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DELLA

DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
PER L'UMBRIA

VOLUME LXIV

FASCICOLO PRIMO

PERUGIA - 1967 Pubblicazione semestrale - Sped. abb. post. Gruppo IV?

Unione Arti Grafiche - Città di Castello - 1967

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Al Capitolo della Cattedrale di Assisi

La Cappella Musicale di S. Rufino in Assisi

Contributo per una storia

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Lo scrittore italiano Edmondo De Amicis nel suo libro in cui
descrive l’Olanda così esprime le impressioni riportate visitando la
città di Rotterdam :

« Vicino alla piazza del mercato v'é la cattedrale, fondata verso
la fine del xv secolo al tempo della decadenza dell’architettura
ogivale : allora chiesa cattolica, dedicata a S. Lorenzo, ora la prima
chiesa protestante della città. Il protestantesimo, vandalo della reli-
gione, entrò nella chiesa antica col piccone e col pennello dell’imbian-
chino ; ruppe, scrostò, sdorò, intonacò, lacerò con pedantesco fana-
tismo tutto quello che vi rinvenne di bello e di splendido e la ridusse
un edifizio nudo bianco, freddo, quale avrebbe dovuto essere al tempo
degli dei falsi e bugiardi, un tempio consacrato alla Dea della Noia.

«Un organo immenso, composto da quasi cinquemila canne,
che rende, fra gli altri suoni, l’effetto dell’eco, alcune tombe d'ammi-
ragli ornate di lunghi epitaffi olandesi e latini, molti banchi, qualche
ragazzo col cappello in capo, un gruppo di donne che chiacchiera-
vano ad alta voce, un vecchietto col sigaro in bocca in un canto ;
non vidi altro.

« Quella era la prima chiesa protestante in cui metteva il piede
e confesso che mi fece un senso sgradevole, misto a un po' di tristezza
e di scandalo. |

«Confrontai quell'aspetto di chiesa devastata colle magnifiche
cattedrali d'Italia e di Spagna, dove sulle pareti rischiarate d'una
luce soave e misteriosa, attraverso le nuvole d'incenso s'incontrano
gli sguardi amorosi degli angioli e delle sante, che ci mostrano il
cielo, dove si vedono tante immagini di dolore che aiutano a soffrire,
che ispirano la rassegnazione, la pace, la dolcezza del perdono;

IL Ok Sii ac XR 6 ALBINO VAROTTI

dove il poverello senza tetto e senza pane, respinto dalla porta del
ricco, può pregare fra i marmi e gli ori, come in una reggia, nella
quale non è disdegnato, fra uno splendore e una pompa che non lo
umilia, che anzi onora e conforta la sua miseria : quelle cattedrali,
infine, dove c'inginocchiammo da fanciulli accanto a nostra madre,
e sentimmo per la prima volta una dolce sicurezza di riviver un giorno
con lei in quei profondi spazi azzurri che vedevamo dipinti nelle
cupole sospese sul nostro capo.

«Confrontando quella chiesa con queste cattedrali, mi accorsi
che ero più cattolico che non credessi, e sentii la verità di quelle pa-
role del Castelar : — Ebbene, sì, sono razionalista : ma se un giorno
dovessi tornare in seno ad una religione, tornerei a quella splendida
dei miei padri e non a codesta religione squallida e nuda, che rat-
trista i miei occhi e il mio cuore » 1).

Le maestose e vetuste cattedrali d’Italia che a tali considera-
zioni richiamavano l’animo mite e pensoso di Edmondo De Amicis
sono infatti autentici monumenti di fede e di arte, racchiudono
tutto l'animo del nostro popolo, «itala gente dalle molte vite » ?),
sono la testimonianza piü eloquente della sua storia che attorno
ad esse s'é svolta ed imperniata nella secolare vicenda di realizza-
zioni e contrasti durante il cammino della civiltà, sono gli scrigni
preziosi che conservano e tramandano i capolavori dei nostri Geni,
accolgono le tombe e il messaggio fraterno di amore patrio dei nostri
Eroi, custodiscono gelosamente le invidiate spoglie dei nostri Santi.

A queste fonti di superbe grandezze ispirate dalla dottrina di
Cristo racchiusa nei dogmi cattolici attinsero i sommi di cui il mondo
si onora e l'Italia va fiera, qui attinse il Divino Poeta l'ispirazione
e l'eloquio per il suo grande viaggio d'oltretomba e la sublimità
della preghiera finale :

« Vergine Madre, Figlia del tuo Figlio,
Umile ed alta piü che creatura,
Termine fisso d'eterno consiglio . . . » *)

La suggestiva Basilica di S. Rufino in Assisi, della quale si
celebrano i fasti di oltre un millennio di vita, è una gemma preziosa
incastonata nel fulgido serto di monumenti di Fede e di Arte del
quale si adorna la nostra tanto bella quanto invidiata Italia.

La Basilica di S. Rufino in Assisi è venuta a succedere come
cattedrale all'antichissima chiesa di S. Maria Maggiore presso il
Vescovado.

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Giovanni da Gubbio l’ideava circa mille anni fa e « Negli anni
del Signore 1140, e sulla fine del quarto mese di aprile, questa casa
fu incominciata e apprestata, provvedendo alla spesa Rainerio
priore, ad onore di S. Rufino. Giovanni Eugubino, che fu il maestro
di questa casa, per il primo ne diede il disegno e, finchè visse, la
edificò ». i

Così dice l’iscrizione coeva scolpita all’interno della parete
absidale di questo tempio così suggestivo.

Ben presto la Basilica di S. Rufino divenne il cuore della città
di Assisi. Qui si trasferirono le ufficiature e le istituzioni della vec-
chia cattedrale.

Come ho scritto nella Storia Musicale d’Assisi pubblicata nel-
l'Enciclopedia Musicale Ricordi, sino a quest'epoca le uniche testi-
monianze della vita musicale cittadina si riscontrano presso l’antica
cattedrale, presso il Monastero di S. Benedetto al Monte e ad opera
di quella famosa Compagnia del Monte a cui si fa risalire la prima
origine del tipico Calendimaggio assisano *).

Presso la sede episcopale era sorta una delle tante scholae epi-
scopales, caratteristiche e provvidenziali istituzioni dell'età di
mezzo, e da essa uscivano gli uomini della chiesa e del governo cit-
tadino.

All’erezione della nuova cattedrale di S. Rufino troviamo qui
trasferita la scuola episcopale detta anche scuola dei canonici, di
cui anche S. Francesco fu alunno, giungendo sino al diaconato.

Gli alunni delle scholae episcopales nell'Umbria si chiama-
vano Giàcani, Jacani o Jaconi, e con tali nomi s'indicavano solita-
mente i putti chierichetti e cantori che prestavano servizio presso
la Cattedrale (Doc. 1).

Probabilmente in ognuno dei nomi citati si tratta di una corru-
zione di gergo popolare della parola classica Diaconi, intesa nel
senso piü largo e vago di coloro che vivono ed operano presso una
chiesa »).

Solo più tardi, all'origine delle più celebri e antiche Università,
gli studenti del Medio Evo ad Assisi, come nelle altre città italiane,
finiranno per chiamarsi « clerici » e, i più dediti agli studi peripatetici
di città in città e di avventura in avventura, « clerici vagantes ».

Nelle scuole episcopali s'impartiva l'insegnamento delle materie
e scienze ecclesiastiche, con particolare riguardo alla grammatica
e alle decretali. Nell'ordinamento degli studi durante il secolo xiv
troviamo tali materie e scienze distinte in due gruppi ben definiti 8 ALBINO VAROTTI

detti « Trivium» — Grammatica, Retorica, Dialettica — e « Qua-
drivium » — Aritmetica, Geometria, Musica, Astronomia.

L’insegnamento del Canto e della Musica teneva, come si vede,
un posto di fondamentale importanza nella cultura medioevale ed
era impartito da un maestro detto « Cantor » nel quale si profila in
modo abbastanza evidente la figura del non molto lontano « Magi-
ster chori » o « Magister Cappellae ».

Il « Cantor » non manca mai nelle chiese e negli studi episcopali
o monastici ed oltre l’insegnamento della Musica e del Canto a lui
spetta guidare, cantando egli stesso, detto per questo anche « prae-
centor », il coro dei suoi alunni durante i riti cui sono tenuti ad in-
tervenire.

Particolari statuti venivano a fissare i doveri e gl’impegni che si
assumeva il « Cantor » presso ogni cattedrale al momento della as-
sunzione tra gli stipendiati. Ma sostanzialmente gli obblighi del
« Cantor » si riducevano sempre a questi, salve piccole varianti di
carattere locale *).

Egli doveva anzitutto aver cura dei putti cantori e dei chieri-
chetti, coadiuvato di solito dal maestro di grammatica.

In alcuni luoghi si avevano al riguardo singolari consuetudini.

Originale era senz'altro quella degli Zaghi o putti cantori e chie-
richetti del Duomo di Padova che ogni anno, la sera del 6 dicembre
in occasione della festa di S. Nicola, si eleggevano un loro « Episco-
pello », che s'affrettavano a rivestire delle insegne vescovili per ac-
compagnarlo poi a fare visita al suo collega, il Vescovo vero, accanto
al quale durante il pontificale dell'indomani mattina sedeva a destra,
rivestito anch’egli delle vesti episcopali.

Nel duomo di Padova stessa e in molte altre cattedrali i putti
facevano in determinate ricorrenze un «Ludus» in presbiterio a
matutino. Si trattava in genere di piccole e rudimentali sacre rap-
presentazioni ispirate alla ricorrenza del giorno.

Traccia se ne può vedere ancor oggi nei « Ballerini della Madonna »
che ogni anno la mattina dell’otto dicembre a Siviglia, mentre la
gran torre campanaria del Duomo detta « La Giralda » suona a festa
e i popolani canticchiano la tradizionale strofetta che dice :

« Anche nolente Molina col suo Padre Provinciale,

Maria fu concepita senza peccato originale »,
un gruppo di dodici paggetti vestiti con lo sfarzo degli antichi co-
stumi spagnoli, durante il pontificale del Vescovo, allinizio del-
l'offertorio si porta al centro del presbiterio e danzando al suono
LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 9

di tamburelli compie un balletto festoso e gentile, dinanzi all'imma-
gine dell’Immacolata, che loro sorride al centro dell’altare.

Era comunissimo l’uso, nei secoli xIII, xiv. e xv, di far cantare
ai fanciulli il « Gloria Laus » «ad fores ecclesiae » nella Domenica
delle Palme.

Oltre che sorvegliare i fanciulli addetti alla scuola e al servizio
della chiesa era spettanza esclusiva del « Cantor» il canto dellà
Passione durante la settimana santa.

Per questo in quasi tutti gli archivi ecclesiastici più importanti
troviamo nei documenti dei secoli xir, xiv, e durante quasi tutto
il secolo xv, memorie di particolari regalie a colui che ha cantato
la Passione del Signore.

Una delle più tipiche è senz'altro quella dell'archivio di S. Fran-
cesco di Bologna, ove nel secolo xiv, segnando le spese in un la-
tino quanto mai esplicito, il computista del convento ha lasciato
scritto :

«In vino pro fratre Paganino qui cantavit Passionem . . . »

Soltanto dopo il 1498, come si puó constatare nei Monumenti
Paleografici della Biblioteca Vaticana, s'introduce l'uso di far can-
tare il Passio a tre cantori diaconi.

La lettera C con cui oggi viene indicato il canto delle parole di
Cristo originariamente non era che l'abbreviazione della parola
« Communiter », ossia « Cànto in tono comune ».

La lettera T o J o + con cui oggi troviamo indicato il canto
delle parole della Turba non erano prima del 1498 altro che l'abbre-
viazione delle parole « Tractum » o « jusum », ossia « Canto piü con-
citato ».

La lettera S con cui è spesso indicata la parte del Cronista
detto anche Storico non era originariamente altro che l'abbrevia-
zione di « Sursum» o «cum Strepitu », con cui si designava un
canto acuto e sforzato, data l'estensione piuttosto acuta delle note
da toccare 7).

Uso comunissimo in tutte le chiese più insigni durante il secolo
xIV e nel secolo successivo era quello di far cantare al « Cantor »
solo, o unitamente ai putti della chiesa, il « Planctus in Die Para-
sceve », ossia il Pianto della Vergine e delle Pie Donne sul Cristo
Morto, consuetudine di origine francescana dovuta alla composi-
zione dello « Stabat Mater » del beato Jacopone da Todi *).

Nel secolo xv s'accentua l'importanza del « Cantor » nelle cat-
tedrali e nelle chiese più insigni, al punto che il Papa Eugenio 1v

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10 ALBINO VAROTTI
nella Bolla « Ex Apostolica » in data 25 Dicembre 1439, confermando
gli antichi « Statuta » del Capitolo della Cattedrale di Padova, cosi

scriveva :

«... Quia magister chori seu scolasticus et cantor sunt due principales
columne ecclesie nostre super quibus habet fundari tota ordinatio et norma
in divino cultu celebrando. provideant capitulum ut tales sint viri graves,
aetatis mature, et maxime scolasticus non minoris triginta annorum, triti
in moribus et ceremoniis ecclesie scientes cantum et scientes ordinare offi-
cium, ad quos omnes inferiores in suis officiis pareant. Et si non suppetunt
introitus beneficiorum annectantur eorum beneficiis alia beneficia vel augean-
tur ipsis communes distributiones ita ut congrue et decenter possint vivere
et sine querela tantum officium et ita continuum quod eis die noctuque
incumbit transigere valeant. Sitque cura precipua Archipresbiteri, Archidia-

‘ coni et totius capituli ut in his principalibus officiis cum studio et diligentia

deserviatur omnino et his duobus in canonica ecclesie assignetur una camera
pro quolibet ut sint magis presti et prompti ad initiandum officium vel
ordinandum. Et scolasticus et cantor assumantur potius de gremio ecclesie
si jdonei reperiantur quam aliunde et attendatur de loco ipsorum si extra
ecclesiam assumantur etc. Datum Florentie anno Incarnationis dominice
millesimo quadringentesimo tricesimo nono, Octavo Kl. juanuarias Pontifi-
catus nostri anno nono »?).

Cosi siamo giunti alle soglie del secolo xvi, in cui il « Cantor »
si chiamerà « Praecentor », « Magister Chori », « Musices Moderator »,.
« Maestro di Cappella ».

Dell'attività musicale svoltasi in S. Rufino d'Assisi durante il
Medio Evo sino agli inizi del secolo xvi rimangono nell'Archivio
Capitolare numerose e notevoli testimonianze.

Per meglio avvertirne l'importanza ed il significato si rende
indispensabile una digressione che permetta di cogliere gli aspetti
essenziali degli eventi che li caratterizzano.

La celebrazione dei divini misteri ai primordi della Chiesa di
Roma era ordinata in maniera semplicissima ed anche il canto eccle-
siastico si svolse gradualmente basandosi sulle più note melodie
greche ed ebraiche in formule salmodiche, in responsori, antifone
e lezioni desunte dal Nuovo Testamento.

Le persecuzioni durante i primi tre secoli dell'Era Cristiana
resero difficile un organico svolgimento della liturgia latina e del
canto sacro ad essa destinato.

Nel quarto secolo dell'Era Cristiana si svilupparono quattro

. Lire or ae FE TU SIRO COLLINE DI On e EUR m o a LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 11

liturgie ben distinte : la siriaca, l'alessandrina, la romana, compresa
l'emanazione del Rito Ambrosiano, e la gallicana.

Le due ultime si erano formate in Occidente e la liturgia romana
dal v secolo ebbe grande impulso, imponendosi anche nei paesi
dove s'era affermata la liturgia gallicana.

Il Papa S. Celestino (422-432) volle che i centocinquanta Salmi
di Davide, distribuiti variamente per ciascun giorno della setti-
mana fossero cantati ogni giorno a due cori prima della Messa 1°).

Questa è l’origine del canto «ordinato » del Divino Ufficio o
Salterio, che con espressione felice S. Benedetto da Norcia (1534)
definisce « Opus Dei », il compito specifico della divina lode proprio
di chi si consacra.a Dio nel servizio del suo santuario » 11).

Successivamente il Papa S. Gregorio Magno (590-604), il cui
« Sacramentarium Gregorianum » contiene le linee essenziali del-
l'odierno « Missale Romanum », raccolse tutte le melodie sacre in
uso al suo tempo nel proprio « Liber Antiphonarius » 1°).

Nel « Liber Antiphonarius » di S. Gregorio Magno erano ripor-
tate le antifone, ossia le melodie per due cori secondo l'uso del tempo,
e le norme liturgiche per le funzioni celebrate dal Papa col clero di
Roma nelle chiese principali dette « Stazioni ».

Tali norme furono lo schema originale del primo « Ordo Roma-
nus», in cui si distinguono per l'uso liturgico due libri: il « Canta-
torium » e l'« Antiphonarium ».

Il « Cantatorium » prima di S. Gregorio Magno conteneva il
canto del graduale ed altre melodie, che il diacono doveva cantare
da solo.

Nell'« Antiphonarium » erano contenute le melodie degli introiti,
degli offertori, del Communio e le antifone, destinate invece alla
«Schola cantorum ».

In tale « Schola » erano accolti ed educati fin dalla piü tenera
età i fanciulli che si preparavano allo stato ecclesiastico.

Prima di S. Gregorio Magno era invece chiamata « Schola lec-
torum » ed era destinata alla preparazione dei diaconi, i quali dove-
vano avere bella voce in grado di sostenere da sola il canto del Gra-
duale.

In seguito ad abusi S. Gregorio Magno nel Concilio Romano
del 595 la aboli.

Cosi avvenne che dal secolo vii in poi fanciulli e giovani alunni
della « Schola cantorum » si licenziassero da essa prima d'esser fatti
accoliti 1°),

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La notazione adottata da S. Gregorio Magno era insufficiente
per fissare con esattezza gl'intervalli delle melodie sacre da lui rac-
colte nel « Liber Antiphonarius ».

Restava indispensabile la tradizione orale che originò le varie
scuole monastiche dei Benedettini in Italia e all’estero.

Narra Valafrido Strabone (849) che in tali scuole era partico-
larmente curata la salmodia ed ogni giorno agli alunni di esse veniva
commentato un brano del Salterio, dopo il quale venivano ammessi
alle prove del canto corale più artistico *').

Guido d’Arezzo, monaco benedettino dell’Abbazia di Pom-
posa (Ferrara), nella prima metà del secolo xi fissò meglio e de-
nominò i suoni determinando il sistema grafico musicale moderno
con l'adozione di linee, già note al fiammingo Ucbald de Saint
Amand (f$ 930), e una scrittura a note quadrate e chiavi, racchiu-
dendo tutto l’insieme delle sue teorie per la lettura e l'esecuzione
del Canto Gregoriano in un semplicissimo sussidio mnemonico per
imparare la solmisazione, conosciuto ancor oggi con il nome di
«Manus Guidonica ».

Un rarissimo esemplare della « Manus Guidonica », se non coevo,
certamente assai vicino all'età dell'inventore di essa, è conservato
in una pergamena dell'Archivio Capitolare di S. Rufino e testimonia
della scuola di canto esistente presso la Cattedrale d'Assisi sin da
quei lontani ed oscuri tempi. t

Tale pergamena adibita nel sec. xiv a copertina di un bastar-
dello di conti della Chiesa e Confraternita di S. Gregorio, dipendenti
dalla Cattedrale, solo recentemente ha potuto essere recuperata ad
opera del priore Don Mariano Dionigi (1880-1962) ed ora si trova
esposta in una sala del Museo di S. Rufino !*).

Le invenzioni ed il contributo di Guido d'Arezzo riuscirono di
sommo vantaggio al canto ecclesiastico e alla civiltà musicale europea.

Il Papa Giovanni xix ( 1033) pensava di promuoverne l’ado-
zione in tutte le chiese di Rito Latino.

Ma ciò fu per Guido d’Arezzo causa di contrasti e d’invidie
da parte di confratelli ed emuli al punto che dovette lasciare la Badia
di Pomposa e morire in esilio lontano da essa.

Prima che il proposito di Papa Giovanni xix potesse realizzarsi
dovettero trascorrere circa due secoli.

Mancavano infatti al Papato forze nuove ed autonome di cui
disporre liberamente per attuare dovunque la desiderata riforma.

I Vescovi e gli Abati nella società feudale di quei tempi costi-

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LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 13

tuivano poteri distinti e gelosi ciascuno delle proprie prerogative,
non facilmente riducibili ad imposizioni del genere.

Fu con l'istituzione degli Ordini Mendicanti, sopratutto dei
Domenicani e dei Francescani, che il Papato si trovò a disporre di
forze alle immediate dipendenze della giurisdizione pontificia e, in
grazia del singolare privilegio dell’esenzione dal potere dei vescovi
appositamente concessa, più atte a superare le opposizioni di qua-
lunque potere locale.

È questo l’intimo significato della riforma del Breviario Romano
affidata al francescano Aymone di Faversham (T 1244).

È costui una figura di grande rilievo ai primordi del France-
scanesimo unitamente a Frate Elia (1180-1253), S. Antonio di Padova
(1195-1231), Ruggero Bacone (1214-1292), S. Bonaventura da Bagno-
regio (1221-1274), Jacopone da Todi (1230-1306), Fra Salimbene degli
Adami da Parma (1221-1287).

S. Francesco nella Regola dei Frati Minori aveva stabilito :

« Clerici faciant divinum officium secundum ordinem Sanctae
Romanae Ecclesiae » 1°).

Il Papa Innocenzo iv con la promulgazione della Bolla « Cum
tamquam veri » aveva esteso alle chiese dei Frati Minori dette « Con-
ventuali » per il maggior numero degli addetti al servizio di esse l'ob-
bligo della solenne liturgia corale e sacrificale, equiparandole alle
collegiate e alle cattedrali, con particolari favori e privilegi, dai quali
erano esclusi i Francescani delle comunità minori dette semplice-
mente «loci ».

In seguito a tali circostanze s'era determinato nei Frati Mi-
nori addetti alle grandi chiese e conventi, detti per questo « Conven-
tuali », un insieme di usi e d’abusi in contrasto con la santa sem-
plicità dei primi anni dell'Ordine.

In evidente contrasto contro gli usi ed abusi invalsi tra i cosi-
detti « Conventuali » i Frati Minori dei « loci », meno intraprendenti
e forse anche meno aperti alle esigenze della loro epoca, esprimevano
con ogni mezzo il loro biasimo, venendo poi distinti dagli altri col
nome di « Spirituali ».

Tale divergenza di vedute e di modo di concepire la vita tra
i Francescani si fece più sensibile ogni giorno.

Abusi di « Conventuali » e presunzione di « Spirituali », che avreb-
bero preteso, com’ebbe a scrivere lo storico Mons. Faloci Pulignani,
d’essere più cristiani .di Cristo, più cattolici del Papa e più france-
scani di S. Franscesco stesso, tenevano nell’Ordine Francescano uno

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14 ALBINO VAROTTI

stato di tensione che non sfuggiva al popolo che in modo ingenuo
e bonario distingueva i « Conventuali » dagli « Spirituali » chiamando
i primi « francescani della scarpa », i secondi invece in gergo tipica-
mente popolaresco « zoccolanti » e « francescani dello zoccolo », dato
l'uso di tal genere di calzature, cui erano costretti vivendo lontani
dalla città nei luoghi impervii degli eremitaggi.

Confesso peró che mi é sempre sembrata piuttosto strana questa
intuizione popolare di distinguere i Francescani piü dall'uso dei piedi
che dall'uso della testa.

A causa di questo dissidio interno piü o meno latente molte
fonti storiche dei primordi del Francescanesimo restano poco atten-
dibili per la loro dubbia obiettività.

Dopo le tristi vicende di Frate Elia incompreso nelle superiori
intuizioni di un Papato e di un Impero concordi per il bene della
Chiesa anche il Beato Aymone di Faversham ebbe a provare l'acre-
dine del partito a lui contrario tra i membri dell'Ordine.

Buon per lui che il Crocifisso ora venerato nella Chiesa di S.
Maria della Vita in Bologna, durante il Capitolo Generale dei Fran-
cescani tenutosi in quella città, parló miracolosamente in sua difesa
e l'ebbe cosi riabilitato !

Per attuare le prescrizioni della Regola nel Sacro Convento di
Assisi s'era formata una manografia, in cui si era cominciato a dif-
fondere in apposite copie il Breviario della Curia del Papa a Roma.

Quando il Sommo Pontefice ebbe dato al Beato Aymone di
Faversham l'incarico di condurre a termine la riforma del Breviario
della Curia Romana egli operó ed agi profondamente e con solleci-
tudine per le preziose prestazioni della manografia del Sacro Convento
di Assisi, che rese possibili in breve tempo le numerose copie del testo
e canto riformati da inviare anche alle piü lontane destinazioni.

Allantica « Tabula Lamberti » che contemplava un anno litur-
gico di soli dieci mesi ad iniziare dal 25 dicembre, con numerosi
giorni senza un'ufficiatura specifica, Aymone di Faversham sostitui
la « Tabula Parisiensis » con le caratteristiche dell'attuale Anno
Liturgico di dodici mesi con feste ben determinate.

All’antica notazione musicale diastematica o « a coda di cavallo »
egli sostitui la notazione quadrata di Guido d'Arezzo, detta allora
«Littera francigena » in contrapposizione con la « Littera romana »
dei libri liturgici precedenti.

Cosi ad opera del Beato Aymone di Faversham l'Anno Litur-
gico è giunto agli attuali ordinamenti, la Messa e i Sacramenti eb-

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LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 15

bero l’attuale rito e determinazione di testi, il Breviario di tutte le
Chiese di Rito Latino in Europa e nel mondo, sino alla promulga-
zione del nuovo Breviario di S. Pio v dopo il Concilio di Trento, fu
il Breviario Francescano.

A tale riforma musicale secondo Guido d'Arezzo e liturgica
sotto le direttive del Beato Aymone di Faversham si riferiscono
molti preziosi codici membranacei conservati nell'Archivio Capito-
lare di S. Rufino ed altre importanti testimonianze della vita musi-
cale nel Duomo d'Assisi durante i secoli xin, xiv, xv.

Tra i codici va segnalato un cantorino con miniature di Oderisi
da Gubbio e Sovere da. S. Geminiano. Qualche miniatura è rimasta
incompleta: forse per questo Dante Alighieri ha ritenuto di dover
mettere nell'oltretomba il valente Oderisi tra i pigri.

Tra i codici dell'Archivio Capitolare di S. Rufino si trova pure
un Messale anteriore alla morte di S. Chiara e interessante per le
miniature e l'importanza storica.

Ivi si trova pure un « Pontificalis Romanus » di fondamentale
importanza per la Storia della Liturgia, illustrato da M. Andrieu
nelle sue opere « Le Pontifical Romain »'*) e «Le Pontifical de la
Curie » 18).

Nei codici musicali e liturgici dell'Archivio Capitolare di S.
Rufino si trovano le piü autentiche testimonianze dei primi musi-
cisti francescani e delle loro composizioni.

Ivi infatti si trovano le musiche di Fra Giuliano da Spira, il
primo veramente grande musicista francescano, maestro dapprima
nella Corte francese, poi primo « Magister » e « Cantor » nella basi-
lica di S. Francesco ad Assisi e autore dei noti uffici ritmici di S.
Francesco d'Assisi e S. Antonio di Padova.

Ivi si trovano laudi e sequenze latine dei primordi del Fran-
cescanesimo, alcune delle quali attribuite al famoso Fra Giovanni
de Vita, detto anche semplicemente Fra Vita, lucchese, « melior
cantor de mundo tempore suo in utroque canto, scilicet, firmo et
fracto». Veniva da una famiglia per cui il canto era come un'altra
regola : ottime caritatrici erano invero la madre e la sorella. Aveva
la voce sottile e delicata più da camera che da coro ; ma non c'era
alcuno cosi severo che non si disponesse volentieri ad ascoltarlo.
Cantó in vita sua sempre e per tutti, sia che fosse in tono, sia che
avesse la raucedine, cantó per il popolo e per i vescovi, per gli arci-
vescovi, per i cardinali e perfino per il Papa. Ma se qualcuno par-
lava quando egli cantava, subito s'interrompeva per ammonire
16 ALBINO VAROTTI

l'indiscreto con la parola dell'Ecclesiaste : « Non impedias musicam ».
E gli piaceva, come il Santo di Assisi, cantare vicino alla siepe o
sotto la quercia fronzuta a gara con l’usignolo nelle sere di primavera.

« Non appena lo sentiva « cedebat isti, si cantare volebat et auscul-
labat eum diligenter nec movebatur de loco, et postmodum resumebat
cantum suum, et sic alternatim cantando voces delectabiles et suaves
resonabant ab eis ».

«Fu autore di molte canzoni, fra cui quella che dice: Ave,
mundi spes Maria. Tipo strano peró e volubile: piü volte venne e
più volte uscì dall'Ordine : faceva la spola tra Benedettini e Fran-
cescani e sempre Papa Gregorio gli perdonó «per il grande amore
che aveva a S. Francesco e per la dolcezza del suo canto ». Cosi forte
fu questa dolcezza che il diavolo gli giocó un brutto tiro. Una monaca
che lo stava a sentire mentre cantava, perdette la testa, e, per se-
guirlo, si gettó dalla finestra. Non riusci nell'intento e sì ruppe una
gamba.

«Ma hai visto che cosa succede, conclude Fra Salimbene, a pos-
sedere troppe attrattive. Aveva dunque ragione quel santo uomo di
Frate Egidio di Assisi, quando diceva : « Magna gratia est non habere
gratiam » ?°).

La sequenza di Fra Vita piacque tanto anche al Palestrina che
volle musicarla egli pure, donandoci quel toccante « Ave Mundi
Spes Maria » ad otto voci in doppio coro, in cui egli ha saputo tra-
sfondere tanta ricchezza di sentimento e d'ispirazione.

L'importanza dei codici musicali e liturgici dei secoli xi, xiv
e xv, custoditi in Assisi nell'Archivio Capitolare di S. Rufino, è stata
recentemente illustrata dal Padre Van Diyk, o.f.m., in uno studio
ampio e profondo pubblicato nel 1963 presso l'editore Brill di Leiden
in due volumi col titolo « Sources of the modern Roman Liturgy ».

In tale studio l'autore accentua l’attenzione sopratutto su
alcuni codici.

Il primo di essi è il Codice 8 (anticamente 7). Ricco di fini mi-
niature, è databile alla prima metà del secolo xrv. Conta pp. 24614
(mm. 350x253). È fondamentale per la moderna liturgia romana
della Messa. Contiene fra l'altro una prima codificazione dell'« Ordo
ad faciendam aquam benedictam ». A p. 605 si trova l'indicazione
«Anno ab incarnatione domini millesimo cc*rxxiij. Incipit tabula
lanberti .. . » **).

Il secondo invece è il Codice 16. È un Breviario Romano di
carte 540 (mm. 350x246) databile a dopo il 1370, proveniente con

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LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 17

probabilità dagli Agostiniani di Perugia. Caratteristiche sono le due
ufficiature del Vescovo e Martire perugino (p. 281 b, p. 458 a) ivi
contenute unitamente all'aggiunta di S. Rufino con l'inno « Pange
Lingua nunc prelium » (p. 480 a).

Contiene la « Tabula Parisiensis » per il computo del tempo 3
l'ufficiatura natalizia ?1).

L'ultimo di essi è infine il Codice 23 di carte 47 (mm. 235 x 160),
scritto per la Cattedrale di Assisi circa nel secolo xiv. La notazione
musicale é quadrata su quattro linee. Contiene il rito della Comunione,
dell'Estrema Unzione e della Raccomandazione dell'anima. Per la
prima volta vi si trova S. Francesco invocato nelle litanie degli ago-
nizzanti. Le ultime due carte di questo codice sono di mano di Carlo
de Nepis della Bandita (1456-1473) ?2).

A questi codici va aggiunto per il pregio e l’importanza anche
l'incunabulo Stampa N° 62 dell’Archivio di S. Rufino. Tale incuna-
bulo conta fogli 240 (cm. 21x15) ed è un messale a caratteri gotici
in rosso e nero.

L'incipit è il seguente :

«Incipit ordo missalis secundum consuetudinem romane
Curie ».

Termina con le parole :

«Impressum Venetiis arte et impensis Octaviani Scoti Mo-
doetiensis sub Inclito Duce Ioanne Mocenico-Quarto Kalendas
decembris M.C.C.C.C.LXXXII ».

È forse l'edizione più antica del Breviario riformato dal Beato
Aymone di Faversham. Il canto gregoriano è su quattro linee, ma
la notazione é ancora «a coda di cavallo ».

Queste in sintesi sono le testimonianze piü notevoli degli svi-
luppi dell'arte musicale e del canto sacro in S. Rufino d'Assisi du-
rante i secoli xin, XIV, xv.

Dell'Ars Antiqua sembra non sia stata conosciuta in Assisi
altro che la forma del « Discantus » per la testimonianza del Canto-
rino di Reims appartenente alla Basilica di S. Francesco e custodito
ora nella Biblioteca Comunale di Assisi.

L'Ars Nova invece in Assisi, come in tutte le città italiane, du-
rante la seconda metà del secolo xiv e tutto il secolo xv poté trion-
fare e nelle feste popolari e nelle allegre brigate ebbe manifestazioni
notevoli ??),

Uno dei piü interessanti esponenti dell'Ars Nova in Italia anzi
è proprio l'assisano Fra Rufino Bartolucci, Maestro di Cappella

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18 ALBINO VAROTTI

nel Duomo di Padova, nella Cattedrale di Vicenza, nella Basilica
del Santo a Padova, e in patria nella Basilica Patriarcale di S. Fran-
cesco. Egli è stato uno dei più notevoli esponenti delle forme musi-
cali e degli intendimenti dell'ultimo Quattrocento Musicale\ed è
ormai riconosciuto dagli studiosi come il precursore del fiammingo
Adriano Willaert nell'introduzione del doppio coro battente o spez-
zato nella polifonia liturgica della fine del Secolo xv e agli inizi del
Secolo xvi.

Di lui, noto ai contemporanei col nome di Rufin o Rofin, si co-
noscono, oltre le musiche sacre, la canzone « Non finsi mai d'amarte »
e la Villota « La mi fa sol fa re» rinvenuta e pubblicata da Fausto
Torrefranca nel 1934, desumendola da un codice veneziano di Frot-
tole, Barzellette, Villote e Fanfalughe della seconda metà del '400 ?».

Col trionfo dell'Ars Nova ai primordi del Rinascimento s'era
determinato, anche in seguito allo Scisma d'Occidente, un po' do-
vunque, un certo abbandono e squallore nelle chiese disertate ormai
dal popolo che si gettava freneticamente dovunque fossero feste e
canti, sitibondo di svaghi e di piaceri.

Per questo i Papi dell'epoca nell'assegnare i benefici ecclesia-
stici delle Collegiate e delle Cattedrali non trascurarono di promuo-
vere quanto poteva risollevare il decoro e il prestigio delle chiese
più insigni, facendosi promotori, fra l'altro, anche del sorgere di
tante cappelle musicali, conferendo i benefici a determinati numeri,
di cappellani cantori, secondo le rendite delle Chiese, imponendo al
Primicerio «primus in caera» o Priore o Arciprete di eleggere un
Maestro dal quale tali cantori dipendessero, fossero istruiti e diretti
nel servizio liturgico quotidiano e festivo. |

Cosi l'antico « Cantor» si trasforma in « Maestro di Cappella ».

A questi precedenti si deve pure l'origine della Cappella Musi-
cale del Duomo di Assisi.

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Il primo volume dei Decreti Capitolari della Cattedrale di Assisi
si apre mutilo e tra le prime notizie, di cui è fonte preziosa per la
storia della Cappella Musicale di S. Rufino, ci dà quella di un organo
costruito in Duomo nel 1516 dal Maestro Andrea da Firenze 1).

Era forse la costruzione di tale organo una delle ultime premesse
indispensabili per il sorgere ormai prossimo della Cappella Musicale.

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LA CAPPELLA

MUSICALE DI S. RUFINO 19

Da questo momento si documenta una serie ininterrotta di
organisti, molti dei quali saranno anche Maestri di Cappella.

Il primo organista in S. Rufino, per quanto allo stato attuale
degli studi ci sia dato di conoscere, è un certo « Don Stephano Ant.i
de Corthona », che tenne l’ufficio dal 1522 al 1523 ?).

In data 21 agosto 1525 con l’istituzione di un collegio di Cap-
pellani Cantori assistiamo al vero e proprio atto di nascita della
Cappella Musicale del Duomo di Assisi.

Riferiscono infatti gli Atti Capitolari l'assunzione di Don Gra-
ziano da Bettona, Don Francesco da Gualdo, Silvestro «primo »
(forse soprano) e Don Bartolomeo Cristoforis da Cortona « ad dicen-
dum cantandumque divina officia in Ecclesia Sancti Rofini » con lo
stipendio per ciascuno di due some di grano (Soma = litri 82,73 —
misura di Foligno), « Catulos suis » (ossia di alcuni porcellini), dodici
barili misti di vino, sedici fiorini in moneta marchigiana e un calda-
rello di mosto (Caldarello—libbre 70) *).

La Cappella Musicale di S. Rufino è ormai costituita e sull’esem-
pio delle Cappelle Musicali delle basiliche pontificie a Roma raggruppa
i suoi Cappellani Cantori, detti così dal beneficio di Cappellanìa
con cui erano salariati, attorno all’organista che è anche Maestro
della Cappella.

Ne seguiremo il glorioso cammino attraverso i secoli sino ai
giorni nostri.

SECOLO XVI.

Il 12 ottobre 1551 troviamo organista in S. Rufino d’Assisi Don
Ambrogino da Spello, che, secondo la consuetudine della CREO
è anche Maestro della Cappella *).

Il 26 luglio 1552 il Capitolo, che nulla trascura per l'esempla-
rità del servizio nella Cattedrale a lui affidata, decide l’acquisto di
« Messali dui » e « Psalterii dui » per il servizio corale, cui interviene
quotidianamente l'organista e il collegio dei Cappellani Cantori *).

Il 2 settembre dello stesso anno il Capitolo dei Canonici della
Cattedrale decide di conferire al proprio organista il salario di mezza
cappellania, dato che occorre trovarne uno per le esecuzioni in cui
il Maestro di Cappella é troppo impegnato per la direzione e per il
canto.

A quei tempi infatti si esigeva dai maestri direttori di cappelle
musicali che fossero qualche cosa di più che semplici battisolfa dai

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20 ALBINO VAROTTI

gesti più o meno aggraziati e si esigeva normalmente che cantassero
la parte di basso, la più difficile nelle composizioni polifoniche, con
qualche rara eccezione per la voce di tenore, detta allora « teno-
rista », che eseguiva di solito la parte che oggi erroneamente si fa
eseguire alle voci bianche dei Contralti, mentre il Tenor nel contrap-
punto severo eseguiva il « Cantus Firmus » sul quale era impostata
la composizione polifonica *).

Il 30 luglio 1553 troviamo negli Atti Capitolari della Catte-
drale di Assisi una risoluzione piuttosto grave : l'aumento della Pun-
tatura, ossia della multa che solitamente s’infligge a chi non inter-
viene alle ufficiature cui è tenuto di presenziare o prestare la pro-
pria opera, e questo, precisa il notaio capitolare, «acció sia ben
servita la Chiesa » 7).

Il 3 marzo 1559 l'organo del Duomo di Assisi presenta guasti.

Il Capitolo dei Canonici dà all’organista Don Ambrogio da
Spello l’incarico di provvedere alla revisione e ad una nuova accor-
datura per una spesa di non oltre lire sei sul conto del Capitolo *).

Il 17 aprile dello stesso anno l’organista Don Ambrogino da
Spello chiede al Capitolo della Cattedrale di Assisi l’autorizzazione
per recarsi a Roma.

C’è tra i canonici chi suggerisce meno bene, ma fortunatamente
prevale il buon senso e, riservato il posto a Don Ambrogino che
resta organista e Maestro di Cappella, in attesa del suo ritorno si
assume momentaneamente come sostituto un certo Atto di Leone *).

Il 5 maggio 1559 il Capitolo della Cattedrale vuol mostrare la
propria soddisfazione ai cantori per il loro servizio ed accorda loro
qualche regalia in natura 1°).

Il 24 agosto successivo Don Ambrogino da Spello che ancora si
trova in Roma fa sapere al Capitolo della Cattedrale di Assisi che, es-
sendo scaduto il suo contratto annuale col Capitolo di S. Rufino, gradi-
rebbe di essere esonerato e lasciato libero di provvedersi diversamente.

Volentieri il Capitolo consente e a. Don Ambrogino da Spello
elegge per successore Don Marcantonio da Spello, al quale accorda
lo stesso salario del predecessore alle medesime condizioni 1).

Questo Don Marcantonio da Spello che ora vediamo eletto
Maestro di Cappella e organista in S. Rufino d’Assisi è quel mede-
simo Don Marcantonio che nel 1525 è organista in S. Maria Maggiore
a Spello ed è ricordato nei documenti della illustre Cappella. Musi-
cale fiorita in quell’insigne Collegiata col nome invece di Don Mar-
cantonio d'Assisi 1°).

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LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 21

Il 5 aprile 1560 un provvedimento del Capitolo ci lascia compren-
dere chiaramente che Don Marcantonio dev'essersi trattenuto in
servizio a S. Rufino ben poco, se gli si era dovuto far succedere
quasi subito come organista un certo Tomasino, che ora, al termine
del suo contratto annuale, lascia il posto al successore, un certo
Innocenzo « pulsatorem organorum dicti huius capituli » ?*).

Ad Innocenzo succede come organista un certo Don Lamio da
Spello, che il 7 febbraio 1561 presenta le proprie dimissioni al Capi-
tolo il quale, accettandole, chiama a succedergli l'organista Don
Matteo Rocchicciola 1*).

Il Rocchicciola rimase al suo posto di Maestro di Cappella sino
al 21 agosto 1561.

In tale data gli succede nell’ufficio Don Camillo da Frascati,
assunto per un anno, ed il suo posto di corista, rimasto vacante,
viene rimpiazzato da Don Marcantonio Contolini (o Contolino, o
Consolino, secondo le varie grafie degli Atti Capitolari del Duomo
d’Assisi), che tra breve diverrà egli pure Maestro di Cappella nel
Duomo di Assisi 1°).

Scaduto il contratto annuale, Don Camillo da Frascati il 3
aprile 1562 viene confermato nell’ufficio di organista e Maestro di
Cappella in S. Rufino 1°).

Ma ciò fu per breve tempo, dato che poco dopo vediamo suc-
cedergli l’organista Don Maccio, che il 6 giugno successivo si licenzia.

Nel frattempo era tornato a dirigere la Cappella di S. Rufino
per la seconda volta Don Ambrogino da Spello, cui fu proposto
dal Capitolo in questa occasione di assumere momentaneamente l'uf-
ficio di organista in cambio di quello di Maestro di Cappella e Vica-
rio di Coro attualmente detenuto. i

Ma Don Ambrogino da Spello non sente ragioni e non accondi-
scende ad alcuna proposta.

Il Capitolo dei Canonici allora è costretto ad arrendersi e cede
nominando in data 6 giugno 1562 l'organista Don Camillo Laureto 1°).

Il 21 giugno 1563 il Capitolo di S. Rufino concorda di rimuovere
l'organo, preoccupandosi di dare ad esso un'adeguata sistemazione
migliore della precedente, tanto per le porte d'accesso quanto per
i mantici ?*).

Il 6 gennaio successivo il Capitolo determina di assegnare all'or-
ganista della Cappella Musicale di S. Rufino l'abitazione ed incarica
il proprio « camerario » di stabilirne i locali nella casa dei Canonici
presso la Cattedrale 1°).
ALBINO VAROTTI

Il 24 aprile 1565 il Capitolo assume un nuovo Maestro di Cap-
pella detto ancora « Cantore del coro » e con esso assume « incipiens
mense decembre futuri praesentis 1565 » un soprano di nome Carlo *).

Intorno a questo periodo il vescovo di Assisi Ludovico Magna-
sco ?), famoso anche per avere dettato per incarico del Papa gli
ordinamenti dei cantori della Cappella Sistina ?), aveva arricchito
di nuove prebende la Cattedrale di S. Rufino, ottenendo in favore
di essa dalla Santa Sede la cessione dei beni della Badia di Valfab-
brica, nel Ducato d’Urbino, fornendo così mezzi maggiori per incre-
mentare il decoro e il prestigio del Duomo assisano *).

Il 26 maggio 1570 i Canonici eleggono organista della Cappella
Musicale di S. Rufino un certo Adriano Gabrat, del quale non si
ha in seguito più alcuna notizia ?*).

Nel frattempo era tornato a dirigere la Cappella Musicale del
Duomo d'Assisi Don Marcantonio Contolini (o Consulino, o addirit-
tura Contoloni, come si trova indicato nell'Archivio di S. Maria
Maggiore a Spello, dove era stato organista).

Il 4 maggio 1571 il Capitolo cerca chi dovrà succedergli e destina
ad esso l'abitazione stessa tenuta da Don Marcantonio **).

Era organista della Cappella Musicale di S. Rufino in quel
tempo il Prete Sante Poso, di cui il 3 novembre del medesimo anno
gli Atti Capitolari ricordano la morte ?*).

. Nonostante le ricerche di un nuovo Maestro di Cappella il 5
novembre 1571 il Capitolo finiva col proporre di nuovo la candi-
datura di Don Marcantonio Contolini ?).

Il 12 novembre successivo la proposta era accettata e confer-
mata da tuttii Canonici, assumendo come Maestro di Cappella e orga-
nista in S. Rufino Don Marcantonio Contolini per un nuovo anno ?*).

Al momento della nomina di Don Marcantonio Contolini era
organista della Cappella Musicale del Duomo di Assisi Don Camillo
Laureto, cui il 12 novembre medesimo succede nell'ufficio Don Fran-
cescantonio Contolini, fratello del Maestro di Cappella Don Marcan-
tonio.

Don Francescantonio Contolini viene assunto dal Capitolo come
organista della Cappella Musicale di S. Rufino per un periodo di
tre anni ?*).

.Don Francescantonio Contolini dovette mantenere per breve
tempo il posto di organista, se nel 1572 vediamo ricordato come
successore di lui un certo Don Maccano, o Macorrio (e assai più
probabilmente Don Marcantonio da Spello), organista *°).
LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 23

Il 2 gennaio 1573 Jacopo Giulij viene nominato nuovo organista
del Duomo di Assisi *).

Presta però servizio per soli quindici giorni ricevendo il com-
penso di venti giorni.

Il Vescovo diocesano Filippo Geri da Pistoia aveva in quel
tempo impartito nuove norme sul suono dell’organo e le ufficiature
in Cattedrale. i

Il Capitolo dei Canonici prende atto di tali disposizioni e con-
corda di dare ad esse piena attuazione *?).

Il 7 maggio dello stesso anno resta vacante il posto di organista
in S. Rufino e i Canonici richiamano ad occuparlo Don Camillo Lau-

reto 9).
Lo stesso giorno si elegge Girolamo Scalandri nuovo Maestro di

Cappella **).

Il 5 giugno 1573 il Capitolo è nuovamente convocato per risol-
vere i problemi della Cappella Musicale di S. Rufino.

Viene proposto di assumere come organista e Maestro di Cap-
pella Don Camillo Laureto, oppure di riassumere sine die soltanto
come organista un certo Battista detto Finetto.

Passando ai voti la proposta, viene assunto come organista e
Maestro di Cappella in S. Rufino Don Camillo Laureto **).

Il 7 aprile 1574 il Capitolo della Cattedrale fissa il salario del
Maestro di Cappella adeguandolo alle nuove circostanze che s'erano
andate delineando in quel tempo ?*).

Infatti il 4 giugno 1574 negli Atti Capitolari si trova ricordata
listituzione del Seminario Diocesano di Assisi, cui da parte e a spese
del Capitolo, fra l'altro, dev'essere provveduto un Maestro di Musica
e un Maestro di Grammatica ?*).

Nel rinnovamento generale della disciplina ecclesiastica era ovvio
che il Concilio di Trento non trascurasse le scholae episcopales ove
il clero s'era venuto formando sino a quel tempo.

E dalla riforma di tali scholae sono sorti i Seminari che dove-
vano continuarne le tradizioni e lo spirito, benché con ordinamenti
più adeguati alle nuove esigenze.

Era doveroso incrementare lo spirito di pietà in chi si sarebbe
consacrato a Dio nel servizio del suo Santuario.

Era giustizia fornire un'istruzione adeguata a tale fine nobi-
lissimo. t RS

Era saggezza preporre alla sorveglianza un Rettore con funzioni
cminentemente amministrative e disciplinari, con disponibilità di

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CUT Emm 24 ALBINO VAROTTI

tempo e garanzia di continuità maggiori di quel che non avessero
avuto in precedenza il « Cantor » e il « Magister Grammaticae », cui
era affidata la sorveglianza dei Giàcani o Zaghi, che ora divengono
seminaristi.

Era splendido il far vivere e prestar servizio nel Santuario sin
dai primi anni chi avrebbe dovuto spendere la vita intera nel ser-
vizio di Dio e nel suo Santuario.

Cosi l'istituzione benefica è stata crogiolo di anime e fucina
di uomini di valore distintisi in più rami della scienza e dell'arte
e le Cattedrali e i Templi, cui erano stati appositamente affiancati
i Seminari, godettero da allora d'un rinnovato splendore di riti e
di canti.

Ma il Giansenismo prima, una certa penetrazione di Raziona-
lismo poi, insieme a menti ottuse che frequentemente fanno tanta
carriera anche nelle file ecclesiastiche, hanno finito col creare in
qualche Rettore di Seminario delle prevenzioni con cui si sono ve-
nuti qua e là staccando sempre piü i seminaristi dalle Cattedrali e
dal servizio di esse, impedendo talvolta la solennità dei riti e le
esecuzioni musicali in lode e onore di Dio sotto le speciose pretese
di una disciplina fittizia e senza seri fondamenti, impedendo addi-
ritura anche quell'essenziale istruzione nel canto liturgico che tanta
parte ha nella preparazione e nell'esercizio del ministero sacerdotale,
al punto da far prorompere un grande artista umbro, Monsignor
Raffaele Casimiri, in queste ardenti parole :

« Anche qui come in tutti i seminari d'Italia, riscontrasi quella
pronta obbedienza ai Decreti del Concilio di Trento, accoppiata
alle nobili tradizioni musicali delle Cappelle delle Cattedrali, dove
i putti-cantori facevan la parte che piü tardi fu affidata ai piccoli
seminaristi, e i primi e gli ultimi stavano, pur sotto nuove forme,
a rappresentare gli altichi alunni delle Scholae Episcopales. Oggi
alle Scholae Cantorum, che pur devono non solo esistere, ma pro-
sperare, non solo per i Decreti del Concilio di Trento, ma per il « Motu
Proprio » di Pio x (22 novembre 1903) per la Costituzione Aposto-
lica Divini Cultus sanctitatem di Pio xr (28 febbraio 1929) e per
tante leggi della Chiesa, oggi alle Scholae Cantorum incombe una
minaccia : quella di una lenta agonia, che loro van procurando con
una errata e deleteria interpretazione della Costituzione Deus Scien-
tiarum Dominus, quelli che preoccupati della superiore altissima
dottrina delle scienze sacre, teologiche e canoniche, dei nostri semi-
nari, dimenticano che il sacerdote deve essere dotto si ma insieme

AIR init I oi LN FELTRO LA VISO
LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 25



uomo di chiesa, il più autentico esponente e cultore della liturgia,
e quindi cantore e musicista ben preparato ed attrezzato, dirò,
tecnicamente ; mentre lo zelo non della liturgia, ma lo zelo ardente
della scienza — che spesso inflat — ha promosso in molti Seminari
d'Italia la campagna ingloriosa, incosciente e non cattolica, contro
le Scholae Cantorum, fino ad ottenere che loro si vietasse di .deco-
rare colla loro presenza e con loro canto liturgico le Cattedrali di
Italia !

Che Iddio ci protegga ! A che scopo la Chiesa custodi già presso
le Cattedrali le Scholae Episcopales ? A che scopo S. Gregorio Magno
istitui presso il Laterano e presso la tomba di S. Pietro le famose
Scholae Cantorum ? A che scopo, innanzi alle istituzioni dei Semi-
nari, si curó che fiorissero presso le Cattedrali le Scholae puerorum
e le Cappellae Cantorum ? A che scopo le leggi della Chiesa, il Motu
Proprio di Pio x, la Costituzione Divini Cultus Sanctitatem di Pio
x1? Nè si sofistichi che gli insegnamenti della musica e del canto
liturgico tolgono troppo tempo agli altri studi! Non é vero. Per
mia lunga esperienza personale, rispondo che non é vero, e bollo di
falso gli accusatori! Occorre fissare l'orario anche per la musica e
il canto, e occorre saperli insegnare ! Questo si. Ma torniamo a rido-
nare alla Cattedrale il decoro dei suoi seminaristi che dovranno un
giorno essere, nella stragrande maggioranza, gli uomini del Santuario,
e corriamo con essi ai ripari della sacra liturgia delle Funzioni solenni,
se non vogliamo un giorno vedere agonizzare le nostre Cattedrali,
mancanti del clero, striminzite nel decoro liturgico, vuote di popolo.
Io ho dato l'allarme! Che Iddio ci protegga ! » **).

D'ora in poi vedremo frequentemente i Maestri della Cappella
di Si Rufino insegnare il canto anche nel Seminario di Assisi e più
d'una volta i loro allievi chierici e sacerdoti avvicendarsi con essi
nell'ufficio.

Il 30 agosto 1574 si decide di provvedere la Cappella Musicale
di S. Rufino di una buona voce di basso e la scelta del Capitolo
cade sul basso detto Perugino *°).

Il 3 settembre successivo troviamo invece confermato organista
della Cappella Musicale il già ricordato Don Camillo Laureto ‘°).

L'otto gennaio dell'anno seguente viene assunto nella Cappella
Musicale di S. Rufino un nuovo soprano di nome Silvio, cui si pa-
gano dal Capitolo veste talare e cotta perché presti servizio nel coro
durante le ufficiature 41),

Il sei ottobre del medesimo anno un cantore di nome Don Otta-

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ALBINO VAROTTI

viano detto il Basso si licenzia dalla Cappella Musicale di S. Rufino
e il Capitolo propone di rimpiazzarlo con Don Bartolomeo Baratta
d'Assisi, o altri, alle stesse condizioni *?).

Il 6 gennaio 1576 nell'annuale conferma dei salariati del Duomo il
Capitolo di S. Rufino rinnova a Don Marco Antonio Contolini l’inca-
rico di Maestro di Cappella e ne aggiorna il salario «pro Cantoria » *?).

È questo il primo Maestro di Cappella in S. Rufino cui si trova
affidata anche la mansione di Maestro di Musica ai chierici del Se-
minario Vescovile di Assisi 4‘).

Nel settembre successivo il Capitolo decide ovviamente di ag-
giornare anche il salario dell’organista Don Camillo Laureto, già
più volte ricordato, il quale effettivamente esercitava le mansioni
di secondo organista e maestro sostituto **).

In quella stessa occasione il Capitolo del Duomo decreta di
assumere nella Cappella Musicale di S. Rufino il basso Ottaviano
Sbaraglini di Assisi **).

Siamo così giunti al 1577 ed il 4 marzo il Capitolo di S. Rufino
decide l’acquisto di messali, graduali e salteri « pro servitio COTÌ »
in seguito alla promulgazione e stampa dei libri liturgici ufficiali
della Chiesa per ordine di S. Pio v 4”).

Il 4 agosto dello stesso anno viene fatto Maestro di Cappella
in S. Rufino Don Francescantonio Contolini, fratello del ricordato
Don Marcantonio.

Procedendo alla nomina il Capitolo conferi all'eletto l'incarico
di assumere nuovi cantori **).

Successivamente gli Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi
fanno luce su l'andamento piuttosto convulso della Cappella Musicale
per cui viene dapprima sospeso dal servizio il Maestro Don Mar-
cantonio Contolini ‘°), che poi il 17 settembre dello stesso anno
viene richiamato e nel frattempo era stato sostituito dal chierico
Don Giuseppe da Gubbio, col quale dovrà d'ora in poi alternare
il servizio sino alla scadenza del proprio contratto annuale *").

Infine con una risoluzione gravissima il 17 settembre 1577 il
Capitolo decide di licenziare Don Marcantonio Contolini «in eo visa
pertinacia et inobedientia ».

Resta cosi Maestro della Cappella Musicale di S. Rufino Don
Giuseppe da Gubbio 5). !

AI licenziato però il Capitolo dei Canonici si sente in dovere
di dare una gratifica in denaro per il lungo servizio da lui sin qui
prestato in Cattedrale 5). |

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LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 27

Ma l’8 agosto 1578 il Capitolo scende a più miti consigli e, poi-
chè nel frattempo Don Marcantonio Contolini aveva potuto adde-
strare un ragazzo dalla bella voce da soprano, si decide ad assumere
l'uno e l’altro 5).

A questi il 28 agosto successivo si aggiungono Don Andrea Ca-
rota, Don Silvestro Mazzolini, Don Luca Guardi, assunti dal Capi-
tolo in qualità di cantori del Maestro di Cappella **).

Il 28 settembre dell’anno dopo il Capitolo graziosamente decide
di conferire una regalia consistente in mezza misura di grano al
vice sacrista del Duomo, il quale «inservit ecclesie istae cantando
cantu figurato » 55).

Il 7 novembre 1584 i Canonici della Cattedrale di Assisi eleg-
gono « Tullium Flamengum pro anno et ad beneplacitum capituli »
Maestro di Cappella in S. Rufino.

Proseguono poi gli Atti Capitolari dicendo che « propria manu
dictus Joahnnes...» accetta e sottoscrive 5°).

Si trattava dello stesso Don Giovanni Tollio « flamingum » che
il 2 novembre dello stesso anno il Capitolo aveva chiesto al Vescovo
di Assisi di ammettere agli Ordini Sacri, dichiarando fra l’altro che
egli serviva la Chiesa di S. Rufino « pro magistro capelle et interim
cantoris » 57).

Prima dell'assunzione di questo valente musicista s'erano suc-
ceduti nella Cappella Musicale di S. Rufino vari avvenimenti degni
di qualche nota, come la stampa della Messa in musica di S. Rufino
proposta da Don Francesco Alfano il 25 maggio 1584 ed effettuata
a cura e spese del Capitolo 55), la riassunzione di Don Giuseppe da
Gubbio come Maestro di Cappella il 24 agosto successivo 5°), e infine il
21 settembre dello stesso anno la nomina di un nuovo Maestro di Cap-
pella nella persona di Benso del fu Marcantonio Benso, cantore *?).

‘L'assunzione di Giovanni Tollio come Maestro di Cappella in
S. Rufino va senz'altro annoverata tra i fasti di maggior lustro e
decoro per la Cattedrale di Assisi, data l'importanza di questo musi-
cista e il pregio delle sue composizioni.

Giovanni Tollio era nato ad Amersfoort, città dell'Olanda, a
nord-owest di Utrecht, intorno al 1550.

Negli anni giovanili era stato Maestro di Cappella nella Chiesa
di Nostra Signora del Divino Amore nella città natale.

Poco rimunerato in patria, venne in Italia, ove, nel 1583, lo
troviamo Maestro di Cappella nel Duomo di Rieti 9), di dove nel
novembre del 1584, come si è visto, veniva in Assisi, ove il 6 settem-

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28 ALBINO VAROTTI

bre 1585 suggerisce al Capitolo l'assunzione di nuovi cantori **) e
disposizioni che vietano ai Canonici d’intervenire a funzioni in altre
chiese, cui non sia invitata ad intervenire anche la Cappella Musi-
cale di S. Rufino ©).

Ad Assisi il Tollio rimase Maestro di Cappella in S. Rufino
sino al 5 settembre 1586.

In tale data gli Atti Capitolari del Duomo dichiarano che sono
venuti a mancare nella Cappella Musicale Don Giovanni Tollio
fiammingo e un soprano evirato **).

Il Capitolo « ad scrutinium » viene interpellato «an debeat pro-
videri de alio Magistro capellae et castrati seu licentiari dictum
hominem ».

Si decide allora di provvedere un nuovo Maestro di Cappella **).

Finora s'era comunemente ritenuto che il Tollio fosse divenuto
francescano in Assisi, ma la proposta del Capitolo della Cattedrale
al Vescovo per farlo ammettere agli Ordini Sacri, data la prassi
usuale della Chiesa in tali cose, sembra escluderlo all'evidenza.

Nel 1587 troviamo il Tollio a Roma e l'otto luglio di quell'anno
lo troviamo citato in un processo come teste in difesa del cocchiere
francese Stefano Sermon **).

Da Roma passava a Padova dove l'otto maggio 1588 veniva as-
sunto come cantore tenorista nella Cappella Musicale del Duomo **).

La sua condotta era stata sempre ineccepibile sin qui e tale si
conservó sin ch'egli visse, ad eccezione di un diverbio con parole ingiu-
riose dette nel Duomo di Padova «la vigilia de S. Sebastiano in Cap-
pella al Vespero » il 20 gennaio 1598, per cui fu esemplarmente pu-
nito con la multa di « ducati 5 » assieme al cantore Orazio Rossetto **).

Nonostante questo, il 5 marzo 1589 era stato sospeso dal ser-
vizio nella Cappella Musicale del Duomo di Padova, essendosi saputo
che il Tollio ad Assisi era stato accusato come sospetto d’eresia.

Per questo i Canonici del Duomo di Padova avevano deciso :
«... che hauendo confessato pleno capitulo il fiamengo cantore de
essere stato inquisito di heresia che non sia più admesso a cantar
in cappella se egli non mostra d'esser stato assoluto » **).

