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DEPUTAZIONE DI STORIA PARA
PER L'UMBRIA

VOLUME LXVI

FASCICOLO SECONDO

PERUGIA - 1969
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BOLLETTINO

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DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
PER L' UMBRIA

VOLUME LXVI

FASCICOLO SECONDO

PERUGIA - 19.69
Pubblicazione semestrale - Sped. abb. post. Gruppo IV

ARTI GRAFICHE CITTÀ DI CASTELLO
Città di Castello (Perugia)
-

Memorie

La cultura archeologico-numismatica
in Umbria nel secolo XVII

attraverso l’opera di Durante Dorio

NOTA INTRODUTTIVA

Urge chiarire in via preliminare le ragioni del presente lavoro,
il quale, nel vasto campo dell’erudizione archeologica e specifica-
mente numismatica, vuole inserirsi con intenti preminentemente sto-
riografici. Ed in effetti, volendo trattare l'argomento proposto, la
ricerca non può essere che storiografica, anche perché i pochi ele-
menti validi recuperabili nella farraginosa erudizione del primo Sei-
cento, sono stati di gran lunga superati dai risultati dell’età moderna.

Il mondo del collezionismo antiquario .e numismatico fu in quel
secolo investito dalla tipica acrisia dell'età del barocco, più di ogni
altro ramo del sapere ; e occorre giungere alle soglie dell'Ottocento,
e cioè alla Doctrina Nummorum Veterum del gesuita Giuseppe Ilario
Eckel, perché la critica scientifica ed il rigore metodologico riescano
a permeare gli studi numismatici, rendendoli fecondi di risultati.

Per tutto il Rinascimento la collezione delle monete antiche fu
opera di pochi, seppur appassionati, facoltosi, per i quali essa costi-
tuì un hobby di prestigio e nulla più. Si servivano allo scopo di segre-
tari diligenti, i quali ricercavano gli esemplari in qualsiasi parte
d'Europa ed a qualunque prezzo ?. Ma nella seconda metà del Cin-
quecento le cose cominciarono a cambiare. La febbre per le « anti-
caglie », allora rinvenute in gran numero nel corso degli scavi, con-
tagiò un po’ tutti, e la passione del collezionismo, -da aristocratica
qual’era, si calò fin tra i modesti borghesi e gli uomini di cultura
viventi in provincia. Ed anzi la passione per la raccolta traboccò

1) Per tutte le questioni storiche si veda la bella ed ancor oggi insuperata sintesi di
E. BABELON, Traité de monnaies grecques et romaines 1/1, Paris, 1901. 6 GIUSEPPE CHIARETTI

spesso in mania, sicché non mancò chi, subodorando l’affare, mise
su bottega d’anticaglie, offrendo, con i pezzi buoni, le immancabili
« patacche ».

. Fu quello il momento della erudizione solo apparentemente cri-
tica : il pezzo cioè venne ricercato catalogato studiato non per evi-
denziarne rapporti e leggi di vita, ma solo in funzione di una col-
lezione la più rappresentativa possibile. I collezionisti strinsero rap-
porti di amicizia tra loro, scambiandosi esemplari, notizie, pareri.
Fu il momento, se mi è lecito definirlo così, «romantico » o « mitico »
della numismatica, ricco, nei collezionisti e maggiori e minori, di
entusiasmo dilettantistico originato dalla curiosità, tutto volto ad
interessi strettamente erudito-antiquari. Questi, anzi, non andarono
al di là degli elementi « esterni» della moneta, e rimasero vincolati
ad una concezione statica della medesima. Ci si sforzò di leggere
i tipi campeggianti nel Dritto e nel Rovescio, ammirandone l’even-
tuale bellezza formale e compositiva ; si posero problemi di autenti-
cità, sia pure in maniera appena abbozzata, di metrologia e di me-
tallotecnica ; si avviarono discorsi sulla storia romana, derivandola
con buona dose di ingenuità dalla tipologia monetale ; ma soprat-
tutto si prese sempre meglio coscienza, tramite le catalogazioni re-
datte con criteri ognor più complessi ed esaustivi, della vastità e
ricchezza di siffatta documentazione ai fini di uno studio che rima-
neva nella sua sostanza tutto da fare.

I veri problemi della numismatica, come si è detto, sono stati
centrati solo dall'Eckel in poi, allorché la moneta è stata studiata
nella sua vera natura di oggetto nato per lo scambio e per il com-
mercio, e quindi con una precisa funzione economico-politico-sociale,
e con un complesso di problemi giuridici, metrologici e della circola-
zione, i quali ancor oggi costituiscono «i punti dolenti degli studi
numismatici » 9), Anche i problemi già affrontati dai vecchi studiosi
di numismatica sono oggi visti in una prospettiva più approfondita
o completamente nuova : si cerca, ad esempio, di individuare i cri-
teri che presiedevano alla scelta dei tipi monetali; si studiano i
complessi, ed in gran parte ancora oscuri, rapporti delle zecche tra
loro e con le autorità statali; si raffrontano le varie serie di emis-

?) Ottima la puntualizzazione dei problemi nell'opera di LAuRA BrEGLIA, Numi-
smatica antica. Storia e metodologia, Milano, 1964. Per una chiara e rapida informazione
sulla antica numismatica romana è pure utile HArRoLD MATTINGLY, Roman Coins from
the earliest times to the fall of the western empire, London, 1960 (22 ed.).
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 7

sioni per identificare i criteri d’arte cui si ispiravano gli anonimi
incisori di zecca ; si mettono in rapporto i tipi monetali con i mo-
numenti della grande plastica ancora esistenti o da tempo scomparsi ;
e soprattutto, anziché cogliere episodicamente l’evento storico nella
moneta, questa è tutta vista in funzione della storia, e diventa e
fa, essa stessa, storia. i

Anche in questo contesto però, in cui tutte le ricerche numisma-
tiche dell'età «romantica » vengono o scartate o ridimensionate o
almeno messe in discussione, il presente lavoro trova una sua giusti-
ficazione, giacché se quel momento è stato prima d’oggi guardato
con una certa sufficienza *), ora un siffatto atteggiamento è stato
superato da quel certo risveglio di interesse che negli studi più re-
centi è dato cogliere per la antiquaria del Seicento. Per l’archeolo-
gia in genere, che risente pur essa del clima culturale testé descritto,
la ragione primaria del rinnovato interessamento è così indicata dal
Minto : « Ai cultori degli studi archeologici di questo periodo spetta
il merito di avere ricercato e messo insieme molte collezioni pubbliche
e private, illustrandole in grandi « Corpora », e preparando così la
via agli studiosi del periodo successivo, che, da tali raccolte e dagli
spigolamenti di esse, seppero raccogliere messe feconda » ?. Queste
ragioni valgono ancor più per quel particolare settore degli studi
antiquari che è la numismatica, nel quale appunto, al dire autore-
vole della Breglia, « non va sminuita l’importanza che presenta que-
sto rinnovato interesse per la moneta come preparazione degli studi
posteriori. Grazie ad esso infatti si creano i nuclei di talune collezioni,
che diventeranno col tempo famose ed importantissime ; grazie ad
esso le monete vengono ricercate dappertutto e salvate dalla disper-
sione; nasce poi la necessità di riordinarle, di illustrarle in liste ed
in cataloghi, si creano tra esemplare ed esemplare particolari nessi,
la necessità dei primi particolari aggruppamenti » 9.

In questi giudizi trova la sua principale giustificazione il presente
lavoro, essenzialmente storiografico, ancor piü evidente se si pensa
che molte delle odierne collezioni antiquarie municipali traggono la
loro origine dai privati collezionisti dei secoli xvir-xvir. Per la

3) Il Babelon, ad esempio, non l’ha preso in molta considerazione, ed ha trascurato
l’aspetto collezionistico della ricerca numismatica.

4) Cf. AnToNIO Minto, Le Vite dei Pittori Antichi di Carlo Roberto Dati e gli studi
erudito-antiquari nel Seicento, Firenze, 1953, p. 7.
5) Cf. L. BreEGLIA, Numismatica antica cit., p. 17. 8 GIUSEPPE CHIARETTI

storia dei musei e delle collezioni d’arte ricerche del genere sono da
ritenersi fondamentali.

Ma non è solo questa la giustificazione. Analizzando infatti con
pazienza la ingenua, e talvolta banale, problematica dei collezionisti
minori, si possono rintracciare tanti piccoli spunti critici che, messi
insieme, rivalutano anche sul piano scientifico tanta laboriosità di

ricerche. Nel corso del lavoro cercherò di cogliere anche questi ele-:

menti, per modesti che siano.
È infine superfluo sottolineare l’interesse che una ricerca del
genere riveste per la storia della cultura.

Tk

Il punto di partenza per raggiungere codesti interessi generali
è, in verità, assai modesto : un catalogo manoscritto di un ignorato
(troppo a torto ignorato !) erudito umbro del primo Seicento, Durante
Dorio, il quale, pur vivendo lontano dai grandi centri culturali, ne
subì chiaramente l’influenza. L’analisi della personalità del Dorio e
l'esame di un catalogo della piccola collezione di antichità da lui rac-
colta a prezzo di non pochi sacrifici, mi sono parsi adatti ad illustrare
un momento della storia dell’erudizione archeologica umbra poco
ricca di nomi e di opere. Nel Dorio sarà possibile vedere non solo
l'amatore di anticaglie, ma l'uomo e l'autodidatta che, insofferente
dei limiti provinciali, cerca un’evasione nel mondo della erudizione,
forse con ingenuità di metodo, ma sicuramente con onestà di intenti
e serietà di impegno. Una « curiosità », la sua, degna di ogni rispetto
e, al limite, davvero commovente.

Con questa premessa credo di aver giustificato a sufficienza il
presente lavoro, svolto tutto su una documentazione inedita, ricer-
cata negli archivi e nelle biblioteche di Foligno, Gubbio, Todi, Peru-
gia, Nocera Umbra, Ancona, Rieti, e soprattutto nella Biblioteca
Vaticana.

Lo studio si articola in tre capitoli. Il primo è dedicato alla fi-
gura e all’opera di Durante Dorio, un umile notaio di origine leo-
nessana, vissuto a Foligno nei primi decenni del sec. xvir, poligrafo
ed antiquario per diletto ; la sua personalità, sino ad oggi largamente
ignorata anche dagli studiosi municipali, è vista nel quadro della
‘cultura antiquaria umbra della sua età, della quale poca documenta-
zione è rimasta. Il secondo capitolo è dedicato ad una indagine nel
mondo del collezionismo minore della Roma del Seicento, e per gli

a
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 9

adeguati confronti mi sono servito di un gruppo di codici omogenei
e coevi della Biblioteca Vaticana. Il terzo, infine, riproduce il cata-
logo della collezione doriana che ha dato occasione alla presente
ricerca, accompagnato da un commento critico e da una serie di
osservazioni conclusive che mettano in evidenza pregi e difetti del
documento stesso, Il quale, se non arreca alcun originale contributo
alla disciplina numismatica modernamente intesa, conserva sempre
un suo valore documentario di un indirizzo e di un'epoca ; ed è un
testo che, pur nella aridità e nella provvisorietà di una elencazione,
lascia trapelare una somma di piccoli interessi, e soprattutto l’ansia
di una ricerca ed il calore di una umanità che lo rendono un docu-
mento vivo e palpitante.
CAPITOLO PrIMO

DURANTE DORIO E LA CULTURA
ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA

Del personaggio, che pure, con la sua vasta opera di poligrafo e
di attento raccoglitore di memorie locali, è particolarmente bene-
merito nell'ambiente culturale umbro della prima metà del secolo
XvII, nessuno studioso si è finora interessato, se si eccettua il Bri-
ganti 9, il quale si è servito allo scopo di alcune brevi note mano-
scritte del Mancinelli ®. Documenti inediti da me rinvenuti gettano
nuova e più piena luce sulla biografia davvero esemplare di questo
erudito antiquario di provincia, che cercò di cucire insieme la vivis-
sima passione dello studioso autodidatta con le preoccupazioni eco-
nomiche del viver quotidiano. Ma, è bene avvertirlo subito, le ri-
cerche sulla biografia del Dorio debbono ritenersi tutt'altro che esau-
rite.

CENNI BIOGRAFICI — Nacque a Leonessa (Rieti) intorno al 1571.
Fece pratica notarile « per plures annos » nella cancelleria criminale
di Ancona, nella qual città conseguì il privilegio di notariato, con-
cessogli il 25 febbraio 1598 dal giurista Marco Antonio «de Anticis» >);

1) FRANcEScO BRIGANTI, L'Umbria nella storia del Notariato italiano, Perugia, 1958,
pp. 141-144 : sono notizie non sempre attendibili. Si veda anche MARIO EMILIO COSENZA,
Biographical and Bibliographical Dictionary of the Italian Humanists and of the World
of Classical Scholarship in Italy, 1300-1800, 11, Boston, 1962, p. 1263 b.

*) Foligno, Bibl. Comunale, mss. di ANTONIO MANCINELLI, Appunti per materia
di storia folignate, N. 1, A. x1.3.58/34; Onomastico, A. xII.3.114/D. Cf. ANGELO MESSINI,
Foligno : Biblioteca Comunale, in Inventari dei Manoscritti delle biblioteche d’Italia. Vol.
LXXXIII, Firenze 1959, p. 131 e p. 143 (segnatura moderna : M. 58 e M. 114).

?) Foligno, Arch. vescovile, Registr. 1617 ad 1631, f. 281r: «3 maii 1630. D. Duran-
tes Dorius, filius Darii, a Leonissa, fuit creatus notarius in civitate Ancone sub die 25
februarii 1598 ab J.U.D. Marcantonio de Anticis anconitano, imperiali auctoritate co-
miti, ex instrumento rogato per D. Marcellum Fuccium de Ancona, notarium publicum ».

L'istrumento in questione si trova ad Ancona, Arch. di Stato, Atti di Marcello Fucci,
1598, ff. 40v-41v : si veda il testo del documento in Appendice I, n. 1.
e

LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 1h

Nel frattempo aveva contratto matrimonio a Leonessa, ove nel 1595
gli nacque il figlio Massimino, divenuto pur esso notaio e morto
prima del 1636 *). « Fece i principi», com'egli stesso si esprime, a

4) Leonessa, Arch. parr. di S. Pietro, Registro dei battezzati I (1594-1616), f. 9r, sub
23 luglio 1595 ; « Massiminus, filius Not. Duranti Dorij Petri Stefani et Constantiae sue
uxoris, fuit baptizatus a me Nicolao Grifonio, Patrino : Not. Dominico Silvestrio ». In
questa registrazione, sicuramente riferentesi al Nostro, sono da avvertire due incon-
gruenze : l'una riguardante il titolo professionale di notaio attribuito al Dorio quand'era
ancora un semplice praticante ; l'altra concernente il nome del padre, che è sicuramente
Dario, mentre qui è indicato come Pietro Stefano. Quest’ultimo è un patronimico dive-
nuto cognome, Pietrostefani, con il qual casato leonessano il Dorio ebbe probabilmente
rapporti di parentela, come lasciano pensare le notizie qui appresso riportate : e questa
coincidenza può aver ingenerato l’equivoco. Le trascrizioni degli atti di battesimo sono
infatti tardive, ed il copista può aver introdotto proletticamente innovazioni (il titolo
di notaio), o esser caduto in errore (Pietrostefano, anziché Dario). Cf. GrusEPPE CHIA-
nETTI, Archivio Leonessano. Documenti riguardanti la vita e il culto di San Giuseppe da
Leonessa, Roma, 1965, p. 354 s.

Aggiungo qui di seguito poche altre notizie riguardanti la famiglia del Dorio. Di
Massimino, divenuto pur esso notaio ma che non sopravvisse ai genitori, si ha notizia
in un atto di procura rogato dal padre a Foligno 1’8 gennaio 1622. Il Dorio, impegnato
a trovare un posto sicuro e remunerativo per suo figlio (e fors'anche per sé), nomina
suo procuratore l'ill.mo Desiderio Natadeus, U.I.D. e curiale a Roma, a fine di ottenere
«in affictum et locationem seu sublocationem ab admodum ill.mo d.no Ascanio Costa-
guto, appaltatori generali cancellariarum status ecclesiastici, seu ab aliis quibuscumque
auctoritatem et facultates habentibus, cancellarias civiles et criminales gubernii Collis
Veteris et Sabinae Provincie ». (Cf. Foligno, Arch. di Stato, Arch. Notarile, prot. 412, ff.
11v-13r). Nel protocollo dell’Arch. Notarile di Aquila (cf. nota 7) Massimino compare
molte volte come testimone.

Del 24 gennaio 1622 è l’atto con il quale il Dorio nomina sua moglie Costanza, as-
sente, procuratrice generale per trattare con Gio. Battista Rosa, sua moglie e suo fra-
tello, l’acquisto di una casa, « quandam eius domum positam in Terra Leonisse, in loco
dicto ‘la strada di San Francesco’, seu iuxta viam publicam ante, a parte viculum, sub-
tus mantionem seu voltam Jo. Baptiste Petri Stefani, et retro domum ipsius Jo. Bap-
tiste Petri Stefani, nec non mansionem terraneam seu voltam positam in eadem Terra et
via, iuxta bona S. Francisci, seu retro et a latere dictam domum et voltam Jo. Baptiste
et alia latera, si que etc. cum omnibus iuribus etc. pro illo precio et preciis prout dicte
procuratrici videbitur et placebit ». (cf. prot. 412 cit., ff. 17v-19v). Questa casa doveva
trovarsi nei pressi di quella del Dorio, che, secondo la descrizione piü volte ripetuta nel
protocollo n. 641 dell'archivio notarile di Aquila, era fornita di bottega ed era ubicata
«prope domum Magdalini Petristefani ab uno, ante viam publicam nuncupatam Hospi-
talis », (cf. ff. 22v, 88r, 89v, 91r, 96v, 97v, 104r, 115», 120r, 126v, 131r, 137v, 138r, 142r,
1550, 157r, 173v, 217r, 226r, 228v).

Ma il Dorio non dovette aver molto tempo per godersi la nuova casa di Leonessa,
preso com'era dai suoi studi e dal suo lavoro. Vi soggiornarono invece la moglie Costanza,
la figlia, il genero pur esso notaio, i nipotini, dei quali tutti ignoriamo — sfortunata-
mente! — il nome. i
12 GIUSEPPE CHIARETTI

Spoleto e ad Orvieto, ma di quella attività non resta documenta-
zione. Documentata è invece la sua attività, una volta divenuto
notaio, nelle cancellerie civile e criminale di Recanati, ove fu dal-
l'ottobre 1599 all'estate 1602 5). Da Recanati passò alla cancelleria
criminale di Fermo, al seguito del governatore Marini °), il quale,
insieme ad altre personalità, lo raccomandò nel 1604 ai priori di
Foligno *). Il Dorio poté così ottenere la cancelleria criminale di quella
città, e durò nell’incarico per un quadriennio. Nel bimestre dicembre
1610-gennaio 1611 fu a Leonessa come camerario del comune ; ed
a Leonessa tornò ripetutamente in quegli anni, non solo per visite
alla famiglia o per brevi periodi di riposo, ma anche per esercitarvi
la sua professione nei lunghi intervalli tra un occasionale impiego e
l’altro; vanno qui ricordate due prolungate permanenze : l’una tra
il luglio 1612 e il novembre 1613, e l’altra tra il luglio 1916 ed il set-
tembre 1617 *). A ricostruire i suoi faticosi itinerari nel primo ven-

5) Foligno, A.d.S., Arch. Not., prot. 408. Il primo atto, scritto con hella ed ornata
grafia giovanile, fu rogato dal Dorio, « publicus imperiali auctoritate notarius », il 29
ottobre 1599 ; l’ultimo, il 18 febbraio 1602. Due atti del prot. 409 furono parimenti ro-
gati a Recanati il 7 maggio e 6 luglio 1602. Molti atti del protocollo interessano la famiglia
Leopardi. Altro protocollo, con atti stipulati dal 29 ottobre 1599 al 23 ottobre 1601,
trovasi nell’archivio notarile di Recanati.

*) Foligno, A.d.S., Arch. Not., prot. 409. Due atti, del 22 marzo e del 7 maggio 1603,
risultano rogati a Fermo (ff. 6v-8r).

?) Foligno, A.d.S., Arch. Storico Comunale, Reformationes ab anno 1600 ad 1608,
Arch. Priorale 87, Parte 1, f. 229r e Parte rr, f. 3v (presentazione ai priori delle lettere di
raccomandazione del cardinal di Cosenza : 9 febbraio 1604) ; Parte rr, f. 4v (ammissione
del Dorio alla cancelleria criminale, «obtento nemine discrepante »). Il Mancinelli af-
ferma (A. 11.3.58/34) « Durante Dorio da Leonessa fu raccomandato per la nomina a
cancelliere criminale di Foligno dai card. Bevilacqua, di Cosenza, Bandini, dal Marini
governatore di Perugia che l'aveva avuto seco nel governo di Fermo ». Ignoro la fonte
di queste notizie. Il card. Bonifazio Bevilacqua era legato di Perugia e dell'Umbria,
mentre il card. Ottavio Bandini era arcivescovo di Fermo e legato della Marca Anconi-
tana. Cf. PaATRITIUS GaucHar, Hierarchia Catholica, rv, Monasterii, 1935, pp. 4 n. 8 e
5 n. 22.

Nel prot. 409 sono compresi alcuni pochi atti rogati a Foligno tra il 25 maggio 1605
e il 21 marzo 1609 (cf. nota 8).

:$) Leonessa, Arch. Com., Registro del Camerlengato, 11 (1606-1611), ff. 261r-269r.
Le presenze del Dorio a Leonessa sono testimoniate dal protocollo n. 641 dell'archivio
notarile di Aquila, l'unico conservato del periodo leonessano, che raccoglie gli atti sti-
pulati a Leonessa nel periodo 1604-1618 (se ne veda la descrizione in Appendice 11). Queste
presenze, non meglio motivate, possono essere così riassunte : dicembre 1604-marzo
1605, giugno 1605, settembre 1609-gennaio 1610, luglio 1612-novembre 1613, novembre
1614, maggio 1615, luglio 1616-settembre 1617, agosto 1618.

X

SIIEEEIIZITE SI Fa
7. ariani ANDRE TH LIE S
LA CULTURA ARCHEOLOGIGO-NUMISMATICA IN UMBRIA 13

tennio del secolo non giovano molto, purtroppo !, i protocolli con-
servati nell'Archivio di Stato di Foligno, la cui serie presenta note-
voli lacune *). A questo periodo risale comunque la sua attività nella
cancelleria criminale di Ascoli, della quale non è rimasta documen-
tazione, e fors'anche in altre città umbre, tra cui Perugia '*). Non
mancò di frequentare in quegli anni Roma, tradizionale meta di
emigrazione per i leonessani, e di far conoscenze negli ambienti della
curia pontificia, sperando in qualche buon incarico. A Roma, ap-
punto, si incontrò con Porfirio Feliciani, vescovo di Foligno sin dal
1612, dimorante in curia come segretario dei brevi ai principi per
tutto il pontificato di Paolo V ; dal Feliciani il Dorio fu nominato
cancelliere della curia vescovile di Foligno il 16 settembre 1617, e
prese possesso della sua carica il 22 dello stesso mese ?), Al servizio
del Feliciani il Dorio rimase ininterrottamente per ben sedici anni,
e quando il vescovo raggiunse finalmente la sua diocesi nell'aprile
1621, egli lo segui come notaio nella visita pastorale subito intra-
presa. A partire dagli atti del 1619 usó sottoscriversi abitualmente

?) Foligno, A.d.S., Arch. Not., prot. 408-419. Ho trovato altri protocolli del Dorio
negli archivi notarili di Aquila, di Recanati e di Gubbio, e nell'archivio vescovile di
Nocera : di tutti do indicazione nell'Appendice II. È presumibile che altri protocolli si
trovino nei luoghi ove il Dorio ha esercitato : mancano però indicazioni bibliografiche
al riguardo, né le ricerche svolte hanno avuto sinora buon esito.

10) Si veda la lettera del Dorio al Cantalmaggi, citata in seguito. Per il soggiorno
a Perugia cf. prot. 409.

11) Foligno, Arch. vescovile, Registr. 1617 ad 1631, ff. 2r-3r: si veda il testo del do-
cumento in Appendice I, n. 2.

Il Feliciani, già segretario di Paolo V per le lettere ai principi, fu vescovo di Fo-
ligno dall’aprile 1612 all’aprile 1634, e morì nell’ottobre 1634. Dal maggio 1623 ebbe
come coadiutore c. f. s. Cristoforo Gaetani, morto nel 1642. Al Gaetani successe, nel
febbraio 1643, Antonio Montecatini. Cf. Hierarchia Catholica, rv cit., p. 191. Del Feliciani,
scrittore forbito ed eruditissimo, fa menzione anche Lupovico JAcoBILLI, Discorso della
città di Foligno. Cronologia de Vescovi, Governatori e Podestà ch'hanno retta essa città,
Foligno, 1646, p. 39; InEM, Bibliotheca Umbriae, Fulginiae, 1658, p. 232.

Il Dorio fu amicissimo del vescovo Feliciani, che si servi di lui per gli atti più im-
portanti della sua vita privata. Si può ricordare il nobile testamento del Feliciani, con-
segnato al Dorio il 13 marzo 1623 e da questi trascritto per esteso dieci giorni dopo (cf.
prot. 412, ff. 33r-34v e 38r-63v). Il prot. 412, anzi, può esser considerato il protocollo dei
fratelli Feliciani, e cioé il vescovo ed il fratello Angelo, abate e vicario generale di Foligno,
che volle pur esso dettare il suo testamento al Dorio (cf. prot. 472 cit., ff. 100-11»). Altro
atto importante del vescovo Feliciani trovasi nel prot. 416, alla data del 2 gennaio 1630 :
egli fonda una cappellania annessa all'altare di famiglia in S. Agostino di Gualdo, legando
ad essa i beni necessari (cf. prot. 416, ff. 2r-9v). 14 GIUSEPPE CHIARETTI

«civis romanus »'?), ma di quella cittadinanza onoraria ignoro le
ragioni: non è improbabile un intervento autorevole del vescovo
Feliciani, con il quale il Dorio fu sempre in rapporti di cordiale ami-
cizia. Durante il lungo sereno periodo folignate prese il via la più
che ventennale attività doriana di studioso, di ricercatore, di colle-
zionista. La sicurezza del lavoro, la facilità di accesso ad archivi
importantissimi quale, ad esempio, quello dell’abbazia di Sassovivo,
il contatto con insigni studiosi e letterati come il Feliciani ed il gio-
vane Ludovico Jacobilli, ed anche, perché no ?, una certa disponi-
bilità di tempo e di mezzi ottenuta a prezzo di non pochi sacrifici,
favorirono quella attività. Il Dorio, come s’è visto, non dimenticò
la sua casa natale di Leonessa, che volle più ampia ed accogliente ;
ma, considerando sempre più Foligno come patria di adozione, volle
acquistare, per i suoi riposi settimanali ed estivi, un fondo con casa
abitativa in località San Vittore, a un paio di miglia dalla città,
in amena posizione affacciata sulla valle del Topino e la via Fla-
minia, ove si trovavan anche possedimenti dell'amico Ludovico Ja-
cobilli. Curò quella sua villa in campagna con particolare amore ;
a causa della distanza della parrocchiale di S. Nicolò di Belfiore,
la volle dotata di un piccolo oratorio, ed allo scopo ottenne dal ve-
scovo Feliciani il 31 maggio 1628 il decreto di erezione, con una in-
dulgenza per i giorni festivi e per la ricorrenza di san Vittore, il papa
che aveva consacrato vescovo il patrono di Foligno san Feliciano
(18 luglio) ; procurò per l’oratorio la suppellettile necessaria, com-
preso, probabilmente, un « quadro da altare » di Ferraù da Faenza
raffigurante San Francesco che riceve le stigmate **).

12) Cf. prot. 410 cit., f.1r:«.. Civis Romani, publici regia et imperiali auctoritatibus
notarii, et ad praesens cancellarii (. ..) episcopi Fulginei ». Lo stesso si dica per tutti
i protocolli successivi e per altri attestati, come quello del 18 febbraio 1629 esistente
nell'archivio del santuario di S. Giuseppe in Leonessa : cf. GrusEPPE CHIARETTI, Archivio
Leonessano. cit., p. 246, n. 306. Anche sui libri già posseduti dal Dorio, poi passati allo
Jacobilli ed ora conservati alla Jacobilliana di Foligno, si trova stampigliata la dichiaraz-
ione di proprietà: « Durantis Dorij a Leonissa / Civis Romani liber ». Si vedano pure,
nella medesima biblioteca, le stampigliature sui codici B. V7I.10, f. 9 (n. 298 del regesto
compilato da MrcHELE FALOCI PULIGNANI, Foligno, in Inventari dei Manoscritti delle
Biblioteche d'Italia xL1, Firenze, 1930), C.IV.19 ultimo f. (n. 433 del Faloci), C.V.2 f.
167r (n. 439 del Faloci), ed altri.

13) Foligno, Arch. vescovile, Registr. 1617 ad 1631, ff. 205v-206r: si veda il testo
del documento in Appendice I, n. 3, con le note relative alle vicende dell’oratorio. Per
la tela di Ferraù da Faenza si veda l’ Appendice III, nota 10. Tra i legati di messe della
chiesa parrocchiale di Vescia, prossima a San Vittore, si trova anche quello di « messe
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 15

Del 1632 è la richiesta della cittadinanza folignate, concessagli
con sei voti contrari nella seduta consiliare del 21 gennaio di quel-
l’anno 19. Il 23 marzo 1632 dette inizio al suo sessennale cancellie-
rato presso la curia vescovile di Nocera Umbra, e come notaio seguì
le visite pastorali del vescovo Fiorenti negli anni 1632-1635 e 1636-
1637, stendendo relazioni di grande interesse +) Del 1632 è pure
un suo istrumento rogato a Sassoferrato e conservato nell'archivió
notarile di quella città 19). Il 10 febbraio 1633 fu accolta la sua do-

otto l’anno da celebrarsi nei mesi di luglio e agosto ad libitum, per il legato del sig. Lu-
dovico Jacobilli di Foligno, per il quale lasciò un pezzo di terra olivato di stare 4 in circa,
posto nelle pertinenze della Vescia, vocabolo Le Fontanelle, presso li beni di Paolo Cor-
nacchia, gli eredi di Vagni e la strada di Vegnole, come per rogito di Gio. Carlo Saccarelli,
cancelliere vescovile, l'anno 1649 sotto il dì 10 luglio » : cf. Vescia, Arch. parrocchiale,
Numero dei legati 8 annessi alla cura di Vescia, ms. del 1806, n. 2.

14) Foligno, A.d.S., Arch. com., Reformationes ab anno 1628 ad 1641, Arch. Priorale
91, Parte 11, f. 23r n. 24 (ordine del giorno), f. 25v (deliberazione) ; Polise dal 1595 al 1708,
Arch. Priorale 126, Parte 1, f. 4r (supplica del Dorio).

!5 Vescovo di Nocera era allora il perugino Virgilio Fiorenti, amicissimo del Dorio,
che resse quella diocesi per un quarantennio (1605-1644) : cf. Lupovico JACOBILLI, Di
Nocera nell' Umbria e sua diocesi e cronologia de’ Vescovi di essa Città, Foligno, 1653, pp.
119-122; IpEM, Bibliotheca Umbriae cit., p. 285 ; Hierarchia Catholica, 1v cit., p. 262.

A Nocera il Dorio continuó le sue ricerche storiche, e ne fanno testimonianza,
tra gli altri, i codici superstiti della Jacobilliana A.VI.6 (lo « zibaldone » con le celeber-
rime Cronicae Gualdenses, cui hanno attinto con profitto numerosi studiosi d'ogni tempo.
Si avverta che le analoghe Croniche antiche di Gualdo e di Taino, indicate al n. 37 dello
elenco dello Jacobilli pubblicato in Appendice II, sono andate perdute), A.VI.19 (appunti
per la stesura della relazione della visita pastorale del 1634-1635), C.IV.6 (notizie sto-
riche su paesi della diocesi nocerina, la vita di san Rinaldo, ed iscrizioni latine riprese
dal Bormann per il C.I.L., x1), C.VIII.11 (la « Historia di Nocera con il catalogo de’ Ve-
scovi suoi », che lo Jacobilli saccheggiò abbondantemente per la sua opera storica sopra
ricordata).

Nell'archivio vescovile di Nocera restano molti scritti del Dorio, tutti concernenti
la sua attività di cancelliere (cf. Appendice II). Occorre qui far menzione delle relazioni
delle visite pastorali tenutesi in quel sessennio, le quali sono caratterizzate da un note-
vole impegno critico, mai prima d'allora usato. Il Dorio si servi anche di collaboratori,
ma tutto volle rivedere con accuratezza, inserendo sue glosse marginali con riferimenti
a protocolli e ad altri documenti d'archivio ; aggiunse notizie storiche ed artistiche di
notevole interesse, segnalando affreschi e dipinti con il nome dell'artista e l'anno di ese-
cuzione ; fece menzione di vecchi messali ed antifonari ; si interessò di frammenti di
antiche lapidi esistenti nelle chiese, riportandone l'iscrizione e disegnandone i contorni :
cf. visita Fiorenti 1632, ff. 70r e 72r, con il testo delle lapidi frammentarie della chiesa
parrocchiale di S. Donato, nel castello omonimo in territorio di Fabriano, e della Maestà
di Vallebona, in territorio di Castel S. Donato.

16) Cf. MEDARDOo MoRICI, Giustina Levi Perotti e le petrarchiste marchigiane. Contri-
buto alla storia delle falsificazioni letterarie nei secoli xvi e xvII, Firenze, 1899, p. 20 nota 1.
16 GIUSEPPE CHIARETTI

manda di essere iscritto nella matricola dei notai di Foligno 7».

Nel 1636, mentre era cancelliere nella curia vescovile di No-
cera, entrò in corrispondenza con il conte Gio. Battista Cantalmaggi
di Gubbio ‘9. Da quel carteggio, fino ad oggi inedito, nel quale
risuona costante il piatire della povertà che mendica un impiego
più redditizio, è possibile trarre molte indicazioni sulla biografia
del Dorio, sulla sua passione per le ricerche erudite, sul metodo e le
circostanze delle ricerche stesse, sulla cronologia delle opere mag-
giori. « In venti anni che sono stato a Foligno — scriveva nella sua
prima lettera — feci li Annali di quella città, con la nota delli of-
ficiali primari [...] Doppo che io sono in questa città [di Nocera]
ho fatto diligenza di trovare altre cose, ma poco e niente ho acqui-
stato. Ho fatto ad immitatione di molti altri, per la particolar ser-
vitù che professo a mons. ill.mo vescovo, una raccolta de vescovi
di questa città et di fatti de quali ho possuto haver notitia. Et ad
intuito del p. Ludovico Jacobilli compilata historia et geonologia
della famiglia Trinci che ha dominato Foligno et altri luoghi, quale
presto devo dare alle stampe». In altre lettere è tutto un susse-
guirsi di informazioni erudite, il consueto «do ut des» dei dotti, i

1) Foligno, A.d.S., Arch. Com., Reformationes ab anno 1628 ad 1641, Arch. Priorale
91, Parte r1, f. 64v n. 14 (ordine del giorno), f. 66v (deliberazione : « Sia gratiato conforme
la sua dimanda »). Il Mancinelli (A.11.3.58/34) scrive « Respinto »!

18) Il Cantalmaggi, conte delle Carpini, fu giureconsulto, «letterato distinto ed il-
lustre storico, solerte raccoglitore di patrie memorie », del quale restano numerose opere
manoscritte : cf. ODERISI-LUCARELLI, Memorie e guida storica di Gubbio, Città di Castello,
1888, pp. 251 e 374. Delle tredici lettere del Dorio al Cantalmaggi fa menzione GIUSEPPE
MAZZATINTI, Inventari dei Manoscritti delle Biblioteche d’Italia, Volume 1: Gubbio, Forlì,
1891, p. 144 n. 183. Le lettere fanno parte del fondo « Vincenzo Armanni » nell’Arcb. di
Stato di Gubbio, ed hanno la segnatura moderna 11.C.10, non più quella indicata dal
Mazzatinti XVIII.F.4. Nello stesso fondo si trovano molti mss. autografi del Cantal-
maggi, zibaldoni miscellanei analoghi a quelli del Dorio, tra i quali vanno qui ricordati
gli Appunti di storia archeologica di Gubbio: cf. G. MazzamINTI, Inventari... Gubbio
cit., p. 131.

19) Gubbio, Arch. di Stato, Fondo Armanni, 11.C.10, lettera n. 1 del 23 maggio 1636.
Le lettere del Dorio al Cantalmaggi sono cosi ordinate : n. 2 : da Nocera, 20 giugno 1636 ;
n. 3: da Nocera, 21 giugno 1636 ; n. 4: da Nocera, 21 luglio 1636 ; n. 5: da Nocera, 22
agosto 1636 ; n. 6: da Gualdo, 22 settembre 1636 ; n. 7: da Nocera, 28 novembre 1636 ;
n. 8: da Nocera, 18 dicembre 1636 ; n. 9: da Nocera, 8 marzo 1637 ; n. 10: da Nocera,
5 settembre 1637 ; n. 11 : da Nocera, 20 febbraio 1638 ; n. 12 : da Gubbio, 3 agosto 1640 i
n. 13 : da Gubbio, 1 marzo 1641.

Due lettere del Cantalmaggi al Dorio si trovano nel cod. miscellaneo A.V.11 (n.
106 del Faloci) della Bibl. Jacobilli di Foligno : l'una scritta da Roma il 29 agosto 1637
(f. 634r»), l'altra scritta da Gubbio il 30 settembre 1637 (f. 639r).
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 17
quali scambiano tra loro notizie chiarimenti dubbi consigli. « Non
ho possuto contenermi — scrive — di non mandare a V.S. ill.ma
l’inscrittione di una pietra trovata in un luogo di questa diocesi
molti anni sono, acció la veda, significandomi il suo senso. Io an-
daró revoltando le mie cartuccie per sodisfare al desiderio di V.S.
ill.ma[. ..]. Io attendo a compilare l'historia et geonologia di casa
Trinci, della quale, se bene vi hanno scritto sino a tredici e quindici
auttori, con tutto ció non sono arrivati a trovare la vera origine,
come ho fatto io per via d'instrumenti d'abbatie et perché hanno
hauto dominio da queste bande[...]. Quello che io scrissi circa un
conte che governasse l'una et l'altra città, l'ho trovato in alcune
croniche antiche manuscritte in carta pecora, in alcune memorie
manuscritte asservate appo diversi cittadini, in Gottifredo Beringo
De dirutionibus, nel Platina, et altre memorie. Le altre l'ho haute
da manuscritti et instrumenti a Foligno, e alcune cose dall'historia
di Orvieto et altre historie et manuscritti ch'io non ho notati di-
stintamente .nell'inmargine (!)» 29). :

Ma e soprattutto la lettera autobiografica che occorre rileggere
per intero : la scrisse da Nocera al Cantalmaggi il 28 novembre 1636.
« Ill.mo et m.to ecc.mo s.r. prón. mio oss.mo.

Io havevo pensiero, come l'ho, di havere la cancelleria criminale,
cioe l'offitio che costi dicono del malefitio, che me si dice esser buono
offitio ; et quando non fusse provisto, mi aggiustarebbe per la strada
di Roma. Et quando non si potesse haver questo, desiderarei quella
dell'em.mo cardinale di Carpegna, la quale me si dice che vaca.

Io sono di età vicino a 60. Ho fatto li principii in Spoleto et Or-
vieto, et ho fatta la cancellaria di Recanati, civile et criminale, con
12 sc. “ di resposta, che poi fu appaltata sc. 32, come si è fatto fi-
n'hora. Sono stato sedici anni cancelliero di mons. Feliciano, ve-
scovo di Foligno, che fu segretario di Paolo V ; et cinque di questo
di Nocera. Io ho moglie con solo una figliola, quale ho maritata a
un giovane di 30 anni, della professione ; et mia moglie, doppo ha-
verla tenuta appo di me, da poco tempo in qua se n'é tornata al
paese per reveder le cose di casa et godersi con la figliola et nepoti.
Et io volevo fare l'istesso, ma, assuefatto a continua fatiga, non
posso accomodarmi al reposo; ma di qua sono forzato a levarmi,
bisognando continuamente andar in giro per la diocesi, anco in tempi
sfortunati. Ho fatto diversi altri offitii et ho guadagnati circa 200

20) Cf. lettera n. 3. Per la iscrizione di Nocera si veda alla nota 103.
18 GIUSEPPE CHIARETTI

et più scudi l’anno, ma non li ho possuti mai stabilire perché, ha-
vendo fatigato bene a guadagnarli, li ho spesi volentieri,

M'ha fatto bene perdere assai lo studio dell’historie et l'andare
ricercando archivii, in Foligno in particolare. Et doppo la fatiga che
faccio nell’offitio, non mi sono trattenuto con giuochi o altri tratte-
nimenti, ma col ricercare detti archivii in che ho hauto et ho così
gusto che v’ho lasciato l’offitio.

Io ho hauto sempre applicatione haver un offitio in Gubbio o
pure a Urbino, ma perché non sono stato mai vacante, non ci ho
fatta molta premura; ma se potessi hora ottenerne qualcuno mi
sarebbe di grandissima sodisfatione. Ho esercitata ancora la cancel-
laria criminale d’Ascoli, di Fermo, d’Ancona, et quattro anni quella
del Governatore di Foligno ; et cominciai questa professione nel-
l’anno decimosettimo.

Ho atteso a medaglie, disegni et, per carestia di quatrini, poco
alla pittura. Sono andato anco raccogliendo piatti depinti, et mas-
sime quando ho possuto haverli di Raffaello o di buon maestro.
Ma perché questo studio mi teneva molto era... to [parola rosa
dai turli] di denari, l'abbandonai, ma con gran remorso, essendo
contro la mia inclinazione.

Hor ecco che ho dato a V.S. ill.ma ragguaglio di me, acciò mi
commandi con quella libertà et auttorità che io ne le ho data et
ne le do con la presente, godendo di qualsivoglia suo commanda-
mento come di favore segnalatissimo. Che perciò la prego a comman-
darmi et favorire le mie inclinationi, stando ancora aspettando quello.
di che puol favorirmi delli Trinci, Foligno et Nocera.

Et con questo le prego prosperità, et affettuosamente le bacio.
la mano. Di V.S. ill.ma et m.to ecc. devoti.mo et obblig.mo serv.re

DURANTE Donro » 20).

21) Cf. lettera n. 7. La lettera ci fa conoscere, tra l’altro, l'ampia gamma di interessi
collezionistici del Dorio : non solo oggetti antichi, quali monete e bronzetti, ma anche,
come era nelle tradizioni dei piü illustri e ricchi casati, oggetti moderni, come disegni,
ceramiche, dipinti. Per le ceramiche è possibile ipotizzare un rapporto con l’artigianato.
ceramografico di Gualdo Tadino ; più complessa la questione dei disegni e dei dipinti..
Dall’apalisi del codice doiiano B. V.1, che contiene estratti dalle Vite del Vasari, risulta
ampiamente confermato l’interesse del Dorio per queste opere d’arte, ed anzi abbiamo
notizia esplicita di alcuni quadri d’autore da lui posseduti, e precisamente : due tele
votive di Giovanni Lo Spagna, e un quadro « da altare », raffigurante S. Francesco che-
riceve le stigmate, di Ferraù da Faenza. Per tutta la questione si veda l’ Appendice III.
In un inventario di mobili, autografo di Ludovico Jacobilli, è ricordato anche « un qua--
dretto di diversi Santi, di Raffaello da Urbino » : cf. cod. C. V.13 (n. 450 del Faloci), f. 202.

[E]
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 19

Il Cantalmaggi rimase colpito dalla patetica vicenda del Dorio
che gli esponeva candidamente la summula delle sue oneste aspira-
zioni, e si dette da fare per trovargli un impiego meglio retribuito,
prospettandogli sulle prime quello di ordinatore del pubblico ar-
chivio di Gubbio, di nuova — o rinnovata — erezione. Il Dorio
rispose : « Io volentieri m’applicarei all’opra del nuovo archivio che
si deve erigere costi, et crederrei che non fusse difficil cosa che co-
testo pubblico applicasse a persona forastiera per la competenza che
potria esser tra paesani et per altro respetto. Io n’ho hauta la carica
de due altri, et in uno ho facilitato talmente il modo de ritrovare
le scritture che è stato et è tuttavia commendato. Circa la provisione
non saprei che me dire, non potendo considerare la fatiga et il tempo ;
ma io sempre me ne reportarrei al sano giuditio et prudenza di V.S.
ill.ma.

Con l'occasione della resolutione, da cotesto em.mo forse scoprirà
se habbia intentionata la cancelleria al p. Celso Placidi, o quello
che sia. Il p. can.co Lazzarelli, al quale ne scrissi un gran pezzo fa,
me dice averne parlato, col p. uditore dell'em.mo, della persona
mia et della pretensione di quell'offitio ; et che gli disse che sua
em.za l'haveva di già promessa ; ma da V.S. ill.ma ne staró atten-
dendo la resolutione » ?»,

Ma i sogni di un incarico alla cancelleria vescovile di Gubbio
per allora sfumarono. Il Dorio rivolse le sue mire alla cancelleria
criminale, o « malefitio », di Urbino ; e a questo scopo chiese al suo
protettore lettere di raccomandazione per il vice legato di quella
città e per altri suoi amici influenti ?»,

Resasi vacante la cancelleria criminale di Gubbio, ne fece do-
manda, ma neppure allora fu esaudito *9, Nel febbraio 1638 tornò
alla carica presso il Cantalmaggi che si trovava a Roma : « Me se
dice che a marzo si farà mutatione nel Stato: non so se arrivaró
ad ottenere qualcuno di quelli offitii come desidero. Et se pare a
V.S. ill.ma, potrà di nuovo scrivere una parola al sig. arcidiacono
d'Urbino, se peró mons. vice legato sarà in quella città di questo
tempo. Io ne scrissi al sig. Gaspare Mazza a Pesaro, perché inten-

?2) Cf. lettera n. 8.
?3) Cf. lettera n. 9.
24) Cf. lettera n. 10. Il Cantalmaggi gli scriveva tuttavia da Roma : « Havrei a caro
che V. S. tenesse a fine il suo disegno d’un offizio nello Stato d’Urbino, et haverà cogno-
sciuto il mio desiderio di servirla come farò sempre » (lettera del 29 agosto 1637, nel cod.
A.V.11 citato alla nota 17).
20 GIUSEPPE CHIARETTI

devo che vacava la cancelleria criminale di Gubbio, ma me rispose
che era rifermato quello che c’era » ®). Dopo tante pressioni, rag-
giunse finalmente l’intento, ottenendo nel gennaio 1640, la cancel-
leria vescovile di Gubbio, ove ebbe modo di ampliare le sue ricerche
erudite e raccogliere larga messe di pregevoli documenti ?°). Da quella
città scrisse le sue ultime lettere all’amico, cercando di tenerselo
caro anche con favori non propriamente culturali : ora cioè rifornen-
dolo di « sprugnoli », ora cercandogli un prete per cappellano e fat-
tore 27).

Nella mente del Dorio dovette balenare l’idea di una qualche red-
ditizia commenda, da ottenere mettendo a profitto la sua vasta
erudizione in monografie genealogiche di questa o quell’altra po-
tente famiglia. Dapprima pensò ai Caetani, «credendo che non ce
sia chi n'habbia scritto ex professo»; quindi ai Barberini, allora
in auge ed assai conosciuti in Umbria *9, È questo anzi il tema della

25) Cf. lettera n. 11.

26) L'attività del Dorio a Gubbio coincise con il breve episcopato del perugino Ora-
zio Monaldi (1639-1643), cui seguì il benemerito Alessandro Speielli d'Assisi (1699-1672) :
cf. ODERIGI LucanELLI, Memorie e guida storica di Gubbio, cit., p. 202-203; UMBERTO
Pesci, I vescovi di Gubbio, in « Archivio per la storia ecclesiastica dell'Umbria », Iv,
Foligno 1917, pp. 604-609.

Nell’Archivio notarile presso l’Archivio di Stato di Gubbio, con segnatura n. 1487,
c’è un solo protocollo del Dorio relativo al quinquennio 1640-1645 ; altre carte si trovano
nell'Archivio vescovile della stessa città. Cf. Appendice II.

All’operosità del periodo eugubino risalgono i codici della Jacobilliana A.V.2 (mi-
scellaneo, con molte regole monastiche), A.VI.14 (prezioso codice dei secc. XIV-XV, con
gli antichi statuti di Gubbio), B.IV.3 (copia seicentesca della Cronica di Ser Guerriero,
edita prima dal Muratori, quindi dal Mazzatinti nel vol. xxr dei R. I.S.), B.VI.13 (inte-
ressante, anche se lacunosa, raccolta di nomi e stemmi dei podestà e capitani di Gubbio
dal 1187 al 1337), C.VI.8 (miscellanea di memorie utili per la storia religiosa e civile di
Gubbio), C.VIII.14 (analogo al precedente). Nel cod. A.V.2 c'é un breve appunto sui
terremoti di Gubbio del 26-27 aprile 1643, che trascrivo : « Domenica 26 aprile 1643,
alle 15 hore, fu in Gubbio un terremoto ; la sera, circa le 23 hore, un altro, et un altro
ad un'hora lunedi alle x1 hore un altro, grandetto piü delli altri. Mercordi a sera, 22 di
aprile, tornai da S. Vittore a Gubbio. Venardi a matina parti Pietro » (f. 4917).

27) Per la prima, cf. lettera n. 11 : dovrebbe trattarsi di un forma corrotta per « spu-
gnuóli » una specie di funghi mangerecci di grato sapore. Per la seconda, cf. lettera n.
12: « E sarà huomo da bene, e se potrò le farò venire un mio parente ; et ne scrivo per
questa posta a due ».

?*5) Cf. lettera n. 11. Alcuni anni più tardi lo stesso Ludovico Jacobilli dedicò ad
alcuni esponenti di casa Barberini, Nicolò ed il card. Carlo, rispettivamente il secondo
e terzo tomo delle sue Vite de Santi e Beati dell’ Umbria, Foligno, 1647-1661. Cf. nella
Biblioteca Jacobilli il cod. A.V.9 (n. 104 del Faloci).
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 21

sua ultima lettera al Cantalmaggi, scritta da Gubbio il 1° marzo
1641 : « Io ho trovo memoria delli 1326 d’un tale di casa Barbarina
con altri nobili del Patrimonio e della Toscana : vengono nominati
ad un offitio solito a concedersi a persone nobili. Et ho pensato più
volte a chi io potessi scrivere per scoprire se questa memoria fosse
accetta, et a chi di questa em.ma famiglia potessi indrizzarla, ch'io
vorrei vedere se potessi soggettarmi a qualche casa et ottener qualche
officio, che altro non richiedo in tante fatighe fatte con ricercare, da
archivii et scritture publiche, cose che non concernano il mio in-
teresse, con tralasciare l’interesse mio con perdita di guadagno, che
havrebbe possuto conseguire se havessi tralasciato questo studio et
atteso in quel tanto all’offitio mio ». Ed anche sui potenti Colonna
potrà dire qualcosa, se non altro per integrare le lacune del Sanso-
vino e di Gio. Pietro Crescenzi nelle loro monografie su quella fami-
glia : « Mi dole bene havere dell’istessa famiglia communicate alcune
cose con persona la quale applicarà a sé la diligenza d’haverle tro-
vate, et si valerà dell’auttorità allegate da me e defrauderà me del
debito honore » ?®).

La speranza del Dorio era destinata a rimaner tale per sempre.
Egli infatti, nell’agosto 1645, tornò nuovamente a Foligno come
cancelliere vescovile, ed in tale veste consumò i suoi ultimi giorni.
Della sua passione di antiquario è un ennesimo esempio l’istanza
presentata ai priori della città il 21 marzo 1645, per « comprare certe
pietre che erano delle fenestre vecchie del palazzo del sr. podestà »,
ammucchiate «nella stanza da basso del palazzo dell'ill.mi priori,
dove si rimettono le legna ». I periti incaricati per la stima, mastro
Lorenzo Salvati e mastro Antonio di mastro Vitale Selva, valuta-
rono il prezzo in sei scudi, i quali furono dal Dorio subito versati al
.camerario Giulio Rampeschi ??.

29) Cf. lettera n. 13. — Forse allude a don Francesco Cirocchi junior (f 1641), erudito
scrittore folignate, dapprima segretario dell'abate Pietro Colonna quindi canonico e vi-
cario generale della diocesi di Foligno, il quale scrisse monografie encomiastiche sui Co-

lonna, quali le Vite d’alcuni... cardinali... dell'eccellentissima casa Colonna (Foligno,
1635) e la Vita del Sommo Pontefice Martino Quinto Colonna (Foligno, 1638). — Sul Ci-
rocchi si veda G. CHIARETTI, Archivio Leonessano cit., pp. 214-215 (bibl). — Anche il

perugino Girolamo Bigazzini, con il quale il Dorio fu in corrispondenza, stava compi-
lando la sua Columneida, « opus varium et eruditum » sui Colonna. Sul Bigazzini si veda
alla nota 50.

39 Foligno, A.d.S., Arch. Com., Polise dal 1595 al 1708, Arch. Priorale 126, Parte
1I, f. 5rv. L’ordine di consegna delle pietre, rilasciato dai priori al sindaco del palazzo
Vincenzo Morechino, è del 30 agosto 1645.
GIUSEPPE CHIARETTI

L’ultimo atto rogato con l’intervento del Dorio reca la data del
15 dicembre 1646 *), L’infaticabile notaio mori la vigilia di Natale
di quell’anno, ed ebbe onorevole sepoltura nella chiesa cattedrale di
Foligno ?»,

Ho ricercato a lungo il testamento del Dorio, nella speranza di
poter conoscere la sorte toccata alle collezioni antiquarie e d’arte
(bronzetti, sigilli, monete, ceramiche, dipinti): ma invano ?. Nella
attesa e nella speranza di scoprire prima o poi l'interessante docu-
mento, si può brevemente ricordare la sorte della sua ricca biblio-
teca, che nel 1653 fu dagli eredi donata a Ludovico Jacobilli, il pre-
stigioso erudito folignate con il quale il Dorio ebbe rapporti di cor-
diale amicizia #4); a sua volta la biblioteca dello Jacobilli fu nel

81) Foligno, A.d.S., Arch. Not., prot. 419, ff. 1950-198r.

32) Foligno, Arch. della Cattedrale, Registro dei morti, ad annum : « A. D. 1646, die
vigesima quarta decembris. Durantes Dorius de Leonissa, cancellarius episcopalis, mi-
gravit ad Dominum in aetate annorum 75 circiter, habitis sacramentis Ecclesie per Eu-
genium Giorgium sacristam. Cuius cadaver in Ecclesia Cathedrali humatum fuit dicta
die». Il Mancinelli, mentre in A.11.3.58/34 riferisce l'atto di morte, in A.12.3.114/D
ripete per due volte la data di morte « 23 dicembre 1684 »! Lo Jacobilli, Bibliotheca Um-
briae cit., 98, indica il 23 dicembre come giorno della morte del Dorio.

La notizia della morte non mancò di colpire gli studiosi del tempo. Se ne trova te-
stimonianza in certi appunti di cronaca, ancora letti dal Sordini all'inizio del secolo ed
ora smarriti, del dotto sacerdote spoletino Serafini Serafini, il quale a f. 105 cosi anno-
tava : « A 24 di dicembre 1646 è morto il sig. Durante Dorio da Leonessa, scrittor della
famiglia Trincia, citato d'anni 70 in circa. Me lo disse il sig. Jacobilli a 26 aprile 1647 ».
Cf. Spoleto, Arch. di Stato, Carte Sordini, fascio 16, n. 193.

33) Poiché a convalida dell'ultimo protocollo del Dorio pose il contrassegno il notaio
folignate Vincenzo Butaroni, ho ricercato negli atti del Butaroni relativi al mese di di-
cembre 1646 (Arch. Not., prot. 881) l'eventuale testamento del Dorio, ma senza successo.

34) Lo Jacobilli, come si dirà meglio in seguito, ebbe un grande ascendente sul Dorio,
pur essendo assai più giovane di lui (Roma 1598-Foligno 1664). Nei cenni autobiogra-
fici inseriti nella sua Bibliotheca Umbriae pp. 187-190, si dichiara « civis romanus », edu-
cato alla severa scuola del card. Baronio che gli fu « compater et protector », e fa menzione
di 26 sue opere edite e di altre 35 inedite. Altre notizie biografiche sono contenute nel ms.
Breve sommario delle vite de gli huomini illustri di casa Jacobilli e d'altri apparentatisi
con detta casa, compilato per gran parte dallo stesso Ludovico ed ora in possesso del conte
Guglielmo Pandolfi Elmi di Foligno ; la biografia del Nostro, che inizia a f. 129 ss., ri-
sale al 1654. Si vedano anche Bibliografia Romana I, Roma, 1880, pp. 142-145, e la In-
iroduzione del Faloci, di cui alla nota seguente.

Circa i rapporti tra il Dorio e lo Jacobilli molto si dirà poi. Qui si possono ricordare
alcuni istrumenti rogati dal Dorio ed interessanti lo Jacobilli. I1 3 giugno 1621 lo Jaco-
billi, fresco del dottorato in giurisprudenza, si presenta al vicario generale del vescovo
di Foligno don Ippolito Carretto, di Imola, per chiedere di essere ammesso agli ordini
sacri « ad titulum sui sufficientis patrimonii », costituito dalla rendita di 50 scudi ricavati

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LA CULTURA ARGHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 23

1662 donata al seminario di Foligno *9?; ed ivi perciò vanno ricer-
cati sia i libri che i manoscritti del Dorio. I libri sono riconoscibili
per il nome del possessore segnato nel frontespizio, e in essi si rile-
vano con facilità le tracce dell'attenta lettura doriana per la pre-
senza di sottolineature, notazioni marginali, correzioni *9, Piü inte-
ressanti, ovviamente, i codici sia storici che letterari, autografi del
Dorio o da lui raccolti, dei quali dà un elenco non completo lo stesso

da 10 luoghi di monte lasciatigli dalla defunta madre Camilla e già divisi con il fratello
Francesco (Cf. prot. 411 cit., ff. 116r-117r). Nel marzo 1626 stipula con Cecilia Barbara
Jacobilli e i figli don Michelangelo ed Evaristo un contratto di compravendita di una
bottega con magazzino per una somma di 385 scudi (cf. prot. 414 cit., f. 165»). Il 26 aprile
1646 compra per sé e per i suoi familiari, dalla vedova Maddalena Canuti, « seppol-
turam existentem in Cathedrali fulginatensi, a latere sinistro, in ingressu cappelle » degli
Jacobilli ; l'atto fu rogato dal Dorio «in domo ill. ris d. Ludovici, posita in Societatem
Plateae Veteris » (cf. prot. 419 cit., ff. 1267-127»).

Nonostante i rapporti di grande amicizia, lo Jacobilli non fu molto devoto alla me-
moria dell'amico scomparso : nella Bibliotheca Umbriae cit., pp. 97-98, sbriga con appena
sei righe (!) la notevole raccolta di codici doriani, che erano già entrati in suo possesso
€ che egli aveva ampiamente consultato ed utilizzato per le sue opere storico-agiografiche;
ed è, il suo, un comportamento ingiustificato e forse ingiusto ed ingeneroso ! Si vedano,
per una verifica, le abbondanti citazioni marginali dei manoscritti doriani che si trovano
qua e là nelle Vite de Santi e Beati di Gualdo e della regione di Taino nell’ Umbria (Foligno,
1638), nel Discorso della città di Foligno. Cronologia de’ Vescovi, Governatori e Podestà
ch' hanno retta essa città . .. (Foligno, 1646), e soprattutto nella Cronica della chiesa e mo-
nastero di Santa Croce di Sassovivo nel territorio di Foligno, e nell'opera Di Nocera nell’ Um-
bria e sua diocesi e cronologia de’ Vescovi di essa Città, ambedue edite a Foligno nel 1653,
nell’anno cioè in cui lo Jacobilli venne definitivamente in possesso dei manoscritti do-
riani. Trascrivo il testo Jacobilliano della Biblioteca Umbriae : « Durantes Dorius à Leo-
nissa. Edidit an. 1638 et 1648, in quarto, librum inscriptum Historia della famiglia
Trinci, signori di Foligno, e d’altre nobili d'Italia uscite da essa, Fulginiae, apud Augusti-
num Alterium. Et Commentaria Rerum Umbriae, et alia Opuscula diversa posteritati
reliquit. Obiit Fulginiae die 23 decembr. an. 1646 ».

A chi è un po’ addentro alla questione non parrà esagerata l’affermazione che il
Dorio si pone, quanto altri, come un necessario punto di riferimento nella storiografia
umbra della prima metà del Seicento, e chiunque di essa vorrà trattare, dovrà fare i
conti con la sua opera, sempre valida seppur informe. Dispiace che ad altri vada solita-
mente il merito della ricerca, ed è tempo, ormai, di restituire « unicuique suum »!

35) Per tutta la questione e per le travagliate vicende della Biblioteca Jacobilli nel
‘corso di tre secoli (« viaggiò molto, viaggiò troppo, e dai suoi viaggi ricavò danni non
pochi »), si veda la nota introduttiva del Faloci al regesto della Jacobilliana, in Inventari

. XLI cit., pp. 1-4.

39 Non è dato conoscere la consistenza libraria della biblioteca doriana : nell'In-
ventario autografo (cod. D.I.29, n. 546 del Faloci), compilato prima del 1627, e cioè an-
teriormente alla massima operosità storiografica del Dorio, sono elencati 107 volumi.
Cf. nota 81.
24 GIUSEPPE CHIARETTI

Jacobilli. I codici letterari rivelano nella loro scelta, meglio ancora
dei libri, i particolari gusti umanistici del Dorio *?.

Il Faloci, nell'inventario dei manoscritti della Jacobilliana, ne
ha riconosciuti del Dorio appena una trentina *9, L'illustre studioso,
però, non ha proceduto alla identificazione servendosi del catalogo
compilato dallo Jacobilli, poiché allora ne avrebbe riconosciuto altri,
che sono stati invece attribuiti tout-court allo Jacobilli. Il lavoro
di identificazione, e conseguentemente di più esatta descrizione, va
ripreso alla luce di quell’inventario. Ed anzi, per arrecare un primo
contributo, trascrivo, in appendice, quel documento, indicando, per
ogni manoscritto, il codice corrispondente ancora conservato nella
Jacobilliana di Foligno **. Alcuni codici, tra i più preziosi dal punto
di vista paleografico, sono da considerarsi perduti, o perché trafu-
gati o perché smarriti nei vari traslochi cui è andato soggetto quel
fondo archivistico ; altri invece, sono stati scompaginati ed inseriti
nei propri codici dallo stesso Jacobilli, il quale ha pure trascurato
di prender nota di alcuni manoscritti di minore entità ‘9. Una spe-
cifica indagine, per molti versi auspicabile, potrebbe restituire a
ciascuno il suo.

Lo sTORICO, L'ERUDITO, L'ANTIQUARIO — Attraverso l'excursus.
biografico è già risultata evidente la fisionomia interiore dell’uomo
e l’operosità instancabile del ricercatore. Il Dorio si caratterizza
immediatamente come un infaticabile raccoglitore di memorie, senza
aver mai avuto troppo tempo per vagliare verificare sistemare in
un corpus organico la vasta congerie delle notizie accumulate. Suo
ideale fu quello del bibliotecario erudito, privo di bisogni economici
grazie al mecenatismo dei potenti, e tutto immerso nelle sue ricerche
d'archivio, amatore di anticaglie e collezionista, in corrispondenza
con i dotti sulle più disparate questioni: un «ideale», appunto,
ispirato alla vita degli eruditi bibliotecari romani in servizio presso

®?) Si vedano, nell’Indice compilato dallo Jacobilli, i codici nn. 27, 28, 30, 36, 38,
39, 46, 47, 48, 49, 50, 58.

?*5) Se ne veda l'elenco nell'indice per autori dell' Inventario. Il BRIGANTI, L’Umbria
nella storia del Notariato italiano cit., elenca solo una ventina di opere del Dorio, e per
giunta le dice « vendute » (!) dai suoi eredi allo Jacobilli.

°°) L'Indice dello Jacobilli è nel suo cod. A.VIII.21 (n. 155 del Faloci), ff. 213r-
215v. Cf. Appendice II.

*?) Dall'Indice dello Jacobilli risultano mancanti alcuni codici doriani. Per tutta
la questione si veda l'Appendice II.
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 25

questo o quell’altro potente personaggio, tutti isolati in un loro
mondo rarefatto eppur vivacissimo, posti ai margini del travaglio
della cronaca e paghi più delle felici condizioni di studio e di ricerca
che dell’applauso della plebe. Si riflette in ciò la tipica mentalità, più
preziosa che profonda, del primo Seicento, che pur rese così grandi
servizi alla cultura, e che era in sostanza una diretta propaggina-
zione degli ideali dell'Umanesimo.

La personalità del Dorio rimase senza dubbio folgorata dal fu-
gace contatto (reale o solo vagheggiato ?) con l'ambiente culturale
romano, ricco di fermenti e di iniziative, al quale furono costante-
mente rivolte le sue segrete aspirazioni. Di esso lasció traccia con-
tinua in quel «civis romanus », di cui usó fregiarsi negli atti nota-
rili ancor prima di indicare i suoi titoli giuridico-professionali ; ed
in ciò imitava autorevoli esponenti del casato Jacobilli, e cioè Ludo-
vico e Gio. Battista Jacobilli Franchini, i quali pure amavano sot-
toscriversi, per ragioni diverse, «civis romanus ». Dall'esempio dei
dotti trasse stimolo e conforto per le sue spesso improbe fatiche: non
a caso aveva scelto per sigillo una chiave turrita alla cui base si in-
frangono i flutti, e per motto il classico Moderata Durant *». L'am-
biente in cui s'era ridotto a vivere era schiettamente provinciale e
troppo lontano da quegli operosi centri di cultura che gli avrebbero
consentito verifiche ed aggiornamenti.

Alla passione dell'autodidatta accoppiò un istintivo, seppur in-
culto, senso critico, che maturò con l'esperienza. Tracce di questa
progrediente maturazione critica sono evidenti nell'unica opera da
lui data ai torchi, e cioè quella Istoria della famiglia Trinci intra-
presa a stampare nei primi mesi del 1637 « ad intuito del p. Ludovico
Jacobilli » *9, e portata avanti, nella compilazione come nella stampa,

41) È il suo sigillo notarile. Il motto, scelto presumibilmente per ragioni anagram-
matiche, era nel Seicento abbastanza comune : in Umbria si ritrova, ad esempio, su ar-
chitravi di Visso, Preci ecc. Cf. AnsANO FaABBI, Il lebbrosario della Valnerina e la scuola
chirurgica preciana, Perugia, 1964, p. 30.

4) Si veda la prima lettera scritta al Cantalmaggi. Dello Jacobilli si fa particolare
menzione laudativa nella Istoria della Famiglia Trinci : a p. 98 è definito « diligentissimo
investigatore dell'antichità e delle degne memorie della provincia dell'Umbria, grande
amico della verità e del stile candido e puro » ; a p. 255 si riconferma : « Con l’aiuto di
esso Jacobilli ho compita quest'Isforia ; e se esso non m'havesse con molta generosità
somministrato moltissime informationi e degne memorie..., non haverei potuto ridurre
a perfettione quest'opera... Peró io e tutti gli amici di istorie gli siamo molto tenuti,
havendo elucidato e fatto palese nel teatro del mondo molte degne memorie e cose re-
condite ».

EA SN GI ie "E LED 26 GIUSEPPE CHIARETTI

per lungo prosieguo di anni, fino ad essere completata e pubblicata
postuma solo un decennio più tardi *), Molte notizie si ricavano
dal carteggio già esaminato con il Cantalmaggi 49. « Io sono tanto
intricato in questa geneologia et historia di Trinci, che havevo pro-
messa al stampatore di maggio, — scriveva all’amico già nell’agosto
1656 — che non ho tempo a respirare, poiché mi restano cose da
chiarire et verificare » *9, Un anno dopo, tuttavia, ricevute dallo
amico alcune memorie per la storia di Foligno e di Nocera estratte
dalla stimata e già rara Historia di Perugia di Pompeo Pellini
(f 1594) ‘9, poteva finalmente annunciargli: «la mia opera si co-

4) Per la data d'inizio, sono testimoni i carteggi qui appunto citati ; la lettera de-
dicatoria a Gio. Battista Trinci, suo « mecenate » (cf. Istoria, 254), è datata « Di Nocera,
8 aprile 1638 ». Per quella della fine, oltre alla data del frontespizio « 1648 », possono
confrontarsi numerosi passi del Libro 5°: p. 255 («opera da me cominciata a far stam-
pare l’anno 1638 e finita nel present’anno 1647 »), p. 254 («nel presente anno 1647 »),
p. 276 («l'anno passato 1646 »), p. 277 («suor Paola da Foligno mori in Foligno a di
20 luglio 1647 »), ecc. Potrebbe farsi questione intorno a chi abbia effettivamente com-
pletato ed aggiornato l'opera, presentata in prima persona mentre il Dorio era già morto
da un anno. È possibile supporre l'intervento del genero, pur esso persona colta, magari
con la supervisione dello Jacobilli, per il quale, come si è visto, si rincara, proprio alla
fine dell'opera, la dose degli elogi. Del resto lo Jacobilli mostra di ben conoscere l'opera
incompiuta del Dorio, avendola piü volte citata nel suo Discorso della città di Foligno,
edito appunto nel 1646.

44) Si vedano le lettere n. 1 (« Trovo che questi Trinci apparentano con li Gabrieli,
ma peró non trovo in particolare cosa alcuna »), n. 5 (« Dell'istrumento ne hebbi contento
perché non havevo notitia di quel parentado »), n. 6. (« Se circa il pagamento della dote
di quella signora de Trinci ha altro instrumento di quietanza, mi sarria gratia sapere li
nomi et il tempo et testimonii contenuti in quello »).

4°) Cf. lettera n. 5. Allude probabilmente allo Jacobilli quando risponde al Cantal-
maggi, che lo aveva pregato di alcune ricerche storiche : «li libri li ho a Foligno dove,
per esser remasto solo, non ho possuto conferirmi...; et perció ho scritto ad un mio
amico, che fa studio particolare in cose d'historia et ha molti miei libri, quello che ha
da fare ».

‘°) Cf. cod. A.V.21 (n. 106 del Faloci), ff. 635r-638v. Altri estratti il Cantalmaggi
comunicó con lettera del 30 settembre 1637, ibidem, ff. 639r-641r.

A proposito della Historia del Pellini trascrivo una minuta di lettera, mutila e senza
data, trovata in un codice miscellaneo dell'archivio vescovile di Nocera, « Fogli di visita
del 1573 di vari anni del secolo xvi e xvi », tra carte riferentisi alla visita pastorale del
1637:

« Molto R. Padre mio pron oss.mo. Ricevetti da fra Francesco il libro del Pellini,
quale compiró di vedere e lo rimanderó con prima occasione, acció si degni favorirmi
di lasciarmi vedere quell'altra parte. M'incontrai a vedere alla prima aperta quando fu
ammazzato Braccio; ma il dire che un tal Vittore l'ammazzó, contrario a quello che
n'hanno scritto tanti auttori, m'ha fatto perdergli della fede che gli haveo. Vostra Pa-
ternità così mi promise al partire di qua : la prima di farmi pigliar amicitia di... ».
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA

mincia a stampare » *?, A cagione dell’Istoria-e delle sue intrincate
genealogie, che lo tenevano tutto «inviluppato », giunse a scher-
mirsi dinanzi all'invito del Cantalmaggi per alcune ricerche d'ar-
chivio intorno agli Orsini e ai Colonna *®.

Le vicende dell'Isforia però sono ancor meglio ricostruibili sulla
scorta di altri frammentari carteggi che il Dorio tenne con numerosi
amici durante il suo cancellierato di Nocera *9. Soccorrono qui i
nomi del conte perugino Girolamo Bigazzini «historiographus et
antiquarius celeber » 5°, del benedettino (?) Romolo Fregosi *), del-
l'erudito tuderte Lucalberto Petti 5*2, del francescano Felice Ciat-

17) Cf. lettera n. 10 (5 settembre 1637).

18) Cf. lettera n. 11: « Me trovo, per l'offitio et per l’Istoria... che hanno voluto
cominciare a stamparsi, inviluppato, et non posso applicarmi ad altro, volendo il stampa-
tore seguitar a stampare, come V.S. ill.ma vedrà dall'aggiunta lettera ». Altre notizie su
personaggi eugubini, sui Bufalini di Città di Castello e sulla famiglia Colonna, aveva già
‘chieste il Cantalmaggi nella sua lettera del 29 agosto 1637 : cf. cod. A. V.11 cit., f. 634rv.
— AI Cantalmaggi il Dorio chiese un parere sull’Istoria nell'estate del 1640 : cf. lettera
n. 12.

49) Mi riferisco ai carteggi raccolti alla rinfusa nel cod. miscellaneo A.V.11 già ci-
tato. Si avverta però che appunti e lettere concernenti l’opera sui Trinci si trovano sparsi
qua e là in altri codici doriani : in tutti dovrà fare accurate ricerche chi sulla Istoria vorrà
saperne di più.

59) Molte sono le lettere con le quali il Bigazzini manda al Dorio le notizie richie-
stegli: del 20 febbraio 1635, 30 agosto 1636, 2. aprile e 30 maggio 1637, 2 giugno 1637,
6 marzo 1638 (rispettivamente ai ff. 647rv, 623r-625r, 927rv, 930r-931r, 922r-923r, 822r-
823r, 813r-816r). Nelle lettere del maggio 1637 si congratula con il Dorio per il primo
libro della sua Istoria. Sul Bigazzini, morto nel 1658 «non sine amicorum et bonarum
artium lachrymis », cf. L. JAcoBILLI, Bibliotheca Umbriae cit., p. 133.

51) Restano di lui tre lettere, scritte da Gualdo il 28 gennaio, il 6 febbraio e il 9 marzo
1637 (rispettivamente ai ff. 782rv, 783rv, 784r), per richiedere le scritture precedente-
mente inviate alla curia di Nocera sul b. Angelo e il convento benedettino di Gualdo,
e per dare, in tono di amabile scherzosità (si veda la lettera del 9 marzo concernente la
topografia gualdese) le notizie richiestegli. Una Depositio b. Angeli de Gualdo trovasi
nel cod. A.VI.6 (n. 112 del Faloci), f. 75v ; cf. anche f. 321.

52) Si vedano le lettere del 21 marzo e del 25 luglio 1637 (rispettivamente ai ff. 803rv
€ 633r). Nella prima, oltre ad accusare i fastidi dell'età (« Mi dispiace di non havere piü
quell'inclinatione che già bavevo a queste materie per rispetto dell'età senile et de fa-
stidi domestici »), baratta le sue notizie sugli Atti di Todi e sugli Alviani con una racco-
mandazione per il nipote Nicolò Petti, « dottore di medicina, quale sta in Roma et ivi
col mezzo de medici principali attende a pigliar la pratica nelle vissite, et esercita la pro-
fessione honoratamente, è dotato di molte altre virtù. Quando nascesse occasione costi
di far elettione di medico, lo propongo et raccomando alla protettione di V. S. et delli
suoi amici, certificandola che si haverebbe ogn'honore ». Questa raccomandazione trova
riscontro in una minuta di lettera del Dorio al Petti (?), scritta da Nocera il 23 giugno 28 GIUSEPPE CHIARETTI

ti 9, di Cesare Nobili 54), di Gio. Maria Sepolini 55, del canonico Angelo
Benigni *9, e, sopra tutti, di Ludovico Jacobilli. Lo Jacobilli ebbe
una parte di primo piano nella stampa dell'Istoria, e nel suo car-
teggio si riflettono chiaramente il tormento le ansie i dubbi i ripen-
samenti, che dilaceravano l'animo del Dorio nel dare alla luce il suo
primo ed unico parto letterario. Del resto la stessa struttura del-
l'opera, che fu terminata di stampare nel 1648, e cioè due anni dopo
la morte del Dorio, mostra a sufficienza il lungo travaglio compo-
sitivo. Lo Jacobilli, che già da un decennio andava pubblicando
opere storico-agiografiche, ebbe dal Dorio, allora impegnato nel can-
cellierato di Nocera, l’incarico di curare la stampa del primo libro
dell’Istoria, che veniva impressa in Foligno con gli ancor giovani
torchi di Agostino Alterii; e, da buon esperto in simili faccende,
credette necessario apportare alcune modifiche alla disposizione della
materia *?. Per giustificare quel suo (a dire il vero : non molto gra-
dito) intervento nell’« haver diviso il primo libro in tre capitoli,
che altrimenti l'opera si confondeva », fece appello alla sua espe-
rienza (« ho visto usare da più historici»), e soprattutto al parere

1637, ove si annota « Del s. Nicolò Petti medico per venir quale medico costi » (f. 821v). —
Nella lettera del 25 luglio il Petti mostró di gradire l'onorifica menzione che di lui avreb-
be fatto il Dorio nell' Istoria. Ed effettivamente il Petti è ricordato molte volte : cf. Istoria
cit., 19. 39. 52. 61. 64. 66 ecc. — Sul Petti (Todi, 1563-1640), che un decreto del Consiglio
Generale defini «antiquario della patria », si vedano L. JACOBILLI, Bibliotheca Umbriae:
cit., p. 179; Lorenzo LEonI, Inventario dei codici della Comunale di Todi, Todi, 1878, p..
86; FRANCO MANCINI, Todi e i suoi castelli, Città di Castello, 1960, p. 363.

°) Cf. lettera del 6 luglio 1637 (da Perugia), f. 804r, in cui scrive : « Ho letto con
molto mio gusto il primo libro della sua Istoria di casa Trincia, nella quale io non so.
che più lodare, o la fatica o la dispositione delle cose : al certo come l'una è inimitabile,.
così l'altra è ammirabile. La fortuna però ha corisposto al suo desiderio con farle venire:

alle mani notizie tanto antiche e tanto autentiche... Spero fra poco ricordarla e rigo-
derla ». Su foglio a parte aggiunge alcune poche osservazioni. — Per il Ciatti si veda alla
nota 111.

°4) Cf. lettere scritte da S. Angelo di Fermo il 29 luglio e il 12 agosto 1637, ff.
728r-73ir, nelle quali dà notizie del suo casato.

5*) Cf. lettera del 6 novembre 1637 (da Gubbio), f. 692rv.

°°) Cf. lettera del 3 maggio 1637 (da Val S. Angelo), f. 807r-808r. È tutto un elogio»
del lavoro del Dorio : « Chi vuol correggere, signor mio, il sole nel lume, non lo può fare:
senza pregiudicio degli occhi ...», e così via. — Sul Benigni, canonico della cattedrale
di Camerino, « vir vere benignus et eruditus », cf. L. JAcOBILLI, Bibliotheca Umbriae
cit., p. 42.

°?) Cf. lettera del 10 marzo 1637, scritta da Foligno come tutte le altre sue lettere:
citate in appresso : f. 928rv.
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 29

di autorevoli amici comuni: «il sig. Desiderio, sig. Michelangelo
Jacobilli, don Francesco Cirocco, et altri » 59).

La stampa dell'/storia tuttavia si arenò. Il Dorio nutriva non
poche incertezze sul suo lavoro e, desiderando avere preventivamente
il giudizio dei dotti, mandò loro copie del primo libro, ottenendone
larghi complimenti (dal Bigazzini, dal Benigni, dal Ciatti) ed anche
benevole osservazioni (dal Ciatti). Lo Jacobilli fremeva per questi
indugi, e tra l'una e l’altra delle sue scorribande per l'Umbria alla
ricerca di documenti, sollecitava l’amico a portare avanti la stesura
degli altri libri dell’Istoria 5%. 'Trascrivo una sua lettera di quel
tempo, dalla quale risultano chiaramente gli stretti vincoli di ami-
cizia che univano i due studiosi:

« Ill.re sig. mio oss.mo,

Resto maravigliato che V.S. non rimandi il primo libro della
sua historia acció si possa cominciar a stamparsi, havendo già il
stampatore pronta la carta e ricevuto il denaro; et il sig. Trinci
et il suo messo sollecitano alla pubblicazione. Se puó, de gratia, se
ne venga con il libro, che più giovarà con la persona ; e venga avanti
giovedi l'altro passata domenica prossima, perché giovedi prossimo
desidero trasferirmi all'Abbazia di S. Eutitio et a Norsia. E se V.S.
viene avanti, potremo andar insieme, havendoci comodità io in quei
luoghi d'esser alloggiato, e vede scritture e memorie; e me saria
gradito la tua compagnia : che però t'aspetto martedì o mercordi.

Quando viene se ricordi portarme quelle informationi che desi-
deravo sopra li santi e beati di cotesta diocesi.

zx fine a V.S. di cuore basio le mani.

Foligno, li p° giugno 1637. Di V.S. ill.re aff.mo serv.re

Lopovico JACOBILLI » 5%

58) Cf. lettera del 16 aprile 1637, f. 929rv. — Il «sig. Desiderio » qui menzionato è
forse Teodoro Desideri di Norcia, che nel 1625 aveva dato alle stampe in Foligno una
biografia di s. Benedetto da Norcia : cf. G. CHIARETTI, Archivio Leonessano cit., p. 215. —
Michelangelo Jacobilli, canonico della cattedrale di Foligno e membro dell'Accademia
degli Insensati di Perugia, fecondo poeta morto nel 1649, dedicó al Dorio un sonetto
pubblicato nell'Istoria, p. 7: cf. L. JAcOBILLI, Bibliotheca Umbriae cit., p. 201. — Del Ci-
rocchi si é parlato alla nota 29.

5*) Cf. lettera del 15 maggio 1637, f. 802r» : « Non ho risposto a V. S. per esser stato
fuori di Foligno, a Terni, Narni, Cesi, Piediluco, Acquasparta, Massa e Irno (?), ove ho
visto molte scritture, inscrittioni... Spero trattener la mia andata a Roma per questo
anno. Peró V.S. scrivi avanti li suoi libri e damo principio a stamparli, sollecitandomi
il sig. Trinci et il stampatore ».
6°) Cf. f. 629r. — La visita all'abbazia di S. Eutizio fu effettivamente compiuta il GIUSEPPE CHIARETTI

Corrette finalmente le bozze e apportati gli ultimi ritocchi, sul
finir dell'agosto il primo libro dell’Istoria fu licenziato definitivamente
alle stampe, ed il Dorio poteva darne al Cantalmaggi la notizia che
si è detta. Ma nonostante le autorevoli approvazioni, ed anzi le con-
tinue sollecitazioni a proseguire nell’opera intrapresa, il Dorio si
lasciò nuovamente inviluppare nei suoi scrupoli, consapevole come
era della pochezza dei mezzi a sua disposizione dinanzi all’immensa
congerie di documenti sparsi un po’ dovunque, dei quali doveva pur
prendere in qualche modo visione se voleva fare opera di storico
coscienzioso. Il carteggio con l'amico Jacobilli testimonia il tormento
interiore che travagliava lo storiografo dei Trinci, e lo sospingeva a
ripensamenti e a ricerche sempre piü affannose di notizie utili per
il suo lavoro *9, Un atteggiamento, questo del Dorio, che fa dav-
vero onore alla sua probità scientifica, e concorre pur esso a far giu-
stizia dei troppi luoghi comuni sulla acriticità della storiografia mu-
nicipale seicentesca ; giacché se i resultati di quella storiografia non
sono il più delle volte accettabili, la colpa non fu sempre dello stu-
dioso, ma, e in larga misura, della estrema povertà e difficoltà degli
strumenti d'indagine allora disponibili *».

7 giugno di quell'anno, com'é annotato a f. 38v del cod. B.IV.13 (n. 263 del Faloci), co-
dice che raccoglie i preziosi appunti presi dallo Jacobilli in quel ricco archivio monastico
prima della sua dispersione. Alcuni excerpta sono stati pubblicati nell'opera di PrETRO
PirrI, L'Abbazia di Sant'Eutizio in Val Castoriana presso Norcia e le chiese dipendenti
(Studia Anselmiana, 45), Romae, 1960, pp. 365-376.

Cf. anche Prer Lorenzo MELONI, Monasteri benedettini in Umbria tra VIII e XI
XI secolo nella storiografia di Lodovico Jacobilli, in Atti del terzo convegno di studi umbri.
Gubbio 23-27 maggio 1965, Perugia, 1966, p. 291.

61) Si vedano le lettere del 27 giugno, 13 luglio e 20 dicembre 1637 e del 9 marzo
1638 (rispettivamente ai ff. 812rv ss., 646rv, 645r, 643r). Lo Jacobilli non mancava di
assecondare l'ansia del Dorio, dando notizie e suggerendo ritocchi e correzioni.

62) Si veda quel che dice il Faloci, a proposito della probità scientifica e della sostan-
ziale bontà delle ricerche storiche dello Jacobilli sia nel « Bollettino della Deput. di Storia
Patria per l'Umbria », 20 (1914) n. 51-52, sia nell'introduzione all'inventario della Jaco-
billiana di Foligno, ove afferma che «fu uno dei suoi meriti principali aver divulgato
l’uso, non già di raccontare i fatti della storia senza indicare le fonti del racconto, ma di
raccontarli citando sempre a dovizia i libri e i documenti consultati » (p. 1).

Per quel che si riferisce ad una valutazione complessiva dell’opera storiografica del
Dorio, pur con i suoi limiti (si veda alla nota seguente), sono numerosi gli attestati di
stima. Piace qui segnalarne qualcuno. GrovANNI MENGOZZI, nella sua dissertazione epi-
stolare Sulla zecca e sulle monete di Fuligno, Bologna, 1775, definì il Dorio «accurato
scrittore » (p. vII), « come quello che speso avea la maggior parte del viver suo nell'inve-
stigare le antiche memorie di questa città » (p. x1). Pompeo LITTA, nel fasc. xr delle sue
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 31

Per meglio capire lo spirito critico con il quale il Dorio affron-
tava l’intricato problema genealogico e cronologico dei Trinci, pur
se i risultati al vaglio della odierna critica storica sono — anche
nel suo caso — tutt'altro che esaurienti *9, oltre a quanto si è detto
dianzi, vale la pena rileggere quel che egli scriveva nella Dedica e
nel Proemio della Istoria, sia intorno alla raccolta delle notizie e1),
sia intorno alla diversità delle opinioni di coloro che avevano trat-
tato l'argomento *9, È pure bene gettare uno sguardo sulla biblio-

Famiglie celebri italiane, ha riprodotto per intero l'albero genealogico dei Trinci dato dal
Dorio, «riputato dagli scrittori dell'Umbria ». Il MoRronI fece menzione dell’opera do-
riana nei voll. 69, p. 27, e 80, p. 71, del suo Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica.
Il FaLoci, ne Le arti e le lettere alla corte dei Trinci. Ricerche storiche, Foligno, 1888, p. 4,
giudicò l’Isforia « raro volume . . . abbondante di notizie ed ornato di silografie, di stemmi,
di alberi genealogici ».

