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DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
PER L'UMBRIA

VOLUME LXIII

FASCICOLO SECONDO

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Pubblicazione semestrale - Sped. abb. post. Gruppo IV?

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Unione Arti Grafiche - Città di Castello - 1966 Un liberale moderato del Risorgimento:
Pompeo Campello della Spina (1803-1884)

I

INTRODUZIONE

1. — Origine della famiglia dei conti di Campello e sue tradizioni
politiche.

Le origini della famiglia dei conti di Campello si perdono nella
notte dei tempi. Fino ad oggi i pareri degli studiosi, che hanno cer-
cato di determinare l’origine storica di questa nobile casata, riman-
gono tra loro discordi ?).

Comunque, tra alterne vicende politiche, nel corso dei secoli,
la famiglia dei conti di Campello si affermò in ogni campo della vita
civile e politica.

Emersero tra i suoi discendenti uomini di studio e di governo,
la cui fama varcò i confini non solo delle contrade umbre ma anche
di quelle italiane. Basterebbe ricordare Paolo di Argento, chiamato
a ricoprire nel 1361 la carica di Senatore in Roma, e lo storico Ber-
nardino. Questi, oltre ad aver scritto una importantissima storia di
Spoleto *), dette prova delle sue capacità diplomatiche assolvendo
i più delicati incarichi presso il governo spagnolo ; inoltre curò, in
modo veramente encomiabile, la devoluzione del Ducato di Urbino
alla Santa Sede, alla morte di Francesco Maria II, ultimo dei Della
Rovere. In ogni ufficio ricoperto, Bernardino Campello si dimostrò
uomo di non comune dirittura morale; rimase per lungo tempo
il più illustre rappresentante della nobile famiglia spoletina e forse
rimane tuttora tale. Ad ogni modo, è cosa certa che dobbiamo giun-
gere ai tempi del nostro Risorgimento per trovare un altro Campello
cui siano stati affidati importanti uffici come quelli ricoperti dal-
l’insigne storico. Egli ha costituito nella vita della famiglia, un
esempio ed una guida ed è servito come pietra di paragone per tutti
6 ROBERTO RESTANI

i Campello che entrarono al servizio della cosa pubblica. Essi, infatti,
attraverso i secoli ed in circostanze diverse, hanno sempre informato
le loro azioni ed il loro pensiero ad una costante linea di condotta
e ad un medesimo indirizzo politico : denominatori comuni di questo
modo di sentire possono essere considerati la dedizione alla patria
ed al potere costituito, e la fedeltà all'insegnamento e alla autorità
della Chiesa. Quando peró, il seguire integralmente entrambi i prin-
cipi non sarà piü possibile; quando il contrasto tra i due cardini
della tradizione familiare e della educazione politico-sociale sarà
inevitabile, anche i Campello si troveranno a dover risolvere un
caso di coscienza tormentoso. Il loro problema si identificherà con
quello di tutti i cattolici-liberali del Risorgimento e, come quello,
non potrà essere risolto senza contraddizioni e compromessi.

Bisogna quindi tenere bene a mente questa considerazione, se
si vuole comprendere il pensiero e la figura del conte Pompeo che,
proprio in quel particolare periodo, si trovó erede di una tradizione
le cui componenti erano in netta antitesi: altrimenti si rischia di
falsare grossolanamente la visione storica di un'epoca e di dare un
giudizio completamente errato nei riguardi di un uomo.

2. — Il conte Pompeo Campello della Spina *).

Pompeo di Campello nacque a Spoleto il 15 febbraio 1803 da
Bernardino e da Beatrice dei marchesi Bourbon del Monte. Al fonte
battesimale gli fu imposto il nome dell'avo materno. Ancora bam-
bino, aveva solo sette anni, fu mandato con i fratelli Solone e Paolo,
al Collegio dei Sacerdoti Secolari di Castiglion Fiorentino. Qui, i tre
ragazzi proseguirono gli studi, già iniziati in casa sotto la guida di
un precettore non troppo ben preparato; ebbero buoni insegnanti
e specialmente il piccolo Pompeo si distinse subito per la non comune
intelligenza e per la particolare bontà d'animo dimostrata nel voler
assistere il fratello Paolo, malato di vaiolo. Constatati i soddisfa-
centi risultati scolastici, dopo qualche anno, i.conti di Campello deci-
sero di far tornare a casa i figli : Pompeo frequentó con molto profitto
le scuole pubbliche e a soli quattordici anni pronunció l'orazione
inaugurale accademica. Nell'agosto del 1823 moriva Pio VII e ve-
niva eletto papa lo spoletino cardinale Annibale della Genga, che
assumeva il nome di Leone XII. Il giovane Pompeo scrisse in suo
onore vari componimenti che furono poi raccolti in un libro e pubbli- UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO "gs

cati e valsero a segnalarlo all'attenzione dell'ambiente letterario e
culturale del tempo. La morte del fratello Paolo ed il distacco dalla
famiglia del primogenito Solone, lo posero d'improvviso nella posi-
zione di capo famiglia: si vide costretto a trascurare un poco gli
studi letterari e a dedicarsi all'amministrazione del patrimonio fa-
miliare. Nel 1824, nonostante la giovane età, ricopriva l'ufficio di vice-
governatore del comune di Campello. Nell'ottobre del 1827, Pompeo
conobbe Giacinta Ruspoli, figlia del principe Alessandro, che, dopo
essere rimasto vedovo della contessa Esterhazy de' Galanta, aveva
preso gli ordini sacerdotali. Ben presto i due giovani si fidanzarono
e il 26 maggio 1828 Giacinta Ruspoli diveniva contessa di Campello.
Fin dal 1827, Leone XII aveva inviato nella Archidiocesi spoletina,
in qualità di arcivescovo mons. Giovanni Maria Mastai Ferretti.
Ben presto tra il giovane presule ed il conte Pompeo sorse una cor-
diale amicizia e quando Giacinta dette alla luce il primogenito,
questi fu tenuto a battesimo dal pastore della diocesi spoletina. Ma
nell'aprile del 1830, la bionda e giovanissima compagna del conte,
dopo una grave malattia, mori e lasció nel dolore piü vivo lo sposo.
Si era nel momento in cui le acque della situazione politica italiana
cominciavano a muoversi e Pompeo, il quale fin da giovanissimo
aveva palesato sentimenti patriottici anche nei suoi componimenti
poetici, trovó nella vita politica uno sfogo al suo dolore. Scoppiata
linsurrezione nelle Romagne, fu nominato Capitano della Guardia
Civica, che si andava costituendo a Spoleto e, quando il 20 febbraio
si insedió il Governo provvisorio, il conte Pompeo fu chiamato ad
assumerne la presidenza. Durante quei giorni furono suoi ospiti, a
Spoleto, Napoleone e Luigi Bonaparte, fuggiti da Roma dopo un
fallito tentativo di rivolta. Pompeo li aveva conosciuti in casa Ru-
spoli durante il periodo del suo fidanzamento. A Bologna, dove
si riunirono i rappresentanti delle città insorte, Spoleto fu rap-
presentata dal Campello, affiancato dall’avvocato Pietro Savi. La
reazione austriaca, peró, cominció a farsi sentire e il movimento
rivoluzionario ben presto crolló. Il presidente del governo provvi-
sorio si rifugió nelle terre possedute dalla sua famiglia e precisa-
mente nella località La Spina. Proprio da questa località, bagnata
dalle acque del Clitunno, deriva il titolo nobiliare di cui era stato,
per primo, insignito nel 1814. I suoi beni furono ipotecati per
rappresaglia e su di essi pendeva la minaccia della confisca: ma
la reazione del governo pontificio non fu eccessivamente violenta.
Infatti, quasi tutti coloro che si erano compromessi con il governo

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8 ROBERTO RESTANI

rivoluzionario furono, prima o poi, « perdonati ». Pompeo affidò la
sua causa al suocero, principe Ruspoli, Uditore di Sacra Romana
Rota. Scomparso il timore di perdere i suoi possedimenti e di dover
prendere la via dell’esilio, egli tornò ai suoi studi letterari e fu preso
interamente dalla lettura delle opere del Balbo, del Gioberti, del
Rosmini, del Giusti e del Manzoni. Si stabilì in un primo tempo a
Firenze e quindi a Roma; qui partecipò alla vita letteraria del
tempo : scrisse e fece rappresentare una tragedia, Agnese Gonzaga,
che ebbe come interprete principale Adelaide Ristori, allora esor-
diente. Pubblicò inoltre molte altre poesie e canzoni di buona fattura
che contribuirono a farlo conoscere ed apprezzare sempre più nella
società romana. Nel marzo del 1846, lasciò Roma e si recò a visitare
Milano e Venezia. Conobbe così gli ambienti e i circoli letterari del-
l’Italia settentrionale, gravitanti in quel tempo intorno al Manzoni.
Ritornò nella città eterna nel maggio, in tempo per assistere all’ele-
zione del nuovo pontefice. Pochi giorni dopo il suo arrivo, moriva
infatti Gregorio XVI e l’antico arcivescovo di Spoleto, Giovanni
Maria Mastai Ferretti, veniva assunto al soglio pontificio con il
nome di Pio IX. Inutile dire la gioia e le speranze di Pompeo per tale
avvenimento. La sera stessa dell’elezione, egli si recò a rendere
omaggio al novello pontefice e fu da questi cordialmente ricevuto.
Per esternare la sua soddisfazione in seguito agli avvenimenti di quei
giorni, scrisse alcune poesie. Quando il Papa istituì la Consulta di
Stato, Pompeo fu chiamato a farne parte, il 14 ottobre 1847, in qua-
lità di rappresentante della città di Spoleto. Gli fu assegnato l’uf-
ficio di segretario della sezione incaricata di studiare la riforma del-
l’esercito pontificio e, nel disbrigo di tale mansione, si distinse par-
ticolarmente. In seguito poi alla notevole competenza acquisita
in materia, fu nominato Intendente Generale dell’esercito pontificio,
quando il generale Durando partì per il fronte. Nei comizi elettorali
del 18 maggio 1848 fu eletto deputato a Spoleto con voto quasi
unanime e, quando il Ministro delle Armi principe Doria dette le
dimissioni, Terenzio Mamiani lo chiamò a succedergli. Ebbe il porta-
foglio delle Armi anche nel ministero Fabbri : ma quando gli Austriaci
invasero le Legazioni, il ministro Campello pubblicò il 6 agosto
un patriottico proclama, in seguito al quale fu costretto a dimettersi.
Si ritirò allora nella proprietà di Campello e si occupò dell’ammini-
strazione dei suoi beni. Ma il 16 novembre un corriere, giunto da
Roma, gli consegnava la nomina da parte di mons. Muzzarelli a
Ministro delle Armi. Subito si trasferì nella Capitale, dove gli animi
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 9

erano piuttosto eccitati per il recente assassinio di Pellegrino Rossi,
e prese possesso del suo ufficio. Rimase al suo posto anche dopo la
fuga da Roma di Pio IX e non cessò di lavorare alacremente per
rendere efficiente al massimo l’esercito alle sue cure affidato. La sua
fama e la sua popolarità crebbero a tal punto che fu eletto deputato
alla Costituente nei collegi di Spoleto e di Roma. Votò per la deca-
denza del potere temporale e per la proclamazione della Repubblica
Romana; e quando gli Austriaci si fecero sempre più minacciosi e
il pericolo di una loro invasione vicino, fu inviato, per provvedere
alla difesa delle Romagne, a Bologna. Sorsero però dei dissapori
tra il Comitato Esecutivo ed il ministro, e questi rassegnò le dimis-
sioni ritirandosi di nuovo a Campello ; di qui, ritornò dopo non molto
tempo a Roma. Caduta la Repubblica Romana, fu costretto a tenersi
nascosto, perchè l’amnistia, decretata da Pio IX, non poteva essere
applicata nei suoi confronti : da essa infatti erano esclusi tutti coloro
che avevano avuto un portafoglio nel cessato governo. Pompeo,
che nel frattempo aveva lasciato Roma, per meglio sfuggire alle ri-
cerche, si trasferì da Campello a Spoleto ospite dell'amico fraterno
Salvatore Fratellini. Si rese conto ben presto, però, che, nonostante
l'antico vincolo di amicizia che lo aveva legato al pontefice non po-
teva sperare nel suo perdono, almeno per il momento. Si preparò
quindi ad andare in esilio. Anche per questo passo, però, occorreva
ricorrere ad un permesso sovrano, perchè il periodo concesso ai
compromessi per abbandonare il territorio dello Stato, era già tra-
scorso. Il Fratellini si recò allora a Roma dove, tramite il cardinale
Amat, chiese a Pio IX un salvacondotto che permettesse al Campello
di uscire indisturbato dai confini. Tale salvacondotto fu accordato
ed il Fratellini ritornò a Spoleto per dare la notizia al suo amico.
Nottetempo, Pompeo uscì dalla città ma, giunto nei pressi di Peru-
gia, a Ponte S. Giovanni la sua carrozza fu circondata da soldati ua-
striaci ed egli fu arrestato e condotto ad Ancona, dove rimase prigio-
niero nella locale guarnigione. Un suo amico riuscì ad avvertire dell'ac-
caduto il Fratellini, che si recò immediatamente a Roma per chiedere
spiegazioni. Qui si chiarirono subito i fatti : il cardinale D’Andrea,
capo del governo di Perugia, aveva pensato che l’ordine di « chiu-
dere un occhio » al passaggio del Campello, fosse stato dato arbi-
trariamente da mons. Savelli, suo avversario per certe liti di Curia.
Quindi non lo aveva tenuto in alcun conto ed anzi aveva pensato
astutamente di far arrestare l’ex ministro, anzichè dai carabinieri
da lui dipendenti, dalla locale guarnigione austriaca. Furono date 10 ROBERTO RESTANI

immediatamente disposizioni e il Campello, lasciato libero, potè
imbarcarsi su di un vapore diretto a Corfù. Di qui, dopo appena due
giorni, partì alla volta della Toscana, desideroso di stabilirsi in Fi-
renze, dove Io attendevano i cugini Bourbon del Monte. Ma la sua
richiesta di soggiorno non fu accolta dal governo granducale, nono-
stante i buoni uffici dei parenti, del nunzio pontificio e del ministro
di Francia. Dovette quindi imbarcarsi di nuovo e, da Livorno, dove
aveva atteso la risposta alla sua richiesta, si recò a Genova. Qui,
non fu fatto nemmeno scendere a terra e fu costretto a proseguire
per Marsiglia. Si stabilì nella città francese, ma non appena il governo
piemontese accettò la sua richiesta di soggiorno, si recò a Torino
dove fu accolto amichevolmente negli ambienti politici di quella
‘città. Tornò a scrivere per il teatro e pubblicò un dramma intitolato
Il trattato di Campoformio, a cui fece seguito l’altro dramma che
accrebbe di molto la sua fama: Nerone. Seguirono il Guicciardini
e il Dante Alighieri, «il più grande esule che mai fosse e si mostrasse
pieno di fede nella redenzione italiana ». Decise, quindi, di compiere
un viaggio a Parigi e a Londra, dove incontrò l’amico Luigi Pianciani
ivi in esilio. Nella capitale francese invece lo chiamava l’antica ami-
cizia con Luigi Napoleone ed il desiderio di rivedere il figlio. Fu ri-
cevuto all’Eliseo e fu trattenuto a colazione dal futuro imperatore.
Il permesso di stabilirsi a Firenze gli era stato ancora una volta
negato, nonostante la sua insistenza. Ritornò così a Torino, dove
rimase dall’autunno del 1852 sino al 1855. Il 21 febbraio di questo
anno si recò di nuovo a Parigi : sperava sempre in un'amnistia gene-
rale che gli permettesse di tornare in patria, ma le sue speranze anda-
rono sempre deluse. Soggiornò per qualche tempo insieme al figlio a La
Spezia, poi ad Ovada, dove fu ospite nella casa di campagna di un
negoziante genovese. Tornato a Torino, si recava sempre più spesso
a Parigi: faceva anche da intermediario tra i seguaci del principe
Luciano Murat, pur tenendosi lontano dalle loro manovre politiche.
Lo spingeva ad assolvere un simile incarico l’amicizia che lo legava
ad alcuni esponenti del partito murattiano. S'incontró ancora con
Napoleone III a Villeneuve l'Etang, presso S. Cloud, e parló con
lui della causa italiana. Da Parigi, nei primi giorni del 1859, scriveva
al figlio augurandosi che il nuovo anno fosse «un grande anno per
l'Italia ».

Caduto il governo granducale, Pompeo Campello si recó in
Toscana e il 15 agosto 1859 fissava la sua dimora in Firenze. Parte-
cipó al plebiscito, che doveva decretare l'annessione di quella re-
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 11

gione al Regno di Sardegna e, quando Cavour decise di invadere
l'Umbria e le Marche, egli fu invitato a recarsi, in qualità di Regio
Commissario, a Spoleto. Liberata questa città il 17 settembre 1860
si prodigò affinchè la nobile ed antica provincia spoletina non dive-
nisse «ancella di Perugia » Quando fu chiamato a far parte del
Senato con il decreto del 20 gennaio 1861, accettò con gioia Ia nomina
perché pensava di poter meglio esercitare, ricoprendo tale carica,
un'azione efficace per la sua città natale. Non fu molto assiduo ai
lavori del Senato e si interessò quasi esclusivamente di problemi
economici e finanziari. Quando nel 1867 Urbano Rattazzi fu incari-
cato di formare il ministero che doveva succedere a quello dimis-
sionario, presieduto da Bettino Ricasoli, il ministero degli Esteri
fu offerto al conte Campello della Spina. Questi, sulle prime, voleva
declinare l’offerta ma poi finì con l’accettare l’incarico. Preso pos-
resso del suo ufficio, cercò di rendersi rapidamente idoneo a ri-
coprire quell’incarico per lui completamente nuovo. Questo av-
veniva mentre la questione romana era giunta ad una svolta de-
cisiva. Il ministro cercò di risolvere in ogni modo tale questione,
aiutato in ciò dall'opera diplomatica del Nigra; ma quando Napo-
leone III decise di intervenire a Roma, dando ordine alla flotta fran-
cese di salpare da Tolone, egli si accorse dell’inutilità dei suoi sforzi.
Il ministero Rattazzi era costretto a rassegnare le dimissioni ed il
ministro degli Esteri seguiva le sorti del governo. Dopo questa
esperienza, il conte Pompeo si tenne sempre lontano dalla politica
attiva; ma aveva preso a seguire le questioni di politica estera con
assai più vivo interesse di come prima non avesse fatto ; apprezzava
nel giusto valore l’azione dei suoi successori specialmente del Visconti-
Venosta. Non accolse perciò con soddisfazione l’avvento della Si-
nistra specialmente per la nessuna fiducia che egli aveva nel De-
pretis e, negli ultimi tempi, «s'irritava al solo sentirne il nome » *).
Poche volte si recò al Senato e alimentò la corrispondenza con i
suoi colleghi solo per averli mediatori a favore del comune di Spoleto
‘e dei suoi concittadini. Si era ritirato nella città natale da poco
tempo quando la scomparsa della seconda moglie, sposata durante
l'esilio, lo rattristò immensamente : da questo dolore non si ri-
prese più e la sua fibra cominciò ad indebolirsi. Nel 1880, veniva
appagato un suo antico desiderio : in seguito alle benemerenze
acquistate con la partecipazione alla guerra del 1848, gli veniva
riconosciuto il grado militare onorario di Intendente Generale. Dal
settembre del 1882, il male che lo affliggeva da tempo cominciò 12 ROBERTO RESTANI

a dargli sempre meno tregua : nei rari momenti in cui le sue con-
dizioni glielo permettevano, dettava qualche poesia. In questo
periodo strinse una sincera amicizia coll’arcivescovo Cavallini-Spa-
doni con il quale discuteva di poesia e di letteratura. La morte
giunse, dopo due anni di sofferenze, il 24 giugno 1884. Fu sepolto
nel pubblico Cimitero nella tomba di famiglia da lui stesso fatta
costruire : l’intera cittadinanza gli tributò «gli onori che poteva
maggiori » 5).

II

IL PRESIDENTE DEL GovERNO PROvvISORIO
DURANTE I MOTI DEL 1831

Tramontato definitivamente a Waterloo l'astro napoleonico,
anche in Umbria fu restaurato il dominio pontificio. Pure in questa
regione le idee nuove, sorte durante il periodo dell'occupazione fran-
cese, avevano risvegliato lo spirito dei migliori cittadini, cosicché
con il ritorno all'antico regime le cospirazioni e gli aneliti alla li-
bertà non furono soffocati anzi presero nuovo vigore. Anche a
Spoleto il numero dei liberali superó di gran lunga quello dei retrivi
e gli uomini piü illustri della città appoggiarono e propagandarono
le nuove idee.

Nel 1816 fece una prima apparizione a Spoleto una specie di
conventicola di «Liberi Muratori»*) (Fanc-Macons), proveniente
dall'Italia meridionale. Ben presto la Carboneria soppiantó peró
questa conventicola e i cospiratori aumentarono notevolmente di
numero. Durante i moti del 1821, i patriotti spoletini furono in
relazione con gli insorti delle altre regioni e presumibilmente anche
cogli affiliati alla « vendita » napoletana *).

Durante il pontificato di Leone XII della Genga, spoletino
(1823-1829), la città attraversó un periodo di calma poiché il pon-
tefice, severo e reazionario altrove, si mostró tollerante nel suo
paese nativo *), Egli accrebbe il decoro edilizio della città, le ottenne
nuove funzioni politiche e civili, l'arricchi economicamente e riuni
alla provincia di Spoleto quella di Rieti e Sabina »).

Si giunge cosi al 1831. Delegato Apostolico è mons. Domizio
Meli-Lupi dei Principi di Soragna e arcivescovo mons. Giovanni
Maria Mastai Ferretti. Scoppiato il moto insurrezionale a Modena
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 13

e a Bologna, anche Spoleto si sollevò. I cittadini, essendosi diffusa,
per opera soprattutto di Gioacchino Pompili, la voce di una minaccia
di evasione di 600 forzati dal penitenziario della Rocca, si costitui-
rono in milizia col pretesto di sorvegliare l'ordine. Ne fu nominato
capitano il conte Pompeo di Campello e la milizia cittadina prese
posto nel Convento di S. Simone 1°). L’arcivescovo Mastai, che aveva
visto di buon occhio la costituzione della compagnia, ed anzi si era
offerto di assumere l’ufficio di Cappellano del corpo volontario, pensò
bene di parlare alla truppa, precedendo in questo il Delegato Apo-
stolico ; cosicchè il 16 febbraio invitò i militi al giuramento di fe-
deltà alla Santa Sede. Ma il suo invito cadde nel vuoto ; le reali
intenzioni si fecero palesi e la rivoluzione divampò *). Il Delegato
Apostolico fuggì a Rieti e successivamente anche l’arcivescovo Ma-
stai, vestito da semplice prete, attraverso il Monteluco e il monte
S. Leonardo 12), si rifugiò a Leonessa, compresa nella diocesi di Spoleto
ma appartenente al Regno di Napoli »). Il 16 febbraio si costituì
un Comitato di Governo provvisorio che emanava un proclama
contenente provvedimenti di immediata attuazione riguardanti la
protezione della religione, della proprietà e degli «individui par-
ticolari » ; la esclusione della lingua latina nella « attitazione civile » ;
l'invito a tutte le città di eleggere i propri rappresentanti ; l'aboli-
zione del dazio sul macinato ; l’assunzione dell’ordine pubblico da
parte delle « Guardie Nazionali»; l’istruzione della gioventù e la
laicità delle scuole *). Il 20 febbraio, il Comitato prese il nome di
«Governo»: Pompeo di Campello fu nominato presidente; Sal-
vatore Fratellini, Segretario relatore; Giovanni Molfino e Filippo
Teoli, membri.

Frattanto, Bologna chiamava i rappresentanti delle città in-
sorte e Spoleto inviò come tali il Campello e l'avvocato Pietro Savi.
Partiti il 21 febbraio, giunsero a Bologna il 2 marzo perchè tratte-
nuti, durante il viaggio, da festeggiamenti ed accoglienze: nel
frattempo l’Assemblea delle Provincie Unite Italiane, in data 26
febbraio, aveva dichiarato decaduto il potere temporale. Ma avendo
essi approvato «l'emancipazione dal dominio temporale dei Papi,
e l’unione delle loro Città alle altre Provincie venute in libertà »,
furono ammessi a partecipare ai lavori dell'Assemblea *5), lavori che
culminarono con la promulgazione, in data 4 marzo, della Costitu-
zione Provvisoria del Governo delle Provincie Unite Italiane. La
Costituzione provvisoria istituiva, fra l’altro, un Consiglio dei Mi-
nistri ed una Consulta legislativa e come rappresentante di Spo- 14 ROBERTO RESTANI

leto in seno a quest’ultimo consesso, veniva nominato Pompeo
Campello *).

Però, non appena gli Austriaci decisero di intervenire sconfig-
gendo a Rimini le forze ribelli il 25 marzo, i governi liberali cadderò
l’uno dopo l’altro in pochi giorni. Il Governo, da Bologna, si ritirò,
sotto l’incalzare di forze preponderanti, verso Ancona, dove infine
capitolava « per risparmiare nella lotta troppo disuguale una inutile
effusione di sangue » ; così si legge nel Manifesto della Capitolazione
del 26 marzo redatto alla presenza del cardinale Benvenuti. Spoleto,
dopo la caduta di Ancona, resistette ancora per due giorni; anche
qui peró il giorno 28, il Governo provvisorio si scioglieva. Il Cam-
pello, di ritorno da Bologna, invece di ritornare nella casa di Spoleto,
si rifugiò nelle sue terre sulle rive del Clitunno; qui lo raggiunse
il consiglio della madre di tenersi nascosto. I suoi beni furono ipote-
cati e ufficialmente si ignorava dove egli fosse. Nel frattempo, era
ritornato da Leonessa il 29 marzo l’arcivescovo Mastai-Ferretti,
e su consiglio di quest’ultimo, Pompeo affidò la sua causa al suocero
mons. Alessandro Ruspoli, Uditore di Sacra Romana Rota. Mons.
Mastai scriveva a quest’ultimo una lettera in data 8 aprile nella
quale cercava di scusare oltre che la condotta di Pompeo, anche
la sua +). Infatti non pochi cardinali di curia soffiavano a Roma
contro il presule spoletino, accusato di aver simpatizzato con i
liberali. Ma nonostante il tentativo da parte dell’arcivescovo di
sminuire l'accaduto, monsignor Ruspoli in una lettera scritta a
Pompeo in data 9 aprile, già gli prospettava la gravità della situa-
zione in cui si trovava :*). Pompeo fu quindi consigliato di recarsi,
senza sostare a Spoleto, a Vignanello: da qui fu accompagnato da
mons. Ruspoli al convento dei Passionisti di S. Angelo nei pressi
di Vetralla. Durante il soggiorno presso quei padri, il suocero lo
teneva informato di come procedevano le cose in Roma, gli descri-
veva lo stato di confusione che regnava nella Curia Romana e dava
a sperare sulla possibilità di ottenergli un Rescritto per poter ri-
tornare a Spoleto #). Lo ottenne infatti, ed il 7 maggio Pompeo
Campello, munito di un «attestato » rilasciatogli dal suo confessore ®),
lasciava il ritiro di S. Angelo e ritornava a Spoleto. Dovette peró
trascorrere ancora del tempo prima che le cose si chiarissero defi-
nitivamente 2»). Finalmente ai primi di giugno giunse la tanto so-
spirata lettera assolutoria *) e, scomparso il timore di dover prendere
la via dell'esilio, il Campello si immerse nei suoi studi letterari anche
se dovette attendere il 20 settembre 1833 perché l'iscrizione ipo- UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 15

tecaria posta in data 11 aprile 1831 sui suoi beni potesse essere
cancellata ?). Pompeo avrebbe voluto per « prudenziali motivi » sta-
bilirsi a Roma : ma avendo avute difficoltà da parte delle autorità di
polizia, decise di partire alla volta della Toscana ed andò a vivere a
Firenze dove erano i parenti Bourbon del Monte. Nel 1840 tornava
a Spoleto e l’anno seguente poteva finalmente stabilirsi a Roma.

Dal 1835 al 1845 la vita artistica e letteraria assorbì comple-
tamente le sue forze : a Firenze però aveva anche modo di conoscere
e di stringere rapporti con i maggiori esponenti del liberalismo to-
scano. Frequentava con speciale propensione l’allora famoso ga-
binetto Vieusseux dove, se si discorreva di arte e di letteratura,
si cominciava anche a parlare, da parte degli spiriti più eletti, delle
aspirazioni nazionali e della necessità di riforma degli istituti po-
litici. Il Campello, pur mantenendosi estraneo agli accordi che i
liberali venivano prendendo — Massimo D’Azeglio volendo corri-
spondere con un umbro della sua opinione si era infatti rivolto a
Gioacchino Pompili — nei suoi componimenti faceva sempre più
esplicite allusioni ai problemi dell’Italia ed alle aspirazioni di li-
bertà e di indipendenza. Maturava dentro di sè un conflitto profondo.
apertosi in seguito al fallimento dei moti del 1831. Affacciatosi alla
ribalta della vita politica in un momento particolare della sua esi-
stenza, quando cioè il desiderio ed il bisogno di lenire il dolore che
lo aveva colpito erano più vivi, avvertiva ormai pienamente il
contrasto latente tra la sua professione di fede religiosa e l'altret-
tanto forte amore per la patria e la libertà. Il suo carattere lo por--
tava a trovare rifugio nella creazione drammatica ; ma allo spirito
mancava quel non so che capace di conciliare completamente il
dualismo che lo tormentava: dualismo tra il passato e l'avvenire,
tra il liberalismo ed il cattolicesimo, tra la fedeltà al potere tem-
porale e l'aspirazione ad una Italia libera ed indipendente.

Quando nel 1843 apparve l'opera filosofico-politica del Gioberti
Del Primato civile e morale degli Italiani, al Campello sembrò fi-
nalmente di aver raggiunto la pace interiore. I suoi sentimenti, che
prima lo ponevano in intimo contrasto, trovavano la giusta siste-
mazione nella prosa eloquente anche se non priva di enfasi del-
l'abate torinese. « Unione di principe e popolo, di laicato e di clero,
di religione e di progresso ; elevazione intellettuale, morale ed eco-
nomica delle plebi; confederazione degli Stati italiani sotto la pre-
sidenza del Papa, come espressione d'unità nazionale e indipen-
denza dallo straniero ».
ROBERTO RESTANI

16

Il suo sentire liberale, allora in rapida formazione, trasse dal- |
l'opera del Gioberti la linfa vitale necessaria ad un ulteriore irrobu- |
stimento di quei principî che dovevano rimanere in lui immutati
per tutta la vita.

La sua indole non poteva rimanere indifferente a quello che
letterati, poeti, economisti e sociologi andavano predicando tutti
con la stessa fede ardente. Antonio Rosmini asseriva l’eterno diritto
del popolo alla libertà, la lega santa contro l’Austria, la riforma |
religiosa e la redenzione nazionale. Fuoruscito sdegnoso in terra
di Francia, Terenzio Mamiani, l'ex Segretario dell'Assemblea delle
Provincie Unite, voleva che si ridestasse la tradizione del pensiero
italico. Niccoló Tommaseo, maestro della scienza morale, filosofo,
critico, artista, patriota, invocava libertà. Per arricchire la mente
di nuove cognizioni e per conoscere di persona i letterati insigni
dell'epoca coi quali aveva corrispondenza, nel marzo del 1846, in
compagnia dell'amico Giuseppe Fratellini, iniziò un lungo viaggio
toccando Torino, Milano, Venezia e spingendosi, per Trieste, a
Vienna ed in Ungheria. Durante il viaggio di ritorno, incontrò a Bo-
logna, diretto anche lui verso Roma, il gesuita padre Bresciani,
autore del romanzo L'Ebreo di Verona. Nella sua opera, questi ac- |
cenna a quel viaggio, attribuendo alle visite fatte dal Campello
in Lombardia e nel Veneto uno scopo politico. Questa supposizione
peró non é basata su alcuna prova e si ha motivo di credere che
sia solo frutto di immaginazione *). Poco dopo il ritorno a Roma
del Campello, il 19 luglio 1846 moriva Gregorio XVI.

III

IL MINISTRO DELLA GUERRA
NELLA REPUBBLICA ROMANA DEL 1848-1849

Il 16 giugno 1846, al terzo giorno di Conclave, fu eletto il nuovo
papa nella persona del cardinale Giovanni Maria Mastai Ferretti.
. Sono ormai troppo note e conosciute le speranze ela gioia che ac-
compagnarono l'elezione del nuovo pontefice perche ci si debba
| soffermare ad esaminarle: giova qui invece ricordare che già con-
quistato dalle idee del Gioberti, il Campello divenne un neoguelfo
dei più fiduciosi ed ardenti. La conoscenza personale che aveva del
cardinale Mastai gli dava la certezza che questi sarebbe stato in
grado di essere il papa di cui il filosofo piemontese era stato il pro- TAVOLA 1

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Lettera dell'arcivescovo di Spoleto, mons. Giovanni Maria Mastai Ferretti, indirizzata a
mons. Alessandro Ruspoli, uditore di Sacra Romana Rota. (Vedi nota n. 107).
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 17

feta; e senza esitazione, si unì all’entusiasmo che faceva in tutta
Italia inneggiare a Pio IX.

Il vecchio arcivescovo di Spoleto, incamminatosi sulla via delle
riforme, allorchè istituì la Consulta di Stato con Motu-Proprio del
14 ottobre 1847, si ricordò dell’antica amicizia che lo legava al conte
Pompeo di Campello e chiamò quest’ultimo a far parte della nuova
istituzione come rappresentante della città di Spoleto. La Con-
sulta si divideva in sezioni, ciascuna delle quali si occupava dei
diversi rami del governo. Il Campello, forse perchè tra i più giovani,
fu assegnato a quella che studiava la riforma dell’esercito. All’in-
terno di tale sezione, gli fu affidato l’incarico di Segretario. Nel
nuovo ufficio, si distinse particolarmente per le sue capacità e doti di
instancabile lavoratore *). Studiò gli ordinamenti militari di Francia,
Austria, Napoli e Piemonte: tutto il lavoro della sezione pesava
infatti sulle sue spalle perchè il presidente, principe Pietro Ode-
scalchi, letterato di discreto valore, di eserciti e di armate ne sa-
peva meno degli altri. Gli studi e le proposte per il nuovo ordina-
mento militare procurarono al Campello una notevole fama e grande
reputazione. Il gonfaloniere di Spoleto, Luigi Pianciani, a nome della
cittadinanza, inviava al nobile concittadino una lettera quale « at-
testato di distinta stima » *). E quando il Campello presentò il pro-
getto da lui redatto, ricevette sempre dal gonfaloniere di Spoleto
e suo diletto amico una lettera attestante la gratitudine della « Uf-
ficialità » della guarnigione della città, «grata oltremodo » per il
progetto di riforma dell'organizzazione militare ?).

Scoppiata la prima guerra d’indipendenza, Pompeo Campello
fu nominato Intendente generale al seguito delle truppe del ge-
nerale Durando. Cercò anche in questo nuovo incarico di essere
all'altezza della fama acquistata ; studiò infatti un sistema di as-
sistenza per le famiglie dei soldati partiti per il fronte ed indirizzò
su questo argomento un « Ordine del giorno alle truppe pontificie
di linea » 8) : partecipò inoltre anche ad azioni di guerra presso Vi-
cenza. Il 18 maggio 1848, per attuare l’art. 31 dello Statuto fonda-
mentale concesso il 14 marzo da Pio IX, si tennero i comizi eletto-
rali ed il conte Pompeo Campello fu eletto deputato a Spoleto con
voto quasi unanime. « Uomo di grande facondia non è; ma saprà
parlare il vero e saprà parlarlo coraggiosamente. Val meglio una
verità a tempo e la coscienza per sostenerla, che il belletto delle
artefatte rettoriche » 2°).

Fu assiduo ai lavori parlamentari anche se raramente prese

2
ROBERTO RESTANI

18

la parola : era incaricato dei servizi della Intendenza presso il Mi-
nistero, esercitandovi quasi le funzioni di sostituto del ministro delle
Armi Doria Pamphili a nome del quale sostenne innanzi al Con-
siglio dei deputati nella seduta del 29 luglio il progetto, dovuto spe-
cialmente alla sua collaborazione, di riordinamento dell'esercito ^).
Il suo primo incarico ministeriale durò pochi giorni: vi era stato
chiamato, si può dire, dalla pubblica opinione tanto che il governo,
che era quasi in crisi sul finire del luglio, pareva « che avesse presa
fermezza, perchè il Mamiani aveva detto al Consiglio dei Deputati,
come il Papa si fosse accordato con esso lui, e perchè erasi mutato
il Ministro delle Armi, ponendo in luogo del Principe Doria, il Conte
Campello da Spoleto » »). Ma questi ebbe appena il tempo di indi-
rizzare un caldo appello ai soldati dell’esercito pontificio 3). che il
Papa licenziò il Mamiani e chiamò a succedergli il conte Fabbri.
Ma anche nel nuovo ministero, presieduto dal cardinale Soglia,
al conte Campello veniva affidato il portafoglio delle Armi.

Nel frattempo l’Austria, impegnata militarmente nel Veneto,
aveva per fini strategici invaso il territorio pontificio nei pressi
di Ferrara. Il papa aveva diretto una vibrata protesta al governo
di Vienna con circolare diplomatica del 18 luglio. Ma gli austriaci,
per nulla preoccupati delle proteste del pontefice, proseguivano nella
loro opera vandalica. « Si eran tagliati gli argini, e il fiume irrom-
peva sui fertili campi; si distruggevano i raccolti, e si recideva la
canepa immatura ; si abbattevano alberi e s'imponevano taglie ; si
usavano sevizie contro chi tardava ad offrire cibo e ricovero a
quei ribaldi » ®*).

A tali notizie, il Ministro delle Armi si preparò alla difesa ed
all'alba del 6 agosto scrisse un proclama di cui mandò una copia
al Fabbri chiedendo correzioni se ne avesse avvertita la necessità.
Non avendo ricevuto alcuna risposta, fece stampare a mattina
inoltrata il testo da lui redatto. Nel proclama si denunciava aper-
tamente l’aggressione austriaca e con un linguaggio patriottico
— «inteso il volere di Sua Santità » — si invitavano tutti i citta-
dini ad impugnare le armi per difendersi dalla « rabbia vandalica
di un crudele nemico » ®*).

«Che i battaglioni de’ volontari e la milizia civile potessero
ingrossarsi di quanti fossero spinti a prendere il fucile, era cosa per
la quale Pio IX aveva sin dai primi sintomi di guerra dato formale
assenso ; che nel giorno in cui l’invasione pareva più vicina per
mezzo del cardinale Soglia, il Pontefice avesse confermata l’antica UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 19

annuenza a tali misure, più atte a dare sfogo all’irritazione popolare,
che a respingere il potente invasore, era pur vero e perciò giustifi-
cata era l'asserzione di avere l'assenso di Sua Santità » *).

Ma il caldo spirito patriottico e le parole con cui il Campello
dette sfogo ai propri genuini sentimenti di amor patrio erano in
netto contrasto con il linguaggio usato fino a quel momento dai
ministri pontifici. Le reazioni delle potenze straniere e le pressioni
diplomatiche furono talmente forti che le dimissioni del Ministro
delle Armi si rivelarono indispensabili. La mattina del 7 era ancora
in carica, ma non doveva trascorrere quella giornata che egli ve-
niva allontanato e sostituito nell'ufficio *). Alla Camera Costitu-
zionale, nella seduta successiva, diversi deputati chiesero inutilmente
spiegazioni sull'improvviso mutamento mentre il Campello, presente
in aula, non sedeva piü al banco del governo e non credeva oppor-
tuno nemmeno a sua volta rispondere alle domande. Era tornato
al suo posto di «centro-destro », già scelto come conforme al suo
indirizzo politico di allora: nonostante l'enciclica del 29 aprile,
sperava ancora in un'azione del pontefice non contrastante con
le sue speranze patriottiche e con il principio dell'indipendenza
nazionale. Il suo ermetico silenzio era la prova piü palese della
ferma volontà di non voler concorrere a far aprire una discussione
su quella che era stata una mossa ripensata del papa cosi difforme
dalla assicurazione che il Campello aveva ricevuto. Usciva cosi
dalla scena politica e si ritirava nella quiete della sua casa, sulle
rive del Clitunno.

La sua incondizionata fiducia nel pontefice, aveva subito peró
una seppur leggera scossa: il dubbio che le aspirazioni nazionali
non potessero concordare con l'azione politica del papa, cominciava
ad insinuarsi nella sua coscienza. Prova di tale stato d'animo è
il fatto che l'ex Ministro delle Armi, una volta ritornato in patria,
fondó il 19 settembre 1848 il Circolo Popolare Spoletino insieme con
gli «spiriti più zelanti dell'onor patrio e della pubblica prospe-
rità ». Chiamato ad assumerne la presidenza, indirizzó ai concitta-
dini, insieme al Comitato, un manifesto con il quale comunicava
«le opinioni, lo scopo e l'utilità » della nuova associazione *?). Non che
in tale manifesto venissero esposte idee e programmi rivoluzionari,
ma il fatto stesso che il conte Campello avesse accettato di parte-
cipare ad una associazione e di presiedere un comitato i cui com-
ponenti non erano tutti ligi all'ortodossia cattolica, costituiva un
fatto nuovo. I Circoli Popolari, inoltre, sorti nelle più importanti

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inn
20 i ROBERTO RESTANI

città d’Italia, dopo i primi movimenti rivoluzionari del '48, erano
associazioni, che proponendosi, fra l’altro, una maggiore compren-
sione fra le varie classi sociali ai fini del raggiungimento della li-
bertà e dell'indipendenza, venivano giudicate dagli ambienti cattolici
reazionari come « centri e focolari d’ogni civile perturbazione » ®). A
Roma, intanto, il ministero presieduto dal conte Fabbri si era di-
messo : il conflitto tra i liberali, che volevano la effettiva trasfor-
mazione costituzionale dello Stato, e il pontefice, che non intendeva
rinunciare alla propria autorità, si faceva sempre più aperto. Un
tentativo di ricondurre l’ordine fu compiuto da un ministero mo-
derato, presieduto dal giurista carrarese Pellegrino Rossi: ma
questi veniva pugnalato il 15 novembre.

Nel pomeriggio del giorno seguente, giungeva al Campello un
dispaccio da Roma: monsignor Muzzarelli gli annunciava la sua
designazione a quel ministero dal quale era stato allontanato per
i suoi sentimenti patriottici. Il conte partì per Roma dove giunse
il giorno 20 prendendo immediatamente possesso del suo ufficio.
Nell'indirizzo subito diretto ai « Soldati e Officiali di ogni arme »,
diceva fra l'altro : «Il voto Vostro e del Popolo mi designò al Mi-
nistero ; benignamente il Principe condiscendeva. Io, non per sen-
timento d'orgoglio, né per desiderio di potere, ma per amore del
mio Paese, accettai. Ció di che posso assicurarvi si è, chele poche
mie forze saranno tutte consacrate a corrispondere degnamente a
tanta fiducia » ®).

Si rese subito conto che elementi estremisti cercavano di pro-
fittare della situazione, ma la fiducia che ancora riponeva nel pon-
tefice gli dava a ben sperare per l'immediato futuro. D'altronde
proprio dal ministero a lui assegnato dipendeva l’ordine interno,
l'indipendenza e la difesa nazionale ; e da parte sua non era certo
disposto a transigere su questi principi. Improvvisamente però,
nella notte dal 24 al 25 novembre, Pio IX fuggiva da Roma, ri-
petendo, stranamente, da pontefice quanto aveva fatto da arcive-
scovo spoletino nel 1831. Il Campello rimase profondamente colpito
dalla partenza del papa ed in preda allo sconforto scrisse alla madre,
aggiungendo « che forse dopo poco lo vederebbe rimpatriare » *?. Ma
superato il primo momento di sbigottimento il Ministro delle Armi
restò al suo posto validamente coadiuvato dal Segretario Generale
Federico Torre, dal Mezzacapo e dal Calandrelli.

Bisognava innanzi tutto ristabilire lordine e la fiducia nelle
truppe, ordine e fiducia che erano minacciati dal pericolo di una UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO

scissione. Al momento dell'uccisione di Pellegrino Rossi, infatti,
Ministro delle Armi era il generale Zucchi: questi dopo la fuga di
Pio IX, aveva tenuto nei confronti del nuovo ministero. un com-
portamento tale da far dubitare della sua lealtà sia il ministro
Campello che il Ministro dell'Interno. Ed i sospetti si rivelarono
fondati quando al ministero delle armi giunse una comunicazione
con la quale si rendeva noto al Campello che il generale Zucchi aveva
fatto chiaramente intendere alla « Uffizialità di Ogni Corpo », che
egli non riconosceva « affatto il Ministero perchè intruso » e che lui
era il vero Ministro delle Armi 4).

Giunto a conoscenza di questo fatto, il Campello non indirizzò
più allo Zucchi alcun ordine militare: inoltre da alcune lettere
anonime pervenutegli 4), aveva ormai appurato che il generale era
un esponente della parte favorevole all’incondizionato dominio del
pontefice. Questi infatti, da Gaeta dove si era rifugiato, emise il
27 novembre -un proclama indirizzato « Ai Suoi dilettissimi sud-
diti » 4) : con tale proclama sconfessava il Ministero Democratico ;
dichiarava che le violenze subite negli ultimi tempi lo avevano co-
stretto ad abbandonare Roma ; nominava una Commissione Gover-
nativa, presieduta dal card. Castracane e vi chiamava a farne parte
anche il gen. Zucchi. Questi, dopo aver scritto lettere offensive al
Campello, **) raggiungeva il papa a Gaeta e da qui cercava di sobillare,
ma inutilmente, il Corpo di Cavalleria di Roma. In precedenza, il
Circolo Popolare Spoletino aveva scritto un indirizzo di solidarietà
al ministro deplorando «l'abbominevole ed abbiettissima lettera
con la quale il Generale Zucchi insultava all'immacolata innocenza,
ed alla magnanima virtù » del suo presidente *). Questi aveva cer-
cato infatti di mantenere nella polemica un tono sempre conciliante
ed aveva indirizzato al generale una lettera da cui trasparivano
in modo evidente i sentimenti da cui era animato nei riguardi della
nuova situazione politica 4).

Il dubbio — già insinuatosi nella sua mente — che le aspira-
zioni nazionali non potessero concordare con l'azione politica del
papa, sotto l’incalzare degli avvenimenti stava diventando una
certezza. Il Campello, leale fino al punto da apparire ingenuo,
non poteva certo comprendere il motivo che aveva spinto il ponte-
fice a chiamare al Governo, per poi squalificarli appena fuori Roma,
ministri invocati dal popolo. Il pensiero politico del Gioberti, che
tanto lo aveva affascinato durante il suo soggiorno fiorentino, gli
si rivelava per quell'utopia che era.

reae erra. DU DAMNA, UO d Aras iaia

n——g ROBERTO RESTANI

Chiamato al Ministero, aveva rassegnato il mandato parla-
mentare ; ma era stato subito rieletto a larghissima maggioranza *').
La legge infatti permetteva di riaffidare alla stessa persona il man-
dato parlamentare che si doveva deporre nell’assumere un porta-
foglio. Naturalmente il Circolo Popolare Spoletino aveva indirizzato
un invito agli elettori del distretto di Spoleto affinchè rieleggessero
il ministro Campello e confermassero la loro solidarietà all'illustre
concittadino *).

Quando la Magistratura della città di Perugia rivolse domanda
al Consiglio dei Ministri affinchè fosse autorizzata a demolire una
parte della Rocca Paolina, il Campello partecipò all'esame della
richiesta e ne comunicò l’esito favorevole alla direzione del Circolo
Popolare di Perugia che inviò al Ministro delle Armi una lettera
di plauso e di ringraziamento **).

Nel riorganizzare ed aumentare la consistenza dell’esercito, il
Campello tenne in massima considerazione le necessità e la sicurezza
del paese e non fece mai prevalere le proprie simpatie. Cercò di
rendere disciplinati il più possibile anche i Corpi Franchi che si
trovavano nello Stato ed in seguito ad una comunicazione del-
l’amico Luigi Pianciani, ammise la legione di Garibaldi al servizio
dello Stato #). Le condizioni in cui essa si trovava dovevano essere
veramente di assoluta indigenza : infatti il generale nelle lettere
indirizzate al ministro Campello, non faceva altro che chiedere
«il pronto invio del vestiario e massime dei cappotti, e scarpe, tro-
vandosi la gente in uno stato deplorabile » °°).

Frattanto, falliti i tentativi di parte moderata di stringere un
accordo con il pontefice fuggiasco 9), la situazione in Roma volgeva
rapidamente verso le naturali conseguenze. Il 29 dicembre fu pub-
blicato il decreto con cui si preannunciava la convocazione del-
l'Assemblea Generale Nazionale dello Stato Romano per stabilire la
nuova forma politica da dare agli Stati Pontifici, e venivano indette
le elezioni per il 21 gennaio 1849. Immediatamente, in seguito a tale
fatto, Pio IX indirizzava da Gaeta una notificazione ai cattolici degli
Stati Pontifici =). Tale notificazione che non differiva di molto, almeno
per ciò che riguarda il tenore, dalle bolle di scomunica, fece crollare le
ultime speranze che il Campello ancora nutriva nella possibilità di
trasformare il potere temporale da regime assoluto ed autoritario
a regime liberale e costituzionale. Già il 29 aprile, con l'ormai nota
allocuzione ai cardinali riuniti in Concistoro segreto, l’idillio fra
Pio IX e la causa nazionale era finito. Ma i moderati, e con essi UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 23

il Campello, avevano seguitato a nutrire una qualche fiducia nella
concezione di una federazione fra i vari stati della Penisola con a
capo il pontefice : e su questa via avevano infatti cercato l'accordo
ed il compromesso. Ormai però il distacco fra Italia e Papato, dopo
una effimera speranza di pacifica coesistenza, era definitivamente
segnato anche nei cuori di coloro che erano stati servitori ossequienti
della Sede temporale e cattolici osservanti. Essi pure si rendevano
perfettamente conto che il disegno di conciliare il liberalismo con
la concezione teocratica su cui si basava il governo degli stati pon-
tifici, era cosa assurda.

Tali idee apparivano ormai chiare alla mente del conte Pom-
peo : e un suo amico, a noi sconosciuto, nell’inviargli il testo della no-
tificazione suddetta postillò il foglio a stampa con la seguente scritta :
« Erit tibi sicut gladius pertingens usque ad divisionem animae » *).
In questa frase c'era tutta la comprensione e la consapevolezza
del dramma che il Ministro delle Armi aveva vissuto e stava vi-
vendo. Ma si era ormai giunti all'epilogo: non si poteva sperare
oltre perché il «gladius» aveva veramente scisso in due la perso-
nalità dell'uomo. Da un lato, avremmo avuto, d'allora in poi, il
cattolico sincero ed ossequiente alle direttive ecclesiastiche in campo
morale e religioso; dall'altro l'uomo politico, il liberale, l'avver-
sario strenuo della « temporale Sovranità dei Sommi Romani Pon-
tefici ».

Alcuni vorrebbero far credere che il Nostro si sia trovato in-
vischiato in una imbarazzante situazione e non abbia potuto o
saputo trarsi in disparte : quindi nessuna crisi di ideali ma soltanto
un adattamento per necessità alla situazione contingente **). Potrebbe
anche darsi: ma allora come spiegare la noncuranza per le rac-
comandazioni e gli inviti che amici carissimi gli rivolgevano affinchè
abbandonasse il Governo 5) ? Come spiegare la dedizione e la so-
lerzia con cui veniva condotto il lavoro al Ministero delle Armi 59) ?
Come spiegare l'atteggiamento fermo e deciso ed il linguaggio usato
nelle sedute parlamentari 5) ?

Nelle elezioni del 21 gennaio, il conte Pompeo Campello veniva
eletto deputato alla Costituente sia nella città di Roma **) che nella
provincia di Spoleto. In quest'ultima, ottenne il numero piü alto
di suffragi : 6677 *»). Riunitasi l'Assemblea Costituente, votó a favore
del nuovo ordine popolare e repubblicano, proclamato il 9 febbraio
con una legge di quattro articoli *).

Con il mutato nome di « cittadino Ministro di Guerra e Marina »

alviero

Luzzi
x n—Á Ü
24 ROBERTO RESTANI
rimase nel governo repubblicano ®) : fece approvare, fra l’altro, il
decreto di requisizione per uso delle batterie di artiglieria di tutti
i cavalli « dei così detti — secondo l’espressione del decreto — Pa-
lazzi Apostolici e del Corpo delle Guardie Nobili » ; nè ebbe ritegno
di qualificare « una contaminazione » la sola lettura nell’ Assemblea
della protesta di Pio IX quantunque fatta a puro titolo informativo.

Ecco quindi come ci appare dai documenti, la condotta del
ministro Campello ; e un simile comportamento doveva essere con-
sono in un tale uomo al suo pensiero politico. Rimase un moderato,
un esponente di quella corrente che aveva nell’assemblea costituente
il più tipico rappresentante in Terenzio Mamiani ; ma non per questo
la sua condanna nei riguardi del potere temporale fu meno ferma
e decisa.

Proclamata la repubblica, la situazione generale si aggravò :
le potenze europee infatti guardavano con diffidenza tutto ciò che
era repubblicano, democratico e popolare. Il papa da Gaeta faceva
appello alle potenze cattoliche ed il suo Segretario di Stato, il Car-
dinale Antonelli, otteneva l’invio di eserciti contro Roma da parte
dell'Austria, della Francia — ove il principe Luigi Napoleone mirava
ad ingraziarsi il partito clericale — del re di Napoli e del governo
spagnolo del Nervaez. Invano erano stati rivolti appelli « al cittadino
Luigi Buonaparte » : la ragione di stato faceva dimenticare al Pre-
sidente della Repubblica francese di aver trovato ospitalità « nel-
l'ora dell’appello e del pericolo » proprio nelle terre che ora le truppe
francesi si preparavano ad invadere ©).

In questa atmosfera carica di pericoli, cominciarono ad affio-
rare i dissensi e le polemiche tra gli uomini appartenenti alle diverse
tendenze politiche che ormai si erano formate all’interno della re-
pubblica. Intorno alla metà di febbraio cominciò a spargersi la
voce di un ritiro del ministro Campello dalla compagine governativa,
ma si trattava di un falso allarme ®).

Sul finire del mese, il Comitato Esecutivo decise di inviare
a Bologna il ministro della guerra al fine di provvedere all’orga-
nizzazione della difesa contro l’invasore austriaco. L’aiutante mag-
giore del ministro Campello, Giuseppe Fratellini, così racconta i
fatti accaduti in quei giorni: «In una sera verso la mezzanotte
io mi trovava al Ministero allorché vi giunsero Armellini, Saliceti,
e Montecchi che formavano il Triunvirato di Governo, mi richiesero
del Ministro della Guerra, e risposi che si trovava in letto ma sarei
andato subito a chiamarlo. Mi risposero che non occorreva, e che UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 25

avrebbero date a me le opportune istruzioni. Mi posi sotto la detta-
tura di Armellini, il quale incominciò a dettarmi le seguenti pa-
role: Minacciando gli Austriaci il loro intervento a Bologna il Mi-
nistro della Guerra partirà subito per quella Città per prendere il
comando delle nostre truppe per opporsi. Mi fermai allora dallo
scrivere dicendo che si trattava di cosa troppo importante che
avrebbero dovuto dire direttamente al Ministro, e non col mezzo
di un suo impiegato. Armellini s'inquietava per la mia risposta,
Saliceti mi dava ragione e valutava la mia delicatezza. Restò la
cosa in questo modo e se ne andettero via. Io immediatamente
andetti nella camera da letto del ministro, lo svegliai, e gli riferii
quanto era occorso. Egli capì subito, come aveva capito io, che
dandosi questo incarico ad uno non militare era un mezzo indiretto
per chiedergli le dimissioni da Ministro » %).

Ciononostante Campello partì per Bologna in compagnia del
colonnello Zambeccari che il triunvirato gli aveva messo a fianco.
Giunto in questa città, pubblicò un proclama con il quale, in se-
guito al tentativo di fuorusciti papalini, d'accordo con gli austriaci,
di riconquistare la città, incitava alla guerra «contro qualunque
oserà profanare il terreno sacro della Repubblica » ©). Ma era ormai
chiaro che egli non nutriva più la completa fiducia dell’ala intran-
sigente e repubblicana dell’assemblea. In una lettera scritta al
Fratellini da Bologna in data 3 marzo, il Campello fra l’altro diceva :
«Io non posso che insistere sugli ordini dati che si mandino qui
le truppe che aveva destinate. Il Comitato Esecutivo invece le
destina altrove, e poi dice a me di organizzare la difesa ». E con-
cludeva: « Non vedo l'ora di scappar via, lo che conto fare pre-
stissimo » **).

I motivi per cui aveva perso la fiducia del Comitato non sono
noti: si può solo supporre che un moderato e per di più un uomo
politico, per quanto mai esperto di cose militari, non desse pieno
affidamento in un frangente come quello e che si preferisse affidare
il ministero della guerra ad un soldato di professione ; cosa che in
seguito fu fatta chiamando il generale Avezzana a sostituire il
Campello. Altre supposizioni non sembrano possibili; infatti l'as-
surdo di un ripensamento da parte del Campello é categoricamente
smentito — non volendo — dagli stessi fogli reazionari ed antire-
pubblicani dell'epoca, i quali non desistevano dall'attaccarlo vio-
lentemente. Il giornale bolognese Unità, nei numeri 54 e 55 del 3
e del 4 marzo, pubblicava a firma del direttore Luigi Frati, due
26 ROBERTO RESTANI

articoli di offensiva critica nei confronti del ministro della guerra
Pompeo Campello. Fra l’altro scriveva: « Auguriamoci pertanto
che dalla severa condotta di Bologna a suo riguardo rilevi il mini-
stro che questa piazza è di difficile contentatura non solo pei can-
tanti e pei comici, ma per quelli eziandio di doppia natura cioè dei
comicoministri. ... Condonatemi, lettori, se l’articoletto sente
alquanto di comico: il linguaggio è ad hominem ».

Tali accuse venivano ribattute da una lettera aperta che il
cittadino Cesare Brunetti Rodati indirizzo il giorno 6 al direttore
dell' Unità ©). Il giorno seguente, proseguendo la polemica, apparve
un altro foglio volante indirizzato al « non cittadino direttore del-
lUnità». Di fronte alla valanga di menzogne pubblicate dal foglio
bolognese, sempre il cittadino Cesare Brunetti Rodati ribatteva le
accuse e concludeva la polemica ormai insostenibile per l'evidente
malafede del contraddittore, con le parole: « La Patria Vi detesti,
e Vi neghi Salute e Fratellanza » **).

Ancora a proposito dell'organizzazione della difesa nelle ex
Legazioni, il Campello ebbe divergenze d'opinione con il Preside di
Bologna, Berti-Pichat; con questi si doveva «concertare riguardo
le militari operazioni » perché cosi aveva stabilito i1 Comitato Ese-
cutivo *). Ma quest'ultimo, come abbiamo visto, non assecondava
affatto gli sforzi del ministro della Guerra ed anzi provvide a ri-
chiamarlo a Roma con una lettera scritta in data 6 marzo 70). Quasi
presentendo il fatto, il ministro Campello, in data 7 marzo, scriveva
al Comitato che, dopo aver adottato tutte le misure che si richie-
devano dalla situazione, essendo ormai inutile la sua presenza in
Bologna, si accingeva a tornare a Roma =). Le due lettere quindi
furono scritte ad un solo giorno di distanza l’una dall’altra e quella
del Comitato dovette sorprendere il Campello sul piede di partenza.
Questi era ormai stanco delle prove se non di sfiducia, perlomeno
di diffidenza dategli dal Triunvirato esecutivo e, lasciata Bologna,
si recò immediatamente a Spoleto da dove scrisse in data 11 marzo
la lettera «della sua dimissione » ?2). Il giorno seguente dava istru-
zioni circa il passaggio delle consegne e piuttosto amareggiato
scriveva : « Ieri vi mandai la mia dimissione. Veggo però nei Gior-
nali, che vi siete già provveduti col cacciarmi. Veramente sperava
aver meritato qualche cosa di meglio. Tuttavia sono grato alla
Repubblica che mi ha esonerato d’un gran peso. Delle stoltezze
scritte da un Prete rinnegato io mi rido 7?) ; l'avvenire deciderà » 4).
Ritiratosi a Campello, pochi giorni dopo scriveva all’amico UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 27

Fratellini, lamentandosi con lui perchè gli si addebitavano «gli
spropositi di Zambeccari » e perchè «il Gesuitismo aveva posto
piede nelle sale della Repubblica » **) ; concludeva affermando : « mi
sono tolto quella responsabilità tremenda, dalla quale non mi par
vero d’essermi esonerato » ?). Sempre da Campello il 19 marzo scri-
veva al figlio: « Mi persuado sempre più d'aver operato bene la-
sciando un Ministero che non riuscirà mai a contentare nessuno,
perché le esigenze sono superiori assai alle possibilità ». In questa
lettera si legge anche come «il Comitato gli avesse scritto lodando
la sua condotta, e invitandolo a tornare a Roma per valersi dell'ope-
ra sua» 7).

Il 1° aprile 1949, appariva sul quotidiano romano JI! Contem-
poraneo una lettera del conte Campello diretta al deputato Rodolfo
Audinot. Con essa, l’ex ministro della guerra invitava il deputato
a voler meglio puntualizzare le accuse rivoltegli ; cioè di aver disperso
pubblico denaro e di aver concesso troppe promozioni **). Il deputato
Audinot dovette subito accogliere l’invito del Campello ; infatti
pochi giorni dopo, quest'ultimo così gli scriveva: « Vi sono grato
delle spiegazioni che vi siete compiaciuto dare sulle parole da voi
pronunciate nell'Assemblea Sed.a 33a. Egli è vero che con troppa
suscettibilità le interpretava, ma d’altronde non è facilissimo umi-
liare le probità del Ministro, e la dispersione delle somme di cui
egli ha disposto. In ogni modo voi non avete creduto offendermi,
e queste parole consolano dolcemente il mio cuore, per lo che ve
ne esprimo la più sincera e grata soddisfazione. Ambedue ci siamo
ingannati, e ciò basta.

Del resto in quanto pregio io tenga le opinioni e lo ingegno
vostro ve lo dimostri la mia sollecitudine stessa a rispondervi. Im-
perocchè a quanti altri mi onorano di contumelie io non lo credetti
decoroso ; e il Tribuno, l'Unità, il foglio di Modena, ed infine un
certo sozzo macellaio di carne umana più riso che ira in me susci-
tavano, tutti cotesti scrittorelli stolti e vilissimi reputando.

Certo dolorosi sono nelle condizioni nostre tali dibattimenti ;
ma più doloroso è ancora il costume preso di lacerarsi gli uni con
gli altri, e quei medesimi, che più fra loro dovrebbero stringersi c
collegarsi in bene e sostegno della causa comune. Gran fortuna pe-
raltro che il core umano sia siffattamente costituito da trovare in
se stesso, nella serenità della coscenza, il premio delle rette opere,
e della serbata illibatezza ! » 4).

Naturalmente, le accuse lanciate contro il Campello dai fogli

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28 ROBERTO RESTANI

popolari, facevano presa sugli strati meno informati dell’opinione
pubblica, tanto che qualcuno arrivò a scrivere all'ex ministro una
lettera minatoria con la quale gli preannunciava la stessa morte che
era stata data a Pellegrino Rossi ?°).

Trascorso qualche tempo nelle sue terre di Campello, il conte
Pompeo ritornò a Roma dove prese parte ai lavori dell’ Assemblea
Costituente. Il progetto di costituzione fu presentato il 27 aprile
e nella seduta del 16 giugno iniziò il dibattito sugli articoli. Il de-
putato Campello partecipò alla discussione e presentò un « ammen-
damento » all'articolo 62 del progetto, « ammendamento » che fu in-
tegralmente approvato ed inserito nel testo finale della costituzione
con l'articolo 60; con esso si stabiliva che «la distribuzione dei
Corpi di Linea e la forza dell’interne guarnigioni » dovevano essere
determinate dall'Assemblea né potevano subire « variazioni, o tra-
slocamento anche momentaneo, senza il di lei consenso » *). Peró
mentre all’Assemblea Costituente si discuteva ed approvava la
nuova costituzione, gli eserciti che il cardinale Antonelli aveva
ottenuto fossero inviati contro la giovane repubblica, stavano ormai
sopraffacendo per numero, non per valore, le forze militari che al
comando di Garibaldi si prodigavano nella difesa di Roma.

La Costituzione, fu promulgata alla vigilia della caduta della
repubblica : « ció ha contribuito a creare il mito di questi legislatori,
assertori tenaci di libertà, che sotto il fuoco dei cannoni nemici
danno al popolo le leggi della vita pubblica. Se é vero che negli
eventi umani vi é qualcosa che sfugge alla volontà degli uomini,
diventando poi mito, noi crediamo al mito dell'idea repubblicana
nella storia d’Italia » 9).

IV

IL COMMISSARIO REGIO ALLA LIBERAZIONE DI SPOLETO

Partito per l’esilio, dopo aver cercato inutilmente di ottenere
la commutazione della pena in quella della « rilegazione nel territorio
di Campello » 8°) e dopo le peregrinazioni di cui si è in precedenza
parlato, il Nostro si potè stabilire a Torino, sul finire del 1850,
grazie anche all’intervento, presso il governo piemontese, dell'amico
Terenzio Mamiani *). Nella capitale del regno sabaudo, dove si riu-
nivano quasi tutti gli esuli italiani appartenenti alla media bor-

TUEUURIUCETCUUENEISNTT UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 29

ghesia ed alla nobiltà, ebbe calde accoglienze specialmente da parte
di Massimo D'Azeglio, in quel momento presidente del Consiglio
e già Capo di Stato Maggiore dell’esercito pontificio quando il
Campello vi aveva tenuto le funzioni di Intendente generale. Fis-
sata la sua dimora a Torino, l'ex ministro della guerra tornava,
come abbiamo visto, agli studi letterari.

Le sue aspirazioni nazionali e patriottiche peró, non per questo
erano scemate o scomparse. Se al tempo della repubblica il suo
comportamento aveva potuto farlo apparire, ad un osservatore poco
attento, conquistato dalle teorie mazziniane, ora, intorno all'ultimo
focolare della libertà e della causa dell'indipendenza nazionale, le
sue tendenze liberali avevano modo di rafforzarsi nel pensiero della
rinascita della Patria. Aveva votato per la repubblica e ne era stato
sevitore fedele, non per adesione alle idee repubblicane, bensi per
il fatto che, come tanti altri illustri esponenti della rivoluzione ro-
mana, si rendeva conto che in quel momento storico solo l'idea
repubblicana poteva essere in grado di abbattere il dominio temporale.

L'esperienza di governo avuta in Roma era servita a fargli
comprendere che tali nobili sentimenti e si generose iniziative erano
destinate al fallimento se non sorrette dall'opera oculata e persi-
stente della diplomazia ; forze soverchianti, frutto di ibride alleanze
ed esempio tangibile della reazione, avrebbero sempre spento nel
sangue qualsiasi anelito alla libertà e all'indipendenza. Gli erano
compagni d'esilio Federico Torre, già segretario generale del mi-
nistero repubblicano, e Luigi Masi, suo conterraneo. Con essi e con
gli altri esuli rifugiati in Piemonte meditava la sua adesione alla
politica di casa Savoia. La stessa tradizione familiare lo portava
ad aderire al programma monarchico ; inoltre, nel suo pensiero,
l'unica probabilità di vedere unita l'Italia era riposta nella lealtà
del re Vittorio Emanuele e nel successo della politica del conte di
Cavour, giunto ormai al governo del piccolo regno. E quando in
occasione della morte quasi contemporanea della moglie e della
madre del re, scrisse e pubblicó il canto Le due Regine, affermó
pubblicamente la sua fede nella politica della monarchia sabauda.

Il soggiorno torinese era interrotto di frequente da viaggi a
Parigi ; qui lo attirava l'antica amicizia con Napoleone III, amicizia
che si era di recente unita alla parentela. Infatti il figlio del Cam-
pello, Paolo, aveva sposato una nepote del potente imperatore dei
Francesi, la figlia del principe Carlo Bonaparte e della principessa
Zenaide.
30 ROBERTO RESTANI

In quegli anni di esilio fu invitato varie volte alle Tuileries
e non mancarono le occasioni perchè il Campello potesse farsi por-
tavoce presso Napoleone III dei sentimenti e delle speranze delle
popolazioni d’Italia *). E fu certamente un portavoce tra i più effi-
caci perchè schietto e genuino; non legato a nessun partito od
associazione, i suoi discorsi erano improntati alla realtà dei fatti
e la sua rettitudine ed onestà lo ponevano al di sopra di ogni so-
spetto. Dai colloqui con l'Imperatore, per quanto brevi e fugaci,
trasse la convinzione, che comunicò anche a più di un amico, che
presto si sarebbe vista la Francia « prendere parte attiva per l'In-
dipendenza d’Italia » *). E il 3 gennaio 1859 scriveva da Parigi:
«Tutti sono convinti, che il 59 sarà un grande anno per l’Italia.
SUR seosissia m5):

Il giorno 8 dello stesso mese : « Le parole dette dall’ Imperatore
all’ambasciatore d'Austria, hanno prodotto un'impressione profonda,
e la Borsa ne ha risentiti i primi effetti. .... E ciò non solo per quelle
parole, ma anche per le nuove che vengono d'Italia, dove si crede
che una insurrezione generale sia presto per scoppiare. In Lombardia
l'agitazione e il fermento crescono ogni giorno ; il Piemonte si pre-
para alla guerra ed anche Garibaldi sembra chiamato da Cavour
ad organizzare e comandare una legione di volontari. .... È opi-
nione generale che attaccandosi l'Austria e il Piemonte, questo sa-
rebbe sostenuto dalla Francia, e forse anche dalla Russia. In Lom-
bardia il grido generale di rallegramento è VIVA VERDI, nel quale
nome sono le iniziali di Vittorio Emanuele Re d'Italia » 8°).

Il 27 aprile 1859, il Granduca Leopoldo II di Toscana abbando-
nava Firenze; era bastata una grande manifestazione popolare,
che aveva trovato uniti dopo qualche indugio sia i democratici che
i liberali moderati, per far fuggire il Granduca. Cessato quindi il
governo austriacante di Leopoldo II, nessun ostacolo si frapponeva
più al soggiorno in Firenze del Campello, e questi vi giunse il 15
agosto. In precedenza aveva cercato più volte di ritornare in patria
dall'esilio godendo di una qualche amnistia; aveva ottenuto a
questo scopo anche la mediazione di Napoleone III ma i tentativi
erano stati sempre vani. L'ambiente della Curia Romana gli era
decisamente ostile ed il cardinale Antonelli, nell’applicare alla let-
tera la legge, era stato zelantissimo. Quando poi mancavano argo-
menti per rispondere alle raccomandazioni che provenivano da
persone influenti, si formulavano altri capi d'accusa da aggiungere
a quelli già esistenti *"). UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 31

Nel frattempo, alla sollevazione della Toscana si era aggiunta
quella di Parma e di Modena contro i propri duchi, nonchè la cac-
ciata del governo pontificio da Bologna e dalle Romagne. In tutti
i territori, Vittorio Emanuele inviava i propri Commissari : Bettino
Ricasoli a Firenze, Luigi Carlo Farini nei Ducati e Leonetto Cipriani
in Romagna. In queste provincie, dalle regioni vicine ancora sog-
gette al dominio pontificio, si raccoglievano gli esuli ed i perse-
guitati politici e Firenze era uno dei centri di maggiore attrazione.
Dopo le dimissioni del Cavour dal ministero in seguito ai preli-
minari di Villafranca, i governi provvisori, abbandonati a loro stessi,
seppero dare prova di energia e di equilibrio, e quando il conte
ritornò alla presidenza del Consiglio il 21 gennaio 1860 la gioia di
quelle popolazioni fu grande. Anche in Firenze tale avvenimento
fu accolto con grande speranza.

Il Campello, come abbiamo detto, si trovava in questa città,
dove era molto stimato nella cerchia degli esuli e negli ambienti
politici e culturali fiorentini per aver vissuto a lungo nella capitale
piemontese e per aver conosciuto di persona gli uomini più in vista
del tempo. Godeva inoltre l’amicizia di alcuni di essi che erano
stati suoi colleghi, prima nell'amministrazione dello Stato pontificio,
poi nell’Assemblea Costituente romana. Infatti si era sempre man-
tenuto in relazione con tutte le sue conoscenze anche dopo essere
andato in esilio. Quando seppe che fra i ministri del nuovo gabinetto
Cavour figurava Terenzio Mamiani, grande fu la sua soddisfazione :
un amico nella compagine ministeriale poteva essere di grande aiuto
per la soluzione dei gravi problemi del momento ed il Campello,
senza indugio, prese ad interessare il suo vecchio collega e ad illu-
strargli la situazione in cui si trovavano ancora le Provincie Ro-
mane ®),

Crollato già da tempo il sogno di poter vedere la nascita e
l'instaurazione di un Papato liberale, egli cercava ora con tutte
le sue forze di aiutare e di agevolare «la liberazione delle disgra-
ziate Provincie ancora soggette». Il lungo esilio non aveva fatto
altro che maturare ed approfondire la frattura già in atto tra il
potere temporale e l’uomo che era stato servitore onesto della Santa
Sede 8°). Il Presidente del Comitato degli esuli romani, quindi, non
cessava dal suo lavoro e cercava aiuti sia materiali che morali da
tutti coloro che potevano fornirglieli ») : dava informazioni sulla
situazione interna di quei territori e chiedeva consigli. Partecipó
al plebiscito per l'annessione della Toscana al Regno *) e sull'esito
32 ROBERTO RESTANI

della votazione ®) scriveva una lettera piena di gioia e di soddisfa-
zione al ministro Mamiani ?*).

Compiuta l’annessione, le notizie che giungevano agli esuli
dalle terre natie divenivano di giorno in giorno più gravi ed allar-
manti; la sfiducia e lo sconforto cominciavano ad insinuarsi nel
loro animo ®*). Possiamo quindi immaginare con quanta trepidazione
il Presidente del Comitato e l'associazione degli esuli romani seguis-
sero lo svolgimento degli eventi in quei mesi così densi di avve-
nimenti *5); e quando il Cavour potè dare l'ordine di invadere l'Umbria
e le Marche, fu certo con grandissima gioia che il Campello accolse
l'invito, giuntogli da Torino, di recarsi a Spoleto in qualità di Regio
Commissario. Dopo circa dieci anni, finalmente, poteva rivedere
la città natale.

Entrato nellantica « Caput Umbriae », il 17 settembre 1860
pubblicava un proclama diretto agli abitanti della Provincia di
Spoleto ®). Si pose quindi alacremente al lavoro per ristabilire
l'ordine e far ritornare prontamente la calma nella provincia asse-
gnatagli "). Pubblicava, il 22 settembre, un manifesto con il quale
invitava le bande di soldati pontifici che andavano «errando nella
Provincia di Spoleto cercando salvezza a scapito delle pacifiche
popolazioni » a deporre le armi ®). Tranquillizzava poi con un'altra
comunicazione la popolazione contadina alla quale era stato fatto
credere da «voci malevole » e «per miserabili vedute di ostilità »
che «l'esportazione dei Bovi e Suini potesse venir percossa di una
forte tassa » *).

Il 25 ottobre, indiceva i comizî elettorali da cui doveva risultare
la volontà o meno delle Provincie Umbre di unirsi al regno di Vit-
torio Emanuele: «. . Voi siete chiamati ad esercitare il più solenne
fra i diritti a cui possa la dignità umana pretendere ; siete chiamati
a scegliervi quel Governo, che meglio vi sembrerà convenire ai
vostri interessi, soddisfare alle aspirazioni vostre, assicurare su ferme
basi la vostra gloria, la vostra prosperità » 1%).

E a meno di un mese di distanza comunicava che l'annessione
decretata dal voto popolare del 4 novembre, era stata accettata
dal re Vittorio Emanuele «in udienza solenne ». Concludeva il pro-
clama, affermando : « Ventidue milioni d’Italiani si danno la mano,
e fra non molto speriamo gli altri rimasti in servitù saranno pure
con essi. Un solo dovere incombe ormai a noi tutti ; vivere e morire
per la libertà, la prosperità, l’indipendenza della grande Nazione
Italiana » 19).

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Lettera del circolo Popolare di Perugia al Ministro della guerra Pompeo di Campello.
(Vedi nota n. 48).

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UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 33

In occasione delle feste natalizie di quell’anno, con una circolare
invitava tutti i capi degli uffici governativi della Provincia di Spo-
leto a voler vigilare sui subalterni affinchè essi « non si permettessero
di domandare o di accettare mance ». « Questo è un abuso che deve
essere tolto di mezzo, imperocchè mentre offende la pubblica mo-
ralità, ed offusca la riputazione degli stipendiati governativi, mantien
viva l’eredità lasciataci da un Governo che fece norma invariabile
delle sue opere la corruzione ed il disordine » 1°),

Il 15 dicembre, il Regio Commissario generale straordinario per
le provincie dell'Umbria, Gioacchino Napoleone Pepoli, pubblicava
un decreto in forza del quale le quattro provincie di Perugia, Spoleto,
Orvieto e Rieti, venivano « circoscritte in una sola Provincia » che
prendeva il nome di Provincia dell'Umbria '*). La città di Spoleto
veniva cosi — per usare le parole di Luigi Pianciani 1%) — « degra-
data a Capoluogo di Circondario ». Il Campello non mancò di
protestare contro tale provvedimento ritenendolo oltre che ingiu-
sto nei riguardi di una città così benemerita, anche lesivo degli
interessi economici dell'Umbria intera *). Ma era ormai inutile
protestare : la decisione era stata presa e a Spoleto non fu pos-
sibile ottenere quello che invece «per intercessione di uomini ben
visti dal Re e dai più potenti suoi consiglieri, ottenne ad esempio
Macerata » 1%),

Giunto ormai alla fine del suo mandato, il Campello indirizzava
un proclama a quelli che erano ormai diventati i cittadini del
circondario di Spoleto ; e pur comprendendo e partecipando al vivo
risentimento della popolazione, concludeva così il suo messaggio :
«Siate uniti, prudenti, concordi: non gare municipali, non per-
sonali vanità, non funeste avventatezze. Un faro luminoso splende
d'innanzi a noi: volgiamo a quello solo gli sguardi. Questo faro e
la madre nostra, è l’Italia. Più milioni de’ suoi figli gemono nell’op-
pressione, nella miseria ; pensiamo ad essi. Dalla nostra ‘unione solo
può venire la forza, dalla forza la loro liberazione : ecco il mio ri-
cordo, il mio addio » 10),

Pochi giorni dopo, con lo storico decreto del 20 gennaio 1861 1%),
Pompeo Campello della Spina veniva nominato senatore del Regno.

Titolo per la sua nomina l’essere stato ministro nella Repubblica
Romana.
ROBERTO RESTANI

V

IL SENATORE DEL REGNO ED IL MINISTRO DEGLI ESTERI
NEL SECONDO GABINETTO RATTAZZI

La nomina a senatore possiamo dire che costituisca il corona-
mento della carriera e dell’attività politica di Pompeo Campello.
Uomo della vecchia generazione, affatto abituato alle astuzie ed alle
lotte del Parlamento, non appartenne ad alcuno schieramento poli-
tico : appoggiò i vari governi che si succedettero in quel periodo
basandosi, per il suo giudizio, sugli uomini che li componevano e
sui programmi che presentavano. Si mantenne completamente estra-
neo ai rapporti che il figlio Paolo andava intessendo per la formazione
di un raggruppamento politico di tendenza clericale, non condi-
videndo in pieno le sue idee e non potendo certo approvare i sistemi
con cui venivano «addomesticate » le elezioni in quei tempi 1%).
Era rimasto idealmente legato al vecchio sistema con il quale aveva
sempre cercato di far prevalere il proprio punto di vista, cioè la di-
scussione onesta e chiarificatrice non velata da opposizioni precon-
cette. Ecco quindi perchè fu estraneo alle competizioni più appari-
scenti della politica del nuovo Stato e perchè non era mai molto as-
siduo ai lavori del Senato. Continuò ad ogni modo ad interessarsi
alla vita politica del tempo e comunicava spesso al figlio le sue os-
servazioni e le sue impressioni sugli avvenimenti più importanti :
da Firenze, il 1 luglio 1861, riferiva di aver avuto un colloquio con il
principe di Piombino, parlando con lui della questione romana '»).
Da Spoleto, il 30 luglio, trovandosi Paolo a Parigi, gli comunicava
le ultime novità della Penisola 14). Infine, sempre da Spoleto, il 30:
agosto 1862, l’indomani del fatto di Aspromonte, così si esprimeva
nei riguardi di Garibaldi e di Mazzini: « Gli affari dello Stivale
m'inquietano : fra l'eremita di Caprera e l'oracolo di Londra non
saprei chi scegliere. Sono due flagelli d'Italia » 12).

Tralasciamo di entrare in questione circa il merito di questo
ultimo giudizio ; d’altronde il Campello, a causa della sua fede cat-
tolica, si era sempre ostinato a non voler capire l’altezza della fede e
la purezza degli intenti del Mazzini. Quando si trattava di poter
giovare alla sua città, non esitava a rivolgersi «a ministri o ad altri
funzionari, mettendo in moto tutti quelli che per antiche conoscenze

e per l’autorità venutagli dall’appartenere all’alto consenso, pote-
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 35

vano ripararla da nuove iatture ». Così fu, quando li tribunale di
Spoleto corse il pericolo di venire soppresso 112),

Questo è il quadro dell’azione politica, veramente di secondo
piano, che il Campello aveva esercitato dopo il 1860; e con grande
sorpresa fu accolto quindi il suo rientro nell’agone politico nell’aprile
del 1867. Bettino Ricasoli aveva rassegnato le dimissioni ed il re
aveva incaricato Urbano Rattazzi della formazione del nuovo go- "
verno ; questi, fallite le trattative per un accordo con la sinistra, hl
cercó di formare il gabinetto con persone che godessero fiducia per |
la loro rettitudine e per essere estranee alla lotta fra i due schiera- | |
menti. Fra coloro che accettarono il suo invito, figuravano infatti | d
il generale Thaon de Revel, figura illustre di soldato, e Francesco i
Ferrara, economista di sommo valore ; questi due uomini caratteriz- | m
zarono fin dall'inizio la fisionomia rifuggente da ogni precisa accen- |
tuazione sotto la quale Urbano Rattazzi si era studiato di presentare
il suo ultimo ministero al Parlamento e al Paese. Ma il tentativo di
persuadere il Visconti Venosta a rimanere agli Esteri non ebbe
successo ; e quando il governo si presentó al Parlamento I'11 aprile,
questo portafoglio non era stato ancora assegnato ed era ricoperto
provvisoriamente dal generale Pescetto, nuovo Ministro della Marina. €
Il governo però, senza titolare agli Esteri, venne accolto con diffi- | I.
denza sia all'interno che all'estero, e a Parigi, addirittura con una
certa ostilità. Fu cosi che il Rattazzi si preoccupó di scegliere un mi-
nistro che oltre a non scontentare l'Imperatore dei Francesi, fosse
a lui gradito ; ed essendo a conoscenza dell'amicizia che legava questo
ultimo al conte Campello, offri a questi il portafoglio 14), Il senatore
spoletino, però, rifiutò cortesemente l’incarico : infatti « non seguiva
la politica estera altrimenti che leggendo il giornale L'Opinione ;
aveva amici in tutte le classi eccetto in quella dei diplomatici ; in-
somma qualsiasi altro ministero sarebbegli andato più a genio di
quello degli Esteri » 15), Ma di fronte alle ripetute insistenze del Rat-
tazzi, il Campello non seppe persistere in un diniego che poteva sem-
brare scortese ed ingrato e dette la sua accettazione 1). Primo atto
del nuovo ministero fu l'approvazione del trattato di pace con l'Au-
stria e la sua ratifica da parte della Camera ; primo atto del Ministro
degli Esteri, resistere alle richieste di favori avanzate da deputati
per ingraziarsi i propri elettori e dalla Casa Reale per i suoi predi-
letti 1), Se da quel galantuomo che era, il ministro Campello seppe
resistere a pressioni che venivano da persone altolocate 18), d'altra
parte non riuscì ad essere ugualmente ferreo nei riguardi dei suoi
ROBERTO RESTANI

36

concittadini che ricorrevano a lui per ottenere una lettera di presen-
tazione per qualche suo collega.

In quei mesi i rapporti tra lo Stato e la Santa Sede erano tesi
ma non tanto da destare preoccupazione ; contatti ufficiosi erano
già stati presi tramite il Veggezzi e quindi portati avanti dal Tonello.
Il Rattazzi non era affatto contrario a che tali scambi di consulta-
zioni proseguissero : « Il Ministero attuale non ha mai avuto in animo
d’informare la sua condotta verso la corte di Roma, a principî diversi
da quelli coi quali si regolò il Ministero passato » 119).

E secondo il Campello, «sarebbe cosa molto desiderabile che il
governo francese adoperasse la sua influenza a Roma, nel senso, che
quella Corte ci si mostrasse meno ostile, e facesse buon viso alle più
che modeste dimande del governo italiano. Ciò sarebbe nell’inte-
resse di ambedue le parti; e la Francia farebbe opera molto savia
e commendevole provando di contribuirvi. Ad ogni modo ciò di-
mostra che l'Italia è sempre propensa e pronta agli accordi; e che
non è sua colpa se la Santa Sede ostinatamente ci si ricusa » "). In
questa atmosfera venne ad inserirsi nei primi giorni di luglio un av-
venimento che sarebbe poi stato causa di ben piü gravi conseguenze.
Il generale francese Dumont giungeva a Roma e passava in rivista
la cosi detta « Legione di Antibo » costituitasi a servizio del papa
con mercenari stranieri, specialmente francesi; dichiarava inoltre
che tale corpo non aveva « nulla da invidiare alle truppe della madre
patria » e che esso aveva « dinanzi a sè ciò che ha sempre entusia-
smato il soldato francese : un nemico da combattere, un pericolo da
affrontare »; che egli, il generale, confondeva la Legione, « coman-
data da ufficiali francesi », coi corpi dell’esercito francese « per tutto
ciò che interessa il suo onore militare e la necessità del suo ordina-
mento » 121).

Questo fatto suscitò naturalmente il risentimento dell’opinione
pubblica e Garibaldi trasse da ciò lo spunto per riprendere, ancora
con maggiore decisione, i suoi discorsi contro la Francia e il « go-
verno dei preti»; nel frattempo i volontari che il Generale andava
raccogliendo per marciare alla volta di Roma aumentavano di nu-

mero di giorno in giorno. Il Consiglio dei Ministri, in seguito alle
pressioni dell’opinione pubblica ed alle interpellanze parlamentari,
tenne un'apposita seduta circa l'affare Dumont e decise di inviare
una formale protesta al governo francese richiedendo che l’operato
del generale fosse sconfessato « non potendo il governo italiano, nè
dovendo tollerare sia quella rivista, sia quelle parole ». Al tempo UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 37

stesso il Consiglio deliberava di richiamare immediatamente a Roma
il ministro italiano a Parigi, Costantino Nigra :*»). Il governo francese,
in seguito alla protesta, fece inserire una nota di smentita nel Moni-
leur del 1 agosto ma le reazioni a tale nota, negli ambienti italiani,
non furono favorevoli: infatti anche se la «Note» «era qualche
cosa», «non parve sufficiente » :*). Nonostante tutto, l'incidente si
concluse nel migliore dei modi e l'accordo relativo fu raggiunto ri-
chiamando in patria, da parte francese, lambasciatore Mallaret,
uomo ostile all’Italia, e rimandando Nigra, uomo ben visto da Na-
poleone III, a Parigi 155).

Se l’incidente Dumont poteva dirsi chiuso sul piano internazio-
nale, fin dal 10 agosto, altrettanto non si poteva dire per quel che
riguardava la situazione interna. Gli animi rimanevano eccitati :
Garibaldi proseguiva i suoi viaggi lungo la Penisola nell’intento di
raccogliere volontari per marciare su Roma. Gli arruolamenti si
moltiplicavano ed il malumore del Governo francese aumentava 1%).
Si tenne a questo proposito un Consiglio dei ministri e si prese la
decisione di cercare di convincere Garibaldi a desistere dai suoi
tantativi insurrenziali, «e quando non si riuscisse a fargli smettere
il suo fatale proposito, anzichè andare incontro a ripetere i dolo-
rosi fatti di Aspromonte, preventivamente, cogliendolo in aperta
contraddizione con gli ordini superiori, trattenerlo coll'arresto » 127).

Era la metà di settembre quando Garibaldi giungeva a Firenze,
chiamatovi dagli amici meno intransigenti, i quali volevano dissua-
derlo dal tentare una impresa che si sarebbe potuta rivelare peri-
colosa per la stessa indipendenza italiana. Sulle prime il Generale
sembrò lasciarsi convincere, ma poichè i preparativi garibaldini di
invasione non cessavano affatto, anzi aumentavano, la Gazzetta Uf-
ficiale del 21 settembre pubblicó la notizia che sarebbe stato impe-
dito con ogni mezzo qualunque movimento verso il confine pontificio,
anche di persone senza armi '**). Nel frattempo Garibaldi, giunto ad
Arezzo, arringava la folla affermando : « tutti i nostri mali si devono
ai preti, che hanno sempre chiamato lo straniero in Italia. Dobbiamo
andare a Roma » 1%),

E il 24 settembre, avviatosi verso il confine per mettersi alla
testa dei volontari che in gruppi isolati erano già entrati nel terri-
torio pontificio, veniva arrestato a Sinalunga 1%).

Ma l'arresto del Generale non portó, come si credeva, alla fine
del movimento ed alla dispersione dei comitati di azione. Manife-
stazioni di protesta ebbero luogo in molte città d'Italia ; un indirizzo
38 ROBERTO RESTANI

di solidarietà al generale arrestato fu firmato da Cairoli, Fabrizi,
Crispi, Miceli, Oliva, Bargoni, De Sanctis, Cadolini, Guerzoni ed altri.
Già dal 23 settembre, il ministro degli esteri aveva ricevuto un tele-
gramma dal Nigra, il quale lo avvertiva dell’irritazione con cui il
governo francese seguiva i preparativi che «se font à Génes pour
une invasion garibaldienne dans les États du Pape » 1*). Seguivano
poi altre comunicazioni da parte del Nigra e degli altri ministri ita-
liani accreditati presso le altre potenze europee ; riguardavano tutte
la situazione che si veniva creando tra l'Italia e la Santa Sede 191),
In quei giorni fu tutto un susseguirsi di dispacci e telegrammi : il
ministro Campello scrisse direttamente al suo antico ospite del 1831
pregandolo di intervenire « piuttosto che con le armi, mettendosi
in accordo con il nostro Governo, il quale nulla troverà di più aggra-
devole, che concertarsi con lei, affinchè l’Italia e la Francia, unite
insieme dai medesimi vincoli, da eguali interessi, arrivino a trovar la
più equa, la più plausibile soluzione della questione romana » 122).

