ed al mondo umbro, di cui essi sono l'espressione *).

Creazione umbra é poi — come credo di poter dire — quello
che a me sembra il piü alto monumento che i contemporanei hanno
elevato a San Francesco, piü alto e piü grande — per quella che era
lopinione del secolo xix — della stessa basilica di Assisi, vale a
dire la considerazione di San Francesco come typus Christi **).

Che il poverello d'Assisi non potesse essere ricondotto a nessun
tipo agiografico precedente é cosa di cui i contemporanei si accor-
sero subito 35).

Già nella lettera in cui frate Elia annunzia il prodigio delle
stimmate, c'é una stupefazione immensa dinanzi ad un fatto che é
rivelatore di un'immediata operante azione divina, che in Francesco
agiva come aveva agito in Cristo : « A saeculo — egli aveva scritto —
non est auditum tale signum (cioé appunto le stimmate) praeterquam
in Filio Dei». Ma poi, proprio nella seconda metà del secolo, man
mano che la storicità immediata della presenza di Francesco si atte-
nuava per cedere alla creazione, se non leggendaria, certo fantastica,
troppi elementi si vennero formando su di un doppio piano che per due
diversi scopi insistevano su Francesco fypus Christi.

Se Francesco, dopo oltre un millennio aveva ripetuto sulla
terra Gesù, se, come Lui, aveva sulla sua persona portato i segni e
le sofferenze della crocefissione, la sua autorità, da vivo come da
morto, aveva un significato ed una portata senza pari, superiore ad
ogni altra autorità umana. Il suo testamento, quindi, la sua lezione
di vita e di santità, la sua eredità spirituale non poteva e non doveva
esser toccata, quasi come le parole di Cristo. In tal modo, nel momento
stesso in cui si mirava a sottrarre Francesco ed il suo messaggio ad
ogni autorità umana, si dava loro anche un valore, un significato
di comando e di superiorità tale da incuter timore a chiunque ten-
tasse o pensasse di diminuirlo o di accantonarlo.

È questo il primo aspetto e la prima conseguenza della conside-
razione di Francesco typus Christi. Ma v’è di più : la stessa biografia,
la stessa vicenda umana di Francesco viene sempre più gradatamente
avvicinata, vorrei dire nella sua realtà biografica, a quella di Gesù
Cristo, come accade, per esempio, nella ben nota tradizione del men-
dicante che annuncia la nascita del Bimbo prodigioso e della madre
che riesce a partorirlo solo in una stalla.





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168 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



Qualche anno fa é stato rilevato, con buoni argomenti, che
questa tradizione non é priva di validità storica; ma soprattutto
importa qui notare che, in ogni caso, ed al di là della veridicità del
fatto, i contemporanei avvertirono in quella tradizione l’analogia
con l’altra tradizione, quella della nascita di Cristo e che — secondo
punto che qui ci interessa — questa tradizione non può venirci se
non dal mondo assisiate **).

Bisogna purtroppo tralasciare altri sviluppi di questa conside-
razione di Francesco come fypus Christi, limitandoci solo a ricordare,
perché troppo importante, un altro punto che é sfuggito a molti
studiosi: quello della resurrezione di San Francesco. Racconta
l'Olivi nella sua Lectura super Apocalypsim di avere appreso da un
uomo molto degno e « valde spiritualis » una notizia, che quest'uomo
aveva, a sua volta, appreso addirittura da Frate Leone *). Secondo
questa tradizione nel momento in cui l’ordine francescano avesse
dovuto affrontare l’ultima e terribile persecuzione dell’Anticristo,
Francesco sarebbe risorto per riprendere la guida del suo ordine.
Olivi era un grande teologo e quindi accoglie la notizia con molta
cautela, ma che la notizia fosse effettivamente in circolazione lo
conferma, ripetendola, il ben noto Ubertino da Casale, il quale anzi
ci precisa il nome di questo «vir valde spiritualis »: è Corrado da
Offida, che l'Olivi aveva avuto occasione di conoscere a Firenze e
con il quale era stato, come si sa, in corrispondenza, indirizzandogli
la ben nota lettera agli Spirituali italiani a proposito del loro rifiuto
della validità dell'abdicazione di Celestino v e quindi della obbe-
dienza a Bonifacio vii *). È una tradizione importante questa,
perchè, colta, appunto, nel suo farsi e nel suo svilupparsi, e perchè,
ancora una volta ci conduce al mondo umbro della tradizione del
typus Christi, di questo monumento a S. Francesco, creazione di
un’audacia incomparabile, se noi pensiamo che si ha il coraggio di
porre Francesco accanto a Gesù. Ma non vogliamo qui limitare e
restringere la spiritualità umbra alla lotta fra la Comunità e gli Spi-
rituali, anche se vale la pena di ricordare che a questo mondo degli
Spirituali apparteneva per esempio l’alta figura di poeta di Jaco-
pone da Todi nel quale ardore appassionato di fede, accanita devozione
al proprio ideale rigorista, tenero senso della pietà — è ciò che,
secondo l'Olivi, caratterizza la spiritualità francescana — si accom-
pagnarono con una forza di poesia, di cui si potrà e si dovrà, sul
piano estetico, cercare i limiti, ma di cui sul piano spirituale nessuno
vorrà negare la grandezza *).










VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 169

Ed ancora in Umbria possiamo cogliere un altro tocco di grande
umanità, che io ritengo non si debba dimenticare in tempi spesso
spietati come sono i nostri. In alcune biblioteche umbre — mi rife-
risco a quella di Todi ed a quella dell'Eremo delle Carceri — son
conservati alcuni manoscritti che contengono, in traduzione proven-
zale, ancora una volta opere del maestro degli Spirituali francescani,
Pietro di Giovanni Olivi *). Ebbene, questi manoscritti vi furon
portati quando l'inquisizione perseguitó a morte gli Spirituali della
Francia Meridionale e questi fuggirono cercando scampo, qui, nella
provincia di San Francesco. E lo trovarono, se potettero tener con sé
i loro libri, giunti fino a noi, conservandoci il ricordo di questa com-
prensione e di questa fraternità davvero francescana.

Ma il panorama della spiritualità umbra, ricchissimo, ci costringe
ad essere rapidi: eppure non si puó non accennare, almeno, all'im-
portanza di un'Angela da Foligno e di una Chiara da Montefalco.

Angela da Foligno — va subito detto — è ben differente da certe
gigantesche anime femminili del secolo xir da una Ildegarde di
Bingen, in cui confluiscono strane, a volte misteriose, correnti di
cultura, o da una Elisabetta di Schónau, di üna fantasia creatrice
di visioni di estatica varietà e colorismo ; eppure in Angela da Fo-
ligno il senso cristocentrico che il francescanesimo aveva inserito
nella spiritualità dei secoli xIII e xIv, è presente con una intensità
di cui Giorgio Petrocchi ha studiato anni fa l’importanza ed il valore.
La passione di Gesù è rivissuta con una evidenza immediata e con
una ebrezza estatica travolgente. Basterà citare un passo impressio-
nante: «cuius sanguis (di Cristo) apparebat (in una visione) sic
recens et rubicundus per vulnera effluens ac si tunc immediate de
recentibus vuleribus fuerit effusus » *!).

Questa visione di un realismo cosi potente le appare peró « post
abissalem absolutionem in Deum », dopo un'abissale travolgimento
in Dio ; é quell'abissale travolgimento di cui ci parla anche in qualcuna
delle sue poesie Jacopone, là dove, tra l'altro, ricorda che lo spirito
mistico, che raggiunga Dio, entra nell’infinito *?).

Eppure da San Francesco, Angela è profondamente diversa.
Pensiamo ad un episodio famoso che è stato giustamente più volte
messo in rilievo : il Giovedì Santo, Angela si reca all’ospedale dei
lebbrosi, lava loro le piaghe e poi riesce a bere questa mistura orrenda
d’acqua e sangue : vi cogliamo un gusto di mortificarsi, un desiderio
di vincere e superare l’umano disgusto che a me sembra diverso dal
sentimento che S. Francesco ha verso i lebbrosi. Se mi fosse lecito





170 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

porre una distinzione, direi che in Angela i lebbrosi sono un mezzo
per diventare piü perfetti, in San Francesco sono lo scopo e la meta
della sua infinita, travolgente carità. L'amore dei lebbrosi non ha
altre mire, ma é soltanto uno degli aspetti del rovesciamento totale
di valori che egli ha operato nella sua anima.

Non meno legata al mondo francescano é anche Chiara da Mon-
tefalco con le sue visioni, con il suo mondo spirituale e con un epi-
sodio che ne dimostra ad un tempo il buon senso, l'acuto, vivo senso
di percezione e di distinzione tra vero e falso nella spiritualità cri-
stiana. E l'episodio, molto importante, del rapporto tra Chiara da
Montefalco e l'eresia dello spirito della libertà che ci porta ad esa-
minare un ultimo aspetto della spiritualità umbra, collegato, questa
volta, all’eresia #). Per i seguaci della setta il mistico che é riu-
scito ad adeguarsi a Dio ha il supremo dono della presenza di Dio in
sè, giungendo a conclusioni ereticali : se Dio è nell’anima del fedele
ed, attraverso di lei e della sua azione, si manifesta Dio stesso, allora
ogni azione che quest'anima compirà dopo aver realizzato questa
unione con Dio, é incolpevole, anche se questa azione e la volontà
che la ispira si esprimesse in azione peccaminosa (é aperto qui lo
spazio ad una larga serie di eccessi e di disordini sessuali). Ora è
proprio questa forma di misticismo che, nei primi anni del Trecento,
si affaccia in Umbria, a Montefalco : dei frati, fra cui persino lo stesso
frate confessore della Beata Chiara, si accostano a lei e cercano di
indurla alla loro eresia. Anzi il frate Bentivegna da Gubbio espose
nel 1306 alla santa i principi essenziali di questa teoria del libero
spirito, ma Chiara, se non era teologicamente formata, era una
donna di notevole straordinario buon senso e non si lasciò impres-
sionare o sedurre. Noi abbiamo nei verbali del processo le indicazioni
delle domande e risposte e le osservazioni che le fa il frate, e le osser-
vazioni che dà la Santa. Sono risposte non da teologo, evidentemente,
ma di una donna che ha una spiritualità chiara, salda, sicura ; coglie
subito gli aspetti eterodossi delle idee che le vengono esposte, riesce
ad eliminare questa pericolosa infiltrazione nel suo convento. Ma
questo fenomeno del libero spirito non è limitato alla Beata Chiara e
a Montefalco : è un fenomeno che serpeggia tra i frati di tutta l'Um-
bria. Nella lontana Francia Meridionale, quando degli inquisitori
ai loro interrogati rivolgono il rimprovero che essi hanno fra di
loro le idee del libero spirito, si sentiranno dire con franchezza
che le idee del libero spirito non erano certo degli Spirituali, ma erano
viceversa dei frati minori non spirituali e dell'Umbria #). Del









E

VI CONVEGNO STORICO REGIONALE II

resto noi sappiamo che Arnaldo da Villanova, spiegando un suo
sogno al re di Sicilia, dice, fra l’altro, che nella Tuscia e nell’ Umbria
vi erano oltre duecentoquaranta frati che seguivano il libero spirito,
mentre Clemente v nel 1311 si vide costretto ad emanare la bolla
Dilectus Domini, in cui affida al vescovo di Cremona, Rainerio, l’in-
carico di indagare sulla «secta spiritus libertatis in nonnullis Italiae
partibus, tam Spoletanae provinciae quam etiam aliarum regionum
circumiacentium ».

Dal rigorismo degli Spirituali all'eresia del libero spirito è tutto
un fervido pullulare di energie spirituali, di sentimenti religiosi,
come del resto confermano ancora le vicende che, in anni successivi
a questi che abbiamo preso a considerare, opposero Spirituali, Fra-
ticelli, Ghibellini contro Giovanni xxIl ‘).

L'Umbria non ha Firenze, ma ha Perugia, Assisi, Todi ; non ha
Dante, ma ha Jacopone, S. Francesco, S. Chiara.

Nella prodigiosa, mirabile espressione di vita che a me pare
pervada tutta l'Italia, tra la metà del secolo xii e l’inizio del xIv,
l'Umbria ha un suo tono, una sua fisionomia che è inconfondibile.
Nel coro che l’Italia innalza a Dante e che nel suo tempo coronò e
cinse l’altissimo Poeta, l'Umbria ha una sua voce alta, ferma e di-
stinta sul piano politico come su quello religioso.

Ciò solo si proponeva di ricordare questa mia relazione.

NOTE

1) Per l’Umbria come località di cui parli Dante, va prima di tutto
ricordato il ben noto A. BAssERMANN, Orme di Dante in Italia, Bologna
1902 (trad. it.). Per Dante e l'Umbria si veda poi M. ApoLLoNIO, Dante e
U,Umbria, in L'Umbria nella storia nella letteratura nell’arte, Bologna 1954,
pp. 213-231.

?) Abbiamo soltanto accennato a s. Francesco, sapendo che ne avrebbe
parlato L. Salvatorelli, di cui si veda, alle pagg. 235-247, l'interpretazione che
dà dei due canti XI e XII; vi é tra l'altro acutamente posto in rilievo il

. Significato e l'importanza dei dati geografici e storici. Quanto alle divergenze

politiche si ricordi, come accenneremo piü oltre, che Perugia appoggió Carlo
di Valois e la politica di Bonifazio VIII a Firenze; ora è significativo che
Dante ne taccia, mentre, ad esempio, con Lucca, che seguiva la stessa linea
politica di Perugia, è asprissimamente polemico. Dante, evidentemente,
guarda, per quel che concerne l’Umbria, al di là dei valori contingenti, per
coglierne ed indicarne la forza di santità, culminata in Francesco.











172 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

?) Sui Monaldi e Filippeschi si veda quanto diremo piü oltre.

5) Epistola VI, 20, in Le opere di Dante, Firenze 1921, p. 425. Vale
la pena di ricordare a questo punto che Dante nel De vulgari eloquentia consi-
dera il dialetto umbro non una realtà unitaria, ma una serie di dialetti, coi
quali è decisamente severo : così giudica che gli spoletani parlano uno dei
piü brutti volgari italiani, in De vulg. el., I, XIII, in Le opere di Dante,
p. 331: « De Perusio, Urbe Veteri, Viterbio nec non de Civitate Castellana,
propter adfinitatem quam cum Romanis et Spoletani habent, nichil tractare
intendimus ». Per questi problemi si vada lo sguardo d’insieme di A. DEL
MowrE, La poesia popolare nel tempo e nella coscienza di Dante, Bari 1949, alle
pp. 89-112, che per altro non approfondisce la questione, per quel che riguarda
i dialetti dell'Umbria, del resto appena ricordati nel De vulgari eloquentia.

*) La migliore introduzione alla politica guelfa-angioina in Italia nella
seconda metà del XIII secolo rimane l'opera di E. JonpAN, Les origines
de la dominalion angevine en Italie, Paris 1909, anche se numerosi contri-
buti successivi hanno di volta in volta modificato o superato qualche punto.
Dello stesso Jordan si veda anche L'Allemagne et l'Italie aux XII et XIIT®
siécles, Paris 1939 (G. Grorz, Histoire générale. Histoire du Moyen Age, IV,
1) In particolare per l'età di Manfredi abbiamo R. MonGHEN, Jl tramonto
della potenza sveva in Italia, Roma-Milano 1936. Per strano che possa sem-
brare manca un lavoro recente su Carlo I d'Angió come re di Sicilia, mentre
uno studio sull'espansione angioina in Italia Settentrionale è stato iniziato
da M. Furano, L’espansione angioina in Italia, I, in Archivio Storico per
le province napoletane, LXXVIII (1959), pp. 55-234.

*) Per Firenze è sempre fondamentale R. DAvipsoHN, Geschichte von
Florenz, vol. IV, Berlin, 1896-1927, a cui vanno aggiunte le non meno impor-
tanti Forschungen zur Geschichte von Florenz, IV, Berlin 1908, dedicate appunto
ai secoli XIII e XIV. Ma proprio alla seconda metà del sec. XIII sono dedi-
cate due opere famose G. SALVEMINI, Magnati e popolani in Firenze dal 1280
al 1295, Firenze 1899, di cui ha particolare interesse il primo capitolo :
Guelfi, Ghibellini e popolo fino al 1280 e, con diverso assunto metodologico,
N. OrrToKAR, Il Comune di Firenze alla fine del Dugento, Firenze (s. a.,
ma 1926).

?) Ho appena bisogno di dire che adopero i termini guelfo e ghibellino
nel senso corrente della parola; per quest’epoca guelfi sono coloro che ap-
poggiano la politica papale ed angioina in Italia e ghibellini coloro che l’av-
versano. Su questo punto si veda appunto il primo capitolo dell’opera del
SALVEMINI, cit. alla nota precedente.

5) Per la storia di Perugia in questi anni, oltre alle opere generali già
indicate sopra alla nota 5 ed alla ben nota L. Bonazzi, Storia di Perugia
dalle origini al 1860, I, Perugia 1875, specialmente pp. 250-409, si veda ora
D. SEGOLONI, Bartolo da Sassoferrato e la Civitas Perusina, 1875 in Bartolo
da Sassoferrato. Studi e documenti per il IV centenario, vol. II, Milano 1962,
interessante in particolar modo alle pp. 71-129 dell’estratto.








a









VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 173



*) Per Spoleto bisogna ancora ricorrere ad A. SAwsr, Storia del Comune

.di Spoleto, I, Foligno 1879, accompagnato dai Documenti storici inediti in

sussidio allo studio delle memorie umbre raccolti e pubblicati per cura di A.

Sansi, I e II, Foligno 1879. Su Corrado di Urslingen e la sua famiglia in

Italia si veda il cenno di A. SACCHETTI SASSETTI, Rieti e gli Urslingen (1251-

1256), in Archivio della Società romana di Storia Patria, LXXXV-LXXXVI
(1962-1963), pp. 1-13.

10) La politica delle recuperazioni di Innocenzo III merita di essere
sistematicamente studiata ed approfondita. Per una prima informazione si
veda A. LucHaAIRE, Innocent III, Rome et l'Italie ; e, in particolar modo, D.
WarEv, The Papal State in the thirteenth Century, London 1961, ove si di-
scute alle pp. 30-67 di Innocenzo III e della fondazione dello stato papale.

11) Questi diritti sono esaminati oltre che dal SEGOLONI, op. cit., anche
dal WALEY, op. cit., pp. 1-29. Entrambi in vario modo si rifanno al fonda-
mentale J. FrckEn, Forschungen zur Reichs-und Rechtsgeschichte Italiens, II,
Innsbruck 1869, pp. 284-472 e specialmente alle pp. 328-369.

1?) Su Orvieto abbiamo una buona storia, modernamente pensata e
scritta, quella di D. WarEv, Mediaeval Orvieto. The Political History of an
Italian City-State, 1157-1334, Cambridge 1952, ove però la storia orvietana
non è sempre esattamente collocata nell’intreccio delle vicende umbre.

1) AI suddiacono Alatrino ho dedicato un breve studio in R. MANSELLI,
Federico II ed Alatrino, diplomatico pontificio del secolo XIII, in Studi ro-
mani, VI (1958), pp. 649-658.

4) Sulla politica di Perugia in questi anni si veda H. MonGHEN, Il
tramonto della potenza sveva in Italia, già cit., p. 197.

5) Rimane in proposito importante il volume di F. BRIGANTI, Città
dominanti e comuni minori nel Medio Evo con speciale riguardo alla repub-
blica perugina, Perugia 1906, spesso dimenticato dalla moderna storiografia
sull'argomento mentre è ricco di notizie e di osservazioni interessanti.

1) Si veda su questo punto le opere su Perugia precedentemente citate.

7) Sarà opportuno ricordare, a questo punto, che in Perugia non ri-
sulta, almeno a quel che si ricava dai documenti noti, un’infiltrazione della
eresia catara, che è legata alla politica ghibellina, come ho mostrato nel
volume R. MAnsELLI, L’eresia del male, Napoli 1963, pp. 276-294. Si veda
sul problema dell'eresia nelle città E. DuprÈ THESEIDER, Gli eretici nel
mondo comunale italiano, in Bollettino della Società di Studi Valdesi, 114
(1963), pp. 1-23.

18) Sui processi antipatarinici ed antighibellini di Orvieto bisogna
vedere, prima di tutto L. Fumi, Codice Diplomatico della città d’Orvieto,
Firenze 1884 e In., I paterini in Orvieto, in Archivio Storico Italiano, serie
III, XXII (1875), pp. 52-81 e il recente studio di W. CHERUBINI, Movi-
menti patarinici in Orvieto, in Bollettino dell'Istituto storico Artistico Orvie-
tano, XV (1959), pp. 3-42.

1) Mi sia permesso rinviare al mio studio R. MansELLI, Per la storia















174 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



dell'eresia catara nella Firenze del tempo di Dante. Il processo contro Sara-
ceno Paganelli, in Bullettino dell'Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e
Archivio Muratoriano, LXII (1950), pp. 123-138 e a Ip., L'eresia del male,
pp. 317-318.

2) Si vedano gli interessanti documenti editi da A. SANSI, Documenti
storici inediti etc., già cit., pp. 320-321.

21) Va ricordato in proposito il libro già cit. di F. BrIGANTI, Città domi-
nanti e comuni minori.

2) Dino COMPAGNI, Cronica, II, IX e XIV, in R.I.S. (II ediz.) a cura di
I. Del Lungo, vol. IX, parte 2, pp. 101, 112 con ulteriori indicazioni di fonti.

2) Per i rapporti tra Benedetto XI ed Arnaldo da Villanova si veda
R. MawsELLI, Arnaldo da Villanova ed i papi del suo tempo tra religione e
politica, in Studi Romani, VII (1959), pp. 146-161, specialmente alle pp. 151-
153, ove si danno anche altri rinvii bibliografici. Per il conclave di Perugia
rinvio allo studio di R. MonanEN, I! conclave di Perugia nel 1305 e la lettera
di Dante ai cardinali italiani, in L' Umbria nella storia, nella letteratura e nel-
l’arte, già cit., pp. 103-124.

2) C’è qui appena bisogno di ricordare come l’attività della Curia pon-
tificia fosse condizionata dalla tranquillità interna di Roma e dalla possi-
bilità di trovare altrove rifugio, a Viterbo, ad Orvieto o, appunto, a Perugia.

s) Per il papato avignonese ed i suoi problemi, visti con acume ed
intelligenza, si puó ricorrere con fiducia all'agilissima sintesi di Y. RENOUARD,
La papauté d'Avignon, Paris 1954, che è appunto rivolto a chiarire gli
aspetti nuovi e le prospettive diverse, di fronte alle quali si trovarono i papi
d'Avignone ; nel volumetto del Renouard si trova anche un'accurata biblio-
grafia. Attenta e rapida indicazione dei problemi con ricca bibliografia in G.
MoLLAT, Les papes d'Avignon, Paris 1949 (IX ediz.), mentre le vicende ed il
punto di vista romano sono finemente esposti da E. DuprÈ THESEIDER,
Roma dal comune di popolo alla signoria pontificia, Bologna 1952 (Storia
di Roma, IX) in particolare dalla p. 377 in poi, ove sono riprese le con-
clusioni del precedente volume dello stesso autore, / Papi d'Avignone e la
questione romana, Firenze 1936.

2) Su Arrigo VII, la sua venuta in Italia e la sua politica si veda
il volume di W. M. Bowsxr, Henry VII in Italy. The Conflict of Empire and
Cily-State 1310-1313, Lincoln 1960. Per la lotta contro il territorio perugino
cfr. l'op. cit., a p. 173 e Bonazzi, op. cit., pp. 388-390.

7) D. WALEY, Mediaeval Orvieto, già cit., pp. 84-92. E un capitolo dal
titolo significativo Defeat of the Ghibellines (1303-1313).

28) Su questi punti faccio riferimento alle varie storie delle città, che
ho precedentemente ricordate.

?) Per la storia dell’Università perugina è fondamentale G. ERMINI,
Storia della Università di Perugia, Bologna 1941.

30) Si veda più oltre la lezione di M. Marti sui poeti perugini.

81) Sulla spiritualità umbra va ricordata l’agile sintesi di L. SALVA-













VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 175



TORELLI, Spiritualità umbra, in l’ Umbria nella storia nella letteratura nell’arte,
già cit., pp. 1-25. Sul Moto dei Disciplinati basta ora rinviare senz’altro al
volume Il Movimento dei Disciplinati nel settimo centenario dal suo inizio,
Perugia, 1962, che nella varietà dei suoi contributi è, come rare volte accade
a volumi del genere, davvero illuminante, per le parti su cui è raggiunto ormai
l'accordo, e stimolante per quelle ancora in discussione o su cui continua
sempre la ricerca.

3) È questo il tratto più caratteristico del movimento degli Spirituali
nell’Umbria e nelle Marche, per cui si differenzia nettamente da quello
della Francia Meridionale che si rivolgeva ad abitanti delle città. Inoltre
in Italia opera, in special modo vivo e potente l’esempio di s. Francesco,
quale durava appunto nel ricordo dei confratelli che gli furon più vicini;
in Francia invece il rigorismo pauperistico nasceva piuttosto da un’intensa
meditazione della realtà e del significato storico del movimento francescano.
Ma su questo punto spero di ritornare in un apposito lavoro.

33) Al mondo umbro ci riconducono tutte le varie compilazioni biografi-
che relative a s. Francesco, a prescindere dalla biografia ufficiale di Tommaso
da Celano e di s. Bonaventura (che ovviamente, da parte loro, hanno tenuto
larghissimo conto di fonti e di tradizioni umbre). Ma non possiamo qui ri-
prendere la difficile questione delle fonti per la storia di s. Francesco, per cui
basterà rinviare alle più importanti biografie, da quella classica di P. Sa-
batier a quella recentissima di A. Fortini.

*) Su Francesco, fypus Christi, vado da tempo preparando un lavoro di
cui do qui alcuni risultati ed indicazioni.

35) È caratteristica la testimonianza di Giacomo di Vitry, quando era
ancor vivo s. Francesco, di cui discuto in R. MANSELLI, La « Lectura super
Apocalipsim » di Pietro di Giovanni Olivi. Ricerche sull’escatologismo medioe-
vale, Roma 1955, pp. 109-115.

8°) L’esame storico amplissimo, di questa tradizione relativa alla na-
scita di s. Francesco è stata fatta con cura e competenza da G. ABATE, Storia
e leggenda intorno alla nascita di s. Francesco, in Miscellanea Francescana,
48 (1948) e 49 (1949), rispettivamente alle pp. 515-549 ; 123-153 e 350-374.

8) Si veda in proposito R. MANSELLI, La « Lectura...» già cit. pp. 227-
228. Per i rapporti fra Pietro di Giovanni Olivi, Corrado da Offida ed Uber-
tino da Casale si veda anche il mio articolo Pietro di Giovanni Olivi ed Uber-
tino da Casale, ..... in corso di stampa.

8) La lettera di Pietro di Giovanni Olivi a Corrado da Offida è stata
© magistralmente studiata da L. OLIGER, Petri Johannis Olivi De renuntiatione
Papae Celestini V questio et epistola, in Archivum Franciscanum Historicum,
11 (1918), pp. 309-373.

8) Le più importanti conclusioni storiche e letterarie su Jacopone
sono nel volume Jacopone da Todi, Todi 1960.

4) Su queste operette studiate finora solo nel loro aspetto letterario,
si veda C. DE LoLLis, Trattato provenzale di penitenza, in Studi di Filologia





176 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

romanza, V (1890), pp. 293-298 ; D. Zorzi, Testi inediti francescani in lingua
provenzale, in Miscellanea del centro studi medioevali, serie I, Milano (s. a.
ma 1956), pp. 249-324, alle pp. 255-260 e I. ArTtHUR, La vida del glorios
san Frances, Upsala 1955, pp. 5-9. È però probabile che altri ancora siano
in biblioteche umbre ed, anche, toscane, come ho potuto, tra l’altro, arguire
da un manualetto di preghiere in latino ed in provenzale rinvenuto presso un
libraio antiquario pugliese, dal quale purtroppo non sono stato autorizzato
a dare altri particolari e precisazioni.

41) Ad Angela da Foligno ed al suo misticismo ha dedicato uno studio
acuto e penetrante appunto G. PerTRoccHI, Astraltezza e realismo nel Liber
di Angela da Foligno, in Ascesi e mistica trecentesca, Firenze, 1957, pp. 1-20.

«) JAcoPONE Da Topi, Laudi, Trattato e detti a cura di F. Ageno,
Firenze 1953, Laude XCI, vv. 171-172 a p. 387 : « Alta nichilitade, tuo atto
è tanto forte c'apre tutte le porte, entra ne lo infinito ».

5) La secía spiritus libertatis, manifestazione umbra e toscana del mo-
vimento del libero spirito è stata studiata da L. OLIGER. De secta spiritus
libertatis in Umbria saec. XIV. Disquisitio et Documenta, Roma 1943, mentre
un primo sguardo d'insieme, da un punto di vista rigorosamente marxistico,
è in M. ErssTOssER-E. WERNER, Jdeologische Probleme des mittelalterlichen
Plebejertums. Die Freigeistige Hdresie und ihre sozialen Wurzeln, Berlin 1960,
che tuttavia ignorano l’episodio ereticale umbro.

4) Questi aspetti del contrasto tra Spirituali e Comunità, son discussi
in R. MAnsELLI, Spirituali e Beghini in Provenza, Roma 1959, p. 207.

4) Queste vicende politiche e religiose ad un tempo, andrebbero appro-
fondite. Si veda per ora L. Fumi, Eretici e ribelli nell' Umbria, Todi s. a.
(ma per i documenti, omessi in questa seconda edizione bisogna sempre
ricorrere alla pubblicazione fattane in Bollettino della R. Deputazione di Storia
Patria per l'Umbria, III-V (1897-1899) e F. Bock, I processi di Giovanni
XXII contro i Ghibellini delle Marche, in Bullettino dell’ Istituto Storico Ita-
liano ner il Medio Evo e Archivio Muratoriano, 57 (1941), pp. 1-52.

BaTTELLI : L’applauso di uditori così qualificati esprime meglio
delle mie parole il ringraziamento che dobbiamo al prof. Manselli.
La brillante e dotta esposizione non ci ha sorpreso, perchè sappiamo
che egli è forse il conoscitore più profondo del pensiero e dello spirito
di questi due secoli, di cui ci ha dato una rievocazione così viva e in-
sieme così piena di dottrina, una dottrina vasta e solida acquistata
nella meditata lettura dei testi e nella ricerca documentaria. Sono
quindi certo, nel ringraziarlo calorosamente, di rendermi interprete
dei sentimenti di tutti i presenti.

Ho il piacere di dare la parola al P. Mariano da Alatri, che
svolgerà una comunicazione sopra l’allusione dantesca a Matteo d’ Ac-
quasparta.








VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 177



L'ALLUSIONE DANTESCA A MATTEO D'ACQUASPARTA

I commentatori della Commedia sono oggi concordi nell'inter-
pretare i noti versi del Paradiso :

. non fia da Casal né d'Acquasparta,
là onde vegnon tali alla scrittura,
ch'uno la fugge, e l'altro la coarta
Par. XII, 124-126.

E cioé: francescani veramente osservanti della regola minoritica
non saranno né i seguaci di Ubertino da Casal Monferrato (un esal-
tato che coaría la regola, stringendola soverchiamente), né quelli del
card. Matteo d'Acquasparta (un rilassato che la fugge e si allontana
dal suo spirito) ?).

Insomma, i commentatori son paghi di chiosare l'allusione del
poeta, che parlava di persone e fatti a lui ben noti. Pochi anni prima
che Dante frequentasse le scuole dei religiosi (1291/94) — tra le
quali certamente quella di S. Croce 2) — nello studio francescano
fiorentino avevano insegnato Pietro di Giovanni Olivi *) (1288-1289)
e Ubertino da Casale *) (1285-1289), che egli poté conoscere per-
sonalmente.

E senz'altro calzante la caratterizzazione del focoso Ubertino
quale tipico rappresentante degli spirituali. Anche a prescindere dal
fatto che nel capitolo generale del 1310 si porrà alla loro testa e nel
1317 uscirà dall'ordine, Ubertino assomma in sè la quintessenza
dell'inquieto movimento spirituale.

Matteo lassista ?

Ma é lecito additare in Matteo d'Acquasparta il rappresentante
dei lassisti ? Il cronista Giovanni da Komorowo sentenzia laconica-
mente: «Sub ipso Ordo nimium relaxabatur » *). E piü diffuso il
Wadding che al d'Acquasparta rimprovera un'eccessiva remissività
ed acquiescenza ai desideri dei sudditi e, dopo la sua elevazione al
cardinalato, un tenore di vita principesco *).

Allorché nel capitolo di Montpellier (Pentecoste 1287) Matteo
(ca. 1238/40-29 ottobre 1302) fu eletto generale, aveva al suo attivo
soltanto una lunga carriera di scolastico: dopo avere studiato e
conseguito il magistero a Parigi, era stato lettore a Bologna (1273),

12



178 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



a Parigi (fino al 1279) e, finalmente, nella curia romana (1279-1287).
Il suo generalato fu di breve durata: dal maggio 1287 al maggio
1289; nel frattempo (15 maggio 1288) Niccoló 1v lo aveva creato
cardinale *).

Durante questi due anni di ministero generale Matteo non pose
l'ordine su vie nuove, ma si attenne all'antica prassi e a quanto
la santa Sede aveva recentemente stabilito con la decretale Exiit
qui seminat *). Nel governo dei frati fu abile e conciliante. Cosi,
quando nel 1287 il famoso Pietro di Giovanni Olivi fu denunciato
al capitolo generale di Montpellier come capo d'una setta supersti-
ziosa e scismatica, Matteo gli accordò ampia facoltà di difesa e,
trovandone la dottrina conforme all' Exiif qui seminat, non solo non
condannó il maestro provenzale — che pure non risparmiava aspre
critiche alla comunità — ma, per toglierlo dall'ambiente ostile della
Provenza, lo inviò lettore nellimportante studio di Firenze »).
Se non proprio a simpatia, va certamente ascritto allo spirito con-
ciliante dell'Acquaspartano se nel 1289 l'antico ministro generale
Giovanni da Parma poteva lasciare l'eremo di Greccio ed avviarsi
verso l'Oriente, dove contava di poter lavorare per l'unione dei
Greci con la Chiesa latina 1°).

Si tratta, come si vede, di appena qualche episodio, dal quale
non è lecito concludere che Matteo nutrisse simpatia per il movimento
degli spirituali; ma è certo che non era dichiaratamente ad essi av-
verso. Tanto è vero che, mentre la libellistica spirituale non risparmia
S. Bonaventura *), passa invece sotto silenzio il nome di Matteo.

Tra le molte opere dell'Acquaspartano ??) non figura una esposi-
zione della regola francescana o, comunque, uno scritto da cui sia
possibile cogliere il suo pensiero circa le roventi questioni che in
modo cosi drammatico fomentarono l'interno dissidio e quindi la
scissione nell'ordine minoritico. Ma da alcune sue costituzioni,
dettate per i benedettini della badia fiorentina di S. Maria, risulta
chiaramente che cosa egli pensava della vita religiosa e con quale
impegno promoveva il raggiungimento dei suoi fini. Le costituzioni
di riforma furono emanate il 19 novembre 1300, al tempo della sua
legazione a Firenze !), e contengono disposizioni circa il culto di-
vino, la regolare osservanza e l’amministrazione dei beni del mona-
stero. Matteo vi determina la forma dei dormitorî e delle celle,
che vuole adatte per lo studio *); riprova l’uso individuale della
pecunia e ordina l’allestimento d’un’infermeria dove i malati siano
amorevolmente assistiti 1°). La lettera si chiude con un grave monito







VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 179



all'abate, responsabile della disciplina monastica e dell'esecuzione
degli statuti 1*).

Come si vede, l'antico ministro dei frati minori aveva un con-
cetto austero dei compiti della vita religiosa, che voleva al riparo
d'una rigida disciplina. Quali dunque le ragioni della dura allusione
dantesca ?

Tra le brevissime costituzioni emanate nel capitolo di Mont-
pellier, la quarta suona cosi: «Item mandat generalis minister,
quod quelibet provincia procuret solvi xrrv solidos turonenses
Fabro mercatori Florencie pro privilegiis impetrandis »'*). Al dc-
creto seguirono ben presto i fatti. Ne fa fede il Bullario francescano,
dove i privilegi — sollecitati e dalla curia romana concessi a frati
minori e clarisse — cominciano ad essere frequenti. Piccole ed in-
nocenti cose, in fondo, come indulgenze per luoghi francescani in
determinati giorni, esenzioni varie per individui e case, dispensa
dall'osservanza dell'interdetto eventualmente vigente nel luogo della
loro dimora, facoltà di confessare particolari persone, autorizzazione
a disporre, principalmente per il culto, della pecunia depositata
presso la tomba di S. Francesco, inabilitazione per certi uffici per
chi abbandona l'ordine francescano, raccomandazioni e favorevoli
interventi papali in determinate occorrenze !*) : è innegabile che in
questo modo Matteo lasciava che l'ordine francescano s'inoltrasse
su un terreno sdrucciolevole.

Il movente dell’allusione.

Torniamo ai versi danteschi, dove l’allontanarsi di Matteo dalla
regola è espresso plasticamente da quel «fugge ». Ma, quando die-
tro al «fugge » e «coarta » si delineano, contrapposte, le figure di
Ubertino e di Matteo, l’idea che ne risulta non ci sembra più stori-
camente esatta. Ubertino è l’araldo della fiera intransigenza, il ri-
gorista esaltato e combattivo. Matteo, quindi, sarebbe l’uomo del
rilassamento, il lassista. Ma, storicamente, Matteo lassista non fu :

- non lo fu nella vita, negli atti di governo, negli indirizzi dati all'or-
dine. Soprattutto non creó, e neppur promosse, una teoria che
desse diritto di cittadinanza al lassismo, non lo difese. Egli tenne
fede alla interpretazione che della regola avevano data Gregorio rx
e poi — conformemente alla interpretazione e alla prassi promossa
da S. Bonaventura — Niccolò In.






































180 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



Lo stesso S. Bonaventura aveva rinunciato ai privilegi per pru-
denza, anziché per la loro incompatibilità con la regola. Del resto,
non si possono addebitare a Matteo gli abusi che si introdussero
nell'ordine prima e dopo di lui. Nel breve periodo del suo generalato
seguitarono a maturare i frutti — buoni e men buoni — delle piante
attecchite sotto i suoi predecessori, che per vari motivi avevano
dovuto trascurare il governo dell'ordine **?). Il successore di Mat-
teo, fra Raimondo Gaufredi *", nonostante la sua dichiarata sim-
patia per gli spirituali, continuó sulla linea dell'Acquaspartano :
un tenore di vita mitigato, non rilassato, imposto ormai dalla natu-
rale e quindi inarrestabile evoluzione storica.

Stando cosi le cose e sotto questo punto di vista, Dante avrebbe
potuto scegliere tra numerosi ministri generali quello da contrap-
porre — in ogni caso, non del tutto giustamente — ad Ubertino.
Non v'è dubbio che gli spirituali, al posto di Matteo, avrebbero
preferito frate Elia e magari lo stesso S. Bonaventura.

Sia quindi lecito domandarci : perché Matteo e non altri ? La
sferzante allusione è posta in bocca a S. Bonaventura, che pochi
anni prima aveva avuto lo stesso cursus honorum di Matteo : en-
trambi geniali figli della Tuscia, erano stati maestri parigini, mini-
stri generali dell’ordine minoritico, e cardinali di santa Chiesa impe-
gnati in grandi uffici.

Perché dunque una così diversa valutazione da parte del poeta ?

È l’unica volta che, nella Commedia, Dante accenna a Matteo,
che pure aveva conosciuto da vicino e che intessé la trama di molta
storia pontificia e fiorentina di quella tormentata epoca. Matteo
amico fidato e consigliere di Bonifacio vii, organizzatore della cro-
ciata contro i Colonna (si ricordi con quale amara ironia Dante
inveisce contro questa guerra combattuta presso il Laterano, non
contro Saraceni o Giudei, ma contro cristiani) 2), Matteo difensore
della dottrina circa i poteri papali **), ripetutamente legato pontificio
in Lombardia, Romagna e Toscana, e soprattutto « paciaro » a
Firenze, dove, invece che di pace, la sua venuta fu foriera della rovina
dei Bianchi e di Dante con essi ?°).

Immediatamente appresso ai versi qui studiati, Dante pone
sulle labbra del serafico Dottore la dichiarazione : « Io son la vita di
Bonaventura / da Bagnoregio, che ne’ grandi offici / sempre pospuosi
la sinistra cura » (Par., xn, 127-129). Ebbene, a differenza di Bona-
ventura, Matteo aveva preferita questa «sinistra cura » delle cose
del mondo — e innanzitutto la maledetta politica a servizio del-







VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 181



l’odiato Bonifacio vini — ed essa aveva dato i suoi frutti, amaris-
simi per il cantore dei regni d’oltretomba.

Matteo quindi «fuggì » la regola non per passare nel campo
dei lassisti, e tanto meno per esserne il corifeo o il prototipo (è
questa l’idea suggerita dalla chiosa del Komorowo, del Wadding
e di gran parte dei commentatori della Commedia), ma se ne allontanò
facendosi assorbire dalla cura delle cose mondane.

È in questa luce che va vista l’allusione al grande cardinale
d'Acquasparta : se al duro giudizio in essa implicito non fu estraneo
il risentimento del poeta verso chi, a torto o a ragione, egli consi-
derava un anello nella catena delle sue disgrazie, è anche certo che
il giudizio fu dettato da una visione ideale ed assoluta del france-
scanesimo, concepito come distacco dal mondo e sforzo di assimila-
zione a Cristo, cosi come lo aveva incarnato S. Bonaventura che,
appunto, «sempre pospuose la sinistra cura ».

NOTE

1) Cfr. i commenti di N. Tommaseo (Paradiso, Milano, 1869, 171);
G. PoLETTo (Paradiso, Roma, 1894, 273); I. DEL Lungo (Firenze, 1926,
759 sg.) ; G. A. SCARTAZZINI (Testo critico della Società Dantesca Italiana rive-
duto, col commento scartazziniano. Milano ?, 1938, 151); Sr. IenupI (Para-
diso, Padova 1949, 166). Da questa interpretazione si allontana il celebre
Cnmisrorono LanDINO (La Commedia, Venezia, 1493) che inverte le parti,
presentando Matteo come un rigorista, mentre ad Ubertino, « fuggito » tra
i benedettini, attribuisce erroneamente il ruolo di ministro generale dei fran-
cescani.

?) B. NARDI, Dante e la cultura medievale, Bari, 1942, 46; P. CHIOC-
coni, L’agostinismo nella Divina Commedia, Firenze, 1952, 24-30.

3) GnATIEN DE Paris, Histoire de la fondation et de l'évolution de l'Ordre
des Fréres Mineurs au XIII? siécle, Paris-Gembloux, 1928, 382-386 ; R.
MansELLI, La « Lectura super Apocalipsim» di Pietro di Giovanni Olivi.
Ricerche sull’Escatologismo medioevale, Roma, 1955, 135-176.

4) F. CALLAEY, L’idéalisme franciscain spirituel au. XIV? siècle. Étude
sur Ubertin de Casale, Louvain, 1911.

5) Memoriale Ordinis Fratrum Minorum a fratre IoANNE DE Kowo-
ROowo compilatum, ed. XAvERIUs LiskE et ANTONIUS LORKIEWICZ, Leo-
poli, 1880, 110.

*) L. WapniNaG, Annales Minorum, V, Ad Claras Aquas, 1931, 234:
«Non parum nocuit Ordini regimen Aquaspartani, non quod ipse malus







182 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



fuerit, aut male praeceperit, sed quod eo mitius et laxius agente, paulati.
attenuata sit regularis observantia [...]. Auxit malum quod Cardinalis
factus, nec ut oportuit attendere potuit ad Ordinis gubernium, nec ausus
est ad arctiora cogere, dum suaviorem ipse Principis post Cardinalatum
vivendi normam praeferret ».

7) Cfr. l'ampia informazione bio-bibliografica di E. LowcPnÉ, Matthieu
d'Aquasparta, in Dictionn. théol. cath., X, Paris, 1928, coll. 375-381, e V.
Doucer nell’introduzione all'opera di Matteo, Questiones disputatae de gratia.
(Bibliotheca Franciscana Scholastica Medii Aevi, XI), Ad Claras Aquas,
1935, p. XII-XXIV ; per gli studi piü recenti: MATTHAEI AB AQUASPARTA,
Sermones de Beata Maria Virgine. Edidit CaELEsTINUS PrANA (Bibliotheca
Franciscana Ascetica Medii Aevi, IX), Quaracchi, 1962, 7*-19* e 330 ; Eru-
SDEM Sermones de S. Francisco, de S. Antonio et de S. Clara. Edidit GEDEON
GáÁL (ivi, X), Quaracchi, 1962, 5*-7*.

3) Cosi, nonostante le insistenze di numerosi capitolari, lasció immu-
tato il sistema seguito neli'elezione del ministro generale e il numero delle
province religiose, e riprovó energicamente il libello con cui l'ex ministro
provinciale di Francia Niccoló di Ghistelle aveva impugnata l’interpreta-
zione della Regola francescana fornita da Niccolò III: NiccoLò IV, Ad
statum pacificum, 1288 maggio 13: Bull. Franc. IV, 19, n. 22; IpEM, Quia
provinciarum, 1288 maggio 13: ivi 19 sg., n. 23; C. EuBEL, Bullarii Franci-
scani Epitome, Apud Claras Aquas, 1908, 166 sg., n. 1619 sg. ; Anal. Franc.,
III, 408; GRATIEN DE Paris, Histoire de la fondation cit., 361.

*) Per la difesa dell'Olivi cfr. F. EuRLE, Zur Vorgeschichte des Concils
von Vienne, in Arch. Lit. K.G.M.A. 2(1886), 388 sg. 400; A. HzvssE, De-
scriptio Codicis Bibliothecae Laurentianae Florentinae S. Crucis, [Responsio
Petri Joannis in Capitulo generali quando fuit requisitus quid de usu paupere
sentiret], in Arch. Franc. Hist. 11 (1918), 264-267 ; GRATIEN DE Panis, Hisloire
de la fondalion cit., 382 sg. ; E. BeTTONI, Le dottrine filosofiche di Pier di
Giovanni Olivi, Milano, 1959, 20 sg.

‘) Anal. Franc., III, 408 sg.; L. Wappinc, Annales Minorum, V,
236 sg.

1) Assumono un atteggiamento più o meno critico verso l'opera di
S. Bonaventura il Clareno, Ubertino da Casale, Pietro di Giovanni Olivi e
gli autori della Chronica XXIV Generalium e degli Actus-Fioretti : cfr. GRA-
TIEN DE Panis, Histoire de la fondation cit., 389 sg.

12) Per le opere edite di Matteo d'Acquasparta cfr. Coll. Franc. 26 (1956),
317sg.; 30 (1960), 108 sg. ; 32 (1962), 345 sg. ; 33 (1963), 340 sg. ; un'ampia
descrizione delle opere di Matteo, che, se stampate, possono riempire nove
grossi volumi, è data da V. Doucer nell'introduzione al vol. XI della Bi-
bliotheca Franciscana Scholastica Medii Aevi (Quaestiones disputatae de gratia),
Ad Claras Aquas, 1935, XXIV-CLXIII.

3) MATTHAEI AB AQUASPARTA, Sermones de Beata Maria Virgine. Edidit
CAELESTINUS PiANA, Quaracchi, 1962, 15*-19*.



VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 183



1) «... omnes in uno dormitorio sub una clavi in cellis, cancellis
clausis iuxta modum cancellorum fratrum Minorum S. Crucis de Florentia,
vestitos laneis vestibus iacere volumus et dormire, et singulis cellis fieri fene-
stras iubemus sicut sunt in cellis dictorum fratrum, ut studere possint qui
studio vacare voluerint horis congruis in eisdem » : ivi, 16*-17*.

5) « Verum quia infirmantibus et debilibus oportet compati et in
suis necessitatibus subveniri, statuimus et decernimus ut locus conveniens
et honestus in ipso monasterio deputetur, ubi infirmi et debiles requiescant
et reficiantur eisque in cibis et medicinis, medicis et servientibus ac ceteris
necessitatibus benigne, sollicite et caritative per infirmarium ad hoc depu-
tatum necessaria ministrentur »: ivi, 17*.

7) «... abbatis conscientiam oneramus, de cuius manibus subditorum
sanguis in extremo examine requiretur, ut ea taliter corrigat et emendet
quod exinde possit Deo dignam reddere rationem. Ipsique abbas et monachi
sic se habeant in his et aliis regularibus institutis quod dum eos per nos vel
alios visitari contigerit, durioris virgae non sentiant disciplinam » : ivi, 17*-18*.

7) F. EHRLE, Die dltesten Redactionen der Generalconstitutionen des
Franziskanerordens, in Arch. Lit. K.G.M.A., 6 (1892), 58 sg.

5) C. EunBEL, Bullarii Franciscani Epitome cit., 164-173, n. 6. 15 sg.
21. 23-31. 33. 37. 39. 45. 47. 51. 58 sg. 74. 77. 81sg. 88. 90 sg.

5) Durante il suo generalato (1274-1279) Girolamo d’Ascoli fu con-
tinuamente impegnato in missioni a servizio della Chiesa ; i suoi immediati
successori Bonagrazia da S. Giovanni in Persiceto (1279-1283) e Arlotto
da Prato (1285-1286) non poterono governare validamente l'Ordine a causa
delle loro gravi infermità, per cui morirono prima di terminare l’ufficio :
L. WappIinG, Annales Minorum, V, 235, n. 283; GRATIEN DE PARIS, Histoire

de la fondation cit., 325 sg. 361-363.
®) C. EuBEL, Bullarii Franciscani Epitome cit., 173-202, passim; GRA-

TIEN DE PARIS, Histoire de la fondation cit., 426 sg. ; L. BERARDINI, Frate
Angelo da Chiarino alla luce della storia, Osimo, 1964, 65-69.

2) «Lo principe de’ nuovi Farisei, / avendo guerra presso a Laterano,
f e non con Saracin, né con Giudei, / ché ciascun suo nimico era cri-
stiano...» (Inf. XXVII, 85-88); per i riferimenti bibliografici cfr. GRA-
TIEN DE PARIS, Histoire de la fondation cit., 628-632.

?) MATTHAEI AB AQUASPARTA Sermones de S. Francisco cit., Appendix :
Sermo de potestate papae, 14*-23*, 176-190.

8) G. VILLANI, Cronica, libro VIII, c. 40 e 49: ed. I. MoutiER II,
"Firenze 1845, 44 sg. 50-54; Dino CompagnI, La Cronica. A cura di Isidoro
DeL Lundco, Città di Castello, 1907-1916 (Rerum Italicarum Scriptores,
ITX/2), 302 sg. (cfr. anche l'indice alla voce Alighieri Dante); Dictionn.
théol. cath., X, coll. 380 sg.; GRATIEN DE PARIS, Histoire de la fondation cit.,
635 sg.; MATTHAEI AB AQUASPARTA, Sermones de Beata Maria Virgine cit.,
9*-19*,

184 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE




BATTELLI : A nome dei presenti ringrazio il P. Mariano delle
osservazioni che egli ci ha presentato sopra un personaggio interes-
sante sotto molti aspetti, quale fu Matteo da Acquasparta.

Poichè abbiamo ancora tempo a disposizione, prego l’ing. Gras-
sini di svolgere la sua comunicazione, già destinata alla seduta po-
meridiana, in cui parlerà di Un ciclo di affreschi danteschi nel San
Francesco di Terni.

UN CICLO DI AFFRESCHI DANTESCHI NEL SAN FRANCESCO
DI TERNI

Sembra doveroso, in occasione del Convegno che studia i rap-
porti di Dante con l’Umbria, attraverso San Francesco e la poesia
trecentesca perugina, rammentare brevissimamente il ciclo di af-
freschi inspirati alla Divina Commedia che tuttora trovasi nella
Chiesa di San Francesco in Terni. In tempi ancora recenti, tale ciclo
di affreschi era considerato come una delle prime rappresentazioni
pittoriche inspirate dalla Divina Commedia, dato che le pitture si
facevano risalire alla prima metà del trecento arguendo che ne aves-
sero dato commissione, in onore di un loro zio Giovanni, i due fra-
telli ternani Pietro ed Angelo Paradisi che erano stati Capitani del
Popolo in Firenze dal 1333 al 1335. L’attribuzione, resa possibile dal |

|
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fatto che gli affreschi adornano proprio la «Cappella Paradisi »,

è altresì più comprensibile per il fatto che rappresentazioni non pro-

prio derivanti dalla Commedia ma da temi della tradizione sacra che

poi eran stati illustrati dalla Commedia, si ritrovano in cicli di af- |
I freschi esistenti in chiese di zone non troppo lontane ; si pensi ad
| esempio al Lucifero che maciulla le anime dei dannati del Giudizio
a. Universale della Chiesa di Santa Maria Maggiore in Tuscania ; af-
fresco che risale all'incirca alla fine del Duecento.

|| Ora peró gli studi dello Zeri (cfr. Bollettino d'Arte del Ministero
| | Pubblica Istruzione n. 1/2 del 1961) che attribuiscono l'esecuzione
ll del ciclo di affreschi a Bartolomeo da Foligno precisano la possibile
M datazione esecutiva al 1453 e pertanto la rappresentazione non é
piü cosi legata ad una primissima diffusione in Umbria della Divina
Commedia, come si pensava. Ma comunque, l'esistenza degli affre-
schi sta quanto meno a testimoniare che la cultura dantesca, in Um-
bria, si manteneva e sviluppava in modo da raggiungere ancor un










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VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 185

piccolo centro come era allora Terni, lontano dai centri di studio
universitari.

La costruzione della Cappella é certamente molto anteriore agli
affreschi di Bartolomeo, e questo si deduce sia dalla struttura ar-
chitettonica della Cappella stessa, che si richiama a quella della
Chiesa, costruita nel 1265 su disegno di Filippo da Campello, sia da
un precedente strato di affreschi rivelato dai bombardamenti del
1943. Nei frammenti di questi affreschi tornati in luce sono visibili
un Santo che é probabilmente San Francesco e due altre figure una
delle quali è una Santa Regina.

A parte il fatto che gli ultimi Canti del Paradiso vennero ritro-
vati solo dopo la morte di Dante e che i più antichi manoscritti della
Commedia risalgono al 1336 (Codice Laudiano di Piacenza) e al 1337
(Codice Trivulzio) e quindi la diffusione della Commedia in Umbria
dovette essere più tardiva — ancor se sia vero che la Cappella fu
edificata dai detti fratelli Paradisi in onore del loro zio Giovanni
Paradisi da Terni (le strutture murarie esterne, per essere stata
rimaneggiata l’abside, non permettono di riconoscere oggi se la Cap-
pella sia contemporanea alla costruzione della Chiesa, sorta come già
detto su disegno di Filippo da Campello nel 1265, ma poi che essa
segue l’allineamento della navata destra che non era originariamente
com'è ora, si può ritenere essa sia stata costruita dopo l'edificazione
della Chiesa), le pitture a carattere dantesco non furono dunque com-
messe dai fratelli Paradisi nel ricordo della loro vita fiorentina poco
dopo morto Dante poi che si sovrappongono agli altri affreschi
di cui si è detto. È da sottolinearsi invece che quando esse nacquero
(nel 1453 secondo lo Zeri) sì era in un momento nel quale il tempio
ternano di San Francesco veniva assumendo maggior suggestione
per essere stato da poco ultimato il campanile che, dall’altro lato
della Cappella Paradisi, e planimetricamente ad essa simmetrico,
aveva costruito nel 1445 Angiolo da Orvieto : e che, di conseguenza,
si era in un momento di abbellimento del tempio.

Ma perchè, se non vi era un motivo locale, scegliere proprio il
mondo ed i modi della Commedia ?

Vien qui fatto di indugiare un pò, pertanto, sul come ed il perchè
fosse nato il mondo della Divina Commedia. E su tale tema è sugge-
stivo rifarsi a quanto, come è noto, il De Sanctis scriveva nel 1857
in uno scritto che sarà poi uno dei suoi Saggi Critici, trattando « del-
l'Argomento della Divina Commedia ». Egli rilevò allora che non vi
erano stati in Italia grandi personaggi eroici tradizionali nazionali



186 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

come altrove il Cid, Re Arturo, Carlomagno, personaggi intorno ai
quali si erano quindi diffusi, negli altri paesi d'Europa, particolari
racconti epici di tradizioni cavalleresche. Noi eravam sempre fermi
alle nostre origini romane, di cui sentivamo il vanto di fronte alla
pur avvenuta evoluzione dei vecchi « barbari »: e se quindi fu spon-
taneo ai poeti delle altre nazioni ricavare racconti epici dalle loro re-
centi tradizioni nazionali, non fu possibile a noi creare racconti
epici fondati su quelle tradizioni romane dalle quali ci separavano
e la vita moderna e i suoi costumi e, fondamentalmente, la religione,
l'idea religiosa centro della vita moderna. Cosi, non avemmo allora
poemi cavallereschi, ma avemmo un mondo poetico incentrato su
due generi puramente religiosi : la Visione e la Leggenda, il mera-
viglioso cioè dell'altro mondo e il meraviglioso dei fatti umani :
mondo poetico nel quale predominava la paura dell'altro mondo
e aveva parte predominante il Diavolo. Di questo mondo, dice sem-
pre il De Sanctis, del concetto tragico della perdizione dell'anima,
si impadroni Dante e « vi pose a fondamento la redenzione dell'ani-
ma » trasformando la tragedia in Commedia e riuscendo ad unifi-
care, nella rappresentazione, due soggetti, uno precipuamente re-
ligioso nel quale la poesia è fuori dell'umanità, l'altro storico-politico
nel quale è poesia l’azione e la vita di personaggi contemporanei,
azione e vita che ne segnano la condanna o l’esaltazione. Egli realizza
così «la vita umana guardata dall’altro mondo » e « la terra guardata
dall’altro mondo » e, ancora, «l’altro mondo guardato dalla terra ».

Poi che molta parte delle Visioni e Leggende prima citate avevan
trovato buon terreno e sovente origine stessa nell’Umbria, è natu-
rale che la realizzazione stessa della Commedia di Dante trovasse
in Umbria chi ne amasse non solo la « divina » poesia, ma altresì
la concezione, che Dante aveva schematizzato nei tre mondi, In-
ferno Purgatorio Paradiso (dei quali il come vengan singolarmente
ripresi negli affreschi del San Francesco di Terni più dettagliata
mente vedremo) e che questa fornisse motivo di ispirazione, in una
città come Terni, dove la vita religiosa aveva, com’è testimoniato
dalle sue molte confraternite laiche medioevali, notevole valore.

Nello schema della Divina Commedia, l'Inferno, come sap-
piamo, è un’immensa voragine in forma di cono rovesciato, che si
apre sotto Gerusalemme, nella quale, dopo il Vestibolo e il Fiume
Acheronte, si incontrano nove cerchi. Il primo di essi è il Limbo,
posto fuori della ripartizione dei peccatori perchè vi si trovano le
anime degli innocenti morti senza battesimo e quelle dei buoni









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VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 187

uomini dell'antichità. Ad esso seguono i quattro cerchi degli Incon-
tinenti (lussuriosi, golosi, avari e prodighi, iracondi ed accidiosi)
e poi, nella città di Dite, il cerchio degli eresiarchi : e dopo, nel set-
timo cerchio, i violenti contro il prossimo, quelli contro sé stessi,
quelli contro Dio : e, infine nell'ottavo cerchio i Fraudolenti (cioé
coloro che operarono il male con fredda volontà): e, nel nono, i
traditori. Sotto a tutti, Lucifero con tre faccie, che maciulla tre fra
i traditori peggiori vissuti nel tempo, e cioé Cassio, Bruto e Giuda.

Nella rappresentazione di Terni, gli affreschi sulla parete destra,
purtroppo alquanto mal ridotti (del Lucifero che è in basso si vede
ormai poco più che un’ombra) si riferiscono all'Inferno suddiviso
in bolgie : ed in esso le anime sono rappresentate da figure nude nei
loro vari atteggiamenti di disperazione, con diavoli che le atterri-
scono : in basso c’è poi, come accennato, il Lucifero. La rappresen-
tazione, anche secondo le scritte che intitolano i gironi (lussuria ad
esempio) si inspira certo alla Commedia.

Nella parete sinistra della Cappella è raffigurato, in basso, il
secondo regno, il Purgatorio, mentre, con una variante rispetto al
rammentato disegno della Commedia, nella parte alta della stessa
parete, è rappresentata la discesa di Gesù al Limbo. Come tutti
sanno, nella struttura della Commedia il Purgatorio è diviso in sette
ripiani, custodito ciascuno da un Angelo, mentre in cima al monte
nel quale sono intagliati i ripiani c’è il Paradiso Terrestre. Dopo
le falde del monte occupate dall’Antipurgatorio nel quale stanno i
negligenti (coloro che si sono pentiti solo in punto di morte) nei
ripiani sono coloro che son stati colpevoli di aver avuto amore per
il male del prossimo (superbi, invidiosi, iracondi) di aver avuto scarso
amore di Dio (accidiosi) di aver avuto troppo amore verso i beni ter-
reni (avari, golosi, lussuriosi).

Gli affreschi che illustrano il Purgatorio ce lo rappresentano,
appunto secondo il disegno dantesco, in sette gironi, in ciascuno dei
quali v'é un Angelo : ognuna delle scene delle anime corrisponde in
genere ai raggruppamenti danteschi: cosi leggiamo fra i titoli delle
colpe Accidia, Avarizia, Ira, Lussuria : qualche caratterizzazione
non corrisponde alla lettera della ripartizione dantesca perché, ad
esempio, in luogo della superbia abbiamo la scritta « Vanagloria »:
ma a parte che, per il carattere anche didascalico — come era nel-
l'uso del tempo — degli affreschi, questa scritta puó essere deter-
minata da un desiderio di maggior comprensione da parte dei fedeli,
essa è così utile per un esame di coscienza che la contemplazione





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188 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

degli affreschi ci suggerisce ! Indipendentemente dai soggetti, co-
munque, rimane in chi prende conoscenza degli affreschi, anche un
notevole compiacimento estetico per le bellissime figure nude, piene
di movimento, di cui le inferiori ordinatamente si affrettano al ri-
chiamo dell’Angelo in atteggiamenti naturalissimi : chi si volge indie-
tro a chiamare gli ultimi, il penultimo che dàla mano all’ultimo perchè
questo si distrighi : e tutti si muovono per salire prima che si può...