5) Per quanto mi riguarda posso dire che, ad esempio, è inesatto ciò che il Dorio
scrive di Leonessa, città posseduta dai Trinci « dal 1389 fino al 1415 » (cf. Istoria, p. 288),
poiché già nel maggio 1401 i leonessani avevano ottenuto da Ladislao il ritorno del loro
territorio sotto il pieno dominio regio, rimanendo annullata ogni concessione a Ugolino
Trinci : cf. EciLDpo GENTILE, Le pergamene di Leonessa depositate nel R. Archivio di Stato
di Napoli, Foligno, 1915, p. 46. Il Faloci scriveva opportunamente nel 1933: «La storia
della famiglia Trinci deve farsi ancora. Il Dorio, nel 1638, in un libro pregevole, la cui
stampa durò dieci anni, scrisse una Istoria, ma si preoccupò più della parte genealogica
ed araldica, che della parte politica. Parecchi hanno trattato di questa famiglia, illustran-
done uno od altro lato, ma le fonti preziose, numerose, che si conservano nell’Arch. Va-
ticano, sono quasi tutte inesplorate. E a quelle dovrà ricorrere il futuro storico di questa
illustre famiglia, la quale alternava con i papi ora le paci, ora le guerre, ora le scomuniche,
ora le assoluzioni » : cf. Rerum Italicarum Scriptores, Nuova edizione, Tomo xxvi-Parte
n1: Fragmenta Fulginatis Historiae, a cura di MicHeLE FaALOCI PULIGNANI, Bologna
1933; p. 32.

Per un approfondimento della storia degli ultimi Trinci può vedersi M. VIRGINIA
ProsPERI VALENTI, Corrado Trinci ultimo signore di Foligno, in « Boll. della Deput. di
Storia Patria per l'Umbria », Lv, Perugia, 1958, pp. 5-186; GIovANNI LAZZARONI, I
Trinci di Foligno dalla Signoria al Vicariato Apostolico, Bologna, 1969.

95) « L’essermi trattenuto alcuni anni in Foligno e poi in Nocera, dominate già dalla
nobilissima famiglia Trinci, m’ha soggerita occasione d’investigar memorie antiche e
recondite d’attioni illustri e degne di perpetuità di questa provincia ... Per il che, dopo
varia et accurata lettione e revista di molti archivii di dette città e di Gualdo e di Be-
vagna, dove a quest’effetto mi sono trasferito più volte, ho compilato istoria fondamen-
tale e chiara dell’origine genealogica e progressi d’essi Trinci ». Definisce la sua opera
«parto altretanto laborioso quanto veridico », intorno al quale ha lavorato «con diu-
turnità e patienza » (p. 4).

95) «E sopra la diversità di quest'opinioni havendo fatto più volte consideratione,
mi sono valuto delle regole e canoni che si descrivono dal p. f. Pietro Martire Romani
da Bagnorea nella sua Pentalitologia overo prose de cinque stili diversi, nell’art. 2 del primo
libro, per condurmi a dire più sincero : 1) Che l’istorico non dica cosa alcuna di suo ca-
32 GIUSEPPE CHIARETTI

grafia notata a margine (traccia non dubbia del magistero dello
Jacobilli !), per osservare con quanta larghezza abbia consultato ar-
chivi pubblici e privati, monastici e vescovili, atti notarili, riformanze,
manoscritti di storie municipali ecc. *9, e si sia avvalso della colla-
borazione degli eruditi suoi contemporanei. Tutto sommato, non
sembrano troppo immeritati ed immodesti gli « elogia » inseriti, come
era allora costume, ad apertura e chiusura dell’opera *7.

Della onestà e della validità delle varie ricerche storiche doriane
è pure buona testimonianza l'interesse che gli studiosi e gli eruditi
«di ogni tempo hanno portato ad alcuni codici e manoscritti auto-
grafi del Dorio o da lui raccolti. Esemplare, a tal riguardo, è la for-
tuna di un suo codice contenente le Croniche di Gualdo *9: in questo

priccio, ma con gli autori, se però non ha egl’istesso veduto il tutto ; 2) che non segua
veruno autore determinatamente con ostinatione, ma i più veridici e nelle cose più pro-
babili ; 3) che s’appigli più alle scritture e agli archivii di quei luoghi de’ quali scrive,
che a gli autori; 4) che più tosto creda a vicini che a gli stranieri nelle relationi delle
cose e de successi ; 5) che più tosto fede egli dia a chi dice più verisimilmente, che a chi
parla senza fondamento e con sciocchezza » (p. 11).

L’opera del RomanI, Pentalitologia, figura nell'Inventario cit. del Dorio, al n. 42.

9°) Qualunque citazione è superflua, giacché, per valutare compiutamente la va-
stità della ricerca doriana, occorre esaminare con attenzione tutta l’Istoria. Va pure
rilevata la abbondante documentazione trascritta integralmente dai testi originali.

7) È degno di nota, per l'abbinamento del nome del Dorio a quello dello Jacobilli
€ per la menzione di Gentile Bocarini Brunori (f 1453), un leonessano finito governatore
generale dell'esercito veneziano nella guerra contro gli Sforza, l'ampolloso elogium epi-
grafico di Gio. Battista Tutori, che cosi comincia: « Durantis Dorii a Leonissa, famae
ubique temporum duraturae, nomini numquam ignoto, gloriae numquam occiduae,
merito Umbriae plausus de Umbris bene merenti...». Cf. Historia Cit, p::295;

°*) Foligno, Bibl. Jacobilli, cod. A.VI.6 (n. 112 del Faloci), ms. di ff. 660 circa.
Di preziosi documenti di storia gualdese fa menzione il Dorio nella sua Istoria : a p. 95
ricorda le « antiche Cronache della Terra di Gualdo nell'Umbria, scritte circa l'anno 1300
da un frate francescano, conservate sino al presente in cartapecora, coperte di tavole,
nel convento di S. Francesco di essa Terra ; un'altra nella Biblioteca Vaticana ; et un'al-
tra appresso gli heredi del capitan Angelo Morone di Gualdo ; et una copia appresso di
me » (sono la cosidetta « Cronaca di Gualdo » e il « Leggendario dei santi, del convento
di S. Francesco »); a p. 96 parla di «un altro Lezzionario antico manuscritto in carta
membranea, esistente appresso il rettore della chiesa di S. Facundino di Gualdo » (è il
cosidetto « Codice della chiesa di S. Facondino ». Cf. RuaaERo GUERRIERI, Le Cronache
€ le Agiografie Francescane Medioevali Gualdesi ed i loro rapporti con altre Cronache e
Leggende Agiografiche Umbre, estr. da « Miscellanea Francescana » 33 (1933), pp. 2-3.

Il Muratori venne a conoscenza della Cronaca di Gualdo per mezzo dello storico di
Trevi Durastante Natalucci, ma troppo tardi per poterla inserire nella sua raccolta dei
R. I. S. Scriveva infatti da Modena il 25 giugno 1745 : « Quando fosse storia di qualche
antichità, starei in pratica per qualche occasione di darla alla luce. La prego dunque di
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 33

« vecchio zibaldone », come lo chiamò Apostolo Zeno, c’è molto buon
materiale riguardante gli umanisti Niccolò Perotti di Sassoferrato
(f 1480) *9 e Pandolfo Collenuccio di Pesaro (t 1504) *9. Di note-
vole interesse filologico è anche un codice cartaceo del sec. xv, che
dal Dorio passó poi allo Jacobilli, con il testo della Leggenda di san
Feliciano scritta nel 1414 dal folignate Pierangelo Bucciolini ; del
qual codice l'abate Gio. Battista Boccolini si servi per un suo « egre-
gio » lavoro filologico intorno al Quadriregio del Frezzi #. È dove-
roso ricordare, ora che è in corso lo studio sistematico dell'imponente
materiale archivistico dell'abbazia benedettina di Sassovivo (Fo-

‘osservare se sia composta prima o dopo l’anno 1500. Se prima, è cosa di cui farei stima.
Se dopo, non saprei trovarle imbarco ». Cf. R. I. S. Nuova ediz., cit., p. mi nota 1.

$*) Del codice, conosciuto tramite il folignate Giambattista Boccolini, si avvalse
già Apostolo Zeno per correggere alcuni punti della biografia del Perotti, del quale pub-
blicò, traendola proprio dallo « zibaldone » doriano, la lettera alla comunità di Sassofer-
rato : cf. APosroLo ZENO, Dissertazioni Vossiane, 1, Venezia, 1753, pp. 258, 261. Il Mer-
cati, sulla scorta del Morici, afferma che fonte dello «zibaldone » del Dorio fu, per quel che
si riferiva al Perotti, una inedita Nicolai Perotti Vita, «verboso elogio » scritto da mons.
Torquato Perotti, già al servizio di Urbano VIII e dal 1633 al 1642 vescovo di Amelia,
della quale il Dorio dové prendere visione mentre rogava atti a Sassoferrato nel 1632 ;
dallo « zibaldone » poi dipesero sia le Dissertazioni Vossiane dello Zeno, come si è visto,
sia una Biografia di N. P. del sec. xvir1 pubblicata da MeDARDO Monicr, Per Nozze Se-
verini-Morici, Pistoia, 1896. Cf. M. Morici, Giustina Levi Perotti cit., p. 20; GIOVANNI
MERCATI, Per la cronologia della vita e degli scritti di Niccolò Perotti arcivescovo di Siponto,
Roma, 1925, p. 2.

7°) Sino ad oggi solo il ms. del Dorio, ignorato per altro dal Saviotti nel suo « studio
importantissimo » (come lo definisce il Morici) su Pandolfo Collenuccio umanista pesa-
rese del sec. XV (Pisa, 1888), ci tramanda le memorie che il Collenuccio cominciò a scri-
vere a Venezia il 1° gennaio 1487, mentre si trovava colà come oratore procuratore e
mandatario di Giulio Cesare Varano signore di Camerino. Il documento perciò, che, se-
condo l'opinione del Morici, sarebbe giunto al Dorio nel 1635 tramite il monaco Agostino
Giovannelli di Liceto di Sassoferrato, è giudicato di grande importanza storica, « perché
le notizie che esso contiene riguardo alla famiglia Collenuccio ci consentono di ricostruire
la storia pel corso di parecchi secoli ». Per tutta la questione, come per altre osservazioni
sulla competenza e precisione del Dorio nel trattare questioni di vita e di topografia
ssassoferratese, si veda M. Morici, La famiglia di Pandolfo Collenuccio, Pistoia, 1896 :
egli pubblica in appendice sette estratti del testo doriano.

71) Cf. DURANTE Dorro, Historia cit., p. 242 ; Gro. BATTISTA BoccoLinI, Dichiara-
zione di alcune voci del Quadriregio, in FEDERICO FREZZI, Il Quadriregio o poema di quattro
regni, 11, Foligno, 1725, p. 349. Curó una edizione completa della Leggenda ANTONIO MAN-
CINELLI, Leggenda di S. Feliciano scritta da Pierangelo Buccolini da Foligno. Testo inedito
del 1414, Bologna, 1882. Per tutta la questione si veda M. FALOCI PuULIGNANI, Le arti
€ le lettere alla corte dei Trinci cit., p. 87. — La suddetta Leggenda è contenuta nel cod. C.
1.5 (n. 349 del Faloci).

3
34 GIUSEPPE .CHIARETTI

ligno) 2), i regesti, sia pur frammentari, che ne compilò già il Dorio
per suo uso : « vera miniera di documenti » li definì il Faloci ?). Pro-
prio il Faloci, sulla scorta del Mengozzi, mise in evidenza un parti-
colare da cui emerge il senso critico del Dorio, il quale, oltre a ser-
virsi di ottime fonti, ritornava di continuo sul suo lavoro per cor-
reggerlo e migliorarlo ; intendo dire della notizia sulla zecca dei Trinci
a Foligno, desunta da un Memoriale (1424-1440) del cronista folignate:
Pietruccio di Giacomo degli Unti, pubblicato dal Muratori e dal
Tartini, e ampliata con notizie derivate da altre fonti *9. Sempre
dal Faloci è stata sottolineata l'importanza, per la storia folignate,.
di un altro codice, e cioè quella Cronaca di Foligno (1198-1341) del
notaio m ° Bonaventura di Benvenuto Massei, pur essa pubblicata
dal Muratori e dal Tartini '9, già posseduta dal Dorio che la citò.

?) Sin dal 1956, a cura dell'Istituto di Paleografia dell'Università di Roma ed Ora
anche della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, é in corso lo studio sistematico.
e la pubblicazione degli oltre seimila documenti di Sassovivo, giacentt nell'archivio arci-
vescovile di Spoleto : cf. RiccARDO Capasso, Libro di censi del sec. XIII dell'Abbazia di
S. Croce di Sassovivo, Perugia, 1967, p. v, note 2-3.

Tuttavia già nel 1643, per volere del card. Antonio Barberini commendatario del-
l'abbazia, s'era occupato di quelle carte il can. Pier Simone Marinucci, che compiló un
accurato regesto di 1810 documenti: cf. cod. D.I.45 (n. 562 del Faloci), copia di altro.
esemplare conservato presso l'arch. arcivescovile di Spoleto.

?*) Cf. codd. B.V.18 e C.VI.11 (nn. 288 e 466 del Faloci). Si veda anche il cod. mi-.
scellaneo A.V.5 (n. 100 del Faloci). Dell'opera di prima esplorazione ed elaborazione
del materiale archivistico di Sassovivo, fatta dal Dorio, molto si giovó lo Jacobilli per
la sua Cronica riguardante quel monastero.

74) Per tutta la questione, che prende le mosse dalla correzione introdotta dallo-
stesso Dorio a p. 227 della Istoria cit., si veda M. FALOCI PULIGNANI, La Zecca dei Trinci
a Foligno . . ., Camerino, 1883, pp. 3-8. Il Memoriale di Pietruccio degli Unti é stato pub-
blicato nelle Antiquitates Italicae Medii Aevi, Iv, Mediolani, 1741, col. 149-154; nella rac--
colta del Tartini Rerum Italicarum Scriptores 1, Florentiae, 1748, col. 847 ss. ; e di recente,
ad opera del Faloci, nella nuova edizione della raccolta muratoriana Rerum Italicarum:
Scriptores, Tomo xxvr, Parte 11, cit., pp. 29-40. I1 Faloci, dopo aver detto che del codice
«per primo si servi nel 1638 Durante Dorio, nella sua Istoria (pp. 214-216, 227, 228,
230, 231, 233 ecc.), citandolo in margine piü volte », finisce per chiamare l'apografo do-
riano «copia Jacobilli » in quanto usata anche dallo Jacobilli e da lui inserita «in uno.
dei suoi volumi miscellanei ». Meglio avrebbe fatto però a chiamarla « copia Dorio »,.
in quanto il codice ove essa si trova (cod. A.V7.6, n. 112 del Faloci) è tutto del Dorio,
e nient'affatto dello Jacobilli. Devo tuttavia far notare che, al presente, nel cod. A. VI.6:
mancano proprio i ff. 610-611, indicati dal Faloci (op. cit., p. 29, nota 5) come contenenti
l'opera di Pietruccio ; risultano asportati, e da f. 609 si passa subito a f. 6121!

75) Cf. A.I.M.Ae. 1v cit., col. 137-148 ; R.I.S. 1 cit., 1. c. Successivamente il Faloci ha
curato due edizioni della Cronaca di Foligno di m? Bonaventura: l'una per l’« Archivio.
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 35

più volte nella sua Istoria ?9, e dal Dorio passata con gli altri codici
allo Jacobilli ??. Potrei parimenti illustrare, per mie particolari ra-
gioni affettive, il vaglio critico cui il Dorio sottopose alcune notizie
concernenti la storia di Leonessa, sua patria, che è una tra le tante
storie municipali per le quali raccolse documenti *9 : basti qui dire
che, sinora, solo attraverso il Dorio possiamo ricostruire le vicende
di un documento il quale, ampliato e gravato di riferimenti eruditi
molto approssimativi, divenne quel Dell'origine e fondazione di Leo-
nessa e sue Ville, considerato con un certo ottimismo come una fonte
della storia leonessana ??).

Per valutare appieno la bontà del materiale raccolto dal Do-
rio occorrerebbe una ricerca ben più vasta di queste brevi nota-
zioni episodiche; lo stesso Faloci, nel compilare il regesto di alcuni
codici miscellanei doriani, sottolinea di continuo la preziosità di certi

storico per le Marche e l'Umbria », 11, Foligno, 1885, pp. 317-359 ; e l’altra per la nuova
edizione dei R.I.S., Tomo xxvi, Parte rr, cit., pp. III-XIX, 5-26.

*9) Cf. Istoria cit., pp. 107. 134. 139. 141.

**) La Cronaca di Bonaventura è tratta dal codice doriano B.III.23, non descritto
Aell'Inventario del Faloci ; ed è autografa di m? Bonavéntura (cf. R.I.S. cit., p. v). Del
codice aveva già dato notizia il Faloci, pur ignorandone ancora la provenienza doriana,
con l'articolo Sul codice di una cronaca municipale pubblicata dal Muratori, nel « Biblio-
filo », 1v, Firenze, 1881, pp. 52 ss. :

7*5) Di Leonessa, sua patria, fa menzione nella lettera dedicatoria della Istoria cit.
A] Cantalmaggi scriveva : « E se trovasse qualche cosa di Lionessa, mia patria, e di fatti
d'huomini d'essa degni di memoria, me ne farria gratia singolare », chiedendo in parti-
colare notizie su Biagio da Leonessa, vescovo di Rieti dal 1347 al 1378 (cf. lettera n. 12).
Probabilmente peró non ebbe tempo di organizzare in una monografia le notizie sulla
storia leonessana, le quali, disperse tra un codice e l'altro, subirono per tempo la jattura
della asportazione. Asportazioni infatti si ritrovano nel cod. cit. A. VI.6 (n. 112 del Fa-
loci), privo dei ff. 396-401 ove si parlava « de Connexa »; e nel cod. B.III.15, le Notizie
di varii luoghi dello Jacobilli (n. 243 del Faloci), ove manca la memoria su Leonessa ri-
cordata nell’indice dallo stesso Jacobilli. È infine perduto il codice con la biografia di
Gentile Bocarini Brunori.

79) Il doc. in questione si può leggere nel cod. A.VIII.22, Memorie (dell) Umbria,
Xi del Dorio (n. 156 del Faloci), ai ff. 34r-35v, 500-52v, 65r-69r, 150r-151r. Si tratta di
una «relazione » compilata a scopi prevalentemente fiscali all'inizio del governo di Mar-
gherita d'Austria, eui Leonessa fu data in feudo nel 1539 ; sul finire del secolo xvi fu
aggiornata dal cancelliere dell'universitas di Leonessa, Properzio Pascalone (in carica
nel 1594 : cf. Leonessa, Arch. Com., Ciucci, III, f. 230r), con i cui punti di vista il Dorio
mostró disaccordo, Questa stessa «relazione », ampliata da un anonimo secentista nel
modo che si é detto, fu conosciuta e utilizzata anche da Antonio Ludovico ANTINORI (cf.
Aquila, Bibl. Prov., Annali, xxii, pp. 153 ss. ; Corografia storica, xxx, pp. 805 ss.),
e pubblicata a Rieti nel 1900 con il titolo surriferito. Per le questioni storiche collegate
ai suddetti documenti si veda G. CHIARETTI, Archivio Leonessano cit., pp. 81-86.
36 GIUSEPPE CHIARETTI

frammenti originari o di sillogi documentarie estratte da archivi
pubblici e privati ora dispersi. È perciò auspicabile che a quel fondo
archivistico venga data dagli studiosi una maggiore importanza.
Quel che ho detto parmi, comunque, sufficiente a mettere in risalto
il rigore critico, se non metodologico, che ha accompagnato il lavoro
del Dorio, il quale, anche se — com'era nella logica delle cose e nel
costume dei tempi — ha talvolta fatto farragine, pur tuttavia non
ha mancato di selezionare e discutere le sue fonti.

Ho alquanto indugiato nel descrivere la attività del Dorio come
storico e poligrafo per poter individuare quella mens critica che deve
averlo guidato anche nelle ricerche di antichità. Nulla infatti di
queste ci è rimasto, se si eccettua lo schematico inventario del suo
piccolo museo, non differente nella sua sostanza da altri cataloghi
coevi. È quindi da pensare, già a priori, che, nonostante i molti
condizionamenti culturali dell'ambiente di provincia, quel certo ri-
gore critico proprio del ricercatore di documenti ha guidato anche
la sua attività di collezionista, diretta con pari interesse verso le
cose antiche (bronzetti, monete, sigilli) e quelle moderne (disegni,
dipinti, ceramiche), sempre all'insegna di un personale buon gusto 8°).
Quanto al problema specifico della preparazione del Dorio per la
ricerca archeologico-numismatica, infatti, non è possibile dir molto,
mancando precisi documenti. Interessante, o almeno curiosa, può
essere l'osservazione che tra i primi libri posseduti dal Dorio, e dei
quali egli stesso ci ha lasciato un elenco *9, figurano anche la celebre
Urbis Romae Topographia del Marliani (n. 44), ed una bizzarra opera
di numismatica del fiorentino Gabriele Simeoni, edita a Lione nel
1560; quest'ultima, rintracciata tra i volumi della Jacobilliana di
Foligno, mostra numerose postille marginali *2. Le postille, che sem-

8°) Cf. Lettera autobiografica cit., n. 7.

8!) Foligno, Bibl. Jacobilli, Inventario delli libri di me Durante Dorio, cod. D. I. 29
(n. 546 del Faloci): sono elencati 107 volumi, alcuni dei quali miscellanei, posseduti
dal Dorio prima del 1627. Trattasi di opere a sfondo storico, e — talune — letterario, e
cioé storie municipali di molte città d'Italia, monografie genealogiche di famiglie illustri,
biografie di santi, ecc. Per la cronologia dell'Inveníario interessa la data d'acquisto del
vol. 94 : «23 agosto 1627. Cronica della Congregazione Silvestrini, del Sabini da Recanati,
ATTO in Cammerino l’anno 1613 ».

8) Dialogo Pio et Speculativo, con diuerse sentenze Latine & volgari, di M. Gabriel
Symeoni Fiorentino, in Lione, Apresso Guglielmo Roviglio, 1560, pp. 230 (16), Nel fronte-
spizio è notato a penna « Di Lodovico Jacobilli »; ma che si tratti della copia posseduta
dal Dorio è dimostrabile per almeno un particolare : nell’ultimo foglio di guardia è indi-
cato il prezzo del volume « b. 20/9 Gen. 1621 », prezzo che si trova parimenti registrato
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 37

brano autografe del Dorio, sono di due tipi: alcune interessano la
personalità del cristiano che non sopporta alcune posizioni tra fan-
tasia e superstizione 8, altre invece confutano errori storici fatti
propri dal Simeoni *9, Indicativo il rilievo dato alla strana disqui-
sizione circa la « vernice delle medaglie », la quale, secondo l’estroso
parere del Simeoni, non è sempre prodotto dell’acqua e della terra,
ma, se ho ben capito l'oscuro suo concetto, deriva anche da una certa
mistura protettiva 85. Peccato che le ricerche numismatiche del Dorio
abbiano come punto di partenza proprio questo strano zibaldone di
cose le più varie, per le quali si prende lo spunto, o si chiede con-
ferma, dalle monete e da altri monumenti dell’antichità 89! Ma
anche questa coincidenza, in vero non meglio documentata, serve
ad illustrare il clima culturale del primo Seicento, nel quale la in-
tensa curiosità si ammantò del variegato paludamento della erudi-
zione non sempre illuminata.

L'AMBIENTE CULTURALE UMBRO. — Visti nel quadro della cultura
archeologico-numismatica dell' Umbria degli inizi del secolo xvi, non

nell’ Inventario, a margine del libro del Simeoni, al n. 39. La annotazione del libro è in-
teressante per stabilire, anche se solo in maniera orientativa, l’inizio degli interessi nu-
mismatici del Dorio.

L’opera del Marliani, (Urbis Romae Topographia B. Mar|liani ad Franciscum regem |
Gallorum eiusdem urbis | liberatorem invictum, Romae, In aedibus Valerij Dorici et Aloisij
fratris, Academiae Romanae impressorum, mense Setembris (1544), trovasi parimenti
nella Jacobilliana con la segnatura M. 158 ; reca nel frontespizio e nell'ultimo foglio la
consueta dichiarazione di proprietà del Dorio, poi corretta dallo Jacobilli ; e presenta
evidenti tracce di lettura.

8) Cf. Dialogo cit., pp. 39 (« Perché mescoli, poltrone, gli essempi della Scrittura Sa-
cra con le favole de poeti ? »), 43 (« Empiamente parli, e da cattivo cristiano »), 49 (« Tu
dici una grandissima vanità, fondando le tue ragioni nella Geomantia ributtata dalla
S. Chiesa »), 52, 125 (« Racconti bagattelle che non hanno fondamento, e indegne d'es-
sere osservate da un'huomo cristiano »), 127, 134 (« Vana osservatione e degna d'essere
riprovata : come mostra Martino del Rio nel lib. 3 Disquisit. Magic. quest. 4 sect. 6 »).

84) Cf. Dialogo cit., pp. 64, 65 (« Che ha da fare il Janicolo di Roma con Viterbo ? »),
73, 95, 145 (commenta l'affermazione del Simeoni circa l'anfiteatro flavio « detto di poi
Colosseo dalla grandissima statua che Nerone vi pose dentro » : « In che modo, se al tempo
di Nerone q° edifitio non era ancor fatto ? Era stato appresso al colosso di Nerone q*?
edifitio, e peró cosi fu nominato »).

85) Cf. Dialogo cit., p. 14. Sottolineo il particolare della « vernice » per le ragioni che
saranno chiare in seguito.

89) Sull'estrosità dello scrittore si noti la vanteria che conclude l'opera: « Utrum-
que ab autore absolutum opus / mense uno, / a calcographis vero tribus. / Kal. Novem-
bris / MDLX ». 1 38 CA GIUSEPPE CHIARETTI

molto ricca — a dire il vero — né di personalità né di memorie, il
nome e l’opera antiquaria del Dorio hanno un suggestivo valore di
precorrimento e di auspicio. L'ambiente, in cui il Dorio operò, visse
pur esso di luce riflessa, in quanto gli uomini di cultura dell'Umbria
agirono generalmente sotto l’influsso e la suggestione di più nobili
esempi, concentrati nei grandi centri sotto la protezione di illustri
mecenati, e seguendo il magistero degli eruditi di fama internazio-
nale, bibliotecari per lo più e viaggiatori. Di qui quel particolare
senso di provvisorietà e di occasionalità nelle singole ricerche, in-
tese più come motivo di leziosa — anche se sofferta — evasione
che come contributo al progresso della scienza. Di qui anche il parti-
colare tono di balda saccenteria, causato da una erudizione vasta
ed infatuante, caotica e superficiale. Si sapeva, o si presumeva sa-
pere, di tutto, col rischio di far spesso confusione tra buono e meno
buono. Sembra lecito parlar pure di una infatuazione antiquaria di
massa : la febbre per le anticaglie contagiò molti intellettuali del
tempo, e si creò una fitta rete di corrispondenze e di interessi, attra-
verso i quali filtrarono, di grado in grado, i singoli pezzi dei piccoli
e grandi musei personali o familiari. Centri di smistamento furono
i conventi, le cancellerie notarili, qualche palazzo di nobile di pro-
vincia. Ecclesiastici, uomini di legge, blasonati o arricchiti dal molto
tempo a disposizione : tre categorie di persone particolarmente bene-
merite per la questione ora trattata. Tre categorie di persone, dal-
le quali provengono i corrispondenti del Dorio. Oltre quelli già men-
zionati, si possono ancora ricordare : fra Ludovico Sillani da Gual-
do 59, Antonio Bennati da Montefalco 88), Antonio Mannocchi da
Fermo *9, Ennio Francia da Visso *?, Ippolito Conventini da
Gubbio *, Lando Leoncini da Orte *), p. N. Cardoli da Nar-

87) Cf. cod. A.V.5 (n. 100 del Faloci) cit., ff. 81-94: relazione storica su Gualdo
Tadino.

88) Cf. cod. A.VI.6 (n. 112 del Faloci) cit., f. 323r: lettera da Montefalco, 13 otto-
bre 1625.

89) Cf. cod. A.VI.6 cit., f. 324rv : lettera da Fermo, 29 settembre 1625 ; f. 511rv:
lettera da Fermo, 21 novembre 1625.

9°) Cf. cod. A.VI.6 cit., f. 325r : lettera da Visso, 13 agosto 1626.

9?) Cf. cod. A.VI.6 cit., f. 326r: lettera da Gubbio, 12 ottobre 1626. — Una sua
Cronaca di Gubbio ms. trovasi nell’archivio di Stato di quella città, Fondo Armanni,
XVIII.C.3: cf. G. MAZZATINTI, Inventari... Gubbio cit., p. 131.

?5) Cf. cod. A.VI.6 cit., ff. 550r-553v : lettera da Orte, 7 dicembre 1624. Segna l'ini-
zio della attività storico-erudita del Dorio, dal momento che il Leoncini, fornendo note
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 39

ni *), p. Domenico Cornacchini da Città di Castello *2, il capitano
Alessandro Bentivoglio da Sassoferrato *9, e tanti altri ancora 9),
Tuttavia dello specifico problema archeologico-numismatico non
restano molte tracce nell’epistolario del Dorio, e per ricostruire
l’ambiente culturale umbro converrà allargare alquanto lo sguardo
e prendere in esame la produzione a stampa contemporanea.

Gli studi archeologici in Umbria hanno una ricca tradizione di
nomi e di opere solo a partire dai secoli xvIri-xIx : per le età pre-
cedenti occorre richiamarsi a ricercatori isolati, di interesse muni-
cipale. I quali acquistano maggior rilevanza se vengono inquadrati
nella crisi che afflisse la scuola e la cultura umbra, ma non quella
soltanto, nel secolo xvrir, allorché alla serietà della ricerca e alle
pazienti analisi delle sperimentazioni subentró la vacuità di una
retorica ampollosa ed inconsistente, dalla quale nessun ramo del
sapere riusci a salvarsi: non solo la letteratura o la giurisprudenza,
ma neppure la medicina e le altre scienze sperimentali *?.

Un preciso punto di riferimento per la archeologia umbra è co-
stituito dalle Antiquitates Valentinae di Francesco Alighieri, date
alle stampe nel 1537 *9. L'Alighieri, buon letterato e studioso di epi-

bibliografiche sulla storia specifica dell'Umbria e indirizzi di studiosi, sembra dare in-
dicazioni a chi si accinge per la prima volta ad una impresa.

?3) Cf. cod. A.VI.6 cit., ff. 558r-561r: relazione storica su Narni.

94) Cf. cod. A.VI.6 cit., ff. 565r-568r : sono notizie sulla storia di Città di Castello,
mandate a più riprese dal Dorio al Cornacchini nel marzo 1625 ; f. 634rv : lettera del
Cornacchini, da Città di Castello, 26 giugno 1625.

95) Cf. cod. A.VI.6 cit., ff. 597r-601r: carteggio del febbraio-marzo 1633 relativo a
scritti storici su Fossombrone inviati dal can. Bentivoglio.

96) Sempre nel cod. A.VI.6 cit. si trovano lettere provenienti da Perugia (ff. 327r-
328v), da Bettona (Ortensio Urigo, auditore generale, 23 gennaio 1626: f. 510rv), da
‘Gualdo (p. Giuseppe capp. : f. 544r). Alla nota 61 si è fatta menzione del Giovannelli,
monaco di Liceto. Uno spoglio completo dell'epistolario doriano non é stato ancora ten-
tato.

?7) Cf. GrusEPPE ERMINI, Storia della Università di Perugia, Bologna, 1947, pp. 478.
508. 548-550.

98) Cf. FRANCESCO ALIGHIERI, Antiquitates valentinae, Romae, Apud Antonium
Bladum, (1537), 59 f. Altro dialogo fu dato alle stampe nel 1773 a cura di Gro. CRISTO-
FORO AMADUZZI, Francisci Aligeri Dantis III filii Dialogus alter de antiquitatibus valen-
tinis, ex cod. ms. membranaceo saec. XVI nunc primum in lucem editus a Iohanne Chris-
tophoro Amadutio, in Archigymnasio Romanae Sapientiae graecarum litterarum profes-
sore. Romae, apud Benedictum Francesium, 1773, p. 40. — Ambedue gli opuscoli
furono ristampati nel 1828 a cura di Clemente Bartolini, che premise notizie storiche
illustrative : Le antichità valentine : dialoghi due di Francesco Alighieri e Sante Ponzio,

As "ii iii Ar 40 GIUSEPPE CHIARETTI

grafia *9, dissertó sui pezzi più importanti del museo raccolto da
mons. Benedetto Valenti (1484-1541) nel suo palazzo di Trevi 10°),
e cioè sulle lapidi romane e sulle 68 statue marmoree. Non è chiaro
se il museo del Valenti comprendesse solo monumenti litici, e non
anche oggetti di metallo e monete; questi tuttavia, se vi furono,
non ebbero particolare risalto 101),

Specialmente le lapidi e le statue continuarono ad attirare l’at-
tenzione degli eruditi umbri del Seicento ; la numismatica, e sulle
prime la stessa toreutica, non interessarono che marginalmente e
come argomento di conferma. Alle lapidi aveva già fatto attenzione,
nel secolo xvi, il vescovo reatino Mariano Vittori 1°) Fu nel primo

nuovamente pubblicati e di preliminari illustrazioni munite da Clemente Bartolini, patrizio
di Trevi, dell’una e l’altra Legge dottore e socio di varie Accademie. Perugia, Garbinesi e
Santucci, 1828, pp. 199 (1) i

90) Per cenni biografici sull'Alighieri si vedano le note introduttive dell’AmADuzzi
(op. cit., pp. 3-10) e del BARTOLINI (op. cit., pp. 68-73), i quali si rifanno principalmente
alle notizie del Mazzuchelli. Cf. anche CARLO Guzzoni degli ANCARANI, Saggio di alcuni
documenti inediti di storia umbra, Foligno, 1851, pp. 20-21. — Sulla validità della silloge
epigrafica illustrata dall'Alighieri si veda la nota di EUGEN BoRMANN, Corpus Inscrip-
tionum Latinarum. Vol. xr, Pars 11/1, Berolini, 1901, p. 728a.

100) Il Valenti, mecenate dell'Alighieri, fu rinomato dottor di legge e avvocato fi-
scale al servizio dei pontefici, morto a Roma nel 1541 ; della sua attività antiquaria fece
onorevole menzione il Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Roma, 1784, p. 223. —
Per la sua biografia si vedano le note del BARTOLINI, op. cit., pp. 7-67 ; e soprattutto le
opere di Tommaso VALENTI, Lé memorie autografe del procuratore fiscale Benedetto Valenti
da Trevi, in « Bollettino della R. Deput. di storia patria per l'Umbria », 28 (1926), n. 72-
73; e La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime a Trevi (Umbria), Roma,
1928, pp. 269-273.

10°) A oggetti di metallo sembra alludere l’Alighieri nel primo dialogo : « quotus
quisque est hodie vel peritissimus antiquitatum qui citra culpam ex numismatibus e
marmore signa iudicet ? » ; ma è allusione vaga e senza preciso riferimento al museo del
Valenti.

102) Faccio qui menzione del Vittori (1518-1572), dotto vescovo di Amelia e di Rieti
ed autore di varie opere erudite, perché di lui il Dorio possedette sia il De antiquitatibus
urbis Reatis sia le incompiute « Memorie » di Rieti. La prima opera, rimasta inedita e
giunta a noi in pochi apografi, uno dei quali da me scoperto nella biblioteca dei Cappuc-
cini di Leonessa, contiene, nel quarto ed ultimo libro, copia di molte iscrizioni antiche
e la descrizione di aleuni monumenti ora perduti, e per la sua importanza « meriterebbe
anche oggi — a giudizio dei dotti — di vedere la luce ». La seconda opera viene data
dal Sacchetti, che del Vittori è lo studioso più insigne, come definitivamente perduta :
cf. ANGELO SACCHETTI SASSETTI, La vita e gli scritti di Mariano Vittori, Rieti, 1917, p. 49,
nota 2. Essa però va identificata con l’appendice al codice doriano Historiae Reatis et
Sabinae (cf. cod. C.V.2., ff. 169r-179v secondo la vecchia numerazione : n. 439 del Fa-
oci), il quale rimane così l’unico a trasmetterci un testo tanto stimato nell’antichità,
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 41

Seicento però che l’interesse per le antiche iscrizioni dilagò tra gli
Umbri 1°). Tra i migliori di quel tempo occorre ricordare proprio
il Dorio, del quale il Bormann, che lo considerò — purtroppo —
solo «adiutor Jacobillii », scrisse autorevolmente a proposito delle
iscrizioni romane di Spello : « Ego syllogen constanter laudavi, nam
quae auctor ipse vidit satis diligenter descripsit, atque etiam magni-
tudinem litterarum constanter indicavit, unius litterae imaginem
proponens magnitudine servata, in eis quae latebant ex auctoribus
superstitibus optime syllogen Faustianam repraesentans » !°*. Gran-

e che viene cosi presentato : « Descrittione delle degne memorie della f. m. di mons. r.mo
Mariano Vittorio, vescovo di Riete, raccolte con longhissima fatiga et studio a benefitio
della patria, et ritrovate in parte da V. S. R.ma nell'archivio conservato nella cathedral
chiesa di Santa Maria, et in questo specchio per publico decreto fatto dal Generale Con-
seglio sotto li x d'aprile 1575, residente nel magistrato il m.co Confaloniero Mr Emilio
Vittorio, germano di esso r.mo monsignore, Mr Gio. Bernardino Stabile Nobile, et Mr
Marcantonio Catellino terzo priore, ritratte et descritte nel tenor che segue » (f. 169r).
Mi riprometto di dare quanto prima alle stampe queste « memorie » del dotto vescovo
reatino, che il Dorio esalta con queste parole: « Mariano Vittorij da Riete, teologo et
huomo di belle littere latine. Compose in lingua latina l'Hstoria dell'antichità di Rieti e
della Sabina, che si conserva manuscritta, et un transunto di essa appo di me ; e lasciò
alcuni memoriali di successi d’alcuni anni. Hebbe il vescovato d’Amelia l’anno 1572,
quale renuntiò ; e fu provisto di quello di Riete, dove di lì a pochi mesi morì con sospetto
di veleno. Questo era solito di sermoneggiare » (cf. cod. A.V7I.6, f. 115r). Del tutto nuova
è la notizia sul sospettato avvelenamento del Vittori : trattasi evidentemente di una di-
ceria diffusa tra il popolino, rimasto colpito dalla repentina morte del vescovo prima
ancora che egli avesse prestato giuramento, morte peraltro causata da «un fiero morbo,
cagionato forse dagli umori della podagra, che da qualche anno l’affliggeva, e dalle fa-
tiche eccessive durate nella compilazione della tavola » riassuntiva della sua celebre
edizione delle opere di san Girolamo : cf. A. SACCHETTI SASSETTI, La vita e gli scritti di
M. V. cit., p. 62.

103) Si vedano le ricche note storico-bibliografiche per ogni città umbra curate da
Eugen Bormann nel Corpus Inscriptionum Latinarum, Vol. xr, Pars 11/1, Berolini, 1901.
Vi si ritrovano tutti gli eruditi umbri con i quali il Dorio ebbe rapporti.

104) Cf. C. I. L., x1, 11/1, p. 764. Il codice, da cui furono tratte numerose iscrizioni di
Spello, è l'A. V.5 (n. 100 del Faloci). Altre iscrizioni romane di città umbre sono disperse
nei codici doriani A.VI.6, B.VI.3, C.I.V.6 (nn. 112, 291, 421 del Faloci).

Il Dorio, pur se buon raccoglitore di epigrafi romane, non fu egualmente buon in-
terprete. Basterà vedere quel che dice nella Istoria cit. p. 29, a proposito di una iscrizione
nocerina il cui testo egli rinvenne tra le carte del palazzo episcopale di Sassoferrato :
poiché in alcune croniche in suo possesso Gubbio era chiamata anche « Regia Julia Eugub-
bia », argomentava che il nome « Julia » fosse derivato dalla « Jula » nominata nell'iscri-
zione nocerina ! Ho ricordato questo particolare perché di quella iscrizione restano altre
tracce nei manoscritti doriani : il « DIS. MAN. S. » dell'incipit era inteso, da «uno che si
diletta assai d'antichità », ma della cui interpretazione il Dorio non era troppo convinto, 42 GIUSEPPE CHIARETTI

di meriti ebbe al riguardo, come è noto, Ludovico Jacobilli 105) ;

cui fece contorno un’ampia schiera di eruditi municipali, dagli eu-
gubini Ippolito Conventini '*'9 e Vincenzo Armanni 1°?) agli spole-
tini Giacomo Filippo Leoncilli e Serafino Serafini '*9, ai reatini An-
gelotto Angelotti 1°9) e Gabriele Naudé 1», e a tanti altri suoi con-
temporanei che è qui superfluo ricordare.

come « Nelle mani degli Dei sempiterni » (cf. Lettere nn. 3 e 4 al Cantalmaggi), o anche
« Nelle mani delli dei sempre » (cf. cod. A.V.27, n. 106 del Faloci, f. 824r)!

105) Cf. C. I. L. cit., pp. 753-754. Per la sua silloge epigrafica, dal titolo Inscriptiones
antiqude existentes in urbibus et locis provinciae Umbriae, della quale dette alle stampe
a Foligno nel 1661 solo il titolo e l'indice, Jo Jacobilli si servi della collaborazione di vari
amici: nell'Archivio di Stato di Gubbio, ad esempio, restano cinque lettere scritte al-
l'Armanni tra il 24 aprile 1656 ed il 16 novembre 1657 in merito alle iscrizioni eugubine,
tra cui le celeberrime Tavole Iguvine (cf. Fondo Armanni II.C.10). Di questa, comunque,
€ di altre sillogi epigrafiche jacobilliane conservate manoscritte (cf. codici nn. 32. 208.
246. 281. 548 : numerazione del Faloci), si servì largamente il Bormann.

109) Cf. C. I. L. cit., 854, n. rv. Si veda anche alla nota 91.

107) Cf. C. I. L. cit., 854 n. v. Lo Jacobilli (Bibliotheca Umbriae cit., p. 267) lo chiama
« vetustatis restaurator ». Sui suoi zibalaoni, concernenti anche la antica epigrafia eugu-
bina, si veda G. MazzatiINTI, Inventari ... I : Gubbio cit., pp. 140. 141. 147.

108) Cf. C. I. L. cit., p. 700 nn. vin e 1x. La pregevole Historia spoletina per episcopo-
rum seriem digesta del Leoncilli (1572-1613), cui è premessa la illustrazione di alcune
epigrafi romane di Spoleto, é conservata manoscritta in numerosi apografi, tra i quali
si possono qui ricordare quelli della Biblioteca Domenicini di Perugia (non conosciuto dal
Bormann), della bibl. Jacobilli di Foligno (cod. C.VI.2, n. 457 del Faloci, copia auto-
grafa del Dorio, della quale il Bormann dice « continuo laudavi »), e della bibl. Vaticana
(Barb. Lat. 2712). Quest'ultimo reca una lettera dedicatoria di Federico Leoncilli, fratello
di Giacomo Filippo, al card. Francesco Barberini, in cui si afferma che «rerum diversa-
rum miscellanea ... numquam prodiissent in lucem nisi tuo extracta imperio ».

109) L'Angelotti (1611-1667), finito per breve teripo vescovo di Terracina, è parti-
colarmente famoso per la Descrittione della città di Rieti, Roma, 1635, che costituisce
la prima « guida » della città sabina. Nel cap. rv c'é una accurata silloge di epigrafi la-
tine, molte delle quali inedite rispetto alle sillogi precedenti del Vittori (cf. nota 102)
e di Pirro Ligorio. Sul corpus delle iscrizioni reatine si veda l'edizione critica di FABIO
Gori, Antiche iscrizioni reatine, in MrcuErLE MicHaELI, Memorie storiche della città di
Rieti 1, Rieti 1897, pp. 85-176, posteriore a quella curata dal Mommsen nel vol. rx del
€. I. L. (Berolini 1883)). — Sull'Angelotti si veda ANGELO SACCHETTI SASSETTI, Pompeo
Angelotti e la prima descrizione di Rieti, in « Sabina », 2 (1957), n. 2 (maggio-agosto), pp.
21-24.

110) Celebre bibliografo parigino, giunto a Rieti nel 1635 come segretario del vescovo
card. Gio. Francesco dei conti Guidi di Bagno, grande mecenate degli studiosi. Colla-
borò con l'Angelotti alla redazione definitiva della Descrittione sopra citata (nota 109);
e fu in relazione con i dotti del suo tempo, tra i quali il celebre Niccolò Claudio Fabri
de Peiresc, e l'erudito fiorentino Gio. Battista Doni, cui trasmise molte schede relative
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA |: 43

Una visione più ampia di tutte le antichità si rinviene nella
Perugia etrusca romana et augusta del francescano Felice Ciatti, che
‘costituì, sia pure a modo suo e con molteplici riserve, un’altra pietra
miliare nell’ambito della erudizione antiquaria umbra, uscita dai
torchi ad un secolo esatto di distanza dalle Antiquitates Valenti-
nae **, Tale opera interessa la presente indagine in maniera tutta
‘particolare, in quanto fa esplicito riferimento ai raccoglitori dilet-
tanti di monete nel territorio perugino. Non occorre spendere molte
parole per dimostrare la inconsistenza critica di certe conclusioni
del Ciatti, il quale non disdegna le interpretazioni mitiche della ti-
pologia monetale 11. Merita invece ricordare qualche nome di col-
lezionista umbro ivi menzionato : oltre al Ciatti 113), Pier Antonio

‘alle antiche iscrizioni di Rieti. Cf. FABIO Gori, Antiche iscrizioni cit., passim. ; ANGELO
‘SACCHETTI SAssETTI, Gabriele Nandé a Rieti (1635-1639), Rieti, 1962 (bibl.).

111) Cf. Delle memorie annali et istoriche delle cose di Perugia, raccolte dal Molto R. P. M.
Felice Ciatti Perugino Francescano. Volume 1, distinto in tre parti, nelle quali si descrive
‘con varia eruditione Perugia etrusca, romana et augusta. Con un indice cronologico ra-
tificato con i frammenti etruschi, In Perugia, appresso Angelo Bartoli, 1638. — Il Ciatti
‘(Bettona 1583-Spello 1642), provinciale dei minori conventuali dell'Umbria, « vir anti-
-quitatis et historiae eruditissimus » (L. Jacobilli), pubblicò; tra l’altro, un lodato Para-
«dosso historico nel quale si dà giuditio e parere sopra la bella et antichissima statua di bronzo
:già nel distretto di Perugia ritrovata et hora nell'augustissima Galleria del... Granduca
-di Toscana... (Perugia, 1631), dando per primo una riproduzione del singolare monu-
mento («il Retore »). Cf. L. JAcoBILLI, Bibliotheca Umbriae cit., pp. 104-105; G. B.
VERMIGLIOLI, Bibliografia storico-perugina ..., Perugia, 1823, pp. 54-57; IDEM, Biogra-
fia degli scrittori perugini e notizie delle opere loro. Tomo 1, Perugia, 1828, pp. 323a-3206a.

112) Si veda, ad esempio, la consueta identificazione Giano-Noè nelle monete romane
(identificazione che, del resto, aveva avuto l’avallo di Erasmo da Rotterdam): Pe-
.rugia etrusca cit., pp. 7-11. A p. 23 ss. è detto che da Giano-Noè fu fondata Perugia, ana-
logamente a quel che soleva dirsi per altre città umbre, ad esempio Gubbio, Spello, Nocera
Umbra (cf. L. JAcoBILLI, Di Nocera nell’ Umbria e sue diocesi cit.,,p. 3: Giano è figlio del
‘noetico Jafet), o, al dir di Loreto Mattei, Rieti. Il Mattei, meglio e più meritatamente
‘conosciuto come poeta dialettale (Rieti, 1622-1705), descrivendo e riproducendo una di tali
monete trovate nell’agro di Cotilia, presume di pagare finalmente « il debito della promessa
«di provar concludentemente con il confronto della S. Scrittura l’origine » di Rieti, e con-
clude che « per essersi ritrovato il ripostiglio di tali monete nelle nostre vicinanze sotto
le ruine di Cotilia, già non lascia in dubio che qui non sia dimorato e non habbia regnato
l'istesso Noè » : cf. Rieti, Bibl. Com., Erario Reatino, cioè historia dell'antichità stato pre-
sente e cose notabili della città di Rieti, raccolte da Loreto Mattei reatino, ms. F. 3. 8, 12r-17v.

H3) Cf. Perugia etrusca cit., pp. 38, 254, 283, 367 («molte monete che sono appres-
‘so di me »), 483 («varie medaglie »). A p. 314 ricorda una sua visita al noto collezionista
"veneto Gio. Francesco Loredano. 44 GIUSEPPE CHIARETTI

Benedetti 14), Scipione della Staffa "s), Dionigi Crispolti 11°), Giovan
Francesco Signorelli "2, Carlo Saracini 118),

Ad iscrizioni e monete dell’epoca romana fa appello in un suo
opuscolo polemico Gio. Francesco Argenti, un uomo di lettere com-
paesano del Dorio 9», L’Argenti, incaricato ufficialmente dall’ac-
cademia tuderte degli Insensati di confutare una certa tesi di Do-
menico Tempesta, fatta propria nel 1625 dal monaco olivetano Se-
condo Lancellotti, pur esso accademico Insensato ?9, si industriò
a rivendicare alla città di Todi l’onore di aver dato i natali all’impe-
ratore Traiano, e, per rafforzare le sue illazioni, si servì anche di
argomenti tratti dall’antiquaria. A difesa di quel tal Crista e dei suoi
sei figli, leggendari guerrieri tuderti ricordati con onore da Silio Ita-
lico nel racconto delle guerre annibaliche, invocò la testimonianza
di una lapide e di alcune medaglie, delle quali così scrisse : « Se ne
sono viste medaglie, una delle quali fu trovata nel territorio di Pe-
rugia nel 1576, che fu donata, per quanto ho inteso, al signor Ga-
spare Massei, con queste parole (...) Et un altra con le medesime
parole e lettere ne fu vista in Foligno nel 1600 in poter di quelli
che le vanno raccogliendo da contadini che le trovano » 12,

114) Cf. Perugia etrusca cit., p. 4.

115) Cf. Perugia etrusca cit., pp. 38. 484.

119) Cf. Perugia etrusca cit., pp. 129-130. Il Crispolti insegnava diritto alla università
perugina, ed alla sua scuola fu anche Ludovico Jacobilli nel 1616-1617 : si veda il cod.
A.I.1 (n. 1 del Faloci) nella Bibl. Jacobilli di Foligno.

117) Cf. Perugia etrusca cit., p. 135.

118) Cf. Perugia etrusca cit., p. 313 (ne ricorda una « medaglia d’argento conservata
in Perugia tra altre cose »).

119) Cf. Apologie o vero risposte alli discorsi del sig. Domenico Tempesta e del signor
Academico Insensato fatti intorno alla patria di Traiano imperatore di Gro. FRANCESCO
ARGENTI da Leonessa, cittadino della molt’illustre città di Todi. In Todi, per Cerque-
tano Cerquetani, 1627, pp. (12), 68. Dell'Argenti, già maestro di scuola a Leonessa e a Nor-
cia, fanno menzione L. JAcOBILLI, Bibliotheca Umbriae cit., p. 164 ; NicoLa Torr, Biblio-
teca Napoletana, Napoli, 1678, p. 144a ; G. M. MazzucHeLLI, Gli scrittori d’Italia, 1, Bre-
scia, 1753, p. 1041 s. ; e specialmente G. CHIARETTI, Archivio Leonessano cit., passim.
Non sarà inutile notare che, tra i libri dell'Argenti donati alla biblioteca dei cappuccini
di Leonessa ed ivi ancora esistenti, figura anche il Trattato delle monete e valuta loro, ri-
dotte dal costume antico all'uso moderno, di M. Guglielmo Budeo. Tradotto per M. Giovan
Bernardo Gualandi Fiorentino, In Fiorenza, appresso i Giunti, 1562 (n. 1144).

120) Il manoscritto del Lancellotti, Che Traiano imperatore fusse da Todi, è ricordato
pure dallo JAcoBILLI, Bibliotheca Umbriae cit., p. 247.

121) Cf. Apologie cit., p. 55. Anche nelle pagine che seguono, l’Argenti si avvale altre
volte dell’autorità di questa iscrizione monetale per dimostrare la reale esistenza del

SS LARA
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 45

Questo rinvenimento continuo di monete antiche, vere o false
che fossero, stimolò ancor più il collezionismo. Ne è testimone, sem-
pre per l’ambiente tuderte, un manoscritto della Biblioteca Comu-
nale di Todi, del quale fa breve menzione il Leoni dicendolo del sec.
XVIII 2, ma è certamente opera del primo Seicento. È un codice car-
taceo adespota e anepigrafo, mutilo all’inizio e probabilmente rimasto
incompleto, diviso in numerosi capitoletti, il primo dei quali reca’ il
titolo « Delle medaglie antichi (!) che hoggi sono rare ». Non è che
una sintesi, e spesso una trascrizione letterale, del primo libro dei
Discorsi del Vico ?9, del quale si parlerà in seguito. In essa trascri-
zione l'anonimo tuderte ha invertito a suo piacere l'ordine dei capi-
toli, ma senza introdurre alcunché di nuovo. Il manoscritto della
Biblioteca Comunale di Todi documenta quali fossero in sostanza
gli interessi culturali che soggiacevano alla passione del collezioni-
smo in Umbria, e conferma ancora una volta il rilevante posto avuto
dal manuale del Vico nel collezionismo numismatico del secolo xvrr.

Le opere dell'Argenti e del Ciatti chiaramente attestano le cir-
costanze e le sorgive del collezionismo stesso, e cioè quel mercato
popolare già abbastanza smaliziato per i prodotti della toreutica,
ma non ancora per le monete. Ad amar queste erano pochi in Um-
bria, né forse v'era ancor giunta l'eco dei grossi interessi che altrove
gravitavano sul mercato numismatico. Erano di solito i contadini
che rinvenivano monete durante i lavori nei campi, e regalavano o
rivendevano ai signori e alle persone colte gli oggetti rinvenuti.

Mancano in Umbria nomi di collezioni e di collezionisti celebri
nel primo Seicento, e per trovarne qualcuno occorre attendere qual-
che decennio. Sappiamo infatti che il francese Jean Vaillant (1632-
1706) visitò intorno al 1670, come antiquario del re di Francia, mol-
tissime collezioni numismatiche italiane, tra cui quella Luparini di
Spoleto 124, Una raccolta di monete pontificie possedette lo spo-

Crista tuderte, dal Lancellotti considerato leggendario alla stregua dell’Argillano asco-
lano del Tasso : cf. op. cit., p. 63.

122) Cf. L. LEONI, Inventario cit., p. 66, n. 193.

128) Cf. Discorsi di M. Enea Vico Parmigiano sopra le medaglie de gli antichi, divisi
in due libri, ove si dimostrano notabili errori di scrittori antichi e moderni intorno alle
Historie Romane. Con due tavole, l'una de capitoli, l'altra delle cose più notabili ...,
In Vinegia, appresso Gabriel Giolito de Ferrari, 1558, pp. 17-72. — Nelle citazioni che
seguiranno, farò riferimento a questa edizione dell'opera.

124) Cf. E. BABELON, Traité des monnaies grecques et romaines, 1/1, Paris, 1901, col.
141. Le vicende del Vaillant sono narrate nel Traité cit., coll. 137-143. 46 : '" GIUSEPPE CHIARETTI

letino G. F. Fedeli Vittoria, con il quale fu in relazione il noto col-
lezionista Saverio Scilla ( 1735) 125),

Né è da pensare che la scienza numismatica abbia fatto in Um-
bria grandi progressi fino alla seconda metà del secolo xvi, allorché
comparvero all’orizzonte nomi illustri, quali l’abate Giuseppe Di
Costanzo e Giambattista Vermiglioli. Fino a quel tempo si continuò.
pressappoco con gli stessi criteri di indagine dei secoli precedenti,
come può vedersi negli scritti degli eruditi dell’epoca !29. Lo stesso
pregevole Odeporico del Di Costanzo? può esserne prova: le mo-

1) Cf. STANISLAO LE GRELLE, Saggio storico delle Collezioni Numismatiche Vati-
cane, in CAMILLO SERAFINI, Le monete e le bolle plumbee pontificie del Medagliere Vati-
cano, 1, Milano, 1910, p. xxrim, nota 10.

Altri collezionisti si interessarono piü tardi alle monete'della zecca pontificia di Spo-
leto, intorno alla quale, come annota il Faloci in una sua severa recensione ad un opu-
scolo di Luigi Pila Carocci (Della Zecca e delle Monete di Spoleto in relazione alla storia
delle epoche umbra romana ducale e pontificia, Camerino, 1884, 60 p.), «nella seconda metà
del secolo xvir si occupava a Spoleto a rintracciar notizie l'abate Antonio Acqua, il
quale stava in relazione col Bellini e col Mengozzi » : cf. recensione in « Archivio Storico
per le Marche e l'Umbria », 2 (1885), fasc. VI, p. 384.

Dell'abate Giovanni Mengozzi qui menzionato é da ricordare la bella dissertazione
epistolare Sulla zecca e sulle monete di Fuligno, edita a Bologna nel 1775, e inserita nella
Nuova raccolta delle monete e zecche d’Italia, di GUIDANTONIO ZANETTI : Tomo rr, Bologna
1779. Cf. Foligno, Bibl. Jacobilli, cod. A.VI.1 (n. 107 del Faloci); Ibid., Bibl. Com.,
cod. F. 30 (F. 54. 5. 30), e F.46). (F. 54. 9.46). Del Dorio il Mengozzi fa piü volte onore-
vole menzione (cf. nota 62).

Quanto alla zecca pontificia di Perugia, è meritatamente celebre la monografia di
G. B. VERMIGLIOLI, Della zecca e delle monete perugine. Memorie e documenti inediti . . .,.
Perugia, 1816. « Ci aveano prevenuti in questa non facile impresa, — scrive il Vermi-
glioli —, l'auditore Francesco Friggeri ed il ch. Annibale Mariotti col raccoglierne sem-
plicemente poche e mal digerite notizie, tuttavia rimaste inedite » (p. 6-7). Se qui ricordo:
quest'opera, é perché l'autore premette alcune notizie su due antiche monete italiche,
erroneamente da alcuni attribuite a Perugia, un esemplare delle quali è detto «esistente
eziandio, mercé le nostre cure, in questo pubblico gabbinetto di antichità » (p. 5). Manca
peró nell'opera del Vermiglioli ogni altra notizia su eventuali collezioni e collezionisti
di monete antiche nell'ambiente perugino.

126) Si vedano, ad esempio, nella Biblioteca Comunale di Todi un paio di lettere
copiate dall'erudito tuderte Giambattista Alvi (1706-1780), una delle quali, dal titolo
«Se una medaglia di Aulo Vitellio imperatore in argento che ha il seguente riverso sia
falsa e che cosa simbolizzi detto riverso », fu scritta presumibilmente dal poligrafo tu-
derte Andrea Giovannelli (1686-1758) : cf. Todi, Bibl. Com., Fondo Alvi, busta A, nn. 51
e 63. Del Giovannelli il Vermiglioli ricorda un'altra erudita dissertazione ms. Se una an-
tica moneta di metallo con le lettere in una parte '[ q5[ possa essere stata veramente di Pe-
rugia, dissertazione allora posseduta dal cav. Ottaviano Ciccolini di Todi : cf. G. B. VER-
MIGLIOLI, Bibliografia storico-perugina cit., p. 190.

127) Giuseppe Giustino Di Costanzo (Alicata 1738-Aquila 1813) fu un dotto religioso
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 47

nete ivi ricordate sono in sostanza ancora oggetto di curiosità, sia
pur preziosa e di alta qualità, anziché stimolo per una ricerca siste-
matica ed uno studio organico, preannunciato peraltro da felici in-
tuizioni ; buone cioè, insieme agli altri prodotti della toreutica meglio
studiati e descritti, ad «intrattenere i dilettanti delle antichità » 129).
Tra le collezioni numismatiche visitate dal Di Costanzo durante il
“suo viaggio archeologico per l'Umbria intrapreso nel settembre 1788;
sono ricordate, oltre alla sua personale :9, quella dei benedettini di
S. Pietro a Perugia ?, e quella di don Benedetto Laurenti priore
della cattedrale di Todi». Interessa pure notare che fonte del
mercato numismatico, tramite le « botteghe degli anticagliari », con-
tinuavano ad essere i ritrovamenti casuali nelle campagne durante
gli scavi per le piantagioni o altri lavori agricoli 9? ; e collezionisti
erano, anche allora, persone colte e gentiluomini amatori di antica-

benedettino peritissimo nell'antiquaria, il quale ha lasciato, tra l'altro, un prezioso Ode-
porico manoscritto, e cioè una minuta relazione dei suoi viaggi per l’Italia centrale : nel
1788 in Umbria ; nel 1799 in Abruzzo, nella Campania e nel Lazio. Cenni biografici, che
per altro non sono derivati dalle voluminose Memorie tuttora inedite di Francesco Can-
cellieri (cf. Bibl. Vaticana, Vat. lat. 9273 e 9274), premise il Faloci alla sua edizione par-
ziale dell'Odeporico (cf. M. FaLoci PuLIGNANI, L'Odeporico dell'abbate Don Giuseppe
Di Costanzo, in «Arch. Storico per le Marche e l'Umbria », 11 (1885), pp. 510-702). L’opera,
smarrito l'originale cbe era conservato presso la biblioteca dei benedettini di S. Paolo
(Roma) da dove trasse copia il Faloci, e restando sconosciuta la sorte dell'apografo già
in possesso del Corvisieri (cf. GIovANNI PANSA, Catalogo descrittivo e analitico dei mano-
scritti riflettenti la storia d' Abruzzo, in « Bullettino della Deput. Abruzzese di Storia Pa-
tria », 47-50 (1957-1960), p. 22, n. 5), può ora leggersi in un codice della Vaticana (Vat.
lat. 10544), di recente identificato dal Morelli che ne ha pubblicato la parte riguardante
l'Abruzzo (cf. Giorgio MoRELLI, L'Odeporico dell'abate Giuseppe Giustino Di Costanzo,
in « Arch. Storico per le Provincie Napoletane », 82 (1964), pp. 316-354). Estratti relativi
a singoli monumenti o avvenimenti d'Abruzzo furono a suo tempo pubblicati dal Bal--
zano (cf. ViNCENZO BALZANO, Reliquie d'arte della badia di San Vincenzo al Volturno,
in « Rassegna d’Arte degli Abruzzi e del Molise », I (1912), pp. 60-65), dal Cappelli (cf.
ALronso CAPPELLI, Di Costanzo e il suo Odeporico, in « Rivista Abruzzese », 1912, p. 545-
551 ; 1913, pp. 35-47), dal Coppa Zuccari (cf. L'invasione francese negli Abruzzi (1798-
1810), rt, Aquila, 1928, doc. pxx, pp. 797-798).

128) Cf. Odeporico, Vat. lat. 10544, p. 38 (p. 572 della edizione del Faloci).

129) Cf. Odeporico cit., pp. 60. 175 (« Queste monetine hanno somministrato un arti--
colo alla mia Deca archeologica » : di questa Deca però non è rimasto nulla, cf. FALOCI,.
L'Odeporico cit., p. 539, n. xir), 182.

130) Cf. Odeporico cit., p. 38.

181) Cf. Odeporico cit., p. 80 (p. 605 della edizione del Faloci).

1°) Cf. Odeporico cit., p. 121 : a Bettona, p. 175 : ad Assisi (p. 632 e 667 della edizione:
del Faloci).
48 GIUSEPPE CHIARETTI

glie, ricchi questi ultimi di denaro ma non sempre di senso critico 192),
Erano quelli, del resto, i tempi degli scavi abusivi proibiti dalle
leggi e perseguiti dalle autorità, della caccia ai « tesori », delle tante
leggende e pratiche di magia fiorite a margine di quel fervore di
ricerca tutt'altro che scientifica 194).

Ma il discorso a questo punto esula dai confini proposti. Era
necessario comunque accennarlo per dimostrare la persistenza dei
caratteri di certe indagini e ricerche archeologiche, a livello sia po-
polare che erudito, quello stesso da cui trasse origine e stimolo l’opera
del Dorio.

133) Cf. Odeporico cit., p. 176 : « Seppi che tutti questi bronzi erano stati acquistati da
un giovane gentiluomo perugino, che girava per la provincia dell'Umbria e della confi-
nante Toscana raccogliendo anticaglie senza aver capitali per discernerne la sincerità e
il vero preggio, onde restò ingannato dalla malizia degli impostori che insidiano le borse
dei semplici. »

31) Ne resta ricca documentazione nei processi e nelle relazioni di scavi conservati
nell'Archivio di Stato di Roma, 113/I Camerale II: Antichità e belle arti (1538-1825).
Tra le varie centinaia di fascicoli che riguardano tutto il territorio dello Stato pontificio,
meritano di essere segnalati, per l’importanza che rivestono ai fini dell’archeologia um-
bra, i fascicoli 28 e 29 concernenti il rinvenimento, avvenuto casualmente nel 1794 a
Civita di Cascia, di monete, bronzetti ed altri oggetti d’oreficeria : sono allegate le rela-
zioni che stesero Gio. Battista Bondacca su alcune monete, e Ennio Quirino Visconti
su alcuni oggetti di bronzo. Tutto il materiale finì al museo Pio-Clementino.
CAPITOLO SECONDO

PROBLEMI E COLLEZIONI NUMISMATICHE
DEL PRIMO SEICENTO ROMANO

Prima di procedere all’esame del manoscritto del Dorio, è bene
gettare uno sguardo sui criteri che, nel primo Seicento, guidavano
la storiografia archeologica in genere, e numismatica in particolare,
in modo da meglio situare il manoscritto doriano, che a quei criteri
si ispira. Non importa tanto analizzare le opere dei maestri della
numismatica, cui tutti i collezionisti del secolo xvir fanno immanca-
bilmente riferimento ; bensì tentare una ricerca in quel vastissimo,
ed in gran parte inesplorato, settore del dilettantismo erudito, in
cui prosperò larga messe di studi e di raccolte.

L'indagine è accentrata nell'ambiente romano, sia perché ai suoi
eruditi e alle grandi collezioni numismatiche romane di principi e
cardinali facevano necessariamente riferimento studiosi e collezio-
nisti di tutto il mondo, sia perché i rapporti, e quindi gli interscambi
culturali, tra l'Umbria e Roma erano assai intimi e frequenti. Non
a caso ho sottolineato il particolare gusto del Dorio e dello Jacobilli
nel sottoscriversi « civis romanus ».

Questo esame ravvicinato consentirà di seguire passo passo, con
le sue involuzioni ed incertezze, l'intima dialettica dei criteri di in-
dagine entro un certo lasso di tempo. Trattasi di un momento della
storia culturale, ove affiorano, pur tra tanta farragine, fermenti
ed intuizioni che verranno adeguatamente ripresi solo in età mo-
derna. Si pensi, oltre ai problemi generali di cui si é fatto cenno
nella nota introduttiva, alle questioni specifiche della catalogazione
delle monete e dei criteri di catalogazione in rudimentali « corpus
nummorum », dei problemi sollevati dai « contorniati » e dai « meda-
glioni», degli stretti rapporti della vastissima tipologia monetale
con il costume la storia l'arte. A quest'ultimo proposito converrà
notare che l'attenzione degli studiosi di numismatica e dei collezio-
nisti del primo Seicento, seguendo l'indirizzo già invalso nel secolo
precedente, é rivolta in gran parte alle monete romane e, tra queste,

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alle monete dell’età imperiale, sia per la maggior facilità di tro+
varle sul mercato antiquario, abbondantemente rifornito dagli scavi
allora in corso, sia per la loro oggettiva intrinseca bellezza formale.
Scrive autorevolmente la Breglia : « La moneta imperiale, con la ric-
chezza e la continuità delle sue serie, costituisce un meraviglioso
libro dalle pagine di bronzo, in cui rivive con svariate forme tutta
la storia e la vita dell'impero [...]. L'arte monetale, più che mai
in età romana, segue e rispecchia i problemi della grande arte. Il
fenomeno è controllabile nei ritratti in maniera immediata ed eviden-
tissima : l’indirizzo classicheggiante di età augustea, la corrente illu-
sionistica prevalente in età flavia, gli accentuati effetti di chiaro-
scuro dei ritratti degli Antonini, la varietà di orientamenti e di ten-
denze del terzo secolo, l’irrigidimento delle forme e la ieraticità delle
immagini più tarde, trovano nelle serie monetali una applicazione
e una documentazione chiara e precisissima [...]. Il periodo aureo
della monetazione romana, dal punto di vista artistico, si esten-
de da Nerone agli Antonini, con una continuità di tono ed una sa-
pienza tecnica nella forza del rilievo e nella nitidità degli elementi
singoli, che non puó essere riportata a un fenomeno isolato, legato
ad una personalità individuale, bensi ci segnala l'esistenza di una
ricerca collettiva, di una tradizione di incisori salda ed ormai costi-
tuita... [Con Diocleziano e Costantino] il grosso della produzione,
soprattutto nella valuta di bronzo, di modulo minore, é infatti for-
temente degradato dal punto di vista artistico. Anche il ritratto,
che ha costituito sempre l'elemento piü rappresentativo e quello
che con maggior costanza è riuscito a conservarsi, si sbiadisce e
perde in efficacia, appena rendendoci i caratteri piü evidenti delle
fisionomie, sovente orientandosi verso una tipicità che fu detta delle
«immagini banali » 9.

| i COLLEZIONISTI E STUDIOSI A RoMA NEL SECOLO xviI. — C'è un
| immigrato di origine umbra che merita ogni attenzione, il quale
| ebbe sui collezionisti e sugli eruditi del suo tempo un notevole in-
flusso, di certo superiore ai suoi meriti scientifici: Francesco Ange-
loni ®. Nato a Terni intorno al 1559, fu dapprima protonotario apo-

1) Cf. L. BnEGLIA, Numismatica antica cit., pp. 108-109.
?) Nota bio-bibliografica : L. JAcoBILLI, Bibliotheca Umbriae cit., p. 112; LEONE
ALLACCI, Apes urbanae sive de viris illustribus qui ab anno mpcxxx per totum MDcxxxit
Romae adfuerunt ac typis aliquid evulgaverunt, Romae, 1663, p. 103 ; G. M. Mazzu-
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 51

stolico nella corte pontificia, poi segretario del card. Ippolito Aldo-
brandini *. Si trovò quindi nelle condizioni ideali per divenire, quale
fu, il tipico uomo di lettere e di varia e piacevole erudizione, alla
stregua di tanti altri in quel secolo; ed in quella veste poté com-
porre e pubblicare numerose opere, e meritare di sedere degnamente
nelle tornate accademiche. Fu pure aggregato alla accademia degli
« Insensati » di Perugia col nome di « Tenebroso ». Il Passeri, par-
lando di lui nella biografia del Domenichino, mette in rilievo la se-
greta molla della sua, come dell’altrui, operosità, e cioè la « curio-
sità » 9, definendo l'Angeloni « persona adorna di molte eruditioni
et in lettere assai versato, et al maggior segno curioso delle belle
professioni, havendo la casa adorna d’infinite galanterie e memorie
antiche, di quadri di valore, et uno studio di medaglie delle piü sin-
golari, e di disegni dei più celebri e renomati pittori » 9. Di questo
«Museo Romano », come fu chiamato da Gio. Battista Ferrari, o
«Museo Angelonio », parla a lungo e con lode il nipote Gio. Pietro
Bellori, celebre antiquario e bibliotecario di Maria Cristina di Sve-
zia ®©. Era formato da «una inestimabile raccolta di antichi bronzi
e medaglie, divisate in piü serie di ogni grandezza e metallo...
Et in vero l'Angeloni, essendo dotato di gentilissimi et humanissimi
costumi, apriva a ciascuno liberalissimamente la sua casa e le ric-

CHELLI, Gli scrittori d’Italia, 1, Brescia, 1753, pp. 768 s. (bibl.) ; Nouvelle Biographie
Générale, Paris, 1852-1866, rr, pp. 648 s. ; KENNETH DONAHUE, The ingenious Bellori. A
biographical Study, in « Marsyas. A publication by the students of the Institute of fine
arts New York University » 3 (1943-1945), pp. 111 s. 129 s. ; GIOVANNI MERCATI, Note
per la storia di alcune biblioteche romane nei secoli XVI-XIX, (Biblioteca Apostolica
Vaticana, Studi e Testi, 164), Città del Vaticano, 1952, pp. 156 s. 163 s.

*) Pronipote di Clemente VIII, fatto cardinale nel 1621 e camerario di S. Chiesa
nel 1623 ; mori a Roma nel luglio 1638. Cf. Hierarchia Catholica, 1v cit., p. 16.

4) Questa « curiosità » ad esempio, è notata anche per il patrizio romano Francesco
Gottifredi, che nel 1663 donó la sua bella collezione di 200 medaglioni alla regina di Sve-
zia. « Médailliste curieux » lo definl infatti il De Monconys, il quale conobbe il Gotti-
fredi in un suo viaggio a Roma nel 1664. Cf. Les vogages de Mr. de Monconys en Allemagne
et le troisiéme qu'il a fait en Italie, 111, Paris, 1696, p. 451, citato da S. LE GRELLE, Saggio
storico cit., p. xr, nota 5. Analogo è il significato dell'« ingenious » attribuito al Bellori
mentre era ancora in vita: cf. K. DoNAHUE, The ingenious Bellori cit., p. 128, nota 1.

*) Cf. Die Künstlerbiographien von Giovanni Battista Passeri, nach den handschrif-
len des autors heransgegeben und mit anmerkungen versehen von Jacob Hess, (Ròmische
Forschungen der Bibliotheca Hertziana. Band xI), Leipzig und Wien, 1934, p. 62.

*) Si veda la prefazione del Bellori alla seconda « impressione » de L'historia augusta
(Roma, 1685), p. (9). Nel proemio l'Angeloni stesso chiama il suo museo «studio di antiche
medaglie e metalli, di pitture, disegni e di cose naturali e peregrine » (p. 14).

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GIUSEPPE CHIARETTI

chezze del suo museo, onde ne conseguiva l’amore de nostri e di
quelli che da lontane parti sogliono peregrinare a Roma ». Tra questi
pellegrini dell’arte e delle antichità fu anche il turista inglese John
‘Evelyn, che fece visita al museo dell’Angeloni nel 1644 e nel 1645,
e ne lasciò giudizi di grande stima ?. Quel museo purtroppo, per la
cui formazione il collezionista non aveva badato a spese 9, alla morte
dell'Angeloni, avvenuta a Roma il 30 novembre 16529, andò di-
sperso tra i nipoti, che erano poveri; alcuni oggetti toccarono al
Bellori 9, Anche il museo del Bellori ( 1696), però, ebbe una pre-
coce dispersione, e tutta la suppellettile antiquaria era già a Berlino
nel 1701 1».

Delle varie opere dell'Angeloni, edite o inedite, a carattere sia
storico che letterario o parenetico, occorre qui ricordarne un paio:
la Lettera al Ferentilli e l'Historia Augusta.

1 — La Lettera*® è un documento che rivela a sufficienza la
temperie culturale del mondo numismatico romano nei primi de-
cenni del secolo xvir, e i motivi e gli interessi che lo animavano.
Le idee ivi contenute, pur se derivate in sostanza dalle opere edite
dei maestri degli studi numismatici del Seicento, e cioè l'Erizzo,
l'Agustin, e sopra tutti il Vico, ebbero notevole successo e bene sin-
tetizzano il magistero orale dell'Angeloni. Non a caso si ritrovano
tali e quali in opere coeve, come si vedrà. La Lettera reca la data del
6 settembre 1620, e fu diretta al compaesano Giovanni Francesco
Ferentilli 9, buon giurista ed avvocato presso la curia romana, ed

*) Cf. The Diary of JoHN EvELYN, edited by WiLLiAM BrAY, I, London, 1907, pp.
161-162. i

8) Così egli stesso scrive nel proemio, p. 14. Alla raccolta collaborò anche il Bellori,
che ne trasse stimolo ed incoraggiamento per i suoi studi delle antichità : si vedano i
cenni biografici premessi dall'abate Valesio alle Joannis Petri Bellorii Romani Adnota-
tiones in XII priorum Caesarum numismata ab Aenea Vico Parmensi olim edita..., Ro-
mae, 1730.

*) Cf. G. MERCATI, Note cit., p. 156, nota 2. Lo Jacobilli ed il Mazzuchelli anticipano
la data di morte al 29 novembre.

10) Al Bellori andò anche la casa dello zio, ubicata presso S. Isidoro e la vigna del
card. Ludovisi : cf. K. DONAHUE, The ingenious Bellori cit., p. 129, nota 13 ; G. MERCATI,
Note cit., pp. cit.

11) Il MAZzUCHELLI (Gli scrittori d'Italia, 11, p. 703, nota 9) riferisce sulla raccolta bel-
loriana il giudizio del Misson (Nouveau voyage d'Italie, 11, 249) : «le nombre des pieces
curieuses qui s'y voyent, n'est pas de plus grands, mais il n'y a rien qui ne soit choisi :
tout est de plus rare et de plus parfait ». Per tutta la questione si vedano le opere già ci-
tate del Donahue (pp. 112 e 131) e del Mercati (p. 157 s., nota 1).

12) Dell'utilità della numismatica. Lettera inedita di FRANCESCO ANGELONI, Vene-
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 53

a qual tempo segretario del cardinal Mellini. Anche il Ferentilli,
.come era costume di ogni buon segretario, s'era dedicato allo studio
ed alla raccolta delle monete antiche, studio, come gli assicurava
l’Angeloni, « convenevolissimo a qualunque gentile spirito e che, pre-
giato sopra tutto da supremi principi, più che ad altri si confà per
certo a buoni segretari » 4. L'Angeloni, ripetendo fedelmente la le-
zione appresa dal Vico e facendosi a sua volta maestro per uno sco-
laro così diligente, spiega dapprima le ragioni per cui bisogna amare
le « medaglie » (come erano allora comunemente chiamate le mo-
nete). In esse, a saperle bene interpretare, è scritta gran parte della
storia antica, talvolta agli stessi storici sconosciuta, dei personaggi
più importanti e delle loro gesta in pace e in guerra, degli usi e co-
stumi sia civili che militari, dei fasti, dei riti e della religione, e per-
sino dell'abbigliamento. « E questo non ad altro feciono gli antichi
che per confirmare a posteri con simili incontri la gloria romana
[. ..]. Senza la cognizione delle medaglie non si può di gran parte
delle istorie aver la certezza che fa mestieri [. ..]. Non vi è profes-
sione che dall’aver notizie dell’antiche medaglie non possa notabil-
mente profittarsi, dovendosi per tal via comprendere meglio l’utilità
loro ». Dal loro studio quindi possono trarre vantaggio i principi per
il loro comportamento verso i sudditi e la religione, i capitani, i
soldati, i sacerdoti, le donne (« nuove invenzioni di abiti e di accon-
ciature di testa e di annodamenti di capelli, ma sopra tutto l'esem-
pio di imitar le antiche nella pudicitia e in molte altre virtù »), i
grammatici, gli scrittori, gli architetti, i poeti, i pittori («il pittore
v'imparerà per sé il disegno, l'invenzione, il componimento dell'isto-
ria, gli abiti e le figure diverse e in piü positure disposte »), i filosofi
morali, i geografi, «coloro che dilettansi di memorie locali », i « fi-
sionomi », gli astrologi, i musici, i « maestri di legname », i navi-

zia, 1811, 24 p. L'opuscolo, pubblicato per la prima volta nel 1811 a cura di Antonio
Meneghelli che lo dedicó al letterato ed erudito neo-ellenico Andreas Mustoxidis, non
è conosciuto dal Mazzuchelli ed è ancor oggi pressoché ignorato.

13) Pur egli nativo di Terni, finì uditore generale del card. Antonio Barberini, came-
rario di S. Chiesa, e referendario sotto Innocenzo X e Alessandro VII ; dette alle stampe
alcune opere a carattere giuridico storico encomiastico ; morì a Roma il 16 novembre
1657. Cf. L. JAcoBILLI, Bibliotheca Umbriae cit., p. 165 ; L. ALLACccI, Apes urbanae cit.,
158; Bruno KATTERBACH, Referendarii utriusque Signaturae a Martino V ad Clementem
IX et praelati Signaturae Supplicationum a Martino V ad Leonem XIII, in « Bibliotheca
Apostolica Vaticana », 1931, p. 311, n. 42, p. 320, n. 24.

14) Cf. Dell'utilità della numismatica cit., p. 7. 54 GIUSEPPE CHIARETTI

ganti, gli scultori («le varie statue, i piedistalli, li capitelli, le basi,
et altre più sorti di fatture appartenenti all'esercizio loro »). « E se
qualunque professione volessi andar qui annoverando, non vi ha
dubbio che, per ciascuna, alcuna cosa si troverà nelle antiche medaglie,
che il saperla del tutto ad essa si apparterrebbe ». Esorta perciò il
Ferentilli a continuare in siffatto studio : « Né le ponga spavento
lo spendere che nel comperar medaglie le convien fare, perché oltre
che ne ha bastevol facoltà, ne le dee anche accrescer l'animo il ve-
dere che quel che già dieci valeva, si ha ora per uno, e si puó con
picciol sconcio giunger facilmente ad averne quel numero che con
lo spender molt'oro non ebbero que' grandi uomini che da prima vi
attesero. E se V.S. ha talora impiegati de suoi danari in gioie, il
cui pregio e valore nella sola umana opinione si sta riposto, senza
contenere in essi fondamento di merito che lo richieda, fuori di quel
solo colore e splendidezza che mostrano: dove puó maggiormente,
oltre a' soliti necessari bisogni, impiegarsi l'oro che nelle medaglie ?
Parlo di quelle che per rarità sono eccellenti, poiché non come tutte
le gioie vengono tutto giorno dalla natura prodotte e da ogni per-
sona nelle dita portate, ma furono da tale perfezione d'arte fabbri-
cate [...]. Né men la ritardi ciò che le volgari persone, non sapendo
ció che sieno le medaglie o li significati loro, vanno imprudentemente
contra gli amatori di esse spargendo: avvegnaché non al volgo o
agli homini ignoranti o agli avari e schiavi dell'oro é un cotale studio
serbato né convenevole; ma a quelli solamente che d'ingegno, di
dottrina e di onesta liberalità son dotati » 19),

Ecco esposte in poche parole tante cose: i motivi culturali che
spingevano alla raccolta delle monete, intese come documenti della
certezza storica, alla pari ed anche più di tutti gli altri documenti
dell’archeologia ; i molteplici punti di vista dai quali si osservavano
i singoli pezzi o le serie monetali, tutti sorretti da una preminente
curiosità erudita, anche se largamente lacunosa in quanto ispirata,
come si è detto, ad una visione statica e non dinamica della moneta ;
gli stessi interessi economici nel perseguire una accorta capitalizza-
zione del risparmio investito sul mercato antiquario. Si capiscono
quindi le preoccupazioni per ricercare quali tra le innumerevoli mo-
nete fossero le più valide anche dal punto di vista economico, e se
ne faceva, già dai tempi del Vico e dell’Erizzo, una certa cataloga-
zione sulla base della rarità, del metallo pregiato (tale era anche il

15) Cf. Dell’utilità della numismatica cit., pp. 10-15.

UM UT e
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 55

cosidetto « metallo corinzio »), dello stato di conservazione, e di certe
caratteristiche intrinseche relative al conio, che l'Angeloni riprende
pari pari dal Vico. In molti casi, anzi, proprio queste caratteristiche
hanno il primo posto nel giudizio circa il valore di unà moneta, più
ancora del metallo prezioso in cui sono coniate, presentando esse o
«la variata istoria degli antichi » o «il notabile artificio dei maestri » :
le quali caratteristiche furono dagli imperatori intenzionalmente fa-
vorite, « volendo che nell'une la materia, nell'altre l'arte si avesse
in pregio » !9. Per il che riaffiora nuovamente, in un contesto di
sapore schiettamente economico, il concetto dell'arte, sia pur inteso
nella piü facile, ed allora comune, accezione : singolarità di soggetto,
purezza ed armoniosità di linee, vaga euritmia compositiva. Questo
stesso concetto faceva ritenere «belle e notabili medaglie» tutte
le monete battute in onore di donne della casa imperiale, e meschine
invece quelle « da Gallieno in giù », le quali, pur essendo rarissime,
per l'inclemenza dei tempi « furono per lo piü coniate di cosi brutta
e picciola forma che ben presto restarono disperse o dal tempo cor-
rose e guaste » 12).

In questa rapida sintesi dell’Angeloni, puntualmente sostenuta
da larghe esemplificazioni, c'è tutto quel che un collezionista di mo-
nete dell'impero romano doveva sapere.

Poiché il Ferentilli aveva sottoposto al giudizio dell'amico una
moneta acquistata «di fresco», l'Angeloni, che la ritenne «raris-
sima », la fece esaminare per sicurezza agli esperti romani Lodovico
Compagni «detto de' camei», Dionisio Sada, Marco Baldanza, e
«da altri buoni antiquari di Roma », i quali tutti convennero nel
giudizio di rarità 19).

1*) Dice la BrEGLIA (Numismatica antica cit., p. 103) : « In età imperiale uguale va-
lore, nel campo della valutazione artistica, assumono, rispetto alle serie monetali in oro
e argento, le serie del bronzo, specie nei nominali maggiori dell'asse, del dupondio e del
sesterzio, che presentano talora nei rovesci composizioni di pregevolissimo valore arti-
stico. Se questa constatazione puó non aver valore ai fini della valutazione artistica,
poi che poco importa la materia di cui l'immagine si veste, pure un certo interesse assume
dal punto di vista numismatico, in quanto ci denota la maggior cura che si dà alla veste
esteriore della moneta enea di cui é intesa la funzione, e la necessità di assicurarle in tutti
i modi credito e prestigio ».

17) Cf. Dell'utilità della numismatica cit., pp. 17-18.

