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DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
PER L'UMBRIA

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BOLLETTINO

DELLA

DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
PER L'UMBRIA

VOLUME LXV

FASCICOLO SECONDO

PERUGIA - 1968 Pubblicazione semestrale — Sped. in abb. post. Gr. IV

ARTI GRAFICHE CITTÀ DI CASTELLO

Città di Castello (Perugia) - Tel. 853.385
Il Comune di Perugia e la Chiesa
durante il periodo avignonese con
particolare riferimento all’Albornoz

PREMESSA

Le Riformanze del Comune di Perugia, che sono alla base di
ogni ricerca di storia locale, presentano una lacuna dal 1327 al 1376
con la sola eccezione del 1351. Pertanto per trovare notizie su questo
periodo ho rivolto l’attenzione ai registri dei conservatori della mo-
neta e dei massari che, per il loro ufficio, erano obbligati a regi-
strare giornalmente le entrate e le uscite del Comune aggiungendo,
il più delle volte, una breve giustificazione delle spese sostenute.
Di non minore ausilio mi è stato il fondo giudiziario, la cui serie
delle sentenze dei podestà e capitani del popolo mi ha talvolta for-
nito notizie totalmente sconosciute agli storici locali. Terzo, per
ricchezza di inediti, è il fondo Gardone-Raccolta Giinther, che an-
novera oltre agli istromenti di carattere privato anche una serie
di atti pubblici che varrebbe la pena di far conoscere agli studiosi.
Le 3.390 pergamene circa che ho consultato mi hanno riservato
piacevoli sorprese. Altrettanto ricca è la nota serie delle bolle, brevi
e diplomi (che però presenta una lacuna dal 1356 al 1368) e quella
degli istromenti e contratti diversi. Documenti utili si possono rin-
tracciare anche nelle varie miscellanee, purché ci si armi di un po'
di pazienza. Queste le fonti più importanti consultate nell'Archivio
Storico del Comune, presso l'Archivio di Stato di Perugia.

Degli altri archivi cittadini, quello di S. Pietro conserva so-
prattutto materiale attinente alla storia del monastero; l'archivio
del Pio Sodalizio Braccio Fortebracci possiede una bella cronaca
che però inizia troppo tardi rispetto al periodo qui studiato ; l'ar-

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chivio arcivescovile inizia la serie dei documenti posseduti con un
atto del xv secolo; l'archivio capitolare annovera 53 pergamene
del secolo xiv, ma tutte strettamente attinenti alla storia religiosa
di Perugia.

Per quanto riguarda gli archivi fuori della città, ho escluso
quello Albornoziano presso il R. Collegio di Spagna in Bologna
perché ampiamente studiato dal Filippini per la sua opera; l'Ar-
chivio Segreto Vaticano, dove pure ho trovato molto materiale,
è talmente vasto che occorrerebbe tutta una vita per conoscerne
almeno una parte; l'archivio comunale di Spoleto non ha potuto
offrirmi niente di nuovo, mentre l'archivio comunale di Assisi pos-
siede alcune pergamene che solo indirettamente toccano la storia
del Comune perugino.

La Biblioteca Augusta di Perugia possiede alcune interessanti
cronache manoscritte che risalgono, nella narrazione dei fatti, anche
al 300, ma nessuna è coeva. Il Pellini si è valso di cronisti ante-
riori che però non cita, mentre accenna talvolta alle Riformanze
del Comune ; gli storici che vennero dopo hanno attinto a lui ed alle
cronache cui ho accennato e gli studiosi del secolo scorso hanno ad-
dirittura riempito decine di volumi con notizie storiche riguardanti
singoli personaggi e paesi umbri, traendole dal Pellini con un pa-
zientissimo lavoro di spoglio. -

Confesso che dopo aver consultato l'Archivio Storico del Co-
mune, mi sono meravigliata nel constatare che, almeno per quanto
riguarda il secolo xiv, gli storici locali hanno rivolto ad esso ben
poca della propria attenzione, fatte naturalmente le debite ecce-
zioni. Non voglio con questo muover critiche o accusare alcuno di
negligenza perché, in effetti, prima dell’attuale ordinamento, la
consultazione dell'Archivio deve essere stata tutt'altro che agevole.

Nato come tesi di laurea in Storia del diritto italiano e successiva-
mente rielaborato per la pubblicazione, questo lavoro ignora deli-
beratamente la storia sociale, economica, commerciale del Comune
di Perugia per volgersi solo ai problemi politico-giuridici di esso
non con pretese di risoluzione, naturalmente, ma come tentativo
di chiarificazione e di approfondimento. Esso presenta inoltre quei
caratteri di frammentarietà ed incompletezza (inclusa qualche in-
congruenza e contraddizione) che gli vengono proprio dalla dispa-
rità e, direi, dalla ufficiosità delle fonti; vi si sente il lavoro d'in-
tarsio dove i «forse» e i «si presume» fanno da trait-d'union
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 7

ai vari avvenimenti in merito ai quali le notizie sono talvolta neces-
sarie ma non sufficienti per un'affermazione o una negazione decise.

Per questi difetti mi rimetto all'indulgenza del lettore, grata
a chiunque vorrà indicarmi gli ‘errori commessi.

CAPITOLO I

IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DI ROMA
DA INNOCENZO III AL SECOLO XIV

I — Innocenzo III e il Comune di Perugia. Lo Stato della Chiesa — Posizione
giuridica delle città nello stesso — Posizione di Perugia.

II — Il Comune di Perugia e la Chiesa nel secolo XIII. Il giuramento di fe-
deltà del 1236 — Panorama generale dei rapporti tra il comune umbro e
i pontefici romani nel secolo XIII.

I. — È difficile parlare della posizione giuridica del Comune di
Perugia nel secolo xiv senza accennare alla politica di Innocenzo ru
ed all’incidenza che essa ebbe nella vita pubblica di questo comune.

Sorvolando su quelle che furono le idee teocratiche di papa In-
nocenzo e che lo portarono ai ben noti contrasti con il potere impe-
riale, sarà opportuno fermare invece l’attenzione sulla politica che
egli esercitò riguardo ai possedimenti della Sede Apostolica, nell’at-
tuazione del programma che lo vedeva, appena eletto, riportare
le terre della Chiesa sotto il dominio pontificio e dar vita ad uno
stato degno di questo nome. Scopo della formazione di esso fu la
realizzazione di un ordinamento che rendesse effettiva la libertas
Ecclesiae non sempre ed ovunque sufficientemente garantita. Lo
Stato della Chiesa fu considerato, infatti, come voluto dalla Prov-
videnza soprattutto perché solo il potere temporale dei papi, a causa
della debolezza umana, poteva realizzare compiutamente, insieme
con il bene della Chiesa, quello dell'umanità tutta.

Il primo fine è indicato dall'affermazione innocenziana: Nus-
quam melius ecclesiasticae consulitur libertati quam ubi Ecclesia
Romana tam in temporalibus quam spiritualibus plenam obtinet po-
testatem 1. Il secondo si trova ribadito nelle Costituzioni Egidiane
in cui è detto: « Risulta stabilito dalla Divina Provvidenza, pro
statu fidei et fidelium, che la Santa Chiesa, oltre allo spirituale, abbia

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anche il potere temporale per meglio giovare all’incremento della
Chiesa » 2). :

La restaurazione dello Stato della Chiesa non fu impresa fa-
cile per Innocenzo In e soprattutto ne fu difficile la conservazione
per i successori, perché anche nel Patrimonio di S. Pietro, nel ducato
di Spoleto e generalmente in tutte le terre della Chiesa, i grandi
ed i piccoli comuni erano fioriti, nel secolo xir, sull'esempio delle
città settentrionali, con l'ambizioso programma di divenire universi-
tates sibi principes. Ma la Sede Apostolica non intendeva certo ri-
nunciare alla sovranità sulle terre che teneva a sé legate col doppio
filo della giurisdizione spirituale e temporale ; cosicché quando gran
parte dei comuni costituitisi nell'Italia centrale, specialmente quelli
umbri, si affidarono alla protezione della Chiesa considerando il suo
appoggio come l'unico loro mezzo da contrapporre alle mire ed alle
pretese imperiali, il pontefice fu ben lieto di accoglierli sotto la tui-
tio di S. Pietro. Ma la sovranità papale non si esaurì semplice-
mente nei legami di protezione perché ad essa fece sicuramente
riscontro una ditio ed anzi la seconda dovette precedere la prima.
Infatti Innocenzo 11 si sarebbe trovato in contraddizione con tutta
la propria politica se avesse concesso la protezione pontificia ai co-
muni, nati in seno ai territori della Chiesa, senza aver prima otte-
nuto il giuramento di fedeltà da parte loro.

Per poter giungere al risultato ditio-protectio soddisfacente
per entrambe le parti, papa Innocenzo, quando volle riassogget-
tare alla Chiesa le città fino allora sottoposte all’impero, fece ricorso
alla politica del dolce giogo, l’unica che gli permettesse di superare
la diffidenza e la paura dei comuni duramente provati dal governo
imperiale. Il programma da lui attuato ebbe lo scopo di riaffermare
i diritti di sovranità della Chiesa sui comuni e di legarli dolcemente
ad essa, lasciando loro una tal somma di libertà e prerogative da
illuderli di essere ancora autonomi. Nella formula pressoché iden-
tica per tutte con cui accoglieva le città sotto l’alta protezione di
S. Pietro, Innocenzo rm: seppe mettere abilmente in risalto soprat-
tutto quest’ultimo elemento pur non trascurando di affermare che
le città stesse appartenevano ad ius et proprietatem della Chiesa e
perciò a lei immediate subiectae.

La situazione dei comuni compresi nello Stato della Chiesa,
agli inizi del secolo xr, si presentava quindi nel modo seguente :
apparentemente essi erano indipendenti, in quanto Innocenzo ru
aveva permesso che ciascuno conservasse la forma di governo, le

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IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 9

magistrature, le leggi e le consuetudini non in contrasto con i diritti
sovrani della Chiesa. D'altro canto la Chiesa, mediante le bolle
innocenziane con le quali concedeva la propria protezione, li aveva
dichiarati a sé spettanti ad ius et proprietatem, precludendo loro la
possibilità di una piena indipendenza pur non privandoli di una
parziale autonomia.

Per noi, abituati a considerare lo Stato come l'ente che tiene
nelle sue mani la pienezza dei poteri, é difficile capire questa scis-
sione tra sovranità, che spettava alla Chiesa (o all'impero) e go-
verno, che era esercitato dai singoli comuni per privilegio o con-
suetudine. Questo dualismo comportava frequentemente il con-
flitto, anche se non sempre evidente ed aperto, tra Chiesa e comuni
perché la prima tendeva ad affermare la dipendenza dei governi
comunali dalla sua sovranità ed i secondi miravano ad esercitare
pienamente le funzioni di governo, insofferenti di ogni limitazione 9.

Perció per rafforzare il potere temporale della Chiesa contro
i tentativi d'indipendenza dei comuni e le mire imperiali, Inno-
cenzo ri ebbe cura, come avevano fatto anche i suoi predecessori,
di farsi confermare dagli imperatori i diritti di proprietà sul Patri-
monio e su tutte le terre pontificie, cominciando da Ottone rv che,
eletto imperatore per intervento del pontefice il 4 ottobre del 1209,
non solo confermò ma aumentò le concessioni territoriali alla
Chiesa ^.

La posizione della Chiesa venne consolidata durante lo stesso
secolo con la rinnovazione delle donazioni, prima ad opera di Fede-
rico 11 che aggiunse anche Massa Trabaria cum adiacentibus terris
(luglio 1213 e settembre 1219), poi da Rodolfo 1 il 20 ottobre 1275
e il 18 gennaio 1278.

Nel 1198 anche Perugia subì la stessa sorte degli altri comuni.
In quell’anno infatti, Innocenzo rm: si era mosso personalmente
per visitare le terre recuperate alla Chiesa dopo la morte di Enrico vi
e, quando giunse a Perugia, «la città volle raccomandarsi alla
sua protettione » 5). Il 2 ottobre dello stesso anno, da Todi, il pon-
tefice invió ai magistrati e al popolo di Perugia la bolla con cui la
città veniva accolta sotto la protezione di S. Pietro 9.

Non solo i Perugini dell'epoca ma anche autorevoli storici mo-
derni hanno veduto nel diploma innocenziano soltanto la conces-
sione della protezione apostolica su Perugia e la garanzia delle li-
bertà comunali. Forse non si tratta di mala fede da parte loro per-
ché nelle trascrizioni della bolla, conosciute in città soprattutto at-

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traverso la Historia del Pellini ?, fu aggiunta una et che, trasfor-
mando l'affermazione di maggior rilievo della bolla nella innocua
frase Civitatem Perusinam et que ad ius et proprietatem . . ., trasfor-
mando cioé il pronome femminile singolare in pronome neutro plu-
rale, diluisce su cose generiche i diritti di proprietà della Chiesa
sulla città di Perugia.

Una brevissima analisi del documento porta a queste conclu-
sioni : Perugia, con tutto il suo contado, è dichiarata città immediate
subiecta alla Sede Apostolica che l’accoglie sotto la protezione di
S: Pietro e del pontefice che si impegna a non sottoporla a sovra-
nità diversa da quella pontificia: Eam [civitatem] nunquam aliena-
bimus, sed semper ad manus nostras curabimus retinere 9. Nel co-
mune la forma di governo che il popolo si é scelta viene mantenuta
e confermata da papa Innocenzo: Consulatum autem cum iurisdic-
tione sua vobis, auctoritate apostolica, confirmamus ; la quale con-
ferma più che la concessione di un privilegio, è l'espressione di ur
diritto, spettante al pontefice, di sanzionare e legittimare gli ordi
namenti emanati dal popolo: diritto derivantegli dalla sovranità
esercitata sulle sue terre. Quale suprema corte d'appello viene con-
fermata la Curia. Romana con licenza, per tutti coloro che sono
soggetti alla giurisdizione del comune di Perugia, di appellarsi anche
(liberum sit) al podestà ed ai consoli in carica ?. Vengono approvate
le consuetudini antiche e nuove rationabiles, quelle cioè riconosciute
non contrarie al diritto della Chiesa. Alla fine Innocenzo iu subor-
dina la legittimità del governo comunale al rispetto dei diritti di
essa (Salva in omnibus apostolica Sedis auctoritate pariter et iusti-
cia) ed alla integrità della sua plenitudo potestatis 19.

Da questo breve esame si desume pertanto che il Comune di
Perugia era considerato immediatamente soggetto al dominio della
Chiesa la. quale gli concedeva un'autonomia limitata dal proprio
intervento (al quale essa aveva diritto come autorità superiore)
nel sanzionare la forma di governo esercitata nel comune stesso.

I legami di dipendenza di Perugia dalla Sede Apostolica si raf-
forzarono nel 1210 quando, dopo un tentativo di Ottone rv di occu-
pare le terre della Chiesa, Innocenzo m: mandò nella città umbra
il cardinal Stefano Casanuova nelle cui mani, la vigilia di sant'Er-
colano, «ad honor di Dio e della Chiesa Romana ed a utilità del Co-
mune di Perugia », alla presenza del consiglio generale, i consoli
e tutti i magistrati «di nuovo giurarono riverenza e fedeltà verso
il Sommo Pontefice »!9, impegnandosi a prestare aiuti allo stesso
[7

IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 11

ed ai suoi successori pro defensione Sancti Petri Romane Urbis, ogni
qualvolta cosi fosse stato imposto al comune. Dal canto suo il pon-
tefice prometteva, a mezzo del cardinal Casanuova, di mantenere
dictam civitatem Perusii ad se ad fidelitatem et honorem Romane Ec-
clesie et dicle civitatis, lasciando ai Perugini il diritto di conservare le
leggi e gli statuti!2. Il giuramento, oltre a confermare la sovra-
nità della Chiesa sulla città, richiama tra le parti rapporti propri
del sistema feudale: i Perugini giurarono infatti fedeltà ed obbe-
dienza al dominus (in questo caso il pontefice), obbligandosi ad
aiutarlo auxilio consilio vel favore ; il dominus, a sua volta, promet-
teva di difendere i vassalli e concedeva loro dei privilegi.

II. — Questi legami non si esaurirono con la morte di Innocen-
zo III ma si rinnovarono e furono mantenuti, anche se in maniera più
blanda, per tutto il secolo xim, come è possibile constatare dalle
bolle pontificie inviate al Comune di Perugia, nelle quali di frequente
si parla della fidelitas e del debitum fidelitatis cui è tenuto il popolo
perugino.

La più importante conferma della sovranità della Chiesa si
ebbe nel 1236 ad opera di Gregorio 1x il quale, temendo che i ghibel-
lini di Perugia trascinassero la città dalla parte di Federico r1, « depu-
tó Alatrino (o Alarico) Suddiacono ... a ricevere il giuramento di
fedeltà dal popolo di Perugia » 13. Così quando il lucchese Marco-
valdo, allora podestà del comune, che con ottocento cavalieri scor-
tava il pontefice nel suo viaggio da Perugia a Roma, giunse a Todi,
Gregorio 1x volle che egli, a nome della città di Perugia, rinnovasse
il giuramento di fedeltà alla Chiesa di Roma, impegnandosi a pre-
starle gli aiuti necessari !^.

L'influenza della sovranità papale si fece sentire anche fuori
dei rapporti diretti tra la Chiesa e Perugia; ad esempio, alla fine
dell'atto di sottomissione di Montone al Comune di Perugia, si legge:
Salvo in his omnibus preceptum atque precepta domini nostri Pape et
alme Urbis senatoris 15); uguale testimonianza si trova nella ‘lega,
firmata tra Perugini ed Orvietani il 25 luglio del 1277, con la quale
i due comuni concordavano di difendersi da chiunque, exceptis
expressim sanctissima el reverendissima maire Ecclesia Romana et
Civitate alma Urbis !9, ics

Anche le relazioni dirette tra la Curia Romana ed il Comune di
Perugia non mancano di.altri validi esempi, dei quali i seguenti mi
sembrano i più significativi: il 5 luglio 1264 Urbano iv esortava i

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Perugini ad accogliere nella città il cardinal Ottobono Fieschi 17
con tutti gli onori che gli erano dovuti sub debito fidelitatis quo no-
bis et Ecclesie predicte tenemini'8. Durante il conclave tenutosi a
Viterbo dopo la morte di Alessandro rv, i cardinali esortarono i Pe-
rugini a prendere le armi contro Manfredi ed i ghibellini; nella let-
tera, inviata ai Perugini Ecclesie Romane fidelibus, il Sacro Colle-
gio ricordava la costanza della loro devozione verso la Chiesa per cui
Perugia era stata inter civitates alias fidelitatis titulo specialiter in-
signita. Narrate quindi le imprese del principe di Taranto, i cardi-
nali esortavano i Perugini, per il debito di fedeltà cui erano tenuti
verso la Chiesa, ad impugnare le armi per fronteggiare Manfredi,
confidelibus vestris de ipso ducatu... tribuendo auxilium, consilium
et favorem nell’impresa !?. In ugual modo il 3 aprile del 1267 Cle-
mente Iv vietava ai Perugini, sub debito fidelitatis quo Ecclesie pre-
dicte tenemini, di aver rapporti o di fornire aiuti ai Tifernati ribelli 29.
Vi è infine una lettera di Niccolò rr: al suo cappellano, del 6 aprile
1279, che inizia: Phylippus de Neapoli ... ducatus Spoleti et civi-
tatis Perusii rector 21),

Credo che gli esempi riportati possano bastare ; tuttavia se ne
potrebbero citare degli altri, di contenuto analogo, tutti idonei a
dimostrare chiaramente i legami di sudditanza del comune di Pe-
rugia alla Chiesa di Roma.

NOTE

1) J. P. MIGNE, Patr. lat., vol. ccxiv, col. 21; G. DE VERGOTTINI, Il
diritto pubblico italiano nei secoli XII-XIV (Bologna, Zuffi, 1915), vol. 1
p. 107:

*) Le Costituzioni Egidiane del 1357 a cura di P. SeLLA (Roma, Loe-
scher, 1912), preambolo al cap. xvi, libro rv.

*) D. SEGOLONI, Osservazioni sugli Statuti del 1400 dei Conservatori della
Moneta del Comune di Perugia, in « Bollettino della Deputaz. di Storia Pa-
tria per l'Umbria », xLv (1948), pp. 155-171. Nelle prossime note, tale rivista
sarà citata con le sole iniziali: BDSPU.

‘) Il testo ha: Possessiones etiam, quas Romana Ecclesia recuperavit,
ab antecessoribus nostris seu quibuslibet aliis ante detentas, liberas et quietas
dimittimus et ipsa ad eas retinendas bona fide promittimus adiuvare... Ad
has pertinet tota terra quae est a Radicofano usque ad Ceperanum, Marchia
Anconitana, Ducatus Spoletanus, terra Comitissae Matildis, Comitatus Bret-
tinorii, Exarchatus Ravennae, Pentapolis cum aliis adiacentibus terris, expres-

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IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 13

sis in multis privilegiis imperatorum et regum a tempore Ludovici. . .. L. WEI-
LAND, Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, in M.G.H., Legum
sectio Iv, r. II, p. 36-37 ; J. C. LUnIG, Codex Italiae Diplomaticus (Francofurti
et Lipsiae, impensis Haeredum Lanckisianorum, 1725-1735) t. 11, coll. 707-
710 (n. xi).

*) F. CraTTI, Delle memorie annali ed historiche delle cose di Perugia (Pe-
rugia, A. Bartoli, 1638), vol. 11, p. 255.

*) Il testo ha: Civitatem Perusinam, que ad ius et proprietatem ipsius
[Ecclesie] pertinere dignoscitur cum pertinentiis suis et nunc habitis et in antea
legitime acquirendis, sub Beati Petri et nostra p. (protectione) sus. (suscipimus)
et p. (presentis) s. (scripti) p. (patrocinio) c. (communimus). Arch. Segr. Vat.,
Reg. di Innocenzo III, Reg.-vat. 4, cccrxi (375); MIGNE, Patrologia, S.
L- volcit,, p. 355. i

7) P. PELLINI, Dell'Historia di Perugia (Venezia, Hertz, 1664), vol. 1,
p. 222. Nella trascrizione riportata dal Bartoli compare invece l'espressione
et quod. F. BARTOLI, Storia della città di Perugia (Perugia, Santucci, 1842),
t. 1, pp. 279-280.

8) L'esatta interpretazione del pronome eam si desume dal confronto
con le altre bolle, inviate nello stesso periodo ed allo stesso scopo ad altri
comuni umbri, nelle quali l’affermazione esaminata è espressa in modo più
esplicito che non nella bolla ai Perugini.

*) Il 6 agosto 1267 Clemente 1v, con una lettera inviata ai magistrati
di Perugia, dichiaró contraria alla libertà ecclesiastica la norma dello statuto
che proibiva di appellare a qualunque giudice fuori di Perugia e volle assolto
un Perugino che si era appellato alla Sede Apostolica. Cronache e storie ine-
dite della città di Perugia, a cura di BonaAINI-FABRETTI-POLIDORI, in « Archivio
Stor. Italiano », xvi (1851), parte rr, p. 488.

10) Per un approfondito esame della bolla di Innocenzo mi ai Perugini,
confronta D. SEcoLoNi, La civitas Perusina nel pensiero di Bartolo, in Atti
del Congresso Internazionale per il VI Centenario della morte di Bartolo da
Sassoferrato (Milano, Giuffrè, 1962), vol. 11, pp. 513-671. Per l’originalità
delle idee, per la modernità di visione, per la competenza con cui l'A. ha sa-
puto studiare fatti e documenti, ritengo quest’opera fondamentale per chi
si accinge a studiare la storia di Perugia.nel Medio Evo.

1) CIATTI, op. cit., p. 278; Perugia, Archivio di Stato, Arch. Storico
del Comune, Libri Summissionum, vol. 1, c. 105r. L'originale ha testualmente :
Iuraverunt sicud ipsis erit iniuntum ... a dicto domino papa...

12) ANSIDEI-GIANNANTONI, I Codici delle sommissioni al Comune di Pe-
rugia, in BDSPU, 1 (1895), p. 149.

13) CIATTI, Op. cit., p. 322.

M) V. AnsIDEI, Alcune notizie sui rapporti tra Roma e Perugia nel se-
colo XIII, in BDSPU, xir (1907), p. 591. Il testo ha: Ad honorem Dei
onnipotentis Ego Marcovaldus ... Potestas, Syndicus seu Procurator Comu- 14 i MARIA. PECUGI FOP

nis... Perusii, eiusdem Civitatis, Comunis et- Universitatis nomine. ac man-
dato, iuro et bona fide sine fraude observare promitto quod adiutor ero et defen-
sor pro posse. meo ad retinendum, conservandum, manutenendum et defenden-
dum Patrimonium Beati Petri in. Tuscia et Ducatum Spoletanum, in devo-
tione, subiectione ac fidelitate sancte Romane Ecclesie ac domini Pape, spiri-
tualiter et temporaliter . . . fidelitate ac mandatis domini Pape semper salvis
et salvis Comunis Perusii et universitatis privilegiis . . . iuribus, usibus, iuris-
diclionibus, libertate. ... omnibus et: singulis, que... Comune Perusii...
hactenus habuit et nunc habet...

‘ 15) ANSIDEI-GIANNANTONI, Op. cit., p. 150. ;

1) L. Fuwr, Codice diplomatico della città di Orvieto, in Documenti di
storia italiana pubblicati per cura della R. Deputazione sugli studi di Storia
Patria per le province di Toscana, del Umbria e delle Marche, vol. vin (Fi-
renze, Cellini, 1876), p. 316.

") Il nome del cardinale si desume da C. EusBEL, Hierarchia Catholica
Medii Aevi (Monasterii, Typis Librariae Regensbergianae, 1913); vol. 1, p. 7.

18) J. GIRAUD, Registres d'Urbain IV (Paris, Fontemoing, 1901), vol. 11,
p. 413 (n. 859).

?) Cronache e storie, op. cit., p. 486.

?) Cronache e storie, op. cit., p.. 488.

2) Arch. Segreto Vaticano, Istrum, Miscellanea 184.

CAPITOLO II

IL COMUNE DI PERUGIA E LA SEDE APOSTOLICA
. DAL 1309 ALLA LEGAZIONE i
DEL CARDINALE EGIDIO ALBORNOZ IN ITALIA

I — Panorama generale — I rapporti con Giovanni XXII — La presa'e il
regimen di Spoleto — Aiuti del comune al pontefice.

II — 1I rapporti con Benedetto XII — I rapporti con: Clemente VI — Fine
della lotta tra papato e impero : conseguenze della nuova situazione politica.

I. — Il secolo xiv si apre con un avvenimento di estrema gra-
vità per la storia della Chiesa: nel 1309 Clemente v “trasferiva la
Sede pontificia da Roma ad Avignone.

Se già nel secolo precedente la presenza del papa in Roma non
aveva potuto arginare l’espandersi ed il rafforzarsi delle autonomie
comunali, né porre freno all’ambizione dei nobili, a maggior ragione
dopo tale avvenimento comuni e signori si sentirono autorizzati
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 15

a tentare la grande impresa. Perció durante il primo periodo della
«cattività avignonese » (ma anche piü tardi) lo Stato della Chiesa
pulluló di tirannelli di ogni specie, dai da Vico nel Lazio agli Or-
delaffi, Malatesta, Montefeltro, da Mogliano ed altri nella Marca
Anconitana. Al centro dello Stato il Comune di Perugia, troppo ac-
corto e vigile per permettere il sorgere di una signoria nel suo seno,
aveva a sua volta approfittato della lontananza della Curia Ro-
mana per allentare -il più possibile i legami che lo univano ad
essa ‘e per rafforzare la propria libertà interna e la preminenza
sull'Umbria. 3

La:fase di consolidamento fu compiuta dal comune principal-
mente durante il pontificato di Giovanni xxi: il quale, fin dalla sua
elezione, aveva: dovuto affrontare problemi cosi gravi e cosi vasti
che la fermezza e l'oculatezza nell'amministrazione del potere tem-
porale ne risentirono.in maniera decisiva. Infatti da una parte Lo-
dovico il Bavaro lo dichiarava deposto dal. trono di S. Pietro;
dall'altra i Fraticelli di Assisi, dopo la bolla Cum inter nonnullos
del novembre 1323, lo stigmatizzavano come eretico ed anticristo ;
infine del movimento ereticale, dell'assenza della Curia e soprat-
tutto del malcontento che serpeggiava tra il popolo per le vessazioni
ed il malgoverno praticati dagli ufficiali pontifici, avevano appro-
fittato i fautori dell'impero per far sollevare le terre dello Stato
della. Chiesa "v. ;

In mezzo a simili tempeste il già vecchio pontefice era nell'im-
possibilità di occuparsi, con pari sollecitudine, di tutti i problemi
della Chiesa. Per domare le sollevazioni nelle terre soggette del-
l'Italia centrale egli si affidó spesso, pertanto, all'aiuto dei Perugini
che non glielo negarono mai, perché della riconquista delle città
ribelli per conto della Chiesa il comune si valeva per ottenere dal
pontefice la concessione di nuovi privilegi e la sanzione delle con-
quiste nel ducato, che venivano cosi ad essere giuridicamente ri-
conosciute. Perfino le relazioni epistolari tra Giovanni xxn e Pe-
rugia perdettero gran parte dell'austerità protocollare per assumere
toni di benevolenza e cordialità. Nelle sue richieste infatti il papa
non fece quasi mai appello al debitum fidelitatis dei Perugini verso
la Chiesa, ma parlò loro soltanto di devozione e reverenza, ricono-
scendo legittime certe situazioni di fatto che in altre circostanze
non avrebbe tollerato, pemettendo che i legami di soggezione della
città verso la Chiesa si facessero deboli al punto che il Comune di
Perugia fini per comportarsi non piü come un suddito della Sede
16 MARIA PECUGI FOP

Apostolica, ma soltanto come suo amico devoto e rispettoso. Con
ciò tuttavia non bisogna credere che Giovanni xx1r non conoscesse
o trascurasse Î diritti della Chiesa sulle terre a lei sottomesse e se
anche favorì la città di Perugia con gran numero di concessioni e
libertà, mantenne intatta la base giuridica che la legava alla Chiesa
stessa, facendo di lei soltanto una città privilegiata.

I rapporti tra il Comune di Perugia e Giovanni xxu si aprirono
con una lettera del 18 agosto 1317 con la quale il pontefice notifi-
cava di aver eletto Rainaldo di Santa Artemia rettore del ducato
di Spoleto e di avergli affidato, con lettera a parte, la rettoria
della città e distretto di Perugia, usque ad Sedis apostolice bene-
placitum 2). i

Il 29 settembre 1319 scoppiò in Assisi la rivolta ghibellina ca-
pitanata da Muzio di ser Francesco e nel tumulto fu ucciso un.gran
numero di guelfi, saccheggiati i loro palazzi, trafugato il tesoro :
di S. Francesco 9. Poiché dopo quattro mesi la situazione non ac-
cennava a migliorare, il 9 febbraio del 1320 Giovanni xxi: mandó
un messaggio al podestà, al capitano, al consiglio ed al Comune di
Perugia, pregando ed esortando a portare aiuto, in ogni modo, a Rai-
naldo di Santa Artemia e Giovanni Amiel (de Amelio) rispettiva-
mente rettore e tesoriere del ducato ^.

Il 5 aprile del 1321, essendo scoppiata una rivolta nella Marca
Anconitana, il pontefice chiese aiuto al Comune di Perugia in favore
di Amelio, abate del monastero di S. Saturnino e rettore della Mar-
ca 9. Frattanto la sollevazione ghibellina di Assisi del 1319 non si
era ancora spenta e Spoleto ne aveva seguito l'esempio per inter-
vento di Federico da Montefeltro, il quale ne aveva cacciato i guelfi ;
per cui Perugia, sentendosi minacciata, richiamò le truppe che aveva
inviato a Spoleto per domarvi la sedizione 9. Ma nel 1322, scon-
fitto Federico dai guelfi della Marca e di Romagna ed ucciso infine
dalla popolazione di Urbino, l’esercito di Perugia volse le armi con-
tro Assisi che ancora persisteva nella sua ribellione e che il 2 aprile
doveva finalmente dichiararsi vinta e sottomettersi alla giurisdi-
zione perugina ?). Fu poi la volta di Spoleto, nella quale il Comune
di Perugia mirava ad una pacificazione tra le fazioni dei guelfi e
dei ghibellini, opponendosi alla condanna minacciata dal pontefice
contro i ribelli; contemporaneamente, occupata Montefalco, le im-
pose gravami fiscali.

Anche in questa occasione i Perugini si erano dunque autoaf-
fidati la giurisdizione delle terre riconquistate per conto della Chiesa ;
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 17

ma questa volta Giovanni xxi giudicò che la misura fosse colma
e manifestó la propria irritazione nella lettera di protesta che in-
vió il 1? giugno 1323 ai magistrati e al popolo di Perugia, accusan-
doli di aver imposto ai fedeli del ducato, immediatamente soggetti
alla Chiesa, taglie e gravami fiscali che suonavano ingiuriosi e alla
Chiesa e ai suoi sudditi, offendevano la giustizia, turbavano la pace.
Il pontefice concludeva quindi esortando i Perugini a desistere lau-
dabiliter da una simile condotta 9. Probabilmente in un'altra occa-
sione il papa non avrebbe esitato a lanciare la scomunica contro il
comune ma per il momento aveva troppo bisogno del suo aiuto per
renderselo nemico. Infatti, non essendo ancora spenta la rivolta
nella Marca d'Ancona, che aveva ad Urbino il suo epicentro 9, il
15 luglio dello stesso anno il pontefice scrisse di nuovo ai Perugini
affinché aiutassero Amelio, rettore della Marca, a reprimere la ri-
bellione dei Fabrianesi, scoppiata in offesa di Dio e della Chiesa
sua sposa. E poiché i Perugini erano considerati parte integrante
della Chiesa stessa, nonché uniti ad essa nell’attuale circostanza,
furono pregati di voler punire l'offesa dei ribelli come se fatta a
loro stessi, come del resto avevano promesso al papa 1°.

sedata finalmente la sollevazione marchigiana (almeno per il
momento), il papa poté scrivere ai Perugini parole di ringraziamento
per l'aiuto prestato contro i Fabrianesi e di esortazione perché as-
sistessero solito more con aiuti materiali e con saggi consigli Fal-
cone di Sistarico, nunzio apostolico incaricato di risolvere la que-
stione spoletina possibilmente con un accordo tra le fazioni 14),

Spoleto nel frattempo resisteva agli attacchi delle forze peru-
gine alle quali si erano uniti i rinforzi mandati da Firenze, Siena,
Orvieto, Foligno, Montepulciano e Camerino 2, Dal canto suo il
pontefice tentava l’opera di persuasione e di pace per mezzo dei
suoi legati. Già il 5 novembre del 1322 Giovanni xxi: aveva scritto
ai magistrati ed al popolo perugini, annunciando di aver delegato
Falcone di Sistarico ed il maestro Ademarium Targe, Archipre-
sbiterum ecclesie S. Africani Vabrensis diocesis, quali suoi amba-
sciatori e nunzi nella città di Spoleto, affinché ponessero fine ai ne-
fandi delitti degli intrinseci, riconducessero in patria i fuorusciti
e riportassero la pace completa tra le due fazioni. Perciò i Perugini,
come profondi conoscitori dei problemi spoletini e di provata fede
alla Chiesa, erano invitati a collaborare ed a prestare ogni aiuto
ai due nunzi del papa, per l'onore dello stesso e della Chiesa 13),
Nei primi giorni di aprile del 1323 i ghibellini di Spoleto si arresero

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all'esercito guelfo che entró nella città ; tuttavia, per impedire ven-
dette e spargimenti di sangue, gli alleati stabilirono che i Perugini
dovessero entrare in Spoleto dopo i cavalieri fiorentini e senesi !9.
Ma una volta penetrati nella città ribelle che tanto li aveva tenuti
in scacco, approfittando della malattia che aveva costretto il capi-
tano Poncello Orsini a partire, i Perugini elessero il nobile Vinciolo
Vincioli podestà di Spoleto, estendendo sulla città la giurisdizione
del Comune di Perugia. Il 27 giugno Falcone di Sistarico stipulò
un trattato con Ugone Trinci di Foligno, capitano di guerra di Pe-
rugia che aveva sostituito l'Orsini, perché per mezzo del suo esercito
gli intrinseci di Spoleto fossero ricondotti in grembo alla Chiesa 15).
La stessa esortazione fu rivolta dal papa, il 16 aprile 1324, ai priori
perugini che si trovavano in Spoleto 9. Ma questi, assecondando
il gioco politico del loro comune, il 20 aprile dello stesso mese fecero
stendere l’atto di sottomissione della città occupata alla giurisdi-
zione perugina !?, ignorando così le preghiere del pontefice.

La nuova situazione di Spoleto fu esposta al papa, con diverse
lettere, da Giovanni Amiel tesoriere del ducato, che teneva minu-
ziosamente informato Giovanni xxir sullo sviluppo degli avveni-
menti in Umbria ; rese noto alla Curia il nuovo stato del ducato
e come la Chiesa doveva considerarsi delusa dal modo in cui i Peru-
gini avevano condotto la questione di Spoleto 9. Il fatto sdegnò
il pontefice che il 17 giugno scrisse allo stesso Giovanni Amiel ed a
Falcone di Sistarico perché inducessero i Perugini a porre fine al-
l’abuso 19. Il 20 luglio successivo il rettore del ducato mandò ai
Perugini una missiva contenente la trascrizione della lettera a sua
volta ricevuta da Avignone e nella quale il pontefice ricordava come
i Perugini fossero giunti alla imposizione del podestà in Spoleto.

Non crediamo che essi abbiano dimenticato — diceva Gio-
vanni xxII — come il 9 aprile i ghibellini intrinseci abbiano con-
segnato la città di Spoleto a Poncello Orsini, dichiarandosi pronti
ad obbedirgli in tutto quale rappresentante della Chiesa. Della resa
dobbiamo rendere grazie anche ai Perugini che, con il loro aiuto,
hanno contribuito alla riconquista della città. Ma ci è giunta notizia
che, dopo alcuni giorni, allontanatosi Poncello da Spoleto perché:
ammalato, i Perugini vi elessero il loro concittadino Vinciolo Vin-
cioli quale podestà, perseguitarono ferocemente gli intrinseci, sotto-
tomisero e soggiogarono la città ed il suo territorio, imponendo il
giuramento di fedeltà ai cittadini. Per cui gli Spoletini furono co-
stretti a ricevere il podestà ed il capitano mandati dal Comune di
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 19

Perugia e, quodque ad maioris subiugationis inditium, avevano do-
vuto promettere di mandare annualmente a Perugia un palio di
valore determinato, di sottostare alle imposizioni fiscali, di inter-
venire a fianco dei Perugini nelle battaglie ed infine accettare che
i propri statuti venissero ogni anno riveduti e corretti da ufficiali
di Perugia. Questo per citare solo gli abusi maggiori, perpetrati ad
ingiuria del papa e della Chiesa di Roma, ad avvilimento del suo
nome; ma abusi perpetrati di fatto, perché di diritto non sarebbe
stato lecito ai Perugini agire in tal modo (de facto... cum de iure
vel de ratione ipsis non licuerit attemptare . . .). Perciò preghiamo gli
stessi Perugini di correggere i loro errori come hanno promesso e
si sono impegnati di fare per quanto riguarda il governo di Spoleto
e li esortiamo a porgervi ogni aiuto 29),

Il rettore del ducato chiudeva la lettera esortando a sua volta
i Perugini a porre rimedio al mal fatto, revocando cioè con effetto
immediato la sottomissione di Spoleto e liberando la città ed il suo
territorio omni iugo, imposto di fatto perché di diritto non avrebbero
potuto farlo 2), Ma poiché i Perugini non accennavano a porre fine
all’arbitrio, il 29 settembre lo stesso rettore scrisse una seconda let-
tera per proibire l’elezione del podestà di Spoleto da parte del loro
comune.

Giovanni Amiel, rettore in nome della Chiesa in spiritualibus
et temporalibus . .. sedens pro tribunali in palatio canonice Fulgi-
nalis, inviava la presente lettera ai governanti ed al consiglio della
città di Perugia, per manifestare loro la sorpresa del pontefice nel-
l'apprendere la notizia che i Perugini avevano eletto il podestà di
Spoleto nonostante questo diritto, come essi ben sapevano, spettasse
unicamente al papa. Perció, per non incorrere nelle sanzioni aposto-
liche, i Perugini erano esortati a desistere dal loro errato comporta-
mento 22),

Il 20 gennaio del 1325, non essendo giunto ancora ad alcun
risultato utile, il rettore mandò tal Covato di Narni ambasciatore
alla città di Perugia, per esortare ancora una volta i Perugini a con-
cedere alle terre e castelli della Chiesa, da essi indebitamente te-
nuti, la pristina libertà e a non prestare aiuto, consiglio o favore
ai Nocerini ribelli 23. Ma anche queste esortazioni rimasero lettera
morta. Infine il 10 maggio di quell’anno Giovanni xxr: rese legale
la posizione di Perugia concedendole espressamente il privilegio
di eleggere, ogni sei mesi, il podestà di Spoleto. Sebbene il fatto
suoni come una capitolazione da parte sua, il papa fu certo indotto



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a questo passo dal desiderio di porre fine ad una situazione incre-
sciosa nella quale, a conti fatti, era proprio la Chiesa a rimetterci
in dignità, dal momento che, dopo due anni di preghiere e minacce,
non era riuscita a far desistere Perugia dalla sua ingerenza nelle
cose di Spoleto.

Il lunghissimo documento che concede il privilegio inizia con
il ricordo, ancora una volta, della ribellione scoppiata in Spoleto e
di come poi, con l'esercito della Chiesa e con l'aiuto dei Perugini,
la città fosse costretta, per la fame ed i disagi, a risottomettersi
alla Chiesa. Ma in un primo tempo gli Spoletini di comune accordo,
per mezzo di loro sindaci e nunzi speciali, di fatto, dal momento
che l'autorità apostolica aveva privato di ogni validità gli atti dei
loro magistrati, si erano messi sotto la protezione e la difesa di Pe-
rugia, promettendo ed obbligandosi ad assoggettarsi, con tutto il
territorio, al comune e popolo perugini; cosicché Perugia in nome
proprio aveva mandato i suoi ufficiali nella città di Spoleto, con il
diritto di esercitarvi il mero e misto imperio ed ogni giurisdizione 2^,
nonché di deputare piü volte un ufficiale con il compito di riformare
gli statuti della città. Inoltre gli Spoletini avevano promesso di dare
a Perugia ogni aiuto di armati e di far fronte a tutte le imposizioni
pecuniarie, reali e personali, fatte loro. Infine era stato ordinato
che Spoleto presentasse il suo palio nel giorno di Sant'Ercolano,
patrono di Perugia, nomine census, reverentie et subieclionis comuni
vestro. Ma grazie a Dio ora i Perugini, a mezzo dei procuratori del
comune Suppolino di Enrico, Simone di Bonifacio de Jacanis, Si-
mone di Guidalotto e Gualfredo di Bonaparte, muniti di mandato
speciale, davanti al pontefice riconoscevano di loro spontanea vo-
lontà ed espressamente, che la città di Spoleto con il suo comitato
e distretto apparteneva alla Chiesa Romana, che gli Spoletini
erano uomini fedeli ad essa, per cui le promesse, concessioni ed ob-
blighi da parte loro al Comune di Perugia erano illegali e perció
nulli e quest'ultimo rinunciava ad ogni pretesa sulla città del du-
cato. Preso atto di queste rinunce Giovanni xxII, volendo favorire
in modo speciale la città di Perugia, le concedeva che un suo citta-
dino, fedele e devoto alla Chiesa di Roma, fosse nominato podestà
o rettore di detta città.

Ma gravi limitazioni furono poste dal pontefice a questo di-
ritto dei Perugini : limitazioni che gli storici hanno in genere passa-
to sotto silenzio e che invece riducono il privilegio stesso a ben poca
cosa. Il documento di cui sopra continua in questi termini : il po-
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 21

destà di Spoleto, nominato dai Perugini pro tempore, dopo la nomina
ed il giuramento aveva, per sé e per i suoi ufficiali su Spoleto e sul
suo territorio, piena e libera giurisdizione sulle cause civili e penali
spettanti al foro spoletino nonché la custodia della città e del terri-
torio. Ma tali competenze spettavano al podestà ed ai suoi ufficiali
in nome e per conto della Chiesa di Roma, usque ad beneplacitum
Sedis apostolice et non ultra, salva sempre l'integrità dei diritti della
Chiesa e del rettore del ducato, la superiorità e la reverenza ad essi
dovute. Inoltre veniva concesso, usque ad beneplacitum dicte Sedis,
che gli Spoletini il giorno di Sant'Ercolano inviassero a Perugia, a
mezzo di nunzio speciale, su di un cavallo coperto di scarlatto, un
palio di seta di medio valore, dichiarando per bocca del nunzio
suddetto, di volta in volta, che la presentazione del palio non im-
plicava alcun diritto di Perugia su Spoleto ?9.

Il 1? giugno dello stesso 1325 Giovanni xxr: notificó al tesoriere
ed al rettore del ducato la concessione del privilegio, in merito al
quale il diletto popolo perugino si era liberamente sottomesso alla
sua volontà ?9.

Come si vede l'ostinato comportamento dei Perugini ebbe ra-
gione dei diritti della Chiesa : Giovanni xxI1 dovette cedere, anche
se a malincuore, perché le tempeste che insidiavano la navicella
di S. Pietro lo consigliavano ad una politica di benevolenza verso
chiunque lo potesse aiutare. Tuttavia le concessioni a Perugia fu-
rono piü apparenti che reali, visti i limiti che escludevano qualun-
que. competenza perugina oltre quelle espressamente citate nella
lettera apostolica. Ma i Perugini a loro volta, consapevoli della po-
sizione di forza di cui godevano in quel momento, non tennero in
alcun conto le limitazioni così chiaramente formulate e continua-
rono ad esercitare la giurisdizione su quelle terre che la Chiesa aveva
espressamente dichiarate a sè e a nessun altro soggette.

Inevitabile quindi, anche se non palese, fu il conflitto che ne
scaturì tra i primi e la seconda. Così nel dicembre del 1326 fra Mas-
seo fu mandato dal rettore in Perugia ad explorandum et sciendum,
presso certe persone fedeli alla Chiesa, quale impressione avessero
suscitato nei magistrati perugini le lettere di Giovanni xx1I, contra
eos multum didignatus, spedite nel mese di settembre e con le quali
il pontefice rimproverava al comune di aver mandato gente armata
nel ducato a compiere una spedizione punitiva contro Montefalco,
Bevagna e Trevi che si erano rifiutate di mandare propri uomini
armati nell’esercito perugino. Inoltre fra Masseo aveva avuto l’or-

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22 MARIA PECUGI FOP

dine di procurare, sempre cum quibusdam singularibus Ecclesie fide-
libus, che i Perugini non seminassero scandalo nel ducato di Spo-
leto 27. Nel marzo del 1327 accadde un grave incidente diploma-
tico : il sindaco, mandato dal Comune di Spoleto per presentare a
quello di Perugia il palio annuo, fu imprigionato e furono mala-
mente cacciati quanti erano con lui, per aver egli dichiarato, « nel
giorno più solenne di Perugia, che [gli Spoletini] mandavano il
loro palio in ricambio dei servigi ottenuti, e perché ciò il Papa
stesso voleva ...»?8. Ossia gli Spoletini avevano eseguito gli ordini
espressi nella concessione del regimen (secundum formam literarum
apostolicarum) ?°) con i quali Giovanni xxr aveva escluso in modo
inequivocabile che la presentazione del palio valesse come ricono-
scimento della signoria perugina sul Comune di Spoleto, mentre in
quella particolare circostanza i priori perugini avevano preteso che
il sindaco di Spoleto usasse la solita formula che implicava il vas-
sallaggio 3%. Il 10 marzo Pietro de la Crosecta fu mandato amba-
sciatore al papa per notificargli quest'ultimo abuso 34), ma il pon-
tefice si astenne dal reagire come probabilmente avrebbe voluto
perché gravi avvenimenti stavano maturando ed egli aveva bisogno
più che mai di sentirsi circondato da amici devoti : infatti Lodo-
vico il Bavaro stava minacciando l’Italia.

Anche nell’Italia centrale si temeva la discesa dell’imperatore
e nell’aprile del 1327 il rettore del ducato, su richiesta dei Peru-
gini, convocò il parlamento (a Perusinis requisitus fecit suum par-
lamentum) nel quale venne discussa la linea difensiva dell’intera
provincia contro Lodovico 2 ; con una lettera del 29 dello stesso
mese il papa fece appello a Perugini, Senesi, Fiorentini ed Orvietani
affinché permanessero in devozione della Sede Apostolica. Ram-
mentando ai Perugini la fedeltà e la sincera devozione proprie a loro
stessi ed ai loro antenati, papa Giovanni confidava che lo avrebbero
aiutato affinché non si compisse quell’adventum in Lombardiam
tanto temuto 33).

Gli ultimi anni del vecchio pontefice non furono sereni: causa
la lontananza della Sede pontificia, il desiderio sempre maggiore
di libertà ed indipendenza che animava i comuni accendeva conti-
nue ribellioni nelle terre della Chiesa 34. La stessa Perugia dava
sempre nuove preoccupazioni al papa perché, approfittando della
particolare posizione nei rapporti con la Chiesa, continuava la pro-
pria politica espansionistica ai danni di questa, imponendo continue
tasse ed obblighi alle comunità del ducato 35). Però, di fronte ai
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 23

pericoli che minacciavano dall'esterno i diritti della Chiesa e che
di riflesso danneggiavano i suoi interessi, il Comune di Perugia in-
terveniva a fianco delle forze pontificie, come nell’ottobre del 1333
quando i Sacconi da Pietramala, signori di Arezzo, presero Merca-
tello e Cagli, città della Chiesa. Per l’occasione, intervenuti i rap-
presentanti di tutti i comuni del ducato, si tenne un nuovo parla-
mento in Spello, su richiesta dei Perugini, al fine di costituire una
lega per homines et universas comunitates dicti Ducatus, contro gli
Aretini, i Signori di Pietramala e i loro fautori 36). Infine il 4 dicem-
bre del 1334 Giovanni xxi si spense in Avignone.

Queste sono le conclusioni che si possono trarre alla luce dei
fatti e dei documenti fin qui veduti. Durante il pontificato di Gio-
vanni xxII si assiste ad un consolidamento della politica perugina,
che il comune aveva potuto effettuare avvalendosi delle condizioni
di pericolo e di bisogno in cui versava la Chiesa. Lo stesso pontefi-
ce, per non perdere l’aiuto veramente prezioso che Perugia poteva
offrire all’interno dello Stato Pontificio e per non crearsi un nemico
di più, si trovò costretto a concedere alla città ampi privilegi e a
sopportare che continue usurpazioni avvenissero ai danni della
Chiesa e del ducato di Spoleto. Un secondo fattore della sempre
maggior preponderanza di Perugia deve riconoscersi nella sua stessa
potenza, per cui i comuni minori si lasciavano sottomettere, o ad-
dirittura lo facevano spontaneamente, alla sua giurisdizione per
trovare protezione contro i comuni vicini, la Chiesa o l'impero.

Tuttavia, accertato ormai che il comune di Perugia era consi-
derato dal papa come spettante alla Chiesa di Roma, i comuni mi-
nori, pur mutando giurisdizione, non uscivano dal patrimonio ec-
clesiastico ma, da terre immediate subiectae, divenivano di fatto
mediate subiectae alla Sede apostolica attraverso la giurisdizione
perugina, per la possibile coesistenza di rapporti feudali con signori
diversi 37).

II. — La politica di bonarietà e benevolenza di Giovanni xxii
non fu seguita che in parte dal suo successore, Benedetto x. Con
una richiesta di aiuto contro i Folignati ribelli, il 10 ottobre del 1339,
egli iniziò le sue relazioni con il comune meravigliandosi anzi con i
magistrati che il popolo di Perugia non fosse intervenuto sponta-
neamente a riparare il grave torto fatto alla Chiesa, dal momento
che esso era solito aborrire, come propri, i ribelli ed i nemici di essa 35).
Il 6 novembre il papa ordinò invece ai rettori pontifici di concedere

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24 MARIA PECUGI FOP

ogni aiuto ai Perugini nella loro lotta contro i ribelli e gli occupatori
dei beni ecclesiastici ??.

Naturalmente l'aiuto fornito dal Comune di Perugia non fu
considerato da Benedetto xii soltanto come la dimostrazione dei
devoti sentimenti perugini verso la Chiesa, ma soprattutto come
l’espressione più immediata dei legami di sudditanza che legavano i
primi alla seconda poiché, quando il 17 novembre di quello stesso
anno il pontefice notificò ufficialmente e solennemente al popolo
di Perugia la propria elezione al soglio papale inviando a Perugia
il vescovo di Assisi Corrado di Andrea ^? ed il nobile Bartolomeo
da Brescia, la lettera di cui essi erano latori era indirizzata : Nobi-
libus viris prioribus arcium nostre civitatis Perusii 4),

L'intestazione della lettera, che non lasciava dubbi circa la
posizione di Perugia quale appariva agli occhi di papa Benedetto,
non suscitó nel comune alcuna protesta e non si hanno notizie che i
Perugini reagissero ad una prima lettera, di poco precedente, in-
viata ai magistrati ed al Comune di Perugia nostris et Ecclesie Ro-
mane fidelibus. In essa, dopo un lungo preambolo in cui ricordava
di essere stato eletto per l'accordo di tutti i cardinali, il ponte-
fice proseguiva promettendo la propria piena benevolenza qualora
i Perugini avessero conservato costantemente la dovuta fedeltà
alla Chiesa *9. La fiducia in tale fedeltà venne ancora espressa in
una lettera del 24 ottobre 1336, inviata a Raimondo de Poiolis ret-
tore del ducato di Spoleto, nella quale, dopo aver ricordato quante
volte il Comune di Perugia, incurante di spese e pericoli, era accorso
in aiuto della Chiesa, confidava che i Perugini stessi non avrebbero
dimenticato (nec omittant volumus) quanto avevano fatto per la Sede
Apostolica nei momenti di bisogno e che non avrebbero sopportato,
senza reagire, le nuove offese che alla stessa si recavano ancora 45.
Il 10 marzo del 1337 il papa rivolse un ulteriore appello ai Perugini :
certo della sincera devozione e reverenza, radicate ormai nel loro
cuore, il pontefice confidava che essi non avrebbero sopportato di
vedere la Chiesa ulteriormente oltraggiata. Poiché infatti Cagli,
Mercatello ed altre località ad nos ef memoratam Ecclesiam pertinentes
erano state occupate da Pier Sacconi da Pietramala, Benedetto xir
si aspettava che i Perugini, ex pactis habitis super hoc, avrebbero
fatto restituire le terre usurpate ; ed avendo saputo che tra il Comune
di Perugia ed il suddetto Sacconi erano intercorsi degli accordi per
la restituzione delle terre al rettore della Marca, il pontefice pre-
gava i Perugini di volersi mostrare pronti a custodire e difendere i
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 25

beni della Chiesa, prestando in ciò aiuto allo stesso rettore 44. Il 25
aprile di quell'anno il consiglio generale di Arezzo stipulava i capi-
toli della pace da trattare con Firenze e Perugia in base ai quali i
signori di Pietramala, anziché restituirle alla Chiesa, cedevano Mer-
catello e Cagli, alle quali avevano aggiunto Foiano, Lucignano,
Monte S. Savino ed Anghiari, alla giurisdizione di Perugia 49.
Perugia stessa era cosi fonte di preoccupazione per Benedetto x11
dal momento che il comune non desisteva dai suoi disegni di al-
largare continuamente i confini del proprio contado non curandosi,
nell'opera di espansione, di ledere i diritti della Chiesa. Il 30 aprile
papa Benedetto richiamò all'ordine i Perugini, rimproverandoli per
aver invaso alcune terre del ducato e per aver costretto le popola-
zioni al pagamento. di tributi sebbene non vi fosse alcun obbligo
da parte loro in tal senso, dal momento che terre e popolazioni in
questione erano sottoposte al diretto dominio della Chiesa. Inoltre,
poiché dette popolazioni non avevano obbedito agli ufficiali mandati
dal comune, sicut nec obedire tenebantur, l’esercito perugino si era
abbandonato ad eccessi di ogni sorta, more hostili et predonico. Il
pontefice terminava quindi la sua lettera, indirizzata Perusinis ...
Ecclesie Romane fidelibus, minacciando di sottoporre il comune
alle gravi pene comminate dalle costituzioni di Giovanni xxii con-
tro coloro che avessero portato pregiudizio ai diritti della Chiesa 49.
Invece i soprusi dei Perugini durarono ancora a lungo, atti-
rando così le minacce del pontefice il quale, tuttavia, era costretto
ad una politica di severità e di blandizie alternate, non potendo esi-
mersi completamente dal seguire la politica di Giovanni xxi: dal
momento che la Chiesa aveva ancora bisogno di Perugia. Così il
17 settembre, sempre del 1337, Benedetto xm dovette domandare
ai Perugini di interporre i loro buoni uffici presso Nerio della Fag-
giola e Branchino Brancaleoni e di indurli a restituire le terre della
Chiesa che essi tenevano indebitamente occupate 4. Il Comune di
Perugia fu poi chiamato a difendere Canhardus de Sabalhano, ret-
tore della Marca Anconitana, messo in difficoltà dai ribelli della
provincia (11 marzo 1338) ^9, mentre il 21 maggio 1339 papa Be-
nedetto si rivolgeva ai Perugini per metter fine al miserabile stato
ed alle discordie che dilaniavano la città di Spoleto ^9». Il 22 di-
cembre di quell’anno fu spedita ai magistrati perugini una lettera
nella quale il pontefice, pur ricordando il privilegio con cui il suo
predecessore aveva concesso il regimen su Spoleto, si lamentava
col comune perchè Baglione Baglioni e suo fratello Filippuccio

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26 MARIA PECUGI FOP

avevano usurpato la podesteria di Spello spettante invece di pieno
diritto al papa ed alla Chiesa; i quali ancora la detenevano contro
le costituzioni del cardinal Bertrando (di Deux), riformatore depu-
tato dal pontefice nelle terre immediatamente sottoposte alla Chiesa.
Con la stessa lettera il papa esortava i Perugini affinché si fossero
adoperati con ogni mezzo per convincere i due fratelli a lasciare
subito liberi i possedimenti ecclesiastici 59),

La situazione nello Stato della Chiesa era frattanto penosa.
Approfittando della lontananza della Sede Apostolica, comuni e
signori continuavano a spadroneggiare nelle terre pontificie, com-
battendosi fra loro per la conquista della supremazia, incuranti della
Chiesa e dei suoi diritti. Si è già visto che i della Faggiola ed i Bran-
caleoni di Casteldurante (l’odierna Urbania) avevano invaso alcune
terre della Marca ; Spoleto, che non trovava pace nel suo seno, era
retta da magistrati perugini ; lo stesso Comune di Perugia si espan-
deva sempre più pericolosamente a danno della Chiesa, imponendosi
su mezzo ducato, da Montefalco a Gubbio; Spello, caduta prima
nelle mani dei fratelli Baglioni, era passata sotto la giurisdizione
del Comune di Perugia 54).

La Chiesa cercava di difendere i suoi diritti minacciando le più
gravi pene spirituali contro i ribelli, ma con Perugia il pontefice non
poteva mostrarsi apertamente ostile. Città che mirava alla piena
indipendenza, continua minaccia per i possedimenti ecclesiastici
nell'Umbria, Perugia rappresentava tuttavia l’unica alleata di cui
Benedetto xii potesse disporre validamente nel cuore dell’Italia
centrale contro i ribelli ed in particolare contro i Malatesta che
avevano occupato le città della Romagna 52). Tuttavia anche contro
le usurpazioni dei Perugini il pontefice cercò di rimediare nell’unico
modo possibile, facendo sì che le terre conquistate dal comune non
uscissero dal patrimonio della Chiesa. Il 30 aprile del 1340. Bene-
detto xir deputava Raimbaldo de Montebriono quale rettore della
città di Perugia, per cui quest’ultima veniva confermata nella sua
posizione di città immediatamente soggetta alla Sede Apostolica 55.
Ai Perugini fu ordinato non solo di obbedire al rettore, ma anche
di assisterlo e favorirlo con ogni mezzo nell'esercizio del suo ufficio.

La situazione dello Stato della Chiesa non piacque certamente
a Clemente vi, succeduto il 7 maggio 1342 a Benedetto xir, più di
quanto fosse piaciuta al suo predecessore. Già il 17 novembre dello
stesso anno il nuovo pontefice aveva aperto con un rimprovero le
relazioni col Comune di Perugia, avendo saputo, non senza grande
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 27

meraviglia, che i Perugini stavano costruendo una rocham seu forti-
licium nella città di Spoleto, la quale era, come essi ben sapevano,
immediatamente soggetta alla Sede Apostolica. Poiché ció arrecava
non solo offesa, ma anche pregiudizio e al sommo pontefice e alla
Chiesa, il comune veniva esortato affinché l'opera non fosse con-
tinuata e quello che già era stato fatto venisse distrutto. Inoltre
poiché la Chiesa desiderava la pace, la concordia e l'unità tra in-
trinseci e fuorusciti spoletini per evitare gli eccidi continui che una
parte inferiva all'altra, i Perugini erano pregati ed esortati affinché
non ostacolassero tale riconciliazione ma dessero anzi il loro aiuto 59.
Dopo il rimprovero, la preghiera : l'11 ottobre del 1345 il pontefice
si rivolse ai magistrati della città pregandoli di intervenire, assieme
aliis nostris et Ecclesie Romane fidelibus, contro i Tudertini che ave-
vano occupato Sangemini 55),

Nel 1346 accadde un fortunato avvenimento per la Chiesa : il 22
aprile Carlo, principe di Moravia e figlio di Giovanni di Baviera, giu-
rava al papa che, qualora fosse stato eletto imperatore, non avrebbe
occupato le terre della Chiesa. Questa affermazione comportava
dunque la rinuncia delle mire imperiali sullo Stato Pontificio e di
conseguenza cadeva per il papa la prima e la più grave delle preoc-
cupazioni. Il 19 settembre Carlo, eletto nel frattempo re di Boemia
e di Germania, rinnovava la sua promessa °°),

Tranquillizzato da questa parte, Clemente vi poteva ora dedi-
carsi completamente ai problemi dello Stato della Chiesa ; il 21 lu-
glio dello stesso anno la costituzione emanata da Clemente v con-
tro gli invasori del Patrimonio di S. Pietro fu da lui estesa contro
chiunque avesse osato acquistare o conquistare le terre pontificie,
ovunque situate 5”. Tuttavia il provvedimento non si dimostrò
sufficiente a scoraggiare nuovi tentativi di conquiste dal momento
che anche Giovanni di Vico, prefetto di Roma, iniziò in questo pe-
riodo la sua opera di espansione a danno della Chiesa. A combatterlo
fu deputato Bernardo vescovo di Viterbo ed i Perugini, chiamati
per l'occasione filii benedicionis et gracie, con una lettera del 22
agosto furono invitati, un'altra volta, a prestargli ogni aiuto 58).

Ma stabilizzatisi ormai nel modo migliore i rapporti con il po-
tere imperiale, la Chiesa prese a tutelare i propri diritti in maniera
piü attenta. Il 30 novembre del 1348 il cardinal Annibaldo Gaetani,
vescovo Tuscolano, venne eletto legato pontificio per la Tuscia, la
Marca Anconitana, il ducato di Spoleto, la Campagna e la Marit-
tima, per le città di Perugia, Todi, Narni, Rieti e Terni, nonché

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per tutte le altre città e province Romane Ecclesie temporaliter su-
biectas ; regioni e città vennero invitate ad obbedirgli in tutto e per
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Il 1° maggio del 1348 Aimerico di Pestello era stato nominato
da Clemente vi rettore del ducato e della città di Perugia 69 ; po-
chi mesi dopo (1° marzo 1349) Giovanni Scafredi fu chiamato a so-
stituire Aimerico nella stessa carica $9. Il 28 marzo il Comune di
Perugia fu invitato, insieme con Firenze, Pisa, Siena, Arezzo e il
Doge di Venezia, a soccorrere Astorgio di Duraforte, rettore della
Marca, contro la ribelle Faenza 92. L'anno dopo Clemente vi scrisse
una lettera di protesta ai Perugini che avevano costruito quoddam
castrum nel contado di Gualdo ; quindi, poiché essi si erano sempre
studiati di mantenere l’onore della Chiesa — sono le parole del
papa — ed affinché persistessero nel dimostrarsi sinceramente de-
voti e fedeli, venivano esortati a conservare integri i di lei diritti 63),

L'aspetto più interessante della politica della Chiesa, in questo
scorcio di secolo, promana dai mutati rapporti tra il potere papale
e quello imperiale.

Nel 1346, deposto Lodovico il Bavaro dagli elettori tedeschi,
Carlo principe di Lussemburgo, marchese di Moravia, figlio primo-
genito del re di Boemia, aveva presentato la propria candidatura
al trono e si era assicurato l’appoggio della Chiesa giurando a Cle-
mente vi che qualora fosse stato eletto imperatore, non avrebbe
mai avanzato alcuna pretesa sulle terre della Chiesa, fossero esse
situate in Italia o in qualunque altro luogo 5^. Con questo atto si
concludeva, almeno per il momento, la lotta papato-impero per cui
il pontefice, sentendosi non solo sollevato dalla paura di continue
minacce da parte dell’imperatore, ma addirittura da esso ‘appog-
giato, poté dedicarsi completamente e tranquillamente agli interessi
temporali della Chiesa. Perciò quando il progetto di una piena re-
staurazione del potere pontificio cominciò a delinearsi nel comporta-
mento del papa, il Comune di Perugia prese a temere seriamente di
dover perdere, all'improvviso, quella posizione di preminenza e di
autonomia che aveva acquistato a prezzo di lunghe lotte e di labo-
riosi trattati.

La prima conferma della nuova linea di condotta del papa si
ebbe nel luglio di quello stesso 1346 quando, recatisi in Avignone
il conte Bernardino di Marsciano ed un nobile romano per la solu-
zione di una controversia, Clemente vi dichiarò agli ambasciator.
perugini che la loro città era immediatamente sottoposta alla Chiesa
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 29

I Perugini, consapevoli che ormai siffatte affermazioni da parte
del papa non erano piü da considerarsi come una conferma astratta
del dominio temporale sulla città, reagirono violentemente. Gli
ambasciatori Ugolino di Pellolo, Pellino di Tobaldo, Andrea di Ra-
niere Vibi, Giovanni di Cola, sospettati dai magistrati di avere con
il loro comportamento provocato una siffatta convinzione nel papa,
al loro ritorno da Avignone furono rinchiusi nell'abitazione dei priori
e sottoposti ad inchiesta, mentre una specie di sciopero generale
veniva proclamato nella città, ordinandosi che nessuno osasse aprire
la propria bottega finché non fossero stati scoperti coloro che ave-
vano offerto al pontefice il motivo per una simile affermazione $5.

Nel 1347 Carlo, eletto nel frattempo imperatore, con diploma
del 26 aprile, interposito iureiurando, confermò tutti i privilegi con-
cessi alla Chiesa dai suoi predecessori 99 e annunciò la sua discesa
in Italia per essere incoronato a Roma.

L'alleanza tra Clemente vi e Carlo 1v mise in allarme l’Italia
centrale : Firenze e Perugia, di fronte al pericolo comune, stimarono
saggio collegarsi invitando nella lega anche Siena ed altri comuni
di Toscana 6). La discesa di Carlo 1v era temuta dai comuni toscani
perché, essendo essi sottoposti alla giurisdizione imperiale, avreb-
bero dovuto sborsare fior di quattrini all'imperatore per mantenere
la propria posizione di libertà ed autonomia ; era pericolosa per
il Comune di Perugia in quanto Clemente vi si sarebbe valso del-
l’alleanza con l’imperatore per ottenere ogni possibile aiuto nell’opera
di riconquista dei comuni ribelli.

Tuttavia, poiché nel 1350 Carlo rv non era ancora giunto in
Italia, il pontefice dové nuovamente rivolgersi ai Perugini il 1?
aprile, per chiedere aiuto contro gli occupatori di Faenza. Ma que-
sta volta egli si trovó di fronte alla freddezza ed alla diffidenza
dei Perugini, timorosi che il loro intervento avrebbe significato,
agli occhi della Chiesa, una ulteriore prova della loro posizione di
popolo sottomesso. Cosi Clemente vr, per convincerli, dovette ri-
volgersi ai buoni uffici di uomini stimati quali Andrea di Raniere
Vibi, Giovanni da Piscina, Sassuccio di Jacopo, Leggieri di Nico-
luccio di Andreotto e Cecchino Vincioli perchè facessero opera di
persuasione presso i propri concittadini 59,

Alla metà del secolo xiv si profila dunque la prima seria minac-
cia alla potenza del Comune di Perugia, sia per la politica di ricon-
quista del pontefice, sia per il possibile intervento di Carlo 1v al suo
fianco, sia infine per l’arrivo delle compagnie di ventura nel ducato.

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30 MARIA PECUGI FOP

Tuttavia, poiché Perugia era ancora l'unica città dell'Italia centrale
che potesse validamente aiutare la Chiesa, i pontefici per diversi
anni ancora dovettero rassegnarsi a vederla libera e di fatto auto-
noma finché, essendo in grado di rinunciare al suo aiuto ed aven-
dola circondata di terre e forze pontificie, tutte tese alla sua ricon-
quista, la costrinsero a capitolare.

NOTE

!) L. Fuwr, Eretici e ribelli nel' Umbria dal 1320 al 1330, sudiati su do-
cumenti inediti dell’ Archivio Segreto Vaticano, in BDSPU, mi (1897), p.;:201 ;
G. FrancescHINI, La situazione politica nelle Marche alla venuta del card.
E. Albornoz, in « Studia Picena », xxvI (1959), pp. 20 e segg.

?) G. MoLLaT, Jean XXII (1316-1334) — Lettres communes (Paris, Fon-
temoing, 1904-1920 vol. 1, p. 489, n. 5435).

°) A. FORTINI, Assisi nel Medio Evo, (Roma, Ed. « Roma », 1933), p. 273.

*) Regesto e documenti di storia perugina ..., in « Archivio Storico Ita-
liano », xvi (1851), parte rr, p. 491 ; Perugia, Arch. Storico del Comune, Bolle,
brevi e diplomi, Sec. XIV, perg. 9 (cass. 3). Cfr. App., n. 1. Tutte le pergamene
consultate in questa serie sono regestate da G. BeLFORTI, Indice di tutte le
Bolle e Brevi pontifici ..., (Perugia, Bibl. Com. Augusta, Mss. 1834-1835).
Una copia dell’opera, più completa, esiste anche presso l'Archivio di Stato
di Perugia.

*) Regesto e documenti, op. cit., p. 492; Perugia, Arch. Storico del Co-
mune, Bolle, brevi ecc. perg. 29 (cass. 5). Cfr. App., n. 2.

*) F. Guanpanasst, Storia di Perugia (Perugia, Donnini, 1933), vol. I,
p. 168.

") A. MARIOTTI, Saggio di memorie storiche di Perugia (Perugia, Baduel,
1806), vol. 1, p. 72.

*) Regesto e documenti, op. cit., p. 493 ; Perugia, Arch. Storico del Comune,
Bolle, brevi ecc., perg. 44 15 (cass. 5). Cfr. App., n. 3.

°) FRANCESCHINI, 0p. cit., pp. 25 e segg.

") Regesto e documenti, op. cit., p. 493; Perugia, Arch. Storico del Co-
mune, Bolle, brevi ecc., perg. 45 (cass. 5). Cfr. App., n. 4.

11) Regesto e documenti, op. cit., p. 494; Perugia, Arch. Storico del Co-
mune, Bolle, brevi ecc., perg. 46 (cass. 5). Cfr. App., n. 5.

1°) GUARDABASSI, op. cit., p. 169.

?) Regesto e documenti, op. cit., p. 492; Perugia, Arch. Storico del Co-
mune, Bolle, brevi ecc., perg. 51 (cass. 6). Cfr. App., n. 6.

^) C. GRAZIANI, Cronaca detta Diario del Graziani, in « Archivio Storico
Italiano », xv1 (1851), parte 1, p. 90.

1) MOLLAT, op. cit., vol. rv (fasc. 9), p. 347 (n. 18165).
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 31

16) Arch. Segreto Vaticano, A. A. Instrum. Arm. C, n. 350; MOLLAT,
op. cit., vol. v, p. 208 (n. 20457).

") Roma, Arch. di Stato, Pergamene del sec. XIV, perg. n. 6. L’atto è
stato pubblicato da E. LoEvinson, Intorno alla sottomissione di Spoleto a
Perugia nel 1324, in « Archivio Storico Italiano », xiu (1894), pp. 98-104.
La data del documento viene stabilita dal Sansi al 22 aprile: A. SANSI, Sto-
ria del Comune di Spoleto (Foligno, Sgariglia, 1879-1886), p. 199.

18) L. Fuwzi, I Registri del Ducato di Spoleto, in BDSPU, 11 (1897), pp. 521
e segg.

?) MOLLAT, op. cit., vol. v, p. 211 (n. 20498).

2) Arch. Segreto Vaticano, A.A. Instrum. Arm. C, n. 349; MOLLAT,
op. cit., vol.v, p. 211 (n. 20498). Cfr. App., n. 7.

?) Perugia, Arch. Storico del Comune, Bolle, brevi ecc., perg. 53 (Cass. 6) ;
MOLLAT, op. cit., vol v, p. 217 (n. 20600).

?) Arch. Segreto Vaticano, A.A. Instrum., n. 351. Brevemente regestato
da MOLLAT, op. cit., vol ix Arm. C, p. 456. A questo punto non sarà inutile
un breve cenno che illustri le funzioni del rettore e quindi atto a chiarire, a
proposito di Giovanni Amiel, la su riportata espressione sedens pro tribunali
ecc. Secondo l'ottimo studio di G. ERMINI (I Rettori provinciali dello Stato
della Chiesa, da Innocenzo III all'Albornoz, in « Rivista di storia del diritto
italiano », 1v (1931), pp. 29-104, rettore era colui che rappresentava la persona
del pontefice nella provincia e al quale erano delegati i poteri di governo.
Questi ultimi erano costituiti, in generale, dalle facoltà di disporre, ordinare,
statuire, correggere, punire, definire ecc. « Quella peró di cui si fa sempre una
esplicita menzione nelle lettere papali di rettoria, è la facoltà conferita al Ret-
tore di punire in nome del pontefice coloro che eventualmente contravvengono
ai suoi ordini ». Nella formula dell’elezione, che si mantenne pressoché inal-
terata nei secoli xI11-xIv, il pontefice ratificava, fin da quel momento, le sen-
tenze e le pene temporali comminate dal rettore (senfentias sive poenas quas
temporaliter rite feceris... ratas habebimus et faciemus... usque ad satis-
factionem condignam inviolabiliter observari) ; «si tratta dunque di un vero
mandato a giudicare, ove il mandante pontefice promette di riconoscere come
fornite di forza esecutiva le sentenze che il Rettore pronuncerà ». Inoltre,
per aumentare la forza dell'autorità provinciale compromessa dalla potenza
dei comuni e delle signorie, i pontefici introdussero la formula : non obstan-
tibus quibuscumque privilegiis vel indulgentiis atta a garantire l'esecuzione
delle sentenze, a meno che si facesse nella lettera stessa esplicita menzione
dei privilegi che dovevano essere mantenuti in vigore. Naturalmente la let-
tera di nomina non si esauriva qui ; basterà però aggiungere che « avvertito ...
il nuovo eletto della sua nomina, altro annunzio simile partiva dalla Sede
Apostolica diretto ai provinciali; è la cosi detta lettera exortatoria ac moni-
toria o super obedientia prestanda indirizzata ai fedeli di tutta la provincia ... . »
e che, nel caso del Comune di Perugia, non sempre era accolta col dovuto ri-

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spetto. Di solito, appena giunto nella sua nuova sede, il rettore convocava
il parlamentum per mettersi in contatto con i propri sudditi.

È, questa del parlamentum, una ulteriore prova di Perugia come città
immediate subiecta alla Chiesa, stato di fatto del quale e l’una e l’altra erano
ben consapevoli. Sempre l’ErMINI (I Parlamenti dello Stato della Chiesa dalle
origini al periodo albornoziano, in « Rivista di storia del diritto italiano », 111
(1930), pp. 260-319 e 407-467) ci insegna che il parlamentum provintiae era
l'assemblea di tutti coloro che erano soggetti alla giurisdizione del rettore
come tale, che l’intervenire ad esso era considerato, naturalmente, come atto
di soggezione alla Chiesa. Comuni e feudatari erano obbligati a venire al par-
lamento ogni volta che vi erano chiamati; «vi vengono di fatto per impe-
gnarsi ad eseguire gli ordini che il rettore darà, assumeranno tale impegno
solo però se questi ordini non ledano o contravvengano in qualche modo a
quei diritti che la Chiesa ha loro riconosciuti e sui quali si fonda la loro sud-
ditanza ed obbedienza ».

^) Fuur, 7 Registri del Ducato ecc., cit., p. 150.

^) Il testo ha esattamente: Possent merum el mixium imperium om-
nemque iurisdictionem libere exercere ...

2°) Il testo ha: Protestatione per dictum sindicum, qualibet vice qua per
eum contigerit, prefato communi vestro huiusmodi pallium presentari in pre-
sentia tabellionis publici solemniter et publice facienda, quod nullum ius in ci-
vitale predicta vobis propterea acquiratur, nec per hoc vobis subiciatur in ali-
quo nec in ea ob hoc possitis aliquod vindicare... Perugia, Arch. Storico del
Comune, Bolle, brevi ecc., perg. 62 V5 (cass. 6); A. THEINER, Codex diploma-
licus dominii temporalis S. Sedis (Romae, Typis Vaticanis, 1861-1862), vol. I,
pp. 937 e segg. (n. pccxIv); MOLLAT, op. cit., vol. v, p. 372 (n. 22296).

?*) Arch. Segreto Vaticano, Reg. di G. XXII, Sec. anno IX, Reg. vat.
113, c. 592. Cfr. App., n. 8.