Il governo italiano cercava quindi di profittare della situazione
creata dai volontari garibaldini per far fare un altro passo avanti
alla questione romana e sbloccare così la situazione venutasi a creare
dopo la Convenzione di settembre. Si cercava anche una soluzione
della questione mediante un accordo diretto con il pontefice ; però,
mentre i tentativi per un tale eventuale accordo venivano preordi-
nati 1), la situazione andava precipitando.

Il Nigra infatti telegrafava da Parigi il 17 ottobre che « l’inter-
vention est décidée » e che «c'est la division du Général Dumont
qui est destinée à partir» 184). Ma con grande tempestività e mettendo
abilmente in movimento tutti i suoi mezzi diplomatici, il ministro
italiano a Parigi riusci a far ritardare la partenza del corpo di spedi-
zione. Scriveva peró che se il governo italiano non lo avesse auto-
rizzato a dichiarare che mediante una intensificata vigilanza sarebbe
riuscito ad evitare l'invasione dello Stato pontificio, la spedi-
zione francese avrebbe avuto luogo ugualmente 1»). Inoltre, con suc-
cessivo telegramma, comunicava la richiesta, da parte del governo
francese, di misure di repressione concernenti lo scioglimento « des
Comités d'enrólement et de secours » 1%). Riunitosi immediatamente,
il Consiglio dei ministri rispondeva che « pour comprimer tout muo-
vement et empécher l'invasion, il faudrait que nous entrions dans
le territoire pontifical pour y rétablir l'ordre. Nous consentirions à
nous charger de cette tàche, et méme à nous retirer aprés; mais à
la condition que le Gouvernement francais s'engage solennellement,
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 39

comme monsieur Rouher vous en a exprimé l’assurance, à provoquer
immediatement soit par le moyen d’un congrés, soit par tout autre
voie, une solution équitable dela question romaine »*). In seguito
a tale risposta, l'ordine di partenza del corpo di spedizione francese
veniva nuovamente sospeso : ma grande era l'incertezza che regnava
a Firenze per una situazione che si presentava ormai senza piü vie
di uscita. Il Nigra a Parigi era pressato dalle richieste di azioni di-
mostrative di repressione nei riguardi dei volontari garibaldini,
azioni che in fondo erano state promesse dal governo italiano : questo
ultimo, d'altronde, aveva paura che potesse scoppiare nel paese
la guerra civile se avesse deciso di attaccare i volontari. Era neces-
sario quindi un altro ministero che non fosse politicamente impe-
gnato come il precedente e «libero di prendere quel partito che cre-
derà più opportuno e meno dannoso per il paese » 19). Le dimissioni
del governo furono accettate e l’incarico di formare il nuovo gabi-
netto veniva affidato al generale Cialdini ; mentre questi si accin-
geva ad assolvere al suo compito, Garibaldi, che aveva eluso la vigi-
lanza della marina italiana alla fonda nelle acque di Caprera, giun-
geva a Firenze fatto segno ad entusiastiche acclamazioni. Il 23 ot-
tobre, seguito dal suo Stato Maggiore, attraversava la frontiera
a Passo Corese per mettersi alla testa delle truppe volontarie dirette
a Roma. Frattanto la formazione del nuovo ministero era ancora
in alto mare e al ministro dimissionario non rimaneva che spedire
al Nigra, dopo l'ultimo consiglio dei ministri, un telegramma in cui
veniva ribadita la posizione già nota del governo italiano :»). Era
naturale che il partito clericale francese non aspettava altro per insi-
stere ulteriormente affinché l'ordine di partenza al corpo di spe-
dizione francese — ordine già dato ma tuttora inoperante — dive-
nisse finalmente esecutivo. E il Nigra, infatti, il giorno 26 comuni-
cava l'avvenuta partenza del corpo di spedizione francese 1).

A questo punto, il generale Cialdini che non era riuscito a formare
il nuovo Ministero, rinunciava all’incarico. Il re lo conferiva al suo
primo aiutante di campo generale Menabrea con la raccomanda-
zione — che era un ordine — di presentare nelle ventiquattr'ore la
lista dei nuovi ministri. Finalmente il 27 mattina La Nazione poteva
annunciare che il nuovo governo era stato costituito.

«Dopo sei mesi della scuola di Palazzo Vecchio » 141), il conte
Campello poteva cosi ritornare alla calma della sua Spoleto. E stato
Scritto che egli passó «attraverso l'alto ufficio, quasi senza farsi
notare e, ad onta dei tragici avvenimenti di quell'anno, nemmeno

MS. D sa %
VEE COSTI, VERNO

*

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STARE,

4
40 ROBERTO RESTANI

fatto segno a censure quasi non fosse stato egli a capo del Ministero
degli Esteri, dove effettivamente quegli che — secondo l’espressione
del generale Revel — « menava la barca » era il Segretario Generale
Melegari, che arrivava al punto di far pubblicare comunicati dalla
Gazzetta Ufficiale all'insaputa del suo Ministro » °). Occorre però
precisare queste osservazioni per far apparire nella giusta luce l'ope-
rato e la figura del ministro degli esteri. Questi aveva accettato l’in-
carico per non rifiutare l’invito rivoltogli dal re, invito che diretto
a lui si mutava in ordine. Pur non sentendosi all’altezza della situa-
zione, si lasciò convincere che l’amicizia che lo legava a Napoleone
III avrebbe potuto giovare alla patria. Da ultimo, quello che torna
a suo onore : non si lasciò suggestionare dall’ufficio che ricopriva.
Conscio della sua inesperienza, si considerava veramente un consi-
gliere del re. Egli stesso scriveva al figlio : «l'alta politica è affidata
al Presidente del Consiglio » 14°).

E non poteva essere diversamente : accettando l’incarico, sa-
peva che avrebbe dovuto fiancheggiare l’opera del Rattazzi; do-
veva porre il suo nome, godente prestigio, al servizio del paese e
della monarchia. Accettò tali condizioni con uno spirito di sacrificio
non indifferente per un uomo politico dal passato come il suo;
questa dedizione al Paese e questa onestà nel mantenere gli impegni
morali assunti lo fece essere bene accetto e stimato anche dagli
avversari politici.

VI

CONSIDERAZIONI FINALI

La personalità di Pompeo Campello, come può desumersi dallo
studio documentativo e dalle testimonianze delle persone che ebbero
con lui relazioni di parentela e di amicizia, è caratterizzata dal pre-
dominio degli elementi etici: onestà oltre che nella vita privata,
sincerità, vita austera, dedizione agli ideali patriottici. Tali prero-
gative e qualità non comuni, non furono, peraltro, nello stesso tempo
sorrette da quel forte carattere che meglio si sarebbe cimentato con
le asperità del periodo storico in cui egli visse. Di qui il rilievo che si
può fare di qualche incertezza o sbandamento nella sua azione po-
litica, carenze che vanno viste ed interpretate nella loro giusta luce.
Si potrebbe pensare, infatti, ad una non troppo forte capacità del UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 41

Campello nel sapersi o nel non volersi sottrarre alle lusinghe ed alle
attrattive di posti di comando che gli potevano conferire un alone
di prestigio e di rispettabilità. Ma il suo nome, la sua tradizione:
familiare non avevano bisogno né dell'uno, né dell'altra ; in verità,
egli fu sempre pronto ad accettare ogni richiesta ed offerta che gli
veniva rivolta, quando credeva che la sua persona avrebbe potuto
rendere un servigio alla patria ; credeva nella sincerità del giudizio
altrui, ed aveva la massima fiducia della valutazione che gli altri
potevano fare delle sue capacità.

Il Campello fu sinceramente liberale: fin dal 1831 si rese conto
che la situazione politica allora creatasi non poteva durare a lungo.
Anche se la sua partecipazione ai moti rivoluzionari fu quella di un
giovane inesperto di cose politiche e facile agli entusiasmi, i col-
loqui avuti con il Mamiani e con l'Orioli a Bologna, gli scambi d'idee,
prima a Roma e poi a Spoleto, con i fratelli Bonaparte, la lettura
degli scritti dei liberali del tempo alimentarono ed irrobustirono
quel forte desiderio, che non si spense mai durante tutta la sua
vita, di giovare alla libertà ed all'indipendenza dell'Italia.

Abbiamo visto come dopo l'elezione di Pio IX e la pubblica-
zione dell’opera del Gioberti, egli divenisse un neoguelfo dei più
ardenti; la fiducia nella possibilità dell'avvento di un papato libe-
rale non mutò in lui nemmeno dopo l’allocuzione del 29 aprile. Le
sue doti di organizzatore militare si esplicarono nei riguardi di un
esercito che era considerato la cenerentola fra quelli di tutto il
mondo: ma il suo «véritable courage civil» gli fece assumere la
responsabilità di riorganizzare un'armata in un paese dove la forma
di governo e le tendenze pacifiche che ne erano la conseguenza im-
pedivano necessariamente lo sviluppo di una tradizione militare.
Riuscì nell’intento, dando una educazione ed una disciplina alle
truppe pontificie quali esse non avevano mai avuto. Solo quando:
i suoi più nobili sentimenti, gli ideali d'indipendenza e d'italianità,
furono ignorati e disconosciuti ; solo quando da altri non si ebbe
coraggio nell'opporsi apertamente all'invasione austriaca delle Le-
gazioni, la fiducia che egli riponeva nell’idea di una evoluzione
liberale del governo temporale fu irreparabilmente compromessa.

Le forzate dimissioni dal governo influenzarono enormemente
la sua azione politica successiva : se nell'accettare il portafoglio
offertogli il 16 novembre egli «era ben lungi dall'immaginare ciò
che in seguito sarebbe avvenuto » 14), d'altra parte assunse l'incarico
ministeriale con l’esplicito disegno di voler contribuire alla effet-

M. £X TAC
de oss a AR


42 ROBERTO RESTANI

tiva trasformazione costituzionale dello Stato pontificio. Anche nel
campo amministrativo, infatti, le sue idee furono chiare e precise :
restituire l’equilibrio tra i Municipî, le Provincie e la Capitale me-
diante un dosato decentramento di funzioni. Diffondere l’istruzione
«per tutti i luoghi e le classi »; istituire tribunali « dove le leggi
dominino sole e sovrane »; estirpare «con mano forte e severa le
prevaricazioni e gli abusi di coloro cui è dato amministrare » 1). Si
augurava ardentemente che la parentesi delle indecisioni e dei
compromessi fosse terminata e la voce che voleva il Rosmini come
il nuovo presidente del consiglio ***), gli dava a ben sperare.

Precipitati gli eventi, aderì alla Repubblica Romana con co-
gnizione di causa anche se non coll’entusiasmo dei seguaci della
dottrina repubblicana. Sebbene amareggiato dal crollo di quegli
ideali nei quali aveva creduto, cercò di opporsi alle tendenze estre-
miste che inevitabilmente andavano prendendo il sopravvento nel
governo della giovane repubblica. Ma se egli non si convertì mai
al mazzinianesimo, e rimase sempre un moderato pur partecipando
ad un gabinetto rivoluzionario, la vicinanza ed i contatti con i più
autorevoli esponenti repubblicani dovettero contribuire in modo
non trascurabile a radicare in lui la profonda avversione nei riguardi
del potere temporale. Fu però uno dei pochi cattolici-liberali del
nostro Risorgimento che riuscì a scrivere parole infuocate contro il
potere temporale e contemporaneamente a non subire una evolu-
zione religiosa in senso anti-cattolico. Combattè «il governo dei
preti » ma si mostrò sempre animato da profondo rispetto e da fi-
liale sottomissione per la « spirituale signoria » : colpito da scomunica
per la sua azione politica al servizio della repubblica, ricevette pia-
mente i conforti del Viatico. I principî morali e religiosi rimasero
lungo tutto l’arco della vita sua quelli ai quali era stato educato
per tradizione familiare.

Caduta la Repubblica Romana, il Campello, proprio perchè
non sorretto dalla fede repubblicana, non dimostrò una tempra
ed uno spirito di sacrificio tanto forti da non chiedere ai gover-
nanti restaurati la commutazione della pena dell’esilio in quella del
domicilio coatto. Anche negli anni che seguirono, cercò sempre di
poter ritornare in patria ed il fatto che abbia indirizzato memorie
agli amici influenti e suppliche al pontefice potrebbe far pensare
ad un suo pentimento e rimpianto per la partecipazione ai moti
romani del '48-'49. Se qualche frase di velato pentimento si riscontra
nello stile usato in quegli indirizzi, è pure vero che in modo diverso

ESATA
x


e Ce
d rae t,

UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 43

trae 1,

non si sarebbero potuti redigere. Inoltre, i motivi da lui addotti
per sostenere le proprie richieste, sono sempre motivi di carattere
materiale e non ideale: non si afferma in essi di aver cambiato
fede politica e di voler fare ammenda del passato, ma si chiede di
poter vivere vicino alla famiglia, al figlio ; si chiede di poter ammi-
nistrare di persona il proprio patrimonio e di liberarsi così « di sopra
18mila scudi di debito ». Inoltre e di non minore importanza : « Se
il S. Padre ha voluto pure usare misericordia pienissima verso tanti
‘e tanti, che non furono certo degli ultimi nelle passate vicende,
vorrà negarne a me una sì piccola parte, una prigione di poche
miglia nella terra dove sono nato?» 18);

Ma pur essendo una debolezza del carattere dell’uomo ; pur
non avendo avuto l’eroico coraggio che distinse alcuni grandi uomini
del nostro Risorgimento; pur non sacrificando come quelli, sul-
l’altare degli ideali, gli averi, gli affetti e la stessa vita, non per
questo operò meno rettamente e rinunciò alla coerenza con le pro-
prie idee mercanteggiando favori e grazie.

Chiese quello che molti altri aveva chiesto ed ottenuto ; ma
lo chiese con dignità e coscienza. Valga questa sua frase che chiude
una memoria indirizzata ad un cardinale di Curia a dissipare ogni
ulteriore dubbio: «La mia posizione è dolorosa, ma nissun pati-
mento può spaventarmi, perchè la coscienza è tranquilla, e non
ha rimproveri a farsi, nessuno » 14),

Durante gli anni dell’esilio, come molti altri spiriti liberali,
‘cominciò a guardare con grande fiducia e speranza alla monarchia
Sabauda. La fede nei destini della patria fu solo raramente turbata
dalle ombre dubbiose che gli eventi contrari, le sfavorevoli vicende
diplomatiche, la stessa incomprensione delle popolazioni gettavano
sulla via da percorrere ; ma essa non fu mai offuscata. Il soggiorno
torinese, l’amicizia con il Mamiani, con Massimo D'Azeglio e con
gli uomini politici che gravitavano intorno all’orbita governativa,
fecero maturare in lui l’adesione al programma monarchico dando
‘così inizio ad una tradizione familiare di fedeltà e dedizione a casa
Savoia. Conobbe anche gli esponenti della Sinistra parlamentare
piemontese fra cui il Brofferio ed il Rattazzi e vide di buon occhio
«il connubio » tra la destra liberale e la sinistra moderata. L'amicizia
con alcuni esponenti del partito murattiano — fra i quali possiamo
ricordare l’ex monsignor Gazzola, Luigi Masi, Gioacchino Pepoli,
l'ex membro del Comitato esecutivo della Repubblica Romana
Aurelio Saliceti — non sembra aver lasciato tracce nella sua fede

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44 ROBERTO RESTANI

politica. I frequenti viaggi in Francia ed i conseguenti rapporti
con persone dalle idee politiche più diverse contribuivano a tenerlo:
aggiornato sulla situazione internazionale e lo convincevano sempre
più della bontà della politica intrapresa da Cavour. Non assunse
mai però una posizione pienamente favorevole alla Destra, pur
essendo le sue idee più vicine a quest’ultimo schieramento che non
a quello d’opposizione. Conservò questa sua tendenza anche quando
entrò a far parte del Senato ; qui, fu uno di quegli uomini politici
non legati a nessun partito che, in ultima analisi, sì trovavano a
disagio in un clima di lotte politiche che non venivano più condotte:
secondo l’antico sistema: la disciplina di gruppo che si andava
allora affermando era completamente estranea al suo sentire.

Partecipando alle deliberazioni dell'assemblea, dette sempre il
suo voto in modo responsabile e secondo coscienza. Nel Governo
pontificio prima, nella Repubblica Romana dopo, nell’ufficio di Com-
missario straordinario ed in quello di Ministro degli Esteri, la sua
azione ebbe come meta ultima e scopo principale il bene d’Italia.

L’idea politica del Nostro, pur tra le vicende della sua vita,
ebbe sempre come costante immutabile, l’unità d'Italia « dall'ultimo
Promontorio della Sicilia sino alla vetta delle Alpi ».

«Stolta speranza sarebbe pensare la nostra patria collocata a
livello delle altre Nazioni Europee se quel giorno in cui posti in faccia
al Francese e all'Inglese non potessimo con fierezza dire, siamo
Italiani » 1:5). i

Tutta la vita del Campello fu spesa al servizio degli ideali di
patria, libertà ed indipendenza e giustamente la città di Spoleto
lo annovera, insieme con Luigi Pianciani, tra quei suoi figli più diletti
che, con il pensiero e con l'azione, pur percorrendo vie diverse,
dettero un valido contributo al Risorgimento nazionale.

RoBERTO RESTANI UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO

NOD:

AVVERTENZA

Tutti i documenti — manoscritti e a stampa — reperiti nell'Archivio dei
conti di Campello sono citati nel testo con la generica dizione « Ar-
chivio Campello » in quanto si trovano in un’unica raccolta di docu-
menti e di corrispondenza riguardante Pompeo Campello.

I documenti riportati nel testo, in nota ed in appendice sono stati ripro-

dotti fedelmente dagli originali: eventuali errori di lingua e di inter-
punzione sono ad essi relativi.

1) PAOLO CAMPELLO DELLA SPINA, Il Castello di Campello, Memorie
storiche e biografiche, Roma, Ermanno Loescher e C., 1889.

") La seconda parte di tale opera, è tuttora manoscritta ed inedita:
si trova depositata presso l'Archivio Campello. La prima parte, invece, fu
pubblicata e riscosse l’approvazione generale: Ludovico Antonio Muratori
se ne servì per i suoi studi storici.

°) PAOLO CAMPELLO DELLA SPINA, Storia documentata aneddotica di

una famiglia umbra, Città di Castello, S. Lapi Tipografo Editore, 1899-
1900, Parte rz, Voll. 1 e 11; AMEDEO Moscati, I ministri del Regno d' Italia,
Salerno, Tipografia F.lli Jovane di Gaetano, 1957, Vol. 11; SALVATORE FRA-
TELLINI, Spoleto nel Risorgimento nazionale, Spoleto, Tipografia dell'Umbria,
1910.

‘) P. CAMPELLO, Sí. doc. CI; Vol; 15 D. 213.

*)) P. CAMPELLO, Sf. doc. cit., Vol. II, p. 216.

*) S. FRATELLINI, op. cil., Dil:

? ACHILLE SANSI, Memorie aggiunte alla storia del Comune di Spoleto,
Foligno, Sgariglia, 1886, p. 151.

*) S. FRATELLINI, Op. cil., p. 27.

?) A. SANSI, op. cit., pp. 154-157.

?*) Appendice, No 1.

11) A. SANSI, op. cit., pp. 159-167.

1) Memorie storiche della vita episcopale in Spoleto del Santo Padre Pio IX»
Roma, Tipografia Editrice Romana, 1877, pp. 46-47.

1) A. SANSI, op. cit., p. 180.

14) Archivio di Stato di Spoleto, Archivi privati: Sansi.

1) Il Monitore bolognese del 5 marzo 1831, numero 8, foglio ufficiale del
nuovo governo, in merito all’arrivo dei rappresentanti della città di Spoleto,
così scriveva : « Si sono presentati i Sig.ri Conte Pompeo di Campello, ed Avv.to
Pietro Savi come deputati della città di Spoleto ed hanno presentato le loro
lettere credenziali, le quali non essendosi trovate fornite di poteri precisi
46 ROBERTO RESTANI

sono state accettate solo dietro promessa dei Sig.ri suddetti Deputati di pro-
durne nuove più regolari. Dietro di ciò avendo i medesimi Signori prestato il
loro giuramento di seguire in ogni deliberazione l’utile universale dello Stato,
e di osservare il segreto nelle cose, che lo richiedessero, siccome pure avendo
approvato l'emancipazione dal dominio temporale dei Papi, e l'unione delle:
loro Città alle altre Provincie venute in libertà, hanno preso posto nell'Assem-
blea ».

16) Appendice, N° 2: il testo del documento è già noto ma non nella
stesura comprendente l'avvertenza finale.

") Ecco il testo della lettera che si trova nell'Archivio Campello :

«Mons.r mio Veneratiss.o P.ne

sulla notizia ch'Ella potesse essere in Spoleto questa sera, ho trascurato:
di scriverle nello scorso ordinario. Pompeo essendo in Campagna al suo Casino,
consegnai la lettera sigillata a Salvator Fratellini, dopo essermi assai doluto:
con lui per aver azzardato di dire, che il mio consiglio lo aveva determinato
con Pompeo a formar parte del Comitato. È innegabile che quest'ultimo
sia stato trascinato, e piü d'ogni altro dalle seducenti espressioni del famoso
Orioli che in unione dell'av.o Zanolini si recò a Spoleto pochi giorni dopo la
rivoluzione. Egli è ora ben ricreduto del suo vaneggiamento, e mette insieme
le pezze di appoggio se non per giustificare, almeno per rendere, il meno che
più possibile colpevole la sua condotta. La sua venuta più sarà sollecita, e
più sarà proficua al suo genero.

Oh quanto ancor io mi nasconderei volentieri, se non per mettermi una
tonaca, almeno per vivere in una regolare solitudine, e prego il Signore che
me lo accordi, se sarà di maggior sua gloria. Mi creda sempre con rispettoso
attaccamento e sincerissima stima
Di Lei M.o mio Ven.o P.ne

Spoleto 8 Aprile 1831
Dev.o. Obb.mo Ser. ed a.co
G. M. ARCIVES.O DI SPOLETO

A Sua Eccellenza R.ma
Mons. Alessandro Principe Ruspoli Ud.e della S. R.
ROMA »

1) Nella lettera citata, che si trova presso l'Archivio Campello, si legge-
fra l'altro : «... Come la vostra condotta si può giustificare sino al momento:
della vostra partenza per Bologna, giacchè non avete che seguito i consigli di
Mons.re Arcivescovo, ed io anzi di quella procurai farvi onore con portar tutto
a cognizione qui del Governo, e facendovi merito con il Segretario di Stato del-
l'importante avviso dell'arrivo in casa vostra di quei pazzi dei figli di Orten-
zia, così siete condannabile per quanto avete fatto in seguito, nè so come
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 47

potrete giustificarvi, nè conosco le misure che sarà per prendere il Governo.
Seguendo il mio linguaggio della verità, vi dirò che qui si considera la vostra
famiglia come quella la più compromessa in queste circostanze : si dice che
voi siete stato il zimbello degli intrighi di vostra madre, di vostro fratello e
di Fratellini: che questi, come si suol dire, si sono tenuti al macchioso e
che hanno compromesso voi, conoscendo la vostra debolezza. Io poi non sapró-
mai darmi pace, come mai con il vostro talento avete potuto farvi sorprendere-
a tal segno di credere durevole un governo basato sopra elementi irreligiosi e
l’anarchia.....»

1°) Ecco il testo di una lettera ricevuta da Pompeo durante il suo soggiorno
presso il convento di S. Angelo di Vetralla :

«Roma 30 Ap.le 1831
Car.mo Pompeo

Ricevo la v.ra ultima con il Sonetto, che oggi o dimani leggerò all'E.mo-
Bernetti, essendomi proposto di nuovamente sollecitare un Rescritto perchè
possiate ricondurvi a Spoleto, ove sembra che siano oramai cessate le carce-
razioni e le inquisizioni e visite domiciliari. Spedisco questa sera la vostra
a Spoleto : Fratellini scrive ad Augusto che tutti stanno bene, e Paolino sta
meglio da qualche giorno, onde potete star tranquillo. Io non ardisco proporvi
di ritornare a Spoleto sino a tanto che non avrò un Rescritto o non sarà pub-
blicata un’amnistia generale, la quale si dice non sortirà che dopo compilate
le liste dei pochi soggetti che dovranno essere giudicati dalla Commissione di
Ancona. Siccome avete grandi nemici, e questi fra i vostri Concittadini, e ne
ho delle prove in mano, il farvi vedere in patria, li animerebbe a pregiudicarvi.
In Roma mi sono state riferite tante e tante cose, smentitemi da Augusto,
che mi hanno fatto rimanere di sasso. Se vi dicessi che da una persona Diplo-.
matica ho appresa l'apparizione di un vostro Zio portatissimo per le novità
rivoluzionarie, cosa direste ? Non parlo delle bandiere, di pranzi ed altre
corbellerie. La prudenza vuole che ve ne rimaniate nascosto, anche per non
compromettere qualche amico che ci ha favorito. Qui poi regna una confu-
sione che fa spavento : oramai qui non abbiamo piü Cardinali giacché chi per
un pretesto, chi per un altro, tutti si allontanarono da Roma. Io compatisco
di cuore il povero Papa, degno di tutto il nostro rispetto ed amore, ed il po-
vero Card. Bernetti il quale per voler far bene, si fa prendere in saccoccia da
mezza Roma. In quali tempi viviamo : ah come volentieri vorrei starmene in
una solitudine. Il Card. De Gregorio Penitenziere Maggiore se ne stà a Frascati,
onde il vostro Memoriale non è stato ancora riferito. Mons.re De Retz Reggente
della Sagra Penitenzierja mi promette per altro che a giorni si avrà il Rescritto.
Fra giorni avrete costà il P. Preposito Gen.le dei Passionisti, una pera brutta
e buona: uomo di grande carità e dottrina e mio buon amico. Vedendo il Card.
Bernetti voglio domandargli se potete recarvi a Civitavecchia o almeno a Vi-
gnanello, ma giudizio nell'uno e nell'altro sito. Tutti in casa vi salutano: fate-

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48 ROBERTO RESTANI

altrettanto in mio nome con quei Padri. Non so troppo cosa mi sono scritto;
giacchè ho interrotto dieci volte questa lettera per motivo dell’informazione.
Addio di cuore
A. RUSPOLI

Al M.to Rev.do Padre

Il P. Rettore dei Passionisti

VITERBO VETRALLA
Ritiro di S. Angelo »

(Archivio Campello)

2) Ecco il testo dell’« attestato » :
«J: 6: G.

Il Sig.r Pompeo Campello si è trattenuto qui nel nostro Ritiro di S. Angelo
presso Vetralla e vi hà fatto con puntualità, ed attenzione divota per lo
spazio:di dieciotto giorni li SS. Esercizj in fede di che gli lascio il presente
‘attestato oggi 7 Maggio 1831.
Franc.o M. di Gesù Conf.re
Passionista »
(Archivio Campello)

21) Infatti in data 9 maggio, Mons. Ruspoli riceveva la seguente lettera
dal Segretario di Stato: «Dal foglio di V. S. Ill.ma in data 3 del corrente si
rileva, che il di Lei genero Sig.r Conte Pompeo di Campello si ritiene com-
preso nel numero di quei compromessi, ai quali nell'art.o V dello scorso aprile
si accorda una piena e generosa amnistia.

Dal « Monitore Bolognese » peró del 5 Marzo pp.to n. 8, ch'era il foglio
riconosciuto per Ufficiale, risulta, che il d.o Sig. Conte, se non intervenne alla
seduta del 26 febbraio per la circostanza di non essere state trovate in regola
le sue Credenziali, accettate peró queste dietro promessa di esibirle rettifi-
‘cate, approvò specificatamente l'emancipazione dal Dominio dei Papi, e la
"unione della Città di Spoleto alle altre Provincie venute a libertà. Atto che
non solamente lo escluderebbe dalla disposizione del citato art.o v, ma lo
comprenderebbe invece nell'art.o 1v al par. 1 del medesimo e lo assoggette-
rebbe all'obbligo di produrre la supplica, e difesa alla Commissione creata
-coll'altro editto del 14 dello stesso mese ». (Archivio Campello)

In seguito a si precisa e documentata contestazione, Pompeo riceveva
«dal suocero in data 12 maggio una lettera nella quale fra l'altro leggeva :
«4... Ieri mattina fui subito dal Segretario di Stato, e si parlò a lungo
dell'affare. Ditemi dunque sinceramente se avete in quell'infelice circo-
‘stanza sottoscritto nessun Atto o foglio o Dichiarazione, giacchè stando
‘strettamente attaccato alla parola della Legge il Paragrafo in questione fe-

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Lettera di Giuseppe Garibaldi al Ministro della Guerra Pompeo di Campello. (Vedi nota n. 50).

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azione del papa Pio IX da Gaeta, del 1 gennaio 1848. (V. nota n. 53).

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UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 49

risce solamente quelli prevenuti « di aver sottoscritto con reità di alto tradi-
mento l’atto del sedicente Governo Provvisorio di Bologna col quale si osò
di dichiarare decaduti i Sommi Pontefici dai loro diritti alla Sovranità tempo-
rale di questo Stato ». Se voi a corso di posta mi potrete tranquillizzare su
questo punto, farò subito stendere la memoria che passerò allo stesso Card.le
Segretario di Stato, e ne terrò proposito con i Luogotenenti Criminali e compo-
nenti la Commissione i quali sono miei conoscenti, almeno alcuni ». (Archivio
Campello)

E il giorno 24 maggio : «... Il vostro affare rimane tuttora sospeso...
L'ostacolo al disbrigo é l'esservi stato dato per compagno Savi persona invisa
al Governo, il quale per altro in quest'affare é innocente quanto lo siete voi...
Benché l'Ente Supremo sia il solo giudice delle intenzioni degli uomini, e che
la stessa Chiesa non giudichi che del foro esterno, ciò nonostante siccome Voi
non potete essere accusato del fatto ossia della reità di alto tradimento, perchè
non avete mai firmato l’atto di detronizzazione e di emancipazione, giacchè
questo consumato il 26 febbraio, e voi non siete giunto in Bologna che nei primi
di Marzo, pure con una longa scrittura ho preso a provare che non può esservi
imputata neppure l’intenzione, e credo di aver la cosa vittoriosamente dimo-
strata, facendo conoscere l’assurdo che ne verrebbe se doveste subire una pena
qualunque, di aver assoluto cioè i committenti e di voler punire il mandatario
il quale in buona sostanza non ha fatto uso del suo mandato. Non potete cre-
dere quanto questo affare mi abbia indisposto. . . » (Archivio Campello)

?) Appendice, N° 3.

?) Archivio di Stato di Spoleto, Conservatoria dei registri immobiliari,
vol. 66, art. 660.

24) S. FRATELLINI, op. cit., p. 59; P. CAMPELLO, St. doc. cit., vol. 11, p. 87.

^) Archivio Campello, Minute, prospetti, appunti, disegni concernenti
i lavori preparatori della riforma dell'esercito.

26) Appendice, N^ 4.

27?) Appendice, N° 5.

2) Appendice, N° 6.

*) Appendice, N° 7.

*) Supplemento al n. 146 della Gazzetta di Roma del 29 luglio 1848.

*) Luria1 CARLO FARINI, Lo Stato Romano, Torino, Tipografia Ferrero
€ Franco, 1850, Vol. zr, p. 303.

L'ambasciatore dei Paesi Bassi presso la Santa Sede, nel rapporto gior-
naliero del 24 luglio aveva preannunciato al suo ministero il probabile muta-
mento: «... le comte Campello, en c moment député, et qui entend bien
l'administration militaire, prendrait le portefeuille de la guerre ». Nel rapporto
del 31 luglio, dava conferma di quanto in precedenza aveva comunicato :
«... Le Prince Doria, qui dirigeait ce dernier département (quello della
Guerra) et qui tout le premier reconnaissait son incapacité, c'est méme
déjà retiré; c'est le comte Campello, ainsi que je l'ai écrit à Votre Excellence,

4
50 ROBERTO RESTANI

qui lui succède, et ce dernier d'abord dans la Consulte d'Etat, ensuite dans.
une mission qu'il a remplie à l'armée, et finalement par plusieurs rapports à
la seconde chambre, a suffisamment prouvé qu'aucune partie essentielle de
l'administration militaire ne lui était étrangère, et cela est d'autant plus re-
marquable que ce Monsieur Campello, au moins que je sache, n'a jamais
servi, ni au dedans ni au dehors. C'est au surplus faire acte de bon citoyen,
et montrer un véritable courage civil que d'assumer sur soila responsabilité
d'organiser une armée dans un pays où, jusqu'ici, la forme du gouvernement,
et l'attitude pacifique qui en était la conséquence, devaient nécessairement
empécher le dévelopement de tout instinct militaire ». Sta in AUGUSTO DE
LIEDEKERKE DE BEAUuronr, Rapporto delle cose di Roma (1848-1849) a cura
di ALBERTO MARIA GHISALBERTI, Roma, Vittoriano, 1949, pp. 81-82.

3?) Appendice, N° 8.

3) S. FRATELLINI, 0p. cit., p. 25:

3) Ecco il testo del proclama che trovasi pubblicato in P. CAMPELLO,
St. doc., cit. Vol. 11, pp. 101-102.

MINISTERO DELL’ARMI

Soldati e Cittadini !
In questo grave momento nel quale la salute di tutta Italia è posta

dalla Provvidenza a una prova tremenda, anche le Legazioni sono prossime
ad essere invase, sono anzi invase dal nemico. Quale sarà il loro destino, quale
il destino di tutto lo Stato se un disperato coraggio non ci arma di quelle forze
che sono sempre in potere d'un popolo che vuole ?

A voi dunque prodi Soldati, a voi valenti Civici e Volontari si rivolge
la Patria, a voi, che nelle ultime fazioni di guerra vi mostraste cosi degni
di Lei, a voi che niuno vince nel sentimento dell'Italiana indipendenza, a voi
si volge la Patria perché nuovamente vi accingiate a combattere per Essa,
a volare a difesa del sacro suolo che ci diè vita.

Lungi da me il pensiero che uno spirito men che generoso siasi impadro-
nito di voi. Che se ció fosse, vi muova il pensiero delle nostre città arse e
distrutte, delle spose e delle figlie contaminate, dei vecchi e dei fanciulli inermi
trucidati. All'armi, all'armi in nome di quel Dio che non puó abbandonare
alla rabbia vandalica di un crudele nemico, un popolo che difende i suoi di-
ritti, i suoi lari.

E perché tutto in questa dolorosa contingenza proceda con quell'ordine,
con quella unità che sola puó rendere efficace gli sforzie i movimenti militari :
Inteso il volere di Sua Santità, si ordina quanto siegue :

Le Legioni civiche ed i Corpi volontari reduci dal Veneto ingrosseranno
le loro file con tutti coloro che volessero appartenervi.

In tutte le città e paesi dello Stato si formeranno colonne mobili in com-

pagnie non minori di centocinquanta teste per ciascuna.

EE

VARESE ET TEN UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 51

Ogni Corpo di Civici e Volontari avrà capi di loro piena fiducia, i quali
unitamente ad un Consiglio d’Amministrazione di Corpo provvederanno da
loro stessi a tuttociò che riguarda il vestiario, ed il proprio materiale, come
da circolari del due, tre e quattro agosto corrente emanate da questo Mi-
nistero.

Inoltre s’instituirà su ciascun Corpo un Consiglio di guerra, al quale
si concedano i più ampli poteri per mantenere la disciplina e punire i delitti
di qualsiasi sorta.

Per tuttociò che si riferisce alle spese e mantenimento di tali Corpi, tanto
del personale, quanto del materiale si richiederanno da essi i fondi necessari
al Ministero delle Armi, chiamandone responsabili i rispettivi Consigli d'am-
ministrazione.

Tosto che saranno ordinate siffatte Milizie partiranno all’istante per la
Cattolica dall’una parte dello Stato e per Ancona dall’altra.

Queste sono le condizioni alle quali sottomettersi devono quei militi,
che animati dall’amor di patria e dal sentimento della salvezza dello Stato,
vorranno far parte della pronta e necessaria difesa, che imperiosamente esi-
gono le circostanze.

Roma, li 6 agosto 1848

Il Ministro
POMPEO DI CAMPELLO

Roma 1848. Nella stamperia della Rev. Camera Apostolica.

35) P. CAMPELLO, St. doc. cit., Vol. 11, pp. 100-101.

8) A testimoniare che il Campello fu allontanato d’autorità e che non ras-
segnò spontaneamente le dimissioni (P. CAMPELLO, St. doc. cit, Vol. rr, p. 102)
basta questo rapporto dell’ambasciatore dei Paesi Bassi presso la Santa Sede :

«Rome le 10 Aoáüt 1848

... Et enfin le Département de la Guerre, d'une importance majeure sous
l'empire des circostances actuelles, se trouve momentanément dirigé par un
simple Inspecteur aux revues, Monsieur Cagiotti ; le Comte de Campello, par
suite d'une altercation trés-vive qu'il a eue, ces jours derniers, avec un auguste
personnage, ayant donné sa dimission, ou plutót cet acte lui ayant été imposé.

Comme c'était un homme capable, plein d'ardeur et d'activité, en un mot
tel qu'il le fallait dans un moment où il s'agit de réorganiser l'armée, disons
mieux, de la créer, cette retraite, tant soit peu forcée, ainsi que cela se pra-
tiquait au temps du bon plaisir, a produit sur le public un effet fácheux et
a donné lieu à des suppositions plus fácheuses éncore (je les repousse pour
mon comte), en ce sens, que, malgré toutes les déclarations faites, l'on ne vou-
lait pas sincérement en haut lieu prendre fait et cause pour l'Indépendance
Italienne, ni méme pour s'opposer à l'invasion autrichienne, quele parti
prétre, uni avec celui rétrograde, appelait au contraire de tous ses voeux.
52 ROBERTO RESTANI

Ceci est vrai quant au clergé en général, qui ne prend pas trop méme
la peine de dissimuler sa satisfaction, depuis qu'il sait que le Général de Welden
se dispose à occuper les Légations, et le verrait méme avec plaisir pousser son
excursion militaire jusqu'à Rome ; mais je croirais manquer de respecte à
un auguste personnage et lui faire injure en admettant qu'il püt partager un
sentiment aussi peu élévé, aussi peu patriottique.

C'est ailleurs qu'il faut chercher l'explication des contradictions que
parfois l'on observe entre ses actes et son langage ; c'est à une source devant
laquelle je m'incline respectuesement, qu'il faut la demander; en un mot,
à des scrupules des conscience, ayant leur origine dans l'excercice d'un double
pouvoir, et qui ne trouvent pas de contrepoids dans un caractére ferme et
un esprit familiarisé avec la pratique des grandes affaires.

C'est sans doute pour affaiblir l'impression des bruits fácheux dont j'ai
parlé plus haut, que Sa Sainteté a jugé à propos, par l'organe de ses Ministres
de faire adresser au Conseil des Députés la déclaration dont Votre Excellence
trouvera cijoint la traduction, et que l'on peut considérer comme une seconde
protestation ». Vedi A. L. pe BEAUFORT, op. cit., p. 91. Si veda inoltre:
GiusepPE SPADA, Storia della Rivoluzione di Roma e della restaurazione del
Governo Pontificio dal 1 giugno 1846 al 15 giugno 1849, Firenze, Pellas, 1868-
1870, Vol. 11, p. 443; L. C. FARINI, 0p. cit., Vol. rr, p. 320.

7) Appendice, N° 9.

38) La Civiltà Cattolica, Anno 1», Vol. 11, 1850.

39) Gazzetta di Roma, n. 239 del 20 novembre 1848.

1) P. CAMPELLO, Sí. doc. cit, Vol. m, p. 107.

3) Ecco il testo della lettera che si trova presso l'Archivio Campello :

« Pregiatiss.o Sig.e Conte,
mi faccio un dovere di prevenirla che questa mattina il Sig. Gen.le
Zucchi ha chiamato al rapporto la Uffizialità di Ogni Corpo, e gli ha fatto
intendere che Egli non riconosce affatto il Ministero perché intruso, e che lui
è il vero Ministro delle Armi, ed ha domandato cosa ciascun Corpo credeva
di fare in questa circostanza : il V. Generale Latour per parte dei Reggimenti
Esteri ; il Ten.te Col.o Lanei, ed il Mag.re Lambruzzi chinandosi hanno pro-
testato di riconoscere il Solo Gen.le Zucchi come Ministro Nominato dal Pa-
pa, e non altri, e ció da parte anche di tutti i loro soggetti ; il Mag.re Ange-
letti per altro a nome degli Uffiziali ha risposto che riconosce il Ministro Cam-
pello, cosi ha detto, perché ritiene che lo abbia nominato il Sovrano ; allora
il Zucchi ha fatto delle proteste e minacce contro chiunque volesse opporglisi
e ha ordinato una Rivista alla Montagnola, di tutte le Truppe, la quale pre-
sentemente sta passando.

Qui le cose vanno di male in peggio, per cui è da temersi una qualche rea-
zione. Nella settimana prossima io mi porró in viaggio per la Dominante, do-
‘vendo prima dare alcune notizie all'Ispet. Amici sulle pendenze di questa
Intendenza che Egli ha assunto.
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 53

Mi conservi la di lei stima e protezione, e mi creda ad ogni prova, col do-
vuto rispetto, e subordinaz.ne

Divis. Ilma U.mo D.mo Ser.e
Bologna 1° Decem.e 1848

L. BATTAGLIA

Riservata

A Sua Eccellenza
Il Sig.re C.te Pompeo di Campello
Ministro delle Armi

ROMA »

^?) Archivio Campello, Carteggio del generale Zucchi. Si veda inoltre
il carteggio del generale Zucchi col Ministero delle Armi e dell’Interno pub-
blicato dalla Gazzetta di Bologna n. 252 e Supplimento n. 253.

4) Archivio di Stato di Spoleto, Archivi privati: Sansi.

^) Si veda G. SPADA, op. cit., Vol. r1, pp. 61-62. Ivi è riportata la se-
guente lettera :

«Signor Generale,

le sue parole sono indegne di un uomo d'onore : io le compiango
e perdono all’età : Vile soltanto chi tradisce l’Italia.
Roma 13 dicembre 1848
P. DI CAMPELLO »

**) Ecco il testo della minuta della lettera che si trova presso l’Archivio
Campello :

« Generale,

Vi scrivo anch'io con il cuore aperto nè saprei altrimenti. Voi siete stato
ingannato, e si è cercato disconoscervi, ma siete in tempo di rimediare. Qual
dolore non fu per me, qual dolore per ogni cuore Italiano vedere il Gen. Zucchi
disertare la nostra Santissima causa !

Generale, tutto ciò che io ho fatto anche riguardo a voi, non l’ho fatto
che per l’amore del mio paese non perchè io non apprezzii meriti vostri. Io
so più di voi quanto fa di bisogno a rendere la vostra Milizia tale da stare a
fronte di ogni altra milizia d'Europa. Se il vostro braccio avesse soccorso la
mia povera mente, certo saremmo arrivati allo scopo.

Io ho detto che siete in tempo di rimediare. Generale, mostrate al mondo
che dividete i nostri principj, aderite ad un Ministero, che non vuole se non
che la prosperità, le libertà vere, l’indipendenza assoluta del suo Paese, e la
vostra fama potrà ancora rimanere incontaminata.

CAMPELLO »

‘) Gazzetta di Roma, n. 263 del 19 dicembre 1848.
*) Appendice, N° 10.
ROBERTO RESTANI

5) Ecco il testo della lettera che trovasi presso l'Archivio Campello:
« Cittadino Ministro

Le vostre parole indirizzate alla Direzione di questo Circolo Popolare
sono argomento dell’amore alla libertà che ci riscalda. Voi, cittadino Ministro,
aggiungete una bella pagina alla storia perugina.

I soci del Circolo e il Popolo tutto pronunciano il vostro nome in questo
giorno di festa, dappoichè è suonata l’ora della demolizione di questa fortezza,
asilo antico della tirannide armata. Salute.

Perugia dalle Camere del Circolo Popolare li 13 dicembre 1848.
Al Cittadino Ministro della Guerra FiLIipPO SANESI Presid.
P. di Campello a A. FABRETTI Segr. »
ROMA »

4) Estratto da una lettera di L. Pianciani scritta da Bologna il 6 dicembre
1848 ed indirizzata a Pompeo Campello :

«Amico Carissimo,

Ti scrivo d'ufficio ma voglio aggiungere una riga particolare per dirti
di Garibaldi il quale va pellegrinando colla sua legione di Comune in Comune
prendendo centoventi scudi il giorno per mantenere la sua legione che si va
aumentando sicché presto quella somma non basterà neppure ; capisci bene
che questo aggravio non può sopportarsi a lungo, d'altronde non parmi con-
veniente il permettere ad un corpo franco di vagare cosi nello Stato, parmi
pertanto dovresti occupartene, quegli uomini potrebbero arruolarsi nei corpi
diversi, e non dovrebbe mancar modo di utilizzar Garibaldi, d'altronde questo
povero uomo cosa deve fare ? La Toscana non lo vuole. Venezia non lo vuole,
egli è impegnato con circa 400 persone che hanno posto in lui la loro fiducia,
non parmi debba porsi alla disperazione, per altra parte devi pure sapere
che moltissimi mi hanno detto male della legione, ma tutti facendomi elogio
della sua persona. ..». (Archivio Campello)

50) Ecco il testo completo della lettera che trovasi nell'Archivio Campello :

«Terni 22 Decembre 1848.
Eccellenza

Domani raggiungerò la colonna a Fuligno, da dove mi dirigerò a Rieti,
punto che mi sembra molto più conveniente per organizzare il Battaglione,
e ricevere da Roma il vestiario, armamento, ed altri oggetti indispensabili.
Mi permetto di raccomandare a V. E. il pronto invio del vestiario, e massime
dei cappotti, e scarpe, trovandosi la gente in uno stato deplorabile.

Onori de’ suoi ordini
G. GARIBALDI

P. S. Ho ricevuto il dispaccio di V. E. dopo scritta la presente, e dirigerò
la Colonna a Fermo siccome mi viene ordinato. Non risponderò nulla circa
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 55

alle intenzioni supposte, tenendolo indegno di me. Ringrazio V. E. dell’accet-
tazione del Corpo al servizio dello Stato, e solamente reitero le premure del-
l’abigliamento, e dei suoi ordini.

Vale »
Nel retro del foglio, la lettera così prosegue :

« Fuligno 23 Decembre 1848
Eccellenza

Giunsi in questa, ieri sera, e trovai giunta la colonna da qualche mo-
mento. La gente trovasi in uno stato deplorabile di vestiario ; massime dei
cappotti, e scarpe che hanno finito di rovinare nell’ultime marce. Io sono
perciò a pregare V. E. si degni far rimettere in questa, i due articoli sud.ti
per poter conformemente a’ suoi ordini proseguire la marcia a Fermo, ove
aspetteremo il resto dell’abbigliamento, e gli ordini di V. E. Circa ii soldo
della gente V. E. darà le ulteriori disposizioni. Mi sono permesso le antece-
denti osservazioni, a motivo della stagione, rigidissima in queste alture, ma
comunque sia sarò sempre pronto ad ubbidirlo. Di V. E.

G. GARIBALDI
A DS E il:Sig
Ministro della Guerra »

*) P. CAMPELLO, Sí. doc. cit., Vol. 11, p. 109.

5) Appendice, N° 11.

5) Archivio Campello.

5) P. CAMPELLO, St. doc. cit., Vol. 11, p. 107.

5) Ecco iltesto di una lettera riservata, che trovasi nell'Archivio Cam-
pello, ricevuta dall’allora Ministro delle Armi:

«Amico Car.mo

Ho molte volte palpitato per voi dopo avervi visto posto, e persi-
stere nella fallace posizione in cui vi trovate. E dopo averci più volte pensato
non ho potuto più resistere ai stimoli della mia antica amicizia per voi onde
scongiurarvi per vostro bene a rinunziare a tutte le poesie di Roma, e tor-
narvene nella beata solitudine di Campello per ritrovarci qualche volta insieme
alle Con.ni del Marroggia di cui siete lo scudo più utile. Non crediate che sia
troppo tardi... essendo antica, e vera quella sentenza che dice è meglio una
volta che mai.

Gli ordini Pontificj, affissi in cod.a Capitale il 26 dicembre, e quindi di-
ramati in tutto il Mondo o poco più presto, o poco più tardi avranno il loro
pieno effetto. Il sangue del Conte Rossi sarà fuor d’ogni dubbio copiosamente
vendicato ! Voi che non siete stato spinto nel vischiosissimo arringo in cui vi
trovate da turpi, ed indiretti fini, ma dalle più rette intenzioni, non dovete
trovarvi il giorno della catastrofe alla testa di un Governo, che quasi tutto il
mondo qualifica Governo d'assassini. Il Popolaccio di Roma, vile sempre, per
rientrare in grazia griderà Crucifige contro quelli stessi che ha osannati nei
56 ROBERTO RESTANI

tempi che passarono. Nè credeste mai di poter avantaggiar di una linea la
gran causa Italiana, la quale quanto abbia perduto dal 15 novembre in poi è
palese a ciascuno. E credete pure che chi osteggia Pio 9° ed il partito Cattolico
milita a favor dell'Austria. Io fui, e sono sempre liberale, ma di sempre mode -
rato, ed altro non cerco, e non desidero che l’osservanza dello Statuto nell’In-
terno, ed una Federazione di Stati Italiani, compreso Napoli senza il quale
siamo nulla, al di fuori, e perciò mi chiamano retrogrado, ed oscurantista, nè
me ne cale. Mi duole solo che i pretesi illuminati ci chiamano sopra troppe
rovine, fra le quali sono anche possibile la perdita, almeno temporanea, di
tutte le nostre franchigie.

Trevi 7 Gennaro 1849 V.0 Aff.mo: Am.o Obb.mo :
CLEMENTE BARTOLINI

Riservata
Al Nobil'Uomo
Il Sig. Conte Pompeo di Campello Ministro
dell'Armi a ROMA »

5) Oltre al problema dei Corpi Franchi, l'organizzazione dei quali il
Campello cercava continuamente di migliorare, (vedere Appendice, N° 12 esi-
steva anche il problema degli esuli che specialmente dal Lombardo-Veneto
fuggivano nello Stato Pontificio per non combattere nell'esercito austriaco.
Nell'assumere il portafoglio delle Armi, il conte aveva promesso che avrebbe
studiato il sistema per aiutare questa emigrazione ; a tale proposito, Carlo
Mayr vice-presidente del Circolo Nazionale Ferrarese scriveva : «... Simul-
tanei alle vostre promesse erano i fatti; ed oggi i nostri fratelli Lombardo-
Veneti sono raccolti dai Comandanti i Reggimenti dello Stato, e trovano
sollievo dal lungo ramingare lontani dalle dolcezze domestiche ... Ai pro-
fughi che si arruolano nei nostri Battaglioni, ripetiamo «che il Ministro
delle Armi, qual Padre amoroso, avrà per essi ogni affettuosa cura ».
Sono queste le vostre parole, o CITTADINO, che non eravamo avvezzi ad
ascoltare : e che, pronunciate in pubblica Adunanza, meritavano il grido co-
mune « Si faccia un Indirizzo di ringraziamento, non al ConTE ma al CrrTA-
DINO CAMPELLO ; non solo al MINISTRO DELLE ARMI; ma al PADRE DEI
ProruGHI LoMBARDO-VENETI, che strappati allo straniero, pugneranno
contro di esso nella guerra imminente ». (Estratto dalla lettera indirizzata
al Campello da parte del Circolo Nazionale Ferrarese in data 25 gennaio
1849. La lettera si trova presso l’Archivio Campello).

58) A. MoscaTI, op. cit., p. 334.

5) Notificazione della Commissione Governativa Municipale per la ele-
zione dei Deputati all'Assemblea Romana ed Italiana, Roma 28 gennaio
1949. (Archivio di Stato di Spoleto, Archivi privati : Sansi).

5) Comunicazione dell'Ufficio elettorale, Spoleto 24 gennaio 1849. (Ar-
chivio di Stato di Spoleto, Archivi privati: Sansi).

t CARLA
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 57

so) A cura di Bruno GATTA, La costituzione della Repubblica Romana del
1849. Firenze, Sansoni, 1947, p. 21:

« Art. 1 — Il Papato è decaduto di fatto e di diritto dal governo tempo-
rale dello Stato Romano.

Art. 2 — Il Pontefice romano avrà tutte le guarentigie necessarie per
l’indipendenza nell’esercizio della sua potestà spirituale.

Art. 3 — La forma del governo dello Stato romano sarà la democrazia
pura e prenderà il glorioso nome di Repubblica Romana.

Art. 4 — La Repubblica Romana avrà col resto d’Italia le relazioni che
esige la nazionalità comune ».

s1) Appendice, N° 13.

82) Appendice, N° 14.

6) Il 15 febbraio 1849, il colonnello Lentulus, subordinato del Campello,
così scriveva al suo superiore : «... Sento purtroppo che molti gridano e che
colla migliore volontà non si può evitare lo scoglio dei malcontenti ; quando
però l’uomo ha la coscienza pura e la persuasione dei propri atti, esso riceve
con rassegnazione il colpo dell’avversità. Sento con moltissimo dispiacere
ch’Ella preveda la probabilità del suo ritiro dal Ministero, se questo però
dovesse servire a renderla più felice e più tranquilla sarei almeno più con-
solato ». (Archivio Campello)

E il 17 febbraio : «. . Oggi mi è stato riferito ch'Ella abbia abbandonato il
Ministero, e ciò è stata per me di sensibilissima influenza, giacchè le sue azioni
tutte hanno avuto per unico scopo il riordinamento delle cose militari ; già dalle
espressioni dell’ultima sua mi è sembrato ch’Ella mi accennasse questo cam-
biamento e ne fui vivamente commosso. D'altronde se le sue brame e i suoi
desiderî di godere riposo debbono essere soddisfatti, sarà una consolazione
per tutti quelli che Le portano un interesse sincero di vederla tranquilla. È
cosa assai difficile di stare in un Ministero qualunque, in quello poi della guerra
le difficoltà sono ancora maggiori assai per la mancanza delle armi, e degli
oggetti necessari all’organizzazione dell’Armata ». (Archivio Campello).

Ma il 19 dello stesso mese:

«Preg. Sig. Ministro,

con somma soddisfazione ho sentito oggi ch'Ella abbia conservato il
Ministero, non so peró se Ella sarà contenta come lo sono i suoi amici sapendo
che bramava riposo. ... A quello che si sente dire, sembra che l'aver procla-
mata la Repubblica, sia stato un passo troppo precoce e che mette la disunione
nell'Interno e cogli altri governi costituzionali d'Italia ; il che potrebbe recarci
danno. Quante disgrazie dobbiamo vedere sopra questa bella e Divina terra,
perché gli uomini non possano una volta unirsi in un sol pensiero, e con cal-
colo, previsione e fermezza preparare le forze senza le quali gli sforzi più ge-
nerosi riescono sacrifizii a danno della Patria ». (Archivio Campello).

*) Archivio Campello, Lettera di Giuseppe Fratellini del 31 gennaio
1897 indirizzata a Paolo Campello che chiedeva Spiegazioni su quell'epi-
58

ROBERTO RESTANI

sodio. Tale lettera è stata in parte già pubblicata in P. CAMPELLO, St. doc.

cit., Vol. rr, p. 110.

ss) Appendice, N° 15.

$) Archivio Campello, Lettera di Pompeo Campello a Giuseppe Fratel-
lini del 3 marzo 1849, riferita da questi a Paolo Campello nella lettera del
19 febbraio 1897 e parzialmente pubblicata in P. CAMPELLO, St. doc. cit.,
Nolim ps bb

9) La lettera esordisce con le parole: «Chi calunnia è traditore». E
prosegue: «Qualunque sia il movente che Vi spinge dal lato dell'opposi-
sizione, mentre vi lasciamo la piena, pienissima libertà... non vogliamo...
che la vostra opinione si converta in maligno spirito reazionario e venga
con la spada della maldicenza, e del falso a frapporre divisioni di partito,
e di massime, e quel che é piü a vulnerare, ed offendere la stima, e l'onora-
tezza del nostro Ministro di Guerra, e Marina il bravo Pompeo Campello...
Le vostre parole... sono vendute al pretismo... Campello è uomo atti-
vissimo, é uomo energico, uomo di estesi talenti convenitene francamente ;
non sarà uomo d'armi, come il vostro carissimo ed affezionatissimo Zucchi,
le di cui virtù avete predicate nel vostro Giornale, ma mettetevela bene
in capo, quando da un lato vi é l'Uomo di talenti, di attività, di energie,
di buon volere, e dall'altro lato vi sono mezzi, e materiali Vi è quanto
basta per essere Ministro della Guerra; non confondete nel Vostro bel
criterio il Ministro della Guerra col Generale di un'Armata, quest'ultimo
fa d'uopo che sia uomo d'armi. Ma amico mio, le armate non si improv-
visano come Voi vi fabbricate un articolo. ... Vi fate lecito di asserire che
il nostro Campello non agisce di sorta alcuna; divertitevi ad osservare i
di lui Protocolli, e conoscerete con quanta energia è dedicato alla forma-

zione dell'esercito, e dell’armata; ma voi vorreste Zucchi... e... a Voi
mai sarà per garbare alcun altro Ministro fosse anche il primo Guerriero
d'Europa. ... Vi pregherei ad osservare pel primo quanto insegnaste

nel vostro periodico n. 143 del 1848 in cui fortemente Vi lagnate perchè
in Italia si consumano gli Uomini grandi colla maldicenza, non vi taccio
però che il vostro bruciore proveniva perchè si sparlava del vostro Zuc-
chi ». (Archivio Campello)

$8) Archivio Campello.

69) Archivio Campello, Lettera del Preside di Bologna al Ministro della
‘Guerra del 5 marzo 1849.

7) Appendice N° 16

1) Ecco il testo della lettera che trovasi presso l'Archivio Campello :

« Ferrara 7 Marzo 1849
Cittadini!

Il timore dell’invasione Austriaca è allontanato. Tutti i provvedimenti,
che conciliabili con le circostanze, e con i mezzi potevano prendersi in que-

——
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 59

ste Provincie, furono presi,
«colari dettagli.

I fondi che mi furono inviati per mezzo del Cittad.o Caldesi sono stati
distribuiti, ed esauriti. La mia presenza qui sarebbe inutile, e quindi dannosa ;
dannosa e perché toglie l'unità di concetto si necessaria in un Ministero e
perché nulla facendo, si compromette il decoro mio e quello della Repubblica.,

In seguito di tali considerazioni mi affretto a partire, e tornare ove il
'Governo risiede.

nulla più richiedendosi che lo sviluppo di parti-

Il Ministro

CAMPELLO
Al Comitato Esecutivo

della Repubblica Romana
ROMA»

7?) Ecco il testo della minuta della lettera di dimissioni che trovasi
presso l'Archivio Campello :

« Cittadini

Abbenchè io spontaneamente partissi, l’istantaneo mio richiamo da
Bologna, che tosto verrà divulgato per opera stessa di chi l’ha provocato,
‘offende gravemente il mio decoro. Io non ho cosa alcuna a rimproverarmi,
nè altro ebbi a cuore che gl’interessi della Repubblica, e renderò conto ad
una ad una di tutte le mie azioni.

Ma chi non gode la piena fiducia del Governo non deve un solo istante
rimanere al potere. Io vi restituisco il portafoglio della Guerra e Marina
e vi dò la mia formale irrevocabile dimissione.

Gli strapazzi del viaggio aggiunti a preesistenti disordini di salute m’im-
pediscono di proseguire più oltre, e mi obbligano ad un assoluto riposo ;
per lo che attenderò qui le vostre ulteriori determinazioni.

Lasciando il potere non lascio di servire la Repubblica, e. rimango
sempre fedele rappresentante del popolo.

Salute e fratellanza.

Spoleto 11 Marzo 1849
P. DI CAMPELLO »

#) Il «Prete rinnegato » era Francesco Dall’Ongaro ; questi, due anni
indietro, aveva ottenuto da Pio rx, per interessamento del Campello,
la riabilitazione ed il permesso di celebrare nuovamente la messa, della quale
però non si era più curato dopo il 1848. Aveva sempre serbato, per que-
sto fatto, gratitudine al Campello ed aveva contribuito ad appianare i con-
trasti di vedute tra quest’ultimo ed il generale Garibaldi. Si veda: P.
CAMPELLO, Sí. doc. cit., Vol. 11, pp. 107-108.

^) Archivio Campello.

75) È interessante leggere, a proposito di « Gesuitismo », la corrispondenza

da Roma, riguardante il Campello, pubblicata dalla Civiltà Cattolica. Vedi
Appendice, No 17.
60 ROBERTO RESTANI

**) Archivio Campello, Lettera del 19 febbraio 1897 diretta dal Fratellini
a Paolo Campello in cui è riportato un estratto di una lettera scritta da
Pompeo Campello al Fratellini stesso intorno al 15 marzo 1849.

7) P. CAMPELLO, Sí. doc. cit., Vol. rz, p. 111. Vedere inoltre Appen-
dice, N* 18

*) Da Il Contemporaneo, numero 74 del 1° aprile 1849 : « Prima di pro-
rompere in parole che trascinano infamie bisogna conoscere e portar fuori
dei fatti altrimenti l'infamia ricade sopra l'accusatore. L'onorevole rap-
presentante conosce, che il Ministro d'allora previde sempre la guerra,
gridó sempre denaro, ed uomini ; ma non gli si dette né coscrizione, né oro,
senza i quali due elementi nessuno al mondo improvviserà delle armate.
... Intanto non posso tacere che un imparziale e retto giudizio degli indi-
vidui mi par molto difficile specialmente fra la turbolenza delle passioni,
e quando vi sono molti che pensano esser conveniente gettar giü uno per
collocarsi al suo posto ». È

*) Ecco il testo della lettera che trovasi presso l'Archivio Campello :

«C. A. Roma

Vi aspetta qui la morte di Rossi. Dunque venite presto.
Salute e Fratellanza.
I] Popolo
Romano»

A] Cittadino Pompeo Campello
SPOLETO

8) B. GATTA, op.-cit., p. 96.

3D" B* GATTA, 0D; ciL, p. 27.

82) Archivio Campello, Minuta di una supplica indirizzata al S. Padre
e di una memoria indirizzata (si suppone) al card. Amat.

8) Archivio Campello, Lettera di Terenzio Mamiani a Pompeo Campello
da Genova del 2 agosto 1850.

%) P. CAMPELLO, Sf. doc. cit., Vol. zz, p. 142.

$5) P. CAMPELLO, Sf. doc. cit., Vol. 11, p. 143

8) P. CAMPELLO, Sf. doc. cit., Vol. 11, p. 149.

#) Archivio Campello, Lettera di Pompeo Campello al figlio Paolo in
data 19 aprile 1858 da Parigi: « Adesso si torna fuori a formulare un altro
capo di accusa, che é la demolizione della fortezza di Perugia. Quanto a
cotesta fortezza, ...la Magistratura di Perugia chiese di demolirne una
parte, e il Consiglio dei Ministri, non io solo, rispose, che la Magistratura
facesse ció che meglio credeva, rimettendo a lei il farlo, o non farlo ; dal
che si deduce che io non ci ho che fare piü che qualunque altro dei Mi-
nistri, e meno assai della Magistratura stessa. Del resto credo, che sia un pre-
testo come tanti altri, per rifiutarmi la grazia. ... Il Sig. Gramont (Ambascia-
tore di Francia) potrebbe dimandare, se veramente si crede, che tormando
‘6 marzo 1860 da Firenze parzialmente pubblicata in P. CAMPELLO, St. doc. CIUS

UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 61

costi io sia un uomo pericoloso per la tranquillità dello Stato. Qualunque
persona, che. abbia senno e coscienza, dovrà rispondere, che non ro sono
affatto: ma che vale discutere, e ragionare in certi luoghi, e certi tempi ?
Speriamo, che verranno giorni, nei quali la giustizia prevalga ; e allora
soltanto potró sperare, che il mio esiglio finisca ».

E sempre da Parigi il 24 aprile : « Tenermi in esilio è una fortuna per me;
giacché altrimenti dovrei rifare del mio la fortezza di Perugia: poi sembra,
che il Papa sia irritato dei cavalli presi al Vaticano. Sebbene comprenda,
che il discolparsi è inutile, e che non v'è ragione a questo mondo fuor che
quella della mitraglia e del cannone, tuttavia non ho mancato di sviluppare
con freddezza e pacatezza le mie ragioni. La fortezza di Perugia fu guastata
da quella municipalità, e cittadini, non da me. I cavalli del Vaticano erano
cavalli, ossia bestie; e troverei strano, che si perdonassero le offese fatte
agli uomini punendo quelle fatte agli animali. Aggiunsi, che coteste cose
erano conosciute, quando mi fu promessa lamnistia, e mi s'impegnó a
‘chiederla cosi che non possono essere adesso che pretesti. Dissi infine, che
una cosa io teneva a dimostrare, che cioé quando pregai l'Imp.e a interes-
sarsi per me, io era certo, che poteva quanto qualunque altro meritare la
grazia, e che mai avrei potuto abusarne. Che del resto, chiedendo ritor-
nare, ho creduto di fare un atto di sottomisione, e di obbedienza, e che
interpretarlo invece per una offesa mi pareva la piü strana e inconcepibile
incongruenza. Il Sig. Benedetti (incaricato del Grammont) mi parve persuaso,
e mi disse che tornava a scrivere: ma sono parole che non gioveranno a
nulla, scorgendosi troppo bene, che si ha una vivissima animosità contro di
me, e che non mi si farà mai tornare. Ed in questo punto, come feci rimar-
care, tanto Mazzini quanto i Governanti Romani hanno le stesse idee, e con-
vengono ambedue dell'istesso scopo.

... Ad ogni modo mettiamoci l'animo in pace: tengo per certo, che
io non otterrò mai nulla, e meno poi dalla diplomazia che da qualunque
altri. Così spenta quest’ultima fiaccola non importunerò davvero nessuno,
e chi mi ha visto mi ha visto, come suol dirsi. Se mi riuscisse trovare un
luogo, dove non conoscessi, nè fossi conosciuto da persona vivente, sarei
veramente contento. È una società, e sono tempi, ne’ quali agli uomini
onesti non rimane più che nascondersi ».

Dal tenore di questa lettera, possiamo vedere come il quasi decennale
‘esilio lo avesse angustiato e fatto cadere in profondo abbattimento.
8) Appendice, N° 19.
*) Archivio Campello, Lettera di Pompeo Campello al figlio Paolo del

31 gennaio 1860 da Firenze: «... Congresso, Confederazione Italica, ri-

forme del Papa, oggi tutto questo è finito. La posizione è cambiata ».
*) Appendice, N° 20.
") Archivio Campello, Lettera di Pompeo Campello al figlio Paolo del

d aan. nt . BINE srroio.-
il
62 ROBERTO RESTANI

Vol. rz, p. 155: «... Qui si preparano le votazioni, che decideranno della
sorte definitiva della Toscana. Da una parte sta: Unione alla Monarchia
Costituzionale del Re Vittorio Emanuele; dall'altra: Regno Separato.
Credo che il primo partito vincerà a grandissima maggioranza. Anderò an-
ch'io a dare il mio voto, essendovi ammessi tutti quelli, che da sei mesi
sono qui, purchè italiani. Così l’annessione si compirà ; ma quello che nascerà
dopo, Dio solo lo sa ».

*) Archivio Campello, Lettera di Pompeo Campello al figlio Paolo del
18 marzo 1860 da Firenze : «... La votazione è riuscita in un accordo mera-
viglioso. In Toscana Voti 365mila per l’annessione al Piemonte, e 14mila
per il Regno Separato. Nelle Legazioni risultato anche più sorprendente.
Per l’annessione Voti 202.659, per il regno separato Voti 204. Voti nulli 471.
Ne’ Ducati di Parma e Modena eguale successo. Nella settimana Farini e
Ricasoli presenteranno i plebisciti al Re e subito seguirà l’accettazione ».

8) Appendice N° 21.

5) Archivio Campello, Lettera di Pompeo Campello al figlio Paolo del
12-13 maggio 1860 da Firenze: «...La partenza di Garibaldi per la Si-
cilia ha prodotto gran sensazione; s'é temuto uno sbarco nel nostro stato,
e tutte le truppe stanziate qui sono partite per la frontiera. Il cielo è gra-
vido di tempesta ».

E in una lettera del 20 maggio sempre da Firenze : «... L'attenzione
pubblica è adesso riconcentrata sulla spedizione di Garibaldi. Egli rinnova
la favola d’Orfeo, che al suono della lira si traeva dietro alberi e sassi. Si
pensa che anche le mura di Palermo non resisteranno lungamente. Ecco
nuove complicazioni. Le flotte d’Inghilterra, di Francia, e di Piemonte
corrono intorno all’Isola in fiamme. Che sarà se la lava dell'Etna andrà
a congiungersi con quella del suo vicino Vesuvio! Prevedo nuovi guai. Ma
la gran spada del Lamoricière sicuramente ci salverà ». (Frase detta in senso
ironico poichè in un'altra lettera sempre diretta al figlio, affermava : «... quel
comandante è una bestia, e l’Imperatore lo tiene là perchè gli dà fastidio
averlo qui». Vedi P. CAMPELLO, Sí. doc. cit., Vol. 11, p. 150).

96) Appendice, N° 23.

*) Appendice, N° 22.

9?) Appendice, N° 24.

°8) Archivio di Stato di Spoleto, Archivi privati : Sansi.

®) Archivio Campello.

100) Appendice, N° 25.

" Archivio Campello, Proclama agli abitanti della Provincia di Spoleto
del 23 novembre 1860.

102) Archivio Campello.

108) Atti Ufficiali del Regio Commissario Generale Straordinario per le
Provincie dell’ Umbria, Firenze, Stamperia Reale, 1861, Vol. ir, pp. 935-946.
104) S. FRATELLINI, Op. cit., p. 145.
15) A Torino così egli scriveva : « Sembra impossibile come a un uomo
di buon senso sia mai potuto venire in mente di fare una sola Provincia
di Orvieto, Rieti, Perugia, e destinando a capoluogo quest’ultima città,
che è all’estremo confine della Provincia stessa. Dal capoluogo a Rieti
e a Norcia la distanza è tale, e tali le strade che per accedervi si richie-
dono dei giorni, ed una spesa vistosa. Il capo della Provincia se volesse mai
visitare tutti i paesi di essa dovrebbe impiegarvi almeno un mese. . . . Quindi
una lentezza in tutti i pubblici negozi, e un indebolimento dell’autorità per
modo che la macchina governativa non solo non funzionarà più, ma le
popolazioni crederanno di essere state interamente abbandonate a loro stesse.
E certamente se il popolo umbro non fosse quale è per natura ordinato e
| savio e prudente, se ne vedrebbero le piü funeste conseguenze. A Spoleto
! dove si era soliti vedere un'autorità in pompa e splendore, che almeno bene:
| o male decideva subito tutte le controversie che potessero insorgere, rimarrà
un'ombra di magistrato il quale avrà molta responsabilità e nessun potere.
A chi vi dovrà ricorrere egli non potrà rispondere altro che : scriveremo . . ..
sentiremo ! ». Vedi P. CAMPELLO, Sf. doc. cit., Vol. 11, pp. 159-160.

1*) P. CAMPELLO, St. doc. cit., Vol. 11, p. 160.

17) Appendice, N° 26.

1°) Col decreto del 20 gennaio 1861 furono nominati i primi senatori
del Regno d'Italia.

109) PAoLO CAMPELLO, Ricordi di più che cinquant'anni, Roma, Ermanno

Loescher e C., Spoleto, Tipografia dell'Umbria, 1910, p. 93. «...A Spo-
leto la lotta si accentuava. Mio competitore era Luigi Pianciani che
aveva gran seguito di amici e molti ardenti fautori per le sue idee avan-
zate. I miei però esercitavano grande influenza per la loro rispettabilità
e per i loro meriti intrinseci. Io mi tenevo quasi sicuro della sconfitta ;.
e infatti al primo scrutinio il progressista ebbe molti più voti di me.
Il mio programma però aveva il merito di essere appunto quello del Ministero
Ricasoli a cui facevo adesione, e dal quale mi venne dato tutto l’appog-
gio governativo, allora assai più efficace d’adesso. Così nel ballottaggio
| io vinsi la prova ...».
110) Archivio Campello, Lettera di Pompeo Campello al figlio Paolo.
Si noti su quante e quali ipotesi si discutesse in merito allo scottante argo-
mento della questione romana: «... Egli (il principe di Piombino) non
crede, che la morte del Papa agevolerebbe la soluzione (della questione
romana); ma io sono d'avviso contrario ; e ritengo che a Papa nuovo si
possano piü facilmente imporre condizioni: poi i Francesi avrebbero un
pretesto per partire ».

"! Archivio Campello, Lettera di Pompeo Campello al figlio Paolo:
«...Le nuove di Napoli sono sempre affliggenti ; ed il brigantaggio vi
domina sempre, nè potrà essere sì presto estirpato. Ieri sono partite da
Terni varie Compagnie di Brignone, credo anche con qualche pezzo d'ar-

UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 63.
64 ROBERTO RESTANI

tiglieria, dirette sopra Corese. La ragione non si sa, e si suppone è bri-
ganti, o ingrossamento di Pontificj verso il confine. Io confido molto nella
energia e bravura di Cialdini; ma se non si prende presto Roma, non si
‘otterrà il completo trionfo, nè si farà l'Italia sì presto ».

112) Archivio Campello, Lettera di Pompeo Campello al figlio Paolo del
:30 agosto 1862 da Spoleto. i

u$)
114) Ecco il succedersi delle varie comunicazioni telegrafiche ed epi-
stolari che intercorsero in quei giorni tra il Presidente del Consiglio desi-
gnato ed il senatore Campello.

Il Nostro riceveva, l'11 aprile, il seguente telegramma tramite il Sotto-
Prefetto di Spoleto: «In esecuzione degli ordini ricevuti dal Sig. Presi-
dente del Consiglio dei Ministri, ho l'onore di trasmettere alla S. V. Ill.ma
il seguente telegramma che dal medesimo mi è pervenuto testé in cifra.
— Senatore C. Campello. S. M.a mi incarica di invitarla accettare Portafoglio
Ministero Esteri. Allo invito augusto aggiungo mia preghiera vivissima.

Ella conosce programma nuovo Ministero, e componenti medesimo.
Spero non vorrà negare suo concorso. Saró grato se vorrà rispondere tele-
graficamente, autorizzandomi dichiarare di lei accettazione domani undici
corrente nel Parlamento. Mi dorrebbe assai che questa dichiarazione non
potesse farsi. Del resto potrà recarsi a Firenze a di lei agio, quando sarà
pienamente ristabilita. I1 Presidente del Consiglio dei Ministri, Urbano Rat-
tazzi». (Archivio Campello).

Immediatamente il Campello cosi rispondeva : « Ringrazio tutto cuore
S.a M.a. Ringrazio Presidente Consiglio. Sensibilissimo tanta bontà debbo
con dolore declinare incarico troppo superiore mie deboli forze. Scrivo per
posta. Campello ». (Archivio Campello, Minuta del telegramma dato in cifra
al Sotto-Prefetto per il Presidente del Consiglio dei Ministri).

Ed ecco la lettera che fece seguito a quel telegramma :

« Eccellenza,

L'invito, che dall'augusto nostro Re mi venne fatto, d'accettare il
portafoglio del Ministero degli Affari Esteri, mi ha riempito l'animo d'una
«commozione profonda. Dire quale e quanta sia la mia gratitudine verso di Lui,
ed in pari tempo verso l’Illustre Presidente del Consiglio, che ebbe la bontà
di propormi, sarebbe impossibile. Ma potrei io, lontano dagli affari da sì
lungo tempo, poco versato nelle diplomatiche discipline, giunto ad un’età
in cui la vigoria della mente e del corpo si va affievolendo, accettare co-
scenziosamente un incarico sì grave, sì difficile, tanto più difficile e grave
nelle condizioni attuali d’Italia, e del mondo ? Se da una parte il desi-
derio d’obbedire al mio Re, di prestar servizio alla Patria mi stimolavano,
dall'altra il timore di non riuscire, il sentimento di non trovarmi adeguato
alle esigenze di sì alto mandato, mi parlavano più forte sul cuore e vin-
cevano. Da queste, e non da altre ragioni fui mosso declinando cotanto

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Lettera del Comitato Esecutivo della Repubblica Romana al Ministro della Guerra

Pompeo di Campello. (Vedi nota n.

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Minuta della lettera di dimissioni del Ministro della Guerra Pompeo Campello.

(Vedi nota n. 70).

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UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 65

onore ed io spero che saranno trovate convenienti e giuste ; né si vorrà
farmi colpa d’un rifiuto, che solo dal dovere e dalla coscenza mi fu det-
tato. D’immenso rammarico certo mi sarebbe, Sig. Presidente, se Ella mi
privasse per ciò della sua stima e benevolenza. Ma io non lo credo ; e
spero anzi, che alle tante obbligazioni che a Lei mi legano, vorrà invece
aggiungere pur quella di farsi interprete presso S. M.a dei sentimenti pro-
fondi di devozione, e di gratitudine, di cui sono oggi più che mai pene-
trato. La testimonianza insigne di fiducia, onde immeritatamente venni
onorato, ha impresso nel mio cuore tracce profonde, che con la sola vita

si cancellano. Colgo questa occasione per confermarmi con la più sincera
stima ed ossequio

Dell'E. V.

Devotissimo
Spoleto 11 Aprile 1867

(Archivio Campello)

P. DI CAMPELLO »

Ma il Rattazzi, non appena ebbe ricevuto il telegramma senza nep-
pure attendere l'arrivo della lettera annunciatagli, scrisse subito al Cam-
pello: «Sono talmente convinto, ch'Ella può rendere un grande servizio
al Paese accettando il portafoglio degli Esteri, e ció d'altronde sarebbe
per me talmente grato, ch'Ella, spero, vorrà perdonarmi questa insistenza.
Ella mi rispose per mezzo del S.o Pref.o che non voleva accettare il porta-
foglio degli Esteri, perché considerava questo ufficio superiore alle di lei
forze. Mi permetta, che io non ammetta, e non consideri come buona questa
ragione. Il Ministero degli Esteri, è quello, che evidentemente presenta mi-
nori difficoltà di qualsiasi altro ministero; poichè o si tratta di affari
correnti, e questi si spediscono dal Seg.o Generale, o si tratta di affari più
gravi, e questi ordinariamente si trattano nel Consiglio. Si accerti, ch'Ella non
troverà alcun ostacolo nella specialità del Dicastero. Se non fossero già distri-
buiti tutti gli altri portafoglj io avrei procurato di offrirlene uno che meglio
la gradisse: ma d'altra parte io sono ancora oggi convinto, malgrado le di
Lei osservazioni, che niuno più di Lei è adatto per quello degli Esteri.
... Le dirò ; so, che il di lei nome, massime nelle contingenze particolari
del paese sarebbe securamente accetto, e ch’Ella renderebbe un vero servigio
al paese. Non si sgomenti per la responsabilità : Ella non deve temerla. Io
quindi fo conto sul di lei patriottismo : Le aggiungo, che farebbe a me
in particolare un vero favore, e che nulla mi tornerebbe più grato che averla
per Collega nella difficile, e penosa missione che mi sono assunta. ... Ho
la più ferma speranza, che domani riceverò da Lei un telegramma, che mi
annunzierà la di lei accettazione, e mi permetterà di pubblicarla nel gior-
nale ufficiale. Sarà questa una notizia accolta generalmente con soddisfa-
zione, e che rimedierà al senso poco favorevole che fece nella Camera que-
st'oggi il vedere, che mancava ancora il Ministro degli Esteri. Le rinnovo

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66 ROBERTO RESTANI

i miei sinceri complimenti, e coi più distinti sensi di stima, e di considera-
zione voglia credermi
Suo Dev.mo Obbl.mo

U. RATTAZZI »
Firenze 11 aprile 1867

(Archivio Campello)

115) P. CAMPELLO, St. doc. cit., Vol. 11, p. 174.

116) Non appena avuta notizia dell’accettazione del portafoglio, il figlio
Paolo così scriveva al padre :
« Scritta il 14 Aprile ed impostata il 15.

Caro Papà

Dalla tua del 12 che mi giunge in questo momento m'avveggo che è
accaduto un po' a te quello che era accaduto a me: tu non volevi il
portafoglio come io non voleva essere deputato di Spoleto, ed apposta
gli elettori hanno obbligato me come il Re ha costretto te pure. ...
Adesso non ci rimarrebbe che questa speranza, che tu faccia sciogliere
la Camera, e che io contribuisca a rovesciare il ministero. Tutto ció per
ischerzo ... In quanto all'esser tu Ministro, io te lo feci capire jeri, ci ho
piacere. La situazione é certo grave, ma appunto perció chi governa ha gran
potere di far male, ed un birbante nel posto tuo potrebbe rovinare il paese.
Per me, e posso dirlo, per tutti gli uomini di buon senso, per rovina intendo
lo scadimento del concetto governativo, la mancanza d'autorità, la banca-
rotta, tutte conseguenze della debolezza con cui la parte governativa ha
trattato colla sinistra, la quale ha l'intendimento nascosto di sbarazzarsi
di Re, Monarchia, Religione, e forse proprietà e via discorrendo. Nelle dif-
ficoltà dunque che ha incontrato Rattazzi nella composizione del Ministero,
niente piü facile era che affidasse gli Esteri ad un semi-sinistro qualsiasi

. che avrebbe cominciato col disfare quel tanto di buono che aveva fatto il

Visconti. Non che il presidente sia meno convinto di me, della necessità
di battere gli avanzati e cattivarsi i conservatori, ma egli «est trop adonné »
alle destrezze parlamentari, e poi temo che il contegno della destra lo spinga
suo malgrado a carezzare la parte opposta. Ma questa non muta pelo, e
vedrà sempre in Rattazzi colui che fece rispettare la legge in Aspromonte.
Perció non credo che dovrai sopportare per lungo tempo il grave peso, ma
credo che tu possa lasciare desiderio di te nei Ministeri futuri. È un fatto
che il tuo nome è il più gradito di tutti. M'hanno assicurato che il S. Pa-
dre dicesse ad un Cardinale che ti conosceva molto ed eri un galantuomo.
Un Ministro degli Esteri non può fare a meno di leggere la Correspondance
politique d'Azeglio pub.a da Rendu. Ci troverai tutto per metterti in un
giorno al corrente delle più grandi questioni; e poi che giudizi d'uomini
ancora influenti! ». (Archivio Campello).

17). P. CAMPELLO; St.. doc. cit.;;. Vol, xx, p... 178.

415. P. CAMPELLO; St. doc. cit., Vol. mz, p. 179.
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 67

4") P. CAMPELLO, Sí. doc. cit., Vol. zz, p. 95.

1") P. CAMPELLO, St. doc. cit., Vol. 11, p. 96.

181) CA. MOSCATI, ‘op; cit. cit., p. 274.

12) P. CAMPELLO, Sf. doc. cit., Vol. rz, p. 190.

1) Ecco la lettera scritta sull'argomento dal Ministro degli Esteri,
Pompeo Campello, al figlio Paolo il 4 agosto 1867 da Firenze: «...1l
Governo francese ha fatto inserire un Note nel Moniteur, che era qualche
cosa, ma non parve sufficiente. Si diceva che i fatti non erano veri, che a
Dumont aveva dato ordine non il Governo, ma il Ministro della Guerra.
(Qual differenza ci passi non s’intende). Invece qui si voleva, che si dichia-
rasse, che la Legione d'Antibo non apparteneva alla Francia, e che la Fran-
cia intendeva rispettare la Convenzione del settembre 1864. In seguito d’una
discussione nel Consiglio dei Ministri fu stabilito, che il Nigra fosse chia-
mato qui per dare delle spiegazioni. Infatti il Nigra venne; ed io ci parlai
lungamente. Ebbene questo richiamo di Nigra, per il quale io non era,
credo indispettisse assai l’Imperatore. Infatti egli scrisse un telegramma
al Re direttamente, perchè non fosse Nigra levato da Parigi. Il Re rispose
costituzionalmente, che se la sarebbe intesa coi suoi Ministri. ... Ora Rat-
tazzi non vuol rimandare costà il Nigra, se non è mutato Mallaret, uomo
il più ostile all’Italia. Non basta ciò. Ieri sera dopo pranzo alle Tuileries
(pranzo dove era credo il Prin.pe Umberto) l’Imp.re si accostò ad Artom,
e gli mosse discorso sul Gen.le Dumont. Artom, con poca prudenza, gli
disse, che sarebbe stato bene di mettere nel Moniteur una disapprovazione
più esplicita degli atti del Dumont, come si era fatto per la Prussia. L’Imp.re,
anche lui con poca prudenza, gli rispose: «fate sapere a Firenze, che se
accade qualche cosa a Roma, ho pronti 40mila uomini a Tolone per imbar-
carsi»!*) E gli voltò le spalle. Veramente questa è una risposta da dopo
pranzo. Cosa ha che fare con la rivista Dumont illegale il timore d’una rivo-
luzione a Roma? Avendo capito d'aver commesso uno sbaglio, i Francesi
che non vogliono aver mai torto, si rivoltano ad altro argomento, l’insurre-
zione di Roma. È un modo di ragionare tutto nuovo ; io ho più forza di te,
dunque tu hai torto. Mi fa meraviglia poi, che Nap. 3°, uomo di tanto sangue
freddo, abbia ad un tratto perduto l’equilibrio ! ». (Archivio Campello).

124) Archivio Campello, Rapporto del ministro Artom al Ministro degli
Esteri Campello del giorno 4 agosto 1867 : «... J'ai 40mille hommes à Toulon :
dites à Florence que lorsque je verrai qu'il est impossible de maintenir l'etat
de choses etabli par la Convention, je n'hesiterai pas à les faire embarquer
pour Rome ».

15 P. CAMPELLO, St. doc. cit., Vol. 11, pp. 193-194.

?5) Il segretario generale del Ministero degli Esteri Melegari, scriveva al
ministro Campello: «... Il cavalier Nigra in un dispaccio qui giunto oggi,
riferisce una conversazione confidenziale avuta col marchese de Lavallette
intorno alla situazione di Roma ed all'agitazione che si mantiene in Italia
dal partito spinto. Sembra che il Governo imperiale ne sia molto inquieto,
68 ROBERTO RESTANI

ma la conversazione non ebbe un carattere ufficiale ed il cavalier Nigra prega
in modo particolare di non darle maggiore importanza di quella di un privato
colloquio ». Vedi P. CAMPELLO, Sf. doc. cit., Vol. II, p. 197.

1") P. CAMPELLO, Sf. doc. cit., Vol. iz, p. 197.

18) A. MOSCATI, op. cit., p. 272.

12) Nella relazione giornaliera al ministro degli esteri, recatosi per due gior-
ni nella città natale, cosi è scritto in data 24 settembre : « Il ministero dovette
risolversi a far arrestare il generale Garibaldi a Sinalunga, per impedirgli di
procedere oltre verso il confine romano. Si diedero ordini perché egli sia con-
dotto in cittadella ad Alessandria e si ha fiducia che per tal guisa cesserà
presto ogni agitazione ». Vedi P. CAMPELLO, St. doc. cit., Vol. 11, p. 198.

1°) P. CAMPELLO, Sf. doc. cit., Vol. rr, p. 203.

11) P. CAMPELLO, Sf. doc. cit., Vol. II, pp. 203-204.

12) P. CAMPELLO, Sf. doc. cit., Vol. II, p. 204.

13) Archivio Campello, Lettera di Pompeo Campello al figlio Paolo da
Firenze del giorno 14 ottobre 1867 : «... Avrai già veduto l’agitazione in cui
sono gli animi dappertutto a causa della provocata soluzione della Questione
Romana. Ora le cose stanno a questo punto ; che cioè molte bande di Volon-
tarj corrono qua e là per il territorio Pontificio, che a Roma si dice d’insorgere,
e non s’insorge mai, che dentro lo Stato dappertutto la gioventù cerca fuggir
via, ed eludere la vigilanza del Governo, e passare i confini. A Parigi (ma ciò
rimanga fra noi) si minaccia d’intervenire ; e ciò accadendo, l’Italia ancora
si trova obbligata a fare lo stesso. Questa è la situazione attuale, che ho voluto
in succinto descriverti, prima di adempiere ad un incarico, che il Consiglio
dei Ministri ha voluto ad ogni costo darmi questa mattina. Desiderando esso
di conoscere per mezzo di persona autorevole, e che possa ispirargli fiducia,
quali sono le intenzioni vere del Papa, e se è possibile venire con lui a qualche
accordo, tanto Rattazzi, che gli altri hanno posto gli occhi sopra di te, e quan-
tunque io abbia cercato di dissuaderli, hanno voluto assolutamente, che tene
scrivessi, per cui così faccio. Rattazzi ancora ha detto che tene scriverà, e
vorrebbe che a tale effetto tu facessi una corsa qui a Firenze. Dal Papa si
dovrebbe andare senza far mostra d'esservi andati apposta ; si dovrebbe
persuaderlo ad intendersela direttamente col Governo Italiano, a non provo-
care interventi esteri, a non partire da Roma: fargli comprendere i pessimi
effetti d’una rivoluzione trionfante, le garanzie d’ogni genere per la libertà
e l'indipendenza della Chiesa, per il mantenimento dei principj religiosi e
morali, che il Governo Italiano certamente gli darebbe. Tutto questo già se
l'insurrezione non è domata, e si estende. Ma estendendosi, egli non ha più
altro a sperare che l’intervento Francese : ora questo tira seco l’intervento
italiano ; e la cosa finirebbe allo stesso modo, o anche peggio di quello che può
finire con un suo accordo diretto. A1 Papa non rimarrebbe che Roma ; ed io
credo, che anche fino a questo il Governo Italiano secondo me potrebbe arri-
vare. Ció é troppo lungo a svilupparsi per lettera. Ma intanto quello di cui ti
prego è di darmi una risposta ; primo se sei al caso di prenderti l'incomodo di

E.
A

UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 69
venire finqui ; secondo se ti senti al caso di accettare, e terzo infine, se ti si
presenta alla mente un altro soggetto capace di disimpegnare con abilità, e
con credito questo difficile incarico. E inutile ricordarti,
deve rimanere segretissima ».

14) Archivio Campello, Rapporto del Nigra da Parigi del 17 ottobre
1867: 11,45 mat., recu 3,4 soir: « Je vais communiquer à Rouher votre der-
nier télégramme, mais je n'ai plus d'espoir. L'intervention est décidée. Le
parti de l'intervention c'est appuyé surtout sur ce que le Gouvernement du
Roi se montre impuissant à empecher l'invasion et si il intervenait ne pouvait
pas prendre engagemente d'évacuer les Etats pontificaux aprés y avoir re-
tabli l'ordre ; d'autrepart le Pape avait déclaré qu'il quittait Rome si l'Italie
interviendrait et il invoque l'appui de la France et des puissances catholiques.
J'ai déja déclaré que si la France intervenait nous étions forcés d'intervenir
aussi. Je vais répéter cette déclaration. Rouher du reste voudrait une double
intervention faite d'accord mais il ne prendra pas l'initiative d'une cette pro-
position ; et il est probable que l'expédition sera faite purement et simple-
ment. C'est la division du Général Dumont qui est destinée à partir ».