18) Cf. Dell’utilità della numismatica cit., p. 19. L'esemplare del Ferentilli, « da ottima
‘maestria fabbricata », non è identificabile nel RIC (si veda al capitolo seguente). - GIUSEPPE CHIARETTI

2 — Buona fama tra i numismatici acquistò l'Angeloni con la
sua Historia Augusta *?. La seconda edizione, preparata dallo stesso
autore mentre era ancora in vita, vide la luce ad opera del Bellori
nel 1685, il quale inseri di suo varie « emendationi » critiche e molte
belle incisioni. Il Bellori non fu punto turbato dalla virulenza dei
critici dell'Historia, a capo dei quali fu quel Giovanni Tristano che
giudicó l'Angeloni « si malheureux en ses conyectures et explications
des revers les plus faciles » 29; ed.anzi, per conto suo, dopo aver
preso le difese dello zio con l'opuscolo polemico Il Bonino?*), curò
una nuova edizione dell'opera, da lui giudicata «di ogni commen-
datione degnissima per lo stile, facilità et applicatione de’ rovesci
alle narrationi historiche », dal momento che «essendo mancati gli
esemplari, veniva quest'opera a rigoroso prezzo ricercata da quelli
particolarmente che desiderano incamminarsi nel nobile e dilettevole
studio delle medaglie, essendo essa molto facile e propria ad intro-
durne il diletto »*9, Sempre nella preziosa «introduzione » dell’His-
toria, il Bellori fa il nome di altri studiosi di numismatica che intrat-
tenevano cordiali rapporti con l'Angeloni e molto stimavano il suo
museo, e cioè il card. Camillo Massimi ?), Francesco Cameli, biblio-
tecario ed antiquario della regina di Svezia *9, e Gio. Angelo Canini,
cui si deve la Iconografia overo Imagini degl'huomini illustri dell'an-
tichità (Roma, 1669), un'opera modellata su quella dell'Angeloni e,
come quella, difettosa di senso critico. L' Historia Augusía vuol por-
tare a compimento l'ingenuo proposito di ricostruire la cronistoria
degli imperatori romani tramite l'ausilio delle sole monete, le quali,
intese come documenti irrefutabili, vengono illustrate e commen-

1*) La historia augusta da Giulio Gesare infino a Costantino il Magno illustrata con
la verità delle antiche medaglie da FRANCESCO ANGELONI . .., In Roma, Per Andrea Fei,
1641, pp. (11), 396.

°°) Cf. Commentaires Historiques, 1, p. 669, citato dal MazzucHELLI, Gli scrittori di
Italia cit., p. 769, nota 12. Anche il Babelon accenna solo en passant all’opera dell'ANaE-
LONI : cf. Traité cit., col. 131.

*1) Il Bonino, ovvero avvertimenti al Tristano intorno gli errori nelle medaglie del primo
lomo de' suoi Commentari Istorici, s.n.t. (1649). L'opuscolo è da alcuni autori attribuito
all’Angeloni, ma il Mazzuchelli lo rivendica al Bellori : cf. Gli scrittori d'Italia cit., p. 769,
n. VII.

?) Si veda l'introduzione belloriana alla Historia cit., p. (10).

?*) Già patriarca di Gerusalemme e nunzio in Spagna, fu poi cardinale dal 1670 al
1677, nel quale anno mori a Roma. Cf. Hierarchia Catholica cit., 1v, p::203;:v;p::7.

24) Di lui dice il Bellori : « volentieri dall'Angeloni medesimo riconosce i primi mo-
tivi della sua eruditissima applicatione alle medaglie ».

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GuBBIO, Archivio di Stato, Fondo Armanni II. c. 10.
! Lettera autografa di Durante Dorio al conte Gio. Battista Cantalmaggi : da Nocera Umbra, 28 novembre 1636, Em

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FoLIGNO, Bibl. Jacobilli, cod. A. VI. 8, f. lr.
La prima pagina dell’ « Inventario delle medaglie» di Durante Dorio.

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tate con i testi degli antichi autori (non viceversa, si badi bene);
e dal ritratto monetale, letto nel suo contenuto fisionomico, si cerca
di ricostruire la personalità di ogni imperatore, seguendo in ciò una
linea di sviluppo che trae origine dal Petrarca 25. È ben vero che

l’Historia non segna alcun traguardo notevole per la scienza numisma- -

tica, ma non può negarsi che sia un’opera abbastanza equilibrata nel
suo genere, ed una bella concreta dimostrazione degli ideali e dei
criteri che animavano gli studiosi di numismatica di quel tempo.

I MAESTRI DEL COLLEZIONISMO. — A fine di meglio ambientare
la, vicenda dell'Angeloni e della numismatica dei primi decenni del
secolo xvii entro un preciso contesto storico, occorre fare un breve
richiamo ai numi tutelari ed ispiratori di quel movimento e alle
esemplari collezioni romane allora in formazione.

Tra tutti primeggia il parmense Enea Vico (1523-1567), anti-
quario ed incisore *9, che raccolse un gran numero di monete, parti-
colarmente dell'età imperiale, e con il loro aiuto compiló una doz-
zina di opere a carattere storico, non tutte date alle stampe, tra le
quali emergono i celeberrimi Discorsi sopra le medaglie editi nel
1558??. I Discorsi, come giustamente afferma il Michelini-Tocci,
sono « una specie di guida per il raccoglitore, con intuizioni singolar-
mente moderne »?*9?; e, per il loro carattere di prontuario completo
di facile uso, più di ogni altra opera influirono sul gusto dei colle-
zionisti e di tutti coloro che ricercarono « l’honesta dilettatione delle
medaglie antiche » ?»,

2) F. PETRARCA, Rerum memorandarum, lib. 11, 4; cf. BABELON, Traité cit., col.
83 ss. Soprattutto nel Seicento iconografia ed iconologia si compenetrarono a vicenda :
si veda il « discorso preliminare » di ENNIO QuiniNo ViscONTI, in Iconografia greca . . .,
recata in italiana favella dal dott. GrovANNI LaBus, 1, Milano, 1823, pp. 1-53.

**) Per un profilo bio-bibliografico si veda IReNEo Arrò, Memorie degli scrittori e
letterati parmigiani, rv, Parma, 1793, pp. 107-122.

7) Discorsi di M. ENEA Vico PARMIGIANO sopra le medaglie de gli antichi, divisi
in due libri, ove si dimostrano notabili errori di scrittori antichi e moderni intorno alle his-
torie romane. Con due tavole. .., In Vinegia, Appresso Gabriel Giolito de Ferrari, 1558,
pp. 112 (Tavole).

8) Cf. LurGr MicHELINI Tocci, I medaglioni romani e i contorniati del Medagliere
Vaticano ..., Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1965, p. 7 nota.

2°) Cf. E. Vico, Discorsi cit., p. 11. Nel Proemio (pp. 11-12) e nel cap. x1 (pp. 48-49)
sono succintamente descritti i vantaggi dello studio delle monete, per il quale « d'infinite
cose si viene in cognitione e si scorgono molti notabili errori di piü illustri scrittori cosi

LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 57

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Accanto all'opera del Vico si pone l'egualmente celebre Discorso
sopra le medaglie ®® del veneziano Sebastiano Erizzo (1525-1585) s,
amico del Vico e pur esso erudito antiquario, collezionista e studioso
di numismatica romana. Il suo Discorso, più ampio e metodico di
quello del Vico, e forse implicitamente polemico se si pensa che mai
l’Erizzo fa menzione del Vico e dei suoi Discorsi, ebbe pur esso fon-
damentale importanza, ed anzi, come dice il Ginguené, «fait époque
dans la science numismatique, et, malgré le progrés qu'elle a faits
depuis, jouit encore de l'estime des savants ».

Altro maestro degli studi numismatici fu il prelato spagnolo
Antonio Agustin (1517-1586), morto arcivescovo di Tarragona *9, I
suoi Discorsi, divisi in undici dialoghi, ebbero numerose edizioni
in piü lingue ; l'edizione italiana fu curata da quel Dionigi Ottaviano
Sada che è ricordato dall’ Angeloni **),

Con l'Augustin entriamo nel bel mezzo dell'ambiente culturale
romano, e, per via delle monete, troviamo il suo nome associato a

antichi come moderni ». Le stesse idee furono rielaborate dall'Angeloni nella sua lettera al
Ferentilli.

| 3°) Discorso di M. SEBASTIANO Erizzo sopra le medaglie de gli antichi, con la dichia-
ratione delle monete consulari & delle medaglie de gli imperatori romani, In Vinegia, Ap-
presso Gio. Varisco & Paganino Paganini (1559), pp. (16). 282. 572. Si susseguirono altre
edizioni veneziane : dalla ristampa dello stesso 1559, alle edizioni corrette ed ampliate
del 1568 e del 1571, quest’ultima migliore delle precedenti.

31) Sull’Erizzo si vedano: GriRoLAMo GHILINI, Teatro d'huomini letterati, Venetia,
1647, p. 207; P. L. GINGUENÈ, Erizzo (Sebastiano), in L. G. MicHAUD, Biographie univer-
selle ancienne et moderne, xu, Paris, s. a., pp. 553s.; E. BABELON, Traité cit., col.
111-112.

??) Nato a Zaragoza, trascorse in Italia, e soprattutto a Roma, circa trenta anni
della sua vita, distinguendosi come «novatore degli studi giuridici, un punto di riferi-
mento per tutta la sua generazione » ; si dedicó parimenti a studi di epigrafi e di anti-
quaria e a ricerche concernenti le monete antiche, le quali, — come scriveva da Roma
a p. Onofrio Panvinio il 16 gennaio 1557 — «sono gli nostri trastulli, dum licet » : cf.
JoNAN ANDRES, Aníonii Augustini archiepiscopi Tarraconensis epistolae latinae et ita-
licae ..., Parmae, 1804, p. 254. Per un aggiornato profilo bio-bibliografico si veda CLAU-
DIO LEONARDI, Per la storia dell'edizione romana dei concili ecumenici (1608-1612): da
Antonio Agustin a Francesco Aduarte, in « Mélanges Eugéne Tisserant, », Vol. vi, Biblio-
thèque Vaticane (Bibl. Apostolica Vaticana, Studi e Testi, 236), Città del Vaticano, 1964,
pp. 583-637, e particoiarmente alle pp. 586-589 e alle note 11 e 13.

9) Cf. Dialoghi di don ANTONIO AcosTINI intorno alle medaglie, inscrittioni et altre
antichità, tradotti di lingua spagnuola in italiana da D1ioN1G1 OTTAVIANO SADA & dal mede-
simo accresciuti con diverse annotationi, & illustrati con disegni di molte medaglie & d’al-
tre figure, Roma, Guglielmo Faciotto, 1592. — Si conoscono altre edizioni romane dei
Dialoghi tradotti dal Sada (1625, 1650, 1698, 1736). LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 59

quello di un altro prestigioso antiquario di Roma, Fulvio Orsini
(1529-1600) #4. L'Orsini, introdotto allo studio delle monete antiche
dal romano Gentile Delfini, fu bibliotecario del cardinal Farnese, e
spendendo somme enormi, come ebbe a scrivere nella prefazione delle
sue Imagines Virorum Illustrium, poté raccogliere in Roma una
delle più grandi biblioteche e collezioni private, da cui trasse mate-
riale per le sue opere storico-antiquarie #5, acquistando tale abilità
nel riconoscere i falsi da essere spesso consultato dagli eruditi e dai
collezionisti *9. Alla sua morte la biblioteca passò alla Vaticana,
mentre le preziose collezioni d’arte, comprendenti cammei pitture
disegni busti di marmo bassorilievi iscrizioni monete greche e latine,
passarono: per testamento al cardinal Odoardo Farnese. Le colle-
zioni numismatiche raccoglievano ben 70 monete d’oro, 1900 d’ar-
gento, e più di 500 di bronzo. Di ogni pezzo l'Orsini redasse un ac-
curato inventario *?, annotando la persona da cui aveva acquistato
l’oggetto ed il prezzo per esso pagato, o anche il nome del donatore
ed il prezzo di stima. È bene rilevare alcune caratteristiche dell’in-

34) Sull’Orsini si veda : GrusEPPE CASTIGLIONE, Fulvii Ursini vita, auctore Josepho
Castalione, Romae, 1657, p. 39; PIERRE DE NoLHac, Les collections d'antiquités de Fulvio
Orsini, Rome, 1884 ; Id. Id., La bibliothéque de Fulvio Orsini : contributions à l'histoire
des collections d'Italie et à l'étude de la Renaissance , . ., Paris, 1887 ; E. BABELON, Traité
cit., coll. 105-106. — Il Visconti dette dell'Orsini un famoso giudizio : « On ne trouve
pas dans l'histoire de la littérature un homme qui égale cet Ursinus par le savoir, par
l'expérience, par le jugement qu'il déployait en examinant et en recueillant des antiqui-
tés»: cf. ENNIO QuiniNo ViscowTI, Musée Pie-Clementin, Milan, 1819, p. 88. Altrove
{Iconografia greca cit., p. 324) defini l'Orsini «il padre dell’iconografia antica ».

35) Tra le opere dell'Orsini, per le quali si veda la bibliografia citata ed anche il Vr-
scoNTI (Iconografia greca cit., pp. 26-30), conviene qui ricordare, per i motivi or ora
esposti, Familiae romanae quae reperiuntur in antiquis numismatibus, ab urbe condita ad
tempora divi Augusti, ex bibliotheca Fulvi Ursini. Adiunctis familiis XXX ex libro An-
toni Augustini . .., Romae (1577).

?) È quanto afferma il BABELON (Traité eit., col. 104) richiamando il DE NorgaAc
(La bibliothèque de F. O. cit., pp. 34-35). Il Visconti invece (Iconografia greca cit., p.
29, nota 2), badando più alla validità di certi giudizi dell'Orsini, preferì osservare : « Giu-
seppe Castalione ha già notato che quest’erudito non era quegli che in Roma avesse
l’occhio il più sicuro per riconoscere l’autenticità dei monumenti antichi (cf. Vita Ful-
vii Ursini cit., p. 9).

37) Ne Les collections d’antiquités cit. del De Nolhac l'inventario delle monete è
alle pp. 49-95. — Nella collezione Orsini sono quasi assenti i bronzetti antichi, analoghi
a quelli del Dorio. Si fa menzione infatti solo di un « Arpocrate in forma d’Amorino,
di bronzo », del valore di sc. 6, e di una « figura d’un satiro di bronzo », del valore di sc. 3
(p. 48, nn. 46 e 50). Sono pure ricordati venti « pesi di paragone » (p. 46, nn. 32-34), un-
dici «tessere d’avolio o vero d’osso bianco » e dodici « pesi di bronzo » (p. 93, n. 164).
60 GIUSEPPE CHIARETTI

ventario, le quali si ritroveranno in molti altri cataloghi del Seicento,
tra cui quello del Dorio, e che possono essere così riassunte : la divi-
sione delle monete (il nome usato però è sempre « medaglie ») è topo-
grafica (per stipi e cassetti) e non cronologica ; la descrizione è piut-
tosto generica e procede per tipi; sempre è descritto il tipo del BR,
solo talvolta é inserita l'iscrizione ; per indicare le dimensioni si usano
gli aggettivi « grande » « mezzana » « piecola »; mancano note sullo
stato di conservazione e sul valore estetico-artistico dei pezzi 33;
sono però distinte, tra le altre, la « medaglia cerchiata » #9, i « meda-
glioni » ‘9, la «medaglia crotoniata » 45), il « medaglione crotonia-
to » 42),

Il discorso sul museo privato dell’Orsini porta ad accennare an-
che ad altri musei che si formarono in Roma tra la fine del Cinque-
cento e l’inizio del Seicento, quasi sempre ad opera di cardinali e
prelati di curia e delle famiglie del patriziato romano. Di tutti la-
sciò una breve, ma fondamentale, descrizione il Bellori in una Nota,

x

sulla cui paternità si è sino ad oggi molto discusso 4), Si possono
qui ricordare, dei personaggi che più frequentemente si incontrano
nel presente lavoro, i musei e le collezioni numismatiche dei Far-
nese *9, dei Barberini ‘9, dei Boncompagni +9, di mons. Virgilio

°*) Per i dovuti raffronti riferisco qualche esempio di descrizione delle singole mo-
nete: « M.a grande, con testa d’Augusto ; nel rovescio la figura di Livia sedente : sc. 4.
— M.a grande, col sacrificio di Caligula et il tempio di Augusto : sc. 4. — M.a grande,
di Druso, con la sua testa ; nel rovescio la figura sedente : sc. 3. — M.a di Nerone, col
rovescio di Roma sedente : sc. 3. — M.a di Tito, col rovescio del Coliseo : sc. 30... —
M.a di Nerone, con MACELLVM AVGVSTI: sc. 4», ecc. Cf. Les collections d’antiqui-
tés cit., pp. 85-86.

**) Cf. Les collections cit., p. 73, n. 598.

1^?) Cf. Les collections cit., p. 74, nn. 602-603; p. 86, n. 283; p. 91, n. 444.

41) Cf. Les collections cit., p. 92, nn. 472-475; p. 94.

4) Cf. Les collections cit., p. 93 (« Medaglione crotoniato con testa di Alessandro
Magno ; nel rovescio il tempio di Iano con PACE etc. ; il quale fu pagato al sig. Hiero-
nimo Padovani sc. 25 »).

*) Nota delli Musei, Librerie, Gallerie et Ornamenti di Statue e ‘Pitture ne Palazzi,
nelle Case e ne' Giardini di Roma, Roma, 1664. La paternità belloriana della Nota è
esaurientemente dimostrata dal Mercati in un intero capitolo delle sue Note per la storia
di alcune biblioteche romane cit., pp. 147-160.

**) Cf. anche R. LANCIANI, Storia degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni
romane di antichità, 11, Roma, 1903, p. 162.

45) Cf. Nota delli Musei cit., pp. 10-11; I. P. DE Cinque - R. FABRINIO, Appendix
quae vitas cardinalium perficit in Ciacconiana historia non absolutas, Romae, 1791, coll.

3-4. — Museo e biblioteca, quest'ultima « superiore ad ogn'altra libreria d'Europa » (Bel-
‘(nota 46 a pag. seguente)
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 61

Spada *?, di mons. Camillo Massimi *9, del cardinal Pietro Otto-
boni 49, dei fratelli Dal Pozzo *9, e, famosissimo su tutti, il « numo-
filacio » della regina Maria Cristina di Svezia *9, nel quale conflui-
rono piü tardi le raccolte del Gottifredi, dell'Heinsius, del card.
Massimi, dell'abate Braccesi.

ALCUNI CATALOGHI NUMISMATICI. — Con questi personaggi e con
queste collezioni si sono già attinti i vertici della cultura numisma-
tica nella Roma del primo Seicento. Proseguendo nella ricerca, si
possono ora illustrare i criteri pratici seguiti per ordinare una qua-
lunque collezione, poiché gli elementi che ne balzeranno fuori con-
fermeranno ancora una volta gli interessi che muovevano i collezio-
nisti minori dell’età romantica. Per instaurare tale confronto ho
svolto indagini alla Biblioteca Vaticana, ed ho preso in esame un

lori), trovarono il loro mecenate nel card. Francesco, che fu bibliotecario di S. Chiesa
dal 1626 al 1633. Il museo o — come lo chiama il Bellori — il « gazofilacio », era ric-
chissimo anche di medaglie antiche ; ed a formarlo contribuì pure Urbano VIII di per-
sona, con un suo donativo (1628) di seicento monete imperiali d’argento : cf. S. LE GRELLE,
Saggio storico cit., p. XVI.

46) Il card. Francesco, nipote di Gregorio XV, morì a Napoli nel 1641 ; la sua colle-
zione passò al card. Girolamo : cf. Nota delli Musei cit., p. 14; Hierarchia Catholica, 1v,
cit., p. 16.

17) Il suo medagliere finì poi al museo annesso alla chiesa della Vallicella : cf. Nota
delli Musei cit., p. 32.

48) Sul Massimi si veda alla nota 23. Cf. Nota delli Musei cit., pp. 33-34.

49) Cf. Nota delli Musei cit., p. 37. L'Ottoboni, auditore di Rota, fu eletto cardinale
nel 1652, quindi Sommo Pontefice nel 1689 col nome di Alessandro VIII: cf. Hierarchia
Catholica, 1v, pp. 30. 121; v, p. 15 ss.

50) E cioè il celeberrimo Cassiano, caro ad Urbano VIII, buon amico e mecenate
dei letterati e degli eruditi del suo tempo, giunto a Roma nel 1611 ed ivi morto nel 1658 ‘
e Carlo Antonio, pur egli a Roma già dal 1620, alla cui morte (1689) museo e biblioteca
furono dispersi qua e là, mentre il medagliere finì a casa Lancellotti, ultima erede. Cf.
Nota delli Musei cit., p. 45; CArLo RoBERTO DATI, Delle lodi del comm. Cassiano dal
Pozzo, Firenze, 1664; GasparE DE GnrconY, Istoria della Vercellese letteratura ed arti,
ir, Torino, 1821, pp. 174-179; Giacomo LumBRoso, Notizie sulla vita di Cassiano Dal
Pozzo, Torino, 1876; G. Mzncarr, Note per la storia di alcune biblioteche romane cit.,
pp. 153 s. ; A. MintO, Le ’ Vite dei pittori antichi’ di C. R. Dati cit., pp. 14 s.

51) Cf. Note delli Musei cit., pp. 52-54; S. LE GRELLE, Saggio storico cit., pp. XXXIX-
-xL; L. MicHELINI Tocci, I medaglioni romani cit., pp. xxi-xxir. Nei saggi introduttivi
del Le Grelle e del Michelini Tocci si trovano molte notizie, con accurata bibliografia, su
altre collezioni numismatiche romane della seconda metà del sec. xvii e del sec. xvii, le
quali esulano dal nostro orizzonte. Altri collezionisti ed eruditi del Seicento, gravitanti in-
torno ai Barberini, sono ricordati dal Minto, Le ’ Vite dei pittori antichi’ di C. R. Dati
cit., pp. 11-16. i

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- —
62 GIUSEPPE CHIARETTI

gruppo di manoscritti inediti, in prevalenza del fondo barberiniano,
contenenti stime ed inventari di collezioni di monete antiche, o
anche manuali ad uso dei collezionisti, tutti dei primi decenni del
secolo xvii 5, Nella descrizione di questi codici seguirò, per como-
dità di studio, l’ordine numerico progressivo della segnatura, che
non corrisponde affatto al valore o all’interesse dei codici stessi.

I — Barb. Lat. 3166

Codice cartaceo miscellaneo, adespota e anepigrafo, dei secoli XVII-XIX t
con elenchi di codici greci e latini, incunaboli, edizioni cinquecentine, libri
delle biblioteche Barberini (in prevalenza) e Colonna.

Ai ff. 116r-127r c’è un triplice elenco di coni di medaglie ponti-
ficie, da Sisto IV a Urbano VIII, e di altre « incognite » della biblio-
teca Barberini, per un totale di 395 pezzi, descritti (ed è la cosa che
qui interessa) secondo lo stato di conservazione e di utilità (inutile,
rotto, crepato ; servibile, inservibile, buono . . .) e la grandezza (pic-
cola, mezzana, massima).

II — Barb. Lat. 4249

Cod. cart. adespota, di ff. 4, del sec. XVII ; reca il titolo « Stima delle me-
daglie d’oro e d’argento ».

È un breve prontuario ad uso dei collezionisti, nel quale viene
fatta una stima, in scudi e giuli, delle monete romane d'oro e d'ar-
gento, brevemente descritte secondo le figurazioni del D/ o del R/
con l’indicazione della loro rarità.

III — Barb. Lat. 4259

Cod. cart. adespota e anepigrafo, di pp. (2) 36, del sec. xvir.

È un catalogo numismatico con i prezzi di mercato delle singole
monete romane e di qualcuna greca, tutte — come sembra —- rite-

5) Nell'inventario ms. del fondo « barberiniano » sono indicati come di carattere
numismatico anche altri codici, i quali tuttavia non interessano la presente questione
(cf. i codd. 157, 2733, 4018. ..), quand’anche l'indicazione non risulti errata, come nel
caso del cod. 4236 che nelle sue 112 cassettine contiene ... semi di fiori, e non monete !
Da segnalare anche il Barb. Lat. 5083 che reca solo disegni delle due facce di monete:
greche, in numero di sei monete per foglio.


LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 63 |
nute autentiche. Tra le monete di costo piü elevato figurano il « con-
giario » di Elio Pertinace (scudi 500), il medaglione di Antinoo e la
«Plotina e Matidia » di Traiano (sc. 400). Tra le monete di pregio
figurano anche quelle di Nerone con il porto di Ostia (sc. 100), con
la « decursio » ad un solo cavallo (sc. 35), con il « macellum » (sc. 35) ;
quelle di Vespasiano con l'anfiteatro (sc. 200); di Tito con il teatro
(sc. 200) ; di Plotina (sc. 200), ecc. Di molte monete giudicate rare
o rarissime, ed egualmente di « medaglioni », o: non viene indicato
il prezzo, o si dice esplicitamente, come per le monete di Pescennio
Nigro, «tutte rarissime e senza prezzo ». Negli « Avvertimenti » di
pp. 33 si precisa: « Tutte le medaglie con due o piü teste, fugate, av-
verse, o una per parte, sono di considerabil prezzo. — Tutti i Con-
giari, tutti i Tempi, tutti gli Edifici, tutti gli Avventi hanno in sé
prerogativa di buon valore. — S'avverta ancora che la medaglia
deve esser vergine e non patinata; e quanto è ben conservata con
la sua patina naturale, tanto maggiormente é in buona stima ».

IV — Barb. Lat. 4311

Cod. cart. rilegato in pergamena, ben conservato, di ff. vr. 227 ; nel fron-
tespizio reca il titolo : « INSTRUTTIONE per conoscere quali / MEDAGLIE
/ e Rouesci di esse, antiche, latine e / greche, di qual si sia metallo siano, /
buone, rare e rarissime / d'Imperatori, Imperatrici e Cesari, / e d'alcun'altro
personaggio illustre, / cominciando da Pompeo Magno, / e seguitando sino a
quelle di Gallieno / Di MARCO BALDANZA da PRATO » (f. 1r),

Dell'autore, Marco Baldanza da Prato, non si hanno sinora no-
tizie *9), all'infuori di quelle che si ricavano dall'opera suddetta. Di
lui fa menzione l'Angeloni nella Lettera al Ferentilli, come di un au-
torevole esperto nel campo della numismatica antica. Ed in realtà
come tale si rivela anche nel contesto dell'opera, dedicata al card.
Francesco Barberini « per segno della mia servitù » 59, e preparata

53) Ho svolto ricerche anche a Prato, tramite il cortese interessamento del prof.
Giuseppe Nuti, direttore dell’« Archivio Storico Pratese », ma senza alcun risultato. La
famiglia Baldanzi è ricordata nella vita municipale dei secoli xvi-xix della città toscana,
ma del nostro Marco non sembra sia rimasta memoria.

54) Si veda la lettera dedicatoria, scritta «da Roma » e priva di data, a f. rrr. Nel
Barb. Lat. 4312 il Baldanza figura tra i donatori di monete per la collezione dei Barbe-
rini: cf. nota 101.
64 GIUSEPPE CHIARETTI

per esser data alle stampe *5. Rivolgendosi « ai lettori », il Baldanza
fa dapprima un elogio delle monete romane come fonte di innume-
revoli notizie e testimoni dell’arte romana, quindi prosegue testual-
mente : « Ond’io per tal cagione, e per sodisfare insieme il sig. Ve-
spasiano del Testa Piccolomini, il quale, oltre al diletto delle cose
antiche, ha pitture e gioie bellissime, che mi è stato di dolce stimolo
et il primo a persuadermi con sue lettere, con l’aiuto di alcune che
mi ritrovo e con la memoria di molte viste in Fiorenza, in Roma,
per la Francia e per la Germania, e con vedere autori che di esse
hanno scritto, mi sono mosso a fare le presenti considerationi et
osservationi sopra le medaglie antiche, le quali potranno servire per
aprire con facilità la cognitione di esse a chi havesse gusto di simili
studii, e per insegnare a conoscere l'antiche dalle moderne e mostrare
qual sia piü o manco rara, notando in particolare quelle dove sono
edifitii et attioni singolari. Poi che per animare li virtuosi et accre-
Scere il numero di essi in questa gloriosissima città, e rimediare al
danno cagionato dalla poca cura usata per l'addietro intorno al
lasciare estrarre fuor di Roma le sudette antichità (che ha dato
larga comodità alli principi e dilettanti forestieri di far acquisto
delle più rare che loro è piaciuto), da molt'anni in qua è stato prohi-
bito con somma prudenza che non sia estratto più cosa alcuna senza
licenza. Et il vedere ancora molti ill.mi cardinali, come Del Monte,
Sforza, Farnese, Borghese, Verallo, Ludovisi, Medici, Buoncompagno
e Barberino che, oltre alla somma eruditione e diletto, hanno statue,
medaglie et altre cose singolari; come si puó vedere nelli belli pa-
lazzi e giardini reali di lor signorie illustrissime ; non poco mi ci ha
mosso l'ecc.mo sig. cav.re Francesco Niccolini, ambasciator del ser.mo
Granduca di Toscana, che ha il bello copioso e ricco studio del sig.
Giovanni ambasciatore suo padre, che qui a Roma fu per dieci anni
continui mio signore e maestro ; nel qual tempo li feci fare acquisto
di cose singolari, e fra l'altre d'una statua di metallo, maggior del
naturale, dell'imperator M. Antonio Gordiano Affricano primo, di

5*) Dopo la lettera dedicatoria, segue la «lettera del sig. Vespasiano del Testa Pic-
colomini all'autore », scritta «da Napoli il primo di settembre mpcxx », nella quale il
Piccolomini dichiara di aver pregato «instantemente » il Baldanza «che volesse pigliar
fatica di farmi una breve instruttione particolare delle medaglie buone rare e rarissime
latine e greche ; perché io ed alcun altro che si diletti, potesse godere de longhi studii
e delle molte osservationi fatte da V. S. intorno ad esse medaglie in Roma e quasi per
tutta Europa, senza che noi ci havessimo da ingolfare nella lettura de libri di tanti au-
tori che di quelle hanno lungamente scritto ».

ET P

UMP AERIS
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA

maravigliosa rarità *9 ; mons. Patritii thesorier generale 5, e mons.
Fabritio Verospi auditore di Rota *9, prelati di sommo valore, in-
sieme del sig. Ferrante Verospi, suo fratello, che posseggono cose

| segnalate e rare ; il sig. abate Paolo Vittori, nipote di papa Paolo V
| e signore di molto gusto ; il sig. Ottavio Gabrielli et altri gentilhuo-

5) Parmi questa una notizia di una certa utilità per la dibattuta questione della
iconografia di Gordiano I (238 d. C.). Due pezzi possono essere accostati alla «statua
di metallo maggior del naturale » del Baldanza, nell’ipotesi — ben inteso — che questa
sia ancora conservata : una statua di bronzo al Metropolitan Museum di New York;
ed una testa di bronzo, derivante da statua, al Museo Archeologico di Firenze. In ambe-
due i pezzi vuol vedersi dai critici il ritratto di Treboniano Gallo (251-253), ma l’identi-
ficazione è discussa. La statua, che misura m. 2,40 di altezza, è giunta al Metropolitan
Museum dopo lunghe traversie, ed è indicata come proveniente dai pressi di S. Giovanni
in Laterano ove fu trovata nei primi anni del sec. xix (cf. GiseLA MARIA AuausTA RicH-
TER, The Metropolitan Museum of Art. Greek, etruscan and roman bronzes, New York,
1915, n. 350). La testa, che misura cm. 24 e risulta di proporzioni maggiori del vero,
fu scoperta dal prof. Antonio Minto nei depositi del Museo Archeologico, e proviene dalle

antiche collezioni granducali (cf. AnToNIO Minto, Un nuovo ritratto di C. Vibius Tre-
bonianus Gallus, in « Critica d’Arte », 2 (1937), pp. 49-54). Gli studiosi hanno a lungo di-
scusso su queste attribuzioni : alcuni, come il Poulsen, hanno preferito, almeno per la testa
di Firenze, fare il nome di Gordiano I (cf. A. MERLIN - L. PoinssoT, Tete présumée de l'em-
pereur Gordien Ier au Musée du Bardo, in Monuments et Mémoires publiés par l’ Académie
des inscriptions et belles-lettres, 40 (Paris, 1940), pp. 135-146, particolarmente alle pp. 144-
145, con ampia bibliografia). Non hanno molto giovato a risolvere il dubbio né i riferimenti
ai tipi monetali, né quelli ai ritratti — pretesi come certi — di Gordiano (il busto di mar-
mo di Castle Howard) e di Treboniano (la testa di bronzo, da statua, al Museo Grego-
riano, alta cm. 38,5, proveniente da Villa Mattei e già identificata dal Visconti).
Stando cosi le cose, non dovrebbe sembrare ozioso un approfondimento dell'indagine
archivistica per conoscere la sorte della statua del Baldanza ; o, con procedimento col-
laterale, per saperne di più sulla origine dei due pezzi bronzei surriferiti. Il problema

qui prospettato non è privo di interesse.

Sui problemi sollevati dalla iconografia sia di Gordiano che di Treboniano possono
vedersi : H. von HEINTZE, Studien zu den Portràts des 3 Jahrhunderts n. Chr., in « Mit-
teilungen des Deutschen Archàologischen Instituts, Rómische Abteilung », 63 (1956),
pp. 63 ss.; BrANCA MARIA FELLETTI MAJ, Iconografia romana imperiale da Severo Ales-
sandro a M. Aurelio Carino (222-285 d. C.), Roma, 1958, pp. 127-132, 201-207.

57) Costantino Patrizi fu referendario sotto Paolo V e tesoriere generale del mede-
simo dal 1616 al 1620: Cf. GAETANO MoronI, Dizionario di erudizione storico-ecclesia-
stica, Venezia, 1840 ss., LKxIv, p. 300; B. KATTERBACH, Referendarii cit., p. 254, n. 175.

58) Ebbe incarichi diplomatici e politici (fu pure governatore di Perugia e dell'Um-
bria dal 1623 fino alla sua nomina cardinalizia nel 1627) ; mori a Roma nel 1639. Cf.
E. CERCHIARI, Capellani papae et apostolicae sedis auditores causarum sacri palatii apo-
stolici seu Sacra Romana Rota ab origine ad diem usque 20 septembris 1870, 11, Romae,
1920, p. 137, n. 460; B. KATTERBACH, Referendarii cit., p. 229 n. 192, p. 261 n. 240;

Hierarchia Catholica cit., rv, p. .21, n. 20.

5
66 | * GIUSEPPE CHIARETTI

mini romani ; il sig. cav. Cassiano del Pozzo, sig. Lancillotto Lancil-
lotti avvocato, il sig. Paolo Sanquirico *9, sig. dottor Gio. Batista
de Legistis protonotario apostolico *9, col sig. Domenico Passignani
cav.r di Portogallo e pittore insigne ©) ; li signori Domenico Fedini,
Francesco Ferentillo, Lodovico Compagni de' piü intelligenti pro-
fessori insieme delli signori Francesco Angeloni, Corinto Balducci,
Claudio Menetrie Borgognone ©, Dionisio Ottaviano Sada $) Fran-
cesco Stati *9, Pietro Stefanoni *9, col sig. cav. Francesco Gualdi *9,
camerier segreto già di papa Leone XI, principe d'universale erudi-
tione et che in questa città ravvivò il diletto delle cose antiche ;
il quale cavaliere ha nel suo museo diverse cose belle, e tra esse un
tripode et un sistro di metallo molto singolari e degni d'esser visti
da ogni elevato intelletto, perché con quelli si puó raffrontare e
conoscere l'uso e la forma che si vede in diverse medaglie . . . ».

5?) Scultore, incisore di medaglie e architetto, nato a San Quirico di Parma neb
1565 e morto a Roma nel 1630. Cf. GrovANNI BAGLIONE, Le Vite de’ Pittori Scultori Ar-
chitetti ed Intagliatori . . ., Roma, 1642, p. 322 ; ULRICH THIEME UND FELIX BECKER, All-
gemeines Lexikon der bildenden Kiinstler von der Antike bis zur Gegenwart, xx1x, p. 416.
(bibl.).

*^?) Canonico della cattedrale di Aquila, visse per qualche tempo alla corte di Urbano-
VIII; a Roma dette alle stampe nel 1625 La prima centuria delle lettere familiari ; un.
suo Discorso accademico inedito si trova nel codice della Vaticana Barb. Lat. 4320 (cf.).
Cf. N. Toppi, Biblioteca Napolitana cit., p. 133a ; A. DRAGONETTI, Le vite degli illustri
aquilani, Aquila, 1847, p. 216.

61) Nato a Firenze nel 1560, fu a Roma sotto Clemente VIII e Paolo V ; morì net
1636. Cf. THIEME-BECKER, Allgemeines Lexicon cit., xxvi, p. 285 s. (bibl.).

©) Lo stesso personaggio compare nel codice della Vaticana Barb. Lat. 4342 (cf.)
come segretario (?) del card. Boncompagni.

6) Vedi alla nota 33.

**) Scultore e negoziante d’oggetti d'arte, detto «il Pietrasanta », (Bracciano 1592,
Roma 1627). Cf. G. BaGLIONE, Le Vite cit., p. 162; THIEME - BECKER, Allgemeines Le-
xikon cit., xxxI, p. 490 (bibl.).

5) Incisore vicentino nato nel 1589, «antiquario della prima classe e galantuomo »
come lo presentava Lorenzo Pignoria a Paolo Gualdo in Roma in una lettera del 18 lu-
glio 1614, ricordata da ANGIOLGABRIELLO DI SANTA MARIA, Biblioteca e storia di quegli
scrittori così della città come del territorio di Vicenza..., VI, Vicenza, 1782, p. 49. Cf.
TnuiEME-BEckER, Allgemeines Lexikon cit., xxxi, p. 532 (bibl.).

°°) Riminese di origine, visse a Roma per oltre 55 anni. Fu un «curioso di antichità
medioevali » e stimato collezionista di monete, medaglie, e fin di piombi derivati da
antichi diplomi, sedici dei quali donó alla biblioteca vaticana, mentre era bibliotecario.

di S. Chiesa il card. Francesco Barberini. Cf. S. LE GRELLE, Saggio storico cit., p. xvire
note 1-2.
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 67

A questo proemio il Baldanza fa seguire alcune « considerazioni
sopra le medaglie antiche » : nulla di veramente nuovo, ma una fe-
lice e chiara sintesi di principii e di norme, derivate, come quelle
dell’Angeloni, in gran parte dal Vico. Nel suo catalogo egli prenderà
in esame solo monete dell'impero romano, e dirà quel tanto che
« possa dare una certa cognitione superficiale, quale si ricerca per un
prudente et accurato gentilhuomo d'un principe che, per suo diporto,
per ricordanza delle historie e per la prudenza civile, si diletti di
simili studii, lassandone il piü esatto dell'historie all'Agostini, Gol-
tio *?), Erizzo, Occone *9, et altri dottissimi et accuratissimi huo-
mini ch'hanno scritto in questa materia ». Principio generale per
valutare la bontà di una moneta è questo : « Nella medaglia, quella
sarà perfettissima che sarà di principe che sia vissuto poco nell'im-
perio, e perció se ne trovino poche ; che sia di buon maestro ; grande,
tonda e ben conservata ; e che l'historia o rovescio sia con più fi-
gure » *?9,

Ed eccoci finalmente alle dodici « Osservationi per conoscere le
medaglie antiche latine con alcune poche greche...; e quali di dette
medaglie sieno più rare, di qualsivoglia metallo », che costituiscono
la quintessenza della saggezza in fatto di numismatica, e che qui
trascrivo integralmente :

« Prima osservatione. Che delle medaglie se ne trovano di diversa
materia, come d'oro, d'argento, di rame e di metallo giallo chia-
mato corinto, et alcune poche di metallo bianco, spetie d'alchimia
fra l'argento lo stagno e '1 rame ; oltre a’ medaglioni.

6?) Trattasi dell'olandese Hubert Goltz (1526-1583) : cf. E. BABELON, Traité cit., coll.
102-104. Si avverta la particolare attenzione del Baldanza all'opera del Goltz, il quale,
dopo aver visitato innumerevoli collezioni numismatiche in tutta Europa (circa 200 nei
Paesi Bassi, 175 in Germania, piü di 380 in Italia e circa 200 in Francia), concepl per
la prima volta il grande disegno di un « corpus nummorum » relativamente alle monete
romane, e scrisse alcune opere famose, nelle quali, purtroppo, scivolarono moltissimi
falsi, di cui assai ebbe a dolersi l'Eckhel. Il Baldanza si rifà, sia pure in maniera manua-
listica e — direi — propedeutica, proprio al disegno del Goltz, e compila il suo prontuario
con intelligenza e buon gusto.

68) Anche Adolf Occo, medico di Augsburg morto nel 1606, fu, insieme con l'Au-
gustin, un corrispondente di Fulvio Orsini, e scrisse pregevoli e fortunate opere di nu-
mismatica : cf. E. BABELON, Traité cit., coll. 110-111 (bibl.).

°°) Cf. f. 3v. — Sono, in fondo, le stesse parole del Vico, divenute canone inderoga-
bile e fatte proprie da tutti i collezionisti del Seicento : « Convien ch'ella sia fatta di bel
metallo, che sia grande, grossa, tonda perfettamente, di eccellente maestro, non corrosa
o consumata, ma netta ; e così rara d'effigie come di riverso che contenga qualche bella
historia » (cf. E. Vico, Discorsi cit., p. 61).
GIUSEPPE CHIARETTI -

2. — Che le medaglie di rame la maggior parte sono di grandezza
di testone e di mezzo giulio, se bene l’una e l’altra di più grossezza.
E molte altre piccole della grossezza e larghezza di quelle d’oro e
d’argento.

3. — Delli medaglioni e medaglie di rame si trovano molte con
pàtena e vernice verde, alcune con tanè e paonazza, et altre con
nera; e di quelle ancora con verde e nera che, toccandosi, schizza
via. Di queste le piü sono state in terreni abbruciati, e si chiamano
di vernice maese, che si trovano spesso nelle campagne di Roma
dove si abbruciano le stoppie, e peró difficilmente si conservano e
si nettano dalla ruggine.

4. — Di metallo corinto sono le più stimate; molte senza pà-
tena, che paiono d'oro, si trovano in fiumi e si conservano e si man-
tengano meglio dell'altre per essere il metallo purgato, e per ciò
manco soggetto al tarlo, quale in poco tempo le riduce in polvere.

5. — Le medaglie d'oro la maggior parte è di peso di tre scudi,
e di larghezza minore di mezzo paolo, se bene molto più grosse.
Quelle d’argento dell’istessa forma, di peso d’un giulio, et altre
poche più piccole di mezzo giulio. L'oro e l’argento è perfettissimo,
se bene se ne trovano molte d’argento con l’anima di rame, che si
chiamano coperchiate, et alcune d’argento basso. A quelle d’argento
bono se leva la ruggine col tenerle nel suco di limone o di melangolo
o nell'aceto o limatura di ferro o d'acciaro, massime sopra quelle
che hanno del piombino ; ma quelle d'argento basso si guastano.

6. — Tutti li medaglioni e medaglie sono di conio e non di getto ;
e quando sono ben conservate e nette dalla ruggine, sono facili a
conoscersi ; se bene se ne trovano infinite di conio e getto moderne,
così ben coniate e gettate che sono spesso tenute antiche. Et a queste
(di conio) et a quelle di getto dato poi la vernice artificiale di zolfo,
verderame e acquaforte per rodere il metallo ; et altri con sale ar-
moniaco et aceto, e tenutole anco nel foco e gran tempo sotto-
terra per farle parere antiche. Ma assai volte, per non haver imitato
ogni cosa, hanno coniato una testa d'un imperatore et il rovescio
d'un altro, essendosene viste di rame con la testa di Traiano e ’1
circo di Caracalla: il che dagl'intelligenti è stato conosciuto dalla
forma dell'edificio e dalle lettere.

7. — Altri hanno fatto la testa di una et il rovescio d'un'altra
dell'istesso imperatore, come di Augusto con la corona civica e li
capricorni, non si trovando la testa e corona civica, ma si bene la
corona e capricorni, e per la parte della testa solamente lettere. Il


LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 69

simile di Vespasiano con il coliseo e anfitheatro, trovandosi solo il
coliseo e una figura sedente in vece della testa.

8. — Similmente hanno fatto conii e getti non imitando cosi
bene li caratteri antichi, e molte volte fra una parola e l'altra fatto
il punto: il che da alcune medaglie di rame in poi, d'Augusto, M.
Agrippa, Tiberio, Caligula e di Claudio; si trova di rado in altre.
Ma le lettere sono tutte seguenti e con pari distanza che a pena si
conosce il fine d'una parola et il principio d'un'altra. Hanno però
alcuni con diligente e sottile inventione fatto li getti delle medaglie,
e di poi con li conii e con le rote ridotte le lettere e li piani a cosi
eguale proportione che molti le hanno tenute per antiche e per buone,
e perció pagatele buon prezzo.

9. — E perché la maggior chiarezza e riscontro che si possa ha-
vere in una medaglia è la vernice et il dintorno di essa, essendo che
la vernice quando è artificiata facilmente si conosce, sono stati so-
liti di limare due medagli e di ridurle a grossezza tale che, unite in-
sieme, siano di peso d'una sola; et ancora una medaglia ordinaria
ben conservata solo dalla testa o dal rovescio hanno col tornio ca-
vata, lasciando lo spatio delle lettere et incassato poi una testa o
rovescio d'altra medaglia, e l'una e l'altra attaccata insieme con sal-
datura cosi forte e unita che non pochi ci sono restati ingannati,
se ben quelli che per lunga pratica sono ben fondati nella cognitione
et osservanza dell’antico e del moderno con occhio linceo hanno
penetrato e conosciuto di questi l'artificio e l'inganno.

10. — Nel nettare e levare la ruggine ad una medaglia ancora
hanno alterato li caratteri e li rovesci, e fattoci un nome per un altro,
essendosi visto a molte di M. Aurelio, di L. Vero e di Settimio Se-
vero, il nome di Pertinace, di Didio Giuliano e di Pescennio Nigro
per esser rare ; et ad alcuni rovesci d'una figura di Vespasiano e di
Tito fattoci la méta sudante. Ma osservandosi bene alle prime le
lettere e li capelli, saranno facili a conoscersi, poiché li moderni
con li bolini et altri ferri non hanno potuto fare le lettere di quella
tondezza et regalità degli antichi; e chi ci fa studio quelle sospette
soglion far restar ambiguo nel risolver a creder se siano antiche o
moderne: nel qual caso non si devano pigliare. E perché una ordi-
naria, che si valuterà mezzo scudo, alterata di nome e di rovescio,
credendola di quello imperatore che é vissuto poco, e perció di piü
stima, si pagherà cinque o sei scudi. Peró quelle si devano molto
guardare, né risolversi a comprarle senza il parere di qualch'amico
intelligente.
GIUSEPPE CHIARETTI

11. — Ci sono poi alcuni rovesci che si trovano d’una forma e
non d’un’altra, e molte che sono singulari d’un metallo e non d’un
altro. Come Caio Caligula che fa le tre sorelle in grande di metallo,
et anco d’oro, e non in mezzane e d’argento ; e più rare sono quelle
d’argento e d’oro che di metallo. Nerone fa il citaredo il genio et
il macello di rame in mezzana, e non in grande.

12. — Quelle d’oro e d’argento sono facili a esser falsificate,
perché non fanno vernice ; se bene si conosce in esse una certa pelle
che si fa con lunghezza di tempo, et una vivezza ne’ profili e nelle
lettere, che non ci sono arrivati li conii e li getti de moderni » 7°.

Dal particolare taglio delle osservazioni del Baldanza, a parte
lo stile piuttosto scorretto, si capisce quale fosse, e cioè di che timbro
e di che natura, la nummofilia dei collezionisti del primo Seicento,
ricca di entusiasmo ma povera di ispirazione. Nel catalogo del Bal-
danza sono elencate, seguendo l’ordine cronologico degli imperatori
e dei personaggi ed avendo cura di indicare qualche esemplare per
ognuno di essi, 982 monete ben selezionate, per ciascuna delle quali
si precisa con sigle marginali la materia (O = oro, A = argento,
R — rame) e la rarità (B = buona, R = rara, RR = rarissima), È
descritto con minuta precisione prima il dritto poi il rovescio ; se
ne riferiscono le iscrizioni con caratteri maiuscoli ?), quindi i tipi
monetali. Si indicano poi tutte le possibili note caratteristiche del
pezzo esaminato : la grandezza, lo spessore (ma raramente), la lega
di metallo usata '2, il. peso ?), la tecnica del conio *9, lo stato di
conservazione *9, la patina o « vernice » *9, la bellezza del tipo mo-

79) Cf. ff. 30-5r.

71) Quando l'iscrizione è illeggibile, si inseriscono puntini di sospensione : cf. ff. 72r.
111r. 124v. 162r. 225r.

7) È messo in evidenza il « metal corinto »: cf. ff. 27r. 31v. 52r. 68v.

?) Un aureo di Quinto Erennio è detto «di peso di mezzo giulio » : f. 203r.

74) Per una moneta di Tiberio sono indicate «lettere di cavo »: f. 31v.

7) Un rame di Domiziano è detto «un poco frusta » (f. 68v). Assai spesso però si
ripetono, soprattutto in relazione alla « vernice », espressioni come « conservatissima »,
«di esquisita conservatione » «di rara conservatione », «di rarissima conservatione »
Si vedano i riferimenti della nota seguente.

**) Circa le monete di rame patinate le osservazioni sono numerosissime, e se ne
sottolinea la bellezza, la conservazione, la rarità. Trattasi di vernice « verde » (ff. 26v.
27r. 46v. 47r. 51v. 63v. 64r. 76v. 77r. 88v. 90v. 111r. 112r. 120r. 124rv. 141v. 179v), o « ne-
ra » (ff. 31v. 55v. 58v. 69r. 106v. 111v. 129v. 157r. 161r), o «ferrigna » (f 107r), o «tanè »
(e cioè lionato scuro o castano : f. 111»). Non mancano tocchi di cangiante eleganza, come
per un rame di Giulia Pia « con una vernice verde che pare uno smeraldo » (f. 141»). Un
rame di Galba, «di bellissimo metal corinto », è indicato «senza pàtena » (f. 52r).
"^ LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 71

netale *?, Ed anzi la bellezza formale è sottolineata in particolar
modo, e non senza ragione, per i « medaglioni », i quali vengono ben
distinti dalle altre monete *9? ; con i « medaglioni » sono pure identi-
ficate le monete « crotonate » o «di Crotone » 79. In qualche caso
si riproduce il disegno del rovescio 8°, o si danno indicazioni storiche
precise *9, Pure il problema dell’autenticità sembra esser ben pre-
sente all'attenzione del Baldanza, il quale, anche per essere in ar-
‘monia con le sue « osservazioni », mostra di accogliere nel suo cata-

??) Molto spesso si usa l'aggettivo «bellissimo » in relazione alla patina o al conio
« allo stato di conservazione. Talvolta però è sottolineata proprio la bellezza artistica del
pezzo: come per un rame di Caracalla, giudicato « di eccellente maestro et esquisita bel-
lezza » (f. 145r) ; o per un rame di Marco Aurelio, giudicato «di singulare rarità ed as-
sai buona maniera » (f. 112») ; o per due rami di M. Aurelio e di Faustina, giudicati « di
esquisita rarità » (f. 113r. 115v). Quanto all'arte, non sono ben giudicate le monete « cro-
tonate»: si veda alla nota 79.

*8$) Si vedano i medaglioni di Adriano (ff. 87rv. 88v. 89r), di Antinoo (f. 97r : se ne
«descrivono quattro, di cui uno « di esquisita bellezza »), di Antonino Pio (ff. 103v. 105v,
106r) di Marco Aurelio (f. 113v: «di esquisita rarità », di Lucio Vero (ff. 118r-119r).
di Lucilla (f. 120r), di Commodo (f. 121v : «di esquisita rarità e bellezza », 122v. 123rv,)
di Settimio Severo (ff. 137v. 138r), di Giulia Pia (f. 141r: « medaglione d'argento, come
‘piastra fiorentina, conservatissimo et di singularissima rarità ») di Geta (f. 149r: «ra-
rissimo », 149»), di Alessandro Severo (f. 170r : « di esquisita rarità e bellezza »), di Gor-
«diano III (f. 189v : «rarissimo »), di Filippo (ff. 192r : «rarissimo », 192v. 193r), di Traia-
no Decio (ff. 199v. 200r), di Treboniano Gallo (ff. 207v. 208r), di Erennia Etruscilla
«f. 211r).

7) Sono indicate come tali alcune monete di Nerone (45v: «di non troppo buon
maestro », 46v), ed altra di Traiano (f. 78r: «di non troppo buon disegno »). La defini-
zione di « medaglia crotonata » è derivata dall'Erizzo, come è indicato nella nota biblio-
grafica a margine. — Sul problema delle « medaglie crotonate », e cioè i contorniati,
si veda L. MicHELINI Tocci, I medaglioni romani e i contorniati del Medagliere Vati-
«cano cit., p. 1 ss.

80) Si veda a f. 31r : un rame di Tiberio, giudicato « di esquisita rarità ». La moneta
non è registrata nel RIC : è forse un falso ?

81) A proposito di una moneta di Giulio Cesare, che recava nel R/ l'iscrizione « L.
AEMILIVS BVCA IIIIVIR », il Baldanza precisa: « Cesare accrebbe il numero delli
triumviri monetali a quattro » (f. 11r). L’osservazione risponde a verità, giacché la ri-
forma fu effettivamente attuata da Cesare, e già sulla fine del 45 a. C. le monete fecero
menzione dei quadrumviri monetali : cf. E. BABELON, Description historique et chronolo-
gique des Monnaies de la République Romaine vulgairement appelées Monnaies Consulai-
Ies, 1, Paris, 1885, p. xxxv s. ; K. Pink, The triumviri monetales and the structure of the
Coinage of the Roman Republic, in « Numismatic Studies », 1952, n. 7, p. 53. L. Emilio Buca
fu quadrumviro monetario nel 44 a. C., e tra le sue monete si ritrova sia il tipo delle « mani
giunte », sia le iscrizioni citate dal Baldanza (cf. BABELON, Description cit., r, p. 123 s.) ;
il Babelon tuttavia non registra la moneta del Baldanza.
72 GIUSEPPE CHIARETTI È

logo solo pezzi autentici *9? ; ma un esame approfondito dei problema
non mi è stato possibile. Si può tuttavia far notare l’esattezza del
Baldanza nella lettura dei testi *9, in ciò aiutato dalla bibliografia
già esistente che egli mostra di ben conoscere 84. Va infine rilevato
che molto spesso è indicata, per esteso o per sigla, la collezione ro-
mana ove il pezzo è conservato: quella dell'autore stesso 85), del
card. Boncompagni 8°, dei Niccolini *2, del Veralli *9, del Passi-
gnani *9, del Ferentilli *9, dello Stefanoni *), del card. Ludovi-

82) A. f. 54r, ad esempio, afferma : « Tutte le medaglie di Ottone sono rare di oro
e di argento ; e di metallo se ne sono viste alcune tanto bene falsificate che malamente
mi reduco a credere che se ne trovino delle sincere, se bene l'Occone e altri autori dicano
di haverne viste ». — Effettivamente nel RIC sono catalogati, di Ottone, solo 17 tipi
monetali, tutti aurei e denari d’argento, e nessuno su rame. Scrive il Mattingly (RIC, 1,
p. 218): « The coinage of Otho is all in gold and silver and of one mint, Rome ».

) Può ricordarsi, ad esempio, una moneta di Marco Lepido « triunvir reipublicae
costituendae », della quale sono ben lette, quanto ai segni grafici, le iscrizioni sia del
D/ che del R/ (f. 15r) : cf. BABELON, Description cit., 1, p. 133, n. 38. A siffatta moneta,
dal Baldanza giudicata rarissima, il Babelon dava al suo tempo un valore di mille franchi.

84) Numerose le citazioni marginali dell'Erizzo e dell'Agustin, ma anche dell'Occo
(ff. 54r. 85v. 86r. 106v. 123v. 223r) e dello Choul (ff. 28r. 31v. 41r. 72r. 77r. 86v. 89v. 97r.
115v. 120v. 121v. 123v. 126r). — Guillaume du Choul fu un erudito lionese, «un des plus
ardents amateurs de médailles de son temps », autore di due opere (Lyon, 1555-1556)
assai fortunate. È interessante notare, a conferma di quel che si dirà a proposito del
codice Barb. Lat. 4334, che «ce. goüt lui était venu des trouvailles de monnaies romaines.
qu'on faisait fréquemment autour de la maison de son père a Lyon»: cf. BABELON,
Traité: cit.,-col:-110.

85) Molte volte. Per una moneta di Pertinace è annotato : « Di esquisita rarità, non
se ne essendo viste altre, né sino a qui autore alcuno la pone grande. Cóta (= compra-
ta ?) dall'Aut.e 15... che ne trovó 300 d'oro » (f. 127r).

86) Molte volte. È indicato anche con le sole iniziali B. C. Accanto ad un aureo di
Pompeo Magno è annotato : « comperata già dal sig. can.co Lelio Pasqualini per sc. 100
d'oro, hora in mano dell'ill.mo sig. cardinal Buoncompagno, che oltre ad infinito nu-
mero di medaglie, ha tutto lo studio di detto sig. Lelio » (f. 100).

8?) Cf. ff. 13r. 26v. 32v. 34r. 41v. 45rv. 51r. 55r. 73r. 103r. — A f. 26r si dice « app.*?
li heredi dell'Ecc.mo signor Gio. Niccolini, già Amb.r di Tosc.a in questa corte ».

$5) Il personaggio è indicato in vari modi : come «ill.mo sr Ab.e e V.i» (p. 170), «ill.
moVerallo » (pp. 21r. 26r), «sr Abb.e V. » (p. 131r), «il sr A. V. » (pp. 73r. 181r. 205v.
211r). Non è chiaro se trattasi di Fabrizio Veralli, cardinale dal 1608 al 1624, del quale
il Baldanza fa menzione nella sua introduzione : cf. Hierarchia catholica cit., 1v, p. 11.

8°) App.? il sr cav. Domenico Passignani »: p. 20r. — Vedi alla nota 61.

°°) « App.° il sr Francesco Ferentillo, seg(reta)rio dell'ill.mo sr C. Mellini » : pp. 25v.
26v. 41rv. 47r. 99v. — Vedi alla nota 13.

°1) « App.? m. Pietro Stefanoni Vicentino » : pp. 27v. 31r. 39r. 41r. 47v. bir. 76v. 86r.
124v. 144v. — Vedi alla nota 65.

g— LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 73 T Hw

si *2, del Pasqualini ®), del Massi *9, dello Januario *9, e di altri
non identificati *9,

Tutto sommato, quello del Baldanza è un catalogo che, fatte le
| debite proporzioni e limitatamente alla descrizione esterna delle sin-
gole monete, ha ben poco da invidiare ai moderni repertori. All’ini-
zio si ha solo una rigida catalogazione ; ma nel prosieguo della trat-
tazione l’autore fa di tanto in tanto trapelare la sua commozione
nel trovarsi dinanzi ad un esemplare raro, e si lascia andare ad os-
servazioni che in qualche modo «umanizzano » il freddo mestiere
del catalogatore. Sono, come si vedrà, gli stessi criteri che guide-
ranno il Dorio nello stendere l’inventario della sua collezione : di-
verso il valore ed il numero delle monete catalogate, ma identici i
criteri di valutazione e soprattutto l’animus dei due eruditi.

V Barb. Lat. 4312 rr

Cod. cart. adespota e anepigrafo, rilegato, con lo stemma dei Barberini
is impresso in oro sulla copertina, di pp. 538.

E uno dei cataloghi della raccolta di monete dei Barberini, ana-
logo a quelli dei eodici 4381-4382. E scritto con bella grafia, ma pre-
senta correzioni ed aggiornamenti dovuti a periodiche ricognizioni.
L'ordine seguito é quello topografico (« Medaglie di bronzo : comin-
ciano al 1° cassettino della 1? serie del 1° armario grande », p. 1):
esso tiene conto della materia delle monete (bronzo, oro, argento),
e solo indirettamente della loro cronologia. Le monete sono descritte
molto sommariamente ; se ne indica peró lo stato di conservazione
(buona, consumata, cattiva), la rarità, la autenticità.

Qui interessano soprattutto le indicazioni circa la autenticità dei
pezzi, a fine di rilevare l'incidenza dei falsi nel contesto di una gran-
de collezione. Molte monete d'oro d'argento e di bronzo sono indicate

??) Cf. ff. 26r. 90r. Il bolognese Ludovico Ludovisi fu cardinale dal 15 febbraio 1621
al 18 novembre 1632, giorno della morte : cf. Hierarchia catholica cit., iv, pp. 17 s.

9) « App.? gl’heredi del sr Lelio Pasqualini »: p. 47v. — Vedi alla nota 86.

94) « App? il sr Bernardino Massi»: p. 58v.

95) « App? il sr Alessandro Januario »: pp. 66r. 75v. 125r.

9) Ad esempio : il signor C. P. (pp. 39r. 41r. 55r. 219r. . .), il signor C. V. (pp. 21v.
26v. 27r. 39r. 41r. 55r. ecc.), ed altri.
74 GIUSEPPE CHIARETTI

espressamente come « moderne » *?; per altre sono annotati vari ri-
tocchi ?8).

Interessano pure alcuni nomi di donatori, quali Marco Baldan-
za **) mons. Faosto !°°), mons, Ricciulli *), mons. Quarenghi 1°),
Domenico Belli ©), il Soderini 1°4), e lo stesso Urbano VIII 105),

Merita infine segnalare che, insieme alle monete, erano custoditi
anche altri oggetti d’antiquariato, come piccole statuine e basso-
rilievi di metallo, cammei, corniole, diaspri ecc. 109),

9?) Si veda alle pp. 1 (« Un Augusto, piccolo, con la colonna rostrata »), 3 (« A-
grippina, col. carpento »), 4, 5, 7, 9, 11, 17, 21 (due « medaglioni » di Marzia Otacilla),
31 (« medaglie di getto, di bronzo, moderne, con alcune antiche che non vagliono niente
n. 43 »), 64-65 e 73-74 (descrivendo alcune monete « consolari » d’argento, precisa : «non
le mette Fulvio Orsino »), 131 (moneta d’argento, di Caligola), 132 (id., di Claudio), 142
(id., di Pertinace), 204 (due aurei), 215, 248, 277 (di Gordiano II), ecc. Alle pp. 439-450
c’è un lungo elenco di « medaglie di bronzo moderne », da Cesare al basso impero ; a p.
449 è ricordata una medaglia di Priamo, e a p. 473 una di Elena!

*5) Di un bronzo di M. Aurelio si dice «rifatto il catafalco » (p. 218) ; di un bronzo
di Pescennio Nigro : « un poco rifatta alla testa » (p. 220) ; di un altro di M. Aurelio : « un
poco ritocca » (p. 267) ; di un altro di Alessandro Severo: «sospetto di moderno » (p.
290) ; e cosi via. Le espressioni «ritocca » «rifatta » «tutta rifatta » e simili tornano con
frequenza: ad esempio, alle pp. 215, 222, 226, 228, 248, 251, 253, 254, 256, 262, 263,
267, 269, 271, 276, 281 ecc. ecc.

?*) Si veda alle pp. 503-509 (« Medaglie di rame donate da Marco Baldanza all'emi-
nentissimo sig. cardinal Barberino » : sono in tutto n. 55), e alle pp. 511-516 (« Medaglie
di Marco Baldanza donate all'em.mo signor cardinal Barberino : sono nella scatola » :
per un totale di 26 monete, anche d'argento).

100) È menzionato più volte : p. 517, 521, 530. A p. 517 è ricordato il suo dono di
« dodici bassi rilevi di bronzo, ovati, delli 12 imperatori, di getto moderno, di bonissima
maniera, e simili ».

101) «Di mons. vicegerente Ant. Ricciulli, vescovo di Belcastro »: n. 3 monete (p.
525).

102) « Date da mons. Quarengo e trovate nella sua vigna fuor di Porta S. Pancra-
zio »: n. 13 monete (pp. 526-528).

19) « Date da Domenico Belli » : n. 5 monete, anche moderne (pp. 529-530). Si veda
pure il codice Barb. Lat. 4342, ff. 111r-112v.

104) « Consolari d'argento, trovate dal sr Soderini e date a Sua Eminenza. 8 ® serie » :
n. 368 monete (pp. 531-537).

195) Sono ricordati : alle pp. 522-524, 13 medaglie romane d’argento ; e alle pp. 537-
538, 5 pezzi, tra cui un cammeo di Agrippina. — Si veda anche alla nota 45.

19°) A p. 297 sono ricordati, tra le altre cose : « Pesi due, ed altre medaglie di poco
valore, in tutto n. 18;... Un Priapo di metallo, antico ». Alle pp. 485-488 c’è un elenco
di «intagli diversi in gioie diverse », per un totale di 144 pezzi. A p. 517 si fa pure men-
zione di un paio di teste e di « due cartelle di metallo da tener sotto testa, lavorate di
basso rilievo », donate pur esse dal Baldanza.
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA

VI: Barb. Lat. 4320

Cod. cart. rilegato, di ff. 29, del sec. xvII, comprendente due opere :

1) « Nota delle medaglie che sono nello studio del sig. card. Verallo, regi-
strate da Marco Baldanza nel suo libro di medaglie. Rare per qualità di rovesci e
conservatione » (ff. 2r-180).

È un catalogo di 172 monete, tra cui un « medaglione di rame » di Antinoo
(n. 90, f. 10»), con una descrizione meno particolareggiata di quella del Bal-
danza 19).

2) « Discorso accademico intorno alle medaglie antiche recitato nell" Acca-
demia dei Velati dell’ Aquila dal sig. Gio. Batta de Legistis protonotario aposto-
stolico et can.co aquilano » (ff. 20r-27v).

Del De Legistis ho già fatto menzione alla nota 60. Il Discorso è svolto
secondo questo schema: esaltazione dell’impero romano ; importanza dello
studio delle monete come fonte di innumerevoli conoscenze storico-antiquarie ;
rarità e pregio dei vari gruppi di monete. La seconda parte ripete pedissequa-
mente la Lettera dell'Angeloni al Ferentilli.

Per la cronologia del Discorso possono essere utili due punti di riferimento :
luno è la descrizione dell'avvenuto ritorno (marzo 1626) del viaggiatore ro-
mano Pietro della Valle, detto «il Pellegrino » (1586-1652), dalla corte del
re di Persia !9; l’altro dal ricordo di preziosi rinvenimenti di materiale
numismatico «in quelle case che ultimamente si ferno sul M. Quirinale »
(f. 21r).

VII — Barb. Lat. 4334

Cod. cart. rilegato e restaurato, adespota e anepigrafo, di fI. 242 tutti
scritti con discreta grafia su unica colonna centrale ; i capitoli, non numerati
e privi di rilievo, non sono facilmente riconoscibili. Nel vecchio schedario
a penna del fondo Barberini il codice è indicato « del sec. xvi»; nello sche-
dario per ordine numerico è definito « dotto trattato ».

107) Anche in questa « Nota », nei casi in cui l'iscrizione è illeggibile, si usano pun-
tini di pretermissione : cf. nn. 54, 109, 132, 158.

108) « Il sig. Pietro della Valle, nobilissimo cavalier romano, che, come sapete, puoco
dianzi ritornò dalla corte del potentissimo re di Persia, afferma haver co’ propri occhi
veduto appresso quel barbaro re un ricchissimo museo delle medaglie antiche con la
lunga et dotta serie degli autori che han scritto sopra questo nobilissimo studio, e che
di quando in quando egli in persona le va rivedendo, non solo con particolar ricrea-
tione dell'anima, ma anco con evidentissimo suo documento per gli affari de Stati in
tempo et di guerra et di pace » (f. 20v). La prima delle opere edite del Della Valle ha il
titolo : Delle conditioni di Abbas, re di Persia, all’illustriss. e reverendiss. sig. Francesco
cardinal Barberino . .., Venetia, 1628. Di Pietro della Valle scrisse un profilo biografico
il Bellori, premettendolo alla edizione romana del 1662 dei di lui famosi Viaggi. Si ve-
dano anche, tra gli scritti più recenti: AngeLo MERCATI, Notizie sul gesuita Cristoforo
Borri e su sue « inventioni » da carte finora sconosciute di Pietro della Valle ..., in « Atti
della Pontificia Accademia delle Scienze », xv, Città del Vaticano, 1952, pp. 27-45; Ro-
BERTO ALMAGIÀ, P. d. V. nel terzo centenario della morte ..., Firenze, 1953 (bibl.).
GIUSEPPE CHIARETTI

Che si tratti di un’opera del sec. xvi non risulta, essendo nata
con ogni evidenza nella temperie culturale della Roma del primo
Seicento. Che sia invece opera. «dotta », ed anzi pronta per esser
data alle stampe, è giudizio che risponde a verità. Il trattato, in-
fatti, è una introduzione generale, progettata in due volumi 199),
allo studio e alla raccolta delle antiche monete romane, con un esame
di tutti i problemi preliminari di carattere storico. Non un prontuario
quindi, e neppure una guida vera e propria ad uso degli amatori,
ma uno studio propedeutico di intonazione erudita ed insieme divul-
gativa. Talvolta, soprattutto nella seconda parte dell’opera, l’eru-
dizione prende la mano allo studioso e lo conduce in digressioni
poco o nient’affatto pertinenti.

Purtroppo non è noto il nome dell'autore ; ma da un insieme di
indizi risulta trattarsi di un uomo religioso e pio di origine fran-
cese, al servizio di una qualche autorità ecclesiastica, o anche civile,
di Roma. Nel Preambolo infatti affiorano certe preoccupazioni di sa-
pore parenetico 9, e nel testo si ritrovano, occasione data, ampie

109) Il secondo volume doveva contenere i disegni delle monete e degli oggetti più
interessanti, come é detto esplicitamente a f. 159r («della quale medaglia io metteró
il ritratto nel secondo libro che voi havrette qualche giorno, si a Dio piace »), e a f. 165r
(« sonno qui alla fine di questo libro alcuni ritratti, cioè di quelli (idoletti) che io ho ri-
cuperato »). Di questa appendice iconografica non è però rimasta traccia. Altre volte
nel testo si rimanda a disegni : cf. ff. 19v. 47v. 56r. 60r. 72v. 101r. 104r. 107rv. 109r. 117v.
123r.

110) «Le medaglie et intagli antichi, delli quali nostra intentione è di ragionare,
essendo non solamente pieni de gran ralegramento e gusto ma anco de gran comodo
.. ., ha reso tanto satisfatti et contenti alcuni huomini dotti di nostro tempo, che hanno
impiegati bona soma di denari alla perquisitione e recuperamento d’ogni sorte di meda-
glie e intagli et magior parte del tempo a discorrere sopra quelli et ricercare diligente-
mente et forse curiosissimamente quello che vogliono dire e significare. De una parte
io confesso ancora che non ci intendo molto haverei messo più di tempo che non dovevo,
atteso quello a che son stato chiamato : considerato anco che fosse stato molto meglio
d’occuparsi alla curiosa et diligente ricerca delle Scritture Sante, come ci è comman-
dato ; et certamente né in questo né in molte altre simili cose tanta gran curiosità non
può esser trovata bona se non da quelli che naturalmente et da se stessi sono curiosi.
Ora il gusto e delettatione che è in questo fatto de medaglie et intagli transporta ben
spesso de persone, facendoli scordare l’altri loro negotii affari et doveri: accio che qui
non tratti d’una concupiscenza et avara cupidità d’accumulare gran numero e quantità
di medaglie d’oro et d’argento, come oro et argento volendola biasimare come un’ava-
ritia manifesta e tutta notoria. Per che si sa che ordinariamente a quelli che sono stu-
diosi et amatori dell’antiquità costono molto più che non vagliano, quin anco quelle
di bronze et rame excessivamente alcune volte si comprano, se si risguarda la materia
di che sono. Il che quanto a me so assai che altra volta ho compre una medaglia di rame
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 77

dissertazioni sulle monete ricordate nel Vangelo. Che sia poi un
francese, probabilmente della zona di Lione, è dimostrabile per i
molti francesismi del lessico e della sintassi ** ; per i continui riferi-
menti a cose 112), luoghi *), persone di Francia 9. Dalle molteplici
coincidenze geografiche verrebbe, sulle prime, da suggerire il nome
di quel Claudio Menetrie Borgognone, del quale parla il Baldanza :
ma è sola ipotesi. Trattasi comunque di un appassionato collezio-
nista di monete, recuperate in gran parte negli scavi della Francia
centrale e nord-orientale 15), il quale, in armonia con i criteri arti-

con l’iscriptione di Scipione l’Africano quattro scudi d’oro, la materia della quale fosse
stata ben pagata di quattro dinari tornesi, junto anco l’opinione che havevo che era
falsificata e non veramente anticha ...» (f. 1r-2r).

111) Si veda l'uso di termini francesi, o prettamente tali (quali vernis f. 16v, rubis
f. 229v...), o italianizzati (come deessa per dea: ff. 18v. 129r ecc.; o pezze nel senso
del francese pièces : fI. 38r « pezze e monete », 45v, 48r « ma io.dico che tali pezze hanno
state battute »). Caratteristico lo scambio tra gli ausiliari ' avere ' ed ' essere ' : fI. 10»,
11v («dice havere stata trovata »), 15r, 36v, 44r, 48r, 53r, 65r, 94r ecc.

112) Accenna, ad esempio, a monete di Francia : ff. 77r, 96r (« moneta di Lorena »),
98r, 114v. Si preoccupa di dare l'equivalente francese di nomi italiani: «nello tempo
chiamato dalli Romani Carnevale, e dalli francesi Caresme prenant » (f. 164r).

13) Più volte fa menzione di Lyon (con l'uso costante dello y) : fI. 16r, 36» (« Nel piü
alto di questa bella città di Lyone doppo poco tempo in qua, voltando la terra, si ha
trovato più piccole mol... li di terra cotta, representando la figura et tratto del viso
d’alcuni imperatori », 37r. — Altre località ricordate : Meaux en Brie, ove rinvenne un
vaso di metallo pieno di monete antiche (vedi alla nota 123), Montbelial (— Monteliard ?
« Queste tre medaglie mi furono mostrate nel luogho di Montbelial passando per quella
banda, et mi fu detto de quella havere stata trovata a Mandeurre, una lega appresso
detto Montbelial, dove si trovano anchora hoggi di assai medaglie antiche et inscrittioni
romani », f. 95r), Bar le Duc (« Queste pezze d'oro delle quali io parlo hanno state trovate
a tre o quattro leghe di Bar il Duca, nello villagio detto Savoniero tirando a Locrinella »,
f. 124r). Altra città menzionata, ove l'autore ebbe modo di consultare Y Illustrium Ima-
gines dell'Huttich, è Strasbourg di Germania : f. 13r.

114) Parlando di « doi pezze d'argento romane et antiche », dice che « esse mi sonno
venute di mastro Clemente Thevenino di Lorena, huomo benissimo inteso en questa
materia de medaglie antiche, et il qual di suo tempo si ha havuto piü gran numero et
cognoscenza ch'huomo che io habbi anchora cognosciuto » (f. 78v). Menziona pure la col-
lezione del duca di Lorena: «Questi novi ultimi medaglioni d'argento si veddono fra
una moltitudine d'altre belle medaglie dell’ill.mo prencipe monsignore il duca di Lo-
rena » (f. 95r. Cf. anche f. 229»). Nelle note bibliografiche mostra predilezione per opuscoli
stampati a Lione (f. 16r), e per autori francesi, tra i quali, relativamente agli studi di me-
trologia numismatica, « è de primo Roberto Cinalis, francese, huomo dotto et diligente »
(f. 69v). Il Cinalis è citato spesso : ff. 72rv. 73r. 74v. 75r. 120r. 122r. 125r. ecc.

15) Cf. ff. 160 (Meaux), 360 (Lyon), 47v (delle monete cosidette « consolari » dice :
«io le ho fra le altre miei medaglie d'argento »). A monete della sua collezione fa spesso
riferimento nelle esemplificazioni : fî.58v, 59r, 61r», 62r (« eccellente medaglione ch’io ho
78 GIUSEPPE CHIARETTI

stici del tempo, mostra poca stima per le monete di età bizantina 119).
Conosce ampiamente, e ne fa una rassegna ragionata nel secondo
capitolo del Trattato, la bibliografia numismatica e le opere fonda-
mentali di italiani e di non italiani, fino ai manuali del Vico e del-
l'Erizzo « antiquari diligenti » "2, Si mostra al corrente del contrasto
tra il Vico e l'Erizzo circa la natura e l'uso di monete e medaglioni 118) ;
si rivela particolarmente competente in questioni di antica metro-
logia numismatica, rapportando il sistema monetario romano ai
cambi in oro e alle monete del suo tempo, in ciò attenendosi agli studi
di molti autori, tra i quali l’italiano Leonardo Portio ed il francese
Robert Cinalis *9, Quando deve esplicare le abbreviazioni delle iscri-
zioni monetali fa riferimento a due classici dell'epoca : Torello Sa-
raina e Aldo Manuzio 120),

Non mancano poi alcuni spunti che rivelano nell’autore una par-
ticolare sensibilità critica, quali gli accenni al problema tipicamente
moderno delle zecche monetali periferiche 12), e a quello del rapporto
tra gli antichi monumenti della plastica e i tipi monetali, problema

di Agrippina, dove di sopra c’è del carpento MEMORIAE AGRIPPINAE »: non lo re-
gistrano né il RIC né lo GnEccHI, Medaglioni . . .), 66r, 67r, 71r, 78r, 79v, 90v, 93r, 101r,
103v, 145r, 159r, ecc.

116) «Io ho anchora altra medaglia d'argento gaoffa (1) et di cativo opratore, con
lettere toscane secondo alcuni, o gottiche come altri tengono, che non si legono » (fi. 580-
59r). Parlando di alcune monete d'oro le dice pur esse « grosse et fatte di cattivo mae-
stro, di sorte che parono piü tosto gottiche che romane, si non si volessero dire lettere
hetrusche, che saria difficile a verificare », f. 123v.

117) Cf. f. 13r. Con i due collezionisti gli studi numismatici subirono una svolta de-

cisiva : « hanno altramente trattato questa materia ».

118) Cf. ff. 44v ss. — Su tale contrasto si veda L. MicHELINI Tocci, I medaglioni ro-
mani cit., pp. 6-8, il quale conclude : « La distinzione dell'Erizzo, che estendeva pratica-
mente a tutti i bronzi imperiali il nome di « medaglia » nel suo moderno significato, non
ebbe successo : restò come ipotesi avversata dai contemporanei ».

119) Cf. f. 69v: di ambedue manca menzione nell'excursus storico del Babelon.

12°) Cf. f. 213r. Del Saraina si cita l’opera Dell'antiqua della città di Verona, che
dovrebbe essere il De origine et amplitudine civitatis Veronae (Veronae, 1540) nella tra-
duzione del Pescetti, edita a Verona nel 1586. Di Aldo Manuzio junior sono le due opere
De veterum notarum explanatione quae in antiquis monumentis occurunt... commenta-
rius, e Ortographiae ratio... collecta ex libris antiquis, grammaticis, etymologia, graeca:
consuetudine, nummis veteribus, tabulis aereis, lapidibus...: ambedue edite a Venezia
nel 1566.

121) « Lyone era dunque alli Romani, singolarmente del tempo che hanno tenuto et.

occupato la Francia, come una camera a quatrini, dove si portava l’argento in massa,.
, p

doppo si batteva per essere de là distribuito alli soldati et impiegato a altre spese » (p.
37r).
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 79

quest'ultimo ancora ben lungi dall'essere risolto :2, Quel che più
| colpì il nostro autore fu l'ipotesi che proprio nelle monete veniva
| a perpetuarsi la più caduca megalografia e la stessa grande statuaria.
Ecco quindi le monete invadere decisamente il campo dell’arte, non
solo perché già in se stesse piccoli capolavori di artisti anonimi,
ma anche perché adempiono ad una precisa funzione documentaria
dei monumenti, ripetendone modi e schemi formali, ed anzi ripro- |
ducendoli assai fedelmente. All'argomento sono dedicati due lunghi
capitoli, nei quali, a dire il vero, la digressione erudita spazia a sca-
pito della felice intuizione, che rimane perciò solo intuizione e nulla
più. Nel capitolo « Della pittura et imagini delli antichi Romani »
l’autore tratta della caducità degli affreschi, e si sforza di dimostrare
che gli antichi ritratti di cera o di altro materiale deperibile e gli
stessi dipinti su tavola sono stati conservati nelle monete. Pari
concetto è svolto nel capitolo seguente « Delle statue antichamente
eretti dalli Romani », in cui afferma testualmente : « Queste medaglie
et parrecchi altre simili sono anchora in essere per hoggi dì, essendo
| buttate et fuora d’usanza le statue ripresentate per esse medaglie »
<> (f. 153r).

L'interesse per le antichità non si ferma però alle sole monete,
ma è pure diretto, come ovvio, ai vari prodotti della glittica e della
toreutica. Grande importanza é data ad un vaso di metallo rinvenuto
a Meaux, presso Parigi, che viene descritto abbastanza minutamente.
«E perché nel principio di questo capitulo io ho detto trovarsi in
terra spesso vasi pieni di medaglie antiche, io ne voglio qui abasso
reperesentare un bel bello, il qual è mio, il qual fu trovato fa puoco
appresso di Meaux en Brie pieno di medaglie, di quali se veddono

| anchora i segni d'entro d'esso. È d'una ben buona rama, che parec-

| chi hanno stimati rama di Corintho, ma io penso piü tosto che sia E
| stata altra volta indorata, ch'é la causa perché si trova cosi bella i

| di colore aurata in qualche parte. Il qual vernis è bello et mirabile ; ||
| et anchora assai ben proportionato et ben fatto... il manico. Io |
|

\

ho fatto pingere il manico solo e separato del detto vase, acciò che | i
tutto quello d'antichità sia meglio osservato... A cominciare di |

| su in giü, in cima si vedde la bella fronde di la pianta d'acantho,

122) Si veda L. BreGLIA, Numismatica antica cit., pp. 71-113, con nota bibliografica a
p. 83. Si veda anche C. H. V. SurHERLAND, Art in coinage. The aestetics of money from

greece to the present day, London, 1955, ai capitoli rv-v (pp. 59-104) relativi all'arte mo-
netale romana,
80 GIUSEPPE CHIARETTI

in giù di quella la persona del dio Pano con il suo bastone pastorale,
sotto di lui la persona di Venere accompagnata dalla torchia appic-
ciata et meli che si veddono a basso, et subito doppo sono intagliati
doi giovani menanti l'amore... Questi doi giovani sono nella infe-
riore parte: carezzandosi praticano l’amore » 12°).

Molto interesse è pure mostrato per i bronzetti (i «sigilla » dei
Romani), della cui origine dà una spiegazione abbastanza esatta,
mettendo in evidenza la loro natura ed il loro uso quali oggetti
votivi o « munuscula » interscambiabili nei giorni di festa : «l'idola-
tria et superstioni (!) loro ha fatto fare, io dico alli Romani, tanti
piccoli simulachri delli loro Dii, che si trovano anchora hoggi di in
terra, delli quali si sonno qui nel fine di questo libro alcuni ritratti,
cioé di quelli che io ho ricuperato, i quali sonno belli et interi et
tutti di bronzo» ??2»,

Piuttosto nuova, almeno nello spirito, l'attenzione portata ai
prodotti della glittica, dei quali cosi scrive : « Li antichi hanno preso
troppo piü piacere ad intagli delle pietre fine per portarle nei anelli
che non si pensaria ; et son stopito che in anti non si ha molto guar-
dato a ció ; o tuttavia si trovano tante belle memorie dell'antichità,
come si potrà vedere per alcuno piecolo numero di essi intagli che io
produreró qui abasso, nisuno ne ha fatto mentione di nostro tempo,
almeno che io sappi, si non é M. del Choul, il qual, passando, ne ha
produtto alcune nel suo libro Della religione romana, come hanno
stati di nostro tempo gentili personaggi et assai curiosi in tutte
parti delle reliquie della venerabile antichezza ». Dopo aver illustrato
la tecnica delle incisioni, prosegue parlando degli artisti: «Plinio
ha molto bene parlato quando ha detto che la negligenza et pigritia
é causa che le arti sonno perditi, o almeno bastarditi et meno eccel-
lenti che non furono mai. Aggiongo che l'indigenza et povertà ri-
tarda et fa tornare indietro i boni ingegni, quando sonno costretti
per vivere di non attendere alle cose piü sottili et artiste, et fanno
le opere piü grosse delle quali honno piü pronta espeditione. Gionto
anchora che ci sonno in questo tempo ben puochi d'Alessandri, Au-
gusti et di Moecenas et liberi donatori, i quali per loro liberalità fac-
ciano subito ricchi li buoni opratori. Perché certo é che se fossero

12) Cf. pp. 16v-17v. Di questo vaso, che qui chiamerò Vaso di Meaux, non mi è stato
possibile seguir le vicende nonostante le molte ricerche fatte.

124) Cf. f. 165r. — Sui «sigilla » si veda Ap, BLANCHET - E. PorriER, Sigillum, in
DAREMBERG-SAGLIO, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, 1v |2, pp. 1302b-1307b. LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 81

molti Moecenas et liberi donatori, ci sarebbono anchora molti Vir-
gilii et buoni poete, et cosi altri». Dopo aver addotto molti esempi
di antichi personaggi che recavano al dito anelli con pietre scolpite,
continua : «Ben spesso si è trovato ben impedito di giudicare se
un anello era più da apprezzare per il valore et ricchezza della pietra
preciosa, o ben per il grande artificio celabre applicato alla scoltura
di essa » 125),

Gli ultimi due fogli del codice, allegati successivamente, recano
un catalogo-indice di un medagliere-museo, probabilmente quello
stesso dell'autore. Sono dapprima elencate per classi le monete, per
un totale di 3346 pezzi !*°; quindi i bronzetti, o «figure di bronzo
antiche », in numero di 138 !:, indicati quasi tutti in maniera ge-
nerica e dando rilievo al peso, il quale raggiunge per i pezzi più grandi
il massimo delle nove once 128),

Credo di aver illustrato a sufficienza questo codice di anonimo
francese del primo Seicento. Perché lo schema della trattazione sia
‘chiaro, riferisco in nota il titolo dei vari capitoli, per quanto, come
ho già detto, essi non siano sempre ben divisi e chiaramente identi-
ficabili 129),

125) Cf. f. 2250-228r : La citazione fa parte del capitolo « Dell'intagli stampati an-
tichamente nei anelli ». Alla glittica sono dedicati gli ultimi tre capitoli dell’opera, il
primo dei quali consiste in un excursus storico, mentre nell'ultimo è messo in evidenza
il valore medico-curativo delle pietre.

126) A f. 241v è dato il riassunto : « Med. d’argento senza contorno n. 2538 ; Dette,
«d’oro n. 39 ; Dette, d’oro con contorno n. 11 ; Med. d’argento, con contorno n. 700 ; Dette,
«di metal con contorno n. 34; Dette, senza contorno n. 24 ; (Totali) D’argento n. 3238 ;
D'oro n. 50; Di metal n. 58 ».

127) È inesatto quanto è detto a f. 241» : « Figure di bronzo, tra grande et piccole,
n. 96 ».