La parte alta dell’affresco, divisa in due dalla finestra che guarda
sul presbiterio, rappresenta la liberazione delle anime dal Purgatorio
e la discesa di Gesù al Limbo. Il Risorto, sostenuto da una nuvola,
in atteggiamento che si potrebbe dire glorioso, scende tra le ombre
dei Patriarchi che gli si inchinano.

Infine, nella parete di fondo, nella quale per una fessura di
stacco di una sottile striscia dell’affresco di Bartolomeo da Foligno
è visibile un tratto delle pitture più antiche di cui abbiam detto, è
rappresentato il Paradiso. Nel disegno dantesco, nel Paradiso, in-
torno a Dio, si muovono nove cerchi angelici concentrici, più ricchi
di virtù per quanto più son vicini a Dio : e tutte le anime in essi
raccolte sono beate : e le nove sfere mobili son contenute nel cielo
fisso, l’Empireo, fatto di pura luce, infinito. Il nostro affresco, se
pur trae il suo soggetto dalla Commedia non è una raffigurazione
precisa della struttura dantesca : come scene, esso è diviso in due
parti, superiore e inferiore : e per coglierne le analogie con il mondo
di Dante, sembra doveroso riportarsi a quanto ne scriveva (nella
monografia dell’Italia Artistica su Terni del 1910) un benemerito
studioso ternano, il Lanzi, che fu per tanti anni Rettore del Con-
vitto, allora Comunale, installato nel Convento contiguo alla Chiesa
di San Francesco.

«In mezzo ad un numeroso gruppo di angeli e di santi, siede
Iddio, effigiato dentro una ogiva in proporzioni assai maggiori di
quelle di altre figure. Ai piedi di lui sono notevoli tre gruppetti che
rappresentano le allegorie dantesche delle gerarchie. L'arcangelo
che si scorge a destra, munito di armatura argentea, sorreggente
con entrambe le mani lo scettro e circondato da altri piccoli angeli
che recano gli stessi attributi di lui, rappresenta la gerarchia delle
dominazioni : l’altro che emerge al centro, vestito di lorica dorata,
che imbrandisce la spada e che è circondato da tre piccoli angeli
guerrieri, simboleggia quella delle podestà : il terzo, tunicato di bianco
ed inerme che insieme a due angeli minori, come lui vestiti, forma il
gruppo di sinistra, denota la gerarchia delle virtù ».











VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 189



« Nel piano inferiore sono dipinti, a cori paralleli, sopra, i quat-
tordici apostoli maggiori ed in centro ad essi San Pietro ; che ap-
poggia la mano sinistra alla chiave infissa sull'aurea porta del Pa-
radiso : sotto, a destra le vergini, a sinistra i Santi e, fra le une e gli
altri, sta eretto, con la spada in pugno, l'Arcangelo Michele a guardia
del passo per il Regno dei Cieli ».

Quale poi fosse il motivo preciso di questa illustrazione dei tre
Regni inspirata dalla Commedia nella chiesa di San Francesco, non
è facile dire : certamente però ci si può ricondurre alle due compo-
nenti accennate, l’una locale, l’altra regionale. Localmente, è pen-
sabile che la famiglia Paradisi ricordasse quanto meno i suoi due
componenti che erano vissuti a Firenze poco tempo dopo la morte
di Dante, ed avesse mantenuto legami con la cultura fiorentina, dalla
quale, comunque, risultavano altri scambi con Terni. Si può citare
infatti, a tal proposito, quanto è avvenuto a chi scrive, di aver
scoperto, nei restauri del dopoguerra a Santa Maria del Monumento
— la chiesa del Camposanto di Terni — un affresco rappresentante
San Girolamo, della fine del Quattrocento, certamente dovuto ad
un pittore fiorentino (anche secondo il parere del compianto prof.
Bertini Calosso). Quanto alla componente, diciamo così, regionale,
c’è il fatto di essere il pittore, Bartolomeo di Tomaso, folignate, pro-
veniente quindi da un ambiente nel quale il ricordo della Divina
Commedia doveva essere sempre vivo, non foss’altro per il fatto che
là era vissuto, a contatto con i Trinci, qualche decennio prima, Fe-
derico Frezzi: e Federico Frezzi, nato ancor esso nel 1346 circa a
Foligno e morto nel 1416, Vescovo di Foligno dal 1404, aveva scritto
prima del 1403 il Quadriregio, un poema che le storie letterarie in-
dicano come imitazione della Divina Commedia (per quanto abbia
una specie di sua visione autonoma, poi che i quattro regni che egli
descrive sono Amore, Satana, Vizi, Virtü).

Diligenti ricerche compiute sul Silvestri (Memorie dell'antica
Terni dedotte dalle Riformanze cittadine a partire dal 1378) non
hanno permesso di rintracciare alcun documento pubblico che con-
sentisse di appurare da chi e come gli affreschi sian stati commessi :
° e l'Archivio del Convento di San Francesco di Terni è come fosse
praticamente disperso. Comunque, sembra che con gli elementi di cui
sopra, questa nota possa rappresentare un modesto, sia pure embrio-
nale, richiamo documentario alla sussistenza, in questa parte del-
l'Umbria, della conoscenza della Commedia, in occasione del parti-
colare studio dei rapporti tra Dante e l'Umbria.

190 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE




BATTELLI : Rivolgo all’ing. Grassini un cordiale ringraziamento
per la sua accurata comunicazione sopra un ciclo di affreschi che,
se non è così antico come fu creduto, acquista nuovo valore come docu-
mento di cultura.

Nel chiudere la seduta, mi sia permesso di esprimere mio più
sincero compiacimento per la constatazione che ho potuto fare già
in questa prima riunione, nel rilevare il numero consolante degli inter-
venuti, la loro qualità e l'interesse dimostrato per i temi trattati : è
questa una prova della vitalità della Deputazione, che si manifesta nei
convegni come nelle apprezzate sue pubblicazioni. Colgo volentieri
l'occasione per darne un pubblico riconoscimento al Presidente e ren-
dere a lui un doveroso omaggio.



20 marzo 1965, ore 16 Y

BATTELLI : Prego il prof. Marti dell’Università di Lecce di voler
svolgere la sua relazione sopra Dante e i poeti perugini del Trecento.

DANTE E I POETI PERUGINI DEL TRECENTO



Fra il 1335 e il 1337, mentre il Comune di Perugia era impe-
gnato nella difficile lotta contro i Tarlati di Pietramala, tre poeti
| perugini si scambiavano tra di loro dei sonetti, per fare, come oggi
|
|
|



si direbbe, il punto sulla situazione. L'uno, ser Marino Ceccoli, era
notaio ed esponente assai noto della cultura e della vita cittadina ; j
| l’altro, ser Cecco Nuccoli, era notaio anche lui, e per quanto fosse i
certamente conosciuto, non raggiungeva la fama di cui godeva il
Il Ceccoli ; il terzo, infine, Gilio Lelli, pare non avesse la qualifica di
« Sere », ed é il meno noto dei tre. « Io veggio scolorir gli aurate sasse
| — affermava ser Marino Ceccoli — e sgranellarse fuor del colle
| azzuro ». Sei sassi quadrati color d’oro, nella composizione da tre a
li due ad uno, su fondo azzurro, costituivano lo stemma gentilizio
| dei Tarlati. Al poeta sembrava che ormai questa bandiera fosse sul
| punto di essere ammainata, dacché «né mur, né fosso, né poggio,
né ombra — non è, che de costor si faccia albergo, — ancie ciascun
da sé glie schiude e sgombra »; un grifone bianco su campo rosso a
stava ormai chiudendo fortemente gli artigli su quegli «aurate sasse »,
| il grifone di Perugia; la vittoria era imminente, non poteva man-
care. Piü prudente invece si rivelava l'altro notaio, ser Cecco Nuc-
coli, il quale non avrebbe potuto credere «che mai discolorasse —





a
E
*
5









l'orata petra fuor del franco muro », e trepidava per un possibile
rovesciamento della situazione («'1 tempo futuro — subito fa salir
quai son piü basse », com'era per altro avvenuto l’8 giugno 1335 :
« Tu vederai, se Morte non l'adombra, — farne voltar com'altra volta I
el tergo, — e tremar piü che non fa la codombra, — fuggendo com'el
pesce innanzi a mergo ». Il terzo poeta, Gilio Lelli, tra l'ottimismo
dell'uno e il pessimismo dell'altro si rifaceva a una sua bonaria filo- ij
sofia. Se ritornasse Catilina — egli pensa — è certo che neanche Il
ora otterrebbe vittoria, poiché egli operava contro la volontà di Dio ; Il
questa è la verità. Chi è sconfitto, può dire : «S'io pur sommergo,
— colpo de vostra spada non m'adombra », non é la vostra spada che
mi vince, sì la Provvidenza di Dio : ma «se speranza. . . da l'aspera

fortuna me disombra, — disfatto sia, s'ancor non vi dispergo ». I
Sarà, dunque, quel che Dio vuole. E Dio volle quel che tutti sanno : I
la potenza dei Tarlati di Pietramala fu bensi sconfitta ; ma Arezzo,
una delle chiavi di comunicazione tra Firenze e il Sud, fu acquistata ii
dall’alleata Firenze contro pagamento di 60.000 fiorini; e Perugia |
dovette accontentarsi dei castelli di Anghiari, Foiano, Lucignano e
1 Monte San Savino. Ciò fu deciso il 19 aprile 1337 *). Invano ancora
- ; ser Marino Ceccoli, in altro sonetto tenzonatorio, dolorosamente
: piangendo sulla città di Arezzo, come Geremia su Gerusalemme
(« Comodo sola sedes, città artina, — vedova donna de' tuoi be'
tribute », ne aveva profetizzato la rovina e aveva esortato la città
a convertirsi a Dio (cioé alla parte perugina) senza aspettare la con-
i clusione dei tristi trattati che si stavano tramando contro di essa.
Invano aveva immaginosamente prospettato la vittoria finale di
Perugia sulla spada del condottiero Neri, figlio di Uguccione della
Faggiuola, come arra di giustizia e di felicità :

ill
VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 191 |

il

|

|





«E tosto vederai la chiara ensegna :
sovra dei sasse star l’uccel grifone,
e, con la spada in man, Ner d’Uguccione ».

Perugia era stata praticamente giuocata dagli scaltri e ricchis-

+ simi mercanti fiorentini ; non aveva raccolto gli attesi e sperati frutti
della sua tenacia, della sua capacità di ripresa, dei suoi sacrifici.
Ma i perugini erano bensì coscienti d’avere ormai raggiunto un alto
grado di potenza nel cuore dell’Italia centrale tra Roma e la Roma-
gna ; e in un sonetto di replica a quello di Marino Ceccoli su Arezzo,
ora ricordato, un oscuro rimatore di nome Ceccolo, si faceva porta-









192 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

voce di questa comune coscienza, se non del diffuso entusiasmo,
definendo enfaticamente Perugia «sovra di tutt'e ogni città regi-
na », e pregando infine in tal modo il Signore Dio:

«O alta Maiestà tanto benegna,
real dono dà a Perosa il confalone,
che regga l’universo col leone » ?).

Pur sottraendo da queste gesticolate invocazioni la presumibile
tara campanilistica, non si può negare che veramente dopo la lotta
contro i Tarlati di Pietramala, Perugia avesse toccato l’apogeo della
sua potenza comunale. Nel precedente trentennio, dopo la democra-
tizzazione della città, consolidatasi con l’istituzione del Priorato,
il Comune perugino era stato attivamente presente in tutti i prin-
cipali avvenimenti dell’Italia centrale e aveva fatto autorevolmente
sentire la sua voce: dalla lotta contro Arrigo VII alla battaglia di
Montecatini contro Uguccione della Faggiuola (29 agosto 1315 :
capitano Oddo di Ongaro degli Oddi) ; dalla guerra contro Castruccio
Castracani, alla lunga azione contro Pietro Saccone Tarlati di Pie-
tramala, della quale ora s'è detto. Perugia si era affermata come uno
dei centri guelfi più dinamici politicamente e militarmente, emula
di Firenze ; e anzi aveva operato in Umbria, nell’ambito di una larga
zona d’influenza e nei confronti di città tradizionalmente e tena-
cemente e ghibellinescamente ostili, ciò che Firenze aveva operato e
andava operando in Toscana. Andava operando ; ché Firenze con-
tinuò la sua generosa ed inarrestabile ascesa, mentre Perugia, forte-
mente e continuamente scossa da lotte intestine, (congiura di Cec-
chino Vincioli nel 1351; congiura dei nobili nel 1353 ; congiura di
Trebaldino di Manfredino nel 1361; e così via) si avviò a un rapido
e malinconico tramonto già nella stessa seconda metà del sec. xiv.
Insigne testimonianza e quasi sintesi del mirabile dinamismo peru-
gino nella prima metà del Trecento rimangono gli Statuti in lingua
volgare promulgati nel 1342, fedele e suggestivo ritratto della vita
del tempo, documento monumentale di un periodo luminoso, anche
se breve, di comunale civiltà. E centro della vivace cultura perugina,
che si accompagnò a quell’irrompente dinamismo politico, fu l'Uni-
versità di Perugia, della quale si parla già in documenti del 1276, e
che, divenuta organismo solido e robusto, ottenne l'approvazione pon-
tificia nel 1308, proprio qualche anno dopo l'istituzione del Priorato.
La città visse allora in un fervore di opere, del quale rimangono
ancora oggi mirabili segni, e vide con orgoglio la fastosa solennità





VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 193



delle cerimonie politiche e dei riti religiosi. I cronisti hanno traman-
dato le splendide giornate perugine in occasione del passaggio di Ho-
berto d'Angió il 31 ottobre 1310 ; le giostre e i preziosi donativi of-
ferti a messer Carlo Duca di Calabria e a sua moglie, ospiti regali
per brevissimo tempo ; le feste e gli spettacoli organizzati dal Rettore
dello Studio, Giapeco da Spoleto, per la sua nomina, e i giochi degli
studenti negli orti di Braccio Baglioni in Porta San Pietro *). All’im-
pegno della vita politica, al continuo sacrificio richiesto dagli sforzi
militari, all’alto livello della attività culturale faceva riscontro al-
lora nella vita comunale di Perugia (e sarebbe da chiedersi se questo
non sia per caso un carattere costante dei perugini) un atteggiamento
chiassoso e festaiolo, un amore della vita aperto e ridente, un gusto
ridanciano della burla beffarda, ma pronto alla ritorsione violenta,
alla zuffa, alla reazione aspramente litigiosa. Era considerata san-
guinosa offesa far cadere il cappuccio dall’altrui capo : ed ecco gli
Statuti che prevedono pene varie secondo le varie condizioni dell’of-
fesa, più severe quando, invece di cappucci maschili, si facessero
cadere « vette » femminili, « perch'é desonesto — si sottolinea —
vergogna fare a le femmene » (III, 88) *). Si prevedono pene per chi
squarci i panni addosso agli altri (III, 89); per chiunque facesse
cadere dalla bocca altrui uno o piü denti, oppure sputasse nella
faccia del prossimo (III, 87) ; per chi tirasse ad altri i capelli fino a
farlo cadere (III, 90); per chi usasse la materia di Cambronne ad
altrui cibo più o meno forzoso o la usasse per insozzarne l’altrui per-
sona e l'altrui cose (III, 92) ; ecc. E tutta una disponibilità di pene
rispondente ad una mutevolissima variabilità di casi e di condizioni ;
la quale tuttavia sembra scaturire da un fondamentale atteggia-
mento psicologico di burla acre e di aspra reazione litigiosa, in una
atmosfera festaiola e tumultuosa. E si amava il fasto e l'ostentazione
della ricchezza e l'eleganza opulenta e provocante. Gli Statuti vie-
tavano alle donne di «recare en capo corona overo ghirlanda, arle-
gature overo entrecciature d'oro, overo d'argento, overo de marga-
rite, overo de pietre pretiose »; di usare altri ornamenti preziosi,
salvo «uno scagiale d'oro overo d'argento » fino al valore di «trenta
libre de denare » (III, 233); e loro vietavano anche che il vestito
fosse scollato « de la forcella de la gola in giü », e che potesse essere
usato «alcuno panno transtagliato » (III, 234), allo scopo d'intuibile
femminile provocazione. È vero ; questi non sono aspetti peculiari
del costume comunale perugino. E tuttavia, per tanti piccoli segni
quasi impalpabili, senza peso, ma pur presenti e imperativi, ci sembra

13







194 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



che assumano vita in una singolare ed irripetibile atmosfera, su di
uno sfondo di spiritualità complessa, singolare davvero nella storia
del tempo. C'é un curioso paragrafo degli Statuti, propriamente il
centesimo del Libro terzo, che é assai significativo sotto questo pro-
filo. Esso riguarda l'affluenza dei fedeli alle « perdonanze », e vuole
evitare il ripetersi di quanto era successo in occasione di una
indulgenza concessa ai perugini dal papa Benedetto xi « de sancta
memoria » (Benedetto xi mori appunto a Perugia nel 1304, e per-
ció l'originaria promulgazione della nuova disposizione dovrebbe
essere di qualche anno successiva). E l’eccezionale inconveniente
stava poi divenendo consuetudine; nel senso che « molte engiurie e
contumelie, detractione, violentie e offese alle femmene cusì cita-
dine e distrectuale, co etiandio a le forestiere ad essa perdonanza
andante e andare volente, cusi en la dicta chiesia come de fuoro
de la dicta chiesia e enn andando e stando e returnando » venivano
durante le perdonanze commesse in vari modi, « toccando cioé deso-
nestamente, basciando, strignendo, abbracecando, pizecando, gli
pagne de capo levando, esse femmene cadere faciendo », e cosi via
(seguono poi le pene). È interessante l'attenzione viva del legislatore
a questa piccante casistica, che muta un articolo di legge in una vi-
vace descrizione di vita e di costume comunale. Ma più ancora è
interessante notare come in siffatto episodio si confondano — e mi
si passi l'espressione retorica e banale — le due anime dell'Umbria .
all'estremo del Medioevo: quella religiosa e misticheggiante con
l'altra tutta terrestre e profana. La qual cosa non sarebbe difficile
cogliere, pur sotto varia forma, anche in altre norme statutarie ;
come in quella (III, 232) che proibisce conviti serotini o notturni
con donne, ove la cauta volontà del legislatore, di fronte ad una con-
suetudine palesemente ispirata a terrestre e sensuale godimento, si
appella all'antica saggezza dei proverbi, avvertendo, all'inizio della
rubrica : « Scriptio è : Chi male fa, odia la luce ».

*
* *

A questo aspetto della vita e della spiritualità perugina e dei
perugini, a questo gusto terrestre del vivere, a quest'apertura bur-
lesca e chiassosa sui domini del senso, pronta per altro a tramutarsi
in sarcastico atteggiamento, in reazione aspra ed eccitata, magari
addirittura in litigiosa zuffa, noi ameremmo riportare i temi ed i
motivi della più nota rimeria perugina della prima metà del Tre-










ML I c sqm ses



VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 195

cento. Le figure che in questo campo emergono sono quelle dei
notai perugini Marino Ceccoli e Cecco Nuccoli, già ricordati; e ad
esse va aggiunta l'altra figura, non meno significativa, di Neri Mo-
scoli, probabilmente di Città di Castello, ma perugino di elezione e
d'anima e di residenza. Il famoso codice Vaticano Barberiniano
4036, che ci ha conservato e tramandato i loro versi, contiene anche
sonetti autonomi o sonetti di corrispondenza poetica di tutta una
folla di minori rimatori : del già ricordato Gilio Lelli, del giudice
messer Bandino di maestro Tebaldo, di Ceccolo da Perugia, di Atta-
viano, di Cione o Cionello, di Ridolfo (forse de Pedemontis), di Pietro
di mastro Angelo, di Trebaldino Mandredini, di Cucco di messer
Gualfreduccio Baglioni, di Cola di messer Alessandro, di Giraldello.
Superfluo qui sottolineare l’autenticità di questi uomini e delle rime
ad essi attribuite, data l’importanza del codice barberiniano, di si-
cura origine perugina, e di tale venerabilissima età da essere stato
composto quando tutti o quasi tutti gli autori in esso contenuti erano
ancora in questa vita, o da pochissimo passati nell’altra. Il codice,
infatti, risale per il suo inizio agli anni fra il 1345 ed il 1347, e per
il suo compimento al febbraio del 1353 al massimo, come ha persua-
sivamente dimostrato Luigi Salvatorelli 5). Alcuni di questi rimatori
ci sono totalmente ignoti; ne conosciamo a mala pena il nome o
qualche sparsa notizia, affannosamente raccolta, ma totalmente
priva d’ogni ombra d’attendibilità. Di altri invece è verosimile pre-
sumere la condizione di prestigiosa nobiltà di sangue : Cecco di Gual-
freduccio Baglioni e Neri Moscoli (col figlio Niccolò) compaiono in-
fatti in un elenco di nobili e magnati perugini del quartiere di Porta
Borgne. O ci è dato conoscerne l’importanza politico amministra-
tiva, come di quel Pietro di Mastro Angelo, che probabilmente è da
identificarsi col Vicario e tesoriere nelle terre Arnolfe, ricordato in
documenti del 1352 e del 1353 ; o dello stesso Cucco Baglioni ora
menzionato, il quale fu podestà a Nocera nel 1320, insignito d’altro
incarico pubblico nel 1326, membro della spedizione del 1329 al
servizio del Legato di Lombardia, fuoruscito nel 1333, quasi certa-
mente a causa dell’uccisione di Oddo degli Oddi, insieme coi suoi
figli Colaccio e Pellino ; o di Cola di messer Alessandro, podestà al
Castello di Lucignano e responsabile di una spedizione contro Ca-
stiglione Aretino dell’8 settembre 1344. Il rimatore Trebaldino Man-
fredini sarebbe poi da identificarsi, almeno a quanto asserisce il
Massèra, del quale liberamente ci avvaliamo per questa parte *),
con quel Trebaldino Mandredini che fu capo di una infelice congiura





196 Vi CONVEGNO STORICO REGIONALE



contro il potere democraticamente costituito, per la quale fu costretto
a esulare da Perugia e a perdere ogni suo bene. Questi rimatori erano
dunque ragguardevoli cittadini, cui venivano affidati compiti di
notevole responsabilità ; o appartenevano a quella classe nobiliare
che la democrazia comunale aveva posto sotto controllo ai margini
della vita politica ; o a quel ceto borghese e colto che operava nel-
l'ambito della vita e dell'attività universitaria. Se il Rodolfo di cui
il codice barberiniano dà solo il nome, é il maestro Hodolfo de Pe-
demontis, sarà da ricordare la sua scuola di retorica in Perugia ; ma
è certo che messer Bandino di maestro Tebaldo fu giudice e fu lettore
nell'Università. Notaio fu Cecco Nuccoli ; e lo fu anche Marino Cec-
coli, dominus e iurisperitus, amico di Cino da Pistoia, ammirato e
lodato da Coluccio Salutati, delegato perugino il 19 settembre 1366
a Firenze, per il trattato della Lega Italiana contro le compagnie di
ventura. Il codice barberiniano 4036 ci offre, dunque, un panorama
ricco, interessante e diremmo esauriente della rimeria perugina al
tempo del maggiore splendore di vita del Comune. Ed è notevole
come da esso emerga la collusione, almeno sul piano culturale, della
ricca e della dotta borghesia con la nobiltà ; tanto più che ivi stesso
furono trascritti componimenti d’argomento politico (come vedremo)
non propriamente favorevoli al democratico reggimento del Co-
mune; come non lo sembra il sonetto di Marino Ceccoli, che co-
mincia così:

«Io trovo che l’un cieco l’altro guida :
e trovo gente de suo danno vaga,
la qual en asto nel profondo allaga,
ed a se stessa subjugare aida ».

E finisce con questa breve coda di due versi :

«Come la gente é infra sé partita,
cusi tien' tu la terra per perita » ?).

Un patetico invito all'unità, un embrassons-nous un pó retorico
ma certo sincero, poiché sotto di esso é celata la convinzione che
anche alla nobiltà debba essere attribuita almeno parte della re-
sponsabilità della vita del Comune.

Ora è assai verosimile che per tutti questi minori rimatori, cosi
impegnati politicamente e socialmente, cosi condizionati dalla vita
comunale, lo scriver versi fosse un piacevole passatempo. L'unico
argomento sul quale essi non transigevano e non accettavano com-









VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 197



promessi era quello politico ; perció poesia per la vita essi non com-
porranno, se non quando si ispireranno alle loro sentite e più o meno
deluse preoccupazioni politiche. Per il resto non c’era che da abban-
donarsi gioiosamente all’estro inventivo e libellistico. Infatti, leg-
gendo il codice barberiniano, assistiamo ad un fitto incrociarsi di
sonetti in tenzone, ad una corrispondenza in versi sui più svariati
argomenti, ma quasi sempre scherzosi, grossolanamente burleschi,
sarcasticamente contraffattori, ridancianamente offensivi. Cola scrive
un sonetto a Cecco Nuccoli, avvertendolo che le donne di Spoleto,
« son tutte patarine, al ver parlare, — e 'nnaturate sodome condite » ;
e Cecco gli risponde scherzosamente ricordando l'ira di Dio contro
quel brutto peccato. Cione racconta a Neri Moscoli un oscuro e allu-
sivo viaggio verso la città del Tronto, Ascoli Piceno, e Neri ribadisce
e rincara oscurità e allusioni. Attaviano indirizza allo stesso Neri
un sonetto nel quale la figura di lui è schifosamente e mostruosa-
mente deformata :

« Espaventacchio mostra el tristo volto :
e gli occhie de la gatta, c’hai sì guazze,
e '] corto naso, che serba doi mazze
dentro da le toi froge, sì m’han tolto
da quel piager...».

E Neri risponde reduplicando la misura e la malignità. E si
potrebbe continuare. Qual valore biografico o documentario attri-
buire a questa rimeria ? Psicologicamente questa obbedisce solo al
gusto del divertimento, tanto piü pago e convinto, quanto piü esplo-
sivo, singolare, capace di far colpo, nuovo ed impensato. Onde si
capisce e giustifica l'impegno tecnico di questa poesia dalle rime
sempre piü difficili e aspre e complicate. dalle immagini oscure, cere-
brali, allusive ; dalle espressioni malignamente ambigue, polisense ;
dal lessico gergale, violento, pittoresco, pirotecnico. È una rimeria
grossolanamente allegra, chiassosamente schiamazzante, falsamente
e burlescamente litigiosa, tutta impegnata nella difficoltà tecnica
e nell’estro linguistico. Sta tra la sana esplosione sensuale di Rustico
di Filippo, poeta giocoso, e il lubrico, ambiguo, oscenissimo gioco dei
canti carnascialeschi tra Quattro e Cinquecento. È fatale, direi
addirittura legittimo, dati i precedenti letterari e la disposizione a
«divertimento » siffatto, che nella fitta produzione dei poeti peru-
gini della prima metà del Trecento finisse per affermarsi sopra gli
altri il tema della sodomia. Marino Ceccoli e Cecco Nuccoli non igno-















198 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



rano la tecnica espressiva dello Stil Nuovo, anzi la svolgono e l'ade-
guano per certe aperture paesistiche, per certa fresca sensibilità
naturalistica di nuovo stampo ; ma entrambi nelle loro rime d'amore
cantano non una donna, bensi un «ciamprolino » Anche Neri Mo-
scoli, che fra tutti questi poeti maggiormente si accosta alla tradizione
letteraria di Toscana, rielaborandola, non manca di pagare il suo
tributo al diffusissimo tema. Ora, questa confluenza e questa uni-
taria — singolare, a dir poco — coralità sono già di per se stesse te-
stimonianza e denuncia della vera natura psicologica di quella pro-
duzione in versi. E stato autorevolmente affermato che «a parte
gli amori morbosi, é tutto un ambiente di crapula e di dissipazione
quello che si profila sullo sfondo di codesta rimeria occasionale » 8).
In verità, sullo sfondo di codesta rimeria c'é la tormentata vita del
Comune perugino, entro la quale quei rimatori occupavano posizioni
di grande prestigio politico, giuridico, amministrativo, culturale,
pronti a pagare di persona per le loro idee e la loro condotta. E
soltanto fittizia la taverna che raccoglie le loro crapule, le loro
spirituali dissipazioni; che li vede amoreggiare contro natura, gio-
care a dadi, maledire la povertà, offendersi chiassosamente e azzuf-
farsi ; una fittizia taverna che potrebbe adeguatamente essere indi-
cata nel codice Barberiniano Latino 4036, luogo di concentramento
di questi facili e arguti duellatori, di questi estrosi e burleschi tecnici
del litigio e dell'ingiuria, di questi singolari amici che s'abbandonano
a un divertimento grossolano, volgare e plebeo per noi, che abbiamo
un cosi diverso senso del comico. Una fittizia taverna, che sostanzial-
mente può essere considerata come una ben singolare e strana acca-
demia. A rimeria siffatta non si può attribuire di leggieri un espresso
significato o valore biografico, trascurando invece i veri, indiscutibili,
obbiettivi elementi biografici, che i documenti e le cronache ci hanno
conservato intorno a quei poeti, e prescindendo dalle analoghe ma-
nifestazioni letterarie che la precedettero (e ne mostrano lo stigma)
e la seguirono, dai potenti, mossi e lubrici ritratti di Rustico di Fi-
lippo al petrarchismo antipetrarchistico del Berni. Sappiamo che
v'è chi crede assai difficile « poter negare, anche se ciò possa ripu-
gnarci, proprio ai dolenti sonetti del Ceccoli una qualche, anzi una
drammatica, sollecitazione biografica » *). Noi ci guardiamo bene e
ci siamo sempre sforzati di guardarci bene dal ridurre ogni espressione
letteraria a giuoco puramente stilistico ; ma proprio per questo non
vorremmo che ai sonetti sodomitici del Ceccoli fosse riconosciuta una
dolente, anzi una drammatica sollecitazione biografica esclusiva-






pieces REOR ADHI

cune





VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 199

mente sulla base di una pura impressione di gusto. Né saremmo di-
sposti, per principio, a negare che possa esistere, anzi che esista pro-
prio come componente storica, valida e autonoma di per sé, il giuoco
letterario, l’esercitazione versificatoria su argomenti scherzosi, bur-
leschi, senza alcun impegno morale, anzi addirittura senza alcun
impegno umano, che non sia quello della prova spassosa e divertente
in un ambitissimo dominio, per conquistarsi la fama che particolar-
mente nei primi secoli accompagnava ogni anche minimo rimatore,
ed inserirsi nel giro e nella trama di una élife culturale, anche af-
frontando i problemi imposti dalla scelta dello stile «comico » e
più o meno bene superandoli. La rimeria innaturalmente amorosa
di Marino Ceccoli, certo poeticamente la più felice, così intarsiata
com'è di elementi della più elegante tradizione letteraria e di perso-
nali contributi stilistici, non dovrebbe essere isolata, a nostro mo-
desto avviso, da quella singolare coralità, insomma dal resto della
rimeria perugina del tempo, con la quale ha in comune il tema fon-
damentale ; così come tutta questa rimeria non dovrebbe essere
considerata e valutata per sé, senza considerare e valutare insieme
le personalità dei rimatori alla luce di una loro biografia storiogra-
ficamente documentata, scevra da interferenze di giudizi di gusto e
soggettivi; senza considerare e valutare gli avvenimenti di cui
quei rimatori furono spettatori, partecipi e talora protagonisti ;
e senza infine considerare e valutare tutta la tradizione giocosa,
nella quale l'accusa di sodomia era diventata un sarcastico [opos
nel genere del vituperium. Solo cosi quella rimeria perugina riacqui-
sterà le sue vere dimensioni: che sono quelle di un « divertimento »
letterario nei momenti di buon umore, cosi come l'esercizio versifi-
catorio — salvo che per i sonetti d'argomento politico — era per
quegli uomini un'occupazione del tutto secondaria ed edonistica,
provvisoria e generalmente collocutoria, fatta eccezione forse sol-
tanto e in parte per Neri Moscoli. Che la sodomia fosse allora molto
diffusa, com'é stato osservato, non c'é alcun dubbio ; cosi come non
c’è dubbio che fosse molto diffuso il gioco dei dadi. Ma occorre anche
e contemporaneamente tenere ben presente che il tema della so-

-domia, come quello del gioco dei dadi, aveva avuto tutta una sua

storia ed una sua fortuna, nello svolgersi della poesia giocosa, anti-
stilnovistica, antiplatonica, in stile « comico ». Altro era « giocare »
sul tema della sodomia, altro era riconoscersi pubblicamente colpe-
vole di sodomia e vantarsene. Gli Statuti di Perugia erano tutt'altro
che teneri a questo riguardo : « E s'alcuno retrovato sirà maie en 200 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

culpa de le predicte cose [cioé di sodomia] sia punito e condannato,
per prima fiada... en doiecento libre de denare. E se puoie se re-
truove un'altra volta conmectere el dicto peccato, sia punito de
pena de cinquecento libre de denare, la quale pena se non pagherà,
con lo fuoco sia arso, sì che muoia. E se puoie se retrove un’altra
volta conmectere el dicto peccato, al fuoco sia arso, sì che muoia
senza alcuna redentione [cioè, senza possibilità di riscatto]. E en tucte
glie dicte cose, cotale condannato sia infame d’enfamia de ragione e de
facto e de ragione e de facto » (III, 62). C'era poco da scherzare, dun-
que; tanto più che, come minimo, la dichiarazione d’infamia com-
portava gravi limitazioni dei diritti giuridici. Né l’incriminazione dei
colpevoli veniva dal palazzo della ragione, bensì partiva dal ministro
generale dei Frati della penitenza, il quale si serviva della collabo-
razione di quaranta uomini, otto per ciascuna porta, scelti all’insa-
puta l’uno dell’altro e costretti a giuramento. Per mandare al fuoco
un sodomita, bastavano otto cedole, cioè otto testimonianze segrete ;
cinque erano già sufficienti per un’inchiesta. Facciamo pur credito
al rilassamento delle leggi, sempre denunciato da Dante (« Le leggi
son, ma chi pon mano ad esse ? ») al Parini (« Gridan le leggi, è vero,
— e Temi bieco guata ») ; ma non sembra del tutto verosimile sup-
porre, alla luce di quanto finora siam venuti rilevando e illustrando,
che tutta un’intera colonia di nobili e colti perugini, per giunta non
sempre o non del tutto graditi al Reggimento popolare proprio per
la loro nobiltà o per la loro condizione grasso-borghese tendenziosa-
mente incline verso la nobiltà, potesse sbandierare alla luce del sole,
come un vanto o un privilegio, il proprio vizio infamante, insieme
con alcuni validi rappresentanti della vita universitaria o ad essa
in qualche modo collegati. Una più esatta, organica ed unitaria va-
lutazione storica porta invece alla più ragionata ipotesi che quei
ragguardevoli personaggi della storia e della cultura e della civiltà
perugina del tempo, nell’ambito di una tradizione letteraria di stile
«comico » e di tematica giocosa e burlesca, almeno nei maggiori con-
sapevolmente accettata e rielaborata (e basterebbe mettere accanto
alla triade donna-taverna-dado dell’Angiolieri la triade ciamprolino-
taverna-dado del Nuccoli : « E tu in Perosa el ciamprolino e ’1 dado
— e la taverna, con le borse ceppe »), esprimevano il loro chiassoso
e diciamo pur lubrico e volgare divertimento, il loro grossolano
buonumore, mettevano alla prova le loro capacità espressive e lin-
guistiche in una tecnica programmaticamente cerebrale e difficoltosa,
traducendo nel campo della letteratura non solo l’anima terrestre e

VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 201

profana della civiltà perugina del tempo, ma anche l'irrompente
dinamismo politico e militare del Comune di Perugia nella prima
metà del sec. xiv. Tutto ció non dovrebbe affatto significare che
noi consideriamo «i perugini solo come applicatori e rinnovatori let-
terari di moduli e temi coridoneschi » 1°), ma al contrario che noi
attribuiamo alla pratica letteraria vera autonomia e vera validità
di componente storica.

*
* *

Si converrà agevolmente che era necessario battere su questo
fondamentale problema e precisarne i termini, per porre l’indagine
su basi solide e comunque in chiara luce metodologica. Che i poeti
giocosi perugini conoscessero in qualche modo Dante è fuor di dubbio ;
e così è anche certo che la conoscenza di Dante si diffondesse nella
Umbria, come in tutte le altre parti d’Italia, subito dopo la morte
del poeta o ancora durante gli ultimi anni della sua vita. Nè occor-
rerà per questo attendere la testimonianza del 1379, secondo la
quale, già antonomasticamente un «livero de Dante o simiglie »
compare in un elenco di svariati oggetti sottoposti a gabella 1).
Le prime frammentarie trascrizioni di brani del poema risalgono,
come si sa, almeno al 1317 ??) ; e Ignazio Baldelli ha fatto di recente
conoscere alcune antichissime citazioni di Dante a memoria esistenti
nel codice 190 dell'Abbazia di Montecassino *). Canti della Commedia
erano recitati in modo scorretto per le vie e sulle piazze, secondo
lantichissima e preziosa testimonianza di Giovanni del Virgilio
(Ecloga I, vv. 10-13), ripetuta piü tardi dal Petrarca nella sua fa-
mosa lettera al Boccaccio d'argomento dantesco (Familiares, xxi,
15) ; le «lecturae » si infittivano, e ad esse convenivano persone d'ogni
condizione sociale ; sempre piü spesso citazioni di brani e di episodi
del poema erano inseriti nelle prediche, dal pulpito, poiché almeno
per tutto il Trecento la Divina Commedia fu considerata piü come
un testo sacro, che come opera di poesia. Sicché, quando Franco
Sacchetti nel suo Trecentonovelle narrava della piacevole risposta di
Dante a un genovese che gli chiedeva come potesse entrare in amore
di donna (vi); o del fabbro che « cantava il Dante come si canta
uno cantare, e tramestava i versi suoi » (cxIv) ; o di Antonio da Fer-
rara che levava le candele accese innanzi al Crocifisso per porle al se-
polero di Dante (cxx1), aggiungendo le sue piacevoli storielle alla
leggenda (narrata nella Vita di Dante del Boccaccio, xx) delle due



202 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

donne veronesi che scherzavano sui viaggi del poeta all'Inferno do-
cumentati dalla barba crespa e nera e dalla pelle scura ; tracciava,
è vero, una linea della fortuna di Dante nel secondo Trecento, ma
documentava anche, e sia pure in modo indiretto ed immaginoso,
il diffondersi dell'amore al divino poema nei decenni precedenti.
Ma queste son cose risaputissime ; come l'atteggiamento antidan-
tesco di Cecco d'Ascoli e la difesa di Giovanni Quirini ; la disavven-
tura della Monarchia di Dante con Bertrando del Poggetto e l'Anti-
monarchia di Guido Vernani; né giova insistervi oltre '*). Perugia
e l'Umbria non erano certo tagliate fuori da questi interessi, in sin-
cronia e in diacronia, data la loro posizione geografica e la loro im-
portanza culturale e politica, pur se non ci rimangano segni concreti
di una presenza popolare di Dante negli anni immediatamente suc-
cessivi alla sua morte. Col Teleutelogio di Ubaldo di Sebastiano da
Gubbio siamo infatti già più avanti. Ma è utile ricordare che appunto
nel Teleutelogio è posto con i Grandi antichi — in un apocalittico
trionfo della Morte — anche Dante, « Virgilium Italum », al quale,
come a quelli, « pegaseae sorores, napaeae virgineae ac omnes Musae
suavissimae tam dulcia lactis nymphalis exibuerunt cibaria»;
proprio quel Dante Alighieri, espressamente citato col suo nome e
cognome in altro luogo dell'opera, « vestri temporis [è la Morte che
parla] poetam florentinum civem tum a teneris annis praeceptorem,
inter humana ingenia naturae dotibus coruscantem et omnium
morum habitibus rutilantem » !*). Del resto il grande Bartolo da
Sassoferrato, marchigiano d'origine, ma umbro, anzi perugino di
elezione e di residenza, nella seconda parte del Digestum Novum
prese posizione circa la dibattuta questione della Monarchia dantesca,
ricordata e combattuta nelle idee del m Libro, con l'avvertenza che
Dante «post mortem suam quasi propter hoc fuit damnatus de
heresi»; e si oppose anche alle idee del poeta sulla nobiltà, nel suo
commento al Codice Giustinianeo, al titolo De dignitatibus xi, 1,
«salva reverentia tanti poete », dimostrando di conoscere almeno la
canzone dantesca su questo argomento («Le dolci rime d'amor
ch'i' solia ») e la conseguente trattazione del Convivio !*). Non biso-
gnerà dimenticare, a questo proposito, che Bartolo da Sassoferrato,
durante la sua formazione perugina, era stato allievo di Cino da
Pistoia, negli anni tra il 1327 e il 1332 (nel 1333 si recó a Bologna,
dove si addottorò l’anno successivo); e che Cino da Pistoia era si-
curamente a Perugia alla fine del 1326, e negli anni seguenti « lesse »
dalla cattedra ordinaria di diritto civile 1°). E proprio in questa pre-




i
i







VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 203

senza di Cino da Pistoia a Perugia è una delle ragioni per presumere
da parte della classe colta perugina una conoscenza dell’opera di
Dante maggiore di quella che si ricava dall’esame obbiettivo delle

opere, dei fatti e delle testimonianze !*). Cino da Pistoia era certa-

mente amico di Marino Ceccoli, cui inviò in corrispondenza poetica
un sonetto ; ma doveva essere almeno conosciuto da tutto il già ri-
cordato gruppo di poeti perugini, che probabilmente ammirava in
lui non solo il grande giurista, ma anche lo stilnovista e l’amico di
Dante. Per altro, è pur da convenire che in tutta la rimeria giocosa
dei perugini sono relativamente rari i ricordi di Dante, le esatte ci-
tazioni, le riprese lessicali, sintattiche, stilistiche. Considerata nel
suo insieme, quella chiassosa produzione in versi può richiamare i
modi della tenzone di Dante con Forese Donati e certe zone stilistiche
delle infernali Malebolge. Ma sarebbe bene non insistere : potrebbe
essere solo un superficiale ed ingannevole gioco d'analogie. L'atteggia-
mento spirituale di quei rimatori è ben distante, come s'è visto, dalla
umana e pensosa serietà di Dante, dal suo radicale e fermissimo
impegno morale. Altri sono i modelli, altre le ascendenze, altri i
consapevoli o inconsapevoli riecheggiamenti 1°). È più facile tro-
vare in loro, pur se talora sfigurati, i segni della tecnica stilnovistica :

«Voi che portate de mia vita luce
nel viso chiar con piacevole aspetto,
e non vedete me vostro soggetto,
ch'Amor per voi e la morte conduce ...» (NUCCOLI, 9);

e più che negli altri, in Neri Moscoli, che è sensibilmente lontano
dalla res jocosa e dalla tecnica « comica » nella sua poesia d’amore e
altrettanto vicino alla immediatamente precedente tradizione to-
scana. Neri Moscoli conosce gli Stilnovisti e ne imita consapevolmente
le modulazioni stilistiche.

«O d’oriente vera e somma luce,
ché vertù splende nel vostro splendore
e ché sor tutte val vostro valore,
tant'è d’amor el ben che ’n voi traluce ...» 26).

Così comincia un suo sonetto nel quale non solo si possono
cogliere accenti ed immagini genericamente stilnovistici, ma tutto
un armamentario di retorica ben dissimulato e scaltramente utiliz-
zato (ripetizioni, allitterazioni, inversioni ecc.). E dello Stil Nuovo



















204 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



anche lui, com'era del resto valutazione generale, riconosceva il
maestro in Guido Cavalcanti, le cui reminiscensze sono ben fre-
quenti nei suoi sonetti; come quando chiede alla donna quel con-
forto, «onde soffrire — possa la mente e l'alma sbigottita, — si
che non faccia dal cor dipartita » (37) ; ovvero, nella amarezza d'amore,
confessa : « Io son colui che temo e moro amando — e no lo ardisco
dir for che rimando » (41) ; o usa un siffatto incipit : « Io ho nel cor
de me stesso pietate, — temendo forte che il valor non menta »,
cui segue il possibile rischio di morte : « ch'io sento l'alma, che quase
s'avventa — del corpo fuor per la grand'ansietate » (51) ; o predilige
la saporosa locuzione « morte me morde » (42 e 44) ed evoca gli « spi-
ritelli » che si raccolgono intorno ad Amore (11). E così via. Neri
ci offre la conferma che anche nell’Umbria, più di Dante, proprio
il Cavalcanti era considerato nel primo Trecento il più alto maestro
dello Stil Nuovo. E anche la presenza di Lapo si potrebbe intravve-
dere in due leggiadre ballatette del Moscoli (12 e 59). A Dante stil-
novista è riservato tuttavia notevole spazio, pur se inferiore a quello
genericamente stilnovistico e particolarmente cavalcantesco. Del
Cavalcanti, per esempio, in due luoghi diversi è citato un famoso
emistichio : «La vostra beltade — dentro per gli occhi mi passò
nel cuore », al n. 30, vv. 12-13; e al n. 66, vv. 1-2: « Lo vago lume
de la chiara stella, — passandome per gli occhie dentro al core. . . » ;
momento critico dell'accensione amorosa. Ma poi, nella contempla-
zione abbandonata d'amore é Dante che prevale :

«Si che per l'alto emmaginar che face
mia mente, nel cor formata vede
vostra figura, la qual propria crede
del ciel venuta angelica verace » (4).

Dantescamente, della donna Neri rievoca «l'angelico parlar,
dal qual se prende — ciascun che l'oda per somma dolcezza », e anche
«lo portamento nel qual se desprezza — vizio ciascun per ch'a niuno
intende » (5) ; ove ritorna il concetto dell'amore beatificante, perché
sollecita all'esercizio della virtü e conduce fino a Dio. E gli effetti
della presenza della donna :

« Per ció che stando en la vostra presenzia,
ammirando ’1 piacer che ’n voi resplende,
tanto desio nel cor dentro s’accende,
ch’io perdo allor de parlar la potenzia » (18),



VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 205



simili a quelli di Dante nella Vita Nuova quand'é alla presenza di
Beatrice. E si potrebbe continuare col ricordo da parte di Neri del
«vasello » dantesco : « e ’1 veloce mio legno — è atto ad ogne camin
che desire, — coi veli al vento » (15) ; o col ricordo del volto di Ma-
donna fatto men bello da pietà (Dante : « pietà faria men bello il suo
bel volto »; Moscoli : « pietate — farà men bella la vostra beltate »,
43); o della preziosa allitterazione avaro-avere (Dante: «come
l’avaro seguitando avere »; Moscoli : « Qual’è colui ch’è del suo aver
tenace — lo quale avar s’appella », (32) ; o con la prediletta afferma-
zione «ch’esser amato amando è ben perfetto » (27), ripetuta in
altro luogo con lieve modificazione : « Come colui che non è amato
amando » (35).

Approdiamo così alla Divina Commedia: «Amor ch’a nullo
amato amar perdona », verso famosissimo e fortunatissimo, al quale
certo si riferiva anche Manfredino, quando in una tenzoncina con
Marfagnone, contenuta nel codice dei perugini (a c. 18 v), confessava
di riecheggiare «il bel decto di Dante — ch’ad ogne amante amor
dona sua pace ». E dalla Commedia Moscoli cava di peso una famosa
comparazione :

«Corda da sé non mai pénse quadrello
ratto così come quel se destese
verso di me...»(8);

o trae materia e stile per il paragone del cane che mostra i denti
«con son che li spiace » (32), o ricorda i drappi tartareschi (33) e
apertamente l’episodio di Celestino V :

«Onde ve piaccia d’amar libertate
tenendo sempre lo vostro onor caro,
ché mal se legge de’ quei che lassaro
li grandi offici per la lor viltate » (100),

applicato a « moralità », come generalmente avveniva per la maggior
- parte delle figure del poema sacro.

Ma dove nel Moscoli l'imitazione di Dante sembra risolversi
addirittura in desiderio d'emulazione, é nei sette sonetti di lui che
Si potrebbero dir «petrosi», composti nei modi delle « petrose »
dantesche. Dante in quelle rime affrontava e superava per primo
in Italia le difficoltà tecniche della sestina arnaldesca e le compli-
cava maggiormente in un eccezionale exploit tecnico, nella metrica













206 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



della cosiddetta sestina doppia ; e inoltre correva felicemente il ri-
schio di un linguaggio poetico nuovo e singolare, dolce ma insieme
aspro e realistico, per una musica tutta diversa da quella soavissima
e uniforme delle rime stilnovistiche. Neri Moscoli si mette sulle sue
orme, ma non ha l'ali per un volo cosi ardito. Riesce a mettere in-
sieme ben sette sonetti (73-79) con le stesse parole-rima, avvici-
nando in tal modo metricamente il sonetto alla sestina arnaldesca ;
ma non va oltre questa novità tecnica ; 0 va poco più in là. Il tema
è quello della crudeltà della donna, ma rimane puro pretesto della
difficoltosa esercitazione; la straordinaria potenza espressiva di
Dante, il suo demiurgismo linguistico, sono qui mortificati, avviliti
nel gioco delle parole-rime fine a se stesso, privo di forza interna e
di riflessi contestuali. Ma ciò non toglie che quei sonetti costituiscano
cospicuo documento della fortuna delle rime « petrose » di Dante
nel primo Trecento, e commovente, in fondo, testimonianza dell’alta
ammirazione di Neri per il divino poeta *°).

Più rapido, per le ragioni già esposte, sarà il discorso su Marino
Ceccoli e su Cecco Nuccoli. Il primo presenta echi danteschi nella sua
canzone « Vita che senza amor nel tempo corre », là dove parla di
un'anima « fanciulla » che « se n’anda al loco dove non luce sole » ;
o dove afferma che « van è ciò che fuor d’amor giace, — e quanto
ha l'uom d'amor tanto ha de bene»; o ancora che Amore «con la
Prima Cagion s'antiqua e invecchia — ed ella creó lui ministro e duce ».
Echi danteschi tra Stil Nuovo e Divina Commedia. E forse alle Ma-
lebolge, all'episodio di Vanni Fucci, potrebbe portarci il disperato
e plebeo atteggiamento del poeta contro Amore :

«per lui soffert'ho io briga e travaglio,
per lui perduto n'ho Apollo e Minerve.
Ma io faró una fica e diró : Castra!

famme ’1 peggio che puoi...»(11),

se proprio quell'atto volgare non fosse tratto dalla realtà quotidiana,
tanto era diffuso, o non vantasse altro importante ascendente nel
Caribelto di Meo dei Tolomei, dove pure alla stessa maniera ricorre *).

Quanto al Nuccoli, non sarebbe difficile ampliare l'esemplifica-
zione d'imitazione stilnovistica, della quale abbiamo già recato un
campione, con altre citazioni ; ma di Dante non riusciamo a trovare

altro ricordo che questo :

«e pato mille morte via piü spesso,
che quei che stanno ne l'ardente lute » (13),







VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 207

il quale, per quanto sicuramente dantesco, è tuttavia impreciso,
vago, provvisorio ; e si potrebbe infatti riferire ai peccatori della
palude stigia, o anche ai bestemmiatori, o infine, e forse meglio, alla
pece bollente dei barattieri.

La verità è che questi poeti perugini sono lontani da Dante,
dalla sua grandezza umana e poetica ; non lontani, intendiamo, per
l’esiguo valore della loro produzione poetica (che sarebbe sciocca e
superflua affermazione), ma lontani dagli ideali di lui, dalla sua ric-
chezza umana, dalla sua serietà morale, dalla sua concezione della
poesia come vita, lotta, impegno integrale. L'attività poetica come
vita, lotta, impegno integrale. L'attività poetica non é un atto ne-
cessario della loro esistenzza, ma solo si direbbe un atto esornativo
ed edonistico, se non esibizionistico. Cosi anche si spiega come per
Neri Moscoli, che é pure il rimatore piü «serio » del gruppo, valga
a modello infinitamente piü il Dante lirico che il Dante della Com-
media, come s'é visto ; e non stupisce che sia, insomma, piü « dan-
tesca » tutta un'altra zona della poesia umbra del tempo ; non quella
delle laudi sacre e delle laudi drammatiche, ispirata principalmente
ai libri santi e alla recente tradizione agiografica *), ma quella di
carattere moraleggiante e politico-moraleggiante, vicina alle aspi-
razioni, agli ideali, al linguaggio del popolo e comunque non profes-
sorale, non universitaria, non insomma tendenzialmente accademica.
Si potrebbe ricordare l'amore e l'ammirazione che per Dante ebbe
Bosone da Gubbio, letterato mediocre, ma politico eminente, il
quale piangeva in un sonetto la morte di lui ; sintetizzava le linee
narrative della Divina Commedia in un Capitolo composto di terzine
dantesche e chiosava in certe sue altre terzine alcuni canti del
poema, secondo quanto ha affermato il Raffaelli ?) ; oppure citare
la Visione del Beato Tommaso da Foligno, non priva di reminiscenze
dantesche *); ma soprattutto additare il capitolo in terza rima di
Domenico Scolare e i Cinque Canti d'argomento politico studiati
dal Salvatorelli 25). Il Capitolo di Domenico Scolare (da identificarsi
probabilmente nell’autore di un poema su Alessandro Magno) na-
sce proprio da un episodio della Divina Commedia, il XXIX del
Purgatorio, com’è detto all’inizio di esso :

«Già rutilava la bella aurora,
quando Oriente imbianca l’emisperio
e ’1 sol sentilla per parer di fora.
Non so per qual fortuna o quale imperio

VI CONVEGNO STORICO REGIONALE











li miei pensier sospesi fuor tirati

e condutti a veder nuovo misterio.
Che vider gli acti nuovi e figurati

per Danti al Canto Vigesimo nono

di quella parte che purga ei peccati.
Fulminar vide né seguitar tono

ma solamente el carro triunfale

con sette donne, senza canto o sono.
O immensa vertü cellistiale,

tu vedi ben ch'a si facto lavoro

volar non posso senza le tuoi ale...».

E basterà quest'inizio per rilevare non solo l'argomento dantesco
del Capitolo (le sette donne poi — cioé le quattro virtü cardinali e
le tre teologali — diranno un loro lamento; piü lungo e doloroso
quello della Fede contro la curia romana, contro la simonia e a fa-
vore di una crociata), ma l'imitazione dantesca dello stile, con remi-
niscenze talora assai crude : « puoi pose fine ai suoi ragionamenti » ;
«piangendo disse... come persona lacerata e stanca » ; « O quanto
fo quel dono a me discaro — che fece Costantino al buon Silvestro ! —
ch'esso e i predecessor me coltivaro » ; e cosi via.

I Cinque Canti d'anonimo e d'argomento politico contengono
invece una sorta di colloquio tra l'autore e Perugia sulle condizioni
del Comune. Non occorrerà entrare nel merito del valore storico del
poemetto, illustrato, come si è detto, dal Salvatorelli; ma segnalare
in questa sede gli elementi d’imitazione dantesca che lo contraddi-
stinguono : l'impianto stesso del poemetto nella sua struttura (quello
svolgersi del colloquio, quel modo di domandare e di rispondere,
quei problemi), l’uso della terzina, che allora nasceva solo dall’ammi-
razione per Dante, e le modulazioni stilistiche e il linguaggio :

«Mira la bella sposa di Francesco

com’è rimasta sola vedovella
trista piangendo nel diserto tresco » (40-42)

Oppure :
« Mira contro Fortuna chi te mena,
e vederai in te lupi rapaci,
sucarte ’1 sangue de ciascuna vena» (64-66).
O ancora :

« Colui ch'é lento mai non trova tempo
e perder tempo a chi piü sa piü spiace » (430-431).









VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 209



Le citazioni qui potrebbero infittirsi di molto, ad ampliamento
e integrazione delle calzanti indicazioni del Salvatorelli ; ma proprio
per questo preferiamo averne offerto solo un piccolissimo saggio.
Della tecnica del Dante della Commedia ritornano qui i modi piü
eloquenti e retorici al servizio del sentimento morale o insomma di
intenzioni e di scopi di carattere pratico : l'uso dell'anafora, della
ripetizione, dell'invettiva ; le espressioni pregnanti e gesticolate ; gli
atteggiamenti psicologici dell'amarezza, della delusione per le con-
dizioni presenti e talora della nostalgia per i tempi passati. Gli è
che Dante qui è maestro di vita prima che di arte e di stile ; il suo
poema è soprattutto nutrimento vitale di verità. Onde non costi-
tuiscono oggetto d’imitazione le grandi figure di esso, Francesca,
Farinata, Ugolino, Cacciaguida, o i grandi episodi anonimi bruli-
canti di folla, bensì il suo stesso grande protagonista, cioè Dante,
la sua figura, le sue rampogne, le sue nostalgie, le sue esortazioni e
le sue invettive. L’imitazione letteraria nasce da affinità di atteg-
giamento psicologico, da comunanza di giudizio sui problemi della
vita, da analogia nell’appello alla coscienza morale : insomma l’ano-
nimo poeta riconosce se stesso, le proprie illusioni e delusioni nelle
illusioni e delusioni di un grande interprete della verità della vita,
al quale si ispira nella umile modestia della sua letteratura. Da
questo Dante erano invece assai lontani i vari Moscoli, Ceccoli e
Nuccoli, perché la loro letteratura era appunto letteratura, non
vita; prova di capacità tecniche in gran parte ed accademia, non
incoercibile necessità morale e coscienza integrale; tutt'al più li-
bellistica divertita e divertente, solo impegnata magari nella lotta
delle fazioni politiche. Onde da costoro il Dante stilnovista e lirico,
insieme con la recente tradizione letteraria di Toscana era usufrui-
bile molto più che l’inattingibile Dante della Commedia. Sono, questi,
due modi diversi di sentirsi vicini a un modello, perché sono anche
due modi di intendere la vita e l’arte ed i loro rapporti ; e così come
reciprocamente si integrano e si illustrano, indirettamente confer-
mano la natura letteraria, accademica, estemporanea della produ-
zione in versi del Ceccoli, del Nuccoli, del Moscoli e del coro di mi-
‘nori che fanno loro degna ed allegra corona.

NOTE

1) Bonazzi L., Storia di Perugia dalle origini al 1860, a cura di G. IN-
NAMORATI, con una Nota di L. SALvATORELLI, Città di Castello, 1959,
pp. 330-331.















210 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

?) I sonetti tenzonatori sopra citati sono in Poeti giocosi del tempo
di Dante, a cura di M. MARTI, Milano, 1956, pp. 765-769. Citeremo sempre
da quest’edizione, salvo avvertimento in contrario. Il numero in tondo e
in corpo normale tra parentisi rinvia al luogo occupato dal componimento.

*) Cfr. Tommasini-MaTTIUccI P., Nerio Moscoli da Città di Castello,
Perugia, 1897, pp. 114-115 ; L. Bonazzi, Storia di Perugia, cit., p. 305.

4) Citiamo dal Corpus Statutorum Italicorum sotto la direzione di P.
SeLLA, Statuti di Perugia dell’anno MCCCXLII, vol. II, Libri III e IV, a
cura di G. DEGLI Azzi; Roma, 1916.

5) SALVATORELLI L., La politica interna di Perugia in un poemetto
volgare della metà del Trecento ; in Boll. della Deput. di Storia Patria per
lUmbria, vol. L, 1953, p. 9.

*) Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli, a cura di A. F. Mas-
sÈRA, nuova ediz. riv. e agg. da L. Russo, Bari, 1940, pp. 357-360 ; per Ma-
rino Ceccoli, p. 354 ; e per Cecco Nuccoli, p. 355.

*) Cfr. Poeti giocosi cit., p. 676.

5) SaPEGNO N., Il Trecento, Milano, 1934, p. 92.

9) BaLDELLI I., Lingua e letteratura di un centro trecentesco : Perugia ;
in Rassegna della letteratura italiana, gennaio-aprile 1962, p. 7.

») BINNI W., Poetica, critica e storia letteraria, Bari, 1963, p. 58.

1) MiGLIORINI B., Storia della lingua italiana, Firenze, 1960, p. 210.

13) Notizie e bibliografia in G. PeTROoccHI, L’antica tradizione mano-
scritta della Divina Commedia, in Studi danteschi, XXXIV, 1957, pp. 16-17.

1) BAaLDELLI I., Schede su manoscritti danteschi, in Studi danteschi,
XXXVII, 1960, pp. 275-277.

4) Per questa parte sarà sufficiente ricorrere a E. CAVALLARI, La for-
tuna di Dante nel Trecento, Città di Castello, 1921 ; e C. DeL BALZO, Poesie
di mille autori intorno a Dante, Roma 1889-1909, vol. I.

15) MAZZATINTI G., Il « Teleutelogio » di Ubaldo di Sebastiano da Gub-
bio, in Arch. Stor. Ital., S. IV, T. VII, a. 1881, rispettivamente a p. 271 e
a p. 265.

13) CAVALLARI E., La fortuna, cit., pp. 39-40 e 60-63.

7) ERMINI G., Storia dell’ Università di Perugia, Bologna, 1947, pp.
111-112.

1) È da notare però che ci sono stati tramandati sotto il nome di Cino
tre sonetti di spiriti antidanteschi; ma la loro paternità è tutt’altro che
sicura. Cfr. N. SAPEGNO, Trecento cit., p. 45e bibliografia a p. 63.

1*) Ci riferiamo particolarmente ai modi della tradizione letteraria in
stile « comico » e d’argomento giocoso, ai quali essi in gran parte si riallacciano
e che in qualche modo sviluppano e cristallizzano. Cfr. M. MARTI, Cultura
e stile nei poeti giocosi del tempo di Dante, Pisa, 1953, pp. 171-188.

2) Sui rapporti tra il Moscoli e Dante cfr. P. TOMMASINI-MATTIUCCI,
Nerio Moscoli cit., p. 48 sgg., ov'é raccolto buon materiale qui utilizzato.





VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 211



L'autore pensa che Neri conoscesse di persona Dante, appoggiandosi a indi-
cazioni cronologiche senza vero fondamento, e gli inviasse sonetti.

3) Poeti giocosi cit., p. 280.

2) Eppure la lettura di qualche laude drammatica puó far pensare a
Dante. Per esempio, la conclusione della laude per l'Avvento, con la quale
si apre la bella raccolta del DE BARTHOLOMAEIS (Firenze, 1943) ; ma sono
casi rarissimi, e non bisognerà attribuirvi alcuna importanza, data l'analogia
degli argomenti.

23) RAFFAELLI G., B. d. G. e le sue opere, in Giornale dantesco, 1928,
pp. 87-248; ma le chiose sono di dubbia attribuzione.

*) CAVALLARI, La fortuna, cit., p. 335-336.
8) SALVATORELLI L., La politica interna cit., al luogo cit.