Fortunatamente il Vescovo di Assisi Giuseppe Brugnatelli, cui
Giovanni Tollio era prontamente ricorso per aiuto, un mese dopo
inviava al Capitolo del Duomo di Padova la seguente lettera :

«Alli Molto Magici et R.di SS.ri
«Come fratelli li SS.ri Girolamo Michiele et Camillo Bonomo
Canonici di Padova.
LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 29

-

Molto Mag.ci et R.di SS.ri Come fratelli carissimi: se prima
io hauessi riceuuto la delle SS.VV. de' 17 del passato, riceuuta alli
16 del curente, haueria risposto prima. Hora le rispondo, essere
uero, che ms. Gio. Tollio d'Amersforest è stato Mastro di Capella
nella mia Chiesa, et essere uero che falsamente denuntiato di here-
sia, è stato assoluto, et gran parte delli testimoni contra di lui
sono stati penitentiati, et per quanto io l'ho pratticato l'ho cono-
sciuto buon Catholico. Et se in altro posso seruire alle SS.VV.
m'offero prontissimo a ció fare, cosi il Signore Dio le conserui.

Di Roma, alli 19 d'Aprile 1589.

Delle SS.VV. Come Fratello
G. Brugnatelli Vescovo di Assisi » **).

Cosi, completamente riabilitato, il Tollio veniva reintegrato nel
proprio servizio.

Da Padova passó come Cantore della Hofkapelle di Copena-
ghen, ove lo troviamo dal 10 ottobre 1601 al 18 gennaio 1603, data
probabile della sua morte.

Del Tollio restano le seguenti opere a stampa:

I — « MOTECTA DE DIGNITATE ET MORIBUS SACERDOTUM JOAN-
NES TOLLIUS AMERSFORDIENSIS BELGA TERNIS VOCIBUS. LIB. I°. VEN.
1590 ANG. GARDANUS ». In 4°.

Di tale opera si conosce per ora un solo esemplare esistente
nella Koenigler und Universitàts Bibliotek di Kónigsberg.

In essa sono contenuti ventun mottetti suggestivi a 3 voci
miste, ossia per soprano, tenore e basso, a cappella.

II — «Lis. r et 2. MorecToRUM 5 vocum. ven. 1591 GARDA-
NUS ». In 4°.

Di tale opera si conosce un solo esemplare esistente nella Stün-
dische Landesbibliothek di Kassel. Copie manoscritte se ne trovano
in biblioteche olandesi e francesi.

Contiene mottetti a 5 voci miste, ossia per due soprani, due
tenori e basso, a cappella.

III — « MODULI TRIUM VOCUM, EX SACRIS BIBLEIS PLERIQUE
OMNES DESUMPTI : 1597, APUD HIERON. COMMELINUM (IN HEIDEL-
BERG) ». In 4°.

Di tale opera si conosce un solo esemplare nei fondi Fétis della
Biblioteca Reale di Bruxelles.

Contiene 28 falsobordoni per soprano, tenore e basso, a cappella.

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Iv — MaprIGALI A 6 voci, DI GIOUAN TOLLIO D'AMORFORTE.
MDXCVII. APPRESSO GIROLAMO COMMELINO (IN HEIDELBERG E Ló-
wen) ».

Di quest’opera si conoscono più esemplari : uno esistente nella
Biblioteca Universitaria di Amsterdam, un altro a Regensburg nella
« Proske Bibliothek ».

Contiene ventun madrigali di notevole interesse a sei voci
miste a cappella. i

A queste opere vanno aggiunti :

1° — Il madrigale « PARGOLETTA CHE SCHERZI », a 4 voci miste
a cappella, contenuto nella raccolta « MADRIGALI DI DIVERSI A QUAT-
TRO VOCI RACCOLTI DA GIO. MARIA RADINO ORGANISTA IN SAN-GIO-
VANNI VERDARE DI PADOVA & NOUAMENTE POSTI IN LUCE. ÍN vENE-
TIA APSSPRE RICCIARDO AMADINO MDXCVIII », di cui esistono il Cantus
e Altus nella Biblioteca Imperiale di Vienna, il Cantus, Altus e
Bassus nella Biblioteca della Università di Koenigsberg.

11° — Il madrigale « CHI NON HA FORZA 0 CUORE», a 5 voci
miste a cappella, contenuto nella raccolta « LAUDI D'AMORE / MADRI-
GALI A CINQUE VOCI DE DIUERSI ECCELLENTI MUSICI DI PADOUA.
NOUAMENTE POSTI IN LUCE. ALL’ILLUSTRE SIGNOR GUGLIELMO
ApORNE Borusso. IN VENETIA, APPRESSO HICCIARDO AMADINO
MDXCVII, di cui un esemplare completo esiste nella Biblioteca di
Stato a Lipsia. -

Molte opere del Tollio sono state nuovamente poste in luce con
recenti ristampe in notazione moderna ad opera di studiosi stra-
nieri che assegnano alla figura artistica di lui un posto di fondamen-
tale importanza tra gli esponenti più insigni della Scuola Musicale
Fiamminga.

Nella sua produzione sacra e profana infatti è sensibile il pas-
saggio dalla tradizione classica fiamminga allo stile del primo Ba-
rocco Musicale.

Alla partenza del Tollio il. Capitolo della Cattedrale di Assisi
cerca un nuovo Maestro di Cappella: viene scelto un certo Don
Lorenzo, Maestro di Cappella in Foligno *»).

Costui non accetta e il Capitolo incarica i Canonici Adriano
Maghetto e Cesare Sperelli di chiamare al suo posto un certo Don
Ferrero (o Ferretto), soprannome con cui si chiamava G. B. Conto-
lini, già organista in S. Maria Maggiore di Spello ?2).

Questi rimase sino al 12 aprile 1587, in cui venne rieletto Mae-
stro di Cappella in S. Rufino il già ricordato Don Marcantonio Con-
LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 31

tolini *), al quale succede il 7 luglio dell'anno seguente il francese
Don Claudio Neviros (o Muris), con l'incarico d'insegnare in Semina-
rio ai Chierici, consegnare un Inno, una Messa, un Mottetto per la
festa di 5. Rufino, da scrivere nei libri di musica della Cattedrale, ogni
anno **). |

I] 23 luglio successivo si eleggeva organista in S. Rufino quel
Don Giacomo Ascaloni che vedremo al fianco di tanti maestri sino
a Giacomo Carissimi '*).

Il 26 febbraio di quell’anno il Papa aveva imposto il Breviario
Francescano al Capitolo e al Clero di Assisi: per questo il Capitolo,
volendoa deguarsi alle nuove esigenze delle ufficiature, aveva im-
posto particolari condizioni al nuovo Maestro di Cappella in S.
Rufino **).

Il 4 settembre del 1589 il Capitolo confermava nell'ufficio il
Maestro della Cappella Musicale di S. Rufino, con l'obbligo d'inter-
venire ai matutini e alle ufficiature corali, d'insegnare canto ai
putti della Cappella e ai Chierici del Seminario, e celebrare in Duomo
nei giorni liberi ?”).

Il 26 gennaio 1592 un altro francese viene fatto Maestro di:

Cappella in S. Rufino : Don Camillo Mattlem **).

Sin dal 5 giugno di questo stesso anno vediamo assunto come
basso nella Cappella Musicale di S. Rufino il celebre Don Raffaele
Lionello, famoso nel mondo musicale dell'epoca col nome di « Basso
dell'Umbria » 7°).

Poi negli anni 1593-1594 si alternano come maestri sostituti i
cantori Don Andrea Carota e Don Raffaele Lionello, sinché il 27
gennaio 1598 si elegge Maestro di Cappella Don Giambattista Con-
tolini d'Assisi, detto Ferretto, con la provvisione di 18 coppe di
grano, 18 barili di vino, 18 scudi, 18 boccali di olio all'anno e l'ob-
bligo di intervenire alle ufficiature feriali e festive, eccettuata una
settimana, senza la possibilità di chiedere più aumenti *°).

Con questo si conclude la storia della Cappella Musicale di S.
Rufino nel secolo decimosesto.

SECOLO XVII.

Agli inizi di questo secolo s'introduce nelle musiche di chiesa
lo stile monodico del « Recitar cantando» instaurato dalla ‘Came-
rata Fiorentina dei Conti Bardi di Vernio.

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I sostenitori di questo nuovo modo di concepire l'arte musicale
liturgica «ingaggiarono una guerra senza quartiere al modo di com-
porre del secolo xvr, cosi da annientarlo e farne perdere al pubblico
il gusto e fin anco la memoria. Per dirla in numero rotondo, dal
1630 in poi s'accese un'ignobile gara nella quale letterati, composi-
tori, cantori e musici, tutti concordi nel magnificare lo stile barocco,
come un'emanazione dell'antica arte greca, giuocarono a chi più
poteva nel disprezzare l'arte e gli artisti dell'epoca anteriore non
escluso il Palestrina. Gli antesignani di questi iconoclasti dell'arte
pura stavano a Firenze con Giov. B. Doni alla testa » ®).

A tale riguardo Vincenzo Giustiniani nel 1628 scriveva : « Og-
gidi nelle composizioni da cantarsi in chiesa non si preme tanto
come per avanti nella sodezza del contrappunto, ma nella loro grande

varietà ... Con intromettervi anche lo stile recitativo, il qual modo
ricerca piü gran pratica e vivacità d'ingegno che gran maturità e
scienza... E si vede che maestri di cappella delle chiese principali

sono giovanotti, e il più vecchio fra essi è d'età 40 anni circa . . . ».

Nella Cappella Musicale di S. Rufino si succedono durante il
secolo xvii figure di musicisti d'importanza eccezionale e di fama
europea, per cui tale periodo puó ben definirsi il suo secolo d'oro.

Dal 1600 al 1601 é Maestro di Cappella in S. Rufino un certo
Ottavio che gli Atti Capitolari definiscono « famigliare del vescouo »,
per desiderio del quale presta, graditissimo, gratuito servizio.

Gli succede Democrito Vicomanni, musicista di valore nato a
Camerino nel secolo xvi, che fu Maestro di Cappella nel Duomo
di Fermo dal 1590 al 1596 e Maestro di Cappella in S. Rufino d'As-
sisi dal 19 aprile 1602 *») al 21 novembre 1603.

È autore delle seguenti opere a stampa :

I — «IL 1° LIBRO DE' MADRIGALI A 5 v. », Perugia, Petrucci,
1582;

Il — «Ragionamenti delle regole di ben fare il contrapunto di
2 v.», Camerino, 1589 *».

A Democrito Vicomanni il 21 novembre 1603 succede come
Maestro di Cappella in S. Rufino l'assisano Don Andrea Carota *')
« per modum provisionis ».

Il 2 settembre 1605 è nuovo Maestro di Cappella in S. Rufino
Giovanni Parlesi, cui succede il 16 maggio 1608 Don Carlo da Jesi
seguito il 30 agosto successivo dall'assisano G. B. Contolini, al quale
succedono, il 6 agosto 1610 Orazio Vanini, il 2 dicembre 1611 Tiberio
Fardelli, e il 25 maggio 1613 un certo Ruggiero Fiamengo.

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LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 33

Il 5 settembre 1614 con provvedimento salomonico il Capitolo
della Cattedrale di Assisi elegge due Maestri di Cappella che si do-
vrebbero alternare settimanalmente nel servizio.

Essi sono Don Silvio Serreno o Butti e l'assisano Don Vincenzo
Paes):

Per gli inevitabili disguidi causati da tanta saggezza con alterne
vicende di regolari sospensioni e reintegrazioni ora dell’uno ora del-
l’altro si giunge con essi al 7 luglio 1617, in cui il Capitolo elegge
Maestro di Cappella il compositore francese Don Egidio Jarram,
che tiene l’ufficio fino al 21 febbraio 1620.

Partendo lasciava all'Archivio Musicale di S. Rufino varie sue
opere a stampa e manoscritte.

Partiva da Assisi per recarsi a dirigere la Cappella Reale di
Francia ed il Capitolo volle dargli oltre un certificato di buon ser-
vizio anche una regalia in denaro 8°).

Allo Jarram il 20 marzo 1620 succede, solo, questa volta, l’as-
sisano Don Vincenzo Pace.

Aveva con sè il nipotino Sebastiano assunto egli pure tra i
cantori della Cappella Musicale di S. Rufino come soprano e cui
più volte il Capitolo volle esprimere la propria soddisfazione per
il servizio prestato con frequenti e graziose regalie.

Vincenzo Pace era nato ad Assisi nella seconda metà del se-
colo xvi.

Era stato alunno del Seminario Diocesano e, divenuto sacer-
dote, aveva esordito nella carriera musicale, come s'é visto, condi-
videndo, sia pure in modo piuttosto burrascoso, con Don Silvio
Serreno o Butti la direzione della Cappella Musicale di S. Rufino.

Di qui nel 1617 passava alla direzione della Cappella Musicale
del Duomo di Rieti, rimasta vacante per la partenza del Maestro
Alessandro Capece, noto compositore romano.

Il suo magistero nel Duomo di Rieti inizió il 1* luglio 161789)
e il Capitolo, subito dopo l'elezione, gli fece ottenere dal Vescovo
l'alloggio gratuito in Seminario **).

Egli diede tali prove di perizia e diligenza che il Capitolo pagò
a proprie spese Don Giuseppe Liberati che l'aveva supplito durante
una breve assenza **), e gli rinnovò l'incarico prima ancora che
scadesse il suo contratto annuale °°).

Ma il Capitolo del Duomo di Assisi gli andava proponendo la
direzione della Cappella Musicale di S. Rufino ed egli, mostrando
di gradirla, espresse apertamente al Capitolo Reatino il proposito di

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ALBINO VAROTTI

andarsene prima del tempo e l'opportunità di trovargli un suc-

cessore: 21), ::

Cosi da Rieti tornava ad Assisi nel 1620 ed incontró il plauso
generale, tanto che il Capitolo ritenne opportuno decretare :

« Che il Mastro di Cappella della nostra Chiesa non possa andare
a far Cappella né a cantare in loco alcuno doue si faccia musica,
si non inuitarà, o menarà seco li Cantori salariati della Chiesa, né
meno detti salariati possano andare a cantare, o tenere Cappella
come di sopra, si non vi sarà presente il sopradetto Mastro di Cap-
pella, et detta Cappella sarà moderata da esso Mastro di Cappella,
né li predetti possano pretendere a loro emolumento, che il sollito,
et contrauenendo ciascuno delli sopradetti alle predette cose, o
alcuna di esse incorra ipsofatto nella pena di uno scudo per cia-
scuna volta, da ritenersi dal loro salario, et applicharsi alla Sacristia
della nostra Chiesa » *»).

Vincenzo Pace ha dato alle stampe le seguenti opere :

I — « SACRORUM CONCENTUUM QUI 2-4 VOC... LIBER ET OPUS I,
Ven. 1617 GARDANO ».
Di quest'opera si conosce soltanto un esemplare esistente nella
Biblioteca Haberl di Regensburg.
Non si conosce l’esistenza di alcun esemplare del libro secondo
della stessa opera.

II — 4 SACRORUM CONCENTUUM 1-4 v... LIBER TERTIUS OP. 3 ).
Roma, Zanetti, 1617.

III — « AD PRAESENTEM LAETITIAM » a 4 v.m. e organo, pubbli-
cata nell’opera « FronETTI Nuovi DI F. ANTONIO PERCONTI SICI-

ILLUSTRISS.

SIG. ALESSANDRO FIUMI

LIANO DELLA CITTÀ DI LECATA MIN. CONU. DI S. FnRANGESCO. IL
PRIMO DE’ MOTTETTI A DUE, TRE, E QUATTRO VOCI, COL BASSO PER
L'ORGANO. ALLI

CONTE DI

STERPETO, E LA SIG. CONTESSA GIROLAMA NuTI SUA CONSORTE. IN

ASISI, PER GIACOMO SALUI CIO ID C.XX.I CON LICENZA DE’ SUPERIORI ).

Di tale opera si conosce solo il « Canto » esistente nella Biblio-

teca del Conservatorio « G. B. Martini » a Bologna.

Come ben osserva il Fétis, Vincenzo Pace è stato uno dei primi

ad usare il Basso Continuo dell’organo nelle composizioni chiesa-
stiche ad una o due voci *).

Il 16 settembre 1622 gli Atti Capitolari della Cattedrale di

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Assisi ci presentano tra i membri della Cappella Musicale di S. Ru-
LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 35

fino un’altra figura di grande rilievo : il cantore G. B. Bovicelli di
Assisi 94).

Nato nella seconda metà del secolo xvi, alunno del Seminario
Diocesano, era stato a Roma al servizio del Cardinal Sirleto prima
del 1584 e da questi raccomandato al Cardinale Borromeo era pas-
sato cantore nella Cappella Musicale del Duomo di Milano, dove
il bolognese Damiano Scarabelli lo ricorda sin dal 1592 nella dedica
del suo 1° LIBRO DEI MOTTETTI **).

Il famoso Duca Guglielmo Gonzaga l’aveva invitato nella sua
Cappella Musicale di Santa Barbara in Castello, ma egli avrebbe
preferito tornare al servizio del Cardinale Sirleto, cui espose per
lettera il proprio desiderio °°).

La missiva del Bovicelli giunse però quando il Cardinal Sirleto
era morto ( T 6 ottobre 1585).

E quasi sicuro che dopo il 1592 G. B. Bovicelli da Milano sia
tornato direttamente ad Assisi.

Intanto nel 1594 aveva pubblicato a Venezia la sua opera « RE-
GOLE-PASSAGGI DI MUSICA », della quale si conoscono attualmente
tre soli esemplari: uno, mutilo, nella Biblioteca del Conservatorio
di Parigi; due, completi, di cui uno nella celebre Biblioteca del
Conservatorio « G. B. Martini » a Bologna, e l'altro nella « Bibliothek
des Gymnasium zum granen Kloster » di Berlino.

Data la fondamentale importanza di quest'opera per il « Bel
Canto » italiano, la casa Bárenreiter ne ha fatto una ristampa in
facsimile nel 1957 a cura di Nanie Bridgman **).

Nell'opera del Bovicelli s'insegna l'artificio della diminutio nel-
l'esecuzione della polifonia (= parole, note e respiri), distinguen-
dosi dalle opere del genere di autori precedenti per la varietà dei
ritmi, le dissonanze anche sui tempi forti, cosa giudicata ancor oggi
anche dai piü spregiudicati compositori moderni come audacia
notevole.

Cosi Bovicelli ci porta al « Bel Canto » con gli artifici da appli-
care non alla nuova monodia nascente, ma alla sola polifonia clas-
sica.

Bovicelli nella sua opera mostra d'essere stato ricco di grande
fantasia ed esecutore assai dotto.

Il suo è il migliore metodo di canto del secolo xvi, la più chiara
testimonianza del virtuosismo dei cantori del Rinascimento Italiano.

Teorici come Zarlino e il Vicentino si sono mostrati reticenti
sul modo di cantare nella polifonia, ma di fatto i musici esecutori ^

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36 ALBINO VAROTTI

si attenevano a quanto è detto nel trattato del Bovicelli, contra-
riamente a quanto vorrebbe affermare A. Einstein quando dice che
i cantori di quel tempo «ne chantaient certainement pas de telles
monstruosités ».

Nonostante i consigli di moderazione contenuti nell'opera del
Bovicelli i cantori finirono col cadere in eccessi, suscitando il rim-
provero loro mosso dal Caccini «di affogare le parole sotto una
moltitudine di passaggi ».

Nonostante tutto nel 1600 ancora si pubblicano metodi e rac-
colte sempre piü numerose non solo di arie, ma anche di mottetti
e salmi cosi ornati e secondo questo stile che sinora, almeno in Ita-
lia, non ha mai cessato di costituire gran parte dell'insegnamento
del Canto.

I libri di amministrazione del Duomo di Assisi ci attestano
la presenza di G. B. Bovicelli nella Cappella Musicale di S. Rufino
sino al 1627, anno in cui, probabilmente, carico d'anni e di gloria
egli si è spento nella città natale.

Sinora si è scritto da quanti ebbero ad occuparsene che G. B.
Bovicelli era Frate Minore Conventuale, equivocando come in altri
casi (vedi Tollio e Vincenzo Pace) sulla denominazione di Seminario
Serafico attribuita al Seminario Diocesano di Assisi del quale era
stato alunno, ma gli Atti Capitolari e i libri di Amministrazione
della Cattedrale di Assisi restano lì a dimostrare tutto il contrario.

Gli Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi ci fanno sapere
che dal 1622 al 1626 è stato Maestro della Cappella Musicale di S.
Rufino Don Francesco Fracassa.

Poi si trova una lacuna che va dal 1626 al 1630.

È nota agli studiosi esperti di ricerche archivistiche l’assenza
in quasi tutti gli archivi ecclesiastici dei volumi degli atti relativi
agli anni che vanno dal 1620 al 1630, gli anni della famosa peste
serpeggiata un po’ dovunque mietendo vittime e così vigorosamente
descritta dal Manzoni.

Per paura del contagio compassati canonici e rigidi magistrati
non hanno esitato a dare alle fiamme tutte le carte passate per le
mani di molti, alcuni dei quali fossero scomparsi per causa di quel
terribile morbo letale.

Si sono però salvati quei documenti privati esenti da ogni so-
spetto di eventuale contagio.

Così è stato possibile riempire le lacune lasciate dagli Atti Capi-
tolari della Cattedrale di Assisi per mezzo di altre fonti estranee o

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Fra Rufino Bartolucci, Gloria del Salmo Laudate Pueri ad 8 voci a
cappella in doppio coro. Trascrizione D'Alessi,

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LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 37

appartenenti all'Archivio Capitolare medesimo, da cui si desumono
Je successive vicende della Cappella Musicale di S. Rufino.

Giuseppe Ottavio Pitoni nella sua « Notizia de’ contrappuntisti
e compositori di musica dal 1000 al 1700 », conservata autografa
nell'Archivio Musicale della Cappella Giulia di S. Pietro in Vaticano,
alla p. 1006, ha lasciato scritto :

« Giacomo Carissimi, figlio di Amico, nacque in Marino, e negli
anni giouenili hauendo appreso l’arte musicale, si pose al seruitio
di Getulio Nardini Vic.° apostolico della Città di Assisi, il quale
in occasione delle vacanze della Cap.la della Cattedrale di essa operò
che fosse m.ro di Cap.la della med.a... ».

Quando il Carissimi moriva, il Pitoni aveva diciassette anni e la
sua testimonianza esterna per più ragioni si presentava attendibile.

A confermarla e meglio precisarla in Assisi il Priore Don Ma-
riano Dionigi di venerata memoria, compulsando le carte dell'Ar-
chivio Amministrativo della Cattedrale, aveva la fortuna di imbat-
tersi in un registro sul cui frontespizio trovava scritto :

1628

«Qui sono notate tutte l’entrate et uscite pervenute in mano
di me don Giuseppe Cioli Camerario della Chiesa et Capitolo della
Cattedrale di S.° Rufino d’Assisi, incominciato il primo di Gennaro
1628 ».

Scorrendo le uscite per i salariati trovava le seguenti annota-
zioni :

«A di 13 9bre 1628.

M.° Jacomo Carissimo M° di Cappella ha hauto boccali quat-
tordice d’olio per suo salario di un anno per tutto il 19 feb.ro 1692
[(= parafasia per 1629)] per ordine del S.op.rio — 1-3-0

«(Fol. 7)

«D. Jacomo Car.mo M° di Cappella ha hauto some due di grano
a conto del suo salario d’un anno, restando d’havere due coppe
per compimento per tutto li 19 feb.ro 1629 con ordine del Cap.lo

— 02-0-0.

«(Fol. 20)

1629

«.a dn Jacomo Car.mo M.° di Cappella boccali otto et una
fogta [(= foglietta)] d’olio per suo salario di sette mesi e giorni
quindici per tutto li 4 8bre 1629 22:0-85]
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«(Fol. 10)

«a m Jacomo Car.mo mme? di Cappella boccali quattro et una
fog.ta d'olio per suo salario di tre mesi per tutto li Genro 1629 a

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17 boli [(= bolognini)] l’anno d’orde del Cap.lo — 0-4-1
«(Fol. 10)
«M. Jacomo Car.mo M° di Cappella ha hauto una rasenga di
grano per suo salario per tutto li 19 feb.ro 1629 — 0-4-0

« (Fol. 18)

«a M. Jacomo Car.mo M.° di Cappella scudi quattordice per
suo salario di un'anno per tuttili 19 feb.ro 1629 come per bollettrio
sotto li 29 Aple 1629 —14-0-0

«(Fol. 41)

«adi 11 luglio 1629
«a M. Jacomo Car.mo M.* di Cappella scudi nove et bol.dodice in
cambio di dodice barili di vino, di quattordice di mosto, che dovea
per suo salario di un anno per tutto li 19 feb.ro 1629 datoli d'orde

del Cap.lo et SS. Op.rii — 9-12-0
« (Fol. 41) À
«21 — 8bre 1629 — un barile e dodice boccali e mezzo di vino
al M.° di Cappella a bon conto del suo salario d’ord.e de SS. Op.
rii — 1-12-2
«(Fol. 31)
1630

«M Jacomo Car.mo M.° di Cappella ha hauto quarti dicissette
e mezzo di grano per suo salario di sette mesi e mezzo per tutto li

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«23 9bre 1630

«a M. Jacomo Car.mo già M° di Cappella scudi nove et bol
trenta doi e qni [(= quattrini)] quattro per suo salario di otto
mesi per tutto li 5 8bre 1629, et scudi sette et bol 50 per tanto vino
datoli in danari d'orde del .Cap.lo per d.° tempo, a ragione di 14
d’ogni cosa. -

«It. Scudi quattro et bol. 24 e qni quattro per suo salario di
tre mesi per tutto li 5 Genro 1630 per tutto il suo servizio, et scudi

b 5 8bre 1629 — 1-5-1/2

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LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 39

doi et bol. 52 per tanto vino datoli di d.° ord.e et d.° tempo a
ragione di 17 di ogni cosa come per bollettrio sotto il di d°
— 23-59-3 ».

Personalmente poi ho voluto scorrere i libri delle Entrate e
delle Uscite del 1631 e anni seguenti, ma di Giacomo Carissimi tra
i salariati di S. Rufino in Assisi non ho trovato più alcuna traccia.

In una « Memoria » manoscritta del secolo xvii conservata, nel-
l'Archivio del Collegio Germanico in Roma si trova scritto :

«Giacomo Carissimi figlio d’Amico coppellaro, della terra di
S. Angelo Diocesi di Camerino, mentre d’anni 23 staua in Assisi
pouero musico, fu dal P. Bernardino Castorio Rettore del Collegio
Germanico preso per servitio del detto collegio, introdotto nella
musica, lo fece Mastro di Cappella, doue ha seruito per 45 anni
sino alla morte seguita nel 1674 ».

Da queste fonti si è dunque potuto accertare che il grande Gia-
como Carissimi, uno dei piü celebri musicisti del suo tempo, una
delle figure più notevoli della Storia della Musica, è stato Maestro
della Cappella Musicale di S. Rufino in Assisi dal novembre 1627 -
al 5 gennaio 1630.

Nato in Marino nel 1605 da Amico Carissimo, bottaio, e da
Livia di Prospero, a diciotto anni era assunto cantore e nel 1625
a vent'anni diventava organista della Cappella Musicale del Duomo
di Tivoli sotto la direzione del romano Alessandro Capece, madri-
galista famoso, e di Francesco Manelli, autore delle prime opere
teatrali in musica rappresentate a Venezia.

Venendo ad Assisi nel 1627 era poco più che ventenne e della
sua attività musicale in S. Rufino lasciava una preziosa testimo-
nianza in un Salmo e nei due « Regina Coeli » a quattro voci miste
a cappella, il cui manoscritto originale è custodito nella Biblioteca
Comunale di Assisi.

Recandosi a Roma nel 1630 per dirigere la Cappella Musicale
ed insegnare nel Collegio Germanico dell'Apollinare si affermava
con una attività creativa addiritura prodigiosa in ogni genere mu-
sicale del suo tempo, lasciando copiosa messe di opere solo in mi-
nima parte pubblicate in raccolte di contemporanei o postume.

I preziosi manoscritti delle musiche del Carissimi si trovano
un po' dovunque, mentre gli autografi di lui dispersi dalle truppe
napoleoniche nell’occupazione dell'Apollinare in Roma sono rimasti
rarissimi.

Di uno di essi esistente nella Biblioteca Musicale « G. B. Mar-
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tini» di Bologna l'Archivio Capitolare di S. Rufino possiede copia
fotografica per l'importanza che esso assume per i dati biografici del
Carissimi, rivelando l'esistenza d'un suo fratello di nome Ilario, fin qui
sconosciuto ai biografi, e per le molte musiche inedite qui contenute.

Le principali biblioteche in cui si custodiscono le opere del
Carissimi sono: quella d'Amburgo, la Nazionale e quella del Con-
servatorio di Parigi, quella di Versailles, quella del Cristo ad Oxford,
il British Museum di Londra, la Biblioteca Nazionale di Berlino,
la Biblioteca Musicale « G. B. Martini» di Bologna, la Biblioteca
Estense di Modena, la Biblioteca Comunale di Assisi.

Le composizioni musicali del Carissimi contano oltre un cen-
tinaio di mottetti, varie messe, diversi salmi e cantici, piü di cento
cantate tra sacre e profane, varie composizioni per organo, sedici
tra Oratorii ed Historie.

Sua è l'opera teorica « Ars Cantandi» giuntaci nella versione
tedesca ad opera di allievi.

L'arte del Carissimi é profonda e chiara, degna del piü auten-
tico erede del sommo Palestrina, solida nell'architettura, intensa
nel sentimento, senza retorica o stravaganze, potente nella rappre-
sentazione puramente musicale di situazioni drammatiche e contra-
stanti tra loro come la tempesta marina del « Giona » descritta dalla
sola potenza evocativa del colore corale, il sospiro ascetico e mistico
della preghiera come nel Finale del « Giona », il tumulto dell'orgia
come nel « Balthasar », l'acclamazione delle moltitudini come nel-
l’« Judicium Salomonis », il compianto profondamente umano per la
morte di una fanciulla come nello « Jephte », il cui finale ha servito da
modello agli stessi Oratori di Giorgio Federico Haendel (1685-1759).

Il Carissimi, tanto povero alla nascita da dover essere tenuto
a battesimo da un oste e dalla levatrice, ricco però della scintilla
del genio che Dio gli aveva donato, morendo il 12 gennaio 1674
lasciava al Collegio Germanico dell'Apollinare la cospicua somma
di quasi quarantamila scudi, frutto della sua costante parsimonia
e delle sue «virtuose fatiche » di fecondo compositore.

L’aver schiuso le ali e le vie del trionfo al genio di Giacomo
Carissimi costituisce il più bel vanto e la gloria più grande per la
Cappella Musicale di S. Rufino.

Alla partenza di Giacomo Carissimi si succedono nella dire-
zione della Cappella Musicale di S. Rufino in Assisi Don Antonio
Giudice, Don Giovanni Rocchecciola, Don Giuseppe de Cafangia da
Oneglia (17 giugno 1639-1640), Bartolomeo Tonini da Fermo (5 no-

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vembre 1640), Don Timotello Timotelli da Gubbio (7 agosto 1643),
Giovanni Francesco Mercurelli (6 maggio 1644).

Forse il vero nome di quest'ultimo fu Giovanni Francesco
Marco Aurelli.

Era nato a Spello nel secolo xvirr.

Partendo da Assisi si recava a Roma, dove nel 1649 divenne
Maestro di Cappella nella Chiesa Nuova e nel 1654 in S. Marià della
Vallicella.

Lasció manoscritti o in antologie dell'epoca Mottetti, Salmi e
Lamentazioni.

È autore dell’« Oratorio di S. Cecilia », a cinque voci, e dello
« Oratorio del Diluvio », pure a cinque voci.

Al Mercurelli succedono Antonio Peretti, Luigi Battistini, Don
Lorenzo Grana di Cingoli (20 gennaio 1662) e infine l'appena dicias-
settenne Giuseppe Ottavio Pitoni, un'altra delle glorie piü fulgide
della Cappella Musicale di S. Rufino durante il secolo xvir.

Giuseppe Ottavio Pitoni era nato a Rieti il 18 marzo 1657.

Allievo a Roma di P. Natale e del Foggia, fu putto cantore
in S. Giovanni dei Fiorentini e ai SS. Apostoli.

A sedici anni nel 1673 fu nominato Maestro di Cappella a Mon-
terotondo, a diciassette nel 1674 veniva eletto Maestro della Cap-
pella Musicale di S. Rufino in Assisi, ove si tratteneva per due anni,
a diciannove, nel 1676, passava a dirigere la Cappella Musicale del
Duomo di Rieti, sua città d'origine (cfr. Doc. vi).

L'anno seguente rientrava in Roma eletto Maestro di Cappella
a S. Marco, dove rimase fino alla morte, contemporaneamente pre-
stando servizio anche in S. Apollinare dal 1686, in 5. Lorenzo in
Lucina dal 1689, in S. Giovanni in Laterano dal 1708 al 1719, in
S. Maria Maggiore dal 1709, in S. Pietro al Vaticano dal 1719.

Fu piü volte primo guardiano, oggi si direbbe presidente, della
Congregazione di S. Cecilia, l'attuale Accademia omonima, sempre
fu esaminatore dei Maestri.

Mori a Roma il 1* febbraio 1743.

Ha dato alle stampe:

I — « JUSTUS GERMINABIT», a 2 voci e organo, Roma, Ma-
scardi, 1697 ;
II — « GUIDA ARMONICA », Roma, 1689.

Lasciava inedite le seguenti composizioni :
Quaranta messe a 12 voci in 3 cori;
Venti messe e salmi a 16 voci a 4 cori ;

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Mottetti a 26 e 36 voci in 6 e 9 cori;

Il «Dixrr» a 16 voci che ancor oggi si eseguisce in S. Pietro
a Roma; I

l'oratorio « S. Ranieri » (Firenze 1693) ;

l'oratorio « Il Mondo Riparato » (Roma 1693) ;

«Hungariae triumphus in Quirinali » ;

«Aggiunte alle regole di Contrappunto di G. Belli»;

« Notizia de’ contrappuntisti e compositori di musica dal 1000
al 1700 ».

Giuseppe Ottavio Pitoni è considerato il più tipico rappresen-
tante della Scuola Polifonica Romana del suo tempo.

Sui manoscritti del Pitoni il Baini preparò l’Edizione Monu-
mentale delle Opere di Palestrina.

Ebbe allievi: Durante, Feo, Leo, G. Chiti, Bomporti.

Con la poderosa figura artistica di Giuseppe Ottavio Pitoni si
chiude la storia della Cappella Musicale di S. Rufino durante il
Secolo xvVII 98).

SECOLO XVIII.

Il secolo xvir ci presenta Maestri di Cappella in S. Rufino
d’Assisi Don Giovanni Francesco Serrani (6 aprile 1703), Don Paolo
Lugli (19 ottobre 1703), Gabriele Meletini di Perugia (8 novembre
1704), Don Pietro Benedetti d’Assisi (7 dicembre 1705-17 aprile
1707; 17 febbraio 1719; 3 agosto 1736-1743), Don Pietro Rinaldi
da Spello (19 luglio 1709), Giovanni Olivieri (3 gennaio 1710), Don
Giovanni Leonelli (2 dicembre 1729), Don Carlo Panta di Orte (11
giugno 1743), Pietro Serafini d’Assisi (21 marzo 1745), Giovanni
Majolini (31 ottobre 1755), Girolamo Tanaglia, Padre Andrea Valen-
tini o.f.m. conv., Giovanni Ricci, napoletano e parente del celebre
Niccolò Zingarelli.

La figura artistica più interessante della Cappella Musicale di
S. Rufino durante il secolo xvin è senz'altro quella di Don Pietro
Benedetti, nato ad Assisi intorno al 1680, che fu Maestro di Cappella
in Apiro (Roma), a Recanati, nella corte della Sacra Maestà di Po-
lonia, e più volte in S. Rufino d'Assisi.

La prima volta viene eletto dal Capitolo in data 7 dicembre
1705, ma il 17 aprile successivo egli rinunzia.

Ritorna nel 1719, ma poiché non interviene alle ufficiature

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LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 43

corali un solenne monitorio del Vescovo lo richiama e lo multa,
inducendolo poco dopo a nuove dimissioni.

Il 3 agosto 1736 propone personalmente al Capitolo la propria
candidatura alla direzione della Cappella Musicale di S. Rufino, ma
a condizione di essere esonerato dalle ufficiature corali.

I Canonici della Cattedrale di Assisi in quel tempo tra un’ora
canonica e l’altra normalmente ammazzavano il tempo cuocendo suc-
culenti salsicciotti e consumandoli nel cosidetto « caminaccio » adia-
cente alla sacrestia grande, oppure giocando a boccette con delle
noci lungo il corridoio a destra di chi entra in Cattedrale, cose tutte
che al Benedetti non garbavano affatto e che non accettava d’es-
sere indotto a fare.

In cambio Pietro Benedetti proponeva d'insegnare gratuita-
mente ai seminaristi.

Il Capitolo della Cattedrale accettò le condizioni nominandolo
Maestro di Cappella per tre anni, ma poi confermandolo di volta
in volta con vicendevole soddisfazione sino al 1743, in cui proba-
bilmente morì.

Ha lasciato molta musica inedita, tra cui mottetti, litanie,
antifone, cantate. |

Ha dato alle stampe varie opere, di cui le più notevoli sono :
le Mzssk, delle quali esistono due esemplari completi a Lucca, uno in
Seminario, l'altro al Liceo Musicale « Boccherini »; gli OFFERTORI,
di cui esiste una copia completa nella Biblioteca Comunale di Assisi.

Le sue opere piü pregevoli invece sono:

1 — Le Sonate per due Violini e Cembalo, stampate dall'Edi-
tore le Céne di Amsterdam, delle quali attualmente si conosce un
solo esemplare nel British Museum di Londra ;

Ir — Le sue famose « Lamentazioni di Geremia », stampate a
Venezia nel 1714, delle quali attualmente si conosce il solo esemplare
custodito nell'Archivio Capitolare della Cattedrale di Assisi.

Alla generosità del Benedetti deve l’esistenza l’orfanotrofio di
S. Ildebrando in Assisi.

SECOLO XIX.

Siamo così giunti al secolo xix, in cui vediamo due soli Maestri
di Cappella dominare per tutto un secolo la vita musicale di S. Ru-

fino ad Assisi.
Il primo è Francesco Sabatini di Assisi (1792--20 luglio 1860),

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allievo del P. Antonio Amone o.f.m. conv., compositore fecondo,
valente violoncellista, professore emerito nel Liceo Classico citta-
dino ?*), papalino sino al midollo delle ossa e arrabbiato sostenitore
del potere temporale dei Papi.

Ha lasciato all'Archivio Capitolare del Duomo d'Assisi circa
trecento composizioni tra sacre e profane.

Tra esse particolarmente degne di nota sono :

I — « MISERICORDIAS DOMINI / INTROITO A DUE CORI, CANTATO
NELLA GLORIOSA RICORRENZA DEL RISTABILIMENTO DEGLI AFFARI
POLITICI DELLO STATO PONTIFICIO L'ANNO 1831 / NELLA CHIESA CAT-
TEDRALE DI S. RUFINO DI ASSISI » 190);

II — «Tu ES PETRUS A 4.? VOCI, ESEGUITO NEL DI’ 23. 7bre
1841 NEL PASSAGGIO / CHE FECE GREGORIO XII IN QUESTA CITTÀ
DI ASSISI » 19);

III — « TE DEUM / A PIENA BANDA, / DA RICANTARSI QUANDO
SARÀ CADUTO QUESTO / GOVERNO LADRO, INFAME-ASSASSINO DEL /
REGNO DIABOLICO ! ! ! 192).

Si era nel 1868 ed il Regno contro cui Francesco Sabatini
scaglia le sue invettive è il Regno Piemontese che da poco s'era
annessa l'Umbria e con la soppressione delle corporazioni religiose
e la confisca dei beni della Cattedrale aveva gettato la città di As-
sisi, che di essi e per essi aveva sino allora prosperato, in un lagri-
mevole stato di squallore, miseria e fame veramente detestabile 1°),

Quel « RICANTARSI » che si trova sulla copertina del « TE DEUM »
rispecchia l’opinione corrente tra il Clero e la maggior parte del
popolo di Assisi, che si illudevano pensando che il nuovo regno
potesse avere durata effimera come in precedenza aveva avuto la
Repubblica Romana di Mazzini e Saffi.

Alla morte di Francesco Sabatini diviene Maestro di Cappella
in S. Rufino d’Assisi Giuseppe Sabatini, contrabassista e composi-
tore che ha lasciato all’Archivio Capitolare oltre un centinaio di
composizioni autografe.

Egli dirige la Cappella Musicale di S. Rufino sino alle soglie
del secolo xx.

Accanto ai Maestri di Cappella ricordati aveva operato in varie
occasioni, modesto ma laborioso, LonENzo ANTONINI di Assisi,
sonatore di Trombone nella Banda Cittadina e a tempo perso, vera-
mente perso, compositore di musiche sacre in gran parte conservate
nell'Archivio Capitolare di S. Rufino e nell'Archivio Musicale della
Basilica di S. Francesco 194).

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Galleria del Vescovado di Assisi). (Foto De Giovanni, Assisi).
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LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 45

SECOLO XX.

Agli inizi del secolo xx anche in Assisi, in S. Rufino oltre che
in S. Francesco, le musiche di Chiesa sono di stile melodrammatico,
secondo il malvezzo invalso tra i compositori di musica sacra sin
dal secolo xviri, giunto all'apogeo nel secolo xix, ancora trionfante
nei primi anni del 1900.

In questo tempo in quasi tutte le chiese accade ancora «... di
vedere il sacerdote nei momenti più sublimi della Messa, attendere
rassegnato che un flauto termini i suoi trilli e le sue volatine, che
un violino gema le sue melodie sulla quarta corda, un clarinetto i
suoi gorgheggi interminabili, quando anche non sia una tromba, che
sfacciatamente squilla nel modo il più stridulo ed assordante. Ed è
ancora più frequente l’occasione di vedere un tenore di cartello in
guanti neri, zazzera inverniciata e baffi appuntiti, venire alla tri-
buna dell’orchestra, ad implorare per la centesima volta il miserere
nobis chiudendo con una perorazione che fa andare in visibilio tutti,
pubblico e purtroppo anche sacerdoti. E quando un basso dalla
voce cavernosa urlerà un suscipe deprecationem nostram ; quando un
contralto con note fesse ed affaticate belerà il Laudamus ; quando
l'organista si divertirà a dar saggio improvvisato del suo molto
dubbio sapere; quando un'orchestra all’Offertorio — cioè in un
momento cosi pieno di santa poesia e di sublime idealità — farà
attendere il celebrante che sia finita la sinfonia della Semiramide
o dello Zampa, della Muta di Portici, oppure della Gazza Ladra,
non diremo cosa falsa né riprovevole ripetendo che tutto questo,
in nome della fede, dei divini misteri della religione, delle leggi litur-
giche, dei decreti della Chiesa, della dignità e del decoro del Tempio ;
infine in nome dell'arte istessa, è assolutamente sconveniente, anzi
« Scandaloso » 195),

Pio x nel 1903 col suo celebre Motu Proprio sulla Musica Sacra
decreta la fine di tale riprovevole stato di cose.

Anche la Cappella Musicale di S. Rufino si adegua alle nuove
disposizioni pontificie ringiovanendo gagliarda sotto sì nobili auspici.

I vecchi e benemeriti cantori Don Raffaele Morbidelli, valente
sopranista, Rufino Tanci, tenore, Alessandro Sensini, Tega, Fortini,
Pizzardi, Mensolini, per non ricordarne che alcuni, cadono sulla
breccia servendo sino all’ultimo respiro la loro amata Cappella
Musicale di S. Rufino.
ALBINO VAROTTI

L’organista Giuseppe Cavicchi che aveva chiuso indignato il
suo servizio nella Basilica di S. Francesco rintronando le orecchie
dei suoi serafici importunatori con le note dell’Inno di Garibaldi
suonato «organo pleno », il 20 ottobre 1906 viene assunto come
Maestro di Cappella e organista in S. Rufino 1°°).

Il Maestro Giuseppe Cavicchi era buon musicista e per un certo
periodo di tempo rimase il solo sostenitore della riforma della mü-
sica sacra in Assisi.

Tenne la direzione della Cappella Musicale di S. Rufino sino
alla morte. :

Anche i Conventuali P. Emilio Norsa e P. Domenico Stella,
Maestri di Cappella in S. Francesco, si resero poi benemeriti della
riforma della musica sacra in Assisi fornendo musiche, dirigendo
esecuzioni, formando allievi destinati a continuare i fasti della Cap-
pella Musicale di S. Rufino.

Nel rinnovato spirito Piacentini, Modestini, Don Mario Pier-
luca, Don Giuseppe Biselli, si avvicendano sino ai nostri giorni alla
direzione dell'antica e benemerita compagine musicale.

I repertori si rinnovano e le vecchie partiture si allineano gelosa-
mente custodite nel riordinato Archivio Musicale del Duomo di Assisi.

Sin dal 17 luglio 1609 :°?) il Capitolo aveva decretato di far
compilare un inventario dell'Archivio Musicale di S. Rufino, ma il
31 ottobre 1750 1°) ciò costituiva ancora un pio desiderio, tanto
che anche il 19 maggio 1893 gli Atti Capitolari della Cattedrale
di Assisi riportano ancora una volta la risoluzione di riordinare le
musiche e compilarne un inventario 19°).

Il Canonico Pietro Meccoli nel 1893 si accinge all'impresa, ma
inutilmente, lasciando un incompleto abbozzo d’inventario e le mu-
siche ben impacchettate in plichi numerati su cui non di rado sì
legge « musica condannata a dormire », oppure « ripudiata », 0 addi-
ritura « da ripudiare ».

Così, benchè menomato 4?) di tanti monumenti ed opere pre-
gevoli di un tempo, il ‘Catalogo dell’ Archivio Musicale di S. Rufino
con oltre un migliaio di manoscritti, più di duecento stampe di
varia epoca e pregio, con una cinquantina di codici musicali e litur-
gici dei secoli XII, XIII, XIV, XV, soltanto ora, senza che nessun de-
creto capitolare più lo stabilisse, è divenuto una realtà, la migliore
e più eloquente testimonianza della vitalità e del valore della glo-
riosa Cappella Musicale di S. Rufino attraverso i secoli della sua
lunga vita.

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LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 47

*
* *

Sento ora il dovere di ringraziare il Capitolo della Cattedrale
di Assisi e, particolarmente, Monsignor Silvio Pellico, il Canonico |
Aldo Brunacci, Don Mario Pierluca e Don Giuseppe Biselli, e quanti
altri mi sono stati vicini nel lavoro, per l'aiuto e l'assistenza prodi-
gatimi.
Poiché sempre
«Io parlo per ver dire,
Non per odio d'altrui né per disprezzo » 1»),

mi spiacerebbe di aver urtato nel mio dire la suscettibilità di qual-
cheduno o d'avergli recato noia.

Se ció fosse accaduto, prego perdonarmi, perché, per dirla col
Manzoni, « credete bene, non lo si é fatto apposta ».

ALBINO VanorrI, 0.F.M. Conv.

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N cordis & Organo Laudemus Dcum.
ALBINO VAROTTI

NOTE

I

1) Cfr. GIOVANNI TEBALDINI, La musica sacra nella Storia e nella Litur-
gia. Macerata, Unione Cattolica Tipografica, pp. 45-46.

2) G. CARDUCCI, Ode alla Chiesa di Polenta.

3) DANTE ALIGHIERI, Paradiso, Canto Xxx, 1-3.

3) ALBINO VaROTTI, Assisi, in « Enciclopedia Musicale Ricordi », Vol. I,
pp. 129-130, tav. LXV.

5) « Zaghi in dialetto veneto equivale all'altra antica voce Giacani delle
Cattedrali dell Umbria e di altrove per indicare i fanciulli chierichetti e putti
cantori. Penso che la parola sia una corruzione di Diaconi, intesa la parola
in senso largo e accomodatizio » R. CAsIMIRI, in « Note d'Archivio per la Storia
Musicale » Anno xvi, Maggio-Ottobre 1941, nn. 3-5, pp. 104-105, Nota (2).

« A lato della parola jacani il Pannain ha chiarito Diaconi. Sila voce ha
veramente quell'origine: ma essa non voleva significare quelli investiti del
Diaconato, l'ordine sacro che precede il presbiterato. Nelle varie regioni
italiane — ne ho documentazione dai tanti archivi di Cattedrali da me stu-
diati — jaconi, jacani, Giacani e in Veneto Zaghi, erano i fanciulli putti
chierichetti ». R. CasrMiRr, in «Note d'Archivio per la Storia Musicale »,
i Anno xix, Gennaio-Aprile 1942, n. 1-2, p. 5, Nota (1).
rH $) Cfr. la Costituzione del Card. Angelo Capranica per ordine di Pio II
| in erezione di S. Petronio di Bologna a Collegiata. 20 gennaio 1464. Rubr.
XXXV XXVI, DOC. II.

7) Cfr. E. M. BannIstER, Monumenti Vaticani di Paleografia Latina,
editi a cura della Biblioteca Vaticana, Vol. r, in folio maximo. Lipsia, O.
Harrassowitz, 1913.

8) «L. V. De Officio magistri scolarum et cantoris ».

y «Ad offitium cantoris spectat semper a latere domini Archipresbiteri
FS | | universaliter regere chorum .....
ni « Item tenetur semper regulare pueros etc.

«Item in omnibus festivitatibus dupplicibus maioribus una cum magi-
stro « scholarum debet regere chorum etc... ».

Archivio capitolare del Duomo di Padova. « Statuta manuscripta etc. ;
«Anno 1399 », «indictione septima », fol. 29-30.

*) Archivio Capitolare del Duomo di Padova. Bullarium etc., cc. 5'7r.-5'7U

19) Duchesne, « Liber pontificalis », vol. r, p. 231.

11) Regula S. Benedicti, Cap. 1x.

12) « Parecchi scrittori dell'età di mezzo lo chiamano Antiphona-
iius cento. Standoal Glossarium del Du Cange, Roberto di Deutz,

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LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 49

la cronaca di Reichensperg del 591 e Rodolfo di Diceto ({1210) dicono:
Gregorius... Antiphonarium regulariter centonizavit.

Il verbo centonizare significa ex variis libris descri-
bere, excerpere, « Estrarre, compendiare da varii libri »,

F. X. HABERL, Storia e pregio dei libri corali ufficiali, F. Pustet, Roma
e Ratisbona, 1902, p. 44.

13) DUCHESNE, Liber Pontificalis, Vol. 1°, pp. 322, 327 ; Vol. 11°, p. 86.

14) VALAFRIDO STRABONE, in MiGNE, Patrologia Latina, 113, Vol. 9.

15) Cfr. Doc. II.

15) Regula S. Francisci, Cap. I.

7) M. ANDRIEU, Le Pontifical Romain, Vol. 11.

18) M. ANDRIEU, Le Pontifical de la Curie. In Collezione di « Studi e Te-
sti ».

2) ARNALDO FoRTINI, La tradizione musicale della Basilica di Assisi,
Perugia, « Grafica », p. 3.

20) Cfr. P. vAN Disk S. J., Sources of the modern. Roman Liturgy, Vol. 1,
p. 158 ; Idem, Il culto, p. 173.

1) Cfr. P. vAN DIyK S. J., or.M., Sources of the modern Roman Liturgy,
Vol. 1, p. 244.

:) Cfr. S. J. P. vAN Drj&, Sources of the Modern Roman Liturgy, Vol. I,
p. 252.

:) Cfr. M. CATALANO, Il romanzo di Perugia e Corciano, Perugia, Unione
Tipografica Cooperativa, 1925. Estratto dal « Bollettino della Regia Depu-
tazione di Storia Patria per l'Umbria », Vol. xxvir, Fasc. I, N. 71, p. 7.

24) Cfr. F. TORREFRANCA, Il segreto del *400, Milano, Hoepli, 1934 ; Cfr.
R. CasimiriI in «Note d'Archivio per la Storia Musicale » Anno xix, n. 1-2,
gennaio-aprile 1942, p. 23.

II

1) «... dominum magistrum organarium dompnum Andream de Flo-
rentia...»

Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol r, carte 3v, capoverso 5i
— 5 maggio 1516. Notaio Capitolare Ilario Bini di Assisi.

3) «... sonatoj don Stephano Ant.i de Corthona pro anno quo in eccle-
sia ad sonandum organum ».

Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. 1, carte 7v, capoverso 2.
— Anno 1523. Notaio Capitolare Angelo di Antonio Bartoli da Assisi.

3) «... conducit in Cappellanos: Dominum Gratianum de Bittonio Do-
minum Franciscum de Gualdo, dominum Silvestrum primum Dominum Bar-
tholomeum Cristhoforis de Cortona» ad dicendum cantandumque divina
officia in Ecclesia Sancti Rofini... «... promittit de bonis dictae dare sol-

i
50 ALBINO VAROTTI

vere misurare pro dictis omni uno quoque ipsorum salmas duas grani catulos
suis barilos mistos duodecim vini. // florenos secdecim monetis ... Marchiae
mustum caldarillum dari ».

Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. r, carte 9v. — 21 agosto
1525. Notaio Capitolare Antonius Briccinus de Assisio.

*) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. 11, carte 8r, capoverso 1. .
— 12 ottobre 1551.

*) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rr, carte 12v, capoverso
II^, — 26 luglio 1552.

9) «... ac et curatur organista et pulsator ».

Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rr, Carte 15r, capoverso
v°, Statuti del 2 settembre 1552.

?) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. 11, carte 22v, capoverso
11°. — 30 luglio 1553.

- | 5 «... 2. do Super neghotium et adcordatione, organi sancitum fuit
b quia dominus Ambrosinus habeat autoritatem providendi quia dictum orga-
ci | | num reficiatur supra libras capituli 6 ».

um Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. 1r, carte 78, capoverso

II°. — 3 marzo 1559.
*) «Super provisionem faciendam in dominum Ambrosinum pro organista
quia licentiam petiit eundi Romam et proviserunt in servitio...: Attum

quondam Leonis... Ambrosinum remanere in servitio huius Ecclesiae cum
capituli licentia ad dictum capitulum erit reversus...»

Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. 11, carte 80r, capoverso
III?^, — 17 aprile 1559.

19) Atti Capitolari della Cattedrale di ASSISI; Vol. Ti, carte 81r, —. 5
maggio 1559. è.

1!) «Super organistam » « 4°. Super magistrum organi atque organistam
quia dominus Ambrosinus finivit suum annum et petiit licentiam suam voto
fuit electus dominus Marchus Antonius de Hispello... «cum salario solito
et alijs oneribus solitis... ».

Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rr, carte 84v, capoverso
IV. — 24 agosto 1559.

1°) Cfr. Lure: Pomponi, Memorie Musicali della Collegiata di S. Maria
Maggiore in Spello, in « Note d'Archivio per la Storia Musicale », Anno xvii,
Gennaio-Aprile 1940, num. 1-2, pp. 179-222.

1) «4*. Super provisionem organistae d. Thomasini pro anno phinito,
successorem huic posuere d. Innocentium, pulsatorem organorum dicti huius
capituli...

Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rr, carte 93v, capoverso
IV?, — 5b aprile 1560.

14) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rr, carte 108v, capoverso
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15) «... fuit sancitum unanimi voto ut eligatur pro organista dominus
Camillus de Frascati anno, asbsque in salario, ut et ipse fuit contentus. Et
in locum eius quoad officium chori fuit sancitum ut vocetur Dominus Marcus
Antonius Contolini cum solito salario unius Capellani ».

Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. r, carte 24r. — 21 agosto
1561.

16) «electio organisti... fuit confirmatus dominus Camillus... incipiens
idibus majs cum omnibus obligationibus..... standi in choro ..... propter
sonitum organi ».

Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rr, carte 125v, capoverso
S», — 8 aprile 1562.

17?) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rr, carte 116r, capoverso
1°. — 6 giugno 1562.

18) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rz, carte 140, capoverso
1°. — 21 giugno 1563.

19) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rr, carte 15v, capoverso
3. — 6 gennaio 1564.

20) «Super magistrum cappellae / et soprano... super ellectionem /
cantoris chori dicti Canonici uno Soprano, Carolum, fuitque per Supradictos,
eumque conducit... incipiens mense xre futuri presentis anni 1565... ».

Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. r, carte 29r. — 24 aprile 1565.

21) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol 11, carte 6v. — 10 gen-
naio 1547.

2) Cfr. MarrEo Fonwanr, Narrazione Istorica dell'origine, progressi e
privilegi della Pontificia Cappella, ms. nella Biblioteca Musicale « G. B. Mar-
tini» di Bologna, « Codice 33 », carte 106v.

29) Cfr. A. CRISTOFANI, Delle Storie d'Assisi libri sei, Seconda Edizione,
Vol. 11, Libro sesto, p. 282. Assisi, Sensi, 1875.

24) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. 11r, carte 19v, capoverso
5. — 26 maggio 1570. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

25) «Camera concessa magistro / Cappellae / Item consignaverunt Game-
ram, moderno magistro Cappellae eam ubi nunc habitat D. Marcantonius
Contolinus olim magister Cappellae, pro eius habitatione ».

Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rrr, carte 34v, capoverso

1°. — 4 maggio 1571. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

26) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rrr, carte 57, capoverso
1°. — 3 novembre 1571. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

27) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rrr, carte 41r, capo-
verso 11°. — 5 novembre 1571. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

28) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rrr, carte 41v, capo-
verso 1°. — 12 novembre 1571. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

29) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rrr, carte 42r, capo-
verso 111°. — 12 novembre 1571. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

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ALBINO VAROTTI

39 Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rr, carte 56r, Capo:
verso 1°. — Anno 1572. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, vol. rrr, carte 56v capoverso 19.
27 ottobre 1572. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

3) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rrr, carte 59v, capo-
verso 1°. — 2 gennaio 1573. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

- 82) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rrr, carte 60r, capo-
verso III. — 2 gennaio 1573.

33) «electioni Domini / Camilli Organisti. / 5». Super e lectioni organisti
sancitum fuit quod confirmetur donus Camillus cum salario &c....».

Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. 11, carte 137v, capoverso
5. — 7 maggio 1573.

34) « Electio magistri chori / Seu capell. — 6°. Super quonstitutioni et spec-
tationi magistri chori seu capell: sancitum fuit quod operam dare cantu
qui calme faciat suum officium magnum chori cantum per quaslibet ocasio-
nes S.cti Ruphini, et per magistrum fuit electus Dominus hieronimus Sca-
Jandri 5%: i

Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rr, carte 137v, capoverso
6. — 7 maggio 1573.

35) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rir, carte 63r, capoverso
3. — 5 giugno 1573. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

3) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rr, carte 156, capoverso
2. — 7 aprile 1574.

37) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rir, carte 69r, capo-
verso I. — 4 giugno 1574. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

:5) Cfr. R: CasrurRI in « Note d'Archivio per la Storia Musicale », Anno
xvin, Maggio-Ottobre 1941, num. 3-5, pp. 108-109.

3») Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rrr, carte 71r, capo-
verso i1?. — 30 agosto 1574. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

19) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. iri, carte 72v, capo-
verso III°. — 3 settembre 1574. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

41) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rir, carte 76v, capoverso
11°. — 8 gennaio 1575. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

4) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rir, carte 85r, capo-
verso III°. — 6 ottobre 1575. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

*) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rrr, carte 92v, capo-
verso viri?^. — 6 gennaio 1576. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

44) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rrr, carte 102v, capo-
verso vi?. — 7 settembre 1576. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

45) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rrr, carte 102v, capo-
verso vii?. — 7 settembre 1576. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

4) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rir, carte 102v, ca-
poverso 1x°. — 7 settembre 1576. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

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LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 53

47) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. mr, carte 105v. —
4 marzo 1577. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

48) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rr, carte 109r, ca-
poverso vr?. — 4 agosto 1577. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

49) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rr, carte 111, capo-
verso IX?. — 6 settembre 1577. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

50) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rir, carte 112r, ca-
poverso 11°. — 17 settembre 1577. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

51) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rr, carte 112, capo-
verso I1v°. — 17 settembre 1577. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

33) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rr, carte 112v, ca-
poverso 1°. — 17 settembre 1577. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

55) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rrr, carte 121r, ca-
poverso rv?. — $8 agosto 1578. Notaio Capitolare Graziano Benigni.

54) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rir, carte 122r, capo-
verso II. — 28 agosto 1578. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini di Assisi.

55) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 27r, capo-
verso rv?. — 28 settembre 1583. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini
di Assisi.

56) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 43v, capo-
verso 1?. — 7 novembre 1584. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini d'Assisi.

57) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 43r, capo-
verso 1°. — 2 novembre 1584. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini di
Assisi.

58) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 39r, capo-
verso ultimo. — 25 maggio 1584. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini
di Assisi.

59) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 41v, capo-
verso 11°. — 24 agosto 1584. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini di Assisi.

so) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 41r, capo-
verso 1°. — 21 settembre 1584. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini di
Assisi.

9$) «Die 11 Septembris 1583 — Capitulum elegit D. Joannem Tullium
Flandrum in Magistrum musicarium Cappelle et chori Reatini per annum
cum solita provisione et capitulis ; qui fuit electus per vota undecim duobus
contrariis non obstantibus ».

Archivio Capitolare del Duomo di Rieti, «Decr. Capit. », 11°, 103.

) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 52r, capo-

verso 1°. — 6 settembre 1585. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini di
Assisi.

$3) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 53r, capo-
verso 11°. — 6 settembre 1585. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini di

Assisi.
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€ Ratisbona, F. Pustet, 1902, p. 19.

ALBINO VAROTTI

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5) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 64v, capo-
verso II°. — 5 settembre 1586. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini di
Assisi.