128) A titolo esemplificativo, per un confronto con i bronzetti del Dorio, si possono
'segnalare tra gli altri: «... Un cavallo di bronzo antico. — Una testa di donna, di pro-
Tumi. — Ritratti (n. 4) di bronzo antichi, fino al petto, di onze tre. — Una testa di Giove,
«di bronzo, antica. — Figure (n. 2) di bronzo, di onze 5, congionte, detti Gladiatori. — Due
tigre a un carro, di onze quattro. — Una copia sedente antica, con la cadrega di bron-
Zo antica. — Figure (n. 4) di bronzo antiche distese, di onze 2. — Testa di rilevo di bronzo
antica, di onze una et meza. — Teste (n. 3) di mezo rilevo artiche, di oncie 1 1/2. — Ani-
mali (n. 3) piccioli belli, cioè una testudine, un montone et un ratto, di onzie 1 1/2...».

129) « Preambulo nel quale è trattato dell'utilità et comodo proveniente dalla co-
sgnitione delle medaglie et intagli antichi oltre il gusto e delettatione (ff. 1r-9r). (1) Di-
‘scorsi di medaglie e intagli antiqui, principalmente romani (ff. 9r-20r). (11) Delli metalli
“oro argento rama, principali materie di medaglie (ff. 20r-44r). (111) A qual fine et in-
tentione hanno state fatte del passato tante medaglie che si trovano anchora oggidì
(ff. 44r-53r). (rv) Di quello il che è più spesso ripresentato per le parti dinanti delle

6
82 GIUSEPPE CHIARETTI

VIII — Barb. Lat. 4342

Cod. cart. miscellaneo, del sec. xvir ; con memorie, inventari, note ecc.
riguardanti l'arte antica e moderna. Interessano per la presente questione :
1) « Relatione dello studio delle medaglie dell'emin.mo Boncompagno :

di gennaro 1632 » (ff. 106r-109v).

L’anonimo amatore, ammesso a far visita al ricchissimo medagliere-
museo del card. Boncompagni, lo descrive a memoria in modo sommario.
Nel medagliere nota, tra gli altri pezzi, la presenza di medaglioni greci e romani,
d'oro, d'argento e di metallo 99, ed anche qualche « crotone » ; i pezzi però:
non sono descritti per esteso, ma solo indicati per classi tipologiche. Nel museo:
si trovano pietre incise e cammei in numero di oltre 500 15), e « quattro sta-
tuette di metallo di un palmo et un quarto l'una, intiere et con vernice », 199).
« Et nel veder le sopradette cose fui trattenuto sei hora, cioè dalle 21 sino alle:
tre hore di notte. Da li a tre altri giorni mi favorì di mostrarmi tutte le medaglie-
grandi, capate già e messele in ordine dal sig. Claudio Menetri, et stanno in
uno studiolo grande di noce assai malfatto, quali essendo molto conservate:
e rare, descriverò distintamente » 13),

2) « Medaglie donate da Domenico Belli et havute dal padre Filippini.
provinciale del Carmine» (ff. 111r-112v).
Sono sommarianente indicate 37 monete dell'età imperiale.

medaglie (ff, 53r-59r). (v) Di quello che è ripresentato a dietro delle medaglie antiche
(ff. 59r-68v). (vi) Di la diversità et prezzo delle monete romane et premieramente di rama
(ff. 680-77r). (vix) Di l'argento monetato (ff. 77r-108r). (vini) Dell'oro monetato da i
Romani (ff. 108r-128v). (rx) Delle pitture et imagini delli antichi Romani (ff. 128v-152r).
(x) Delle statue antichamente eretti dalli Romani (ff. 152r-169»). (x1) Di parrecchi
magistrati officij dignitati et diversi titoli d'honori che hebbero li Romani (ff. 169v-
191»). (xir) Del stato et governo di Roma sotto il Re et Consoli (ff. 1917-203»). (xi)
Il catalogo et numeratione molto completa delli imperatori romani doppo Giulio Cesare
sino ad Augusto, il qual regnò ultimo augusto a Roma (ff. 204r-212v). (xiv) Dichiara-
tioni delle note lettere sole et parole abbreviate che si legono nelle medaglie di questo-
trattato (ff. 2120-217v). (xv) Delli anelli a portare nei detti et come ne usavano.
i Romani (ff. 2170-2257). (xvi) Dell'intagli stampati antichamente nei anelli (ff. 225r--
233r). (xvir) Delle pietre fine et intaglio di esse (ff. 233r-240). (Catalogo-indice del meda--
gliere-museo : ff. 241-242) ».

130) Quelli d’oro sono una diecina, quelli d’argento venticinque, quelli di bronzo.
«saranno da 80 in circa : sono veramente bellissimi et molti riversi vanissimi » (f. 106r).

131) «.,,, sono di tal qualità ch'io tengo per impossibile che alcuno mai lo possa ar-
rivare » (f. 1060).

139) « Una è di Antinoo, l'altra di Tiberio, due altre sono di due servi che tengono-
un vaso da acqua et alcuni istrumenti da bagni nelle mani, l’uno all’altro similissimi »-
(f. 1060).

13) Segue una elencazione sommaria di circa 512 esemplari di età imperiale romana.
Si faccia attenzione al nome del Menetrie. LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA

IX — Barb. Lat. 4347

Cod. cart. adespota e anepigrafo, del sec. xvi.

E una accurata silloge di monete greche, descritte sia quanto al
tipo che alle iscrizioni del D/ e del R/, con note etno-storico-geo-
grafiche esplicative, riferimenti bibliografici, digressioni mitologi-
che 92, ecc. A proposito di una moneta della città di Gaza viene
detto testualmente : « Li Gazesi a questa Fortuna, oltre la medaglia,
dedicarono una statua ad onore di M. Antonio Gordiano nella città
del Porto, edificato sul ramo del Tevere detto Fiumicino, nelle ro-
vine della chiesa di S.to Hippolito vescovo portuense, che é nel-
l'Isola Sacra incontro la costa, cavatovi dal card. Bellaio » 185).

L'anonimo estensore della silloge indica assai spesso il posses-
sore dell'esemplare descritto. I nomi che si succedono, di gente il-
lustre come di umili collettori sparsi a Roma e in tutta Italia, ci
riportano al fervore collezionistico del secolo xvi. Si noti, in parti-
colare, la menzione di alcuni antiquari, operanti presumibilmente a
Roma. Ed ecco i nomi secondo l'ordine con cui compaiono nel mano-
scritto : il card. Maffeo (ff. 2v, 38r) !*°), il «cavadenti » (! ff. 3r),
Anton Gabriele (ff. 4r), l'auditore Antonio Agostini (= Augustin ? :
ff. or, 260, 27rv, 29r), Benedetto antiquario (f. 5r), Annibal Caro
ff. 60, 23r, 40r), Gio. Francesco Spannocchi gentiluomo senese (f. 60),

134) Si veda ai ff. 14v. 24r. 32v.

135) Il card. Giovanni du Bellay, già vescovo di Parigi, fu vescovo di Porto dall'ii
dicembre 1553, e di Ostia dal 29 maggio 1555 ; morì a Roma il 16 febbraio 1560 : cf. Hie-
rarchia Catholica cit. 111, p. 26. La lunga iscrizione greca incisa sulla base è trascritta per
esteso a f. 34v : un confronto con il testo riprodotto nel Corpus Inscriptionum Graeca-
rum, 11r, Berolini, 1853, p. 772, n. 5892, derivato dalle schede manuziane edite dal Doni
e riferito senza titubanza a Gordiano III (t 244), risulta di un certo interesse per alcune
varianti. Il testo tràdito dal Barb. Lat. 4347 è diviso in 15 stichi ed è scritto con carat-
teri maiuscoli e con sigma sempre lunato ; presenta diversa interpretazione di lettere
negli stichi 1 (E per H), 5 (H per X), 7 (N per H), 13 (YT per AY) ; erra nella divisione
tra articolo o proposizione e parola agli stichi 7, 8, 11 ; dà però, allo stico 14, la lezione
MANEIPIOY, che è quella giusta rispetto alla lezione del C. I. G. (NANEIPOY).

Si potrebbe mettere questa statua in relazione con quella del Baldanza (cf. nota
96) ; ma, a parte la questione della attribuzione (Gordiano I o Gordiano III ?), probabil-
mente indecifrabile per gli stessi eruditi dell’epoca, come testimonia lo stesso Baldanza
che parla genericamente dell’Imperatore « Gordiano l'Affricano », mancano elementi
per un giudizio sicuro. La questione sembra comunque interessante, ed un approfondi-
mento delle indagini archivistiche potrebbe portare a risultati inattesi.

16) Nel contesto si cita anche «il testo di Strabone scritto a penna da mons. Colo-
rio » (f. 2r).
84 GIUSEPPE CHIARETTI

p. Enea modenese (f. 7r), Licinio Marcellini Politiano (f. 7v), Uberto
Strozzi di Mantova (f. 7v), il poeta Molza (ff. 8r, 35r, 39r), Giulio
Calestano parmigiano (f. 8v), Pamphilio Pamphili gentiluomo ro-
mano (f. 9»), Petronio Barbaro (ff. 9v, 11v, 30r), Antonietto anti-
quario (ff. 9», 20»), l'abate Riario (ff. 9v, 22r, 31v, 35r, 41v), Pier-
luigi Manilio (ff. 10r, 12», 21r) Alessandro Corvino (ff. 13r, 26»),
Achille Maffeo (ff. 15», 26», 27v, 33v, 41v), Stefano Flamengo (f. 157),
Francesco Diez (ff. 15v, 19», 38r), mons. Soderini (f. 16r), Camillo
Molza figlio del poeta (f. 18v), messer Americo (f. 19r), mons. Gio.
Giorgio vescovo di Pavia (f. 19»), Antonio Agrimi (f. 19»), Valerio
intagliatore di gioie (ff. 20r, 23r) '*?), l'arcivescovo di Siena (f. 23r),
Benedetto Umbro (f. 23v), il card. Carafa (f. 24r), Agostino Mosto
gentiluomo ferrarese « nel suo studio in Ferrara » (ff. 24r, 25v, 30r),
Gentile Delfino (f. 28»), Antonio Anselmi gentiluomo bolognese
«scrittore de nostri tempi » (f. 32v), Prospero Boccapadulo genti-
luomo romano (f. 32v), Cesare Gonzaga principe di Mantova (f. 33v),
Ercole Bassi bolognese (f. 37r), Francesco Porranga veneziano « ven-
ditore d'antiquità in Borgo » (f. 38v), Gio. Antonio Stampa (f. 39r),
Antonio Ulloa spagnolo (ff. 41rv, 42r), Giovanni del Duca antiquario
(f. 42v), Antonio Agnesino (f. 43r), Battista d'Anagna (f. 44r).

X — Barb. Lat. 4381

Cod. cart, adespota e anepigrafo, di pp. (Indice) + 471; del sec. xvi.

E un catalogo con descrizione sommaria, e cioé dei soli elementi
tipologici (« rovescio per rovescio »), della collezione Barberini, com-
posta in prevalenza di monete romane. Precede, in ff. n. n., un «In-
dice delle medaglie » redatto secondo l'ordine alfabetico dei perso-
naggi. Il codice è scritto con bella grafia, ma presenta aggiunte e
correzioni di epoca posteriore. L’ordine seguito è quello topografico
della collezione ?*9, il quale a sua volta si ispira con molta flessibi-
lità ad un ordinamento logico-cronologico.

Di molte monete è indicato il grado di rarità ; di altre, per lo più
con grafia posteriore, si precisa, come già nel Barb. Lat. 4312, la

137) A f. 23r è chiamato « Valerio Vicentino, scultore di gioie eccellentissimo ».

138) E cioè per «armari » e per cassetti. Ecco l'incipit del catalogo : « La serie delle
medaglie grandi di metallo degli imperatori a una per sortimento, che cominciano al
primo cassettino dell'armario grande vicino alla fenestra » (p. 1). Si veda anche il Barb.
Lat. 4312.
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 85

modernità della moneta, e quindi la sua non autenticità 199); si se-
gnalano pure i « contorniati » 149 e i medaglioni 14), Chiude il codice
un catalogo di monete e medaglie pontificie (pp. 436-445), cardina-
lizie (p. 446), principesche e comunali (pp. 447-453), gentilizie (« di
diversi huomini illustri », quali Sigismondo Malatesta, Isotta ecc. :
pp. 459-469).

XI — Barb. Lat. 4382

Cod. cart. mutilo all’inizio, di ff. 16, del sec. xvrr.

È una descrizione sommaria della collezione Barberini, e forse
un canovaccio per la stampa del cod. 4381. I tipi identificati, ognuno
rappresentato da una o più monete, si aggirano sui 1200. Le mo-
nete, in prevalenza di età romana, ma anche greche bizantine e
moderne, sono allocate in due « armari » divisi in cassettini bipartiti,
nel primo dei quali si trovano quasi esclusivamente monete di « me-
tallo », e nel secondo monete d'oro e d'argento, ed anche monete
rare di metallo. Negli ultimi cassettini del secondo armadio (nn. 69-
79) sono contenute monete e medaglie commemorative di età mo-
derna, risalenti sino al primo trentennio del '600 142,

XII — Barb. Lat.: 5425

Cod. cart. miscellaneo, del sec. xvii, che ai ff. 1r-14v contiene un « Discorso
delle medaglie antiche ».

Ne è autore tale F. S. 14, il quale l'invia ad un destinatario chia-
mato « Monsignor mio illustrissimo » (f. 1v), che si accingeva a far

189) Si possono addurre molti esempi : pp. 2. 66. 229. 236. 291. 292. 295. 341. 361.
366. 367. 414 ecc. — Alle « moderne » vanno aggiunte altre monete « indorate » (p. 341)
o «inargentate » (p. 360-364).

140) Alle pp. 12 e 46 si usa proprio il termine « contornati », poi cancellato con un
tratto di penna e corretto con il consueto « crotone ». Cf. anche pp. 21. 26. 46 ecc.

141) Si veda alle pp. 21 («un medaglione di Cotrone col Toro di Farnese »), 40, 46,
477, 58 ecc. Altrove si usa il diminutivo « medaglioncino » : pp. 70. 73. 328. 330. 335. 363.
. 65. 370 ecc.

142) A f. 15» sono ricordate, tra le altre : « Monete piccole d'oro basso, trovate in
Castello (S. Angelo ?), di diversi impronti, in n. xii... L. — Monete d'oro basso, più
grande delle sopradette, C... cxr». Si veda anche alla nota 45.

14) Forse quel Francesco Stati, morto a Roma nel 1627, del quale parla il Baldanza ?
Vedi alla nota 64.
86 GIUSEPPE CHIARETTI

risplendere «la magnificentia sua » (4r) nello studio delle monete;
il proemio è datato « Di casa, li x d’agosto 1624 », e firmato con le
iniziali surriferite F. S.

Lo schema è quello dei coevi « discorsi » dell’ Angeloni e del De
Legistis già esaminati : ulteriore conferma quindi della temperie cul-
turale nella quale operavano i collezionisti romani nei primi decenni
del secolo xvir. Il nostro F. S. però nel suo Discorso si propone, a
suo dire, di far cosa nuova rispetto ai tanti studiosi di numismatica
che lo hanno preceduto, e tra essi è fatta esplicita menzione e del
Vico e dell’Erizzo (da cui trae la distinzione tra medaglia e moneta)
e dell’Augustin, il qual ultimo scrisse « meglio di tutti ». « Ma questi
— prosegue F. S. —- overo sono stati su li discorsi troppo generali,
overo hanno porto semplicemente la figura della medaglia, o pur
sono discesi a dichiarare l’inscrittioni o rovesci della tale medaglia
in particolare. Niuno, in summa, ha atteso ad insegnare la pratica
d’esse et il modo di maneggiarle ; onde avviene che quando uno ha-
verà ben letto e riletto quei libri, con tutto ciò non saprà discernere
le vergini dalle ritocche e rappezzate, così ne anco le róse dalle non
rose et ordinariissime ; non saprà ordinarle, non nettarle, non conser-
varle con altre cose che al maneggio d’esse appartengono. Onde sarà
simile ad un medico il quale havesse diligentemente studiato Galeno
et Hippocrate, che ad ogni modo senza haver havuto pratica d’am-
malati gli servirà per poco o niente ».

Spigolando qua e là, si possono cogliere alcune osservazioni di
un certo interesse, come quelle sull'arte delle monete 144 ; sui cri-
teri di catalogazione **5) ; su alcune particolari monete quali le con-

144) « Si vede molta differenza nell’artificio delle medaglie, poiché sino a Nerone
furono assai mediocri ; da Nerone poi per tutto il tempo di Marc'Aurelio furono eccel-
lentissimi ; ma di là cominciò a incrudire la maniera e disegno d’esse medaglie » (f. 8r).
— «La medaglia si stima quanto è più grande, et la ragione è che si gode meglio il di-
segno » (f. 10r). — «Molto si stima che la medaglia sia di buon artificio, cioè di buon
disegno, di bell’intaglio et bene improntata ..., di gran rilievo. Tenendosi più conto
delle medaglie che hanno teste del na(tura)le..., si crede che quanto più eccellente
è l'artificio, tanto più si assomiglia la faccia al suo naturale » (f. 10»).

14) Fondamentalmente due: per tipi o per cronologia. « Costumano però alcuni,
quando non hanno la medaglia antica, mettere alcuna testa nova per non interrompere
la serie ; ma veramente molti biasimano tal’attione, perché pare che queste derroghino
alla fede dell'altre antiche et le mettono in sospetto, come si mettesse una donna cat-
tiva in compagnia delle buone » (f. 130-14r).

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LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 87

torniate 7:5), quelle di « metal corinto » !:?, i medaglioni !:9 ; né man-
cano bislacchi giudizi moralistici su alcuni esemplari di Tiberio e di
Nerone citaredo !':?; o anche ingenui consigli al collezionista, come
questo : « Chi non é ben del mestiere non la tocchi col ferro, massi-
mamente una certa patina maése, la quale è fragilissima et entra
nelle medaglie, in modo che, levandosi essa, resta la medaglia isca-
vata e guasta ».

A dare una visione completa dello scritto, si trascrive in nota
lelenco dei 19 capitoletti preceduti da un proemio !59,

146) «Si chiamano 'crotoniate' perché furno battute in Crotone, città d'Italia ;
se bene altri vogliono che si chiamino crotoniate quasi ' contorniate ' dal cerchio c'hanno
intorno: queste per l'ordinario, anzi quasi sempre, sono di mal mastro, et hanno spesse
volte roverscio capriccioso et che non s'intende, peró d'esse non si fa molto conto » (f. 9r).

147) « Si fa più conto di metallo ‘ corinto ’ che dell'altro, per esser questo giallo et
lucido che pare oro » (f. 9»).

148) Il termine di raffronto è la piastra fiorentina : ed anzi dopo Gallieno se ne fu-
sero alcuni grandi anche come «due piastre fiorentine » (f. 10r).

149) Tiberio, ad esempio, « non si vergognò di battere più di diece medaglie diverse
‘con figure ignude et rappresentanti diverse sorti di lussurie : queste medaglie non si
tengono da persona costumata, ma bene si ammira come un imperatore del mondo arri-
vasse a tanta sfacciataggine che in faccia a tutto il mondo professasse tal cosa » (f. 11v).
Analogo il giudizio su Nerone «citaredo ». Si ricordi quanto scrisse già il Vico, disser-
tando in termini moralistici «della eccellente scoltura delle medaglie antiche »: «ho
già veduto alcuni da tale piacere del mirarle presi, che da inhonesti costumi si sono di-
stolti e datosi, come per un certo stimolo, a vita gentile et honorata » (cf. Discorsi cit.,
p. 52).

159) «1: Delle medaglie fatte tutte di nuovo ad immittatione delle antiche in gene-
rale (f. 5rv). rt, Delle medaglie moderne battute (f. 5r). 111, Delle medaglie moderne get-
tate (ff. 50-6r). rv, Della medaglia antica falsificata con il ferro chiamato bollino (f. 6rv).
V, Delle medaglie antiche falsificate con istucco (ff. 6»-7r). vi, Della medaglia antica aiut-
tata con il ferro o stucco (f. 7r). vix, Del tempo nel quale furno battute l’antiche medaglie
(ff. 7v-8r). viti, Del luogo ove furono battute l’antiche medaglie (ff. 8r-9v). 1x, Della
materia dell’antiche medaglie (f. 9rv). x, Della forma dell’antiche medaglie, cioè gran-
dezza, grossezza, rotondezza, ove si parla de medaglioni (f. 10r). x1, Del buon artificio
dell'antica medaglia, cioè che sia di buon mastro (f. 10v). xir, Del buon stato et conser-
vatione nel quale si deve trovare l'antica medaglia (ff. 10v-11r). xirr, Del dritto o testa
della medaglia (f. 11rv). xiv, Del rovescio delle medaglie (ff. 11v-12r). xv, Delle inscrit-
tioni o lettere che sono sopra le medaglie antiche (f. 12rv). xvi, Della continuatione et
accompagnamento delle medaglie (ff. 12»-13r). xvir, Delle monete et pesi (f. 13rv).
xvi, Del concorso delle sopra narrate qualità delle medaglie, cioè quali si debbano più
attendere (ff. 13v-14r). xix, Del modo di tenere et conservare l’antiche medaglie (f. 14rv),

—_—_ecce Cr“ z
88 GIUSEPPE CHIARETTI

XIII — Ottob. Lat. 2976

A completare il quadro testé delineato, credo opportuno aggiun-
-gere ancora un altro codice, questa volta del fondo Ottoboniano,
che pur non riferendosi alle monete romane, ma solo a quelle ponti-
ficie, integra la visione degli interessi numismatici nella Roma del
primo Seicento, quali sono venuto sinora illustrando. È un codice
miscellaneo del romano Giacinto Gigli (1594-1671), benemerito dia-
rista della Roma del suo tempo e raccoglitore di antichità 15). Com-
prende molte dissertazioni su argomenti eruditi e anche bizzarri, tra
cui questa dal titolo « Monete antiche et moder [ne, così Papali, come
di altri Principi, che io | Giacinto Gigli mi ritrovo | con li Ritratti
di molte di esse dal dritto & rovescio descritte | Giacinto Gigli di propria
| mano l'anno del S** | MDCXXV » (ff. 41-655).

Dopo una breve introduzione per giustificare la sua ricerca, il
Gigli inserisce una nota delle 396 monete da lui possedute, a comin-
ciare dalle monete senatoriali romane del tardo medioevo fino ai
suoi giorni, dividendole per pontificato, per materia e per valore
giuridico-economico (giulio, grosso, quadrino, baiocchella, mezzo-
grosso, paolo, testone, mezzobaiocco); segue quindi la riproduzione
a penna dei tipi sia del D/ che del R/ delle principali monete, e cioè
di 85 pezzi d'argento e di 47 quadrini.

Interessa qui conoscere le ragioni ehe l'hanno mosso a questa
fatica, e cioé la varietà dei tipi e la progrediente bellezza dei conii,
evidenti in particolar modo a partire dal pontificato di Eugenio IV
(1431-1447). Di una moneta di quel pontefice, la n. 22 della colle-
zione, il Gigli dice che « fu fatta a meraviglia bella et con disegno et
scoltura certo vaga et fina ». Parlando anzi delle monete a lui piü
vicine afferma : « Doppo Paolo III sino ai tempi nostri, una diffe-
rentissima sorte di moneta vediamo per lo più : balorda, malfatta,
male improntata, di argento men fino, più piccola, et in cui altro
non apprezzi che l’esser moneta di argento spendibile e papale ».
Ed anzi ci fa sopra dell'ironia : « A tempo suo [di Paolo III] comin-
ciossi ad empire il campo del denaro con una grande arme et a col-
legarvisi sopra due gran chiavi con le bende del regno papale, et in

13) Su] Gigli, «uomo di grande ingegno, di somma erudizione e di una memoria
meravigliosa », si vedano: ALESSANDRO ADEMOLLO, Giacinto Gigli ed i suoi Diarii del
secolo XVII, Firenze, 1877; Bibliografia Romana. Notizie della vita e delle opere degli
Scrittori romani dal sec. xi fino ai nostri giorni, Roma, 1880, pp. 136a-138b (bibl.).
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 89

oltre con grosse funi attaccano le chiavi all'arme, come se appunto
dubitassero che elle se ne fussero per volar via. Così anco hanno
preso a fare certa forma di scudi per le armi capricciosa et con mille
vani et sciocchi intrighi intorno » 152),

INFLUSSO DEGLI AMBIENTI CULTURALI ROMANI SUGLI ERUDITI UM-
BRI. — Terminata l'ampia carrellata nel mondo del collezionismo
romano del primo Seicento, vien da chiedersi, ad ulteriore conferma
di quel che si è già detto nel primo capitolo, se e in qual misura esso
abbia influito sugli eruditi dell'Umbria.

Che influsso ci sia stato non è neppure da dubitare. Le ragioni,
o meglio, le vie concrete di questo influsso, vanno ricercate nei
molteplici rapporti, politici culturali mercantili o anche solo logistici,
tra l'Umbria e Roma. I cardinali Barberini, che nei primi decenni
del Seicento finirono per eccellere nel mondo culturale romano, dal
giorno in cui Maffeo, già vescovo di Spoleto (1608-1617), fu papa
col nome di Urbano viti (1623-1644), continuarono nei loro rap-
porti con l'Umbria *5). A] loro servizio, come al servizio di altri
potenti cardinali, furono schiere di umbri 154), e tra essi, come si è
detto, l'Angeloni ed il Ferentilli. Né va dimenticato che molti pre-
lati della curia romana soggiornarono in Umbria, e poterono qui
raccogliere materiale per le loro collezioni antiquarie !59, ed interes-

152) Cf. pp. 43v-45r. Dal che si vede chiaramente come nessun collezionista, neppure
il più modesto, rimaneva insensibile dinanzi alla bellezza formale dei tipi monetali.

13) Si può ricordare, ad esempio, la discussa operosità «restauratrice » del card.
Francesco Barberini nei riguardi di antichi monumenti spoletini, tra cui la cattedrale,
nel quarto decennio del sec. xvir : cf. Bruno Toscano, I Barberini, il Maderno e la Fonte
di Piazza, in « Spoletium », 9 (1959), pp. 23 ss. ; IDEM, Spoleto in pietre, Spoleto, 1963, pp.
138-140. 178 (bibl.); G. CHIARETTI, Archivio Leonessano cit., pp. 159-160. Nella ricca bi-
blioteca romana del card. Francesco lo Jacobilli svolse delle ricerche (cf. cod. A.IV.2, n.
83 del Faloci); e non mancò di raccogliere epigrammi in suo onore (cf. cod. A. VI.11 n. 117
del F., ff. 46-47). — Ho pure fatto cenno dell'interessamento del card. Antonio Barberini
per l'archivio dell'Abbazia di Sassovivo, della quale era commendatario ed amministra-
tore (cf. nota 72 del primo capitolo).

154) Per il nome di alcune persone di origine spoletina, finite al servizio dei Barbe-
rini a Roma, si veda G. CHIARETTI, Archivio Leonessano cit., p. 536. Emerge su tutti il ce-
lebre Taddeo Collicola (f 1643), medico personale di Urbano VIII.

155) È chiaro tuttavia che, per i personaggi della curia romana, la prima e princi-
pale fonte del materiale archeologico-numismatico occorrente per le loro collezioni erano
gli scavi effettuati, pubblicamente o clandestinatamente, a Roma e nelle adiacenze ;
e da essi traeva inesausto alimento il ricco mercato d'antichità. Valga per tutti un cu-
rioso esempio, che traggo da Una cronaca di S. Sabina sull' Aventino, edita e annotata
90 GIUSEPPE CHIARETTI

sare al culto dell’antiquariato gli stessi eruditi umbri con i quali
venivano necessariamente a contatto : tra essi, i già menzionati
card. Boncompagni, che fu legato pontificio a Perugia nel 1622, e
mons. Fabrizio Verospi, il quale fu governatore di Perugia dal 1623
al 1627.

Non è il caso di indagare più a fondo in questi molteplici ed ete-
rogenei rapporti : basti qui averli accennati.

Del resto il documento più probante, relativamente alla que-
stione presa a trattare, della asserita interdipendenza tra le due
contigue aree culturali, è proprio l’Inventario del Dorio, che mi
accingo ora ad illustrare.

da E. RopocanaACHI, Torino, 1898, p. xxviu: « Anche un’altra risorsa avevano i frati
di S. Sabina. Trovandosi a corto di denari, pratici dei tesori che racchiudeva l’Aventino,
scavavano e vendevano la roba trovata. Di questi lavori, che chiameremo straordinari,
abbiamo notizie sin dal 1547. In questo anno, per ordine del papa, si dà al suo cameriere
Auriolo da Cingoli una pietra tonda di porfido e se ne ricavano 45 scudi ». Si continua
in nota : « Flaminio Vacca, nelle sue Memorie di varie antichità trovate in diversi luoghi
di Roma, scritte nel 1594, a proposito dei camerieri del papa ricorda, al par. 79 : ‘ Nel
tempo di Pio IV mi ricordo che Matteo da Castello tolse a spianare una vigna sopra il
monte Aventino ; e cavandovi, trovò vasi di piombo con dentro quantità di medaglie
d’oro con conio di S. Elena e nel rovescio una croce ; e subito le portò al papa. il quale,
vista la sincerità di Matteo, gliene fece un presente. E così mi raccontò il detto Matteo.
Ma l’ingordigia di quelli camerieri fu tale che Matteo ve ne lasciò da duecento. Così mi
raccontò egli stesso. Ciascuna di esse medaglie pesava da dodici a venti giulii e ne trovò
circa mille ottocento ». |
CAPITOLO TERZO

LA COLLEZIONE DI ANTICHITÀ DEL DORIO

IL DOCUMENTO

I. Il codice. — Trascrivo integralmente il codice che è stato il
punto di partenza del presente studio. Esso trovasi, come gli altri
codici del Dorio, nella Biblioteca « Ludovico Jacobilli » di Foligno,
con segnatura A VI 8, e fu brevemente descritto da Michele Faloci
Pulignani ?, È un codice cartaceo (cm. 28 x 20) racchiuso entro
copertina cartonata moderna, di ff. 40 di antica numerazione, dei
quali alcuni bianchi ? ed altri scritti solo in parte 9. È tutto auto-
grafo del Dorio, anche se redatto in occasioni successive. La parte
più antica, confrontata con altre scritture datate del Dorio e parti-
colarmente con i protocolli notarili, per la levità e la compostezza di
una grafia non ancora appesantita dall’età, dovrebbe risalire al terzo
decennio del Seicento : il catalogo cioè era già scritto all'epoca della
nota lettera autobiogratica al Cantalmaggi, anche se in prosieguo di
tempo vi furono annotate altre monete pervenute al Dorio alla spic-
ciolata.

II. Criteri di trascrizione. — Poiché ogni trascrizione è prima di
tutto una interpretazione, e poiché non soccorrono qui particolari
interessi filologici, ho creduto opportuno seguire alcuni criteri a fine
di facilitare la lettura del documento :

— ho inserito una mia punteggiatura, che manca nel testo del
Dorio ;

— non ho tenuto conto di alcune particolari grafie, come ganbe
per gambe ;

1) Cf. Inventari... Foligno cit., p. 53, n. 114.

2) Cf. ff. 9v. 10v. 12rv. 14r. 22v. 24v. 26v. 27v. 29v. 34v. 35v. 39v.

3) Cf. ff. 6v. 7v. 9r. 10r. iiv. 13v. 14v. 16rv. 17rv. 18v. 20rv. 22r. 23v. 24r. 250,
20r. 27r. 28r. 30rv. 31rv. 32rv. 33rv. 34r. 36v. 38rv. 39r. 40rv.
GIUSEPPE CHIARETTI

— ho riferito tutte le iscrizioni delle monete con lettere maiuscole,
mentre dal Dorio sono usate ora le maiuscole ora le minuscole ;

— ho diviso in due parti l’inventario e ho dato una distinta nu-
merazione ai singoli pezzi; divisione e numerazione mancano nel
manoscritto. Nella prima parte, che raccoglie « segni da mercante »,
« medagliuzze » di natura non precisata, «statuette » e «sigilli », ho
usato una numerazione con numeri romani apposti ad ogni oggetto
o serie di oggetti ; nella seconda parte invece, che comprende monete
disposte — ma solo all’inizio — con un certo ordine cronologico
seguendo la serie degli imperatori, ho usata una numerazione con
cifre arabiche, tenendo conto di tutte le monete possedute dal Dorio.
Con lettere dell’alfabeto ho poi contrassegnato le dieci medaglie pon-
tificie descritte a f. 37r.

III. Criteri di interpretazione. — Per un commento ai pezzi della
prima parte rimando all'analisi che faró successivamente. Al testo
delle monete, invece, ho unito sinotticamente un commento critico
mirante ad identificare — per quanto è possibile — le singole mo-
nete. Molte volte peró queste non sono identificabili con precisione,

sia perché il Dorio dà per lo piü soltanto l'iscrizione del R/ e non.

anche quella del D/; sia perché non sempre l'iscrizione del R/ è
ben letta ed il tipo monetario esattamente interpretato ; sia perché
puó trattarsi di un falso. In tutti questi casi, che sono i piü, mi

limiterò a identificare il tipo monetario e ad indicare probabili ter-

mini di raffronto.

A prima vista potrebbe sembrare che le indicazioni del Dorio
circa la positura e l'orientamento dei personaggi effigiati nei tipi,
indicazioni che costituiscono un vero motivo di originalità nel cata-
logo doriano; debbano essere decisive per l'identificazione dell’esem-
plare. Ed invece non é cosi, giacché quasi mai c'é concordanza tra
gli esemplari doriani e la descrizione delle sillogi. La qual cosa in-
duce almeno a dubitare quale fosse il senso delle espressioni del
Dorio: la « mano dritta » o la « mano manca » dicono riferimento:

allo spettatore o al personaggio del tipo monetale? Nella impossi-

bilità di dare una risposta esauriente al quesito, ho preferito non
tener conto di queste pur preziose indicazioni.
Per quel che concerne la grandezza delle monete, può, all’incirca,.

porsi un corrispettivo tra « medaglie grandi » e « mezzane » con se-

sterzi e dipondi, e « medaglie piccole » con assi. Ma la corrispondenza
ha solo valore orientativo per i necessari riferimenti agli esemplari.
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 93

delle sillogi, senza alcuna pretesa di avallare siffatte corrispondenze
metrologiche. Nella descrizione delle monete comunque, avendo vo-
luto tener conto anche di questi dati, sia pur intesi con una certa
larghezza, ho fatto uso delle seguenti abbreviazioni : S = sesterzio ;
D. = dipondio ; A. = asse ; or. = oricalco ; r. = rame ; br. = bronzo.

Per spiegare la terminologia e la estimazione del singolo pezzo
al tempo del Dorio, ho tenuto presenti le note opere del Vico, del-
l’Erizzo e dell'Angeloni.

Le sillogi, sulle quali ho a preferenza condotto il lavoro e che in-
dicheró solo con una sigla convenzionale, sono le seguenti :

Ric (seguito dal numero del volume) : HAROLD MATTINGLY - Ep-
WARD A. SYDENHAM - C. H. V. SurHERLAND - Percy H. WEBB -
R. A. G. CARSON, The Roman Imperial Coinage, 9 voll., London,
1923-1951.

ConEN : H. ConEN, Description historique des Monnaies frappées
sous l'Empire Romain, comunement appelées Médailles Impériales (2%
ed.), 8 voll, Paris, 1880-1892.

BABELON: E. BABELON, Description historique et chronologique
des Monnaies de la République Romaine vulgairement appelées Mon-
naies Consulaires, 2 voll., Paris, 1885-1886.

Maurice : J. MaunicE, Numismatique Constantinienne, 3 voll.,
Paris, 1908-1912.

GNECCHI: F. GwEccHr, I medaglioni romani, 3 voll., Milano,
1911-1912.

ARMAND : ALFRED ARMAND, Les médailleurs italiens des quinzième
et seiziéme siécles (2 ed.), 3 voll., Paris, 1883-1887.

Hirt: G. F. Hit, A Corpus of Italian Medals of the Renais-
sance before Cellini, London, 1930.

CNI : Corpus Nummorum Italicorum, 16 voll., (Milano) 1910-1934.
INVENTARIO DELLE MEDAGLIE DI N.RO DURANTE DORIO

. Nota delle medaglie et statuette et altre cose lasciate nella cassetta

I Segni da mercanti ex ES LU SI ERRE SE SITE 2

II Medagliuzze piccole, come grossetti di Regno, benissimo con-
servate icassio più ETA N.g 33
| III Altre medagliuzze piccole no 93
| IV Medagliuzze piccole doppiette nr 17
MIN v Medagliuzze piccole . gihéc.tndbosib due ete omm t5
PUOEEE d.| VI Medaglie piccole, doppiotte, un poco più grandi . . . . .n. 10
| | VII Una statuetta quattro dita alta ; di homo con un manto, una mano
aperta, et nell’altra una patera ; di cattivo maestro ; con la basetta

di legno.

VIII Un'altra poco maggiore, ignuda, col braccio m’nco (1) et col piede
dritto rotto, nell’altra mano basso un non so che mostra essere di
Mercurio.

IX Un'altra di simile grandezza, di donna, piana, con una patera in mane
et nell'altra un'altra cosa piccola, di sei dita. [Sul margine destro
c’è un minuscolo disegno, a forma di coppa].

x Un'altra più piccola, simile, col braccio dritto rotto ; di goffo maestro,
| et piana.
XI Un'altra simile con le gnbbe rotte et un poco del braccio dritto :
di cattivo maestro.
i XII Un'altra di homo col manto tra le braccia, et piedi rotti.
I XIII Una di tre deta, ignuda, con l'elmo in testa ; di goffissimo maestro.
11 i (f. 10)
11 XIV Un'altra di donna come le altre prime, con le gambi et braccio rotto,
"MT di tre dita.
UV Un'altra ignuda, senza il braccio dritto et le gambe, tre dita longa ;

"MEIN di cattivo maestro.
E XVI Una ignuda, piccolissima, ignuda, con la gamba dritta rotta ; di gof-

fissimo maestro.

xvii — Un'altra ignuda, senza testa et senza il braccio dritto, con due ali,
longa sette dita.

Xvir Un'altra poco più piecola, di un satiro sbarbato, ignuda, con un’ucello
in mano; moderna, di buon maestro.

XIX Un'altra ignuda, di un Ercole, di diece dita, con una mazza in una
mano, nell'altra un serpe.

DER Un'altra di sei deta, da homo, ignuda, con un manto, di sei dita alta,
con le braccia aperte.

XXI Un'altra quasi dell'istessa grandezza, di un’Ercole ignudo con la pelle
in testa et in un braccio, et la mazza nell’altro.

xxII — Un'altra di tre deta, di donna ; di goffo maestro.

XXII Un ucello con la testa di donna, longo tre deta.

XXIV Un'animale colco, con la testa di homo, di simile grandezza. /(f.2r)/

XXv . Un'ucello senza piedi et senza testa.
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 95

xxvI Un cavallo di simil grandezza, con le gambi rotte.

xxvii Un sorcetto che rosica una forma, poco più piccolo ; di buon maestro.

xxvin Un porchetto più piccolo, con le gambi rotte.

xxIX Un altro in atto di camminar col muso alto, de simil grandezza, et
goffo maestro.

Xxx Una statua grande un palmo, con le gambe aggruppata di un satiro
(2), con un braccio et li piedi rotti.

xxxi Una statuetta di quattro dita, di un Ercole ignudo et un braccio al
fianco et nell’altra mano la mazza appoggiata intorno, con un leone

che se gli appoggia alle gambe ; moderna, di buon maestro, de quattro
dita alta.

xxxn Un'altra di goffissimo maestro, ignuda, senza braccia, con l'elmo in
testa, di simil grandezza.
xxxII Sigilli diversi n. 12

NERONE

1 Medaglione col riverso della casa o del tempio, col riverso di una Roma
sedente sopra alcuni scudi ; con lettere dalle bande S.C., et sotto ROMA.
2 Nerone col riverso della decursione / (f. 2v) /

1) L’identificazione di questo esemplare, se inteso come moneta, presenta notevoli
difficoltà. Per il tipo del R/ soccorre l'Enrzzo (Discorso cit., p. 100), che, descrivendo una
moneta « di mezana grandezza, ... molto rara », dice : « Ha per rovescio la figura di Ro-
ma sedente sopra le spoglie et gli scudi, et a canto di essa Roma vedesi il tempio di Giano
chiuso, con iscrittione...». Il Ric, rimandando al ConHEN, cataloga quattro sesterzi
con le iscrizioni dell'Erizzo, ma alquanto diversi nel tipo del R/, ove è presente solo il
tempio di Giano (« Ce temple offre beaucoup de variétés sous le rapport des ornements
et de la position des guirlandes : il serait impossible de les signaler toutes », COHEN, p.
288, nota), senza la Roma sedente (cf. Ric, 1, p. 156, nn. 160-161, p. 157, nn. 179-180).
Se si bada all’iscrizione, il Ric registra molti sesterzi e dipondi di oricalco con iscrizione
uguale a quella riferita dal Dorio, ma con tipo diverso (« Roma seated 1. holding spear,
rests l. arm on shield »), senza alcuna menzione del tempio (cf. Ric, 1, 160, nn. 229-234).
Stando così le cose, o la confusa descrizione del Dorio va intesa di due diverse monete ;
o trattasi di un «ibrido », analogo a quelli ben documentati per le monete di età repub-
blicana, causato da un errore delle maestranze della zecca nell’uso di coni appartenenti
a due diverse monete (Cf. BABELON, p. Lv); o trattasi, più semplicemente, di un falso.

?) Ric, I, pp. 154-155, nn. 127-146 (S. di or.), con il tipo della « decursio » nel R/ se-
condo tre modi lievemente differenti tra loro. Quanto al prestigio delle monete neroniane
con la « decursio » e alle bizzarre interpretazioni del tipo monetale, possono ricordarsi i giu-
dizi del Vico, che riteneva «raro » il rame neroniano con la decursione «cioè scorreria »
(Discorsi, 55 ; l’Erizzo non cataloga la moneta), e dell'Angeloni, che interpretava il tipo
come manifestazione dei vizi di Nerone e il conio come adulazione dei medesimi (cf. AN-
GELONI-BELLORI, Historia Augusta cit., pp. 48-49, con la correzione del Bellori a p. 54,
n. 17-18).

Quanto al significato storico della « decursio » militare romana (manovre dell’eser-
cito, o anche parate per le onoranze funebri o per festeggiamenti civili), si veda E. Sa-
GLIO, Decursio, in DAREMBERG-SAGLIO, Dictionnaire des antiquités cit., 11/1 p. 41%: « Des
96 GIUSEPPE CHIARETTI

3 Medaglia mezzana, di metallo, col riverso della casa.

4 Medaglia mezzana, di rame, col riverso di una vittoria con un scudo
in mano; et lettere S.C.

5 Medaglia mezzana, di rame, col riverso della casa.

6 Medaglione col riverso di una figura di donna sedente et una incontro ;
con lettere attorno ANNONA AVGVSTA CERES, et sotto S.C.

. 7 Un medaglione col riverso di un tempio con alcune figurine sopra ; con
lettere S.C.

8 Medaglia mezza, in metallo, col riverso del macello.

monnaies de Néron et d’

Hadrien, sur lesquelles on voit des cavaliers galopant précédés
ou suivis d'

un soldat tenant une haste ou un vexillum avec la légende DEcvnsro, font

aussi allusion à ces évolutions militaires, ou à celles qui en étaient imitées dans les jeux
du cirque, lorsque les chevaliers y manoeuvraient conduits par le princeps iuventutis ».
Cf. anche PAULY-WISSOWA, Real-encyclopüdie der classichen Altertumswissenschaft, viu
(Stuttgart, 1901), p. 2353 s.

* e 5) Data la genericità delle indicazioni, non è possibile identificare le due mo-
nete. Che se vengono messe in relazione alla moneta n. 1, per la quale il Dorio, parlando
di « casa o tempio », rivela non poca incertezza di interpretazione, sembrerebbe impossi-
bile identificare persino il tipo monetale. A fornire, comunque, maggiori elementi di equi-
vocità per la lettura, é proprio il tipo con il tempio di Giano, presente in molte serie ne-
roniane (cf. Ric, 1, pp. 156-158, nn. 159-204). Ma, se ciò fosse, è per lo meno strano che il
Dorio non abbia riferito neppure una parola delle lunghe iscrizioni del R /, le quali esal-
tano la pace del 63 d. C. e la chiusura del tempio di Giano dopo la vittoria sui Parti.

*) Ric, 1, pp. 166-167, nn. 318-331 (A di r):

*) Ric, 1, p. 150, nn. 73-83 (S. di or.). L'iscrizione del R/ ha « AVGVSTI », non « AV-
GVSTA ». Le due donne del tipo monetale sono : l'una, Cerere seduta con torcia e spighe
di grano ; l'altra Annona ritta in piedi con un cornucopia ; tra le due, un altare con sfon-
do. — Il Vico giudicava «raro » il rame neroniano con l'Annona (Discorsi, p. 55).

?) Ric, 1, p. 155, nn. 147-158 (S. di or.). Il tipo monetale del R | raffigura l'arco trion-
fale fatto innalzare da Nerone sul Campidoglio durante la guerra con i Parti ; arco sor-
montato da una quadriga, dalle figure della Pace e della Vittoria, e da soldati fuggenti
con trofei (cf. Ric, 1, p. 155, nota 1). L’Erizzo, descrivendo la moneta (« grande, di metallo
bellissimo »), riferisce la leggenda dei cavalli dell'arco neroniano finiti prima in Oriente
€ poi a Venezia, sulla basilica di s. Marco (Discorso, pp. 97-98).

*) Ric, 1, pp. 163-164, nn. 274-283 (D. di or.). I1 tipo monetale del R | raffigura il « ma-
cellum magnum », e cioé il mercato coperto, fatto costruire da Nerone nel 59 d. C. sul
Monte Celio. Il tholus di quell'edificio vuole essere identificato, dal Nardini in poi, con la
chiesa di S. Stefano Rotondo ; le linee architettoniche, tuttavia, ci sono note solo attra-
verso il tipo delle monete neroniane, che tramandano un prospetto a due ordini di colonne
con l'area interna, il porticato, le fabernae e l'abside con il simulacro del Genius macelli. Si

comprende perció l'interesse mostrato dagli eruditi dei secoli xvi-xvri per questa mo-
neta, come testimoniano e il Vico che la giudicava «rara » (Discorsi, p. 55), e l’Erizzo che
ne metteva in evidenza il valore di documento (Discorso, pp. 117-118), e l'Angeloni che —
seguendo l'opinione dell'Agustin e di altri — intendeva l'iscrizione come MAG(NA)
AVG(VSTI DOMVS), e identificava l’edificio con la « domus aurea» neroniana, una
lettura « molto stirata » non accolta dal Bellori (Historia Augusta, pp. 50-51, 54, n. 21). Sul
« macellum » neroniano si vedano le rispettive voci in DAREMBERG-SAGLIO, Dictionnaire
TI TTAZZ ded

LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 97

9 Medaglia piccola, col riverso del porto di Hostia. Sono due mezze at-
taccate assieme.

10 Medaglia di metal corinto, piccola, col riverso di una Vittoria con corona
et palma.

ADRIANO

11 Medaglia grande, di metallo, col riverso di una donna con una bacchetta
in mano et nell’altra come un animale ; lettere attorno FELICITAS
AVG. S.C.

12 Un'altra grande, benissimo conservata, col riverso di una figurina in

braccio et due in piedi; con lettere attorno PIETATI AVGG COS.
IIII S.C.

13 Un'altra grande, ben conservata, col ri-/(f. 3r)/ verso di una donna col
cornucopia da una banda et nell'altra la bilancia ; littere COS. IIII S.C. ;
ben conservata.

14 Un'altra di metallo, grande, col riverso di una donna volta a mano manca
con un piatto et fuoco in esso, et nell'altra come un fazzoletto ; con lit-
tere attorno COSRISS:G:

15 Un'altra di metallo, grande, col riverso di un soldato volto a mano manca
che mostra di camminare con un’asta in mano et nell’altra un’altra asta
con armature ; littere attorno ROMVLO AVGVSTO S.C. ; ben conservata.

16 Un'altra di metallo, grande, col riverso di una donna volta a mano dritta
che stende una mano sopra un'ara con una et nell'altra un'asta ; littere
attorno SALVS AVGVSTA COS. IIII S.C.

17 Un'altra di metallo, grande, col riverso di una Vittoria con alcune arma-
ture in un'asta ; littere attorno...

«es antiquités cit., 111/2, pp. 1457-1460, e in PaAuLY-Wissowa, Real-encyclopddie cit.,
XXVII, pp. 129-133).

?) Ric, r, pp. 151-152, nn. 88-108 (S. di or.). Il tipo monetale del R/ raffigura il porto
«di Ostia pieno di navi, e tra esse Nettuno. Anche tale moneta era giudicata « rara » dal
Vico (Discorsi, p. 55) e dall’Erizzo (Discorso, pp. 95-96). L'esemplare del Dorio è assai pro-
blematico : non è chiaro, infatti, se si tratta di una moneta « suberata » con un rivestimento
«di metallo pregiato su un’anima di metallo vile (si veda alla nota 35), o, come sembra
più probabile, di un tipico falso già descritto dal Vico che metteva in guardia contro la
« falsa congiuntione di due parti di medaglie, però antiche, ma di due diversi imperatori »,
‘0 anche, nel caso, di uno stesso imperatore (Discorsi, p. 62).

10) Il tipo della Vittoria si ritrova in molte serie neroniane ; la mancanza di più
precisi particolari impedisce l’identificazione della moneta.

11) Ric, II, p. 483, n. 1076 (?) (S. di or., raro). Il tipo monetale va identificato con la
Felicitas che reca in una mano un ramoscello e nell’altra il caduceo. In altri tipi gli attri-
buti della Felicitas variano leggermente : p. 437, nn. 748. 750-751, p. 442, nn. 801. 803-804.

12) Nel Ric non è registrata. Il tipo monetale è quello della Pietas.

18) Nel Ric non è registrata.

14) Nel Ric non è registrata.

15) Il Ric, II, p. 439, n. 776, registra un solo sesterzio d'oricalco, assai raro, la cui
iscrizione del R/ è « ROMVLO CONDITORIS. C. ».

16) Il Ric, II, p. 473, n. 1010, registra un solo asse di rame, raro, la cui iscrizione del
R/] è «SALVS AVGVSTI COS. III. S.C. ».

17 Nor identificabile.
98 rca GIUSEPPE CHIARETTI

18 Un'altra grande, col riverso di una donna volta a mano dritta con un:
cornucopia da una mano, dall'altra come /(f. 3v)/ una testa ; littere at-.
torno et dalle bande che non si possono ben leggere.

19 Una piccola, di rame, col riverso di una donna sedente con una cosa
ovata in mano et dall'altra un bastone ; littere attorno [ER 2]: BO TS
XIIII COS. IIII, sotto JVSTITIA. (f. 4r)

TIBERIVS CLAVDIVS CESAR

20 Medaglia grande, di metal corinto, col riverso di una figura di donna con:
un fiore; littere SPES AVGVSTA S.C.

21 Un'altra di metal corinto, grande, col riverso di una corona civica, et.
littere dentro EX S.C. OB CIVES SERVATOS.

22 Un'altra grande, col riverso di una donna volta a mano dritta con la:
veste alzata ; littere come in un tassello N (?) C.A.R.R., sotto S.C. ;
mal conservata.

23 Un’altra in rame, grande, col riverso di figura di donna sedente sopra.
alcuni scudi; littere attorno TIB. CLAVD. CAESAR PONT. MAX.
TRIP. IMP. P.D.S.C.

24 Un'altra simile, in metallo, ma piü piccola, non molto ben conservata.

25 Un'altra simile, non molto ben conservata né tonda.

26 Una piccola, di rame ; con littere attorno LIBERTAS AVGVSTA, et.
figura di una donna con un campanello o cosa simile in mano ; littere.
S.C. /(£. 4v)]

27 Una di rame, della grandezza di un paolo; littere attorno alla testa.
GERMANICVS CAESAR TI. AVG. F. DIVI AVG. N. ; col riverso di.
due littere S.C., littere attorno TI. CLAVDIVS CAESAR AVG. GERM.
P.M. TR. I. IMP.; ben conservata.

28 Un’altra piccola, di rame, col riverso di un caduceo con due altri; et.

due littere grandi dalle bande S.C., et littere attorno PONTIF. MAX.
IMP. TRIBVN. POTEST. XXXVII.

18) Non identificabile.

1*) Nel Ric non è registrata.

2°) Ric, I, p. 129, n. 64 (S. di Or.).

^) Ric, 1, p. 129, n. 60 (S. di or.).

2) Nessuna delle monete di Claudio registrate nel Ric è avvicinabile a questa.

?) Nel Ric non è registrata. S inoti la lettura scorretta del Dorio : la abbrevia-.

zione monetale di « Tiberius » è TI., non TIB. ; e quella di « Tribunicia Potestas » è TRIB.,.
non. TRIP.

24:25) Vedi aln. 23.
2°) Ric, I, p. 130, n. 69 (A. di r.). La Libertas del tipo monetale regge un copricapo,.

che è simile, in effetti, al «campanello » del Dorio.

2?) Ric, I, p. 132, n. 84 (A. di r.). L'iscrizione completa del R/è « TI. CLAVDIVS.

CAESAR. AVG. GERM. P. M. TR. P. IMP. P. P. ».

28-29) La moneta è di Tiberio, non di Claudio, e va messa in corrispondenza con un.

asse di rame registrato in Rrc, 1, p. 109, n. 40. Il tipo mostra però un solo caduceo alato,
e non tre come nel Dorio ; mentre l'iscrizione è « PONTIF. MAXIM. TRIBVN. POTEST.

XXXVII. — S. C. » il cui « MAXIM. » potrebbe essere stato inteso dal Dorio come « MAX.
IMP. » ». |
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 99

29 Un'altra simile.
30 Un'altra di rame, de simil grande, con una palla tonda nel riverso e una

pala tramezzata con una palla piccola; S.C., littere attorno POT. XXXVII
PONT. MAX. TR.

31 Medaglia di rame, grande quanto un paolo, con riverso di una figura
di donna volta a mano manca, con un scudo in mano et l'altro braccio
alzato ; et da banda littere grandi S.C.

32 Medaglia grande con carro et cavalli; dietro littere S.C., et attorno TI.
CAESAR TRI... AVGVST. P. M. TR. POT. XXXII; d'ottone liscio
et di basso rilievo.

33 Medaglia grande, di rame, col riverso di un arco, con uno a cavallo sopra

/(f. 5r)/
ADRIANO

34 Medaglia grande, col riverso di una donna volta a man dritta con un
cornucopia da una banda et nell'altra un caduceo ; littere attorno PONT.
MAX. TR. POT. COS. III S.C.

35 Un'altra grande, col riverso di un soldato volto a man dritta con un ba-
stone in una mano ; con littere attorno COS. III S.C.

36 Un'altra col riverso di due donne, l'una volta all'altra, con littere che non
si leggono bene, grande, in metallo.

??) Anche questa moneta, come la precedente, è di Tiberio, non di Claudio. Il Ric,
I, p. 109, n. 39, registra un asse di rame, il cui tipo è il globo con un timone, e l'iscrizione
« PONTIF. MAX. TR. POT. XXXVII. — S.C. ». Il Dorio ha iniziato la lettura dell'iscri-
zione non daccapo, ma a metà.

1) Ric, I, p. 129, nn. 65-66. Il tipo del R/ raffigura Minerva che avanza con uno
scudo ed un giavellotto : quest’ultimo però è così poco rilevato che la dea sembra avere
effettivamente la mano alzata.

?* Anche questa è una moneta di Tiberio, la cui iscrizione non è stata ben letta
dal Dorio, forse a motivo del logorio causato dall’uso (« ottone liscio et di basso rilievo »).
Il Ric, 1, p. 109, n. 37, registra un sesterzio d'oricalco, che nel D / ha solo il tipo indicato:
dal Dorio, e cioé una quadriga vuota (la Vittoria con prigioniero, della quale parla il
Ric, è, in realtà, un fregio ornamentale del carro) ; e nel R/ reca l'iscrizione « TI. CAESAR.
DIVI. AVG. F. AVGVST. P. M. TR. POT. XXXVI », e al centro «S.C. ». Si avverta
che come il Dorio ha letto « TRI» per «DIVI», così può aver letto « XXXII » per
«XXXVI »: le varianti sono infatti dovute ad errata lettura.

*??) Ric, I, p. 129, nn. 62-63 (S. di or.). Il tipo raffigura un arco trionfale sormontato
da una statua equestre tra due trofei, arco effettivamente eretto per commemorare i
successi militari di Nerone Druso (cf. Ric, 1, 129, p. nota 1) ; l'iscrizione, non ricordata
dal Dorio, dice « NERO. CLAVDIVS. DRVSVS. GERMAN. IMP. — S.C. ».

4) Ric, 11, p. 411, n. 563 abc (S. di or.).

°°) Il tipo descritto dal Dorio è troppo generico perché la moneta possa essere iden-
tificata tra le tante coniate durante il terzo consolato di Adriano (cf. Ric, 11, p. 314 s.).
Possono comunque indicarsi, per un confronto, le monete con lo Janus recante lo scet-
tro ed una mano sul fianco (Ric, 11, p. 426, nn. 662-663) ; o quelle con la Virtus che regge
la lancia ed il parazonium (Ric, 11, p. 424, n. 638), o con Roma avente lancia e cornu-
copia (Ric, rr, p. 426, n. 665).
°°) Ric, II, p. 480, n. 1053; p. 482, nn. 1065-1066 (S. di r., e D. di or., piuttosto rari).
100 GIUSEPPE CHIARETTI

37 Un'altra grande, in metallo, col riverso di una figura ingenocchiata con

una palla in mano a un’altra figura in piedi ; littere attorno che non si
leggono.

38 Un’altra grande, col riverso di una figura di donna volta a man dritta ;
lettere attorno COS. S.C.

39 Un'altra di rame, con il riverso di una Vittoria volta a man dritta ; lit-
tere S.C.

40 Una in rame piccola, col riverso di una barchetta, con alcune figurine
in essa barchetta.

41 Un'altra in metal corinto, piccola, col riverso di una donna sedente sopra

una sedia con un'asta et una cosa ovata nelle mani ; con littere attorno...
COS. IIII P.P. S.C.

ANTONINO

‘42 Una grande, col riverso di una figura di donna sedente Sopra una sedia,
volta a man dritta, con una mano appoggiata alla sedia, nell'altra una

cosa ovata, sopra un'ara con una serpe ; littere attorno COS IIII, sotto
S.C

Infra fol. 19 /(f. 50)/

DOMITIANO

43 Medaglia grande, di metallo, col riverso di una donna volta a mano manco
nella sinistra un scudo, nell'altra come un bastone ; littere S.C.

Il tipo é quello della Fortuna-Spes affacciate ; l'iscrizione, non ricordata dal Dorio, é
$.LR; BOT. GOSZIIL.S.C.».

7) Ric, r1, p. 416, n. 594, sesterzio di oricalco, raro, del 119-121 d. C. Il tipo raffigura
una donna con un globo in mano, genuflessa dinanzi ad Adriano ; l'iscrizione, non letta
dal Dorio, dice « RESTITVTORI. ORBIS. TERRARVM. S.C. ».

?**) Il Ric non registra monete adrianee con la « potestas consularis » priva di nu-
mero d'ordine.

?*) Nelle monete adrianee «S.C. » manca il tipo della Vittoria. Il tipo descritto dal
Dorio va probabilmente identificato con quello, assai simile, della Nemesis alata che
procede verso destra con un ramoscello in mano : Ric, r1, p. 439, n. 779, p 444, n. 828 (S.
di or.).

4°) Il tipo della nave con pilota e passeggeri si rinviene in una serie di monete adria-
nee del 132-134 d. C., dalla iscrizione « FELICITATI AVG. COS. mr P. P. S. C. » : cf.
Ric, rr, p. 433, nn. 718-722.

41) L'iscrizione mutila impedisce l'identificazione della moneta. Anche per la parte
interpretata dovrebbe tuttavia trattarsi di lettura errata, in quanto non esistono mo-
nete adrianee con « COS. IIII » ; il « P.P. » si riferisce al titolo «
da Adriano nel 128 d.C. (cf. Ric, 11, p. 314 s., n. 35).

?) Il tipo va probabilmente identificato con quello della Salus seduta,
gia il gomito su un timone (la « sedia » del Dorio !) sorretto dal globo e nutre

serpe sull'ara: cf. Ric, 1, p. 124, n. 763, p. 127, n. 799 (S. e D. di or.).

4) Il tipo potrebbe essere quello della Victoria con corona e trofeo (Ric, 11, p. 206,
n. 420: dipondio di oricalco), o, meno probabilmente, della stessa Victoria che scrive

Pater Patriae » assunto

che appog-
il consueto

L2
P

LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 101

44 Medaglia grande, di metallo, col riverso di una figura di un homo volto
a man dritta ch'accena col braccio, et nell'altro un bastone, con una
Vittoria che Pl'incorona; littere sotto S.C.

45 Medaglia grande, di metallo, con una donna a sedere in sedia volta a
mano manca, un'altra figura di donna volta alla figura sedente ; con lit-
tere attorno ANNONA AVGVSTA.

46 Medaglia grande, mal conservata, di metallo, col riverso di una figura
sedente volta a man dritta ; con littere IOVI.

47 Medaglia piccola, in rame, col riverso di una figura di donna vola a mano
dritta, con una mano tiene la veste, l'altra tiene alzata ; littere S.C.

48 Medaglia di rame, di simil grandezza, col riverso come di una credenza ;
con littere sopra SALVTI, attorno S.C., et sotto AVGVSTI.

49 Medaglia di rame, di simil grandezza, con l'istesso riverso ; littere /f. 6r/
simili di banda, et sotto S.C.

50 Un'altra di rame, di simil grandezza, con figura di homo volto a mano
manca con una mano alzata, et in un'altra come un bastone ; littere
attorno VIRTVTI AVGVSTI, dalle bande S.C.

51 Un'altra di rame, de simil grandezza, col riverso di una figura di donna
volta a mano dritta con un cornucopia da una mano, et dall'altrc una
bilancia.

su uno scudo poggiato ad un trofeo (Ric, 11, p. 186, n. 255, p. 190, n. 282, p. 194, n. 315,
p. 199, n. 359 : tutti sesterzi di oricalco).

44) Il tipo è quello di Domiziano con lancia e giavellotto incoronato con palma dalla
Vittoria : Ric, 11, p. 195, n. 322, p. 197, n. 347, p. 199, n. 363, p. 203, n. 390, p. 206,
n, 415 (tutti sesterzi di oricalco, di diverse epoche). Cf. anche Ric, rr, p. 190, n. 287.

45) Ric, II, p. 189, n. 277ab, p. 194, n. 311 (S. di or.). Nel tipo sono raffigurate Cerere
e Annona, l'una seduta con spighe e torcia, l'altra in piedi con un cornucopia ; l'iscri-
zione esatta è « ANNONA AVGVSTI S.C. ».

4) L’iscrizione riferita dal Dorio è probabilmente incompleta, in quanto nessuna
moneta registrata nel Ric, 11, di Domiziano o anche di altro imperatore, reca nel R/
il semplice « IOVI », ma al nome proprio è sempre unito un aggettivo (CONSERVATORI,
CRESCENTI, CVSTODI, OPTIMO MAXIMO, VICTORI...). Solo per un denarius
argenteo di Tito è notata, sulla testimonianza di « Rivista Italiana di Numismatica »,
1893, p. 282, la variante IOVI nel R/: cf. Ric, ir, p. 36, n. 176, nota.

17) Non identificabile.

48-49) La lettura del tipo è certamente erronea: tutte le monete domizianee con
l'iscrizione « SALVTI AVGVSTI S.C. », hanno nel R/ un altare, che il Dorio scambia
per una « credenza », data la particolare forma quadrata dell'ara con prospetto a lesene
laterali e centrale e due bucrani a mo’ di battenti su ognuno dei pannelli rettangolari.
Cf. Ric, 11, p. 184, n. 242D, p. 186, n. 251, p. 188, n. 272, p. 192, n. 304a, p. 193, n.
304b, p. 196, n. 338, p. 203, n. 396 : tutti assi di rame.

50) Il tipo è quello della Virtus con parazonium e lancia, verificabile in molte mo-
nete domizianee : cf. Ric, 11, p. 185, n. 246, p. 193, n. 305A, p. 195, n. 331, p. 196,
n. 340, p. 198, nn. 351. 356ab, p. 200, nn. 368ab. 373, p. 202, n. 387B (esemplare
che coincide anche quanto all'orientamento della Virtus), p. 203, nn. 393. 397, p. 205,
nn. 406. 409, p. 206, nn. 421. 4244 (tutti assi e dipondi di rame o di oricalco).

51) Il tipo è quello della Moneta con bilancio e cornucopia, quale si trova nelle mo-
102 GIUSEPPE CHIARETTI

52 Un'altra di rame, di simil grandezza, col riverso di una figura di donna
volta a mano dritta con la sinistra un cornucopia, et nell'altra una bac-
chettina che tocca una cosa poggiata in terra come una pala ; littere at-
torno FORTVNE AVGVSTI S.C.

53 Medaglia di rame, de simil grandezza, di figura di donna nel riverso
volta a mano dritta con una mano alzata, nell'altra una rotella et in testa
un'elmo ; con littere attorno TR. P. COS. VIIISDES.. ; et da banda
S.C.

54 Medaglia grande, di metallo, mal conservata, con un homo a cavallo
volto a mano manca, sotto le zampi un'homo ; et littere sotto S.C. /(f. 60)/

55 Medaglia grande, di rame, col riverso di una figura a sedere in alto con

un'altra che gli porge la mano et una figurina piccola.
56 Un'altra simile.

57 Un'altra simile
58 Un'altra simile.
59 Un'altra simile, indorata

Kf. 7r)/

VESPASIANO

60 Medaglia grande, di metallo, col riverso di una figura di soldato in piedi
con l'elmo in testa, con una mano un bastone poggiato in terra, nell'altra
una figurina ; littere da banda ROMA, et dalle bande della figura S.C.

.61 Medaglia grande, col riverso di un'allocutione.

62 Medaglia piccola, di metallo, col riverso di una figura di donna volta
a mano dritta con una mano alzata et nell'altra mostra havere non so
che ; littere attorno FELICITAS PVBLICA, et da bande alla figura S.C.

63 Medaglia in rame, de simil grandezza, col riverso di una Vittoria con

una corona in mano, et nell'altra una palma ; littere attorno VICTORIA
AVGVSTA, da banda S.C.

nete domizianee catalogate in Ric, II, p. 184, n. 2424, p. 185, n. 248 (assi di rame).
L'iscrizione è « MONETA AVGVST. S.C. ».

5?) Ric, 11, p. 192, n. 299ab. Il tipo è quello della Fortuna con timone (la « bacchet-
tina che tocca una cosa poggiata in terra come una pala » del Dorio !) e cornu
petuto in moltissime monete di Domiziano. Nell'iscriz
NAE » e non « FORTVNE ».

5*) Ric, i1, p. 184, n. 242 (A. di r. dell’82 d.C.). Il tipo é quello della Minerva che
brandisce un giavellotto e reca la « parma », e cioé lo scudo rotondo dei Romani (la « ro-
tella» del Dorio !) ; l'iscrizione completa dice « TR. P. COS. VIII DES. VIIII PSPSS:Qus

^* Il tipo è quello di Domiziano che cavalca su un caduto : cf. Ric, II, p. 190, n. 284,
p. 194, n. 317, p. 197, n. 344, Dp. 199, n. 361 (tutti sesterzi). — Il Vico
moneta «con la statua a cavallo d’esso Domitiano, senza lettere

55-59) Non identificabili.

°°) Il tipo raffigura Roma che reca una lancia e la Vittoria : cf. Ric, rr, p. 63, n. 394,
p. 69, n. 443, P- 76, n. 519, p. 86, n. 610, p. 90, n. 644 (tutti sesterzi di oricalco).

©) Non identificata. Il tipo è quello comune dell’adlocutio. :

°°) Il tipo è quello della Felicitas con caduceo e cornucopia, presente in molte mo-
nete di Vespasiano ; tra queste si possono indicare gli assi di rame in Hi6; 15^ pi 73; ni
485, p. 96, n. 695abc, p. 99:^n2:722:

$3) Il tipo della Victoria con corona e palma si ritrova in molti assi di rame di Ve-

copia, ri-
ione si ha, ovviamente, « FORTV-

giudicava rara la
» (Discorsi, p. 56).

— +
Ld

LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 103

4 Un'altra in rame, de simil grandezza, col riverso di una figura volta
a mano dritta con una mano alzata, et nell'altra le bilancie ; littere at-
torno AEQVITAS AVGVSTI S.C.

5 Un'altra in rame, de simil grandezza, col riverso di una donna volta a
man dritta con una mano alzata, et con l'altra si alza la vesta ; littere S.C.

‘66 Una piccola in rame, col riverso di un'aquila sopra una palla ; S.C. /(f. 70)/

67 Medaglia grande, col riverso di un'anfiteatro tondo, di rame, moderna.

68 Un'altra simile.

9 Un'altra di metallo, grande, con la GIVDEA CAPTA, moderna. .

70 Un'altra grande, di metal corinto, antica, ma malissimo conservata.

771 Medaglione grosso et grande più d'una piastra, col riverso del trionfo
di Vespasiano tirato da molti cavalli et con molti soldati. /(£. 8r)/

TRAIANVS AVGVSTVS

72 Medaglia grande, di metallo ; col riverso di una figura di donna volta
a mano dritta, con un cornucopia, et dall'altra una fraschetta ; littere
attorno S.P.Q.R. OPTIMO PRINCIPI S.C.

pasiano, con duplice iscrizione, nessuna delle quali coincidente con quella del Dorio :
« VICTORIA AVGVSTI S.C. » (Ric, 11, p. 75, n. 502, p. 83, n. 585, p. 105, n. 766ab,
p. 107, n. 788), e « VICTORIA AVGVST. S.C. » (Ric, 11, p. 88, n. 625, p. 100, n. 730).

64) Il tipo è quello della Aequitas con la bilancia ed una verga (talvolta una palma)

‘tra le mani, presente in molti assi di rame di Vespasiano: Ric, rr, 63, n. 399, 73, n.

482. n. 483 (con la palma), p. 77, n. 527, p. 80, nn. 557-558, p. 83, n. 581, p. 87, nn.
615. 618, p. 91, n. 652, p. 104, n. 758. n. 759 (con la palma).

95) Il tipo più avvicinabile a quello desciitto genericamente dal Dorio, sembra es-
sere quello della Spes con fiore tra le mani, che si ritrova in numerose monete di Vespa-
siano, tra cui gli assi di rame descritti in Ric, 11, p. 79, n. 545, p. 80, n. 560, p. 83,
n. 583ab, p. 84, n. 598, p. 87, n. 622, p. 92, n. 657ab, p. 93, n. 669, p. 94, nn. 678.
679. 684, p. 95, n. 685, p. 97, n. 699, p. 98, n. 713, p. 99, nn. 723-724, p. 100, n. 729,
p. 107, n. 786, p. 108, n. 791ab.

99) Anche l'aquila sul globo (la « palla » del Dorio !), con il capo eretto o volto a de-
stra, si ritrova in molti assi di rame di Vespasiano : Ric, 11, p. 74, n. 497, p. 7760.
528, p. 87, n. 623, p. 91, n. 656, p. 102, n. 747, p. 104, n. 764ab, p. 107, n. 787.

67.68) Trattasi, come nota il Dorio, di un falso. Il Vico giudicava raro il rame di Ve-
spasiano con l’anfiteatro (Discorsi, p. 56). Il tipo del Colosseo con la Meta Sudans si trova
in monete di Tito dell'80-81 d.C.: si veda, ad esempio, Ric, rr p. 129, n. 110.

$9?) Il tipo della IVDAEA (o IVDEA) CAPTA, presente in molte serie monetali
di Vespasiano, suscitò nei secoli xvi-xvir notevole interesse e per la singolarità icono-
grafica e per il suo significato storico ; di qui le falsificazioni, sollecitate dalla effettiva
scarsità degli esemplari. Pure il Vico giudicava raro il rame di Vespasiano « della Iudea
presa » (Discorsi, p. 56).

") Lo GneccHI non descrive medaglioni di Vespasiano con il tipo del trionfo. Il
Ric, 11, p. 49, n. 294, ricorda invece un raro aureus di Vespasiano con il corteo trionfale,
€ l'iscrizione « TRIVMP. AVG. ».

^73) La coniazione laudativa di Traiano è abbondantissima, ed il Ric ne raggruppa
i tipi in classi: dei e dee, personificazioni, imperatore, provincie, oggetti inanimati. L'e-

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73 Un'altra grande, di metallo ; con una figura di donna volta a man dritta,
con un cornucopia da una banda, dall’altra una mano alzata con una
figurina ; littere attorno sten? (?) senza breviature S.P.Q.R. S.C.

74 Un'altra di metallo, mal conservata, grande, col riverso di una corona
civica; littere dentro S.P.Q.R. OPTIMO PRINCIPI S.C.

75 Un'altra grande, in metallo, mal conservata ; col riverso di una figura
sedente sopra alcuni scudi con la mano appoggiata alla mascella, volta.
a man dritta, con un bastone con armatura ; et littere attorno S.P.Q.R.
OPTIMO PRINCIPI.

76 Una piccola, meglio conservata.

77 Un'altra di metallo, grande, mal conservata, col riverso di un'homo a

cavallo volto a mano manca; con littere attorno S.P.Q.R. OPTIMO PRIN-
CIPI.

78 Una piccola, in rame, mal conservata.
79 Un'altra de simil grandezza, mal conservata ; col riverso di una figura
di donna volta a mano dritta, appoggiata sopra un bastone, et con l'altra

fa cenno verso terra /(f. 8v)/; littere attorno PROVIDENTIA AVGVSTI
S.C.

80 Un'altra poco piü piccola, col riverso di un ponte ; et littere attorno S.-
P.Q.R. OPTIMO PINCIPI; in metallo, con la vernice.
81 Un'altra piccola, con la vernice, col riverso di una figura di soldato in

semplare doriano dovrebbe appartenere alla classe delle personificazioni, e il tipo va
identificato con quello: o dell'Abundantia con spighe di grano e cornucopia (Ric, II,
p. 280, n. 492), o della Fortuna con timone e cornucopia (Ric, Ir, p.280, nn. 500-502), o
della Pax con ramoscello e cornucopia (Ric, 11, p. 280, n. 509).

?) Le monete traianee con l'iscrizione per esteso («senza breviature ») « SENATVS
POPVLVSQUE ROMANVS — S.C. », hanno il tipo della Felicitas con caduceo e cornu-
copia (cf. Ric, 11, p. 288, nn. 634-635, p. 292, nn. 671-674 : S. e D. di or.), non coincidente
con quello del Dorio. Il tipo doriano va invece avvicinato alla Pax con Vittoria e cornu-
copia, quale si ritrova in un denarius argenteo traianeo (Ric, 11, p. 246, n. 17), o anche a
Roma pur essa con Vittoria e cornucopia, o alla Pietas con putto ecc.

74) Ric, rt, p. 279, nn. 476-477 (S. e D. di or.).

*5) Alla iscrizione di questa e di altre monete seguenti (nn. 75-80) deve probabil-
mente aggiungersi « S.C. », giacché le monete descritte in catalogo senza «S.C.» sono
tutte d'oro e d'argento, del qual metallo non risulta siano le monete del Dorio. Il loro
tipo va ricercato nella classe delle provincie (cf. nota 72), ed é quello della Dacia dolente
ai piedi di un trofeo, quale si ritrova in Ric, 11, p. 283, n. 560, p. 284, nn. 563-564 (S. e
D. di or.).

?^*) Ric, 1, p. 283, nn. 561-562. (A. di r.).

?*) Ric, r1, p. 282, n. 546 (D. di or.). Il tipo va ricercato nella classe dell'imperatore
(cf. nota 72), e raffigura Traiano a cavallo.

7?) Ric, II, p. 291, nn. 663-665 (S. e D. di or.). Il tipo è quello della Providentia, che
appoggia il gomito ad una colonna e indica il globo ai suoi piedi ; l'iscrizione completa
dice « PROVIDENTIA. AVGVSTI. S.P.Q.R. — S.C. ».

5?) Ric, r1, p. 284, n. 569 (A. di or.). Il tipo va ricercato nella classe degli oggetti ina-
nimati (cf. nota 72), e raffigura un ponte turrito.

*r) Ric, r1, p. 292, n. 676 (D. di or., scarso). Il tipo raffigura Traiano, tra due trofei R
l'iscrizione va letta per esteso « SENATVS. POPVLVSQVE. ROMANVS — S.C. ».
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 105

mezzo a trofei o armature messe in bastoni ; littere attorno senza bre-
viature S.P.Q.R., et sotto S.C.

82 Una in rame, de simil grandezza, col riverso di una figura di donna nolta
a man dritta con un caduceo da una banda ; littere attorno S.P.Q.R.
OPTIMO PRINCIPI, et dalle bande S.C.

83 Una in metallo, piccola, mal conservata ; con una figura di donna con
una mano che faceva cenno in terra, et un'altra la teneva alzata ; littere
FIDEI S.C.

84 Una piccola, di metal corinto, con una figura vestita di longo con un'ani-
male da banda, et littere che non si conoscono, mal conservata.

85 Un'altra piccola, con la sua vernice, col riverso di una Vittoria volta
a mano manca con una corona da una banda, et con la palma dall'altra ;
littere attorno S.P.Q.R. S.C. Kt... 9n]

86 Un'altra de simil grandezza, col suo verde, col reverso di una Vittoria
volta a mano manca con l'armature da una banda, et dall'altra una
corona ; littere attorno TR. P. VII IMP. IIII COS. I. P.P.

87 Un'altra in metallo, de simil grandezza, col riverso di una figura volta
a mano dritta con un cornucopia da una banda, et con la mano drizzata
verso terra.

88 Un'altra di metallo, grande mezzanamente, non molto tonda, colla testa
coronata di lauro mo..a [illeggibile] tempo ; con lettere TRAIANVS
DECIVS AVG...; col riverso di due figure vestite di longo ; S.C. :
le altre littere non si possono leggere I(£. 10r)/

NERVA TRAIANO

89 Medaglia di metallo, piccola, ben conservata, con il suo segno d'antico,
col riverso di una figura di donna sedente sopra due cornucopia ; littere
attorno TR. POT. COS. IIII. P.P. Sotto la figura S.C.

8) Ric, II, p. 280, n. 499 (S. di or., scarso). Il tipo va ricercato nella classe delle per-
sonificazioni (cf. nota 72), e raffigura la Felicitas con il caduceo, ai cui piedi sta in ginoc-
chio un Dace (un particolare non notato dal Dorio).

8) Il Ric non registra una moneta di Traiano con l'iscrizione riferita dal Dorio.
Il tipo comunque è quello della Fides.

85) Ric, II, p. 286, n. 595 (asse). L’iscrizione completa è « S.P.Q.R. OPTIMO PRIN-
CIPI — S.C. ».

86) Ric, II, p. 277, nn. 456-457 (A. di r., del 103 d.C.). L'iscrizione esatta è « TR.P.
VIL IMP.IIII. COS.V. P.P. — S.C. ». Che si tratti di lettura errata del Dorio è dimostrato
dalla stessa cronologia di Traiano, il quale nel 103 d.C. rivestì le seguenti cariche ed ono-
rificenze : la «potestas tribunicia vi-vir», l'eimperium consulare v» e la «appellatio
imperatoris rn-m » (cf. Ric, II, p. 235).

87) Ric 1v/3, p. 136, n. 124abc (sesterzio, scarso).

88) La moneta è di Decio, non di Traiano. Il Dorio ne descrive sia il D/ che il RJ:
nel D/ figura il busto di Decio con l'iscrizione « IMP. C.M.Q. TRAIANVS DECIVS
AVG.»; nel R/ c’è il tipo delle due Pannonie con l'iscrizione « PANNONIAE S.C. ».

8) Ric, II, p. 275, nn. 428-429 (D. di or.). La moneta è di Traiano, non di Nerva. Il
tipo é quello dell'Abundantia seduta su un seggio formato da due cornucopie e con
uno scettro in mano.

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106 GIUSEPPE CHIARETTI

90 Un'altra de simil grandezza, di rame, col riverso di una Vittoria volta
a mano dritta con un scudo in mano ; littere attorno TR. POT. COS.
IIILP. P5:da banda S;C.

91 Un'altra de simil grandezza, in metallo bello ; col riverso di una figura
di donna volta a mano dritta, col caduceo in mano, et con l'altra come
una pala; con littere attorno FORTVNA AVGVST.

92 Un'altra di rame, de simil grandezza, col riverso di due mano giunte ;
littere attorno CONCORDIA EXERCITVM S.C. /(f. 11r)/

GORDIANO [III]

93 Medaglia grande, col riverso di un soldato con una palla in mano et nel-
l'altra un'astro volto a mano manca ; con littere attorno che malamente
si possono leggere.

94 Medaglia quasi dell'istessa grandezza, con l'istessa grandezza, con
una figura volta a mano dritta con una palla in mano, et l'altra mano
alzata; littere attorno AETERNIT. AVG; S.C.

95 Un'altra grande, con riverso di una figura volta a mano manca, con una
mano al fianco, et con l'altra un'asta ; littere attorno IOVIS STATOR,
et littere anco S.C. da banda.

96 Una di rame, piccola, simile.

97 Un'altra grande ; col riverso di una figura di donna che sta a sedere con

un cornucopia da una mano, dall'altra una cosa tonda ; littere attorno
CONCORDIA AVG., sotto S.C.

98 Un'altra grande ; col riverso di una figura di donna a sedere, con un

°°) Ric, 11, p. 275, nn. 434-435 (A. di r.). Anche questa moneta, come la precedente,
è di Traiano, non di Nerva.

©!) Si pone il problema del « metallo bello » del Dorio : oro o argento ? L'iscrizione
riferita dal Dorio si trova effettivamente su aurci e dipondi d’argento : cf. Ric, 11, p. 223,
n. 4; p. 224, r. 16, p. 225, nn. 28. 35. Il tipo della Fortuna nelle monete di Nerva é sem-
pre il medesimo (la Fortuna con timone e cornucopia : la « pala » e il « caduceo » del Do-
rio!); e insieme con quelli della Aequitas, della Justitia, della Pax, della Libertas, della
Salus, della Roma renascens, denota un periodo di pace e di buon governo (cf. Ric, r1,
p. 221).

*?*) Ric, II, p. 227, nn. 53. 69, p. 228, n. 79, p. 229, n. 95 (A. di r.). L'iscrizione esatta
è « CONCORDIA EXERCITVVM — S.C. ». Sul significato del tipo monetale cf. Ric,
II, p. 221.

*) Non identificata. Il tipo é quello della moneta seguente n. 94,

?**) Ric, 1v/3, p. 48, n. 297abc (S., A. e D. di br.). Si tratta dell'imperatore Gordiano
III. Il tipo è quello del Sole con il globo in mano ; l'iscrizione esatta é « AETERNITATI
AVG. S.C. ».

?5) Ric, 1v/3, p. 48, n. 299a (S. di r., scarso). Il tipo é quello dello Jupiter con scettro
e fulmine.

®*) Ric, 1v/3, p. 48, n. 299b (A. di r., scarso). Cf. numero precedente 95.

?") Ric, 1v/3, p. 45, n. 268, p. 46, n. 278ab, p. 47, n. 287 (S. e D. di r.). Il tipo è
quello della Concordia seduta, con patera e doppia cornucopia.

°*) Ric, 1v/3, p. 48, n. 303ac (S: e D. di r.). Il tipo monctale raffigura Apollo con
un ramoscello in mano ed il gomito appoggiato sulla lira ; il COHEN però (p. 262, 263)


LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 107

braccio appoggiato nella sedia, nell'altra una fraschetta ; littere attorno
P;MTT.SPPISVISGOS? IE PP sotto: S:Gi

‘99 Un'altra simile ; col riverso di una figura di donna volta a mano dritta,
con un cornucopia da una banda et nell'altra mano una bilancia ; littere
attorno AEQVITAS AVG., dalle bande della figura S.C. I(£. 110)/

100 Un'altra simile ; col riverso di una figura di donna con un cornucopia

da una banda, nell'altra come una graticula ; littere attorno HILARITAS
AVG: S.G.

101 Un'altra di rame, col riverso di una Vittoria volta a mano dritta, con
una cosa come una falce appoggiata in terra; con littere attorno
VITTORIA AETERNA, et attorno alla figura S.C.

102 Un'altra in rame, un poco piü piccola ; con una Vittoria volta a mano

manca, con una palma da una mano, et dall'altra una corona ; littere
attorno VITTORIA, et dalla banda della figura S.C. /(f. 13r)/

GIVLIO FILIPPO

103 Grande, in rame, col riverso di quattro insegne militari ; con littere at-

torno FIDES EXERCITVM.

104 Un’altra in metallo, mal conservata, con una colonna.

105 Un’altra grande, ma più piccola, col riverso di un’animale come una
capra; littere attorno SAECVLARES AVG. S.C.

106 Un'altra di metallo, col riverso di due figure che stanno a sedere ; lit-

Ltere-Bttorno: scesi: LITORE (?) AVG. COS. III, sotto S.C.

‘107 Un’altra di metallo, col riverso come di un leone volto a mano manca ;

con littere attorno SECVLARES AVG.

‘parla, come il Dorio, di Apollo appoggiato ad una sedia, della qual lettura il Ric dice

« probably no true variant » (cf. Ric, 1v/3, p. 48, n. 303, nota). L’iscrizione esatta è « P.M.
“TRIP.VISCOS:II=B.Pi SG.

?*) Ric, 1v/3, p. 45, n. 267ab, p. 46, n. 277, p. 47, n. 286a (S. e D. di r.).

100) Nelle serie monetali dei tre Gordiani manca qualunque moneta del tipo descritto
dal Dorio.

101) Ric, 1v/3, p. 52, n. 338a (S. di r.). Il tipo raffigura la Victoria con palma, che si
appoggia ad uno scudo sotto il quale è un prigioniero (la «falce » del Dorio !). L'iscri-
zione esatta è « VICTORIA AETERNA S.C. ».

102) Ric, 1v/3, p. 43, n. 258abc (S.A. e D. di r.). L’iscrizione completa è « VICTORIA
AVG. S.C. ».

19) Ric, 1v/3, p. 90, n. 171ac (S. e D. di r.). La moneta è di Filippo I. L’iscrizione
esatta è « FIDES EXERCITVS S.C. ».

194) Non identificata.

195) Tra le monete di Filippo I manca il tipo della «capra », pur essendovene di al-
tri animali : « cervo » (Ric, 1v/3, p. 89, n. 160ab), « antilope » (Ric, 1v/3, p. 89, n. 161). Il
tipo della « capra » si trova su monete di Filippo II (Ric, rv/3, p. 102, n. 264ab), la cui
iscrizione esatta è « SAECVLARES AVGG. S.C. ». Queste serie monetali furono emesse in
occasione dei giochi secolari del 248 d.C.