") FuMI, I Registri del Ducato ecc., cil., p. 539.

2) GRAZIANI, Op. cit., p. 67.

7») FumMI, 7 Registri del Ducato ecc., cit., p. 541.

?) SANSI, op. cit., p. 200.

©) Fuur, 7 Registri del Ducato ecc., cit., p. 541.

^) Fuwr, I Registri del Ducato ecc., in BDSPU, vi (1900), D.:39.

*) Arch. Segreto Vaticano, Reg. di G. XXII, Sec. anno, Reg. vat. 114,
C.:319.

*) Regesto e documenti, op. cit., p. 506 ; Perugia, Arch. Storico del Co-
mune, Bolle, brevi ecc., perg. 92 (cass. 7). Cfr. App., n. 9.

*) In tale periodo il Comune di Perugia giunse ad imprigionare Odo-
freduccio da Spello, podestà di Montefalco, pro quibusdam sibi impositis enor-
mibus e che certo si era rifiutato di pagare. FumI, 7 Registri del Ducato ecc.,
cit., in BDSPU, vi (1900), p. 57.
°°) Fumi, I Registri del Ducato ecc., cit., p. 59.
IL COMUNE DI PERUGIA E LA. CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 33

") L. GansHor, Les rélalions féodo-vassaliques aux temps post-caro-
lingiens, in I problemi comuni dell' Europa post-carolingia (Spoleto, Centro
di Studi alto-medioevali, 1955), pp. 55 e segg. Una conferma di questo stato
di cose si può trovare in Consigli e Riformanze, n. 23 (Arch. Storico del Co-
mune) dove, a c. 63 r., Città di Castello è definita immediate subiecta com-
muni el populo Perusinis.

*) J. M. VipaL, Benoit XII (1334-1342). Lettres closes et patentes (Pa-
ris, Fontemoing, 1913), fasc. I, col. 152 (n. 605).

*?) VIDAL, Op. cit., fasc. II, col. 311 (nn. 1138-1140); E. DÉPREZ, Re-
cueil de documents ponliflcaux etc., in Quellen und Forschungen aus italieni-
schen Archives und Bibliotheken, 111 (1900), parte 11, p. 264.

‘°) Il nome del vescovo si desume da EuBEL, op. cit., vol. 1, p. 113.

*) Regesto e documenti, op. cit., p. 507. Perugia, Arch. Storico del Co-
mune, Bolle, brevi ecc., perg. 104 (cass. 7). Cfr. App., n. 11.

*) Regesto e documenti, op. cit., p. 507. Perugia, Arch. Storico del Co-
mune, Bolle, brevi ecc., perg. 106 (cass. 7). Cfr. App., n. 10.

*) Arch, Segreto Vaticano, Reg. di B. XII, Reg. vat. 131, c. cccx.

*) Regesto e documenti, op. cit., p. 509; Perugia, Arch. Storico del
Comune, Bolle, brevi ecc., perg. 111 (cass. 7); THEINER, Op. cit., vol. 11,
pp. 18-19 (n. Xxxv) ; VIDAL, op. cit., fasc. 11, col. 357 (n. 1251), DÉPREZ, op.
cit., p. 264.

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Istromenti e contratti diversi,
Sec. XIV, perg. 175 (cass. 33).

^*) THEINER, 0p. cit., vol. 11, pp. 19-20 (n. xxxvi) ; VIDAL, Op. cit., fasc.
II, col. 376 (n. 1298).

17) VIDAL, 0p. cit., fasc. 11, col. 438 (n. 1518).

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Bolle, brevi ecc., perg. 115 (cass.
7) ; VIDAL, op. cil., fasc. 11, col. 500 (n. 1714); DÉPREZ, op. cit., p. 265. Cfr.
ADD n. 12-

**) VIDAL, op. cit., fasc. It, col. 693 (n. 2372); DÉPREZ, op. cil., p. 266.

5°) Perugia, Arch. Storico del Comune, Bolle, brevi ecc., perg. 129 (cass.
8). Interamente trascritta in Regesto e documenti, op. cit., pp. 522-524.

1) Fuwr, I Registri del Ducato ecc., op. cit., p. 239. Il testo ha: Domp.

Bonore... pro expensis factis... stando el redeundo Perusium... pro am-
baxiata facienda comuni Perusii de mandato... d. Johannis de Amelio...
pro reducendo castrum Spelli ad pristinam libertatem, cum iam. .. fuisset in

potestatem ipsum comune electum. . .

3) Il rettore della Marca, Giovanni di Riparia, si rivolse al pontefice
perché chiedesse aiuto ai Perugini. VIDAL, op. cit., fasc. rv, col. 73 (n. 2835) ;
Regesto e documenti, op. cit., p. 521; Perugia, Arch. Storico del Comune,
Bolle, brevi ecc., perg. 124 (cass. 8).

55) VIDAL, Op. cit., fasc. Iv, col. 89 (n. 2885).
5) Perugia, Arch. Storico del Comune, Bolle, brevi, ecc., perg. 134 (cass. 8).


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5) E. DÉPREZz-G. MorLar, Clément VI (1342-1352). Lettres closes, pa-
tentes et curiales etc. (Paris, De Boccard, 1960), vol. 1, p. 99 (n. 788).

56) WEILAND, 0p. ci., pp. 12 e segg.

5) THEINER, op. cit., vol. 11, pp. 164-165 (n. crxir).

58) Regesto e documenti, op. cit., p. 533; DéPREZ-MOLLAT, op. cit., vol. 1,
p. 148; Perugia, Arch. Storico del Comune, Bolle, brevi ecc., pergg. 143 e
148 (cass. 8). Cfr. App., nn. 13 e 14.

59) DÉPREZ-MOLLAT, op. cit., vol. 1, pp. 238 (n. 1758) e 242 (n. 1802).

so) Ibidem, vol. 11, p. 460 (n. 3839).

1) Ibidem, vol. 11, p. 518 (nn. 4074 e 4076).

62) Ibidem, vol. 111, p. 70 (n. 4447).

3) Regesto e documenti, op. cit., p. 535; Perugia, Arch. Storico del Co-
mune, Bolle, brevi ecc., perg. 163 (cass. 8). Cfr. App., n. 15.

*) WEILAND, 0p. cit., pp. 12 e segg. ; LÙNIG, op. cit., vol. II, coll. 767-
774 (n. XLIV).

$5) PELLINI, op. cit., 1, p. 569. Nell'Arch. Storico del Comune di Perugia,
esiste, nella Miscellanea n. 23 (cc. 1 r. e segg.), un estratto delle Riformanze
del comune, per il 1346, intitolato : Permissiones factas et fideiussiones datas
per dominum Andream de Montubiano, dominum Ugolinum Pelloli, Pellinum
domini Trebaldi, Iohannem Cole olim ambaxiatores communis Perusii ad
Romanam Curiam.

8) WEILAND, op. cit., pp. 116 e segg.; LUùNIG, op. cit., coll. 773-782
(n. XLV).

5) T. MommsEn, Italienische Analekten zur Reichgeschichte des 14. Jahr.
(1310-1378) (Stuttgart, Hiersemann, 1952), p. 113. In questa occasione il
fiorentino Pietro di Guccio fu mandato a Volterra per sollecitare l’adesione
anche di detta città alla.lega.

*) DÉPREZ-MOLLAT, op. cit., vol. 111, p. 71 (n. 4457).
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 35

CaAPrTOLO III

IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA
DURANTE LA LEGAZIONE DEL CARDINALE ALBORNOZ

I — La prima legazione dell’ Albornoz. La minaccia del Visconti — La pace
di Sarzana del 1353 — Posizione di Perugia a tale data — Il vescovo di
Ferrara eletto rettore di Perugia : reazione dei Perugini — Il legato giunge
a Perugia ; rapporti tra il cardinale e la città — Prime conquiste dell’ Al-
bornoz in Umbria — La discesa e l'incoronazione di Carlo IV — Il Comune
di Perugia e Carlo IV — Nuovo assetto dello Stato della Chiesa.

II — La seconda legazione dell’ Albornoz. La guerra con Siena — L’arbitrato
del vicario generale — Consolidamento della giurisdizione pontificia nello
Stato della Chiesa — La congiura dei nobili perugini del 1361 — La lega
contro i venturieri — La battaglia di S. Mariano — Il processo contro
Alberto Sterz — La battaglia di Brufa : cause e conseguenze — Fine della
supremazia perugina nel ducato di Spoleto — Il ritorno del pontefice a
Roma e morte del legato — Posizione giuridica di Perugia nel periodo
dell’ Albornoz.

I. — Nel 1350 si profilava all’orizzonte anche la minaccia dell'ar-
civescovo di Milano, chiamato nell'Italia centrale per i fatti di Bo-
logna.

Giova ricordare brevemente che nel 1337 Taddeo Pepoli era
stato creato dal popolo signore di quella città ; il papa, al quale la
cosa non era piaciuta affatto, lo costrinse invece ad accettare il po-
tere dalle sue mani, sotto forma di vicariato. Peró nel 1350, per pre-
venire i disegni del Visconti che considerava Bologna la porta d'in-
gresso per l'Italia centrale, Clemente vi deputó Astorgio di Du-
raforte, rettore della Marca, alla riconquista della città (compito
assegnato poi all'Albornoz, per la manifesta incapacità del rettore:
a portare a termine l’impresa). I figli di Taddeo, Giovanni e Giacomo,
stretti dai nemici personali e dal papa, non sapevano a quale partito
attenersi. Nella tema di un colpo di testa da parte loro, Firenze
li aveva indotti a mettere Bologna sotto la giurisdizione dei Comuni
di Firenze Perugia e Siena, finché Astorgio non avesse licenziato
l’esercito con il quale minacciava di marciare sulla città. Ma il ret-
tore non aveva accettato il compromesso ed i Pepoli, non avendo
altro mezzo di difesa, si erano dati a Giovanni Visconti. L'espansione
di quest'ultimo in Lombardia ed il fatto di averlo ora alle porte di
36 MARIA PECUGI FOP

casa, preoccupó non poco i comuni guelfi dell'Italia centrale. Firenze
si affrettava ad avvertire il pontefice di essersi collegata con Perugia
e con Siena contro il pericolo comune ed aggiungeva che gli alleati
si erano rivolti a lui perché facesse intervenire nella lega anche i
signori di Verona e di Padova, il marchese di Ferrara e gli altri suoi
seguaci di Toscana e Lombardia ?. Nelle istruzioni date dal Co-
mune di Firenze ai propri ambasciatori presenti al congresso di Arezzo,
al quale erano intervenuti i rappresentanti delle città che volevano
confederarsi « contra ogni signore o tyranno, o altri che volesse tur-
bare od occupare la libertà o stato et reggimento di detti collegati »,
fra le altre cose si puó leggere : « Di necessità ci pare che detta am-
basciata si mandi [al pontefice], acciò che ’1 signore nostro messer
lo Papa non avesse materia di fare descendere in Ytalia signore
oltramontano, siccome per sue lettere duplicate n’accennò quasi
con minacce... la qual discesa di signore sarebbe final distructione
et morte di Parte guelfa et di libertà di Toscana . . . »?.

Ma nonostante la lega, nell'autunno del 1351 la gente del Vi-
sconti era nell’Umbria ; alleatasi con Giovanni Cantuccio de’ Ga-
brielli, signore di Gubbio, dal 15 al 20 novembre si diede a saccheg-
giare il contado perugino, predando Montelabate, la Fratta e San-
sepolcro. Come se non bastasse, il 26 di quel mese Pietro Saccone
dei Tarlati, alleatosi a sua volta con l’arcivescovo, entrò in Sanse-
polero « con voluntà de gli Borghegiani » 5. Da qui passò ad Anghiari
togliendola alla giurisdizione di Perugia e il 12 dicembre aveva nelle
sue mani Castel Perugino, Pieve S. Stefano e Caprese. Verso la fine
del 1351 anche Orvieto passò alla signoria viscontea : nel mese di
aprile il Comune di Perugia era stato chiamato a far da mediatore
tra Benedetto di Buonconte Monaldeschi, signore della città, ed i
fuorusciti orvietani. La mediazione si era conclusa, il giorno 26, con
la sottomissione della città al Comune di Perugia, la cui supremazia
ebbe però breve vita, perché gli Orvietani cacciarono gli ufficiali
perugini e vi chiamarono le genti dell’arcivescovo stimando forse
che quest’ultimo, per la sua lontananza, sarebbe stato tenuto più
facilmente a bada ^.

Nel febbraio del 1352 Bartolomeo Casali, signore di Cortona,
dava una mano a Pier Saccone contro Perugia, devastando il terri-
torio di Chiusi. A peggiorare la situazione giungevano più insistenti
le voci di un prossimo arrivo di Carlo rv in Italia ; tuttavia, poiché
in quel momento l’arcivescovo di Milano incuteva veramente paura,
i comuni toscani erano disposti a scegliere il male minore scendendo IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 37

immediatamente a patti con l'imperatore piuttosto che cadere nelle
mani del Visconti. Firenze cominció a pressare Perugia perché si
collegasse e firmasse un trattato con Enrico di Sessa, vicecancel-
liere e legato dell’imperatore 5) ; il 14 aprile, facendo seguito ad una
lettera spedita a Perugia appena il giorno prima, Firenze rinnovava
le offerte di confederarsi e di accogliere nella lega anche Siena, per-
ché solo nell'unione dei comuni era la salvezza della parte guelfa
contro le mire dell'arcivescovo 9. L'8 maggio i Fiorentini avverti-
rono i Perugini di aver stabilito per il 5 giugno la ratifica dei patti
tra Enrico ed i Comuni di Firenze e Perugia. Lo stesso giorno i Fio-
rentini comunicarono ai Senesi che il delegato perugino si era accor-
dato con Enrico e che i suoi magistrati avevano già eletto i rappresen-
tanti del comune da mandare a Carlo. Anche i Senesi furono quindi
invitati a fare altrettanto, affinché gli ambasciatori delle tre città
si presentassero insieme all'imperatore per chiedere la sua imme-
diata presenza in Italia. Firenze proponeva nello stesso messaggio
che fosse unico il rappresentante incaricato di porgere all'impera-
tore il dovuto giuramento di fedeltà e devozione ?. Il 9 maggio i
tre comuni si accordarono con Enrico di Sessa per far giungere
l’imperatore in Italia; i patti furono onorevoli ed utili «a conser-
vatione dell'onore et ragioni di sancta Chiesa et dello stato popo-
lare et libertà et difesa de decti Comuni et loro amici sopra la ve-
nuta di detto re in exterminio et finale confusione de detto tyran-
no...»8. Il 22 maggio i Fiorentini avvertirono gli alleati che
gli:ambasciatori comuni, di ritorno da Avignone, avevano annunciato
l'avvenuta riconciliazione del pontefice con Giovanni Visconti e la
tregua tra esso, lo Stato della Chiesa e le repubbliche di Firenze,
Perugia e loro aderenti ?.

La tregua si dimostró quanto mai labile perché il 25 giugno
1352 Bartolomeo Casali prendeva Bettona con le genti dell'arcive-
scovo per porvi uno stabile presidio di questi contro Perugia. La
conquista poté avvenire per «trattato di messer Crispolto e del
Priore del Fonte de gli Baglione » 19).

La reazione dei Perugini fu pronta e violenta; il 19 agosto,
sotto il comando di Andrea Salamoncelli da Lucca, i Perugini di-
strussero Bettona e condannarono a morte i due traditori 11).

Ma la brillante vittoria dei Perugini non turbò minimamente il
Visconti e tanto meno mise Perugia nelle condizioni di dettar legge.
Nella primavera del 1353 fu conclusa la pace, pubblicata il 4 aprile,
tra Giovanni Visconti da una parte ed i Comuni di Firenze, Perugia,
38 MARIA PECUGI FOP

Siena, Arezzo, Pistoia e Città di Castello dall'altra !». Per il Comune
di Perugia furono eletti rappresentanti Betto di Andruzio di Nino,
Leggieri di Nicoluccio di Andreotto e Betto di Pero Pelacani. Il
codice é interessante, oltre che per i capitoli della pace, perché offre
un quadro completo delle terre che in quella data erano sottoposte
alla giurisdizione di Perugia, o almeno ne subivano l'influenza.
Infatti gli ambasciatori perugini rappresentavano anche, per citare
i comuni maggiori, Spoleto, Foligno, Assisi, Nocera, Gualdo, Spello,
Città di Castello, Todi, Sangemini, Chiusi, Sartiano, Rocca Contrada,
Lucignano, Monte S. Savino, Castiglione Aretino, Montecchio Vi-
sponi, Urbania, Sassoferrato, S. Angelo in Vado !?.

I patti non furono molto onorevoli per Perugia; Pietro Sac-
cone, dietro versamento di quattromila fiorini d'oro, tornó in possesso
dei diritti spettanti al Comune di Arezzo in dicía valle Turri, cioè
su Caprese e Terrazzano, sui fortilizi e persone di detti luoghi ; il
Comune di Perugia era dichiarato fideiussore e conservatore della
pace tra il vescovo ed il Comune di Todi da una parte ed i Chiaraval-
lesi ed intrinseci todini dall'altra ; lo stesso doveva adoperarsi per-
ché Brancaleone di Casteldurante restituisse a Nerio della Faggiola
Città della Pieve ed il castello di S. Martino ; lo stesso doveva far
cancellare de libris communis Perusii ogni condanna e gravame con-
tro Paoletto di Iacobuccio de Cornis da Spoleto nei quali questi
era incorso in occasione della presa di Bettona. Altri provvedimenti
furono presi in merito alla posizione di Anghiari e Borgo San Sepol-
cro, per i quali fu stabilito un governo indipendente da Perugia.
A c. Lxir si legge la clausola intitolata Protestatio facta per partes pro
reservatione iuris Ecclesie Romane e con la quale veniva appunto
concordato tra le parti di non far nulla che potesse portare pregiu-
dizio alla Sede Apostolica !9. Questo perchè, nonostante le libertà
comunali ed il desiderio di una sempre maggiore indipendenza,
il Comune di Perugia non poteva non riconoscere la supremazia giu-
ridica della Chiesa, confermata anche in tale occasione con una
clausola che non era una semplice formalità.

La pace di Sarzana, se pure aveva eliminato l'immediato peri-
colo del Visconti e delle sue mire, toglieva anche molti ostacoli alla
riconquista pontificia ; ma i Perugini non seppero rendersi conto del
pericolo per cui si preoccuparono soltanto di volgere la loro opera,
unitamente al Comune di Firenze, contro la prossima venuta di Car-
lo rv. A questo scopo la Signoria di Firenze cercava affannosamente
di costituire una lega che le permettesse di mandare, assieme agli
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 39

altri, i propri ambasciatori all'imperatore e chiedere, congiuntamente
agli alleati, la conservazione dei diritti sulle terre soggette, parte
dei quali erano stati acquisiti in pregiudizio del Comune di Siena.

Pure in mezzo a tanti impegni il Comune di Perugia ebbe modo
di aiutare la Chiesa quando, nel mese di gennaio dello stesso 1353,
Giordano Orsini rettore del Patrimonio di S. Pietro chiese aiuti
in favore della rocca di Miranda assediata dai! Narnesi ribelli della
Chiesa !9 ; ugualmente intervenne il 10 agosto seguente, anche se
in maniera indiretta, pagando i soldati che erano in servizio della
Chiesa nello stesso Patrimonio !9.

Con l'elezione di Innocenzo vi alla cattedra di S. Pietro, l'at-
teggiamento di tolleranza della Chiesa venne a cadere. Già dopo il
giuramento di Carlo rv papa Clemente aveva chiaramente detto
che la Sede Apostolica considerava la città di Perugia immediata-
mente a lei sottoposta; Innocenzo vi volle addirittura mettere
l'ordine in tutto lo Stato della Chiesa, affinché tra quest'ultimo ed i
comuni si stabilissero nuovamente, in misura netta ed inequivoca-
bile, i vincoli di soggezione che si erano creati sotto Innocenzo imn
e che si erano perpetuati, per tutto il secolo xir, con i ripetuti giu-
ramenti di fedeltà alla Chiesa. Il Comune di Perugia era incluso nel
programma del pontefice, il quale, il 6 agosto del 1353, notificava
l'elezione di Filippo d'Antella, vescovo di Ferrara, a rettore del du-
cato di Spoleto e della città di Perugia, indirizzando una bolla :
Dilectis filiis clero et populo civitatis ac districtus et comitatus Peru-
sinorum ad nos el Ecclesiam Romanam spectantium !?.

Spinti dall'amore per la vostra città e dal desiderio del vostro
bene — sosteneva il pontefice — abbiamo deputato il nostro fra-
tello Filippo, vescovo di Ferrara, rettore in temporalibus della città,
del distretto e del comitato di Perugia, a noi ed alla Chiesa di Roma
immediatamente spettanti. Avendogli commesso il compimento €
l'esercizio di tutte quelle funzioni che sono pertinenti alla sua ca-
rica — continuava Innocenzo vi — vi preghiamo di accoglierlo con
i dovuti onori e di obbedirlo, in quanto rettore di suddetti città
comitato e distretto, in tutte le manifestazioni dei poteri che gli
spettano per tale incarico.

Una lettera di ugual tenore venne inviata anche al vescovo di
Ferrara, del quale Innocenzo vi fin da ora ratificava i processi,
le pene e le sentenze contro i ribelli della Chiesa, nonostante coperti
da privilegi, indulgenze e lettere apostoliche che avrebbero potuto
ostacolare l'esercizio dei suoi poteri giurisdizionali !9.

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Di per se stessa l'elezione dell'attuale rettore alla città di Pe-
rugia non aveva nulla di speciale poiché già prima del presente pon-
tefice lo avevano fatto anche Giovanni xxn, Benedetto xi e Cle-
mente vi; tuttavia in quel particolare momento essa assumeva
una eccezionale gravità perché veniva a confermare la sottoposi-
zione di Perugia, definita proprio allora da Bartolo Civitas supe-
riorem non recognoscens !?, in un periodo che, a detta degli storici
locali, coincide con gli anni di massimo splendore per il Comune di
Perugia. L'elezione del rettore provocó una violenta reazione da
parte dei Perugini ed il popolo se la prese con Marino, abate del
monastero di Poggibonsi, latore della lettera di Innocenzo vr. Per
placare il turbamento provocato dalle sue parole papa Innocenzo,
il 21 gennaio 1355, scrisse ai magistrati del comune giustificando
il tono della precedente missiva, la quale peraltro era stata scritta
secondo l'uso osservato in tale argomento dai suoi predecessori.
Il papa assicurava quindi i Perugini che egli, in osservanza a questo
stesso uso, non aveva avuto l'intenzione di derogare alle libertà
perugine, né di aggravarne lo stato di soggezione o di imporre gra-
vami più di quanto avessero fatto i suoi predecessori ?9. Con queste
parole il pontefice non faceva che confermare la condetta della
Chiesa la quale, sulla base dei legami giuridici che stringevano ad
essa il Comune di Perugia da un secolo e mezzo, si sentiva in diritto
di proclamare Perugia stessa città immediatamente a lei sottoposta.

Nel mese di agosto del 1353 il cardinal Egidio Albornoz, legato
pontificio, fu mandato dal papa in Italia con un programma ben
preciso : riconquistare le terre della Chiesa cacciandone i tiranni
che non potessero dimostrare di detenere dette terre in base ad an-
tichi diritti loro concessi dai precedenti pontefici. La legazione del-
l'Albornoz comprendeva la Lombardia, la Toscana, i Patriarcati
di Aquileia e Grado, la Marca Trevigiana ; la Sardegna e la Corsica ;
gli arcivescovati di Milano, Ravenna, Genova, Pisa, Spezia, Ragusa,
Antibari e Jandra ; le diocesi di Pavia, Piacenza, Ferrara, Perugia,
Orvieto, Todi, Rimini, Narni, Città di Castello. Nel privilegio conces-
sogli dal papa, il legato veniva autorizzato a governare tutte queste
province, con piena giurisdizione, per un tempo indeterminato 24),

« Adi 12 de ottobre nel dicto millesimo [1353], venne in Peroscia
meser Egidio cardinale de Spagna legato de sancta Chiesa, mandato
dal Papa per racquistare le terre de la Chiesa, cioè Orvieto e altre
terre, quale teneva el perfecto de Vico: arbergó in San Pietro, et
li fu fatto grande onore de doni e de armegiare e giocare. Costui
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 41

venne per discacciare li tiranni d'Italia e per rassicurare lo stato
de sancta Chiesa . ..»22). Questa è la scarna cronaca con cui il Gra-
ziani annuncia la venuta del legato in Perugia. Il Pellini aggiunge
che il pontefice aveva scelto l'Albornoz per una tale impresa perché
«egli per assai valoroso conosceva et huomo (secondo il Biondo)
da essere messo a comparatione per le sue molte virtü agli tre vir-
tuosi imperadori Traiano, Adriano et Teodosio... Et lo mandó
affinché riconosciute le cose di santa Chiesa, le ricuperasse, haven-
dogli data amplissima facultà nelle Bolle... dirette a molte città
benemerite di quella santa Sede, tra le quali fu Perugia, che pre-
standogli aiuto di gente, et favore, gli haverebbono fatto cosa gra-
tissima... Questo cardinale... venne... in Perugia, chiamato,
come aleuni hanno detto da Perugini, per le discordie, ch'erano
nellateittà. 4020):

Effettivamente il 15 agosto di quell'anno a Perugia era corsa
voce che Alessandro Vincioli volesse, con l'aiuto di altri nobili
perugini, rovesciare il governo dei Raspanti (cioè della fazione po-
polare) per essere creato signore della città 24. Appena la notizia
si sparse, i nobili dovettero fuggire ma dopo brevissimo tempo, forse
per intercessione dello stesso legato, poterono tornare a Perugia.

Le accoglienze tributate dal Comune di Perugia al legato fu-
rono tali da colpire fortemente la fantasia dei cronisti dell’epoca, che
le descrissero con dovizia di particolari. Di quella giornata memo-
rabile resta un quadernetto di carta nel quale sono state annotate
tutte le spese sostenute per onorare il legato. Da esso si apprende
che furono spesi centinaia di fiorini d’oro in orzo, cera, confetti e
pinoccati da donare all'ospite ; che furono acquistati bracci e bracci
di stoffa per fare stendardi, baldacchini e gualdrappe. Per un solo
cavallo da donare al legato si spesero ben duecentocinque fiorini ;
cento per ingaggiare cinque compagnie di cavalieri che torneas-
sero davanti all’illustre ospite ; altre decine ne occorsero per tutte
le spese minuziosamente descritte nel piccolo registro 25).

Scopo ufficiale della sosta del legato in Perugia era quello di
preparare un esercito con cui fronteggiare Giovanni di Vico; non è
però improbabile che del soggiorno perugino il legato approfittasse
per rendersi conto dei mezzi e dei sentimenti del Comune di Perugia
e per poter quindi decidere la linea di condotta nei suoi riguardi.

Il legato rimase in città circa un mese ; poi si trasferì a Monte-
fiascone, pressato dal rettore del Patrimonio perché si affrettasse
in suo aiuto. Giuntovi il 14 dicembre, l'Albornoz vi rimase tutto

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42 MARIA PECUGI FOP

linverno per terminare i preparativi contro il prefetto di Roma.
Nei primi mesi della sua legazione, il cardinale ebbe nel Comune di
Perugia un amico devoto ed un solerte alleato che gli aveva tribu-
tato calorose accoglienze all’arrivo, gli prestava auxilium, consi-
lium vel favorem nella lotta contro Giovanni di Vico e col quale
aveva instaurato frequenti rapporti. Ne fa fede, ad esempio, la re-
gistrazione della tesoreria del Patrimonio di un pagamento a favore
di tale Biagio da Sangemini mandato dal legato al Comune di Pe-
rugia per chiedere l'invio di un contingente di armati nel Patrimo-
nio contro Giovanni di Vico, nonché per riscuotere una certa somma
di denaro presso i banchieri perugini ed infine ad ordinandum cum
diclo comuni illa que occurrebant fieri cotidie per dictum legatum
cum dicto comuni?9. A ques'ultima annotazione non so proprio
quale significato attribuire. Perugia, accogliendo la richiesta del
legato, aveva mandato i conestabili di cavalleria Enrico di Rever-
sich, Nicola conte di Urbino, Ghirigio, Grandiavolo, Medico da
Risia, Gomez Luffo, Appio e Fritz de Bellant.

Dal canto suo l'Albornoz dimostró grande benevolenza per il
comune umbro tanto che, quando Giovanni di Vico dovette dichia-
rarsi vinto ed abbandonare Viterbo, a governare la città il legato
chiamó Leggieri di Nicoluccio di Andreotto, insigne cittadino di
Perugia ??. Infine, quando la Grande Compagnia giunse a minac-
ciare la stessa Perugia ed i magistrati mandarono nella Marittima
Iacopo di Conte da Urbino a richiamare le genti del comune che vi
combattevano per conto della Chiesa?9, si ebbe un segno tangi-
bile dell'amicizia del cardinal legato, il quale si affrettó a mandare
un contingente di suoi armati per difendere la città ??.

Per fortuna la minaccia si dimostró priva di conseguenze ed
anzi, quando in luglio giunse a Perugia Cola di Rienzo proveniente
da Avignone, furono tributati grandi festeggiamenti non solo a lui,
ma anche ad Annibaldo e Bertrando, fratelli di Fra Moriale da Al-
barno capitano della Grande Compagnia, gettandosi così le basi di
quell’intesa più che decennale instauratasi tra il comune perugino
e le compagnie tedesche 3%.

Per tutto il 1354 i rapporti tra il legato ed il Comune di Peru-
gia permasero ottimi: le ambascerie al cardinale erano frequenti,
mentre egli stesso si serviva di ambasciatori perugini per comuni-
cazioni con i propri vicari 3). Dopo la minaccia della Compagnia
le truppe perugine, unitamente agli uomini del legato, poterono
tornare ad partes Maritime ??.

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La stretta collaborazione tra il legato ed il Comune di Perugia
non impediva peró a quest'ultimo di continuare tranquillamente
la propria politica a danno della Chiesa: infatti il 22 agosto An-
dreuccio di Cellolo (Andrutius Celloli) fu mandato ambasciatore
in terris ducatus subiectis comuni Perusii 33), mentre il 6 settem-
bre Stefano di Vanne, detto Frate Ciuccio, fu pagato dai massari
per essersi recato ad Assisi e Gualdo e Nocera, città del ducato, con
l'ordine che versassero il dovuto censo al Comune di Perugia 34).
Nel mese di novembre ser Giovanni di ser Andrea, notaio, fu man-
dato presso il legato ad faciendum certas scripturas copulatis per
eum transmissis ad dominum legatum pro certis factis et negotiis dicti
comunis 35). Questa notizia fa presumere che fra le parti fosse stata
firmata una lega, a meno che la registrazione non si riferisca a qual-
che cosa di ancora più importante.

Nonostante questi amichevoli rapporti, non è azzardato pen-
sare che il legato avesse già stabilito un piano che gli permettesse :
1) di valersi degli aiuti perugini per riconquistare il Patrimonio
e la Marca Anconitana ; 2) di agire poi in Umbria, spogliando a poco
a poco Perugia della giurisdizione sulle città minori del ducato ;
3) di togliere dalle mani dei Perugini i diritti di governo sulle città
maggiori, concessi per privilegio pontificio, isolando così il comune
stesso che ad un certo momento si sarebbe trovato completamente
circondato da terre fedeli alla Chiesa e ad essa risottomesse ; 4) di
costringere infine Perugia a riconoscere anche di fatto il pontefice
quale diretto superiore, al quale erano dovute fedeltà ed obbedienza.
Questo programma (il legato non era uomo da abbandonarsi all'im-
provvisazione), che fu effettivamente iniziato e attuato per tre
quarti, può sembrare concepito con fredda astuzia e scarso senso
di lealtà; ma il legato aveva un importantissimo compito da svol-
gere e, pur essendo uomo integerrimo, fece uso di quei mezzi che le
circostanze ed i tempi indicavano come i più rispondenti al fine.

Nella primavera dello stesso 1354 Fra Moriale, capitano della
Grande Compagnia, cominciò a devastare le terre della Chiesa ; ma
il fatto, che in un primo tempo aveva talmente preoccupato il cardi-
nal Egidio da indurlo ad una pace affrettata con Giovanni di Vico,
si rivelò utile perchè molte città, stremate dalle lotte con i ventu-
rieri, non seppero in seguito resistere alle forze dell'Albornoz. Così
fu di Spello e del suo territorio, devastato dalla Grande Compagnia
su incitamento del rettore del ducato al quale il legato ordinò poi
di conquistare la cittadina, approfittando delle sue condizioni ;

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la capitolazione avvenne dopo sei giorni di battaglia ?9. Fu poi
la volta di Gubbio, governata da quel Giovanni Cantuccio de’ Ga-
brielli che era salito al potere con l'aiuto di Giovanni Visconti. Con-
tro il legato egli non poté opporre quasi resistenza, abbandonato
sia dal suo protettore che da Perugia da lui, prima, privata della
giurisdizione sulla città. L'8 di luglio Carlo, conte di Dovadola, prese
possesso di Gubbio a nome della Chiesa 37. In grembo alla Chiesa
tornarono anche Terni e Narni, quello stesso anno, tramite Enrico
di Sessa 38).

Il 7 gennaio 1355 il legato parti da Orvieto e, per dirigere la
guerra contro i Malatesta, si stabilì in Foligno la quale, sottrattasi
con l’aiuto del rettore del ducato alla signoria del vescovo Rinaldo
Trinci, si era data all'Albornoz. In quello stesso periodo Norcia
si sottomise alla Chiesa pagando una composizione di diecimila fio-
rini d’oro, mille dei quali furono destinati alla costruzione di una
rocca in quella Montefalco che il Comune di Perugia aveva consi-
derato sottoposta al proprio dominio fin dai tempi di Giovanni xxi.
Ecco dunque che il cerchio comincia a stringersi intorno a Perugia.

Il 4 gennaio dello stesso 1355 la popolazione di Spoleto chiese
l’arbitrato del cardinale per comporre le continue lotte tra le due
fazioni cittadine ; l'Albornoz, recatosi personalmente nella città
dove fu accolto entusiasticamente, nominò otto ufficiali che gover-
nassero i| turbolento comune, mentre la sola elezione del podestà
fu considerata ancora di competenza del Comune di Perugia. Nello
stesso anno anche Bettona e Gualdo fecero atto di sottomissione alla
Chiesa, certo con grande perplessità dei Perugini che si vedevano
scivolare di mano la giurisdizione fino allora mantenuta su quasi
tutte le terre del ducato. Tuttavia, quando a primavera il legato
cominciò a mettere insieme un esercito da contrapporre ai Malate-
sta, Perugia intervenne al suo fianco, contrariamente a quanto af-
ferma il Filippini 3%, dal: momento che esiste, nell'Archivio Storico
del Comune, un registro dei conservatori della moneta interamente
dedicato alle spese sostenute dal Comune di Perugia per il pagamento
di truppe mandate in aiuto della Chiesa e del suo legato 49.

Nell'aprile del 1354 Carlo rv annunció la sua discesa in Italia.
La dichiarazione mise in fermento i comuni di Toscana, sottoposti
alla giurisdizione imperiale, che cercarono di collegarsi tra loro per
opporre una piü valida difesa alle pretese dell'imperatore. Un primo
progetto di lega, ventilato nel mese di giugno, era rimasto senza ef-
fetto ; in settembre Perugia rinnovó il tentativo inviando ambascia-
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 45

tori a Firenze, Siena e Pisa per discutere il da farsi 4). A novembre
giunse in Perugia un tal Giacomo di Giovanni da Colonia, inviato
dalla Curia Romana presumibilmente per annunciare il consenso
del papa all'arrivo di Carlo rv 4), mentre un Giacomo di Giovanni
da Trento giungeva da parte dei Malatesta per sapere de novis regis
Romanorum 4. Ma chi si affannava maggiormente in simile fran-
gente era il Comune di Firenze, sempre alla ricerca di ambasciatori
alleati che sostenessero, con le proprie, le ragioni dei Fiorentini
davanti all'imperatore. Il 14 novembre la Signoria mandó ambascia-
tori a Siena e Perugia per trattare nuovamente la confederazione
tra i comuni di Toscana: tra le varie istruzioni date ai nunzi, i
magistrati di Firenze raccomandavano loro di narrare nelle città
quanto ser Guelfo aveva visto in Lombardia circa la quantità di
gente armata che vi circolava, «salvo quella parte che [l'imperatore]
disse di Ferrara e Perugia essere della Chiesa » ^9, altrimenti il
comune umbro non avrebbe avuto piü alcun interesse a concludere
patti con Carlo rv.

Improvvisamente, dopo mesi di trattative per un'ambasceria
comune, i Perugini decisero di non collegarsi con nessuno ; infatti
essi potevano liberarsi «dalla soggetione dell’Imperio sotto titolo
di essere huomini di S. Chiesa» o, piü probabilmente, i Perugini
avevano ricevuto quella tal lettera di Innocenzo vi che tanto fer-
mento aveva scatenato. Convocato il consiglio generale verso la
fine dell'anno, i priori deliberarono di mandare cinque ambascia-
tori, « separatamente [dagli altri comuni] per lo già detto rispetto »,
all'imperatore in Pisa «cosi per rallegrarsi seco della sua venuta
in Italia, come perché lo facessero certo della buona dispositione
della città verso lui, et il Sommo Pontefice, e che gli offerissero lar-
gamente quanto poteva uscire da lei». Nello stesso consiglio fu
presa la decisione di mandare ambasciatori anche al papa « per la
cagione istessa, che gli havea mossi a mandare all'Imperatore, et per
non dare sospitione al Papa di cosa alcuna intorno a i fatti della
città loro » 45) ; il 9 gennaio del 1355 partirono perciò per Avignone
i due ambasciatori Nino di Lello Baglioni e Agnolino di Sinibaldo
Nini 49. Il 31 gennaio furono invece mandati all’imperatore, quali
ambasciatori del Comune di Perugia, Baglione Novello Baglioni,
Ugolino di Pellolo, Guido da Montone, Leggieri di Nicoluccio d'An-
dreotto e Bindolo di Monaldolo 4). L’ambasceria aveva dunque lo
scopo di saggiare le intenzioni di Carlo verso il comune, facendogli
generiche offerte di aiuto ; contemporaneamente il pontefice veniva

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46 MARIA PECUGI FOP

rassicurato sulla condotta dei Perugini verso l'imperatore affinché
non sospettasse una defezione da parte loro. Ma benché Perugia si
destreggiasse abilmente fra papato e impero, Innocenzzo vi e Carlo rv
conoscevano perfettamente la sua posizione giuridica, come appa-
re anche nella formula del giuramento che Carlo prestó poi, il giorno
dell’incoronazione, e che il pontefice gli aveva fatto pervenire du-
rante il lungo scambio di corrispondenza in preparazione dell'evento.
La stessa formula era già stata inviata per lettera, il 31 gennaio,
anche ai cardinali Ostiense (Pierre Bertrand) ed Albornoz, che avreb-
bero dovuto rappresentare il papa alla cerimonia. È noto che il le-
gato non intervenne perché, pur avendogli cosi ordinato con una
lettera del 10 febbraio, Innocenzo vi aveva posto la condizione che
ciò non portasse intralcio alla sua missione 48).

La formula del giuramento, interessante per la posizione che as-
sume la Chiesa di fronte all’impero, ha per noi grande importanza
per le clausole che fanno espressa menzione dei diritti che la Sede
Apostolica vuole riconosciuti sulle sue terre. E per prima cosa
— aveva giurato l’imperatore — facciamo, prestiamo, concediamo
e promettiamo ogni giuramento, ogni obbedienza, tutte le promesse,
le concessioni, donazioni, ratifiche e conferme e tutto ciò che l’ul-
timo imperatore Enrico di chiara memoria, nostro avo, per sè o per
altro o per altri fece, garantì, promise, concesse, confermò riguardo
al Patrimonio di S. Pietro in Tuscia. Il giuramento si intende esteso
a tutto ciò che fu concesso prima di lui e a ciò che sarà concesso
dopo, sia nel momento che gli imperatori, passati o futuri, furono o
saranno incoronati imperatori dei Romani, come anche se non lo
furono o non lo saranno. Inoltre l’imperatore si impegnava solen-
nemente (sancta Dei Evangelia corporaliter per nos tacta iuramus)
di non occupare Roma né le altre terre della Chiesa. Segue, in questa
clausola, un lungo elenco di località che vengono sottratte alle pre-.
tese imperiali perché appartenenti alla Chiesa: qui ad Romanam
Ecclesiam pleno iure noscitur pertinere. Piü avanti Carlo dichiara
nulli le sentenze, i processi, gli arresti personali e tutto ció che dai
suoi predecessori era stato compiuto in pregiudizio della giurisdizione
pertinente alla Curia Romana. Ugualmente nulli fidelitates, homa-
gia... donationes seu concessiones che i suddetti imperatori possono
aver ;elárgito pro Roma. Carlo promette e giura che farà quanto
starà in lui perché nel Patrimonio di S. Pietro e della Chiesa Ro-
mana sia mandato chi governi i territori stessi ad defendendum.
Infine promette e si obbliga di conservare tutti i privilegi, cuiusquam
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 47

tenoris vel conditionis existant, senza mai contravvenire a tutto ció
che è stato concesso da Costantino in poi alla Chiesa ed ai pontefici
romani, a titolo di concessione e libera dimissione, sopra terre e pro-
vince della Chiesa Romana, ovunque situate, precipuamente nella
Marca d'Ancona, l'Esarcato di Ravenna, la Pentapoli, la Roman-
diola e Bertinoro con tutti i loro comitati, la valle ed il ducato spo-
letani, la città di Perugia, Città di Castello, Massa, Todi, Narni,
Orvieto, Rieti con i rispettivi territori, la Sabina con Terni, i comi-
tati della Campania e della Marittima con i loro territori, città e
confini. Tutto questo vastissimo territorio viene dall'imperatore ri-
conosciuto in ius ac possessionem et proprietatem. . . cum omni plenitu-
dine... Romane Ecclesie. Ed affinché non sorgano più contesta-
zioni sui diritti della Chiesa sopra detti territori, affinché tra il potere
papale e quello imperiale si stabilisca una definitiva pace e s'instau-
rino rapporti sereni abolendo ogni ragione di discordia (omnis con-
tentionis et dissentionis cuiuslibet materia precludatur), l’imperatore
concede le medesime terre, di nuovo, alla Chiesa : concedimus ipsas,
conferimus ac donamus de novo 4%.

Subito dopo l’incoronazione, forse per mostrare al pontefice
la propria buona volontà, Carlo rv mandò in aiuto del legato un con-
tingente di cinquecento cavalieri capitanati da Gerardo di Ehren-
berg, vescovo di Spira, trecento dei quali, nel loro viaggio verso la
Marca Anconitana, passarono per Perugia.

Per l’impresa della Marca il legato ebbe validi aiuti anche dal
Comune di Perugia, il quale spese migliaia di fiorini d’oro per le emen-
de e gli stipendi ai conestabili tedeschi, tra i quali val la pena di ri-
cordare Douglas di Agnesten, Giacomo Paer, Corrado ed Appio
di Rayn, Giovanni da Norimberga, Enghis Scioen, mandati in ser-
vilium Romane Ecclesie et domini legati 59.

Frattanto il cardinal Albornoz, saputo che Carlo rv dopo l'in-
coronazione da Roma si stava dirigendo verso Siena, mosse da Fo-
ligno, suo quartier generale, alla volta della città toscana. Nel suo
viaggio di andata passò anche per Perugia 5') e verso la fine di aprile o
il 1? maggio del 1355 il cardinale era davanti all'imperatore. Ma
lasciamo parlare il Villani:

Meser Gilio Cardinale di Spagna... avendo molto premuto e dirotto
meser Malatesta, l'avea condotto in parte ch'e' tentava di voler accordarsi
col Cardinale per le mani dell’Imperatore ; e ’1 Legato, per questo fatto, e
per visitare l'imperatore si mosse dalla Marca e a Siena giunse a di primo
di maggio ; e ivi, con l'altro Cardinale d'Ostia che aveva incoronato l'Impe-

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ratore, furono a parlamentare con lui dei fatti d'Italia ch'apparteneano a
S. Chiesa... In questo attendere, l'Imperatore trattó con loro de' fatti di
Perugia, che a lui aveano proposto ch'erano immediate sotto la giurisdizione
di S. Chiesa come del Ducato di Spoleto, per liberarsi da lui, e al Legato non
rispondeano in alcuna ubbidienza, per nome di S. Chiesa: e per questa ca-
gione deliberarono tra loro che l'Imperatore senza offendere S. Chiesa, potea
trattare con loro, come con l'altre città d’Italia, e così si pensava l'Imperatore
dr lare 9.

Effettivamente il comportamento dei Perugini era stato am-
biguo: davanti all'imperatore, per evitare pretese da parte sua,
avevano sostenuto la loro soggezione alla Sede Apostolica e contem-
poraneamente schivavano ogni gesto che valesse, nei confronti delia
Chiesa, come atto di sottomissione: ne fa prova la reazione per
l'elezione del rettore della città.

Il cardinal Albornoz, stanco di un tale comportamento, volendo
in qualche modo punire l'orgoglio perugino, cedette la città alla
giurisdizione imperiale. Carlo rv cominció di fatto a trattare Pe-
rugia come città dell’impero ; si sa indirettamente che in Pisa fu
celebrato un processo contro la città umbra, al quale intervennero
Bartolo da Sassoferrato, Ugolino di Pellolo, Felice di Bramante, Leg-
gieri di Nicoluccio di Andreotto e Teo di Perone Michelotti per di-
fendere la posizione della città 53). In seguito ad esso il comune fu ob-
bligato a mandare nel Regno di Sicilia duecento cavalieri in servizio
dell'imperatore 5? ; inoltre lo stesso comune versò a Niccolò degli Ac-
ciaioli Gran Siniscalco. del Regno, in Gubbio il 17 giugno alla pre-
senza del legato, la somma di tremilatrecento ottanta fiorini d'oro
per le paghe dei soldati al servizio dei reali di Sicilia, secondo le pro-
messe fatte dagli ambasciatori perugini a Carlo 1v 55).

Certamente le cose sarebbero andate peggio per Perugia se il
19 maggio non fossero scoppiati i tumulti di Pisa contro l’imperatore.
Con disappunto forse del cardinale, il Comune di Perugia ottenne
invece numerosi benefici dalla nuova posizione giuridica ; infatti
Carlo confermò e rinnovò le concessioni, i privilegi, le giurisdizioni già
concessi alla città dai suoi predecessori 59 ; Andrea di Martino Bon-
tempi, vescovo di Perugia, fu nominato conte palatino, con diritto
di conferire lauree e legittimare bastardi 57); amplissime conces-
sioni furono attribuite allo Studio generale, con particolari immunità
e privilegi per gli studenti stranieri 58); furono cancellati tutti i
processi, le sentenze, le multe e i bandi promulgati dai predecessori
di Carlo rv contro Perugia e il suo territorio 59).
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA: DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 49

' ‘Tutti i diplomi portano la data del 19 maggio 1355, che non
corrisponde al giorno in cui furono effettivamente concessi. Narrano
infatti gli storici locali che nei primi giorni di giugno tornarono in
città gli ambasciatori perugini accolti con grandi feste dalla popo-
lazione ; essi peró non recavano con sé i diplomi imperiali dal momento
che, il 27 dello stesso giugno, i conservatori della moneta paga-
vano Andruccio di Cellolo e Peruzzolo di Novellino che, assieme a
ser Nicola di Bettolo notaio, erano rimasti in Pietrasanta ancora
venti giorni, dopo che ne erano partiti gli ambasciatori ufficiali, per
sollecitare ed avere privilegia gratiarum habitarum a dicto domino
imperatore cum bullis aureis 9?, Questa registrazione sta a dimostrare
che i privilegi, forse in un primo momento solo promessi, furono
certo il prezzo che Carlo pagó di buon animo per assicurarsi, proprio
durante la novità di Pisa, la fedeltà e l'appoggio dei Perugini. Mi
sembra effettivamente inverosimile che il 19 maggio, data della
sollevazione pisana, l'imperatore avesse tempo e voglia di concedere
i propri gratuiti favori al Comune di Perugia. |

I Perugini attribuirono ai diplomi imperiali un'importanza. che
andava ben oltre il loro effettivo valore, perché questi significarono
non solo la concessione di privilegi e giurisdizioni che i Perugini
già esercitavano di fatto e, diciamolo, per meriti propri, ma soprat-
tutto simboleggiarono il passaggio del comune, con tutto il suo ter-
ritorio, dalla giurisdizione pontificia a quella imperiale. Il Comune
di Perugia ci guadagnava nel cambio perché la differenza si presen-
tava fondamentale : la giurisdizione imperiale, esercitata da un so-
vrano lontano, debole, preoccupato di difendere il proprio potere
dai nemici personali e dai comuni italiani, non sarebbe stata di gran
peso. La giurisdizione papale invece, esercitata da un pontefice de-
ciso a ridar vita a tutti i diritti della Chiesa Romana, affidata per
le cose d’Italia ad un legato dalle idee chiare e dalla volontà di ferro
com'era l'Albornoz, costituiva una minaccia per le libertà comunali
dei Perugini, specialmente ora che l'Albornoz aveva intrapreso,
con successo, la riconquista dello Stato della Chiesa $9.

La nuova posizione giuridica accrebbe la baldanza dei Peru-
gini. Poiché l’espansione gli era preclusa nel ducato per le recenti
riconquiste del legato, il comune rivolse l’attenzione ai confini
della Toscana, confermando nella propria sfera prima Chiusi che
ripeté il solenne atto di sottomissione, poi Sartiano « dove andocce
per Podestà per il nostro Comune de Perogia Fanrata de’ Nuccio
de’ Barse de Porta Soli». Il 23 agosto, sempre del 1355, «la terra

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de Montepulciano se somise al nostro Comuno de Perogia libera-
mente » 62). Già il 29 luglio precedente Scagno di Ventura da No-
cera, eletto procuratore a questo scopo, a nome della sua città aveva
solennemente promesso nelle mani dei magistrati di Perugia (Arrigo
de' Loranducci di Lucca podestà, Giacomo di Pietro maggior sin-
daco) obbedienza generale e speciale in tutto quanto sarebbe stato
ordinato dal Comune e popolo di Perugia, sottomettendo la suddetta
città di Nocera alla totale giurisdizione perugina e togliendosi quindi
dalle mani del legato 95.

Nonostante queste vittorie morali il Comune di Perugia era in
allarme per i continui atti di sottomissione alla Chiesa da parte di
città fino allora sottoposte alla sua giurisdizione ; ma, d'altra parte,
esso non osava difendere con le armi i privilegi che si era autocon-
cesso sulle città umbre, poiché questi erano frutto di uno stato di
fatto e non di diritto. Per cui non gli rimase altra via che circondarsi
di potenti alleati, un po' per difendere la propria indipendenza, un
po' per intimorire il legato e poterlo fronteggiare qualora avesse
minacciato apertamente la città.

L'iniziativa di una lega tra i comuni di Toscana e Perugia fu
presa dal maggiore e general Consiglio della città, radunatosi a tale
scopo il 15 gennaio 1356 nel palazzo del podestà, deliberando l'ele-
zione di Ugolino di Pellolo e di Nino di Lello Guidalotti a procuratori
del Comune, col compito di invitare nella lega le città di Firenze,
Pisa, Arezzo, Volterra, San Miniato e tutti gli altri comuni toscani
che avessero voluto parteciparvi 99. Frattanto anche in Spoleto,
dopo pochi mesi dalla pace promossa dal legato, i guelfi avevano
riacceso le lotte interne cacciando dalla città i ghibellini ; il 19 set-
tembre del 1355 il cardinal legato promulgò da Fermo un editto per
cui, se entro venti giorni gli Spoletini non avessero prestato giura-
mento di obbedienza alla Chiesa e se non fossero comparse davanti
a lui le persone citate come responsabili dell’ordine pubblico, egli
avrebbe privato la città dei suoi diritti e privilegi. A tale minaccia
i guelfi, invece di obbedire, preferirono risottomettere Spoleto alla
giurisdizione di Perugia. Ripreso vigore da questo atto di fiducia,
i Perugini continuarono l’erezione della rocca in Spoleto, ne inizia-
rono una a Gualdo e saccheggiarono il territorio di Bettona cac-
ciando via il podestà mandatovi dal rettore del ducato 65). La sot-
tomissione di Nocera, città immediatamente sottoposta alla Chiesa,
ed i fatti di Spoleto non lasciarono indifferente Innocento vi che il
6 ottobre, con l’intento di fermare l’intraprendenza dei Perugini,

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IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 51

inviò anche ai loro magistrati una copia della Innovatio sententiarum
già emanata da Clemente vr contro gli occupatori e ribelli del Pa-
trimonio di S. Pietro ed estesa ora contro tutti coloro che avessero
osato turbare i diritti della Chiesa sul ducato, sulla Marca e su tutte
le altre province $9. La sentenza quindi riguardava da vicino i Pe-
rugini, ma essi non ne tennero alcun conto. A loro maggior confu-
sione Innocenzo vi inviò altre due lettere, rispettivamente al Comune
di Perugia e al Comune di Gualdo. Nella prima, del 4 novembre
1355, i Perugini erano severamente rimproverati per il loro com-
portamento verso Spoleto, la quale preter ipsam Ecclesiam nullum
habet superiorem dominum ; verso Gualdo que ad eandem Ecclesiam,
nullo medianle, pertinet ; verso Bettona della quale dice: plagas
prefate miserabilis terre... manant sanguinem, sine pietate quali-
bet aperitis, e conclude chiedendo: Suntne ista antique vestre devo-
lionis indicia ? 5D. Con la seconda, del 5 dicembre, il rimprovero:
investe il Comune di Gualdo, ad nos et Romanam Ecclesiam nullo
medio pertinens: avendo il pontefice saputo che i Perugini, con o
senza il consenso dei Gualdesi, stavano ivi costruendo una rocca,
questi venivano caldamente esortati ad impedirne la prosecuzione
non solo, ma insuper quicquid in ea iam factum est, detis penitus
in ruinam entro un mese dal ricevimento della presente $9.

Ma mentre rivolgeva queste acerbe parole ai Perugini perché
ponessero fine ai continui abusi, contemporaneamente il papa scri-
veva al legato ed al rettore del ducato perché usassero moderazione
verso gli stessi, per non inasprirli maggiormente $9. E la modera-
zione sortì l’effetto sperato; dopo aver preteso dagli Spoletini il
rinnovamento dell’atto di sottomissione al Comune di Perugia (1°
gennaio 1397) 79 lo stesso li costrinse a riconoscere la supremazia
della Chiesa 79.

La tattica delle buone maniere si era rivelata necessaria perché
il pontefice aveva ancora bisogno di Perugia per ritogliere dalle
mani dei Chiaravallesi di Todi Canalicchio (Castrum Canalis), pro-
prietà della Chiesa 72),

Nel mese di aprile del 1357, cedendo ai pettegolezzi della corte
pontificia che indicavano l'Albornoz come persona che sperperava
i beni della Chiesa, Innocenzo vr richiamó in Avignone il legato e
mandó in Italia Androino, abate di Cluny. Tuttavia, pregato sia.
dai parlamentari della Marca e della Romagna che dall'abate stesso,
il cardinale acconsenti a differire la partenza finché non fossero
state riconquistate anche Cesena e Forlì 73. Anche in questa azione

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di guerra si trovano notizie di aiuti da parte del Comune di Perugia ;
ma se i rapporti tra questo ed il cardinal legato erano già tesi, non si
può credere che il comune favorisse la Chiesa a puro titolo di amici-
zia, ma si puó invece pensare che gli aiuti all'Albornoz rientrassero
tra gli obblighi imposti, nel 1355, da Carlo rv al Comune di Perugia 7^.

Prima di partire il cardinal Albornoz aveva un altro problema
da risolvere : l'allontanamento della Grande Compagnia dalle terre
di recente riconquistate. Il 15 agosto furono cosi stabiliti i patti
tra il legato ed il conte Lando, capitano di detti venturieri, per cui
questi, dietro versamento di una congrua somma di denaro (il Vil-
lani parla di 50.000 fiorini d'oro), avrebbero dovuto astenersi dal mo-
lestare le terre sottomesse alla Chiesa, la Toscana e l'Umbria per tre
anni 75). Naturalmente la spesa non sarebbe stata sostenuta intera-
mente dal legato, ma i Comuni di Firenze, Pisa, Perugia e Siena
avrebbero dovuto pagare la loro parte. Firenze pagò la propria
quota di 16.000 fiorini; la loro pagarono anche il cardinale e Pisa,
ma «il comune di Perugia e quello di Siena se ne feciono beffe e non
vollero attenere a quello che il Legato n'avea ordinato » 79).

Il 9 settembre il legato parti da Cesena riconquistata alla volta
di Avignone ; prendendo lo spunto dal suo passaggio per Firenze, il
14 dello stesso mese, il Villani commenta : « Questo Legato... rac-
quistó a S. Chiesa il Patrimonio e Terra di Romagna e ridusse il
Prefetto occupatore alla sua misericordia. Vinse... tutte le terre
della Marca d'Ancona, abbattendo la signoria di Messer Malatesta
da Rimini e di Gentile da Mogliano, e il nuovo tiranno d’Agobbio ...
vinse in Romagna Cesena e Brettinoro e racquistó Faenza e lasció
Forlì assediata e Malatesta tutti riconciliati all'ubbidienza di
S- Chiesa: .5»71

II. — Partito il cardinal Albornoz, anche il nuovo legato si ri-
volse a Perugia per aiuti contro Terni ed è probabile che il comune,
com'era solito fare, aderisse all'invito di Androino, abate di Cluny 79).
Ma la scarsa abilità e la debolezza di quest’ultimo permisero a Pe-
rugia di rafforzare momentaneamente la propria posizione nella po-
litica esterna, stringendo leghe e compiendo o rinnovando sottomis-
sioni 7°. Tuttavia per Perugia si preparavano tempi duri. Nono-
stante fossero ormai trascorsi tre anni dalla sottomissione di Monte-
pulciano ad opera del comune umbro, Siena non si era ancora rasse-
gnata alla grave perdita ; cosicché dopo un periodo di inimicizie e
scaramucce i due comuni finirono col fronteggiarsi apertamente. La IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 53

coincidenza tra l'allontanamento dell' Albornoz dall'Italia e lo scoppio
delle ostilità tra i due comuni, sta a dimostrare come Perugia temesse
il legato piü di quanto desse a vedere e come fino allora avesse evi-
tato la guerra per non dargli l'occasione di giungere troppo vicino
alla città. Ad aggravare la situazione. degli Umbri Bartolomeo Casali,
signore di Cortona, offri la sua alleanza al comune di Siena « per la
total distruzione della città e popolo di Perugia», pericolosa
vicina che estendeva i propri domini fin sotto le mura di Cortona.
Comprendendo quanto perniciosa fosse la discordia tra i comuni
dell'Italia centrale, Firenze si preoccupó subito di riportare la pace
tra i suoi alleati, pressandoli con preghiere ed ambascerie continue.

I] 20 aprile del 1358 i priori fiorentini mandarono ad avvertire
i Perugini che il Comune di Siena si era rivolto ai Visconti di Milano
per aver aiuto contro Perugia e che questi certamente avrebbero
approfittato dell’occasione per tornare alla conquista della To-
scana, essendo imminente la scadenza della tregua quinquennale
concordata con l’arcivescovo Giovanni nella pace di Sarzana del
1353 81). Perugia stimò allora conveniente cercare l’alleanza del
nuovo legato tanto più che, a rendere precaria la situazione del co-
mune, nuovi disordini erano scoppiati in Spoleto. Frequenti amba-
scerie furono mandate in Romagna (la prima venne deliberata nel
consiglio del 10 marzo dello stesso 1358) nelle quali i rappresentanti
di Perugia, ed in particolar modo Pietro Vincioli, esposero al legato
la situazione di Perugia e degli Spoletini #2).

Nel mese di aprile Fra Girardo di Ruffino fu mandato in Roma-
gna pro quibusdam factis imminentibus comunis Perusii 83) ed esat-
tamente perchè la guerra con Siena si stava risolvendo in un vero
disastro per il comune, tant'è vero che nello stesso mese l’esercito
perugino aveva dovuto abbandonare il campo e battere in ritirata.
Il fatto assunse tali proporzioni agli occhi del popolo che perfino il
suo idolo, Leggieri di Nicoluccio di Andreotto promotore della guerra,
fu minacciato di morte. Sottoposto ad una inchiesta che avrebbe
dovuto essere condotta dal fiorentino Geri de’ Pazzi, l'insigne peru-
gino vi si sottrasse con uno stratagemma : poiché gli ambasciatori
erano coperti dall'immunità e quindi non potevano essere sottoposti
a sindacato, fu prontamente eletto nunzio presso il legato e poté
allontanarsi in tempo 8‘.

Intanto il comune doveva affrontare la grave situazione : non
bastando le proprie forze, in giugno fu deciso di mandare Tribal-
dino di Manfredino quale ambasciatore presso i comuni amici della

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Marca e del ducato per chiedere aiuti 59. In agosto fu mandato
un ambasciatore ad Arezzo pro honore et statu comunis Perusii,
con il probabile incarico di convincere il comune toscano, se non
all'alleanza, per lo meno alla neutralità 89). Ma l'incertezza sull'esito
della guerra, nonostante fossero state ingaggiate numerose compa-
gnie di ventura, convinse il Comune di Perugia a prendere in esame
le proposte di pace avanzate da Firenze, tanto piü che la Grande
Compagnia minacciava nuove scorrerie in territorio umbro.

In settembre Agnolino di Ceccolo di Sinibaldo (Benincasa),
Averardo di Cecco, Teo di Perone Michelotti e Massolo di Pero fu-
rono mandati a Firenze per accordarsi con la Signoria, mentre Si-
mone di Ermanno e Bindolo di Monaldolo erano inviati a Monte-
pulciano, probabilmente per accertarsi sulla fedeltà di quel comune $7.

In seguito ai buoni uffici dei Fiorentini, le parti concordarono
di eleggere Petruccio Casalesco, vescovo Torcellano e legato apo-
stolico in Romagna, arbitro nella vertenza tra i due comuni e per
prendere gli accordi necessari gli interessati tennero una prima riu-
nione a Perugia 88). Quindi ambasciatori e sindaci si trasferirono
in Arezzo causa compromictendi tra il conte di Romagna, che rap-
presentava il legato, e gli ambasciatori fiorentini circa le trattative
tra Perugia e Siena 8°. Intanto, pur di raggiungere la sospirata
pace col maggior vantaggio possibile per Perugia, partiva alla volta
di Montepulciano lo stesso vescovo Andrea di Martino Bontempi
con Teo di Perone Michelotti 99).

Il 30 ottobre il vescovo Petruccio, assistito dai Fiorentini An-
drea de’ Bardi e Uguccione de’ Ricci, emise il lodo per porre termine
alla guerra tra il Comune di Siena e Bartolomeo Casali da una parte
ed il Comune di Perugia con Montepulciano dall’altra. La sostanza
del lodo era la seguente : i danni scambievolmente inferti dovevano
ritenersi compensati e i prigionieri dovevano essere liberati. Il Co-
mune di Perugia doveva assolvere tutti coloro che erano stati banditi
o condannati a causa della guerra ; doveva ritirare entro tre giorni
i propri armati dal territorio di Cortona ; doveva richiamare, entro
quattro giorni, gli ufficiali e le truppe perugine esistenti in Monte-
pulciano ; doveva rinunciare a tutti i diritti di dominio su quella
città, con facoltà di riacquistarli qualora Siena avesse costretto il
popolo di Montepulciano a qualche imposizione; Montepulciano
stessa era libera di reggersi a governo popolare ?^.

Il lodo non fu favorevole ai Perugini pur avendo essi riportato
a Turrita una notevole vittoria sui Cortonesi 9). Nel mese di di-

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IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 55

cembre ser Pietro di Lippolo fu mandato a Firenze con ser Fran-
cesco di Buonconte da San Miniato, capitano sulla custodia della
città di Perugia, pro laudo habendo in publicam formam ?».

Nel marzo del 1359, dopo appena quattro mesi di tregua, i Co-
muni di Perugia e di Siena, insoddisfatti del lodo, non erano ancora
giunti alla pace. Questo stato di cose impensieriva soprattutto Fi-
renze, timorosa che la Grande Compagnia potesse aver ragione dei
comuni toscani divisi e nemici tra loro. La Signoria mirava a distrug-
gere una volta per sempre la pestis italica, il che era possibile sol-
tanto opponendole un forte esercito alla formazione del quale peró
dovevano contribuire tutti indistintamente i comuni ed i signori del-
lItalia centrale. Il problema maggiore restava quindi la guerra tra
Siena e Perugia. Per trovare una via d'accordo Firenze mandò An-
drea de' Bardi e Marco Strozzi al cardinal Albornoz, rientrato in
Italia nel novembre 1358 e che in quel tempo dimorava in Cesena,
affinché a quelli dei Fiorentini unisse anche i propri buoni uffici
per la pace. Ma il 15 marzo i suddetti ambasciatori, ai quali si era
unito anche Nicola Giugni, scrivevano ai priori fiorentini che, avendo
parlato col cardinale del mancato accordo tra Perugia e Siena, egli
aveva risposto : « Voi sapete che io non ne posso piü e detto óe ai
Perugini che il torto é dalla parte loro ». I nunzi espressero quindi
la convinzione che a tale proposito nulla avrebbero potuto fare né
il legato né i priori di Firenze, visto che le parti in causa non avevano
buona volontà di pace ?9. È probabile che i Fiorentini avvertissero
i Perugini di quello che pensava di loro il legato, perché il 28 marzo
Leggieri di Nicoluccio di Andreotto e Fidanzino di Gianni furono
eletti ambasciatori destinati all'Albornoz ?9. Il 3 aprile i priori del
Comune di Firenze avvertirono Perugini, Senesi, Aretini e Volterrani
che, a deludere le speranze di un esercito contro i venturieri, i Tifer-
nati avevano scoperto, dopo lunghe indagini, che la Grande Compa-
gnia si era accordata in segreto col legato e che stava per scendere
verso Città di Castello e la Toscana. Perciò i comuni erano pregati
di tener pronti i loro uomini armati per mandarli, in caso di neces-
sità, in aiuto di Firenze 99). Ma Perugia preferì liberarsi della Grande
Compagnia sborsando quattromila fiorini d'oro 9). Il 5 aprile il car-
dinal Egidio comunicava alla Signoria che erano giunti presso di
lui gli ambasciatori perugini con i quali sperava di giungere ad un
accordo tra Perugia, che essi rappresentavano, e Siena ?9. Infine il
21 aprile il comune umbro elesse il cardinal legato arbitro nel dis-
sidio con Siena e il 24 maggio stese un secondo istromento pub-

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blico contenente la. deliberazione del comune: di attenersi incon-
dizionatamente al suo lodo. Questi decise che venissero osservate
dalle due parti le decisioni del vescovo Petruccio, entro il termine
di venti giorni; che Perugia abbattesse tutte le fortezze costruite
nel Cortonese; che fossero dichiarate nulle tutte le:sottomissioni
fatte e da farsi, da parte sua, di Montepulciano ??.

Il lodo del vicario generale era, per Perugia, anche più svantag-
gioso del precedente eppure il comune lo accettò, spinto alla decisione,
forse, dalle notizie sempre più gravi che giungevano da Spoleto.

Lo sviluppo degli eventi di Spoleto si presentava pericoloso
per il Comune di Perugia il quale aveva confermato la propria giu-
risdizione sulla città del ducato nell'autunno del 1355, dopo la
ribellione di questa alle intimazioni dell’Albornoz. I primi indizi
di nuovi disordini tra le fazioni spoletine si manifestarono nell’ot-
tobre del 1358 ; il Comune di Perugia, già troppo impegnato nella
guerra con Siena, chiese l’aiuto dell’allora legato Androino, che si
trovava in Faenza, mandandogli numerose ambascerie 199). Per lo
stesso scopo, nel mese di novembre, andarono in Romagna anche
Agnolino di Ceccolo di Sinibaldo Benincasa, Massolo di Pietro di
Enrico ed Egidio di Martino de’ Merciari'0). Nello stesso periodo,
presumibilmente verso la fine di ottobre, Agnolino di Bettolo fu
mandato ambasciatore a Ricco, vicario del legato, per gli stessi
fatti; durante l’ambasceria egli si fermò anche a Montefalco per
effettuare quel pagamento di quattromila fiorini concordato dal
comune con la Grande Compagnia, forse per evitare che la stessa
molestasse Perugia in un momento così delicato 1°2), I Perugini ten-
tavano di far giungere le fazioni spoletine ad un pacifico accordo
senza ulteriori lotte intestine e spargimenti di sangue per cui, nel
mese di gennaio del 1359, il giudice Angelo di Francesco era stato
mandato in Romagna dal legato mentre nel febbraio un altro giu-
dice, Giovanni di ser Amato, era stato incaricato di discutere col
vicario Ricco pro facto pacis et concordie intrinsecorum et extrinse-
corum Spoletanorum 19), Ma la minaccia della Grande Compagnia
era ancora grave, tanto che i Perugini intensificarono i mezzi di di-
fesa della città di Spoleto 104,

Nell'estate del 1359, mentre il conte Lando si trovava in Bet-
tona forse per prepararsi contro Firenze, giunse a Spoleto Nicolò
Orsini conte di Nola, proveniente dal regno di Napoli con cinque-
cento cavalieri. Il podestà ed il conservatore di Spoleto, rispettiva-
mente Giovanni di Francesco Montemelini e Nino di Lello Gui-
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 57

dalotti ambedue perugini, non ebbero difficoltà a farlo entrare in
città. Ciò saputo, i Perugini mandarono ivi un conservatore per far
giustiziare il Montemelini, forse temendo che il suo gesto potesse
scatenare la rappresaglia del conte Lando e della Grande Compagnia
contro Perugia 195) ; ma gli Spoletini non permisero l’entrata del ma-
gistrato ribellandosi a Perugia. Dopo ciò, forse spaventati dalla loro
stessa audacia, si rivolsero al legato perché rimettesse la città nella
immediata soggezione della Chiesa 199), Così il.25 ottobre i rappre-
sentanti delle due fazioni si presentarono al legato in Ancona per
chiedere perdono ed affidargli il riordinamento della città 197),

Il 28 dello stesso mese fu redatto l’istromento di pace davanti
al cardinale ed ai procuratori delle due parti, rispettivamente Van-
ne di Massiolo (Paoluccio di Paoletto secondo il Filippini) per i
fuorusciti rifugiati in Foligno e Giacopuzio di Vannetto di Panuzio
da Spoleto per gli intrinseci, presenti Giovanni di Adamo da Monte
Causario chierico e notaio della diocesi di Fermo, Fernando Gomez
e Alfonso di Martino da Pastrano chierici e notai della diocesi di To-
ledo, Bernardo de Luschis chierico e notaio di Reggio. I procura-
tori delle due parti si impegnarono a permettere che il legato libe-
ramente e pienamente disponesse, prout sibi placuerit, del Comune di
Spoleto e del suo territorio, prendendo libere disposizioni sulla for-
ma di governo, sulla riforma del regime e sui fortilizi della città.
Tuttavia il legato, pur fornito di amplissimi poteri a questo riguardo,
dové inserire nell’istromento la clausola che lasciava integro a Pe-
rugia il privilegio di eleggervi il podestà. Il giorno seguente (viges-
sima nona dicti mensis) il cardinale ratificò il concordato e ricevette
il giuramento dei procuratori e sindaci che i patti sarebbero stati
osservati. Il 31 ottobre egli ordinò che podestà, comune, popolo e
singoli Spoletini non potessero introdurre, ullo unquam tempore,
gente armata nella città senza esplicito permesso della Chiesa 195),

Gli storici perugini hanno sempre considerato un successo della
politica comunale l’inserimento della clausola riguardante il privi-
legio su Spoleto, certamente credendo che il legato temesse la po-
tenza di Perugia. Narra invece il Filippini che il cardinale aveva
chiesto esplicitamente il permesso di annullare la costituzione di
Giovanni xxii a questo riguardo e che Innocenzo vi gli aveva ri-
sposto di soprassedere, con l'evidente intenzione di rimandare l'an-
nullamento a tempi più propizi per la Chiesa 102).

Nel mese di novembre, rientrati in città i ghibellini, il legato
fece giurare obbedienza e fedeltà alla Chiesa a tutti indistintamente

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i cittadini di Spoleto, sia uomini che donne !!0, Con questo accordo
gli Spoletini riconoscevano quindi il pontefice quale loro diretto
superiore, la giurisdizione tornava nelle mani della Chiesa, mentre
a Perugia erano conservate le concessioni di Giovanni xxir.

Ma in che cosa queste consistevano, alla luce degli ultimi av-
venimenti? Perugia poteva ancora mandare, ogni sei mesi, il po-
destà scelto tra i suoi cittadini e tra la gente del suo contado, pur-
ché idoneo alla magistratura e fedele alla Chiesa, come aveva decre-
tato quel pontefice, ma che ora in tutto avrebbe dovuto obbedire
al rettore del ducato e al vicario generale come un qualsiasi altro
magistrato di Spoleto. Inoltre le funzioni dello stesso podestà ve-
nivano riportate entro il perimetro del privilegio suddetto che lo
riconosceva competente solo per gli affari di ordinaria amministra-
zione mentre per gli affari straordinari, quali la concessione di pri-
vilegi ed immunità a luoghi e persone del contado spoletino, le sue
decisioni erano subordinate all'approvazione del rettore 111). Tutti
gli altri ufficiali che indebitamente erano stati mandati dal Comune
di Perugia a governare la città di Spoleto, decaddero automatica-
mente dal loro incarico. Tuttavia assieme al conservatore di Spo-
leto, per quel periodo Nino di Lello Guidalotti, anche il podestà
Giovanni di Francesco Montemelini dovette tornarsene a Perugia 112),
Naturalmente i fatti di Spoleto suscitarono grande scalpore a Perugia,
perché la «novità » era avvenuta «contro l'ordine delle cose pas-
sate ». Per prima cosa i Perugini deliberarono, « per lo rispetto che
si è havuto sempre a’ Sommi Pontefici... di mandare Ambascia-
tori al Legato Agnolino di Bettolo de’ Pelacani et Ceccholo di
meser Righo, per ridomandare ancorchè espresso non sia, l'ammi-
nistratione della città di Spoleto, et per intendere la cagione, che
havea mosso il Cardinale a fare questa novità in queste parti . . . » 119),
Ma gli ambasciatori, come dice il Tranquilli, «avvero poco honore,
benchè ciascuno de loro ne avesse uno offitio. Andocce poi mes-
ser Pietro de Vinciolo e Ceccolo de Sinibaldo y114), i quali riu-
scirono solo a firmare una lega tra Perugia e l'Albornoz «con po-
testà che a ciascuna delle parti fosse lecito, senza richiesta del-
l'altra, di ricevere in detta lega il Comun di Fiorenza, di Pisa, et di
Siena ...»115),

Nel marzo del 1360 il legato ebbe Bologna da Giovanni di Oleg-
gio il quale, essendo vicario dell'arcivescovo di Milano, alla morte
di questi si era fatto signore della città; è probabile quindi che la
lega stipulata con Perugia avesse proprio lo scopo di fornire aiuti
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 59

all'Albornoz nella riconquista della città. Tuttavia egli si rivolse ai
Fiorentini perché alle sue unissero anche le proprie forze contro
Bernabò Visconti che tentava di riprendersi Bologna 115, mentre
non si hanno notizie che il legato facesse un simile invito anche al
Comune di Perugia.

Questo, dal canto suo, non sapeva rassegnarsi alla perdita della
giurisdizione sulla maggior parte delle città umbre e volendo con-
fermare quel tanto di supremazia che gli era rimasta, nel novem-
bre dello stesso anno pretese che il Comune di Gualdo confermasse
i patti di sottomissione al Comune di Perugia stipulati nel 1356 117).
Il fatto fu perciò considerato dalla Chiesa una provocazione dopo
che Innocenzo vi aveva dichiarato la città di Gualdo immediata-
mente soggetta alla Sede Apostolica ed aveva espressamente escluso
qualunque diritto di Perugia sulla stessa 118). Infine la comunità
gualdese era stata tra le prime che, in Umbria, si erano sottomesse
al cardinal legato. Tuttavia il pontefice non reagì.