**) Cfr. A. BERTALOTTI, Artisti Belgi e Olandesi in Roma ..., p. 311,
Firenze, 1899.

*" «Che sia condotto Giovanni Tolle fiamengo per cantore tenorista
con prouisione de £ 26 al mese etc.; et questo ad libitum Rdi Capituli ».
Archivio Capitolare della Cattedrale di Padova, « Acta capitul.», A. 1588.
20 Luglio. f. 173v.

*5) Cfr. R. CaAsIMIRI, Musica e Musicisti nella Cattedrale di Padova nei
Sec. XIV, XV, XVI, Contributo per una Storia, in «Note d'Archivio per
la Storia Musicale », Anno xvii, Maggio-Ottobre 1941, num. 3-5, pp. 139-140.

**)) Archivio Capitolare della Cattedrale di Padova, «Acta capitul. »,
A. 1589, 15 marzo. f. 214.

?) Archivio Capitolare della Cattedrale di Padova, « Acta Capitul», A.
1589, 19 aprile f. 234.

71) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 66v, capo-
verso v?. — 3 ottobre 1586. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini di Assisi.

?) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 67v, capo-

verso 1°. — 8 ottobre 1586. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini di Assisi.
#) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 72r, capo-
verso 11°. — 12 aprile 1587. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini di Assisi.
74) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 79v, capo-
verso 1°. — 7 luglio 1588. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini di Assisi.
75) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 81v, ca-
poverso 1°. — 23 luglio 1588. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini di
Assisi.

7) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 75v. — 26
febbraio 1588. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini di Assisi.

** Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 95r, capo-
verso 11°. — 4 settembre 1589. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini di
Assisi.

**) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 119v, ca-
poverso III°. — 26 gennaio 1592. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini
di Assisi.

**) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv. — 5 giugno 1592.
Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini di Assisi.

8°) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. rv, carte 228v, ca-
poverso iri? — 27 gennaio 1598. Notaio Capitolare Giovanni Maria Bini
di Assisi.

9?) Cfr. F. X. HABERL, Storia e pregio dei Libri Corali Ufficiali, Roma

Y SANE e, 'ac nerd SP. Jr TE 1,4 1 Ka 7 ì i PUE Ter eli 3
RO a TI GEMINI REN DE RI enti cr Lr LL XC ere co ADI pl Gi s x y
LA CAPPELLA MUSICALE. DI S. RUFINO 55

8°) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. v « Decreta Rmi Ca-
pituli S. Rufini Asisii/ab An: 1600 ad An: 1626 », carte 18v. — 19 aprile
1602. Notaio Capitolare Don Vincenzo Crespiani.

$) €fr. L. VirGILI, La Cappella Musicale della Chiesa Metropolitana
di Fermo, in « Note d'Archivio per la Storia Musicale», 1930, pp. 31-33.

84) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. v « Decreta Rmi Ca-
pituli S. Rufini Asisii/ab An: 1600 ad An: 1626 », carte 38v. — 21 novem-
bre 1603. Notaio Capitolare Don Francesco Crespiani.

$5 Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. v « Decreta Rmi Ca-
pituli S. Rufini Asisii/ab An: 1600 ad An: 1626 », carte 164r. — 5 settem-
bre 1614. Notaio Capitolare Francesco Benigni.

$$) « Che il R.do Don Egidio Jarram Mastro di Cappella, oltre il debito
che ha la chiesa, il quale lo si rimette gli si doni sei scudi per il viaggio verso
la sua patria de Lion, dove retorna rechiamato per Mastro della Cappella
Regia, et le si faccia il ben servito che desidera.

« Fuit obtentum viva voce superdictus D. Egidius in Capitulo donavit Ec-
clesiae infrascriptos libros Quattro libri de Vespri sei altri un scritto a mano ».

Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. v « Decreta Rmi Capituli
S. Rufini Asisii/ab An: 1600 ad An: 1620», carte 227v. — 21 febbraio
1620. Notaio Capitolare Francesco Benigni.

#7) Archivio Capitolare della Cattedrale di Rieti, « Decr. Cap. », IV, 67.

88) Archivio Capitolare della Cattedrale di Rieti, « Decr. Cap. », Iv, 68.

89) Archivio Capitolare della Cattedrale di Rieti, « Decr. Cap. », IV, 69.
— 14 ottobre 1617.

9) Archivio Capitolare della Cattedrale di Rieti, « Decr. Cap. », IV, 80.
— 11 gennaio 1619.

*) Archivio Capitolare della Cattedrale di Rieti, « Decr. Cap. », IV, 86.
— 8 settembre 1619.

Archivio Capitolare del Duomo di Rieti, « Decr. Cap. », Iv, 87. — 15
settembre 1619. ;

*) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. v « Decreta Rmi Ca-
pituli S. Rufini Asisii/ab An: 1600 ad An: 1626 », carte 247r. — 5 novem-
bre 1621. Notaio Capitolare Francesco Benigni.

*) Cfr. F. FeTIs, Biographie Universelle des musiciens, 11 Ediz., Paris,
Didot, 1864, Vol. x, p. 396.

*$) Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. v « Decreta Rmi Ca-
pituli S. Rufini Asisii/ab An: 1600 ad An: 1626 », carte 257r. — 16 set-
tembre 1622. Notaio Capitolare Francesco Benigni.

esy:Gfr. Doc. v.

®*) Cfr. R. Casruinr, Note d'Archivio per la Storia Musicale, 1939-1940.

°?) Cfr. Erste Reiche: Druckschriften faksimiles | XII | Giovanni Bat-
lista | Bovicelli | Regole- | Passaggi di musica [ 1594- | Faksimile-Nach Druck |
Herausgegeben Von | Nanie Bridgman, Báürenreiter-Verlag Kassel und Basel
x ;
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co mn n

56 ALBINO VAROTTI
MCMLVII, in « Association Internationale Des Bibliothèques Musicales-In-
ternationale Gesellschaft Für Musikwissenschaft-Documenta Musicologica ».

°8) Cfr. A. SACCHETTI-SASSETTI, La Cappella del Duomo di Rieti, in-
«Note d'Archivio per la Storia Musicale », 1940, pp. 152 e seguenti ; M. Ti-
BERTI, Un grande maestro della Scuola romana, in G.O.P., Musica d’oggi,
1941, pp. 38-42 ;

R. Casrwinr, Disciplina Musicae e Mastri di Cappella, in « Note d'Ar-
chivio per la Storia Musicale », 1942, pp. 120-121 ;

H. HucHE, G.O.P. seine Messen im Archiv der Cappella Giulia, in
« Kirkenmusik Jahrbuch », 1955.

**) Cfr. Elogio Ed Iscrizioni / Nelle Esequie / del M*. Francesco Sabba-
tini [ In S. Rufino di Asisi Li XX agosto MDCCCLX, Assisi, Sgariglia, 1860.

199 Archivio Musicale della Basilica di S. Rufino-Assisi, Ms. N°. 547,
in Mss. S. xxiv/17.

101) Archivio Musicale della Basilica di S. Rufino-Assisi, Ms. N°. 560,
in Mss. S. xxvi/8.

1") Archivio Musicale della Basilica di S. Rufino-Assisi, Ms. N°. 416,
in Mss. S. x/1.

19) Cfr. Brevi parole intorno alle presenti condizioni d'Asisi, Tipografia
Sgariglia, Assisi, 1861.

104)- Cfr. Doc." vir.

195) Cfr. GrovANNI TEBALDINI, La Musica Sacra nella Storia e nella
Liturgia, Macerata, Unione Cattolica Tipografica, 1904, pp. 29-30.

zeeycGfr. Doc. vin

209):*Gir: DOC: IX.

108) Cfr.: Doc. x.

Ts CIT DOC xr
Ho): Cfr. Doc. xri.
11) PETRARCA FmANCEsCO, Italia mia.

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REI

LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 07

DOCUMENTI

I
Tale uso si riscontra in S. Rufino di Assisi fino a tutto il secolo xvi.
t......Siluestro Giacano ha dato per una coppa - 1-33-2
«...... Christoforo Giacano ha dato per una coppa - 1-33-2 ».

(Da «In Dej nomine Amen In questo libro se notara per me Solertio
Gentile Camerario della Chiesa de S.to Ruffino tutte intrate et uscite della
detta Chiesia incominciando al primo de Maggio 1565 et cosi da finirse »,
Carte 16v. — Archivio Capitolare della Cattedrale di Assisi).

II

Costituzione del Cardinale Angelo Capranica per ordine di Pio rr* in
erezione di S. Petronio di Bologna a collegiata. — 20 gennaio 1464.

« RUBRICA XXXV»

«De praeceptoribus grammaticae et cantus.

« Ut clerici in ecclesia praefata rectius et laudabilius serviant et gu-
bernentur, volumus et ordinamus quod unus in grammatica praeceptor et
alius in cantu, idonei et docti, bonae vitae et famae, ac bonis moribus re-
fecti, et in suis scientiis exercitati, a dd. Primicerio et Canonicis, expensis
et de bonis Fabricae conducantur. Et magistro grammaticae quolibet mense
quatuor libras monetae Bononiae et Magistro cantus eorum arbitrio se-
cundum ejus virtutem et experientiam, tribuantur ».

«RUBRICA XXXVI )

«De Magistro Cantore.

« Similiter et de Cantore statuimus, qui a Vespere usque ad sero Clericos
numero usque ad vigintiquatuor in omni cantu et tonis instruat. Qui Cantor
teneatur omni die in choro cum quotta processionibus et funeralibus in-
teresse ; diebus vero dominicis, et festis duplicibus, ac eorum vigiliis can-
tum figuratum cum pueris et aliis, vel contrapunctum cantare, et alia fa-
cere, quae ad laudem Dei, et Divini Cultus decorem pertinere noscuntur,
et Clericos ipsos in choro, in sacristia, in schola et in ecclesia reverenter
ordinare tam in stando, quam in eundo. Item uterque dictorum Praecepto-
rum Clericos praefatos gratis doceant nihil precii ab illis postulantes, qui
Praeceptores circa praemissa, et in castigando clericos delinquentes, Pri-
micerio et Camerariis teneantur obedire: Quorum Praeceptorum et Cle-
58 ALBINO VAROTTI

ricorum conductio et amotio ad praefatos Primicerium et Canonicos de
caetero Pertinere noscatur ».

(Cfr. GAsPARI G., Ragguagli sulla Cappella Musicale della Basilica di
S. Petronio in Bologna, in « Atti e Memorie della Regia Deputazione di
Storia Patria per le Provincie di Romagna », Anno settimo, Bologna, Regia
Tipografia, 1868, Serie 1, p. 184.

III

« Bastardello 64-1354-cart. Carte 30»

«Copertina in pergamena applicata nel 1354, anteriore però : contiene
la mano di Guido con accordo musicale ad ogni falange ».

«Si crede uno dei più antichi documenti dell’arte musicale ».

(D. MARIANO Dionigi, Catalogo dei Codici e Manoscritti dell’ Archivio

Capitolare di S. Rufino, ms. nell'Archivio Capitolare della Cattedrale di
Assisi).

il | IV

Non è facile chiarire come l'immoralità dellinumano trattamento ri-
servato agli evirati potesse accordarsi con le convinzioni religiose anche
degli ecclesiastici di quel tempo, se del cantore Giovanni Ciccarelli, rea-
tino, si legge : « Nel 1668, egli subì a spese del Capitolo, l'inumana, ma al-
lora frequente operazione e contemporaneamente fu eletto cantore .... ».

Il fatto poi trova un'autentica conferma nei documenti dell'Archivio
Capitolare della Cattedrale di Rieti, ove si trova scritto :

«Si son pagati per ordine del Capitolo scudi tre al Castratino di Cic-
carelllperi:latcastratura........ sa. Sc. 3».

ü | (Archivio Capitolare della Cattedrale di Rieti, « Libri del Camerlengo »
/ 1668, p. 134).

V

«DAMIANI ScARABEI BOoNONIENSI SECUNDI MAGISTRI IN ECCLESIA
Ill METROPOLITANA MEDIOLANI, LiBER PRIMUS MOTECTORUM, QUAE PARTIM
| QUINIS, PARTIM SENIS, PARTIMQ; OCTONIS VOCIBUS DECANTANTUR, NUNC
PRIMUM IN LUCEM EDITUS. VENETIIS, APUD ANGELUM GARDANUM. 1592».

DEDICA

«Alla Molto Eccellente, & Virtuosa Compagnia de Musici, o Cantori
del Duomo di Milano, che sono :

«Julio Cesare Gabuccio Bolognese Maestro di Cappella.
«Gio. Antonio Mulasco da S. Colombano.
«Francesco Lucini da Carauaggio.

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: - EET M ele TE ^ \ X \ ì fer Du m 2. WE o
lena AI nm LI NILE IX LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 59

«Gio. Battista Bovicelli d'Assisi.

« Glicerio Baialupi Cremonese.

«Gio. Antonio Breda Milanese.

«Sebastiano Humilia da Meserano.

«Paolo Aueroldi Brisciano.

«Ferdinando Parolini Trentino.

«Gio. Antonio Sandrini da Lendenara.

«Francesco Pini Bergamasco.

«Gio. Battista Rossoni da Carauaggio.

«Gio. Domenico Canobbio Milanese.

«Conoscendoui non meno di lodeuoli costumi, che di honorate virtü
dotati, poscia che ne gli uni tutti vniti l’habito da sacerdote (oltre, che 1:
maggior parte sacerdoti sete) con riuerenza, et decoro portate. Nell'altre
mostrate il valor vostro, chi con vaghe, e Musicali compositioni, chi con
bellissimo modo di cantare quello accompagnando con artificiosi passaggi,
& foaui accenti ; et altri con quelle e questo : et il tutto con tanta concordia,
che (essendo guidati dal buon reggimento del Sig. Julio Cesare) ogn'uno
resta interamente appagato. Non posso far, che grandemente non u'ami,
et per darui vna picciol arra di questo mio amore ; hó voluto farui un pre-
sente di queste mie fatiche, quali elleno si siano. Ne poteuo io far meglior
elettione : perche se vi sara qualche cosa di buono come virtuosi la cogno-
Scerete ; et se anco per il contrario vi sarà cosa alcuna d'imperfetto, come
discreti m'haurete per iscusato, sapendo di quanta fatica sia il far cosa buona,
et di quanta facilità il trascorrere in qualche errore. Accettatele dunque vi
prego, con quell'affetto con che ve le dedico, e dono, et me, come voi amo,
amate ancora ».

«Da Milano il di 27. Maggio.1592.

« Vostro Affettionatiss.

Damiano Scarabelli ».

(Bologna, Biblioteca Musicale «G. B. Martini», « U/190 »).

VI

Patente di nomina di Giuseppe Ottavio Pitoni a Maestro di Cappella
nel Duomo di Rieti.

«Discreto viro D. Josepho Ottavio Pitonio concivi nostro dilectissimo,
cum ad nos nostrumque officium pleno iure pertineat de musicali Prae-
ceptore in nostra Chathedrali Ecclesia dispensare et providere ; confidentes
de tua virtute, morum probitate, ac applausibili scientia non solum musicae,
sed etiam omnium musicalium instrumentorum, diuturnaque experientia,
fide, dignorum testimonio apud nos singulariter commendaris, elegimus te
hodie in magistrum Cappellae nostrae Ecclesiae ac tenore presentium con-
60 ALBINO VAROTTI

stituimus, deputamus, ac declaramus te Primarium ipsius coralis musices
moderatorem de anno in annum, et alias arbitrio nostro duraturum cum
salario scutorum sexaginta pro quolibet anno, ita ut tecum quoque habeas
Puerum altioris modulationis tono, cantuque optimo peritum, alias tibi
singulis annis debeantur scuta quatraginta tantum, et non amplius: nec |
non pulses organum, aliaque facias, ad quae cum tui muneris obligatione |
de consuetudine nostrae Cathedralis Ecclesiae teneris : nec non cum omnibus,
et singulis honoribus, utilitatibusque, atque emolumentis ordinariis, et
extraordinariis, dari solitis, et consuetis aliis magistris nostrae Cappellae :
mandantes propterea omnibus ad quos spectat, vel quomodolibet spectabit,
ut te pro tali recipiant, obediant et recognoscant, et adsistant, atque de omni-
bus praefatis honorarius a die suscipiendi muneris, et possessionis presen-
tialiter per te apprehendendi suis congruis temporibus opportune satisfacias
contrariis quibuscumque non obstantibus.

Datum Reate ex Aula nostra Capitulari hac die 12 februarii 1676 ».

loco f sigilli
«Alexander Clarellus Can. cus & Secr. us.»
(Archivio Capitolare della Cattedrale di Rieti, « Decr. Capit.», Vo, 170).

VII

« Composizione fatta il giorno 21 Febbrajo 1865, mentre fioccava senza
interruzione, ove lo scrivente bubbolava a tutta posa, ma sovvenutogli in
mente la richiesta fattagli dall'amico D. Francesco Senzi nel Caminaccio
della Cattedrale di Asisi, ha creduto il sotto scritto compiacerlo nel fargli
il presente zibaldone, sperando di esser compatito dal sudd: o se non vi
irova la sua sudisfazione che &c...

Io Lorenzo Antonini ».

(Assisi, Archivio Musicale di S. Rufino, Ms. N°. 26, in Mss. A.11°/5).

VAI

CAPITOLATO

relativo al Maestro di Cappella nell'Insigne Chiesa Cattedrale di Assisi.

TH
«Art. 1° — L'ufficio di Maestro di Cappella in questa insigne Catte-

drale é identificato con quello di organista ed al titolare sono corrisposte
L. 750 annue complessivamente esclusa ogni pretesa ed aumento per detto

titolo ed anche alla giubilazione che di via ordinaria il Capitolo non suole

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DI MVSICA:
MADRIGALI E MOTETTI

PASSEGGIATI.

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D'ASSISI, nn

Mufico nel Duomo di Milano . e [
ALLILLVSTRISS ET ECCELLENTISS SIG. n

IL SIG. GIACOMO BVONCOMPAGNI,
Duca di Sora, &c.

CON PRIVILEGIO.

IN VENETIA

APPRESSO GIACOMO VINCENTI.
M.D. XCITIT.
| à n de C Tini, Librari in Milano,

G. B. Bovicelli, Regole Passaggi di musica etc. Frontespizio.
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Se
1
LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 61

accordare ai suoi salariati. Il Maestro di Cappella va soggetto alla consueta
riferma per voti segreti al primo Capitolo di dicembre in ogni anno.

«Art. 2° — Il Maestro di Cappella è tenuto al servizio in tutte le fun-
zioni ordinarie descritte in apposita tabella ed anche a quelle straordinarie
d’ordine del Capitolo. Per i soli servizi straordinari di commissione dei pri-
vati, da questi sarà pagata l’opera sua.

«Art. 3° — A decoro delle S. Funzioni, in specie nei giorni solenni, il
Maestro provvederà della musica d’indole liturgica e di buon effetto ; ed
occorrendo fare acquisto di composizioni nuove di noto Maestro, per mezzo
del Canonico Prefetto di musica ne faccia avanzare proposta al Reveren-
dissimo Capitolo per la spesa occorrente.

« Art. 4° — Alla lodevole esecuzione del canto dovrà il Maestro intimare
ai musici e dirigere le prove necessarie : ciò va inteso in specie per le feste
più solenni, o per composizioni nuove o che si eseguissero una volta all’anno
o per nuovi cantanti. I musici che si rifiutassero alle prove dietro relazione
del Maestro di Cappella saranno multati dal Prefetto di musica. Provveda
il Maestro a che l’esecuzione del canto non sia precipitata, specialmente
pe’ salmi e per le messe a pieno.

«Art. 5° — Il Maestro è tenuto ad accompagnare coll’organo il canto
Gregoriano nei Vespri, Mattutini ecc. come nelle Messe quando vengono
cantate dal coro, seguendo in ciò le indicazioni liturgiche proposte dal Vi-
cario di coro. Tale prescrizione vale non solo pe’ servizi a norma della ta-
bella attualmente in vigore, ma anche nel caso che mutate circostanze per-
suadessero al Capitolo di estendere il Canto Gregoriano alle Messe e Fun-
zioni di altri giorni più solenni. È da notarsi che non deve omettersi mai
il canto dell'introito ed offertorio ecc. ; nelle Messe eseguite dai musici o
dal coro ; ed anche in quelle a canto figurato, se l’orchestra non avesse dette
parti musicate o le avesse in stile troppo antiquato o triviale, deve sup-
plirsi col canto fermo, che il Maestro accompagnerà coll’organo, se il rito
nol vieta. In questi accompagnamenti egli seguirà i metodi a stampa che
possiede la Chiesa, e dove questi manchino, potrà supplire con la sua abi-
lità, seguendo le note del testo Gregoriano.

«Art. 6° — Le composizioni musicali dell’archivio della Chiesa saranno
somministrate all’occasione dal Canonico Prefetto della Musica ed a lui
saranno riconsegnate cessato l’uso delle medesime.

«Art. 7° — In ordine alla qualità della musica da eseguirsi nelle varie
circostanze andrà d’accordo col canonico Prefetto della musica.
«Art. 8° — Dietro commissione del Capitolo il Maestro è tenuto ad

insegnare gratuitamente il canto o il suono a due individui, dell’attitudine
e profitto dei quali dovrà riferire al Reverendissimo Capitolo ogni tre mesi.
Il Capitolo poi si riserva di far esaminare, quando il creda, da persona com-
petente detti allievi.

«Art. 9° — Ad aumento dell'archivio musicale il maestro dovrà ogni

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62 ALBINO VAROTTI

anno consegnare due pezzi di musica nuova, alla qual consegna riceverà
£ 5 (cinque) a titolo di carta e copiatura:

« Art. 10* — Dovrà il Maestro sorvegliare perché in orchestra non s'in-
Lroducano individui estranei alla musica e si adoprerà perché vi sia man-
tenuto il silenzio, compostezza e il rispetto dovuto alla Chiesa, il che va
inteso tanto piü nelle Processioni, alle quali intervenendo i musici in cotta
non potrà mancare il Maestro parimenti in cotta.

«Art. 11° — Se il Maestro volesse in qualche circostanza assentarsi
dall'Ufficio per poco tempo dovrà ottenere il permesso del Canonico Pre-
fetto di Musica e del Capitolo se per tempo notabile, p.e. un mese ; in ogni
caso peró dovrà farsi rappresentare da idoneo sostituto a sue spese: man-
cando questo, egli pagherà le fallenze che corrispondono alla quota del-
l’onorario di L. 750 divise per i servizi, secondo che sono solennissimi, so-
lenni ed ordinari, perdendo per i primi il quadruplo-degli ordinari ed il doppio
per i solenni. Salvo il caso di straordinaria necessità non si accorda il per-
messo di assentarsi nelle feste maggiori.

«Art. 12° — Il Maestro non potrà rifiutarsi di fare eseguire e di ac-
compagnare quelle composizioni sia in musica, sia in canto fermo, che il
Canonico Prefetto crederà opportune, né dovrà impedire che chierici idonei
accedano all'orchestra per dirigere o eseguire il canto Gregoriano: anzi il
Capitolo si riserva il diritto pieno, previa intesa del Maestro Titolare, d'in-
vitare per via straordinaria alcun Maestro a dirigere musica propria.

Il Maestro è tenuto oltre che agli obblighi di ogni buon Cristiano, a
rispettare in privato e tanto piü in pubblico il Capitolo e i singoli membri
di esso : qualunque offesa ad alcuno dei Capitolari va a ferire l'intero corpo
morale che non mancherà mai difendere il suo decoro e i riguardi dovutigli
dai suoi dipendenti ».

Assisi 20 10bre 1906

M°. G. Cavicchi

Angelo Caü: Cristofori Pref*: di Musica ».

«Servizi del Maestro di Cappella e dei cantanti all’ufficiatura della
Cattedrale.

«In tutte le Domeniche dell'anno — messa cantata — M° e Musici

«Anniv.° Coronazione del Sommo Pontefice e della Consacrazione del
Vescovo Diocesano — M° e Musici.

«1° Gennaio — Messa C. e Vesperi Funzione — M° e Musici

«5 d° — Vesperi — M°,

«6 d° -— Messa C. — M^? e Musici

— Vesperi M?
«17 d° — Messa C. — M° (se la Confrat: S. Caterina passerà

l'incerto)
LA CAPPELLA MUSICALE DI S. RUFINO 63

«2 Febbraio — Purificazione della B.V. — Messa C. — M° e Musici

— al Vespro. M°

« Mercoledì delle Ceneri — Messa C: M*, e Musici

«19 Marzo
«25 d°

— Messa C. Vespro M*. e Musici
— Messa C. Vespro M? e Musici

« Domen :. delle Palme — Messa C. Vespro — Funzione M° e Musici
«Lunedi S. Martedi S. — Funzione alla sera M* e Musici
«Mercoledi S. — Funzione al mattino — Matutino delle tenebre M° e

«Giovedì S.
« Venerdì :S.
«Sabato S.
«Pasqua di

Musici

— Messa C. Matutino delle tenebre M*, e Musici
— idem M° e Musici

— Messa C. M^? e Musici

Resurezione — Messa C. — Vesperi — M^ e Musici

«Lunedi e Martedi S. — Messa M*. e Musici — Vespro M*.
« Dedica della Chiesa 1° Vespro M°. — Messa C. e r1 Vespro M° e Music;

«3 Maggio
«31 d°.

— Festa S. Croce — Messa C. M°
— S. Vitale alla Messa C. M°,

« Ascenzione di N.S. — 1 Vespro M*. — Messa Cant. e Ir Vespro M° e

Musici

« Vigilia Pentecoste — Messa C. M*. — Vespro M*. e Musici

« Pentecoste

— Messa C. Vespri M° e Musici
Lunedi di Pent. Messa C. M* e Musici
Vespro M?

«Corpus Domini 1 e 11 Vesperi M* — Messa C. Processione M? e Musici

«24 Giugno —- S. Giov. Battista — 1. 11 Vesp. M*. — Messa c. M?
e Musici

«29 d^ — S. Pietro — 1-11 Vesp. M*. — Messa C. M* e Musici

«25 Luglio — S. Giacomo Ap. M°(Sela Confraternita passerà l'incerto)

«26 d^ — S. Anna — Messa C. — M?

«2 Agosto — Messa C. M° e Musici

«3 Agosto — S. Emidio — Triduo M*. Messa C. M* e Musici — Te
Deum. M*. e Musici

«10 d^ — S. Lorenzo — Messa Cant. M*. (Se la Confraternita
darà l'incerto)

«11 d^ — Triduo S. Rufino — 1 Vesp. Messa C. 11 Vesp. M°. e
Musici

«12 d^ — S. Chiara Messa C. M*

«15 d? — Assunzione della B.V. 1-11 Vesp. M*. Messa Cant.
M*. e Musici

«8 Settembre— Natività della Vergine — Messa C. M? e Musici —
Vesp. M°

«4 Ottobre — S. Francesco — Messa C. M? e Musici — Vesp. M*,
ALBINO VAROTTI

«1 Novembre — Ognissanti 1 Vesp. M*. Messa C. ir Vesp. Offic. def.

M*. e Musici
«2 d* — Messa dei Defunti M*. e Musici
«8 Dicembre — Concezione di M.V. — 1-11 Vesp. M*. Messa C. M? |
e Musici |
«14 d? — Novena del Natale — Antifona Maggiore — Mo |
«24 d* — I Vesp. Matutino Messa a mezzanotte — M? e Musici
«25 d^ — Messa Cant. 11 Vesp. M*. e Musici
«26 d^ — Messa Cant. — M° e Musici
«27 d* — I Vesp. M* — Messa C. M° e Musici — rr Vesp. M°.
«3L d? — Vesp. Funzione di ringraziamento — M° e Musici ».

(Archivio Musicale di S. Rufino-Assisi, « Documenti »).

IX

«Si faccia l’inuentario de’ libri di musica.

«Che il Camerlengo paghi quarant'uno giulio a Don Alessandro basso
per tanti libri da cantare comuni per la nostra Chiesa, e che tanto di questi
e quanto li altri libri di musica se ne faccia l'inventario, et si, conservino
in una cassa, la chiave della quale si tenga da un operario, che sarà pro tem-
pore, con renderne conto di essi libri in Capitolo al fine del suo Offitio ».

(Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. v « Decreta Rmi Capi-
tuli S. Rufini Asisii/ab An: 1600 ad An: 1626 », carte 108r. — 17 Tuglio
1609. Notaio Capitolare Francesco Benigni).

X

«Die Sesta mensis 9bris 1750

«Congregato Capitulo ordinario post diuina in quo presentes interfue-
runt infrascripti uidelicet

« Illustrissimi Domini Prior huius ecclesiae

« Canonicus Mazzi

« Canonicus Cilleni

« Canonicus Egidij

« Canonicus Jacopini

« Canonicus Pallácini

« Canonicus Falcinelli

« Canonicus Aloisij

« Canonicus Juntoli

«che si faccia l'Inuentario di tutte le musiche donate alla Cappella
della nostra chiesa dal Signor Abate Benedetti dal Signor D. Leonardo
Angelelli, e dal Signor Don Giovanni Sucarli e si consegnino al Signor Ma-

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iolini mro di Cappella per rendere conto nella dimissione del suo officio.... »

(Atti Capitolari della Cattedrale di Assisi, Vol. x « Ordinationes, et De-
creta Rmi Capituli /Cat :lis Ecclesiae S. Rufini Assisiensis / ab An: 1736
ad 1774 », c. 280r. — 6 novembre 1750. Notaio Capitolare Zaccaria Mazzi).

XI

«19. Maggio 1893.

«Il sottoscritto Segretario trascrive dal libro Capitolare quanto segue,
a richiesta del R.ino Cafico Meccoli. Nella sessione ord. del giorno ed anno
sumenzionato al n°. 3. sud*. scritto:

«Si è parlato dell'Archivio Musicale e della necessità di riordinarlo.
Fu perciò pregato l'attuale Prefetto di Musica Rmo Sig. Cafico Meccoli a
ritirare dal Sig.r Cavicchi e Sabbatini tutte le composizioni musicali ap-
partenenti all'Archivio Sudd*. minacciandoli (in caso di riluttanza) anche
di licenziamento dal loro officio. Cosi è.

D. Giuseppe Elisei Segr. Cap.»

(Assisi, Archivio Musicale di S. Rufino, « Documenti »).

XII

«N. B. Secondo la tradizione un Cassone di Musica antica venne di
soppiatto del Capitolo venduta dal Sagrestano Comp....... e quando
prese possesso nel 1800 il già Maestro Francesco Sabatini di bona memoria,
fu redatto un Inventario contenente soli N° 18 pezzi di Musica di spettanza
di questa Cattedrale ».

(Assisi, Archivio Musicale di S. Rufino, « Documenti», Inventario com-
pilato dal Canonico Pietro Meccoli nel 1893, nota).

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BENEDETTI P., Amori Selvaggi | ne’ felicissimi sponsali / degl'Illustrissimi
Signori / Ersilia Foschi / Nobile di Rieti / e / Gio / Battista / Bolognini
| Nobile di Foligno / Musica del Sig. / Canonico / D. Pietro Benedetti
| D'Assisi / Maestro di Cappella della Cattedrale / di Foligno e dal Me-
desimo dedi/cati ai sopradetti signori / sposi. In Asisi, M.DCC.XII. /
Per Michel'Antonio Bertagna. Con licenza de' Sup.

— —, Aurae dilectae, Motetto a Canto solo senza w. per ogni tempo. Del
Sig.r D. Pietro Can.co Benedetti d'Assisi. Maestro di Cappella. Assisi,
Biblioteca Comunale, Fondo della Cappella Musicale di S. Francesco,
Ms. n. 133/4.

— —, Aurae placidae, Motetto Canto solo con w. per ogni tempo del Sig.re
Don Pietro Can.co Benedetti d'Assisi M.ro di Cappella. Assisi, Biblio-
teca Comunale, Fondo della Cappella Musicale di S. Francesco, Ms.
n. 133/3.

— —, Ave Maria, Offertorio per la B.a V.e a’ 2, C.B., del Sig.r D. Pietro
Can.co Benedetti d'Assisi. M.ro di Capp.la. Assisi, Biblioteca Comunale,
Fondo della Cappella Musicale di S. Francesco, Ms. n. 134/1.

— —, Carae Stellae, Motetto Canto solo con w. w. del Sig.r Don Pietro
Canonico Benedetti d'Assisi. Assisi, Biblioteca Comunale, Fondo della
Cappella Musicale di S. Francesco, Ms. n. 133/6.

— —, Dispera pur dispera, Cantata accademica a Canto Solo con V. V.
del Sig.r D. Pietro Canonico Benedetti d'Assisi Maestro di Cappella,
1730. Assisi, Biblioteca Comunale, Fondo della Cappella Musicale di
S. Francesco, Ms. n. 133/8.

— —, 12 Sonates p. V. & Clav., Amsterdam, Le céne (sec. XVIII).

— —, Domine Deus, per la Dedicazione della Chiesa a 2, C. e A. del Sig.
Canonico D. Pietro Benedetti d'Assisi M.ro di Cappella. Assisi, Biblio-
teca Comunale, Fondo della Cappella Musicale di S. Francesco, Ms.
n. 134/6.

— —, Inter undas, Motetto Canto Solo con V. V. del Sig. Don Pietro Cano-
nico Benedetti d'Assisi M.ro di Cappella. Assisi, Biblioteca Comunale,
Fondo della Cappella Musicale di S. Francesco, Ms. n. 133/95.

— —, Inveni David, Offertorio per li Confessori Pontefici a’ 2, C. e A.
del Sig.re Abbate Benedetti d'Assisi. Assisi, Biblioteca Comunale, Fondo
della Cappella Musicale di S. Francesco, Ms. n. 134/2.

— —, In virtute tua, Domine, per li Confessori non Pontefici, a’ 2, C. e A.,
del Sig. Canonico D. Pietro Benedetti d'Assisi M.ro di Cappella. Assisi,
Biblioteca Comunale, Fondo della Cappella Musicale di S. Francesco,
Ms. n. 134/38.

— —, Justus ut palma, per li Confessori Pontefici e non Pontefici a 2,
C. A. del Sig.r Canonico Don Pietro Benedetti d'Assisi M.ro di Cappella.

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68 ALBINO VAROTTI

Assisi, Biblioteca Comunale, Fondo della Cappella Musicale di S. Fran-
cesco, Ms. n. 134/4.

— —, Messe Concertate a quattro voci con violini di D. Pietro Canonico
Benedetti d'Assisi Maestro di Cappella della Perinsigne Coilegiata di S.
Urbano di Apiro. Dedicate all'Eminentissimo Sig. Cardinale Spada del
Titolo di S. Onofrio Vescovo degnissimo di Osimo. Opera Seconda. In
Venetia da Giuseppe Sala, 1715. Con licenza de' Superiori.

— —, Offertorii per tutte le Domeniche Minori dell'Anno. A due voci.
Consacrati al merito singolare, & impareggiabile dell'Illustrissimo Sig.
Raimondo Silvestri Marchese di Bagno, Barone Romano, Conte del
Poggio Santa Maria &c. Da D. Pietro Benedetti di Assisi Canonico del-
l’insigne collegiata di Spello, e Maestro di Cappella della Perinsigne
Collegiata di S. Urbano dell’antichissima terra dell’Apiro. Opera Prima.
In Bologna, per li Fratelli Silvani, 1715. Con licenza de’ Superiori.

— —, Panis Angelicus, Motetto a 2, A. e B. per il SS.mo Sagramento del
Sig.re Can.co Don Pietro Benedetti M.ro di Cappella, 1729, Assisi, Biblio-
teca Comunale, Fondo della Cappella Musicale di S. Francesco, Ms.
n55133/1f: |

— —, Rubicunda surge aurora, Motetto in Canto solo del S.r Abbate D.
Pietro Benedetti. Assisi, Biblioteca Comunale, Fondo della Cappella
Musicale di S. Francesco, Ms. n. 133/7.

— —, Stetit Angelus, per S. Michele Arcangelo a 2 C., e A., del Sig. Can.co
D. Pietro Benedetti d'Assisi, M.ro di Cappella. Assisi, Biblioteca Comu-
nale, Fondo della Cappella Musicale di S. Francesco, Ms. n. 134/5.

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Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. Vat. Lat. 6195, c. 658.

— —, Regole | Passaggi | di Musica, | Madrigali, e Mottetti | passeggiati. |
Di Gio. Battista Bovicelli / D’Assisi, / Musico nel Duomo di Milano.
|] All'Ilustriss. & Eccellentiss. Sig. / Il Sig. Giacomo Bvoncompagni, /
Duca di Sora, &c. / Con Privilegio. / In Venetia, / Appresso Giacomo
Vincenti. / M.D.XCI / A instanza delli Heredi di Francesco, & Simon
Tini, Librari in Milano.

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dell'eecellentissimo Duca d'Airola. In Roma, Nella Stamparia di Amadeo
Belmonte, 1667.

— —, Scelta di Mottetti sacri raccolti da diuersi eccellentissimi Autori dedi-
cati al Molto Reu. Padre mio in Christo osseruandissimo il Padre Simone
Stiava della Congregatione della Madre di Dio di Santa Maria in Portico,
& Campitelli, da G. B. C. In Roma, l'anno del Giubileo. 1675. Per il
soccessore al Mascardi. A spese di Gio. Battista Caifabri in Parione
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CANTO / La scelta d' Amore | Madrigali / a cinque voci / de diuersi Eccellenti
Musici di Padoua. / Nouamente posti in luce. / All'Ill.re Signor / Gu-
glielmo / A Dorne Borusso. / (Drr) / In Venetia, Appresso Ricciardo
Amadino, / MDXCVIII.

CANTO / Madrigali / de diversi | a quattro voci / raccolti da Gio. Maria Ra-
dino / organista in San-Giovanni in Verdare di Padoa / & nouamente
posti in luce. / (Drr) / In Venetia, Ricciardo Amadino / MDXCVIII.

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riti Conventuali che dal 1487 fino al secolo 19 quasi intero hanno fiorito
e senza interruzione si sono succeduti nelle varie Cappelle non solo di Assisi,
Padova, Bologna, SS. Apostoli, di Venezia e Ferrara, ma anche di Cat-
tedrali, da poter servire di qualche lume per chi volesse tesserne una storia
accurata alla meglio compilati per ordine alfabetico da F. A. C. Sacerd.
Minorita Conventuale Accad. Fil. di Bologna, e Roma. Ms. autografo.
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Dedicati all'Illustrissimo, & Reuerendissimo Sig. e Padron mio osseruan-
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Census in sorte pnli sc. I om.m.te p. D. Jacobo Carissimo, Roma, Archivio
di Stato, Atti Guidotti, prot. 3674, carte 490 e seguenti.

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72 ALBINO VAROTTI

Census s. 12 m.m.te pro D. Jacobo Carissimo, Roma, Archivio di Stato,
Atti Malvezzi, prot. 4033, a c. 528, a c. 544, 550.

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Canonicus De Sylvestris a Barbarano. Romae, Ex Typographia Andreae
Phaei, 1643.

— —, HR. Floridus Canonicus De Sylvestris a Barbarano, has alteras Sacras
Cantiones in vnum ab ipso collectas, suauissimis modulis ab Excellentissi-
mis Auctoribus concinnatas binis, ternis, quaternisque vocibus curauit in
lucem edendas, Romae, Expensis Antonij Poggioli ad Signum Martelli.
Ex Typographia Ludouici Grignani, 1645. -

— —, Floridus Modulorum Hortus ab Excellentissimis Musices Auctoribus,
bini, ternis, quaternisque vocibus modulatus. Quorum terliam selectionem
R. Floridus Canonicus De Sylvestris a Barbarano, in vnum ab ipso col-
lectam, in lucem curauit edendam, Romae, Apud Andream Phaeum, 1647.

— —,'R. Floridus Canonicus De Sylvestris a Barbarano, Florida Verba a
Celeberrimis Musices Auctoribus binis, ternis, quaternisque vocibus sua-
vissimis modulis concinnaía curavit in lucem edenda, Romae, Expensis
Jo: Dominici Franzini, Ad Signum Fontis, 1648, Apud Jo, Baptistam
Roblettum. Superiorum permissu.

— —, R. Floridus Canonicus de Sylvestris a Barbarano Florida Verba a
Geleberrimis Musices Auctoribus benis, ternis, quaternisque vocibus suauis-
simis modulis concinnata, Curauit in lucem edendas. Superiorum Per-
missu, Venetiis, 1649. Apud Alessandrum Vincentium.

— —,:R; :Floridus Canonicus De Sylvestris a Barbarano, Cantiones alias

' sacras ab Excellentissimis Auctoribus concinnaías suauissimis modulis

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74 ALBINO VAROTTI

| binis, ternis qualernisq. vocibus in lucem edendas curauit., Romae, Ex

| Typographia Ludouici Grignani, 1649.

— —, R. Floridus Canonicus De Sylvestris a Barbarano, Cantiones alias
sacras ab Excellentissimis Auctoribus concinnatas suauissimis modulis
binis, ternis, quaternisquae, vocibus in lucem edendas curauit. Superiorum
Permissu, Venetiis, 1649. Apud Alessandrum Vincentis.

| — —, R. Floridus Canonicus De Sylvestris a Barbarano. Has alias Can-

| tiones Sacras ab Excellentissimis Musices Auctoribus, binis, ternis, qua-

| ternisque vocibus suauissimis modulis concinnatas, in lucem edendas

| curauit., Romae, Typis Vitalis Mascardi, 1654.

| — —, R. Floridus Canonicus De Sylvestris a Barbarano. Alias Cantiones

| Sacras ab Exellentissimis Musices Auctoribus concinnaías suauissimis

modulis tribus vocibus paribus cum organo in lucem edendas curauit,
Romae, Typis Michaelis Cortellini, 1655.

— —, R. Floridus Canonicus De Silvestris a Barbarano Has alias Sacras
Cantiones, ab Excellentissimis Musices Auctoribus suauissimis modulis
vnica voce contextas. In lucem edendas curauit, Romae, Apud Franciscum
Monetam, 1659.

— —, R. Floridus Canonicus De Silvestris a Barbarano. Has alteras Sacras
Cantiones, ab Excellentissimis Musices Auctoribus. Suauissimis modulis
vnica voce contextas, in lucem edendas curauit. Pars Secunda. Romae,
Apud Ignatium De Lazaris, 1663. Expensis Jo. Baptistae Caifabrij.

— —, R. Floridus Canonicus De Silvestris a Barbarano Istas alias Sacras
Cantiones ab Ezxcellentissimis Musices Auctoribus, vnica, binis, ternis,
quaternisque vocibus suauissimis modulis concinnatas, in lucem edendas
curauit, Romae, Apud Ignatium de Lazaris, 1664.

— —, R. Floridus Canonicus De Sylvestris a Barbarano istas alias Cantiones
Sacras ab Excellentissimis Musices Auctoribus tribus diversis vocibus
suauissimis modulis concinnatas in lucem curavit edendas, Romae, Typis
Jacobi Fei Andr. F. 1668.

— —, R. Floridus Canonicus De Sylvestris a Barbarano Sacras Cantiones
duabus variis vocibus ab Excellentissimis Musices Auctoribus, suauissimis
modulis concinnatas in lucem edendas curavit, Romae 1672, Typis, &
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alla porpora / dell'Eminentiss. & Reverendiss. Sig. Cardinale / Sperello
Sperelli. In Assisi per Lorenzo Mastici stamp. pub. 1699.

— —, Paride schiavo d' Amore | in trionfo per il carro trionfale fatto in As-
sisi /... Cantata a voce sola con Violini / animata con note armoniose

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dal M.R.P.M. Giuseppe Maria Po Maestro di Cappella del S. Convento
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Il P. M.° Alessandro Borroni o. f. m. conv. direttore d’importanti esecuzioni in S. |
Rufino d’Assisi. (Foto Amerigo Lunghi, Assisi).
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Ad praesentem laetitiam 34.

Aggiunta alle regole di Contrappunto
di Giulio Belli 42.

Aymone di Faversham 13, 14, 15, 17.

Alfano Francesco 27.

Alighieri Dante 6, 15, 47.

Amadino Ricciardo 30.

Ambrogino da Spello 19, 20, 21.

Amicis (De) Edmondo 5, 6.
Amone Antonio 44.

Andrea da Firenze 18, 49.
Andrieu 15, 48.

Angelo di Antonio Bartoli 49.
Antiphonarium 11.
Antiphonarius cento 48.
Antonini Lorenzo 44, 60.
Antonio (S.) di Padova 13, 15.
Antonius Briccinus 50.

Ars cantandi 40.

Artisti Belgi e Olandesi in Roma 54,

Ascaloni Giacomo 31.

Atto di Leone 20, 50.

Ave Mundi Spes Maria 16.
Averoldi Paolo 59.

Bacone Ruggero 13.
Baialupi Glicerio 59.

Baini Giuseppe 42.
Balthasar 40.

Bannister H. 48.

Baratta Bartolomeo 26.
Bardi, Conti di Vernio 31.
Bárenreiter 35, 55.
Bartoli Angelo 49.

INDICE DEI NOMI DI PERSONA E DELLE OPERE

Bartolucci (fra) Rufino d'Assisi 17.

Basso dell'Umbria 31.

Bastardello 58.

Battista, Cantore 23.

Battistini Luigi 41.

Bel Canto 35.

Belli Giulio 42.

Benedetti Pietro 42, 43, 64.

Benedetto (S.) da Norcia 7, 11.

Benigni Francesco 55, 64.

Benigni Graziano 51, 52, 53.

Benso del fu Marcantonio Benso 27.

Bertalotti A. 54.

Bini Giovanni Maria 53, 54.

Bini Ilario 49.

Biographie Universelle des musi-
ciens 55.

Biselli Giuseppe 46, 47.

Boccherini Luigi 43.

Bolla « Cum tamquam veri » 13.

Bolla « Ex Apostolica » 10.

Bollettino della Regia Deputazione
di Storia Patria per l'Umbria 49.

Bomporti A. F., Musicista 42.

Bonaventura (S.) da Bagnoregio 13.

Bonomo Camillo 28.

Borromeo (S.) Carlo 35.

Borusso Adorne Guglielmo 30.

Bovicelli Giambattista 35, 36, 59.

Breda Giovanni Antonio’ 59.

Brevi parole intorno alle presenti
condizioni d'Assisi 56.

Bridgman Nanie 35, 55.

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Brugnatelli Giuseppe 28.
Brunacci Aldo 47.

Brutti Silvio 33.

Caccini G., Musicista 36.
Camerata Fiorentina 31.
Camillo da Frascati 21, 51, 52.

Canobbio Giovanni Domenico 59.

Cantatorium 11.

Cantorino di Reims 17.

Capece Alessandro 33, 39.

Capranica Angelo 47, 57.

Carducci Giosué 47.

Carissimi Amico 39.

Carissimi Giacomo 31, 37, 38, 39, 40.

Carissimi Ilario 40.

Carlo, Cantore 22.

Carlo da Jesi 32.

Carlo de Nepis della Bandita 17.

Carota Andrea 27, 31, 32.

Casimiri Raffaele 24, 47, 48, 52
54,55

Castelar E. 6.

Castorio Bernardino 39.

Catalano Michele 49.

Catalogo dei Codici e Manoscritti
dell’ Archivio Capitolare di S. Ru-
fino 58.

Cavicchi Giuseppe 46, 62, 65.

Cecilia (S.) 41.

Celestino (S.) Papa 11.

Chi non ha forza o cuore 30.

Chiara (S.) d’Assisi 15, 63.

Chiti Carletti Don Girolamo 42.

Ciccarelli Giovanni 58.

Cioli Giuseppe 37.

Clarellus Alexander 60.

Codice 8, 16.

Codice 16, 16.

Codice 23, 17.

Collezione di Studi e Testi 49.

Commelino Girolamo 29, 30.

Compagnia del Monte 7.

Concilio di Trento 15, 23, 24.

2

86 ALBINO VAROTTI

E: Concilio Romano 11.

Confraternita di S. Gregorio 12.

Congregazione di S. Cecilia 41.

Contolini Francesco Antonio 22, 26.

Contolini Giovanni Battista 30, 31,
32.

Contolini Marco Antonio 22, 26, 27,
30; 813 dl

Costanzo (S.) 17.

Costituzione Deus Scientiarum Do-
minus 24.

Costituzione Divini Cultus Sancti-
tatem 24, 25.

Crespiani Francesco 55.

Crespiani Vincenzo 55.

Cristofani Antonio 51.

Cristofori Angelo 62.

Cristoforo Giacano 57.

Cristoforis Bartolomeo da Cortona
19, 49.

Cronaca di Reichensperg 49.

Curia Romana 14.

Dante v. Alighieri.

Davide 11.

Decreta R.mi Capituli s. Rufini
Asisii ab An. 1600 ad An.
1626 55, 64. :

Delle Storie d'Assisi libri sei 51.

Deputazione di Storia Patria per
l’Umbria 49.

Didot 55.

Dionigi Mariano 12, 37, 58.

Disciplina Musicae e Mastri di Cap-
pella 56.

Dixit, Salmo 42.

Doni Giambattista 32.

Du Cange C. 48.

Duchesne A. 48.

Durante Francesco 42.

Ecclesiaste 16.

Egidio (fra) d’Assisi 16.

Einstein Alberto 36.

Elia (frate) 13, 14.

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mcs A dde Elisei Giuseppe 65.

Elogio ed iscrizioni nelle esequie del
Maestro Francesco Sabbatini in
S. Rufino di Assisi li X X agosto
MDCCCLX 56.

Enciclopedia Musicale Ricordi 7.

Estrema Unzione, Liturgia 17.

Eugenio IV 9.

Faloci Pulignani Michele 13.

Fardelli Tiberio 32.

Feo Francesco 42.

Ferretto 30, 31.

Fétis Francois 29, 34, 55.

Finetto, Maestro di Cappella 23.

Fioretti Nuovi 34.

Fiumi Alessandro 34.

Foggia Francesco 41.

Fornari Matteo 51.

Fortini, Cantore 45.

Fortini Arnaldo 49.

Fracassa Francesco 36.
Francesco (S.) d’Assisi 7, 9, 13, 15,
16, 17, 34, 44, 45, 46, 63.

Francesco da Gualdo 19, 49.

Gabrat Adriano 22.

Gabucci Giulio Cesare 58.

Gardano Angelo 29, 34, 58.

Garibaldi Giuseppe 46.

Gazza ladra 45.

Gentile Solertio, Notaio 57.

Geremia, Profeta 43.

Geri Filippo 23.

Giona 40.

Giovanni XIX 12.

Giovanni da Gubbio 7.

Giovanni (fra) de Vita 15.

Giudice Antonio 40.

Giuliano da Spira 15.

Giulii Jacopo 23.

Giuseppe da Cafangia 40.

Giuseppe da Gubbio 26, 27.

Gloria Laus 9.

Grana Luigi 41.

INDICE DEI

NOMI

Graziano da Bettona 19, 49.

Gregorio (S. Magno 11, 12, 25,
49.

Gregorio IX 16.

Guardi Luca 27.

Guida Armonica 41.

Guido d'Arezzo 12, 15.

Haberl Franz Xavier 49, 54.

Haendel Giorgio Federico 40.

Hoepli Ulrico 49.

Humilia Sebastiano 59.

Hungariae Triumphus in Quirinali
42.

Immacolata 9.

Incunabolo Stampa n. 64, 17.

Innocenzo 21, 50.

Innocenzo IV 13.

Inno di Garibaldi 46.

Jacopone da Todi 9, 13.

Jarram Egidio 33, 55.

Jefte, Oratorio 40.

Judicium Salomonis 40.

Kirkenmusik Jahrbuch 56.

Justus germinabit 41.

La mi fa sol fa re 18.

Lamio da Spello 21.

Laudi d’ Amore — Madrigali a cin-
que voci de diversi Eccellenti Musici
di Padova 30.

Laureto Camillo 21, 22, 23, 25, 26.

Le Cène, Editore 43.

Leo Leonardo 42.

Leonelli Giovanni 42.

Liber Antiphonarius 11, 12.

Liber Pontificalis 48.

Lib. 1 et 2. — Motectorum 5 vocum
29.

Liberati Giuseppe 33.

Libri del Camerlengo 57.

Lionello Raffaele 31.

Littera Francigena 14.

Littera romana 14.

Liturgia Alessandrina 11.

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Liturgia Gallicana 11.

Liturgia Romana 11.

Liturgia Siriaca 11.

Livia di Prospero 39.

Lorenzo (don), Cantore 30.

Lucini Francesco 58.

Lugli Pietro 42.

Maccano, Cantore 22.

Macorrio, Cantore 22.

Madrigali a sei voci 30.

Madrigali di diversi a quattro voci
raccolti da Gio. Maria Radino 30.

Maghetto Adriano 30.

Magnasco Ludovico 22.

Majolini Giuseppe 42, 63-64.

Manelli Francesco 39.

Manus Guidonica 12.

Manzoni Alessandro 36, 47.
Marcantonio da Spello 20, 21, 22
50.

Marco (S.) 41.

Marco Aurelli 41.

Mattlem Camillo 31.

Mazzi Zaccaria 64, 65.

Mazzini Giuseppe 44.

Mazzolini Stefano 27.

Meccoli Pietro 46, 65.

Meletini Giovanni 42.

Memoria 39.

Memorie musicali della Collegiata di
S. Maria Maggiore di Spello 50.

Mensolini, Cantore 45,

Mercurelli Gian Francesco 41.

Michiele Giovanni 28.

Migne 48.

Misericordias Domini 44.

Missale Romanum 11.

Mocenigo Giovanni 17.

Modestini, Organista 46.

Moduli Trium Vocum 29.

Molina, Organista 8.

Monumenti Paleografici della Bi-
blioteca Vaticana 9.

,

88 ALBINO VAROTTI

Monumenti Vaticani di Paleografia
Latina 9.

Morbidelli Raffaele, Sopranista 45.

Motecta de dignitate et onoribus
Sacerdotum 29.

Mulasco Giovanni Antonio 58.

Muris, Maestro di Cappella 31..

Musica d'oggi 55.

Musica e musicisti nella cattedrale
di Padova nei secoli XIV, XV,
XVI 54. È

Muta di Portici 45.

Nardini Getulio 37.

Narrazione Istorica dell’origine, pro-
gressi e privilegi della Pontificia
Cappella 51.

Natale Pietro 41.

Neviros Claudio 31.

Nicola (S.), Festa 8.

Non finsi mai d’amarte 18.

Norsa Emilio 46.

Note d’ Archivio per la Storia Musi-
cale 47, 48, 49, 50, 52, 54, 55,
56.

Notizia de’ Contrappuntisti e com-
positori di musica dal 1000 al
1700 :37,:42.

Nuovo Testamento 10.

Nuti Girolama 34.

Octavianus Scotus Modoetiensis 17.

Oderisi da Gubbio 15.

Olivieri Giovanni 42.

Oratorio del Diluvio 41.

Oratorio di S. Cecilia 41.

Oratorio « Il Mondo Riparato » 42.

Oratorio « S. Ranieri » 42.

Ordinationes, et Decreta R.mi Capi-
tuli Cat.lis Ecclesiae S. Rufini
Assisiensis ab An. 1736 ad 1774
65.

Ordo ad faciendam aquam bene-
dictam 16.

Ordo Romanus 11.

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Il P. M.° Emilio Norsa o. f. m. conv. Maestro di Cappella in 5. Francesco e S.
Rufino d'Assisi. (Busto di P. Prosperi esistente nella « Sala Norsa », Assisi). (Foto
De Giovanni, Assisi)

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INDICE DEI NOMI 89

Ottaviano, Cantore 25, 26.

Ottavio 32. |

Pace Vincenzo 33, 34, 36.

Paganino (fra), Cantore 9.

Palestrina Giovanni Pierluigi 16,
32, 40, 42.

Pange lingua nunc proelium 17.

Panta Giuseppe 42.

Paradiso (Divina Commedia) 47.

Pargoletta che scherzi 30.

Parlesi Giovanni 32.

Parolini:Francesco 59.

Patrologia Latina 49.

Pellico Silvio 47.

Perconti Antonio 34.

Peretti Antonio 41.

Perugino, Cantore 25.

Petrarca Francesco 56.

Petrucci Ottaviano 32.

Piacentini, Organista 46.

Pianto della Vergine 9.

Pierluca Mario 46, 47.

Pietro (8:):251:375541; 425.03;

Pio- II 47, :57.

Pio (S.) V 15, 26.

Pio. X 24,.25, 45.

Pio XI 24, 25.

Pitoni Giuseppe Ottavio 37, 41, 42,
58.

Pizzardi Nazzareno 45.

Planctus in die Parasceve 9.

Pomponi Luigi 50.

Ponlifical de La Curie 15, 49.

Pontifical Romain 15, 49.

Pontificalis Romanus 15.

Pontificia Cappella 51.

Poso Sante 22.

Primo Libro de Madrigali a 5 voci
32.

Primo libro dei Mottetti 35.

Psalterium 19, 26.

Pustet Federico 48, 54.

Quadrivium 8. :

Raccomandazione dell'anima 17.

Radino Gio. Maria 30.

Ragionamenti delle regole di ben fare
il contrappunto 32.

Rainerio priore 7.

Regina Coeli 39.

Regno Piemontese 44.

Regole — Passaggi di Musica 35, 55.

Regula S. Benedicti 48.

Regula S. Francisci 13, 14, 49.

Repubblica Romana 44,

Ricci Giovanni 42.

Rinaldi Pietro 42.

Rinascimento 18.

Rito Ambrosiano 11.

Roberto di Deutz 48.

Rocchecciola Giovanni 40.

Rocchicciola Matteo 21.

Rodolfo di Diceto 49.

Rofin v. Bartolucci Rufino 18.

Romanzo di Perugia e Corciano 48.

Rossetto Orazio 28.

Rutino:(S.) 55:6, 7; 10;.12;: 15; 16;
1759855195; :205;5215..22,:23;:25;
2065; 27,.28,-30;-931;:325:33, 34,535;
36, 37, 39, 40, 41, 42, 43, 445
45, 46, 49, 52,:55,. 56, 57, 00;
63, 64.

Ruggiero Fiamengo 32.

Sabatini Giuseppe 44, 65.

Sabatini Francesco 43, 44, 65.

Sacchetti Sassetti Antonio 56.

Sacramentarium Gregorianum 11.

Sacrorum Concentuum qui 2-4 voci
Liber et opus I, 34.

Sacrorum Concentuum 4 v. Liber
Tertius op. 3 34.

Saffi Aurelio 44.

Salimbene (fra) degli Adami da
Parma 13, 16.

Sandrini Antonio 59.

Salvi Giacomo 34.

Santa Sede 22.

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Sbaraglini Ottavio 26.

Scalandri Girolamo 23, 52.

Scarabelli Damiano 35, 58, 59.

Scisma d’Occidente 18.

Scuola Musicale Fiamminga 30.

Scuola Romana 42, 56.

Sebastiano, Cantore 33.

Segreto del ’400 49.

Semiramide 45.

Sensi 51.

Sensini Antonio 45.

Senzi Francesco, Canonico 60.

Serafini Pietro 42.

Sermon Stefano 28.

Serrani Gian Francesco 42.

Serreno Silvio 33.

Settimana Santa 9.

Sgariglia 56.

Silvestro, Cantore 19, 49.

Silvestro Giacano 57.

Silvio, Cantore 25.

Sirleto Guglielmo 35.

Sonate per due violini e cembalo 43.

Sources of the modern Roman Li-
turgy 16, 49. .

Sovere da S. Geminiano 15.

Sperelli Cesare 30.

Stabat Mater 9.

Statuta Manuscripta 10, 48.

Stefano Ant.i de Corthona 19, 49.

Stella Domenico 46.

Storia e Pregio dei Libri Corali
Ufficiali 49, 54.

Storico, Cantore 9.

Strabone Walafrido 12, 49.

90 ALBINO VAROTTI

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Tabula Lamberti 14, 16.

Tabula parisiensis 14, 17.

Tanaglia Giuseppe 42.

Tanci Rufino 45.

Tebaldini Giovanni 47, 56.

Te Deum 44.

Tega, Cantore 45.

Tiberti Mario 55.

Timotelli Timotello 41.

Tollio Giovanni 27, 28, 29, 30, 36
53.

Tomasino, Cantore 21, 50.

Tonini Bartolomeo 40.

Torrefranca Fausto 18, 49.

Tradizione musicale della basilica di
Assisi 49.

Trivium 8.

Tu es Petrus 44.

Turba, Cantore 9.

Ucbald de Saint Amand 12.

Unione Cattolica Tipografica 55.

Unione Tipografica Cooperativa 49.

Valentini Andrea 42.

Wan Dijk. S. J. 10, 490.

Vanini Orazio 32.

Varotti Albino 47.

Vicentino Giovanni 35.

Vicomanni Democrito 32.

Virgili Lavinio 55.

Vita (fra), Cantore 15, 16.

Willaert Adriano 18.

Zampa 45.

Zanetti 34.

Zarlino Giuseppe 35.

Zingarelli Niccolò 42.

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SR Amburgo. 40.

Amersfoort 27, 29, 30.

Amsterdam 30, 43.

Angelo (S). 39.

Apiro 42.

Apollinare (S.) (Collegio) 39, 40,
A1.

Apostoli (SS.) (Cappella Musicale)
Roma 41.

Arezzo 12, 15.

Assisi; 5, 6; 7, 10,:12, 14, 15, 16,17;
18, 19, 20, 21, 22, 23, 25, 26, 27,
28, 20, .30, 31, 32, 33, 34, 35,
36, 37, 39, 40, 41, 42, 43, 44,
45, 46, 47, 49, 50, 51, 52, 53,
54, 55, 56, 57, 58, 59, 61, 63, 64.

Bagnoregio 13.

Barbara (S.) in Castello (Cappella
Musicale) 35.

Basilica di S. Francesco in Assisi
15,.17, 18, 44, 45, 46.