106) Non identificabile.

107) Ric, 1v/3, p. 89, n. 158 (S. di r., scarso). L'iscrizione completa è « SAECVLARES
-AVGG. S.C.» (vedi alla moneta 105). Do

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—————— 108 GIUSEPPE CHIARETTI

108 Un’altra un poco più piccola col riverso di due figure di donna volte a

man dritta, con un'insegna militare a man dritta ; littere attorno A ‘

EFESEEE OSTEE-—ID-A:

109 Un'altra col riverso di una donna volta a mano dritta, con un cornu-
copia da una mano, dall’altra come una graticula ; littere attorno LIBE-
RALITAS AVG. II, da banda S.C.

110 Un'altra col riverso di una figura di donna con due insegni militari
nella mani ; attorno FIDES MILITVM, et dalle bande S.C. I(£. 130) /

111 Un altra col riverso di una figura di donna volta a mano dritta, con un
bastone in mano, con un’ara et un serpe ; littere attorno SALVS AVG.
S.C.

112 Una medaglia piccola, grossa ; col riverso di una figura di donna volta
a mano dritta, con un cornucopia da una banda, dall’altra una cosa
tonda; littere attorno CONCORDIA S.C.

113 Un'altra piccola, con il riverso di figura di donna volta a mano dritta ;
con littere attorno ANNONA S.C. ; con un cornucopia da una mano, et
dall’altra una bilancia.

114 Un'altra piccola ; col riverso di una donna volta a man dritta, con una
cosa ovata in mano, nell’altra una pala; littere attorno LOET. FUNDANT.
S.C., se però non sono mal lette /(f. 140)/

GALLICVLA

115 Medaglia di metallo, grande, col riverso delle tre sorelle, moderna.
116 Un’altra simile, indorata.

108) Iscrizione sibillina : forse ANNON...? Sembra ovvia una falsa lettura del
Dorio. Si avverta, comunque, un’altra iscrizione parimenti incomprensibile su di un au-
reus assai raro di Filippo I: « PHILIPPVS FIVS AVGG» nel D/, e « ENTTLOI-
CKSS » nel R/ (cf. Ric, 1v/3, p. 79, n. 89).

199) Manca. Il Ric, 1v/3, p. 103, n. 266, registra un sesterzio di rame assai raro, iden-
tico a quello del Dorio nell’iscrizione («LIBERALITAS AVGG. II S.C. »), ma diverso
nel tipo del R/, ove sono effigiati Filippo I e II in atteggiamento d'impero, con seggi
curuli e corto scettro.

119) Ric, 1v/3, p. 90, n. 172abc (S.A. e D. di r.).

11!) Ric, 1v/3, p. 91, n. 187abc (S. e D. di r.). Il tipo è quello della Salus con scettro
verticale. à

112) Nel Ric, 1v/3 non è catalogata ; in molte monete di Filippo si ripete peró il tipo
della Concordia. È forse incompleta l'iscrizione ?

33) Come per la moneta precedente n. 112.

114) Nel Ric, 1v/3 non è catalogata. Il Dorio stesso fa notare la difficoltà della let-
tura e del tipo e della iscrizione monetale, onde è facile supporre lacune.

115) Anche questa moneta ebbe grande fama tra i collezionisti dei secoli XVI-XVII,.
e di conseguenza abbondarono i falsi. Il Vico giudicava bellissime e rare le monete di
rame di Caligola « con le tre sorelle » (Discorsi, pp. 38. 94-55) ; l'Erizzo le giudicava opera
« d’eccellente maestro » (Discorso, pp. 83-85). Le tre sorelle, Agrippina, Drusilla e Giulia,
erano personificate nel tipo monetale come Securitas, Concordia e Fortuna (cf: c Ric; 1,
p. 117; n. 26).

116) Trattasi con tutta probabilità di un falso, come la precedente.
117

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LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 109

Una di rame, piccola ; col riverso di una figura sedente sopra una sedia»
volta a mano dritta ; con littere grandi dalle bande S.C. VESTA

Kt. 15r)/
M. AVRELIVS ANTONINVS

Medaglia grande, di metallo, di buon maestro, ben conservata ; col riverso
di una figura di donna volta a man dritta, con un scettro in mano, con una
cosa tonda in mano et un’ara ; littere attorno SALVTI AVGVSTOR.
TR. P. XVI, da piedi COS. III, dalle bande S.C.

Un'altra grande, col riverso di due figure vestite di longo che si danno
la mano ; littere attorno CONCORD. AVGVSTO., da banda S.C.
Un'altra grande ; littere dalla banda della testa IMP. COES. L. AVREL.
VERVS AVG. ; col riverso di una figura di donna sedente, con cornu-
copia da una mano, dall’altra una bacchetta che tocca come una pala ;
littere attorno TR POT. LI. COS. II, sotto FORT. RED., dalle bande
della figura S.C. ; di buon maestro, et ben conservata.

Un'altra di rame, col riverso di una pira (?) funerale ; littere attorno
CONGCO=è+-t , S.C. da banda,

Un'altra simile.

Un'altra un poco piü piccola, col riverso di una Vittoria volta a mano
manca, con una cosa tonda in mano appoggiata in un rametto. I(Î.
150)/

Un'altra simile ; col riverso di una figura di donna volta a mano dritta,
con un cornucopia da una mano, dall’altra un caduceo ; littere attorno
obra et S.C.; et a mano manca della figura, vicino al gi-
nocchio, una stella

Una piccola, col riverso di uno a cavallo, et un'altro che lo guida ; col
suo antico ; littere non si possono ben leggere.

Un’altra di metallo, piccola ; con lictere attorno alla testa AVRELIVS
CAESAR AVG. PIJ; col riverso di una figura vestita da donna, con
l’elmo in testa ; COS. II S.C. ; con un bastone in mano, ne l’altra una cosa
che poggia in terra, volta a mano manca.

117) Ric, I, p. 117, nn. 30-32 (A. di r.). Il tipo raffigura Vesta con patera e scettro ;

l’iscrizione precisa è « VESTA, S.C. ». L’Erizzo la giudicava « di buon maestro » (Discorso,
pp. 81-82).

118) Ric, rr, p. 280, n. 840 (S. di or., scarso, del 162 d.C.).
119) Ric, III, p. 316, nn. 1278-1279 (S. di or.). Il tipo raffigura Marco Aurelio e Lucio

Vero che si stringono la mano. L’iscrizione completa è « CONCORD. AVGVSTOR. COS.
II-S.C. ».

120) Ric, rrr, p. 318, nn. 1317-1320 (S. di or.). Il tipo è quello della Fortuna con

timone e cornucopia.

121.122) Non identificabili.

123) Non identificabile.

124) Non identificata.

125) Non identificata. L’« antico » di cui si parla è la « vernice ».

12) La moneta è di Antonino Pio, non di Marco Aurelio ; l'iscrizione precisa del

D/ è «AVRELIUS CAESAR AVG. PII F. ». Incerto il tipo: la Roma con la Vittoria
e la lancia (Ric, 111, p. 176, n. 1256), o anche la Virtus con il parazonium e la lancia (Ric,

i, p. 176, n. 1258).
TIO GIUSEPPE CHIARETTI

127 Un'altia picccla ; litter« attorno alla testa IMP. CAESAR L. AVRELIVS.
VERVS AVG; col riverso di due figurine vestite di longo che si danno
la mance ; littere attorno CONCORD. AVGVSTOR. TRE PITE

128 Un'altra in rame ; con littere attorno alla testa AVREL. CAESAR AVG.
P. III ; nel reverso una figura di donna volta a man dritta con una figu-

rina da banda con le mani aperte ; sotto, littere PIETAS, attorno TR.
PO'PS-EHE':60S: II:

129 Una di metallo, piccola, con la sua vernice verde; con una figura di
donna volta a mano dritta, con una cosa ovata in mano, sopra: un'ara

donde scappa una serpe, nell'altra un bastone; littere attorno.....
VTI 'AVG:*GOS. :S;C:

130 Un'altra di rame, piccola, con il riverso di una lupa con due erca. .rine (?).
131 Medaglia grande, di metallo, ben conservata ; col reverso di una figura
di donna a sedere in sedia volta a mano manca, con una mano in testa,
nell’altra una palma ; littere attorno P.M.TR.P.XIIII COS. III Pp
sotto S.C.; non è l'effigie di vecchio. /(f. 160)/

L. VERVS

132 Medaglione grande, di rame, col riverso di una figura a sedere in un
scoglio, con due figure avanti. /(f. 17r)/

SERG. GALBA

138 Una medaglia grande, di metallo, col riverso di una figura di donna a
sedere in una sedia ; attorno alla figura vi è dalle bande S.C., le altre.
littere non si possono leggere.

134 Una in rame, delle mezzane, col reverso di tre segni vili; TR I (?); lit-
tere S.C.

127) Ric, rit, p. 317, nn. 1288-1291 (A. di r.). Il tipo è quello stesso della moneta 119.
L'iscrizione completa è « CONCORD. AVGVSTOR. TR. P. COS. II-S.C. », la quale sola
coincide con l’iscrizione del D/ indicata dal Dorio e riferentesi ai coni del 161 d.C.

128) Ric, I1I, p. 179, n. 1281a, p. 180, nn. 1293a. 1294 (S. di or., A. di r.). L'iscrizione
del D/ è « AVRELIVS CAESAR AVG, PII F. »; quella del R/è « TR. POT. III COS. II
PIETAS S.C. ». Nelle monete indicate il tipo è quello della Pietas con lo scettro, o con
il vaso dei profumi, ed un bambino a fianco. 3

129) Il tipo è con ogni evidenza quello della Salus, che reca lo scettro, e si ritrova.
in dipondi che recano l’iscrizione « SALVTI AVG. COS.III. S.C. »: cf. Ric, rir, p. 290, nn.
965-966, p. 293, nn. 982. 1010.

1?) Non identificata.

131) Non identificata. Si avverta che quando Marco Aurelio salì al trono nel 161

d.C. fu insignito della « potestas tribunicia xv » e non «XIII » come vorrebbe il Dorio :
cfr. Ric, mn, p. 210.

182) Non identificato.
133) Non identificata.

134) Se si pone l’accento sui « tre segni », si potrebbe pensare al tipo delle tre inse-
gne militari, l’aquila tra due stendardi, presenti in un asse di Galba : Ric, rz, p. 206, n. 67.
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 112

135 Un'altra piccola, di rame ; col riverso di una figura vestita di longo, con
un bastone in mano et una cosa ovata nell’altra ; littere attorno LIBE-
RALITAS PVBLICA S.C.

136 Una di rame, grande, di bellissimo cugno, col riverso dell'allocutione,
moderna Kf. 170)/

MAXIMVS

137 Medaglia grande, in rame, ben conservata; con una figura di soldato:
giovane nel riverso, volta a man dritta, con una bacchettina in mano
et nell'altra ancora, et due segni militari da banda ; littere attorno PRIN-
CIPI IVVENTVTIS S.C.

138 un'altra de simil grandezza, con alcune littere attorno alla testa che non
se intendono, col riverso di alcuni segni di religione ; con littere attorno
PIETAS AVGVSTOR.

139 Un'altra in metallo, con la sua vernice ; le littere attorno alla testa di-
cono MAXIMVS CAESAR GERMANI; nel riverso segni di religione
alquanto diversi; littere attorno PIETAS AVG. /(f. 18r)/

COMMODVS ANTONINVS FOELIX

140 Medaglia grande, col suo verde, col riverso di due figure che si danno la
mano ; littere attorno PIETAT. AVG. COS. I PP. ; non è molto tonda.

141 Un'altra maggiore ; col riverso di una figura di donna con un caduceo
da una mano, nell'altra un cornucopia ; con molte littere attorno. .......
MP. VIII COS. V P. P., da banda della detta figura volta a man
dritta S.C.

142 Un'altra grande ; col riverso di una figura di donna volta a man dritta,

135) Nessuna serie monetale di Galba reca il tipo della Liberalitas, quale legge il
Dorio ; molte invece quello della Libertas, recante il pileus (la « cosa ovata » del Dorio 1)
ed una verga. Cf. Ric, 1, p. 203, n. 35, p. 205, n. 59-60, p. 209, n. 100 p. 214, n. 147 (S.
D. e A.). L’iscrizione è « LIBERTAS PVBLICA S.C. ».

136) Il Vico giudicava raro il nome di Galba con «il parlamento a gli eserciti » (Di-

scorsi, p. 56).

187) Ric, 1v/2, p. 156, nn. 9-10. 13-14. Il tipo raffigura Massimo con l'asta tra due

stendardi, ed è facilmente identificabile tra le poche serie monetali coniate da questo
imperatore.

135 Ric, 1v/2, p. 155, nn. 6-8. Nel tipo sono raffigurati oggetti cultuali : un'anfora

tra il lituo, il cultro, la patera, il simpulum e l'aspersorio. L'iscrizione esatta è « PIETAS.

AVG. S.C. ».

189) Ric, 1v/2, p. 156, nn. 11-12. Il tipo è quello stesso della moneta precedente 138 ;
si tengano però presenti le varianti già riscontrate dal ConEN in alcuni esemplari di Pa-
rigi e di Berlino (cf. Ric, 1v/2, p. 155, nota 6). Le iscrizioni vanno così corrette : « MAXI-
MVS CAES. GERM. » nel R/, e « PIETAS IVVENTVTIS S.C. » nel D/.

140) Non identificata.

141) La ricostruzione dell'iscrizione presenta difficoltà. Commodo ebbe 1’« imperium
consulare v » e la «appellatio imperatoris viti » nel 186 d.C., insieme alla « potestas tri-
bunicia xi-Xi1»: cf. Ric, III, p. 365.

14) Non identificabile.
112 GIUSEPPE CHIARETTI

con una mano alzata, nell’altra una bacchetta con una palla tonda ;
S.C. et littere attorno, che non si possono leggere.

143 Un’altra grande ; con littere attorno alla testa DIVVS M. ANTONINVS
PIVS, col riverso di un’aquila sopra una palla ; S.C., et littere attorno
CONSECRATIO.

144 Un'altra grande ; con littere attorno alla testa di vecchio M. COMMODVS
PEE TN NES ; col riverso di una figura di donna volta a man dritta,
con una mano alzata, et nell'altra un bastone che mostra havere non so
che in cima ; con molte littere attorno che non si possono ben leggere, et
dalle bande alla figura S.C. ; di metallo.

145 Un'altra grande ; con littere attorno alla testa M. ANTONINVS COM-
MODVS ; col riverso di una figura di donna volta a man dritta /(180)/
con una bacchetta in mano, con l'altra un bastone che tocca terra, et una
palla vicino alli piedi; littere attorno PROV. DEOR. TRIP
et dalle bande della figura S.C.

146 Un'altra grande; con littere attorno M. ANTONINVS AVG. TRIP.
XX ; col riverso di una figura vestita di longo sedente sopra una sedia,
con un bastone in una mano, nell'altra una figura ; littere attorno.
COS. IIL, et sotto S.C.

147 Una piccola, simile.

148 Un'altra grande; M. ANTONINVS ; col riverso di un tempio ; con al-
cune littere che non si possono leggere.

149 Un'altra piccola ; con littere attorno alla testa COMM M. ANTONINVS
PIVS ; col riverso di alcuni animali con una figura dietro ; attorno al-
cune littere che malamente si possono leggere; sotto COS..... >
et sotto a queste parole S.C. /(f. 19r)/

ANTONINO

150 Medaglia grande ; col riverso di una figura di donna volta a man dritta,
appoggiata in un bastone, con una cosetta nell’altra mano ; littere at-
torno FELICITAS, da banda S.C.

14) Ric, I, p. 441, n. 656 (S. di or., scarso). Il tipo reca l'aquila sul globo. Fa mera-
viglia la esatta attribuzione della moneta a Commodo, non ostante che il suo nome non
figuri nelle iscrizioni sia del D/ che del RJ.

144) Non identificabile.

14°) Il tipo è quello della Providentia con una verga poggiata sul globo e lo scettro.
L’iscrizione del D/ è « M. ANTONINVS COMMODVS AVG. ». Tipo e iscrizione del D/
si trovano uniti in due diverse serie monetali : cf. Ric, ItI, p. 403, n. 305 (con iscrizione
del R/: « PROV. DEOR. TR. P. V. IMP. IIII COS. II P. P. S. C.) e Ric, ii, p. 406, n.
330a, p. 407, n. 336 (con iscrizione del R/ : « PROV. DEOR. TR. P. VII IMP. IIII COS.
LTPsP.- SC):

14) Monete con l’iscrizione del D/ « M. ANTONINVS AVG. TR. P. XX » furono
coniate nei primi mesi del 166 d.C.; nessuno dei tipi di quelle serie monetali sembra
però avvicinabile a quello del Dorio.

117) Non identificabile.

148) Non identificata.

149) Non identificata.

15°) Il Ric, rm ricorda una sola moneta con l'iscrizione del Dorio nel R/, ed è un
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 113

151 Una piccola, di rame ; col riverso di una figura di donna volta a man
dritta, con una bacchetta in una mano, et nell’altra un cornucopia ;
littere attorno P.M.TR. POT. COS. DES. II, et dalle bande S.C.

152 Un'altra di metallo, piccola, grossetta ; col riverso di una figura di donna
con le bilancie in una mano, nell'altra un cornucopia ; littere attorno COS.
IIII, da banda S.C. ; ben conservata, con la sua vernice verde.

153 Un'altra piccola, di rame ; col riverso di una figura di donna sedente in
una sedia, con una cosa ovata in una mano, da una banda un bastone ;

littere attorno. TRIP=+POT.è s , Sotto S.C.
154 Un'altra simile, di rame, col riverso di donna sedente ; littere COS.
IIII.

155 Un'altra piccola ; col riverso di una figura di donna in piedi, volta a man
dritta, con un bastone in mano, nell'altra niente ; littere attorno TRIP.
POT. COS IIII, da bande S.C.

155 Un'altra piccola, in rame, col riverso di due ancilie, cioé rotelle ; littere
attorno che non si possono leggere, et dalle bande S.C. /f. 19»/

157 Un'altra piccola, in rame, col riverso di un’elefante ; littere attorno
MVNIFICENTIA AVG., et sotto COS. IIII S.C.

158 Un'altra piccola, col riverso di una corona civica ; littere dentro S.P.Q.R.
OPTIMO PRINCIPI S.C.

159 Una grande, di metallo, con testa sbarbata ; littere ADRIAN. ANT. ;
riverso di una figura volta a mano manca, mostra havere un cappello
all'armena, con un trofeo in mano ; littere S.C.

160 Un'altra grande, di rame ; con una figura con l'elmo, sedente sopra un
scudo, che mostra havere una figurina in mano che non si conosce bene ;
littere sotto ROMA, et altri attorno.

sesterzio di oricalco coniato sotto Antonino Pio in onore di Faustina II (l'iscrizione del
D/ 6: « FAVSTINA AVG. PII AVG. FIL. »), recante il tipo della Felicitas con il caduceo
(?) in una mano e l'altra appoggiata al fianco : cf. Ric, rr, p. 193, n. 1395.

151) Ric, rir, p. 97, n. 526 (A. di r., scarso). Il tipo della Pax è come descritto dal
Dorio.

152) Ric, III, p. 132, n. 842, p. 133, nn. 855. 858, p. 134, n. 865, p. 135, n. 866, p. 143,
n. 938. Il tipo della Aequitas è come descritto dal Dorio.

1533) Non identificabile.

154) Ric, II, p. 153, n. 1038 (A. di r., raro). Il tipo è quello della Salus seduta che
mutre il serpe.

155) Il tipo è di incerta lettura, potendo essere quello di Ceres con la torcia (Ric,
iir, p. 130, n. 830), o della Aefernitas con una fascia (Ric, 111, p. 131, n. 832). Ambedue
Je monete sono assi di rame.

156) Non identificata.

157) Ric, III, p. 134, nn. 862-863 (A. di r., scarsi).

159) Ric, mr, p. 130, n. 827 (A. di r.).

159) Il Ric non registra per le monete di Antonino iscrizioni che comincino per A-
DRIAN o, più esattamente, per HADRIAN.

160) Ric, rir, p. 110, nn. 621. 6214 (S.). Il tipo è quello della Roma con il palladium
(n. 621) o con la Vittoria (n. 621A) in mano. Per la prima moneta l'iscrizione completa
è «ROMA AETERNA S.C.»; per la seconda « ROMAE AETERNAE S.C. ».

8
114 GIUSEPPE CHIARETTI

161 Medagliuzza piccola, come quelle di argento di un’ottava, col reverso dî
una figura di donna o di huomo vestito di longo ; littere attorno P. N.
7.P.P. XVII COS. IIII P:P.; ben conservata. /(f. 20r)/

SEPT. SEV. PERT.

162 Medaglia grande, di metallo, col riverso di due figure volte a mano dritta,
con littere attorno che non si possono leggere.

163 Un'altra piccola, col riverso di una figura che tiene la mano sopra alcune:
armature, o trofeo ; littere attorno PONTIF. TR. P. II COS. II, sotto
S.C. /(f. 200)/

LUCILLA

164 Medaglia piccola ; col riverso di una figura di donna volta a man dritta,
con un caduceo in mano, nell'altra una cosa ovata ; con littere attorno
CONCORDIA..... S.C. IE. 21r)/

ADRIANO

165 Una medaglia piccola, di rame, col riverso di una figura di homo sedente
con un caduceo in mano et l'altra mano appoggiata ; littere da banda
S.C.

166 Un'altra di rame, piccola, con figura di donna sedente in sedia con una

mano appoggiata et nell'altra una cosa ovata ; littere sotto S.C., attor-
no S.

161) La lettura dell’iscrizione è certamente erronea, e sulla base delle cariche rico-
perte da Antonio durante la «tribunicia potestas xvir» (153-154 d.C.), potrebbe essere.
così ricostruita: « P.M.TR.P. XVII COS. IIII P.P.». Nessuna moneta di Antonio ha.
peró una iscrizione siffatta.

16) Non identificabile.

16) Né l'iscrizione né il tipo monetale ricordati dal Dorio si ritrovano sulle monete
coniate da Settimio Severo Pertinace durante la «tribunicia potestas 11» nel 193-194 d.C.
(cf. Ric, 1v/1, p. 61). L’una e l’altro si trovano invece in monete di Settimio Geta : Rice,
1v/1, p. 336, n. 152, p 338, nn. 160ab. 162ab. il tipo raffigura Marte che incorona un
trofeo, poggiando la mano sullo scudo.

164) In Ric, II, p. 352, nn. 1730-1733, sono registrate le uniche monete di Lucilla,
con l'iscrizione « CONCORDIA S.C.» (non altro !), e con il tipo pressoché uniforme della.
Concordia, seduta o stante, con la patera ed il cornucopia. I puntini di sospensione del
Dorio sembrerebbero alludere ad altre lettere non ricostruibili e non documentate. —
Il Vico giudicava rara « quanto all’effigie » la medaglia di Lucilla (Discorsi, pp. 58-59).

165) Tra le monete adrianee «S.C. » registrate nel Ric non figura un tipo «con ca-
duceo », come legge il Dorio. Tra i tipi che più si ripetono sono lo stesso Adriano, e so-
prattutto Cerere e Vesta sedute. Si veda, ad esempio, Ric, 11, p. 476, nn. 1023-1024, p.
478, n. 1044.

1**) Non identificabile.
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 115

167 Un’altra piccola, in rame, mal conservata, col riverso de figura di donna
sedente con cosa ovata in mano ; littere attorno COS III P PIV C.

168 Un'altra piccola, in rame; con figura di donna in piedi, volta a mano
dritta, con un bastone in mano, nell’altra una cosa ovata con un’ara et
serpe ; littere attorno SALVS AVGVSTI S.C. COS. III.

169 Un'altra di rame, piccola, benissimo conservata, con una figura volta
in prospettiva con una mano alzata et l'altra su la spalla ; littere attorno
PONT. MAX.... COS. III, dalle bande PIE. AVG. S.C.

170 Un'altra di rame, piccola, con una figura vestita di longo volta a mano
manca; con littere attorno...... ALITAS AVG. COS. III P.P.
S.C.

171 Un'altra piccola, di metallo, col riverso di una figura /(f. 21v)/ di donna
volta a mano manca con cose che panno serpi in mano ; littere attorno
COS. III S.C.

172 Un'altra piccola, in rame, con il riverso di una figura di donna con le
bilancie in mano, un bastone nell'altra ; littere attorno AEQUITAS. S.C.

173 Un'altra piccola, in rame, con una figura di donna volta a mano dritta
con una pala in mano, nell'altra come una fraschetta, sotto un'ara ;
attorno littere ANNONA AVG. S.C.

174 Un'altra piccola, di rame, malissimo conservata, col riverso di una bar-
chetta ; littere sotto S.C.

175 Un'altra piccola, ma grandetta, col riverso di un cavallo pegaseo volto
a mano sinistra, con littere attorno COS. III S.C.

176 Un'altra piccola, di metallo, grossa, col riverso di due figure che si danno
le mani; attorno ADVENTVS AVG.

177 Un'altra di metallo, piccola, col riverso di un soldato volto a man dritta

167) La lettura dell'iscrizione è con ogni evidenza errata, e va forse intesa come « COS.
III. P.P.S.C. », quale si rinviene effettivamente in monete adrianee.

168) Ric, II, p. 473, n. 1010 (A., raro). Il tipo è quello consueto della Salus con scet-
tro. L'iscrizione dice esattamente « SALVS AVGVSTI COS. III. S.C. ».

169) Ric, II, p. 413, n. 579 (A.). L'iscrizione completa è « PONT. MAX. TR. POT.
COS. III. S.C. PIE. AVG. ». Il tipo è quello della Pietas velata, nel gesto dell’orante.

17°) Ric, II, p. 434, n. 729. Il tipo è quello della Liberalitas che vuota la cornucopia ;
l'iscrizione completa è « LIBERALITAS AVG. COS. III. P.P. S.C. ». In Rrc, 11, p. 434,
n. 730, é ricordata altra moneta con il tipo della Tranquillitas che si appoggia ad una
colonna ; l'iscrizione dice « TRANQVILLITAS AVG. COS. III. P.P. S.C. ».

171) Se il tipo è quello della Salus che nutre un serpe sul suo braccio, possono indi-
carsi gli assi registrati in Ric, 11, p. 427, n. 669, p. 469, n. 975.

17?) Ric, II, p. 436, n. 743, p. 441, n. 795. Il tipo è quello della Aequitas con la bilancia
e la verga. L’iscrizione completa è « AEQVITAS AVG. S.C. ».

178) Ric, II, p. 441, n. 796. Il tipo è quello dell’ Annona con spighe al di sopra di un
modius, ed il timone (rispettivamente la « fraschetta », l'« ara » e la « pala » del Dorio !).
Si veda anche la moneta n. 797.

174) Non identificabile.

175) Ric, II, p. 426, n. 659 (D., scarso).

17) Ric, II, p. 441, nn. 793-794 (D. e A.). Il tipo raffigura Roma che porge il saluto
ad Adriano. L’iscrizione completa è « ADVENTVS AVG. S.C. ».

17?) Sembra trattarsi di falsa lettura della iscrizione, giacché il Ric non cataloga
monete adrianee nelle quali figuri l’aggettivo IVSTVS.

— 7

mo

CD II CITA T
enni iis ? NER Y^.

x

——— d

wr - 116 GIUSEPPE CHIARETTI

con una bacchetta in mano ; littere attorno TR. POT. VI COS. III, dalli
bande alla figura IVSTVS.

178 Adriano col riverso di figure quatro (?); littere attorno MS ( = Maiestas ?)
AVGVSTA S.C.; grande, di ottone.

179 Un’altra grande, con l’istesso riverso, ma non molto ben conservata.

Kt. 23r)/
FAVSTINA [I® e II2]

180 Medaglia grande, di rame ; col riverso di una figura di donna volta a
mano dritta, nel braccio la vesta, l'altra mano sopra una cosa che pare
un candelliero ; littere attorno S.C. PIETAS AVG.

181 Un'altra grande ; col riverso di figura di donna volta a mano dritta, col
caduceo da una banda, dall'altra una palma longa appoggiata in terra ;
littere attorno HILARITAS S.C.

182 Un'altra grande, in rame, con la vernice tutta (?) oscura ; col riverso di
figura di donna volta a mano dritta, col pomo in mano, nell'altra una
pala con la serpe avvolta ; littere attorno VENVS S.C.

183 Un'altra in rame, piccola ; col riverso di una donna volta a mano dritta,
col pomo in una mano, nell'altra un bastone ; littere attorno VENVS
S.C.

184 Un'altra piccola, in rame, col riverso di una donna con due figurine in
braccio et due a' piedi; littere attorno FECVND. AVG. S.C.

185 Un'altra in rame, piccola ; col riverso di una figura volta a mano manco,
con una creatura in mano ; littere attorno FECVNDIT. S.C. J/(f. 24v)/

186 Un'altra piccola, in rame, con una figura di donna volta a mano manca ;
littere attorno HILARITAS ; con una mano alzata, l'altra non si co-
nosce.

178-179) Non identificabili.

180) Ric, III, p. 165, n. 1146A B, p. 169, n. 1192A B (S. e D., scarsi). Trattasi di Annia
Faustina I, moglie di Antonino Pio (t 141). Il tipo è quello della Pietas che versa incenso
su un candelabro e reca il vaso dei profumi. L’iscrizione esatta è « PIETAS AVG. S.C. ».
Il Vico giudicava «rarissime » le monete coniate in onore di Faustina (Discorsi, 59).

181) Ric, II, p. 192, n. 1375, p. 193, n. 1396abc (S. e D., scarsi). Trattasi di Annia
Faustina II o junior, figlia di Antonino Pio e moglie di Marco Aurelio ( 175). Il tipo è
quello della Hilaritas che aggiusta il velo e reca una lunga palma.

18) Ric, II, p. 193, n. 1388, p. 194, n. 1409 (S. e D.). Il tipo è quello della Venus
con il pomo ed il timone, attorno al quale si avvolge il delfino. Di Faustina II.

18) Ric, III, p. 332, n. 1500 (A., scarso). Il tipo è quello della Venus con il pomo e
lo scettro. Di Faustina II.

184) Ric, rir, p. 345, nn. 1636-1637 (A.). Il tipo è quello della Fecunditas con due ra-
gazze ai lati e due bambini in braccio. L’iscrizione esatta è « FECVND. AVGVSTAE
S.C. ». Di Faustina II.

185) Ric, II, p. 345, nn. 1638-1640 (S. e A.). Il tipo è quello della Fecunditas con lo
scettro ed un bambino in braccio. L'iscrizione esatta è « FECVNDITAS - S.C. ». Di Fau-
stina II.

186) Ric, II, p. 345, n. 1643 (A.). Il tipo é quello della Hilaritas con una lunga palma
ed un cornucopia. L'iscrizione completa é « HILARITAS - S.C.». Di Faustina II.
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 117

187 Una medaglia piccola, di metallo ; col riverso di una figura di donna
a sedere, volta a mano dritta, con una cosa ovata in mano. /(f. 24r)/

CRISPINA

188 Medaglia grande; col riverso di una donna volta a man dritta, in una
mano una cosa che non si conosce, nell'altra una pala, et a piedi una cosa
tonda ; littere attorno LOETITIA S.C.

189 Medaglia grande ; col riverso di una donna sedente, con un’ara vicina
et un serpe. /(f. 25r)/

IVLIA MAMMEA

190 Medaglia grande, ben conservata; col riverso di una figura di donna
volta a mano dritta, con una figurina in una mano, nell'altra un bastone ;
littere attorno VESTA S.C. ; ben conservata.

191 Un'altra grande ; col riverso di una figura sedente in sedia, con due ca-
ducei et una cosa ovata in mano ; littere attorno CONCORDIA AVG.
S.C.

192 Un'altra grande, ma non tonda ; col riverso di una figura di donna volta
a mano manca, con una figurina in una mano, et con un bastone nel-
laltra; littere attorno VENERI FELICI. S.C.

193 Un'altra in rame, grande ; col riverso di una figura vestita di longo, volta
a man dritta, che ci passa una gamba sopra, appoggiata in una colon-
netta, nell'altra una figurina in mano ; con littere che non si possono
leggere S.C. ; mal conservata.

194 Un'altra grande ; col riverso di figura di donna con un caduceo da una
mano, nell'altra un cornucopia ; littere che non si leggono, S.C. ; mal
conservata. /f£. 250)/

187) Non identificabile.

188) Ric, III, p. 442, n. 669, p. 443, n. 683 (S. e D., scarsi). Trattasi di Crispina, moglie
di Commodo (T 184). Il tipo è quello della Laetitia con corona e timone poggiante sul globo.
L’iscrizione esatta è « LAETITIA S.C. ». Il Vico giudicava rare « per l’effigie » le monete
di Crispina (Discorsi, p. 59).

189) Non identificabile.

19?) Ric, 1v/2, p. 127, nn. 708-709 (S. e D.). Il tipo è quello di Vesta velata con il pal-
ladio e lo scettro. Il Vico giudicava rare « per l’effigie » le monete di Giulia Mammea
(Discorsi, p. 59).

191) Il Ric, 1v/2 non registra monete bronzee di Giulia Mammea con l'iscrizione
indicata dal Dorio.

19?) Ric, 1v/2, p. 126, nn. 697. 699 (S. e D.). Il tipo è quello della Venus con lo scettro
e Cupido (o una statuina). :

193) Rc, 1v/2, p. 125, nn. 676. 678 (S. e D. di or.). Il tipo è quello della Felicitas che
si appoggia ad una colonna incrociando le gambe, e reca un caduceo. L'iscrizione com-
pleta é « FELICITAS PVBLICA S.C. ».

194) Il tipo è quello della Felicitas con caduceo e cornucopia, alquanto diverso dal
tipo della moneta precedente (193). Si ritrova in piü serie con iscrizioni differenti : « FE-
LICITAS PVBLICA S.C. », in Ric, 1v/2, p. 125, nn. 679. 681 (S. e D. di or.) ; « FELICI
TAS TEMP. S.C. », in Ric, 1v/2, p. 125, n. 683 (D. di or.).
118 GIUSEPPE CHIARETTI

195 Un'altra grande; col riverso di una figura di donna con una cosa ovata
in mano, nell'altra un bastoncello ; mal conservata.

196 Un'altra grande, in rame ; con una figura di donna sedente con un cadu-
ceo in mano, nellaltra un cornucopia; littere attorno FELICITAS
AVGVST. I(£. 26r)/

MARCIA OTTAVILLA

197 Medaglia grande, et figura di donna sedente ; littere attono CONCORDIA
AVGVST. ; con un cornucopia in una mano, nell'altra una cosa ovata.

198 Un'altra poco piü piccola, col riverso di un'animale con le corna ; littere
attorno non si leggono bene.

199 Un'altra in rame, simile, non tonda, con una figura di donna sedente ;

littere attorno. ..... , sotto S.C.
200 Un'altra di metallo, mezzana, con un’animale volto a mano manca, con
littere attorno SAECVLARES. I(È. 27r)/
MAXIMINVS

201 Medaglia grande, di metallo ; col riverso di una figura di donna che si
volta a man dritta, con una fraschetta in mano ; littere attorno PAX
AVGVST. S.C.

202 Un'altra in rame, con una Vittoria con una palma et corona in mano ;

littere attorno VICTORIA AVG. S.C.

203 Un'altra mezzana, grossa, non molto tonda, con una Vittoria che in-
corona una figura di soldato et una figurina a sedere in terra ; littere
attorno non si possono leggere. I(£. 28r)/

195) Non identificabile. Il tipo potrebbe essere quello della Venus Vicírix con el-
metto e scettro : cf. Ric, 1v/2, p. 127, nn. 705-706.

1**) Ric, 1v/2, p. 124, nn. 670-671, p. 125, n. 673 (S. e D. di or.). Il tipo è quello della
Felicitas con un lungo caduceo ed il cornucopia. L'iscrizione esatta è « FELICITAS AVG.
S.C. ».

19?) Ric, 1v/3, p. 94, n. 204 (S., raro). Trattasi di Marcia Otacilia Severa, moglie di
Filippo I l'arabo. Il tipo è quello della Concordia con patera e cornucopia. L'iscrizione
completa è « CONCORDIA AVGG:. S.C ».

198) Ric, 1v/3, p. 93, n. 200 (S., scarso). La moneta fa parte delle serie commemora-
tive dei « Saeculares » del 248 d.C., nel cui R/furono effigiati animali. Nel tipo è raffigu-
rato l'ippopotamo. L'iscrizione, non letta dal Dorio è « SAECVLARES AVGG. -S.C. ».

199) Non identificabile.

200) Ric, 1v/3, p. 93, n. 201 (S., rara). Coniazione ed iscrizione del R/ sono identiche a
quelle della moneta n. 198. Nel tipo è raffigurata la gazzella.

201) Ric, 1v/2, p. 145, nn. 58-59, p. 146, nn. 81-82 (S. e D. di or.). Il tipo è quello della
Pax con un ramoscello e lo scettro. L’iscrizione esatta è « PAX AVGVSTI S.C. ».

2°) Ric, 1v/2, p. 145, nn.6 7-68, p. 147, n. 88(S. e D.). tipo è quello della Victoria
con corona e palma.

2°*) Ric, 1v/2, p. 146, nn. 70-71, p. 147, nn. 93-94 (S. D. e A. di or. scarsi). Il tipo è quel-
lo della Victoria che incorona l’imperatore, ai cui piedi è un prigioniero. L'iscrizione, non
letta dal Dorio, è « VICTORIA GERMANICA S.C. ».
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 119
204-218 Medaglie quindici col riverso di una prue di nave, in alcune de quali
stavano due teste, in altre una di vecchio, et in altre di giovane con
l’elmo. /(f. 280)/

DIVVS AVGVSTVS PATER

219 Medaglia in rame, piccola, col riverso di un’aquila sopra una palla ; et
littere da banda S.C.

220 Un'altra di rame, pur piccola, col riverso di un'aquila nell'istessa ma-
niera, et dall’altra un fulmine.

221 Un'altra piccola, di rame, con una testa; et littere attorno DIVVS
AVGVSTVS PATER ; et riverso d'un fulmine ; et littere da banda S.C.

222 Un'altra di rame, maggioretta, con testa et littere simili; et riverso di
una porta o cosa simile ; con littere sotto PROVIDENTIA, da banda
S.C.

223 Un'altra di rame, piccola, col riverso di una figura di donna a sedere,
volta a mano manca ; con due littere grandi dalle bandi della figura S.C.

224 Una grande, di metallo, col riverso di una corona civica ; littere DENVO
OB CIVES SERVATOS, et da banda S.C. ; con due animali sotto dalle
bande, dalle corna come cervi.

204-218) Sono tutte monete cosidette «consolari » e cioè della repubblica romana,
le quali presentano una tipologia piuttosto uniforme e si diversificaro tra loro quasi
soltanto per il nome o la sigla della gens cui apparteneva il magistrato monetario che
autorizzava l’emissione. Mentre nel R/ si ripete uniformemente il tipo della prua della
nave quale emblema della città, nel D/ si alternano alcuni tipi fondamentali con le di-
vinità tutelari della città stessa : Giano bifronte (le « due teste » del Dorio), Giove chio-
mato e barbuto con corona (la testa « di vecchio » del Dorio), Roma con elmo e cimiero
(la testa « di giovane con l’elmo » del Dorio), Mercurio con il petaso alato, Ercole coperto
con pelle di leone. Cf. BABELON, I, pp. XXXII SS.

219) Ric, I, p. 95, n. 3 (A. di r.). — Si avverta che dei pochi tipi (sette in tutto) coniati
da Tiberio dal 14 al 22 d.C. in onore del « Divus Augustus Pater » e catalogati dal Ric,
ben cinque sono presenti nella raccolta del Dorio. Cf. Ric, 1, pp. 93-95.

220) L’identificazione di questo esemplare presenta difficoltà ; il Ric, 1 non ha mo-
nete con tipi identici a quelli del Dorio. Sembra infatti doversi intendere che nel tipo
«del D/, insieme al ritratto del Divus Augustus Pater, c’è il fulmine. Esempio di tale unione
si ha in una moneta di Tiberio, che ha nel R/il capo di Augusto con la stella ed il fulmine
€ l'iscrizione « DIVVS AVGVSTVS PATER »: Cf. Ric, 1, p: 110, n. 46.

321) H6; 5«p. :95,ini35d (Adi n).

222) RrG, I, p. 95, n. 6 (A. di r.). Il tipo del R/ ha l'ara di Lugdunum, che dice rap-
porto al culto reso ad Augusto post mortem particolarmente in Gallia (cf. Ric, 1, p. 94).
L'iscrizione esatta è « PROVIDENT. - S.C. ».

?:) Ric, I, p. 95, n. 2 (A. di r.). Nel tipo è raffigurata Livia, moglie di Augusto, con
scettro e patera.

224) Ric, I, p. 109, n. 41 (S. di or.). Il tipo del D/ reca uno scudo con corona di quercia,
sorretto da due capricorni, nel cui interno è l'iscrizione « OB. CIVES SER. ». Le iscrizioni
sono : « DIVO. AVGVSTO. S.P.Q.R. » nel D/, e « TI. CAESAR. DIVI. AVG. F. AV-
GVST. P.M. TR. POT. XXXVI - S.C. » nel R/.

p, SIE © DO.

sa —— — ——

DIE, I PS

x N

120 GIUSEPPE CHIARETTI

225 Un'altra grande, di rame; con quattro figurine in alto et due a piedi,
colche ; monca (?) moderna. Kf. 29r)/

ALEXANDER SEV.

226 Medaglia grande, di metallo; col riverso di una figura di donna con
un bastone in mano, in cima una cosa quadra, nell'altra un cornucopia ;
littere attorno LIBERALITAS AVGVSTA S.C. i

227 Un'altra grande ; col riverso di un soldato con l'elmo in testa, con un
bastone nella man dritta, nell’altra come una colonnetta ; littere attorno
PiM&FTR:-P®VII:COS:II:P.P/S.@

228 Un'altra grande, di metallo, non molto tonda ; col riverso di una figura
di donna volta a mano dritta, con una bacchetta in mano, nell’altra un
cornucopia, appoggiata in una colonna ; littere attorno PONTIF. MAX.
TR. P. II COS. P.P. S.C. ; et vicino, a terra, una palla tonda.

229 Una piccola ; col riverso di una figura di donna a sedere in una sedia
quadra, con un bastone appoggiato in terra, nell’altra una cosa ovata ;
littere attorno P.M. TR. P. VIIII COS. III P.P. S.C. /£. 30r)/

MAXIMIANVS

230 Medaglia piccola, di rame ; col riverso di una donna volta a man dritta,
con un cornucopia da una mano, et nella destra le bilancie ; littere at-
tonno a iactis AVG. ET CAESAR N N,et sotto. ..... O.

225) Non identificabile.

220) Ric, 1v/2, p. 115, nn. 564-565 (S. e D. di or., scarsi). Il tipo è quello della Libe-
ralitas con abaco (la «cosa quadra » del Dorio !) e il cornucopia. L'iscrizione esatta è
« LIBERALITAS AVGVSTI S.C. ».

227) Ric, 1v/2, p. 108, n. 472 (S. di or.). Il tipo è quello di Mars con lancia e trofeo.
Tipo simile (Mars 'con lancia e parazonium) è in Ric, 1v/2, p. 109, nn. 476-478.

225) Ric, 1v/2, p. 104, nn. 404-405 (S. e D. di or.). Il tipo è quello della Providentia
con una verga al di sopra del globo e cornucopia, che si appoggia ad una colonna tenendo
incrociate le gambe. L'iscrizione è come riferita dal Dorio.

?:*) Ric, 1v/2, p. 111, n. 507 (A. di r.). Il tipo è quello della Justitia seduta, con pa-
tera e scettro verticale. L'iscrizione é come riferita dal Dorio.

5?) Non identificabile. Per questa e per altre monete catalogate nei numeri seguenti,
urgono alcune considerazioni preliminari, che derivo dall'opera del Maurice. Data la
aggrovigliata situazione monetaria nell'epoca costantiniana, allorché coniavano ben 19
zecche ognuna contraddistinta da una sigla particolare e, cosa ben piü importante, al-
lorché venivano usate lettere «segrete » di molte delle quali il significato é ancor oggi
oscuro, un qualunque dubbio nella lettura delle diverse sigle inficierebbe l'opera di iden-
tificazione. Dice infatti il Maurice (1, p. xxx): «leur présence (delle «lettres secrétes »),
combinée parfois avec celle des différents monétaires et des lettres d'officines, est ca-
ractéristique de certaines émissions, et il est nécessaire de les relever avec soin ». Afferma
ancora il Maurice (1, p. xx): «Les variétés innombrables de types et de légendes que
l'on observe sur les piéces de l'époque constantinienne indiquent l'existence corrélative
d'un nombre immense de variétés de coins servant à leur frappe ». In queste condizioni,
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 121

231 Un'altra piccola, di rame, piccola ; con un homo ignudo volto a man
dritta, con un cornucopia da una mano, dall'altra una cosa ovata ; littere
attorno GENIO POPVLI ROMANI, sotto P.T. I(£. 300)/

DIOCLETIANO

232 Medagli piccola, di ottone, col riverso di una figura ignuda con una cosa
ovata in mano et nell’altra un cornucopia ; attorno GENIO POPVLI
ROMANI, sotto non si puol leggere.

233 Un’altra di rame, perfettamente conservata, dell’istessa grandezza, con
il medemo riverso et littere attorno, et da banda S.H., sotto non ci sono
littere I(É.. 31r)/

MAXENTIVS

234 Medaglia piccola, di rame, col riverso di due figure che hanno in mano
un'animale, littere attorno AETERNITAS AVG. N., sotto NOSTR.

f£. 310)/
PROBVS

235 Medaglia piccola quanto un quatrino ; col riverso di una figura di donna
volta a man dritta, con una fraschetta in mano, nell’altra un bastone

ben conoscendo ormai i limiti della descrizione del Dorio, si può solo procedere alla identi-
ficazione del tipo monetale sulla base delle poche serie monetali esaminate dal Maurice,
a fine di riconoscere la iconografia dei singoli imperatori e cesari ; ogni altro lavoro di
identificazione è quanto mai problematico. Per tutte le questioni preliminari (ateliers,
sigle ecc.) si veda l'introduzione del Maurice I, pp. XIII-XIV. XXVII ss. Circa i rapporti
di Massimiano Erculeo con le coniazioni monetali cf. MAURICE, I, pp. 26-27.

231) MAURICE, I, p. 31. La moneta fu coniata nella zecca di Tarragona, come è indicato

dalla sigla che il Dorio ha inteso come « P.T. ». Il tipo è quello del Genius Po-

puli Romani. Il pezzo è un «follis », e cioè un bronzo argentato di media grandezza, ti-
pico dell'epoca costantiniana ; su di esso si veda BABELON, Traité cit., 1, coll. 767-770 ;
MAURICE, I, p. XXXVII s. ; E. MARTINORI, La moneta. Vocabolario generale cit., p. 171.

232.233) MAURICE, I, pp. 24-25 (follis). Il tipo del R/ è per ambedue le monete il Genius
Populi Romani, come è pure indicato dalla iscrizione riferita dal Dorio. La moneta fu
coniata dalla zecca di Lugdunum, dipendente da Costanzo Cloro, come è indicato dalla

sigla

c: che il Dorio ha inteso come « S.H. ». Il D/ reca una effigie «banale »

di Diocleziano.

234) MAURICE, I, p. 87 (?). Che si possa trattare dell’esemplare (un piccolo follis, di
bronzo), ricordato dal Maurice, si potrebbe arguire dalla sigla della zecca di Ostia « MOST »,
che il Dorio ha inteso come « NOSTR ». Manca tuttavia corrispondenza, o sembra man-
care, sia con il tipo del R/ (una Vittoria che sorregge su un cippo un bouclier con « VOT
XX »), sia con l'iscrizione (« VICTORIA AETERNA AVG N. »).

235) Ric, v/2, p. 72, n. 514. Il tipo è quello della Pax con ramo d'olivo e scettro. È ban

letta la sigla della zecca di Ticinum, che è appunto —————— .
VXXI
—— ——

GIUSEPPE CHIARETTI

attraverso ; littere attorno PAX AVGVSTI, dalla man dritta della fi-
gura T, sotto alla figura VXXI.
236-248 It(em) altre medaglie piccole dell'istessa grandezza n. 13. Kt. 32r)/

CARVS

249 Medaglia di rame grande quanto un quatrino ; col riverso di una figura
di donna volta a man dritta, con alcuni segni militari dalla sinistra ;
littere attorno PAX...... AVGUSTI, sotto P XXI. IE. 320)/

AVRELIANVS

250 Medaglia di rame piccola poca cosa piü di un quatrino, col riverso di
due figure.
251-259 It(em) altre in tutto n. 9, di simil grandezza. I(£. 33r)/

260-261 Medaglie greche, di goffo maestro, o di Costantinopoli n. 22 : la mag-
gior parte medagliuzze.

COSTANTINO ET ALTRI

282-288 Medagliuzze segnate de n. de voti (?) per riverso.
.Qostantino: medagliuzze n. 7. /(£. 330)/

DRVSVS CAESAR

289 Medaglia di rame poco piü d'un quatrino, col riverso di due littere grandi
S.C., attorno PONTIF. TRIBVN POTEST. ITER.

MARCVS AGRIPPA

290 Medaglia di rame, piccola; con littere intorno alla testa MARCVS
AGRIPPA CONS. III; col riverso di un homo ignudo che mostra dietro
un ferraiolo, con la mano manca un bastone o frusta che poggia in terra
nell’altra un pezzo di panno o pelle ; st littere dalle bande della figura

K£. .35r)/

236-248) Non identificabili.

24°) Ric, v/2, p. 143, nn. 72. 75. Il tipo è quello della Pax con ramo d'olivo ed una
insegna militare. È bene letta la sigla della zecca di Ticinum, che è appunto « PKXI »;
è male intesa invece l’iscrizione del R/, che è esattamente « PAX EXERCITI ». Il pezzo
è un «antoniniano » : cf. E. MARTINORI, La moneta. Vocabolario generale cit., pp. 11-12.

250) Non identificabile.

251-288) Non identificabili.

25°) Ric, I, p. 107, n. 26 (A. di r.). Il Vico giudicava rare per l’effigie le monete di Druso
(Discorsi, p. 59).

2°°) BABELON, II, p. 558, n. 8 (varianti, nn. 9-10). Il tipo del R/ raffigura Nettuno
nudo, con un lungo mantello sulle spalle, appoggiato ad un tridente (il « bastone o frusta »
del Dorio !) e con un delfino nella destra (il «pezzo di panno o pelle » del Dorio !). Le

Ss
LA CULTURA ARCHEOLOGI{0-NUMISMATICA IN UMBRIA 123

S. C.

291 a) IMP. CAESAR DIVI F. AVGVSTVS IMP. XX. b) Medaglia in rame,
mezzana ; col reverso de due littere grandi S.C., littere attorno PONTIF.
MAXIM. TRIBVN. POT. XXXIIII.

292 Un'altra in rame, de simil grandezza ; littere attorno alla testa POT.
CAESAR AVGVST. PONT. MAX., col riverso di due littere S.C. ; lit-
tere attorno OTHO III VIR. A.A.A. P.F.M. SALVIVS. ;

293 Un'altra di rame, de simil grandezza ; littere attorno alla testa CAESAR
AVGVST. PONT. MAX. TRIBVNICI, dietro littere grandi S.C. LVCIVS
AGRIPPA III VIR. A.A.A.F.F.F.

294 Un'altra di rame, simile, col riverso dell’istesse due littere S.C., littere
attorno M. MAECILIVS TVLLVS III VIR A.A.A. F.F.

295 Un'altra simile, con l'istesso riverso S.C., littere attorno S.C. GALLIVS
LEVPERCVSSVS: III :VIR=A.A
296 Un'altra simile, con riverso di due lettere grandi S.C., littere attorno. ...
OVNITILIAN: IM=VIRA-A:AwH... i I(£. 36r)/

iscrizioni esatte sono : « M. AGRIPPA L.F. COS. III » nel D/, e « S.C. » nel RJ. L'emis-
sione fu autorizzata da Marco Vipsanio Agrippa nel 18 a.C. (BABELON, II, pp. 554-556).

291) Ric, I, p. 82, n. 219 (A. di r.). Si tratta di una sola moneta, della quale sono lette
con esattezza le iscrizioni sia del D/ (a) che del R/ (b). Il pezzo fu coniato da Augusto
nell'11-12 d.C.; il Dorio tuttavia la cataloga tra le « consolari ».

292) BABELON, II, p. 416, n. 4. Le iscrizioni monetali, malamente riprodotte dal Dorio
che trovava difficoltà nella ‘scriptio continua’, sono: « CAESAR AVGVST. PONT.
MAX. TRIBVNIC. POT. » quella del D/, e «M. SALVIVS OTHO III VIR A.A.A.F.F.
S.C. » quella del R/. M. Salvius Otho fu triunviro monetale nel 12 a.C., allorché Augusto
ebbe il titolo di * Pontifex Maximus’ ricordato nell'iscrizione (BABELON, II, pp. 413-415)
Si avverta che per convenzione sono considerate « consolari » anche quelle monete del
tempo di Augusto le quali, pur essendo posteriori al 27 a.C., recano il nome di un magi-
strato monetario o di un capo militare : cf. BABELON, II, p. 33.

29) BABELON, II, p. 155, n. 3. Le iscrizioni monetali sono: « CAESAR AVGVST.
PONT. MAX. TRIBVNIC. POT » nel D/, e « P. LVRIVS AGRIPPA III VIR A.A.A.
F.F. S.C.» nel RJ. — P. Lurius Agrippa fu triunviro monetario nel 12 a.C., insieme,
probabilmente, a M. Salvius Otho (BABELON, II, pp. 153-154).

294) BABELON, II, pp. 160-161, nn. 3.4.6. La iscrizione del R/ è ben letta dal Dorio ;
quella del D/ è identica alla corrispondente della moneta 293, dal Dorio considerata
« simile ». M. Maecilius Tullus, conosciuto solo attraverso le monete, fu triunviro mone-
tario nel 12 a.C., insieme ai magistrati sopra menzionati, 292-293 (BABELON, II, p. 158).

295) BABELON, I, p. 530, n. 3. Le iscrizioni monetali sono : « CAESAR AVGVSTVS
TRIBVNIC. POTEST. » nel D/, e «C. GALLIVS LVPERCVS III VIR A.A.A. F.F.
S.C.» nel R/. — C. Gallius Lupercus, che trae il nome da una antica divinità italiota
(il Dorio legge Lupercussus 1) ed è conosciuto solo attraverso le monete, fu triunviro
monetario verso il 15 a.C. (BABELON, I, pp. 528-529).

295) BABELON, II; p. 257, nn. 2-3. Le iscrizioni monetali sono : « CAESAR AVGVST.
PONT. MAX. TRIBVNIC. POT. » nel D/, e «SEX. NONIVS QVINCTILIAN. III VIR.
A.A.A. F.F. S.C. » nel R/. — S. Nonius Quinctilianus fu triunviro monetario nel 12 a.C.
o poco dopo (BABELON, II, p. 255 s.).
124 GIUSEPPE CHIARETTI

297 Medaglia grande, col riverso di due littere grandi S.C., con littere at-
torno C. GALLIVS CELVPERCVS III WIE ==> ; col riverso di
una corona civica, littere dentro CIVIS, et sotto SERVATOS.

298 Un'altra di metallo, piü piccola, col riverso di una corona civica ; dentro,
littere AVGVSTVS TRIBVN IC. POTEST. ; dietro, nell'altro reverso,
S.C. TI. SEMPRONIVS GRACCVS IIT. VIR AA. EE-F-

299 Un'altra con l’istessa corona et littere dentro, di metallo ; dall'altra
S.C. -ESTOLO. III VIR A.A.A.F.F.

300 Un'altra piü piccola, con l'istessa corona et littere dentro ; dall'altra
banda littere S.C., attorno CNP...... DPECVIR CAUAUOBRSORS

301 Un'altra simile, con l'istessa corona et littere dentro ; et dall'altra banda

S.C., attorno C. CASSIVS CELER III VIR A.A.A. F.F.

302 Un'altra grande, di metallo ; col riverso di una [a margine à scritto « posta

a Tiberio »/] cosa quadra sopra una rota, con cavalli che la tirano ;

dietro littere grandi S.C., et attorno /(f. 360)/ littere AVGVST. IM. TR
POT. XXX. [1 -327)/

MEDAGLIE PONTIFICIE

A Una di Gregorio XIII, grande quanto mezza piastra di rame, col riverso

di un tempio con una figura in mezzo et altre figure da banda ; littere
sopra al tempio guaste.

B Un'altra dell'istesso [Gregorio XIII],
dentro un Spirito Santo, et sotto un
MAGNIFICENTIA REGNI TVI.

de simil grandezza, con una porta,
a mitria pastorale ; littere attorno

??') BABELON, Dp. I, 529, n. 1 (grande bronzo). Le iscrizioni monetali sono : « OB CIVIS
SERVATOS » nel D/, e «C. GALLIVS C.F. LVPERCVS III VIR A.A.A. EF. SiGi
nel R/. Trattasi dello stesso riunviro della moneta n. 295 : il Dorio legge questa volta
« Celupercus »!

??5) BABELON, II, p. 436, n. 20. L'iscrizione del D/è « OB CIVES SERVATOS »; quella
del R/ é come nel Dorio, con la sola trasposizione dell'« S.C. ». Ti. Sempronius Graccus
fu triunviro monetario nel 15 a.C. (BABELON, II, pp. 435-436).

°°°) BABELON, II, p. 139, n. 30. L'iscrizione del
STOLO III VIR A.A.A. F.F. S.C. 3, — P. Licinius
a.C. (BABELON, II, p. 138).

*??) Non identificabile.

201) BABELON, I, p. 337, n. 22. L'iscrizione del R/ dice esattamente « C. CASSIVS C.F.
CELER III VIR ACA ASRE, Sira: Cassius Celer, conosciuto solo attraverso le
monete, fu triunviro monetario nel 15 a.C. (BABELON, 1, p. 337).

>) -RIC, -H p. 109.-n.-37 (S.). Nel tipo del D/ è raffigurata solo una quadriga vuota
tirata da cavalli (la « cosa quadra sopra una rota» del Dorio I). L'iscrizione del R/
dice esattamente « TI. CAESAR DIVI. AVG. F. AVGVST. P.M. TR POT. XXXVI
— S.C. ». — La moneta è effettivamente di Tiberio.

A) ARMAND, I, p. 287, n. 1. L'iscrizione del R/ é « IVVENT. GERMANICAE, —
COLLEGIVM ». La medaglia è opera di Niccolò Bonis.

B) ARMAND, 1, p. 263. L'iscrizione del R/ è « MAGNIFICENTIAE. REGNI. TVI —
M.B.R.F. (— sigla del medagliere, sconosciuto) — A. MDLXXY ».

R/ dice esattamente «P. LICINIVS
Stolo fu triunviro monetario nel 17
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 125

€ Un'altra dell'istesso [Gregorio XIII], de simil grandezza, di rame, col
riverso di un pontefice et altri che aprono la porta santa ; sotto littere
DOMVS DEI ET PORTA COELI 1575.

D Un'altra dell'istesso papa [Gregorio XIII], grande quanto un testone o
poco piü, col riverso di una figura di donna con le bilancie et un cornu-
copia nelle mani; littere attorno AEQVITAS ET ABBVNDANTIA.

E Un'altra ovata, larga tre dita, con la testa di un Papa ; littere attorno
PAVLO VENETO PAPE II ITALICAE PACIS FVND, con l’istesso
reverso I(£. 370)/

F Un'altra dell'istesso papa [Paolo II], di rame, grande poca cosa più di
un testone, col riverso di un tempio ; littere attorno HAS AEDES CON-
DIDIT ANNO CHRISTI 1465.

G Un'altra di ottone, di Clemente 8°, di grandezza poco più d'un paolo,
col riverso di una porta ; littere ANNO IVBILEI, col riverso di alcune
littere.

H Un'altra dell'istesso [Clemente 89], con una figura a sedere con la mitria
in mano, nell'altare la croce. Un'altra dell'istesso [Clemente 8*], con
il reverso di una figura inginocchiata con il pastorale in una, e l'altra
alzata, con tre animali come pecore ; con littere sopra CONCESSA NE
DESERAS.

L Un'altra con l'istesso [Clemente 8° 2], d'ottone, con il bucio da ap-
piccarsi, col riverso di una croce [parole ill], grande poco piü di un
paolo.

OTTO IMPERATORE

303 Medaglia grande, di rame ; con littere attorno alla testa IMP. OTHO
CAESAR AVG. TRI. POT.; col riverso di una figura in piedi, vestita
di longo, volta a mano manca, alla quale stanno incontro alcune figure
de soldati, una de quali gli dà la mano con l'insegne militari; et littere
attorno SECVRITAS P.P., sotto S.C. ; moderna. /(f. 380)/

C) ARMAND, I, p. 227, n. 39. L’iscrizione del R/ é come nel Dorio. La medaglia è opera
di Gianfederico Bonzagna, detto Federico Parmense.

D) L'AnMAND non la registra.

E) Hitt, p. 200, n. 769. L’iscrizione esatta è « PAVLO. VENETO. PAPAE. II. ITA-
LICE. PACIS. FVNDATORI. — ROMA ». i

F) Hirn, pp. 203-204, nn. 780. 783. È la medaglia commemorativa di Palazzo Ve-
nezia a Roma.

G) L’ArMAND non la registra. Dovrebbe trattarsi non di medaglia, ma di moneta
coniata nell’anno del giubileo 1600. Monete con questo tipo sono catalogate nel Corpus
Nummorum Italicorum, xvi, pp. 129-137, nn. 101-175. L'iscrizione completa è, in tal
caso, « ANNO. IVBILEI. M.DC. ABSOLVTO ».

H) Non identificata.

I) L’ARMAND non la registra. Con lo stesso tipo del Dorio è descritta un’altra me-
daglia di Clemente VIII, opera di Giorgio Ranc di Firenze, con l'iscrizione « DA QVOD
IVBES — MDCIII »: cf. ARMAND, I, p. 307, n. 21.

L) Non identificabile.

30) Pochissime, diciassette in tutto, sono le serie monetali descritte nel Ric, r,
tutti aurei o denari d'argento. Le iscrizioni del falso del Dorio coincidono con quelle di

^ uer.

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MN PR Y

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126 GIUSEPPE CHIARETTI

VITELLIVS IMPERATOR

304 Medaglia grande, di metallo ; col riverso di una figura di soldato volta |
a mano manca, con un bastone in mano, un altro in spalla con insegne |
militari; littere dalle bande S.C. ; moderna.

305 Un'altra simile.

305 Un'altra dirame, col riverso di due figure ; con littere attorno NOBIL ITAS
ET VIRTVS m [= moderna 24 I(£. 39r)/

GIVLIO CESARE

307 Una grande, col riverso di alcuni segni di religione et due mani giunte
assieme ; moderna.

308 Un'altra di metallo, col riverso di una testa ; littere CAESAR DIVI F.
Dall'altra, un'altra testa ; con littere DIVOS IVLIVS (?) ; grande m (?)
309 Una piccola, col riverso di una testa di donna ; littere CAESAR DICTAT. ;
col riverso di una figura di donna volta a man dritta, con uno scudo nel-

l’altra, una bacchetta da banda, denanzi una Serpe ; et littere... [il-
leggibili].

310 Un'altra simile, di rame, ma piü malamente conservata. Kf. 40r)/

due monete autentiche (cf. Ric, 1, p. 219, nn. 11-12) ; non coincide invece il tipo monetario

che, cosi come indicato dal Dorio, non trova riscontro nei pezzi autentici. — Scriveva

il Vico : « Di Othone in argento et in oro sono tutte rare ; ma di rame sin qui non ne ho |
veduta alcuna antica, né parlando con vecchi professori di queste cose, in tutta Italia

non ho ancora trovato uno che vedute ne habbia : ma si bene di finte assai » (Discorsi,

p. 56). :

304-305) Anche le serie monetali di Vitellio sono
sesso del Dorio risente della contaminazione di due tipi autentici (cf. Ric, 1, p. 226, n. 6,.
227, n. 10). Scriveva il Vico : « Di Vitellio sono molte poche le medaglie, e la rarità ha
lor posto il pregio alto » (Discorsi, p. 56).

306) Ammesso che sia autentica, potrebbe trattarsi di quella descritta in Ric, 1,
P. 226, n. 4 (S. di or.), nel cui tipo sono raffigurati l’Honos e la Virtus affacciati, e la cui
iscrizione è « HONOS. ET. VIRTVS. S.C. ».

07) Il falso del Dorio risente della contaminazione
riscontrabili in monete che fanno allusione alla di
da Cesare nel 63 a.C. Cf. BABELON, II, p. 9 ss.

308) BABELON, II,

poche, una ottantina. Il falso in pos-

di più tipi monetali autentici,
gnità di Pontifex Maximus rivestita

P- 47, n. 98. Le iscrizioni sono quelle stesse del Dorio. La moneta.
appartiene non a C. Giulio Cesare, ma a C. Giulio Cesare Ottaviano Augusto, ed è po-
steriore all'apoteosi del dittatore (42 a.C.), comparendo nella moneta l'iserizione « Divi »
Filius ». |
309-810) Molte monete menzionano la dittatura di Cesare, il quale fu «dictator »
per la prima volta nel 48 a.C. Quanto al tipo, sembra trattarsi della Venus, capostipite
della gens Julia, con li lituo ricurvo e lo scettro lungo. Per un riscontro tipologico pos-
sono indicarsi i denari descritti in BABELON, 11, pp. 9-32, nn. 32. 33. 41. 42. 48. 50.
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA

DIDONE REGINA

311 Medaglione grande più di una piastra grossa, indorata, col cerchio di
osso, perfettissimo maestro, col riverso di Troia, benissimo cugnata.

312 Un’altra simile, ma non indorata.

313 Un’altra simile, un poco più piccola.

314 Re Priamo col riverso di Troia, grossa, grande quanto un testone. /(f.40v)/

ANTINOO

315 Medaglia grande quanto un paolo, con una testa g, et nel riverso due leoni
con uno che li guida ; metallo, m [= moderna ?].

311-313) Non esistono monete di Didone, bensì si trovano tipi monetali che la ritrag-
gono : cf. in COHEN, v, p. 156, n. 113, una moneta di Marcia Otacilia Severa coniata in Fe-
nicia, nel cui R/ compare Didone vestita di stola, con lo scettro nella destra e un’asta
trasversale nella sinistra, ritta dinanzi ad un edificio in costruzione. t ne medaglie pos-
sedute dal Dorio testimoniano la popolarità del personaggio virgiliano. Sulla iconograjia
musiva e miniaturistica di Didone si veda F. CAstAGNOLI, Didone, in Enciclopedia del-
l'Arte Antica, mi, p. 92-94 (bibl.).

314) Trattasi, ovviamente, di medaglia moderna.

815) Né il ‘corpus’ dei medaglioni dello GnEccHI, né il Ric, 11, registrano meda-
glioni o monete adrianei con il ritratto o le iscrizioni di Antinoo, prediletto dell’impera-
tore. Nei secoli xvi-xvII, tuttavia, medaglie e medaglioni di Antinoo furono molto ricer-
cati dai collezionisti, come si è dimostrato, e furono pagati a buon prezzo. Lo stesso Vico
il giudicava «rarissimi » (Discorsi, p. 57. 59).
QUESTIONI PARTICOLARI

Riprodotto il manoscritto del Dorio e identificate, per quanto è
stato possibile, le singole monete, è necessario ora esaminare alcune
questioni particolari e tirare delle conclusioni.

I — Vicende e natura della collezione.

In mancanza di precisi documenti è vano ricercare la provenienza
dei vari pezzi. Deve trattarsi, secondo quel che si è narrato, di prove-
nienza occasionale : acquisti sul piccolo mercato antiquario delle
città umbre, e donativi favoriti dalla particolare professione del Do-
rio, il quale, come pubblico notaio, era continuamente a contatto
con larghi strati della popolazione.

È pure vano ricercare la sorte toccata alla collezione doriana,
dispersa forse già prima che i libri e i manoscritti del notaio leones-
sano passassero allo Jacobilli. Ne lamentava la scomparsa anche il
Faloci, espertissimo delle antiche cose folignate, il quale confessava
di ignorare «che fine facessero tutti questi oggetti » ®.

Rientrarono nella sfera degli interessi antiquari del Dorio non
solo le monete, ma ogni prodotto della toreutica minore. Le monete
raccolte sono quelle romane, dall’età repubblicana a quella bizan-
tina : mancano del tutto monete greche ; e ciò conferma che il mer-
cato antiquario cui attingeva il Dorio era solo quello umbro. Sono
pure presenti, come in altre collezioni coeve, alcune poche medaglie
e monete pontificie.

II — Segni da mercante, medagliuzze, sigilli.
Davvero notevole la raccolta di «segni da mercante » (n. 52) e

di « sigilli diversi » (n. 12), dei quali oggetti, a quel tempo, era piut-
tosto rara la ricerca a scopi collezionistici.

7) Cf. Inventari... Foligno cit., f. 53, n. 114. LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 129

I «segni da mercante » dovrebbero essere sigilli di metallo o di
legno ad uso specifico dei mercanti, come sembra di arguire proprio
dal fatto che vengono raccolti in un corpus omogeneo, distinto dagli
altri sigilli di varia provenienza. Gli uni e gli altri servivano o ad
attestare l’autenticità degli atti e a ratificare accordi e contratti :
o a garantire la quantità, la bontà, la autenticità della merce. Ad
un notaio, che con i mercanti e le loro famiglie aveva frequentis-
simi rapporti, doveva riuscire piuttosto agevole il procurarsi questi
cimeli già in uso di mercanti che avessero cessato l’attività.

Di essi, comunque, della loro età e natura, non è possibile dir
nulla all’infuori di ciò che il Dorio dice, e cioè che appartenevano
a mercanti ?).

Egualmente nulla può dirsi per le « medagliuzze » di imprecisata
natura (commemorative o devozionali?), raccolte in numero di 168.
L'unico punto di riferimento circa la grandezza sono i « grossetti
di Regno », quelli ovviamente in corso all'epoca del Dorio ?.

TIT. KR obronzeltt,

Sono in tutto 26 pezzi, quasi certamente di metallo, chiamati dal
Dorio « statuette » 9. Una di esse è già montata su basetta di legno,
come si costumava nelle collezioni. L’altezza va da un minimo di
«tre dita» © ad un massimo di «un palmo » (n. xxx). Due di esse,
quelle ai nn. xVIII e xxxi, sono indicate come « moderna, di buon

®) In una sala della Pinacoteca Comunale di Foligno (Palazzo Trinci), entro una
‘vetrina, si conservano sigilli di varie comunità folignate, dei secoli xv-xvIri, in originale
- su calchi di gesso e ceralacca.

Per un riferimento bibliografico si possono anche ricordare due articoli di MrcHELE
FaLOCI PuLIGNANI, Gli antichi sigilli della cattedrale di Foligno, estratto dal « Bullet-
tino di Numismatica e Sfragistica », 1 (1883), fasc. rx, Camerino, 1883 ; Di un altro an-
dico sigillo della cattedrale di Foligno, estr. dal « Bullettino cit. », fasc. xi-xir, Camerino,
1884. Dello stesso A. si veda la nota bibliografica in « Archivio Storico per le Marche
€ l'Umbria », 2 (1885), pp. 394-399, nella quale si dà un elenco di 45 sigilli medioevali
interessanti l'Umbria e le Marche, messi in vendita a Roma nel marzo di quell'anno.

3) Cf. EpoARDO MARTINORI, La moneta. Vocabolario generale, Roma, 1915, p. 196ab.

4) È lecito pensare, tenendo conto dei rilievi fatti dal Dorio sulla materia delle mo-
mete, che, se le statuette fossero state di terracotta o di altro materiale, la cosa sarebbe
stata notata.

5) Circa sei cm. Cf. nn. XIII. IV. XV. XXII. XXIII. xxIV. La statuetta n. xvi è defi-
mita « piccolissima », senza altro riferimento.

ES

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e m at er tti,

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-—- -/ 130 GIUSEPPE CHIARETTI

maestro »; pure «di buon maestro » è la n. xxvi, della quale però
non è rilevata la modernità. È da sottolineare questo giudizio este-
tico, basato probabilmente, come era allora consueto, sui soli va-
lori formali; giudizio che diventa negativo in ben otto casi, nei
quali l’artista è stimato come «cattivo» o «goffo » o addirittura
«goffissimo » ®. Più difficile è il problema della identificazione : sette
«statuette » ( (nn. xxIIt-xx1x) sono di animali o di figure zoomorfe ;
tutte le altre sono di esseri umani o di divinità. Procedere alla iden-
tificazione di queste ultime è impresa pressoché disperata, data la
genericità dei pochi riferimenti : solo per tre pezzi antichi è suggerita
una attribuzione in base ad emblemi caratteristici, e si fa il nome di
Mercurio (vii) e di Ercole con la pelle di leone e la clava (xrx, xx1) ?.
Per tutti gli altri casi si hanno generiche descrizioni sia del gesto che:
dell’abbigliamento e degli emblemi; circa la metà delle statuette
sono poi oggetti mutili e mal ridotti.

Un elemento che il Dorio sottolinea assai frequentemente è la
nudità. Si può far notare a questo riguardo la coincidenza tra nu-
dità della figura e giudizio negativo sull’artefice, definito « goffis-
simo » per tre piccoli bronzetti, due dei quali raffiguranti uomini
con elmo in testa (nn. xir. xvi. xxxi). Altra coincidenza da rile-
vare è quella esistente tra tre analoghe figure di donna con patera
in mano descritte come « piane », nel senso forse di figure schiac-
ciate anziché a tutto tondo, e pur esse giudicate di « goffo » maestro
(nn. 1x. x. x1). Questi elementi inducono a pensare che si tratti di
bronzetti osco-umbri od etruschi, identificabili, nel primo caso, con.
gli affusolati guerrieri dal grande elmo crestato, la cui tipica stiliz-
zazione di volumi é dal Dorio, come da tutti del suo tempo, ritenuta
« goffissima ». Nella raccolta del Dorio, quindi, non si devono vedere
soltanto bronzetti dell'età romana, quali — per lo più — gli animali,
ma anche bronzetti di età arcaica, agevolmente reperibili sul mercato.
antiquario dell'Umbria.

Volendo indicare collezioni per i necessari confronti, se pur sia
cosa possibile ed utile, c'é solo l'imbarazzo della scelta : in ogni museo:
di una certa importanza abbondano questi prodotti d'arte minuta
e popolaresca, di origine per lo più votiva (i «sigilla templaria » o

«funeraria ») e generalmente anonimi, dei quali sfugge il preciso si-

*) Cf. nn. VII. X. XI. XIII. XVI. XXII. XXIX. XXXII.
*) Si avverta che al n. xix, anziché della pelle di leone, si parla di «un serpe»
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 131

gnificato cultuale ®. I bronzetti, com'é noto, non sono continua-
mente differenziati, ed anzi « possono, almeno in gran parte, classi-
ficarsi tipologicamente con relativa facilità » ®. Ho presente, tanto
per citare qualche collezione, la pregevole ed ancora inedita serie di
109 bronzetti votivi umbri etruschi italioti romani (vr sec. a. C. —
I sec. d. C.) del museo di Ascoli Piceno, la quale fu donata nel 1778
dall'ascolano mons. Alessandro Maria Odoardi, già vescovo di Pe-
‘rugia dal 1776 e fondatore di quel museo ?: vi figurano bronzetti
di Ercole (numerosi), Afrodite, la Vittoria, i Lari, guerrieri dall'am-
pio lophos, offerenti ecc., ma non di animali o di figure zoomorfe.
Ho anche presente una quarantina di bronzetti di età romana, pur
essi inediti, dell'Antiquarium del Museo Capitolino di Roma, pro-
venienti da scavi eseguiti in varie parti della città (1 sec. a. C. - ri
sec. d. C.), tra i quali figurano, oltre a bronzetti di Ercole Priapo
Minerva Cupido, anche priapei, testine, un gallo, un cavallo, un toro,
una capra, un cane accovacciato.

Ma, come ben si vede, procedere in questo modo è perfettamente
inutile 1).

Più interessante agli effetti storiografici sarebbe il conoscere altre
eventuali collezioni di bronzetti esistenti in Umbria nella prima metà
del Seicento, e cioè la loro consistenza e la loro sorte. Il Ciatti fa il
nome di alcuni amatori perugini, che sono quelli stessi delle collezioni
numismatiche : Dionigi Crispolti, Gio. Francesco Signorelli, Sci-

8) Per tutte le questioni si veda la voce «sigillum » in DAREMBERG-SAGLIO, Diction-
naire des antiquités cit., 1v/2, pp. 13025-1307b.

?) Cf. FiLippo Magi, Due bronzetti arcaici del territorio fiesolano, in « Studi Etruschi »,
8 (1934), p. 414. La mancata identificazione dei bronzetti del Dorio rende impossibile,
come ovvio, ogni altro problema critico ed ogni classificazione.

19) La donazione Odoardi rimase abbandonata fino al 1867, allorché gli oggetti
furono esposti nella civica pinacoteca ; il museo fu in realtà organizzato solo dopo la
scoperta della necropoli longobarda di Castel Trosino (1893). Sull'Odoardi, nato nel
1732 e morto nel 1805, cf. Hierarchia Catholica, vi, Patavii, 1958, p. 334.

11) Superflua anche una indicazione bibliografica, essendo sufficienti, per una even-
tuale verifica, i repertori dei grandi musei archeologici, come quelli del Babelon-Blanchet,
del Sacken, del De Ridder, del Walters, della Richter ecc. Ho pure consultato altri in-
ventari di collezioni minori italiane, tra i quali credo opportuno qui segnalare : G. PEL-
LEGRINI, Siena: Museo Chigi, in «Studi e materiali di archeologia e numismatica pub-
blicati per cura di Luici ADRIANO MILANI », I, Firenze, 1899, pp. 144-159; rr Firenze,
1902, pp. 216b-218a; e soprattutto LiLrAanA CENACCHI, Bronzetti romani del Museo
Civico di Bologna, in Appendice al « Bullettino della Commissione Archeologica Comu-
nale di Roma », 73 (1949-1950), pp. 25-147.
132 GIUSEPPE CHIARETTI

pione della Staffa, il Ciatti stesso '9. Di queste piccole raccolte pri-
vate non sembra sia rimasta traccia. Il Museo etrusco-romano di
Perugia ebbe origine con la donazione Friggeri del 1790 *, ma, per
quanto si riferisce ai bronzetti, questi vi entrarono solo in epoche
successive, in seguito alle campagne di scavi organizzate qua e là
per l'Umbria. Dei bronzetti esposti, comunque, do qui un semplice
ragguaglio statistico, ragionevolmente supponendo che ad essi do-
vettero esser simili quelli del Dorio.

Sono complessivamente 86 bronzetti di diversa grandezza e fat-
tura, di arte umbro-etrusca ed etrusco-romana, cui vanno aggiunte
una sessantina di minuscole figurine bronzee stilizzate, anche zoo-
morfe, di uso prevalentemente magico-ornamentale. Dei bronzetti
veri e propri, settantasei sono raccolti tutt'insieme nell'ultima sala
del museo. Raffigurano quasi esclusivamente guerrieri con asta mis-
sile ed ampio lophos (provengono per lo piü dalle zone montuose
dell'Umbria: quattro, tutti eguali, da Ancarano di Norcia; due
dalle montagne di Fossato di Vico ; uno da Calvi dell'Umbria ; e sei
dalla collezione Guardabassi), ed offerenti con o senza patera (da
Caligiana e da Colle Arsiccio di Magione); ci sono anche quattro
bronzetti di animali (vacche e colombo), un bronzetto di questuante,
un priapeo e sette puttini (tutti da Caligiana e da Colle Arsiccio).
Nelle rimanenti sale del museo sono dispersi altri dieci interessanti

bronzetti, provenienti da Orvieto (un gallo ed un cane?), da Monte

Tezio e dalle necropoli perugine del Frontone, di Monteluce e di
S. Giuliana.

Per completezza di informazione occorre far cenno anche dei
rinvenimenti avvenuti in età moderna a Foligno e a Spoleto. In
una vetrina della civica pinacoteca di Foligno (palazzo Trinci) sono
esposti vari frammenti archeologici, tra cui: un centinaio di minu-
scole figurine bronzee stilizzate, trovate a Pistia, l'antica Plestia,
nell'estate 1965 ; monete romane, rinvenute alla periferia di Foligno
nel 1963, durante gli scavi per la costruzione del quartiere INA-

13) Cf. F. CrATTI, Delle memorie annali et istoriche delle cose di Perugia cit., pp. 129-
130. 135. 484. 516. Del Crispolti dice : « Questi, tra molte cose scelte e tolte all'antichità e
da lui conservate in un bene acconcio cabinetto, conserva un fanciullo di bronzo di buona
mano, in atto di starsene assiso in terra, con un ucellino nella destra e con una bolla nella
sinistra... Fu questa statuetta ritrovata nel luoco della battaglia fra Annibale carta-
ginese e L. Flaminio romano » (p. 129-130).

1) Cf. A. E. FeRuGLIO, Perugia: Museo; in Enciclopedia dell'arte antica, vi (1965),
pp. 865-88a (bibl.).
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 133

Casa ; e, quel che più ci interessa, due piccoli bronzetti di guerrieri
con lophos ed uno di offerente, di circa 6 cm. d’altezza, fornito di
base di sostegno. È andata dispersa la gran parte dei reperti metal-
lici degli scavi di Cancelli, una località della montagna di Foligno,
del 1888-1890, già descritti, ma genericamente, dal Faloci'!* e con-
sistenti in circa duecento monete d’età romana, repubblicana ed
imperiale ; in cinque piccoli «idoletti » di bronzo !? ; ed in una « sta-
tuina » pur essa di bronzo, di cm. 22 19).

Va pure segnalata la moderna collezione di monete romane del
folignate don Feliciano Marini, conservata, seppure un po’ mal-
concia, nella biblioteca Jacobilli 1”.

Anche i reperti archeologici del Museo Civico di Spoleto, ordi-
nati all’inizio del secolo da Giuseppe Sordini e provenienti da scavi
compiuti qua e là a Spoleto e nelle adiacenze (a Campello, lungo il
torrente Maroggia, nei pressi della chiesa di S. Pietro alle falde del
Monteluco, in via della Cerquiglia, e altrove), negli ultimi decenni
del secolo scorso e nei primi dell’attuale, hanno subito una certa
dispersione. Tra essi figuravano monete romane, sigilli, e almeno
sette «idoletti di bronzo », non meglio descritti nei cataloghi '?.

14) Cf. « Atti della R. Accademia dei Lincei », Roma, 1888, p. 232 (W. Helbig) ; « No-
tizie degli scavi di antichità », Roma, 1890, p. 315 (Faloci) ; M. FALOCI PULIGNANI, Le
memorie dei SS. Apostoli Pietro e Paolo nel villaggio di Cancelli e le origini del cristiane-
simo nel territorio di Foligno, Foligno, 1894, pp. 111 ss.

15) Cf. FALocr Le memorie cit., p. 114, n. 3: «Essi variano di altezza dai cinque ai
sette cm. e rimontano ad una grande antichità. Alcuni di essi sono coperti di tunica e
sembrano rappresentare figure muliebri. Altri sono ignudi ed uno di essi ha nel capo
un grosso pileo o elmo ».

16) Cf. FaLocI, Le memorie cit., pp. 117-118 : « Ha la mano dritta e il piede sinistro
mancante. Un drappo dalla spalla sinistra gli pende sul seno e la circonda ; ha il capo co-
ronato riccamente di un grande masso di erbe, a quanto sembra, e colla sinistra mano pre-
senta un disco ove sono dei segni geometrici. Questo è lavoro etrusco e forse rappresenta
un lare o indovinatore etrusco in atto di dare un oroscopo... Dal piccolo attacco che
si vede sotto il piede destro, si corosce bene che la statua era infissa in una base o di
legno o di marmo ».

17) È di formazione recente (1942) ed è conservata entro uno stipo a cassettini.
In origine comprendeva circa 1900 monete antiche, per la maggior parte romane e solo
un certinaio greche, descritte con una rerta accuratezza in un catalogo ms. allegato al
medagliere ; durante la guerra, peró, molte monete sono andate perdute. È

Altra notevole raccolta numismatica, che ho visitato, è quella del Museo Archeolo-
gico dell'Umbria in Perugia, ove sono conservate in prevalenza monete di epoca romana,
repubblicana ed imperiale.

18) Cf. G. ANGELINI-RoTA, Il Museo civico di Spoleto, Spoleto, 1928, pp. 68-75.

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134 GIUSEPPE CHIARETTI

IV — Le monete.

Ed eccomi finalmente a tirare alcune conclusioni sulla collezione
numismatica. Già dalla disposizione della materia si avverte trattarsi
di un collezionista dilettante, nel senso che il Dorio ha iniziato la
descrizione con un primo gruppo di monete capitategli tra mano,
preoccupandosi di aggiornare l’elenco con le monete occasionalmente
rinvenute. Di qui la inadeguatezza della catalogazione, che segue,
all'incirca, l'ordine cronologico degli imperatori e delle personalità
della famiglia imperiale, ma con interpolazioni di vario genere, do-
vute alla occasionalità del recupero e della catalogazione di una
moneta.

Il nome dell’imperatore è letto nel D/ delle monete; ma nella
lettura il Dorio è talvolta caduto in errore, indicando alcune monete
come di un imperatore mentre erano di un altro +), e rivelandosi in
ciò non sempre edotto della onomastica e delle cariche nell’impero
romano, proprio cioè di quegli elementi che rientravano tra gli in-
teressi primari dei collezionisti del suo tempo, come si è potuto ve-
dere nella Lettera dell’Angeloni.

Quanto ai criteri della descrizione, essi ricalcano su per giù quelli
allora in auge. Si indica solo tipologia ed iscrizione del R/, non del
D/, eccezion fatta per le monete di Marco Aurelio. Per descrivere i
tipi monetali il Dorio usa una terminologia tutta sua, di natura
popolaresca, ben conosciuta dagli antiquari della collezione Barbe-
rini, derivante da una ingenua ed insieme attenta lettura dell’esem-
plare in suo possesso, senza però mai abbandonarsi (ed è questa la
cosa più importante) ad interpolazioni mitiche, che pur erano, ai
suoi tempi, tanto comuni. Di questa ingenuità nella lettura dei tipi
anche più facili possono indicarsi vari esempi. Caratteristica la let-
tura della patera, che è costantemente una « cosa ovata nelle mani » : 9.
L'indeterminato e popolaresco «cosa» ritorna altre volte, magari
ampliato nella sua genericità da espressioni del tipo «cosa che pa-
re » 2); con «cosa » va di concerto il « come », ad indicare un termine

1*) Le monete nn. 28. 30. 32 sono di Tiberio, non di Claudio ; la n. 88 é di Decio,
non di Traiano ; le nn. 89. 90 sono di Traiano, non di Nerva ; le nn. 126. 128 sono di An-
tonino Pio, non di M. Aurelio ; la n. 163 é di Settimio Geta, non di Settimio Severo Per-
tinace ; la n. 180 è di Faustina I® non di Faustina II8, come tutte le altre di quel
gruppo.