Quanto a Perugia, nel mese di dicembre la città pullulava di
fermenti e sospetti. Il rettore del ducato mandò persone fidate da
alcuni Perugini per sapere come mai ci fosse in città un gran nu-
mero di cavalli e soldati e se era vero che alcuni nobili volevano
occupare le terre del Patrimonio ; il rettore pregava pertanto questi
amici di illuminarlo e di tenerlo al corrente di tutte le novità che
potessero portare turbamento al suo ufficio 119),

A cosa servisse questo concentramento di forze in Perugia non
sì sa, né gli storici perugini riportano notizie in proposito. Forse
si trattava del preludio alla novità che si ebbe da parte dei nobili
nell’agosto del 1361, quando « se scoperse el tradimento, o la Giu-
ra fatta per li grande e populare de questa città de Perogia che vol-
sero fosse sire lo stato popolare de Perogia e sottomettere a tiranno
quale era fatto meser Alessandro de Pellolo de Vencioli e in questa
giura o lega erano tutte le gentilhomene de Perogia e popolare più
de mille ...»129, Non appena la congiura fu scoperta, da
molte parti si mormorò che ad essa aveva tenuto mano anche il
cardinal legato, allo scopo di favorire in Perugia un governo che
avrebbe riconosciuto la supremazia della Chiesa; ma nell’inchiesta
che seguì, o perché fosse veramente all’oscuro di tutto, o per non
rendere le relazioni ancora più tese, l'Albornoz fu scagionato da ogni
sospetto. Molti congiurati riuscirono a fuggire in tempo, ma la mag-
gior parte furono imprigionati e portati davanti al tribunale nel pro-
cesso che si tenne a loro carico il 12 ottobre del 1361; i maggiori

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imputati furono Averardo Montesperelli, Alessandro di Pellolo Vin-
cioli, Guido della Corgna e Tribaldino di Manfredino i quali, assieme
ad altri congiurati — dice la sentenza — avevano trattato e delibe-
rato di mutare e sovvertire lo stato popolare, libero e pacifico che ha
ed ha sempre avuto la città di Perugia. Risultava inoltre che i con-
giurati, per assicurare il successo al loro tentativo, avevano mandato
tal Petruccio di Cola da Spoleto al cardinal Albornoz, per indurlo a
prender parte alla congiura e fornire, per la buona riuscita di essa,
aiuto, consiglio, favore e genti armate a piedi e a cavallo, nella quan-
tità che avesse ritenuta opportuna. Invece l'Albornoz, dopo aver
ascoltato le proposte di Petruccio, non volle acconsentire in nulla
e negó ogni aiuto. Ma i congiurati, prosegue il verbale, pur privi
auxilio, consilio et brachio dicti domini legati, tentarono ugualmente
l'esecuzione del loro piano. Il podestà di Perugia condannò cosi alla
decapitazione Averardo di Ceccolo Montesperelli, Alessandro di
Pellolo Vincioli, Tribaldino di Manfredino, Nicola di Giovannello
alias dictum Squatranum ed Ercole di Benvenuto quali capi della
congiura. Tutti gli altri, tra i quali figuravano Colaccio di Cecco
Baglioni, Lodovico, Uguccione e Tiberuzio Montemelini, furono
condannati a pene pecuniarie per un massimo di trecento fiorini
d’oro ciascuno 121),

Nel 1362 le relazioni tra il cardinal legato e Perugia si fecero
ancora più tese in parte per il sospetto, ormai entrato nei Perugini,
che il legato cercasse con ogni mezzo di soggiogare il comune, in
parte perché Perugia stessa non si era rassegnata alla perduta pre-
minenza sull'Umbria, del che incolpava proprio il legato. Forse i
Perugini andarono a lamentarsi col pontefice per la condotta del-
l'Albornoz perché ad esso Innocenzo vi raccomandò la moderazione
e di conseguenza, nel febbraio di quell’anno, fu firmato un trattato
tra il legato ed il Comune di Perugia, con il quale il primo si impe-
gnava ad astenersi inferenda noxia novitate ai diritti e giurisdizioni
riconosciuti pertinenti al comune. Il legato prometteva anche di
non costruire alcun nuovo fortilizio, contro i suddetti diritti e giu-
risdizioni, fintantochè il comune ed il popolo di Perugia non aves-
sero turbato i diritti e le giurisdizioni delle quali la Chiesa godeva
nel presente momento e fintantoché non si fosse attentato ad essi
costruendo o facendo costruire qualche nuovo fortilizio ai suoi
danni 22, Nello stesso trattato il cardinale promise anche di non
offendere né minacciare lo stato popolare della città di Perugia,
né di favorire i suoi nemici, finché comune e popolo non avessero
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA' DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE (6f

attentato ai-diritti: dello Stato della Chiesa, del suo legato.e dei suoi
sudditi ‘o finché Perugia non avesse aiutato i ribelli di essa 123),

Il tono delle trattative, condotte a termine dal legato solo per
compiacere il pontefice, dava adito alla rottura dei patti, cosa che
avvenne puntualmente nell'aprile del 1362 quando il legato stesso
fece costruire in Spoleto una formidabile rocca, sulla sommità del
Monte Elia 124). Cominciarono allora: per Perugia giorni di ansia e
di sospetto, nel timore che egli si volgesse apertamente contro il co-
mune, in quel momento duramente impegnato nella lotta (protrat-
tasi poi per tutto il 1363) contro i ribelli e congiurati che si erano
rifugiati in Fontignano ‘25. Per evitare alleanze o rivolte contro il
comune, i priori fecero confermare i diritti di Perugia sulle terre sot-
toposte, ordinando che ivi si rileggessero i patti di sottomissione e si
pubblieassero i nomi dei ribelli 126,

Il 28 settembre 1362 Urbano v fu eletto quale successore di
Innocenzo vi, morto il 12 dello stesso mese. Per prima cosa il nuovo
pontefice confermò l’Albornoz nella carica di legato pontificio dan-
dogli anzi, il 1° maggio 1363, la facoltà di allearsi con nobili e città,
allo scopo di meglio ricuperare e difendere città, castelli e terre della
Chiesa 127).

Dalla sua elezione papa Urbano sognava una grande crociata
in Terra Santa, capitanata dai signori italiani e dai sovrani di Fran-
cia e d'Ungheria; ma Bernabò Visconti, lungi dall’accogliere l'in-
vito del pontefice, si diede invece a scorrazzare per l’Italia minac-
ciando anche lo Stato della Chiesa. Sul suo esempio l’inglese Giovanni
Acuto cominciò a devastare alcune province italiane. Perciò il 20
maggio dello stesso anno Urbano v scrisse ai Perugini esortandoli
a non permettere il passaggio, nel loro territorio, di bande armate
e di non dare aiuti al Visconti 128). Il 5 settembre il pontefice inviò
all’Albornoz le lettere con cui Alberto Sterz, capitano della compa-
gnia inglese, si poneva al servizio della Chiesa ; il legato veniva esor-
tato a richiamare le truppe mandate contro i suddetti Inglesi e a
non fare nulla contro di loro, dal momento che pro Ecclesia ipsa
et non contra eam egerunt. Nel mese di novembre, forse giudicando
che il territorio sottoposto alla sua legazione fosse troppo vasto
perché il vicario generale potesse agevolmente occuparsene, Ur-
bano v lo divise in due parti, sottoponendone una al controllo del-
l’abate di Cluny. Ma su Pisa, Orvieto, Perugia, Todi, Rieti e su altre
città e terre adiacenti, mediate vel immediate sottoposte alla Chiesa,
il pontefice confermò il mandato all'Albornoz ‘29.

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Nell'ottobre del 13641a compagnia inglese, detta anche Compa-
gnia Bianca, pose il suo quartier generale nel territorio di Cortona
da dove muoveva continuamente a devastare il comitato perugino.
Non avendo forze sufficienti per fronteggiare l’Acuto; il Comune di
Perugia mandó ambasciatori ad Anichino di Bongardo, capitano
di ventura tedesco, alle cui schiere si era unito anche Alberto Sterz 139)
e che stanziava in Marittima, perché venisse al servizio della città.
Anichino non si fece pregare e si accampò col suo esercito nei paesi
più vicini a Perugia; ma i Tedeschi, a detta del Pellini, «fecero non-
dimeno anch'essi per tutti i luoghi, dove alloggiarono, notabilissimi
danni » 131). Inoltre Lorenzo di Tois, Giovanni Bure, Enrico di Chait,
Gherardo Trames venivano troppo spesso ai priori perugini a chieder
denari!32 e poiché in sei giorni il comune dovette sborsare ai Te-
deschi circa 5.400 fiorini d'oro, i magistrati dovettero convenire che
un accordo con la Compagnia Bianca sarebbe venuto a costar meno.
E cosi fu fatto 13. Finalmente il 17 dicembre i conservatori della
moneta poterono saldare Niccolò di Marcolo, notaio perugino, che
dall’accampamento della Compagnia Bianca aveva riportato i tanto
sospirati patti della tregua. Lo stesso giorno, per festeggiare la fe-
lice conclusione delle trattative, Anichino di Bongardo e Alberto
Sterz, capitani della Grande Compagnia, Ugone di Mortimer e
Andrea Belmonte capitani della Compagnia Bianca, ricevettero un
dono (erenium) del valore di settecento fiorini d'oro, da parte del
Comune di Perugia 134),

Il pontefice dimostrò di non gradire affatto l’alleanza di Pe-
rugia con la Grande Compagnia, essendosi egli fatto promotore di
una lega, caldeggiata in Italia dal Comune di Firenze, che si pro-
poneva di liberare la penisola dai venturieri e che contemporanea-
mente si impegnava a non combattere la Chiesa ed i suoi pastori,
né i suoi alleati né quelle compagnie con cui fossero stati presi par-
ticolari accordi '35). Ma la lega aveva specialmente lo scopo di com-
battere la compagnia di Anichino che, alleatosi con Perugia, costi-
tuiva la più seria minaccia per le terre della Chiesa. Il 1° marzo 1365,
confidando che la misericordia divina gli avrebbe elargito lo sperato
successo de illa impia societate Anichini, il pontefice autorizzò il
legato ad ingaggiare ancora una volta gli Inglesi in servizio della
Chiesa 136),

Una lettera di disapprovazione, con data 16 marzo 1365, venne
spedita anche ai Perugini, ai quali Urbano v ricordava quanto fosse
per loro indecoroso e dannoso in pari tempo deviare dai lodevoli


IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 63

sentimenti dei loro padri, e con la quale li avvertiva di quante e
quanto gravi pene incombessero su coloro che occupavano le terre
della Chiesa e sui loro complici. Perciò i Perugini erano esortati

affinché, ut benedictionis filii, si astenessero dal prestare aiuti ai

nemici ed agli invasori delle terre di S. Pietro, ma che anzi cercas-
sero di essere utili al cardinal legato efficacibus consiliis consue-
lis!?D. Infine. probabilmente per distrarlo dall'amicizia con Ani-

chino, papa Urbano invitó il comune, nel giugno dello stesso anno, .

a stringere una lega con la regina Giovanna, con Carlo rv, l'arcive-
scovo di Ravenna, i da Carrara, gli Estensi, i Gonzaga, i della Scala,
con Venezia e con altre città della Tuscia, contro le compagnie di
ventura 138),

Nonostante le esortazioni del pontefice, l'alleanza con Anichi-
no si dimostró indispensabile quando, nel luglio di quell'anno, gli
Inglesi « contro la fede data » nei patti dell'anno precedente, torna-
rono ai danni di Perugia. Giovanni di Uderigo e Panuzio di Nicola
furono subito mandati in Marittima per chiamare Anichino ; lo
scontro tra le due compagnie, che avvenne al castello di S. Mariano
prossimo a Perugia, «a 27 de luglio, una domenica notte » 139),
si risolse praticamente in una battaglia tra la Chiesa ed il Comune
di Perugia. I Tedeschi sconfissero la compagnia di Giovanni Acuto
e tra i 2024 prigionieri portati in città figuravano anche quattro
capitani: Ugo di Mortimer, il conte Gliogase, Giovanni Breccia e
Andrea Belmonte 140),

I festeggiamenti per la vittoria furono memorabili: ai due ca-
pitani tedeschi furono offerti vino, cera e confetti ed un pranzo son-
tuoso ; fu concessa loro la cittadinanza perugina ed ebbero in dono
una casa ciascuno 1^2; si fece una solenne processione di ringrazia-
mento 1^2; si deliberò di erigere una chiesa in S Mariano in onore
di S. Vittore !4). Un simile tripudio fa pensare che i Perugini si
fossero resi conto dell'importanza della battaglia e soprattutto del-
l’importanza della vittoria, poiché se questa fosse arrisa alla Com-
pagnia Bianca, il legato, che ulteriori testimonianze indicano come il
promotore della provocazione inglese 144, avrebbe trovato nella sua
abilità i mezzi per far figurare come spontanea la sottomissione di
Perugia, città imperiale e favorita da innumerevoli privilegi pontifici.

A gettar acqua sul fuoco dell'entusiasmo perugino accadde, il
22 settembre, la novità di Sassoferrato dove, dopo una sommossa
popolare, erano state aperte le porte al legato che vi entrava con la
sua gente facendo prigionieri i magistrati elettivi dai Perugini !*».

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Avutasi notizia dell'avvenimento in Perugia, i priori si affrettà-
rono a mandare ambasciatori a Firenze «per fare la lega di To-
scana »!*9, forse intimoriti dal deciso comportamento del. legato
e con la speranza di far cosa gradita al pontefice. Il papa aveva più
volte espresso il proprio disappunto perché i comuni dell'Italia cen-
trale non si erano ancora collegati per combattere le compagnie di
ventura ed aveva nominato i vescovi di Città di Castello e Firenze ed
il ministro generale dei frati minori suoi nunzi apostolici in Italia
perché sollecitassero la lega. Si sa, attraverso una lettera con cui la
Signoria di Firenze cercava di giustificare il ritardo della confedera-
zione, che nell’estate di quell’anno erano stati convocati a Firenze,
per il 10 agosto, i rappresentanti di Pisa, Perugia, Siena ed Arezzo
allo scopo di versare una certa somma di denaro ad removendum ini-
quas Sotietates de Ytalia per modum pecunie ; ma alla data conve-
nuta si erano presentati solo gli Aretini. Perció, se la lega non era
ancora un fatto compiuto, le cause non mancavano : innanzi tutto
la stessa sarebbe stata considerata una provocazione dalle compagnie
che, sebbene pagate lautamente dalla maggior parte dei comuni,
col pretesto della rottura dei patti non avrebbero esitato a volgersi
nuovamente contro di loro. Secondo : per fronteggiare le compagnie
era necessario ricorrere ad altre compagnie di gente straniera perché
non sufficiebant Ytalici ad resistentiam faciendam ; cosicché il ri-
sultato della guerra sarebbe stato dubbio, dal momento che orbus
orbo oculos eripere non affectat ^D. Con tutto questo il Comune di
Firenze voleva far intendere al papa come i comuni di Toscana aves-
sero preferito giungere ad un accordo con questo flagello nostrano
anziché affidarsi ad una guerra dall'esito incerto. Ne sapeva qualche
cosa anche il Comune di Perugia che nel primo semestre del 1366
aveva sborsato oltre 4.000 fiorini d'oro ai soli Tedeschi, 1053 ad
Ambrogio Visconti capitano della Compagnia di San Giorgio e Gio-
vanni Acuto, lo sconfitto, ne aveva racimolati altrettanti 148),

Tuttavia, risolto momentaneamente il problema delle compagnie,
la preoccupazione maggiore del Comune di Perugia era adesso il car-
dinal Albornoz, sempre più pericolosamente vicino ai confini del
contado. Perciò i magistrati del comune «scoprendosi ... che la
presenza del Cardinale Egidio in queste parti non era a caso, anzi
o che per se stesso fosse volto alla ricuperatione delle Terre di Santa
Chiesa, a che era stato principalmente mandato dal Papa in Italia,
o che vi fosse sollecitato da Gentil'huomini Perugini . . . fuorusciti . . .
attendeva con molta sollecitudine a tirare innanzi questo suo pen-
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 65

siero talmente, che i nostri Magistrati ... deliberarono di mandare
ambasciatori in Avignone al Papa...»!*9. Gli ambasciatori fu-
rono Andrea di Martino Bontempi vescovo di Perugia, Tiberio di
Francesco Montemelini e Pietro Vincioli 159). Il 1° giugno dello stesso
anno Urbano v scriveva una lettera al Comune di Perugia per confer-
mare le sue buone intenzioni verso la città, già espresse agli amba-
sciatori, e per comunicare che aveva accettato certe precisazioni
fatte dagli stessi, anche se avevano il sapore della giustificazione 151).
Il 16 giugno seguente, con parole altrettanto benevole, il pontefice
esprimeva a Perugini, Fiorentini, Senesi ed Aretini la propria sod-
disfazione per l’avvenuta confederazione contro comitivas dete-
stabiles 152),

Ma di lì a qualche mese i rapporti tra Perugia ed il legato si
guastarono irrimediabilmente. In un consiglio del maggio 1366
erano stati eletti tre cittadini, Ugolino di Pellolo, Arlotto Michelotti
e Berardello del Priore di Berardello, detti i tre dell’arbitrio, autoriz-
zati ad assoldare gente a piedi e a cavallo e soprattutto ad assoldare
spie per conoscere i disegni non solo dei nemici vicini e lontani, ma
innanzi tutto quelli del legato, « del quale si temeva grandemente,
et era opinione quasi universale, ch’egli fomentasse gl’Inglesi, et
persuadesse loro il venire a danni de’ Perugini...»153)

L'incidente che portò alla rottura sarebbe scaturito dal fatto
che, come narra il Filippini, il cardinal Egidio con un pugno di uo-
mini al comando di Ugolino di Montemarte aveva sconfitto Gio-
vanni Acuto in uno scontro presso Orvieto ; per cui sembrando impos-
sibile ai Perugini che un così piccolo contingente di uomini avesse
potuto aver ragione della Compagnia Bianca, cominciarono a so-
spettare che Alberto Sterz, già capitano della compagnia inglese
ed ora al servizio del comune, avesse aiutato il legato in quella cir-
costanza.

Nell'ottobre dello stesso anno il Tedesco fu arrestato ma per
motivi ben più gravi dei precedenti ; processato il 2 novembre suc-
cessivo, fu condannato alla decapitazione.

Narra il cancelliere di Pero (de Marina Recitinensi) allora po-
destà di Perugia, nel lungo verbale della sentenza, che il Tedesco era
accusato di aver tramato per tradire il pacifico e libero stato della
città di Assisi, raccomandata e soggetta al Comune di Perugia (As-
sisi invece era stata più. volte dichiarata immediatamente sottoposta
alla Chiesa), al fine di mutare l’ordinamento interno di suddetta
città contro la forma degli statuti di Perugia. Ma poiché con le sue

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sole forze non sarebbe mai riuscito nell'impresa, lo Sterz aveva de-
ciso di ricorrere all'aiuto di altri venturieri; per cui, recatosi segre-
tamente a Spello, si era accordato con, tre inglesi, tali Rubino, Re-
belutio et Turbaro ; ad essi il Tedesco aveva esposto il proprio piano,
ricevendo l'assicurazione di ogni aiuto possibile da parte loro. Ma
per garantirsi maggiormente il successo nell'impresa, egli ebbe un col-
loquio con una persona di cui era meglio tacere il nome (quolloquium
habuit cum quodam alio cuius nomen pro meliori tacetur) e che gli
promise cinquecento cavalieri ed alcuni fanti. Non ancora certo
che le forze gli bastassero, lo Sterz si era accordato anche con alcuni
Perugini abitanti in borgo S. Pietro. Lo scopo della congiura era
quello di promuovere una sommossa nella città stessa di Perugia :
i congiurati avrebbero creato un diversivo per distrarre l'attenzione
del comune e sguarnire le sue difese per poi piombargli addosso al-
limprovviso. Oggetto di tale diversivo sarebbe stata appunto la
presa per vim et violentiam et ostiliter della città di Assisi sovver-
tenendone l'ordine interno ; il che però non si poteva fare senza un.
buon numero di uomini. Per l'effettuazione del piano il capitano
tedesco aveva mandato tale Ricciardo Balseman a Spello per esporre
precise istruzioni ai su nominati Rubino, Rebelutio et Turbaro, non-
ché a quella tale persona di cui si taceva il nome : stessero pronti
con le loro truppe e si recassero nel territorio di messer Bulgaro,
dove egli stesso si sarebbe recato per unirsi a loro ; da li si sarebbero
recati in Assisi per occupare la parte superiore della città, la cui
presa sarebbe stata garantita con l'occupazione della rocca.

Ora, essendo stati perpetrati questi delitti in danno e tradi-
mento del pacifico stato e libertà di Assisi, constando al podestà
che quanto sopra affermato rispondeva a verità per legittima con-
fessione (!) del detto Alberto Sterz, condannò lo stesso alla decapi-
tazione, affinché tale crimine non rimanesse impunito ed il suo ca-
stigo potesse essere di timore a molti e di esempio a tutti 154),

I] Filippini, pur riconoscendo che la sottomissione di Perugia
era compresa nel programma dell’Albornoz, esclude che questi si
fosse servito di un mezzo cosi nefando come il tradimento. Ma è
meglio soffermarsi un momento sui fatti: Alberto Sterz avrebbe
dovuto avere a sua disposizione cinquecenteo cavalieri (dei quali
si dovrà parlare ancora) ed un certo numero di fanti per conquistare
Assisi; chi poteva fornirgli un simile contingente di armati ? Nel
ducato, in quel momento, non vi era nessuno che potesse disporre di
truppe, eccetto l'Albornoz. Ed il legato, per meglio seguire le vicende

A
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 67

dello Sterz, si era stabilito in Foligno ed era reduce dalla discussa
vittoria contro gli Inglesi, ottenuta con un pugno di uomini, in seguito
alla quale gli Inglesi avevano promesso di andarsene dal territorio
della Chiesa senza pretendere un solo fiorino 559, Quando mai un
capitano di ventura rinunciava ad una composizione pecuniaria ?
Ma soprattutto, come si spiega la presenza di soldati inglesi a Spello,
cioè a due passi da Foligno ?

Comunque sia, l'opinione pubblica identificó il cardinal legato
con il personaggio cuius nomen... pro meliori tacetur e si diffuse
lopinione che egli tentasse anche di rimettere in Perugia i fuo-
rusciti.

Per distogliere il legato da questo proposito, o forse per sola
reazione, il comune cominció a prestare aiuto ai figli di Brancaleone
di Casteldurante i quali avevano occupato alcune terre della Chiesa
ribellatesi all'Albornoz. Tutto ció si puó desumere dalla lettera che
Urbano v mandò dilectis filiis, regiminibus et populo Perusinis il 31
ottobre di quell'anno, essendo già al corrente dei sospetti che gra-
vavano sul legato.

Abbiamo appreso con vero dolore — esordiva Urbano v —
della vostra ostilità contro il cardinal Egidio e che rivolgete contro
di lui i vostri animi turbati ; abbiamo saputo anche che, contro la
Santa Chiesa madre vostra, volete favorire i figli di Brancaleone
nell’occupazione di alcuni castelli ribellatisi ; abbiamo saputo inol-
tre che avete favorito, ef favelis assidue, le compagnie di ventura
fornendo loro armi e vettovaglie. Del quale comportamento, se cor-
rispondono a verità le notizie avute, ci meravigliamo e rattristiamo
non poco, dal momento che la fedeltà da voi sempre ostentata verso
la Chiesa stessa non vi consente di favorire i suoi nemici e ribelli,
ma vi esorta anzi a perseguirli con tutte le vostre forze. Perció —
prosegue il papa — vi esortiamo a combatterli innanzi tutto per la
gioia del nostro prossimo ritorno a Roma ed in secondo luogo per
non soggiacere alle pene previste contro chi si allea alle suddette
compagnie. Infine, quando saremo a Roma, avremo cura di sradi-
care ogni motivo di discordia tra voi e il nostro legato e se fin d'ora.
vorrete sottoporre alla nostra benevolenza le vostre giuste querele,
ci troverete pronti ad ascoltarvi e, se avrete ragione, ad esaudirvi 156),

Lo stesso giorno il pontefice scrisse anche al cardinal Albor-
noz, accludendo nella lettera a lui diretta quella indirizzata al Co-
mune di Perugia, affinchè la stessa si et prout expedire videris, facias
presentari 157,

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I fatti del 1367 dimostrarono che i sospetti dei Perugini non erano
del tutto infondati.

Subito dopo il processo ad Alberto Sterz, i magistrati di Pe-
rugia avevano incaricato Andrea Belmonte, fatto prigioniero nella
battaglia di S. Mariano del 1365 e liberato a questo scopo, di as-
soldare gente armata per conto del comune stesso. Invece il capi-
tano inglese si uni alla Compagnia Bianca che, agli inizi del 1567,
cominció a scorrazzare per i territori di Siena prima, del Chiusi poi,
avvicinandosi sempre più al contado perugino !59.

I primi tre mesi dell’anno trascorsero in Perugia nei prepa-
rativi di difesa e, nonostante questa non fosse la prima minacciosa
calata dei venturieri, mai il comune perugino si era preparato più
agguerritamente a fronteggiarli. È certo quindi che i Perugini sa-
pessero contro chi effettivamente avrebbero combattuto e che la
battaglia stessa sarebbe stata decisiva. Tra il popolo frattanto si
sospettava seriamente che gli Inglesi avessero ricevuto una forte
somma di denaro per venire ai danni di Perugia e che della stessa
«fosse secretissimo autore il Cardinal Legato, quale in quei giorni
trovavasi in Foligno con un gran numero di cavalli alloggiato nella
casa dei Trenci; anzi vogliono alcuni che in quel giorno che si do-
vea combattere sotto Brufa, il Cardinale mandasse da Foligno verso
i confini di Perugia cinquecento cavalli de’ migliori che avesse e li
fece stare provveduti finchè, se fossero bisognati, potessero dare
soccorso al Aguto. Con tutto ciò i Magistrati di Perugia, fingendo
non tenere alcun sospetto del Legato per non irritarlo maggiormente,
mandarono in Foligno i loro Ambasciatori per trattare molte cose
col Cardinale ; ma quegli scoprirono che il Legato havea cattivo ani-
mo verso i Perugini... 159. Così Ugolino di Pellolo tornò in città per
avvertire i magistrati « dell’altiero animo del Legato, et della sua
non punto buona dispositione verso la Città di Perugia » 199),

La battaglia tra Perugini ed Inglesi divampò quello stesso
giorno, 31 marzo 1367, nei pressi di Brufa tra il Chiascio e Ponte
S. Giovanni, in una località che dopo l’orrore di quella giornata prese
il nome significativo di Miralduolo. I Perugini, sconfitti, lasciarono
sul terreno oltre millecinquecento morti, mentre gli uomini migliori
del comune erano caduti prigionieri degli Inglesi.

L’autorizzazione concessa dai priori ai conservatori della mo-
neta di risarcire del prezzo del riscatto quanti erano stati catturati
dal nemico, ha permesso di conoscere alcuni aspetti completamente
nuovi dei fatti accaduti. Si sa, attraverso questa fonte, che gravi IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 69

tumulti erano: scoppiati in Assisi contro gli ufficiali perugini 160 ;
gli Assisani non volevano piü saperne di sottostare alla giurisdi-
zione perugina, certamente incitati alla ribellione dal cardinal le-
gato, l’unico che potesse trarre vantaggio dai disordini per sosti-
tuirsi a Perugia nel governo della città di S. Francesco.

Quel mercoledì, - ultimo giorno di marzo, la battaglia sorprese
Prunerano di Torello dei conti de Colle Galli podestà di Perugia
mentre, su mandato dei priori, si recava ad Assisi per ricondurre.
la città all'obbedienza. E cosi Prunerano fu fatto prigioniero dagli
Inglesi.

È un po’ difficile pensare che tutto questo possa essere acca-
duto per caso; mi sembra più verosimile che Inglesi ed Assisani
si siano accordati per disorientare e disperdere le forze perugine, tro-
vatesi così a dover combattere su due fronti. A questi bisogna ag-
giungere il legato che, a detta dei contemporanei, stava nascosto
dietro le colline di Brufa con cinquecento cavalieri, pronto ad inter-
venire in aiuto degli Inglesi. In queste condizioni i Perugini non po-
tevano sfuggire al loro destino.

Pur ignorando la ribellione di Assisi il Graziani (e con lui
tutti gli altri storici locali), si rammarica dell’inimicizia del legato
tanto più che il Comune di Perugia « sempre avea dato adiuto alla
Chiesa, et ditto Meser Egydio non saria intrato in Toscana si non
con lo sforzo del comuno de Perugia; et esso ne rendette questo
merito che a sua caldezza la gente de Perugia fu rocta et sconfic-
tai 05),

Subito dopo la battaglia, Assisi, « qual prima se teneva per Pe-
rugia », si dichiarò città della Chiesa e il 15 aprile il legato vi entrava
con la sua gente, accolto come un liberatore.

Anche dal punto di vista finanziario la sconfitta costò Lu.
cara ai Perugini: il comune dovette versare 4.000 fiorini d'oro a
Giovanni Acuto, 536 ad Adamo di Moncorso per la restituzione del
forte del Colle ; 3.300 andarono ai Tedeschi pro emenda dei cavalli
morti o presi dal nemico, includendo nella somma le sole emende
superiori ai 50 fiorini; 5.140 fiorini furono versati per il riscatto
dei prigionieri 159, Inoltre per alcuni giorni i Perugini vissero nel
terrore che il cardinale desse alla loro città il colpo di grazia appro-
fittando dello stato di prostrazione in cui era caduta dopo la scon-
fitta 159. Narra un anonimo cronista che i Perugini dovevano ma-
cinare in casa il loro grano perché gli Inglesi avevano bruciato prima
di tutto i molini. «E per questa cagione il Legato, quale stava in

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Foligno con bene 500 uomini a cavallo, e con grossa quantità di
gente a piedi, essendo contento della nostra sconfitta, la quale gl'in-
glesi ci diedero col suo aiuto e consentimento, credendosi cosi senza
fallo, in capo a tre di ci tolse Assisi, Gualdo, Nocera, Bettona, qua-
le Bettona fece subito rimurare, acció si riparasse a nostro di-
spetto » 165. Nemmeno i più alti magistrati furono risparmiati dalla
generale rovina : alla fine del loro mandato, i priori in carica per
quel periodo furono processati e condannati a pene pecuniarie per
incapacità e cattiva amministrazione 169,

Alla notizia della sconfitta, la Signoria di Firenze si prodigó
in aiuti morali verso il comune umbro, raccomandando ai mercanti
fiorentini dimoranti in Perugia di rincuorare i cittadini ed i magi-
strati e di essere loro vicini in un cosi grave momento. « Esibiscano
— riporta il Degli Azzi — la loro intromissione per pacificarli col
Legato del papa, del quale i Perugini hanno gelosia forse per cagione
di quello che tengono : che la Chiesa di Roma reputa suo » 197).

«A mezzo aprile — narra il Bottonio — fu fatto accordo tra il
Legato ed il Comune di Perugia in Ascesi, a mezzo di Baldo, fa-
moso Dottore, e Messer Golino di Pellolo, Dottor anch'esso. Dopo
il quale parti dal Perugino la Compagnia di Giovanni Acuto in-
glese » 168). Può dare ulteriormente credito ai sospetti contro il le-
gato il fatto che egli, al momento dei patti, si impegnò ad allonta-
nare la Compagnia Bianca dal contado perugino ; e si era assunto
un impegno del genere perché era sicuro di poterlo mantenere.

Ad Assisi i Perugini erano andati per richiedere al legato la giu-
risdizione sulla città; ma riuscirono soltanto a stipulare un accordo
con lui con il quale egli si impegnava, ripeto, ad allontanare gli In-
glesi purché i Perugini stessi promettessero di non molestare le terre
recentemente riconquistate alla Chiesa. Quanto alla restituzione
dei diritti di governo, il comune veniva invitato a farne richiesta
direttamente al pontefice; ma anche nel caso che questi avesse ri-
sposto affermativamente, non dovevano intendersi violati i patti
or ora stipulati. I Perugini scrissero subito ad Urbano v, « dolendosi
particolarmente de’ modi tenuti contra di loro dal suo Legato, della
morte di tanti loro soldati in quella battaglia, et delle Terre, che
havea tolte loro il Legato, et il Papa rescrisse in dietro queste for-
malif parole : De morte hominum dolemus, sed de recuperatione Ter-
rarum nostrarum gaudemus » 169),

Era dunque la fine della supremazia perugina sulle terre della
Chiesa nel ducato: queste tornavano sotto il diretto dominio della
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 71

Sede Apostolica ed al cardinal Albornoz rimaneva da compiere l’ul-
tima impresa, la sottomissione di Perugia. Subito dopo la battaglia
di Brufa egli avrebbe potuto approfittare dello sbandamento dei
Perugini per avere facilmente ragione della città, ma ne fu impe-
dito dall'errore commesso nel maggio del 1355, dodici anni prima,
allorquando cedette la città alla giurisdizione di Carlo rv. Al pre-
sente Perugia era ancora città dell'impero e pertanto il legato era nel-
limpossibilità giuridica di rivolgere le armi contro di essa se non per
difesa ; personalmente sono sicura che l'imperatore stesso non avreb-
be sollevato obbiezioni ad un'azione dell'Albornoz, ma non avrebbe
potuto certo rimanere sordo ad una eventuale richiesta di aiuto da
parte del suo popolo aggredito.

Nel mese di maggio il papa, proveniente da Avignone, sbarcó
a Corneto. Avuta notizia dell'arrivo, l'Albornoz aveva lasciato Fo-
ligno e si era diretto a Viterbo portando con sé un carro, a quanto
si racconta, sul quale aveva fatto caricare le chiavi di tutte le città
riconquistate a testimonianza del proprio operato. Nel frattempo
anche il Comune di Perugia aveva mandato ivi i suoi ambasciatori,
tra i quali il celebre giureconsulto Baldo, per esporre al pontefice
i casi della città. L'ambasceria aveva lo scopo di chiedere al papa
la giurisdizione sulle terre riprese dal cardinal Egidio; ma papa
Urbano, indovinando il loro pensiero, non li ammise nemmeno alla
propria presenza, sebbene gli ambasciatori avessero chiesto al suo
segretario Francesco Bruni, dietro versamento di 100 fiorini d'oro,
di intervenire in loro favore 179),

Nella notte tra il 23 ed il 24 agosto, con immenso cordoglio del
papa e di quanti avevano apprezzato l'opera sua, mori a Belriposo
presso Viterbo il cardinal Egidio Albornoz, legato pontificio in
Italia.

E credibile che Perugia accogliesse con grande sollievo la no-
tizia della sua morte perché con il legato scompariva il pericolo
immediato, per il comune, di dover rinunciare alla libertà di cui
aveva fino allora goduto.

Non si può giudicare leale o meno la condotta del cardinal
Egidio verso il comune umbro, anche se ne aveva cercato l'amici-
zia e gli aiuti pur sapendo, nella sua lungimiranza, che avrebbe fi-
nito col piegarlo alla soggezione pontificia non appena ne avesse
avuto l'occasione. Ma a lui era stato commesso un altissimo inca-
rico e, profondo conoscitore dei diritti della Chiesa quanto dei propri
doveri, quello stesso incarico avrebbe condotto a termine con qual-

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siasi mezzo ammesso ai suoi tempi: Perugia apparteneva di diritto
alla Chiesa ed alla Chiesa doveva tornare anche di fatto.

Alla sua morte l'opera di accerchiamento di Perugia con terre
fedeli al papa era compiuta e, se fosse vissuto ancora qualche' mese,
l'Albornoz sarebbe certamente riuscito a sottomettere il comune
molto prima del 23 novembre 1370, data della sua capitolazione. -

La posizione giuridica di Perugia nel periodo albornoziano
sfugge ad una esatta valutazione. Ma non sarà inutile ricapitolare.

Prima che il legato giungesse in Italia il Comune di Perugia,
pur essendo sottoposto alla sovranità della Chiesa, aveva: assunto
nei confronti di questa, come ho già detto, un atteggiamento pro-
tettivo giustificato dalle cattive condizioni della Curia Romana,
dal suo trasferimento in Avignone, dalle lotte contro l’impero. Allo
scoppio delle ribellioni nello Stato della Chiesa, nei primi decenni
del secolo xiv, Perugia era intervenuta in favore dei pontefici, prima
di tutto perché sapeva di essere legata ad essi da vincoli di suddi-
tanza che implicavano auzilium, consilium vel favorem ; poi, e que-
sta era la ragione principale, perché sulle terre ricuperate per conto
della Chiesa il comune stendeva la propria giurisdizione.

Dopo l'arrivo dell'Albornoz e le sue riconquiste nello Stato
Pontificio, i Perugini, non so se in buona o mala fede, continuarono
nella loro politica di indipendenza e di espansione la quale, lungi
dall'impressionare il legato, ne provocó il risentimento. La cessione
di Perugia alla giurisdizione imperiale, effettuata dal cardinale nel
1355 e che costituisce il suo solo errore, fu perció da loro salutata
come la liberazione dall'immediato pericolo che egli rappresentava.
Il fatto che la città fosse privilegiata e soprattutto che fosse sotto-
posta alla sovranità imperiale, se anche non impedi al cardinale :di
circondarla con terre fedeli alla Chiesa, non gli permise nemmeno di
rivolgersi direttamente contro di essa. Tuttavia, dopo la bruciante
sconfitta del 31 marzo 1367, egli era certo che Perugia stessa avrebbe
chiesto spontaneamente di tornare nel grembo della Madre comune ;
si può quindi immaginare la sua delusione nel vedere che la città,
pur umiliata ed isolata, continuava a battersi ancora per la ricon-
quista del prestigio perduto.

Sebbene troppo tardi per l'impresa del legato, l'11 marzo 1368,
Carlo rv, per porre fine ad una situazione di disagio creata dai dis-
sidi e dai tumulti scoppiati nelle terre della Chiesa, confermava i
privilegi e le donazioni concessi da lui medesimo e dai suoi prede-
cessori alla Sede Apostolica, riconoscendo i diritti di proprietà e

9
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 73

la giurisdizione della medesima sulle terre nominativamente elen-

cate. Tra gli altri nomi fanno spicco : Vallem quoqué, que Spoletana

dicitur, sive Ducatum cum Comitatibus Perusii et Castelli cum omni-

bus civitatibus, terris, limitibus, terminis et confinibus suis integra-

liter et cum omnibus et iuribus iurisdicionibus earundem . . . 17).
Perugia tornava quindi sotto la giurisdizione della Chiesa.

NOTE

1) G. CANESTRINI, Di alcuni documenti riguardanti le relazioni politiche
dei Papi d’Avignone coi Comuni d’Italia, in « Archivio Storico Italiano »,
App. n. 23, pp. 378-379. I documenti stessi. sono stati tratti dall'Arch. delle
Riformagioni di Firenze.

2) CANESTRINI, 0D..Cil., p. 380.

® GRAZIANI, Op. cit., pp. 155-158.

4) FuMI, Codice diplomatico cit., pp. 527 e segg.

.5 MOMMSEN, 0p. cit., pp. 145-146.

*) G. DEGLI Azzi VITELLESCHI, Le relazioni tra la Repubblica di Firenze
e l'Umbria nel sec. XIV ecc., in BDSPU, Appendice n. 3 (1904), p. 55,

7) Il testo ha: Ut simul accedentibus penes eundem dominum regem ope-
rentur circa suum adventum celerem, que communi statui viderent salubriter
profectura, insuper sindicum iturum eo ad presentandum fidelitatis et devo-
tionis debitum sacramentum et recepturum ratificationem fiendam per domi-
num regem prefatum iuxta cum oratoribus nostris collata seriosius transmis-
surum.... (DEGLI AzzI VITELLESCHI, Op, cit., pp. 55-56).

8) MOMMSEN,. 0p. cit., p. 147.

® DEGLI Azzi VITELLESCHI, op. cil., p. 56.

10) GRAZIANI, 0p. cit., p. 160 ; Perugia, Arch. Storico del Comune, Giudi-
ziario, Sentenze del Podestà, 1352 (codice non num.) ; a cc. [55] e segg. figura
la lunga sentenza di condanna, emessa dal podestà Bartolomeo Mangia-
dori di S. Miniato, contro 70 congiurati ; dalla lista sono poi stati cancellati
alcuni nomi tra i quali Ceccolum domini Gualfredutii vocatum priore del fonte
de Baglionibus de Perusio, Paulum de Fulgineo conestabilem communis Peru-
sii, Macca Calcachanis, Crispoldum domini (illeggibile), Bartholomeum Pe-
truccii, Salimbene Putii de Cortonio, Pucciarellum Bellocchi, Manfredum
de Paccis de Aritio. Precedono la sentenza due carte [cc. 53-54], nelle quali
vengono dichiarate cassate le sentenze contro alcuni traditori, ed in parti-
colare la condanna contro Ceccolo Baglioni dicti prioris de fonte, Vannuccio
Lentii, ser Giovanni Langnoli sive Agnoli e Petruccio alias dicti Prosperi
quondam Vagnoli Rustichelli de Bictonio. Il testo ha: Cassa fuit condempna-
tio... lata per dominum Bartolomeum de Sancto Miniate olim capitaneum

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communis et populi Perusii scripta manu ser Iohachini quondam Nini sub
anno domini Millesimo IIIcentesimo .LII., die .X XVII. octubris... La cas-
sazione della sentenza, che porta la data del 17 marzo 1353, trova il suo fon-
damento in una clausola della pace di Sarzana. Altre cassazioni, a favore
di altri condannati, portano le date del 1357, 1358, 1361 e 1368.

11) GRAZIANI, op. cil., p. 163. Ma il Baglioni riuscì a fuggire.

13) Perugia, Arch. Storico del Comune, Capitoli della pace conclusa tra
Giovanni Visconti arcivescovo di Milano ed i comuni di Firenze, Perugia ecc.,
in Miscellanea I, n. 34. Una breve sintesi dei capitoli, senza particolare men-
zione di Perugia, in LUNIG, op. cit., voll. 11, col. 2295 e segg.

13) Perugia, Arch. Storico del Comune, Capitoli della pace ecc., cc. 8v
e segg. Cfr. App., n. 16. Ricordo anche che, oltre alle località comprese nel va-
sto comitato, il 1* marzo 1351 avevano presentato il proprio palio al Co-
mune di Perugia, i sindaci e procuratori di queste terre : Spoleto, Città di Ca-
stello, Assisi, Chiusi, Nocera, Cagli, Città della Pieve, Borgo S. Sepolcro,
Terra Rocche, Gualdo, Castiglione, Sartiano, Sassoferrato, Lucignano, Ca-
prese, Urbania, Montecchio (dei Visponi ?), Anghiari, Foiano, Terra Por-
charie, Pieve S. Stefano, Cannara, Promano, Monte Megiani, Castelfranco,
Sigillo, Casacastalda, Monte S. Savino ; inoltre i procuratori di Galeotto
conte di Modigliana, Ghino marchese di Civitella, Nerio della Faggiola, Tan-
ganello conte di Fornareggia. Perugia, Arch. Storico del Comune, Consigli e
Riformanze, n. 23, cc. 45r-46v.

4) Perugia, Arch. Storico del Comune, Capitoli della pace ecc., c. LXIr.
Cfr. App., n. 17.

15) THEINER, 0p. cit., vol. 11, p. 377 (n. cccxxxix). A Perugia fu mandato,
con la richiesta, Ciccardino di Viterbo.

16) THEINER, 0p. cit., vol. 11, p. 378 (n. cccxxxix). Questa volta latore
della richiesta fu Caroso Castaldo.

1?) Arch. Segreto Vaticano, Registri di I. VI, Litt. cam., Reg. vat. 242,
cc. 72 e segg. Cfr. App., n. 18.

1) Il testo ha: Non obstantibus quibuscumque privilegiis, indulgentiis
et licleris apostolicis . .. per que huiusmodi tue iurisdictionis exercitium posset
quomodolibet impediri . .. Arch. Segreto Vaticano, Registri di I. VI, Reg.
vat. 242, cc. 70 e seg. Cfr. App., n. 19.

19) BARTOLO DA SASSOFERRATO, Ad Cod. tres libri, C. x1, 32, 3; F. ER-
coLE, Da Bartolo all’ Althusio (Firenze, Vallecchi, 1932), p. 146, nota 4.

20) Il testo ha: Scire nos facimus quod in mittendo litteras ipsas morem
tantum predecessorum servantes ipsorum, non intendimus per hoc libertatibus
vestris derogare in aliquo aut civitati vestre... ampliare privilegiis, liberta-
libus communire... subiectionem adicere aut imponere servitutem aliquam
plusquam predecessores fecerint antefati . . . Regesto e documenti, op. cit., p. 539.
Perugia, Arch. Storico del Comune, Bolle, brevi ecc., perg. 170 (cass. 9). Cfr.
App., n. 20.
IL COMUNE- DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 75

*?) F. FiLIPPINI, La prima legazione del Card. Albornoz in Italia, in « Ri-
vista di Studi Storici », vi (1896), p. 190; THEINER, op. cit., vol. 11 pp. 246
e segg. (nn. CCcLII e CCLIII).

2?) GRAZIANI, 0p. cit., p. 170.

*) PELLINI, op. cit., p. 939. Dello stesso parere è J. G. SEPULVEDA, ‘Li-
ber gestorum Aegidii Albornotii viri preclarissimi... (Bologna, Benedetti,
1521), c. 6v.

^) MARIOTTI, Saggio di memorie, cit., vol. 1, p. 76; GRAZIANI, op.
cit., p. 169. Franceschino di Petruccio degli Oddi ebbe tuttavia l'ingrato
compito di fungere da capro espiatorio. Accusato di aver inventato tutta la
storia della congiura per gettare il discredito su alcuni nobili, fu processato
e condannato a morte. Perugia, Arch. Storico del Comune, Giudiziario, Sen-
tenze del Capitano del Popolo, 1353 (n. 164/1), cc. non num. Cfr. App., n. 21.

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Vari officiali, n. 34, Spese per
onorare il Legato E. Albornoz. Nonostante il lungo soggiorno del legato in
Perugia, questo codicetto è l'unica testimonianza diretta della sua venuta.
Lo stesso verrà pubblicato in uno dei volumi celebrativi per il vi Centenario
della morte dell’ Albornoz, editi a cura del R. Collegio di Spagna in Bologna.

2°) Il testo ha: De mandato legati misso apud Perusium ad procurandum
cum dicto Comuni Perusino quod aliquas gentes suas mitterent in servitium
Ecclesie in dictam provinciam Patr. contra Jo. de Vico... M. ANTONELLI,
Notizie umbre tratte dai Registri del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia, in BDSPU,
x (1904), p. 52.

*) Forse questa iniziativa fu dettata dall'abile politica del legato perchè,
se da una parte lusingava i Perugini, dall'altra serviva ad allontanare dalla
città un personaggio influente, un vero trascinatore, forse la maggior figura
politica della storia medioevale di Perugia.

?) Perugia, Arch. Storico del Comune, ‘Conservatori della moneta, Exit.
1354, reg. 6, c. 37r. Il testo ha: ... ad gentem comunis Perusii et ad conesta-
biles stipendiarios dicti comunis qui nunc sunt in Maritimam ad ducendum
eis ut reuerti debeant ad civitatem Perusii occasione novitatis Magne Compa-
onie-

2) ANTONELLI, 0p. cit., p. 51. Il 25 giugno 1354 il tesoriere del Patri-
monio pagava ad Aniz de Osterich la somma di 14 fiorini pro emenda unius
equi mortui die .X X. iunii per straccham propter nimium laborem et frequen-
liam equitandi, cum ipse equitaret de civitate Urbisveteris ad civitat. Perusii in
subsidium dicti comunis, mandato dni legati, cum pluribus stipendiariis ecclesie,
contra magnam societatem . . .

8) Perugia, Arch. Storico del Comune, Massari, Exit. 1354-1356, reg.
86, c. Or.

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Massari, reg. 86, cc. 18r e 40r.
Nicola di Pero, mandato dal Comune di Perugia al legato pro terra Viterbii,
viene da questi mandato per comunicazioni proprie prima al conte di Do-

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vadola pro terrà Ougubii, poi a Leggieri di Nicoluccio di Andreotto allora
podestà di Viterbo.

32) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 6;.c; 52r. Ser
Cola di Paciolo viene pagato dai conservatori della moneta per essersi recato
à rivedere monsíras dei conestabili mandati dal comune in servizio della
Chiesa.

3) Perugia, Arch. Storico del Comune, Massari, reg. 86, c. 20v.

3) Perugia, Arch. Storico del Comune, Massari, reg. 86, c. 58r.

35) Perugia, Arch. Storico del Comune, Massari, reg. 86, c. 58r.

3) F. FILIPPINI, J| Cardinale Egidio Albornoz (Bologna, Zanichelli,
1933); ps 51.

?) Ricordo qui brevemente che, di fronte al prestigio sempre crescente
del legato, Giovanni Cantuccio si era accordato con Perugia. Ma Giacomo
Gabrielli, suo congiunto, si recó dall'Albornoz in Orvieto e gli chiese di ac-
cettare Gubbio dalle sue mani.-Il legato «li respose volerla torre iuridice, et
fecie cetare Giovanni ». Così Giovanni, chiamato a comparire davanti all’ Al-
bornoz e senza alcun amico (Perugia non poteva compromettersi con una presa
di posizione in suo favore), andò ad Orvieto «et remase de acordo de dare
la ‘terra al legato ...». Cronache di ser Guerriero da Gubbio, in R. I. S., xx1,
tai IVy pp 10=11%

3) FILIPPINI, Il Cardinale ecc., cit., p. 53.

3) FILIPPINI, Il Cardinale ecc., cit., p. 74.

^?) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori della Moneta, Exit.
1355, reg. 7: Paghe alle milizie. :

41) Perugia, Arch. Storico del Comune, Massari, reg. 86, c. 37v.

4?) Perugia, Arch. Storico del Comune, Massari, reg. 86, c. 62r.

133) Perugia, Arch. Storico del Comune, Massari, reg. 86, c. 65r.

44) CANESTRINI, Op. cit; p. 379. 3

45); BEEERINESODIU Cl 3359 p::951.

46) T. BorroNio, Annali (Perugia, Bibl. Com. Augusta, Ms. 1150),
c. 162r.

S) -PELLINI, 0p: cit., 1,:p.-95L

4) Il testo ha: «Si absque preiudicio negociorum, quorum promocioni

deputatus es, poteris . . . », THEINER, Op. cit., vol. II, p. 287, (n. ccxciv).
*) PoRTA JOHANNES DE ANNONIACO, Liber de coronatione Karoli IV
Imperatoris, in M. G. H., Scriptores rerum Germanicarum ... (Hannoverae

et Lipsiae, Salomon, 1925), pp. 41 e segg.

5°) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 7, cc. 1r e segg.

51) Ne dà indirettamente notizia il tesoriere del Patrimonio per un paga-
mento al nunzio Picciolo de Rotellis. THEINER, op. cit., vol. 11, p. 380 (n.
CCCXXXIX).

53) M. VILLANI, Croniche (Trieste, Sez. ‘Letterario-artistica del Lloyd
Adriatico, 1857-1858), vol. 11, p. 164.
5) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 7, cc. 1v-14r.
Anche il PELLINI, (op. cit., 1, p. 953) accenna a questa ambasceria, dando an-
che i nomi degli ambasciatori, ma dimostra chiaramente di non conoscerne
lo scopo. Invece il GRAZIANI (op. cit., p. 180) riporta solo la notizia del loro
rientro a Perugia, l'8 giugno del 1355.

5) Il testo ha: qui servient et servire debeant sub nomine illustris Karoli
Romanorum imperatoris ... et pro imperatoria maiestate . .. Regesto e docu-
menti, op. cit., p. 539; Perugia, Arch. Storico del Comune, Bolle, brevi ecc.
perg. 176 (cass. 9). Cfr. App., n. 22. :

5) Il testo ha: pro compensatione armigerarum gentium ... iusta pro-
missionem factam per ambassiatores communis Perusii domino Romanorum
imperatori ... Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 7, c. 12r.
Cfr. App., n. 23.

5) Il testo ha: Vos quoque et civitatem, comitatum, territorium, et di-
strictum prefata indultis, libertatibus, iuribus et gratiis per privilegia ipsa
acquisitis, concessis el datis, frui volumus ac presenti edicto imperiali decer-
nimus libere perpetuis temporibus etiam gaudere... Perugia, Arch. Storico
del Comune, Bolle, brevi ecc., perg. 177 (cass. 9). Cfr. App., n. 24.

9) Perugia, Arch. Storico del Comune, Bolle, brevi ecc., perg. 171 (cass. 9).

55 Perugia, Arch. Storico del Comune, Bolle, brevi ecc., perg. 172 (cass. 9).

59) Il testo ha: Omnes et singulas sententias, processus, condempnationes,
multas et fori banniliones per quoscunque Romanorum imperatores el reges
predecessores. nostros contra vos et singulares civitatis vel comitatus Perusii
personas seu in civitatem ipsam, comitatum vel territorium... que per vos
reguntur, latos, factos seu promulgatos . .. Perugia, Arch. Storico del Comune
Bolle, brevi ecc., perg. 174 (cass. 9). Cfr. App., n. 25.

6) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 7, cc. 12v e
183v. Cfr. App., n. 26.

*) EncorLE (Da Bartolo all'Althusio, op. cit.), dubita addirittura che
vi siano stati rapporti tra il comune di Perugia e Carlo Iv.

€) VINCENZO DI PIERGENTILE. TRANQUILLI, Questo libro de carte doi
cento... (Perugia, Bibl. Com. Augusta, Ms. 2948), c. 81; PELLINI, op. cil.,
Ij1p. :056;

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Istromenti e contratti ecc., perg.
121 (cass. 34).

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Fondo Gardone - Raccolta Günther,
busta del 1356 (pergg. sciolte non num.). Fra le altre cose la lega aveva anche
lo scopo di fronteggiare la Grande Compagnia. Cfr. App., n. 27.

$) F. FriLiPPINI, La prima legazione del Cardinal Albornoz in Italia,
in « Rivista di Studi Storici », v (1896), p. 302.

*) Arch. Segreto Vaticano, Instrum, Miscellanea, n. 6305.

©) Arch. Segreto Vaticano, Instrum, Miscellanea. 6309; THEINER,
op. cit., vol. rn, pp. 315-316 (n. cccxirr).

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**) THEINER, 0p. cit., vol. II, p. 317 (n. cccxvi).

*) FiLipPINI, Jl Cardinal E. Albornoz, cit., p. 107.

7?) Perugia, Arch. Storico del Comune, Fondo Gardone ecc., busta del
1357 (pergg. sciolte non num.). Cfr. App., n. 28.

..'1) FILIPPINI, Il Cardinal E. Albornoz, cit., p. 107.

7?) Arch. Segreto Vaticano, Instrum, Miscellanea. n. 6252. Cfr. App.,
n. 29.

73) VILLANI, Op. cit., p. 230.

^) Perugia, Arch. Storico del Comune, Fondo Gardone ecc., busta del
1357 (pergg. sciolte non num.). Una ricevuta del 26 luglio, actum in terra
Bretenorii, attesta che Berardo Oca, conestabile del comune di Perugia,
capitaneo gentis comunis Perusii destinate in partibus Romanie in servitium
sancte matris Ecclesie, chiese ed ottenne la rifusione dei danni per la perdita
del proprio cavallo vulneratus et acceptus per gentem inimicam sancte Eccle-
sie existentem in dicía civitate Froli. Ugualmente Appio di Rayn, conesta-
bile di cavalleria destinatus in partibus Romanie in servitium sancte matris
Ecclesie dal Comune di Perugia, ottenne l'emenda di un cavallo uccisogli
mentre egli ed i suoi compagni seccederent a terra Cesene et equitarent in terreno
civitatis Froli magni rebellis et inimici sancte matris Ecclesie, cum alia gente
domini legati ad faciendum guastum in terreno dicte civitatis.

7) FrLrPPINI, La prima legazione, cit., p. 511. Il Franchetti sostiene
invece che la Grande Compagnia non fu semplicemente tacitata, ma addi-
rittura assoldata dal cardinal Albornoz, che indusse il conte Lando ad abban-
donare l'Ordelaffi per la somma di 50.000 fiorini. A. FRANCHETTI, I primordi
delle Signorie e delle Compagnie di ventura (Milano, Treves, 1895), p. 90.

?) VILLANI, Op. cit., pp. 240-241.

") VILLANI, Op. cit., p. 243.

#) THEINER, 0p. cit., vol. II, p. 381 (n. cccxxxix).

*) Così avvenne per Monte S. Savino dove il 6 novembre 1357, nel
primo consiglio dell’anno tenutosi nel palazzo del podestà, il medesimo (ser
Mascius Bonctoli de Perusio) fece leggere pacta et iurisdictiones comunis Pe-
rusii que et quas ipsum comune habet in dicto castro. Perugia, Arch. Storico del
Comune, Fondo Gardone ecc., busta del 1357 (pergg. sciolte non num.). Cfr.
App., n. 30.

8) CANESTRINI, Op. cit., p. 410.

8) DEGLI AZZI-VITELLESCHI, Op. cit., p. 83.

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Fondo Gardone ecc., busta del
1358 (pergg. sciolte non num.). L’atto è una copia della Riformanza con la
quale i conservatori della moneta venivano autorizzati a versare 200 libbre:
di denari sapienti viro domino Petro Vencioli iurisperito, ambaxiatori electo
et ituro ex parte comunis Perusii ad venerabilem patrem et dominum domi-
num legatum in Italia, terrarum Ecclesie vicarium generalem pro factis co-
munis Perusii et in auxilio Spoletinorum ...
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 79

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Fondo Gardone ecc., busta del
1358 cit.

*) VILLANI, Op. cit., p. 258.

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Fondo Gardone ecc., busta del
1358 cit. Il testo ha: ...ad terras ducatus et Marchie amicas comunis Pe-
rusii et ad alios amicos dicti comunis pro subsidio postulando ratione guerre
predicte . ..

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, Exit. 1358-59,
reg. 9, c. 4r. i

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 9, cc. 1v e 13r,

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 9, c. 11r. Per
l'occasione fu spesa una discreta somma di fiorini d'oro pro confectionibus
consumptis pro honore facto domino comiti Romandiole ambassiatori domini
legati et ambassiatoribus Florentinis et etiam conestabilibus equestribus dicti
comunis ...

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 9, c. 17v.

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 9, c. 19r.

?) CANESTRINI, 0p. cit., p. 410.

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 9, c. 26r. Nella
battaglia si distinse particolarmente Arrigo di Scionoper, al quale furono
donati cinquanta fiorini d'oro per aver preso al nemico una bandiera con le
insegne dell'imperatore.

*) DEGLI AZZI-VITELLESCHI, Op. cit., p. 94.

*) DEGLI AZZI-VITELLESCHI, Op. cit., p. 94.

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Fondo Gardone ecc., busta del
1359 (pergg. sciolte non num.).

*) DEGLI AZZI-VITELLESCHI, Op. cit., pp. 95-96.

©) DEGLI Azzi-VITELLESCHI, op. cit., p. 97.

?*) DEGLI AZZI-VITELLESCHI, Op. cit., p. 96.

*?) DEGLI AZZzI-VITELLESCHI, Op. cit., p. 97.

19): T] testo ha: pro factis et negotiis civitatis Spoleti . .. Perugia, Arch.
Storico del Comune, Conservatori, reg. 9, c. 11r.

101) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 9, cc. 24r
e 25r.

1?) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 9, c. 26r.

1:3) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 9, c. 26r.
Il testo ha: Eodem die loco et testibus. Agnolinus Bectoli de Perusio Porte
Sancte Subxanne ambazxiator comunis Perusii olim destinatus per dominos
priores artium civitatis Perusii ad civitatem Spoleti ad dominum Ricchum
vicarium domini legati pro factis comunis Spoleti et ad castrum Montis Fal-
chi occasione contributionis solutionis facte per comune Perusii compagne...

10) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 9, cc. 35v e
39r. In tale occasione Ceccolo di Ciuzio, detto Farrata dei Barzi, fu mandato

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nel ducato causa scribendi et extimandi equos stipendiarios equitum | comunis
Perusii deputatorum ad custodiam dicte civitatis Spoletii . . .

105) Si possono fare altre ipotesi: forse i priori temettero che il Monte-
melini, con l'aiuto del conte di Nola, volesse farsi signore di Spoleto, o che
i venturieri potessero favorire una delle parti con la complicità del podestà.

10) PELLINI, 0p. cit., 1, p. 986 ; SANSI, op. cil., p. 235.

107) FiprPPINI, 7| Cardinale E. Albornoz, cit., p. 204.

1) Perugia, Arch. Storico. del Comune, Istrumenti e contratti ecc., perg.
n. 126 (cass. 34).

1») FILIPPINI, Il Cardinale E. Albornoz, cit., p. 204.

110) "TRANQUILLI, MS.: cit.,. c: 85.

11) Perugia, Arch. Storico del Comune, Bolle, brevi, ecc., perg. 6215
(cass. 6).

112) PELLINI, 0p. cit., 1, p. 987. Molto interessante, anche, quanto si legge
a questo proposito nell'opera manoscritta : L’architetto della Rocca di Spoleto
(Spoleto, Arch. Comunale, Arch. Fausti): «I Podestà perugini di Spoleto da
allora non furono piü considerati come rappresentanti di una signoria stra-
niera e nell'inviare il palio la città ordinava al suo procuratore di protestare
in faccia ai Perugini che Spoleto non intendeva con ció di riconoscere piü
alcuna loro autorità. Questo si legge nelle Riformanze Comunali del tempo . . ».

H3) PELLINI, Op. cit., x, pp. 987-988.

14) TRANQUILLI, Ms. cit., c. 85.

115) PELLINI, op. cit., 1, p. 988. I Perugini accusarono il colpo perché, in
questo drammatico gioco di botta e risposta, vollero dimostrare la loro sem-
pre fiorente potenza riconfermando alcuni atti di sottomissione. Cfr., ad esem-
D10; $9ÀDD;, .. n. o1.

116) CANESTRINI, Op. Cil., p. 411.

1?) Il notaio Stefano di Luca fu incaricato di leggere il relativo atto
pubblico sotto la loggia del palazzo del podestà di Gualdo. Perugia, Arch.
Storico del Comune, Fondo Gardone ecc., busta del 1360 (perg. sciolte non
num.). :

u$) Arch. Segreto Vaticano, Instrum. Miscellanea, n. 6309.

119) I messi furono Rocco di Perugia e Marino di Nuto da Foligno. THEI-
NER, 0p. cit., vol. 11, p. 401 (n. cccrxv).

1) I RANQUILLI MS; »'cili, ci587:

11) Perugia, Arch. Storico del Comune, Giudiziario. Sentenze del podestà,
1361, 11 semestre, (152/2), cc. 1 e segg. Cfr. App., n. 32. Credo però che i
sospetti dei Perugini non fossero del tutto infondati. Infatti, in fine alla sen-
tenza di condanna, é apposta una clausola che l'annulla vigore capitulorum
reconciliationis facle inter sancíam matrem Ecclesiam et commune Perusii,
con data 22 febbraio 1371. La clausola di annullamento trova a sua volta
fondamento in un capitolo della pace del 23 novembre del 1370, nel quale
viene affermato che tutti e singoli fuorusciti della città, comitato e distretto
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 8t

di Perugia. qui fuerunt de familiaritate vel servicio dicti domini nostri pape
et Ecclesie seu ligatorum, possano liberamente tornare nella loro città. Arch,
Segreto Vaticano, A.A. Instrum., Arm. C, 355; Perugia, Arch. Storico
del Comune, Zsíromenti ecc., perg. 159% (cass. 34). Inoltre, P. BALAN,
La ribellione di Perugia nel 1368 ecc., in Studi e documenti di Storia e
Diritto (Roma, 1880). Vorrei spendere ancora qualche parola su questa
sentenza che ho voluto trascrivere interamente, nonostante la sua mole.
Personalmente la ritengo infatti il più bel documento che io abbia visto fra
i molti esaminati perché offre un quadro completo della vita pubblica
che si svolgeva nel comune, delle passioni ed interessi politici che vi lievi-
tavano, perfino della tecnica usata nelle rivolte popolari oltre, naturalmente,
a fornire preziose testimonianze del sistema giudiziario perugino. Chi avrà
la pazienza di leggerla troverà, ad esempio, che la condanna al confino, per
gli obblighi ed i controlli che comportava, ha un'impressionante affinità
con la stessa pena comminata durante la dittatura fascista in Italia.

122) F. FILIPPINI, La seconda legazione del Cardinal Albornoz in Italia, in
« Rivista di Studi Storici », x11 (1903), p. 323.

13) FILIPPINI, La seconda legazione cit., p. 324.

14) FILIPPINI, J| Cardinale E. Albornoz, cit., p. 284. Già il 15 marzo
1361, quando il rettore del ducato annunziò ai priori di Spoleto l’arrivo del
cardinale e la convocazione del parlamento generale per il 22 aprile, si parlò
della necessità di fortificare il monte (Spoleto, Arch. Comunale, Arch. Fausti,
L’architetto della rocca ecc., op. cit.).

125) Nella lotta contro i fuorusciti, i Perugini ingaggiarono la Compagnia
del Cappelletto. E. RicoTTI, Storia delle compagnie di ventura in Italia (To-
rino, Pomba, 1847), vol. rz, p. 145.

128) Ciò avvenne contemporaneamente, il 3 maggio, a Montecchio dei
Visponi, Monte S. Savino e Chiusi, il 6 a Cetona (Castrum Scetonii), il 17 a
Cerqueto mentre in ottobre veniva posto l’assedio a Fontignano, covo dei
ribelli. Perugia, Arch. Storico del Comune, Fondo Gardone ecc., busta del
1363 (pergg. sciolte non num.).

17) P, LECACHEUX, Lettres secrétes et curiales du pape Urbain V (1362-
1370) (Paris, Fontemoing, 1902-1906, fasc. 1, p. 54 (n. 401).

128) LECACHEUX, Op. cit., p. 61 (n. 465).

129) LECAGHEUX, op. cit., pp. 81 (n. 598), 90-91 (n. 681).

13) Dunque il Tedesco aveva cambiato campo. In base ai fatti che se-
guirono c'é da chiedersi se, piü che incostanza da parte sua, si trattó di ben
meditato disegno.

H1) PELLINI, 0p. cil, 1,: p. 1007.

13) Il 24 ottobre il Comune di Perugia versò 2.000 fiorini d'oro pro pugna
et resistentia per eos [Alamannos] facienda malignie Albe societati Anglicorum,
defendendo civitatem Perusii eiusque terras et districtum, iuxta formam pacto-
rum initorum inter comune Perusii ex una parte et dictos caporales et magnam

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societatem ex allera... Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori,
Exit. 1364/1365, reg. 11, c. 8r.

133) Il 19 novembre furono versati 1.000 fiorini a Scialardo di Stegh e
a Giovanni Bure, in servitium dicti comunis ad tractandum et ordinandum ho-
norabilia pacta et concordiam cum Alba societate Anglicorum ... Perugia,
Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 11, c. 13r e v.

134) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 11, c. 16v.
Un'altra parentesi di pace si concessero i Perugini nel marzo dell'anno se-
guente quando, con la modica somma di 1.200 fiorini, riuscirono a liquidare:
la Compagnia della Stella che molestava il Chiusi. Cfr. App. n. 33.

135) CANESTRINI, Op. cit., p. 413.

135) LECACHEUX, Op. cit., fasc. II, p. 272 (n. 1614).

37) Arch. Segreto Vaticano, Reg. di U. V, Sec. anno III, Reg. vat. 247,
c. 63 v. LECACHEUX. op. cit., fasc. ir, p. 279 (n. 1641). Cfr. App. n. 34.

138) LECACHEUX, 0p. cit., fasc. II, p. 316 (n. 1825).

19) BoTTONIO, Ms. cit., c. 171v.

49) BoTTONIO, op. cit., c. 171v. Di quest'ultimo si diceva che fosse figlio
bastardo del re d'Inghilterra.

41) Il PELLINI (op. cit., 1, p. 1012) specifica che ad Anichino toccò l'Hosta-
ria del Cervio ed allo Sterz la casa che era stata di Leggieri di Nicoluccio di
Andreotto, assassinato nel 1362.

42) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, Exit. 1365, reg.
13, cc. Ov. esegg:

43) A, MARIOTTI, Saggio delle memorie istoriche.ecc., (Perugia, Bibl. Com.
Augusta, Ms. 1669), c. 20 e segg. Cfr. App., n. 35.

14) GRAZIANI, 0p. cit., p. 199, nota 1. Sui fatti val la pena di riportare
il giudizio di un contemporaneo (Gubbio, Arch. Armanni, in nota alla Cro-
naca di Marino DI Rosso): M.CCC.LXV. Ecclesia conduxit malam Compa-
gnam que vocabatur « La Compagnia Bianca » ; erant de Anglia et erant multi
cum eis de Ungaria et multi alii de diversis locis ; et ista mala compagnia cum
Italianis conductis per dominum Legatum et dominum Brascum pugnabant
contra dominum Anechinum et eius malam compagniam ; qui dominus Anechi-
nus erat contra Ecclesiam : et in tota Italia in solemnitatibus missarum post
orationem dominicam fiebant orationes pro mala compagnia alba et fiebant
contra dominum Anichinum et eius malam compagniam. Accidit finaliter quod
dicte due male compagnie castramentate fuere in comitatu Perusii et mala
compagnia, homines et equi conducti fame et siti periebant et moriebantur, et
equi non poterant vivere. Scripserunt Anglici hanc literam infrascriptam dicto
domino Anichino, qui erat sub alis civitatis Perusii ; de qua civitate Psalmista
ait: gloriosa dicia sunt de te civitate Dei, quia sanctus Deus et sanctus fortis
et sanctus immortalis fuit et modo est cum dicta gloriosa civitate Perusii, et non
prevaluerünt orationes clericorum coníra eam, sed fuere contra malam compa-
gniam albam, que regnavit per triginta annos, et male faciendo usque modo
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 83

non prevaluerunt reges et alie nationes de mundo, quando et disfacta fuit et
consumata mala compagnia per civitatem Perusii gloriosam ; de qua compagnia
multi sunt captivi civitate Perusii, alii fuerunt mortui ; scumficti et debellati
sub 1365 die festivitatis S. Faustini, 29 mensis iulii, in nomine Jesu Christi,
et sic modo de una et sic de aliis in futurum...

45) TRANQUILLI, Ms. cit., c. 101.

146) "TRANOUIEUI, MS? cit; COL.

147) CANESTRINI, Op. cit., p. 418.

14) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, Exit. 1366, reg.
16, cc. 1 e segg. Il PELLINI (op. cit., 1, p. 1016) parla invece di un libero dono
dei Perugini alla Compagnia di San Giorgio che, a suo parere, non era giunta
a molestare il contado perugino.

1 ) IPEEPINIS S0p: cit; *1, pri 1015;

150) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, reg. 16, c. 6v.

11) Arc. Segreto Vaticano, Reg. di U. V, Sec. anno IIII, Reg. vat.0248,
97v-98R. Cfr. App., n. 36.

1532) Arch. Segreto Vaticano, Reg. di U. V, cit., c. 108.

153) PEBBINGÓ 0D ci Ln D. 1017.

14) Perugia, Arch. Storico del Comune. Giudiziario, Sentenze del Pode-
stà, 1366, r11 quadrimestre. Codice non num. cfr. App., n. 37.

15) FILIPPINI, Il Cardinal E. Albornoz, cit., p. 397.

195) Arch. Segreto Vaticano, Registri di U. V, cit., Reg. vat. 248, c. 167.
Cfr. App., n. 38.

157) Arch. Segreto Vaticano, Registri di U. V, Reg. vat. 248, c. 168. Cfr.
App., n. 39.

188) Perugia, Arch. Storico del Comune, Conservatori, Exitus 1367, reg.
19; :ciSTO0vse (segg.

159) S. Torr da Bettona, Frammenti historici (Perugia, Bibl. Com. Augu-
sta, Ms. 1156), p. 47.

1) PELLINI, op. cit., 1, p. 1023.

161) Parlando del riscatto del podestà di Perugia, il testo ha: dum ac-
cederet, mandato dominorum priorum artium civitatis Perusii, ad civitatem
Asisii pro recuperatione dicte civitatis. Perugia, Arch. Storico del Comune,
Conservatori, Exit 1367, 11 semestre, reg. 20, cc. 15r e segg. Tra i risarci-
menti, da segnalare un versamento a Berarduccio d'Andrea di 1.000 fiorini
d'oro pro gentibus conducendis ad reparationem et custodiam civitatis Asisii . . .
captus dum accederet ad predictam per gentes Anglicorum .. . pro debitis con-
traclis per eum occasione sue redemptionis (ibidem, c. 18v). Inoltre Amerigo
Bende fu rimborsato per la perdita di certi cavalli acceptorum in civitate
Perusii per manus Assisinatum (ibidem, c. 23v).

1?) GRAZIANI, Op. cit., p. 203.

163) 2.590 fiorini furono versati per il solo riscatto di Prunerano, di Lam-
berto da Pietramala e di Niccoló da Buscareto. Questi tre pagamenti risul-

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tano da un quadernetto di quattro fogli di carta, inserito nel reg. 20 dei con-
servatori e contenente la copia delle corrispondenti riformanze dei priori,
rispettivamente del 22 e 24 giugno, che autorizzavano il rimborso. Tutti gli
altri rimborsi sono riportati nei registri 19 e 20 dei Conservatori della: moneta
(Arch. Storico Comunale). Cfr. App., nn. 40 e 41. Per quanto concerne le per-
dite umane, molti dei morti erano semplici civili recatisi sul luogo per assi-
stere alla battaglia. Si trattó dunque di una vera carneficina, se si confronta
il resoconto di alcune battaglie nelle Storie fiorentine del Gut1ccrARDINI, dove !
bastano le dita di una sola mano per contare i morti.
161) La vita a Perugia rimase come paralizzata per alcuni giorni. Le gior- !
naliere registrazioni dei conservatori della moneta, interrotte al 31 marzo
riprendono solo col 5 aprile seguente.
15) Cronache di Anonimo (Perugia, Bibl. Com. Augusta, Ms. 1860),
p. 83. L'ultima affermazione si riferisce al fatto che Bettona, ribellatasi a
Perugia nel 1352 per darsi al Visconti, fu dai Perugini rasa al suolo con l'or-
dine irrevocabile che non fosse mai piü ricostruita. i
166) Perugia, Arch. Storico del Comune, Giudiziario, Sentenze del Po-
destà, 1367, codice non num. i
17) DEGLI AZZI VITELLESCHI, Op. cit., pp. 115-116.
16) BoTTONIO, Ms. cit., c. 173v. Il 10 giugno dello stesso 1367, i conser-
vatori della moneta rimborsarono a Narduccio di Ciuzio e a Pietro di Pellino
la somma di 52 fiorini, 3 libbre e 4 soldi che essi avevano anticipato di tasca
propia a ser Giovanni de Lamandula, cancelliere del legato, pro cartis, scriptu-
ris et aliis servitiis per eum factis et impensis comuni Perusii. Perugia, Arch.
Storico del Comune, Conservatori, reg. 20, c. 25r. Ma l'accordo, se da una parte
costituiva una specie di armistizio tra il legato e Perugia, dall'altra non modi-
ficava il concetto che l'Albornoz aveva di quest'ultima : con una littera pa-
tentalis mandata da Spoleto il 21 aprile egli infatti assolse gli Assisani da ogni
pena spirituale e temporale in cui erano incorsi pubblici ufficiali e singole
persone durante abiecto longeve communis et populi Perusini tirannidis iugo
(Assisi, Bibl. Comunale, Arch. del Comune, Busta v, A-23). Nella copia del
privilegium con cui gli Assisani venivano riaccolti in grembo alla Chiesa e
veniva loro indicata la formula del giuramento di fedeltà, il legato narrava
b anche come essi si fossero tolti dampnabiliter dal dominio pontificio ef com-
muni populoque Perusinis ipsorumque dominio regimini et gubernationi se de
facto supposuerunt et summisserunt ipsosque Perusinos in civitatis comitatus
et districtus predictorum [Assisinatum] dominos, rectores et gubernatores aucto-
ritate, seu potius temeritate propria receperunt et assumpserunt necnon pote-
States capitaneos et alios offitiales per Perusinos predictos ad regimen, ,guberna-
lionem et administrationem civitatis ... deputatos admiserunt eisque obedi-
verunt... (Ibidem, Busta v, A-25). Il profondo disprezzo che traspare dalle
parole del legato dà l'esatta misura dei sentimenti che nutriva per i Perugini,
i quali lo ripagavano con la stessa moneta.
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 85

19) DEUZLINI;: 0D.: Cil; ; 3, p /.;1024.

199) Gli ambasciatori furono, oltre Baldo, Guglielmo di Cellolo, Conte
di Sacco, Angelo di Ceccolo di Sinibaldo Benincasa, Arlotto Michelotti. Pur
di essere ammessi alla presenza del papa, corruppero i portieri del palazzo
in cui Urbano v alloggiava, sborsando 8 fiorini d'oro ciascuno. Per quanto
riguarda il donativo al Bruni, i priori mandarono da lui Ugolino di Pellolo e
Pietro Vincioli con la somma ed una lettera nella quale il segretario veniva
eletto protector del comune presso la Curia Romana (Perugia, Arch. Storico
del Comune, Satuti del 1366, n. 4, c. 119r, Rubr. ccrxxxvir). Della somma
intascata il Bruni rilasció regolare ricevuta, dichiarando peró di aver avuto
i 100 fiorini solo ex abundanti liberalitate et puro dono da parte dei Perugini.
Conservatori, reg. 19, cc. 6v e 27r. Cfr. App., n. 42.

171) LiùNIG, op. cit., vol. II, coll. 791 e segg. ; SEGOLONI, La civitas peru -
sina ecc., cit., p. 669.

CAPITOLO IV

LA GUERRA TRA URBANO V E PERUGIA

I — Tentativo perugino di supremazia in Umbria — La congiura del 1368
ed i processi che ne seguirono — Alleanza col Visconti — La lega contro
Perugia — La guerra — Crociata contro i Perugini — Desiderio di pace :
le trattative.

II — I capitoli della pace di Bologna — 23 novembre 1370: fine delle libertà
comunali e della potenza di Perugia.

I. — Alla morte del cardinal Albornoz, come si è visto, il Comune
di Perugia era allo stremo delle forze. Completamente circondato
da terre fedeli alla Chiesa ; stremate le sue casse per le dure lotte
degli anni precedenti ; morti i suoi migliori combattenti nella batta-
glia di Brufa e soprattutto umiliato ed avvilito dagli ultimi avveni-
menti : il pontefice era pronto ad accoglierne l’atto di contrizione
e di sudditanza. Come ho già detto, nell’estate del 1367 ambascia-
tori perugini erano stati mandati a Viterbo per chiedere, secondo il
desiderio già espresso al cardinal legato, il vicariato sulle terre or
ora ritolte alla giurisdizione del comune.

Si sa che il vicariato presupponeva la sottomissione dei vicari
alla Chiesa, poiché si trattava di governare ed amministrare le terre

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in nome del pontefice, riscuotere tutte le rendite e gli introiti dovuti
alla Santa Sede versando a quest'ultima, annualmente, una deter-
minata somma di denaro. Sono certa che in quel particolare mo-
mento e pur di tornare allo stato di preminenza anteriore alla venuta
dell'Albornoz, i Perugini sarebbero stati disposti perfino a rinno-
vare il giuramento di fedeltà alla Chiesa. Si é visto invece che il
papa non volle neppure ricevere gli ambasciatori, volendo forse
punire in tal modo l'orgoglio e la temerarietà dei Perugini. Ma fu
una mossa sbagliata da parte sua.