Berlino 35, 40.

Bettona 19, 49.

Biblioteca Comunale Assisi 17, 39,
40, 43.

Biblioteca del Conservatorio, Parigi
35, 40.

Biblioteca dell'Università, Koenigs-
berg 30.

Biblioteca di Stato, Lipsia 30.

Biblioteca Estense, Modena 40.

Biblioteca Haberl, Regensburg 34.

INDICE DEI LUOGHI

Biblioteca Imperiale, Vienna 30.

Biblioteca Musicale «G. B. Mar-
tini» Bologna 34, 35, 39, 40,
515.59;

Biblioteca Nazionale, Berlino 40.

Biblioteca Nazionale, Parigi 40.

Biblioteca Reale, Bruxelles 29.

Biblioteca Universitaria, Amster-
dam 30.

Biblioteca Vaticana 9, 48.
Bibliothek des Gymnasium zum
granen Kloster, Berlino 35.
Bologna 9, 14, 34, 35, 40, 47, 50,

56, 58.
British Museum, Londra 40, 43.
Bruxelles 29.

Camerino 32, 39.

Cappella Musicale del Duomo di
Rieti 33.

Cappella Giulia 37, 56.

Cappella Musicale della Chiesa Me-
tropolitana di Fermo 55.

Cappella Reale 33, 55.

Cappella Sistina 22.

Caravaggio 57, 58.

Chiesa Nuova, Roma 41.

Cingoli 41.

Collegio Germanico, Roma 39, 40.

Colombano (S.) 58.

Copenaghen 29.

Corciano 48.

Cortona 19, 49.

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Deutz 48.
Diceto 48.

Europa 15.

Faversham 13, 14, 15, 17.
Fermo 32, 40.

Ferrara 12.

Firenze 10, 18, 32, 42, 53.
Foligno 19, 30.

Francia 33.

Frascati 21, 50.

Giovanni (S.) dei Fiorentini, Roma
41.

Giovanni (S.) in Laterano, Roma 41.

Giovanni (S.) di Verdara, Padova 30.

Giralda (Torre), Siviglia 8.

Gualdo 19, 49.

Gubbio 7, 15, 41.

Heidelberg 29, 30.
Hofkapelle, Kopenhagen 29.

Ildebrando (S.) (Orfanotrofio), As-
sisi 43.
Italia.5,.6, 12, 17, 24, 25, 27,.30.

Jesi 32.

Koenigler und Universitáts Bi-
bliotek, Konigsberg 29.
Kónigsberg 30.

Laterano (Cappella Musicale), Ro-
ma 25.

Licata 34.

Leiden 16.

Lendinara 58.

Lione 54.

Lipsia 30, 48.

Londra 40, 43.

Lorenzo (S.) (Chiesa), Rotterdam 5.

Lorenzo (S.) in Lucina, Roma 41

Lówen 30.
Lucca 43.

Macerata 55.

Maria (S.) Maggiore, Spello 6, 20,
22, 30, 41, 50.

Maria (S.) della Vallicella, Roma 41,

Maria (S.) della Vita, Bologna 14.

Marino 37, 39.

Meserano 38.

Milano 35, 48, 57, 58.

Modena 40.

Monterotondo 41.

Nostra Signora del Divino Amore,
Amersfoort 27.

Occidente 11.
Olanda. 5, 27.
Oneglia 40.
Oxford 40.

Padova 8, 10, 13, 15, 18, 28, 29,
30, 48, 53.

Parigi 35, 40, 55.

Parma 13.

Perugia 17, 32, 42, 48.

Petronio (S.) di Bologna 48, 57.

Pistoia 23.

Polenta 47.

Polonia 42.

Pomposa 12.

Portici 45.

Proske Bibliotek, Regensburg 30.

Ratisbona 48, 54.

Recanati 42.

Regensburg 30, 34.

Reichensperg 48.

Rieti 27, 33, 34, 41, 53, 545555::57,
58, 59.

Roma 10, 14, 19, 20, 28, 29, 34, 35,
39, 41, 42, 48, 49, 53, 54.

Rotterdam 5.

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conv., del quale esistono importanti composi-

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INDICE DEI LUOGHI

Sacro Convento in Assisi 14. Umbria 17, 31, 44.
Siviglia 8. Urbino 22.
Spagna 5. Utrecht 27.
Spello 19, 20, 21, 22, 30, 41, 42,

49, 50. Valfabbrica 22.
Spira 15. Vaticano 37, 41, 42.
Standische Landesbibliothek, Kas- Venezia 17; 29; 30; 34, 35,

sel 29. 43, 57.

Sterpeto 34. Vernio 31.
Versailles 40.
Tivoli 39. Vicenza 18.

'Todi 9, 13. Vienna 30.

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Abati 12.

Agostiniani 17.

Anno Liturgico 14.

Antifone 11, 43.

Arciprete 10, 18.

Arcivescovi 15.

Aritmetica 8.

Ars Antiqua 17.

Ars Nova 17, 18.

Astronomia 8.

Ballerini della Madonna 8.

Barocco Musicale 30, 32.

Barzellette 18.

Basso 20, 25, 26, 31, 63.

Basso Continuo 34.

Benedettini 12, 16.

Breviario 14, 15, 16, 17, 31.

Calendimaggio 7.

Camerario 37.

Cantate 40, 42.

Canto Gregoriano 12, 17, 60, 61.

Cantor 8, 9, 10, 15, 18, 24, 48, 56.

Cantore del Coro 22.

Cantus firmus 20.

Capitolo Generale di Bologna 14.

Cappella Musicale 18, 20, 21, 22,
29. 24, 260; 28, 32, 34; 35; 36,
37, 40, 41, 42, 43, 45, 55, 58.

Cappellae Cantorum 25.

Cappellani Cantori 19.

Cappellania 19.

Cardinali 15.

Centonizare 48.

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INDICE DELLE MATERIE

Clerici 7.

Clerici Vagantes 7.

Collegiate 20, 50.

Communio 11.

Coppellaro 39.

Corte Francese 15.

Conventuali 13, 14, 34, 36, 44, 46.

Conferma dei Salariati 60.

Cronista 9.

Culto 48.

Diaconato 47.

Diaconi 7, 47.

Dialettica 8.

Diminutio 35.

Discantus 17.

Divino Ufficio 11.

Doge 17.

Domenica delle Palme 9.

Domenicani 13.

Edizione Monumentale delle opere
di Palestrina 42.

Episcopello 8.

Esenzione 13.

Fanfalughe 18.

Francescanesimo 13, 14, 15.

Francescani 13, 14, 16.

Frati Minori 13.

Frottole 18. |

Geometria 8.

Giàcani 7, 24, 47, 56.

Giansenismo 24.

Graduale 11, 26.

Grammatica 8.

AC AT

AER T uq Ade Historie 40.

Impero 14.

Inno 31.

Introito 11.

Jàcani 7, 47.

Jàconi 7, 47.

. Lamentazioni di Geremia 41, 43.

Laudi 15.

Libri Liturgici 11, 14, 15, 16, 17.

Litanie 43.

Ludus 8.

Maestro di Cappella 8, 10, 18, 19,
20, 21, 22, 23, 25, 26, 27, 28, 29,
30; 315,532, 33, 34, 37, 38, 39, 41,
42, 43, 44, 46, 50, 51, 53, 54,
58, 59, 60, 61, 64.

Maestro:di Grammatica 23, 24, 56.

Maestro di Musica 18, 23, 26, 56.

Magister chori 8, 10, 15.

Manogratia 14.

Mattutini 60.

Messa 11, 14, 15, 31, 40, 41, 43,
455: 905, 60:

Messale 15, 19, 26.

INDICE DELLE MATERIE

Miniature 15.

Mottetto 31, 34, 40, 41, 42, 43.

Motu Proprio 24, 25, 45.

Musica 8.

Musica Sacra 24, 25, 45.

Musices Moderator 10.

Notazione Musicale 14.

Offertorio 11, 43, 45.

Oratori 40, 41, 42.

Ordinamenti 22.

Ordini Sacri 27.

Organista 19, 21, 22, 23, 25. 31.
46, 49, 50, 51.

Papa 11, 13,:14, 15, 18; 35, 44.

Papato 12, 13, 14.

Passione 9.

Praecentor 8, 10.

Prefetto di Musica 60, 61.

Presbiterato 47.

Primicerio 18, 56, 57.

Razionalismo 24.
Retorica 8.
Villate 18.
Zaghi 8, 24, 47.

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PARTE I:

Premesse

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Secolo XVII ; A : ci A
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Secolo XIX 5 : : : i a 4
Secolo XX . s : : : : : i

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La «Passio saneti Venantii»
nel Leggendario spoletino proveniente da S. Brizio

CLASSIFICAZIONE DEI TESTI DELLA PASSIONE
DI S. VENANZIO

Degli Atti di S. Venanzio, patrono di Camerino, esistono di-
verse versioni e redazioni. La Bibliotheca Hagiographica Latina )*
li classifica raccogliendoli in gruppi, seguendo il criterio dell’iden-
tità di contenuto e di forma *) e distinguendo ciascuna lezione con
la citazione della frase iniziale e di quella finale. Poichè nel corso
delle nostre ricerche abbiamo trovato numerosi codici e testi che
riportano gli Atti del Santo *), che non sono stati citati dalla BHL,
abbiamo ritenuto opportuno integrare la classificazione della BHL,
catalogando i vari testi da noi trovati. Ci siamo attenuti ai mede-
simi criteri, ottenendo un quadro completo degli Atti di S. Venanzio.

a — Passio - Inc. : TEMPORIBUS ANTIOCHI REGIS MAGNI ERAT
VIR...
Expl. : PROPTEREA PLURES SANCTI IBI PRO NOMINE CHRISTI
INTERFECTI FUERUNT. PER INTERCESSIONEM ET CUNCTORUM BEATO-
RUM PERDUCAT NOS D. N. J. CHRISTUS AD REGNA COELORUM,
QUI CUM PATRE ET SPIRITU SANCTO VIVIT ET REGNAT DEUS PER
IMMORTALIA SAECULA SAEC. AMEN.

Tale passione é contenuta nei seguenti testi:

I. Tomo XXVI, Biblioleca Vallicelliana, Roma, cc. 277r-280v,
Saec. xi-xii, mm. 560x450.

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98 ANGELO ANTONIO BITTARELLI - FLORIANA RANIERI

Ms. membr. Titolo: Vitae Sanctorum et alia opuscula.

Scrittura minuscola romana con titoli rubricati ed iniziali
miniate in cui agli intrecci zoomorfici, di influsso beneventano cas-
sinese, si uniscono, nell’interno delle lettere, bianchi girari di gusto
toscano e figure umane. Puó ritenersi uscito da centro scrittorio
monastico dell'Italia Centrale *).

Non é diviso in lectiones. La Passio non é completa, mancano
alcuni fogli nella parte centrale.

2. Lezionario della chiesa di S. Venanzio, Camerino, saec. xiv-

| xv, cc. 122-129r, Arch. di S. Venanzio, mm. 490 x 340.
|| Acefalo, consta di 22 ff. senza coperta, semisciolto, segni di
legatura perduta; mutilo ed anepigrafo; scrittura gotica, unica
|| mano, calligrafica, in due colonne di 36 linee. Rubriche e titoli rossi.
[| Iniziali fregiate a colori vivi, con svolazzi. Particolarmente curate
| le carte con i martiri locali (Porfirio e Venanzio), soprattutto Ve-
nanzio. Titolo: « In festo gloriosissimi patris nostri V. M. »; la fe-
sta ha l'ottava privilegiata ; le carte sono sciupate, ritoccate, abrase.
| Tutto attesta che il lezionario è stato scritto e lungamente usato
| nella chiesa del Santo.
"d Dopo 4 colonne introduttive, cc. 121»-122r, sulla etimologia
del nome Venantius quasi vena vel velum altius, turgide ed allego-
"ny riche, a c. 122r, si iniziano gli Atti con un grande fregio : « Tempo-
I] ribus Antiochi regis magni»; explicit: «Per omnia saecula sae-
colorum amen », segue, c. 20r, un'aggiunta di cinque righe e mezzo
accuratamente abrase: «Passus est autem b venantius circa an-
nos Domini... ut in cronica reperimus... passi sunt per nomen
J. Xsti supra 1525 viri ».

La narrazione è divisa in 28 lezioni (9 della festa, 19 infra ebdo-
madam) segnate senza numerazione.

Il racconto, simile, nella sostanza, a quello bollandista, è lie-
vemente ampliato nei particolari. Originalissima, ma purtroppo
illeggibile, l'aggiunta finale, che ci ha condotto fino a circa annos
Domini e li ci ha lasciato a bocca amara *).

3. Leggendario della cattedrale di Assisi, mm. 500x350, sec.
| xIv, cc. 248, numerazione arabica recente, gotico, corale, due co-
|| lonne, unica mano, anepigrafo.
| Inc., con rubrica rossa: «Incipiunt legendae totius anni»;
mancano le ultime pagine ; nel resto il lezionario è ben conservato.

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In fondo al primo foglio, in corsivo : « Iste liber est Ecclesiae Cha-
tedralis Assisii». La Passio Sancti Venantii, cc. 233r-236v, è in-
terrotta alla narrazione del sogno del re Antioco *).

. 4. Lezionario del duomo di Orvieto.
Inc.: «Temporibus Anthiochi regis»; expl.: «Perducat nos
D. N. I. ad regna celorum »?).

- 9. Leggendario della cattedrale di Aversa. Copia esistente nel-
l'archivio parrocchiale. di S. Venanzio, Camerino, 1593. Titolo:
«xv Kl. Junii Passio Sancti Venantii ».

Ad Aversa non ci é stato dato di rinvenire traccia del codice.
Si.tratta di 11 carte (mm. 280x140) scritte con calligrafia uguale,
nel testo e nel verso, coperte in carta pergamenacea scritta nel-
l'interno; la prima carta è bianca, con titolo del lavoro di varie
mani e tempi.

A c. lr e v, si dichiara che si tratta di copia da ms. «satis
antiquus et pro autentico et approbato habitus et reputatus ».

Il testo risponde, con leggere varianti, a quello bollandista.

Si parla, nelle stesse carte, di un pubblico istrumento *), mandato
ai canonici di S. Venanzio di Camerino nel 1593 dal vescovo Pietro
Ursini di quella città, garante che il lezionario fu piü volte ripro-
dotto e riformato da Alessandro vi nel 1499. Poi, per difficoltà
di copie e spese nella riproduzione, fu sostituito con il Breviario
romano. Il vescovo Pietro stabilì che il 18 maggio si continuasse
a festeggiare S. Venanzio e, attraverso il camerinese Ercole Casa-
vecchia, se ne desse notizia alla collegiata di S. Venanzio.

6. Cod. H 11 Biblioteca Vallicelliana, Roma, cc. 143-158, saec.
XVI ex.-XVII in., cc. 252-262, id. id.»).

7. Cod. 98, Biblioteca Alessandrina, Roma, cc. 167-173r, saec.
XVII.

Segue « Antiphona ad Magnificat de S. Venantio et Oratio ».

Nello stesso codice, cc. 45r-46v, troviamo la «Passio S. Por-
phyrii presb. Camerinensis magistri S. Venantii, 4 maggio » in cui
sono alcuni capitoli della Passione di S. Venanzio.

8. Liri C., Dell’historia di Camerino, Macerata, 1652, p. 42 segg.
La «Passio », ivi riportata, contiene gli stessi martìri, interro-

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gazioni e risposte del testo bollandista. Non è suddivisa in lezioni.
Mancano le parti oratorie negli interventi del martire. Manca l'ul-
tima parte dagli altri codici dedicata alla fondazione del cristia-
nesimo e all’istituzione della diocesi a Camerino. Antioco, il per-
secutore, è chiamato prefetto e non re o imperatore e Giovanni,
il papa degli altri codici, è chiamato sacerdote.

A pag. 62 il Lili riporta l'autentica del notaio folignate Se-
bastiano Porfirio dichiarante : « Quam copiam vitae Sancti Venantii
ex quodam libro veteri ex cartis pergamenis compacto existente
in Abbatia S. Eutitii vallis Costonanae de Nursia de expresso man-
dato Illustrissimi et Reverendissimi. D. Jacobi Crescenti nobilis
romani abbatis, seu perpetui commendatarii, ego notarius infra-
scriptibus extrahendum curavi et cum originali collat. convenire
inveni ».

Tra i codici della Vallicelliana questo testo manca. Si puó
supporre che facesse parte del Tomo 1, giunto a noi, per guasti
successivi, gravemente mutilo e contenente gli Atti di S. Ansovino,
vescovo camerte. Infatti a proposito del Tomo 1 Giorgetti Vichi-
Mottironi 1°) dicono che tale tomo è da ritenersi proveniente, anche
esso, da S. Eutizio di Norcia e facente parte di quelli che Crescenzio
abate, commendatario di quel monastero (1587-1637), donò alla
memoria di S. Filippo 1).

Molte mende degli aspetti meno verosimili, 37 anni dopo i
rilievi del Martyrologium Romanum del Baronio che tra poco esa-
mineremo, possono dare il sospetto che il Lili, o qualcuno per lui,
abbia sentito il bisogno di aggiustare le carte e procurarsi l’avallo
notarile.

Ma il contesto della storia liliana non mostra preoccupazioni
così fini e neppure falsaree, 28 anni prima che i Bollandisti scate-
nassero contro il testo le gravi accuse che vedremo. Invece un ac-
costamento al codice spoletino di S. Brizio che stiamo per presen-
tare può far pensare ad origini molto simili tra le due narraziont.

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9. Acta sanctorum, mai, t. IV, 139-142 ; 2° ed., pp. 138-142.

10. Cod. 943, Biblioteca Universitaria di Bologna, Saec. xvi ex.,
cc. 1-55, exscripta sunt quae de S. Venantio in Acta S. Mai, t. Iv,
p. 136-144 bis protulit Papebrochius +).

1l. Diwus F., Vindiciae martyrologii ac Breviarii romani, Ve-
netiis.1701, pp. 4, 17-19.

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Scé aur uictor dixtt. 6716 ttbi.
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profit cum fé diceret poufitr ei.
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Leggendario della Cattedrale di Spoleto, c. 91v.

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LA « PASSIO SANCTI VENANTII ) 101

12. S. Maniorrr Affi di S. Venanzio, Roma, 1795, pp. 1-22.

b — Passio.

Inc. prol.: Vena nomine de copiosissimo fonte misericordiae.

Inc. : Fuit ergo in Camerinensium civitate civis Supprinus
nomine.

Espl.: Praemisit in coelestibus ad commorandum.

13. M. Pascucci, Vita di S. Venanzio martire, Pesaro, 1693,
pp. 270-86. Dinus, f. c., 50-60. E una predica molto ampollosa e
pertanto vicina all'epoca del Pascucci. Scomparsa nella 2* edizione
del libro, Camerino, 1875.

14. V. PIZzicANTI, Dissertazione apologetica degli Atti di S. Ve-
nanzio, Camerino, 1807, pp. 116-133.

€ — Passio.

Inc. : Sub rege Antiocho pagano erat quidam puer...

Expl.: Et multi crediderunt in Dominum per famulum Dei
Venantium et per Christum Domini qui vivit et regnat cum Deo
Patre et Spiritu Sancto in saecula saeculorum. Amen.

15. Leggendario della Cattedrale di Spoleto, saec. xir-xm, cc.
91»-93r.

d — Passio.

Inc.: Temporibus Antiochi regis impiissimi erat quidam puer
Christianissimus xv annorum...

Expl.: Et sepelierunt in sarcophago novo quod ibidem invene-
runt a civitate miliario uno xir kal. Iunii. Ubi exluberant ora-
tionis ad laudem D. N. J. Christi qui vivit et regnat in saecula
saeculorum.

16. Tomo vr, Biblioteca Vallicelliana, Roma, sec. xiu-xiv,
mm. 369 x 252.

Membr. Titolo: Vitae sanctorum et alia opuscola **). Codice
recentemente restaurato con legatura di imitazione. Contiene il
Proprium Sanctorum.

A cc. 1430-144r: Passio S. Venantii - Et sociorum eius.

È diviso in 3 lectiones brevissime e sobrie (solo 2 colonne e mezzo)
senza i dialoghi che oppongono il santo ai persecutori.

Incipit: « Temporibus Antiochi regis impiissimi...»; expl:
«Ad laudem dni nri ihu xpi qui vivit er regnat in saec. saec.

TUFUANES TWEEN.

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102 ANGELO ANTONIO BITTARELLI - FLORIANA RANIERI

17. Cod. 755 (olim Colb. 795, deinde Regin. C. 38.785) Paris,
Bibliothéque Nationale (mm. 356x240), sec. xin, cc. 256r-257r.
Passio s.ti Venantii et sociorum eius. Inc.: Temporibus Antyochi
regis impiissimi erat quidam puer xpianissimus ...; expl: ubi
exuberant orationes eius usque in hodiernum diem. Ad laudem
d.n. I. Xpi... in saecula saeculorum amen.

II

LA CRITICA AGIOGRAFICA E GLI ATTI DI S. VENANZIO

su questi Atti cadono pesanti accuse. A proposito di essi il
Baronio !*) osservava : « Vidimus tabulas ecclesiae Camerin. nec non
eius Acta et sociorum martyrum, quae tamen ob nimiam temporis
vetustatem superinducta mendis, censura indigent et castigatione
non modica». L'osservazione appare fondata specie se si con-
sidera che in questi Atti si trovano alcuni nomi e fatti di cui gli
studiosi non sono ancora riusciti a dare una spiegazione e per i
quali essi sono stati giudicati favolosi e non originari. Di un re o
imperatore Antioco non si ha alcuna notizia, tanto che Petrus de
Natalibus !') ha cancellato del tutto Antioco ed al suo posto ha
messo, arbitrariamente, l'imperatore Decio ; espediente che piacque
al Baronio, che ha potuto cosi fare di Antioco un « praeses urbanus ».
Anche di Leonzio, preteso primo vescovo di Camerino, mancano
testimonianze certe. Di lui l'Ughelli **) dice : « Primus Camerinorum
pontifex numeratur, qui in Deciana persecutione in qua Venantius
puer martyr effectus est cum Euprepio eiusdem Ecclesiae Archi-
diacono... sua fine quievit circa annum 254, eius honorifice mentio
extat in Vita S. Venantii»; da questa citazione risulta evidente
che lo storico ha tratto le notizie di S. Leonzio, non da documenti
degni di fede, ma da tardivi commenti degli Atti di S. Venanzio,
nei quali appunto si poneva arbitrariamente il martirio del Santo
durante la persecuzione di Decio.

Il Turchi'?) pur riconoscendo che non ci è dato di iniziare
la serie dei vescovi con il nome di Leonzio, perché le fonti non danno
indizi sufficienti del tempo del suo vescovato, si professó devoto
alla tradizione della Chiesa Camerte e si conformò all'Ughelli, co-
minciando la serie dei presuli da S. Leonzio.

Ed infine, il Cappelletti:*) scrive che «primo di ogni altro

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LA « PASSIO SANCTI VENANTII » 103

possedé la cattedra episcopale S. Leonzio, circa l'anno 250». An-
che il Gams '?) inizia la serie dei vescovi di Camerino con S. Leonzio,
ponendolo al 250 circa e citando le fonti da cui ha preso tale no-
tizia: il Turchi, l'Ughelli e il Cappelletti.

Da queste affermazioni ci sembra di poter dedurre, con il Feli-
ciangeli *°), che «l'esistenza di S. Leonzio ha per unica testimonianza
gli Atti di S. Venanzio ».

Una sola menzione di Leonzio ricorre nella formula impreca-
tiva di un diploma del 1254 ?) con il quale Guglielmo, vescovo di
Camerino, concede di trasferire la pieve di Attiggio nella Chiesa
di S. Venanzio di Fabriano. Questa testimonianza è unica: non
si. riscontra in nessuno degli atti dei vescovi anteriori o posteriori
a Guglielmo, né negli altri atti di lui.

Il Feliciangeli *) formula l'ipotesi che il vescovo Guglielmo
o qualche suo segretario o concittadino volesse ricordare il santo
venerato nella propria patria, Leonzio, martire di Aquileia ai tempi
di Diocleziano. Appunto canonico e decano del Capitolo di Aqui-
leia era stato Guglielmo prima di salire sulla cattedra di Camerino.

Questa ipotesi non sembrerà assurda se si pensa che negli Atti
di S. Venanzio sono stati rilevati sicuri elementi dalmati.

Il Papebroch, che per primo ha indicato come favoloso An-
tioco??) re o imperatore, detto romano, ma che aveva il palazzo
a Camerino, e che si é chiesto di quale papa Giovanni si parli negli
Atti, dal momento che prima del vi secolo nessun pontefice di tale
nome fu a capo della Chiesa di Roma, ha segnalato la straordinaria
somiglianza di questi Atti con quelli di S. Agapito **) martire di Pre-
neste, giudicando che l'estensore degli Atti di S. Venanzio non
ebbe altra cura che esser piü prolisso, aggiungendo qualche martirio,
divenendo «insulsior » quando poneva a Camerino il palazzo del re.

Il Papebroch cita l'esistenza di molti codici con gli Atti ?5)
di S. Agapito e di martirologi che conoscono il suo nome e, non ri-
scontrando altrettanta ricchezza di notizie su S. Venanzio, conclude
per la dipendenza degli Atti del martire camerte da quelli del mar-
tire di Preneste.

Contro tali argomenti portati dal Papebroch nulla potevano
— come dice Feliciangeli 2°) — le apologie uscite nel sec. xvni dalla
penna del Rossetti 27), del Dini *), del Mariotti *°) e del Pizzicanti *°).

La questione viene ripresa dal Delehaye?) dal quale è stato
condotto un confronto molto più accurato tra gli Atti di S. Venanzio
e quelli di S. Agapito..

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Egli, dopo aver esaminato attentamente il contenuto degli
Atti dei due Santi ed aver riportato le « straordinarie somiglianze »
già rilevate dal Papebroch, ricorda l’opinione da questo espressa
ed esamina gli elementi che avrebbero indotto il Papebroch stesso
a ritenere la « Passio » di S. Venanzio dipendente da quella di S. Aga-
pito : S. Agapito è annoverato tra i martiri più celebri dei dintorni
di Roma e i suoi Atti, per quanto scadenti, sono stati letti dall’ot-
tavo o dal nono secolo; S. Venanzio invece si trova in condizioni
molto meno favorevoli, perchè gli antichi martirologi non lo co-
noscono affatto, perchè le tracce che si trovano a Camerino risalgono
al xi secolo — dice Delehaye — e infine perchè la Passione, che
non ha alcuna testimonianza antica, fa pensare che sia stata com-
posta dopo l’epoca in cui il culto di S. Venanzio era divenuto po-
polare a Camerino, cioè verso la fine del xim secolo.

In base dunque a questi elementi di critica esterna il Pape-
broch sarebbe giunto a quella conclusione che il Delehaye però
non condivideva. Infatti il Delehaye nota che gli Atti di S. Venanzio,
pur essendo favolosi, presentano un’esposizione dei fatti meglio
ordinata di quella di S. Agapito e che la storia, malgrado alcune
inverosimiglianze, è condotta con una certa logica. Infatti, egli
osserva, il corniculario Anastasio si converte, ma viene subito pu-
nito e subisce il martirio ; Porfirio, il precettore di S. Venanzio, muore
ugualmente per la fede; Attalo, personaggio secondario, rimane
un rinnegato e il persecutore riceve il castigo per la sua empietà.

Poichè la Passione di S. Agapito è ben lontana dal presentare
un insieme così equilibrato, dato che alcuni personaggi sono ap-
pena abbozzati e che una grande confusione si è prodotta tra due
di essi, Anastasio ed Attalo, il Delehaye esclude la dipendenza degli
Atti di S. Venanzio da quelli di S. Agapito ; in questi ultimi in-
fatti riconosce che il compilatore ha lavorato su un racconto in
cui, come negli Atti di S. Venanzio, intorno al personaggio prin-
cipale si muovevano figure secondarie, ed ha trattato queste ul-
time con estrema negligenza senza notare i contrasti che introduceva
nella narrazione.

Se dunque gli Atti dei due Santi appartengono alla categoria
delle opere adattate, quale sarà la fonte comune alle due Passioni ?
Per cercare di rispondere a tale interrogativo il Delehaye si
pone dinanzi la tesi del Farlati*), secondo cui una Passione per-
duta di un ipotetico S. Agapito di Dalmazia avrebbe prodotto e
gli Atti di S. Venanzio e quelli di S. Agapito. In quest'ipotetica

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LA «PASSIO SANCTI VENANTII ) 105
Passione Agapito diventa vescovo, la scena è trasportata a Salona,
la vicina residenza imperiale è fissata ad Epetium.

Jelic**) ne va a trovare la prova nel martirologio gerolimiano :
18 ag. - martyrii Agapiti Eziae (Bern.) et Ziae (Eptern.). Eziaci
(Winsemb), il cui ultimo nome sarebbe, secondo lui, una corru-
zione di Epetium. Lo stemma agiografico che deriva dall’ipotesi
del Farlati è il seguente

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in cui « rappresenta la sconosciuta Passione del vescovo Agapito
di Salona, «' e B che da « derivano; sono rispettivamente gli Atti
di S. Agapito di Preneste e quelli di S. Venanzio di Camerino.

Il Delehaye respinge la tesi del Farlati, poichè, se ritiene dif-
ficile dimostrare che Epetium sia stata sede imperiale, può affer-
mare che mai Agapito fu nella serie episcopale ; ma accetta il fatto,
messo in rilievo dal Farlati, che negli Atti di S. Venanzio si tro-
vano elementi dalmati: le indicazioni dei luoghi che si applicano
ai dintorni di Salona, i nomi dei personaggi principali, Venanzio
e Anastasio, che si ritrovano nel gruppo dei martiri le cui reliquie
sono state trasportate a Roma da papa Giovanni 1v?*).

Poichè respinge l’opinione del Farlati e non vede altra solu-
zione, il Delehaye, prendendo spunto da tali elementi dalmati,
avanza l’ipotesi che, usando i nomi storici di Venanzio e Anastasio,
sia stata composta una passione i cui personaggi principali sono i
martiri di Salona; congettura che l'estensore degli Atti di Came-
rino, dovendo celebrare S. Venanzio, si sia casualmente imbattuto
nella passione di S. Venanzio di Salona, ora perduta, che si pre-
stava ad un felice adattamento.

Conclude però il Delehaye sostenendo che le Passioni di S. Ve-
nanzio di Camerino e di S. Agapito sono derivate da una fonte
comune sia essa la perduta Passione di S. Venanzio di Salona, sia
essa un’altra a noi non nota. Per cui egli modifica lo stemma agio-
grafico del Farlati nel seguente modo

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ove B e x indicano una fonte comune, «' e f' le passioni dei
Santi Agapito e Venanzio.

Il Dufoureq?*) parlando degli Atti di S. Agapito dice che essi
sono serviti da modello agli Atti di S. Venanzio di Camerino e quindi
sono ad essi anteriori, poiché trova che la passione del martire. d;
Preneste è più genuina di quella di S. Venanzio.

Egli, ricordando l'ipotesi del Delehaye, ritiene inutile, pei
dare una soluzione al problema della fonte comune che avrebbi
generato i due Atti in questione, ricorrere ad un testo la cui esi-
stenza è dubbia.

La tesi del Papebroch e quella del Delehaye, conciliate tra
loro, sono state accolte dal Lanzoni**), il quale afferma che a Ca-
merino è venerato un « Venantius » martire a cui è stata adattata
letteralmente la passione di S. Agapito di Palestrina con larghe
infiltrazioni delle passioni dei martiri della Dalmazia. Il Lanzoni
giustifica le sue conclusioni, dicendo che l’Anastasio e il papa Gio-
vanni di cui parlano gli Atti di S. Venanzio di Camerino, entrano
nella storia delle reliquie dei martiri dalmati.

Molti anni sono trascorsi dal tempo in cui da questi studiosi
è stato espresso un giudizio, nei riguardi del martire camerte e dei
suoi Atti; gli studi e le scoperte di quest’ultimo periodo, anche se
non tali da condurci ad una conclusione, ripropongono tuttavia il
problema degli Atti, dell’origine di essi e del culto di S. Venanzio.
Un contributo, crediamo, potrà venire dalla «passio » contenuta
nel Leggendario di Spoleto come termine di confronto. I testi fino
ad ora presi in considerazione corrispondono quasi tutti, tranne
varianti di poco conto, al testo bollandista.

Ma diverso da questi è la « Passio » di Spoleto, di cui sembra
opportuno riportare il testo, fino ad ora mai pubblicato, mettendone
in evidenza, nell’apparato critico, le differenze nei confronti del
testo della Passio di S. Agapito, indicato con la lettera B. ..

Nel tomo rxxiv, fasc. 3-4, 1956, p. 313-348 degli « Analecta
Bollandiana », Baudouin de Gaiffier raccontò le vicende dal sec. xv
ad oggi e descrisse Les légendiers de Spolète, tre grandi'corali, due
dei quali provenienti da San Felice di Narco e l'altro da San :Brizio
ed ora nell'archivio del duomo di Spoleto. La Passio sancti 'Venantii
mart. è la 23 (18 maggio), cc. 91v-93r del leggendario di san Brizio,
volume di 294 cc. (cm. 54x30) a doppia colonna di 50 righe, del-
l’inizio del sec. xii con rilegatura moderna e con varie lacune.
I tre leggendari sono stati molto studiati e, più, citati*?). Il Gaiffier

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LA «PASSIO SANCTI VENANTII ) 107

si riprometteva di studiare, in seguito, gli inediti dei leggendari :
S. Franca, S. Elpidius, S. Venant. Per i primi due ha mantenuto
la promessa **), ma, ancora, dopo dieci anni, il suo studio sulla
«Passio S. Venantii» è restato una promessa assai attesa. È per-
tanto questa la prima pubblicazione della « Passio Sancti Venantii »,
secondo il leggendario di S. Brizio.

III

«PASSIO» DEL LEGGENDARIO DI SPOLETO

PASSIO SANCTI VENANTII MART. Camertis

1 Sub Rege
Antiocho pagano
erat quidam puer
nomine Venantius,
9 timens Deum. Hic
omnia sua renun-
tiavit parentibus
suis, Deo se optulit olocaustum.
Cum esset cottidie in doctrina Christi
10 et non cessaret dicere ab homine
Dei pomphyri per coronam tuam
et per hoc in quibus videmur esse quod
sumus milites Christi ut nos non ab-
scondamus a diaboli nequitia, sed
15 magis ultro nos offeramus et dica-
mus. Hex pagane quid queris di-
scipulos Christi? et quid tu contra eos

4 Venantius] Agapitus B. || 6/8 omnia sua renuntiavit parentibus suis]
omnibus renuntiavit parentum suorum B || 8 post suis add. et B || 8 optulit
olocaustum] obtulit holocaustum B || post olocaustum add. Qui B | 9 cotti-
die] quotidie B || 10/11 dicere ab homine Dei pomphyri] dicit ad hominem
Dei nomine Porphyrium B. || 12 in quibus] quod B || quod] et B. || 13 post
Ghristi add. adiuro.Te B. || 16 queris || persequeris B | 17/18 tu contra eos
facere velis] morti eos tradere conaris B-
SL. P— mon: DS

ANGELO ANTONIO BITTARELLI - FLORIANA RANIERI

facere velis ? Sed sicut beatus apostolus
dicit. Sed si esurierit inimicus

20 tuus ciba illum si sitit potum
da illi, hoc enim facies carbones
ignis congeres super caput eius.
Renuntiata sunt sacrilego regi
verba eius. Tunc rex iussit Ve-

25 nantium exiberi. Qui cum hoc lo-
cutus fuisset dixit ad eum. Mul-
tum te video esse vesanum et ver-
bosum ut antequam interrogeris
et ipse tibi videaris iudicium dare.

30 "Venantius respondit: Ego non sum ve-
sanus sed sum sanus et in Deo meo
spem meam pono quia ipse dixit.
Nolite timere eos qui occidunt
corpus, animae autem nichil possunt

35 facere. Rex Antiochus dixit ad eum:
Cuius filius es aut quo ex genere
descendis aut quot annorum es? Ve-
nantius respondit : Sum primo christianus
et de genere nobili sum natus et

40 in foro huius civitatis didici. Deinde

parentes mei — vel omnes mei — me
dederunt in monasterio et ibi eru- 5. Venanzio, Particolare
ditus sum veritate. Deum meum CE EOHLTIGO- HE Giovan,

LAESRU 3 È : ni Boccati a Belforte
colo et ipsi soli servio, qui me crea- sul Chienti.

45 vit. Si quod enim in hoc quod tibi

18 Sed] et B || Post beatus add. Paulos B || 19 Sed om. B || 20 post
illum add. et B || 21 facies] faciens B || 22 post eius add. praedicemus ei verbum
divinum B || 24/25 Renuntiata sunt sacrilego regi verba eius] Confestim hoc
regi nuntiatum est B | 24/5 Venantium] Agapitum B || 25 eum om. B ||
26fuisset] fuerat B || post fuisset add. et B || 29 et ipse videaris iudicium
dare] ipsum te videaris in iudicium dare B | 30 Venantius] Agapitus | 31
sum sanus] Christianus B || 36 aut] vel B || 37 descendis] descendisti B
|l quot annorum es] cur credis B || 38 Venantius] Agapitus B | Sum
primo] A. puero sum B | 39 nobili sum] nobilissimo B | 40 huius civitatis
om. B || 40 post foro add. ius B | 41 vel omnes mei om. B || 44 ipsi] illi B.
| 45 quod] quid B | enim om. B |.45/6 quod tibi videntur] audes B.

í 2 4 $^ Y 3 [| k "
ERRORES, aM eie
di. pom pboyn pononam tuam.

Tproo meu inve ef cao
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igmie congrree fipcipuo enge

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Tantum criteri. Qui sum belg

cutuffimffte dir read enm./Auib

Tum TT Lv cit ucfmum.züei

-

bofirm tttaimr.quam.introger-
Te tibi bears nibicrátenie -
venant js. Ceo no fimone +

fimus. fio fum. fAanuf zin into.

fpem mem pono. quia iye cire

Nolte timevt eoo qui avant
corpus. Animeaurqmemt poffe
facere p.ex mttoehme cbriraieg.
Cuinf-füine ce —-tutquocreent
viene: Mt quot annox eese
namue. pum pmo xpianitf
Toe genere nobilifiim rg. ee
inforo ur aumanf chic oem.
parenief met-nPorniceemet. me
Teterunt in menaitienoatbi chit
omiffum.u Dani mcam
colo-71pi foli ferte. qumenti
utr: Ciquoo emm mha quos t
arermir aouerfum. cim loquo
fice tummieaieenif Tefponicco ttbi.
Rev amttocbus dere ab eim out
“tam ttbi 11m. ion toquor 111260 10
puerum cce-ztuimerrm mefao-feo
clio ttbr ti enamnm obcchie teepor
tet. corte: ergo ecfiarfica t8 ma.
‘gno om muncffmo- me te quafi
purrum.xptanim-mnobiti fami.
hic ocencraitiim pedmerits peme
tC facram in tene Soto te diffe
non ttmco Tormenti tiu3.quma
quafixeianue7zmfrigmmoee _
quimzeaim. parrf ce mon ^vepa-
ttue.gz [uxy ms dífms cit qma
omuim. comm noir ec tuni

Leggendario della Cattedrale di Spoleto, c. 92r,

Tav. II

mfcletfro baba 2r uibcns este fit
qme ctu citibolLius maliman

tuam facifimemanu e Armumen.

tftuie xpo ono mto effe-fotlicrms
-eyamtiocbuis dirt Volo urdi

cafmicbi unde tibi 4a frpientia.-

Umciufficenmmrbenennecer.
chf fortttercechNenanttug DS
Thenag cedo: ftp refrigem n.i

quemommeffis m area manibs
"&ecttur fic eregooeluzerammr
ftris tuif. Cancer tavtorc eum

| pipe cdisen®Dafi umamnne (ac

-

cinere: dtuerfie penie enm imt

fior: Tuné pite chrir milttibs fii
O mpotteromerditi quiby uoc.

rmuf Axruengmmad dqinnica mor
*ilott non formo cic» milites £i

Teri canv£onhtumf pds duri
. Tottepererian Pwudic
sert i millue aneumacebar- 7$
te mattuce ches no aqna. abalbiqaa.
creatura 101i ceti conec ceficr ar.
Uigpite aut aicuLar earam,

ficim Quietibi folliaroprmeious:
Cognianon ab ami fami ct.

famfictie- È uncpfes.dwir: abeum
ertum cturtaif luta pum
«te magnam,
cino mo 7 mticrffmmroangno.
pum.-qma fi eim pfnafrere uri
tc cffe quer fumi dt taf axizew
eomieaulan tiirApbdienanmmnn in!
carcere cc ct. Crete suna
nyeceafrutgna, tuarrianefica.:
team eio tui mommeen tse epe
ttrie^i petie flores f zu
uinentutte Bre ati? Barb tucse 118,
tram xpranis 1T 10to fum mimi
fer. (eb crechiiiz fam fica ut
.ginig .Tumeumantiuts oir ap cum,
“leo me pucrum mfta etarem,
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tui cliabolt. qu undpie 7ateras y
Tola muta 7fir.qneabbomr
Tubs fabricara. qua cdm meum.
nefus. quia manie ef cy patre tuo
ciabolo cif films fi -20lm.
tare Cuf cis. Qui dis otiem,
cpuant mà ce. ent fid ef. Attaluf
corninum dute —venanti facri

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LA «PASSIO SANCTI VENANTII »

videntur adversum Deum loquor
si es inimicus eius, respondeo tibi.
Rex Antiochus dixit ad eum: Mul-
tum tibi iam non loquor video te

50 puerum esse et tui meriti nescio, sed
dico tibi Venanti obedire te opor-
tet. Accede ergo et sacrifica deo ma-
gno Jovi invictissimo ne te quasi
puerum christianum et nobili fami-

55 lia generatum de diversis penis
te faciam interire. Scio te dixisse
non timeo tormenta tua, quia
quasi christianus et infra annos
quindecim paratus es mori. Venan-

60 tius respondit: Iudex meus Deus meus est qui
omnium corda novit. Sed tu qui
in seculo isto habitas et videris esse filius
patris tui diaboli ideo per malitiam
tuam facis me in multis argumen-

65 tis tuis Christo Domino meo esse sollicitum.
Rex Antiochus dixit: Volo ut di-
cas michi unde tibi ista sapientia.
Tunc iussit eum rex de nervis cru-
dis fortiter cedi. Venantius respondit :

70 Non cedor sed refrigeror. Nam
quomodo messis in area manibus
ceditur sic et ego deludor a mini-
stris tuis. Tunc rex tradidit eum
praesidi dicens. Nisi Venantius sacri-

46 loquor] loqui B [| 49 video] audio B || 50 et tui meriti] sed cuius
meriti sis B || 51 Venanti] Agapite B || 55 generatum] generosum B || de
om. B | post diversis add. te B || 57 post tua add. sed consultus sacrificas,
ne incidas in mortem, et multi dicant post tua tormenta B || 58 post et add.
puer B || 59 es] est B || 59/60 Venantius Agapitus B || post Venantius add.
respondit B | 60 post Judex om. meus B || 62 et om. B| 63 post diaboli
add. et B|| 67 post tibi add. est B || post sapientia add. Agapitus respon-
dit: Christus Deus meus est mecum et tu dicis, unde tibi ista sapientia ?
B || 68 de om. B || 69 Venantius] Agapitus B [| 71 messis] se pueri B || 72
ceditur] caedunt B || 74 dicens] et dixit B || Venantius] Agapitus B
‘110 ANGELO ANTONIO BITTARELLI - FLORIANA RANIERI
75 ficaverit diversis penis eum inter-'
fice. Tunc praeses dixit militibus suis;
O Juppiter o Mercuri quibus voca-
mus, ut Venantius quindecim annorum
. dicat non sentio quod milites tui
80 me cruciant. Et iratus praeses dixit:
Tollite eum et mittite eum in car-
cere et nullus ad eum accedat et per
quattuor dies non aqua ab aliqua
creatura illi detur, donec deficiat
85 Attalus autem cornicularius dixit ad prae-
| sidem. Quid tibi sollicitudine teris ?
|| Ego vadam ad eum et faciam eum
| sacrificare. Tunc praeses dixit ad eum
- MEN «per statum civitatis huius et per virtu-
Ma | | 90 tem magnam iovis et per virtutem
|| Dominorum nostrorum et invictissimorum princi-
|| pum quia si eum persuaseris faciam
|| te esse quod ego sum ». Attalus autem
cornicularius ivit ad Venantium in
| 95 carcere et dixit ei. Crede Venanti
Ih et recede a stultitia tua et sacrifica
" diis ut quid tu in tormentis mo-
reris et perdis flores gratissime tue
iuventutis. Ego autem, sicut tu es, ita
100 eram christianus et modo sum mini-
ster, sed credidi et sacrificavi diis et
dominis. Tunc Venantius dixit ad eum
Vides me puerum infra etatem

75 post diversi add. cum B | cum om. B | 77 Iuppiter] Iovis B || vo-
camus] vacandum B post vocamus add. quid agendum B || 78 ut Venantius]
quia Agapitus B || 80 cruciant] trucidant B. || 81 post mittite om. eum B ||
83 ab] vel B | 84 post donec add. ibi B || 86 teris] geris B || 91 et om.
È B || 92 eum] ei BJ 93 esse om. B| 94 Venantium] Agapitum B || 95 Ve-
nanti] Agapite B || 97 ut quid tu in tormentis moreris et] quid enim pro-
derit tibi in tormentis mori et cur B || 99 ita om. B || 100/102 et modo sum
minister, sed credidi et sacrificavi diis et dominis] sed credidi et sacrifi-
cavi diis et modo sum minister Iovis B || 102 Venantius] Agapitus B || 103
infra om. B.

ME

x E AVV) es m me zum 1 s » A \ ° ue EN E
—— 09 tr ir) nt E ILE LA «PASSIO SANCTI VENANTII »

sed non sicut tu insanus et filius patris

105 tui diaboli qui vadis et adoras i-
dola muta et surda, quae ab homi-
nibus fabricata, quia deum meum
nescis quia natus es ex patre tuo
diabolo cuius filius es et volun-

110 tatem eius facis. Qui dicis Iovem
quia Deus meus es, cuius socius es Attalus
cornicularius dixit. Venanti sacri-
fica diis. Licet tibi omnia michi
dicere quia sustineo te. Et dum

115 haec diceret misit praeses et iussit Ve-
nantium de carcere exiberi et dum
adduceretur missa est vox praeconis.
Venantius deos blasphemans novis
et exquisitis tormentis crucietur.

120 Venit itaque Venantius ad praesidem
et dixit ad eum. Noli temptare do-
minum meum Jesum Christum ne dum
vis temptare tempteris a patre tuo
diabolo; praese dixit: Tollite prunas

125 et in capite eius ponite. Et dum in
capite eius possite fuissent prunae
Venantius dixit Gloria tibi Deus qui
regnas in secula qui me fecisti pro-
bari et cepit sallere « propter innocen-

130 tiam meam suscepisti me et confir-
masti me in conspectu tuo. Et iterum

104 sed non sicut tu insanus et filius patris tui diaboli] sed non tam
puerili detinear fatuitate ut tu, vesanus filius diaboli B || 106 post quae
add. sunt B || 107 fabricata] facta B || 107/8 quia Deum meum nescis] quae
Deus nescit B || 108 ex] a Bl tuo om. B|| 111 es] est B || 112 Venanti]
Agapite B || 114 dum] cum B || 116 Venantium] Agapitum B || 117 missa]
praemissa B | 118 Venantius] Agapitum B || novis] a nobis B || 119 et om.
B || crucietur] cruciari B || 120 Venantius] Agapitus B || 121 post eum add. Aga-
pite, cogitasti esse amicus noster? Agapitus respondit || 122 meum Jesum
Crhistum] Christum] Meum B || 127 Venantius Agapitus B || 131 post tuo
add. in aeternum B || 131 post tuo add. et iterum iussit praeses flagellis caedi
Agapitumi. Agapitus dixit : flammam vidi primum etcrucia tus non sum,
deinde flagellis caedor, et sic mihi est quasi a muscis defendat ut refrigerer.

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ANGELO ANTONIO BITTARELLI - FLORIANA RANIERI
iussit praeses fieri fumum agrum
in capite deorsum nudum suspen-
di et dixit ad eum: Sapientia tua
135 et vanitas tua in fumum laborant.
Et cedentes eum flagellis ternis
quaternionibus ille iniuriam praesidi
facere et deos blasphemare non ces-
sat. Ministri autem suspensum dimi-
140 serunt. Tunc praeses iussit ut nullus
ad eum accederet usque dum corpus
eius nuntietur michi fuisse decep-
tum. Attalus autem cornicularius
post quattuor dies venit ibi ubi
145 pendebat ut videret si adhuc vi-
veret et invenit eum super fumum
ambulantem in veste candida et ps-
sallentem : « non moriar sed vivam
et narrabo opera Domini». Et iterum dixit
150 Transivimus per ignem et aquam et
induxisti nos in refrigerium ». An-
gelus autem Domini soluit eum. Tunc nun-
tiavit Attalus cornicularius praesidi
dicens magnum miraculum quod
155 vidisset. Tunc praeses dixit: Quid fa-
ciemus de eo? Attalus dixit: Ego cre-
do quod magnus est Deus eius et non
est alius praeter ipsum. Praeses dixit ad

133 in capite deorsum nudum suspendi et dixit ad eum] et nudum
capite deorsum verso suspendi. Cum autem diceret praesidi, B || 135 in
fumum laborant] fumo laborat B || 136 Et cedentes eum flagellis ternis
quaternionibus] Iterum caeditur flagellis a quotuor sibi invicem succe-
dentibus et dicentibus B || 137 ille iniuriam praesidi facere et deos blasphe-
mare non cessat /noli iniuriam facere praesidi et deos blasfesuare B || 139
.post suspensum add. eum B || 142 nuntietur michi fuisse deceptum] nun-
tiaretur esse defectum B | 143 Attalus] Anastasius B | 144 venit ibi] ibat
B || 147 ambulantem] deambulantem B || 148 post psallentem add. atque
dicentem B || 149 dixit om. B || 151 post nos add. Deus B | 152 autem]
enim B || 154 dicens om. B || 155 dixit] dicit B || 156 Attalus] Anastasius
B || 157 quod] quia B 158 post alius add. Deus B.

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oer d, ia I e ate AR trentina VO quae OSO SOIA. AID dus a SER Ty US Sab sà
LA «PASSIO SANCTI VENANTII »

eum: Sicut video seductus es. At-
160 talus dixit: Libentissime volo
subire sententiam ne sanctum et iustum
videam cruciari. Audiens haec
Venantius quod sic locutus est Atta-
lus, manus suas expandit et oculos
165 suos levavit ad coelum et oravit ad
Deum dicens: Gratias tibi Deus salvator
unigenite, Deus de Deo et lux de vero lu-
mine, verbum quod es ante omnem
potestatem qui regnas cum patre
170 et Spiritu Sancto in saecula saeculorum. Tunc praeses
iratus est nimis et scidit vestimen-
ta sua dicens: O dii immortales
qui virtutem vestram non onstenditis
adversum sacrilegum et deos blas-
175 phemantem ut non vindicetis in-
iuriam vestram de Venantio. Sanctus
Venantius dixit: Quid sic praeses
irasceris ut factam iniuriam diis
tuis aut nescis sicut illi lapides
180 sternuntur in plateis ad evitan-
dum lutum, sic tu pulveres eorum
deminues. Praeses autem intellexit
quod dixit homo Dei Venantius
et dixit ad eum praeses: homo aetaten:
185 non probasti unde tibi ista sapien-
tia; Venantius dixit: Deus meus
qui scit corda omnium quomodo
credo et corde puro et gratias ago Deo

159 post es add. Iam intimabo Imperatoris, quia seductus es || 159/60
Attalus] Anastasius B [| 163 Venantius] Agapitus B || 163/4 Attalus] Anasta-
sius B || 166 ad Deum] Dominum Jesum Christum B || 167 post lux add.
vera B Il 168 quod] qui B || 176 Venantio] Agapito B || 177 Venantius]
Agapitus B | 178 ut factam] et facio B || 179 aut] an B || post nescis add.
quia B [| ili om B 180 evitandum] devitandum B || 181 post sic add. et
B || 182 post autem add non B || 183 Venantius] Agapitus B || 186 Venan-
tius] Agapitus B || 187 post omnium add. scit etiam B || 188 et corde]
ei corde B.

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114 ANGELO ANTONIO BITTARELLI - FLORIANA RANIERI

meo vivo et vero qui michi istam
190 sapientiam dedit et omnibus ami-
cis suis praestare dignatus est. Prae-
ses dixit: Dic michi, quis est Deus
tuus. Venantius dixit: Magnus
est Deus meus et mirabilis et virtute
195 invictus, cui serviunt angeli et
arcangeli, qui fecit celum et
terram, mare et omnia quae in eis
sunt, cui de terra in celo suaviter
psallitur, qui te cum omnibus tuis
200 ad nichilum faciet devenire.
Tunc iratus praeses dixit militibus
suis: expoliate eum et calcem bul-
lientem in ventrem eius mittite
et dicite ei: Noli quasi puer mul-
205 tum verbosus iniuriam praesidi fa-
cere. Et cum haec agerentur apud
milites dixit homo Dei Venantius :
Quid est quod calcem callidam
misisti in ventre meo? puto quia
210 aquam frigidam michi misisti
quia Deus meus per quem ommnia ista pa-
tior refrigerium michi praestare
dignatus est. Et dixit praesidi: vel si cre-
do quia tormenta tua nichil sunt.
215 Tunc praeses iussit frangi maxillam
eius et dixit ei: Non scis ante quem stas
et indisciplinate loqueris. Respondit homo
Dei Venantius. Jam erubesco in faci-
em tuam sacrilegam respicere ;
220 praeses dixit: Quid adhuc te vivere

190/1 dedit et omnibus amicis] de divitiis B || 193 Venantius] Agapi-
tus B.|| 194 mirabilis] admirabilis B | 202 calcem] aquam B] 205 post
verbosus add. esse, et B || 207 Venantius] Agapitus B || 208 calcem callidam]
aquam ferventem B || 211 per] propter B || 213/4 si credo] sic credo B
| 216 non scis] nescis B || 218 Venantius] Agapitus B || 219 respicere]
aspicere B | 220 post dixit add. Verum dicis B || quid] quia B.

RS Cee I Ve + RANA Lc

» 4 FÍMVOK r*- dI
merita Du sa
LA «PASSIO SANCTI VENANTII »

facio. Venantius dixit tota
tormenta quae sunt in terris in me
compleantur quia magnum ha-
beo patronem Deum qui confortat

225 et faciet certari homini vesani.
Praeses dixit ad eum: Si credam, vi-
debo Deum tuum? Venantius respondit: Non
temptabis Dominum Deum tuum, quia
pater tuus diabolus voluit temp-

230 tare te Dominum nostrum Jesum Christum et di-
xit ad eum: vade retro Sathanas.
Sic et tu non temptabis famulum
eius, ne dum vis temptare, tem-
pteris a patre tuo diabolo. Et cum

235 haec dixisset famulus Dei Venantius
cecidit praeses de tribunali suo. Tunc
collegerunt eum ministri sui et
in lecto posuerunt. Tunc praeses dixit
militibus suis. Currite quia ardeo

240 subvenite michi: nichil sunt enim
dii nostri, quos sine causa colimus ;
sed Deus Venantii magnus est et aeter-
nus. Et quod fecit in puerum hoc
recipio. Et cum hoc dixisset praeses sta-

245 tim expiravit. Videntes autem hoc
ministri eius quod factum est de
praeside nuntiaverunt imperatori. Tunc
iussit sanctum Venantiüm leonibus
subici. Et statim ministri eius dux-

250 erunt in civitatem camerinam

221 Venantius] Agapitus B | 221/3 tota tormenta quae sunt in terris
in me compleantur] omnia tormenta non timeo, quae sunt in terris, si in
me complicentur B || 224 post qui add. me B || 225 certari homini vesani]
certare contra hominem vesanum B || 226 credam] credidero B || 227 Ve-
nantius] Agapitus B || 230 te om. B 231 post eum add. Non tentabis Domi-
num Deum tuum B || 233 eius] Dei B | 235 Venantius] Agapitus B || 238
post lecto add. eum B| 239 quia om. B || 242 Venantii] Agapiti B || 243
post puerum add. Dei: B || 248 post iussit add. Imperator B || Venantium]
Agapitum B | 250 post duxerunt add. eum B || Camerinam] Praenestinam B.

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275

et paraverunt amphiteatrum et

fecerunt spectaculum populi ut

ibi eum leonibus subiacerent.

Qui cum dimissi fuissent, leones
venerunt ad sanctum Venantium et

cum omni mansuetudine humi-

liaverunt ad pedes eius. Viden-

tes autem populi ammirati sunt dicen-
tes. Vere quia non est alius Deus ni-

si quem Venantius servus Dei confitetur.
Et haec populi cum dixissent, dixit

eis Venantius. Credite in Christo pa-

tres et fratres, ut salventur animae vestrae,
quia haec omnia transitura sunt de
mundo beati eritis si credideritis.

Tunc ministri diaboli tulerunt

sanctum Venantium et duxerunt eum in
diversis penis ut interficerent eum.

Et venerunt contra civitatem, ubi sunt
duae columnae, et genu posito in o-
ratione ibi eum gladio percusserunt.

Et statim emisit spiritum sub die
octavo decimo mensis madii. Tunc
christiani pernoctaverunt et tulerunt corpus
eius et pasuerunt eum non longe

a civitate miliario uno in agro in
sarcophago novo quod ibi inve-

nerunt dicentes. Qui hunc Deus

dignum sibi martyrem elegit

|] 280 ut per ipsum benediceretur Deus, ubi

a n

il 253 sub iacerent] subiicerent B || 254 Qui... leones] Leones autem B —
Il | 255 Venantium] Agapitum B || 259 quia om. B | 260 Venantius] Agapitus
| B || 262 Venantius] Agapitus B | 264 transitura] transitoria B || 265 post
mundo add. quae geruntur in terra B || post credideritis add. in Deum Vivum
B || 267 Venantium] Agapitum B | 267/8 in diversis poenis ut interficerent
eum] ut diversis poenis interficeretur eum B || 273 octavo decimo mensis
madii] XV Kal. Septembris B || 274 pernoctaverunt] per noctem venerunt
B | 275 eum non longe om. B | 278 Qui] Quia B.

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ANGELO ANTONIO BITTARELLI - FLORIANA RANIERI

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Leggendario della Cattedrale di Spoleto, c. 92v

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LA « PASSIO SANCTI VENANTII ) 117

erat religio paganorum et multi cre-
diderunt in Deum per famulum Dei
Venantium et per Christum Dominum. Qui
vivit et regnat cum Deo Patre et cum
Spiritu Sancto in saecula saeculorum. Amen!

IV

GLI ATTI DI SPOLETO E GLI ATTI DI S. EUTIZIO DI NORCIA

Dopo aver esaminato gli Atti di Spoleto ed averli posti accanto
a quelli di S. Agapito proprio per la loro stretta somiglianza, cer-
chiamo di vedere quali sono i rapporti e le differenze tra gli Atti
da noi ora considerati e quelli provenienti da S. Eutizio di Norcia,
che, soli, fino ad ora, avevano costituito il termine di confronto
con gli Atti di S. Agapito.

Per quanto riguarda gli Atti di S. Venanzio sia nell'edizione
di Norcia che nelle redazioni ad essa simili, possiamo rilevare come
siano facilmente scomponibili in tre parti:

1°) La vita e i martiri del Santo, correlativi a quelli di
S. Agapito ;

2*) Le prediche e le preghiere, ridotte in qualche codice,
dotte ed eloquenti, forse formate nel tempo in cui il Delehaye pensa
che siano stati estesi gli Atti;

3°) L'appendice di S. Leonzio e dei suoi compagni.

Riguardo alle ultime due parti diciamo subito che nella re-
dazione di Spoleto esse mancano. Interessante ci sembra la man-
canza dell'appendice relativa alla figura di S. Leonzio, della quale
abbiamo già trattato, tratteggiando la problematica ch'essa pone.
Tale circostanza ci induce a formulare un'ipotesi che appare vero-
simile e cioè che l'ultima parte degli Atti di S. Eutizio di Norcia
(e di quelli ad essi simili), contenente la storia di S. Leonzio, sia
stata sapientemente aggiunta in fondo ad Atti preesistenti per
dare vetustà alla diocesi di Camerino.

281 post multi add. Paganorum B || 282 in Deum] Deo B || 283 Ve-
nantium] Agapitum B || post Dominum add. nostrum B.

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118 ANGELO ANTONIO BITTARELLI - FLORIANA RANIERI

Con questa nostra ipotesi collimerebbe in parte quella avan-

zata dal Feliciangeli**) secondo cui il culto di Leonzio, martire di
Aquileia ai tempi di Diocleziano, sarebbe stato portato a Camerino
da Guglielmo, che prima di essere vescovo di Camerino, era stato
TI canonico di Aquileia.
ill Il Feliciangeli era giunto a questa conclusione avendo notato
che degli undici atti a noi noti ‘°), nei quali ricorrono o la formula
imprecativa o l'invocazione dei santi locali, in uno solo si fa men-
zione di S. Leonzio, e sì che dal 1103 al 1384 furono ben sette i ve-
scovi camerti che fecero uso di tale formula.

Dunque come spiegare altrimenti che un solo atto del vescovo
Guglielmo registri il nome di S. Leonzio ?