BATTELLI : La relazione del prof. Marti è stata più interessante di
quanto si poteva aspettare dal titolo, perchè ha posto problemi di ca-
rattere generale. Non si è trattato, come l'oratore ha detto modestamente
al principio, di considerare il « rovescio della medaglia » : le attesta-
zioni letterarie allusive a sentimenti abnormi hanno pure il loro valore
e l’interpretazione da lui data sembra senz'altro. valida. Attraverso
l'illustrazione di testi e fatti poco noti, egli ha mostrato la presenza di
Dante nella società perugina del Trecento : questo é senz'altro un dato
nuovo. Sono lieto di esprimere al prof. Marti, a nome dei presenti,
il più vivo ringraziamento.

Nel pregare il prof. Petrocchi di svolgere la sua comunicazione
sui codici umbri di Dante, ho il piacere di ricordare che egli è forse
oggi il migliore conoscitore di codici danteschi, sia per la tradizione
del testo, sia per la loro decorazione. Perciò aspettiamo con particolare
desiderio di ascoltare la sua parola.

CODICI UMBRI E IN UMBRIA DELLA COMMEDIA

Occorre preliminarmente segnalare che l'Umbria, per la sua posi-
zione geografica e culturale, era in grado di accogliere elementi e
documenti significativi della primissima diffusione del poema dante-
'sco tra la « Lombardia » e la Romagna, ma che non è possibile esibire
dati in proposito, cosi come non lo è per altre parti della zona me-
diana e pure della Toscana. Il centro culturale al quale conviene
pensare come primo collettore di notizie e di letture della Commedia,
è Gubbio, per i suoi rapporti anche politici con le terre dei Monte-
feltro e quindi con la Romagna. E infatti a Gubbio, direttamente o



astiene





=“ ai

==

|



ERE

212 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

no, ci richiama la prima notizia certa della conoscenza della Com-
media presso gli uomini di cultura umbri: Ubaldo di Bastiano da
Gubbio, giurista, tra il 1326 e il 1327 nel De Teleutelogia ricorda
l'insegnamento che Dante gli aveva impartito negli anni giovanili
(potrà essere, entro certi limiti, un millantato credito, ma la notizia
è parimenti rivelatrice). E come non pensare che, negli anni del
suo insegnamento universitario a Perugia, Cino da Pistoia non
avesse con sè un esemplare della Commedia, ovvero non ne par-
lasse e leggesse ai suoi scolari ?

L’esame dei codici certamente umbri, anzi situati e datati in
Umbria dalle note di sottoscrizione, consentirebbe inoltre d’affac-
ciare l'ipotesi che i due canali di penetrazione della Commedia in
Umbria, nell’età successiva a quella della prima diffusione del poema,
sia una direttrice Firenze-Cortona-Perugia, e un’altra: Romagna-
Gubbio-Città di Castello-Perugia. A Città di Castello, nel 1370,
risulta scritto il Laurenziano 40.2 («scripte et complete per me An-
dream Justi de Vulteris in Civitate Castelli ») : un manoscritto molto
interessante, e opportunamente utilizzato per l'edizione nazionale
della Commedia; e a Città di Castello ci riporta, quasi un secolo
dopo, il Laurenziano 40.1, «Scriptus per me Gasparem Thome de
Montone tunc militem magnifici et generosi equitis domini Johannis
EN. de Civitati Castelli tunc inclite urbis Ferrarie proetoris
dignissimi in anno 1456 », dove committente e scriba testimoniano la
continuità dei rapporti culturali lungo quella linea di cui s'é già detto.
In un'area piü direttamente umbra, e anzi in quel centro cultu-
rale di Gubbio che sembra veramente la capitale del culto umbro per
Dante, ci richiamano due altri codici, l'Estense 1513 («.M.7.22), « scri-
ptus per me Antonium de aghobbio sub anno Domini MCCCCVI »,
e il Casanatense 392 (d.IV.2), scritto da un Luca Peri di Pergola
per incarico di Ser Gangello di Ser Travaglini della stessa città
di Pergola nell'anno 1462 «prope muros civitatis Eugubii». Ad
altro ambiente di cultura va invece riferito il Parigino it. 75, scritto
a Orvieto nel 1389 «per me Franciscum Andree de Urbevet. »;
un altro interessante codice è il 2283 di Treviri, scritto a Castel
Stroncone nel 1465, e che fu già della collezione Albani, poi Bon-
compagni. Caratteri umbro-toscani si debbono poi assegnare a vari
testimoni, quale il XIII.C.I. della Nazionale di Napoli, e lingui-
sticamente umbro-marchigiano è uno dei più antichi manoscritti
del poema, il Laurenziano 40.22, scritto a Sassoferrato nel 1355,
e la cui mano fu un tempo attribuita a Bosone da Gubbio.







VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 2t3








Il pregio di questi codici umbri, e particolarmente del Lauren-
ziano 40.22 (che è uno dei manoscritti più importanti per la cono-
scenza della vulgata antica), risulterà dallo studio sulla classifica-
zione dei manoscritti che farà da introduzione all'imminente mia
edizione critica della Commedia. Mi sono semplicemente limitato ad
elencare i dati di fatto. Altrettanto farò per i codici che si trovano
oggi negli archivi e nelle biblioteche dell'Umbria, ma che non si
possono dire umbri, se non forse il frammento recentissimamente
scoperto dal prof. Abbondanza nell’Archivio di Stato di Perugia
(ma che non ho potuto ancora esaminare sotto il profilo linguistico),
contenente alcune carte trecentesche. I cimeli più importanti pre-
senti in Umbria sono i codici della Biblioteca Augusta di Perugia.
Sono tre, ai quali si aggiungono interessanti frammenti dell’ Inferno
(III 103-105) nel codice F 66, e delle prime due cantiche (Purg. VI
1-66 ; V 97-136 ; VI 67-108 ; V 55-75 ; Inf. XXII 4-45 ; XXI 46-66 ;
Purg. VI 130-150 ; Inf. XVII 46-87) nel membranaceo 3181. Dei
tre codici il più contaminato sembra essere il B. 25, ma con interes-
santi lezioni che mi sono state molto utili per stabilire le varie fasi
di successione della traditio postboccaccesca ; è un bel membranaceo,
ricco di postille e dichiarazioni latine marginali e interlineari, pro-
veniente dalla biblioteca di Prospero Podiani. Non meno essenziale
è stata l’utilizzazione del D. 58, anch’esso di buona lezione, ché segue
per lo più la famiglia a ma ha qualche esito caratteristico di B, ad
esempio passar a Inf. VIII 101, sospirando a Inf. X 8, sì che contraro
a Inf. XVI 26 ; tristo a Inf. XVI 30. Ma forse il codice che ci è stato
più utile è il L. 70, un bellissimo codice recante soltanto 1’ Inferno,
ma col commento laneo ; per il quadro dei rapporti con f L. 70 ha
poche lezioni distintive (come Unde omicidi a Inf. XI 37), mentre
di preminente rilievo le soggiacenze ad «: es. sospirato a Inf. X 88,
volse a X 133 ; era distinto a XVIII 9; so alzava a XXXIV 50. Altri
elementi interessanti sono ti piace a Inf. V 94; si tace ibidem 96;
dirò ibidem 126; ingoia a VI 18; cresceranno [ei] a VI 104, ecc. È
chiaro che mi limito a ricordare qualche uscita peculiare, poiché
_l’esame integrale dei tre testimoni perugini mi porterebbe ad un lungo
elenco di circostanze testuali, e desidero risparmiarvi la serie fittis-
sima degli esiti anomali o piuttosto isolati nel complesso tradizio-
nale. Occorrerà infine fare un cenno a due codici della Commedia
che erano posseduti da collezionisti di Foligno ; l'un, non rintrac-
ciabile, del Pagliarini ; l'altro, del Boccolini, e che venne acquistato
dal marchese Piermartino Barnabó, piü tardi venduto in Inghilterra











214 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



(doveva essere un testinome importantissimo, anche perché recava
rime di Dante). Sarebbe sommamente augurabile che, in occasione
del capillare censimento che la Società Dantesca Italiana sta orga-
nizzando, si potessero rintracciare i due folignati e ancor altri testi
che le antiche fonti e notizie assegnano in proprietà di biblioteche
religiose e laiche dell'Umbria nei sec. XVII e XVIII.

BATTELLI : Abbiamo inteso con profondo compiacimento come, nelle
mani di un abile ricercatore, l'illustrazione del codice diventa pagina
viva di cultura e di storia. La nostra aspettativa per quello che il prof.
Petrocchi ci avrebbe detto è stata pienamente soddisfatta : esprimo
a lui il nostro più cordiale ringraziamento.

Ora il collega dott. Casamassima, insigne bibliotecario e cultore
di studi bibliografici, parlerà della celebre edizione dantesca di Foligno.

L'EDIZIONE FOLIGNATE DELLA COMMEDIA (1472)

Dopo le diligenti ricerche del Faloci Pulignani, del Valenti, dopo
gli studi di K. Haebler '), soltanto nuove scoperte di documenti
d’archivio potrebbero arricchire o mutare quanto sappiamo intorno
alle vicende della editio princeps della Commedia? Non parimenti
nota, invece, è l’edizione in sè, ossia il libro stampato nel 1472 da
Johann Neumeister?) e dal « fulginato Evangelista »*) con i tipi in-
cisi da Emiliano Orfini, « vir ingenii acutissimi »5). Con le note che
seguono (delle quali si vorrà perdonare, speriamo, il titolo generico
e forse troppo promettente), si vuole soltanto recare un contributo
alla conoscenza, sotto l'aspetto tipografico e testuale, dell'edizione
principe del poema dantesco. Certo, indagini di questa specie, che
esaminano isolatamente un’opera, non possono raggiungere se
non risultati parziali, rischiano di cadere nell’astratto : soltanto
nel contesto di una storia della prototipografia italiana, che ancora
attendiamo, e della tradizione della Commedia, l’edizione di Foligno
potrebbe trovare la giusta luce, l’adeguato rilievo.

Per una descrizione bibliografica esauriente dell’edizione, è d’ob-
bligo il rimando alla scheda del Gesamtkatalog der Wiegendrucke *).
Qui accenneremo ai dati esteriori essenziali per procedere nel nostro
discorso : negli esemplari completi, che sono rari, il volume, com-
posto di quinterni e sesterni, consta di 252 carte; di queste sono
bianche la prima e l'ultima, nonché le carte 84 e 168, che si trovano



CONVEGNO STORICO REGIONALE 2f5

alla fine della prima e della seconda cantica. Le pagine, ad una sola
colonna, contano 30 linee : 10 terzine dove non cadano inizi di canti
e le relative rubriche. Nel testo non é impiegato alcun segno d'in-
terpunzione ; rarissime volte vi compaiono le abbreviazioni. Quanto
alla presentazione, al decoro tipografico, osserviamo che, come é
uso nei primi decenni della tipografia, lo stampatore ha lasciato
in bianco per il rubricatore gli spazi destinati alle letterine iniziali;
che l'impiego di capitali distingue l'inizio delle rubriche delle Canti-
che e l'inizio di quest'ultime, che i titoli e gli ordinali dei canti sono
in capitali, regolarmente, soltanto a partire dal canto xvii dell'In-
ferno : prima di questo sono parte in capitale, parte in minuscola ;
e neppure compaiono in modo uniforme in tutti gli esemplari, come
avremo occasione di rilevare. Ogni terzina, infine, è introdotta da una
lettera maiuscola. Alcuni esemplari si distinguono per recare alla fine
della seconda Cantica, in lettere capitali, la scritta « Soli Deo gloria ».

Una composizione e un’impaginazione, dunque, di una estrema
nuda semplicità, tutta affidata ai valori estetici delle forme grafi-
che. La «littera » della stampa è l’antiqua, la scrittura degli uma-
nisti, propria dei testi dei classici, restaurata a Firenze all’aprirsi
del secolo. Tradotta nei tipi, dalla prima introduzione della « sancta
ars » in Italia, a Subiaco nel 1465, l’antiqua appare già impiegata
pochi anni dopo, nel 1470, da Vindelino da Spira, a Venezia, per la
stampa del Canzoniere del Petrarca : così fin dagli inizi della tipo-
grafia, anche nella forma di lettera, Dante e Petrarca sono sentiti
come classici, sul medesimo piano degli autori latini e dei Padri
della Chiesa.

L'antiqua e le capitali di forma epigrafica dell’officina di Foligno
non facevano peraltro la prima apparizione nel 1472, nell’edizione
della Commedia. Lettere ricavate dai medesimi punzoni erano
state impiegate due anni prima e l’anno avanti negli altri prodotti
dell’officina a noi giunti : nelle stampe del De bello Italico adversus
Gothos del Bruni e delle Epistolae di Cicerone ?). Ma i tipi usati nella
stampa della Commedia sono il prodotto di una nuova fusione,
dalla quale derivarono spazi più regolari e un maggiore interlineo.
| La pagina, qui, se la confrontiamo con le edizioni degli anni prece-
denti, appare più spaziata, ariosa; per esprimerci con i termini
convenzionali della misura delle 20 linee, diremo che ai 124/125 mm.
della edizione del Bruni corrispondono nella Commedia, con rego-
larità, 131/132 mm. Il Cicerone, sotto questo aspetto, è meno costante,
meno accurato, oscillando la misura tra questi due estremi 9).







216 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



Nel panorama, ampio, quanto mai vario, dell'antiqua del primo
decennio della stampa in Italia, il carattere di Foligno, di modulo
decisamente grande (circa 16 punti) di disegno e incisione ori-
ginale, viene a collocarsi in modo ben definito : trova il suo posto
entro il gruppo che può genericamente definirsi romano, i cui capo-
stipiti possono riconoscersi nei tipi impiegati a Subiaco e a Roma
da Sweinheim e Pannartz ; con questi il tipo folignate ha in comune,
oltre la generica forma della lettera, la decisa ispirazione al tratteg-
gio dinamico della «viva mano », la varietà, la ricchezza di forme
per una stessa lettera. Il tipo folignate, direi, è il prodotto artistica-
mente più valido di quella breve stagione creativa rappresentata
dai tipi del gruppo romano ; la quale, iniziata alla metà del set-
timo decennio, giunge appena ad oltrepassare l’inizio del decennio
successivo. Negli stessi anni, difatti, in cui veniva inciso e fuso il
tipo folignate, nel 1469/1470, Vindelino e Giovanni da Spira, Nicola
Jenson, a Venezia, ispirandosi a modelli di lettere più tardi, di
«antiqua tonda », creavano caratteri più regolari, uniformi, dai
rapporti costanti, i quali meglio rispondevano all’ideale estetico del
Rinascimento : come sappiamo saranno questi tipi, e non gli arcaici
disegni del gruppo romano, che segneranno la strada alla futura
evoluzione dei caratteri della stampa.

Ricercare l’eremplum manoscritto, o almeno riconoscere i mo-
delli di lettera ai quali i tipi del gruppo romano, e in specie quello
folignate, si sono ispirati, non è consentito, allo stato attuale degli
studi sul primo secolo della tipografia. Si attende ancora più di una
ricerca paleografica e stilistica prima che questo aspetto, il più
importante, del passaggio dal manoscritto alla stampa possa essere
indagato con risultati attendibili. Per il tipo di Foligno, se restiamo
nell’ambito dei disegni di caratteri, un tentativo può farsi: pos-
siamo avvicinare questa antiqua ai contemporanei disegni di carat-
teri impiegati da stampatori tedeschi nella tipografia romana di
Giovanni Filippo de Lignamine ?). L'uno e l'altro tipo sembrano risa-
lire a un medesimo modello di lettera. Il tipo di Foligno, direi, rap-
presenta un'evoluzione verso forme piü accurate nei particolari,
piü eleganti. Ció é in gran parte dovuto all'incisione, nitida e al tempo
stesso sensibile ai valori del chiaroscuro grafico, per cui le singole
lettere acquistano una sottile individualità.

Se per il disegno del carattere siamo soltanto in grado di tentare
un accostamento con tipi contemporanei, per quanto riguarda
l'incisione poggiamo invece su un terreno più saldo. Per questa si







Ini ditutti buffoni tracta deldimóio cerbero et

M narra îforma dipdicere piu cofe adi uenute

In alacipta difireze:- |

i Ltornar delamente cbe ficbiufe

I dinanzi alapieta didue cognati

i | be detriftitia tutto mi confufe

iI Noui tormenti et noui tormentati

In mi ueggio intorno come chio mimoua |

Ill et chio miwolua et come chio guati

il I fono alterzo cerchio della pioua
eterna maladicta fredda et greue
regola et qualita mai non lenoua

Grandine groffa acqua tinta et neue

ill perlaere tenebrofo firiuerfa

[I pute laterra che quefto receue

il Cerbero fiera crudele et diuerfa

n contre gole caninamente latra

i} foura lagente che quiue fomerfa

I) Liocbi a uermigli labocca unta et atra

n eluentre largo et angbiate lemani
graffia lifpirti ingoia et difquatra

Vrlar lifa lapioggia come cani
dellun delati fanno alaltro fcberrno
uolgonfi fpeffo imiferi profani

Quando cefcborfe cerbero ilgran uezmo
lebocche aperfe et moftroce lefanne

|I nonauca membro cbe tenefTe fermo

il Loduca mio diftefe lefue fpanne

prefe laterra et compiene lepugna |

lagitto dentro alebramofe canne I

»





—— —

Fig. 9. — Esemplare Angelicano, c. 14v

——
————.



|



en coco



Narra informa dipsedicere piu cofe adi
ue nute ala cipta difiorenze :-

Ltornar delamente che fi chiufe
dinanzi alapieta didue cognate
be deteiftitia tutto mi confufe
Noui tormenti et noui tormentati
mi ueggiio intorno come chio mi mote
et chio mi uolua et come éBio guati
Io fono alterzo cerchio della pioua
eterna maladetta fredda et greue
regola et qualita mai non lenuoua
Gixendine feroffa acqua tinte et neuc
períaere tenebrofo fi riuerfa
pute la terra che quelto receue
Cerbero fiera crudele et diuerfa
contre gole ca tiinamente latra
foura lagente cbe quiue fomerfa
Liocchi a uermigli laboccha unta et arts”
eluentre largo et unghiate lemani
@raffia lifpiriti ingoia et difquatra
Vrlar lifa fapioggia come cani.
dellun dati fanno alaltro fcherme
uolgon f: fpeffo imiferi profani
Quando cefchorfe cerbero ilgran vermo
lebocche aperfe et meftroce lefanne
non suea membro che teneife fermo
Loduca mio diftefe iefue fpanne ^
prefe laterra et compiene lepughia
lagitto dentro alebramofe canne

Fig. 10. - Esemplare Cotsiniano, c. 14v





Che fotto lacqua agente che fofpira
et fanno pullular queftacqua alfummo
come locchio tidice uche fagira ^
Fitti nellirno dicontrifti fummo |
nellaere dolce cbe dal fol fallegra |
portando dentro accidiofo fummo |
Orci atriftiam nella belletta negra |
queftinno fi gorgoglian et nella ftzozza
che dir nol poffon comparola integra
Cofi girammo della lorda pozza
grandarco tralla ripa fecca elmezzo
cogliocchi uolti acbi delfango ingozza
Venimo alpie della ripa aldaflezzo



Canto octauo oue tracta delquinto cercbio

ii dinferno et al&nto del feptimo et delapena

N delpeccato delira maximamente in pertona

ii duno caualiere fiorentino chiamato miíTez

|| Prilippo argenti. Et qui tra&ta deldimonio

il flegias et delpalude diftige et ilpunene ala

i} cipta dinferno detta dite

o dico fequitando caffai prima

| che noi foffimo appie delaita torre

i) gliocchi noftri andar fufo allacima

Per due fiamette chei uedemo porre |
et unaltra dalungi render cenno |
tanto capena ilpotea loccbio torre

Et io miuolfi almar detuttol fenno e
diffi quefto cbe dice et che rifponde |
quel altro foco e chi fon quei chelfenno ^

e



Fig. 11. — Esemplare Angelicano, c. 18v



ASSISTERE



Che Fotto lacqua agente che fofpira
et fanno pullular queftacqua alfummo:
come loccbio ti: dice ucbe fagira

Fitti nellimo dicontrifti fümmo
nellaere dolce cbe dalfol fallegra
portando dentro accid iofo fummo

rciatriftiam hella belletta negra
queftinno figorgoglian et nella ftrozza
che dir nol poffon comparola integra.

Cofi girammodella.lorda pozza

grandarco tralla nm féecaelmezzo — (o4
cagliocchi volti achi delfango ingozza
Venimo alpie della ripa aldafezzo —.. tre
Canto odtauo gue.tratta del quito cerchio
diferno et alquato delfeptimo et delapena.
delpeccato delira'marimamente inperfona
duno caualiere fiorentino chiamato miffee
Pbilipo argenti-Et qui tratta del dimonio
flegias et delpalude diltige et ilperuenire
alacipta dinferno detta dite ::

O dico legando caffai prima
che noi folfimo appie delalta torre
. gliocchi hoftri'andar fufo alacima
Per due fiamette cbei uedemo porre
et unaltra dalungbi render cenno
tanto capena ilpotea locchio torre
Et io mi uolfi.almar detuttol fenno
diffi que(to cbe dice'et che rifponde
Gallo foco e chi fon quei cbelfenno.-

Fig. 12. — Esemplare Corsiniano, c. 18v















COMINCIA LACOMEDIA DI
dante allegbieri di forenze. nella dle tracta
delle pene et punitioni de uitii et demeriti
etpremii delle uirtu: Capitolo primo della
pma parte de quelto libro loquale fecbiama
inferno : nel quale lautore fa probemio ad
tuto eltra&ato dellibro:. — .

x / EL mezo delcamin dinrà cita
Mí 'mitrouai puna felua ofcura
cbe la diricta uia era fmarrita

|| Et quanto adir ájlera cola dura

. — efta felaa feluagia afpra eforte

oo che nel penfier renoua la paura
‘Tante'amara che pocho piu morte

è ‘e «marpertradtar de! ben chio uitrouai

5 ..— diro dellatre ccfe cbi uo fcorte

7 ‘non fo ben ridit come uentrai

0 'tantera pien difonno infuquil punto

^ — cbe la weerce uia abandonai

Va poi cfe fui appie dum colle gionto

^ Ifdoue terminaua quella valle

cbe mauea dipaura el cor coperto

Guardai inaltg ct uidde le fuoe fpalle
ueftite gia deraggi del pianeta
che mena dricto altrui perogni calle

Allor fu la paura un pocho cheta

che nellaco del cor mera durata

Ta noete chio palli contanta pieta







Fig. 1. — Esemplare Magliabechiano, c. 2r







e ee :

i






S

COMINCIA LACOMEDIA DI
dante allegbicri di firenze. nella gle trata
delle pene et punicioni de uicii et demeriti
et premii delle uirtu: Capitolo primo della
prima parte de quefto libro loàle fechiama
inferno : nel quale lautore fa probemio ad
tacto eltractato del libro ::

é

€ 448 EL mezo delcamin dinrà uita
i del mi ritrouai p una felua ofcura

i che la diricta uia era fmarrita
Et quantoadir glera cofa dura

fta lelua feluaggiaafpra eforte

88 che nel penfier renoua la paura

Tante amara che pocho piu morte

ma pertractar del ben chio uitrovai, ^
diro dellatre cofe chi uo fcorte
I non fo ben ridir come uentrai 4
tantera pien difonno infuquil punto
che la uerace uia abandonai
Ma poi chi fui appie dum colle gionto
la doue terminaua quella ualle
cbe mauea dipaura cl cor compuncto
Guardai inalto et uidde le fuoe fpalle
ueltite gia deraggi del pianeta
che mena dricto altrui per ogni ca'lc
Allor fu la paura un pocho cbeta
cbe ne!laco del cor mera durata
la nocte cbio pafTai contanta pieta

DB Fal. i

oa
Q/lonqe rea





Fig. 2. — Esemplare Angelicano, c. 2r

-

3









Ondio perlotuo me penfo et difcerno
cbe tu me fequi et io fero tua guida
etrarotte diqui per laogo eterno

Ode udirai ledifperate (trida |
uedrai liantichi fpiriti dolenti |
cbe lafeconda morte ciafcun grida

Et poi uedrai color cbe fon contenti
ntl fuoco percbe fperan diuenire .
quando cbefia alle beati genti

Alle quai poi fe tu uorrai falire
anima fia adcio piu dime degna
conlei te laffiro nel mio partire

Che quel o imperador che laffu regna
per che fui ribellante alla {ua leggie
non uol cben fua cipta perme feuegna

Der tutte parti impera et quiui regge |
quiui e lafua cipta et lalto feggio
o felice colui cuiui elegge

Et io allui poeta io ti ricbeggio
perquello idio che tu non conolcelti
accio chio fugga quefto male ct peggio

Che tu memeni ladoue or dicefti
fi chio ueggia laporta difanpietro
et color cui tu fai cotanto melti

Allor fimoffe et io letenni dietro



CANTO II. della pma parte nelqual fa
probemio alla prima cantica: Cioe alla pma
pte dequefto libro folamete et iquefto càto i
tradta lautore come trouoe Virgilio ilquale

Fig. 3. — Esemplare Magliabechiano, c. 4r |







Ondio per lotuo me penío et difcerno
che tu me fequi et io fero tua guida
etrarotte diqui per luogo eterno

Que ucirai ledifperate trida
uedrai lianticbi fpiriti dolenti
cbe lafeconda morte ciafchun grida

Et poi uedrai color cbe fon contenti
nel fuocbo per cbe fperan diuenire

- quando cbelta alle beati genti

Alle quai poi fe tu uorrai lie
anima fia adcio piu dime degna
conlei te laffiro nel mio partire

Cbe quel o imperador cbe laffu regna
per che fui ribellante alla fua leggie
non uol cben fua cipta perme feuegna

Per tutte parti impera et quiui regge
quiui e lafua cipta et lalto fepgio
o felice colui cuiui elegge

Et io allui poeta io ti ricbegeio
per quello idio cbe tu non conofcefti
accio cbio fugga quefto male et peggio

Che tu memeni ladoue or dicefti
{i chio ueggia laporta difan pietro
et color cui cu um cotanto metti

Allor fimofTe et io letenni dietro

CANTO ii dela prima parte nelqual fa
probemio ala ve Cantica: Cioe ala prima
pte dequefto libro folamete et iquelto cato
tracta lastore come trouoe uirgilio il quale

Fig. 4. — Esemplare Angelicano, c. 4r















È









Et uenni adte fi comella uolfe
dinanzi adquella fiera te leuai
che del bel monte elcorto andar titolfe
Dung; che e perche per che refta:
perche tanta uilta nelcoxe alle&te
perche ardire et francheza non hai
Da poi che tai tre donne benedecte
curan dite nella corte del cielo . |
£lmio parlar tanto ben tempromecte |
Quali fioretti dal noctorno gielo ;
chinati echiufi et poi chel fol limbianca
firizan tutti aperti illor ftelo *
Falme fecio dimia uirtute ftanca
etanto buono ardire alcor miporfe
chi cominciai come perfona franca
O piatofa colei che mefuccorfe
et tu Gortefe che ubidifti tolto
allewere parole che te porfe
Tu mai condiffiderio elcor difpofto
fi iluenire colle parole tuoe
4 chi fon tornato nel primo propofto
Orua cbun fol uoler e demendue
.. tu duca tu fegnor et tu maeftro
cufi lidilTi poiche moff'o fve ..
Entrai perlocamin alto et filueftro:. ^





CANTOII I.nelqual tratta delaporta et
delentrata delinferno et delfiume dacberóte
dellapena dicoloro cbeuiuettero fanza ope
difama degne . Ft come eldemonio caron

en

Fig. 5. — Esemplare Magliabechiano, c. 6v



Et uenni adte fi comella uolfe a il
dinanzi adquella fiera te leuai MI
LE cbe del bel monte elcorto andar titolfe |
| Dung cbe e perche per cbe reftai |
perche tanta uilta nelcore allee |
percbe ardire et francbeza non bai |
| Da poi cbe tai tre donne benedecte
| curan dite nella corte del cielo
| elmio parlar tanto ben cempromecte
| ‘ Quali fioretti dal noctorno gielo
chinati echiufi et poi chel fol limbianca
firizan tutti aperti illor telo
"Tal me fecio dimia uirtute (tanca
etanto buono ardire alcor miporfe
chi cominciai come perfona franca I
t O piatofa colei cbe me fuccurfe |
ettu Cortefe cbe ubidifti tofto
alleue:e parole cbe te porfe
Tu mai condiffiderio elcor difpofto
fi aluenire colle parole tuoe
chi fon tornato nel primo propofto
Orua chbun fol uoler c damendue l
tu duca tu fegnor et ta maeítro id
cufì lidiffi poi che moffo fue i
Entrai perlocamin alto et filueftro



Canto .iii . nelqual tracta della porta et de
lentrata delinferno et delfiume dacberonte |
i dellapena dicoloro cbeuiuettero fanza ope I
difama degne . Et come eldemonio caron |

| Fig. 6. — Esemplare Angelicano, c. 6v







——————À

—————



1
Poco a

i
I |
|,

Cofì fenuanno fu perlonda bruna
etauanti cbe fien dila difcefe
ancbe diqua nuoua (cbiera faduna

Figluol mio diffel maeftro cortefe
quelli chemuoion: nelliza didio
cutti conuegnon qui dogni paefe

Et pronti fono atrapaliar lorio
cbe ladiuina iuftitia lifprona
fi cbelatema fiuolue indiffio

Quinci non paffa mai anima buona
et pero fe cacon dite filagna
ben puoi faper omai cbel fuo dir fuona

Finito quelto labuoia campagna
tremo fi forte che dello fpauento
lamente difudo: ancor mibagna

Laterra lacrimola diede uento
che baleno una luce uermiglia
laqual miuinfe ciafcun fentrmento

Et caddi come luom che fonno pigla

CANTO HIT. nelquale moftra delpmo
cerchio dinferno luogo ditto limbo. Et qui
tratta dellapena de non baptezzati.Et diua
lenti buomini. Liquali moriro innan% late
niméto dicrifto et nò conobbero debitamete
idio et come crifto traffe diqfto luogo multe

anime:
V ppemi lalto fonao nellatelta
.- ungraue tuon ficbio mirifcoff:
'"& come perfona cbe perforza defta

Fig. 7. — Esemplare Magliabechiano, c. 9r

C fF

te



Coli fenuanno fu perlonda bruna
etauanti cbe fien dila difcefe
ancbe diqua nuoua {chiera faduna

. Figluol mio diffel maeftro cortefe

quelli chemuoion nellira didio

tutti conuegnon qui dogni paefe
Et pronti fono atrapaffar lorio

che ladiuina iuftitia lifprona

fi cbelatema fiuolue indifio

- Quinci non paífa mai anima buona

et pero fe caron dite filagna
-. ben puoi faper omai chel {uo dir fuona
Finito quefto labuia campagna
tremo fi forte che dello {pauento
lamente difudor ancor mibagna
Laterra lacrimofa diede uento
chebaleno una luce uermiglia
laqual miuinfe ciafcun fentimento

Et caddi come luom cbe fonno piglà

Canto iiii.nelquale moftra delpmo cercbio
dinferno luogo ditto limbo . Et qui tratta
de lapena de non baptezzati Et diualenti
buomini Liquali moriro innàzi laueniméto
dicrilto et non conobbero debitamete idio
et come crifto traffe diquefto luogo multe
anime: -

Vppemi lalto fonno nelatelta

ungraue tuon fichio miri fcoffi

come perfona cbe perforza delta

Fig. 8. — Esemplare Angelicano, c. 9r











Il
VI CONVEGNO STORICO REGIONALE : 217 Hu |




può fare il nome dell’artista, il che è consentito raramente per i - EI
primi decenni della stampa in Italia; per i tipi del Cennini e del d
Jenson, ad esempio, i quali sono stati incisi dai tipografi stessi.
Nell'officina di Foligno dobbiamo distinguere tra l'opera del tipo-
grafo e quella dell'incisore. Johann Neumeister, formatosi a Ma-
gonza, alla tradizione, se non proprio alla scuola, di Gutenberg, è
stampatore di grandi qualità tecniche ed artistiche. Oltre che a
Foligno, è noto, anche a Magonza, al suo ritorno in patria nel 1479, :
e poi in Francia, ad Albi, a Lione, ovunque lo spinga il suo spirito : |
irrequieto, il Neumeister stampa ottime edizioni, specie di libri
liturgici, nei quali per l’impiego di più caratteri, hanno maggior agio
di mostrarsi le capacità del compositore e dell'impaginatore *). Ma
i tipi da lui impiegati, ciò è documentato, gli sono sempre forniti da
altri, stampatori o fonditori: a Lione, ad esempio, da Nicolaus Wolf 1).
I suoi compagni a Foligno, d'altronde, Crafto, Stephan Arndes di
Amburgo, come risulta da documenti di qualche anno dopo, sono d
si oltre che fonditori e aggiustatori di matrici e punzoni, anche inci-
sori, ma non superano il livello dell'artigiano della stampa ; avranno
partecipato alla creazione del tipo di Foligno (riteniamo di ricono-
scerli nei « sotii » del colophon del De bello Italico adversus Gothos),
ma certamente come operarii **). Il merito dell’incisione spetta per E
intero, come sappiamo, ad un altro socio del Neumeister, al meda- HI
glista e zecchiere pontificio Emiliano Orfini. Già nel decennio che
precede la sua associazione con lo stampatore di Magonza, Emiliano,
a giudicare dalle monete da lui incise e coniate a Foligno e a Roma,
appare artista del Rinascimento, anche nelle forme delle capitali
delle leggende, che riflettono in modo esemplare il grande avanza- /
mento nel disegno delle lettere, che si é verificato dalla metà circa B
del secolo xv. Il suo capolavoro é la medaglia che celebra l'elezione n
di Paolo rr, dalle grandi capitali di forma classica ; dello stesso anno
(1464) é il ducato della zecca di Foligno, in cui le lettere della leg- ;
genda sono di forme più elaborate, come nel doppio grosso di Sisto :
1v, il quale appartiene, quindi, ad un periodo piü tardo dell'attività

dell'Orfini 1). Sarebbe difficile, per non dire impossibile, riconoscere d
affinità stilistiche tra le capitali impiegate nelle edizioni di Foligno A
e le lettere delle medaglie e delle monete di Emiliano. Le forme
epigrafiche delle capitali romane, in più che mezzo secolo di restau-
razione, hanno raggiunto per opera di artisti, di antiquari (basti II
ricordare Donatello, il Mantegna, l’Alberti, Matteo de’ Pasti, Felice GAI
Feliciano) forme così fedeli ai modelli antichi, così regolari, costrui-











218 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



bili per ragione di geometria, che difficilmente, solo in casi eccezionali,
Sono consentite attribuzioni persuasive. Quel che vogliamo porre
in rilievo con l'accostamento delle capitali della Commedia alle leg-
gende delle monete dell'Orfini, é che i disegni folignati rivelano
nella classicità misurata del segno e delle proporzioni, propria delle
lettere epigrafiche, una cultura figurativa piü da scultore, da meda-
glista, che da calligrafo. Occupano, è certo, un posto a sé tra le maiu-
scole che accompagnano i tipi del gruppo romano.

L’edizione della Commedia, per quanto tocca la regolarità della
composizione, la correttezza tipografica, dobbiamo riconoscerlo, non
è pari alle qualità della architettura della pagina e del disegno dei
tipi. Difetti di allineamento, di giacitura, forse di fusione, sono
presenti in ogni pagina. Numerosi sono i refusi, anche in rima, gli
errori di lettura; non mancano trasposizioni di versi, ripetizioni,
salti, specie nell’ultima parte del volume : il lavoro di stampa deve
aver assunto un ritmo affrettato verso la fine. Si avverta però
che il difetto più vistoso dell’edizione, ossia le lacune di due terzine
(versi 49-54) nel canto xx del Paradiso e di una terzina (versi 46-48)
nel canto seguente, non sono da attribuirsi, lo vedremo poi, alla
negligenza dello stampatore.

Ma a questo aspetto dell’edizione basti un accenno. Dal punto
di vista della composizione, della struttura tipografica, la Commedia
folignate presenta ben altre, più significative singolarità, tali da
meritare un esame particolare.

Che le edizioni del secolo xv presentino varianti, talvolta anche
di un certo rilievo, da esemplare a esemplare, non è certo un fatto
eccezionale : l’opera di revisione, di correzione non cessava neppure
nello stadio finale della stampa, quando i fogli erano stati impressi.
Esempi classici sono rappresentati dalla stampa del Messale Rati-
sponense del 1482 e del Messale per la diocesi di Breslavia, del 1483,
che si deve a Peter Schòffer. In quest’ultimo sono state rilevate 39
varianti in 12 esemplari, le quali nel loro diverso distribuirsi dimo-
strano non solo come siano stati apportati mutamenti nel testo
durante la stampa, ma come molte pagine siano state composte
due o tre volte 14).

Anche l’edizione folignate della Commedia è considerata uno
degli esempi più notevoli di questa pratica, per il numero, per l’ap-
parente multiformità delle varianti, nelle quali si è ritenuto di rico-
noscere la fatica di una revisione. Sulle divergenze presentate dai
diversi esemplari si soffermava già Antonio Panizzi, nel 1858, nella















VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 219



introduzione alle Prime quattro edizioni della Divina Commedia,
edite da Lord Vernon. Enrico Celani, recensendo l'edizione in facsi-
mile dell'esemplare Magliabechiano (eseguita a Torino nel 1911) :*),
dava un registro delle varianti che aveva riscontrato (in realtà
ne aveva vista qualcuna che non c'era) in quattro esemplari. Che le
divergenze fra gli esemplari siano il risultato di un tentativo di cor-
rezione, infine, si legge nella scheda del Gesamtkatalog der Wiegen-
drucke. L'esame, in genere, diciamo subito, non é andato al di là
della prima pagina; soltanto i redattori del Gesamtkatalog hanno
rilevato che anche la c. 167v é stata composta una seconda volta.

Ora, un raffronto effettuato, per l'intero testo del Poema, tra
cinque esemplari — per tre, l'Angelicano, il Corsiniano e per la copia
della Casa di Dante (assai mutila, per quel poco che poteva offrire)
direttamente sugli originali ; per un quarto esemplare, il Maglia-
bechiano in parte sul ricordato facsimile tipografico torinese e in
parte su un microfilm ; per il Grenvilliano del British Museum sulla
trascrizione del Vernon — consente di definire meglio i limiti e il
significato di un tale fenomeno, con risultati, ritengo, che non sono
privi d'interesse.

Il primo risultato, semplicemente quantitativo, é che le diver-
genze interessano soltanto i due primi fascicoli, quinterni, dell'edi-
zione. Dalla c. 21r in poi non si riscontrano piü differenze tra gli
esemplari esaminati, se facciamo eccezione della c. 167v, l'ultima
pagina del Purgatorio, che é stata ricomposta per aggiungervi la
scritta in capitali « Soli Deo gloria », recata dal Corsiniano e dall'esem-
plare della Casa di Dante.

Esaminiamo, ora, alcuni esempi delle divergenze testimoniate
nei nostri esemplari, ricorrendo soprattutto alle riproduzioni di
alcune carte ; e subito, c. 2r dell'edizione, che reca l'inizio del testo
(a sinistra di chi guarda é l'esemplare Magliabechiano, a destra l'An-
gelicano ; il Corsiniano e il Grenvilliano coincidono con il primo):
piuttosto che le presunte correzioni, ben note, che l'esemplare Ange-
licano presenta rispetto agli altri (ad esempio ritrovai, al verso 2;
passai, al verso 21), si osservino le oscillazioni grafiche, la diversa
divisione delle parole, le varianti puramente tipografiche, di composi-
zione (nella rubrica : fiorenze | firenze ; vitii | vicii ; punitioni /| puni-
cioni ; prima, stampato per disteso e abbreviato). In altre pagine
si riscontrano specialmente divergenze di composizione : c. 4r (a
destra l’Angelicano, a sinistra il Magliabechiano, con il quale si
accordano tipograficamente Corsiniano e Grenvilliano): anche qui



220 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE







differenze puramente grafiche, di composizione, di giacitura e di
allineamento delle lettere ; si osservi soprattutto la rubrica: in
maiuscola é l'ordinale del canto nel Magliabechiano, maiuscola é
l’iniziale di Virgilio. Le medesime osservazioni possono farsi per un
altro esempio, la c. 6v : anche qui sono notevoli le differenze di com-
posizione della rubrica; e anche qui osserviamo l’impiego della
maiuscola per il titolo e l’ordinale del canto nel Magliabechiano.
Per la c. 9r valgono le stesse osservazioni ; vi riscontriamo soprattutto
differenze di composizione.

Ma ora, nel secondo quinterno, siamo di fronte ad un diverso
raggrupparsi degli esemplari : a c. 14r Angelicano, Magliabechiano,
e Grenvilliano, ad esempio, presentano una linea in meno, rispetto
all’esemplare Corsiniano ; qui oltre alle divergenze minute della
composizione rileviamo addirittura una diversa impaginazione. La
diversa impaginazione si riflette, come è ovvio, nel verso dalla
carta. Composizione e impaginazione diverse troviamo anche, ad
esempio, nella c. 18v ; qui si osservi specialmente la posizione della
rubrica.

Quanto al primo quinterno, dunque, i quattro esemplari (la
copia della Casa di Dante per questa parte è mutila) vengono a
contrapporsi nel modo seguente : da una parte è l’Angelicano, dall’al-
tra, assieme, sono Magliabechiano, Corsiniano e Grenvilliano. Per
il secondo quinterno la situazione appare a prima vista più com-
plicata : ma in realtà anche qui abbiamo due sole redazioni. Se
il primo bifolio non presenta alcuna differenza tra gli esemplari
esaminati, per il secondo bifolio abbiamo, come accade nel primo
quinterno, da una parte l'Angelicano e dall'altra assieme Maglia-
bechiano, Corsiniano e Grenvilliano ; per il terzo e quarto bifolio
risultano invece assieme Angelicano, Magliabechiano e Grenvilliano
contro il Corsiniano, isolato ; il quinto bifolio, infine, vede da una
parte Angelicano e Corsiniano, dall’altra Magliabechiano e Gren-
villiano. In definitiva le presunte divergenze da esemplare a esem-
plare si chiariscono attraverso il raffronto di quattro copie (e sono
certo che l’esame di altri esemplari non muterebbe la conclusione)
come il risultato di una doppia redazione (mi si passi per ora questo
termine), i cui elementi strutturali, i bifolii, compaiono irregolar-
mente distribuiti nel secondo quinterno.

Abbiamo visto che le divergenze non toccano soltanto parole
singole, ma investono bensì ogni aspetto dello specchio di stampa,
dall’allineamento, dalla giacitura delle lettere al diverso impiego












È
È
È
È
È
È

esa

VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 221

delle maiuscole, e delle abbreviazioni, alla composizione, alla impa-
ginazione. In questo quadro le presunte correzioni, le varianti, per-
dono ogni valore, si dissolvono : sono sullo stesso piano delle diffe-
renze puramente tipografiche. La conclusione mi sembra ovvia :
non abbiamo a che fare con una correzione di errori tipografici e
tanto meno con una revisione testuale, che apportino varianti nel
corso della stampa, ma bensì siamo di fronte a due distinte composi-
zioni, a una tiratura ripetuta dei due primi quinterni del volume.
L'esame di altri esemplari potrà pure mostrare che la duplice compo-
sizione ha interessato altri fascicoli; non credo, tuttavia, che possa
mutare il giudizio sui limiti e il significato del fenomeno.

È possibile fare un’ipotesi circa la successione delle due compo-
sizioni, il momento della stampa dopo il quale i due quinterni sono
stati nuovamente composti, sui motivi della nuova composizione ?
Poichè scopo di quest’ultima non è la correzione degli errori, viene
a mancare un criterio certo per stabilire la successione delle due
tirature. Pure un indizio potremmo tentare di riconoscerlo : si può
supporre che la seconda composizione sia costituita dai fogli del
primo fascicolo che recano i titoli e gli ordinali dei canti in lettere
maiuscole (esemplare Magliabechiano), ossia nello stile di presenta-
zione che è regolare dal canto xvi in poi. La nuova composizione,
ci sembra, potrebbe ritenersi non anteriore a quel momento della
stampa. Circa lo scopo, i motivi di una nuova composizione, non
posso fare che una sola ipotesi: nel corso della stampa, quando i
tipografi già lavoravano al terzo fascicolo, si dovè decidere di aumen-
tare la tiratura dell’edizione ; vennero quindi ricomposte le forme,
direttamente sull’esemplare manoscritto di tipografia e non sui
fogli già tirati, come dimostrano le molte divergenze ortografiche,
di presentazione, e vennero ristampati i primi fogli, occorrenti per
completare gli esemplari !*). Non si distinse però sempre, nel formare
i fascicoli, lo vediamo nel secondo quinterno, tra fogli della prima
e fogli della seconda tiratura. L’esame di altri esemplari potrà far
conoscere, sono certo, altre diverse combinazioni di fogli.

I risultati del nostro esame non costituirebbero che una curiosità
bibliografica, tipografica, se non consentissero di vedere più da
vicino il lavoro nell’officina di Foligno, se non informassero su alcuni
punti che non sono del tutto indifferenti per la valutazione della
prima stampa della Commedia. Le divergenze di composizione e
d’impaginazione, abbiamo visto, sono limitate ai due primi quin-
terni; le presunte correzioni, le varianti si rivelano per quello che







222 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



sono, vale a dire come avventure della composizione, non certo come
il risultato della volontà di correggere. Se facciamo astrazione dalle
divergenze puramente tipografiche, e quindi di poco peso, possiamo
affermare che un esemplare completo dell'edizione folignate equivale,
come testimone, esattamente ad un altro. Ma c’è qualcosa di più :
i molti errori tipografici, le trasposizioni, i salti di versi, d’altra
parte la meccanicità, l’indipendenza delle due composizioni, infor-
mano che è mancata nonchè l’opera di un editore, la revisione della
stampa : la collazione della proba con l’esemplare di tipografia, sep-
pure vi fu, venne eseguita in maniera sommaria e superficiale. Se
consideriamo inoltre che le lacune di terzine nei canti xx e xxi del
Paradiso si trovavano nell’esemplare manoscritto di tipografia (lo
vedremo tra poco) e non sono dovute alla negligenza del compositore,
dobbiamo ammettere che Evangelista e il Neumeister hanno utiliz-
zato un solo manoscritto per la stampa del poema. L'affermazione
del Mambelli (vi accenniamo non perchè il giudizio abbia gran peso,
ma perchè è diffuso) che l’edizione folignate sia stata curata da An-
drea de’ Bussi, è frutto di equivoco : ciò già si sospettava e viene
ora confermato dall'esame dell'edizione 17).

Questa può definirsi come la traduzione meccanica del mano-
scritto, di un determinato manoscritto, nella forma di stampa:
maggiori probabilità dunque di riproduzione fedele che non nel
caso di trascrizione a mano. Il sospetto di correzioni arbitrarie,
soprattutto di contaminazione, che investe le stampe antiche, non
può toccare pertanto l’edizione folignate : questa non sarà inferiore,
oserei dire, al codice manoscritto approdato in tipografia. Gli er-
rori di lettura, le trivializzazioni, i refusi deturpano sì, ma non of-
fuscano il testo.

Prima di concludere mi sia consentito d’indicare un punto di
riferimento, sia pure tenue, per una prima valutazione critica del
codice. Nell'ampio gruppo dei « Danti del Cento », con i quali l'edi-
zione di Foligno ha in comune, come osservava già il Marchesini !*),
il testo delle rubriche, questa appare orientarsi in maniera veramente
singolare verso una sottosezione il cui rappresentante più cospicuo,
o almeno più noto, è il codice Lolliniano della Biblioteca del Semi-
nario di Belluno :9). Con questo codice l’editio princeps, o meglio il
codice di cui essa è una copia, divide in modo quasi costante lezioni
affermate e lezioni non ammesse, con questo coincide inoltre proprio
in molte lezioni caratteristiche. E ancora più significativo, infine,
è il fatto che due lacune di terzine associno l’editio princeps con il









VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 223



codice Lolliniano : i salti dei versi 49-54 del canto xx e 46-48 del
canto xxi del Paradiso, che abbiamo ricordato, rappresentano per
l'appunto una delle caratteristiche piü rilevanti del codice bellunese
e della sua famiglia.

NOTE

1) M. FaLOCI PuLIGNANI, L’arte tipografica in Foligno nel secolo XV,
in La Bibliofilia, 1900-1901 (II), pp. 26-35, 216-219; T. VALENTI, Gli inizi
della tipografia degli Orfini in Foligno (1470). Prime ricerche di archivio con
un documento inedito, in La Bibliofilia, 1926 (XXVII), pp. 348-370. Si ve-
dano anche: A. MARINELLI, La stampa della Divina Commedia nel XV se-
colo, in L’arte della stampa, 1911 (XLI), nn. 51-52; P. MoLMENTI, La prima
edizione della Divina Commedia, in Emporium, 1921 (LIII), pp. 34-51 e in
Nouvelle Revue d'Italie, 1921 (XVIII) fasc. 9-10; F. Dr PRETORO, Codici e
principali edizioni della Divina Commedia, Roma, 1956, pp. 17-18 ; G. CEC-
cHINI, Mostra della stampa umbra. Foligno, 1943, pp. 3 e sgg. ; K. HAEBLER,
Die Deutschen Buchdrucker des XV. Jahrhunderts im Auslande. Miinchen,
1924, pp. 55-56 ; K. HAEBLER, in Beilráge zur Forschung aus dem Antiqua-
riat J. Rosenthal. N. F. II, 1929, pp. 4 e sgg.

?) È noto che nel medesimo anno in cui apparve l'edizione di Foligno
uscirono altre due stampe della Commedia : una, ora assegnata a Venezia
e già creduta di Jesi, di Federico de Comitibus, che reca la data 18 luglio
1472 (GW 7960) ; l'altra di Mantova, ad opera di Georg e Paul di Butzbach
(Assia), per conto dell'umanista Colombino Veronese (GW 7959).

*) Per il Neumeister si vedano soprattutto A. CrLAUuniIN, Origines de
l'imprimerie à Albi en Languedoc. Les peregrinations de J. Neumeister. Pa-
ris, 1880; e K. HaEBLER, Die deutschen Buchdrucker cit., pp. 208-210, 214,
293-294.

‘) Per l’identificazione di Evangelista con un Evangelista Angelini di
Trevi si veda T. VALENTI, Per la storia della stampa in Italia cit., 120-121.
Si avverta, tuttavia, che i caratteri acquistati dall'Angelini nel 1471 a Trevi
(che saranno stati quelli impiegati da Johannes Reynhard per la stampa
del Perdono di Assisi (1470) e della Lectura Bartoli (1471) non vennero usati
- nella tipografia di Foligno. Decisivo, comunque, per l'identificazione del
«fulginato Evangelista mei» con Evangelista Angelini di Trevi sembra il
documento (un «salvus conductus pro Evangelista Angelini, de Fulginio »,
dell'8 giugno 1473) dal quale risultano gli stretti rapporti di questo con gli
Orfini e il Numeister ; cfr. T. VALENTI, Un documento decisivo per il Dante
di Foligno (1472), in La Bibliofilia, 1925 (XXVII), p. 131-142. L'identifi-
cazione é ormai universalmente accolta.





















n
n2
sa

VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

5) Per l’associazione di Emilio Orfini con il Numeister e la sua atti-
vità tipografica si veda, oltre gli scritti del Faloci Pulignani, del Valenti e
del Molmenti indicati alla nota 1, A. MessINI, Per la storia della tipografia
di Emiliano Orfini di Foligno (1470-1474), in La Bibliofilia, 1940 (XLII),
pp. 203-207. Il giudizio su Emiliano si legge in una lettera di Fr. Pa-
trizi, governatore di Foligno, al fratello Agostino, del 19 febbraio 1964:
«... Fulginas Aemilianus, vir ingenii acutissimi...» (E. MARTINORI, An-
nali della zecca di Roma. Nicoló V... Pio II. Roma, 1918, p. 62). Non credo
che sia stato ancora osservato, a proposito dell'incerta partecipazione del-
lOrfini alla stampa della Commedia, che questi nell'aprile del 1472 ebbe
l'incarico di recarsi nella Marca Anconitana per affari di monete, per conto
della Camera Apostolica (E. MartINORI, Annali cit. Sisto IV... Innocenzo
VIII. Roma, 1918, pp. 9, 32).

*) GW 7958. Si veda anche Caíalogue of books printed in the XVth
century now in the British Museum. Part. VI. London 1939, pp. 599-600.
Descrizioni dell'ed. anche in P. CoLomB DE BATINES, Bibliografia dantesca.
Prato, 1845-1846, vol. I, 1, pp. 12-15; G. MAMBELLI, Gli annali delle edizioni
dan:esche. Bologna, 1931, pp. 3-7; M. PARENTI, Prime edizioni italiane. Mi-
lano, 1948, p. 24. Per una ricognizione sommaria e parziale degli esemplari
si veda la scheda del Gesamtkatalog der Wiegendrucke.

7) GW 5600 e 6804. Per la data falsa (1474) dell’esemplare Riccar-
diano delle Epistolae ad familiares si veda V. ScHoLDERER, A supposed Foli-
gno edition of 1474, in The Library, 4. Ser. 1925 (V), pp. 169 e sgg.

#) Cfr. Catalogue of books in the XVth century new in the British Mu-
seum cit.

*) Cfr. K. HaznBLER, Die deutschen Buchdrucker cit. p. 55; Catalogue
of books printed in the X Vth century now in the British Museum cit.

?) Si vedano gli scritti del CLAUDIN e dello HAEBLER cit. alla nota 3.

2) Cfr. E. CowsENTIUS, Die Typen der Inkunabelzeit. Berlin, 1929,
p. 57.

?) K. HaEBLER, Schriftguss und Schriftenhandel in der Frihdruckzeit,
in Zentralblatt für Bibliothekswesen, 1924 (XLI), pp. 84 esgg.: G. B. VERMI-
GLIoLI, Principi della Stampa in Perugia e suoi progressi per tutto il secolo XV.
Perugia, 1820, pp. 62e sgg., 113.

5) Per l’opera di Emiliano Orfini medaglista e zecchiere si vedano :
C. SeRAFINI, Le monete e le bolle plumbee pontifice del Medagliere Vaticano,
vol. I, Milano, 1910, passim ; E. MaRTINORI, Annali della zecca di Roma...
Nicolò V... Pio II, Roma, 1918, passim; Sisto IV... Innocenzo VIII.
Roma, 1918, passim ; G. Fn. Hinr, A corpus of Italian medals of the Renais-
sance before Cellini. Vol. I, London, 1930, passim. Cfr. anche P. MOLMENTI,
La prima edizione della Divina Commedia cit.; e Allgemeines Lexikon der
Bildenden Kiinstler. XXVI. Leipzig, 1932, pp. 44-45.

4) F. GELDNER, Zum diltesten Missaldruck, in Gutenberg-Jahrbuch 1961,
pp. 101-106; H. WipMaANN. Die Lektüre unendlicher Korrekturen, in Archiv













VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 225



für Geschichte des Buchwesens, 1963-1964 (V), pp. 777-826. Anche l'edizione
del De bello Italico adversus Gothos del Bruni, uscita a Foligno nel 1470,
presenta divergenze tra i diversi esemplari (cfr. GW 5600).

4) Il facsimile tipografico, con prefazione di C. CorRADINO, venne ese-
guito nella Stamperia del Borgo medievale di Torino. La recensione del
CELANI è in Fanfulla della domenica, XXXIII, n. 43; se ne puó leggere un
estratto, con il confronto della prima pagina tra gli esemplari Angelicano,
Trivulziano, Corsiniano e Magliabechiano, in La Bibliofilia, 1911-1912 (XIII),
pp. 315-316.

4) Oppure: si constatò che non erano state stampate copie sufficienti
dei fogli del primo quinterno e di quattro fogli del secondo quinterno,
e si eseguirono nuovamente composizione e tiratura per completare gli esem-
plari : il che, in sostanza, è la stessa cosa.

7) G. MAMBELLI, Gli Annali cit., p. 5. L’erronea affermazione che
Andrea de’ Bussi abbia curato l’edizione folignate della Commedia si legge
già nel cit. articolo di P. MoLMENTI (nella nota bibliografica a p. 51). Rite-
niamo che l’equivoco abbia origine, per una arbitraria illazione, dal fatto
che il dotto vescovo di Aleria figura come revisore dell’edizione delle Epi-
stolae ad familiares di Cicerone, uscite dall’officina di Foligno (colophon
a c. 244r). Ma verosimilmente Andrea de’ Bussi non partecipò neppure a
questa edizione : nel colophon, riteniamo, si vuole alludere soltanto alla
sua opera di revisore del testo, che era apparso a stampa a Roma nel 1469
presso lo Sweinheim e il Pannartz (cfr. Catalogue of books printed in the
XVth century now in the British Museum cit.).

18) U. MARCHESINI, Ancora dei « Danti del Cento», in Bullettino della
Società dantesca italiana, 1890 (I), pp. 21-22.

19) A. FiaMmMmazzo, Codici veneti della Divina Commedia. Il Lolliniano di
Belluno, Udine, 1889; IpEM, Nuovo spoglio del codice Lolliniano di Belluno,
Bergamo, 1897; IpEM, Le rubriche del Lolliniano e d’altri Danti del cento.
Feltre, 1902; G. PeTROCCHI, Proposte per un testo base della Divina Commedia,
in Filologia romanza, 1955 (II), pp. 337-365, passim; IpEM, L’antica tradi-
zione manoscritta della Commedia, in Studi danteschi, 1957 (XXXIV), pp. 7-
126, passim. Al Prof. Giorgio Petrocchi devo un particolare ringraziamento
per aver dissolto, con la sua competenza, le mie ultime incertezze sulla pa-
rentela dell’editio princeps con il codice Lolliniano.

BarrELLI: L'accurata indagine degli esemplari della celebre edi-
zione ha risolto i vari problemi di carattere editoriale, che sembravano
finora inspiegabili. Di più, nella sua brillante e precisa comunica-
zione il dott. Casamassima ha mostrato da pari suo, come si può far
rivivere la nascita di un’edizione, trattando il libro come un elemento
vivo. Porgo a lui, a nome dei presenti, i più vivi ringraziamenti.















226 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

Per ragioni tecniche, conviene anticipare la comunicazione del
conte Di Serego Alighieri, che sarà accompagnata da proiezioni. Sono
perció lieto di dare a lui la parola.

DISCENDENZA GENEALOGICA DELL'ALIGHIERI

Signore e Signori,

Ben poco, purtroppo, si sa di Dante Alighieri come uomo, per
quanto concerne la sua discendenza invece, considerati i secoli tra-
scorsi, si é potuto rintracciare abbastanza bene il cammino delle
generazioni. In questi pochi minuti conterei darvi un quadro som-
mario di quanto gli studiosi siano riusciti a ritrovare dopo lunghe
ed accurate ricerche.

L'unico dei quattro figli maschi di Dante la cui discendenza
continuasse oltre i pronipoti, fu Pietro '), che, venuto a Verona
probabilmente già col padre, vi si stabilì dopo aver studiato di-
ritto a Bologna. Il motivo principale per cui Pietro scelse Verona
si può forse trovare se si consideri che nel 300 numerose e importanti
famiglie fiorentine e toscane si erano stabilite in quella città e quindi
Pietro sapeva di trovare lì il terreno adatto per mettervi radici;
radici ben salde se, ancora a Verona, dopo sei secoli la pianta Alighieri,
anche se innestata, resiste.

La prima notizia certa che si abbia di Pietro Alighieri a Verona
risale all’11 marzo 1332 ?) quando Pietro istituisce un procuratore,
perchè rimetta a un arbitro fiorentino la spartizione dei beni suoi
e del fratello Jacopo da quelli dello zio Francesco Alighieri. A pro-
posito di queste divisioni di beni é certo che a piü riprese, fra il
1323 e il 1332, Pietro, assieme al fratello Jacopo, fu a Firenze pro-
babilmente proprio per questioni patrimoniali *). Jacopo anzi pare
vi si stabilisse. Fra il 1332 ed il 1347 ritroviamo frequentemente
Pietro come « Iudex et generalis delegatus » del Podestà di Verona.
È incerto se tali cariche di Pietro Alighieri, anche se ufficialmente
bandito da Firenze, avessero una interruzione fra il 1337 ed il 1340
quando più accanita era la guerra dei Fiorentini e dei Veneziani
contro Mastino della Scala, Signore di Verona. Sembra comunque
che Pietro fosse sempre fedele alla Signoria scaligera visto che, a
differenza di alcuni suoi amici toscani fra cui il Petrarca e il di lui
figlio Giovanni, egli non solo non ebbe danni nè fu allontanato da
Verona, ma anzi nel 1354 Cangrande II (detto «canis rabidus »









VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 227



per l'animo delicato lo nominó giudice e vicario generale del Po-
destà dopo il tentativo di rivolta fatto a Verona da Frignano della
Scala. Nel 1358 ritroviamo Pietro Alighieri fra gli « Iudices et sa-
pientes » di Cangrande II. Questa a grandi linee la vita pubblica del
giurista Pietro Alighieri; parallelamente però a questa, Pietro ebbe
anche una vita letteraria; fu amico di dotti veronesi come Gu-
glielmo da Pastrengo (autore di uno dei primi dizionari storici uni-
versali, De originibus rerum) *) ed ebbe rapporti di amicizia col
Petrarca, che secondo alcuni fu suo compagno di studi a Bologna
fra il 1324 ed il 1326. Il Petrarca appunto scrisse « ad Petrum Dantis
florentinum causidicum » una epistola metrica di cui i dotti discutono
la data. Oltre al noto commento alla Divina Commedia Pietro fece
un compendio poetico del poema sacro che il letterato parmigiano
Moggio dei Moggi ci dice aver udito declamare a Verona dallo stesso
Pietro in un assolato giorno festivo in Piazza delle Erbe. Pietro Ali-
ghieri sposó, sembra fin dai primi anni della sua vita veronese,
Iacopa di Messer Dolcetto dei Salerni famiglia questa di mercanti
pistoiesi stabiliti a Verona, ed ebbe certamente cinque figlie e due
figli, Dante r1 e Bernardo che fu notaio e che ebbe a sua volta un figlio,
Nicola, finito farmacista a Zagabria *).

Quaranta anni fa tornò alla luce un regesto cinquecentesco
intitolato « Acquisti diversi fatti per li Magnifici Danti Alligeri »
nel quale sono copiati vari atti di compravendita *). Nel primo di
questi atti si legge che il 23 aprile 1353 Pietro Alighieri comprò da
Piero e Fico Ochidecane (parenti della propria moglie) un appezza-
mento di terra in una località fra Verona e il Lago di Garda deno-
minata Gargagnago di Valpolicella; negli atti succcessivi del re-
gesto gli acquisti continuano, sempre a Gargagnago, nome su cui
torneremo.