Dopo le concessioni di Carlo rv del marzo 1368, con le quali
tra l'altro restituiva Perugia alla Chiesa, i Perugini dimostrarono
di non gradire il ritorno alla giurisdizione pontificia e, rinfrancati
dal fatto che non ci fosse più un Albornoz sulla loro strada, si ribel-
larono apertamente al papa nell'agosto dello stesso anno, ricomin-
ciando a molestare le terre del ducato. Nel mese di settembre papa
Urbano cercó di ricondurre i Perugini all'obbedienza ; nella stessa
Perugia molti cittadini, in particolar modo i nobili, gli erano favo-
revoli per cui tentarono di rovesciare il governo per riformarlo con
persone a lui fedeli e poter cosi, finalmente, salire al potere. Ma la
congiura venne scoperta e Nicola di Cecco di Gocciolo, Nere di Bernio
Montesperelli, Conte di Cino Baglioni e Andreuccio di Nuccolo, i cin-
que maggiori esponenti, furono processati e condannati a morte !).
Gli altri nobili congiurati, sbanditi dalla città, si rifugiarono in Assisi
da dove movevano a saccheggiare il contado perugino, capitanati
da Oddo e Pandolfo Baglioni 2).

Contemporaneamente al primo contro i Baglioni, fu istituito
un procedimento penale contro Nerio di Petruccio Montesperelli ;
un terzo fu intentato contro Andrucolum Michi de porta Heburnea,
accusato di essersi accordato con Oddo Baglioni de dando et dari
volendo dictam civitatem Perusii uni magno domino, nomen cuius
tacetur ad presens pro meliori. Un quarto processo ebbe a protago-
nisti, tra gli altri congiurati, Armanno di Guidarello Baglioni e
Paolo, figlio di quel tale Priore del Fonte che aveva dato Bettona
al Visconti nel 1352 ».

Questa novità, cosi analoga a quella del 1361, inaspri talmente
gli animi dei Perugini che, adunato un gran numero di cavalieri, at-
tuarono quella scorribanda più nota sotto il nome di beffa di Viterbo,
durante la quale si spinsero fin sotto le mura di questa città, sca-
gliando frecce e dando fuoco ad un fantoccio di paglia raffigu-
rante il papa.
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 87

Intanto le terre dell'Italia centrale cominciavano a dividersi
in due partiti: le alleate del pontefice e le alleate di Perugia. Fra i
sostenitori di quest'ultima vi furono i nobili de' Boscoli che si tol-
sero alla signoria di Arezzo per collegarsi con i Perugini, ai quali
cedettero il castello di Foiano. Ma quello che piü dava vigore ai
ribelli era la promessa fatta da Bernabó Visconti di mandare gente
armata in loro aiuto ; il fatto peró non dava alcuna preoccupazione
al pontefice, certo che le proprie forze, unite a quelle aretine, sareb-
bero bastate per aver ragione dei nemici. E cosi fu, infatti, in uno
scontro tra viscontei e papalini, nella piana del Tevere. La scon-
fitta non disarmó i Perugini che chiesero nuovamente aiuto a Ber-
nabó e contemporaneamente assoldarono la compagnia di Gio-
vanni Acuto ^.

Questa ostinazione indignó Carlo rv il quale scrisse una lettera
a Galeazzo Visconti, fratello di Bernabò, intimandogli di licenziare
l'Acuto, assoldato da Perugia ma pagato da lui, e di desistere da ogni
aiuto ai Perugini, pena la privazione del vicariato su Milano. Nello
stesso periodo Urbano v si rivolse alla regina Giovanna per avere
da lei ogni aiuto possibile nella formazione di una lega contro le
compagnie di ventura con l’aiuto delle quali, sono le parole del pon-
tefice, Perugia voleva combattere la Chiesa 5).

Per quanto riguardava Perugia, il 13 giugno 1369 Carlo iv
inviò un diploma con cui privava il comune della giurisdizione su
Chiusi, Castiglione Aretino, Montecchio dei Visponi, Lucignano,
Foiano, Monte S. Savino e Castelmanno, adducendo il pretesto
che la dignità imperiale comportava la difesa e la protezione della
Chiesa : ufficio, questo, derivato direttamente da Dio 9. Era giusto
pertanto che i Perugini pagassero in tal modo la loro ribellione alla
Chiesa ed ai pontefici, i quali sulla città di Perugia avevano avuto
ed avevano tuttora pieno dominio da tempo immemorabile. A mag-
gior ragione quindi dovevano obbedienza ad Urbano v, legittimo
e naturale signore di Perugia e di tutto il suo territorio ?.

Il 7 luglio il pontefice, visto che ogni altro mezzo era vano per
ricondurre i Perugini alla saggezza, lanciò l'interdetto alla città e la
scomunica ai suoi cittadini, rinnovando la sentenza di condanna con-
tro i ribelli della ‘Chiesa già comminata da Clemente vi, che nel
1346 aveva affermato essere Perugia città della Chiesa 8. Ma quello
che più addolorava il papa era il fatto che i Perugini non solo non
tenevano in alcun conto la sua sentenza di condanna, avendo essi
mancato di mandare i loro rappresentanti alla Curia Romana entro

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il termine stabilito, ma aggravavano la propria posizione assoldando
continuamente soldatesche straniere tra cui, negli ultimi tempi,
i due capitani Flask di Richsach e Giovanni di Rethem. Ciò rendeva
vano lo sforzo del papa e dei suoi alleati di estirpare dall’Italia que-

sta gramigna una volta per sempre ; impresa che si presentava di-

sperata perché anche Bernabò Visconti, dopo aver sottoscritto la
lega promossa a tale scopo, di nascosto mandava soldati di ventura
in aiuto dei Perugini ?.

Urbano v, ormai stanco di pazientare, nel mese di agosto per-
mise che il cardinale arcivescovo di Burgos, Domingo de Arroyuel,
al quale aveva affidato l'impresa e la rettoria di Perugia, marciasse
contro la città. Quando il suo esercito giunse a Pontefelcino dopo
aver fatto enormi danni nel contado, i Perugini cominciarono ad aver
paura e a desiderare la pace. Nel mese di ottobre Pietro Vincioli,
Conte di Agnolino e Ceccolo di Sinibaldo Benincasa furono mandati
ambasciatori al papa in Montefiascone per trattare la pace. Ma l'am-
basceria si concluse con un nulla di fatto perché le parti rimasero
salde ciascuna nelle proprie posizioni.

Intervennero allora i Fiorentini, desiderosi che l'ordine tornasse
nell'Italia centrale, i quali affidarono a Bindo de’ Bardi, Donato
Ricci e Lippo degli Aldobrandini il compito di riconciliare le parti.
Ma il 9 dicembre gli ambasciatori toscani tornarono a Firenze senza
aver concluso nulla. Quel giorno giunse invece a conclusione la lega
tra il pontefice, Firenze ed altri comuni toscani, contro i nemici di
tutti loro, cioè Bernabò Visconti ed i ribelli Perugini. Dalla lega
le parti si aspettavano non solum Romane Ecclesie et vestrum, sed
totius Italie bonum publicum 19.

Il 28 gennaio 1370 il papa scrisse al Comune di Siena ed ai ve-
scovi di Arezzo e Todi perché non permettessero il conferimento di
aiuti ai ribelli, ma anzi facessero leggere nelle chiese, tutte le dome-
niche e negli altri giorni di festa, i processi intentati contro i Peru-
gini 14),

Poiché la lega aveva soprattutto lo scopo di combattere le com-
pagnie di ventura ed i loro protettori, sdegnato con i Perugini che
le aiutavano e favorivano in ogni modo, il 18 febbraio papa Urbano
prese una risoluzione della massima gravità, ordinò cioè al cardi-
nal Anglico Grimoard, vicario generale della Chiesa per tutte le
terre dello Stato Pontificio, di predicare la crociata contro i sud-
detti, considerati alla stregua degli infedeli: a quelli che avessero
preso le armi per un anno contro i ribelli, venivano concesse le stesse
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 89

indulgenze che la Chiesa elargiva ai combattenti in Terra Santa 12).
Dal canto suo Carlo 1v, il 17 febbraio, aveva nuovamente privato
il Visconti del vicariato su Milano, mettendolo addirittura al bando
dell'impero !9. Impensierito da una tale decisione, Bernabò parve
disposto a volere la pace e mandò quindi al pontefice i suoi amba-
sciatori perché la trattassero, in base a quattro condizioni che egli
esponeva al papa. Urbano v a sua volta, mandò tutto al cardinal
Anglico perché si occupasse della cosa, ordinandogli però di non
tenere in alcun conto la quarta condizione che riguardava Perugia,
ma anzi facesse promettere al Visconti di non impicciarsi minima-
mente dei fatti dei Perugini !^.

Seguendo l'esempio del Visconti, anche il Comune di Perugia
aveva mandato ambasciatori al papa con profferte di pace, in ve-
rità poco sincere, perché mai i Perugini si erano rassegnati alla per-
dita di Assisi e delle-altre città umbre e cercavano di risottometterle
alla loro giurisdizione con trattati interni 15),

Frattanto il pontefice, venuto ad un accordo con Francesco
di Giovanni di Vico, prima alleato dei Perugini, poté ora volgere la
sua opera completamente contro gli Umbri. Papa Urbano aveva già
rinnovato la sentenza di scomunica e d'interdetto contro di loro,
aggravando la pena contro il comune o meglio, dato l'approssimativo
concetto di persona giuridica allora esistente, contro il ‘podestà,
il capitano del popolo, i priori, i consiglieri, in una parola contro
tutti i magistrati ed ufficiali della città di Perugia privandoli di
ogni diritto, privilegio, feudo, possesso e giurisdizione che avessero
avuto fino ad allora; dichiarò incapaci di ogni ufficio ecclesiastico
loro stessi, i loro figli ed i loro nipoti ; ordinó che nessuno li assol-
vesse, eccetto il pontefice e che, se assolti in punto di morte, non aves-
sero sepoltura cristiana. Sciolse dal giuramento di fedeltà i loro vas-
salli e quanti erano soggetti alla città ribelle ; proibi che venisse re-
cato aiuto o consiglio ai Perugini ; confiscó i loro beni, dando facoltà
ai fedeli della Chiesa di impadronirsi delle loro persone come di
«nemici del nome cristiano ».

Con una tale sentenza i Perugini ed i loro complici venivano
messi al bando della società, con tremende conseguenze morali per
i condannati, perché alla scomunica si aggiungeva «la infamia allora
grande ed indivisibile dalla eresia e dalla infedeltà, e che de’ condan-
nati faceva nella società cristiana nemici pubblici come i Saraceni » 19).

Ma fosse ostinazione o desiderio sconfinato di libertà, i Peru-
gini nonostante tutto continuavano a tenere in loro servizio i due

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capitani tedeschi, cosicché il 22 maggio il papa scomunicó anch'essi
quali loro complici 17). La sentenza, unitamente a quella che colpiva
imagistrati ed i cittadini di Perugia, fu mandata ai vescovi di Co-
stanza ed Augusta, le città da cui provenivano i due conestabili,
perché fosse pubblicata nelle loro diocesi.

Intanto Bernabó Visconti aveva progettato . di impadronirsi
di Pisa e Lucca a mezzo di congiure interne, ma l’impresa fallì.
Provò allora l'Acuto a prenderle con la forza, ma le città resistettero.
Saputo questo ed essendogli pervenuta anche la notizia che la com-
pagnia inglese si stava dirigendo alla volta di Livorno, il 24 maggio
papa Urbano scrisse ai confederati che le genti della compagnia
erano entrate in Toscana in aiuto dei Perugini e che aveva ordinato
al vicario generale di raccogliere tutte le forze della Chiesa e dei
collegati per combattere l’esercito nemico 18).

Ai primi di giugno cominciò l'inseguimento delle genti ponti-
ficie alla compagnia inglese che fuggiva davanti a loro finché, tor-
nate queste in Roma il 28 giugno, furono spedite contro il Visconti
che aveva tentato di occupare Reggio. Ma già il 26 di quel mese il
papa aveva annunciato al popolo romano la sua intenzione di |
tornarsene in Avignone !?, disgustato da quello che accadeva in
Italia.

Intanto la guerra in Toscana era praticamente finita perché
le compagnie di ventura se ne erano andate ed i Perugini erano ri-
masti abbandonati e senza alcuna speranza di aiuto da parte del Vi-
sconti, alle prese con l’esercito della lega.

Ma Perugia era città profondamente cattolica e la sentenza di
condanna pesava enormemente sull'animo dei cittadini: « la pas-
sione — dice il Balan — li aveva traviati, il desiderio di Assisi li
aveva fatti ostinati ; ma, ribellandosi nel fatto, non negavano come
diritto la signoria della Chiesa sopra di loro »?9. Ai primi di agosto
i Perugini manifestavano al papa il loro desiderio di pace; ma in
fondo al cuore speravano sempre nell'intervento di Bernabó e manda-
vano per le lunghe le trattative. Il pontefice, sebbene disposto a
riconciliarsi con i ribelli, forse intuendo il loro segreto pensiero,
non cessa di fiaccarne quotidinamante la resistenza, mandando i
suoi armati fin dentro il comitato perugino. Infatti il 14 agosto [
aveva dato disposizioni in proposito a Gerardo di Perugia, che te- |
neva il priorato romano dell'ordine di S. Giovanni di Gerusalem-
me e che aveva la guardia di due castelli appartenenti all'ordine
stesso, di cedere le due fortezze al cardinal Pietro d'Estaing 2), il
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 91

quale le avrebbe tenute e custodite in nome della Chiesa, finché
fosse durata la ribellione del popolo perugino 22).

Il 20 di quello stesso mese cadevano le ultime speranze dei Pe-
rugini perché a Reggio il Visconti veniva sconfitto dalle forze della
lega e doveva chiedere la pace 23). Il 5 settembre successivo il ponte-
fice salpò da Corneto alla voltà della Francia e, giunto in Avignone,
ebbe notizia che Bernabò Visconti ed i Perugini avevano iniziato
serie trattative di pace con la Chiesa presso il cardinal Anglico che
dimorava in Bologna ?^.

II. — Il primo passo ufficiale verso la riconciliazione della Chiesa
con i ribelli perugini fu compiuto dal pontefice che il 15 ottobre
scrisse al cardinal Anglico dandogli facoltà di trattare anche con loro:
essendo il papa a conoscenza che il Comune di Perugia voleva tornare
in obbedienza e devozione della Chiesa dopo aver riconosciuto con
spirito contrito gli errori commessi, volendo egli agire misericordio-
samente verso i pentiti, autorizzava il vicario generale a concludere
la pace, a togliere la scomunica e l’interdetto, ad assolvere tutti e
i singoli colpevoli 25).

Dal canto loro già il 24 settembre i Perugini avevano indetto
un'adunanza generale nella quale i consiglieri avevano eletto procu-
ratori e negociorum gestores Conte di Sacco, Baldo degli Ubaldi,
Pietro Vincioli e Agnolino di Ceccolo Benincasa, tutti giurisperiti 29),
col preciso incarico di rappresentare l’intera comunità di Perugia
davanti al cardinal Anglico e di trattare con lui le condizioni di
pace. Così, dopo aver esposto al cardinale l’intenzione del comune
di riconoscere la piena supremazia del pontefice sulla città, sul con-
tado e su tutti gli abitanti, gli ambasciatori confessarono le proprie
colpe che erano anche quelle dei concittadini, dicendosi pronti a chie-
dere perdono e a farne penitenza 27). Dopo di ciò gli ambasciatori
presentarono al vicario generale il mandato ricevuto dal Comune
e popolo di Perugia, nel quale erano contenute tutte le clausole del
trattato, come le voleva la Sede Apostolica 28).

Infine il 23 novembre del 1370, alla presenza del cardinal An-
glico, i messi riconobbero ed accettarono, a nome proprio e del po-
polo perugino, le seguenti clausole 2°) :

a) Il riconoscimento, innanzi tutto, che la città, il territorio
ed il popolo di Perugia appartenevano ad ius et proprietatem della
Chiesa di Roma e dei sommi pontefici.

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b) Il riconoscimento della sovranità della Chiesa sulle terre
già sotto la giurisdizione di Perugia.

c) La promessa di pagare il censo annuo al pontefice nella
somma di 3.000 fiorini d'oro. Qualora per un anno il censo non fosse
stato pagato, il comune sarebbe incorso nella pena di 1.000 marche
d'argento; se la mora fosse stata di due anni, i priori sarebbero
stati scomunicati; dopo tre anni, gli stessi sarebbero decaduti dal
vicariato su Perugia.

d) L'obbligo di difendere la Chiesa e di accorrere in suo aiuto
in tutto il vasto territorio che formava lo Stato Pontificio.

e) L'impegno di non occupare le terre della Chiesa.

f) L'impegno di non aiutare i ribelli né gli occupatori di dette
terre, neppure se alleati di Perugia. |

g) L'impegno di non collegarsi con le compagnie di ventura.

h) L'impegno di riammettere in Perugia i fuorusciti, cacciati
dalla città soprattutto in seguito alle congiure del 1361 e del 1368,
cassando tutte le sentenze di condanna emanate a loro carico e riam-
mettendoli nel pieno possesso del loro onore e dei loro beni 39. I
priori dovevano infine restituire i beni di Agapituccio di Ceccolo
e di Andrea di Nuccolo, decapitati nel 1368, ai rispettivi eredi.

i) Cannara, già indebitamente occupata dai Perugini, doveva
essere restituita alla sovranità della Chiesa entro trenta giorni dalla
firma del trattato.

l) Foiano, appartenente al comitato di Arezzo, doveva essere
restituita ai Boscoli, i quali, a loro volta, avrebbero dovuto riconci-
liarsi con il Comune di Arezzo.

m) Il Comune di Perugia doveva astenersi da ogni ingerenza
negli affari interni ed esterni del Comune di Lucignano.

n) Agli ecclesiastici dovevano essere restituiti libertà e beni,
annullando tutti gli statuti o singole rubriche ad essi sfavorevoli.

.0) Prestazione del giuramento di fedeltà alla Chiesa da parte
dei magistrati, identico a quello che avevano prestato gli ambascia-
tori nelle mani del cardinal Anglico.

p) Richiesta di perdono per le colpe commesse e della resti-
tuzione dei diritti, privilegi, feudi, concessioni ecc. di cui i Perugini
erano stati privati a causa della loro ribellione.

q) Richiesta di includere nel trattato di pace anche gli alleati e
fautori di Perugia; richiesta di libertà per i prigionieri.

r) Infine, impegno di ratificare il trattato entro trenta giorni
dalla data dell'istromento di pace.
IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 93

Per la ratifica furono nominate duecento persone tra quelle che
avevano diritto di partecipare al consiglio, piü altre cento scelte
a discrezione dei commissari pontifici tra persone di cultura supe-
riore, i quali davanti ai commissari a ció deputati dal cardinal An-
glico giurassero non solo fedeltà ed obbedienza alla Chiesa, ma anche
di ratificare il trattato e di adempiere a tutti gli obblighi contem-
plati nelle clausole.

Radunatosi il Consiglio Generale nel termine previsto, il trattato
di pace fu accettato, approvato e ratificato in tutte le sue parti. I
priori 31), i trentatrè camerlenghi delle arti, i duecento cittadini no-
minati ad hoc, giurarono singolarmente fedeltà, sudditanza ed obbe-
dienza alla Chiesa ; giurarono di osservare fedelmente i patti conclusi
e dopo ció, a nome del comune, ser Pietro di maestro Paolo di Pe-
rugia, per mandato speciale conferitogli dai magistrati, nella cap-
pella del palazzo dei priori, consegnò le chiavi della città ai commis-
sari del papa che a loro volta le affidarono a Lippo di Nino, nomi-
nandolo custode della città di Perugia 52).

Con questo gesto simbolico cala la tela sul periodo più splen-
dido del Comune di Perugia. Biordo Michelotti, Braccio da Montone
e soprattutto i Baglioni renderanno ancora famoso, e talvolta tri-
stemente famoso, il nome di Perugia in Italia, ma la città non go-
drà più di tanta potenza e libertà come nel periodo che si chiude
con la fatale data del 23 novembre 1370.

Giudico superfluo aggiungere qualche cosa di mio alle conclu-
sioni cui si giunse col trattato di pacc. Non vi è infatti situazione giu-
ridica, politica, sociale, religiosa tra le parti, che non venga puntua-
lizzata e messa in risalto, con lucida coscienza giuridica dei diritti
e dei doveri reciproci delle parti in causa, nel lunghissimo atto con
cui Perugia si risottomette alla Chiesa. Tutto il trattato sembra
echeggiare situazioni ben precise e note sia alla Chiesa che al Comune
di Perugia, in parte dimenticate, in parte deliberatamente ignorate
da questo quando erano in contrasto con la sua sempre maggior
sete di potenza. Ma nella maggior parte dei casi la coscienza di es-
sere soggetti alla Chiesa aveva spinto i Perugini a comportarsi come
sudditi che al loro signore dovevano aiuto e consiglio.

Con il giuramento di fedeltà imposto dal trattato di pace, Pe-
rugia venne ricondotta nella posizione giuridica che le competeva
dopo essere stata dichiarata da Innocenzo ni appartenente ad ius
et proprielatem della Chiesa e nella quale situazione il comune non
aveva mai cessato di permanere di diritto, anche se di fatto aveva

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CITATI

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raggiunto un'autonomia quasi assoluta. Tutte le clausole del trat-
tato stesso servirono soltanto a ristabilire quell'equilibrio, quell'or-
dine nei rapporti di sudditanza tra la Sede Apostolica e Perugia,
sovvertiti dalla debolezza dei pontefici e soprattutto dall'intra-
prendenza dei Perugini.

ManiA Pecuci For»

NOTE

!) BALAN, op. cit., p. 5. Tra i congiurati figuravano anche Oddo Ba-
glioni con due figli e due nipoti, i figli di ser Pellino, di Carlo Vitelli, di Ludo-
vico di Guidarello, di Eusebio di Consolo, di Vico di Cola ed altri, che riusci-
rono a fuggire ed i cui beni vennero confiscati.

?) I due Baglioni erano certi che un giorno sarebbero tornati in Peru-
gia da padroni ; cosi si espressero ad un tal Pucciolo dal quale volevano sa-
pere quid faciunt isti Perusini qui nos expulerunt de Perusio ; sed nos erimus
in civitate Perusii antequam transeat multum tempus et videbimus illos qui
nos expulerunt et erimus domini ad ipsorum despectum ... Perügia, Arch.
Storico del Comune, Giudiziario, Sentenze del Podestà, 1368 (181/1 e 182/1
non num). ;

*) Perugia, Arch. Storico del Comune, Giudiziario, Sentenze del Pode-
stà, 1368, cit. Il testo ha: Pluries et pluries inter se et cum aliis, nomina
quorum tacentur pro meliori, trataverunt, ordinaverunt, deliberaverunt et con-
firmaverunt de insultando et currendo . . . dictam civitatem Perusii cum gentibus
armigeris equitum et peditum, -et de reducendo ipsam civitatem ad allias manus,
.iurisdicionem et dominium quam ad presens sit... Tutte queste sentenze di
condanna vennero cassate dopo la pace del 1370.

‘) BALAN, op. cit, p. 7.

? LECACHEUX, op. cit., fasc. 11, p. 509.

?) Arch. Segreto Vaticano A.A. Arm. C Instrum, 355. Il THEINER (op.
cit., vol. 11, p. 463, n. ccccLIv) pone la data del 19 giugno. Il testo ha: Ex
imperialis dignitatis officio, defensio et protectio eiusdem Sancte Matris Ecclesie
dominiorum, iurium et libertatum ipsius, nobis est attributa divinitus .. .

") Il testo ha: [Ecclesia et pontifices] habuerint et habere debeant plenum
dominium ab eo antiquo tempore, cuius contrarium in hominum memoria non
existit, et dominus noster Summus Pontifex Urbanus papa V et successores
sui intrantes canonice, veri sint, iusti, legitimi, ordinarii et naturales domini
civitatis Perusine predicte districtuum, terrarum et omnium pertinenciarum
ipsius.

°) BALAN, op. cit., p. 8, il quale indica la data del 3 luglio. Nell'inventa-
rio dell'Archivio Vaticano l’istrumento è datato dal Garampi : 7 luglio 1369
-

IL COMUNEDI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PER AIODOVIGNONESE 95

e la stessa data figura anche nella pergamena. Il testo ha poi: Et licet pro-
cessus confirmatio ac volunías seu constitutio huiusmodi in Romana Curia
et diversis Italie partibus et temporibus fuerint sepius publicati, ita quod ad...
Potestatis et... capitanei ac priorum, consiliariorum aliorumque officialium
ac civium et comunis civitatis Perusine, dicte Romane Ecclesie in temporali-
bus immediate subiecte, noticiam potuerit verisimiliter pervenisse...

*) BALAN, 0p. cit., pp. 10-11.

?) Arch. Segreto Xaticano; Registri di U. V, Secr. anno VIII, Heg:
vat. 251, c. 7v. ; BALAN, op. cit., p. 40.

11) Arch. Segreto Vi Registri di U. V, Secr. anno VIII, cit.,
c. 23r; BALAN, op. cit., p. 40. Il testo ha: Fide digna relatio ad nostrum
perduxit auditum quod licet per processus nostros, auctoritate apostolica, du-
xerimus prohibendum ut nullus presumeret mittere vel portare bladum, vi-
num, carnes, animalia, aliaque victualia et res quascumque Perusinis Eceleie
Romane rebellibus et hostibus, iusto iudicio condemnalis et gravibus penis irre-
tifis...s

1?) THEINER, 0p. cit., vol. 11, pp. 469-470 (n. ccccLxvI).

1) THEINER, op. cit., vol. 11, pp. 468-469 (n. ccccrxvr).

1) BALAN, op. cit., p. 43. Il testo ha: Supra ultimo autem capitulo tan-
gente Perusinos, nolumus quod tu vel dictus Bernabos vos aliquatinus intro-
mittatis . .. quinimo intendimus quod idem Bernabos promittat in tractatu sue
pacis quod se de ipsis Perusinis nullatenus intromittat. .

!) BALAN, Op. cit., p. 43.

1) BALAN, op. cit., pp. 16-17.

") Arch. Segreto Vaticano, Reg. di U. V, Secr. anno VIII, cit., c. xcv
e segg. BALAN, op. cil., pp. 56-58.

1) Arch. Segreto Vaticano, Reg. di U. V, Secr. anno VIII, cit., c. LXXXII;
BALAN; 0p. cit; p? 59!

1°) THEINER, 0p. cit., vol. 11, pp. 474-475 (n. CCCCLXXXI).

2) BALAN, op. cit., p. 20.

^) Il testo ha: Ad reprimendum inobedientiam et contumaciam filiorum
iniquitatis populi Perusini hostium et rebellium Romane Ecclesie.

*) Arch. Segreto Vaticano, Reg. di U. V, Secr. anno VIII, cit., c. cxLvit.
BALAN, Op. cit., p. 61.

*) Chronicon Estense, in RR. II. SS., vol. xv, p. 492.

M)'BATAN; Op. Cie; D. 21.

S)UBADAN, Op: City pi 21:

*) Gli ambasciatori furono nominati alla presenza di Giacomo di Gu-
glielmo di Provenza e di Niccoló di Vanni da Volterra, di ser Francesco di
ser Egidio di Perugia cancelliere del comune, di Rinaldo di Andrea notaio
dei priori, su mandato dei priori stessi Francesco di Antonio e Longoruccio
di ser Angelo per Porta Sole, messer Grello e Sante di Meco per Porta S. An-
gelo, Lodovico di Negro per Porta S. Susanna, Giovanni di Nuccio e Biagiolo

POE LEI FAZI T cm
96 ' MARIA PECUGI FOP

di Biagio per Porta Eburnea. Arch. Segreto Vaticano, Liber recognit. Peru-
sinorum, c. 1; BALAN, op. cit., pp. 62-63.

*) Arch. Segreto Vaticano, A.A. Instrum. Arm. C, 355.

35) Arch. Segreto Vaticano, Liber recognit. cit., c. 14r. ; BALAN, op. cit.,
pp. 64-80.

*) Arch. Segreto Vaticano, A.A. Instrum., Arm. C, 355. La lunghissima
pergamena, che conserva ancora il sigillo in cera del Comune di Perugia, è
stata interamente trascritta dal Balan. Inoltre: Perugia, Arch. Storico del
Comune, Istromenti ecc. perg. 159 15 (cass. 34).

è) Tale clausola mi sembra importante per stabilire se non proprio
una partecipazione dell'Albornoz e di Urbano v nelle congiure di quegli anni,
almeno un loro spiccato interesse ad un esito positivo delle stesse.

*) I priori erano: Lippus Nini, Antonius Andrucci^'i, Iohannes Mi-
chaelis, Ceccus Massoli, ser Bonaora Nicolutii, Franciscus Nutoli, Cola Ma-
gioli, Laurentius Paulutii.

*) L'atto conservato presso l'Archivio di Stato di Perugia é lo stru-
mento di ratifica e, rispetto a quello dell'Archivio Segreto Vaticano, con-
tiene in piü l'elenco delle singole persone che prestarono il giuramento.

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=

IL COMUNE DI PERUGIA E LA CHIESA DURANTE IL PERIODO AVIGNONESE 97

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——m P IDA

9 BIBLIOGRAFIA

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177. La serie presenta una lacuna che va dal 1356 al 1362 e dal |
1364 al 1368. Per il 1363 esiste una sola pergamena.

Conservatori della Moneta : LI
Exit. 1354, reg. 6.0 |
Exit. 1355; reg.. 7.
Exit. 1356-1359, reg. 9.
Exit. 1364-1365, reg. 11,
Exit. 1365, reg. 13. MU
Exit. 1366, reg. 16. ! : : unu
Exit. 1367, regg. 19, 20.
Consigli e Riformanze, n. 23 (1351). il
Fondo Gardone-Raccolta Günther, buste del 1356, 1357, 1358, 1359, 1360, | Il
1363. Ili
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Istromenti e contratti diversi, Sec. XIV, nn. 17%, 121, 126, 159 5.
Massari, Exit. 1354-1356, reg. 86.
Miscellanea I*, n. 34: Capitoli della pace conclusa tra Giovanni Vi-
sconti arcivescovo di Milano ed i Comuni di Firenze, Perugia, ecc.
Sommissioni, voll. 1-1v. il
Statuti del 1366, n. 4. M
Vari officiali, n. 34: Spese per onorare il legato Egidio Albornoz. TM

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SIC xm D.
ALS OPNS. SUPE REGAIN a UE, NU] GU P y TA D

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Bologna, Benedetti, 1521. |
. INDICE

Premessa

CAPITOLO I. Il Comune di Perugia e la Chiesa di Roma da Inno-
cenzo mi al secolo xiv.

I — Innocenzo III e il Comune di Perugia. Lo Stato della
Chiesa — Posizione giuridica delle città nello stesso —
| Posizione di Perugia.
| ;4, II — Il Comune di Perugia e la Chiesa nel secolo XIII. Il
giuramento di fedeltà del 1236 — Panorama generale dei
rapporti tra il comune umbro ed i pontefici romani nel
secolo XIII

CAPITOLO II. Il Comune di Perugia e la Sede Apostolica dal
1309 alla legazione del cardinale Egidio Albornoz in Italia.

d I — Panorama generale — I rapporti con Giovanni X XII
— La presa e il regimen di Spoleto — Aiuti del comune
al pontefice.

II — I rapporti con Benedetto XII — I rapporti con Clemen-
te VI — Fine della lotta tra papato e impero : conseguenze
della nuova situazione politica.

CAPITOLO III. Il Comune di Perugia e la Chiesa durante la le-
gazione del cardinale Albornoz.

I — La prima legazione dell' Albornoz. La minaccia del Vi-
sconli — La pace di Sarzana del 1353 — Posizione di
Perugia in tale data — Il vescovo di Ferrara eletto rettore
di Perugia: reazione dei Perugini — Il legato giunge a
Perugia : rapporti tra il cardinale e la città — Prime con-
quiste dell’ Albornoz in Umbria — La discesa e l’incoro-
nazione di Carlo IV — Il Comune di Perugia e Carlo IV
— Nuovo assetto dello Stato della Chiesa.

) II — La seconda legazione dell' Albornoz. La guerra con Siena

— L'arbitrato del vicario generale — Consolidamento
della giurisdizione pontificia nello Stato della Chiesa
— La congiura dei nobili perugini del 1361 — La lega
| contro i venturieri — La battaglia di S. Mariano — Il
processo contro Alberto Sterz — La battaglia di Brufa:

Pag.

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reo 102 MARIA PECUGI FOP

cause e conseguenze — Fine della supremazia perugina
nel ducato di Spoleto — Il ritorno del pontefice a Roma
e morte del legato — Posizione giuridica di Perugia nel
periodo dell’ Albornoz. : : È . È i

CapritoLo IV. La guerra tra Urbano v e Perugia.

I — Tentativo perugino di supremazia in Umbria — La
congiura del 1368 ed i processi che ne seguirono — Al-
leanza col Visconti — La lega contro Perugia — La guer-
ra — Crociata contro i Perugini — Desiderio di pace:
le trattative.

II — I capitoli della pace di Bologna — 23 novembre 1370 :
fine delle libertà comunali e della potenza di Perugia. i

Bibliografia : : : : 3 : : : : :

L'Appendice di questa Memoria, costituita da documenti inedi-
ti, sarà pubblicata per esigenze di spazio nel venturo Fa-
scicolo del Bollettino.

Pag.

35

85

97
&——-

I processi per la canonizzazione
di Santa Chiara da Montefalco

(vicende e documenti)

1. I FATTI STORICI

Il 17 agosto 1308 moriva in Montefalco, con gran fama di santità,
labbadessa del monastero di S. Croce, Chiara di Damiano, all'età
di quarant'anni. Appena morta, certi segni prodigiosi trovati nel
suo cuore suscitarono quell'entusiamo generale delle folle, tanto co-
mune in quel particolare momento intorno alle manifestazioni so-
prannaturali, che rappresentano nel mondo medioevale un fatto im-
portantissimo della vita politica e sociale, oltre che spirituale e cul-
turale. Non é poi che lo spirito critico e il sospetto verso tali feno-
meni ultraterreni assolutamente mancasse. Anzi, proprio nel nostro
caso, abbiamo esempi documentati di scetticismo e di ironia !). Tre
giorni dopo dacché Chiara era morta, certo fra' Pietro di Salomone
si recò a Spoleto per informare il vicario generale del vescovo come
4 Montefalco si stesse screditando la religione col mostrare al popolo
alcune invenzioni artificiose, frutto dell’astuzia delle monache di
S. Croce 2). Ed altre voci, magari contrastanti e discordi, saranno cer-
tamente giunte all’orecchio del pio e zelante prelato, il quale ritenne
opportuno recarsi di persona a Montefalco per rendersi conto di
quanto stava accadendo.

Ma già aveva fatto i suoi passi precauzionali il governo operante
nella ristretta cerchia del libero comune. Infatti il 22 agosto il po-
destà di Montefalco, Gentile de’ Giliberti da Spoleto e i suoi uffi-
ciali, il priore del popolo, il notaio del comune, i quattro rappresen-
tanti del popolo, insieme a numerosi notabili appositamente chia-
mati, si erano recati nella chiesa di S. Croce, dove avevano preteso
che alla presenza di don Bordone di Pietro vicario foraneo del ve-

IRNUED EDUC ID

ITDNUETCHEA EEA:
104 SILVESTRO NESSI

scovo, di tutto il clero locale, di immenso popolo che gremiva la
chiesa, il chiostro annesso, le vie adiacenti, le diciassette monache
esistenti nel monastero, nonché il medico fisico (« medicus fisscice »)
che aveva curato Chiara nella sua ultima infermità, giurassero sul
santo Evangelo che nei prodigi mostrati non v'era stato artificio,
e che i fatti si erano svolti come da loro veniva narrato. Questo è
il primo intervento giuridico, il primo vero e proprio processo. di
iniziativa laica, che precede i successivi ordinati dalle autorità reli-
giose, scritto e pubblicato secondo le norme legali dell'epoca (v.
Appendice, 1). Peró, l'autorità civile si preoccupó immediatamente
di informare quella religiosa competente. E il notaio del podestà,
presente all'atto sopra riferito, dieci anni dopo questi avvenimenti,
testimoniava con molta precisione lo svolgersi di essi e dell'inter-
vento di cui si é parlato (v. Appendice, 11). Tutto ció dimostra la
grande serietà che sorreggeva le libere istituzioni medioevali, in un
atteggiamento che si rivela mosso da spirito critico e non da falso

sentimento religioso o da fanatismo bigotto, quale per anni, spe-

cialmente per tutto ciò che concerne l' Umbria, è stato troppo
facilmente prospettato. Poco tempo dopo questi avvenimenti, per
esempio, Montefalco, insieme a Bevagna e a Spello, si ribellava al
rettore del ducato di Spoleto, rappresentante del papa e della Chiesa,
non riconoscendogli altra autorità che quella d'ordine strettamente
spirituale, incorrendo cosi nell'interdetto e nella scomunica ?..

Ma torniamo al vicario del vescovo di Spoleto, Berengario di
Donadio da Sant'Africano, che si recó a Montefalco, quando già le
autorità civili del luogo avevano preso i provvedimenti che abbiamo
visto; e vi giunse, indignato e sospettoso, per istruirvi un processo
contro le monache di S. Croce, il piü severo possibile. Chiamó ad
assisterlo molte persone di grado, specialmente i frati Minori, i giu-
dici, gli avvocati, i rettori delle chiese. Nell'oratorio del monastero,
volle vedere quel cuore aperto, che mostrava nelle sue concavità
naturali i muscoli biancastri dell'organo trasformati nei simboli della
passione di Cristo e nello stesso Crocefisso. Di fronte al fatto, do-
vette constatare che non v'era stato artificio umano. Un testimone,

certo Pietro, narró successivamente ai commissari pontifici come

si svolse questa seconda rigorosa ispezione (v. Appendice, 1). Ed
anche il cardinale Napoleone Orsini, nel Sommario del processo da
lui redatto venti anni dopo i fatti narrati, sottolinea questo aspetto
della vicenda. Riportiamo il brano, molto interessante, tratto da
un volgarizzamento del principio del secolo xvi:
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 105

«In quel tempo era vicario del Vescovo di Spoleto un certo prete, per
nome chiamato Beringario: qual intendendo che nel core della predetta
Chiara. s'erano trovati i misterii della passione del nostro Salvatore: suspi-
cando che qualche cosa con malitia non fusse stato finto: per conoscere
questa verità, venne con mal animo in Montefalco al monasterio : et ivi in
presentia d'honeste et honorate persone, fece portare il core di Chiara, con
tutte lé cose in esso ritrovate : le qual cose diligentemente e con ordine vidde
e piü volte con le mani toccó, e conobbe securamente, che per divina volontà
erano state fatte simil cose, e non per humana fintione. Onde deposto il cat-
tivo animo tornó a Spoleto, e chiamato il Rettore della chiesa cattedrale,

Maestri in theologia, Dottori di legge, Priori e. capi de molti conventi: co- '

minció con quelli a trovare un modo, che per l'advenire non si perdesse la.
memoria de tal cose » 9.

Intanto la fama degli avvenimenti era giunta anche a Roma,
dove sul finire dell'anno 1308 si trovavano i cardinali Pietro Co-
lonna e Napoleone Ordini, i quali avevano conosciuto ed apprezzato
Chiara mentre era in vita, ed avevano conversato con lei, ammi-
randone la dottrina e la pietà. Fu il Colonna a chiedere di vedere
quel cuore che presentava segni tanto prodigiosi; ed esso gli fu
mandato nel novembre del 1308 : alla presenza dei due porporati e
di numeroso clero dell'Urbe fu attentamente esaminato. Tra gli altri
vi si trovó presente il celebre francescano Ubertino da Casale, al-
lora cappellano del cardinale Orsini, che era stato diverse volte a
Montefalco, dove aveva avvicinato Chiara e discusso con lei di sot-
tili questioni teologiche e spirituali. Proprio in questa circostanza egli
rimase improvvisamente guarito da ernia inguinale di cui soffriva
da oltre diciassette anni 5).

Nel 1309, Berengario ottenne dal vescovo di Spoleto Pietro Paolo
Trinci una delega particolare che lo autorizzava ad iniziare una
legittima inquisizione sopra la vita della badessa di S. Croce e sui
segni scoperti nel suo cuore. Trasferitosi definitivamente a Monte-
falco, il 18 agosto di quell’anno, nella chiesetta del monastero, ini-
ziava la registrazione delle deposizioni, avendo chiamato quali assi-
stenti frate Francesco di Damiano O.F.M., fratello di S. Chiara,
dimorante in quel tempo nel convento di Foligno, fra’ Giacomo di
Gonzo O.F.M., frate Angelo da Foligno O.E.S.A., priore del con-
vento di S. Agostino di Montefalco, fra’ Pietro da Gualdo Cattaneo
O.E.S.A., teologo, il vicario foraneo di Montefalco don Bordone di
Pietro, messer Andrea di Raniero e messer Berallo di Egidio, giu-
risti di Montefalco 9. Tale processo, istituito con «autorità ordina-

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VZRRSETE 106 SILVESTRO NESSI

ria », si protrasse fino all'aprile dell'anno seguente, e gli atti relativi
compilati in quell'intervallo di tempo vennero tutti regolarmente
stilati e resi pubblici dal notaio Angelo di Giovannillo da Monte-
falco, che vi si sottoscrisse. Senonché l'esame di altri testimoni, rife-
ribili a successivi miracoli, si dilungó fino al 1315. Soltanto in quel-
l’anno Berengario poté recarsi in Avignone, dove si fece ricevere
privatamente dal papa cui presentò il processo, del quale espose
contemporaneamente il contenuto. In seguito fu ammesso in pub-
blico concistoro, dove parlò di Chiara da Montefalco, della sua vita,
‘dei suoi miracoli, supplicando a nome di tutta la provincia umbra
che venisse ascritta nel catalogo dei santi 7).

Il papa Giovanni xxi: diede incarico al cardinale Napoleone Or-
sini di prendere segreta informazione dei fatti sopra narrati e della
verità della pubblica fama al riguardo della Vergine montefalchese ;
lo stesso prelato, più tardi, ricorderà questa prima mansione da lui
svolta 5. Terminato e messo a punto tale rapporto informativo, Be-
rengario ebbe incarico di portarlo in Avignone per presentarlo al
pontefice, il quale lo affidò ad alcuni cardinali, con il compito di
aprirlo, esaminarlo e riferirne nel primo concistoro segreto che si
sarebbe tenuto. A quel punto, essendo stato trovato positivo, fu
decretato un nuovo pubblico processo informativo, con « autorità
apostolica ». Tutto ciò avvenne prcbabilmente entro il 1317, perché
soltanto il 25 ottobre di quell’anno fu emanata la bolla relativa,
primo documento ufficiale della S. Sede (v. Appendice, 1v). Altra
lettera pontificia, del 22 marzo 1318, invitava i vescovi di Perugia
e di Orvieto con il rettore del ducato di Spoleto, commissari incari-
cati, ad iniziare il processo, per spedirne poi gli atti, ben sigillati e
messi in mani sicure, alla corte pontificia. Si invitarono inoltre gli
stessi a non esigere dal monastero di S. Croce, per il lavoro da svol-
gere, piü di due fiorini al giorno, data la sua ben nota povertà (v.
Appendice, v). Accettato l'incarico, fra Francesco dal Poggio O. P.
vescovo di Perugia e Reginaldo di Sant'Artemia cappellano del papa
e uditore delle cause del sacro Palazzo Apostolico, in quel tempo
rettore del ducato di Spoleto, decisero di mettersi all'opera, mal-
grado l'assenza del vescovo di Orvieto che non vi poté partecipare.
Eletti quindi notari del processo ser Spalla Rapondi da Lucca e ser
Offreduccio da Spello, il 6 settembre, nella chiesa dei frati Minori,
allora fuori le mura di Montefalco, fu dato solenne inizio ai lavori.
Berengario presentó le bolle del papa e i mandati di procura rilascia-
tigli tra il luglio e il settembre dai vescovi di Spoleto, Foligno e Gub-
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 107

bio; dai priori e capitoli delle cattedrali di Spoleto e Foligno ; dai
priori e capitoli delle collegiate di S. Pietro e di S. Gregorio di Spo-
leto, dal priore e dal clero spoletino, dagli abati e monasteri di Sas-
sovivo di Foligno, S. Giuliano di Spoleto, S. Bartolomeo di Campo-
reggiano in quel di Gubbio, S. Pietro di Bovara, S. Felice di Giano ;
dai podestà, capitani, consigli e comuni di Spoleto, Foligno, Perugia,
Trevi, Montefalco, Gualdo Cattaneo, Giano. Lo stesso, dopo aver
prestato solenne giuramento, fece istanza ai commissari affinché, se-
condo le intenzioni del pontefice, dessero inizio al processo. Alzatosi,
allora, Reginaldo di Sant'Artemia, anche a nome dell'altro commis-
sario, parló al numeroso popolo che gremiva la chiesa esortando i
testimoni a dire « fedelmente e semplicemente » la verità, senza nulla
aggiungere o diminuire, minacciando i colpevoli di trasgressione non
solo delle pene e censure ecclesiastiche, ma anche di quelle tempo-
rali. Nel pomeriggio dello stesso giorno i commissari si recarono al
monastero di S. Croce, dove, alla presenza di numerosi testimoni,
legisti, teologi, prelati, il maresciallo della curia ducale, il podestà
di Montefalco, ecc. presenziarono al giuramento delle quattordici mo-
nache superstiti. Immediatamente cominciò l'esame dei testimoni,
che accorrevano numerosi da ogni parte dell'Umbria e anche da
fuori, e nel termine di un anno ne furono sentiti oltre quattrocento-
settanta ?.

Compiuto questo nuovo processo, esso fu sigillato e inviato al
papa unitamente ad una relazione nella quale i commissari lo raggua-
gliavano dell'opera da essi svolta. Il: pontefice deputò in concistoro
tre cardinali : Niccolò da Prato vescovo di Ostia (T 1321), il francese
Vitale da Furno (T 1327) e Napoleone Orsini, con l'incarico di aprire
il processo, esaminarlo, e riferire poi del suo contenuto. Questa fu
l'operazione che richiese più tempo, soprattutto perché morti i primi
due cardinali designati fu necessario sostituirli col francese Beren-
gario di Stadella e Reginaldo vescovo di Ostia, cui fu aggiunto Gu-
glielmo, altro francese. Morto Reginaldo, fu in suo luogo deputato
Pietro vescovo prenestino, che però essendo troppo occupato negli
affari di cancelleria fu sostituito con Bertrando de Turre (t 1332 o
1333) vescovo tuscolano ; e in luogo di Guglielmo del titolo di S. Qui-
rico fu messo Pietro de Arreblayo ( 1331). Sicché Napoleone Or-
sini, Bertrando de Turre e Pietro de Arreblayo portarono a compi-
mento l'opera di revisione di tutte le testimonianze tra il 1328 e il
1331, come si puó stabilire dalle date di morte dei medesimi por-
porati. Da questo esame nacque il Sommario dei tre cardinali, una

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108 SILVESTRO NESSI

delle fonti agiografiche della santa montefalchese più apprezzabili,
composto quasi esclusivamente dall’Orsini, che vi pose nella prolu-
sione il racconto delle vicende sopra narrate, che è qui il caso di
ripresentare nella versione di frate Agostino da Montefalco.

Relatione del processo fatto sopra la vita miracoli e revelationi de la
beata Chiara da Monte Falco, del ordine di santo Augustino. Essendo già
proposto padre beatissimo avanti la Santità vostra in concistoro, per parte
de li venerabili padri Vescovi di Perugia, Orvieto e Foligno, e di molti più
prelati di chiese di secolari e regolari. Et per parte delli loro capitoli collegii
e conventi. Ancora da la università di Perugia, Orvieto e Foligno e di molti
castelli, ville e luochi del ducato di Spoleto, che la buona memoria di Chiara
da Monte Falco, de l’ordine di Santo Augustino, essendo viva fu di santità
é conversatione lucidissima e di molti e grandi miracoli, cosi avanti la morte
come dopo, è stata adornata e dé la fama de le predette cose, e la supplica-
tione, per parte di essi fatta, che piacesse a vostra Santità, far cercare e tro-
vata la verità de le cose predette, la facesse ascrivere nel catalogo di santi
e farla per tutte le chiese con debito honore solennemente essere venerata:
La medesima santità vostra havendo riceuto da me Neapolione diacono Car-
dinale di santo Adriano la informatione, il quale da huomini degni di fede e
iurate persone appresso la sedia ‘apostolica, sopra le predette cose cercai e
referii : commisse e mandò per littere apostolice, alli venerabili padri Vescovi
di Perugia e di Orvieto, e a maestro Rainaldo di santa Arthemia, canonico
Petragoricense, cappellano e Auditore de le cause del vostro palazzo, e rettore
del ducato di Spoleto, che essi o vero dui di loro ne li luochi dove vedessino
essere di bisogno : de la vita, conversatione e miracoli di Chiara predetta, e
delle altre circonstantie che a simile negocio sogliono appartenere, secondo la
forma la quale haveva mandata inchiusa nella bolla dovessino cercare la
verità. Et quello che havessino trovato ridotto in scritto, sotto testimonianza
di loro sigilli, per huomini idonei dovessino mandare alla sedia apostolica.
Et alli medesimi commissarii, per certe altre vostre lettere delli beni dil detto
monasterio ordinassi un certo salario. Il quale vescovo di Perugia e mastro
Rainaldo rettore del ducato di Spoleti, commissarii sopradetti, havendo
riceute le littere antedette nella terra di Monte Falco l'anno del signore m.ccc.
XVII. a sei di settembre, per mastro Beringario di Santo Africano, scindico
€ procuratore, e nome procuratorio delli vescovi, prelati, capitoli e delle uni-
versità, con le suoi procuratorie, e scindicati, presentati, e dato il giuramento
solennemente da esso Beringario, de dire la calunnia, o la verità : produtti
gli articoli e testimonii molti recevettono in luoco e tempo sopradetto, e sub-
sequentemente più altri dì e luochi: Li testimonii in tutto numerati sono
circa a quattrocento settanta e piü. Et con minaccie di gravissime pene, li
fecino iurare, che sopra li articoli et generalmente sopra la vita, conversa-
tione, et miracoli di essa Chiara, predetta, e sopra tutto il negotio di quello
PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 109

sapessino e dovessino dire la pura e mera verità, rimosso ogni odio timore
e amore. Et hannogli essaminati e li suoi detti per publici notarii e suoi can-
cellieri hanno fatto ridurre in scritto. Per commandamento anchora di essi
commissari maestro Beringario procuratore predetto iurato disse, quello cre-
desse e sapesse della vita, conversatione e miracoli de la detta Chiara. Li
detti di tutti li predetti, secondo il commandamento de la vostra Santità
nominata, redotti in scritto per notarii, e serrati sotto li loro sigilli feceno
gli inquisitori predetti presentare alla vostra predetta Santità, per suoi messi
e per sue lettere; et alla medesima Santità vostra rescrivono e referiscono,
non havere mai potuto perpendere cosa alcuna, per la quale si potessi havere
sospitione contra li testimonii produtti, e credono essere proceduti in detta
inquisitione con ogni purità. Le quali cose tutte ad aprire, a vedere, a essa-
minare e referire la medesima vostra Santità, commise alli reverendi padri
della santa Romana chiesa Cardinali, bona memoria Nicoló Ostiense, e a
Vitale all'hora del titolo de santo Martino in monte, preti e poi Vescovo
Albanense, e a me Neapolione predetto. Et da poi nei luoco delli signori
nostri fratelli e venerabili predetti, la buona memoria messer Beringario
Portuense, e Rainaldo all'hora del titolo di santo Nereo e Archileo, preti e
poi Ostiense. Et da poi il Reverendo padre. messer Pietro Prenestinense,
havendo occupato l'officio de la Cancellaria la bona memoria B. Tusculanense.
Et in luoco de M. Pietro vescovo portuense, il quale era in luoco di messer
Guglielmo preti di santo Ciriaco messo in suo luogo Iohanni all'hora del ti-
tolo di santa Croce in Hierusalem, preti, hora vescovo Portuense. Li quali
le predette cose havemo vedute, examinate, e trovato come di sopra è detto
essere stato proceduto. La examinatione e ricollettione della inquisitione,
nel modo che seguita è distinta. Imperò che prima si tratta della vita di essa
Chiara, e della sua conversatione. Secondo delli miracoli. Tertio delle reve-
lationi. Ma della vita si tratta in questo modo. Primamente della infantia di
essa Chiara, e della intrata nel primo reclusorio. Secondo del suo transito,
al secondo reclusorio, dove hora è il monasterio sopradetto, e della auste-
rità della sua penitentia. Tertio della promotione e conversatione sua nello
officio della abbatia, e delle sue virtù. El trattato delli miracoli è destinto
in tre modi : perché nel primo si narrano li miracoli che fece in vita sua nelle
persone di altri. Nel secondo delli miracoli che Dio fece nella persona di essa
Chiara. Nel terzo, delli miracoli che fece doppo che fu morta. De le revela-
tioni si tratta : prima di quelle che essa Chiara hebbe di se, e di altri. Et poi
delle revelationi che altre persone hanno haute di lei. Dapoi si aggionge un
capitolo della sua fama e della divotione che li popoli fideli hanno in essa :
della vita adunche e conversatione di essa Chiara sequita così.

Queste sonno in tutto le cose racolte del processo e attestationi sopra
tutto il negotio, sopra li quali capitoli, cioè de la vita, miracoli e revelationi
sopradetti, a uno a uno, le probationi in uno altro libro sono signate, e quo-
tanti testimonii con loro cause, cioè chi per veduta, chi per audito, chi per

CRONO DELE ATA EVI I

===

———— à 110 SILVESTRO NESSI

esperientia in se medesimo, e queste cose sono triplicate e fattone tre libri :
li quali noi cardinali esaminatori del negocio, ciaschuni e ciaschuno havemo.
Ancora sopra la medesima recollettione sono da l'altra parte estratte del ori-
ginale, le probationi e detti de testimonii quasi integramente, singularmente
e destintamente, sopra ciascuno miracolo e revelationi sopradetti. Et queste
probationi o vero attestationi contengano circa a mille pezzi di dua libri
redotti, cioé uno libro sopra la vita, e uno sopra li miracoli e revelationi so-
pradette. Le quali cose tutte sono similmente triplicate, in modo che ogni
uno di noi Cardinali esaminatori del sopradetto negocio havemo doi libri,
cioè uno sopra la vita, e l'altro sopra li miracoli e revelationi predette. Se
alcuno de li signori Cardinali vorrà vedere tal cose, noi volentieri prestaremo
i nostri libri 1°),

Tale relazione sembra venisse letta in concistorio, dove risultó
che il processo era in forma «probante... e pertanto sua santità
haverebbe potuto canonizzar la B. Chiara. Diede il papa intentione
di voler concedere il titolo di santa alla nostra Beata ; come have-
rebbe fatto, se la gravezza de negotii che portarono quei tempi cala-
mitosi, non l'havessero impedito » 11).

Nel 1497, nel capitolo generale degli agostiniani tenuto in Roma,
fu deciso di sollecitare la S. Sede per ottenere tale canonizzazione,
e fu anche stabilito che tutte le province dell'ordine avrebbero con-
tribuito alla spesa e di ricercare l'intervento dell’imperatore, dei
principi di Germania e del cardinale protettore presso il papa. Ma
non seguì alcun esito positivo 12)

2. BERENGARIO DA SANT'AFRICANO

Nel rievocare le vicende dell’inizio del processo di canonizza-
zione di S. Chiara da Montefalco, abbiamo visto come l’animatore

. di tutto fosse quel certo Berengario di Donadio, francese, oriundo da

Saint-Affrique (quindi detto da Sant'Africano), vicario del vescovo
di Spoleto negli anni 1308-1309. Ma chi era costui ? E cosa sappiamo
di lui ?

Venuto in Italia insieme ad altri curiali francesi, che la politica
papale di Avignone aveva lanciati nella carriera ecclesiastica, si tro-
vò a far le veci, nella diocesi di Spoleto, del vescovo Pietro Paolo
Trinci, che all'opposto, abbandonato il suo campo d'azione, risiedeva
stabilmente in Avignone presso la corte pontificia.

Egli il 5 agosto 1309, in facoltà del suo incarico, concedeva qua-
ranta giorni di indulgenza a tutti coloro che avessero visitato la
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 111

chiesa del monastero dei SS. Giacomo e Margherita « de plagia Spelli »
nelle feste dei santi titolari, e contemporaneamente condonava fino
a cinquanta libbre di denari cortonesi a quanti avessero restituito
allo stesso i beni rubati !'?. Nel 1310 non ricopriva più la carica,
sostituito da Francesco di Leonardo canonico di S. Gregorio di Spo-
leto ; mentre Berengario, come abbiamo visto, continuò ad occuparsi
del processo sulla vita virtù e miracoli di Chiara da Montefalco !^.
Egli stesso ci narra come ebbe origine e come si sviluppó il suo in-
teressamento. Infatti, presago forse che le cose non avrebbero po-
tuto concludersi a breve scadenza, pensó bene di scrivere una vita
di S. Chiara della Croce, con la preoccupazione di non lasciar per-
dere tante notizie apprese dalla viva voce di testimoni oculari, e che
la Chiesa, quando lo avesse voluto, avrebbe potuto servirsene. Ec-
cone il prologo, che diamo tradotto.

COMINCIA LA VITA DI SANTA CHIARA DELLA CROCE

Essendo passata di questo mondo la signora Chiara, di felice memoria,
una volta badessa del monastero di Santa Croce di Montefalco, nella diocesi
di Spoleto, io, che a quel tempo mi trovava a far le veci del vescovo di quella
città, assente oltre ai monti presso la curia romana, e che, occupato negli
andirivieni dei giudizi, la predetta signora non aveva mai veduta né mi ero
dato pensiero alcuno di visitare il suo monastero, molto piü perché straniero
non era mai prima stato in quelle parti e da poco soltanto era stato assunto
all'ufficio di vicario generale ; udendo la gran fama di santità della stessa
signora e come, morta, nel suo cuore si era trovata la croce con tutti gli altri
segni della passione di Cristo, e che il Signore, per la di lei intercessione, grandi
miracoli operava, stabilii subito nell'animo mio di fare, sopra tutte queste
cose, una diligente ricerca, onde col passar del tempo non venissero a man-
care i documenti e le prove, e la Romana chiesa, volendo interessarsene,
potesse avere facilmente alle mani ogni cosa.

Or, udito il parere e il consiglio di molti religiosi assai periti in teologia
e di altre persone, anche secolari, versate nell'uno e nell'altro giure, in tutto
piü di venti, avendo incominciata la detta ricerca, avvenne che un giorno,
essendone stato ripreso da alcuni miei familiari perché voleva immischiarmi
in tali faccende e non badava di piü agli interessi della curia, preso da grande
tristezza, entrassi nella cappellina di S. Giovanni, che era attigua alle mie
camere ed ivi mi ponessi a pensare sul da farsi per la mia intrapresa. Io me
ne stava nel mezzo stesso della cappella, ritto in piedi, senza appoggiarmi
ad alcunché, davanti all'altare e la. cappella era sufficientemente illuminata
da alcune lampade; quand'ecco a un tratto apparire disposti in un giro,
tre globi, grossi e paurosi e venirmi roteando e girando su se stessi incontro

è

AS IRA Lo i 112 SILVESTRO NESSI

tanto da toccarmi la persona. E questo non una volta sola, ma più, ed ogni
volta una nuova tentazione mi suggerivano nello scopo di ritrarmi dal fatto
proposito e dall'intrapreso lavoro. Parevami infatti che mi suggestionassero
e mi dicessero : i tuoi familiari, i procuratori del tuo padrone, il Vescovo,
ed egli stesso son fortemente scandalizzati di questi tuoi propositi né soppor-
teranno certo volentieri che tu lasci di attendere alle cause e trasandi gli
affari e i guadagni della Curia. La quale, intesa com'é di questi giorni a tut-
t'altre cose, non bada allo spirituale se non in quanto esso ha unito un qual-
che emolumento temporale. Or le religiose del monastero di S. Croce non
solamente sono povere e non possono spendere per tali faccende, ma pur
mendicando, trovano appena il sufficiente per campare la vita. Ricordalo :
e del Vescovo e di molte altre persone tu per codesto tuo lavoro incontrerai
il disfavore. Di piü, chi ha dato a te mai un tale incarico che non ti riguarda ?
Tu non sei punto tenuto a far codeste ricerche e, se ben guardi la coscienza,
puoi passartene senza alcuna offesa di Dio : è ufficio solamente della Chiesa
di canonizzare i Santi e di far processi sulla loro vita e sui loro miracoli. E
poi ti è forse uscito di mente che due re francesi dovettero, ad onta della
loro potenza e di immense spese fatte, faticare per circa quarant'anni per
ottenere con stento la canonizzazione del beato Lodovico, loro antecessore,
che pure aveva operato tanti prodigi ?

Tanto fu il dolore che mi incolse nel momento di queste tentazioni da
sentirmene stanco anche nel corpo e da non potermi piü reggere in piedi;
laonde, vinto quasi dalla tentazione, proposi di abbandonare ogni idea e di
distruggere senza pór termine in mezzo quella stessa notte il lavoro che già
aveva fatto. Il Signore però venne in buon punto in mio soccorso ed io a lui
rivolto pregai cosi: Signor mio, ti pregó, mostrami la tua volontà e dimmi
quello che io debbo fare. Ché tu sai, o Signore, che io non so neppure né co-
nobbi mai codesta Chiara per la quale mi hai messo in cuore di lavorare e
che io non mi azzarderei a fare quello che ho fatto per questa tua serva né
per San Pietro né per San Paolo e né meno per qualunque altro santo, che
ora gode della vita beata con Te, se io non sapessi di fare la tua volontà. Aveva
appena terminato queste parole ed ecco che mi appare santa Chiara vestita
di candide vesti fatte a modo di una dalmatica cogli orli tutti ornati di seta.
Erano peró le vesti della stessa vergine chiuse da ambo i lati e portavano
un simile ornato di seta, e al postutto appariva la vergine essere rivestita di
dalmaticale cucita da ambedue le parti. Il capo e il collo aveva interamente
velati e niente di nudo appariva sulla parte posteriore della sua persona.
Apparendo però la vergine Chiara non voltò a me la faccia né mi guardò né
parola veruna mi disse, ma in ginocchio, ricoperta le ginocchia e le gambe da
quella veste, si pose quasi orasse voltata verso l’altare, ritta nel corpo, e dopo
di essere stata un po’ di tempo in quella posizione disparvemi dinnanzi. Tut-
tavia, nel primo apparirmi di essa io mi sentii dire internamente, con certa

spirituale unzione e grandissima consolazione: Ecco Chiara! e nell’istesso
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La Relazione dei tre Cardinali, tradotta e stampata da fr. AGOSTINO DA MONTEFALCO,
frontespizio della II edizione (Foligno, 1564).
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Berallo di Egidio, pronipote di S. Chiara da Montefalco, dona i suoi beni

a Berengario per sostenere le spese del processo di canonizzazione (1320, marzo 17).

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Montefalco, Arch. Monast. S. Chiara, Miscellanea di docc. dei secc. XIV-XVI, n. 2.

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Ex vetuftifsimis codicibus Cenobij eiufd. B. Clare
repertis extractum , & in lucem editum.

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i documenti processuali del sec. xiv. Frontespizio. ; v. Yu DJ». mmt ino Sr mE 2
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1 PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA D A MONTEFALCO 113

momento cessó come per incanto ogni tentazione ed io rimasi tranquillo e
pacifico né vidi più quei globi paurosi che mi avevano tanto spaventato.
Anzi, durante la visione e poi, l'anima mia restó come immersa in una gran
gioia spirituale e la mia mente illuminata cosi che io vidi chiaramente esser
volontà del Signore che io mi occupassi della vita e dei miracoli della ver-
gine Chiara e facessi processo sui segni portentosi della passione e della Tri-
nità, che nel corpo di lei, morta, si erano ritrovati. Conobbi ancora come
quei globi che mi erano apparsi dapprima non erano che demonii, i quali
volevano ad ogni costo impedirmi di proseguire il cominciato lavoro e che
quel loro andare e venire non era che un segno dei loro rinnovati assalti. Da
quel momento perció, cessata ogni paura, cominciai le mie ricerche, esaminai
testimonii e le loro deposizioni, ritenendo le principali. Colle quali, compilai
il presente lavoro dopo di averle, come meglio seppi, ordinate secondo l'epoca
degli avvenimenti e l'età della vergine Chiara. E mi è testimonio la coscienza
che nulla qui inserii all'infuori di quello che potei sapere dalle varie persone
interrogate : anzi, tutto che io potei raccogliere, per quanto mi fu possibile,
procurai di qui esporre colle stesse parole onde mi fu narrato, geloso di osser-
vare più che la perfezione dello stile la verità dei fatti 15).

Per lunghi anni Berengario rimase presso il monastero di S. Croce
in Montefalco, salvo un breve intervallo nel 1314 allorché lo troviamo
vicario generale di fra Ruggero vescovo di Siena, quando partecipó
ad un processo inquisitorio contro certi eretici dimoranti in quella
diocesi !9). Ma nell'anno successivo era di nuovo nella valle di Spo-
leto, a continuare e concludere il processo « ordinario », già da tempo
iniziato, che poi egli stesso recó in Avignone. Durante il processo
« apostolico », nel 1318, figura quale promotore del medesimo.

A testimonianza di questa sua disinteressata costante dedizione
possiamo offrire un documento inedito molto interessante. È un atto
di donazione fatto dal signor Berallo di Egidio da Montefalco a fa-
vore di esso Berengario : e questo per il grande amore e predilezione
che gli portava, per i grandi servizi prestati al monastero di S. Croce,
quando spese anche del suo proprio per promuovere la canonizza-
zione di S. Chiara. Infine scopo di questa donazione era che si potesse
continuare il negozio intrapreso, certamente molto arduo e costoso,
per portarlo al felice compimento. Ma pochi giorni dopo Berengario
donava tutto quel che aveva ricevuto all’abbadessa Giovanna di
Egidio, al capitolo, al monastero di S. Croce, motivando ció con la
grande venerazione che ormai aveva verso quella pia istituzione mo-
nastica, e in compenso dei riguardi ricevuti da essa, che da molto
tempo gli offriva ospitalità (v. Appendice, v1).

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114 SILVESTRO NESSI

A chiarimento di tale documento bisogna dire che Berallo di
Egidio era parente di sangue di Chiara di Damiano, e Giovanna
di Egidio nuova badessa di S. Croce era sua sorella. Altro parente
della Santa era il notaio Angelo di Giovannillo, che rogó l'atto, già
incontrato anche in altre circostanze !?.

Terminato il processo apostolico, Berengario, nel 1328, lo tro-
viamo canonico della chiesa di S. Maria in Trastevere in Roma, e,
il 16 novembre di quell'anno eletto vescovo di Sutri, malgrado avesse
ricevuto soltanto gli ordini minori !9. Il 16 agosto 1329 (alla vigilia
del xxi? anniversario della morte di Chiara da Montefalco) Beren-
gario elesse suo vicario generale nella diocesi a lui affidata il monte-
falchese Falco di Biagione !9. È questo l’ultimo contatto che, per
quanto ne sappiamo, egli ebbe con Montefalco. Il giorno dopo no-
minava certo Pietro da Spoleto arciprete della chiesa di S. Pietro
di Trumbano ?9, :

Lo incontriamo di nuovo soltanto nel 1332, quando il papa, il
1° di giugno, dette incarico a lui, al vescovo di Perugia e all'abate di
S. Pietro di Perugia di conferire a Bernardo da Porto il priorato di
una chiesa gerosolimitana 2‘). Il vederlo associato ai due prelati pe-
rugini farebbe pensare che egli si trovasse ancora da queste parti.
Senonché nel 1333 rinunzió al vescovato di Sutri, lasciandolo li-
bero alla Sede Apostolica; il papa il 19 marzo vi nominó in suo
luogo il frate minore Uguccio da Perugia ??. Di Berengario abbiamo
altra notizia nel 1335, quando, il 10 gennaio, su richiesta del cardi-
nale Giacomo Gaetano Stefaneschi titolare di S. Giorgio in Velabro,
di cui era diventato auditore, fu eletto da Benedetto xi rettore
della chiesa parrocchiale di Pledran nella diocesi di Saint Brieuc in.
Francia ?». Il 16 luglio dell'anno successivo lo stesso pontefice dette
incarico a lui, al vescovo di Maguelonne e a Niccolò vescovo di Ca-
tania, di conferire il priorato della chiesa gerosolimitana del Santo
Sepolcro a Bernardo da Porto, sempre a richiesta del cardinale Ste-
faneschi 24. Il 5 febbraio del 1337, il papa, sempre in grazia dello
stesso porporato, conferiva ad altra persona quel beneficio ecclesia-
stico, informandone l’arcidiacono di Barcellona, il nostro Berengario
e Paolo di Ciano canonico perugino 25). L'ultima sua notizia l'abbiamo
il 20 agosto di quello stesso anno, allorché il papa informó lui, l'abate
di S. Paolo di Valdiponte (Perugia) e il pievano di Passignano nella
diocesi perugina, di aver concesso la chiesa di S. Maria in Laurenzia
(di Bevagna) nella diocesi di Spoleto al perugino Giorgio di Bar-
tuccio 25. Quest'ultimo fatto ci fa supporre che Berengario real-
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 115

mente si trovasse a quel tempo nel ducato di Spoleto, o nella dio-
cesi di Perugia. |

A. Montefalco, in un frammento di affresco della prima metà del
secolo xiv, nell'antica chiesa di S. Croce, che fu teatro di molti degli
avvenimenti narrati, troviamo un devoto inginocchiato ai piedi di
una immagine di S. Chiara ; presso di lui è ben visibile uno stemma
degli Stefaneschi. In un brano di iscrizione sottostante si legge so-
lamente

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che non ci illumina molto. Ma é quasi certo che il ritratto rappre-
senta il nostro Berengario, tanto devoto della santa montefalchese,
dal 1329 familiare del cardinale Stefaneschi, il celebre mecenate che
in Roma ordinò molte opere d'arte, in particolare quelle ben note
commissionate a Giotto e alla sua bottega. Questo frammento di di-
pinto, sfuggito all'osservazione di quanti fino ad ora si sono interes-
sati dell'importante complesso pittorico ivi esistente, ci fa supporre
che Berengario continuasse ad interessarsi della causa, da lui pro-
mossa e per tanti anni perorata.

3. RIASSUNZIONE E CONCLUSIONE DELLA CAUSA

Il popolo chiamò santa la vergine montefalchese fin da quando
era in vita, e maggiormente il titolo le fu attribuito subito dopo la
morte. Nella Relazione dei tre cardinali, tale culto è descritto e con-
densato in un breve capitolo dal titolo De la fama d’essa Chiara e
devotione de populi fideli in essa, che dice :

La fama de la santità d’essa Chiara quando era viva, e dopo la morte,
di miracoli è stata et è precipuamente in quelle parti molto divolgata, e al
suo sepulchro come di santa vergine e venerabil corpo, e misterii della pas-
sione di Christo e Trinità santa nel suo corpo ritrovati, e insieme con esso
corpo da ogni consuntione e putrefattione preservati, confluisse et frequenta
innumerabil moltitudine di fideli populi: chiamando et implorando li suoi
suffragii con grandissima reverentia e divotione. Et la devotione del populo
in essa di continuo cresce ?°).

Non vi fu quindi preoccupazione eccessiva circa il mancato ri-
conoscimento pontificio, né per la causa arenatasi con la morte di

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116 SILVESTRO NESSI

Giovanni xx11 nel 1334 : perché il popolo, pago delle sue convinzioni
e certezze, non ebbe piü desiderio di quella proclamazione ufficiale
e legalitaria. Sarà soltanto dopo il Concilio di Trento, quando si
andranno a rivedere le bucce di tante grossolane credenze, di tanta
falsa pietà, di diverse deviazioni formali, che si cominció ad avere
desiderio di una sanatoria legale. Cosicché ripiegando in sordina sul
titolo di « beata » che pur, mai, nessuno aveva concesso, Urbano vii,
il 14 agosto 1624 accordava che si potesse recitare l'ufficio e cele-
brare la messa in onore della beata Chiara nell'Ordine agostiniano ;
privilegio esteso a tutto il clero della diocesi Spoletina il 28 dello
stesso mese. Clemente x, il 19 aprile 1673, permise che «in r1? not-
turno » si potessero recitare le lezioni proprie della beata, quali erano
state studiate e proposte dal cardinale Bona ; mentre il suo elogio
veniva inserito nel Martirologio romano. Ma, intanto, sorgeva il desi-
derio di riprendere il processo di canonizzazione. Esso, secondo le
norme di recente stabilite da Urbano vr, doveva riaprirsi con le
cosidette lettere « postulatorie » inoltrate da principi, personalità
cospicue, ordini religiosi ed organizzazioni secolari che esprimessero
desideri in tal senso. Per il nostro caso ne furono spedite diverse
al pontefice, scritte dagli Eremitani di Sant'Agostino, dal duca di
Mantova, da vescovi, città e capitoli. Presso la Biblioteca Univer-
sitaria di Bologna esiste un carteggio in merito tra il Comune di
Montefalco e i canonici di S. Petronio, e tra questi e la S. Sede, del
maggio 1726 28).

Sembrava quasi di essere ritornati ai bei tempi in cui Berengario,
pieno di fervore, operava assiduamente fra la generale aspettativa,
in un quotidiano entusiasmo. Il 23 settembre 1724 il cardinale Fa-
brizio Paolucci prefetto della Sacra Congregazione dei Riti, ad istanza
del postulatore della causa, scrisse al vescovo di Spoleto, Carlo Gia-
cinto Lascaris, affinché si recasse presso il monastero delle agosti-
niane di Montefalco per prelevarvi tutte le antiche scritture inerenti
alla causa, per inviarle poi in Roma alla Congregazione stessa (v.
Appendice, vii).

Il 19 ottobre tutti i documenti rinvenuti furono estratti dal mo-
nastero, sigillati in una cassetta e spediti a Roma per mezzo del P. Va-
lerio Agatoni dell'Oratorio, storico montefalchese, fondatore in patria
di una casa della congregazione dei Filippini. Arrivati a destinazione
i documenti, il patrono della causa, Domenico Chiavarini, estrasse da
essi un « Sommario », dove citó diversi passi originali ; fu fatta una
copia della Relazione dei tre cardinali, che figurava tra i molti codici

-.—————

e ——————————————
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA. DA MONTEFALCO 117

come la parte conclusiva del processo trecentesco rimasto interrotto,
e fu autenticata dal notaio Cosimo Antonio De Bernardinis, cancel-
liere archivista della Sacra Congregazione dei Riti. Tutti i documenti
furono, inoltre, esaminati e descritti dal paleografo Domenico Giorgi,
per mandato del cardinale Giuseppe Renato Imperiali, di cui era
familiare e prefetto della privata biblioteca ; egli fini di stendere tale
elenco il 28 agosto 1734.

Soltanto nel febbraio del 1737 la commissione della Segnatura
diede il suo benestare per la riassunzione della causa, con approva-
zione diretta di Clemente xir; mentre il 13 aprile dello stesso anno
un tardo decreto venne a confermare il culto immemorabile prestato
alla beata. Il 25 luglio 1738, ottenute le lettere «remissoriali » e
« compulsoriali », si cominciò a compilare in Spoleto un nuovo stuc-
chevole processo sopra le virtù e i miracoli della Beata Chiara, ter-
minato nel 1742, che servì soltanto a mettere in ombra le vecchie
preziose carte estratte dal monastero di Montefalco nel 1724, cui
sì erano aggiunti altri otto quinterni prelevati successivamente, il
14 ottobre 1738, dal postulatore della causa fra’ Giambattista Ste-
vani O.E.S.A., il quale rilasciò questa ricevuta :

Adì 14 ottobre 1738

Io sotto scritto attesto aver ricevuto dalle R.de MM. della Croce di Monte
Falco otto quinterni mano scritti, che contengono la vita, le virtù prodigiose
e i miracoli della B. Chiara i quali quinterni si debbono da me presentare
alli tre Vescovi determinati dalla Sagra Congregatione de Riti per fare il
Processo della Canonizzazione della medesima Beata, con obligarmi risti-
tuire li accennati quinterni, qualora non si doveranno portare in Roma,
per essere con più oculatezza esaminati : e in tal caso saranno da me conse-
gnati nelle mani di chi aspetterà, con notificare alle medesime RR. MM. il
sogetto che presso di sé li terrà, acciò ne possino avere la notizia, e a suo

tempo richiederli.
Fr. Giambattista Stevani Agostiniano.

Postulatore della accennata Causa ?°).

Il nuovo processo fu approvato il 7 dicembre 1743 e l'11 suc-
cessivo ebbe il placet pontificio. Ma la causa, in cui il promotore
della Fede era un umbro, mons. Ludovico Valenti, allora vescovo
di Rimini, anche questa volta, misteriosamente, non andò avanti.
Dovettero passare altri cento anni prima che se ne tornasse a par-
lare. E ciò avvenne in seguito all’assunzione al pontificato del car-
dinale Giovanni Maria Mastai Ferretti, già vescovo di Spoleto, di
cui si diceva che visitando, nelle sue mansioni pastorali, le spoglie

da

Se
118 SILVESTRO NESSI

incorrotte della B. Chiara in Montefalco, avesse detto : — Se divento.

papa la faccio santa ! 3°. Cosicché, il 28 agosto 1846, con rinnovate
speranze, il postulatore della causa, P. Nicola Primavera O.E.S.A.,
iniziava ulteriori pratiche. Ma intanto i documenti antichi, ricercati,
non si trovavano piü. Il notaio dei Riti assicurava che in quell'ar-
chivio non esistevano : vi restava soltanto l'ultimo, inutilizzabile,
processo settecentesco e alcuni estratti degli antichi. Questa è la la-
conica comunicazione data dalla Cancelleria dei Riti al riguardo :

Fidem facio ego infrascriptus, facta diligenti perquisitione in Archivio
S.R.C. nullum alium datum mihi reperire processum spectantem ad causam
Spoletanam B. Clarae a Cruce de Montefalco Monialis Ordinis Eremitarum
S. Augustini, praeter processum remissorialem et compulsorialem super ejus
Virtutibus et Miraculis in specie in civitate ac dioecesi Spoletana incoeptum
anno 1738, et perfectum anno 1742.