Anche il Lanzoni 4), citando il Feliciangeli, afferma decisa-
mente che «l’atto del 1254 di Guglielmo di Aquileia, vescovo di
Camerino, si riferisce ad un Leonzio, non di Camerino, ma della
stessa Aquileia ». La tesi è accettabile solo a condizione che non si
forzi fino a fare significare che il culto di Leonzio sorga a Camerino
con il vescovo Guglielmo. Infatti il testo eutiziano, ed alcuni della
stessa famiglia, sono indicati dalla paleografia come precedenti al
secolo xim), pur contenendo l’appendice leonziana. Pertanto il
codice spoletino ci dice solo — ci pare — che in una redazione pre-
cedente quella eutiziana degli atti di S. Venanzio l’appendice mancava.

Un'altra differenza che si riscontra nel confronto tra il testo
spoletino e quello di S. Eutizio di Norcia, è costituita dal modo
con cui si parla di Porfirio, il precettore di S. Venanzio.

Infatti, mentre nel primo documento si accenna soltanto al
suo nome accompagnato dalla semplice locuzione «homo Dei »,
nel secondo si traccia di lui una storia più ampia, forse aggiunta per
edificazione, che si snoda attraverso predicazioni, sino a giungere
al martirio, con una costruzione del personaggio condotta a fil di
logica.

Questa differenza, mentre conferma l’impressione di un ampio
rimaneggiamento che ha portato agli Atti di S. Eutizio di Norcia,
rafforza l’ipotesi, già formulata, di una maggiore genuinità degli
Atti di Spoleto, che potrebbe venirci confermata da alcune testi-
monianze.

Nel Martyrologium Romanum Vetus 43), sotto la data del venti
agosto, si legge : « Porphyri, hominis Dei», a cui Adone, nel suo
martirologio ** aggiunge «...qui sanctum martyrem Agapitum
erudivit in fide et doctrina Christi», identificando cosi arbitraria-

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LA «PASSIO SANCTI VENANTII ) 119

mente il S. Porfirio del Martyrologium Vetus con quello di cui si
ha notizia dagli Atti di S. Agapito. Come Adone si esprimono al
riguardo Beda :5), Usuardo **) e Baronio *?) il quale ultimo, nella
nota, sotto la data del venti agosto, osserva « eius martyrium haberi
in Actis S. Agapiti, de quo supra, xv Kal. Septem. » dando una
notizia completamente errata, poiché negli Atti di S. Agapito non
compare il martirio di Porfirio.

Ed ancora di lui si legge negli Acta Sanctorum #): « Cultus
certum, martyrium incertum ; praeter hunc non fuit; alius Ve-
nantii pedagogus », affermazione che i bollandisti fanno poiché
ammettono la dipendenza degli Atti di S. Venanzio da quelli di
S. Agapito.

Un'altra menzione di un S. Porfirio è nel martirologio del
Baronio *?) in cui leggiamo: «4 maii. In Umbria S. Porphyrii
martyris - Habetur mentio de eo in Actis S. Venantii qui passus
est Camerini » ; poiché i martirologi anteriori a quello Romano non
conoscono che un S. Porfirio, ricordato nel mese di agosto, cre-
diamo di poter dedurre che la citazione ora riportata dal marti-
rologio del Baronio derivi dagli Atti di S. Venanzio dell'edizione
di Norcia, nei quali appunto si legge che Porfirio muore per la fede.

sarà lecito dunque dedurre da quanto si é fin qui detto che
sono più vicini a quelli originari gli Atti in cui. di Porfirio non si
dice altro che «homo Dei» secondo la testimonianza del Marty-
rologium Vetus, come troviamo scritto negli Atti di Spoleto ?

Un'altra differenza da rilevare nelle due Passioni che stiamo
ora considerando, consiste nella assenza assoluta del corniculario 5°)
Anastasio nella redazione di Spoleto. Su questo personaggio pos-
siamo fare considerazioni analoghe a quelle fatte su S. Porfirio,
prendendo in esame le testimonianze a noi pervenute.

Il Martyrologium Romanum Vetus *), il 21 agosto dice: «in
civitate Salona, natale Anastasi martyris »; Adone *?), nel suo mar-
tirologio, riprende la citazione del Martyrologium Vetus e iden-
tifica di suo arbitrio il S. Anastasio di Salona con l'omonimo cor-
niculario di cui si parla negli Atti di S. Agapito.

Anche il martirologio romano **) dice : « Salone Sancti Anastasi
cornicularii qui cum videret beatum Agapitum constanter tormenta
perferentem ... martyr migravit ad Dominum ».

Un altro Anastasio è ricordato nei martirologi più tardivi **)
e negli Acta Sanctorum 55) i quali, per le notizie sul santo, riman-
dano agli Atti di S. Venanzio.

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ANGELO ANTONIO BITTARELLI - FLORIANA RANIERI

Da tutte le considerazioni fatte pensiamo di poter avvalo-
rare l'ipotesi secondo cui S. Anastasio è da ritenersi martire salo-
nitano e di concludere che gli Atti di Spoleto si rifanno ad una
tradizione anteriore agli Atti di Norcia, e che in questi ultimi sono

I entrati elementi dalmati, secondo la tesi del Lanzoni **). I sagaci |
studi dei Bollandisti e quanti da essi dipesero vengono pertanto a )
circoscrivere i loro riferimenti alla redazione degli Atti che conosce-
vano, quella eutiziana.

In quella redazione sono innegabili la presenza di elementi
dalmati, onomastici e toponomastici, e le somiglianze tra la pas-
a sione di S. Agapito e S. Venanzio.
|| Cade ora, con la pubblicazione di questo codice spoletino, la
presenza degli elementi dalmati, mentre si infittisce la somiglianza
tra la passione camerte e quella prenestina, fino ad escludere, al
|| punto attuale degli studi, una qualsiasi chiarificazione.

n Gli atti di S. Venanzio dipendono o suggeriscono quelli di
| S. Agapito ? ovvero altri atti sono fonte comune ?

Nel numero degli elementi dalmati, di cui sarebbero intessuti
gli Atti di Norcia, potremmo aggiungere anche il papa Giovanni,
LI di cui non si fa menzione negli Atti di Spoleto.
Infatti il pontefice Giovanni rv (640-2) sottrasse le reliquie
di S. Venanzio *?), di S. Anastasio e di altri santi salonitani al fu-
| rore degli Avari e consacró ad esse l'oratorio presso il battistero
| | di Costantino 5).
| Infine, un altro elemento potrebbe avvalorare l'ipotesi che gli
iI Atti di Spleto rappresentano una redazione anteriore a quella di
If Norcia, cioè l’analisi dei due termini con i quali è definito, nei due
documenti che stiamo esaminando ora, il personaggio Attalo, che,
negli Atti di Spoleto, è detto « cornicularius », in quelli di Norcia
«praeconarius »; mentre il primo termine è già usato nel secolo
quinto, del secondo si ha un primo esempio solo a partire dall'anno |
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A questo punto un nuovo confronto si impone: il racconto
degli Atti e la narrazione incisa nella cassettina argentea che con-

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tiene le ossa del santo, custodite nel monumentale sarcofago della
cripta che i camerinesi dedicarono a S. Venanzio.

Nei quattro rettangoli istoriati sono effigiate undici scene :
1) il re ordina la ricerca e la persecuzione del giovanetto, 2) i soldati
armati sono alla ricerca, 3) il santo, già aureolato, è afferrato, 4) egli
predica ai soldati, 5) viene esposto ai leoni, 6) è precipitato dalle
mura mentre un angelo viene dal cielo, 7) legato con il capo all'ingiü
è sottoposto al supplizio del fumo, 8) è disteso e battuto, 9) è scuo-
iato al capo con grossa spada, 10) è trascinato tra sterpi e siepi,
11) è decapitato all’altezza degli occhi.

Sull'epoca della cassettina sono state condotte varie indagini.

Nel 1962 il prof. Antonino Santangelo, direttore del Museo
di Palazzo Venezia*" condusse uno studio sulla cassettina argen-
tea che conserva il corpo di S. Venanzio nellomonima basilica di
Camerino.

Lo studio sul cofano che porta istoriati i martiri descritti negli
atti conduce lo studioso a conclusioni estremamente interessanti
la nostra tesi.

Il primo confronto, corredato da ricchissime notazioni filolo-
giche, il prof. Santangelo istituiva con le cassettine identiche, per
tipo, forma e dimensioni all'urna di S. Venanzio, dei SS. Corone
e Vittore, come appaiono miniate nella Vita Mathildis di Donizone
da Canossa, riprodotte da un codice Vaticano*) del 1109; esse
corrispondono ad uno sviluppo piü avanzato e ad una tecnica di
netta impronta romanica, solo in apparenza simile a quella di S. Ve-
nanzio *), le cui scene richiamano una tradizione piü antica, af-
fermatasi,alle origini della dominazione longobarda, di cui si con-
serva una chiara testimonianza in un gruppo di sculture in marmo
o in pietra delineate a stiacciato, in modo da apparire non scol-
pite, ma incise.

Per esempio il falconiere della chiesa di S. Saba in Roma, che
preannuncia un motivo caro agli artisti operanti alla corte di Fe-
derico 11, o la scena di caccia della cattedrale di Civitacastellana
appaiono più arcaiche delle scene dell’urna di S. Venanzio, che
hanno una maggiore e piü variata complessità nelle figurazioni
descritte con crudo verismo e mostrano manifeste influenze orientali,
evidentissime soprattutto nelle fasce ornamentali, che furono si-
curamente mediate attraverso l'Italia meridionale, il cui indirizzo
stilistico ha prodotto l’urna di S. Venanzio e ne rende possibile
la datazione **).

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» ANGELO ANTONIO BITTARELLI - FLORIANA RANIERI

Riproduciamo ancora solo un esempio: la decorazione del
pulpito del Duomo di Traetto-Minturno **), in un pilastrino, mostra
un fregio di volute ad onda rispondente a quello che nell'urna ar-

| gentea sovrasta, nella terza placca frontale, la scena dell'angelo
| che appare a S. Venanzio. Ancora piü frequenti risultano queste
corrispondenze con le fasce ornamentali che bordano le miniature
dei rotuli degli Exultet, letti dai pulpiti e databili intorno all'anno
1000 #5), ma che nella miniatura acquistano anche un maggiore
spicco dalle variazioni cromatiche. Qualche accorgimento grafico
| aveva già detto al Mezzana **) « che l'artefice, per quanto inesperto,
a" vive in un'epoca piü scaltrita di quella che converrebbe a un bar-
| baro», accorgimenti (come la punteggiatura che vuol rendere la
[| villosità delle membra e delle vesti e l'alone tremolato che circonda
il la figura di uno sgherro nella prima scena della facciata princi-
pale) che richiamano monumenti della fine del sec. rx.

Non v'é dubbio alcuno che l'urna sia stata decorata tutta in
I un sol tempo in un'unica bottega di artisti, ma innegabilmente
—- TET esiste un certo scompenso tra le parti ornamentali orientalizzanti
TIU e piü progredite e le scene figurate espresse da una cultura tutta
locale. Ció puó giustificarsi sia con una possibile collaborazione di
artisti diversi nella medesima opera, sia con la esecuzione del la-
II voro da parte di un artista di educazione orientale.

L'opera rimase incompiuta. La fodera (in lino greggio) di ri-
| vestimento interna non è databile, comunque è medievale, tutto
peró induce a credere che essa sia il rivestimento originale dell'urna
e che originale sia anche l'anima lignea sulla quale è adattata.
Oltre alla capsella destinata a raccogliere parte del cranio, ris-
WM pondente allo stile dell'urna, merita particolare menzione l'im-
m pronta in cera di un sigillo di Camerino, preromanico, databile
| Secc. X-XI.

1) Nell'urna e nel codice spoletino nessun cenno a S. Leon-
zio e compagni; 2) nell’una e nell'altro nessun cenno a S. Ana-
stasio ; 3) la stesura spoletina dà un rilievo trascurabile a S. Porfirio,
«homo Dei»; le incisioni lo trascurano completamente.

In definitiva, un attento esame può far concludere che il rozzo
incisore ha conosciuto la sobria narrazione di cui è eco il codice
spoletino, non la più ampia, posteriormente accresciuta di elementi
È dalmati, da preoccupazioni catechistiche e istituzionali per la diocesi
il riflesse dal codice di S. Eutizio.

I Il codice di Spoleto nulla dice della priorità degli Atti di S. Ve-

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nanzio o di S. Agapito, però, ci pare, portarci al sec. ix o x nel
quale i fatti furono anche scritti sull'argento dell'urna e, forse,
sulle membrane dei grossi corali.

ANGELO ANTONIO BITTARELLI
FLORIANA RANIERI

NOTE

1) Bibliotheca Hagiographica Latina (BHL), vol. rz, Bruxelles, 1889-1901,
Venantius M. Camerini, Mai 18.

1 — Passio — Inc.: Temporibus Antiochi regis magni erat vir.

Expl.: propterea plures sancti ibi pro nomine Christi interfecti fue-
runt. 8523.

Acta SS. Mai, Iv, 139-142; 2° ed., p. 138-142.

Dini F., Vindiciae martyrologii ac breviarii romani (Venetiis) 4 et 17-39.

Atti di S. Venanzio, Roma, 1795, 1-22.

2 — Passio — Inc. prol: Vena nomine de copiosissimo fonte miseri-

cordiae.

Inc.: Fuit ergo in Camerinensium civitate civis Supprinus nomine.

Expl.: praemisit in caelestibus ad commorendum 8524.

Pascucci M., Vita di S. Venanzio mart., Pesaro, 1693, 270-286.

DiNus, t. c., 50-60.

Dissertazione apologetica degli Atti di S. Venanzio, 2? ed. Camerino,
1807, 116-133.

3 — Epitomae, PETRUS DE NATALIBUS, v-12.

4 — Carmen de Ablato An. 1259 et Relato An. 1269 corpore, Inc.:
Gentibus ut pateat, Venanti sancto, futuris. Expl. : In summis caelis, regnas
quibus ipse fidelis 8525.

UcnELLI, r, 601-3; 11 ed. 558-59.

Liri C., Dell’historia di Camerino, 11, Macerata, 1652, 33-34.

Acta SS., Mai, 1v, 137-38; 3* ed., 137.

EXOSCDINUS,; t. C3 09:70:

°) I testi della Passione di S. Venanzio, anche se raggruppati in base
alla. somiglianza di contenuto e di forma, non sono del tutto identici fra
loro; essi infatti presentano alcune varianti, che non toccano la sostanza.

*) Alcuni codici (Codice 93 della Biblioteca Alessandrina, Cod. Hil
della Biblioteca Vallicelliana) non ricordati dalla BHL sono stati riportati
da A. PowcELET, Catalogus codicum hagiographicorum bibliothecarum Roma-
narum praeler quam - Vaticanae, Bruxelles, 1909.
Y NIS ex PG fa? T ia
mi maa etae orco _ La e da —

124 ANGELO ANTONIO BITTARELLI - FLORIANA RANIERI

Un altro dal Cat. cod. hagiogr. lat. bibl. Universitatis Bononiensis in
«Analecta Bollandiana », t. xLII, 1924, pp. 330-331.

Lezionari e Leggendari contenenti gli Atti di S. Venanzio come quello
di Spoleto, Assisi, Camerino sono ricordati dal Dini, dal Pizzicanti, ecc.

4) A. M. GrorceTTI Vichi e S. MorTTIRONI, Catalogo dei manoscritti
della Biblioteca Vallicelliana, Roma, 1961.

5) Lo stesso prologo troviamo nel codice 943 della Biblioteca Univer-
sitaria di Bologna, c. 59-60. Il codice di S. Venanzio è stato descritto da
A. BIrTARELLI, Manuali membranacei nell’archivio di S. Venanzio, « Ap-
pennino Camerte », 24 giugno 1952: è il n. 1.

*) JAcoBILLI, Vita dei santi e beati dell’ Umbria, Foligno, 1647, p. 701-704,
lo cita ripetutamente e lo assegna per errore al 1212, traendo la data da
c. 146r, dove si parla della 11 inventio di S. Ruffino. Il codice è posteriore
al 1317 perchè contiene la leggenda di S. Ludovico di Tolosa canonizzato
in quell’anno. Ha esaminato il codice A. BrunaccI, Leggende e culto di S. Ruf-
fino in Assisi in « Bollettino della Dep. di Storia Patria per l'Umbria »,
vol. xLv, 1948, p. 1-91.

?) B. H. L. 8523. Cfr. V. NATALINI, S. Pietro Parenzo. La leggenda scritta
dal maestro Giovanni canonico di Orvieto in « Lateranum », Nuova Serie,
15 23: 1930; Dp.. 28:

8) M. Pascucci, Vita di S. Venanzio M., Pesaro, 1693, I ed., p. 249 e s.,
si cita la prima parte dello strumento.

*) Incipit: « Passio S. Venanti mart. et soc. eius ex scripto codice an-
tiquissino abatiae S. Eutitii ».

10) A. M. GronGETTI VicHI, S. MoTTIRONI, o. c., Roma, 1961.

1) La donazione alla Vallicelliana, insieme ad altri codici, risale al
1605: E. Pinto, La Biblioteca Vallicelliana in Roma, in « Miscellanea della
Soc. Romana di Storia Patria », a. vir, 1932, p. 40; P. PirrI, L’abbazia
di S. Eutizio in Val Castoriana presso Norcia e le chiese dipendenti, Roma,
1960, pp. 349-350.

12) Alla fine degli Atti si legge: « Passus est autem..., in quo passi
sunt pro nomine Jesu Christi supradicti mille quingenti quinque viri».

Chiusura simile a quella nbrasa del codice dell'archivio di S. Venanzio
a Camerino.

13) A. M. GrionGETTI Vicur S. MoTtTIRONI, Catalogo dei manoscritti
della Biblioteca Vallicelliana, vol. 1, Roma, 1961.

14) C. BaroNIO, Martyrologium Romanum, Venetiis, 1615, p. 283, nota.

15) Catalogus Sanctorum, lib. 1v, Vicentiae, 1643, c. 87.

1) I. UGHELLI, Storia Sacra, t. 1, Venetiis, 1717, p. 549.

17) O. TuncHr, Camerinum Sacrum, Romae, 1762, pp. 74-6.

18) G. CAPPELLETTI, Le Chiese d’Italia, Venezia, 1846, vol. rv, p. 232.

15) P. B. Gaws, Series episcoporum ecclesiae catholicae, Ratisbonae, 1873,

. 679-80.

treni)
cugnatufé Ec chy fic tel fiore

TO cqui tormenta tii nichii fe
Tune pfts inffic frangi mayill.i
Ce irtt er. no fto amr que ftas
Tm cifaplinare ioqiene. p hs
Det ucnimm. Jim enibefio in&g
e€m tu im facenleaam.tefpicerc-
pfts cute uua huc - niue
"facto - Ucnantine drtri Tom.
tormenta quefintantermsime
omplcmar quia magni ba
beo parromem cimi. egi om fortar
zfactet corr Vemm uefani
par dicit aD eum. cac ui
Debo dim, tuii eniti 316
tcmptab dni chm tiir. qma
pater eiuf chibolne noli temp
tare te drm mrmaPimxom.
xtt 4D cum. Ci Ae retto fathanag
Sic ct tt! mno trmptabis famuta.
auf, necium uf temptare tem.
tenis parre tuo di.itolo. ft cam
dec ctixiffeo famtluevet nenamti
AUDIT pfee ve tibnnatt fno (ac
collegcrumnc cum mimifm (i7
iti. Yecto qofucr: Tunc pfesoay
muutfb. finf. q'umte cuia ano
fubuernitemiebi micbilfenreni
du Mt egiof fincciufa colimus
fed os nenamti magnufe emere
fue. fr quod fero mpuenim. hoc
reapio. te am. pc diaiffet piro ita
tim eypiriuit vente auc boc.
muuftre eaif quopb facrum exe
pfüe.nimmaucrimptiten. Cue
uff fem uen amntnmm 1eomibue
fubia 7ftatmamiifm cmfonx
enum mamtatem camere ams.
paruerunr mpitbertmim. 7
fecerunt fpectioninm ppl. ut
ii er. ee mitis fuesaaent
Qm com: cum fr Anffent 1omnes
uencrür ap fcm. uenantium 7
.&un cmt manfuernicine numi
lanerunt 5-3» peics nf. Chien
tri cut pepli ammirati funt dic
tef uer qui. none ümspsmr
fi qne ucnmtime fune uti o fre
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cif tien mirus Credi imtpo pi

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Leggendario della Cattedrale di Spoleto, c. 93r.

Tav. IV

trcér fio. ut fitemürammeug CO

quia bec ona tranfrtum fumpbe
munto best errtif fierecliberise.
Tune minifin diaboli talerunt
fce nenamtgnm.-7aureeggam
duifis pemf ise mitfieremm eim,

Er uener conti ciae mbi Te
pntobipne.zgtritqeffib me. 7
Tatione- ibi eum gUipio peuffe? ».

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LA «PASSIO SANCTI VENANTII » 125

?) B. FELICIANGELI, Cronotassi dei più antichi vescovi di Camerino,
Camerino, 1921, p. 4.

^) O. Tuncur Camerinum Sacrum, Romae, 1762, appendice n. 47.

9*0; 5c: pi?716;

**) PAPEBROCH, Acta Sanctorum, t. c., p. 144: «... congregationem
novit haud dubio evidens fabulositas, quam continebat chimericum plane
commentum de Antiocho Hege et Imperatore, Romano quidem, sed pa-
latium Camerini habente; deque nescio cuius beati Joannis Papae pontifi-
catu, cum eo nomine ante saeculum vi nullus Ecclesiae Romanae praefuerit ».

") A. SS., t. c., p. 144: «...cum finita iam fere quarti quantique
tomi impressione audio ex nostro Ribadineira ad mensam legi Passionem
S. Agapiti Martyris Praenestini, pro xvin die Augusti ; miratusque omni-
modam totius narrationis similitudinem cum iis quae hic haberi memine-
ram, ... Vides hic non solum Antiochum Regem, sed et Porphyrium virum
Dei, et educationem Martyris in monasterio et annorum quindecim aetatem
et generis nobilitatem et anonymum Praesidem, cui torquendus commissus
sit Agapitus, similiter lapsum de tribunali atque enectum ; Martyrem prae-
tera flagellatum, fustigatum, prunis capiti impostis subiectoque fumo ve-
xatum, et leonibus obijectum : tum Attali apostatae conatus irritos et Ana-
stasium cornicularium multosque de populo conversos, sepulturam denique
lisdem fere verbis... neque quidquam notabilis differentiae... ».

25) A. SS., t. c., p. 144: «Mss. Codicibus Clarissimorum virorum Reb-
dorsfi, Puteani, Usserii, Belfortii Codicibus item vetustissimis San-maximini,
Fuldensi, Bertiniano et nostro, ac denique excusa apud Mombritium ». Per
i martirologi cita quello di Rabano Mauro e di Beda.

31$):0: €, Didi

*) B. RossETTI, Dissertazione apologetica degli Atti di S. Venanzio,
Macerata, 1699.

38:50; Set

^?) S. MaRIOTTI, Atti di S. Venanzio M. protettore principale della città
e stato di Camerino illustrati e difesi, Roma, 1795.

°°) V. PizzicaNTI, Dissertazione apologetica degli Atti di S. Venanzio,
It, Camerino, 1807.

*) H. DELEHAYE, Anasíase martyr de Salone, in « Analecta Bollan
diana», t. xvr, 1897, Bruxelles, pp. 490-4.

L'ipotesi espressa dal Delehaye in tale suo studio viene ripresa da
J. ZEILLER in Les origines chretiennes dans la province romaine de Dalmatie,
Paris, 1906, pp. 68-74.

*) FARLATI, Illiricum sacrum, manca il nome del tipografo editore, T. 1,
pp. 607-633, sl. e d.

?) JeLIc L., Anastasius cornicularius, der martyrer von Salona (Son-
der-abdruck aus der « Fertsehrift zum 110 Fachrigen Jubilaeum des Deut-
schen Campo Santo» in Rom, p. 21-32).
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ANGELO ANTONIO BITTARELLI - FLORIANA RANIERI

?* Una lista completa di questi Santi di Dalmazia è fornita dal mo-
saico della cappella al Laterano, dove appunto si indicano le reliquie di tali
martiri; qui sono i nomi di Venanzio, Anastasio, Asterio, Telio, Pauliniano,
Domnio, Settimio, Antiochiano, Gaiano. L'epigrafia salonitana permette
di redigere una lista parallela quasi completa, facendo difetto forse per il
solo Venanzio (v. H. DELEHAYE, Les origines du culte des marlyres, 11 ed.,
Bruxelles, 1933, p. 140). ;

?5) Etude sur « Les Gesta martyrum » romains, t. 111, Paris, 1907, pp. 21-26.

*) F. LANZONI, Le Diocesi d’Italia, Faenza, 1927, p. 487.

?7) G. SorpINI, Di un sunto inedito di storia spoletana scritta nel secolo
X, in « Bollettino della regia Deputazione di storia patria per l'Umbria »,
t. xit, 1906, pp. 357-383 ; L. FAusTI, Del sepolcro di S. Giovanni, arcivescovo
di Spoleto, Castelplanio, 1911, pp. 6-9; Ip., Le pergamene dell’ Archivio del
duomo di Spoleto, in « Archivio per la storia ecclesiastica dell Umbria »,
t. rv, 1917-1919, pp. 291-294 (da un inventario del 1488 si cita un Passio-
narium in carta pecudina che il Gaiffier ritiene essere il nostro ms., prima
che andasse perduto, con gli altri due, e fortunosamente ritrovato. Chi so-
prattutto li ha studiati, copiati, citati è lo JAcoBILLI, Vite de’ santi e beati
dell' Umbria cit., e nella cui biblioteca, in copia, li hanno conosciuti i Bol-
landisti Papebroch e Henschen, Citiamo anche F. ERMINI, Medio evo
latino. Studi e ricerche, Modena, 1938, pp. 109-114, tralasciando altri
molti.

?) DE GAIFFIER, Hagiographie du Picenum: Vita S. Elpidii, Passio
S. Francae, in « Analecta Bollandiana », 1957.

39-0. 6. p. 6;

4°) TURCHI, 0. c. Appendice XLVII.

#0. c, p. 488.

^?) Basti considerare il codice xxvi della Biblioteca Vallicelliana che
noi abbiamo citato per primo nel cap. 1. Si spiega come ai tempi del Feli-
ciangeli o del Lanzoni non si desse peso alla paleografia.

45) In. H. QuENTIN, Les martyrologes historiques, Paris, 1908, p. 437.

44) Martyrologium Adonis Ab Heriberto Rosweido societatis Jesu theo-
logo recensitum, recognitum ... opera et studio Dominici Georgii, Romae,
1945, p. 416.

45) Martyrologium Venerabilis Bedae, Bruxelles, 1564 20 ag., p. 102.

9) Usuardi Martyrologium, Lovanii, 1573, p. 139.

41) 0.36. p.:c461;

*) A. SS., Aug., t. Iv, Antverpiae, 1739, pp. 26-7.

‘O... pp»0250-51.

50) Negli Atti di Spoleto il corniculario si chiama Attalo, mentre negli
Atti di S. Eutizio di Norcia Attalo è « praeconarius ».

$3) In QUENTIN, 0. c., p. 437.

$8) 0C, p. 410.

Pun » . up > > 4 È - 32 TI T A
ACRAS. irrita DI 1; dine LAN D US Seul 7 a t. Xx sò.
LA «PASSIO SANCTI VENANTII » 127

5*) Martyrologium Romanum, editio a Benedicto xiv pontifice maximo
aucta et castigata, Venetiis, 1759, 21 ag., pp. 156-7.

^) Per es. nel citato martirologio del Baronio sotto la data dell’11
maggio, p. 269.

5) A. SS., aug., t. 1v, Antverpiae, 1739, pp. 407-9.

55)30: 65, pp. 487-8; ,

?) DurFOURCQ, 0. c., p. 24. Egli pensa. che l'introduzione del culto a
Camerino sia legata alla celebre traslazione delle reliquie dei martiri salo-
nitani a Roma.

58) Liber Pontificialis, ediz. Duchesne, Paris, 1886, p. 330.

°*) C. Du CANGE, Glossarium mediae et infimae latinitatis, t. 1x11, Niort,
1884, p. 569, voce « Cornicularius » ; t. vr, Niort, 1886, p. 454, voce « Prae-
conarius ».

*?) A. BITTARELLI, La cassettina argentea di S. Venanzio è del secolo IX,
in «L'Appennino Camerte », 29 dicembre 1964. Lo studio integro del prof.
Santangelo verrà pubblicato postumo in « Rivista di Archeologia Cristiana ».

©) BETHMANN, Mon. Germ. Hist., 55, xii, 364 segg.

) G. F. WARNER, Gospels of Mathilde Countes of Touscany, 1917. CARTA-
CiPoLLA-FRATI, Atlante paleografico italiano, Tav. xLIv.

*3) A. HascLorr, La scultura preromanica in Italia, Bologna, 1930, p. 70.

$4). A... FHIASGLOFF, .0. €., tav. ‘69.

*5 BETHMANN, 0. C.

** MEZZANA, Il cofano argenteo di S. Venanzio a Camerino, in « Ri-
vista di Archeologia Cristiana », 1943, p. 317 segg.

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Lorenzo De Dominicis da Foligno

Vescovo giurato
(1735-1822)

Nel tormentato periodo della Rivoluzione, prima, e della do-
minazione Napoleonica in Europa poi, l'imposizione del giura-
mento, con cui i dominatori dell’ora intendevano legare al proprio
effimero potere la coscienza dei popoli, ricorre come un motivo
dominante.

Dall’assemblea degli stati generali (1789) al tramonto di Na-
poleone (1814) fu richiesto per circa venti volte. Gli avvenimenti
e 1 protagonisti si susseguivano con ritmo cosi incalzante, che una
costituzione, fatta giurare come perfetta, durava, si e no, lo spazio
di un mattino e veniva ben presto sostituita da un’altra ritenuta
ancor più perfetta: così per ventisei anni, alla media di un giu-
ramento ogni anno e pochi mesi.

Ora, non v’ha dubbio che il giuramento sia un atto interiore
estremamente grave, che impegna la propria coscienza e il proprio
onore e, se si è credenti, la testimonianza stessa di Dio. Di con-
seguenza, i cittadini più sensibili erano esposti a tormentose in-
certezze. i

La Rivoluzione aveva avuto inizio come moto di rinnovamen-
to :) e il clero *), specialmente quello in cura d'anime, che prove-
niva dal popolo e viveva in mezzo al popolo, esigeva, come i rap-
presentanti del mr stato, certe riforme che apparivano ormai indi-
lazionabili.

Ma quando l'Assemblea, sotto la spinta dei circoli volterriani,
volse la sua attenzione verso la Chiesa, non già per aggiornare le
strutture e renderla piü adeguata ai tempi, bensi per smantellarla
€ demolirla nei suoi stessi principi costitutivi, si apri per i fedeli
in genere, e per il clero in particolare, un terribile dramma. Giurare

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130 DON DELFO GIOACCHINI

significava aderire ai nuovi ordinamenti. Ma, allo stato di quei
fatti, era lecito aderire ai nuovi ordinamenti ?

La «costituzione civile del Clero», promulgata il 12 Luglio
1790, segnò il momento culminante. È vero che il principio in base
al quale, se si voleva riformare lo Stato, bisognava riformare anche
la Chiesa, poteva trovare presso i Costituenti una valida giusti-
ficazione : i due poteri nell’« ancien Régime » si sostenevano a vi-
cenda e l'uno si appoggiava all’altro. Ma quando la Costituente
pretese di fare da sè, senza consultare il Papa (era il trionfo delle
idee gianseniste e gallicane), e soprattutto quando non ci si ac-
contentò più di legiferare attorno all’organizzazione esteriore (come
la riduzione di diocesi)*) su cui un accordo era sempre possibile,
ma si attentò alla natura stessa della Chiesa, rovesciando il prin-
cipio gerarchico su cui Cristo stesso l'aveva poggiata, coll’imporre
la nomina di vescovi eletti dal popolo (credente e non credente),
allora oltre metà dei membri del ir stato si sollevarono, e per tutti
Si pose con urgenza il caso di coscienza: si poteva accettare l'or-
dine dell'Assemblea di convalidare tutto con un giuramento ? Di
255 rappresentanti, solo 109 accettarono di giurare. Gli altri oppo-
sero un netto rifiuto. Dall'Assemblea il dramma e un disagio tor-
mentoso si estesero di rimbalzo al clero e ai parroci di Francia:*),
molti dei quali avevano seguito i primi lavori di riforma con sim-
patia e con speranza.

In tanto turbamento si volle sentire cosa ne pensasse il Papa
Pio vi, che in un primo tempo era stato ad osservare, quando fu
sufficientemente in grado di veder chiaro e di comprendere verso
quali lidi la Rivoluzione ormai si avviava, disse apertamente ‘che
il giuramento non era lecito. Cominciarono così le ritrattazioni,
la divisione del clero in giurato e refrattario, le deportazioni e l'esilio,
insomma la dilacerazione della Chiesa di Francia, fenomeni tutti
che si sarebbero ripetuti ad ogni successiva richiesta di giuramenti
ed estesi, con caratteri analoghi e sempre suscitando gli stessi drammi,
nelle regioni occupate dai Francesi.

Perchè, nonostante il chiaro intendimento sovvertitore della
Costituzione Civile e il monito del Papa, molti giurarono ugual-
mente ?

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 131

Quali elementi intervennero giocando un ruolo così decisivo
nella coscienza di ciascuno dei preti giurati ?

Il problema si presenta veramente affascinante, poichè è da
disattendere il principio piuttosto sbrigativo, messo in giro da De
Maistre in piena Restaurazione, che «il giuramento vagliò i preti »,
e conseguentemente che il clero buono si schierò tutto dalla’ parte
dei refrattari e quello cattivo o scadente dalla parte dei giurati.

Daniel Rops *) ha ristabilito acutamente la verità. In effetti
anche tra i preti giurati ve ne furono di degnissimi, i quali agirono
non per ragioni di opportunità, ma in obbedienza a un intimo e
apprezzabile imperativo : quello di rimanere in mezzo al proprio
popolo e di assicurare la continuità della vita religiosa.

Quel che invece in Daniel Rops dispiace e va senz’altro re-
spinto, è il giudizio veramente sorprendente che egli dà sul clero
italiano, quando su di esso si abbattè la ventata riformatrice d’ol-
tralpe. Mentre per il clero giurato francese egli — da buon francese
— accetta come motivo valido a giustificare il giuramento, la preoc-
cupazione di mantenere tra il popolo un minimo di vita religiosa,
per quello invece italiano, afferma che cedette o per vigliaccheria
o per paura o per bassezza morale *).

Nulla di piü profondamente ingiusto e contrario alla realtà
storica.

Anche per il clero italiano deve valere il principio che non tutto
il bene stava tra i refrattari e tutto il male tra i giurati. Anzi, Spesso,
il dramma fu piü intimo e tormentoso nella coscienza di chi — pur
di non abbandonare il popolo a se stesso — sottoscrisse un giura-
mento condannato dalla Curia romana).

Perché non ammettere per il clero italiano che si riveló — alla
prova — non meno degno e non meno eroico di quello Francese,
lo stesso turbamento, le stesse concitate discussioni, gli stessi in-
timi drammi di coscienza ? 1

Del resto, la giusta risposta viene dalle polverose carte dei
documenti raccolti nelle Curie diocesane. Sfogliandole si ha, chiaris-
simo, il quadro di un travaglio penoso e profondo che agitò tutto
il clero italiano nel periodo dell’occupazione francese.

D'altra parte, quando fu imposto in Italia, il giuramento era
ormai da considerarsi piuttosto staccato dalla Costituzione civile
del Clero.

In Francia, nel 1792, la Legislativa aveva proposto la formula :
«Giuro di mantenere con tutte le forze, anche a costo della vita,
132 DON DELFO GIOACCHINI

la libertà e l’uguaglianza ». I Vescovi, rifugiatisi all’estero l'ave-
vano condannata, ma non quelli rimasti nelle loro sedi, per i quali
era invece apparsa accettabile. Pio vir interrogato al riguardo aveva
risposto che era difficile esprimere un giudizio sulla vera natura
del giuramento, e non si doveva in ogni caso chiedere ritrattazione
alcuna a chi lo avesse prestato *).

Questo importante giudizio del Papa, dati lo sconvolgimento
sociale e le difficoltà di comunicazione, potè anche essere scono-
sciuto e forse distorto tra il clero francese, ma certamente non lo
fu tra quello italiano specialmente residente attorno a Roma.

Comunque un fatto è certo, e che cioè il giuramento non venne
accettato in Italia — almeno nella grande maggioranza dei casi —
con supina acquiescenza. Anche da noi vi fu chi tenne duro, e pre-
ferì la deportazione e chi, mosso non già da bassezza morale, ma
da considerazioni più alte di ordine pastorale, si decise a sotto-
scrivere con ogni più ampia riserva orale — ritenendolo atto lecito
— pur di rimanere a svolgere la propria attività in mezzo al popolo.

È questo appunto il caso di Mons. Lorenzo De Dominicis
da Foligno, dal 1787 al 1822 Vescovo delle Diocesi riunite di Orte,
Civita Castellana e Gallese.

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Quando fu preconizzato Vescovo (13 Aprile 1787) aveva ap-
pena 52 anni. Era nato a Foligno il 9 Agosto 1735 « figlio delli molto
illustri e nobili Signori Giuseppe Nicola De Dominicis e Caterina
Bizzani sua moglie, sotto la cura di San Salvatore » *).

Era stato ordinato sacerdote il 23 Settembre 1758 e quindi
aveva frequentato la vicina università di Camerino, dove si era lau-
reato «non solo nell'una e nell'altra legge, ma anche in Filosofia
e Sagra Teologia » 1°).

Don Nicola Feliciani da Foligno afferma che « era dotato di buo-
na vita, di lodevoli costumi e di piacevole conversazione e fama ».

Foligno era allora un centro dalla vita culturale molto
attiva e vivace. Ne fa fede un « Corriere neutrale d’Europa », edito
appunto a Foligno) «per Francesco Fofi, impressore della Re-
pubblica letteraria degli Umbri». E un giornale che si definiva
«neutrale », aperto quindi a tutti i problemi, attesta un ambiente
culturale certamente elevato e degno di nota in una città di pro-
vincia in pieno Settecento.

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO

133

Il De Dominicis dovette esserne una delle personalità di mag-
gior rilievo. I vasti interessi culturali del giovane sacerdote, quattro
rolte laureato, ci sono attestati da un singolare libriccino che rac-
coglie « Poesie, per le felicissime nozze del nobil uomo Sig. Cav.
Pietro Bernabò da Foligno colla nobil donna Sig. Marchesa Anna
Valenza Azzolino da Fermo » ®).

Vi figurano due suoi sonetti di tipico sapore arcadico, con
evidenti reminiscenze petrarchesche, frutto di una assidua lettura
del grande poeta aretino, ma comunque di fine fattura. E se noi
pensiamo che i componimenti per nozze o per monacazione erano i
motivi dominanti arcadici, come prova di abilità tecnica e decoro
di serena vita sociale, i due sonetti del « Signor Don Lorenzo De
Dominicis da Foligno P(oeta) A(rcade) e socio Umbro », si inse-
riscono degnamente nella « Repubblica delle lettere » del tempo
e ne costituiscono un pregevole ornamento !»).

Il suo vivo ingegno, la vasta cultura, la fine sensibilità di uma-
nista, unite ad una indiscussa profonda pietà *), lo misero ben
presto in vista, sicchè il giovane De Dominicis dovette ben presto
abbandonare la brillante vita letteraria della quieta città umbra
per passare a importanti delicati uffici. Divenne così « uditore della
Chiara memoria del Card. Mancinforte, in tempo che era inquisi-
tore in Malta; indi Vicario Generale in Montefiascone, dell'Em.
Card. Banditi Vescovo delle unite Chiese di Montefiascone e Cor-
neto ; oltre poi essere stato Vicario Apostolico delle soprannominate
unite Chiese e di presente è similmente Vicario Gen. dell'Em. Sig.
Card. Garampi *), odierno vescovo delle più volte descritte Chiese
di Montefiascone e Corneto, con essersi in questi impieghi sempre
portato con molta prudenza e commune piacere » 1°).

Sicchè quando per la morte di Mons. Francesco Forlani (2
Aprile 1787) si rese vacante la sede vescovile delle diocesi riunite
di Orte, Civita Castellana e Gallese, la nomina a Vescovo del dotto
ed apprezzato sacerdote di Foligno (23 Aprile 1787), fu conside-
rata come la conclusione logica di tutto un provvidenziale periodo
di preparazione. Gli si chiedeva di mettere al servizio della Chiesa le
sue alte doti di intelletto e di cuore, nonchè la vastissima illuminata
esperienza, maturata al fianco di tre eminenti porporati, in un
particolare momento che si annunziava denso di eventi tempestosi.

Il suo primo atto ufficiale — incarico di presa di possesso al
Vicario Capitolare Can. Giulio Altanesi (28 Aprile) — è datato
da Roma «ex aedibus nostris apud Ven. Domum RR. Clericorum
autre

134 DON DELFO GIOACCHINI

regularium ordinis ministrantium infirmis S. Mariae Magdalenae » 1°).

Nella prima lettera pastorale ugualmente datata da Roma il
13 Maggio 1787 è contenuto il suo programma di governo : « Omnia
ad vos praefari optium duxi, antequam ad vos coram accederem,
ut, qui sint animi mei sensus, dignosceretis : non Pastoris severi-
tate, sed Patris amore vobiscum opere consilii mei est, modo apud
vos quod iustum est, modo quod rectum est adimpleatur »!*: bontà
e fermezza, si potrebbe riassumere, che sono le caratteristiche di
ogni vescovo che si rispetti.

La sua stessa alta e signorile figura !*, asciutta, ma calma e
sicura, dal volto dolce e luminoso, ma dagli zigomi serrati e spor-
genti, lasciava trasparire queste sue qualità.

Le diocesi di Orte e Civita Castellana che lo accoglievano con
vive manifestazioni di stima e di rispetto e con grandi feste 2°),
contavano allora, sparse entro un raggio di circa 60 miglia, 17 città
e trenta mila anime *). Avevano una loro storia, anzi proprio l’or-
goglio di una nobiltà da entrambe vantata, le aveva divise per due
secoli sui diritti di precedenza, in una lite assai accanita fatta di
proteste, di memoriali, di dispettucci *), a stento composta con
una decisione della Santa Sede appena trent’anni prima.

Quando il De Dominicis ne prese possesso erano ancora vivi
i canonici che avevano condotto la disputa. Egli seppe, peraltro,
comportarsi nel corso del suo lungo episcopato con tale abilità
e rispetto dei diritti degli uni e degli altri, da conciliarsi l’affetto
di tutti e, all’infuori di una circostanza, nella quale aveva peraltro
pienamente ragione, non ebbe mai a trovarsi in contrasto con i
propri capitoli ??).

La situazione spirituale e religiosa delle Diocesi, confrontata
con la generale rilassatezza dei costumi del mondo settecentesco,
non era delle peggiori **). Le accuse che si fanno ai Vescovi del
‘700, di badare più al fasto che ai problemi spirituali del popolo,
non trovano conferma, almeno per quanto riguarda la diocesi di
Orte e Civita Castellana. Dopo il Concilio di Trento si ebbero
Vescovi di prim’ordine, pieni di zelo e di ardore pastorale, come
Angelo Gozzadini e il Ven. Tenderini.

Più preoccupante, invece, era la situazione del Clero, in genere
buono, culturalmente preparato nel centro diocesi, un po’ meno
nei paesi di periferia. Si potrebbe dire che in tutto il '700 la pre-
parazione dei Vescovi dovette supplire anche alle gravi deficienze
della maggior parte degli Ecclesiastici. Il fatto, però, aveva una
LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 135

sua causa. Per una lenta applicazione delle norme tridentine, non
tutto il clero veniva formato nei seminari. In genere si verificava
questo fatto singolare :

gli aspiranti allo stato sacerdotale, piuttosto numerosi ?*),
se provenivano da famiglie residenti nel centro diocesi, erano di
regola accolti in Seminario, ma se vivevano nei paesi di periferia,
allora ci si limitava a un po’ di pratica culturale e liturgica presso
il parroco del luogo (il quale poi spesso ne sapeva assai poco), e
previo un piccolo esame, venivano senz'altro ammessi agli ordini.
Con quale preparazione, per quelli che arrivavano, Dio solo lo sa ! **).

Il De Dominicis affrontó risolutamente questa situazione, ope-
rando su due fronti: anzitutto richiamando, ogni qualvolta se ne
presentasse l'occasione, certi principi essenziali per la vita ecclesia-
stica, come quello della santità e di una buona cultura, e poi ini-
ziando un'illuminata opera di riforma nella preparazione dei nuovi
preti. Intanto — e questo era essenziale — non ammetteva agli
ordini sacri se non chi avesse seguito un regolare corso scolastico
e di formazione nel Seminario, inoltre predispose nuovi programmi
di studio e di vita.

I] problema era centrato in pieno.

Documenti assai interessanti per comprendere il grado di pre-
parazione e di cultura del Vescovo De Dominicis sono le bolle di
nomina con cui conferiva incarichi pastorali di fiducia.

Nell'uso curiale di oggi, i Vescovi e i cancellieri si servono di
un formulario fisso, stereotipato (preparato dal Monacelli) con frasi
di elogio convenzionali, che suonano falso, perché uguali per tutti.

Non cosi, invece, la intese il Vescovo novello.

Quelle bolle di nomina erano per lui atti di governo e di vita
pastorale estremamente seri. Con esse affidava un determinato inca-
rico ed ogni incarico implicava una specifica responsabilità, do-
veri particolari in circostanze ben precise. Delle bolle di nomina
egli fece perció delle vere e proprie lettere personali al suo clero.
Forse non gli era consentito conferir loro il carattere di pastorali.
Oggi esse ci illuminano sulla sua profonda spiritualità, sugli alti
ideali che lo animavano, sulla perspicace intuizione dei tempi tor-
bidi che si avvicinavano e dei gravi pericoli imminenti.

Egli va cosi oltre la concezione del comune Vescovo Pastore e an-
nuncia la figura del Vescovo moderno, che opera non già in astratto,
ma adeguando la sua azione ai problemi ed alle reali esigenze del
momento nel particolare ambiente nel quale si trova ad operare.
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136 DON DELFO GIOACCHINI

Le sue lettere di nomina constano normalmente di tre parti : un
proemio di carattere ascetico, una parte centrale che vuole essere un
richiamo storico intorno al beneficio che veniva conferito, una esorta-
zione finale, conclusiva del documento di stretto carattere personale.

I proemi sono bellissimi ; in un latino elegante, ma niente af-

fatto freddo, vi si trovano accenti di profonda pietà, di calda ade-
sione ai momenti spirituali che l'anno liturgico via via offre a chi
sa coglierne con prontezza il contenuto. A metterli insieme ci sa-
rebbe da ricavarne un manuale di profonde e appropriate medita-
Zioni, cosi come dall'insieme delle parti conclusive, sarebbe possibile
ricostruire la figura del sacerdote ideale, quale egli vagheggiava.
Si consideri, ad esempio, la parte conclusiva della bolla di nomina
a canonico del rev. Raimondo Gordanini *!, in data 25 Febbraio
1790: «Posside intelligentiam, posside ergo sapientiam. Princi-
pium sapientiae posside sapientiam et in omni possessione tua pos-
side intelligentiam ; circumda illam et exaltabit te, honora illam
et amplexabit te, ut det capiti tuo coronam gratiarum ... Qui
adolescentiam suam honestis artibus instruxerunt, at in lege Do-
mini meditati sunt die ac nocte, aetate fit doctior, usu processu
temporis sapientior, et veterum studiorum accipimus fructus»; o
quella ®) per don Alessandro Ferruzzi da Soriano nel Cimino (12
settembre 1790), dove già si avverte una prima eco dei rivolgi-
menti politici che dalla Francia sarebbero passati su tutta l'Eu-
ropa, e la chiara intuizione che quella bufera non avrebbe rispar-
miato l'Italia :

«Non te profecto latet, dilecte Fili, in quae Christianae Rei-
publicae tempora, quam luctuosa, quam gravia, quam turbulenta
incidimus. Omnes nobiscum perspicere ac deflere putamus quae
in dies grassentur mala, quae offensiones indique circumponant,
quae novitates inducant per multorum hominum perfidiam ... ut
Christianae Religionis dogmata vertantur in ludibrium ac scanda-
lum, ac divina illius Christi doctrina per summam sentiendi agen-
dique licentiam oppugnetur. Irridentur ac plane contemnuntur San-
ctissima illa praescripta, intellectum subiciendi Revelationi, obse-
quium praestandi huius Apostolicae Sedis, Conciliorum Sanctorum-
que Patrum decretis, Sacro illius veritatis deposito impudentissime
contradicitur. A suis plurimus concupiscentiis abstracti et illiciti,
blasphemant quae non intellegunt . . . ».

Una capacità cosi penetrante di rilevare le conseguenze della
mancanza di cultura da una parte e di una falsa cultura dall'altra,

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 137

non poteva non farlo seriamente riflettere sul problema della pre-
parazione delle nuove leve ecclesiastiche. Nei trentacinque anni del
suo governo episcopale, in cui si ebbero rivolgimenti e radicali rin-
novamenti, dalla Rivoluzione al diffondersi dei suoi principi in
Europa e in Italia, dalla esperienza Napoleonica alla Restaurazione,
costante e preoccupato pensiero del De Dominicis fu il Seminario,
cul prepose gli uomini migliori e più preparati del suo clero.

Le regole di aggiornamento per la vita del Seminario portano
la data significativa del 10 Febbraio 1788, cioè del primo anno
del suo vescovato. Si può, cioè, esser certi che un intervento così
incisivo e radicale fosse già nella sua mente, come parte integrante
del programma da attuare.

Nella premessa alle Regole 2°) si afferma esplicitamente che
l'istituto del Seminario doveva proporsi l'educazione della gio-
ventù alla Pietà e alle Lettere.

Le varie disposizioni ci appaiono così vive e moderne da poter
figurare benissimo in un regolamento dei nostri seminari.

Per la pietà — ad esempio — si prescrive mezz'ora di medi-
tazione al mattino e un quarto la sera. Quella della sera doveva
essere illustrata dal Rettore, prendendo lo spunto dalla medita-
zione del mattino.

Come si vede, la «buona notte» salesiana aveva già trovato
un suo precursore.

La serietà negli studi oltre che dai programmi in cui accanto
alla scienza sacra si faceva larga parte alle lettere (era il vecchio
arcade che non dimenticava il suo mondo di cultura) è indicata
dagli esami «o ripetizioni generali », che dovevano aver luogo alla
fine di ogni mese. Ma quello che più sorprende è la parte riservata
alla formazione umana.

«Parte della buona educazione de’ seminari è anche la Civiltà
del tratto, in cui purtroppo si manca; affinchè dunque questa si
apprenda a dovere, ordiniamo che quattro volte l’anno si legga
in refettorio il libretto delle buone creanze o sia galateo di Mon-
signor Della Casa... Tra le altre cose, che più non si senta il Tu,
ma si trattino li giovani rispettosamente col Voi o col Lei».

Il tipo del prete zoticone e ignorante, divulgato da certa facile
letteratura dell'Ottocento, fu dunque piuttosto frutto della fan-
tasia di ben individuate correnti di scrittori portati a generalizzare
casi sporadici, che non trovano alcun riscontro nelle direttive im-
partite per l'educazione dei giovani seminaristi.
138 DON DELFO GIOACCHINI

Poste così le migliori premesse per una vasta azione da svolgere
a favore delle anime e della Chiesa, il Vescovo De Dominicis si era
messo al lavoro con energia, indicendo visite pastorali*°), per vigilare
che tutto andasse bene, per raccomandare al clero chiarezza nella
predicazione, per insistere nella istruzione catechistica?), per esor-
tare a stabilire rapporti di giustizia con i dipendenti??). Ma ecco
dalla Francia giungere le prime notizie di terribili novità.

*Ockock

I primi echi diretti degli avvenimenti francesi nella diocesi di
Orte e Civita Castellana (a parte le chiare intuizioni del nostro
Vescovo) si ritrovano in talune informazioni sul conto di un certo
Padre Gioacchino Del Re, religioso sacerdote professo nel Con-
vento dei Minori Conventuali di Orte**), in data 12 Dicembre 1793 :
«Da più testimoni — scriveva la Congregazione dei Religiosi al
Vescovo De Dominicis — è stato confermato lo sparlar del me-
desimo, anche nel Refettorio sopra il governo e monarchie de’ So-
vrani, che troppo vogliono dai Sudditi, applaudendo alla Rivo-
luzione de’ Francesi, colla quale si sono acquistati la Libertà ».
È un singolare documento, che apre uno spiraglio di viva luce
sulla vita delle piccole città di provincia sul finire del xvii secolo.
A sfogliare i volumi delle carte di curia, si è portati a credere che
il gigantesco moto di idee scatenatosi in Europa lasciasse piut-
tosto indifferenti almeno i centri minori: tutta la vita sembrava
che qui scorresse come sempre, con le beghe di ogni giorno, con le
accese discussioni per un nonnulla nei consigli Capitolari, (dove
a volte volavano titoli non certo edificanti), con i soliti atti am-
ministrativi?*) e le piccole cause di curia, come se al di fuori del
cerchio delle mura cittadine non accadesse niente e un’immensa
fiammata non stesse distruggendo tutto un ordine di idee e un
mondo di piccole cose. Questo breve cenno del foglio di « Informa-
zioni » sta invece ad indicarci che, ovunque, nelle persone più pre-
parate, le discussioni si erano fatte piuttosto accese, con atteg-
giamenti in aperto contrasto con lo spirito e le idee tradizionali.

Dalla risposta del Vescovo risulta, è vero, che il Del Re era
un poco di buono in fatto di pietà *), ma la situazione non cambia.

Gli effetti tangibili della rivoluzione nelle diocesi del Lazio
si ebbero quando giunsero i primi preti francesi, emigrati per non
aver voluto prestare il giuramento.

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 139

Quattro risiedettero ad Orte presso i Gerolimini (1794), e due
a Canepina, dai Carmelitani (1796) ?°).

Accolti dapprima con ogni premura?*), anzi guardati con qual-
che ammirazione in quanto perseguitati per amore della Chiesa,
a poco a poco questo benevolo atteggiamento verso gli ospiti venne
a cessare. Sino al punto che dal priore dei Carmelitani si’ inviarono
a Roma esposti malevoli sul loro conto, senza dubbio da rite-
nersi reazioni stizzose per il favore con cui il popolo li considerava,
per il fervore da essi dispiegato e infine per i confronti con i frati
stessi che, naturalmente, si era portati a fare.

Roma che guardava con un certo sospetto l’attività dei preti
emigrati, alcuni dei quali fanatici e intolleranti, altri forse veicolo
inconsapevole di idee nuove, fece sapere riservatamente al De Do-
minicis che «importava moltissimo al presente più che giammai,
che si vegliasse sulla condotta di detti emigrati »**).

Il Vescovo rispose di suo pugno, prendendo risolutamente la
difesa dei preti francesi due volte perseguitati. « Questi due sacer-
doti, senza far torto agli altri, sono de’ migliori che io abbia nelle
mie diocesi »**). Il giudizio dimostra una certa dimestichezza e
tutto lascia pensare che frequenti fossero i contatti del Vescovo
con questi sacerdoti, in grado di informarlo sugli aspetti delle vi-
cende francesi, sul dramma .dei giuramenti, sulle discussioni su-
scitate, sulle decisioni che ciascuno nel profondo della propria co-
scienza aveva preso.

Certo, non di tutti gli emigrati si poteva dire lo stesso. Alcuni
approfittarono delle disposizioni generose emanate nei loro riguardi
per far quattrini e poi andarsene, suscitando risentimenti e rancori
nel clero locale. « Credo che a quest'ora avrà ricevuta la nota degli
Emigrati Francesi e posti vacanti per essi esistenti nella diocesi
— scriveva al De Dominicis il Vicario Generale di Orte, Can. Capi-
tani in data 11 Novembre 1797 ‘°) — non potendo sul punto in-
terloquire del comodo de' dimoranti per dar luogo ad altri piü
poveri, perché non mi sono noti, e camminando sulla regola de’
partiti, questi vennero ignudi e miserabili senza un baiocco e ne sono
ripartiti ben vestiti e con danari in borsello . . . ».

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Naturalmente. il Vescovo non si lasciava distrarre da queste
meschine controversie e seguiva attentamente gli sviluppi della
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140 DON DELFO GIOACCHINI

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situazione. In un gruppo di documenti vari esistenti nell'Archivio
della Curia Vescovile di Orte, abbiamo ritrovato quattro fogli di
notizie confidenziali che un anonimo informatore inviava al De
Dominicis da Roma. I fogli dovevano susseguirsi con una certa re-
golarità : quelli in nostro possesso portano la data del 15 e del 22
Ottobre e del 5 e 19 Novembre 1796 : nel terzo c’è, all'inizio, l'av-
vertenza che il foglio precedente non era stato potuto recapitare,
perché il Vescovo si trovava a Città della Pieve.

Nei quattro documenti si raccolgono voci correnti a Roma,
si danno notizie sullo svolgersi dei fatti, sul lavorio della Segreteria
di Stato, si riassumono rapporti e dispacci sulle mosse degli eserciti
di Napoleone in Italia: l’informatore doveva essere abbastanza
introdotto negli ambienti della Curia, giacchè certe notizie riservate
non potevano che circolare là dentro. E, purtroppo, gli stessi am-
bienti, se son vere le notizie riferite — e non vi é motivo di dubi-
tarne — non ci fanno troppo bella figura: tra un pranzo di gala
e l'altro, si ironizzava con estrema leggerezza sull'armata francese,
esprimendo giudizi illusori tutt'altro che conformi alla realtà, la
quale era ben diversa. E cioè che Napoleone — lo aveva del resto
lasciato chiaramente intendere nel 1797, quando era stato fermato
a durissimo prezzo a Tolentino — al momento opportuno, non
avrebbe risparmiato gli stati del Papa. E l'occasione attesa si pre-
sentò il 27 Dicembre, quando, in seguito ad una sommossa di pa-
triotti a Roma, un colpo di fucile uccise il gen. Duphot, mentre
era intento a separare i contendenti entro la stessa ambasciata
di Francia. Gli eserciti francesi, agli ordini del gen. Berthier, en-
trarono a Roma il 10 Febbraio 1798 e il 15 successivo, sul Campi-
doglio, dove era stato piantato l’albero della libertà e dove due
ii cardinali avevano deposto la porpora per assumere il titolo di « cit-
| tadini», proclamarono la Repubblica dichiarando decaduto il po-
tere temporale.

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TIT I Romani, attaccatissimi al Papa anche se non risparmiavano
MT pasquinate verso la Curia, dovettero vederne delle belle.

I Francesi rievocavano ad ogni pié sospinto gli spiriti magni
di Bruto, di Cassio, di Catone ecc. ma, intanto, si servivano dei
! peggiori elementi *) e in effetti facevano consistere la libertà nel
gratificare ogni persona — qualunque fosse la sua posizione sociale

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 141

— dell’appellativo di «Cittadino » #), nell'imporre nella testata
degli atti ufficiali il trinomio « Libertà - Religione - Uguaglianza »,
nel far cantare le strofette di un inno patriottico musicato dal cit-
tadino Giuseppe Liverziani *») ...e soprattutto nello spremere de-
naro da ogni parte quanto più fosse possibile *:).

Il gen. Massena si procuró allora la fama del piü grande ladro
che la storia ricordi **). Da un confronto con il governo debole e
bonario del Papa verso il popolo, il vantaggio stava tutto da questa
parte. Le imposizioni e le taglie, specie sui conventi e sui capitoli
ecclesiastici, furono pesantissime.

Particolarmente colpiti a Orte il monastero delle benedettine,
di S. Antonio Abate **), i Gerolimini *?), il monastero delle Ago-
stiniane di S. Maria di Loreto e i frati minori Conventuali. Partiti
i Francesi nell'aprile del 1799, questi richiesero l'opera di un perito
per procedere contro i debitori del Monastero e per «riparare lo
scasso sofferto in tempo del Governo Repubblicano » #).

Di una gustosa beffa giocata ai Francesi dai Canonici del Ca-
pitolo di Orte si ha notizia nel libro dei Verbali **). Era stata im-
posta una taglia di scudi 95 che, nota il segretario non senza una
certa compiaciuta ironia, «da noi fu pagata in scudi 48 in tanti
assegnati nella maggior parte comprati a baiocchi 10 per ogni scudo ».
Cioè i canonici restituirono ai francesi il loro stesso danaro de-
prezzato, già imposto per buono. Come documento illuminante e
conclusivo di queste dure e non certamente edificanti vicende, merita
di essere citata per intero una lettera, impasto di cinismo e di ser-
vilismo, che gli Edili di Soriano (la Repubblica aveva rimesso in
voga la terminologia romana) inviarono al « Cittadino Questore del
Cantone di Orte » 5°). |

«Libertà - Religione - Uguaglianza - Al Cittadino Questore
del Cantone di Orte - Li 22 Maggio 1798 - Anno primo della Re-
pubblica Romana - Abbiamo in quest'oggi ricevuto l'invito per il
pagamento del prestito forzato nel 3mine (termine) di giorni due.
Per quanto si estendano le nostre forze non manchiamo cercare
l'esigenza del medesimo da questi cittadini Possidenti, e speriamo
entro la Settimana inviarvi tutto ció che sarà stato esatto. Siamo
sicuri che ci compatirete e pazienterete, trattandosi di cavar da-
naro dall'incognite altrui borse - Salute e fratellanza -

Lorenzo Fontana - Domenico Augusto Catalani -
Edili Provvisori
142 DON DELFO GIOACCHINI
** ook

. Come si comportò il popolo? In tali circostanze — alcune
delle quali indubbiamente tragiche e altre ridicole — esso conservó
il suo naturale buon senso.