Pietro testò a Treviso il 21 febbraio 1364 ?) presso il notaio
Bartolomeo detto Sprichignino e morì esattamente due mesi dopo,
lasciando erede universale il figlio Dante, mentre lascia all'Orsam-
michele e all'Ospedale della Misericordia la propria metà della casa
. di Firenze che fu del sommo poeta.

Da Pietro Alighieri quindi si passa a Dante n che testò nel 1427
e da questo al figlio Leonardo, che fu membro del Consiglio di Ve-
rona *) ; da Leonardo veniamo a Pietro 111, membro anche esso del
Consiglio della città e che fu padre nel 1462 di un Dante *) che è
il rappresentante della quinta generazione dal poeta ed è il terzo
a portarne il nome, come il Poliziano scrive in una lettera a Lorenzo













228 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



il Magnifico: « Mandovi una elegia d'uno discendente di Dante Ali-
ghieri che si chiama Dante quinto dal poeta e terzo nel nome el
quale a Verona conobbi; e vedrete un pistola di sua mano, dove
si ricorda di me : m'é paruta una novellizia da codesto luogo e tempo ».
Questo Dante quattrocentesco è, forse, assieme a un suo figlio uma-
nista che incontreremo fra poco e al Pietro trecentesco la personalità
più di rilievo fra i discendenti diretti del Poeta. Egli divise il suo
tempo fra le varie importanti cariche cittadine conferitegli, l’occu-
parsi del patrimonio famigliare ormai cospicuo, e lo scrivere versi.
Scrisse infatti numerosi ed ampollosi componimenti poetici in latino
in onore dei dignitari della Repubblica Veneta residenti a Verona ;
ne rimangono anche alcuni indirizzati a Marin Sanudo nei quali
invece traspare una vena di amicizia e sincerità. Scrisse, questo
Dante, in volgare un canzoniere ispiratogli da una colta gentildonna
veronese, Laura Brenzone, che non fu però conquistata dalle sue rime.
Arcani compensi tuttavia si riscontrano talvolta nelle cronache fa-
miliari : chi ha l’onere di parlarvi, pur non chiamandosi Dante e
senza aver composto neanche un sonetto, più fortunato in questo del
suo avo rinascimentale, ha avuto la felice ventura di condurre al-
l’altare una Laura, lontana pronipote della sullodata gentildonna.
Ma perdonatemi la divagazione e torniamo alla nostra storia.

Due fatti, puramente esterni, sembrano avvicinare questo Dante
quattrocentesco al suo grande avo : il primo, per antitesi, è l’aver la
Signoria di Firenze il 31 dicembre 1494 revocato ufficialmente per
Dante mi e i suoi discendenti il bando lanciato contro il sommo Poeta
(dico ufficialmente perchè vedemmo che di fatto il bando non valeva
già per i figli dell’Alighieri). L'altro avvicinamento col grande avo, e
questo per analogia, è l’aver Dante mi presa, volontariamente però,
la via dell’esilio, non è chiaro se per non sottostare agli imperiali che
il 1° giugno 1509 avevano strappato Verona ai Veneziani, o, più
semplicemente, per una pestilenza che nello stesso periodo sconvolse
la città (forse per entrambi i motivi insieme).

Quale ne fosse la ragione, Dante 1 riparò a Mantova e morì
fra il 1513 ed il 1515 pare nella stessa città. Dante in ebbe un fra-
tello, Jacopo, che, da ricerche fatte qualche decennio fa, risulta com-
positore di un canzoniere in volgare, appunto in quegli anni ritro-
vato, in onore di una signora veronese 1°).

Occorrerà precisare che, si chiamassero Jacopo o Dante, questi
poeti della quinta generazione degli Alighieri non reggono affatto
al confronto con l'Antenato ? Da allora, però, a onor del vero,









e







VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 229

non risulta che altri discendenti abbiano composto più di qualche
sonetto.

Ma torniamo a Dante mi che ebbe due figlie e tre figli maschi :
Pietro, Ludovico e Francesco 1), che penso fossero anche nati in questo
ordine visto che nei documenti che conosco sono indicati sempre
così. Con essi nella prima metà del 500 la genealogia di Dante Alighieri
ha un pizzico di suspence e la mia esposizione un groviglio di testa-
menti che cercherò di dipanare il più chiaramente possibile. A questo
punto infatti la discendenza di Dante Alighieri, diretta di padre in
figlio, si interrompe, perchè Pietro (figlio di Dante ri) e sposato a
Teodora Giusti o Frisoni ebbe da questa un’unica figlia, Ginevra
Alighieri. Una più attenta lettura dei testamenti di Pietro e della
stessa Teodora e recenti ricerche !) mostrerebbero che Teodora
fosse una Giusti, altra famiglia di origine toscana trasferitasi a Ve-
rona, per parte di padre e di madre e che fosse rimasta vedova di un
Frisoni.

Pietro morì nel 1546 nominando erede nel suo testamento del
31 dicembre 1544 non sua figlia Ginevra, bensì suo zio Jacopo (quello
del canzoniere in volgare), già vecchio di circa 80 anni, e il proprio
fratello Ludovico, o i figli nascituri di questo, con la clausola però,
due volte ripetuta, che, se figli Ludovico non avesse, tutto il patri-
monio andasse alla propria figlia Ginevra o ai figli di lei. Uno di questi
due eredi, Jacopo, lo zio di Pietro, scapolo e senza figli morì, pare,
nel novembre del 1545. L’altro di questi eredi di Pietro, il fratello
Ludovico, sposato ma senza figli non testò come aveva desiderato
Pietro, nel caso non vi fossero altri discendenti, in favore della ni-
pote Ginevra Alighieri, bensì, il 25 gennaio 1547, presso il notaio
Gregorio Righettino, in favore del superstite fratello Francesco Ali-
ghieri. Negli intrecci testamentari che ho appena esposto, colpisce il
fatto che Pietro e Ludovico Alighieri, ultimi maschi della famiglia
assieme al fratello Francesco, tenessero come estrema risorsa il favo-
rire Ginevra figlia di Pietro e, rimbalzandosi l’un l’altro il patrimonio
per i figli nascituri, sembra vivessero alternando la speranza ansiosa
di un erede maschio con il dolore di veder scomparire la discendenza

| diretta dell’Alighieri.

Ma torniamo a Francesco, unico uomo superstite degli Alighieri
fin dal 1547 o giù di lì. Egli fu un umanista piuttosto conosciuto nella
Verona del suo tempo e, nella sua casa di Gargagnago (ricordate ?
il luogo che Pietro di Dante aveva comprato due secoli prima) fra
l’altro tradusse tutto Vitruvio su istanza di Alessandro Vitelli, tra-











230 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

duzione andata perduta ma che è ricordata e lodata da un umanista
veronese contemporaneo, Ludovico Nogarola. Oltre che a Garga-
gnago, Francesco Alighieri dimorò lungamente a Roma, ove conobbe
Benedetto Valenti e Sante Conzio, nobili umanisti di Trevi ; con questi
soggiornò, particolare per noi interessante, varie volte nella bella
Trevi ospite appunto del Valenti, che ivi possedeva nel palazzo avito
una importante raccolta di antichità romane e Francesco Alighieri,
intorno al 1535, in due dialoghi e una dissertazione « De Antiquita-
tibus Valentinis » le descrive in bel latino cinquecentesco ?*?); queste
composizioni o altre, sempre di argomento archeologico, erano state
raccolte in un codice del Convento di San Marco a Firenze dal pe-
rugino Padre Domenico Giovan Battista Bracceschi '*).

Queste notizie appunto sarebbero il gancio che collega quanto
vengo dicendo con il tema del convegno « Dante e l'Umbria » ; chi
ha l’onore di parlarvi, solo perchè, portando il cognome illustre,
abita con la famiglia da 15 anni nel bel contado perugino, non po-
trebbe essere, semmai, che un uncinetto.

In vari documenti Francesco Alighieri è chiamato Reverendus
Dominus, Monsignore e Canonico ; negli elenchi, però, del Capitolo
veronese ed in altri, il suo nome non si trova, nè mi risulta comunque
da nessun documento che egli fosse sacerdote.

Va infatti ricordato che per Canonicato a quei tempi si intendeva
una carica con relative prebende a cui si poteva accedere anche con
i soli ordini minori cioè senza essere preti.

Prova ne sia che, per esempio, vari imperatori, fra cui, pochi
decenni prima del momento in cui siamo, Carlo v° a Bologna, veni-
vano all’incoronazione accolti fra i canonici di San Pietro e ancora
nel 1700 Cosimo mi, per avere il privilegio di vedere le Reliquie della
Santa Croce e del Velo della Veronica in San Pietro, veniva ammesso
fra quegli stessi canonici ?).

Il Canonico Francesco Alighieri il 17 febbraio 1547 in Verona,
pochi giorni dopo la morte del fratello Ludovico e presso lo stesso
notaio di lui, aveva fatto un testamento (che sta per essere pubblicato
per la prima volta, assieme ad altri documenti inediti sui discendenti
di Dante dal dottor Scarcella dell'Archivio di Stato di Verona in
una genealogia degli Alighieri). In questo testamento, Francesco
lascia un legato alla nipote Ginevra Alighieri e il resto in opere di
beneficenza fra le quali é nominata la fabbrica di San Pietro in Va-
ticano, senza, notate bene, affrontare il problema della continuazione
del nome ; particolare curioso, fra gli esecutori testamentari Fran-



















ARIETE

VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 231

cesco nomina un Giacomo Coppoli, nome prettamente perugino.

Il 12 agosto 1558, cioè 11 anni dopo il primo testamento, Fran-
cesco ne detta un altro al notaio veronese Dominicus quondam
Petri a Puteo de Mercato Novo. In questo ultimo testamento (Fran-
cesco doveva morire nel 1563) in cui lascia disposizioni di far cele-
brare centinaia di Sante Messe per la sua anima, legati all'ospedale
e per costituire doti a fanciulle povere e somme a vari abitanti e
dipendenti di Gargagnago, appaiono i nomi di Aligera, Cornelia,
e Ortensia.

Chi sono ? Ce lo dice lo stesso Francesco: sono sue figlie, ma
non figlie legittime (infatti egli scrive di averle avute « ex improbo
coitu ») e ad esse Francesco lascia 1000 ducati ciascuna «ex causa
dotis et amore Dei », aggiungendo il desiderio che questre tre ragazze
vivano in casa della propria cognata Teodora fino al loro matrimonio
«et eas matrimonio tradant mercatoribus vel artificibus vel aliis
de populo bene gerentibus negotia sua, non autem personis nobilibus »
(Il Cavattoni nel 1865 commenta : « perchè essendo illegittime non
sarien state tolte in moglie che da nobili disperati e di poco sale).

« Supplex rogans ut oblitus delictorum meorum. ..» dice Fran-
cesco Alighieri nel testamento rivolgendosi a Dio e a me sembra
che questa breve anche se accorata formula, assieme al nominare le
figlie nel testamento sia un'altra prova che egli fosse forse Canonico,
ma certo non sacerdote: anche se siamo nella prima metà del 500
pure penso che un prete non avrebbe trattato neanche allora nella
solennità di un pubblico testamento, con questa relativa disinvoltura
un fallo per un sacerdote ancora piü grave.

Cosa era avvenuto negli 11 anni trascorsi fra i due testamenti
di Francesco ? Cosa aveva originato questo disordine nella sua
vita di persona ormai matura ?

Possiamo plausibilmente supporre, alla luce dei documenti
fin qui conosciuti, che Francesco testassela prima volta nel 1547
sotto il colpo della morte del fratello ancora giovane, nel modo che
abbiamo visto, tanto per sistemare l'eredità del proprio patrimonio,
ma che, rimasto unico superstite della famiglia, Francesco abbia

© cercato di averlo lui l'erede, pronto a rinunciare al canonicato e a

Sposarne la madre se il maschio fosse nato. Ebbe invece le tre figlie
che abbiamo visto.

Ma abbandoniamo le ipotesi dettatemi forse anche dal desiderio
di giustificare questo mio lontano ma importante prozio e torniamo
alla lettura del suo ultimo testamento, quello del 1558, che ora,















232 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

almeno per me, si fa piü interessante. Francesco Alighieri nomina
infatti suo erede universale il figlio primogenito, ancora «in pupil-
lari aetate », della propria nipote Ginevra Alighieri andata sposa nel
1549 al conte Marcantonio di Serego ; i Serego erano una famiglia di
antica nobiltà feudale di origine vicentina trasferitasi a Verona nella
seconda metà del 300 con un Cortesia Serego che fu Capitano Gene-
rale e genero di Antonio della Scala.

Questa é la Ginevra che abbiamo visto essere figlia di Pietro
Alighieri che, vi ricorderete, era fratello del Canonico Francesco e
il primo dei fratelli a morire.

Ginevra ebbe con suo marito Marcantonio Serego 9 figli e 6
figlie. Il primogenito di questi fu appunto Pieralvise, cui Francesco
Alighieri lasciò tutti i suoi beni alla condizione che lui e i suoi discen-
denti aggiungessero al cognome Serego, quello Alighieri «sub his
tamen expressis conditionibus, dice il testamento, quod suprascriptus
comes Petrus Alojsius et eius filii et discendentes... in infinitum
vocari se faciat et faciant de familia Aligerorum ». Fra i beni che
Francesco lasciò a Pieralvise vi è la proprietà di Gargagnago (Jacopo
nel suo testamento del 1521 prescriveva che questa dovesse restare
«in infinitum y nella famiglia). Da quel lontano 1558 attraverso il
volgere dei tempi il cognome illustre di Dante, unito al Serego, pas-
sando ininterrottamente di padre in figlio è giunto fino ad oggi,
sempre accompagnandosi, nonostante le vicissitudini economiche,
alla casa di Gargagnago. In questa casa mio fratello Dante conserva
amorosamente una cassa nuziale ed una originalissima carrozzeria
di cocchio che la tradizione dice essere state usate per il matrimonio
della fatidica Ginevra con Marcantonio Serego. La tradizione sarebbe
suffragata dallo stile cinquecentesco dei manufatti e, specialmente,
dalla disposizione particolare degli stemmi Alighieri e Serego sulla car-
rozza. L’unico esemplare che mi risulti, anche se più semplice, asso-
migliare a questo cimelio è una carrozza che ho visto nel Palazzo
Ducale di Gubbio.

Quanti beni sono stati nominati e lasciati in tutti questi testa-
menti degli Alighieri ! Di uno solo si è taciuto ; di quello che ci sem-
brerebbe essere il più importante : il manoscritto della Divina Com-
media, e perchè ? Non l’avevano mai posseduto i discendenti di
Dante o lo custodivano con segretezza tanto gelosa che un giorno
scomparve forse per sempre ?

Arrivati finalmente al termine di questa comunicazione penso
vi chiederete perchè con la mia inadeguata preparazione dottrinale,









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Fig. 1. — Documento comprovante l'acquisto fatto da Piero Alighieri
della proprietà di Gargagnago.

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VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 233




mi sia inoltrato in questa avventura. L'ho fatto, ve lo confesso, a u il
ragion veduta : non vorrei che udendosi qualche volta il cognome Ii
Alighieri unito a quello Serego, si pensasse a un avvicinamento do- E
vuto a nebulose vanità araldiche, vorrei invece fosse palese che questa Md
unione é avvenuta attraverso una chiara e documentata genealogia. ll

NOTE

|

1) Per le notizie su di lui vedi GinorI ContI PreRo, Vita ed opere di |
Pietro di Dante Alighieri con documenti inediti, Firenze, Fondazione Ginori |J
Conti, 1939. IR
®) PIATTOLI RENATO, Codice diplomatico dantesco, Firenze, Luigi Gon- I
nelli, 1940 p. 203. |
3) BAnBI MicHELE, Nuovi accertamenti sulla parentela di Dante, in NO
Problemi di critica dantesca, II serie, Firenze, Sansoni, 1941 p. 329. |
4) GruLiARI GIAMBATTISTA CARLO, Memoria bibliografica dantesca ve- VI
ronese, in Albo dantesco veronese, Milano, Alessandro Lombardi, 1865, «II



J p. 288. 1l

- 5) GIULIARI GIAMBATTISTA CARLO, op. cit., p. 340. it

3 f 5) DI SEREGO ALIGHIERI PiERALVISE, Per la storia della villa Alighieri

in Gargagnago, in AVENA ANTONIO e PIERALVISE DI SEREGO ALIGHIERI, Dante

| | e Verona, Verona, Tipografia cooperativa, 1921. Il documento è pubblicato i | |
da RENATO PIATTOLI, op. cit., p. 286 e sgg. | |

3) PIATTOLI HENATO, Op. Cil, p. 290 6 sgg.

#) CavATTONI CESARE, Documenti fin qui rimasti inediti che risguar-
dano alcuni de’ posteri di Dante Alighieri, in Albo dantesco veronese, op. cit., I
P. 360. AI

?) Per le notizie su di lui vedi MistRUZZI VirtoRIO, Dante III Ali- 1
ghieri, in Dante e Verona, op. cit., p. 57. 1M

1) Per le notizie su di lui vedi PELLEGRINI FLAMINIO, Jacopo di Pietro i |
III Alighieri rimatore, in Dante e Verona, op. cit., p. 281.

11) Per le notizie su di loro e i loro testamenti vedi CAvATTONI CESARE,
op: cil..:p..365.:





RI a
pe x



v È 1?) CARLI EMANUELE, Dante e gli Allighieri a Verona, Verona, Stam-
2 peria Zendrini, 1965, p. 69.

A : 1) CLEMENTE BARTOLINI, Le Antichità Valentine dialoghi due di Fran-
Ì scesco Alighieri e Sante Ponzio, Perugia Garbinesi e Santucci, 1828.

4) GrUsEPPE PELLI, Memorie per servire alla vita di Dante Alighieri
ed alla storia della sua famiglia, Firenze, Guglielmo Piatti, 1823, p. 52.

15) MonoNI GAETANO, Dizionario di erudizione storico ecclesiastica, Ve- ili
nezia, Tipografia Emiliana, 1840/61, vol. VII, pp. 247/48. a







234 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

BATTELLI : Rendiamo omaggio al conte Di Serego Alighieri della
sua accuratissima esposizione. Benchè, in tema di genealogia, la ma-
teria sia sempre complessa per la difficoltà di seguire la documenta-
zione, egli è riuscito a dare un quadro preciso, ed anche brillante, della
discendenza degli Alighieri.

Nel porgergli un sincero ringraziamento, dichiariamo chiusa la
seduta.

Assisi, Sala della Conciliazione
21 marzo 965, ore 11

Sindaco di Assisi: Signori congressisti, sono veramente lieto di
porgere il deferente saluto dell’ Amministrazione comunale e mio per-
sonale a voi tutti, e darvi altresì il più cordiale benvenuto per aver
scelto Assisi per la chiusura del vostro Convegno. Un cordiale saluto
rivolgo anche alle Autorità locali, che hanno voluto intervenire a questo
Convegno. In particolare rendo omaggio al prof. Luigi Salvatorelli,
storico e commentatore politico di larghissima fama, Accademico
Nazionale dei Lincei. Sento inoltre il gradito dovere di rivolgere un
vivissimo ringraziamento alla Presidenza della Deputazione di Storia
Patria per l'Umbria per aver scelto Assisi quale sede per lo svolgimento
della seconda giornata del VI° Convegno Storico Regionale. Con l'oc-
casione desidero ricordare, non certo ai congressisti, le grandi bene-
merenze acquisite e la notevole attività svolta, particolarmente in questi
ultimi anni, dalla Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, dal
suo presidente prof. Cecchini; Deputazione che raccoglie in sè i più
validi cultori umbri di storia e quelli di altre regioni, che hanno rivolte
le proprie cure allo studio degli avvenimenti umbri. Tra le molteplici
iniziative attuate, tutte confortate dal più lusinghiero successo, penso
che meritino di essere sottolineati i Convegni storici annuali e l’attività
del Centro di Documentazione sul Movimento dei Disciplinati, che
ha avuto l’alta approvazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Notevole è stata anche la ripresa delle pubblicazioni di rilevante
pregio scientifico, sia nella collezione delle Fonti per la Storia del-
l'Umbria, sia in quella delle Appendici al Bollettino. Esistono quindi
tutti i presupposti per poter asserire che la Deputazione di Storia
Patria per l'Umbria ha ben svolto i suoi compiti, e che anche in av-
venire saprà adempiere alla funzione di ricerca, di ricognizione e
classificazione delle autentiche fonti storiche per poi passare alla uti-
lizzazione di esse per la vera e propria trattazione storica delle vicende











LA



VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 235

del nostro paese. Con questa certezza rinnovo a tutti il saluto della
città di Assisi e formulo fervidi auguri per il miglior svolgimento dei
lavori del Convegno.

PRESIDENTE: Quando il Consiglio Direttivo della Deputazione fece
il programma di questo Convegno, fu unanimemente convenuto che
alla rievocazione di carattere, diciamo, dantesco-francescano, che
avrebbe tenuto il prof. Salvatorelli, si addicesse una cornice adeguata ;
e con questo proposito la Deputazione intendeva anzitutto rendere
omaggio alla città di Assisi e al suo Santo, ma anche appunto fornire
un inquadramento adeguato all’argomento, che è indubbiamente sempre
di attuale interesse ; quindi con molto piacere ho potuto avere il con-
senso entusiastico del Sindaco e vecchio amico comm. Giorgio Costantino,
e quindi lo ringrazio ora in modo particolare per averci agevolato nel-
l'attuazione di questo proposito ; come pure ringrazio per l'ospitalità
che l'Amministrazione Comunale di Assisi insiemeall' Azienda Auto-
noma ci offre, innanzitutto in questa sala e poi in seguito per la riu-
nione conviviale. Quindi esprimo il ringraziamento non soltanto mio,
ma anche della Deputazione e in modo particolare dei partecipanti
a questo VI° Convegno storico regionale.

MANSELLI : È per me un motivo di emozione e di fierezza di poter
ricordare a voi il prof. Salvatorelli, come maestro di studi storico-
religiosi di lunga data, da lunga data dedito sempre ad un appro-
fondimento continuo, sempre più ricco, dei suoi interessi originari.
Ricorderete, io spero, che al prof. Salvatorelli noi dobbiamo una delle
più agili, fresche, vive biografie di San Francesco ed inoltre una delle
più robuste sintesi del Medioevo italiano nei due volumi della Storia
d’Italia del Mondadori. È una sintesi che onora tutta la vita di uno
studioso e che permette a lui di affrontare il tema di oggi con una dot-
trina, con una maestria, con una competenza che credo si possano dire
senz aliro incomparabili.

DANTE E S. FRANCESCO

È noto certamente a voi tutti, e in questo momento tornerà
spontaneamente alla vostra memoria, il parallelismo stabilito da
Dante tra le due celebrazioni di San Francesco e San Domenico.

Nel canto di San Francesco egli evoca fin dall’inizio i due e li
accoppia insieme, come invio provvidenziale del Signore :





236 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



«La Provedenza che governa il mondo
con quel consiglio nel quale ogni aspetto
creato é vinto pria che vada al fondo,



peró ch'andasse ver lo suo diletto
la sposa di colui che ad alte grida
disposó lei col sangue benedetto,

in sé sicura e anche a lui piü fida,
due principi ordinó in suo favore
che quinci e quindi le fosser per guida ».

E poi seguita caratterizzando fin da adesso le due personalità, come
vedremo in seguito. à
C'é peró un secondo parallelismo a cui non è stato dato forse t
il tutto il rilievo che meritava (non fosse altro, dal punto di vista
| i | estetico) : e cioé che sia l'elogio di San Francesco fatto da San Tom-
| ili maso d’Aquino, sia quello di San Domenico fatto da San Bonaven-
i
|



tura, è preceduto da un esordio geografico-paesistico, in cui si illustra
brevemente la contrada e il luogo di nascita dei due santi. Per meglio
lumeggiare la rappresentazione dantesca di San Francesco, credo di "4
dover premettere, rovesciando l'ordine, il preludio all'elogio di San
i Domenico, in cui si descrive la contrada della Vecchia Castiglia non
| nel suo aspetto corografico, ma nello sfondo marittimo, che é poi
IH quello del Golfo di Guascogna, e ció in una forma altamente poetica :

EI IA



In i «In quella parte ove giunge ad aprire
iN Zefiro dolce la novella fronda
di cui si vede Europa rivestire,
non molto lungi al percuoter de l’onde,
il dietro a le quali per la lunga foga
a lo sol tavolta ad ogni uom si nasconde,
Imo siede la fortunata Calaroga (la patria di San Domenico)
| sotto la protezion del grande scudo
il in che soggiace il leone e soggioga ».







(rappresentazione araldica del regno di Castiglia).

Î Queste descrizioni di contrade e di città sono molto comuni in l

Dante ; ma nel caso nostro hanno ambedue uno sviluppo maggiore,

del solito, diversificando inoltre notevolmente nella struttura fra loro.

La descrizione della regione in cui nacque San Domenico non é, come

i ho detto, una descrizione della contrada specifica e tanto meno della
|















|
i
I
j

VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 237

città : è piuttosto una vaga rappresentazione del mare e del cielo
che fanno da sfondo alla Vecchia Castiglia, mentre poi Calaroga, o
Calaruega, è ben dentro terra e in un sito piuttosto montagnoso ;
questa è detta semplicemente fortunata, senza altra caratterizzazione.

Molto differente è invece il procedimento della introduzione
francescana : qui abbiamo la descrizione di una zona ristretta e pre-
cisa, di un breve circoscritto paesaggio umbro, descrizione che sbocca
anche qui nella menzione del luogo di nascita, Assisi; ma questo
non è soltanto nominato, bensì caratterizzato fortemente sia dal lato
fisico che da quello spirituale :

« Intra Tupino e l’acqua che discende
dal colle eletto del beato Ubaldo »

(anche se si accetta la congettura dell'amico Manselli, — che Dante
non abbia voluto nominare Gubbio perchè il nome di Gubbio por-
tava con sé il ricordo di quel Cante de’ Gabrielli, podestà di Firenze,
che aveva condannato Dante — rimane pur sempre il valore poe-
tico della rappresentazione la cui precisione di termini ne fa un pic-
colo quadro)

« fertile costa d’alto monte pende
(verso perfetto, scultorio)

onde Perugia sente freddo e caldo
da Porta Sole e di retro le piange
per grave gioco Nocera con Gualdo ».

Qui non posso accogliere un’altra opinione del Manselli, larga-
mente diffusa del resto, e che d’altra parte gli veniva naturale, perché
rientrava nel quadro fatto da lui, con grande conoscenza e perspi-
cuità, dell'Umbria politica e specialmente di Perugia politica del
tempo. Il grave giogo per cui piangono Nocera e Gualdo non puó
intendersi come giogo politico. C'é intanto un dato di fatto: se con-
sultiamo il Bonazzi ?), troviamo che egli rileva espressamente come le
sommissioni operate da Perugia avvenissero in forma consensuale
e non avessero niente di tirannico ; apprezzamento che si potrà pren-
pere « cum grano salis », ma che in sostanza credo corrisponda ai fatti
anche perché c'é la riprova nei pochi casi in cui veramente l'op-
pressione c'é stata, ed é nota. Ma il motivo fondamentale per esclu-










































238 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

dere l’interpretazione politica è che, quando Dante dice « Perugia
sente freddo e caldo da Porta Sole », non è dubbio che parli di un
fatto fisico, mentre nessuno può pensare che Dante voglia dire che
da Porta Sole, cioè dalla zona stendentesi a oriente di Perugia, pro-
venga un dominio, tirannico per giunta, su Perugia. Dopo aver
fatto quella notazione caratteristicamente fisica, se si passasse a
un significato metaforico, politico, per Nocera e Gualdo, avremmo
una « metábasis eis allo ghenos », cioè il passaggio brusco e arbitrario
da un genere di notazione ad un altro. Mi pare che questa osser-
vazione provi definitivamente che si tratta tanto in un caso che nel-
l’altro di rappresentazione fisica.

«Di questa costa, là dov'ella frange
piü sua rattezza »

(notate sempre la precisione di linguaggio)

«nacque al mondo un sole
come fa questo tal volta di Gange.

Peró chi d'esso loco fa parole
non dica Ascesi, ché direbbe corto,
ma Oriente, se proprio dir vole ».

Questa analisi piuttosto minuta dell'esordio geografico-paesi-
stico alla storia di San Francesco, confrontandolo con l'altro e no-
tandone la spiccata diversità, spero sia riuscita a mostrare come
esso esordio non sia soltanto di determinazione geografica, ma crei
un paesaggio animato, e si potrebbe dire umanamente animato.
Ogni volta che l'ho riletto, mi ha fatto pensare che Dante, non per
deliberato proposito, ma per un sentimento quasi subcosciente, abbia
posto un legame tra il paesaggio umbro, e più precisamente assisiate,
e la figura di San Francesco, la sua religiosità e spiritualità personale.
Questo legame ai tempi nostri credo sia sentito da tutti ; anche quando
si parla di Umbria mistica, il primo luogo a cui si pensa è certamente
Assisi, il paesaggio assisiate. Questo lo sentiamo noi oggi: ma l’hanno
sentito anche i contemporanei del Santo, l’ha sentito anche Dante ?
Ricordiamo che a manifestare il senso della bellezza naturale è stato
Francesco stesso. Si è talora esagerato in proposito — esagerò
il Thode parlando di San Francesco come precursore della Rina-
scenza — ma che in San Francesco ci fosse un senso vivo della na-





















———— —À

VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 239

tura, trasfigurata attraverso l'elevazione spirituale, ma tuttavia
vista nei suoi lineamenti concreti, basta leggere o rileggere il Cantico
delle Creature per rendersene conto. Perció, come Francesco ha espresso
nel Cantico delle Creature questo suo sentimento, cosi é lecito con-
getturare che Dante ne abbia avuto un riflesso in questa descrizione,
la quale in ogni modo rimane un pezzo magnifico di poesia.

Veniamo adesso alla rappresentazione vera e propria di San
Francesco, della sua figura e dell'opera sua. Caratteristica princi-
pale esaltata da Dante in San Francesco 6 l'energia spirituale : energia
che egli rappresenta come spiegata da lui sia di fronte al padre che
lo rinnega e lo caccia di casa, sia al vescovo che invece lo raccoglie,
e sia infine davanti al papa :

« Né gli gravó viltà di cor le ciglia
per esser fi' di Pietro Bernardone
né per parer dispetto a meraviglia,

ma regalmente sua dura intenzione
ad Innocenzo aperse e da lui ebbe
primo sigillo a sua religione ».

Dante coglie in San Francesco (si noti in particolare il «regola-
mento ») una energia spirituale manifestantesi nel fatto che il Santo
si impone al suo mondo circostante, e alla stessa suprema autorità
ecclesiastica, per attuare la propria vocazione secondo il comando
ricevuto da Cristo. Questa rappresentazione dantesca della energia
francescana è tanto più notevole in quanto la generalità anche oggi
tende (come avviene anche per Gesù) a cogliere piuttosto la dolcezza
umile, la rinunzia, si potrebbe quasi dire passiva. Abbiamo qui vera-
mente rappresentato colui che scrisse nel suo testamento : « L'Altis-
simo mi riveló la strada che dovevo seguire ». Dante, cioé, non ha
alterato secondo il suo temperamento l'indole e la figura di San
Francesco; ha veramente colto qualche cosa presente, centrale, in
San Francesco, perché quando un uomo dice: «L'Altissimo mi ri-
veló », e in tutto il suo testamento si riferisce sempre a questa altis-
sima rivelazione divina, é evidente che costui é un uomo dotato di
una energia straordinaria, che cammina per la sua via senza farsi



240 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

arrestare da nessun ostacolo. E nella rappresentazione dantesca
tale energia egli trasmette ai seguaci: di qui, quel movimento stu-
pendo dei nuovi apostoli, che accorrono a seguire Francesco :

«La lor concordia...
(si tratta di Francesco e di Madonna Povertà)

e i lor lieti sembianti
amore e meraviglia e dolce sguardo
facieno esser cagion di pensieri santi;

tanto che il venerabile Bernardo
si scalzò prima, e dietro a tanta pace
corse, e correndo li parve esser tardo.

O ignota ricchezza, o ben ferace!
Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro
dietro allo sposo, sila sposa piace.

Indi sen va quel padre e quel maestro
con la sua donna e con quella famiglia
che già legava l'umile capestro ».

Secondo la concezione della prima generazione francescana, e
secondo l'idea sempre dominante da allora in poi, e a cui dette nuova
vita Paul Sabatier, anche Dante mette come ideale primo di San
France:co la realizzazione della santa povertà. Ed esalta appunto
il fatto che

«per tal donna, giovinetto, in guerra
del padre corse a cui, come a la morte,
la porta del piacer nessun disserra ».

Ma badiamo bene: la adozione della povertà totale, della po-
vertà quale Cristo avrebbe professato, è concepita da Dante — e
qui più che mai egli intende bene lo spirito di San Francesco —
non come rinunzia, non come passività, non come un trarsi indietro
e in disparte, ma come affermazione di vita, come liberazione ed
innalzamento della personalità.

«E dinanzi alla sua spirital corte
et coram patre le si fece unito
poscia di dì in dì l’amò più forte ».











et







VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 241

E seguita svolgendo un motivo a cui, se mi é permesso dire, non
manca un certo carattere retorico :

«Questa privata del primo marito
mille e cent'anni e piü dispetta e scura
fino a costui si stette sanza invito ».

In altre parole, questo culto della povertà da Cristo in poi sa-
rebbe per primo stato rinnovato da San Francesco. E in quella for-
ma effettivamente cosi precisa, cosi decisa, cosi totale come San
Francesco lo professó, si puó anche dire che la notazione é giusta.

«Né valse dir che la trovó sicura
con Amiclate, al suon de la sua voce,
colui ch'a tutto '1 mondo fe' paura »:

cioé, c'erano stati dei precedenti, della gente che aveva anch'essa
amato e professato la povertà, e non erano ancora cristiani (si rife-
risce qui ad un episodio della vita di Cesare).

«Né valse esser costante né feroce
sì che dove Maria rimase giuso,
essa con Cristo pianse in su la croce ».

È questo il punto che direi più artificioso, più sforzato di tutto il passo.

È esatta e definitiva questa interpretazione della totale povertà
francescana come elemento centrale, e quasi unico, del messaggio
francescano ? Secondo me, è necessaria per lo meno una integra-
zione : occorre riconoscere che nel rifiuto fatto da San Francesco
non solo di ogni proprietà, ma anche di ogni protezione giuridica del
possesso necessario per la vita, e spinto fino al punto di mettere nel
Testamento il precetto esplicito ai frati di non chiedere privilegi alla
Santa Sede (e invece già a poca distanza dalla morte di San Fran-
cesco i privilegi si moltiplicarono), il motivo dominante, ancora una
volta, non va trovato in una privazione ascetica, ma nel fatto che chi

possiede e vuol difendere il suo possesso deve lottare contro il pros-

simo, deve mancare alla legge di carità. Questo è il concetto più
profondo che sta dietro quel rifiuto francescano non solo (ripeto) di
qualsiasi proprietà, ma anche di privilegi e azioni tutelanti il godi-
mento dei beni materiali.

Questo punto Dante molto probabilmente non lo ha avvertito :
sia per non completa conoscenza dei fatti (non è detto che Dante

16



242 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE



avesse seguito tutte le peripezie dell'Ordine dalla morte di San Fran-
cesco in poi), sia per una ragione sua personale, in quanto questo
respingimento di ogni difesa e tutela di ció che pure era conside-
rato buono, non rientrava nell'indole di Dante per cui giustizia e
diritto erano valori primari. Tuttavia l'intimo contenuto della
povertà volontaria, trasfigurante lo spirito di chi la professa, non è
sfuggito a Dante, quando parla degli amanti Francesco e Povertà,
e della loro concordia e lieti sembianti. È evidente che qui sono
sentiti e rilevati gli effetti spirituali della povertà francescana, di
lietezza e di liberazione dello spirito.

La questione della povertà ritorna poi nel canto seguente, quando
San Bonaventura, deplorando la decadenza che si é infiltrata nel-
l’Ordine, finisce con un accenno alle contese interne francescane :

«Ma non fia da Casal nè da Acquasparta,
là onde vegnon tali a la scrittura
ch’uno la fugge e altro la coarta ».

Padre Mariano da Alatri ha formulato ieri una opinione (nuova
per quel che so) sul significato di quel « fugge », in cui credo che ci
possa essere per lo meno un elemento di vero. Di Matteo da Acqua-
sparta, cioè, sarebbe detto che fugge la regola, non perchè egli ab-
bia espresso opinioni lassistiche — che, secondo padre Mariano,
in quel poco che possediamo di lui non si ritrovano, mentre poi
gli osservanti rigorosi, gli Spirituali, ce l'avevano molto più con
San Bonaventura che con Matteo. La caratteristica, invece, che
avrebbe rilevato Dante, come degenerativa del messaggio france-
scano, in Matteo d’Acquasparta — che, come sapete, divenne cardi-
nale e uomo politico — starebbe proprio in codesta attività politica.
Matteo d’Acquasparta starebbe a rappresentare per Dante tutto quel
complesso, piuttosto ampio, di francescani i quali già a pochi de-
cenni dalla morte del Santo accettano cariche e salgono in alto, mentre
un’altra parte si specializza negli studi teologici, non proibiti da
San Francesco, ma non visti molto di buon occhio. È un fatto che
questi due fattori — la pratica di potenza mondana e la speculazione
teologica — sono due elementi fondamentali di quella che non chia-
merò degenerazione dell’Ordine (perchè la vita che si svolge non pos-
siamo liquidarla con la parola degenerazione), ma trasformazione non
meno profonda della pratica lassistica della povertà; direi, anzi,
più profonda. È accettabile, se non come unico senso, per lo meno
come uno dei sensi di quel « fugge », la critica di questo avviamento











CONVEGNO STORICO REGIONALE 243



sollecito e largo dell'Ordine francescano verso le cariche di potenza
ecclesiastica nel mondo. Torniano cosi a quella condanna della po-
tenza, della forza, anche legittimamente usate, che c'era nello spirito
di Francesco. « La potenza è il male », ha detto Burkhardt un secolo
fa. San Francesco non ha detto niente di simile; però nel suo in-
timo possiamo pensare che lo abbia sentito, appunto proibendo ai
suoi seguaci di domandare privilegi. Questo suo sentimento non è
semplice congettura, deduzione : è qualcosa che veramente si ritrova
ripetutamente nei detti di San Francesco (non solo nel testamento)
quando egli dice : « Noi non dobbiamo avere niente di nostro, non dob-
biamo considerare niente come nostro ; se entriamo in un posto e ci
abitiamo .e a un certo punto ci cacciano, dobbiamo andarcene via,
senza resistenza ». È lo svolgimento di un tema del « Discorso della
Montagna », il quale ha un fondo ben diverso da quello degli odierni
predicatori della « non violenza ».

Dante può avere apprezzato il rigorismo francescano rifuggente
dalle cariche e dal potere, perchè con esso si rientrava, indirettamente,
nella sua concezione politico-religiosa, o meglio politico-ecclesiastica.
Qual è in proposito l’idea centrale di Dante ? È quella che oggi po-
tremmo chiamare la separazione della Chiesa dallo Stato, e che allora
si chiamava invece la divisione netta di potere e di sfera tra l'Impero
da una parte e la Chiesa dall'altra; la Chiesa doveva governare
lo spirituale, l'Impero doveva governare il temporale.

A questo punto, possiamo porci il quesito di che cosa significhi
per l’interpretazione dantesca di San Francesco il fatto che egli lo
abbia accoppiato così strettamente a San Domenico. Qui bisogna
rileggere quell’esordio, già citato, dell’elogio di San Francesco:

«La Provedenza, che governa il mondo
con quel consiglio nel quale ogni aspetto
creato è vinto pria che vada al fondo,

però ch’andasse ver lo suo diletto
la Sposa di Colui ch’ad alte grida
disposò lei col sangue benedetto,

in sé sicura e anche a lui più fida,
due principi ordinò in suo favore
che quinci e quindi le fosser per guida.

L’un fu tutto serafico in ardore,
l’altro per sapienza in terra fue
di cherubica luce uno splendore ».





244 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

Qui abbiamo dunque l'associazione, e addirittura la parificazione
fra i due santi : essi sono tutti e due collocati sopra un piedistallo di
valore universale; e San Bonaventura nel canto seguente riprende
l'idea :

«Degno é che dov'é l'un, l'altro s'induca,
sì che, com’elli ad una militaro,
così la gloria loro insieme luca.
L’esercito di Cristo che sì caro
costò a riarmar, dietro alla ’nsegna
si movea tardo, sospeccioso e raro,
quando lo Imperador che sempre regna
provide alla milizia, ch’era in forse,
per sola grazia, non per esser degna:
e com’è detto, a sua sposa soccorse
con due campioni, al cui fare, al cui dire
lo popol disviato si raccorse ».

La parificazione religiosa e, possiamo aggiungere, storica delle
due figure in Dante è completa. Questa parificazione è cosa ovvia
nella tradizione ecclesiastica del cattolicesimo romano, e particolar-
mente degli Ordini religiosi; si dice sempre « San Francesco e Sau
Domenico ». Già da allora nacque la leggenda — tradotta in squisite
opere d’arte — di San Francesco e San Domenico che si incontrano
e si abbracciano, e altresì quella che non credo sia puramente leg-
genda : il racconto del tentativo fatto a un certo punto da San Do-
menico, di stringere quasi una alleanza con San Francesco, il quale
però avrebbe cortesemente declinato. Cioè, se San Domenico subì il
fascino di San Francesco — fino al punto da modificare il primo sta-
tuto dell'Ordine, adottando in forma più piena l’idea della completa
povertà — San Francesco non subì quello di San Domenico. Ciò non
significa naturalmente che lo abbia avversato in nessun modo;
soltanto, egli senti che la sua missione era diversa, profondamente
diversa.

Qui veniamo a un punto fondamentale: quale era dunque
questa missione che Francesco attribuiva a se stesso e ai suoi se-
guaci??) San Francesco era devotissimo alla Chiesa e predicava
ai seguaci: «Rispettate sempre tutti i preti, rispettate sempre tutti
i religiosi, perchè noi ne abbiamo bisogno. I preti, i religiosi, quali
che siano, quali che possano essere il loro valore personale e la loro
condotta sono quelli che possiedono i Sacramenti, che distribuiscono









VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 245



lEucarestia (l'Eucarestia ha un'importanza suprema nello spirito
di San Francesco): quindi a loro tutto quello che noi chiameremo,
con termini non certo francescani ma moderni, l'apparato sacra-
mentale. Il mandato che io ho ricevuto da Dio é quello di pra-
ticare per me e per i miei seguaci la assoluta povertà di Cristo e in
questa libertà di spirito, in questa situazione del tutto libera da qual-
siasi legame esteriore, noi dobbiamo predicare a tutti e dappertutto
la pace e l'amore cristiano « Pax et bonum ».

Questo é il cómpito che San Francesco attribuisce ai suoi frati.
Certo, se fosse tornato soltanto dieci o quindici anni dopo e avesse
visto che in realtà i suoî frati diventavano curati, vescovi, cardinali,
legati pontifici, certo sarebbe rimasto male. Non credo però che
avrebbe mai suscitato un moto di ribellione, perchè la ribellione era
esclusa a priori da lui, sia per la sua assoluta devozione alla Chiesa, e
sia per lo stesso concetto della non-resistenza al male.

La personalità di San Domenico sbocca interamente nell’opera
sua ; l'Ordine domenicano è opera di San Domenico, concepita da
lui, sviluppata da lui, e consiste essenzialmente nell’attività predi-
catoria di combattimento dell’eresia, e d’insegnamento teologico ; non
predicatoria precipuamente dell'amore, della carità. Naturalmente
c’era anche quella; ma lo scopo specifico dell'Ordine domenicano e
quello dei « domini canes », dei cani che devono avventarsi alle polpe
degli eretici, e infatti con l'Inquisizione ci si avventarono largamente
e vigorosamente. Notate un fatto: l'Ordine francescano assunse anche
lui l'ufficio dell'Inquisizione, ma tardó qualche tempo, e in fondo
rimase sempre di secondo piano in quella funzione. Si direbbe che
nell'Ordine si sentisse come questa faccenda dell'Inquisizione con
San Francesco non quadrava. In seguito, si cambió ; peró io, senza
aver mai fatto uno studio in proposito, credo che sia sempre rimasta
una prevalenza abbastanza netta dell'Ordine domenicano nell'eser-
cizio dell'Inquisizione.

Questa é dunque l'opera di San Domenico ; si sbaglia quando si
dice che San Domenico ha inventato l'Inquisizione, perché non l'ha
inventata affatto lui; peró sta il fatto che il suo Ordine si e specializ-
zato, diciamo cosi, nell'opera di repressione della eresia, e altresi nel-
l'opera di insegnamento dogmatico e nella cura pastorale. San Fran-
cesco invece non si esaurisce nella creazione dell'Ordine; diciamo
meglio, a creare un Ordine lui non aveva pensato: fu la Curia romana
a pensare a ció, e piü al fondo agirono le esigenze della vita eccle-
siastica in svolgimento. Sabatier ha esagerato presentando la Curia



246 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

romana come deformatrice volontaria dell'opera francescana: la
Chiesa romana, e per essa prima di tutti Cardinal Ugolino (Gregorio
IX) vide questa grandezza religiosa di San Francesco. Ugolino senti
tutto il fascino religioso di San Francesco ed ebbe per lui una reve-
renza infinita ; ma ritenne che bisognasse provvedere alle necessità
della Chiesa, alla compagine ecclesiastica battuta allora in vario
modo, sopratutto dagli sviluppi ereticali ; e cosi prese quasi per mano
San Francesco, e lo tiró a creare l'Ordine, e San Francesco dové per-
suadersi che convenisse arrivarci, per il semplice fatto che già vi-
vendo lui, già quando l'Ordine era ancora nello stato crepuscolare,
aveva dato dei sintomi di indisciplina, di sbandamento. Già allora
San Francesco dové persuadersi che in quella via stretta stretta che
egli additava ai frati, e che per lui era ampia come il cielo, ci voleva
un tracciato, ci volevano degli argini.

Negli ultimi anni San Francesco assistette a questa trasformazione
dell'Ordine, in cui c'erano cose buone, e ce ne erano altre che a lui non
andavano, ma non parlava ; diceva : « Io faccio quello che devo fare ;
i frati, se vogliono, guardino a me e mi imitino ». L'autorità coattiva
egli non intendeva esercitarla, tanto é vero che altri assunsero la
carica di ministro generale. E chi l'assunse fu proprio frate Elia,
che indubbiamente fu particolarmente caro al cuore di San Fran-
cesco; ma San Francesco l'amava come uno ama il suo contrario
di cui sente in certo modo il bisogno. Peró il suo ideale religioso
rimaneva immutato, e lo prova il testamento, che é il suo documento
piü rigoroso. Gregorio rx, a distanza appena di qualche anno, con
la bolla « Quo elongati » certo non lo mette al bando, anzi ne parla
come di una opera di alto spirito, e lo chiama anche, mandatum, e
quindi non gli nega un valore precettistico ; soltanto dice che non puó
legare giuridicamente. È il diritto canonico che entra in campo e si-
stema le cose.

San Francesco, dunque, è una figura ben superiore a San Do-
menico ; sia detto senza far offesa — spero — ai frati domenicani.
Domenico è una grande personalità storico-ecclesiastica ; Francesco
è un eroe religioso : le due cose sono differenti. Sono necessarie le
grandi personalità ecclesiastiche, ma ci vogliono prima gli eroi re-
ligiosi. Francesco di Assisi è la figura religiosa che rimane più simile,
più vicina al Cristo. Concludo : questa parificazione, che Dante fa





i
i













VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 247



in una maniera in cui si sente il politico e il legale — Dante era un
grande poeta, ma era anche un politico e un legale — noi non pos-
siamo accettarla.

Non per questo ne vorremo a Dante, perché per quel tanto
che egli ha visto di San Francesco e anche per quella visione che ha
avuto del paesaggio in cui San Francesco è nato e cresciuto, rimarrà
sempre uno dei maggiori testimoni della grandezza di lui.

NOTE

?) Non posso citare niente di più preciso e di più recente perchè disgra-
ziatamente ancora aspettiamo una storia di Perugia degna di questo nome,
aggiornata alle nostre conoscenze d'oggi.

?) Queste cose le ho spiegate abbastanza minutamente sia nella mia
storia di San Francesco sia nella relazione che feci al Congresso Storico del
1955 a Roma, sul francescanesimo originario : ma le ripeto qui in sintesi.

MaAnsELLI : Io credo di esprimere il sentimento generale, di tutti
noi, dicendo, in umiltà, al prof. Salvatorelli il nostro grazie per il suo
discorso, nel quale, come del resto era facile prevedere, noi abbiamo
potuto ascoltare contemporaneamente lo storico e lo spirito religioso.
Lo storico che di san Francesco e di Dante, interprete di san Francesco,
ha posto in evidenza gli aspetti più importanti, più rilevanti, più pro-
fondi, e lo spirito religioso che di san Francesco ha posto in rilievo
(e posto in rilievo un limite, se così si può dire, di Dante) tutta la gran-
dezza e tutta l’importanza. Ed è per questo che, anche come studioso
di storia, io sento di dovere personalmente, oltre che a nome di tutti
voi, un ringraziamento vivissimo ed una profonda gratitudine.

Ora c’è ancora la comunicazione di Silvestro Nessi: Un dantista
umbro sconosciuto, don Brizio Casciola. Dò quindi senz'altro la pa-
rola al signor Silvestro Nessi.

UN DANTISTA UMBRO SCONOSCIUTO :
DON BRIZIO CASCIOLA

Il nome di D. Brizio Casciola, io penso, è per la maggior parte
degli ascoltatori assolutamente nuovo. È bene quindi, prima di par-
lare di lui come dantista, presentarlo come uomo e come studioso.





248 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

Non é certo il caso in questo convegno darne una compiuta biogra-
fia; la brevità necessaria per una comunicazione non consente di
tracciare di lui che una rapida immagine, starei per dire impressio-
nistica. E nessun ritratto puó essere piü efficace di quello che, nel
1908, ne delineava Antonio Fogazzaro, in una lettera edita diretta
ad Agnese Blank.

«Quel prete — vi si legge — si chiama don Brizio Casciola. E
umbro. Si fece prete nel seminario di Spoleto. Andó giovanissimo
a Roma dove si fece una larghissima cultura moderna nelle quattro
lingue. In pari tempo si diede con incomparabile ardore a opere di
carità sociale. Povero come S. Francesco, andó mutando varii sog-
giorni secondo le circostanze. Dovunque andava teneva riunioni
periodiche di persone colte, di operai, di signori, per educare e in-
nalzare il sentimento religioso in genere e raffinare lo spirito anche
per mezzo della buona e grande letteratura. Da qualche anno dirige
una piccola colonia agricola di orfani e derelitti, fondata da lui
grazie alla generosità di un suo ricco amico. Non si ciba che di erbe
e frutta ; conduce vita durissima, lavora anche con le proprie mani. . .
Ecco l'uomo, uomo unico. Per me egli vale molti volumi di apologie
del cristianesimo . . . » ?).

Ma già nella corrispondenza intercorsa tra Luigi Pietrobono e
Giovanni Pascoli, nel 1901, troviamo brevi, ma assai significativi
accenni che danno del Casciola una piü compiuta fisionomia.

Il Pietrobono scriveva all'amico : « Qui a Roma, se ti trattieni,
conoscerai anche un giovane prete, figlio d'un garibaldino, che a
tutta una colonia di piccoli agricoltori, diretta da lui, ha fatto im-
parare a memoria parecchie delle tue poesie campestri, e che esulta
all'idea di vederti tra i suoi giovanetti ».

Il Pascoli, qualche giorno dopo, rispondeva : « Dammi l'indirizzo
e il nome di don Brizio. Voglio lavorare molto con lui e per lui. Nel
passaggio per Roma l'andremo a trovare e faremo piccoli inni ».

Qualche mese piü tardi il Pietrobono scriveva ancora: « Ho
sempre dimenticato di darti l'indirizzo di don Brizio Casciola (al
fonte lo chiamarono Bixio, nome che i preti hanno trasfigurato adat-
tandolo a indicare un prete...). Via Flaminia - Ospizio Sonzogno.
Ma é andato in Isvizzera né so quando torni. Per un pezzo sono stato
geloso di lui; perchè mi parve gli volessi più bene che a me ».

Ed ancora il Pascoli tornava a chiedere : « Sappimi dire qualcosa
di don Brizio e delle sue idee ».

A cui l’amico rispondeva : « Don Brizio è un pretino a modo, poco











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VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 249



cattolico e molto cristiano : non ragiona mai di dogmi, e quando puó
fa la carità. Dirige un istituto di piccoli agricoltori, soccorso dai quat-
trini di un ebreo, il Franchetti, e del gran maestro della Massoneria,
il Nathan. Questa circostanza dice tutto. Di lui molti dicono un mondo
di bene e molti un mondo di male ; e si spiega » ?).

Non credo si possa, in breve, dire meglio e di più di don Brizio.
Si puó aggiungere soltanto che, nato a Montefalco nel 1871, e consa-
crato prete in Roma nella basilica Lateranense, condusse la sua esi-
stenza travagliata ed errabonda, a cavallo dei secoli xix e xx, in
contatto con i movimenti principali del suo tempo : dalle polemiche
sul potere temporale, al modernismo, al fascismo, alla questione
sociale. Del Modernismo in particolare, fu una delle figure piü rappre-
sentative, pur non arrivando agli eccessi ed alle intemperanze di
altri. Lui, da buon umbro, condusse la sua battaglia con molta mo-
destia e con profonda umiltà, che unitamente alla sua dirittura mo-
rale, lo salvarono alla fine da una definitiva scomunica. Nella sua
correttezza non fu, peró, un pavido. Basti a dimostrarlo il fatto che
nel Conclave del 1914 — 1a notizia è assolutamente nuova — ebbe
il coraggio d'inviare a tutti i cardinali una energica epistola, capace
a quei tempi di suscitare lo scandalo. E questo fatto non l'avremmo
certo ricordato se la presentazione che il Casciola vi fa di se stesso
non avesse richiamato alla memoria l'epistola, che giusto sei secoli
prima — nel 1314 — Dante Alighieri invió ai membri del Sacro
Collegio. «E chi é costui (voi forse sdegnosamente riprenderete),
— dice Dante — e chi é costui, che non paventando l'improvviso
supplicio di Oza, all'Arca, comecché pericolante, distende la mano ?
Certo fra le pecorelle della greggia di Gesü Cristo una delle minime
io sono ; ma certo della pastorale autorità io non abuso per nulla,
conciossiaché non siano meco ricchezze. Perció non in grazia delle
ricchezze, ma per la grazia divina io son quello che sono, e lo zelo
della casa di Dio m'infiamma. . . ».

E il nostro, nella sua : « Chi scrive, privo d'ogni autorità esteriore,
gregario nelle ultime file, anzi respinto alla soglia del tempio ; ce-
dendo all’impeto di un ardore che lo consuma, appoggiato a un’espe-
rienza di molti anni trascorsi a contatto con le più vive correnti del
secolo, fiero di una coscienza cristiana conquistata a viva forza;
prende l’immenso ardire di farsi il portavoce d’innumerevoli spiriti
nel clero e nel laicato, pur non avendo alcun mandato ».

Certo, l’assiduo studioso, di Dante dovette averne presente
almeno lo spirito in quella coraggiosa iniziativa.





250 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

Questo é don Brizio Casciola.

Questo é il sacerdote umbro che ispiró al Fogazzaro l'immagine
del protagonista e la dottrina del suo romanzo più discusso : Il
Santo.

Ma veniamo al Casciola dantista. I nomi del Pascoli e del Pie-
trobono già incontrati, ai quali fu legato da profonda amicizia, ci
dicono già in quale clima e in quale corrente egli maturò i suoi studi
danteschi. Ad essi va aggiunto Luigi Valli, col quale fu, tra il 1920
e il 1930, in stretti contatti epistolari *). In alcune di quelle lettere
(che si riportano in appendice) il Casciola ebbe premura di sottoporre
all'amico la grande importanza che nella questione dantesca aveva
il « Discorso » del Foscolo, oggi ritenuto la base e il punto di partenza
della critica moderna. Da quelle lettere si può conoscere con quale
interesse e con quale viva partecipazione egli seguisse i problemi,
allora di attualità, della esegesi dantesca. E quando il Fogazzaro
accenna alla sua opera di educatore dedito a «raffinare lo spirito
anche per mezzo della buona e grande letteratura », noi dobbiamo
sottintendere sopratutto per mezzo di Dante e della Divina Com-
media. Sempre dalle stesse lettere si apprende infatti come l’argo-
mento più consueto delle sue conferenze e delle sue conversazioni
era Dante. E si capisce come egli seguì una ben nota corrente che
rifacendosi al Foscolo (ma non abbastanza, come lamentava nelle
sue missive), al Rossetti, al Flamini, giungeva al Pietrobono e soprat-
tutto al Pascoli e al suo discepolo Luigi Valli.

Non va taciuto che i commenti e le lezioni di don Brizio erano
per lo più dedicate a poche persone ; spesso agli orfani dei vari isti-
tuti da lui creati o da lui visitati. A Milano, per esempio, parlava
di Dante nello studio di un pittore, in una soffitta : e vi andava ad
ascoltarlo, fra gli altri, Mussolini, quando era soltanto il direttore
del Popolo d'Italia ; e cioè proprio nel momento in cui era meno pro-
clive verso i preti e le divagazioni letterarie ‘).

Orbene, molte di quelle lezioni non avrebbero mai visto la
luce, se qualcuno dei suoi discepoli — proprio come avveniva per
i grandi mistici del Trecento e del Quattrocento — non avessero
avuto cura di raccoglierle. Ed esse, insistentemente riofferte a don
Brizio, andarono a confluire in un’opera unica ed organica, in un
bel volume pubblicato soltanto nel 1950, quando il venerando prete
aveva ormai la bella età di 79 anni. Così nacque il suo Enimma
dantesco *).

Nella prefazione del volume leggiamo : « Questo scritto, che non







— '—Ó— C:











VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 251

entra in questioni erudite, non fa opera né estetica né letteraria, é
il frutto di studi e meditazioni quasi trentennali, che mi hanno ri-
velato nella D. C. un « manifesto », forse destinato a pochi, iniziati
a un pensiero e un linguaggio segreto. Un tale manifesto, potente-
mente drammatizzato, proclama le ragioni e i modi di un Rinnova-
mento generale e radicale ».

Cerchiamo ora di condensare il contenuto del volume del Ca-
sciola. In esso é preso in esame il tempo di Dante ; le fonti del sapere
a cui egli attinse (con novità interessanti soprattutto nell'afferma-
zione che il poeta non fu un tomista di stretta osservanza, ma che
anzi senti l'influsso innanzi tutto di S. Paolo e del piü prossimo S.
Pier Damiani, e poi di Alberto Magno e di Averroè) *) ; la sua psico-
logia, la dottrina, le vicende della vita ; le sue concezioni politiche,
con una particolare analisi e un riassunto del De Monarchia ; infine
le allegorie. Mentre un capitoletto è dedicato ai « Precursori della
esegesi dantesca », ove si mette particolarmente in rilievo il Foscolo.
Segue un originale commento alle tre cantiche ; ed infine, dopo aver
toccato il massimo dell’analisi, una sintesi preziosa sotto il titolo :
« Unità organica del Poema ».

Diciamo subito come in quest'opera più che le osservazioni
linguistiche e lessicali sulla Commedia, che pure non mancano, e non
sono prive a volte di originalità ; più che le interpretazioni dei sim-
boli — ove naturalmente segue e difende certe, per lui non assurde,
spiegazioni del Pascoli e del Valli ?) — ha valore quella finalità civile
e religiosa che egli immagina prevalente su tutto il resto ; in un
Dante sì poeta, ma anche scienziato e moralista insigne. In fondo
l'Enimma è quel fine che Dante ha voluto indicare nella sua gran-
diosa allegoria, nella quale gli intendimenti civili, etici, cristiani,
si amalgamano in una mirabile fusione per indicare la via della fe-
licità ; partendo dalla umana miseria che si purifica attraverso la
Giustizia (Inferno) e la Misericordia (Purgatorio) per raggiungere
la visione dell'Amore (Paradiso).

Il Casciola vide nel grande poema il sogno dell' Impero protratto
nel tempo, cioè l’unione dei popoli mantenuta da una forza superiore
(«Ecco l'Impero — egli dice — il cui posto nelle ultime generazioni
è stato invano deferito alla S. Alleanza, alla Società delle Nazioni,
all'ONU : che farà la fine delle altre ») capace di custodire i due beni
maggiori dell’umanità : la giustizia e la pace. Ed è in questo anelito
di giustizia e di pace, comune a tutti gli uomini e a tutti i tempi,
che egli vede Dante vivo e attuale ancor oggi, e nel futuro. Ad un



252 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

certo punto del testo dice : « Ma Dante non sospettó il sorgere del
problema economico-sociale. Non é esatto. Egli condannó l'usura
pre-capitalistica (Inf. xvir 44-78), puni severamente gli infingardi
(Inf. ir, 22-68) e, nelle debite proporzioni, i negligenti (Purg. m-
vini); levò al cielo la dignità della vita attiva (Aquila), come essen-
zialmente collegata alla vita politica e alternantesi con la vita spi-
rituale. Infine, tra le riforme capitali di Cangrande (proclamato che
sia imperatore) sarebbe stata quella per cui ‘fia trasmutata molta
gente, | cambiando condizion ricchi e mendici’ (Par. xvi, 89-90) ».
Questo per far capire con quale spirito moderno il Casciola si acco-
stava a Dante.

Nel considerare il volume con spirito critico, tenendo conto
della reazione — del resto nota al Casciola — del Croce a quell’ec-
cessivo tentativo di rivalutare il significato mistico-religioso della
opera dantesca; ma riconoscendo col Sapegno il merito, special-
mente del Pascoli e del Pietrobono, per « aver richiamato opportu-
namente l'attenzione all'assunto morale e profetico e all’unità di
concezione della Commedia » #); dobbiamo pur attribuire al nostro,
liberatosi nella sua più che trentennale esperienza da quella ec-
cessiva tendenza allo smarrimento nella complicata decifrazione
mistica dei simboli (senza cadere negli eccessi contrari dei pedan-
ti, filologi e linguisti), la capacità di trovare in una soluzione
intermedia Dante vittorioso, nella sua opera, sul tempo, protrat-
to verso l’età moderna : preludio ed anticipo di quella poesia uti-
le, nutrita di filosofia e di spiriti riformistici, del nostro illumini-
smo e romanticismo ottocentesco.