2°) Cf. nn. 19. 41. 42. 114. 129. 153. 163. 164. 167. 168. 187. 191. 195. 197. 229. 231;
o anche «una cosa tonda »: nn. 97. 118. 123. Al n. 135 la «cosa ovata » è un pileus!
*:) Cf. nn. 26 («campanello o cosa simile +), 52. 91. 120 («cosa come una pala »)
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 135

di confronto orientativo *; fino ad arrivare all'ingenuo «un non
so che » della moneta n. 62. Se dalla indeterminatezza delle parole
si passa alla genericità e polivalenza dei simboli, ci scappa anche da
divertirsi... (si immagini, però; quanto certe bizzarrie abbiano reso
imbarazzante l’identificazione del tipo!) La gamma dei simboli è
piuttosto limitata ; l’interpretazione in molti casi è addirittura ba-
nale. Il generico « bastone » può indicare di volta in volta un giavel-
lotto con lancia (n. 44), o una colonna (n. 79 : al n. 226 la « colon-
netta» sarà un trofeo), o lo scettro (nn. 129. 183. 190 : al n. 95 lo
scettro é peró un'«asta »), o una torcia o fascia (n. 155) ; la « pala»
è invece il timone della nave (nn. 52. 91. 120. 173. 182) ; la « palla »,
o anche la « palla tonda », é il globo (nn. 66. 219. 228). L'ara puó
essere intesa o come una « credenza » (n. 48), o addirittura come una
« porta » (n. 222: l'ara di Lugdunum) ; ché anzi, quando il Dorio
parla di «ara», quella é un... modius (n. 173). La «sedia » puó
essere o un timone (n. 42) o persino la . .. lira di Apollo (n. 98). Nella
simbologia doriana l'«homo » della moneta n. 50 è probabilmente
la Virtus, la «rotella » è la parma (n. 53), la «falce » è lo scudo con
prigioniero (n. 101), la « figurina » é il palladio (n. 190), la « cosa qua-
dra » della moneta n. 226 è l'abaco. Il colmo è raggiunto con la mo-
neta n. 302, allorché una quadriga è vista nelle sue componenti geo-
metriche di una «cosa quadra sopra una rota »!

Per le iscrizioni la situazione è ancor più imbarazzante. Il Dorio
non si sforza neppure di capirle : le trascrive soltanto, col risultato
‘© di iniziare una trascrizione in un punto qualsiasi della leggenda
anziché all'inizio di essa, o di aggravare gli eventuali difetti del conio
dando letture errate. Quando non riesce a identificare le lettere, in-
serisce nel suo catalogo i puntini di sospensione ?*? ; o avverte « non
si possono ben leggere » o « malamente si possono leggere » o « non si
conoscono » o «non si leggono » e simili 24); o anche, come nel caso

101 («cosa come una falce »), 150 («con una cosetta nell'altra mano »), 171 («cose che
pánno serpi in mano »), 180 (« cosa che pare un candelliero »), 226 («una cosa quadra »).

2) Cf. nn. 11 («come un animale »), 14 (« come un fazzoletto »), 48 («come di una
credenza »), 43. 50 («come un bastone »), 100. 109 (« come una graticula »), 173 (« come
una fraschetta »).

23) Cf. nn. 17. 32. 41. 53. 88. 102. 106. 121. 124. 129. 137. 141. 144. 145. 146. 153.
160. 163. 169. 170. 182. 199. 230. 249. 296. 297. 300.

14) Cf. nn. 18. 36. 37. 84. 88. 93. 125. 133. 138. 142. 148. 149. 156. 162. 194. 198.
— In altri casi però l'identificazione della moneta, e soprattutto dell'imperatore che l’ha
emessa, è così precisa da meravigliare un po’ : si vedano le monete nn. 143. 219. 291. 294.
136 GIUSEPPE CHIARETTI

della moneta n. 114, chiarisce «se però non sono mal lette ». Una
ulteriore prova, questa, che il Dorio lavora su esemplari raccolti
occasionalmente, e perciò diversamente conservati.

Le monete sono sempre chiamate « medaglie », secondo l’uso già
consacrato dal Vico e divenuto generale 25), e qualcuna di esse è i
chiamata anche « medaglione » 2°): ma è solo questione di termino-
logia, giacché il problema critico dei medaglioni, nella loro moderna
accezione, è del tutto assente dalle preoccupazioni del Dorio, per il
quale il medaglione non è che un « numisma maximi moduli », a pre-
scindere dalla sua natura e dai suoi rapporti con la moneta circo-
lante», Tanto è vero che accanto ai « medaglioni » si ritrovano le
« medagliuzze », per le quali non è grande l'interesse del Dorio, data
anche la difficoltà della lettura *9. Solo nel caso del medaglione di
Didone, ovviamente un falso, si fa capire che si tratta di un oggetto
ornamentale 2°),

Gli interessi del Dorio si incentrano sugli aspetti «esterni» del
B pezzo, quali la grandezza, la forma, lo stato di conservazione, la ma-
UNI teria. Per indicare la grandezza vengono usate le espressioni allora
In correnti « grande » « mezzana » « piccola », o anche, come si è visto,
I «medaglione » — «medaglia » (grande, mezzana, piccola) — « me-
HI dagliuzza ». Il Dorio però, ed è caratteristica sua, dà talvolta indi-
ql cazioni meno vaghe della grandezza, rapportandola a quella delle
| monete allora correnti, e cioé il paolo, la moneta d'argento «di una
|| ottava », il quatrino, il testone, la piastra *9. Anche della forma si

2°) Sul nome « medaglia », da un non documentato med(i)alia e non da metalla, come
| comunemente suol dirsi, si veda L. MrcHELINI Tocci, I medaglioni romani cit., pp. 6-7. I1
Di In Vico spiegava che « medaglia » era un nome « di maggiore dignità » per dire « moneta » :
| | cf. Discorsi cit., p. 17.
| 25) Cf. nn. 1. 6. 7. 71. 132. 311 (di Didone).
?*') Sui medaglioni romani, il cui problema fu già abbozzato dall'Erizzo, le ricerche
| fervono tuttora ; la stessa definizione si presenta problematica. Il Michelini Tocci, per
1 i | | il quale « non una, ma più definizioni sarebbero necessarie per determinare le differenze
HM
|

dei medaglioni da periodo a periodo della loro vita trisecolare », ne dà questa definizione
il riassuntiva : «sono speciali monete emesse dalle zecche imperiali in occasione di festi-
| vità e di avvenimenti solenni, escluse generalmente dalla circolazione e destinate ad es- )
Ha sere distribuite dall'imperatore come dono individuale, specialmente in occasione del
| capodanno »: cf. I medaglioni romani cit., pp. 3-4. "
28) Cf. nn. 161. 260-281.
2°) Cf. n. 311. L'esistenza di un «cerchio di osso » mostra infatti un proposito de-
corativo.
??) Cf. nn. 27. 31. 315 (« paolo »), 71 (« piastra »), 161 (moneta d'argento « di un'ot-
tava »), 235 .249. 250. 289 (« quatrino »), 314 («testone »). — Per l'identificazione delle
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 137

interessa, ma solo quando ai suoi occhi si rivela imperfetta, e cioè
« non tonda » o « non molto tonda » ®) ; e fa parimenti notare lo spes-
sore della moneta, allorché supera le normali condizioni *9, Grande
importanza è data allo stato di conservazione del pezzo, da quelli
«male» o «malissimo » conservati, a quelli « bene» o « perfetta-
mente » conservati **). Tra gli elementi della conservazione è sotto-
lineata con particolare insistenza la « vernice » dell’esemplare, ritenuta
sigillo di autenticità, verso la quale gli antiquari e i collezionisti del
Seicento nutrivano, come si è visto, tanto interesse. Il Dorio la chia-
ma talora «segno d’antico », che nel suo caso era di color verde o
anche scuro *4. La vernice porta naturalmente il discorso sul me-
tallo, che è dal Dorio solitamente indicato come « metallo » o « rame »,
ma anche «ottone » ed il famosissimo mitico «metal corinto » ?°).

monete seicentesche si veda. E. MARTINORI, La moneta cit., alle voci rispettive.

31) Cf. nn. 25. 88. 140. 192. 199. 203. 228.

32) Cf. nn. 152 (« grossetta »), 175 (« grandetta »), 176. 314 (« grossa »), 222 (« mag-
gioretta »).

33) Sono «non molto bene» o «male » o « malissimo » conservate le monete nn. 22.
24. 25. 46. 54. 70. 74. 75. 77. 78. 79. 83. 84. 104. 174. 179. 193. 194. 195. 310. — Sono
invece « bene » o « meglio » o « benissimo » o « perfettamente » conservate le monete nn.
12.13. 15. 27176. 89-118-:120+:131. 137; 161.169 190; 233.

34) Cf. nn. 80. 81. 85. 139 (« con la vernice »), 86. 129. 140. 152 (« verde »), 182 («tutta
oscura »), 89. 125 («con il suo segno d'antico »). — Anche il Vico dedicó il Cap. xxi dei
suoi Discorsi alle « patine di più colori » o « vernice », «la quale tanto è giudicata più
bella quanto maggiormente trahe al colore dello smeraldo » (p. 61); tuttavia si guardò
bene dal ritenerla criterio infallibile di autenticità, potendo facilmente derivare da falsi-
ficazioni, riconoscibili peraltro solo da un occhio esperto (p. 66).

35) Sono di «ottone » le monete nn. 32. 178. 232, e di « metal corinto » le monete nn.
10. 20. 21. 41. 70. 84, — Del leggendario “ aes corinthium ,, di cui era fatta molta suppel-
lettile dei fastosi palazzi della Roma imperiale, parlano abbondantemente tutti gli scrittori
di numismatica dei secoli xvi-xvII. Basti ricordare per tutti il Vico, che così lo descrive :
« È quello che, essendo da L. Mummio rovinata la città di Corinto e dal grandissimo in-
cendio consumate tutte le statue di metallo (di che quella città era piena, e famosissima
per tal arte), nelle altissime fiamme di tutta la città ridotte insieme come in larga forma
di pigna fondendosi, si mescolarono insieme talmente che, come dicono, rame ottone
argento et oro correndo per diversi rivi insieme, il caso fece sì che, compiutamente non
potendosi mescolare, rimase la commistione loro imperfetta, si come al presente in dette
medaglie si vede...» (Discorsi cit., pp. 36-37). Espone pure le ragioni per cui le monete
di « metal corinto », diviso in « misto » «bianco » ed «aureo » ad imitazione dei tre metalli
preziosi : elettro argento e oro, soprattutto quelle dell’epoca di Caligola e di Claudio,
«sono al presente in maggior estimatione dell'altre » : « a) per la qualità e bellezza del
metallo, il quale né arte né industria umana, quantunque molti indarno affaticati si
sieno, non ha potuto imitare per la varietà della commistione ...; b) sono con eccellen-
tissima maestria e disegno fatte ...; c) sono rare...» (p. 36). Il « metal corinto » delle
138 GIUSEPPE CHIARETTI

In un caso (n. 91) il Dorio usa l’espressione « metallo bello », ad indi-
care forse l’argento : nel qual caso si avrebbe l’unica moneta d’ar-
gento posseduta dal Dorio. Ben poca cosa se si pensa alle centinaia
di monete d’argento e d’oro possedute dai grandi collezionisti! Il
Dorio, da povero diavolo qual era, doveva contentarsi di comperare
sul mercato antiquario solo esemplari di metallo vile, o anche pezzi
di metallo pregevole solo all'apparenza, in quanto monete «indo-
rate » 39),

Quest'ultima espressione, ed anche l'altra riguardante la moneta
neroniana (n. 9) formata da due « attaccate assieme » (se per quella
moneta non si trattasse di un falso), pone il problema dei cosidetti
nummi tincti, o, più modernamente, delle « monete suberate », pro-
blema di ancor oggi incerta soluzione *?, Ma il fatto non costituisce
per il Dorio un particolare problema critico : semmai si inquadra nel
più vasto problema della autenticità del pezzo. Egli infatti, non po-
tendo sempre avere monete autentiche, accoglie anche monete non
autentiche, o per possedere una qualunque documentazione sui vari
personaggi della storia romana non rappresentati nella sua collezione
da monete autentiche, o anche perché attratto dalla bellezza e dalla
singolarità del pezzo *».

Ed é proprio l'interesse artistico a dare una pennellata di origi-
nalità alla collezione doriana, in quanto non mancano brevi nota-
zioni sulla bellezza dell'esemplare. i£ vero che in ció risente dei pre-
giudizi dell'epoca, ma l'ossequio ad essi non svilisce il particolare
gusto del Dorio. Una carica affettiva e di stima è già inclusa nella

monete è oggi identificato con l'oricalco, una lega di rame e di zinco molto simile all'ot-
tone, usata in maniera prevalente nella monetazione romana fin verso la ‘metà del rr
secolo d.C., allorché cominció a prevalere il bronzo, lega di rame stagno e piombo. Sulla
questione si veda Earle R. CaLEy, Orichalcum and related ancient alloys. Origin, compo-
sition and manifacture with special reference to the coinage of the Roman Empire (Numi-
smatic Notes and Monographs, N. 151), New York, 1964.

36) Cf. nn. 59. 116. 311. Le ultime due sono monete « moderne ».

?") Cf. L. BreGLIA, Numismatica antica cit., pp. 45-46. — La soluzione al problema
storico-giuridico che si pone per tali monete, qualunque sia stato il procedimento tecnico
usato per ottenerle, è così riassunta : le monete suberate « hanno costituito, molto pro-
babilmente, un espediente cui lo stesso Stato ricorreva, in momenti o periodi di parti-
colare necessità, introducendo fra le monete buone delle varie emissioni un certo nu-
mero di monete suberate, cui era attribuito implicitamente un corso forzoso e quindi
una circolazione fiduciaria » (p. 46). Si veda anche W. CAMPBELL, Greek and Roman pla-
ted Coins (Notes and Monographs, N. 57), New York, 1933.

**) Sono indicate come « moderne » le monete nn. 67. 68. 69. 115, 116. 136 (« di bel-
lissimo cugno »), 225. 303. 304. 306 (?). 307. 308 (?). 315 (2).
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 139

espressione « benissimo conservata », talora ripetuta due volte per
una stessa moneta : la perfetta conservazione comportava la possi-
bilità di ammirare la moneta in tutti i suoi particolari. Di una moneta
(n. 32) è indicato trattarsi « d’ottone liscio e di basso rilievo » ; di due
monete di Marco Aurelio è espressamente detto « di buon maestro »,
mentre « di goffo maestro » sono le « medagliuzze » di età bizantina.
In questa contrapposizione si riflette la mentalità allora prevalente ;
di conseguenza, mentre delle monete del rr secolo il Dorio fa descri-
zioni particolareggiate, per quelle del rv-v secolo si limita a citazioni
sbrigative e sommarie : non solo per l’intrinseca facilità o difficoltà
di lettura, ma anche per l’influsso dei canoni estetici allora impe-
ranti.

Ancora una osservazione : nei pochi casi (e sono tutte monete
del 11 secolo d. C.), in cui il Dorio indica il tipo del D /, solitamente
l'effigie dell'imperatore, fa prescrizioni che possono a prima vista
parer superflue, ma che in realtà nascondono un preciso interesse
storico, quello stesso che spingeva l’Angeloni, e tanti altri del suo
tempo, a leggere nei ritratti monetali non solamente la fisionomia,
ma anche l’animo di un personaggio. E così del ritratto dello stimatis-
simo Marco Aurelio è detto «non è l’effigie di vecchio » (n. 131),
mentre quello del crudele Commodo ha una «testa di vecchio »
(n. 144), e quello del pio Antonino ha «testa sbarbata » (n. 159).

Un ultimo problema è posto, infine, dalle monete della repub-
blica romana, che il Dorio separa dalle imperiali, catalogandole sotto
il generico « S. C. ». Mostra con ciò di essere a conoscenza della teoria
vichiana su quel « Senatus Consulto », senza tuttavia lasciar trape-
lare opinioni personali di sorta ??.

39) Il problema delle monete enee della Repubblica Romana contrassegnate dal
S.C. è stato, ed è tuttora, al centro della attenzione degli studiosi, per i molti aspetti
(storico, giuridico, economico-finanziario, politico, topografico quanto alla dislocazione
delle zecche di emissione) sotto cui può essere visto. Per il Vico le lettere « S.C. » dimostra-
vano una più « antica dignità del rame », essendo ad un tempo segno di consenso e ga-
ranzia di legittimità da parte del senato romano (cf. Discorsi cit., p. 51). Il problema però
è diverso se visto in età repubblicana, nella quale le monete con «S.C. » rivestono un
carattere di straordinarietà rispetto alle consuete coniazioni dei «tresviri monetales » ;
o in età imperiale, per la quale é ancora sostanzialmente valida la tesi storico-giuridica
del Mommsen basata sulla diarchia « aerarium Saturni » — «fiscus Cesaris », pur se sog-
getta a continue verifiche e precisazioni da parte degli studiosi. Su tutta la questione
ssi veda L. BregLIA, Numismatica antica cit., p. 138-158 ; K. Knarr, S(enatus) C(on-
sulto), in « Jahrbuch für Numismatik und Geldgeschichte herausgegeben von der Baye-
rischen Numismatischen Gesellschaft » 12 (1962), pp. 7-49.
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140 GIUSEPPE CHIARETT:

V — L'umanità del Dorio.

Giunto al termine dell'analisi del manoscritto doriano è necessaria
una osservazione conclusiva. Non è certo il caso di esaltare il catalogo
più di quello che meriti; ché anzi, sul piano scientifico, quell’opera
non ha alcuna rilevanza. È solo un documento storico, pregevole
perché sinora unico, il quale, esaminato a fondo, rivela a sufficienza
la temperie culturale allora dominante in Umbria tra gli antiquari
ed i collezionisti di monete antiche, non dissimile nella sua sostanza
da quella esistente nei più esperti e smaliziati ambienti culturali
romani ed internazionali dei primi decenni del secolo xvir. Il pre-
sente lavoro trova perciò giustificazione solo sul piano storiografico :
come si è ripetutamente affermato nella nota introduttiva.

Tuttavia, se a preferenza di altri documenti, si è scelto questo
del Dorio, dando ad esso un risalto che potrà forse apparire eccessivo,
è perché quel documento ha in sé qualcosa che gli altri non sempre
hanno : e cioè una carica di umanità che traspare a sufficienza da
tutto l'insieme. Gli inventari delle collezioni maggiori e minori già
esaminati saranno anche piü validi su un piano di precisione di ca-
talogo (ho presente in particolare quello del Baldanza), ma nella loro
impassibile freddezza non è dato vedere l'antiquario che si china sul-
l'esemplare acquistato e selezionato tra tanti altri, con particolare
curiosità e — direi — affetto, esaminandolo in lungo e in largo per
carpirne ogni segreto. Il Dorio, man mano che procede nei suoi la-
vori di schedatura, sente, più ancora del Baldanza, che i suoi inte-
ressi di erudito di provincia si ampliano e si approfondiscono, e di-
ventano sempre piü culturali e sempre meno collezionistici. Tutti i
motivi dell'antiquariato numismatico del tempo si affacciano cosi
nel testo, filtrato da una mente volenterosa anche se non sempre
illuminata. Ecco quindi rifluire nell'opera del Dorio tante osserva-
zioni che, singolarmente prese, si adeguano ai criteri collezionistici
e critici allora in auge ; mentre prese globalmente costituiscono, pur
nella loro incertezza e lacunosità, l'aspetto piü originale e simpatico
del documento doriano, giacché lasciano trapelare l'animo dell'autore
e la sua brama per una promozione culturale in tanti modi ricercata.
E si vede l'uomo che per le sue monete, raccolte qua e là a prezzo di
tanti sacrifici e nettate e catalogate con tanto amore, gioisce e sof-
fre e si cruccia, e nel nobile tormento placa il suo anelito di saperne

di più. Passione, appunto, che sostanzia la fase romantica del col-
lezionismo.
APPENDICE

DOCUMENTI

Il primo documento è il privilegio di notariato concesso al Dorio
dal giurista conte Marco Antonio “ de Anticis" in Ancona il 25 feb-
braio 1598, dopo il consueto apprendistato « per plures annos » nella
cancelleria criminale di quella città, secondo le norme stabilite da
Sisto V nel 1588 ”.

Il secondo é la lettera di nomina a cancelliere della curia vesco-
vile di Foligno, rilasciata al Dorio dal vescovo Porfirio Feliciani
il 16 settembre 1617 a Roma, città nella quale il vescovo risiedeva,
essendo segretario dei brevi ai principi durante il pontificato di
Paolo V. Il Dorio presentó il documento al vicario generale della
diocesi il 22 settembre s. a., e dopo aver prestato il giuramento di
rito, prese possesso della sua carica. Il Feliciani raggiunse la diocesi
solo il 16 aprile 1621 ®, e subito dette inizio alla visita pastorale,
avendo come notaio il Dorio.

Il terzo è il decreto di erezione di un oratorio nella località di
San Vittore presso Foligno, ove il Dorio aveva una piccola proprietà
con casa abitativa e terreni. Nel decreto, rilasciato dal Feliciani il

1) I1 « Bando sopra l'osservanza dell'ordinationi dell'archivii eretti da N. S. Sisto papa
V in tutte le città, terre e luoghi mediate & immediate soggetti alla S. Sede Apostolica »
può leggersi in FmRaNcEsco BRIGANTI, L’Umbria nella storia del notariato ita-
liano, Perugia, 1958, pp. 226-229. Circa la concessione del privilegio di notariato, si or-
dina che « nessuno nell’avvenire possi esser ammesso a tal offitio di notario se prima
non procedera l’essamine sopra la sua sufficienza et idoneità, da farsi dal Superiore del
luogo con l'intervento dell'Archivista di quel luogo et dell'Avvocato della Comunità da
deputarsi da essa Comunità a questo effetto. Et oltre il solito giuramento debbino anco
giurare di portare le scritture in detti archivi et di osservare quanto si contiene nelli pre-
senti Capitoli rispetto le loro persone et di quelli che dependeranno da loro. Et questo
si debbi osservare in tutti gli Notari che in qualunque modo si crearanno, etiam con
l’Autorità di Roma de Protonotarii Apostolici, Conti Palatini Cavalieri, et dell'Archivio
della Corte di Roma, della Comunità de i luoghi, o qualunque altra persona o Collegii per
qualsivoglia autorità così apostolica come imperiale o altra, . . ».
2) Cf. FELICIANO MARINI, I vescovi di Foligno, Vedelago, 1948, p. 46.

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142 GIUSEPPE CHIARETTI

31 maggio 1628, si concede un'indulgenza nella festa di s. Vittore
(18 luglio), il papa che aveva consacrato vescovo il patrono di Fo-
ligno s. Feliciano, e nelle altre festività dell'anno ®.

1. Ancona, 1598 febbraio 25. Privilegio di notariato concesso a Durante Dorio
dal giurista conte Marco Antonio de Anticis.

Ancona, Arch. di Stato, Arch. notarile: Atti di Marcello Fucci 1598
(«1598 / Marcelli / Fucci / 6 »), ff. 400-41v.

a) «(f. 40») Tabellionatum die 25 mensis Februarii, actum Ancone, in
Archivio Apostolico sito in parochia S. Egidii iuxta plateam magnam, pre-
sentibus D. Simone Bruno et D. Ambrosio de Juribus (?) anconitanis testibus.

D. Durantes Dorius, filius legitimus et naturalis quondam D. Dari.
Dorii de Leonissa, constans et existens in presentia aud.a et intellig.a illi
D. Marci Antonii de Anticis de Ancona, imperiali auctoritate Comitis, cupiens.
ad artem notariatus et notarie promoveri, humiliter cum debita instantia
supplicavit eidem illri D. Marco Antonio Comiti antedicto quatenus ipsum
D. Durantem ad dictam artem et officium notarie promovere ac ipsum fa-
cere creare notarium publicum eumque de predictis arte et officio notarie
imperiali auctoritate qua fungitur... dignaretur. Que ill. D. Marcus Anto-
nius Comes predictus, audita et intellecta petitione ac suplicatione ipsius,
D. Durantis, eiusdem suplicatione inclinatus, cognito precipue quod ipse
D. Durantes habilis est ac, Deo duce, ad huiusmodi tabellionatus officium et.
eius praticam ac exercitium habilior erit, cognoscens et ipsum D. Durantem
sufficientem ad dictum officium propter continuam exercitationem factam
per plures annos scribendi ac copiandi in cancellaria criminali Ancone et
pro tale approbatus sit ab ill.re et Eq.te D. Scipione Borgnio Ancone ad ci-
vilia cancellario, et a mag.co et Eq.te Julio de Benincasis Priore Collegii
Anconitani, prout in litteris patentibus ab ipsis subscriptis tenoris inferius
registrati; sitque de legitimo matrimonio procreatus et homo liber et ad
sacros ordines non processerit, sponte etc. omni meliori modo etc. recepto
prius ab ipso D. Durante iuramento sub forma de qua in sua auctoritate im-
periali iungitur, intervenientibus quibuscumque sollemnitatibus de jure vel
consuetudine opportunis, ipsum D. Durantem, ibidem genuflexum petentem
et acceptantem, publicum notarium tabellionem fecit creavit et constituit,
ac facit et creat, ipsumque de arte et officio notariatus per pennam et cala-
marium, que suis tenebat manibus, auctoritate qua supra sollemniter insti-
tuit, dans et concedens, ac dedit et concessit dicto D. Duranti licentiam et

?) La località di San Vittore è a poca distanza da Foligno. Ancor oggi è riconoscibile
il nucleo originario della minuscola frazione, cui si sono aggiunti pochi altri fabbricati
in età più tarda ; i vecchi affermano che, per antica tradizione, signore originario del
luogo era il « varoncin Gregorio ». Dell'antico oratorio non v'è più traccia. Nella visita
Battistelli del 20 maggio 1724 si afferma : « Ecclesia Ss. Egidii ac Antonii villae S. Victo-
ris supposia reperitur ecclesiastico interdictu inde ab anno 1689 ». Il 26 aprile 1741 «fu
benedetta la chiesa nova di S. Vittore da mons. Vicario generale di Foligno e fattone
istrumento dal sig. Cancelliere vescovile Giuseppe Niccola Dominici, in cui si proibisce
a quelli di S. Vittore che non possino far ivi alcuna funzione senza licenza espressa del
priore pro tempore di S. Nicolò, e altre eccettioni » (notizie tratta da un vol. ms. anepi-
grafo di Memorie della parrocchia di Belfiore, registrate a cura del priore D. Francesco
Palliani, nell'arch. parr. di S. Nicolò di Belfiore).
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 143

auctoritatem, tam / (f. 41r) / per totum Statum Ecclesiasticum quam per
totum Sacrum Imperium et per quamcunque mundi partem, artem et offi-
cium notarie exercendi faciendi conscribendi publicandi contractus instru-
menta et ultimas voluntates, que ad officium publici et authentici notarii
et tabellionis spectare et pertinere dignoscuntur, et omnibus instrumentis et
scripturis per ipsum conficiendis stari firmiter et credi et plenam fidem adhi-
bere decrevit et decernit ; et ibidem dictus D. Durantes, coram prefato ill.
Marcantonio Comite constans, manibus tactis corporaliter scripturis, iura-
vitque semper obediens et fidelis erit Sedi Apostolice, ill. Sacro Colleggio (!)
ill.m DD. Cardinalium ac Sacro Imperio ac domui de Anticis, et se esse no-
tarium legalem et fidelem, et non attendere ad munera odia vel amorem, sed
ad veritatem ; et omnia eius instrumenta, et alia ad dictam artem notariatus
spectantia et per ipsum roganda, ad prothocollum scribet eius manu propria
cum titulatione ipsius et subscriptione ac appositione eius signi; et omnia
alia faciet necessaria et opportuna prout ars notariatus requiritur ; et etiam
asportabit in Archivio Apostolico Ancone, secundum formam bulle fel. rec.
Sixti pape Quinti, omnia instrumenta et scripturas tempore debito ; et ob-
servabit capitulationes ipsius bulle; et ita iuravit etc. omni meliori modo
etc. Pro quo D. Durante eius precibus m.r Benedictus Cesarini de Cambe-
rino, sutor Ancone, qui sciens eum teneri (?) approbatusque idoneo ab ill.
DD. Antianis huius civitatis, prout per bulettinum huiusmodi sub tenere :

* Ill.res D.ni Antiani, quorum Prior est D. Angelus Margarettus, absente
D. Jo. Bapta Marcellino, sollemniter approbaverunt pro idoneo magistrum
Benedictum Cesarini, sutorem de Cambereno habitantem Ancone, fideiusso-
rem Durantis Dorii de Leonissa, quod in eventum, in quem rogabit civiliter
Ancone in notariatu, relaxabit prothocolla in Archivio sub pena omnium
damnorum expens. et inter partium. In quorum etc. Datum Ancone, die
25 februarii 1598. P. Bap.ta Cancellarius. Omisso sigillo.

Sponte etc. promisit supradicto ill. D. Marcantonio, ac mihi notario
presenti etc., quod dictus D. Durantes, rogaturus civiliter Ancone in no-
tariatu, relaxabit suaprothocolla in Archivio Apostolico huius civitatis. Alias,
dictus magister Benedictus de suo proprio teneri voluit ad omnia damna / (f.
41v) / expens. et inter partium, quem magistrum Benedictum presentem etc.
D. Duran- tes... predictus omnibus et singulis indemnem et penitus sine
damno con signare promisit. Actum etc. De quibus etc. Pro quibus in
meliori forma Cancellerie Apostolice etc. Que omnia etc. Sub pena que bona
etc. In quibus bonis etc. Iuraverunt et rogaverunt me notarium etc.

Quibus omnibus prefatus ill. D. Marcus Antonius, Comes antedictus,
auctoritate qua fungitur mandavit mihi notario, et dictus D. Durantes Do-
rius rogavit me notarium, ut de predictis publicum conficere instrumentum.

b dTenor patentalium:.
Scipio Bornus J. U. Doctor, Magnifice Civitatis Ancone Cancellarius.
Julius Benincasa J. U. Doctor, Sacri Collegii Ancone Prior.

Omnibus et singulis presentes nostras inspecturis pariter et audituris
fidem facimus et pro veritate publice attestamur qualiter, sub die xx men-
sis februarii, in Palatio perill. et rev.mi D. Gubernatoris Ancone, D. Duran-
tem Dorium, filium legitimum et naturalem quondam D. Darii de Leonissa,
fuisse per nos, precedentibus aliquibus circa officium notariatus interroga-
tionibus eidem factis et optime ab ipso responsis, cum assistentia D.ni An-
tonii Damiani Archiviste, repertum idoneum et sufficientem ad dictam ar-
tem notariatus exercendam fuisse et esse pro idoneo et sufficiente approba-

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Bre S AA 144 GIUSEPPE CHIARETTI

mus. Pro cuius approbatione volumus quod possit, ad eius libitum, a qui-
buscumque eamque auctoritatem habentibus, in notarium et tabellionem
creari et in forma deputari, cui pro observatione bannimentorum observa-
tionis novi Archivii Apostolici, nuperrime creati in toto Statu Ecclesiastico
a fel. rec. Sixti pape Quinti, per initum (?) D. Archivistam iuramentum de
asportando scripturas instrumenta et alia documenta in Archivio Apostolico,
iuxta tenorem capitulorum in forma delatum fuit, et prestita fideiussione
per dictum Durantem de relaxandis prothocollis in Archivio, iuxta decretum
factum per consilium civitatis Ancone, et ne de predictis dubitare contingat,
presentes nostras fieri fecimus per introscriptum D. Archivistam, et manibus
nostris propriis subscriptionibus, et sigillato proprio sigillo dicti Archivii.

In quorum fidem.

Ancone, die xx februarii 1598. Scipio Bornius, cancellarius
Julius Benincasa, prior collegii
(Omisso sigillo) Antonius Damianus, archivista.
2. Roma, 1617 settembre 16. Lettera di nomina di Durante Dorio a cancel-

liere della curia vescovile di Foligno, rilasciata dal vescovo Porfirio Feli-

ciani.

Foligno, Arch. vescovile, Bollario (« Registr. / 1617 / ad / 1631»), ff.
2r-3r.

Porphirius Felicianus, Dei et Apostolice Sedis gratia Episcopus Fulgin.
Dilecto nobis in Christo Durante Dorio a Lionessa salutem in Domino sem-
piternam.

Vitae et morum integritas, literarum scientia rerumque agendarum expe-
rientia, quibus te pollere fide dignorum relatione percipimus, nos inducent
ut, in his quae ad huiusmodi nostrum pastoralem officium spectant, persone
tue industriam eligamus, sperantes ut tibi... fideliter et diligenter exe-
quaris. Volentes itaque nos episcopatui nostro Fulginei de idoneo cancel-
lario providere, auctoritate nostra ordinaria, te Durantem Dorium constitui-
mus cancellarium notarium in ecclesia et diocesi nostra Fulgin., ad annum,
de... ad beneplacitum ; dantes et concedentes tibi plenam et liberam potes-
tatem et facultatem in premissis necessariam et opportunam ; mandantes
omnibus ad quos spectat, sub pena excommunicationis, quatenus te Duran-
tem Dorium tenquam cancellarium et officialem nostrum recipiant et ad-
mictant, ac tibi, in his que ad officium predictum illiusque liberum exercitium
spectant, vel spectare poterunt, pareant faveant et assistant ac efficaciter
obediant, sicut nobis ratione dicti officii parere favere et efficaciter obedire
(valeat) Volumus autem quod ante quam officium huiusmodi exercere in-
cipias, iusiurandum de illud fideliter et integre exercendum in manibus d.
Vicarii nostri prebeas.

In quorum fidem.

Romae, die 16 septembris 1617.

Porphirius, episcopus fulginatensis
(Omisso sigillo) Franciscus Vandalus, secretarius

A tergo: Die 22 mensis septembris 1617. Retrotrascriptus D. Durantes
Dorius iuravit coram ill.mo D. Vicario de fideliter exercendo dictum officium,
ad delationem mei notarii infrascripti tactis script [ur ]is.

3. Foligno, 1628 maggio 31. Decreto di erezione dell'oratorio privato di s. Vit-
tore nella località omonima presso Foligno.

Foligno, Arch. vescovile, Bollario (« Registr. / 1617 / ad / 1631 »), f. 205v.

Porphyrius Felicianus Episcopus Fulginas.
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 145

Dilecto nobis in Christo D. Duranti Dorio de Leonissa.

Cum nobis exposuerit quod cum ipse habeat domos habitationes et non-
nulla bona in villa Sancti Victoris nostre diocesis, et quod cum eadem villa
distet ab ecclesia parochiali pro miliario per iter incommodum et obliquum,
et quod nulla in ipsa villa et suis pertinentiis adsit Ecclesia aut oratorium,
et cupiat, devotionis causa, ibidem, aere proprio, construere oratorium et
ibi rem sacram celebrare facere, Nos, annuentes eius pie intentioni et instan-
tie nobis humiliter facte, pro licentia predicta exequtioni demandandi et ad
divinum cultum augendum haud serie, auctoritate nostra ordinaria damus
concedimus impartimur licentiam et facultatem construendi erigendi et fun-
dandi oratorium predictum sub titulo Sancti Victoris pape et martiris, cuius
festum celebratur sub die 18 quintilis ; quod festum per Nos et nostros dio-
cesanos eo magis colendum est, cum ipse sanctus Victor consecraverit in epi-
scopum huius civitatis divum Felicianum, nostrum ac civitatis protectorem
et defensorem. Nec non licentiam concedimus in dicto oratorio erigendi et
construendi altare cum icone prout sibi libuerit, et illud ornandi paliis mappis
cruce candelabris umbello gradella ac paratis pro sacerdote celebraturo et
aliis opportunis pro ornatu et decentia dicti altaris et oratorii; quod deti-
nere habeat cum ostio, sera et clave munito et condecenter aptate et acomo-
dato, ibique rem sacram celebrari faciendi per quemcunque sacerdotem ;
et teneatur dictum oratorium et altare per sacerdotem benedicere et san-
ctificare, et postmodum, et non prius, ibi rem sacram celebrare facere ad
sui et heredum arbitrium. Volumus autem quod dictum oratorium nullo al-
teri usui tibi ac aliis esse possit, sed tantum pro audiendis missis et aliis piis
operibns exercendis, sub poena ad nostri arbitrium in eum contraventionis ;
et ad incitandum ac provocandum quoscumque ad ardentiorem et maiorem
devotionem, auctoritate nostra ordinaria, in dicto festo Sancti Victoris ac in
aliis diebus festivis, omnibus devote visitantibus dictum oratorium et pre-
ces Deo in eo effundentibus, quadraginta dies de vera indulgentiam conce-
dimus et elargimur. Et predicta sine preiudicio iurium parochialis ecclesie,
intra cuius confines dictum oratorium constructum est.

In quorum fidem.

Datum ex aedibus episcopalibus civitatis Fulgin., hac die 31 mensis
maii 1628.

Porphyrius, episcopus Fulginas
Luca Felicius, pro secretario de mandato

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A. I. ManoscRITTI DEL Donio

Dal cod. A. VIII. 21 (n. 155 del Faloci), ff. 213r-215», auto-
grafo dello Jacobilli, trascrivo lo Indice de libri scritti
a mano, donatemi dall'Eredi del q. Durante
Dorio de Leonessa, fatto questo di 30 Xbre1653.

La descrizione non segue alcun ordine. La scrittura affrettata è
di difficile interpretazione : alcuni pochi nomi propri sono da con-
siderare pressoché illeggibili, ed al loro posto ho inserito puntini di
sospensione. Per facilitare la lettura del documento ho creduto op-
portuno sciogliere le numerose abbreviazioni ed adottare una pun-
teggiatura piü razionale.

I manoscritti di cui si fa menzione sono stati tutti esaminati,
all'infuori di alcuni pochi attualmente mancanti, per i quali l'identi-
ficazione è stata fatta sulla scorta dell’Inventario del Faloci (cf.
nn. 4. 11. 12. 15. e 51 del presente Indice). L'identificazione qui sug-
gerita va tuttavia integrata con un piü accurato esame compara-
tivo di tutti i codici della Jacobilliana, date le non poche traversie
di revisione e di nuova impaginazione che i manoscritti del Dorio
hanno subito, già ad opera del Dorio stesso e, successivamente,
dello Jacobilli e di altri (si veda, ad esempio, il cod. C. VI. 7). I
codici « non identificati » sono da ritenere per lo piü perduti. I vo-
lumi miscellanei di storia furono tutti rivisti dallo Jacobilli nel 1661,
e cioè dopo la compilazione dell’Indice, come è puntualmente anno-
tato in ognuno di essi.

kE

Nel presente Indice non figurano alcuni codici certamente do-
riani. A spiegare la mancata indicazione si possono affacciare alcune
ipotesi, ma, allo stato attuale delle ricerche, nessuna di esse è veri-
ficabile. Do l'elenco di questi codici conservati alla Jacobilliana e:
non menzionati nell’ Indice :
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA

E >

A. VI. 8 (n. 114 del Faloci): è l’Inventario di medaglie di N° Durante
Dorio, del quale mi sono occupato nel presente lavoro.

A. VI. 19 (n. 124 bis del F.): sono gli Appunti di una visita pastorale
nella diocesi di Nocera del 1634-1635, redatti dal Dorio. i

B. III. 23 (non descritto nell’Inventario del Faloci) : è l'autografo della
Cronaca di Foligno di m. Bonaventura di m. Benvenuto Massei (prima metà
del sec. XIV).

B. VI. 4 (n. 292 del F.): miscellanea storica dall'età di Cesare al mille
d. C. Il titolo posto dallo Jacobilli è: « Tomo o volume primo (corretto, da
mano più tarda, con «secondo ») degli Annali dell'Umbria, ovvero Croniche
dell'Umbria dall’anno p(rim)o di Cesare imperatore sino all'anno mille di
N.S.; descritte da Durante Dorio da Leonessa». C'é coincidenza solo
parziale con il codice n. 6 dell’Indice dello Jacobilli.

C. I. 19 (n. 363 del F., descritto genericamente come « Appunti di
storia sacra e profana »): é una silloge di Memorie riguardanti Leonessa. Il
codicetto, tutto di pugno del Dorio, é giunto a noi lacunoso ed in pessimo
stato.

C. IV. 19 (n. 433 del F.): codice miscellaneo di proprietà del Dorio,
come è attestato da una storia di Aquila, mutila, autografa del Dorio, e dalla
consueta dichiarazione stampigliata nell'ultimo foglio: « Durantis Dorij a

Leonissa Civis Romani liber». Il titolo posto dallo Jacobilli è : «Libro di.

diversi trattati e notandi, massime sopra la Sacra Scrittura, sopra l'Historie
d'Eutropio, T. Livio, Hist.e di Germania di Francia e Ducato di Gheldria,
da Salustio, dal suplim.* delle Croniche, Hist. dopo la morte di p. Aless(andr)o
6, Catalogo dei re di Napoli, Annotandi dall'Hist. di Germania del B. Re-
nano, Hist.a dell'Aquila e di cinque città de Sanniti, Annali e descritt.e di
essa, Catalogo de Re di P. ..., di papi, di filosofi e di poeti ».

C. V. ? (n. 444 del F.): è una Nota di particolari ch'hanno raccolto
grano, biade nella città e territorio di Foligno l'an. 1606, con la nota de bocche
e fuochi ; come anco del 1622 ». Il titolo è dello Jacobilli, ma la grafia del co-
dice parmi, almeno per gran parte, del Dorio.

C. V. 14 (n. 451 del F.) : miscellanea storica dal 1000 c. al 1440 c. d. C.
Il codice é sicuramente doriano, ma non trova posto tra quelli di carattere
storico descritti nell'Zndice dello Jacobilli.

C. VI. ? (n. 462 del F.): é un codice miscellaneo dello Jacobilli, con
copie di vari documenti. Molti di questi sono trascritti dal Dorio ed hanno
una numerazione autonoma, mostrando cosi di derivare da altro codice:
cf. ff. 99r-110» ; 131r» ; 137rv ; 146r-147» ; 212r-220v ; 259r-260» ; 261r-269.

C. IX. 5 (n. 496 del F.) : « Liber tertius | Diversorum Dominorum Iuri-
sconsultorum Consiliorum ». Il titolo di questo, come del codice seguente,
è autografo del Dorio, e reca la annotazione « Recollectus a Ludovico Jaco-
billo I.U.D. Fulginate» successivamente apposta dallo Jacobilli, il quale
dette un nuovo ordinamento alle sillogi doriane.

C. IX. 10 (n. 501 del F.): « Liber Primus (cancellato e sostituito dallo
Jacobilli con Liber Quintus) / Diversorum Dominorum Iurisconsultorum Con-
silia». Cf. codice precedente C. IX. 4.

C. IX. 27 (n. 517 del F.) : « Miscellanea storica di Foligno ».
D. I. 29 (n. 546 del F.): é l'Inventario delli libri di me Durante Dorio
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GIUSEPPE CHIARETTI

148

Di provenienza doriana potrebbe essere il codice A.VII F6
(n. 142 del F.), con testo e commento interlineare delle tragedie
di Seneca, del sec. XIV-XV, essendo legato al nome di Stefano
da Gonessa (poi Leonessa, patria del Dorio), maestro di scuola
a Montolmo nel 1324.

Uno scritto del Dorio si trova inserito in un altro codice dello
Jacobilli, le Cronache di Foligno (1202-1663), conservato nella bi-
blioteca comunale di Foligno con segnatura F. 127 (cf. AncELO
Mzessini, Inventario... 83, cit., p. 61).

Volendo abbozzare una classificazione dei codici doriani elen-
cati dallo Jacobilli, (per quanto non sia possibile redigerla con esat-
tezza, giacché non si tratta di ordinate monografie ma, in preva-
lenza, di codici miscellanei che raccolgono materiale vario ed informe
e documenti di diverse epoche), si possono distinguere: 1. codici
antichi, dei secoli xrv-xvI, procurati dal Dorio per acquisto o per
dono, autentiche rarità bibliografiche. 2. codici autografi del Dorio.

I primi sono di carattere storico e letterario, (li indico con il
numero d'ordine del presente Elenco), e precisamente :

la: codici storici : nn. 23 (l'opera storica di Sigismondo de
Comitibus), 26 (le Historiae Spoletinae di Severo Minervio), 29 (lo
Statuto di Gubbio, dei secoli xrv-xv), 51 (documenti riguardanti Cor-
rado 1° Trinci) Si aggiunga l'autografo della Cronaca di Foligno
di m. Bonaventura, non ricordato nell’ Indice.

1 b : codici letterari, testimoni di un amore squisitamente uma-
nistico per il codice in sé, l’arte della miniatura e le belle lettere :
nn. 27 (Versi volgari, figurato), 28 (simile al precedente), 30 e 31
(codici miscellanei del sec. xv), 38 (Dialoghi di S. Gregorio, tradotti
in volgare nel 1468), 46 (Viaggi di Marco Polo, del sec. xv), 48 (Libro
de cavalli, di m. Angelo da Foligno), 49 e 50 (sillogi di testi critici e
di letteratura latina, del sec. xv), 58 (De Angelis, con figure di angeli
e paradiso miniato).

I secondi, autografi del Dorio o di suoi aiutanti, comprendono :

2 a: apografi e transunti di opere storiche: nn. 18 (Vita di
Cola di Rienzo, di Tommaso Fiortifiocca), 24 (Cronica di Ser Guer-
riero da Gubbio), 34 (Descrittione di Rieti e Sabina, tuttora inedita,
di Mariano Vittori), 35 (le Historiae Spoletinae di Giacomo Filippo
Leoncilli), 36 (transunti dalle Vite del Vasari), 37 (copia delle Cro-
nicae Gualdenses : cf. anche n. 21), 40 (miscellanea storica riguar-
dante Città di Castello e i suoi principi).
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 149

2 b: annali dell'Umbria e di Foligno : nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7,
9, 20.

2 c: raccolte miscellanee di documenti, appunti, carteggi ecc. su
vari argomenti di storia locale : nn. 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 19,
20, 21, 22, 32, 33, 39; 54; 57; 50.

2 d: raccolte miscellanee di stampe e manoscritti riguardanti
l'attività professionale del Dorio o i suoi hobbies personali, ma sempre
collezionate con intenti storico-documentari : nn. 41-45 (« segreti » e
curiosità di vario genere), 47 (miscellaneo, comprendente anche opere
poetiche del Tasso), 52, 53, 55, 56.

La suddetta catalogazione ha un valore molto relativo, ma era
necessario tentarla per avere una visione d'insieme dell'opera do-

riana.

Ecco ora il testo dell’Indice compilato dallo Jacobilli :

1. Un libro in foglio, con coperta di cartapecora, segnato TTT ante prima
(2), intitolato Annali di Foligno raccolti da Durante Dorio dall'an. p°
di N. S. sino all'an. 1198 ; con il Catalogo de vescovi di Foligno.

Cod. C. VIII. 9 (n. 484 del Faloci).

2. Un altro simile, con coperta di cartapecora, grosso, segnato ij, inti-
tolato Annali di Foligno con molte memorie dell'Umbria, di detto Dorio,
dal 1198 al 1439.

Cod: G- VTPP f (n: :477^del^ E):

3. Un altro simile, con coperta di cartone, segnato + 2, intitolato Annali
di Foligno con molte memorie dell'Umbria dal 1346 sin al 1439 ; con il
registro di molti brevi e concessioni spettanti i monisteri di Sassovivo,
S. Caterina, S. Maria della Croce, Bettelem, convento di S. Jacomo, e
confraternita di preti e vescovo di Foligno.

Cod. B: VI- 6, (n- 294 del F.).

4. Un altro simile, con coperta di cartone, grande, segnato da 1440 sino al
1624 : Annali di Foligno con molte memorie dell'Umbria, di detto Dorio.

Cod. B. VI. 7 (n. 295 del F.) Non esaminato, perché attualmente
mancante.

5. Un altro simile, di detto, segnato An. 1439 sino al 1635, d'Annali di Fo-
ligno con molte cose dell'Umbria.

Cod. A. V. 3 (n. 98 del F., che lo giudica « interessantissimo »).

6. Un altro, con coperta di carta pecora, intitolato Libro p(rim)o d’alcune
memorie dell' Umbria dall’an. p? di Christo sin al 1437; con il registro

ZA inc vu
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10.

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13.
Il | 14.

. Un altro simile, intitolato Memorie (?) di Gubbio.

GIUSEPPE CHIARETTI

d'alcune bolle, instrumenti et altre memorie di Foligno, Todi, Camerino
et altri; con la Nota de fuochi di Foligno.

Non identificato. Cf. cod. B. VI. 4 (n. 292 del F.).

Un altro simile, composto pure da detto Dorio, intitolato Liber r(eru)m
divers(aru),mUmbrie et Annales ab anno 1440 usq. ad 1561.

Non identificato.

Un altro simile, di detto, in foglio grande, intitolato Annali dell’ Umbria
dal 992 sin al 1347 ; con il registro di memorie di diversi luoghi dell'Um-
bria.

Cod. B. VI. 5 (n. 293 del F.).

Un altro simile, in foglio francese, segnato P°-Annali dell’ Umbria dall'an.
197 di N. S. sino all'an. 1059 ; con la descrittione di molte cose di Todi,
Spoleto, Foligno, Fabriano, e suo territorio, Cerreto, Camerino, Mate-
lica, Nocera, Orvieto ; con l’historie di....... Tignosio, e di..... e di
Firenze, Lucca, Napoli, Ravenna e del..... , et altri estratti.

Cod. B. VI. 3 (n. 291 del F.).

Un libro grosso, in foglio ordinario, coperto di carta pecora, intitolato
4* libro di memorie spettanti a Foligno, Nocera, Taino, Spello, Perugia,
Cingoli, S. Severino ; con il registro di molte memorie trovate nell'archivi
de conventi e monasteri di Foligno, copiati da detto Dorio.

Cod. A. V. 5 (n. 100 del F., che lo giudica «interessante »).

Un libro in foglio francese, grande, segnato +, di Reggistro di brevi et
instrumenti dell'abbazia di S. + di Sassovivo, estratti da detto Durante
Dorio.

Cod. C. (VI. 11 n. 466 del F.). Non esaminato, perché attualmente man-
cante.

Un altro in foglio ordinario, grosso, con coperta di cartapecora, segnato
A, di Registro d'altri brevi et instrumenti di detto archivio ; e memorie
cavate e descrittione di Orte e suo territorio, de Gallese, Falisco, Foligno ;
e memorie cavate de S. Nicoló et Hospitale di Foligno.

Cod. B. V. 18 (n. 288 del F., che lo giudica « una vera miniera di docu-
menti»). Non esaminato, perché attualmente mancante.

Un altro in foglio francese, intitolato Nomina, Cognomina, Patrie et
Insignie DD. Vicariorum, Potestatum e' Capitaniorum Civitatis Eugub.
ab an. 1187 usq. 1643, detto Dorio.

Cod. B. VI. 13 (n-.*303:del ^E):

Un altro in foglio ordinario, con coperta di cartapecora, di Memorie
diverse per l’historia di Gubbio e sue famiglie, suoi santi e reliquie, del
detto Dorio, Tomo p(rim)o.

Cod. C.. VI. 8 (n. 463 del F\).
16.

176

13.

19%

20.

21.

22.

LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 151

Cod. C. VIII. 14 (n. 489 del F.). Non esaminato, perché attualmente
mancante.

Un altro in foglio ordinario, dell'Historia di Nocera ; con il catalogo de
suoi vescovi sino al 1570, con le reliquie, chiese, benefitii, entrate ; di
detto Dorio.

Cod. C. VIII. 11 (n. 486 del F.).

Un altro simile, con coperta di cartone, di Registri de ep(isto)le del vescovo
Patrizio, descrittione di Spello, croniche di Vitorchiano, Frascati (?),
Fier°, catalogo de vescovi di Nocera, et molte memorie di Nocera, di
Foligno, Spoleto et Umbria, e genealogia de Trinci.

Cod. C. IX. 27 (n. 517 del F.).
Un libro in foglio, della Vita di Cola di Rienzo tribuno di Roma.

Cod. C. V. 8 (n. 445 del F.). Ne è autore Tommaso Fiortifiocca, scriba
del senato, come si rileva dall'edizione del 1624: Vita di Cola di Rienzo
tribuno del popolo romano. Scritti in lingua volgare romana di quella età
da Tomao Fiortifiocca scribasenato, Bracciano, 1629 (cf. copia nella Bibl.
Jacobilli, A. 275).

Un altro in foglio ordinario, con coperta di cartapecora, segnato 3: Me-
morie di Leonessa, Foligno, S. Severino, Cerreto, Nocera, Perugia, Spello,
Bettona. Albero de Varani, Ottoni, Gabrielli, Elmi et altre famiglie di
Foligno, r° Lod(ovic)o Jacobilli.

Cod. A. VIII. 22 (n. 156 del F.).

Un libro in foglio ordinario, scritto da detto Dorio, segnato G, di Memo-
rie di Spoleto, Foligno, Gubbio e suoi vescovi, Varani, conti di Cocco-
rano, Cerreto, Leonessa, copia d’Historie del Tignosio, capitoli della ...,
leghe fra Foligno e Perugia, et altre memorie per Foligno dal 1056 sino
al 1435, e per Trinci, Atti,... di vita del card. Aless(andro) da Sasso-
ferrato, luoghi et offitiali di Corrado Trinci, Croniche di Merganti, po-
destà di Foligno, Nocera, Sassoferrato, Gualdo, Cingoli, e memorie
estratte dalla cassa de 6 chiavi et... di Foligno.

Cod. A. V. 11 (n. 106 del F.).

Un altro in foglio ordinario, con coperta di carta pecora, segnato H,
contenendo le Croniche di Gualdo, le vite di S. Imerio vescovo d'Amelia
e de suoi successori, de santi Firmina Olimpiade e Secondo, catalogo de
consoli e senatori di Roma dall'an. 900 sino al 1515, memorie dell'abbadie
di S. T dell'Avellana, di S. Emiliano, di diverse famiglie di Foligno, di
Montefalco, di Sassoferrato, catalogo de duchi e governatori di Spoleto,
di Camerino, e dsscrittione di Fermo, d'Aquila, Leonessa, Camerino,
Gualdo, Ancona ecc.

Cod. A. VI. 6 (n. 112 del F.).

Un libro in foglio grande, di detto Dorio, di copia di brevi di varij papi
per vicariati concessi in molte città e luoghi d'Italia a varij signori ita-
liani, con la copia di diverse concessioni fatte alla chiesa di S. Francesco
di Foligno, di S. Maria del Popolo, di S. Maria dell'Annunziata di Trevi,
a Spoleto ecc.
rrepretereme»

23.

24.

25.

26.

27.

28.

29.

30.

GIUSEPPE CHIARETTI

Cod. B. VI. 10 (n. 298 del F., che lo giudica « molto importante »).

Un libro in foglio francese, intitolato Sigismundi de Comitibus Fulginatis
secret. apost. Historie sui temporis in lib. 19 divise ab an. 1470 usq. 1512.

Cod. A. VI. 13 (n. 119 del F.). L’abate Giovanni Mengozzi, che in-
torno al 1774 scrisse in elegante latino la biografia dell’erudito folignate
Sigismondo de Comitibus, così parlò di questo codice: « Autographum
huius Historiae codicem acceperat olim a Durante Dorio Ludovicus
Jacobillius » :cf. M. FALOCI PULIGNANI, Vita di Sigismondo de Comitibus
di Foligno scrita. dall’abate Mengozzi, Estr. dal « Boll. della R. Dep. di St.
P. per l'Umbria » vol. xir, fasc. r, n. 35, Perugia, 1907, p. 43. Anche di
questo codice si tenne conto nella pubblicaeione dell'opera del De Comi-
tibus avvenuta a Roma nel 1883: cf. SrGaisMoNDo DEI CONTI da Foligno,
Le storie de’ suoi tempi dal 1475 al 1510, Tomo primo, Roma, 1883,
p. IX-x, nota 3, ove il ms. doriano è detto esistente nella «biblioteca
comunale delle scuole in S. Niccolò di Foligno ».

Un libro in 4° grande, con coperta pecorina, della Cronica di Gubbio
dal 1350 sino al 1472, con la descritione d’essa città.

Cod. B. IV. 3 (n. 253 del F.). Copia del sec. xvII.

Un libro in foglio ordinario, intitolato Repertorio o catalogo di memorie
notabili che sono in 22 libri di detto Dorio.

Cod. C. IX. 11 (n. 502 del F.).

Un lib-o in foglio piccolo, quasi in 4° grande, scritto in carta pecorina,
intitolato Liber D.ni Severi Minervij Historie Spoletine.

Non identificato. Copia dell' Historia è nel cod. B. VI. 3 (n. 291 del F.),
ff. 23-38, 67-69. Altra copia è nel cod. C. V. 14 (n. 451 del F.), ff. 55
ss. (liber prior), ff. 35 ss (liber secundus). Ambedue le copie, come afferma
il Bormann (C.I.L. Spoletium, 699 n. v1) sono esemplate dal codice Mor-
biano. Cf. anche cod. C. VI. 2, f. 284rv (Ex Severo Minervio dum scribit
de nobilibus spoletinorum familiis).

E appena il caso di ricordare che il De rebus gestis del Minervio, come
gli Annali di Parruccio Zampolini e il Commentarium di Tommaso Marta-
ni, opere tutte possedute dal Dorio, sono state date alle stampe da AcHIL-
LE SANSI, Documenti slorici inediti in sussidio allo studio delle memorie
umbre, Parte prima, Foligno, 1879.

Un libro in foglio ordinario, antico, figurato, con Versi volgari di virtù,
di molt'harte.

Non identificato.
Un altro simile, senza figure, con harte (?) diverse dentro.
Non identificato.

Un libro in foglio, di mano antichissima, con coperta di cartapecora,
d'una parte del Statuto di Gubbio.

Cod. A. VI. 14 (n. 120 del F.). È codice dei secoli xiv e xv.

Un libro in foglio grande, di mano antica, coperto di cartone, intitolato
Liber de doctrina dicendi et tacendi, compositus an. 1245 ab... Brixien.
SI.

32.

33.

34.

35.

36.

37.

LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 153

— Liber Scaccorum fr. Jacobi de Cessulis, ord. Predic. — De militia
et militibus. — Egidij, De pulsibus. — Dicta et parabula peculiares.
Cod. C. VI. 13 (n. 468 del F.). E cod. miscellaneo del sec. xv. L'opera
di fra Jacopo da Céssole, volgarizzata, fu già pubblicata nel 1493 a Fi-
renze dal Miscomini, con il titolo Libro di giuocho di Scacchi intitolato
de costumi deglhuomini et degli offitii de nobili (Cf. BARTOLOMEO GAMBA,
Serie dei testi di lingua italiana e di altri esemplari del bene scrivere,
Venezia, 1828, Parte 15, p. 72, n. 285).

Un libro antico in foglio grande, con coperte di tavola, intitolato D.
Petri de Ubaldis de Perusio : Tractatus canonice parti(ti)onis: De Ca...
nica ep(iscop)ali et parochiali.

Forse è il cod. C. VI. 1 (n. 456 del F.). È cod. miscellaneo del sec. xv,
in cui figura un trattato del suddetto autore.

Un libro in 4°, di diverse Memorie di Cascia e suo territorio, di Spoleto,
del capitan Gentile da Leonessa, delle famiglie dei Trinci e degli Atti.
del detto Dorio.

Non identificato.
Un libro in foglio, di memorie per l'Historia dei Trinci, di detto Dorio.
Cod. B. VI. 12 (n. 300 del F.).

Un libro in foglio ordinario, con coperta di cartapecora, di Descrittione
di Rieti e Sabina, in latino, et un'altra, di Mariano Vittorij vescovo di
Rieti, in volgare di Rieti e Foligno e suo territorio, con suoi fuochi et
fine del 1606.

Cod. C. V. 2 (n. 439 del F.). L'opera del Vittori é tuttora inedita.

Un libro in foglio grande e grosso, con detta coperta, d' Historia di Spoleto
di Jacomo Filippo Leoncilli, con una descrittione delle famiglie nobili
di essa città, catalogo de duchi e governatori di Spoleto. — De Laudibus
Spoleti Matthie Angeli Amici. — De viris illustribus Spoleti Solonis Cam-
pelli. — Vita di papa Benedetto XI e d’altri papi e cardinali. — E diverse
memorie di Todi, Perugia e Gubio.

Cod. C. VI. 2 (n. 457 del F.). Cf. BoRMANN, in C. I. L. cit. Spoletium,
700a.

Un libro in foglio ordinario, con coperta di carta pecola scritta, di copie
delle Vite di pittori illustri di Giorgio Vasari, di mano del Dorio.

Cod. B. V. 1 (n. 273 del F.). Cf. Appendice III.

Un libro in foglio, con coperta di cartapecora, di mano di detto Dorio,
di copia delle Croniche antiche di Gualdo e di Taino conservate app.*
il capitan Angelo Moroni, convento di S. Francesco e pieve di S. Facon-
dino di Gualdo ; con il registro di molti istrumenti e memorie estratte
conservate nella abbazia di S. Benedetto di Gualdo, e le vite de santi
de Gualdo ; e croniche di Gubbio.

Non identificato. Di questo codice il Dorio parla espressamente alle pp.
95 e 96 della sua Istora dei Trinci.
serre rr I

154

GIUSEPPE CHIARETTI

38. Un libro in 4°, con coperta di tavole, delli Dialoghi di S. Gregorio tradotti

39.

40.

41.

42.

43.

44.

46.

47.

in volgare antico.

Cod. A. III. 24 (n. 79 del F.). Explicit: « Io Scimone de Rosatu da
Norscia scrisci quistu libru del dialogu de Sanctu Grigoriu. Deo gratias
Amen. 1468 ».

Un libro in 4°, con coperta di carta pecora, che tratta di Sigillo, Serra de
Conti, del b. Gerardo suo protettore; Hieronymi Venturelli Forosem-
pronien., De Patria Propertij ad Assisinates ; item Bernardini Leoncilli,
Assisiensibus de patria Propertii ; Processum de indulgentia Portiuncule
factum an. 1227; De civitate Nucerie et de eius episcopis ; Legenda
antiqua S. Raynaldi episcopi Nucerie ; Inscriptiones Saxiferrati.

Cod. C. IV. 6 (n. 421 del F.).

Un libro in 4*, di Christiano Consulo, in latino, delle vite di Paolo Vi-
telli. — Giovannuccio Vitelli, De fondatione Tipherni. — Oratio funebris
D. Joannis Vitelli. — De nobilitate Vitellorum. — De gestis Jo. Vitelli.
— Consolatio ex morte D. Jo. Vitelli. — De origine Tipherni et eius
restauratione. — De S. Florido episcopo et aliis sanctis Tipherni. — De
pontifice et cardinalibus Tipherni, Alphonsi Ceccarelli, 1573.

Non identificato.

Un libro in 4*, con coperta di cartone, segnato A, intitolato Liber vario-
rum secretuum,.

Non identificato.
Un altro simile, segnato B, in 4*, in cartone legato.

Cod. A. II. 13 (n. 40 del F.). I «segreti » di cui si parla sono ricette per
gli usi piü disparati: dalla farmacopea popolare alla cosmesi femminile,
dall'arte culinaria all'economia domestica, ecc.

Un altro simile, segnato C.

Non identificato.
Un altro simile, segnato D.

Non identificato.

. Un altro simile, segnato E, in 4°.

Cod. A. II. 22 (n. 49 del F.).

Un altro in 4°, antico manoscritto coperto di tavole, dell'historia dei
Viaggi di Mr Marco nelli regni del Gran Cane di Tartaria, nell' Armenia,
nella Persia, in Costantinopoli, in Maabar, Macor, Indie, Gran Soldano
et in altri luoghi dell’Asia, scritto dal 1273 sino al 1295.

Cod. A. II. 9 (n. 36 del F.). È un cod. del sec. xv con iniziali rosse.

Un libro in 4°, grosso, coperto di cartapecora, contenendo Aminta Rime
e Tragedie di Torquato Tasso. — Entrate et uscite della Camera Aposto-
lica sotto papa Gregorio 13. — Offitii di Roma e del Stato Ecclesiastico
e loro provisione. — Offitii e governi delle Sedi Apostoliche. — Historia

z—
— —

48.

49.

50.

51.

254.

55.

155

LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA

Spoletina Severi Minervij. — Eiusdem, De Sanctis et de viris illustribus
Spoleti. — De inscriptionibus antiquis Spoleti. — De Clitumno flumine.
— Historia Thomae Martani de bello cum Pirro, ab. cassinensi, castel-
lano Spoleti, et contra Trinciis dd. Fulginie. — Copie multorum brevium
et privilegiorum civitatis Spoleti. — Historie o fragmenti del Parruccio.
— Nobili di Spoleto nel 1417, del detto Parruccio. — Guatheri poetis
Sigurini, De gestis Federici 1 imper., lib. 4. — Verba aurea latina ad
recte vivendum.

Non identificato.

Un libro in 4*, di mano antica, con coperte di tavola, intitolato Libro
de manescalchi o de cavalli, di m.ro Angelo da Foligno.

Non identificato.

Un libro in 4°, con coperta di tavole, di mano antica, ... in principio e
fine, di diversi trattati, di lettere Ad Marcum filium et Brutum, De offitio,
De prudentia, De justitia, De veritate, Liberalitate, Avaritia, De pa-
radoxis, ecc.

Non identificato.

Un libro in 4*, con coperta di tavola, con carattere bello antico bianco e
rosso, intitolato Flores Stephani Filischi de Soncino. — Elegantiae cice-
ronianae Georgij Vallae. — Orationes Calendae et Intitulationes variis
personis, in latino e volgare.

Cod. B. III. 1 (n. 229 del F.). È un cod. del sec. xv.

Un libro in foglio, di diverse patenti di Corrado Trinci 1° di Foligno del
1383, di mano antica, non di Dorio.

Trovasi inserito nel cod. B. VI. 8 (n. 296 del F.). È un cod. del sec. xtv,
non esaminato perché attualmente mancante.

. Un libro in foglio, di Offitii e provisioni nella corte e città di Roma e

sedi apostoliche sotto papa Sisto.

Cod. C. V. 11 (n. 448 del F.).

. Un libro in foglio, di Tasse di Fermo, Marca ecc. Umbria, pro notari,

officiali, e bandi...

Cod. B. VI. 1 (n. 289 del F.). Cod. miscellaneo di stampe, con una
« Advertentia circa executionem remissoriae a S. Rota» autografa del
Dorio (ff. 32-42).

Un libro in foglio, coperto di carta pecora, di diversi Brievi e Statuti,
instrumenti e manuscritti.

Cod. B. VI. 2 (n. 290 del F., che lo giudica « di moltissimo interesse »).

Un altro in foglio, coperto di cartone, di diversi Brevi, Costitutioni e Tasse,
in fogli cusciti.

Cod. B. IV. 2 (n. 252 del F.). Cod. miscellaneo di stampe e mss., con
una lettera mutila autografa del Dorio (f. 20).
cera
vt

CALL Li VIOLI quaes edictali iieri codo picea Pad
hi

156 « GIUSEPPE CHIARETTI

56. Un libro in foglio, coperto di cartapecora, di diverse Regole, Costitutioni
e Bolle per religiosi.

Cod. A. V. 2 (n. 97 del F.).

57. Un libretto longo come bastardello, di Nota di podestà, governatori e
podestà di Foligno, di detto Dorio.

Non identificato.

58. Un libro antico in foglio, coperto di carta pecora, di figure di angeli e
paradiso miniato. Tract. De Angelis.

Non identificato.

59. Un libro in 4° francese, di Memorie di Roma e d'altre città d'Italia e suoi
principi e guerre, raccolte da detto Durante Dorio.

Cod. D. I. 33 (n. 550 del F.).

60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. Otto libri di instrumenti o copie di essi delle
sera o originali, di Durante Dorio.

Non identificati, mancando più precisa descrizione.

In tutto 67.

B. I. ProTocoLLI DEL Donio

A integrazione dell’elenco dei codici del Dorio, aggiungo una
breve descrizione delle altre sue scritture d’ufficio, particolarmente
dei suoi protocolli notarili, ricercate nei luoghi ov'egli ha esercitato
la professione. Aiuteranno, se non altro, a ricostruire la sua bio-
grafia.

1. AQUiLA, Archivio di Stato, Arch. Notarile.

Vi sì conserva un solo protocollo del Dorio, proveniente dal
soppresso archivio notarile di Leonessa. .

Prot. 641 (vecchie segnature : 155 e 189): di ff. 242, senza repertorio,.
coperta di pergamena ; « Not. Durantes Dorius 1604 usq. 1617»; Leonessa,
9 dicembre 1604 - 25 agosto 1618.

Incipit : « In nomine Domini Amen. Hic est liber mei Durantis Dorij a
Leonissa, publici regia per Aprut. Prov. citra et ultra ac imperiali auctori-
tatibus notarii, confectus sub anno Domini millesimo sexcentesimo quarto,
indictione secunda, regnante ser.mo ac catholico principe et fidei defensore
N. D. Philippo ab Austria rege Castellae Aragonum in anno regnor. suor. 6°,
pntq. in Terra Leonissae ser.mo d. Raynutio Farnesio Parmae et Placentiae:
duce et Terrae Leonissae utillimo domino ; in quo describentur omnes con-
tractus instrumenta testamenta et rogationes de quibus anno praedicto et
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 157

aliis diversis et subsequentibus temporibus, prout ex ipsorum lectura videre
erit, me fore rogatum. Ad quorum infrascribendorum perpetuam fidem prae-
sentem titulum scripsi manu propria et signo meo quo in instrumentis et
scripturis publicis ut ordinavi signavi» (f. 1r, con consueto sigillo).

Raccoglie 115 atti, tutti stipulati a Leonessa con l'intervento (quasi
sempre) del regio giudice a contratti, cosi suddivisi : 1604 (2 atti : 9 dicembre),
1605 (4 atti: 6 febbraio - 9 marzo), 1606 (1 atto: 20 giugno), 1609 (8 atti:
9 settembre - 19 novembre), 1610 (1 atto: 19 gennaio), 1612 (14 atti: 10
luglio - 17 novembre), 1613 (28 atti: 6 gennaio - 4 novembre), 1614 (1 atto :
18 novembre), 1615 (2 atti: 13 e 17 maggio), 1616 (22 atti: 10 luglio - 26
dicembre), 1617 (31 atti: 15 gennaio - 18 settembre), 1618 (1 atto, notato a
margine di altro atto del 9 luglio 1617, ff. 211v-213v : 25 agosto).

Dichiarazioni di autenticità, con sigillo, si ritrovano al termine di ogni
anno : ff. 18v-19r (1606), 22r (1609), 41» (1610), 43r (1612), 71r (1613), 122v-
123r (1614), 126rv (1615), 130v (1616), 173r (1617) A f. 233r c'é l'approvazione
del commissario regio Carlo Falconi, in data 3 settembre 1617.

2a. ForiGNo, Archivio di Stato, Arch. Notarile.

Prot. 408 : di ff. 105 + repertorio n.n.; Recanati, 29 ottobre 1599 -18
febbraio 1602.

Prot. 409: di ff. 31 + rep. n.n. ; ff. 1r-6v: Recanati, 7 maggio 1602 e
6 luglio 1602 (due atti); ff. 60-8r: Fermo, 22 marzo 1603 e 7 maggio 1603
(due atti); ff. 8v-23v: Foligno, 25 maggio 1605 - 21 marzo 1609 (otto atti,
cinque dei quali sono trascrizioni di patenti di notaio rilasciate dai giuristi
Diomede Frenfanelli di Cascia e Pietro Gregori di Foligno); ff. 24r-29v:
Perugia, 29 gennaio 1615 - 5 settembre 1615 (quattro atti, l’ultimo dei quali
rogato a Castiglion del Lago).

Prot. 410: di ff. 410 + rep. n.n. ; Foligno, 27 luglio 1619 - 15 febbraio
1620 ; Incipit, f. 1r: « Hic est liber mei Durantis Dorii a Leonissa, Civis Ro-
mani, publici regia et imperiali auctoritatibus notarii, et ad praesens can-
cellarii ill.mi et rev.mi D.ni Porphirij Filiciani de Gualdo episcopi Fulginei
(...) Et haec in hac preambulo adnotavit ad honorem Dei, Beatissimae Vir-
ginis ac Sancti Filiciani martyris et protectoris huius civitatis Fulginei, et
supplex eorum numina posco ut mihi adsint et eorum gratia mentem meam
vegetent et opera dirigant »).

Prot. 411: di ff. 467 + rep. n.n. ; « Instrumenta rogata | de Annis |
1620-1621-1622-1623 | Per me | Durantem Dorium Cane. » ; Foligno, 14 dicem-
bre 1620 - 29 dicembre 1623).

Prot. 412 : risulta di due protocolli diversi: 472 A (di ff. 147 + rep. n.n. ;
di piccolo formato ; Foligno, 11 febbraio 1620 - marzo 1625; è il bastardello
del prot. 412 B, ove si ritrovano tutti gli atti qui registrati in fretta), e 472 B
(di ff. 124 + rep. nn. ; « Instr.a rogata de Annis | 1620. 1621. 1622. 1623. 1624.
1625 | 1627. 1628. 1629. 1630 | Per me | Durantem Dorium not.m » ; Foligno,
11 febbraio 1620 - 5 settembre 1630).

Prot. 413 : di ff. 486 + rep. n.n. ; « Instr.a ab anno 1623 ad 1625 | Durante
Dorio »; Foligno, 3 gennaio 1623 - 10 maggio 1625.

Prot. 414: di ff. 527 + rep. n.n. ; « Instrumenta rogata | de | 1625. 1626.
1627. 1628 | Per me | Durantem Dorium Cane. » ; Foligno, 15 maggio 1625 -
28 dicembre 1628.

Prot. 415 : di ff. 368 + rep. n.n. ; « Instrumenta de | Annis | 1628-1629
158 GIUSEPPE CHIARETTI

Per me | Durantem Dorium | Canc. Ep.lem » ; Foligno, 4 gennaio 1628 - 20 di-
cembre 1629.

Prot. 416: di ff. 187 + rep. n.n.; « Instrumenta rogata | 1630 | Per
me [ Durante Dorium Canc.m | Ep.lem » ; Foligno, 2 gennaio 1630 - 14 settembre
1630.

Prot. 417-418: è un unico protocollo, arbitrariamente diviso in due
parti, ognuna con segnatura autonoma ; di ff. 1-208 e 209-448 + rep. n.n. ;
« Instrumenta de | 1630. 1631. 1632 » ; Foligno, 16 settembre 1630 - 17 marzo |
1632.

Prot. 419: di ff. 198 + rep. n.n. ; « Instrumentium | Annorum / 1645 [ |
1646 | Durantis Dorij»; Foligno, 16 agosto 1645 - 15 dicembre 1646. Da |
notare che l’ultimo atto autografo del Dorio è quello del 10 febbraio 1646 |
(f. 98r); da quella data gli atti sono scritti da altra mano ; a f. 198r c’è il |

sigillo e la dichiarazione di autenticità del notaio folignate Vincenzo Buta-
roni).

2b. ForiGNo, Archivio Vescovile.

HI L'archivio ha subito gravi danni, essendo finito sotto le ma-
aM cerie durante i bombardamenti aerei dell'ultima guerra. Molto ma-
B teriale è andato perduto; altro è ancora giacente in attesa di un

HB d riordinamento, e da un sommario esame di esso risultano evidentis- è
il sime le tracce della quasi ventennale attività del Dorio. Tra le tante |
m scritture d'ufficio, oltre alla vasta serie degli atti civili e criminali,
B si possono segnalare : |

Serie « Bollari »
| « Registr. | 1617 | ad ] 1631» (vecchia segnatura : A. 8. 5. 6) : cod. cart. |
TH con coperta cartonata, diviso in due parti: la prima, di ff. 146 + rep. n.n.,

gi] con atti dal 22 settembre 1618 al 12 agosto 1623 ; la seconda, di ff. 324 -+ rep.

n.n., con atti dal 1 settembre 1623 all’8 novembre 1631. Da questo registro

ho tratto i documenti pubblicati nella Appendice I.

Serie « Concorsi »

«Concorsi | 1613 | ad 1670» (vecchia segnatura: A. 9. 5. 10): gli atti
rogati dal Dorio sono compresi tra l'8 febbraio 1619 e il 10 ottobre 1631.

Serie « Spiritualia »

| « Instr.a | 1516 | et alia | deversa | Spirit. » (vecchia segnatura : A. 8.
TEE 4. 4): contiene atti del Dorio a partire dal 1620.
|

Uni Serie « Visite Pastorali » «*
Il «1621 | Feliciani »: atti della prima visita del vescovo Feliciani, com-

presi tra il 27 aprile e il 13 novembre 1621, autografi del Dorio.

è «Acta | S. Visitationis | 1628-1630»: tre fascicoli, anch'essi autografi

M del Dorio.

E | Le relazioni si presentano accurate e minuziose ; mancano però quelle |

EM annotazioni critiche che fanno preziose le successive Visite di Nocera Umbra.
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA

3a. GuBBIO, Archivio di Stato, Arch. Notarile.

Vi si conserva un solo protocollo del Dorio. Sul carteggio Dorio-
Cantalmaggi, qui parimenti conservato, si veda alla nota 17 del
primo capitolo.

Prot. 1487: di ff. 171 + rep. n.n., coperta di pergamena; Gubbio, 7
febbraio 1640 - 14 luglio 1645. Nelle dichiarazioni all’inizio (f. 1r) e al termine

(f. 171v) del protocollo, il Dorio si professa notaio e cancelliere vescovile di

Gubbio. Tre atti, del 26 aprile e del 4 e 10 maggio 1645, non sono autografi
del Dorio.

sb. GuBBIO, Archivio Vescovile.

Sono molti gli atti e i documenti redatti dal Dorio, in virtù del
suo ufficio di cancelliere vescovile, nel quinquennio 1640-1645. Si
ritrovano nelle serie « Testamenti», «Atti civili e criminali », « Istro-
menti». Di quest'ultima serie va ricordato il vol. 4°: «1593-1647.
Depositi de doti di moniche », nel quale sono compresi atti stipulati
dal Dorio dall'11 febbraio 1640 al 22 aprile 1645 (ff. 149-196).

La presenza del Dorio non è invece attestata nelle relazioni delle
visite pastorali, che si tennero nel predetto quinquennio ad opera
dei vescovi Monaldi e Sperelli.

4. NocERA UmBRA, Archivio Vescovile.

È l’archivio che, dopo quelli di Foligno, conserva maggior copia
di documenti doriani, suddivisi nelle varie serie archivistiche rior-
dinate proprio dal Dorio. Ricorderò tra le altre :

Serie « Bollari »

« Bolle | 1623 | usq. | 1633»: gli atti del Dorio cominciano a f. 104r (20
aprile 1632).

«Bullarium | 1633 | 1644»: Incipit consueto, con sigillo del Dorio ;
l'ultimo atto del Dorio reca la data del 24 febbraio 1638 (f. 101»).

« Collationes beneficiorum | 1634 usq. 1644»: il registro è stato impian-
tato dal Dorio ; il primo atto reca la data del 9 marzo 1634.
Serie « Fideiussioni »

« Fideiussionum | ab anno D. | 1634 | usq. | 1645 | 1646 | 1647 | 1648» :
il registro é stato impiantato dal Dorio, con incipit e sigillo consueto.
Serie « Inquisizione »

« Inquisitione | ab anno 1638 , usq. ad 1645»: l’ultimo atto di pugno
del Dorio reca la data del 27 aprile 1638.
Serie « Actorum civilium »

Molti sono gli atti del Dorio dispersi nei vari volumi della serie.
Serie « Instrumenti »

« Instromenti | di Durante Dorio | 1632 | 1633»: di ff. 309 + LODS.
coperta di pergamena ; Nocera, 31 marzo 1632 - 23 dicembre 1633 ; Incipit :
160 GIUSEPPE CHIARETTI

«In presenti libro describuntur et adnotabuntur per me Durantem Dorium
a Leonissa, civem romanum, publicum regia et imperiali auctoritatibus
notarium et cancellarium episcopalem civitatis Nucerie, omnia instrumenta
per me meosque substitutos roganda tempore mei officii, incepti sub anno
Domini millesimo sexcentesimo trigesimo secundo, indictione xv, sedente
S.mo D.no N.ro Urbano Pontifice Optimo Maximo, die vero xxin mensis
martij; ad quod officium electus et deputatus fui ab ill.mo et rev.mo d.no
Virgilio Florentio perusino... episcopo nucerino...» (f. ir, con sigillo).

«1634 | Ser Durante Dorio | Instromenti »: di ff. 126 + rep. n.n., co-
perta di pergamena ; Nocera, 29 dicembre 1633 - 4 dicembre 1634.

«Durante Dorio | 1635»: di ff. 108 -- rep. n.n., coperta cartonata ;
Nocera, 4 gennaio 1635-14 dicembre 1635.

«1636 | Durante Dorio » : di ff. 81 + rep. n.n., coperta cartonata ; No-
cera, 2 gennaio 1636 -15 dicembre 1636.

« Durante Dorio Can.re E.le | 1637 »: di ff. 96 + rep. n.n., coperta car-
tonata ; Nocera, 2 gennaio 1637-24 dicembre 1.37.

« 1638 | Girolamo Magalotti »: Y ito del 14 aprile 1638 (ff. 37-42) reca
la sottoscrizione del Dorio, «ad praesens canc. ep.lis civ. Nucerie », con si-
gillo (f. 42r).

Serie « Visite Pastorali »

«1632 | 1633 | 1634 | Florentii | 1632»: di ff. 335 + indice n.n. ; l'ul-
tima relazione riguarda la visita al monte di pietà di Nocera (22 gennaio
1635). Sono gli atti della prima visita pastorale del vescovo Fiorenti, di
cui si riporta il decreto di indizione (7 marzo 1632, ff. 2 ss.). Notaio segre-
tario di quella visita fu il Dorio, il quale redasse di persona alcune relazioni,
ed altre, preparate dai suoi aiutanti, rivide e annotó minuziosamente. Per
il valore storico-critico della relazione doriana si veda alla nota 15 del primo
capitolo.

« Visita | 1636-1637 Florentj »: cod. di ff. n.n., quasi tutto di mano del
Dorio, formato di due parti mescolate insieme, ma con numerazione auto-
noma : la prima è costituita dal brogliaccio della relazione, che va dal luglio
1636 al 23 settembre 1637 ; la seconda è il testo ufficiale della relazione, che
va dall’8 luglio 1636 (visita alla cattedrale di Nocera) al 15 settembre 1636
(visita al monte di pietà di Gualdo).

«Fogli di visita del 1573, di vari anni del secolo XVI e XVII»: cod.
miscellaneo, ove compaiono alcuni appunti del Dorio sulla visita pastorale
del 1637, con una minuta di lettera riguardante l’opera storica di Pompeo
Pellini (cf. nota 46 del primo capitolo).

5. RECANATI, Archivio Notarile.

Da un inventario manoscritto del ricco archivio traggo la no-
tizia dell’esistenza di un protocollo del Dorio, così indicato : « Un’in-
filza d’istromenti in fogli, di carte 148 tra scritte e bianche. Sopra
la coperta è scritto Rogitus diversi 1599. 1600. 1601. 1602». Gli
estremi cronologici del protocollo sono : 29 ottobre 1599 - 23 ottobre
1601.

Non sono riuscito a prender visione del protocollo doriano a
causa del disordine esistente nell’archivio.

——— —— ———
AsP:P:E:N D T. GEHE THES

NOTIZIE RIGUARDANTI LA STORIA DELL'ARTE RICAVATE DAL COD. B. V. 1

Il cod. doriano B. V. 7 (n. 273 del F.) fu già utilmente consul-
tato dal Frenfanelli Cibo per stabilire l'inizio dell'attività artistica
del pittore folignate Niccolò di Liberatore, detto l'Alunno 9. Nella
già ricordata lettera autobiografica, scritta da Nocera il 28 novem-
bre 1636 al conte Gio. Battista Cantalmaggi di Gubbio, il Dorio
disse di sé : « Ho atteso a medaglie, disegni et, per carestia di qua-
trini, poco alla pittura. Sono andato anco raccogliendo piatti de-
pinti, et massime quando ho possuto haverli di Raffaello o di buon
maestro ». Delle collezioni doriane nulla è rimasto, all’infuori del
catalogo della raccolta di bronzetti e monete romane.

Da questo codice é tuttavia possibile ricavar qualche notiziola
sulla quadreria privata che, per confessione dello stesso interessato,
non era molto ricca di opere.

Il cod. B. V. 1, autografo del Dorio, reca un transunto de Le
vite de’ più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani da Cimabue
insino a’ tempi nostri di Giorgio Vasari, pubblicati, in edizione cor-
retta ed ampliata in tre tomi, nel 1568. È diviso in due parti, ognuna
delle quali ha una numerazione autonoma : la prima contiene no-
tizie ricavate dal 3° tomo de Le vite ; la seconda, dal 1° e 2° tomo.

Eccone l’indice particolareggiato :

1) Cf. S. FRENFANELLI Cio, Niccolò Alunno e la sua scuola, Roma, 1872, pp. 91-92.
A p. 94 si afferma : « L’autorità del valente storico dei Trinci pone in sodo il giudizio dei
«critici moderni e ci autorizza a far principiare la carriera artistica di questo pittore sin
dall'anno 1452 ». Tra i «critici moderni » sono da annoverare I. A. CRowE e G. B. Ca-
VALCASELLE, A new history of painting in Italy, 11, London, 1866, pp. 122-125. Cf.
anche Apamo Rossi, Giunte ai pittori di Foligno pubblicati nel 1872. Estr. dal « Giornale
di erudizione artistica », novembre-dicembre 1883, pp. 12-13, doc. vi. Cf. RUDOLF
Enaas, Niccolò di Liberatore genannt Alunno. Eine kunsthistorische Studie, München, 1912.

11
162 GIUSEPPE CHIARETTI

Prima parte: f. 1r: Titolo ; « Delle vite de’ più Eccellenti pittori, Scul-
tori et | Architettori scritte da Giorgio Vasari | Pittore, et Architetto Aretino. [
P* volume della 3* Parte ridotto in compendio » ;

ff. 2r-8r: Proemio del 3° tomo de Le vite ;

ff. 8r-25r: Tavola de luoghi dove sono l'opere delli scritti (compilazione
del Dorio : sono indicate alcune opere d'arte esistenti in varie città d’Italia,
disposte per ordine alfabetico) ;

if. 25r-28r: Tavola delle vite de gli Arlefici descritti in questo primo vo-
lume della terza parte (sommario elenco del Dorio) ;

ff. 29r-156v: Transunti dal terzo tomo dell'opera vasariana (Leonardo
da Vinci ecc.) ;

ff. 157r ss. n.n. : Indice degli artisti menzionati nella prima parte.
Seconda parte : non ha titolo.

ff. 2r-13v : Proemio di tutta l'opera del Vasari ;
ff. 14r-26r: Proemio del 1° tomo de Le vite ;

ff. 28r-51v: Transunti dal primo tomo dell'opera vasariana (Cimabue

If. 52r-56v: Proemio del 2° tomo de Le vite: trascrizione incompleta,
con ff. lasciati in bianco ;

ff. 57r-129r: Transunti dal secondo tomo dell'opera vasariana (Jacopo
della Quercia ecc.) ;

ff. 140r ss. n.n.: Indice degli artisti menzionati nella seconda parte.