In quorum fidem etc. Romae ex Cancellaria S.R.C. die Maii Ann. 1848

Hieronimus Langeli

S.R.C. Not. Canc. et Archivista 1).
IHS

Ci si dovette accontentare a raccogliere le testimonianze di co-
loro che avevano visto ed esaminato gli antichi codici. Evidente-
mente, l’invasione francese e la soppressione degli enti religiosi or-
dinata da Napoleone avevano sconvolto, in questo frattempo, anche
l'archivio della Congregazione dei Riti in Roma. Affannose ricerche,
specialmente tendenti al rinvenimento della Relazione dei tre cardi-
nali, del Sommario e dei trentacinque miracoli scelti e documentati,
furono eseguite nelle biblioteche Angelica, Casanatense, Vallicelliana,
in quella dei Nobili Ecclesiastici, nell'Archivio Vaticano. Contem-
poraneamente, ulteriori investigazioni, fatte dal postulatore in Mon-
tefalco, nell'archivio del monastero delle agostiniane, portarono, il 4

luglio 1848, al rinvenimento di alcuni frammenti degli antichi pro-

cessi, in cui delle quattrocentosettanta testimonianze originali ne ri-
manevano soltanto centonovanta. Ma come erano tornati, e quando,
nel monastero quei fascicoli che ora rivedevano la luce ? Erano forse

sfuggiti alla prima ricerca? Oppure si trattava soltanto di quegli

otto quinterni estratti successivamente nel 1738 e che, arenatasi la
causa, erano stati restituiti, mentre la prima parte, più consistente
era rimasta a Roma ? Le vicende di questo periodo sono alquanto
oscure e non abbiamo elementi a disposizione per delucidarle meglio.
Cioè non si riesce a capire come nel primo prelievo di documenti
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 119

fosse sfuggita una parte tanto importante e come mai questa non
sia finita poi insieme al resto.

A questo punto si dové attendere il disbrigo di altre forma-
lità, prima che si fosse potuta riunire la congregazione dei cardi-
nali deputati per discutere il dubbio sulle virtü. Tale riunione poté
tenersi il 7 settembre 1850. Sul numero 225 del Giornale di Roma
apparve così il Decreto della Congregazione dei Riti con cui si rico-
nosceva per Chiara da Montefalco l’esercizio in grado eroico delle
virtù teologali e cardinali, mentre si autorizzava la prosecuzione
della causa con la discussione di due soli miracoli. Il giorno 13, pre-
sentato il decreto a Pio rx dal segretario della Congregazione, questi
vi appose il suo placet, che annullava tutte le disposizioni in con-
trario. Il 24 gennaio 1856, Francesco Massi, scrittore della Biblioteca
Apostolica Vaticana ?2), finiva di trascrivere in un grosso volume di
ben 1018 carte quanto era stato possibile raccogliere degli atti an-
tichi ?9. Senonché avvenne un fatto nuovo : l'avvocato della causa
consigliò il postulatore, P. Primavera, a porre il dubbio, innanzi alla
Congregazione dei Riti, se i due miracoli richiesti dal decreto pote-
vano essere scelti tra quelli antichi, prima che Chiara avesse goduto
pubblico culto — che per la mentalità ottocentesca, ancora barocca,
sarebbe cominciato soltanto con il decreto di Urbano vir del 1624.
La risposta fu negativa. Allora, abbandonate di nuovo le antiche
carte, si corse dietro all’ultimo processo del 1742, che però era privo
di ogni testimonianza valida e soprattutto di nuovi miracoli. An-
cora una volta il silenzio calò sulla secolare vicenda.

Intanto i tempi cambiavano : cadeva lo stato temporale dei papi,
molte concezioni ed istituzioni venivano travolte dal volgere degli
avvenimenti. Pio 1x, afflitto da mille preoccupazioni, con una in-
consueta scioltezza, accordava, nel 1862, che la causa dei xxvi Mar-
tiri Giapponesi venisse riassunta al punto in cui era rimasta inter-
rotta, riconoscendo validi i miracoli avvenuti prima dell’approva-
zione del culto. Lo stesso si ripeteva nel 1867 per la causa dei xix
Martiri Gorcomiesi, e per quella dei beati Giosafat e Pietro de Ar-
bues. In seguito a tutto ciò, il P. Primavera inoltrò un’istanza al
nuovo pontefice, Leone xin, affinché accordasse la stessa facoltà
per la causa della B. Chiara. Papa Pecci, già arcivescovo di Perugia,
conosceva bene la venerazione che godeva la santa montefalchese e
fu ben lieto di udire le informazioni fornitegli dal promotore della
Fede e, successivamente, il 26 aprile 1881, di accogliere le preghiere
del postulatore. Quindi nominò una speciale congregazione di cardi-

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nali e prelati, appartenenti alla Sacra Congregazione dei Riti, cui
diede facoltà di discutere i miracoli esistenti negli antichi processi,
ordinati da papa Giovanni xxii. Ma, ahimé! Tutta l'antica docu-
mentazione sembrava perduta ; le affannose ricerche presso l'archivio
della Congregazione risultarono inutili. Si ritrovarono soltanto fram-
menti, relativi a tre miracoli, di cui non si sapeva neppure se aves-
sero fatto parte degli atti originali e non presentavano prove testi-
moniali. Le ricerche comunque non cessarono, esse anzi si estesero
a tutte le biblioteche di Roma, a quelle di Napoli e di Firenze, nelle
quali, dopo la proclamazione del Regno d'Italia, erano andati a con-
fluire molti codici già appartenuti alle soppresse corporazioni reli-
giose. Si disperava quasi di trovare piü nulla, dopo tante traversie
e devastazioni che gli archivi e le biblioteche avevano subito, quando
monsignor Agostino Caprara, sottopromotore della Fede, appassio-
natosi piü degli altri nelle ricerche, esperite di persona, riusci a ri-
trovare, nel maggio del 1881, parte nell'archivio della Congregazione
dei Riti conservato nella curia Riaria, parte in quello conservato
presso il Vaticano, tutti gli antichi documenti, che in piü riprese
erano stati asportati dal monastero delle agostiniane di Montefalco.
Erano in tutto venti codici, i quali furono allora diligentemente cata-
logati e descritti in casa di mons. Caprara, il 24 maggio, dai paleo-
grafi Generoso Calenzio dell'Oratorio, bibliotecario della Vallicelliana
e consultore della Congregazione dei Riti, da Gregorio Palmieri O.S.B.
e da Giuseppe Herzen dell'Archivio Vaticano. Riconosciuta la vali-
dità dei documenti, non solo si poterono provare i tre miracoli che
già erano stati proposti, ma si poté estendere la discussione a tutti
i trentacinque già scelti e raccolti nella Relazione dei tre cardinali,
redatta, come abbiamo visto, nel primo quarto del secolo xiv. Tali
miracoli furono sottoposti all'esame di due illustri medici chirurghi
romani, Giuseppe Maria De Rossi professore dell'Archiginnasio e pri-
mario di S. Spirito e Gaetano Tancioni, i quali ne fecero due distinte
relazioni. Cosicché, il 20 luglio, emesso il voto «pro rei veritate »
dal promotore della Fede, i componenti la Congregazione speciale
istituita dal papa, esaminati i sei miracoli proposti e riconosciuti
validi, senza l'esclusione degli altri ventinove, emisero il giudizio
unanime che si poteva procedere alla canonizzazione. Presentata la
relazione al papa, questi l’approvò, e, l'11 settembre, emanò il rela-
tivo, tanto sospirato decreto 33), La solenne celebrazione avvenne l’8
dicembre, nell’aula che sovrasta il portico della Basilica Vaticana.
Il lungo iter, durato quasi sette secoli, era concluso.

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I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 121

Leone xin, tra l’altro, poté dire nella sua allocuzione : « Non
meno a noi grata e gioconda è la memoria della Beata Chiara di Mon-
tefalco. Poiché ci è grato di ricordare che, allora quando regge-
vamo la Chiesa Perugina, per ben due volte ne visitammo il santua-
rio, due volte offerimmo l’incruento sacrificio nell’altare, ove ripo-
sano i suoi avanzi mortali, e compresi da meraviglia e amore osser-
vammo le preziose ed incorrotte reliquie di questa gran Vergine, e
soprattutto il cuore così famoso per le mirabili impressioni che ri-
cevé dalla Passione del Redentore. Ed ora che siamo preposti al
regime della Chiesa Universale, la nostra venerazione per questa
Vergine si è raddoppiata, e la nostra fiducia in lei è piena ed in-
tera:»:34).

4. LE VICENDE DEI DOCUMENTI E IL LORO GRANDE VALORE STORICO

Dai fascicoli dei due processi, redatti nel secolo xrv, la commis-
sione dei tre cardinali ricavò l’ormai ben nota Relazione. Ma per arri-
vare a ciò ognuno dei tre, come si è già visto, ebbe sotto mano le
testimonianze originali, riprodotte quindi in varie copie, come si ap-
prende dalla Relazione stessa nella sua parte conclusiva. Tali volumi
non si sa che fine abbiano fatto, né se ne hanno ulteriori notizie.
Quasi certamente quelle copie autentiche raggiunsero Avignone, men-
tre gli originali restarono a Montefalco nel monastero di S. Croce,
dove furono gelosamente conservati.

Nel 1484, fra i libri donati dal cardinale Guglielmo d’Estoute-
ville alla biblioteca di S. Agostino in Roma figura : « Item proces-
sum canonizationis beate Clare in papiro » 35). Che sia una delle copie
sopracitate ? Non lo sappiamo ; e non sappiamo nemmeno dove sia
finita, perché presso l’attuale Biblioteca Angelica (già del convento
di S. Agostino dell'Urbe) non vi esiste più. Si potrebbe pensare che
il codice fosse anch'esso stato prelevato, per usufruirne nel ripreso
processo di canonizzazione, a seguito delle febbrili ricerche avvenute
nei secoli XVII-XIX.

I manoscritti rimasti alle monache di Montefalco venivano conti-
nuamente consultati ed anche dati in prestito. Infatti, nel 1487, fra
i libri del defunto generale degli agostiniani, Ambrogio da Cora, si
trovava un codice di proprietà delle monache di S. Croce, il quale
venne restituito dietro interessamento del nuovo generale, frate An-
selmo da Montefalco : « Item liber regule seu vite sancte Clare de
Montefalcone, pertinens Monasterio sororum seu Monialium sancte

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Crucis de Montefalcone predicto, repertus et scriptus in precedenti
inventario principaliore prefatorum librorum, restitutum fuit per me
magistrum Baptistam de Casalibus libraristam predicto Monasterio,
per manus reverendissimi patris nostri generalis Magistri Anselmi de
Montefalcone, de mense januarii 1487, absque cedula testimoniali » 39),

D'altra parte l'esistenza di tali documenti processuali era ben
nota, tanto che papa Alessandro vi li cita in un suo breve, del 10
aprile 1497, diretto al monastero, quando dice: «... in quo totum
et integrum visu veneratione dignum corpus beatae Clarae, sub cuius
invocatione vestrum monasterium erectum fuit, quiescere inspexit,
et illius quamplura miracula in autenticis scripturis
commemorata perligit » ?7.

Sui primi del secolo xvi, un agostiniano montefalchese, frate Ago-
stino Chiaravallesi, poteva preparare l'edizione della Relazione dei
tre cardinali, quasi sicuramente usufruendo del manoscritto conser-
vato presso le monache della sua terra, stampata per la prima volta
in Venezia nel 1515, e successivamente in Foligno nel 1565. Ed é
appunto in questa seconda edizione, avuta sotto mano, da cui ab-
biamo riportato diversi passi, che leggiamo : « Havevo ancora pro-
posto (si come appare circa il principio dell'opera) ponere le quie-
tatione de li testimonij, e de gli articoli per tutto (secondo che nel
autentico si trova) ma per non essere alli lettori troppo molesto l'ho
pretermesso » 38).

Il primo, però, a darci una descrizione minuziosa del prezioso
materiale documentario conservato nel monastero di Montefalco fu
Isidoro Mosconio da Trevi, all’inizio del breve Compendium sulla vita
della Beata Chiara, da lui composto e pubblicato nel 1601 3°. Data
la sua importanza, lo riprodurremo integralmente (v. Appendice, vii).

Nel biennio 1636-38, tutte le carte del monastero di S. Croce
furono attentamente esaminate e studiate da Battista Piergili di Be-
vagna, il quale ne usufruì ampiamente per la sua ottima opera agio-
grafica sulla santa montefalchese, destinata a servire di guida prin-
cipale a tutti gli scrittori successivi. Nella prefazione alla prima edi-
zione dell’opera, nel 1640, dice :

«Hora a me con l’opportunità di esser stato Vicario nello spirituale del-
l’istessa Terra di Montefalco, e confessore del Monastero, in cui visse, e morì
la Beata, si è offerto largo campo di vedere in fonte, et a bel agio li cinque
antichi libri manuscritti originali del processo della Vita, Miracoli, e Morte
di essa B. Chiara, fabricato auctoritate ordinaria, subito finito il corso feli-
cissimo di lei, e dopo diece anni con facoltà Apostolica autorizzato. Il som?
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 123
mario del quale processo fu estratto dal Cardinale Napolione Orsino, Sindico
eletto per la canonizatione di lei, e trasmesso a papa Giovanni xxii in Avi-
gnone, li quali processi originali e la copia di d. Sommario, si conservano
in esso Monast. Ho di più veduto altri processi, scritture autentiche alla me-
desima materia spettanti, conservate nelle Biblioteche Angelica, e Vallicel-
liana di Roma, e diverse Bolle Pontificie, Instromenti, e più pitture antiche
custodite nel prenominato Monastero, et in diversi altri Archivi e luoghi
di questa provincia dell'Umbria » 9°).

Di nuovo questi volumi li cita nella raccolta delle fonti, sia nella
prima che nella seconda edizione, come presenti nel monastero. Nel-
l’ultima edizione poi, del 1663, in principio, replica: «... se non
che in gratia di coloro, che diedero taccia al libro di lunghezza vi ho
aggiunto qualche particolare non avvertito ne i processi, né osser-
vati prima su le memorie più nobili, che trattano della Beata, e mi
rendo conto, che se alcuno, più erudito di me, e che havesse più di
devotione andasse rivoltando i medesimi fogli, che per spatio di doi
anni sono stati rivoltati, e considerati da me, li verrebbe tirata la
compositura più lunga ;... e mi basterebbe replicare che quanto
scrissi della B. Chiara lo levai di peso dai Processi fabbricati, e con
autorità ordinaria subito dopo morta la B. Chiara, e poi con Auto-
rità Apostolica sopra l’interessi della medesima ; e da altre veridiche
memorie, che dell’istessi trovai nell'Archivio del celebre monastero
di:S::Crocei»:44),

Nel periodo che va tra il 1647 e il 1661, se ne servì il ben noto
agiografo folignate Ludovico Iacobilli, che cita diverse volte l’ar-
chivio del monastero montefalchese nei suoi volumi sui Santi e Beati
dell’ Umbria.

Quando nel 1724 il vescovo di Spoleto li fece ricercare e descri-
vere in Montefalco (v. Appendice, 1x), essi erano stati ormai sfo-
gliati da diversi studiosi ; trovati, furono spediti in Roma, come ab-
biamo visto, dove vennero ancora inventariati nel 1734 (v. Appen-
dice, x), seguiti da un successivo invio avvenuto pochi anni dopo ;
mentre altro prelievo avvenne il 4 luglio del 1848 : ma non sappiamo
se quest’ultimo potesse sempre riferirsi agli stessi documenti che po-
tevano esser tornati alla loro sede originaria. Comunque, in tutto
questo periodo, a Roma, essi furono esaminati, copiati parzialmente,
ed inventariati. Li vide, tra gli altri, Ludovico Valenti, quando non

era ancora cardinale, ed espresse dei dubbi al loro riguardo, stando a

quel che disse nel 1881 il promotore della Fede Lorenzo Salviati 42).
Nel 1821, il P. Lorenzo Tardy, O.E S.A., nella prefazione ad una

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sua Viía della beata, si espresse in questi termini: « Un altro pro-
cesso per la canonizzazione fu poi fatto nell'anno 1318 per Autorità
|| Apostolica ; e questo e quello sono tuttavia conservati » ^9. Poi, av-
ll venne la già citata dispersione e il successivo ritrovamento. La lunga
Il vicenda sembrerebbe terminata con la precisa descrizione che di tutti
I i documenti fu fatta da tre valenti paleografi in casa di mons. Ago-
Il stino Caprara (v. Appendice, x1). Ma non è così. Perché da allora
sono di nuovo scomparsi. Inutilmente sono stati ricercati dal P. Li-
I vario Oliger O.F.M., e recentemente dal prof. Ignazio Baldelli ^». Non
Il se ne sa piü nulla : come se non fossero mai esistiti.

Ill Parlare dell'importanza storica di una raccolta così voluminosa
| di testimonianze dei secoli xIrI-xIv, quale è quella di cui ci stiamo
!l occupando, potrebbe sembrare superfluo. Ma certamente è utile e
necessario far rilevare alcuni avvenimenti notevoli di cui in essi si
fece menzione, e citare alcune personalità che direttamente o indi-
| rettamente vi furono interessate. Il periodo che va dal 1268 (anno di
nascita di Chiara da Montefalco) al 1318 (anno in cui fu iniziato il
processo apostolico) é denso di avvenimenti, allettante per gli stu-
diosi nei piü molteplici aspetti, con lati oscuri e non ben definiti
specialmente al riguardo di molti uomini che primeggiarono sulla
scena politico-religiosa. S. Chiara da Montefalco, poi, pur vivendo
ritirata in un chiostro, non fu mai estranea a quanto avveniva in-
torno a lei ; ma soprattutto non ricusó mai quel dialogo con il mondo
esteriore e con i movimenti ideologici che vi ribollivano, spesso in
un'atmosfera di disagio morale e materiale che sfociava non di rado
| in aperta ribellione.

| Spulciando le indicazioni marginali poste dal Mosconio nel suo
I Compendium, per esempio, troviamo che l'articolo 18 dell'ultimo pro-
Ml cesso, « De pace composita inter plures», riguardava le pacifica-
zioni avvenute per l'intervento della santa di Montefalco : tra spo-
letini e reatini (1298 ?), tra la sua patria e Trevi (1306), tra perugini
e aretini in quella nota vicenda, in cui il cardinale Napoleone Orsini
Il restò assediato dai fiorentini in Arezzo (1306), tanto vivacemente
OTI narrata nella Cronaca di Dino Compagni. Nel registro rv, l'articolo
96 trattava dell'amicizia e conversazione della Santa con il cardi-
nale Giacomo Colonna. Sappiamo inoltre che era in contatto anche
con il cardinale Pietro Colonna, in un periodo particolarmente diffi-
cile, quando i due erano caduti in disgrazia del papa, tanto è vero
che un notaio di Montefalco, certo ser Stefano, minacció di voler
denunciare la Santa a Bonifacio vii. Gli articoli 87, 88 e 92 riguar-
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 125

davano i suoi rapporti con il vescovo di Spoleto, cui Chiara predisse
tra l'altro la porpora cardinalizia : si trattava del celebre fra' Nic-
coló da Prato. Sappiamo anche — fatto questo assolutamente pas-
sato inosservato — che durante il burrascoso conclave del 1305,
tenutosi in Perugia, Chiara deploró l'azione di un frate minore che
brigava per far eleggere il vescovo di Sutri, Giacomo, a quel tempo
vicario dell'Urbe. Ben note sono le dispute sostenute dalla Santa
con diversi eretici, tra cui emerge Bentivenga da Gubbio, banditore
dello «spirito di libertà » ^». Molte testimonianze, che ci rivelarono
le piü alte qualità spirituali e morali di lei, furono rese dai teologi
dei cardinali Orsini e Colonna: rispettivamente, il celebre ribelle
francescano Ubertino da Casale, Angelo Tignosi da Roma e Tom-
maso da Gubbio. Naturalmente fu in contatto con altri mistici um-
bri, fra cui la beata Angela da Foligno, il beato Ventura da Trevi,
gli eremiti del Monteluco di Spoleto ; con uomini colti di Perugia,
di Foligno, di Pesaro e soprattutto di Spoleto. In una parola, dalle
testimonianze di ben quattrocentosettanta persone, risultavano in-
finiti e preziosi elementi, utilissimi per una piü esatta conoscenza
della storia religiosa e per quella civile locale, che a volte assume
valore nazionale ; nonché per l'economia, gli usi, i costumi di quel
tempo: tutte cose oggi appena individuabili dagli scritti dei vari
biografi che attinsero a quelle carte, spesso male interpretando,
spesso travisando o svisando, magari per un falso senso di pudore,
per un falso concetto della santità.

Particolare attenzione meritano alcune note linguistiche presenti
in quegli antichi processi. E prima di tutto si riproduce un frammento
di cantico in volgare, improvvisato da S. Chiara sul letto di morte,
riferito da una consorella testimone, cosi come poté ricordarlo :

«... Et post recessum earum, ipsa teste. existente in cella sola cum
Clara incepit cantare dulciter et laetari. Interrogata quid dicebat ipsa Clara
cantando, dixit, quod ipsa testis non potuit bene intelligere, nisi quod Clara
nominabat in illu cantu Civitatem vitae aeternae, et jardina, et stratus, et
servitores et servitia, et dicebat

quae servitia te fanno li Santi ?
amor, fante servitia de canti.
Et postea dicebat :
O Segnore qui sü salli
et quae sunt le scale per quae sü salli ?
Non se po' salire, Segnore,
se no qui è inflammato da amore.

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126 SILVESTRO NESSI

Et postea dicebat :
Questo strumento amore vorria
sonare l'anima mia
na tua vedere entrare.

Et dixit ipsa testis quod Clara multa alia verba loquebatur per con-
sonantias sive per versus pulchros, sed ipsa testis non poterat retinere, et
etiam non poterat intelligere. Et dixit etiam haec verba: Amor mio Jesù
Christo, che me sguardi con uno sguardo tanto puro che me tragi tanto, l'anima
mia non se po’ tenere, che non se ne vegna. Et postea respexit ipsam testem
per faciem ita laetam, quod quasi videbatur ridere. Et dixit ipsi testi: Sora,
io me scontragi ad uno amico si fedele, en Jesit Christo mio, che m'ha dicto che
me ne vada a Lui, e l'anema mia se n'é tanto enimbriata, che non se ce po’ tenere.
Et multa alia verba alta et pulcherrima dixit, de quibus ipsa testis dixit
se non recordari ». 49)

Questi brevi frammenti ritmici, estemporanei, ci rivelano come
i mistici umbri avessero tutti un fondo poetico connaturato che
assai spesso si manifestava nel canto. In condizioni analoghe,
in precedenza, S. Francesco aveva composto il suo celebre cantico 5
e brevi versi non mancano nei detti della B. Angela da Foligno e
in quelli del B. Egidio, senza parlare di Jacopone da Todi e Tomma-
succio da Foligno, che assunsero atteggiamenti particolari, più squisi-
tamente poetico-letterari, ma pur sempre tipicamente umbri.

Molte testimonianze, per mantenere stretta fedeltà al senso ori-
ginario, nel riportare soprattutto espressioni della Santa, vennero re-
gistrate così come le aveva pronunciate nella sua lingua natia. Le
stampe degli atti processuali ce ne riportano pochissime, soltanto in
quelle parti ritenute utili per la canonizzazione, che sole vennero
riprodotte. Esse sono preziose documentazioni di volgare umbro ri-
maste fino ad oggi sconosciute, che qui vogliamo raccogliere :

«Et incontinenti Clara cum magno fervore respondit : credete che siano
cogitationi le mea? Non sono cogitationi, sora.

... Clara subito et alta voce cum magno fervore dixit : Jectateme via,
Jectateme fore » *).

Ad una precisa domanda, a piü suore e in diversi tempi, Chiara
rispondeva insistentemente :

« Habes timorem, Clara ? Et soror Clara respondit :

* Non cica, ieu non ai neuna paora, que ieu aio Iesù Christo mieu cruci-
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fixo intro en lo cor’ ;
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 127

* Sora, perque me senhe? ieu non ai oporto de cruce de fora, que ieu ai
Iesù Christo mieu crucifixo entro en lo cor mieu" ;
* Non cica. De que avria ieu paora? Iau aio Iesù Christo mieu crucifixo
intro in lo cor mieu ' ;
| ‘ Per que me senhe Sora? Non vos aio ieu dicto que ieu aio Iesù Christo
mieu crucifixo, intro in lo cor mieu? Entro en lo cor mieu; sora, ieu l’aio, en-
tro lo cor”.

Ma va notato come le frasi sopra riportate sono quelle poste négli
articoli dagli esaminatori, particolarmente dal francese Berengario ;
quelle riportate nelle singole testimonianze sono alquanto diverse,
e si pubblicano per un utile confronto linguistico :

‘ Non cica, io non ajo paura neuna, che aggio Jesù Cristo mio Crucifisso
intro el core mio” ;

‘ Perché me segni, sora? Io non aggio paura cica, che io aggio Iesu Christo
mio Crocifisso, entro nel core, ma tu bene fai ; ma a me non è oporto ’ ;

‘ Io non aggio paura cica, che io aggio Jesù Christo mio Crucifisso en core,
sora, io l’aggio entro nel core’;

‘ Perchè me segne sora? non v'ajo diclo che io aggio Jesù Cristo Cruci-
fisso mio ent o core?» 48).

Ma il valore maggiore di tutte quelle testimonianze era dato
dalla garanzia della verità, quale nessun altro documento può darci;
| dal senso di obbiettività, quale in nessuna cronaca é pensabile. La
| diversità del ceto, della classe, delle condizioni, dell'attività di quei

testimoni oculari, creava l'armonia del senso della storia, tanto dif-
ficile a raggiungersi, sotto il vincolo del giuramento.

Lo scopo di questo lavoro è quello, appunto, di voler segnalare
una fonte storica di primaria importanza, passata fino ad oggi inos-
servata; di stimolare la ricerca di quegli antichi codici introvabili ;
di pubblicare almeno la copia esatta e scrupolosa, eseguita per la
sacra Congregazione dei riti da Francesco Massi, conservata nell'Ar-
chivio Vaticano. Nella speranza che un fortunato ritrovamento ce li
restituisca, e che in occasione del vri centenario della nascita di
5. Chiara da Montefalco ricorrente quest'anno qualcuno pensi a pub-

| blicarli, ad utilità degli studiosi del medioevo italiano, di quei docu-
è menti, offriamo in appendice le descrizioni rimasteci : compilate attra-
verso tre secoli di intense vicende. che in questo scritto abbiamo
creduto utile rievocare.

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NOTE

1) I documenti e le testimonianze dei contemporanei ci offrono nume-
rosi esempi di incredulità. Ne togliamo alcuni dalla preziosa e rara pubbli-
cazione degli atti processuali, che va sotto il titolo: Sacra Rituum Congre- |
gatione Particulari Eminentissimo ac Reverendissimo Domino Thoma Maria
| Martinelli Relatore, Spoletana Canonizationis B. Clarae a Cruce de Monte
I Falco Monialis Ordinis Eremitarum S. Augustini, Positio super miraculis
Ill (Roma, 1881), che in seguito indicheremo soltanto con Positio super mira-
culis.

Pighino de’ Gilibertis, figlio del podestà di Montefalco nel 1308, testi-
monia : «... ipse pater erat potestas Montisfalchi, ipse testis et quidam eius
carnalis, et Simon ser Gilii consobrinus eius iverunt ad monasterium S. Crucis
de Montefalco, ad videndum illa insignia Passionis, quae fuerunt inventa in
corde suo. Et dum ostenderentur eis, praedictus consobrinus Simon ser Gilii,
videns solum cor dictae S. C. et volens ostendere eis illa insignia reperta, coepit
ridere, at non potuit se retinere quin rideret, et vertit se causa celandi risus . . . »
| (Parte 11, Testium super miraculis, p. 71).

Il Sullo stesso fatto testimonia Fuccio Massaroni : «... Et dum ea viderent
ll et ostenderent eis solemniter per aliquem sacerdotem, sive presbiterum, dictus
I Simon ser Gilii visis iis coepit ridere el nugari de iis, et facere inde quodam- !
| modo truffas » (Idem, p. 71).

iii « Viro cuidam, qui de Clarae Sanctitate et miraculis dubitaverat, nocte
| sequenti Clara ei magnam consolationem influens ...» (Idem, Relatio Cardi-
nalium, p. 169).

« CCC. Miraculum de Reverendissimo P. qui audiens crucem et flagellum
esse inventa in corde Clare, cepit ridere et non credere...» (Idem, parte ‘St,
Altera pars relationis, p. 48).

*) Cf. PreRcILI G. B., Vita della B. Chiara detta della Croce da Monte-
falco, Foligno, Presso Agostino Alterii, 1663, p. 198. È questa la migliore
biografia esistente, elaborata sui documenti originali, molti dei quali sono
andati perduti.

®) Perugia, Archivio di Stato, Fondo di S. Maria della Misericordia,
i} | pergamena del sec. xiv, n. 36. |

ill ‘) La traduzione è tratta dal volume: La vita / de la Beata Chiara da
Monte | Falco del ordine di santo Augustino dal Reverendo mastro | Augu-
stino da Montefalco già composta : e novamente reistam/pata con la adgionta
de la tavola, e dui miracoli, | & d'uno esempio di quel tempo. Stampata in
Foligno per Augustino Colaldi, da Civita Ducale, appresso a Vincentio Can-
tagallo : l'Anno M.D.LXIII, p. 50i.
| *) Vita Sanctae Clarae de Cruce, ed P. A. SEMENZA, Vaticano, 1944,
| pP. 71 e ss. ; è la vita scritta da Berengario verso il 1310 : « Venerabilis pater
dominus Iacobus de Columpna sacrosancte Romane ecclesie cardinalis qui
PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 129

in urbe Roma tunc temporis residebat, romana curia in ultramontanis par-
tibus existente, audita fama celebri Clare virginis, et insignium predictorum,
crucem, frustam, et cor cum ceteris passionis Christi insigniis, ac predictos
tres lapides fecit Romam a se inspicienda deferri. Quibus omnibus per eum
ac venerabilem patrem dominum Neapoleonem sancti Adriani dyaconus car-
dinalis, ipsius una cum pluribus honorabilibus et fide dignis personis pluries
diligenter inspectis, aliqui de astantibus Dei virtutem et predicta insignia
in corpore Clare Virginis memorate reperta cum devotione animi cogno-
scentes se affectuose predicte virgini commendabant. Alii de virtutem et
opera ausu temerario persequentes dicebant: predicta insignia ficticia facta
esse. Alii asserebant, ea misteriorum passionis Christi veram representatio-
nem et similitudinem non habere. Et sic diversimode vilipendebant predicta
insignia et pro nichilo reputabant. Adherat autem die quondam dum osten-
debantur pluries insignia predicta, vir quidam ordinis fratrum minorum vite
exemplaris et fame, predicator famosus et eloquens, et lector in theologia
excellens cappellanus et familiaris domini Neapoleonis predicti . . . ».

*) Positio super miraculis, op. cit., parte 11, p. 13; Enumeratio veterum
documentorum, 1-A.

7). Cf. PrERGILI, op. cit., p: 221.

5) Cf. Positio super miraculis, parte v: Disquisitio pro veritate, p. 15,
n..:95:;PIERGILI;\0p. cil, p.- 236.

*) Cf. PIERGILI, op. cit., pp. 217-226, dove riassume tutta la complessa
vicenda del processo di canonizzazione.

19) Vita, edita da fr. AaosriNo DA MONTEFALCO, op. cit., pp. 1v-2v e
50v-51r. Il testo originale latino può vedersi in Positio super miraculis, parte
IH, D. X1, ^Dp../:91-96.

1) PIERGILI, op. cit., p. 226. Di tale brusca e lunga interruzione ripor-
tiamo le ragioni addotte, nel corso di vari secoli, da altri importanti scrittori,
cominciando col brano di una bolla di Eugenio rv, del 1° febbraio 1447, rela-
tiva alla canonizzazione di S. Nicola da Tolentino, iniziata contemporanea-
mente a quella di S. Chiara da Montefalco, e come quella rimasta sospesa
inspiegabilmente. Vi si dice: «fel. rec. Iohannes papa xxii praedecessor
noster Avenione cum ejus Canonizatione tractare, quam nisi ejus obitus, et
horrenda supervenisset schismata, procul dubio consummasset » (Positio su-
per miraculi, parte Iv, p. 2, n. 3). Vita, ed. AGosTINo DA MONTEFALCO,
p. 50v: « Ma accade che in questo tempo mori il Papa, onde il negocio non
andò più avanti ». HieRonIMus ROMAN, Cronaca de lo Orden de los Ermitanos,
Salamanca, 1569, Centuria x, ad an. 1333, n. 17: « Aviendo corrido la fama
de los miraglos de la biennaventurada Sancta Clara de Montefalcon pour
tota Italia, el Papa Joan 22 embió a los Obispos de Perosa y de Orvieto a
que examinassen los miraglos de aquesta Sancta, y ellos hechas las dili-
gencias, que en semeiante negocio se requerian, praesentaron a su Santidad
el processo, del qual se secaron doze traslados, y fueron dados a doza Cardi-

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nales, y creesse que se acabarò todo con buen successo, si la scisma ya dicha,
y muerta d'este Papa no lo estornava ». SANCTISSIMI DOMINI NOSTRI BENE-
DICTI PAPAE XIV OLIM PRosPERI CARD. LAMBERTINIS etc., Doctrina de Ser-
vorum Dei Beatificatione et Beatorum Canonizatione, ecc., 11 ed., Venetiis;
MDCCLXXVII, lib. 11, p. 111, paragr. xLvir: « Alibi relatum est promotam
fuisse instantiam Canonizationis Beatae Clarae de Montefalco apud Ponti-
ficem Joannem xxii, qui causam examinandam commisit Neapoleoni Ur-
sino Cardinali Diacono Sancti Hadriani. Alibi etiam relatum fuit, ab eodem
Pontifice mandatum fuisse Episcopis Perusino et Urbevetano, et Magistro
Reginaldo Canonico Petragoricensi Rectori Ducatus Spoletini, ut tam in
genere quam in specie inquirerent super virtutibus et miraculis ipsius ; con-
fectisque processibus, causae examen demandatum fuisse, uti tunc mos erat,
tribus Cardinalibus ; nec causam ulteriorem progressum ob gravissima mo-
menta negotiorum, in quae tunc Sedes Apostolica erat distracta, quamvis
causae relatio facta fuerit a dictis Cardinalibus in Consistorio ».

?) lToRELLI, Secoli agostiniani, vit, p. 459.

1) Cf. FALocr PuLIGNANI M., Inventario dell’ Archivio del Duomo di Fo-
ligno, in Archivio per la storia ecclesiastica dell'Umbria, 1 (1912), p.190.

4) Cf. PIERGILI, op. cit., p. 264; ed anche Positio super miraculis, parte:
II, n. VI, p. 13; FaLOCI PuLIGNANI M., Vita di S. Chiara da Montefalco scritta
da Berengario di S. Africano, in Archivio storico per le Marche e l’ Umbria, 1
(1884), pp. 565-66.

4) Dalla traduzione di P. T. DE TòTH, Storia di S. Chiara da Monte-
falco, Siena, 1908, pp. 1-6.

*) Cf. PeccI G. A., Storia del vescovato della città di Siena, Lucca, MDpcc-
XLVII, pp. 254-264 ; Laur, Antichità toscane, 1, p. 591 ; (Papini N.), Notizie
sicure... di S. Francesco d'Assisi ecc., 11 ed., Fuligno, 1824, pp. 264-66,
doc. Lxv. :

7) A chiarimento dei legami familiari con le persone citate, riportiamo.
l’albero genealogico della santa, già in altra sede per la prima volta elabo-
rato in base ai documenti (cf. NEssI S., Inventario dei codici e delle pergamene
del ven. Monastero di S. Chiara in Montefalco, in Archivi, 3-4 (1961), p. 232),
e qui, ora, migliorato e corretto :

Pietruccio
|

Giacomo (detto Vengente)
|

| |
Simone Viviano I Damiano

|
| [ | | |
Andrea Pietro Vannillo Egidio Giovanna Chiara Francesco

Angelo

| | | |
Berallo Vivianello Gentiluccio Giovanna

—————. —
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 131

Tale genealogia potrà essere precisata àncora meglio, quando sotto tale
aspetto saranno esaminate attentamente le pergamente conservate presso
il monastero montefalchese.

7) JEAN xxII, Lettres communes, nn. 43316, 43360, 43766 ; cf. EUBEL,
Hierarchia catholica Medii Aevi, 1, p. 470.

?) Montefalco, Archivio del Monastero di S. Chiara, pergamena D-42 ;
Cf SNESSI: S5 ‘0p. cit; p. 239.

S) CIL2P. T. DESTOTB, 0pirciti;p. vir; nota 3.

S TEAN'XXII;?0D: cit; n. 57363;

2) Idem, n. 59855.

23) BENOIT xII, Lettres communes, n. 417.

0). Idem, n; 2731.

3) Idem, n. 4124.

2) Idem, n. 4307.

©) Vita, ed. Fr. AGOSTINO DA MONTEFALCO, op. cit., p. 50v.

*) Bologna, Biblioteca Universitaria, Busta 23 (9M) n. 25.

*) Montefalco, Archivio del monastero di S. Chiara, carta volante, at-
tualmente senza collocazione.

*) Cf. L. Tanpv, Vita di S. Chiara di Montefalco, Roma 1881, p.
229.

31) Positio super miraculis, op. cit., parte II, pp. 21-22, n. Ix.

3) Archivio Vaticano, Archivio dei Riti, Processi 2927-2931; cf. Posi-
lio super miraculis, op. cit., parte 1, p. 18, n. 31.

* Tali copie offrono buone garanzie, se pensiamo che servirono per lo
svolgimento degli ultimi decisivi atti della causa.

*) Per questi ultimi sviluppi del processo, cf. L. TARDY, op. cit., pp.
225-236.

8) Cf. «L'Osservatore Romano» del 15 dicembre 1881.

*) Cf. GUTIERREZ D., OSA, La biblioteca di Sant’ Agostino di Roma net
secolo XV, in « Analecta Augustiniana », xxvIt (1965), p. 124 dell'estr., n. 577.

5)* Tdéeim; op: cit-; p. 145; n. 949:

3) Montefalco, Archivio del Monastero di S. Chiara, Miscellanea di docc.
dei secc. XIV-XVI, 31. Viene ripetuto quanto già detto in un decreto del
card. Berardo Truli, vescovo di Spoleto, del 1 luglio 1463, Idem, 15.

$*) Vita, ed. Fr. AcosriNo DA MONTEFALCO, p. 51r.

4) MoscoNio Isiporo, Compendium de vita, miraculis, et revelationibus
Beatae Clarae de Cruce Montis Falconis oppidi in Umbria, Bononiae, Apud
haeredes Ioannis Rossii, MDcr, pp. 2-9.

41) PIERGILI, op. cit., 1 edizione, p. 5.

*) Idem, 11 edizione, p. xv.

4) Positio super miraculis, parte v, Disquisitio pro veritate, p. 18, n. 43:
« Vix ac acta perlustrare potui, interpretis enim opera ipsa excribi oportuit
ob characterum formam, litterarum nexus, verborumque contractionem, vix

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132 SILVESTRO NESSI

ac, inquam, ea acta perlustrare potui, illico animadverti, manca illa quidem
esse ac omnino imperfecta, ita ut authenticitate plane carerent ;...».

4) TARDY- L.; 0p. ci, ed: 18815. p. 7.

4) Cf. OLIGER L., De secta spiritus libertatis in Umbria saec. XIV, Roma,
1943, p. 14: «Acta originalia partim conservata circa medium saeculum
xix Homam delata sunt e Monasterio Sanctae in Montefalco (ubi forsitan
etiam nunc exsistunt) ». Il prof. Baldelli, dell'Università di Roma, si appas-
sionó alla ricerca, ma il 22 settembre 1963 mi scriveva: «... ho fatto cer-
care sistematicamente anche alla Biblioteca Nazionale di Parigi, ma senza
successo. Al Collegio di S. Monica (dei PP. Agostiniani in Roma) abbiamo...
smontato tutta la biblioteca, ma ugualmente senza successo. Io penso che
tutto sia all'Archivio Vaticano, ma chissà dove infrascato ».

*) Sull'argomento v. lo studio molto esauriente di OLIGER, op. cit.

*) Sacra Rituum Congregatione, Emo ac Rmo Domino Cardinali Patrizi
relatore, Spoletana seu Ordinis Eremitarum S. Augustini Canonizationis B. Cla-
rae a Cruce de Monte Falco, Positio super virtutibus pro canonizatione, Romae,
MDCCCL, parte v, pp. 8-9 paragr. 16, pp. 11-12, paragr. 15, p. 19, paragr. 31.
**) Positio super miraculis, op. cit., parte 11, n. x, lett. A, pp. 26, 75-77.

Ten
I PROGESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 133

APPENDICE DI DOCUMENTI

Processo ordinato dal podestà di Montefalco, subito dopo la morte di S. Chiara.

Montefalco, 1308, agosto 22.

Sacra Rituum Congregatione Particulari Eminentissimo ac Reverendissimo Domino
Thoma Maria Martinelli Relatore, Spoletana Canonizationis B. Clarae a Cruce de Monte
Falco monialis Ordinis Tremitarum S. Augustini, Positio super Miraculis, parte rir,
pp. 51-54.

In nomine Domini, amen. Anno Domini milleximo trecenteximo octavo,
indictione sexta, tempore domini Clementis pape quinti, die viceximo se-
cundo mensis agusti. Hec est forma cuiusdam iuramenti corporaliter pre-
stiti coram dompno Bordono presbitero et rectore ecclesie Sancte Marie de
Turri de Montefalco Spoletanae dioc. vicario in dicto castro et districtu ven.
patris domini Petri eletti Spoletani et chlero Montisfalco et nobili viro An-
gelo Gentile domini Ugolini de Gilibertis de Spoleto potestate Montisfalco,
eiusque officialibus et priore et officio quactuor et notarius populi dicte terre,
fratre Francisco custode Vallis Spoletane ordinis Minorum, et aliis pluribus
religiosis et honestis et discretis viris, et multitudine copiosa hominum et
mulierum de dicta terra, et etiam aliunde congregatis in ecclesia monasterii
Sancte Crucis de Montefalco, et extra ipsam ecclesiam in claustro et via,
cum ecclesia non esset capax tantarum gentium que occurrerant de diversis
partibus et locis propter reverentiam Dey omnipotentis, Iesu Christi, et
gloriose Virginis Marie eius matris, et ecclesie Sancte Crucis, et propter re-
verentiam et honorem et devotionem beate Clare virginis Deo dedicate, nunc
in dicto loco migrantis ad Dominum, in quo loco, et quibus gentibus mira-
cula et beneficia Salvatoris nostri Iesu Christi obstensa fuerunt inventa in
corpore et corde beate virginis Clare, et publice ipsi populo obstensa.

Scilicet cor ipsius beate Clare, in quo corde inventa fuit quedam crux
de carne ad modum thau, in latere dextro dicti cordis in quodam loco de-
presso in ipsa carne ad modum dicte Crucis, nec infixa erat cum ipsa carne
cordis, set separata per se stabat, nisi quod in pede dicte Crucis erat quidam
filus carnius satis exilis, qui ex ima parte congunctus erat cum pede dicte
Crucis, et ex alia parte natus videbatur in ipso corde et ipsa Cruce. Ex latere
ipsius erat quodam foramen parvunculum ad modum percussionis lancie.
Ex parte vero sinistra prefati cordis erat quedam fusta de carne habens in
sumitate quinque nervunculos, que in nullo conguncta erat cum ipso corde.
In ipso etiam corde ex interiori parte breviter continebatur totum misterium
passionis, scilicet lancia et clavi, omnia de carne dicto cordi continebantur.
In felle ipsius Clare inventi fuerunt tres lapides crossi ad modum avellane,

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134 SILVESTRO NESSI

| non nimis crosse rotundi, ex ima parte erant plani, eiusdem crossitudinis
T et coloris sine aliqua humiditate. Quibus omnibus coram dictis gentibus et
|l populo obstensis sollepniter et reverenter visis, soror Iohanna abbatissa
|] | dicti monasterii, et alie sorores dicti monasterii, scilicet soror Marina, so-
| | ror Thomassa, soror Lucia, soror Agnes, soror Francescha, soror Katarina,
| | soror Margarita, soror Alluminata, soror Christina, soror Isaya, soror Con- è
{i | stantia, soror Francescha, soror Angelucia, soror Massiola, soror Iacovucia,
| et soror Alena moniales prefati monasterii et certitudinem populi predicti
et gentium illuc occurrentium et fidem tantorum miraculorum ob devotione
Dei, et Beate Marie et beate Clare virginis predicte, que nuper ad Dominum
migraverat, corporaliter tacto libro, publice ad sancta Dei Evangelia iura-
verunt ita fuisse ut superius est narratum adicientes et declarantes causam
| eorum motus, quare ause fuerunt dictum cor scindere et pro talibus rimari,
li | dicentes primo Dei voluntatem fuisse, secundario quia dum dicta Clara ia-
ill | ceret infirma prope transitum suum, aliquando ereta spiritu in tanta ala-
I | critate et iocunditate existebat ut facies eius resplenderet mirabiliter, di-
| cendo, oh ducatis me ad locum diutius dessideratum, et dulcissime canebat,
et verba alta et profundissima loquebatur. Aliquando cum demonibus vide-

batur esse in conflictu, dicendo, ite maledicti, quia ego nolo vestrum acci-

pere, nec de meo vobis aliquid dare, nec hic habetis quicquam facere, quia

dominus Iesus Christus maledixit vos iam sunt quinquemilia anni et plus,

et ego vos maledico adeo, et a me ite viam vestram et recedite. Et cum hec

| diceret ut eius sorores audierunt, sorores dicti monasterii celeriter venerunt
| ad eam, quarum una dixit ei, Clara times tu ? et illa respondit, non timeo,
| nec recolo quod adhuc timuerim, et illa soror que quesierat extendit manum
|

|

|

Il versus eam volens eam signare signaculo Crucis, et beata Clara virgo dixit
Al ei, quid vis facere ? et illa respondit, volo te signare Cruce, et beata Clara
| respondit, non expedit, quia Crucem domini nostri Iesu Christi infixam ha-
beo cordi meo. Et propter hec et alia que ab ea audierant mote sunt ad ri-
mandum et videndum cor ipsius et viscera, dicentes intra se, ipsa beata Clara
defuncta talia nobis dicit, nec unquam ab ea audivimus quod esset menda-
cium vel vanum, unde rimemur et videmus pro predictis que nobis dixit.
Et hec omnia et singula iuraverunt, ad sancta Dey Evangelia ita fuisse et
esse vera ut superius sunt narrate. Ad hec magister Symon de Spello medi-
cus fisscice qui curaverat in sua infirmitate dictam beatam Claram virginem,
| presens existens, tacto libro corporaliter, coram omnibus predictus ad sancta

| il Dey Evangelia iuravit, se statim post cissuram dicti cordis ad fenestram gra- |
il tis ferree dicti monasterii Sancte Crucis de recente vidisse omnia et singula
supradicta, prout demonstrata et narrata sibi fuerunt per dominas predictas. è
| Actum in ecclesia Sancte Crucis de Montefalco iuxta gratem ferream
INEUIACI monasterii Sancte Crucis prefate presentibus domino Gentili domini Ugolini
n Il de Gilibertis de Spoleto potestate comunis Montisfalco, domino Angelo Gen-
i tilis de Monteleone eius iudice et dicti communis, magistro Ciappo Spole-
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 135

toni de Spoleto eius notario, Puccuro Palmaroni de Montefalco priore populi
dicte terre, magistro Ioanne de Spello notario dicti populi castri prefati,
Matheo Lancsocti, Paulicto Marconi, Cripsuro Benentendi, et Leonardo
Petri de Montefalco, quactuor qui presunt populo dicte terre, Nardo Sic-
capopuli, Gurarduccio domini Musey, Iuliano Pauli, Petro Andree, et Petrucio
Symonis Andree de Spoleto, fratre Francisco custode ordinis Minorum cu-
stodie Vallis Spoletane, eiusdem ordinis, fratre Andrea Fingisoni, fratre
Iacobo magistri Gontii lectore loci Mevanee, et fratre Ioanne Minucio Pul-
cini de Mevanea de ordine Minorum, domino Periohanne domini Raynerii
milite, domino Egidio Viviani domini Iacobi, domino Munaldo Iacobi, et
domino Andrea Raynerii iudicibus, domino Thoma Angeli, fratre Iacobucio
domini Iacobi, dompno Pantulo Scorne, dompno Nicola Andree, dompno
Petro Rayni, et dompno Raynuccio Iohannuri presbiteris, domino Iohanne
canonico spoletano, Leonarducio domini Guillielmi, Pucio domini Iacobi,
magistro Iacobo Hugolini, et Petrucio Puczuri de Montefalcone, et pluribus
aliis testibus ad hoc vocatis et rogatis.

S. T. Ego Angelus Ioannilli de Montefalco imperiali auctoritate nota-
rius, et iudex ordinarius prefatis iuramentis interfui, et ut supra legitur,
rogatus scribere, scripsi et publicavi.

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Testimonianza di Ciappo Spoletone, notaio di Spoleto, al processo apostolico.
Montefalco, 1318 c.

Idem, parte tir, p. 69.

., dixit se hoc scire... quod tunc secrete revelatum fuit domino
Gentili de Spoleto, tunc potestati dicti Communis quod in corde suo erant
inventa valde miracula,.scilicet quaedam crux ; et ipse potestas postmodum
revelavit dicto notario suo secrete. Propter quod post nonam fuit facta adu-
nantia quorumdam sapientum cum officialibus terrae, et fuit deliberatum
inter eos, quod antequam praedicta miracula panderentur, viderentur per
offitiales oculata fide, si ita erat sicut dicebatur, vel non, et qualiter factum
se habebat super hoc. Qua deliberatione facta, post aliquos dies post mor-
tem ipsius S. C. potestas et prior, et quatuor qui praesidebant dicto Com-
muni et Populo, et ipse testis cum eis, iverunt ad dictum monasterium, et
tunc viderunt cor dictae S. C. quod exenteratum erat de corpore suo. Et
tunc in ipso corde viderunt omnes, et ipse testis vidit cor suum sanctissimum
per medium, in quo erat quaedam concavitas et in ipsa concavitate erat
quidam parvus ad similitudinem Crucifixi in cuius superficie in capite erat
quidam nervus parvus ad similitudinem Crucifixi in cuius superficie in ca-
pite erat quidam nervus globus carneus aliquantulum reclinatus cum bra-
chiis transversalibus... Et tunc fuit deliberatum per eos quod ista publi-
cantur, et quod de his scriberetur episcopo Spoletano. Et dixit quod semper

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— 136 SILVESTRO NESSI

postquam fuit in officio usque ad kalendas ianuarii, semper quasi cotidie
gens de diversis partibus concurrebat ad reverentiam corporis eius, et pro
liberatione infirmitatum, et pro gratiis impetrandis propter merita sua, et
multotiens campanae pulsabanrur pro miraculis quae Deus ostendebat pro
eadem S. Clara.

III

Testimonianza di certo Pietro, in cui si parla del primo intervento di Berenga-
rio di Donadio vicario del vescovo di Spoleto. Montefalco, 1318 c.
Idem, parte 111, p. 95.

Item dixit, se vidisse, dixit, quod quando contigit s. Clara decedere de
hac vita, audivit a pluribus, quod in ea fuerant inventa in eius corde crux
et fusta, et alia signa predicta carnea seu de nervis, et unus frater dixit sibi
secreto, quod in talibus posset malitia fieri, et manualiter aliquid operari.
Et tunc Berengarius accensus indignatione, et suspicatus quod malitiose
esset facta, equitavit ad Montemfalcum cum indignatione et proposito, quod
contra sorores processisset quanto severius potuisset. Et quando fuit in Mon-
tefalco vocavit secum multas personas solempnes, et specialiter fratres Mi-
nores, et iudices, et advocatos, et rectores ecclesiarum in oratorio monasterii,
et fecit afferri ad presentiam suam cor et signa predicta, que erant omnia
satis recentia, et non erant multi dies, quod predicta s. Clara transiverat.
Et tunc vidit, examinavit, et cognovit,...

IV

Bolla di Giovanni XXII con cui ordina il processo apostolico sulla vita, virtù
e miracoli di S. Chiara da Montefalco. Avignone, 1317, ottobre 25.
Idem, parte xx, pp. 22-25.

Ioannes episcopus servus servorum Dei venerabilibus fratribus Perusino
et Urbevetano episcopis, ac dilecto filio magistro Reginaldo de Sancta Ar-
themia, canonico Petragoricensi cappellano nostro, nostrique palatii audi-
tori causarum, ducatus Spoletani rectori, salutem et apostolicam benedic-
tionem. Magna nobis exultationis materia praestatur et gaudii, magna-
que gratiarum actionum et laudum nobis debita cumulantur, cum novellis
miraculis fidei nostrae inconcussa fundamenta reluceant rebus spes alta fo-
veatur exhibitis, ac virtutum actibus vivificans caritas inflammetur. Novit
namque misericordiarum Pater, et totius consolationis Deus omnipotens,
plebi fidelium quibusque apta temporibus dare iuvantia, conferre remedia,
ac coelestis vitae solatia impartiri quibus praeteritorum fides astruitur, fu-
turorum impenditur cautio, ac praesentium zelus liquefaciens animarum,
ut sic spe praemii fortitudine vincamus in asperis, humilitate in prosperis

3 SPARSI
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA ('!" EFALCO

dimicemus. Ad quae nostrae aetatis instantius eorum exempla nos provo-
cant, et familiarius cognita merita suffragantur, qui sic sobrie, sic iuste sic
pie vixisse feruntur in terris, ut inter sanctorum agmina collocati credan-
tur in coelis, cum ad ea sperantes nitamur ex gratia, quae illi miraculorum
ostensionibus extimantur adepti. Sane dudum ex parte venerabilium fra-
trum nostrorum, Assisinatensis et Fulginatensis episcoporum et dilectorum
filiorum quorumdam aliorum praelatorum ecclesiarum secularium et regula-
rium, ipsorumque omnium capitulorum, collegiorum, et conventuum, ac
etiam universitatum Perusinae, Spoletanae et Fulginatensis, nec non mul-
torum castrorum et villarum Spoletani ducatus, coram nobis et fratribus
nostris propositum extitit, quod recolendae memoriae Clarae, mona-
sterii S. Crucis de Monte Falcone ordinis s. Augustini Spoletanae dioecesis
abbatissa, dum viveret nitore sanctitatis emicuit, conversatione resplen-
duit, ac multis magnisque, tam ante, quam post suum obitum miraculis cor-
ruscavit. Quare pro parte ipsorum fuit nobis humiliter supplicatum, ut de
eiusdem Clarae vita et miraculis inquisitione praemissa, si reperiremus
praemissa veritate fulcri, eam adscriberemus Sanctorum cathalogo, ipsamque
faceremus per universas Ecclesias honore congruo solemniter venerari. Ve-
rum licet praedicta coram nobis, et eisdem fratribus nostris exposita, si vera
sint, nostrum et fratrum ipsorum corda multiplici iucunditate repleverint,
attendentes tamen quod Romana ecclesia praesertim in tanto fidei negotio
consuevit cum magna maturitate procedere, ubi videlicet de re tam ardua
quaeritur sensibus quidem abdita, ignota scientiis et novo quodam probandi
genere, vita utique et miraculis comprobanda ; nam si difficile existimamus
quae in terra sunt et quae in prospectu sunt invenimus cum labore, quae
in coelis sunt quis investigabit ? dilecto filio nostro Neapolioni sancti Adriani
diacono cardinali commisimus, ut apud Sedem Apostolicam de huiusmodi
sanctitate vitae, ac miraculis praedictae Clarae informationem per te-
stimonia fide digna reciperet, illamque nobis referre curaret, ut verisimilitu-
dine inde sumpta, tutius possemus procedere in negotio praelibato. Et quia
per dicti cardinalis relationem fidelem coram nobis, et fratribus nostris factam,
accepimus aliqualem informationem de sanctitate ac miraculis antedictis,
nos pium et congruum reputantes, ut praedicta ulterius sub dissimulatione
non debeant pertransiri, de ipsorum fratrum nostrorum consilio, supplica-
tioni huiusmodi, prouti praesentium describitur serie duximus annuendum.
Quocirca discretioni vestre, de quam plenam in Domino fiduciam obtinemus,
per apostolica scripta mandamus, quatenus vos, vel duo vestrum in loco,
vel locis, ubi expedire videritis, de vita, conversatione, ac miraculis Clarae
praedictae, caeterisque circumstantiis hiusmodi negocium contingentibus,
iuxta formam, quam vobis sub bulla nostra transmittimus interclusam, in-
quiratis diligentius veritatem, et quae super praemissis inveneritis, fideli-
ter in scriptis redacta, sub testimonio sigillorum vestrorum, per viros idoneos
ad Sedem Apostolicam destinetis, ut per inquisitionem vestram sufficienter 138 - SILVESTRO NESSI

instructi, sicut res exigit, et expedire visum fuerit, securius in ipso negocio
procedere valeamus. Datum Avenione, vir kalendas novembris, pontifi-
catus nostri anno secundo.

Ita est : ego Angelus Ioannilli de Montefalco imperiali auctoritate nota-
rius, et iudex ordinarius prout inveni, vidi et legi in dictis licteris, ita hic
lideliter per ordinem de verbo ad verbum scripsi exemplavi et publicavi e
nihil addendo vel minuendo, de quo posset sensus supradictarum licterarum
modo aliquo variari, nisi quod supra circa medium unam lineam, vel circa,
scripsi superflue ex improvviso, ubi posui vacat, in interlineari, et praedic-
tas licteras exemplavi de licentia et auctoritate ex hoc mihi praestita a re-
verendo viro dompno Bordono Petri de Montefalco rectore ecclesiae sancta
Mariae de Turri de dicto loco, vicario in terra praedicta de Montefalco
venerabilis patris et domini Petri miseratione divina episcopi Spoletani,
sub anno Domini millesimo tercentesimo decimo octavo, indictione prima
episcopatus domini Ioannis papae vigesimi secundi, die octava mensis au-
gusti in ecclesia monasterii Sanctae Crucis de Montefalco, praesentibus Gen-
tile Iohannuri, Joannetto Angelitti, et Crissuto Luca de Montefalco testi-
bus ad haec vocatis et rogatis, et ad maiorem praedictorum omnium firmi-
tatem dominus vicarius supradictus hoc praesens transcriptum fecit sui si-
gilli impressione muniri.

V

Bolla di Giovanni X XII, con cui viene stabilito che la spesa per i lavori pro-
cessuali, a carico del monastero di S. Croce, non superi i due fiorini al
giorno. Avignone, 1318, marzo 22.

Montefalco, Archivio del Monastero di S. Chiara, Perg. D-69, copia. del 1506,
10 aprile. i

Ioannes episcopus servus servorum Dei. Venerabilibus fratribus Perusino
et Urbevetano episcopis, ac dilecto filio magistro Reginaldo de Sancta Ar-
themia, canonico Petragoricensi capellano nostro, nostrique palatii audi-
tori causarum, ducatus Spoletanus rectori, salutem et apostolicam benedic-
tionem. Dudum nobis, de quorum discretione plenam in Domino fiduciam
obtinemus, per alias nostras certi tenoris literas dedimus in mandatis, ut vos,
aut duo vestrum, de vita, conversatione, ac miraculis recolendae memoriae
Clarae, monasterii Sancte Crucis de Monte falco, ordinis sancti Augu-
stini, Spoletanae dioecesis, abbatissa, caeterisque ; circumstantiis huiusmodi
negotium contingentibus, in loco, seu locis, ubi expedire videritis, inquire-
tis diligentius veritatem, et quae super premissa inveniretis, fideliter in
scriptis redacta, sub testimonio sigillorum vestrorum, per viros idoneos cu- |
raretis ad Sedem Apostolicam destinare. Quare nos volentes de expressis pro
vobis personis et evectionibus, quas vobiscum in huiusmodi inquisitione ha-
bebitis providere, et ad statum dicti monasterii, quod, ut audivimus, faculta-
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 139

tibus non abundat, considerationem habentes, auctoritate nostra, et fra-
trum nostrorum consilio, tenore praesentium ordinamus, et volumus, ut ve-
strum quilibet pro tempore dumtaxat, quo predicte inquisitioni vacabi-
tis, duos florenos aurei diebus singulis a dilectis in Cristo filiabus abbatissa,
et conventu monasterii memorati, recipiatis tantummodo pro expensis, et
huiusmodi nostra taxatione contenti, nihil ab eis quomodolibet exigatis.
Datum Avenioni xri kalendas aprilis, pontificatus nostri anno secondo. Pa-
schalis.

VI

Berallo di Egidio dona a Berengario di Donadio alcuni suoi beni per sostenere
le spese necessarie alla canonizzazione di S. Chiara. Lo stesso Berengario
cede quei beni al monastero di S. Croce. Montefalco, 1320, marzo 17? e
aprile 2.

Montefalco, Archivio del monastero di S. Chiara, Miscellanea di documenti dei secc.

XIV-XVI, 2.

In nomine Domini amen. Hoc est exemplum quorundam instrumento-
rum, cum die et consule, quorum tenor talis est.

In nomine Domini amen. Anno Domini millesimo trecentesimo vicesimo,
indictione tertia, tempore domini Iohannis pape vicesimi secundi, die de-
cima septima mensis martii. Sapiens et discretus vir dominus Berallus do-
mini Egidii de Montefalco, Spoletane diocesis, per se suosque heredes, ti-
tulo et ex causa donationis irrevocabiliter inter vivos dedit, donavit, et con-
cessit discreto viro domino Berengario Donadey de Sancto Africano, qui
tunc moratur apud monasterium Sancte Crucis de Montefalco, stipulanti
et recipienti pro se et suis heredibus aud cui concesserit, res infrascriptas
et bona.

Imprimis unam domum cum solo et hedificio et superficio suo toto, po-
sitam in castro Montisfalco, iuxta stratam magnam, dominum Andream Ray-
nerii, viam vicinalem, Thomassurum Bartholoni et ... filios Petroni Gyruini.
Item unam petiam terre positam in asio Pulciloni, districtus Montisfalco,
iuxta vias a duobus lateribus, Massiolum Franguri et Lunardum Andrioli.
Item unam aliam petiam terre positam in dicto asio et districtu, iuxta viam,
magistrum Vivianum domini Egidii et Agurictum Morici. Item unam aliam
petiam terre positam in dicto asio et districtu, iuxta viam, fossatum et Phy-
lippurum Puccuri. Item unam aliam petiam terre, positam in dicto voca-
bulo et districtu, iuxta vias a duobus lateribus et Andriictum Pascuri. Item
unam aliam petiam terre cum domo in ea existente choperta cuppis, positam
in loco dicto vocabulo et districtu, iuxta vias a duobus lateribus et Massio-
lum Francuri. Item unam aliam petiam terre positam in dicto vocabulo
et districtu, iuxta viam a duobus lateribus et Francilium Ugolini fabrum.
Item unam aliam petiam terre, que dicitur vineale, positam in dicto voca-

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140 SILVESTRO NESSI

bulo et districtu, iuxta viam, Andriictum pascuri et magistrum Petrum
Puccuri. Item unam aliam petiam terre positam in vocabulo Collismori,
districtus Montisfalco, iuxta vias a quactuor lateribus et Andriicium Ugo-
lini. Item unam aliam petiam terre vineate positam in vocabulo Campile-
taminis, districtus Montisfalco, iuxta viam, magistrum Iacobum Ugolini et
Salvonum (Venuturi) Symucii. Item unam petiam terre positam in asio Ca-
salis eiusdem districtus, iuxta vias a tribus lateribus et.. heredes Andrioli
Benvenuti. Item unam aliam petiam terre positam in asio Tregy, eiusdem
districtus, iuxta Puccurum Rogerii a tribus lateribus et Sanctictum Iaco-
boni. Item unam aliam petiam terre positam in asio Rigalloni, eiusdem distric-
tus, iuxta fossatum Rigalloni, Marconum Sancticti et Massurum Petroni.
Item unam aliam petiam terre positam in dicto vocabulo et districtu, iuxta
fossatum Rigalloni, Paulillum Petronii et Angnerillum Compagnicti. Item
unam aliam petiam terre vineate in vocabulo Galle, districtus Montisfalco,
iuxta fossatum et res ecclesie Sancte Crucis Saxivivi. Item unam aliam pe-
tiam terre vineate posite in vocabulo Paludis de Spinellis, districtus Montis-
falco, iuxta dominum Andream Raynerii et Vangnolum Andrioni et Falcu-
cium Francuri. Item unam aliam petiam terre prative posite in asio Sancti
Petri de Ynsula, districtus Montisfalco, iuxta rem . . filiorum Angnerilli Odo-
risii et rem Franciscuri Moranni et rem Anthonii Rayni. Item unam aliam
petiam terre seu ortum cum domo existente in ea que posita est in vocabulo
Vircerii, districtus Montisfalco, iuxta viam et iuxta fossum communis Mon-
tisfalco. Item unum ortum cum una domo existente in eo, qui positus est
in Castellari de Monfefalco, iuxta vias a tribus lateribus, vel si qua essent
supradictarum petiarum terrarum et ortorum seu alicuius ipsarum alia eorum
latera, vel confines, seu plura alia vocabula veriora, et generaliter omnia
alia et singula sua bona mobilia et inmobilia et nomina debitorum ubicumque
sunt et inveniri possunt seu poterunt, cum finibus predictis vel si quos alios
fines habendum, tenendum, possidendum, vendendum, permutandum, alie-
nandum, et ad faciendum quicquid sibi et suis heredibus aud cui concesse-
rit placuerit faciendum ; cum accessibus et egressibus suis usque in vias
publicas. Cum omnibus et singulis rebus et utilitatibus quas super seu intra
se dicte res habent in integrum. Et dedit, cessit et mandavit eidem, omne
ius omneque accionem, petitionem, realem et personalem, utilem et directam,
tacitam et expressam, puram, mistam, civilem, pretoriam, spetialem, gene-
ralem et universalem et omnem aliam et quam habet seu habere posset et
sperat in futurum, in dictis bonis et rebus et adversus possessores dictorum
bonorum et rerum et adversus debitores ipsius et quoscumque ipsorum bo-
norum et nominum debitorum. Constituens, ipsum, in dictis bonis et rebus
procuratorem et dominum ut in rem suam, ponens eum in locum suum,
ita quod a modo, suo nomine, utiliter et directe possit agere, petere, causari,
defendere, excipere, et replicare, seseque tueri, in iudicio et extra, confi-
tendo, negando et omnia alia et singula faciendo et exercendo, quod ipse

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I PROGESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA GHIARA DA MONTEFALCO 141

mere, et verus dominus, de re sua propria, facere et exercere potest. Quas
res et bona se constituit, precario nomine dicti donatarii, possidere, donec
ipsorum bonorum et rerum possessionem acceperit corporalem, quam acci-
piendi et retinendi, sua auctoritate, plenam licentiam et liberam potestatem
sibi contulit atque dedit, et possessionem ipsarum rerum et quilibet earum
promisit ei dare, tradere vacuam, liberam, absolutam, et a nemine occupa-
tam et apprehensam, et promisit eidem, quod de predictis nemini ius datum
est, cessum vel concessum, quod sibi vel cui concesserit, aud huic contractui,
nocere vel obbesse possit, si apparuerit ius datum, cessum vel concessum,
promisit ipsum ius reaccquirere et ipsum eius heredes et bona, indempnes et
indempna conservare. Reservatis eidem. domino Berallo usufructibus ipso-
rum bonorum, in vita sua, et fecit pro magno amore et dilectione, quem
habuit et habet, erga ipsum dominum Berengarium et pro mangnis et gratis
servitiis et beneficiis, qui ab eo confessus fuit habuisse et recepisse et pro eo
quia confessus fuit ipsum dominum Berengarium dedisse, solvisse et expen-
didisse de sui pecunia, pro monastero Sancte Crucis de
Montefalco pro canonicatione corporis beate
Clare olim monialis dicti monasterii, maximam quan-
titatem pecunie, precibus et mandato supradicti domini Beralli et pro eo
quia promisit dictus dominus Berengarius eidem domino Berallo prose-
qui dictum negotium beate Clare et expendere, usque
ad valorem dictorum bonorum, si opportuerit, et promisit dictus dominus
Berallus eidem domino Berengario litem vel questionem, in iudicio vel extra,
de dictis bonis et rebus non facere vel movere, set ipsas res et bona, omni
tempore, ab comuni persona, hominum, universitate et loco, legitime de-
fendre, in iudicio et extra, omnibus suis pingnoribus et expensis, iudicibus
et advocatis, statim lite mota, se liti et questioni promisit offerre, et in se
iudicium suscipere, et ius denuntiandi per pactum remisit, eidem. Et si dicta
donatio excederet legitimum modum donandi, voluit quod tote sint dona-
tiones, et reiterentur quoct sunt res et cause. Quam donationem promisit
eidem domino Berengario perpetuo ratam et firmam, habere et tenere, et
causa ingretitudinis, vel alia, non revocare. Et hec omnia et singula promi-
sit eidem domino Berengario omni tempore rata ef firma, habere et tenere,
actendere, et observare, et nullo tempore contrafacere vel venire, agendo
vel excipiendo, sub pena dupli, exstimationis dictorum bonorum, et suo-
rum bonorum obligatione, ipsam penam, et dare et solvere promisit, si in
aliquo contrafaceret vel veniret, et si non observaret, omnia et singula su-
pradicta, pena soluta vel non, predicta omnia et singula. perpetuo, obtineant
firmitatem. Renuntians exceptioni non facte dicte donationis, ex dictis cau-
sis et non habitorum, non receptorum dictorum beneficiorum et merito-
rum, doli, mali, conditioni indebiti, et sine causa, consuetudinis, et statuti,
et omni alii, legum et iuris auxilio, sibi in hoc facto competenti et com-
petituro.

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142 SILVESTRO NESSI

Actum in ecclesia dominarum monasterii Sancte Crucis de Montefalco,
Spoletane diocesis, presentibus dompno Nicola Andree et Massuro Andructi
de Montefalco, testibus ad hoc vocatis et rogatis.

Et ego Angelus Iohannilli de Montefalco, imperiali auctoritate nota-
rius et iudex ordinarius, predictis omnibus interfui, et ut supra legitur, ro-
gatus scribere, scripsi et publicavi.

(1320, aprile 2).

In nomine Domini amen. Anno Domini millesimo trecentesimo vice-
simo, indictione tertia, tempore domini Iohannis pape vicesimi secundi, die
secundo mensis aprilis. Sapiens et discretus vir dominus Berengarius Do-
nadey de Sancto Africano, sponte, per se suosque heredes titulo et ex causa
donationis irrevocabiliter inter vivos, dedit, donavit et concessit, domine
Iohanne domini Egidii de Montefalco, Spoletane diocesis, abbatisse mona-
sterii Sancte Crucis de dicto castro, presenti, stipulanti et recipienti per se
ipsam et nomine et vice capituli et conventus dominarum et sororum et
monialium prefati monasterii, res infrascriptas et bona, que et quas, sapiens
et discretus vir dominus Berallus domini Egidii de Montefalco, Spoletane
diocesis, titulo et causa supradicto domino Berengario donaverat, ut patet
de ipsa donatione manu mei Angeli Iohannilli notarii infrascripti.

Imprimis unam domum, cum solo, et hedificio, et superficio suo toto,
positam in castro Montisfalco iuxta stratam magnam, dominum Andream
Raynerii, viam vicinalem, Thomassurum Bartholoni et.. filios Petroni
Gisuini.ii is. asili fus UE prese. LOIR ITEM peg

Ad habendum, tenendum, possidendum, vendendum, permutandum,
alienandum et ad faciendum quicquid supradicte domine Iohanne abbatisse,
et capitulo, et conventui supradicti monasterii, aud cui ius suum concesse-
rint, placuerint faciendum, cum accessibus et egressibus suis, usque in vias
publicas, cum omnibus et singulis rebus, et utilitatibus, quas supra seu intra
se dicte res habent in integrum, et dedit, cessit et mandavit eidem domine . . ab-
batisse, stipulanti et recipienti eo nomine, quo supra, omne ius omneque-
accionem, petitionem, realem et personalem, utilem et directam, tacitam
et expressam, puram, mistam, civilem, pretoriam, spetialem, generalem
et universalem, et omnem aliam, quod et quam habet seu habere posset,
et sperat in futurum, in dictis bonis et rebus, et adversus possessores dicto-
rum bonorum et rerum, et adversus debitores ipsius domini Beralli, et quo-
sque ipsorum bonorum, et nominum debitorum. Constituens ipsam.. ab-
batissam stipulantem, et recipientem eo nomine, quo supra, procuratricem
et dominam, ut in rem suam, ponens eam, eo, nomine quo supra, recipien-
tem, in locum suum, ita quodamodo, suo nomine et nomine quo supra, uti-
liter et directe possit agere, petere, causari, defendere, excipere et replicare,
et omnia alia et singula facere et libere exercere, que ipse mere et verus do-
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA. CHIARA DA MONTEFALCO 143

minus, de re sua propria facere et exercere potest. Quas res et bona se consti-
tuit precario nomine dictarum .. abbatisse, capituli et conventus et domi-
narum et sororum dicti monasterii, et ipsius monasterii, possidere, donec
ipsorum bonorum et rerum, possessionem, acceperit corporalem, quam ac-
cipiendi, intrandi et retinendi, sua auctoritate, plenam licentiam et liberam
potestatem sibi stipulanti et recipienti eo nomine quo supra, contulit atque
dedit et promisit eidem, de fraude et colludio et quod nemini alicui alii, de-
dit nec concessit, de predictis, vel aliquod predictorum, ius nec actionem,
nec fraudam, nec colludium, conmisit nec fecit in predictis, vel aliquod pre-
dictorum, quod sibi vel dicto monasterio, vel cui concesserit, aud huic con-
tractui, nocere vel obesse possit, quod si contrarium, aliquo tempore, appa-
rere, promisit ipsum ius, reacquirere seu reaccquiri facere omnibus et sin-
gulis suis sumptibus, pignoribus, laboribus et expensis, et ipsam, dictum
monasterium, capitulum et conventum ipsius, indempnes et indempna con-
servare, aliter ad defensionem noluit teneri. Reservatis tamen supradicto
domino Berallo domini Egidii usufructibus ipsorum bonorum, vita sua, et
hoc fecit pro mangno amore et dilectione, quem et quam habuit et habet
erga dictum monasterium et pro mangnis et gratiis servitiis et beneficiis,
qui ab ea et a dicto monasterio, confessus fuit habuisse et recepisse et sperat
recipere in futurum, et pro eo quia sibi bene placuit, et pro eo quia sic actum
et pactum et conventu extitit inter eos expresse, et si dicta donatio excederet
legitimum modum donandi, voluit quod tote sint donationes, et reiterentur
quot sunt res et causae. Quam donationem et omnia et singula que impre-
senti donatione continetur, promisit supradictus dominus Berengarius, eo
nomine quo supra, supradicte domine Iohanne abbatisse stipulanti et reci-
pienti, eo nomine quo supra, perpetuo, ratam et firmam habere et tenere, et
causa ingretitudinis, vel alia, non revocare et hec omnia et singula promi-
sit, eidem domine Iohanne abbatisse supradicti monasterii, stipulanti et
recipienti, eo nomine quo supra, omni tempore, rata et firma habere et te-
nere, actendere et observare, et, nullo tempore, contrafacere vel venire,
agendo vel excipiendo, sub pena dupli extimationis dictorum bonorum obli-
gatione, quam penam ei dare et solvere promisit, stipulanti et recipienti,
eo nomine quo supra, si in aliquo contrafacere vel venire, et si non observa-
ret omnia et singula supradicta, pena soluta vel non, predicta omnia et sin-
gula, perpetuo, obtineant firmitatem. Renumptians exceptioni non facte
dicte donationis, ex dictis causis, et non habitorum, et non receptorum dicto-
rum servitiorum, et beneficiorum, et meritorum, doli, mali, condictioni in-
debiti et sine causa, consuetudinis et statutis et omni alii legum et iuris au-
xilio, sibi in hoc facto competenti vel competituro.

Actum in ecclesia monasterii Sancte Crucis de Montefalco prefate, iusta
gratem ferream dicti monasterii, presentibus dompno Nicola Andree rectore
ecclesie Sancti Sylvestri, et domino Berallo domini Egidii, et Phylippuro
Franciscuri, Symonis de Montefalco testibus ad hoc vocatis et rogatis.

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144 SILVESTRO NESSI

Et ego Angelus Iohannilli de Montefalco, imperiali auctoritate nota-
rius et iudex ordinarius, predictis omnibus interfui, et ut supra legitur, ro-
gatus scribere, scripsi et publicavi.

Monasterii dominarum Sancte Crucis de Montefalco.

VII

Il cardinale Fabrizio Paulucci, prefetto della Sacra Congregazione dei Riti,
ordina al vescovo di Spoleto di prelevare tutti gli antichi documenti pro-
cessuali esistenti presso il monastero delle Agostiniane di Montefalco e
di spedirli a Roma. Roma, 1724, settembre 23.

Sacra Rituum Congragatione Particulari Eminentissimo ac Reverendissimo Domino

Thoma Maria Martinelli Relatore, Spoletana Canonizationis B. Clarae a Cruce de Monte

Falco Monialis Ordinis Eremitarum S. Augustini, Positio super miraculis, parte 11, p. 12.

Reverendissime domine uti frater.

Ad humillimas preces postulatorum causae beatae Clarae de Monte-
falco abbatissae monasterii Sanctae Crucis ordinis sancti Augustini oppidi de
Montefalco Spoletanae dioecesis porrectas, et in Sacra Rituum Congrega-
tione relatas, Sacra eadem Congregatio amplitudini tuae iniungendum esse
duxit, ut ipsa omnia et singula acta, processus, scripturas, codices, histo-
rias vitae ac miraculorum, aliaque sive edita sive manuscripta ad canoni-
zationem predictae beatae quomodolibet spectantia, et quae in memorato
monasterio, sive alibi asservantur, et reperiuntur, ad eadem Sacram Con-
gregationem per fidelem portitorem ab amplitudine tua deputandum cum
speciali tui ipsius epistola in capsula bene clausa, et sigillis munita quampri-
mum transmittat, et secretario Sacrae eiusdem Congregationis consignari
curet, diuque felix et inculumis vivat.

Romae, vigesima tertia septembris millesimo septingentesimo vigesimo
quarto.

Amplitudinis tuae uti frater

Fabritius cardinalis Paulutius praefectus
N. M. Tedeschi archiepiscopus Apamenus secretarius.