Per concludere : l'utopia di Dante, il rafforzamento dell'Impero
e il rinnovamento religioso della Chiesa in una armonica unione
(la Croce e l'Aquila), fu anche l'utopia del Casciola ; di questo figlio
dell’Umbria nostra, fra i più illustri e i più rappresentativi di questo
secolo *).

SE













VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 253



APPENDICE DI DOCUMENTI INEDITI

Ni

Epistola inviata ai Cardinali riuniti in Conclave nel 1914?)

Eminenza !

Chi si volge a considerare con animo sereno l'eredità morale
che ci lasció la v. m. di Pio X trova un singolare contrasto fra la
universale venerazione data al carattere umile, puro, disinteressato,
fermo del Pontefice e le conseguenze dello esperimento accentratore
e rigoristico degli ultimi anni. Il quale ha seminato nel Clero dissensi,
malcontento, paure, defezioni, rancori celati, parecchio scetticismo,
non poca ipocrisia ; nelle classi dirigenti ha reso più acuti gli antichi
dissidî ; negli studiosi fomentò la rivolta, nella borghesia crebbe la
indifferenza ostile per uomini e cose di Chiesa, nel popolo aumentò
l'animosità e la diffidenza per il Clero. E la nuova generazione cresce
sotto auspici non lieti.

A parte l'azione di cause estrinseche, e senza negare qualche
risveglio consolante, ma parzialissimo : appare manifesto che un
regime di costrizione e d'intimidazione — frutto di scarsa fede nella
Verità e nel Bene e anche nell'azione di Dio nel Mondo — non giova
ad aumentare e neanche a mantenere la fiducia e l'amore verso una
Istituzione essenzialmente spirituale, che fa appello ai piü delicati
sentimenti dell'anima.

Ed é chiaro che l'unità formale, teologica e disciplinare, non é
la stessa che l'unità organica, preordinata alla Chiesa dal Signore e
da S. Paolo.

In un vero corpo tutti i membri sono vivi e necessari e ciascuno
deve avere e conservare la sua funzione. Altrimenti tutto il corpo,
non escluso il capo verrà a deperire. E poi l’anima è tutto in ogni
parte del corpo.

Chi scrive, privo d'ogni autorità esteriore, gregario nelle ultime
file, anzi respinto alla soglia del tempio ; cedendo all'impeto di un
ardore che lo consuma, appoggiato a un'esperienza di molti anni
trascorsi a contatto con le piü vive correnti del secolo, fiero di una
coscienza cristiana conquistata a viva forza; prende l’immenso
ardire di farsi il portavoce d’innumerevoli spiriti nel Clero e nel
laicato, pur non avendo alcun mandato.





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254 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

Ebbene in nome di quella esperienza multiforme io posso dire
con sicurezza che il mondo cattolico chiede oggi a Voi, o Padri, un
Pontefice, non solo pio, ma intelligente, fermo e prudente, che si
circondi d'uomini illuminati e disinteressati ; uguale con tutti i suoi
figli ; libero per sé e per la Chiesa da ogni mira terrena ; unito a Ve-
scovi, non solo docili, ma esperti e operosi, cari al gregge, e sicuri
nell’esercizio del Ministero ; unito, dico, più che per via di giuramenti,
da fiducia e carità reciproche ; suscitatore di sacerdoti veramente
eletti, scientemente pii e casti, non rudi nè pavidi nè vili, ma schietti
e virili, alieni da ogni briga secolaresca, primi in ogni cosa onesta e
buona e bella; un Pontefice che non legiferi nelle materie libere e
discutibili, rispettando il nativo diritto degli uomini a cercare le
verità umane e perseguire gl’interessi di questa terra coi metodi
loro, pur mostrando le vie del Cielo e asserendo con fermezza gli
eterni principî; che rispetti l’azione misteriosa della Grazia per
entro le anime, la coadiuvi, la guidi; che guardi ai dissidenti con la
simpatia che guadagna i cuori, che sia persuaso dell’opera incessante
e progressiva di Dio nella Storia ; che anteponga la persuasione alla
coercizione ; che moderi lo zelo amaro di una ortodossia verbale,
presuntuosa, aggressiva e persecutrice ; che non lasci condannare nes-
suno che non fosse ascoltato ; che preferisca la giustizia e la carità
alle virtù passive, le grandi devozioni antiche alle nuove pratiche
minute, che restituisca i chiostri ai pensieri solenni, all’utile lavoro ;
che giudichi gli alberi dai loro frutti ; che soffochi la delazione peste
del clero ; che non tolleri monopolî e dittature nella «repubblica
cristiana »; che ami il popolo e si volga a lui non per organizzarlo
in partito, ma per comunicargli la luce, la gioia, la libertà di Dio ;
che dica ai Potenti parole inflessibili di giustizia.

Ebbene un tal Pontefice, in un’ora tragica e grande come la
nostra che ha messo a nudo l’orribile vuoto di una socetà pa-
gana, in maschera cristiana, e reclama un’Autorità morale indi-
scussa per la salvezza del genere umano ; un tal Pontefice delibe-
rato a maneggiare unicamente le pure e lucide armi dello spirito,
noi tutti sentiamo che conquisterebbe in breve la venerazione e
la fiducia universale, che potrebbe conferire alla Chiesa un prestigio
che non seppero l’abilità, la saggezza, la forza terrena adoperate
per secoli.

E allora la riunione delle Chiese Cristiane maturerà da sè quasi
per un processo spontaneo.

Poichè solo un timore agghiaccia e paralizza i migliori e i più













VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 255



illuminati fra i dissidenti e li trattiene dal ricercare l'antica Madre ;
quello di trovare una prigione, piü che un ovile.

E la borghesia colta, che ha perduto la baldanza pseudo-filo-
sofica e pseudo-scientifica e sente rinascere la nostalgia del mondo
invisibile, volgerà di nuovo il piede ai disertati altari. E i giovani
seguiranno l'esempio.

E le moltitudini, già ribelli a richiami e imposizioni, torneranno
docili ad ascoltare i non piü sospettati Ministri di Cristo.

O la Chiesa trionferà su questo Campo — che é in fondo il
campo della Croce — o prepariamoci a nuove disfatte.

Poichè questo e non altro, è lo spirito di Cristo. Si è voluto
rafforzare l’impero della lettera, per timore dell’anarchia, dello
sfacelo. Ma uno sfacelo più grande minaccia la lettera che si distacca
dallo Spirito e si vuol mettere al suo posto.

Ora, dov'é lo Spirito di Dio è libertà.

Mi perdoni, Eminenza e mi benedica

Dev.mo in Cristo
Sac. BrIzIO CASCIOLA
Roma 25 agosto 1914.

DAL CARTEGGIO INEDITO CON LUIGI VALLI +)

Vill. R. Elena (Messina) 9.x11.24
Caro Amico,

Hai letto mai il Discorso di Foscolo sulla D. Commedia ? Vi
ho gettato un'occhiata iersera (anzi questa notte) e mi ha colpito.
Si può davvero considerare come un precursore di Pascoli. Egli
ha ben sentito che lì sotto ci sono dei segreti da svelare e ne addita
felicemente qualcuno : ad es. il rapporto di D. stesso con S. Paolo
e la sua missione. Un'altra osservazione. Sospetto che fello sia cor-
relativo a folle. Non posso verificare perché non ho a portata di mano
una Concordanza. Verifica tu.



—R—————— ——



256 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

Attendo il volume (riassuntivo del Pascoli) che mi hai promesso.
Domani dò principio a un corso dantesco qui a Messina e nella set-
timana dirò ex professo delle nuove interpretazioni e di te. Cordiali
saluti, anche alla tua gentile Signora

aff.mo Brizio

Al Prof. Luigi Valli
Via Aldovrandi (Tre Madonne)
(Parioli) Roma

II

V. Reg. Elena 7.1.25
Caro Amico.

Ti ringrazio con tutta l’anima dell’estratto e del volume, che
utilizzo strenuamente nelle mie letture. Le Signore che han promosso
queste letture mi pregano di chiedere a te insistentemente che voglia
anche tu parlare di Dante (o di altro) una o più volte, quando ritor-
nerai in Sicilia.

Ti mando un piccolo programma.

Torno a insistere perchè legga il Discorso di Foscolo, segnata-
mente là dove si dimostra che D. si attribuiva una missione analoga
a quella di S. Paolo. Sonzogno lo ha pubblicato nella Bibl. Cl.ca
unit. alle Lettere di I. Ortis. Vedi almeno i capp. 35, 159 ss.

Aff.mo Brizio

III
17.1v.28

Carissimo Valli,

Ho letto lo scritto di Pietrobono. Se per caso hai replicato o
comunque ti sei difeso da eventuali recenti attacchi, tienimi infor-
mato. Conto di dedicare una nota, in Gerarchia 1), all'importante
dibattito.



















VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 257



Passeró alcuni giorni qui a Novi (Alessandria), nel Collegio
S. Giorgio. Poi me (ne) torno all'Eremo *).

Aff.mo Brizio

A] Chiarissimo
Prof. Luigi Valli
Via Aldovrandi 37
(Parioli) Roma

NOTE

1) FoGAzzARO A., Lettere scelte, Milano 1940, p. 651. Il nome del Ca-
sciola ricorre molto spesso nell’epistolario fogazzariano, ove ancora si legge
di lui: «... Una grande natura, sai, questo pretino di trent'anni. Egli mi
riempie di ammirazione e di riverenza. Sono sicuro che riempirebbe anche
te se aveste una conversazione a fondo. È un’anima radiante che a quanti
avvicina comunica un quid nuovo» (pp. 506-7); «Don Brizio è grande,
bambina mia, e io non sono degno di allacciargli i calzari. Don Brizio
passa sulle onde torbide della vita ad ali distese, senza quasi sfiorarle ...»
(p. 668).

?) I brani sono tratti da VANNuccI PAsQUALE, Medaglioni - Don Brizio
Casciola, in Idea, XIV-5 (1958) p. 240.

?) AI Valli il Casciola dovette offrire non pochi suggerimenti. Il Valli
infatti lo ricorda, in una sua opera fondamentale, dicendo : « Noi tutti siamo
arrivati a tale conclusione per logiche induzioni e raffronti tra le varie espres-
sioni del pensiero di Dante, ma di recente, Brizio Casciola, leggendo un mio
precedente scritto su questo argomento, intuiva felicemente ció che a tutti
era sfuggito, e cioè che Lucia chiude nel suo nome il suo segreto. Lucia è l’ana-
gramma di Aquila. Lucia (chiave 532415) = Aquila.

In anagramma si sostituiscono valori fonetici uguali (c e 9g) come valori
grafici uguali (u e v) ; cfr. VALLI L., Il segreto della Croce e dell’ Aquila nella
D. C., Bologna, 1922, pp. 32-33. Altre citazioni del Casciola sono nel volume,
dello stesso, La chiave della D. C. sintesi del simbolismo della Croce e dell’ Aquila,
Bologna, 1925, pp. VII, 76, nota 1.

‘) La notizia fu riferita in occasione della commemorazione del Ca-
sciola, nella monumentale chiesa di S. Francesco di Montefalco, in occasione
della traslazione della salma da Napoli alla sua città natale, nel 1960. Va qui
notato che il Casciola aderì moralmente al fascismo, perdendo preziose ami-
cizie tra cui quella del Gallarati-Scotti, ingenuamente. E valga il giudizio
che dette di lui Margherita Sarfatti: « Gli affidai le cronache religiose della
rivista da me diretta, ed ebbi a lodarne la chiarezza, l’elevatezza e la com-
petenza fin quando si attenevano a questioni etiche ed ideologiche. Dovevo

17







258 VI CONVEGNO STORICO REGIONALE

invece spuntare accuratamente ogni accenno di ragione pratica o di critica
storica, dove d. Brizio cadeva nelle trappole della più ingenua e faziosa cre-
dulità » (cfr. VANNUCCI P., op. cit., p. 243). Ed è implicita nel giudizio una delle
più acute osservazioni sul Casciola, tanto ostinato quanto inadatto per costi-
tuzione mentale alle attività contingenti e materiali ; il quale, si badi bene,
non benedì mai gagliardetti, e fu il migliore amico e confidente di Bruno
Buozzi, quando quest’ultimo fu confinato a Montefalco.

5) CAascioLa B., L’Enimma dantesco, Bergamo, Istituto italiano d’Arti
grafiche, 1950. Il pregevole volume è in distribuzione presso la Casa dell’Orfano
di Ponte Selva (Bergamo), che ne ha l’esclusiva di vendita.

5) Cfr., ora, CurMENZ S. A., Alighieri Dante, nel Dizionario Biografico
degli Italiani, 2 (1964) p. 392: «... e, nei riguardi di questo sapere si può
con sicurezza affermare ch’egli non fu un ripetitore pedissequo del pensiero
altrui, e tantomeno di un solo maestro, fosse pure grandissimo come S. Tom-
maso o Aristotele. Questi due, specie il secondo, esaltato in tutta l’opera
dantesca come il « maestro di color che sanno », furono di fatto i suoi maggiori
maestri; ma sul saldo tronco aristotelico-tomistico egli immise innesti di
altre dottrine, e persino di opinioni contrarie ai due maestri, perchè egli cercò
il possesso della verità per tutte le vie, attraverso tutte le dottrine di cui
venne e conoscenza, non escluse quelle che rischiavano di allontanarlo dalla
stretta ortodossia religiosa ».

?) Però il Casciola non arriverà mai a certe esagerate conclusioni, quali
troviamo nel Valli, per il quale Dante «si accorse di essere trascorso nella
sua dottrina a principii che sarebbero stati probabilmente considerati come
etorodossi dalla Chiesa del suo tempo ed avrebbero messo in serio pericolo
l’esistenza stessa del Poema — cosicchè — egli espresse le sue idee in forma
così originale per mezzo di simboli spesso così strani e non lasciò evidentemente
nemmeno ai figli la rivelazione del segreto che si conteneva nel suo canto »
(VaLLIi L., La Chiave ecc. cit., p. 2).

5) La D. C. a cura di N. SAPEGNO, Milano-Napoli, 1957, p. XXVIII.

*) Il Casciola morì a Napoli nel 1957; oggi è onorevolmente sepolto
in Montefalco nella chiesa di S. Maria Maddalena.

1) L’episola, inedita, si riporta non solo perchè essa nella luce degli
ultimi avvenimenti della Chiesa Cattolica acquista un grande significato,
ma anche perchè aiuta ad intendere in quale maniera il Casciola sentiva il
grosso problema del rinnovamento religioso, che anche Dante aveva forte-
mente sentito.

1) Queste lettere di Luigi Valli mi furono gentilmente offerte da una
sua nipote, la N. D. Lucia Antonelli Marselli, che io qui doverosamente rin-
grazio. Da esse nacque lo spunto per questa comunicazione.

1) Vedi nota 4.

53) É l'Eremo francescano di Campello sul Clitunno, dove don Brizio,
nelle sue trasmigrazioni dal nord al sud e viceversa, sostava spesso volentieri.



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VI CONVEGNO STORICO REGIONALE 259

MANSELLI : Credo che siamo tutti grati al signor Nessi della sua
comunicazione, per aver ricordato un personaggio che rientrava per-
fettamente nel quadro del nostro Convegno dantesco, ma che del resto
si inserisce anche nella storia viva e multiforme della cultura umbra.
E devo aggiungere che per me personalmente è stata anche una gradita
sorpresa, il sentire come il Casciola, che (ho poi fatto mente locale)
conoscevo da altra direzione, era anche un appassionato di Dante. E di
queste notizie che così amorevolmente sono state raccolte, io credo che
debbo ancora una volta ringraziare il signor Nessi.

Con la comunicazione su don Brizio Casciola si chiude il nostro
Convegno ; si chiudono queste due giornate di lavoro — non tocca di
dirlo a me che sono stato parte responsabile — due giornate intense e,
vorrei dire, fruttuose. Fruttuose, spero, sul piano scientifico, perchè del
mondo umbro dell’età di Dante sono stati posti in rilievo alcuni degli
aspetti più interessanti e più vivi ; l’aspetto politico, religioso, lettera-
rio ; il suo più grande figlio, san Francesco, visto nel più grande nostro
poeta, Dante. In questo modo a me sembra che lo scopo che il Presidente
della Deputazione e la Deputazione stessa si proponevano, cioè di con-
tribuire non con parole, ma con dei dati di lavoro scientifico, al grande
quadro che non è più soltanto umbro, ma è italiano, delle celebrazioni
dantesche, sia stato perfettamente raggiunto. Senza rumore, come tante
cose umbre : io ho insegnato in Umbria — ahimé per poco tempo — ma
ho potuto appunto apprezzare questo aspetto dell'anima umbra che è
operante nel silenzio, operante nella umiltà, ma non per questo meno
fruttuoso, meno utile, meno giovevole alla comunità.

E io credo che queste nostre giornate dantesche, quando saranno
raccolte in volume, torneranno utili a quella più vasta comunità che è
la nostra nazione, che sono i nostri studi.. E credo che frutto più co-
spicuo, frutto più utile non ci si potesse augurare.















RECENSIONI



CiprIANO PiccoLpasso, Le piante et i ritratti delle città e terre dell’ Umbria
sottoposte al Governo di Perugia, a cura di Giovanni Cecchini. Roma,
Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte, 1963, pp. 308, tavv.
LXV e illustrazioni, L. 18.000.

All’apparire di questo splendido testo, argutamente un giornalista scrisse
che Cipriano Piccolpasso, eclettico pubblicista del sec. XVI in cerca di un
editore, aveva finalmente trovato nel 1963 il mecenate nel glorioso Istituto
Nazionale di Archeologia e Storia dell'Arte di Roma, che ha provveduto
senza economie a dare alle stampe e a rendere di pubblica ragione l'opera
sorprendente e già diffusa.

Ma se l’Istituto Nazionale si è creato un merito notevole presso la cultura,
merito assai maggiore ha acquisito Giovanni Cecchini che con la sua chiara
passione degli studi perugini ha promosso l’edizione e poi l’ha curata nei par-
ticolari, illustrandola con lo scrupolo di un avvezzo ricercatore d’archivio e
di profondo conoscitore d’ambiente.

Perchè il valore di questa edizione non consiste soltanto nella fedele ri-
produzione di un manoscritto attraverso la meccanica tipografica più mo-
derna, bensì nell’aver arricchito il testo integrale piccolpassiano con una esau-
riente annotazione e con una Introduzione la quale, da sola, costituisce la
più completa e critica biografia del Piccolpasso.

Appunto la Introduzione (pp. 5-46), da definirsi prima parte della suntuosa
edizione in foglio patinato e illustrata, immette nella vita e nell’opera del Ca-
valiere Cipriano Piccolpasso fattoci conoscere a mezzo di fonti di primissima
mano e per lo più inedite, tratte dagli archivi di Urbania (l’antica Castel
Durante, patria del Piccolpasso, che appunto si appella « durantino »), di
Perugia, di Massa Carrara, di Roma.

Sgomberato il terreno sull’origine dei Piccolpasso, nobile famiglia bolo-
gnese, che con un ramo nella metà del sec. XV si trasferisce a Castel Durante,
il Cecchini passa a trattare diffusamente di Cipriano (1523/4-1579) : la sua
formazione culturale, professionale ed artistica nella patria delle maioliche
che gli renderà possibile stendere la notissima opera I tre libri dell’arte del
Vasaio ; la sua presenza dal 1558 a Perugia, prima quale viceprovveditore e















262 RECENSIONI



poi dal 1562 provveditore della fortezza di Perugia ; la sua azione di archi-
tetto militare e dal 1565 di ispettore nelle città e castelli della legazione di
Perugia e delle fortificazioni dei luoghi della costa adriatica da Ravenna ad
Ascoli ; la sua disavventura e la conseguente cacciata dalla città e dalla pro-
vincia di Perugia ; il ritorno a Castel Durante ; la sua nomina nel 1575 a ca-
stellano della rocca di Massa Carrara e infine la carriera « diplomatica » nel-
l’ultimo ritiro più sereno della terra durantina fino alla morte avvenuta il
21 novembre 1579.

Questa parte, curata con accanimento di certosino ricercatore, è documen-
tata con riferimenti spesso integrali di carte d’archivio in una Appendice
(pp. 31-46) che acquista eccezionale interesse storico. In tal modo il Cecchini
corregge vaghe o false affermazioni di storici superficiali e ricolma abbon-
dantemente le numerose lacune di biografi specialisti quali E. Liburdi e G.
Raffaelli, anche se, ovviamente, ulteriori ricerche potranno dare nuovi frutti,
come a noi è già capitato.

Nell'aprile del 1565 il Piccolpasso ricevette dal governatore di Perugia
Mons. Bossi, su ordine del Papa, l’incarico da cui è nata l’opera in argomento;
la rilevazione grafica delle città, dei castelli e delle rocche della provincia,
corredata delle risultanze dell’ispezione alle fortificazioni e dei dati statistici
e informazioni specificamente precisate « nelle segrete istruzioni », pubblicate
anch’esse dal Cecchini (pp. 134-136) perchè inserite dallo stesso Piccolpasso
nel testo del ms. perugino.

Di questo lavoro, sostanzialmente compiuto nel giro di ispezione ini-
ziatosi il 12 aprile e chiuso il 21 giugno 1565, esistono tre manoscritti, tutti
autografi : il Vittorio Emanuele n. 550 della Biblioteca Nazionale Centrale di
Roma (= R), l’Urbinate latino n. 279 della Biblioteca Apostolica Vaticana
(= V), il n. 3064 della Biblioteca Augusta di Perugia (= P). I tre mss. vengono
esaminati e descritti scrupolosamente dal Cecchini che ne ricompone le vi-
cende (pp. 21-27) e ne indica le differenziazioni di contenuto e di significato
specie del P., redatto nel 1579. Tale manoscritto rappresenta contemporanea-
mente il compendio della cultura dell’Autore nel senso più ampio della parola
e il suo testamento spirituale. Acutamente il Cecchini osserva che il Piccol-
passo «non più legato all’obbligo di adempiere un mandato determinato da
precise istruzioni... ha dato libero sfogo al proprio gusto estetico, alle proprie
propensioni culturali e tecniche, alle proprie esigenze intellettuali e morali »,
ed ha fornito i minuti particolari di alcune vicende, gli episodi e la rassegna
dei governi della provincia perugina, il clima storico di quel periodo assai
delicato per Perugia e per l'Umbria, in cui il popolo veniva gradualmente sot-
toposto ad un processo di assuefazione ad un regime di totale soggezione. Ed
il Cecchini sa valutare queste notizie ed inquadrarle nel senso generale della
storia.

Nella seconda parte l’edizione trascrive i testi, diciamo varianti dei due
Codici romano e perugino, che preparano la via alla terza parte, forse la più















RECENSIONI 263



suggestiva e allettante dal punto di vista topografico ed artistico : le 65 tavole
che illustrano le città e le fortificazioni della terra umbra.

Il criterio seguito dal Cecchini nella pubblicazione è stato il più intelli-
gente. Non si potevano pubblicare integralmente i tre manoscritti. Egli ha
puntato sui due testi più lontani : il romano e il perugino accontentando seru-
polosamente gli storici, i filologi e gli esperti. Nella trascrizione osserva la
massima fedeltà possibile, anche nei riguardi di quelle particolarità ortogra-
fiche e lessicali tipiche della zona linguistica urbinate-metaurense cui il Pic-
colpasso è costantemente fedele. Per la scelta dei disegni contenuti nelle ta-
vole presceglie il codice perugino, che in alcune tavole conservate in cattivo
stato è sostituito dal codice romano, mentre riproduce tutti i disegni inseriti
nel testo di ambedue i manoscritti e i cartigli decorativi premessi nel mano-
scritto perugino alle tavole di piante e vedute.

Il Codice di Roma (pp. 47-112) è più breve del perugino e ad eccezione
delle disquisizioni sopra Gli errori che nascono in maneggiare il bussolo vo-
lendo levar con esso le piante et i siti et territori delle città (p. 79) e V'Annota-
zione sopra il fatto d'arme di Annibal Cartaginese con Gaio Flaminio (p. 83)
si ferma a dare nella prima parte le notizie essenziali richieste alla sua mis-
sione di ordine geografico, demografico, fiscale e militare : posizioni, confini,
distanze, fortificazioni, consistenza demografica e patrimoniale, dati di popo-
lazione, di reddito, di imposizione fiscale. Si passano in rassegna « Perugia,
Assisi, Fuligno, San Torachio, Trieve, San Lorenzo, Piciche, La Fratta, Fabri,
Montefalco, Dusanti, Todi, Montecastelli, Terni, Narni, Rieti, Cassia, Visso,
Cerreto, Nocera, Sassoferrato, Città di Castello, Fratta di Perugia ». Nella
seconda parte (p. 76) «Il Lago Trasimeno, Borghetto, Piegaio, Cibottola,
Marsciano, Diruta, Torsciano » e un « Breve discorso del sito di Perugia » e
della fortezza.

Il Codice di Perugia (pp. 112-289) è notevolmente più ampio e di più
vasto interesse, perchè, come afferma il Cecchini, il Piccolpasso « arricchisce
la descrizione dei luoghi di più abbondanti notizie, di osservazioni riguardanti
il carattere e il costume degli abitanti, di aneddoti spiccioli, di ricordi perso-
nali, di notizie di carattere storico o artistico o archeologico, di segnalazione
di cittadini meritevoli di considerazione e di rispetto », con le qualità di un
« giornalista » moderno, chiamandovi a raccolta, per offrirlo a Papa Sisto V,
tutti i suoi famigliari ed il fior fiore della cultura durantina. Sono frequenti i
sonetti e i carmi di Fabio, Laura e Michele Piccolpasso, quelli del più celebre
Sebastiano Macci, di Giulio Cesare Brunori, di Alfonso e Pompilio Gatti, di
Francesco Marra e di Pompilio Petrucci, facenti corona ai molti suoi che riem-
piono elegantemente i cartigli premessi alle piante delle singole città.

Questo secondo codice piccolpassiano, a nostro giudizio, ha un duplice
merito : esso reca un contributo assai valido, vario e diretto alla più completa
ed approfondita conoscenza degli aspetti fisici e storici di Perugia e dell'Umbria
negli anni settanta del Cinquecento, e poi presenta uno scrittore molto vivace



264 RECENSIONI



ed eclettico che con l'altra sua opera sull'arte del vasaio già quattro volte
data alle stampe, sta prendendo onestamente il suo posto nella storia della
letteratura italiana. È quest’ultimo un aspetto dimenticato dal Cecchini e
che merita, invece, una messa a punto, tanto più che il Piccolpasso come viag-
giatore e « pubblicista » ha punti di contatto e precorre anzi, seppur di poco,
i Viaggi di Montaigne, ritenuto oggi il precursore del giornalismo moderno.
È anche verista eccezionale, che senza pudori descrive avvenimenti d’ogni
genere e li testimonia perfino con schizzi che ci riportano di colpo al tragico
momento, come le cinque teste tagliate nell’« orendo caso di Messer Cara-
ciotto de Ranieri fiscale » di Terni (« Taranani hanno nome di essere di mala
natura, vendicativi et implacabili, non molto amici de forastieri » 1) appese
ai ferri delle finestre del pubblico palazzo ; o quella del bandito Giovan Piero
dalle Staffole, giustiziato a Sassoferrato, e « messa sopra i ferri della fonte di
Piazza di Perugia ».

L’attrattiva dell’opera piccolpassiana e del codice perugino sta proprio
nella sorpresa e nel senso ampio e moderno della storia e dello scrittore che
propina al lettore, in cerca di notizie limitate dal titolo dell’opera, una gamma |
di argomentazioni d'ogni genere, riservando ad ogni località umbra almeno |
un episodio originale, e facendolo riposare magari con una « Narratione » | j
(p. 236) umanistica o addirittura con un Discorso in forma di dialogo dove |
si introduce un dotore da Monlefalco ragionare di prospeltiva e di alcune cose
morali (p. 259). Materie, luoghi, persone, avvenimenti resi tutti a meraviglia
reperibili dal lavoro paziente del Cecchini con una serie di Indici (dei nomi
di persone, p. 294 ; dei luoghi, p. 299 ; delletavole, p. 303 ; del volume, p. 305)
che rendono l'edizione esemplare.

L'ultima parte riproduce fotostaticamente i disegni e le piante delle
città delUmbria e l'Albero genealogico di casa Baglioni (tav. VI) e la Bat-
taglia del Trasimeno (tavv. XLIX-L) tirati con gusto estetico finissimo unito
a precisione storica, perchè riprodotti de visu, essendo stato il Piccolpasso di
persona ad esaminare, misurare, disegnare col « bussolo ». Sono le piante se-
guite immediatamente dalle vedute di Perugia, Assisi, Foligno, S. Eraclio,
Trevi, S. Lorenzo, Picciche, Fratta, Fabbri, Montefalco, Todi, Montecastelli,
Terni, Narni, Rieti, Cascia, Visso, Cerreto, Nocera, Sassoferrato, Città di Ca-
stello, Fratta di Perugia, Lago Trasimeno, Borghetto, Piegaro, Cibottola,
Marsciano, Deruta, Torgiano, Territorio dell’Umbria, Fortezza di Perugia. Il
Ibi tutto inquadrato in un disegno fine, folcloristico e tipico dei piü brillanti

| maiolicari del periodo d'oro durantino.
Il Si deve affermare, dunque, che l’Istituto Nazionale d’Archeologia e
MI Storia dell'Arte di Roma e Giovanni Cecchini hanno fatto un regalo impaga- bL
i bile agli umbri e marchigiani e in genere agli amanti della cultura e dell'arte,
rendendo possibile ad ogni biblioteca pubblica e privata di possedere un testo
ed una edizione indispensabili. Chi sfoglia il maestoso volume rimane com-
mosso e si esprime in sentimenti di viva gratitudine e di speranza. La speranza

—————93













Y
T re
esi























RECENSIONI 265



che Giovanni Cecchini prosegua le sue ricerche intorno al Piccolpasso e che
a lui si affianchino gli studiosi umbri, mossi alla suggestiva scoperta di altre
opere perché lo stesso Piccolpasso ha scritto di aver disseminato «in Perugia
et nell'altre città delPUmbria le memorie... di tante raccordanze, di tanti
consegli, di tanti disegni lasciati a questa et a quell'altra comunità » (p. 137).
Ed è bene che Perugia, da lui « amorosamente descritta, vezzeggiata con sba-
lorditiva amplificazione di meriti e di requisiti » e contro di lui solo generosa
di tortura e di ostracismo, rechi finalmente al durantino cavaliere Cipriano
Piccolpasso il suo più generoso tributo.
CorRADO LEONARDI

Fortini ARNALDO, D'Annunzio e il Francescanesimo con 44 illustrazioni.
Centenario della nascita di Gabriele D'Annunzio (1863-1963). S. Maria
degli Angeli, Tipografia Porziuncola, 1963, pp. 275, L. 4.000.

In un processo lento e divagante di memoria e di minuta documenta-
zione, l'A. accompagna le tappe della vita di G. D'Annunzio, da Terra Vergine
alla scontrosa reclusione del Vittoriale e alla morte, per definire di volta in
volta le tracce e le ragioni di un francescanesimo dannunziano di cui preli-
minarmente egli afferma la consistenza e di cui intende fornire le prove.

Si proietta cosi nel quadro la visuale di cui se mai sembra si possa par-
lare: una deformante appropriazione di aspetti del personaggio Francesco
ad uso e colorazione del personaggio D'Annunzio.

Di varia natura le ragioni francescane che l'A. crede di individuare nel
D'Annunzio : la valorizzazione della povertà, il desiderio proto-rinascimen-
tale di bellezza (una suggestione esplicitamente riconosciuta al Thode), una
partecipazione di carità che si sarebbe singolarmente rivelata in rapporti
umani o in eroismo di conquista, e che l'A. crede si rintracci agevolmente a
partire dalle vicende della prima guerra mondiale.

Ma minuta, tesa, puntuale, esasperata spesso, la ricerca che il Fortini
fa nella vita e nell’opera di D'Annunzio per capire le vie di penetrazione del-
l’idea di Francesco nel Poeta; e se suggestivo è a tal proposito il ricordo del
francescanesimo limpido e mite di Giulio Salvadori, collega e amico di D’An-
nunzio, accettabile — se non peregrina — l’ipotesi o l’esplicito richiamo della
suggestione di luoghi e conventi francescani. Il Fortini vuole illustrare altresì
al lettore tutte le evocazioni dirette e indirette di Francesco, nei personaggi
delle opere, nel culto mistico-sensuale di S. Chiara, nell’abbondante presenza
di ricordi, allusioni, simboli, oggetti francescani al Vittoriale ; nella par-
ticolare deformazione del francescanesimo eroico in eroismo di battaglia ;
nella ricostruzione dell’Oriente attraverso i testi dei missionari francescani,
ai quali l'A. si gloria di avere accostato D'Annunzio. Vuol distinguere infine
i travisamenti e le deformazioni dell’idea francescana che sono al lettore evi-

x

denti e riconoscibili. Fin dall’inizio è palese l’equivoco (il Fortini lo ricono-













266 RECENSIONI

sce) del misticismo, che nel D’Annunzio è componente morbosa della sen-
sualità, o — nel caso che il Fortini riconosce non del tutto francescano, ma
valido — misticismo eroico.

Il libro è nato per la celebrazione di un centenario, e nato non da un ri-
pensamento critico, e neppure dalla sistemazione prospettica di un patrimo-
nio sia di letture che di ricordi. Ma sopratutto si è originato da una parteci-
pazione totale ed esclusiva dell'A. al mondo dannunziano, che al Fortini deve
spesso essersi mostrato disperante e sfuggente, negli ultimi anni, di vita del
Poeta ma a cui egli ha continuato ad attribuire l’esaltante accensione degli
anni combattenti, o nel quale ha spiato con ansia i riflessi di un verbo fran-
cescano del quale egli voleva nei riguardi del D’Annunzio farsi veicolo e
interprete. O, più ancora, in esso è tutto il D’Annunzio fortiniano, in una
folla di presenze e in una sovrabbondanza di materiale in cui il lettore rischia
di smarrirsi.

L’A. fornisce a coronamento del libro una ricca bibliografia ; e il libro
stesso è una trama fitta di letture, di documenti, di riferimenti eruditi e per-
sonali, fino all’appunto, fino al biglietto, alla dedica di fotografia. Ma lascia
perplessi la carenza di discriminazione di questo materiale; la sua stessa
troppo diversa entità ai fini di una misura dell’uomo e dello scrittore D'An-
nunzio ; il suo disporsi talvolta non naturale e non necessario nel filo del-
l’opera ; l’allargarsi dispersivo e centrifugo di una documentazione pure inte-
ressante e multiforme. Lascia perplessi se non si spiega appunto dando al li-
bro un’altra misura da quella critica, e riconoscendo nell’A. il duplice culto,
per S. Francesco e per D’Annunzio, che egli vorrebbe far confluire, il secondo
nel primo.

Così evidente culto da farlo persino cadere nei difetti che giustamente
nel libro egli rimprovera al suo poeta: per esempio, il particolare erudito,
l’affollarsi della minuzia che non si riscatta nè come suggestione di poesia
nè come esigenza di documentazione.

Abbondante il materiale fotografico, di diverso legame col testo.

PAOLA PIMPINELLI

MicHAEL ApAMs, Umbria. London, Faber and Faber, s. a., pp. 240, ill., sh. 84.

E straordinario pensare che mentre cosi poco si stampa da noi sull’Umbria,
i forestieri continuino a produrre volumi sulla nostra regione, la sua storia,
la sua cultura e i suoi problemi anche attuali. È apparso in Inghilterra non
è guari questo bel volume sull’Umbria.

L’Autore, un noto giornalista del Guardian (ex Manchester Guardian),
il quale passò nel 1963 un anno a Spoleto in convalescenza, vi tratteggia un
largo e ben disposto quadro della storia e della vita della nostra regione.

Egli ha poi corredato il libro di 43 fotografie, la maggior parte scattate









eri; II















RECENSIONI 267

personalmente, di cui una, di Spoleto in un giorno di neve, è un piccolo capo-
lavoro.

«Voi non riuscirete mai a scrivere un libro sull’Umbria » esclamò un
umbro quanto l’Autore gli confessò la sua modesta ambizione. « L’Umbria
non ha alcuna unità, è un assembramento di particelle che devono la propria
esistenza al fatto stesso di essere sempre state in opposizione l’una all’altra ».

Con questo viatico Adams è partito e — ad onta di tutto — è arrivato
magnificamente in porto. Per uno specialista, il libro non conterrà certo dati
nuovi : ma in compenso punti di vista e di interpretazione freschi quanti se ne
vuole! Ed è anche aggiornatissimo: vi è perfino un accenno al problema oggi
più scottante per l'Umbria, quello delle grandi autostrade in costruzione in
Italia, nessuna delle quali attraversa la regione. Giustamente l’Autore rileva
che la battaglia dell'Autostrada del Sole fu persa dagli umbri perchè ciascun
cittadino temeva che un’autostrada passando per l’Umbria beneficasse il cam-
panile del vicino più che il proprio.

In un’altra pagina l’Autore illustra questo estremo campanilismo umbro.
Passeggiando sui colli sopra Bevagna, egli si fermò a chiacchierare con una
contadina. Ella gli raccontò che aveva un fratello in Venezuela, il quale tor-
nava spesso a Bevagna in visita. Le sembrava assolutamente naturale questo
andirivieni attraverso l’oceano.

Avendo l’autore accennato a Foligno laggiù nella piana a pochi chilo-
metri e avendo chiesto se la contadina vi andava spesso, essa sorrise e scosse
negativamente la testa: « Siamo un poco antipatici » spiegò. Antipatici gli
uni agli altri voleva dire.

In quella spiegazione sorridente e così civilmente formulata, eppure così
dura e vera nel fondo, c’era forse tutto il dramma nonchè la chiave per spie-
gare la esclusione da benefici e le delusioni che collettivamente noi umbri

riceviamo.
UGUCcCIONE RANIERI

Cinque secoli del libro italiano. Mostra storica sotto gli auspici del Ministero
della Pubblica Istruzione. Catalogo. Roma, De Luca editore, 1965, L. 1000.

A Palazzo Braschi, nelle austere sale del Museo di Roma, sulle cui pareti
si svolge l’acconcio commento delle raffigurazioni pittoriche di costume po-
polare e di fasto papale e gentilizio è stata ordinata una bella e importante
Mostra bibliografico-storica per celebrare la ricorrenza del quinto anniver-
sario dell’inizio dell’attività tipografica in Italia.

La Mostra è stata ordinata da un Comitato Esecutivo che raggruppava
sette fra i più qualificati bibliotecari italiani con a capo Francesco Barberi;
essa costituisce la delizia dei bibliotecari e dei bibliofili, i quali provano sol-
tanto il rammarico di non poter esaminare particolarmente e sfogliare qualche
esemplare esposto, che chissà per quanti anni è stato in cima ai propri pensieri.



m RR












































268 RECENSIONI

L’imbastitura metodica dell’esposizione è semplice e razionale: per il
periodo delle origini, che ha proporzionalmente la più larga rappresentanza,
il materiale è stato ordinato secondo un criterio topologico ; per i secoli
in termedi invece per materie; per il Novecento con successione crono-
logica.

Per la scelta del materiale si potrebbe fare qualche riserva, pur tenendo
conto della difficoltà di selezione fra tanto materiale, disseminato in tante
diverse raccolte; in molti casi sarebbe stato desiderabile esibire esemplari
piü integri e piü freschi, in modo particolare per il secolo XVI.

Al senso conservativo connaturato nei bibliotecari e nei collezionisti pro-
vocano un piccolo trauma psichico le vetrine in cui sono esibite marche tipo-
grafiche e antiporte prelevate da volumi ; sfavorevole impressione attenuata
tuttavia dal sapere che essi provengono dalla collezione Amori conservata
presso l’Istituto di Patologia del Libro. Nella sezione di illustrazioni e anti-
porte vi sono tuttavia molti pezzi golosi, come il n. 369 del Catalogo (Urbano
VIII, Poemata con frontespizio e ritratto del pontefice incisi da Claudio Mellan
su disegno di Lorenzo Bernini della Biblioteca Nazionale di Roma) e il n. 379
(Labirinto di Andrea Ghisi, opera enigmistica con 1260 piccole silografie rap-
presentanti le arti, le virtù, le scienze, etc. della Biblioteca Marciana di
Venezia).

Un utile e pratico accorgimento per la più agevole osservazione da parte
dei visitatori sarebbe stato quello di disporre il materiale nei due sensi, an-
zichè in uno solo secondo il lato lungo delle vetrine. A molti visitatori si sa-
rebbe risparmiato quel mal di stomaco che per il continuo curvarsi ad os-
servare gli esemplari collocati al margine del lato opposto della vetrina
prende a metà visita della Mostra.

L’Umbria non vi è molto largamente, nè ottimamente rappresentata :
per il periodo delle origini Trevi, Foligno, Perugia. Per Trevi c’è il Bartolo
(1471) ma non la Storia del perdono di Assisi (1470). Per Foligno la Commedia
di Dante (1472) e l’ Ambrosia arabica di Angelo Rambaldi (1714) stampa non
delle più significative di Pompeo Campana. Perugia è più largamente rap-
presentata in considerazione della sua maggiore produzione. A proposito
degli stampatori del grosso volume di Bartolo è da osservare che soltanto
Pietro di Pietro da Colonia e Giovanni di Nicola da Bamberga furono chia-
mati a Perugia da Braccio Baglioni poichè Giovanni Widenast già vi risie-
deva come bidello dello Studio e fu stampatore d’occasione più che di profes-
sione; ma ebbe il merito di promuovere e produrre col Clayn, Jacopo Lan-
genbeke e Rinaldo di Francesco la prima edizione assoluta del Digestum vetus
giustinianeo, che, anche per le sue caratteristiche tecniche, avrebbe dovuto
figurare nella Mostra.

Con riferimento poi ai calligrafi-tipografi accanto a Lodovico Arrighi,
la cui produzione è anche leggermente posteriore, avrebbe figurato bene il
perugino Lautizio Rotelli, creatore di elegantissimi caratteri corsivi e, secondo























RECENSIONI 269

la testimonianza di Benvenuto Cellini, « valentissimo uomo, il quale lavorava
solo di una professione e di quella era unico al mondo » nell'incidere cioé i
sigilli per i porporati.

Infine si potrebbe rilevare che nelle vetrine in cui è riunita molta documen-
tazione fotografica di memorie attinenti all’attività tipografica è la riprodu-
zione del palazzo Orfini a Foligno, originariamente della famiglia Giusti,
costruito nel sec. XVIII, mentre quello rinascimentale cui si ricollega Emi-
liano, è sulla piazza del duomo, oggi della Repubblica. Del grande tipografo
editore Scipione Lapi c’è soltanto una fotografia, ma non una stampa e sa-
rebbe bastato un esemplare della ristampa dei muratoriani Rerum Italica-
rum Scriptores.

FRANCESCO SANTI, Perugino. Estratto dal vol. X Enciclopedia Universale
dell’arte. Venezia-Roma, Istituto per la Collaborazione culturale, s. a.

Singolare e patetico destino quello di Pietro Perugino. Mediante una
rapida formazione in cui felicemente assorbì, ben al di là della mera imita-
zione, gli accenti pittorici dei più freschi e avanzati pittori del Quattro-
cento, pervenuto al possesso di una forma artistica moderna, eloquente,
piacevole e per tutti intelligibile, si mantenne su una linea di larga fama
per un buon numero di anni per cadere quasi all’improvviso in una lunga fase
di oblio e di malinconico isolamento ; dal cui acerbo sapore non poteva im-
munizzarlo la prosecuzione dell’arte come mestiere esercitato nelle piccole
città e castelli dell'Umbria.

Questo decorso, che non è esclusivamente proprio del Perugino, ma di
buona parte degli artisti creatori in quanto è collegato alla parabola della
vita umana, nel caso suo è caratterizzato da un forte contrasto tra la fase
ascendente e quella discendente, sicchè vien fatto di cercar di intenderne la
cagione. Certo il cambiamento di gusto, il sopravvento preso dai maestri
della nuova generazione immediatamente alle spalle della sua, le numerose
sue prestazioni non sempre sufficientemente meditate per la necessità di
sopperire alle pressanti commissioni e quindi l’abuso di schemi e moduli usuali
adducente a una saturazione della sua produzione, una certa pigrizia che gli
precluse ogni sforzo di rinnovamento, ma anche la naturale inclinazione a
una semplificazione compositiva e significativa delle sue realizzazioni pit-
toriche, che senza variazioni di temi lo costringeva entro angusti limiti in-
ventivi e creativi, sino a ridursi a una mortificante monotonia di forme e di
accenti.

Non si tratta soltanto di un fenomeno di stanchezza e di distonia tra la
sua facoltà di interpretazione pittorica e le cambiate tendenze e vocazioni
spirituali ed estetiche dei contemporanei, ma anche della limitatezza di oriz-
zonte inventivo e della scarnita essenzialità di elementi compositivi e figu-
rativi fatalmente sfocianti nel rapido esaurimento della formula.





270 RECENSIONI

L'intera parabola esistenziale ed artistica del Perugino ha magistral-
mente tracciato Francesco Santi nella voce compilata per l’Enciclopedia
Universale dell’ Arte. Incerta rimane la data di nascita del maestro per man-
canza di documenti ; anziché tener conto del 1445 indicato dal Vasari, poco
probabile, ci si puó appoggiare al riferimento, per quanto generico, fornito da
Giovanni Santi nella sua Cronaca rimata per collocarla al 1450. Già nel 1472
operante in Firenze, dove figura iscritto alla Compagnia di S. Luca, nel corso
degli anni sino al 1485 si sposta frequentemente tra Firenze, Roma e l'Um-
bria, eseguendo vari lavori di diversa entità, parecchi dei quali andati per-
duti. Rimane di questo periodo fra i suoi piü dichiarativi e piü validi l'affre-
sco della Consegna delle chiavi in Vaticano. Nel decennio 1486-96 svolge una
intensa attività risiedendo prevalentemente a Firenze, con qualche puntata
a Roma e a Perugia. Verso questa città sulla fine del secolo si orientano i suoi
maggiori interessi ; la impegnativa decorazione della Sala di udienza del Cam-
bio a Perugia reca appunto la data 1500. Poco dopo, pur sempre affollato di
commissioni, alcune delle quali portate a termine con scarsa soddisfazione
dei committenti, si apre la fase del suo declino, denunciato dalla ripetizione
di schemi ormai frusti e dalla monotonia di accenti espressivi, sicché si ri-
duce sino alla morte (1523) ad eseguire stancamente pitture su tavola per
qualche chiesa perugina e ad affresco in piccoli centri umbri come Città della
Pieve, Montefalco, Spello, Trevi e Fontignano.

Con molto impegno e con molta avvedutezza critica, tenendo conto dei
più validi giudizi espressi in argomento, Francesco Santi registra e valuta
gli apporti e i riflessi intervenuti nell'arte peruginesca da Piero della France-
sca, dal Verrocchio, dal Signorelli, da Melozzo, dal Pinturicchio e dallo stesso
Raffaello.

Mediante l'attenta indagine della formazione tecnico-estetica del Mae-
stro, interpretata nella documentaria successione della sua produzione, Fran-
cesco Santi perviene alla formulazione di un conclusivo giudizio critico sul
valore dell’arte peruginesca che è di esatta misura.

« Il P. è fra i grandi rinnovatori dell’arte italiana nel passaggio dalla
prima alla seconda età del Rinascimento, poichè fornì la pittura di una nuova
dimensione. Lo spazio era stato interpretato dai toscani della prima metà
del Quattrocento come entità scientificamente misurabile, in stretta fun-
zione della figura umana ; il P., pur movendo dai principi pierfrancescani,
ne apre la precisa misura verso un’infinitezza spaziale, in funzione della
quale esiste l’uomo e sulla quale si sposta il nostro più profondo interesse
spirituale. Tale posizione contemplativa trova in se stessa i suoi limiti : nes-
suna emozione drammatica è possibile fare esprimere, per non turbare l’or-
dine universale, alle figure che sono parte di questo spazio infinito ; esse po-
tranno rivestirsi solo di dolce malinconia, di pacato dolore. Anche il gusto
formale e lo stesso repertorio iconografico ne sono condizionati: la grazia
delicata, la dolcezza di forme accuratamente lisciate, il tranquillo atteg-





















RECENSIONI 271

giarsi dei devoti personaggi dell’iconografia cristiana sono gli unici modi rite-
nuti inseribili nella calma di questa visione spaziale ».

In questa felice disamina dell’arte del Perugino rimarchevoli sono la
completezza dell’informazione, la misura e l’esattezza della valutazione cri-
tica, il rigoroso equilibrio mantenuto nell’economia dell’esposizione.

GIOVANNI CECCHINI

Pietro SCARPELLINI, Luca Signorelli, Milano, Edizioni per il Club del Libro,
1964 - pagg. 148 di testo, 24 tavv. a colori, 101 ill. in nero, 4 ill. f. t.

È il X volume di questa collana d’arte, che pur avendo fini divulgativi,
si distingue da altre consimili per offrire tutte le garanzie di approfondimento
scientifico ed una larga messe di notizie e di dati, tale da risultare di valido
aiuto anche allo studioso specialista ; ed inoltre, assai spesso, come nel caso
di questo Signorelli di Scarpellini, nuove proposte e ricerche nel campo cri-
tico e filologico.

Articolato, secondo lo schema della collana, in quattro parti — un saggio
critico, un florilegio di letteratura artistica, una notizia sulla vita dell’artista
ed un catalogo ragionato delle opere, che è qui arricchito anche da utilissimi
elenchi di dipinti perduti e di quelli già attribuiti al maestro, ma da assegnarsi
invece alla bottega o ad altri artisti — il libro affronta nuovamente, innanzi
tutto, i complessi problemi della formazione del pittore. Per i primi tempi
del Signorelli, a proposito dei quali si respingono saggiamente alcune incerte
attribuzioni, vengono confermati i contatti con Francesco di Giorgio, che,
già proposti dal Salmi e dal Rotondi, trovano qui ulteriore precisazione in
un disegno della Biblioteca Reale di Torino, sulla cui scorta il Signorelli deve
aver ideato l’architettura di fondo della Flagellazione di Brera, e si approfon-
discono i rapporti del pittore con l’ambiente urbinate ; tanto che ne risulta
un quadro della prima formazione signorelliana assai ricco e complesso :
sulla base pierfrancescana, la cultura dell’artista si sarebbe via via integrata
in Urbino con apporti di Francesco di Giorgio, di Ercole de’ Roberti, di Giu-
sto di Gand e del Berruguete, di Melozzo e, forse, del giovane Bramante. Ap-
punto da tale intenso momento formativo usciranno la Madonna e la Flagel-
lazione di Brera, facce di uno stendardino processionale.

Passando a trattare della prima grande opera ad affresco del Signorelli,
la decorazione della Sacrestia della Cura nella Basilica di Loreto, l'A. ne coglie
i rapporti con il Botticelli ed il Pollaiolo per quanto riguarda gli Angeli
musici, e con il Lippi e con Melozzo per i Dottori e gli Evangelisti, preci-
sando anzi, fondatamente, i suggerimenti botticelliani nelle tarsie e nell’ Apollo
del palazzo urbinate. Ma il giudizio sull’insieme della volta della Sacrestia
— «greve ed asfittica, priva di unità e di logica decorativa » — ci sembra
un po’ troppo severo : lo stesso A. accenna subito dopo all’intima ragione di











272 RECENSIONI

quella struttura decorativa, la sopravvivenza cioè di gusto gotico ; nè tale
componente risulta diminuire il livello qualitativo dell’opera, che anzi questi
Angeli musici, sottilmente raggiati d’oro e preziosamente inseriti negli spicchi
della volta, testimoniano di un non più sperimentato e tuttavia affascinante
momento signorelliano.

Certamente il robusto e spazioso portico dipinto sulle pareti, nel quale
campeggiano le poderose figure degli Apostoli, è struttura ben più congeniale
agli interessi signorelliani di questo stadio culturale e l'A. giustamente la col-
lega all’attività lombarda del Bramante, individuando anzi in quest’opera
lauretana il punto d’incontro e di osmosi culturale, sempre sulla base pier-
francescana, dei due artisti. Ma bene l’A. ritrova in queste solenni figure delle
pareti della Sacrestia i segni di altri e molteplici interessi, del gruppo bronzeo
verrocchiesco di Orsanmichele e delle cose della prima attività del Perugino,
tuttavia, ed a ragione, escludendo l’ipotesi del Venturi sulla partecipazione
dello stesso Vannucci alla decorazione della Sacrestia. L’esame, fra i più
ampi e certo il più approfondito sinora condotto su questo ciclo pittorico, si
conclude con lo studio della Conversione di S. Paolo, la scena più complessa
della serie, nella quale l’artista « coagula le più rapide impressioni di movi-
mento in una efficacissima stilizzazione espressiva » e che trova le sue fonti
figurative in Ercole de’ Roberti e nella Predella Griffoni: tesi, questa delle
fonti ferraresi, già avanzata dal Rotondi, ma che l’A. approfondirà più oltre.

Si giunge così alla permanenza romana del Signorelli ed alla sua attività
nel cantiere della Sistina ; attività che l'A. tende, correttamente, a limitare
ad alcune parti del Testamento e morte di Mosé. La permanenza romana sarà
tuttavia importante per l'intensificarsi dei rapporti del Signorelli con gli umbri
e con i toscani operanti nello stesso cantiere. Ed é per l'Umbria, per la cappella
di S. Onofrio della cattedrale perugina, che il pittore eseguirà quella splen-
dida pala del 1484, che l’A. giudica, insieme alla Conversione di S. Paolo di
Loreto, il risultato piü alto della sua arte. Proprio in questo capolavoro peru-
gino lo Scarpellini trova la sicura conferma delle fonti ferraresi e piü precisa-
mente di Ercole de' Roberti, della pittura signorelliana (schema compositivo
su due piani; particolari del paesaggio) ed è questa ulteriore chiarificazione
dei problemi della cultura del Signorelli uno dei molti meriti del libro.

Fra I'84 e il '92, anno della morte di Lorenzo il Magnifico, viene poi in-
dicato il periodo dei piü intensi contatti dell'artista con l'ambiente fiorentino :
contatti già iniziati ai tempi della Sistina, ma che ora, rinnovati ed intensi-
ficati nello stesso maggior centro umanistico, in specie con il Botticelli e con
Piero di Cosimo, determinano una fase dalla quale escono la Circoncisione
di Volterra e la celebre e purtroppo scomparsa Scuola di Pan di Berlino:
quel dipinto cioè che «rappresenta il più importante documento figurato
dell’entourage neoplatonico, di quella raffinata compagnia che si riuniva
nella villa di Careggi » ; e dopo un cenno esauriente sul complicato problema
iconografico, l'A. definisce assai bene, sulla scorta anche di quanto ne dice





_





1









RECENSIONI 249

il Panofsky, il clima filosofico e poetico nel quale nasce quest'opera famosa
del Signorelli ; per quanto riguarda poi i dati strettamente formali — per i
qualî avremmo desiderato tuttavia veder chiariti anche gli stretti legami
con la pala di Perugia — l'A. rileva i rapporti con l'arte botticelliana ; rap-
porti appunto polemici: laddove Sandro « smaterializza il segno ed il colore
ai fini di un astratto lirismo », Luca risale « alle fonti degli adamiti pierfran-
cescani, ai massicci progenitori che Paolo Uccello dipinse nel Chiostro Verde »,
e proprio in funzione antibotticelliana, il Pan « diventa un patetico omaggio
all'umanesimo severo delle generazioni precedenti». Ci sembra, questo,
quanto di più bello ed acuto è stato scritto a proposito del capolavoro perduto.

Troppo lungo sarebbe dar qui conto di quanto l’A. dice, sempre con vigile
senso critico, delle opere di questo periodo aureo e del momento immedia-
tamente seguente e con il quale l’artista si avvia al Cinquecento : dal tondo
dipinto per Lorenzo de’ Medici ed ora agli Uffizi allo stendardo di Urbino,
dalle opere di Città di Castello — fra le quali emerge il S. Sebastiano, denun-
ciante un insolito ritorno pollaiolesco — a quelle di Firenze e di Siena ; a pro-
posito di queste ultime, l'A. mette rapidamente a fuoco il problema dei col-
laboratori, in specie del misterioso Maestro di Griselda ; piü modesti invece
gli aiuti del maestro negli affreschi di Monteoliveto (1497-98) dove assai
giustamente si reperiscono influssi umbri, pintoricchieschi, nelle più affol-
late composizioni; e, si potrebbe aggiungere, nei paesaggi minutamente e
riccamente descritti.

Si giunge così ad uno degli ultimi e maggiori capitoli della produzione
signorelliana, gli affreschi di Orvieto. Nel riesaminare le fonti storiche dei
soggetti, l'A. accoglie la tesi dello Chastel sui riferimenti al dramma savo-
naroliano relativamente alla Predica e fatti dell’ Anticristo ed indica, per quanto
riguarda alcuni particolari dati iconografici, una sinora non considerata
fonte illustrativa nordica, una xilografia cioè della bottega di M. Wohlge-
muth del Liber Chronicarum di H. Schedel, stampato a Norimberga nel 1493.
Appunto il tono illustrativo e scenografico degli affreschi dell’ Anticristo e
del Finimondo è messo in rilievo, forse in modo alquanto eccessivo ; ed ec-
cessivo ci sembra soprattutto il giudizio in definitiva negativo sulla espres-
sione pittorica. Che una certa « forzatura icastica », come indica lo Scarpel-
lini, sia presente nelle due grandi composizioni, non c’è dubbio ; ma ci sembra
che il Signorelli riesca ancora qui ad interpretare il volume pierfrancescano
in chiave altamente drammatica, senza, a parer nostro, cadere nel rettorico
e nel truculento. Del resto l'A. subito dopo riconosce l’altezza stilistica della
Risurrezione della carne e dei Dannati, anche se in quest’ultimo affresco rileva,
giustamente, la frammentarietà e l’estraneità degli episodi in alto ; ma questo
divario di qualità fra il primo ed il secondo gruppo di affreschi non sembra
potersi proprio vedere. Giusto è invece reperire negativi influssi perugineschi
nella stanchezza manierata di gran parte degli Eletti. Il contributo più ori-
ginale ed importante dato dal libro alle questioni signorelliane di Orvieto

18







274 RECENSIONI

è comunque quello relativo alla decorazione del basamento, dove l’A. ritrova
ancora le radici ferraresi del pittore nelle scenette dantesche e mitologiche.

Dopo aver passato in rassegna le ultime opere dell’artista, il saggio ter-
mina con un’acuta analisi della poetica signorelliana. Respinte le facili e
convenzionali conclusioni della critica ottocentesca e del primo Novecento,
l’A., fra tanto accavallarsi di dati culturali di molteplice estrazione, sotto
la maschera di forza e di risolutezza pseudoeroica — che pure giudica solu-
zione stilistica originale ed importante — ritrova i segni certi della crisi figu-
rativa della fine del Quattrocento ; e tuttavia il problema del Signorelli è
più complesso, chè in lui sono indubbi precorrimenti quasi romantici e che
comunque certamente preludono all’inquietezza manieristica.

*
* *

La trascelta effettuata dallo Scarpellini della letteratura storica e cri-
tica sul Signorelli — dalla Cronaca del Santi e dalla Vita vasariana agli storici
neoclassici e puristi (Della Valle, Platen, Vischer), al Berenson ed ai con-
temporanei Salvini e Martini — è stata quanto mai opportuna nella sua conte-
nutezza ed assai felice per indicare le fasi essenziali della fortuna dell’artista ;
ma soprattutto le corpose ed esaurientissime introduzioni ai brani scelti
ricompongono compiutamente la vicenda critica del Signorelli, in modo vera-
mente esemplare.

Le notizie sulla vita, la bibliografia ed il commento alle tavole sono filo-
logicamente rigorose e, come si è detto, di valida utilità per lo studioso ;
ma per il catalogo ragionato sono anche da indicare numerose e nuove indi-
cazioni critiche.

FRANCESCO SANTI

BALEONEUS ASTUR, Condottieri e Signori del Rinascimento Italiano. I Baglioni.
Prato, La Tipografia Pratese, 1964.

Suscita subito simpatia e interesse un massiccio volume come questo che
si presenta involto in una sopracoperta ravvivata da riproduzioni raffael-
lesche e, sotto lo strano, ermetico pseudonimo dell’Autore, il titolo dell’argo-
mento : i Baglioni. Ma, aprendo il libro, si prova una prima sfavorevole im-
pressione per la pagina resa pesante dalla composizione in carattere troppo
piccolo rispetto al formato della pagina.

Il libro ha inizio con la premessa lirico-storica dei sonetti dannunziani
trascelti dalle Città del silenzio. Segue poi un vero e proprio capitolo d’intro-
duzione, un compendio della storia di Perugia sino al Trecento, messo in-
sieme con le più comuni nozioni, alcune delle quali, allo stato attuale delle co-
noscenze, molto generiche ed incerte. Una ricostruzione sintetica ed approfon-
dita nello stesso tempo dell’ambiente politico-sociale-economico di Perugia



onim























RECENSIONI 275

dell'epoca in cui si ha contezza che la famiglia ha cominciato a muoversi e ad
operare in essa sarebbe stata un'utile incorniciatura del quadro che l'A. si
apprestava a comporre con le vicende dei maggiori personaggi della grande
famiglia.

L'A. ha indubbiamente maneggiato molte fonti a stampa e manoscritte,
ma egli segue la consuetudine di non citarle puntualmente come è nell’uso
in un’opera di ricostruzione storica.

La narrazione delle vicende della famiglia Baglioni dai primordi (sec.
XIII) al secolo XVII è svolta per capitoli, più o meno lunghi, dedicati ad
ognuno dei membri di qualche rilievo ; ne viene fuori una specie di galleria
di famiglia, che esclude la tessitura di un’organica, salda, unitaria tratta-
zione. Le prime figure sono scarne, rese tali in parte dalla scarsità di notizie
biografiche ; non valeva la pena tentare di comporne un profilo ; bastava sti-
larne una sobria scheda biografica. La rievocazione di squarci storici per in-
serirvi poche e parche notizie rimaste sull’attività e sulla figura di un membro
della famiglia fa l’effetto dell’apprestamento di un gran piedistallo per po-
sarvi una statua piccola piccola.