135) P. CAMPELLO, Sf. doc. cit., Vol. 11, p. 204: «... Si vous pouviez m'auto-
riser à déclarer que moyennant un redoublement d'efforts vous réussirais
à empécher l'invasion sans occuper les états pontificaux, je réussirais peut-
étre encore à empécher l'expédition francaise ; si vous ne pouvez pas m'en-
voyer cette autorisation, l'expédition francaise aura lieu ».

1°) P. CAMPELLO, Sf. doc. cit., Vol. 1t, p. 205: «... Le Chevalier Nigra au

che questa lettera

Comte de Campello pour le Président du Conseil. — Paris 19 oct. 1867;
6,29 soir; arr. 8,40 soir. — Expédition Francaise partira demain de Toulon

si vous ne pouvez pas donner l'assurance d'une mesure de répression publique
telle que proclamation du Gouvernement, dissolution des Comités d'enróle-
ment et de secours ».

1) P. CAMPELLO, Sf. doc. cit., Vol. 11, p. 205.

198) Archivio Campello, Lettera di Pompeo Campello alfiglio Paolo da
Firenze del 20 ottobre 1867, parzialmente pubblicata in P. CAMPELLO, Sí.
doc. cit., Vol. 11, p. 209 : « Siamo in momenti critici, e gravissimi ; e comincio
dal dirti, che il Ministero ha dato le sue dimissioni. Due giorni fa, quando mi
giunse la tua lettera, la partecipai al Consiglio, e tutti erano lietissimi della
tua accettazione. Si era deciso di telegrafarti per esser pronto alla Stazione
di Trevi nella notte, e proseguire per Roma. Fino a Terni sarebbe venuto il
Min.o Giovanola con tutte le istruzioni in iscritto, e con altre da potersi ag-
giungere a voce. Poco dopo questa decisione le cose si aggravarono, e tutto
rimase sospeso. La Francia mandó dispacci pieni di minacce, fra le quali
l'ordine di partenza d'un Corpo di truppe da Tolone per Roma. Si 6 arrivati
fino ad oggi trattando, e scrivendo telegrammi ; ma adesso siamo arrivati
a questo, che cioè l'ordine della partenza delle truppe è dato, e che la Francia
intervenendo dichiara caso di guerra, qualora l'Italia varchi il confine, e inter-
venga. Dunque entrando noi, s'incontra la guerra con la Francia, la quale mi-
TAZZA

70 ROBERTO RESTANI

naccia d'unirsi con l’Austria, e sfasciare l’Italia ; non entrando, si può incon-
trare la guerra civile in paese. Rattazzi che ha proclamato sempre, che se
interviene la Francia, interverrà, non può aderire a diverso consiglio ; d'al-
tronde sarebbe grande imprudenza esporre l’Italia a subire sconfitte, e disastri.
Quindi è necessario un Ministero nuovo, che sarà libero di prendere quel par-
tito, che crederà più opportuno, e meno dannoso per il paese. In tale situa-
zione di cose non credo, che si penserà più ad accordi. Tuttavia, se ci fosse
un raggio di luce, se si potesse ancora trattare, tu frattanto mi scriverai su-
bito cosa pensi, e se dato che si tornasse alla prima idea, se saresti in caso di
eseguire il piano, che si era prima tracciato. Tutte queste cose, è inutile dire,
che debbono rimanere in te solo. ... Se il Re trova presto altri Consiglieri,
ritornerò assai volentieri alla mia pace ; ma vorrei che l’Italia non soggiacesse
a disastri ».

5») Ecco il testo del telegramma : « Noi non abbiamo alcun atto a fare.
Noi guardammo la frontiera, e non violammo la convenzione. Qualunque
cosa accada in Roma, non la violeremo. Se vorrà violarla la Francia e inter-
venire, saremo obbligati a far lo stesso ; cercheremo evitare ogni conflitto
ma interverremo ». Vedi P. CAMPELLO, St. doc. cit., Vol. 11, p. 208.

1) Ecco il testo del telegramma : « Paris, 11,45 s. du 26 octobre ; recu
3,40 m. du 27.

L'expédition francaise est décidément partie aujourd'hui. L'Empereur
l'a annoncé lui-méme au Roi par un télégramme qui explique le but et le
caractére de l'expédition qui dans l'intention de l'Empereur ne doit pas étre
considérée, si nous n'intervenons pas, comme un acte d'hostilité énvers la
Italie. Le télégramme ajoute que l'Empereur ne demande (parole d'honneur) (2)
que de faire appel à un congrès une fois le calme rétabli pour résoudre question
romaine. En présence de cet événement que j'ai fait tous les efforts pour
empécher, il ne me reste que de prier le Roi de m'envoyer ses ordres.

Signé: NIGRA »

Si veda, P. CAMPELLO, Sf. doc. cit., Vol. 1r, p. 209.

11) P. CAMPELLO, St. doc. cit., Vol. 11, p. 211.

14) A. :MOSCATE, 0p.-;cif:;: p. 336.

^") Archivio Campello, Lettera di Pompeo Campello al figlio Paolo da
Firenze del 4 agosto 1867.

Si puó supporre che anche il nuovo « Riparto delle attribuzioni tra i vari
uffici del Ministero degli Esteri» dovuto al Campello, fosse stato ispirato
dalle vedute politiche del Rattazzi. Vedi RuaaERo Moscati, Il Ministero
degli Affari Esteri (1861-1870), Milano, Giuffrè, 1961, pp. 209-213.

144) Archivio Campello, Minuta di una memoria indirizzata (si suppone)
al Cardinale Amat, al fine di ottenere la commutazione della pena dell’esilio
in quella del domicilio coatto.

45) Appendice, N° 27, Discorso del deputato Campello dopo la sua ele-
zione nei comizi elettorali del 18 maggio 1848.

14) Gazzetta di Roma, n. 237, del 17 novembre 1848.
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO

APPENDICE
N° 1

Delegazione Apostolica di
Spoleto e Rieti

— Ill.mo Signore

DISTRETTO DI SPOLETO

COMUNE DI SPOLETO

Num. di Prot. 2
Si risponde al Num.

Con rispettabile dispaccio di questo medesimo giorno si è compiaciuta
Sua Ecc.za R.ma Monsignor Delegato Apostolico nominare V. S. Ill.ma in
Capitano di una delle Compagnie della Guardia Civica, che vanno ad armarsi
per la pubblica quiete, e tranquillità di questo Comune. Provo una vera
compiacenza nel dare a V. S. Ill.ma questa partecipazione, e La prego viva-
mente ad essere prima del Mezzogiorno nel quartiere destinato nel Convento
di San Simone per incominciar subito il servizio.

Mi dichiaro con particolare stima
di V. S. Ill.ma

Spoleto li 16 Feb.o 1831
Dev.mo Obb.o Serv.e

Il Gonf.e e provv.o
B. MONTANI

Sig.r Conte Pompeo di Campello
Spoleto

Pressante
AllIl.mo Sig.r
I] Sig. Conte Pompeo di Campello

SPOLETO

(Archivio Campello)

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ROBERTO RESTANI

L’ASSEMBLEA
DEI DEPUTATI DELLE PROVINCIE LIBERE
D’ITALIA

Ai Popoli da essa rappresentati

Tosto che i rappresentanti dei Paesi, e Provincie venute a libertà, costi-
tuitisi in un Assemblea Nazionale, ebbero stabilita, e proclamata la Emancipa-
zione dei suddetti Paesi, e Provincie dal Dominio Temporale dei Papi, e la
loro Unione in un solo Stato, in una sola Famiglia, pensarono a stabilire, ed
ordinare un Governo, che fosse per quanto è possibile, in armonia coi desiderii
dei Popoli, e coi bisogni delle circostanze. Il lavoro è di già compiuto, e si
sono pur anche scelti gl’Individui, che siederanno a capo del Governo. Per
il che l'Assemblea Nazionale con quella istessa compiacenza con cui pro-
clamò la Emancipazione, e la Unione delle Province libere, proclama pur
anche il provvisorio Statuto Costituzionale dello Stato, ed i nomi di coloro
che ne assumono il Reggimento.

Art. 1. I Poteri dello Stato sono tre, il Potere Esecutivo, il Potere Legi-
slativo, ed il Potere Giudiziario. Tutti tre li suddetti Poteri sono distinti
tra loro ed esercitati da soggetti diversi.

2. Il Governo mantiene la osservanza della Religione Cattolica Aposto-
lica Romana nella sua piena integrità.

3. Il Governo si compone di un Presidente, di un Consiglio di Ministri,
e di una Consulta legislativa.

4. Il Presidente, ed i Ministri, esercitano il Potere Esecutivo e deli-
berano collegialmente a maggioranza di Voti dietro la proposizione di ciascuno
de’ Ministri nel respettivo ramo di pubblica Amministrazione.

La esecuzione di ciascuna deliberazione apparterrà al Ministro nella
rispettiva sezione.

9. I Ministri hanno le seguenti attribuzioni.

Della Giustizia.
Dell’Interno.

Delle Finanze.

Degli Affari Esteri.

Della Guerra, e Marina.
Della Polizia.

. Della Istruzione Pubblica.

6. Il Potere Esecutivo come sopra stabilito sarà provvisoriamente il
Capo Supremo dello Stato ; avrà il comando di tutte le Forze di terra, e
di mare ; potrà stabilire trattati d’alleanza salvo la sanzione della Cousulta
Legislativa; nominerà a tutti gl’Impieghi civili e militari e farà tutti i rego-
lamenti per l’effetto che le leggi abbiano esecuzione.

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SIAE RSI

vo

UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 73

7. Il Potere Esecutivo suddetto farà il riparto de’ tributi e tasse di
qualsiasi genere o imposte o da imporsi.

I Tributi e le tasse da imporsi potranno essere proposte dal Potere Ese-
cutivo, e saranno deliberate dal Potere Legislativo.

8. Il potere Esecutivo prenderà cura di tutte le sostanze dello Stato
e ne regolerà 1’ Amministrazione. Proporrà ancora la vendita di tali sostanze,
onde far fronte alle spese comuni, e specialmente a quelle dell’Arruolamento,
e dell'Armamento.

9. Avrà la tutela dei pubblici Stabilimenti, dei Luoghi Pii, delle mani
morte, e ne sorveglierà l’ Amministrazione.

10. Il Contingente dell’Armata sarà proposto dal potere Esecutivo e
determinato dal Potere Legislativo, il quale determinarà ancora il modo
dell’ Arruolamento.

11. Il Presidente, ed i Ministri sono responsabili.

1. Degli Atti del Governo da essi sottoscritti.

2. Della inesecuzione delle Leggi, e dei regolamenti d’Amministra-
zione pubblica.

3. Degli ordini particolari che avessero dati contrari alle leggi dello
Stato, ed ai regolamenti veglianti.

4. Della malversazione della Sostanza pubblica.

12. La consulta legislativa avrà il Potere Legislativo dello Stato: sarà
composta di un Rappresentante di ogni Provincia proposto per essa, a cagion
d’urgenza, dai Deputati che la rappresentano ed eletto dall'Assemblea a
maggioranza assoluta di voti. Lo stesso sarà praticato rispetto ad altre Pro-
vincie che accedessero all'Unione promulgata da questa Assemblea medesima.

13. Il Presidente, ed il Consiglio de’ Ministri indicati all'Art. 3 sono
nominati per ischede dall’ Assemblea a pluralità assoluta di Voti.

14. I Membri del Potere Esecutivo avranno un trattamento di Scudi 100
mensili a titolo d’indennizzo ; il Presidente lo avrà di Scudi 200 mensili ;
i Membri della Consulta Legislativa avranno un trattamento di Scudi 50
mensili.

15. Gli Onorarj di tutte le Autorità Civili, e Militari saranno determinati
dal Potere Esecutivo.

Le Provincie saranno amministrate da un Prefetto, e da un Consiglio
di Prefettura.

16. Il Potere Esecutivo determinerà le funzioni dei prefetti, e dei Con-
siglj di Prefettura entro i limiti dell'Amministrazione e della Polizia Pro-
vinciale.

17. Lo stesso Potere esecutivo nomina i Prefetti, e il Segretario gene-
rale tolti fuori dalla Provincia ; nomina pure gl'Individui del Consiglio di
Prefettura i quali saranno tolti dal novero dei Cittadini domiciliati nella
Provincia istessa.

18. Potrà nominare ove crederà opportuno dei Vice-Prefetti nei Capi

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74. ROBERTO RESTANI

luoghi dei distretti con quelle attribuzioni che riputerà conveniente di conce-
dere ai medesimi. i

19. L'Amministrazione delle Comuni è data a Magistrati Municipali
dietro le norme da determinarsi dal Potere Esecutivo sotto la tutela e sor-
veglianza de’ Prefetti, e Consigli di Prefettura, salvo la riforma dell'Ammi-
nistrazione Municipale che sarà fatta dalla Consulta Legislativa.

20. Il Potere Giudiziario dello Stato si esercita dai Tribunali.

21. La Consulta Legislativa farà un regolamento provvisorio organico
sull’Amministrazione della Giustizia sia civile che criminale onde renderla
uniforme in tutto lo Stato. Determinerà il numero de’ Tribunali e la loro
residenza, e farà la nomina dei Giudici.

22. Il Governo per ora risiederà in Bologna.

23. L'Assemblea dei deputati nomina dal suo seno una Commissione
incaricata a presentare entro il termine di giorni sette un progetto di Legge
per la convocazione dei Comizj.

24. Tre giorni dopo la suddetta presentazione il detto progetto verrà
dalla intera Assemblea assoggettato a pubbliche discussioni che si succe
deranno ciascun giorno senza interruzione finché non sarà compiuta la sud-
detta Legge.

25. Lo scopo di una tale Legge sarà la convocazione dei Comizj per
la elezione dei Deputati per un'Assemblea costituente, la quale formerà un
Piano di Costituzione dello Stato giusta la norma da prescriversi dalla stessa
Legge Elettorale.

26. La forma di Governo stabilita con questo Decreto, e le facoltà al
Governo stesso attribuite cesseranno tostoché l'Assemblea Costituente avrà
regolata la forma che dovrà avere il Governo in pendenza della formazione
e della accettazione della Costituzione.

27. Il Governo prende il nome di: GOVERNO DELLE PROVINCIE UNITE
ITALIANE.

L’Assemblea ha nominato a Componenti il Governo i seguenti

POTERE ESECUTIVO

GIOVANNI Avvocato ViciNI Presidente.

LEoPorLpo ARMAROLI Ministro della Giustizia.

TERENZIO MAMIANI DELLA Rovere Ministro dell'Interno.
Lopovico STtuRANI Ministro delle Finanze.

CESARE BIANCHETTI Ministro degli Affari Esteri.

PIER DAMIANO ARMANDI Generale Ministro della Guerra e Marina.
Dottor Pio SARTI Ministro della Polizia.

Professore FRANcESco OrIoLI Ministro dell'Istruzione Pubblica.

AL POTERE LEGISLATIVO

Per Bologna - FRANCESCO GUIDOTTI.
Per Ferrara - ANTONIO Avvocato DELFINI.

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UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO

Per Ravenna - Pietro Avvocato PAGANI.

Per Forlì - Tommaso Pocar FRACASSI.

Per Pesaro ed Urbino - PriEeTRO PETRUCCI.

Per Ancona - PIETRO ORLANDI.

Per Fermo - TOMMASO SALVADORI.

Per Perugia - TIBERIO BORGIA.

Per Macerata e Camerino - ANDREA CARDINALI.
Per Spoleto - FRANCESCO TORTI.

Trovandosi assenti da Bologna li Signori LEoPoLDO ARMAROLI, ed il
Generale Prer DAMIANO ARMANDI, farà intanto le veci del primo, come
Ministro della Giustizia l'Avvocato ANTONIO SILVANI, e le veci del secondo
per la Guerra e Marina le farà nel frattanto il Comitato Militare di Bologna.

Mancando pure per la Consulta Legislativa li Signori TIBERIO BORGIA,
e FRANcESCO Torti faranno nel frattanto le loro veci per Perugia il Signor
Avvocato Giacomo NEGRONI, e per Spoleto il Signor Avvocato PrETRO SAVI.

L’Assemblea ha nel giorno d’oggi costituito, ed installato il Governo.

Dato dal Pubblico Palazzo di Città
Bologna 4 Marzo 1831.

Il Presid. Avv. ANTONIO ZANOLINI

Sottoscritti Avv. GIUSEPPE ZACCHERONI l :
Segretarj
NicoLa REGNOLI |
N. B. — Attesa la rinuncia del Signor FRANcESco TORTI, è stato nomi-

nato in sua vece Membro della Consulta Legislativa dal Comitato di Governo

della Provincia di Spoleto il Signor Conte Pompeo Di CAMPELLO.
(Archivio di Stato di Spoleto, Archivi privati : Fontana).

BoLoGNA, ed in SpoLETO dai Tipografi Bossi e Bassoni

Ill.mo Signore

In seguito delle mie rispettose osservazioni sulle circostanze che possono
riguardo a Lei rendere modificabile il paragrafo 1 dell'articolo rv dell'Editto
30 Aprile, l’E.mo Signor Cardinale Pro-Segretario di Stato con suo venerato
Dispaccio n. 8 prossimo passato numero 4155 si degna convenire, che ancor
Ella debba essere considerata fra gli Amnistiati. Mi é soddisfacente l'avver-
tirla di questa superiore favorevole Dichiarazione. Debbo peró aggiungerle,
che il lodato E.mo mi ordina altresì di prevenirla, che non è per questo
V. S. dispensata dalla misura di non uscire dal Territorio di questo Circondario
Governativo, ossia Assessorale, a cui Ella appartiene ; a meno che non cre-

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76 ROBERTO RESTANI

desse per prudenziali motivi stabilire qualche tempo altrove la sua dimora,
nel qual caso sarà d’uopo meco prenda opportuni concerti.
Sono con sensi di vera stima di V. S. Ill.ma
Spoleto 4 Giugno 1831
Dev.mo Servitore
Il Delegato Apostolico
D. M. L. di SoRAGNA

Sig.r Conte Pompeo di Campello
SPOLETO
(Archivio Campello)

N° 4

Delegazione Apostolica di Spoleto
Magistratura di Spoleto
N°320
Ill.mo Signore
Riscontro al N°.
Oggetto

Crederei mancare ad un mio dovere, se a Lei non rimettessi una copia
di quello indirizzo, che la Città nostra ha creduto umiliare al Trono Sovrano.
Se noi diciamo oggi che la Consulta non è tal corpo che soddisfi le esigenze
del momento, che adempia a quelle condizioni, che esse impongono, non è
perciò che noi riconosciamo meno tutto il bene prodotto da tale istituzione.
Noi sappiamo come essa abbia efficacemente contribuito a paralizzare gli
effetti di alcune esagerazioni, come abbia giovato per contrapesamento di
quelle sinistre influenze, che al bene generale opponevansi, come in una
parola facendo il bene abbia preparato il meglio.

E a Lei poi in particolare debbo in nome della Città esternare la più
sentita riconoscenza, essa si onora di avere fra i suoi concittadini un tale,
che chiamato dal Principe a difendere i maggiori interessi del Paese, li ha
costantemente difesi, con indipendenza e fermezza, con moderazione e pru-
denza. Mentre pertanto La ringrazio del suo operato, se desideriamo che altra
istituzione sia sostituita a quella della quale Ella fa parte, noi ci auguriamo
possa in questa adempiere a tale Ufficio, che più nobile ed interessante cer-
tamente sarebbe.

L'indirizzo fu votato, come potrà rilevare dalla data, quando ignoravansi
l'ultime notizie del Piemonte e Toscana, e queste devono certamente e sem-
pre più a tutti persuadere della opportunità del nostro voto ; sicchè pos-
siamo sperare venga accolto favorevolmente da quel Sommo, dalla cui vo-

lontà dipendono le nostre sorti, e in cui tante ragioni abbiano per confidare
interamente.
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 77

Io La prego, o Signore, a volere accettare la presente come un attestato
di quella distinta stima, che la Città intera le professa, e di quella parti-
colare con la quale ho l’onore di segnarmi

Della Sig.a V.ra Illma

devot.mo ed Obbligatissimo Servitore

L. PIANCIANI Gonf.
Spoleto 16 Febraro 1848

Sig. C.te Pompeo di Campello

Deput. della Prov. di Spoleto alla Cons. di Stato
ROMA

(Archivio Campello)

N° 5

Delegazione Apostolica di Spoleto
Magistratura di: Spoleto
N°. 567
Riscontro al N°,
Oggetto

Il.mo Sig.e

La Ufficialità di questa guarnigione grata oltremodo alla 4* Sezione
della Consulta di Stato, ed a Lei specialmente per quel progetto di riforma
nell’organizzazione militare da Lei esteso, e dalla intera Sezione approvato,
ha voluto darne testimonianza con un indirizzo che ho il piacere di unire alla
presente. Quando i Signori Ufficiali si sono presentati a me interessandomi
a far pervenire alla Consulta quell’indirizzo io ho accettata con riconoscenza
questa commissione, dappoichè mi è sembrato che il conoscersi del plauso
con il quale quel lavoro era ricevuto fosse mezzo di accrescere onoranza al
caro nostro Concittadino, e che tanto ha già saputo meritare dalla Patria.

Mentre pertanto La prego a voler presentare ai suoi colleghi l’indirizzo
unito profitto della circostanza per professarmi colla stima la più distinta

Della Signoria V.ra Ill.ma
Dev.tmo, ed Obbl.mo Servitore

L. PIANCIANI Gonf.
Sig.re Conte Pompeo di Campello

Deputato presso la Consulta di Stato
per la Provincia di Spoleto.

ROMA
(Archivio Campello)

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78 ROBERTO RESTANI

N° 6

ORDINE DEL GIORNO
ALLE TRUPPE PONTIFICIE DI LINEA
DEL CORPO D’OPERAZIONE

SOLDATI!

In mezzo ai pericoli che con animo italiano affrontate, a piè di quelle
Alpi, su cui innalzerete lo stendardo della Italiana rigenerazione, l’immor-
tale nostro Principe e Padre non può dimenticarvi nè abbandonarvi.

Allorquando io vedeva voi fieri, ed animosi correre a liberare la patria
dallo Straniero, da una parte mi s’infiammava il cuore di nobilissimo orgo-
glio, pensando quanta gloria chiamavate su di essa, e su di voi; dall’altra
mi si spezzava, e gemeva, slanciandosi là nel seno delle vostre famiglie, dove
al tenero sentimento di amore quello fors’anco del necessario sostentamento
si congiungeva per raddoppiarne lo sgomento e l’affanno.

Quindi mi ricorreva alla mente come una legge tutt'ora mancasse tu-
telatrice del loro avvenire, una legge che fissando i vostri titoli alla pubblica
riconoscenza valesse in qualche parte a compensarle del parziale o totale
sacrificio di voi fatto alla patria.

Soldati, io chiesi per voi questa legge sicuro che la mia voce doveva
trovare un eco nel cuore dei saggi Ministri, che ne governano, nel cuore
di quel Magnanimo, che è viva imagine di carità sulla terra. Questa legge,
stabile e duratura voi l’avrete, appena la Nazione sarà raccolta a dare basi
fondamentali alla nuova sua era di grandezza e prosperità. Frattanto il
governo mi autorizza ad assicurarvi, che ogni sua cura è rivolta verso di
voi, e le vostre famiglie, e che in ogni più sinistra evenienza le sue prov-
videnze, e i suoi soccorsi non mancheranno alla vedova desolata, ed all’orfano.

Soldati, non fa d’uopo di stimoli al vostro coraggio ; pure allorquando
vi slancerete intrepidi contro i barbari, vi sarà conforto pensare che chi muore
per la libertà della patria, come lascia il suo nome alla storia, lascerà se-
curi i suoi cari all’ombra delle leggi, e del gran cuore di PIO.

Bologna 15 maggio 1848
L’INTENDENTE GENERALE

CAMPELLO
(Archivio Campello)

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UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 79
N° 7

Estratto dal foglio a stampa dell'anno 1848 :

ALBUM
DEI CENTO DEPUTATI
DELLA CAMERA COSTITUZIONALE DI ROMA

PAROLE DI PRELUDIO

Roma 5 Giugno
APERTURA SOLENNE DEL PARLAMENTO

iiv DEPUTATO DI SPOLETO

Conte Pompeo di Campello

Nato di famiglia patrizia nella quale l’aristocrazia non ebbe nè la solita
burbanza col popolo, nè la ignoranza che in molte provincie è il corredo di
questa classe di gente. Il conte Pompeo dalle lettere è passato alla politica,
nè con quella infelicità, onde i letterati di accademia (sinonimo di perditempo)
vanno alla trattazione de’ patrii interessi. Deputato alla Consulta di Stato,
trovavasi Commissario generale delle milizie pontificie quando il voto de’
suoi cittadini lo chiamava al più onorevole incarico di rappresentante del
popolo. Uomo di grande facondia non è ; ma saprà parlare il vero e saprà
parlarlo coraggiosamente. Val meglio una verità a tempo e la coscienza per
sostenerla, che il belletto delle artefatte rettoriche. La provincia molto fida
in questo suo eletto che compirà degnamente il mandato nazionale solo che
sappia tenersi in guardia contro certe sinistre influenze.

(Archivio di Stato di Spoleto, Archivi privati: Sansi)

N° 8
Roma : 31 Luglio 1848

Soldati !

Innanzi d’accettare l’incarico, a cui l’Augusto nostro Pontefice ha voluto
interinamente chiamarmi di Suo Ministro delle Armi, io ho assaissimo trepi-
dato conoscendo l’altezza del mandato, la gravità degli ostacoli, e la insuffi-
cienza delle mie forze. Ma più ragioni hanno vinto i dubbi e la ripugnanza.
L’obbligo primamente che corre ad ogni cittadino di consacrare tutto se stesso
alla patria ; il pensiero quindi che avvi un Consiglio di Saggissimi uomini,
i quali rappresentanti della Nazione con i loro lumi e sapere concorreranno a
sostenere la mia pochezza ; ed un lungo desiderio infine, che nutrii sempre

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80 ROBERTO RESTANI

vivo nell’animo di veder Voi, di vedere la Milizia del mio Paese rinnalzata
al grado di dignità che le spetta.

Soldati, l’espressione dei miei principj è limpida e retta. Io veggo in voi
l'elemento dell'ordine, la garanzia della libertà, la gloria della Nazione. Io
sono certo, che voi darete l’esempio della moralità, della disciplina nella
pace, della sapienza, del valore nell’ardore delle battaglie. Per mia parte io
porrò ogni studio perchè a ciascuno sia renduta giustizia imparziale, perchè
i vostri diritti sieno rispettati, garantiti i vostri interessi, perchè sopratutto
la vostra Amministrazione sia fatta modello d’onoratezza e di probità. Copra
un velo il passato, qualunque ei sia ; ed il suo novello organismo valga a rin-
fondere in questo Corpo novella vita.

Soldati, il gran Pio chiama voi in difesa del Trono contro ogni ingiuria
dello Straniero ; confida a voi l’integrità del Paese, le sue nobili istituzioni,
l'indipendenza e libertà del suo popolo. Grandi altissimi doveri pesano sopra
ciascuno di noi. Fidenti in Dio, in quel Dio che protegge l’Italia, animosamente
li compiremo.

IL MINISTRO DELLE ARMI
CAMPELLO
(Archivio Campello).

N° 9
CIRCOLO POPOLARE SPOLETINO

Appena i popoli risorti a novella vita ottennero dai Principj la formale
ricognizione de’ loro sacri diritti, di quei diritti, che furono per tanti secoli
conculcati, primo savio consiglio di essi fu il circondarsi di tutte quelle istitu-
zioni, onde sarebbe potuta venir loro solida garanzia del mantenimento du-
revole dei patti, e delle franchigie con tanta costanza, e coraggio acquistate.

Quindi ed in Roma, e in Bologna, e nella più parte delle Città sì dello
Stato, che dell’Italia, si videro sorgere, e prosperare quelle benefiche società,
che col nome di Circoli tanto vantaggio arrecarono sia diffondendo lumi e
sapere, sia promovendo spirito, ed energia nazionale, sia infine stringendo in
amorevole concordia gli animi tutti, avviandoli al desiderio unico, e supremo,
cui debbe ogni altro essere sottoposti, quello della libertà ed indipendenza
del proprio Paese. Fra i quali Circoli specialmente quei Popolari parvero
riunire in sè la maggiore efficacia, ed utilità ; imperocchè la fratellanza, ed
unione delle varie classi, onde la società si compone, tanto meglio potette
contribuire alla diffusione dei retti principj, ed a quella uniformità di tendenze
e d’opinioni della quale soltanto potrà l’Italia sperare vero risorgimento, e
grandezza.

In mezzo a sì nobili esempj, ed all’unanime slancio di tante generose
popolazioni non poteva Spoleto rimanere inerte, e infingarda ; ma come quella
che in ogni tempo dette alte prove di patriottismo, e di ogni operosa virtù,

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Lettera minatoria anonima indirizzata al cittadino Pompeo Campello.
(Vedi nota n. 79).

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UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 81

‘credette suo debito associarsi tostamente alle altre ; ed arricchendosi di sì
utile istituzione fra chiaro conoscere, che il sentimento d’onore e dignità
nazionale non scemò punto in lei da quel giorno, in cui preferì rimanere sep-
pellita sotto le sue rovine, piuttosto che soggiacere all’iniquo Imperio dello
Alemanno distruggitore Federico ; e che anche nel di lei seno la novella civiltà
gettò semi fecondi, i di cui frutti non periranno.

Per la qual cosa riuniti in saldissimo vincolo gli spiriti più zelanti del-
l'onor patrio, e della pubblica prosperità istituirono anch'essi il Popolare
Circolo Spoletino : del quale affinchè ciascuno conosca le opinioni, lo scopo, e
l’utilità, vuole ei medesimo darne a tutti aperta e coscenziosa manifestazione.

Ed in primo luogo il Circolo Popolare Spoletino, che nella espulsione dello
Straniero dalla Penisola vede il più solido fondamento della di lei gloria e
grandezza, che non crede senza tale principio possa darsi stabilità alcuna
di libere istituzioni, intenderà con tutto l’animo a promuovere, e soccorrere
la sacra guerra dell’Indipendenza Italiana, ecciterà gli animi generosi a con-
corrervi con ogni sacrificio di sostanze, e di vita, e farà che ciascuno si penetri
nell’altissimo pensiero, non esservi sacrificio, che alla patria non sia dovuto,
nè potersi senza sacrificj un popolo redimere da schiavitù.

Sarà quindi precipua sua cura procurare, e proteggere lo ampliamento
dei lumi, e della istruzione, specialmente a favore di quelle classi che hanno
meno mezzi per ottenerla ; sorvegliare l'andamento e la direzione di quelli
che sono ad essa preposti; svincolare soprattutto questo grande elemento
di civiltà da ogni vieto pregiudizio, e da ogni funestissimo privilegio, al quale
fine crede qui utile dichiarare, come sia suo fermo, e stabile intendimento
usare di tutta la influenza, e di tutti i mezzi, onde impedire il ritorno di quei
tempi, in cui la istruzione schiava del monopolio fu ludibrio di gente, alla
quale il sospetto de’ Principi avea fidato lo speciale incarico di diffondere
sulla terra le tenebre dell’ignoranza, ed alimentare le seduzioni dell’ozio, e
del vizio.

Dopo i quali due grandi principj egli non mancherà del pari di favorire
lo sviluppo dell’industria, incoraggiare gl’ingegni, proteggere il debole dal-
l'oppressione del forte, il povero dalla prepotenza del ricco, e portare infine
severa ed accurata indagine su qualsiasi parte delle pubbliche cose ; avendo
purtroppo la esperienza insegnato, come facilmente il potere trascenda, la
natura dei reggimenti si alteri, e come senza una scambievole sorveglianza
cessi quell'equilibrio che tra amministratori ed amministrati, fra dominatori
e dominati necessario é che interceda.

Tali sono le principali vedute del nostro Circolo, alle quali per certo ogni
componente aggiungerà per sua parte l’esempio de’ sacrificj, l’esercizio dei
doveri di cittadino, il rispetto de’ comuni diritti, e quella fratellanza e con-
cordia soprattutto, che varrà mirabilmente a mantenerla, e disperderne gli

oppositori, dove mai per ventura sorgessero.

Egli è in tal modo che concepisce esso la dolce speranza non solo di dive-

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82 ROBERTO RESTANI

nire sorgenti d’infiniti beni al paese, affrettandone il progressivo incivili-
mento ; ma in mezzo alle attuali sciagure d’Italia, nel periodo ond’ella è
minacciata di ricadere sotto il dispotismo dei barbari, vuole altresì pagarle
anch’egli il suo tributo di amore, portare una pietra all'edificio novello di
sua grandezza e mostrare al mondo, che la Virtù Italiana è in ogni tempo in.
ogni luogo incrollabile.

Spoleto il primo di Settembre 1848.

P. DI CAMPELLO Presidente
P. PILERI Vice Presidente

DioriDo FIDANZA
ANDREA NICOLAI
PAOLO FRASCHERELLI

Consiglieri
GIOVANNI CATENA :
FRANCESCO Hossri
GAETANO LEONCILLI
Francesco Toni s
Segretarj

Carlo Guzzoni degli Ancarani

(Archivio di Stato di Spoleto, Archivi privati : Sansi)

N° 10

IL CIRCOLO POPOLARE AGLI ELETTORI DEL DISTRETTO
DI SPOLETO

CITTADINI ELETTORI.

Voi siete nuovamente chiamati a riunirvi per eleggere il nostro Deputato
alla Camera dei rappresentanti del Popolo ; perché Roma il giorno 16 ci ra-
piva, per la seconda volta, il Conte Pompeo di Campello facendolo passare
dal Potere Legislativo al Ministero della guerra. La legge peraltro vi concede
di riaffidare al medesimo quel mandato ch'egli ha dovuto deporre nell'assu-
mere il portafoglio. Voi potete rieleggere il Ministro Campello. Sapete che altri
Ministri già furono rieletti. Intendete che non si giunge mai a dare a tali
uomini titoli che sien troppi per ritenerli intorno al potere. Voi Elettori avete la
gloria d'aver donato al Governo costituzionale il Conte Campello, voi dovete
aver quella di conservarglielo per quanto é in voi.

Si il Ministro Campello é gloria vostra. Se in principio i vostri voti lo
onorarono egli ha poi splendidamente onorato i vostri voti. Ma non è solo
la gloria, egli è insieme la espressione delle vostre opinioni. Rieleggendolo,
come faceste, dopo la pubblicazione del suo Proclama, dopo le sue politiche

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UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 83

operazioni voi stampaste su quell'uomo il suggello della proprietà, voi diceste
Campello è il simbolo dei nostri principj, Campello è la parola che contiene
la nostra idea. Pensate adunque che volendo mantenere immutata l’idea non
si potrebbe oggi senza grave pericolo cangiar la parola. Strano amore di novità
non vi seduca, non suggestioni di tristi vigliacchi che servono all’ambizione di
tristi arroganti. Vana apprensione non v'ingombri di parer poveri di uomini
capaci ed onesti. Siano questi pur molti, chi ve li garantisce in momenti così
stringenti e solenni ?

Per il Ministro Campello v'é pegno il passato, v'é mallevadrice l’Italia.
Cittadini Elettori il vostro voto è libero.

Spoleto, 6. Dicembre 1848

PAOLO PILERI Vice Presidente

ANDREA NICOLAI
GAETANO LEONCILLI
D. FIDANZA

GIOVANNI CATENA Consiglieri

PAOLO FRASCHERELLI

FRANCESCO Rossi

Francesco Toni :
Segretarj

C. Guzzoni degli Ancarini

(Archivio di Stato di Spoleto, Archivi privati: Sansi)

N° 11

PIUS BP. IX
AI NOSTRI AMATISSIMI SUDDITI

Da questa pacifica stazione ove piacque alla Divina Provvidenza di con-
durci onde potessimo liberamente manifestare i Nostri sentimenti, ed i Nostri
Voleri, stavamo attendendo che si facesse palese il rimorso dei Nostri figli
traviati per i sacrilegj, ed i misfatti commessi contro le persone a Noi addette
fra le quali alcune uccise, altre oltraggiate nei modi piü barbari non che per
quelli consumati nella Nostra Residenza, e contro la stessa Nostra Persona.
Noi peró non vedemmo che uno sterile invito di ritorno alla Nostra Capitale,
senza che si facesse parola di condanna dei suddetti attentati, e senza la mi-
nima garanzia che Ci assicurasse dalle frodi e dalle violenze di quella stessa
schiera di forsennati, che ancora tiranneggia con un barbaro dispotismo Roma,
e lo Stato della Chiesa. Stavamo pure aspettando che le Proteste e le Ordina-
zioni da Noi emesse richiamassero ai doveri di fedeltà e di sudditanza coloro
che l'una e l'altra disprezzano e conculcano nella Capitale stessa dei Nostri

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84 ROBERTO RESTANI

Stati. Ma invece di ciò un nuovo e più mostruoso atto di smascherata fellonia,
e di vera ribellione, da essi audacemente commesso, colmò la misura della
Nostra afflizione, ed eccitò insieme la giusta Nostra indignazione, siccome
sarà per contristare la Chiesa Universale. Vogliam parlare di quell’atto per
ogni riguardo detestabile col quale si pretese intimare la convocazione di una
sedicente Assemblea Generale Nazionale dello Stato Romano, con un Decreto
dei 29. Dicembre prossimo passato per istabilire nuove forme politiche da
darsi agli Stati Pontificj. Aggiungendo cosi iniquità ad iniquità, gli autori e
fautori della demagogica anarchia tentano distruggere l’autorità temporale
del Romano Pontefice sui dominj di Santa Chiesa, quantunque irrefraga-
bilmente stabilita sui più antichi e solidi diritti, venerata, riconosciuta e difesa
da tutte le nazioni col supporre e far credere, che il di Lui Sovrano potere
vada soggetto a controversie, o dipenda dal capriccio dei faziosi. Risparmieremo
alla Nostra dignità la umiliaziane di trattenerci su quanto di mostruoso si
racchiude in quell’atto abbominevole per l’assurdità della sua origine non meno
che per la illegalità delle forme, e per l'empietà del suo scopo ; ma appartiene
bensi alla Apostolica Autorità, di cui, sebbene indegni, siamo investiti, ed
alla responsabilità che Ci lega co’ più sacri giuramenti al cospetto dell’Onni-
potente il protestare non solo siccome facciamo nel più energico ed efficace
modo contro dell’atto medesimo, ma il condannarlo eziandio alla faccia del-
l'universo, quale enorme e sacrilego attentato commesso in pregiudizio della
Nostra indipendenza e sovranità, meritevole dei castighi comminati dalle
leggi sì divine come umane. Noi siamo persuasi, che al ricevere l'impudente
invito sarete rimasti commossi da tanto sdegno, ed avrete rigettata lungi da
voi una si rea e vergognosa provocazione. Ció non ostante perché niuno di
voi possa dirsi illuso da fallaci seduzioni e da predicatori di sovversive dot-
trine né ignaro di quanto si trama da' nemici di ogni ordine, d'ognilegge, di
ogni diritto, d'ogni vera libertà, e della stessa vostra felicità, vogliamo oggi
nuovamente innalzare, e diffondere la Nostra voce in guisa che vi renda vieppiü
certi dello stretto divieto con cui vi proibiamo, qualunque ceto o condizione
apparteniate, di prendere alcuna parte nelle riunioni che si osassero fare per
le nomine degli individui da inviarsi alla condannata assemblea. In pari
tempo vi ricordiamo come questa Nostra assoluta proibizione venga sanzio-
nata dai Decreti dei Nostri Predecessori, e dei Concili, e specialmente dal Sa-
crosanto Concilio generale di Trento (Sess. xxir C. xr. de Refor.) nei quali
la Chiesa ha comminato replicate volte le sue Censure e principalmente la
Scommunica Maggiore da incorrersi, senza bisogno di alcuna dichiarazione, da
chiunque ardisce rendersi colpevole di qualsivoglia attentato contro la Tem-
porale Sovranità dei Sommi Romani Pontefici, siccome dichiariamo esservi
già disgraziatamente incorsi tutti coloro che hanno dato opera all'atto sud-
detto, ed ai precedenti diretti a danno della medesima Sovranità, od in qualche
altro modo, e sotto mentito pretesto hanno perturbata, violata, ed usurpata
la Nostra Autorità. Se peró ci sentiamo obbligati per dovere di coscienza a

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UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 85

tutelare il sacro deposito del patrimonio della Sposa di Gesü Cristo alle No-
stre cure affidato, coll'adoprare la spada di giusta severità a tal'uopo dataci
dallo stesso Divino Giudice, non possiamo peró mai dimenticare di tenere
in terra le veci di Colui, che anche nell'esercitare la sua giustizia non lascia
di usare misericordia. Innalzando pertanto al cielo le Nostre Mani, mentre
di nuovo a Lui rimettiamo e raccomandiamo una tal causa giustissima la
quale più che Nostra è Sua ; e mentre di nuovo ci dichiariamo pronti coll'aiuto
della potente sua grazia di sorbire sino alla feccia per la difesa ela gloria della
Cattolica Chiesa il calice delle persecuzioni, ch'Esso pel primo volle bere
per la salute della medesima non desisteremo dal supplicarlo, e scongiurarlo,
affinché voglia benignamente esaudire le fervide Preghiere, che di giorno e
di notte non cessiamo d'innalzargli per la conversione e la salvezza dei tra-
viati. Nessuno giorno certamente piü lieto per Noi e giocondo sorgerà di quello
in cui ci sarà dato di veder rientrare nell'ovile del Signore quei nostri figli,
dai quali oggi tante tribolazioni ed amarezze Ci provengono. La speranza di
goder presto di un si felice giorno si convalida in Noi al riflesso, che univer-
sali sono le preghiere, che unite alle nostre ascendono al trono della Divina
Misericordia dalle labbra e dal cuore dei fedeli di tutto l'Orbe Cattolico, e che
la stimolano e la forzano continuamente a mutare il cuore dei peccatori, e
ricondurli nelle vie di verità e di giustizia.
Datum Cajetae die I Ianuarii Anni 1849
PIUS:PP. IX.
Napoli Tipografia Arcivescovile
(Archivio Campello)

N* 12

Macerata 6 Gennajo 1849
Sig.r Campello

Io mi permetto di scrivervi privatamente, non siccome al Ministro delle
armi e mi permetto di farlo, perché vi credo buono e disposto a tutto per la
Santa causa italiana. Voi mi avete concesso lo Stato maggiore propostovi, e
ve ne ringrazio : poi, mi limitate a quattro compagnie, ed in ció vi avverto
che mi fate un danno gravissimo : perché, non solamente sono obbligato di
far servire gli Ufficiali eccedenti (tutti provati e benemeriti) siccome Sott’Uf-
ficiali e militi semplici; ma pure di mantenere a spese nostre (di pochi Ufficiali)
vari compagni mutilati, ed altri che non sono mutilati ma nell'impossibilità
di congedarsi per molti titoli. E probabile abbisogniate di truppe presto,
e desideriate avere questo corpo numeroso, anziché quattro compagnie. Io
bramo dunque, se non volete concedermi il quadro d'Ufficiali propostovi,
almeno mi concediate accettare gl’individui che si mi presentano, confor-
mandomi ai regolamenti dello Stato e presentandoli sulla situazione come com-
pagni, quando ascenderanno a più della metà del numero prefisso. Il numero
86 ROBERTO RESTANI

degl’individui della Collonna è di cinque cento quaranta, come vedrete dalla
situazione della seguente quindicina ; ma siccome non prevedevo la delibera-
zione Ministeriale suddetta, io aspettavo molti soldati antichi che mi ave-
vano fatto avviso di congiungersi : parte de’ quali già in marcia furono re-
spinti da Livorno ed altri per mancanza di mezzi rimanevano in Piemonte.
Toscana, ecc. e forse camminano oggi a questa via. Desidero accettiate la
mia proposta che credo utile e comandiate il v.ro

G. GARIBALDI

A'S. E.
Il Sig.re Ministro delle Armi
ROMA

(Archivio Campello)

N° 13

Repubblica Romana
COMITATO ESECUTIVO
N. 8 del Protocollo
Cittadino

Il Comitato Esecutivo della Repubblica Romana
Vi nomina MINISTRO DI GUERRA, E MARINA.
Ne assumerete immediatamente le funzioni.
Roma 15 Febbrajo 1849
C. ARMELLINI
AURELIO SALICETI
MATTIA MONTECCHI

A] Cittadino Pompeo di Campello
(Archivio Campello)

N* 14

AL CITTADINO Lu:iG1 BUONAPARTE
Presidente della Repubblica Francese
IL CIRCOLO POPOLARE SPOLETINO

Antiche, profonde, santificate dalla sventura, suggellate col sangue sono
le simpatie di questa bella e disventuratissima Italia verso la nobilissima
Nazione Francese, viva, passionata, leale ; sempre, anche negli stessi errori,
generosissima. Fraternità di linguaggio, di costumi, di desideri ; culto comune
del Bello, del Vero ; ricambio incessante d'idee, di dottrine, di morali e mate-
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 87

riali avvantaggi, atteggiarono a tal simiglianza le nostre condizioni e fisio-
nomie civili, che il Mondo non ci chiama invano LE DUE NAZIONI SORELLE.
Ad onta delle Alpi che ci dividono, de’ tristi che s’infrappongono sempre
all'amplesso delle Nazioni, noi abbiamo assistito sempre con trepidazione e
con gioia a tutti i giorni terribili e solenni che omai da 60 anni si consumano
presso il GRAN PoPOLO che assunse, e compirà la missione sublime di rigene-
rare l'Universo. Dopo l’Italia è la Francia che stà nel cuor nostro : e ove Dio ci
serbasse — impossibile ipotesi ! — alla suprema sventura di perdere questa
Patria adorata, è alla Francia che si volgerebbe il nostro sguardo lagri-
moso per chiederle l’ospitalità di un asilo e di una tomba, alla Francia che sarà
sempre la Patria adottiva de’ Generosi !

E il giorno che Voi, o Cittadino, foste assunto alla Presidenza della glo-
riosa Repubblica, questa Italia, sebben sanguinante per molte ferite, sebben
vestita a gramaglia per lutti recenti, questa Italia si adornò a festa, quasi
invitata a sedersi al banchetto della gioja francese, e nell’ebrezza de’ vostri
giubili obliò un istante i propri dolori.

No, non temete, o Presidente, che noi non veniamo innanzi a rivendicare
sopra di Voi innopportuni diritti di origine. Noi non invidieremo alla Francia
la fortuna di avervi alla sua testa. La Francia adottò i NAPOLEONIDI ; e i
Nepoti del GRAND'vowo non ponno separare i loro destini da quelli del GRAN
POPOLO, senza rinunziare entrambi ad un passato e ad un avvenire di glorie.
Vi è una specie di solidarietà tra la giovine Francia e il Vostro Casato, e noi
rispettiamo i misteri della Provvidenza che cavò sempre da questa nostra terra
taumaturga i Rigeneratori del Mondo. Formate pure l’orgoglio e la felicità
della Francia, e voi formerete anco quella d’Italia. Ma a persuaderci che sangue
Italiano scorre nelle Vostre vene Francesi non abbiamo d’uopo ricorrere alle
viete ragioni topografiche e genealogiche. La Storia della Vostra vita ci ebbe
provato abbastanza che Voi non rinnegaste a questa Italia metà almeno de’
sacri diritti della maternità. Noi ricordiamo con alterezza i begli anni della
Vostra gioventù trascorsi sotto questo bel cielo, sotto questo sole sì splendido
che vi fecondò la salute, il pensiero : ricordiamo i fidati colloqui, le aspira-
zioni generose, le lagrime non fiacche, i fremiti gagliardi : ricordiamo di avervi
trovato in mezzo a noi nell’ora dell’appello e del pericolo : e questa Spoleto
che vi ospitò nel 1831 rammenta con giubilo e con fierezza che Voi cingevate
una spada, su cui stava scritto — INDIPENDENZA D'ITALIA 111 —

Il rimbombo d’una rivoluzione Italiana — nobile ed infelice al solito !
— a traverso de’ mari giungeva fino all’inospite scoglio di S. Elena a ralle-
grare le ultime ore del PRIGIONIERO GIGANTE, che vi lasciò tanta eredità di
glorie, e di lezioni sublimi. Portandosi la mano scarna su quella fronte grande
quanto il Mondo, esclamò sospirando — «Ah! io non ho fatto per l’Italia
quanto dovea. La Francia non sarà mai potente contro la lega del Nord,
finchè l’Italia sorella non torni indipendente. Libere e collegate le due Potenze
Mediterranee, la pace e la felicità dell'Europa sono assicurate 11!» — Il
88 ROBERTO RESTANI

testamento politico del GranD’uoMo non può andar perduto. La mano di
Dio vi ha sollevato tant’alto perchè ne foste l’esecutore.

LA sTELLA DI MARENGO ribrilla sul bel cielo della Francia ; e milioni
d'Uomini la salutano genuflessi. Ma su quella Stella vi è la macchia di una
nuvola — l'onta di Waterloo ! | — Quell'onta oscura i raggi di mille vittorie !
In tutte le guerre della Francia il sangue italiano non fu mai risparmiato, e r
ne versammo a torrenti per far più venerande e temute le vostre bandiere.
Che la Francia ne versi alcune stille per noi; che paghi il debito contratto
su mille campi di battaglia | — Nella codarda e infame diserzione delle truppe
| | alleate, dopo il disastro della Beresina, vi fu un solo Popolo che non voltó
E M | mai contro la Francia le sue baionette, i suoi cannoni. Parigi stessa capitolava,

| | | vedeva tranquilla lo sperpero e la rapina de' suoi trofei. Gl'illustri traditori
WE Francesi vendevano a prezzo di oro la felicità della Patria, l'onore del sempre
magnanimo Esercito. Il Russo, il Prussiano, l'Austriaco col ghigno del di-
sprezzo e della vendetta accatastavano le conquistate bandiere. Un'Aquila
sola non fu consegnata. I Prodi chela difendevano, quando videro tutto per-
duto, bruciarono quell'Aquila, divorarono quelle ceneri, perché quell'Aquila
non facesse piü splendido il trionfo dei barbari. Que' Prodi, o PRESIDENTE,
erano Italiani ! ! ! !

La. Francia ha pronunziato abbastanza le sue simpatie per la Causa
Italiana. La miracolosa insurrezione di Milano fu accolta a Parigi come l'an-
nunzio di una vittoria Francese, come di una patria disfatta quello dell'abor- T
rita dedizione. La Francia giurò di sostenere a prezzo di tutto il suo sangue
N l'indipendenza Italiana. Compite l'oracolo della Francia ! Non la disonorate
: per Dio!

dm nl Che i Re non attengano le loro parole, ne facemmo crudele esperimento I
È: | Ma Voi, per la Dio grazia! Voi non siete Re: Voi siete Popolo, e i Popoli si
bibl lasciano uccidere ma non tradiscono la religione del giuramento. La Polonia
e l’Italia hanno una vecchia maledizione contro la Francia. Redimete l’onore
del Popolo cavaliere ; e che le maledizioni e il sangue de’ Martiri del 31 ri-
cadano sul capo dei traditori !
8 V Non sperate sulla Mediazione. La mediazione é un tranello per Voi, per
Din l’Italia, per la Francia; sì per la Francia! Vogliono che l'entusiasmo de’
Popoli svapori nelle lungaggini auliche: vogliono che l'eccesso di vitalità
della Francia, e dell'Italia per mancanza di esterna azione, reagisca su questi
due corpi morali, li disorgani, li paralizzi, li distrugga ! — Non vi spaventino
| i nostri intestini rumori. Sono gli effetti di questa vitalità che tende ad estrin-
2 | | secarsi. Noi siamo inquieti perché ci vediamo bindolati, raggirati, palleggiati
| dalla Diplomazia nella vitale questione della nostra indipendenza. Il nostro
amore pe' Principi fu entusiasmo,un'idolatria, nuova nella storia, fino al giorno
de’ crudeli disinganni. Ah | quel giorno fu terribile, o PRESIDENTE, e alcuni
Re d'Italia dovrebbero segnarlo negli Annali come il piü nefasto di tutti i
giorni | Dannazione ai tristi che rapirono ai Principi le adorazioni de' Popoli,
-r=—=e

UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 89

che fra noi ed Essi scavarono un abisso. Quell’
appianato colle teste de’ traditori.
Legittimo, santo, divino è il desiderio della Nazionalità, e finchè il
Popolo Italiano non vegga soddisfatto il suo Voto abuserà della sua energia,
della sua virtù, si scaglierà con impeto disperato dovunque veda un osta-
colo, un avversario, un sospetto ; travolgerà nella voragine dell’anarchia
sè, i Principi, i Popoli, la pace del Mondo. Non vi lasciate illudere dalle voci
di un giornalismo prezzolato dell'Austria e del Gesuitismo, un giornalismo:
pseudo-francese che ci frantende, ci calunnia dipingendoci armati di veleno
e di pugnale, congiurati a distruggere ogni più augusta tradizione. Non vi
ha Popolo al Mondo più naturato del nostro a rettitudine, a buon senso ;
più amico della legge e dell'ordine ; quando la legge, e l’ordine non sono
una maschera del dispotismo. Vel provi un mese di legalità, di pace goduta
qui in mezzo a noi, allora appunto che fummo abbandonati a noi stessi ;
allora che coll'averci rapito il Principe ne si voleva gettare negli orrori del-
l'anarchia. Sciagurati, non l'ottennero! Noi esaurimmo i mezzi della conci-
liazione, e tutto invano. La Storia ne giudicherà. Che i nostri Principi si uni-
scano a noi a conquistarci un'Italia o a morire con noi, e noi cediamo loro
metà de' nostri diritti ; perché ci stiamo contenti all Indipendenza, lieti di
lasciare ai Figli il conquisto della Libertà. Sulla bilancia mercenaria della
mediazione gettate, o Presidente, la voce del Diritto, la Spada della Francia,
e la bilancia traboccherà. Dite che l’Italia sia libera dallo straniero, e la
Francia al vostro grido solleverà quel fremito onnipotente che ricaccerà
ira le steppe del Nord i Barbari che dopo rincatenata e doma l’Italia, ri-
preparano per la Francia il Dramma obbrobrioso della Santa Alleanza ! ! ! 1,
Dalle Stanze del Circolo Spoletino lì 5 Gennaro 1849.

abisso possa essere riempiuto e

Deliberato ad Unanimità

Per il Presidente PomPEo Dr CAMPELLO - GAETANO LEONCILLI : Vice
Presidente. G. D.r AnFOSSI - A. PANNACCI - G. D.r TESTA - A. NICOLAI - E
FRASCHERELLI Consiglieri

LI

T. PASSERINI - G. SAvJ Censori - G. B. BAsrLJ Cassiere -
G. Pennacchi - N. Sebastiani - F. Anzidei Segretarj
(Archivio di Stato di Spoleto, Archivi privati: Sansi).

N* 15
REPUBBLICA ROMANA
PopPoLo pi BorocwNaA!

Uno dei piü grandi fatti, di cui la posterità terrà conto, si va consu-
mando. Dopo tanti secoli di oppressione Dio ha detto al popolo d'Italia,

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‘90 ROBERTO RESTANI

risorgi, risorgi, ed egli, come le ossa dei sepolcreti allo squillo delle angeliche
trombe, è risorto! Ma l’opera non è compiuta ; e vano sarebbe aver gittato
le fondamenta di sì sontuoso edificio, se non si ponesse studio a mantenerlo
gelosamente, e preservarlo da ogni elemento di distruzione.

Popolo di Bologna, a te risplendeva un cielo tutto amore e poesia, sor-
rideva una terra, cui natura fu larga d'ogni dovizia, ma ti mancava 1a li-
bertà, e gli splendori di questo cielo, il sorriso di questa terra ti pesavano
sul cuore, siccome scherno ed insulto. Oggi a tanti favori ti si aggiunge pur
questo ; alza inni di lode, e benedici l'Onnipotente, ma sappi difenderla e
conservarla !

Una vile orda di fuorusciti, sul cui fianco mal posa la spada onorevole
del soldato, si gittava testé, come famelici lupi, sulla tua terra, taglieggiava
una famosa Città nostra sorella, e traeva a guisa di Barbarossa illustri giovani
‘ostaggio d’iniquità ; e tutto questo faceva dopo rinnalzati gli stemmi del
Pontefice ; doppia ignominia ed oltraggio, volendo quasi far credere il Vi-
ario di Cristo, pel quale i beni di questo mondo non sono, complice del
saccheggio e della violenza.

Qual cuore italiano non fremerà di sdegno all'annuncio di tanta infamia ?
Serberanno nome d'umane e civili quelle Nazioni d'Europa che non si solle-
veranno contro abuso così brutale di forza ? ... Oh ma infelici coloro che
aspettano dall'altrui braccio soccorso !!

Popolo di Bologna, tu sei ancora quel desso, che col sangue croato lava-
sti le contaminate tue vie ; tutto puó un popolo allorché voglia. Noi abbiamo
nta di lunghi secoli a cancellare, crudeltà sanguinose a vendicare, diritti, e
istituzioni santissime a mantenere.

La Repubblica mi mandò sollecita a te per dividere i tuoi pericoli,
provveder teco alla tua difesa. Noi non abbiam bisogno che della ferma vo-
lontà nostra. Stringiamoci tutti in amichevole fratellanza, fondiamo in uno
i nostri pensieri, le nostre opinioni ed in un solo grido prorompa ogni cuore,
Italia libera ed una, libera per sempre dallo straniero!

Cittadini, una nuova storia, una novella vita incomincia. La società,
«ome gli individui ha duri ostacoli a sormontare, dolorose avversità da com-
battere nei primi stadii d'infanzia, e di giovinezza ; ma è così che si arriva
alla robusta virilità! Senza sacrifizi e patimenti una Nazione non si rigenera ;
e non é senza scosse violenti che si getta di dosso il mantello vile del ser-
vaggio straniero. Coraggio dunque e costanza! Non ne spaventino sinistre
voci, non ne dividano odii ad arte disseminati ; non traggasi dalla difficoltà
della crisi argomento della salute avvenire.

Bolognesi, finché saremo forti saremo liberi. Correte ad impinguare
le file dei bravi. Nessuna cura, nessun travaglio fuorché di guerra.
Forza contro la forza! Stà di piü con noi la ragione e la giustizia. Che
Napoletano! Che Austriaco! Siamo Bolognesi, e Romani. Fremino anche
essi ne’ loro focolari quei Principi, chè Dio dappertutto ha gridato alla

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UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 91

fronte dell'uomo, rialzati. Guerra, guerra a morte contro ualunque oserà
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profanare il terreno sacro della Repubblica. Viva la Repubblica Romana!
Viva Bologna!

28 febbraio 1849
IL MINISTRO DELLA GUERRA E MARINA
CAMPELLO

Archivio di Stato di Spoleto, Archivi privati: Sansi)

N° 16

Repubblica Romana

COMITATO ESECUTIVO

Cittadino Ministro
Num. 822

Per urgente bisogno della Repubblica siete invitato a recarvi indilata-
mente in Roma, onde ricevere quelle disposizioni che dal bene della Patria
si è necessitato a darvi. Sicuri che vi presterete a questo appello con quello
zelo che tanto vi distinse in ogni tempo pel bene della cosa pubblica vi av-
visiamo che per maggior speditezza affiderete ogni cosa che or sia sotto la
vostra direzione al Cittadino Preside Bertì-Pichat.

Intanto Salute e Fratellanza
Roma 6 Marzo 1849
Il Comitato Esecutivo
C. ARMELLINI
A. SALICETI

M. MONTECCHI
A] Cittadino Ministro

«della Guerra ecc. Campello
BOLOGNA

(Archivio Campello)

N° 17
Estratto da La Civiltà Cattolica, anno primo, Vol. 11, 1850, pp. 218-219:

«Roma 8 luglio 1850
. Nei fasti della rivoluzione romana è famoso il nome del conte
Pompeo di Campello patrizio spoletino. Fin dal 1831 egli dié a conoscere

animo avverso alla temporal signoria della Chiesa, cooperando alla rivolta
«di Spoleto e facendo parte del Comitato Provinciale agli ordini della Giunta

residente in Bologna. Nelle nuove commozioni politiche fondó nella patria

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92 ROBERTO RESTANI

il Circolo Popolaresco, centro e focolare quivi, come dappertutto, d'ogni
civile perturbazione, e ne tenne la presidenza. Sorta la guerra austro-italiana,
si condusse nella Venezia con l’armata pontificia ed ebbe l'Ufficio di Inten-
dente generale della medesima, non dei Corpi Franchi, la cui amministrazione
era trattata dall’Intendente Gualterio. Fu Ministro della guerra nel gabinetto
Mamiani, dopo la dimissione del principe Doria; ma avendo messo fuori un
proclama incendiario a fine di risuscitare nelle popolazioni e nell’armata gli
spiriti bellicosi contro gli Austriaci, ed oppugnando per indiretto i sensi e
le disposizioni della Enciclica del 30 aprile 1848, perdette dopo pochi giorni
il ministero. Non ricomparve nella scena rivoluzionaria che dopo il 16 no-
vembre ; allora fu nuovamente chiamato al Ministero della guerra e marina.
Deputato all'Assemblea Costituente, come uno dei rappresentanti spoletini,
votó la decadenza del Papa e la Repubblica. Furioso democratico, nell'istesso
giorno che fu pubblicato l'atto di scomunica contro i capi del governo repub-
blicano, propose all'Assemblea la requisizione dei cavalli delle scuderie pon-
tificie; in appresso decretó la demolizione della fortezza di Perugia fon-
data da Paolo rir, con disegno del Sangallo, distruggendo cosi con una spesa
di scudi 10.000 una proprietà dello Stato e un monumento bellissimo di
architettura militare. Or questo capo della rivoluzione romana, questo
turbolentissimo agitatore, questo distruttore frenetico, incolpato per sopras-
sello di essersi appropriate notevoli somme nella campagna austro-veneta
e nel tempo del suo ministero repubblicano, non erasi mai allontanato dallo
Stato dopo il Moto-prorio di settembre, ma bensi, fidando sempre alla cle-
menza del Principe, quantunque avesselo si bruttamente oltraggiato, erasi
tenuto nelle montagne spoletine. Infine avendo riconosciuto che vana era
ogni speranza di migliore destino, per mezzo di un personaggio costituito
in una posizione molto distinta diede opera di conseguire un passaporto.

Per verità fino dall'ottobre 1849 era cessato per gl'individui esclusi dall’amni-

stia il tempo utile ad esulare ossia a sottrarsi allo incarceramento, alla istru-
zione processuale e alla pena che l’antica legislazione, non abrogata mai,
statuisce contro i rei di perduellione e di crimenlese. Il Campello adunque
che nel maggio 1850 quando faceasi a richiedere un passaporto, tuttora si
trovava nel territorio papale, potea e dirò pur francamente, dovea, se fosse
stato scoperto, essere arrestato e processato. Per l’opposito fu così straordi-
naria ed insigne la clemenza del pietosissimo Principe che non convenendo
alla dignità del Governo che fosse dato al Campello un passaporto in nome
di Sua Santità fu disposto con reciproca intelligenza che il medesimo gli fosse
rilasciato dal Generale Baraguy d’Hilliers. Così fu che il Campello potè pur
finalmente nella notte del 6 giugno uscire dal suo nascondiglio e mettersi
in viaggio. Ma per una di quelle contingenze che sorgono a quando a quando
nella Cosa Pubblica attesa la molteplicità degli affari governativi, il Commis-
sario dell'Umbria non avendo ricevuto in tempo speciali istruzioni, il mandò
arrestare dai Veliti nelle vicinanze di ponte s. Giovanni e consegnare al Co-
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 93

mandante austriaco di Perugia. Incontanente il Campello con lettera del 7
giugno espose per disteso al Comandante ciò che io ho espresso sommaria-
mente, in ordine al conseguimento del passaporto francese ed alle importanti
particolarità che accompagnavano il fatto. Chiarita e comprovata la verità
delle cose che si affermavano in detta lettera, l'ex Ministro del governo re-
pubblicano potè dirigersi sicuramente alla volta di Ancona ed ivi imbarcarsi.
È questo un fatto di cui molto si è parlato nei consessi e nei circoli meglio
informati delle segrete cose, e che secondo la varietà del sentire politico è
stato variamente commentato ».

N° 18

Repubblica Romana
COMITATO ESECUTIVO

Num. 1093 Roma ‘12 Marzo 1849

Cittadino
Non senza grave dispiacere il Comitato ha conosciuto per la lettera
dell'11 corrente, che il richiamo da Bologna avea commossa la delicata suscet-
tività vostra. Non opera altrui, non demerito di Voi determinarono quella
disposizione, bensì urgenti bisogni della Repubblica rendeano la vostra opera
qui, e pel momento opportuna.
Se a tutti sono manifesti i servigi da Voi resi alla patria in tempi difficili
con integra, e costante energia, molto più lo sono al Comitato Esecutivo, e
conoscendo profondamente il grande amor vostro verso la patria, l'animo
alacre nell'azione, pronto e forte nell'intendimento, nutre vivo desiderio di
adoperare tali prerogative al pubblico bene, come nel passato furono adoperate.
Perla qual cosa vi fa premurose istanze, acció appena il permetta lo stato
di vostra salute, vi portiate a Roma, ove intende la patria giovarsi dell'opera
vostra, e de' vostri consigli.
Salute e Fratellanza
Il Comitato Esecutivo
C. ARMELLINI-A. SALICETI-M. MONTECCHI
A] Cittadino Campello
a SPOLETO
(Archivio Campello)

N° 19

Minuta di una lettera indirizzata dal Campello a Terenzio Mamiani nel
gennaio 1860.

« Non voglio essere l’ultimo a congratularmi seco voi per la giustizia resa al
vostro patriottismo, e ai vostri talenti : le speranze ravvivate in tutti noi dalla

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94 ROBERTO RESTANI
rientrata del Conte Cavour al Ministero Sardo, acquistano anche maggiore fon-
damento e vigore dal veder farne parte l’egregio Filosofo, che tanto germe diede
del suo amore all’Italia, e che suddito già del Pontefice, ministro d’esso, e pro-
scritto, meglio d'ogni altri conosce qual sia il Clericale Governo, e quanta sven-
tura colse coloro, che vi nacquero, e denno vivervi sottoposti. Così la mia let- |
tera non ha solo delle congratulazioni per scopo, ma meglio ancora delle f
raccomandazioni e le più calorose a pro di quelle infelici Contrade, di cui i
in tempi non lontani abbiamo ambedue propugnato e gl’interessi, e i diritti.
| Un'associazione s'é qui formata con i molti cacciati dalle Provincie Romane
| tuttora soggette ; e un Comitato di Cinque le rappresenta, al quale io pre-
siedo. Il nostro fine é provvedere all'emancipazione di queste provincie.
Quindi saputa appena la vostra nomina, un pensiero unanime è sorto, che
nissuno meglio di voi potrebbe in questi supremi momenti giovarne, e darne
utili consigli, e soccorso. Non è dunque solo in mio nome, ma in nome
dell’Emigrazione nostra intera, che scrivo. Che la libertà, la giustizia, la pro-
O sperità abbiano ad arrivare fino alla metà d'Italia; e l'altra metà debba
| | rimanere nell'oppressione, e nella barbarie, è cosa sì mostruosa ed iniqua,
che rivolta le coscenze ; e si ha pena a credere, che possa venir più a lungo
tollerata da quelli che hanno facoltà e mezzi per ripararvi. Ed inoltre a
qualunque abbia per supremo scopo la nostra Nazionalità, e voglia sopra
| solida base costituirla, si fa di leggeri manifesto, come inutile sia sperare
mai d'arrivarvi, fintantoché in cuor d'Italia rimanga con assoluto dominio ‘
il primo nemico di essa ; fintantochè Roma e le sue Provincie non entrino
a far parte del nuovo grande Consorsio Italiano.
| | Ma d'altronde, se non può essere soggetto di controversie la necessità
| d'emancipare le nostre.Provincie, e il diritto loro ad essere emancipate,
noi intendiamo bene le difficoltà non lievi che vengono sulla via e sui
modi di adoprarsi, perché tale risultato si compia. Finché restó in vigore
l'idea d'un grande Areopago Europeo, molti considerarono, dover da quello
venire la nostra salvezza ; ora che ella è abbandonata, è d'uopo mutar consi-
glio, e vedere se non convenga cercar di prendere con la forza, quello che
per la ragione ci si ricusa. Che il Piemonte, o gli altri Stati dell'Italia Cen-
trale possano darci aperto aiuto, lo spero poco : tuttavia tanto a quello che a
questi non mancherebbero mezzi meno diretti di favorirci. Ne addito al-
li cuni, i quali agevolerebbero la via ad una riscossa, dove ella si trovasse
HUI opportuna. I nostri Paesi sono sopraffatti di forze straniere, le quali per
id l'arrivo di nuovi Austriaci, ogni giorno ingrossano. Si dice, che il Piemonte
| UNDE abbia protestato ; ma le proteste poco montano. Non ci è modo di obbli-
| garle a sgombrare, facendone Casus belli? Nella Milizia Papale, l'Arma
politica in specie, una gran parte d'arrolati appartiene alle Romagne. Non |
sarebbe giusto, che quel Governo facesse in modo, che minacciandoli di È
perdere la cittadinanza, fossero costretti tornare alle loro case ? Armi e
denaro sono la prima necessità, e procacciarne senza il Governo d’uno Stato
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 95:

è impossibile. All'occasione con prudenza, non ci sarebbe il caso di ottenerne da Il
chi ha Stato costituito ? Col denaro si procurerebbero anche le diserzioni de’
mercenari : le armi basterebbe saper che all’occasione son pronte. L’evacua- Il
zione di Roma si presenta fin qui come il tocco di Campana fatale, che deve: |
j decidere dei nostri destini. Contribuisca il Piemonte ad affrettarla, se può. |
b Del resto io profano nella politica mal saprei suggerire consigli a chi è |
| addentro ne' suoi misteri. La vostra perspicacia ci suggerirà gli espedienti
i più profittevoli alla nostra causa ; né io posso far altro che raccomandar-
vela, ed esortarvi con tutto il calore a difenderla » (Archivio Campello).
E in risposta alla lettera scrittagli dal Ministro, che nonostante le ricer--
che effettuate non si è potuta reperire, il Nostro scriveva :
«Conte Mamiani Pregiat.mo
La vostra lettera particolare, non che l'altra al Comitato ci sono state
di grande conforto. Nissuno dubita della volontà, e zelo vostro vivissimo
per la liberazione delle disgraziate Provincie tuttora soggette: e un difen-
sore della vostra tempra, nell’alta posizione in cui siete, ci dà animo a
sperar che riusciremo. Non è mai stata nostra intenzione di tentar nulla
prima dell’annessione. Il consiglio di aspettar questo grande avvenimento ci
è venuto da tutte parti. Aggiungerò, che anche volendolo, senza aiuti non |
si potrebbe. Ma frattanto onde tener vivo lo spirito di quelle popolazioni,
è necessario far loro sperare, che non lontana sarà l’epoca, in cui riceve-
i ranno soccorsi, e potranno anch'essi liberarsi dall'esoso giogo Sacerdotale.
Quando si abbia la certezza, che al momento opportuno armi e denari
non mancheranno, io credo, che si possano dispor le cose in modo da ren-
dere assicurato il successo. A suo tempo vi comunicheró le mie idee. Tro-
vato un punto d'appoggio si solleva il mondo : e cosi per noi piü importante
è trovare questo punto; dove si possa da più parti concorrere, resistere
qualche tempo, ed organizzare una conveniente forza. Città di Castello da
una parte, Urbino dall'altra sarebbero forse preferibili. Frattanto un fatto
di grande importanza per noi, é la continua diserzione non solo di uomini
appartenenti ai Corpi indigeni, ma pure di quelli venuti di fuori. A Perugia
l'incarico principale di quegli Svizzeri é vigilare a che gli Svizzeri stessi non
fuggano. Sento che lo stesso avviene a Macerata, benché colà non sieno
che Alemanni; ma colà più difficile è la diserzione a causa della lonta-
nanza del confine. Del resto quanto alle Milizie del Paese, tenete per certo,
che al primo presentarsi d’una forza nemica qualunque, non ne rimarrà
al Papa nemmeno uno. Ieri si seppe, che /50 dei stanziati in Pesaro hanno
varcato il fatale Rubicone per unirsi ai loro fratelli delle Romagne. Fra
giorni spero poter darvi notizie d'una diserzione più in grande, la quale farà
chiasso. Se nulla si attraversa, l'abbiamo quasi assicurata. Unendo mezzi,
a poco a poco credo, che le truppe Papali si assottiglierebbero di maniera.
da rendere assai agevole il combatterle, e venire a capo quasi con certezza
della nostra impresa; ma per disgrazia questi mezzi ci mancano affatto.

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VIII SR —
96 ROBERTO RESTANI

Non voglio tralasciare di farvi conoscere altre cose di molta importanza
per noi. Avete forse letto nei giornali l’Indirizzo, che presentammo all’Imp.e
-de’ Francesi. Nap.e 3° lo apprezzò molto, lo ripose fra le carte particolari
riguardanti l’Italia, e promise, che la causa delle Marche e dell'Umbria
non sarebbe negletta. Questo non s’è potuto dire; ma il permesso dato
di pubblicare quel documento è bastante prova della benevolenza con cui
l’accolse. Del resto a mio credere ci incamminiamo a gran passi verso un
nuovo conflitto, il quale sarà più vasto, e disastroso : per lo che far denaro,
e soldati, e provveder con rapidità, e solerzia agli armamenti, debba essere
l’unico e primo pensiero di chi tiene in mano i nostri destini. Vedo con
piacere, che a questo sono volte attentamente le vostre maggiori cure.
La lotta che si prepara va a decidere se la civiltà del mondo dovrà progre-
dire, o ritornare indietro di qualche secolo» (Archivio Campello).

N° 20

Minuta di una lettera che dal contenuto si desume indirizzata a Leo-
netto Cipriani, Commissario Regio nelle Romagne.

« Nissuna cosa certo può parere tanto ragionevole ed equa, quanto quella
di fratelli, che chiedono ai loro fratelli protezione, e soccorso. Se non è da essi
che si ottenga misericordia, molto meno si può da alcun altro speranza. Così
l’E.V. non troverà fuori di proposito, che le popolazioni degli Stati Romani
tuttora soggette al Pontefice si volgano per mezzo d’una Commissione che
qui le rappresenta, e ne custodisce gl’interessi e i diritti, a Lei, che con tanto
senno e patriottismo dirige il nuovo Governo delle Romagne, di quelle Ro-
magne, le quali sino a poco fa ebbero comune con noi interessi, patimenti,
e speranze. E con tanta maggior fiducia ci volgiamo a Lei, in quanto che sap-
piamo, come Ella nel vasto spaziare della mente non tenga per principale
fine degli atti miei i particolari vantaggi di poche Provincie, ma sibbene quelli
d’Italia intera solidamente ricostruita a Nazione. A chiunque infatti consideri
sotto questo aspetto le faccende Italiane, si fa manifesto, come sia impossi-
bile giungere mai a quello scopo, fin tanto che le Marche, l'Umbria, il Patri-
monio, e soprattutto Roma rimangano sotto la dominazione Clericale, quella,
(ossia dominazione), il cui primo intento, e fine è, e sarà sempre dividere la
nostra cara patria, e tenerla in servitù di Stranieri. Ma se non può essere
soggetto di controversie la necessità di emancipare coteste Provincie, e il
diritto loro ad essere emancipate, noi comprendiamo bene, che può d’altronde
insorgere qualche dubbio sul tempo, e sul modo, e per mezzo di chi debba sif-
fatta liberazione operarsi. Nissuno meglio dell’E. V. può essere a portata di
risolverli, trovandosi più addentro che gli altri ne’ reconditi misteri della
politica. Pur tuttavia ella non vorrà sdegnare, che le manifestiamo pur noi
i nostri pensieri. Credono alcuni, che venendo apertamente un’Armata delle

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MR ÁÀ— ORIO

UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 97

Romagne a soccorrerci, tale intervento possa provocare quello dell'Austria,
e divenire cosi causa d'una guerra generale. Lasciamo di opporre, che questa
€ più da desiderarsi per l’Italia, che da temersi. Ma l’Austria è al caso di cer-
carla ? L'Austria non interviene, ella già mascheratamente fornendo tutto
di armi soldati al Pontefice ? Ed infine si puó dire intervenire negli affari
d'altri, quando fratelli soccorrono fratelli ? In tal caso si può finire a conclu-
dere, che la metà d'una Città è straniera all'altra metà, e che dovrebbe la-
sciarla ire a foco piuttosto che correre in aiuto di essa. Dalla lettera dell' Im-
peratore de' Francesi si rileva, che per sua alta volontà s'é richiamato Gari-
baldi dalla frontiera : ma d'altronde si rileva anche, che Ancona s'intende già
emancipata, e che il Patrimonio solo di S. Pietro basta a garantire l'indipen-
denza del Capo della Cattolicità. Così è dubbio, qual sia veramente l'intimo
pensiero di Napoleone III; e puó anche concedersi, che da poco in qua sia

entrato più caldamente e nettamente nel gran concetto della nostra totale
liberazione ».

(Archivio Campello)

N* 21

Minuta di una lettera indirizzata a Terenzio Mamiani nel marzo 1860.

«Dopo lunga lotta, lungo avvicendarsi di timori e Speranze, i destini
della Toscana si compiono. Questa terra ricca di tradizioni gloriose, sede
nobilissima del sapere, va a divenire finalmente in una stabile e duratura terra
Italiana, parte eletta di quel grande Grande Regno, nel quale fra non molto
le provincie tutte Italiane si fonderanno. Si sublimerisultato é principalmente
dovuto alla sagacità, all'energia, alla fermezza, al patriottismo dell'E.V.,
la quale non in angusti municipali confini mi si ristrinse, ma tutta nella vastità
della mente abbracció quella terra, che dalle Alpi alle vette dell'Etna si estende.
Noi interpreti de' sentimenti di quelle infelici e generose popolazioni, che
gemono ormai nel più vergognoso servaggio, crediamo nostro debito presen-
tare a Voi le comuni nostre congratulazioni, e le espressioni sincere di grati-
tudine, della quale esse sono tutte animate. Un'opera si bene incominciata
non può rimanere a mezzo. I voti della Toscana esauditi debbono necessaria-
mente menar seco anche l'esaudimento de' nostri. Un regime condannato da
tutta Europa, che dopo lunghi e lunghi anni non seppe trovare nel paese che
lo subi se non che tanto numero d'aderenti, quanto basterebbe appena al
servizio d'una famiglia, tale regime non può lasciarsi ancora sussistere, senza
che la nazione non se ne sdegni, e la giustizia crolli nelle sue basi. Oggi che
la ragione, e la giustizia per opera vostra vanno in una parte d'Italia a trion- ,
fare, impossibile é credere, che debba piü a lungo rimanere nelle altre con-
culcate e derise. È da siffatta fede, che vieppiü prende radice, e forza la rive-
renza e gratitudine nostra verso di Voi: per modo che giungendo pure un
98 ROBERTO RESTANI

giorno quelle a trionfare, rimarrà tanto più questa incorruttibile, e le popola- |
zioni Romane riconosceranno anch'esse in voi il principale loro benefattore,
e sostegno.

E qui cade in acconcio confutare alcuni errori testé messi fuori da sotti-
lissimi diplomatici. Gli Stati piccoli d'Italia, che ebbero già in altri tempi
splendida rinomanza, la Toscana soprattutto, non deve fondersi con gli altri b
per formare un gran regno, atteso che quel suo splendore medesimo, quelle sue
gloriose tradizioni non consentano ch'ella perda la sua autonomia. E qual'é
la ragione intrinseca di questo sofisma ? La storia passata verrebbe forse
cancellata dai fatti di oggi? Nessuno può crederlo : ella rimarrebbe
qual’è. Ed invece la Toscana rimanendo Stato piccolo perderebbe tutti quei
benefici, che dall’appartenere ad un grande e solido regno nessuno contrasta
che all'essere nostro derivano. La sua servitù, le sue miserie, che tutta Europa
ha ammesso, a togliere le quali la Francia stessa ha portato le sue poderose
armi in Italia, dovrebbero perpetuarsi per lei ; e la causa ne sarebbe niente-
meno che la sua gloria passata. Lo che vale lo stesso che dire : la virtù degli
avi vostri, o Toscani, vuole che siate per sempre miseri e servi. O Dante, o
Ferruccio, o Galileo, o Michelangiolo, 0 Macchiavello, perchè nasceste voi qui !
Voi ci partoriste miserie e terrori! Ecco la dottrina, o diplomatici, che si
asconde sotto il velame de’ vostri strani concetti. Frattanto voi non ragio-
naste sempre allo stesso modo. Qual più gloriosa cosa, che la Regione famosa
dell'Adriatico ? Pure dopo quattordici secoli di splendore un Capitano famoso
afferrò il Lione di San Marco fra le ugne, e lo consegnò piedi e mani legati all'Au-
striaco. Quali Città possedevano piü vasto patrimonio di gloria che Sparta, Ar-
go, ed Atene ? Tuttavia cacciati da quelle sacre terre i figli di Maometto, a
niuno venne in capo di farne microscopici Stati ; e la Grecia divenne un sol re-
gno. Dal che trarremo argomento a concludere non essere né la ragione, né la
giustizia i fondamenti del loro dire, ma il particolare vantaggio ed interesse
dello Stato al quale appartengono : tantoché il valore reale di esso consiste
meno nella logica che ci si trova, che nelle baionette, e nei cannoni su cui

s'appoggia.
(Archivio Campello)

N° 22
Minuta di una lettera indirizzata da Pompeo Campello al ministro
Mamiani :
«Conte Mamiani Pregiat.mo Firenze 1 aprile

Non vogliate, vi prego, prendere a male l'importunità mia; ma i mo-
menti sono gravi, e la situazione delle Provincie nostre ogni giorno peggiora.
L'annessione é compiuta, e d'ogni parte ci si domanda che deve farsi. Noi
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 99

veniamo dicendo adesso, che ella deve essere riconosciuta, che il gran Par-
lamento Italiano deve radunarsi, a pronunciare : ma anche quest’altra opera
si confermerà ; e dopo ? Mi guardi il cielo dal voler spingere ad imprese,
che potrebbero riuscir dannose non solo a noi, ma all’Italia intera! Io
comprendo la situazione di cotesto Governo. Il quale avendo a gran stento
riportato il primo trionfo, difficilmente potrà sobbarcarsi in nuove mene di
guai, in novelle lotte. Il quale non ancora abbastanza forte, deve forse
attendere qualche tempo prima di mostrare alto il suo viso. Ma frattanto
bisogna anche por mente alla situazione deplorabile, in cui lo stato Romano
è ridotto. Se le sue miserie, i suoi mali erano grandi prima, oggi sono giunti
al colmo.

E ciò non è solo dallato politico, ma da quello finanziario ben anche.
La separazione delle Romagne ha finito di rovinarci affatto ; e durando
ancora produrrà conseguenze disastrose. Non mi diffondo a dimostrarle,
giacchè abbastanza da voi stesso lo comprendete. Lo scambio di prodotti,
che si faceva da una parte e l’altra, è quasi finito. Noi ridotti a poco più
d'un milione e mezzo manteniamo un’armata di mercenari strapagata,
più numerosa che la Santa Sede ne’ più floridi suoi giorni non mantenesse ;
così che ogni giorno si contraggono all’estero nuovi prestiti. Tutto il peso della
Corte Romana, le sue dilapidazioni, le sue rabbie, le sue vendette rica-
dono sopra di noi: è un succo riconcentrato, la di cui forza venefica è
tanto più intensa, e micidiale. Per il resto avete abbastanza letto nei fogli
pubblici. Si proscrive, si imprigiona in massa ; di tribunali, di giustizia, di
leggi non si parla più: le università sono chiuse ; si mandano bravi fra il
popolo con pugnali, lo si provoca per aver diritto ad uccidere. Pigliate in-
cursioni di Unni, di Vandali, secolo decimo, e undicesimo, pigliate Turchi,
Cinesi, Marocco; non troverete esempi di tali ingiustizie, e barbarie. E
vedendo accanto a sè un popolo libero, felice, avviato a grandezza, e prospe-
rità, volete che non si sia anche più tormentati dalla febbre d’uscire da un
tale infelicissimo Stato ?

Che non si senta raddoppiato il peso delle proprie catene, non si tentino
alfine sforzi i più disperati ? Siamo noi dunque i Negri della Specie Italiana,
dicono tutti? Là Paradiso, qua Inferno. Avete levato le Romagne al Papa,
perché le governava male; e lasciate cotesto Papa a noi che siamo gover-
nati anche peggio ? Diffuse dappertutto, non ponno siffatte idee non produrre
temibili effetti ».

Alla lettera è aggiunto un foglietto con il quale si fa il punto sulla
situazione economica instauratasi nello Stato Pontificio dopo la battaglia
di Solferino :

«Cento milioni di nuovo debito. Più migliaia di imprigionati. Esclu-
sione d’ogni riforma. Abolizione completa della legge. Stato d’Assedio. In-
vasione di circa 20mila mercenari raccolti tra la più sozza feccia d’Europa.
Miseria generale per commercio ; industria finita» (Archivio Campello).

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I LETT Za uÉET ARE m aei I.
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ROBERTO RESTANI

MI | N° 23 |

Il Commissario
del RE VITTORIO EMANUELE II è
nella Provincia di Spoleto. |

Troppo lungamente voi, nobili popolazioni di questa sì bella parte del-
| l| Umbria, gemeste nell'oppressione e nella miseria, troppo crudeli furono i
vostri mali; troppo indegnamente fu qui la dignità umana conculcata, la
morale offesa, la giustizia strascinata nel fango. Il Gran Re, l'Uomo concesso
da Dio all'Italia per la sua necessaria rigenerazione, non poteva ad occhi
asciutti, con le braccia incrociate sul petto, contemplare si miserando spetta-
| colo ; tollerare, che in Stato limitrofo al suo, su terra Italiana, venissero con-
vitati ad osceno banchetto di sangue i più screditati venturieri, la feccia più
sozza d'Europa. L'Eroe di Palestro e di San Martino levó gli occhi al cielo,
trasse animoso la spada ; e al balenare di essa, come nebbia impura, le orde
WM selvagge de' barbari si disperdono, e si dileguano. Gloria al gran RE ; nostro
Wi | liberatore ! Gloria al Dio degli eserciti che ebbe misericordia de’ nostri mali |
Rialziamo la fronte, o cittadini ; i nostri martirj sono finiti ; le nostre catene
cadono spezzate per sempre.

| Chiamato io dalla bontà del RE al governo di questa Provincia, unica
| mia cura sarà dare il pià ampio sviluppo alle benevole intenzioni che qui lo
| menarono ; e prepararvi all'esercizio di quel suffragio, da cui le vostre sorti
| | dipenderanno. Libertà, non licenza; Giustizia, non rigore; eguaglianza di
tutti innanzi alla legge ; reverenza alle sacre cose, ma fra le mondane e le
sacre completa separazione ; tali sono i miei principj, tale sarà la regola di
ogni mia azione.

LI CITTADINI !

È Una nuova era incomincia | Il vecchio edificio crolla ; e sovra i rottami
AENEID di esso una mano invitta eleva glorioso monumento che sarà eterno.

Ma se grandi beni ci si preparano, anche grandi doveri ne vengono im-
posti. Senza molta abnegazione, molti sacrificj, un popolo non si ricostituisce, |
nè si rigenera. VrrToRIO EMANUELE ci porta magnanimo la libertà ; non ne |
abusiamo : ci chiama ad essere di Nazione ; mostriamo che ne è in noi la fibra :
ed il sangue. Egli cimentó per noi la sua vita nei campi dell'onore ; affronta
pericoli d'ogni genere innanzi all'Europa intera, perché Italia sia ; e noi ri-
conoscenti imitiamolo. Circondato il suo trono di amore e di reverenza, ogni
nostro affetto volonterosi deponiamo sull'altare della Patria ; cuore, braccia,
| il | ingegno, tutto a lei si consacri. Unanimi, ordinati, e forti vedendone Europa,
Il ne rispetterà : questa grande opera da un magnanimo Principe iniziata, da
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 101

sapienti Ministri sorretta, da valorosi Capitani difesa, troverà nelle virtù
di tutti il finale compimento, nonchè la suprema sanzione del Mondo.
Spoleto da Palazzo del Governo lì 17 Settembre 1860.

Il Commissario del Re
C. POMPEO DI CAMPELLO

(Archivio di Stato di Spoleto, Archivi privati: Sansi)

N° 24

IL REGIO COMMISSARIO
PER LA PROVINCIA DI SPOLETO

È notorio in Città che nei momenti di transizione testè passati molte
armi ed altri oggetti militari sono rimasti in potere di Cittadini, e che taluno
se n’è anche impadronito con male arti. Oltre però che tali oggetti devono
tornarsi al Governo per ragione di proprietà, anche alla sicurezza pubblica
importa grandemente che ciò avvenga senza ritardo. È perciò che il sotto-
scritto prescrive, che chiunque si trovi possessore di qualsiasi oggetto apparte-
nente al Servizio militare del cessato Governo debba entro le ventiquattro
ore farne deposito presso il Comando di Piazza di questa Città, in difetto di
che, appena se ne avessero fondati indizj si procederà alla visita domiciliare e
alla punizione dei contravventori secondo il rigore della legge.

In questa occasione il sottoscritto non può non esprimere a questa nobile
Città la soddisfazione del Regio Governo per l’ordine così dignitosamente
conservato nel passaggio dal vecchio: al nuovo : lo che gli è di sicura garanzia
che anche noi Spoletini sapremo mostrare alle Città sorelle che sentiamo
l'orgoglio del nome italiano, e che sapremo essere degni di far parte d'una
libera e grande nazione.

Spoleto 22 Settembre 1860.
Il Commissario del Re
CAMPELLO

(Archivio di Stato di Spoleto, Archivi privati: Sansi)

N* 25

PROCLAMA

CITTADINI DELLA PROVINCIA DI SPOLETO.

VITTORIO EMANUELE, il RE vostro liberatore, ha inteso i desiderj vostri,
e si fà sollecito ad appagarli. Voi siete chiamati ad esercitare il piü solenne fra
i diritti, a cui possa la dignità umana pretendere ; siete chiamati a scegliervi

E (1 7 eA,
ode má on 2 sani

. AO ra MO n LE
102 ROBERTO RESTANI

quel Governo, che meglio vi sembrerà convenire ai vostri interessi, soddisfare
alle aspirazioni vostre, assicurare su ferme basi la vostra gloria, la vostra
prosperità.