Si piegò alla dura realtà, si lasciò chiamare senza alcuna con-
vinzione «cittadino » #), ma conservò nel proprio animo un rin-
novato sentimento di affezione al Pontefice, deportato in esilio
prima a Savona e poi a Valenza, e lo manifestò in una maniera
veramente insolita e commovente : con il canto, in chiesa. Ne ab-
biamo testimonianza nelle sedici canzoni contenute nei due libri
di Preghiere della Congregazione di San Biagio, che raccoglieva la
maggior parte degli uomini di Orte.

I confratelli si riunivano ogni domenica nella omonima Chiesa
a forma di coro *°) concessa loro dal Commendatore di Santo Spi-
rito in Saxia ‘*), per la recita serale dell'uffizio della Madonna o dei
Morti e chiudevano la loro preghiera con il bacio della Reliquia,
mentre eseguivano un canto ispirato alla liturgia o alla festa del
tempo. È a questo punto che in brevi strofette, piuttosto rozze,
eppur a volte illuminate da bagliori di poesia, gli umili fratelli di
San Biagio dicevano ai Francesi il fatto loro. Le canzoni dovettero
essere state composte allora, proprio a questo scopo, giacchè le
strofe allusive non risultano aggiunte ma si trovano inserite nel
testo. Ed è significativo il fatto — come abbiamo avuto occasione
di rilevare altrove 5) — che si invocasse l’aiuto del Cielo o di Maria
per l’Italia tutta e non già per uno dei singoli stati in cui essa era
divisa. La tesi che sostiene il formarsi della coscienza unitaria come
conseguenza, tra l'altro, delle amare esperienze dell'occupazione
francese, trova in questi pochi fogli una sorprendente confer-
ma 5)

Ma se per il popolo era semplice resistere, sfogarsi ogni tanto,
ed attendere, anche se a volte con impazienza **), per la classe di-
rigente si poneva invece per la prima volta, in forma diretta, la
questione del giuramento imposto dal governo Repubblicano.

Anche in Italia era giunto il momento delle scelte che avevano
già tormentato il clero francese. La questione fu risolta per tutti
dal Card. Boni, Pro vice-gerente di Roma.

Era in corso la 11 Coalizione. Gli eserciti Austro-Russi stavano
movendo contro i francesi attestati nella pianura padana. A Roma
si aveva l'impressione che tutto fosse provvisorio, e che, quindi,

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 143

non valesse proprio la pena di impegnarsi in una resistenza ad
oltranza.

Il giuramento proposto dal Governo della Repubblica e richiesto
al clero e ai « Parrochi » era espresso in questa formula **) : « Giuro
odio alla Monarchia e alla Anarchia, fedeltà e attaccamento alla
Repubblica e alla Costituzione ».

Il Pro Vice-gerente stabilì che non era lecito « puramente e
semplicemente prestare il giuramento suddetto » e aggiungeva : « Si
propone quest'altra formula: Io N.N. giuro che non avrò parte
in qualsivoglia Congiura, Complotto o Sedizione per il ristabili-
mento della Monarchia o contro la Repubblica che attualmente
comanda ; odio alla anarchia, fedeltà e attaccamento alla Repub-
blica e alla Costituzione, salva per altro la Religione Cattolica
Romana ».

Il Boni fu poi accusato di aver incitato, con tale formula, a
prestar giuramento ai Francesi e dovette discolparsi, affermando
che egli aveva inteso — a chi fosse stato obbligato con la forza —
proporre una formula meno impegnativa di quella del Governo.

Quale fu, in tale grave circostanza, l’atteggiamento del Ve-
scovo De Dominicis? Senza dubbio egli partecipò alle discussioni
che si erano accese tra i teologi sulla liceità o meno del giuramento
e consigliò al Clero di giurare secondo la formula ufficiosa e al-
quanto attenuata proposta dal più autorevole esponente della curia
romana del tempo 5). Ne abbiamo conferma nella missiva di un
non ben precisato avvocato del foro di Roma, difensore di un frate
minore di San Bernardino in causa con il nostro presule. Vi si chie-
deva, tra l’altro, al suo assistito — per produrla in giudizio quale
capo di accusa — una copia autentica della lettera scritta dallo
stesso Vescovo alla « Municipalità, relativamente a doversi prendere
il giuramento » 5°).

Malgrado ogni ricerca non ci è stato possibile rinvenire il do-
cumento che interessava il legale romano. Abbiamo peraltro avuto
la fortuna di ritrovare l’editto con cui egli dava la facoltà ai con-
fessori di assolvere da ogni censura chiunque avesse giurato. Dalla
premessa appare chiaro il suo orientamento. Del resto, l’esempio
del Card. Gallo, Vescovo di Viterbo, che egli conosceva assai bene,
da quando era Vicario Generale del Card. Garampi, Vescovo di
Montefiascone, doveva pur dirgli qualche cosa: il Gallo, ormai
ottantaduenne, si era tenuto in disparte del tutto, ma non aveva
mancato occasione per inculcare in tutti il rispetto verso l’autorità

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144 DON DELFO GIOACCHINI

costituita, e per rimuovere ogni motivo di diffidenza e di perse-
cuzione verso il suo clero °°).

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Dopo la partenza dei Francesi non tutto, come credevano gli
uomini di curia, era ritornato come prima. Qualcosa era passato
in mezzo alle popolazioni, ne aveva sconvolto gli animi e le coscienze.

«Post fata repubblicana resurgit haec Curia» aveva solen-
nemente scritto sul libro dei Verbali il cancelliere, il 9 Settembre
1799, quando il tribunale ecclesiastico, dopo lungo silenzio, aveva
ripreso a funzionare.

Ma da allora ad Orte e in diocesi cominciarono i guai.

Anzitutto vennero dichiarati nulli tutti gli atti civili compiuti
sotto i francesi ©). Alcuni agendo da furbi e, per calcolata oppor-
tunità, si erano appellati al tribunale della repubblica perchè ve-
nissero invalidati — e fu cosa facile ottenerlo — i giudizi già ema-
nati dal Tribunale Ordinario).

Bisognò così ricominciare da capo.

Contestazioni e discussioni a non finire sorsero, poi, per gli
affitti stipulati sotto il Governo repubblicano. Anche qui c’era chi
aveva fatto il furbo e, fiutando i nuovi tempi, aveva pagato con
assegnati, realizzando così buoni affari**). Altri, invece, come l'Ospe-
dale di Soriano, si erano venuti a trovare a mani vuote‘). Un
caso più clamoroso era capitato ai frati Conventuali di Orte. I
Francesi avevano preso possesso dei loro Conventi, vi si erano istal-
lati (tanto che era stata tolta la Clausura)**), ne avevano affittato i
beni e si godevano le rendite « per le spese occorrenti alla Pubblica
difesa ».

Quando tornarono i frati, «li signori deputati di quel governo
provvisorio » restituirono loro la Chiesa e il Convento, ma si ten-
nero i beni, « dicendo ch’essi dipendevano da Roma », e appellandosi
a un editto «in vigore di cui tutti li beni delli conventi ch’erano
stati soppressi restavano sequestrati a favore del pubblico inte-
resse ». «Li signori deputati» non avevano tutti i torti, anzi per
rafforzare e nel modo più autorevole la loro tesi, si appellarono al
Governatore di Viterbo, non senza ‘avergli prima inviato, con spi-
rito molto pratico, diverse some di vino ! Questi rispose «... quante
some di vino! Grazie!... So quanto codesta Città ha dovuto sof-
frire in tempo delle barbare depredazioni e so quanto abbisogni

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO

145

per esser sollevata. Quindi potranno le SS.LL. far liberamente
conto delle rendite appartenenti a tutti i luoghi Pii soppressi, come
da per tutto si prattica e come si osserva anche qui, onde servirsi
delle medesime per la pubblica difesa»... Tutto però « previa la
facoltà da ottenersi dall’autorità di codesto Monsignor Ve-
SCOVO ». i

Il De Dominicis concesse la facoltà «ad annum». Ma «li si-
gnori deputati » ormai ci avevano fatto la bocca e con la scusa che
li avevano ormai concessi in affitto, allo scadere del tempo, richie-
sero di goderseli ancora per un anno. Questa volta il Vescovo ri-
spose di no: ordinó di fare i conti e di considerarsi semplici am-
ministratori **).

I buoni frati francescani si lamentavano « per lo scasso subito »
nei loro beni.

Ma di « uno scasso » di ben piü vaste proporzioni aveva ragione
di lamentarsi il povero Vescovo **). Tanto lavoro già cosi bene avviato,
ma ancora agli inizi e perció piuttosto fragile, per dare al clero e
alla diocesi un volto e una struttura piü adeguati ai tempi, era stato
come annullato dai due terribili anni di occupazione.

Senza sgomentarsi e con l'abituale energia, egli pose mano
a riparare e a ricostruire **). Ma i guasti che trovò erano veramente
gravi. La visita pastorale indetta il 16 Dicembre 1800 gli rivela
in tutta la diocesi uno spaventoso rilassamento. A Vasanello il
popolo giunse addirittura a inviare un esposto al Papa contro i due
parroci, «uno peggior dell'altro » *?).

E quando il Vescovo cercò di porre in qualche modo un ri-
medio organizzando un corso di missioni, una lettera anonima lo
avvertiva : « Si vocifera in Bassanello che V. S. Illa e Rev.ma vo-
glia mandare qui la missione. Si crede bene però che prima di questa
V. S. Ill. e Rev. la faccia a questi Parrochi...»'*). A Canepina
il clero non si faceva scrupolo di andare a ballare e a suonare per
le strade”). Le amministrazioni dei luoghi pii, pascoli sempre ago-
gnati da profittatori di ogni genere, erano in gran disordine : i libri
contabili quasi tutti spariti e ci volle addirittura un editto speciale
con minacce di scomunica per farli uscir fuori??). A Soriano nel Ci-
mino i preti si trovavano spesso nei caffé a giocare o a veder gio-
care: insomma un quadro desolante della fragilità umana e della

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146 DON DELFO GIOACCHINI

debolezza del clero si presentava ai suoi occhi”*). A ciò si aggiunge-
vano anonime accuse private che venivano a colpirlo nella virtù
| umana e cristiana a lui propria, lo spirito di carità. « Il di più che il
| Ricorrente ha voluto aggiungere contro la mia Persona, ben vo-
lentieri lo perdono, mentre è cosa pubblica che io, nonostante la
tenerità della mia mensa, non manco di soccorrere li poveri a pro-
porzione delle mie forze'*), e noto che altresì ho provveduto la mia
Chiesa Cattedrale de' sacri arredi anche nobili, restaurando le fab-
briche di alcune altre?) con non poco dispendio e che finalmente
a non mi occupo in altro se non nell’adempimento de’ doveri del
I mio Pastoral ministero ». La risposta è serena, ma rivela uno spi-
rito amareggiato.

Non si puó prescindere da questo stato d'animo di preoccupa-
zione e di delusione, quando si dovrà dare un giudizio sull'atto
piü drammatico e doloroso della sua vita: il giuramento del 1810.
[| Un canonico o un parroco, con limitate responsabilità, poteva per-
|| mettersi di rifiutarlo, anche a prezzo di momentanei sacrifici. Ma
un Vescovo poteva allontanarsi dal suo popolo, sia pure per un
nobile motivo, dopo la triste esperienza della prima occupazione ?

Le tracce che nella convinzione del De Dominicis una nuova,
piü terribile bufera si sarebbe avvicinata, si ritrovano nella parte con-
clusiva delle bolle di nomina che vanno dal 1806 al 1808. Ne ci-
tiamo solo alcune, perché cariche di accenti accorati e ricche di
consigli sul comportamento da tenersi nelle previste difficili cir-
costanze. Evidentemente l'esperienza passata doveva profondamente
preoccuparlo. Per questo egli ritornava continuamente su certi
avvertimenti, quasi per preparare il clero ad esser forte e a resistere.
Scriveva a Don Paolo Pelliccioni, parroco di Canepina il 10 Dicem-
bre 1806: «..id tamen in praesentiarum multo maiori studio ac
contentione praestandum est, cum impia quadam falsi nominis
philosophia, incredibili sane vecordia ac venenatis scriptis et exi-
tiabilibus armis, tota in id cum incumbat ut Ecclesiam Dei et Apo-
stolicam sedem radicitus si fieri possit evellat »?°).

Nella lettera del 14 Febbraio 1808 a Don Francesco Petrucci
da Bassanello, l'esaltazione della Santità del Sacerdote, nel pos-
sesso della dottrina, trovasi espressa in una forma veramente toc-

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO

147
cante. Si sente che egli è agitato, che vorrebbe consiglio, che gravi
problemi lo assillano, quasi avesse bisogno di sfogarsi con qual-
cuno e di richiamare per intero la sua alta concezione del Sacer-
dote nel momento in cui tutto è messo alla prova. Egli scriveva
sempre con molta eleganza il latino, ma queste sono certamente
le sue pagine più belle.

« Gratia, salus et pax a Domino qui consolatur nos in omni tribulatione
nostra. Omnis enim homo in tribulatione constitutus aliqua et in qua causa
deficiens, prudentem aliquem quaerit a quo consilium accipiat, ut noverit
quid agat. Quem potest ad accipiendum consilium prudentiorem invenire
quam Christum ? Certe meliorem inveniat et quod vult agat. Si autem non
habet ubi meliorem inveniat, ad Hunc veniat, quem ubique inveniet, con-
sulat, accipiat consilium, servet mandatum bonum, evadat magnum malum.
Praesentia mala temporalia sunt, quae multum homines exorrent, pro qui-
bus plurimum murmurant, et murmurando offendunt emendatorem, ne
inveniant Salvatorem ; praesentia ergo mala sine dubio transitoria sunt,
aut per nos transeunt, aut nos per illa transimus, aut transeunt nobis vi-
ventibus aut dimittuntur nobis morientibus ; toleremus itaque, quod pati-
mur, maius enim est quod meremur, emendemus vitam nostram in opere.
Peccandi pertinaciam vitemus ne iniquitatibus nostris provocemus... Me-
mor esto conditionis ad quam sublimavit te Deus, agnosce dignitatem tuam,
et divinae factus consors naturae, noli in profanam vilitatem degeneri con-
versatione transire... Quoniam vero primum ac sublimissimum Sacerdotum
munus illud est ut incruentum Missae sacrificium offerant Deo, nulla quaeso
die sanctissimum opus a te desideretur: cura autem ut illud maximo Reli-
gionis cultu maximaque veneratione celebres. Si enim Sacrae Scripturae
maledicunt ei qui facit opus Dei negligenter et necessario fatemur nullum
aliud opus a Deo Sanctum ac divinum a Christi fidelibus tractari posse quam
hoc ipsum tremendum mysterium, quo vivifica illa Hostia, qua Deo Patri
reconciliati sumus in altari per Sacerdotes quotidie immolatur; satis etiam
apparet, omnem operam et diligentiam in eo ponendam esse ut quanta ma-
xima fieri potest interiori Cordis munditia et gravitate atque exteriori de-
votionis ac pietatis specie perogatur. Sanctos libros nocturna diuturnaque
manu quoque versa. Omnis quippe scriptura divinitus inspirata, utilis est
ad docendum, ad arguendum, ad corripiendum, ad erudiendum in iustitia,,
ut perfectus sit homo Dei ad omne opus bonum instructus. Quo modo enim
alios doceas qui te ipsum antea non doces? In omnibus tandem teipsum
praebe exemplum bonorum operum, in doctrina, in integritate, in gravitate,
ut qui ex adverso est non solum vereatur, nihil habens malum dicere de
te, sed etiam exemplo trahatur... Vitam itaque tuam et mores ita compone
ut habitu, gestu, incessu, sermone, aliisque omnibus rebus nisi grave, mo-
deratum ac Religione plenum praeferant » ??).
DON DELFO GIOACCHINI

Nella lettera a Don Francesco Paparozzi del 22 Maggio 1808
gli accenni di trepidazione per le tragiche condizioni della Chiesa
sono sempre di tutta evidenza :

« Dilecte Fili, in quae Christianae Religionis tempora, quam luctuosa,
quam gravia, quam turbolenta incidimus, omnes nobiscum perspicere deflere
putamus ; ad arma nostra confugere necesse est; preces nostras itaque apud
Patrem misericordiarum et totius consolationis in humilitate Cordis proster-
namus, ut misereatur nostri et benedicat nobis; iluminet vultum suum
super Nos et misereatur nostri. Nullis nos permittat perturbationibus con-
cuti; quos in Apostolica confessione petra solidavit. Fiat pax in virtute
sua in diebus nostris, ut dextructis adversitatibus ac erroribus universis
Ecclesia sua secura sibi serviat libertate et gloriosae B. M. V. intercessione
a praesenti liberari tristitia et aeterna perfrui laetitia concedat. Oremus etiam
pro felici statu S.S. Domini N. Papae Pii divina providentia Papae vr, ut
ipsum adiuvet, illuminet, atque confirmet et Coelesti virtute roboratus nec
laboribus fractus nec periculis territus Ecclesiae pacem quam summa semper
pietate parique studio custodivit perpetuo tueatur ac servet» **).

Interessante anche la lettera del 20 febbraio 1809 ai fedeli
di Canepina per l'erezione della Confraternita del Sacro Cuore,
dove il presentimento delle prove imminenti, cui sarebbe stata
presto sottoposta l'intera Chiesa e la sua stessa persona, è rivelato
con chiarissima intuizione.

«Quoniam venimus ad Cor dulcissimum Iesu et bonum est hic nos
esse, ne sinamus, dilecte Filii, ab eo facile evelli... Ipse docet nos... O
quam bonum et quam incundum habitare in Corde hoc! Iactemus omne
cogitatum nostrum in Cor Domini Iesu, et sine fallacia illud nos enutriet...
Hoc igitur Corde tuo et meo, dulcissime Iesu, invento, orabo te, Deum meum,
admitte tantum in Sacrarium exauditionis tuae preces meas ; immo me to-
tum trahe in Cor tuum. Omnium pulcherrime, speciosissime Iesus, amplius
lava me ab iniquitate mea, et a peccato meo munda me, ut purificatus per
te purissimum possim accedere et in Corde tuo omnibus diebus vitae meae
merear habitare et ut videre simul et facere tuam valeam voluntatem. De-
nique hortamur vos, Dilecti Filii, exorare supremum omnium Pastorem in
privatis et communibus precibus, pro felici statu domni Apostolici, Chri-
stianorum Principum concordia, haeresum estirpatione, S. Matris Ecclesiae
exaltatione, et Christiani populi tranquillitate, et dum ab Ipso Vobis per-
severantiam in bonis operibus ac divinorum Charismatum copiam ex animo
precamur...» 9)

La convinzione di prossime dolorose prove che presto avrebbe

vor VIII y oU 4 vox
LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 149

dovuto affrontare era diventata per lui certezza quando ebbe no-
tizia del Miracolo della Manna di S. Eutizio.

E questo un fatto straordinario che accade a Soriano nel Ci-
mino in rarissime occasioni ed é ritenuto dal popolo foriero di scia-
gure : la lastra di marmo che ricopre la tomba del santo trasuda
goccie di sudore con un acuto profumo di violette. Il fenomeno si
verificò nel marzo del 1808. Il Vicario foraneo ne diede subito no-
tizia al priore del Capitolo di Orte, e questi a sua volta si affrettò
a informarne il Vescovo a Civita Castellana.

Il De Dominicis, vivamente impressionato, rispose dando or-
dine di istituire subito un processo di informazioni e proseguiva :
«Fin dalla prima notizia di tal prodigio pensai che potesse essere
avvertimento di qualche funesto evento, come altra volta, pur-
troppo, si è verificato. E di fatti anche ora se ne vedono gli effetti
e Dio non voglia che se ne abbiano da provare de’ peggiori. Onde
conviene raccomandarsi all’intercessione di questo illustre martire,
affinchè ce ne impetri la liberazione. Le presenti critiche circostanze
sembrano un preludio. Ella, per altro, che si trova costì, più a por-
tata di me, potrà meglio giudicare ed io gradirei sentire cosa possa
sperarsi o temere in vista delle cose straordinarie che accadono o
si vedono alla giornata » 8°).

La lettera è del 30 marzo 1808. Il 2 febbraio le truppe fran-
cesi avevano puntato i cannoni sul Palazzo del Quirinale, dando
così inizio alla seconda e più lunga occupazione. « Il preludio dei
funesti eventi » che lo avrebbero toccato personalmente, in realtà,
sì era concluso. I mali « peggiori » ormai lo attendevano al varco.

Anche questa volta, Napoleone non si contentò di imporre il
proprio dominio : volle l’adesione del clero e dei vescovi che con-
siderava funzionari dell’Impero, e come già la Repubblica, impose
anch'egli il giuramento di fedeltà. Convinto, però, che se lo avesse
imposto subito, in blocco, a tutti gli ecclesiastici delle Provincie
Pontificie occupate, sarebbe andato incontro a un rifiuto che avrebbe
potuto compromettere il suo prestigio, volle agire per gradi e avere
in mano un esempio da additare a tutti gli altri: dichiarò annesse
all’Impero le provincie delle Marche e richiese ai Vescovi il giu-
ramento.
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150 DON DELFO GIOACCHINI

Il dramma, dunque, anche per i Vescovi Italiani, aveva inizio.

« Videre simul et facere tuam valeam voluntatem », era stata
l’invocazione del De Dominicis.

Questa volta non ci fu il suggerimento ambiguo del Pro-gerente
Mons. Boni, in attesa che le circostanze si evolvessero in meglio.
L'immediato avvenire si presentava quanto mai oscuro. Nel 1808
l’astro di Napoleone brillava alto nel cielo, e sembrava che vi si
fosse addirittura fermato, come il sole di Giosuè, rifulgendo di raggi
che assomigliavano piuttosto a folgori minacciose. I Vescovi delle
Marche, sotto la Presidenza dei Cardinali Brancadoro, vescovo di
Fermo, e Cossilione, vescovo di Osimo e Cingoli, si riunirono e di-
scussero a lungo. Prevalse l’opinione di giurare, accompagnando la
formula con la protesta verbale «di volerlo pronunziare con ogni
pubblicità in senso rettissimo e puramente cattolico» tanto piü
che i Vescovi non occupavano «colla nuova situazione impieghi
politici e militari » 81).

Furono inviati a Roma, alla conclusione di questi lavori, i
vescovi di Iesi e di Cagli per illustrare le decisioni adottate e chie-
dere l'approvazione di Pio vr.

Il Papa rispose *) che non era questione di formule.

« Voi peraltro, Ven. Fratelli, comprenderete da Voi medesimi che la
difficoltà non consiste nel senso della formula in se stessa, ma bensì nei
rapporti che in questo particolare caso ha il giuramento, quali sono le qua-
lità del governo che lo esige, l'oggetto per cui lo esige, il Paese a cui appar-
tengono le persone dalle quali si esige... Tali rapporti restano come sono,
né vengono meno con una semplice dichiarazione generica, verbale o staccata
dal giuramento... Né giova l'altra considerazione che accennasi fatta,
cioè che non occupando i Vescovi nell'attuale loro situazione impieghi po-
litici e militari, non vi è luogo nè a cercare nè a chiedere da loro una fedeltà
attiva... Questa riflessione potrebbe per avventura valere sotto un governo
che lasciasse ai Vescovi nell’esercizio del loro ministero quella potestà e
libertà, che loro compete per diritto divino : ma tutto l’opposto e sotto un
governo che li riguarda e tratta come altrettanti funzionari dello stato ...
«Non è una fedeltà attiva, quella che da Voi esige il governo, colla legge
che vi impone di un giuramento nel modo e nei termini da lui voluti? E
non è una fedeltà attiva quella che esige coll’ordine impostovi di una Pa-
storale come preparatoria al giuramento da sottoporsi all'esame del Mi-
nistero Politico ?...»8?).

A queste considerazioni il Papa faceva poi seguire nuove
istruzioni.

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 15 T

‘Il giuramento proposto dal governo era così formulato : « Io
giuro e prometto a Iddio su i Santi Evangeli obbedienza e fedeltà
all'Imperatore. Prometto ancora di non avere alcuna intelligenza
né di assistere ad alcun consiglio né di formare alcuna lega, tanto
all'esterno quanto all'interno, che sia contraria alla tranquillità
pubblica, e se nella mia diocesi o altrove io apprendo che si trami
cosa in pregiudizio dello Stato, lo farò sapere all'Imperatore » 84).

Come appare dal testo, si trattava di ben altro che di fedeltà
passiva. Si pretendeva di impegnare i Vescovi non solo come qua-
lunque funzionario di Stato, ma addirittura si affidavano loro fun-
zioni di polizia !

I] Papa dichiaró un tale giuramento «per ogni verso ingiusto,
iniquo e sacrilego ». Però, « volendo accordare quanto è possibile
(reclamando però sempre i diritti della Chiesa Romana, dichia-
rando altamente che la sua permissione non possa esser mai presa
in conto almeno di abdicazione o di cessione di Sovranità e alle
regioni che le competono) Sua Santità permette che i suoi sudditi
sì Ecclesiastici che Secolari, qualora non possano esimersi senza
grave pericolo e danno, prestino il giuramento ne’ seguenti termini :
«Prometto e giuro di non aver parte in qualsivoglia congiura, com-
plotto o Sedizione contro il Governo attuale, come pure di essergli
sottomesso e obbediente in tutto ciò che non sia contrario alle leggi
di Dio e della Chiesa » 85).

La formula suggerita dal Papa non fu accettata dalle autorità
francesi che tornarono alla carica, accompagnando però, questa
volta, la richiesta con minacciose pressioni.

I Vescovi delle Marche si riunirono di nuovo e stilarono un
pro-memoria con il titolo « Riflessioni » e lo sottoposero al Papa.

Le conseguenze dell’eventuale rifiuto del giuramento erano
esposte in forma efficace e preoccupata. « Suole peraltro succedere
qualche volta il caso in cui non riesca resistere alla forza che obbliga
il giuramento ; siccome addiviene appunto ai Vescovi delle Provincie
suddette, ai quali non solo dalla Suprema autorità che comanda,
è prescritto il giurare, ma il giurare pur anche sotto una certa for-
mula... e questo con minacce di privazione, di esilio, ed altre an-
che più gravi a chiunque ricusi di effettuarlo.

Quai danni alle anime e quali, e quanti sconcerti alle co-
scienze di queste innocenti Popolazioni sarebbero in simili circo-
stanze per avvenire, se private fossero dei loro Vescovi, non v'è
chi nol veda, anzi-chi nol tocchi evidentemente con mani. Ed è
"III

152 DON DELFO GIOACCHINI

perciò che pare abbia in tal caso ad aver luogo la dottrina di S. Tom-
maso il quale nella 2® 22e alla Quest. 89 art. 10, dopo aver stabilito
che « Personis magnae dignitatis non convenit iurare », conchiude :
«pro aliqua tamen necessitate, vel magna utilitate, licitum est ei
iurare » 59),

Quindi, dopo aver messo a confronto le due formule per ri-
levare che, in fondo, le differenze non erano poi gran ché importanti,
(e questo è indubbiamente il lato debole delle « Riflessioni ») i Ve-
scovi delle Marche cosi concludevano :

« L'esimersi dal dare il giuramento nella forma richiesta è af-
fatto impossibile; i danni spirituali che, ricusando di darlo, ne
dovranno sicuramente avvenire, saranno e molti e gravissimi; le
due formule non contraddicono l'una a l'altra, e l'espressioni taciute
od espresse nell'una o nell'altra ben convengono ad amendue, ve-
rificandosi in amendue la coazione non meno che l'atto meramente
passivo di ubbidire a questi ordini che per divina adorabile per-
missione devonsi qui necessariamente eseguire » 87).

Il documento porta la data del 24 giugno 1808. Il Papa ribadi
il suo «non licet». I Vescovi delle Marche non fecero allora altre
obbiezioni, si dichiararono pronti ad eseguire gli ordini del Papa
e rifiutarono il giuramento. Il 20 gennaio 1809 furono tutti de-
portati. Il 17 maggio dello stesso anno vennero annessi all'Impero
gli stati Pontifici: il problema del giuramento tornò cosi a pre-
sentarsi e nel. modo piü drammatico ad altri Vescovi. Anche questi
si rivolsero per istruzioni al Papa, il quale da Savona, dove era
tenuto prigioniero, il 5 marzo 1810 rispose riconfermando le sue pre-
cedenti decisioni.

«Noi, dopo aver letti intieramente i suddetti fogli, restiamo
sempre fermi nella massima stabilita nelle diverse nostre istru-
zioni, che il giuramento di fedeltà e di ubbidienza assoluta ed in-
determinata non puó presentarsi essendo illecito, come pure che
non possono assolutamente farsi preghiere pubbliche per l'impe-
ratore... e che non puó sopra questi due oggetti ammettersi mo-
dificazione alcuna ». E aggiungeva: « Il dire che la loro indigenza
lo rende lecito... Ci sembra che invece di togliere, serva piut-
tosto a generare lo scandalo nel Popolo, il quale facilmente inter-
preterà la protesta in questo senso... che essi per il bisogno, s'in-
ducano a prestare un giuramento illecito » 88).

A questa riconfermata determinazione del Pontefice, Napo-
leone reagi imponendo il 25 maggio l'obbligo del giuramento ai

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 153
Vescovi e il 13 Giugno a tutto il clero, pena la deportazione entro
le 24 ore.

* >_>

Per Monsignor De Dominicis dovettero essere, quelle, giornate
veramente angosciose. Gli stava dinanzi, con tremenda evidenza,
il quadro tristissimo della situazione della diocesi. Ne aveva fatto
una relazione *°) accorata e preoccupata alla Santa Sede il 20 di-
cembre 1807: «Haec loca Pia, quum maximum detrimentum ac-
ceperint a praeteritis infaustis vicissitudinibus, in deterius iverunt
et ibunt ...». Il Seminario di Civita Castellana chiuso, quello di
Orte con appena quattro alunni, frequenti epidemie e « mortali
infermità » conventi ridotti ad appena un'ombra dello splendore
passato, alcuni con un solo soggetto... Il Vescovo aveva cercato
di rimediare con le sole sue forze, e la domenica si spostava di con-
tinuo portando la sua parola consolatrice a quante piü parrocchie
era possibile. Se anche questo poco fosse venuto meno quale sorte
sarebbe toccata a quelle dilette popolazioni ? Il suo dramma intimo
era tutto qui.

La S. Congregazione gli aveva, tra l'altro, risposto :

« Coetera quae spectant ad Dioceses ipsas misera sane sunt, atque iusta
hinc tibi atque Em. Patribus doloris causa existit. Illa tamen eos consolatio
sustentat quod probe intellegunt quam diligenti custodia gregem ipsum
tuearis, quantaque charitate exciteris ad eius calamitates sublevandas...»
e lo invitava a venire a Roma per esporre al Papa « misera iacentis Dioe-
ceseos conditio ». E proseguiva : « Sed illud in primis optandum est, ne ipse
deficias animo, neque sinas tantis rerum calamitatibus opprimi. Quapropter
Em. Patres te etiam atque etiam hortantur et rogant in Domino ut forti
pergas animo esse, cogitesque tunc maxime de boni pastoris virtute iudicari

'cum in tribulationes inciderint, nihil deinde esse a Dei Ministris desperandum

qui ei serviunt, ac laborant pro eo, a quo omnia bona derivant in homi-
nes » ??),

La lettera conservata nell'Archivio Segreto della Congregazione
del Concilio non reca alcuna firma, ma terminava con questa si-
gnificativa postilla personale : « Hanc scripsi E.E. Collegarum no-
mine, quibus tantum adiungo de meo erga Amplitudinem tuam
studio, quo si tibi placuerit uti, re factoque cognosces me Ecclesiae
dignitatisque tuae in omni re fautorem ».

Si trattava dunque di decidere : da una parte stava un ordine,
154 DON DELFO GIOACCHINI

certamente venerando e più volte ribadito, valido in linea di di-
ritto, ma forse giudicato — con la ponderata responsabilità che
compete a un Vescovo, anzitutto e soprattutto pastore di anime —
piuttosto distaccato dalla realtà del momento e quindi non appli-
| cabile; dall'altra una popolazione sul punto di sbandare, e che,
| se abbandonata a se stessa, sarebbe caduta ancora piü in basso
di quanto già non lo fosse.
Era una situazione di coscienza estremamente delicata in cui,
forse per un tragico assurdo, sarebbe stato piü facile obbedire e
lasciarsi deportare in esilio. Si ripeteva per lui il dramma già vissuto
dai Vescovi della Francia. Non aveva scritto, il Vescovo Grégoire
| al Papa, che l'unico scopo per cui lui ed altri prestarono giura-
|I mento, era stato solo quello di mantenere in Francia l'esercizio
I della religione ?*).
| n Anche il De Dominicis, giudicó, in coscienza, di poter giurare :
| cosi si «soggettó per timore di mali maggiori » colla dichiarazione
(TUTI però in voce che «tal giuramento dovesse valere soltanto per le
| cose lecite e non contrarie alle leggi di Dio e della Chiesa, quale
fu da me rinnovata con lettera speciale diretta al Sotto prefetto
di Viterbo, e poi anche allo stesso Prefetto di Roma, Barone de
Tournon in voce allorché fu alloggiato nel mio Episcopio di Civita
Castellana, lo che si è da me osservato religiosamente sempre, e
| senza veruna contraddizione di quel Governo »*).

t | oko

Quando il 13 giugno successivo il giuramento fu imposto a
Il tutto il Clero, solo sedici prestarono giuramento. La maggior parte
" oppose un netto rifiuto.
| Ebbero appena il tempo di far testamento o di nominare am-
Îl ministratori provvisori dei loro patrimoni**, che furono presi,
Il caricati su carri e trasportati a Pinerolo. Due canonici cedettero
alla debolezza, giurarono dopo sei mesi di deportazione e furono
fatti rientrare.
| Singolare la situazione che si verificó ad Orte. Dei canonici, |
Ill | cinque si assoggettarono. Ma quando la mattina del 14 videro che |
Wr i loro colleghi insieme con i parroci al completo erano stati tra- |
scinati in esilio, colti forse da vergogna, forse da rimorso, corsero |
dal Maire, Domenico Osmera, a presentare la ritrattazione**) e a |
dichiarare che erano pronti a partire anch'essi.

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155

L'Osmera, tornato proprio allora da Viterbo, dove era andato
ad accompagnare gli esiliati, ed aveva forse anch'esso l'animo agi-
tato da rimorsi, li pregò — per amor di Dio — di non metterlo in
mezzo ai guai. Egli accettò le loro ritrattazioni, ma le tenne « oc-
culte al Governo per non vedere questa popolazione priva affatto di
sagri Ministri, e per iscanzare ancora l’indemaniazione della Chiesa
Cattedrale, ed altri danni ». E soggiunse che « per porre in salvo la
loro coscienza », egli intendeva «di ricever la ritrattazione e che
essendo Cattolico non voleva che la Città rimanesse senza Ministri
e che stessero quieti, ed usassero prudenza »°5). Cosi per un caso
singolare e per il favoreggiamento del Maire, la popolazione di
Orte fu assistita da quattro Canonici che si sobbarcarono al lavoro
degli altri, in pace con la propria coscienza e a posto con gli or-
dini del Governo.

In mezzo alle accresciute difficoltà, il Vescovo De Dominicis
si accinse a fronteggiare la situazione in diocesi con sedici preti
giurati.

La ingerenza del Governo Francese nella vita della Chiesa era
continua e pesante. Sotto un formale atteggiamento di rispetto,
stava in realtà un controllo attento e inesorabile.

Si davano disposizioni per «la manutenzione decorosa delle
Cattedrali, Palazzi Vescovili, Chiese Parrocchiali »**). si affidava
alla Chiesa, come già in Francia??), l'istruzione della gioventù (e
noi — scriveva il De Dominicis al Can. Bellioni suo vicario generale
in data 27 settembre 1810 — ce ne dobbiamo dare tutto il carico) s),
si era disposti perfino a liberare dalle Coscrizioni i giovani, i quali
dichiarassero di voler seguire la carriera ecclesiastica?**), ma intanto
«per fare le ordinazioni» bisognava attendere — dopo l'attesta-
zione di buoni costumi da parte del Maire 1°°) e scrupolose informa-
zioni — il permesso imperiale.

Si provvedeva a che le feste patronali si svolgessero con la.

massima solennità 1°), ma intanto si obbligava il Vescovo a indire
in continuazione, « Te Deum » di ringraziamento per le « credute
riportate vittorie » !°*) e perfino — imposizione assai più umiliante
— preghiere per «la felice gravidanza di Sua Maestà l'Imperatrice
Maria Luisa » unita a Napoleone con un matrimonio non ricono-
sciuto dalla Chiesa 1°*), si concedevano laute pensioni ai preti giu-

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156 DON DELFO GIOACCHINI

rati:**) e ai funzionari che avevano accettato di collaborare 1*5),
mentre si confiscavano tutti i beni e i redditi dei benefici ai non
giurati.

Nei quattro anni, dal 1810 al 1814, il De Dominicis fu con-
tinuamente in moto, in una attività esemplare e instancabile, da un
paese all'altro delle due diocesi.

Aveva indetto la vini Visita Pastorale il giorno di Natale del
1810, diede inizio alla rx il 20 gennaio 1813, senza un attimo di
sosta. ;

Dovunque interrogava i bambini !°°), riuniva le confraternite,
predicava al popolo, dava disposizioni sul culto, richiamava alla
disciplina il clero rimasto, che manifestava indubbi segni di rilas-
samento, specie a Soriano dove i Canonici non facevano più officia-
tura corale, ed era stato del tutto abbandonato l’abito ecclesiastico 107).

La rix visita si svolse in condizioni a volte drammatiche. I
convisitatori non vollero accompagnarlo «propter temporis intem-
periem ac itineris difficultatem » !®). E questo vecchio di 78 anni,
che forse più degli altri aveva motivo di temere i rigori del tempo
e gli sconquassi del viaggio, con commovente e intrepido slancio,
si pose in cammino da solo. A Soriano trova di nuovo una situa-
zione tesa. Il Maire e i Priori della Comune, d'accordo con il Vicario
generale e il Vicario Foraneo, avevano confiscato tutti i beni delle
Confraternite per assistere 1 poveri e i malati, suscitando i legit-
timi ma non caritatevoli risentimenti dei capi'!**) La situazione
esploderà alla caduta di Napoleone, con l'ordine del Papa di ri-
portare le cose allo stato primitivo 4") e con l'intervento del Ve-
scovo a difesa del Maire e del Vicario Generale che avevano ope-
rato, mossi esclusivamente da spirito di carità 14). Ovunque la
situazione, pur contenuta coraggiosamente dalla presenza del Ve-
scovo, ma aggravata dalla condotta non certo edificante di una
parte del clero, era densa di preoccupazioni 11°),

Intanto gli avvenimenti politici precipitavano. La campagna
di Russia (dicembre 1812) aveva segnato il declino della stella di
Napoleone.

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 157

Come per un estremo sussulto, il 4 maggio 1813, questi, però,
diede ordine di dichiarare «rei di fellonia » i preti non giurati e
quindi di braccarli da tutte le parti 11), Nella mente del Vescovo
De Dominicis dovette farsi strada il dubbio se non avesse sbagliato
su tutto e, quindi, se non dovesse, dinanzi a quello spettacolo di
rinnovato furore, ritirare anche lui il giuramento e lasciarsi de-
portare come gli altri. Il 18 maggio chiedeva preghiere al Canonico
Francesco Saverio Maneri « ut quae ad fidei incolumitatem ad Re-
ligionis incrementum, ad Ecclesiae decus pertinent dignoscere va-
leamus et praestare » 114),

Sulla fine del 1813, quando ormai dopo Lipsia (16-19 ottobre)
la sorte dell'Imperatore era segnata, i preti deportati ebbero facoltà
di ritornare.

Furono accolti ovunque con manifestazioni di giubilo, ma non
contribuirono certo a rasserenare gli animi, già per altre ragioni
turbati. Con la nota e spiegabile mentalità del reduce che chiede
agli altri cosa hanno fatto in sua assenza, essi si misero ad accusare,
a recriminare ?*), a pretendere, non tenendo conto che chi aveva
giurato solo per preoccupazioni di carattere pastorale, aveva reso
possibile un minimo di vita religiosa, che permettesse in seguito di
riprendere il cammino.

Il Vescovo De Dominicis, anche se non apertamente, non po-
teva sfuggire alle insinuazioni.

Il 20 gennaio 1814, nella bolla per Don Francesco Medori,
implorava la Vergine «ut oret pro nobis apud Filium suum, ut
det nobis pacem in diebus nostris, quia non est alius qui pugnet
pro nobis nisi ipse Deus noster ».

Il 10 marzo 1814 Pio vii fu dichiarato libero e prese la via del
ritorno a Roma, con l’animo mite, sgombro da ogni proposito di
vendetta, sollecito soltanto di perdonare e di dimenticare.

Le sofferenze del De Dominicis dovevano diventare ora moral-
mente più acute. Dinanzi ai Parroci e ai Canonici che erano ritornati
egli appariva dalla parte di chi aveva torto e di chi aveva dato
cattivo esempio. Avrebbe avuto molte cose da dire a propria di-
fesa, ma a che sarebbe valso? Gli animi agitati e inebriati non
sono affatto disposti ad accettare per buone le ragioni, anche se
fondate, degli altri.

Obbiettivamente, è vero, egli stava dalla parte del torto, ma
una grande luce era in lui e lo sorreggeva : gli derivava dalla con-
sapevolezza di esser rimasto non già per salvare i propri commodi,

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158 DON DELFO GIOACCHINI

che non conobbe mai, né per collaborare con gli usurpatori, ma uni-
camente per assistere e difendere il suo popolo. Nell'alto concetto
dei suoi doveri, egli avvertiva che i diritti temporali — giusta-
mente difesi e rivendicati dal Papa cui erano stati commessi —
non potevano né dovevano far passare in seconda linea quella che
deve considerarsi la funzione preminente per un Vescovo, la mis-
sione pastorale. Non già dei beni da conservare egli aveva ricevuto
in custodia, ma un popolo da condurre a salvezza, e il Nostro non
credette di poterlo abbandonare nel momento del maggior bisogno.

Alla luce della attività precedente, dei chiari suoi scritti e della
condotta sempre generosa ed esemplare nel corso degli avveni-
menti che si susseguirono, questo, crediamo, dové essere il motivo
determinante che lo indusse a prestare il giuramento.

Ma in un'epoca in cui la vita e l'attenzione della Chiesa era
specialmente rivolta alla conservazione dei propri diritti temporali,
un tale atteggiamento non poteva non passare per ribelle.

Ogni altra considerazione, di opportunità o di servilismo od
anche di timore, è assolutamente da escludere. Sui Francesi egli
aveva idee ben precise e nessuno poteva rimproverargli un benché
minimo segno di acquiescenza 11°).

Comunque a tagliar corto a ogni discussione, egli, il Vescovo,
si assoggettó, con un atto di umiltà che lo rendeva ancor piü caro
e ammirevole, a riconoscer di aver sbagliato, e il 23 marzo 1814,
dinanzi ai quattro canonici che avevano anch'essi giurato e subito
ritrattato, Don Paolo Bellioni, Vicario Generale, Don Giuseppe
Mattei, Parroco della Cattedrale, Don Cassiano Sacchetti decano
del Capitolo e Don Bernardino Frale che fungeva da Segretario,
dettó il seguente atto di ritrattazione :

«Nel nome del Sig.re Iddio

Io sottoscritto. costretto dalla forza militare armata al giura-
mento di ubbidienza e fedeltà voluto da S.M. Napoleone Imperator
de' Francesi, mi soggettai per timore di mali peggiori a sottoscri-
verlo, colla dichiarazione peró in voce, che tal giuramento dovesse
valere soltanto per le cose lecite, e non contrarie alle leggi di Dio,
e della Chiesa, quale fu da me rinnovata con lettera speciale diretta
al sotto prefetto di Viterbo, e poi anche allo stesso Prefetto di Roma
Barone di Tournon *?) in voce allorchè fu alloggiato nel mio Epi-
scopio di Civita Castellana, lo che si è da me osservato religiosa-
mente sempre, e senza veruna contraddizione di quel governo.

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 159

Ora poi facendo migliori riflessioni, e dubitando di aver forsi
(sic) mancato con tal giuramento sebbene come sopra limitato,
per quiete di mia coscienza, lo ritratto, e revoco in tutta la sua
estenzione, ed intendo che si abbia ad aver per nullo, e come non
fatto, protestandomi di essere ubbidiente, e fedele alla sola S. Sede
Apostolica Romana, e per essa al Sommo Pontefice Papa Pio vi
e Successori, de’ quali mi glorio essere suddito, e sempre pronto ad
ubbidire ai commandi di Loro e della Chiesa, come ho dichiarato
alla presenza ai Rev.mi Canonici di questa mia Chiesa Cattedrale,
Don Paolo Bellioni, Provicario Generale, D. Giuseppe Mattei Parroco
di d.a Chiesa, Don Cassiano Sacchetti decano, e D. Bernardino
Frale.

Anzi a riparo di qualunque scandalo possa essere derivato
dalla mia condotta come sopra procurerò per quanto possa, l’istessa
ritrattazione di quelle Persone Ecclesiastiche, che a mia insinuazione,
in vigore del mio esempio abbiano prestato il medesimo giura-
mento; ed affinchè costi sempre di questa mia espressa volontà,
intendo che la presente si conservi negli atti della mia Cancelleria,
munita del mio sigillo, con tutte le altre Ritrattazioni che saranno
per sopravvenire. Dato in Orte dall’Episcopio

li 23 marzo 1814

Lorenzo Vescovo di Orte e Civita Castellana »

Nella eccitazione di quelle giornate, quando le accuse ormai
si lanciavano apertamente, questo vecchio di 79 anni, durante la
messa solenne delle domeniche di Aprile, salito sul pulpito, davanti
a tutto il popolo, ripetè, con dignità e fermezza, la stessa ritrattazione.

Il 7 aprile 1814 Napoleone, tradito da tutti, aveva dovuto
abdicare a Fontainebleau.

Le truppe francesi si ritiravano ovunque tra il sarcasmo e il
giubilo del popolo, mentre il Papa si avvicinava a Roma tra ma-
nifestazioni indescrivibili 118),

Il Vescovo De Dominicis così scriveva il 10 maggio 1814 nella
bolla a Don Anselmo Pampana :

«Gaudeamus tantum, dilecte fili, gaudeamus omnes in Domino. Post
diuturnam maestitiam et mala quae tandiu in tanta temporum iactatione

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X Uer en SR. Ad 160 DON DELFO GIOACCHINI

Christianae Reipublicae Italiae praesertim fuerunt perferenda, placuit Deo,
qui dives est in misericordia Populi sui supplicantis preces exaudire, et vota
excipere, illuxit tandem aliquando dies in quo magno cum gaudio nostro,
Pater misericordiarum et Deus totius consolationis, qui consolatur Nos
in omni tribulatione nostra Pium vir Pontificem Maximum, Catholicae
Fidei Propugnatorem et vindicem ac Ecclesiae disciplinae assertorem exi-
mium a Sua Sede sacrilege direptum in captivitate per fere Lustrum im-
piorum hominum consilio ac perditissimorum Hominum cathedra pestilen-
tiae sedentium, malignanti iudicio inter aerumnas et amaritudines Savonae
primum, indeque Fontis Blandi detentum Sancti Petri Cathedrae et Resi-
dentiae suae restituere dignatus est.. Oremus igitur Supremum omnium
Pastorum Principem D.N.I.C. pro illius felici statu... Apud Ipsum Re-
| 1] demptorem nostrum ad opportunam imbecillitati nostrae opem implorandam
| preces etiam effunde...»

Nella lettera del 7 agosto 1814 a Don Tommaso Micci (e si
potrebbe aggiungere in tutte quelle che vanno dal maggio al set-
tembre del 1814) c'è una pressante richiesta di preghiere per il
Papa, perchè Iddio che l’ha restituito « omni potenti manu mira-
biliter Cathedrae veritatis et Urbi suae... det Ei Spiritum Sa-
pientiae, consilii et fortitudinis pro totius Christianae Reipublicae
bono » 12°).

In quel periodo il De Dominicis si trovava a Roma, per il
«redde rationem ». Era stato chiamato in quello stesso mese di
maggio e vi dovette rimanere per cinque interi meri 12),

Invano abbiamo ricercato qualche documento che ci illuminasse
| su quanto accadde a Roma in questo scorcio di tempo. Purtroppo
I non siamo riusciti a trovar un benché minimo cenno, tanto negli
archivi della Curia !**), che nell'archivio Vaticano.

L'espressione che si trova nella sua relazione «ad limina » del
1816 « fui detenuto a Roma », sta forse a significare che fu anch'egli,
come il Card. Maury, rinchiuso a Castel Sant'Angelo, e sottoposto a
processo ? :?*), Non è facile rispondere a tale interrogativo. Abbiamo
ritrovato, invece, la lettera pastorale, stampata in un foglio vo-
i lante, da affiggersi in tutte le chiese, con cui egli da Roma, il 25
iii] settembre 1814, annunziava ai fedeli il suo felice ritorno in diocesi.
M È un documento che non si può leggere senza commozione. Egli si
addossa ogni colpa, chiede umilmente perdono dello scandalo dato,
esorta i suoi Figli ad accordargli ancora « figlial confidenza », pronto
a riprendere insieme, «in questa nostra cadente età » — egli sog-
giunge — il cammino verso il bene. Dovette certamente costargli

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storico colloquio tra il De Dominicis e il barone de Tournon, plenipotenziario
di Napoleone.
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Ritratto del Vescovo De Dominicis nell'Episcopio di Orte
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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 161

uno sforzo eroico, consapevole com'era — nella sua intima co-
scienza — di non aver giurato per starsene tranquillo in sede o per
simpatia verso l’invasore.

Eccone il testo :

«Lorenzo De Dominicis

per la grazia di Dio e della Santa Sede Apostolica
Vescovo di Orte, Civita Castellana e Gallese

Ai Canonici, Clero e popoli delle sue città, e diocesi
salute e benedizione

La venerazione, e l’obbedienza, che al glorioso ritorno del nostro su-
premo Pastore, e Padre Pio vit felicemente regnante, ci siamo affrettati a
prestar di persona all’augusta sua dignità di Vicario di Gesù Cristo, suc-
cessor di S. Pietro, Capo della Chiesa Cattolica, e Dottore, e Maestro di tutti
i Cristiani, ci ravviva il coraggio per ritornare a voi, dilettissimi Fratelli e
Figli, e di parlarvi per vostra esortazione e salute. Non può esser piena la
fiducia del nostro cuore, nè il ravvicinamento della ‘vostra figlial confidenza
verso di noi, se dopo l’epoca infelice del terrore e della prepotenza, che fra
le tenebre, e gl’inganni di ogni tentazione ci trascinò a prestare all’empio
abolito Governo il giuramento, che la prelodata Santità Sua aveva condan-
nato; Noi non veniamo a ripetervene i sentimenti della nostra disappro-
vazione, e dell'amaro cordoglio, che ne avremo fino alla morte, per aver
dato alla Chiesa, ed a voi un tale scandalo.

Già vi rammenterete, dilettissimi Fratelli, e Figli, come Noi per Di-
vina Misericordia, anche prima che avessimo la bella sorte di rivedere il
Sommo Pontefice nel mezzo a noi, e fin dal mese dello scorso Marzo di quel
nostro fatal giuramento avevamo premesse due formali ritrattazioni avanti
i Reverendissimi Canonici delle due nostre Concattedrali di Civita Castel-
lana e di Orte: e altre due ne ripetemmo nel seguente mese di Aprile pub-
blicamente in giorni festivi in tempo della Messa solenne, e innanzi all’af-
follato Popolo accorso in ciascuna delle nostre Chiese indicate. Lo stesso
praticarono sul nostro esempio i Canonici, e tutti quelli del Clero e delle
Chiese medesime, che ci aveano imitato nella prima caduta : e noi stessi,
tenendo dietro, come era dovere, a tutte le diramazioni del nostro scandalo,
con lettere circolari per tutte le nostre Diocesi, ci affaticammo a persuadere
i ripari medesimi a tutti gli Ecclesiastici e Secolari che si trovassero nel me-
desimo caso ; come in fatto abbiamo la consolazione di rilevare dagli Atti
delle nostre Cancellerie Episcopali, che tutti quanti hanno con lodevole
docilità praticato.

Ora dunque, che in questa nostra cadente età, e dopo 28 anni del Pa-
storal Ministero che Dio ci ha confidato sopra di Voi, la clemenza del Sommo

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162 DON DELFO GIOACCHINI

Pontefice, piü sollecita del Vostro bene, che non memore della nostra in-
degnità e insufficienza, si è degnata permetterci che ritorniamo a consu-
mare nel laborioso officio que' pochi giorni che ancor ci dividono dalla nostra
eternità, eccoci di nuovo a voi, carissimi Fratelli e Figli in Gesù Cristo, con
i sentimenti medesimi di disapprovazione e di pentimento, che vi esprimemmo
circa il riprovabile e riprovato giuramento, nelle sopraesposte occasioni.
Ritrattiamo e disapproviamo coerentemente e nel modo medesimo, qua-
lunque Atto, insinuazione, impegno, ed adesione, che in seguito del nostro
errore avessimo fatto o dimostrato in quel tempo al Governo usurpatore,
e come preghiamo, e speriamo dalla Misericordia di Dio il perdono del no-
stro fallo, cosi lo imploriamo da Voi, e dalle vostre orazioni, nostri dilet-
tissimi Fratelli e Figli.

Fra breve speriamo di aver la consolazione di rivedervi di persona:
di trovarvi ripieni di quella carità che il nostro cuore ha nutrita sempre per
voi, e docili alla parola di Dio, che tanto per noi stessi, che per mezzo di
zelanti Ministri, siam soliti di annunziarvi. E pregando il Padre de' lumi,
Dio della pace e delle Misericordie, a colmarvi di ogni dato ottimo e di ogni
dono perfetto, con tutta la maggiore effusione del nostro cuore, diffondiamo
su tutti Voi e su le vostre Famiglie, la Pastorale benedizione.

Data in Roma fuor della Porta Flaminia 14)

questo di 25 Settembre 1814

L. Vescovo di Orte, Civita Castellana e (Gallese »

Tornato in Diocesi con l’animo rasserenato anche se non del
tutto sgombro da amarezza **), riprese con la abituale energia
— aveva, non dimentichiamolo, 79 anni — la ix visita pastorale,
terminata la quale, cominciò subito la x, indicendo ovunque, e
predicando lui stesso, le sacre Missioni « per ravvivare nelle anime
a me commesse la Santa Religione e li buoni costumi » 129),

È certo che il popolo, testimone diretto della sua esemplare
attività, comprese il suo Vescovo e il dramma del suo spirito molto
meglio dei burocrati di Roma ???), e lo circondò, negli ultimi anni,
di venerazione e di amore.

Ne abbiamo una testimonianza nell’articolo di Virgilio Manni
in risposta al « Notiziario Viterbese » del 1820 :2). Scriveva il Manni
che Orte « ha la consolazione di possedere al presente fra le mura
un Vescovo provvidentissimo, raro e stupendo esempio di una
avventurosa longevità, decano dei Vescovi d’Italia, il quale. non

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 163

lascia di disimpegnare con attività meravigliosa i più faticosi uffici
del suo Ministero, legendo (sic) di frequente al suo popolo ad occhio
nudo e. chiara voce le sue Omelie, ed occupandosi per la xr volta
della visita personale della sua diocesi con generale ammirazione ».

Ma la misura vera dell’amore del popolo verso il Vescovo De
Dominicis si ebbe in occasione dei suoi funerali, che furono — è
il termine esatto — un vero trionfo 129),

Sì era spento serenamente il 1 Gennaio 1822, all’età di 87 anni,
dopo 35 anni di agitato governo episcopale, a seguito di una bron-
chite, buscata per aver voluto, a tutti i costi, conferire personal-
mente gli ordini Sacri nelle «tempora » di avvento, nonostante la
stagione assai fredda e l’età avanzata. Di

Le sue spoglie mortali, prelevate dal Capitolo, dal Clero rego-
lare e secolare, da «46 confrari della Compagnia di Santa Croce
e dal popolo tutto », « per il giro della Città come suole praticarsi
nelle processioni solenni », furono condotte in Cattedrale, fra i rin-
tocchi funebri delle campane di tutte le Chiese.

Le quattro elegantissime iscrizioni latine, opera del Can. Pietro
Paolo Rappaini, suo devoto e affezionato collaboratore, riassu-
r mevano i sentimenti comuni, del Clero e del Popolo, in quella lut-
tuosa circostanza. La prima esposta sulla porta d'ingresso della
facciata, era una esortazione al popolo perché durante il rito fu-
nebre non si distraesse per gli addobbi e l'apparato esteriore ; la
seconda riguardava taluni dati della sua vita; la terza la causa
della malattia che lo condusse alla morte ; l'ultima infine ricordava
le sue virtù pastorali e lo esaltava per aver egli cercato di nascon-
dere con ogni mezzo il tesoro delle molteplici sue virtü, affinché
le lodi umane non gliene diminuissero il merito 12°),

Nella notte del 4 gennaio — dopo i funerali — avvenne la
singolare e al tempo stesso macabra cerimonia dell'estrazione del
cuore.

Era una costumanza, in uso nelle diocesi di Orte e Civita Ca-
stellana, da quando le due sedi vennero unite « ad personam » con
decreto di Eugenio rv nel 1437: il corpo del Vescovo si seppelliva
1 nella diocesi in cui era avvenuto il decesso, ma il suo cuore veniva
| estratto dai medici della città e consegnato « aromatibus conditum »
| al Capitolo dell'altra diocesi, che provvedeva a comporlo nel pre-
| sbiterio della cattedrale, quasi a simboleggiare la costanza nell'amore

verso il popolo di entranbe le diocesi.
Della cerimonia compiuta sul cadavere del Vescovo De Domi-

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164 DON DELFO GIOACCHINI

nicis il libro dei Verbali del Capitolo di Orte ci offre un’ampia de-
scrizione.

Furono incaricati dell'operazione «i fisici professori Dott. Giu-
seppe Falcioni e. Gioacchino Feliciangeli ».

Il cuore del Vescovo, bene imbalsamato e anatomicamente pre-
parato, fu collocato in un’urna di piombo «sigillata con quattro
sigilli» e «racchiusa in una scattola di legno ben ornata » 131).

. Il corpo del Vescovo venne sepolto la mattina del 5 gennaio.
I Verbali ricordano il fatto con questa semplice e laconica nota :
«Fatto lo scavo avanti la cappella del Santissimo Sacramento, in
esecuzione della disposizione del def. Prelato, fu tumulato il di
lui cadavere entro due casse, lasciando a questa sua Chiesa, l’odore
delle sue virtù e il dolore della sua perdita ».

L'urna che conteneva il suo cuore fu consegnata il 12 gen-
naio dal Can. Ceppitelli al capitolo di Civita Castellana. Con l’oc-
casione ci fu tra i due capitoli un commovente scambio di lettere.

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Le onoranze funebri riservate al Vescovo Lorenzo De Domi-
nicis stanno a dimostrare di quanto vivo amore fosse circondato,
e quanta profonda riconoscenza la sua lunga attività pastorale
avesse saputo suscitare.

Le. vecchie accuse di collaborazionismo con i Francesi non
solo dunque erano cadute nell’oblio, ma in quel gennaio 1822, si
tramutavano in una solenne apoteosi dell’uomo e del Pastore.

Con il loro grande e spontaneo dolore, popolo e clero dimo-
stravano di aver compreso l’intimo dramma del loro vescovo e da
quali alti ideali egli — sempre — era stato animato. E mai, come
in certe particolari circostanze, il popolo minuto che è dotato di
finissima intuizione, sa distinguere chi è spinto da amore di bene
e chi agisce per calcolo, e sa esprimere con atteggiamenti inequi-
vocabili il suo sicuro giudizio.

Orbene sul vescovo De Dominicis, di venerata memoria, questo
giudizio fu, senza ombra di dubbio, oltremodo affettuoso e larga-
mente positivo.

Don DeLFO GIOACCHINI

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO

NOTE

1) Si leggano al riguardo le splendide pagine con cui DANIEL Rops apre
il volume v? La Chiesa delle Rivoluzioni, della sua Storia della Chiesa del
Cristo, Torino, Marietti, 1964. i

?) Formavamo il rn degli stati generali con 208 Curati e 47 Vescovi.

3) Si adottò il principio per cui le diocesi dovevano coincidere con i
dipartimenti, e le parrocchie non superare la cura di sei mila anime.

4) Su 70.000 preti, accettarono di giurare 12.000. DANIEL Rops, Ibidem.

5) Ibidem, p. 25 s.

6) Ecco le sue parole «...le autorità francesi trovarono degli alleati
fra gli ambiziosi, i venali e i meno coraggiosi « (Ibidem, p. 175).

?) La formula con cui si giurava ma protestando -oralmente «salvo
quanto devo a Dio e alla Religione » fu suggerita a Roma dall’ambasciatore
di Francia, Card. Bernis. Quanto questa significativa riserva influì sul com-
portamento dei Vescovi che giurarono ?

8) TopEsco, Storia della Chiesa, Vol. v, p. 80.

9) Archivio Segreto Vaticano, Concistoriale, Processo informativo, Atto
di Battesimo del Parroco della Chiesa di S. Feliciano di Foligno. Sulla fa-
miglia De Dominicis, un documento ufficiale rilasciato dal gonfaloniere di
Foligno, in data 3 febbraio 1792 (Corrisp. e carte diverse, Serie vir, cat. 1,
fasc. 8°, registri di lettere 1 serie, Patente n. 79, n. di P. G. 569 - Scansia n. 2
nell'Archivio Comunale di Foligno in Archivio di Stato), precisa: «... Te-
stamur insuper Hieronimum De Dominicis esse eiusdem familiae, et Cu-
rialem permanentem in alma urbe (era Presidente, a Roma, della corte cri-
minale pontificia), ipsunque fratrem germanum esse lIl.mi Rev.mi D.ni
Laurentii De Dominicis, qui pro sua pietate et doctrina a SS.mo D.no No-
stro Pio P.P. vr, Episcopus Civitatum Hortanae et Castellanae merito re-
nuntiatus, non exiguum splendorem addidit et ornamentum familiae De
Dominicis ».