Da Pandolfo in poi il rilievo personale e la quantità delle notizie consen-
tono di imbastire una narrazione, di delineare un plausibile profilo. Ma, a
rendere pletorica e aliena dal rispetto di fondamentali criteri metodologici
da osservare nell’elaborazione storica, l’A., forse incline ad un fine apologetico
o intento a comporre con testimonianze documentarie, storiche, letterarie e
artistiche un’apoteosi dei Baglioni, inserisce nel testo lunghi brani trascelti
dalle cronache e dalle storie contemporanee, di cui tutti sanno gl’intendimenti
e il carattere, assumendoli quindi al rango di giudizi storici. Come può con-
correre alla serena rievocazione di vicende piuttosto complesse e turbolente,
alla formulazione di giudizi critici su fatti e persone il diffondersi a ricordare
tutte le manifestazioni, in gran parte insincere e interessate, di omaggio, de-
vozione e servile obbedienza dei poteri pubblici ai Baglioni effettivi signori
di Perugia, manifestazioni che in tutti i casi analoghi ovunque erano di uso
protocollare ? L’effetto di questo vezzo praticato dall’A. è un senso di deso-
lante monotonia e appiattimento della narrazione, che per lo più non si leva
al di sopra di una cronaca minuta, dettagliata, impersonale con atteggia-
mento talvolta di cronaca mondana.

Nondimeno dopo l’episodio dell’eccidio la narrazione si fa più compatta,
coerente e per il maggiore spicco dei personaggi la materia con cui viene tes-
suta è più propriamente baglionesca. Lo stesso vezzo di coloritura del rac-
conto e di insinuazione di particolari inutili ai fini della ricostruzione storica è
meno fastidioso e nocivo. Anche i riferimenti bibliografici delle fonti si fanno
non dico più precisi, ma meno generici. I capitoli che trattano di Malatesta a
Firenze sono condotti con maggior impegno, con più guardinga attenzione
e con apprezzabile equanimità di giudizio. Sostanzialmente la conclusione
dell’esame degli eventi ch’egli conduce viene a coincidere col giudizio del Guic-









276 RECENSIONI

ciardini: «... Malatesta Baglioni, conoscendo le cose senza rimedio, non gli
(gli estremisti fiorentini) avesse quasi sforzati a concordare : movendolo forse
la pietà di vedere totalmente perire, per la rabbia dei suoi cittadini, si pre-
clara città, e il disonore e il danno che gli risulterebbe a trovarsi presente à
tanta rovina; ma molto più, secondo si credette, la speranza di conseguire
dal papa, per mezzo di questo accordo, di ritornare in Perugia ».

Alcuni argomenti tuttavia, cui sono consacrati appositi capitoli, sono
inutili o perlomeno superflui; come quelli della Beata Colomba e di G. B.
Vermiglioli.

Ma la questione principale è quella del metodo. Non basta per fare opera
storica accumulare una quantità ingente di materiale documentario e infor-
mativo ; ma con attento spirito critico occorre vagliarlo, graduarlo secondo
l’apporto che ciascun elemento di esso può recare all’intelligenza e alla revivi-
scenza dell’argomento ; bisogna resistere alla tentazione di utilizzare tutto ciò
che si è raccolto, di rimpinzare la composizione rievocativa di quanti più
particolari possibile; ma con chiarezza di intenti e con semplicità di mezzi
espressivi procedere alla costruzione propriamente storica coll’impiego di
quel materiale documentario e informativo rigorosamente sceverato che con-
corra, secondo un criterio di necessità e di validità, alla chiara, ordinata,
probante rievocazione storica.

Non sempre Baleoneus Astur dispone di un’aggiornata informazione con-
forme ai più recenti apporti della critica, specialmente in materia artistica.
È a posto Francesco da San Gallo (p. 275) ? L’attribuzione delle famose tavo-
lette dei Miracoli di San Bernardino a Fiorenzo di Lorenzo (p. 159) è vec-
chia di oltre quarant'anni ed oggi affatto superata.

Sotto l’aspetto del metodo quasi sempre generiche sono le citazioni delle
fonti storiche ; i riferimenti bibliografici non portano l'indicazione dell'edi-
zione e della pagina.

In conclusione vien fatto di pensare che l’A., più che opera propriamente
storica, si sia proposto di compilare un lavoro apologetico della classe nobile
in generale e della famiglia Baglioni in particolare.

GIOVANNI CECCHINI

Enzo CARLI, Il Reliquiario del Corporale ad Orvieto, Milano, Carlo Martello
Editore, 1964.

Nella collana « La Minima » dell’editore Martello, Enzo Carli ha voluto
aggiungere opportunamente un interessante studio sul Reliquiario del Cor-
porale, custodito nel Duomo di Orvieto.

Per le celebrazioni centenarie del Miracolo di Bolsena e della promul-
gazione della Bolla « Transiturus » di Urbano IV, per la istituzione della Festa
del Corpus Domini, 1963-1964, con le indimenticabili manifestazioni religiose,















ET













RECENSIONI 277

tra la quali il pellegrinaggio di Paolo VI ad Orvieto, l'11 agosto 1964, sono
stati e continuano ad essere pubblicati notevoli contributi nel campo degli
studi storici e teologici sugli avvenimenti cosìrilevanti nella storia della Chiesa
della seconda metà del secolo XIII.

L’arte da questi ha avuto le più significative ispirazioni e nella pubblica-
zione il Carli ha quindi ben fatto a puntualizzare sul Reliquiario del senese
Ugolino di Vieri che nel Duomo di Orvieto conserva il lino del Miracolo di
Bolsena, superando qualche incertezza ancora esistente.

Il volume, con 10 illustrazioni e con 26 tavole a colori, può senza dubbio
essere considerato il primo che porti a meglio conoscere e quindi ad apprez-
zare il capolavoro dell’orafo senese.

Se nella notizia bibliografica l’Autore spiega il carattere divulgativo del
lavoro che costituisce la parte finale del volume IV della sua opera : « Il Duomo
di Orvieto », in corso di stampa presso la Libreria dello Stato, le conclusioni
alle quali perviene, basate sulla profonda conoscenza dell’arte senese e scatu-
rite da un esame prettamente scientifico sugli influssi e sui caratteri delle arti
minori dell’Italia centrale nell’età comunale, rendono il medesimo un consi-
sistente contributo alla storia ed alla critica artistica.

Il Carli premette una breve descrizione del Miracolo di Bolsena senza ov-
viamente prospettare le diverse opinioni degli storici sull’avvenimento, giu-
stamente non riconosciuto causa determinante della costruzione del Duomo
di Orvieto.

Agli aspetti cronachistici della Reliquia la quale, come si legge nella du-
plice iscrizione collocata lungo il cornicione dello zoccolo, fu commessa ad
Ugolino da Siena dal vescovo orvietano Tramo Monaldeschi e da alcuni cano-
nici della Cattedrale, segue la particolareggiata illustrazione della medesima
«.... d’argento dorato del peso di 400 libbre, alta m. 1.39 larga m. 0.63».

Se per la forma il riferimento ai motivi architettonici della facciata del
Duomo, come dice il Carli, « appare avvalorato dalla presenza, all’imposfo dei
trilobi del coronamento nel prospetto tergale, di sei leoni sporgenti e con le
fauci spalancate, chiaramente derivati dagli animali in funzione di doccioni
nelle facciate gotiche : come alle lupe doccioni del Palazzo pubblico di Siena
si ispirano le due fameliche lupe collocate sui lati, probabilmente a ricordo della
patria dell’artista e del luogo ove l’opera venne eseguita », interessanti ed
esaurienti sono le considerazioni sullo smalto translucido con il quale sono ri-
vestite le superfici della grandiosa opera.

Riconosciuta ai senesi l’invenzione del procedimento dello smalto trans-
lucido la cui più antica applicazione risale al calice d’oro del convento di
Assisi, commesso da Nicola IV nel 1290 a Guccio di Mannaia, l’Autore trova
nel capolavoro di Ugolino il raggiungimento, rispetto ad esemplari precedenti,
di una completa perfezione nel trattamento della materia.

Se nel calice di Assisi la tecnica è giudicata ancora imperfetta, per l’opera
orvietana cosi il Carli si esprime: «... nel Reliquiario del Corporale invece la















































278 RECENSIONI

trasparenza è raggiunta in pressochè tutti i colori in varie gamme : tuttavia
la tonalità dominante è il blu, che per le frequenti inserzioni dei verdi e di un
azzurro pavone, acquista mobilità, come se fosse cangiante e una misteriosa
e suggestiva luminescenza, come di un fondo marino cui giungono, filtrati,
i raggi del sole ».

Dopo la presentazione del contenuto narrativo delle figurazioni, lo stu-
dioso esprime il suo pensiero sui probabili autori della insigne reliquia, por-
tata per la prima volta processionalmente per la città nel 1338.

Il Carli, come già si è detto, possiede una profonda conoscenza della
storia dell’arte in Siena, permettendogli di riflettere, con più vaste cognizioni,
sulle varie ipotesi e di manifestare opinioni, avvalorate anche da recenti sco-
perte, che vanno oltre i giudizi, di critici antecedenti.

È indubitato che Ugolino è stato l’artefice dell’opera la quale, esaminata
particolarmente, fa vedere che « Pur nella fondamentale unità dell’insieme e
nell’impiego delle stesse parti vitree, sussistono nelle storiette delle differenze
assai notevoli tanto nel gusto disegnativo, o incisorio, quanto nelle fonti ico-
nografiche da cui le figurazioni attingono, si che appare evidente che esse, sia
pure sotto un’unica direzione, sono state eseguite da più artisti ».

Se la iscrizione nel Reliquiario conferma questa collaborazione «... per
magistrum Ugolinum et sotios aurifice de Senis factum . . . », il Carli, valutati
nelle figurazioni gli influssi dell'arte di Duccio Boninsegna, dei Lorenzetti
e di Simone Martini, passa a formulare le ipotesi su quelli che possono essere
stati i probabili collaboratori di Ugolino.

Senza una documentazione si rimane ancora nel campo delle probabilità,
con i soli risultati scaturiti dall'esame estetico, ma nello studio vi sono delle
originalità che sono premesse per attirare sul Reliquiario l'attenzione dei cri-
tici e degli storici.

Nel passato altri hanno voluto attribuire a due maestri il lavoro degli
smalti, ma in questo libro l'autore arriva a considerare ben quattro gli ar-
tisti senesi.

Le conclusioni del Carli per l'identificazione di questi costituiscono la
parte piü interessante del lavoro in modo che l'esame della Reliquia si di-
mostra completo in ogni suo aspetto.

Ritenuta molto incerta la partecipazione di Viva di Lando che collaboró
con Ugolino nel Reliquiario di S. Savino, conservato nel museo dell'Opera di
Orvieto, ed in altri lavori, è possibile quella di uno dei fratelli di Ugolino
stesso.

Per la somiglianza delle scene della fuga in Egitto e della disputa dei dot-
tori a una patena con il fondello a smalto, rinvenuto a Perugia nel 1954 ap-
partenente ad un calice firmato da Tondo e da Andrea Riguardati, è ben
accettabile l'opinione sulla presenza dei due orafi toscani nella Reliquia del
Miracolo di Bolsena.

Il Carli merita quindi i giusti e doverosi apprezzamenti per aver voluto









' —
pre AGE -











RECENSIONI 279

divulgare «... quella che fu la piü vasta impresa di oreficeria di tutto il Go-
tico italiano e che nel suo carattere ciclico riflette lo spirito dei grandi complessi
di sculture, di pitture murali di cui in quel fulgido periodo si andavano deco-
rando chiese e cattedrali, a cominciare da quella di Orvieto.

Nel mondo della cultura, per questa breve e magistrale pubblicazione,
viva é l'attesa per l'annunciata opera « Il Duomo di Orvieto » nella quale si
auspica l’eliminazione di qualche inesattezza notata nella cronistoria del Re-
liquiario.

L’angelo posto davanti alla statuetta seduta di S. Matteo non fu rifatto
da Cristoforo Ravelli, morto nel 1923, ma da suo figlio Maurizio il quale,
tra il 1932 e il 1933, eseguì con perizia e valentia un generale ed accurato re-
stauro del prezioso lavoro di orificeria.

Lo studio del Carli ha la sua importanza nel campo artistico ma anche in
quello storico presentando il fervore di vita dei Comuni medievali, rileva che
al disopra del fragore delle guerre fratricide, due città, Siena ed Orvieto,
accerime nemiche, seppero unirsi e collaborare per gli interessi morali ed
artistici.

CRISPINO FERRI

MaRy A. JoHNSTONE, The Etruscan Life in Perugia, « Pocket Library of Stu-
dies in Art ». Firenze, Leo S. Olschki 1964, pp. 180, ill., L. 2.000.

Come i precedenti libri della signora Johnstone sulla storia di Perugia,
o sulla danza presso gli Etruschi, anche questo mette nelle mani di chi sa
l’inglese un utile istrumento di divulgazione nonchè un repertorio delle sco-
perte archeologiche, antiche e recentissime, che riguardano la nostra storia.

Tutto sommato l’aspetto più singolare di questo libro è che esso è stato
scritto da una persona che è già entrata nel suo centesimo anno di età. Pro-
prio cosi: la signora Johnstone, la quale era già anziana quando giunse a
Perugia nel 1926 per frequentare i primi corsi dell'Università per Stranieri,
ha compiuto recentemente il suo novantanovesimo compleanno nella città di
Perugia, della quale è appassionata ed entusiastica conoscitrice e illustratrice.
Possiamo aggiungere che ella é già al lavoro su una nuova opera.

Nessuna traccia è visibile in queste pagine dell’età dell’autrice se non
forse il fatto che, data la sua non buona vista, le bozze non hanno trovato
un correttore, sicchè gli errori di stampa si rincorrono a dozzine (segnaliamo
la cosa alla casa editrice a cui certo ciò non fa onore). La prosa della Johnstone
è deliziosamente fresca e viva. Con la sua immaginazione — sempre avvertendo
ella prima il lettore che di immaginazione si tratta — riesce a ricostruire, sui
ben pochi elementi che ahimè l’archeologia finora offre, dei quadri di come
doveva presentarsi Perugia, nonchè la vita dei suoi abitanti, nel VII o nel
IV secolo avanti Cristo. In una specie di antiprefazione intitolata Out of
the Mists into the Mists (Fuori della Nebbia e di nuovo nella Nebbia) ella



280 RECENSIONI

riesce, non senza poesia, a immaginare un umbro dell'età neolitica assiso al sole
su un alto promontorio (che potrebbe essere l'Argentario), il quale una bella
mattina assiste all'arrivo degli etruschi dal mare.

Non staremo a rilevare certe pecche di un'opera, la quale peraltro non
intende apportare nuovi dati e teorie quanto illustrare quel che finora gli
studiosi hanno piü o meno scoperto e concluso, seppure in un campo cosi
cosparso di interrogativi si possa parlare di conclusioni. La signora Johnstone
per esempio ha spesso delle incertezze nel designare i punti cardinali in ri-
spetto a Perugia delle varie scoperte archeologiche nei dintorni.

Il libro, necessariamente arido per i piü nella sua materia, é reso leggibile
dall'amore dell'Autrice per la sua Perugia e da una facoltà di redazione chiara
e pittorica che gli anni non hanno appannato e che molte ventenni potreb-

bero invidiare.
UGUCCIONE RANIERI

UGUCccIONE RANIERI, La bella in mano al boia. Una storia inedita di Peru-
gia nel Seicento, Milano, Rizzoli, 1965, pp. 167, L. 1.800.

Nel secondo volume della sua Storia di Perugia, il Bonazzi offre in rapido
efficace rilievo la vicenda de I sette giustiziati, cui egli attribuisce valore pa-
radigmatico ai fini di un'« intuonatura » di « quel tempo che da alcuni storici
si chiama il brutto Seicento ». La narrazione si svolge nei dati essenziali — la
fuga dei due amanti, dei loro amici e dei servi, la cattura, le circostanze con-
tingenti che spinsero l'avventato Clemente VIII a farsi sobillare dal cardinale
Aldobrandini — per offrire spunto a giudizi negativi di costume, di politica,
di religione.

Dopo l'evocazione del Bonazzi, la vicenda torna ad emergere dai mano-
scritti (da quali, l'A. rende ragione in annotazioni a chiusura del libro) per
opera di Uguccione Ranieri, e cambia prospettiva, trovando centro nella figu-
retta della protagonista femminile, Porzia Corradi, e ambiente (non solo
sfondo) nell'animazione del mondo secentesco perugino. Detto questo per
amore d'informazione, non parleremo d'opera storica, né accetteremo l'as-
serzione — che a suo tempo avemmo occasione di leggere — che cosi si
dovrebbe fare la storia: diremo invece che cosi si rende di gradevole e diffu-
siva lettura un episodio storico, magari esplorato col gusto dello speleologo
d'archivio.

L'episodio, in verità, é di per sé piuttosto banale: un adulterio consu-
mato con fanciullesca inconsulta decisione ai danni di un anziano marito ap-
pena conosciuto dalla giovanissima moglie ; un senso di cameratesca compli-
cità che travolge con i due colpevoli degli amici altrettanto giovani e sven-
tati e spiritosi: il Ranieri ha colto abilmente, a nostro parere, nello sgomi-
tolarsi della vicenda, il concatenarsi puntuale di elementi casuali, che aggra-
vano senza rimedio uno spunto d'azione di per sé grottesco, non tragico ; il

























RECENSIONI 281

susseguirsi di situazioni che — tutte — dall'inizio potevano evitarsi o cor-
reggersi, ma che vengono a poco a poco saldamente determinate a danno dei
due giovani dal configurarsi implacabile del marito tradito, che vuole la forca
per i colpevoli, la cui « arsura di vendetta » sta tra l'efficace disegno di carat-
tere e la caricatura.

Il Ranieri narra gradevolmente, con elegante disinvoltura: il rischio
che egli corre è il troppo — appunto — di disinvoltura. Sia come risultato
fluido della pagina ; sia come acquisizione troppo facile di elementi storici
al contorno narrativo : per intenderci, la farsa in cui si interpreta la con-
danna di Giordano Bruno, senza entrar nel merito dell’ipotizzato favore
scambievole tra il re di Spagna e papa Clemente, l’avremmo evitata.

Gradevoli e misurate invece altre ricostruzioni d’ambienti e di fatti;
e amorosamente attento qualsiasi particolare che animi, dalle viuzze buie
alla Cattedrale, ai palazzi dei maggiorenti, la Perugia cinque-secentesca. Par-
ticolarmente caldo, questo atteggiamento, a mano a mano che si procede
verso il tragico scioglimento, e che il narratore brillante più scopertamente
s'emoziona alla vicenda dell’esile patetica figuretta avviata alla forca; e
dei suoi amici, del Sorbellone e degli altri: e più intimamente ricostruisce
una Perugia garbatamente pittoresca e credibile, in cui il dato erudito e
quello riflessivo si sono fatti sostanza del narratore ; il quale invece altrove
ha ceduto alla tentazione di offrirli con compiaciuta minuzia.

Inutile accennare a talune scoperte suggestioni manzoniane : certo era
difficile sottrarsi al ricordo delle gride, quando felicemente si offrivano i
bandi del cardinal Savelli : e il risultato in questo caso non è negativo.

PAOLA PIMPINELLI

FRANcESCO A. UcoLINI, Annali e Cronaca di Perugia in volgare, dal 1191
al 1336. Testo, Commentario, Annotazioni linguistiche. Perugia, « Grafica »
di Salvi e C., 1965.

Il prof. Francesco A. Ugolini, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia
della nostra Università, con quel particolare interessamento che può destargli
il fatto di discendere da antica e cospicua famiglia perugina, la quale assorbì
anche quella illustre degli Alessi, pone tutto l'impegno perchéla Facoltà
letteraria da poco risorta nell’Ateneo dopo quasi un secolo di interrotta pre-
senza, diventi centro di convergenza e propulsione di studi e di cultura uma-
nistica.

Egli ha testè posto inizio alla pubblicazione degli Annali della Facoltà
di Lettere, e nel I volume (1963-64) dei medesimi ha dato in luce quella Cro-
naca di Perugia in volgare, del cui ritrovamento aveva fatto relazione nel
Convegno del centenario delle Deputazioni Toscana e Umbra, tenutosi l’ot-
tobre del 1962.









282 RECENSIONI

La Cronaca é contenuta in un ms. pergamenaceo vergato da una stessa
mano fino al 1327, e da mani diverse sino alla fine della narrazione, che si
tronca col 1336, per avvenuta mutilazione del codice, i cui ultimi fogli, scrive
l’U., « sono stati brutalmente tagliati e asportati dal quaderno di cui facevano
parte ».

Ma che la soppressione di questi fogli abbia analoga ragione della cercata
distruzione della terza parte della storia del Pellini ? Contenesse cioè qualcosa
urtante taluna delle potenti famiglie dominanti nella città ? E che sarebbe
stata quanto mai loro fastidiosa, se la Cronaca avesse posseduto valore di un
documento ufficiale da restare e da continuarsi nel tempo.

La Cronaca ha avuto fortunosa vicenda. Si può stabilire qualche punto
della sua peregrinazione, finchè andò ad approdare nella raccolta privata di
Ernesto Monaci, al quale poteva interessare solo sotto l’aspetto paleografico ;
da questa, per la dispersione fattane dagli eredi, passò per buona sorte alla Bi-
blioteca Vittorio Emanuele di Roma, suo ultimo e sicuro porto.

Il testo fu conosciuto da Pietro Fedele, che ne parlò al sottoscritto in una
delle sue venute a Perugia per lezioni tenute alla Università per Stranieri,
tacendogli però il luogo dove il ms. si trovava. Il Fedele intendeva pubbli-
carla lui, o farla pubblicare da qualcuno dei suoi allievi. Però per la morte
prematura dell’insigne storico, la cosa non ebbe seguito, e la Cronaca ricadde
in dimenticanza.

Il prof. Ugolini può giustamente dire di averne fatta ora la riscoperta,
e con la sua stampaci ha arricchiti di un testo che possiede duplice contenuto
e valore: dal lato narrativo e da quello linguistico.

L'A. ha buona ragione di credere che essa sia una redazione fatta per
incarico del pubblico potere, e non una di quelle tali spontanee scritture
uscite dalla penna di un privato, e rispondenti alla speciale vocazione, che fra
le tante vocazioni umane, sorge e si manifesta in qualcheduno, di fissare in
scritto, per durevole memoria, gli avvenimenti del suo tempo, e per quanto
possibile anteriori; preziosa vocazione senza di cui la umanità non avrebbe
saputo quasi nulla del suo passato.

Che a Perugia ce ne siano stati più d'uno di questi volontari narratori,
lo si può dedurre per esempio da un passo del Pellini, che per poter dare
notizie relative all'anno 1280 dice: «pel quale anno solamente ho trovato
in alcuni libri scritti a penna da cittadini nostri in forma di ricordi . . . ».
Questi ricordi freschi e immediati venivano sfruttati e assorbiti da lavori
di maggior riguardo ed impegno ; quindi i più inesorabilmente sparivano ; e
non ci resta che rimpiangerli.

Per determinare il valore storico della Cronaca, l'Ugolini la mette in
rapporto con le altre Cronache che abbiamo e conosciamo relative a quel
medesimo lasso di tempo ; e la rileva quale loro fonte prima e comune, così
da prenderne il posto nella letteratura storica perugina, a cui ha dato essen-
ziale apporto, fino ad essere utilizzata dal magno Pellini.





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RECENSIONI 283

Nel confronto e nell'analisi dei diversi testi, vengono fuori elementi che
meglio illustrano gli avvenimenti, precisando, integrando, rettificando, su
fatti, cose, persone. Basti dire l'elenco dei Podestà. Quello ricavato dalla
Cronaca viene a sostituire l’altro assai più manchevole dato dal « Saggio
di Memorie storiche di Perugia » del Mariotti, pubblicato postumo.

Significative le varianti che si riscontrano tra le diverse Cronache, va-
rianti che possono avere riposte ragioni, private e pubbliche, personali e so-
ciali. In documenti che dovevano proseguire la loro vita ed influenza nel tempo,
erano da calcolare le ripercussioni che avrebbero avuto certe notizie, per l’en-
trare in gioco di interessi di parte, di prestigi familiari, di orientamenti poli-
tici. Le concordanze e le discordanze tra i racconti son tutto un materiale
fecondo di studio e di riflessione, come particolarmente ne ha fatto —l'A.

La Cronaca ci si presenta pertanto quale un complesso continuato di noti-
zie, per i primi tempi come serie di dati strettamente schematica, ma pren-
dendo via via intonazione più narrativa, impinguandosi con abbondanza di
dettagli, di cui molti evidentemente conosciuti in persona dall’estensore stato-
gli contemporaneo, o appresi da fededegni. Così da renderne senz’altro la
lettura attraente. Non c’è bisogno di essere specialisti e intendenti per sentire
il sapore evocativo e il vigore rappresentativo che possiedono le Cronache
pur nella loro asciuttezza. Come i segni taglienti di una punta secca, fissano
un volto, una scena, meglio di un minuto e raffinato lavoro di bulino.

Ci si affaccia ora la domanda : se questa fonte oggi per noi primaria sia
a sua volta derivata da altre anteriori.

Che esistessero nell’archivio del Comune dei così indicati « Annali in car-
tapecora » di provenienza e natura ufficiale, a cui i cronisti facevano capo e
ricorso, è da darsi per certo.

Ma soffermandoci su quel che in riguardo può dimostrare di per sè la
Cronaca stessa, una particolare circostanza merita attenzione, ed è la pre-
cisione con cui la Cronaca riporta dati numerici : tanti cavalieri, tanti pedoni,
tanti prigionieri, tanti giorni ad oste, tanta paga ai combattenti.

La sicurezza con cui si danno queste cifre non può derivare che da regi-
strazioni fatte al momento degli avvenimenti, e contenute in documenti
oggi perduti o non riusciti ancora a rintracciarsi, ma di cui si è avvalso il
narratore.

L'esistenza di precedenti testi usufruiti è pertanto problema aperto, e
la speranza di giungere a qualche altra scoperta rimane accesa, come tutte
le speranze.

Si è potuto anche mettere in dubbio la esattezza di notizie fornite dal
cronista.

Vien segnalata, riguardo ad un fatto di capitale importanza per Perugia,
la creazione dello Studio Generale, la fallacia della Cronaca che ne pone il
principio nell’anno 1301, mentre posteriore di diversi anni è la bolla di Cle-
mente V che lo concede a Perugia. Ma, come osserva l'Ermini, prima che la









284 RECENSIONI

concessione papale avvenisse, anzi prima che la richiesta da parte del Co-
mune ne fosse avanzata, era necessario che questo garantisse la consistenza
e la funzionalità dell'istituto, e ne desse dimostrazione all'autorità pontifi-
cia con un suo adeguato ordinamento di fatto ; e a questo, realizzato fin
dal primo anno del secolo, deve aver guardato ed essersi riferito il cronista.

Del resto, in tema di incertezza per la datazione dello Studio Generale,
si puó anche di sfuggita ricordare che, mancando il privilegio papale di indi-
cazione dell'A. D. c'é stato e continuato il dissidio tra chi la fissava al 1307
(e tra questi anche il Bollario Romano!) e chi al 1308, al quale anno
definitivamente l'assegnó il Denifle, traendone appoggio dagli archivi
vaticani.

Risoluti che siano i dubbi sulla attendibilità dei fatti riportati e dei dati
forniti dalla Cronaca, quindi narrativamente avvalorata, essa offre l'altro
suo aspetto di peculiare e forse maggiore importanza, quello linguistico. Per
lo studio del volgare perugino trecentesco, che comparisce tardi nelle scrit-
ture, rispetto alle regioni vicine, e fa cosi prima sua compiuta apparizione
in un documento genuino e sicuro, anteriore a quello di ampia mole, quale è
lo Statuto del 1342. È il volgare destinato ai rapporti comunicativi tra la
gente di governo, di affari, di lavoro, che formavano la parte più attiva della
cittadinanza ; lingua prosastica e popolare, che, messa in comparazione con
quella poetica, lingua d’arte, quale nella raccolta di rimatori perugini del
Codice Vaticano Barberino, apre la via ad opera e indagine di larga visuale,
conducente a nuove acquisizioni scientifiche, che scoprono e rivelano il lin-
guaggio, nella progressiva conquista di sè stesso.

Il nostro volgare locale, nella sua storica fisionomia, ha si può dire da
non troppo tempo preso ad essere degnato di un sistematico vaglio filologico.
Avrebbe sembrato che su di esso dovesse gravare insormontabile il dispregio
dantesco.

Ma ormai stradato sul piano di un positivo e quanto mai promettente
studio, l'esame che con la sua specifica competenza fa il prof. Ugolini della
fenomenologia ortografica, morfologica, lessicale della Cronaca, costituisce
un contributo efficientissimo per rigore di metodo, minuzia di analisi, chia-
rezza di conclusioni, all’affermarsi e approfondirsi di questa speciale e sotto
più aspetti attrattiva, moderna corrente di dottrina.

Volendo infine venire ad una valutazione del tono affettivo, della sensi-
bilità espressiva di questo testo che si annuncia e si intitola « Annali e Cronaca
di Perugia », vi si sorpassano mai quei confini, del resto così difficili a se-
gnarsi, tra Annalistica, Cronicistica e Storia nel più vivo, e comprensivo por-
tato della parola ?

Come ci si palesa l’animo dell’estensore ?

Apparisce nell’insieme quello di uno che voglia rimanere al di sopra
della mischia. Il cronista ha una, non diciamo imparzialità, ma indifferenza
verso gli attori sulla scena degli avvenimenti. Vittoriosi o sconfitti che siano,













RECENSIONI 285



i «Peroscini» sono per lui tanto quanto gli « Ascesciani », i « Tudine », gli
« Arretine », gli « Spoletine ».

Così non lo commuovono le distruzioni, gli incendi, i guasti sian perpe-
trati dal Comune di Peroscia o da altri; appaiono tutti eventi non più e non
meno che naturali, come le vicende atmosferiche. Non lo sdegnano delitti,
non lo impietosiscono impiccagioni o altri più barbari supplizi.

Però, qualche volta pure comparisce l’io, o meglio il noi, che sta da un
lato della trincea, e vien pronunciato il « facemmo », il « mandammo », l'« ara-
vemmo » e i « nostre cavaliere » i « nostre soldate ». E a mano a mano che si
avvicinano e si fanno al cronista contemporanei, gli avvenimenti si avver-
tono vissuti e non solo osservati. Egli non parteggia, ma scorge e fa presente
la diversità delle classi sociali: «gente de gentile e de populare » « grande
quantità de savi e de grandeza e de populo ». Lo compiacciono il fasto, la ric-
chezza: a messer Ugolino consacrato vescovo «il comune de Peroscia gle
donó fiorini cc d'oro ; del quagle fiorini se ne compararo doie begle cavagle
e una molto bella coppa, e l'avanzo che restó fuoro messe entro la coppa ».

E se mostra un qualche ritegno a riferire « molte altre vituperi quale qui
non sono scrippte » fatti agli Aretini sconfitti, pare soddisfatto che le pietre
portate via dalla città nemica siano state poste « denante del muro dela Chiesia
de San Lorenzo verso la piaza, e vi fue posto ell dicto palio ad perpetuam
rei memoriam ». E il pallio, fatto correre per massimo sfregio dalle prostitute
con le gonne rialzate, sotto le mura della avversaria vinta.

Non parranno vani ed inutili questi particolari a chi nelle fibre della sto-
ria ricerca e vuole sentire l'ansito dei sentimenti umani.

RAFFAELE BELFORTI































Necrologi

UBALDO DEGLI AZZI VITELLESCHI

Nella sua villa di Perugia, La Cerasa, alle Fonti Coperte si
spegneva il 20 febbraio 1965 il marchese Ubaldo Degli Azzi Vitel-
leschi ancora fresco d’età, vigoroso e brillante nell’ingegno, ricco d’af-
fetti e di spiriti religiosi il cuore.

Era nato a Perugia il 21 gennaio 1913 e portava il nome di una
delle più antiche famiglie dell'Umbria, legata nella storia non solo
a Perugia, ma ad Amelia e ad Arezzo : difatti i Vitelleschi aretini si
erano estinti in linea femminile nei Degli Azzi, che li avevano assunti
come secondo cognome. Si era laureato in giurisprudenza nell’ateneo
patrio, dedicandosi subito al giornalismo, che fu poi la sua attività
prevalente : a quel giornalismo della provincia italiana, vorremmo
aggiungere, che include nel suo fare, quotidiano e no, realtà di cul-
tura, di civiltà, di studio e d’amore. Non si esercita o, almeno, non
si esercitava tal mestiere, magari nella semplicità di un avvenimento
labile e di scarse significanze, se non con una sensibile ed autentica
conoscenza dei luoghi e dell'ambiente, con una vigilanza profonda del
dire e con un senso umanissimo di pietas, di discrezione, di misura che
sembrano limitare i cosiddetti diritti dell’informazione, ma che at-
tingono piuttosto le verità native di un costume e di un’educazione.

Proprio a queste prospettive etiche e professionali il Degli Azzi
misurò costantemente la sua lunga, felice, onestissima attività di
scrittore, di giornalista e, l'aggiunta non diminisce, di cronista.
Perché talvolta, quando si sappia e si possa, l'umile cronaca — sia
essa bianca, o rosa, o nera secondo la terminologia gergale dei gior-
nali — matura e sale in una composizione di stile non soltanto let-
terario, ma di condizione esistenziale e di vaglio civile, per non dir
proprio umanitario.

Dedicatosi a studi d'indole storica, artistica e sociale, Ubaldo









288 NECROLOGI

Degli Azzi si espresse, fin da giovanissima età, nella cura e nella com-
pilazione di numeri unici e fece parte della redazione della rivista
Perusia, che fu, nelle alterne vicende degli accadimenti munici-
pali e nel succedersi delle persone, una pubblicazione rispettabile e
degna, ultima raccolta di quelle brevi opere monografiche sul pas-
sato della città, talora troppo facilmente dimenticato o trascurato
per l'apparente esilità dell'argomento.

Collaboratore di quotidiani, periodici e riviste, nel 1950 gli
venne affidata la responsabilità della redazione perugina de «La
Nazione » di Firenze, tenuta per un notevole numero di anni con
quella presenza signorile, discreta, colta di cui poco più sopra si è
fatto cenno nell’offrire qualche lineamento di un vecchio giornalismo
della provincia italiana, avendo a paradigma proprio lui, Ubaldo
Degli Azzi.

Non gli mancarono i meritati e lusinghieri riconoscimenti : nel
1946 socio dell’Accademia Properziana del Subasio, nel 1955 acca-
demico d’onore della perugina Accademia di Belle Arti e nel 1960
socio della nostra Deputazione di Storia Patria. Contemporanea-
mente, il giornalismo militante lo portava alla vice presidenza del-
l'associazione provinciale della stampa, a membro del consiglio del-
l'associazione regionale ed alla presidenza del Circolo della Stampa
di Perugia, tenuta fino al giorno della scomparsa. Anzi, declinando
le forze e sempre meno a contatto con il mondo esterno, egli ripetuta-
mente pregó i colleghi di sostituirlo, rassegnando volontariamente le
dimissioni, ma ogni volta gli amici le respinsero, certamente ricono-
scendo in lui la parte migliore di se stessi e la continuità di una tra-
dizione sana e luminosa del giornalismo cittadino.

Non molti mesi prima del trapasso, giugno 1964, era stato insi-
gnito, su proposta del ministero della Pubblica Istruzione, della com-
menda al merito della Repubblica, dopo aver percorso i gradi ini-
ziali di cavaliere (1955) e di ufficiale (1958) dello stesso ordine. Fu
per molti anni in servizio militare raggiungendo, in forza al 51°
reggimento di fanteria, il grado di capitano di complemento e ot-
tenendo il nastrino della campagna di guerra 1940-43.

Animato da schietti sensi di fede cattolica fu puntualmente
presente ad ogni iniziativa di bene e partecipò alla vita attiva di
istituti benefici e di fama storica : presidente e consigliere delle Opere
Pie Donini, del Pio Sodalizio Braccio Fortebracci, del Nobile Col-
legio del Cambio, del Collegio della Mercanzia e pure di altri enti
come, tanto per un’ultima citazione, la Dante Alighieri.


















NECROLOGI 289









Un'esistenza la sua per molti sensi invidiabile, anche se troppo
presto interrotta nel cammino terreno, per lavoro, per istanze del-
l'animo, per interessi nobili ed alti, e per quell'affetto fervido e tenero
verso il natio loco e per quella divisa naturale di gentiluomo, di bonus
vir, di cristiano che portó fino all'ultimo giorno nell'esercizio del
giornalismo che troppo spesso sembra — anche se per fortuna non
sia — alieno da certe dimensioni che furono invece peculiari e ferme
in Ubaldo Degli Azzi Vitelleschi.

VircILIO COLETTI









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ATTI DELLA DEPUTAZIONE

ADUNANZA DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DELL’8 MARZO 1964

Presenti : il presidente prof. Giovanni Cecchini, il vice presidente dott.
Francesco Santi, i consiglieri p. Giuseppe Abate e prof. Luigi Salvatorelli.
Il Presidente, aperta la seduta alle ore 11, dà lettura del verbale della prece-
dente adunanza, che viene approvato all’unanimità.

Poichè il primo punto all’ordine del giorno è costituito dal Centro di
Documentazione sul Movimento dei Disciplinati, sono chiamati a prender
parte alla riunione i due ricercatori del Centro stesso, dott. Lodovico Scara-
mucci e prof. Pierlorenzo Meloni, e il Presidente, dopo aver brevemente chia-
rito come siano distinti e complementari i loro compiti, invita il socio Scara-
mucci ad esporre i criteri che egli segue e il lavoro che ha già compiuto. Il
dott. Scaramucci fa un breve resoconto del lavoro effettuato, e mostra ai pre-
senti le schede che ha finora compilato. Lo schedario è diviso in sezioni es-
senziali: (a) letteratura sui Disciplinati, D) testi originali dei Disciplinati, c)
iconografia), che potranno eventualmente essere aumentate di numero, com-
prendendone per esempio una dedicata al censimento delle Confraternite e
una alla musica. Il ricercatore ha seguito un criterio moderatamente esten-
sivo per quanto riguarda le Confraternite di incerta qualificazione.

Il Consiglio pensa che si possa, in linea di massima, concordare su questi
principi, e che si debbano fare ricerche di censimento in tutte le direzioni pos-
sibili. In particolare il prof. Salvatorelli consiglia di sdoppiare, nel prosieguo
del lavoro, le sezioni dello schedario ; il p. Abate promette di interessarsi,
attraverso un gruppo di studiosi, del censimento delle Confraternite dell’Istria.

Viene poi invitato a parlare il socio Pierlorenzo Meloni, che da poco ha
cominciato ad occuparsi del censimento delle Confraternite, e che espone i
preliminari del suo lavoro, svolto in collaborazione con l’altro ricercatore del
Centro. Il prof. Meloni propone che si dirami una nuova circolare agli Ordi-
nari, dato che la prima ha avuto scarsissime risposte. Sia il prof. Salvatorelli
che il p. Abate suggeriscono di promuovere in questo senso un autorevole in-
teressamento degli organi vaticani. Il prof. Meloni propone anche di sollecitare
a collaborare al censimento le Deputazioni di tutta Italia, sopratutto perchè
forniscano nomi di studiosi capaci di dare utili elementi di informazione.









292 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

Il Presidente riferisce poi sul piano finanziario del Centro : è stata rego-
larmente istruita una pratica, che sembra bene avviata, per avere un contri-
buto dalla Presidenza del Consiglio; mentre un contributo di L. 150.000 è
già stato concesso dalla Direzione Generale per l'Istruzione Universitaria. Si
fa cenno di altri enti che potrebbero dare sovvenzioni.

Il Presidente propone infine che sia indetto ogni tanto un incontro di
studio fra specialisti, in numero limitato, che contribuiscano con suggeri-
menti a confermare o a rettificare eventualmente i criteri metodologici adot-
tati, e concorrano ad ampliare la sfera di interessi convergenti sul Centro. A
tal fine il Presidente ha già avanzato richiesta di sussidio finanziario al Mi-
nistero della P. I. Il Consiglio si pronuncia in senso favorevole all’iniziativa.

A questo punto escono i due ricercatori Meloni e Scaramucci.

Passando a trattare un altro punto dell’ordine del giorno, il Presidente
informa il Consiglio che il vol. LIX del Bollettino è in corso di stampa, for-
nendo ragguagli sul suo contenuto.

Per la pubblicazione dello Statuto di Perugia, non si possono offrire ele-
menti altrettanto positivi, dato che il prof. Abbondanza non prospetta pros-
sima la fine del suo lavoro ; il Consiglio giudica opportuno rinunciare a porre
un limite preciso di tempo ; il prof. Salvatorelli chiede tuttavia che si ponga
per iscritto che la Deputazione mantiene l’impegno per la pubblicazione, ed
attende la consegna, da parte del prof. Abbondanza, del lavoro compiuto. Il
Presidente aggiunge che non si può in proposito dimenticare l’impegno mo-
rale verso coloro che hanno dato o promesso contributi per la stampa di questo
volume.

Per altre pubblicazioni che la Deputazione sta curando: p. Ugolino
Nicolini ha trovato materiale di carattere giudiziario relativo ai Regesti delle
Riformanze che egli prepara per la stampa, ed ha presentato un esposto in
base al quale il Consiglio decide che il materiale stesso, contenendo elementi
afferenti all'attività deliberativa del Comune, sia pubblicato in appendice al
volume dei Regesti.

Il socio Feliciano Baldaccini procede nel lavoro di edizione degli Statuti
del Comune di Foligno, per un glossario dei quali il Presidente propone di
affidarne la revisione al socio prof. Ignazio Baldelli. Si tratterà di due vo-
lumi di non meno di 300 pagine ciascuno, tali da comportare un impegno
finanziario per il quale si sono interpellati alcuni enti, e presso altri si insisterà :
il Comune di Foligno ha stabilito un contributo di L. 300.000, l'Azienda di
Turismo di L. 200.0000, la Camera di Commercio di L. 400.000.

Mentre procede e si completa il lavoro di Fernando Morotti sulle Tipo-
grafie di Assisi, il Presidente si fa premura di affidare a competenti l’opera
di compilazione di annali tipografici delle altre città umbre : finora hanno
accettato di lavorare Fernando Costantini per Gubbio, don Mario Pericoli per
Todi, la dott. Luigina Ballini per Città di Castello.

Sul Convegno di delegati delle Deputazioni e Società storiche riferisce







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ATTI DELLA DEPUTAZIONE 293

il prof. Salvatorelli, ponendo in evidenza che il punto principale della que-
stione é nel contrasto fra principi di coordinamento e tendenza all'autonomia,
e che ogni tentativo di collegamento nell'azione delle varie società é stato re-
spinto dagli autonomisti; mentre egli giudica che il coordinamento, senza
rigidità, possa di volta in volta attuarsi. Un più facile accordo egli ha rilevato
fra i delegati per quanto concerne funzioni di carattere pubblico delle deputa-
zioni, e anche la loro immissione nel futuro ordinamento regionale. È evidente-
mente necessario, in conclusione, un coordinamento di lavoro e di criteri scien-
tifici : l’on. prof. Ferrabino, presidente della Giunta Centrale per gli Studi
storici, ha giustamente ricordato ai delegati che l’aiuto dello Stato viene da
lui richiesto in misura più ampia; ma in cambio le società storiche debbono
garantire una produzione scientifica di interesse nazionale. A conclusione
dell’argomento si legge la lettera del presidente Ferrabino alle deputazioni.

La Deputazione umbra nel 1964 non organizzerà convegni. Il Presidente
propone che il convegno storico regionale del 1965 abbia per argomento, in
occasione del centenario dantesco, Dante e l'Umbria. La discussione a questo
proposito è molto animata e lunga, per le diverse posizioni dei consiglieri,
nell’intento sopratutto di offrire non un tema generico, ma alcuni temi di
pieno interesse e di specifico contenuto. In linea di massima il Consiglio, ac-
cettando l’idea del Convegno dantesco, suggerisce che si articoli su un tema
storico, uno linguistico-letterario, uno che tocchi i rapporti fra Dante e san
Francesco ; per la trattazione di quest’ultimo si offre il prof. Salvatorelli,
mentre per gli altri si fanno i nomi di alcuni studiosi, che verranno tempesti-
vamente interpellati. Il Consiglio decide anche di lasciare liberi soci e non soci
di partecipare con comunicazioni attinenti al tema.

Il Presidente invita poi i membri del Consiglio a studiare lo statuto della
Deputazione, che appare sotto certi aspetti invecchiato, per prospettare
eventuali riforme.

La situazione finanziaria viene riassunta dal Presidente come, se non
florida, per ora tale da consentire un certo respiro all’attività.

Il Consiglio è anche d'accordo che il Presidente tratti con l'Editore Ol-
schki per la vendita delle pubblicazioni della Deputazione.

La seduta è tolta alle ore 12.50.

La Segretaria Il Presidente
PAOLA PIMPINELLI GIOVANNI CECCHINI

ADUNANZA DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DEL 13 DICEMBRE 1964

Presenti : il presidente prof. Giovanni Cecchini, il vicepresidente dott.
Francesco Santi, i consiglieri p. Giuseppe Abate e prof. Luigi Salvatorelli.

Il Presidente, aperta la seduta alle ore 11, dà lettura del verbale della
precedente adunanza, che viene approvato all’unanimità.











294 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

VI Convegno storico regionale. I1 Consiglio approva le proposte avanzate
dal Presidente circa le relazioni e le comunicazioni già annunciate, e la data
del 20 e 21 marzo 1965, di cui il Presidente ha già provveduto ad informare
il Comitato nazionale per le Celebrazioni del VII Centenario della nascita
di Dante, al fine di inserire il Convegno stesso nel calendario nazionale delle
manifestazioni. Al Ministero della Pubblica Istruzione verrà richiesto un ap-
posito contributo. Il Presidente propone che si facciano i passi opportuni per
organizzare ad Assisi la seconda giornata del Convegno, mentre per la stessa
mattinata potrà essere indetta l’assemblea dei Soci ordinari: il Consiglio
è d’accordo.

Il prof. Salvatorelli rileva l’opportunità che fra le comunicazioni ne sia in-
serita una che in qualche modo verta sulle espressioni artistiche del '2-300 che
possano collegarsi in Umbria a Dante, magari come impostazione di ricerca e
di problema, se manca il tempo per uno svolgimento esauriente. Il Consiglio
prega il vicepresidente Santi di interessarsi alla proposta.

Pubblicazioni. I1 Presidente illustra il contenuto del vol. LX del Bollet-
tino, che é quasi del tutto composto, e annuncia che é in programma per il
1965 l'aggiornamento del periodico, con la pubblicazione dei volumi LXI
e LXII.

Lo Statuto di Perugia del 1279 non é stato ancora consegnato per la pub-
blicazione dal prof. Roberto Abbondanza. In accordo con gli altri membri
del Consiglio, il prof. Salvatorelli esprime la necessità che si giunga ad una
definitiva chiarificazione della questione.

Gli Statuti di Foligno saranno entro l'anno pronti per la stampa: si
sono finora reperiti impegni finanziari di sovvenzione per L. 1.000.000,
che potranno coprire metà della spesa.

Il volume degli Annali tipografici di Assisi è quasi pronto per la pub-
blicazione, mentre il Presidente continua ad interessarsi perchè vengano
compilati quelli di altre città umbre, almeno dove è stato possibile trovare
chi se ne prendesse l’impegno.

Il socio Ugolino Nicolini conta di consegnare entro il mese di gennaio
1965 il testo dei Regesti delle Riformanze da lui preparati per la stampa.

Il Presidente informa poi il Consiglio sulla ristampa anastatica dei
volumi del Bollettino esauriti, al fine di completare collezioni per facilitarne
la vendita.

Centro di Documentazione sul Movimento dei Disciplinati. Il Presi-
dente ragguaglia il Consiglio sul lavoro di schedatura che i ricercatori com-
piono, nonchè sulla preparazione degli Indici del volume degli Atti del Con-
vegno sul Movimento nel suo settimo centenario, che si spera di fare uscire
in occasione del prossimo Convegno storico regionale. Il Centro di Docu-
mentazione è stato inserito nel Consiglio Nazionale delle Ricerche, che ha
approvato interamente il piano di lavoro presentato, ed ha quindi accolto
interamente la richiesta di finanziamento per il secondo semestre 1964. Per





—M——

————

ca



ATTI DELLA DEPUTAZIONE 295

questo fatto, che consente al Centro il lavoro su una base di relativa sicu-
rezza e continuità, il Presidente propone e discute con il Consiglio la ripar-
tizione delle attività dei ricercatori, e il compenso da attribuirsi a ciascuno
di essi. Il Consiglio, su proposta del Presidente, delibera di affidare l’incarico
di ricercatore al prof. Emilio Ardu S. J. con la mansione di svolgere il compito
di ricerca totale in tutta l'area del Piemonte ; al dott. Giocondo Ricciarelli
con la mansione di sistematica ricognizione ed eventuale regestazione o
trascrizione di documenti inerenti al Movimento presso gli Archivi pubblici
di Perugia e di altre città che gli verranno di volta in volta indicate.
Premio Bertini Calosso. Gli interessi maturati dalla somma a suo tempo
raccolta costituiscono una rendita annua di L. 100.000, per cui il premio,
biennale, consta di L. 200.000, e sarà assegnato da una Commissione nomi-
nata dal Consiglio, dopo che sarà stato preparato e diffuso il relativo bando.
La seduta é tolta alle ore 13.

La Segretaria Il Presidente
PAOLA PIMPINELLI GIOVANNI CECCHINI

ADUNANZA DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DEL 7 MARZO 1965

Presenti: il presidente prof. Giovanni Cecchini, il vicepresidente dott.
Francesco Santi, i consiglieri p. Giuseppe Abate e prof. Luigi Salvatorelli.

Il Presidente, aperta la seduta alle ore 11, dà lettura del verbale della
precedente adunanza, che viene approvato all'unanimità.

VI Convegno Storico regionale : il Presidente dà lettura del programma
definitivo, cui potranno essere apportate eventuali modifiche, e dell’ordine
del giorno dell’assemblea dei Soci ordinari, che si terrà in occasione del Con-
vegno, e che dovrà provvedere al rinnovo delle cariche sociali.

Pubblicazioni : il Bollettino sarà messo in pari entro il corrente anno,
con la pubblicazione dei volumi LXI e LXII.

In occasione del Convegno dantesco saranno pronti e potranno essere
distribuiti gli Indici degli Atti del Convegno sul Movimento dei Disciplinati.

Per la pubblicazione dello Statuto perugino del 1279, dopo che il Pre-
sidente ha riferito sulla lettera con cui il prof. Abbondanza propone un ulte-
riore impegno di consegna del lavoro, il Consiglio prende atto e della lettera
e dell'impegno stesso, che intende considerare definitivo.

Gli Statuti di Foligno, curati dal socio Baldaccini, conserveranno nel-
l'edizione anche l'introduzione a suo tempo preparata dal prof. don Angelo
Messini, e saranno forniti di un glossario. Costituiranno una pubblicazione
in due volumi.

Il Presidente informa ancora il Consiglio che é in tipografia il volume
di annali tipografici di Assisi di Fernando Morotti, che ne sta curando una
Appendice, mentre per gli annali tipografici di altre città umbre, e precisa-







296 ATTI DELLA DEPUTAZIONE



mente Gubbio, Orvieto, Todi, Foligno, hanno rispettivamente accettato
di lavorare i signori: Fernando Costantinl, dott. Lucia Tammaro Conti,
don Mario Pericoli, Feliciano Baldaccini.

È in preparazione, ad opera di p. Ugolino Nicolini, il volume che costi-
tuirà la ripresa dei Regesti di riformanze a suo tempo iniziati dall’Ansidei :
poichè, per gli anni in questione, è più esatto parlare di trascrizione che non
di regesti, il Consiglio pensa che si possa attribuire al volume il titolo stesso
di Reformationes Communis Perusii.

Una parte di ciascun volume del Bollettino sarà riservata ai contributi
del Centro di Documentazione sul Movimento dei Disciplinati ; sarà d'al-
tronde iniziata, con il volume degli indici, la serie dei Quaderni del Centro,
in numero limitato di copie.

Commissione per le Deputazioni e Società storiche : il Presidente riferisce
sulla conclusione dei lavori compiuti dalla Commissione eletta dal II Con-
vegno delle Deputazioni e Società storiche, e informa che la relazione da
essa redatta sarà diffusa a mezzo di un opuscolo a stampa a tutte le Deputa-
zioni e Società storiche, e a docenti universitari e cultori di materie storiche.

Situazione finanziaria: è abbastanza buona, per effetto delle assidue
cure e delle sollecitazioni che vengono rivolte agli enti pubblici per ottenere
assegnazioni straordinarie ; essa permane nondimeno su basi assolutamente
precarie.

Centro di Documentazione sul Movimento dei Disciplinati : il Presidente
informa il Consiglio che il C. N. R., accogliendo la domanda a suo tempo inol-
trata dal Centro, ha comunicato in data 8 gennaio u. s. di aver disposto la
assegnazione del contributo di L. 3.000.000 per il secondo semestre 1964
alla ricerca già iniziata dal Centro. Il Presidente mette in rilievo la comples-
sità e la scarsa praticità delle norme e istruzioni emanate dal C. N. R. circa
l’impiego dei fondi assegnati e la prassi da seguire nei riguardi sopratutto
del reclutamento e della remunerazione dei collaboratori.

A questo proposito il prof. Salvatorelli suggerisce l'opportunità di pren-
dere contatti con altri responsabili di ricerche sovvenzionate dal C. N. R.,
allineati presumibilmente sulle medesime riserve avanzate dal Presidente,
allo scopo di svolgere un’azione collettivamente concordata, per ottenere una
maggiore autonomia e una maggiore speditezza di operazioni nella gestione
dei fondi ricevuti.

A questo proposito costituisce una lacuna piuttosto grave per il regolare
funzionamento della ricerca la esclusione, tra le voci di spesa autorizzate,
di quella che concerne il lavoro di direzione e di segreteria ; contatti episto-
lari e personali con i collaboratori locali e periferici, predisposizione dei con-
creti programmi di lavoro da assegnare a ciascun collaboratore, stimolo e
controllo dell’esecuzione del lavoro stesso, coordinamento per un armonico
sviluppo dell’attività fra le varie sezioni in cui si suddivide la ricerca; in so-
stanza tutto il lavoro direttivo ed esecutivo del centro propulsore della ricerca.













ATTI DELLA DEPUTAZIONE 297

Sia per sopperire a questa deficienza, sia per integrazione della insuffi-
cienza delle voci di spesa autorizzate, si determina l'opportunità di impie-
gare quei fondi che il Centro raccoglie da altri enti, esclusa l'assegnazione
del C. N. R.

La seduta é tolta alle ore 13.

La Segretaria Il Presidente
PAOLA PIMPINELLI GIOVANNI CECCHINI

ASSEMBLEA DEI SOCI ORDINARI DEL 21 MARZO 1965

Presenti : il Presidente prof. Giovanni Cecchini e i Soci ordinari
p. Giuseppe Abate, rag. Angelo Biagetti, prof. Mario De Dominicis,
prof. Giuliano Innamorati, prof. Franco Mancini, don Mario Pericoli,
prof. Luigi Salvatorelli, dott. Francesco Santi.

Il Presidente alle ore 8.45, in seconda convocazione, apre la
seduta, e all’unanimità dei presenti viene dato per letto e quindi ap-
provato il verbale della precedente assemblea.

Il Presidente, a nome del Consiglio Direttivo, si scusa perchè
dal 16 ottobre 1962 non è stata più convocata l'Assemblea dei Soci
Ordinari. De Dominicis domanda che cosa dice in proposito il rego-
lamento ; il Presidente replica che per disposizione statutaria l'As-
semblea dei Soci ordinari dovrebbe essere convocata due volte l’anno ;
ma il Consiglio Direttivo, allo scopo di evitare che la sola convoca-
zione dell'Assemblea vada quasi deserta — e ciò in base ad acquisita
esperienza — ritiene di solito opportuno convocarla in congiuntura con
i convegni annuali, quando è maggiore l’affluenza dei soci. Ciono-
nostante non fu potuta inserire nel quinto Convegno storico tenuto
a Città di Castello nel 1963 per l’affollamento delle manifestazioni,
comprensive anche di quelle indette dal Comitato cittadino in
onore dell'Editore Scipione Lapi.

De Dominicis esprime il voto che venga indetta due volte l'anno
l'assemblea dei soci ordinari in conformità delle disposizioni statu-
tarie. Lo scopo dell'assemblea é a suo parere anche quello di tro-
varsi fra soci e di discutere dei problemi societari e degli studi dei
Soci stessi. A questo proposito egli afferma di avere conosciuto i
consoci soltanto nella presente assemblea. Salvatorelli osserva che i
contatti fra i soci si effettuano particolarmente nei convegni che
la Deputazione ha ripetutamente tenuto, e con largo successo. Il
Presidente, dopo aver osservato che il prof. De Dominicis è stato
















































298 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

eletto Socio ordinario soltanto nell'assemblea dei soci ordinari del
1962, assicura che con il nuovo anno verrà fatto l'esperimento della
convocazione normale dell'assemblea.

Passa poi a commemorare brevemente i soci scomparsi : dott.
Francesco Briganti ordinario, arch. Arnolfo Bizzarri, prof. Cle-
mente Pizzi, corrispondenti, dott. Ubaldo Degli Azzi Vitelleschi,
avv. Fausto Andreani, avv. Luigi Volpetti, rag. Renato Ippoliti,
aggregati.

Dà quindi avvio alla relazione sull'attività svolta dalla Depu-
tazione dal 1962, rilevando che essa si é venuta notevolmente inten-
sificando.

Per quanto riguarda la pubblicazione del Bollettino, è propo-
sito del Consiglio Direttivo di recuperare gli anni perduti; infatti
in questi giorni sarà distribuito il vol. Lx (1963), alla fine di giugno
uscirà il vol. rx: (1964) e a dicembre il vol. rxir (1965). Egli
constata che non senza fatica si riesce ad avere materiale sufficiente
per la pubblicazione del periodico e rivolge la piü calda raccoman-
dazione ai soci, specialmente a quelli ordinari, affinché vogliano
favorire la loro collaborazione, se pure nella compilazione dei sin-
goli volumi é da tener presente sia l'opportunità di non far apparire
sempre gli stessi nomi, sia quella di ispirarsi al criterio di variare la
materia di uno stesso volume. Lo sforzo maggiore é quello di man-
tenere aggiornata la bibliografia, che d'altra parte costituisce il vero
e proprio nerbo di informazione utile agli studiosi. A questo propo-
sito vale la pena ricordare che per le segnalazioni bibliografiche
pubblicate nel Bollettino si fa una tiratura a parte su una pagina
sola, per uso dei blibliografi, in modo che, ritagliando le singole
voci, si possa formare un vero e proprio repertorio bibliografico
umbro.

Il Presidente informa che si vengono incrementando anche le
pubblicazioni delle altre collezioni. In quella delle Fonti comparirà
presto il secondo volume dei Regesti dei Consigli del Comune di
Perugia, compilato dal socio Ugolino Nicolini con la collaborazione
per la revisione testuale del socio don Costanzo Tabarelli. È inol-
tre quasi completamente composto il testo degli Statuti medievali
del Comune di Foligno, già preparato dal compianto socio don
Angelo Messini e revisionato dal socio Feliciano Baldaccini. Per la
spesa piuttosto rilevante occorrente per la pubblicazione di questi
Statuti abbiamo ottenuto contributi straordinari per circa un mi-
lione da vari enti di Foligno.

,



penna







ATTI DELLA DEPUTAZIONE 299

Per la pubblicazione dello Statuto del Comune di Perugia del
1279 si attende che il socio prof. Roberto Abbondanza effettui la
consegna del testo.

È poi in corso di stampa il primo volume di quella serie, la
cui progettazione è venuta dal Convegno di Città di Castello, dedi-
cato alla storia della stampa umbra : è quello che raccoglie gli annali
tipografici di Assisi compilati da Fernando Morotti. Per l’attuazione
del programma inerente a questa serie sono stati impegnati quali-
ficati collaboratori per quasi tutte le altre città umbre : don Mario
Pericoli per Todi, dott. Lucia Tammaro Conti per Orvieto, Feli-
ciano Baldaccini per Foligno, Fernando Costantini per Gubbio.

‘Circa il Centro di Documentazione sul Movimento dei Disci-
plinati, costituito in seno alla Deputazione di Storia Patria il 24
febbraio 1963, il Presidente riferisce che conformemente al pro-
gramma e all’indirizzo stabiliti dal Consiglio Direttivo con l’inte-
grazione dei risultati conseguiti in due Incontri di Studio tenuti
nel corso del 1964, a cui hanno partecipato storici, filologi e storici
dell’arte, ha avuto inizio il lavoro vero e proprio del Centro. Si sono
provveduti i mezzi finanziari per avviare il rilevante lavoro di ri-
cerca, inizialmente con contributi straordinari di limitata entità
forniti dalla Presidenza del Consiglio, dal Ministero della P. I. e da
istituti bancari, e poi con una assegnazione finanziaria del Consiglio
Nazionale delle Ricerche, che si spera venga mantenuta anche per
gli anni successivi, fino al limite dei cinque anni previsti per la ricerca.

Sono stati anche impegnati alcuni collaboratori centrali nelle
persone dei soci dott. Lodovico Scaramucci, prof. Pierlorenzo Meloni,
prof. Paola Pimpinelli, dott. Giocondo Ricciarelli e, per la zona del
Piemonte e della Liguria, p. prof. Emilio Ardu S. J. e p. prof. Giu-
liano Gasca Queirazza. Al fine di raccogliere dati e notizie sono state
diramate circolari apposite agli Ordinari diocesani, agli Archivi di
Stato, alle Deputazioni di Storia Patria e Società storiche e alle
Biblioteche pubbliche. Sono anche stati presi contatti con il Pre-
fetto dell'Archivio Vaticano mons. Martino Giusti affinchè venga
interessata alla ricerca l'Associazione degli Archivisti ecclesiastici.
È altresì uscita la prima pubblicazione del Centro di Documenta-
zione, gli Indici del volume degli Atti del Convegno sul Movimento
dei Disciplinati tenuto nel 1960, complati dal dott. Lodovico Sca-
ramucci.

Dagli elementi sin qui acquisiti possiamo con certezza assicurare
che il campo oggetto della ricerca è molto vasto e in gran parte





300 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

inesplorato. Il Centro ha essenzialmente il compito di raccogliere
gli elementi certi, e non di tessere la storia del Movimento ; la storia
parziale o generale la potrà fare, se vorrà, o qualcuno dei collabo-
ratori o qualche studioso a disposizione del quale sarà messo il ma-
teriale raccolto. Il Presidente a conclusione degli argomenti trattati
rende partecipe l’assemblea del crescente lavoro che viene svolto
giornalmente dalla Deputazione, sia per quello che riguarda i com-
piti propri di questa, sia per quel che riguarda il Centro di Documen-
tazione, che esige l’assiduo svolgimento di compiti inerenti al car-
teggio, alla preparazione, al coordinamento, alla revisione dell’opera
dei collaboratori e alla vigilanza su di essa.