Il dì 4 Novembre voi deporrete nell’urna quel voto, dal quale dipendono
i destini vostri non solo, ma quelli d’Italia intera. Io non vengo a fare violenza
alle vostre convinzioni, alla vostra coscienza. Il RE, che è venuto a proteg-
gervi, vi lascia liberi, come Iddio lasciò libero l’uomo nella scelta del bene o
del male.

Amate voi gli antichi abusi, ed arbitrj ? L’intelletto ottenebrato, la giu-
stizia vilipesa ? Vi piace un’Italia in cento parti divisa, ludibrio delle clericali
fazioni, serva d'insolenti stranieri ?

Un NO cada nell'Urna, e tutto questo facilmente conseguirete.

O non piuttosto preferireste retto salutare Governo, savie e benigne leggi,
eguaglianza di tutti d'innanzi ad esse ? Non piuttosto il nobile esempio di
tanta parte d'Italia, dove sotto lo scettro Costituzionale di Vrrronio0 EMA-
NUELE, le piü care libertà pubbliche mirabilmente sviluppansi senza che
l'ordine morale punto ne soffra, avrebbe attirato le simpatie vostre ? L'orgo-
glio di Nazione non vi si sarebbe infiltrato nell'anima, e vorreste finalmente
proclamarvi Italiani? Sta a voi pronunciarlo. Un Si uscito di vostra mano
abbatte l'antico edificio dai fondamenti, e stampando sulla vostra fronte il
suggello di Nazionalità, v'innalza a non peritura grandezza.

CITTADINI,

L'ora é solenne, a cui poche ricorda eguali la storia. L'Italia aspetta
anziosa il vostro decreto ; ella spera trovarvi degni di lei, degni d'apparte-
nere a un gran popolo.

Spoleto li 25 Ottobre 1860
Il Commissario del He

CAMPELLO

(Archivio di Stato di Spoleto, Archivi privati : Sansi)

N° 26

CITTADINI
DEL CIRCONDARIO DI SPOLETO

La mia missione é compiuta ; io vi lascio, e rientro nelle quiete abitudini
della dolce vita privata. Deponendo il potere m'é d'uopo scendere nel fondo
della coscenza, e chiamarla rigorosamente ad esame. Camminai io nel sentiero
di rettitudine, e di giustizia ? Operai il bene ? Volsi intere le mie cure al vostro
benessere, alla vostra prosperità ? Io lo credo ; credo almeno che se mancai
non fu per la volontà; se non riuscii, fu difetto di potenza, scarsità d'intelletto,
——— —

UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 103

non inclinazione prava del cuore. A Dio, alla storia, alle vostre coscenze il
giudizio !

Quando io venni qui, le impronte delle catene erano tuttora vive e san-
guinanti nei vostri polsi ; lunga prostrazione di servitü aveva abbattuto in-
torpidito le anime vostre: l'avvenire s'affacciava ai vostri occhi velato di
paure e di tenebre. Tracotanza di soldati Stranieri, arbitrario inquisitoriale
governo, guasta disordinata amministrazione, persecuzioni stolidamente
feroci, nessuno vi era di questi flagelli mancato. Oggi la parola, il pensiero
vostro son liberi ; la probità, l'ingegno, il valore ponno aspirare ai più alti
premj ; il libro della legge è aperto ugualmente per tutti; ciascuno di voi
sceglie i suoi Capitani, i suoi Magistrati, i suoi Legislatori, e la vostra scelta
é base al governo. Oggi voi siete piü milioni d'Italiani raccolti insieme, siete
forte e rispettata Nazione. Chi negherà, che in pochi mesi facemmo cammino
di anni? Chi non sentirà di si alti beneficj gratitudine eterna nel cuore?

Andiamo alteri dunque, o Cittadini, che tutti portammo a si glorioso.
edifizio la nostra pietra. Voi Municipali Potestà, voi Guardie Nazionali, voi
Magistrati e Ufficiali Governativi, voi tutti infine, o Cittadini, col vostro zelo,
con le virtü vostre cooperaste meco a si alto e nobile fine ; ed io ve ne faccio
aperta testimonianza, e in nome della Patria ve ne esprimo lode e ringrazia-
menti. Del vostro leale concorso, del patriottismo vostro, del vostro affetto,
oseró aggiungere, porteró meco sempre dovunque devota gratissima ricor-
danza.

Ed ora concedete pure che un consiglio vi lasci. Siate uniti, prudenti,
concordi: non gare municipali, non personali vanità, non funeste avventa-
tezze. Un faro luminoso splende d'innanzi a noi: volgiamo a quello solo gli
sguardi. Questo faro è la madre nostra, è l’Italia. Più milioni de’ suoi figli
gemono nell’oppressione, nella miseria ; pensiamo ad essi. Dalla nostra unione
solo può venire la forza, dalla forza la loro liberazione : ecco il mio ricordo ;
il mio addio.

Spoleto 15 Gennajo 1861
Il Commissario del Re
CAMPELLO

(Archivio di Stato di Spoleto, Archivio Comunale 1860-1861, X..3.8.)

N° 27

AGLI ONOREVOLI ELETTORI DEL COLLEGIO DISTRETTUALE
DELLA CITTÀ DI SPOLETO

Miei cari, e pregiati Concittadini, io vi ringrazio, e vi ringrazio dal pro-
fondo del cuore della fiducia di cui vi piacque onorarmi, eleggendomi a Vostro
Rappresentante presso quell’alto Consesso, da cui vanno a librarsi i futuri
104 ROBERTO RESTANI

destini nostri e d’Italia. E tanto più è pregevole per me questa vostra fiducia
in quanto che avendo io già seduto nella testè cessata Consulta di Stato, ella
mi è pegno non dubbio della vostra soddisfazione ; questa vostra soddisfa-
zione è per il mio cuore la più dolce ricompensa di qualsiasi cura e travaglio.
Imperciocchè io pensai sempre, che l’estimazione e l’affetto di quelli tra cui
si è nati e cresciuti tanto s’abbia a reputar superiore a qualunque altra, quanto
n’è più arduo l’acquisto a causa sì della stessa intima conoscenza che troppo
deluda ogni realtà, come di quella mescolanza degl’interessi onde spesso suole
nascere la divisione. Per la qualcosa non voglio nascondervi, che allorquando
mi veniva eguale mandato dal Principe, ed era Principe la cui voce vale quella
di più milioni, io era compreso di gratitudine ; gratitudine, e devozione pro-
fonda ; ma una certa trepidazione, e sconforto s'annidava pure nell'anima :
oggi che egli mi viene spontaneamente da tutti Voi, io francamente abbenché
conscio della mia debolezza l'accetto. Qual gloria non é ella infatti per me
rappresentare Voi, gentili abitatori di si eletta parte dell'Umbria, di quella
Umbria, famosa nell'antichità, che ebbe in ogni tempo le sue virtü, dove la
severità della natura, la salubrità del clima, l'esercizio dell'Arti agricole si
mirabilmente favorirono la temperanza, la robustezza, l'antica semplicità
del costume, rare e sole doti, per le quali si consegua, e duri la libertà ?

Ne è già che non comprenda la gravità dell’incarico, che in ogni tempo
difficile, è dalle condizioni attuali dello Stato e d’Italia fatto difficilissimo.
Ma egli è appunto per questo il momento in cui ogni Cittadino deve raddop-
piare i suoi sforzi, porre a tortura l’intelletto, ed il cuore, perchè di mezzo a
questo gran pelago in cui erra trabalzata la cosa pubblica, la sola grandezza
e prosperità nostra avvenire trionfi.

Certamente nissuna epoca dalla distruzione della Repubblica aprì maggior
campo di gloria alle generazioni Italiane ; dalla distruzione della Repubblica,
che l'Impero ad onta delle smisurate conquiste e potenza, macchiato di sangue
e di dispotismo, potrà dirsi grande, non glorioso. Quindi tanto più grave ne
incombe l’obbligo di porre a profitto, nè diffondere malamente il tesoro, che
la Provvidenza ha posto nelle nostre mani : imperocchè noi sciagurati se fatti
minori del tempo, o trattenuti da riguardi, o spinti da cupidigia, o divisi da
funeste antiche gare e rancori, ritardassimo l’opera sì mirabilmente iniziata.
Quindi grave più di qualunque altra è la responsabilità che pesa su tutti i
novelli parlamenti Italiani; chè mentre l’ardente gioventù abbandona gli
agi, le famiglie, la patria, ed offre in olocausto all’indipendenza del Paese
il suo sangue, egli è debito degli uomini assennati dell’età fredda e matura,
far sacrificio non solo di tutta la mente, e lo ingegno, ma di qualsiasi estraneo
affetto all’istessa santissima Causa. Imperocchè quando questa gioventù
coperta di allori e di gloria tornerà fra loro, e dimanderà qual prezzo ne pre-
paraste del sangue che abbiamo versato, che faceste voi per quella terra che
noi rendemmo libera e purgata da ogni contaminazione straniera, egli è ne-
cessario che anch’essi possano con eguale fierezza rispondere, anche noi fummo
UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO

105

Italiani, eccovi il prezzo del vostro sangue, le fondamenta incrollabili d'una
grandezza che non morrà.

Quali poi abbiano ad essere queste fondamenta, quali principii io creda
doversi seguire onde giungere a tanto fine, reputo giusto in brevissimi con-
cetti manifestarvi.

E prima di tutto pensando al passato parvemi scorgere chiaramente
che divisi non fummo mai grandi, o fu grandezza di pochi momenti seguita
spesso dalla tirannide, calpestata sempre e distrutta dallo straniero.

Ond'é che se non si farà senno una volta, se di tutte queste parti male
accozzate, ed inferme non si comporrà un Corpo solido, compatto, ed unisono,
se dall'ultimo Promontorio della Sicilia sino alla vetta delle Alpi non saranno
i desiderii, le volontà, le leggi al più possibile unificate, stolta speranza di-
verrebbe veder la nostra collocata a livello delle altre Nazioni Europee ;
stolto credere, che venisse pure quel giorno, in cui posti pur noi in faccia al
Francese e all'Inglese potessimo con fierezza dire, siamo Italiani. Non è a
dubitarsi se io ami ed abbia amato sempre qualsiasi piü libera istituzione ;
pur tuttavia d'uopo mi è confessare, doversi in si gran momento comprimere
i più ardenti slanci del cuore, ed ogni seducente entusiasmo sottomettere al-
l'alto concetto della piü perfetta unificazione, sola base su cui possa innal-
zarsi non perituro edificio di gloria.

Dopo di che scendendo piü particolarmente a considerare i bisogni, lo
stato, e le condizioni nostre presenti, voi sapete con me quale materia ardua
e vastissima sarebbe questa, quale abisso profondo, dove l'occhio umano si
smarrisce a guardare, e si ottenebra ! Ché per verità nonostante il buon volere,
e il gridare aperto, e i tentativi diversi, bisogna pur dirlo, veri ed efficaci, e
radicali miglioramenti fin qui non si ottennero. Se ne puó forse accusare il
succedersi rapidissimo delle istituzioni, ed istituenti ; ma ció ne rende appunto
solleciti a porvi un termine, e scegliere alfine e fissare si l'une che gli altri. Sul
che invero potrà bene sfoggiare la sapienza civile della Nazione, essendo quasi
per intero da rifarsi questo edificio, da un lato cadente in rovina, dall'altro
carico di addentellati senza ordine né armonia. Troppo lungo sarebbe enu-
merare i guasti, e formulare distinte opinioni sopra ciascheduna parte del
vecchio e del nuovo ; né io sono certamente da tanto. Ma ciascheduno sa, e
va dicendo, che é al fine tempo che i Municipii risorgano, che fra le Provincie
e la Capitale sia restituito un conveniente equilibrio, di modo che quelle
non restino soffocate sotto il peso di questa ; ognuno sa che voglionsi leggi a
determinare i giusti rapporti dei cittadini; voglionsi tribunali dove queste
leggi dominino sole e sovrane. Ognuno grida chela istruzione non si diffonde
per tutti i luoghi e le classi perché soggette a certe servilità perniciose ; che
al commercio e all'industria non sono tolti i ceppi del privilegio, e di alcuni
individuali gretti riguardi ; che alla preminenza del cittadino non sempre é
il merito base; che sulle prevaricazioni infine e sugli abusi di coloro cui è
dato amministrare le cose pubbliche si dorme e si tace, anziché troncarli,
106 ROBERTO RESTANI

estirparli con mano forte e severa. Le quali cose presteranno certamente
ampia materia a chi rappresenta i nazionali interessi, ed apriranno largo campo
di sviluppare i propri principii, e portare nuovo decoro e grandezza alla patria.

Su di che per altro io non mancherò aggiungere un’opinione, che parrà
forse soverchio ardita, non essere il momento che corre il più propizio a com-
pleto riordinamento, e trovarsi qualche cosa nell’attualità, a cui ogni altro pen-
siero deve cedere e sottoporsi. Imperocchè provvedere con savie leggi all’ordine
e alla prosperità interna sarà cura certamente e dovere di ciascuno che è chia-
mato a difendere gli universali diritti. Ma nulla sarà fatto affinchè queste
leggi siano rispettate e durevoli, se non avranno l’appoggio di una base in-
concussa, di una indipendenza, contro cui non valgano gli sforzi di coloro,
cui tanto duole la nostra grandezza. La guerra che con tanto ardore combat-
tiamo perchè questa indipendenza rimanga eterna, merita i primi riguardi,
gli sforzi incessanti, i sacrificii d’ogni genere della risorgente Nazione Ita-
liana. Tanto più essa li merita in questo fatale momento che noi vediamo un
Re abbominevole, dopo essersi seduto come Nerone a contemplare con gioia
lo spettacolo infame de’ suoi assassinii, alzarsi furibondo contro l’istesse Leggi,
l’istessa Nazionalità, che aveva giurato difendere. Egli è là dunque, sui campi
della Venezia e di Lombardia, che la questione di vita o di morte si agita,
e là coloro che veramente amano e tutelano Italia denno principalmente mi-
rare. Utili militari provvedimenti, direzione abile e spoglia d’ogni individuale
riguardo, saggia amministrazione innanzi tutto ; questo è che sovranamente
ora importa. Imperocchè per supplire all’ingentissimo peso di tanti svariati
bisogni d'uopo è di esatta e severa parsimonia nel resto, così che ogni altra
istituzione porti a questa sola il tributo ; d’uopo è principalmente sradicare
i lunghi vergognosi abusi, curare la fetida piaga che infetta da tanto tempo
nelle viscere più nascoste quei corpi stessi onde dovrebbe uscire la pubblica
prosperità ; d'uopo è infine d'uomini nuovi alle cose nuove, e che un abisso
profondo separi la vecchia età imputridita, da quella che fiorente e gagliarda
in tutto il vigore della giovinezza risorge.

Cari e onorevoli concittadini, egli è con tali sentimenti nel cuore che io
accetto, e vado animoso a compiere la mia missione. Non vi domando che
indulgenza, consiglio, ed amore. Dio, che protegge l’Italia, benedirà i nostri
sforzi, e coronerà i voti della Terra sua prediletta.

CAMPELLO Deputato
Bologna 1848, Tipi Camerali alla Volpe.

(Archivio di Stato di Spoleto, Archivi privati: Sansi)


UN LIBERALE MODERATO DEL RISORGIMENTO 107

BERE S AD OD. V, CENE €

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Atti Ufficiali del Regio Commissario Generale Straordinario per le Provincie
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Rassegna della produzione tipografica

a Perugia nel sec. XV

Il 26 aprile dell’anno 1471, nella casa di Braccio Malatesta
Baglioni, fu costituita la prima società per l’esercizio dell’arte ti-
pografica in Perugia.

L'avvenimento faceva sì che dopo sette anni da che i tedeschi
Pannartz e Sweynheym avevano iniziato a stampare a Subiaco,
primi in Italia, Perugia veniva ad annoverarsi nelle prime posizioni
lungo l’elenco delle città italiane che ebbero un’officina tipografica
nel sec. xvi

Il Rossi ?) pone Perugia, seguendo la tavola dello Hain, all'ot-
tavo posto insieme a Bologna, Ferrara, Firenze, Napoli e Treviso.
Il Fava conferma questa classificazione ?).

Mentre il Vermiglioli, il quale per primo intraprese una storia
della tipografia perugina, non era riuscito a collocare l’inizio di quella
anteriormente al 1475 *), Adamo Rossi riuscì attraverso ricerche
d’archivio, indirizzate all'esame dei contratti, a stabilire l'effettivo
punto di partenza dell'attività tipografica a Perugia nel 1471 *).

La situazione delle fonti per la storia delle origini della stampa
perugina non è molto florida, ma è pur sempre sufficiente a darci
un quadro del suo svolgimento, purché si unisca alla raccolta delle
notizie un censimento da compiere attraverso i cataloghi delle
prime edizioni perugine, che per quanto rare, una volta identificate,
e presentate insieme, possono darci un'idea complessiva del primo
periodo della stampa perugina, dall'anno 1471 al 1500.

E vero che tali fonti, edite quasi tutte, sono rimaste fuori cir-
colo e, come mostreremo piü avanti, tutti coloro che hanno posto
mano ai grandi cataloghi di incunaboli e di cinquecentine non ne
hanno tenuto conto, procedendo spesso su ipotesi fantasiose e co-
munque non confortate da nessuna ricerca dei fatti, del tipo di quelle
compiute ad esempio dal Rossi, che non poca luce avrebbero get-
tato sull'attribuzione di opere ai loro legittimi stampatori. Caso
110 RUGGERO ORFEI

tipico in questo senso è quello segnalato da p. Ugolino Nicolini nel
suo contributo al ricordato convegno di Città di Castello, a propo-
sito dello stampatore tedesco Giovanni di Giovanni da Augusta *),
ma si vedranno poi anche altri interessanti casi.

La prima fonte da cui non si può prescindere è l’opera di G. B.
VERMIGLIOLI, Principi della Stampa in Perugia ecc., già ricordata,
la quale raccoglie e riassume tutte le precedenti ricerche dell’illustre
erudito perugino, il quale ha tenuto presente anche la polemica
avuta con il Brandolese che lo aveva contrastato quando era stata
pubblicata la sua Lettera a Luigi Canali, edita dal Baduel nel
1806. Il Brandolese, stampatore padovano, aveva espresso le sue
idee contrarie al Vermiglioli nel suo La Tipografia perugina del sec.
XV, illustrata dal sig. Vermiglioli e presa in esame (Padova, Brando-
lese, 1807).

Il Vermiglioli in seguito contribuirà grandemente alla cono-
scenza della tipografia perugina con i suoi studi sulla famiglia dei
Cartolari, che appartiene prevalentemente, però, al secolo succes-
sivo.

L'altra fonte, più ampia, precisa e compiuta (sebbene inter-
rotta al primo quarto del sec. xvi) è la citata opera di Adamo Rossi,
che é stata e resta tuttora la base per ogni altra indagine su questa
materia e le sue conclusioni si ritrovano in storici come il Bonazzi *)
e come l’Ermini *) e in tutti coloro che si sono occupati della tipo-
grafia perugina in maniera specifica.

Altra fonte, ma piü limitata per quanto concerne il sec. xv
e per le sue intrinseche caratteristiche é costituita dalla prima parte
degli Annali della tipografia perugina di Antonio Brizi, tuttora ine-
diti e conservati presso la Biblioteca Comunale Augusta di Perugia.
Questi Annali vanno tenuti presenti per la identificazione delle sin-
gole opere e degli stampatori, appoggiata tuttavia sull'autorità con-
giunta sia del Vermiglioli che del Rossi *).

Uno sguardo panoramico sulla tipografia umbra fu offerto in
occasione della Mostra curata da Giovanni Cecchini, il quale si
occupò anche delle origini della stampa perugina nella presenta-
zione del catalogo che egli stesso preparò °).

Un'ampia notizia sul primo decennio della tipografia perugina
la dette H. O. Lange 1°), il quale, mossosi da un'indagine sul tipo-
grafo tedesco Arndes, aveva finito per approfondire un poco tutto
il tema. Nella sua esposizione, tuttavia, insieme ad innegabili pregi,
quali quelli di riferimenti precisi ad alcune opere stampate in quel
RASSEGNA DELLA PRODUZIONE TIPOGRAFICA A PERUGIA NEL SEC. xv (11

periodo, vi è un limite di informazione storica dovuta al fatto che
non riuscì a vedere direttamente l’opera del Rossi, ma si basò sul-
l'esposizione che di essa ne aveva fatto il Marzi (I tipografi tedeschi
in Italia durante il sec. XV in «Festschrift zum 500 jáhrigen Ge-
burststage von Joh. Gutemberg. hrsg. von O. Hartwig», Leipzig,
1900) il quale tuttavia non aveva portato alcun nuovo contributo
conoscitivo. In realtà il Lange credeva che il volume del Rossi
esistesse in un unico esemplare nella Biblioteca Comunale di Perugia
e per difficoltà pratiche rinunciò a cercarne una consultazione diretta.

Altre notizie, desunte però dalle fonti già ricordate, le troviamo
nell'esposizione succinta che il Fumagalli dà della tipografia peru-
gina nel suo « Lexicon » *). Nessuna sostanziale novità appare nep-
pure nella ricerca dell’Haebler, che riferisce quanto gli altri autori
hanno già detto 12).

Un altro genere di fonti è costituito dai vari repertori e cata-
loghi di libri a stampa dei secoli xv e xvi.

Dall'esame paziente di questi si può giungere a fare un censi-
mento, e quindi offrire un inventario dei libri e degli stampatori
per rilevare in questo modo, attraverso una valutazione delle va-
rianti, dalle descrizioni delle opere, dall'analisi dei caratteri, quali
siano le attribuzioni piü sicure e quelle che sono ancora oggetto di
contestazione e di dubbi.

Sulla base di questo materiale le officine tipografiche e le società
di stampatori, finanziatori e commercianti assumono una piü de-
terminata fisionomia che contribuisce in maniera decisiva all'inqua-
dramento dello sviluppo della stampa perugina.

La prima società fu costituita a Perugia da Braccio II Baglioni,
detto il magnifico, che in quel torno di tempo era praticamente il
signore della città. Questi aveva preso l'iniziativa di chiamare due
stampatori tedeschi per consentire di stampare le opere dei maestri
di diritto dell'Università !*) le cui sorti gli stavano molto a cuore,
sia per convinzioni personali, secondo lo spirito dei tempi, sia per
ragioni di prestigio. La vicina e rivale Foligno aveva già cominciato
a stampare, infatti, pur non avendo Università, per impulso di quel-
l'altro gran signore che fu Rufo di Emiliano degli Orfini. Il mecenate
perugino non si era limitato a chiamare i tipografi tedeschi, ma li
aveva anche ospitati in casa sua e aveva provveduto a finanziarli,
unendoli anche ad altri perugini. Il Rossi ha individuato nell'ar-
chivio notarile di Perugia l'atto costitutivo della prima società ti-
pografica che risultò costituita il 26 aprile del 1471, con decorrenza

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112 RUGGERO ORFEI

dal 1 maggio dello stesso anno e con scadenza al 31 agosto del 1472.
Ne facevano parte lo stesso Braccio Baglioni, i tipografi tedeschi
Pietro di Pietro da Colonia e Giovanni di Niccolò da Bamberga, il
dottore dello Studio perugino Matteo Baldeschi o degli Ubaldi, figlio
del grande Baldo, il commerciante Bacciolo Fumagioli e Costantino
di Andrea. Nell’atto costitutivo è indicata la partecipazione di cia-
scuno a quella impresa che si sciolse effettivamente, invece del 31
agosto, il 20 ottobre del 1472. Dall'atto di scioglimento risulta anche
quali furono almeno alcuni dei libri da essa stampati '*). Si tratta
purtroppo soltanto di quelli rimasti invenduti e che pertanto dove-
vano essere divisi tra gli ex-soci. Nell'atto sono citati solo un Baldus
e un Franchi, ma si puó aggiungere senz'altro il Bartholus che porta
in testa il « monito » già ricordato, come attesta lo Hain (n. 2569).

Pertanto con sicurezza si possono attribuire a questi primi stam-
patori le seguenti opere di cui non si ripete la descrizione, per la
quale si segnala ove si possa reperire :

1. — Unarnis (de) BArpus, Lectura super VI. Codicis.

H. 2295 lo attribuisce al Wydenast con data c. 1477; Vermi-
glioli p. 121-124; Rossi p. 8-9; Brizi a. 1471-72.

2. — BartHoLus de SaxorEnRRATO, Lectura super I. et II. parte
Digesti veleris. H. 2569 descrive l'opera, ma dichiara di aver
visto solo la 1 parte. « P. 11 (quam non vidi) — scrive l'Hain —
Praeced. notitia, ut supra». Questo significa che anche la rm
parte fu stampata da questa prima società data la notitia o
monitum ; Rossi p. 9; Brizi a. 1471-72; GW 3593; Pelle-
chet 1918.

Le due parti furono poste in circolazione separatamente, come
risulta anche dall'atto di spartizione finale. Tuttavia non si com-
prende come GW dia la prima parte sotto n. 3582 e la r1 sotto n. 3593.
Divisione che si ritrova anche in Madsen che registra solo la 11 parte
in corrispondenza con GW. L'IGI dà pure due numeri: la 1 sotto
1349 e la 11 sotto n. 1358. Quello che rimane inesplicabile è perchè
GW e lIGI accolgano tra gli stampatori anche il Wydenast che
comparirà più tardi e non sarà partecipe della società in questione.
In ogni modo GW, pur descrivendole separatamente, conferma la
presenza in ciascuna della notitia sul Baglioni. La Pellechet tiene
uniti i due tomi datando 1477, ma indicando nella descrizione la
notitia.

T > EDS ad = rupae een gare: NN de RAME 3
RASSEGNA DELLA PRODUZIONE TIPOGRAFICA A PERUGIA NEL SEC. XV 113

3. — FRANCHIS (de) PraiLippus, Lectura super titulo de appellatio-
nibus et nullitatibus sententiarum.
H. 7317 lo attribuisce col dubbio al Wydenast datandolo c.
1477 ; Vermiglioli p. 124-128 ; Rossi pp. 9-10 ; Brizi a. 1471-72;
Pellechet 4898. L'IGI ne segnala due esemplari: uno sotto
n. 4075 che concorda con questo qui ricordato ; poi ne segnala
un altro sotto n. 4076 attribuito inesplicabilmente al Wydenast,
dando a questo la data del 1471, mentre al primo aveva dato
il 1472, sull'autorità del Pennino 528, ignorando il Rossi.
Infine segnaliamo che il British Museum possiede due esem-

plari di

4. — NICOLETTUS, PAULUS VENETUS, (Espositio in Analytica Po-
steriora Aristotelis). Opera sconosciuta al Rossi che è in H.
12509, il quale stabilisce: « Florentiae, ut videtur»; è in BMC
p. 877 nn. 32706 e 32707 che l'attribuisce ai due stampatori
tedeschi, come pure l'IGI 7333. Il Proctor al n. 67387 l'attri-
buisce a De Stendal.

In base alle notizie dateci sempre dal Rossi :5), scioltasi la prima
società, Rinaldo di Francesco che era stato il procuratore del Ba-
glioni nella liquidazione della precedente compagnia, prese l’inizia-
tiva di dar vita ad una nuova impresa. Questa fu costituita il 28
ottobre del 1472 e duró un anno esatto, sciogliendosi il 28 ottobre
del 1473. Ne facevano parte oltre i due stampatori tedeschi Pietro
di Pietro di Colonia e Giovanni di Niccolò di Bamberga, ancora lo
stesso Baglioni, Matteo Baldeschi o degli Ubaldi e il promotore Ri-
naldo di Francesco. Di questa società il Rossi ci offre tre documen-
ti'*) da cui risultano le reciproche obbligazioni dei soci, le forniture
dei materiali e infine la spartizione dopo lo scioglimento della società.
Questo ultimo atto è il più importante perchè ci dà notizie circa i
libri stampati, la loro diffusione e il loro valore. Risultava così che la
società aveva stampato ottocentottantanove volumi, depositati oltre
che a Perugia a Pisa, a Bologna, a Ferrara, a Padova, a Firenze, a
Siena, a Roma e a Napoli. Nel documento si parla espressamente
di un ABATE SricuLo (Tudeschis Nicolaus), in sei volumi, due Bar-
THOLUS, De legatis primo, e altri due BAnTHOLUS, Si certum petatur,
così pure lo Speculum. iudiciale del DURANTE.

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REA ID a lA n iim

71
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114 RUGGERO ORFEI

Certamente questi titoli rappresentano una piccola parte dei
volumi stampati, e li ricordiamo in gruppo, isolandoli da altri di cui
il Rossi non parla e che potrebbero essere frutto dell’opera successiva
dei due stampatori tedeschi che nel novembre del 1473 si misero in
proprio a lavorare, affittando essi un locale appositamente, prose-
guendo fino al giugno 1476.

5. — TupescHIs (de) NicoLaus, (Abbas de Sicilia), Lectura super
quinque libros Decretalium. Lo H. non ricorda questa edizione,
che d’altra parte è confermata dall’Accurti, il quale ha indivi-
duato alla Nazionale di Roma il tomo del TupescHIs, Lectura
Super Tertio libro Decretalium, cui attribuisce la data 1473
(ante 28 octobris), riconoscendo valida l’identificazione fatta dal
Rossi. (Accurti 1 172).

6. — BartHoLus de SAxorEnRATO, Lectura super II. parte Infor-
tiati. Anche questa edizione non è ricordata dallo H. Si tratta
di quella ricordata dall'Atto pubblicato dal Rossi stesso, l'IGI
(1369) segnala l’opera attribuendola sull’autorità di GW (3629)
al solito Wydenast «e compagni », datandola 1474-1475. Essa
è posseduta soltanto dalla Casanatense di Roma. Potrebbe essere
pure quella indicata dalla Pellechet 1939, posseduta dalla
Bibliothèque Mazarine.

7. — BartHoLus de SAxorEnRATO, Lectura super II. parte Digesti
veteris.

Quest'opera è segnalata dal documento pubblicato dal Rossi
(doc. n. 7). Il Rossi dice che potrebbe essere quella segnalata da
H. 2568 che comprende anche la prima parte che sarà stata pure
stampata. L'Hain non dà indicazioni. Tuttavia GW 3609 attribuisce
il 2568 dell’H. allo stampatore Johann Siber, di Lione c. 1495. Oltre
il Rossi e il Brizi nessuno parla di questa edizione.

8. — DurantIs GuiLLELMUS (o0 DuRaNnDuUS), Speculum iudiciale.

Anche di questa non si parla nello H. Ma questi al n. 6504
parla di un'edizione senza indicazioni di luogo, di stampatore e di
data, in quattro tomi «cum additionibus Joannis Andreae et Baldi »
che potrebbe essere la nostra. Non risulta in GW ; Pellechet 4522 ?

Tutte queste edizioni sono ricordate dal Brizi che segue fedel-
mente il Rossi. Nessuna di queste quattro è ricordata dal Vermi-
glioli.
RASSEGNA DELLA PRODUZIONE TIPOGRAFICA A PERUGIA NEL SEC. XV 115

Al di fuori di questa serie di incunaboli stampati a Perugia,
attribuiti con più o meno sufficiente sicurezza a questa società, oc-
corre segnalare anche il seguente :

9. — MARIANUS SENENSIS, Repetitio super materia irregularitatis etc.

Quest'opera è segnalata soltanto dal Copinger rr 3882 con la
seguente nota: [Perusiae, 1477]. Il Copinger ha trovato questo Ma-
rianus nel Catalogo della Bibliothèque Mazarine, p. 104, n. 171. Il
Lange (p. 277) sulla base della descrizione fattagli del libro da Paul
Marais, bibliotecario della Mazarine, può stabilire che esso è stato
stampato a Perugia dalla seconda società di Pietro da Colonia e Gio-
vanni di Bamberga, negli anni 1472-1473. L’elemento decisivo
per l'identificazione sarebbe il carattere tipografico adottato, simile
a quello usato per l’edizione del Franchi.

Vi sono infine tre opere identificate attraverso l’esame dei cata-
loghi e dei repertori che non sono segnalate dal Rossi e che, data
la loro incertezza cronologica, pure essendo considerate generalmente
opere degli stampatori tedeschi Pietro da Colonia e Giovanni di Bam-
berga, non è possibile stabilire se esse furono compiute durante la
società con i perugini oppure quando i due tipografi già operavano
in proprio o con altri rimasti sconosciuti.

10. — Unarpnis (de) NicoLaus, De successionibus ab intestato.

Lo H. lo segnala al n. 15890 senza attribuzioni. Il Madsen lo
data «dopo il 16 maggio 1472» (4043) ; il Goff lo data al 1473
(U 43).

11. — Unarpis (de) PETRUS, Super canonica episcopali et parochiali.

H. 15904 senza attribuzioni; Proctor n. 7368; Goff (U 48),
con data c. 1473.

12. — Unarpis (de) PeTtRUS, De duobus fratribus et aliis quibusdam
sociis.

Non è segnalato da H. ; Goff (U 49) con data c. 1473 ; Copinger
5901 ; Reichling 11 771; Madsen 4045 con data c. 1474; il Proctor
lo dà al n. 7368 B adespota ; il BMC lo dà a p. 877 (vi) n. 32704
con data dubbia 1475.

Queste stampe fanno comunque corpo con le seguenti opere,
che pure abbiamo individuato, che si possono ritenere dei due stam-
patori tedeschi.

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116 RUGGERO ORFEI

13. — ALEXANDER (de) Vira DEI (H.: ALEXANDER GALLUS),
Doctrinale.
Il Goff (A 421) dice «non dopo il 1476 » ; H. lo dà al n. 663
che suppone : «c. 1471 in Italia»; Copinger 247 ; GW 950 come di
consueto l'attribuisce al Wydenast « und Genossen um 1476 ».

14. — BanrHoLoMAEUS (de) SaLiceTo, Lectura super IX. Codicis.

Perusiae, 14795.

H. 14139; dalla descrizione risulta città e data 1475; Rossi
p. 13-14; Vermiglioli p. 135-137 ; Lange, p. 276.

15. — CaronpiLISTA, GaBRIELE, Itinerario di Terra Santa e del

Monte Sinai.

H. 4382 : dalla descrizione è indicata la città, la data è sicura-
mente compresa tra il 1473 e il 1475 perché in quegli anni il Capodili-
sta, padovano, fu podestà di Perugia. L'IGI, seguendo il GW 6024,
al n. 2437 attribuisce l'opera al Wydenast in società con i soprad-
detti stampatori tedeschi. Lo ricorda anche il Vermiglioli con estrema
incertezza a pp. 128-131. Il Rossi lo dà alle pp. 15-16 con molte
notizie. Il Lange ne parla a p. 278. Accurti (1r) 6024, lo dà al Wy-
denast e soci.

16. — CEPorLA BARTHOLOMAEUS, Cautelae juris.

H. 4861 ; GW 6474 ; Madsen 1101; IGI 1685 che danno Wyde-
nast come stampatore in società con i due tedeschi sopraddetti,
con la data 1473-1474, che è sicuramente troppo alta per mettere
in attività il bidello dell'Università di Perugia, ancora assente da
tutti gli atti individuati dal Rossi.

17. — CEPOLLA BaARTHOLOMAEUS, De servitutibus urbanorum et

rusticorum praediorum.

E ignota al Rossi.

Il BMC attribuisce giustamente l'opera ai due tedeschi Pietro
e Giovanni, datandola in dubbio nel 1475. Nel BMC è al n. 32702
a p. 876 (VI). Il Proctor lo segnala come adespota (7367); Goff
(C 388) non dà stampatore ma lo data c. 1473-74; GW 6494 ne
attribuisce a Wydenast e soci la stampa ; IGI come GW lo data
1473-74, ma lo attribuisce senza far torto ad alcuno al Wydenast e
agli altri due tedeschi già noti, come pure Accurti (11) 6494.

18. — Dominicus (de) SAncro GEMINIANO, Super secunda parte
sexti libri Decretalium. RASSEGNA DELLA PRODUZIONE TIPOGRAFICA A PERUGIA NEL SEC. XV 117

Quest'opera è segnalata soltanto da GW 8645 e dall'IGI 3545.

Il primo l'attribuisce al Wydenast e soci, con la data del 1476 ;
l'IGI l'attribuisce al Wydenast e ai due tedeschi già noti. Ignota al
Rossi.

19. — FrancHIS (de) PHÒirippus, Lectura super titulo de appellatio-
nibus et nullitatibus sententiarum.

Quest'opera é sconosciuta allo H. La troviamo in Madsen 1622,
datata c. 1474 e attribuita ai due tedeschi Pietro di Pietro da Co-
lonia e Giovanni di Niccolò da Bamberga ; Reichling 11 524 ; Il Collijn
1222 la data c. 1475 e l'attribuisce al Wydenast. Il Rossi dedica
molto spazio a questa edizione in quanto in un documento egli ha
trovato che il 20 marzo 1476 è stata costituita una società, durata
pochissimo, fino al 25 maggio dello stesso anno, tra Pietro di Pietro
(da Colonia), Giovanni di Ermanno (talora di Corrado) pure tedesco
e Rinaldo di Francesco che al solito divenne impresario. Questa
società molto probabilmente si inseriva nelle attività dei due stam-
patori tedeschi che per primi lavorarono in Perugia, nè è da esclu-
dere che Giovanni di Ermanno sia lo stesso Giovanni di Niccoló
(data l'incertezza che talora lo fa essere anche di Corrado), tenendo
presente anche il precedente legame di questi con Rinaldo. È certo
che essi nel breve tempo che stettero uniti stamparono un'opera sulle
appellazioni, e giustamente il Rossi pensa che sia quella del Franchi,
che già Pietro aveva stampata nel 1472 : seconda edizione che esiste
come attestano i riferimenti sopra ricordati (Rossi pp. 26-28).

20. — Ovipius Naso, PuBLius, Liber de vetula.

H. 12253 senza attribuzioni ; il Proctor lo dà come adespota,
7366. Il BMC, p. 877, (VI) n. 32708 l'attribuisce ai due tedeschi e
lo data col dubbio nel 1475 ; esso spiega anche: «questo trattato,
qui posto sotto Ovidius per convenienza, è con molta probabilità
da attribuirsi a Ricardus de Furnivalle, che visse intorno all'anno
1250 ».

21. — SurpirTius, JOHANNES VERULANUS, Grammatica. Perusiae,
1475.

H. segnala l'opera sotto n. 15146 stampata « Perusiae, 1475 ».
La ricorda il Vermiglioli a pp. 131-134 e la descrizione gli fu data
dall'Airenti, bibliotecario alla Casanatense. Il Rossi persuasivamente
puó attribuirla ai due stampatori tedeschi datandola al 1475. In
effetti questa e l'opera seguente difficilmente possono essere state

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118 RUGGERO ORFEI

stampate in altra data poichè l’autore fu professore a Perugia in
quegli anni; vedi Lange p. 279.

22. — SurpiTius, JOHANNES VERULANUS, Prosodia.

Non compare in H. In questo come altri casi il Rossi stabilisce
dal carattere la tipografia, senza dare alcun altro elemento. La data
non può essere che quella corrente dal 1473 al 1476. Il solo esemplare
noto è alla Biblioteca Comunale Augusta di Perugia. Il Vermiglioli
l'aveva descritta alle pp. 174-178, senza fissare tipografo e data.
Accurti (11) n. 68, lo attribuisce a Giovanni di Giovanni da Augusta.

23. — Unarnis (de) Barpus, Circa materiam statutorum. Con le
« Contrarietates Bartholi ».

Questa edizione é descritta dallo H. 2331 e dal BMC p. 876
(vi) 32700. È sul BMC che vengono rilevate alcune differenze, che
fanno dubitare al suo compilatore di trovarsi di fronte ad una stampa
imperfetta oppure diversa da quella di H. 2331. D'altronde H. (« F.
1 b notitia typogr. ») fa riferimento al « monito » proprio delle prime
stampe dei due tipografi tedeschi, il che la farebbe essere del 1471-72.
Il BMSTC dà tuttavia una data dubitativa al 1475. Potrebbe trattarsi
anche di una seconda edizione ? Le differenze di descrizione fareb-
bero pensare di si. Il Goff (U 33) la segnala attribuendola ai due
stampatori e datandola 1471-76. È interessante forse segnalare
come due biblioteche americane riferite dal Goff datino l'opera una
al 1472 e un'altra al 1475.

Nel 1475, il 7 dicembre, entra nella scena un altro tipografo
venuto anche egli dalla Germania a Perugia, è Giovanni di Giovanni
da Augusta. Egli si uni dapprima con Pietro di Venanzio, un taver-
niere pure tedesco con il quale aveva messo in opera una tipografia
e stampato libri. Ma il 7 dicembre del 1475 fa un contratto con Fi-
lippo figlio di Benedetto di Benedetti, per la stampa dei Consilia
di suo padre. Stranamente il Rossi, pur riferendo questo atto, pone
tra le opere dei due primi tedeschi stampatori a Perugia anche questa
opera '?). Giovanni di Giovanni da Augusta si unì prima con Pietro
di Venanzio, poi con Stefano Aquila o Arndes '*) e infine con Pietro
di Giovanni detto Veli, perché commerciante in tessuti. RASSEGNA DELLA PRODUZIONE TIPOGRAFICA A PERUGIA NEL SEC. XV 119

In pratica il Rossi non riesce ad attribuire a questo stampatore
alcuna opera, mentre invece si possono sicuramente attribuirgli
tre opere e un Breviario, che però a detta del Rossi era irreperibile
ai suoi tempi e lo è tuttora come conferma il Nicolini.

24. — BeNnEpictIs (de) BeneEpIcTUSs, Consilia super ultimas vo-
luntates.

Abbiamo già detto dell’attribuzione che ne ha fatto il Rossi,
che lo descrive a pp. 16-17 e ci offre così la data precisa 26 giugno
1476. H. lo ignora. Lo aveva già visto e descritto il Vermiglioli
a pp. 140-142. Si trova in GW 3815 che domina la conseguente e
ormai ovvia attribuzione al Wydenast che ne fa l'IGI 1452 sulla
scia del Vermiglioli pp. 140-142. È strano che mentre il Rossi avverte
che il volume è posseduto dalla Comunale di Perugia col. n. 14127
l'IGI segnali solo il Museo del Duomo di Perugia. L’attribuzione
giusta e precisa ce la dà implicitamente il Rossi ed esplicitamente il
Nicolini. Il Lange ne parla a p. 281.

25. — ConNEUS, PeTRUS PHILIPPUS, Repetitio legis Si pascenda
pecora C. de pactis.

Quest'opera la troviamo segnalata solo in GW 7568 attribuita
al Wydenast e soci c. 1476, e nell IGI ove immancabilmente è attri-
buita al Wydenast in società con Pietro di Pietro e Giovanni di Nic-
coló in data c. 1476. L'Accurti (1) la dà al n. 45 e l'attribuisce a Gio-
vanni di Giovanni da Augusta. Sebbene il punto di partenza sia
l'esemplare di Lucca sia per l'IGI che per l'Accurti, e non vi siano
prove decisive per escludere il Wydenast, a noi sembra comunque
che l'attività di questi sia diversamente definibile, anche se è pro-
babile che egli, data la sua funzione all’Università, si interessasse
alla produzione tipografica anche altrui.

26. — PauLus VenETUS, Summa Philosophiae.

H. la ricorda al n. 12523 tra quelle non viste direttamente da
lui. Il Reichling (111 134) lo descrive senza poter indicare nè luogo
nè tipografo. Ora con la pubblicazione del contratto di stampa per
opera di p. Nicolini non v'é dubbio che la Summa debba essere asse-
gnata alla società tra Giovanni di Giovanni da Augusta e Pietro
Veli, stampata il 25 gennaio 1477. Cade cosi anche l'attribuzione
che il Madsen ha fatto (3064) a Federico Eber.

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120 RUGGERO ORFEI

*
* *

La comparsa del Wydenast come tipografo avviene all’inizio
del 1476, quando prese parte ad una società costituita dal sassone
Enrico Clayn o Klein, con Jacopo Langenbeke e infine anche con
Rinaldo di Francesco; la presenza di questo ultimo significa che
anche Braccio Baglioni non era estraneo all’iniziativa.

Il Clayn, di Ulma, doveva essere un tecnico già noto ai tedeschi
presenti a Perugia, per questo fu da costoro chiamato. I suoi con-
nazionali che lo chiamavano non erano dei tipografi, ma dei per-
sonaggi che si muovevano negli ambienti culturali della città :
erano Jacopo Langenbeke che era alla Sapienza Vecchia, un col-
legio fondato a Perugia nel 1362 dal card. Nicola Capocci per 40
allievi poveri, che avessero voluto studiare teologia, diritto canonico
e civile, dei quali 28 italiani e 12 stranieri. L'altro era Giovanni
Wydenast, bidello dell’Università di Perugia. La parola bidello non
deve impressionare, in quanto il ruolo di un bidello di un’ Univer-
sità di quel tempo non è comparabile con quello dei nostri giorni.

Lo Statuto dell’Università del 1456 precisava quali fossero la
qualifica, i requisiti, i compiti e le funzioni di un bidello. Egli se-
condo lo Statuto «teneatur fide iubere ydoneis fide iussonibus de
cc. ducatis auri quod bene et legaliter se geret et officium exercebit
et servabit res universitatis et hoc quod sepe voccabundi ad dictum
officium assumpti universitatem ipsam spoliant». Era suo compito
bandire per le scuole « que de legentibus disputantibus libris vena-
libus et aliis iuxta morem fuerint nunpcianda, puncta per universi-

tatem taxata legere, adesse rectori et ad eum venire quociens per

eum fuerit vocatus, interesse processionibus et hiis que fiunt pro
examinationibus publicis et privatis vel per rectorem ascendendum
palatium denunpciare rectori eos quos sciverit famulos circa scolas
comodare taxillos ». Era qualcosa come un economo, un segretario,
un custode. Il Wydenast non a caso fu definito talora minister 1°).

L'atto di costituzione della società porta la data del 23 feb-
braio e stabilisce le reciproche obbligazioni e da esso risulta che il

Clayn era un vero fabbricante di caratteri, mentre lo stampatore.

appare essere il Wydenast che sembra un po' il direttore dell'azienda.

Giovanni Wydenast quale bidello dell'Università di Perugia
aveva nello Studio compiti ben precisi e stabiliti dallo Statuto uni-
versitario e sapeva quanto il mercato librario poteva domandare.

Per questo la società mise mano subito alla stampa del Digesto
RASSEGNA DELLA PRODUZIONE TIPOGRAFICA A PERUGIA NEL SEC. XV 121

vecchio che non era stato mai stampato in precedenza da alcuno.

Nell’officina del Wydenast troviamo altri tedeschi a lavorare.

che conviene ricordare: Crafto e Giovanni Ambach di Magonza,
Paolo di Pietro e Giorgio di Federico, lo scrittore tedesco Giovanni
di Pietro, soprannominato Papa, che rivedeva i testi da stampare
(revisore e non correttore) e Stefano di Magonza, compositore.

Questi nomi si desumono da un processo intentato proprio.
da Stefano ai suoi padroni, per non essere stato adeguatamente
compensato. Questo stesso Stefano farà poi ancora causa al Dolea-
tore per essere pagato da un'altra società in cui c'entrava pure il
Wydenast ®). Questo stesso Stefano risulta aver fatto il tipografo
anche a Foligno insieme al Crafto ed era stato anche a Roma.
È molto probabile che questo Stefano sia quello chiamato Aquila
che era stato lavorante di Giovanni di Giovanni e che va identi-
ficato infine con l'Arndes, nome modificato tedesco, del latinizzato
Aquila, come sostiene il Lange.

Il Rossi dà notizie sufficienti sull’attività del Wydenast seb-

bene, dando un po’ troppa libertà alla sua immaginazione, finisca
per trovare opere che non sono esistite. Le notizie che egli ci dà sono
state opportunatamente integrate da quelle che il Ricciarelli ci
ha dato al ricordato convegno di Città di Castello *), che offrendo
le conclusioni di alcune ricerche di archivio, ha permesso di preci-
sare meglio la posizione dell’Eber e dello stesso Wydenast nelle
vicende della tipografia perugina. Anche l’Eber venne a Perugia
nel 1479 e fece società con Giovan Battista di Pietro, ma poi a causa
forse della peste morì o fuggì da Perugia, lasciando incompiute
alcune opere che vennero riprese proprio dal Wydenast.

Le notizie che riguardano Federico Eber, le apprendiamo da
un contratto, con cui si rilevava la sua attività *). Cosi sappiamo

che il 13 marzo 1479 venne costituita una società tra l'Eber e il:

perugino Giovanbattista di Pietro per stampare libri di diritto. Ma
essendo venuto meno l'Eber anzitempo, il lavoro iniziato rimase
incompiuto. Dopo qualche anno tale Sigismondo di Lodovico, pure

tedesco, e il già noto Pietro di Pietro di Colonia rimasti eredi del-.

l’Eber, l'11 marzo 1482, d'accordo con Giovanbattista di Pietro
decisero di completare le opere incompiute dandone l'incarico a Gio-
vanni d'Arrigo, che essendo qualificato bidello dello Studio, altri
non puó essere che il Wydenast.

Fu cosi che furono terminate le stampe delle opere di Petrus de

Ubaldis e del de Bartliolinis.

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RUGGERO ORFEI

Il Wydenast frattanto, cessata la prima società, ne aveva co-

stituita un’altra con Jacopo Doleatore, rettore della Sapienza Vec-

chia, anch’egli tedesco, e con il signor Niccolò non meglio identi-
ficato.

Il Rossi credette di poter attribuire a questa società un’opera
del Gambalioni, Tractatus de Testamentis, mentre trattavasi del-
l’opera di Petrus de Ubaldis, Repetitio super capitulo Rainutius de
Testamentis.

Conviene vedere le opere stampate singolarmente.

In primo luogo abbiamo :

27. — JusTINIANUS, Digestum vetus cum glossa. Perusiae, H. Clayn,

1476.

Lo H. lo dà al 9545. Il Vermiglioli anche l’aveva descritta
pp. 137-140. Il Rossi ne parla a p. 24 e a p. 25. Lo ritroviamo anche
in GW 7656 e nell’IGI 5462 ove finalmente ci pare che l’attribuzione
al Wydenast sia incontestabile anche se in società. Data, città e
stampatore, Enrico Clayn, compaiono nel colophon, ma da una
premessa all’edizione sappiamo anche che parteciparono alla stampa
Giovanni Wydenast e Jacopo Langenbeke; Rinaldo di Francesco
possiamo presumere che partecipasse in quanto socio. Si tratta
della prima edizione del Digesto Vecchio. Il Lange ne tratta alle
pp. 282-284.

28. — DowarUs (seu prima latinae grammatices rudimenta).

segnalata solo da Accurti (11) n. 23. Attribuita al Clayn c. 1476.

29. — ConNEUS, PETRUS PHÒÙirippus, Lectura in sextum codicis.
Perusiae, Johannes Wydenast 14 giugno 1477.

H. 5471. C'é nel Brizi e nel Vermiglioli pp. 143-145 ; GW 7565
e IGI 3151. Il Rossi lo descrive pp. 25-26.

La data è espressa: 1477, 14 giugno; compare il nome dello
stampatore, questa volta davvero Giovanni Wydenast. Lange p. 283.

30. — ArBERTUS Magnus, Secreta mulierum et virorum cum espo-
sitione Henrici de Saxonia.

Non é ricordato né da H. né dal Rossi. E in GW 762 e in
IGI 225.

E attribuito al Wydenast con data c. 1477. In BMC p. 878 (v1)
32720 viene dato sotto HeNRIcUS de SAxoNIA, formalmente più

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RASSEGNA DELLA PRODUZIONE TIPOGRAFICA A PERUGIA NEL SEC. XV 123

esatto in quanto si ha incipit : Espositio super Henricum de Saxonia
de secrelis. . . etc.

Ma spiega BMC che è giusto sotto Albertus Magnus. Il BMSTC
lo data al 1481 col dubbio.

31. — PauLus de MippELBURGO, Judicium pronosticum anni 1482.

Quest'opera é nel Proctor come adespota (7411). In BMC p: 878
(vi) 32750 è attribuita al Wydenast in data dubitativa 1481.

32. — TussicNANo (de) PeTRUS, Ordinationes receptarum secundum
ordinem noni Almansoris.

Quest'opera é data solo dal Madsen, 4033, attribuita al Wyde-
nast, datata c. 1477; IGI 7673 l'attribuisce al Berot (a. 1482) col
dubbio.

Vi sono infine le due opere iniziate dall'Eber e compiute dal
Wydenast dopo la scomparsa, rimasta un po' misteriosa, del primo.

33. — Unarnis (de) PETRus, Repetitio super capitulo Rainutius de
Testamentis.

Il Rossi (p. 34) l’attribuì al Gambalioni ritenendola semplice-
mente un Tractatus de testamentis e ne attribuì la stampa alla società
tra il Wydenast, il Doleatore e il sig. Niccolò, datando 1480-81,
il che è esatto per la conclusione dell’opera. Il Brizi ripete la notizia,
lasciando anonima l’opera come pure fa il Proctor 7410. È in
Cop. 5902. BMC la dà al solo Doleatore a p. 879 (vi) 32725, come
pure il Madsen 4044. Ci precisa il Ricciarelli invece che Federico
Eber cominciò la stampa nel 1477 e la terminò il Wydenast nel 1481.

94. — BARTHOLINIS (de) BaLpus NoveLLUS 0 SEcUNDUS, De doti-

bus et de dotatis mulieribus.

H. 2467 lo descrive senza attribuzioni ; GW 3467 e IGI 1273
attribuiscono la stampa al Wydenast in data c. 1479. Il Rossi pp. 29-
30, seguito dal Brizi e confermato poi dal Ricciarelli, dà la data esatta
dell’inizio da parte dell’Eber 1479 e compimento da parte del Wyde-
nast nel 1482.

39. — ANDREAE, JOHANNES, Super arboribus consanguinitatis et

affinitatis. 1
GW lo descrive al n. 1679 e non ne indica alcun stampatore,
riferendosi semplicemente ad un « Drucker von Johannes Andreae »,

datando col dubbio c. 1475. Accurti (11) n. 1679 dice « Absque du-

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124 RUGGERO ORFEI

bio Perusiae et circa a. 1482 ». Stando ad una nota del BMC, p. 878
(vi), si potrebbe supporre che lo stampatore fosse il Wydenast.

*
* *

Il Rossi ci informa che nel 1480 fu a Perugia un maestro impres-
sore che tacque del luogo dove lavorava e del suo nome non disse
nulla tranne talvolta le iniziali H. M. **). Sotto il suo nome o quello
dello « Stampatore del Robertus Anglicus » è riunito un certo nu-
mero di opere sulle quali la concordanza delle attribuzioni non è
completa.

36. — Mararacius Franciscus (Francesco Maturanzio), Oratio
in funere Grifonis Balionii.

La segnala lo H. 10896, datandola « verisim. Perusiae ante
1482 ». I1 Rossi tenendo presente che Grifone Baglioni, figlio di Brac-
cio, fu assassinato il 1 maggio 1477, pensa che sia improbabile che
per la pubblicazione di un'orazione funebre per un membro di quella
potente famiglia si siano attesi degli anni. Pertanto il Rossi dice che
egli preferirebbe datare all'anno 1477. Ha certamente ragione, ma
non si capisce perchè prima aveva fatto iniziare l'attività tipografica
di H. M. nel 1480. Il Vermiglioli l'aveva già datata, sia pure con
dubbio nel 1477, attribuendola ad H. M. pp. 145-147. Il Brizi la
fissa al 1480. Il BMC (vr) p. 879 n. 32710 lo data « dopo 1° maggio
1477 e lo attribuisce allo «stampatore del Robertus Anglicus »,
mentre il BMSTC lo attribuisce ad H. M. Il Dunn non lo data, ma
lo attribuisce ad H. M. Il Madsen lo riferisce allo stampatore del
Robertus Anglicus. Il Reichling lo dà al n. 104 (111); IGI 6274.

Questa Orazione funebre & un po' la base di certezza che H. M.
era stampatore a Perugia. Infatti non è pensabile che un'orazione
di Francesco Maturanzio, umanista perugino, scritta e pronunciata
per la morte avvenuta in Perugia del figlio di Braccio Baglioni, pro-
tettore della stampa perugina, fosse impresso altrove. Vedere il Lange
a p. 290.

37. — RosEnRTUS ANGLICUS, Canones de astrolabio delecli ex oper.
Roberti Anglici.

Il Rossi (p. 32) lo pone in realtà sotto LANCIARINUS ULYXES.
che fu l'editore dell'opera, e fu lui a dedicarla al dottore Onofrio
da Foligno; si puó ritener valida l'osservazione del Rossi: « sicura-
RASSEGNA DELLA PRODUZIONE TIPOGRAFICA A PERUGIA NEL SEC. XV 125

mente il libretto fu stampato, vivo l’egregio Folignate cui esso è
intitolato, il che vuol dire innanzi l'anno 1480 ». Questo ci pare un
buon indizio per una datazione che ha almeno un termine : lo stam-
patore è per lo stesso Rossi ancora H. M. Il Brizi segue il Rossi.
Il Proctor 7183 lo dà adesposta a Vicenza. Successivamente nel suo
Supplement, p. 13 lo dà all’Eber, sulla base dell’esame dei caratteri.
(Vedere argomento contro del Lange, p. 293). Il BMC (vi) p. 879
n. 32717 non dà data nè il supposto stampatore ; il BMSTC lo dà
come di H. M. col dubbio e lo data al 1477. Il Goff (R 203) non dà
stampatore e lo data 1477. Il Reichling al 5134 è in dubbio tra Wy-
denast e Clayn. L'IGI 928 e (rettificato) 8386. La Santoro (147) lo
attribuisce al Clayn col dubbio e lo data circa 1476. Nel Pennino
(1129) lo troviamo ancora del Wydenast col dubbio e datato pure
col dubbio al 1480.

38. — VERMIGLIOLIS (de) PETRus, Tractatus de pulsibus.

Anche questo é sconosciuto allo H. Per primo fu descritto dal
Vermiglioli che notó come questa edizione perugina fosse la prima
con data che porta le segnature (pp. 148-149). È in effetti datata
1480, 5 febbraio, e vi è la sigla « H. M. impressit ». Il Rossi la de-
scrive a p. 32. Il Brizi ripete il Rossi. Madsen 4125; Dunn 1004 ;
Reichling 1418.

39. — FLIscus SmEPHANUS, Senlentiarum variationes, seu Syno-
nima.

Niente in H. e in Rossi. Il BMSTC lo attribuisce ad H. M. col
dubbio e lo data pure in dubbio al 1477. Nel BMC p. 878 (v1) n. 32715
non e datato e viene attribuito allo stampatore del Robertus Angli-
cus che ormai sappiamo essere la stessa persona di H. M. Il Proctor
lo dà adespota 7182 a Vicenza. Come nel caso del Robertus An-
glicus nel suo Supplement 1902, p. 13 lo dà all'Eber. Il Goff (F 200)
lo dà allo Stampatore del Robertus Anglicus con data 1477. L'IGI
3982 lo dà con un titolo leggermente diverso « Varietates », e anch'esso
l’attribuisce allo Stampatore del R. A.

40. — LANrRANCUS de OnraNo, Repetitio capituli « Quoniam contra
falsam ». De probationibus.

Vi è in H. 9885 ma «Senis ». In IGI 5674 è sotto Stampatore
del; A. un data c, 147/.

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RUGGERO ORFEI

Su Stefano Arndes, altro stampatore tedesco in Perugia non
si sa quasi nulla negli anni 1479-81, quelli cioè in cui a Perugia stampò
da solo, mentre in precedenza sembra essere stato col Wydenast.
Tuttavia la persona è studiata dal Lange, pp. 293-301, che si è sof-
fermato particolarmente su di lui, dandoci importanti ragguagli.
Il Lange lo identifica fondatamente con Stefano Aquila o di Ma-
gonza che già aveva lavorato col Wydenast.

È più esplicito nel firmare le sue stampe. Si sa che è di Amburgo,
qualificandosi egli stesso amburghese nelle sue edizioni. Talora se-
gnala i suoi soci. Poi in Germania e precisamente a Lubecca ritro-
viamo fino al 1492 uno stampatore di quel nome.

Il Rossi non è riuscito a trovare notizie d’archivio.

41. — CONSTITUTIONES MARCHIAE ANCONITANAE. .. LIBER CONSTI-
TUTIONUM SANCTE MatRIS EccrEsrE. Perusiae, Stephanus
Arndes, 21 novembre 1481.

E tutto chiaro in questa opera, stampata a Perugia il 21 no-
vembre 1481 da Stefano Arndes, Gerardo di Tommaso di Buren
e Paolo Mechter.

H. 5653; GW 810; IGI 260; Madsen 107; Reichling mr 158
che lo danno anche sotto ArBoRNOoz AEGIDIUS ; Goff (C 866); BMC
p. 880 (vr) n. 32738; Vermiglioli pp. 156-159; Rossi pp. 36-37 e
poi il Brizi *).

42. — Darus, AugcUusTINUS, Elegantiolae. Perusiae.

Niente in H. Rossi p. 37 lo pone all'anno 1481, sulla quale c’è
generale concordanza: solo il Dunn non lo data e lo attribuisce
ad H. M. (1005). IGI 3353 ; GW 8068 ; BMC (vi) p. 881 n. 32732;
Goff (D 70) ; Madsen 1351; Reichling 1 135 ; Proctor 7234 ; Vermi-
glioli pp. 167-168; e infine il Brizi.

43. — CLAUDIANUS, CLAUDIUS, De raptu Proserpinae. Perusiae.

H. 5375 dà solo « Perusiae »; Rossi p. 37 ; Vermiglioli pp. 165-
167; Brizi; BMC pp. 880/881 (vr) n. 32734 ; Proctor 7234 (lo dà
senza data); e GW 7067; IGI 3009 Arndes c. 1481.

44. — Franciscus (S.) AssisrENsIiS, Fioretti. Perusiae, Arns de
Hamborch 2 luglio 1481.
RASSEGNA DELLA PRODUZIONE TIPOGRAFICA A PERUGIA NEL SEC. XV 127

H. 7326; Rossi p. 36; Vermiglioli p. 153-156; Brizi; Pell.
4811 ; IGI 4058.

45. — FnEzzi, FEDERICO, Quatriregio del decursu della vita humana.

Perusia, Arns 1481.

Esso porta città, stampatore e anno.

H. 7362; Rossi p. 35; Vermiglioli pp. 159-163 ; Brizi; BMC
p. 880 (vi) n. 32739 ; Goff (F 311) ; IGI 4098 ; Pellechet 4927 ; San-
toro 148.

46. — GuarINUS VERONENSIS, Regulae grammaticales ; Carmina
differentialia ; De diphtongis.

È segnalata e descritta dall'IGI 4538: vi si trova « Perugia,
apud Sanctam Mariam de Mercato 1481 ». È segnalato un solo esem-
plare posseduto dalla Nazionale di Roma. BMC a p. 880 (vi) ne se-
gnala una copia citando da « Antiquariat Weiss and Co. Catalogus
primus (1926), n. 181», con sicura attribuzione allo Arndes.

47. — MataARATIUS . FRrAncIscus (Francesco Maturanzio), De com-
ponendis versibus hexametro et pentametro. Perusie, Stephani
Arnes 16 giugno 1481.

Anche in questo caso tutto è preciso : città, stampatore e data.

H. 10890 ; Rossi p. 35; Vermiglioli pp. 149-153 ; Brizi ; Proctor

7232; Madsen 2694; Goff (M 348); IGI 6269.

Il Fava parla nel suo Manuale di un Libro della Ventura di
Lorenzo Spirito tra quelli stampati dall'Arndes e l'Haebler pure
ne parla «eine Ausgabe des Losbuchs, Sorte des Lorenzo Spirito »,
ma ambedue non citano la fonte delle loro informazioni in propo-
sito. Il secondo dà anche alcuni particolari, senza fornirne una
vera descrizione **).

L’opera è la seguente :

48. — SpPirITo Lorenzo (Gualtieri L. detto S.), Delle sorti. Perusiae,
Steph. Arendes de Hambroch et Paulus Mechter et Gerardus
Thome de Alamia socii, 1482, impresserunt.

È nel Brunet dove abbiamo trovato, dopo l’indicazione del-
l’opera dello Spirito stampata a Vicenza da Leonardo di Basilea,
la seguente nota : « Nous trouvons à la page 20 d’un catalogue des
livres doubles der Stadt-Bibliothek zu Ulm, qui ont été vendus
dans cette ville le 28 sept. 1842, le titre d’une édition des Sorti de

Lor. Spirito, sous l’indication d’Augusta Perusia, Steph. Arendes.

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128 RUGGERO ORFEI

de Hambroch, et Paul Mechter et par Gherardo Thome de Alamia

compagni, 1482, in fol. fig. sur bois. Elle doit étre rare, car nous

ne la connaisons que par cette annonce à la quelle on a adopté le
n. 21618 d'Ebert, quoique ce bibliographe ne l’ait pas indiquée » *).

Ma una notizia ampia e sicura dell'opera dello Spirito l'abbiamo
trovata nel volume di Tammaro De Marinis laddove tratta delle
illustrazioni. Da lui apprendiamo come il volume delle Sorti, stam-
pato a Perugia, fosse sfuggito a Vittorio Rossi « come era sfuggito
ai Bibliografi ». Dell'edizione dell'Arndes a Perugia «se ne conosce

l’unico esemplare della Biblioteca di Ulm ed esso è singolarmente

prezioso anche per essere il solo a rappresentare l’arte xilografica
umbra nel secolo decimoquinto. La prima notizia riferisce Brunet
(v, 494), che la trovò à page 20 d’un catalogue des livres doubles
der Stadt Bibliothek zu Ulm;...: in verità è difficilmente credi
bile che di un incunabolo rimasto per ogni verso totalmente scono-
sciuto la biblioteca di Ulm abbia posseduto due esemplari e per
giunta nessuna notizia poi del doppione oggi scomparso... L'indi-

‘cazione di Brunet non fu utilizzata, così che solo nel saggio del

Gesamtkatalog, pubblicato nel 1910, il libro venne descritto per la
prima volta.

Le xilografie che lo arricchiscono debbono considerarsi fra le
prime apparse di carattere schiettamente italiano :. .. All'edizione
di Perugia seguirono molte altre, ma il loro uso popolare e la se-
vera condanna del Concilio di Trento di tutti i giuochi di fortuna
spiega come ce ne siano pervenute così poche, e quelle di tanta
straordinaria rarità » ?°).

Di un altro stampatore, Lorenzo Berot, francese, il Rossi riesce
a darci molti ragguagli biografici *) ma non riesce ad individuare
che una sola edizione, di non completamente certa attribuzione,
datata con sicurezza a Perugia nel 1482. Sembra esisterne un solo
esemplare alla Casanatense di Roma e di là l’Airenti ne dette
notizia al Vermiglioli.

49. — GAMBALIONIBUS (de) ANGELUS, Lectura super Institutionibus,
Pars prima. Perusii, 1482.

Non si trova in H. Oltre che nel Vermiglioli pp. 164-65; nel
RASSEGNA DELLA PRODUZIONE TIPOGRAFICA A PERUGIA NEL SEC. XV 129

Rossi pp. 41-42; nel Brizi; la troviamo in IGI 4146 ove il Berot
è Perot. È anche in Accurti (1) 65.

Il Berot giunto a Perugia verso il 1480, si sposò con una pe-
rugina. Ci ragguaglia egli stesso nella sua richiesta di cittadinanza
perugina avanzata il 10 marzo 1486, pubblicata dal Rossi (doc.
n. 36). Laurentius Berotti Francigene dice di condurre da sette anni
in Perugia « artem librorum ubi et honor et utilitas Civitatis et' Ci-
vium consistit ». Difficile dire se fu stampatore o commerciante di
libri o tutte e due le cose. Ma in un documento notarile del 14 no-
vembre 1483, reso pure noto dal Rossi (doc. 32), è qualificato « im-
pressor librorum in formis ».

Il dubbio tuttavia resta perchè altri documenti lo indicano
come venditore di libri, inserito in imprese tipografiche. Per questo
figura al seguito di Giovanni di Colonia e Niccolò Ianson, stampa-
tori ben noti e famosi di Venezia nel 1482. Nel 1484 è con Ugolino
di Giovanni da Fabriano e Giampiero dei Bonomini da Cremona, e
in un caso come nell’altro i suoi compiti sono quelli di vender
libri nelle città dell’Italia centrale, tenendo anche dei depositi
in Perugia.

Dopo il gruppo di stampatori tedeschi e il francese Berot sem-
bra che la tipografia perugina languisse, quasi scomparsa dalle at-
tività cittadine. Verso la fine del xv secolo vediamo apparire un
personaggio che avrà una grande parte nello sviluppo della tipogra-
fia perugina nel secolo successivo, iniziando egli la famiglia di stam-
patori dei Cartolari.

Il Vermiglioli si è occupato specificatamente di questa famiglia
di tipografi perugini **) e il Rossi ha trovato altri documenti che per-
mettono di delineare esattamente la discendenza dei Cartolari.

Diremo qui soltanto che il primo dei Cartolari, Baldassarre di
Francesco, venendo da Papiano a Perugia chiese la cittadinanza
in questa città nell’anno 1467, ottenendola per esercitarvi l’arte
di cartolaro, cioè commerciante di carte e pellami. Ebbe tre figli
di cui uno Pietro Paolo risultava aiutarlo nel suo lavoro, un altro
Gaspare era divenuto domenicano e un terzo Francesco fu quello
che meglio comprese l’aspetto commerciale dei libri tanto più per
una città come Perugia. che era sede di una fiorentissima Università.

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È questo Francesco Cartolari che nel 1499 commissionò dei
libri a Venezia a Bernardino Benagli e ad Antonio de Zanchi, i
quali li stamparono per lui che così divenne editore, bibliopola.

Al proposito è indispensabile fare una precisazione e cioè che
colui che commissionò quei libri non è un Francesco Baldassari
quasi fosse una persona distinta dai Cartolari, come sembrano
credere il BMC, il Collijn, il Proctor e il Burger che l'ha consacrato
nel suo «Index to the supplement ecc. » 2°) e altri. Una notevole
complicazione si ha quando guardando l'indice degli stampatori del
BMSTC si trova un Franciscus Balthasar separato dalla « dinastia »
dei Cartolari di cui dal punto di vista tipografico è il capostipite.
E la stranezza è maggiore se si tien presente che il Vermiglioli scri-
veva nella prima metà del secolo scorso, e il Rossi nel 1868, rima-
nendo tuttavia fuori giuoco presso i compilatori di grandi cataloghi
e repertori °°).

Ma veniamo ai libri.

50. — Fnawcnuis (de) PÒÙiLippus, Lectura super VI Decretalium.

Questo volume porta in fine: « Venetijs, mira impensa Fran-
cisci Bibliopole de Perusia : necnon Bernardini Benalij : cura tamen. . »

In H. 7314 ; Proctor 4895 ; Collijn 1221 i quali tutti danno Bal-
dassari per Cartolari ; BMC p. 377 (v) n. 22406 ; Rossi p. 51 ; Brizi ;
IGI 4073 che si ferma al Francesco di Perugia senza altre specifi-
cazioni.

51. — Fnawcuris (de) PuiriPPus, Lectura super titulo de regulis juris
in VI librum decretalium.

Il colophon è simile al precedente.

H. 7321; Rossi pp. 50-51; Brizi; Proctor 4896 ; Collijn 1224;
BMC p. 377 (v) n. 22407 ; IGI 4080. Valgono le stesse osservazioni
che per il precedente.

52. — BREVIARIUM ROMANUM.

Non c’è nè nello H. nè nel Rossi. GW 5170; IGI 2141; Goff
(B 1124); BMC p. 571 (v) n. 24625; il Proctor lo dà al n. 5616
come di « Otinus de Luna per Franc. Baldassare ».

Dal colophon si sa che è stato stampato a Venezia per conto
dei soci Zanchi e Franciscus de Balthasar: ora sappiamo chi sia
quest'ultimo e che il primo é un tipografo veneziano non oscuro.
Quest'ultimo volume è stato stampato il 1° giugno 1500.

Probabilmente i libri fatti stampare a Venezia dal Cartolari

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RASSEGNA DELLA PRODUZIONE TIPOGRAFICA A PERUGIA NEL SEC. XV 131

devono essere stati molti di più e forse alcuni non portando l’indica-
zione del «bibliopola », pur essendo noti non figurano tra quelli
commissionati dal perugino.

Francesco messosi in proprio a Perugia, aprì un'officina tipo-
grafica sul finire del secolo e chiamò ad eseguire il lavoro tecnico il
tipografo milanese Damiano di Gorgonzola che gli produsse le opere
che ora indicheremo. i

Il Rossi ha pubblicato un atto dell'8 novembre 1501 in cui si
attesta che « frate Gaspare quita il fratello Francesco Cartolari di
18 ducati d’oro, 14 dei quali confessa aver ricevuto in certa quanti-
tate librorum impressorum a dicto Francisco in civitate Venetia-
rum » 81).

Nell'anno 1500 Francesco Cartolari si è convinto forse che la
tipografia a Perugia può essere redditizia maggiormente se eser-
citata tutta in proprio.

Deve esserci stata qualche remora o difficoltà ambientale e psi-
cologica per una ripresa della tipografia locale. Dal 1482 non si
stampano più libri: la partenza dell'Arndes e dell'Eber, l'eclissi
del Wydenast che pure rimase a fare il bidello all’Università sino
alla fine del secolo, come pure il ritiro di Pietro di Pietro che pure
era rimasto a Perugia, deve avere avuto una causa precisa che forse
risiedeva nella peste che in quegli anni aveva devastato la città e
aveva creato una stasi di molte iniziative.

La ripresa segnata dal Cartolari si rivela nelle opere seguenti :

53. — PeRIGLIS (de) AnceLuUs, Lectura super II Infortiati.

Questo è il primo libro pubblicato a Perugia ancora dal Carto-
lari editore e non stampatore, italiano questa volta, di Milano,
Damiano Milanese da Gorgonzola e a questi fece svolgere il lavoro
tipografico da lui organizzato e finanziato.

Pertanto questo che è il primo libro stampato nel sec. XV dal
Cartolari risulta opera di Damiano come lo sarà l’ultimo.

Il Rossi lo descrive a p. 52; H. 12631; Vermiglioli pp. 171-174
BMC p. 881 (vi) n. 32745; Proctor 7235; Brizi; Madsen 3089;
IGI 7414.

Colophon : « Perusii, per Damianum Mediolanensem de Gorgon-
zola. Industria tamen sumptibus et expensis Francisci Baldasaris
bibliopole de Perusio 1500 die ultima septembris ».

54. — UBaLDIS (de) AnceLUS, Repetitio L. qui se patris C. unde
liberi edita.

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RUGGERO ORFEI

H. 15889; Rossi p. 54; Brizi. Colophon : novembre 1500.

55. — ViBrANUS, BaLionus de NoBiLIBUS de MONTE, PERUSINUS :
Repetitio super aulen. ex causa. Impressa Perusie sumptibus et
diligentia Francisci Baldasari, bibliopole de Perusio. Anno Do-
mini MCCCCC, die XXVI novembris.

Questo lo troviamo solo nel Rossi pp. 54-55, e poi nel Brizi.
Il Rossi riferisce la descrizione tolta dalle schede di Philippus Senesii
apud I. C. Conestabilem : «Il chiaro bibliografo possedendone un
esemplare ne fece menzione anche nella sua Biblioteca selecta (Flo-
rentiae, MDCCCLV) sotto il n. 352, e vi appose questa nota: Primus
et unicus, qui noscatur, Codex tribus tantum duernionibus con-
stans, a Francisco Balthasaris, qui Chartularius cognominabatur,
labente sec. xv, Perusiae impressus. ..». Fu finito di stampare il
26 novembre 1500.

56. — Avocario, Pietro Buono, Pronostico dell'anno 1501.

Questo ci è segnalato soltanto dall’Accurti (1), 18, come posse-
duto solo dalla Vaticana. Risulta : « Perusiae, Damianus de Gorgon-
zola, post 15 decembris 1500», ma prima dell’inizio dell’anno
nuovo. Non mi pare che possa dubitarsi del fatto che anche questa
opera sia dell'impresa Cartolari.

Per dovere di completezza dobbiamo segnalare anche un'altra
opera che ci è ricordata soltanto dal Vermiglioli e dal Brizi, ma non
accolta dal Rossi.

57. — DE ScANSIONE SILLABARUM che è ritenuta come stampata
a Perugia dal Vermiglioli pp. 170-171 e dal Brizi. Sarebbe
stata stampata a Perugia il 4 luglio del 1500 « per Christopho-
rum » di cui non si sa nulla.

Corre l'obbligo di riportare quanto il Vermiglioli ebbe a scrivere
in proposito. « Non se ne conosce — egli scrisse — che un'esemplare
(sic) a mano nella Casanattense legato insieme con la grammatica
del Verulano di cui si è parlato al n. tv. Si è trascritto da quello che
fu stampato in Perugia in questo anno, e per buona ventura il Calli-
grafo, chiunque ne fosse, e cui siamo infinitamente tenuti, in fine
RASSEGNA DELLA PRODUZIONE TIPOGRAFICA A PERUGIA NEL SEC. xv 133
vi ha notato : Registrum a. b. c. d. e. f. g. h. omnes sunt quaterni per-
ciò l'opuscolo è di 32 fogli.

Impressum Perusiae per Christophorum anno Domini Jesu
Christi M. ccccc. 111. Die Juli. Finis.

«Il primo a farlo conoscere — continua il Vermiglioli — fu
il ch. P. Airenti nella sua lettera tipografica altre volte citata. Esem-
plari a stampa non ne conosciamo fin qui, né li vediamo ricordati
dai Bibliografi, indizio di estrema sua rarità ».
Altra opera di cui si deve pure dar notizia e :

58. — MartTtIoLI, MATTEOLO, Trattato della memoria.

Ce ne parlano il Vermiglioli a pp. 169-170 e il Brizi che la col-
loca nell'anno 1482 e la dice « sicuramente perugina ». Il Rossi (p. 36)
la segnala, ma esclude debba essere annoverata tra le edizioni pe-
zxucsine del sec. xv.

Giunti al termine di questa esposizione di una situazione, la
tipografia perugina del sec. xv, si capisce come proprio l'introduzione
dei Cartolari nel mondo della stampa rende pressochè assurda la
divisione fatta con una data tra periodo incunabulistico e il secolo
successivo.

Ci pare infatti che il primo periodo, quello appunto degli incu-
naboli debba essere portato piü innanzi secondo gli sviluppi delle
scuole tipografiche, le loro associazioni e combinazioni, senza sta-
bilire degli artificiali displuvi cronologici che non trovano fonda-
mento nella realtà.

Per questo la nostra inchiesta continuerà secondo altre due fasi
successive, una delle quali dovrebbe portarci alla metà del sec. xvi
e un'altra al suo termine in modo da stabilire una linea continua
di sviluppo della tipografia perugina.

Con tutto questo non si pretende di esaurire un campo d'indagine,
che va approfondito ancora, riprendendo ad esempio in esame tutti
gli esemplari esistenti degli incunaboli perugini, rifacendone la de-
scrizione, guardandone attentamente carte e filigrane, segnature e
caratteri e tutti quegli elementi indispensabili a definire la fisiono-
mia di ogni opera.

Pertanto crediamo che al lavoro preliminare di inchiesta dovrà
seguirne uno piü vasto di analisi, partecipando cosi all'esplorazione
della storia della stampa, che è inutile ripetere come essa si connetta
alla storia della cultura.

Da quanto abbiamo potuto vedere tuttavia resta un po' in-

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fondato certo ottomismo a proposito dell’indagine sui nostri incuna-
boli che non sono ancora tutti censiti ed inventariati in maniera
adeguata e un po’ troppo vittime dei grandi repertori che assai
spesso si tramandano l’uno l’altro le proprie incertezze, che possono
essere in parte almeno eliminate con i più ampi confronti.

RucGGERO ORFEI

NOTE

1) ApaMmo Rossi, L'arte tipografica in Perugia durante il secolo XV e la
prima metà del xvi. Nuove ricerche. Perugia, Boncompagni, 1868, p. 6.

Hain pone Perugia nell'a. 1475 e ricorda solo i tipografi Clayn, Wyde-
nast e Arndes.

?,) DoMENICO Fava, Manuale degli incunaboli, Milano, Mondadori, 1939,
pag. 143. Cfr. anche GIOVANNI CECCHINI, Stato di conoscenza della tipografia
e della editoria in Umbria dal sec. XV al sec. XIX, in ATTI del v Convegno sto-
rico regionale « Tipografi, Editori, Produzione Libraria in Umbria nei secc. xv-
xx ». Tenuto a Città di Castello, settembre 1963. Pubblicati in « Boll. Dep.
St. Patria Umbria », vol. Lx, 1963, p. 121.

3?) GIOVAN BATTISTA VERMIGLIOLI, Principi della stampa in Perugia e
suoi progressi per tutto il sec. XV. Perugia, Baduel, 1820.

A: ROSSI, OD. Cit.

5) Dice p. UGoLINO NicoLINI : « Tra i primi tipografi germanici operanti
a Perugia nel decennio 1470-1480 figura anche Giovanni di Giovanni da Au-
gusta. Ma la fama non è stata generosa con l’augustano : il suo nome infatti
nonostante la pubblicazione fin dal 1868 dei documenti scoperti da Adamo
Rossi e la segnalazione del Bonazzi nella sua Storia di Perugia, non è giunto
al traguardo dei grandi cataloghi di incunaboli, come le Emendationes allo
Hain del Reichling e il Gesamtkatalog der Wiegendrucke. In questi e in tutti
gli altri cataloghi il Widenast usurpa ancora la fama di Giovanni con l'attri-
buzione fattagli dei Consilia super ultimas voluntates di Benedetto Benedetti,
stampati invece dal tipografo di Augusta, abitante a Perugia ». (Atti citati,
Giovanni di Giovanni da Augusta stampatore a Perugia della Summa Philo-
sophiae di Paolo da Venezia (25 gennaio 1477), in « Boll. Dep. St. Patria Um-
bria » cit. p. 135. Il male è che al Widenast volentieri danno credito imme-
ritato anche i più recenti curatori dell'Zndice Generale degli Incunaboli delle
Biblioteche d'Italia (Roma 1943-1954 : finora solo 3 volumi, lettere A-L).

6) Lurci Bonazzi, Storia di Perugia, Unione Arti Grafiche, Città di Ca-
stello 1959, 2 volumi. Vedi 1 vol, pp. 596-599.

?) GrUsEPPE ERMINI, Storia della Università di Perugia. Zanichelli, Bo-
RASSEGNA DELLA PRODUZIONE TIPOGRAFICA A PERUGIA NEL SEC. XV 135

logna, 1947, pp. 405-407. L’Ermini ricalca grosso modo quanto il Bonazzi
aveva già scritto, senza portare nessun nuovo contributo connesso allo svi-
luppo dello Studio perugino.

* Notizie su Gli annali tipografici di Perugia dall'origine della stampa
ad oggi le fornì lo stesso Antonio Brizi, il quale pubblicò su « Il Bibliofilo »
(anno 1x, gennaio 1888, n. 1, pp. 1-7) la prefazione dei suoi Annali e la Sil-
loge cronologica delle tipografie perugine dal 1550 ad oggi, che sono la sola parte
edita del suo manoscritto. Egli stesso dichiarava che per lui non aveva parti-
colare interesse la storia tipografica anteriore al 1550, dato che riteneva
adeguati gli studi del Vermiglioli e del Rossi, dai quali non si distacca affatto.

?) GrovaNNI CECCHINI, Mostra dell’arte della stampa umbra. Catalogo.
Perugia 1943. La mostra e la pubblicazione vennero effettuate in occasione
del ciclo celebrativo dei grandi Umbri. La mostra si tenne a Foligno, in Pa-
lazzo Trinci dal 12 settembre al 4 ottobre 1942.

1°) H. O. LANGE, Le plus anciens imprimeurs a Pérouse 1471-1482. Estratto
dal « Bulletin de l’Academie Royale des Sciences et des Lettres de Dane-
mark », a. 1907, n. 6, pp. 265-301 e 4 tavole. L’estratto ha una sua numera-
zione 1-37 e 4 tavole ; (noi citeremo con la numerazione del volume).

1) GrusePPE FuMAGALLI, Lexicon Typographicum Italiae. Dictionnaire
Géographique d'Italie pour servir à l’histoire de l'imprimerie dans ce Pays.
Florence, Olschki, 1905 — Art. « PERUGIA » pp. 294-298. Si veda anche
dello stesso FuMAGALLI, Giunte e correzioni al Lexicon ecc. Firenze, Olschki,
1939. Art. « PERUGIA » p. 55, ove dà notizia dei lavori del Marzi e del Lange.

1) KONRAD HAEBLER, Die Deutschen Drucker des xv. Jahrunderis im
auslande. Vedi Cap. rv « Humanisten und Drucker, 1471-1474 » pp. 55-64 per
quanto concerne Perugia, München, Roserthal, 1924.

14) La notizia della chiamata da parte del Baglioni, e del ruolo da questi
avuto nelle prime vicende della stampa perugina si conoscono dal « monito »
premesso alle edizioni delle Letture di Bartolo sopra la prima e la seconda
parte del Digesto vecchio, di Baldo sopra il sesto del Codice e di Filippo Fran-
chi sopra il titolo delle Appellazioni. Il testo di questo monito fu pubblicato
dal Vermiglioli in appendice alla sua ricerca (doc. 1, p. 179-181) e ripubbli-
cato dal Rossi tra i documenti annessi alla sua opera (doc. 3, p. 7 della parte
« Documenti » del suo libro). Il testo fu comunicato al Vermiglioli dal canonico
Riccardo Trenta, bibliotecario della Metropolitana di Lucca.

Lo Hain nella sua descrizione delle tre opere menzionate fa sapere come
tutte e tre contenessero quel « monito » e che pertanto questo é un segno di-
stintivo e caratteristico dell'officina tipografica. In questo « monito », che é
una vera prefazione, si fanno le lodi di Braccio Baglioni. In esso dopo aver
sottolineato l'utilità della nuova arte di stampare (« Quantum bonarum artium
studiis adjumenti afferat praeclarum et mirabile opificium Litterarum impri-
mendarum omnes diversarum disciplinarum studiosi plane iam intelligunt
atque perspiciunt »), si dichiara: « Huius artificii commoditatem maximam,

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136 RUGGERO ORFEI

ac studio perusino pernecessariam considerans nobilissimus, ac praestantis-
simus vir Bracchius Balionus, sua cura, ac diligencia homines huius Artis pe-
ritos in hanc Civitatem accessiri curavit, conduxitque eos, ut tractatum hunc
de appellationibus, opus quidem ulilissimum imprimerent ».

Il titolo dell'opera varia a seconda del riferimento.

14) A, Rossi, op. cit., pp. 7-10

15) Rossi, op. cit., pp. 10-12.

16) Rossr, Docc. 4, 6 e 7.

1?) Rossi, op. cit., p. 18 e poi pp. 16-17. Più precise notizie ci ha offerto
recentemente p. Ugolino Nicolini al Convegno di Città di Castello già ricordato.
Cfr. ATTI in « Boll. Dep. St. Patria Umbria », cit. pp. 135-141, ove troviamo
nuova documentazione. Vedi anche in Lange, op. cit., pp. 281-282.

18) «Stephan Aquila n'est cependant nul autre que Stephan Arnds.
Ordinairement les anciens imprimeurs latinisaient leur nom, et surtout les
imprimeurs allemands qui venaient en Italie avaient beaucoup de raisons
pour le faire» ; come l’Hain = Gallus, Le Ruge = Roubeus cosi « Arnds si-
gnifie fils de Arnd, ma le mot bas - allemand arn, arnt, arent, signifie aigle,
il était donc pour Stephan Arndes tout naturel de traduire ce mot arns en
latin et de s'appeler aquila, quand il voulait prendre en Italie un nom latino-
italien ». (Lange, op. cit., pp. 294-295).

19) Rossi, op. cit., p. 21. Che un bidello in un'Università medievale avesse
dei compiti non comparabili con la situazione attuale, lo si desume anche da
un altro caso analogo a quello del Wydenast, rilevato a Bologna. Si tratta di
Lazzaro di Giovanni della Penna, bidello dell'Università di Bologna, che negli
anni 1473-75 si trova impegnato nell’attività tipografica (L. SIGHINOLFI,
I mappamondi di Taddeo Crivelli e la stampa bolognese della cosmografia di
Tolomeo, in « La Bibliofilia » vol. x, pp. 251 e ss.).

3) Rossi, Docc. 18 e 25.

2) RICCIARELLI G., Contributo alla storia dell'arte della stampa in Perugia
nel sec. xv. in « Boll. Dep. St. Patria Umbria », cif., pp. 159-163.

Altre notizie sul Wydenast e sul suo ruolo di bidello, l'ha date l'HAEBLER,
op. cit., pp. 60-61.

2) Rossi, Doc. 27.

3) VERMIGLIOLI, op. cit., p. 114 avanza l'ipotesi che possa trattarsi di
Hieronymus Mendesanus de Parma. Il Rossi riferendo questo fa un'ipotesi
alla quale egli stesso non crede molto (op. cit., p. 31, nota), che egli avanza
dopo aver percorso lo Hain e aver veduto che esisteva un tipografo che si
chiamava Henricus Mayer e le cui iniziali potevano essere proprio quelle da
identificare. A tutt'oggi il mistero resta, complicato dal fatto che spesso non
si trova neppure H. M. nei libri, per cui si è dovuto ricorrere alla dizione
«Stampatore del Robertus Anglicus ».

4) Riteniamo utile riferire quanto scrisse Filippo Raffaelli a proposito
di queste « Constitutiones ». Egli dà la descrizione che ne aveva fatto il Vermi-
RASSEGNA DELLA PRODUZIONE TIPOGRAFICA A PERUGIA NEL SEC. XV 137

glioli, precisando però che essa è stata « emendata nel titolo, e nella sotto-
scrizione dal prof. Adamo Rossi... Riteniamo questa esatta a preferenza di
quelle dataci dall’Hain e dal Manzoni. Egli sull’esempio dell’Hain non si
curando troppo di apparire diligente, sebbene confessi di aver tolto il titolo
dal Panzer, stampò nel titolo aeditae in luogo di addite, e disse terminare le
addizioni coi Brevi alla fine della 1. colonna del verso dell’n. sette. Eppure poche
linee più sotto avvertì che il libro si componeva di quaderni eccetto ‘alcuni
terni, mai di un setterno » (FiLIPPo RAFFAELLI, Le Constitutiones Marchiae An-
conitanae bibliotecnicamente descritte in tutte le loro edizioni, in « Archivio storico
per le Marche e per l’Umbria » diretto da M. Faloci Pulignani, G. Mazzatinti,
M. Santoni. Vol. 1, 1884, fasc. 1, pp. 85-99 e Vol. 11, 1885, pp. 63-102).

^) DoMENICO FAVA, op. cit., p. 88; KONRAD HAEBLER, op. cit., p. 63,
quest’ultimo precisa l’anno di stampa, 1482.