VIII

Prima descrizione dei documenti processuali del sec. XIV, fatta da Isidoro Mo-
sconio.
Compendium de vita, miraculis et revelationibus B. Clarae de Cruce, Bononiae, 1601,
pp. 2-9.
Quatuor principalium codicum libri, ex ordine sedis apostolice compo-

sitorum, traditi mihi fuerunt: quin beatae Clarae monasterio divino quo-
dam beneficio sunt reperti : in quibus agitur de vita, moribus, conversatione,
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 145

miraculis, et revelationibus beatae Clarae: nec non alter codex de iisdem
rebus conscriptus a Berengario, qui tunc erat reverendissimi d. Petri episcopi
Spoletini vicarius. Insuper privilegia, seu. gratiae summorum pontificum in
progressu canonizationis concessae: praeterea compendia de praemissis de
eiusdem sedis apostolicae auctoritate confecta in magnis paginis, sed sine
ordine distributis inventa a me fuerunt. Quibus confisus in hanc veni sen-
tentiam, ut compendium de vita beatae Clarae virginis ex dictis libris, et codi-
cibus confectum : in lucem dare possem. Ut vero praedicta fidem habeant
firmiorem a primis codicum illorum elementis ordiar, progrediarque ità, ut
hac scriptione mea nihil, aut certius, aut fide dignius reperiatur.

Primi voluminis depositionum exempla desunt. In secundo vero in
anteriori pagina talia describuntur, videlicet ; in summitate paginae ante-
rioris xciii. fol. lib. ii. paulo inferius his verbis.

In nomine nostri Iesu Christi. Amen. Haec est copia, seu transumptum
quarundam attestationum, et scripturam per me Pacem Guidarelli clericum
de Civitate Castelli, priorem S. Antonii de Corvanio, Perusinae dioecesis,
publicum imperiali auctoritate notarium scriptarum, et publicatarum, tran-
scriptarum, et assumptarum pro parte de libro, seu quinternis mihi tradito,
et traditis, atque scriptis, et publicatis per discretos viros magistrum Offre-
duccium de Hispello, et ser Spallam Hapondi de Luca, apostolica et impe-
riali auctoritate notarios, auctoritate et mandato ven. patrum et domino-
rum Francisci, Dei gratia episcopi Perusin. et Rainaldi de S. Arthemia thesau-
rarii Novionen. et canonici Petragoricen. Spoletani ducatus rectoris delega-
torum, et examinatorum super vita, conversatione, et miraculis recolendae
memoriae Clarae abbatissae monasterii S. Crucis de Monte Falco, Spoletanae
Dioecesis, per sedem apostolicam deputatorum. Cuius quidem libri, et scrip-
turarum praedictarum principium, seu transcriptio talis erat, etc. In posteriori
pagina ita exorditur his verbis. In nomine Domini. Amen. Hic est liber, seu
libri, et quaterni representationum, requisitionum, protestationum, productio-
num, gratiarum, relationum, praeceptorum, iuramentorum, examinationum
testium, et attestationum, inquisitionis, processuum, et actorum, et aliarum
diversarum scripturarum scriptorum, et scriptarum per nos Offreducium de
Spello, apostolica et imperiali, et Spallam Iacobi Rapondi de Luca, im-
periali auctoritate notarios, et infrascriptorom aominorum scribas in in-
frascripto negotio deputatos sub examine audientiae, et auctoritate ven.
patruum, et dd. d. fratris Francisci, Dei gratia episcopi Perusinen. et d. Re-
ginaldi, seu Rainaldi de S. Arthemia canonico Petragoricen. domini papae
capellani, ipsiusque sacri palatii auditoris causarum, Spoletani ducatus rec-
toris, delegatorum inquisitorum, et examinatorum per sedem apostolicam
deputatorum super vita, conversatione, ac miraculis recolendae memoriae
Clarae abbatissae monasterii S. Crucis de Montefalco, Spoletan. dioecesis,
sub infrascriptis temporibus, annis, mensibus, et diebus indictionibus, atque
locis. Paulo inferius signum mei Spalla notarii praedicti. In. secunda pa-

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gina ita dicitur. Examinatio testium die 6. mensis septembris. Ioanna d. Egi-
dii de Monte Falcone, abbatissa monasterii S. Crucis de M. Falcone testis
iurata coram venerando patre domino fratre Francisco, Dei gratia episcopo
Perusin. ac venerando, et discreto viro d. Rainaldo de S. Arthemia, canonico
Petragoricen. d. papae capellano, et ipsius sacri palatii auditore causarum,
Spoletani ducatus rectore delegatis examinatoribus, et inquisitoribus per
sedem apostolicam deputatis, ad inquirendum de vita, conservatione, ac
moribus, et miraculis recolendae memoriae Clarae quondam abbatissae mo-
nasterii S. Crucis de M. Falco, et examinata, secundum formam inquisitionum
super vita, conversatione, atque miraculis recolendae memoriae Clarae abba-
tissae monasterii S. Crucis de Montefalco, Spoletanae dioecesis, interrogato
per d. inquisitores praedicto super 8. articulo, qui incipit. In primis prae-
dicta Clara, etc. et ita prosequitur usque ad finem.

In quarto codice a capite paginae numerantur CCCCXXXIX. lib. 4. et
infra. In nomine S. et individuae Trinitatis. Amen. Haec est copia, seu tran-
sumptum quarundam attestationum, et scripturarum per me Nicholaum
quondam Simonelli de Perusio, publicum imperiali auctoritate notarium
infrascriptum transcriptarum, et assumptarum pro parte de libro, seu qua-
terni mihi tradito, et traditis per ser Spallam Iacobi Rapundi de Luca nota-
rium, auctoritate, et mandato ven. patrum, et dominorum fratris Franci-
sci, dei gratia episcopi Perusin. et Rainaldi de S. Arthemia thesaurarii Novio-
men. et canonici Petragoricen. domini papae capellani, ipsiusque sacri pa-
latii auditoris causarum, et ducatis Spoletani rectoris delegatorum inquisi-
torum, et examinatorum per sedem apostolicam deputatorum super vita,
conversatione, et miraculis recolendae memoriae Clarae abbatissae mona-
sterii S. Crucis de M. Falco, Spoletanae dioecesis. Cuius quidem libri, quater-
norum, et scripturam predictorum, et predictarum principium, seu subscrip-
tio talis erat. In nomine Domini. Amen. Hic est liber, seu libri, et quaterni.
representationum, requisitionum, protestationum, productionum, citatio-
num, relationum praeceptorum, iuramentorum, examinationum testium, et
attestationum processuum, actorum, et aliarum diversarum scripturarum
scriptorum, at scriptarum per nos Offreducium de Spello, apostolica, et im-
periali, Spallam Iacobi Rapundi de Luca, imperiali auctoritate notarios, et
infrascriptorum dominorum scribas, et infrascripto negocio deputat. sub
examine, auditione, et auctoritate venerabilium patrem, et dominorum,
domini fratris Francisce, Dei gratia episcopi Perusin. et domini Rainaldi
de S. Arthemia canonici Petragoricen. domini papae capellani ipsius sacri
palatii auditoris causarum delegatorum, inquisitorum, et examinatorum per
sedem apostolicam deputatorum super vita, conversatione, ac miraculis re-
colendae memoriae Clarae abbatissae monasterii S. Crucis de M. Falco, Spole-
tanae dioecesis, sub infrascriptis temporibus, annis, mensibus, diebus, et indic-
tionibus, atque locis. In pagina sequenti haec describuntur soror Marina ma-
gistri Iacobi de M. Falco testis iurata super dictis articulis de veritate dicenda,
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 147

ut supra per omnia contenta, coram praedictis dominis delegatis, et inquisi-
toribus, et per ipsos interrogata, et examinata super 8. Articulo eo sibi per
ordinem lecto, et vulgarizato, suo iuramento respondit, et dixit, etc.

Tertius codex desideratur, in quinto in prima pagina haec describuntur
lib. 5. continens testes a LXvI. usque ad coxxxvin. In ulteriori pagina lib. 5.
pag. vxc. r. Lxvit. Matthaeus: et deinde talia sequuntur soror Francisca
filia magistri Gualterii de M. Falco testis iurata super dictis articulis de veri-
tate dicenda coram dictis dominis delegatis d. papae, ut super per omnia
contenta, et iurata, et examinata per eosdem, super 5. articulo, dictae inten-
tionis, eo sibi per ordinem vulgariter lecto, qui incipit: In primis, quia S.
Clara de M. Falco praedicta sancte, caste, et pure vixerit, etc. Caeteri codi-
ces desunt, haec breviter explanavimus de his, quae insimul a sede aposto-
lica fuerunt disposita. In altero codice a dicto Berengario vicario ista descri-
buntur, videlicet ; in prima pagina, et anteriori parte. In nomine Domini.
Amen. Hic est liber, seu quaternus iuramentorum, attestationum receptorum
super vita quondam beatae Clarae olim abbatissae monasterii S. Crucis de
Bottaccio de Monte Falcone, Spoletanae dioecesis, et miraculis inventis in
corde ipsius beatae Clarae, super infrascriptis articulis, et aliarum diversa-
rum scripturarum ad ipsam materiam expectantium factus, conditus, et
compositus, sub examine reverendi viri domini Berengarii de S. Affricano,
vicarii generalis venerabilis patris, et domini d. Petri, Dei gratia Spoletan.
electi, et scriptus per me Angelum Ioannelli de M. Falcone, notarium et iu-
dicem ordinarium, sub annis Domini millesimo trecentesimo [nono], indic-
tione septima, tempore domini Clementis papae v. diebus, locis, testibus,
mensibus infrascriptis, die 18 mensis augusti, in strada publica, iuxta eccle-
siam S. Crucis de Bottaccio, destrictus M. Falchi, praesentibus fratre Cor-
radutio Francischini de ordine fratrum Minorum, et Massuzo Andrietti de
M. Falco, testibus ad hoc vocatis, et rogatis. Frater Franciscus Damiani de:
M. Falco, de ordine fratrum Minorum, modo lector fratrum d. ordinis in ci-
vitate Fulginei, costitutus coram reverendo viro domino Berengario de S.
Affricano, clerico, vicario generali patris, et domini Petri, Dei gratia Spole-
tani electi, iuravit ad sancta Dei Evangelia. corporaliter tactis scripturis, de.
dicenda veritate super dictis articulis, modo quo supra, etc. In fine omissis.
aliis haec declarantur. Iuraverunt ipse, et quaelibet eorum, quod Ioanna abba-
tissa, et Mari[n]a moniali monasterii praedicti, coram me Angelo Ioannilli
de M. Falcone, notario, qui iuramentis, et depositionibus testium, et exami-
nationibus ipsorum testium, de quibus manu mea apparet, interfui, et manu
mea scripsi, et signo meo consueto signavi. Et hic signum describitur. Ista
ex codicibus habentur, quapropter, postquam vicarius multa notatu digna,
et maxime admirationis collegisset delegato summi pontificis significare de-
crevit, et ab universitatibus singulis totius provinciae procurator, ad effectu
describendi beatam Claram inter numerum sanctarum virginum fuit con-
stitutus, ut in di codice satis cumulate legi multorum mandata possit. Necnon
148 SILVESTRO NESSI
monasteria regularium, collegia, singulaque oppida, quam instantissime il-
]um procuratorem constitutum oraverunt, ut quam primum eorum desiderio

satisfaceret.

IX

Inventario dei documenti fatto compilare dal vescovo di Spoleto nel 1724.

Sacra Rituum Congregatione Particulari Eminentissimo ac Reverendissimo Domino
Thoma Maria Martinelli Relatore, Spoletana Canonizationis B. Clarae a Cruce de Monte
Falco ecc. Positio super miraculis, parte 1r, pp. 12-19.

Die decimanona currentis mensis accessimus ad hanc terram Montis-
falchi nostrae dioecesis, et tam die praedicto, quam aliis subsequentibus
applicavimus in perquirendis, recolligendis, et insimul uniendis nonnulla
acta, scripturas, alique documenta facientia ad canonizationem beatae Cla-
rae de hac terra. Hisque expletis, ac praesenti die de mane personaliter nos
contulimus ad ecclesiam et monasterium sanctimonialium sanctae Crucis
ordinis sancti Augustini nuncupatum eiusdem beatae Clarae, et in loco in-
frascripto coram infradicendis testibus, et notario, aliisque de populo astan-
tibus, per reverendas moniales eiusdem monasterii per manus tamen reve-
rendae sororis Mariae Rosae Bartolucci abbatisse, fuerunt exibita et consi-
gnata sequentia acta, processus, codices, libros caeterasque scripturas infe-
rius indicandas, confectas super vita et miraculis eiusdem beatae Clarae et
in dicto monasterio diligenter de presenti asservata scilicet.

I. A. Duo quinterna, seu quaterna initio carentia, in prima pagina quo-
rum cartulata n. 2 a tergo legitur « Accessus domini Berengarii de Sancto
Africano tunc temporis vicarii generalis Spoleti una cum testibus ad gra-
tem ferream monasterii Sanctae Crucis, et his verbis incipit Die decima octava
mensis iunii in ecclesia Sanctae Crucis de Bottaccio de Montefalco Spole-
tinae dioecesis, iuxta gratem ferream monasterii sanctae Crucis », omissis
aliis superius scriptis relativis ad alteram paginam primam, ut dictum est,
deperditam : item deest pagina quinquagesima, prout ex dicta antiqua car-
tulatione, quaequidem cartulatio sequitur usque ad paginam sexagesimam
octavam inclusive, reliquae vero sequentes paginae non sunt cartulatae cum
duabus paginis ultimis, e converso scriptis, in quibus quidem quaternis ha-
bentur depositiones testium examinatorum auctoritate ordinaria a dicto
domino Berengario vicario generali usque ad diem tertiam iulii millesimo
tercentesimo nono inclusive, prout in prima pagine cartulata numero septua-
gesimo, et successive uti legato a domino Francisco Leonardoni altero vica-
rio generali Spoleti sub die decimaquinta aprilis millesimo tercentesimo de-
cimo prout in pagina subsequenti.

I. B. De quibus duobus quinternis, seu quaternis adest aliud exemplar
cum suo principio et cartulato usque ad paginam trigesimam quartam inclu-
sive, licet careat aliis paginis subsequentibus : in anteriori, seu prima pagina

—— I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 149

huius exemplaris sic legitur: «In nomine Domini amen. Hic est liber seu
quinternus iuramentorum testium receptorum super vita quondam beatae
Clarae olim abbatissae Sanctae Crucis de Boctaccio de Montefalcone Spole-
tinae dioecesis super signis et miraculis inventis in corpore et corde ipsius bea-
tae Clarae super infrascriptis articulis, et aliarum scripturarum diversarum
ad ipsam materiam spectantium factarum, et editarum et compositarum
tempore reverendi viri domini Berengarii de Sancto Affricano vicarii generalis.
venerabilis patris et domino d. Petri Dei gratia Spoletini electi, et scriptas
per me Angelum Ioannilli de Montefalcone sub annis Domini millesimo ter-
centesimo nono, indictione septima, tempore domini Clementis papae quinti
diebus, locis, testibus et mensibus infrascriptis. Ab initio et ante saecula sa-
pientia increata disposuit » etc. omissis aliis in fine inspicitur « Tunc non
cognoverunt transitum eius ».

II. Parvus quaternus modo tantum paginarum sex, licet antiquitus,
prout dignoscitur, aliarum quamplurium paginarum in forma codicis exi-
stentium, sicuti habetur de isto codice attestatio per Isidorum Mosconium in
compendio de vita, miraculis et revelationibus beatae Clarae de Cruce Mon-
tisfalconis etc. impresso Bononiae millesimo sexcentesimo primo, ibi pagina
septima : « In alio codice a dicto Berengario . . . » omissis aliis etc.

III. Alius quaternus cartulatus paginis quadraginta novem scriptus et
publicatus per supradictum notarium Ioannilli, et incipit : « In nomine Do-
mini. Amen. Hic est liber seu quaternus iuramentorum et testium recepto-
rum super vita quondam beatae Clarae olim abbatissae monasterii Sanctae
Crucis de Boctaccio de Montefalcone Spoletinae dioecesis, et miraculis inven-
tis in corpore et corde ipsius beatae Clarae », omissis aliis etc. sub examine
reverendi viri domini Berengarii sub annis Domini millesimo tercentesimo
nono.

IV. Quidam quaternus paginis decem non cartulatus, de quo non extat
principium, in tertia pagina cuius adest publicatio, et signum Parentii Ioan-
nis de Spoleto notarii, et in ultima carta a tergo, et in fine illius signum me-
morati notarii Angeli Ioannilli continens eadem examina testium super vita
et miraculis dictae beatae Clarae.

V. Quamplurimae paginae volantes, et quae dignoscuntur abscisae ab
aliis antiquissimis codicibus, continentes eamdem supradictam materiam,
sed promiscue et inordinate, quamvis vetustissimo caractere.

VI. Breve seu diploma apostolicum in pergameno Ioannis xxII. episco-
pis Perusino et Urbevetano ac magistro Reginaldo de Sancta Arthemia direc-
tum ut ibi videlicet : «Ioannes episcopus servus servorum Dei, fratribus
Perusino et Urbevetano episcopis, ac dilecto magistro Reginaldo de Sancta
Arthemia canonico Petragoricensi cappellano nostro, nostrique palatii audi-
tori causarum, ducatus Spoletini rectori salutem et apostolicam benedictio-
nem » omissis aliis etc. et versus finem ibi: « Mandamus quatenus vos vel
duo vestrum, in loco vel loci ubi expedire videritis de vita, conversatione, et

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LLEEX CAM INE UE DERE 150 SILVESTRO NESSI

miraculis Clarae praedictae etc. inquiratis. Datum Avenione octavo kalen-
| das novembris pontificatus nostri anno secundo ». Quod quidem diploma
| concordat cum alius exemplari recensito a supradicto Isidoro Mosconio in

praefato compendio beatae Clarae ut supra impresso sub pagina decima-
|| tertia, et sequen., et pariter habetur aliud exemplar consimile in altero per- |
il gameno exemplatum et publicatum per supradictum Angelum Ioannilli n
| notarium sub anno Domini millesimo tercentesimo decimo octavo.

Successive praefatus pontifex Ioannes expedivit aliud breve super ta-
xatione expensarum pro supradictis dominis inquisitoribus delegatis, de quo
extat exemplar in supradicto Isidoro Mosconio pagina decima sexta, et se-
quen., nec non in altero libro intitulato : Vita miracoli etc. auctore magistro
fratre Augustino de Montefalco, impresso Venetiis apud Lazarum Suardi
anno Domini millesimo quingentesimo decimo quinto.

il VII. Idemque breve partim inspicitur etiam exemplatum in altero qua-
| terno principio carente, et continente mandata procurae facta a diversis
iii] episcopis capitulis et universitatibus diversorum locorum provinciae Um-
briae in personam supra memorati domini Berengarii ad petendam canoni-
| zationem eiusdem beatae Clarae de quibus omnibus fit mentio in vita eiusdem
beatae Clarae descripta a reverendo domino Ioanne Baptista Piergili in se-
| cunda editione impressa Fulginei apud haeredem Augustini Alterii mille-
Ill simo sexcentesimo sexagesimo tertio sub pagina ducentesima vigesima se-
ll cunda, nec non initium processus auctoritate apostolica confecti, quamvis
dictus quaternus non sit integer neque in fine, in totum paginarum viginti
trium.
NB | VIII. Secundus codex seu secundum volumen depositionum testium coo-
u ll pertus carta pergamena, in anteriori pagina cuius, et in illius summitate haec
| ! describuntur, «xvi fol. - lib. r1» et paulo inferius nimirum : « In nomine
domini nostri Iesu Christi. Amen. Haec est copia, sive transcriptum attesta-
Ih tionum et scripturarum per me Pacem Guidarelli clericum de Civitate Castel-
ill li, etc. », et prout latius in dicto codice et in eodem compendio Isidori Mo-
sconii alias relato pagina tertia.

IX. Codex quartus, carta pariter pergamena coopertus a capite nume-
l ratur in paginis ccccxxxix. lib. rv. « In nominis sanctae et individuae Tri-
TI nitatis. Amen. Haec est copia, etc. », et prout latius in eodem codice, et in saepe
I | recensito libro seu compendio Isidori Mosconii pag. quinque.
| X. Codex quintus pariter carta pergamena coopertus, et in summitate
il primae paginae huius haec describuntur : « v. Lib. v F. L. xv Mattheus » et
Î | deinde talia verba sequuntur «Soror Francisca magnifici Gualterii de Mon-
| tefalco testis iurata» etc. qui quidem codex continente examina testium è
numeratorum in fine ccxxxvi habita relatione ad examina testium prece- |
dentium n. Lxvir prout latius in dicto codice pariter relato a domino Mo-
sconio a fol. septimo.

XI. Codex magni folii coopertus carta pergamena in prima pagina in-
I PROGESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA. CHIARA DA MONTEFALCO 151

cipiens « In, nomine Domini Amen. Infrascriptae sunt rubricae et examina-
tiones, ac recollectiones sumptae de processu inquisitione, articulis et atte-
stationibus habitis et receptis, super vita, conversatione et miraculis reco-
lendae memoriae Clarae abbatissae monasterii Sanctae Crucis de Montefalco
ordinis Sancti Augustini dioecesis Spoletinae, et relatio super his ». Etc.

XII. Codex tabulis coopertus super vita beatae Clarae de Cruce compo-
situs a domino Berengario Donadei de Sancto Africano iam vicario generali
Spoleti in prima pagina cuius et in summitate sic legitur « Cap. r. In nomi-
ne Domini Amen. Iste liber est ven. et honestae religiosae monialis S. Clarae
de Cruce », de qua agitur in pagina usque ad paginam quinquagesimam pri-
mam inclusive, et deinde subsequitur missa cum officio eiusdem beatae Clarae
usque ad finem signatae paginae 58. de quo pariter fit mentio a toties repeti-
to Mosconio pagina tertia ibi - nec non alter codex.

X

Esame paleografico dei documenti fatto eseguire dal: cardinale Pietro Mar-
cellino Corradini nel 1734.

Idem, pp. 19-21.

Vidi ego, qui infra iubente eminentissimo et reverendissimo d. Petro
Marcellino S.R.E. cardinale Corradino, nonnullos codices chartaceos ex mo-
nasterio sanctimonialium de Montefalco in Umbriam Romam ad Sacram
Rituum Congregationem allatos, quos Christi saeculo decimoquarto (si unum
excipias) ex caracterum et litterarum ductu, ac figura, ex verborum con-
tractione, ex frequenti interpungendi ratione, eaque saepius per puncta,
quam per commata, seu virgulas, ex raro item dipthongorum usu, prout il-
lius aevi consuedo ferebat, scriptos esse arbitror. Sunt autem apographa,
sive exempla actorum de vita, sanctitate, virtutibus ac miraculis B. Clarae
de Montefalco abbatissae monasterii Sanctae Crucis ordinis s. Augustini in
dioecesi Spoletana. Desunt aliqua in his codicibus, quandoque in principio,
quandoque in fine, quemadmodum vetustis libris plerumque accidit.

1. Codex I. A. habet examina testium ab anno Domini 1309. ad annum
Domini 1315 auctoritate electi episcopi Spoletani instituta per Berengarium
de S. Africano, vicarium generalem, commissarium delegatum, et specialiter
deputatum a Petro Spoletano electo. Hic autem codex non uno eodemque
caractare exaratus est, additamenta nonnulla ad oram, et lituras alicubi habet ;
saeculo tamen xiv scriptus esse mihi videtur.

2. Codex I. B. est exemplum superioris codicis, sed alicubi mancus et
mutilus.

3. Folia signata numeris rr. rrr. rv. v. mutila itidem sunt, et complectun-
tur depositiones testium super vita, et miraculis beatae Clarae ab eodem,
qui supra, Berengario receptas inter annum Domini 1309, et 1316.

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FINE ge)

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t3 TITRES * UA ^ A s Day
EI RM UT UMBUTUO ROAWMN, Y Rec URO 152 SILVESTRO NESSI

4. Codex num. vir. principio caret. Continet exemplum litterarum, qui-
bus nonnulli episcopi, praelati, civitates, et oppida eumdem Berengarium
syndicum et procuratorem constituunt ad inquirendum auctoritate aposto-
lica de vita et virtutibus ac signis b. Clarae. Hae literae datae sunt anno Do-
mini 1318 inter mensem iulium ac ineunte septembrem. Insuper habet ea,
quae ab apostolicis delegatiis, nemque a Francisco episcopo Ursino 9?) et a Re-
ginaldo de Sancta Arthemia, idem Berengarium petiit, ad prosecutionem
negotii, secundum formam eis traditam in apostolicis literis: quid idem co-
ram eis praestiterit, quos articulos et testium nomina per rotulum in chartis
de papiro super vita, conversatione, atque miraculis sororis Clarae exhibue-
rit. Sequuntur deinde examina aliquorum testium per delegatos recepta die
sexta septembris anno Domini 1318. Denique habet articulos, quibus multa
de virtutibus b. Clare collegerat Berengarius. Hi articuli usque ad / LXxxI.
pertingunt, caetera desunt. Hic item eodem saeculo xiv exaratus est.

5. Codices signati num. VIII, IX, et x sunt apographa ex autenticis tran-
scripta de his quae ex iuratis testibus per Franciscum episcopum Perusi-
num, et Regynaldum de S. Arthemia delegatos et inquisitores apostolicos
collecta fuerant. Scripti quidem sunt mea sententia saeculo xiv. sed non
eadem manu omnes, atque ex authographis descriptos esse initio codicis
vin et rx liquido apparet.

6. Codex num. xri, scriptus idem saeculo xiv, habet ea quae ex actis
omnibus ad Sedem Apostolicam missis de vita, et miraculis b. Clare ad Ioan-
nem xxii romanum pontificem retulerunt nonnulli S.R.E. cardinales, quibus
id negotii demandatum fuerat. Nonnulla in fine ab hoc codice absunt, ut ex.
gratia, cardinalium qui retulerunt subscriptiones. Item in eo non legitur quo
notario, et ex quo loco sit excerptus, etc.

Quo anno relatio facta sit, ex codice xr non constat. Facta est tamen
ab anno Domini 1320. ad 1329. Nam Nicolaus de Prato, antea Spoletanus
episcopus, postea Ostiensis, obiit Avenione anno Domini 1321. De eo in
codice x1 pag. 35 tamquam in vivis agente mentio fit. Petrus de Arreblaio
primos praesbiter cardinalis tit. S. Susannae, Portuensis episcopus dictus
est circiter anno Domini 1323, et obiit anno Domini 1329. Petrus de Prato
electus est episcopus Praenestinus circa an. Domini 1327. Bertrandus
vero Tuscolanae ecclesiae praefectus est circa an. Domini 1323, et obiit
anno Domini 1330. Perhos annos igitur relatio, prout extat in cod. xi,
facta est.

7. Codex denique ligneis tabulis coopertus, scriptus est saeculo xv. Ha-
bentur in eo res gestae, et miracula b. Clarae, itemque divinum officium,
missae, et horarum canonicarum pro illius die festo xvi kalendas septembris.

Vidit et laudavit hoc codices et acta Lucas Waddingus in Annalibus
Minorum ad annum Domini 1308 $ LXXxI et sequen.

a) Legendum Perusino.

wo

“iter eee o

I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 153

Haec habui, quae de horum codicum aetate et praestantia ex animi mei
qualicumque sententia proferrem.
Romae hac die 28 augusti 1734
Dominicus Georgius praefectus bibliothecae eminentissimi ac reveren-
dissimi domini Iosephi Renati cardinali Imperialis.

XI
Giudizio sui documenti del secolo XIV, emesso nel 1881.
Idem, parte mi, pp. 1-5.

Per commissione dell'eminentissimo e reverendissimo sig. cardinale Do-
menico Bartolini Prefetto della Sacra Congregazione dei Riti, e dell'eminen-
tissimo sig. cardinale Tommaso Maria Martinelli ponente della causa di cano-
nizzazione della b. Chiara da Montefalco, noi sottoscritti esaminammo nu-
mero venti documenti relativi alla causa della medesima beata, per poter
determinare l'epoca di ciascuno.

A tal fine radunati nel di 24 maggio del 1881 in casa dell'illustrissimo e
reverendissimo monsignore Agostino Caprara assessore e sottopromotore
della Fede, presso cui erano detti documenti, abbiamo dato il seguente giu-
dizio secondo la nostra scienza e coscienza.

I

Il primo documento presenta i caratteri della prima metà del secolo de-
cimoquarto : è in pergamena, e contiene l'istrumento della ispezione fatta
dal podestà di Montefalco dei segni trovati nel cuore della beata, ed il giura-
mento delle monache di averli trovati nel cuore : e ció il 22 agosto 1308.

II

Il secondo documento sono gli articoli dell'antico processo apostolico
della beata Chiara, ma incompleti : codice in carta bambagina, appartenente
alla prima metà del secolo decimoquarto, il formato è in foglio piccolo, ed ha
carte venti.

III

x

Il terzo documento è parte del processo ordinario fatto da Berengario
dall’anno 1309 al 1315. I quinterni sono due. Il primo conta carte trenta-
nove, ed il secondo carte ventisei, scritti da diverse mani: l'inchiostro nel
primo è più chiaro, ed ambedue presentano i caratteri dell’epoca predetta.

IV

Il quarto documento sono tre quaderni costituenti il codice 1v menzio-
nato dal Mosconio. Il primo mancante di due carte, comincia da carta CcccxLI

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' 154 SILVESTRO NESSI

(441) e dal testimone xxxvii, conta carte quarantotto, finisce con la carta
ccccxcir (492) e col testimone xxxix. La carta 464 non è numerata, e man-
cano altre due carte. Il secondo comincia da carta ccccxciri (493) e col te-
stimone xxxIx, conta carte quarantasei, finendo con la carta DxxxvI (538)
inclusive, e col medesimo testimone xxxix. Il terzo comincia da carta DxXL
(540), quindi mancante di una carta, e col testimone xr, conta carte cinquanta
finisce con la carta DLXxxIx (589), e col testimone Lxvi. La scrittura dei detti
tre quaderni é del secolo decimoquarto, non posteriore alla prima metà. Il
sesto è in foglio piccolo come il precedente n. 111, e su carta bambacina.

V

Il quinto documento legato in pergamena, intitolato Liber quintus, con-
tinua la numerazione del codice rv dalla carta pxc (590) col testimone LXvII,
e termina a carta DccxIx (719) col testimone ccxxxvrir. Scrittura del secolo
XIV : la mano è diversa da quella dei tre quaderni del codice n. Iv, il sesto
è ancora in foglio piccolo, ed in carta bambacina. Nel mezzo sono sei carte
in cui per errore dell'amanuense si cominciò la copia del tomo Iv: dopo di
queste la numerazione prosiegue regolarmente. Ha per retroguardi due fo-
gli della relazione dei cardinali di cui al num. seguente.

VI

I seguenti documenti sono tutti in foglio massimo e su carta bambacina.
Il sesto socumento ha carte otto non numerate con rubriche in rosso. È la
semplice relazione dei cardinali, arriva sino al miracolo cLxx, ed appar-
tiene alla prima metà del secolo xiv.

VII

Il settimo documento è la medesima relazione : fino al miracolo cxxII ;
ha le rubriche in rosso ; contiene otto carte, le due ultime alquanto corrose nel
mezzo. Il giudizio sull’età del codice è che appartenga all’epoca medesima,
secolo decimoquarto : la scrittura sembra di scuola francese. Alla carta 2.
in calce si trova segnato Egidius Rogeri.

VIII

Il documento ottavo sono tre carte, delle quali la prima e terza a colonna,
del secolo decimoquarto ; la prima e seconda di mano francese, per quanto
pare, la terza di mano italiana.

IX

Il nono documento è un'altra relazione con le rubriche a colonna ; conta
carte diciassette, e il codice appartiene al medesimo secolo decimoquarto.
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 155

X

Il decimo documento é un'altra relazione incompleta sotto lineata rossa
nelle rubriche, di carte dodici, codice del medesimo secolo decimoquarto,

.

mostra più esplicitamente i caratteri della prima metà del secolo decimo-
quarto.

XI

L'undecimo documento è altra copia della relazione con apostille e testi-
monianze, contiene carte quarantotto mancante del principio e del fine:
epoca secolo decimoquarto.

XII

Il dodicesimo documento è parte dell'elenco dei 303 miracoli incompleto ;
ha carte quindici, con una carta dimezzata. Codice della prima metà del se-
colo decimoquarto.

XIII

Il decimoterzo documento è pure parte dell’elenco dei 303 miracoli,
ha carte tredici, ed il codice è della prima metà del secolo xiv.

XIV
Il decimoquarto documento é un altro elenco incompleto dei 303 mira-

coli, ha carte ventitre, delle quali tre dimezzate, con i miracoli numerati,
ma non sempre. Codice del secolo decimoquarto verso la sua prima metà.

XV

Documento decimoquinto, due carte contenenti l'elenco dei 35 mira-
coli, con l'indicazione dei testimoni sopra ciascuno, e col giudizio sui mede-
simi. Codice del secolo decimoquarto, scritto prima del 1350.

XVI

Il decimosesto documento è il sommario dei 35 miracoli dal primo fino al
quinto, quindi dal decimosesto al trentacinquesimo, incompleto, ha carte
undici: codice del secolo decimoquarto ; citansi nel margine i libri della
recollezione, portansi le testimonianze per intero.

XVII

Il documento decimosettimo ha carte sei, delle quali l’ultima è quasi
corrosa nella parte inferiore : anche la quarta e la quinta ha corrosioni verso
il mezzo. Le rubriche sono in rosso: contiene parte del miracolo xvii, e poi
dal xvii fino al xxxv inclusive, ch'é incompleto. Al margine sono segnati

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156 SILVESTRO NESSI

i libri della recollezione, appartiene alla prima metà del secolo decimoquarto,
e come l’antecedente contiene le testimonianze per esteso.

XVIII

Il decimottavo è un altro sommario dei 35 miracoli dal vi al xxx, e perciò
anche esso incompleto: ha carte dieciotto, riporta l'indicazione dei libri
della recollezione in margine, con le testimonianze, ed appartiene esso pure
alla prima metà del secolo decimoquarto.

XIX

Il decimonono è un altro sommario dei 35 miracoli dal vi al xxx neppur
esso completo: ha carte dieciotto colle rubriche e sottolinee rosse, riporta
l'indicazione dei libri della recollezione, ma di altra mano: appartiene al
secolo decimoquarto : pare copia del documento n. xvir, perchè dove si trova
errato nel primo, si vede l'errore medesimo nel secondo.

XX

Il documento dentro fodera di messale da morto, contiene due perga-
mene evidentemente scritte sotto papa Innocenzo vir, negli anni 1490, 1491
con la sentenza emanata da Guglielmo de Perrenis uditore della camera,
con la quale s'intima alle monache di Montefalco di ritornare alla regola di
S. Agostino, e la scomunica a quelle di esse che avevano cambiato la regola
medesima in quella Francescana.

Ci furono presentati tre fascicoli distinti coi numeri arabi 4. 5, 6 (carat-
tere recente) di carte otto, quattordici, e sei, più un foglio volante con si-
gillo in ostia ; quali documenti peró non giudicammo appartenere alla causa
presente.

Roma 24 maggio 1881.

Generoso Calenzio della Congregazione dell'Oratorio, Bibliotecario della.
Vallicelliana e consultore della S. C. dei Riti.

D. Gregorio Palmieri O. S. B. secondo custode dell'Archivio Vaticano.

Giuseppe Herzen addetto all'Archivio Vaticano.

XII

Pagina originale frammentaria del processo apostolico (1318), ritrovata a Mon-
tefalco.

Arch. del monastero di S. Chiara, Miscellanea di documenti dei secc. XIV-X VI; 1.

CCXCVII. Item proponit et probare intendit magister Berengarius syn-
dicus et procurator predictis nominibus quibus supra quod (dominus) no-
I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 157

bilis et potens vir dominus Philippus de Picina miles de civitate Perusii
habuit lapidem in vesica ex quo inmensis doloribus vexabatur et mori veri-
similiter credebatur. Et sancta Clara de Montefalco predicta subito et mira-
culose liberavit eum. Testes ipse dominus Philippus et Mucius domini Lelli
de Assisio militis potestas terre de Montefalco.

[CCXC]VIII. Item quod Angelucius de Carpino de dicta civitate Perusii
fuit infirmus febre continua et infirmitate gravissima ex qua decessit et fuit
comuniter habitus et reputatus pro mortuo et per miraculum et virtutem
sancte Clare predicte fuit p[lenarie] liberatus. Testes, ipse Angelucius, do-
mina Pausola eius uxor, Bartholucius eius filius, domina Guitarda eius soror,
Vantes eius] famulus, Perusinus Johannis, Gisula Canbii.

Item quod sancta Clara predicta miraculose subito et plenarie liberavit
Sumanam filiam Mucii Pauli de eadem civitate a morbo epilectico seu ca-
duco. Testes ipse Mucius pater, domina Margarita mater, domina Mita avia,
dominus Hofreducius Aldebranducii, iurisperitus, avus maternus dicte puelle.

Item dicit proponit et probare intendit syndicus et procurator predictus,
quod sancta Clara predicta miraculose et subito liberavit Pucharellum Sa-
batoni de Mevanea ab apostemate, inflatura et dolore coxe. Testes ipse Pu-
charellus, Horegucius eius frater et eorum uxores.

Item quod [ipsa] sancta Clara [predicta] subito et miraculose illumina-
vit et liberavit Clarellam Iohannis Thomassoni de dicto loco Mevanee de
vayta sancti Petri a cecitate oculi sinistri. Testes ipsa Clarella, et Iohanna
eius mater, Bichola Brunacholi vicina.

Item quod ipsa sancta Clara subito et miraculose liberavit Tenuturam
Andriici Brunachoni de villa Casalis a morbo caduco. Testes domina Gracia
eius mater, Pucora et Angelillus Brunachoni, Marcibilia Angelilli, Blunda
Bernardi, omnes consanguinei et vicini.

Item de morbo consimili similiter liberavit Thomasuciam Angelelli Ia-
coboni de Camiano de villa de Agello. Testes, Angelellus eius pater et do-
mina Gemma eius mater.

Item quod sancta Clara predicta subito et miraculose et plene liberavit
Bartholucium Pauli Massariti de Stanhano a dolore et impotentia brachii.

Testes, ipse Bartholucius, et dominus Paulus eius pater, domine Margarita

mater, et Barthola amica ipsius. B.

Item eodem modo Pucharellum Pragucii Iacobi de eodem loco, an in-
flatura et tortuositate tibie et inflatura ac impotentia ambul[andi. Testes ipse
Pucharellu]s, domine Iohanna eius mater, Angela soror, Brunamons frater,
Vanellus Corr[adi].

(Nota — In più volte, come si è visto, dal monastero di S. Chiara in Monte-
falco furono asportati fascicoli e codici degli antichi processi, che non vi fecero
piü ritorno ; ed essi, all'esame ultimo, raggiunsero il numero cospicuo di venti
pezzi. Ora, l'unico frammento reperibile abbiamo avuto la fortuna di rinve-
nirlo, dimenticato, nell'archivio delle agostiniane di Montefalco, che, sebbene
158 SILVESTRO NESSI

molto depauperato nel corso dei secoli, conserva tuttavia una ricchezza do-
cumentaria notevole. Come si puó vedere dalla descrizione delle carte proces-
suali fatta del 1881, il doc. xir recava una carta dimezzata ; mentre il doc.
XIV di carte dimezzate ne aveva tre: i due fascicoli contenevano l'elenco
dei 303 miracoli, che nel doc. xiv erano numerati. Il nostro frammento —
mezza pagina — misura mm. 210 x 310, contiene la descrizione dei mira-
coli con numerazione marginale. È quasi certo, dunque, che faceva parte
di uno dei sopracitati codici, più probabilmente del xiv).

XIII

Carteggio relativo alla riassunzione della causa di canonizzazione,

Montefalco, Archivio storico comunale, Lettere del P. Giovanni Valerio Aqatoni.

N. 3 — Roma, 10 dicembre 1724

« Illustrissimi signori padroni colendissimi.

Ieri sera in sagra Congregatione de' Riti usci questo decreto = Spole-
tana = b. Clarae de Monte Falco = Pro aperitionem = in virtù di cui si farà
l’aperizione formale della cassetta, già da me portata, e consegnata sin da
che venni brevi manu a mons. Tedeschi, che questa mane è ito a palazzo ad
assistere alla cappella tenuta da N. S.

Oggi a nome di cotesto pubblico mi son portato ad inchinare l’eminentis-
simo Ottoboni, ma alla sfuggita, mentre S. E. calava in chiesa per assistere
a’ primi vespri della festa di domani di s. Damaso, onde appena gli ho insi-
nuato il motivo della mia venuta, per supplicarla del di lei patrocinio.

Ho poi avuta la sorte d’incontrarmi nella Chiesa Nuova quando ivi è
giunto N. S.; che sino alle ore 24 dimorato dentro la cappella del nostro s.
padre, all’uscire in piazza suonando l'Ave Maria, sceso dalla sedia gestatoria,
si è posto genuflesso in terra. Fatto degno di eterna memoria, e che a ciascun
fedele insinua ciò che devesi per sua banda. Preghino Dio, che a me diasi
l’adito, siccome vado intavolando, benché vi si richieda l'opportunità. Tanto
per loro consolatione, in argomento della brama ho di servir la mia amatissima
patria, e sempre piü mi ridico.

Roma 10 dicembre 1724.

Umilissimo servitore obbligatissimo
Giovanni Valerio Agatoni »

Fuori: « All'Ill.mi sig.ri padroni colendissimi
li sig.ri Priori di Montefalco ».

N. 5 — Roma, 23 dicembre 1724.

« Co’ i più vivi sentimenti del cuore auguro dal cielo alle SS. VV.

Ill.me,
ed a tutta cotesta mia dilettissima patria felicissime le ss. feste,

nel corso delle
dI INIT

I PROCESSI PER LA CANONIZZAZIONE DI SANTA CHIARA DA MONTEFALCO 159

quali sarebbe d’uopo convocassero il consiglio per venire alla pubblica ele-
zione de’ procuratori, o postulatori, che siansi nella causa reassunta della
canonizzazione della nostra b. Chiara, e potrebbon compiacersi elegger per
uno il sig. abbate Valerio Venantii romano, di cui ho sperienza, e posso ripro-
mettermi, e per l’altro potranno porre me : a tal oggetto accludo quivi l'ab-
bozzo del mandato di procura da stendersi, purchè si rimandi con tutta ce-
lerità in pubblica forma ; e frattanto fo le mie parti e con porporati e pre-
lati, né perdo momento di tempo ....».

Fuori: c. s.

N. 13 — Roma, 31 gennaio 1725.

«Questa mane sono stato in S. Pietro a parlare all'eminentissimo Cor-
radini per l'affare della nostra b. Chiara, e mi ha cortesemente risposto, che
nel principio di quaresima si darà da lui mano, siccome con tutt'ardenza ha
fatto sin qui. Successivamente mi son portato al Corso da mons. Riviera segre-
tario della Sagra Congregatione dell’Acque ... ».

Fuori : c. s.

N. 15 — Roma, 14 febbraio 1725.

«... Mi consolo, che ad ogni modo non ho perduto tempo perchè si è
fatigato, e si fatiga tuttavia e per la causa di cotesto pubblico, e per l'altra
della beata Chiara, sin nel giorno di ieri, ultimo di carnevale, come viddel
ocularmente il sig. prior Bechelli, che mi ritrovó nella libraria Angelica di S.
Agostino con quel padre procurator generale dell'Ordine, e se il Signore di-
sporrà, che trovi quanto cerco, spero assai potrà contribuire ad agevolare
ciò che si è promosso... ».

Fuori: c. s.

N. 17 — Roma, 27 dicembre 1725.

« Toccante l'affare della canonizzazione della b. Chiara, sono presen-
temente mosse alcune obbiezioni, che stimasi necessitoso un congresso con
mons. Tedeschi, e mons. Lambertini, per giungere al fondo della validità
delle prove resultanti dalle scritture prodotte, che dubbitansi sian per essere
in forma probanti: vedes'insomma, che il demonio usa ogn'arte per frastor-
nare l'opera si santa, onde fa di mestiere armarsi di costanza, colla fiducia final-
mente di vincere, riflettendosi dall'altro canto a gli aiuti che Dio sommini-
stra, e lumi, che comparte....».

Fuori : c. s.

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160 SILVESTRO NESSI

N. 18 — Roma, 20 giugno 1728.

«Molto reverendo padre signore padrone colendissimo.

Doppo la di lei partenza da Roma altro non si è fatto nella causa della
b. Chiara, che far scrivere dal sig. cardinale Corradini in Avignone per sapere,
se colà si riscontrino li processi di detta causa, conforme crede mons. Lam-
bertini, né fin ora se n'é avuta risposta precisa, solo si € mandata una copia
delli due brevi di Giovanni xxir a lei ben noti per formare li detti processi.
Mi disse peró giorni sono il sig. cardinale che si aspettava in Roma tra pochi
giorni il segretario del vescovo di Avignone, da cui si sarebbe avuto piü pre-
ciso riscontro di quanto si desidera sapere.

Dovea farsi altre diligenze per il suddetto effetto anche nell'archivio di
S. Pietro, e di Castel S. Angelo, ma perché quelle importavano spesa, ne fu
sospeso l'ordine per mancanza di denaro. Ora che poi si è fatta da cotesto
pubblico l'ottima risoluzione di prendere scudi trecento a censo per benefi-
cio di detta causa, si faranno fare le dette diligenze, e tutt'altro, che si sti-
marà necessario, e a suo tempo di ciò che vi sarà di nuovo, ne haverà V. S.
la rincontra. In esecuzione anche de suoi commandi mi sono di già portato da
mons. Ancaiani, a cui ho detto che volendo la città di Spoleti dare li scudi
cento, che accenna, non vi era di bisogno di alcun mandato di procura,
ma basta, che li trasmetta a lui, e che poi li deposita dal sig. Antonio Anta-
mori per servizio della detta causa, ed essendo restato persuaso ne scriveró in
quellordine alla detta città, perchè si regoli nel modo suddetto. Quest’è
quanto mi accade dire in risposta della sua stimatissima, e pregandola della
continuazione de suoi commandi in tutto ciò mi conoscerà abile di poterla
servire, come pure di tenermi raccomandato alla detta beata nelle sue ora-
zioni, e di riverirmi il P. Bartolomeo, divotamente mi rassegno.

Roma, 20 giugno 1728.

Devotissimo servitore obbligatissimo
Domenico Chiaverini ».

Fuori : «Al molto reverendo padre signore padrone colendissimo
il padre Giovanni Valerio Agatoni della Congregatione dell'Oratorio
Spoleti per MONTEFALCO ».

eg -
Note e documenti

Un codice todino, una data
e le “bibbie atlantiche ,,

A Todi, nella Biblioteca Comunale, si conserva un codice in
due volumi, segnato 7-2, contenente i Moralia in Job di S. Gre-
gorio Magno !).

Sebbene nel suo prezioso ed ormai rarissimo catalogo dei codici
di quella biblioteca il Leonij già nel 1878 (il Mazzatinti ancora
non aveva dato inizio alla serie di inventari che porta il suo nome)
lo descriva con sufficiente accuratezza e con ricchezza di notizie 2),
da allora in poi esso non ha più richiamato l’attenzione degli studiosi.

Orbene, quando, nella mia esplorazione sistematica dei mano-
scritti miniati delle biblioteche umbre, giunsi a Todi (e già dal
Leoni} sapevo di alcuni caratteri del codice, che ora esporrò), a
prima vista classificai il codice nel gruppo delle cosiddette « bibbie
atlantiche » umbro-romane : un codice atlantico umbro-romano,
dunque e, come vedremo, datato, e datato a prima del 1040.

Infatti, a c. 1/r del primo volume del codice (ms. 1) si possono
leggere, l'una sotto l'altra, le seguenti iscrizioni in versi leonini
(o heroici, come si afferma all’inizio della seconda), che trascrivo
diplomaticamente, discostandomi alquanto in più luoghi dal testo
pubblicato dal Leonij nel suo catalogo ?) :

1) Doctor apostolic(us) gregorius ecce beatus.
Nomine cum verbis docet his vigilare sup(er)nis.
Moribus et dictis nos dulcibus ammonet istis.
Qualit(er) e(s)t via que vera in gaudia regni.
Et miseram vitam fugiamus qualit(er) est ista. 5
Q(ue) q(uod) non stare valet, que pessima cuncta suadet.
Q(ue) velut umbra fuit comites ad tartara ducit
Eu quib(us) est cara cito postqua(m) fiet amara.
E(t) docet iste liber cunctis moderamina vite.
Que nam vitanda vel que sint recta tenenda 10
Qui sint virtutum conflictus vel vitior(um)

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2 ANTONINO CALECA

Patrib(us) abbatib(us) ..... cum carmine iusi
Quod n(on) corresit vel quod viciosa neglesi
Parce pat(er) queso post hac p(ro) posse parebo

Versus heroici

Anno centeno bis q(ui)nq(ue) et quadrigeno.

Post humanatum et p(ostqua)m de vgine natum.
Qui de p(ro)le pia natus ut fer prophetia.
Mumdum salvavit que(m) me plaust(r)us ligavit.
Quem p(ro)didit Judas et gens crucifixit hebrea.
Ego tudinus abbas qui dicor indignus.

Eius iam dicti preclari nutu magistri.

Thesauros avens sed magis libroru(m) opes.
Hu(n)c librum emi quem quia multu(m) dilexi.
Pretiu(m) libelli libris simul septe(m) p(er)egi.
Non indignum ferens iob co(m)ptos diligere mores.
Quos pius dictavit quem xr(istu)s ipse beavit.
Gregorius sanctus que(m) salem terre vocam(us).
Qui ang(e)lo dedit scutella(m) qua(m) parens misit.
Istic tu lector si percuntabere doctos.

Facile repperies aures si caute iniunges.

Q(uo)d est exaratu(m) nodis tribus esse ligatu(m)

Mores quos te deceat vel quos utcu(m)q(ue) co(n)te(m)pnas.

Parit(er) abbates om(ne)s simul atq(ue) confratres.

Huc libru(m) fulcire simul atq(ue) custodire.

Ad hec vos alloquor verbisq(ue) obedire deposco.

Si quisqua(m) insulsus que(m) spiritus pulsat p(ro)phanus.
Qui mente ferali conabit(ur) manu rapaci.

Quoquo qui modo abstulerit et vitioso.

Extra limen claustri magnu(m) decus hui(us) libelli.
Cum impio iuda recipiat merita sua.

Sit anathema semp(er) qui rapiet hu(n)c violent(er).
Cupiat portione(m) anni caypha et herode.

Sit semper vincitus laqueis colubris inretitus.

Spiritus eius nequa(m) non colu(m) set herebu(m) petat ;

10

15

20

25

30

Una terza iscrizione, parecchio piü tarda, e prosastica, in capo
alla medesima carta ci dà altri ragguagli sulla storia del codice ;
non completamente decifrabile, essa suona cosi:

3) Ann(o) d(omi)ni wccxxviir q(uo)n(dam) Teudin(us) Ranaldi de tobolo
fuit po(s)it(us) ad facie(n)du(m) statutu(m) mef(r)cat(or)um e(t) statuit

ut la(m)pas a(r)ge(n)tea que facta fuerat / ab eisde(m) me(r)cato(r)ib(us)

———————9
UN CODICE TODINO, UNA DATA E LE « BIBBIE ATLANTICHE ) 163

in eccl[esia sancti] fo(r)tunati vir annis ........ fieret i(n)- ep(isco-
p)atu.

Per concludere, nell'ultimo foglio del secondo volume del co-
dice (c. 178/v del ms. 2) si trovano, di mano dugentesca, tre inni
sacri con musica su pentacordi ed. esacordi, ed un disegno sche-
matico della ruota dei vizi ^.

Ricapitolando, da queste scritte la storia del codice si può
tracciare cosi: eseguito per un'ignota abbazia sotto la direzione
e per ordine di un abate il cui nome si cela nella rasura a v. 12 del
carme 1, fu da questo abate, che è autore di tale carme, corretto
ed emendato.

Esso fu poi, come ci informa l’abate Tudinus nel carme 2
da lui composto, acquistato da tale abate per uso della sua abbazia
nel 1040, per la somma di 7 libbre, forse lucchesi, come suggerisce
il Leonij. Il fatto che il nome di Tudinus non sia cancellato, come
quello dell’autore del carme 1, nonché il nome stesso di Tudinus,
raro al di fuori di Todi, ci fan pensare che questo Tudinus possa
considerarsi un abate di S. Fortunato di Todi.

A S. Fortunato il codice doveva essere già poco dopo il 1228,
data ricordata nella nota 3, a un dipresso verso il 1230-40, epoca
sufficiente per dar tempo a quel Teudinus Ranaldi di morire, e non
discordante con la grafia della nota stessa ; e gli inni e la ruota dei
vizi in fondo al codice ci fanno fede di come tra i monaci di S. For-
tunato e, in generale, tra i Todini di quel tempo, fosse vivo quel
fervore di studi teologici e di intima devozione che spiega la com-
parsa in quell’ambiente, non troppi anni dopo, di Jacopone.

Il codice seguì poi la sorte degli altri di S. Fortunato, narrata
dal Leonij nella prefazione al suo Inventario, ed insieme ad essi
pervenne alla Biblioteca Comunale di Todi.

Ciò assodato, se consideriamo che il codice è perciò da datarsi
a prima (non molto prima, probabilmente) del 1040, e che Tudinus,
anche se non era abate di S. Fortunato, era quasi certamente un
umbro, e che appare verosimile che un umbro comprasse un co-
dice nella zona, piuttosto che andarlo ad acquistare altrove, pos-
siamo dare del codice una datazione cronologica sicura, anche se
non con precisione ad annum, ed una datazione topica assai pro-
babile, anche perché, come vedremo, le sue. caratteristiche codico-
logiche, paleografiche e di decorazione portano a trarre analoghe
conclusioni,

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ANTONINO CALECA

E passiamo ora all'esame del codice in sé: di formato atlan-
tico, scritto da più mani in bella carolina su due colonne, esso ha
appunto tutte le caratteristiche esterne dei codici del gruppo delle
«Bibbie atlantiche ».

Né se ne discosta per la decorazione : la quale consiste in 34 ca-
pilettera miniati all'inizio dei singoli libri dell’opera 5, nonché in
una R a tutta pagina a c. 1/v del ms. 1, all'inizio della prefa-
zione dell'opera, ed in una I a colonna intera, a c. 3/v del ms. 1,
all’inizio del primo libro.

Che tale decorazione fosse eseguita da un'altra maestranza,
diversa dagli scribi, è provato dal grosso equivoco in cui cadde
il miniatore a c. 12/v del ms. 1, all'inizio del libro II: egli dap-
prima dipinse, contrariamente a quanto esigeva il testo, una O,
che poi dovette eradere per dipingere al suo posto, correttamente,
una S.

Le lettere decorate rientrano nel tipo piü diffuso e normale
di lettere capitali impiegate nei codici del gruppo delle « Bibbie
atlantiche » 9 : le barre, delineate con forme ampie, regolari, com-
modulate, contengono una serie di settori più o meno regolarmente
modulari, ciascuno riempito da un più o meno complesso nastro
intrecciato.

Gli apici delle lettere sono anch’essi spesso costituiti da un
intreccio di nastri.

In questo insieme, tutto sommato piuttosto monotono, mal-
grado le continue variazioni che, fondandosi su un consumatissimo
mestiere, il decoratore sa trarre dallo schema fondamentale (parlo
di decoratore al singolare, perché, al di là della probabile attività
di più mani, si può individuare l’intervento pianificatore di una
unica mente direttiva) spiccano le due grandi lettere all’inizio del
codice.

La Ra c. 1/v, che occupa per intero una pagina di grande
valore grafico anche per le scritte in capitale rossa e nera che la
accompagnano, presenta, oltre alle consuete campiture rettangolari
nelle barre, ed agli intrecci di nastri agli apici della barra verti-
cale, anche un complesso girale vegetale su fondo policromo nel
campo interno dell'occhiello.

Tale intreccio si sviluppa intorno ad un asse principale a spi-
rale, che si diparte dalla protome animale alla confluenza delle
tre barre, verticale, curva ed obliqua. Inoltre le tre barre sono
interrotte nel mezzo da un piccolo campo decorato a motivi ve-
UN CODICE TODINO, UNA DATA E LE « BIBBIE ATLANTICHE ) 165

getali, in forma di quadrato «per angulum» in quelle verticale e
curva, di cerchio in quella obliqua.

Quanto. alla I a c. 3/v, anch'essa é divisa nel mezzo da un
campo circolare ad ornati vegetali; le due semibarre che si ven-
gono cosi a creare sono contornate da un bordino a nastri intrec-
ciati, ed occupate da due strisce parallele ancora di nastri intrec-
ciati; l'apice superiore della lettera termina nel consueto intreccio
di nastri di tipo irlandese, mentre l'apice inferiore è costituito da
un tralcio vegetale tripartito.

In. tutte le lettere, e soprattutto nella grande R e nella grande I,
il susseguirsi di motivi analoghi è sostenuto, ravvivato, sbanaliz-
zato dall’alternarsi dei colori della ricca e vivace tavolozza, che
è quella consueta per le « Bibbie atlantiche » : giallo, rosso, blu,
violetto e bianco.

Mi sono dilungato nella descrizione di queste tipologie, in
fondo abbastanza consuete nel gruppo delle «Bibbie atlantiche »,
perché, in presenza di questo fortunato caso di codice datato, mi
sembra indispensabile rendersi conto del modo in cui sono state
eseguite le sue decorazioni, come presupposto alla possibilità di
ricostruire la storia di apporti personali e di abbandoni della tra-
dizione da cui nascono i codici del gruppo delle « Bibbie atlantiche ».

Ora, in presenza di un codice, come il Todino 1-2, in cui la
tipologia delle lettere con barre a campiture rettangolari si pre-
senta ancora in uno stadio di eccezionale purezza, e che, inoltre,
è da considerare — per quanto poco di certo sia dato ancora in-
ferire sulla cronologia relativa del gruppo delle « Bibbie atlantiche » —
uno dei più antichi esemplari pervenuti di quel gruppo, è lecito
porre il problema della genesi di una tal tipologia, e cioè, per im-
postare il problema negli schematici termini in cui si.concede di
inquadrarlo lo scarso sviluppo della storiografia artistica in ma-
teria, esaminare l'apporto « insulare » e quello « carolino » alla for-
mazione di tale tipologia.

Per un'indagine del genere mi è risultata assai utile l'opera
della Michèli su L’enluminure du haut moyen age et les influences
irlandaises ?, che, pur non giungendo fino al secolo xi, delinea
un quadro sufficientemente ampio e convincente della diffusione
della cultura figurativa iberno-sassone nell'Europa continentale,
prendendo in esame anche fenomeni più antichi, ma assai affini
al nostro, come la diffusione di ornati di lettere di tipo insulare
in area beneventana.

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ANTONINO CALECA

Lettere dalle tipiche forme «atlantiche », e cioè con barre
contenenti campiture rettangolari a nastri intrecciati, e con apici
ad intrecci di nastri, si trovano già in codici prettamente insulari,
come l’Evangeliario A.1.16 della Cathedral Library di Durnham *),
o l'Evangeliario «di St. Germain-des-Prés », ms. F.v.1. 8 della Bi-
blioteca Pubblica di Leningrado ?.

Lettere di tal genere si riscontrano frequentemente anche nei
codici del gruppo cosiddetto «franco-sassone », a cominciare dalla
Seconda Bibbia di Carlo il Calvo, ms. Parisino Latino 2!9; ed in
questo gruppo è particolarmente notevole l'Evangeliario, del secolo
IX, da Fulda, ms. Fol. 29 dell’Universitàtsbibliothek di Monaco !!),
che a c. 59 presenta una barra a campiture rettangolari, inter-
rotta, come la I a c. 3/va del nostro. codice, da bolli decorati ;
ed uguale partito si riscontra anche nell' Evangeliario di S. Ludgero,
del. secolo rx, ms. Helmsteriano 321 della Biblioteca di Wolfen-
büttel 12).

Tra i codici certamente italiani dei secoli rx e x, non molti
cd in genere pubblicati con insufficiente corredo illustrativo (salvo
parecchi dell'area beneventana) 9, è possibile trovare significative
rispondenze nella decorazione sia degli apici che delle barre nei
Salterio bobbiese, del secolo x*, ms. Vaticano Latino 83.A !?, mentre
nel Sacramentario di Warmundus, ms. 86 della Biblioteca Capito-
lare di Ivrea !9 si trovano affinità con le « Bibbie atlantiche » sol-
tanto nella decorazione degli apici delle lettere.

Quanto ai codici in scrittura beneventana prodotti nell'Italia
meridionale in questo torno di tempo, é bensi vero che alcuni di
essi (come, per esempio, le Epistole di S. Paolo, ms. Vindobonensis
Latinus 903; i Gregorii Moralia in Job, ms. Cassinese 73; il Le-
zionario, ms. Vaticano Latino 1202)!9? impiegano come decora-
zione delle lettere le campiture rettangolari, ma inserendole in con-
testi talmente diversi, rispetto a quelli delle « Bibbie atlantiche »,
che non si può pensar ad altro che ad uno sviluppo parallelo.

Mi sembra poi inutile tentare una ricerca comparativa, sul
tipo di quella compiuta per le campiture rettangolari, nel caso
dell'intreccio di girali vegetali, riscontrabile nel Todino 1-2 nella
R a c. 1/v: si tratta infatti di un motivo che, al seguito dell'espan-
sione politica e culturale carolina, conquista quasi senza eccezioni
tutto l'occidente europeo, ed il constatarlo non puó quindi portare
alcuna chiarezza nel problema della genesi delle « Bibbie atlantiche ».
Mi sembra dunque che il Todino 1-2 debba considerarsi un
-—————

UN CODICE TODINO, UNA DATA E LE « BIBBIE ATLANTICHE » 167

codice eseguito da chi, consapevolmente o meno, era ancora in
gran parte dominato dallo spirito di rigorosa coordinazione mo-
dulare trasmesso all'Europa continentale dai decoratori degli scripto-
ria iberno-sassoni. Non é da stupirsi se, come ci inducono a cre-
dere dati stilistici e filologici, questa operazione fu compiuta in
Italia: si tratta di un caso, come se ne possono trovare tanti nella
storia delle arti, di vitalità assai prolungata di uno schema deco-
rativo proprio per la sua proclività a diventare schema, a perdere
la sua qualificazione genetica di scelta e ad entrare nel patrimonio
delle ideae communes.

Ció non vuol dire che le decorazioni del nostro codice siano
ripetizione volgare, o stanca applicazione di schemi : esse rientrano
piuttosto nel campo di un quieto e dignitoso inserimento entro
una tradizione abbastanza consolidata, all’interno della quale, se
non sì compie una rivoluzione linguistica, si può tuttavia giungere,
attraverso un continuo lavoro di lima, al risultato di una non
appariscente profondità di coscienza stilistica, che può completa-
mente sfuggire a chi si fermi ad una piatta e superficiale consta-
tazione degli schemi in sé.

Se ora consideriamo la bibliografia specifica sull'argomento
delle « Bibbie atlantiche », troviamo che la riscoperta del Todino 1-2
inficia la validità della maggior parte degli studi finora compiuti
in proposito. Trattazioni come quelle del Toesca !?, del Boechler !8
e del Garrison !°, pur altamente meritorie per avere, rispettiva-
mente, segnalato il problema, averlo connesso con l’arte. europea
contemporanea, ed aver pubblicato un’ingente mole di materiale
inedito, si limitano tuttavia a classificare il materiale in base ad
una cronologia del tutto congetturale e ad elementi che soltanto
per estensione si possono chiamare stilistici (tale, per ‘esempio, è
il pallio bicolore che il Toesca sceglie come elemento essenziale
per le sue classificazioni).

Particolarmente zelante in questo modo di procedere è il Gar-
rison, che, in base ad interpretazioni dei dati esterni ed interni
dei codici talvolta ambigue, talvolta decisamente errate, ne compie
un raggruppamento cronologico partendo dal presupposto che nes-
suno di essi sia anteriore al 1075 circa 29),

Un tal edificio di cronologie assolute e relative crolla di ne-
cessità dinanzi al nostro Todino 1-2; ma già prima ci si era accorti
della fallacia di molte di tali conclusioni : il Berg, che già in pre-

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cedenza aveva cercato di porre qualche punto fisso in mezzo alla
ridda delle ipotesi del Garrison ?», ha recentissimamente pubblicato
un articolo 22) in cui si dimostra, attraverso un corretto riesame di
documenti mal adoprati dal Garrison, che la Bibbia di S. Cecilia
in Trastevere, ms. Vaticano Barberiniano Latino 587, la Bibbia
di Enrico IV, ms. Clm. 13001 della Staatsbibliothek di Monaco e
la Bibbia di S. Ponziano di Spoleto, ms. 1/11 della Biblioteca Comunale
di S. Daniele del Friuli, sono rispettivamente anteriori (e non
posteriori, come il Garrison credeva) al 1091, al 1084 (o forse al
1075), ed al 1078.

Con la pubblicazione del Todino 1-2 ho inteso dare il contri-
buto di un punto fermo all'interno della storia della miniatura (e
della pittura, ad essa intimamente connessa) del secolo xi: ma
certo, se in essa non si procederà sulla retta strada, che é quella
dell’inserimento dei singoli monumenti non in astratte classifi-
cazioni cronologiche e stilistico-tipologiche, ma in una trama di
tramitazioni culturali rettamente ricostruite, anche questo con-
tributo poca utilità potrà portare.

ANTONINO CALECA

NOTE

1) Due volumi membranacei, sec. x1 (prima del 1040), cm. 55,5 x 24,5.
Vol. 1 (ms. 1):'cc. 1 + 149 + 1, guardie membranacee.
Vol. r (ms. 2): cc. 1 + 178, guardia membranacea.

Scrittura carolina su due colonne di 60 righe, righe e colonne delineate
a secco, inchiostro nero, incipit, colophon e lettere capitali rubricate.

Contenuto : S. Gregorii Moralia Super Job: il vol. 1 contiene, da c. 1/v
a.c. 149/vb i Il 1-xvr ; il vol. rr, da c. 1/ra a c. 178/rb, i ll. XVII-Xxxv.

Le guardie del vol. 1 sono costituite da difogli di un'opera ecclesiastica,
in scrittura gotica del sec. xiv.

La guardia del vol. r1 è bianca.

Per il contenuto delle cc. 1/r del vol. 1 e 178/v del vol. ir vedi più
oltre nel testo, e la nota 4.

A cc. 1 ant./v e 149/vb del vol. 1 si notano scritte erase.

Legature in assi e pelle marrone, almeno dugentesche, con chiodi sui
piatti e sulle coste, e chiudende ; nel dorso, indicazione del contenuto, in
scrittura gotica.

? LEonIJ Lorenzo, Inventario dei codici della Comunale di Todi, Tip.
Foglietti, 1878, pp. xx-104; la descrizione del nostro codice è a pp. 1-3.
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UN CODICE TODINO, UNA DATA E LE « BIBBIE ATLANTICHE»

'* LeoNIJ, Inventario, pp. 1-2.
*) In particolare :
a) Inno
Inc. : « Amor xr(ist)i s(an)c(t)issim(us). quasi sol splendidissim(us) »
Expl: «po(n)dus q(u)o su(r)su(m) ferim(us). vita q(ua) d(e)o iu(n)-
gim(us) »
b) Inno
Inc.: « Amo(r) omnis me xr(ist)e ..... at. sicut cervus ad fonte(m)
p(ro)p(er)at. »
Expl: «nichil d(e)st ill(is) leticie. sed affecta(n)t cotidie. te videre»
c) Inno
Inc: «Beata viscera marie vi(r)ginis. cui(us) ad ubera rex magni no-
minis »
Explicit mal decifrabile.
d) Ruota dei vizi, disegnata col compasso, con didascalie.
5) Le ministure sono le seguenti:
vol. 1: c. 1/v: R a tutta pagine; c. 3/va: I a tutta pagina; c.
12/va: S, su precedente O, poi erasa; 21/ra: B; 30/rb: Q; 41/rb: C ;
93 va: S; 62/ra: Q; 70/ra: P; 84/ra: P, a 2/3; 97/ra: Q; 105/ra: Q ;
112/rb: M; 119/ra: E; 124/ra: S; 133/va: Q; 142/ra: Q;
vol. 1: 1/ra: Q; 8/ra: P, a 2/3; 20/rb: Q; 29/rb: Q; 40/ra:
I,'a 2/3; 45/vb: Q; 55/ra: P; 63/rb Hi: 70/va sila 1/25 .77/ra;01;
88/vb : Q; 100/ra: P; 107/ra: D ; 117/ra: B; 128/vb: I, a 1/2; 143/va :
S5 152/vb A ; 164/ra* 0; 171/rb: Q.
‘) Il nome si deve al ToEsca, 1929, p. 74 (v. nota 17).
") MicHÈLI GENEVIEVE, L'enluminure du haut moyen age et les influences
irlandaises, Bruxelles, La Connaissance, 1939.
*) v. Lowe E. A., Codices. Latini Antiquiores, 11, n. 148 a-c, pp. 10-11
e 47 (con bibliografia); Masar, F., Essai sur les origines de la miniature dite
irlandaise, Bruxelles-Anvers, 1947, tav. 40a e passim nel testo ; McGunk,
PATRICK, Latin Gospel books from a. d. 400 to a. d. 800, Paris, etc., 1961,
nn. 10-12, pp. 27-29 e passim. ;
°) v. McGuRK, 1961, n. 126, p. 101 (con bibliografia) e passim.
109) v. BIBLIOTHEQUE NATIONALE, Manuscrits à peintures du VII* au
XII* siécle, Paris, 1954, n. 58, p. 29 (con bibliografia).
4) v. SWARZENSKI GEORG, Die regensburger Buchmalerei, Leipzig, Hierse-
mann, 1901, pp. 7 e 17.
12) v. MicHELI, 1939, p. 156 e tav. 241.
13) y. MICHELI, 1939, pp. 166-68.
^) v. MicHELI, 1939, pp. 235-37.
15) v. MAGNANI Luici, Le miniature del Sacramentario di Ivrea e di
altri codici warmondiani, Città del Vaticano, 1934 (con bibliografia).
1*) v. nota 13.

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TEZZE 170 ANTONINO CALECA

1?) Toesca PiETRO, Storia dell’arte italiana, I, Il medioevo, Torino,
UTET, 1927; in., Miniature romane dei secc. XI° e XII°. Bibbie miniate,
in «Rivista del R. Istituto. d’archeologia. e storia. dell’arte », 1 (1929).

18) BoECHLER ALBERT, Abendlündische Miniaturen bis zum Ausgang
der romanischen Zeit, Berlin und Leipzig, De Gruyter, 1930.

19) GARRISON EDWARD B., Notes on the history of cerlein twelfth-cenlury
Central Italian manuscripts of importance for the history of mediaeval Italian
painting, in «La Bibliofilia », LIv (1952), pp. 1-34 ; rp., Studies in the history
of mediaeval Italian painting, Firenze, - L'Impronta -, vol. 1, 1953-54, vol. II,
1955-56, vol. 111, 1957-58, vol. rv, 1960-62 ; in., Notes on certain Italian me-
diaeval manuscripts, in « La Bibliofilia », txvru (1966), pp. 1-30, 1xix (1967),
pp. 1-68.

20) y. GARRISON, Studies cit., elenchi a pp. 68, 113-14, 176 del vol. 1;
69, 113, 158, 226 del vol. 11; 80-81, 168-69, 229-30 del vol. IH; 374-75
del vol. 1v.

Il codice « atlantico » più antico è, secondo il GARRISON, la Bibbia, ms.
Lat. 1 della Bibliothèque Publique di Ginevra.

1) BeRG, KNUT, An illustrated Florentine Bible dated 1140, in GARRISON,
Studies cit., vol. 11, pp. 199-202.

*) BEgna KNUT, Notes on the dates of some early giant Bibles, in « INSTI-
TUTUM ROMANUM NORVEGIAE, Acta ad archeologiam et artium historiam
pertinentia », 11 (1965), pp. 167-76.
Tav. I

Tav. II

Tav. III

Tav. IV

Tav. NV

Tav. VIa
Tav VIb
Tav VIIa
Tav... VIIIa
Tav. VIIIb
Tav IXa
Tav. IXb
Tav. Xa
Tav. Xb
Tav XIa
Tav XIb
Tav XIIa
Tav XIID
Tav. XIIIa
Tav. XIIIb
Tav. XIVa
Tav. XIVD
Tav XVa
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ELENCO DELLE ILLUSTRAZIONI

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» RECENSIONI

Luigi ScAnAMUCCIA, Le finezze dei pennelli italiani ammirate e studiate da
Girupeno sotto la scorta e disciplina del Genio di Raffaello di Urbino, a
cura di Guido Giubbini. Milano, Edizioni Labor, 1965.

Merita davvero lode incondizionata l'iniziativa delle Edizioni Labor,
volta a darci in ristampa anastatica, una serie di opere dell'antica storio-
grafia artistica italiana, alcune delle quali assai rare, spesso introvabili. Basta
gettare uno sguardo sul piano della collana diretta da Angela Ottino della
Chiesa e da Bruno della Chiesa per comprendere subito quale vantaggio ne
potrà venire agli studiosi, una volta che sarà stata realizzata per intero.
Non solamente le biblioteche non specializzate ma, data la spesa non ecces-
siva, persino gli stessi privati potranno avere a loro disposizione venticinque
autori nelle edizioni originali, ciascuna delle quali corredata da un ampio
commentario redatto da uno studioso specialista.

E se sarà cosi utilissimo tenere a portata di mano i piü famosi testi
quali il Vasari, il Borghini, il Bellori, il Baldinucci, non meno preziosi risul-
teranno i minori, gli scrittori d'arte locali, gli autori stampati una sola volta
in poche centinaia di copie ; come per esempio queste Finezze dei pennelli
italiani del pittore perugino Luigi Scaramuccia (1616-1680) edite a Pavia
nel 1674, con le quali si é inaugurata appunto la nuova collezione.

Se l'opera pittorica dello Scaramuccia é caduta nella dimenticanza (e
per quel poco che abbiamo visto, ci sembra, non proprio immeritatamente),
tutti coloro i quali hanno qualche dimestichezza con la letteratura artistica
conoscono invece, dal più al meno, il significato del suo libro, per averlo ap-
preso nel classico lavoro dello Schlosser o nel manuale del Venturi; sanno
per esempio che esso rappresenta una primizia in quel particolare genere dei
« Ciceroni » il quale nasce appunto nella nostra letteratura d’arte secentesca.
Ma quanti sono coloro i quali hanno veramente letto l’originale, quanti cioè
hanno veramente preso in mano questo volumetto per seguire il viaggio di
Girupeno, ovvero dello Scaramuccia medesimo e della sua guida, il Genio
di Raffaello, attraverso l’Italia pittorica ? Ben pochi, crediamo, se non sola-
mente per la rarità del testo, ma anche per la difficoltà nel rintracciare, entro
quella prosa ampollosa, pesante, monotona, i temi ed argomenti di reale
interesse critico e storico.

Ora la nuova edizione corredata dall'ampio commentario ed estesissimi
ndici per opera di Guido Giubbini rende queste pagine più accessibili e quella

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174 RECENSIONI

lettura piü facile e proficua. Ma con ció non si vuole certo affermare che non
sia pur sempre necessario, affrontando una scrittura come questa, armarsi
di pazienza, vincere il fastidio che viene dal modo con cui si svolge il viaggio
dei due protagonisti.

Pensate: maestro e discepolo impegnati su di un tortuoso itinerario che
li porta su e giü per la penisola, che da Roma li conduce inanzitutto a Bo-
logna (per omaggio di dovere ai Carracci ed alla Accademia), poi a Livorno
e, via mare, a Napoli, poi di nuovo a Roma, a Perugia e per le città della
Romagna a Venezia; di qui per il Veneto e la Lombardia, Milano, Genova
e Torino e poi Parma e Modena, ancora a Roma, ove finalmente il Genio
si congeda dal suo pupillo oramai ben edotto nei segreti dell'arte. Un viaggio
faticoso, monotono di chiesa in chiesa, di quadro in quadro, mai o quasi mai
variato ed allietato da qualche nota sui luoghi o sull'ambiente. Mai o quasi
mai un paesaggio, un'impressione di cose o persone, un aneddoto divertente ;
solo un lungo interminabile elenco di opere, descritte nella stessa maniera
pomposa e insieme burocratica, sempre o quasi, gli stessi epiteti, lo stesso
stucchevole frasario dove si sprecano ad ogni pagina i superlativi : « eccel-
lentissimo », «grandissimo », « mirabilissimo », «superbissimo » ; «eruditis-
simo », «singolarissimo », «freschissimo », e cosi via. Insomma un viaggio
compiuto sul filo della piü deteriore didascalica barocca, un continuo pedan-
tesco predicozzo infarcito di uggioso moralismo. E pochi i rilievi diretti, le
osservazioni sincere, quelle che toccano piü addentro la materia, i richiami
allo stile od alla tecnica, come pure ci si sarebbe potuti attendere da un pit-
tore che parla dell'arte sua.

Che differenza, ad esempio, tra il Nostro e l'altro Cicerone contempo-
raneo, pittore anche egli, Marco Boschini, l'autore della Carta del navegar
pittoresco e delle Ricche Minere della pittura veneziana !

Quanto il Boschini é critico veramente geniale e moderno nell'esaltare
con tanta appassionata parzialità l'arte della scuola di casa nel coniare ad-
dirittura un nuovo vocabolario per esprimere le qualità di quella che per lui
é la vera, grande arte del dipingere («quel toco, quei bei colpi del penelo
Quel botizar, quei strizzi e descrizion Che vien da studio grande e cognition
Xe l'unico depenzer tanto belo...»), tanto lo Scaramuccia risulta nella sua
aggettivazione pomposa e convenzionale, ambiguo, scialbo, incerto. Né quel
tono di distacco che si avverte nelle parole del Genio puó essere preso per
vera obbiettività, quella cioé che deriva da una superiore facoltà di giudizio :
essa é invece solo circospezione, prudenza, desiderio di non sbilanciarsi.