De Dominicis esprime il suo compiacimento per l’attività svolta
e per quella programmata. Il Presidente ringraziando constata che
egli è assistito con molta solerzia dal Consiglio Direttivo e dalla
Segretaria, attiva e diligentissima collaboratrice. De Dominicis
propone che sia messo a verbale il compiacimento espresso per suo
mezzo dall’ Assemblea.

Passando all’esame della situazione finanziaria il Presidente
preliminarmente rende partecipe l'Assemblea della crescente neces-
sità di disporre di più larghi mezzi finanziari, anche per far fronte
alla corresponsione di compensi ai collaboratori per remunerazione
dei lavori specifici dei quali si dà loro incarico, come edizioni di
statuti, raccolte di regesti, annali tipografici e simili.

Procede poi alla lettura dei bilanci 1962, 1963, 1964 e delle
rispettive relazioni favorevoli dei Sindaci, che si sono espressi nel
modo seguente. « L’esame dei conti consuntivi per gli anni 1962-
63-64, porta ad esprimere il vivo compiacimento per i risultati
economico-finanziari ottenuti. In riferimento a quanto sopra, è dove-
roso mettere in evidenza l’encomiabile sforzo compiuto sia dal Presi-
dente che dal Consiglio Direttivo, per provvedere ai mezzi necessari
che assicurano alla Deputazione lo svolgimento delle sue iniziative
e dei suoi compiti. Firmato : Angelo Biagetti, Francesco Duranti ».

De Dominicis chiede spiegazioni sulla voce « Compensi ai col-
laboratori » che vengono fornite dal Presidente, il quale fa presente
che nel corrente anno si avrà un forte gravame di spese di stampa
a causa dei numerosi volumi in corso di pubblicazione. Nondimeno
la situazione finanziaria è abbastanza soddisfacente, chiudendosi
l’esercizio del 1964 con un avanzo di L. 4.839.637, per cui, su
proposta del Presidente, 1’ Assemblea delibera di accantonare la
somma di L. 2.000.000 (due milioni) come fondo di riserva da im-















ame sini sen
TRANI AT TI

ra



ATTI DELLA DEPUTAZIONE 301

piegare in titoli redditizi garantiti dallo Stato e da utilizzare per
eventuali necessità impreviste.

A conclusione dell’esposizione fatta dal Presidente l’ Assemblea al-
l’unanimità approva i bilanci suddetti e passa poi all’approvazione del
conto preventivo 1965, in cui è previsto un disavanzo di L. 226.000.

Si passa poi alla trattazione del successivo punto all’ordine
del giorno, che prevede la nomina di nuovi soci e la elezione del
Consiglio, il cui mandato è scaduto il 31 dicembre scorso.

Il Presidente invita quindi l’assemblea a procedere innanzi tutto
al rinnovo del Consiglio mettendo a disposizione le schede per la
votazione.

Innamorati propone che vengano confermati il Presidente e
il Consiglio Direttivo uscenti. Il Presidente osserva che, se l'Assem-
blea si orienta unanimemente in tal senso, occorrerà colmare il
vuoto lasciato nel Consiglio dal dott. Francesco Briganti. Inna-
morati, per la sostituzione del dott. Briganti, pensa ai soci Ignazio
Baldelli o Leopoldo Sandri, mostrando anzi preferenza per que-
st'ultimo per l'appoggio che negli organi centrali egli può dare alla
Deputazione. Il Presidente, pur esimendosi per ovvie ragioni dal
fare specifiche segnalazioni aggiunge che il prof. Sandri, non solo
è umbro, ma anche è il più anziano dei Soci Ordinari, fra quelli
eleggibili. De Dominicis propenderebbe per fare cadere la scelta
su un elemento che risieda a Perugia e che quindi sia più dispo-
nibile e possa con impegno collaborare. Innamorati precisa il suo
pensiero, osservando che l’indicazione di Baldelli può corrispondere
meglio a criteri strettamente tecnici, mentre quella di Sandri cor-
risponde più a criteri di prestigio e di alta posizione amministra-
tiva, oltre che di livello culturale. Per Innamorati la residenza a
Perugia non è un requisito essenziale per garantire collaborazione e
appoggio costanti. All’obiezione di De Dominicis rilevante la cir-
costanza della residenza in Roma di due membri del Consiglio, il
Presidente osserva che proprio con la mediazione di questi soci
residenti in Roma è possibile stabilire e mantenere contatti con
quegli organi, enti e istituti del cui interessamento e della cui assi-
stenza la Deputazione ha bisogno. Nella prosecuzione del dibattito,
nel quale è stato fatto anche il nome del prof. Mira, si conferma
l'orientamento verso la scelta del prof. Sandri, dopo il decisivo inter-
vento di Salvatorelli ; quindi il Presidente, riepilogando le risultanze
della trattazione di questo punto dell’ordine del giorno, da cui è
emersa la volontà dell'Assemblea innanzi tutto di escludere la vota-









302 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

zione per schede, in secondo luogo di confermare per il quadriennio
1965-68 il Consiglio uscente con l'integrazione del prof. Leopoldo
Sandri, sottopone analoga proposta all’approvazione dell’Assem-
blea, che ne dà conferma favorevole.

Il Presidente inoltre propone che venga eletto p. Ugolino Ni-
colini da socio corrispondente a socio ordinario nell’unico posto di
socio ordinario attualmente vacante. Il Presidente poi legge l'elenco
dei soci che si propone di passare dalla categoria degli aggregati
a quella dei corrispondenti : prof. Pierlorenzo Meloni, dott. Mario
Roncetti, mons. Gino Sigismondi, dott. Angela M. Terruggia; e
i nominativi di coloro che vengono proposti a soci corrispondenti :
prof. Giulio Battelli, prof. Arsenio Frugoni, prof. Bruno Toscano,
prof. Cinzio Violante. L'Assemblea approva all’unanimità.

Il Presidente legge l’elenco delle persone da eleggere soci aggre-
gati : arch. Francesco Zanetti, prof. Maurizio Cavicchi, ing. Filippo
Bruschetti, rag. Vincenzo Calandri, Fernando Morotti, dott. Nora
Campiani, prof. Giovanni Moretti, dott. Giorgio Comez, Fernando
Costantini, prof. Corrado Rosini, don Ansano Fabbi, prof. Mario
Bellucci, Silvestro Nessi, avv. Sandra Olivi, ing. Andrea Bolli, prof.
Remo Coppini, prof. Ottavio Prosciutti, M. Caterina Crispolti, M.
Cecilia Mazzi, prof. Giovanni Mancini, dott. Anna Eugenia Feruglio,
Luise Charlotte Pickert, mons. Origene Rogari, ing. Giovanni Ra-
nieri di Sorbello, don Angelo Ascani, prof. Bruno Terzetti, dott.
Maria Scaramucci, dott. Lucia Tammaro Conti, p. prof. Alfonso
Pompei. Vengono aggiunti il dott. Tommaso Biondi su proposta
di De Dominicis, i proff. Pietro Borzomati e Antonio Mizi su pro-
posta di Angelo Biagetti, il prof. Giuseppe Tofanetti su proposta
di Mario Pericoli. L'Assemblea approva all’unanimità.

Il Presidente a conclusione dell'argomento comunica l’intenzione
di procedere a un rinnovo dello statuto, perchè rispecchi più adegua-
tamente le attuali esigenze della Deputazione, e nel quale siano pre-
visti l'aumento di numero dei soci ordinari e l'inclusione della cate-
goria dei soci onorari piü confacente alla figura di alcuni soci che
attualmente occupano posti della categoria ordinari. Naturalmente
questo andrà fatto quando potrà essere maturata mediante prov-
videnze di legge l'azione, attualmente in corso, tendente a un nuovo
assetto delle Deputazioni di Storia Patria e delle Società Storiche.

Biagetti propone un aumento delle quote sociali. Il Presidente
si rimette al parere dell'Assemblea, la quale, a causa dello scarso
numero dei partecipanti, ritiene opportuno su proposta di Salva-



















Matti



ATTI DELLA DEPUTAZIONE 303

torelli aggiornare l'argomento a una successiva assemblea augu-
rabilmente più numerosa.

Passando alla trattazione delle varie, il Presidente legge un
ordine del giorno presentato da Francesco Santi e da lui stesso :

«L’Assemblea dei Soci ordinari della Deputazione di Storia
Patria per l'Umbria, nella riunione del 21 marzo 1965, constatato
che la sistemazione del patrimonio storico ed artistico della città
di Perugia e della Regione richiede uno sviluppo e un completa-
mento adeguati all'importanza del patrimonio stesso e alla nobiltà
della tradizione culturale umbra ;

rilevato che in conseguenza di un prossimo sistematico studio
ricognitivo sull’arte prodottasi in Umbria nei secoli xVII e XVII,
occorre predisporre per tempo una sufficiente e decorosa sede per
l'esposizione e la conservazione della relativa documentazione a
integrazione dell'attuale Galleria Nazionale dell'Umbria ;

ricordato che alcune raccolte di singolare pregio, come quelle
storico-topografica, di arte moderna e contemporanea, del Risorgi-
mento, etnografiche Bellucci e Ragnotti, attendono ancora di essere
sistemate in una sede stabile e definitiva, condizione che ne con-
sentirà l’incremento mediante acquisti e lasciti ;

fa voti

affinchè con l’occasione del trasferimento della Biblioteca
Augusta ad altra sede i locali già da questa occupati vengano desti-
nati esclusivamente ad istituti culturali e di conservazione, com-
presi i servizi ad essi inerenti, in modo da rendere piena ed altamente
significativa la funzione storicamente ed esteticamente rappresen-
tativa del Palazzo dei Priori, il massimo edificio di architettura
gotica civile dell'Umbria ».

L'Assemblea approva all’unanimità. Il Presidente informa la
Assemblea che l’ordine del giorno non solo sarà comunicato alla
stampa locale, ma sarà inviato al Sindaco del Comune e alla Sovrin-
tendenza ai Monumenti e alle Gallerie.

Il Presidente, dopo aver rivolto un caldo ringraziamento al
Consiglio Direttivo e all'Assemblea per lo spirito e le prove di colla-
borazione a lui fornite nello svolgimento della sua opera, essendo
esaurita la trattazione dell'ordine del giorno, dichiara chiusa la
tornata alle ore 10.45.

La Segretaria Il Presidente
PAOLA PIMPINELLI GIOVANNI CECCHINI



















CENTRO DI DOCUMENTAZIONE
SUL MOVIMENTO DEI DISCIPLINATI

20

















Attività teatrale a Rieti nei secoli XV e XVI

Sono così scarse e lacunose le notizie giunte fino a noi sul tea-
tro in volgare nei primi tre secoli, xIv, xv, xvi, che credo utile e
interessante pubblicare alcuni documenti affiorati per merito del-
l'Archivio di Stato, che nel suo xxx volume Gli Archivi dell' Um-
bria ha dato l’inventario del quasi ignorato archivio dell’Istituto
Assistenza Infanzia « Beata Lucia » di Narni ').

Questo Brefotrofio fu fondato nel 1739 dal Delegato Aposto-
lico mons. Inico Caracciolo con i beni delle fraternite, d’autorità
soppresse, di Narni, Terni, Rieti e di altri paesi. Vennero traspor-
tati a Narni anche i relativi archivi, utili a dimostrare le singole
proprietà. Complessivamente i volumi sono circa 120.

Si è addossata l’improba fatica dello spoglio dei registri ri-
guardanti Rieti il prof. Angelo Sacchetti Sassetti, che mi ha fa-
vorito la trascrizione delle notizie attinenti al teatro. Io ho cer-
cato di completarle ed estenderle, ma ben poco sono riuscita ad
aggiungere. Ho consultato i volumi presso l'Archivio di Stato di
Rieti, dove sono stati provvisoriamente portati, eccetto, perché ir-
reperibile, lo Statuto in pergamena della confraternita di S. Vin-
cenzo Ferreri.

Su ogni volume é appuntato un cartellino bianco con stampato
in inchiostro azzurro «Istituto Assistenza Infanzia Beata Lucia
Narni », e a penna il nome della fraternita e il numero progressivo.
Sono 36 i registri appartenenti alle otto confraternite di Rieti,
alcuni mutili di parecchi fogli, nessuno anteriore al sec. xv. Da
un sommario controllo di date si puó dedurre lo smarrimento di
alcuni registri, avvenuto prima dell'applicazione del cartellino bianco
numerato.

Per una esatta lettura di questo tipo di registri si dovrebbe
conoscere la storia di ogni singola fraternita; e bisognerà bene
che, città per città, fraternita per fraternita, ci si decida a rac-
cogliere e a pubblicare tutti i dati non ancora sommersi dal tempo.









308 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI



L'interesse letterario e filologico per le laude ha fatto trascurare
l’ambiente dove venivano cantate o rappresentate, diventando
teatro.

Chiarite le idee sulle origini del teatro in volgare, e soprattutto
assodato che i confratelli non hanno mai rappresentato le laude
nell’Oratorio ?), ma scelsero chiese pubbliche, avendo per spet-
tatori i fedeli accorsi per la festa liturgica, e che anche quando, o
perchè scacciati dalle chiese o per avere più spazio, trasferirono
le rappresentazioni sulle piazze, mantennero predominante l’intento
devozionale, non stupisce riscontrare una grande omogeneità, se non
identità, fra le rappresentazioni date in città e regioni talvolta
molto lontane e diverse per costumi e linguaggio.

Non si può quindi parlare di un teatro umbro iniziale, che si
è sviluppato nel teatro orvietano per giungere alla spettacolarità
del teatro abruzzese e romano *). Diffusasi l'usanza di rappresen-
tare il mistero sacro, subentrò la necessità di innovare il testo e
l'allestimento scenico per suscitare interesse, oltre che devozione,
in un pubblico che ogni anno rivedeva lo stesso spettacolo nella
medesima ricorrenza festiva. La scomparsa di quasi tutti i testi
non consente di seguire ovunque l’evoluzione avvenuta durante
questi tre secoli; ma talvolta bastano poche notizie per ricostruire
l’importante attività teatrale delle fraternite in città e paesi finora
ritenuti privi di queste manifestazioni.

A Rieti all’inizio del °600 (quando viene a cessare l’usanza di
dare sacre rappresentazioni) c'erano nove confraternite, come ap-
pare dal decreto in data 15 giugno 1607 che fissa l’ordine di prece-
denza nelle processioni fra le Società di laici (doc. xvi); ma sol-
tanto di cinque è documentata l’attività teatrale : delle fraternite
di S. Maria (chiamata della Misericordia dopo il 1574), di S. Pietro
Martire, di S. Giorgio, di S. Bernardino, di S. Antonio di Padova.

Le notizie più copiose le troviamo nei libri nn. 15 e 16 della
fraternita di S. Maria *), che è la più antica (a. 1297) (doc. 1). Non
sappiamo quale fosse la sua fisionomia nei primi 50-70 anni di vita ;
ma dagli statuti approvati dal vescovo fra Biagio da Leonessa,
che resse la Chiesa Reatina dal 1347 al 1375, rileviamo come prati-
cassero la disciplina solo quattro volte l’anno : il Venerdì Santo,
la sesta feria di Pentecoste, la Vigilia di S. Maria d’agosto, la festa
dell'Annunciazione (doc. 11. Non vi è nessun accenno a obblighi
di fare rappresentazioni.

Come ho già detto non abbiamo le registrazioni del '300 e dei









ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 309

?rimi decenni del ’400. Il ricco inventario fatto il 17 luglio 1457
(doc. mr, 5) testimonia l'usanza di rappresentare alcune devozioni
e passioni, e nomina espressamente quelle di Nostro Signore, di Santa
Barbara (la protettrice della città), di S. Giovanni Battista ; mentre
altre si intravvedono suggerite dal genere della suppellettile inventa-
riata: «uno scudo dall'Agnelo michele de ferro restaniato » «la
stella cole coppa et le corde, una testa de la morte e la vesta, la
testa del bove et lu panno a lu corpo, uno cappello da cardinali
foderato de bochiattino ruscio ».

Sono inventariati anche tre libri contenenti le devozioni, e
uno con i Capitoli. È un vero peccato che siano andati smarriti
questi testi delle rappresentazioni. Vi sono inventariati anche molti
paramenti da messa, che qualche volta venivano usati come costumi
per i personaggi più importanti 5).

I Capitoli (che non erano più quelli dati dal vescovo Biagio)
dovevano contenere precise disposizioni in merito alle rappresenta-
zioni se il 1 maggio 1480, nella inquisizione fatta dai sindaci della
fraternita sull’operato dei priori, si imputa a Pace di Santo di non
aver fatto nè fatta fare la passione di Cristo il Venerdì Santo, con-
travvenendo ai Capitoli (doc. rit, 6) ; e se in data 30 giugno, 22 luglio
1481 e 3 aprile 1482 venivano espulsi alcuni confratelli perché non
Si erano prestati per la rappresentazione di S. Giovanni Battista
e per quella di Cristo (doc. III, 7, 8, 9).

Fino al 1487 gli spettacoli venivano allestiti sulla piazza di S.
Maria Assunta, davanti alla cattedrale, ma il 10 luglio di quell’anno
(notare che è passata da pochi giorni la festa di S. Giovanni Bat-
tista), i canonici proibiscono per l’avvenire di fare rappresenta-
zioni su questa piazza, comminando la multa di tre ducati; sospen-
dono inoltre l’uso di prestar « panni de rasa et alii panni » alla Fra-
ternita di S. Maria (doc. 1v). Purtroppo al libro n. 15 mancano molti
fogli, cosi con un salto di novanta anni si passa al libro n. 16, dove
pure si trovano notizie della attività teatrale di questa fraternita.

Il 18 marzo 1576 (doc. vr, 1) si delibera di fare nel presente
anno la rappresentazione del Santissimo Salvatore; l'anno succes-
sivo si delibera di fare la rappresentazione del Salvatore il Venerdi
Santo del 1578, nominando commandatore *) il confratello Paolo
Bosio (doc. vr, 3). Si raccomanda con la minor spesa possibile. Non
si sa se la rappresentazione ebbe luogo o se fu rimandata al 1579,
come farebbe supporre la delibera del 2 aprile di detto anno, che
dispone di dare «un quarto di pane per li mastri et operari che si









310 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

affatigano in fare il palco» come si è sempre fatto per il pas-
sato e come si dovrà fare in avvenire (doc. VI, 4).

Di seguito a questa delibera un ignoto cronista dà relazione
della rappresentazione eseguita in piazza del Leone (oggi piazza
Oberdan), che era vicina alla sede della fraternita. Era stato costruito
un palco grande e sontuoso con belle scene raffiguranti Gerusalemme
con il Tempio e con monti scogli case sepolcri, e il paradiso da
dove per mezzo di un bel funicchio scese l’angelo. Era presente un
grande pubblico venuto anche da lontano, persino da Roma (dove
questi spettacoli erano stati proibiti fin dal 1539 da Paolo 1) ?).
Purtroppo il tempo fu avverso : pioggia e vento impedirono la sera
del venerdì 17 aprile la rappresentazione, che fu fatta con molta
fatica e «come meglio si potè » la mattina presto di sabato proprio
per non deludere chi era venuto da fuori (doc. vr, 5).

Recitò ottimamente, raffigurando Cristo, frate Sebastiano Mar-
zochino di Orvieto, che venne iscritto alla fraternita il 26 aprile
1579 assieme a fra Leonardo di Rieti, conventuale, e al pittore To-
bia (Cicchini) dell'Aquila che certamente avevano collaborato alla
rappresentazione (doc. VI, 6).

Rimangono i debiti da pagare. Il 31 gennaio 1580, a seguito
di un arbitrato, si riconosce a Paolo Bosio, il commandatore, che
aveva speso 75 scudi ma ne aveva regalati 15, un credito di 60 scudi
(doc. vi, 7). Questa somma non era stata ancora pagata nel dicem-
bre 1581, quando un nuovo arbitrato la riduce a 40 scudi da versarsi
in due rate in maggio e agosto del 1582 (doc. vir).

Nel 1581 l'iniziativa della rappresentazione di S. Giovanni
Battista é presa da alcuni preti, che chiedono alla fraternita il
legname e i « pontilli » per fare il palco (doc. vr, 9).

Si ritorna sulla piazza di S. Maria, forse per la prima volta
dopo la proibizione del 1487.

L'anno seguente, il 6 maggio 1582, richiamandosi alla consue-
tudine propria della « casa », si delibera di rappresentare la passione
di S. Barbara con una spesa non superiore ai 25 scudi, e si nomina
commandatore Andrea Antonillo (doc. vr, 10).

Il Visitatore Apostolico Camaiani nel 1574 aveva trovato nella
chiesa della fraternita la torre usata per rappresentare questa pas-
sione di S. Barbara, e aveva ordinato di rimuoverla (doc. v).

La Passione di Cristo si rappresenta di nuovo nel 1584 in piazza
S. Maria con « buona gratia de Mons. Vescovo de Riete », spendendo
il meno possibile (doc. vr, 11).









ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI dii

Un salto di dieci anni. Il 13 marzo 1594 si delibera di rappre-
sentare la passione di Nostro Signore nel 1595 «ovvero in altro
tempo più comodo », e si elegge commandatore il signor Giordano
Nobile (doc. vr, 12), il quale il 22 maggio si sceglie un vice comman-
datore, un bargello (specie di birro), un camerlengo (doc. vr, 13),
e l'anno seguente, trovando difficoltà per le spese, ottiene dalla
fraternita una delibera in data 16 aprile 1595 per mandare, con la
licenza del vescovo, quattro uomini a raccogliere la «limosina »
per le aie al tempo della mietitura e altri tre uomini per trovare
il legname occorrente (doc. vr, 15).

Non si sa quando sia stata eseguita questa rappresentazione ;
ancora il 25 giugno 1595 si provvede ad affiancare al commandatore
alcuni consiglieri (doc. vr, 16).

Purtroppo nel 1597 si ripiega su una processione da farsi la
sera del giovedì santo per le quattro chiese dentro la città «con
alcuni misteri della passione di N. S. » (doc. vr, 17).

Le quattro chiese erano la Cattedrale, S. Agostino, S. Francesco,
S. Domenico.

La fine del secolo coincide con la cessazione a Rieti degli alle-
stimenti scenici da parte delle fraternite.

Il 9 gennaio 1600 si delibera, poichè l’anno precedente non si
è fatta la rappresentazione, di indagare sul grano raccolto nelle
aie (doc. vr, 20). Dopo questa data non si trovano più notizie ri-
guardanti il teatro nei loro libri.

L’alto costo degli allestimenti deve essere stata la causa deter-
minante della cessazione degli spettacoli sacri sulle piazze da parte
delle fraternite, più preoccupate in questi anni di arricchire le
loro chiese di stucchi e dipinti secondo il nuovo gusto che di
bruciare somme considerevoli per un complicato e fastoso spetta-
colo. Per la devozione possono bastare le processioni fatte con i
misteri.

Al secondo posto nella graduatoria delle precedenze vi è la
confraternita di S. Pietro Martire *). Venendo subito dopo (anche
come data di fondazione) la fraternita di S. Maria, che aveva il
privilegio di rappresentare la Passione di Cristo, essa ha il diritto
di rappresentare la Resurrezione. Le notizie conservate sono tarde
iniziando dal 1593. In questi anni faceva feste solenni per il santo
Protettore e per S. Agata, distribuendo panette a chi assisteva alle
messe celebrate nella sua chiesa e indicendo palii di corsa e di lotta
(doc. vim, 2, 7, 8, 10).







312 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

Una processione con cantori viene deliberata per la notte del
Venerdi Santo del 1595 (doc. vin, 5).

La notizia più importante, che illumina anche gli anni prece-
denti privi di documentazione, è contenuta nella delibera del 23
aprile 1594 (doc. vi, 2) : i confratelli di S. Pietro Martire, poichè
la fraternita di S. Maria ha nominato il commandatore per fare
la Passione, provvedono a nominare il commandatore per far la
Resurrezione. È scelto Antonio Nobile, parente di Giordano No-
bili, il commandatore di S. Maria.

L’inventario redatto nel 1610 (doc. 1x) elenca tre ferri fatti
per rappresentare la Resurrezione.

È molto probabile che questa fraternita, negli anni d’oro per
questo genere di spettacoli, rappresentasse anche le Passioni di S.
Pietro Martire e di S. Agata.

Un’altra fraternita molto attiva in fatto di rappresentazioni
era quella di S. Giorgio che, non essendo stata soppressa nel 1739
perchè si prodigava all’assistenza dei condannati a morte, non
figura nell’archivio di Narni. I suoi libri e documenti furono conse-
gnati nel 1906 alla Congregazione di Carità e si dice siano stati
bruciati negli anni della prima guerra mondiale. Le informazioni
ci vengono da un lungo atto notarile stipulato il 21 maggio 1552
(doc. x) fra la fraternita di S. Giorgio, che da tempo immemorabile
aveva il diritto di rappresentare l’ Ascensione, la Distruzione di Geru-
salemme, la Passione di S. Giorgio, e la fraternita di S. Antonio di
Padova che in quell’anno voleva rappresentare l’Ascensione. In
termini moderni si può dire che con il tempo le fraternite aves-
sero acquisito dei diritti di esclusiva su determinati spettacoli.
Nel 1579 la fraternita di S. Giorgio allestì certamente l’Ascen-
sione con il contributo di altre fraternite (doc. xiv).

Una fraternita particolare é quella di S. Vincenzo Ferrerio
iniziata da fanciulli nel 1459. Si trasferi nella propria chiesa di S.
Vincenzo (oggi S. Giovenale) verso il 1480 (doc. xir 1). Nei suoi
registri non vi sono accenni a rappresentazioni e la ricordo soltanto
per denunciare lo smarrimento, avvenuto dopo il 1957, del suo
«Statuto in pergamena del 1491 » inventariato ne Gli Archivi del-
l'Umbria (vedi nota 1).

Poichè lo Statuto non era stato inviato a Rieti, per ricercarlo
mi sono recata più volte all’archivio di Narni. Nella prima visita
ho rintracciato, caduto dietro altri registri, un volumetto in per-
gamena (l’unico in pergamena di questo archivio), che ha sulla





men fa





ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI Sho

copertina un cartellino con la scritta « S. Vincenzo — Regola di detta
Compagnia ». I fogli sono numerati dal 4 al 23, denunciando la per-
dita dei primi tre fogli. La Regola però inizia nell'attuale primo
foglio e dice chiaramente che è la regola della fraternita di S. Vin-
cenzo della città di Narni, ampliata e revista da frate Paolino di
Perugia, rettore della compagnia, e approvata dai confratelli l’ultima
domenica di febbraio del 1561.

Nessuna traccia invece dello Statuto della fraternita omonima
di Rieti. Che fosse datato 1491 risulta anche dall’inventario conte-
nuto nello Stato delle Chiese di Rieti a. 1668-71 (doc. xr, ?) e dalla
spesa fatta per la sua trascrizione (doc. xir).

Quasi contemporanea alla precedente è la fraternita di S. Ber-
nardino (doc. xv), appoggiata ai francescani *, come quella di S.
Pietro M. era appoggiata ai domenicani, e quella di S. Maria agli
agostiniani.

Ci ha conservato il ricordo di una sola grandiosa rappresenta-
zione, della passione di S. Biagio, allestita il 24 maggio 1562. La fra-
ternita di S. Biagio, che non figura fra quelle soppresse nel 1739,
fu fondata soltanto verso il 1580 (doc. vi, 8), ma il santo era già
prima molto venerato dai confratelli di S. Bernardino.

Di questa rappresentazione sappiamo tutto (eccetto quale fosse
il copione composto da maestro Lucantonio e il nome dei « reci-
tanti »): quando fu deliberata, l’importo della tassa pagata dai
confratelli, l'ammontare delle offerte ricevute da altre confrater-
nite e da privati; quanto costò la scenografia e il palco; il nu-
mero degli agnelli loro regalati e il prezzo pagato per il pane dato
agli attori, che mangiarono in una sala della fraternita di S.
Maria, la quale aveva dato anche quattro dei suoi uomini come
consiglieri. C'è ‘anche la cronaca dello spettacolo: furono fortu-
nati nel tempo, una giornata «miracolosa » nè calda nè fredda,
con il sole velato dalle nubi; bellissima la fontana che usciva
dalla fornace dove erano state buttate le donne martiri (doc.
XIII, 8-14 € 20).

Quando i confratelli decisero di rappresentare la passione di
S. Biagio si accorsero che il testo, passato chissà come in mano di
ser Valerio, era antiquato e non rispondeva al loro intento. I gusti
erano cambiati, e il barocco non invadeva soltanto le chiese. Si
rivolsero al maestro Lucantonio del convento di S. Francesco, il
quale, constatato che il vecchio testo «non era al preposito », ne
fece uno piü bello (doc. xin, 10). Questo libro, scritto per mano



314 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

di Benedetto Sapore, si ritrova inventariato piü volte dopo tale
data (doc. xim, 20, 24-26).

In riconoscenza e a perpetua memoria si pregherà per maestro
Lucantonio come fosse uno dei confrati, e si farà dipingere la sua
effigie vicino a S. Biagio nel quadro ordinato in onore del Santo
(doc. xir, 19). Frate Simeone, che si era prodigato nel ricopiarne
le parti, venne iscritto alla fraternita, beneficiando di tutte le
preghiere (doc. XIII, 18).

Nell’inventario redatto tre mesi dopo la rappresentazione (doc.
XII, 20) sono elencati i « dui paliti da palare de ferro in la pascione »
che erano stati fatti gratuitamente in aprile da Giovan Gerolamo
di Bartolomeo di Malfatto (doc. xir, 19). Non sappiamo se la pas-
sione di S. Biagio sia stata ripresentata negli anni successivi: il
libro n. 3 dal quale abbiamo preso queste notizie é ridotto a semplici
fogli staccati e non numerati: non é improbabile lo smarrimento
di parecchi fogli. Nel libro n. 5 vi é una delibera in data 1 maggio
1579 per aiutare con l'elemosina di due scudi la fraternita di S.
Giorgio che stava allestendo la rappresentazione dell’Ascensione
(doc. xiv). In questo stesso anno la fraternita di S. Maria, come
abbiamo ricordato, aveva rappresentato, con sontuosità mortificata
dal tempo avverso, la passione del Signore. Si puó arguire che la
fraternita di S. Pietro Martire avesse allestito la Resurrezione,
come farà nel 1594 : iniziando il libro più antico di questa frater-
nita conservato a Narni con l’anno 1593 non ci è dato di sapere
nulla della sua attività negli anni precedenti. Comunque è logico
che le tre rappresentazioni, Passione del Signore, Resurrezione,
Ascensione fossero date nel medesimo anno.

Ma nel ’500 a Rieti non si rappresentavano soltanto Passioni
di Nostro Signore e di Martiri, o la Resurrezione, l’Ascensione, la
Distruzione di Gerusalemme : ci sono ricordi di rappresentazioni
di commedie e tragedie, delle quali però non si conosce neppure il
titolo.

Un contratto stipulato il 9 febbraio 1552 fra il pittore Tar-
quinio Carnassali e Maurizio Chiappori commandatore degli uomini
di « porta arcis » riguarda la scenografia per la commedia che si
doveva fare nel palazzo del vescovo (doc. xviri). Una «bellissima »
tragedia con «bellissimi » intermezzi si rappresentò il pomeriggio
del 18 ottobre 1589 in onore di donna Camilla Peretti, sorella del
papa Sisto v, invitata a passare da Rieti quando ritornava dal pel-
legrinaggio a Loreto (doc. xx). L’allestimento costò 50 scudi (75















ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 315

scudi era costata, oltre a tutte le cose regalate, la passione di N. S.
allestita dieci anni prima da Paolo Bosio per la Fraternita di S.
Maria) che andarono ad aggravare il già pesante bilancio delle
spese fatte per il ricevimento.

Il 15 novembre 1592 il camerlengo del Capitolo della cattedrale
segna una spesa incontrata per far riportare i banchi dal luogo dove
era stata data una commedia (doc. xxi).

Sullo scorcio del '500 si era costituita in Rieti l'Accademia
del Tizzone, che nel suo piccolo teatro allestiva commedie per i
soci. La sua sede era di fronte alla Fraternita di S. Maria, che nel
1630 stabiliva di rimurare tutte le porte della scena verso l'orto
dei signori comici (doc. vr, 23).

Dalle notizie riportate ci si puó fare un'idea dell'attività tea-
trale a Rieti nel '400 e '500 e si puó seguire l'evoluzione dalla devo-
zione alla rappresentazione, alla passione. Nell’inventario del 1457
c'è «uno Jesu Christo granne da fare la crocefissione » (doc. II, 5),
mentre nel 1579 è frate Sebastiano Marzochino di Orvieto che recitò
ottimamente raffigurando Cristo (doc. vi, 6); la scenografia si fa
sempre più complessa e si moltiplicano le invenzioni meravigliose.
Il costo di uno spettacolo è considerevole e quello che prima era un
obbligo annuale si trasforma in un onere da deliberare volta per
volta e da distanziare nel tempo.

Sarebbe interessante rintracciare se non il testo di maestro
Lucantonio almeno il copione di qualcuna delle passioni per po-
terlo raffrontare con i libretti che troviamo stampati in quegli anni
in altre regioni italiane e all’estero.

ANGELA M. TERRUGGIA

NOTE

1) Gli Archivi dell' Umbria, Roma 1957, p. 125: Narni, p. 127, Archivi
delle Opere Pie ; pp. 128-129 : « Fanno inoltre parte dell'archivio (. . .) : Con-
fraternita di S. Bernardino di Rieti, regg. 8 ; Confraternita di S. Pietro Mar-
tire di Rieti, regg. 5 ; Confraternita della Misericordia di Rieti, regg. 7 ; Con-
fraternita di S. Barnaba di Rieti, regg. 4 ; Confraternita della SS. Pietà di
Rieti, regg. 2 ; Confraternita di S. Vincenzo Ferrerio di Rieti, regg. 6 ed uno
Statuto in pergamena del 1491 ; Confraternita di S. Antonio da Padova di
Rieti, regg. 2; Confraternita della Madonna del Pianto di Rieti, regg. 2 ».

?) TERRUGGIA A. M., In quale momento i Disciplinati hanno dato origine





I

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316 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

al loro Teatro ?, in Il Movimento dei Disciplinati nel Settimo Centenario dal
suo inizio. Atti del Convegno, Perugia 1962, p. 434.

*) D'ANCONA A., Origini del teatro italiano, Torino, 1877 e 1891. Vi è
sviluppata una teoria delle « origini » che parte dalla convinzione che la lauda
drammatica venisse rappresentata dai confratelli nel proprio Oratorio. Dello
stesso parere è pure DE BARTHOLOMAEIS V., Origini della Poesia drammatica
italiana, Torino, 2* ed., 1952, p. 357 : « In simili circostanze, era inevitabile
che il Teatro uscisse dall’oscuro della vita dell'Oratorio » ; mentre ToscHI P.,
Le origini del teatro italiano, Einaudi, 1955, ha una visione più ampia e più
esatta del processo evolutivo.

4) La Fraternita di S. Maria era la «Fraternita» per antonomasia,
detta anche S. Maria delle Valli dal uogo dove aveva la sede, chiamato an-
cora oggi Rione Valli. Il 10 maggio 1574 cedette alle suore di S. Lucia la propria
chiesa e passò alla chiesa di S. Maria della Misericordia, prendendone il nome.
Notizie in PALMEGIANI F., Notizie storiche sopra l’antichissima chiesa di S.
Lucia, Rieti, 1924 ; e SACCHETTI SASSETTI A., Guida di Rieti, ivi, 1930.

5) DE BARTHOLOMAEIS V., Origini ecc. p. 363; e Laude drammatiche e
Rappresentazioni sacre, Firenze, 1943, II, p. 144: « Lauda in Decollatio(ne)
santi Johannis Baptiste » vi è una didascalia che avverte : « Il re e la regina
vole stare parata con quelle paramenta che porta lo Sudiacono ».

*) Anche a Perugia e a Roma si affidava a uno o a due confratelli l’in-
carico di allestire le rappresentazioni. DE BARTHOLOMAEIS V., Origini ecc.,
p. 366: « Dopo che l’assemblea [della fraternita del Gonfalone di Roma]
aveva deliberato, in tempo debito, cioè durante l’inverno, che la Rappresen-
tazione dovesse farsi, si eleggevano i Provveditori della Passione; due
d’ordinario ». I confratelli della fraternita di S. Domenico di Perugia il 20
marzo 1513 scelgono due di loro, esperti e sufficienti, per allestire la rappre-
sentazione della Passione da farsi nella chiesa di S. Domenico (Perugia, Arch.
B. Fortebraccio, ms. C IV 427, f. 132 v).

?) DE BARTHOLOMAEIS V., Origini ecc., p. 368.

*) Una lapide oggi murata all'esterno nel pilastro dell'ex sacrestia del
Rosario della chiesa di S. Domenico, verso la piazza della Beata Colomba,
inizio via Giordano Bruno (n. 98) dice : « In nomine Domini Amen. Anno Do-
mini M CCC. XX. VI indictione VIII tempore domini Johannis pape XXII
mense maii fuit facta hec capella fraternitatis de ordine m. po(puli et pri)orum
de Reate». É pubblicata da Boscur V., Notizie storiche sopra la Chiesa e il
Convento di S. Domenico di Rieti, ivi, 1910, p. 28. La fraternita fu trasferita,
con bolla di Gregorio XIII del 20 novembre 1575, dalla loro chiesa attigua
a S. Domenico alla chiesa di S. Matteo, che si chiamò S. Pietro Martire. Vi
era una tavola di Marcantonio di Antonazzo Romano (a. 1506) raffigurante la
Resurrezione.

Credo questa fraternita omonima, ma non la stessa, di quella già esi-
stente nel 1268, citata da MEERSSEMAN G. G., Les Congrégations de la Vierge,











ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 217

in Archivum Fratrum Praedicatorum, Roma, XXII (1952) p. 113. Se questa
fraternita di S. Pietro Martire fosse piü antica della fraternita di S. Maria
non occuperebbe il secondo posto, bensi il primo.

*) Il convento di S. Francesco concesse con atto pubblico del 27 maggio
1463 la cappella di S. Croce con l'annesso orto (Rieti, Arch. Notarile, Angelo
Antonelli, vol. 11 c. 130 Y ; PALMEGIANI F., La Cattedrale e le altre chiese di

Rieti, Roma, 1926, p. 93).

DOCUMENTI

Rieti - FRATERNITA DI S. MARIA.

I.

1297. Atto registrato in data 27 luglio 1606 (anno solare), che
comprova la presentazione fatta dal signor Annibale Crispoldo,
priore della fraternita di S. Maria di Rieti, di un chirografo del ve-
scovo Bernardo (il nome esatto é Berardo) datato 1297, dal quale
risulta la priorità di erezione della detta fraternita, che dovrà pre-
cedere nelle processioni tutte le altre.

(Rieti, Arch. Curia Vescovile, Atti Civili (1606-1607), c. 135).

Die Jovis 27 Julij 1606

Comparuit Ill. D. Anibal Crispoldus, Prior Ven. Confraternitatis S.te
Marie de Reate, et volens parere ordinationi D. S. R.me orethenus sibi
facte et ad omnem alium bonum finem et effectum, dicte sue Conífraterni-
tati magis profiquum, exhibuit et produxit animo tamen reportandi prout
reportavit chirographum in carta bergamena, concessum a R.mo D.
Bernardo olim Ep.po Reat. de anno 1297 tempore fel. record. S.mi D.N.
Bonifatii Pape octavi, ex quo inter alia clare constat de antiquitate funda-
tionis seu erectionis dicte ven. Confraternitatis quae cum in Civitate Rea-
tina sit erecta prior omnibus aliis Confraternitatibus postea erectis et crea-
tis debet precedere in processionibus et aliis solemnitatibus publicis, iuxta
dispositionem sac. Canonum et Constitutionum SS. DD.NN. quas omnes
hic tamquam publicas et notorias allegavit, petens recipi et admitti, et
omnibus iuribus et factis remediis necessariis et oportunis provideri ne
dicte sue Confraternitati aliquod damnum seu prejudicium inferatur, alias
etc. deducens salvo jure etc. omni mel. modo. etc.







318 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

IL

(1347-1375). Statuto della Fraternita di S. Maria approvato
dal vescovo fra Biagio (da Leonessa), che governò la diocesi di Rieti
dal 1347 al 1375.

(Rieti, Arch. Capitolare, pergamena Arm. II, Fasc. G, n. 7.
(pergamena non rintracciata fra le altre del medesimo vescovo che
portano tutte la stessa segnatura). Ediz. CALcaGNADORO D., Me-
morie sulla Confraternita e Chiesa della Misericordia, Rieti, 1906,
p. 4, nota 1).

Ad honorem et laudem et gloriam Omnipotentis Dei et Beate Marie
Virginis et omnium sanctorum et totius Curie celestis ac etiam ad honorem
Sancte Matris Ecclesie et Reverendi in Cristo Patris et Domini Fratris Blasii
Dei gratia Episcopi Reatini. Hec sunt Capitula infrascripta que petimus
a vobis Reverendo Patre nostro Domino Fratre Blasio suprascripto confir-
mari, et nobis concedi :

In primis statuimus et ordinamus quod quilibet de Fraterna nostra
debeat confiteri semel in mense.

Item statuimus et ordinamus quod quilibet de Fraterna teneatur quo-
libet mane ire ad Ecclesiam et dicere coram Imagyne Crucifissi quinque
orationes Pater noster nisi impeditus aliquo gravi impedimento, et ubi in
Ecclesia non poxet ipsos dicere, dicat ipsos duplicatos extra Ecclesiam.

Item volumus et ordinamus quod quilibet de Fraterna quolibet die
dicat vir Pater noster.

Item statuimus et ordinamus quod quilibet de Fraterna teneatur jeju-
nare quinta et sexta feria vel quarta feria et die sabati et si in quarta
feria non poxet jejunare, volumus quod non comedat nisi cibaria quadra-
gesimalia.

Item nullus de Fraterna utatur tabernis nec intret in tabernam, et si
introiverit non sedat nec trahat manum.

Item quod quilibet de Fraterna teneatur prima dominica cujuslibet
mensis audire missam Beate Marie Virginis.

Item quod quilibet de Fraterna et omnes simul debeant se congregare
quatuor vicibus in anno et facere frustam videlicet die Veneris sancto, in
sexta feria Pentecostes, in vigilia Sancte Marie de Augusto et in festo An-
nunctiationis Beate Marie Virginis.

Item quilibet de Fraterna cum aliquis de Fraterna moriatur, teneatur
sibi facere dicere unam missam et quinquaginta Pater noster.

Item quod cum aliquis de Fraterna infirmatur, quod alii socii tenean-















ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 319

tur custodire et visitare ipsum infirmum dum vixerit et sepelire ipsum si

contingat ipsum mori.
Item volumus quod priori in Fraterna obediatur per fratres et socios

de Fraterna.

Item quod prior habeat licentiam extrahendi aliquem de Fraterna
ubi non juste et bene vixerit.

Nos frater Blasius Dei et Apostolice sedis gratia Episcopus Reatinus,
visa petitione istorum devotorum hominum qui propter reverentiam Omni-
potentis Dei ac Beate Virginis Marie Matris eius et omnium Sanctorum
fecerunt hanc fraternitatem cum capitulis suprascriptis et quia in capitulis
predictis nihil continetur quod non sit ad honorem Omnipotentis Dei ac
Beate Marie Virginis Matris eius et Beatorum Apostolorum Petri et Pauli,
confixi, omnibus in dicta Fraternitate consistentibus, quicumque et quo-
libetcumque se congregaverit in hac, penitentibus et confessis de injunctis
eis penitentiis XL dies misericorditer in Domino relassamus etc. in cuius
nos testimonium presentes litteras scribi fecimus et nostri sigilli appensione

muniri.
III.

1429-1524. « Libro dei falli, delle inquisizioni, penitenze e cas-
sazioni », e altre scritture della Fraternita di S. Maria di Rieti, dal
quale trascriviamo qualche notizia indicativa e tutti i brani ri-
guardanti l’attività teatrale della fraternita.

(Narni, Arch. Istituto Assistenza Infanzia « Beata Lucia », n. 15.
Volume cartaceo cm. 29,5 x 22, coperta di pergamena marrone
con tre cinghie sul dorso delle quali solo la centrale prolungata a
legaccio, ora mutilo. I fogli sono numerati dall'1 al 150, risultano
mancanti i fogli dal 19 al 36 e dal 56 al 97, eccetto il 62 errante.
Il cartellino incollato sul dorso è lacero).

Yhus

1. In nel nome del nostro Signore Christo Jesu Ale mille quactrocento
vinti nove et septima Indictione. Nel tempo del priorato de Jacopo de Mi-
schioctulo (. . .).

1430 adi 12 de marco - Domineco de Janucio corbaro sa sento dela
faternita per soe cattyverie cio e sodomito e fine ly fo trovato colu cotello

de notte.
(seguono molte altre espulsioni sotto varie date).









e. 6

c. 8

€. 148

€. 150





320 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI



2. 1435, adi primo de magio. (Espulsione di) Petri dagostinu delu priziusu
(per furto e altre mancanze e perché nel tempo che il priore adunó la com-
pagnia per la processione quando venne il Rettore per l'Ascensione ecc.)
no volze che escese fore lu confalone.

3. A. 1444. Al nome de dio amen. Anno dominj M. rJ xr iJ (viene
cacciato uno perchè non è andato alla fraternita per 4 domeniche e altri
a causa del gioco o perchè sodomiti).

4. 1447, novembre-1450, gennaio. Elenco dei priori della fraternita
di S. Maria di Rieti eletti dopo le relative riforme.

Infrascripti sunt priores fraternitatis Sancte Marie electi post refor-
mationem factam etc. videlicet.

Marianus Johannis domini manentis de mense novembris decembris.
1447. et Januarij. 1448, prior fraternitatis predicte

Deotevarde Marini Panalsi Prior dicte fraternitatis de mense februari.
Martij et Aprilis. 1448.

Antonellus Jo. alias danzetta Prior dicte fraternitatis de mense Maij,
Junij et Julij. 1448.

Sancto de Ciuccio de Jannj de mitto priore de la ditta fraternita de
mese agusto settembre ottobre 1448.

Antonello tachietello priore per la ditta fraternita de mese Novembre
dicembre febraro 1449.

Ser Cola Sancto de ser matteo priore de la detta fraternita de mese
febraro marzo et abrile 1449.

Pretri de cola de marino prior de la ditta fraternita de mese magio
Jungno et loglio 1449.

Locarino priore de la ditta fraternita de mese agosto settembre et
ottobre 1449.

Angnielillo de biascio priore de la ditta fraternita de mese Novembre
decembre Genaro 1450.

1483, aprile. Altro elenco di priori.

+ iesus die mensis abrilis 1483

Infrascritti sunt priores fraternitatis Sancte Marie electi post refor-
mationem etc. videlicet.
Petrus paulus Marci Angeloni de mense supra ditto Maij Junij et Jul-

lij (...).















ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 324

5. 1457, luglio 17. Inventario della fraternita di S. Maria di Rieti,
con molte suppellettili adatte alla rappresentazione delle passioni.

+ Iesus 1457 adi 17 de luglo

In nomine domini Amen. Qui scriverimo lu levientario et lu nomo
de le cose de la nostra faterneta de Sancta Maria cio e fo rinovato et scritto
nel sopraditto dì nel tenpo del priorato de arcangnelo et queste cose sotto-
scritte furo assingnate ademevarde et adamiano procuratori precedenti et
follo assingnate da angnelo de cascia procuratore nanti passato per le mano
di francesco de christofano de francesco camorlingo etc.

1) In prima tollo in mano una cassa granne (.. .).

2) Item, uno Jesu Christo granne da fare la crocefissione et uno confa-
lone granne dala processione.

7) Item dui figure de Christo da ponere nell'altari (. . .).

23) Item uno piomacio de lino cetrucino le vinpe et 13 vinpe atte
adevotiunj.

24) Item una tuvaglia messa adoro atta per la donna.

25) uno tovagliolillo onticaro per la croce et un altro de seta pure
atto ala croce sopra al confalone.

26) una vinpa asseta listrata adoro atto al confalone (...).

- iesus 1457 adi 17 de luglio

Cose atte adevotionj .

1) In prima uno crocefisso de la chiesia ) Una cortina stellata messa
adoro.

2) Una cortina pro nanti al confalone).

3) Item pro 20 para de ale nove e quinque diademe de ferro restaniato
co le tabulette dallale.
I , cose atte per le ripresentationi de le passioni °).
2 4) Item pro 29 capillari atte adevotione et trideci grerlane da agneli
etzuno scudo dallagnelo michele de ferro restaniato.

5) Item uno palaco novo et la torre de Sancta Barbara.

6) Item la stella cole coppa et le corde.

a) in — chiesia] cancellati con una linea e la nota a margine: fo guasto.

b) una — confalone] cancellati con una linea e la nota a margine: fo
guasta.

c) cose — passioni] scritti a margine e sottolineati.

21

c, 16

c.160v









322 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

7) Item uno paro de organi picholi coli mantaci.

8) Item dui camiscie de Christo uno ne fo de camurscio l'altro de lino.

9) La testa de Sancto Jo. battista una testa testa (sic) de lu, demonio
et la vesta.

10) Una testa de la morte e la vesta.

11) La testa de lu lione e lu panno atto per lu corpo.

12) La testa del bove et lu panno atto a lu corpo.

13) La testa della scimia et lu panno per la vesta.

14) tre?) quille dalla pace una vesta doro fino.

15) Uno cappello da cardinali forrato de bochiattino ruscio.

libri”).

16) tre libri do segio scritti le cose de la casa duj staffetti una catena
dalla cisterna.

17) libri dove segio scritte le devotiunj sono tre et uno dove segio scritti
li capitolj uno libro scritto de cartta decoro ove si a lalsita.

18) la torre de sancta barbara de ferro restagnato.



«17 6. 1480, maggio 1. Inquisizione contro Pace di Santo, priore della
fraternita di S. Maria di Rieti. Sono 14 le mancanze rilevate ; fra
queste di non aver fatto fare la Passione di Cristo il Venerdi Santo.

In nomine domini Amen. Anno domini millesimo quadringentesimo
ottuagesimo Indictione tertia decima tenpore Santissimi domini nostri
| | Sisti pape quarti die primo mensis maij.
| | Questa ene una inqesitione la quale se fa et intendese de fare per

Antonio de Matteo d'angnielu et pitripauli de marco de angnielone Con-
frati dela fraternita de sancta maria dela cita de riete Sindicaturi electy
assunty e deputaty dala universita dela ditta fraternita delu mese de fre-

| baro delu ditto anno a de sinnicare et revedere le administratiuny et e

gesti deli priuri (. . . .).

: 4) Item che lu ditto pacie priore non ave fatte le capodecine dellomini

de la ditta faternita nel modo consueto sequndo la forma de li chapitoli

cio hordinati dela supradicta fraternita (.. 2).

c. 18 11) Item che lo dito Pacie priore predito non ave facta et ne fare fare
la passione de cristo lu venerdine santo et ne fatti vestire lu sacco attuti
lomini dela dita faternita per la ciercha secundo la forma deli diti capitoli
et hordini dela ditta faternita (. . . .).

c. 17v



a) tre] corretto in duj.
b) libri] scritto a margine, e ripetuto anche a margine dell'art, 17.

















ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 323

7. 1481, giugno 30. Viene espulso dalla Fraternita di S. Maria
Giandandrea di Silvestro di ser Cola perché non volle cantare per
la rappresentazione di S. Giovanni Battista.

Per comandamento del priore non volse cantare a la representatione de Sco
Jo. Bap. 9).

+ Adì 30 de Jungno 1481 Al tempo del priorato de questa Venerabile
Fraternita de sancta Maria cioe del spettabile homo Antonio de Matteo
d'Angnelo nel sopre ditto di e mese et anno fo adsentato della ditta fraternita
Giandandrea de Silvestro de ser Cola perché al decto priore non volse essere
hobediente quando fo facta la representatione de sancto Jovanni baptista al
tempo del decto priore che con parole dolci prima pregannolo et exortandolo
e poi finalmente commandandolli ipso patre priore sotto la pena de hobe-
dientia che avesse ad cantare in nella dicta representatione el quale per
pregera soa e per sou commandamento del decto patre priore non volse
cantare sed piü presto ad istantia d'altri et requisitione volse cantare si
che per questa cascione el patre priore volse che fosse assentato dalla casa
et raso della tomba. Et ancho perché fo rechiesto da parte del patre priore
più volte et dui fra l’altre cioè per mastro Jacomo et Bartholomeo de Lic-
ciardo che devesse sequitare et intrare alla casa sotto la pena dell’obedientia
el quale Giandandrea fo renitente a decto commandamento et non volse
hobedire et per questo fo misso allibro delli falli.

8. 1481, luglio 22. Il priore in carica espelle Ser Vangelista di
Pier Girolamo perchè avendogli comandato «que se trovino vesti-
menti », necessari alla « presentazione de Cristo non lo fece ».

9. 1482, aprile 3. Il priore Bernardo di Domenico Munaldo espelle
Antonio di mastro Cicco perchè « essendo recerchato *) in nel tempo
dello farsi °) La devota paxione de christo piu e piu volte el dicto
Antonio » non volle obbedire.

IV.

1487, luglio 10. Decreto dei Canonici della Cattedrale di Rieti
che proibisce di fare rappresentazioni sulla piazza (di S. Maria) anti-

a) per — Bap] scritti a margine e sottolineati.

b) seguono le parole pro ipso espunte con un tratto di penna.

c) anche questa parola, come tutto il brano, scritta in trascurata corsiva
di difficile lettura.



c. 46v

c. 47

c.98v







[
I
|
I
I
1]
i
,"



324 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

stante la detta Cattedrale comminando la multa di tre ducati a chi
in qualsiasi modo contravvenisse al decreto. Viene vietato anche il
prestito di panni di raso alla fraternita di S. Maria, con la stessa
pena per i contravventori.

(Rieti, Arch. di Stato, Notaio Feliciano Nicolacci, vol. XV,
c. 309v).

Constitutio Ecclesie Reatine super representationibus non fiendis).

Eodem anno (1487) Indictione v Mense Julii die x presentibus his te-
stibus videlicet domno Antonio Amicutii et domno Petropaulo Evange-
liste condam Barne de Reate Convocato congregato etc. capitulo Maioris
Ecclesie Reatine die veneris juxta constitutiones Sinodales de mandato et
commissione domini Sancti de Munaldis Vicarii Rheatini in quo quidem ca-
pitulo intervenerunt hi venerabiles viri et canonici reatini videlicet prefatus
Vicarius, Dominus Paulus Mariani, Dominus Angelus Mattei, Dominus
Johannes Francisci, Dominus Jo. Tagne, Dominus Bartolomeus de Rosellis, D.
Amicus de stabilibus, // f. 310 D. Dominicus Antonius Gregori, D. Vincentius
Thome, D. Petruspaulus Melchiorris, D. Petruspaulus Ponsoni et D. Simon
de Rotundis. Qui sunt maior et sanior pars dictorum canonicorum et consi-
derantes quod inpresentiarum rationem representationis fiende per confra-
tres fraternitatum civitatis reatine in platea dicte ecclesie ac etiam contra-
dictionis aliquorum ex dictis fraternitatibus maximum scandalum tam in
ipsa ecclesia quam in tota civitate oriri habuerint et iactura Et ne in fu-
turum similia oriantur et scandala tollantur. Prefati domini canonici cum
consensu presentia et voluntate prefati Domini Vicari et prefatorum, do-
minus Vicarius cum consensu presentia et voluntate predictorum domi-
norum canonicorum unanimiter et concorditer etc. decreverunt et ordina-
verunt quod nullo modo permictantur in dicta platea dicte representa-
tiones fieri neque fiant in futurum et si quis operam fecerit aut curaverit
quod fiant aut quod huiusmodi constitutio tollatur aut sospendatur aut
quod locum non habeat incidat in penam ducatorum trium vicequalibet
applicatorum ipsofacto Camere reatine dicte Ecclesie.

Hac etiam quod dicte ecclesie panni de rasa et alii panni non acco-
modentur fraternitati S'^ Marie sub dicta pena.

Ac etiam dederunt potestatem etc. domino paolo et domino Bartho-
lomeo actandi viam et cursum cantari cum potestate expendendi pecu-
niam etc. a Ponte Sancti Thome usque ad Ecclesiam Ste Caterine etc.

a) Constitutio — fiendis] scritti a margine.













ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 325

V.

1574, gennaio 18. Il Visitatore apostolico Pietro Camaiani fra
altri ordini impone alla fraternita di S. Maria sotto pena di scomu-
nica di rimuovere dalla chiesa nel termine di dieci giorni la torre
fatta per rappresentare la festa di S. Barbara.

(Rieti, Arch. Curia Vescovile, Visitatio Apostolica annorum 1573
et 1574, c. 474).

Dicta die xvii; Jannuarij 1574

Continuando Visitationem ipsarum Sodalitatum Laycorum Pervenit
ad illam Ste Marie Cuius ecclesiam amplam ac decoram in fabrica laudan-
dam censuit, ac etiam in picturis statuis et ornamentis (. . .).

Preceptum fuit quoque de removendo sub pena excomunicationis in
termino x dierum quandam lignearum tabularum maceriem, trabes plu-
raque alia indigna presertim turrim ex ligneis et tela confectam pro repre-
sentatione festivitatis sancte Barbare ex ipso templo asportandas intus
aedes confraternitatis predicto templo adiacentes satis incommodas ac in-
compositas humidateque repertas quanvis amplas ac spatiosas pro quarum
manutentione Monendos censuit ipsos confratres (. . .).

VI.

1574-1648. Libro dei Decreti della Fraternita di S. Maria di
Rieti dal quale trascriviamo le notizie interessanti l'attività teatrale
della Fraternita.

(Narni, Arch. Istituto Assistenza Infanzia « Beata Lucia », n. 16.
Volume cartaceo cm. 32,1 x 22,8, coperta, tarlata, di cuoio marrone
con impressioni geometriche, tre cinghie sul dorso).

1. 1576, marzo 18. Christi nomine invocato die 18 martij 1576 Coa-
dunatis et congregatis confratribus Venerabilis confraternitatis Sí? Ma-
rie de Reate in loco solito et consueto, placuit Magnifico Domino Hie-
ronimo de nobilibus de reate priori dicte Confraternitatis preponere an
placeat confratribus de presenti anno 1576 facere representationem S.mi
Salvatoris Nostri iesu Christi sic vel ne.

Dominus Octavianus Clarellus unus de Confratribus dixit quod palluc-
tetur si volunt facere dictam representationem de hoc anno et si per

c. liv













c. 12





326 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

duos tertios dixerint quod fiat quod faciant dictam representationem. fuit
autem || per dictum priorem positum ad partitum et repertum in bussula
alba del si palluctas triginta octo, palluctas tres in nigra bussula no obstante
cum voto R. D. Emilij coccoranis qui dixit quod inprimis sit sit consensus
supradictorum cui dicto esset ad herendum et etiam confirmaverunt Magni-
ficus D. Andreas Antonillus et Jo: innocentius rufi confratres.

2. Adi 15 di aprile 1576

Piacque al V? Priore de ponere a partito m. Andrea Antonillo et m.
Ottaviano Clarello che habbiano autorita de pigliar cera et tutte spese che
possesso venire per la processione da farsi il giovedi Santo et che loro hab-
biano autorita come di sopra Nella bussola bianca che é del si ci forno
fave nomero 25. et nella negra del no ce ne fu nessuna.

3. 1577, maggio 19. La Fraternita di S. Maria delibera di fare nel
Venerdi Santo del 1578 la rappresentazione del Salvatore con la
minor spesa possibile. I Fratelli si tassino a loro volontà. Viene eletto
Commandatore per allestire la Passione Paolo Bosio.

In dei nomine amen A die 19 maij (1577) Die Domenicali dimane post
missam Spiritus Sancti celebratam in Confraternita S*° Marie 1577 Cassius
Benedicti spoletinj de reate unus de confratribus serviens pro baiulo retu-
lit mihi notario coram D. priore et confratribus heri pro hac mane requi-
sivisse omnes confratres ad proponendam Representationem Salvatoris
nostri et creandum Conmandatorem ad dictum effectum pro anno proxime
futuro de ordine prioris dicte confraternitatis.

Die dicta in ecclesia ante altare maius

D. Octavianus Clarellus prior dicte Confraternitatis astantibus confra-
tribus dicte confraternitatis proposuit et dixit quod danno (de anno) 1578
in die veneris sancti an placeat fieri Reate representationem salvatoris No-
stri iesu christi cum minori dispendio confraternitatis quod possibile erit.
et quod fieri debeat taxa per confratres taxari volentes id quod voluerint.
fuit etiam ordinatum deberi dari palluttas, et cui placuerit dictum quod
mittat in bussula alba del si, cui non placuerit proposita mittat pallutam in
bussula nigra del no, receptis palluttis fuerunt reperte in bussula nigra tres
del no, in alba del si palluttae triginta sex et fuit obtentum.









|
i





ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 327

Comandatore per la passione de nosíro signore ?)

Die dicto in continenti facto scrutinio secreto et receptis votibus per
Venerabilem Patrem fratrem Bernardinum Io. talarsci ordinis Sancti Augu-
stini nostrum cappellanum, in altare Sancti Sebastiani fuit autem delasa-
tum et deputatum comandatorem //f 16" supra dicte representationis fa-
ciende ut supra. D. Paulum Bosium de Reate et confratrem dicte con-
fraternitatis. laus Deo.

Scipio pauli petri de reate
notarius et cancellarius (S.N.)

4. + adì 12 d’aprile 1579

Un quarto di pane per la passione b)

Piace al priore ponere ad partito si piace che si faccia un quarto di pane
per li mastri et operari che si affatigano in fare il palco per la representa-
tione della passione di christo si come sempre é facto et che questo decreto
sia per li altri tempi da venire // et messo il partito ad bussole et pallocte
et ricolte le pallocte foro ritrovate in bussola biancha del si numero trenta,
in la nigra del no n.? una non obstante.

5. Per la passione ^).

Et essendo facto un grande et sontuoso palcho di legnami in la piaza
del Leone sì come è stato ordinato bene agubato di scene, palazi, porte
cola forma et ritratto di Jerusalem col tempio monti scogli sepolchri casi
(case) et adornamenti assaj col paradiso et con un bel funichio donne veneva
langelo. et essendo ogni cosa al proposito ordinata per representare la sancta
passione il di de vener sancto quale fu ali 17 d'aprile et il mal tempo occu-
pato da piogie et venti grandi non fo possuto ripresentarse.