^*) BRUNET JAcQuES-CHARLES, Manuel du Libraire et de l’Amateur de
Livres. Paris, 1860-65. Con il supplemento di P. Dechamps et G. Brunet,
1870-78. Coll. 493-494, TAMMARO DE MARINIS, Appunti e ricerche bibliogra-
fiche. Hoepli, Milano, 1940. Cap. 11: Le illustrazioni per il Libro delle Sorti di
Lorenzo Spirito. Vedi pp. 69-70.

”) Rossi, op. cit., pp. 38-41. Vedere anche i relativi documenti, da cui
risulta come il Berot ottenesse la cittadinanza perugina e dopo essere stato
dapprima garzone di diversi tipografi anche a Venezia, operò in proprio.

*) VERMIGLIOLI G. B., Della tipografia dei Cartolari in Perugia nella
prima metà del sec. XVI e di altre officine tipografiche che vi furono in quell’epoca,
in « Biografia degli scrittori perugini ». Perugia 1822, vol. 1, pp. 285-309.

") BuncER KonRAD, The Printers and Publishers of the XV. Century,
With Lists of Their Works. Index to the supplement to Hain's Repertorium
Bibliographicum, eíc.», Berlin, Altmam, 1926. (Vedi Baldasar).

*) Anche il FUMAGALLI, op. cit., p. 296, indica esattamente l'identità
di Francesco Cartolari, ma anch'egli è passato, evidentemente, inosservato.

?) Rossi, op. cit., p. 40 dei Documenti, n. 44.

Repertori ricordati :

Accurti 1 e Accurti r1 = AccuRTI THomas, Editiones saeculi XV pleraeque
bibliographis ignotae. Annotationes ad opus quod inscribitur « Gesamtka-
talog der Wiegendrucke » voll. 1-1v. Florentiae, ex Typographia Giuntina,
1930 11: voll. r-vi, 1936.

BMC — British Museum Catalogue of Incunables.

BMSTC = British Museum : Short-title Catalogue of Books printed in Italy
and of Italian Books printed in other Countries from 1465 to 1600 now in
the British Museum, London, BM., 1958.

Brizi = BRIZI ANTONIO, Annali tipografici di Perugia dall’origine della stampa

ad oggi. Manoscritto inedito (ved. nota n. 8).
138 RUGGERO ORFEI

Ii
Collijn = COLLIJN ISAK, Katalog der inkunabeln der Kgl. Universitüts-Bi-

bliothek zu Uppsala. Uppsala-Leipzig, 1907.

Copinger — W. A. CopincER, Supplementum to Hain's Re
grahicum.

MANI Dunn = JENKINSON FRANCIS,

I il li | Dunn arragend to illustrate

| i GW = Gesamtkatalog der Wiegendrucke,

HI fur den Gesamtkatalog der Wiegendrucke, voll. 6, Lipsia 1925.

Goff — Gorr FREDERICK H., Incunabula in American Libraries. A third
census of Fifteenth-Centurg Books recorded in North American Collections.
New York, Bibliographical Society of America, 1964.

H = HarN Lupwic, Repertorium Bibliographicum in quo libri omnes ab arte
typographica inventa usque ad annum MD. typis expressi ordine alpha-
betico vel simpliciter enumerantur vel adcuratius recensentur, Stuttgartiae,
Cotta, 1826-38, vol. 4.

IGI — Indice Generale degli Incunaboli delle biblioteche d'Italia, compilato
da T. M. Guarnaschelli e E. Valenziani. Voll. 4 finora, lettera A-R Roma,
1943-1965, Pubbl. a cura del Centro Naz. d'informazioni bibliografiche,

pertorium biblio-

A list of the Incunabula collected by George
the History of Printing. Oxford, UP; #1923;
barangegeben von der Komunission

Roma.
| Madsen = Mapsen Vicron, Katalog over det Kongelige Bibliot

Ml | Cbonhavn, Levin et Munksgaard 1931, 6 voll.
Pennino = PrNNiNo ANTONIO, Catalogo ragionato dei libri di prim

eks inkunabler.

a stampa

A e delle edizioni aldine e rare esistenti nella Biblioteca Nazionale di Palermo.

Voll. 3. Palermo, Lao, 1875.
it Proctor = Pnocron RoBERT, An Inde
m London, 1960.

Ibl Reichling = REIcHLING D., Appendices a
| TR Rossi = Rossi Apamo, L'arte tipografica in
prima metà del XVI (ved. nota n. 1).
Santoro = SANTORO CATERINA, I primi cinquan

attraverso le più pregevoli edizioni della Trivulzia

Castello Sforzesco, 1965.
lani Vermiglioli = VERMIGLIOLI Giovan BatTTISTA, Principi
ISIN t Perugia e suoi progressi per tutto il sec. XV (ved. nota n. 3).

B rn Pellechet = PeLLecHET M., Catalogue général des incunables des Bibliothé-
ERI ques publiques de France. Lettere A-G, tre volumi, Paris 1897-1909.

MH Incompiuta.

x of Early Printed Books, Holland Press,

d Hain. Monachi, 1905-1911.
Perugia durante il sec. XV e la

anni della stampa in Italia
na. Catalogo. Milano,

della Stampa in
Riflessi del tramonto dello Stato Pontificio
in una raccolta di bandi (1849-55)

I lavori di riordinamento del Fondo Fabretti della Biblioteca
Augusta di Perugia, condotti negli ultimi anni nel quadro della
generale opera di bonifica dei cataloghi e di razionale sistemazione
del patrimonio bibliografico, hanno riportato alla luce una cospicua
raccolta di bandi e notificazioni interessanti la storia del nostro
Risorgimento.

Si tratta di alcune centinaia di manifesti a stampa, in generale
in buono stato di conservazione, ripiegati e legati insieme così da
costituire una serie di sette grossi volumi di eguale formato (cm.
96150 2/59).

L'area geografica cui si riferiscono é quella dello Stato Ponti-
ficio, con particolare riguardo all'Umbria, le Marche e la Romagna.
Ogni volume contiene, disposte in ordine cronologico, le pubblica-
zioni di un anno: ci troviamo quindi di fronte alla documentazione
ufficiale, o per meglio dire autentica, di quella che fu la volontà delle
autorità politiche, militari, civili e religiose per un periodo di sette
anni, e precisamente dal 1849 al 1855.

E l'epoca dell'ultima restaurazione, dopo il fallimento del moto
rivoluzionario del Quarantotto. L'anno dei portenti aveva fatto
registrare grandi progressi sulla via della realizzazione degli ideali
di libertà, di unità e di indipendenza nazionale. La concessione degli
statuti e delle libertà costituzionali in tutti gli Stati della penisola,
la generale buona disposizione verso una confederazione italiana
quale veniva auspicata dal programma moderato neoguelfo, la pro-
clamazione della prima guerra di indipendenza contro l'Austria,
avevano autorizzato le piü rosee speranze per una rapida soluzione
del problema italiano. Ma il sogno doveva essere di breve durata. La
sconfitta militare dell'esercito piemontese, impegnato in una guerra
che forse non sentiva, e l'insufficiente adesione dei volontari, che
ne accentuó il carattere regio-sabaudo a scapito di quello nazional-

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140 MARIO RONCETTI

popolare ; lo scarso collegamento del moto italiano con gli avveni-
menti europei, ma soprattutto l'affiorare della minaccia socialista
nelle correnti democratiche più avanzate : sono tutti fattori che por-
tarono al fallimento della rivoluzione nazionale. Ciò non toglie tut-
tavia che essa rimanga l’espressione più piena e popolare del Ri- -
sorgimento italiano, culminata in episodi di alto valore morale,
testimonianze di sacrificio e di sangue, come le eroiche resistenze
di Roma e di Venezia.

Cosi mentre il processo risorgimentale si interrompe e si apre
la pausa del deceunio di preparazione, la reazione dei governi legit-
timi si manifesta attraverso l'abrogazione degli statuti e soprattutto
attraverso l'intervento e l'occupazione militare straniera.

Non a caso la maggior parte dei bandi in questione promana
dalle autorità di occupazione austriache : comandi territoriali, tri-
bunali militarij governo civile e militare delle regioni occupate.
E confesso che è stato proprio quell'Imperial Regio costantemente
incontrato all'inizio di ogni notificazione, che ha fatto nascere in
me il desiderio di studiarle da vicino, forse perché vi ho riscontrato
la stessa meticolosa precisione, la stessa spietata efficienza organiz-
zativa, che un secolo piü tardi doveva caratterizzare un'altra armata
tedesca, ancora sul suolo della nostra patria *).

Cosi numerosissimi sono i bandi che portano a conoscenza della
popolazione le sentenze di condanna pronunciate dalle autorità
militari, in ottemperanza alle perentorie istruzioni del governatore
civile e militare conte Thurn *), contro una serie di reati il cui ca-
rattere politico è evidente e che risultano peraltro minuziosamente
descritti. nella notificazione del Comando di Ancona dell'8 giugno
1850 *).

Decine di persone sono in tal modo condannate a morte, in
base agli articoli del Codice penale militare Teresiano di guerra,
per delazione o ritenzione di armi e munizioni, per rapine a mano
armata, per resistenza ed oltraggio alla forza pubblica, per diser-
zione dai corpi armati pontifici; molti altri invece sono puniti con
pene detentive o corporali per aver diffuso scritti ed emblemi rivolu-
zionari, per aver cantato canzoni proibite, per aver partecipato |
a dimostrazioni pubbliche, ad assembramenti sediziosi, ovvero a
riunioni sospette in case private. Non mancano di essere colpiti
coloro che attentano all’integrità delle finanze dello Stato, condu-

cendo una decisa campagna contro l'uso del tabacco *).
La funzione esemplare di tali condanne tuttavia non sembra
RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO 141

sortire l’effetto voluto : i processi contro i detentori di armi si molti-
plicano, come riconosce nel luglio 1851 lo stesso governatore civile
e militare maresciallo Nobili *).

Nel quadro di questa vasta opera di repressione attuata dal
governo pontificio col concorso determinante delle baionette
austriache, spicca la vicenda del celebre bandito Stefano Pelloni
detto il Passatore, figura cara al cuore del popolo romagnolo, che
in esso vide il simbolo della rivolta contro un regime ormai agoniz-
zante, nonché il protettore generoso dei poveri e degli oppressi.
Per quanto ben presto circondato dall’aureola del mito e da una
fama leggendaria di gran lunga superiore alle reali proporzioni dei
suoi meriti ?), egli dovette costituire una seria preoccupazione per
le autorità, a giudicare dal rilievo dato alle sue imprese nei bandi
che lo riguardano *). Il tono diviene addirittura solenne e trionfale
nella notificazione che annunzia la sua misera fine : « All’annunzio
che più non esiste il Capo della Banda che infestava queste belle
contrade, il Passatore, dee pronta e pubblica seguire la lode e il
premio per quelli che ne liberarono da tale flagello. ..» *). Ora gli
onesti cittadini possono tirare un respiro di sollievo e dormire sonni
tranquilli, avendo constatato «come e quanto col valido concorso
delle invitte Armi Imperiali si veglia alla loro difesa, e come nulla
si lascia intentato dal Pontificio Governo per distruggere questo
infelice retaggio delle passate vertigini » 1°).

Ma nonostante l’appoggio delle armi straniere la sorte dello
Stato Pontificio è segnata. Vani risulteranno i tentativi di riforma
e i provvedimenti di clemenza come l’amnistia »), perché incolmabile
è ormai il solco che separa paese legale e paese reale. Agli entusiasmi
suscitati nel 1846 dall’elezione di Pio IX e dal primitivo indirizzo
della sua politica, che lo aveva posto al centro dell’attenzione na-
zionale e circondato dal plauso e dal favore del popolo, era suben-
trata ben presto la delusione e la sfiducia per la liquidazione della
partecipazione pontificia alla guerra italiana e per le remore frap-
poste sulla strada delle riforme costituzionali, finché la fuga del
papa da Roma e il suo atteggiamento successivo dovevano aprire
gli occhi anche ai sudditi più benevoli e far cadere le speranze dei
più ottimisti 1°). La fuga di Gaeta fu qualcosa di più di un’abdica-
zione morale : appellandosi al diritto teocratico ed invocando l’in-
tervento delle armi straniere il papa siglava quello che è stato de-
finito «il divorzio definitivo fra Italia e papato temporale » 1°).
Eppure i governanti di Roma e in generale la classe dirigente
142 MARIO RONCETTI

dello Stato non sembrano accorgersi che i tempi sono mutati, che
le più profonde aspettative del popolo sono andate deluse, e si il-
ludono, instaurando un regime di polizia *), di poter ripristinare
quanto prima lo statu quo, come se la costituente e la repubblica
non avessero lasciato un’impronta indelebile nella coscienza nazio-
nale e l’ordine ristabilito « col mezzo delle valorose armate catto-
liche » potesse ben presto far dimenticare «i deplorabili eccessi di
una insurrezione funesta » ?*).

Qualcuno ha parlato addirittura di «un credulo governo che
arrivava al delirio di credersi amato »?*) ; certo è che la miopia po-
litica più acuta si sposa al più gretto spirito di conservazione in
documenti come la notificazione che Girolamo D'Andrea, commis-
sario pontificio straordinario per l'Umbria e la Sabina, indirizza ai
sudditi il 10 aprile 1850 in occasione del rientro a Roma del papa.
Credo che sia opportuno riprodurla integralmente, non solo per il
carattere significativo del suo contenuto, ma anche per la concitata
eloquenza e a tratti biblica intonazione del suo stile 1°).

Anche Perugia, come buona parte dell'Umbria, conosce il ri-
gore della occupazione austriaca ; e anche qui come altrove la prima
preoccupazione degli occupanti e di procedere ad un generale di-
sarmo, eccezionalmente consentendo il possesso di un solo fucile
a scopo di difesa per i possidenti di campagna o i coloni abitanti
in casolari isolati !*).

Naturalmente le spese per gli alloggi e i trasporti delle truppe
straniere vengono addossate a carico delle amministrazioni provin-
ciali e municipali, salvo il rimborso da parte del ministero compe-
tente, cui ogni trimestre vanno presentati i documenti giustifica-
tivi 1). i

Non basta peró requisire le armi; occorre anche impedire ad
ogni costo che la propaganda rivoluzionaria seguiti ad insinuarsi
sotto qualsiasi forma in mezzo al popolo : a tale fine il direttore di
polizia Orlandi, nonostante che abbia avuto un figlio fucilato dagli
Austriaci ®), si impegna nel perseguitare i nastri tricolori, i berretti
nazionali, i cappelli di colore rossiccio, detti all’Ernani ?) ; e qualche
mese dopo, constatando che «talune persone d'ambo i sessi si per-
mettano di ornarsi di nastri, cravatte, e stivaletti rossi », gli fa eco
il comandante la stazione di Perugia capitano Rebracha *).

Da parte sua il commissario pontificio straordinario non si
stanca dal mettere in guardia i governatori e i presidenti delle com-
RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO 143

missioni municipali contro la stampa rivoluzionaria, ed in particolare
contro le opere del Proudhon, considerato il corifeo dei rivoltosi,
ed ammonisce : «Ogni buon cattolico, ogni onesto cittadino deve
accorrere alla difesa della religione e dell’ordine pubblico ; si tratta
dei diritti più cari di famiglia e di proprietà, della libertà individuale,
del santuario inviolabile della propria coscienza. Sono posti in pe-
ricolo tutti gl'interessi temporali ed eterni: si pretende coll'ampol-
losa parola libertà assoggettare di bel nuovo la credula moltitudine
al despotismo dei circoli, delle piazze, delle taverne; e colla bu-
giarda parola uguaglianza travolgere tutti del pari nel fango della
miseria e della vergogna. Quando anche altro male non producesse
questa propaganda diabolica, renderebbe sempre piü il popolo in-
disciplinato e insofferente d'ogni freno di legge; e metterebbe il
governo nella dura necessità di usare sempre il rigore e la repressione
legale, senza avere mai né tempo, né modo di pensare a ravvivare
l'industria, l'agricoltura, il commercio, le scienze e le arti, a miglio-
rare l'amministrazione, e a sollevare i sudditi facendo rifiorire lo
Stato » ®). Bisogna quindi vigilare attentamente e adoperarsi per
la diffusione della buona stampa, come il Libro del Popolo stampato
a Foligno dal Tomassini *); a tal fine i comuni sono invitati ad
associarsi alla « Propagazione degli Scritti Cattolici » di Roma. Par-
ticolarmente raccomandata è la pubblicazione periodica La Civiltà
Cattolica, sorta nel 1850 con il programma specifico di « ristorare il
principio di autorità sul concetto religioso, sopratutto vendicando
contro i sofismi degli empj il Principato civile de' Romani Pon-
tefici » 29).

Ma il popolo perugino e in particolare i giovani non tralasciano
occasione per manifestare la propria insofferenza, sia accorrendo
a dar manforte a chi si trova alle prese con i gendarmi ?*), sia percor-
rendo varie strade della città al canto di inni rivoluzionari ?), sia
continuando a molestare i consumatori di tabacco **).

Allo scopo di intensificare il controllo sui movimenti della po-
polazione, specialmente durante le ore notturne, il presidente della
commissione municipale di Perugia Filippo Giovio emana precise
disposizioni sulla chiusura delle porte della città e sulle modalità
per consentire l'ingresso ai forestieri *) ; mentre la guarnigione
austriaca, tra una bastonatura e l'altra, si reca a compiere esercita-
zioni di tiro sulla sponda sinistra del Tevere, al di là di Ponte S.
Giovanni).

Purtroppo non mancarono le condanne a morte e le esecuzioni
144 MARIO RONCETTI

sommarie 81); ciò tuttavia non impedi l'insorgere di notevoli disor-
dini in alcune località del territorio come Ripa **), Pontefelcino,
Olmo, Valfabbrica *), e Spoleto *).

Tra i perugini processati dagli Austriaci nel 1853 troviamo un
nome famoso : quello di Nicola Danzetta, accusato di alto tradimento
insieme a una dozzina di correi, tra i quali gli scrittori Francesco
Moretti e Filippo Burelli, i nobili Tiberio e Pericle Ansidei, il chi-
rurgo Francesco Blasi. Si tratta di un processo indiziario, da cui il
Danzetta viene prosciolto, sia pure con formula dubitativa, mentre
ad essere condannati sono sette individui di umile condizione :
muratori e calzolai: la stessa categoria di persone, che sei anni piü
tardi rimarranno fino all'ultimo a farsi uccidere a Porta S. Pietro **).

La raccolta contiene anche alcune notificazioni di carattere
strettamente religioso, indirizzate dal vescovo Gioacchino Pecci ai
fedeli della diocesi: tra queste le pubblicazioni emanate per lu-
crare il giubileo ovvero in occasione della quaresima *), l'editto sul
culto della Sacra Immagine di Maria Santissima della Misericordia
al Ponte della Pietra *), l'editto sulla bestemmia *), l'istituzione
di una Commissione di carità per soccorrere i poveri durante la ca-
restia del 1853-54 ®), e una serie di provvedimenti intesi a promuo-
vere lo spirito di penitenza in occasione del terremoto del febbraio
1854 *). La più interessante, anche per la vasta risonanza dell'avve-
nimento cui si riferisce, è la notificazione del 22 gennaio 1855 con
cui il futuro pontefice dà l'annunzio della definizione del dogma della
Immacolata Concezione (8 dicembre 1854) ed illustra il programma
dei festeggiamenti 4).

Molto sentita doveva essere la festività del Perdono di Assisi,
che si celebrava ogni anno con grande solennità nella basilica di
S. Maria degli Angeli: prevedendo un grande afflusso di fedeli, al-
l'approssimarsi del mese di ottobre il delegato pontificio non man-
cava di emanare precise disposizioni « all’oggetto di tutelare la quiete
ed il buon ordine », facendo divieto di portare armi in tutto il cir-
condario, proibendo giochi di qualsiasi specie e assembramenti di
gente in prossimità del santuario, e rammentando agli osti e betto-
lieri di attenersi scrupolosamente alle vigenti leggi di polizia 4°).

Un certo numero di pubblicazioni riguardano la storia minore
della città, ovvero la storia del costume : così può essere utile ricor-
dare l’apertura del civico cimitero, avvenuta il 3 ottobre 1849 dopo
la benedizione del vescovo *) e la promulgazione del regolamento
comunale ^) ; l'appalto dei lavori del conservatorio di S. Anna *'*);
RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO 145

un editto sulla fiera di Monteluce +) ; il regolamento disciplinare dei
pubblici spettacoli 4); nonché il regolamento di pubblico ornato
per la città di Perugia, che porta la data del 21 luglio 1854 #).
Interessano la storia del costume i bandi relativi ai giochi e
‘alle attività sportive dei perugini: mentre sono vietati il carachè
e la morra (si rischia un mese di carcere e una multa di due scudi) 4),
è consentito il gioco della palla al Circo, in piazza Campo di Bat-
taglia e in piazza S. Francesco *); così il gioco della ruzzola è per-
messo limitatamente ad alcuni percorsi di strada suburbana, come
il tratto Fontivegge-torrente Genna sulla strada provinciale per
Città della Pieve, il tratto Fontivegge-Pila, e fuori Porta S. Angelo
la strada che conduce a S. Marco a partire dal monastero di S. Ca-
terina vecchia *). Durante la buona stagione i perugini possono
compiere escursioni sulle rive del Tevere e bagnarsi nelle infide acque
del fiume, con tutte le precauzioni imposte dalla tutela del pudore *).

Proseguendo in questo rapido esame dei bandi raccolti da
Ariodante Fabretti, accanto all’aspetto strettamente politico e di
storia locale, è possibile enucleare altri filoni di notevole interesse,
tra i quali emerge per qualità e quantità di pubblicazioni quello
della storia economica. Basti pensare alla complessa e macchinosa
operazione messa in moto dal governo pontificio per risolvere la
grave crisi finanziaria dello Stato : da un lato si trattava di disci-
plinare la circolazione monetaria combattendo o almeno arginando
l’inflazione, dall’altro occorreva realizzare maggiori entrate per
risanare il bilancio e far fronte alle cresciute esigenze dei tempi
nuovi.

All'indomani della restaurazione infatti, circolavano ancora
nello Stato i «boni dei sedicenti governi provvisorio e repubbli-
cano », naturalmente con un valore reale inferiore (di circa un terzo)
al valore nominale. Era un problema politico oltreché monetario :
pertanto, dopo qualche incertezza iniziale 5), il governo decide di
ordinarne il cambio con altre valute presso la « Cassa della Deposi-
teria Generale della R.C.A.»*); mentre per ridurre la quantità
complessiva di carta moneta in circolazione, confidando nella spon-
tanea collaborazione dei sudditi, bandisce l’emissione di buoni del
tesoro fruttiferi al cinque per cento ad anno, ma non aventi corso
coattivo, per la somma di cinque milioni di scudi, da ammortizzarsi
alla pari nel termine di dieci anni a partire dal 1 gennaio 1851 in
rate semestrali mediante estrazione ®). Tali certificati di credito

10
146 MARIO RONCETTI

potranno essere nominativi o al portatore a volontà dell’acquirente,
e avranno i medesimi privilegi delle cartelle e rendite del debito
pubblico 5). L'incarico di presiedere a tutte le operazioni connesse
con la vendita dei buoni e l'ammortizzazione della carta moneta è
affidato ad una speciale commissione, i cui membri saranno nominati
direttamente dal papa *).

E la « Commissione Speciale per l'Ammortizzazione della Carta
Moneta » si mette subito all'opera, non mancando di informare pe-
riodicamente (in genere una volta al mese) sulle quantità di carta
moneta di volta in volta ritirate dalla circolazione ed avviate ad
essere pubblicamente bruciate 5). Il pronto e massiccio concorso
degli acquirenti fa sì che dopo un anno circa la metà della carta
moneta già in circolazione possa considerarsi annullata, mentre
della rimanente quantità viene disposta la sostituzione con speciali
buoni del tesoro denominati di surrogazione, aventi corso coattivo
come moneta legale 5°).

Naturalmente lo scopo di queste operazioni è quello di giungere
quanto prima, compatibilmente con le esigenze del commercio, ad
un totale ripristino della moneta metallica *). E infatti il cambio
dei buoni del tesoro in moneta d’oro e d’argento si inizia nel dicembre
1854 *). Frattanto, tolte di mezzo le monete di rame coniate dalla
« sedicente Repubblica Romana » ©), e dichiarate fuori corso le
monete austriache da sei carantani che circolavano illegalmente nelle
provincie occupate dalle imperial regie truppe 9), viene disposta
l'emissione di una nuova moneta di rame puro del valore di 5 ba-
jocchi *), nonché di una piccola moneta aurea del valore di 1 scu-
do. $5)

Contemporaneamente, in sostituzione della Banca Romana up
si provvede alla formazione di una nuova banca di sconto « che fosse
capace di piü estese e grandiose operazioni, e potesse cosi essere di
positivo vantaggio al commercio, all'industria, ed all'agricoltura
non solo della Capitale, ma di tutte le Provincie dello Stato » **),
la quale sotto la denominazione di Banca dello Stato Pontificio avrà
sede in Roma e succursali in Bologna e in Ancona ®).

Il programma di risanamento delle finanze pontificie si articola
oltre che nel ripristino di tasse che erano state abolite dalla repub-
blica, come il dazio sul macinato *) e la tassa di barriera *?), nel-
l'aumento di quasi tutti i tributi esistenti, dalle tasse di bollo e re-
gistro ") alla imposta di consumo sui generi cosidetti coloniali ?2).
Ma «la necessità di provvedere all’equilibrio delle rendite colle spese
RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO 147

dello Stato anche per far fronte alle conseguenze degli ultimi deplo-
rabili avvenimenti, ed agl'impegni assunti dal Governo per togliere
dal corso la carta moneta, impongono il penoso dovere di ricorrere
a nuove tasse. . . » ?*), come la tassa di esercizio sopra tutte le arti,
mestieri, professioni liberali, industrie e commercio di qualunque
sorta *); mentre alla « dativa reale» viene aggiunta una sovraim-
posta corrispondente all'esazione anticipata di un bimestre '*) :
sovraimposta che é confermata negli anni successivi, finché con lo
editto del Segretario di Stato del 7 ottobre 1854 viene resa normale
e conglobata nel tributo **).

Anche il sistema doganale viene riorganizzato, ivo
di spostare sull'estremo confine gli uffici di dogana ed i posti
di controllo militare, onde combattere sempre meglio la piaga del
contrabbando *?), e promovendo l'esaurimento di tutte lé operazioni
daziarie ai confini dello Stato 5). Le tariffe doganali subiscono varie
revisioni in senso decisamente protezionistico *), mentre perfino
la tradizionale franchigia dei porti di Ancona e Civitavecchia viene
sospesa dal 1850 al 1855 ®°).

La preoccupazione del governo perlo sviluppo dell'agricoltura,
dell'industria e del commercio nazionali si riflette in una serie di
notificazioni con cui promuove e disciplina lo svolgimento di fiere
e mercati in varie località dello Stato. Particolarmente interessante
è il «Prospetto delle Fiere, e Mercati che hanno luogo fra l'Anno
nella Provincia di Perugia » 81); ma accanto ad esso si incontrano
i regolamenti delle fiere di Ascoli *?), Assisi *), Baschi *), Cesena 8°),
Citerna *), Città di Castello *), Civitella de' Conti 8), Fermo ®),
Fratta**?), Gioiella »), Lugo *), Marsciano *), Mercatello *), Poz-
zuolo *5), la Quercia *), San Secondo *), Selci *), Sinigaglia ®), Todi 1°),
Torre Orsina 19),

Anche sul piano legislativo più generale è possibile riscontrare
una notevole attività : sono di questi anni infatti il Regolamento di
Polizia '*?), la Legge sulla Consulta di Stato per le Finanze ?®), l'Editto
sulle espropriazioni per pubblica utilità 1°*), le Istruzioni per il cen-
simento generale della popolazione 1°), la Riforma della procedura ci-
vile 1°), l'istituzione della Regia Pontificia dei Sali e Tabacchi 1°?).

Un posto a sè particolarmente significativo occupano le noti-
ficazioni riguardanti l'ammodernamento del servizio postale e tele-
grafico, con l’introduzione dei francobolli: « Ai miglioramenti già
introdotti nell’amministrazione delle poste è sembrato opportuno
d’aggiungere quello che la tassa postale possa pagarsi nell’atto della

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148 MARIO RONCETTI

spedizione delle lettere e pieghi, mediante l'apposizione d'uno o più
segnali denominati bolli franchi, rendendosi per tal modo più spedito
il pubblico servizio, nonché più comode e facili le corrispondenze
epistolari, e meglio tutelato l'interesse dell'amministrazione. . . » 1°*),
l'inaugurazione dei telegrafi elettrici dello Stato 1°*) e la stipulazione
di relative. convenzioni internazionali ". Sono documenti pieni di
suggestione per chiunque abbia coltivato la passione filatelica, ma
nello stesso tempo capaci di caratterizzare da soli tutta un'epoca
della nostra storia e della nostra civiltà.

Accanto alle convenzioni postali, nel quadro delle relazioni
estere dello Stato Pontificio, si possono ricordare il trattato per il
regolamento dei confini con il Regno delle Due Sicilie 1), nonché
‘una serie di accordi, concernenti la reciprocità di trattamento dei
legni marittimi nei porti dei rispettivi Stati, conclusi con l'Impero
di Russia s), il Belgio s:;, gli Stati Uniti delle Isole Ionie 14),
Ja Gran Bretagna +),il Regno delle Due Sicilie 1), e le Città An-
seatiche 117).

L'impressione generale che si ricava dall'esame dei bandi ci-
tati è quella di uno sforzo complesso e molteplice, compiuto dal go-
verno nell’intento di riformare e modernizzare le strutture dello
Stato, sia pure nell’ambito del più rigido sistema assolutistico, cer-
cando di elevare il tenore di vita delle popolazioni e di mettere il
paese al passo con le più evolute nazioni europee.

Ma quest’ansia di progresso civile economico sociale ha il sapore
di una tardiva resipiscenza e d’altra parte per tradursi in fatti con-
creti deve fare i conti con una realtà decrepita e corrotta **), per
altro verso agitata da profondi fremiti di libertà e di rinnovamento
sociale. Leggendo le cronache dell’epoca si ha veramente la sensa-
zione di quanto anacronistica fosse ormai divenuta la divisione della
società in classi tipica dell’ancien régime, ad onta del messaggio ri-
voluzionario diffuso già da qualche decennio dalle armate napoleo-
niche. Ed è forse proprio la volontà di scrollarsi di dosso un sistema
politico sociale soffocante, quella che dà un senso profondo a tutto
il movimento risorgimentale, anche al di fuori dello Stato Ponti-
ficio 119),

In tale situazione, possiamo quindi considerare i tentativi di
riforma compiuti dal governo romano come gli ultimi bagliori del
tramonto di uno Stato che ha ormai esaurito la propria funzione
storica.

MARIO RONGETTI
RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO 149

NOTE

1) La segnatura dei volumi è attualmente II D 132-138.

3) Cfr. Enzo Corrorrr, L’amministrazione tedesca dell'Italia occupata
1943-1945. Studio e documenti, Milano, Lerici editori, 1963.

3) Proclama del 15 ottobre 1849 rivolto agli « Abitanti degli Stati Pon-
tifici! Bologna, Tip. Governativa alla Volpe» (II D 138/26); Notificazione
del 16 ottobre 1849 sul delitto d’incendio, Bologna, Tip. Governativa alla
Volpe (II D 138/27) ; Notificazione del 12 novembre 1849 sulle licenze di porto
d'armi a scopo di difesa, In Bologna ed in Perugia presso Vincenzo Santucci
(II D 138/29); e infine la seguente: « NorTrrFICAZIONE. Colla Notificazione 5
Giugno 1849 venne emanata la pena di morte a chi avesse, senza legittimo
permesso, ritenute o portate armi. L'I. R. Governo Militare e Civile peró
ben di rado ha proceduto col rigore di tale Legge. Usó invece della somma
clemenza. Si ebbe sempre in considerazione la buona condotta anteriore
degl'inquisiti, e si fece ancora riflesso che o per ignoranza, o pel desiderio di
non privarsi di un mezzo di difesa si erano resi trasgressori alla legge del
disarmo. Per questi motivi vennero i delinquenti condannati a mite pena di
detenzione, la quale fu piü grave verso chi era di sospetta o mala condotta.

Allorché peró i malvagi cominciarono ad infestare particolarmente la
campagna, con Notificazione 5 Settembre successivo, onde estirparli e porre
un efficace argine agli enormi loro misfatti, i Comandanti Militari delle sin-
gole Città furono autorizzati di far immediatamente fucilare coloro che fossero
stati rinvenuti ritentori o delatori d'armi. Anche questa legge rare volte fu
eseguita. Ritenevasi poterne ottenere lo scopo senza l'estremo rigore della
medesima. Ma non fu cosi. I delitti multiplicaronsi. Bande di scellerati con-
tinuano a depredare i pacifici abitanti, massime della campagna.

In tale stato di cose, facendo d'uopo procedere col sommo rigore della
legge, e riferendomi perció alle precitate due Notificazioni AVVERTO che si
procederà con tutto il rigore della legge contro chi sarà colto in flagrante
delazione d'arme, e che faró eseguire l'estremo rigore della legge stessa contro
chi col possesso delle armi chiaramente addimostra la mala intenzione.

Ciò premesso AuTORIZZO tutti i Comandanti Militari delle singole Città
di procedere senza indugio mediante il Giudizio Statario, e nel caso di cono-
sciuta colpabilità colla pena di morte contro tali individui, i quali non pos-
sono avere altra mira che quella di perturbare la pubblica e privata sicurezza.

Ognuno prendasi a cuore la presente ammonizione, poiché invano lu-
singherebbesi della grazia, di cui feci uso tante volte.

Data in Bologna dal Quartiere Generale il 23 Febbraio 1850.
L'I R. Governatore Civile e Militare
Conte Thurn.
Bologna, Tipografia Governativa alla Volpe». (II D 132/21).

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4) « IMPERIALE E REALE COMANDO DELLA CITTÀ E FORTEZZA DI ANCONA.
NOTIFICAZIONE. Affinché ogni Tribunale e Governo di Pesaro, e Urbino, delle
Marche, come pure della parte dell'Umbria occupata dalle II.RR. Truppe
Austriache conosca, quali delitti, trasgressioni od ommissioni vengano giudi-
cate dalle Autorità e secondo le leggi Militari, ho trovato necessario di pro-
nunciare conforme alle norme vigenti nelle Legazioni di Bologna, Ferrara,
Ravenna, e Forlì, come segue :

I delitti, le trasgressioni e le ommissioni sono giudicati o dalle Autorità
Militari, o dalle ordinarie Autorità Civili.

Le Autorità Militari giudicano o per giudizio statario o per consiglio di
guerra.

Lo statario non conosce altra pena che la morte.

A. Dallo statario si giudicano

1. L’alto tradimento, e quindi ogni azione diretta a cambiare forzata-
mente il sistema dello Stato, o ad attirare o accrescere un pericolo dall’esterno
contro lo Stato.

2. La detenzione illegale, l’occultamento e la spedizione di Armi e Mu-
nizioni, particolarmente, se il contraventore è macchiato di anteriori delitti,
o quando ha fatto uso di dette Armi a danno d’una persona, o che col possesso
delle Armi chiaramente addimostra la mala intenzione.

3. La partecipazione a sommossa o sedizione con Armi o senza.

4. L’arruolamento illecito, come pure qualunque tentativo d’indurre
alla diserzione individui obbligati al servizio Militare.

9. La resistenza di fatto, o violenza contro sentinelle, pattuglie, ed in
generale qualunque Militare Austriaco o Pontificio, tra cui sono compresi
anche i Veliti, in caso, che la sentinella, o la pattuglia non ha fatto uso del
suo diritto di far fuoco su coloro da cui fossero molestati.

6. Il furto violento e la rapina, sia seguito con Armi o senza, per opera
di più od anche di una sola persona, e la manutenzione degli assassini e la-
droni sumenzionati secondo i Proclami vigenti.

B. Da un Consiglio di guerra si giudicano

7. La delazione di Armi e ritenzione di munizione da guerra, quando non
ha luogo il giudizio statario.

8. La diffusione di Proclami e scritti rivoluzionari.

9. L’oltraggio qualunque verso persone Militari, che non sia compreso
nell’art. n. 5.

10. Il portar segni rivoluzionari, o di partito qualunque che non siano
Austriaci o Pontificj.

11. Il cantar canzoni rivoluzionarie.

12. Ogni sorta di politica dimostrazione pubblica sia nella strada, sia
in altro pubblico luogo.

13. Ogni disobbedienza agli ordini ed alle intimazioni di Autorità Mili-
tari, sentinelle, pattuglie ec. ec.
RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO

14. Gli attruppamenti ed altre unioni di carattere sedizioso.

15. L’intervento ad adunanze politiche di qualunque nome, quando non
sia compresa nella disposizione emessa sotto la lettera A.

16. Le omissioni di chiudere i Caffè, le Locande, Trattorie, Bettole, ed
altri pubblici esercizi all’ora stabilita.

17. Le trasgressioni contro la censura preventiva della stampa.

18. Il dar ricetto a persone forestiere senza annunciarle alle Autorità.

19. Il distruggere maliziosamente, o lo strappare armi o stemmi :Ponti-
ficj.

Tutte queste trasgressioni verranno a misura dell’importanza delle cir-
costanze punite secondo i Proclami e Notificazioni emanate.

C. Tutti gli altri delitti, trasgressioni od ommissioni che non sono com-
presi sotto gli articoli delle lettere A. e B. vengono giudicati dalle competenti
Autorità Civili, secondo le leggi Pontificie.
[omissis]
Dall’LR. Comando della Città e Fortezza di Ancona li 8 Giugno 1850.
Il Comandante
Pfanzelter
Generale
Per Sartorj Cherubini e Compagni » (II D 132/49).

5) «I. R. GOVERNO CIVILE E MILITARE. NOTIFICAZIONE. È accaduto
anco in queste Provincie occupate dall’II.RR. Truppe, che taluni osarono
fare violenza a pacifici cittadini, impedendo ai medesimi di usare tabacco
da fumo e da naso.

Essendo risoluto di non tollerare assolutamente e di reprimere con tutte
le forze, che sono a mia disposizione, questa lesione della libertà individuale,
oRrDINO all'I. R. Comando di Città, e ad ogni singolo I. R. Comando di sta-
zione di assoggettare senz'altro a pena corporale chiunque, il quale con atti,
gesti, o parole avesse l'impudenza di ledere la libertà personale, e di passarlo
poscia alla procedura marziale.

In quest'incontro si avverte per ogni buon fine essere in pieno vigore la
Notificazione 5 Giugno 1849, e che, oltre alla premessa misura correzionale,
verrà a tenore di essa punito dal Consiglio Statario o di Guerra, qualsiasi atto
o conato, che vesta il carattere di politica dimostrazione.

Bologna 27 Aprile 1851

L'I. R. Tenente Maresciallo Governatore Civile Militare
Comandante l'Ottavo Corpo d'Armata
Conte Nobili

Bologna, Tipografia governativa alla Volpe - ed in Perugia, Tipografia
Santucci, 1851» (II D 133/42).

Si possono anche confrontare sull'argomento la Sentenza della Sagra
Consulta del 20 maggio 1851 nella causa intitolata « Romana di azione do-
losa diretta a turbare l'ordine pubblico » contro tre individui rei di aver impe-

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dito il fumo di sigari, che vengono condannati a venti anni di galera. In essa
si legge : « È noto come la propaganda rivoluzionaria fra le sue inique istru-
zioni diramasse pur quella d'impedire ai pacifici cittadini l’uso del tabacco,
per attaccare i Governi nelle rendite finanziarie, e per recar danno al commercio
ed all’industria, credendo così di potersi facilitare la strada a novelli disordini..
La Romana popolazione ammaestrata dai passati avvenimenti sprezzava
siffatte insinuazioni, per il che taluni caldeggiatori di setta per intimidire gli
animi si fecero sui primi del corrente mese a spargere allarmanti notizie, a
minacciare offese a chi usasse del tabacco da fumo. La legittima autorità attivò
prontamente le sue indagini per frenare l’audacia dei perturbatori della pub-
blica quiete. . . » (II D 133/53) ; e le notificazioni del Comando di Ancona del
22 maggio 1851 (II D 133/58), del 31 maggio 1851 (II D 133/62), del 16 giugno
1851 (II D 133/74), del 14 luglio 1851 (II D 133/89), in cui la pena comminata
ai molestatori è di cinquanta colpi di bastone.

*) «I. R. GOVERNO CIVILE E MILITARE. NOTIFICAZIONE. I frequentissimi
processi per delazione e ritenzione d’armi, specialmente per le armi da taglio
e da punta, ed i proditorj settarj attacchi in Imola ed in Faenza colla più
sfacciata audacia di recente commessi, m’inducono a richiamare il disposto
della Notificazione 2 Luglio 1850 N. 1042/Gov. par. 8, dietro il quale verrà
punita colla pena di morte mediante Giudizio Statario la delazione, pena che
viene estesa anco alla ritenzione di armi, e specialmente di quelle da taglio
e da punta pei motivi summentovati.

Gl’I. R. Comandanti di Stazione vengono incaricati di procedere a per-
quisizioni domiciliari, assoggettando al Giudizio Statario i contravventori.

Bologna 10 Luglio 1851

L’I. R. Governatore Civile Militare
Comandante l’Ottavo Corpo d’Armata
Tenente Maresciallo Conte Nobili
In Bologna ed in Perugia, Tipografia Santucci ». (II D 133/87).

?) Cfr. FRANcESco SERANTINI, Fatti memorabili della Banda del Pas-
satore in terra di Romagna, Faenza, Fratelli Lega Editori, 1929, pp. 99-101.

*) Come quello che riferisce la celebre impresa di Forlimpopoli :

«I. R. GOVERNO CIVILE MILITARE. NOTIFICAZIONE. Con un fatto di sfac-
ciatissima temerità. .. Dall’I. R. Comando di Stazione in Forli 26 Aprile
1851. Il Comandante Machatschek Capitano. Forlì, ed in Perugia Tipogra-
fia Santucci, 1851 » (II D 133/41), riportato nell’opera testè citata, pp. 33-36.
Altre notificazioni annunciano la fucilazione di ricettatori della banda:
«I. R. GOVERNO CIVILE E MILITARE. NOTIFICAZIONE. Nella sera del 5 Gen-
najo 1850 quattro malandrini... Dall’I.R. Comando Militare in Faenza 24
Marzo 1851. Il Comandante Hoger Capitano. In Faenza ed in Perugia Ti-
pografia Santucci » (II D 133/24) ; « I. R. GOVERNO CIVILE E MILITARE. NOTI-
FICAZIONE. Dazzani Battista ... Dall’I. R. Comando Militare di Stazione
in Imola 26 Marzo 1851. Il Comandante Tregjar Capitano. In Imola ed in
RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO 153:

Perugia Tipografia Santucci » (II D 133/25); «I. R. GOVERNO CIVILE MILITARE..
NoTIFICAZIONE. Randi Tommaso, detto Staffa... Dall’I. e R. Comando Mi-
litare di Stazione in Lugo il 1 Aprile 1851. Il Comandante Dinopl Capitano..
In Lugo, ed in Perugia Tipografia Santucci » (II D 133/27); « I. R. Governo
CIVILE MILITARE. NOTIFICAZIONE. Borghi Pietro detto ‘ Guerrini’ ... Dal-
LI. R. Comando di Stazione in Faenza 24 Aprile 1851. D’ordine di S. E. il
Sig. Governatore Civile Militare Tregjar Capitano. Faenza, ed in Perugia
Tipografia Santucci » (II D 133/39).

9) « GOVERNO PONTIFICIO. IL COMMISSARIO PONTIFICIO STRAORDINARIO
PER LE QUATTRO LEGAZIONI PRO-LEGATO DI BoLoGNA. NOTIFICAZIONE. Al-
l’annunzio che più non esiste. .. Bologna, Dal Palazzo Apostolico il 24 Marzo
1851. Il Commissario Pontificio Straordinario G. Bedini. In Bologna ed in
Perugia Tipografia Santucci » (II D 133/23). Cfr. FRANCESCO SERANTINI, 0p..
Cit, pp. 117-119.

10) Ibidem.

11) «Finalmente, propensi sempre per inclinazione del Nostro cuore.
paterno alla indulgenza ed al perdono, vogliamo che si dia luogo ancor questa
volta a tale atto di clemenza verso quei traviati che furono strascinati alla
fellonìa ed alla rivolta dalla seduzione, dalla incertezza e forse ancora dalla
inerzia altrui. Avendo d’altronde presente ciò che reclamano la giustizia, fon-
damento dei regni, i diritti altrui manomessi o danneggiati, il dovere che
C'incombe di tutelarvi dalla rinnovazione dei mali cui soggiaceste, e l'obbligo:
di sottrarvi dalle perniciose influenze de' corrompitori d'ogni morale e nemici
della cattolica religione... abbiamo ordinato che sia a Nostro nome pubbli-

cata un'amnistia della pena incorsa da tutti coloro, i quali dalle limitazioni,

che verranno espresse, non rimangano esclusi da questo benefizio ». Art. 6
del Proclama di Pio IX ai sudditi dato a Napoli il 12 settembre 1849 (II D
138/15).

E le limitazioni non si fecero attendere, come risulta dalla Notificazione
della Commissione Governativa di Stato del 18 settembre 1849 : « A coloro
che presero parte alla testé cessata rivoluzione negli Stati Pontificii è concesso
per degnazione Sovrana il perdono in quanto alla pena, che sarebbe loro do-
vuta in conseguenza dei delitti politici di cui si sono resi responsabili. Da
questa grazia sono esclusi: i membri del Governo Provvisorio ; i membri
dell'Assemblea Costituente che hanno preso parte alle deliberazioni dell As-
semblea stessa ; i membri del Triumvirato e del Governo della Repubblica ;
i Capi de' Corpi Militari; tutti quelli che avendo goduto del beneficio del-
lAmnistia altra volta...» (II D 138/21).

1) È ormai accertato che il papa fu coinvolto in avvenimenti più grandi
di lui. Mite d'animo e pieno di buone intenzioni, non ebbe una personalità
politica quale le circostanze esigevano. Facilmente influenzabile da chi gli
stava vicino, nel periodo liberale aveva riposto eccessiva fiducia in uomini
come Massimo d'Azeglio e Pellegrino Rossi; dopo Gaeta divenne succube

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del reazionario e austriacante cardinale Antonelli. Cfr. DowENICOo Massì,
Il caso di coscienza del Risorgimento italiano, Roma, Edizioni Paoline, 1961,
pp. 187 ss.

5) LUIGI SALVATORELLI, Pensiero e azione del Risorgimento, Torino,
Einaudi, 1963 (PBE/37), p. 129.

^ « IL COMMISSARIO PONTIFICIO STRAORDINARIO in nome di Sua Santità
Pio Papa IX felicemente regnante ai Popoli dell'Umbria e del Patrimonio di
S. Pietro.

Solleciti della totale restaurazione della cosa pubblica nelle Provincie a Noi
affidate, e volendo con efficaci misure provvedere al mantenimento dell’ordine
felicemente ristabilito ; in virtù dei Poteri conferitici, ordiniamo quanto segue. ..

4. La Guardia Civica ordinaria e mobilizzata, i corpi franchi e dei volon-
tarii sono disciolti. Le loro armi e munizioni da guerra si dovranno perciò
restituire nello spazio di cinque giorni...

6. Nel termine di cinque giorni ogni cittadino dovrà depositare in mano
«della Magistratura locale, ritirandone analoga ricevuta, tutte le munizioni da
guerra, le armi da fuoco lunghe e corte, e le armi bianche da taglio e da punta...

8. E vietato il riunirsi in più di cinque persone, massimamente se tali
riunioni ed assembramenti accadano in ora notturna...

10. Dopo le ore 11 della sera niuno senza giusto e grave motivo potrà
andar vagando, sotto pena d'immediato arresto e cinque giorni di carcere,
e di un mese in caso che fosse recidivo. . .

13. È sospesa la libertà della stampa, e qualunque scrittura vogliasi
pubblicare deve sottoporsi alla censura preventiva dell’Autorità Ecclesiastica
e della Polizia, secondo le materie...

14. I libri e le stampe estere o dello stato non potranno mettersi in circo-
lazione senza il previo permesso dell’Autorità Ecclesiastica o della Polizia.
Non potranno mai vendersi per le strade o per le piazze, ma solamente nelle
botteghe. . .

Dalla nostra attuale Residenza in Viterbo questo dì 3 Agosto 1849

Girolamo D’Andrea Arcivescovo di Melitene
Commissario Pontificio Straordinario

In Viterbo 1849, ed in Perugia 1850. Tipografia Santucci » (II D 138/1).

15) « NOTIFICAZIONE. COMMISSIONE GOVERNATIVA DI STATO. La Provvi-
denza Divina dopo aver ridonato agli Stati della S. Sede, col mezzo delle valo-
rose Armate Cattoliche, l’ordine che n’era stato turbato e sconvolto dai de-
plorabili eccessi di una insurrezione funesta, oggi si degna di compiere l’opera
dell’alto suo favore con rendere il Sommo Pontefice alla generale espettazione
dei divoti sudditi suoi... Abbiamo poi ragione di riprometterci, che assai più
delle festevoli esteriori dimostrazioni saranno generalmente a cuore le dure-
voli prove di fedeltà e di attaccamento verso l’ottimo Padre e Sovrano...
L’ingresso pertanto di Sua Santità in questa Capitale... avrà luogo... ve-
nerdì 12 corrente circa le ore 4 pomeridiane... 9 Aprile 1850. Roma, Tipo-
grafia della Reverenda Camera Apostolica, 1850 » (II D 132/31).

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RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO

3) LurGI BoNAZZI, Storia di Perugia dalle origini al 1860, Città di Ca-
stello, Unione Arti Grafiche, 1960, vol. II, p. 467.

17) « NOTIFICAZIONE. IL COMMISSARIO PONTIFICIO STRAORDINARIO DEL-
L’UMBRIA E SABINA, Parecchie volte i romani pontefici dalla nequizia degli
uomini costretti si allontanarono dalla sedia apostolica locata sul trono dei
loro antichi persecutori; ma la mano stessa di Dio ve li ricondusse sempre
in trionfo per le vie ammirabili della sua provvidenza... [Si accenna a Pio
VII rientrato a Roma il 24 maggio 1814]. i

E senza ricorrere ad esempi passati, noi stessi abbiamo veduto il regnante
sommo Pontefice da furibonda bufera sbalzato lungi dai sette colli ; e lo ve-
diamo oggi dopo quasi diciassette mesi d’assenza ritornare con gaudio di
tutta la Cristianità nella capitale del mondo cattolico. Pio IX ottimo prin-
cipe e padre amantissimo, già cotanto applaudito e festeggiato con inces-
santi osanna di ossequio e di amore, sperimentò anch’egli la sventura e ciò
che in essa è più pungente ed amaro, l’ingratitudine. Quei medesimi che ave-
vano ricevuto da lui col perdono la vita civile la libertà gli onori e il potere,
abusando con mostruosa sconoscenza di tanti beneficii, rivolsero il dono contro
del donatore, lo derisero, lo maledissero, violarono col ferro e col fuoco la
sua residenza del Quirinale, e dispersi i pochi ma fedeli ed onorati militi elve-
tici posti a sua difesa, lo resero prigioniero nella stessa sua regia.

Come già il principe degli Apostoli invisibile alle guardie scomparve
prodigiosamente dal carcere, tale usciva di Roma Pio IX versando amare
lagrime su quella città. Cercò un asilo di sicurezza, ove libero dalle violenze
dei demagoghi esercitare nella quiete il supremo spirituale potere, e lo trovò
nel limitrofo regno delle due Sicilie, in Gaeta ed in Portici ; e quivi dalla gene-
rosa pietà di Ferdinando II con regale munificenza accolto, e salutato con ogni
dimostrazione di ossequio filiale da quel religioso popolo, s'ebbe a dovizia
tutto che valesse a temperare le angosce, ond’era dilaniato il paterno suo
cuore.

Intanto nella città santa da una colluvie di gente avventiccia, rifiuto
d’ogni paese, in notturno conciliabolo si decretava il Papato decaduto di
fatto e di diritto dal governo temporale dello Stato romano. E con ciò si vo-
leva distrutto quell’antico e sublime edifizio, contro il quale hanno cozzato
invano per dieci e più secoli le potestà delle tenebre, e furono ripetute nel
cuore d’Italia, nel centro della cattolica fede le bestemmie già vomitate da
Arnaldo da Brescia, da Martin Lutero, da Wincleffo e dalla feccia degli ere-
tici di tutti i tempi.

Siccome l’errore non può sostenere la vista della verità ; così a cotale
riprovata genia non doveva al certo piacere la maestà, lo splendore del culto
cattolico, e la civile autonomia donata dalla Provvidenza al supremo Ge-
rarca della Chiesa. Essi perciò nei loro tempestosi saturnali fecero plauso con
infernale tripudio a siffatto iniquo e stolto decreto. Ma non applaudirono a
quell’enormissimo eccesso della più nera e sagrilega perfidia le nazioni catto-
liche ; le quali mosse da unanime sentimento statuirono di fiaccare colle armi
156 MARIO RONCETTI

la baldanza dei demagoghi, e di restituire al sommo pontificato quel patr -
monio che la spontanea dedizione dei popoli, e la devozione dei principi gli
assicurarono per decoro della Santa Sede, e per l’indipendenza necessaria al
Padre comune di tutti i fedeli. E mentre i governi d'Austria, di Francia, di
Spagna, e di Napoli concertavano l'intervento, i popoli con mirabile con-
sentimento diedero principio all'opera pia del DENARO DI S. PieTRO, iniziata
dallo zelo dell’Episcopato francese e propagata con entusiasmo nell’universo..

Le gloriose ed invitte armi di quattro nazioni cattoliche fugarono le orde
barbariche raccolte dalla schiuma dei miscredenti e dalla rabbia de’ rivoltosi
a sostegno della tirannide mazziniana, appellata per ischerno repubblica.
Il Sommo pontefice accompagnato dai voti di tutti i fedeli ritorna nella metro-
poli della Cristianità, e il clementissimo principe nella capitale dei suoi do-
minii, colle dimostrazioni di sincera e publica letizia dei buoni suoi sudditi.
E per sì fausto avvenimento domenica prossima 14 del corrente si renderanno»
solenni azioni di grazie a Dio ottimo massimo col canto dell’inno ambrogiano
in questa insigne Chiesa cattedrale, e in tutte le Chiese primarie di ciascuna
città e paese del Commissariato, giusta la circolare a tale effetto emanata.

Pio IX è tornato fra noi. Risplende nuovamente sul Vaticano l’astro
fulgidissimo che co’ suoi benefici influssi dissipò le tenebre della barbarie,
fece fiorire la civiltà vera, segnò nel bujo dell’età più caliginosa la strada

del reale progresso. I fervidi suoi raggi accesero la carità cristiana sola atta

a riunire fra loro i sudditi e i re, a rassodare la pace nelle famiglie, a rendere
felici le città, tranquillo e sicuro lo stato. Stringetevi pertanto docili ed osse-
quienti intorno al trono pontificale, che è il più augusto, il più antico e le-
gittimo di quanti mai furono e saranno su questa terra ; trono stabilito dalla
Providenza divina per rendere le verità rivelate indipendenti dai capricci,.
dalle pretensioni, dalle prepotenze di un mondo sempre in agitazione e in
tempesta.

Quella pubblica felicità, oggetto delle cure de’ buoni e saggi principi,
che le violenze continue dei cospiratori vi tolsero, la otterrete dal Sovrano
legittimo, a condizione che con esorbitanti esigenze, incompatibili colla li--
bertà e colla indipendenza della Santa Sede, non rendiate malagevole l'anda-
mento regolare dell'azione governativa. Traete profitto dalla recente espe-
rienza che deve servire di disinganno a tutti i traviati.

Il Sovrano Pontefice sarà padre amoroso coi sudditi obbedienti, ma con
quelli che tentassero di abusare nuovamente la bontà Sua, si rammenterà
egli che non senza ragione Iddio ha posto nelle mani dei supremi imperanti
la spada, e che la giustizia é il primo dovere di un principe.

Data in Perugia dalla Residenza del Commissariato li 10 Aprile 1850

Il Commissario Pontificio Straordinario
Girolamo D’Andrea
Arcivescovo di Melitene
Tipografia Santucci» (II D 132/32)
RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO 157

15) «I. R. GOVERNO CIVILE E MILITARE. NOTIFICAZIONE. [Applicazione
‘alla provincia di Perugia della cit. Notificazione del 12 novembre sulle armi
a propria difesa].

Perugia 18 Novembre 1849
I. R. Ten. Col. Comandante le Truppe Austriache nella Provincia di Perugia
Christiano Hubel
Tipografia Santucci » (II D 138/31/32); i

«I. R. TENENTE COLONNELLO COMANDANTE LE TRUPPE AUSTRIACHE
IN UMBRIA Di DrescovicH. NOTIFICAZIONE. [Regolamento per la consegna
delle armi e dei fucili da caccia].

Perugia, 24 Dicembre 1849 » (II D 138/40);

Proroga del termine (II D 138/41).

19) « COMMISSARIATO PONTIFICIO STRAORDINARIO DELL'UMBRIA E SA-
BINA. Segreteria Generale. N. 3079. [Circolare datata] Perugia 30 Aprile 1850.
Oggetto : Alloggi e trasporti per le Truppe Estere » (II D 132/40);

« COMMISSARIATO DELL'UMBRIA E SABINA. Notificazione di Vigesima per
la fornitura de’ viveri, e foraggi per le truppe imperiali Austriache stanziate
nelle Legazioni, Provincie delle Marche, e nell'Umbria...

Perugia 24 Luglio 1850
Il Commissario Pontificio Straordinario
Girolamo d’Andrea
Arcivescovo di Melitene
Tipografia Santucci » (II D 132/62).

2) Cfr. LurGi BONAZZI, op. cit., vol. II, p. 467 e s.

21) « NOTIFICAZIONE. In esecuzione degli ordini superiormente ricevuti
si ordina quanto segue.

Sono proibiti i Cappelli di color rossino così detti agli Ernani.

Si rinnova la proibizione per le sciarpe, e qualunque nastro, o segno che
porti i soli tre colori bianco, rosso, e verde.

I portatori, e venditori tanto dei Cappelli, come di oggetti tricolori, per
la prima volta saranno assoggettati alla multa di Scudi Cinque, in caso di re-
cidività la multa sarà raddoppiata, oltre l’arresto personale.

Perugia 19 Febbrajo 1850

Il Direttore di Polizia
R. C. Orlandi
Nella Tipografia di Vincenzo Santucci » (II D 132/19);

« NotIFICAZIONE. Sua Eccellenza R.ma Monsig. Commissario Pontificio
Straordinario con sua Notificazione in data 3 Agosto 1849 prescrisse all’art. 2
= È vietato espressamente a chiunque sotto pena dell’arresto immediato
l’uso di qualsiasi insegna repubblicana, come berretti nastri, e cose simili =

Per mezzo di un ordine di Polizia, in data 19 Febbraio, rinnovò lo stesso
divieto, aggiungendo la multa di Scudi Cinque da raddoppiarsi in caso di re-
cidività, oltre l’arresto personale comminato ai contravventori.
158 MARIO RONCETTI

Furono con docilità rispettate siffatte disposizioni ; se non che ultima-
mente essendosi taluno fatto lecito di mostrarsi in pubblico coi segnali vie-
tati, questa Direzione Provinciale di Polizia vede necessario richiamare alla
più stretta e rigorosa osservanza le prescrizioni accennate, ripetendone il
tenore ed ampliando le pene come appresso.

il | Sono proibiti i cappelli di color rossino, cosi detti all'Ernani: cosi pure

| (li viene rinnovata la proibizione di portare le sciarpe, o qualunque nastro o

dl, segno che porti i tre soli colori bianco rosso e verde.

| I portatori o venditori dei succitati oggetti tricolorati, a qualunque

grado o condizione appartengano, oltre le pene comminate dal Pontificio

il I | | Governo, saranno puniti dall’Imperiale Reale Comando Austriaco nel modo

IH | piü esemplare, come già é avvenuto questa mattina a Felice Cini delle Ta-

ET VAR vernelle.

n | Dalla Direzione Provinciale di Polizia - Perugia 13 Decembre 1850

n Pel Direttore

HR Il Dottor Tommaso Vitali

INI I Segretario di Polizia

| Tipografia Santucci » (II D 132/106) |

2) «I. R. COMANDO AUSTRIACO DI STAZIONE IN PERUGIA. AVVISO. |

| Abbenché l'Art. 10 della Notificazione pubblicata dall’I.R. Comando

| la Città e Fortezza di Ancona sotto il giorno 8 Giugno 1850, proibisca di portar

segni rivoluzionarj, o di partito qualunque, che non siano Austriaci, o Ponti- 1

ficj, nondimeno si vede che talune persone d'ambo i sessi si permettano di

ornarsi di nastri, cravatte, e stivaletti rossi, appartenenti appunto all'anzidetta

categoria.

mn Volendosi adunque eliminato un tale inconveniente, si fa noto che tre

(ANI giorni dopo la pubblicazione del presente Avviso niuno potrà più indossare
gli enunciati nastri, cravatte, e stivaletti sotto pena di essere assoggettati al

WI Consiglio di Guerra, giusta quanto prescrive la ricordata Notificazione 8

| | Giugno 1850.

VI (RITIRATI Perugia 25 Giugno 1851

WM i L’I. R. Comandante la Stazione
"M Il Capitano Rebracha

Hl Perugia, Tipografia di Vincenzo Santucci » (II D 133/81).

| 23) « COMMISSARIATO PONTIFICIO STRAORDINARIO DELL'UMBRIA E SA-
BINA. Circolare Num. 3266-4364 del 25 maggio 1850 » (II D 132/47).

^) JI Libro del Popolo. Ad ammaestramento di ogni classe di persone. Fu-
ligno, Tipografia Tomassini, 1850. Duecento pagine in sedicesimo, ove con
«metodo dialogico sintetico », cioè per mezzo di domande e risposte, l’autore,
| | che dichiara di rivolgersi «alla classe della società meno istrutta, e in modo
"LEM speciale alla inesperta gioventü», espone la dottrina tradizionale della Chiesa
t sui seguenti argomenti: « Il Vangelo e la Chiesa — La Chiesa Romana —
Potestà della Chiesa — I Vescovi della Chiesa — Del Romano Pontefice —
RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO 159:

Governo della Chiesa — Indipendenza della Chiesa e Governo temporale del
Papa — Del Governo Civile — Sovranità del Popolo — Le Rivoluzioni —
La Democrazia — La Monarchia — Le Costituzioni — La libertà — L'Ugua-
glianza — Socialismo e Comunismo — Beni Ecclesiastici — Il Clero Secolare
e Regolare — L’Italia e il Papato — La Patria e il Cittadino ».

Non è certamente un caso che questa operetta rechi lo stesso titolo del
celebre catechismo del cattolicesimo liberale, apparso da poco più di un de-
cennio : FÉLriciTÉ RoBERT LA MENNAIS, Le livre du peuple..., Paris, Pa-
gnerre Éditeur, 1838.

25) « DELEGAZIONE DI PERUGIA. SEGRETERIA GENERALE. Num. 11438 del
1851. Circolare. Oggetto: Associazione al foglio periodico la Civiltà Cattolica. . .

Perugia 5 Gennajo 1852

Il Delegato Pontificio
Conte Alessandro Baldeschi Eugeni» (II D 133/3)

2) «I. e R. COMANDO DELLA CITTÀ E FORTEZZA DI ANCONA. NOTIFICA-
ZIONE.

Per ingiurie ai Gendarmi Pontificj e resistenza agli ordini dell’ Autorità
in Perugia nella mattina della domenica 3 Novembre 1850, il Comando Mi-
litare ha giudicato come qui appresso.

1. Sanguinetti Gustavo, nato e domiciliato in Perugia, di anni 36, cat-
tolico, nubile, possidente e negoziante ; la cui disobedienza cagionò il raduno
popolare e successivo tumulto : condannato al pagamento di Scudi Venti-
cinque.

2. Cerquali Carlo, nato e domiciliato in Perugia, di anni 36, cattolico, am-
mogliato, negoziante di calzoleria : condannato al pagamento di Scudi Venti.

3. Rossi Costantino, nato e domiciliato in Perugia, di anni 23, cattolico,
nubile, negoziante di olio, condannato al pagamento di Scudi Venti.

4. Lunarelli Giovanni, soprachiamato Melampo, nato e domiciliato in
Perugia, di anni 32, cattolico, ammogliato calzolajo lavorante presso il detto
Carlo Cerquali: condannato al pagamento di Scudi Dieci.

5. Ribicchini Giuseppe, nato e domiciliato in Perugia, di anni 28, catto-
lico, ammogliato, calzolaio: condannato al pagamento di Scudi Cinque.

6. Ribicchini Antonio, nato e domiciliato in Perugia, di anni 46, catto-
lico, ammogliato, muratore: condannato al pagamento di Scudi Cinque.

7. Maggi Giuseppe, nato e domiciliato in Perugia, di anni 30, cattolico,
nubile, muratore: condannato al pagamento di Scudi Cinque.

8. Frenquilli Mauro, nato e domiciliato in Perugia, di anni 26, cattolico,
nubile, canaparo: dimesso come abbastanza punito col carcere sofferto dal
giorno 12 Novembre 1850.

9. Ribicchini Filippo, nato e domiciliato in Perugia, di anni 32, catto-

lico, ammogliato, muratore: dimesso, avendo giustificato che non fu parte-
cipe del tumulto. [Seguono altri otto soggetti assolti per mancanza di prove].
Il Comando di guarnigione in Perugia farà presentare tutti i suddetti

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160 MARIO RONCETTI

Individui ad una Commissione Militare, la quale parteciperà ad ognuno il
presente giudicato, e che per questa volta soltanto, in vista del carcere sof-
ferto per gli atti inquisitorj, si è convertita la ben meritata pena delle BASTO-
NATE in ammenda pecuniaria, al che peraltro in altre evenienze non si avrà
in verun modo riguardo. Inoltre veruno dei Condannati sarà messo in libertà
se tutti rispettivamente non avranno pagato le stabilite quote ; denaro che
il Comando di guarnigione verserà in qualche cassa di beneficenza pei Poveri
di Perugia, a rincontro di ricevuta, e l'atto verrà riportato nel Periodico della
stessa Città.

Dall’I. e R. Comando della Città e Fortezza di Ancona li 17 Dicembre 1850.

Il Comandante
Pfanzelter Generale

Il Capitano Maggiore Savageri
‘Comandante la Guarnigione I. e R. stanziata in Perugia

Perugia 26 Decembre 1850

Perugia 1850 Tipografia Santucci» (II D 132/108).

5) «NoTrFICAZIONE. Nel giorno 18 Agosto prossimo passato a Monte
Luce molti giovinastri armati di grossi bastoni si riunivano in massa, e quindi
marciando si aggiravano per varie contrade della Città, cantando canzoni
antipolitiche, lo che si permisero ancora nelle sere del 19 e 20 mese suddetto.

Con una simile dimostrazione esercitata nei due giorni precedenti nei
dintorni del Lago Trasimeno, si riproducevano circa le ore cinque pomeri-
diane del 9 corrente altri undici Giovinastri, i quali riunitisi in complotto si
facevano lecito di percorrere diversi punti della Città, muniti pure di grossi
bastoni, e con gridi e canti richiamavano sopra di loro l'ammirazione del
Pubblico. Vennero perció arrestati, e sottoposti al giudizio di una Commis-
sione Militare, ed a senso delle vigenti Leggi emanate in proposito, come
turbatori dell'ordine, e rei di dimostrazioni politiche vennero condannati :

Alessandro Gamboni, Attilio Rossi, Ridolfo Barberini, Giovanni Battista
Milio, Lazzaro Marsini, Napoleone Stornelli, Mauro Ceccarelli, e Ciro Falci,
tutti di Perugia, a trenta colpi di bastone.

Bernardino Bebbi ed Odoardo Rossi, anche di Perugia, perché di gracile
complessione a trenta colpi di bacchetta.

Alfonso Vitalucci pure Perugino non potendo per fisico difetto soppor-
tare la pena corporale, a quattordici giorni di arresto con trattamento a pane
ed acqua una volta la settimana.

La sentenza fu eseguita in questa Città il giorno 10 corrente alle ore
«cinque pomeridiane.

Tutto ciò si porta a comune notizia

Perugia 11 Settembre 1851
Dall'I. R. Comando della Città Il Comandante
Herakovic Maggiore
Tipografia Santucci » (II D 133/132).
RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO 161

2) «Avviso. Dopo la Notificazione pubblicata da Sua Eccellenza il
Signor Generale Maresciallo Governatore Civile e Militare di Bologna in data
del 27 Aprile testè decorso, è a ritenersi, che niuno oserà molestare chi fa uso
del Tabacco da naso e da fumo, né ardirà di scrivere sui muri esterni delle
case motti minatorii od altre epigrafi dirette ad impedire comunque l’eser-
cizio della libertà individuale, o ad esprimere idee sediziose. Quando però si
verificassero cotali inconvenienti, gli Autori andranno inesorabilmente sog-
getti alle pene corporali e all’altre comminate nella Notificazione citata. I
Proprietari poi ed inquilini delle case, ne’ muri delle quali si troveranno queste
od altre iscrizioni qualunque, dovranno di buon mattino toglierle o cancel-
larle perfettamente, dandone denuncia a questo I. R. Comando coll’indica-
zione de’ motti o scritti levati ; e se gli scritti o motti medesimi si trovassero
sopra pubblici Edifizi, l'obbligo di toglierli e cancellarli incombe al Custode
degli Edifizi stessi, od a chi ne ha la sorveglianza.

Quelli poi, che mancassero all’adempimento delle accennate prescrizioni,
soggiaceranno ad una multa di Scudi 5 ai 30 ; come saranno colpiti da pena
corporale que’ tali, che si permettessero di levare o cancellare stampe od af-
fissi governativi ; e ciò a seconda dei casi e delle circostanze.

Perugia 8 Maggio 1851

L’I. R. Capitano Comandante la Stazione
Wyttyg
Perugia, Tipografia Santucci, 1851 » (II D 133/46);

«I. R. COMANDO MILITARE IN PERUGIA. NOTIFICAZIONE. Dalla Commis-
missione Militare di Perugia fu condannata con Sentenza del 9 corrente Maria
Biagi di Città di Castello convinta dalle deposizioni giurate de’ Testimonj
risultanti da regolare incarto compilato, d’aver insultato in detta Città di
Castello alcuni che tranquillamente fumavano i zigari; e per tali dimostra-
zioni è stata condannata a 20 colpi di frusta, giusta la vigente pena contro
tali disturbatori dell’ordine pubblico, la quale pena fu eseguita il dì 9 cor-
rente in Perugia.

Ciò si porta a comune notizia.

Dall’I. R. Comando Militare in Perugia 10 Giugno 1851

I] Capitano Comandante Militare
Wittig
Tipografia di Vincenzo Santicci » (II D 133/71);

«I. R. COMANDO MILITARE IN PERUGIA. NOTIFICAZIONE. Giuseppe Lupa-
telli, e Mariano Lolli di Città di Castello, convinti per giurate deposizioni di
Testimoni di aver insultato ed offeso respettivamente in detta Città un indi-
viduo che tranquillamente fumava un zigaro, con Sentenza del giorno di oggi
della Commissione Militare residente in Perugia sono stati condannati il
Lupatelli a quaranta vergate, ed il Lolli a trenta colpi di bastone, ed all’ulte-
riore detenzione di un giorno di carcere.

11

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MARIO RONCETTI

Tali pene sono state immediatamente eseguite.

Ciò si porta a comune notizia.

Dall’ I. R. Comando Militare in Perugia oggi 18 Giugno 1851

Il Capitano Comandante
Rebracsa
Tipografia di Vincenzo Santucci » (II D 133/76).

2) « NOTIFICAZIONE. COMMISSIONE MUNICIPALE DI PERUGIA. In seguito
degli ordini dati da Sua Eccellenza Reverendissima Monsig. Commissario
Pontificio per le Provincie d'Umbria e Sabina di concerto coll’I. R. Co-
mando Austriaco sull’apertura e chiusura delle porte di questa Città in
tempo di notte, si previene il pubblico essere state adottate le seguenti
disposizioni.

1° Le due porte di S. Pietro e di S. Carlo resteranno aperte fino alle ore
due di notte. i

2° Le altre dette della Pesa, di S. Margherita, di S. Angelo, di S. Susanna
e del Bulagajo resteranno aperte fino all’un’ora di notte.

3° Le altre porte minori proseguiranno a chiudersi all’ora dell’Ave-
Maria.

4° Resta permesso l’ingresso e la sortita dalle dette porte di S. Pietro,
S. Carlo, Pesa, S. Margherita, S. Angelo, S. Susanna e Bulagajo anche dopo
la chiusura delle medesime a chiunque si presenterà all’Officiale Politico a
ciascuna porta stabilito, e gli esibirà il suo regolare passaporto se forastiero,
e il suo nome e cognome se Cittadino o della Delegazione, acciò possa esserne
presa nota unitamente all’indicazione del Luogo ove è diretto e dell’ora nella
quale avviene l’ingresso o la sortita, salve le ulteriori precauzioni che si cre-
desse aggiungervi in appresso per parte dell’Autorità Politica e Militare, le
quali all’opportunità saranno rese note al pubblico.

Perugia 16 Luglio 1851

Il Presidente
Filippo Giovio
Tipografia V. Santucci » (II D 133/91)

30) « NOTIFICAZIONE. MunICIPIO DI PERUGIA. Le Truppe I. e R. Austriache
di guarnigione in questa Città nel corrente mese, ad incominciare dal dì 6,
si eserciteranno nel tiro al bersaglio, occupandovisi in tutti i giorni dalle ore
4 del mattino fino alla sera interpolatamente nel terreno sulla sponda sinistra
del Tevere al di là del Ponte S. Giovanni. Poiché nell’esercizio suddetto i
soldati volgendo spalle al Tevere, e tirando al bersaglio situato nel pendio
del Colle detto il Monte Santa Croce dirigeranno le palle attraverso alla strada
che dal Ponte S. Giovanni conduce a Torgiano, non senza probabilità, che le
palle stesse possano giungere fino alla strada superiore del detto Monte di
S. Croce dal Ponte S. Giovanni a Miralduolo, se ne previene il pubblico
all'oggetto di evitare infortunj a chi durante il detto esercizio si approssi-
RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO 163

; masse al bersaglio, o attraversasse le strade suddette, non che i campi cir-
| costanti.

Perugia 4 Agosto 1851
I Consiglieri Amministratori Municipali
Filippo Giovio
È Giuseppe Borgia Mandolini
Prof. Sebastiano Purgotti
Ing. Luigi-Andrea Bartoli
Tipografia Santucci» (II D 133/105)

3) Cfr. LUIGI BONAZZI, op. cit., vol. II, p. 468.

3?) « NOTIFICAZIONE. I. R. COMANDO DI STAZIONE IN PERUGIA. Onde
punire la mal’intenzionata Comune di Ripa, ove... per replicate volte furono
eseguite resistenze all’Autorità Governativa, ove specialmente in caso di
tentato arresto di malviventi, fu fatta resistenza agli Organi della Legge...
invece di consegnare tali contraventori alla punitiva giustizia, loro si procac-
ciava ricovero. .. quest' I. R. Comando di Stazione. . . dopo intelligenza avuta
coll’Autorità Delegatizia, mandò nel giorno 24 andante un distaccamento
militare di esecuzione a spese della Comune nel nominato paese di Ripa.
Questo Comando di esecuzione avrà da rimanere in Ripa almeno per il tempo
di otto giorni, e finché tutti gli autori della sopra menzionata contravenzione
verranno consegnati alla giustizia...
$ Perugia li 28 Ottobre 1852

Per ordine del Sig. Generale Pfanzelter
I. R. Comandante della Città e Fortezza di Ancona
Il Comandante di Stazione
Menninger Maggiore
Tipografia Santucci » (II D 134/81).

3) «I R. COMANDO DI CITTÀ E FORTEZZA DI ANCONA. NOTIFICAZIONE
del 10 Ottobre 1855, emanata dal Generale Giorgio Marziani Cavaliere di
Sacile » (II D 137/72).

3) Disordini causati dalla riattivazione del dazio sul macinato. Cfr. No-
tificazione del Commissario Pontificio Straordinario dell’Umbria e Sabina
dell'11 dicembre 1849, Perugia presso Santucci (II D 138/36).

3) « I. R. COMANDO DELLA CITTÀ E FORTEZZA DI ANCONA. NOTIFICAZIONE.

Con Sentenza dell’I. R. Consiglio di guerra, radunatosi in Perugia il 3

corrente, venne decisa la causa criminale in titolo — alto tradimento —
che pendeva a carico di Niccola Barone Danzetta e correi, e fu giudicato :
] Rimanerne da vicino indiziati :

Antonio Pollaro, di Perugia, d'anni 39, ammogliato, muratore,

Giuseppe Stinghetti detto Casone, di Perugia, d'anni 59, ammogliato, cal-
zolajo,

Andronico Ansaldi, di Perugia, d'anni 37, ammogliato, calzolajo,
164 MARIO RONCETTI

Cesare Carocci, di S. Feliciano del Lago, d’anni 29, celibe, foriere nella finanza

Pontificia.

Ferdinando Bettini, di Perugia, d’anni 61, conjugato, calzolajo,
Alessio Socci, di Pioraco, d’anni 24,. celibe, tornitore,
Tertulliano Bettozzi, di Perugia, d’anni 30, ammogliato, indoratore.

Remotamente indiziati : x
Niccola Barone Danzetta, di Perugia, d'anni 33, ammogliato, possidente,
Francesco Moretti, di S. Feliciano del Lago, d'anni 40, celibe, scrittore,
Egiziano Bettini, di Perugia, d'anni 27, celibe, calzolajo,

Filippo Burelli, di Perugia, d'anni 52, ammogliato, scrittore.
Affatto innocenti :

Gaspare Conte Cesari, di Perugia, d'anni 47, celibe, possidente,

Tiberio Nobile Ansidei, di Perugia, d'anni 64, ammogliato, possidente,

Pericle Nobile Ansidei, di Roma, d'anni 26, celibe, dottore in legge, possi-
dente,

Francesco Blasi, di Perugia, d'anni 27, celibe, chirurgo,

Gabriele Salmareggi, di Spello, dimorante in Fuligno, d'anni 32, celibe,
sarto.

Ancona 21 Dicembre 1853

Il Comandante
Conte Hoyos
Generale » à
(II D 135/87). |

Il Danzetta era stato arrestato nella notte del 16 agosto 1852 sotto l'im-
putazione di appartenere ad una società segreta mazziniana ; ma in mancanza
di prove concrete era stato rilasciato il 6 aprile 1853. Dopo otto mesi inter-
venne la sentenza di cui sopra, che il Degli Azzi, forse per un errore mate-
riale, sposta al 21 dicembre 1858. Cfr. GrusriNiANOo DEGLI Azzi, Nicola Dan-
zetta, in: Dizionario del Risorgimento Nazionale, Milano, Vallardi, 1930, vol.
ID p. 3894 e S.

33) Pubblicazione del Giubbileo e annunzio delle SS. Missioni, 7 set-
tembre 1850, ove si legge : « L'anno che corre. . . esser doveva l'Anno Santo. . .
Anche il regnante Sommo Pontefice Pio IX avrebbe aperto questi tesori, e
chiamato i fedeli a parteciparne nella Metropoli del mondo cattolico, se le
tristi condizioni dei tempi non glielo avessero impedito. ..» (II D 132/74) ;
Indulto per la Quaresima dell'Anno 1852 e pubblicazione del Giubbileo, 18
febbraio 1852 (II D 134/13) ; Pubblicazione del Giubbileo, 17 ottobre 1854
(II D 136/72) ; Indulto per la Quaresima 1855, 16 febbraio 1855 (II D 1537/7).

7) 5 aprile 1851 (II D 133/30). Cfr. AscENso RICcCcIERI, Il santuario della
Madonna della Misericordia a Ponte della Pietra presso Perugia, Perugia,
Unione Tip. Coop., 1919.

8) 20 luglio 1853 (II D 135/55).
3) 7 gennaio 1854 (II D 136/1).
RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO 165

4) II D 136/10 e 13.

41) II D 137/4 e 6.

4) Tale è il tenore della Notificazione emanata dal delegato Lorenzo
Randi in data 22 luglio 1855 per i tipi del Santucci (II D 137/54). Analoghi

provvedimenti si incontrano per il 1854 (II D 136/49), per il 1853 (II D 135/57)

e per il 1851 (II D 133/94).

49) 23 settembre 1849 (II D 138/18).

4) 30 settembre 1849 (II D 138/24).

45) 28 luglio 1851 (II D 133/96).

4) 12 agosto 1851 (II D 133/114).

47) 21 maggio 1852 (II D 134/40).

4) II D 136/41.

4) II D 133/16; II D 135/46.

5) II D 133/106; II D 134/33 ; II D 135/45; II D 137/33.

3) II D 132/22; II D 132/114; II D 133/175.

9) Notificazione del commissario pontificio -straordinario Girolamo
D'Andrea del 18 luglio 1850 (II D 132/59) ; Notificazione dello stesso del 15
giugno 1851 (II D 133/73) ; Notificazione del delegato Alessandro Baldeschi-
Eugenj dell'11 giugno 1851 (II D 133/72) ; Notificazione del delegato Michele
Loschiavo del 3 giugno 1853 (II D 135/34).

58) « NOTIFICAZIONE. COMMISSIONE GOVERNATIVA DI STATO. Con Noti-
ficazione del 3 Agosto decorso nel riconoscere e ridurre i Boni dei sedicenti
Governi provvisorio e repubblicano, fu disposto che i boni stessi sarebbero
ritirati e concambiati con altri del legittimo Governo o sostituiti da valori
metallici per quanto le circostanze lo permettessero senza gravi sagrifizii.
Mentre il Governo si occupa di adottare un modo per eseguirne l’estinzione,
senza ricorrere alla creazione di nuovo debito verso l’estero a condizioni troppo
gravose, si rende ora necessario di togliere la discordanza che passa tra il
valore nominale dei boni in circolazione ed il valore ridotto, nonché le fra-
zioni della valuta stessa, che imbarazzano non poco la relativa computazione. . .
24 Settembre 1849

Roma 1849 - Nella Tipografia della Rev. Cam. Apostolica » (II D 138/23).

54) « MINISTERO DELLE FINANZE. NOTIFICAZIONE... 25 Aprile 1850

Roma 1850 - Nella Tipografia della Rev. Cam. Apostolica » (II D 132/36) ;
ciò non toglie che la minaccia dell’inflazione sia sempre incombente, come
risulta da « MINISTERO DELLE FINANZE. NOTIFICAZIONE... 28 Maggio 1850
- Perugia Tipografia Santucci » (II D 132/48), ove si legge: «Da qualche giorno
si sono sparse voci quanto allarmanti altrettanto insussistenti, che il Governo
sia nella determinazione di adottare il provvedimento di consolidare coattiva-
mente la carta monetata o di devenire alla diminuzione dell'attuale valore
della medesima... ».

5) « MINISTERO DELLE FINANZE. NOTIFICAZIONE... 27 Luglio 1850 »
(LI1132/63), Art. 1.
MARIO RONCETTI

5) Ibidem, Art. 2.

57) Ibidem, Art. 10.

58) Ho contato 64 di queste notificazioni, dal 1 ottobre 1850 al 22 di-
cembre 1855.

3) « Eprrro. Giacomo della Santa Romana Chiesa Card. Antonelli...
Pro-Segretario di Stato. Le provvide disposizioni della Santità di Nostro
Signore sull'ammortizzazione della carta moneta pubblicate colla notifica-
zione del Ministero delle Finanze dei 27 Luglio 1850 ottennero già in gran parte
il desiderato effetto, atteso che nello spontaneo concorso degli acquirenti dei
certificati di credito sul pubblico tesoro fu annullata circa la metà della carta
moneta che già era in circolazione, e per tal fatto, e per le stabilite misure di
successiva ammortizzazione di molto alleviati sono quei mali che conseguenze
erano della eccessiva emissione della carta moneta, frutto de' passati scon-
volgimenti... [occorre continuare su questa strada]... é sembrato intanto
opportuno di provvedere al regolare corso di quella quantità di carta moneta
che era per rimanere in circolazione, nella quantità di scudi 3,710,000 fonden-
dola tutta in una nuova carta che verrà denominata di surrogazione... Per
tal modo sarà garantita la precisa quantità della carta moneta che rimane
in circolazione : sarà allontanato il pericolo delle falsificazioni, sarà tolta ogni
differenza tra le diverse specie di carte che sono in corso, ed in fine sarà rassi-
curata la fiducia e tranquillità del commercio. . . » (II D 133/70) ; « NOTIFI-
CAZIONE. Adesivamente a quanto é prescritto nel par. 7 dell'Editto dell'Emo
Sig. Cardinal Pro-Segretario di Stato de' 10 Giugno scorso la Commissione
speciale per l'ammortizzazione della carta moneta ed il Pro-Ministro delle
Finanze hanno stabilito il seguente regolamento per la emissione de' Boni in
surrogazione e pol ritiro e bruciamento di quelli che sono in circolazione...
20 Agosto 1851 » (II D 133/116).

9?) « Eprrro. Giacomo della S. R. C. Card. Antonelli... Segretario di
stato.

Inerendo a quanto venne annunciato dal Pro-Ministro delle Finanze
nella Notificazione delli 3 Settembre 1853 sulla estinzione della carta mo-
neta, la Santità di Nostro Signore si é degnata di emanare le sue definitive
determinazioni per il compimento della estinzione medesima in un adequato
spazio di tempo da non arrecare intralcio al Commercio. . .

1. I Boni del Tesoro della valuta di Scudi Cinquanta, di Scudi Venti,
di Scudi Dieci, e di Scudi Cinque cesseranno rispettivamente dal corso coat-
tivo alle qui sotto notate scadenze nel corrente anno 1854... 21 Gennaio
1854 » (II D 136/6).

61) « Avviso. Adesivamente all'avviso pubblicato li 4 Novembre andante,
ed in esecuzione degli ulteriori ordini emanati dalla Santità di Nostro Signore,
verrà col giorno primo Decembre prossimo dal Banco de’ depositi del sagro
Monte di pietà in Roma incominciato il cambio in moneta di oro ed argento
dei Boni del Tesoro di scudi cinque in ogni giorno, eccettuati i giorni festivi, a

? è
Led
A

RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO 167

banco aperto dalle ore nove antimeridiane alle tre pomeridiane, e sarà con-
tinuato a tutto il giorno 20 dello stesso mese di Decembre, nel qual giorno
cesserà il corso de’ Boni medesimi, che a seconda dell’Editto 21 Gennajo del
corrente anno avrebbe dovuto terminare col giorno 31 Decembre suddetto.

Andando poi a compiersi coll’enunciato giorno 20 Decembre la opera-
zione del ritiro di tutta la carta moneta governativa, rimarranno di niun va-
lore i Boni del Tesoro di qualunque valuta presso chiunque trovinsi,.e non
saranno più cambiati, né più ricevuti d’alcuna Cassa Camerale.

Dal Ministero delle Finanze li 15 Novembre 1854

Il Pro-Ministro
Angelo Galli

Roma 1854 - Tipografia della Reverenda Camera Apostolica» (II D
136/79).

« Avviso. Sulle dimande promosse da varie Amministrazioni in seguito
delle disposizioni emanate dal Ministero delle Finanze con Avviso del 15
Novembre sul cambio in moneta d’oro ed argento de’ Boni del Tesoro di scudi
cinque, fermo che debba cessare il corso coattivo de’ suddetti Boni nel giorno
20 del corrente mese di Dicembre, è concesso, che, a maggior comodo de’ pos-
sessori de’ medesimi, possano questi essere ricevuti nelle Casse Camerali in
pagamento di qualunque dazio e tassa a tutto il 10 Gennajo 1855. Fino alla
detta epoca potranno pure essere cambiati in effettivo numerario dal Banco
de’ depositi del Sacro Monte di Pietà in Roma.

Dal Ministero delle Finanze li 4 Dicembre 1854
I] Ministro

G. Ferrari
Roma 1854 - Tipografia della Reverenda Camera Apostolica» (II D
136/89).

62) «MINISTERO DELLE FINANZE. NOTIFICAZIONE. Volendosi coll’appro-

vazione di Sua Santità togliere dalla circolazione le monete di rame coniate
dalla sedicente Repubblica Romana, si prescrive quanto appresso :

Le monete di rame di qualunque valuta della sedicente Repubblica
Romana saranno tollerate nella circolazione fino a tutto il giorno Quin-
dici del prossimo venturo mese di Gennaro... 12 Decembre 1851» (II.D
133/168).

$3) « IMPERIALE E REALE COMANDO DELLA CITTÀ E FORTEZZA DI ANCONA.
NOTIFICAZIONE. Essendo le piccole monete Austriache di Sei Carantani, che
circolano in queste Provincie destinate secondo la Legge solamente per la
Monarchia Austriaca, ed essendo state qui introdotte illegalmente da alcuni
speculatori ; si dichiarano in seguito alle Superiori disposizioni abbassate da
Sua Eccellenza il Sig. Comandante il 2do Esercito dell’ Impero, Governatore
Generale Civile e Militare del Regno Lombardo-Veneto Feld-Maresciallo
conte Radetzky, coll’ultimo giorno del mese corrente Ottobre, fuori di corso
per le Provincie della Santa Sede, occupate dalle II. RR. Truppe, per cui


168 MARIO RONCETTI

coloro che, spirato il suddetto tempo, ne saranno possessori, dovranno a loro
stessi attribuirne il danno.

Ancona li 15 Ottobre 1850

Il Comandante
Pfanzelter Generale

Per Sartorj Cherubini e Comp. » (II D 132/84) ;

« NOTIFICAZIONE. IL COMMISSARIO PONTIFICIO STRAORDINARIO DEL-
L’UMBRIA E SABINA. In seguito delle disposizioni dell’I. e R. Comando della
Città e Fortezza di Ancona, pubblicate con Notificazione di S. E. il sig. Ge-
nerale Pfanzelter, cesserà anche in questa Provincia col 30 andante il corso
delle monete di Sei Carantani, non riconosciuto legale che nella sola Monar-
chia Austriaca... [seguono disposizioni per il cambio].

Dato dalla Residenza questo dì 24 Ottobre 1850

Il Commissario Pontificio Straordinario Girolamo de’ Marchesi d'Andrea
Arcivescovo di Melitene

In Perugia Presso Vincenzo Santucci » (II D 132/87).

*) « NOTIEICAZIONE. MINISTERO DELLE FINANZE. Richiedendosi istante-
mente dal Commercio nell’attuale scarsezza di numerario circolante una
maggior copia di moneta di rame, tanto vantaggiosa per uso delle minute
contrattazioni e del piccolo concambio... [viene disposta l'emissione di una
nuova moneta di rame puro del valore di 5 baj.]