Del resto lo Scaramuccia stesso non fa misteri al proposito, quando per
esempio, rispondendo allo stesso Marco Boschini (che, nelle « Finezze » accom-
pagna i due protagonisti nella città lagunare), proprio al Boschini il quale
aveva messo in dubbio la capacità di Raffaello negli scorci anteponendogli il
Veronese del grande « ovato » di Palazzo Ducale, scrive : « Sentite, o mio Bo-
schini, rispose il Genio, a dirvela ne le prime, io vorrei che lasciassimo di met-
tere in campo di simili discorsi (per altro alquanto odiosi) e ponessimo da par-
RECENSIONI 175

te di dar sentenze di questa sorte, e che non si toccasse per niuno modo la
riputazione d’alcuno ma in particolare di Raffaello, perché essendo egli delica-
tissimo e simile all'Armellino, non devesi al purissimo credito della sua candi-
dezza appressarsi veruna ombra di macchia, né pur col semplice pensiero. . . ».

Ecco dunque la principale preoccupazione dello Scaramuccia, ecco la
massima che potrebbe, a buon ragione, mettersi a capo di questo libro :
«non toccare per verun modo la reputazione d’ognuno ». E se è vero che in
virtù di una siffatta morale il nostro perugino, anzi il nostro Girupeno riuscì
a barcamenarsi molto bene nel difficile mondo degli artisti, se fu perciò che
egli ottenne per le sue « Finezze» l'approvazione degli Accademici di San
Luca (e d’altronde di quel nobile consesso entrò a far parte l’anno successivo
la pubblicazione del libro, nel 1675) è anche vero poi che proprio da questo
fondamentale presupposto viene la monotonia del testo, la noiosità di tutto
il viaggio.

Non per ciò si dirà che dietro un’apparenza così poco invitante manchino
del tutto gli spunti significativi, come già han fatto notare gli specialisti del-
l'argomento e come ripete anche qui il Giubbini nella sua introduzione. Si,
certo, a pesar proprio con le bilancine del farmacista quelle espressioni lauda-
tive, si può alla fine anche capire dove inclini il personale gusto dell’autore.
Ed il Giubbini ha ragione quando afferma che dietro il suo dichiarato classi-
cismo, dietro quel tirarsi sempre all'ombra protettrice di San Raffaello, si
scorge in definitiva una certa propensione per una forma vivacemente mossa
e pittorica, proprio in senso barocco. Sta a dirlo la stessa preferenza che va,
tra i cinquecentisti, al colorismo della scuola veneziana od alla « tenerezza »
del Correggio ; oppure, tra i moderni, al Lanfranco, che agli occhi dello Sca-
ramuccia appare molto superiore (ma si guarda bene dal dichiararlo espli-
citamente), al suo stesso Maestro, Guido Reni ; oppure l'accento di piü franco
e sincero entusiasmo che si avverte nel discorso là dove tocca le opere del
Bernini, come l'Apollo e Dafne e il David, o i tre quadri del Rubens che erano
una volta nel coro della Chiesa dei Gesuiti a Mantova e che i nostri eroi tro-
varono «cosi meravigliosamente dipinti, disegnati, e con tal fierezza, e movi-
mento di figure condotti, che nulla piü giudicarono poter darsi per costituire
l'eecellenza dell'Arte, ed, in specie alcuni ritratti al naturale lodarono in
estremo per la gran franchezza, e maneggio del colore, riconosciutovi per
entro, come ogni altra parte di quell'Opera ».

Dove ci par di ravvisare, specialmente in quell'accenno al « maneggio
del colore, riconosciutovi per entro» il più vero e acuto raggiungimento
critico dello Scaramuccia, qui tanto più rimarchevole quanto più l'opera del
Rubens era riuscita ostica a molti altri scrittori d’arte italiani del tempo,
per esempio allo Scannelli nel suo « Microcosmo della pittura ».

Ma a parte alcuni pochi accenni interessanti sul piano critico, a parte il
valore documentario che prendon le « Finezze » come testimonianza di un certo
indirizzo di gusto, il maggior loro valore sta nelle molte indicazioni e notizie
che esse forniscono intorno ad un notevole numero di dipinti, molti dei quali

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v 176 RECENSIONI

non piü al loro luogo d'origine, dispersi o perduti, un materiale in verità
che non sempre é stato sfruttato come si sarebbe potuto dagli studiosi.

Ed è proprio qui che il lavoro del curatore diviene più difficile, proprio
qui che la sua pazienza, acutezza, tenacia nel redigere le note posson dare
i risultati più consistenti e duraturi di una buona edizione critica.

Ed adesso ci chiederà il lettore: è veramente tale questa edizione cu-
rata dal Giubbini, può cioé veramente essa considerarsi uno strumento ben
articolato e sicuro, appunto secondo le esigenze della scienza moderna, se-
condo che richiede la stessa evidente ricchezza di apparati di cui la opera
è corredata (oltre all'estesissimo indice analitico ed alle note alla bibliografia
posta dallo stesso Scaramuccia in calce al volume, vi sono una bibliografia
generale riguardante l’autore, un elenco delle sue opere pittoriche, ed un sag-
gio biobibliografico) ?

Francamente non ci sentiamo di rispondere in modo categorico, dato che
una risposta precisa vorrebbe dire una indagine su tutta la materia quale
non possiame compiere. Solo, da quanto si può constatare per la parte che
riguarda Perugia e l'Umbria (che è poi la parte che ci interessa in questa
sede), dobbiam dire che non mancano purtroppo le inesattezze e gli errori.
Cose citate come esistenti in determinati luoghi che non vi son più; altre
date per scomparse od emigrate e che esistono tuttora. Nella voce dedicata
a Perugia, ecco ad esempio collocati nella sacrestia di San Pietro i tre scom-
parti della predella della gran pala peruginesca fin dal 1803 nel Museo di
Belle Arti di Rouen ; viceversa son poste in San Pietro in Vaticano le due
tavolette con il San Mauro ed il San Pietro Vincioli ancora nella Chiesa peru-
gina, insieme ai Santi Costanzo ed Ercolano (la Santa Scolastica è solo una
copia dell’originale rubato nel 1916), unici resti in loco di quello che fu una
delle più gran macchine pittoriche eseguite dall'artista. E per quale strano
abbaglio ha potuto il Giubbini scrivere che la Madonna del Rosario del
Lanfranco, la quale fà così bella mostra di sé nella Chiesa di San Domenico,
«non sussiste ed è improbabile che vi fosse » ?

Oh, sappiam bene quanto dura sia la vita del commentatore, quanto
arduo gli sia, non potendo controllar tutto di persona, evitar gli equivoci ;
come sia facile nel lavoro di biblioteca prendere una cosa per un’altra, di-
storcere il significato di una notizia. Chi non ha colpe in proposito scagli pure
la prima pietra !

D’altro canto il recensore, quando sa di aver commesso, in analoghe
circostanze, errori consimili, od anche più gravi, ha il preciso dovere di
dire la verità. Ed in questo caso non può far a meno di aggiungere che le
mende risconjrate a pagina 39 del commentario gli sembrano tali da get-
tare una forte ombra sul valore della pubblicazione. Difatti se anche nelle
altre pagine dovessero esservene altrettante, ne verrebbe fortemente com-
promessa l’utilità della bella, commendevole iniziativa.

PIETRO SCARPELLINI
RECENSIONI 177

LuiGi Powrirt, Il Pontano, in Cronache e Saggi. I Centenario del Liceo-Gin-
nasio. « Gioviano Pontano » «Achille Sansi », Spoleto, 1967.

Il compendioso saggio che il Pompilj ha recentemente pubblicato, viene
molto utilmente a rammentare a noi umbri un valore della nostra terra, che
da parecchio tempo avevamo non dico dimenticato, ma piuttosto trascurato.
Il Pompilj ce lo ripropone con uno di quei suoi disegni che hanno il pregio
di assommare la estrema finezza con la incisività, la delicatezza del colore
con la plasticità delle forme, la dottrina con l’arte. Lo ripropone non soltanto
alla nostra memoria oggettiva, rammentandoci come questo insigne umanista
fu fra coloro la cui fama suscitò la più vasta eco nel fervido mondo della
Rinascenza, ma anche alla nostra coscienza storica, poiché il ritratto che il
Pompilj ce ne dà è così vivo e completo, pur nella sua sinteticità, da riuscire
a delineare un quadro pieno di vita e di verità.

Che il Pontano fosse uomo di grande valore, è cosa fuori di discussione.
È pur certo però che questo suo valore dovette essere secondato da una
straordinaria fortuna, che lo trasse giovinetto dall’oscura rupe di Cerreto,
per farlo salire, attraverso gli studi di grammatica compiuti a Perugia, ai fa-
stigi della vita di corte, della gloria letteraria, del potere politico. Delle sue
oscure origini egli dirà più tardi: « Pater avusque ignorantissimi fuere, et
mater satis habuit lanificio ac telae intenta esse ». Allorché nel 1447 Alfonso
d’Aragona, re di Napoli, in guerra con i Fiorentini, s'appressava a Perugia,
il fantasioso giovine cerretano, con un atto in cui ambizione, audacia e inge-
nuità si confondono e fanno tutt’uno, riesce a farsi presentare al sovrano :
il quale intuendone le qualità, lo aggrega al suo seguito, ove già trovavansi
uomini di eccelso valore e di fama universale, e fra questi il Panormita, fa-
mosissimo, che del Pontano diventerà prezioso amico.

Da questo moemento, le tappe della romanzesca ascesa si succederanno
con mirabile rapidità, fino ad arrivare alla sostituzione del Panormita, alla
morte di questi, nella direzione della Porticus Antoniana, che fu in ordine
di tempo la prima delle accademie umanistiche, e che prenderà in seguito
la denominazione di Accademia Pontaniana. A trentadue anni lo vediamo
diventare protomagistro camerario, con incarichi politici, diplomatici, finan-
ziari e persino militari. Nel 1466 Perugia gli offrirà la segreteria della Repub-
blica e la cattedra di arte oratoria nel suo Studio Generale. Il Pontano, che
di onori apparve sempre molto vago, accetterà di buon grado, ma per soli
tre anni terrà cattedra effettivamente a Perugia: nel 1469 tornerà stabil-
mente a Napoli, né più riapparirà nella nativa Umbria.

Il Pompilj tende a dare alla figura del Pontano anche un rilievo morale,
non soltanto mostrando come la sua innegabile ambizione di successo po-
tesse coesistere ed armonizzarsi con una sicura onestà e lealtà, ma soprat-
tutto delineando il suo dignitoso comportamento in occasione della malaugu-
rata discesa di Carlo viu di Francia e la momentanea fuga di Ferdinando II
- il Ferrandino. In tale drammatica circostanza, ben altrimenti da quanto

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afferma il Guicciardini, male informato, il Pontano seppe tenere alta la fronte
dinanzi al borioso re francese. E a suggello, ancor piü che a suffragio, della.
sua tesi, il Pompilj pubblica in nota una lettera indirizzatagli nel 1950 da.
Benedetto Croce, il quale conclude: « Il Guicciardini avrebbe fatto bene a
risparmiarsi il troppo zelo di moralista, che di solito è pericoloso per gli sto-

rici ».

Fa seguito alla trattazione biografica un largo e chiaro discorso sulle
opere del Pontano e sulla sua poesia di « puro umanista ». Dopo aver rilevato
come l'uso del latino fosse non già un atteggiamento culturale surrettizio,
ma una condizione naturale e spontanea dello spirito, tanto la classicità
aveva permeato il suo spirito, tanto egli si era « abituato, nonché ad espri-
mersi, a pensare a sentire a intuire in latino »; e dopo aver messo in luce
come quella poesia sgorgasse da un naturale trasporto all'effusione lirica,
da una vocazione al canto, il Pompilj perviene ad un giudizio valutativo
finale. Egli che del Poeta umanista di Cerreto ha letto e riletto e centelli-
nato ogni verso, e che ha sentito la dolce onda armonica di quella poesia,
rileva tuttavia che c’è qualche cosa che fa difetto : «una non abbastanza
libera e sciolta capacità di oggettivazione », che fa si che «ci si domandi...
se la sua personalità di uomo tanto equilibrata e dotata non sia troppo pre-
sente nella sua opera ». E conclude: « Tra le qualità e risorse di cui godeva,
adatte e sufficienti a far di lui un grande poeta, quale ogni tanto appare,

RECENSIONI

gli mancó questa, per essere grande poeta compiutamente ».

Di notevole interesse è il riferimento che il Pompilj fa ad un importante
brano di prosa politica, ove il Pontano viene a situarsi sul piano del Petrarca
e del Macchiavelli, auspicando il giorno in cui l’Italia possa raggiungere la
sua unità, «ut Italia... in unius redacta ditionem resumat imperii maie-

statem ».

BALEONEUS ASTUR, Colomba da Rieti, La seconda Caterina da Siena, 1467-1500.

AVERARDO MONTESPERELLI

Roma, Edizioni Cateriniane, pp. 322, 3 tavv. f. t., L. 1.800).

Colomba da Rieti vissuta tra la fine del secolo xv e il principio del xvI»
viene sulla scena in un denso momento della vita perugina. Il predominio:
di fatto se non almeno di un apparente diritto, della casata dei Baglioni è:
al suo culmine e al suo momento critico, per colpa dei suoi stessi compo-
nenti, che con la lotta fratricida si aprono la via alla propria rovina. La vita
della Beata é un candido volo di colomba, spiegato sopra una terra tinta di.

sanguigno.

Per la sua biografia il documento fondamentale é una Leggenda (cosi
viene chiamata, senza però darle nessuna traccia di fantasiosa e immaginaria),
scritta in latino da un suo contemporaneo, e pubblicata dai Bollandisti ;:
RECENSIONI ; 179

biografia poi tradotta in volgare dallo stesso autore, testo quest’ultimo ri-
masto inedito e creduto smarrito, ma esistente tra i manoscritti della Biblio-
teca Comunale Augusta.

Da questa fonte hanno attinto le altre biografie più o meno sommarie
e spicciative, fino a quella composta da P. Ettore Ricci, nel 1901, in occa-
sione del IV? centenario della morte, e meritevole della maggior considera-
zione. Volume però divenuto oggi quasi irreperibile, lasciando aperto il desi-
derio di una nuova Vita della Beata anche più aggiornata in particolari ;
compito che ha assolto nella ricorrenza del V? centenario della nascita (1467-
1967) uno scrittore che si firma con uno pseudonimo, dandoci un agile,
appassionato, ma insieme sufficientemente equilibrato racconto dell'esistenza
terrena e del mondo spirituale in cui essa visse e si elevó alle maggiori altezze.
La vita di Colomba non ha momenti avventurosi, non segna fatti portentosi,
é trascorsa tutta in una umile cella, lasciata solo per recarsi ai sacri riti nel
tempio. Peró la vergine reatina non restó chiusa in un mistico nimbo, ma
rimase accessibile al mondo, e in diretto contatto con quanti volessero a
lei ricorrere per consiglio, compatimento, conforto ; partecipando con animo
vigile e ansioso agli eventi che si svolgevano intorno a lei. Ha ben potuto
esser definita «la seconda Caterina da Siena ».

Di Colomba non ci sono pervenuti scritti, e certamente non ne fece.
Non erano consentanei al suo spirito rimasto sempre di una spontaneità,
di una semplicità, di una innocenza quasi infantili. Avremmo voluto peró
conoscere il contenuto dei suoi colloqui con personaggi eminenti, e sopra-
tutto quello con Alessandro vr, che é rimasto immerso nel piü completo se-
greto. Gli fece, sia pure ossequente, delle rimostranze, gli sollecitó più cor-
retta vita? È una curiosità di sapere che resta inappagata.

Ravvivando fede, infondendo speranza, dispensando carità: cosi Co-
lomba conchiuse la non lunga sua vita : trentatré anni, come la grande senese.

Tra i benefici influssi nel mondo circostante se ne vuole segnalare anche
uno suo speciale nell'arte. Il gonfalone di S. Domenico, opera del Bonfigli,
sarebbe stato da lei suggerito e promosso. Ma in particolare a lei si riferisce
e rimane congiunto, quel Cristo crucigero dipinto su tela senza imprimitura,
che si conserva e si venera ancora nel suo monastero, e che venne rivelato
al pubblico nella Mostra di antica arte umbra del 1907, dando adito a vivaci
discussioni sul suo possibile autore, che definitivamente si è creduto ricono-
scere nello Spagna.

L'autore del presente volume crede da lei suggerito al Bonfigli quel
caratteristico motivo di serti di rose sul capo degli angeli. La cosa che Co-
lomba amó di piü sulla terra furono le rose, e cinta di una corona di rose
ci é stata tramandata la sua immagine.

La storia di Colomba è tutta articolata dall'attuale scrittore (e non po-
teva essere diversamente, mancandoci qualsiasi altro materiale biografico)
sulla mentovata Leggenda, dettata prima in latino e poi in volgare dal padre

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Sebastiano Angeli, che della beata fu direttore spirituale, confidente, maestro
e insieme discepolo.

Ma è più che ovvio domandarci se possiamo interamente assentire alla
testimonianza di lui.

La credibilità del racconto é in funzione della fede accordata al narratore.

Ora il padre Sebastiano parla tanto di sé, si analizza e si confessa nella
narrazione, cosi da poterne trarre un adeguato suo profilo biografico.

E l'impressione che se ne ritrae è quella della sua sincerità e veridicità,
movendo quel fattore soggettivo di convincimento che è superiore alle mag-
giori prove oggettive. Il p. Sebastiano è dapprima scettico sulle virtù umane
e superumane di Colomba e arriva dopo positiva constatazione e ponderata
riflessione ad esserne persuaso. Mentre infatti su di lei convergono l’attenzione
e la venerazione della più larga cittadinanza perugina e forestiera, sorgono
anche contrasti, dubbi, riserve. Si fanno anche delle indagini che hanno ca-
rattere inquisitorio e Colomba deve sopportarne l’amarezza. Nelle sue estasi,
digiuni, cilizi, e in tutti quei fatti che trascendono la normalità naturale
attingendo il dominio del mistero, si sospetta l’inganno. E il p. Sebastiano
dopo pienamente convinto se stesso, si prodiga a convincerne gli altri, con
fervore e circospezione in pari tempo, tanto da non potere negargli credito
e fede.

Un accento di dramma echeggia però in ognuna delle nostre umane
vicende; e anche in questa.

Ma non è tutto. Viene annunziata la pubblicazione integrale della Leg-
genda in volgare. Ben venga.

Il p. Sebastiano ha volgarizzato la sua originaria narrazione latina, evi-
dentemente per diffondere la maggiore possibile conoscenza della straordi-
naria vita di penitenza e di preghiera della beata, e si é servito della lingua
volgare, quale al suo tempo veniva usata dalla media della popolazione che
la doveva comprendere.

Il p. Sebastiano non voleva dare un saggio di letteratura. Adopera il
linguaggio che teneva, per dir cosi, sottomano.

Per questo la sua prosa volgare possiede tutto un suo colorito. Vocaboli,
locuzioni, espressioni, hanno una immediatezza, una efficacia, un vigore
inatteso che talvolta meravigliano. Bisogna altresì vedere come una frase
non solo formulata ma anche pensata in latino, viene da lui ripensata e
riespressa nel linguaggio parlato. Per guisa che la sua Leggenda in volgare
sollecita un interesse oltre che religioso, storico, psicologico, pure linguistico.

RAFFAELE BELFORTI

1) Con senso di affettuosa reverenza pubblichiamo questa recensione,
ultimo contributo dato al Bollettino dall'Autore, che lo inviò pochi giorni
avanti la sua scomparsa. (N. d. D.).
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ATTI DELLA DEPUTAZIONE

ADUNANZA DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DEL 3 APRILE 1966

Presenti : il presidente prof. Giovanni Cecchini, il vicepresidente dott.
Francesco Santi, i consiglieri p. Giuseppe Abate, prof. Luigi Salvatorelli,
prof. Leopoldo Sandri.

La seduta è aperta alle ore 17,30.

Data lettura del verbale della precedente adunanza, esso viene appro-
vato all’unanimità, dopo che il Presidente ha fornito chiarimenti sul pe-
nultimo punto. Si passa quindi alla trattazione degli argomenti all’ordine
del giorno.

Pubblicazioni. — Ora che il « Bollettino » è stato rimesso in pari, il Presi-
dente torna ad avanzare la proposta che esso esca in due fascicoli semestrali
(nei primi fervidi anni di attività della Deputazione esso si pubblicava in
tre fascicoli quadrimestrali): sia per usufruire della più conveniente spedi-
zione in abbonamento postale, sia perché si abbia redazionalmente una mi-
gliore distribuzione della materia e una maggiore regolarità nella pubblica-
zione di alcune rubriche, come le segnalazioni bibliografiche, che richiedono
un assiduo lavoro di selezione e di raccolta. Il Consiglio discute ampiamente
sulla proposta, perché siano tenute presenti tutte le difficoltà inerenti alla
realizzazione della proposta stessa, specie per la bibliografia, che Santi rac-
comanda sia curata con una regolare attribuzione a diversi collaboratori :
si conclude, dopo avere anche esaminato quali contributi siano ora pronti
per la stampa, che sarà tentato l'esperimento della pubblicazione semestrale
se il primo fascicolo potrà essere pronto entro giugno. Altrimenti si rinvierà
all'anno prossimo. È presentato e distribuito ai membri del Consiglio il vo-
lume Tipografia ed editoria in Umbria. Assisi, a cura di Fernando Morotti,
cui dovranno far seguito gli annali tipografici di altre città umbre, la com-
pilazione dei quali è stata già assunta da provetti collaboratori per le città
di Orvieto, Gubbio, Todi e Foligno.

In corso di realizzazione sono ora il Liber contractuum del monastero
di S. Pietro del 1331-32, scrupolosamente curato da don Costanzo Tabarelli,
e gli Statuti medievali del Comune di Foligno, della cui revisione finale si
sta attualmente occupando il dott. Riccardo Capasso, assistente del prof.
Giorgio Cencetti.

Ancora lontana appare invece (e il Consiglio ne è vivamente preoccupato)
la edizione dello Statuto di Perugia del 1279 : il prof. Abbondanza, solleci-
tato dal consigliere Sandri, assicura ora che lo finirà nella prossima estate.

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182 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

Celebrazione del Millennio dell’ Abbazia benedettina di S. Pietro. — Il

Presidente fa con il Consiglio il punto della situazione, circa i rapporti con
i Benedettini e con il loro particolare programma, e per ciò che concerne la

realizzazione della Mostra benedettina e quella, coincidente ma indipendente,
della Settimana di studio degli stessi Benedettini. Proposte di comunica-
zioni, alcune delle quali già pervenute, saranno debitamente esaminate dal
Comitato Organizzatore delle celebrazioni.

Sandri insiste perché sia sostenuta l’idea di una Mostra che documenti
l’attività della Fondazione per l'Istruzione Agraria.

Centro di Documentazione sul Movimento dei Disciplinati. — Il Presi-
dente espone l’attuale situazione della Ricerca, che nello sviluppo del piano
quinquennale previsto, per cui il C.N.R. ha ora assegnato il terzo finanzia-
mento annuale, investe l'Italia centro settentrionale muovendo dall’ Umbria.
Viene anche letto l’elenco dei collaboratori periferici.

Statuto della Deputazione. — Ha bisogno di essere rinnovato in alcuni
elementi, e la discussione del Consiglio su tale argomento è ampia, motivata
e particolareggiata, per giungere alle seguenti conclusioni. La convocazione
dell'Assemblea dei Soci ordinari dovrà essere fatta annualmente.

All'art. 9 si aggiungano le modalità di elezione a maggioranza semplice.
Si crei la categoria dei Soci Onorari, che non parteciperanno alle assemblee
degli Ordinari, scegliendoli tra « personalità eminenti nel campo degli studi
storici o per benemerenze verso la Deputazione ».

I Soci ordinari saranno invece persone «particolarmente interessate
all'attività della Deputazione ». Dalla definizione di Soci Aggregati verrà
eliminato il termine « colte ».

Non si ravvisa la necessità di specificare nello statuto il contenuto del
« Bollettino » ; né di conservare l'attuale art. 21.

Si ritiene invece opportuno aggiungere all'art. 6 che le cariche sono
gratuite ; all'art. 19 che la Deputazione indice convegni di studi storici re-
gionali ; e, a conclusione dello statuto, che, in caso di scioglimento della De-
putazione, il suo patrimonio sarà devoluto a scopi similari. Il Consiglio esa-
mina quindi ed approva il conto consuntivo 1965 e il conto preventivo 1966.

Toponomastica. — Il Presidente informa il Consiglio della corrispondenza
intercorsa in proposito con il Comune di Perugia, nel corso della quale la
Deputazione ha messo in evidenza la necessità di salvaguardare il carattere
storico e tradizionale dei toponimi, per evitare nella toponomastica perugina
una genericità di denominazioni non pertinenti. Il Sindaco ha chiesto che la
Deputazione segnali un membro che sia chiamato a far parte della Commis-
sione per la toponomastica. Dopo ampia discussione, il Consiglio decide di
proporre per partecipare alla suddetta Commissione un rappresentante della
Deputazione, competente, che non ricopra cariche rappresentative nella
Deputazione, rimanendo il Consiglio libero di esprimere il suo parere sulle
proposte che saranno ad esso sottoposte. La scelta si orienta sul nome del
prof. Mario Bellucci.
ATTI DELLA DEPUTAZIONE .183

Premio « A. Bertini Calosso ». — Si ritiene opportuno apportare al re-
golamento del Premio alcune piccole modifiche, fermandosi sulla espres-
sione : « premio da attribuire all'autore o autrice di un contributo, etc. (art. 4),
da sostituire con la dizione : «premio da attribuire ad un'opera di storia...
inedita o pubblicata negli ultimi cinque anni ».

La seduta è tolta alle ore 19,30.

La Segretaria Il Presidente
Paola Pimpinelli ' GIOVANNI CECCHINI

ASSEMBLEA DEI SOCI ORDINARI DEL 4 APRILE 1966

Presenti i Soci ordinari: prof. Giuseppe Abate, prof. Giovanni Cecchini,
prof. Mario De Dominicis, prof. Giuliano Innamorati, don Mario Pericoli,
prof. Luigi Salvatorelli, prof. Leopoldo Sandri, dott. Francesco Santi.

Hanno giustificato la loro assenza i soci ing. Piero Grassini, prof. Giu-
seppe Mira, prof. Ugolino Nicolini.

Il presidente prof. Giovanni Cecchini apre la seduta alle ore 10,30 in
seconda convocazione, con una relazione sull’attività della Deputazione,
dopo che è stato dato per letto, e quindi approvato all’unanimità, dai pre-
senti il verbale della precedente assemblea.

Pubblicazioni. — Poiché col vol. LXII il Bollettino si è messo in pari,
e in considerazione della quantità notevole di contributi qualificati che viene
affluendo, il Consiglio Direttivo ha deliberato di iniziare coll'anno corrente
la pubblicazione della rivista in due fascicoli semestrali. In tal modo si con-
seguirà un beneficio finanziario, in quanto si potrà usufruire della spedizione
in conto corrente postale.

Nella collezione delle « Fonti per la storia dell'Umbria » é stato pubblicato
il volume di Fernando Morotti, Tipografia ed editoria in Umbria. Assisi.
Per la medesima serie di annali tipografici sono in corso di compilazione quelli
di Orvieto, Foligno e Gubbio.

Sono in corso di stampa il Liber contractuum 1331-32 dell'Abbazia di
S. Pietro, a cura di don Costanzo Tabarelli, e gli Statuti medievali del Comune
di Foligno, la cui definitiva revisione è stata affidata a esperti elementi del-
l’Istituto di Paleografia e Diplomatica dell'Università di Roma.

Celebrazione del Millennio dell’Abbazia benedettina di S. Pietro in
Perugia. — Insieme all’Università degli Studi e alla Fondazione per l’Istru-
zione Agraria, la Deputazione ha costituito un Comitato promotore e orga-
nizzatore della celebrazione. Le manifestazioni, che avranno luogo alla fine
di settembre del corrente anno, si concreteranno secondo il programma sta-
bilito in un importante Convegno storico e in una Mostra documentaria e
iconografica.

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Centro di Documentazione sul Movimento dei Disciplinati. — La Ricerca,
finanziata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, si viene estendendo in
varie zone a settentrione dell'Umbria. La Ricerca si articola in un gruppo di
collaboratori centrali e nei collaboratori locali, i quali raccolgono il mate-
riale documentario, che viene poi smistato dai primi e distribuito in appositi
schedari. In concreto, a parte l'Umbria, sono oggetto di indagine sistematica
le diocesi di Torino, Vercelli, Alba, Cuneo, Genova, Milano, Verona, Venezia,
Udine, Ravenna, Pisa, Lucca. La Ricerca viene dando pingui frutti di docu-
mentazione sulla irradiazione fulminea del Movimento, in quasi tutta l’Italia
settentrionale, offrendo una conoscenza ampia e precisa degli aspetti della
vita spirituale e sociale delle classi medie e inferiori della società italiana nei
secoli dal XIII al XVIII.

Situazione finanziaria. — Come risulta dal conto consuntivo, non è di
per sé preoccupante, se commisurata all’attività che la Deputazione svolge,
specie in materia di pubblicazioni. Permane tuttavia il carattere di preca-
rietà dei contributi che affluiscono alla Deputazione, tutti di carattere straor-
dinario.

Aperta quindi la discussione sulla relazione del Presidente, si hanno i
seguenti interventi : il prof. De Dominicis si dichiara favorevole alla pubbli-
cazione del « Bollettino » in fascicoli semestrali, e suggerisce inoltre che sia
preposta una prefazione adeguata agli statuti di Foligno in corso di stampa.
Il prof. Salvatorelli rileva con soddisfazione il fatto che la pubblicazione del
« Bollettino » è in pari. i

Il Presidente dà lettura delle voci del conto consuntivo 1965 e della
relativa relazione dei Sindaci revisori, nonché del conto preventivo per il
1966, e fornisce chiarimenti su domanda di alcuni dei presenti.

Su proposta del prof. De Dominicis, il conto consuntivo è approvato
con plauso dall'Assemblea, e successivamente è approvato anche il preven-
tivo 1966.

Non viene accolta dall'Assemblea la proposta avanzata dal Revisore
dei Conti rag. Angelo Biagetti di aumentare le quote sociali, in quanto, in
considerazione del limitato numero dei presenti, l'Assemblea non ritiene
di prendere una deliberazione concernente il complesso dei Soci.

L'Assemblea approva all'unanimità il seguente ordine del giorno pro-
posto dal prof. Salvatorelli :

L'Assemblea dei Soci Ordinari nella riunione del 4 aprile 1966,

udita la relazione del Presidente per quanto concerne l'andamento dei
lavori svolti e da svolgere dai Convegni e dalle Commissioni appositamente
costituite al fine di predisporre il riordinamento di tutto il settore degli studi
storici in Italia,’

riconosciuta l’utilità della funzione assolta dalle Deputazioni di Storia
Patria e dalle Società Storiche regionali, funzione di guida e di incremento
degli studi storici regionali che si svolge in un’area diversa e indipendente
ATTI DELLA DEPUTAZIONE 185

da quella in cui si attua l'attività storiografica degli Istituti universitari,
se pur con essa raccordata,
fa voti
affinché nel piano dell'auspicata riorganizzazione di tutto il settore degli
studi storici tanto le Deputazioni che le Società Storiche regionali siano
adeguatamente riconosciute nella loro specifica funzione.
La tornata è chiusa alle ore 13.

La Segretaria I] Presidente
Paola Pimpinelli GIOVANNI CECCHINI

ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCI DEL 30 SETTEMBRE 1966

Presiede il Presidente prof. Giovanni Cecchini. Sono presenti i Soci:
p. Giuseppe Abate, prof. Giulio Battelli, prof. Mario Bellucci, dott. Nora
Campiani, prof. Remo Coppini, dr. Wolfang Hagemann, prof. Italiano Ita-
liani, prof. Raoul Manselli, dott. Olga Marinelli, dott. Pierlorenzo Meloni,
dott. Mario Montanari, dott. Giovanni Moretti, prof. Raffaello Morghen,
Silvestro Nessi, prof. Gioacchino Nicoletti, p. Ugolino Nicolini, don Mario
Pericoli, prof. Paola Pimpinelli, dott. Uguccione Ranieri di Sorbello, dott.
Giocondo Ricciarelli, dott. Mario Roncetti, prof. Luigi Salvatorelli, dott.
Francesco Santi, dott. Lodovico Scaramucci, prof. Danilo Segoloni, don
Costanzo Tabarelli, prof. Bruno Toscano, prof. Francesco A. Ugolini, p. Giu-
seppe Zaccaria. Hanno giustificato la loro assenza i Soci: dott. Pietro Bor-
zomati, dott. Elio Lodolini, dott. Ascanio Marchetti, prof. Giuseppe Mira,
prof. Carlo Pietrangeli.

La seduta è aperta alle ore 11,30, in seconda convocazione, dal Pre-
sidente, il quale fa la seguente relazione dell’attività svolta dalla Deputa-
zione dal settembre 1960 ad oggi.

CECCHINI. — Mi fa piacere di salutare i Soci per questa occasione della
Assemblea generale, che non è molto numerosa per quanto l’invito sia stato
diramato a tutti i Soci. Assemblea che normalmente non possiamo convo-
care se non in queste occasioni dei Convegni. Per rigore procedurale dovrei
leggere o far leggere il verbale della precedente assemblea del 25 settembre
1960, ma se credete di darlo per letto io me ne dispenso, e per sommi capi
accennerò alla attività svolta da quella data ad oggi dalla Deputazione di
Storia Patria, con una prospettiva anche programmatica per il futuro. Nel
periodo dal 1960 ad oggi è stata tenuta l’assemblea dei Soci ordinari quattro
volte. È la stessa difficoltà che si presenta per la convocazione sia dell’as-
semblea generale sia dell'assemblea dei Soci ordinari, che ha luogo prefe-
ribilmente, ma non sempre ci riesce di farcela entrare, in occasione di Con-
vegni. Parecchi dei Soci ordinari risiedono fuori Perugia, e le convocazioni



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1 186 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

che hanno avuto luogo sono state piuttosto scarse di partecipazione. Tanto
è vero che davanti ad alcune proposte avanzate dai Soci, come quella per
esempio dellaumento della quota sociale, si è preferito soprassedere perché
ci sembrava che il numero dei votanti fosse troppo ristretto. Il Consiglio
Direttivo in genere è stato convocato due volte l’anno. Rimasto vacante
il posto del dott. Francesco Briganti, noto studioso e bibliotecario, che an-
che negli ultimi anni di vita ha continuato con tenacia a lavorare, il posto
stesso è stato per elezione all'unanimità occupato dal prof. Leopoldo Sandri,
Soprintendente all'Archivio Centrale dello Stato e Vicedirettore Generale
degli Archivi di Stato. Sono stati tenuti Convegni: a Terni, di carattere
storiografico, a Perugia nel 1962, per il centenario della istituzione della
nostra Deputazione, insieme a quella toscana, poiché sorse per il decreto
del 3 novembre 1962, la Deputazione per le Province di Toscana e dell'Um-
bria, da cui poi l'Umbria si staccó, dopo che erano state aggiunte le Marche,
quando nel 1895 fu costituita la Società Umbra di Storia Patria riconosciuta
l'anno seguente come Deputazione di Storia Patria per l'Umbria ; nel 1963
a Città di Castello, dedicato allo stato di accertamento delle conoscenze,
con nuovi contributi, sull'arte tipografica e sulla editoria in Umbria; a
Perugia il Convegno dantesco dell'anno scorso, che ebbe per tema « Dante
e l'Umbria » e che veramente è riuscito superiore alle aspettative per i contri-
buti dati da Soci e da non soci allo svolgimento di esso.

Per le pubblicazioni si deve ricordare che, pur essendo da tempo arre-
trati con la pubblicazione del « Bollettino » siamo riusciti a metterci in pari
con l'anno scorso, cioè col vol. LxI1 del 1965, e in questo periodo dal ’60-61
al 1965 sono usciti i volumi dal LvI al LXII. Dopo varie perplessità, con de-
libera del Consiglio Direttivo e poi con la consacrazione della Assemblea
dei Soci ordinari, che fu tenuta nel marzo di quest’anno, si è deciso, sia
per accentuare il carattere di rivista del « Bollettino », sia per la constatazione
della maggiore affluenza di contributi storici, di uscire da quest'anno con
due volumi. Il primo volume i Soci già l'hanno avuto, é uscito alla fine di
giugno ; é stato distribuito con molto ritardo da parte degli uffici postali,
dal momento che, anche per Perugia, i volumi sono stati recapitati venti,
venticinque giorni dopo la consegna. Entro la fine dell’anno uscirà il se-
condo volume. Nel primo volume semestrale dell'anno venturo conteremmo
di pubblicare gli Atti di questo Convegno, affidandoci allo zelo e alla sol-
lecitudine di tutti coloro che hanno avuto la compiacenza di fornire rela-
zioni e comunicazioni. Quindi per il « Bollettino » siamo a posto. Per le altre
pubblicazioni: ricordiamo il ponderoso volume, che é uscito con due anni
di ritardo, per varie circostanze, degli Atti del grosso Convegno sul Mo-
vimento dei Disciplinati, a cui poi é seguito (non si poté farlo uscire nello
stesso corpo del volume) il volume degli Indici, che é uscito come primo
Quaderno del Centro di Documentazione sul Movimento dei Disciplinati.

Nel frattempo é stata ripresa la elaborazione dei Regesti delle Rifor-
manze del Comune di Perugia affidati alla cura di p. Ugolino Nicolini, i!
ATTI DELLA DEPUPAZIONE 187

quale ha già consegnato i regesti di un determinato periodo (1262): non è
molto voluminoso, ma premeva sopratutto dare la prova della ripresa della
pubblicazione di questa fonte fondamentale. Purtroppo per l'accavallarsi
di altre esigenze e anche per un certo ingolfamento che la tipografia da cui
ci serviamo ha subito, perché ha inserito nel suo programma di lavoro an-
che la stampa di molti testi scolastici, il volume non è ancora pronto : io
spero di poterlo fare uscire l’anno venturo. Frattanto p. Ugolino Nicolini
continua la regestazione, susseguente a una certa lacuna che c’è negli An-
nali dopo il 1262. : ;

Nel Convegno di Città di Castello si formuló, per soddisfare una esi-
genza che mi sembra, se non urgente, di notevole importanza, il proposito
di dar inizio a una collana di annali tipografici dei maggiori centri del Um-
bria. Noi intendiamo condurre tale raccolta non soltanto dal punto di vista,
diciamo, aristocratico della stampa dei volumi di cultura, scientifici ecc.,
ma includendovi globalmente tutta la produzione tipografica, dal foglio
volante al volume, in modo che questa raccolta rappresenti lo specchio
reale della vita amministrativa, politica, culturale, religiosa, economica ecc.
di quel centro in quel determinato periodo, in modo che costituisca una
vera e propria fonte storica. Si é iniziato con il volume compilato da un vo-
lontario della cultura, che in tanti anni ha raccolto moltissime schede e ha
trovato anche molti documenti, cioé il volume di Assisi curato da Fernando
Morotti.

Sono in corso di raccolta e di illustrazione, perché naturalmente sono
cataloghi ragionati, quelli di Orvieto, di Foligno, di Todi e anche quelli di
Gubbio e di Terni: Terni é quasi completamente da scoprire nell'attività
tipografica. Spero che l'anno venturo possa vedere la luce quello di Or-
vieto, che é abbastanza avanti, ed é compilato dalla direttrice della Biblio-
teca Comunale, dott. Lucia Tammaro Conti. Rimangono scoperti due dei
principali centri e cioè Spoleto e Perugia: Perugia finirà con l'essere un
po' compromessa, perché c'é un validissimo bibliotecario inglese che, usu-
fruendo di una borsa di studio, sta raccogliendo con molto successo, almeno
per quello che io ho potuto vedere, le stampe perugine del Quattro e Cin-
quecento. Quindi ci sarebbe una frattura : rimane scoperto il Sei, Sette e
Ottocento (noi arriviamo fino all'anno 1900 con questa collezione) e non so
come potranno essere coperti, se cioé, avendo esaurito questa prima tappa
di lavoro, lo stesso Potter, questo bibliotecario inglese, si assumerà l'onere di
curare anche questi secoli, che per lui é piuttosto gravoso.

Spoleto: stiamo tentando di trovare un volonteroso collaboratore,
che naturalmente possieda anche i requisiti indispensabili, ma finora non
ce. ne preoccupiamo troppo anche perché sono già in programma gli altri
centri.

Sempre per la serie delle fonti per la storia dell'Umbria che al Consi-
glio Direttivo sta particolarmente a cuore, sono già composti completa-
mente e sono sotto revisione ultima e definitiva presso l'Istituto di Paleo-

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silicio,

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YE 188 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

grafia e Diplomatica dell'Università di Roma, i due grossi volumi degli sta-
tuti medievali di Foligno, che non sono molto antichi, cominciando dal
1316; peró a parte il fatto che sono dettagliatissimi e costituiranno una
fonte di primissimo piano per la storia di Foligno, in cui l'Archivio comu-
nale con le riformanze comincia nel Quattrocento e, altre fonti sono po-
chissime, come quelle piccole cronache che ha pubblicato mons. Faloci Pu-
lignani, hanno poi il pregio di contenere lo statuto del comune e lo statuto
del popolo, e poi a sé lo statuto del danno dato. Presumibilmente questi
due volumi usciranno l'anno venturo. Poi in programma già da qualche anno
è la pubblicazione dello statuto del Comune di Perugia del 1279, che pur-
troppo sinora era rimasto inedito, e di cui c'é un bellissimo esemplare nel-
l'Archivio storico del Comune di Perugia conservato presso l'Archivio di
Stato. Naturalmente mercé intese con l’Istituto di Paleografia e Diploma-
tica dell’Università di Roma, abbiamo anche in animo di pubblicare altri
statuti, per esempio lo statuto del Comune di Gubbio, e di altre locali-
tà per lo meno fino al Trecento, non andando al di qua di questa data ;
ma questo è un programma molto di là da venire ; è un proposito più che
un programma. Del Liber contractuum (1331-1332) dell'Abbazia di S. Pietro
di Perugia, che rientra anch'esso nella serie delle fonti per la storia del-
l'Umbria, é prossima la pubblicazione: é un validissimo contributo anche
esso. Delle carte famose di Sassovivo probabilmente la Deputazione sarà
la prima a pubblicare un volume : ed è una raccolta di censi dei secc. xII-
xmM curato dal prof. Capasso. Il volume consta di due parti, dal punto di
vista redazionale, cioé una serie di documenti che sono integralmente tra-
scritti e poi una serie di regesti ; appunto in attesa che ci vengano conse-
gnati questi atti trascritti integralmente, é già in corso di composizione la
parte che riguarda i regesti. Mi pare che su questo argomento non abbia
altro da comunicare.

Dal Convegno del Centenario (1962) fu emesso un ordine del giorno
che ha dato origine, intenzionalmente da parte nostra, a una serie di con-
vegni, non molto numerosa, indetti dalla Giunta Centrale per gli Studi Sto-
rici per fare il punto sulla situazione degli Istituti storici nazionali, sulle
Società storiche e sulle Deputazioni; situazione caotica, incerta e comun-
que inadeguata all'adempimento di quei compiti per cui furono istituite le
Deputazioni e anche le Società storiche. Sono stati tenuti due convegni ;
nel primo fu tenuta una relazione dal dott. Camerani e una da me. Nel se-
condo dopo un vivace dibattito l'assemblea, siccome si rese conto dell'in-
certezza sopratutto derivante dall’accavallarsi di varia legislazione, di si-
tuazioni di fatto ambigue e contrastanti, decise di costituire una Commis-
sione formata dal prof. Viora, dal sottoscritto e dal prof. Manacorda col
compito di esaminare a fondo tutto il settore. Al termine dei suoi lavori
la Commissione ha consegnato al Presidente della Giunta Centrale prof.
Ferrabino, una relazione che é stata pubblicata e largamente distribuita.
In seguito alla diffusione di questo rapporto fu indetta una nuova assem-
N

ATTI DELLA DEPUTAZIONE 189

blea dei rappresentanti delle Società storiche e delle Deputazioni a cui si ag- |
giunsero i rappresentanti della Società degli storici, praticamente i catte-
dratici, per cui anche per la vivacità pugnace del prof. Firpo sopratutto,
si determinó un allargamento dell'orizzonte ; non si parló piü della siste-
mazione o della disciplina delle Deputazioni e Società storiche, ma addi-
rittura di tutto il settore della ricerca e della produzione storica in Italia,
problema talmente vasto, che il prof. Ferrabino decise di costituire una
commissione di dieci, undici membri, cioè rappresentanti delle Società sto-
riche, delle Deputazioni e della Società degli storici, presieduta da lui, che
ha tenuto la prima riunione nel giugno, e si é in attesa di una seconda con-
vocazione. Ma non sarà facile, credo, con questo allargamento delle pro-
spettive — ce lo auguriamo e credo che tutti quelli che fanno parte di questa
commissione se lo proporranno — di addivenire ad una schematizzazione
essenziale, da cui derivi un provvedimento legislativo che disciplini il set-
tore, sopratutto per le incongruenze che esistono tuttora tra l'ordinamento
anteriore, quando esisteva cioé l'Istituto storico italiano, e la Riforma De
Vecchi, che peró lascia scoperte certe zone e certe norme in contrasto. Co-
munque questo per render conto del lavoro riformatore in corso, che spe-
riamo arrivi a buon fine, e dell'attenzione con cui la nostra Deputazione
ne segue da vicino le vicende con la speranza che ne derivi una confacente
e stabile sistemazione.

Nel Convegno sui Disciplinati poiché ci si é resi conto della vastità del
tema e della complessità dei settori che sono coinvolti in questo Movimento,
fu espresso il voto dall’assemblea affinché si continuasse in qualche modo
a lavorare intorno a questo tema. L'invito a proseguire era rivolto alla De-
putazione ; il Consiglio Direttivo vi ha pensato sopra due anni e poi si è
deciso ad accoglierlo, creando nel suo seno il Centro di Documentazione
sul Movimento dei Disciplinati. Il problema era duplice : cioè provvedere
mezzi finanziari e trovare collaboratori adeguatamente preparati che po-
tessero lavorare. Fortunatamente si è aperto lo spiraglio offerto dall’inclu-
sione delle scienze storiche, filosofiche, filologiche nel Consiglio Nazionale
delle Ricerche e dal 1964 noi abbiamo avuto un’assegnazione finanziaria
in base a un programma quinquennale che abbiamo presentato. Non po-
tevamo forse andare più in là del periodo quinquennale e ci auguriamo che
però possa essere rinnovato questo termine. Si è avviata l'iniziativa con
una rigorosa impostazione scientifica, di cui ieri hanno preso conoscenza
il prof. Morghen e il prof. Manselli, approvandola. Il prof. Morghen vi aveva
già dato il proprio contributo nel primo Incontro di Studio di filologi e di
storici tenuto per determinare, per esempio, la scheda anagrafica in cui
vanno inseriti i dati documentari concernenti le singole Confraternite. Il
lavoro si svolge con Collaboratori centrali e Collaboratori periferici, oltre
a ricercatori volanti di cui abbiamo presente un valido rappresentante, il
dott. Ricciarelli, che ha esplorato per esempio l'Archivio di Stato di Milano,
e che continua a esplorare adesso l'Archivio di Stato di Perugia. Svolgiamo

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190 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

la ricerca dall'Umbria in su, col proposito, procedendo per diocesi, di esau-
rire ogni zona investita dalla ricerca. I Collaboratori locali inviano in brevi
relazioni i dati su documenti, statuti, matricole, iconografie, bibliografie
ecc., al Centro, dove i Collaboratori centrali selezionano il materiale e lo
inseriscono in appositi schedari. Naturalmente per ora non si parla neanche
di tutta l'Italia, ma dell'Italia centro settentrionale, riservandoci di fare
qualche saggio limitatamente a determinate zone dell'Italia meridionale.
Per l'estero non possiamo fare per ora nülla di sistematico. Il Centro, poi,
per un'intesa col Consiglio Direttivo della Deputazione, pubblica in estratto
come Quaderni del Centro quei contributi che nel « Bollettino » sono riservati
al Centro di Documentazione.

Il premio « A. Bertini Calosso » di L. 200.000 ha avuto la prima asse-
gnazione l'anno passato, quindi si bandirà di nuovo il concorso l'anno ven-
turo. Vi sono stati dieci concorrenti, e un'apposita Commissione presieduta
dal prof. Salvatorelli e formata dal prof. Dupré Theseider e dal prof. Prandi
ha esaminato i lavori e ha deliberato, con un rapporto dettagliato pubbli-
cato del resto nel « Bollettino», di assegnare il Premio al bel lavoro di Maia-
relli e Nicolini sul Monte di Pietà di Perugia.

Io credo di aver finito e di non aver dimenticato niente. Solamente
vorrei accennare all'argomento per noi più spinoso, che è quello della prov-
vista di mezzi finanziari. La Deputazione di Storia Patria comincia l’anno
solare con un assegno ordinario del Ministero della P. I., che risale alla legge
Einaudi del 1948, di L. 25.000 lorde, e conclude in genere l’anno finanziario
con una partita finora attiva dai quattro ai cinque milioni. Il che significa
che si deve fare, al solito, la politica dell'accatto, e devo dire che i due enti
che ci favoriscono di più sono il Ministero della Pubblica Istruzione e la Giunta
Centrale per gli Studi Storici. C'era il proposito da parte di alcuni generosi
Soci, tra gli altri uno dei Sindaci che è il rag. Biagetti, di aumentare la quota
sociale. L’ultima assemblea dei Soci ordinari ha creduto di non deliberare
in proposito. Io ho fatto dei conti molto elementari: tenendo presente che
già in altre assemblee si era mostrata qualche perplessità da parte di al-
cuni Soci sulia opportunità dell'aumento della quota, ho considerato questo :
i Soci sono circa 150. Calcolato un aumento di 500 lire, perché di più credo
non si potrebbe fare, realizzeremo 75.000 lire all'anno, che non ci risolvono
niente. Se noi potessimo portare la quota a 4-5.000 lire forse ne avremmo:
un beneficio, ma non so se l'Assemblea dei Soci ordinari (la presente assem-
blea non ha potere deliberante, ma può esprimere un parere, un voto, e
io avrei piacere che qualcuno dicesse la propria opinione) sarebbe d'accordo.
In ogni modo 75.000 all'anno non risolvono proprio niente. Con questo
chiudo la mia relazione. Naturalmente su questa relazione i soci sono in-
vitati ad esprimere non solo il loro giudizio, ma anche le loro opinioni, per
passare poi al secondo punto all'ordine del giorno, cioé proposte, suggeri-
menti, che saremmo ben lieti di prendere in considerazione in sede deli-
berante. Chi vuole prendere la parola è liberissimo di farlo, e anzi ci fa pia-
ATTI DELLA DEPUTAZIONE

cere, perché cosi anche noi avremo un'indicazione su argomenti vari.

HAGEMANN. — Soltanto una domanda : quali anni sono compresi nella
trascrizione di p. Nicolini ?

CECCHINI. — 1262.
HAGEMANN. — E poi c’è una lacuna?
NICOLINI. — Sì, una lacuna fino al 1265. Ma il volume che io pubbli-

cherò, il 1262, comprenderà anche in un’appendice atti di un processo che
ha molte notizie politiche dal 1243 circa al 1253.

RANIERI DI SORBELLO. — Le mie idee sono molto semplici. Io trovo
miracoloso che noi riceviamo un grosso volume, e adesso sento addirittura
due ogni anno, con la spesa di mille lire, che, io direi, dovrebbero servire
solo per la corrispondenza. Ma non si potrebbe allargare un po’ l'elenco di
questi soci aggregati ? Possibile che in Umbria, male che vada, sette-ottocento
persone che si occupino di storia, di storia locale non ci siano ? Certo si do-
vrebbe uscire dal rango di quelli che si occupano solo e specificamente di
questo, bisogna andare nelle classi colte. Se si arrivasse a 500 aggregati,
si avrebbero 500.000 lire. Io sono per aumentare i soci piuttosto che la quota,
oppure l'uno e l'altro.

MoRGHEN. — Io, come più anziano, forse, dellassemblea — esclusi
naturalmente i membri del Consiglio — credo di interpretare il senso una-
nime di tutti i presenti nel rivolgere un vivo ringraziamento al Consiglio
per l'opera veramente egregia, eccellente, infaticabile con cui ha sviluppato
l'attività della Deputazione. La Deputazione umbra di Storia Patria si é
veramente messa in prima linea tra tutte le Deputazioni storiche italiane
per la copia delle pubblicazioni, tutte di eccellente livello scientifico, e per
le iniziative che veramente hanno avuto ripercussioni molto larghe fuori
anche dell'Umbria e che sono state il primo germe di attività che promet-
tono uno sviluppo nell’avvenire di grande importanza. Quindi io mi per-
metto proprio di ringraziare personalmente di quest'opera infaticabile do-
vuta al Consiglio, nel quale c'é il nostro eminente maestro Salvatorelli, c'é
l'infaticabile opera del nostro Presidente a cui io vorrei invitarvi a rivolgere
un plauso. Detto questo, per quello che riguarda la figura, diciamo cosi,
giuridica della Deputazione, ricorro all'esperienza piü che ventennale che
io ho di questi problemi, poiché sono stato il Segretario Generale della Giunta
Centrale per gli studi storici per molto tempo, nel periodo anche in cui c'era
Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon, che fece quella riforma, che devo
dire, in coscienza, fu volta ad un certo momento proprio a dare agli studi
storici un appoggio e un riconoscimento che bisogna senz'altro ricordare.
Debbo dire anche che in fondo Cesare Maria de Vecchi (non voglio fare
adesso l'elogio della personalità politica) come presidente della Giunta Cen-

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x 192 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

trale per gli Studi storici non impose niente mai e non volle niente che non
fosse nell’interesse esclusivo degli studi. Personalmente egli pensava di es-
sere un promotore degli studi sul Risorgimento facendoli sorgere dalla bat-
taglia di Torino del 1705, ma quella era una sua idea che in fondo non ha
influito né in bene né in male sullo sviluppo degli studi storici. Chiusa questa
parentesi, voglio dire che le Deputazioni hanno cambiato nel tempo quello
che era il loro carattere istituzionale primitivo ; le Deputazioni sono isti-
tuite dallo Stato, e sono state istituite dallo Stato incominciando da quella
creata con R.D. di Carlo Alberto per promuovere quegli studi di storia pa-
tria locale e sulle fonti, specialmente, che dovevano rafforzare il senso uni-
tario dell'Italia. Avevano uno scopo altamente politico, in questo senso,
in cui la storia era considerata, come anche secondo le idealità e i miti del
periodo romantico, il fondamento di quello spirito nazionale, di quella tra-
dizione nazionale di cui si ricercavano le origini, di cui si cercavano le vi-
cende. Vicino alle Deputazioni c'erano le Società che sorgevano per libera
iniziativa locale, come quella milanese e altre. C'era quindi una differenza
tra le Società e le Deputazioni. Essere nominati Deputati era anche in certo
senso un onore, ed era come un'accademia storica locale. Quindi la Depu-
tazione si fondava specialmente sull’incremento che veniva dagli studiosi
locali e dagli enti locali, anche, quali il comune, la provincia, gli enti ban-
cari, tutte le forze locali che erano interessate alla pubblicazione delle fonti
di questa storia patria. E noi abbiamo avuto una schiera di eruditi locali,
a cui veramente dobbiamo rendere onore, onore per l'apporto che hanno
dato e il contributo completamente disinteressato e preziosissimo per quella
che é stata la pubblicazione delle fonti della storia locale. Dato anche il cam-
biamento dei tempi, dei miti che governano lo sviluppo della mentalità
specialmente politica, dato anche il maggiore rigore scientifico e l'allar-
garsi di orizzonti, probabilmente tutto questo è stato sorpassato. Ora le
Deputazioni si iscrivono non più in un quadro di tradizioni locali, ma in un
quadro di ricerca storica generale, in cui viene l’apporto specifico di quella
data regione, per la competenza specifica nella storia regionale dei compe-
tenti di quella data località. Quindi io direi che per la Deputazione in un
nuovo ordinamento (per il quale io non so come si potrà uscire da questo
groviglio di tradizioni che si sono accumulate tra società, deputazioni, ecc.,
e poi quante sono le deputazioni, e quali sono le deputazioni da riconoscere ?)
si deve poggiare sull’apporto di tutti gli istituti che vogliono concorrere se-
condo l’antica tradizione, ma specialmente sull’apporto dello Stato, in una
organizzazione generale degli istituti di ricerca storica. Come del resto si
va facendo nel mondo moderno, specialmente oltre cortina, dove tutti gli
istituti di ricerca sono organizzati dallo Stato, naturalmente dallo stato
assoluto con intenti particolari che speriamo qui in Italia non si affermino ;
ma in ogni modo sono sostenuti dallo Stato. Quindi io credo che bisogna
puntare su questo.
ATTI DELLA DEPUTAZIONE 193

La quota sociale — io diró una cosa banale, personale — non si puó
accrescere di molto, perché anche cresciuta di molto non risolve la situa-
zione. Se invece di venticinquemila lire ne abbiamo settantacinquemila o
centocinquanta, o anche trecento, non é che con trecentomila lire si risolve
la situazione. Mettete poi un professore che sia arrivato alla mia età, che
abbia avuto l'onore di appartenere a molte Deputazioni, se dovesse spendere
ogni anno cinquemila lire per ciascuna delle cinque Deputazioni a cui ap-
partiene, vedrebbe la sua pensione fortemente diminuita. E accanto alle
Deputazioni ci sono tanti altri organismi; quindi si mantenga natural-
mente la quota, sia pure aumentata di poco, come segno di adesione, ma
non ci si puó fondare assolutamente sulla quota dei soci. Bisogna piü che
altro cercare di agganciarsi, come di fatto poi é avvenuto, agli organismi
che oggi si vanno istituendo per pianificare anche la ricerca storica, e io credo
che questa pianificazione non sia del tutto negativa, quantunque io abbia
qualche riserva da fare contro l'eccessiva programmazione specialmente nel
campo degli studi. Peró specialmente per quello che riguarda la ricerca e
la pubblicazione delle fonti e dei repertori, che sono le grandi basi, i grandi
strumenti di lavoro collettivo, naturalmente io credo che questa pianifi-
cazione sia necessaria. Perció io raccomando al nostro Presidente, che é
membro di quella Commissione, di far presenti queste mie considerazioni,
che io credo condivise dai nostri Soci, perché sian dati alla Deputazione, spe-
cialmente alle Deputazioni che mostrano maggiore vigore, maggiore vita-
lità, i mezzi per poter attuare il loro programma in un piano piü vasto che
non sia la pura storia locale.

SALVATORELLI. — Ma noi abbiamo fatto nell'ultima assemblea un voto,

appunto perché non venisse escluso questo lavoro storico delle Deputa-

zioni, perché le Deputazioni non fossero in certo modo svuotate.

CECCHINI. — A proposito dei nostri proventi io ho dimenticato — e

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questa è una nota confortante — di dire che è in notevole incremento la
vendita delle pubblicazioni, che però è un po’ inficiata dall’esaurirsi di al-
cuni volumi. Noi abbiamo tentato molte strade. Vi dirò che a tutt’oggi
quest’anno, per esempio, abbiamo avuto una vendita che mi pare che non
sia inferiore a un milione e duecentomila lire — è diventata una delle voci
più cospicue — anche per commissioni di biblioteche straniere, di istituti stra-
nieri, con la riserva di fornire poi il completamento. Ma a mano a mano
che vengono le commissioni si esauriscono sempre di più i volumi. Abbiamo
tentato prima con Olschki, prima ancora abbiamo tentato di tirare mediante
gli apparecchi di riproduzione alcune copie : riescono molto care e non ven-
gono bene. Olschki ci ha posto come condizione che passasse a lui la pro-
prietà dei volumi riprodotti, e questo non l'abbiamo accettato ; poi c'erano
anche condizioni piuttosto onerose. Abbiamo interessato Forni; ma anche
questi voleva che la proprietà passasse a lui. Alla fine abbiamo preso ac-
cordi con Bottega d’Erasmo, che è depositaria delle nostre pubblicazioni,

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194 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

e che veramente ha dato un certo incremento alla vendita. Adesso ne ha
in corso due, di ristampe ; e la situazione é a questo punto, cioé che si va
stimolando Bottega d'Erasmo per poter avere le anastatiche. Non so se loro
hanno avuto il catalogo apposito che Bottega d'Erasmo ha fatto riprodu-
cendo tutti i sommari dei Bollettini e che hà diffuso largamente com'é suo
costume. Quindi in sostanza siamo a questo punto ; naturalmente noi curiamo
molto che questa voce del nostro bilancio non si esaurisca o almeno non si
affievolisca. Ora, per quello che riguarda la proposta del marchese di Sor-
bello, c'é un calcolo ; noi non siamo riluttanti ad allargare la cerchia dei
Soci, peró una certa distinzione dobbiamo conservarla. Visto sotto il profilo
della convenienza, bisogna rendersi conto che finché la quota, senza umi-
liare nessuno, dei Soci aggregati è di mille lire, noi con ogni socio in più
perdiamo mille lire. Di ogni esemplare noi tiriamo ancora 360 copie, quanti-
tativo che io ho trovato già dai tempi di Bertini Calosso, e per ora non ab-
biamo motivo di aumentare; anche perché per la ristrettezza dei locali
della sede, non sappiamo dove mettere i volumi che arrivano. Ogni copia
in genere viene a costarci sulle milleottocento-duemila lire, e quindi non
abbiamo interesse ad aumentare il numero degli aggregati con la quota di
lire mille. In concreto, interpretando le parole del prof. Morghen, confortati
anche dall’opinione generale dell’attuale assemblea, potremmo alla pros-
sima assemblea dei Soci ordinari, come segno anche di riconoscimento dello
sforzo che la Deputazione fa di uscire con due volumi, proporre di arrivare ?
a millecinquecento per gli aggregati, a duemila per gli ordinari e i corri-
spondenti. Questo ha un valore piü che altro morale, e comunque crea un
maggiore equilibrio tra quello che si dà e quello che si riceve. Penso che si
puó onestamente proporre una cosa del genere. Per il resto io non ho altro
che da compiacermi dell’interesse e dell’appoggio di molti soci; appoggio
concreto, come vedete, perché un convegno come questo non si mette in
piedi se non c'é la generosa e benevola prestazione in gran parte dei nostri
valorosissimi Soci, di cui veramente ci gloriamo, che sono magari non tutti
residenti a Perugia, ma che ad ogni chiamata rispondono con molta gene-
rosità e anche, direi, con molta affettuosità.

SALVATORELLI. — Se il Presidente permette, vorrei fare una segnala-
zione complementare, che mi pare non sia stata fatta, né da lui né dal prof.
Morghen in quel generoso elogio che ci ha rivolto ; e cioé che il « Bollettino »
della Deputazione Umbra di Storia Patria é l'unico periodico del genere che
sia aggiornato, e dico del genere intendendo non soltanto quelli delle altre
Deputazioni, ma anche le riviste storiche vere e proprie, le quali sono tutte
piü o meno in ritardo, e questo lo so per pratica ; proprio il « Bollettino » ?
umbro di Storia Patria forma un'eccezione. Io faccio questo rilievo perché
devo anche aggiungere che in questo io non ho nessun merito: è un merito:
che rimane al Presidente, che ha saputo sollecitare e raccogliere i diversi
impulsi privati e, avendo trovato — bisogna aggiungere — un notevole
ATTI DELLA DEPUTAZIONE 195
arretrato, in pochi anni si é messo in pareggio, un pareggio che forma —
debbo dirlo ancora una volta — una eccezione.

CECCHINI. — Io devo smentire in parte il prof. Salvatorelli, perchè
io sono molto confortato dall’attiva assistenza del Consiglio Direttivo. Il
prof. Salvatorelli giustamente accennava che l’ultima assemblea dei Soci
ordinari, in relazione a quella Commissione piuttosto pletorica che dovrebbe
studiare il problema generale della sistemazione degli istituti di ricerca sto-
rica, avendo io riferito il contenuto di quella prima riunione che era'stata
puramente orientativa e nella quale si è manifestata subito una certa affer-
mazione di preminenza della Società degli storici, ha indirizzato al Presi-
dente della Giunta Centrale per gli Studi Storici un voto per affermare la
necessità che nell’elaborando quadro della ricerca storica alle Deputazioni
venga assegnato un confacente rango. Questo per dire che quando si arri-
verà nei lavori di quella Commissione sul terreno pratico ci sarà un con-
flitto piuttosto duro. Non si vogliono posizioni di privilegio per le Depu-
tazioni; ma se si riuscirà a comporre questo quadro generale si chiede che
esse non siano sacrificate, ma sia assegnata loro una funzione precisa e de-
terminata. Questo è ciò che il prof. Salvatorelli mi ha giustamente ricordato.

MorcHEN. — Chiedo di nuovo la parola a proposito dei volumi che
$ sono ormai esauriti. Questo é un problema che si presenta per tutti i grandi
istituti che hanno grandi collezioni, che oggi si vendono con molta facilità,
specialmente all'estero. Si presenta, per esempio, per l'Istituto Storico Ita-
liano per il Medio Evo, per l'Accademia dei Lincei, per la Deputazione Sub-
alpina. Credo quindi che la voce delle vendite nel bilancio sia da curare
molto, e che convenga fare queste riproduzioni, che io consiglierei proprio
con la Bottega d'Erasmo, che é la piü indicata proprio per i lavori di ca-
rattere storico. Si puó dire che ha in fondo, anche all'estero, l'esclusiva ;
é proprio specializzata per le pubblicazioni di carattere umanistico e sto-
i co. Quindi io credo che sia molto conveniente che il Consiglio di Presidenza
abbia preso questa deliberazione.

CECCHINI. — Ringrazio il prof. Morghen del conforto conferitoci del
suo assenso e dichiaro sciolta l’ Assemblea.

La seduta è tolta alle ore 13.

La Segretaria Il Presidente
Paola Pimpinelli GIOVANNI CECCHINI

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La Compagnia dei Disciplinati di S. Oiovanni
Evangelista di Porta della Pace in Pisa e la
sua devozione verso frate Giovanni soldato

Denominazione. — La compagnia prende il titolo dal nome del
santo titolare dell'oratorio in cui essa officiava: l'oratorio era quello
di S. Giovanni Evangelista di Porta della Pace (cfr. più avanti sotto
Sede).

Tale denominazione rimase alla compagnia dalle origini fino
alla soppressione.

Fondazione ed erezione. — Non si conoscono le date esatte né
della fondazione nè della erezione : le sue origini vanno comunque
poste tra il 1311-12 (anni di fondazione e di erezione delle prime
compagnie di disciplinati pisane 9 e il 1348 (anno della prima cita-
zione: cfr. sotto Dati cronici e storici).

Sede. — Risulta che la compagnia aveva sede propria fin dalla
prima citazione di essa (a. 1348) che menziona la casa della detta
confraternita « prope portam Pacis » : dallo stesso atto sappiamo che
un sacerdote doveva «servire in divinis» nell'oratorio. A questa
data la compagnia risulta dunque già formata e provvista di un
suo oratorio e di un suo sacerdote.

In tutto il corso della sua esistenza essa mantenne sempre la
stessa sede che non è difficile ubicare esattamente : sorgeva infatti
sull’attuale via S. Lorenzo, poco lontano dal convento di S. Fran-
cesco dei Frati Minori 2; attualmente non sussiste più nè vi è più
traccia dell’« orto grande » della compagnia e della cappella intito-
lata a S. Girolamo ad essa appartenente e prospiciente all'orto ?.

Attigua all'oratorio e comunicante con esso attraverso una fi-
nestrella, sorgeva una cella da eremita che sappiamo ancora esi-
stente nei secoli xvi-xvin 4: ivi secondo la tradizione agiografica

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sarebbe vissuto e avrebbe praticato la disciplina il fondatore della
compagnia, il Beato Giovanni della Pace soldato (cfr. sotto La devo-

zione....., La tradizione agiografica).

Sulla stessa via di S. Lorenzo che andava fino alla Porta della
Pace si affacciava anche la casa dei pinzocheri del Terzo Ordine
di S. Francesco, ivi acquartierati fin dal 1290 5): il particolare é im-
portante perché serve a Spiegare i rapporti, assai stretti, che inter-
corsero tra la compagnia dei disciplinati e la fraternita dei pinzo-
cheri di porta della Pace ; serve anche a spiegare la devozione verso

frate Giovanni soldato che era un frate della Penitenza.

Abito. — L'abito che i confratelli indossavano nel secolo xvii
era di colore bianco 9 ; é peró verosimile che l'abito originario della
compagnia fosse dello stesso colore «leonato » (una gradazione del
rosso) dell'abito con cui è raffigurata l'immagine di frate Giovanni
soldato, dipinta (o forse solo ritoccata) da Antonio Veneziano negli
ultimi anni del Trecento nel Camposanto Monumentale di Pisa (efr:
sotto La devozione..... , La tradizione iconografica).

Dati cronici e storici. — Il materiale documentario relativo a
questa confraternita consta di due filze appartenenti all’archivio
della compagnia del secolo xvin ? e di 20 documenti che la riguar-
dano 9),

La prima citazione della compagnia é un lascito testamentario
in data 9 maggio 1348, nel quale Taddeo del fu Ceo Ferrante dona
una somma di denaro «societati disciplinantium Sancti Iohannis
Apostoli et Evangeliste de prope portam Pacis pisane civitatis »
affinché con tale somma la compagnia compri una proprietà il cui
reddito « convertatur in soluptionem salarii seu premii sacerdotis qui
dicte societati et in domo dicte societatis serviet in divinis » ?.,

Conosciamo altri 5 lasciti fatti alla compagnia nel primo secolo
della sua esistenza 19),

Di maggiore interesse è però la vendita di un pezzo di terra
della confraternita in data 29 aprile 1358 !!). A questo atto infatti
intervengono 20 uomini della compagnia e alcuni giorni dopo, il

4 maggio, altri 3 confratelli danno il loro assenso all’atto di vendita.
I loro nomi sono i seguenti :

« Franciscus notarius quondam Bergi de Pegiano de cappella Sancti
Pauli ad Ortum, Ciantus quondam Dominici de Canneto de cappella Sancti
LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI ECC. 201

Petri ad Ischiam, Marinus notarius quondam Vannis Aldigerii de cappella
Sancti Pauli Ripearni, Franciscus quondam Bindi Rossi de cappella Sancte
Trinitatis, Iohannes pellipparius quondam Venture de cappella Sancti Chri-
stofori Kinthice, Neruccius quondam Bonaccursi de cappella Sancti Viti,
Orlanduccius quondam Iohannuccii de cappella Sancti Cassiani Kinthice,
Pardellus quondam Mei de Treggiaria de suprascripta cappella Sancte Trini-
tatis, Ursarellus archarius quondam Palmerii de cappella Sancti Barnabe,
Ventura tabernarius quondam Bacciamei de cappella Sancti Martini Kin-
thice, Iohannes spatarius quondam Marci de dicta cappella, Iohannes quon-
dam Curradi de cappella Sancti Laurentii Kinthice, Paganus tupparius quon-
dam Simonis de eadem cappella, Martinus quondam Guidonis de cappella
sancti Laurentii de Rivolta, Fanus barberius quondam Venture de cappella
Sancti Macthei, Iohannes quondam Vannis Stefani de suprascripta cappella
Sancti Martini Kinthice, Iohannes quondam Lelli Sciancati de suprascripta
cappella Sancti Macthei, Pierus quondam Guccii de cappella Sancti Gregorii,
Vannes Pecchia quondam Perfecti de cappella Sancti Viti, et frater Vannes
quondam Vannis de suprascripta cappella Sancte Trinitatis ». Rainerius quon-
dam Puccii de Balneo de cappella Sancte Viviane, Iacopus quondam Vannis
Bocche de cappella Sancti Petri ad Ischiam, Franciscus quondam Vannis
Bonafidei de cappella Sancti Laurentii de Rivolta (gli ultimi tre intervenuti
posteriormente all'atto).

Il ventesimo dei confratelli menzionati, frate Vanni del fu Vanni
della cappella di S. Trinita, è chiaramente identificabile con il « frater
Iohannes pinsoculus quondam Vannis de cappella Sancte Trinitatis »
che nel 1355 appare come «sindicus et procurator... societatis di-
sciplinatorum Sancti Iohannis Apostoli et Evangeliste » per ricevere
un lascito fatto alla compagnia !?.

La confraternita dunque annoverava, alla metà del Trecento,
tra i suoi membri un « pinsocolo » del cosiddetto Terzo Ordine di
S. Francesco ; i pinzocheri, come si è visto, si erano stabiliti fin dal
1290 nella cappella di S. Trinita ed ivi avevano creato lo « hospitale
fratrum et sororum de Penitentia ordinis Sancti Francisci » 19).

La vicinanza delle sedi contribui certamente a rendere assai
stretti i legami tra la compagnia dei disciplinati e i pinzocheri : nel
1350, per esempio, i Ministri del Terzo Ordine radunati insieme agli
altri frati della Penitenza «in domo societatis disciplinatorum Sancti
Iohannis Evangeliste » ricevono dal frate della Penitenza Iacopo del
fu ser Toldo da Calcinaia che viveva come eremita cellato presso il
convento domenicano di S. Caterina di Pisa !4, una somma di de-
naro a condizione che il Terzo Ordine sia tenuto a corrispondere
allo stesso frate Iacopo e al suo nipote, frater Iohannes quondam

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Benedicti cerbulactularii, (anch'egli eremita cellato) un vitalizio in
grano !5),

Non è possibile approfondire maggiormente i legami tra la com-
pagnia e il Terzo Ordine poiché degli archivi privati dell'una e del-
l'altro è rimasto poco materiale superstite 19),

E peró di un certo interesse notare che la compagnia abbia
dimostrato una particolare devozione verso frate Giovanni soldato
che come vedremo meglio in seguito era un frate della Penitenza che
secondo la tradizione agiografica era vissuto da eremita in una cella
comunicante con l'oratorio della confraternita ; la devozione verso
di lui della compagnia é accertata già nel Trecento. Il 1 agosto 1390
infatti il mercante pisano Parasone del fu Lando Grassi, già bene-
merito della confraternita per lasciti precedenti !”), nel suo testa-
mento dopo aver ordinato di essere sepolto con l’abito dei disci-
plinati di S. Giovanni Evangelista, donava agli stessi una somma di
denaro «ut pingatur istoria fratris Iohannis Soldati in oraculo sive
ecclesia dicte discipline et pro pictura dicte istorie in dicta ecclesia
sive oraculo pingende » !8). Evidentemente la commissione di una
pittura con tale contenuto iconografico, oltre ad esprimere anche i
particolari sentimenti del committente, era dovuta al fatto che la
compagnia stessa era devota di frate Giovanni Soldato.

Sappiamo con certezza, come vedremo meglio in seguito, che
l'oratorio fu effettivamente istoriato con la Vita di fra Giovanni
soldato; né questa fu l'unica opera riguardante il santo pisano che
fu dipinta nel Trecento. (per l'affresco trecentesco nel Camposanto
cfr. piü avanti sotto La devozione..., La tradizione iconografica).

Dal 1400 al 1474 si apre un vuoto completo nella documenta-
zione relativa a questa compagnia. Non ho potuto accertare l'asser-
zione fatta dall'erudito pisano del '600 Paolo Tronci secondo il quale,
poco dopo la caduta di Pisa nelle mani dei fiorentini, i disciplinati
di S. Giovanni Evangelista «donorno alli monaci di Montoliveto
l'Oratorio, Spogliatoio, case et orti a loro appartenenti » con la con-
dizione peró che, trovandosi a frequentare l'oratorio, fosse lecito
alla compagnia radunarvisi liberamente per esercitare di nuovo le
loro pratiche devote ?. Subito dopo però il Tronci aggiungeva che
questo in effetti avvenne e la compagnia s'era già ricostituita quando
nel 1474 le fu concessa dal vicario dell’arcivescovo Filippo dei Me-
dici l'amministrazione dello Spedale dei lebbrosi di S. Lazzaro e
quando « più modernamente » alla « vigilanza e carità » dei confra-
telli « furono raccomandati i Poveri Vergognosi della città di Pisa » 29),
gia

LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI ECC. 203

Non è stato possibile individuare la fonte da cui il Tronci ha
tratto la notizia relativa all’anno 1474: è certo però che nel 1482
veniva effettivamente affidata ai disciplinati di S. Giovanni Evan-
gelista la amministrazione dello Spedale di S. Lazzaro da parte di
Roberto Strozzi, vicario dell’arcivescovo pisano Raffaele Riario ; non
si accenna però a un precedente conferimento al tempo dell’arcive-
scovo Filippo dei Medici 24)

Del resto una vera e propria attività ospedaliera doveva essere
poco consona allo spirito della compagnia che non ebbe mai uno
spedale proprio : per questa ragione probabilmente già nel 1490 essa
rinunciava al governo dello Spedale di S. Lazzaro, la cui ammini-
strazione ritornava nelle mani del vicario arcivescovile 22).

Più importante e assolutamente peculiare di questa compagnia
fu invece l’attività a favore dei « poveri vergognosi » che fu ricono-
sciuta ed incoraggiata dall'arcivescovo Filippo dei Medici nel 1474 ?3),
Di questa lettera d’indulgenza dell’arcivescovo -Medici e degli altri
documenti riguardanti questa attività della compagnia, parleremo
più a lungo avanti (cfr. sotto Attività). Qui interessa far notare che
non è un caso che tale attività sia stata incoraggiata proprio dall’ar-
civescovo Filippo di cui è ben nota la sollecitudine apostolica ?*.

Nel 1477 (stile pisano ?) veniva rinnovata dall’arcivescovo Sal-
viati la licenza di poter questuare per i poveri vergognosi e l’indul-
genza già concesse da Filippo dei Medici ai disciplinati di S. Giovanni
Evangelista 25).

Gli ulteriori sviluppi della storia della confraternita rimangono
piuttosto oscuri: non accennano più alla pratica della disciplina i
pochi documenti rimastici dei secoli xvi-xvini anche se tale pratica
sembra sia continuata fino al secolo xvii 29).

Indice di decadenza e di trascuratezza è certo la notizia sul
cattivo stato dell'oratorio che si é tratta dalla Visita pastorale del-
l'arcivescovo Del Pozzo degli anni 1596-1597 ??.