Et perché ci era venuta una grossa et innumerabil gente de varii lochi
et maxime da Roma molti signori et gentil homini il nostro R.mo episcopo
ci fece intendere che il di sequente che fo Sabato Santo a bon hora deves-
simo representarla maxime per tante genti et signori erano venuti apposta
per vedere et sentire. Et cosi ce rennanimemmo et tucta la nocte et la se-
quente matina affatigati col nome // f 29 del nostro Signor Jesu Christo

a) comandatore — signore] scritti a margine e sottolineati.
b) e (c) idem.

e. 28

c. 28v



















e. 29v

c. 35v

328 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

representammo come meglio si poté anchor che venti et piogie ce impedis-
sero che non possemo finir et ce advicinó sino che Christo morse in croce
et possemo fare la schiavellatione che era un bel mister et fecemo fine fo
un bel veder de gran devotione et contemplatione et fo il di 18 daprile
del 1579.

6. 1579, aprile 26. Alcune persone che si erano prestate per la rap-
presentazione della Passione vengono accettate come Confratelli di
S. Maria.

+ Die 26 aprilis 1579
Riceputi 2).

Dicta die post celebrationem missarum in Ecclesia fraternitatis nostre
fuerunt recepti in dicta nostra Confraternitate infrascripti induti saccis et
auscultata missa cum sollempnitatibus solitis et requisitionibus

Fratrem Sebastianum Marzochinum de Orveto: qui representationi
passionis D. nostri Jesu Christi pro Christo dixit et recitavit optime.

Fra Leonardus de Reate ordinis Conventualium.

Domnus Maurus Trombettini.

Magistrum Tobiam aquilanum habitatorem reatinum pictorem

Simonem Michantelli.

7. -]- Adi 31 de jennaio 1580

debito per la passione).

Essendo per ordine e decreto de la Compagnia revisto il conto dela
administrazione dela passione de Christo facta lanno 1579 et data autorita
ad Marco Savarella, Messere Adriano Cappelletta et ser Francisco eusebio
de la spesa facta per paulo Bosio Conmandatore restituito tanto de legnami
unam de chiodi ferri sacco per ceri et altre cose necessarie et per li diti
homini fo dichiarato || esser speso per il detto paulo conmandatore scudi
settantacinque de li quali scudi 15 il dicto paulo conmandatore ne fa pre-
sente ala nostra fraternita de scudi quindici che resta havere da la ditta
fraternita scudi sessanta. Et perché la ditta fraternita per mo non po pa-
gare il predetto paulo si contenta che la fraternita li dicti scudi sexanta





a) scritto a margine e sottolineato.
b) scritti a margine e sottolineati.









—ÀÀ—





ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 329

lisse paghano de li fructi(...) quando la reposta che si farra de augusto
proximo et tanto si promette pagarli sopra tucte le dicte cose fo per il
priore fato et misso il partito (si vince per 19 fave bianche del si contro una
nera del no).

8. 1580, aprile 18. Dare elemosina alla fraternita di S. Biagio « noviter
fatta» per far la croce.

elemosina per la croce ad. [a fraternita de S, biascio noviter electa ?).

adi 18 de aprile 1580

Si piace che ala fraternita noviter facta de S. biascio per adiutorio in
fare la croce lisse diano carlini dece attento che hano dimandato.

9. 1581, giugno 11. I Confratelli deliberano di concedere il prestito
del legname e dei « pontilli » ad alcuni preti che devono costruire
un palco sulla piazza S. Maria per rappresentare la morte di San
Giovanni Battista il giorno della sua festa.

adì 11 de giugno 1581

Fu proposto per messere Balduino (Domenichi) priore sopradetto dopo
la celebrazione dela S'^ Messa che essendo stato rechiesti da li Rev.di don
Ferrante Pedonio, d. Giuseppe di Salvatore et alcuni altri preti di Riete
di farli gratia di accomodar //et prestar a essi preti lo legname et pon-
tilli di detta confraternita per voler fare il palco nela piazza de S. Maria
de Riete per rappresentare la morte di S. Giov. Batt. per dicta Natività
sua per questo presente mese, dove intervennero molti confrati et a chi
piace che siano acomodati li detti legnami metta (. . .).

Fu vento che se lo preste detto legname. Se lo dia per inventario et
che lo debbano non tagliarlo et che si obblighino a riportarlo nela detta
confraternita.

10. 1582, maggio 6. I Confratelli deliberano di fare, come 6 abitu-
dine, la rappresentazione di S. Barbara, protettrice di Rieti, ma di
non spendere piü di 25 scudi. Viene nominato a voce messer Andrea
Antonillo. Commanndatore della rappresentazione.

a) scritti a margine e sottolineati.



c.36v

c. 40v

ce.

. 41

45















































=—=————_—







c. 49v

330 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

Decretum pro representatione facienda passionis Ste Barbarae?)

adi 6 de magio 1582. Fu proposto per m. Balduino Domenico priore
(etc.) atteso che la casa et confrati di essa hanno piü volte ragionato di
fare la rappresentatione et passione di Sta Barbara solita rappresentare
per li homini di detta casa e confraternita et Advocata de la Magnifica
Città de Riete se piace di fare detta rappresentatione et fare il commanda-
tore accio sia guida et capo di detta rappresentatione com questo che la
casa non spenda più di vinticinque scuti quando si rappresenterà detta
passione (si vince con 32 si contro 4 no).

Deputatio commandatoris in personam Domini Andrea Antonilli pro re-
preseniatione facienda passionis Ste Barbarae).

commandatore a voce nominato il magnifico mess. Andrea Antonillo
confrate per voce n. 36.

11. 1584, marzo 14. I Confratelli decretano di rappresentare la Pas-
sione di nostro Signore il giorno di Venerdi Santo.

Decreto de fare alcuni misteri della passione di nostro Signore ©).

adi 14 de marzo 1584 dopo la celebrazione de la Sta Messa ne la nostra
cappella Fo proposto per mess. Andrea Antonillo priore di detta confraternita
se piace il vener S.to prossimo da venire de questo anno representare la
passione de nostro Signore ciò è lo mettere in croce, et lo levar de croce, far
Monte Calvaro, il palazzo de pilato, con quella minor spesa che sia possibile,
da spendersi li denari de confratri, et farla in piazza de S.ta Maria, con
buona gratia de Mons.re Vescovo di Riete, et ad questo effecto coaddunati
alcuni confratri à la richiesta fatta dal homo de la casa per ordine di detto
Priore gieri che forno il dì 13 del detto mese per Hieronimo Cleofasso richie-
ditore de l’homini di detta fraternita, et date le fave et pallottato con questo
che la casa contribuisca et tenga mano in qualche cosa fu vento il pre-
sente decreto per fave n.° 20 trovate ne la bianca et quattro trovate ne la
bussola negra.

12. 1594 marzo 13. I Confratelli deliberano di far la rappresentazione
della Passione nel prossimo anno. Viene subito designato il comman-
datore, il quale in una riunione successiva si nomina il vice comman-
datore, un guardiano e il camerlengo.

a), b), c) scritti a margine e sottolineati.





n











—— PÓÁ——Óáà€

ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI sal

Novo comandatore per la passione de nostro Signore per l'anno 1595 - in
questo a c. 85 *).

adi 13 de marzo 1594 (...) eleggere il Commandatore per fare la re-
presentatione della passione de nostro signore per lanno prossimo futuro
1595 ovvero in altro tempo che più comodo paresse a detto Commanda-
tore (...) (viene eletto) il S.r Jordano Nobile (...) (32 si e un no).

13. Nominatio vicecomendatoris barriccelli et camerari pro representatione
passionis D.N. - sopra a c. 84-88")

22 maggio 1594. (...) (Giordano Nobile nomina in suo aiuto) per
vice comandatore mess. Mauritio Vittoro, come bargiello mess. Delio Theo-
donari, camerlengo per tenere conto delle spese Angelo Stoli nostri confrati.

14. 1595 gennaio 8. Si delibera di pagare a Giovanni Toto 28 giuli,
che deve avere per il pane dato ai lavoranti del palco, costruito al
tempo di Andrea Antonillo.

Per pane dato da lui a li lavoranti - ut supra? )

In nomine domini. Amen.

adi 8 de genaio 1595. Piacque al medesimo (....) priore, proporre che
Jo. Toro fa grande istantia de essere pagato de giuli venti otto che lui
dice dover aver dalla fraternita per il pane che dette per li lavoranti al
palco della representatione delli misteri della Passione di n"? S'? al tempo
di Andrea Antonillo che per esser poi lui stato a lavorar fora de riete non
li ha mai receuti (....) (Si vince con 19 si e nessuno contrario).

15. 1595, aprile 16. Su proposta del Commandatore si delibera
per sopperire alle spese della rappresentazione di fare una questua
per le aie e di trovare il legname per il palco.

sopra c. 859).

adi 16 d'aprile 1595. Piacque al S" Jordano Nobile commandatore
per la representatione de nro signore iesu christo da farse, nella congre-

a) novo — 85] scritti a margine e sottolineati.
b), c), d) scritti a marginee sottolineati.

c. 85v

c. 88v











CÓ:





o







o. 89v

e. 93v

c. 99v



332 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

gatione fatta coram confratribus nella nostra sacrestia congregati iudicando
S.S. che per detta impresa viandava molta spesa alla quale la Confra-
ternita non puo supplire pero, è parso publicamente elegere homini per
la quest(u)a per l’are da farse questa ricolta prossimo futuro quali habiano
da cercare elemosine per dicte are con la licentia del nostro Ordinario
(.. .) (e incaricare tre uomini) mess. Luca Peccatore, maestro Paolo Mat-
tiucci, Tullio Cermatano) per trovare li legnami per il palco.

16. 1595, giugno 25. Si nominano dei consiglieri al Commandatore
impegnato ad allestire la Passione.

adi 25 giugno 1595

Electio consiliariorum à Commendatorem pro representatione passionis D. N.
iesu christi facienda *)

Piacque a messer Jordano Nobili commendatore per la representa-
tione della passione de nostro signore da farse (...) acció tale impresa
piü pienamente con piü devotione, et honoranza sia exequita elegere li
sottoscritti homini della confraternita per suoi consiglieri con li quali possa
nelle occorrenze consegliarsi et ció fece in publica congregazione della nostra
Confraternita e sonno questi videlicet (...) (seguono 10 nomi).

17. 1597, marzo 23. Si delibera di fare la sera del Giovedi Santo una
Processione con alcuni misteri della Passione.

decreto de far la processione il giobia sancto a sera»)

adi 23 marzo 1597

Piacque a m. Adriano Cappelletto priore proporre se piace alli con-
fratri de fare una processione a laude de nostro signore iesu christo la
sera del giobia santo a sera per le quattro chiesie dentro la città con al-
cuni misteri della passione di n"° S" et che de questo habiano cura don
Tobia acquarello et ser Ottaviano Pondetti nostri confratri il che fu messo
a partito et vento per palle 18 del si nessuna in contrario.

18. 1598, agosto 16. Si delibera l’aggregazione alla Arciconfrater-
nita del Gonfalone di Roma.

a), b) scritti a margine e sottolineati.





ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 333

19. 1599, maggio 9. c. 103v
Decreto de fare novo Confalone?) T
Ed
adi detto (....) Ì
Decreto di far li sacchi”) |
Go ni
1

20. 1600, gennaio 9. Si delibera di indagare sul grano raccolto e. 106 I |
l’anno precedente poichè la Rappresentazione non era più stata | i
fatta. |





Electione di homini per vedere et trovare il grano che fu trovato per le are |
per fare ripresentatione della passione °) li |
l

Adi detto (9 gennaio 1600). Piacque proporre al (....) priore che
essendo l'anno passato, da Romolo Sinibaldi (....) fatta cercha per le are
di elemosine per fare la passione, come già si era risoluto et per non esser
stato messo in esecutione di far ripresentatione de detta passione se piace
che Pieropaolo Bruscolo habbia autorita di trattare con li sopraddetti.

21. 1600, aprile 16. Si delibera di aggregarsi alla Arciconfraternita c. 107v Il de
del Gonfalone di Roma. |

decreto di aggregarsi alla Ven. Archiconfraternita del Confalone.

Perché altre volte sotto il 16 de Agosto 1598 fu nella nostra Congre-
gatione fatta risolutione et decreto de aggregare la nostra Confraternita
alla Ven. Archiconfraternita del Confalone di Roma per partecipare alle
indulgenze adi detto 16 de Aprile 1600 (. . .).



22. 1605, maggio 22. (Si decide) di far novi capitoli o pur far rifor- c.130
mare quelli ci sonno.





all'Accademia del Tizzone nella quale si costrui un piccolo teatro

23. 1630, maggio 12. La Fraternita (che aveva la sua sede di fronte e. 201v | |
Tid
| con palchetti) stabilisce di murare le porte della scena. d

a), b), c), scritti a margine e sottolineati.











c. 208v

e. 216



334 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

che si rimurino le porte della scena *).

Item fu proposto se piacesse si remurassero tutte le porte della scena
che respondono e che avessero fatte de facti dalli signori comici verso
l’orto della nostra confraternita dati li voti (...).

24. 1636, giugno 22. Si stabilisce di fare un organo, ornamento e
palco nella propria chiesa.

25. 1642, marzo 10. Sacra visita del vescovo. Viene imposto di rin-
novare i capitoli e di copiare quelli della Arciconfraternita del Con-
falone di Roma.

VII

1581, dicembre 9. Atto notarile che impegna la Confraternita
di S. Maria a pagare, metà a maggio e metà ad agosto 1582, 40 scudi
a Paolo Bosio, che era stato Commandatore nel 1579 per la rappre-
sentazione della Passione. Il debito iniziale di 75 scudi era stato
ridotto per un primo arbitrato a sessanta, e ora da un secondo arbi-
trato a quaranta. Paolo Bosio si impegna di pagare di suo i creditori
dai quali ha acquistato cose per la Passione.

(Rieti, Arch. di Stato, Notaio Vincenzo Arcioni, vol. 1, c. 59).

Pro Paulo Bossio contra Confraternitatem S. Mariae

Die nona decembris 1581

Cum fuerit et sit quod de anno 1579 seu alio veriori tempore Paulus
Bossius Reatinus fuerit Commandator constitutus a venerabili Confrater-
nitate S. Mariae Civitatis Reatis super representatione passionis domini
nostri Jesu Christi, pro qua fuerunt factae multae expensae, et pro
expensis retrahendis inter dictam confraternitatem, et dictum Paulum
electi arbitri dictae confraternitatis, et arbitraverint in revisione compu-
torum dictam confraternitatem debere restituere scuta sexaginta supra-
dicto Paulo, et demum fuerit huiusmodi causa iterum per arbitros alios
noviter electos etiam dictae confraternitatis dicta scuta sexaginta reducta
ad scuta quatraginta monetae, et fuerit factum decretum in libro dictae
confraternitatis proximis peractis diebus, et electi infrascripti homines ad

a) scritti a margine e sottolineati.











ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 385

promittendum et obbligandum nomine dictae confraternitatis de solvendo
dicta scuta quatraginta hoc modo videlicet medietatem hinc ad mensem
maii proxime futuri de anno 1582. et aliam medietatem hinc ad mensem
Augusti etiam proxime futuri de anno predicto et obligando pro predictis
bona conífraternitatis, conditione apposita quod dictus Paulus debeat sol-
vere de suo omnia debita facta ex causa dictae representationis tam Caesari
Angelilli Reatino pro rebus habitis ab eo, quam aliis creditoribus ex causa
praedicta: Propterea personaliter constituti d. Octavianus Clarellus, et
Ser Scipio quondam Paulipetri Reatini confratres et specialiter deputati
per confratres eiusdem confraternitatis in supradicto decreto sponte etc.
omni meliori modo etc. et nomine quo supra, promiserunt et convenerunt
dicto Paulo Bossio praesenti, ac per se etc. solvere et numerare dicta scuta
quatraginta in modum et formam prout supra dictum fuit in mensibus su-
pradictis, et hoc quia dictus Paulus promisit et convenit eisdem d. Octa-
viano et Ser Scipioni solvere de suo proprio omnia debita ex causa prae-
dicta ut supra facta : Quae quidem omnia et singula dictae partes observare
et adimplere promiserunt etc. sub poena dupli etc. qua poena etc. quae
poena etc. Pro quibus omnibus sic tenendis etc. bona quaecunque dictae
confraternitatis praesentia et futura etc. in ampliori forma Camerae Apo-
stolicae cum clausulis solitis et consuetis obligaverunt etc. iuraverunt etc.
renunciaverunt etc. susceperunt etc. rogaverunt etc. Actum Reate in apo- I
theca Pauli supradicti praesentibus Thobia magistri Jo. Amici Aquilani Il
et Dominico antonio quondam Petrongari de Reate testibus ad praemissa È
vocatis etc. | |a









Rieti — FRATERNITA DI S. Pietro MARTIRE



VIII

tire dal quale stralciamo le delibere che riguardano la celebrazione
delle feste di S. Pietro M. e di S. Agata e la rappresentazione della
Resurrezione.

(Narni, Arch. Istituto Assistenza Infanzia « Beata Lucia », n. 26).

1593-1739. Libro dei Decreti della Compagnia di S. Pietro Mar- i 1
|



In nomine domini amen. sa,



A di 1x di maggio 1593. Essendo ragunata la Compagnia (...)











c. 3v

e. 4

ec. 4v

ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI



Adi xxvi: di Giugno 1593

Fu proposto al solito dal nostro P. Priore nella confraternita nostra in
parte ragunata se si doveva dare per elemosina et per amor di Dio à due
poveri schiavi cioe un figliuolo e un fratello di Giovanni Scattino da Palermo
quali hoggi si trovano in mano di Turchi in Algieri: et messo à partito fu
vinto per palle 18 di si, et nessuna di no.

(seguono delibere per dare elemosine « per maritarsi » e ai Padri della
Dottrina Cristiana).

2. Adi 23 di Aprile 1594

Essendo stata fatta la richiesta da Manno balio della nostra Confra-
ternita fu proposto dal Padre Priore che venendo la festa del Glorioso san
Pietro Martire se piaceva alli Confratri che si dovessi far //la festa solenne
secondo il solito con farsi panette, dirsi messe, e far quanto è solito.
et che si pigli cera quanta bisognia, et quella che hanno presa li procura-
tori questa settimana santa per le processioni che se gli debbia passar
bona, il che fu pallottato, et vento per fave trentacinque de si, et nessuna
di no.

Homini eletti dal P. Priore sopra la festa

Nunzi de fiera

— Il Sig.r Fausto Cappelletti
— Il Sig.r Antonio Nobile
— Il Sig.r Tomasso Marinelli
— Il Sig.r Cesare Pagniotto
Deputati a dar le panette
M. Mutio Sinibaldi

Mutio Chiavelloni.

3. Item adi d° fu proposto (l’accettazione di uno).

Item adi d° fu letta nella Confraternita una supplica (di una che vuol
maritarsi).

Item adi d° fu proposto dal P. Priore; che havendo fatto la Confr®
di S^ Maria il Comandatore per far la passione se piaceva // alli confratri
che si facesse il Comandatore per far la resurrettione se d.* Conf.» farà la
passione, et essendo pallottato fu vento per fave trentacinque di sì, et nes-
suna di no.

Fu fatto Comandatore a voci il Sig." Antonio Nobile.

Item adi detto (...).











ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI SIL

4. Adì 24 di Aprile 1594.

Essendo redunata la confr. a loco solito, et consueto, fu letta una
supplica data dalla Comp.® delli dodici Apostoli nella quale dimandano
una poca d'elemosina per darla ai poveri (...).

Item a di d.° fu proposto dal presente priore se piaceva alli Conft"i
di far un decreto che ogni Conf'"° debbia havere il sacco per // termine
di tutto il giorno di S Maria d'Agosto prossima del 1594 (... .).

I
;

Adi 12 di marzo 1595

Fu preposto dal padre priore se il venardi santo si aveva da far la
processione cioe la notte con cantori et se si aveva da pigliar cera quanto
bisognava fu risoluto et pallottato et vento per fave 22 de si et nessuna
di no.

Adi 27 di Marzo 1595 (. ..)

Homini elletti dal padre priore per il di dela festa.

Nunti di fiera Mastri de casa
M. Mutio Chiavellone Christofano de calzate
M. Paolo petricioglo Riscotetore de la carità
M. Lorenzo eusebio M. Silvestro Galasso

Masimo de lene et ciesfolo
adar le panette.

6. Adi 9 di aprile 1595

Fu preposto dal padre priore se si aveva da far quatro quarti di pa-
nette per la festa tre per la matina et uno per il vespero secondo il solito
fo pallottato et vento per fave vinticinque de si et nesuna di no.

7. Adi 21 di aprile 1596

Essendo per ordine et commissione del nostro Padre Priore ragunata
et congregata la nostra compagnia nel loco solito cioe ne la sala per trattar
negocij di essa dal istesso P. Priore forno proposte le cose infrascripte cioe.

In primis fu preposto dal P. P"? et confrati che avvicinandosi la festa

22

. 21





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VONINENESS QNA EUN TP IY S I aene Tt

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II c. 129





338 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

del nostro glorioso S? se si havevano da far palij a correre et allotta per
il di dela festa : fù pallottato al solito et perso per fave 27 di nò et 11 di si.
Item (fare elemosina al predicatore).
Item (fare quattro quarti di panette).

8. Adi 25 maggio 1597.

Ragunata et congregata la nostra compagnia per ordine del nostro
P. Priore et a publica richiesta fatta da ceccho nostro balio nel loco solito
et consueto cioe nela sala per trattare negocii di essa dalistesso P. Priore
fu proposto giache m. Paulo petricioglo lanno passato prese li palij di lotta
et di correre con animo di riscotere la tazza fatta tra confrati per pagar
detti palii ma non potendo poi riscoter denari à bastansa et per esser
rimasto debitore a Raneri de miliadusse (...) paolo esso Patre Priore, é
di parere che quando si competi essa Confraternita che si paghino, del
che fu al solito messo a partito et vento per fave 23 di si et una di no.

9. Adi 8 de febraro 1598.

(...) gia che ormai si avvicina l'anno santo ed e necessario di rifar il
confalone egli e di parere che questo anno si tolla l'armesino per far detto
confalone et capar delo bello che si trovi.

10. Adi 31 di gennaio 1616

Congretata la nostra Confraternita fu preposto di far la festa di S.
Agata e dar le panette conforme agli altri anni et ancho dar le candele
nella festa della purificazione e fu vento per palle 28 di si et nessuna di no.

IX

1610, maggio 10. Inventario delle suppellettili della Fraternita
di S. Pietro Martire; vi si ritrovano tre ferri che servivano per la
rappresentazione della Resurrezione.

(Rieti, Arch. di Stato, Notaio Vincenzo Corona, vol. I, cc. 362-
365).

(A 10 maggio 1610).















ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 339
Die dicta

In dei nomine Amen. Hoc est inventarium omnium bonorum existen-
tium in sacristia et domo Ven. Confraternitatis S. Petri martiris de Reate
confectum (...).

1) In primis la croce di argento con il suo predesopra adorato.

15) Item doi camisci di cortina con doi amitti et cingoli.

16) Item doi altri camesci bambacili con li suoi cor//doni et amitti.

30) Item un Crocefisso di legno grande con il taffettano turchino.

31) Item un confalonino Piccolo con san Pietro martire novo.

32) Item doi confaloni grandi con S. Pietro martire uno novo l'altro
vecchio.

46) Item tre ferri che furono facti per rapresentare la resurrettione.

RIETI - FPATERNITA DI Ss. GIORGIO
Mi

1592, maggio 21. Garanzia data dalla Fraternita di S. Antonio
di Padova alla fraternita di S. Giorgio per acquisire il diritto di rap-
presentare in questo anno l’Ascensione.

(Rieti, Arch. di Stato, Notaio Baldassare Sanizi, vol. XXVI,
cc. 446-449).

Cautio et promissio pro fraternitate S. Georgii contra confraternitatem Scti
Antonii de Padua ?).

Eodem anno mense et die ut supra (21 maggio 1552) actum Reate in por-
ticu Maioris ecclesie reatine etc. presentibus domino Johanne Paulo Andree
beneficiato, ser Francisco Jotio, Angelo Antonio Bernardini Sulimei et Sci-
pione Jheronimi Colella de Reate testibus etc. Cum hoc fuerit et sit prout
infrascripte partes asseruerunt quod prior et confraternitas confrater-
nitatis Sti Georgii civitatis Reatis eiusque Collegium ab immemorabili
tempore citra fuerint et sint in possessione vel quasi zelo devotionis ra-
presentandi et rapresentari et recitari faciendi publice, ut moris est in

Civitate predicta passionem seu martyrium supradicti divi Georgii nec

a) scritti a margine.

c. 362
c. 363
c. 363v

c. 364



=

st


















































340 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

non festum mirabilis Ascensionis Salvatoris Domini Nostri Jesu Christi
et Vindictam eiusdem Salvatoris nostri per Vespasianum et Titum
tunc romanorum imperatorum factam. Cum eisdem priori et confra-
tribus placeat et vellent et quando eisdem placet et vellent ita et
taliter quod nullis aliis pro tempore prioribus et confratribus aliarum
confraternitatum eiusdem civitatis huiusmodi representationem et marti-
rium rapresentare et recitare licitum sit priore predicto et confratribus
dicte confraternitatis Sti Georgii irrequisitis et non consentientibus et
pro tempore existentibus et sit quod prior et confratres moderni confra-
ternitatis Sti Antoni de Padua civitatis reatis de predictis notitiam ple-
nam habentes zelo devotionis antequam ad representationem et histo-
riam mirabilis Ascensionis predicte et ipsius rapresentationem habent
eosdem confratres et priorem supradicte confraternitatis Sti Georgi requisi-
verint et de presenti requirantur ut eorum votis in hac parte annuere vel-
lent et complacere ut historiam mirabilis ascensionis predicte publice recitare
possint et habeant pro hac vice tantum, Hinc est quod confratres predicti
personaliter coram me notario infrascripto et testibus supra nominatis Do-
minicus Pagnotti de Reate ut prior ad presens confraternitatis Sti Georgi
predicti cum consensu presentia et voluntate Johannis Bernardini Saporis,
Michelangeli Christophori Vannis Cocchi et Alessandri Berardelli de Reate
confratrum et de Collegio dicte confraternitatis Sti Georgii presentes et
consentientes et asserens dictus prior ad infra et supradicta peragendum
habere commissionem et licentiam a confratribus eiusdem confraternitatis
et eius Collegio sponte dicto nomine dedit atque contulit licentiam et
autoritatem Ser Joachino Baptiste Sinibaldi et Maurizio Bonnitti de Reate
de Collegio sopradicte confraternitatis Sti Antonii de Padua uti electis
et deputatis ad supradicta et infra faciendum promictendum et delegandum
a confratribus et Collegio dicte confraternitatis prout de eius auctoritate
et potestate confratres dixerunt ex decreto facto et obtento in dicta con-
fraternitate loco deputato et inferius registrato apparet, presentibus, sti-

. pulantibus et recipientibus pro dicta confraternitate et eius confratribus

pro hac vice tantum rapresentandi et recitandi publice hoc anno pre-
senti del '52 supradictam historiam mirabilis Ascensionis D. N. Salvatoris
et non ultra ita et taliter quod nullo unquam tempore non liceat nec
possint homines et confratres Confraternitatis Sti Anton de Padua de
Reate in posterum recitare et rapresentare supradictasi historias Martirii
Sti Georgi, Mirabilis Ascensionis D. N. Salvatoris; et vindictam eiusdem
D. N. Salvatoris sine expressa licentia potestate et auctoritate confra-
trum et Collegii dicte Confraternitatis Sti Georgi et ita convenerunt insi-
mul et dicti ser Joachinus et Mauritius nomine quo supra promiserunt









ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 341

perpetuo observare nec contrafacere, dicere, vel venire aliqua ratione vel
causa sub ypoteca et obligatione omnium bonorum dicte Confraternitatis
Sti Antoni de Padua, renuntiantes eccetioni rei non sic geste etc. jurantes
premissa omnia et singula predicta fuisse et esse vera ; pro quibus omni-
bus et singuli obligantes omnia bona etc. supradicte confraternitatis Sti
Antoni de Padua etc. precepi guarantigiam etc. rogantes me notarium
etc. Et predicta promiserunt observare etc. ut supra Ser Joachinus et
Mauritius quo supra nomine praedicto Dominico Pagnotti quo supra
nomine et aliis de eius Confraternitatis presentibus stipulantibus et reci-
pientibus pro confratribus et Collegio confraternitatis Sti Georgi tam pre-
sentibus et modernis quam successoribus in dicto collegio.

RIETI —- FRATERNITA DI S. VINCENZO

XI

Relazione di una Sacra Visita fatta alla Confraternita di S. Vin-
cenzo. Vi si dà notizie sulla sua fondazione e sugli Statuti primitivi.

(Rieti, Arch. Curia Vescovile, Stato delle Chiese di Rieti a. 1668-
71, cc. 517-519).

1. (...)

Nell’anno 1459 questa Confraternita di S. Vincenzo hebbe principio
nella chiesa di S. Domenico da fanciulli non senza divina inspirazione pochi
anni prima la canonizzazione del Santo come nel primo libro di questa
confraternita nella prima carta si trova scritto con pura semplicità e patria
lingua cioè « Sia noto à onne persona, che leggerà questo presente scritto
come nel nome di Dio e della St Madre Vergine Maria, e del Gloriosu Mes-
sere Santu Vincenzu fü fatta questa fraterneta ne l'anno de M cccc LVII.
adi primu de Maju prencipiata per li Mammuli, miracolosamente.

Dissi sopra non senza divina ispirazione, perché in quelli primi prin-
cipij non solamente dalli loro capitoli, che sino ad hoggidi si conservano
come fatti di fresco in carta pergamena composti sino dall'anno 1480.
Ma dall'osservanza di essi pare questa Confraternita fusse un noviziato
di stretta Religione. Anzi non solamente si chiamava la Confraternita
di S. Vincenzo, ma delli Disciplinati perchè si battevano fieramente con
le discipline quale pare volessero per impresa del loro Istituto come ap-
parisce nel cap. 21 ibi « Anche ordenamo, che lu qualunqua vole entrare
ne la fraternita, la prima domenecha, che intra fra la Compagnia debia



















342 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

portare con seco lu saccu la centa et la frustra et una facula d'una libra ».
Dissi che ebbe origine in S. Domenico perché nel 29 di detti cap. si dice:

«Quisti sonno li Capituli et Ordinationi deli Disciplinati della Fra-
ternita de Messere SÍ? Vincentio Confessore della Città di Riete, posta, et
ordinata nel Convento di S. Dominico de l'ordine delli Frati Predicatori de
Riete; li quali Capituli et ordinationi siano ad honorem della Sant.ma
Trinità, e della S?* Madre Vergine Maria e del nostru advocato Sancto
Vincentio confessore e de tutta la Corte de Celu. Siano a correttione del
nostro Patre Spirituale Missere lu Viscovu de Hiete » (. . .).

E. doppo questi anni scritti di sopra si raccoglie, che questa Confrater-
nita si partisse da S. Dom*? et andasse ad habitare in questa Chiesa loro
di S. Vincenzo perche nell'anno 1480 gli fu fabricata la volta. Nell'anno
1482 à di tre d'Agosto ci fu dipinto un Crocefisso, che hoggi si vede, a un
de lati de la Bea"? Vergine, e dall'altro S. Giovanni con la memoria in-
frascritta : Queste tre sante penture ha fatte fare Giovio di Giovanni di
Christofano santamente, e furo fatte a laude de Dio e salute dell'Anima
soa, e di tutti quelli di Casa soa, e fu fatto ne 1482 à di tre Austu regnante
Christo nostro Signore In secula seculorum (etc.).

o. 521 2. libri.

Uno Antico che comincia dell’anno 14%)
Un'altro che comincia dell'anno ")
Il 3° delli Capitoli che comincia dall'anno 1491
c. 522 Un libro da ricevere li fratelli
libro dove giorno per giorno si scrivono le Messe in S. Vincenzo
Libro dell'entrata, et Uscita che comincia del 1653.

XII

(Narni, Archivio Istituto Assistenza Infanzia « Beata Lucia »,
Libro dei Decreti (1479-1649) della Fr. di S. Vincenzo n. 32).

c. 46 Adi 8 de majo 1491

e. 4T (...) Jo don petri paulo ho ricevuti da biascio carlini dece Et piu
ajo avuti adi quindici de maio (1491) carlini diciocto et solli octo (. . .).
Item pagai per li Capituli che fici rescrivere ad un frate fra carta et
scrictura et inquiternatura carlini cinque et mezo.

a) e b) l’anno non è precisato.









ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 343

RieTI — FRATERNITA DI S. BERNARDINO

XIII

1532, luglio 7. Inizio del libro delle Memorie, delle spese, In-
ventari ecc. della Fraternita di S. Bernardino. Le registrazioni vanno
dal 1532 al 1609. Anche da questo libro stralciamo le notizie che
hanno un particolare interesse per il Teatro. Tutti i fogli di questo
libro sono sciolti; li ho numerati a matita per poter fare i riferi-
menti: sono 131 fogli dei quali quattro non scritti.

(Narni, Arch. Istituto Ass. Infanzia « Beata Lucia », n. 3).

+ di 7 de luglio 1532 (spese varie)

1. + adj 28 de maio 1536. Memoria de la robe dela faterneta de santo
berardino rasegnate per dominico Santo de jorio et cola J° de cicharella
consegnate (...).

In prima lu confalone richo. Item uno confalone de tela. Item la croce
d’argento (...).

10) Item la bolla de la faterneta.

(6 agosto 1541....) Item pagai per li ferri de s. rocco carlini tre
scuta — celle 18

2. + adi 18 de magio 1544 (...) (Inventario).
3) Item una bolla et quattro bottoni de seta.
13) Item lu messale et li capituli (. . .).

3. 1546 + adi 30 de magio. Antonio de Seraphino di jovenale rese cuntrati
sopradetto de lo Cofalone facto computatorum si per lo andar in roma
per lo sacrestano (spese di viaggio).

Spese facte per la festa de sancti de l'anno proximo passato (. . .).

4. adi 30 de maiu 1547. (Inventario).
3) Item la bolla de la fraterneta.
11) Item un messale et li capituli.
17) Item lu scigillo de S. Rocco ed de S. Bernardino.

5. + di 14 di iugno 1551. Robbe rasegnate.

9) Item il segillo da segnare panette.

e.

.9v

19

23v

. 24

27

29v















c. 49v

e. 74



344 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

6. -- di 20 di maio 1552. Recordo chio Antonio sarafino iovenale come
dominico sante santo procuratore spese per la festa del glorioso santo berar-
dino in questo modo cioe
1) Item tre criscie scudi 0 - 2
5) Item pro cocietura de le panette 0-2-

+ di 20 di maio 1552.
3) Item pagati per la ciera de la processione che anno in roma lanno
santo cioe carlini vintotto pagati in mano de mario de francisco de lusiao (. . .)

7. adi 23 de maio 1555. (Inventario : c’è il gonfalone, il libro dei capi-
toli, il messale).

adi 2 de iugno 1560 queste sie le robbe (...) rasegnate per Antonio
Murella ali procuratori (.. .).

adi primo de iugno 1561. Queste sie le robbe de la faternita de santo
Berardino nostro avocato rasegnate per mastro vicenzitto a Sivero et
antonio murella (...).

8. YHS
adi 19 dabrile 1562

A] nome de iddio amen : taza fatta per li?) infrascritti per la represen-
tatione da farsi de la passione et martirii De santo Biaso per la venerabile
confaternita de santo Berardino il presente anno 1562.

Antonio iovenale dui scudi scudi 02
Polito santo de turano mezo scudo scudi 0 b. 50
Mj. (messer) Carlo Petrozo uno scudo d’oro et

quatro agnelli scudi 02 b. 70
Mj. pietro chiavelone una soma de grano scudi 02
Martio antonillo uno scudo doro scudi 01 b. 12
Antonio murella emario suo mezo scudo scudi 0 b. 50
Sivero de mastro pedone uno ducato scudi 0 b. 75
spatiano barbero mezo scudo doro scudi 0 b. 56
Domenico murella mezo ducato scudi 0 b. 40
Antonio pedone iulii tre scudi 0 b. 30
Antonio de ser basilio mezo scudo scudi 0 b.




a) omini] cancellato con un tratto di penna.





ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI



fabritio alias brisichella quattro iulii scudi 0 b. 40
Mastro vincenzitto iulii tre scudi 0... b. 30
Dominico de preite iulii dui scudi 0 b. 20
Marcantonio flavio iulii scudi 0 b. 30
Mastro vienzo de mancino santosurdo scudi 0
Agostino de berardino de cocia scudi 0
iovagironimo de malfatto scudi 0
Alesantro de copietta scudi 0
Mario de trovarello scudi 0
Berardino de missore scudi 0
francisco de chiodio scudi 0

9. adì 8 de maio 1562.

Chiodi presi per il taulato de la representatione de santo Biaso da me
Antonio iovenale in più partite.

Da iovagironimo de colaiovanni Chiodi libre trenta dui cioè Il. 32.

Da Marzio de Mj Antonio dandrea Chiodi libre trenta sei cioe Il. 36.

Mastro pietro de matiuccia hauto uno scudo et piummo (piombo) per
remuneratione del disegno et fatiga come nel meter palazi et far il monte
et far la caverna et più cose apertinenti ala passione de santo Biaso.

Matteo catellino hauto uno scudo doro in tanti chiodi de quelli che
avazaro al taulato cia lavorato itorno a otto giornate.

Julio de ser paulo casella hauto sei iulii per *) giornate sel spezate.

Paulupetri de cuciariola hauto sette iulii de otto giornate dico quanno
a terza et dele più a mezo giorno e con poco amor come a mustrato ala
fine che voleva vinti carlini e cie fece spesa dal governatore sicome apare
retoscritto.

10. Die 19 aprilis 1562

A] nome sia de Idio et de la sua Madre Vergine Maria, et di S.to Be-
rardino nostro advocato Amen.

Perche retrovandosi li infrascritti confrati ne la fraternita di S.to
Berardino cioe Antonio iovenale in quel tempo priore, Carlo de petrozzo,
Pietro Chiavellone, Benedetto de Sapore, Ipolito de santo Turano, Sivero
de mastro pedone, Spatiano barbiero, Martio di messer Antonio d’andrea,
Antonio di basilio di Luca, Antonio de Murella, Rutilio berardella, Marcan-
tonio Flavio, Fabritio alias prisichella, Antonio pedone, Mastro Vincenzitto,
Mastro Vincenzo de mancino Santo surdo, Alexandro Domenico de mu-

a) tre] cancellato con un tratto di penna.





c. 87v











e

———







9
0o
p

c. 89v

c. 90v

346 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI



rella // coppietta, Benardino de Mazzetella, Domenico de preite, Berardino
de missore, Mario de murella, Mario de trovarello, Sbrincho, Agostino de
berardino de coccia, Jo: Lorito de ciccho de nuccio, Jo: Hieronimo de
bartholomeo de malfatto fece doi ferri per impalare, e, non volse niente, Jo :
Hieronimo de le cappelle, Simone de mastro Tarquinio.

Fu ordinato et decretato qualmente si dovesse far la passione del
glorioso san Biagio forno tutti de uno parere che si facesse, et sopra questa
passione forno le infrascritte persone Cioe, Antonio Iovenale Priore, Carlo
di Petrozzo, Pietro Chiavellone, Benedetto Sapore, Ipolito de Santo turano,
spatiano barbiero, Mastro sivero de pedone, Rutilio berardella, Antonio de
Murella, per nostri // consiglieri la Confraternita di S. Maria dette quattro
homini per aiuto cioe, Adriano Cappelletta, Ser Valerio Sonante, Diascoride
de dionitio, et Cicchinella, fatto questo proponimento ci ritrovamo esser
senza libro, per che quello che haveva in mano ser Valerio era cosa anti-
cha che non era al preposito nostro. Pigliamo quel libro lo portammo à
Maestro (in teologia) Lucantonio vedendo questo libro il detto Maestro
Lucantonio che non era al preposito, ne fece uno esso di novo di miglior
conditione che non era quel vechio quale se ritrova al presente scritto di
mano di Benedetto Sapore Et per la detta passione di S. Biagio ci forno
fatte elemosine in questo modo cioe, Santo Pietro Martire ducati cinque.
Santo Antonio // di Padua fiorini diece, Poggio perusino carlini nove, et
baiocchi sei, Contigliano Agnelli quattro, Greccie Agnelli grossi tre, et

Il Borgo nostro ci hanno dato favore in portarci le tabule da la nave
di terria et da lu campo sette punti (ponti) le infrascritte persone cioe, Io
bernardino et Christofano de ponnitto questi de Giovannillo, questi de To-
marozzo, questi de Jafoscone, questi de Iuliano Falloccho, questi de Spa-
gnolo, questi de Cola de Riete.

11. Spesa facta per la passione del devoto San Biagio per mano de
Antonio iovenale adi 8 di magio 1562.

Visto lu conto ad Antonio iovenale per la spesa fatta per la passione
de san Biagio per mano de Carlo de petrozzo et me Benedetto Sapore in
lapotheca de Carlo Petrozzo trovamo che ha speso in chiodi et altre cose
necessarie per la decta passione ducati quindici, e, celle dudici dico

d. 15 cl. 12

12: Adi 30 de austio 1562

Revistu lu cuntu d'Antoniu de iovenale de tutto lu tempu che lui é
statu priore si de lintrata como de lasita et la spesa fata ala passione de







347



ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

Santu Biasu et Esi de le sacha che fare per la faterneta vista bene lami-
nistratione sua il dito Antoniu resta adavere ducati sei e carlini tre
d. 6 celle 18
e a dittu cuntu ce se trovo li sotto scritti confrati
El patre priore miser Carlo de petrozo, Berardinu de Misore, Iova-
gnironimu de le Capelle; Io. Lorittu de Cichu de Muciu Sabastianu de
pritere; Io Sebastianu Sirigo de commissioni de lu priore.

13. Die 24 maij 1562

La Confraternita nostra di S.*° Berardino fece la passione di S.to Bia-
gio il di 24 de maio 1562, che quel giorno fu una giornata miraculosa in
esser frescha et nubilosa, e, non ci fu fatta una parola ingiuriosa à persona
vivente, et andò con molta divotione ; Et forno in nostro favore et aiuto
Francesco Maria di Cicchinella armarolo il quale fece una fontana la più
bella che mai fusse fatta in Riete, la quale la fece uscir de la fornace
ardente dove forno buttate le donne martirizzate per amor di Santo
Biagio, et Ascentio di bovo, fu in favor suo, Rufo di ser Mario ci dette
gran favore con agobare il palgo il quale notte e giorno era assiduo in detto
negotio // Thomasso de bionda, Ioseppe di iovenale Mariano de Sapore,
Jo: giorio sanitio, Vincenzo de paribono quali tutti questi forno sopra in
agobare il palco insieme con detto Rufo. E per lu paradisu fu Gio.
Berardino Perrotto et in suo aiuto vi fu Thomasso de bionda et Ioseppe
de Iovenale.

14. Die 20 di magio 1562

Intrata de le cose che sondo avanzate ala passione de Santo Biagio
imprimis, a,

Masseo imbastaro et Io battista imbastaro hanno pigliato in solido
braccia numero 120 de saccho a ragione di quatrini tridici lu braccio, quali
promettono pagare a S.!* Maria de agosto monta in tutto Iulij trentuno e

baiocchi doi, dico d. 04 e celle 10
Mattheo de Catellino hebbe da Antonio Iovenale libre 22 e mezzo de
chiodi a ragione de baiochi 5 la libra dico d. 01 e celle 30

Angelagno de vecchione hebbe libra una, e, meza de chiodi a ragione
d'un grosso la libra, dico d..00 e celle 6 15



. 92

. 92v

. 93



















348 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

di 4 de igno?)

Massimo de Meneca chiodi libra duj d. 0 celle 10

Massimo de Meneca chiodi libre quatro d. 0 celle 20

Massimo chiodi libra una e meza d. 0 celle 715
e. 93v 15. adi 8 de iugno

Cola de Colamato ebbe chiodi libre 4 d. 0 celle 20
e. 94v 16. adi 3 de maio 1562

Uscita dela faternita de santo Berardino per me antonio iovenale.
Io Antonio pagai ad agnelo de Mazetella carlini diciotto per la ciera
del canneloro d. 01 celle 60

I7 adi 24 de maio

E piü spesi iulii tre in pane per li ricitanti e fo portato per mano de
sivero et per mano de tomasso et fo magnato nela faternita de santa maria
enu taulato cioe b. 30

E piu spesi iulii tre il di medesimo dui iuli a messer pietro Chiave-
lone et uno iulio a marzio de messer Antonio dico baiocchi 30

E più spesi cinque celle in dui chiavi per Luceppe cioe " b. 06

E piu spesi iulii sei e baiochi sei in tre torcie de peso libre tre e quatro
oncie foro pigliate da iovagironimo et foro adoperate la notte cie fo bri-
sichella e le porto al banco cioe baiocchi 66

E più spesi uno iulio in tre bracia de sacho per la sciena pur la mede-
sima notte cie fo brisichella cie lo dette Iovanni de terrano et con granne fa-

tica secie rizo b. 10
E piu speso uno iulio per remurare il legname dela faternita de Santa
Maria b..-10
E piu spesi uno carlino per far la scomonica per lo legname perso de
santa Maria b. 0715
E piu spesi ucarlino a sprinco che porto le taule a pitrisanto de

petrozo b. 0715

a) spese aggiunte da altra mano.
b) E più... cioe b. 06] scritti per traverso a margine.











ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 349

18. Die 7 iunij 1562

Essendosi affatigato frate Simeone per commissione del R.do Maestro
Lucantonio e per l'amorevolezza qual porta ala casa, e, per devotione
di Santo Biagio nela passione di esso santo Biagio in far libri, et recopiare
parti à tutti recitanti di essa passione, per remuneratione di questo volemo
tutti noi confrati sia tenuto nel numero de tutti noi altri confrati et farli
le medesime orationi quali se fanno per noi istessi a perpetua memoria
et volemo sia scritto nela tabula di essa confraternita.

19. Die 7 junij 1562

In nomine domini amen. Per che la Confraternita di Santo Berardino
nostro advocato ritrovandosi obligata al Rev.°° Padre Maestro Lucan-
tonio del ordine di san Francesco il quale s'é affatigato notte e giorno
a riformare la passione di santo Biagio e per remuneratione di tal servigio
ricevuto da S. R.9? paternità cognoscendone impotenti di far parte del
debito nostro volemo et ordinamo a perpetua memoria pregar Idio per
esso come fusse un nostro Confrate in vita et in morte, e de piu havemo
ordinato di far pengere un santo Biagio ne la nostra ecclesia et appresso
di esso santo far pengere la presentia di esso reverendo Maestro Lucan-
tonio con quella maggior divotione che possibile sia a farla et anchora la
casa nostra s'obbliga che à morte sua ne farà exequio et oratione come
di sopra.

20. Adi 23 de agusto 1562

Io Carlo privore de la faternita de santo berardino facemo leventario
de le rubbe channo reconsegnate li pricuratorj de lanno passato (...).

In prima lu confalone.

17) E piu uno libro che se leie quando se recepe qualche conírate.

18) E piu lu libro de li capituli e uno mesale.

21) E piu dui paliti de palare de ferro a la pascione.

22) E piu dui palette de li martiri.

23) E piu uno paro de peteni.

24) E piu tre cruci de legname.

25) E piu pali de lengniame de martire.

(aggiunto da altra mano):

26) Lu libro de la pascione.

27) E piu certi pezzi de raso darsco beretino.



c.

c.

. 95

96

.97

97v

98











c. 102

c. 76v

c. 53v



350 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI



21. Denari imprestati per la passione del glorioso San Biagio

Antonio de chrisostamo imprestò scudi dece ala confraternita di santo
Berardino quali scudi dece forno imprestati per mano di Martio di M. Anto-
nio, et per mano de Carlo de Petrozzo, quali scudi dece detto Antonio li
imprestò gratis, cioe, se gli dovessimo rendere in termine de un anno pros-
simo da venire.

22. Il 1563, notifico io mastro lucantonio theophile di riete come
frate giovanbattista savarella al presente procuratore di san francesco
di riete ha ricevuto da bastiano paulette al presente procuratore di san
berardino per il servito alla loro cappella il di sette di giugno carlini 10

23. adi 4 dabrile 1564

Si fa ricordo come chel martedì de pasca fu fatta una bella processione
et di primo si fu andato a S.** Maria dove cera inordinato predicatore
con lo sacramento et li fu comunicato tutte le faternite et quelli che non
erano de faternite si omini como donne che fu un grandissimo populo et
la nostra confraternita cie ando con li sacchi et scalzi et con facole accese
et con lo crocefisso con tre torcie acciese et fu molto devoto et piacque
attutti così sene fatto ricordo accio se abia assequitare ogni anno da bene
et meglio lo priore fu mastro spatiano massarente ?).

24. Lo priore novo ciohe dello suo 1567 che fo m? Vincenzo conciatore
ha eletto arevedere il conto alli pricoratori vecchi ciohe Jo: Anton o de
rufo et Simone di mastro tarquinio priore ciohe rotilio berardella et me
martio antonillo alli quali qui sotto scrivino tutte le robe che se consigniano
alli nostri pricoratori cio he cintio de simonetta et Simone sopradetto suo
compagno in primis.
1) Item lo confalone.

21) Item uno libro da confrati.

22) Item uno libro de li capitoli.

23) Item un messale da messa.

29) Item doi ferri da impalare.

30) Item doi palette da martiri.

31) Item un paro de petteni.

32) Item tre cruci de legname.

33) Item doi pali de legniame

a) massarente] aggiunto con inchiostro nero.





ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 30

34) Item un crocifisso novo

35) Item un crocifisso vecchio

36) Item una sedia incassata

37) Item una vimpa de seta per la crocie

38) Item una taula de confrati.

39) Item vasa senza conto contati n° 56 salitti duj

40) Item una navicella de ottone

41) Item carrafe et picchieri senza numero

42) Item uno libro de la passione de san biascio

46) Item un ferro da crocie

47) Item un poco de pezze de damasco

48) Item un aparato de damasco con doi piomacci

49) Item do bussole de legniame

50) Item doi pezzi de battestano roscio per mettere alla crocie

Tutte le sopradette robe sonno reviste per me martio Antonillo adi
. 8 de giugnio 1567.

Aggiunto a margine : Assignati a Jo: lorito procuratore adi 25 di

magio 1571.

25. Spezzone d'inventario. c. 4Tbis
1) Item doi pali de legniame da marteri.
2) Item un crocefisso novo.
11) Item un libro de la passione de S.*° biascio.
16) Item un ferro per la crocie.
17) Item diciotto pezzi di damasco berrettino.
Tutte queste sopradette robbe sonno consignate a mario de trovarello
et dominico de Sí^ Tratione (?) pricoratori di detta fraternita alla presentia
del priore et me martio Antonillo adi et anno come sopra.

26. Adì 19 di genaro 1603 c. 124

Fo fatto decreto nela fraternita per le canele per la canelora fo vinto
in favore quinici palle e in disfavore tre e ce forno ala detta chiesa M.
gieronimo (...).

XIV
1579, maggio 1. 1. Decreto di dare due scudi in elemosina alla

confraternita di S. Giorgio che sta allestendo la rappresentazione
dell'Ascensione.











c. 8v

ce. 18v

c. 116v

352 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

2. e 3. Ricordo di miracoli avvenuti nel maggio 1588.
(Narni Arch. Istituto Ass. Infanzia « Beata Lucia», n. D.
Libro dei Decreti (1571-1626) della Fraternita di S. Bernardino).

Lb Adi primo de maggio 1579.

fo fatto decreto nela nostra faternita de santo berardino qual mente
se davesse per limosina ala faterneta de santo Giorgio duj scodi per
fare *) la representatione de lascensione scudi 2

2. Di maggio del 1588. la Madonna dietro alla cappella di s*°. Bernardino
cominciò a far miracoli sia ad honore de Dio, et suo.

3. Di maggio del 1588 Comincio a far miracoli la Madonna che sta in
strada nella cappella nostra di S'° Berardino et per la Dio gratia, et soi
meriti molto concorso.

XV.

1711, dicembre 14. Visita pastorale alla Fraternita di S. Ber-
nardino: vi sono trascritti gli Statuti del 1465.

(Rieti, Arch. Curia Vescovile, Visita civitatis Guinigi annorum
1711-1713; c. 327).

14-12-1711

Capitoli ordinati sin dall'anno 1465 da osservarsi dalli fratelli della
Compagnia di S. Belardino di Rieti « che si facciano (...)».

RrgTI — FRATERNITA DI S. ANTONIO DI PADOVA

XVI.

1574, gennaio 18. Il Visitatore Apostolico Camaiani trova nella
cappella di S. Antonio di Padova, in S. Francesco, Immagini e
statue della Passione e Resurrezione.

(Rieti, Arch. Curia Vescovile, Visitatio Apostolica aunorum
1573-et 1574, c. 478).



a) per fare] ripetuto e cancellato con un tratto di penna.





——Ó



E
|
Ì
E
,



ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 353

Dicta die xvii Jannarij 1574. Proseguendo opus eiusdem visitationis
Fraternitatum in eadenmet ecclesia Conventus S.H Francisci visitavit
insignem Capellam S. Antonij de Padua duplici Altari refertam, in uno
sacris Imaginibus vel Statuis representantibus misteria passionis ac
etiam resurrectionis D.ni N.stri (. . .).

Il doc. x del 21 maggio 1552, inserito fra i documenti della Fra-
ternita di S. Giorgio, riguarda anche la Fraternita di S. Antonio

RieTI — LE FRATERNITE ESISTENTI NEL 1607

XVII

1607, giugno 15. Decreto sull’ordine delle precedenze fra le
fraternite.
(Rieti, Arch. Curia Vescovile, Atti Civili a. 1606-1607, c. 54).

Decreta super dominationem precedentie intra Societates laicorum civi-
talis reatinae. S. Maria del Pianto ; S. Biagio ; S. Barnaba; S. Antonio di
Padova; S. Bernardino; S. Vincenzo; S. Giorgio; S. Pietro Martire ;
S. Maria della Misericordia.

RIETI — SPETTACOLI NON RELIGIOSI

XVII

1552, febbraio 9. Convenzione fra il pittore Tarquinio Carnassali
e Maurizio Chiappori commandatore degli uomini di porta d'arci,
e Ercole di Pietro Gerolamo. Il pittore si impegna di dipingere case
e palazzi e tutto quello che serve per la commedia, che si deve rap-
presentare nel palazzo vescovile; e Maurizio e Ercole si impegnano
di corrispondergli quaranta carlini, dei quali venti sono già stati
dati e gli altri venti verranno versati a lavoro ultimato.

(Rieti, Arch. di Stato, Notaio Pietro Manni, vol. II, cc. 384-386.

Eodem anno (1552) indictione, pontificatu, et mense februarii die
vero nona. Actum Reate in apoteca Jacobi Martini in strada pontis: pre-
sentibus Alexandro domini Joannis Berardelli et Matteo Catellini de Reate
testibus etc. Magister Tarquinius pictor Carnissalii de Reate sponte per

23









354 ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI

se etc. promisit et convenit magistro Mauritio Chiappari ut commannatori
hominum et porte arcis omne (?) et Herculi Petri Hieronimi uni ex dictis
sociis presentibus et recipientibus pro se ipsis etc. facere et pingere domos
in commedia fienda in episcopali palatio per dictos magistrum Mauritium
et Herculem quo supra nomine, telas, hastas et omnia alia pro dicta
comedia seu accuntio ipsius quomodocumque in illis operibus, picturis
et figuris quas magis placebit et videbitur dictis magistro Mauritio et
Herculi fiendas per dictum magistrum Tarquinium et dicti Magister
Mauritius et Hercules quo supra nomine promiserunt et quilibet eorum
in solidum etc. promisit dare et solvere pro dictis operibus et picturis caro-
lenos quatraginta, de quibus carolenis quatraginta et ad compotum
predictum dictus magister Tarquinius sponte ut supra etc. confessus est
habuisse ab eis magistro Mauritio et Herculi et recepisse carolenos viginti
in pecunia (etc.) Residuum vero idest carolenos viginti prefati magister
Mauritius et Hercules quo supra nomine promiserunt dare et solvere eidem
magistro Tarquinio presenti ut supra in fine dictorum operum seu post-
quam dicta supra opera promissa perfecerit et finierit in pecunia (elc.).

XIX

1588, dicembre 8.-1589, gennaio 22. Delibera del Consiglio
generale per concedere alla Compagnia del S. Sacramento la stanza
dove era stata rappresentata la commedia perché serva per i Mu-
Jattieri.

(Rieti, Arch. Comunale, Riformanze, vol. 71, cc. 87 e 94).

(8 dicembre 1588, Consiglio Generale).
13. La Compagnia del S."? Sacramento dimanda impresto la stanza, dove
è fatta la commedia, per li mulattieri. (Silla Diletti, dottor di leggi) super
decima tertia dixit che la compagnia del S"? Sacramento sia compiaciuta
della stanza che dimandano (un solo no).

(22 gennaio 1589. Consiglio Generale).
Societatis S."* Sacramenti et Mulionum favor.

6. La supplica del S."? Sacramento, et di Mulattieri. [Emilio Vittori dice]
ch'alla compagnia del S."? Sacramento, et di Mulattieri se conceda il luogo
che dimandano, et che m. Silla Diletti e m. Tiburtio Vincentini li desi-
gnino il luogo, con questo che se li conceda a beneplacito della città, et
che si possa levare ogni volta che se vole. [Un solo no].



ATTIVITÀ TEATRALE A RIETI NEI SECOLI XV E XVI 355

XX

1589, ottobre 18. Articolo sulla visita a Rieti di Donna Camilla
Peretti, sorella del Papa Sisto V, con accenno alla rappresentazione
di una tragedia. Le notizie sono riprese dalla narrazione del Cancel-
liere Gio: Francesco Tagliaferri da Monteleone.

(SAccHETTI SassETTI A., Donna Camilla Peretti a Rieti, in Vita
Sabina, II, n. 10 (1900), pp. 109-110).

Donna Camilla Peretti a Rieti (1589).

Essendo giunta a Rieti la voce che Donna Camilla Peretti, sorella
del Papa allora regnante Sisto v, si recava devotamente a visitare il santua-
rio della Madonna di Loreto, nel Consiglio di credenza, tenutosi il 12 set-
tembre 1589, si discusse anche sull'opportunità di mandar ad invitar l'ec-
cellentissima signora per il ritorno (...).

Avutasi la sicurezza (...) nel Consiglio generale del 21 settembre
si trattó degli onori (...) Comitato: Gio: Francesco Sonanti, Tiburzio
Vincentini, il cav. Nevio Canali, Muzio Capelletti, il cav. Valentino Fabri
ed Antonio lozzi (...) si dava incarico a Muzio Capelletti di prendere a
censo cinquecento scudi e spenderli (...) « Nel pomeriggio di quel mede-
simo giorno fu (18 ottobre 1589) eseguita una tragedia bellissima e con
bellissimi intermedi » cui assistettero donna Felice, donna Flavia, donna
Orsina e la signora Giovanna col seguito; donna Camilla invece restò
nel Vescovado e l’esecuzione della tragedia, che durò ben quattro ore,
importò una spesa di cinquanta scudi (...).

XXI

1592, novembre 15. Spesa per far riportare i banchi dal luogo
dove era stata rappresentata una commedia.
(Rieti, Arch. Capitolare, Camerlengato 1592-1593).

adì 15 novembre (1592) per fare riportar li banchi dal loco della
comedia scudi 00 bolognini 06













S







INDICE

Memorie

HRAPoNI GruLiA, Nascita e primi sviluppi del movimento operaio
a Foligno

Note e documenti

De Dominicis Mario, Ancora sul « Fragmentum Tudertinum ».

Fonti

CeccHINI GIOVANNI, Contributo alla raccolta di fonti manoscritte,
a stampa, archivistiche e figurative per la storia dello sviluppo
urbanistico di Perugia .

Cronaca di Giambattista Marini a cura di Made —

VI CONVEGNO STORICO REGIONALE
Perugia-Assisi, 20-21 marzo 1965

Dante e l Umbria

Apertura del Convegno : .

MANSELLI RAouL, L'Umbria nell’età di fen i

MARIANO DA ALATRI, L’allusione dantesca a Matteo dAupaumeto
GrRassINI Piero, Un ciclo di Lana danteschi nel San Fran-

cesco di Terni riu

ManTI Manio, Dante e i Mo. perugini uu B ‘e
PertroccHI Giorgio, Codici umbri e in Umbria della Commedia.
CASAMASSIMA EMANUELE, L’edizione folignate della Commedia

(1472) .
Di SEREGO ALIGHIERI LzoNARDO, dowd ii del-
‘Alighieri -... Li

SALVATORELLI LUIGI, deri e PA fi . ‘ia
Nessi Silvestro, Un dantista umbro sconosciuto : don Brizio

Casciola

Pag.

51

71
87

155
156
177

184
190
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328 INDICE

Recensioni

CiPRIANO PiccorPAsso, Le piante e i ritralti delle città e terre
dell' Umbria sottoposte al governo di Perugia, a cura di Gio-
vanni Cecchini (Corrado Leonardi)

ARNALDO FonriNI, D'Annunzio e il francescanesimo (Paula
Pimpinelli) pl

MICHAEL ADAMS, ni Ue Bee.

Cinque secoli del libro italiano (Giovanni Cecchini) .

FRANCESco SANTI, Perugino (Giovanni Cecchini) .

Pietro ScARPELLINI, Luca Signorelli (Francesco Santi)

BALEONEUS AsTUR, Condottieri e signori del Rinascimento Ita-

liano. I Baglioni (Giovanni Cecchini) . . .

Enzo CARLI, Il Reliquiario del Corporale ad Orvieto (Grtipinn
Ferri)

MARY A. ona The niteat life in | deri deed
Ranieri) 20 d io cr oe a. s

UGUCCIONE REST La bella in mano al boia (Paola Pim-
pinelli)

FRANCESCO A. Udi Afinidi e ORG di Pod in dd
gare dal 1191 al 1336 (Raffaele Belforti)

Necrologi

CoLeETTI VIRGILIO, Ubaldo Degli Azzi Vitelleschi .

Atti della deputazione

Adunanza del Consiglio Direttivo dell'8 marzo 1964 . . .
Adunanza del Consiglio Direttivo del 13 dicembre 1964 .
Adunanza del Consiglio Direttivo del 7 marzo 1965
Assemblea dei Soci Ordinari del 21 marzo 1965 .

CENTRO DI DOCUMENTAZIONE
SUL MOVIMENTO DEI DISCIPLINATI

TERRUGGIA ANGELA M., Attività teatrale a Rieti nei secoli XV
e XVI

261

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