Roma 1849 - Nella Tipografia della Rev. Cam. Apost. » (II D 138/19).

6) « EpITTo. Giacomo della S.R.C. Card. Antonelli... Segretario di
Stato.

Fra le provvidenze adottate dalla Santità di Nostro Signore per ricon-
durre allo stato normale la circolazione della specie metallica nei Suoi Do-
minj... [è stata decisa la coniazione di una piccola moneta d’oro del valore
di uno scudo. D = Effigie di Pio IX ed epigrafe : Pius iX PON. MAx.; RH =
Leggenda : 1 scupo e millesimo entro una corona d’alloro].. .

21 Giugno 1853 » (II D 135/43).

**) I biglietti della Banca Romana vengono ritirati e sostituiti con buoni
del tesoro. Cfr. Notificazione della Commissione Governativa di Stato del 15
dicembre 1849 (II D 138/39) e Notificazione del Ministero delle Finanze del
2 aprile 1850 (II D 132/27).

*) Notificazione del Ministero delle Finanze del 29 aprile 1850 (II D
132/38).

*) Ibidem. Cfr. anche sulla costituzione della nuova banca la Notifica-
zione del Ministero delle Finanze del 22 febbraio 1851 (II D 133/15) e per lo
statuto della stessa la Notificazione del Ministero delle Finanze del 25 giugno
1851 (II D 133/82).

®) Notificazione della Commissione Governativa di Stato del 26 novembre
1349 (II D 138/34); Notificazione della Commissione Municipale di Perugia
del 1 dicembre 1849 (II D 138/35) ; « Regolamento per la percezione del Dazio

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RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO 169

sul Macinato nelle Provincie dello Stato Pontificio compreso l’ Agro Romano »
pubblicato dal Ministero delle Finanze il 27 novembre 1852 (II D 134/84/85).

^?) « NOTIFICAZIONE. MINISTERO DELLE FINANZE. Fra le tasse governa-
tive in vigore nello Stato Pontificio avanti il 16 Novembre 1848, in che ebbero
principio gli sconvolgimenti politici, si noverava la tassa di barriera ; tassa
che vigeva e vige tuttora in altri Stati finitimi... Si ordina 1. A datare dal

primo Settembre prossimo è ripristinata la tassa di barriera... 2. La tassa
medesima sarà percetta dagli Ufficii Doganali ai confini... su tutti i carri e

bestie da soma e da sella, non che sui legni da viaggio e vetture d’ogni specie,
che effettivamente s’introducano al confine per qualunque strada, e con qua-
lunque destino...

Dal Ministero delle Finanze il 28 Agosto 1849

Il Pro-Ministro
Angelo Galli

Roma 1849 - Nella Stamperia della R. C. A.» (II D 138/2).

7) « MINISTERO DELLE FINANZE. NOTIFICAZIONE. Tutti sono testimoni
delle angustie economiche del Governo : e tutti conoscono le cause che hanno
prodotta l’espilazione dell’Erario, e l’accrescimento smisurato delle sue pas-
sività. Nella urgenza di portarvi riparo... [viene disposto l’aumento delle
tasse di Bollo e Registro].

Dal Ministero delle Finanze il 22 Agosto 1850

Il Pro-Ministro delle Finanze
Angelo Galli

Roma 1850 - Nella Tipografia della Rev. Cam. Apostolica» (II D
132/70).

7?) « MINISTERO DELLE FINANZE. Regolamento per l'esigenza della tassa
di consumo sopra generi coloniali [zucchero, caffè, cannella, garofani, noci
moscate, té, cacao, pepe] » del 7 febbraio 1852 (II D 134/11);

« MINISTERO DELLE FINANZE. Regolamento disciplinare in esecuzione
al disposto su i generi coloniali con l'Editto contemporaneo di S. E. Rma il
Sig. Cardinale Segretario di Stato... 7 Ottobre 1854» (II D 136/69). Cfr.
nota 76.

=) «Eprrro. Giacomo della Santa Romana Chiesa Cardinale Antonelli. . .
Pro-Segretario di Stato... 14 Ottobre 1850 » (II D 132/83).

7) Ibidem; cfr. inoltre: Notificazione del Ministero delle Finanze del
24 ottobre 1850 (Regolamento e Tariffa) (II D 132/96), Notificazione del Mi-
nistero delle Finanze del 12 dicembre 1850 (Regolamento e Tariffa) (II D
132/104), Circolare del Ministero delle Finanze del 18 aprile 1851 per l’applica-
zione del nuovo tributo con i temperamenti suggeriti dall’esperienza (II D
133/37), Notificazione del Ministero delle Finanze del 15 novembre 1854
comportante una mitigazione della tassa (II D 137/78) e Notificazione del Mi-
nistero delle Finanze del 28 novembre 1855 con altre facilitazioni circa l’esa-
zione della tassa stessa (II D 137/79).
—X

170 MARIO RONCETTI

7) « EpITTo. Giacomo della S. R. C. Card. Antonelli... Pro-Segretario
di Stato... 21 Luglio 1851» (II D 133/93).

"?) « Enrrro. Giacomo della S. R. C. Card. Antonelli... Pro-Segretario
di Stato. . . 7 Febbraio 1852» (II D 134/12) ; « NoTIFICAZIONE. Giacomo della
S. R. C. Card. Antonelli... Segretario di Stato... 8 Agosto 1854 » (II D 136/
54) ; « EprrTO. Giacomo della S. R. C. Card. Antonelli... Segretario di Stato.
Quando con l'ajuto della Divina Provvidenza l'Autorità Pontificia fu resti-
tuita negli Stati della Chiesa la Santità di Nostro Signore dovette con dolore
conoscere le profonde conseguenze delle dilapidazioni e del disordine cui era
rimasta in preda la pubblica amministrazione dello Stato, e fu necessario
spiegare tutta la energia per accorrere a tanti imponenti bisogni, affidandosi
per il resto al tempo ed all'assistenza divina. Oltre l'ingente dispendio di piü
milioni sostenuto per ristabilire e consolidare l'ordine nello Stato, e riorga-
nizzare i varii rami della pubblica azienda manomessi, dal che forte sbilancio
presentavano le indispensabili spese che sostener deve il Governo a fronte
della rendita, otto milioni circa di carta moneta in boni di varie specie ave-
vano corso forzoso, e tutti conoscono quale danno derivasse da ció al com-
mercio e quale scontentamento ai sudditi. Una delle prime cure del S. Padre
fu quella di ordinare che le maggiori possibili restrizioni e semplicità s'intro-
ducessero nella pubblica amministrazione, e si adottassero disposizioni atte
a diminuire l'imbarazzo della carta moneta ed a farla quindi gradatamente
sparire del tutto dalla circolazione. Questi provvedimenti hanno raggiunto
il loro effetto e fra poco il residuo della carta moneta circolante sarà intera-
mente ritirato. Per far fronte peró a tanti e cosi imperiosi bisogni fu forza
ricorrere ad espedienti che non hanno potuto non costare sagrifizj, e che
mentre hanno somministrato al pubblico Erario i mezzi per soddisfare gl'im-
pegni dello Stato e procedere al totale ritiro della carta moneta, non hanno
potuto dare quelle stabili risorse, che ad onta delle economie praticate nei
varii rami della pubblica amministrazione e delle altre che si stanno prepa-
rando si rendono necessarie per bilanciare le rendite con le inevitabili spese
dello Stato. A conseguire quindi uno scopo cosi importante... [vengono ema-
nate le seguenti disposizioni: 1) Aumento dei dazi d'introduzione 2) Aumento
dei dazi di estradizione 3) Aumento delle tasse di consumo su generi coloniali |
4) L'aumento sulla dativa reale e suoi accessorj, imposto per vari anni e da
ultimo colla Notificazione degli 8 Agosto prossimo passato, viene reso normale
dal 1 Gennaio 1855 in appresso. Desso sarà ripartito proporzionatamente nei
sei bimestri... 7 Ottobre 1854 » (II D 136/68).

7) Notificazione del Ministero delle Finanze del 29 febbraio 1852 (II D
134/16); Notificazione del Ministero delle Finanze del 2 maggio 1850 (II D
132/41); Notificazione del Ministero delle Finanze dell'8 maggio 1850 (con-
trabbando degli stracci in pregiudizio delle cartiere) (II D 132/43) ; Notifica-
zione del Ministero delle Finanze del 13 settembre 1854 (contrabbando di
pesce nelle Valli di Comacchio) (II D 136/60) ; ma le notificazioni in materia

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RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO 171

sono numerosissime (cfr. II D 133/80/83/88/121/137/138/139/149 ; II D 134/
65; II D 135/54/56/58/61/65/70/91 ; II D 136/76). Nell'intento di prevenire
il contrabbando é stipulato anche un accordo doganale con il Granducato di
Toscana :

« MINISTERO DELLE FINANZE. NoTIFICAZIONE. Nell'intendimento di re-
golare quanto meglio é possibile il transito sul territorio Pontificio dei generi
e delle merci che si spediscano alla Toscana, e viceversa di quelle che dalla
Toscana stessa sieno dirette allo Stato Pontificio, i due Governi sono venuti
nel giorno 29 Novembre decorso in un Concordato, il quale senza aggravio
del commercio valga a tutelare dal contrabbando gl'interessi del medesimo, e
l'indennità delle rispettive Finanze... [segue il regolamento delle dogane di
confine]... 27 Dicembre 1850» (II D 132/113).

') Notificazione del Ministero delle Finanze del 20 giugno 1854 (II D
136/40).

7) « MINISTERO. DELLE FINANZE. NOTIFICAZIONE. Nella massima che le
tariffe doganali debbono secondare le produzioni indigene, seguire le tendenze
del commercio, animare e proteggere le interne manifatture... [vengono
apportate modificazioni alle tariffe doganali, come risulta da apposita ta-
bella]... 25 Aprile 1852 » (II D 134/32). Tuttavia il contrabbando costringe
il governo a fare parzialmente macchina indietro, specialmente per quanto
concerne i dazi sui generi coloniali, per i quali viene abolito il Regolamento
del 7 ottobre 1854: « Eprrro. Giacomo della S. R. C. Card. Antonelli...
Segretario di Stato. Riconosciuta la opportunità di portare talune riforme
alla Tariffa doganale le quali, nel giovare agl'interessi generali dello Stato,
valgano principalmente a secondare lo sviluppo del commercio ed a garantire
l'industria interna frenando la dannosa concorrenza che esercita sull'uno e
sull'altra la speculazione del contrabbando... 1 Giugno 1855 » (II D 137/27).

80) « NOTIFICAZIONE. COMMISSIONE GOVERNATIVA DI STATO. La franchi-
gia dei dazi d’introduzione, della quale godono i porti di Ancona e Civita-
vecchia, ebbe sempre lo scopo di favorire... il Commercio d’importazione
dall’Estero nello Stato... [Non può riguardare anche i prodotti (cereali, olio,
vino, bestiame) di produzione interna, che vengono protetti, vietandone l’in-
troduzione o gravandola di dazio]... 1 Febbraro 1850 » (II D 132/12). La re-
stituzione della piena franchigia ai due principali porti dello Stato avviene
con l’Editto del Segretario di Stato del 26 febbraio 1855 (II D 137/9). Il prov-
vedimento di soppressione delle franchigie dovette essere un grave colpo per
l'economia già languente delle due città: cfr. DomENICO DEMARCO, Il tra-
monto dello Stato pontificio, Torino, Einaudi, 1949, pp. 211-217.

#1) Esso comprende le fiere annuali fisse, le fiere mobili e i mercati setti-
manali; è pubblicato dal commissario pontificio straordinario dell'Umbria
e Sabina il 20 ottobre 1850 (Tipografia di Vincenzo Santucci) (II D 132/86).

82) Si svolgeva dal 6 al 25 novembre (II D 138/6 ; II D 133/136 ; II D
134/72 ; II D 136/57 ; II D 137/64).

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172 MARIO RONCETTI

#9) La « Fiera del Perdono » si teneva ad Assisi il 19 ottobre e a S. Maria
degli Angeli il 26 ottobre (II D 137/74).

*) Di nuova istituzione, per il 2 agosto di ogni anno (II D 137/65).

$) Si svolgeva dal 13 al 27 agosto (II D 134/57; II D 135/50; II D
1396/33; II D 137/81).

*) Spostata dal 9 maggio al 25 giugno (II D 132/23 ; II D 133/14).

*) Di nuova istituzione, si teneva il lunedi, martedi e mercoledi suc-
cessivi all'ultima domenica di aprile (II D 133/34 ; II D 133/52)

$) Spostata dal 20 ottobre al 18 agosto (II D 135/10).

*) Si svolgeva dal 23 agosto al 6 settembre (II D 134/56 ; II D 135/51;
II.D. 136/34; IL.D. 137/32),

®) Di nuova istituzione, per i giorni 27 giugno e 26 settembre (II D
136/65).

©) Di nuova istituzione, per il lunedì dopo la domenica fra l'ottava della
festa di S. Antonio di Padova (II D 132/20).

*?) La più importante fiera della Romagna e tra le maggiori dello Stato
Pontificio si teneva dal 1° al 15 settembre di ogni anno (II D 133/79 ; II D
134/58 ; II D 135/49 ; II D 136/35 ; II D 137/30). Cfr. ALFonso LAZZARI, La
sommossa e il sacco di Lugo nel 1796, Imola, Galeati, 1965, p. 30.

*) Il 21 settembre e il 20 ottobre (II D 135/25).

*) Il 7 ottobre e il 18 novembre (II D 133/112).

*) Di nuova istituzione, per il giorno 12 luglio (II D 133/33).

*) Alla Quercia presso Viterbo, due volte all'anno, in primavera e in
autunno, si teneva una importante «fiera di assegna» (II D 133/48/126;
II D 134/29/71/76 ; II D 135/16/67 ; II D 136/26/27/58 ; II D 137/19/60).

*) Il 19 luglio (II D 134/55).

*) L'ultimo lunedi di settembre (II D 134/82).

*) La più rinomata fiera dello Stato Pontificio si svolgeva dal 20 luglio
all'8 agosto (II D 132/34/42 ; II D 133/31/32 ; II D 134/25 ; II D 135/20/47 ;
II D 137/17). Già grande mercato internazionale, famoso per il numero dei
partecipanti e per la ricchezza degli scambi, da qualche decennio era entrata
in crisi, nonostante le franchigie di cui godeva, soprattutto per la concor-
renza di altri porti dell'Adriatico. Cfr. DouwENIco DEMARCO, op. cil., pp. 153-
157, 212-214.

100) La fiera di Todi era denominata di S. Maria e si svolgeva il 26 marzo.
Ma nel 1853, cadendo in quel giorno il sabato santo, viene anticipata al 22
marzo (II D 135/4).

"') Di nuova istituzione, per il 5 giugno (II D 136/22).

102) « REGOLAMENTO di Polizia de’ Dominii della Santa Sede. La Commis-
sione Governativa di Stato, volendo dare all'azione della Polizia norme de-
terminate ed uniformi negli Stati della Santa Sede, ordina l'esatta osservanza
del presente Regolamento... [300 articoli].

Dato in Roma dalla nostra Residenza del Quirinale il di 17 Marzo 1850. . .
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RIFLESSI DEL TRAMONTO DELLO STATO PONTIFICIO 173

Roma 1850 - Tipografia della Rev. Cam. Apostolica » (II D 132/24).

1) Pubblicata con Editto del cardinale Antonelli il 28 ottobre 1850
(II D 132/88).

1“) Pubblicato in data 3 luglio 1852 (II D 134/50).

^?) Emanate dal Ministero del Commercio nel 1853 (II D 135/11).

19) Si tratta di una riforma parziale, tendente a realizzare una maggiore
sicurezza ed economia delle parti litiganti. Notificazione del Segretario di
Stato dell’11 marzo 1854 (II D 136/19).

!") Notificazione del Ministero delle Finanze del 3 ottobre 1854 (II D
136/66).

^") Editto del cardinale Antonelli del 29 novembre 1851 (II D 133/163).
Cfr. anche il Regolamento per l'applicazione dei Bolli Franchi alla corrispon-
denza epistolare, con la relativa tariffa, del 19 dicembre 1851 (II D 133/172)
e l'Avviso al Pubblico del Ministero delle Finanze del 23 aprile 1852 (II D
134/31).

19?) « NOTIFICAZIONE. Giacomo della S. R. C. Cardinale Antonelli...
Segretario di Stato. Trovandosi in esercizio la linea longitudinale telegrafica
nello Stato Pontificio fra gli estremi confini Napolitano ed Estense, e potendo
attivarsi una regolare corrispondenza telegrafica cosi per l'interno dello Stato,
come anche in comunicazione cogli Stati Esteri...

1. Cominciando dal primo giorno del prossimo Aprile é permesso anche

ai Privati l'uso dei telegrafi elettrici per tutto lo Stato... [Segue l'indica-
zione delle sedi degli uffici telegrafici e la tariffa]... 27 marzo 1855» (II D
197/12).

") Convenzione postale con l’Austria (sulla base della Convenzione
Fondamentale per una Lega Postale Austro-Italica conclusa a Firenze il 5
novembre 1850), pubblicata con Notificazione del Segretario di Stato del 27
luglio 1852 (II D 134/62) ; Tariffa delle Tasse relative alle lettere, stampe,
mostre, o campioni a seconda della convenzione postale Austro-Italica, pub-
blicata in data 27 settembre 1852 (II D 134/66) ; Convenzione postale con la
Francia, pubblicata con Notificazione del Segretario di Stato del 7 giugno
1853 (II D 135/36) e relativa Tariffa, notificata in data 26 settembre 1853
(1I D 135/72) ; Convenzione telegrafica con il Regno delle Due Sicilie, pubbli-
cata con Notificazione del Segretario di Stato del 2 ottobre 1854 (II D 136/44).

11) « NOTIFICAZIONE. Giacomo della S. R. C. Card. Antonelli... Segre-
tario di Stato. Il Trattato conchiuso fin dal 16 settembre 1840 sotto il ponti-
ficato di Gregorio XVI di sa: me: fra il Governo della S. Sede, e quello di
S. M. Ferdinando II Re del Regno delle due Sicilie, stabiliva i confini terri-
toriali dello Stato Pontificio, e del Regno di Napoli. Mentre peró i due Governi
proseguivano sotto il regnante Sommo Pontefice Pio IX a prendere i concerti
sulle norme legislative da adottarsi in ordine ai confini medesimi, sopravven-
nero le vicende politiche, per le quali ne fu sospeso il compimento. Dovendosi
ora riassumere le trattative ulteriori, si è trovato opportuno di pubblicare

de 4, |
0 09 CSR SD. CN * 174 MARIO RONCETTI

intanto il Trattato testuale, riservando all’una, ed all’altra parte il possesso
del rispettivo territorio di confine convenuto allorché verranno intieramente
ultimate le conferenze, ed emanata dai Governi stessi la suddetta legge.
Roma dalla Segreteria di Stato li 15 Aprile 1852...» (II D 134/26) ; « Norr-
FICAZIONE. Giacomo della S. R. C. Card. Antonelli... Segretario di Stato.
Essendosi conchiusa, e ratificata dalla Santità di N. S., e da S. M. il Re del
Regno delle due Sicilie la convenzione addizionale, o regolamento contenente
le norme legislative riguardanti la di già stabilita confinazione tra lo Stato
Pontificio, ed il Regno di Napoli, la stessa Santità Sua ci ha ordinato di pub-
blicare, siccome nel Sovrano Suo Nome pubblichiamo la Convenzione mede-
sima. Roma dalla Segreteria di Stato il Primo Luglio 1852. . . » (II D 134/39).
In esecuzione dell'art. 2 di tale Convenzione, viene ordinato il trasferimento
delle iscrizioni e trascrizioni ipotecarie dalle Conservatorie dell'uno a quelle
dell'altro Stato e viceversa: Notificazione del Segretario di Stato del 21
aprile 1853 (II D 135/19).

12) Notificazione del Segretario di Stato del 16 agosto 1852 (II D 134/53).

13) Notificazione del Segretario di Stato del 12 ottobre 1853 (II D 135/41).

14) Notificazione del Segretario di Stato del 12 ottobre 1853 (II D 135/28).

15) Notificazione del Segretario di Stato del 7 dicembre 1853 (II D
135/80).

11) Notificazione del Segretario di Stato del 24 luglio 1854 (II D 136/45).

17) Notificazione del Segretario di Stato del 25 settembre 1854 (II D
136/62).

15) Testimonianza significativa, in quanto proveniente da un sacer-
dote, è quella di Giambattista Marini nella sua Cronaca. Cfr. Bollettino della
Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, vol. LXII, pp. 100-103.

19) È Ja tesi centrale dell'opera di Domenico Demarco più volte citata.

e

|
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Note e documenti

JEN proposito degli incunabuli

della Biblioteca Comunale di Assisi

Nella sua recensione del Catalogo degli incunaboli della Biblio-
teca Comunale di Assisi compilato da GrusEPPE ZACCARIA, Firenze,
Leo S. Olschki Editore, 1961, Dennis E. Rhodes richiama l’at-
tenzione su quattro libri che non sono di data anteriore al 1501,
e perciò sono impropriamente inclusi in un catalogo di incunaboli.
Dopo un attento studio eseguito non vedo alcuna ragione di modi-
ficare questa e le altre osservazioni del dott. Rhodes. Le sue con-
clusioni sono troppo miti: quelli che lui descrive come piccoli di-
fetti sono in realtà spie di gravi errori occorsi nel lavoro 1).

Il catalogo contiene 350 voci numerate e la sola sua ampiezza
basterebbe a renderlo importante. Contiene anche indici dei luoghi
e delle date di pubblicazione. C'é una generosa serie di concordanze
con i principali repertori bibliografici citati. La maggior parte
della collezione proviene da monasteri soppressi con le leggi del
1860 e 1866, cosicché il catalogo ha tutte le premesse di uno studio
di una certa importanza. Nella prefazione l'Autore dichiara : « Nella
compilazione del presente catalogo mi sono attenuto il piü possi-
bile alle norme ministeriali » ?). Probabilmene si tratta delle norme
stabilite all'inizio dell’Indice generale degli incunaboli delle biblio-
teche d'Italia*), che sono quanto di più moderno si possa deside-
rare. A giudicare con criteri bibliografici questo catalogo sembre-
rebbe destinato a prendere posto insieme agli importanti e dotti
cataloghi della stessa serie: quello di Ferrarini sugli incunaboli di
Mantova, e quello di Fava sugli incunaboli di Modena. E vero
che esso è un catalogo bibliografico, ma come tale non è soddisfa-
cente per le ragioni che seguono.

Prima di tutto: le dimensioni dell'opera traggono in inganno :
il catalogo contiene circa una quarantina di duplicati e copie mul-
tiple. Due stampe restanti sono in realtà datate dopo il 1500, es-
sendo parti di opere la cui stampa inizió nel periodo incunabolistico.

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È abbastanza ragionevole includerli nel catalogo perchè fanno
parte della raccolta, ma è errato numerarli. Spesso è difficile sta-
bilire quali libri siano stati pubblicati separatamente ; il BMC
separa alcune opere che il GW. cataloga assieme, mentre l'IGI
riporta separatamente alcuni libri che il BMC tratta assieme.
P. Zaccaria non appare deciso su questo punto. Non cataloga sotto
un unico numero tutti i libri rilegati assieme, ciò che toglie coerenza
alla sua numerazione, in cui non è adottato un criterio unitario;
ad esempio il n. 293 è un duplicato di una parte del n. 292. Un
lavoro in tre parti è così catalogato : n. 95, parti 1e 2, n. 96, par-
te 3. Lo sfoggio di citazioni non salva. Bisogna consultare H. per
scoprire l'IGI 4778 nascosto e non segnalato come parte 2 del n. 67.
Lasciando un certo margine per eventuali differenze di opinioni,
il catalogo non può contener più di 310 incunaboli e non è perciò
poi una collezione così importante come potrebbe sembrare.

La storia della stesura dei cataloghi è lunga. È la storia della
formazione di metodi studiati in modo da possedere ad un tempo
precisione e brevità. Tali doti rendono possibile vedere dove una
data voce dovrebbe trovarsi e così rendono possibile il richiamo di
informazione. Il nome dell’autore è risultato essere la « costante »
più efficace nella sistemazione delle informazioni bibliografiche.
E di solito cataloghi di libri sono ordinati per autore secondo quel-
l'ordine. I lavori di ogni autore sono riportati in ordine alfabetico
progressivo, secondo i loro titoli. Sebbene questo sia un sistema
arbitrario, ha il vantaggio di essere universalmente conosciuto. Ma,
a quanto pare, non da P. Zaccaria: un medesimo libro appare
sotto i numeri 158 e 168, e i numeri 255 e 258 sono identici. È vero
che non è facile basarsi sul titolo di alcuni dei primi libri a stampa
perchè non hanno titolo, come sappiamo, ma ci si può lasciar gui-
dare dalle voci delle opere di buona fonte di cui uno si serve, o
prendere una decisione adeguata suggerita dallibro stesso. La scienza
del compilare cataloghi richiede soltanto che le voci siano prevedibili.
P. Zaccaria mette un titolo, sembra a caso ; certe volte lo prende
dal libro, altre seguendo la continuazione di voci dei repertori che
ha fra le mani. Anche nella forma c'é mancanza di sistematicità :
per esempio Albertus Magnus, nn. 2-17, e Nicholaus de Lyra,
nn. 215-220.

Anche i nomi degli autori sono sistemati in modo imprevedibile :
Robertus Capito avrebbe dovuto essere catalogato sotto Grosse-
teste, che è il suo patronimico ; il nome in forma francese non si
A PROPOSITO DEGLI INCUNABULI DELLA BIBL. COM. DI ASSISI 177
trova nel catalogo mentre la traduzione inglese « Greathead »
che vi si trova non è usata. Per compensare la mancanza di sistema-
ticità il catalogo è stato riempito di riferimenti ; alcuni sono ridon-
danti, ma servono a dare un’apparenza di serietà e sistematicità.
Una persona che si serve normalmente di convenzioni sa che deve
capire quale metodo l’autore usa per evitare ripetizioni, ma poi si
attende di essere guidato direttamente e con chiarezza verso le
notizie che cerca. E questa è la prima regola nei riferimenti. È vio-
lata nella prima riga :

p. 1. ABUBECKER, Mahomet vedi Rnasis sive...

p. 77. RHAsIs sive ABUBECKER, Mahomet vedi n. 215 JOHANNES
de Ketham.

Non si é guadagnato nulla finora :

p. 58. JOHANNES de Ketham, Fasciculus Medicinae.

E una voce che non spiega il rapporto con Rhasis, e viola la
seconda regola sui riferimenti. La medesima è violata anche a
Dazzi

RHOLLANDELLUS, Franciscus vedi NonIius, Marcellus.

Quando si arriva a p. 69 (n. 268) non si trova cenno di Rhollan-
dellus. Due opere stampate insieme all’opera di Nonius non trovano
riferimento nella forma del nome usato per indicare la loro presenza
nella voce principale. Un altro volume multiplo non è sufficiente-
mente dichiarato, e pare che il P. Zaccaria abbia confuso, il n. 296
non è fornito di adeguati riferimenti. Non c’è nessun riferimento
per la forma in volgare del nome Gualterus Burlaeus. Forse ci sa-
ranno nel lavoro altri casi dubbi come questo.

Alcuni errori sono indicazioni di una lettura poco attenta delle
bozze. Ci sono citazioni scomplete del BMC ai numeri 200, 278, e 280.
Un'intera riga è stata omessa da due voci : del n. 108 si trovano le ci-
tazioni nelle concordanze, mentre del n. 266 esse non vi si trovano.
L’apostrofo nei particolari del luogo e stampatore del n. 266 è
diventato una virgola al n. 267 (questo è stato stampato dallo stesso
stampatore del precedente) e ciò rende il tutto incoerente. In tutto
il lavoro la punteggiatura è imprecisa, tanto da dar l’impressione
di una certa mancanza d’attenzione e forse di consapevolezza nei
riguardi dello stile necessario alla compilazione di un catalogo.
Tutto ciò mette in causa la catalogazione dei libri.

Vediamo ora le regole che presiedono all'esame degli incuna-
buli, regole che conducono a catalogare le voci in una forma che si

12

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Pat coerenti
178 JEROME M. POTTER

basa sui risultati di 200 anni di studi e ricerche sui problemi rela-
tivi al modo di stabilire illuogo, lo stampatore e la data di libri non
firmati e di libri solo in parte firmati. L’autorità di un’opera che
non riporta particolari dei libri stessi è fondata sull’uso dei reper-
tori, i quali contengono tali informazioni. Anche prese dalla lista
di fonti citate le informazioni più aggiornate non sono sempre incluse.

Le correzioni di C. e R. non sono sempre annotate, ma per lo
più sembra che H. sia stato sfruttato. Anche il GW a quanto pare
è ben usato. Ma il resto è molto incostante. Contrariamente alle
istruzioni ministeriali, il BMC non è citato in tutte le occasioni pos-
sibili, in molte di queste si sarebbero potute fare correzioni e aggiunte
utili. È chiaro che l’Autore non ha capito il rapporto che c’è fra
Pr e BMC da come descrive i nn. 298 e 299 (due parti di una stessa
edizione) : 208 BMC V 357, 299 Pr 4788. La voce del Pr dà am-
bedue le parti, e il BMC descrive la stessa copia sotto una sola voce.
Non c’è meraviglia che la crocetta di qualche numero del Pr non
sia registrata. Roma non è nel volume 6 e non c’è una pagina 21
nel sesto volume. La correzione con prove inconfutabili della data

al n. 26 non è registrata, sebbene ne venga data la citazione. Lo

autore da cui prende nome la casa editrice di Strasburgo dalla quale
uscì il n. 274 è citato come stampatore. Perchè cambia il sistema di
citazione del BMC al n. 340? C'é da dubitare che il BMC non sia
stato sempre consultato prima di fare la citazione.

PELL è stato citato troppe volte soltanto per necessità ; ma
la concordanza è incompleta per le descrizioni nel PeLL di libri
che si trovano nella Biblioteca Comunale di Assisi. Inoltre il
n. 107 ha una citazione che non viene spiegata e che non concorda
con le altre citazioni. La prescrizione delle norme ministeriali che
una descrizione moderna, se possibile due, venga citata, non e
stata soddisfatta. Un piü ampio uso del POL avrebbe fornito molte
descrizioni che mancano nel catalogo.

Quando sono catalogati volumi scompagnati il metodo usato
per indicare di quale volume esattamente si tratti non è sempre
chiaro. Che cosa significa (al n. 250) H*1104/3 ? Circa le ambigue
citazioni del n. 198 : R 789 (un libro in quattro parti), PR 7118 (un
libro in due parti), le descrizioni dettagliate nel POL 2233 risol-
vono il problema ; deve trattarsi soltanto della parte 2. La confu-
sione può essere dovuta al fatto che la citazione è stata copiata da
IGI 5062, che in questo caso è poco chiaro.
A PROPOSITO DEGLI INCUNABULI DELLA BIBL. COM. DI ASSISI 179

Una trentina circa di libri sono stati ritrovati da quando fu-
rono compilate le parti ora pubblicate dell’IGI. L’autore non li
mette in evidenza. C'é una concordanza (n. VIII, p. 110) di edizioni
non registrate dai bibliografi che contiene cinque numeri. Ciò do-
vrebbe interessare gli incunabolisti, ma risulta in realtà una bolla
di sapone, perchè quattro sono ben spiegate nell’IGI, il quinto non
è un incunabolo (v. n. 73 sotto).

L'autore di questa nota non può procedere molto oltre perchè
1300 kilometri di distanza gli impediscono di esaminare i libri.
Il n. 330 non è identificato correttamente : sembra che le citazioni
siano riprese dal n. 331. Quando P. Zaccaria deve affrontare qualche
difficoltà nella catalogazione esce fuori con un risultato imprevisto
e lo stesso accade se ha difficoltà nella catalogazione degli incuna-
boli. Oltre ad essere più lunga la sua lista è anche differente da quel-
la nell’IGI. Se le identificazioni qui fatte sono esatte, ne consegue
che IGI ha strani errori: per esempio secondo P. Zaccaria n. 98 = IGI
1830, mentre si trova quest'opera registrata come una copia della
seconda edizione nell'IGI 1842. L'inquarto firmato da Antonius
Andrea, Quaestiones super tribus principis rerum naturalium, Fer-
rara, Lorenzo de' Rossi 1490, IGI 477, dovrebbe essere catalogato
come copia dell'infolio edito a Padova, Lorenzo Canozio, 1475.
Neppure questo * errore' é annotato dal P. Zaccaria.

Un corifronto con quello che già conosciamo della collezione
da IGI mostra che le stranezze non sono solo nell'IGI. Nelle mani
dell'A. la copia chiaramente segnalato come imperfetta in IGI
95389 diviene volume completo. Secondo l'IGI 1817 soltanto la
seconda parte si trova nella Biblioteca. Questo fatto non è indicato,
anzi dalla voce (n. 97) sembra che ci siano tutte le tre parti dal
momento che la data é soltanto nel terzo. Nel frattempo il primo
volume é stato trovato, ma del terzo non c'é traccia nel catalogo
della Biblioteca. Forse lo Zaccaria ha ricavato anche la data dai
repertori. Nello stesso tempo pare che copie di IGI 1855 e IGI 5745
siano scomparse dal momento che non compaiono né in questo ca-
talogo né in quello della Biblioteca.

Oltre ai libri riportati dall' IGI abbiamo notizie di un altro libro
che si trova nella Biblioteca. Si tratta di una copia di una rara edi-
zione perugina del De versuum scansione di Sulpitius Verulanus
attribuita allo stampatore Giovanni di Giovanni da Augusta 1476
ed è descritta in Tommaso Accurti, Aliae editiones *). Ha 32

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fogli (il primo è bianco) in caratteri romani di 108 mm ; in ogni
pagina ci sono 30 righe *). Esistono soltanto altre due copie di
questa edizione, una è alla Biblioteca Augusta di Perugia, l’altra
alla Casanatense a Roma. Tenendo conto della vicinanza di Pe-
rugia è assai probabile che ci siano altre edizioni perugine nella
raccolta. Sorprende quindi di non trovare Perugia nell’indice dei
luoghi di stampa.

L'unico libro del quale il P. Zaccaria non riesce a dare né il
nome nè il luogo dell'editore (C. 5902. R. VII 174) può essere attri-
buito subito all'editore Jacobus Doliatoris c. 1480 (n. 333 e n. 350).
Questa attribuzione fu proposta per la prima volta da Victor Madsen
che catalogó la copia nella Biblioteca Reale di Copenhagen *). Victor
Scholderer concordó con questa ipotesi dopo avere esaminato la
copia nel Museo Britannico, e naturalmente si trova nel BMC VI.
879, dove il P. Zaccaria avrebbe dovuto trovarlo. Ci sono perció
per lo meno tre libri perugini nella raccolta.

Torniamo adesso al Sulpitius ; nel catalogo è cosi registrato :
SuLPITIUS, Johannes Verulanus, De versuum scansione, de sylla-
barum quantitate, de heroici carminis decoro et vitiis, de pedibus el
diversis generibus carminum praecepta. Deque illorum connexionibus
observationes. [Roma, Stephan Plannck, dopo il 4.1.1483] 49, rom.
H. 15163; C; 5767; BMC IV. 102.

Tutti i repertori descrivono un'edizione di 66 fogli. Da BMC
risulta chiaro che il volume contiene anche altri lavori, dei quali
non si fa menzione. Dalla lettura della voce enunciata da P. Zac-
caria, per quel che egli vi indica o vi omette, vediamo infatti che
la copia è incompleta e consiste dei fogli da 1 a 49 in caratteri
romani di 101 mm, con 29 righe per pagina.

C. Scaccia Scarafoni, che stese la prima lista poco prima di
morire e che aveva un interesse speciale per quest’opera, in una del-
le sue ultime pubblicazioni discusse la storia della stampa di questo
libro ?) e difficilmente può aver sbagliato. L'errore deve essere di
P. Zaccaria e c’è da chiedersi quanti altri errori del genere possono
esserci nel catalogo.

Sembra che P. Zaccaria abbia dato poca importanza ai prece-
denti lavori relativi a questa raccolta. Il catalogo comunque non
manca di pregi. Al n. 242 (HR 12625) attribuisce per la prima
volta l’edizione ad un editore (Antonio da Strà). Questa è un’identi-
ficazione probabilmente giusta, e siccome c’è una copia firmata
del HC 1189 nella Biblioteca, il P. Zaccaria ha avuto la rara possi-

j
A PROPOSITO DEGLI INCUNABULI DELLA BIBL. COM. DI ASSISI 481
bilità di fare un confronto (che la rarità dei libri di questo stampa-
tore rende ancora piü rara). Il n. 151 sarà aggiunto alle cinque copie
italiane riportate in GW 7287 nell'appendice all'IGI.

Se si eccettuano le note sulla provenienza e la rilegatura, non
e stato fatto alcun tentativo per indicare altre cose di interesse
locale dei libri, i loro autori, editori o curatori. Ed é un peccato, per-
ché P. Zaccaria era molto piü adatto grazie alla sua conoscenza degli
archivi, a fare una tale investigazione. Dal momento che. come
sembra, in Italia i cataloghi degli incunaboli sono più rari degli
incunaboli stessi, era piuttosto ambizioso pretendere di compilare
un catalogo di descrizioni bibliografiche : ed alcune concordanze
potevano essere risparmiate per fare posto a un indice delle pro-
venienze.

Nonostante tutti questi difetti é un catalogo utile, che offre
interessanti informazioni sul Rinascimento ad Assisi durante uno
dei suoi più interessanti momenti ; esso dovrebbe trovarsi in ogni
biblioteca.

Le note seguenti sono date per correggere alcune delle inesat-
tezze piü ovvie del catalogo e per offrire un minimo di due descri-
zioni moderne per le edizioni citate come punto di partenza per un
nuovo studio di alcuni incunaboli della Biblioteca Comunale di
Assisi.

Correzioni e nole supplementari

Segni
= Altre descrizioni.
— Correzione
+ Aggiunge alla voce.

25-—' BMG* VILE '33F

27 — Pr T 3399.

67 — + IGI 4778 ; PR 5164.
$73 = SANDER 2091.

Il dott. Rhodes scrive: « L'autore Marinus Baldus è sconosciuto
sia al Museo Britannico che alla Bibliothéque Nationale ; ma é ricor-
dato in cinque documenti dei Serviti a Venezia fra il 1488 e il 1509.
Il suo libro... sembra più che sia del '500 che del '400, e nel
Sander é dato al principio del '500.»
88
90
97

108

JEROME M. POTTER

— [Napoli: Francesco del Tuppo, non prima del 1478].
BMG VI. 369: H*572;| R 2532.

— 14. VI. 1501.

+ Incompleto: un frammento ff. 402-452 solo.

— Secondo l'IGI 1817 parte 22 solo. L'anno qui dato si trova
nel terzo volume. Il catalogo a scheda nella Biblioteca dà
19 e 29 e non più.

+ linea perduta :
El .39/84—429920 ? =. GW. :654:;.: IG D. 2169.

Ma di questo incunabolo il dott. Rhodes dice : « quasi certa-

mente stampato dopo l’anno 1500 ».

116
139
158
175
198
218

Accurti, Aliae Editiones, 6.
168.
— Pr T 5251.
— Pr f 7118; POL 2333 (II).
Pr 8406 — un libro stampato a Parigi :
= Isaac 12508 [Venezia Bonetus Locatellus, c. 1510].
Il colofon dev'essere della stessa forma che si trova al n. 231
(seconda copia).
e 233 + POL 29554.
[Damianus de Moyliis] secondo BMC (citato !).
— [Francesco del Tuppo] secondo BMC VI. 869.
Altri repertori danno l'anno c. 1490.
= POL 2709.
+ [c. 1474-1475] secondo BMC (citato).
— Pr T 4484.
299.
— BMC VII. 931.
non è [prima dell'agosto c. 1473] BMC (citato) dice [non
dopo 28 VII 1473].
— 1489 [i. e. 1479] perché lo stampatore lavorò solo negli
anni 1478-81.
riga perduta, è probabilmente HC 11895; POL 2896;
BMC VII. 1054.
— Giordano da Quedlimburg è un nome eponimo.
— BMC VI. 830.
Perché P. Zaccaria crede che Lione é un luogo falso per
Venezia? Secondo Sir Henry Thomas questo si data
1505 ? 3).

+ Pr{ 5073; POL 934.
al

+

nn
DR

A PROPOSITO DEGLI INCUNABULI DELLA BIBL. COM. DI ASSISI 183

283 — BMC IV. 21.

285
8294
295
298
300
304
309
311
314

318

323
330

337
342
343,

E

Dr 5586 — BMG V. 519

Probabilmente stampato da Eusanio Stella.

BMC V. 465; POL 3190.

200: Pr::4788 — BMC V. 357.

BMC VI. 769

Pr { 5579. C'é una copia al B. M. (IA. 24536).
POL 3451.

Secondo BMC citato è 1497, non circa.

Venezia [Johannes Leoviler de Hallis], 1488.

BMC V. 406.

Non è l’edizione citata.

= Accurti Aliae Editiones, 68.

[Perugia, Giovanni di Giovanni da Augusta, 1476].
non è H 1475-1478, ma H 1475+ H 1478

Non è possibile che sia H* 15709 ; POL 3867, vedi n. 331
del catalogo.

? H 15707 [Venezia, Philippus Pincius, ? 1510]
Adesso si data [1500].

Perchè dubbio che Giovanni da Colonia e Nicolas Jenson
stamparono a Venezia ?

— ROL_467 (IV)s PELE 17295:

[Perugia: Jacobus Doliatoris c. 1489].

BMC VI... 879.

[Bartolomeo di Libri] *).

Prq8548 = POL 4033.

344, 345, 346 PR 5578 = BMC V. 564.
349 = 332 ma questa volta POL è citato.
390 = 333 v. sopra.

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184 JEROME M. POTTER

NOTE

7) Ringrazio il dott. Rhodes per l'autorizzazione a riportare le sue con-
clusioni nelle note, dove sono contrassegnate dal segno $. La sua recensione
nel Library xvni (1962) pp. 176-77 del Catalogo riguarda soprattutto la rac- È
colta per i primi libri a stampa di cui non mi sono interessato.

*) Prefazione, p. 6.

?) Volume 1, p. xr. Le abbreviazioni usate sono le stesse di IGI. Vol. rv
M-R, uscito quando la presente nota era già in bozza, ma non sarebbe
stato utile alla nostra analisi perchè vi si utilizza l’opera dello Zaccaria
senza ulteriori esami critici.

^) Ringrazio cortesemente la Dr. M. Pennacchi per il suo aiuto nelle
verifica di vari dettagli nella Biblioteca e per la sua conferma che il Sulpizio
ha proprio 32 fogli di 30-31 righe ciascuna.

°) AccuRTI, Thomas, Aliae editiones saeculi XV pleraeque nondum de-
scriptae ... Florentiae, 1936.

*) MADSEN, Victor, Katalog over det Kongelige Biblioteks Incunabler.
Kobenhaven, 1935-38, n. 4044. Questa copia fu acquistata nel 1912.

Proctor lo mette nell'adespota.

?) La grammatica di Sulpizio Verulano in un incunabolo ignoto ai biblio-
grafi, in Studi di bibliografia e di argomento romano in memoria di Luigi de 4
Gregori, Roma, 1949, pp. 378-84.

°) «Short title catalogue of French books... before 1600... now in
the British Museum ». Londra, 1924.

9) THURSTON Ada and BunLER Curt Ferdinand, Check list of XVth century
printing in the Pierpont Morgan Library. New York, 1939, n. 1139.
Ancora a proposito di Cesare Fani

Luigi Salvatorelli nel Bollettino della Deputazione di Storia
Patria per l'Umbria (volume LXIII (1966), fasc. I, pp. 141-155)
si indugia in un accurato esame della parte politica della bio-
grafia di mio padre (Amepéo FANI, Cesare Fani, 70 anni di vita
politica italiana, Perugia, 1964), commentandone alcuni aspetti con
quella mirabile perspicacia che è peculiare alla sua penna di storico
insigne ed apprezzatissimo.

Sento prima di tutto il dovere di esprimergli la mia gratitu-
dine per la benevola attenzione prestata al mio volume, ma d’altra
parte non posso astenermi dal replicare ad alcune sue affermazioni
che in coscienza non mi è possibile condividere.

Il primo punto sul quale vorrei soffermarmi è il giusto richiamo
fatto dal Salvatorelli (pp. 143-144) agli oppositori di mio padre
nelle competizioni elettorali : ora mentre è esatto che egli ne ebbe
e che tra costoro fu anche l’illustre professore Leopoldo Tiberi, è
da aggiungere che tali competitori furono soprattutto quelli appar-
tenenti al partito repubblicano ; ma questi a Perugia erano in quei
tempi esigua se pur combattiva schiera, e le loro candidature ebbero
più che altro il significato di un'affermazione di partito. E sulla
prima legislatura di Cesare Fani ho letto con piacere il breve ma
incisivo profilo tracciato da Telesforo Sarti ne Il Parlamento Su-
balpino e Nazionale (Terni, Tip. Ed. dell’Industria, 1890, p. 440),
che il recensore ha voluto citare sia pure con qualche inesattezza
nel nome dell’autore e nel titolo.

Circa i fatti di Milano del 1898 (p. 146), tengo a precisare che
di questo doloroso episodio ho inteso occuparmi solo per quanto
riguardava l’azione di Cesare Fani, quale componente in quell’anno
del gabinetto Di Rudinì. Ha ragione il Salvatorelli nel dire che le
condanne che seguirono furono assai severe, ma non bisogna di-
menticare che dopo poco tempo venne una particolare amnistia e
tutti i condannati, tra i quali anche la popolare figura dell’ante-
signano socialista Filippo Turati ne ebbero a beneficiare. Del resto
io ho voluto più che altro riferirmi a quella che fu allora l’inter-

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186 AMEDEO FANI

pretazione storica di quei fatti, in quel determinato momento della
vita politica italiana, mentre non ho difficoltà ad ammettere che
le cose oggi vadano certamente considerate con giudizio e pro-
spettiva ben diversi. Ed il Salvatorelli nel concludere su questo
argomento finisce per addivenire ad una giustificazione della azione
di mio padre che collima con quanto io ho inteso qui sopra chia-
rire. E lo stesso Salvatorelli, soffermandosi sull’Appendice (pp. 154-
155), pone in rilievo il voto contrario dato da mio padre a Pelloux,
svolgendo in nome della destra indipendente l’ordine del giorno
contro i decreti legge.

Per quanto riguarda la presunta gelosia politica di Giolitti
verso il Nasi (p. 147), io posso solo affermare che in ambienti par-
lamentari non giolittiani si sostenne allora, ed anche molto più
tardi, che il fatto fosse vero, come era altresì vero che Nunzio Nasi
per il suo vivissimo ingegno avrebbe potuto diventare, ed in giorno
non lontano, serio competitore di Giovanni Giolitti ; impresa pe-
raltro assai ardua per chiunque, data la fortissima posizione par-
lamentare che lo statista piemontese si era conquistata con la sua
abilità di navigatore tra i marosi della politica italiana.

A p. 147 e seguente della sua accurata recensione, il prof. Sal-
vatorelli si indugia sul discorso tenuto da Cesare Fani il 22 feb-
braio 1908 alla Camera dei Deputati sull'insegnamento religioso
nelle scuole elementari, affermando che io mi sono soffermato non
tanto sul significato politico di quel discorso (laicità dello Stato,
separazione tra i due poteri, ecc.), quanto sul significato religioso
che il discorso ebbe allora. Accetto la critica del Salvatorelli, ma de-
sidero precisare che io ho voluto soprattutto riportarmi alle in-
terpretazioni che allora molti ambienti cattolici intesero dare a quel
discorso, nel quale essi vollero artatamente ma erroneamente scor-
gere un atto in pieno contrasto con il sentimento religioso del Paese,
cosa che, attentamente esaminando il testo, si rivela affermazione
del tutto infondata.

In merito poi alla valutazione del Ministero Luzzatti, nel quale
Cesare Fani fu Guardasigilli, bisogna anzitutto rilevare che l’illustre
recensore, di tale ministero ha allungato la vita, anticipandone
l’inizio al 31 marzo 1909, mentre esso si svolse dal 31 marzo 1910
al 29 marzo 1911 (cfr. qualsiasi Manuale Parlamentare, l'Enciclo-
pedia Italiana Treccani, ecc.). Ma venendo al punto che maggior-
mente mi interessa, premesso essere esattissimo che la commemo-
razione del centenario della nascita di Camillo Cavour fu tenuta in

-—-—
ANCORA A PROPOSITO DI CESARE FANI 187

Torino non il 10 luglio 1910, ma il successivo 10 agosto (Cavour
era nato infatti il 10 agosto 1810), per quanto riguarda le ultime
battute del colloquio Giolitti-Luzzatti avvenuto a Bardonecchia
due giorni più tardi, la mia narrazione non falla. La memoria è
stata sempre una delle mie più spiccate prerogative, come possono
attestare quanti mi hanno ben conosciuto. Ricordo pertanto con
assoluta esattezza che alla fine del colloquio, e proprio a proposito
del progetto di riforma elettorale, Giolitti diede a Luzzatti l'assi-
curazione da me riportata nel libro: «La tua proposta è molto
buona ed io l’appoggerò pienamente » (p. 288). In altre parole,
dopo aver privatamente approvato l’idea di un temperamento al
voto degli analfabeti, accogliendo il principio dell'esame di anal-
fabetismo innanzi a speciali commissioni scolastiche, Giolitti alla
Camera prese una posizione del tutto opposta.

Ciò conferma Umberto Guglielmotti nella sua recente opera
dal titolo 7 Presidenti, edita dal Centro Editoriale Nazionale, che
illustra nel vasto arco storico da Cavour a Moro la vita e l'azione
dei capi di governo italiani. In essa sono testualmente riprodotte
le parole di Giolitti contro il progetto Luzzatti. «Io credo che al
giorno d'oggi — disse Giolitti — sia indeclinabile un ampliamento
del suffragio. Dopo venti anni dall'ultima legge elettorale, una
grande rivoluzione sociale é avvenuta in Italia, la quale produsse
un grande progresso nelle condizioni economiche, intellettuali e
morali delle classi popolari. A questo progresso, secondo me, cor-
risponde il diritto ad una piü diretta partecipazione alla vita
politica ».

Guglielmotti commenta: ora a parte il fatto che chiamare
rivoluzione sociale la naturale evoluzione delle forze politiche in
Italia puó apparire un po' iperbolico, Giolitti, dopo aver sotto-
lineato che desiderava in linea di principio la riforma elettorale,
si dichiaró contrario al temperamento proposto dal governo ed
aggiunse : « Non credo che sia sufficiente il decidere che noi dob-
biamo o non dobbiamo dare la facoltà agli ispettori scolastici di
creare qualche elettore. Io non credo che un esame sulla facilità
di maneggiare le lettere dell'alfabeto debba costituire il criterio
per decidere che un uomo ha attitudine per giudicare le grandi
questioni che interessano le classi popolari: o se non sia possibile
ritrovare altri criteri molto piü vasti (forse voleva dire altri mezzi
piü idonei) il che confido che gli studi della commissione faranno
raggiungere ».

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188 AMEDEO FANI

Guglielmotti osserva: «Su questo breve discorso molto vi
sarebbe da dire: infatti se le lettere dell'alfabeto non bastano per-
ché un uomo abbia attitudine a giudicare le grandi questioni so-
ciali, a più forte ragione questa deficienza appare evidente per chi
neanche l'alfabeto conosce». E ancora: « A Giolitti, che riteneva
arrivato il momento del grande ritorno, premeva accaparrarsi il
favore di due forze nuove che avrebbero potuto a suo avviso rin-
saldare e rinnovare mediante una politica che oggi si direbbe pen-
dolare la sua maggioranza alquanto avariata: da un lato i cat-
tolici e dall’altro i socialisti, che contavano, specie nelle campagne
piuttosto arretrate del Mezzogiorno, di pescare consensi tra i neo
elettori analfabeti ».

A. proposito della proposta Luzzatti Guglielmotti soggiunge :
«Il progetto era serio ma di non facile attuazione: e poi veniva
a creare la figura del semi-analfabeta anch'essa ambigua e peri-
colosa. Non era peró questo un buon motivo per dare il voto agli
analfabeti integrali ».

Il colpo di Giolitti appare dunque evidente : è peraltro esatto
che il siluro non sarebbe stato sufficiente a far cadereil ministero
Luzzatti se in concomitanza non si fossero dimessi i ministri radi-
cali Sacchi e Credaro (dimissioni che furono provocate da una delle
abili manovre di corridoio dello stesso Giolitti). Luzzatti allora
anziché tentare il rimpasto preferi rimettere il mandato.

E tra i miei ricordi personali vi è tutta l'indignazione che Luigi
Luzzatti, dal quale come di consueto tutti i giorni mio padre si
recava, conducendomi assai spesso seco, ebbe a manifestare in quella
circostanza, con la proverbiale facondia che talvolta si esprimeva
in parole irruente contro coloro dai quali aveva subito un torto.
Egli attribuiva appunto alle manovre di Giolitti l'essere stato co-
stretto a dare le dimissioni senza aver avuto il voto contrario della
Camera. D'altra parte proprio in quei giorni io lo sentii scagliarsi
contro il suo sottosegretario di Stato agli Interni onorevole Teo-
baldo Calissano, uno dei deputati più fedeli a Giovanni Giolitti,
che egli pensava avesse armeggiato contro di lui durante tutto
l’anno che gli era stato accanto nell’importante dicastero.

Notisi che nel nuovo Ministero Giolitti, Calissano fu promosso
ministro delle Poste in sostituzione di Augusto Ciuffelli, che insieme
con Luzzatti Fani e Raineri furono gli unici ministri che non en-
trarono nel nuovo gabinetto, sostituiti da Finocchiaro Aprile (gio-
littiano) alla Giustizia, da Nitti (simpatizzante giolittiano) all'Agri-

E
ANCORA A PROPOSITO DI CESARE FANI 159

coltura, e come sopra si è detto dal Calissano e dal presidente Gio-
litti ; notisi altresì che i due ministri radicali Credaro e Sacchi, che
con le loro dimissioni erano stati la causa conclusiva della caduta
di Luzzatti, fecero parte del nuovo gabinetto Giolitti negli stessi
dicasteri Istruzione e Lavori Pubblici che avevano occupato nel
precedente. ministero.

Come può non chiamarsi questo, mio illustre professor Sal-
vatorelli, un colpo di mano di quell’abile nocchiero che fu Giovanni
Giolitti, che fu d’altra parte quella eminentissima figura di sta-
tista da Lei giustamente tanto apprezzata ?

AMEDEO FANI

Replica di Luigi Salvatorelli

La prima osservazione dell’avvocato Fani riguarda l’opposi-
zione incontrata da suo padre nelle successive elezioni a deputato.
Io avevo affermato che i repubblicani perugini, principale elemento
di tale opposizione, avevano «una consistenza rispettabile »; se-
condo il critico della mia recensione, invece, essi erano «esigua
se pur combattiva schiera ». Senza dati numerici assoluti e relativi,
la questione rimane in sospeso ; ma io non ci attribuisco, del resto,
molta importanza. Il mio era stato un rilievo rivolto soprattutto a
chiarire, che la prima elezione quasi plebiscitaria non sì era rin-
novata «ininterrotta» come sembrava dire il biografo. Osserverò
tuttavia che la combattività dal F. stesso attribuita ai repub-
blicani perugini poteva compensare, in una certa misura, l'inferio-
rità numerica. Il F., poi, non ha prestato attenzione al mio rilievo
che accanto al partito repubblicano veniva a schierarsi più in
generale «la sinistra avanzata ed estrema»: rilievo da non trascu-
rare, perchè risponde a un lineamento costante di quei tempi.

Subito dopo il F. mi imputa una citazione doppiamente errata
del noto dizionario parlamentare del Sarti: Teleforo Sarti, Il Par-
lamento subalpino e regionale. Diamine! Poteva ben sospettare
190 LUIGI SALVATORELLI

che si trattasse di due « refusi » tipografici o due errori di copiatura
(questo secondo è il caso reale), o alla peggio di «lapsus calami»:
mentre egli invece tiene a sottolineare: «il recensore ha voluto
citare sia pure con qualche inesattezza ».

Per i fatti di Milano il F. dice che ha inteso occuparsi di essi
«solo per quanto riguardava l'azione di Cesare Fani». Nulla da
obbiettare a questa intenzione; ma io ho ben dovuto osservare
che il biografo ha dato — o, se si vuole esser più precisi, accet-
tato — una rappresentazione di quei fatti che egli dice « quella
che fu allora l'interpretazione storica », ma che invece fu politica
di una parte, come poi riconosce implicitamente egli stesso: «non
ho difficoltà ad ammettere che le cose oggi vadano certamente
considerate con giudizio e prospettiva ben diversi». E io a mia
volta confermo non la «giustificazione », come egli dice, ma la
«comprensione » della condotta di suo padre.

In quanto alla «presunta gelosia politica di Giolitti verso il
Nasi », che se ne sia parlato allora e anche più tardi «in ambienti
parlamentari non giolittiani », non ho difficoltà ad ammetterlo.
Ho negato invece, e nego, che la candidatura del Nasi a « Premier »
abbia mai assunto una consistenza reale, e che risultino azioni giolit-
tiane contro di lui. E aggiungerò adesso che era estraneo alla men-
talità di Giolitti il dar la caccia a colleghi rivali. Solo a Salandra
e Nitti mostrò, a un dato punto, aperta avversione; ma furono
loro a cominciare.

Fin qui, possiamo parlare di quisquilie. Diverso è il caso per la
interpretazione del discorso parlamentare del Fani del febbraio
1908 alla Camera sull’insegnamento religioso nelle scuole elementari,
di cui egli ha voluto negare, o velare, il carattere fondamentale
di battaglia per la laicità o non confessionalità della scuola. Quel
discorso è del tutto inconciliabile con la soluzione ultraconfessio-
nale data dal Concordato alla questione, mentre invece il F. presenta
quella soluzione come rispondente alla esigenza di evitare gli in-
convenienti di un insegnamento religioso fatto da laici: esigenza
in cui egli sembra voler ritrovare il più vero significato del discorso
paterno.

Venendo al ministero Luzzatti, il Fani annuncia il secondo e
più grave errore di fatto che io avrei commesso nella mia recen-
sione, dicendo che di quel ministero « l’illustre recensore ha allungato
la vita, anticipandone l’inizio al 31 marzo 1909 », mentre il vero
REPLICA 191

inizio fu il 31 marzo 1910. Avrebbe dovuto bastare l’esattezza del
mese e del giorno — a parte la mia ben nota conoscenza minuta
di quel periodo governativo — per metterlo in guardia contro la
ostentazione ironica del presunto mio errore. Nel mio manoscritto,
disponibile per chiunque voglia verificare, è scritto 31 marzo 1910.
La dattilografa battè : 1919. Non so chi credette di dover correg-
gere non il «9», ma ]'« 1»: 1909, errore facile a comprendere. Ma
se il F. avesse letto con un minimo di attenzione il mio testo, avrebbe
trovato, un paio di pagine piü avanti, che, parlando della discus-
sione parlamentare seguita alla presentazione del governo, io dó
la data: 29-30 aprile 1910. Ammetto naturalmente, in questo caso
come nel precedente, una mia insufficiente revisione del dattilo-
scritto, ma debbo imputare al F. una fretta inconsiderata nell'af-
fermare errori sostanziali dell'autore là dove tutto conduceva a
supporre, tutt'al più, un lapsus calami (e in realtà, come ho mo-
strato, non c'era neanche questo).

E ora, finalmente, arriviamo al punto culminante : al «colpo
basso ». (Questa volta il F. dice soltanto: colpo, ma ció non cambia
nulla). Il F. afferma con grande sicurezza l'infallibilità della sua
memoria: e questo, immediatamente dopo aver dovuto riconoscere
che la sua memoria l'ha tradito riguardo alla data del colloquio
Giolitti-Luzzatti, (nonostante l'aiuto che allo stabilimento esatto
era fornito dalla data di nascita di Cavour). Ma non importa : am-
metto in massima l’infallibilità della memoria di lui.

Non posso peró non rilevare che nel libro il F. dice : « Luzzatti
concludeva la illustrazione del suo progetto dilegge e del voto ob-
bligatorio ». Adesso dice: «proprio a proposito del progetto di ri-
forma elettorale, Giolitti dette a Luzzatti l'assicurazione», ecc. ecc.
Qui non si parla esplicitamente del voto obbligatorio ; e il F. non
ha tenuto nessun conto della mia osservazione che la questione
del voto obbligatorio era venuta in campo molto dopo il colloquio.
E adesso posso precisare, in seguito a una mia nuova indagine,
che ció non avvenne prima della metà di ottobre. Ma anche questo
non ha grande importanza, perché é perfettamente possibile che
Luzzatti abbia parlato a Giolitti dell'idea parecchio tempo prima
che questa divenisse pubblica.

A questo punto, peró, F. varia nella sua replica il titolo, diciamo
cosi, di imputazione contro Giolitti. Non si tratta piü del voto
obbligatorio prima approvato, poi abbandonato; ma del «tem-
192 LUIGI SALVATORELLI

peramento al voto degli analfabeti, accogliendo il principio del-
l'esame di analfabetismo innanzi a speciali commissioni scolastiche »,
riguardo al quale «Giolitti alla Camera prese una posizione del
tutto opposta ». A prendere alla lettera codesto avviluppato discorso,
se ne dovrebbe concludere che nel progetto Luzzatti fosse stato
preveduto un voto agli analfabeti, con il contrappeso di un esame
con cui sarebbero stati esclusi quelli risultanti analfabeti: cioè,
una concessione data e ritolta: commedia a cui Giolitti avrebbe
in un primo tempo acconsentito, disdicendosi in un secondo. Be-
ninteso, il F. non puó aver pensato veramente nulla del genere :
ha fatto semplicemente un po' di confusione.

Seguono due citazioni dal discorso di Giolitti, la seconda delle
quali incomincia: «Non credo chesia sufficiente il decidere che
noi dobbiamo o non dobbiamo dare la facoltà agli ispettori sco-
lastici di creare qualche elettore ». Il F. non si accorge che queste
parole di Giolitti si riferivano alla sostanza del progetto, e non già al
« temperamento », che era invece costituito — come precedentemente
ed esattamente aveva detto il F. — dal voto obbligatorio. Tem-
peramento che aveva di mira — aggiungiamo per aiutare il F. a
uscire dal ginepraio — non già l'esclusione di un certo numero di
elettori per analfabetismo dimostrato, ma la inclusione forzata di
un certo numero di elettori, presumibilmente «ben pensanti ».

Il F. non risponde nulla di nulla alla mia osservazione che
il governo non era compromesso dalla mossa di Giolitti, potendo
benissimo Luzzatti riprendere la parola per accettare il riesame
generale della questione proposto da lui (e, aggiungo, prospettato
dalla stessa Commissione esaminante il progetto). Aggiunge invece,
improvvisamente, che le dimissioni dei ministri radicali Sacchi e
Credaro «furono provocate da una delle abili manovre di corri-
doio dello stesso Giolitti». Affermazione non fornita della minima
prova, e in antitesi con la versione dei fatti ben nota, e mai con-
trastata, che io sappia, da nessuno, che i ministri radicali si dimisero
constatando che il gruppo radicale aveva votato contro il governo.

È ora di concludere su questo punto del « colpo » giolittiano,
basso o no che sia. La cantonata presa dal F. è di aver voluto ridurre
la conversione di Giolitti, fino ad alcuni anni prima non favorevole
al suffragio universale, a un «fatto personale » fra lui e Luzzatti.
Ho già spiegato, e non starò a ripetermi, che si trattò invece di un
grande fatto storico, il quale si può giudicare come si vuole, ma
REPLICA 193

sempre a patto di metterlo sul suo vero terreno. Ancora una volta,
io ho indicato le ragioni fondamentali del nuovo atteggiamento
giolittiano : il F. ha fatto come se io non avessi scritto nulla in pro-
posito. E anche se si giudicasse il fatto meno capitale di quello che
io dico, rimarrebbe pur sempre assurda la pretesa del F., che Gio-
litti dovesse rimanere in perpetuo legato dalla iniziale adesione
generica al progetto Luzzatti, anche quando, dopo lungo inter-

vallo di tempo (un semestre), la discussione intorno a esso progetto |
si era allargata e approfondita, ed era radicalmente mutato l'am-
biente politico-parlamentare.

LUIGI SALVATORELLI

Con la pubblicazione di queste note è definitivamente chiusa la trat-
lazione dell'argomento. N. d. D.
III ZII
RECENSIONI

FRANCESCO A. UcoLINI, Annali e cronaca di Perugia in volgare dal 1191 al
1336, in Annali della facoltà di Lettere e filosofia della Università degii
Studi di Perugia, 1 (1963-64), pp. 143-336 ; SANDRO BIANCONI, Ricerche
sui dialetti d’Orvieto e di Viterbo nel medioevo, in Studi linguistici ita-
liani, 11 (1962), pp. 3-175; P. GIovaAN BATTISTA MANCARELLA O. F.
M., Il dialetto di Gubbio nel Trecento, Manduria, 1964; RiccARDO Am-
BROSINI, Testi spellani dei secoli xvi e xVII , in L'Italia dialettale,
XXVI (1963), pp. 31-128, xxvii (1964), pp. 68-221.

La conoscenza dei volgari umbri antichi si è arricchita in questi ultimi
anni di alcuni notevoli contributi, che vanno utilmente ad aggiungersi ai
lavori di P. Bianchi sul castellano (JI dialetto e l’etnografia di Città di Ca-
stello, Città di Castello, 1888), di A. Schiaffini sul perugino (Influssi dei
dialetti centro-meridionali sul toscano e sulla lingua letteraria. r: Il perugino
trecentesco, in L'Italia dialettale, 1v, 1928, pp. 77-129, di F. Ageno sul todino
(La lingua della Cronaca Todina di I. Fabrizio degli Atti, in Studi di filologia
italiana, xii, 1955, pp. 167-227), di A. Castellani su testi umbertidesi e cor-
tonesi (7 conti dei fratelli Cambio e Giovanni di Detaccomando, Firenze, 1948 ;
Il registro di crediti e pagamenti del maestro Passara di Martino da Cortona,
Firenze, 1949), del sottoscritto sul reatino (Glossario latino-reatino del Canta-
licio, in Atti dell’ Accademia di scienze e lettere « La Colombaria », xvii, 1953,
pp. 367-406), e del compianto T. Reinhard sul vocalismo tonico nell'umbro
antico e moderno (Umbrische Studien, in Zeitschrift für romanische Philologie,
LXXI, 1955, pp. 171-235, LXXII, 1956, pp. 153).

La cronaca edita dall'Ugolini é di grande importanza anche lingui-
stica, perché é il testo piü antico di notevole ampiezza scritto in perugino,
apparendo persuasive le ragioni addotte dall'Ugolini per sostenere che la
stesura della prima e piü ampia parte della cronaca deve essere avvenuta
poco prima o poco dopo il 1327, cioé una quindicina di anni prima del mo-
numentale Statuto in volgare del 1342 (per gli aspetti più propriamente sto-
rici della cronaca, vedine la recensione di R. Belforti, in questo Bollettino,
LXII, 1965, pp. 281-85): l’arcaicità della cronaca si coglie del resto perfino
in certe grafie, come nell'uso del digramma gl per la / palatalizzata e vocaliz-
zata (fra egl cavaliere ; degl Giudece ; dagl Cristiane), che è anche di una delle
mani piü arcaiche degli Statuti. Il testo ci offre un volgare, tutto sommato,
immune da influssi toscani (non mi pare che boce nell'espressione dié boce,

(TB
Ul
n.
196 RECENSIONI

diero boce, sia necessariamente un toscanismo). Mentre la prosa dello Statuto
volgare è, da un lato, minuziosamente giuridica, ricca di latinismi lessicali
e sintattici, dall’altro animata da un’assunzione vastissima di elementi reali
di vita giornaliera, strutturata in una sintassi continuamente subordinante,
la prosa della Cronaca invece si svolge in una prospettiva assolutamente po-
polare, in una sintassi piuttosto elementare, sostenuta da ripetizioni continue
e continue riprese, con cambiamenti di soggetto e di persone verbali, coordi-
nazioni, giustapposizioni frequenti: « In quisto millessimo dì xx d’aprile, se
fece la pace fra el comuno de Peroscia e ’1 comuno de Spolete con xvi anba-
sciadore, ensieme con lo scenteco de gl’uscite ; e fecese a pieie del canpanile de
santo Lorenco. Fecese con grande solennetade e con grande amore e basciarse
en bocha egl scenteche, e quillo dentro e quillo de fuore ». Si ha insomma un
tipo di lingua estremamente usuale, avvicinabile alle strutture del Romanzo
di Corciano e Perugia e delle laudi perugine (vedi il mio Lingua e letteratura
di un centro trecentesco : Perugia, in La Rassegna della letteratura italiana,
LxvI, 1962, pp. 3-21). Accertato che la cosiddetta Cronaca del Graziani
coincide per gli anni fino al 1336 con gli Annali che ora si editano, appare
subito interessante come il compilatore più tardo attenui il colorito perugino
della lingua, ammodernando e correggendo : per aidorio in in aiuto, bunita
in tuoni, fare covelle in fare niente, e 'ncomenzaro a buià le pietre in et con pietre
et sassi.

Il lavoro del Bianconi è condotto secondo la tecnica selettiva, ed esaustiva
internamente alla selezione, largamente applicata soprattutto da A. Castel-
lani, maestro appunto del Bianconi stesso. Sono stati scelti cioè i fonemi e
i fenomeni grammaticali che sono diversamente trattati internamente al-
l'area centrale, cioé toscana e mediana insieme, in modo da giungere ad una
definizione microscopica delle opposizioni, dandone una documentazione
completa tratta dai testi sia orvietani che viterbesi. Si giunge cosi a conclu-
sioni spesso importanti e sempre interessanti, come quando si trovano nei testi
orvietani il limite estremo verso mezzogiorno di fenomeni di tipo toscano,
quali il dittongamento spontaneo in sillaba libera; o opposizioni a tutta
l'area umbra, come la evoluzione della e atona ad i ; o il rapido regresso della
-u finale, che, presente nei primi del Trecento, quasi scompare nella seconda
metà del secolo. E di solito nell’orvietano trecentesco i fenomeni non toscani
sono rappresentati sporadicamente (a questo proposito si tenga conto che
la supposta base AIAT ad aia in area mediana non esclude certo che altrove
si debba partire da HABEAT). Forse meno persuasiva la localizzazione del
volgarizzamento dell' Ars Notarie di Rainerio da Perugia (« de lacu Perusino »),
definito d'origine viterbese in quanto registra qualche fenomeno piü meridio-
nale rispetto appunto ad Orvieto : si potrebbe tentare piuttosto una localiz-
zazione intermedia.

Il lavoro del Bianconi, di alta qualità, é accompagnato dall'edizione di
importanti testi orvietani e viterbesi: per Orvieto si tratta di annotazioni
di spese che si distendono dal 1339 al 1368. Precede un inventario assai accu-
RECENSIONI 197

rato di altri testi inediti nell'Archivio dell'Opera del Duomo e nell’ Archivio
di Stato (ed anche di testi in volgare inediti di Panicale, Baschi, Bagnoregio).

Un poco affrettato appare invece il lavoro sul dialetto di Gubbio nel Tre-
cento del Padre G. B. Mancarella (anche questa ricerca è una tesi di laurea
diretta da A. Castellani nell'Università di Friburgo in Svizzera). Anche lo
studio del Macarella parte da una opportuna indagine archivistica che gli
consente di acquisire alcuni testi in volgare assai notevoli come il Libro del-
l'azienda del Lanificio, attualmente nell’Archivio dell'Opera Pia Ospedale di
Gubbio, con registrazioni dal 1324 al 1348, del quale sarebbe stata opportuna
l’edizione almeno parziale, dato che si tratta del testo più antico in prosa
documentaria di Gubbio.

Lo spoglio del Mancarella, condotto secondo gli schemi tradizionali della
grammatica storica, utilizza ampiamente anche i testi poetici del codice 477
della Nazionale Vittorio Emanuele di Roma, editi dal Mazzatinti. Lo spoglio
è certamente assai utile, anche se l’autore raramente ne elabora i risultati
in relazione alle aree contermini.

Lavoro per metodo e risultati da porsi accanto a quello del Bianconi è
lo studio di Riccardo Ambrosini su testi spellani dei secoli xvr e xvII, prece-
duto da un’ampia e accuratissima edizione di libri di conti, tratti dall’archivio
della Chiesa di S. Maria Maggiore in Spello.

L’Ambrosini esamina i più importanti fenomeni fonetici e grammaticali
che gli pongono i testi da lui stesso editi, in continuo rapporto con la situa-
zione delle aree vicine, utilizzando anche le attestazioni dialettologiche odier-
ne. Ne risulta spesso un panorama assai complesso, in cui la probabile realtà
dialettale originale viene a reagire con forme dialettali di centri più auto-
revoli (Perugia, Roma) e con la lingua letteraria. Così, dell’apparente confu-
sione di dittonghi e monottonghi si trova la spiegazione « nell’accavallarsi
di uno sviluppo fonetico indigeno, o comunque umbro sud-orientale (monot-
tongazione del dittongo metafonetico o sua conservazione funzionale), e
della diffusione di una caratteristica della lingua letteraria (dittongamento
spontaneo in sillaba aperta), d’altronde coincidente con antiche condizioni
umbre occidentali ». L’indagine dell’Ambrosini porta risultati nuovi anche
su problemi già lungamente dibattuti, quale quello del significato fonetico
in area mediana delle grafie -i- e -g- per fonemi che provengono da -J- o da
consonante più -J-. E l'Ambrosini conclude : «I testi spellani rivelano, quindi,
il contrastato diffondersi del toscano letterario, particolarmente di tipo orien-
tale, in ambienti relativamente colti della cittadina umbra, i cui contatti
con l’Umbria meridionale, con le Marche — tramite di elementi emiliani e set-
tentrionali in genere — e col Lazio e gli Abruzzi settentrionali dovevano essere
piuttosto vivaci : soprattutto nella rilevanza specifica di questi contrasti con-
sistono le differenze dalle condizioni perugine e todine ».

Il risultato complessivo di tali indagini è veramente notevole, soprattutto
ai fini di una miglior conoscenza delle culture regionali dell’Italia medievale,
in particolare di quelle aree mediane che, come dice Gianfranco Contini,

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€ 198 RECENSIONI

«trovandosi alla o sulla periferia della trionfatrice Toscana, sono state un
po’ troppo sommerse dal suo fulgore. Una delle chiavi delle origini è indubbia-
mente la cultura dell’Italia mediana, che non per nulla, sotto specie di cul-
tura cassinese, è quella di più antica attestazione volgare ».

IGNAZIO BALDELLI

ANGELINI SERGIO, La diplomazia comunale a Perugia nei secoli XIII e XIV.
Firenze, Leo S. Olschki, 1965, pp. 69. « Biblioteca dell’Archivio Storico
Italiano », XV.

Per chi abbia una conoscenza diretta e sufficientemente precisa della
struttura e del funzionamento degli organi politici e amministrativi del Co-
mune medievale italiano la formulazione del titolo di questo saggio — più
ancora l'intitolazione del primo capitolo «Le origini della diplomazia mo-
derna » — può sembrare leggermente arrischiata. È possibile, in effetti, par-
lare per il medio evo di diplomazia nel senso che si annette al termine col
quale oggi ci si riferisce a un ruolo organico di personale, fornito di prescritti
titoli di cultura, selezionato mediante esami di concorso, con una carriera,
uno stato giuridico, un trattamento economico, particolari franchige e, so-
pratutto, determinati compiti e specifiche mansioni delegati dallo stato so-
vrano ch'esso rappresenta ?.

Per poter trattare della diplomazia di un comune medievale come quello
di Perugia ovviamente non è indispensabile riscontrare comparativamente i
requisiti e le condizioni propri di quel settore nell'epoca moderna ; ma è indi-
spensabile e sufficiente riscontrare alcuni caratteri propri e distintivi, fors'anche
inderogabili, dell'ufficio o, meglio, della funzione diplomatica, quali l'impiego,
se non continuativo, periodicamente ricorrente di determinate persone idonee,
fornite di particolari attitudini e requisiti, l'attribuzione di iniziativa perso-
nale e di discrezionalità nella negoziazione entro i limiti prefissati dall'organo
politico emittente l'ambasceria, quel complesso di clausole protocollari e
quelle condizioni di decoro rappresentativo che competono per la peculiarità
della propria funzione agli ambasciatori, per cui si distinguono da qualsiasi
altro pubblico ufficiale.

Il primo capitolo « Le origini della diplomazia moderna » ha per compito
di determinare il carattere e la funzione della diplomazia fra gli istituti del-
l'organizzazione statuale e nel gioco politico intrecciato dalle potestà in ge-
nerale nel tardo medio evo italiano.

L'A. ritiene che dal sec. XIII siano avvertibili l'inizio e l'impostazione
in forma sostanzialmente definita dell’istituto della diplomazia nei rapporti
tra stati. Non ostante la larga scelta di giudizi e asserzioni prelevati da una
selezionata bibliografia di autori qualificati, forse a causa dell'esposizione
poco sistematica e non esente da un procedere convulso, questo capitolo
non sembra che costituisca una chiara premessa, un efficace preambolo a
RECENSIONI 199

quello che è il vero e proprio tema della monografia, circoscritto alla defini-
zione dell’attività in uno specifico settore di un importante comune medie-
vale, quello di Perugia, che in quanto comune si differenziava da altre potestà
di diverso reggimento politico esistenti in Italia.

Dopo l’esposizione di tali talvolta astratte e non sempre coordinate
premesse l’A., considera « come condizioni della titolarietà di un diritto dei
singoli enti a proprie relazioni con l’esterno » i concetti (fors’anche le concrete
condizioni) di indipendenza, di sovranità e, infine, di autonomia. E certamente
qui sta il nocciolo della questione sostanziale per valutare fondatamente e
completamente l’ampiezza, i confini della sfera operativa entro cui agivano
le ambascerie inviate dal Comune di Perugia sopratutto alle due massime po-
testà, il papa e l’imperatore : il Comune di Perugia esercitava una vera e
propria sovranità ?

La questione è stata lungamente dibattuta e non sempre con serena obiet-
tività di giudizio, ma quasi sempre con un impegno interpretativo e col sus-
sidio di copiosa dottrina, l’uno e l’altro inficiati da una sia pure involontaria
tendenzialità finalistica suggerita dalle particolari correnti ideologiche e da
implicazioni metodologiche.

Oscar Scalvanti sullo scorcio del secolo scorso ha trattato la questione in
due elaborati studi storico-giuridici, che prevalentemente cercano di seguire
l'evoluzione compiuta dal diritto pubblico nel corso del medioevo per giun-
gere a fornire una giustificazione se non proprio una spiegazione del noto
giudizio di Bartolo sulla libertà perugina : « Facit haec lex quod civitas Pe-
rusina non subsit Ecclesiae nec Imperio. Et si dicas quidquid non subest
Imperio, est sub Ecclesia, concedo, nisi civitas aliqua non subsit Ecclesiae
ex privilegio concesso, sed civitas Perusina est huiusmodi, nam Imperator
donavit eam Ecclesiae, seu permutavit cum ea, et ex privilegio Ecclesia li-
beravit eam ». Giustamente Scalvanti rileva che nel corso dei secoli XII e
XIII quell'originario ma ormai remoto principio di diritto pubblico per cui
«ogni autorità temporale derivava da Dio, ma risiedeva nell'impero » si era
venuto evolvendo in connessione con l'evoluzione subita dalla struttura
dell'impero, con la diminuzione dell'autorità imperiale di fronte al papa e
con la trasformazione della configurazione politica dell'Italia. La formula
definita da Bartolo a proposito della libertà perugina rispecchia questo nuovo
orientamento del diritto pubblico e implicitamente afferma l'esercizio di una
piena autonomia in temporalibus da parte del papa.

Scalvanti nel suo saggio Una opinione del Bartolo sulla libertà perugina
(Bollettino della Deputazione di St. Patria per l'Umbria, II, 1896) dichiara
(p. 88): « A questa affermazione (Civitas Perusina non subest Ecclesiae nec
Imperio) Bartolo pervenne considerando che ormai il diritto imperiale era
divenuto piü onorario che effettivo, e ad ogni modo aveva cessato di esistere
là dove era una espressa concessione alla Chiesa, autorità divenuta capace
di temporale dominio, e perció capace di trasferirlo liberamente in altri con

PESTO OR TETI

=
nisonemaia rent e

200 RECENSIONI

pienezza di sovranità ». Ora, questa pienezza di sovranità va riferita in questo
caso a chi la concede o a chi la riceve ?

La fondamentale questione della posizione, sia sotto l'aspetto giuridico
formale che sotto quello sostanziale, del Comune di Perugia rispetto alla
Santa Sede é ampiamente trattata con avveduta utilizzazione dei documenti
e, secondo il mio modesto parere, avviata a una plausibile soluzione nel saggio
di Danilo Segoloni, Bartolo da Sassoferrato e la Civitas perusina (in « Bartolo
da Sassoferrato », Studi e documenti per il VI Centenario, Milano, 1962). Nel
capitolo terzo «La Civitas perusina sub protectione Beati Petri », partendo
dalla bolla 2 ottobre 1198 di Innocenzo III, l'argomentazione addotta giunge,
mi sembra incontrovertibilmente, a dimostrare che Perugia apparteneve
ad jus et proprietatem Ecclesiae. La Repubblica perugina, sempre sollecita
a ottenere da papi e imperatori nuovamente eletti la conferma di privilegi
e di franchige già ottenuti, non godeva di fronte al papa la piena sovranità,
ma usufruiva della libertas Romanae Ecclesiae, formula generica, nella quale
nondimeno rientravano tutte le forme di autonomia di governo interno,
ferma restando la limitazione negli affari, diciamo, di politica estera imposta
dal rispetto del vincolo di sudditanza alla Chiesa.

Punto fondamentale per la determinazione della sfera operativa degli
ambasciatori perugini é quindi costituito dall'ambito di competenza attri-
buibile all'esercizio della funzione diplomatica in rapporto alla estensione e
ai limiti della facoltà di autonomia goduta dal Comune.

Angelini accenna a questo argomento fondamentale, ma almeno a
me sembra — non prende netta posizione al riguardo e non formula precise
deduzioni concernenti il tema del suo del resto meditato saggio.

Notevole per coerente sviluppo critico e per efficace documentazione la
esposizione riguardante la scelta degli ambasciatori, il trattamento econo-
mico ad essi riservato, le disposizioni formulate sia nello statuto, sia nelle ri-
formanze dei consigli in materia diplomatica. Forse non avrebbe nuociuto,
ove fosse stato possibile, un esame, almeno parziale, dei puncía assegnati
agli ambasciatori, secondo i diversi tipi di missione. Assai utile, se pure essen-
ziale, la raccolta di documenti esibiti in Appendice.

Contributo storico-giuridico valido di per sé e tale da prospettare un
aspetto nuovo dell'attività politica esplicata dal Comune di Perugia in una
fase saliente della sua esistenza ; aspetto suscettibile di ulteriori approfon-
dimento e chiarificazione.

GIOVANNI CECCHINI

CuranETTI GrUSEPPE, Archivio Leonessano. Documenti riguardanti la vita
e il culto di san Giuseppe da Leonessa. (Subsidia scientifica franciscalia,
2). Roma, Istituto Storico Cappuccino, 1965, pp. XIII-620, L. 6.000.

Il volume raccoglie — nel testo integro, in estratto oppure in regesto
— 810 documenti circa la vita e il culto del santo cappuccino Giuseppe da

TRIS

RETI III
RECENSIONI 201

Leonessa (1555-1612), al secolo Eufranio Desideri, giacenti in 24 biblioteche
o archivi pubblici e privati di 18 città, e cioè Amatrice, Amelia, Aquila, Ascoli
Piceno, Assisi, Bologna, Foligno, Leonessa, Madrid, Milano, Parigi, Parma,
Rieti, Roma, Rouen, Spoleto, Trevi, Vienna. In molte di queste città il santo
svolse il suo apostolato, in altre dimorarono persone in corrispondenza epi-
stolare con lui oppure particolarmente impegnate nel promuovere il suo culto.
Finalmente, la ricerca fu diretta verso archivi e biblioteche dove per vari
motivi i documenti poterono annidarsi.

Si può senza riserve convenire con l’A. che la sua raccolta — anche se
necessariamente incompleta ed impostata soprattutto sui processi canonici
e sul culto — fornisce elementi nuovi sulla persona e l’attività del santo,
dei quali l’agiografo dovrà tener conto se non vuole seguitare a darci un’im-
magine che può rispondere alle testimonianze emerse dai processi canonici,
ma non alla sua genuina figura storica che in parte deve essere riscoperta,
Da questi atti essa risulta notevolmente più ricca e, spesso, anche diversa.
Infatti san Giuseppe da Leonessa « non è solo il « guastaballi » e lo « sconcia-
compagni », il predicatore delle penitenze austerissime, il generico benefattore
dei poveri e il taumaturgo benedetto dalle folle : ma è anche il frate dalla
intelligenza brillante, non originale nel suo pensiero solo perchè non ha svolto
ricerche personali, ma pur sempre fornito di solida formazione teologico-
ascetica ed aggiornato sui più scottanti problemi morali e sociali del suo tempo ;
il prudente superiore amante delle biblioteche nei conventi; il restauratore
della concordia cittadina e della disciplina ecclesiastica, stimato perciò e
benvoluto dalle autorità civili e religiose ; l’apostolo sollecito per la causa dei
più miserabili, fondatore di ospedali e di ricoveri, di monti di pietà e soprat-
tutto di monti frumentari eretti in ogni più remota contrada ; il valoroso lot-
tatore contro ogni tipo di ingiustizia e di sopraffazione. La sua stessa straor-
dinaria penitenza, che fu caratteristica inequivocabile della sua personalità,
acquista un più preciso valore di testimonianza se inquadrata nel movi-
mento ascetico post-tridentino, e cappuccino in particolare. Anche la breve
ma gloriosa missione di Costantinopoli (1587-1589), scaturita a poca distanza
da Lepanto (1571) e seguita con particolare premura da Sisto V, attende di
essere rivalutata » (p. IX).

I documenti manoscritti (solo eccezionalmente vengono presi in consi-
derazione gli stampati) sono ordinati secondo gli archivi ove furono consul-
tati, e poichè la maggior parte di essi è in Leonessa (p. 79-358), l’opera porta
il titolo di Archivio Leonessano. Molto opportunamente ai regesti viene premessa
una notizia circa i singoli archivi con particolare riferimento alle relazioni
di attività, di famiglia, di vita religiosa o di culto che il santo ebbe con il
luogo.

L’opera è arricchita di due appendici, una sulla famiglia (p. 563-580)
e l’altra sulla iconografia del santo (p. 581-593). Un’idea del ricco contenuto
del volume è data dall’indice analitico e delle materie (p. 595-615). Gli argo-
menti qui indicati riguardano tutti il santo. Su questo punto, però, si sarebbe

EUR

n: Vba 11134

TAMA

mini ra us
202 RECENSIONI

desiderata più abbondanza di particolari; anzi sarebbe stato più che utile
inserire la voce « Giuseppe da Leonessa » e sotto di essa notare sistematica-
mente almeno i dati riguardanti la vita del santo, così come essi risultano dai
documenti descritti : si sarebbe facilitata la lettura e l’utilizzazione, non certo
agevole,del ricchissimo volume, che è certamente il più valido contributo
finora dato alla storia del Leonessano.

L'Umbria è presente nella pubblicazione non soltanto con gli archivi ve-
scovile di Amelia (p. 29-31), cappuccino di Assisi (59-72), arcivescovile di
Spoleto (535 s) e notarile di Trevi (557 s), e con la biblioteca del seminario di
Foligno (75-78) ; essa fu il teatro di gran parte dell'attività religiosa e sociale
del Leonessano che, nativo del Lazio, fu membro della provincia cappuccina
umbra.

MARIANO DA ALATRI

Luigi PoMPiLJ, A Spoleto tra Ottocento e Novecento, Spoleto, Arti Grafiche
Panetto e Petrelli, 1966, pagg. 171, tavv. f. t. 11 ill.

È una mirabile ed encomiabile iniziativa quella presa dalla Banca Po-
polare di Spoleto, di farsi promotrice d’un’opera di sicuro valore storico-
documentario e letterario, volta a celebrare la città madre, attraverso l’illu-
strazione di alcuni suggestivi aspetti della sua vita d’un recente passato.
Non è invero la prima volta che istituti finanziari locali promuovano opere
di vario interesse cittadino, che in apparenza con l’attività finanziaria non
sembrano avere diretti legami. Si possono in ciò ravvisare le forme di un
intelligente campanilismo, inteso a potenziare aspetti, valori, tradizioni
cittadine. Basterebbe, a tal riguardo, pensare ai rapporti notoriamente esi-
stenti fra il Palio di Siena e il Monte dei Paschi. In fondo, c’è di che rallegrarsi
se questa specie di mecenatismo bancario, sebbene in forma e proporzioni
assai meno ampie e magnifiche, si sia sostituito a quello tanto più splendido e
liberale dei secoli rinascimentali.

L’opera promossa dalla Banca Popolare di Spoleto consiste in un bel-
lissimo volume ove Luigi Pompilj, con quella delicata finezza di spirito che
caratterizza questo gentile scrittore così autenticamente, profondamente
umbro, a ritroso ripercorre le vie del tempo, affidandosi alla propria memoria
e alla memoria di persone da lui conosciute venute al mondo prima di lui,
commemorando quindi « fatti, luoghi e persone di ottant’anni di vita spoletina ».

Si direbbe quasi una specie di cronaca postuma, nella quale il Pompilj
ridà vita ad avvenimenti, circostanze e persone, appartenenti all’epoca che
si pone a cavallo fra i due secoli. Ed è una gran folla di personaggi che sfila di-
nanzi ai nostri occhi, gente di tutti i ceti sociali e d’ogni levatura intellet-
tuale, dall’umile artigiano all’artista di gran nome, dal semplice popolano al
patrizio, dall'uomo d'affari e dal banchiere al borghese e all'impiegato. E
tutte queste persone, situate sullo sfondo colorito del loro tempo, del loro am-
TILT

RECENSIONI 203

biente e degli eventi che da essi trassero motivo o nei quali essi si mossero,
vengono a ricevere un’animazione reale dall’arte del Pompilj; divengono
veri e propri personaggi che agiscono sulla scena pittoresca d’una civilissima
comunità cittadina, qual'é quella di Spoleto.

In ultima analisi, è proprio questa, la comunità spoletina, la vera prota-
gonista, poiché è in funzione di questa che ogni personaggio ed ogni acca-
dimento viene tratteggiato nel quadro dell'autore. Di modo che il quadro
stesso finisce per assumere un valore di storia, quando per storia si intenda
tutto quello di propriamente umano possa esprimersi nella vita d'una comu-
nità umana per sé stante. E sotto questo riguardo l'opera del Pompilj non
può dirsi che esemplare. In essa il lettore è portato a rivivere entro se mede-
simo fatti, circostanze e persone, in grazia d'una narrazione vivissima e vera
per l'aderenza immediata e spontanea dell'anima del narratore.