Di minore importanza gli altri scarsi accenni alla confraternita
che ho trovato qua e là ?9; di natura soprattutto amministrativa sono
le uniche due filze rimasteci dell'Archivio proprio della compagnia ??.

Attività. — L'attività ospedaliera — si è detto — non è mai
stata tipica di questa confraternita fuorchè nel caso (sporadico e di
breve durata) dell’amministrazione dello Spedale di S. Lazzaro.

L'attività in favore dei poveri vergognosi è invece ricordata da
tutti gli eruditi pisani che nei secoli xvi-xx si sono occupati della

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figura di frate Giovanni soldato e di riflesso della compagnia di
S. Giovanni Evangelista che da lui sarebbe stata fondata ; lo stesso
frate Giovanni avrebbe istituito per i confratelli della disciplina la
pia pratica in favore dei poveri vergognosi 59),

Ma in realtà dalla testimonianza del Tronci e dai documenti
reperiti risulta che tale attività fu intrapresa dalla compagnia nella
seconda metà del Quattrocento. Nella sua lettera pastorale del 1°
aprile 1474 l'arcivescovo Filippo dei Medici ricorda la « penuria et
fames » che in quell'anno «totam fere invasit Italiam et potissime
civitatem pisanam, quam permulti incolunt pauperes » e ricorda il
«laudabile opus» a cui i disciplinati di S. Giovanni Evangelista
avevano già dato inizio facendo la questua in favore dei poveri ver-
gognosi e delle povere fanciulle nubili ; dà perciò l'assenso «ut ipsi
in futurum perpetuo per civitatem ipsam nostra auctoritate et con-
silio pro verecundis pauperibus elemosinas ostiatim et per ecclesias
(ut eis salubris videretur) petere et perquirere possent » 94).

Suppergiù dello stesso tenore è la ratifica della licenza per la
questua e dell’indulgenza di 40 giorni per chi darà elemosine ai
disciplinati, fatta da Francesco Salviati nel 1477 : ivi si accenna an-
che all’inizio della pia attività che sarebbe avvenuto «a tribus an-
nis citra » °2).

Tratto tipico di questa attività (e tratto tipico della « signorile »
mentalità quattrocentesca) é il rispetto per la « verecundia » dei po-
veri. Nel 1626 il Nervi, dopo aver attribuito la fondazione della com-
pagnia a frate Giovanni, aggiungeva anche che «a lui si attribuisce
linventione dell’andare quella compagnia, come hoggi fa, accat-
tando per i poveri vergognosi: le quali limosine si stribuivano al
tempo suo di notte, bussando la porta del bisognoso, e quivi posta
l'elemosina andarsi con Dio » 53).

L'attività caritativa e la raccolta di elemosine a favore dei po-
veri e delle fanciulle nubili rimase propria della compagnia fino al
secolo xviirr?9, anche se si differenzió notevolmente dalla carità
originaria verso i poveri vergognosi 5),

La devozione verso frale Giovanni Soldato. La tradizione agio-
grafica. — La tradizione agiografico-erudita pisana dei secoli xvi-
Xx, dal Totti al Nervi, al Tronci, al Cardosi, al Salvetti fino al Sai-
nati e al Barsotti?9 si dimostra parecchio discordante e confusa
quando, occupandosi di frate Giovanni della Pace, cerca di concre-
tizzarne storicamente la figura.
è —

LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI ECC.

Sostanzialmente la confusione deriva dal fatto che questi au-
tori (ma fa eccezione, come vedremo, il Barsotti) sono incapaci di
collocare la figura di frate Giovanni in un ambito cronologico preciso,
accertato su base documentaria. Per questa ragione essi sono in di-
saccordo su diversi punti: quando il frate sia vissuto 5”), da quale
famiglia pisana provenga ?9, in quali conflitti di fazioni cittadine
egli si sia trovato invischiato quando ancora era « soldato » e quali
avvenimenti abbiano provocato la sua conversione 3°); se abbia
abbracciato un Ordine religioso ‘9 o sia vissuto da semplice ere-
mita 4),

Vi sono peró anche alcuni punti fermi su cui tutta la tradizione
concorda : che frate Giovanni è vissuto nel secolo come soldato (con
tale termine si intende o che egli abbia appartenuto alla milizia
comunale o che sia stato un soldato privato al servizio di qualche
potente); che dopo la conversione indossó l'abito della penitenza (o
«di dolore»); che andó a vivere come romito in una cella vicino
all'oratorio dei disciplinati di S. Giovanni Evangelista da lui fondato
e che ivi si maceró con molte pratiche ascetiche e specialmente con
la disciplina. Alcuni aggiungono che prima di ridursi a vivere in
una cella presso la porta della Pace, condusse vita eremitica fuori
di Pisa, in luogo solitario ^».

Ma vi è anche di più : è merito del Barsotti, infatti, essere riu-
scito a identificare attraverso una documentazione precisa il perso-
naggio agiografico con una persona veramente esistita nella prima
metà del Trecento: in questa documentazione la formula di deno-
minazione del personaggio (l'accoppiamento frater-soldatus) appare
troppo peculiare per pensare che una serie continua di documenti
che lo menzionano non si riferisca alla stessa persona.

Ci rimangono 13 documenti che concernono frate Giovanni degli
anni 1297-1340, in larga parte conosciuti ed editi dal Barsotti *? :
altri due documenti degli anni 1338 e 1348 concernono i compagni
di frate Giovanni soldato, viventi nel romitorio di S. Maria della
Sambuca 4. L'ultimo documento infine è la commissione del 1390
per un dipinto della vita del frate da farsi nell'oratorio di S. Gio-
vanni Evangelista 49.

In 9 di questi documenti il personaggio in questione viene chia-
mato «frater Iohannes (o Vannes) soldatus » ^9; negli altri docu-
menti si menziona in modo più circostanziato un «frater; Iohannes
Cinus soldatus » detto anche «frater Iohannes Cinus olim stipen-
diarius » oppure semplicemente «frater Iohannes Cinus (Cini) » *^.

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X 206 ANDREA BATTISTONI

Il Barsotti identifica — abbastanza correttamente, a mio pa-
rere — il frate soldato del primo gruppo di documenti con il frate
Giovanni Cini del secondo gruppo e ricorda che a Pisa è testimo-
niata fin da quegli anni una famiglia Cini *9 ; spiega inoltre il ter-
mine soldato col fatto che frate Giovanni prima della conversione
avrebbe prestato servizio nella milizia comunale.

La congettura può anche essere esatta ma, per la verità, non
getta molta luce sulla figura di frate Giovanni soprattutto sotto
l'aspetto — che è quello che ci interessa di più — religioso : riman-
gono anche del tutto oscure le ragioni che hanno indotto questo
personaggio a lasciare il secolo e che tante congetture hanno ispirato
alla tradizione agiografica 49).

Unico dato interessante sarebbe quello relativo all’elezione degli
ufficiali della Misericordia : la Casa della Misericordia il cui regola-
mento fu approvato il 16 marzo 1305 dall’arcivescovo di Pisa Gio-
vanni di Polo 5 era governata da dodici ufficiali cui spettava il
compito di aiutare i poveri derelitti e di promuovere le opere di pietà
e di misericordia in loro favore 51),

Tra questi ufficiali maggiori eletti nel 1305 52) e ancora in carica
nel 1308 5 compaiono frate Giovanni (detto Vanni) Cini e un certo
Dominus Pardus, rettore della chiesa pisana di S. Cristina. Il primo,
si è visto, è identificabile secondo il Barsotti con frate Giovanni
soldato. Il secondo, personaggio molto notevole della vita religiosa
cittadina (è anche al primo posto tra gli ufficiali della Misericordia)
ci interessa quanto il primo perchè in un importante documento
del 1° maggio 1311 54 l’arcivescovo Giovanni di Polo gli concedeva
la licenza di procedere ogni venerdì « vel aliis diebus », «cum illis
de societate se disciplinantium et cum populo eos sequenti», di
predicare e di concedere rispettivamente 40 giorni di indulgenza a
coloro che si disciplinavano e 20 a coloro che seguivano la proces-
sione dei disciplinati.

Questo documento del 1311, assieme agli Statuti dei disciplinati
di Gesù Cristo Crocifisso, Raccomandati e Laudesi della Vergine
Maria della chiesa domenicana di S. Caterina di Pisa 55) costituisce
la più antica testimonianza dell’esistenza del movimento della disci-
plina a Pisa 59; esso testimonia inoltre la particolare importanza
dell’azione dell’arcivescovo domenicano Giovanni di Polo nella pro-
mozione e diffusione in questa città del movimento della disciplina
la cui prima confraternita si costituì, a quanto sembra, presso il
convento domenicano di S. Caterina 57),
LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI ECC. 207

Presumibilmente lo stesso frate Giovanni Cini, nell'ambito di
una comune spiritualità, puó essere venuto in contatto in quegli
stessi anni con il movimento dei disciplinati : tanto più che l'identi-
ficazione del Barsotti puó essere confermata da un documento da
me ritrovato in cui compaiono assieme, come esecutori testamentari,
il già citato Pardo rettore della chiesa di S. Cristina e « frater Vannes
olim soldatus » 58),

I documenti peró di gran lunga piü importanti e decisivi per
caratterizzare il personaggio sotto l'aspetto religioso sono quelli che
concernono i romitori di S. Maria di Zambra (nel contado pisano
verso Calci) e di S. Maria della Sambuca (sulle colline livornesi) :
nel primo di essi erano vissuti per alcuni mesi (agosto-novembre
1331) i compagni di frate Giovanni soldato 5? ; queste stesse per-
sone si stabilirono in modo piü duraturo (dal 1331 al 1348 almeno)
nel secondo romitorio 99,

Da queste testimonianze risulta che Giovanni soldato era un
frate della Penitenza (probabilmente non coniugato) che conduceva
la sua « vita poenitentiae » nella forma dell'isolamento eremitico as-
sieme a un piccolo gruppo di compagni; la tradizione agiografica
aggiunge (ma su questo ritorneremo) che egli era anche vissuto da
solo come eremita cellato presso l'oratorio dei disciplinati di S. Gio-
vanni Evangelista. Non sembra però che l'« ordo vitae » di Giovanni
soldato e dei suoi compagni abbia mai sorpassato lo stadio della
penitenza volontaria: del resto questa situazione istituzionale non
molto regolare, composta di elementi eremitici e penitenziali-volon-
tari era abbastanza diffusa a Pisa in quel periodo e se ne potrà meglio
precisare l'ambito quando avremo un quadro completo del movi-
mento eremitico toscano, specie di quello che rimase indipendente
da grandi Ordini centralizzati $5.

Il documento di maggiore interesse é il conferimento del romi-
torio di S. Maria di Zambra «dilectis in Christo Vannuccio Duccii
de Sancto Miniate et Puccino Iacobi de Pistorio et Iacopo Albizi de
Florentia, fratribus Penitentie ac sociis fratris Vannis Soldati, fratris
Penitentie »; il vicario arcivescovile concedeva anche ai compagni
di frate Giovanni soldato il permesso di andare mendicando le ele-
mosine nella città e nella diocesi di Pisa e proibiva a chiunque di
costruire «cellam seu oratorium » nello spazio di due miglia circo-
stanti il romitorio. Concedeva infine agli stessi il permesso di assu-
mere conversi e di eleggere il Priore aggiungendo peró che finché
frate Vanni soldato era in vita, lo stesso frate assieme a uno di loro

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doveva presiedere all'ammissione di nuovi frati e conversi $2. È evi-
dente il tentativo (specie nell’invito ad eleggere un priore) di spin-
i gere la piecola comunità di penitenti volontari verso forme di vita
iii eremitica più regolari. Ma ancora nel 1338 gli stessi Puccinus Iacobi
| | de Pistorio e Iacobus Albizi de Florentia, assieme a Vannes de Bi-
serno erano definiti semplicemente come «fratres Penitentie in ec-
clesia et heremitorio de Sambuca »: in quella data Antonius Ture
de Parma che essi avevano accolto «in fratrem Penitentie dicti
di loci» chiedeva al vicario arcivescovile di ‘potersi trasferire in
I altro luogo di più stretta osservanza «et in habitu Penitentie
| Deo et Beate Marie matris (sic) eius et sanctis suis ibidem de-
servire » 95),

Questa occupazione di sedi tradizionalmente eremitiche da parte

DELI d di penitenti volontari puó anche essere piü largamente testimoniata.
WU In quello stesso documento riguardante il romitorio di S. Maria di |
il T Zambra e i compagni di frate Giovanni soldato, si accenna anche a
In | un precedente conferimento, al tempo dell'arcivescovo Giovanni di |
1 UN Polo, ad alcuni frati della Penitenza dei quali alcuni nel 1331 erano
B già morti, gli altri erano continuamente assenti 99.
AMI Anche l'altro romitorio di S. Maria della Sambuca sulle colline í
livornesi che fu concesso nel 1331 ai compagni di frate Giovanni
soldato era già nel 1318 sede «fratris Ugolini Manfredi, fratris Cini
de Florentia et fratris Alberti Gilii, fratrum Penitentie, rectorum et
TLC IR gubernatorum ecclesie seu heremitorii Sancte Marie de Sambuca » :
WT UU) il procuratore di questi poi era Lando di Bacciameo Ciapparone,
il frate del Terzo Ordine di S. Francesco 9».

Lo stesso dicasi per il romitorio di S. Alessandro di Querceto
Ni | nella pieve di Calci che era sotto il governo «fratris Tholomei rec-
| | toris... dicti heremitorii sive ecclesie S. Alexandri, Ministri fratrum

Tertii Ordinis Penitentie Beati Francisci» 59; e per il romitorio di
Montenero sulle colline livornesi accanto al romitorio di S. Maria
Hi della Sambuca $^,

Si ricordi anche che in una zona particolarmente ricca di romi-
| tori come la costa tirrenica e l'isola d'Elba assieme alle fondazioni
TE appartenenti all'Ordine camaldolese, Eremitano e all'Ordine di S.
Wi Guglielmo vi era anche nei secoli xvi-xvii un notevole numero di è
Wil fondazioni i cui romiti vestivano l'abito grigio dei Terziari france-
| scani 50; e vi sussisteva ancora un certo numero di romiti indipen-
denti °°),

Questa adesione dell'Ordine della Penitenza a certe forme di
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LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI ECC. 209

vita eremitica proprie soprattutto di un certo tipo di eremitismo
indipendente che non si era lasciato convogliare nell'orbita dei grandi
Ordini centralizzati (come l'Ordine degli Eremitani) é testimoniata
anche dalla tradizione agiografica relativa a frate Giovanni che sa-
rebbe vissuto — si é visto — in una cella presso la porta della Pace,
contigua all'oratorio di S. Giovanni Evangelista,

Per questo punto della tradizione agiografica, manca la neces-
saria base documentaria : è certa però l'esistenza di romiti cellati
cittadini nei secoli xir-xrv anche presso la porta della Pace 7° ed
è altrettanto certa l’esistenza tra di essi di frati della penitenza e
la diffusione dell'abito grigio 7!).

Del resto ancora nei secoli xvii e xviri sussisteva dietro all'ora-
torio di S. Giovanni Evangelista la cella dove sarebbe vissuto frate
Giovanni soldato: «qual cella fino al giorno d'hoggi si vede » scri-
veva nel 1689 il Salvetti 72).

La tradizione agiografica dunque relativa alla vita eremitica di
frate Giovanni soldato fuori della città nel contado e in città presso
la porta della Pace appare convalidata dalla documentazione esi-
stente : da questa anzi appare in modo più preciso che egli apparte-
neva a quella frangia dell’Ordine della Penitenza che conduceva vita
eremitica in città e fuori 73),

Non appare invece convalidato da nessun documento il rapporto
fra frate Giovanni soldato e la compagnia dei disciplinati di S. Gio-
vanni Evangelista ; per trovare una conferma su questo punto bi-
sognerà rifarsi alla tradizione iconografica.

La devozione verso frate Giovanni soldato. La tradizione icono-
grafica. — La prima testimonianza di un rapporto diretto tra la
compagnia dei disciplinati di S. Giovanni Evangelista e frate Gio-
vanni soldato é un documento già piü volte ricordato nel quale il
mercante pisano Parasone Grassi commissiona l'affresco della « istoria
fratris Iohannis soldati » nell'oratorio della compagnia 74).

Sappiamo anche che il dipinto fu effettivamente eseguito forse
in questa e forse in un'altra occasione: nel 1625 infatti il Nervi,
nella sua biografia del Beato Giovanni di Pace soldato, testimoniava
che « vedesi anche di presente l'imagine sua », cioè di frate Giovanni,
« sopra la porta d'essa compagnia » e il Salvetti aggiungeva nel 1688
che il Beato «si vede dipinto sopra la porta della compagnia di S.
Giovanni Evangelista in due o tre luoghi fra quali in un Altare
antico e in certi scalini d'Altare » 75),

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Oggi questi dipinti non ésistono piü: ci sono peró ancora di
frate Giovanni soldato altre rappresentazioni iconografiche.

Fino al 1944, quando scoppió un incendio nel Camposanto Mo-
numentale di Pisa che costrinse a staccare molti affreschi dalle pa-
reti, si vedeva sotto le scene degli anacoreti dipinta la figura distesa
di un « vecchio con barba bianca e lunga, con la santità sopra della
testa, vestito (ancor che fosse soldato) d'habito di frate di color
rosso con disciplina fra le mani », come scriveva il Nervi nel 1625 7?
identificando in tale figura l'immagine di frate Giovanni soldato ; e
già prima, nel 1593, ne aveva parlato il Totti.

Sotto questo affresco, mezzo incassata nel muro vi era un'urna
funeraria antica (che esiste ancora oggi) in cui — secondo la testi-
monianza piü antica che é quella del Totti — era contenuto il corpo
del Beato 7). E a terra sul pavimento, in corrispondenza con la
tomba e l'affresco vi era il monumento funebre della compagnia che
nellepigrafe (fatta nel 1610) veniva denominata: «Societas fra-
trum discipline fratris Iohannis de Porta Pacis». Il monumento
funebre che esiste tuttora è però certamente molto più antico, forse
già del secolo xiv, come crede il Barsotti ?°).

L'affresco che secondo la tradizione agiografica raffigurerebbe
frate Giovanni soldato fu staccato — come già dissi — nel 1944
ed ora si conserva in una delle due sale del Camposanto riservate
agli affreschi staccati e alle sinopie: è molto deteriorato ma si può
ancora intravedere chiaramente il colore rosso dell'abito della figura
distesa. L'affresco è cuspidato e vuole chiaramente rappresentare un.
monumento funebre. La figura giacente è contornata da tre angeli :
due di essi sono a figura intera e reggono in mano il turibolo e sono
posti l'uno a capo e l’altro ai piedi della figura ; il terzo angelo è
stato dipinto a mezza figura esattamente sopra la salma giacente e
tiene in mano un cartiglio in cui a caratteri gotici sono dipinti i
versetti salmici « Apprendite disciplinam ne quando irascatur Do-
minus ecc. » 7°).

Il Supino e con lui anche la critica più recente ritiene che l'af-
fresco sia dovuto alla mano di Antonio Veneziano che lavorò a Pisa
dal 1384 al 1386 89; a lui si deve anche l’imbasamento degli af-
freschi del Purgatorio, Inferno e Paradiso ?^.

Già il Supino però aveva notato, dietro la scorta del Rosini *),
che Antonio Veneziano si era limitato a restaurare e in parte a mo-

‘dificare un affresco preesistente 83).

La critica più recente ha confermato questa opinione de Su-
LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI ECC. 211
pino. Quando infatti nel 1944 fu staccato dalla parete l'affresco di
Antonio Veneziano, si scopri sul muro sottostante le tracce di un
affresco precedente che rappresentava una figura distesa con ai lati
«due incappucciati » 84. Tale affresco sarebbe stato eseguito verso
il 1350 o poco dopo e sarebbe quindi precedente al grande affresco
sovrastante riguardante le storie degli anacoreti *9. In seguito, pro-
prio per dare maggiore spazio a tali storie Antonio Veneziano avrebbe
dipinto sopra l'antico affresco e sopra le due figure di incapucciati
quel gruppo di anacoreti intenti al lavoro che ancora oggi si vede:
avrebbe poi ritoccato la figura del Beato distesa e avrebbe dipinto
i due angeli con i turiboli 89),

Non mi è stato possibile però vedere sul muro le tracce dell'an-
tico affresco che molto probabilmente rappresentava con quelle fi-
gure di incappucciati, due disciplinati della compagnia di S. Gio-
vanni Evangelista.

Sarebbe essenziale anche vedere se anch'essi vestivano l'abito
rosso che potrebbe essere l'abito originario della compagnia.

La seconda rappresentazione iconografica di frate Giovanni sol-
dato si ritrovava tracciata a tocco di penna in un manoscritto del
secolo xvi che giaceva presso la Biblioteca Universitaria di Pisa e
rappresentava una figura seminuda che si stava disciplinando con
una catena e che veniva espressamente indicata come il «B. Fra
Giovanni de Porta Pacis». Il manoscritto da me visto alcuni anni
fa e pure presente nel catalogo piü recente dei manoscritti della
Biblioteca Universitaria è attualmente irreperibile 87).

ANDREA BATTISTONI

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ANDREA BATTISTONI

NOTE

1) Su questo punto si veda la Relazione 1, Parte 11, Nota sulle origini
del Movimento dei Disciplinati nella diocesi di Pisa, inviata da me al Centro.

?) Cfr. la ricognizione fatta da Bansorrr in Un nuovo fiore serafico.
il Beato Giovanni Cini Confessore pisano, soldato e eremita, fondatore dei fra-
ticelli della Penitenza ed uno dei fondatori della Pia Casa della Misericordia,
Quaracchi, 1906, p. 104; per l'ubicazione della porta della Pace cfr. ibid.,
pp. 10-11. Su questo opuscolo del Barsotti si veda quanto dirò più avanti
a proposito della tradizione agiografica riguardante frate Giovanni soldato.

) Cfr. in Archivio Capitolare di Pisa, Miscellanea Compagnie, il ricordo
del livello (a. 1686) fatto dalla compagnia a Maria Maccioni dell’orto grande
contiguo alla cappella di S. Girolamo e alla casa della confraternita.

4) Per la testimonianza del Salvetti che nel 1686 attestava ancora l'esi-
stenza della cella si veda più avanti, p. 8.

5) Per l’ubicazione della casa dei Terziari, che poi divenne il luogo di
residenza dell’operaio dell’opera di S. Francesco cfr. il Campione di beni
dell’opera di S. Francesco segn. Corp. Relig. Sopp. n. 1398 nell’Archivio di
Stato di Pisa: per il materiale documentario ancora esistente, appartenente
all'Archivio del Terzo Ordine cfr. ciò che dirò più avanti.

*) Cfr. la Visita pastorale di Francesco Frosini (a. 1706) nell'Archivio
Arcivescovile di Pisa che, menzionando la compagnia di S. Giovanni Evan-
gelista, afferma che i confratelli « utuntur cappa alba » e ancora la visita di
Angelo Franceschi (Vol. 1, p. 495) nello stesso Archivio dove si fa menzione
degli ufficiali della compagnia « sacco albo indutis ».

*) Le due filze sono un libro di Partiti degli anni 1758-1782 (Archivio
di Stato di Pisa [= A.S.P.], Comune, Divisione D, n. 1431) e un registro
di entrate e di uscite e di elemosine degli anni 1759-1781 (A.S.P., Comune,
Divisione D, n. 1432).

8) Altre testimonianze più tarde che ho ritrovato mi sono sembrate di
importanza irrilevante.

°) 1348 mag. 9 (Archivio della Curia Arcivescovile di Pisa [= A.C.A.P.],
Diplomatico, n. 1901).

10) 1354, giu. 27 (A.S.P., Archivio Opera Primaziale, n. 1280, c. 4t);
1383 giu. 19 (A.S.P., Diplomatico Primaziale) ; 1391, lu. 9 (A.S.P., Archivio
Opera Primaziale, n. 1336); 1399, ott. 9 (Archivio Capitolare di Pisa [=
A.C.P.], Fabricae Pisanae Primatialis Ecclesiae Monumenta, c. 139v) ; 1400,
mag. 5 (Archivio della Mensa Arcivescovile di Pisa [= A.M.A.P.], Acta mei
Henrici notarii de Chianni olim ser Bindi notarii de Chianni, in Acta Vice-
comitatus Montisvasi et Riparbellae, c. 109). I lasciti sono rispettivamente
di Rodolfo del fu Meo Rodolfi, di Matteo del fu Bartolomeo di Mone « ca-
scarius », di Giovanni del fu Gaddo Arlotti, di Francesco del fu Guido Boc-
chetta, di Michele del fu Iacopo dell'Abate.
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LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI ECC. 213

11) 1358 apr. 29 (A.S.P., Diplomatico Olivetani).

12) 1355 giu. 4 (A.S.P., Archivio Opera Primaziale, n. 1280, c. 17t):
esecuzione testamentaria del lascito di Rodolfo del fu Meo Rodolfi.

13) Cfr. il registro di Ricordi scritto nel 1320 che apparteneva all'Ar-
chivio del Terzo Ordine, essenziale per la storia delle origini della fraternita
dei pinzocheri (A.S.P., Corporazioni religiose soppresse, n. 1394).

14) Ci sono rimasti parecchi documenti riguardanti questo frate da cui
risulta che era un eremita cellato : cfr. per es. 1359, dic. 22 (A.C.A.P., Dipl.,
n. 2132) in cui si fa menzione « fratris Iacobi de Calcinaria pauperis Ihesus
Christi commorantis in cellis prope ecclesiam Sancte Caterine de Pisis»;
oppure 1369, sett. 27 (A.S.P., Diplomatico Primaziale) in cui viene eletto
esecutore testamentario « fratrem Iacobum de Calcinaria quondam Ser Ber-
tuldi notarii de Calcinaria commorantem Pisis prope ecclesiam Sancte Kate-
rine », ecc. Risulta anche con certezza che egli era un frate della Penitenza :
per es. ad un atto del 1364 (giu. 22, A.S.P., Diplomatico Misericordia) è pre-
sente «fratre Iacobo quondam Ser Toldi de Calcinaria tertii Ordinis S. Fran-
cisci ».

15) 1350 nov. 7 (Archivio della Curia Arcivescovile di Pisa [= A.C.A.P.],
Diplomatico, n. 2009). A questo atto ne è incollato un altro riguardante una
seconda donazione di frate Iacopo al suo Ordine del 23 sett. 1364.

16 Oltre al registro di Ricordi del 1320 già citato nella n. 14, sussistono
un registro di beni della medesima epoca (A.S.P., Corporazioni Religiose sop-
presse, n. 1395), un campione di Debitori degli anni 1431-1445 (A.S.P.,
Archivio Opera Primaziale, 1343).

1?) Cfr. in un libro privato di Parasone Grassi (A.S.P., Archivio Opera
Primaziale, n..1323) il ricordo di alcune restituzioni di denaro da parte dello
stesso alla società di S. Giovanni Evangelista e il pagamento di una somma
di 75 fiorini d’oro per una tavola d’altare dipinta da « Cieccho dipintore »
per la compagnia (anni 1378-1379).

18) Cfr. documento n. 7.

1) P. TRONCI, Descrizione delle Chiese di Pisa. Di questo ms. l’originale
è nell’Arch. Capitolare ; una copia sta nella Biblioteca della Sovraintendenza
di Pisa.

30yr GfrSrop» cit: 53 cit

*) 1482, sett. 23 (A.C.A.P., Acta Beneficialia, 1394-1498, cc. 77-77 t).

22) 1490, lu. 19 (A.C.A.P., Acta Beneficialia cit., c. 228).

?3) 1474, apr. 1: v. documento n. 8.

**) Cfr. M. Luzzati, Filippo de’ Medici Arcivescovo di Pisa e la visita
pastorale del 1462-1463, Estratto da «Bollettino Storico Pisano » xxxI1-
xxxv, Anni 1964-1966 (Studi di storia. pisana e toscana in onore del Prof.
Ottorino Bertolini); dello stesso autore cfr. anche Un Arcivescovo Mediceo
del Quattrocento pisano, Estratto dal N. 4, Anno rr della « Rassegna periodica
di informazione » del Comune di Pisa.

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3) «Datum Pisis in palatio archiepiscopali die 24 decembris 1477»
(manca l'indizione) (A.C.A.P., Dottorati, 1475-1492, c. 105).

3) Cfr. BarsOTTI, Promemoria sul Beato Giovanni della Pace, Pisa, 1901,
p. 86: l’autore ricorda che sul monumento funebre della compagnia posto
in Camposanto proprio in corrispondenza alla presunta immagine di frate
Giovanni soldato dipinta da Antonio Veneziano si leggeva un'epigrafe scol-
pita nel 1610 su di un’altra più antica del seguente tenore: Sepulcrum So-
cietatis fratrum Disciplinae fratris Iohannis: de Porta Pacis : tale denomina-
zione è senza dubbio recente ma interessa notare che si rammenta ancora
la disciplina.

?7) Cfr. documento n. 10.

:5) Per l'ordine che dovevano tenere le confraternite nelle processioni
pubbliche cfr. la lettera arcivescovile originale del dic. 1514 in A.C.P., Mi-
scellanea di carte relative a Compagnie laicali, C. N. 79 ; per altri documenti
cfr. note 3 e 6; un accenno alla compagnia in Archivio di Stato di Firenze
{= A.S.F.], Compagnie Religiose Soppresse, G Lxx, n. 1.

15) Cfr. :nota-n.- 7:

*°) Cfr. le biografie di Giovanni della Pace scritte dal Totti (a. 1593),
Nervi (a. 1626), Cardosi (a. 1675), Sainati (a. 1884) citate alla nota 36.

3)) Cfr. documento n. 9.

*) Cfr. 1477 dic. 4 (A.C.A.P., Dottorati 1475-1492, c. 105).

:3) T. NERVI, Historia Ecclesiastica della città di Pisa, p. 28 (manoscritto
segnato C. 172 dell’Archivio Capitolare di Pisa).

4 Cfr. il registro di Entrate di elemosine degli anni 1759-1781, cit.

35) Secondo il ToTTI, Descrizione del Camposanto Pisano in forma di dia-
logo, 1, p. 108 e sgg. (manoscritto segnato C. 43 dell’Archivio Capitolare di
Pisa, scritto nel 1593) il beato Giovanni fondò la casa ed oratorio di S. Gio-
vanni Evangelista e la dedicò « alli poveri vergognosi, la qual carità se ben
diversamente è essercitata, non di meno fino a questo presente giorno dura ».

8°) Sono manoscritti: G. Torrr, Descrizione del Camposanto, cit. (mano-
scritto segnato C. 43 dell’Archivio Capitolare di Pisa, scritto nel 1593); T.
NERVI, Historie Ecclesiastice, cit. (manoscritto segnato C. 172 dell’Archivio
Capitolare di Pisa, scritto nel 1625) ; P. CARDOSI, Memorie Sacre delle glorie
di Pisa con un breve compendio delle Vite dei Santi e Beati della città e suo
distretto (manoscritto segnato C. 172 dell'Archivio Capitolare di Pisa ; copia
del secc. XVIII-XIX ; una copia dello stesso manoscritto, del secolo xix è anche
alla Biblioteca Universitaria di Pisa); P. SALVETTI, Vite de Santi e Beati
Pisani (manoscritto segnato C. 143 dell'Archivio Capitolare di Pisa).

Sono opere a stampa: G. SAINATI, Vite de’ Santi Pisani, Pisa 1884;
Ip., Diario Sacro pisano, Pisa, 1898 ; S. BarsoTTI, Promemoria sul B. Gio-
vanni della Pace, Pisa 1901 ; Ipn., Un nuovo fiore serafico ; il Beato Giovanni
Cini confessore pisano, soldato e eremita, fondatore dei fraticelli della Penitenza
ed uno dei fondatori della Pia Casa della Misericordia, Quaracchi, 1906.
LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI ECC. 215

7) Per il Cardosi visse nella prima metà del '200, per il Totti e il Sal-
vetti alla fine del '300, per Sainati ai primi del '400.

35) Alla famiglia della Pace secondo il Sainati che in ciò concorda con
P. Tronci, Vite de Santi et Beati Pisani, citato dal BAnsorTTI, Un nuovo
fiore serafico, pp. 228-230 ; alla famiglia Cini secondo il Barsotti ; altri lo
intendono appartenente alla famiglia Gambacorti e cosi via.

3) Secondo il Totti e il Salvetti egli avrebbe partecipato alle lotte tra
le famiglie dei Gambacorta e dei Dell'Agnello e la sua conversione sarebbe
stata provocata da una di queste lotte di fazione avvenute nella seconda metà
del ’300 ; secondo il Tronci invece le famiglie in lotta tra loro sarebbero state
quelle degli Upezzinghi e dei Gambacorta e il periodo di queste contese sa-
rebbe stato la prima metà del '200. Evidentemente su questo piano le biz-
zarrie possono essere infinite !

40) Si è pensato soprattutto all'Ordine del Beato Pietro Gambacorta
che dovette avere a Pisa una certa risonanza se altri Beati pisani (e non solo
frate Giovanni) furono iscritti ad esso anche se vissuti prima ancora che l'or-
dine nascesse. A questi fatti non accenna P. FERRARI, Luci e ombre nella
Cristianità del secolo XIV. Il B. Pietro Gambacorta di Pisa e la sua Congre-
gazione, Tipografia Poliglotta Vaticana, 1964. All'appartenenza di frate Gio-
vanni all'Ordine del Beato Pietro accenna il Salvetti.

5) Fuorchè il Salvetti sono tutti di questa opinione. Il Sainati però e
soprattutto il Barsetti ritengono che in realtà egli fu un frate della Penitenza
che visse come eremita.

4) Il Cardosi, il Salvetti e il Sainati.

*3) 1297, ag. 23 (A.S.P., Comune, Divisione A, n. 81, cc. 77-78) ed. in
BarsoTTI, Un nuovo fiore serafico, pp. 147-155 ; 1305 mar. 16 (A.S.P., Diplo-
matico Coletti) ed. in op. cit., pp. 160-164 ; 1305 sett. 9, ed. in op. cit., pp. 165-
166 ; 1308 apr. 19 (A.S.P., Diplomatico Misericordia) ed. in op. cit. pp. 169-
175 ; 1311 mag. 13 (Biblioteca del Seminario Arcivescovile di Pisa [= B.S.-
A.P.], Diplomatico, 1, n. 47) ed. in op. cit., pp. 175-181 ; 1312 giug. 4 (A.S.P.,
Spedali Riuniti, n. 2078, c. 111) ed. in op. cit. pp. 181-183; 1315 sett. 15
(A.S.P., Diplomatico Misericordia) non conosciuto dal Barsotti; 1315 nov. 3
(A.S.P., Diplomatico S. Martino) ed. in op. cit., pp. 183-190 ; 1320 nov. 29
(cfr. documento n. 3) non conosciuto dal Barsotti; 1330-1331 (A.M.A.P.,
Contratti di Ser Cavalcante Mannini da Sanminiato al Tedesco 1300-1342,
c. 73v) ed. in op. cit., p. 200 ; 1331 lu. 30 (A.S.P., Comune, Divisione A, n. 99,
cc. 20v-21) in op. cit., pp. 194-196) ; 1331 ag. 4 (cfr. docum. n. 4), ed. in op.
cit., pp. 197-200 ; 1340 febbr. 3 (A.C.A.P., Diplomatico), ed. in Vico, Monte-
nero, Livorno, 1902, pp. 456-458.

44) 1338 ag. 9 (cf. documento n. 5), ed. in op. cit., pp. 200-202 ; 1347
giug. 1 (A.C.A.P., Diplomatico, n. 1815) ed. in Vico, Montenero, cit., pp.
456-458.

4) Il documento in data 1390 ag. 1 è stato già più volte citato anterior»

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mente. Di esso ci rimane una copia scritta non piü tardi del 1421 (cfr. do-
cum. n. 7).

**) Cfr. i documenti in data 1297 ag. 23, 1312 giu. 4, 1315 sett. 15, 1320
nov. 29, 1330-1331, 1331 lu. 30, 1331 ag. 4, 1340 febbr. 3, 1390 ag. 1.

4?) Cfr. i documenti in data 1305 mar. 16, 1305 sett. 9, 1308 apr. 19
(«frater Iohannes Cinus/Cini ») ; 1311 mag. 13 («frater Vannes Cini olim sol-
datus»); 1315 nov. 3 («frater Iohannes olim stipendiarius »).

**) Il membro più noto di questa famiglia è il Priorista Ascanio Cini,
ben conosciuto da coloro che si occupano di storia pisana.

*) Da questo punto di vista il documento del 23 ag. 1297 é curioso :
si tratta di una petizione di un Gaddo da Putignano, sbandito dal Comune,
di essere riaccolto in città a cui fanno seguito, riferiti nel loro tenore, due
atti del 1295 relativi al bando e alla condanna dello stesso. Da essi si viene
a sapere che Gaddo assieme a Ciomeo Cappone dei Lanfranchi e ad altri
personaggi tra cui frater Iohannes soldatus assaltarono Teodorico, arcivescovo
eletto di Pisa, il Priore di Nicosia e Benedetto (Gaetani) canonico pisano e
che li ferirono. Il documento peró é chiaramente posteriore alla conversione.

5°) Cfr. 1305 mar. 16 (A.S,P., Diplomatico Coletti).

*) Nello stesso documento che contiene l'approvazione del regolamento
si parla anche della procedura per l'elezione degli ufficiali maggiori e degli
altri dirigenti della Casa della Misericordia (a questo proposito l'arcivescovo
pariando dell'elezione di « duodecim spirituales persone, officiales, stassio-
narii semper ad vitam » aggiunge : « de quorum numero sit frater Iohannes
Cinus »). I 12 ufficiali maggiori della domus Misericordiae dovevano venire
eletti oltre che dai Consoli dei Mercanti e dell'Arte della Lana, dai Collegi
dei Giudici e dei Notai, dai Capitani delle Sette Arti e da altri elettori di
minore importanza, anche da alcuni organismi religiosi come la Societas
Virginis Marie, la fraternita dei Pinsocoli della Penitenza (si noti che lo
stesso frate Giovanni soldato era, come vedremo, un frate della. Penitenza),
la confraternita di S. Lucia dei Ricucchi. Sulla Casa della Misericordia cfr.
E. RINALDI, L'Istituzione della Pia Casa di Misericordia in Pisa, in « Studi
Storici», x (1901), pp. 189-215. Per i rapporti particolarmente interessanti
tra la Misericordia, i Laudesi della Vergine Maria e il Movimento della. di-
sciplina v. la Nota sulle origini del Movimento dei Disciplinati nella diocesi
di Pisa contenuta nella 1 Relazione da me fatta e inviata al Centro sulle con-
fraternite disciplinate a Pisa.

5) Cfr. il docum. n. 1 (conferma dell'elezione. degli ufficiali da parte
del consiglio del senato e della credenza degli Anziani e degli altri consigli).

5*) 1308 apr. 19 (A.S.P., Diplomatico Misericordia): il documento con-
tiene due provvisioni degli Anziani:con le quali si approvano alcuni ordina-
menti della Misericordia. i

**) Il documento che si trovava a c. 20 di un fascicolo di Atti Straordinari

della Curia: Arcivescovile.del 1311 oggi scomparso, è edito da S. BARSOTTI,

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LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI ECC. 217

Promemoria, cit., p. 66, n. 58 e suona in questi termini: « Die prima maii
.vii. indictione. Venerabilis pater dominus frater Iohannes Dei providentia
Pisanus archiepiscopus, dedit et concessit licentiam domino presbitero Pardo
rectori ecclesie Sancte Christine Pisane quod possit processionaliter incedere
omnibus diebus Veneris vel aliis diebus cum illis de societate se disciplinan-
tium et cum populo eos sequenti, eis predicare et exponere verbum Dei et
dare indulgentiam .xr. dierum omnibus se verberantibus et sequentibus
eos XX.»

55) Gli statuti redatti almeno in parte forse già nel 1311 sono editi: da
G. CoEN, I Capitoli della Compagnia del Crocione composti nel secolo XIV,
Pisa 1895, pp. I-XxIx e, solo parzialmente, da G. G. MEERSSEMAN, Études
sur les anciennes confréries dominicaines : III: Les Confréries de la Vierge,
in « Archivum Fratrum Praedicatorum », xx11. (1952), pp. 126-138.

5) Sulle origini trecentesche (non prima degli anni 1310-1311) del.mo-
vimento e delle confraternite dei disciplinati pisani come sull'azione in fa-
vore della disciplina dell'arcivescovo Giovanni di Polo e del domenicano
Giordano da Rivalto, rimando alla mia Nota sulle origini del Movimento dei
Disciplinati, cit., pp. 20-22.

57) Cfr. la mia Nota sulle origini, cit., pp. 21-22.

58) Cfr. docum. n. 3 in data 1320 nov. 29.

5) Per il conferimento di questo romitorio da parte del vicario arcive-
scovile ai compagni di Giovanni soldato si veda il docum. n. 4 in data 1331
ag. 4: in calce al documento vi é la menzione della revoca del conferimento
in data 13 nov. 1331. L'identificazione del Barsotti di questo romitorio con
quello di S. Maria della Sambuca non mi pare legittima.

9°) Cfr. 1330-1331 (A.M.A.P., Contratti di Ser Cavalcante Mannini, 1300-
1342. c. 73v) ; 1338, ag. 9 (docum. n. 5) ; 1347, giu. 1 (A.C.A.P., Diploma-
tico). Per il conferimento del romitorio di S. Maria della Sambuca ai com-
pagni di frate Giovanni soldato cfr. la menzione fattane il 9 agosto 1338
(docum. n. 5).

8) Sul movimento eremitico toscano antecedente alla fondazione del-
l'Ordine Agostiniano, e cioé sui cosiddetti Eremiti di S. Agostino di Toscana
cfr. il Bullarium Ordinis Eremitarum S. Augustini, periodus formationis 1187-
1256, herausgegeben von BENIGNUS vAN LuIJK Osa Cassiciacum xvii, Au-
gustinus "Verlag, Würzburg, 1964 ; cfr. inoltre K. ELm, Italienische Eremi-
tengemeinschaften des 12 und 13 Jahrhunderts, Studien zur Vorgeschichte des
Augustiner Eremitenordens in L'Eremitismo in Occidente nei secoli XI e XII,
Atti della seconda settimana internazionale di studio, Mendola 30 ag.-6 sett.
1962 ; Miscellanea del Centro di Studi Medievali rv, Milano 1965, pp. 491-559.
La spiritualità eremitico-ascetica. delle primitive comunità eremitiche to-
scane sottostanti a' un priore e indipendenti le une dalle altre presenta molte
affinità con quella di questi nuclei penitenziali-eremitici del primo Trecento.

*) Cfr. docum. n. 4.

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218 ANDREA BATTISTONI

*:) Cfr. docum. n. 5.

*:) Cfr. docum. n. 4.

5) Nell’atto del 15 mag. 1318 (A.S.P., Spedali, n. 20 c. 156) il procura-
tore dei frati della Penitenza del romitorio della Sambuca loca un pezzo di t-

°°) 1330 apr. 5 (A.M.A.P., Contratti di Ser Tanello da Ceuli, c. 62v).

*?) Cfr. P. Vico, Montenero, Livorno, 1902.

**) Cfr. E. LomBARDI, Vita eremitica nell’isola d'Elba e nella vicina costa
tirrenica, Brescia, 1961, p. 42, p. 56 : ivi sono ricordati i tre romitori del cam-
pese dell’Elba (S. Giovanni, S. Francesco e S. Lucia) e i romitori di S. Maria
della Pila e di S. Francesco Saverio i cui romiti erano vestiti con l’abito dei
terziari.

*)) Interessanti le testimonianze (anche se tarde: dei sec. XVII-XVIII)
dell'estrema varietà degli abiti di questi romiti : il colore era il turchino (so-
prattutto nei Santuari mariani) ma anche il ceruleo, il cinerino ecc. (cfr.
LomBARDI, Vita eremitica, cit., pp. 45, 50, 58 ecc.). L'opuscolo del Lombardi
dotato di poco valore scientifico e basato soprattutto sulla tarda documenta-
zione della diocesi di Massa e Populonia (Archivio della Curia) è però abba-
stanza interessante dal nostro punto di vista.

?°) Cfr. doc. n. 2 che contiene la licenza data dal Comune di concedere
a Ghino «homo penitentie » la cella appoggiata alle mura comunali presso
la porta della Pace. Oltre che presso la porta della Pace si ricordano (specie
nei lasciti testamentari) eremiti sulla via di S. Piero a Grado e presso le chiese
di S. Paolo a Ripa d’Arno, S. Caterina, S. Giusto al Parlascio, S. Sisto, S.
Pietro in Cortevecchia, S. Eufrasia, S. Maria Maddalena. Nel 1302 (giu. 28
A.S.P., Spedali, n. 2070 cc. 141-142) in un lascito testamentario vengono
ricordati trenta nomi di eremiti abitanti nelle diverse celle della via di S.
Piero a Grado.

i) Per esempio per la diffusione dell'abito grigio della penitenza tra gli
eremiti cellati cfr. Archivio Certosa, n. 243: «frater Iohannes de Plagentia
quondam Alberti commorans prope Sanctam Caterinam, heremita » riceve in
un lascito testamentario «bracia novem panni bigii » per una tunica.

^?) P. SALVETTI, Vite de Santi, cit.

'*) Senza uno studio preliminare sulla storia degli Ordini Mendicanti
(specie dell'Ordine francescano) nella diocesi di Pisa, è impossibile documen.
tare quanto su queste frange dell'Ordine della Penitenza che conducevano
vita eremitica agisse l’influenza degli insegnamenti pauperistici degli spiri-
tuali. Nel 1311 per es. (Lu. 30, A.S.P., Comune, Divisione A, n. 99, cc. 20v-
21) si indicano i compagni di frate Giovanni soldato come « fraticelli fratris
Vannis soldati ». Specie dopo il 1330 è molto frequente l’uso del termine frati-
cello nei documenti pisani col quale in alcuni casi si indicavano i pinzocheri
del. Terzo Ordine ; venivano definiti fraticelli anche alcuni eremiti cellati, come
per es. nel testamento del mercante pisano Oliviero Maschione (1339, giu. 6,
B.S.A.P., Diplomatico, n. 120) in cui, dopo aver comandato ai suoi eredi di

Lo
LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI ECC. 219
provvedere allo Spedale che egli stesso aveva fondato, così continua : «et
item dico de quatuor fraticellis mansuris in quatuor cellis meis positis prope
predictum hospitale quibus provideatur de quatuor lectis.. et dico et volo
quod singulo die veneris.. per meos heredes detur cuique ipsorum frati-
cellorum pro pane et vino soldum unum ».

3). Cfr..docum,.n, 7.

'*) Cfr. le opere già citate del Salvetti e del Nervi.

!*) NERVI,;«0p:..Cit.

?") TOTTI, op. cit., l. cit. : il Beato Giovanni di Pace « dopo la sua morte
ripieno di buona fama et di vita santa fu seppellito in questa tomba ».

**) Cfr. BAnsorrI, Promemoria, cit., p. 86 ; dello stesso Un nuovo fiore
serafico, cit., p. 11: si osservi che insieme al sepolcro di questa compagnia
lungo i pavimenti del Camposanto un'altra quindicina di sepolcreti di disci-
plinati, in buona parte opera della seconda metà del Trecento come si puó
osservare dai registri dell'Opera del Duomo.

*) S. MonPunco, Le Epigrafi volgari in rima degli Anacoreti nel Campo-
santo. di Pisa, in « L'Arte », 1889, p. 81, n. 2.

s°) I. B. Supino, Il Camposanto di Pisa, Firenze 1896, pp. 104-105 ; M.
Bucci-L. BEnTOLINI, Il Camposanto Monumentale di Pisa. Affreschi e Sinopie

YI. Bi*SupPINO;: op. citi;;’pi 135.

*) A. RosinI, Lettere Pittoriche sul Campo Santo di Pisa, Pisa, 1810,
pp. 56-57.

8) I. B. Supino, Il Camposanto, cit., l. cit.

**) M. Bucci-L. BERTOLINI, Jl Camposanto Monumentale, cit., pp. 62-63.

1):Ibid:}:p. 62;

**) .Ibid., p.- 63.

*") Biblioteca Universitaria di Pisa, Ms. n. 362 intitolato Disegni vari di
Santi pisani. Forse una copia é il ms. dell'Archivio Capitolare di Pisa intito-
lato Ritratti di Santi, che non mi è riuscito di consultare.

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ANDREA BATTISTONI

DOCUMENTI

1 — Pisa, 1305, settembre 9. — Elezione degli ufficiali della Misericordia.

A.S.P., Diplomatico Misericordia; ed. E. RinALDI, L'istituzione della
Pia Casa di Misericordia in Pisa, in « Studi Storici », x (1901), p. 209 ; S. BAR-
SOTTI, Un nuovo fiore sérafico ; il Beato Giovanni Cini Confessore pisano,
soldato e eremita, fondatore dei fraticelli della Penitenza ed uno dei fondatori
della Pia Casa della Misericordia, Quaracchi, 1906, pp. 165-166.

In eterni Dei nomine amen.. Ex hoc publico instrumento sit omnibus
manifestum quod Tingus Ildebrandi de Stellaria de cappella Sancti Ilarii
habens de his plenam bailiam et liberam potestatem, auctoritate Consilii
senatus et credentie et aliorum ordinum Pisane civitatis, celebrati dominice
incarnationis anno millesimo trecentesimo sexto, indictione tertia, tertio Ka-
lendas augusti, videlicet eligendi illas duodecim personas.que per formam
Consilii senatus et credentie et aliorum ordinum dati .MCCCVI., indictione
tertia, .xvir. Kalendas iulii vel sub alio datali, super certis ordinamentis
factis super operibus pietatis et misericordie et in favorem pauperum, unde
specificatur per quem vel quos debeant eligi, coram me Pisano Beacque
notario et testibus infrascriptis elegit illas duodecim personas, videlicet do-
minum Pardum rectorem ecclesie Sancte Christine, ser Gerardum Gamba-
cortam de cappella Sancti Sebastiani, ser Simonem Camulliani de cappella
Sancti Martini in Guatholongo, ser Baccionem de Vecchis de cappella Sancti
Sepulcri, ser Bectum de Balesteria de cappella Sancti Christophori, Vannem
Scarsagallum de cappella Sancti Martini in Guatholengo, Nectum Falconis
de cappella Sancti Nicoli, Ranuccium dictum Cinum Ildebrandi notarii, fra-
trem Iohannem dictum Vannem Cinum, fratrem Ursum de Forculi de ordine
Gaudentum, Gherardum dictum Gaddum Briciulum de cappella Sanctorum
Gusme et Dagmiani et me Pisanum Beacque notarium de cappella Sancti
Andree Kinthice et taliter me Pisanum Beacque notarium scribere cartam
rogavit.

Actum Pisis in apotheca domus ecclesie Sancti Ambrosii, presentibus
Tomaso notario de Curtibus quondam Gerardi et Ianne marischalco quon-
dam Francisci de Sancto Marco in Guatholongo, testibus ad hec rogatis,
dominice incarnationis anno millesimo trecentesimo sexto, indictione tertia,
quinto idus septembris.

(S. T.) Ego Pisanus Beacque Ugonis olim de Oratorio filius, imperatorie
dignitatis notarius, predicta, quibus interfui, rogatus scripsi et firmavi.

2 — Pisa, 1315 giugno 26. — Provvisione degli anziani di concedere a

Ghino figlio del fu Consiglio la cella appoggiata al muro del comune « ad por-
tam Pacis ».

A.S.P., Comune, Divisione A, n. 85, c. 44v.

Ecc —_—“*——
LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI ECC.

Sexto Kalendis iulii.

(omissis)

Providerunt antiani Pisani populi absenti domino Rainerio Tempanelli,
Coscecto de Colle et Cello Sciancato: item antiani Pisani populi inde inter
| eos facto ad denarios albos et giallos secundum formam Brevis Pisani po-
é puli nec non sequentes formam generalis bailie etc. ut supra per omnia,
quod capanna sive cella, que est appodiata muro Pisani comunis ad portam
Pacis, detur et concedatur Ghino Pisano filio condam Consilii, qui est homo
Penitentie et intendit in ea Deo servire ; et ex nunc intelligatur esse eidem
concessa, sine aliqua solutione pecunie facenda communi Pisano, in qua
morari possit et habitare pro usu vite et habitationis sue.

| 3 — Pisa, 1320 novembre 29. — I fidecommissari del testamento di Vanni

| figlio del « magister » Falcone da Calcinaia, Pardo reéttore' della chiesa di S.

| Cristina e Bonaggiunta figlio dello stesso Falcone, a nome proprio e a nome

| dell'altro fidecommissario Vanni « olim soldatus » donano a Tommaso da Prato,

| priore dei Predicatori di S. Caterina, un pezzo di terra in Calcinaia.
B.S.A.P., Diplomatico, n. 60.

| In eterni Dei nomine amen. Ex hoc publico instrumento sit omnibus
publice manifestum quod dominus Pardus de Sancta Cristina et dominus
Bonaiuncta magistri Fal[conis de Calcinaria] ut constat diete fidecommis-
sarie in testamento dicti Vannis ab eo condito..... a me Hiccardo notario
sub anno dominice incarnationis millesimo trecentesimo [nono] decimo, indic-
tione secunda, pridie Kalendas decembris fideicommissario nomine pro se
| ipsis et pro fratre Vanni olim soldato confideicommissario eorum, confecto

quoque ab eis inventario de bonis olim dicti Vannis ut continetur in carta
| inde rogata a me suprascripto notario millesimo trecentesimo nonodecimo
indictione secunda, pridie Kalendas ianuarii, fideicommissario nomine ut
dictum est pro salute et remedio anime dicti Vannis pure inrevocabiliter
inter vivos, dederunt et tradiderunt fratri Tomaso de Prato, priori fratrum
Predicatorum Sancte Caterine de Pisis agenti et recipienti pro monasterio
Sancte Crucis de Fossabanda proprietatem unius petii terre campie posite
in confinibus Calcinarie in loco dicto Casaglia et tenet unum caput in terra
Mei Vacche de Montecchio, aliud caput in terra domini Bindi de Turchio,
latus unum in via publica, aliud latus in terra heredum domini Pucci Boccii
vel si qui alli vel aliter sunt confines eius et est staria sex cum omni iure,
actione, proprietate, ac pert(inentiis) eius. (omissis)

Actum Pisis in capitulo Sancte Caterine presentibus fratre Iacobo Do-
nati et fratre Bartholomeo de Sancto Concordio testibus ad haec rogatis
dominice incarnationis anno millesimo trecentesimo vigesimo primo, indi-
| ctione quarta, tertio Kalendas decembris.

(8. T.) Ego Ricciardus filius quondam Iacobi notarii de Calcinaria im-

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Lar 222 ANDREA BATTISTONI

perialis aule iudex ordinarius atque notarius hanc cartam a me rogatam
rogatus scribere scripsi et confermavi.

4 — Pisa, 1331, agosto 4. — Il vicario arcivescovile conferisce ai frati :
della Penitenza, compagni di Giovanni soldato, la chiesa o romitorio di Zambra.

A.M.A.P., Contratti di ser Cavalcante Mannini da San Miniato al Te-
desco, 1312-1339, cc. 298-298v ; ed. S. BarsoTTI, Un nuovo fiore, serafico, cit.,
pp. 197-200.

Bonaiuncta de Calcinaria rector ecclesie Sancti Donati, dominus hospi-
talis Sancti Lazari de Pisis, domini pape cappellanus ac reverendi in Christo
patris et domini domini fratris Simonis Dei gratia sancte Pisane Ecclesie archie-
piscopi, totius Sardinee primatis et in ea apostolice sedis legati, vicarius in
spiritualibus generalis, dilectis in Christo Vannuccio Duccii de Sancto Miniate
et Puccino Iacobi de Pistorio et Iacobo Albizi de Florentia, fratribus Peni-
tentie, ac sociis fratris Vannis soldati, fratris Penitentie, vestrisque succes-
soribus fratribus Penitentie a vobis ad infrascripta et modo infrascripto
receptis, salutem in Domino. Ex offitio servitutis suscepte sollicitudine pul-
samur assidua ut ecclesia locorumque piorum predicto domino nostro et
eius Pisane ecclesie commissis periculis et indempnitatibus precaventes, quan-
tum gratiosse ex alto permititur, pro eorum necessitatibus et utilitatibus
laboremus et ipsorum gubernatores curam et regimen personis talibus com-
mictamus, per quas loca ipsa et ecclesie, divina favente clementia, bene et
utiliter gubernentur. Sane sicut nobis per privilegium reverendi patris do-
mini fratris Iohannis ordinis Predicatorum olim Pisani archiepiscopi sui si.
gilii munimine roboratum constat aperte, ecclesia seu heremitorium de Sam-
bra pisane dioecesis per religiossas personas ab antiquo sollitum gubernari,
quia umanis erat habitatoribus derelictum taliter quod nisi eidem fuisset
per debita provissionem provissum, precipitatio subiacuisset et destructioni
perpetue, fuit de probitate quorundam fratrum, tunc penitentie merito con-
fidentes, per ipsum reverendum patrem dominum Iohannem olim Pisanum
archiepiscopum ipsis fratribus datum ac collatum cum omnibus iuribus et
pertinentiis suis eidem loco et heremitorio de pisis (sic) fratribus ordinaria
auctoritate provissum, concedentes eisdem locum ipsum et etiam ac domos
eiusdem et iura et pertinentia sua quantum consuevit per religiossas perso-
nas actenus possideri, ac potestatem et baliam in eo fratres et conversos ad-
sumpmendi et priorem inter eos ordinandi, qui in eodem loco geret curam et
sollicitudinem oportunam, atque petendi et aquirendi caritativa subsidia et
gratas elemosinás per civitatem et diocesim Pisanam, nichilominus prohi-
bentes, pro pace dictorum fratrum, ne prope dictum heremitorium per duo
miliaria aliquis cellam seu oratorium erigere seu hedificare presumeret ; ad
presens autem sicut veridica relatione percepinius dictorum fratrum aliqui
sunt mortui, reliqui vero a dicto loco absentes manent adsidue, propter quod
LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI ECC. 223
dicta ecclesia et heremitorium nova indiget reformatione. Quare de vestra
discretione et vita laudabili merito confidentes, ipsam ecclesiam et heremi-
torium cum omnibus suis iuribus et pertinentiis, omni iure et modo quo
meliu- tenere et valere potest de iure, vestra (sic) ordinaria auctoritate et
offitio vobis conferimus et vobis vestrisque successoribus a vobis pro fratribus
Penitentie ibidem recipiendis ipsi ecclesie heremitorio providemus, dantes
et concedentes vobis vestrisque successoribus ipsam ecclesiam et locum cum
omnibus iuribus et pertinentiis suis sicut et quantum consuevit per reli-
giosos actenus possideri et baliam et potestatem in eo fratres et conversos
adsumendum et de novo ibi creandi et inter vos et eos adsumendos priore
ordinandi ac acquirendi caritativa subsidia et elemosinas gratas per civi-
tatem et diocesim Pisanam ; et volentes vestrae paci et tranquillitati merito
providere, prohibemus expresse ne aliquis prope dictum heremitorium per
duo miliaria cellam séu oratorium facere vel hedificare presumat absque
dicti reverendi patris domini Pisani archiepiscopi licentia speciali, ordinantes
ut nullus successor vester reputetur in posterum, vel frater aut conversus
receptus, nisi per vos et vestros successores seu maiorem partem vestrum
seu eorum recipiatur expresse per publicum documentum. Volumus autem
et ordinamus expresse ut, dicto fratre Iohanne soldato vivente, unus ex
vobis cum ipso fratre Iohanne possit fratres et conversos recipere pro libito
voluntatis et alia facere, que pro bono et utilitate dicti loci viderit expedire ;
in cuius rei testimonium presentes litteras sigillo curie archiepiscopalis fe-
cimus sigillari.

Date Pisis in archiepiscopali palatio dominici incarnationis anno mille-
simo .cccxxxir, indictione .xm., die quarta mensis augusti.

Segue in calce la revoca del conferimento.

Die .xix. novembris, indictione .xv., dicto anno Bonaiuncta vicarius
revocavit dictas literas.

5 — Pisa, 1338, agosto 9. — Antonio da Parma, accolto come frate della
Penitenza nel romitorio di S. Maria della Sambuca ottiene di recarsi ad un
luogo « magis artum » per fare la penitenza.

A.M.A.P., Contratti di ser Cavalcante Mannini da San Miniato al Tedesco,
1300-1842, c. 62 ; ed. S. BarsoTTI, Un nuovo fiore serafico, cit., pp. 200-202.

In nomine Dei amen. Pateat omnibus evidenter quod cum fratres Vannes
de Bisarno comitatus Florentie, Puccinus Iacobi de Pistorio et Iacobus Al-
bizi de Florentia, qui surit fratres Penitentie in ecclesia et heremitorio de
Sambuca, Pisane diocesis, quibus dicta ecclesia et heremitorium concessum
fuit per litteras patentes datas in curia Pisani archiepiscopatus sub anno
dominice incarnationis millesimo .cccxxxir, indictione .xinur, die .x1t.
mensis augusti et sigillo dicte curie roboratas, ad supplicationem et humilem
devotionem Anthonii Ture de Parma, intuitu pietatis et ob Dei misericor-

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diam, receperint et asupserint ipsum Anthonium in fratrem Penitentie dicti
loci, ut cum eisdem fratribus valeret omnibus gratiis, beneficiis, privilegiis,
et donis fratribus dicti loci concessis et in posterum concedendis, divina
pietate, gaudere ; et nunc dictus frater Anthonius, ut asserit, intendat ad
alium locum magis artum ad faciendam penitentiam se transferre, et in ha-
bitu Penitentie Deo et beate Marie matris eius et sanctis suis ibidem deser-
vire; constitutus in presentia venerabilis viri domini Bartholomei de Sigo-
nibus de Mutina legum doctoris, vicarii reverendi in Christo patris domini
fratris Simonis Dei gratia Pisani archiepiscopi, sponte renumptiavit omni
iuri sibi competenti, et quod sibi competere possit, in dicta ecclesia et here-
mitorio occasione dicte sue receptionis et asuptionis. Quam quidem renun-
tiationem dictus dominus Bartholomeus vicarius, in quantum debuit et po-
tuit, acceptavit et gratam habuit et acceptam.

Actum Pisis in archiepiscopali palatio, presentibus Pardo notario con-
dam Pacchionis de Appiano, cive Pisano, et Gratiano Uguiccionis de Mutina,
domicello dicti domini archiepiscopi, testibus ad hec vocatis, sub anno do-
minice incarnationis millesimo trecentesimo trigesimo nono, indictione sexta,
die nona mensis augusti. :

6 — Pisa, 1350, novembre 7. — I ministri dei frati della Penitenza del
Terzo Ordine di S. Francesco ricevono da frate Iacopo del fu ser Toldo da Cal-
cinaia una somma di denaro e si impegnano a corrispondere allo stesso frate
Iacopo e a Giovanni del fu Benedetto «cerbulattarius » un reddito annuo in
grano.

A.C.A.P., Diplomatico.

In eterni Dei nomine amen. Ex hoc publico instrumento sit omnibus
audientibus manifestum quod írater Iacobus filius quondam ser Toldi de
Calcinaria, ex certa scientia et non per errorem, previa deliberatione pre-
habita, pro salute et remedio animarum suorum et reparatione pecchatorum
suorum, per hoc publicum instrumentum irrevocabiliter inter vivos donavit
et dedit, coram Iacobo notario infrascripto et testibus infrascriptis, fratribus
Paulo de Vulmiano et Martino ortulano ministris fratrum de Penitentia ter-
tii ordinis sancti Francisci, agentibus, stipulantibus et recipientibus pro se
ipsis et collegio et universitate fratrum predictorum Pisani collegi sive con-
ventus et eius vice et nomine, libras quinquaginta denariorum Pisanorum
minutorum de quibus inde se, nominibus quibus supra, vocaverunt ab eo
bene quietum, contentum e pacatum et inde eum et eius heredes et bona
omnia absolverunt et liberaverunt, cum et sub infrascriptis pattis modis et
tenoribus: quod suprascripti ministri eorumque successores et fratres ordi-
nis antedicti toto tempore vite naturalis suprascripti fratri Iacobi et Iohannis
quondam Benedicti cerbulattarii de cappella Sancte Marie Magdalene, ita
quod unus succedat alteri, dare teneantur et debeant eisdem, in festo sancte
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LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI ECC. 225

Marie de mense augusti cuiusque anni,staria tria et quarras duas grani ad
pisanam mensuram (omissis). Qua re suprascripti ministri presentia, consilio,
consensu et voluntate infrascriptorum suorum et dicti conventus fratrum,
videlicet fratrum Bandi de Pappiana, Rainerii farsettarii, Gerardi calthularii
et Iacobi fornarii fratrum dicti tertii ordinis sancti Francisci, qui sunt maior
et sanior pars et ultra quam due partes fratrum predicti conventus Pisis
residentium, presentia et auctoritate ac etiam decreto et auctoritate dicto-
rum ministrorum et ipsi idem una cum eis predicta omnia et singula semper
et omni tempore habere et tenere firmam et ratam et firma et rata (omissis).

Actum Pisis in domo societatis disciplinatorum sancti Iohannis Evan-
geliste, presentibus fratre Bertino de Sarzana et fratre Vanne de Calci, testi-
bus ad haec vocatis et rogatis, dominice incarnationis anno millesimo trecen-
tesimo quinquagesimo primo, indictione secunda, septimo Idis novembris.

(S.T.) Ego Franciscus filius Bartholomei Marci Adami, imperiali auc-
toritate iudex ordinarius atque notarius, predicta omnia et singula, ut in sce-
dis ser Iacobi notarii quondam Nicoli de Poccioli inveni, ita scripsi et fir-
mavi et in hanc publicam formam redegi.

7 — Pisa, 1420/1421. — Copia del testamento di Parasone del fu Lando
Grassi, in data 1391, 1 agosto.

A.S.P., Archivio Opera Primaziale, n. 39, Contratti rogati da M. Lorenzo
da Firenze e da ser Andrea di ser Fino da Vico, cc. 204-209 ; ed. S. BARSOTTI,
Un nuovo fiore serafico, cit., pp. 212-217.

Hec est copia testamenti infrascripti domini Parazonis hic scripta per
me Andream notarium suprascriptum de testamento publicato ab infra-
scripto ser Andrea quondam Iohannis Gerardi de Castilione Pisano cive,
cuius tenor hic sequitur et est talis.

In nomine Dei amen. Ex hiis publicis instrumentis sit omnibus mani-
festum quod, quamvis incerta et dubia mortis hora unicuique animo pru-
dentis semper esse suspecta debeat, attamen corporis imminente langore
ipsius magis formidatur eventus et tunc dispositionis substantie corporalis,
ne patrem familias contingat decedere intestatum, est maxime insistendum.
Hinc est quod ego Parazone Grassus olim filius Landi Grassi Pisanus civis
de cappella Sancte Marie Maioris et olim de cappella Sancte Margarite, sanus.
per Dei gratiam mente et intellectu, licet languens corpore, cassa et irrita:
vocans alia mea testamenta, codicillos et donationes causa mortis et ultimas.
voluntates a me usque hodie condita et conditos et conditas, facta, factos
et factas, scripta, scriptos et scriptas et rogata per quoscumque notarios
quocumque tempore vel datali; scilicet istud meum ultimum testamentum
confirmans, mearum rerum et bonorum et iurium omnium dispositionem per
presens nuncupativum testamentum sine scriptis in hunc modum facere
procuro. In primis quidem corpus meum iudico sepelliri si in offitio opera-

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226 ANDREA BATTISTONI

riatus decessero et moriar, in Camposancto, in sepulcro in quo soliti sunt
sepelliri illi qui mortui sunt in offitio operariatus. Si autem post exitum dicti
offitii decedam, alio existente operario, corpus meum sepelliri volo in ecclesia
Sancte Caterine in monumento sive sepulcro, in quo et genitor et geniti mei
sepulti fuerunt. Ita tamen quod quandocumque moriar et ubicumque sepel-
liar, volo et iudico corpus meum indui saccum unum ex illis quem discipli-
nati de disciplina Sancti Iohannis Evangeliste. Et ita impono ex nunc et
mando infrascriptis meis fideicommissariis quod faciant et induant corpus
meum et non aliter quod dictum sit. Item iudici expendi die mei obitus, sep-
timi et trigesimi libras ducentas denariorum pisanorum et plus et minus
prout et sicut discretioni meorum fideicommissariorum videbitur et placebit.
Ita tamen et hoc principaliter declarato, quod in funere meo non convocen-
tur nec intersint nisi tantum clerici ecclesie Sancte Marie Maioris et fratres
ecclesie sive conventus Sancte Caterine de Pisis et disciplinati discipline
Sancti Iohannis Evangeliste suprascripti, prohibendo ex nunc infrascriptis
fideicommissariis meis aliunde nisi unde iam dixi, clericos convocare. Et
volo quod ad funus meum portentur nisi quattor torchii sine ceria et non
plura ullo modo. Et iudico suprascripte discipline Sancti Iohannis Evangeli-
ste, ut pingatur istoria fratris Iohannis soldati in oraculo sive ecclesia dicte

discipline et pro pictura dicte istorie in dicta ecclesia sive oraculo pingende,

libras quinquaginta denariorum pisanorum ; et si contingat suprascriptam
istoriam dum vixero pingi facere, ex nunc dictum iudicium, ut superfluum,
revoco (omissis). Fideicommissarios vero meos et executores horum omnium
iudiciorum et legatorum et presentis testamenti et mee ultime voluntatis
relinquo et esse volo dominam Bartholomeam uxorem meam, dominum
operarium opere Sancte Marie Maioris Pisane ecclesie, qui pro tempore fuerit,
ser Iacobum de Appiano olim ser Vannis de Appiano de cappella Sancti
Massei forisporte, fratrem. Dominicum olim Pieri de Peccioli ordinis Predi-
catorum et sacre theologie magistrum, dominum Pierum Grassum olim Io-
hannis Grassi legum doctorem, dominum Banduccium Buoncontem olim
Bartholomei Buoncontis, fratrem Tomasum de Vico ordinis Predicatorum et
sacre theologie magistrum, dominum Benedictum de Plumbino olim Hen-
rigi de Plumbino legum doctorem, Bindum olim Lelli mercatorem de cap-
pella Sancti Martini de Petra, Paulum de Campo mercatorem olim Iacobi
de Campo de cappella Sancti Andree forisporte et Nannem Maccaionem
de Gualandis olim filium Guidonis Macchaionis de Gualandis de cappella
Sancte Marie Maioris omnes Pisanos cives (omissis).

Actum Pisis in domo habitationis suprascripti domini Parazonis testa-
toris posita in cappella Sancte Marie Maioris Pisane ecclesie, presentibus
fratre Baronto olim Dati, fratre Augustino Balsano olim Nerii Balsani de
Pisis, frate Michaele olin Mathei de Becciis de Sancto Geminiano, fratre Do-
minico olim Iohannis de Piperno, fratre Iohanne olim Inuctinî de Cascina,
fratre Mariano Francisci de Peccioli et fratre Toma olim ser Michaelis de

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LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI ECC. 227

Nodica, oninibus fratribus et conventualibus conventus Sancte Caterine or-
dinis Predicatorum de Pisis, testibus ad hec vocatis, habitis et rogatis do-
minice incarnationis anno millesimo trecentesimo nonagesimo primo, indic-
tione tertiadecima, die primo mensis augusti.

8 — Pisa, 1474, aprile 1. — L’arcivescovo di Pisa concede una indul-
genza a coloro che concederanno elemosine ai disciplinati di S. Giovanni Evan-
gelista questuanti per i poveri vergognosi.

A.C.A.P., Dottorati 1475-1492, c. 64.

Philippus de Medicis Dei et apostolice sedis gratia sancte Pisane eccle-
sie archiepiscopus, Sardinee et Corsice primas et dicte sedis in eis legatus,
universis et singulis Christi fidelibus presentes litteras inspecturis, salutem
in Domino sempiternam.

Licet Is de cuius munere venit ut sibi a fidelibus suis digne e lauda-
biliter serviatur, de abundantia sue pietatis, que merita supplicum exce-
dit et vota, bene servientibus sibi multo maiora retribuat quam valeant
promereri, nichilominus desiderantes populum Domino reddere acceptabilem,
et bonorum operum sectatorem fideles ipsos ad complacendum ei quasi qui-
busdam allectivis muneribus, indulgentiis videlicet et remissionibus invi-
tamus ut exinde reddantur divine gratie acceptiores. Cum itaque superio-
ribus diebus adtenta penuria et fame, que hoc anno totam fere invasit Ita-
liam, et potissime civitatem Pisanam, quam permulti incolunt pauperes, di-
lectissimis filiis confratribus societatis disciplinatorum Sancti Iohannis Evan-
geliste de Pisis humillimis ac laude dignis, eorum precibus inclinati, licen-
tiam impartiremus ut ipsi in futurum perpetuo per civitatem ipsam, nostra
auctoritate et consilio, pro verecundis pauperibus elemosina ostiatim et per
ecclesias (ut eis salubrius videretur), petere et perquirere possent, ac illas
in piam subventionem pauperum personarum predictarum distribuere et
erogare valerent, ut ex hoc eorum inopie honori ac saluti consuleretur.

Cumque ipsi confratres iam dicto laudabili operi summo studio et cari-
tate, in eorum peccatorum remissionem, initium dederint ac elemosinas per-
quirere ceperint, nobisque constiterit iam ex dictis elemosinis non mediocrem
utilitatem dictis verecundis pauperibus dicte civitatis evenisse, multasque
nubilis etatis puellas egenas et miserabiles ex illis sue vite ac honoris salu-
tem recepisse, nos propterea, qui ex iniuncto nobis divinitus pastoris offitio
his potissimum intendere studemus et ea sollicitis studiis exequi non desisti-
mus, per que fidelis populus ad opera pietatis alliciatur, utque iam dictum lau-
dabile ac pium misericordie opus recipiat incrementum, et ad prefatas ele-
mosinas fiendas in posterum Christi fidelium manus promptiores reddantur,
et pauperibus predictis et eorum honori et saluti dicto medio uberius pro-
videatur, omnibus et singulis suprascriptis utriusque sexus vere penitentibus
et confessis, qui dictis fratribus elemosinas perquirentibus de bonis sibi a

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Deo collatis pias elemosinas et grata caritatis subsidia erogaverint, de omni-
potentis Dei eiusque gloriosissime matris Virginis Marie nec non beatorum
Petri et Pauli apostolorum meritis et intercessione confisi, totiens quotiens
id fecerint, quadraginta dies de iniunctis sibi penitentiis misericorditer in
Domino relaxamus. Volumus insuper ut cum hoc celeste donum ab eterno
omnium largitore descendat, perpetuis temporibus valeat ac subsistat. In
quorum omnium testimonium presentes patentes litteras fieri iussimus si-
gilli pontificalis nostri appensionis munimine roboratas.

Datum Pisis in archiepiscopali palatio, dominice incarnationis anno
-MCCCCLXXV., indictione septima, die prinio aprelis, stilo pisano, pontificatus
sanctissimi domini nostri domini Sixti divina providentia pape quarti, anno
tertio.

9 — Pisa, 1596, settembre 17. — L’arcivescovo Del Pozzo, dopo la visita
alla confraternita di s. Giovanni Evangelista, richiede che vengano presi alcuni
provvedimenti.

A.C.A.P., Visita Pastorale di Mons. Del Pozzo 1596-1597, cc. 38v-39.

die suprascripta [17 settembre 1596/

visitatio confraternitate Sancti Iohannis Evangeliste : et visitatione pe-
racta fuit decretum ut infra che si faccino le infrascitte cose ;

un corporale meglio ;

che l'altare si riempi et si turi tutte le finestre et buche ;

item che si reatti et in particolare circa la taula che è dinanti ;

item che si facci precetto che ogni anno si renda conto all'ordinario
o a chi si ordinerà da uno ordinario ecclesiastico delle dette entrate ;

item che il primo piano che é molto umido si rialsi al pari di quello della
compagnia ;

item che le reliquie che sono in un vaso di vetro scoperte si custodischino
in una cassettina con sua chiave ;

che la pietra sacrata che è sopra l’altare della santissima Trinità s'inse-
risca et si serra la buca che ha da lato;

e tutte queste cose si faccino delle prime entrate che si risquoteranno
di detta compagnia a dichiaratione che chi le spenderà in altri usi prima che
tutte le dette cose ordinate non siano esequite, dispenderà del suo et sarà
tenuto alla restitutione di esse.
= —

INDICE DEL VOLUME

Memorie

MARIA PecucI Fop, Il Comune di Perugia e la Chiesa durante il
periodo avignonese con particolare riferimento all’ Albornoz

SILVESTRO NESSI, / processi per la canonizzazione di Santa Chiara
da Montefalco

Note e documenti

ANTONINO CALECA, Un codice todino, una data e le « bibbie atlan-
tiche »

Recensioni

Luici ScARAMUCCIA, Le finezze dei pennelli italiani ammirate e
studiate da Girupeno sotto la scorta e la disciplina del Genio
di Raffaello di Urbino, a cura di Guido Giubbini. Milano,
Edizioni Labor, 1965 (Pietro Scarpellini). :

Luici PompitLi, Il Pontano, in Cronache e saggi. I Centenario
del Liceo-ginnasio « Gioviano Pontano» «Achille Sansi»
Spoleto, 1967. (Averardo Montesperelli) . . . . . . .

BALEONEUS AsTUR, Colomba da Rieli. La seconda Caterina da
Siena 1467-1500. Roma, Edizioni Cateriniane, 1967 (Raf-
faele Belforti)

Atti della Deputazione

Adunanza del Consiglio Direttivo del 3 aprile 1966 .
Assemblea dei Soci Ordinari del 4 aprile 1966 .
Assemblea generale dei Soci del 30 settembre 1966

CENTRO DI DOCUMENTAZIONE
SUL MOVIMENTO DEI DISCIPLINATI

ANDREA BATTISTONI, La Compagnia dei Disciplinati di S. Gio-
vanni Evangelista di Porta della Pace in Pisa e la sua devozio-
ne verso frate Giovanni soldato

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PRor. GIOVANNI CECCHINI - Direttore responsabile

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