Il Dorio, dalla attenta lettura del testo vasariano, ricava le
notizie che più gli interessano : elenchi delle opere dei maggiori
artisti, con particolare riguardo agli umbri o a quelli che hanno la-
vorato in Umbria ; note sulla tecnica pittorica ; curiosità e aneddoti
su questo o quell'altro personaggio. Trascrive per esteso i proemi,
come quelli in cui meglio si riassumono i criteri interpretativi del
fatto artistico.

Di quest'ampio florilegio ci interessano alcune brevi note desti-
nate ad integrare la biografia vasariana di alcuni artisti, con la men-
zione delle opere esistenti nell'ambiente umbro e non ricordate dal
Vasari. Veniamo così a conoscenza di alcuni particolari, per lo più
inediti, sulla identità di artisti e di opere d'arte.

Indico brevemente le principali notizie :

a) uno degli artisti che attesero alla decorazione del palazzo.
del governatore in Foligno (già palazzo Trinci) fu Lattanzio Pagani
da Monterubbiano (Marche), che già aveva lavorato nella fortezza
di Perugia su invito del governatore e castellano il card. Tiberio.
Crispo (1545-1548);

b) l’autore della discussa pala d’altare esistente nella chiesa

di S. Pietro in Leonessa fu Giacomo Santori da Giuliana (Palermo),.
detto Jacopo Siculo ?);

*) La attribuzione della pala a Jacopo Siculo è recente : fu suggerita in occasione
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 163

c) alcuni degli affreschi della cattedrale di Foligno, andati
perduti nel rifacimento della chiesa ad opera del Piermarini nel
1771, erano: la Visita della Madonna a s. Elisabetta di Girolamo
Muziano ?, e il Martirio di s. Caterina di Dono Doni d'Assisi): ;

d) di Dono Doni d'Assisi si ammiravano particolarmente al-
cuni dipinti, e cioé : a Foligno, gli affreschi con il Martirio di s. Ca-
lerina sia in cattedrale che nella chiesa di s. Caterina 9, e una tavola

della mostra delle opere d'arte in Sabina tenutasi a Rieti nel 1957. Nei lavori di restauro
riapparve un cartellino, cui era stata raschiata l'iscrizione : e questa fu certamente letta
dal Dorio, che poté tramandarci con sicurezza il nome dell'artista, ma non — purtroppo ! —
l'anno di composizione dell'opera. La attribuzione tradizionale ha sino ad oggi oscil-
lato tra i nomi del Perugino (cf. FRANCESCO PALMEGIANI, Rieti e la regione sabina, Roma,
1932, p. 500), di Girolamo Muziano (A. VENTURI, Storia dell’arte italiana, 1x, p. 430 ;
Uco DA Como, Girolamo Muziano, Bergamo, 1930, p. 136), e finalmente, garantita dalla
testimonianza inequivoca del Dorio, di Jacopo Siculo (cf. LursA MoRTARI, Opere d’arte
in Sabina dal XI al XVII secolo, Roma, 1957, pp. 48-49).

Per lo schema compositivo oltre che per la datazione, occorre fare piü accorto
riferimento alla analoga tavola d'altare con l’Incoronazione della Vergine eseguita nel
1541 per la chiesa dell'Annunziata a Norcia, ora custodita nel palazzo comunale di quella
città. Pur trattandosi di due soggetti diversi identica è la bipartizione del quadro a piani
sovrapposti, che vede, nella parte superiore, il trionfo della Vergine benedetta dal Padre
entro una chorea angelica, e, nella parte inferiore, l'estasi orante di una folla di santi
personaggi; al centro, quasi a far da cerniera tra cielo e terra, si apre uno squar-
cio naturalistico di netto sapore umbro, quanto a disegno, preso in prestito dai dipinti
di Giovanni Spagna. Piü vivaci e meglio equilibrati risultano masse e colori nel quadro
di Leonessa, ove troviamo uno Jacopo Siculo nuovo, più commosso e più drammatico,
anche se non ancora scevro d'enfasi: il che lascerebbe pensare ad una datazione poste-
riore all'opera di Norcia, e quindi a una delle ultime del pittore, il quale fini i suoi giorni
a Rieti negli ultimi mesi del 1543 o nei primi del 1544.

?) Di questo affresco, risalente alla permanenza del Muziano a Foligno negli anni
1559-60, parlano più autori : Lupovico JAcoBILLI, Vita di San Feliciano, Foligno, 1626,
p. 92; CraAunro GricLr Memorie della famiglia de’ Flavi di Foligno scritte nel XVIII
secolo, ms. della Biblioteca Comunale di Foligno citato da Uco ScanAMuccr, Un dipinto
perduto nella cattedrale, in A San Feliciano protettore di Foligno. Omaggio dei concitta-
dini nell’ottavo centenario della cattedrale 1133-1933, Foligno, 1933, pp. 63-64. Cf. anche La
cattedrale di Foligno nel XVIII secolo, in « Decimosettimo centenario di San Feliciano »,
n. 25, Foligno, 24 gennaio 1904, p. 196, n. 2.

Dal dipinto ricavò una incisione su rame Nicola Beatricetto (sec. xvii): cf. UGo
DA Como, Girolamo Muziano cit., pp. 57-61, p. 202; Uao ScaraMuccI, Un dipinto per-
duto nella cattedrale cit., p. 64.

4) Su questo affresco cf. La cattedrale di Foligno nel XVIII secolo cit., p. 196, n. 7.

5) Cf. GrusEPPE Bnacazzi, La rosa dell'Umbria, Foligno, 1864, pp. 56-57; Ma-
RIANO GUARDABASSI, Indice-guida dei monumenti pagani e cristiani riguardanti l’istoria
e l’arte esistenti nella provincia dell’ Umbria, Perugia, 1872, p. 78. L’affresco, distaccato
— VERS -

164 GIUSEPPE CHIARETTI

con la Madonna tra i santi Francesco e Bonaventura nella chiesa di
S. Francesco 9; a Spello, una maestà affrescata con la Sacra Fa-
miglia nell'orto del convento di s. Girolamo dei frati zoccolanti 25

e) di Ferraü Faenzoni da Faenza (1562-1645) esistevano, nella
cattedrale di Foligno, almeno due tele: una Annunciazione per l'al-
tare dei Flavi 9, e un S. Onofrio penitente per l'altare degli Onofri ? ;

nel 1872, si trova attualmente nel Museo Civico di Foligno, sala vi : cf. Catalogo del Museo
Civico di Foligno, Foligno, 1908, p. 21, n. 29; ANGELO MESSINI - GIOVANNI CECCHINI,
Foligno (Guide Moneta), Milano, s. a., pid

*) Di quest'opera non fanno menzione né il Bragazzi né il Guardabassi.

?) Dell’affresco parlò con grande lode Taddeo Donnola, così descrivendolo : in-
torno al convento di s. Girolamo « amplus cohaeret hortorum situs ac speciosum adiacet
nemus vel pineis arboribus ornatum ; et ante illud oblonga rectaque patet via ad re-
cessum seu parvum sacellum, in interregno Marcelli papae secundi iconica Doni Assi-
siatis celebri pictura decoratum, ubi ego anno MDcxxxvir ad hospitem sic tetrastichon :

Hospes, siste; cole expictum Doni arte recessum,
hincque sacrae fidei pignora certa cape :

Virgo parens, Natusque Dei hic, Prodromusque et Joseph
Si his tuus haeret amor, caelica et ipse teres.

Unde nuper admodum rev. pater frater Ioannes a S. Francisco, Hibernus, eius-
dem Ordinis in romano S. Isidori coenobio Sacrae Theologiae lector, vir magnae doctri-
nae ac pietatis, subtilisque doctoris Schoti operum optime meritus, dum in S. Hieronymi
coenobio Hispelli iterum hospes, hos et ipse edidit versus :

Donnula dum Doni nomen colit ecce recessum :
hunc celebrem reddit carmen, ut ante color ;
et spectatoris lucrum procurat uterque :
iste colore pio, carmine et ille pio ».

Cf. THADDAEUS DONNOLA, Apologia qua S. Felix episcopus et mart. spellatensis dilucida-
tur et confirmatur . .. , Fulginiae, 1643, p. 273.

L'affresco é andato perduto assai per tempo, e già il Bragazzi ne omise la menzione.
L'Urbini poté ancora leggere nel 1896 la iscrizione del Donnola sopra l'arco di in-
gresso della cappella («l'interno è ammodernato ; né sotto lo scialbo v'é più traccia di
queste figure ») : GruLIo URBINI, Le opere d'arte di Spello, in « Archivio Storico dell'Ar-
te », 2 (1896), fasc. v e 3 (1897), fasc. r. Attualmente non esiste più neppure la cap-
pella, demolita pochi mesi or sono.

*) La tela esisteva ancora nel 1904 e trovavasi nella sagrestia della cattedrale ;
apparteneva alla cappella dell'Annunziata, « patronato dei Gigli »: cf. La cattedrale di
Foligno nel XVIII secolo cit., p. 197, n. 19. La ricorda il Guardabassi, ma non il Bragazzi.

Del Faenzoni il Guardabassi segnala tre tele ad olio esistenti nella cattedrale di Fo-
ligno : « 1. Ss. Cosimo e Damiano. 2. L'annunciazione. 3. S. Nicolò vescovo : opere attri-

buite a Ferraù da Faenza » (cf. Indice - guida cit., p. 84). Anche il Faloci afferma : « Lun-
(nota 9 a pag. seguente)
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA

165

f) della quadreria privata del Dorio facevano parte : un « qua-
dro da altare » raffigurante S. Francesco che riceve le stigmate, del
Faenzoni !® ; e due piccole tele votive, non meglio indicate, di Gio-
vanni di Pietro detto Lo Spagna ;

go le scale che conducono alla camerlengheria vi sono delle tele del Ferraù da Faenza,
del Michelini e di molti altri pittori » (cf. Guida di Foligno, Foligno, 1909, p. 21). Queste
tele peró, con i bombardamenti aerei dell'ultima guerra, sono andate in parte distrutte,
in parte disperse.

?) Nel 1864 la tela fu dal Bragazzi osservata nella sagrestia : cf. G. Bnacaazzr, Guida
storico-artistica della basilica cattedrale di Foligno, Foligno, 1864, p. xv (la definisce «ri-
putata tela»). Il Guardabassi non ne fece menzione. Nel 1904 si scrisse di essa:
«oggi non esiste piü »: cf. La cattedrale di Foligno nel XVIII secolo cit., p. 196, n. 11.

10) Trattandosi di « quadro da altare », è possibile supporre che fosse destinato al-
l’oratorio privato del Dorio, nella sua villa di S. Vittore presso Foligno. Il Faenzoni era
allora attivo in Umbria; oltre le tele per la cattedrale di Foligno precedentemente
indicate, si possono di lui ricordare: il grandioso affresco del Giudizio universale,
di imitazione michelangiolesca, nella cattedrale di Todi, e due ritratti, parimenti a Todi :
l'uno di Jacopone, nel palazzo Pongelli, e l'altro del vescovo tuderte Angelo Cesi, morto
nel 1606, nel Seminario.

Qual sorte sia toccata al quadro del Dorio non è dato sapere. L'oratorio di S. Vit-
tore, una volta venduta la proprietà, andò un po’ alla volta in rovina, come si è detto
alla nota 3 della Appendice 1. Molte coincidenze, onomastiche topografiche iconografi-
che stilistiche, mi spingono a segnalare una pala d'altare conservata nella chiesa parroc-
chiale di Vescia, un grosso borgo a un paio di km. da S. Vittore, raffigurante San Fran-
cesco che riceve le Stigmate. È una tela ad olio seicentesca, anonima, di cm. 160 x 240,
dai colori ossidati che non consentono una accurata analisi comparativa. Il santo, sor-
retto da due angeli, è in atteggiamento estatico, con le braccia aperte a croce ; di tra
una chorea angelica il Cristo, velato da ali-di serafino, irraggia i suoi santi segni ;
un fraticello osserva l’evento, meravigliato. Lo stigmatizzato campeggia al centro
della tela, in una posa diagonale, enfatica ; l'espressività del suo volto contrasta con il
panneggiamento monotono ed affrettato. È un lavoro tirato via alla brava da persona
esperta, che anche le Guide turistiche segnalano (cf. MEssINI - CEccHINI, Foligno cit.,
p. 76). Per la storia del quadro sono utili alcune notizie, che traggo da una Descrizione della
Chiesa Parochiale di S. Martino della Vescia Diocese di Foligno (ms. cartaceo del sec,
xvii, conservato nell'archivio parrocchiale di Vescia ) : «... Non si sa chi habbia fon-
data et instituita la chiesa ab antico. Solo ho inteso che la chasa Turchi e Lattantij l’hab-
biano tutta rifatta da nuovo a proprie spese. Gli altari spettanti alla medesima chiesa
sono da maggior parte patronali... L’altare a mano sinistra dell’altare maggiore, sotto
il titolo di S. Francesco, spetta alla casa di Egidio di Lattantij, di detto luogo della Ve-
scia... A mano sinistra dell’altare del ss. Sacramento vi è l’altare di S. Francesco, pari-
menti fatto di stucco alla moderna, con quadro di tela rappresentante S. Francesco in
estasi, con alcuni angeli. Sopra detto altare vi é anco un quadretto di tela rappresentante
la B. Vergine Maria. Co' suoi scalini di mattone, dipinti come gli altri, et ogni altro ne-
cessario per detto altare » (ff. 1v. 2r. 3r.).

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166 GIUSEPPE CHIARETTI

g) della quadreria dei Roncalli, una cospicua famiglia foli-
gnate, era una Decollazione di s. Giovanni Battista di Domenico
Teotocopoli, discepolo del Tiziano ;

h) notizie particolareggiate sul pittore folignate Niccolò di
Liberatore, detto — dal Vasari in poi — l’Alunno 14.

Il fatto di aver elencato una serie di artisti operosi alla fine del

'500 e all'inizio del ‘600 in pagine rimaste quasi tutte bianche, ma
destinate con ogni evenienza ad accogliere notizie su di essi e sulle
loro opere, sta a dimostrare l’interesse del Dorio verso questi autori :
o perché non menzionati dal Vasari, o perché dal Dorio conosciuti
attraverso opere esistenti nell'ambiente folignate, o per altre ragioni
che ora sfuggono.
i Trascrivo i nomi di questi artisti : Giacomo Siciliano (f. 138rv),
Tintoretto venetiano (f. 140r), Girolamo Mutiano bresciano (f. 141r),
Ferraü Faenzoni da Faenza (f. 142r), Lattantio bolognese (f. 143r),
Baldassarrino da Bologna (f. 144r), Giovan Battista da Montenuovo
detto della Marca (f. 145r), Antiveduto Grammatico (f. 146r), Carlo
venetiano (f. 147r), Gioseppino d'Arpino (f. 148r), Giovanni Baglione
romano (f. 149r), Giovanni Lanfranco palmigiano (f. 150r), Guido
Bolognese (f. 151r), Cornelio Brusco fiammengo che. dipinge in Na-
poli (f. 152r), Paolo Brilli venetiano (f. 153r), Gioseppe Bostiani
detto Gentileschi da Caprarola (f. 1550), Alessandro Casolani da
Siena (f. 1560).

Di un certo interesse, in questo catalogo, é la menzione del
pittore e scrittore romano Giovanni Baglioni (c. 1575-1644), il quale,
dopo il processo per plagio con il Caravaggio nel 1603, fu in Umbria,
ove ebbe molte commissioni a Spoleto Perugia Gubbio, si incontró
a Mantova nel 1621-23 con il caravaggesco senese Antiveduto Gra-
matico, e pubblicò finalmente nel 1642 le sue pregevoli Vite de pit-
fori scultori architetti ed intagliatori dal pontificato di Gregorio XIII
del 1572 fino ai tempi di papa Urbano VIII nel 1642, compilata ad
imitazione del Vasari.

Riporto qui di seguito le glosse doriane tratte dal cod. B. V. 1
secondo l'ordine progressivo delle pagine.

Prima parte: f. 15r: ForiGNo (Opere esistenti in F.): «La tavola che

era in Ara coeli, all'altar maggiore, nel monasterio delle monache di Bette-
lem. In San Filitiano: in muro, S. Caterina quando fu decollata, Adone

11) Trascrivo integralmente le notizie del Dorio intorno all'Alunno. Il Frenfanelli
Cibo omise qualche particolare.
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA

. 167

Doni d’Assisi. Nella chiesa del monasterio di S. Caterina : in muro, S. Cate-
rina quando fu decollata, Adone Doni. In San Francesco : una tavola di N.
Donna con un S. Francesco et S. Bonaventura, Adone Doni. In San Giro-
limo de frati Zoccolanti pur di Spello : in una Maestà nell’horto, una Madonna
con un Christo in grembo che abbraccia S. Gioseppe et S. Gioseppe lo bacia,
con un S. Giovanni : bellissime figure, Adone Doni d’Assisi ».

f. 71v : LATTANZIO PAGANO da monte Rubbiano (Marche). « Lavorò que-
sto Lattantio le stanze del palazzo del Governatore di Foligno et ci fece l'ar-
me di detto card. Crispo [Tiberio] ». :

f. 72r: ADONE Dowt d'Assisi. « Et in San Girolimo di Spello delli frati
zoccolanti, nell'horto, una Madonna con un Christo in braccio bambino et
San Gioseppe ; in San Filitiano di Foligno, quando fu mozza la testa a S. Ca-
*arina ; et anco a S. Catarina ».

f. 107r: DomENICO TeoTocoPOLI. « Fu anco discepolo di Titiano Dome-
iico Teotocopoli, il quale attese alla maniera ultima de Titiano, del qual Do-
menico il Roncalli ha un quadruccio della decollatione di s. Gio. Batta fatto
con la maniera ultima de Titiano et copiato delle cose di detto Titiano ».

f. 138r: GrAcoMo SiciLIANO. « Ancorché egli fusse pittor eccellente ne’
tempi suoi et cosi anche stimato da moderni quali hanno viste l'opere di esso,
con tutto ció da Giorgio Vasari et da altri, che nella seconda impressione del-
lopere sue hanno aggionto, di lui non ne hanno fatta mentione alcuna. Di
questo Giacomo si vede una cappella in tavola nella chiesa di S. Pietro di
Lionessa, dove stanno li frati Eremitani di S. Agostino, dove si rappresenta
l'assunta in cielo di N. Donna, et una Madonna in alto, con un coro di angeli
attorno, che butta la cinta a Tomasso incredulo ; et nel piede di detta tavola
vi sono gli apostoli fatti in diverse attitudini, parte che contemplano l’altis-
simo misterio, parte che riguardano il seppolcro, del cui seppolcro si vede la
sommità et il fondo, et dalle bande vi sono un s. Agostino et una s. Catarina.
Et nella predella di detto altare vi sono mentre Christo appare a s. Agostino
et con una cocciola cava l’acqua dal mare; et in mezzo per la lunghezza
della tavola vi è la conversione di s. Paolo con molti a cavallo che lo segui-
tavano ; et in un'altra parte piccola quando s. Pietro fu liberato dall'angelo
dalle carceri, in pitture piccole et stimate molto da assai valent’huomini
ch’hanno vista quest’opera, fatta, per quanto si raccoglie dal millesimo de-
scritto in piedi di essa tavola, dell’anno . . . »?).

f. 141r: GrroLamo MuziaNo da Brescia. « In S. Filitiano vi è la visita-
zione di s. Elisabetta, fatta in muro a guazzo, et vi é un zoppo con un bastone
et un ragazzotto, che sono bellissimi ».

f. 142r: FERRAÙ FAENZONI da Faenza. « È, nella cattedrale di Foligno,
un quadro all'altare de Flavii: un'Annuntiata con alquanti angeli ignudi
che circondano il Spirito Santo, la Madonna mostra una madrona et una
giovanetta de 15 o 16 anni, et vi é un angelo che l'annuntia che é molto spro-
portionato. All'altare de gli Honofrii è un altare di un s. Honofrio in faccia,
ignudo, che sta inginocchiato con un Cristo nelle mano et tra certi alberi ;
si rappresenta mentre morse giacendo colco in terra, et vi è uno che gli è at-

12) I puntini di sospensione sono del Dorio, il quale, evidentemente, non ricordava
lanno di composizione indicato nel cartiglio.
168 : GIUSEPPE CHIARETTI

torno, et un angelo in alto che figura di portare l’anima sua in cielo. Durante
Dorio vi ha un quadro da altare con un s. Francesco dalle stimate, con un
compagno che riguarda in alto et con la mano vuol fuggire il splendore che
gli da ne gli occhi ».

f. 144r: BALDASSARRINO DA BoLogna. «Colori meglio a guazzo che a
olio. Di sua mano è in S. Filitiano di Foligno il miracolo di s. Martino mentre
risuscita un morto. Vi sono certe donne che mostrano stare smarrite et ammi-
rate, et molte altre figure che ammirano questo miracolo. È alla cappella
del sig. Mutio Orfino » 19).

f. 1560 : ALESSANDRO CASOLANI da Siena. « Nel dipingere cavava da fi-
gure de cera che vestiva di carta, coloriva poi a chiaro oscuro, et poi li dava
li colori. Faceva le cose sue molto studiate et con molta fatiga et tempo, et
molte volte, finita l'opera, vedendoci qualche imperfettione, la guastava et
gli dava di novo principio ; et non tutte le sue opere sono de intiera perfet-
tione ».

Seconda parte : NicoLò ALUNNO da Foligno : f. 85r-87r : « Ancor che fusse
pittore eccellente, con tutto ció la sua vita né le sue opere furno descritte da
Giorgio Vasari, il quale fece pur la vita con la descrittione dell'opere de molti
altri assai inferiori a lui. E ben vero ch'egli potrebbe essere che non fusse
stato informato dell'opere sue, et sebene nella seconda impressione, trattan-
dosi della vita del Pentoricchio, si dice anco di Nicolao, come qui sotto si
vedrà, ciò è : « Nicolao Alunno, perché non si costumando molto di colorire
ad olio inanzi a Pietro Perugino, molti furono tenuti valentissimi che poi
non riuscirono. Nicoló dunque sodisfece assai nell'opere sue perché, se bene non
lavoró se non a tempera, perché faceva alle sue figure teste ritratte dal natu-
rale et che parevano vive, piacque assai la sua / f. 85v / maniera. A S. Ago-
stino di Foligno é di sua mano, in una tavola, una Natività de Christo et una
predella de figure piccole. Nel domo una pietà con due angeli. In Assisi fece
an confalone che si porta a processione ; nel domo la tavola dell'altar mag-
giore; et in S. Francesco un'altra tavola. Ma la miglior pittura che mai la-
vorasse fu una cappella nel domo, dove fra le altre cose ci é una pietà et due
angeli che, tenendo due torcie, piancono tanto vivamente che io giudico che
ogn'altro pittore, quanto si voglia eccellente, havrebbe potuto fare poco
meglio. A S. Maria de gli Angioli in d. luogo dipinse la facciata et molte altre
opere, delle quali non accade far mentione, bastando haver tocche le mi-
gliori ». Et perché la virtù di d. Nicolao / f. 86r / non sia defraudata, si è sog-
giunto a questo poco che egli cominció le opere sue delli 1456 o poco prima,
come si vede in S. Maria in Campis, dove nel muro sta di sua mano un Christo
in croce, con molti angeli attorno, et de sotto le Madonne, e nel cielo della
volta li evangelisti ; nelle quali pitture, sebene ancora non si scorge l'eccel-
lenza sua, con tutto ció si vede un certo principio dal quale si puote sperare
buon successo et miglior fine ; et si scorge ancora ne gli angeli et nelle Marie
le attitudini et affetti del dolore e del pianto ; et nella medesima opera é de-
scritto il nome di Nicolao con l'anno a lettere d'oro. Nella chiesa o compagnia

?*) L’opera di Baldassarre Croce da Bologna, detto il Baldassarrino (1558-1628),
si trova attualmente sopra la porta di accesso alla cappella del Sacramento : cf. La cat-
tedrale di Foligno nel X VIII secolo cit., p. 196, n. 3 ; FALocr, Guida di Foligno cit., p. 21 ;
MESSINI - CECCHINI, Foligno cit., p. 23.
LA CULTURA ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA 169

della Misericordia, in tavola, una Madonna et un san Giovanni che piangono,
et in mezzo ci è un Christo di legno. Nella chiesa di Sant'Agostino di Foligno,
in tela, / f. 86» / una pietà con due angioli con le torcie che piangono, ma è
meglio quella che sta nel domo di Assisi, cioè nella cappella del vescovo, de-
pinta in muro, dove ci è anco una san Girolimo in ginocchioni et in contem-
platione, che si batte con un sasso in petto. A Spello, nella chiesa di san Gi-
rolimo de Zoccolanti, c'è in tavola un san Giovanni et una Madonna che
mostrano piangere dirottamente, et un san Girolimo simile a quello che è
depinto in muro nella cappella del vescovo d’Assisi; et un san Francesco
ingenocchiato, stimatissimo ; et sopra, in due quatrucci piccoli, una s. Cata-
rina et un san Bernardino. Nella chiesa de San Nicolò di Foligno, dove è la
Natività sudetta co’ molti santi attorno et sopra, vi è un’incoronatione della
Madonna co molti cherubini et angeletti attorno et alcune figurette piccole.
In Sant'Agostino di Foligno un Giobbe / f. 87r / ignudo in contemplatione,
che è in tela, con tre persone che lo remirano et mostrano con vive attitudine
schifare le piaghe di egli et il puzzore di esse. Alli frati zoccolanti di Foligno
c'è un quadro di un san Bartolomeo. mentre molti gli sono attorno per scor-
ticarlo. A Nocera nel domo vi è, in tavola, un'incoronatione della Madonna ;
sotto, un altro quadruccio con la Madonna inginocchioni, con le mani giunte,
che adora il figliolo piccolo in terra, et ci sono alcuni angeli, et attorno, alcune
figure repartite in diversi quatretti con alcune figure più de quindici, minori
di un palmo, fatte in tavola indorata et benissimo conservata. A Cammerino
un’opera del medemo, che nella predella dell’altare da una banda vi è un
canestro di cerase naturalissime, et dall’altra banda una caraffa d’acqua con
fiori dentro, et mostra reverberarci il sole ».

f. 91r: GENTILE DA FaBRIANO. « Gli fu fatta questa memoria :
Hic pulchre novit varios miscere colores
pinxit et in variis urbibus Italie ».

f. 94r: Benozzo Gozzorr. « Nella chiesa de zoccolanti de Montefalco,
in muro, a guazzo, c'é una Madonna con un Christo in braccio et un angelo
da banda, de mano dell'istesso, con scrittura ‘il Benozzo Fiorentino 1450 ';
ma non se ci vede perfettione » 19.

f. 125r: ANDREA ALOIGI d'Assisi, detto l'Ingegno. « Si vede di lui una
Madonna con alcuni santi sopra la porta del monasterio delle monache delle
Bene ».

f. 129v: GIOVANNI SPAGNOLO, detto Lo Spagna. «Sono dell'opere di
costui a Todi, cioè in S. Francesco, una santa in tavola, a tempera. Dal qual
Giovanni ne ha due voti Durante Dorio da Leonessa, fatti di tutta perfettione.
Et dell'istesso Giovanni sono alcune opere a Trievi ».

GIUSEPPE CHIARETTI

14) L?affresco si trova nella parete destra della chiesa di S. Fortunato dei minori
francescani, e reca l'iscrizione « Benotii de Florentia MCCCCL ». E stato mutilato in se-
guito alla erezione di un altare, ma, stando alla iconografia ricordata dal Dorio, non
sembra abbia subito gravi danni. Cf. GuaAnpanassr, Indice - guida cit., pp. 123-124 ;
MESSINI - CEccHINI, Foligno cit., p. 122.

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Nota introduttiva

CAPITOLO PRIMO

DURANTE DORIO E LA CULTURA
ARCHEOLOGICO-NUMISMATICA IN UMBRIA
Cenni biografici
Lo storico, l'erudito, l'antiquario .

L'ambiente culturale umbro

CAPITOLO SECONDO

PROBLEMI E COLLEZIONI NUMISMATICHE
DEL PRIMO SEICENTO ROMANO

Collezionisti e studiosi a Roma nel secolo xvi.
I maestri del collezionismo
Alcuni cataloghi numismatici

Influsso degli ambienti culturali romani sugli eruditi umbri.

CAPITOLO TERZO
LA COLLEZIONE DI ANTICHITÀ DEL DORIO

Il documento:

I : Il codice. m

II : Criteri di trascrizione

HI : Criteri di interpretazione
« Inventario delle medaglie di Notaro Durante Dorio ».
Questioni particolari

I : Vicende e natura della collezione.
II: Segni da mercanti, medagliuzze, sigilli .

Pag.

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50
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94

128

128
128
INDICE

: I bronzetti
: Le monete :
: L'umanità del Dorio

APPENDICE I Documenti

APPENDICE II A. I manoscritti del Dorio.
B. I protocolli del Dorio.

APPENDICE III Notizie riguardanti la storia dell’arte ricavata dal
cod B: Vida
Il pubblico mattatoio di Perugia

Cenno storico

Intesi nel loro largo significato, i macelli non sono una emana-
zione dei giorni nostri ; infatti, pur trascurando di considerare l’uc-
cisione degli animali, specie a scopo di culto, nei luoghi sacri, presso
gli ebrei o presso i romani prima del 300 a. C., il primo macello sem-
bra sia stato ùna casa posta sulle rive del Tevere, di proprietà di
un ricco romano a nome « Macellus » in cui si sospettò fosse avve-
nuta una grande carneficina, casa che fu poi data ai macellai ed il
nome dell’antico proprietario servì da allora a designare simili sta-
bilimenti 9.

Comunque, sembra che il primo macello, chiamato pubblico,
sia stato costruito espressamente allo scopo sotto l'impero di Nerone,
allorquando sul Celio venne aperto il più grande mercato di carne
denominato «macellum magnum ».

A tale proposito alcuni, peró, ritengono che nell'antichità ro-
mana per «macellum » doveva intendersi il luogo adibito a mer-
cato ove, in mezzo ad una grande varietà di generi, spiccavano e
davano, per cosi dire, il tono all'edificio il pesce e le carni, onde pro-
babilmente il significato attuale di macello ?.

Successivamente, in considerazione dei vantaggi che si rileva-
rono dal funzionamento del primo macello, venne costruito sul-
l’Esquilino un altro edificio, il macellum Liviae, per cui la esistenza
di due grandi macelli in Roma fa pensare che anche in altri centri
minori dovevano esistere edifici adibiti esclusivamente alla ma-
cellazione.

Con la decadenza dell'Impero Romano e nel Medio Evo questa
organizzazione scompare, gli edifici costruiti dai romani per la ma-
cellazione degli animali destinati al pubblico consumo vengono
abbandonati, cadono in rovina, non si parla piü di macelli pubblici,
ma di macelli privati attigui ai locali di vendita delle carni e debbono
trascorrere molti secoli perché alcune città rivolgano nuovamente
174 REMO COPPINI

la loro attenzione al problema e si preoccupino di costruire stabili
menti pubblici adatti per l’uccisione degli animali e la preparazione
delle carni.

Infatti, dopo un lungo periodo di decadenza e di oscurantismo
anche in questo settore, bisogna arrivare ad una epoca più vicina
a noi, perchè si senta la necessità, per ovvie ragioni tecnico-igieniche,
di abolire l'abbattimento non sorvegliato di animali realizzando,
nella maggior parte dei Paesi europei, la costruzione di edifici spe-
ciali, sotto il controllo delle autorità sanitarie locali, edificati secondo
determinati criteri e norme rispondenti a particolari requisiti, con-
venientemente attrezzati ed il cui funzionamento veniva regola-
mentato attraverso opportune disposizioni legislative.

I pubblici macelli hanno, quindi, una storia abbastanza re-
cente, benché traggano origine da lontanissime istituzioni che si
possono far risalire all’epoca romana e devono, pertanto, essere con-
siderati come una realizzazione dell’ultimo scorcio del xvin ed il
principio del xIx secolo.

Secondo alcuni studiosi della materia si ritiene che il merito
di aver sottratto alla vista dei cittadini le varie operazioni di macel-
lazione e l'idea delle pubbliche autorità di erigere appositi locali,
antenati dei nostri pubblici macelli, viene attribuita a Vienna (seb-
bene non vadano dimenticate tra le città italiane Mantova e Verona)
in quanto in detta città, alla fine del xvirm secolo, esistevano stabi-
limenti di macellazione, lontani dall'abitato, fatti costruire dall'auto-
rità municipale ed in cui le operazioni di macellazione e di ispezione
erano regolamentate 3).

Si ritiene, altresì, che anche le autorità di alcune principali
città della Francia compenetrate di questi inconvenienti, avessero
creato dei pubblici macelli, finché il 9 febbraio 1810, Napoleone I
decretò la costruzione a Parigi di cinque mattatoi ^.

Successivamente essi sono andati sempre più moltiplicandosi
e non è da escludere che vi abbia contribuito l'impulso dato in tal
senso durante il periodo napoleonico, tanto che, dopo la caduta di
Napoleone, anche negli Stati italiani si avvertì la necessità di prov-
vedere alla costruzione di pubblici macelli — sia per esigenze di
polizia urbana, sia per assolvere funzioni annonarie — la cui attrez-
zatura era naturalmente primordiale e che erano, generalmente, co-
stituiti da un cortile interno, più o meno ampio, intorno al quale

erano disposte le sale di macellazione, le tripperie, le stalle di sosta,
i vari servizi, gli uffici, ecc.
IL PUBBLICO MATTATOIO DI PERUGIA 175

Infatti, nel 1825, Leone xir, mettendo in attuazione l'idea di
Pio vir, ordinò con sovrano chirografo la costruzione a Roma di un
grande macello che fu realizzato su progetto Martinetti ed eretto
a spese del costruttore Ferrarini di Bologna 5) e si deve supporre
— anche se in tal senso non abbiamo rintracciato documenti — che
in altre città dello Stato pontificio — tra esse Perugia — le autorità
locali siano state sollecitate a prendere l’iniziativa di accentrare
le macellazioni in un pubblico locale, tanto che — come vedremo
appresso — già nel 1821 funzionava da pubblico mattatoio un lo-
cale di proprietà Ciccotti, preso in affitto dalla Magistratura peru-
gina, presso la nuova strada di Campo Battaglia, più precisamente
sulla rupe dei Bottinelli ed, inoltre, con circolare n. 2271 in data 21
marzo 1837 9 la Delegazione Apostolica portava a conoscenza il
deliberato della Suprema Congregazione Speciale Sanitaria di desti-
nare ovunque a pubblico ammazzatoio locali fuori dell'abitato, o
in un ultimo angolo del medesimo, che avessero gli estremi necessari,
tra i quali, essenziale, quello di disporre di abbondante acqua.

È pure vero che esiste ancora a Perugia una via degli Scorti-
chi ed una via del Macello, ciò che ci indurrebbe a supporre che ante-
riormente al 1821 in luoghi ben definiti si praticassero le macella-
zioni, ma tali denominazioni, così come quella di via delle Concie,
via dei Pellari, ecc., stanno a nostro giudizio ad indicare i luoghi
ove si esercitavano tali attività.

Può ingenerare confusione anche il fatto che nelle delibera-
zioni del Consiglio della Comunità di Perugia per l’appalto del Da-
zio sulla « carne bianca e porcina » si parli di pubblici macelli detti
«scortichi » in quanto, riteniamo che devono con ciò intendersi i
locali ove i singoli macellai uccidevano gli animali per provvedere
alla vendita delle carni ?), tanto che nel 1820 9 il macellaio Filippo
Loi chiedeva, insistentemente, unitamente ad altri macellai, di otte-
nere il permesso di mattare il bestiame nel suo particolare macello
alla Conca.

Detta domanda venne, però, respinta per varie ragioni e consi-
derazioni come per esempio: perché il locale non era sufficiente,
nè poteva contenere tutte le bestie che si macellavano per il con-
sumo della popolazione, perché dovendosi servire di quelli attuali
era inutile crearne degli altri, ed, anzi, la Magistratura prendeva
le opportune misure per l’edificazione di un locale conveniente.

È da ritenersi, pertanto, che verso il 1820-21 venne deciso .
di formare un solo macello in un luogo vasto segregato dall'abitato,
176 REMO COPPINI

fornito di attrezzi almeno i più necessari, dove tutti i macellai della
città fossero obbligati, senza alcuna spesa di fitto, a recarvi il be-
stiame per la mattazione ed a tale scopo fu affittato il locale Cic-
cotti.

Nell'anno di grazia 1822 viene posto allo studio, nella nostra
Città, il problema del pubblico mattatoio.

Infatti, in data 11 giugno 1822? l’architetto Scipione Anto-
nini relaziona sui tre locali situati alla Conca da surrogarsi ai « Scor-
tichi » esistenti presso la nuova strada dei Bottinelli che «recano un
incomodo alla popolazione, che in gran numero frequenta questa
strada di riposo ».

I locali sui quali si orienta l'Antonini risultano : uno del macel-
laio Filippo Loi, già ad uso di «scortichi» dotato di un comodo
pozzo con abbondante acqua ; il secondo, appartenente all'Ospedale,
il cui fondo poteva essere adibito per depositare momentaneamente
gli « stabbi », mentre le camere superiori potevano servire agli ad-
detti al bollo ; il terzo locale della Compagnia di S. Martino che com-
prendeva vasti fondi da destinarsi singolarmente per la macella-
zione degli animali sani, per lo «scortico addetto alla Malacarne »,
unito, ma disimpegnato dagli altri, per le stalle di sosta.

La spesa preventivata fu valutata in scudi centocinquanta.

Tuttavia, non fu presa alcuna decisione se in data 13 dicembre
1825 19 il Sopraintendente Generale dello Spedale di S. Maria della
Misericordia, Nicola Antinori, inviava a Ridolfo Pucci Boncambi,
gonfaloniere di Perugia, una lettera nella quale rappresentava « un
incomodo gravissimo, che portavan al pubblico, per il fetore, gli scor-
tichi situati nella nuova strada, così detta del Campo, nonché l'in-
conveniente scandaloso, che ne deriva al Conservatorio delle Ra-
gazze appartenenti a questo Stabilimento le quali dalle finestre in
vicinanza di detti scortichi, sentono continuamente discorsi e ter-
mini i più impropri ».

Per queste ragioni venne richiesto anzi in restituzione il locale
e l'Antonini in data 23 febbraio 1830 9 informava il Gonfaloniere
di aver acceduto, unitamente al marchese Giovanni Antinori, nel
locale chiamato le Bartole, in vicinanza della porta di Città detta
del Rastello e della Piazza del Mercato, per valutare se esso poteva
essere adibito per sistemarvi «un conveniente ammazzatoio », locale
che fu ritenuto adeguato all'uso, dopo alcuni lavori necessari.

Purtroppo, le cose restavano al punto di partenza, il problema
non veniva avviato a soluzione tanto che in data 1° marzo 1832 12),
IL PUBBLICO MATTATOIO DI PERUGIA

la Magistratura Perugina affidava l’incarico alla Commissione Sani-
taria di visitare i locali più volte proposti o che migliori si potessero
proporre, fare le opportune osservazioni e «darne definitivo rap-
porto perché possa avere effetto il desiderato stabilimento ». In se-
guito a ciò, il 17 marzo !? veniva nominata una Deputazione Spe-
ciale nelle persone dei sigg. rev.mo padre abbate d. Mauro Bini,
Luigi Pacifico prof. Pascucci, dr. Alessandro Pasqua, Gio. Batta
Bordoni e prof. Cesare Massari, la quale con l'intervento dei sigg.
Fernando Marchesini, pubblico veterinario e Scipione Antonini,
architetto comunale, fissava quattro « canoni sanitari fondamentali »
alla « formazione di un buon Macello in Perugia, canoni che da ognuno
il quale debba o voglia parlare di ció, non possono né debbono di-
menticarsi giammai ».

Il primo canone stabiliva che il locale doveva essere capace di
riunire in se le «officine »: per la macellazione massima giornaliera
di 16 vaccine, per la macellazione massima giornaliera di 160 ca-
strati od agnelli, per la macellazione massima giornaliera di 50 ani-
mali porcini, per la macellazione massima giornaliera di 4 o 6 be-
stie da cambione o carni basse, fra grosse e piccole ; nonché le stalle
per vaccine, per castrati e per maiali, gli stenditori, l'Officio del Da-
zio Bollo e l'Officio Sanitario.

Il secondo canone prevedeva che il locale dovesse disporre di
acqua corrente capace ad essere suddivisa nelle quattro enunciate
officine, ed in tale copia da rimuovere o disperdere tutte le materie
eliminabili e provvedere alla pulizia al termine dei lavori.

Il terzo canone fissava il principio che il locale dovesse trovarsi
nelle più immediate vicinanze con uno dei più profondi e lunghi
fossi che circondavano la città ed infine, il quarto canone conside-
rava che il locale dovesse trovarsi distante dalle abitazioni, in una
topografica situazione opposta al corso dei venti dominanti, quali
gli occidentali.

A questi canoni fondamentali seguivano alcune regole speciali
quali, facilità di accesso, direzione delle strade, prossimità alle piaz-
ze di vendita, ecc..

Furono, quindi, visitati i seguenti locali :

1. — locale Ceccotti, vale a dire il macello che dava luogo a
tanti inconvenienti ;
2. — locale Conciapelli sulla rupe dello Spedale, che era già

stato visitato da Filippo Giovio, membro della Commissione Sani-
taria e da Lodovico Lazi, deputato sanitario, alienato a suo tempo

12

177
178 REMO COPPINI

dallo Spedale di S. Maria della Misericordia unitamente a tutto
il fabbricato delle Concie e Stenditori, ad Angiolo Cancelletti per
scudi trecentocinquantotto, che, tuttavia, da un PRI esame
non venne giudicato opportuno ;

3. — locale Cinino alla destra della Chiesa Parrocchiale di
S. Elisabetta « quando più salubrità di carni regnava nel vitto dei
Perugini, quando ogni Macellaro nei propri fondi preparava le po-
che sue carni per la pubblica vendita, quando non eravi introdotto
il Dazio Consumo, né le carni macellare si dovevano tutte in un lo-
cale comune — eravi un macello del Cinino alla Conca, come altri
eranvi al Bulagajo, ed altro come oggi, al Ceccotti », che se pur rite-
nuto idoneo, perché posto «in contrada ove sudiciume aligna e
miseria, ove hanno stanza piü macellari, discosto da' migliori punti
del Paese », risultava mancante di tutto, fabbricato, acqua, fosso, ecc. ;

4. — locale «le Bartole» del soppresso convento, presso la
porta civica del Rastello, vicino alla piazza del Mercato e al Circo
delle Giostre, mancante, comunque, di acqua e sprovvisto di un fosso
profondo ;

9. — locale di S. Margherita, ove esisteva una filanda di seta
sulle fortificazioni di Braccio che pur mancante di due cose indispen-
sabili, cioè un’area anteriore all’ingresso ed una strada di transito,
fu scelto all'unanimità e la Deputazione dette incarico all'Archi-
tetto comunale Scipione Antonini di presentare analogo progetto.

Gli ostacoli non erano ancora superati e tra questi il maggiore
era rappresentato dalla opposizione degli Ospedali di S. Maria della
Misericordia e S. Margherita come puó desumersi da una lettera
inviata da Roma il 5 luglio 1834!9 al conte Vincenzo Ansidei
dal cardinale Rivarola, nella quale, premesso che il progetto di
«fare un pubblico ammazzatoio distante dalla Città è lodevolissimo »,
viene a parlare del locale proposto, che appartiene non solo, ma è
tanto vicino ai due Ospedali ; ed aggiunge che « non lo persuade punto
il voto dei Medici sul proposito dei venti che se pur vero che nei
dodici mesi dell'anno spirano. per dieci mesi i venti com'essi gl'im-
maginano, basta che soli quindici giorni ne spirassero di quelli che
portassero fetenti esalazioni sopra i due Ospedali per dover allon-
tanare dai luoghi pii una tale insalubre molestia ».

In merito alle osservazioni che i medici avevano fatto sulle fe-
tide esalazioni dei bozzoli per le quali le religiose del monastero di
S. Margherita non avevano mai reclamato, il Rivarola rappresenta.
«come la lavorazione dei bozzoli dura tutto al più il mese di giugno,
IL PUBBLICO MATTATOIO DI PERUGIA 179

che non è uno dei caldi mesi dell’Estate, e le monache anche se se ne
saranno lamentate avranno fatto di necessità virtù. Inoltre vi è
una grande diversità fra una servitù che esiste, e una che se ne do-
vrebbe istituire, una che dura un mese; ed una che si perpetua in
tutti gli anni avvenire ».

Confuta il punto relativo al numero delle bestie vaccine da
macellare giornalmente ed ironizzando aggiunge che i medici « non
dissimulano che le esalazioni delle fresche pelli le quali si espongono
al disseccamento nei luoghi di mattazione abbiano qualità nocive
ed anche queste le consegnano festevolmente ai venti ». Rileva, infine
come il voto non sia giurato ed esamina i provvedimenti che biso-
gnerebbe adottare perché il « fetore non si formi ».

La questione fu esaminata, quindi, dal Delegato Apostolico
tanto che dall’estratto dei decreti di visita fatta dal cardinale Ago-
stino Rivarola agli Ospedali di S. Maria della Misericordia e S. Mar-
gherita dal 26 al 28 novembre 1834 15, si legge che « In primo luogo
sopra il nuovo locale di Mattazione che la Pubblica Rappresentanza
avrebbe di mira di destinare sopra i così detti Archi di Braccio fu
dato principio alla discussione col dare lettura del Dispaccio diretto
al Signor Sopraintendente Generale fin dal 5 luglio. Indi la Em.za
Sua concluse che la prima base da prefiggersi alla costruzione di
questo nuovo locale, doveva essere quella di assicurare una quantità
di acqua ben proporzionata atta a mantenere netto il locale nel modo
enunciato nel Dispaccio. A ciò replica il Gonfaloniere osservando
che il mezzo per giungere ad ottenere quanto si era saviamente pre-
scritto poteva facilmente aversi dalle acque le quali dalle pubbliche
fonti vanno a disperdersi dopo l’uso del pubblico nelle giornaliere
occorrenze ».

Anche il locale di S. Margherita fu scartato, e il 30 dicembre
1836 19) il Delegato Apostolico ritornava al Gonfaloniere di Perugia
approvato il progetto di un locale di mattazione in via dei Botti-
nelli, comprensivo del voto sanitario (datato 18 novembre 1836)
presentato al Consiglio Municipale nella seduta del 28 novembre
1836.

Il progetto redatto dall’architetto Filippo Lardoni il 3 novem-
bre 1836 comportava una spesa totale di scudi 5.057, bajocchi 04,
centesimi 03.

Il problema relativo alla macellazione degli animali era stato
frattanto preso a cuore dalla Delegazione Apostolica, la quale con
circolare n. 2271 del-21 marzo 183717 segnalava che «a rimuo-
180 REMO COPPINI

vere i disordini cui dà luogo la macellazione dei bestiami per il pub-
blico consumo in luoghi incongrui, privi di necessari requisiti, bor-
deggianti le pubbliche strade, e nei punti centrali i più frequentati
dei rispettivi paesi, la Suprema Congregazione speciale sanitaria
ha deliberato che ovunque (qualora non esistesse) si debba assolu-
tamente destinare ad ammazzatoio o fuori dell’abitato, o in ultimo
angolo del medesimo, un locale che abbia gli estremi necessari, fra
i quali è da ritenersi essenzialissimo quello che vi sia abbondanza
di acqua, e tanto meglio se possa conciliarsi in luogo in cui questa
sia naturalmente fluente ».

Per realizzare il Pubblico Ammazzatoio in via dei Bottinelli
si rilevò necessaria l'occupazione della superficie dell’orto spettante
a Lodovico Lazi e della valutazione fu dato incarico al Lardoni
e ad Ugo Calindri, perito del Lazi, i quali il 18 febbraio 1837 !8)
accedettero sul luogo per prendere le necessarie misure.

Il Lazi tenne a provare la intera proprietà delle mura castel-
lane, ma esaminate le piante originali della Città di Perugia il Lar-
doni non potè di preciso rilevare nulla sulla determinazione del muro,
mentre nell'Archivio degli Atti della Magistratura del Comune alla
data del 20 giugno 1776 si potè apprendere una concessione al Lazi
di uno spazio di terreno incolto, che intercedeva tra il muro antico
dell’orto e le vestigia di un muro castellano, in compenso del quale
dovesse riattivarsi il muro ritenendo che la costruzione del mede-
simo sarebbe stata utile alla città.

Da ciò se ne dedusse che le mura sorreggenti l'orto, continua-
zione di quelle castellane, erano di assoluta proprietà del Comune e
di conseguenza, stabilita l’esatta ubicazione dell’orto con piccolo
fabbricato annesso, il tutto venne calcolato e valutato in scudi 182,
bajocchi 92, cent. 85.

La controversia ritardò la realizzazione dell’opera tanto che in

data 8 febbraio 1838 19, il Delegato Apostolico A. Pallavicino in-

dirizzava una lettera al Gonfaloniere chiedendo : « Questa Commis-
sione Sanitaria desidera conoscere se in codesto Comune siasi an-
cora provveduto allo stabilimento del pubblico Mattatoio, e nel caso
negativo, brama sapere quali cause abbiano dato luogo a siffatto
ritardo, quale peraltro dovrà farsi assolutamente cessare rimettendo
con ogni sollecitudine il relativo progetto formato in tutto a termini
delle Istruzioni diramate con la mia circolare del 21 marzo 1837,

3m. 2271 ».

Ed ancora il 12 marzo 1838 con dispaccio n. 2203 2° il Dele-
IL PUBBLICO MATTATOIO DI PERUGIA 181

gato Apostolico chiedeva di conoscere : « quanto siasi praticato in
esecuzione del mio Dispaccio del 30 decembre 1836, n. 11742 con
cui si ritornò approvato il progetto per la costruzione del Mattatoio
in via Bottinelli, e si ordinò l’aggiudicazione del lavoro previo ana-
logo Capitolato, interesso V. S. Ill.ma a fornirci con ogni sollecitu-
dine le analoghe notizie e chiarimenti ».

Con dispaccio prot. 168 in data 27 marzo 1838 2!) il Gonfalo-
niere rende note al Delegato Apostolico le ragioni del ritardo e chiede
di stabilire di nuovo nella tabella dell’esercizio corrente la mede-
sima somma di scudi 2000 per dare «incominciamento all'impresa,
dar luogo al Capitolato già redatto, alla pubblicazione degli avvisi
di asta previa la piü sollecita definizione dei contratti coi paticolari
proprietari dei fabbricati da occuparsi nel nuovo stabilimento ».

Il Lazi non si diede per vinto, presentó diverse deduzioni alla
Delegazione in opposizione alla perizia ed il Delegato Apostolico in
data 23 aprile 1838 22) nell'inviare al Gonfaloniere la memoria del
Lazi trovó «opportuno osservare che non piacendo generalmente
di vedere stabilito il mattatoio di cui trattasi presso una strada fre-
quentatissima, sia per evitare il malcontento della Popolazione,
sia per non andare incontro ad una rimarchevole questione, si desi-
dererebbe sapere se si avrebbe altro piü indicato locale da pro-
porre ».

Ebbe, quindi, partita vinta il Lazi, cosi come antecedentemente
l'aveva avuta il Sopraintendente Generale dello Spedale di S. Ma-
ria della Misericordia e di S. Margherita.

Dopo tante vicissitudini, progetti varii, riunioni, sopraluoghi,
pareri, perdita inutile di tempo, si recede dal progetto presso i Botti-
nelli e la Magistratura ripropone come piü indicati i cosi detti Archi
di Braccio, presso S. Margherita, località ritenuta sempre preferibile
dalla Deputazione Sanitaria fin dal 1834. (Tav. I).

Al riguardo l'ingegnere comunale Lardoni il 12 maggio 1838 23)
fornisce una dimostrazione della quantità di acqua che costante-
mente potrebbe aversi, partendo dalla fonte della Piazza del So-
pramuro, calcolandola in 400 barili giornalieri.

Tuttavia, come era prevedibile, il Delegato Apostolico fa
presente al Gonfaloniere non potersi dalla Congregazione Governa-
tiva trattare della destinazione del locale di S. Margherita se non
previo assenso del proprietario del locale. |

Tale assenso non fu conseguito ed il Gonfaloniere in data 3
ottobre 1838 24 nel far presente ciò al Delegato Apostolico comunica
182 REMO COPPINI

il voto di erigere il mattatoio presso la porta della Conca con la
piena approvazione della Deputazione Sanitaria.

Si ritorna alla Conca, nella contrada dove allignava sudiciume
e miseria, ove avevano stanza più macellai, ove fin dal 1822 l’archi-
tetto Antonini aveva suggerito la costruzione del mattatoio nel lo-
cale appartenente alla Compagnia di S. Martino, con una spesa di
scudi centocinquanta.

Si redige un nuovo progetto (Tav. II) ed in data 5 ottobre
1838 25) il Gonfaloniere viene informato da parte della. Delegazione
Apostolica dell’approvazione dell’atto della Deputazione Sanitaria
con cui era stata deliberata la costruzione alla Conca, come « quello
che anche la Commissione Sanitaria Provinciale ha riconosciuto
adatto all’oggetto e come quello che riunisce tutti i requisiti vo-
luti dalla circolare del 21 marzo 1837, n. 2271 ».

Finalmente andò ad effetto la costruzione il cui piano e la cui
perizia per una spesa di scudi 5554 e bajocchi 73 riportò il benepla-
cito dell’Apostolica Delegazione, come può rilevarsi dal dispaccio
in data 4 febbraio 1839, n. 748 26),

La notificazione per l’appalto dei lavori venne approvata in
data 16 febbraio 1839, n. 1260 2?) ed un esemplare portante la data
del 18 febbraio fu inviato ai Gonfalonieri di Foligno, Gubbio, Spoleto,
Chiusi e Città di Castello. (Tav. rir).

Il 4 marzo 1839 (Tav. 1v) vennero aggiudicati «a calor d'asta »
i lavori al capo mastro muratore David Bartoccini, con la fideius-
sione di Giuseppe Leoni, per la somma di sc. 5268, e venne, inoltre,
stabilito che il lavoro dovesse intraprendersi subito dopo la formale
consegna, compiersi nel termine di due anni, e che l’offerta dovesse
esibire una idonea cauzione ipotecaria per l'ammontare del decimo
della somma.

Seguì il giorno di lunedì 18 marzo, alle ore 11, nella Sala Comu-
nale l’offerta di « vigesima » nella quale il Bartoccini deliberatario
nella prima licitazione rimase aggiudicatario dei lavori per la somma
di sc. 4996,70 ; indi, il giorno 26 ebbe luogo l’offerta di « sesta » che
vide il Bartoccini definitivamente aggiudicatario con la fideiussione
di Giuseppe Leoni, che accettò alle condizioni seguenti :

19 — il rilascio degli ordini, mandati di pagamento in conto
del prezzo della costruzione non potrà richiedersi dal Bartoccini
ai pubblici rappresentanti se non in piena intelligenza, e consenso
del signor Leoni.

29 — i lavori dovranno eseguirsi ad uso d’arte, e perfetta-
IL PUBBLICO MATTATOIO DI PERUGIA . 183

mente uniformi, e corrispondere alla perizia redatta dall’ Ingegnere
comunale. E

39 — l'occorrente materiale di ogni specie e qualità sia
vecchio, sia nuovo dovrà comprarsi con piena intelligenza, ed appro-
vazione del signor Leoni.

40 — il Bartoccini promette ricevere dal signor Leoni, a
titolo di compra, la calcina necessaria al prezzo concordemente fis-
sato di scudi ventinove per ogni cento some condotte, e pagarne
all'istante il costo delle vetture in ogni spedizione; e si obbliga di
anticipare scudi dieci per ogni calcinaio.

99 — nel caso in cui i lavori non progredissero regolarmente,
come all'art. 2, e non fossero eseguiti nei modi e termini che ver-
ranno fissati, ed in caso di sottrazione o distrazione dei materiali
sarà in facoltà del signor Leoni di far proseguire gl'incominciati
lavori da altro, o altri Capi-Mastri fino alla loro ultimazione, a tutto
rischio, carico e spesa del Bartoccini.

69 — finalmente siccome il signor Leoni dovrà accordare
alla Comune un'ipoteca per i suddetti scudi Cinquecento sopra i
suoi beni, cosi, il Bartoccini farà cancellare una tale ipoteca a tutta
sua cura, e spesa, tostoché sarà ultimata la contemplata costruzione,
e ne sarà fatta la consegna.

Dalla perizia eseguita il 28 aprile 1839 da Antonio Ferroni 28)
fu stimata e valutata la casa di proprietà di Giuseppe Leoni « colli
enunciati comodi abitabili » al giusto prezzo di sc. 3127 e 69 bajoc-
chi « moneta romana in argento effettivo ora corrente di paoli dieci
per scudo»; defalcando il valore di «porte e fenestre in cattivo
stato, ed altri rifacimenti » il valore fu ridotto a sc. 2877 e 69
bajocchi.

Nel frattempo, precisamente l’11 giugno 1839 2°) venne fatta
la perizia di una rata di orto della superficie di mq. 2363, irrigato
da acqua perenne di proprietà del Sodalizio di S. Martino, si-
tuato in contrada Conca, che doveva essere ceduta al Comune per
erigervi il mattatoio e che fu valutata scudi 489, baj. 36, cent. 90,
valutazione che il Priore della Compagnia Luigi Bordoni ritenne
troppo modesta e non proporzionata al valore del fondo.

A tale riguardo il 30 agosto i Superiori della Compagnia in una
riunione rilevarono di aderire alla richiesta del Magistrato alle con-
dizioni :
19 — che il prezzo sia elevato a scudi cinquecento, conside-
rando l’aumento come compenso. per lo smembramento dell’orto ;

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2° — che il Comune debba accordare e mantenere a profitto
della Compagnia un terzo almeno d’oncia d’acqua di sopravanzo
della pubblica conduttura nella fonte superiore dell’orto che rima-
nesse non alienato.

Per queste ragioni fu fatto ricorso al Delegato affinché volesse
autorevolmente definire una pendenza che « ritardava la esecuzione
di un lavoro ordinato dalla Superiorità da parecchi anni » ed il 12
settembre 1839 come si rileva dal dispaccio n. 806439, esso così si
espresse :

«La Congregazione meramente laicale di S. Martino proprie-
taria dell’orto una di cui rata deve essere occupata dal pubblico mat-
tatoio da costruirsi in questa Città in vista della pubblica salute,
e del pubblico comodo, non può giustamente opporre nuove condi-
zioni alla cessione della enunciata rata di orto, oltre il pagamento
del prezzo dal suo Perito stabilito in scudi 489,36,90 a forma di pe-
rizia e relazione da esso d’ordine del Sodalizio eseguita e pubblicata
li 11 giugno ultimo.

Ingiusto è il prezzo che ora pretende la Compagnia sopra la
stima da essa fatta eseguire dal suo stesso Perito ; inconveniente
è la pretesa della cessione di una rata di acqua del pubblico acque-
dotto per comodo del suo orto, concessione che non dipende dalla ma-
gistratura il fare.

Non potendo adunque il Sodalizio rifiutare per oggetto di pub-
blica salute e di pubblico comodo la cessione della rata dell’orto
necessaria alla edificazione del pubblico mattatoio, essendo d’al-
tronde il prezzo di questo terreno stabilito nel suo maggior rigore
dal perito del medesimo Sodalizio nella vistosa somma di sc. 489, 36,
90, non può pretendersi oggi nè aumento di prezzo perchè senza titolo,
né cessione di acqua pubblica perché non contemplata nello stabi-
lire il valore del fondo ; in concorso della Congregazione ordino che
si proceda al contratto di cessione a forma della perizia Rambaldi,
senza che debba ulteriormente ritardarsi per fatto della Compagnia
laicale il cominciamento di un lavoro da sì lungo tempo deliberato,
ed imperiosamente richiesto dalle vedute di pubblica igiene e dal
comodo pubblico. A questo effetto dalla Magistratura si prefigga
un breve termine al Sig. Priore del Sodalizio per procedere alla op-
portuna stipulazione del contratto, scorso il quale la Magistratura é
autorizzata a stipularlo di Officio ».

Ed infatti con dispaccio n. 2188 del 14 settembre 1839 3D fu
dato un termine di giorni otto alla stipulazione del contratto. ed

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Prot. Num. 1053

NOTIFICAZIONE

IL GONFALONIERE DI PERUGIA

E na dal Consiglio. Comunitativo di questa Città nella sua Adunanza del 54 De-

. cembre dell’ Anno decorso deliberata la spesa per un nuovo locale di mattazione da costruir-

si nella Via della Conca presso la Porta della Città analogamente al progetto proposto dal-
la Deputazione Sanitaria Comunitativa , sanzionato dalla Superiore Commissione Sanitaria
‘Provinciale , ed a forma del piano di esecuzione, e perizia dell’ Iagegnere del Comune,
da cui risulta la Spesa per gli analoghi lavori in Scudi Cinquemila Cinquecento Cinquan-
taquattro, e Bajocchi Settantatre 77 554. 73., ed avendo la stessa risoluzione unitamen-
te alla riferita Perizia riportato il Superiore beneplacito dell’ Apostolica Delegazione, come
da ossequiato Dispaccio del 4. Febbrajo corrente Num. 749.; si fa noto a chiunque si
proponga di attendere a questa impresa , che previa la riportata Superiore approvazione sul
la decurtazione dei termini, nella mattina di Lunedi 4. Marzo prossimo alle ore undici nel-
la Sala Comunitativa si aprirà l' Asta pubblica ad accensione di candela nelle forme con-
suele , e prescritte onde ricevere le offerte per la esecuzione dei Lavori suddetti a ribas-
so della somma risultante dalla Perizia come sopra di rv 5534 75.

Si avverte poi che la delibera non sarà definitiva se non dopo decorsi gli esperimenti
di Vigesima e Sesta da notificarsi con appositi avvisi a forma dei vigenti Regolamenti, e
non siasi sopra gli atti riportata la Superiore approvazione.

M progetto , pianta, prospetti, e piano di esecuzione de' Lavori , rimang tensibili
tanto im questa Segreteria Comunitativa , quanto nell’ Officio dell’ Ingegnere suddetto
unitamente al quaderno delle condizioni , colle quali è pure stabilito, che il lavoro debba in-
traprendersi subito dopo la formale consegna , e compiersi nel termine di due anni, e che
l offerente debba esibire una idonea cauzione ipotecaria per | ammontare del decimo della
somma per la quale seguirà l' aggiudicazione .

Perugia dal Palazzo Comunitativo li 4g. Febbrajo 1839.

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III — Notificazione dell'asta pubblica per la aggiudicazione dei lavori.
NOTIFICAZIONE

| IL GONFALONIERE DI PERUGIA

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Na giorno 4 del corrente mese a calor d'asta vennero aggiudicati al Capo Maestro
Moratore David Bartoccini colla solidale fidejussione del Sig. Giuseppe Leoni per la somma
di Scudi Cing ila di t fotto i lavori relativi alla costruzione di un nuovo Lo.
cale di Mattazione nella Via della Conca presso la Porta della Città, analogamente al piano
di esecuzione , e perizia dell’ Ingegnere Comunitativo . ;

E° perciò che facendosi ora luogo all'offerta di Vigesima si fa noto a chiunque si pro-
peoga di attendere alla detta impresa, che previa la riportata Superiore approvazione sulla
decurtazione dei termini, nel giorno di Lunedì 48 di questo mese stesso nella Sala Comu-
nale alle ore 44 della mattina si aprirà la muova licitazione per ricevere l'offerta di vigesi- (IR
ma in diminuzione della suddetta somma di »v 15968.

Si avverte poi che la delibera non sarà definitiva se non dopo decorso l' ulteriore espe |
rimento della Sesta da notificarsi con altro apposito Avviso a forma dei vigenti regolamenti, | :

e non siasi sopra gli atti riportata la Superiore approvazione . il umm
| I progetto, pianta , e prospetto e piano di esecuzione dei Lavori rimangono ostensibili »
^ ‘tanto in questa Segreteria Comunitativa, quarto nell’ Officio dell’ Ingegnere suddetto unita- AI

mente al quaderno delle condizioni, colle quali è pure stabilito che il Lavoro debba intra- Mit,

prendersi subito depo la formale consegna, e compiersi nel termine di due Anni, e che l’of- (UN

ferente debba esibire una idonea cauzione ipotecaria per l' ammontare del decimo della somma mM.

per la quale seguirà la definitiva Aggiudicuzione . | j

Perugia dal Palazzo Comunitativo li 9 Marzo 1959. | Î 4
CAV. F. CONESTABILE DELLA STAFFA | I

Tav. IV — Aggiudicazione dei lavori a David Bartoccini,
IL PUBBLICO MATTATOIO DI PERUGIA 185

ancora con dispaccio n. 2231 del 3 ottobre 2 il Gonfaloniere pre-
gava il Priore di S. Martino di indicare il giorno per la stipulazione
dell’istromento di compra dell’area.

Nel frattempo il Veterinario comunale Ferdinando Marche-
sini 39) in data 5 ottobre 1839 34 significava le molte lagnanze dei
beccai degli animali neri, perchè nel locale ove detti animali veni-
vano macellati, fin da venti giorni si era scaricato il tetto, cosicché
il locale sottostante veniva a riempirsi di acqua, impedendo ciò
la macellazione e «recando un danno incalcolabile alle stesse carni
non potendole custodire come l’arte richiede ».

La spesa per detti restauri ammontò a scudi 26,56,5 ed in data
29 ottobre 1839, prot. n. 2600 35) venne richiesta l’autorizzazione
a prelevare detta somma dal sopravanzo non essendo stata preve-
duta. A tale richiesta il Delegato Apostolico rispondeva il 5 dicem-
bre, prot. n. 10889 39, in questi termini: « Non si comprende come
certe quantità di riparazioni all’attuale locale di mattazione debbono
essere a carico Comunale, e non piuttosto del proprietario del lo-
cale stesso che lo ha affittato al Comune. Tuttavia la Congregazione
Governativa convenendo nella domanda autorizza il Magistrato
a soddisfare col fondo di sopravanzo li Sc. 26, 56,5 occorsi per spese
di riparazione ».

Da una «confidenziale » del 9 decembre 1839 37) si apprende
che «sono già eretti i piloni di fondamento nella parte anteriore del
Mattatoio ».

G. B. Cerrini e Scipione Antonini vengono incaricati della sor-
veglianza del nuovo Mattatoio e nella qualità di deputati ad invi-
gilare sul modo di costruire dell’edificio, sulla qualità dei materiali
e dei cementi che vi sono impiegati e sulla alacrità con la quale l’ap-
paltatore deve corrispondere all’impegno che si è assunto.

L’incarico datato 4 febbraio 1840, foglio n. 222 38), prosegue :
«Qualora poi credesse conveniente una qualche modifica sulle parti
di quella Fabbrica, La prego di farne rappresentanza al Magistrato,
onde riconosciuta la necessità e l’utilità del proposto cambiamento
possa chiederne la opportuna autorizzazione alla Congregazione
Governativa senza la quale non potrebbe ordinarsi veruna opera
addizionale o variazione del primitivo progetto ».

Il 16 marzo 1840 i due incaricati « fatti un dovere di portarsi
alla visita ed ispezione del nuovo Mattatoio, osservano alcune cose
di non rilievo ».

Con foglio n. 784 del 18 maggio 1840 39) il Gonfaloniere chiede,

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quantunque il Comune ne abbia diritto per concessione Sovrana,
È al Governatore di S. Severo di far cavare la pietra per la continua-
I zione dei lavori al muro locale di mattazione, dalla cava esistente
t presso al Fosso di Monte Morcino Vecchio nei beni già spettanti ai
Monaci Olivetani.

A Filippo Franceschini furono affidati i lavori da falegname
ed egli si obbligò a costruire detti lavori previsti nell'art. 3, parte 12
della perizia dell’architetto Filippo Lardoni, per il prezzo descritto,
detratti i ribassi proporzionali, talché essendo apprezzati in com-
plesso i detti lavori sc. 221, 20, detratti i baj. 47 rata proporzionale
di ribasso dato nella prima licitazione, più scudi 11, rata dell’ulte-
riore ribasso di vigesima e, finalmente sc. 2, 10, in tutto sc. 19; 57;
pel rimanente prezzo di sc. 201,63 il Franceschini si obbliga di ese-
guire detti lavori e dal canto suo il Bartoccini si obbliga di soddi-
sfare al Franceschini il prezzo stabilito.

I lavori da fabbro furono eseguiti da Luigi Cruciani per la som-
ma di sc. 17,01.

Si trascina ancora la questione relativa al pagamento della
rata di orti con vasca venduta dalla Compagnia di S. Martino fin-
ché dopo uno speciale abboccamento nelle Camere della Magistratura
B l'11 maggio 1841 si decide di stralciare definitivamente con l'ag-

B UI giunta di sc. 489,36, stabilito nella perizia Lardoni e Rambaldi
| i dell'11 giugno 1839, la somma di sc. 71 e di portare, quindi il prezzo
| a sc. 560 col frutto legale.

Si ritiene che l'opera sia stata portata a termine verso la fine
dell'anno 1842, come del resto puó desumersi da una deliberazione del
Consiglio datata 7 dicembre 1842 ^9, con la quale venne approvato
il regolamento da osservarsi dai macellai, concertato con la Depu-
tazione Sanitaria, nonché la tariffa da esigersi a titolo di compenso.

Infatti, si legge : « Compiuta la costruzione del nuovo matta-
toio presso la Porta della Conca adatto a tutti gli usi ai quali è de-
stinato non può differirsi l'attivazione del medesimo, per togliere
l'inconveniente, che la impotenza delle circostanze costrinse a tolle-
rare per molti anni, di avere cioé un locale di pubblica mattazione
HN privo di ogni comodità, e persino delle acque, a lato di una delle
e provinciali e più frequentata strada della Città ». Y
Il regolamento, prevedeva:

n I l. — Lo stradale che dovrà tenersi per condurre gli animali
(ill al mattatoio nei giorni di mercato sarà per ora dalla Porta del Ra-
stello per la via delle Convertite a S. Spirito per l'arco della Man-

SIT è ==——o eroina — ———— s

IL PUBBLICO MATTATOIO DI PERUGIA .187

dola, alla Cupa, e per l'arco detto di Mandolini a S. Francesco, e
discendendo lungo il muro del cemetero alla Conca. Quello per tra-
sportare le carni in Piazza sarà provvisoriamente per la strada di
S. Elisabetta alla via del Maneggio, piazza Grimana e Via Vecchia
fino a tanto che non sarà ultimata altra strada più comoda nell'in-
terno della Città. Le carni dovranno essere trasportate in carretti
coperti interamente a foggia dei cosi detti furgoni, o siano tratti a
mano, o trainati da cavalli.

2. — Ciascun macellaio potrà tenere nelle stalle del locale quel
bestiame che avrà destinato per la giornaliera macellazione.
3. — La mattazione dovrà essere per quanto sarà possibile

contemporanea di tutti i macellai offrendo a ciascuno il locale lo
spazio sufficiente, e questa potrà effettuarsi dalle ore 10 antimeri-
diane fino ad un'ora avanti l'avemaria della sera.

4. — Ciascun macellaio seguita che avrà la mattazione farà po-
lizia nello spazio che dal medesimo sarà stato occupato, ed avrà
avvertenza di non imbrattare le pareti con sangue ed altre lordure.

5. — La nettezza dei stomaci e degli intestini delle bestie mat-
tate si farà nel luogo destinato a tal uopo, avvertendo che resta
espressamente vietato di lavare alcuna cosa nella fonte del piazzale
destinata unicamente per abbeverare gli animali.

6. — I gambali e funicchi per la elevazione delle vaccine do-
dranno provvedersi da ciascun macellaio che di questi faccia uso.
7. — Per la mattazione dei maiali ciascun macellaio si provve-

derà di caldara, e legna necessarie per scaldare le acque il che peró
dovrà praticarsi nel gran focolare appositamente costruito.

8. — L'appaltatore delle carni di cambione avrà la sua stalla, e
macello separato, nè potrà in alcun modo immischiare con le carni
fine, quelle da lui macellate.

9. — In ordine alle ispezioni sanitarie ciascun macellaio dovrà
assoggettarsi ai regolamenti in vigore, ed a quant'altro stimasse
conveniente di adottare la Deputazione Sanitaria. |

10. — Ciascun macellaio potrà stendere le pelli nei stenditoi
senza distinzione di luogo, dovendole marcare con bollo particolare.
11. — Saranno pure comuni a tutti i macellai le stanze di depo-

sito per le carni mattate le quali saranno distinte dai rispettivi
proprietari con bolli, o contrassegni, una rimessa per tener carretti,
ed una camera con focolare per loro uso.

12. — In correspettività dei suaccennati comodi dovrà pagarsi
dai medesimi un compenso in danaro a forma della tariffa che verrà
188 REMO COPPINI

affissa nell'Officio, nè potrà estrarsi dal locale alcuna bestia mattata
se prima non si avrà soddisfatto il compenso suddetto.

13. — Resta espressamente vietato di eseguire la mattazione,
o qualunque altra lavorazione fuori degli ambienti che sono a ciò
destinati, nè potrà gettarsi alcuna lordura nel piazzale che deve es-
sere sempre netto, e sbarazzato. È finalmente proibito ai macellari di
denudarsi: dovranno anzi nell’atto della mattazione indossare i
camigiotti per quanto possibile bianchi e netti.

14. — Oltre la mattazione di tutti gli animali notati nella Ta-
riffa dovrà pure eseguirsi in detto locale la mattazione dei capretti
in tutto il corso della stagione, sui quali però non graverà alcun
Dazio ; e nello stesso locale si effettuerà la cottura del sangue dei me-
desimi. Sarà però permessa la mattazione dei soli capretti nei propri
fondi a tutti quelli che avessero luoghi interni alle loro botteghe,
pur che non siano esposti nelle pubbliche strade. Coloro che con-
travverranno a qualunque dei ordini espressi in questo regolamento
saranno puniti colla multa di bajocchi venti per ciascuna mancanza.

La tariffa, sulla base della media dei capi di bestiame macellati
nel periodo 1831-1841, precisamente n. 640 bestie vaccine, n. 13.160
bestie pecorine e n. 1.630 animali suini, fu fissata a capo, anziché
a peso, cioè : baj. 25 per le bestie bovine, baj. 0.3 per i castrati e
gli agnelli, baj. 2 per le pecore, bai. 0,8 per gli animali suini, stabi-
lendo, altresì che la riscossione dovesse farsi per amministrazione
a conto del Comune.

Ad eccezione dei lavori di manutenzione e di adattamento che
via via si sono resi necessari, la costruzione nel suo corpo è rimasta
invariata fino ai giorni nostri e benché il Gigliarelli in Perugia an-
tica e Perugia moderna ^9 faccia notare che «l’opera con tutte le
ulteriori migliorie, continua ad aver bisogno di ben altro per po-
tersi considerare un lodabil lavoro », tale giudizio ci sembra troppo
severo specie tenendo presente che esso è stato espresso circa ses-
santa anni fa, mentre il pubblico macello di Perugia sopravvive
ancora oggi per cedere — tra breve — il campo ad uno stabilimento
piü consono alle moderne esigenze.

Rispetto, pertanto, e lode debbono essere rivolti ai progettisti
ed agli amministratori del tempo che seppero realizzare un'opera
che — seppure con le deficienze che oggi deploriamo — ha soppe-
rito alle necessità di una popolazione piü vasta ed a consumi uni-
tari più elevati di quelli di oltre cento anni fa.

Remo CoPPINI
IL PUBBLICO

MATTATOIO DI PERUGIA

NOTE

1) Pesce P. A., Macelli moderni, Milano, Hoepli, 1910, p. 2.

?) BrUSAFERRO S., Igiene della carne, Torino, U.T.E.T., 2° ed., 1910.

") AspRUBALI M. e CopPINI R., L'igiene della macellazione nel quadro della moderna
yrganizzazione dei mattatoi pubblici, in « Atti della Società Italiana delle Scienze, Veteri-
narie », Faenza, F.lli Lega, Vol. XV, 1961, p. 64.

4) BarLLET L., Traité de l'inspection des viandes de boucherie, Paris, Asselin e C.,
1880, p. 533.

*).-PescE P. A., op. cit., p. 16.

6) Arch. Storico del Comune di Perugia, in Arch. di Stato, Amministrativo
1817-1859, b. 111, ad annum.

7) A. S. P., Arch. St. del Comune di Perugia, Atti del Consiglio, 1816-1827, n. 2, p. 39.

8) A. S. P., Arch. St. del Comune di Perugia, 1817-1859, b. 21, ad annum.

?) Le note dal n. 9 al n. 32 si riferiscono alla busta citata alla nota 6, con riferi-
mento ad annum.

33) Il Marchesini, veterinario maceratese, si offrì nel 1818 di esercitare in Perugia
la sua professione, mediante la corresponsione di uno stipendio annuo di sc. 120, obbli-
gandosi di aprire una bottega di mascalcia con dei giovani apprendisti da istruire gra-
tuitamente.

Il Consiglio della Comunità di Perugia deliberò, infatti, in data 30 dicembre 1818
di assumere per un anno il Marchesini con lo stipendio di sc. 120 in considerazione della
necessita. di: a. avere nel Paese un soggetto, ed in teoria, ed in pratica versato
in arte tanto proficua all'interesse dei Proprietari, ed a vantaggio dell'Agricoltura ».

24) Le note dal n. 34 al n. 39 si riferiscono alla busta citata alla nota n. 6, con ri-
ferimento ad annum.

40) A. S. P., Arch. St. del Comune di Perugia, Atti del Consiglio, n. 5, p. 188t.

41) GIGLIARELLI R., Perugia antica e Perugia moderna. Perugia, Unione Tip. Coop.,
1907, p. 928.

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—ÀL- X Varietà

Interpretazione scacchistica delle
battaglie di Magenta e Solferino

Che un perugino, nel giugno del 1860, abbia inteso celebrare le
battaglie della seconda guerra d’indipendenza, ideando e pubbli-
cando un problema di scacchi dedicato all'imperatore Napoleone III,
è un fatto che può destare interesse anche al di fuori della cerchia dei
cultori del nobile giuoco, nella misura in cui fornisce una testimo-
nianza del grado di partecipazione della élite culturale di una città
di provincia come Perugia, ancora soggetta al dominio pontificio (la
liberazione, come é noto, avverrà il 14 settembre 1860), alle vicende
della rivoluzione nazionale. :

Del resto la cosa non sorprende, se si pensa che il giuoco degli
scacchi, quali che siano le sue origini più o meno leggendarie, fin
dall'inizio apparve come l'applicazione al tavoliere della strategia
e della tattica proprie dell'arte militare, anche se la moderna conce-
zione filosofica intenda piuttosto ravvisare in esso la rappresenta-
zione simbolica della lotta per la vita stessa, là dove soltanto la co-
stanza della ragione e l'impegno d'una costruzione coerente ed armo-
niosa sono in grado di assicurare il successo.

Autore del problema é il conte Francesco Ansidei di Perugia
(6 agosto 1804 - 8 ottobre 1873), discendente in linea secondogenita
dal ramo primogenito della famiglia 9. Professore di lingua italiana
e latina presso il Collegio della Sapienza, egli lasciò numerosi com-
ponimenti in prosa e in versi, tra i quali ricordiamo qui una canzone
patriottica in occasione dei moti del 1831 e un poemetto sul giuoco
degli scacchi, « nel quale fu raramente perito e carteggiò coi più
valenti cultori di quel giuoco », sì da essere annoverato tra i soci
onorari del Club degli scacchi di Milano ?. A

Ma probabilmente di questa sua produzione scacchistica non
sarebbe rimasta memoria, se non ci fosse stata conservata fra le
Carte Antinori della Biblioteca Augusta di Perugia ?.

Essa consta di una tavola (mm. 314 x 233) contenente la ri-
produzione fotografica (mm. 162 x 98) del diagramma con Ja dedica
192 MARIO RONCETTI

e la didascalia del problema, e di un foglio a stampa (mm. 332 x 228)
contenente l’interpretazione allegorica e la soluzione. Trattandosi di

un omaggio all'imperatore Napoleone III è ovvio che la lingua usata |
è il francese. Ed ecco il testo :

Ó LE PREMIER DES EMPEREURS |
Ó LOUIS NAPOLÉON
UN ITALIEN OSE VOUS PRÉSENTER

NON PAS UNE ÉPÉE PRÉCIEUSE
NI UN DIADÉME ENRICHI DE PIERRERIES
MAIS UN PROBLEME DU JEU DES ÉCHECS

QUI SYMBOLISE VOS HAUTS EXPLOITS
POUR LE SALUT DE L'ITALIE.

L'ALLIANCE FRANCO ITALIENNE. LES BATAILLES
DE MAGENTA ET DE SOLFERINO. LA N

ON INTERVENTION.
L'ITALIE DOIT FAIRE TOUTE SEULE.

Le Blanc, qui est le premier à se mouvoir, donne échec et m
tout au plus, pourvu que l'Evéque, le Chevalier et les trois
ne bougent jamais.

at en neuf coups,
pions supérieurs INTERPRETAZ. SCACCHISTICA DELLE BATTAGLIE DI MAGENTA E SOLFERINO 193

Sì tratta, come si rileva dall’assunto (il Bianco muove e, matta
in nove mosse), di un problema di concezione essenzialmente strate-
gica, secondo quella che era la tendenza dominante fin verso la fine
dell'Ottocento, prima che con l'avvento della scuola boema e so-
prattutto neo-americana prevalesse di gran lunga l’uso di composi-
zioni in due mosse 9. Osservando il diagramma, colpisce subito il
fatto che mentre gli Alfieri del Bianco sono raffigurati dalla classica
mitra vescovile (in inglese Alfiere = Bishop), quelli del Nero appaiono
sotto forma di jolly (in francese Alfiere = Fou): e ciò non è senza
significato, in quanto secondo l’Autore « Le ministre du sanctuaire,
ami du progrés civil, est le véritable pasteur des àmes; tandis que
celui qui le contrarie de tout son pouvoir mérite incontestablement
le nom de Fou ».

Questa considerazione ci introduce a parlare del significato alle-
gorico del problema in esame:

ALLÉGORIE DU PROBLÉME

«La cohorte blanche divisée en deux parties, représente l'alliance
franco-italienne. La partie supérieure, à la droite, figure la géné-
reuse nation francaise, et sa redoutable armée, guidée par son im-
mortel empereur et formidable guerrier NAPoLÉoN III, symbolisé
dans la Reine blanche. La partie inférieure blanche offre à nos yeux
l'état misérable de l'Italie, où le parti libéral figuré dans le Roi,
accablé par le cruel et superstitieux despotisme symbolisé dans la
cohorte noire, n'aurait pu jamais Sortir de son avilissement, sans le
puissant secours de ce grand Monarque et de cette nation si noble
et si bienfaisante. En effet la situation désespérante du Roi blanc
montre ouvertement l'absurdité de ces misérables politiques, qui
prétendaient que l'Italie devoit se régénérer d'elle-méme et sans
le secours étranger. Les premiers coups sont une allusion aux faits
glorieux des armes franco-italiennes de l'année passée, après les-
quels l'Italie, toujours sous l'égide du César de nos tems, a continué
et continuera avec constance, malgré une foule d'obstacles les plus
grands, l'ouvrage magnanime de sa régénération parfaite.

Vive l'Italie ! Vive la France sa soeur! Vive le puissant Empereur
des Francais!»

Ed ecco infine la soluzione, che trascrivo sostituendo alla nota-
zione descrittiva la notazione algebrica, oggi generalmente più usata,
e completando una delle varianti: appena accennata dall’Autore.

13 194

Si

Si

*) Les Autrichiens se retirent de Bologne et des Romagnes.

SOLUTION DU PROBLÉME

B

1) Th8 + R
2) d x T R
3) D d8 + D
4.D x, T 4 A
DAY t D
6) T d8 + D
ig Det R
8) D c7 + R
9) b5 # |

I Variante
2): R b6
S b xL R c5 meilleur
4) C ad +
5) D'c3 + REG
6) T abs

II Variante
DS). R a7
4) C b5 + XE
5) T al + et caetera[ C à5
6 LX CE JE oC WF
(0-10) SR ARE R b8
8) D a8 + Hc?
9) D b7 #
9). sa
EXE C x
DD CE R b8
8) D a8 + Re
DD. b7 =]

MARIO RONCETTI

R b4 meilleur

a7 meilleur

X. T meilleur
b8 meilleur *)
a7 meilleur *)

c8 meilleur
INTERPRETAZ, SCACCHISTICA DELLE BATTAGLIE DI MAGENTA E SOLFERINO 195

III Variante

51:9) 5. RONUN
6) T d7 + R c6 meilleur
7) T.c7 + D ><
8) D b5 #

MARIO RONCETTI

NOTE

1) Per una esauriente documentazione genealogica. v. PERICLE ANSIDEI,
Degli antichi signori e conti di Catrano nobili perugini e delle famiglie derivate
dai medesimi. Studi genealogico-storici . . . Rocca S. Casciano, Stab. Tip.
Cappelli, 1884 (Estr. dal « Giornale Araldico », Anno x e xri, 1883), tav. x,
n. 49.

®) Per ulteriori dati biografici si rinvia a PERICLE ANSIDEI, op. cil.,
p. 45, n. 49.

*) « Carte della famiglia Antinori lasciate in legato al Comune di Perugia
dal marchese Giovanni Antinori morto in Roma il 23 giugno 1919» (Ms.
3038, ultimo fascicolo, che sulla copertina reca la seguente annotazione a
matita blu: Problema di scacchi del Conte Francesco Ansidei).

*) Cfr. Luic1 MILIANI, Il gioco degli scacchi. Settima edizione rifatta e
notevolmente aumentata a cura del Dott. G. Mitiani, Milano, Editore Ulrico
Hoepli, 1954, pp. 612, 617, 618.

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Necrologi

RAFFAELE BELFORTI

Il 13 gennaio 1968 Raffaele Belforti lasciava la città terrena,
che per lui fu Perugia. Vi era nato il 18 luglio 1879 e vi era rimasto
sempre avvinto con la passione e l’amore per la terra nativa che egli
avrebbe detto peculiari degli uomini del Medioevo.