Ma piü ancora di questo, e al di là di questo, il lettore é tratto ad una con-
siderazione piü profonda, che a seconda dei casi puó essere triste o lieta ; e
cioè il fatto che la vita più autenticamente e genuinamente umana è sicura-
mente quella che si vive nei modesti centri di provincia, ove lo spirito non si
aliena nel clamore dispersivo, nell’attivismo tempestoso e febbrile, nell’ano-
nimato opaco e spersonalizzante dei grandi centri, ma sa porsi di fronte a
sè stesso, sa calarsi in sè stesso, per riconoscere la propria realtà nel rapporto
fra un io e un tu, insostituibili ambedue ; e nel calore vivo di questo rapporto
coglie la rivelazione dei più alti valori umani, fuori dei quali non può esservi
nè vera morale, nè vera religione, nè vera arte, nè verità alcuna.

Nella grande metropoli, qualsiasi personaggio d’alto valore scompare
nel mare dell’indifferenza. Ma quando quel personaggio giunga nel centro
di provincia, desta una vibrante risuonanza, come il suono d’una campana
di buon mattino. Ciò che nel primo caso si smorza e scompare nella sordità del
nulla, nel secondo determina un moto, un ritmo spirituale che si propaga alla
lontana, crea situazioni nuove e originali. E fa storia. Così è che quando Giosuè
Carducci venne in Umbria, nel 1876, come Commissario governativo agli
esami di licenza liceale a Perugia, dovette trovare in questa città e a Spoleto,
oltre che un’incomparabile bellezza di paesaggio naturale e di clima storico,
una calda vibrazione umana destata dalla sua presenza, che si ripercosse
profondamente nel suo cuore, e non fu certamente estranea alla sua ispirazione
lirica. È appunto con una dettagliata e vivace narrazione del breve soggiorno
del Carducci a Spoleto che il Pompilj inizia la serie dei suoi scorci di cronaca
viva, fornendoci una copia di notizie particolari e minute, ma sempre somma-
mente interessanti, attraverso le quali non soltanto ricostruiamo la perso-
nalità umana semplice e bonaria del professore Carducci, ma ricreiamo un
ambiente, un costume, una situazione propriamente storica. Il Pompilj segue
il Poeta momento per momento nel suo soggiorno spoletino e ne dipinge la
personalità umana sullo sfondo di vicissitudini semplici e piene di una deli-
ziosa freschezza, riuscendo .così a creare un quadro netto e preciso nel suo di-
segno, luminoso nei suoi colori. I tratti fisionomici del Poeta che vi cogliamo
204 RECENSIONI

non differiscono da quelli che ci sono familiari per salda tradizione, quelli
cioè del caloroso amico dell’umanità, amante della natura, ove sente di ri-
trovare sempre il proprio elemento ed alimento, e del simposio, ove i rapporti
umani si rifondono e si rinsaldano, creando disposizioni intime di bellezza
e di fede, da cui l’anima è tratta a considerare bella la vita e santo l'avvenire.

Se l’ambiente che fa da sfondo al Carducci in Spoleto è prevalentemente
popolare per la stessa vocazione e l’impegno politico del Poeta, democratico
e mazziniano (è dell’anno seguente la visita dei Reali d’Italia a Bologna, con
le relative conseguenze), è pur vero tuttavia che Spoleto offre una varietà di
situazioni sociali, spirituali ed intellettuali, che fanno di quella città un centro
ricco di fermenti. La suggestiva narrazione del Pompilj ci persuade sempre di
più della falsità del luogo comune secondo il quale l’ambiente di provincia
debba considerarsi per definizione una realtà umana di grado inferiore, carat-

terizzata da limitatezza, da inerzia spirituale, da grettezza. Se ciò può esser

vero in alcuni casi, non lo è sempre ; talvolta anzi il rapporto umano si fa più
immediato e più vivo, e quindi più capace di fecondare germi riposti negli
strati più profondi e più veri dello spirito. Tale è l'ambiente spoletino, carat-
terizzato da una vita fervida in ogni campo, da quello economico e finanziario
a quello culturale ed artistico, a quello politico, a quello teatrale ; e dapper-
tutto si manifesta lo spirito vigile e sperimentato per lunga tradizione storica
di una popolazione evoluta, civile, coltivata, ricca di un alacre senso d’inizia-
tiva e d’un’intelligente capacità critica. È così che in quel terreno poterono
fiorire uomini di valore e notorietà quali il conte Paolo di Campello, « scrittore
versatile e studioso », il barone Achille Sansi, « serio storico », Giuseppe Sor-
dini, che «richiamava alla luce il patrimonio archeologico di Spoleto », il
conte Alessandro Onofri, che studente di legge è in grado di concertare e di-
rigere spettacoli lirici di alto livello, ponendo le premesse di quel luminoso
avvenire in cui si affermerà come compositore in America.

Sono una folla di figure, di maggiore o minore spicco, che passano da-
vanti ai nostri occhi. E con le figure, anche le istituzioni e le varie iniziative ;
talune più fortunate, tal’altre meno, ma in tutte si esprime una fervida spi-
ritualità. È quella stessa spiritualità di cui oggi sono espressione il Teatro
Sperimentale e il Festival dei due Mondi.

La figura ove più s'incentra l'interesse del nostro autore — forse perchè
più congeniale al suo temperamento — è quella di Ugo Oietti, che nel quadro
del Pompilj assume un ruolo di primo piano. Con Spoleto ebbe l’Oietti rap-
porti molto prossimi, essendo sua madre di famiglia spoletina, ed avendo
quindi egli trascorso una notevole parte della sua prima età nella bella villa

di S. Giacomo, ove « dopo aver trascorso... ogni anno le vacanze estive del-
l’infanzia e dell'adolescenza... prese parte alla vita di Spoleto nella prima

giovinezza, continuando a venire ogni anno a S. Giacomo qualche settimana,
fino al 1905 ». Era nato nel 1871.

L'Umbria dunque ebbe una parte essenziale nella formazione del giovane
scrittore ; il quale anche se successivamente si lascerà sedurre dalle sugge-

Maus:
T7

RECENSIONI 205

stioni dell'ambiente romano, conserverà sempre in sé quegli elementi che
nell'età giovine aveva depositato, come seme nella terra, l'Umbria. E della
sua anima, fu quella senza dubbio la parte migliore, la piü salda.

Più volte è stato detto che uno degli indici della civiltà d'un popolo è
dato dalla sua vocazione al teatro. Ed al teatro il Pompilj dedica l'ultimo dei
sette capitoli del suo libro ; e forse anche il più brillante. Dice l'autore : « Questa
che vorrei chiamare civiltà teatrale — perché il teatro é una forma di socialità,
di vita collettiva era accompagnata da un fervore filodrammatico che tro-
vava alimento in enti, associazioni, collegi civili e religiosi maschili e femminili,
circoli, salotti aristocratici e borghesi ». E da questo fervore filodrammatico
potevano pur nascere artisti di grande avvenire. All'istesso tempo esso stesso
richiamava a Spoleto compagnie di massima rinomanza, che ben sapevano di
trovare nel pubblico di Spoleto un giudice intento ed attento, e sommamente
valido.

Chiude il capitolo, e quindi il libro stesso, il mesto ricordo del bravo e
simpatico Alberto Talegalli, divenuto tanto familiarmente caro al pubblico
di tutt'Italia attraverso la radio e la televisione, e tanto compianto da tutti
allorché la morte a tradimento lo ghermi quando piü luminoso appariva il
suo successo. E il Pompilj che gli era stato amico e lo aveva seguito lungo
le tappe della sua non incontrastata ascesa, lo piange, nel suo libro, a ciglio
asciutto, con tanta contenuta tristezza nel cuore.

E una serie di pittorici scorci di storia viva, anzi vivissima, il bel libro
del Pompilj, che reca onore, veramente, alla città, non meno che al meritevole
Autore.

Il volume è corredato da una documentazione singolare ed interessan-
tissima costituita da vecchie fotografie e da bellissime tavole a colori, che
integrano felicemente il validissimo testo.

AVERARDO MoNTESPERELLI

PrirriG AMBROS JosEr, Religio Iguvina (Philologische und religionsge-
schichtliche Studien zu den Tabulae Iguvinae mit Text und Übersetzung
und 8 Tafeln) Osterreichische Akademie der Wissenschaften, Philoso-
phisch-historische Klasse, Denkschriften, 84 Band, Wien, 1964.

La prima positiva impressione che si riceve leggendo la Religio Iguvina
di A. J. Pfiffig è quella di una lunga consuetudine con il mondo antico, italico
e extraitalico, che permette all'A. di dare alla materia trattata una limpida
spontanea scorrevolezza. Questo rende la lettura, almeno nella prima parte,
molto piü facile e avvincente di quanto non si potrebbe pensare per un'opera
così densa e approfondita !), e nello stesso tempo persuade il lettore alla
fiducia : che è una fiducia ben meritata. Il Pfiffig ci ha dato infatti un quadro
veramente completo della religione dell’antica Gubbio, un quadro che viene

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206 RECENSIONI

a colmare una lacuna nel campo della storia delle religioni. Le sette tavole
bronzee, ritrovate da più di cinque secoli nella cittadina umbra, offrono
infatti un materiale ricchissimo di prescrizioni sacrali e sacrificali, quale né
l’antichità romana, né quella greca ci hanno dato : che le bende della mummia
di Zagabria mostrino qualcosa di simile per l’etrusco è un’ipotesi avvincente, |
che il Pfiffig stesso ha tentato di svolgere dettagliatamente in un altro suo
lavoro *), ma che niente può veramente confermare allo stato attuale delle
nostre conoscenze. Anche nelle tavole iguvine vi sono certo punti oscuri e
controversi *): ma nel complesso il testo è sicuramente interpretabile e
apre un ottimo campo di indagine allo studioso delle antiche religioni. Però
finora i numerosi lavori di traduzione e commento *‘) si son volti soprattutto a
una trattazione filologica e linguistica *) ; anche se non sono mancati signi-
ficativi confronti con espressioni sacrali di altre religioni, essi sono stati fatti
principalmente in funzione del singolo passo esaminato. Qui abbiamo final-
mente una visione d'insieme della religione umbra antica, quale almeno ve-
niva praticata a Gubbio : dobbiamo ringraziare il Pfiffig di avercela data e
di avercela data cosi chiara.

Nelle prime pagine (11-31) del libro troviamo il testo delle sette tavole,
insieme alla traduzione. Naturalmente, date le numerose discrepanze che
ancora sussistono fra gli studiosi circa alcuni particolari di significato, è
stato necessario all'A. prendere posizione e « scegliere » la sua interpretazione.
Dico « scegliere », perché egli — che pure é linguista — in questa opera rara-
mente fa lavoro di linguista : relega in nota, di solito, le discussioni etimolo-
tiche e solo sporadicamente propone, dal punto di vista della valutazione
del testo e della penetrazione semantica, una sua tesi personale ; accetta molto
spesso le idee del Devoto, talvolta quelle del Vetter, piü difficilmente quelle
di altri autori. Ma la novità offerta da questa parte iniziale è la traduzione
tedesca delle tavole, che, affiancandosi a quella italiana del Devoto (1945)
e a quella inglese del Poultney, ribadisce la concezione moderna circa la
pronta intellegibilità dei documenti presi in esame contro il vecchio sistema
della trasposizione latina *).

La trattazione vera e propria è divisa in tre parti: « Das iguvinische
Pantheon » (pp. 33-60); «Das Opfer im iguvinischen Kult» (pp. 61-99);
«Das Gebet im iguvinischen Kult » (pp. 101-119) ; la prima dedicata quindi
alla definizione delle varie divinità, la seconda e la terza agli atti liturgici
distinti in sacrificio e preghiera.

Il primo capitolo è, a mio parere, il più importante e il più originale, e
insieme quello che, come già notavo, sembra rivolgersi anche a chi non ha per
l'argomento un interesse specifico. Le tre pagine finali del libro (« Schluss »,
pp. 117-119) lo riassumono o meglio ne interpretano lo spirito in maniera,
direi, esemplare. L’astratta concezione religiosa indoeuropea, accentrata
su un’unica divinità celeste, Giove (a cui si aggiungono, però, in una triade
il «terrestre » Marte e l’«infero » Vofiono ; e dal quale, d’altra parte, deri-
vano per ipostasi astratte figure personificanti qualità morali) è vista nel
rt

RECENSIONI 207

suo confluire con religioni più emozionali, come quelle mediterranee. Ma è
merito del Pfiffig l’aver colto in esse non solo l’elemento femminile — la dea-
madre, simbolo di fecondità —, ma anche un altro aspetto, più sfuggente e
profondo, il culto della « pietra », quale si manifesta nei monumenti megali-
tici e di cui rimangono tracce sotterranee nel pantheon e nei riti iguvini :
l'evanescente essenza di * Grabo, la « pietra », che determina però la triade
fondamentale, e la funzione della spina, quasi un betilo, che ha una certa
importanza nei sacrifici. Interessanti sono anche i collegamenti posti con la
religione etrusca (Popdico = Fufluns) e remana : da Roma Gubbio accoglie-
rebbe il concetto di due divinità della fertilità e della vegetazione, Cerere e
Pomona, riportandolo però a esseri maschili, secondo lo spirito più genuina-
mente indoeuropeo ?).

Le altre due parti vengono invece a trattare minutamente lo schema
liturgico dei vari riti. Qui — soprattutto nel II capitolo — l'esame cosi par-
ticolareggiato può apparire pesante, se non si ha l'intenzione di seguire l'A.
nelle minuzie, a volte nelle tortuosità, della materia. L'ossessione delle pre-
scrizioni giunge talvolta a stancare, ma non certo per colpa del Pfiffig : anzi
i frequenti raffronti con gli atti sacrificali delle altre religioni, l'impegno nel
cercare di determinare quanto può ascriversi alla religione indoeuropea e
quanto al sostrato, di ritrovare il valore profondo di certe azioni cultuali dà
un lievito a queste pagine talvolta monotone. Il capitolo dedicato alla pre-
ghiera ha avuto un interesse speciale per me che ho trattato lo stesso argo-
mento *), in modo però diverso, più chiuso nel ristretto ambito iguvino, più
legato alle strutture grammaticali e alla cristallizzazione di certi schemi de-
finibili nelle «litanie » umbre. Ho letto dunque con particolare attenzione
questa parte e ne ho ricevuto un’impressione completamente favorevole ;
anzi vorrei qui confessare che la sua apertura a parallelismi con la religione
romana e una certa agilità nella trattazione della materia avrebbero reso
questo studio più adatto forse del mio a comparire in un’opera che giustap-
pone — e quindi indirettamente tende a confrontare — le « preghiere » di
religioni diverse.

Un argomento trattato nella seconda parte, al paragr. 40, la questione
dell’erus (che il Pfiffig, con il Devoto, il Pisani e il Poultney, considera come la
consumazione rituale della vittima, o di una parte della vittima, distribuita
ai fedeli alla fine del sacrificio) è stato ora ripreso, sostanzialmente immutato,
in un articolo dello stesso autore, « Eine vorchristliche Kommuniofeier im
altumbrischen Kult von Gubbio » *). Nell’uno e nell’altro lavoro il Pfiffig
fa notare le differenze fra questo rito e la visceratio romana e aggiunge : « Das
Mahl am Ende des Opfers ist uralt. Wir finden es bei Sumerern, Babyloniern,
Hethitern, Indern, Persern, Griechen und Rómern hàáufig bezeugt ». Sor-
prende a questo proposito che egli non faccia cenno ai banchetti che appaiono
connessi e contrapposti ai sacrifici presso un popolo intimamente legato, dal
punto di vista dello « Stammbaum », con l’iguvino, cioè presso gli Oschi di
Capua. Nelle famose iscrizioni iüvilas ritorna due volte la parola kerssnasias
208 RECENSIONI

(Vetter, nn. 84, 88 B) in opposizione a sakrasias (Vetter, n. 85), mentre nella
controversa iscrizione Vetter, n. 86 un’azione rituale compiuta sakriss, cioè
«con vittime », si distingue in qualche modo da un’altra che si svolge in Kkerss-
naís, «con cene». Per me ") la contrapposizione si risolve in una succes-
sione temporale, nel senso che i banchetti rappresentano la fase conclusiva
delle operazioni sacrificali. Non intendo certo affrontare qui compiutamente un
argomento che mi sembra però meriti di essere approfondito : questo vuole
essere solo un invito al Pfiffig perchè prenda in esame e discuta — magari
con resultati negativi — anche quelle iscrizioni. Ed è un invito che implica
un augurio di portata più vasta: è vero che, al di fuori di Gubbio, i popoli
italici offrono dal punto di vista epigrafico — soprattutto nei confronti del
ricchissimo tesoro delle tavole — materiale piuttosto scarso per la ricostru-
zione dell'antica religione osco-umbra ; ma vogliamo confidare che uno stu-
dioso come il Pfiffig non si lasci sgomentare dall'esiguità dei testi per dare un
complemento ed inserire in un quadro più ampio, di religione «italica »,
questo suo breve interessantissimo lavoro sui culti e i riti iguvini.

GABRIELLA (GIACOMELLI

NOTE

1) La possibilità di confronti con culti e riti di altre religioni porta talvolta il
Pfiffig a degli excursus interessanti, ma che interrompono il filo logico della tratta-
zione: mi domando se non si sarebbe potuto ovviare a questo inconveniente con un
semplice espediente tipografico come è il ricorrere, per queste « digressioni », a carat-
teri più piccoli.

2) Studien zu den Agramer Mumienbinden, Osterreische Akademie der Wissen-
schaften, Philosophisch-historische Klasse, Denkschriften, 81. Band. Nella nostra opera
il Pfiffig fa spesso riferimento a passi del probabile (per me) rituale delle bende,
che egli traduce con una sicurezza forse eccessiva.

3) V. p. es., A. ErNOUT, Le dialecte ombrien (Lexique du vocabulaire des « Tables
Eugubines » et des inscriptions) Paris, 1961, dove si distinguono, talvolta un po' sem-
plicisticamente, « mots de sens connu» e «mots de sens obscur ».

4) V., fra le opere più recenti, A. von BLUMENTAL, Die iguvinische Tafeln, Stuttgart,
1931; G. DrEvoro, Tabulae Iguvinae, Roma, 1936 (3* ediz. 1962); G. DevoTOo, Le ta-
vole di Gubbio, Firenze, 1948 ; V. PisANI, Le lingue dell’Italia antica oltre il latino, To-
rino, 1953 ; E. VeTTER, Handbuch der italischen Dialekte, Heidelberg, 1953 ; G. BorTI-
GLIONI, Manuale dei dialetti italici, Bologna, 1954 ;.J. W. PourrNEY, The Bronze Ta-
bles of Iguvium, Baltimore, 1959.

5) Lo studio di I. RoseNzwEIG, Ritual and Cults of pre-Roman Iguvium, London,
1937, non ha molta importanza ed è passato quasi inosservato per gli studiosi che hanno
lavorato successivamente.

6) Difesa ancora dall'ERNour, op. cit., p. 6. Io resto però convinta dell'utilità

IAT
RECENSIONI 209

della traduzione di un testo dell’antichità extragreca ed extraromana in una lingua
moderna e accetto quindi le critiche di J. UNTERMANN (in Gòottingische Gelehrte Anzeigen,
216, 1964, p. 174 sg.) a proposito della mia «trasposizione » latina dei testi falisci.

?) Al dio Cerfo — parallelo italico di Cerere — si affiancano due divinità fem-
minili, Prestota e Torsa. Nell’accentuare il carattere « infero » della prima su basi sto-
rico-culturali, mi sembra che il Pfiffig non abbia tenuto conto dell’etimologia del nome,
o almeno non l’abbia giustificata. Infatti la dea — invocata sia come l’accanita per-
secutrice dei nemici sia come la sicura difesa degli Iguvini — è definita come « quella
che sta innanzi » (cfr. lat. Praestita) a preservare i supplicanti dal male.

*) In una monografia destinata a comparire in « La preghiera » a cura di R. Boc-
CASSINO per l’Editrice Coletti di Roma. Ho consegnato il testo cinque anni fa.

*)) In Kairos, Zeitschrift für Religionswissenschaft und Theologie, 4, 1965, pp.
280-283.

10) Cfr., Questioni sintattiche e interpretative nei testi delle iávilas, in Studi Etruschi,
XXVII, 1959, p. 159 sgg.

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SEGNALAZIONI

Preistoria

Archeologia classica e cristiana

Gittà'di Castello

VoLBACH W. Fritz, Il tesoro di Ca-
noscio, in Ricerche sull’ Umbria tardo-
antica, Atti del II Convegno di Studi
Umbri, Gubbio, 24-28 maggio 1964
(pubbl. nel 1965), pp. 303-316.

Collemancio

MADDOLI GIANFRANCO, Ancora sulla
patria di Properzio, in La parola del
passato, Rivista di studi antichi,
XCI, 1963, pp. 295-301.

Avanza la ipotesi che Properzio possa
essere oriundo di Urvinum Hortense.
e rec. di Silvestro NEssI, in Boll.
Deputaz. Storia Patria per l Umbria,
LX, 1903, p. 241.

F o big n.o

LAWRENCE MARION, The circus relief
at Foligno, in Ricerche sull’ Umbria
tardo antica. Atti del II Convegno di
Studi Umbri, Gubbio 24-28 maggio
1964 (pubbl. nel 1965), pp. 119-135.

Gubbio

HoENIGSswALD H. S., Rec. a J. W.
PourrNEYv, The Bronze Tables of
Iguvium (Baltimore 1959); in Ame-

BIBLIOGRAFICHE

rican Journal of Philology, LKXXII,
3, 1961, pp. 301-306.

L’ORANGE Hans PETER, Un ritratto
della tarda antichità nel Palazzo dei
Consoli di Gubbio, in Ricerche sul-
Umbria tardo-antica. Atti del II
Convegno di Studi Umbri, Gubbio,
24-28 maggio 1964 (pubbl. nel 1965),
pp. 137-150.

MoNAcHINO VINCENZO, La lettera de-
cretale di Innocenzo I a Decenzio ve-
scovo di Gubbio, in Ricerche sull’ Um-
bria tardo-antica. Atti del II Con-
vegno di Studi Umbri, Gubbio, 24-
28 maggio 1964 (pubbl. nel 1965),
pp. 211-234.

NuTI FERNANDO, Gubbio nell’antichità.
Centro di studi storici toscani. Qua-
derni di studi storici toscani, se-
conda serie, quaderno III, Firenze,
1964, pp. 45.

Pregevole monografia storico-topo-
grafica su Iquvium. L'A. si sofferma
in particolare a trattare del culto di
Giove Grabovio e della fondazione
della colonia cesariana alla quale fa
seguito un periodo di floridezza de-
nunciata dalla costruzione del teatro.
Un interessante capitolo è dedicato
alla identificazione dell’anfiteatro nel
luogo di Santa Maria del Pellagio, il
cui attributo è certamente derivato
dalla parola perilasio che nel volgare
antico equivale ad anfiteatro. Un ca-
pitolo sulla viabilità nella zona eugu-
bina conclude l’utile lavoro del Nuti.
Montefalco

Nessi SiLvestRro, Montefalco patria
di Properzio. La questione proper-
ziana attraverso i secoli, in Bollettino
della Deputazione di Storia Patria
per l'Umbria, LX, 1963, pp. 39-69.

Narni

Criorri UMBERTO, Narni, in Enciclo-
pedia dell’ Arte Antica, V, 1963, pp.
352-353.

Orvieto

BizzARRI MARIO, Rinvenimenti e scavi
archeologici nella regione orvietana nel
corso del 1959, in Bollettino dell’ Isti-
tuto Storico Artistico Orvietano, XV,
1959, pp. 43-47..

Bizzanni MARIO, Campagna di scavo
1960 nella necropoli etrusca di Cro-
cifisso del Tufo in Orvieto, in Bol-
lettino della Deputazione di Storia
Patria per l'Umbria, LXXVII, 1960,
pp. 103-112, tavv. I-IX.

Nell'Istituto Centrale del Restauro sono
state restaurate un gruppo di 17 cop-
pe a figure nere della collezione Faina,
tra cui quella firmata da Epiktetos e
Iskylos, Fasti Archaeologici, XVI,
1964, p. 18 e XVII, 1965, n. 289.

Otricoli

Su C. Popillius ceramista romano,
forse umbro di nascita, attivo a
Otricoli e Mevania, cfr. GALLINA AN-
TONIETTA, in Enciclopedia dell’ Arte
Antica, VI, 1965, pp. 377-78.

Perugia

FeRrUGLIO A. E., Perugia, in Enciclo-
pedia dell'Arte Antica, VI,
pp. 84-88.

1965,

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFIGHE

JoHNSTONE MARY A., Perugia and her
People, Perugia, 1956 recens. di M.
R(ENARD), in Latomus XX, 2, 1961,
p. 446.

JoHNSTONE MARY A., The eíruscan
Life in Perugia, Firenze, Olschki,
1964, pp. XII, 176, tavv. 29.

Bocci P., « Pittore di Perugia» (ce-
ramografo etrusco), in Enciclopedia
dell'Arte Antica, VI, 1965, p. 88.

DoHRN ToBras, Der Arringatore in
Florenz - Technische Beobachtungen,
in Jahrbuch des Deutschen Archéolo-
gischen Instituts - | Archáologischer
Anzeiger, 1965, 1, coll. 123-142.

Nell'Istituto Centrale del Restauro è
stato completato il restauro dei
bronzi di Castel S. Mariano del Mu-
seo Archeologico Nazionale di Pe-
rugia. Sono stati inoltre restaurati
alcuni bronzetti da Colfiorito e tre
lamine iscritte. Fasti Archaeologici,
AXVI,.. 1964; p.:-19;.e; XVII. 1965,
n. 289.

GAGÉ JEAN, Lucia Volumnia déesse
ou prétresse (?) et la famille des Vo-
lumnii, in Revue de philologie, X X XV,
1, 1961, pp. 29-47.

PrckEsRT LuIsE CHARLOTTE, Relazioni
fra archeologi italiani e tedeschi nel-
l'Ottocento, in Rendiconti dell' Acca-
demia Nazionale dei Lincei, Classe di
Scienze Morali Storiche e Filologi-
che, s. VIII, vol. XVIII, 1963.

Rec. in Boll. Deput. Storia Patria per
lUmbria, LX, 1963, pp. 243-246.

Spello

DE Dominicis Manrio, Un intervento
legislativo di Costantino in materia
religiosa (nota a CIL XI, 5265), in
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 213

Bollettino della Deputazione di Storia
Patria per l'Umbria, LX, 1963, pp.
71-82.

Cfr. Revue Internationale des droits de
l'Antiquité, 3% serie, t. X, 1963.

ANDREOTTI RoBERTO, Contributo alla
discussione del rescritto costantiniano
di Hispellum, in Problemi di storia
e archeologia dell' Umbria. Atti del I
Convegno di Studi Umbri, Gubbio,
26-31 maggio 1963 (pubbl. nel
1964), pp. 249-290.

Spoleto

RAMBALDI ALCEO, Miscellanea epigrafi-
ca, in Spoletium, 12, 1966, pp. 27-30.

R(AMBALDI) A(LcEkO), Schede Spoleti-
ne: Boschi e cinghiali nella Spoleto
romana ; San Concordio e la Basilica
di S. Salvatore ; Croci sulle pietre
antiche, in Spoletium, 12, 1966, p. 40.

FRUTAZ A. P., Spes e Achilleo vescovi
di Spoleto, in Ricerche sull’ Umbria
trardo-antica. Atti del II Convegno di
Studi Umbri, Gubbio, 24-28 maggio
1964 (pubbl. nel 1965), pp. 351-377.

CARLO PIETRANGELI

SALMI Manio, S. Salvatore di Spoleto,
il tardo antico e l'alto medio evo. Il
passaggio dall'antichità al medio evo
in occidente, in Settimane di studio
del Centro italiano di studi sull'alto
medio evo, Spoleto, vol. IX, 1962,
pp. 497-520.

L'A. aggiorna e completa il prece-
dente lavoro, pubblicato nel 1951,
intorno all'antica basilica umbra.

MARIO PERICOLI

Todi

DE Dominicis MARIO, Ancora sul
« fragmentum tudertinum » (CIL XI,
4632), in Bollettino della Deputazione
di Storia Patria per l’ Umbria, LXII,
1965, pp. 51-70.

Cfr. Revue Internationale des droits de
lAntiquité, 3* serie, t. XII, Bruxel-
les, 1965.

Si tratta di un frammento di tavola
di bronzo con importante testo giuri-
dico trovato nel 1719 presso Todi, ora
conservato nel museo Nazionale di
Napoli.

Trasimeno

SUSINI GIANCARLO, Ricerche sulla bat-
taglia del Trasimeno, in Annuario
della Accademia Eírusca di Cortona
XI (1956-60), Cortona, 1960, 93,
pp. 15 tavv.

Recensioni :

CHEVALLIER R., in Revue Historique,
CCXXVII, 1962, pp. 261-262.

SEsTON W., in Revue des Etudes La-
lines, XXXIX, 1961 (1962), pp.
393-394.

Umbria

PALLOTTINO MassiIMO, Preistoria e pro-
tostoria dell'Umbria, in Problemi di
storia e archeologia del Umbria. Atti
del I Convegno di Studi Umbri,
Gubbio 26-31 maggio 1963 (pubbl.
nel 1964), pp. 75-89.

RicHARDSON EMELINE Hinr, The re-
current Geometric in íhe Sculpture
of Central Italy and its Bearing on
the Problem of the Origin of the
Etruscan, in Memoirs of the American
Academy in Rome, XXVII, 1962,
pp. 153-198 (ricordato il materiale
umbro di stile geometrico).

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CaPuTO GIACOMO, Il bronzo in Umbria,
in Problemi di storia e archeologia
dell' Umbria. Atti del I Convegno di
Studi Umbri, Gubbio, 26-31 maggio
1963 (pubbl. nel 1964), pp. 187-196.

ALESSIO G., Mediterranei e Italici nel-
l'Italia Centrale (Toscana, Umbria,
Marche), in Studi Etruschi, XXIX,
1961, pp. 190-217.

ANNIBALDI GIOVANNI, / rapporti cul-
turali tra le Marche e l’ Umbria nel-
l’età del ferro, in Problemi di storia e
archeologia dell' Umbria. Atti del I
Convegno di Studi Umbri, Gubbio,
26-31 maggio 1963 (pubbl. nel 1964),
pp. 91-98.

BANTI Luisa, Rapporti fra Etruria ed
Umbria avanti il V sec. a C., in
Problemi di storia e archeologia del-
lUmbria. Atti del I Convegno di
Studi Umbri, Gubbio, 26-31 maggio
1963 (pubbl. nel 1964), pp. 161-173.

MAGI FiLippo, Le stele arcaiche dal
Tirreno all’ Adriatico,.in Problemi di
storia e archeologia dell' Umbria. Atti
del I Convegno di Studi Umbri,
Gubbio, 26-31 maggio 1963 (pubbl.
nel 1964), pp. 175-185.

Cori Uco, L’organizzazione politica del-
l,Umbria preromana, in Problemi di
storia e archeologia dell Umbria. Atti
del I Convegno di Studi Umbri,
Gubbio, 26-31 maggio 1963 (pubbl.
nel 1964), pp. 133-159.

EnNouT A., Le dialecte ombrien : lexi-
que du vocabulaire des « Tables Eugu-
bines » et des inscriptions (Etudes
et Commentaires, XXXVIII), Paris,
1961, pp. 145.

DEvoro Giacomo, Problemi della filo-
logia umbra, in Problemi di storia e

214 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

archeologia dell' Umbria. Atti del I
Convegno di Studi Umbri, Gubbio, j
26-31 maggio 1963 (pubbl. nel 1964), i
pp. 63-73. ;

Crorrr UMBERTO, Nuove conoscenze sui |
culti del Umbria antica, in Problemi i
di storia e archeologia dell’ Umbria.

Atti del I Convegno di Studi Umbri,
Gubbio, 26-31 maggio 1963 (pubbl.
nel 1964), pp. 99-112.

Heurcon JAcQuES, L'Ombrie à l'epo-
que de Gracques et de Sylla, in Pro-
blemi di storia e Archeologia dell' Um-
bria. Alti del I Convegno di Studi
Umbri, Gubbio, 26-31 maggio 1963
(pubbl. nel 1964), pp. 113-131.

VrTUCCI GIOVANNI, A proposito dei
primi contatti politici fra Umbri e
Romani, in Problemi di storia e ar-
cheologia dell’ Umbria. Atti del I Con-
vegno di Studi Umbri, Gubbio, 26-31 |
maggio 1963 (pubbl. nel 1964), pp.
291-301.

MAZZARINO SANTO, La regione umbra
nella cultura romana, in Problemi di
storia e archeologia dell’ Umbra. Atti
del I Convegno di Studi Umbri,
Gubbio, 26-31 maggio 1963 (pubbl.
nel 1964), pp. 227-247.

SALVATORE ARMANDO, La patria di
Properzio ed aspetti del paesaggio
umbro nel tardo antico, in Ricerche
sull’Umbria tardo-antica, Atti del II
Convegno di Studi Umbri, Gubbio,
24-28 maggio 1964 (pubbl. nel 1965),
pp. 379-398.

CAGIANO DE AzEVEDO MICHELANGELO,
Le città umbre nel tardo antico, in
Ricerche sull’ Umbria tardo-antica, At-
ti del II Convegno di Studi Umbri,
Gubbio, 24-28 maggio 1964 (pubbl.
nel 1965) pp. 151-175.
Um ege .—— ———

Bovini GiusEPPE, Sarcofagi tardo-an-
tichi del" Umbria con figurazioni cri-
stiane, in Ricerche sull Umbria tardo-
antica, Atti del II Convegno di Studi
Umbri, Gubbio, 24-28 maggio 1964
(pubbl. nel 1965), pp. 177-200.

DE ANGELIS D’OssAT GUGLIELMO,
Classicismo e problematica nelle ar-
chitellure paleocristiane dell’ Umbria,
in Ricerche sull' Umbria tardo-antica.
Alli del II Convegno di Studi Umbri,
Gubbio, 24-28, maggio 1964 (pubbl.
nel 1965), pp. 277-297.

PeTROccHI Massimo, Su alcuni atti
del governo ecclesiastico di S. Gregorio
Magno inerenti alle diocesi di Um-
bria, Tuscia e Sabina, in Ricerche
sull’Umbria tardo-antica. Atti del II
Convegno di Studi Umbri, Gubbio,
24-28 maggio 1964 (pubbl. nel 1965),
pp. 343-350.

FELLETTI MAJ BIANCA MARIA, Echi di
tradizione antica nella civiltà arti-
stica di età longobarda in Umbria,
in Ricerche sul Umbria tardo-antica.
Atti del II Convegno di Studi Um-
bri, Gubbio, 24-28 maggio 1964 (pub-
blic. nel 1965), pp. 317-341.

SALMI MARIO, Tardo antico e alto Me-
dioevo in Umbria, in Ricerche sul-
l'Umbria tardo antica. Atti del II
Convegno di Studi Umbri, Gubbio,
24-28 maggio 1964 (pubbl. nel 1965),
pp. 99-118.

CAGIANELLI GIANNI, Gli umbri : forse i
più romani tra i non Romani, in
Capitolium, 1963, pp. 142-147.

Memorie umbre a Roma:

Due disegni di H. F. van Lint con
vedute di Narni (veduta generale
della città; la Rocca e la Fonte
Ferogna) esistenti nel Kupferstichka-
binett degli Staatliche Museen di

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

215

Berlino sono pubblicati in Staatliche
Museen zu Berlin - Forschungen und
Berichte, 6, 7, 1965, pp. 38-39 e
tav. 12 (A. Zworro).

CARLO PIETRANGELI

Storia politica, civile, religiosa

ABATE GIUSEPPE O. F.M. Conv., Un
prezioso « Invitatorium ad humilita-
tem» di anonimo minorita (?) del
secolo XIII-XIV (Introduzione e
testo). Estratto dalla Rivista Mi-
scellanea Francescana, Tom. 64
(1964), F. III-IV, pp. 325-365. Roma,
Editrice « Miscellanea Francescana »,
1964.

L’A., pubblicando un testo ch'egli
giudica di particolare interesse spiri-
tuale e letterario, ritiene ch'esso sia
stato compilato nella prima metà del
sec. XIV, non improbabilmente in
Italia, da un religioso, presumibilmente
minorita, come puó suggerire lo svi-
luppo dato nella trattazione all'argo-
mento, tipicamente francescano, del-
l’umiltà del Cristo nella vita e nella
passione.

PAOLA PIMPINELLI

ANTONELLI GIOVANNI, La chiesa col-
legiata di San Gregorio Maggiore a
Spoleto e i documenti pontifici del
suo archivio, in Atti del V Convegno
Nazionale di storia dell’architettura,
Perugia, 23 settembre 1948, Firenze,
Noccioli, 1956, p. 12 (estratto).

Storia della chiesa e del Capitolo.
In appendice bolle di Innocenzo III
e di papi successivi.

CioLINI Gino, O.E.S.A., Scrittori spi-
rituali in Italia, in Sanctus Augusti-
nus vitae spiritualis magister, II,
Roma, Curia Gen. Agostiniana, 1959,

pp. 339-387.
Studia gli scritti e l'indirizzo dot-
trinale di Gentile da Foligno e di
altri con brevi notizie sui rappresen-
tanti della corrente umanistica.

SiLvino DI Napro, O.F.M. Ca»,
Sinodi diocesani italiani. Catalogo
bibliografico degli atti a stampa
(1534-1878). Città del Vaticano, Bibl.
Apost. Vaticana, 1960, XI, pp. 515
(Studi e Testi, 207).

Il catalogo, redatto con ordine cro-
nologico, inizia col pontificato di Paolo
III e termina con la morte di Pio IX.
Ogni segnalazione è seguita dall’indi-
cazione delle biblioteche in cui tali
atti sono reperibili.

MARIO PERICOLI

BALDACCINI FELICIANO, Gli statuti
di Acquafranca (1404), in « Archi-
vi », Roma, a. XXVII (1960), n. 3-4,
pp. 314-350.

Acquafranca, oggi Roccafranca, ca-
stello sorto nella prima metà del
sec. XIII nella zona compresa fra Ver-
chiano, Rasiglia e Sellano nel territorio
folignate, visse la fase di maggior im-
portanza sotto i Trinci.

A questo statuto, che insieme ad
altro materiale documentario concer-
nente Acquafranca si trova nell'Archi-
vio Storico e nella Biblioteca Comu-
nale di Foligno, Baldaccini ha premesso
un adeguato cenno storico della pic-
cola comunità,

GIOVANNI CECCHINI

CACCIAMANI GIUSEPPE M., O.S.B. CAM.,
Un contributo alle celebrazioni in
onore del Beato Angelo da Gualdo
Tadino, Camaldoli, 1961, pp. 20.

Prendendo occasione dalle onoranze
al Beato Angelo, figlio dell’abbazia

216 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

"VIII, per stabilire una effettiva sovra-

camaldolese di S. Benedetto di Gualdo,
l’A. documenta la diffusione tra le
popolazioni umbre dell’ideale camal-
dolese ; ne fissa i monasteri, gli eremi
e i monaci piü illustri per santa vita, i
dignità ecclesiastiche e dottrina. |

CoLomBI EcLE, I Gabrielli di Gubbio |
«cives romani », in « Palatino », vol.
V, 1961, pp. 213-217..

Traccia una storia compendiosa di
questa famiglia, che vanta molti espo-
nenti delle piü alte magistrature capi-
toline e vari prelati, fra i quali il card.
Gabriele (f 1511).

GuARASCI ANTONIO, Carlo de Cardona
e il movimento cattolico a Cosenza
(1898-1906), in Atti del 29 Con-
gresso storico calabrese, Napoli, F.
Fiorentino, 1961, pp. 655-674.

È illustrata l’attività del sac. Carlo
de Cardona, canonico della cattedrale
di Todi, che fu, specie attraverso la
stampa, l’anima del movimento catto-
lico a Cosenza, nel campo religioso,
politico, sociale. Rassegna della mol-
teplice attività svolta dai cattolici co-
sentini in armonia alle direttive del-
l’Opera dei congressi.

WALEY DANIEL, Lo stato papale nel
tredicesimo secolo, in « Rivista Sto-
rica italiana », vol LXXIII, 1961,
pp. 429-472.

Esame della politica seguita dai
papi, da Innocenzo III a Bonifacio

nità sull’Italia centrale.

WALZ ANGELO, O.P., Luoghi di San
Tommaso, Roma, Herder, 1961,
pp. 128, 2 carte geografiche.
LIU

Dopo un’introduzione sui vari iti-
nerari europei del santo sono consi-
derate in particolare le dimore di S.
Tommaso nellItalia centro-meridio-
nale.

MARIO PERICOLI

ABBONDANZA RoBERTO, Gli archivi dei
governi provvisori dell’ Umbria (1859-
61), in « Gli archivi dei governi prov-
visori e straordinari (1859-61)». Ro-
ma, Ministero dell’Interno, 1962,
pp. 329-415.

L’intrinseco interesse che compor-
tano le carte Pepoli, le quali rimasero
quasi del tutto dimenticate fino a
quando, nel 1959, dal Ministero del-
l’Interno ne fu richiesto l’inventario
per inserirlo in un corpo unitario a
carattere nazionale, è chiaramente
mostrato da questa pubblicazione, cu-
rata dal Direttore dell’Archivio di
Stato di Perugia, prof. Roberto Ab-
bondanza. Egli vi ha premesso una
opulenta nota illustrativa, potenziata
da abbondanti sussidi bibliografici e
che, pur seguendo un indirizzo ammi-
nistrativo-costituzionale, fornisce un
notevole contributo alla migliore cono-
scenza storica dei modi e delle circo-
stanze coi quali avvenne per l'Umbria
il trapasso dall’amministrazione ponti-
ficia a quella del nuovo Stato unitario.

GIOVANNI CECCHINI

CACCIAMANI GIUSEPPE M., O.S.B. CAM.,
I Grandi Avellaniti, I Santi, I Car-
dinali, I Vescovi, Altri monaci il-
lustri, Con brevi note storiche su
Fonte Avellana, Camaldoli, 1962,
50 p.

L'A. con sobrie notizie offre il ca-
talogo completo dei santi, cardinali,
vescovi, ed altri illustri monaci del-

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

217

l'eremo di Fonte Avellana, eretto da
san Romualdo verso gli ultimi anni
del secolo X. Premesse brevi notizie
sull'origine e sviluppo dell'eremo, ac-
cenna all'importanza artistica del va-
sto edificio. È ricordata la presenza
di Dante a Fonte Avellana, immorta-
lata nei versi del Canto XXI del Pa-
radiso.

Sono ricordati alcuni vescovi di
Gubbio, Nocera Umbra e Foligno.

DE Donato VITTORIO, Le più antiche
carte dell’abbazia di S. Maria di
Val di Ponte (Montelabbate). I (969-
1170), Roma, Istituto storico italiano
per il medio evo, 1962, pp. XXIV-169
(Regesta chartarum Italiae, 35).

La perfetta trascrizione paleogra-
fica dei documenti è preceduta da una
introduzione archivistica ; la serie degli
abbati per il periodo previsto com-
pleta il lavoro.

Diaz GoNZALO, 0.S.A., La escuela
agostiniana desde 1520 hasta 1620,
in «La Ciudad de Dios», vol. 176,
1963, pp. 63-84; 189-284.

Tra le numerose università europee
ed italiane, nelle quali insegnarono
teologia i Padri Agostiniani figura
anche Perugia. Dei singoli teologi
sono dati appunti biografici e biblio-
grafici.

MoNTAGNA DavipE M, O.S.B., Il
rituale spoletano antico delle mo-
nache dei Servi (Secolo XV), in
Moniales ordinis servorum, vol. I,
1963, pp. 12-22.

È pubblicato un testo quattrocen-
tesco, proveniente dal convento fon-
dato a Spoleto nel 1456 dalle « Povere »
di Perugia.
218

Raporti Giuseppe, Notizie per la
storia della diocesi di Chiusi nel
sec. XIII di un vescovo sinora sco-
nosciuto, in « Rivista di Storia della
Chiesa in Italia» XVII, 1963,
pp. 305-311.

In appendice alla importante comu-
nicazione vengono riportati due doc. :
I, La sentenza (1248) di Beneaudito
vescovo (finora sconosciuto) di Chiusi
nella causa tra i Templari dell'Umbria
ed il Capitolo della chiesa di Todi ; II,
Bolla di Innocenzo IV a Stefano de
Normandis card. vicario in Roma
affinché faccia accogliere Jacopo cle-
ricus de Urbe tra i chierici di S. Maria
in Trastevere. Ambedue i documenti
sono sconosciuti al Potthast ed al
Berger.

CACCIAMANI GIUSEPPE M., O.S.B. CAM.,
Atlante Storico-Geografico Camaldo-
lese, Camaldoli, 1963, pp. 78, 23
tavv. f. t. (sec. X-XX).

Premessa una breve storia dell'Or-
dine Camaldolese, l'autore passa in
rassegna le Regioni d'Italia ed altre
parti del mondo ; in breve sintesi rifà
la storia locale, mettendo in vista i
monasteri e gli eremi piü noti, e i
monaci celebri per santità di vita e
dignità ecclesiastiche.

Vi figurano naturalmente eremi, mo-
nasteri e personaggi umbri.

Ceci BERNARDINO, Scritti di San
Gabriele dell’ Addolorata, Ed. ECO,
1963, 420 p., 111.

Prima edizione di 41 lettere ed altri
scritti con bibliografia, note critiche
ed indice onomastico.

MELONI PIERLORENZO, I cattolici e
la grande guerra nella pubblicistica

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

perugina, in Benedetto XV, i cat-
tolici e la prima guerra mondiale.
Atti del convegno di studio tenuto a
Spoleto nei giorni 7-8-9 settembre
1962. Roma, Edizioni 5 Lune, 1963,
pp. 589-625.

I cattolici perugini, mentre non
ebbero difficoltà a manifestare in
scritto la loro opinione favorevole o
contraria all'intervento, dopo lo scop-
pio delle ostilità non rifiutarono com-
pleta obbedienza e dedizione alla
causa patriottica.

BECQUET JEAN O.S.B., Nouveau dé-
pouillement du « Monasticon Bene-
dictinum » in « Revue bénédictine »,
73, 1963, pp. 325-339.

In ordine alfabetico elenca seicento
nomi di monasteri o canoniche i cui
documenti sono conservati nei qua-
rantatre mss. della Biblioteca Nazio-
nale di Parigi, che dovevano servire
per la continuazione degli « Annales
O.S.B.» e degli «Acta Sanctorum
O.S.B. ». Ci sono anche documenti che
riguardano monasteri italiani come
Norcia, ecc.

MARIO PERICOLI

PUBBLICA BIBLIOTECA COMUNALE E
DELL'ACCADEMIA ETRUSCA, ConTo-
NA, Lo statuto di Cortona dell’anno
1325, Firenze, Tipografia Giuntina,
1963, pp. 54. « Quaderni della Biblio-
teca a cura del Bibliotecario Luigi
Pancrazi », n. 3.

È la ristampa da Mancini, Cortona
nel Medio-Evo (Firenze, Carnesecchi,
1894) della parte dedicata all’esame
delle strutture e dell’organizzazione del
Comune di Cortona nel primo trenten-
nio del sec. XIV condotto in base allo
svisceramento del contenuto delle ru-
briche dello statuto comunale del 1325.
MomaRONI PrETRO, Castrum Montis
Leonis comitatus civitatis Urbis Ve-
teris, in « Bollettino dell'Istituto Sto-
rico Artistico Orvietano », aa. XIX-
XX (1963-64).

Interessante nota storica riassuntiva
sull’origine di Monteleone d’Orvieto e
le vicende da esso subite sino al
sec. XVII,

GIOVANNI CECCHINI

MENICHETTI PrERO LuiGi, La Zecca
di Gubbio, in L' Eugubino, XV, n. 4-5,
15 maggio 1964, p. 5.

Notizie sulla monetazione eugubina
fin dall'epoca preromana.

RADICcCcHI Piero, Federico da Monte-
feltro, in L’Eugubino, XV, n. 4-5,
15 maggio 1964, p. 5.

Notizie storiche su Federico da
Montefeltro, duca di Urbino e signore
di Gubbio.

M. CATERINA CRISPOLTI

FILIPPINI MASSIMILIANO, Chiesa e Ri-
forma nella spiritualità del secolo
XI. Convegno storico a Todi, in
«Convivium », a. XXXII, n. 4, ago-
sto 1964, pp. 419-24.

Riassunto dei lavori del convegno,
con notizie degli interventi dei principali
relatori (P. Brezzi, G. G. Meersseman,
R. Manselli, R. Morghen, L. Gatto, P.
Ilarino da Milano).

Pini IVAN, L’Occidente e L'Islam nel-
l'Alto Medioevo: XII settimana di
studio a Spoleto, in « Convivium »,
a. XXXII, n. 4, agosto 1964, 1964,
pp. 424-31.

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

219

Riassunto delle conclusioni del conve-
gno e dei principali interventi (M. Con-
rad, G. von Grunebaum, V. Rizzitano,
R. Manselli, R. S. Lopez).

MARTELLI MARIO, Cielo e terra in una
lauda di Jacopone da Todi, in,« Gior-
nale storico della letteratura ita-
liana », vol. CXLI, anno LXXXI,
fasc. 434 (2° trim. 1964), pp. 161-85.

Aspetti profondamente diversi tra la
religiosità moderna e quella dei primi
secoli dopo il Mille. La tradizione con-
troriformistica ci ha abituati a consi-
derare inconciliabili i termini « cielo »
e « terra ». Ciò non accade in Jacopone :
l’A. intende dimostrarlo commentando
la lauda «O Vergen più che femena,
— Santa Maria beata ».

M. C. OTTAVIANI

CostA BENIAMINO, Clavis mystica (di-
zionario sul pensiero antoniano), in
Il Santo, vol. IV, 1964, pp. 3-24.

Sono studiati i mss. inediti del padre
Girolamo da Montereale, cappuccino,
morto a Spoleto nel 1675.

MARIO PERICOLI

MEERSSEMAN GiLLEs G. O. P., Dos-
sier de l’Ordre de la Pénitence,
Fribourg, 1961. Rec.: J. Poulenc,
in Archivum Franciscanum Histo-
ricum 57 (1964), pp. 552-62.

La lunga analisi mette in rilievo,
discute e critica particolarmente i
documenti che hanno rapporto con
l'attribuzione della fondazione del-
l'Ordine dei Penitenti a san Fran-
cesco.

GHINATO ALBERTO, O. F. M., Studi
e documenti intorno ai primitivi
Monti di Pietà (vol. IV); I pri-
mitivi Monti frumentari (vol. V),
Roma, 1963. Rec. Mariano da Ala-
tri, in Collectanea Franciscana 34
(1964), pp. 431-2.

Si fa notare che l’A., esperto della
materia per alcuni studi nel campo dei
Monti di Pietà, con questi contributi,
peraltro già pubblicati in varie ri-
viste, amplia notevolmente la cono-
scenza dell’attività sociale dei fran-
cescani osservanti nel sec. XV.

Il Movimento dei Disciplinati nel
settimo centenario dal suo inizio
(Perugia 1260). Atti del convegno
internazionale, Perugia, 1962.
Rec. : G. Sabatelli, in Archivum
Franciscanum Historicum 57 (1964),
pp. 396-405.

Si tratta di una particolareggiata
analisi del volume, con una lunga
digressione polemica sulla relazione
Meersseman a proposito dell’origine
dell'Ordine della Penitenza.

UGoLINO NICOLINI

DuPRÉ THESEIDER EuGENIO, La
«grande rapina dei corpi santi »
dall’ Italia ai tempi di Ottone I, in
« Festschrift Percy Ernst Schramm
zu seinem Siegzigsten geburtstag
von Schülern und Freunden zugeei-
gnet ». Wiesbaden, Franz Steiner
Verlag, 1964, pp. 420-432.

Nel quadro ampiamente rievoca-
tivo dell’incetta di sacre reliquie,
che dal sec. IV si produsse con pro-
grediente sviluppo e di cui l’Italia
fu il principale centro operativo l'A.
con assiduo impiego di autorevoli
fonti storiche fornisce precisi rag-
guagli circa i prelevamenti di corpi
santi effettuati dal cugino di Ottone I,

220 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

il vescovo Teoderico di Metz, per
quanto riguarda l'Umbria, a Foligno
(di S. Feliciano), nei pressi di Perugia
(del martire Asclepiodoro), a Spoleto
(della vergine Serena e del martire
Gregorio).

PirRoTTA LuiGr, L’archivio di Fede-
rico Galeotti, in « Rassegna storica
del Risorgimento », a. LI, fasc. III
(luglio-settembre 1964), pp. 407-
409.

Federico Galeotti nato a Poz-
zuolo (Perugia) il 3 gennaio 1791,
morto a Roma il 14 gennaio 1871,
avvocato e magistrato, fu un fer-
vente patriota; esule in Francia, a
Genova e Firenze dopo la caduta della
Repubblica Romana del 1849, con-
seguita l’unità d’Italia, entrò nella
magistratura, dove ricoprì alte ca-
riche.

Luigi Pirotta fornisce una som-
maria ma sufficiente notizia della
consistenza dell’archivio privato del
Galeotti raccolto in cinque grosse
cartelle donate dal nipote Federico
all'Archivio Capitolino.

NicoLINI UGoLINO, Un «consilium »
inedito di Guido da Suzzara e la
lotta politica a Perugia al tempo
di Corradino, in « Annali di storia
del diritto, Rassegna internazio-
nale », VIII (1964), pp. 349-355.

Nel pubblicare il «consilium » P.
Nicolini presenta in una rapida ma
puntuale rassegna gli aspetti sostan-
ziali del delicato periodo per la vita
politica perugina che va dalla batta-
glia di Montaperti (1260) a quella di
Tagliacozzo (1268).

GIOVANNI CECCHINI

ARCE AuGUsTIN, O.F.M., Dos Custo-
dios de Tierra Santa desconoscidos
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 2214

(1484-1490), in Archivum Fanci-
scanum Historicum, 57 (1964),
pp. 417-32.

Nel corso dell'articolo si mette in
evidenza la trasformazione subita
dall'appellativo gentilizio «de Pari-
siis », che generalmente segue quel
fra Francesco milanese eletto Custode
di Monte Sion nel capitolo di S.
Maria degli Angeli nel 1487 ma che
non prese mai possesso dell'ufficio ;
gli storici della Terra Santa lo chia-
mano volta a volta «de Perusiis »,
«de Perisiis», «Parisio», «de Pe-
rusia», «da Perugia». È ricordato
anche fra Francesco Suriano, guar-
diano di Monte Sion dal 1493 al
1496, il cui Trattato di Terra Santa
è stato edito dal Golubovich se-
condo i due mss. E. 39, E. 58 della
Comunale di Perugia.

GASCA QUEIRAZZA GIULIANO, S. J.,
Intorno ai codici delle « Meditationes
Vitae Christi », in Archivum Fran-
ciscanum Historicum, 57 (1964),
pp. 538-51.

Tra gli 11 manoscritti descritti
accuratamente é compreso anche il
441 della Comunale di Assisi, di non
piccola importanza tra i codici ita-
liani, di cui l'A. ha iniziato il censi-
mento dopo quello dei manoscritti di
Germania e Francia.

UGoLINO NICOLINI

GRrISI FRANCcEScOo, Jacopone da Todi
contro Bonifacio VIII,in « Nuova
Antologia », anno centesimo, fasc.
1971, marzo 1965, pp. 362-77.

Profilo storico-biografico del tu-
dertino, con particolare riferimento
al periodo del contrasto con il papa
Bonifacio VIII. Riproduce il testo

delle tre satire contro il pontefice,
ricostruito sulle edizioni principali
(«O papa Bonifatio — eo porto el
tuo prefazio », «Lo pastor per meo
peccato — posto m'a fuor de l’ovile »,
«O papa Bonifatio — mult'aj jocato
al monno »).

M. C. OTTAVIANI

ASCANI ANGELO, Montone la patria
di Braccio Fortebracci. Città di
Castello, Istituto Professionale di
Stato per l’Industria e l’Artigia-
nato, 1965, pp. VIII-316, 16 tavv.
f. t5 LI: 1600.

La narrazione storica contenuta
in questo volume concerne per una
limitata parte il Comune di Montone,
mentre indugia lungamente a trattare
della famiglia Fortebracci, di Braccio
e dei suoi discendenti Oddone, Nic-
coló della Stella, Carlo Fortebracci
(pp. 41-146). Seguono poi l'illustra-
zione storico-artistica delle chiese e
dei luoghi francescani di Montone,
note sulla reliquia della S. Spina,
S. Albertino e l’eredità Giovanni
Simone Gherardi. Infine Appendice
di documenti e bibliografia con cita-
zioni frequentemente imprecise.

BARTOLETTI (Mons.) DoMENICO, Si-
gillo dell'Umbria nella storia, nel-
l’arte, nella fede e nel folclore. Si-
gillo, Ediz. Oratorio « Madonna del
Buon Consiglio », 1965.

È una, si può dire, completa rac-
colta di memorie messa insieme coi
contributi di vari collaboratori a il-
lustrazione di una piccola ma signi-
ficativa cittadinà umbra: Sigillo.

Mons. Gino Sigismondi ha tracciato
col consueto rigore di metodo i linea-
menti storici dall'età antica all'alto
medioevo. Seguono vari capitoli:
quello esposto in forma di brevi note
croniche riguarda le vicende cittadine
dal medioevo al 1965 e quelli che il-
lustrano le chiese, i conventi, le con-
fraternite (da notare anche a Sigillo
la presenza dei Disciplinati raccolti
nella Confraternita di S. Maria, isti-
tuita nel 1329, con annesso ospedale)
e il Monte di Pietà, È fatta memo-
ria dei cittadini illustri, delle opere
d’arte ; vi sono raccolti dati statistici,
note urbanistiche, turistiche, lingui-
stiche e dialettali, usi e costumi, pro-
verbi ed esempi di scritti letterari in
prosa e in verso su Sigillo.

Mons. Bartoletti, giovandosi in
parte dell’inedita storia composta da
don Enrico Celani e da Geremia Lu-
coni, in parte della collaborazione di
mons. Gino Sigismondi, di don Piero
Vergari e del dottor Simone Barto-
letti, ha effettuato la compilazione di
una silloge di memorie dedicata a un
piccolo ma vitale centro storico um-
bro, che può considerarsi esemplare.
Abbondante il corredo illustrativo,
ottima e decorosa la veste tipografica.

GIOVANNI CECCHINI

VALUGANI PASQUALE, O. F. M., La
esperienza mistica della beata An-
gela da Foligno nel racconto di
frate Arnaldo, Milano, 1964. Rec. :
A. Blasucci, in Miscellanea France-
scana, 65 (1965), pp. 447-7.

Si mette in rilievo particolarmente
ciò che l'A. afferma intorno a certe
considerazioni circa l'identificazione
di frate Arnaldo.

MARIANO DA ALATRI, O.F.M. Cap.,
Rileggendo gli atti del processo
trentino dell’inverno 1332-1333, in
Collectanea Franciscana, 35 (1965),
pp. 177-89.

222 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Il processo, i cui atti furono pub-
blicati da A. Segarizzi, era diretto
contro alcune donne accusate di sim-
patizzare con gli apostolici di fra
Dolcino. L'A. mette in evidenza i
francescani e gli Inquisitori implicati
nella vicenda. Tra questi é fra AI-
berto da Bassano ricordato da fra
Francesco Bartoli d'Assisi nella sua
ritrattazione.

MAJARELLI S.-NicoLINI U., O. F. M,,
Il Monte dei Poveri di Perugia.
Periodo delle origini (1462-1474).
Perugia, 1962. Rec.: Mariano da
Alatri, in Collectanea Franciscana
35 (1965), pp. 219-21.

Riassumendo il contenuto del-
l’opera, se ne dà un giudizio positivo
specialmente per il costante uso delle
fonti archivistiche.

BoNMANN OTTOKAR, O.F.M., Pro-
blemi critici riguardo ai cosidetti
«Statuta Bernardiniana » di Perugia
(1425-1426), in Studi Francescani,
62 (1965), pp. 278-302.

L’A. imposta alcuni problemi che
scaturiscono dalla edizione di A.
Fantozzi e dalla identificazione di
un codice di san Giovanni da Cape-
strano con le « Reportationes » delle
prediche tenute da san Bernardino
a Perugia nel 1425. Ma l’A. stesso
riconosce che qualche dubbio è facil-
mente solubile mediante la visione
diretta dei documenti perugini.

Russo FRANcEsco, M.S.C., I Fra-
ticelli in Calabria nel sec. XIV.
Fasti e personaggi, in Miscellanea
Francescana, 65 (1965), pp. 349-68.

Secondo l’A. il movimento dei
Flagellanti di Raniero Fasani si
ricollega, almeno indirettamente, al-
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 003

l’anno apocalittico 1260. Nell’arti-
colo si accenna al «Processo di
Rieti » del 1334, nel quale fra Fran-
cesco Vanni d’Assisi depose contro
Nicolò di Calabria, come pure alla
diffusione dell’osservanza in Calabria
per opera di Giovanni da Stroncone,
secondo la testimonianza della « Fran-
ceschina ».

CnESI DoMENICO, 0.F.M., Una com-
pilazione ascetica di Mariano da
Firenze, in Studi Francescani, 62
(1965), pp. 129-157.

Si tratta della « Via spirituale »,
conservata nel codice LVII, 7, 7
(già ms. 313) della biblioteca Guar-
nacci di Volterra. Tra i vari spunti
biografici riguardanti personaggi del-
la storia francescana, è ricordato il
beato Paoluccio Trinci da Foligno,
esempio di pazienza specialmente
nell’ultimo periodo della vita, quando
fu colpito da cecità.

CENCI CESARE, O.F.M., I Gonzaga
e i Frati Minori dal 1365 al 1430,
in Archivum Franciscanum Histo-
ricum, 58 (1965), pp. 3-47 ; 201-70.

Dalla serie dei documenti pubbli-
cati si possono estrarre varie notizie
che riguardano lUmbria. Il 17 di-
cembre 1392 Simone Peletta, dei
Minori, al servizio di Francesco
Gonzaga, era a Perugia ai piedi di
Bonifacio IX, per trattare vari ne-
gozi nella curia pontificia ; vi si
trattiene fino al 6 marzo 1393.
Tra le lettere del Gonzaga al mini-
stro generale dei Frati Minori, En-
rico Alfieri d’Asti, è da segnalarsi
quella del 6 gennaio 1401, nella
quale espone il desiderio d’incon-
trarsi con fra Marco da Brescia (0
da Bergamo), guardiano del con-

vento di S. Francesco del Monte
di Perugia (Monteripido); vi si ac-
cenna anche a fra Lodovico da Monte
S. Martino (Cascia), baccelliere a Pa-
dova. Dello stesso anno è un’altra
lettera del signore di Mantova a
Ugolino Trinci di Foligno in favore
di Bernardo da Carpi, eletto ministro
della provincia minoritica di Bolo-
gna. A Francesco Gonzaga, morto
nel 1407, succedeva il figlio Gian
Francesco ; la vedova di costui, Paola
Malatesta, nel 1421 spendeva la
somma di 3 lire per la copiatura
delle Laudi di Iacopone da Todi e
di altri. Altre notizie riguardano fra
Matteo da Borgo S. Sepolcro, mini-
stro della provincia umbra e vicario
di quella veneta nel 1421; è ricor-
data, in fine, l’elezione di fra Da-
miano «de Busellis» da Venezia a
vescovo di Assisi nel 1429.

UGOLINO NICOLINI

Nessi SiLvestro, Il Duomo di Spo-
leto nel secolo XII, in Spoletium,
anno X, aprile 1966, pp. 31-36.

Le notizie sull’origine di questo
monumento sono oscure e poco note
sono le vicende della sua costruzione.
La tradizione vuole che nel 1155
la chiesa sia perita nella generale
distruzione di Spoleto ad opera del
Barbarossa; se questa notizia è
dovuta ad una interpretazione er-
ronea dei documenti, è certo però
che il Duomo subì dei danni molto
gravi.

La sua ricostruzione, nella seconda
metà del XII° secolo, si inquadra
nel faticoso tentativo della città di
risollevarsi dopo la immane rovina
e sopratutto in quel fervore di ri-
nascita in cui erano impegnati tutti
i Comuni d’Italia, in cui accanto al
rifiorire dell’arte si assisteva a un
rinnovamento della vita economica
in generale.

M. C. CRISPOLTI

BATTELLI GIULIO, « Membra disiecta »
di registri pontifici dei secoli XIII
e XIV, in «Mélanges Eugène
Tisserant », vol. IV, Biblioteca
Vaticana, «Studi e Testi », 234,
pp. 34.

«La presente rassegna — dichiara
lillustre Autore — intende racco-
gliere, per quanto è stato possibile,
la notizia dei volumi e dei frammenti
di registri pontifici dei secoli XIII
e XIV conservati fuori dell'Archivio
Vaticano e dispersi in fondi dello
Stesso Archivio, all’infuori della serie
dei Registra Vaticana e dei Registra
Avenionensia, che sono la loro sede
regolare ». In parte si tratta di
notizie inedite da Innocenzo III a
Bonifacio IX ; utile ricognizione an-
che ai cultori di storia dell'Umbria.

MomaronI PrETRO, È incompleta la
serie dei codici del Catasto d’ Orvieto
del 1292, in La voce del collezionista
(L'Uniforme), A. XI (aprile 1966)
n. 2, pp. 7-9.

Nell'esposizione della materia dei
due volumi di catasti orvietani del
1292 L'A. insinua, non infondata-
mente, l'ipotesi che la breve serie
dovesse completarsi con un terzo vo-
lume, contenente i dati riassuntivi
delle singole partite, andato perduto.

Tra i catasti più antichi ricordati
nella nota 1 non sono ricordati quelli
del Comune di Perugia, che hanno
inizio in serie col 1339.

ASCANI ANGELO, Due cronache quat-
trocentesche. Città di Castello, Isti-

224 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

tuto Professionale di Stato per l’In-
dustria e l'Artigianato, 1966, pp.
XIX-137, L. 1000.

Queste due cronache, una in la-
tino, una in volgare, sono state tra-
scritte da copie piuttosto tarde, essen-
dosi perduti gli originali. La cronaca
latina é stata, per dir cosi, ricostruita
sulla copia di essa inserita da Dome-
nico Pazzi nella sua Serie dei Pro-
posti conservata nell'Archivio Capi-
tolare tifernate e sui frammenti di
essa inseriti da Giovanni Magherini
Graziani nella sua Storia di Città di
Castello. Ne sarebbe autore, secondo
plausibile congettura di don Ascani,
ser Angelo Cerboni, personaggio emi-
nente nella vita castellana, fiorito
sullo scorcio del sec. XIV e nel primo
trentennio del XV. Questa cronaca
proseguita poi da altri familiari del
Cerboni va dal 1369 al 1483.

La seconda cronaca, in volgare,
detta dei Laurenzi, è stata trascritta
in parte da un manoscritto esistente
presso un privato di Firenze, già
posseduto da Giovanni Magherini
Graziani, in parte da una copia ese-
guita da Luigi Andreocci nel 1772
e conservata nell’Archivio Capito-
lare tifernate. Questa cronaca va
dal 1323 al 1408, riprende poi dal
1448 sino al 1486.

Alle due cronache, pubblicate
nude e crude, è premessa una Intro-
duzione dell’editore.

GIOVANNI CECCHINI

SACCHETTI SASSETTI ANGELO, Uno
zio della B. Colomba da Rieti An-
tonio Guadagnoli. Rieti, F.lli Fa-
raoni, 1966, pp. 9, L. 200.

Un documento d’archivio pubbli-
cato ad illustrare i rapporti tra la
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 225

Beata Colomba da Rieti, che si tra-
sferì a Perugia nel 1488, e suo zio
Antonio Guadagnoli, «aliter Fic-
chante de Reate ».

PAOLA PIMPINELLI

Storia del Risorgimento

Rossi ScoTTI Lurar, Una testimonianza
inedita sui fatti del 20 giugno 1859
in Perugia, A cura del libero Comi-
tato cittadino. Perugia, Tip. Gra-
fica, 1959, 88 p., in -16°.

Cronaca del testimonio oculare conte
Luigi Rossi Scotti. Uomo aristocratico
di spirito conservatore, prende netta
posizione contro i fautori del moto
rivoluzionario, offrendo motivi di ri-
flessione sulla opportunità di certe
azioni del governo provvisorio che
portarono alla triste giornata del 20
giugno.

MARIO PERICOLI

PETRANGELI PAPINI FRANCESCO, Un
episodio della Campagna Garibal-
dina del 1867. La Battaglia di
Bagnorea. Roma, Mario Bulzoni Edi-
tore, 1965, pp. 142, 10 tavv. f. t.

L'A. illustra un episodio della cam-
pagna garibaldina che si concluse a
Mentana (la resistenza dei Garibaldini
in Bagnoregio, dal 29 settembre 1867
alla disfatta da loro subita il succes-
sivo 5 ottobre), il cui svolgimento
presenta numerosi riferimenti ad uomi-
ni e luoghi della zona di Orvieto.
Nomi di umbri sono nella Nota dei
Garibaldini caduti in potere della Truppa
Pontificia nello scontro di Bagnorea del
giorno 5 ottobre 1867, pubblicata da
Il Giornale di Roma del 10 ottobre
1867.

PAOLA PIMPINELLI

Storia e critica letteraria

MoNTEVERDI ANGELO, Jacopone poeta
in Jacopone e il suo tempo, Todi,
Accademia Tudertina, 1959, pp. 37-
53 (Convegni del Centro di Studi
sulla Spiritualità Medievale, I).

Vengono riassunti
sviluppi della critica
jacoponica.

ed esposti gli
sulla poetica

MARIO PERICOLI

Mistici (I) a cura di Elémire Zolla,
Milano, Garzanti, 1963.

Vastissima antologia, fornita di
un’ampia introduzione e di numerose
note di commento, della letteratura
mistica dall’antichità al sec. XVIII,
nella quale figurano anche testi del
primo francescanesimo (pp. 559-807).
Si indicano qui, per quanto concerne
la mistica umbra, le seguenti parti:

Anonimo, «Le mistiche nozze del
beato Francesco con Madonna Po-
vertà » (p. 561);

Fra Tommaso da Celano, da « Vita
di San Francesco d’Assisi », trad. F.
Casolini (p. 563);

Frate Leone, da « Specchio di perfe-
zione », trad. F. Tirinnanzi (p. 566);

Jacopone da Todi, da «Laudi»;
«Trattato » e « Detti », trad. F. Ageno
(pp. 581-93);

Beato Egidio di Assisi, da « I detti »,
trad. N. Vian (p. 600);

Beata Angela da Foligno da «Il
Libro della Beata Angela da Foligno »,
trad. M. Castiglione-Humani e G. Ca-
bianca (p. 612).

MARIO MELELLI

ManrELLI MARIO, Per l’interpreta-
zione di una lauda jacoponica, in
« Belfagor », anno XVIII, n. 4, lu-
glio 1963, pp. 381-402.

——
n

ERE
Prendendo lo spunto dal saggio di
Luigi Russo su Jacopone (del 1962),
IA. sostiene la necessità di curare
— prima di tutto — l'esegesi lette-
rale. Esamina poi la lauda LIV (Che
farai, Pier da Morrone?) e ritiene
di poter correggere e integrare le in-
terpretazioni di alcuni studiosi.

M. C. OTTAVIANI

ToscHi Paoro, I! valore attuale ed
eterno della poesia di Jacopone, Todi,
«Res Tudertinae », n. 3, 1964, pp. 43,
F tav. £ t.

Il titolo è quello di una conferenza
tenuta dall'A. a Todi nel 1949, che
costituisce la seconda parte della
pubblicazione, e che esamina motivi
psicologici, etici, affettivi della poesia
di Jacopone, considerandone valido
ed esemplare il richiamo anche per il
mondo di oggi.

Nella Premessa, composta nel 1964,
l'A. si orienta invece su problemi me-
trici e stilistici della poesia di Jaco-
pone, facendo preciso riferimento ad
elementi posti in luce da alcune rela-
zioni al Convegno di Studio sul Mo-
vimento dei Disciplinati (Perugia,
1960).

PAOLA PIMPINELLI

FoRTINI ARNALDO, La Lauda in As-
sisi e le origini del teatro italiano,
Assisi, 1961. Rec.: G. Odoardi,
in Miscellanea Francescana 64
(1964), pp. 490-5.

Si puntualizzano i pregi e i difetti
così dell’insieme come di alcuni
particolari dell’opera.

Nessi SiLvestRo, Jacopone da Todi
al vaglio della critica moderna, in
Miscellanea Francescana, 64 (1964),
pp. 403-32.

226. SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Uno «spicilegio critico », come lo
chiama l'A., con cui si vuole guidare
il lettore a trovare l'immagine del
vero Iacopone tra la selva intricata
dei piü disparati giudizi.

UGoLINO NICOLINI

INNAMORATI GIULIANO, Antonio Valli
da Todi, Il canto de gl’augelli, in
Arte della Caccia. Testi di Falcone-
ria, uccellagione e altre cacce dal
sec. XIII agli inizi del Seicento.
Milano, Il Polifilo, 1965, vol. I,
t. IT? pp?371-87:

Nella notizia introduttiva VA. ri-
porta le informazioni relative all’opera
del valoroso ornitologo umbro (1l canto
de gl'augelli, Roma, Muzii, 1601) e al
saccheggio a cui questa fu sottoposta,
circa venti anni dopo, da parte del ver-
cellese Pietro Olina, che indiscreta-
mente utilizzò il testo per comporre la
sua ben altrimenti fortunata Uccel-
liera. Segue una scelta del testo (dal
cap. XLIV al cap. LVIII), corredata
di commento.

INNAMORATI GIuLIANO, Il Simoncello :
o vero della caccia. Dialogo di Baldo-
vino di Monte Simoncelli, in Arte
della Caccia. Testi di Falconeria, uc-
cellagione e altra cacce dal sec. XIII
agli inizi del Seicento. Milano, Il Po-
lifilo, 1965, Vol. I, t. II, pp. 389-420.

Di questo notevole, vivacissimo e
irrequieto scrittore orvietano, vissuto
alla fine del Cinquecento tra Firenze,

" Roma e Mantova, l'A. raccoglie i pos-

sibili dati biografici e le notizie re-
lative alle sue opere, rimaste presso
che dimenticate. Pubblica una scelta
dei primi due capitoli di 7I Simoncello,
corredata di note.

M. C. OTTAVIANI
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 2271

SILVESTRO DA VALSANZIBIO, O.F.M.
Cap., Le componenti dell'animo di
Giovanni | Pico della | Mirandola
(1463-1494), in Miscellanea Fran-
cescana, 65 (1965), pp. 34-106.

Parlando, tra l’altro, della simpatia
di Pico per lOrdine francescano,
FA. riferisce che tra i libri della sua
biblioteca si trovavano anche le
opere di Iacopone da Todi.

NEssi SiLvEesTRO, Dante e Iacopone
poeti della spiritualità medievale, in
Miscellanea Francescana, 65 (1965),
pp. 369-93.

L'A. descrive, dopo una rappresen-
tazione efficace dell'ambiente storico,
l'idea della «visione» al tempo dei
due poeti ela loro reazione mediante
la poesia alla decadenza della Chiesa
e del Francescanesimo.

UGOLINO NICOLINI

Fioroni MARINO, Dante e Jacopone.
Todi, Tipografia Tuderte, 1965,
pp. 20, L. 400.

L’A. intende sviluppare un cenno
contenuto nel suo opuscolo Riflessi
di Storia Umbro-Tuscia nella vita e
nell'opera di Dante (estratto da Di-
daskaleion, Roma, Liceo Ginnasio Tor-
quato Tasso, 1944, pp. 15), mettendo
in evidenza analogie nella posizione
politico-religiosa di Dante e di Jaco-
pone in polemica con Bonifazio VIII;
e prospettando altresì un parallelo
tra la Commedia e le poesie di Jaco-
pone.

AmBRosI GIOVANNI, Dantis iter in

Deum. Con Dante dalla selva
all’Empireo. ‘Torino, F.lli Pozzo-
Salvati-Gros Monti e C€., 1965,
pp. XXXIX-413, L. 4.500.

Reti T Fai T^

L'egregio latinista G. A., socio
della Deputazione di Storia Patria
per l'Umbria, pubblica, per devoto
omaggio a Dante nel settimo cente-
nario della nascita, un’interpreta-
zione in versi latini di episodi sa-
lienti della Commedia, con il testo
dantesco a fronte, e una sintesi
italiana e latina di tutto il poema,
nutrite di paziente dottrina e di
lucida sensibilità ai classici.

PAOLA PIMPINELLI

Filologia e Glottologia

AVALLE SILVIO D'ARCO, rec. a VANNA
BicAzzi, JI «Proverbi» pseudoia-
coponici, in « Studi di Filologia Ita-
liana », XXI (1963), 5, 124.

CESERANI REMO, rec. a IGNAZIO BAL-
DELLI, Testi italiani antichi editi
nel decennio 1952-62 (in Cultura
Neolatina, XXIII (1963), 1-13), in
«Studi di Filologia Italiana», XXI
(1963), pp. 319-320.

Nuti FERNANDO, Ancora di « peri-
lasio »: Il « pellagio » di Gubbio, in
«Lingua Nostra», vol. XXV, fasc. 4,
dic. 1964 ; pp. 101-102.

Ritiene che l’iscrizione, che si trova
a Gubbio relativa a (S. M)ARIA DEL
PELLAGIO, abbia stretta attinenza col
Perilasium o Perlascio (e non con
Palladio), come sostengono alcuni stu-
diosi.
M. C. OTTAVIANI

PANZIERA Uco, O. F. M., Le Laudi.
A cura di Virgilio Di Benedetto,
Roma, 1962. Rec.: G. Sabatelli, in
Archivum | Franciscanum Histori-
cum 58 (1965), pp. 558-60.
228 SEGNALAZIONI

Si mettono in evidenza, tra l’altro,
alcune forme flessive e fonetiche di
carattere umbro del laudario.

UGOLINO NICOLINI

LEONARDI LIONELLO, Un vivace con-
tributo alle polemiche anticrusca :
la premessa al « Perfettissimo Dittio-
nario delle parole più scelte di Spo-
leti » del Conte Paolo Campello, in
Spoletium, anno X, aprile 1966,
pp. 13-17.

Piacevole anticipazione di un ma-
noscritto settecentesco rinvenuto ne-
gli archivi di Casa Campello e che
sarà presto edito dalla Accademia
Spoletina.

Il Perfettissimo Dittionario delle
parole più scelte di Spoleti non di-
pendenti da altre lingue d'Italia ci
offre una interessante antologia di
termini dialettali che il suo autore,
Paolo Campello, presenta con argu-
Zia e garbata ironia.

M. C. CRISPOLTI

Storia e critica delle arti

ABATE GIUSEPPE, O.F.M. Conv., Per
la storia e l’arte della basilica di
San Francesco in Assisi, in « Miscel-
lanea francescana», vol. 56 (1956),
pp. 3-36.

Note critiche con precisazioni in-
torno alla copertura della basilica su-
periore, al protiro della basilica infe-
riore e ai monumenti del transetto di
ingresso, a Puccio Capanna pittore
assisano da distinguersi da Puccio
fiorentino, alla storia e leggenda del
S. Velo della Madonna donato alla
basilica dal nobile romano Tommaso
Orsini nel 1414.

BIBLIOGRAFICHE

SALMI MaRIO, Cimabue e Jacopone, in
Jacopone e il suo tempo, Todi, Ac-
cademia tudertina, 1959, pp. 54-72
(Convegni del Centro di Studi sulla
Spiritualità Medievale, 1).

Vi è attentamente riesaminata tutta
l’attività artistica di Cimabue, con
particolare riguardo agli affreschi di
Assisi, e all’influenza che su di essi
esercitò la poesia drammatica di J.
da Todi.

GuaLDI FausTA, I corali di Monte
Morcino, in «Rivista d'arte», s.
III, vol. VIII, 1960, pp. 1-26.

Di alcuni corali dell'abbazia di
Monte Morcino (Perugia), ora con-
servati nell'abbazia di Monte Oli-
veto Maggiore (Siena), l'A. studia
le miniature, confrontandole con gli
affreschi della scuola del Pinturicchio
nell'appartamento Borgia.

SERRA JosELITA, La diocesi di Spo-
leto, Spoleto, Centro Italiano di
Studi sull'Alto Medioevo, 1961, 126
p., 63 tav. (Corpus della scultura
altomedioevale, 2).

Catalogo, dal punto di vista arti-
stico, delle sculture altomedioevali
della diocesi di Spoleto, con qualche
riferimento storico.

BRANCHESI Pacirrico M., O. S. M,
Un polittico quattrocentesco a Budrio
con l'immagine di San Filippo Be-
nizi, in Studi storici dell'ordine dei
Servi di Maria, vol. XII, 1962,
pp. 96-98.

Dipinto del 1485 circa, rappresen-
tante San Filippo Benizi (m. a Todi
il 23 agosto 1285), insieme a San
Giovanni Battista, alla sinistra di
SEGNALAZIONI

Maria SS.ma col Bambino, mentre
sulla destra figurano i Santi Barto-
lomeo e Paolo.

La tavola, proveniente forse da
una chiesa dei Servi in Bologna è
da attribuirsi, secondo l’A., ad un ano-
nimo della scuola di Marco Zoppo
(m. 1475) e non a Tommaso Garelli.

MARIO PERICOLI

BRUNETTI GIULIA, Sul periodo « ame-
rino » di Agostino di Duccio, in « Com-
mentari », anno XVI, n. 1-2, 1962,
pp. 47-56.

Analisi dei monumenti Geraldini
del vescovo Giovanni (Duomo) e di
Matteo ed Elisabetta (Chiesa di San
Francesco) in Amelia, in cui individua
un momento nuovo nella evoluzione
stilistica dell’autore, Agostino di Duc-
cio ormai di 67 anni. Ne sposta la data
di morte al 1484-5, afferma inoltre che
la morte dell’autore lasciò incompiute
queste opere e non il cornicione della
porta alle due Porte di Perugia.

M. CECILIA MAZZI

DE OrcHI MARIA, L’antica abbazia di
S. Eutizio in Piedivalle, in « Arte
Cristiana », vol. LI, 1963, pp. 127-
181: iE

L'antica abbazia umbra che risale
al VI secolo é illustrata dal punto di
vista storico ed artistico.

GRASSINI PrERO, Chiese romaniche mi-
nori del contado di Narni e del con-
fine sabino, in « Rassegna del Lazio »,
vol. XI, 1964, fasc. 1-3, pp. 83-94.

Sono illustrate con notizie storiche
e considerazioni artistiche le chiese
di Santa Pudenziana presso Visciano,

BIBLIOGRAFICHE 229

San Pellegrino e San Cassiano nella
valle del fiume Nera.

MARIO PERICOLI

Bruno Toscano, Il Pittore del Car-
dinal Poli: Guidubaldo Abbatini,
in «Paragone», anno XV n. 177, set-
tembre 1964, Milano, Rizzoli.

Attribuisce a Guidubaldo Abba-
tini gli affreschi nella Cappella Anto-
nelli della Chiesa di San Fortunato
Poggioprimocaso (Cascia) basandosi
per l'identificazione soprattutto sul
confronto con gli affreschi di Santo
Spirito in Sassia e documenta una
rete di relazioni umane fra l’artista
e il cardinale Poli e l’ambiente romano.

SEGRE-MONTEL COSTANZA, Gli af-
freschi della Cappella di Sant’ El-
drado alla Novalesa, in « Bollettino
d'Arte», anno XLIX (1964) serie
IV, Roma, Istituto Poligrafico dello
Stato, pp. 45-53.

Cita anche gli affreschi bizantineg-
gianti di San Pietro a Ferentillo.

MARTELLI GisBERTO, Lavori di re-
stauro nella chiesa di Sant' Agostino
in Perugia, in «Fede e Arte»,
anno XII n. 2, 1964, Città del Va-
ticano, Tip. Poliglotta Vaticana,
pp. 120-125.

Riferisce sui lavori direstauro già
effettuati nella chiesa di Sant'Ago-
stino in Perugia, che hanno portato
alla luce e permesso di recuperare un
affresco di Giannicola di Paolo raf-
figurante la Madonna delle Grazie e
una Pietà abbastanza danneggiata, che
l’A. attribuisce ad un Umbro-Senese
della fine del Trecento.
Toscano Bruno, Bartolomeo di Tom-
maso e Nicola da Siena, in « Com-
mentari », anno XV 1964, fasc.
1-2, Roma, De Luca, pp. 37-52.

Attenta lettura di tre affreschi di
San Francesco a Cascia : « Adorazione
dei Magi», « Trinità », «Santo mo-
naco» (San Benedetto) Giunge alla
conclusione che siano opera di Barto-
lomeo di Tommaso in un momento
che non supera la prima metà del
'400. Presenta il ritrovamento, in
seguito a restauro, di un Cristo risorto
(Norcia, Santa Scolastica) di Nicola
da Siena che prova l’ascendente sti-
listico di Bartolomeo di Tommaso su
Nicola da Siena.

Levi Doro, Le oreficerie di Iasos, in
« Bollettino d'Arte», anno XLIX
(1964) serie IV, Roma, Istituto Po-
ligrafico dello Stato, pp. 208.

Cita anche le oreficerie (IV, III sec.
a. C.) della necropoli di Todi.

PaLLOTTINO Massimo, Nota sull’iscri-
zione dell’ Arringatore, in « Bollet-
tino d’Arte », anno XLIX (1964)
serie IV, Roma, Istituto Poligrafico
dello Stato, pp. 115-116.

Analisi esegetica dell’iscrizione che
compare sulla toga dell’Arringatore
(Firenze, Museo Archeologico).

ZERI FEDERICO, Appunti sul Lindenau
Museum di Altenburg, in « Bollet-
tino d'Arte» anno XLIX (1964)

serie IV, Roma, Istituto Poligra- :

fico dello Stato, pp. 45-53.

Resoconto del Catalogo dei dipinti
italiani del Lindenau Museum di Alten-
burg (Frühe Italiànische Malerei in
Altenburg, Heuschelverlag Kunst und

230 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Gesellschaft, Berlin, 1961). Prende in
considerazione alcuni numeri del ca-
talogo per fornire numerose precisa-
zioni ad opere del Perugino e di altri
maestri di Scuola Umbra.

Z^NcHI M. TERESA, Antonio Alberti
da Ferrara e il suo itinerario umbro-
marchigiano, in « Commentari » fasc.
III-IV, 1964, pp. 173-185.

Esame dell’itinerario stilistico di
Antonio Alberti da Ferrara in ambito
marchigiano ; cita il soggiorno a Mon-
tone, si sofferma anche sul trittico di
San Bartolomeo (Pinacoteca Com.,
Città di Castello) e conferma l’attri-
buzione dell’affresco con le storie di
Sant'Antonio Abate (Chiesa di San
Domenico, Città di Castello) ad Ar-
cangelo di Cola invece che ad Antonio
Alberti da Ferrara.

NAVA-CELLINI ANTONIA, Per l’inte-
grazione e lo svolgimento della ritrat-
tistica di Alessandro Algardi, in
«Paragone », anno XV n. 177 set-
tembre 1964, Milano, Rizzoli.

Nel tracciare una linea di svolgi-
mento cronologico dei ritratti
Pamphily, ricorda anche il ritratto di
Elisabetta Cantucci Coli in San Do-
menico a Perugia, ascrivendolo al
1648, vicino agli anni di composizione
dei ritratti di Camillo Pamphily e di
donna Olimpia.

DoHRN ToBras, « L'Arringatore, capo-
lavoro del Museo Archeologico di Fi-
renze », in « Bollettino d’arte », anno
XLIX (1964), serie IV, Roma, Isti-
tuto Poligrafico dello Stato, pp. 97-
114.

Analisi storico tecnica corredata da
numerose illustrazioni della statua in
bronzo, che ascrive ad un ambiente
tardo ellenistico, mediante numerosi
confronti, ne localizza la scoperta,
avvenuta nel 1566, a Pila, presso Pe-
rugia.

M. CECILIA MAZZI

RAGGHIANTI CARLO, Arte a Ferrara,
in « Critica d’arte », n. 76, pp. 58-59.

TUUM

Attribuisce ad Antonio Alberti da
Ferrara il Trittico n. 84 della Galleria
di Perugia, già attribuito a Pietro di
Domenico da Montepulciano, ma con-
fuso da Ragghianti nel riferimento al
pentittico n. 12, attribuito a un se-
guace di Allegretto Nuzi.

FRANCESCO SANTI

Bucci MARIO, Una « resurrezione » ine-
dita di Bernardino di Mariotto, in
«Paragone », n. 177, Settembre 1964,
Milano, Rizzoli.

Dopo un breve riepilogo sulla vita
e sula formazione influenzata da
Crivelli e dalle miniature tedesche, e
le opere del pittore perugino Bernar-
dino di Mariotto l’A. esamina una « Re-
surrezione » (Coll. privata) e le altre
due Hesurrezioni dello stesso autore
(Museo Ca' d'oro, Venezia e Pinacoteca
di Bologna).

PrEvITALI GriovANNI, Miniature di
Memmo di Filippuccio, in « Para-
gone», anno XV n. 169, gennaio
'64, Milano, Rizzoli.

L'autore compie un esame stili-
stico sulle miniature di Memmo di
Filippuccio per ricostruire l'attività
giovanile del maestro, che data alla
fine del '200 per influenze giottesche
e riconferma la probabilità di collabo-

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE (SAI

razione di Memmo di Filippuccio agli
affreschi di Assisi.

M. CECILIA MAZZI

ScHIAVO ARMANDO, Un personaggio
della « Messa di Bolsena»: Ago-
stino Spinola, in Studi Romani,
1964, fasc. 3, pp. 289-295.

In uno dei personaggi che com-
paiono nella «Messa di Bolsena »,
dipinta da Raffaello nelle « Stanze »,
lAutore ha identificato il vescovo
Agostino Spinola, consanguineo del
papa Giulio II e suo segretario. Il
prelato fu a capo della diocesi di
Perugia dal 1509 fino al 1529, anno
in cui ebbe in amministrazione il
vescovado di Savona e Alatri, che
tenne fino alla morte. L’A. descrive
con cura il monumento sepolcrale
dello Spinola mostrando in parti-
colare come dal volto del personaggio
scolpito sulla parte superiore del
sarcofago si possa riconoscere inequi-
vocabilmente in lui il prelato del
dipinto di Raffaello. Interessanti sono
le notizie sul palazzo Della Rovere
di Savona, generalmente poco cono-
sciuto, che l'A. riprende da una de-
scrizione del Vasari.