10) Ibidem.

11) La raccolta si conserva nella Biblioteca Comunale di Foligno, Rac-
colta Mancinelli.

1) In Foligno, Per Francesco Fofi, 1762.

13) Ecco i due sonetti:

I

«Del Signor Don Lorenzo De Dominicis P. A. sonetto »

O Voi cui punge l’amorosa cura
Il piè volgete a questa bella riva

Dare I RE RIO ITA DET

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»

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LM

166 DON DELFO GIOACCHINI

A contemplar colei, che me par Diva
E .per virtù, già in verde età, matura.

Non co’ vezzi destò vil nebbia oscura
D'affetti nel gorgon gentil, ma univa
Agli atti, al portamento, una sì viva
Fiamma gli accese al cor candida e pura,

Che il Santo Imene colla pace ardente
Discese a imprigionar l’alme beate
|| i Di cui qui intorno alto suonar si sente.

E invano il folle amor con ciglia irate
I Si duol di lei or che ravvolge in mente
| Lo spregiato valor dell'arme usate.

II

Callinto P(oeta) A(rcade) a Clori

Io pur fra queste selve ed antri cupi,
Ove rapaci augei solo han ricetto,
Leon di rabbia ardenti e fieri lupi,
Clori, a cantar di voi sono costretto.

| | Di voi che in queste balze ed erme rupi
Tal siete dei pastor gioia e diletto,
Che varcano ben anco aspri dirupi
Per contemplar d'appresso il vago obietto.

| | Ma ohimè la cetra per dolor mi cagge
LH ITI Al suol, poiché fiamma nel cuor vi punge
Onde Imene vi porti in altre spiagge.

| O terra cui sì gran beltà s’aggiunge
!] Che seco altera virtü nova tragge !
Qual fia t'agguagli più, benché da lunge ?

14) Arch. Segr. Vat. Concistoriale, Processo informativo: « È molto
devoto e frequente nell'esercizio dei SS. Sacramenti ».

' Il Card. Garampi era una delle figure più eminenti del Collegio Car-
dinalizio. Era stato prefetto dell'Archivio Vaticano. Pubblicò opere di impor-
mii tanza storica, come «Saggi di osservazione sulle monete pontificie » e « La

| cronologia dei papi del sec. 1x » opera nella quale sfatava la leggenda della

Ù papessa Giovanna. Fu elevato alla Sacra Porpora mentre era nunzio a Vienna
TT il 14 febbraio 1785.

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO

16) Arch. Segr. Vat., Concistoriale, Processo informativo.

17) Un accenno ad altra nuova ricca abitazione romana, nella quale
i De Dominicis si erano trasferiti trovasi in una lettera a lui indirizzata da
Filippo Lanzoni il 13 novembre 1793. «Ieri fui ritrovare il Sig. Ab. De
Dominicis alla Casa nuova : li trovai tutti in ottima salute fuori che uno dei
piccoli col vaiolo e mi rallegrai del nuovo soggiorno veramente magnifico
commodo e conveniente...» Arch. della Curia di Orte, Inform. XII, 1787-
1808, p. 257.

18) Archivio Curia Vesc. di Orte, Sacre Visite De Dominicis, 1, p. 2.

19) I suoi resti mortali rinvenuti durante i lavori perla nuova pavi-
mentazione in marmo nella Cattedrale di Orte, ancora composti nelle casse
di legno, misuravano m. 1,82 di altezza.

20) Arch. della Curia Vescovile di Orte, Informazioni XII, 1787, 1808,
p. 323: «Questa mattina, tutti capitolarmente congregati, avendo fatto
maturo esame sul portamento nostro presso la di Lei venerabile Persona,
non abbiamo saputo rinvenire una benchè menoma inconvenienza usatale
nell’incontri che si sono a noi presentati e nell’ossequiarlo .col dovuto ri-
spetto, tanto dentro che fuori di questa nostra Cattedrale o nel dimostrarle
tutta l’immaginabile stima fino dal primo giorno che venne al possesso di
questa cattedra Vescovile, essendo noi persuasi che non avrà perduto la
memoria delle speciali pubbliche festive accoglienze che furono fatte alla
sua degna persona ».

23) Arch. Segreto Vat., Concistoriale, Processo informativo.

22) Cfr. GIoACCHINI, Curiosità Ortane, p. 98 ss.

23) Archivio della Curia Vescovile di Orte, Inf. XII, p. 324 ss.

24) Arch. Segr. Vat., Concilio, Relazione «ad limina », 1789.

25) Molti aspiravano non tanto al sacerdozio, quanto alla carriera ec-
clesiastica. Nella Cancelleria Vescovile di Orte esistono filze e filze assai
voluminose di documenti di aspiranti agli ordini sacri. In una società quale
era quella settecentesca, con le classi sociali rigidamente stratificate, l’unico
modo di elevarsi, per un figlio del popolo, era abbracciare la carriera eccle-
siastica. D’altra parte un beneficio — allora così ricchi e numerosi — as-
sicurava una vita quieta, tranquilla e rispettata. Purtroppo così andavano,
allora, le cose!

26) Tra i documenti per i concorsi nelle parrocchie figurano anche saggi
di cultura morale, di scrittura e di eloquenza. A esaminarli si ha il quadro
autentico della cultura ecclesiastica del tempo. In generale, un disastro.

27) Arch. della Curia Vescovile di Orte, Ecclesiastica XXXVIII, 1790-
94;9p5»73

35). Tbidem, p. 72.

29) Archivio della Curia Vescovile di Orte, Miscellanea Eccl. V, 1718-
1807, p. 150 s.

39) In trentacinque anni di governo ne portò a termine 10, e aveva

TLT JC tS ATTI DIT TS DIZIONE LESEN TL NEXTNECSE VERTO TRE 168 DON DELFO GIOACCHINI

iniziato — a 87 anni — la undicesima. Il fatto è assai indicativo : in tempi
in cui i viaggi erano oltremodo lenti e il centro diocesi di difficile accesso
per il popolo, la visita pastorale serviva a mantenere costanti i rapporti.
Bisogna seguire i verbali delle riunioni delle confraternite per vedere con
quanta serietà vi si discuteva.

*) I Visita Pastorale, 10 Luglio 1787: « Raccomandiamo ai Parrochi
di fare costantemente con chiarezza e con lo stesso zelo pratticato finora
nei giorni festivi la spiegazione del Vangelo e la dottrina Cristiana ai Fan-
ciulli e il Catechismo ». Arch. Seg. Vat., I Relazione ad Limina : « Et quoniam
res haec est maximi momenti, ego ipse mox in una mox in alia Paroecia
adsum, ut omnia recto ordine fiant ».

*) Ibidem: «Si deve aver Vavvertenza di preferire negl'imprestiti
quelli agricoltori che non hanno grano del proprio, agli agricoltori che pos-
sono averlo dai padroni, essendosi riconosciuto per l'addietro che questi
hanno assorbito la maggior parte del grano degli altri poveri agricoltori ».

: 33) Arch. della Curia Vescovile di Orte, Informazioni, XII, 1787-1808,

p. 278. I minori Conventuali vivevano nei locali che poi sarebbero passati
— fino ai nostri giorni — al Seminario Vescovile.

**) Si ha quasi l'impressione che tutta la vita della Chiesa fosse un co-

.lossale fatto amministrativo. Forse anche per questo il De Dominicis —

che l'aveva ben capito — si studió di infondere — come abbiamo già ri-
levato — un certo soffio di spiritualità nei documenti di amministrazione.
?5) Ibidem.

**) Visite Pastorali del De Dominicis, II, p. 4; 1V, p. 179.

*") Informazioni, XII, 1787-1808, p. 327: « questi sono ben provve-
duti e giornalmente tutti le usano attenzione di darle l'elemosina e restano
contentissimi ». Lettera dei Canonici al Vescovo in data 8 Luglio 1794:
« Tutte le messe addietrate furono assegnate a loro, cosi anche i posti va-
canti. Mi sono applicato al temperamento di destinare le messe addietrate
alli preti emigrati Francesi a tenore delle Circolari di N.S. » Ibidem, p. 321.

*) Ibidem, Informazioni 1609-1797, pi ‘513:

39) Ibidem.

‘°) Curia Vescovile di Orte, Informazioni 1609-1797, p. 536.

4) A Orte fu fatto pretore un certo Leopoldo Lippici: «celebre e fa-
moso pretore nel tempo Repubblicano del Cantone di Orte, processato per
tanti demeriti nell’attuale esercizio del suo uffizio dai suoi medesimi istal-
latori e successivamente dal governo Provvisorio di Viterbo » (Informazioni,
II, Soriano, p. 533). Per un Pretore, non c'è male 1...

4) L'editto per la riduzione delle feste di precetto, emanato il 25 Mag-
gio 1798, é firmato dal « Cittadino Vescovo». La nuova dizione fa un certo
effetto.

**) Inno Patriottico per la Rigenerazione di Roma, Posto in musica
dal Cittadino Giuseppe Liverziani:

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Testo della ritrattazione dettata dal De Dominicis e da lui sottoscritta il
23 marzo 1814.
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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO

I II

Queste barbare catene
spezza 0 popolo Romano
torna libero e Sovrano
torna quale fosti un dì.

Abbian termine le pene
cada il velo dell’inganno
ed abbomina il tiranno
che t’oppresse e t’abbrutì.

Se liberi sarem

chi vincer noi potrà ?
morrà morrà

chi opprimer tenta
la nostra libertà.

Non credo sia il caso di rilevare come qui trattisi di una evidente esa-
gerazione. Testo completo e musica trovansi presso l'archivio di Casa Savin
in Viterbo. Giovanni Giuseppe Savini era stato il segretario della Muni-
cipalità di Viterbo.

44) Fu il punto debole della Repubblica Romana e in genere di tutte le
Repubbliche costituite dai Francesi. Solo pochi idealisti — come a Napoli
— compresero lo spirito di certe riforme. Il Popolo non badava che agli
effetti economici, al comportamento veramente deplorevole degli ammi-
nistratori e alle razzie dei militari. Cfr. SIiGnoRELLI, Viterbo dal 1789-1870,
p. 63).

45) RonHnRBACHER, Storia della Chiesa, xv, p. 122.

46) Archivio della Curia Vescovile di Orte, Informazioni, XII, 1787-
1808, p. 696: « Le monache furono tassate di 100 scudi a titolo di prestito
forzato già stabilito dalla così detta Repubblica. Ora si aspetta indagare
se col tranquillo e dolce e saggio governo Pontificio si abbia a reintegrare
tutto ciò che fu pagato col governo trascorso repubblicano ».

4?) Il Vescovo De Dominicis non aveva mancato di fare le sue rimo-
stranze, con coraggio ed energia, non esitando a scendere in polemica piut-
tosto dura con l'amministratore generale dei beni Nazionali, Quenard.
Questi il « 26 Fiorile — anno 7 della Repubblica » aveva scritto una lettera
piena di iattanza. Il Vescovo rispose con pacatezza, ma anche con fermezza :
«A me sembra però che si sarebbe posto fine a tutto, se tale Amministra-
zione si fosse prima restituita ai Regolari medesimi, a tenore dei replicati
ordini di Monsignor Governatore Provvisorio di Viterbo e miei, coll’ob-
bligo però di contribuire alle spese della pubblica difesa» (Archivio della
Curia Vescovile di Orte, Informazioni V, 1800-1810, p. 1).

4) Arch. della Curia Vescov. di Orte, Informazioni XII, 1787-1808,
p. 696. I contributi straordinari da versare per le spese della Repubblica
Romana furono posti in ragione del 3% sui fondi appartenenti ai privati
e del 5% su quelli ecclesiastici. Fu il colpo mortale inferto alla proprietà

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A— "n 170 DON DELFO GIOACCHINI

fondiaria, già vessata da altre tasse, e resa improduttiva dalla mancanza
di mano d’opera, conseguenza della situazione politica.

4°) Verbali Capitolari 1772-1838, Memoria, 4 giugno 1798.

5°) Archivio della Curia Vesc. di Orte, Documenti sparsi. Il diparti-
mento del Cimino era stato suddiviso in 4 circondari (Viterbo, Civitavecchia,
Orvieto e una parte del territorio di Roma) e in 15 cantoni. Cfr. GIusEPPE
SIGNORELLI, Viterbo dal 1789 al 1870, Vol. Lp: 32:

3) In tutti gli atti giudiziali — in italiano e per altro estremamente
succinti e brevi — degli anni 1798-1799, i convenuti sono sempre qualificati
col titolo di « cittadino » e di « cittadina ». Il Calendario è duplice, gregoriano
e repubblicano. Anche gli atti ecclesiastici dal 28 giugno 1798 sono in ita-
liano, con la datazione repubblicana, e invariabilmente si aprono con la
dicitura « Avanti al Cittadino Vescovo » oppure « Avanti al Cittadino Vicario
Generale ».

) Il coro, ormai fatiscente, venne demolito nel 1962 e la chiesa ri-
portata alle sue primitive normali strutture. Il fatto offre particolare in-
leresse perché erano stati pubblicati numerosi bandi e raccomandazioni di
non insultare i francesi con canzoni, parole o scritti. I trasgressori venivano
addirittura considerati « nemici della patria e soggetti alla confisca dei beni
e a perpetua infamia ». Anche a Roma troviamo un editto analogo emanato
dal Card. Doria. Cfr. SIGNORELLI, op. ci., p.:::87.

5*) Instrumento del Notaro Angelo Polidori, rogato in Roma li 8 mag
gio 1613.

$*) Cfr. D. GroAccuiwr, Curiosità Ortane, p53126.

5) Evidenti ragioni di spazio mi impediscono di citarle tutte. Ne va.
rebbe la pena.

I Per la Purificazione di Maria: 2 febbraio

1) Cantiamo fedeli - Con dolce armonia - Evviva Maria che al tempio ne
andò

7) O stella del Mare - propizia e lucente - soccorri al cadente - tuo popol
fedel
8) Sovrana benigna - la ligure gente - Afflitta e languente - ti mova a pietà
9) Da tutta l’Italia - Le galliche squadre - discaccia - Sei madre di Chi
tutto può
10) Quest'orda tiranna - che sparge per tutto - il pianto ed il lutto - Riduci
al Signor

11) Gradite, ascoltate - Gran Madre Maria - Amabile e Pia - Gli affetti del
cuor.

III Domenica di Passione

1) A piè della Croce - o anima mia - Contempla Maria - che intrepida sta
10) Proteggi gran Madre - La Chiesa oltraggiata - Fà sia venerata - Col
nuovo Pastor

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N38 PER. SITI s I caue o Rr, a Le SX hc - EN n
LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 171

12) Di Fontana buona - il popolo invitto - Di Galli sconfitto - Drappello
mirò

13) Da Genova a Malta - Regina Potente - La gallica gente - Deh! vogli
Fugar

| 14) Ridona a l'Italia - Perfetta Concordia - né infame discordia - La rieda
a turbar

15) La Francia riduci - Di Cristo all'ovile - A Dio fa' che umile - Domandi
pietà.

IV Memoria del Patrocinio di Maria - aprile

1) Affetti e pensieri - Dell'anima mia - Lodate Maria - Che tanto ci amò.
10) Il forte tuo braccio - atterri l'audace - ed il pertinace - Ostile furor
11) Da Genova a Nizza - quell'orda infernale - Altera e sleale - Confusa

parti.
12) Dall'italo suolo - La gallica gente - Iniqua, insolente - Ti piaccia fugar.

V Nella festa dell'Assunta: 15 agosto

1) Perché di bei canti - dal Ciel sulle stanze? - Cosi vaghe danze - e
feste, perché ?

$8) Il Sommo Gerarca - Il Pio comun padre - Riscattaci o Madre - Che in
carcere sta

9) Un Angel del Cielo - Disciolse a Simone - I lacci in prigione - e libero

usci

10) Nel suo successore - rinnova il portento - allora il Contento - Completo
sarà

11) Un sguardo pietoso - Sul Popolo Gallo - Impetra al suo fallo - Perdono
e pietà.

VI Nell’ottava della Natività di Maria (settembre)

11) Di Gallia in Valenza - Fra pena e dolore - l’invitto Pastore - Pio sesto
morì

13) Del Popol Francese - superbo e crudele - Tiranno, infedele - la vittima fu

14) Parigi su un palco - Il Re tu uccidesti - al gregge togliesti - Di Cristo
il Pastor

15) Sull'empia Sionne - Lo sguardo tu figgi - Ingrata Pariggi - Comincia
a temer.

VIII Per la festa di Maria S.S. della Vittoria, Detta del Rosario (ottobre)

| 2 5) Rinnova a dì nostri - l’istesso portento - concedi il contento - a chi
| l'invocó
6) E Mantoa e Torino - Piacenza e Verona - E Trebia e Tortona - Vit-
toria cantó

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172 DON DELFO GIOACCHINI

7) Nel giorno glorioso - di tua assunzione - Doppo aspra tenzone - Novi
trionfó

8) Partenope e Roma - Valletta e Toscana - Da gente inumana - Pietosa
sgombró

9) Diam lode a Maria - D'Italia sostegno - Di Averno nel Regno - che

il Pianto cacciò.

55) Tumulti veramente imbarazzanti ebbero luogo a Viterbo, dove
alcuni funzionari Francesi si erano ritirati in seguito all'avanzata dell'eser-
cito Napoletano su Roma. Furono salvati dalle ire del popolo dal Governa-
tore Provv. Giuseppe Zelli-Passaglia e dal card. Gallo, che ci accolse in
Episcopio. La città subì poi l'assedio del Gen. Kellermann, ma si difese
con coraggio. Dovette poi cedere, quando l’esercito napoletano venne sbara-
gliato dallo Championnet. Cfr. SiaNonELLI, Viterbo nella Storia della Chiesa
1610-1944, v. 11x, p. 245. Anche Civita Castellana fu al centro di assalti
da parte delle truppe napoletane e francesi. A Nepi, il 2 dicembre, furono
trucidati 60 abitanti e tutto il capitolo dei Canonici che era in coro,
composto di 12 preti. Scriveva il Vescovo De Dominicis in quelle tragiche
circostanze : « Ho dovuto differire, per prendere i lumi necessari fra li tu-
multi delle truppe francesi che ci hanno anche qui molto imbarazzati ».
A Corchiano il parroco del tempo annotò nei libri parrocchiali la seguente
semplice ma tragica memoria : « Le truppe hanno ucciso 24 poveri corchia-
nesi: hanno violato tutte le Chiese e profanato fino i tabernacoli: hanno
sciabolato l'immagine del S. Cuore ».

57) Archivio Segreto Vaticano, Periodo Napoleonico, Liasse vir, n. 48.

55 Archivio della Curia Vescovile di Orte, Fascicolo ritrattazioni del
giuramento di adésione al governo repubblicano e al governo Napoleonico.
Editto di amnistia del 30 novembre 1799 firmato dal De Dominicis : « Seb-
bene ne’ passati calamitosi tempi dell'estinto governo Repubblicano si
fosse col parere di accreditati teologi creduto lecito il giuramento prescritto
dalla Costituzione di Esso, avendo peró dopo manifestata la Sua Mente il
Capo Visibile della Chiesa, il nostro Sommo Pontefice P.P. Pio VI di S.M.
nei Brevi spediti da Firenze nel mese di Gennaio del Cadente anno a Mons.
Vice-gerente di Roma, colli quali dichiara affatto illecito tal giuramento
significato nel suo senso puro, conaturale, non é piü ora da dubitare che
da qualsiasi Cristiano e Cattolico non si poteva prestare. Subito che ne per-
venne a noi la copia, quantunque molto ritardosa, ci diedimo il carico di
renderne intesi li nostri Vicari Generali, colle copie di essi Brevi, affinché
con le debite cautele ne avvertissero quelli, che si fossero involti in tal giu-
ramento, e non mancammo di dare le risposte coerenti a chi ne richiese ;
ma non si poteva allora parlare ed operare liberamente per le severe ricerche
che si facevano da quei Ministri contro di quelli che cooperavano alla pub-
blicazione di tali Brevi».

5*) Arch. della Curia Vesc. di Orte, Inform. 1787-1808, Soriano mr,

EE M 25 7 RS CURES. £ TEC DA VAI "EE REVUE, SE :
ER GIOR EI lax MI TU Fox X V S NE» dal A Do Si xe À
LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 173

p. 561: «Al Padre Domenico Antonio da Roma — Minore Osservante,
Orte, San Bernardino — ... Non è necessaria per ora la vostra venuta, dopo
che io averò posto all’ordine il tutto, verrete. Se avete documenti contro
il Vescovo e Curia, mandatemeli. Mi necessiterebbe una copia autentica
della lettera mandata nel passato Governo dal detto Vescovo alla Muni-
cipalità di costì, relativamente a doversi prendere il giuramento ; fate il
possibile di averla e mandatemela, e poi lasciate fare a me, che vi servirò,
ed assicuratevi che allora il bene sarà comune. È caduto nelle panie il Ve-
scovo, perchè ha fatto fare li nostri processi a notari laicali. Amico, ora
sono in ballo, voglio ballare » (7 settembre 1800).

6°) SIGNORELLI, Viterbo dal 1789 al 1870, p. 111. A Viterbo si diceva
argutamente, giocando sul nome: « Basta un Gallo in ogni pollaio ; noi ne
abbiamo troppi e dove son più Galli a cantar non si fa mai giorno | ...».
Assai più singolare e spinto il comportamento del Vescovo di Acquapen-
dente. Nel 1798 divenne tribuno del Parlamento Repubblicano, aveva fatto
insorgere la città di Acquapendente, e postosi a capo dei briganti, si era
recato a Viterbo a sostenere la guerra civile. I1 Gallo non volle dapprima
riceverlo, poi l'ammise alla sua presenza per rimproverargli la condotta
tenuta. Cfr. SianoRELLI, Viterbo nella Storia della Chiesa, pp. 241-247.

61) Archivio della Curia Vescovile di Orte, Civilia 1794-1799, p. 158,
19 settembre 1799: «...essendo il « destè » repubblicano voluto definitivo
non giusta le consuete forme che allora ci volevano, perciò esser nullo ».

2) Ibidem, p. 151, 28 Marzo 1798: Gregorius Ralli dixit: «intendo che
questi atti che sono stati fatti e che si faranno per mezzo delle comparse
fatte dal Signor Don Stefano Valentini come Procuratore, sono state e siano
invalidate atteso la cessazione dell’antico governo e l’istallazione del pre-
sente, avanti del quale in ogni caso si averà ragione » e perciò intende che
«ogni atto ulteriore sia nullo, appellandosene fin da ora al nuovo Governo
della Repubblica Romana ». Il Tribunale ordinario cessò di funzionare il
28 marzo 1798 e riprese il 9 settembre 1799.

63) Arch. della Curia Vescov. di Orte, Inform. V 1800-1810, p. 447:
«successero delle liti perchè alcuni comprarono con assegnati a sei doppie
d'oro, e altri nel rimettere dei debiti non vollero riceverne ». Ibidem, p. 449 :
«Lite tra Giovan Battista Fossati e Gregorio Boncristiani: poichè essendo
egli restato molto soddisfatto e contento di tal pagamento ne stipulò l'Istru-
mento nel tempo che gli assegnati correvano, sebbene fossero già caduti
in molto discredito, lusingandosi che la Mossaroli li avesse dovuti ricevere
in pagamento del suo avere ; questa per altro ricusò giustamente, tanto più
che al tempo in cui gli furono esibiti gli assegnati, eran già vicini all'abo-
lizione ».

**) Arch. della Curia Vescov. di Orte, Informaz. Soriano II, p. 589:
«Dum enim magis papyracea moneta vilescebat atque Cedulorum abolitio
iam incerto praedicebatur murmure, Census praefati ab debitoribus extinti

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174 DON DELFO GIOACCHINI

fuerunt Chartaceae monetae volumine, quod paululum postea a Commercio
proscriptum in manibus rectoris Hospitii, ad usus omnes inutile remansit ».

**) Archivio della Curia Vescovile di Orte, Ecclesiastica XXXIX, 1795-
99, p. 311.

**) Archivio della Curia Vescov. di Orte, Inform. 1787-1808, p. 696 s.

**) Arch. Curia Vesc. di Orte, Inform. 1787-1808, p. 672: «le mie bri-
ghe nelle due diocesi sono tali e tante che non mi lasciano un momento in
pace» (lettera all'Uditore del Papa, dicembre 1801).

55) Arch. Curia Vesc. di Orte, Visite De Dominicis, Visita v, 16 Dic.
1800: « Giacchè dopo le tante dolorose vicende passate tra l’universale di-
sordine delle cose civili ed ecclesiastiche, ci troviamo finalmente in stato
di poter soddisfare... ».

5*) Arch. Curia Vesc. di Orte, Inform. II, Soriano Bassanello, p. 610:
«La terra di Bassanello nella diocesi di Orte espone esser composta la sua
popolazione di due sole Parrocchie amministrate da due Parrochi, uno peg-
gior dell'altro... Il sacerdote Filippo Pacifici... fu dall’attuale Vescovo
De Dominicis anco privato dell'esercizio della Parrocchia e postogli l'eco-
nomo. Per dieci anni in circa la Parrocchia è stata sotto l'Economo, ma
finalmente, in. tempo della già estinta Repubblica, con maneggi poco de-
corosi gli riusci di tornare ad introdursi nella medesima, e la terra, ora, con
suo indicibile cordoglio ha dovuto vederlo non solo tornato, ma peggiorato
ne' suoi costumi, piü scandaloso, piü dedito al vino, e alla scilinguatezza
di prima... Il mal costume, in tutta la terra oratrice a cagione di detti
Parrochi é arrivato all'eccesso. La Religione è poco meno che spirante .. .»
(7 Agosto 1801).

*9?) Ibidem.

^) V Visita Pastorale, p. 37.

7?) Ibidem.

?3) Arch. della Curia Vescov. di Orte, Informaz., 11 Soriano - Bassa-
nello, p. 552: « Ora... mi trovo tutto occupato nella sagra visita Pastorale,
al riparo di tanti disordini originati per lo più dai passati sconvolgimenti . . . »
(7 Novembre 1800). Arch. Seg. Vat., Relazione 20 Dicembre 1807: « Post
mearum diocesium lustrationem, ut meo muneri satisfaciam ,... remanet
modo de praedictarum Ecclesiarum statu referre, licet de praecedenti re-
latione iam a mense Novembris 1801 data nullam acceperim respontionem :
atque idcirco brevitati consulendo, ad illam me remitto, quoniam satis
luculenter de infelici statu Locorum Piorum aliisque de rebus inibi sermo

est habitus ». La relazione del 1801 cui il De Dominicis fa riferimento non
si trova insieme alle altre nell'Arch. Seg. Vatic. E più sotto aggiungeva :
«Haec igitur loca pia quum maximum detrimentum acceperint a praeteritis
infaustis vicissitudinibus, in deterius iverunt et ibunt...».

'* La voce «per distribuzione ai poveri» ricorre assai spesso nel re-
gistro di contabilità della mensa vescovile del suo tempo.

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 175

75) Dalla relazione «ad limina » del 15 Nov. 1816 risulta che durante
il suo vescovato, furono aperte moltissime Chiese di un certo rilievo, come
la Cattedrale di Gallese, le Collegiate di Soriano e di Carbognano etc.

^) Arch. della Curia Vescov. di Orte, Ecclesiastica XL, 1800-1806,
p. 485.

'*) Arch. della Curia Vescovile di Orte, Ecclesiastica XLI, 1807-1819,
piaz9;

#) Arch. della Curia Vesc. di Orte, Ecclesiastica XLI, 1807-1819»
p. 94.

**) Archivio Curia Vescovile di Orte, Ibidem, p. 124. A tale pro-
posito è bene chiarire una opinione di Mons. Faloci-Pulignaci, riferitami
dal Prof. Mario de Dominicis, dell’Università di Perugia, pronepote del
nostro Presule. L’esimio studioso di storia umbra supponeva cioè che con-
tatti personali sarebbero intercorsi tra il De Dominicis e Scipione De”
Ricci, il promotore del cosidetto Giansenismo italiano, e verosimilmente
l'adesione del Nostro alle posizioni del vescovo di Pistoia. La tesi pre-
senta, senza dubbio, i suoi lati suggestivi, tanto più che sono note le
simpatie del De’ Ricci per i Vescovi giurati di Francia. Malgrado peral-
tro le più diligenti ricerche di archivio nulla è stato rinvenuto che
potesse suffragare tale ipotesi. Al contrario abbiamo rilevato nel De Domi-
nicis posizioni nettamente antitetiche a quelle del De’ Ricci, specie per
quanto riguarda la devozione al Sacro Cuore. È noto come, per impulso
del De Ricci, il furore contro ogni forma di questo culto si estese in molte
diocesi confinanti della Toscana. Il parossismo iconoclastico giunse al punto
da far murare tutte le immagini del Sacro Cuore. Ora, il De Dominicis, non
solo ebbe verso di Esso una particolare devozione personale, ma se ne fece
ardente promotore in ogni parte della diocesi. Ad Orte, quando il Padre
Giuliano Gaetano Massinesi, gesuita, fondò la Congregazione del Sacro
Cuore, il Vescovo non solo gli inviò una lettera bellissima ma volle lui stesso,
e a sue spese, provvedere all’erezione dell’altare, dove fu posta l'immagine
dolcissima che ancor oggi si venera nella Chiesa Cattedrale. (Ibidem, Ec-
clesiastica, XLI, pp. 12-13).

8°) Archivio della Curia Vescovile di Orte, Informazioni V, 1800-1810,
p. 602 s.

81) Archivio Segreto Vaticano, Periodo Napoleonico, Busta vir, n. 3.

8) Ibidem.

83) Ibidem.

#4) Archivio Segreto Vaticano, Periodo Napoleonico, Busta vir, n. 21.

85) Archivio Segreto Vaticano, Periodo Napoleonico, Busta vii, n. 6:
Istruzione sull’illecitudine del giuramento.

85) Ibidem, Busta vu, n. 6.

87) Ibidem.

88) Archivio Segreto Vaticano, Busta vir, n. 7.
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176 DON DELFO GIOACCHINI

$*) Archivio Segreto : Vaticano, « S. Congregatio Concilii », Relazioni

«ad limina », Diocesi di Orte, Civita Castellana e Gallese, Parte rr.
. 9°) Ibidem.

9) DANIEL Rops, op. cit., p. 124..

*) Arch. della Curia Vesc. di Orte, Fascicolo delle Ritrattazioni del
Giuramento di adesione al Governo Napoleonico.

?3) Arch. della Curia Vesc. di Orte, Filza Civile 1808-1816, n. 33 :.« At-
tesa la mia partenza dalla propria Patria e dovendomi altrove trasferire...
durando la mia assenza sarà cura di detto amministratore di volermi ri-
mettere al destino dove verrà fissata la mia dimora quel di piü che potrà
essere in detta amministrazione » (13 Giugno 1810 delega di amministra-
zione di Don Vincenzo Lenatini di Canepina). A Viterbo, su 54 canonici, giu-
rarono 52 e tutti si dichiararono pronti a qualunque cerimonia ufficiale.
Cfr. SIGNORELLI, Viterbo dal 1789 al 1870, p. 229.

**) Archivio. della Curia Vescovile di Orte, Fascicolo Ritrattazioni :
« Nel nome del Signore Iddio — Io sotto alla presenza di Dio, ed in faccia
agli uomini dichiaro che allorquando ieri sorpreso all'improvviso e non bene
ed autenticamente informato dell’Istruzzione Pontificia, prestai il giura-
mento di fedeltà, ed obbedienza all'Imperatore de’ Francesi, non ho mai
inteso, come me ne protestai in voce, di obbligarmi a cose contrarie alla
legge di Dio, e della Chiesa, e molto meno di sottrarmi all’obbedienza e
sudditanza del nostro Sommo Pontefice Papa Pio vir di cui mi professo
di esser sempre stato ed essere ancora suddito fedelissimo, ed obbedientissimo ;
ma se mai con un tal atto avessi fatto cosa in contrario alla Volontà del
Sommo Pontefice, ed avessi cagionato scandalo, o ammirazione io col pre-
sente atto intendo cassare, annullare e ritrattare il giuramento, come di
fatti lo. casso, revoco, ritratto, irrito, ed annullo, e mi protesto ancora e
prometto di obbedire a tutti gl’ordini che la S. Sede Apostolica potrà intorno
a ciò emanare, e di riparare lo scandalo che avessi potuto dare. In fede,
Orte questo dì 14 giugno 1810 — Paolo Can.co Bellioni dichiaro e ritratto
come sopra ». Lo stesso atto fu scritto e firmato di proprio pugno dai cano-
nici Sacchetti, Mattei, Ceppitelli e Damiani.

*) Ecco il testo completo della deposizione dell'Osmera: «Io sotto-
scritto per la pura verità ricercato mediante anche il mio giuramento da
ratificarsi quatenus e come, mi ricordo benissimo, che il giorno 14 giugno
1810, dopo il mio ritorno da Viterbo, si portarono da me, come Maire di
questa Comune di Orte, i R.mi Sig.ri Canonici Cassiano Sacchetti, Dome-
nico Ceppitelli, Gregorio Damiani, ora defonto, Paolo Bellioni, Giuseppe
Mattei, ciascuno separatamente, ed ognuno di loro fece subito in mie mani
in iscritto la solenne ritrattazione del Giuramento prestato dai medesimi
il giorno innanzi in conformità degli Ordini del Governo Francese, quale
ritrattazione io credetti di tenerla occulta al governo, per non vedere questa
Popolazione priva affatto di sagri Ministri, e per iscanzare ancora l'inde-

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LORENZO DE DOMINICIS

PER EA GRAZIA DI DIO, E DELLA SANTA SEDE APOSTOLICA

VESCOVO DI ORTE, CIVITA CASTELLANA, E GALLESE

AI CANONICI, CLERO, E POPOLI DELLE SUE CITTÀ, E DIOCESI

SALUTE, E BENEDIZIONE.

E venerazione, e l'ubbidienza, che al glorio-
so ritorno del nosiro supremo Pastore, e [atre
PIO VII. felicemente "egnante, ci siamo aflrettati a
prestar di persona a, augusta sua Dignità di Vicario
di Gest Cristo, successor di S. Pictro, Capo della
Chiesa Cattolica, e Dottore, e Maestro di tutti i Cri-
stianî, ci ravviva i| coraggio per ritornare a voi, di-
lettissimi Fratelli, e Figli, e di parlarvi per vostra
esortazione, c salute. Non pitò però esser piena la fidu-
cia del nostro cuore, nè il ravvicinamento della vo-
stia filial confidenza verso di noi, se dopo l'epoca in-
felice del terrore, e della prepotenza, che fra le tene-
bre, e pl’inganni di ogni tentazione ci trascinò a pre-
stare all'empio abolito Governo il giuramento , chela
prelodata Santità Sua avea condannato; Noi non ve-
niamo a ripetervene i sentimenti della nostra disap-
provazione, edell'amaro cordoglio , che ne avremo fino
alla maste, per avor dato alla Chiesa, cd a voi un ta-
le scandalo. ; ; ;

Già vi rammenteretc, dilettissimi Fratelli, e Fi-
gli, come Noi per Divina misericordia, anche prima,
che avessimo Ja bella sorte di rivedere il Sommo Pon-
tefice nel mezzo a noi, e fin dal mese dello scorso
Marzo ; «li quel nostro fatal giuramento av amo pre-
messe due formali ritrattazioni avanti è Reverendissi-
mi Canonici delle di z-30stre. Concattedrali di Civita
Castellana e di Orte: c altre due ne rmpetemmo nel
seguente mese di Aprile pubblicamente in giorni fe-
stivi in tempo della Messa solenne, e innanzi all'affol-
lato Popolo accorso in ciascuna delle nostre Chiese in-
dicate. Lo stesso praticarono sul nostro esempio i Ca-
nom, tutti quelli del Clero delle Chiese medesime,
che ci aveano imitato nella prima caduta: e noi stes-
sì, tenendo dictro, come era dovere, a tutte le dira-
nazioni del nostro scandalo, con Lettere circolari per
tutte Je nostre Diocesi, ci aflaticammo. a persuadere
i vivai medesimi a tutt gli Ecclesiastici, c. Secolari ,

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che si trovassero nel medesimo caso; come in fatto
abbiamo Ja consolazione di rilevare dagli Atti delle
nostre Cancellerie Episcopali , ch-. tutti quanti hanno
con lodevole docilità praticato .

Ora dunque, che in questa nostra cadente età, e
dopo 28. anni del Pastoral Ministero, che Dio ci ha
confidato sopra di voi, la clemenza del Sommo Pon
tefice, più sollecita del vostro bene, che non memo-
re della nostra indegnità, c insufficienza; si è degna-
ta permetterci, clic ritorniamo a consumare nel la-
borioso officio que'pochi giorni, che ancor ci divido-
no dalla nostra eternità ; eccoci di nuovo a vol, caris-
simi Fratelli, e Figli in Gesù Cristo con i sentimen-
ti medesimi di disapprovazione, e di pentimento, che
vi esprimemmo circa il riprovabile, e riprovato giu-
ramento, nelle sopraesposte occasioni. Hitrattiaino,
e disapproviamo coerentemente e nel modo mcdesi-
mo, qualunque Atto, insinuazione , impegno, ed ade-
sione, che in seguito del nostro errore avessimo fat-
to o dimostrato in quel tempo al Governo usurpatore,
e come preghiamo, e speriamo dalla Misericordia di
Dio il perdono del nostro fallo ; così Jo imploriamo
da voi, e dalle vostre orazioni, nostri dilettissimi Fra-
teli, e Figli.

Fra breve speriamo di aver la consolazione di ri-
vedervi di persona: di trovarvi Tmieni di quella cari-
tà che il nostro cuore’ ha nutrita sempre per voi, e
docili alla parola di Dio, che tanto per noi stessi, che
per.mezzo di zelanti Ministri, siam soliti di annun-
ziarvi, E pregando il Padre de'lumi, Dio della pace,
e delle misericordie, a colinarvi di ogni dato ottimo,
e di ogni dono perfetto; con tutta la maggiore effu-
sione del nostro cuore, diffondiamo su tutti Voi, e
su le vostre Famiglie, la Pastorale benedizione.

Data in Roma fuor della Porta Flaminia questo
d] 25. Settembre 1814.

L VESCOVO DI ORTE, CIVITA CASTELLANA, E GALLESE

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DALLA STAMPERIA POGGIOLI

Lettera pastorale del De Dominicis, indirizzata al clero e al popolo, datata

da Roma, fuori della Porta Flaminia, il 25 settembre 1814.
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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 177

maniazione della Chiesa Cattedrale di Orte, ed altri danni, che sarebbero
derivati infallibilmente alla medesima, se avessi manifestato al Governo
un atto di simil sorta: anzi mi ricordo benissimo di aver loro detto che per
porre in salvo la loro Coscienza io intendeva di ricever la ritrattazione, e che
essendo io Cattolico, non voleva che la Città rimanesse senza Ministri, e
che stessero quieti ed usassero prudenza, ed in seguito manifestai a due
Persone principali di questa Città di mia confidenza l’operato ‘dei Sig.ri
Canonici suddetti. Tanto posso deporre per esser fatto mio proprio, in causa
di certa scienza, essendo pronto a ratificarlo avanti qualunque Autorità
non solo in questo, ma in ogn’altro miglior modo. In fede ecc... Orte questo
dì 29 Aprile 1814. Domenico Osmera attesta come sopra». Il Maire corri-
spondeva, in certo modo, al nostro Podestà. Aveva un consiglio municipale
che però riuniva solo qualche volta l’anno, e una sua speciale divisa : abito
bleu, bottoni d’argento, bavero, tasche e manipole con ricami d’argento,
triplice filettatura, fascia rossa e frangie tricolori. Cfr. SicnoRELLI, Viterbo
dal 1789 al 1870, p. 264. Il Maire di Orte si comportò peraltro con molta
moderazione.

*) Archivio della Curia Vescovile di Orte, Ecclesiastica XII.

®?) DANIEL Rops, op. cit., p. 148.

?) Archivio Curia Vescovile di Orte, Ecclesiastica XII.

°9) Nella relazione «ad limina» del 1816 il De Dominicis afferma che
il Seminario di Orte — aperto con molte difficoltà — servi solo a salvare
molti «chierici e giovani studenti forestieri dalla fatale Coscrizione ».

100) Archivio della Curia Vescovile di Orte, Ecclesiastica XII. Ecco
un saggio di attestazione : Dipartimento di Roma. Circondario di Viterbo.
Cantone di Orte. Dal Bureau di Maire di Orte, li 14 luglio 1810 : « Noi Maire
di detta Comune facciamo piena ed indubitata fede, ed attestiamo come
Egidio Deci di anni vent'uno di questa Comune e compreso nel numero dei
Coscritti dell'anno 1789, avendo di già estratto il numero 44, è di buoni
costumi, attende agli studi Ecclesiastici nel Seminario di questa Comune,
e dimostra attaccamento al Sacerdozio, per cui si trova iniziato negli ordini
Minori, ed è provveduto di un Ecclesiastico beneficio corale in questa Cat-
tedrale, lo reputo di buona morale ed onesto, avendole a richiesta rilasciato
il presente da servire e valere. Il Maire: Osmera ». Come si vede il diritto
di attestare se un individuo era adatto o no .al sacerdozio era riservato
al ... Maire. L’attestato stesso è in carta bollata.

101) Archivio della Curia Vescovile di Orte, Miscellanea Ecc. V, p. 5:
« Orte li 4 8bre 1810. Il Maire della Comune di Orte al Signor Nicola Alberti,
deputato. Signore, per provvedere in tempo abile a solennizzare con pompa la
festa di Sant'Egidio, Protettore di questa nostra Città, per l'anno 1811 in
cui cade il Centesimo, sono o Signore a Significarle che Ella unitamente ai
Signori Plani, Celiani, Ralli, Rappaini, Bombetti, Vitali, Sacchetti, Vecchia-
relli, Sabatini, Tufoni, sono stati prescelti per deputati con tutte le facoltà

12
178

DON DELFO GIOACCHINI

necessarie ed opportune acciò possino disporre l’occorrente per raccogliere
| e far raccogliere le limosine e far tutto ciò che si crederà necessario per far
| riuscire la festa piü devota per il Santo e piü decorosa per la Città e de-
putazione. Gradisca l'assicurazione della mia stima - Il Maire Osmera ».

L'Alberti rispose che non se la sentiva.

1?) VrrALI, Síoria manoscritta di Orte, p. 56.

123) La calligrafia del documento non è la stessa di quelli di Curia:
Evidentemente l'editto fu inviato già stilato. Il Vescovo dovette solo fir-
marlo. Eccone il testo: « Essendoci stato diretto l’invito da sua Ecc.za il
Signor Ministro de’ Culti in Parigi, di particolari preghiere a Dio per la fe-
lice gravidanza e Parto di Sua Maestà l’Imperatrice, a beneficio dell’ Augusta
Famiglia e Consolazione dei Popoli soggetti, ci facciamo un dovere di or-
dinare in virtù del Presente a tutti gli Ecclesiastici delle nostre diocesi, che
nelle Messe e Pubbliche Sagre Funzioni si aggiunga alle altre orazioni la
Colletta «a cunctis nos», sospesa, l’altra « Pro quacumque necessitate »,
fino a nuovo nostro ordine. Ad oggetto però di ottenere la grazia richiesta
ricorreremo all’intercessione più efficace di Maria Santissima Tesoriera di tutte
L| le Grazie, e peró tre giorni avanti la solennità della Purificazione della Divina
[| Madre, ordiniamo che nelle nostre Chiese Cattedrali, Collegiate e Parrocchiali
! Matrici verso le ore ventitré Italiane e quattro francesi della sera, previo il
| suono delle Campane per l’invito del Popolo, si cantino in onore della Beata
Vergine le Litanie Lauretane, da conchiudersi colle competenti orazioni e spe-
cialmente colla sopraindicata « a cunctis ». Persuasi che tutti si uniformeranno
alle nostre sante intenzioni, per viè più animarli, colle nostre facoltà ordi-
|J. narie concediamo ogni giorno quaranta giorni d'indulgenza a tutti li Fedeli
che interverranno a questa Pia devozione. Dato dal nostro Episcopio di Orte
| questo di primo gennaio 1811. L. Vescovo di Orte, C. Castellana e Gallese ».
MITE 164) Arch. della Curia Vesc. di Orte, Filza Civile 1808-1816, n. 113.
Si tratta di un documento importantissimo che fa luce sulla vita religiosa
HIT di Canepina nel periodo dell’occupazione : « Noi sottoscritti Priori Provvisori
della Terra di Canepina, certifichiamo che il Sacerdote Luigi Foglietti della
stessa Terra, allorchè furono deportati tutti i Canonici e tutti i Parrochi
4l per non aver voluto veruno prestare il giuramento nel passato governo,
M | fu surrogato dal legittimo Arciprete ad assistere in di lui vece alla cura delle

| anime, al quale ufficio si prestó subbito con soddisfazione dell'intera po-
polazione, senza aver mai percepito veruno emolumento ; ma perché dopo
MI LU un anno né volle mai cantare il Te Deum o fare altra funzione ordinata dal
| Governo sud.o, fu soggetto a gravissime persecuzioni, essendo stato ob-
bligato a fuggirsene per le Campagne, ed abbandonare per piü mesi la pro- |
pria casa con danno della propria salute, e con notabile dispendio della sua
Tu Famiglia, motivo per cui in di lui assenza, venne intruso alla d.a cura delle

anime altro prete giurato, che duró fino al ritorno del legittimo Arciprete.
Attestiamo inoltre che sui primi dell'anno scorso, essendo stato deposto

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OB EAST. Lus SEMINA DP NI ACI I Vetro tT D VPE PS CORPS. ASI qu, dla Ver rai V O E Lr LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 179
dallo stesso governo quel Maire e suo Segretario (Maire era il Sig. Arcan-
gelo Luccioli, e suo segretario il Sig. Francesco Orlandi), due persone che
nulla avevano di religione Cattolica, e surrogato il Sig. Antonio Rempicci,
uomo tutto intento al bene del pubblico, ed a far rispettare i Sacerdoti, il
med.mo Sacerdote D. Luigi Foglietti ad oggetto che altro Prete giurato non
si fosse chiamato ad esercitare l'ufficio di Arciprete Coadiutore, nuova-
mente ad istanza di molti del Popolo si prestò a tale ufficio con soddisfazione
universale, e sebbene venisse nel così detto Budget assegnato al d.o Coa-
diutore un annuo assegnamento di circa scudi sessantacinque, il med.o Fo-
glietti non ha mai per il lasso di ciascun anno e mezzo percetto neppure un
soldo. In conferma di che gli abbiamo rilasciato il presente certificato mu-
nito col sigillo di questa Com.tà e sottoscritto da noi e dal nostro segretario.
Dato dalla Residenza Priorale di Canepina li 3 giugno 1814. Angelo Ripi-
chin, Capo Priore ».

105) Ibidem, n. 129. Contratto di lavoro presso la Mairie di Canepina,
assunzione di un aiuto segretario. Il Maire percepiva scudi 40, pari a franchi 264.

108) Archivio della Curia Vescovile di Orte, Visite Pastorali del Vescovo
De Dominicis, Visita vir, p. 178: «super doctrina Christiana interrogavit,
illisque varia munuscula distribuit ». Lo stesso accenno ricorre nelle visite
successive, per tutti i paesi.

10?) Ibidem, p. 191: «Da che sono dovuti partire molti de’ Canonici,
quasi che sia cessato questo indispensabile obbligo, gli altri rimasti...
che non meno di dieci, non fanno più coro, contro ciò che si prattica in tutte
le Chiese Cattedrali o Collegiate nelle quali è succeduta la stessa mancanza...
Inoltre con nostro rincrescimento abbiamo saputo ed anche veduto come
li Chierici tutti, compresi pure gli Ordinati «in Sacris », si astenghino d'in-
tervenire alle Funzioni Ecclesiastiche in abito clericale col pretesto che sia
loro proibito, lo che è falso ...».

19) Ibidem, IX Visita, p. 201.

108) Archivio della Curia Vescovile di Orte, 7X Visita De Dominicis,
p. 240.

1?) Ibidem, p. 250.

11) Ibidem, p. 341: «Sotto il Passato Governo i poveri furono bene
assistiti... in seguito all’atto del Maire di devolvere i beni della Disciplina
all'Ospedale della Misericordia ». L'intervento del Vescovo valse a far ritor-
nare sulle proprie decisioni la Congregazione dei Vescovi e a far approvare
la proposta da lui stesso avanzata di trasferire definitivamente i beni delle
Confraternite all’Ospedale. Il De Dominicis aveva compreso benissimo che
la resistenza al Maire mascherava — sotto motivi patriottici di fedeltà al
Papato e di opposizione ai Francesi — la difesa di ben chiari interessi. In
altri termini, i beni delle Confraternite erano un ghiotto feudo per certi in-
dividui sempre pronti a battersi il petto, ma anche ad arraffare e ad arric-
chire con beni che dovevano invece servire per i poveri. Quando venne l’or-

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229 PRETESA 180 DON DELFO GIOACCHINI

dine del Papa di riportare le cose come prima, costoro fecero apporre sopra
la porta dell’Ospedale — che veniva privato dei mezzi di sussistenza —
una lapide in latino con cui si insultava Napoleone e si inneggiava al Papa.
Il De Dominicis non esitò ad ordinare di modificarla e di riporla in sacrestia
«ad nostram dispositionem » (p. 240). Con i tempi che correvano, con le
accuse che non mancavano, in piena restaurazione guidata da un Cardinale
corto di intelligenza qual’era il Rivarola, ci volle davvero del coraggio. In
questo egli si dimostrò decisamente dalla parte del Consalvi.

12) Arch. Seg. Vat., Relazioni «ad limina ». Diocesi di Orte e Civita
Castellana, parte ir, Relazione 1816: «Le popolazioni delle mie diocesi
certamente hanno sofferto molto nel Passato Governo invasore, e non poco
anche nel costume... ma non tutto quanto vi era da temere, essendomi
bene applicato per ritenerle in dovere nella maniera che si poteva in quegli
infelici tempi... Per quello che appartiene alla qualità e costumi degli
Ecclesiastici non posso universalmente dolermi. Ma con mio rincrescimento
ve ne sono alcuni prevaricatori, scandalosi, più volte da me corretti con
Esercizi spirituali, sospensioni, processi e Precetti e, qualcuno, colla Car-
cerazione. A quel che vedo però con poco profitto. Questi poi sono quelli
che hanno l'animosità di avanzare falsi ricorsi contro il mio Vicario Gene-
rale, esecutore de' miei ordini e di Superiori Maggiori ».

118) Arch. Seg. Vaticano, Periodo Napoleonico, Busta vir, n. 22.

114) Arch. della Curia Vescovile di Orte, Ecclesiastica XLI, 1808-1819,
p. 163.

115) Archivio Segreto Vaticano, Periodo Napoleonico, vir, n. 22, Cir-
colare del Winspear, 17 Marzo 1814.

116) Archivio della Curia Vescovile di Orte, Ecclesiastica XLI, 1807-
18:195 p? 322;

17) Nel testo della ritrattazione si trova scritto Iouron, ma deve trat-
tarsi evidentemente di un errore. Il De Tournon, giovane di trent'anni, colto,
affabile, giusto, seppe reggere la prefettura di Roma con molto tatto su-
scitando simpatie in mezzo al popolo. Era stato nominato il 6 settembre
1810 e nella sua prima circolare raccomandava rispetto alla religione, al
Sovrano, alle leggi. I Prefetti avevano poteri molto estesi. « Piccoli sovrani »
li diceva Napoleone. Cfr. SicnoRELLI, Storia di Viterbo dal 1789 al 1870,
pp. 230-262.

118) Ci pare utile riferire come quelle giornate furono vissute in una
piccola città di provincia, come Orte. Ne abbiamo, per fortuna, un reso-
conto da un testimone oculare. Il Vitali parla, come dice egli stesso «con
uno stile non del tutto istorico », ma si serve « del linguaggio di quelle cir-
costanze in cui tutto era entusiasmo ». Racconta dunque Giovanni Vitali :
« Nella seconda sacrilega dominazione Francese, allorchè il nuovo Nabucco
ricusò di riconoscere altro Dio che se stesso, dica chi lo puole se trovò egli
aderenti per massima in Orte... Non valse la forza a costringere il popolo

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 181

Ortano ad assistere agli atti di ringraziamento che Napoleone ordinava
ogni tanto, per le credute riportate vittorie, fuggendo con orrore dal tempio
che veniva profanato con quegli atti. Morse Orte il freno dell’usurpatore
finchè riuscì a triturarlo, portò il giogo finchè potè scuoterlo dal violen-
tato suo collo. Ma appena il secro bronzo annunziò che il colosso era
caduto, e la sterminata quercia era stata recisa, dica chi il sa, se io
mentisco, parlo a chi vi era presente, cosa fecero gli ortani a quél deside-
rato annunzio. Mi si perdoni se adopro ora uno stile non del tutto istorico.
Mi servo del linguaggio di quelle circostanze in cui tutto era entusiasmo.
Li ministri dello scellerato governo erano già fuggiti; le truppe francesi
si erano dileguate ; il popolo esultava per la gioia ed intonava all'Altissimo
un inno eucaristico. Un solo stemma di Napoleone stava ancora appeso
alla porta del Bureau, le tabelle agli offici, e li stendardi dell’Ottroy fuori
delle porte. Tolgasi ogni impronta, gridò il popolo ; e detto fatto. Una turba
di giovinetti (vi era ancor io) corse ove stava appesa l’arma maledetta ;
nel fece precipitare a basso, e legatala con un capezzo, la trascinò battendola
con tortori per tutta la Città. Mentre ciò facevano li fanciulli, preparavasi
nella pubblica piazza un grossissimo rogo sul quale poste tutte le insegne
del rovesciato governo, e lo stemma già ridotto a tacchie, venne ridotto
in fumo e cenere quanto potea ricordare la memoria del tiranno, fra gli urli
generali ed al suono di tutte le campane. Tanta era l’antipatia a quel go-
verno. Le feste ed i tripudi degli Ortani per la caduta de’ Francesi non si
limitarono a pochi giorni; ma durarono finchè venne con sontuosa magni-
ficenza festeggiato prima il ritorno a Roma del Sommo Pontefice Pio vii
e poi quello de’ Canonici e Parrochi esiliati di Orte. Puol rammentarsi con
gioia, ma non descriversi colla penna ciò che era Orte in quelle veramente
gloriose giornate. Le feste, gli apparati, i trionfi, le generali illuminazioni,
le armonie musicali facevano cangiare aspetto alla Città che sembrava rin-
giovanita in un punto ».

119) Archivio della Curia Vescovile di Orte, Ecclesiastica XLI, 1807-
1819, p. 296.

120) Ibidem, p. 342.

11) Arch. Seg. Vaticano, Relazione «ad limina» del 1816: « Parlando
infine della mia debole persona ed obblighi annessi alla mia cura Pastorale,
non ho mancato alla continua residenza delle mie Chiese, a riserva di cinque
mesi che fui detenuto a Roma, d'onde peró potei corrispondere a molti aí-
fari annessi al Pastoral ministero, e ritornato riassunsi il giro della sagra
Visita ». Nella sua assenza fu sostituito per le cose più urgenti dal Vescovo
di Nepi e Sutri.

122) Sia nell'archivio della Curia di Orte che in quello di Civita Castel-
lana, c'è un vuoto nella raccolta di documenti Miscellanea, Corrispondenza
ecc... che riguarda gli anni delle due occupazioni. Non è da escludere che
quei documenti siano-stati portati a Roma, dove servirono per il Processo.

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123) Il Maury fu poi deposto dalla Sede Vescovile di Montefiascone.

124) Gli atti emanati da Roma, da parte di Vescovi di altre diocesi, si
datavano « fuori della Porta Flaminia » per un riguardo al Pontefice, Vescovo
di Roma.

125) Il 29 settembre dello stesso anno così intestava una lettera al Ca-
pitolo : «Nos Laurentius De Dominicis miseratione divina Sanctaque Sedis
Apostolicae gratia Ecclesiarum Civitatum Hortanae ecc... Episcopus »
(Ecclesiastica, XLI, p. 353).

128) Relazione «ad limina» del 1816.

127?) Che a Roma, da parte degli Officiali di Curia, ritornati al potere
con grettezza reazionaria, si nutrissero nei suoi confronti sentimenti non certo
di benevolenza, appare chiaro dal commento stilato in italiano sulla rela-
zione «ad limina» del 1816.

128)
129) Ne abbiamo una minuziosa descrizione nel libro dei Verbali del
Capitolo di Orte, anni 1776-1833.

12°) Riteniamo opportuno riferire il testo di queste iscrizioni dato il
loro notevole valore documentario :

Iscrizione 1

Haec delubri limina - Ad funus compositi - Pertingens grex infelix -
optimo viduate Pastori - ne plus quam sit par - feralia mirare - quin su-
premo ab numine - cum lacrimis - aeternam olli requietem - adprecaritum
esto - vixit an. LXxxVII - Praefuit an. xxxv.

Iscrizione II

Laurentius De Dominicis - Eximium Animi Ingenium Fulginae sor-
titus - Tanta Humanarum Divinarumque rerum - eruditione Romae. ab
adolescentia - Pollens - Ut Publico magna cum laude Periculo - non semel
facto - Philosophiae Teologiae ac Iuris Utriusque Laurea - Florente adhuc
aetate donatus - Sacerdotis gradus merito ascensus - Melitensis Inquisitoris
Auditonuntiatus - generalis atque Apostolici Vicarii munere - Foliscoduni ad
an. XVI - Strenue Perfunctus - Sibi omnium amorem ubique Plausus - con-
ciliaverit - Huic Hortanae Cathedrae Castellanaeque - Ab Immortali Pio P.
vi Praefectus - mirum in modum oves sibi creditas - ad opima Relligionis Pa-
scua - Indesinenter Perduxit - Domi Exedra ubique - In omni Patientia et
doctrina - Arguendo - observando - Increpando - Qui uberrimo vitae Fructus
- Diuturno Plane Ovibus Perbrevi - Pastoralis Oneris Cursu referret - Dignus
est habitus - Vir vere sui gregis amantissimus - Omnibus omnia factus.

Iscrizione III

Mille post labores - In vinea Domini exantlatas - Senio licet confectus
- Ab Ecclesiae Ordinibus - Gravissima per aetatem Ceremonia conferendis.
- Abstinere Piaculum Arbitratus - Febre correptus in morbum incidit - A
quo - Omnibus Religionis Auxiliis Rite Munitum - Kal. Ianuarii An. Sal.
MDcccxxi - E medio gregis Praepopere ereptum - Heu miseri lugemus -

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LORENZO DE DOMINICIS DA FOLIGNO 183
Deo dilecta est Hominibus - Cuius memoria in benedictione siet - Heic -
Tuae ad luctum Oves relictae - Ut aevo Fruare Beato - Exorant euixe Have
et Vale in Pace.

Iscrizione 1v

Studio Imitatione Prece - Sanctorum in scientia enituit quam maxime
- Iucundum suavissimo in Illius Spiritu domicilium - Cuctas statuisse Vir-
tutes - Fidem Habitura Res est - Etsi humana ne ab Laude - Sibi Thesau-
rus hic abriperetur - Solertissima celaverit Ratione - Ingens tamen chari-
tatis aestus - liberalis in pauperes misericordia - in adversis magnanimitas
- sui contemptus in secundis - candida sine fuco rerumque respectu - in
adiunctis a prudentia probatis veritas - non latuere profecto.

131) I resti mortali rinvenuti nel 1961 durante gli scavi per i lavori di
pavimentazione in marmo della cattedrale, presentavano la scatola cranica
staccata dal teschio. Si estrasse forse anche il cervello ? I verbali non ne
fanno cenno. Composti in una piccola cassa di zinco, i venerati resti riposano
oggi nel sepolcro dei Vescovi, nel santuario della Madonna delle Grazie,
in Orte, presso il monastero delle Monache Benedettine.

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Note e documenti

Il neoguelfismo a Perugia e l'Accademia dei

Filedoni al tempo del vescovo Pecci (*)

Quando si parla di neoguelfismo, si allude al vasto movimento
che nella prima metà dell’Ottocento si entusiasmò ai concetti di
«libertà della Chiesa » e di «libertà nazionale », credette nella « ci-
viltà » e nel « progresso cristiano ». Questo movimento ebbe inizial-
mente carattere culturale : esso studiò il Medioevo cristiano, e,
quindi, esaltò la Chiesa, madre delle nazioni e della cultura, esaltò
le glorie dei Comuni e della Lega lombarda, esaltò l'opposizione
della Chiesa all'Impero. Ma, ha aggiunto Ettore Passerin, il neo-
guelfismo fu forma italiana di un movimento europeo : il roman-
ticismo cattolico liberale.

Nel 1843, con la pubblicazione del Primato del Gioberti, venne
elaborandosi un mito politico che diede al movimento una confi-
gurazione più netta, anche se all’interno di esso non mancarono
dissensi e polemiche, che lo stesso Gioberti accrebbe con la pubbli-
cazione nel 1845 dei Prolegomeni del Primato. Ad ogni modo l’abate
torinese con l’apologia della classe media, «che tende per opera
della civiltà ad abbracciare la nazione tutta quanta », riuscì ad
ottenere l’adesione al movimento neoguelfo di una larga schiera
di liberali moderati. Il neoguelfismo convogliò le aspirazioni di
molti liberali.

L'elezione di Pio rx (16 giugno 1846) diede al mito della mis-
sione nazionale del Papato un valore concreto, e provocò profonde
ripercussioni patriottiche in tutta la penisola. Il neoguelfismo sem-
brò essere una soluzione generale conciliativa : conciliazione d’Italia
ed Europa, d’Italia e Papato, di principî e principi, di sovrani e
sudditi. Molti videro nel neoguelfismo la possibilità di accordo tra
Stato di diritto e Stato teocratico ; altri videro la possibilità di

(*) Testo della conferenza tenuta a Perugia il 22 febbraio 1967 nell'Ac-
cademia dei Filedoni.
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186 SALVO MASTELLONE

accordo tra funzione universale del Papato e funzione nazionale ;
tra aspirazione di indipendenza e sentimento di libertà politica.

Il neoguelfismo giobertiano é stato ampiamente studiato, in
quest'ultimo trentennio, su un tono senza dubbio polemico, al
quale diede l'avvio Walter Maturi con la voce « neoguelfismo »
inserita nell'Enciclopedia italiana (1934). Il Maturi ribadi che il
neoguelfismo non si configuró nella forma di un partito, ma si pre-
sentó come opinione pubblica nazionale: anzi, la polemica contro
i partiti, identificati con le sette e le fazioni, divenne uno dei luoghi
comuni dei giobertiani, ed ebbe un carattere non solo politico, ma
morale. Il discorso continuó, sempre con tono polemico, dopo la
pubblicazione dello scritto di A. Omodeo su L’evoluzione politica
di V. Gioberti (Torino, 1940).

I] giobertismo é stato, inoltre, studiato in Sicilia e nell'Italia
meridionale, in Toscana e nel Piemonte, ma cosa si puó dire a pro-
posito dell'Umbria, ed in particolare di Perugia ? Del neoguelfismo
non parla Beatrice Raschi, Movimento politico della città di Perugia
dal 1846 al 1860, (1904), e nemmeno vi accenna il Cecchini nel suo
pregevole volume « Saggio sulla cultura artistica e letteraria in Pe-
rugia nel secolo XIX » (s.d.). Recentemente Marino Mencarelli ha
pubblicato un accurato lavoro sui tempi, la vita e l’opera dell’abate
Raffaele Marchesi (Padova, 1965), ed ha ricordato che questo scrit-
tore magionese fu seguace del Gioberti. Il Mencarelli ha il torto
di interpretare, talvolta, i contrasti e le tendenze politiche dell’Ot-
tocento come contrasti personali, tuttavia, a lui devo se ho por-
tato la mia attenzione sul problema della diffusione del neoguel-
fismo a Perugia, città sottomessa direttamente all’autorità ponti-
ficia, e dove i sentimenti di risorgimento nazionale erano ostacolati
dal potere temporale del Papa.

L'appello «laicale borghese » del Gioberti fu accolto anche
nell'Umbria, e posso aggiungere che il neoguelfismo, a Perugia,
ebbe non dico caratteristiche, ma sfumature proprie. Esso fu in-
terpretato come possibilità per i laici di porre fine al sistema teo-
cratico e di partecipare liberamente alla vita politica ed ammini-
strativa del paese. In un Indirizzo a Vincenzo Gioberti in Perugia
di un suo ammiratore (12 giugno 1848), a firma G. L., silegge: « Due
princip] sembravano fra loro in conflitto. La tendenza de’ popoli
a quella civiltà che chiama i cittadini ad avere parte nella discus-
sione e nell'esercizio dei supremi poteri dello Stato; ed il princi-
pio religioso che vuol dipendenti gli uomini, vuole un ordine ge-

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IL NEOGUELFISMO A PERUGIA 187

rarchico... Ma forse questi due principj saranno inconciliabili ?
No, che non lo sono, e tu ben l’intendesti e lo addimostrasti, o Gio-
berti,... la vera religione non vuole gli uomini servi, ma liberi ».

Queste esigenze politico-sociali mi sembrano importanti; in esse
è espresso il desiderio delle classi colte di partecipare alla vita pub-
blica ed all’« esercizio dei supremi poteri dello Stato ». «Questa par-
tecipazione non era richiesta sotto forma rivoluzionaria, ma attra-
verso una moderata trasformazione delle strutture amministrative.
Quando, negli ambienti colti e intelligenti di Perugia fu letto
il Primato, la figura di dignitario ecclesiastico che rispondeva al tipo
ideale vagheggiato dal Gioberti fu considerato monsignor Gioacchino
Pecci, che era stato delegato pontificio a Perugia negli anni 1841-42,
durante i quali aveva mostrato capacità amministrativa e sensi-
bilità politica. Anzi, il detto biennio dovrebbe essere studiato sulla
base di ricerche d’archivio, perchè certe simpatie neoguelfe in Umbria
non furono disgiunte dalla figura del delegato pontificio. Nè è da
dimenticare che l'elezione di Pio rx coincise con la nomina a ve-
scovo di Perugia di Gioacchino Pecci, e che localmente il neoguel-
fismo trovò nel trentaseienne prelato quelle qualità di prudenza,
moderazione e amor di patria delle quali parlava il Gioberti.
Quando nel 1845 era morto il vescovo Cittadini, la popolazione
di Perugia aveva espresso subito il desiderio di avere come vescovo
il Pecci. La sua nomina, quindi, fu causa di gioia nella cittadinanza :
«Il nuovo Arcivescovo, l'umanissimo e virtuoso prelato Mons.
Gioacchino Pecci, patrizio di Anagni, nostro delegato un tempo
[nella domenica 26 luglio 1846] era bene a ragione festivamente
accolto con grata e sensibile ricordanza ». Il giobertiano Raffaele
Marchesi salutò il presule con versi, e «di questo solenne ingresso
fece distinta ed erudita relazione ». L'atmosfera di fiducia che ac-
compagnò il primo periodo del pontificato di Pio ix corrispose a
Perugia con il primo periodo dell'attività del nuovo vescovo, che
godeva della fiducia dei fedeli. Non senza ragione si susseguirono
sotto il palazzo apostolico le dimostrazioni in onore del Pontefice
e del Pecci. (R. Barbanera, Feste popolari e sacre avvenute nella città
di Perugia dall'istante della faustissima esaltazione dell'immortale
pontefice Pio IX fino al giorno 10 ottobre 1846, Perugia, 1846).
Fino a che punto il neoguelfismo fu condiviso dallo stesso di-
namico vecovo ? Non è facile rispondere a questo interrogativo.
A tal proposito è indicativa l’omelia pronunciata il 16 giugno 1847
nella cattedrale, in occasione dell’anniversario dell'elezione di Pio rx

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(Perugia, V. Santucci 1847), perchè è una messa a punto sulla fun-
zione del Pontefice. Come il capo è, secondo l'espressione di S. Paolo,
congiunto colle membra, Pio ix è il capo «onde il corpo religioso
e sociale riceve accrescimento ed azione di vita» (p. 6). Pertanto
il « desiderare » « miglioramenti e progressi» non puó prescindere
dalla iniziativa del Pontefice per non turbare la sociale civiltà :
«alla civiltà cosi intesa tien dietro come effetto e cagione la feli-
cità ». Gioberti aveva usato l'espressione « secolare civiltà » allu-
dendo ad una trasformazione storica dell'Europa: il vescovo usava
una espressione piü universale e meno storicistica per riaffermare
il principio che le iniziative dovevano partire dall'alto, essere for-
mulate dal Pontefice e non dalla piazza, se si voleva evitare il pe-
ricolo di turbare la quiete pubblica e l'ordinamento sociale.

Il miglioramento non doveva essere concepito in termini laici,
ossia «senza il sussidio della Religione» (p. 7). In questa conce-
zione di « vita sociale» c'era poco posto, é vero, per la libertà di
un singolo gruppo e per un generico rinnovamento culturale poiché
prevaleva il problema di armonizzare «le sociali virtü »: armonia
tra marito e moglie, tra padre e figlio, armonia tra servi e padroni.

se la custodia dei principi religiosi spetta al Sommo Pontefice,
per il Pecci «l'applicazione di questi principj alle varie condizioni
della vita, il prattico esercizio di queste dottrine tutto é nostro » (p. 13).
Ecco dove si innesta la libertà politica, e quindi si diramano le
diverse forme di governo. Nessun accenno, peró, alle riforme costi-
tuzionali, nessuna allusione alle speranze degli Italiani, nessun ri-
ferimento ai sentimenti di libertà, che pur agitavano le menti ed
i cuori dei sudditi. Ad un anno di distanza dalla elezione di Pio rx,
egli non rinunciava alla possibilità di risolvere i problemi del tempo
con una «sociale civiltà », veduta nei limiti di una azione di carità :
se si distendessero « più mani caritatevoli a sollievo del povero nella
sua miseria; se alle opere di pubblica beneficenza pronto e con-
corde fosse il concorso de' cittadini» (p. 15). Su questi principi
egli non si irrigidi.

Il Pecci, dal 1843 al 1846, era stato nunzio in Belgio, e, come
risulta dalle Lettres pubblicate dal Simon (Roma, 1959) egli si era
trovato di fronte all'esperienza politica dell'unionisme, l'alleanza
tra cattolici e liberali moderati sul piano governativo. L'atteggia-
mento del Pecci era stato riservato, tanto é vero che, mentre nei
dispacci del nunzio Fornari, a lui precedente, troviamo espressioni
dure contro il metodo costituzionale e contro la libertà di stampa,

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IL NEOGUELFISMO A PERUGIA 189

nei dispacci del Pecci sono sottolineate soltanto le esagerazioni
della libertà. In altri termini, come giustamente ha osservato il
Simon, il Pecci, nel triennio citato, aveva ammesso l’ipotesi di
un regime liberale, e aveva giustificato «le ralliement des catho-
liques belges à la constitution » (p. 93).

Durante il periodo 1828-1830 i cattolici del Belgio avevano
preparato il moto di indipendenza nazionale, ed erano stati capaci
di «catholiciser la liberté »; avrebbero ugualmente potuto i cat-
tolici italiani partecipare al movimento di libertà nazionale? Il
problema della «ipotesi liberale » si ripresentó in tutta la sua am-
piezza nello Stato pontificio nella seconda metà del 1847, ed il
| Pecci non escluse tale ipotesi. Si ebbe una temporanea adesione
alle speranze moderate neoguelfe, la quale adesione fu sollecitata
dagli avvenimenti, e soprattutto dall’atteggiamento austriaco che
irritò il sentimento nazionale.

Quando i fatti di Ferrara causarono vivo risentimento in tutta
Italia, il Consiglio municipale di Perugia votò all’unanimità un
indirizzo al Papa. L'indirizzo dovette essere approvato dal Pecci,
ed in esso i Perugini, indignati dalla prepotente occupazione au-
striaca, espressero la fiducia che la forza straniera non frastornasse
«le salutari e sapienti riforme per la pubblica felicità dal magna-
nimo Pio decretate ». L'indirizzo fu pubblicato nell’Osservatore del
Trasimeno del 27 agosto 1847. Il Marchesi il giorno dopo in un
supplemento dello stesso giornale inseri anonimo un «Grido a
Pio rx », nel quale non solo definiva il Metternich «l:uomo dal nero
consiglio », e riteneva il suo perfido operato « destinato alla esecra-
zione degli uomini», ma chiedeva la guerra contro gli Austriaci :
«guerra ai nemici vostri, che son nemici del vostro popolo, nemici
d’Italia, nemici della civiltà cristiana ». Era questo un linguaggio
troppo violento, soprattutto perchè pubblicato in un organo uffi-
ciale, e non deve sorprendere se il Pecci, avendo saputo che il « Grido
a Pio 1x » era stato stilato dal Marchesi, gli mandasse un biglietto
d'ammonimento pubblicato dal Mencarelli (p. 53). Non era criticato
il fondo del discorso, ma rimproverava al Marchesi l’accenno a
cose «non convenienti alla nostra professione », che esige «un pa-
cifico prudenziale riserbo ». Non bisogna dimenticare che quando
venne concessa la costituzione, il Pecci coadiuvò l’opera dei comitati
preparatori per le elezioni, ed invitò i parroci della diocesi ad in-
formare il popolo e fare preghiere perchè si avesse un esito felice.
D'altro canto lo stesso abate Marchesi ritrovò un tono più aderente
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all'opinione dei neoguelfi perugini e nelle Parole ad un amico, scritte
nel maggio del 1848, anche a nome di Adamo Rossi, e ristampate
dal Mencarelli (p. 286), così concludeva : « Sopportiamoci pel prin-
cipio liberale che professiamo. Di questo principio liberale prima
conseguenza è, per parlare col sommo Gioberti, quel costume cit-
tadino che consiste nella prudenza, nella moderazione, nella lon-
ganimità, nel rispetto delle persone e delle leggi, nell'abborrimento
di tutti i mezzi rotti, violenti, disordinati, tumultuarii, anche quando
sono indirizzati a un ottimo fine ».

Alle considerazioni già fatte, senza dubbio discutibili, ma che
possono avviare a nuove ricerche ed a nuove indagini, aggiungo
una affermazione, credo nuova, e cioè che il neoguelfismo perugino
trovò un centro nell'Accademia dei Filedoni.

Esiste presso la Biblioteca Universitaria un fascicolo di docu-
menti relativi all'Accademia dei nobili che gestiva il teatro del Pa-
vone, ed in una anonima notarella manoscritta si legge : « Il teatro
del Pavone fu costruito nell’anno 1717 e rifatto nel 1773. Sino al
1780 fu, si può dire, l'unico teatro cittadino, non potendosi con-
siderare tali, piccole sale usate per spettacoli. Era gelosamente ri-
servato ai nobili, che lo avevano fondato sotto gli auspici della
nobile « Accademia del Casino », che poi lo resse regolarmente. Nel
solo loggione era ammesso altro pubblico (generalmente plebeo).
Sicché se qualche — pur anche notabile — cittadino volesse acce-

dere al teatro e non fosse nobile, dovea o mischiarsi alla plebe op-

pure postulare l'umiliante cessione di un palco da qualche patrizio,
il quale lo cedeva solo quando si era stancato dello spettacolo. La
divisione degli animi, che esisteva da tempi remotissimi in Perugia,
avanzo di antiche fazioni, tra il ceto dei nobili e quello dei « civici »
era divenuta sullo scorcio del secolo xvin sempre più profonda per
colpa di ambedue le parti. Fu così che nel 1780 un Comitato di
«civici» fondò il teatro del Verzaro [detto poi del Morlacchi] che
divenne il classico teatro della arricchita borghesia di Perugia ».

Durante il periodo della occupazione francese, i civici perugini,
ossia i « borghesi », specialmente attraverso l’acquisto dei beni ec-
clesiastici (ricordo i Guardabassi e i Perucchini), erano riusciti ad
assumere solide posizioni economiche : le nuove condizioni, e so-
prattutto la coscienza delle proprie capacità, li spinsero a svolgere
nell’ambito della città una maggiore attività culturale. Come è ben
noto, la prima idea di aprire una Società di conversazione venne nel
1816 al signor Giovanni Anselmi, reduce dall’esercito napoleonico.

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IL NEOGUELFISMO A PERUGIA 191

Ma l’Accademia dei Filedoni, nella forma sua completa ed orga-
nica, si costituì nel 1819, allorquando alle stanze di conversazione
fu aggiunto un gabinetto di lettura dall’allora cinquantenne Giovan
Battista Vermiglioli. Questa precisazione può dispiacere a coloro
che fissano al 17 marzo 1816 la data di nascita dei Filedoni, in
compenso posso dire che l’Accademia precedette di alcuni mesi la
fondazione del famoso Gabinetto Vieusseux.

Il problema dei gabinetti di lettura era allora molto impor-
tante : in una città come Firenze, alla fine del 1818, il gabinetto
di lettura era collocato in una povera bottega, e non c'erano in
esso disponibili che due gazzette, e non aveva che 12 abbonati.
E poichè si scrive e si ripete che il Gabinetto Vieusseux, concepito
e formato negli ultimi mesi del 1819, apparve come una singolare
novità per l’Italia, l’iniziativa perugina è tanto più importante
perchè è antecedente.

Angelo Lupattelli, nel noto lavoro sui Salotti perugini del se-
colo XIX, pur accettando come anno di fondazione il 1816, ha pub-
blicato un documento del 1° gennaio 1819, firmato dal Vermiglioli
e da altri, nel quale si decideva la fondazione di un gabinetto di
giornali «che con la minor fatica informassero dei progressi dello
spirito umano in ogni scienza, arte e manifattura, e segnatamente
di conoscere tutte le cose d’Italia, e quanto all’uopo si andasse
a pubblicare anche oltremonte ». I nuovi regolamenti dell’Acca-
demia dei Filedoni furono approvati il 18 giugno 1822. All’articolo
3 si legge che «nelle camere dell’Accademia vi saranno dei più
applauditi giornali letterarii d’Italia attinenti all’uso quotidiano
di chiunque ne volesse far lettura ».

Dell’Accademia dei Filedoni facevano parte (art. 8) persone
che godevano «la pubblica estimazione ». Si trattava in genere di
professori universitari, noti professionisti ed importanti burocrati :
in una parola alta borghesia. L'Accademia era retta, come abbiamo
detto, dai regolamenti del 18 giugno 1822, pubblicati per interes-
samento dell’allora presidente avvocato Alessandro Monti nel 1824.
Sui regolamenti delle società culturali nessuno ha attirato l’atten-
zione, eppure essi sono importanti in quanto espressione di una
società che si avviava verso forme nuove. I regolamenti dell’Ac-
cademia dei Filedoni — ben diversi dall’attuale statuto e regola-
mento generale — costituiscono un tipico esempio di una comunità
giuridicamente organizzata, e meritano, non essendo posseduti dal-
l'Accademia, di essere conosciuti. Tali regolamenti sono concepiti

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come una costituzione politica, come uno statuto governativo.
Siamo negli anni dei moti costituzionali di Spagna, di Napoli, di
Torino (1820-1821) : l'opinione pubblica discute sulla migliore forma
di costituzione ; la repressione austriaca in Italia desta aspri ri-
sentimenti. Anche l'ordinamento interno di una associazione ri-
flette la situazione politica generale. L'articolo 31 dei regolamenti
dell'Accademia dei Filedoni, racchiude un concetto giuridico-politico
di tipo costituzionale : « La somma del potere dell' Accademia risiede
presso l'adunanza generale » L'Accademia è concepita come una
comunità, con un'assemblea dei soci, con un presidente e un con-
siglio amministrativo. Le attribuzioni dei diversi organi sono re-
golate con precise disposizioni, rispettando anche le formali ri-
partizioni delle costituzioni, per cui «les dispositions fondamen-
tales » della costituzione del 1791, ossia della prima costituzione
francese scritta, diventano le « disposizioni generali ». Le « sections »
restano come «sezioni». I « pouvoirs et fonctions » del potere ese-
cutivo sono indicati come «funzioni» del presidente, il quale non
solo firma tutti gli atti (art. 46), ma « presiede al buon ordine ed
alla polizia nelle adunanze del consiglio di amministrazione ».
Lo spirito democratico anima l'organizzazione della società,
vale a dire che non viene accolto il principio della nomina dall'alto
e nemmeno della designazione fatta dai dirigenti uscenti. La premessa
fondamentale, che presso l'adunanza generale riunita risiede la
somma del potere (art. 6), è simile all'articolo della costituzione
del 1791, secondo il quale la «souveraineté réside » nei cittadini.
Il principio che tutti i cittadini « sont également admissibles à tou-
tes dignités » è ripreso nell'art. 23, per cui tutti i soci possono ri-
coprire cariche e «le nomine si faranno per schedola e non in altra
maniera » ; nell'articolo seguente si dice : « Ogni carica distinta dovrà
distintamente cadere sotto una notazione speciale: onde non po-
tranno con una sola schedola farsi cumulativamente varie nomine,
quando queste riguardino cariche diverse ». E non solo è fissato
il sistema elettivo per le cariche, ma è indicata la temporaneità
e la non rieleggibilità immediata : le cariche possono durare da
sei mesi a due anni, ed i soci in carica non possono essere ricon-
fermati nè rieletti, se non dopo l’intervallo di un semestre. Infine,
ad evitare decisioni affrettate o autoritarie, si pone come norma
per la validità di un’assemblea la presenza di due terzi dei soci
iscritti.
È chiaro che si tratta non tanto dell’influenza della termi-

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IL NEOGUELFISMO A PERUGIA 193

nologia costituzionale sugli ordinamenti di private organizzazioni,
quanto dell’esercizio nell’ambito di associazioni socialmente omo-
genee del sistema elettivo col relativo rispetto della separazione
dei poteri. Nell'Accademia dei Filedoni, frequentata da persone
appartenenti, per usare un’espressione del tempo, «alla cattedra
ed alla toga », il sistema di partecipazione elettivo adottato all’in-
terno rendeva più acuto il desiderio di una trasformazione in senso
moderato-liberale della struttura politica dello Stato Pontificio.
Se si intende perchè il giobertismo fu interpretato a Perugia in
senso politico, come possibilità per i cittadini « ad avere parte nella
discussione e nell’esercizio dei supremi poteri dello Stato », si in-
tende perchè il centro del movimento divenne l'Accademia dei
Filedoni. Il neoguelfismo trovò un terreno preparato per avviare
una discussione sul modo come mettere insieme ordinamento pon-
tificio e amministrazione laica, devozione al Papa e sentimento di
italianità, autorità romana e libertà locale.

Il 4 ottobre 1846, i Filedoni organizzarono una serata in onore
del nuovo Papa Pio rx, alla quale aderì «il magnanimo ceto pa-
trizio » della nobile accademia del Casino. Ma se il segretario del
Casino, marchese Mariotto Antinori, elogiò «l’infiammata carità e
fortezza » del Pontefice, l’avvocato Luigi Bartoli in un sonetto si
fece portavoce delle aspettative riformistiche dei sudditi :

«Nel gran sentier che già segnasti, o Pio,
Franco t'inoltra a nostro ben, seguace
Avrai tu il mondo, poichè teco è Iddio ».

Il professore Giovanni Pennacchi in una poesia dal titolo pa-
triotticamente significativo, « L’Esule », così cantava :

«E a te, gran Pio, che questa ci consenti
gioia insperata de’ paterni ostelli,

Ci radduci dal bando e da’ tormenti
all’amplesso de’ padri e de’ fratelli ».

La sera del 10 ottobre 1847, fu preparata nell'Accademia dei
Filedoni una gran festa in onore di Luigi Donini, deputato della
provincia alla Consulta, che aveva nutrito sempre «itali sensi ge-
nerosi ». Nelle sale. furono affisse epigrafi esultanti al Papa che
aveva «armate le destre cittadine, le provincie chiamate a con-

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194 SALVO MASTELLONE

siglio ». Ariodante Fabretti lesse un discorso veramente signifi-
cativo, riprodotto in parte dal Lupattelli (p. 119): «Siamo entrati
nel primo stadio dclla vita politica e civile preparato dal moto
universale delle idee, ed aperto, or è l’anno compiuto, colle dime-
stiche gioie per l’intelligente generosità del Principe... l’idea pro-
gressiva, ritardata per contrasti misteriori o minacciosi penetrava
finalmente nel pontificato : l'era ruova ha incominciato ».

Questa fiducia nell'era nuova del pontificato era condivisa da
molti soci dell’Accademia dei Filedoni: prof. Antonio Mezzanotte,
prof. Giustiniano degli Azzi, prof. Francesco Bartoli, don Eugenio
Menicucci, prof. Emilio Barbanera, don Luigi Mattioli, don Pietro
Tocchi, Francesco Maria degli Oddi. L’inno al pontefice liberale
era del socio Raffaele Marchesi.

Dopo gli avvenimenti rivoluzionari dei primi mesi del 1848
e dopo le dichiarazione di guerra di Carlo Alberto, venne l’allocu-
zione di Pio rx del 29 aprile, sulla quale ha recentemente pubbli-
cato un articolo P. Martina nella Rassegna Storica del Risorgimento
(iv, 1966). A causa dell’allocuzione, che tanti effetti ebbe sugli
sviluppi del movimento nazionale, l'Omodeo ha affermato che
nella primavera del 1848, l'uomo piü celebre d'Italia, si trovó di
fatto senza un partito e nelle condizioni più sfavorevoli: parlando
mentre in Italia si combatteva. La influenza morale del Gioberti
era, invece, sempre notevole. I1 25 maggio fu ricevuto da Pio rx « amo-
revolmente » e, come asseriva la Concordia, «il colloquio versó in-
torno ai grandi vantaggi che risultano alla Religione dalla sua al-
leanza con la civiltà e con l'italico risorgimento ». Nel suo discorso
ai Romani del 27 maggio 1848 egli dichiarò : « Due atti solenni
d'unione si apparecchiano in Italia sotto i divini auspici di Roma
e del suo Pontefice. L'una é la congiunzione dei Veneto-Lombardi
coi Liguri Subalpini e l'ordinamento di un Regno italico che ab-
bracci la grande valle Eridania e stringa insieme tutte le parti set-
tentrionali della penisola. L'altro è la Lega politica di varii domini
italiani, rogata e rappresentata stabilmente da una Dieta... La
Lega politica sarà il finimento dell'unione rannodando insieme i
vari Stati italiani con vincoli indissolubili, e formandone quasi
uno Stato unico... Il Regno italico e la Lega politica assicureranno
alla Santa Sede quel temporale dominio, che tanto giova a tute-
lare l'indipendenza del suo reggimento nel giro della religione ».

Nel viaggio di ritorno da Roma il Gioberti si fermó a Perugia.
Durante il soggiorno a Bruxelles il Pecci aveva conosciuto il Gio-

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IL NEOGUELFISMO A PERUGIA 195

berti, e, pur avendo espresso la preoccupazione di un distacco del-
l’esule piemontese dal cattolicesimo, non aveva esclusa la possi-
bilità di indirizzare l’autore del Primato verso posizioni più mo-
derate e meno avverse ai Gesuiti.

In un foglio stampato (Biblioteca Università), del 16 giugno
1848, a firma dell’avvocato professor Gian-Francesco Cipriani, se-
gretario dell’Accademia dei Filedoni, dal titolo « Vincenzo Gioberti
in Perugia », si legge: «Il Gioberti da Roma recandosi nella Ro-
magna deviò il cammino inverso questa città per visitarvi il degno
suo amico, nostro ottimo Vescovo, Mons. Arciv. G. Pecci, il quale
onoratamente l’invitò mosso principalmente dal desiderio di fare
regalo gradito alla sua diletta Perugia ». In questa visita, dice il
segretario dei Filedoni, « Perugia era tutta del Gioberti ». I citta-
dini tutti fecero a gara per dimostrargli « esultanza e venerazione »,
e lo stesso Vescovo gli riservò splendida ospitalità.

Il Gioberti visitò l’Università ed il Collegio Pio della Sapienza.
E a questo proposito il Cipriani scrive : « Ricorderanno i convittori
le parole sue di simbolica unità, quando vide fra loro dei giovani
d’ogni parte d’Italia... e massime i suoi forti detti circa la mis-
sione che la gioventù istrutta ha più che mai di compiere la risur-
rezione italica ».

L’accoglienza più solenne fu resa dall'Accademia dei Filedoni,
della quale dal 1847 il Gioberti era stato nominato socio onorario.
«L’Accademia dei Filedoni per essere numerosa di oltre a dugento
scelti Perugini » destinò un trattenimento nella sera del 12 giugno,
e per l’occasione il prof. Francesco Bartoli dettò questa epigrafe :
«O Perugini che avete Italia di ogni pensiero in cima, oggi che a
farla ricomposta, libera ed una, pugna il valore nel campo, onorate
Lui che al lume di sapienza s’accese e infiammò la Santa antica
speranza in cui son uno il tenero cuore di Pio, la inesorabile spada
di Carlo ». Dal canto suo Gioberti riconobbe nell'Accademia dei Fi-
ledoni «un ben ordinato istromento a civile educazione ». A queste
manifestazioni fu presente il vescovo, e la sera del giorno dopo lo
stesso vescovo si presentó al balcone insieme col Gioberti per rin-
graziare la folla.

L’Accademia dei Filedoni aveva, dal punto di vista politico,
un orientamento cattolico-moderato, ma il modo in cui questi neo-
guelfi perugini intesero il pensiero di Gioberti venne ribadito dal
segretario G. F. Cipriani: riconoscevano nel Gioberti «l’italiano
politico » che allo « antico indomato anelito del popolo per la nazio-

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196 SALVO MASTELLONE

nalità apri vie nuove e salutari, che per la sospirata libertà indicó
nuovi mezzi: a Lui, che meglio insegnó doversi seguire la legge
d'opportunità per la trasformazione larga e progressiva di qualsi-
voglia nazione : dovere nel Chiericato non piü riconoscere ingombro
nocivo messo sulla via per la quale Iddio guidó gl'Italiani, ma sib-
bene un mezzo potente per renderla e piana e soda : a Lui che nutri
santo sdegno contro il proteiforme oscurantismo, ed imperterrito
sveló alle genti ove s'annidi, e il maledisse, e percosse col fulmine
dell'eloquenza: a Lui che lottando a viso aperto contro le forze
credute onnipotenti, sfidó le secrete armi della reazione, e che sulle
calde ceneri dei Bandiera lacrimandi, imprecava ai despoti trionfanti :
a Lui che sostenne quell'ostracismo, che ai giusti dettero sempre
i degradati governi: che affaticó la mente nell'esilio per riscattare
la Patria, e che non vi tornó se non per la porta dell'onore ».

Dalle accoglienze tributate all'autore del Primato mi sembra
di poter ricavare che, se é possibile parlare di tramonto del mito
neoguelfo (M. Petrocchi), molti in Perugia, anche dopo l'allocuzione
del 29 aprile, credevano che «l'oscillazione del Papa fosse tempo-
ranea e determinata solo da intrighi austriaci e reazionari». La
visita del Gioberti mostra che a Perugia dai neoguelfi non era an-
cora sostenuta l'incompatibilità del potere spirituale col potere
temporale del Papa, né era fatta la distinzione tra governo della
Chiesa e governo dello Stato pontificio.

Il 14 giugno 1848 il Pecci ringraziava l'abate Gioberti del-
l'onore che gli aveva fatto con la sua visita, e lo assicurava che le
sue parole sarebbero state attese dai Perugini « con ansiosa avidità ».
(La lettera fu stampata, e un ritaglio é conservato nella Biblioteca
Augusta, Misc. Rotelli 3, n. 30).

Alla lettera aggiunse il testo della omelia da lui « detta nello
scorso anno nell'anniversario del Pontificato del nostro Pio rx»,
nella quale erano contenute le riserve rispetto alla posizione gio-
bertiana : la « missione italiana, dell'autore del Primato doveva te-
ner conto della educazione religiosa, perció la sua azione doveva
mirare «a ristorare la prattica osservanza della Religione senza
il cui adempimento vano sarebbe l’attendersi veri e sostanziali
progressi di religiosa e sociale civiltà ». (Omelia citata, p. 16). I
cattolici liberali avrebbero dovuto difendere schiettamente gli in-
teressi religiosi sul piano civile e politico contro l’estremismo dei
mazziniani.

Molti neoguelfi, cattolici sinceri, non andarono oltre la linea

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IL 6NEOGUELFISMO A PERUGIA 197

di una moderata politica riformistica, ed esitanti si arrestarono
dinanzi alle tendenze rivoluzionarie, ma alcuni giobertiani seguirono
lo sviluppo degli eventi, tanto da aderire al Circolo Popolare, co-
stituito nell’agosto del 1848.

Per il loro incerto atteggiamento i neoguelfi furono criticati
da quelle forze repubblicane che fecero la loro comparsa sulla scena
politica perugina nella seconda metà del 1848; ma furono ancora
più criticati dalla parte conservatrice che li accusò di aver col-
laborato con i mazziniani durante il periodo della Repubblica ro-
mana. La verità è che il neoguelfismo a Perugia continuò a rap-
presentare, anche dopo la fuga da Roma del Pontefice una pro-
spettiva per i cattolici, e ciò fu possibile perchè non venne da parte
del Pecci una condanna esplicita ed aperta.

La condanna del neoguelfismo fu richiesta dalla destra re-
trograda, che nell'opuscolo Il cattolicesimo e la demagogia italiana
(Tipografia Santucci, 1849) additò all’esecrazione il programma del
circolo popolare di Perugia che aveva propugnato «il principio
di ribellione » contro l'autorità pontificia : « Grande sventura! Un
tal proclama, a colmo di accecamento veniva firmato anche da un
sacerdote il quale per essere ammirato da pochi demagoghi tradiva
la sua coscienza e faceva gemere il proprio vescovo » (op. cit. p. 54).
Come era possibile per i cattolici neoguelfi collaborare con i de-
mocratici se questi ultimi avevano in animo a Perugia «di pro-
testantizzare tutta l' Umbria ?». Aperto riferimento ad Evelino
Waddigton. L'opuscolo finiva così: «Al cospetto di tanti mali è
necessario che i vescovi favellino sovente, mediante Lettere Pasto-
rali al loro popolo, che scendino coraggiosi nell'arena a combattere
contro l'errore ». Se la parte reazionaria esercitó una notevole pres-
sione sul vescovo di Perugia, il vescovo, che tacitamente disap-
provava la politica interna seguita dal cardinale Antonelli, si li-
mitó, nell'incertezza, ad avanzare la proposta, in occasione del
Concilio provinciale di Spoleto (1849), di chiedere al Papa «un
elenco » degli errori moderni riguardanti la Chiesa, l'autorità, la
proprietà e la famiglia.

E stato detto che il vescovo della diocesi perugina, per osse-
quio verso la Curia romana, assunse un atteggiamento reazionario
verso i liberali tanto da estromettere dall'Università nel febbraio
1850 il giobertiano Marchesi. Di questo parere é anche Marino Men-
carelli. Il giudizio mi sembra, però, affrettato. Il Marchesi fu sospeso
dall’insegnamento, ma nel raccoglimento degli anni successivi ebbe
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modo di studiare, interpretare ed elaborare alcuni testi della let-
teratura latina, e nel 1853 pubbcó gli Studi sopra i libri della Re-
pubblica di Cicerone nei quali rimeditó le sue idee politiche, cer-
cando di dare significato coerente al suo generoso e disordinato
neoguelfismo. Se egli si mostra contrario alla « perfetta eguaglianza
tra gli uomini», e diffida del «reggimento popolare», resta un di-
fensore del moderatismo liberale: per cui ritiene la libertà «ai pri-
vati ed alle città salutevole », ed auspica un governo misto, ossia
un regime monarchico costituzionale con due camere. Egli scriveva
queste cose quando la reazione imperversava in Italia come al-
l'estero, e quando l'Umbria era praticamente sottomessa alla forza
militare austriaca.

Il Mencarelli ha giustamente ricordato (p. 161) che la Civiltà
cattolica nel fascicolo del 1854 (11 serie, vol. vr) dedicò all’opera una
lunga recensione, aspramente censurandola, e non perchè fosse
esplicito il richiamo ai Discorsi del Machiavelli, ma perchè era de-
stinata alla gioventù. Vizi pericolosi e dottrine ripugnanti si trova-
vano secondo l’articolista gesuita negli Studi perchè l’autore ali-
mentava il disprezzo per i governi legittimi fomentando lo spirito
di sedizione, perchè mostrava eccessiva predilezione per gli scrit-
tori moderni condannati dalla Chiesa, e perchè nutriva eccessiva
fiducia negli istuti rappresentativi costituzionali. « E per fermo
qual padre di famiglia vorrà porre in mano dei suoi figliuoli le opere
d'un Montesquieu, d'un Mario Pagano, di un Filangieri, d'un Carlo
Botta, d'un Beccaria, d'un Pietro Giordani, d'un Gioberti ? ». No-
nostante il giudizio della Civiltà Cattolica, il vescovo non condannò
il pià autorevole giobertiano di Perugia.

Essendo stato nominato cardinale, il Pecci accettò l'atto di
devozione fattogli dai neoguelfi dell'Accademia dei Filedoni, i quali,
il 23 aprile 1854, organizzarono una serata in suo onore. Lessero
poesie primo di tutti l'abate Raffaele Marchesi, e poi prof. Fran-
cesco Martini, prof. Emilio Barbanera, abate Pietro Tocchi, prof.
Antonio Mezzanotte, abate Adamo Rossi, dott. Pericle Mancini,
Assunta Pieralli. Nell'indirizzo del prof. Francesco Bartoli si legge :
« Te Preside della Città e Provincia, Te pastore della Chiesa peru-
gina riverenti i Filedoni salutarono, ora aprendo l'animo a più
vaste speranze te salutano devoti alla maestà del sacro principato.
Era questo un debito per i Filedoni la cui ossequenza, in più altre
occasioni mostratavi, degnaste sempre ricambiare con benigni atti
cortesi ».

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IL NEOGUELFISMO A PERUGIA 199

Alcuni anni dopo il Marchesi fu restituito all'insegnamento per
diretto desiderio del Pecci che era cancelliere dell'Università. Pro-
prio perché, come dice il Mencarelli «le autorità ecclesiastiche guar-
davano all'ateneo perugino con gelosia, con occhio vigilante e so-
spettoso, non tollerando che dalle sue cattedre professassero inse-
gnanti non troppo ligi alle autorità ecclesiastiche » (p. 191), la de-
cisione del vescovo di Perugia non può essere sottovalutata dal
punto di vista politico-morale. Forse l'abate magionese «impetró
la fine dell'interdizione », ma l’averla accordata senza chiedergli
una sconfessione delle idee politiche professate, senza sottoporlo
ad una adesione all'assolutismo reazionario dominante, significa
che il vescovo perugino non riteneva le dottrine del Marchesi peri-
colose per i giovani, e forse vedeva in esse espresso, in accettabile
forma, l'ideale neoguelfo.

Il Pecci sapeva bene che i vescovi belgi avevano nel 1834 preso
l'iniziativa di fondare l'università libera di Lovanio, e questa uni-
versità propugnava un rinnovamento culturale cattolico. Durante
il suo soggiorno nel Belgio egli aveva difeso l'autonomia dei ve-
scovi ed aveva riconosciuto ai professori una certa libertà nell'in-
segnamento. D'altro canto, le idee del Marchesi, «per quanto cri-
ticate dalla Civiltà cattolica », erano molto meno pericolose di quelle
di alcuni professori dell'Università di Lovanio, ad esempio Gérard
Casimir Ubaghs, contro le cui dottrine si era pronunciata la Con-
gregazione dell’Indice. Anzi, proprio per le esagerazioni in senso
reazionario di alcuni gruppi cattolici, ed anche per la presenza
delle truppe austriache a Perugia, il Pecci dovette giustificare le
aspirazioni neoguelfe del Marchesi e di altri che la pensavano nello
stesso modo.

Contrastano queste affermazioni con la credenza, molto diffusa,
di un vescovo Pecci che nell'ambiente perugino matura nuove pro-
spettive sociali per la Chiesa ? Monsignor Giovanni Antonazzi, a
proposito delle redazioni preparatorie dell'Enciclica Rerum novarum,
ha affermato che «le testimonianze dell'interesse di Leone xut
per gli studi sociali e la questione operaia non sono di molto an-
teriori alla sua elezione», e che bisogna arrivare al termine del
lungo episcopato in Perugia (1878), ossia alla Pastorale del 6 feb-
braio 1877, per trovare un documento, sia pure incompleto, che
testimonii il frutto di studi e di osservazioni. E poiché resta scoperto
un lungo periodo della permanenza del Pecci a Perugia, concludo
che egli non fu immune da simpatie neoguelfe, anche se moderate
200 SALVO MASTELLONE

da una nota critica sul significato laico del movimento. Gli entu-
siasmi iniziali andarono presto affievolendosi e modificandosi, ma
egli lasciò aperta, fino al 1859, l’ipotesi della civiltà liberale. Da questa
data, e soprattutto dopo la promulgazione del Sillabo del quale
aveva avuto la prima idea nel 1849, egli riprenderà, quasi in dia-
lettica polemica con la civiltà liberale e secolare, la sua espressione
«sociale civiltà » e mediterà sul valore innovatore delle «sociali
virtù », sempre più convinto che in ogni caso l’iniziativa deve venire
dal Pontefice « onde il corpo religioso e sociale riceve accrescimento
ed azione di vita ».

Colui che a Perugia rimase sempre fedele alle ideologie neoguelfe
fu il Marchesi, e quando il Pepoli decise nel novembre del 1860 di
riaprire l’Università, chiusa dopo gli incidenti luttuosi del 20 giugno
dell’anno precedente, il discorso inaugurale fu tenuto dall’abate
magionese. E sarebbe davvero utile rinvenire il testo della sua
prolusione, proprio per fissare i limiti del neoguelfismo in Umbria,
e per spiegare l’atteggiamento complesso di molti cattolici, che
nonostante la Restaurazione del 1849, continuarono a nutrire la
fiducia nel prevalere della libertà e nel risorgimento nazionale.
L'argomento resta ancora da studiare nei momenti più drammatici,
quando imperversò la reazione e quando cadde il dominio tem-
porale della Chiesa, ma in linea di massima non sottovaluterei l’ap-
porto formale fornito dal moderatismo cattolico a tendenza libe-
rale, per trovare un accomodamento tra premesse religiose e senti-
menti nazionali e per riconoscere alla cultura una funzione edu-
cativa. Questi cattolici «transigenti » sostenendo la necessità di
una partecipazione alla vita amministrativa locale, dimostrarono
— ha detto Spadolini — che il neoguelfismo restava valido « come
orientamento ideale, come inclinazione psicologica di una parte
della borghesia italiana ».

SALVO MASTELLONE

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L'ultimo destino perugino di Innocenzo III

Giacomo da Vitry cosi ci descrive la visita che fece a Perugia
nell'anno 1216 : « Post hoc veni in civitatem quandam que Perusium
nuncupatur, in qua papam Innocentium inveni mortuum, sed nun-
dum sepultum, quem de nocte quidam furtive vestimentis preciosis,
cum quibus sci(licet sepeliendus) erat, spoliaverunt; corpus autem
eius fere nudum et fetidum in ecclesia relinquerunt. Ego autem
ecclesiam intravi et ocul(a)ta fide cognovi quam brevis sit et vana
huius seculi fallax gloria » 1).

Questa testimonianza pare rimanga isolata. Nei cronisti, peru-
gini e non perugini, non si parla di questo sconvolgente episodio.
Tace sullo spoglio persino Salimbene da Parma.

Nella Cronaca di San Germano si nota che Innocenzo m: «fe-
liciter expiravit, honore debito tumulatus est». In tante altre cro-
nache ritorna ricorrente il verbo « mortuus est», o « moritur», o
«obiit» in Perugia, senza accenni allo spoglio ?).

Nel Corpus cronicorum bononiensium si ricorda Innocenzo 11
che mori «in la citade de Perosa »*), la solita formula cioè.

Negli Annali di Tolomeo da Lucca non c’è alcuna traccia del-
lo spoglio : « et cum pervenisset Perusium, ibidem infirmatur et mo-
ritur, et in ecclesia Sancti Laurentii honorifice tumulatur » *).

Accenna soltanto al fatto della morte di Innocenzo riz, (nemmeno
cioè all'onorevole tumulazione), la così detta Chronica Pontificum
el Imperatorum Tiburtina *).

Questo modulo arriva fino al Platina, il quale parlando di In-
nocenzo rim a Perugia, scrive: «cuius vita adeo probata fuit, ut
post eius mortem nil earum rerum, quae in vita egerit, laudaverit
improbaveritque, immutatum sit » *).

Tacciono addirittura sulla morte i principali Annali di Pe-
rugia ?). Tace sull'episodio increscioso il Pellini 5), tace il Ciatti *) ;
tace più tardi il Mariotti 1°) ; tace il Bartoli (che ricorda solo come
202 MASSIMO PETROCCHI

Innocenzo ru spirasse all’ora di nona il 16 luglio che cadeva di sa-
bato ; nella domenica seguente ci fu il funerale con grande cordo-
glio) 1); tace il Bonazzi *) ; tace il Guardabassi 15).

In sostanza nessuno dei cronisti e degli storici perugini conosce
la fonte di Giacomo da Vitry o altra fonte che riporti l’episodio
dello spoglio.

Ora appunto appare assai strano, che nessuno — tranne Gia-
como da Vitry — accenni a questo clamoroso episodio 1).

Si potrebbe rispondere che, con un argomento ex silentio, non
sì può negare la realtà di una singola affermazione storica di un te-
stimonio presente.

D'altronde, com'é noto, questa specie di malinteso diritto di
spoglio, questa specie di spolii actio di togliere furtivamente le pre-
ziose vesti con le quali doveva essere sepolto un illustre personaggio,
ha avuto, nel Medio Evo, in altri casi e in altre circostanze, che non
è qui il caso di ricordare, testimonianze precise. Per vario tempo
bisogna inoltre ricordare che a Roma si depredava il Palazzo Apo-
stolico durante la Sede Vacante.

A Perugia può essere stato un atto di furfanteria singolo. Ma
possibile che la notte non si vegliasse un tanto uomo? un Ponte-
fice? Lo strano però rimane sempre che nessuno ne parli tranne
il nostro Giacomo da Vitry!).

Dalla sola testimonianza di Giacomo da Vitry e dal clamoroso
episodio che appare taciuto dagli altri, si potrebbe d’altra parte
pensare che la descrizione dello stesso Giacomo da Vitry sia sim-
bolica ? Dai fasti della più grande potenza all’umile abominazione
del corpo morto ed irrispettato !

La Tillmann?*) scrive che quello che il futuro Innocenzo rr,
l’allora Cardinal Lotario, aveva scritto da vivo, si avverava «in
modo vistoso » (in auffálliger Weise) dopo morto.

Io capovolgerei il problema. È Giacomo da Vitry che si rifà al
testo letterario del Cardinal Lotario.

È notevole che Giacomo da Vitry adoperi, nel descrivere il
cadavere di Innocenzo mr, quasi le stesse parole con le quali Inno-
cenzo rin, quando era ancora il Cardinal Lotario, aveva parlato
della miseria dell’uomo.

Lotario nel cosiddetto De contemptu mundi, o per meglio dire
nel De miseria humane conditionis, aveva scritto : «qui modo ful-
gebat ornatus in aula, modo sordet nudus in tumba » ") ; Giacomo
parla di nudum in ecclesia. Lotario: «quid ergo prosunt divitie ?

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L'ULTIMO DESTINO DI INNOCENZO III 203

Quid epule ? Quid honores ?»; e Giacomo aveva echeggiato : « co-
gnovi quam brevis sit et vana huius seculi fallax gloria ». Lotario :
«mortuus producet putredinem et fetorem », «quid ergo fetidius
humano cadavere ? », «quid horribilius mortuo homine? »; e Gia-
como scriveva : «corpus autem eius fere nudum et fetidum ». Una
delle più potenti espressioni di Lotario era stata quella di ricordare
che l'uomo « nudus egreditur, et nudus regreditur ». E tutto il brano
di Giacomo era un ostinato sulla nudità dell'uomo e di un morto,
già uomo potentissimo.

L'esclusivo simbolismo di Giacomo da Vitry é una ipotesi di
lavoro, forse tenue. Accettata in caso contrario la veridicità storica
del fatto narrato, rimane comunque acquisito un elemento sicuro :
quando Giacomo da Vitry vedeva quel corpo e lo descriveva pen-
sava certamente alle cupe parole del cardinale Lotario.

Una pagina, questa di Giacomo da Vitry, sconcertante, scon-
volgente, tra le piü significative della spiritualità ascetica europea
del Duecento.

Massimo PETROCCHI

NOTE

1) Lettres de Jacques DE VITRY (1160/1170-1240) évéque de Saint-Jean
d’Acre, a cura di R. B. C. Huygens, Leida, 1960, pp. 73-74. Giacomo da Vi-
try ricorda poi che il giorno seguente fu eletto papa Onorio rrr.

?) Cronaca di Riccardo di San Germano, in Rerum Italicarum Scripto-
res, nuova ed., a cura di C. A. Garufi, Bologna, 1937, p. 77. La Sigeberti
continuatio bergensis (M.G.H., Scriptorum tomus VI, p. 439) aveva « mor-
tuus est.» Il Chronicon Turonense (in E. MaAmTrENE-U. DunRAND, Veterum
scriptorum et monumentorum historicorum, dogmaticorum, moralium amplis-
sima collectio, V, Parigi, 1729, p. 1057): «moritur»; il Lamberti Parvi
Leodiensis S. Jacobi mon. Chronicon (ivi, p. 56): «obiit» (cfr. pure con
la stessa formula il Chronicon Anglicanum di Radulfo Coggeshale, ivi, p. 882).
Sull'« obiit » vedi ancora, ad esempio, Annales divionensis (M.G.H., Scrip-
iorum tomus V, p. 48), Annales Sancti Rudberti Salisburgenses (ivi, IX,
p. 780), Chronicon Magni presbiteri continuatio (ivi, xvit, p. 527), Annales
colonienses (ivi, xvir, p. 828). La stessa formula é nel Cartulario del Capitolo
di Notre Dame di Losanna (in Mémoires et documents publiés par la Société
d'histoire de la Suisse Romande, VI, Losanna, 1851, p. 443).

8) Vedi Corpus chronicorum bononiensium, in R.I.S., nuova ed., a cura
di A. Sorbelli, Città di Castello, 1911, p. 77.
204 MASSIMO PETROCCHI

4) Die Annalen des Tholomeus von Lucca, a cura di B. Schmeidler, in
M.G.H., Scriptores Rerum Germanicarum, nuova serie, 11, Berlino, 1955, p. 104.

5) Chronica Pontificum et Imperatorum Tiburtina, in M. G. H., Scripto-
rum tomus XXXI, 1, p. 264. Cosi ancora in vari annali: Veronenses, Man-
tuani, Senenses, Sanctae Iustinae, Fossenses. Nel Catalogus Pontificum Ro-
manorum Viterbensis (M.G.H., Scriptorum tomus XXII, 352) vi si dice:
«habiitque Perusiam, ibique morbo preventus, ultimum diem clausit ex-
tremum in festo ss. Quiri[ci] et Iulitte ». Nel Catalogus . . . casinensis (ivi,
p. 362): «migravit apud Perusium ». Nella Chronica de Mailros (in Rerum
Aglicarum scriptorum veterum, I, Oxford, 1684, p. 191) ; «ex hac luce se-
cessit ». Meno laconico è il Nicolai Trivetti Chronicon (domenicano inglese del
'800) : « cum inter Ianuenses et Pisanos pro subventione Terrae Sanctae pa-
cem intenderet reformare, in itinere constitutus, moritur Perusii», dove fu
tumulato nella chiesa di S. Lorenzo: in L. D’AcHERY, Spicilegium sive
collectio veterum aliquot scriptorum qui in Galliae bibliothecis delituerant, nuova
ed., III, Parigi, 1723, p. 185.

*) Liber de vita Christi ac omnium pontificum, in R. I. S., nuova ed.,
a cura di G. Gaida, Bologna, 1908, p. 229. Nella Cronaca di Andrea Dandolo
a cura di E. Pastorello, in R./.S., nuova ed., Roma, 1939, p. 287, si dice solo
che é morto ; questa cronaca é dei primi del secolo XVI.

?) Brevi annali della città di Perugia dall’anno 1194 sino al 1352, in Cro-
nache e storie inedite della città di Perugia dal MCL al MDLXIII, a cura di *
F. Bonaini, A. Fabretti e F. L. Polidori, Firenze, 1850, p. 55 ; F. A. UGOLINI,

Annali e cronaca di Perugia in volgare dal 1191 al 1336, in Annali della Fa-
coltà di Lettere e Filosofia dell’ Università degli Studi di Perugia, 1 (1963-1964),
p. 144.

5) P. PELLINI, Dell'historia di Perugia, parte prima, Venezia, 1654, p. 235.

*) F. CIATTI, Delle memorie, annali, et istoriche delle cose di Perugia,
Il,:parte,JIV,.;Rerugia;.S..a., p. 201.

10) A. MARIOTTI, Saggio di memorie istoriche civili ed ecclesiastiche della
città di Perugia e suo contado, I, 1, Perugia, 1806, p. 63 ; III, p. 420.

1) F. BARTOLI, Storia della città di Perugia, Perugia, 1843, pp. 318-319.

1?) L. Bonazzi, Storia di Perugia dalle origini al 1860, nuova ed., I,

Città di Castello, 1959, p. 210. Il Bonazzi si rifà al famoso codice « peco-
rino » della Capitolare di Perugia — un commento ai Vangeli di Beda —,
che contiene, aggiunti sull'ultima colonna rimasta vuota, una notizia sulla
venuta di Innocenzo III a Perugia nel 1198 e un breve profilo di questo
papa, pubblicati con molte scorrettezze in A. MARIOTTI, op. cit., 1, III, <
pp. 422-424. Questo testo si ripubblica in appendice da una foto gentil-
mente concessami dal mio valoroso assistente p. Ugolino Nicolini, il quale
attribuisce, dalla situazione paleografica, ad un contemporaneo di Inno-
cenzo III questo testo. Essendo lo scrivente un contemporaneo senza dubbio
dimorante in Perugia, il silenzio sulla spoglio è particolarmente significativo.

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L'ULTIMO DESTINO DI INNOCENZO III 205

13) F. GUARDABASSI, Storia di Perugia, I, Perugia, 1933, p. 119. Altre fonti
sulla morte di Innocenzo rim, nessuna sullo spoglio, sono dottamente citate
in A. PoTTHAST, Regesta Pontificum Romanorum, I, ristampa, Graz, 1957,
pp. 460-461.

14) H. HuRrTER, Histoire du Pape Innocent III et des ses contemporains,
trad. francese, III, Parigi, 1855, pp. 478-479, ricorda solo che Innocenzo
III mori per un attacco di febbre il 16 luglio 1216, a seguito di una indige-
stione di aranci (senza citare la fonte che in realtà é il Trium Fontium Choni-
con di Alberico secondo le Accessiones historicae del Leibnitz ; cito per como-
dità dal Potthast, op. cit., p. 461: «primo tertianam passus et in brevi
curatus decidit in acutam, quam cum multis diebus fovisset nec a citris,
quibus in magna quantitate et ex consuetudine vescebatur utpote illius
aegritudinis ignarus, minime abstineret, demum paralysi percussus ad ultimum
in lethargiam prolapsus vitam finivit ») ; ignora anche lo Hunter l'episodio
della spoliazione. Nulla anche in A. LucHarnE, Innocent III. Les royautés
vassales du Saint-Siège, Parigi, 1908, p. 274. Ne parlano invece, fondandosi
su Giacomo da Vitry, in un brevissimo articolo J. OstER, Der Tod Innocenz
III.,in Pastor Bonus. Zeitschrift für kirchliche Wissenschaft und Praxis, 44
(1933), pp. 60-61 e A. LevastI, Mistici del Duecento e del Trecento, Milano,
ristampa 1960, p. 982, il quale nota su Innocenzo III: «forse il Vitry
esagera il contrasto a scopo edificativo : in ogni caso la tristezza che poteva
suscitare la vista del suo nudo cadavere era in piena armonia con il pensiero
suo espresso nel de Contemptu Mundi ». S. SrBiLia, Innocenzo III, Roma,
1955, p. 343, ricorda che la malattia di Innocenzo ui fu stimata febbre
terzana e degenerò in febbre acuta alla quale seguì la paralisi (16 luglio
1216); questo autore ricorda l’episodio dello spoglio dalla testimonianza
di Giacomo da Vitry e, come conferma dell’episodio stesso, cita la bolla
di Onorio mni: al Re di Gerusalemme del 25 luglio 1216: ma in questa
bolla nulla vi si dice dello spoglio. Il più accreditato profilo di Innocenzo It,
quello di H. TILLMANN, Papst Innocenz III., Bonn, 1954, p. 255, si rifà solo
a Giacomo da Vitry.

15) P, GEMELLI, Giacomo da Vitry e le origini del movimento francescano,
in Aevum, 39 (1965), pp. 485-486, si occupa della testimonianza su san Fran-
cesco e si rifà allo Huygens, il quale dal silenzio delle fonti è per la negazione
della presenza di san Francesco al capezzale del papa. Per P. Gemelli può
darsi che san Francesco avesse lasciato l’ambiente curiale e Perugia subito
dopo la morte di Innocenzo rir, è che Giacomo da Vitry, non essendosi an-
cora ambientato, non sapesse del fatto di san Francesco al capezzale di In-
nocenzo In. Solo Tommaso di Eccleston segnala la presenza di san Francesco
al letto di morte di Innocenzo r1: Tommaso pA EccLESTON, De adventu
Fratrum Minorum in Angliam, in Analecta franciscana, I, Quaracchi, 1885,
p. 253. Cfr. ora ed. A. G. Little, Manchester, 1951, p. 95. Tommaso da Ec-
cleston aveva parlato di Innocenzo mri, «in cuius obitu fuit praesentialiter
206 MASSIMO PETROCCHI

sanctus Franciscus » Ma la testimonianza di Tommaso da Eccleston è non
diretta, tarda e non suffragata da altre fonti.

14) H. TILLMANN, Papst Innocenz III., cit., p. 255.

1?) LoTHARII CARDINALIS (INNocENTH II) De miseria humane condi-
tionis, a cura di M. Maccarrone, Lugano, 1955, I, vir; III, rv. Naturalmente
per la storia della personalità di Innocenzo mr sono fondamentali i lavori
di M. Maccarrone, il quale però non si è occupato del problema ora da noi
proposto. Si è parlato, nel titolo, dell’« ultimo destino perugino » di Inno-
cenzo III, in quanto questo Pontefice ha avuto, e per vari versi, contatti
con la città di Perugia: il più famoso è il problema della costituzione, sul
quale l'esauriente D. SEGOLONI, Bartolo da Sassoferrato e la civitas perusina,
in Bartolo da Sassoferrato. Studi e documenti per il VI centenario, II, Milano,
1962, p. 603 e segg.

APPENDICE

Anno Domini .m.c. nonagesimo octavo, indictione prima, mense septem-
bris, imperio vacante, dominus Innocentius papa tertius Perusium venit,
quo tempore dubitabatur utrum altare sancti Laurentii, quod consecratum
fuerat a domino papa Calixto .mr. propter motionem esset execratum, cum
in ipsa motione nulla pars nec etiam aliqua particula ipsius altaris sit mi-
nuta; tandem ut omnis dubitatio de cordibus eorum removeretur, ipsum
dominum papam Innocentium episcopus et canonici consuluerunt utrum
predictum altare esset iterum consecrandum. Ipse vero dominus papa In-
nocentius, habito consilio omnium cardinalium et archiepiscoporum et epi-
scoporum et aliorum sapientum qui secum erant, statuit ut ipsum altare
nullo modo violaretur sed alius lapis a semetipso consecrandus iam dicto
altari supponeretur. Inito consilio et confirmato .v. kalendas octubris in
festo sanctorum Cosme et Damiani a predicto domino Innocentio papa
tertio secundum quod statuit in consilio predicto, altari lapis superior con-
secratus positus est anno Domini .m.c. nonagesimo octavo, indictione prima.

Anno Domini.w.cc.xvr., mense iunii, nonis eiusdem, octava Pentecosten,
indictione .iur., luna .xvr, temporibus scismatis Octonis .It. imperatoris,
octavo anno imperii eius excomunicati et eiecti et Frederici regis Alamanie
et Sicilie filii quondam Henrici imperatoris. Innocentius papa tertius conse-
cravit altare beati Herculani Perusini, ubi multorum sanctorum celebri de-
volione reliquias recondidit, totam ecclesiam cathedralem beati Laurentii
Perusini pariter consecrando. Qui postmodum obiit in eadem civitate anno
eodem, mense iulio . xvr. kalendas eiusdem, die sabbati in hora nona, sequenti
die dominico sepultus in ecclesia maiori Perusina in archa marmorea iuxta
fenestram altaris beati Herculani feliciter cum sollenpnitate debita et re-

AAA €» TT mS RR ATA È x » : RS LE BEES S -
TAI VERE: Tod rr : Ex nl dceX-jkaembqeeecxo cn Lx EDLECNACUATC CL. Loi (x us AL x aps a Ue ue CORSO PUER ANLTIE- RT Dee

L'ULTIMO DESTINO DI INNOCENZO III 207

verentia decenti, astantibus episcopis, presbiteris et diaconis cardinalibus
.Xvir. et multis aliis archiepiscopis, episcopis et maxima turba prelatorum,
copiosa multitudine clericorum et innumerabili multitudine virorum et
mulierum orantibus et flentibus. Fuerat prefatus Innocentius pusillus sta-
tura, sed pulcher, sapientissimus in trivio et quadrivio, in theologia ceteris
prestantior, ingenio velocissimus, eloquentissimus, facundus, lingua expe-
ditissimus, vox eius sonora et si supresse proferebatur, audiebatur ab omni-
bus et intelligebatur. Aspectus eius reverebatur ab universis plurimum et
timebatur. Hic vero miro modo exaltavit Ecclesiam Romanam, nam ecclesias
Bulgarorum et Grecorum et ipsa regna acquisivit. Regna Anglie et Arago-
num Romane Ecclesie censualia constituit. Innumeras indulgentias con-
cessit in ipsa (?) capella beati Herculani veluti in privilegio habetur.

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Memorie

ALBINO VAROTTI, La Cappella musicale di S. Rufino in Assisi

ANGELO ANTONIO BITTARELLI-FLORIANA RANIERI, La « Passio
Sancti Venantii» nel Leggendario spoletino proveniente da
STSBPIZIO:: >: RE

Don DELFO GIoACcCcHINI, Lorenzo De Dominicis da Foligno ve-
scopo. giurato (1730-1822) se

Note e documenti

SALVO MASTELLONE, Jl neoguelfismo a Perugia e l' Accademia dei
riledont-al tempo del/pescovo: Pecci
Massimo PerROoccHI, L'ultimo destino perugino di Innocenzo III

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