M. C. CRISPOLTI

BELLoNzi ForTuNATO, Le porte del
Duomo d'Orvieto, in « Nuova Anto-
logia » anno novantanovesimo, fasc.
1957, gennaio 1964, pp. 129-33.

A proposito delle nuove porte del
Duomo d'Orvieto, opera dello scul-
tore Emilio Greco, riflessioni e osser-
vazioni sulla possibile coesistenza tra
opera d'arte antica e moderna.

MARINELLI CARLO, La XVIII Sagra
musicale Umbra, in « Nuova Anto-

sx
232

logia », anno novantanovesimo, fasc.
1957, gennaio 1964, pp. 133-38.

Cronaca dei principali eventi di que-
sta edizione della Sagra Musicale Um-
bra, corredata di rilievi tecnici e pro-
poste critiche.

RAGGHIANTI CARLO Lupovico, Le porte
del Duomo d’Orvieto, in « Sele-Arte »,
n. 63.

FERRARINO Luigi, Le porte del Duomo
d’Orvieto, in «Letteratura» anno
XXVIII, XII N. S., Maggio-Otto-
bre 1964, pp. 220-22.

Rilievi e commenti sull’importante
avvenimento della sistemazione delle
nuove porte del Duomo di Orvieto,
opera dello scultore Emilio Greco.

MARIA CLOTILDE OTTAVIANI

CATERINI ADELE, Nel 4° Centenario
dalla morte di Michelangelo, Perugia,
Stab. Tip. Guerra, 1964, pp. 10,
3 tavv. ft. :

Ricorda le copie fatte nel sec. XVI
dal perugino Vincenzo Danti delle
statue michelangiolesche delle Tombe
Medicee, e che tuttora si trovano a
Perugia. Riporta inoltre le lezioni su
Michelangelo dettate nel 1910 da
Angelo Blasi, docente di storia del-
l’arte nel Liceo Classico e nell’Acca-
demia di Belle Arti di Perugia.

PAOLA PIMPINELLI

HERTELEIN EpcaARD, Die Basilika
San Francesco in Assisi. Gestalt,
Bedeutung, Herkunft, Florenz, 1964.
Rec.: A. Pompei, in Miscellanea
Francescana 64 (1964), pp. 495-500.

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Si mettono in evidenza i tentativi
dell'A. di risolvere il grave problema
del complesso architettonico di As-
sisi, dopo il noto studio di B. Klein-
schmidt.

UGoLINO NICOLINI

SANTI FRANcESCO, Catalogo della V
Mostra di opere restaurate. Perugia,
Galleria Nazionale dell'Umbria, 1964.

Dà notizia del restauro, a cura
della Soprintendenza alle Belle Arti,
delle seguenti opere:

1) Arte romanica umbra primi
del sec. XIII: Madonna con il
Bambino in trono. Scultura in legno
di noce policromato, cm. 150 x 67 x 29

Foligno, Chiesa di Santa Maria In-
fraportas.

2) Madonna del Latte della fine
del sec. XIII: scultura in legno
policromato, cm. 132x 53x15. Pie-
dipaterno di Valle di Nera, Chiesa
dell’Eremita.

3) Maestro delle Palazze : Cristo
deriso ; affresco staccato e traspor-
tato su tela, cm. 300 x 200.

4) Crocefissione, impronta di
affresco staccata e trasportata su
tela, *cm* 975: x 185.

9) Maestro di San Brizio: Mae-
stà, tempera su tavola incamottata,
cm. 190x 101, Orvieto, Duomo San
Brizio.

6) Pittore umbro dei primi del
'3800: Croce dipinta. Tempera su
tav. incamottata, cm. 310 x 170, Gub-

bio, Pinacoteca Comunale, Palazzo
dei Consoli.
7) Pittore umbro primi '400:

Gonfalone a due facce. Tempera su
tela, cm. 151 x 107, Assisi, Museo di
S. Rufino.

8) Umbro metà del sec. XIV:
«Trittico » tempera su tav., cm. 175 x
168, Montesanto di Sellano, Parroc-
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

chiale di
‘Inedito.

9) Giovanni di Paolo: Trittico,
tempera su tav. con cornice scolpita
e dorata, cm. 220x165. Baschi
dell'Umbria, Chiesa Parrocchiale di
San Nicolò.

10) Nicola da Siena: Cristo ri-
sorto, tempera su tav. incamottata,

Santa Maria Assunta.

cm. 170x113. .Norcia, Santa Sco-
lastica.
11) Umbro II metà sec. XV:

san Bernardino da Siena, Angeli e
Cristo benedicente. Affresco staccato
e trasportato su tela, cm. 233x 107,
Otricoli, Santa Maria.

12) Benedetto Bonfigli « Gon-
falone », tempera su tela, cm. 299x130,
Corciano, Santa Maria.

13) Bartolomeo Caporali : « Gon-
falone » tempera su tela, cm. 182
e mezzo x 140, Civitella d’Arna, San
Lorenzo.

14) Affine a Bartolomeo Capo-
rali: Madonna con Bambino fra
San Giovanni e San Bernardino da
Siena. Affresco staccato e trasportato
su tela, cm. 113 x 200, Rancolfo di
Perugia, Santa Maria della Mise-
ricordia. Inedito.

15) Gregorio Tedesco: Armadio di-
pinto. Tempera su tav., cm. 189x168x
74, Gubbio, Museo del Palazzo Ducale.

16). Domenico Beccafumi: Pre-
sepio, tempera su tav., cm. 152 x 121,
Montesanto di Sellano, Santa Maria
Assunta. Inedito.

17) Arte Abruzzese del sec. XV:
Crocefisso in argento sbalzato ce-
sellato e dorato, cm. 64x46, Otri-
coli, Santa Maria.

ABBATE FRANCESCO, L'attività giova-
nile del Bachiacca (fino al viaggio
romano del 1524-25) in « Paragone »,

anno XVI, novembre 1965, n. 189,

pp. 31-33, Milano, Mondadori.

233

Indagine sulla formazione perugi-
nesca del Bachiacca, affermata dal
Vasari e confermata dall'esame sti-
listico di alcune opere : « Deposizione »
(Bassano), «Noli me tangere» (Cri-
stchurch College Oxford), « Resur-

. rezione » (Digione). Suppone l'esistenza

di una bottega del Perugino in Firenze
in cui entrò il Bachiacca prima del
1505, tramite il fratello Baccio, nel
momento in cui il Perugino stava di-
pingendo «Lotta tra Amore e Ca-
stità » da cui Bachiacca riprende lo
episodio di Apollo e Dafne.

M. CEcILIA MAZZI

Nessi SiLvkesTRO, Un restauro di
Benozzo a Montefalco, in « Commen-
tari» anno XVI, fasc. 3-4, 1965,
pp. 222-224.

Esamina l'affresco raffigurante Santa
Chiara nel Monastero di Santa Chiara
in Montefalco, restaurato nel 1452 da
Benozzo Gozzoli, come attestano le
fonti dell'epoca, riproducendo forse dal
vero la fisionomia della Santa.

FonsvrH H. WiLLIAM, The Sangemini
Doorway, in « Bulletin of the Me-
tropolitan Museum of Art» (New
York), giugno 1965.

Illustra il portale di marmo scol-
pito già della Chiesa di San Nicolò
a Sangemini e ora nei cloisters del
Metropolitan Museum.

Lowaeui RoBERTO, Un incontro con
il maestro dei Santi Quirico e Giu-
ditta, in « Paragone », n. 185, anno
XVI, luglio 1965, Milano, Monda-
dori;"p. 41:

L'autore accenna anche all’attri-
buzione del trittico di Reggello di
Cascia a Masaccio, negandola.
234 SEGNALAZIONI

SYMECONIDES SIBILLA, Taddeo di Bar-
tolo, Siena, Accademia senese degli
Intronati, 1965.

L'importante studio monografico sul
pittore senese riguarda anche l’opera
di Taddeo a Perugia nel 1403: Po-
littici di San Francesco al Prato e
Pala della Pentecoste (ora tutto in
Galleria) e le due tavolette (Collez.
privata Perkins, Assisi).

DoNATI PIER Paoto, Piero della Fran-
cesca o Lorentino d’ Andrea, in « An-
tichità viva», anno IV, n. 5-6, Fi-
renze 1965, pp. 56-68.

Si occupa anche del problema di
Lazzaro Vasari, del quale pubblica
un frammento in Santa Maria delle
Grazie (Arezzo) ritrovamento che con-
ferma l’attribuzione fatta dal Santi
a Lazzaro degli affreschi di Santa
Maria Nuova di Perugia.

M. CECILIA MAZZI

GRONDONA CarLo, Catalucius Petri
Raynaldi aurifex de Tuderto (Note
e documenti), Todi, Tip. Tuderte,
1965, 47 (4) p., 1 tav.

Alle notizie biografiche segue un
albero genealogico e una inedita rac-
colta di 45 documenti estratti dagli
archivi todini.

MARIO PERICOLI

FaBBI ANSANO, Visso e le sue valli,
1965,.s.n.t..

Si tratta del secondo volume del
Fabbi sul patrimonio storico-artistico
della Diocesi di Norcia, opera che pur
non essendo concepita con metodo
scientifico, è tuttavia di una certa

BIBLIOGRAFICHE

utilità per il reperimento e lo studio
degli oggetti d’arte delle chiese di
montagna.

PREVITALI GIOVANNI, Sulle tracce di
una scultura umbra del ’300, in
«Paragone», anno XVI n. 181, mar-
zo 1965, p. 16-23, Milano, Rizzoli.

L’autore nega l’appartenenza della
scultura in legno della Collezione Gua-
lino (Roma) la «Santa Caterina » di
Aless. ad un ambiente senese chiaren-
done i rapporti stilistici con la « Ma-
donna con bambino» (Firenze, Col-
lezione privata). Dichiara inoltre la
pertinenza umbra anche della Ma-
donna con Bambino (Teramo, Catte-
drale).

Esamina poi il gruppo della Madonna
di Scurcola Marsicana di San Silve-
stro (Aquila), quella di Fassa e ag-
giunge una Madonna con Bambino (Fi-
renze, Collezione privata), come legame
tra queste e la Madonna del Duomo
di Spoleto individuandole come un
filone francese di scultura umbra.

M. CECILIA MAZZI

PARRONCHI ALESSANDRO, Due fonti me-
dievali per l’Hypnerotomachia, in
« Studi urbinati », n. 2, 1965, Urbino.

Prende in esame la questione della
struttura della parte terminale della
Fontana Maggiore di Perugia avan-
zando l'ipotesi, che sembra non ac-
cettabile, che i due grifi e i due leoni
del gruppo bronzeo ora in galleria,
fossero divisi e posti alla base della
tazza bronzea, secondo uno schema
che sarebbe stato poi ripreso dal Po-
lifilo.

FRANCESCO SANTI
Le

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 235

MicHELINI Tocci Luigi, Pittori del
Quattrocento ad Urbino e a Pesaro.
Cassa di Risparmio di Pesaro, 1965,
pp. 69, 100 tavv. f. t., ill.

Questa superba pubblicazione, edi-
ta a cura della Cassa di Risparmio di
Pesaro per celebrare il 1259 annuale
della fondazione, illustra eloquente-
mente la produzione pittorica con-
centrata nel Quattrocento a Pesaro
e a Urbino per opera di grandi
maestri, molti dei quali hanno eser-
citato un diretto e decisivo influsso
sui contemporanei pittori umbri.

La bella edizione, rimarchevole per
l'esecuzione delle tavole a colori, è
uscita dallo stabilimento di arti
grafiche di Amilcare Pizzi di Milano.

GIOVANNI CECCHINI

NEGRI ARNOLDI FRANCESCO, Peru-
gino, Collezione « I maestri del co-
lore», Milano, Fabbri, 1965.

La pubblicazione, anche se illu-
strata con tavole a colori alquanto
belle, é scadente sia per la parte sto-
rica (si indica in Sant'Agostino in
Perugia la tomba del pittore) che per
quella critica (indicati inesattamente
i rapporti fra Perugino e Piero della
Francesca), né si tiene conto delle
ultime ricerche critiche, specie per
quanto riguarda la ultima attività
del maestro.

FRANCESCO SANTI

CALECA ANTONINO, Un codicetto di
Francesco d'Antonio del Chierico, in
«Critica d'arte», anno XII, fasc.
74, ottobre 1965, Firenze, Vallecchi,
pp. 50-56.

Studia il codice L 51 (799), custo-
dito nella Biblioteca Augusta di Pe-

rugia, attribuendone le cc. 4/r, 6/v
e 7/v a Francesco d'Antonio del
Chierico in base a consonanze stili-
stiche con il Plutarco laurenziano del
medesimo. HRivendica a Francesco
d'Antonio del Chierico due libri d'ore
medicei (Biblioteca Laurenziana ms.
1874; Bayerische Staats-bibliothek,
Miinchen, ms. lat. 23639) appoggian-
dosi al suddetto codice per uua nuova
comprensione dell'autore.

SANTI FRANCESCO, Catalogo della VI
Mostra di opere restaurate. Perugia,
Galleria Nazionale dell'Umbria,
1965.

Espone i risultati relativi al re-
stauro delle seguenti opere:

1) Arte romanica umbra, prima
metà del 7200: «Madonna con il
Bambino in trono », scultura in legno
già policromato, cm. 130 x 57 x 47,
Cesi, Santa Maria «de fuori». Inedito.

2) Maestro delle Palazze: « Pre-
sepio» impronta di affresco staccata
e trasportata su tela, cm. 193 x 296.

3) Idem: «Ultima Cena» im-
pronta di affresco staccata e tra-
sportata su tela, cm. 305 x 296.

4) Idem: «Giudizio Universale »
impronta di affresco staccata e tra-
sportata su tela, cm. 300 x 310.

5) Seguace del maestro di Cesi:
«Madonna -con Bambino», trittico
inedito che sarà studiato dal Santi
in un articolo sul Bollettino d'arte
1965.

6) Pittore senese seconda metà
del 400: «San Francesco in gloria »
tempera su tavola, cm. 100 x 49x 50,
Norcia, Congregazione di Carità.

7) Niccoló di Liberatore detto
l’Alunno : «Madonna con Bambino
in trono e i SS. Giovanni Battista e
Sebastiano », tempera su tav., cm. 141
x 141, Cannara, San Giovanni.

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SEGNALAZIONI

8) Idem e un aiuto: «Madonna
con Bambino e i SS. Matteo e Fran-
cesco », tempera su tav., cm. 158 x 173,
Cannara, San Matteo.

9) Lattanzio di Nicolò di Li-
beratore: «Santa Maria di Gia-
cobbe », tempera su tela, cm. 128x63,5,
Pale di Foligno, Eremo di Santa Maria
di Giacobbe.

10) Pietro Perugino: « Madonna
in gloria fra angeli e i SS. Agostino e
Maddalena », affresco staccato e tra-
sportato su tela, cm. 234 x 228,
Panicale, S. Sebastiano.

11) Dono Doni: «Crocefissione »
olo:su av. cm; 255 x: 178, Assisi,
Cattedrale.

12) Ippolito Borghese: « Annun-
ciazione », olio su tela, cm. 248 x 182,
Sigillo, Sant'Agostino.

13) Giovanni Baglione: « Visi-
tazione », olio su tela, cm. 228 x 140.

14) Idem: «Adorazione dei Ma-
gi», olio su tela, cm. 247 x 155,
Spoleto, Chiesa della Madonna di
Loreto.

15) Andrea Sacchi: «Presenta-
zione di Cristo al tempio », olio su tela,
cm. 244 x 164, Perugia, Galleria
Nazionale.

M. CECILIA MAZZI

PAPI MELLITO, Il poema figurativo
di fra Bevignate nella fontana di
Perugia, Casal Palocco, Roma,
Tip. Abbazia di Casamari, Frosi-
none, 1965, pp. 252.

L’opera si compone di tre parti, di
cui questi i titoli: «Studio storico-
critico intorno alla più bella fontana
del mondo e al suo misconosciuto au-
tore»; « Il vasto concetto simbolico,
il valore estetico e culturale dell'in-
signe monumento»; «Il poema fi-
gurativo di fra’ Bevignate sulla cui
falsariga Dante Alighieri ha compo-

BIBLIOGRAFICHE

sto la Divina Commedia ». Come si
può intuire, l’A., nell'interpretazione
della fontana, giunge a conclusioni
assolutamente nuove ma non scien-
tificamente fondate.

UGoLINO NICOLINI

Toscano Bruno, La fortuna della
pittura umbra e il silenzio sui pri-
mitivi, in « Paragone », anno XVII,
n. 193, marzo 1966, Milano, Monda-
dori, pp. 3-23.

Indagine sulle cause della mancanza
di interesse critico circa la pittura
umbra del 7300, individuate nella
concentrazione del gusto sul Perugino
da parte della cultura locale e dalla
convinzione che la pittura umbra
non possedesse autonomia rispetto
alla senese contemporanea. I segni di
consenso furono isolati, cita la de-
scrizione di affreschi trecenteschi in
Assisi fatta da frate Ludovico da
Città di Castello nel '500. Documenta
l'interesse di mercato pubblicando uno
stralcio del catalogo della Coll. Tor-
delli contenente la descrizione di
25 opere definite umbre della fine del
XIII sec. o primi del XIV, Identifica il
dittico a tempera su legno (cm. 25 x 26)
con reliquie del suddetto catalogo col
dittico del "Victoria and Albert Mu-
seum, n. 19-20-1869 ; individua nella
dispersione della raccolta uno degli
elementi che impedirono il costituirsi
di un interesse critico.

LonGHI RoBERTO, Apertura sui íre-
centisti umbri, in « Paragone », anno
XVII n. 191, gennaio 1966, pp. 4-17.

L’autore prende in esame la storia
della critica circa la pittura umbra
del Trecento, di cui si hanno pochi
cenni, confondendola per lo più con

rr
VISITI

la senese contemporanea. Sulla base
della citazione dantesca di Oderisi
da Gubbio e della possibile collo-
cazione approssimata di tempo e di
luogo, formula l’ipotesi che la Bibbia
detta di Corradino (Walters Art Gal-
lery di Baltimora) possa attribuirsi
a Oderisi,

LonGHI RoBERTO, « Postilla all'aper-
tura sugli Umbri », in « Paragone»,
n. 195, maggio 1966, Milano, Mon-
dadori.

L'autore riprende la citazione dan-
tesca (Purg. XI) che affianca in linee
parallele Oderisi da Gubbio e Franco
Bolognese a Cimabue e Giotto, rico-
noscendoli come i due piü grandi mi-
niatori del '200 italiano. Dopo aver
riaffermato l'attribuzione della « Bib-
bia di Corradino» all'«eventuale e
optabile Oderisi », si sofferma a lungo
sul problema di Franco Bolognese e
della Bibbia di Parigi.

PREVITALI GIOVANNI, Affreschi di
Cola Petruccioli, in « Paragone », an-
no XII, n. 193, marzo 1966, Monda-
dori.

Restituisce al Petruccioli, vissuto
a Perugia per venti anni, un ciclo di
affreschi nel Museo delle Belle Arti
di Budapest, ne stabilisce l’attribu-
zione mediante il confronto con altre
opere dello stesso (Madonna, coll.
Cini). Conferma l'appartenenza al Pe-
truccioli dell'affresco dei SS. Giovanni
e Bartolomeo del 1398, in Sant'Ago-
stino di Perugia, accennando al pro-
blema della collocazione cronolo-
gica degli affreschi.

M. CECILIA MAZZI

LopoLINI ARMANDO, I «Nazzareni »
in una Chiesa della Valle spoletina,

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

237

in Spoletium, anno X, aprile 1966,
pp. 37-40.

Nel santuario di Madonna della
Stella, costruito nella seconda metà
del sec. XIX nella valle fra Spoleto
e Montefalco, lavorarono un gruppo
di pittori, e tra questi Overbeck il
vecchio, esponenti di un movimento
tedesco, detto a Roma in senso spre-
giativo dei « Nazzareni », che aveva
rinunciato agli ideali classici per pe-
netrare nel medioevo cristiano con un
misticismo del tutto esteriore e re-
torico.

MARTELLI GisBERTO, Il restauro della
Chiesa di San Paolo « inter vineas »,
in Spoletium, anno X, aprile 1966,
pp. 3-12.

La struttura di questa chiesa ro-
manica, che i recenti lavori di re-
stauro hanno riportato quasi inte-
ramente alla sua espressione origi-
nale, si discosta dallo stile dominante
a Spoleto in quel periodo e mostra
piuttosto una certa similitudine for-
male con lo stato attuale della Ba-
silica di San Pietro in Perugia. Im-
portante é il ritrovamento di un
altare duecentesco di marmo, che
era stato rivestito nel Seicento dalla
cassa dell'altare barocco, e che con-
tiene, a.sua volta, un tratto di co-
lonna cilindrica e un capitello di
forma cubica, resto di un altare
ancora più antico.

M. C. CRISPOLTI

JESTAZ BERTRAND, Le voyage d'Italie
de Robert de Cotte. Étude, édition
et catalogue des dessins. Paris,
E. De Boccard, 1966, pp. 288,
1 tav. ft. ill École Francaise
de Rome, « Mélanges d'Archéologie
et d'Histoire», Suppléments 5.
Il diario del viaggio compiuto in
Italia nell’anno 1689 dall’architetto
francese Robert de Cotte menziona
le seguenti località dell'Umbria: le
Fonti del Clitunno, Foligno, la Ca-
seata delle Marmore, Spoleto, Terni.

PAOLA PIMPINELLI

Scienze politiche, giuridiche, eco-
nomiche, sociali

ABBOZZO Paoro, Podere cerealicolo -
zoolecnico viticolo della collina di
Perugia, in Monografie di aziende
agrarie delle Marche e dell' Umbria,
estratto dagli Atti della Conferenza
Nazionale del Mondo Rurale e del-
l'agricoltura, Roma, 1961.

L'A. prende in esame un'azienda
del Comune di Perugia che può es-
sere assunta come tipica di quelle
delle colline dell'Umbria centrale e
conduce una approfondita analisi tec-
nico-economica fino alla determina-
zione del prodotto netto aziendale e
del reddito netto per ettaro.

ABBOZZO PaAoLo, Monografia di una
azienda ad indirizzo estensivo silvo-pa-
storale del Umbria. Estratto dagli
« Annali della Facoltà d? Agraria del-
l'Università di Perugia», Vol. XVIII,
Perugia, 1963.

L'A. prende in esame una azienda del
Comune di Cascia, in cui sono stati
condotti importanti interventi di tra-
sformazione tanto da farne «..... il
modello del futuro assetto che la pro-
prietà capitalistica dovrà assumere in
tutta la fascia appenninica ». L'analisi
approfondita della situazione tecnico-

238 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

economica consente di individuare un
reddito fondiario del 35-409, superiore
a quello medio attuale della zona, a
conferma della validità dell'esperi-
mento.

ABBOZZO PaAoLo, Le vicende dell'alle-
vamento suino con particolare ri-
guardo all’ Umbria, in « Nuova eco-
nomia », n. 9, settembre 1964.

L’A. prende in esame la situazione
nazionale dei consumi di carne suina,
la sua espansione negli anni più: re-
centi e l’andamento dei prezzi sul
mercato perugino nel periodo 1947-63
individuando un caratteristico e re-
golare andamento ciclico.

GnRAssINI Piero, Studio preliminare
strada a scorrimento veloce « Terni-
Rieti », in « Rassegna Economica, a
cura della Camera di Commercio,
Industria ed Agricoltura di Terni »,
gennaio-marzo 1964, Anno XI, n. 1.

L’A., partendo dalla necessità di
dilatare l’efficacia delle autostrade,
illustra la necessità di dare alla zona di
Rieti un comodo collegamento con
l’autostrada del Sole all’altezza di Orte
e indica le relative soluzioni tecniche
possibili.

UFFICIO PROVINCIALE DI STATISTICA,
Terni, Prodotto netto dell'agricoltura
della provincia di Terni negli anni
1938 e dal 1949 al 1961, Camera di
Commercio Industria e Agricoltura
di Terni, Arti grafiche Nobili, Terni,
1964.

Illustrazione dell'andamento della
attività agricola della provincia di
Terni con larghissimo corredo di dati.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 239

GRAssINI Piero, Strada e scorrimento
veloce Terni-Rieti, Studio prelimi-
nare, Roma, 1964.

Illustrazione del progetto della
importante strada destinata a colle-
gare rapidamente i due capoluoghi.

LuiGi BELLINI

InsoLERA ITALO, Piano di sviluppo
e tutela dei centri storici e del pae-
saggio, in Rassegna del Lazio, XI,
n. 1-3, gennaio-marzo 1964, pp. 54-
60.

E il testo di una conferenza, tenuta
nel quadro delle manifestazioni cultu-
rali organizzate dall'Amministrazione
Provinciale di Viterbo, in cui VA. il-
lustra lo schema del piano per lo svi-
luppo economico per lUmbria, che
presenta situazioni analoghe a quelle
del Viterbese.

M. CATERINA CRISPOLTI

MoNTEMAGGI FERNANDO, L’alta valle
del Tevere e le sue colture da rinnovo,
in «Nuova Economia, Rassegna
mensile a cura della Camera di
Commercio Industria e Agricolture
di Perugia», gennaio 1964, Anno
LXXVI, n. 1 (nuova serie).

L'A. analizza le modificazioni inter-
venute nelle scelte colturali della Alta
Valle del Tevere, con particolare ri-
guardo alle colture da rinnovo, molto
importanti nelle condizioni climatiche
caratteristiche della zona.

MoRETTI GIAMPAOLO - GIANOTTI FRAN-
cesco S., Declino e riscatto del lago
Trasimeno, in « Nuova Economia,
Rassegna mensile a cura della Ca-

mera di Commercio Iudustria e
Agricoltura di Perugia», marzo 1964,
Anno LXXVI, n. 3 (nuova serie).

Gli Autori, rispettivamente Diret-
tore ed Aiuto dell’Istituto di Idrobio-
logia e Piscicoltura dell’Università di
Perugia illustrano le vicende recenti
del Lago e l’opera, invero preziosa,
che l’Istituto ha dato e continua a
dare per la sua completa rivalorizza-
zione turistica ed economica.

BaLsoTTI Luici, Iniziative per la coo-
perazione agricola in Umbria, in
«Nuova Economia, Rassegna men-
sile a cura della Camera di Com-
mercio Industria e Agricoltura di
Perugia », Anno LXXVI, n. 4 aprile
(nuova serie).

L'A. illustra l'importanza, e la ne-
cessità, di uno sviluppo rapido di ini-
ziative cooperative per la conduzione
della terra onde ovviare alle diffi-
coltà di tante piccole aziende per le
quali é impossibile una gestione eco-
nomicamente efficiente. La questione
è di particolare interesse in Umbria
ove le piccole aziende costituiscono
18795 del totale.

SQUADRONI GIUSEPPE, Produzione e pro-
spettive vitivinicole umbre, in «Nuova
Economia, Rassegna mensile a cura
della Camera di Commercio Indu-
stria e Agricoltura di Perugia », ot-
tobre 1964, Anno LXXVI, n. 10.

L'A. illustra il miglioramento veri-
ficatosi nell'ultimo decennio nel patri-
monio viticolo regionale ; alcune que-
stioni tecnico-agronomiche relative alla
coltivazione della vite e il problema
della diffusione delle cantine sociali e
di moderni stabilimenti enologici per
una piena valorizzazione della pro-
duzione vinicola.

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ABBOZZO PaoLo, L'andamento del cre-
dito agrario in Italia nel periodo
1952-62 con particolare riguardo al-
lUmbria, in «Nuova Economia »,
n. 10, ottobre 1965.

Con ampiezza di documentazione l’A.
illustra la situazione umbra nel quadro
di quella nazionale in un aspetto così
importante della attività agricola e
facendo distinzione fra credito agrario
di esercizio e credito agrario di mi-
glioramento. L’Umbria appare come
la regione che ha un carico debitorio
per ettaro nettamente inferiore a
quello medio nazionale, pur regi-
strando un più rapido ritmo di in-
cremento di esso.

Brevi considerazioni sull'andamento eco-
nomico della Provincia nell’anno 1964,
in «Rassegna Economica, a cura
della Camera di Commercio Indu-
stria ed Agricoltura di Terni » gen-
naio-febbraio 1965, Anno I, n. 1.

Viene qui sviluppata, sia sulla base
dei risultati degli ultimi censimenti
che dei più recenti dati disponibili
dalle rilevazioni ufficiali nazionali e
locali una completa illustrazione della
situazione della provincia di Terni.

Ronponi GIuLIANO, La localizzazione
delle industrie nella provincia di
Perugia, in « Nuova Economia, Ras-
segna mensile a cura della Camera
di Commercio Industria e Agricol-
tura di Perugia », settembre 1965,
Anno LXXVII, n. 9 (nuova serie).

L'A. prende spunto da quanto pro-
posto nella relazione del Centro regio-
nale per il piano di sviluppo economico
dell'Umbria per sviluppare alcune con-
siderazioni sulle zone di possibile svi-
luppo industriale in Umbria ed in-
dicare la natura di tali industrie.

240 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

L. G., Aspetti dell'industria della pro-
vincia di Perugia. Industrie mani-
fatturiere continue e di moníaggio. |

ba

», Aspetti dell’industria della provin-
cia di Terni. Industrie manifattu-
riere continue e di moníaggio, in
«Nuova Economia, Rassegna men-
sile a cura della Camera di Commer-
cio Industria e Agricoltura di Pe-
rugia». dicembre 1964 Anno LXXVI,
n. 12 e gennaio 1965 Anno LXXVII,
n. 1 (nuova serie).

Utilizzando i dati del censimento in-
dustriale del 1961, lA. analizza mi-
nuziosamente la situazione delle pro-
vincie di Perugia e di Terni con par-
ticolare riferimento alle industrie di
montaggio, di cui si documenta la
particolare carenza nella regione (e
soprattutto a Terni) e la modesta di-
mensione media rispetto alla situa-
zione delle regioni più progredite eco-
nomicamente.

SORIGNANI GuiDpo, L’evoluzione demo-
grafica ed economica nel Comune di
Perugia secondo i censimenti del 1951
e 1961, in « Nuova Economia, Ras-
segna mensile a cura della Camera
di Commercio Industria e Agricol-
tura di Perugia », agosto 1965, Anno
LXXVII, n. 8 (nuova serie).

L'A. analizza le modificazioni in-
tervenute fra i due censimenti, anche
in relazione all'azione svolta dagli Enti
locali, nonché il processo di industria-
lizzazione verificatosi ed i suoi ri-
flessi sull'andamento del reddito. L'A.
giunge a concludere che, tuttavia, la
evoluzione determinatasi non ha cam- !
biato il volto dell'economia locale.

CASSANO Cosimo, Le previsioni eco-
nomiche per gli allevamenti suini, Isti-
tuto Nazionale di Economia Agraria,

1965.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 241

Lo studio è fondato sulla analisi
della relazione intercorrente fra pro-
duzione e mercato nel periodo 1947-
64 partendo dai dati raccolti per due
gruppi di aziende umbre, l’una in
comune di Deruta, l’altra in comune
di Magione e dalla serie dei prezzi
rilevati sulla piazza di Perugia.

L’ampiezza dei dati disponibili e
la loro approfondita elaborazione per-
mettono di giungere a risultati di
grande interesse in merito agli indi-
rizzi da far prevalere nell’allevamento
suino particolarmente nella regione
umbra.

Cassano Cosimo, La realtà agricola
umbra, Quaderno n. 7 dell’Osser-
vatorio economico per l'Umbria e
le Marche dell'Istituto Nazionale di
Economia agraria.

L'A., utilizzando i risultati delle
indagini svolte per il Piano di Svi-
luppo economico dell'Umbria, ripar-
tisce il territorio regionale in 9 zone
agrarie omogenee. Dopo aver dato di
ognuna una completa descrizione, l’A.
passa a confrontare la produzione
lorda vendibile e la produzione di
alcune delle più importanti colture
per i trienni 1929-'31 e 1959-61 al
livello delle singole zone considerate,
fornendo anche dati relativi alla pro-
prietà fondiaria, alle forme di condu-
zione, alla struttura aziendale, alla
popolazione.

In complesso si ha cosi una appro-
fondita analisi della situazione agri-
cola regionale e delle sue piü importanti
modificazioni complessive e, soprat-
tutto, zonali.

Cassano Cosimo, 1l recente adatta-
mento delle strutture agricole nella
media Valle del Tevere (1961-1964),

Quaderno n. 8 dell’Osservatorio eco-

nomico per l'Umbria e le Marche
dell'Istituto Nazionale di Econo-
mia Agraria.

Il lavoro costituisce, con riferimento
all’annata agraria 1964, l’aggiorna-
mento dellindagine svolta su, 88
aziende agrarie della valle del Tevere
nel 1961 in occasione dei lavori per
il Piano Regionale di sviluppo eco-
nomico dell'Umbria. Vengono prese
in esame le variazioni strutturali, della
produzione e dei costi di gestione, dei
redditi netti per constatare una posi-
tiva evoluzione della situazione che
ha portato, in generale, ad un notevole
miglioramento ‘della situazione red-
dituale procapite per effetto congiun-
to della riduzione del grado di attività
e dellincremento della produzione
vendibile. i

In appendice è riportata un’ampia
documentazione di dati a sostegno
delle conclusioni cui lA. è giunto.

GRrassINI Piero, Tra Roma e Spo-
leto non c'è più la «Somma», in
Spoletium, anno X, aprile 1966,
pp. 18-26.

Ampie notizie storiche sulle varie
trasformazioni subite dal tracciato
della «Somma », che l’Autore espone
prendendo il via dall’itinerario deli-
neato dai Romani, fino alla attuale
sistemazione.

LuIiGIi BELLINI

Francescanesimo

MoRGHEN RAFFAELLO, Francescane-
simo e Rinascimento, in Jacopone e il
suo tempo, Todi, Accademia Tuder-
tina, 1959, pp. 13-36 (Convegni del
Centro di studi della spiritualità
medievale, I).
_r__———m@@coum

È presa in esame la importanza del
movimento francescano, che portò
«dal Medioevo verso le nuove plaghe
della civiltà moderna i germi fecondi
della tradizione dell’Europa cristiana »

FRuGONI ARsENIO, Jacopone fran-
cescano, in Jacopone e il suo tempo,
Todi, Accademia Tudertina, 1959,
pp. 73-102 (Convegni del Centro di
Studi sulla Spiritualità Medievale, I).

Vaglia le poche notizie biografiche
su J. scindendole da ció che deve ri-
tenersi pura leggenda, e ne rivendica
la ortodossia, già da altri gravemente
messa in dubbio, pur riconoscendo
che é ben lontano dalla mistica di s.
Francesco d'Assisi.

FELIX A _MARETO, O.F.M. Cap., Bi-
bliographia vitae et operum sanctae
Veronicae Giuliani, monialis cap-
puccinae (1727-1961), in «Colle-
ctanea franciscana », vol. XXXI,
1961, pp. 463-555.

Elenco (schede 313) delle biografie
e delle pubblicazioni riguardanti il
culto, le composizioni poetiche, i pa-
negirici, gli articoli, le preghiere ; nella
seconda sezione si enumerano le varie
edizioni degli scritti della Giuliani, sia
nella lingua originale sia nelle varie
traduzioni.

GHINATO ALBERTO, O.F.M., Profilo
spirituale di S. Francesco, Roma,
Edizioni francescane, 1961, pp. 206
(Orizzonti francescani).

L'opera contiene nove lezioni te-
nute al «Corso di spiritualità fran-
cescana » in Roma e si divide in due
parti : la prima é consacrata allo studio
critico delle primitive biografie e delle
leggende sorte intorno al Serafico ; la

242 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

seconda è dedicata alla spiritualità
del Poverello come appare attraverso
i suoi scritti. Al termine di ogni capi-
tolo nota bibliografica.

MARIANUS AB ALATRI, O.F.M. Cap.,
Conspectus bibliographicus decennalis
(1951-1961) de S. Veronica Giuliani,
in «Collectanea Franciscana », vol.
XXXI, 1961, pp. 592-608.

La rassegna comprende 42 pubbli-
cazioni così ripartite: scritti di S.
Veronica, biografie, studi biografici,
spiritualità, devozione e culto, arte.

MELCHIOR A POBLADURA, 0.F.M. Cap.,
Spicilegium. Notitiae sparsae ac textus
inediti S. Veronicae Giuliani, mo-
nialis capuccinae, in «Collectanea
Franciscana », vol. XXXI, 1961,
pp. 351-402.

L’A. descrive e pubblica 15 lettere
ed ‘alcuni altri scritti minori di S.
Veronica ; ai quali seguono la relazione
(17 luglio 1727) della sua morte det-
tata dal vescovo Alessandro Codebò e
una breve biografia della medesima, di
autore contemporaneo ed anonimo,
conservata nella Bibl. Naz. di Firenze
(cod. II, 174, cc. 79r-84v).

METODIO DA NEMBRO, O.F.M. Cap.,
L'itinerario spirituale di S. Veronica
Giuliani dalle pagine del suo « Diario»
in «Collectanea Franciscana », vol.
XXXI, 1961, pp. 283-350.

L'A. pone in rilievo i motivi ascetici,
le esperienze mistiche e la missione
della Giuliani (1660-1727) quali emer-
gono dalla lettura delle 8000 pagine
di cui si compongono i 10 volumi del
Diario.

MARIO PERICOLI
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 243

OpoarDpI P. GriovANNI O.F.M. Conv.,
S. Francesco e i Francescani. Sin-
tesi storica del Francescanesimo nei
suoi Tre Ordini e loro varie Famiglie.
Assisi, Casa Editrice Francescana,
1961, pp. 95, II Edizione riveduta
e aggiornata a cura di P. Costan-
tino Troiano.

In un opuscolo di carattere divul-
gativo, l'A. illustra per ciascuno degli
Ordini derivati da San Francesco le
vicende storiche dall'origine ai giorni
nostri, l'odierna situazione, le glorie
(religiose, culturali, missionarie, etc.)
che gli Ordini stessi possono vantare.

PAOLA PIMPINELLI

CHioccioNI PIETRO, T.O.R., Assisi
romana e la romanità di San Fran-
cesco, Roma, Staderini, 1962, pp.
111:

Dopo aver descritto le vestigia
architettoniche di Assisi, municipium
romano, tra cui il mirabile tempio di
Minerva, lA. riscontra nell'opera di
San Francesco e del francescanesimo
una pregnanza di motivi romani.

MeTopIo DA NEMBRO, O.F.M., Mi-
sticismo e missione di S. Veronica
Giuliani, capuccina (1660-1727), Mi-
lano, Centro studi cappuccini lom-
bardi, 1962, XVI, pp. 243.

Traccia un profilo spirituale della
ben nota francescana di Città di
Castello.

MARIO PERICOLI

Quaderni di Spiritualità francescana.

La tipografia « Porziuncola » di S.
Maria degli Angeli, Assisi ha stam-
pato i seguenti «Quaderni» (cfr.

questo Bollettino, 60 (1963), p. 301):

6) Il Vangelo e la Spiritualità
francescana (1963) ;

7) La Chiesa e la Spiritualità
francescana (1964);

8) Il sacerdote nella Spiritualità
francescana (1964);

9) La fede nella Spiritualità fran-
cescana (1965);

10) La speranza nella Spiritualità
francescana (1965);

11) La carità nella Spiritualità
francescana (1965).

UGoLINO NICOLINI

TeRzI ARDUINO, Cronologia della vita
di San Francesco d'Assisi, Roma,
Scuola tip. francescana, 1963, pp. 182.

In base ai propri studi, l'A. stabi-
lisce la cronologia dell’assisiate, di-
vergendo da altri studiosi.

MARIO PERICOLI

MoRraRIU BoNAVENTURA, 0.F.M., Il
P. Giambattista Del Monte, O.F.M.
Conv. (1631-1689) missionario in
Moldavia e Valacchia, in Miscel-
lanea Francescana, 64 (1964),
pp. 128-37.

Di questo missionario, nato a Città
di Castello e della famiglia dei mar-
chesi Bourbon del Monte Santa
Maria, si traccia una monografia
ricca di notizie, specialmente per
la storia dei Minori Conventuali in
Umbria e per quella della famiglia
Bourbon del Monte S. Maria. Con
il P. Giambattista partirono per la
Moldavia nel 1663 i missionari P.
Felice Antonio Paolucci da Todi e
P. Antonio Angelini da Norcia.

GUASTAMACCHIA GABRIELE, 0.F.M.
Conv., ll convento di S. Fran-
cesco di Andria dei Frati Minori
Conventuali, in Miscellanea Fran-
cescana, 64 (1964), pp. 138-49.

Tra i vescovi francescani di Andria
è ricordato Felice Franceschini da
Cascia, già Ministro generale dei
Conventuali, eletto da Urbano VIII
nel 1632 e morto nel 1641.

ZACCARIA GIUSEPPE, 0.F.M. Conv.,
Diario storico della Basilica e Sacro
Convento di S. Francesco in Assisi,
in Miscellanea Francescana, 64
(1964), pp. 165-210; 433-73.

Queste due puntate comprendono
tutto il sec. XVII e metà del XVIII,
per i quali l'A. pubblica (non inte-
gralmente) 308 documenti.

OCTAVIANUS A RIEDEN O.F.M. Cap.,
De Sancti Francisci Assisiensis
stigmatum susceptione. Disquisitio
historico-critica luce testimoniorum
saeculi XIII, in Collectanea Fran-
ciscana, 34 (1964), pp. 5-62; 241-
338.

Cfr. questo Bollettino 60 (1963),
p.910.

CRESI DOMENICO, O.F.M., Elenchi
di illustri Frati Minori in un’opera
inedita di Mariano da Firenze, in
Archipum |. Franciscanum Histori-
cum, 57 (1964), pp. 191-9.

L'opera inedita é il Tractatus de
origine, nobilitate et de excellentia
Tusciae, che il notissimo storio-
grafo francescano di Firenze scrisse
negli anni 1513-1521. Nei suoi elen-
chi spesso Mariano include anche
personaggi umbri ; cosi é ricordato,
per l'epoca della fondazione delle
province minoritiche in Italia, fra

244 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Agostino d'Assisi; il beato Egidio
è detto esplicitamente terzo compagno
di san Francesco. Nella serie dei
ministri generali é recensito Angelo
del Toscano da Perugia (sec. XV).
Si vede riaffermata anche la notizia
della fondazione del III Ordine, av-
venuta a Cannara nel 1221.

CENCI CESARE, O.F.M., Statuti, trat-
tati ed opuscoli francescani in un
codice dell’Estense di Modena, in
Archivum Franciscanum Histori-
cum, 57 (1964), pp. 273-87.

È il ms. a.F.2.38, che contiene,
tra l’altro, due lettere di san Ber-
nardino da Siena agli Osservanti
d’Italia, già edite, scritte da S. Da-
miano in Assisi il 5 agosto 1438 e il
31 luglio 1440. Si nota anche il
ms. 589 della Comunale di Assisi,
citato a proposito d’un « Memoriale »
consegnato dal vicario generale del-
l’Osservanza, Ludovico da Vicenza,
a fra Angelo da Bolsena, nel 1461,

ZACCARIA GIUSEPPE, 0.F.M. Conv.,
Nuovi documenti nella biografia di
S. Giuseppe da Copertino O.F.M.
Conv. (1603-1663), in Miscellanea
Francescana, 64 (1964), pp. 142-6.

Uno dei più importanti documenti
messi in luce dalle ricerche del p.
Parisciani nel suo recente studio
sarebbe il «Diario» di don Arcan-
gelo Rosmi, abate del monastero
di S. Pietro in Perugia, unito al ms.
2039 dell'Archivio Vaticano, nel
Fondo della S. Congregazione dei
Riti. Il Rosmi, durante la sua dimora
in Assisi, annotava in forma di
« Meditazioni » i pensieri religiosi sca-
turiti dai colloqui col mistico san
Giuseppe.
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 245

MATTESINI FnRANCESCO, O.F.M., At-
tenzioni francescane nel « Fronte-
spizio », in. Studi Francescani, 61
(1964), pp. 18-25.

Si nota come la rivista fiorentina,
nel numero di maggio 1938, elo-
giava una biografia in francese della
beata Angela da Foligno e in quello
di novembre 1939 l’opera Jacopone
da Todi di D. Giuliotti.

Lior RENATO, O.F.M., S. Giacomo
della Marca studioso di Dante,
in Studi Francescani, 61 (1964),
pp. 26-69.

Nel pregevole studio non si nota
— tra le citazioni dantesche di pre-
dicatori francescani del Quattro-
cento — quella di Roberto da Lecce
« Biastimavano Dio, li sancti et lor
parenti » etc. (Inf. III, 103-5), con-
tenuta nel Quadragesimale ms. 392
(F. 66) della Comunale di Perugia.

CnESI DoMENirCO, O.F.M., L'opuscolo
« Defensorio della verità» di Ma-
riano da Firenze, in Studi Fran-
cescani, 61 (1964), pp. 168-212.

Negli ultimi 5 capitoli Mariano
rivendica al Terz'Ordine francescano
il beato Iacopo da Città della Pieve
e santa Chiara da Montefalco.

MENEGHIN VITTORINO, O.F.M., Due
sermoni inediti del B. Bernardino
da Feltre, in Studi Francescani,
61 (1964) pp. 212-261.

L’A. ha scoperto i due sermoni nel
ms. 1027 della Universitaria di Pa-
dova. Esso .contiene anche una Que-
stio in materia belli di Angelo da
Perugia (cc. 395v-404v).

CENCI. CESARE, O.F.M., Un mano-
scritto autografo di San Bernar-
dino a Budapest, in Studi Fran-
cescani, 61 (1964), pp. 326-381.

È il codice T della biblioteca del
santo senese, composta in gran parte
da opere di predicazione. Il ms. è
di grande importanza perchè pre-
senta il grado di elaborazione del
materiale oratorio bernardiniano nel
periodo 1420-1425, durante il quale
si svolsero le predicazioni di Padova,
Firenze, Siena, Assisi e Perugia. L’A.
in questa accurata descrizione ricorda
più volte la predicazione perugina
del 1425, accennando a qualche argo-
mento trattato. A proposito del va-
lore del denaro, si nota un « exem-
plum » tratto dal comportamento
del signore di Foligno con i soldati
di ventura.

BrENGIO Lopovico, O.F.M., L’Osser-
vanza Francescana in Italia nel
sec. XIV, Roma 1963, in Studi
Francescani 61 (1964), pp. 516-7.

L. Pellegrini O.F.M., recensendo il
volume, accenna ai riformatori fran-
cescani umbri come fra Giovanni del-
la valle, Gentile da Spoleto e Pao-
luccio Trinci, oggetto di particolare
studio da parte dell’A., e considerati
quali più validi animatori del movi-
mento.

UGoLINO NICOLINI

Escursione nei mistici luoghi del
reatino, in Rassegna del Lazio,
XI, n. 1-3, gennaio-marzo 1964,
pp. 95-97.

È una «escursione » che tocca i
santuari francescani e i luoghi dove
246 SEGNALAZIONI

il Santo di Assisi dettò nel 1223 la
Regola dell'Ordine: Fonte Colom-
baio, Greccio, Poggio Bustone.

M. CATERINA CRISPOLTI

ABATE QGIUSEPPE O.F.M. Conv., Un
sermone sulle cinque piaghe di Ge-
sù attribuito a San Bonaventura,
Estratto da Miscellanea Melchor De
Pobladura, vol. I, Roma, 1964,
p. 151- 171. Romae, Institutum
Historicum O.F.M. Cap., Via Bon-
compagni 71.

L'A. pubblica un interessante ser-
mone inedito, Infer digitum, che uno
dei quattro codici che lo contengono
attribuisce a San Bonaventura ; attri-
buzione da ritenersi — secondo l'A, —
verosimilmente esatta, ma, in man-
canza di altre testimonianze valide,
non ancora criticamente certa.

PAOLA PIMPINELLI

ASCANI ANGELO, Trilogia Francesca-
na, Città di Castello, Ist. Profess.
di Stato, 1964, pp. 112, tavv. 16.

Proseguendo nel suo programma
di illustrare i monumentali edifici di
Città di Castello l'A. fa la storia di
una splendida chiesa, la Chiesa di
S. Francesco e «per non rompere
larmonia dei tre rami» della fa-
miglia francescana illustra anche sug-
gestivi romitaggi e conventi quali
Montecasale, Buonriposo e S. An-
giolino.

MARIO PERICOLI

NAPOLI GIOVANNA, La spiritualità
della B. Battista da Varano, in
Miscellanea Francescana, 64 (1964),
pp. 38-102.

BIBLIOGRAFICHE

Descrivendo l'ambiente francescano
del ducato di Camerino, l’A. ricorda
Battista da Montefeltro (1384-1448),
sposa di Galeazzo Malatesta signore
di Pesaro, la quale si fece clarissa
a Foligno nel monastero di S. Lucia,
seguita dalla figlia Elisabetta e dalla
nipote Primavera. Di Elisabetta si
afferma erroneamente che a Perugia
fondò nel 1449 il monastero di Mon-
teluce. Tra le grandi figure di fran-
cescani che hanno preceduto la beata
Battista nell'amore alla Passione di
Cristo, si notano Iacopone da Todi
e la beata Angela da Foligno.

CANONICI Luciano, O.F.M., La Por-
ziuncola e gli inizi dell'Ordine fran-
cescano. Ricerche storiche. S. Maria
degli Angeli, Assisi, 1963.

Rec.: D. Cresi, in Studi France-
scani, 61 (1964), pp. 515-6.

Si fa notare che — a parte qualche
riserva sulla cronologia di San Fran-
cesco — il lavoro è un serio contri-
buto e corregge vari errori ancora
troppo diffusi.

PIANA CELESTINO, O.F.M., Promo-
zioni di religiosi francescani agli Or-
dini sacri a Bologna (an. 1349-
1508), in Archivum Franciscanum
Historicum, 57 (1964), pp. 3-89.

Si nota, tra l’altro, la bolla di Boni-
facio IX, in data 23 marzo 1403, che
autorizza Giovanni da Stroncone,
vicario degli Osservanti dell’Umbria
e della Toscana, a ricevere per la sua
riforma l'eremo di S. Paolo in Monte.
Sono ricordati, inoltre, i seguenti
francescani: Antonio da Leonessa e
Bartolomeo da Terni promossi al
diaconato nel 1371; Francesco da
Todi al presbiterato nel medesimo
^-

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 24/7

anno ; Corradino d’Assisi al diaconato
nel 1372 e Andrea, pure d’Assisi, al
presbiterato nel 1380; nel 1450
Giovanni Marcolini da Fano, vescovo
di Nocera e sul quale in questo studio
si leggono varie notizie, promuove al
diaconato Cosino da Spoleto; nel
1502 riceve la tonsura e gli Ordini
minori Francesco da Spoleto.

CEeNCI CESARE, O.F.M., Bonifacio
Lupi di Soragna e i Frati Minori,
in Archivum Franciscanum Histo-
ricum, 57 (1964), pp. 90-109.

Ricorrono notizie su vari france-
scani umbri o in rapporto all'Umbria,
come Angelo da Cascia (o da Spoleto)
ministro generale dell'obbedienza avi-
gnonese, eletto a Napoli nel 1379;
Pietro Maggiore da Venezia, già in-
caricato di leggere le «Sentenze »
a Perugia, il 24 agosto 1376 da Gre-
gorio XI viene trasferito a Padova ;
nel medesimo anno sono presenti a
Padova Biagio da Perugia e Fran-
cesco da Gubbio; lo stesso (o un
altro ?) é lettore a Volterra nel 1394,
mentre nel 1378 figura come lettore
in Assisi fra Giacomo da Verona.
Al capitolo generale di Padova, nel
1384, sono presenti Guglielmo «de
Ast », ministro della provincia umbra
e Angelo «ser Petri» da Perugia,
ministro della provincia milanese.
Un certo « Bertholinus» (o Barto-
lomeo ?) da Brescia figura come
lettore in Assisi nel 1384.

ScHMITT CLÉMENT, O.F.M., Manu-
scrits de la « Franciscan Library »
de Killiney, in Archivum Franci-
scanum Historicum, 57 (1964), pa-
gine 165-90.

Si tratta della biblioteca dell’Isti-
tuto storico-gaelico di Killiney, pres-
so Dublino, la quale conserva molti

codici appartenuti a vari conventi
della provincia minoritica irlandese.
Il ms. B 3 contiene le opere del bolo-
gnese Osservante Francesco Piazza
(« de Platea »), vissuto nel sec. XV.
Tra i manoscritti che conservano il
suo Tractatus Restitutionum, come
quello H. VI. 46 della Biblioteca
Nazionale di Torino e quello 128
della Bodleiana di Oxford, si può
ricordare anche il cod. F. 66 della
Comunale di Perugia (cc. 263r-298v),
che però nell’« Inventario » di A.
Bellucci non registra la presenza di
tale trattato.

FRANCESCADORE ERMENEGILDO, 0.
F.M. - Ooms HerRwIG, 0.F.M.,
Bibliografia delle Bibliografie Fran-
cescane, in Archivum Francisca-
num Historicum, 57 (1964), pp. 273-
87; 311-66; 433-528; 58 (1965),
pp. 89-136 ; 417-536.

Per quanto riguarda gli studi e
l'Ordine dei Minori in Umbria, tra la
ricchissima serie di dati offerta da
questa compilazione, si nota l’isti-
tuzione della facoltà teologica nella
Università di Perugia nel 1371. I
frati Minori, per impedire l’ecces-
sivo numero di maestri, nel capitolo
generale di Tolosa del 1373, proibi-
rono ai loro studenti di accedere alle
facoltà teologiche italiane di re-
cente erezione. Il capitolo di- Forlì
del 1421 tolse il divieto, permettendo
ai francescani italiani di frequentare
i corsi teologici nelle Università di
Roma, Bologna, Padova e Perugia.
Nel 1437 Perugia è tra i 16 Studi
generali dell’Ordine che potevano
conferire i gradi accademici. Tra
i cataloghi delle biblioteche sono da
segnalarsi, dei più antichi, quello
di S. Fortunato di Todi del 1334,
di S. Francesco di Gubbio del 1360,
del Sacro Convento di Assisi del
1381. Dei cataloghi di scrittori sono
ricordati la Bibliotheca Umbriae del-
lo Iacobilli e l'Atheneum Augustum
dell’Oldoini per il sec. XVII, Gli
scrittori cappuccini della provincia
serafica di Francesco da Vicenza,
dei Cappuccini, per il sec. XX. Nel
1930 iniziava l’attività in Assisi lo
Istituto Storico dei Cappuccini, più
tardi trasferito a Roma. Tra le bi-
bliografie personali, è ricordata, a
mo’ d'esempio, quella di V. Soncini
su Iacopone da Todi. Nell'elenco delle
riviste figura come «la piü antica
rivista francescana a carattere scien-
rifico e internazionale » Miscellanea
Francescana, fondata a Foligno da
M. Faloci Pulignani nel 1886, tra-
sferita poi in Assisi e piü tardi a
Roma. Nel 1931 iniziava in Assisi,
con periodicità trimestrale, la rivista
Collectanea Franciscana, anch’essa
passata poi a Roma. Pur in Assisi eb-
bero inizio L'Oriente Serafico (non
ricordata nell'elenco perché non piü
in vita) e Frate Francesco. In ultimo,
tra i « Repertori particolari » i com-
pilatori della Bibliografia elencano
le opere seguenti : Aloysius a Pede-
lama, O.F.M., Provinciae Scriptores,
in Parva chronica Provinciae Sera-
phicae Reformatae, Quaracchi, 1885
(n. 107) ; Antonio da Orvieto, O.F.M.,
Degli uomini illustri. .., in Crono-
logia della Provincia Serafica Rifor-
mata dell’ Umbria o d' Assisi, Perugia,
1717 (n. 108); Bazzocchini Ben-
venuto, O.F.M., Scrittori di Pro-
vincia, in Cronaca della Provincia
Serafica di S. Chiara d'Assisi, Fi-
renze, 1921 (n. 112) ; Savelli, A., No-
tizie di alcuni scrittori francescani
dell' Umbria, in Miscellanea Fran-
cescana, 3 (1888), pp. 47-58 (n. 146);
Scrittori [della Provincia Serafica di
S. Chiara d'Assisi], in Ordine dei
Frati Minori. Provincia Serafica di
S. Chiara d' Assisi. Sintesi storica. As-

248 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

sisi, 1946 (n. 148). Per l’Ordine dei
Minori Conventuali in particolare, si
nota il «Collegio » di Assisi eretto
nel 1628 e corrispondente allo « Stu-
dium Generale » del Medio Evo. Tra
gli Inventari di incunaboli è riferito
quello della biblioteca del Sacro
Convento di Assisi (ora Comunale),
redatto recentemente da G. Zaccaria,
O.F.M., Conv.

CENCI CESARE, O.F.M,, Silloge di
documenti francescani trascritti dal
P. Riccardo Pratesi Q.F.M.;.in
Studi Francescani, 62 (1965),
pp. 364-419.

La scomparsa inopinata dello stu-
dioso P. Pratesi, avvenuta nel marzo
del 1963, ha suggerito questo omaggio
alla memoria del ricercatore. Questa
prima puntata comprende 41 docu-
menti, provenienti da archivi toscani
e prevalentemente dall'Archivio di
Stato di Firenze. Si notano molte
notizie che riguardano l'Umbria fran-
cescana, come un testamento rogato
a Pisa nel 1278, con cui Severino
di Giacomo da Firenze lascia 10 lire
al convento di S. Francesco in
Assisi e 5 a quello della Porziuncola ;
una lettera del cardinale Matteo
d'Acquasparta, datata Orvieto 23
agosto 1297, a Gozio da Orvieto,
cappellano del papa, perchè assolva
i Nepesini dalla scomunica, senza
intralciare l’opera di fra Angelo da
Rieti, inquisitore nella provincia ro-
mana e in quella di S. Francesco ;
un’altra lettera dello stesso cardi-
nale, datata Firenze 2 agosto 1300, è
indirizzata al guardiano di S. France-
sco di Borgo S. Sepolero ; uno stru-
mento di condanna del terziario fra
Bartolomeo da Cafaggiolo di Firenze
è esemplato da Guglielmo da Todi,
giudice e collaterale di Raniero di
Zaccaria da Orvieto, vicario ducale
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE «SRZA9

di Firenze, in data 29 novembre
1326 ; in un atto del capitolo conven-
tuale di S. Croce, il 14 gennaio 1353,
sono presenti, tra gli altri, fra Pietro
d’Assisi, bacelliere, fra Antonio di
Giovagnolo da Gubbio, fra Andrea
da ‘Norcia insieme a fra Salvuccio
e fra Stefano da Terni ; in un altro
atto notarile del 30 aprile 1362 è
presente fra Giovanni di Pietro da
Gualdo ; 1°11 settembre 1395 la signo-
ria fiorentina protesta presso il Mi-
nistro generale per aver mandato a
Rimini fra Nicolò da Perugia già
destinato dal papa a Firenze; (fra
Nicoló, maestro in teologia, aveva
predicato a Firenze per due qua-
resime consecutive, suscitando un
grande entusiasmo e per trattenerlo
in città i Fiorentini si erano rivolti
anche al cardinale Bartolomeo
Uliari) ; fra Giovanni Bertoli da Ser-
ravalle il 30 novembre 1402 è eletto
professore a Firenze, dopo aver
insegnato e predicato a Perugia ;
in data 1 febbraio 1422 è presente
a S. Croce un fra Paolo di Nicolò
da Orvieto.

CnESI DoMENIcO, O.F.M., Lettere del
P. Agostino da Stroncone al P.
Antonio da Terrinca, in Studi
Franciscani, 62 (1965), pp. 419-33.

Agostino da Stoncone (1631-1685)
è il noto autore di Umbria Serafica,
pubblicata a puntate nelle prime
annate di « Miscellanea Francescana »;
Antonio da Terrinca (1626-1701)
scrisse, a richiesta dei continuatori
degli Annales Minorum del Wadding,
una Historia chronologica della pro-
vincia minoritica toscana. Le quattro
lettere pubblicate illustrano con qual-
che nuova notizia alcuni conventi
della provincia umbra situati nei
pressi o dentro i confini della To-
scana.

CLAsEN SoPHRONIUS, O.F.M., «El
Floreto de Sant Francisco ». Col-
lectionis hispanicae de S. Francisco
eiusque sociis notitiarum analysis,
in'Collectanea Franciscana, 35 (1965)
pp. 249-86.

La collezione presa in esame è quel-
la contenuta nellincunabolo stam-
pato a Siviglia (Hispali) nel 1492,
di cui esistono due soli esemplari.
Secondo l’A. il compilatore della sil-
loge potrebbe essere Francesco Jime-
nez de Cisneros, il Francescano creato
cardinale da Giulio II nel 1507.

BLaAasuccI ANTONIO, O.F.M. Conv.,
Il mondo interiore di S. Veronica
Giuliani, O.S.Cl. (1660-1727), in
Miscellanea Francescana, 65 (1965),
pp. 125-41.

Secondo l’A. esiste una forte affi-
nità tra la Santa di Città di Castello
e la beata Angela da Foligno.

UGoLINO NICOLINI

SACCHETTI SASSETTI ANGELO, No-
vissimi documenti sul Convento di
S. Maria della Foresta, Rieti, F.lli
Faraoni, 1965, pp. 12.

Pubblicando alcuni documenti ine-
diti, l'A. riassume la storia di S. Ma-
ria della Foresta, e conclude che dal
sec. XVI è falsamente attribuita a
tale Convento la tradizione france-
scana che era invece legata a San
Fabiano.

PAOLA PIMPINELLI

Fiori GriAcoMo, O.F.M., Il Colom-
baio, convento di noviziato di S.
Bernardino, in Studi Francescani,
62 (1965), pp. 158-192.
250 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Il Colombaio si trova sul fianco
meridionale del Monte Amiata. Tra
le figure di rilievo nella storia della
primitiva Osservanza, che dettero
lustro al Colombaio, è ricordato
Onofrio da Seggiano (poco distante
dal convento), maestro di vita spi-
rituale a san Giovanni da Capistrano
durante il periodo della sua forma-
zione francescana a Monteripido in
Perugia.

CAMBELL JAcQuES, O.F.M., Glanes
franciscaines : I) La première Com-
pilation de Barcelone, in Archivio
Ibero Americano, 23 (1963), pp.
65-91; II) La seconde Compila-
tion de Barcelone, in Archivo Ibero
Americano, 25 (1965), pp. 223-98.
Rec.: L. Di Fonzo, in Miscella-
nea Francescana, 65 (1965), pp.
435-38.

Si elogia la profonda conoscenza
dell'A. nel campo delle fonti france-
scane, manifestata in modo partico-
lare qualche anno fa con il magistrale
studio critico sugli «Scritti » di San
Francesco.

BRADY IGNATIUS, O.F.M., The « De-
claratio seu Retractatio » of William
of Vaurouillon, in Archivum Fran-
ciscanum . Historicum, 58 (1965),
pp. 394-416.

La « Retractatio » che l'A. pubblica
manca nelle edizioni del Commentario
alle Sentenze di Guglielmo da Vau-
rouillon (m. 1463). Nella editio prin-
ceps di Lione (1489) lo scolastico
francescano ricorda il suo maestro
Luca d'Assisi, del quale tuttavia
non si hanno altre notizie.

SCHNEYER JOHANN-BAPTIST, Eine
Sermonesreihe des Mgr. Alexander

von Hales in der Hs. Pavias Univ.
Aldini 479 f. 128ra-180vb, in Archi-
vum Franciscanum Historicum, 58
(1965), pp. 537-51.

L'A. cita anche il « Quadragesi-
male» contenuto nel ms. 510 della
Comunale di Assisi.

BASTIANINI IOANNES M., O.F.M.
Conv., Brevis conspectus Seraphicae
Provinciae Umbriae S.P.N. .Fran-
cisci Ordinis Fratrum Minorum
Conventualium, Perusiae, 1964, in
Archivum . Franciscanum Histori-
cum, 58 (1965), p. 569.

Nella segnalazione bibliografica si
accenna all'utilità della pubblicazione,
nella quale é notevole specialmente
la tavola del capitolo provinciale di
Bettona del 1431.

FIORINI BONAVENTURA, O.F.M.
Conv., I Frati Minori Conventuali
a Malta (c. 1370-1965), in Miscel-
lanea Francescana, 65 (1965), pp.
305-48.

Tra i religiosi che dimorarono a
Malta si notano : Carlo Marini (1667-
1747) che studió e poi ricopri vari
uffici a Perugia e in Assisi; Fran-
cesco Sammut (1703-1791), lettore a
S. Simone di Spoleto nel 1745;
Arcangelo Falzon (1744-1798), mae-
stro dei novizi in Assisi; Giuseppe
Ferroni da Foligno (1765-1830) ; Gio-
vanni Antonio Bonelli (1819-1882),
lettore in Assisi. Tra i missionari
apostolici é ricordato Vincenzo Gatt
(1752-1812), che studió in Assisi.

UcoLINO NICOLINI

La vita di frate Ginepro, a cura di
Gionaro PETROCCHI, per la Com-
missione per i testi di lingua, Bolo-

x sami.
[97 dp 4 4 NAM resp

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 5:251

gna. Rec. di Antonio Piromalli in
«Nuova Antologia», anno cente-
simo, fasc. 1970, febbraio 1965,
pp. 240-41.

M. C. OTTAVIANI

Costumi e tradizioni locali

ALCINI CLARA, Magia e stregoneria in
provincia di Terni, in «Lares»,
vol 27,.1961, pp.. 165-175.

Espone il risultato di ricerche per-
sonali e di confidenze avute nell'am-
biente dei «praticoni ». Molte super-
stizioni sono forme aberranti dei piü
noti riti religiosi.

MARIO PERICOLI

ANGELONI U. J., Una ballata per l’an-
tica patria, in L' Eugubino, XV, n. 4,
5, 15 maggio 1964, p. 3.

La ballata del fazzoletto, il canto
tramandato dalle schiere dei ceraioli.

M. CATERINA CRISPOLTI

Biografia

D’AMmANDO FiLIPPo, C. P., Luce da
luce. Servo di Dio p. Norberto di
s. Maria, sacerdote passionista, di-
rettore spirituale di san Gabriele del-
l'Addolorata, Isola del Gran Sasso,
Eco di S. Gabriele dell’Addolorata,
1961, 104 p., in 169.

Interessano le notizie su San Ga-
briele dell'Addolorata, (al secolo Fran-
cesco Possenti n. in Assisi il 1 marzo
1838 e m. ad Isola del Gran Sasso il
27 febbraio 1862).

GASPARRINI ENRICO, C. P., Parti-
colari sulla vita studentesca di S.
Gabriele a Spoleto (1851-1853), in
«La stella », maggio-ottobre 1962.
(complessive pp. 16).

In base a ricerche fatte nella Bi-
blioteca Comunale di Spoleto, l’a.
illustra e commenta dati interessanti
e inediti sugli studi del santo nelle
scuole dei Gesuiti in detta città e in
quelle dei Fratelli delle Scuole Cri-
stiane.

Ravasi LapisLao, C. P., Il servo di
Dio mons. Tommaso Struzzieri pas-
sionista, vescovo di Amelia e di Todi,
autore dell'ufficio liturgico della com-
memorazione solenne della passione
dL NC S. GG, ini«bEontitvive s»
1962, pp. 299-306.

Lo Struzzieri fu anche visitatore
aspostolico in Corsica. L'articolo pre-
sente, frutto di vaste e diligenti ri-
cerche d’archivio, è preludio alla
prossima pubblicazione della biogra-
fia del servo di Dio, ricca d'inediti.

GiLLA GREMIGNI VINCENZO, Alfonso
Maria de Sanctis, vescovo di Todi,
Assisi, Tip. Porziuncola, 1963, pp.
160; 8 tav... t.

Biografia arricchita di ricordi per-
sonali di questo vescovo di Todi
(f 1959), che svolse anche un'attività
sul piano nazionale.

DuFNER GIorcIo O.S.B., Antonio Bet-
tini, Jesuat und Bischof von Fo-
ligno, in «Rivista di Storia della
Chiesa in Italia» XVIII, 1964,
n. 3 sett.-dicembre, pp. 399-428.

Interessante scorcio biografico del
vescovo folignate (1451-1484) ricco
TIERRA

252 SEGNALAZIONI

di documenti inediti. È messa in evi-
denza la sua opera letteraria ; conclude
il lavoro la pubblicazione del suo te-
stamento (1 gennaio 1480).

MARIO PERICOLI

BiconI P. GriAcoMmo, Una movimentata
predica di S. Giacomo della Marca
a Gubbio, in L' Eugubino, XV, n. 4-5,
15 maggio 1964, p. 4.

Rievoca un episodio della vita di
S. Giacomo, tramandatoci da fra’ Ve-
nanzio da Fabriano e tratta dei due
codici che contengono la narrazione.

M. C. CRISPOLTI

BRIGNOLI ANDREINA, P. Girolamo da
Pistoia; O:F:M. "Gap. (T. 1570).
Saggio bio-bibliografico, in Collecta-
nea Franciscana, 35 (1965), pp. 393-
412.

Nel 1562 il vicario generale del-
l’Ordine dei Cappuccini, fra Tom-
maso da Città di Castello, fece par-
tecipare questo grande predicatore
e teologo al Concilio di Trento.

UGoLINO NICOLINI

Ubaldo Degli Azzi Vitelleschi peru-
gino, Perugia (S. Maria degli An-
geli, Tipografia Porziuncola), 1966,
pp. 80, I tav. f. t.

L’amore coniugale e il culto delle
memorie familiari hanno dato vita a
questo opuscolo, cui è affidato il
ricordo più vivo del gentiluomo e
pubblicista perugino, socio diligen-
tissimo di questa Deputazione.

Vi sono raccolti stralci dai suoi
scritti, il discorso commemorativo di
P. Giulio Mancini o.f.m. e quello del
Magnifico Rettore on. prof. Giuseppe
Ermini nella cerimonia che fu tenuta

BIBLIOGRAFICHE

nell’aula magna della Facoltà di
Lettere, testimonianze ricevute dagli
amici e dalla stampa.

Comez,
1966,

COMEZ ARMANDO, Giuseppe
Roma, Tipografia Castaldi,
pp. 47; ill.

Giuseppe Comez (17 maggio 1833-
15 aprile 1916) rappresentativo mem-
bro di una famiglia, originariamente
scozzese — dal cognome Commis
per successivi adattamenti divenuto
Comez — naturalizzata italiana è una
tipica figura dell'Ottocento todino.

Intelligente, probo, laborioso entra
nel novero di quegli esponenti della
borghesia italiana, aperta alle più
sane sollecitazioni a promuovere

quelle iniziative mercantili intese a
produrre un’era di progresso econo-
mico e civile nell’incerta fase, piena
di incognite, di avviamento del nuovo
stato unitario. Figlio di un piccolo
industriale e titolare egli stesso di
una modesta azienda di tessitura, fu
il promotore, l'animatore e il prin-
cipale dirigente della Banca Popolare
Cooperativa di Todi, costituita nel
1882 con un capitale di L. 22.500
rappresentato da 300 azioni del
valore nominale di 75 lire. I1 modesto
istituto di credito popolare, non
senza aver superato fasi di incertezza
e di crisi, venne progressivamente
ampliando il suo campo operativo
sino ad assumere la fisonomia e la
funzione di normale istituto ban-
cario, concretate in certo modo con
la sede appositamente costruita nella
mirabile piazza della città.

Una rievocazione sobria, precisa,
affettuosa senza smancerie di questa
nobile figura di uomo e di cittadino
ha composto il nipote Armando
Comez, affidandola a questo nitido,
elegante opuscolo fuori commercio.

GIOVANNI CECCHINI

ORARI N
SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 253

Varie

Nessi Silvestro, Inventario dei co-
dici e delle pergamene esistenti nel
ven. monastero di S. Chiara a Mon-
tefalco, in « Archivi, Archivi d’Italia
e Rassegna internazionale degli ar-
chivi », serie II, vol. XXVIII, 1961,
pp. 232-251.

L’archivio di questo monastero, ri-
masto finora sconosciuto, contiene otto
manoscritti e 251 pergamene impor-
tanti per la storia della santa.

MARIO PERICOLI

MONTESPERELLI AVERARDO, Viaggio
in Umbria. Perugia, Edizioni Guer-
ra, 1963, pp. 198, 20 tavv. t. t.

Le componenti fondamentali di
questa. interpretazione spirituale, eti-
ca, etnica, storica e artistica del-
l'Umbria in tutta la sua concretezza
e la sua essenza sono uno sconfinato,
quasi spasmodico amore per essa e
una piena, minuta conoscenza di
tutti gli elementi e i dati che la
compongono.

Tutto ciò che può contribuire
alla configurazione palpitante di vi-
tale efficacia è qui raccolto con una
cura ostinata, con una vigile atten-
zione e una tensione spirituale che
conferiscono un singolare carattere
alla serrata, compatta esposizione
narrativa : dalla notazione psicologica
alla valutazione estetica, dal dato
storico al colorito aneddoto.

Il testo è intercalato da una serie
di bellissime fotografie originali scat-
tate dall’A., che visivamente con-
fermano e compendiano le notazioni
verbali racchiuse nelle rispettive pa-

gine. Completano il volume, accura-
tamente stampato, venti tavole fuori
testo riproducenti opere pittoriche
di maestri umbri. Salvatore Vali-
tutti ha premesso al volume una
breve ma densissima di meditato
pensiero Presentazione perfettamente
intonata al clima dell’opera.

SCUOLA STATALE DI AVVIAMENTO COM-
MERCIALE GIÀ TECNICA E COMPLE-
MENTARE « Sebastiano Purgotti » - Pe-
rugia, /° Centenario 1861-1961, Fi-
renze, Stab. Tipografico Francolini,
15 aprile 1964.

Prezioso volume dedicato alla do-
cumentazione dello sviluppo assunto
e dell’operosità svolta a favore della
diffusione dell’istruzione tecnica in
Perugia da parte di un benemerito
Istituto, la vecchia Scuola Tecnica
agli Scalzi, poi Scuola Complemen-
tare e Scuola di Avviamento Commer-
ciale. In brevi e succosi articoli è
documentata tutta la vita dell’Isti-
tuto nei suoi molteplici aspetti sino
alla solenne cerimonia che si è svolta
nella sua sede per celebrarne il cen-
tenario, il 18 novembre 1962. Il vo-
lume curato con amorevole impegno
dalla esimia Segretaria della Scuola
prof. Jole Fettucciari è arricchito da
numerose litografie fuori testo di Zena
Checchi Fettucciari.

GIOVANNI CECCHINI

Ricordando Righetto, in «La Stella »,
vol. XV, 1964, pp. 243-248.

Le notizie sono derivate dai pro-
cessi canonici diocesani sulle appari-
zioni della Madonna a Federico Cion-
chi (1857-1923) di appena cinque
anni ; sono riferite anche testimonianze
dirette. In seguito ai fatti prodigiosi

‘ sorse il santuario detto oggi Madonna

della Stella (presso Montefalco).

GnoLFo G., La Madonna della Stella
nel pensiero di Don Bosco, in « La
Stella» vol. XV, 1964, pp. 271-
274.

Secondo l’a. è probabile che Don
Bosco abbia visitato il santuario della
Madonna della Stella (presso Mon-
tefalco).

MARIO PERICOLI

Manifestazioni della Sala di Cultura
di San Damiano in Assisi (anni
1963-1964), in Studi Francescani,
61 (1964), pp. 267-71; 62 (1965),
Pp. 205-9.

Per la malattia del compianto
fondatore e animatore della « Sala »,
P. Antonio Giorgi (morto il 28 gen-
naio 1965), nel 1963 non si sono
potute svolgere più di 6 conferenze.
Di queste e delle altre. 8 del 1964,
tenute da illustri oratori, è dato
il sunto, che mostra la vastità
d’interessi culturali nel promotore
di questa attività.

UGoLINO NICOLINI

LickEo SCIENTIFICO STATALE «G.
MARCONI », FoLiGNo, Annuario
dalla istituzione all’anno scolastico
1964-65, S. Maria degli Angeli,
Assisi, Tip. Porziuncola, 1965.

Pubblicazione del Liceo Scientifico

Statale di Foligno in occasione del
25° anniversario della fondazione,
patrocinata da vari enti locali, nella
quale sono rievocate le vicende più
importanti dell’Istituto e alcune fi-
gure di docenti dei quali segue l’elen-

254 SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

co completo, ripartito per anni scola-
stici, insieme con quello degli alunni.

Completano la pubblicazione, ab-
bellita da riproduzioni di saggi di
disegno, alcune poesie e monografie
di docenti su argomenti vari.

MARIO MELELLI

CRrESI DomENIcO, O.F.M., Un mes-
sale manoscritto detto di S. Bernar-
dino, in Archivum Franciscanum
Historicum, 58 (1965), pp. 139-34.

I] messale, già appartenuto al
convento dell'Osservanza di Siena,
oggi si conserva nel convento di Giac-
cherino (Pistoia), segnato come co-
dice 17. Il calendario registra al 5
luglio la festa di S. Mustiola, patrona
di Chiusi, e al 1 marzo S. Ercolano,
patrono di Perugia.

Ventennio della Sala Francescana di
Cultura di S. Damiano (Assisi),
in Studi Francescani, 62 (1965),
p. 445.

La «Sala» fu fondata il 16 set-
tembre 1945. Ha pubblicato vari
volumi, quale frutto delle confe-
renze svolte quasi mensilmente in
29 anni. Dal settembre 1965 ha
preso il nome del suo fondatore P.
Antonio Giorgi.

UcoLrNO NICOLINI

STtoRELLI ENZO, Voci segrete. Gubbio,
Tipografia « Oderisi » Editrice, 1965,
pp. XI:56, I:tav. ft,

Raccolta di composizioni poeti-
che, per la maggior parte ispirate da
paesaggi e vicende della terra natale
dell’A., Gualdo Tadino.

Prefazione di Mario Solinas.

PAOLA PIMPINELLI
SEGNALAZIONI

BARBADORO BERNARDINO, Inventario-
regesto delle carte Connestabile della
Staffa a cura di B. B. Perugia, Uni-
versità degli Studi, 1966, pp. 145.

L’Università degli Studi di Pe-
rugia nel 1965 acquistò dal conte
ing. Alessio Conestabile della Staffa
l’archivio della famiglia. Ne viene ora
pubblicato l’inventario-regesto, che

BIBLIOGRAFICHE 255

fu compilato nel 1914 dal prof. Ber-
nardino Barbadoro. L’archivio tem-
poralmente spazia dal 1327 al 1843.
Ha curato la stampa dell’inventario-
regesto, corredandolo di utili indici
cronologico e dei nomi, il Direttore
della Biblioteca Centrale dell’Uni-
versità dott. Lodovico Scaramucci.

GIOVANNI CECCHINI
unc i A

SUCRE ZA E ES
Necrologi

CELSO RANIERI
GENERALE DI SQUADRA AEREA

Celso RANIERI aveva certamente innato il senso del volo ed una
spiccata disposizione per la vita militare.

Nato a Perugia il 21 novembre 1900, a poco più di diciassette
anni aveva già indossato l’uniforme grigio-verde di allievo ufficiale
pilota, nei giorni in cui l'Esercito Italiano, dopo l’infausto episodio
di Caporetto, era schierato a difesa sulle rive del Piave e l’Italia era
sotto l’incubo dell’invasione austriaca.

La sua giovanissima età e l’entusiasmo per l’aviazione, ancora
nel suo periodo eroico, danno evidenza dei suoi nobili sentimenti
verso la Patria e dell’amore per il rischio e l’avventura.

Il destino fu con lui a volte benigno ed altre avverso, ma nessun
ostacolo fu di impedimento alla sua indomabile volontà di riuscire.

Gli fu benigno all’inzio della carriera nel dargli quale suo di-
retto superiore e maestro di etica militare, un uomo di grande cul-
tura e di grande cuore — il Maggiore Lorpi — che più tardi, nel grado
di Generale, morì eroicamente, vittima della rappresaglia nazista.

Il Maggiore Lordi, che sapeva giudicare gli uomini, aveva Ra-
nieri in grande stima ed apertamente lo riteneva il migliore ufficiale
della sua unità aerea.

Nel novembre del 1927, sull'Aeroporto di Cinisello (Milano),
al cospetto di centomila spettatori, Ranieri partecipó, con altri otto
volontari, al lancio con paracadute, per dimostrarne l'utilità come
mezzo di salvataggio. A quell'epoca il paracadute non era stato adot-
tato e gli aviatori lo consideravano ancora con grande diffidenza,
perció l'episodio fu una dimostrazione di non comune coraggio, di
grande slancio e alto senso di solidarietà umana dei nove aviatori
che si prestarono ad effettuare l'ardito esperimento.

Nel 1933 partecipó alla Crociera Atlantica quale comandante
di uno dei 24 velivoli della formazione aerea che, guidata dal Mare-

‘ sciallo Italo Balbo nella doppia traversata dell'Atlantico settentrio-

nale, rimase una delle più memorabili imprese dell’Aviazione nel

17

‘nude as

— RR i LL

258 NECROLOGI

mondo. Sulla via del ritorno, quando il volo stava per concludersi,
un grave incidente che per poco non gli costò la vita, lo privò della
gioia delle festose accoglienze di Roma, ma non riuscì a scuotere la
grande fiducia in se stesso e nel mezzo aereo, fiducia che, anzi, sembrò
uscirne fortificata, a giudicare dalla sua successiva attività di volo,
spesso animata anche da audaci acrobazie.

Il Maresciallo Badoglio, che lo ebbe pilota durante alcuni voli
di collegamento, ne apprezzò molto le qualità professionali e di carat-
tere, tanto che lo volle come Aiutante di Volo ed istruttore di pilotag-
gio di suo figlio. Ranieri gli fu vicino durante la guerra etiopica e nei
difficili giorni successivi al luglio 1943, sino alla fine del conflitto.

Egli partecipò alla guerra etiopica, a quella di Spagna, ed al-
l’ultima grande guerra, distinguendosi sempre come combattente
valoroso ed abile comandante di reparti aerei.

Nel 1942 fu allo Stato Maggiore dell'Aeronautica, ove ebbe
incarichi di rilievo nella pianificazione di operazioni aeree nel Me-
diterraneo.

Alla fine della guerra, le conseguenze dei numerosi incidenti
subiti, l’attività di volo svolta, le numerose missioni di guerra com-
piute sotto le più diverse latitudini e, più ancora, l'amarezza di
essere stato spettatore ed attore della più tragica vicenda del Paese,
avevano inciso profondamente sul suo fisico, costringendolo ad
un lungo periodo di forzato riposo.

Ma nel 1953, con il grado di Generale di Divisione Aerea, venne
chiamato alla direzione della Rivista Aeronautica, incarico che man-
tenne ininterrottamente per 13 anni, sino alla sua dipartita.

In questa nuova attività, del tutto diversa da quella dei suoi
precedenti incarichi, egli ottenne molti successi e lusinghieri ricono-
scimenti, sia da autorità italiane che straniere, ma a prezzo di non
pochi sacrifici ed anche di amarezze.

Dalle pagine della Rivista Aeronautica Ranieri amava rivolgersi
sopratutto ai giovani, ai quali egli, attingendo ai suoi sentimenti
ed alla esperienza del suo passato cosi ricco di azione, sapeva di avere
molto da dire.

Per questo egli amava la Rivista Aeronautica come una sua
creatura e ad essa dedicava tutto il suo tempo, sottraendone anche
gran parte all'indispensabile riposo.

Ma nel suo intimo egli era felice, perché il risultato del suo la-
voro era, sotto ogni riguardo, superiore ad ogni aspettativa : dal
valore della produzione intellettuale dei collaboratori, al numero

-—— o i

NECROLOGI 259

crescente degli abbonati italiani e stranieri, al bilancio finanziario
costantemente in attivo.

Malgrado i numerosi impegni connessi con le funzioni della sua
alta carica, egli contribuì con molti scritti a mantenere alto il livello
culturale della Rivista.

Il suo stile richiama alla memoria la bella prosa di altri tempi
e le sue meditate riflessioni pongono definitivamente in secondo
piano l’uomo d’azione di Cinisello, di Orbetello, delle tre guerre
combattute, per far emergere l’uomo di studio e di pensiero, così
che, nell’intero ciclo della sua carriera militare, la sua figura di sol-
dato appare straordinariamente equilibrata in una armoniosa sin-
tesi di azione e di pensiero.

Per un lungo periodo egli fu anche Presidente del Consiglio di
Amministrazione del Corriere Militare, un quindicinale illustrato
destinato ai militari delle tre Forze Armate, ove fu particolarmente
apprezzato per la sua capacità organizzativa di primissimo piano
e per la dedizione al dovere esemplare.

Sebbene egli avesse lasciato la sua città giovanissimo, senti
sempre forte il richiamo della sua terra Umbra ed il suo grande cuore
conservò saldissimi i vincoli delle giovanili amicizie.

Fondò in Perugia l'Associazione Arma Aeronautica, vi consegnò
quale Segretario Generale del Gruppo Medaglie d'Oro di Roma, l'az-
zurro Labaro sul quale brillano due medaglie d'oro. Segui ed incre-
mentò l'attività dell’Aero Club di Perugia, promosse manifestazioni
aviatorie, tenne conferenze su temi di attualità aeronautica al fine
di mantenere vivo l’interesse dei suoi concittadini per i problemi
aeronautici che maggiormente potessero interessare, nel prossimo
futuro, le comunicazioni aeree della sua regione.

A riconoscimento del coraggio, della perizia e della instancabile
attività svolta sui campi di volo e di combattimento, egli fu decorato
di una medaglia d’oro ed una di bronzo al valore aeronautico, di due
medaglie d’argento al valor militare e gli fu attribuita una promo-
zione per merito di guerra.

Sulle sue carte personali, tutte invariabilmente eccellenti, figu-
rano sette encomi e numerosissimi elogi.

Fu insignito della onorificenza di Grande Ufficiale al merito
della Repubblica, di Cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro,
di Commendatore dell'Ordine Coloniale della Stella d'Italia e di due
onorificenze estere. ERCOLE SAVI

Generale S. A.
260 NECROLOGI

GENERALE S.A. CELSO RANIERI
Articoli e note pubblicati sulla « Rivista Aeronautica »

Prodigio di mezzo secolo, 1953, n. 11-12.

Sulle vie del progresso, 1954, n. 7.

Il Generale Giulio Douhet, 1955, n. 3-4.

L’Aeronautica è in continuo divenire, 1955, n. 5.

Sulla registrazione delle accelerazioni in volo, 1955, n. 5.

I «Quarti Congressi del Volo Verticale » di Palermo, 1956, n. 6.

Precisazione necessaria, 1957, n. 4.

Il dominio dell’aria significa vittoria, 1957, n. 1.

Lord Trenchard ed il Potere Aereo, 1957, n. 5.

Farnborough: grande rassegna dell'industria aeronautica inglese 28 set-
tembre 1957, 1957, n. 10.

Ricordo di Giovanni Caproni, 1957, n. 12.

« Vanguard » e « Explorer III», ulteriori tappe del progresso astronautico
americano, 1958, n. 5.

Situazioni e sviluppi delle alleanze nel mondo arabo, 1958, n. 5.

Giuramento e battesimo del corso «Sparviero 29» dell'Accademia Aero-
nautica, 1958, n. 6.

259 anniversario della Trasvolata italiana dell'Atlantico del nord, 1958, n. 7.

Manifestazioni aeree in Belgio e in Olanda, 1958, n. 8

La Và? rassegna internazionale elettronica e nucleare, 1958, n. 8

Nel 40° anniversario del.volo su Vienna, 1958, n. 9.

L'impresa del « Nautilus », 1958, n. 10.

4 Novembre 1918 - 4 novembre 1958, 1958, n. 11.

Il VI° Convegno internazionale delle comunicazioni, 1958, n. 11.

« URSS 1959 » pianeta artificiale, 1959, n. 2.

Celebrazioni colombiane 1959. Il VII° Congresso internazionale delle comu-
nicazioni, 1959, n. 11.

Inaugurato l'anno accademico 1959-60 dell'Accademia Aeronautica, 1960,
nidi

L’VIII° Convegno internazionale delle comunicazioni, 1960, n. 11.

Cerimonia ricordativa delle crociere Atlantiche nel trentennale della tra-
svolata in massa Italia-Brasile, 1960, n. 12.

Inaugurazione ufficiale dell’anno accademico alla Accademia Aeronautica,
1961..milk

Il messaggio del Presidente degli U.S.A. - gli aspetti militari, 1961, n. 3.

Intorno al mondo : rassegna internazionale, 1961, n. 6.

Centenario dell’unità d’Italia e delle Forze Armate, 1961, n. 7.

Intorno al mondo, 1961, n. 7.

Il IV? raduno nazionale degli aviatori a Torino, 1961, n. 8.



ap taa a

exa
NECROLOGI 261

Cinquantenario del primo volo di guerra dell’aeroplano - Gli italiani per la
prima volta al mondo impiegarono mezzi aerei in operazioni militari,
1061; n; 10;

Intorno al mondo, 1961, n. 11.

Celebrazioni colombiane 1961 - Genova 8-12 otobre, 1961, n. 11.

Intorno al mondo, 1962, n. 2.

Il Generale di Corpo d’Armata Riccardo Moizo, 1962, n. 4.

Roma-Chicago 1933 : Roma-Chicago 1962, 1962, n. 5.

Intorno al mondo, 1962, n. 5.

IVO congresso dell'U.S.P.L, 1962, n. 5.

Intorno al mondo, 1962, n. 8-9.

Intorno al mondo, 1962, n. 12.

Celebrato ad Orbetello il trentennale della crociera atlantica del nord, 1963,
n. 8-9.

Le freccie tricolori, 1963, n. 8-9.

Evoluzione del velivolo da caccia nell'A.M., 1963, n. 8-9.

Intorno al mondo, 1963, n. 12.

All'Università di Roma la scuola di Medicina Aeronautica-spaziale, 1964, n. 2,

Mirafiori e l'Aviazione torinese, 1964, n. 6.

Il Museo Storico Nazionale del volo, 1964, n. 7.

Inaugurazione del cippo ricordativo di Mirafiori, 1964, n. 7.

Inaugurazione di una stele in ricordo del Maresciallo d'Italia Pietro Ba-
doglio, 1964, n. 11.

Riapertura del Corso di Alti Studi Militari, 1964, n. 11.

Intorno al mondo, 1964, n. 12.

Attività del C.A.S.M.: «Il concetto moderno di strategia ». Prolusione del
Gen. S. A. Luigi Bianchi, 1965, n. 11..

Intorno al mondo, 1965, n. 12.
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INDICE

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ALLE ALS diete

Memorie

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Note e documenti
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Recensioni
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Segnalazioni bibliografiche

A cura di: Luia1 BELLINI, G10VANNI CECCHINI, M. C. CRISPOLTI,
CECILIA Mazzi, MARIO MELELLI, UGoLINO NicoLINI, M. C.
OTTAVIANI, Manio PERICOLI, CARLO PIETRANGELI, PAOLA
PIMPINELLI, -HRANGESCO'SANTL i so die e no

Necrologi

EncoLE SAVI, Celso Ranieri a

200

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