D'intelligenza vivissima e precoce e di grande memoria, luci-
dissime sino agli ultimi giorni, aveva superato, all’età di otto anni,
gli esami di ammissione al ginnasio comunale pareggiato e ne aveva
conseguito la licenza nel luglio 1892 con voti complessivi 95 su 110.
Aveva poi ottenuto la licenza liceale senza esami nel 1895 e,
immatricolatosi nella Facoltà di Giurisprudenza della allora Libera
Università degli Studi di Perugia, si era laureato appena ventenne,
il 14 dicembre del 1899, con pieni voti assoluti.

Al concorso del 1900 per l'ammissione nell'Amministrazione Ci-
vile dell'Interno, quale alunno di prima categoria, riuscì il terzo
dei candidati con voti 225 su 250 e, entrato in servizio il 2 gennaio
1901, vi rimase sino alla fine del luglio 1904, quando furono accolte
le sue dimissioni motivate dalle condizioni di salute che gli avevano
consentito il servizio effettivo solo nei primi sette mesi dalla nomina.
Alla visita medica militare del luglio 1900 non era stato ritenuto
idoneo al servizio. La salute cagionevole, se non gli impedi una
vita longeva, non sempre lo sostenne nel raggiungere mete adeguate
alle sue doti intellettuali.

Negli anni accademici dal 1903 al 1905 lo troviamo iscritto
alla Scuola di Farmacia ove compi regolarmente due anni di
corso; testimonianza della versatilità del suo ingegno e della mol-
teplicità dei suoi interessi e forse delle sollecitazioni familiari per una
professione sicura.

Curó presso l'Università degli Studi il riordinamento e la si-
stemazione dei fondi librari di medicina donati dal prof. Carlo Ruata
e in anni piü tardi di quelli acquistati dagli eredi dei proff. O. Scal-
vanti e V. Tiranti, riorganizzando i vari servizi della biblioteca. In
occasione della mostra di antica arte umbra, tenutasi a Perugia nel
1907, il Belforti, per la sua conoscenza degli archivi umbri e delle
198 NECROLOGI

scienze archivistiche, fu preposto all’ordinamento dei codici, delle
pergamene e degli incunabuli esposti. L’anno successivo riordinò
parte della biblioteca comunale nei locali già occupati dalla mostra
anzidetta.

Le biblioteche e gli archivi, ai quali lo conducevano i suoi inte-
ressi di studioso e il suo temperamento, lo attrassero definitivamente
a partire dal gennaio 1912, quando accettò l’incarico di coadiutore
del conservatore dell’archivio e della biblioteca dell'abbazia di S.
Pietro, con annessa l’erigenda biblioteca dell’Istituto Superiore di
Agraria.

L'emolumento annuo del coadiutore poteva al massimo rag-
giungere le mille lire : di tanto invero il consiglio di amministrazione
della fondazione per l’istruzione agraria di Perugia, alla quale erano
passati i beni dell'abbazia, nella seduta del 22 dic. 1911, elevava
il compenso del conservatore Don Gianfrancesco Bracco che avrebbe
dovuto assumere, alle sue dipendenze e sotto la sua responsabilità,
il Belforti, proposto come «giovane dotto e studioso » dal consi-
gliere conte Vincenzo Ansidei, bibliotecario della Comunale.

Nella biblioteca e nell’archivio di S. Pietro il Belforti rimase,
in posizioni diverse, sino alla morte: dal luglio del 1921 al 13 gennaio
del '26 come bibliotecario incaricato dell'Istituto Superiore di Agra-
ria; poi come bibliotecario di ruolo sino al collocamento a riposo per
limiti di età nell'ottobre del '49; infine come sovrintendente onorario
per un provvedimento del Senato Accademico dell'Università in
riconoscimento dei suoi meriti.

Nel settembre del 1942, su proposta del Ministro per l'Educa-
zione Nazionale, Giuseppe Bottai, gli fu conferita la stella d'argento
al merito della scuola in riconoscimento delle «sue doti di studio-
so e del suo lungo e lodevole servizio ». In quel mese aveva sapiente-
mente organizzato la mostra storica dell'Università e redatto. una
cronistoria delle sue vicende in occasione delle celebrazioni dei Grandi
Umbri, tenutesi dal 12 sett. al 4 ottobre e iniziate con un discorso
dello stesso Ministro su «L'ideale romano e cristiano di S. Bene-
detto ».

Le vicende esteriori della vita del Belforti si racchiudono in
limitati confini e possono circoscriversi in questi brevi cenni: riesce
al contrario difficile cogliere tutta la ricchezza interiore dell'uomo
dotto, nascosta anche dalla sua riservatezza. Buon conoscitore, oltre
che delle lingue antiche, di quelle moderne, francese, inglese e tedesco,
ne leggeva sino alla tarda età i classici nella lingua originale. Aveva
NECROLOGI 199

studiato con passione la filosofia antica e moderna, e particolar-
mente quella tedesca dell’ottocento e quella italiana a cavallo del
nostro secolo. Ne aveva tratto quell’impronta logica e scarna del suo
ragionare; quella sua capacità di distinguere e cogliere immediata-
mente i punti chiave e insieme i pregi e i difetti di un discorso o di
una lettura; quel rigore metodologico, quasi ineccepibile, della ricer-
ca; il vasto respiro di qualunque suo discorso e di quasi ognuno dei
suoi scritti; e ancora il suo stile vario e ricco, ornato e semplice, se-
vero e piacevole, sempre libero e personalissimo da rendere incon-
fondibile una sua pagina tra mille.

Si era anche dedicato alla storia dell'arte e con tale amore da
formarsi una cultura e sensibilità artistiche non comuni che lo gui-
darono nella creazione di una bellissima raccolta di quadri, soprat-
tutto dell'ottocento, e di alcune sculture e ceramiche antiche che i
suoi eredi e la città di Perugia hanno purtroppo lasciato disperdere.
Questa cultura artistica gli era valsa la nomina, con decreto reale
dell'ottobre 1927, a membro della Commissione conservatrice dei
monumenti, degli scavi ed oggetti d'antichità e d'arte della pro-
vincia.

Le doti intellettuali e culturali del Belforti non si esauriscono
nei suoi brevi scritti e meno ancora nei lavori di riordinamento e di
organizzazione delle biblioteche e degli archivi cittadini cui ha posto
mano: di lui puó ben ripetersi quello che egli stesso ha scritto del-
lAnsidei nel « Bollettino della Deputazione di Storia Patria per
l' Umbria» del 1941: «...Pareva quasi che per una istintiva mis-
sione, [le sue facoltà di studioso] dovessero espandersi in offerta di
consiglio, di guida, di chiarimento, per chiunque volesse.a lui ricor-
rere. Operosità questa di cui purtroppo non rimane che scarsa te-
stimonianza al di là della memoria grata di chi ne ha a suo tempo
tratto vantaggio ». Questa operosità silenziosa, che ben si confaceva
al Belforti, appare la più caduca perché non c'è memoria che valga a
risuscitarne la parte più viva e migliore, come il De Sanctis stesso
osservava del suo insegnamento, ma costituisce, sotto il profilo
morale, il suo più alto titolo di merito, poichè contribuì a mantenere
viva la migliore tradizione della cultura perugina e a riaffermare
valori ideali ben lontani e certo superiori a quelli in auge in pe-
riodi — quello tra le due guerre e il successivo — nei quali forme op-
poste di regime costituzionale e politico, hanno entrambe condotto,
sia pur con metodi e risultati diversi, all'oscuramento delle coscienze.
Al di là di questa operosità, il Belforti reagì ai tempi
200 NECROLOGI

amari della sua maturità ed a quelli della sua senescenza, mi-
gliori dei passati ma non forieri di «più sereno dì» per le troppe
speranze deluse di profondo rinnovamento, rifugiandosi nel suo
mondo interiore e assecondando le sue naturali tendenze all’isola-
mento e al distacco dalla vita di tutti i giorni e il suo amore alla
solitudine che, sempre uguale e sempre triste, contrassegnò la sua
anima serena di note non liete e rese più che mai ipersensibile il suo
temperamento, variabile il suo umore e difficili i rapporti sociali.

L'urto violento di opposte concezioni ha le sue vittime non
soltanto in coloro che nel fervore della lotta sono travolti e soccom-
bono; ma anche in quanti, incerti o irresoluti, o consapevoli della
vanità dei loro sforzi, soffrono nella loro coscienza il travaglio dei
tempi e vivono ogni giorno il tormento del dramma : il Belforti fu
uno di costoro. E questo può spiegarci come egli non abbia potuto
mantenere quello che adolescente già prometteva e tutti attendevano.

I suoi primi scritti, pubblicati e noti, risalgono alla sua colla-
borazione del 1910 alla « Rivista Umbra » e al giornale « L'Unione
Liberale ». Nella prima si contano tre soli vivaci articoli ; nel secondo
se ne annoverano complessivamente nove, sette dei quali nel 1910
e uno soltanto nel 1911 e nel 1920. Questi ultimi li diremmo tutti
da terza pagina e ne « L'Unione Liberale », di sole quattro pagine,
hanno sempre un’impaginazione e un carattere tipografico di rilievo.

I nobili sentimenti e la prosa elevata, quasi ricercata, del primo
articolo, apparso l'8 maggio 1910, Sulla salma di Vittoria Aganoor,
rivelano già una piena padronanza dello scrivere. Ancor oggi da
leggere, e forse più di allora, l’articolo Peroscia del 19 ottobre, in di-
fesa del verde e della natura della sua città.

In Pace! Pace! del 15 novembre, il Belforti manifesta le sue
idee politiche di liberale conservatore « che non ha niente da conser-
vare » e che pienamente riconoscendo l’importanza dell’opposizione
repubblicana e socialista, la esorta alla concordia e all'unione af-
finché i suoi amici conservatori ne abbiano serio timore e non tor-
nino «allegri e contenti e spensierati ai loro balocchi e ai loro
giochi .. . ».

In Nazionalismo e individualismo del 1o dicembre, rileva la
«nessuna parentela ed affinità» del nazionalismo col socialismo,
IE IT

NECROLOGI 201

poiché il primo «è un impulso, una tendenza aggressiva, invadente,
sopraffacente » che nega «ogni solidarietà, coesione ed armo-
nia ».
Questi ed altri scritti, rivelatori del suo orientamento politico,
possono illuminarci sulla sua posizione nelle lotte del primo dopo-
guerra, e spiegarci il suo lungo silenzio, rotto infine dopo l’adesione
dell’ottobre 1932 al partito fascista, quando in occasione del decen-
nale della marcia su Roma, vi si consentì l’iscrizione, come provve-
dimento di generosità e clemenza, a quanti mostrassero di voler
entrare nelle grazie del regime, per restare nei pubblici uffici, o
per vivere in quiete o per vedere pubblicati i propri scritti nei perio-
dici di allora.

Il Belforti, che ben conosceva quanto veridica fosse l’afferma-
zione di Plinio il Giovane (Epist., III, 5): « Omne studium, paulo
liberius et erectius, periculosum servitus fecit », seppe tuttavia con-
servare la sua fede nella libertà e professarla manifestando chiara-
mente il suo pensiero e mantenendo anche nei periodici più aderenti
alle direttive e alla ideologia del regime, un sereno ma netto distacco
e una ferma indipendenza di giudizio, senza mai una parola di quel
«servo encomio » che era di uso comune ancor più che d’obbligo.

Dal 1933 in poi escono così i suoi migliori articoli relativi alla
storia, alla letteratura, all’arte, alle istituzioni politiche, giuridiche e
sociali di Perugia nei secoli passati.

Il silenzio ventennale — dopo il 1913 conosciamo solo un arti-
colo del 1920 ne « L'Unione Liberale » — aveva certo giovato alla
profondità e alla maturità del suo pensiero e allo stesso suo stile,
più misurato e sobrio. Ma la sua prosa aveva perduto per sempre
l’aspra forza giovanile dal periodare incisivo e l’estro prepo-
tente di una intelligenza felice nel contrasto civile e fecondo delle
idee. Egli torna alla ribalta della vita intellettuale e culturale citta-
dina — qui come altrove, se non spenta, fattasi ancor più pigra
e chiusa mancando i fermenti e gli stimoli della libera circolazione e
del libero confronto delle idee — con articoli nella rivista « Perusia »,
alla quale era legato da antichi ricordi risalenti alle origini stesse
della rivista, in occasione della mostra del 1907, e nel « Bollettino
della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria » della quale, da gran
tempo socio corrispondente, diverrà socio ordinario nel 1936, sem-
pre per decreto reale, su proposta del presidente Federico Chabod,
storico insigne e titolare della cattedra di Storia Moderna presso la
nostra Università.

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202 NECROLOGI

In «Perusia » apparvero nel '33 due articoli: Il sigillo della
« Università degli Scolari» dell’antico Studio perugino e Riccardo
Cobden a Perugia nel 1847.
Argomento vero del primo scritto è l’Università degli Scolari : |
vi sono infatti rievocati, con compiutezza d’insieme e di dettagli, *
il suo ordinamento e la sua vita nei rapporti con l'istituzione uni-
versitaria e con quella comunale, e con l'ambiente civile, sociale e
politico del tempo.
LE L'Universitas scholarium appare giustamente come il fonda-
| mento e il fulcro dell’antico Studio, e, finché questo conserva una
propria autonomia, vorremmo dirla l'organismo di base, se le parole
non richiamassero situazioni e tempi troppo diversi dagli antichi
quando la forza dei principi e delle idee agiva sugli uomini piü
degli interessi, armonizzati in una superiore visione della vita.
Nell’altro su Riccardo Cobden a Perugia, il Belforti, traendo
occasione dalla visita e dalle accoglienze riservate in città a sir Ric-
i| RI cardo Cobden, famoso a suo tempo come propugnatore della libertà
|) di commercio e per il fascino che la prima di queste due parole susci-
n tava, offre un quadro della vita culturale e sociale di Perugia, con i
brevi ma precisi cenni sulle condizioni economiche ed agricole dello
| Stato Pontificio; con notizie e documenti sull'origine e l'attività
1M della Società Agraria Perugina che rese onore al Cobden, dei soci
1 della stessa, e tra questi del Manzoni e dei suoi interessi di agricol-
! i tore e di studioso di botanica; del momento storico « fervido di spe-
i ranze, di propositi com’anche di illusioni » che l’Italia, e Perugia
con essa, attraversava.
i Nella stessa rivista appaiono nel 1935 due altri scritti, dei quali
LIMIT ci soffermeremo soprattutto sul primo. L'altro, Il Carducci nella
dl nostra città, presenta un’impostazione e temi generali non molto lon-
tani da quelli che si riscontrano in Riccardo Cobden a Perugia.
ili Felice rilievo vi hanno tuttavia le risonanze in Perugia degl’in-
dirizzi letterari dell’epoca, che quivi prendevan nome e colore dal Man-
zoni e dal Carducci. I versi carducciani che trassero motivo e ispira-
| il | zione dalla nostra terra, suggeriscono al Belforti l'osservazione che
a il dall'Umbria venne al poeta «una inattesa e fuggevole ispirazione » à
LEM 1 ad aprirsi alla visione cristiana del mondo che gli era estranea. Solo
Ul un troppo facile ottimismo, osserva, può far scorgere « un Carducci
SUIT intento anche all’impossibile innesto delle rose dell’Ellade sulle
spine della Galilea. Artisticamente ci si può compiacere che i drammi
dello spirito rimangono sospesi. Ad essi, continui o fugaci, l’uma-
NECROLOGI 203

nità... deve gli accenti eterni della poesia». Qualche annotazione
velata di garbato umorismo e Ad usum laetitiae, come il vino dei
colli romani per Orazio, ci mostra il Carducci che, rientrando di
sera al braccio di amici in albergo, si muove con piede malfermo
per le vie infide della città mentre le salaci lingue dei Perugini chia-
mano traditore l’onesto buon vino del colliname.

In Come scomparve da Perugia la «Deposizione» di Raffaello, il
Belforti rivela anche una notevole cultura storico-artistica, esa-
minando il dipinto nell’insieme dell’opera raffaellesca, ricercando i
disegni preparatori o altri analoghi del pittore, valutando i contra-
stanti giudizi estetici, dando infine una sua convincente identifica-
zione dei personaggi raffigurati nella pittura e una interpretazione
viva dei sentimenti che li animano.

La «divinissima pittura » secondo il giudizio del Vasari, fu
commissionata a Raffaello da Atalanta Baglioni, infelice madre
di Grifonetto, che fu uno dei responsabili e dei protagonisti del tra-
dimento che tolse di mezzo, nel luglio del 1500, molti personaggi
della « magnifica casa Bagliona ». Madonna Atalanta volle ricordare
nel quadro il divino dolore per umiliarvi il proprio, afferma il Bel-
forti, ma certo anche per trarne conforto e farne riparazione, presso
Dio e presso gli uomini, «al delitto che aveva macchiato la casa dei
suoi » ed offeso la coscienza umana.

Nelle note chiarificatrici del Belforti sulla situazione politica
di Perugia e delle città italiane negli anni a cavallo del secolo, alla
tragedia dei Baglioni fa riscontro il dramma di un popolo, già li-
bero e fiero, che assiste ora impotente alle lotte fratricide dei suoi
signori e tiranni e, nelle vicende atroci, è dominato dalla consape-
volezza della propria impotenza e dal sentimento di pietà che aveva
prevalso su ogni altro — e coprirà ognora il ricordo della tragedia —
anche perché i Baglioni avevano pagato, per le loro stesse mani, il
fio di tante « tirannarie » come pur annota, nella sua cronaca, l'uma-
nista amico Francesco Maturanzio da Deruta.

Il quadro raffaellesco, che ricordava piamente quelle vicende
ed era caro alle memorie e alla devozione dei Perugini, fu sul punto di
dare occasione ad un altro dramma quando, una mattina del marzo
1608, i cittadini scoprirono che il dipinto era scomparso dal tempio
di S. Francesco al Prato per la consegna fattane, dietro sua richiesta, al
cardinale Scipione Borghese. Il clamore e lo sdegno dei cittadini e
gl'impulsi per una reazione immediata e violenta si spengono come
d’incanto nella stagnante e umiliante situazione politica, nella quale

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«l'autorità di principe, nella sua misura e nei modi non si discute » :
i Priori della città sentono anzi il dovere di scusarsi verso il cardi-
nale, nepote di Paolo V, astutamente indignato, assicurandolo che,
se ne avesse fatto richiesta, «ogni cittadino avrebbe sottoposto le
proprie spalle per condurglielo [il quadro] a Roma ».

L'animo del Belforti e quello dei lettori si acquietano infine
nella rinnovata contemplazione della bellezza, rasserenante e puri-
ficatrice, del dipinto: «tra le espressioni di sofferenza diversa, il
portatore aitante [del Cristo] ostenta impassibile la bellezza della
gioventü e del vigore creando altro contrasto: della vita che resta
piena, sicura, mentre da presso l'angoscia scuote ed abbatte. E la
vicenda umana che fluisce perenne così ».

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Non è questa la sede per un esame neppure sommario degli
scritti del Belforti; né sarebbe del resto facile cogliere le osserva-
zioni originali, le annotazioni felici, le citazioni erudite, i documenti
inediti e ignorati messi a profitto, le interpretazioni e ricostruzioni
personali di eventi e vicende, frutto di lungo studio e di grande
amore, che si ritrovano anche nelle ultime sue pagine ove può talora av-
vertirsi il peso e la stanchezza degli anni che non risparmiano nessuno.

Un cenno particolare merita la monografia L' Università di Peru-
gia e i suoi storiografi, pubblicata nel « Bollettino della Deputazione di
Storia Patria per l'Umbria » (XLI, 1944), che costituisce il suolavoro
più ampio e impegnativo ove ha profuso tutte le sue doti intellettuali,
l'erudizione somma nella storia di Perugia e delle sue istituzioni, la
sua cultura umanistica a contatto non casuale con le più vive cor-
renti di pensiero del tempo.

Nel lavoro è condensata una mole di dati, una messe di risultati
che rispecchiano gli studi e le ricerche sue e di quanti si sono adden-
trati nella vita e nelle vicende delle Università in genere e dello Stu-
dio perugino in particolare. Le fitte pagine illuminano le linee fon-
damentali dello sviluppo storico dello Studio ; ne chiariscono l’ordi-
namento interno, i fattori costitutivi e i caratteri peculiari di ogni epo-
ca; annotano il «flutto delle idee che, calmo o impetuoso, batte
alle soglie dell'aula universitaria » ; riecheggiano il vento della rivo-
luzione che spazza lo Studio, considerato come una posizione forti-
ficata, «un punto strategico del cui possesso si sente l'importanza,
o per far resistere principi tradizionali ; o per far irrompere i nuovi

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NECROLOGI 205

negli ordinamenti politici, sociali, civili, che stanno subendo inattesi
cambiamenti ». Nel trionfo effimero della rivoluzione, « dove la Legge
Romana era stata proclamata e insegnata per secoli quale regola pe-
renne dei rapporti civili, vorrà il Ministro dell'Interno della Repub-
blica Romana, il cittadino Franceschi, proscritta «una cattedra
qualunque fosse del rugginoso Diritto Giustinianeo » come « espres-
samente superflua ai bisogni della Repubblica ». Il Belforti 'consi-
dera fondamentale, per la vita effettiva dello Studio, l’attività. e i
metodi didattici, l'operosità scientifica e il prestigio e la fama dei
lettori: «la storia dello Studio si sostanzia in gran parte in quella
dei suoi lettori» e prosegue: «... piü che il pensatore, il letterato
lo scienziato in sé, é il Lettore che va riudito e rivisto » perché l'Uni-
versità « è soprattutto scuola, insegnamento. Sono quindi le Lezioni ;
la viva parola del Maestro, per quanto è possibile, ... che va fatta
oggetto di esame storico, ricostruttivo ; più dell'opera meditata ed
elaborata nel silenzio della propria stanza di lavoro. Attraverso la
Lezione si rientra e si rivive nell’aula » (p. 67). E il Belforti mostra
come Alberigo Gentili, insieme con Tedeschi, Francesi e Spagnoli,
ascoltasse estatico le lezioni del Ridolfini : come talora gli scolari,
distratti e seccati, ne disturbassero le disquisizioni erudite sulle ma-
gistrature romane.

Il saggio contiene infine un’esposizione ben ragionata e una
buona valutazione critica dei contributi che alla conoscenza dello
Studio e della sua storia hanno dato gli storiografi passati, a partire
dal seicento e sino al primo novecento, indicando i caratteri e i
limiti dell'apporto di ognuno e mettendolo a raffronto con i risultati
della storiografia italiana e straniera delle istituzioni universitarie.

Queste pagine del Belforti gettano cosi üna muova luce sulla
vita plurisecolare del nostro Studio, non solo e non tanto per la ric-
chezza di dati e fatti e di notizie raccolte o riprodotte, quanto per
il eriterio con cui sono vagliate e disposte, per il filo conduttore che
le unisce, per il metodo seguito nell'interpretare e rivivere le vi-
cende, legandole alla vita e alla storia della città e cogliendone i rap-
porti con le vicissitudini politiche, sociali e culturali dei tempi. Sono
dunque queste del Belforti pagine di storia e, come ogni sintesi fe-
lice, strumento e guida indispensabili per ogni ulteriore ricerca.

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Abbiamo osservato che il Belforti non ha potuto dare quanto
si attendeva da lui e.in particolare la storia di Perugia che, a suo
206. NECROLOGI

fondato giudizio, andava tutta rifatta, o quella dello Studio, per en-
trambe le quali egli aveva, nei suoi saggi, dato prova di possedere le
qualità intellettuali e culturali necessarie insieme con la prepara-
zione e l’abitudine alla ricerca sulle fonti narrative e documentarie.

Tuttavia le nostre aspettative deluse possono essere solo motivo
di rammarico, non elementi per un giudizio negativo del Belforti
che ha dato quanto i tempi e le condizioni — anche personali — gli
hanno consentito. La quantità non può d’altra parte elevarsi a cri-
terio determinante per valutare anche le opere e la forza stessa del-
l'intelletto.

Seneca ha preavvertito gli adoratori della « morta carta stam-
pata »: « Non refert quam multos, sed quam bonos libros habeas ! ».
Il Belforti, da parte sua, nell'articolo «Senza fumo » apparso nel
1910 nella « Rivista Umbra », ha scritto : « Per amore o per forza,
bisogna ripersuadere e riobbligare gli uomini ad amare e volere le
cose poche, ma belle... ».

Egli é stato fedele a se stesso ed ha fatto dell'aspirazione alle
«cose poche, ma belle » la norma della sua vita : lo stesso consiglio
ripeteva agli amici in grado di comprendere come il vero progresso
attenga allo spirito e comporti sacrificio e rinuncia.

Furono in fondo questi i motivi più veri del suo distacco
da certe forme di vita borghese e del suo ripudio delle «cose in nu-
meri come i germi malefici ed anonime come le società che le pro-
ducono : e fu anche questo un modo di affermare, per dirla col suo
estimatore Chabod, «la primazia dell’uomo e del suo svolgimento
interiore », di vivere cioè « il dramma umano che è libertà e sforzo
ad un tempo...».

Dalla continua tensione ideale venne al Belforti l’intima forza
per l’opera diuturna di ricerca e di studio, di consiglio e di guida ;
la luce e il calore che animano i suoi scritti, sentiti e concepiti con un
interesse che investe l’uomo tutto, con « passione che si fa intelletto »
per cogliere i valori universali nel vivo della storia locale.

La sua vita e la sua opera ben valgono a fare di Raffaele Belforti
una figura a sé stante della cultura perugina e, superando la soli-
tudine e l'isolamento della vita che passa, ad assicurare la conti-
nuità operante del suo ricordo.

‘ DANILO SEGOLONI
dA

NECROLOGI 207

BIBLIOGRAFIA DEGLI SCRITTI DI R. BELFORTI

ARTICOLI E. SAGGI

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Da Pietro ad oggi, Ibidem, v1 (1910), pp. 176-178.

(Gli articoli suddetti furono pubblicati con lo pseudonimo R. Fortibel).

Sulla salma di Vittoria Aganoor, in « L'Unione Liberale », Quotidiano dell'Um-
bria, 8 maggio 1910.

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Peroscia, Ibidem, 19 ottobre 1910. i

Il disprezzo della vita, Ibidem, 31 ottobre 1910.

Pace! Pace!, Ibidem, 15 novembre 1910.

Tolstoi, Ibidem, 23 novembre 1910.

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Un poeta nostro : Luigi Monti, Ibidem, 22 febbraio 1911.

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La Compagnia di Disciplinati
di S. Domenico in Firenze

I capitoli della Compagnia di S. Domenico di Firenze ci sono
giunti in due stesure, la prima del 1466 9, la seconda del 1590 2).

Fondata il 16 giugno 1398 2), la Compagnia detta anche del Be-
chello 9, continuò a riunirsi nella Cappella Rucellai della Chiesa di
S. Maria Novella, fino a quando poté provvedere alla costruzione di
un proprio oratorio, che rimase sempre vicino al convento dei Dome-
nicani, «al quale essendo egli lungo la chiesa di S. Nicolò collocato
della via della Scala perveniva e di Santa Maria Novella per via de’
Chiostri. .:»®.

Acquistato il terreno dai Padri Domenicani con contratto del 26
febbraio 1465 e iniziati ben presto i lavori, l'oratorio fu solennemente
consacrato da messer Giuliano, vescovo di Citarea, come suffraganeo
di messer Giovanni di Dietisalvi, arcivescovo di Firenze, il 1° feb-
braio 1466 ®. Ma a distanza di pochi anni i confratri dovettero tra-
sferirsi di nuovo per la costruzione del monastero delle « Cavalie-
resse di S. Stefano », voluto per testamento da Eleonora di Toledo,
per raccogliervi le fanciulle più nobili della Toscana ?.

Cosimo I, nell’eseguire la volontà della moglie, volle che nella
costruzione del monastero, oltre alle case e ai terreni degli Acciaioli,
fosse incorporato l’appartamento papale di S. Maria Novella sotto
il quale appunto si trovava l’oratorio degli iscritti alla Compagnia
di S. Domenico 8)

Questi si rivolsero ai vicini Frati Minori Osservanti della chiesa
d'Ognissanti in Palazzuolo e ottennero di costruire i locali necessari
alla Compagnia nel loro convento.

Il contratto fu steso il 14 marzo 1571 ® e con esso fu stabilito che
la Compagnia di S. Domenico avrebbe potuto erigere un muro «di
conveniente grossezza e fondamento » per una lunghezza di « circa
braccia quarantadue » accanto all’infermiera del convento che si af-
212 OLGA MARINELLI

facciava sull’orto detto del Bracco, e tanto alto da permettere ai
frati di edificare la loro libreria sopra i locali della Confraternita.

La somma di 450 scudi ricevuta per ricompensa nel lasciare l’ora-
torio di S. Maria Novella e consegnata a Pietro Francesco Ginori,
consentì di iniziare i lavori per il nuovo oratorio. La prima pietra fu
posta da monsignor Francesco Cattani da Diacceto, vescovo di Fie-
sole, il 10 agosto 1571 e dall’anno seguente gli iscritti cominciarono
a riunirvisi.

La vita della Compagnia nel nuovo oratorio non fu tranquilla
per una causa aperta dagli eredi di Francesco Ginori. Questi si ri-
tenevano creditori di forti somme, che sostenevano fossero state
anticipate dal Ginori per la costruzione del nuovo oratorio. La causa
si protrasse per anni e, nel 1595, in seguito ad una sentenza favorevole
agli eredi Ginori, la Compagnia fu chiusa e affidata a Ippolito Ga-
lantini '9, Infine il 2 aprile 1599 si giunse ad una transazione e la
Confraternita poté tornare in possesso del suo oratorio ; il Galan-
tini ne fece la restituzione con atto del 21 novembre 1599 1),

Qui la Compagnia rimase fino al momento della soppressione, de-
cretata dal granduca Pietro Leopoldo il 21 marzo 1785.

La Confraternita presenta una struttura piuttosto complessa ; era
retta da tre governatori, affiancati da un provveditore, uno scrivano,
due camerlenghi, tre maestri di novizi e tre infermieri. Le cariche
erano quadrimestrali e le elezioni venivano fatte, secondo il rituale
contemplato negli statuti, nella prima domenica di aprile, di agosto
e di dicembre ; gli eletti entravano quindi in carica nella prima do-
menica di maggio, settembre e gennaio e provvedevano alla nomina
di quattro sagrestani per l’inventario dei beni da fare insieme al
massaro, e di due ragionieri. Ai governatori che entravano in carica
nel mese di gennaio spettava il compito di eleggere i paciali, i quali
dovevano preoccuparsi « di tenere e fratelli insieme uniti et di man-
tenere intra tucti la pacie » e dovevano sostituire gli infermieri in
caso di impedimento.

Il «primo et maggiore governatore » aveva le maggiori responsabi-
lità, ma godeva anche di larga libertà di decisioni ; in caso di morte
non si ripetevano le elezioni, ma subentrava nella carica il secondo

governatore.

La parte amministrativa era affidata al camerlengo generale che
doveva tenere con scrupolo il registro di entrata e di uscita ; il se-

condo camerlengo si occupava delle elemosine. La Compagnia aveva
inoltre il suo notaio.
LA COMPAGNIA DI DISCIPLINATI DI S. DOMENICO IN FIRENZE 218

I confratri praticavano la disciplina ogni primo e terzo venerdì
del mese durante la settimana santa e nell’officio dei morti, Al primo
governatore era consentito di «abreviare et mutare modo di disci-
plina come lui parrà non esca dell’ordinario di che e capitoli non
dispongono ».

Il rituale da seguire nella pratica della disciplina è descritto nel
capitolo settimo degli statuti, che tratta diffusamente delle pratiche
liturgiche della Compagnia.

I confratri indossavano una veste di tela nera, trattenuta in vita
da un cordiglio, con l’immagine di S. Domenico sulla spalla sinistra ;
avevano « per arme e contrassegno la stella rossa in campo verde »
e « per insegna ... il vittorioso gonfalone de penitenti peccatori Iesu
Crocifisso » 12),

Si dà la trascrizione degli statuti del 1466, conservati nel codice
Riccardiano ; sono questi i più antichi dopo quelli di cui si ha la
notizia che furono confermati il 19 e 20 ottobre 1418 9, oggi non
più reperibili.

Il lungo intervallo che intercorre tra le due redazioni del 1465
e del 1590, con le conseguenti, inevitabili modifiche determinate
dalle nuove esigenze dei tempi, e la diversa articolazione dei capitoli
— ben trentadue nella redazione del 1590 — hanno sconsigliato di
integrare i mancanti nel codice Riccardiano * con quelli degli statuti
successivi.

Il codice è membranaceo, del sec. xv; misura mm. 260 x 170;
è costituito di cc. 1 -+ 1 nn. + 27 + 1 nn. + 1; i fascicoli sono tutti
quaterni, tranne l’ultimo che è un duerno ; i richiami figurano alle
cc. 16b e 24b, ossia alla fine dei quaterni.

Il codice é mutilo in principio ; manca probabilmente la prima
carta soltanto che conteneva notizie sulla riforma e titolo della Con-
fraternita, come risulta dall'indice a c. 1b e come lascia supporre la
vecchia numerazione a penna, per pagine, che in corrispondenza
della c. 2b dell'attuale numerazione reca l'indicazione della pagina 4,
avendo escluso la c. 1 che porta sul verso l'indice e come risulta
dall'esame dei quaterni. Dopo la c. 24b mancano alcune carte come
si rileva dal testo e dalla vecchia numerazione che, dopo la pag. 48,
riprende da pag. 66.

Scrittura calligrafica molto regolare fino a c. 26a; le iniziali di
ogni capitolo, in oro, sono contenute in piccoli quadrati decorati da
leggerissimi arabeschi su fondo azzurro.

L'inchiostro nelle cc. 2b, 4b, 7a, 8b, 9, 16b, 25 è quasi scomparso;

rta nt fan Si Ehi AM

-
I

xv
214 OLGA MARINELLI

le intestazioni dei capitoli, come l'indice a c. 1b, sono in inchiostro
rosso. Le carte presentano chiarissime le tracce di squadratura del
foglio e delle linee tirate a secco. Macchie d'uso al margine inferiore
destro.

Bella legatura coeva, ma restaurata di recente, in pelle impressa
a piccoli ferri; tracce di fermagli, oggi scomparsi.

Il n. 3197 indicato a c. 1 è il numero con cui il codice era indi-
cato nella Biblioteca Riccardi. Di essa andó a far parte sul finire
del sec. xviu: il codice non figura, infatti, nel catalogo del Lami,
pubblicato nel 17569, mentre compare nell'inventario d'asta dei
beni di casa Riccardi del 1810 10),

È da ritenere che il codice vi sia giunto, o per acquisto o per dono,
in seguito alla soppressione delle Compagnie religiose fiorentine de-
cretate dal granduca Pietro Leopoldo.

La matricola dei confratri è invece conservata nell'Archivio di
Stato di Firenze '?; è composta di nove carte pergamenacee, con
evidenti tracce di rigatura a secco.

Vi compaiono, disposti in ordine alfabetico, i nomi di coloro che
al primo aprile 1467 erano iscritti alla Compagnia e di quelli che in
seguito entrarono a farne parte. La Scrittura, sempre della stessa
mano, tranne pochissime eccezioni, lascia pensare tuttavia a un lasso
di tempo piuttosto breve.

Accanto ad ogni nome, sul margine destro, é riportato un nu-
mero che sta ad indicare, con ogni probabilità, il riferimento alle
carte di una precedente matricola, dove l'ordine dei nomi non do-
veva essere quello alfabetico, ma quello cronologico di iscrizione alla
Compagnia.

Gli iscritti appartenevano a svariate classi sociali; vi figurano
artigiani, quali lanaiuoli, pianellai, choregiai, pilliciai, vaiai, orafi ;
merciai, speziali, medici, cartolai. Tra questi Vespasiano di Filippo
che é poi Vespasiano da Bisticci; tra gli artisti Lorenzo di Pietro,
detto il Vecchietta e Agostino di Duccio.

Vi compaiono inoltre i nomi di componenti delle massime fami-
glie fiorentine, come i Buondelmonti, gli Strozzi, i Pazzi, i Rucellai,
i Tornabuoni, i Ricasoli, etc.

Della famiglia Medici anche Lorenzo il Magnifico era iscritto alla
Compagnia di S. Domenico.

OLca MARINELLI

——
LA COMPAGNIA DI DISCIPLINATI DI S. DOMENICO IN FIRENZE 215

NOTE

1) Biblioteca Riccardiana di Firenze, Capitoli della Compagnia di S. Domenico,
ms. 3041. Il codice mi fu cortesemente segnalato dal P. Tommaso Kaeppeli O.P., che
già mi fu largo di aiuto e di consigli nella trascrizione degli statuti e matricola della Com-
pagnia di S. Tommaso d'Aquino di Perugia, edita nella collana « Temi e Testi 5:31:58;
Roma, 1960.

?) Archivio di Stato di Firenze (= A.S.F.), Capitoli della Compagnia di S. Domenico,
‘Capitoli n. 30 (= Cap. 30).

?) A.S.F., Cap. 30, c. 3a. E ricordata tra le « Pie confraternite del sec. xiv » da L.
Mrnuvs, Dell'origine, progresso, abusi e riforma delle Confraternite laicali, Firenze, 1785,
p. 120.

*) In Bechello, Bechella é da vedere, probabilmente, il diminutivo in Beco, Bechello,
di Domenico.

5) A.S.F., Cap..30, c. 3a.

$) A.S.F., Libro de benefactori, Compagnie Religiose Soppresse D. xv, 723, n. 1. Vi
è riportata la copia del contratto e vi sono annotate tutte le fasi dei lavori per l'erezione
del nuovo oratorio ; i nomi dei confratri che vi contribuirono con l'elargizione di somme
di denaro, sono puntualmente registrati. Il libro fu iniziato nel gennaio 1466, mentre
era governatore Pier Filippo Pondolfini. Contiene anche la matricola degli iscritti al 1°
aprile 1467, della quale si dà la trascrizione dopo gli statuti. V. BORGHIGIANI, Cronaca
annalistica del Convento di S. Maria Novella, t. 111, p. 95), Archivio di Santa Maria No-
vella (cfr. S. OrLANDI, Necrologio di S. Maria Novella 1235-1504..., Firenze, 1955,
D:-917,?-n. 11):

?) Sulle monache dell'ordine equestre di S. Stefano cfr. G. Monowr, Dizionario di
erudizione storico-ecclesiastica . .. , Venezia, 1854, rxx, pp. 9 sgg.

8) G. RicHia, Notizie istoriche delle chiese fiorentine divise ne’ suoi quartieri ...,
Firenze, 1775, t. rrt, pp. 110 seg. Il monastero, per sopraggiunta morte di Cosimo I e del
figlio Francesco, fu completato dal fratello Ferdinando nel 1592. V. FinEscHI O. P.,
Memorie sopra il cimitero antico della Chiesa di S. Maria Novella di Firenze, Firenze,
1797, p. xxix; T. Ducci, Istorie del Convento di Sqnta Maria Novella, ms. Bibl. Naz.
Firenze ; G. BArpoviNETTI, Memorie del Convento, Chiesa e Confraternite di S. Maria
Novella, ms. Bibl. Naz. Firenze.

*) La copia è conservata in A.S.F., Compagnie Religiose Soppresse D. xv, 724, n. 2.

10) Nato a Firenze il 12 ottobre 1565, il beato Ippolito Galantini fu il fondatore della
'Congregazione di S. Francesco della dottrina cristiana ; gli iscritti furono chiamati Van-
chetoni, coloro che vanno quieti, per la modestia che li contraddistingueva. Il Galan-
tini riformó molte Confraternite, insistendo particolarmente sulle pratiche spirituali ;
a lui risale quella dell'adorazione notturna del SS. Sacramento. Morto nel 1619, ha la-
sciato trattati ascetici, che furono pubblicati solo nel 1831 a Roma, sei anni dopo la sua
beatificazione, voluta da Leone XII.

11) Copia in A.S.F., Compagnie Religiose Soppresse, D. xv, 724, n. 2.
13) A;S.E., Cap..30;.c. 3a.
13) Ibid.

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14) Mel ms. 3041 della Biblioteca Riccardiana mancano, dopo la c. 25, l'ultima parte
del cap. vir, i capitoli vii e rx nella loro incertezza e quasi tutto il x. Di che cosa questi
capitoli trattano si ricava dall'indice a c. 1b.

15) G. LAMI, Catalogus codicum manuscriptorum qui in Bibliotheca Riccardiana Flo-
rentiae adservantur . . . Liburni, 1756.

16) Inventario e storia della Libreria Riccardi. Manoscritti e edizioni del secolo xv,
Firenze, 1810.

17) V. nota 6.

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CAPITOLI DELLA COMPAGNIA

DELLA RIFORMA ET TITOLO DELLA COMPAGNIA DI SANCTO DOMENICO. Capi- ib
tolo primo.

DELLA OBSERVANTIA 9) ET OBLIGHO ORDINARIO DI CIASCHEDUNO D) FRATELLO.
Capitolo secondo.

DELLE CORRECTIONI ET DIVIETI. Capitolo terzio.

DELLA TRACTA DE GOVERNATORI ET ALTRI OFFICII. Capitolo quarto.

DELLE BORSE ET SQUITTINO. Capitolo quinto.

DELL'oBLIGO ET AUTTORITÀ DEGLI OFFICIALI. Capitolo sexto.

DELLE CERIMONIE OFFICIO ET SUO ORDINE. Capitolo septimo.

DEL CORRECTORE CONFESSORI MEDICO ET FAMIGLIO. Capitolo octavo.

DE NovITII. Capitolo nono.

DE PARTITI ET RAFFERMA DI TUTTI E FRATEGLI. Capitolo decimo. ||

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Unusquisque accipiat crucem suam et sequatur me. 2a

IZPEIUIEILZS
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Prenda ciascheduno la sua crocie dicie il Salvatore et seguiti me. Benché
portando lui si intollerabile crocie per gli altrui peccati salendo alla sua gloria,
a noi per li nostri medesimi, volendo acquistare la gloria altrui, fussi dovuta
molto maggiore penitenza. Niente di meno raguardando la debolezza delle
nostre spalle, et sperando nella sua misericordia, ce obligheremo solo a questo,
che la prima nostra observantia et obligo sia de sancti comandamenti d'Iddio
et di sua Chiesa. Sia qualunque di nostra compagnia ubbidiente a presenti
capitoli ed administratori di quelli, rendendo in ogni acto reverentia a padri
governatori. Observi l'ordinarie tornate 9 d'ogni prima et terza domenica
di mese, della Pasqua, di Natale, di d'Ongni Sancti, tucte le feste coman-
date di nostra Donna, tucti e di degli apostoli et dua domeniche inanzi alla
festa del nostro padre sancto Domenico, da mattina tucte le domeniche di |
quaresima el mercoledi, giovedi et venerdi sancto, decta la predicha da sera.
Et qualunque/ vernerdi sera dell'anno per fare disciplina et qualunque altra 2b
comandassino e nostri padri governatori. Dica 4) nel luogo l'officio occor-
rente qualunque tornata et faccia la ordinaria disciplina, giungnendo nel- Ug
l'oratorio s'inginocchi al marmo diputato et factogli cenno si ponga nel primo a
luogo voto secciessivamente sanza riguardo d'altri gradi che della compa-
gnia. Tenga silentio in choro, né parli, o s'inpacci d'alcuna cosa sanza licen-
tia o commessione de superiori. Offerischa 9 qualunque tornata all'altare
almeno denari .1rr. et paghi ongni anno al camarlingo soldi .x11. in tre volte
a tempo d'ogni governatore la terza parte. Confessisi almeno tre volte l'anno
da nostri confessori al tempo d'ongni governatore una volta et portine fede
a decti governatori et nel luogo si comunichi dua volte l'anno secondo el
capitolo delle cirimonie. Oda ogni mattina messa o, almeno vegha levare
el corpo di Christo, digiuni un di della septimana a sua divotione et ongni

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a)asurasura. b)iecsurasurd. !
€) In margine è ripetuto da mano più recente Tornate. La stessa mano ha ripetuto varie |
parole a guisa di rubriche in tutto il ms. Saranno segnalate a mano a mano che si incontrano.
d) Seguono molte righe in cui la scrittura è quasi scomparsa. e) In margine : Offerta.
3b

4b

218 OLGA MARINELLI

di dica cinque Pater nostri et cinque Ave Maria a reverentia delle sacra-
tissime piaghe del nostro signore, Yhesu Christo et uno Pater nostro et una
Ave//Maria quando si pon? et lieva da mensa. Dica tre di el De profundis
per l'anima di chi morrà di nostra compagnia. Non sia infamato d'alcuno
peccato mortale. Non manifesti huomo o cosa alcuna della compagnia. Guar-
disi expressamente da giucho, taverne, inliciti contracti et vitio indicibile.
Non vada ad altra compagnia simile a questa sanza licentia de governatori.
Fugga qualunque cosa si conviene a chi vuole seguitare la via che ci a dimostro
el nostro gratioso padre sancto Domenico per la salute dell'anime nostre.

DELLE CORRECTIONI ET DIVIETI. Capitolo terzio.
Si oculus tuus scandalizat te erue et eum proice abs te.

Consiglia el nostro salvatore Christo Yhesu che se bene l'occhio proprio
ci fusse cagione di scandolo et dannatione che noi cielo dobbiamo cavare
per la salute nostra, parendogli molto meglio con un occhio meno andare a
vita ecterna che con dua interamente essere dannato. Per questo non riguar-
dando che per amicitia alcuno errante caro ci sia deliberiamo per salvezza
del resto prima, che chi commectessi el peccato indicibile, chi per dispregio
malignamente disubidissi/e 9 governatori, chi publicassi alcun fratello o
segreto della compagnia, chi faciessi sette o commectesse discordie, chiedessi
fave o bocie per alcuno officio, sviassi frategli, contrafaciessi o falsassi alcuno
partito o ordine o scriptura della compagnia, sia raso per partito de tre go-
vernatori, et non lo facciendo, sieno publicati rasi loro dal proveditore o qua-
lunque altro officiale. Chi giucassi con dadi o carte o faciessi contracti inliciti
o tenessi concubina o bestemmiassi o maladiciessi Iddio, o sancti o andassi
continovo a taverna, sia punito et corretto da tre governatori agravandone
loro in conscientia. Et chi in questo perseverassi et non si emendassi, el primo
governatore sia tenuto di metterlo a partito per raso in corpo di compagnia.

.Chi non observassi qualunque correctione gli fusse data da governatori sia

da loro messo a partito per raso in corpo di compagnia. Chi fusse officiale et
non venissi alle tornate ordinarie sia dallo scrivano apuntato in soldi uno
per tornata. Chi perdessi alcuna cosa della compagnia sia tenuto alla resti-
tutione et vadane allo specchio//Chi prestassi e presenti capitoli sia messo
a partito per raso in corpo di compagnia da qualunque officiale n'à sentore
e in tal caso sia») obedito da sagrestani e proveditore come governatore.
Chi manchassi ad alcuna andata a seppellire fratello morto o alla nostra festa
di san Domenico sanza scusa licita e aprovata da tre governatori sia dal
proveditore posto debitore a libro degli anni di soldi cinque. Chi andassi ad
altra compagnia simile a questa sanza licenzia del primo governatore, sia
raso per partito de tre governatori. Chi rompessi nello oratorio el silentio o
errassi nel salmeggiare o alcuna altra conmessione, s’inginocchi al marmo
delle colpe standovi tanto che da governatori sia absoluto col cenno del cam-
panuzzo. Chi stessi mesi sei che non venissi al nostro luogo sanza scusa
di clausura, infermità o altra absentia che di villa, et chi fusse debi-
tore di lire una o piü, non possa avere nella nostra compagnia officio,
né grado, né limosina alla infermità, né candele per la purificatione né
alla morte vesta o chataletto, né sieno obligati gli infermieri, confessori
o medico di vicitarlo più che si voglino. Et quel camarlin/go che a que tali
dessi limosina s’intenda gli abbia pagati di suo et non gli siano da ragionieri

a) Su rasura. b) Interlineato,
d

LA COMPAGNIA DI DISCIPLINATI DI S. DOMENICO IN FIRENZE 219

fatti buoni al saldo del suo conto. Et quel proveditore o segrestani che des-
sino loro vesta sieno tenuti alla ristitutione et per la valuta vadino allo spec-
chio. Possinsi peró dare decte limosine, cataletto e vesta quando si vinciessi
tra gli ufficiali per fave dieci nere et non altrimenti in nesuno modo. Chi fussi
debitore per qualunque cosa di soldi. (vrrr.) o da indi in su sia allo specchio.
Chi fusse allo specchio non possa avere ofticio né altro grado della compagnia,
et non possa rendere alcuno partito sanza licentia del primo 9) governatore,
et essendo tracto a alcuno officio sia tenuto el proveditore a stracciare la sua b)
poliza. Qualunque oficiale di nostra compagnia abbia divieto dal suo diposto
officio uno anno et da tutti gli altri quatro mesi, né possa alcuno avere piü
che uno officio per volta, né essere in un medesimo officio dua consorti o
frategli o zio o nipote carnali. Chi non fussi maggiore d’anni venticinque, et
chi non fussi stato della nostra compagnia uno anno, non possa essere de tre
governatori. Né chi non fussi stato della compagnia mesi qua//tr« di nessuno
officio et d'essendo tratto si rimetta la poliza. Chi fussi discosto miglia cin-
quanta dalla citta, chi fussi obligato ad altro officio o luogo, il quale ne quatro
mesi avessi a impedire il governo o servigio della compagnia non possa avere
in quella officio alcuno per quel tempo ed essendo tracto si rimetta la poliza.
Chi non si 9 fussi confessato in fra un mese et di tal confessione portante
fede a nostri governatori, et loro per dua terzi delle fave aprovatola, non
possa essere de tre governatori, né vedere per tempo nessuno alcuno segreto
d'imborsatione o di squittino della nostra compagnia, et chi de detti fussi
tracto, sia rimessa sua poliza. Chi sanza e sopradecti rispetti volessi rinuntiare
officio a che fussi tracto o electo, faccialo infra dieci di et paghi volendo ri-
fiutare e tre governatori lire una et ogni altro officio soldi dieci al camar-
lingo generale di nostra compagnia. Chi non rinuntiasse infra/] decto termine
di dieci di s'intenda avere accieptato. Et chi acciepta, sia obligato a exerci-
tare el suo officio con diligentia et sollecitudine in questo prima aggravando
la sua conscientia. Et chi avessi accieptato o non rinuntiato come e decto
et stessi due tornate continove in domenicha mattina che non ve/nissi alla
compagnia, e governatori debbino far trarre un altro in iscambio di quel tale
et lui che non e venuto sia dal proveditore posto debitore, sendo l'officio de
governatori di lire una et d'ogni altro officio di soldi dieci et perda la poliza
di tale officio, et chi in suo scambio fussi tracto sia officiale colle medesime
autorità, divieti et incarichi come se prima tratto fussi stato, salvo et riserbato
sempre chi avesse scusa licita che da governatori per dua terzi delle fave
fussi aprovata. Non si possa levare alcuno da specchio o essergli rimessa al-
cuna condannagione o penitentia se non satisfa o chiede gratia humilmente
in mezo, et per dieci fave nere de tredici residenti sia absoluto. Chi per fra-
gilita manchassi in alcuno di questi capitoli, conmectesse qualche negli-
gentia o errore che di sopra non si contengha, sia sottoposto alla punitione
de governatori et loro obligati in conscientia in ogni spirituale prevaricatione.
Et nell'altre avidenti come parrà a nuovi governatori, e quali gli debbino
radere, avendo loro lasciato adrieto alcuno che capitoli radessino, fargli
porre allo specchio per quello che da se avessino ad altri perdonato, et cosi
ridi//mandare alloro ogni pretermessa administratione, per quanta affec-
tione portano, alla observantia de presenti capitoli et conservatione di questa
divota compagnia.

a) rimo su rasura. — b) Seguito da la cancellato. €) Interlineato. d) Dopo non
‘o cancellato.

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220 OLGA MARINELLI

DELLA TRACTA DE GOVERNATORI ET ALTRI OFFICII. Capitolo quarto.
Nisi Dominus custodierit civitatem frustra vigilat qui custodit eam.

Se el Signore non arà guardata la citta dicie lo spirito profetico invano
se affaticha chi vigilando la guarda. Se noi non aremo chi secondo Iddio et
questi capitoli guardi la nostra compagnia, divoti fratelli, invano abbiamo
veghiate queste constitutione et murato questo nostro divoto luogo. Per la
qual cosa questi magistrati et officii nella nostra compagnia diputiamo :

Tre governatori :

Uno proveditore :

Uno scrivano :

Dua camarlinghi :

Tre maestri di novitii :
Tre infermieri 2),

La loro tracta») si faccia qualunque prima domenicha d’aprile, agosto
et dicembre in questo modo : che decto el nostro officio et la messa, posto
el nostro correctore a sedere intra/ el primo et secondo governatore et il pro-
veditore abbia rechata la chasetta delle borse al desco de governatori. Prima
pel proveditore si legha questo capitolo, di poi el precedente in quella parte:
che tracta de divieti et legha di poi tutti quelli che lla loro confessione è stata
aprovata da governatori, et lo scrivano legha tutti quelli che sono a specchio.
Et lecto questo, il correctore inponga cantando l’inno dello Spirito Sancto
et cantato da e dua chori, lui dica la sua oratione per inpetrare gratia che la
sorte dia huomini di buoni exempli et amorevoli della nostra compagnia.
Et vengasi alla tracta pel nostro correctore o uno de nostri confessori o altro
religioso da loro mandato, et tragha della prima borsa el primo governatore,
della seconda et terza el secondo et terzo governatore. Et delle borse del pro-
veditore et scrivano avendosi a fare tracte del proveditore sia la prima poliza
et l’altra dello scrivano. Cosi della borsa de camarlinghi, la prima poliza sia
del camarlingho generale della compagnia, l'altra di quello delle limosine
et offerte. Et della borsa de maestri di novitii se ne tragha tre, et tre di quella
degli infermieri, tucti huomini habili, et sanza divieto o specchio, come di-
spone el precedente capitolo. Et// fatta decta tracta e cantori inponghino,
Te Deum laudamus per fine di nostra tracta. E scadendo renuntia o accep-
tabile impedimento, si ricorra alla medesima tracta o eletione benché sia
fuori dell'ordinario tempo, vinciendo nondimento tale mutatione prima
tra e tre governatori. L'entrata ©) di tutti questi officii si faccia qualunque
prima domenicha di maggio, septembre et giennaio per e quatro sequenti
mesi in questo modo, che decto el nostro offitio et la messa, el primo et vecchio
governatore mandi in mezo e sua officiali, et ripresigli o lodatigli secondo loro
opere, dica licentiati quegli a nuovi governatori che s'inginochino allo altare,

et informatoli di quanto pondo sia el governo et lecto a ciascuno la sua parte,
del sequente capitolo, vadino a loro dandogli con la pacie le chiavi et questo
libro. Et rimanendo i vecchi ginocchioni e i nuovi iti a sedere al loro luogo
e iscusatosi el primo de vecchi per tucti come gli é paruto, e nuovi gli mandino
di fuori et dien licentia a chi di loro volessi parlare, ricordando sempre el parlare
honesto, et fatti tornare, e nuovi, condannatogli o conmendatogli 1) secondo
e portamenti e antecedente capitolo mandino e loro proveditore, scrivano/
camarlinghi, maestri di novitii e infermieri in mezo et letto a tutti di per sé
la loro commessione, et con brievi parole confortatili tucti, li mandi a sedere

a) Correzione sul primo i. b) In margine ripetuto Tratta. — c) In margine Entrata
in offitio. — d) n su rasura.
LA COMPAGNIA DI DISCIPLINATI DI S. DOMENICO IN FIRENZE 221

alla loro residentia. Et immediate mandino in mezo quelli quatro de fratelli ®)
voglino, sieno pel loro tempo sagrestani et quelli con parole acte confortati,
et lecta la parte del capitolo al loro toccha, gli mandino a servigi della com-
pagnia, ricordando loro pel primo ricordo faccino gl’inventarii delle cose della
compagnia col») massaio e loro antecessori. Di poi eleghino dua ragionieri,
e quali abbino a rivedere et saldare l'entrata et uscita de vecchi camarlinghi,
et quegli con diligentia mectere in saldo. Et la prima sequente tornata tucto
debbino a governatori riferire et loro fare rimettere o satisfare secondo quel
saldo avendo buona avertenza non sopra lasciare denari nelle mani de vecchi
camarlinghi. Et acció che per negligentia d'alcuno degli officiali non s'abbia
a tardare ne bisogni della compagnia, ordiniamo che quelli governatori che
saranno del mese di giennaio, la terza domenicha eleghino quatro de nostri
fratelli 9) e quali si chiamino paciali, l'officio de quali sia per uno anno a
venire cominciando// il dí saranno electi, et debbino sempre eleggiere huomini
solleciti e amorevoli. L'officio loro sia di stare sempre vigilanti in ogni caso
acadessi alla compagnia, cosí d'ogni differentia o litigio nasciessi tra fratelli
operandosi con ongni oportunità di levargli et di tenere e fratelli insieme uniti
et di mantenere intra tucti la pacie, ricorrendo a governatori dove bisognassi
el loro mezzo perché ancora 9 questo apartiene a chi governa. Et loro sopra
tucto sieno 9) solliciti alle tornate conosciendo di quanto merito é el loro
officio. Et dove manchassi per negligentia o inpedimento agli infermi la vici-
tazione degli infermieri debbino loro vicitagli. Et quando achadessi s'avessi
a ffare alcuno partito et non essendo ragunati quel numero bisognia degli
officiali, in loro luogo vadino e paciali, cosi quando ne manchassi tre, andarvi
tre de paciali, quelli di più età così dua o uno sempre e maggiori di tempo
nel luogo di qualunque officiale manchassi. Et quando de veri officiali ve-
nissi alla compagnia, allora per quelli che venissino si debbino levare quelli
di minore età de paciali 0. Debbino e decti paciali avere la candela per la
purificatione e ogni altra preminentia come officiali tracti di borsa/ etciepto
che sedere alla residentia sendovi el numero degli officiali tratti, ma sia el
loro luogo ne primi cori apresso a governatori. Non abbino e decti paciali
alcuno divieto agli altri offici, ma solo al medesimo uno anno et essendo al-
cuno di loro tracti ad altro officio, perda quello accieptando l’altro. Et allora
e governatori per ogni tempo ne leghino uno o più, secondo fussino vachati,
et per resto di quello anno pel quale e primi furono eletti. Et chi fussi a tale
officio electo così del mese di giennaio come d’ogni altro tempo che volessi
rifiutare, faccino infra octo di, sanza alcuno pagamento et per chi rifiutassi
si ritorni alla medesima eletione et gli acceptanti sieno confortati a sollecitu-
dine et amore et carità perché in questo è tucto fondato el loro officio. Et
sieno sottoposti alle correctioni de governatori come gli altri officiali. Et così
debbino e governatori eleggiere un altro in iscambio di chi lasciassi dua tor-
nate di domenicha mattina come anno a fare gli altri officiali, avendo sempre
avertenza di fare eletione d’huomini acti a tanto inportante officio quale è
quello de paciali. Ancora 8) perché l’officio del proveditore è d'assai impor-
tanza et d’assai utile alla compagnia, // sendovi huomo acto et sollicito,
ordiniamo che e governatori che saranno del mese di giennaio, la terza hb)
domenicha possino eleggiere a tale officio del proveditore uno de fratelli chi
alloro parrà per insino in uno anno, così possino chi in tale officio fussi, raf-

a) In margine Sagrestani. b) In margine Ragionieri. c) In margine: Paciali.
d) perche ancora : che ancora, aggiunto in margine. e) Interlineato. — f) Da paciali con
l’i espunto. g) In margine Provveditore. h) Su rasura.

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222 OLGA MARINELLI

fermare sanza riguardo di divieto etciepto che non abbi altro officio, la quale
eletione prima s'abbia a vinciere per dua terzi de governatori, et poi tra gli
officiali per dieci fave nere et quelli debbino eleggiere huomo acto, sollicito,
et di qualità che Ile cose della compagnia sieno sicure e quelle con risparmio
e riguardo mantengha. Et chi a tale officio fussi electo abbia la medesima
aultorità, oblighi et divieti, come se dí borsa fussi tracto. Chi per proveditore
fussi electo e volessi rifiutare, faccialo infra octo di, sanza pagamento al-
cuno, Et non lo facciendo, abbia accieptato et sia obligato alle correctioni et 9?
in conscientia a exercitare con fede perché in lui é il pondo di tucte le scrip-
ture e ordine et mantenimento delle cose della compagnia.

DELLE BORSE ET SQUITTINO. Capitolo quinto.
Plenitudo legis est dilectio 9),

Concludendo el doctore delle genti Paulo apostolo qual sia l'adempi-
mento delle leggie, dicie non essere altro che la diletione et carità l'uno col-
l'altro./ Per mantenere adunque tra noi questo amore et carità vogliamo che
sempre e nostri officii si traghino a sorte et che nella nostra compagnia ©)
sieno sette borse, una del primo governatore l'altra del secondo, la terza del
terzo governatore, una del proveditore et scriviano, una de dua camarlinghi,
un'altra de maestri de novitii et la settima degli infermieri. Le quali sempre
abbino a stare chiuse nello altare in una chassetta serrata con tre chiavi,
delle quali una debba tenere el primo governatore, l'altra uno de maestri de
novitii, la terza uno degli infermieri, quali di loro da governatori saranno di-
putati. Ancora lo sportello dello altare abbia due chiave, l'una debba tenere
el proveditore et l'altra lo scrivano. Debbino pigliare dette chiave tutti el
primo dí entreranno nel loro officio et quelle alla loro uscita rendere a gover-
natori. Non possino mai per tempo né per cosa alcuna aprire, né fare aprire
decti serrami, se non quel dí saranno a ffare le tratte de nostri officii, le quali
tracte non si possino fare se non sono presenti gli officiali che tengono le decte
chiave o chi da Iloro fussi diputato a 4) aprire detti serrami, e quali non deb-
bino aprire, né si debbe fare la tracta se non presente almeno uno// de tre
governatori et insino in cinque degli officiali tracti o electi et almeno venti-
cinque de fratelli. Et perché le borse che al presente abbiamo, sempre ©)
per le tracte anno a mancare di polize cosi di £ quegli che exerciteranno
come di chi sara per lo specchio stracciato. Et perché si spera ogni dí avere
accresciere di frategli la nostra compagnia et quegli che non fussino nelle
borse non participerebbono delle noie et delle dignità della compagnia et per
questo non vi potrebbono avere perfecto amore, et peró ordiniamo che pa-
rendo a quegli governatori che saranno di quaresima per ogni tempo che ne
la nostra compagnia fussino entrati novitii, che non fussino nelle borse et
meritassino d'esservi, possino vinciendosi per loro tre d'accordo et per dieci
fave nere degli officiali diputare insino in tre de fratelli chi a lloro parrà che
de decti novitii solo per una poliza per borsa dove vorranno et chi a lloro parrà
possino inborsare, la quale inborsatione non possino fare, se prima non anno
portata a nostri governatori fede da uno de nostri confessori d'essersi con-
fessati. Non possino fare tale inborsatione se non di quaresima. Et se ancora
pa/resse a decti governatori che ne tempi saranno di quaresima di rimettere
nelle borse de fratelli amorevoli della compagnia e quali per lo specchio o per

a) Interlineato. b) diletio. c) In margine Borse. d) Interlineato, e) In mar-
margine Squittino. f) Interlineato.

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— +

LA COMPAGNIA DI DISCIPLINATI DI S. DOMENICO IN FIRENZE 223

altra cagione non vi fussino, possino diputare quel numero de fratelli paressi
loro insino in dieci et non mancho di tre a poter fare tale inborsatione, dando
loro in questo ogni aultorità. Vinciendosi prima nondimeno tale aultorità
a governatori d'eleggiere prima intra lloro tutti d'accordo 9) et poi tra go-
vernatori et officiali per fave dieci nere e in corpo di compagnia per dua
terzi di quelli vi saranno. Non si possano fare tali partiti se non di quaresima,
et solo in tre anni una volta, altrimenti non vaglino. Et chi da governatori
fussi a tale inborsatione diputato, non la possino fare se prima a governatori
non aranno portata fede d'essersi da uno de nostri confessori infra dieci dí
confessati, e decti governatori aprovatele per tre fave nere, ne possino pas-
sare a ffare tale inborsatione l'ottava di Pasqua. Allora et in tal caso quelli
officiali che terranno le chiave possino aprire lo sportello dello altare e lla
chassetta delle borse una volta sola, tanto che faccino tale rimbotto non pero
prima che di quaresima, ne doppo l'ottava della Pasqua, et chi ad alcune
di// queste cose contrafaciessi sia dal primo governatore messo a partito per
raderlo, cosi chi aprissi fuori di decti tempi, come chi tocchassi le borse o
sanza detti partiti faciessi aggiunta o altra inborsatione o fuori di decti tempi
o sanza aprovatione di confessione. Et mancando in questo e governatori
ciascuno officiale o altro fratello gli possa publicare rasi della compagnia.
Non possa essere a ffare tale inborsatione nessuno de tre governatori, ma con
buono riguardo debbino sempre eleggiere et diputare huomini amorevoli
della compagnia et ispogliati di spetialità. Et sopratucto abbino riguardo di
non dare tale aultorità sanza bisognio né in tempo che abbia a generare scan-
dalo nelia compagnia per quanto stimano la salute dell'anime loro. Ancora vo-
gliamo che nella nostra compagnia sieno altri serrami sotto ’1 descho de gover-
natori sieno D per libri, tappeti et cose per quel descho, di che tenghino le
chiave e sagrestani. Et le chose dello altare, messale et calicie stieno nella
sagrestia quando sarà fatta. Sieno ancora sotto ’1 descho degli officiali tre
serrami agli armarii, la chiave de quali tengha el proveditore per libri serrare
et ciera. Et per l'offerte et limosine, una chassetta con due chiavi. L'una
tengha el primo governatore l'altra el camar/lingo 9 delle limosine, la qual
chassetta tengha el proveditore nel suo armario. Votisi decta chassetta al-
manco una volta ogni mese et piu spesso secondo vi fussi danari et quello se
ne chava el proveditore faccia mettere dal camarlingo delle limosine a entrata.
D'ongni altro serrame che nel nostro luogo o oratorio fussi, tengha le chiavi
el massaio, dandole secondo vede bisogni a chi amministrassi e servigi della
compagnia.

DELL'OBLIGHO ET AULTORITÀ DEGLI OFFICIALI. Capitolo sexto.
Suscipiant montes pacem et colles iustitiam.

Intende il propheta per e monti e governatori delle republiche, per e colli
e populari governati, diciendo ripieno di Spirito Sancto, che se e monti aranno
pacie che e colli sieno giustamente governati. Per questo intendiamo, divoti
fratelli, che el primo obligo de nostri maggiori sia che insieme abbino con-
cordia, nulla faccino fuori della observantia di questi capitoli et sieno presenti
iusta lor possa a tutte le tornate. Il primo et maggiore governatore sia spi-
rito et executione di queste sancte leggie et nulla vaglia sanza suo consenti-
mento. // Proponga, conmetta ordini, sustituisca, adorni, tengha una chiave

‘ a) tutti d'accordo : tutti d'ac su rasura." b):n su rasura. c) In margine Camar-
lingo delle Limosine.

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224 OLGA MARINELLI

del luogo, chassetta e borse. Cominci l’officio e alunghi, abrievi et muti,
come gli parrà. Faccia leggiere una volta a suo tempo questi capitoli divisi
o insieme come a comodità, ordini gli officii per l'anime de benefactori se-
condo el capitolo delle cerimonie et sotto quelle pene. Possa correggiere in
publico, dare penitentia in danari non passando un fiorino, né in viaggi una
giornata. Possa fare chiedere perdono a uno a un'altro, sedere in coro, fare
disciplina et quel fussi di minore importanza, possa per partito de tre gover-
natori assentare per mesi sei et per partito de tredici residenti per dua terzi
peru no anno. Possa publicare raso per partito de tre governatori chi avessi
avuto tre correctioni d'uno medesimo errore et non se emendassi. Possa fare
pagare al camarlingo generale per qualunque spesa ordinaria della compagnia
insino alla somma di lire quatro per partito de tre governatori et insino in
lire dieci per partito de tredici residenti et ogni altra spesa per partito loro
et e di corpo di compagnia possa fare tornata extraordinaria per partito de
tre governatori, ma publicarla prima. Possa abre/viare et mutare moda di
disciplina come lui parrà non escha dell'ordinario di che e capitoli non di-
spongono. Il secondo et terzo governatore sieno solleciti alle tornate, comin-
cino l'officio all'ora debita. Non vessendo el primo, succeda nella absentia
del primo el secondo et del secondo el terzo, non proponendo nondimeno
alcuna cosa di nuovo sanza conmessione del primo, el quale sempre sia pre-
posto capo et guida di tutti e frategli. Et quando per morte vacasse el primo,
allora non si faccia altra tracta, ma succeda el secondo et così sempre chi
a el primo grado succeda nella maggiore dignità che vacassi per morte et colla
medesima aultorità possino tutti e tre d'accordo assentare per insino in
uno anno et per le medesime fave rimettere. Et per partito de tredici residenti
di fave dieci nere per insino in tre anni et per le medesime fave rimettere.
Non facciendo sodare e loro camarlinghi sufficientemente per dua malleva-
dori per ciascuno, sieno loro obligati alla ristitutione di quanto non rimetes-
sino secondo l'ordine e in tucto et per tucto dua ciascuno di loro come se
voluntariamente obligati si fussino et quel camarlingo che non rimettessi suo
conto le prime tornate dopo el saldo 9, da ragionieri faccino a male//vadori
paghare et lui publichare raso sanza altro partito D. Il proveditore abbia a
provedere e bisogni del luogo et a quelli attendere con diligentia abbia sempre
una chiave del luogo delle borse et altri armarii. Tenga el libro grande della
compagnia et quello de partiti et quaderno degli anni, scrivendo in ciascuno,
secondo l'ordine delle scripture. Abbia sempre per le tracte de nostri officii
raguagliato in sul quaderno degli anni el credito et debito di ciascheduno al
suo conto, accioché piü nectamente si vegha lo specchio. Provegha a tutti
e bisogni della compagnia come capo di tutti e ministri. Legha per le nostre
tornate capitoli, confessioni aprovate e polize. Provegga sempre a quello che
da governatori gli fussi ordinato stando sempre desto a ogni bisogno acha-
dessi alla nostra compagnia. Conti el numero delle fave ne partiti degli offi-
ciali o corpo di compagnia di che à a ffare ricordo. Comperi ciera, sevo e olio
e altre cose secondo e bisogni, tenendone di tutto conto. Lo scrivano succeda
al proveditore quando manchassi alle tornate, faccia de partiti ricordo, conti
le fave riferendo tutto nondimeno al proveditore accioché al vero libro de
partiti gli scriva. Apunti ciascuno officiale che non venissi ? in soldi uno
per ciascuna tornata da mattina et/ di quaresima et di quelle faccia porgli
al proveditore debitori inanzi alla fine del loro officio in una partita di quanto

a) Su rasura. >) altro partito : tro partito fuori colonna, c) In margine Appun-
tature,
eee

LA COMPAGNIA DI DISCIPLINATI DI S. DOMENICO IN FIRENZE 225

anno manchato. Tengha conto per via da puntature di chi viene alla com-
pagnia accioché sempre si possa vedere chi debba participare delle limosine
della compagnia, attendendo a questo con diligentia. Et tengha un quader-
nuccio di tutti quegli fussino a specchio et di quelli che fussino debitori di
lire una o più e quali, a tempo d'ogni officio di governatori, debba almeno
leggiere una volta. Ricordi a governatori in che pena sono e non paghanti
et chi non viene al luogho. Legha la mattina della purificatione chi è a specchio
accioché non serri nel distribuire le limosine della compagnia. Et non si faccia
e solliciti negligenti et tengha le chiavi degli armarii a llui ordinati. Il eamar-
lingho generale tengha un libro d’entrata e uscita, ricieva e denari delle en-
trature de novitii, rinuntie d’offitii, soscritioni, gratie et condennagioni et
ogni altri danari pervenissino alla compagnia, exciepto limosine. Nulla sia
bene paghato che non si paghi per le sue mani. Non paghi alcun danaio sanza
gli ordinarii stantiamenti. Sodi// sufficientemente per dua mallevadori 2)
approvati da governatori di rendere buon conto secondo el saldo de sua ra-
gionieri, inanzi pigli l’officio e rimetta intra la prima tornata dopo el saldo
quello gli restassi nelle mani, sotto pena d’essere raso. Et quello delle limo-
sine pigli solo e danari di limosine et offerte tenendone per entrata e uscita
conto. Nulla paghi sanza gli ordinarii stantiamenti. Sodi sufficientemente
come el camarlingho generale sotto la medesima pena. E maestri di novitii
sieno l'uscio di nostra compagnia, intendino e cimentino D tra loro quelli
che sono messi loro inanzi et investighino di multiplicare di degnio numero
la nostra religione, sieno e primi che cimentino tra lloro quelli che vogliono
essere di nostra religione, rendendo ancora di poi el partito intra e tredici
residenti. Conduchino et ghuidino e novitii et informili nelle entrate et nel-
l'altre cirimonie. Gl'infermieri caritativamente et con fraterno amore sieno
vigilanti se alcuno de fratelli amalassi o avessi affanno alcuno, el quale deb-
bino vicitare, confortare e acompagniare, ricordando per lo primo aiuto sendo/
malato la confessione et, secondo il bisogno, gli altri sagramenti, conducen-
dovi, volendo l'amalato, confessori o medico della nostra compagnia. Possino
per loro partito stanziare de denari della compagnia delle limosine insino in
lire una per septimana per ciascuno infermo o ©) bisognioso che non fussi
a specchio. Possino insieme co governatori diputare dua o quatro che le nocti
vegghino nella guardia degl'infermi non possendo o non essendo acti loro. Et
ancora insieme co governatori possino sovenire et stanziare d'ogni danari
della compagnia chi fussi infermo come é decto insino alla soma di lire quatro
per septimana per ciascuno. Et debbino ricordare con amore a governatori
e a tucti e fratelli che oltre all'opere della misericordia in questi casi è fondata
ogni nostra carità l'uno verso l'altro, exortando ciascuno alle visitationi et
subsidii degli infermi affannati o bisogniosi frategli. E paciali abbino a tenere
una listra di tutti i fratelli et quelli fussino negligenti confortare, sollecitare
et riscaldare, ricordando loro la contumacia in. che sono, di non partecipare
e gradi nelle limosine della compagnia. Sieno ancora oblighati se alcuno isdegnio
o litigio nasciessi tra frategli operarsi et operare altri// per la pacie et accordo
di quegli, et di vicitare gl'infermi, dove da altri manchassi la vicitatione. Sieno
sopra tucti gli altri solliciti alle nostre tornate perché in loro é il soplimento
delle nigligentie d'altri. E sagrestani 9 et maestri di cirimonie conmettino
l'offitio iusta l'ordine del primo governatore, disponghino qualunque modo,
canto et cirimonie dispone el septimo capitolo, diputando infra loro due a
questo per quel tempo vorranno. Tenghino le chiave del luogo, armarii et

- a). In margine Mallevadori. ^b) cimentino o interlineato.. ^ c) Interlineato. | d) In
margine Sagrestani. i

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226 OLGA MARINELLI

chasse, chi di loro é piu vicino o libero piglino per inventario le cose della
compagnia a lloro apartenenti, soscrivendo tale inventario in sul quaderno del
massaio. Sieno e primi a venire et ultimi a partire, parino e adornino l'altare,
preparino legii, libri, lumi, chassetta, bacinetto, discipline, acqua benedetta,
fave e bossoli. Et avendosi a ffar partiti gli ricolghino, ripieghino et riponghino
veste e altro, ministrando tucto a tempi loro come veri figliuoli d'obedienzia.
Seghino e tredici principali a loro luoghi in questo modo : el primi governatore
al primo luogho presso all'uscio del loro descho, el secondo apresso et poi il
terzo. All'altra residentia il proveditore, scrivano, camarlingho generale,/
camarlingho delle limosine, maestri di novitii secondo l'età, vicitatori secondo
l'età. Avendovi a sedere per soprimento e paciali seghino gli ultimi, secondo
l'età, sempre honorando e piü antichi. Et per l'ordinario seghino ne primi
quatro canti presso alle due residentie, stando più alti e più antichi. E sagre-
stani, quelli dua da loro ordinati sopra le cirimonie et ordine d'officio, ritti
inanzi a cori presso a due deschi degli officiali, gli altri dua che anno a pre-
parare lumi e altro di sopra presso alla fine de cori, andando a loro servigi
piano et con divotione per non isturbare chi nulla dicessi. Et perché el salva-
tore nostro Yhesu Christo oltre a dodici apostoli ordinó ancora altri discepoli
che a due a due gli andassino inanzi in ogni terra e luogho dove lui avessi a
venire, diputiamo che sempre nella nostra compagnia sia uno notaio 2) et
uno massaio P. Il notaio abbia mandato di potere piatire, riscuotere, entrare
in tenuta et rispondere in qualunque litigio in nome della compagnia et di
quello apartenessi alla sua arte a operare et quando achadessi o da governa-
tori gli fussi conmesso. Il massaio abbia a sua ghuardia tutte le cose// della
compagnia mobile et immobile et di tucte tengha inventario et conto. Assegni
a sagrestani o a chi quelle avessi a operare a tempi facciendo a chi le consegnia
soscrivere gl'inventarii et ricordi el risparmio et mantenimento di quelle.
Tengha le chiavi del luogo et d'ogni altro serrame, che ad altri non fussi asse-
gniato. Intenda dove fussino veste o altre cose della compagnia e di quelle 9)
et di chi le tenessi tengha conto. In lui stia la cura di tecti) i palchi e mura
dell'oratorio et d'ogni altra apartenenza di quello, riparando a tempi quando
bisogniassi. Possa per decti acconcimi et bisogni far paghare al camarlingho
generale a ttempo d'ogni governatore lire dua et bisogniando piü, fare da go-
vernatori stanziare quello bisogniassi. Sia col notaio dove per la compagnia
bisogniassi fuori di quella fare atto niuno. Sodi sufficientemente infra la prima
tornata sarà electo o raffermo di rendere conto delle cose mobili arà nelle mani
et non sodando e governatori che lo eleggieranno o raffermeranno s'intendino
sua malevadori e oblighati per lui 9. Et lor abbino a provare sua malevadori.
La loro electione si faccia la terza domenicha di giennaio per quel tempo parrà
a gover/natori potendolo fare per sempre, parendo loro con riserbo che sempre
debbino in decta terza domenicha di giennaio essere raffermi per quelli che
faranno loro eletione, la quale si faccia in questo modo, che e governatori
mandino ? a partito sei de nostri fratelli chi a lloro parrà tra loro governa-
tori et gli altri residenti, tratti o sostituiti, secondo gli ordini per essere massaio.
Et quello arà tra loro piü fave nere sarà massaio, per quel tempo ordineranno
colla sopra decta aultorità et oblighi. Et per notaio si mandi a partito tra so-
pradecti insino in tre notai, sendone nella compagnia se non dua o uno quel vi
fussi et come del massaio si dicie, si faccia sua eletione dandogli di poi aulto-
rità e mandato secondo bisogniassi. Possino nondimeno e decti notaio e

a) Ia margine Notaio. b) In margine Massaio. c) o altre-quelle in margine.
d)tecti, esu rasura. e) Su rasura. 1) Seguito da sei espunto.

LL — —
P REL)

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LA COMPAGNIA DI DISCIPLINATI DI S. DOMENICO IN FIRENZE 227

massaio, parendo a governatori, essere rimossi per partito de tredici residenti,
così tucti e due, come ciascuno di per sé. Et achadendo tale rimossa per ogni
tempo nel sopra decto modo si faccia nuova eletione. Volendo decti notaio
et massaio rinuntiare decto officio, faccilo infra octo dì, sanza alcuno pagha-
mento. Non lo facciendo, abbia accieptato e accieptando sia oblighato a exer-
citare con fede e amore. Possino ancora ogni anno, sendo per piü tempo eletti,
facta// la loro rafferma, infra octo dí rinuntiare come se nel principio della
eletione facto l'avessino, et nel medesimo modo si riprovegha. Non abbino
nessuno di loro agli altri officii divieto, ma sendo tratti possino l'uno et l'altro
exercitare. Seghino e primi ne dua chori a llato a paciali.

DELLE CERIMONIE, OFFICIO ET SUO ORDINE. Capitolo septimo.
Cantate Domino et benedicite nomini sancto eius.

Cantate al Signore et laudate il suo sancto nome dicie il psalmista. Peró
questo officio et orationi ordiniamo alla nostra compagnia prima, che giunti
in choro insino al numero di cinque, uno per conmessione del sagrestano leggha
qualche spirituale amaestramento. Sentito il cenno, finischa tu autem Do-
mine miserere nobis et risposto dal choro Deo gratias, commesso prima tucto,
i governatori comincino l'officio, il quale vogliamo che abbia quatro muta-
tioni. Tucte le tornate da mattina si canti el mattutino di nostra Donna con
le laude et orationi consuete. Sendo festa o vigilia d'alcun santo si dica suo
inno ; non sendo, el credo, poi versetti per orationi et la messa. Ongni primo
et terzo venerdi del mese si dichino psalmeggiando e psalmi penitentiali/
con letanie e orationi et la Magnificat con sue oratione et facciasi disciplina.
Ogni secondo vernerdi e psalmi gradi secondo l'ordine et facciasi disciplina.
Ogni quarto vernerdi si canti el primo nocturno de morti et facciasi disci-
plina. Et achadendo quinto vernerdi si dica el medesimo officio che el primo,
ingengniandosi sempre di non avere in vernerdi da ssera a ffare partiti o
provisioni della compagnia, perché sono solo per oratione et disciplina ordi-
nati. A tucte le letioni co risponsori si stia a sedere, a tucti e psalmi cantando
in pié. A tucti Gloria Patri, Iube, donne, benedicere, Ave Maria, capitolo,
Deus in auditorium et Domine, labia, inclinati a capo scoperto. Alla messa,
a tucte le orationi, confessioni, acqua benedecta, letanie, divotioni, principio
et fine di qualunque officio, ginocchioni. Il principio di qualunque officio sia
Pater noster secreto, Iube, donne, Noctem quietam 9) Fratres, Adiutorium,
confitemini, Confiteor, Misereatur. Et venghasi allo officio che occorre ex-
cepto che a quello de morti, detto Pater noster si cominci pe coristi lo invi-
tatorio. A mactutino detto da uno de governatori, Ave Maria, Domine, labia,
Deus in auditorium, || e coristi lo invitatorio, ymni, psalmi et versetti. Uno
de frategli ripigli a parole tucte l'antifane imposte da governatori et cominci
e risponsorii delle letioni et quello dirà le letioni al leggio gli ripigli ciascuno
quello della sua letione. La pacie si dia al Benedictus da due de frategli a chi
sarà imposto sanza inginocchiarsi se non prima dato la pacie a tucti. Non
s'avendo a dire messa, si vadia a offerta immediate doppo la pacie, prima e
governatori poi a dua chori, cominciando li officiali et tornino dentro agli
inginocchiatoi D. Et finito il Benedictus et l'antifane e governatori l'ora-
tione del mactutino, e coristi inponghino il Credo cantando e due frategli e
versetti Benedicamus patrem di san Domenico et della pacie e uno de gover-
natori al leggio le loro orationi Domine, exaudi da coristi, Benedicamus Do-

a) quietem. — b) inginocchiatoi oi su rasura.

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228 OLGA MARINELLI

mino, da governatori, Fidelium anime, Dominus det, Salve Regina, Gratiam
tuam, et Divinum auxilium, Pater noster. Et facti e bisogni occorrenti si .dia
licenzia. Avendosi a dire messa si riservi l'offerta al luogo consueto nella
messa l'Asperges e lla confessione pel sacerdote et finito e bisogni della com-
pagnia con l'Ave Maria, licentia con pocha praticha al descho de / governa-
tori o officiali. A penitentiali fatta la confessione dica el governatore Ne re-
miniscaris, dua a luoghi imponghino psalmeggiando e decti insieme al leggio.
Ne reminiscaris, et due altri al leggio letanie. Et uno de governatori o altro.
fratello Deus in adiitorium con le prece. Rispondendo e chori insino alle
dieci orationi, et decte inpongha cantando la Magnificat et due de fratelli e
versetti di Donna, di san Domenico et della pacie. Uno de governatori al
leggio l'oratione et Domine exaudi que, dua Benedicamus Domino, gover-
natori Dominus det, Salve, Gratiam et Divinum auxilium, Pater noster.

Diansi le discipline da sagrestani inginocchiati prima in mezzo divotione,
Ave Maria et licentia. La pacie si dia alla Magnificat et inmediate si vadia a
offerta. A graduali si cantino e primi cinque nel tuono de morti al leggio, gli
altri ordinariamente la pacie et l'offerta, successivamente a Memento Domine
David, et dopo l'ultima oratione decta da governatori al descho, e versetti
di nostra Donna, di sancto Domenico et della pacie et da governatori loro
orationi al leggio Domine exaudi, Benedicamus, Dominus det, Salve, Gra-
tiam et Pater noster. Et diensi pe sagrestani // le discipline, facciasi la divo-
tione Ave Maria et licentia. A morti l'archa in mezzo con dua candellieri,
Pater noster, coristi lo invitatorio alleggio et un verso de psalmi loro l'altro.
e chori cantino tutte l'antifane e versi delle letioni nel tuono loro ma da due
altri iscambiando, Tremens factus sum et Dies illa. La pacie non si dia, ma
al Miserere 9) l'offerta. Et tornati a sagrestani, dieno a governatori dua can-
dele, agli altri una et acciese al Benedictus vadino alla sepoltura, stando e
coristi all'altare tutti gli altri apresso ginocchione ; e governatori in mezo.
L'orationi non sendo per fratello morto sia Deus, venie largitor et Fidelium:
Deus, et finite, il primo governatore con parole accommodate per chi se fatto
l'officio, inpongha a parole De profundis et decto le medesime orationi o-
Inclina Domine, sendo per fratello morto, e coristi Requiescant in pace»),
ritornino al luogo loro rendendo a sagrestani agli ultimi canti de chori le:
candele. Diensi le discipline, divotione et licentia. E di ©) nostra Donna
et degli apostoli si dica in luogo del Credo suo ymno, versetto et oratione
prima, di poi l’ordinarie. Così scadendo festa in domenicha. Et scadendi ne
peniten//ziali, decta Concede nos si dica suo ymno, versetto et orationi, se=-
ghuitande l’altre a graduali, dette Pretende Domine, l’ymno, versetto et
oratione della festa, poi l'ordinate. A morti non si faccia altra commemora-
tione. Per l’avento o di quaresima si muti el Te Deum in altro ymno o
psalmo, come ordineranno e governatori. Alla disciplina confortati prima da.
governatori e frategli a contritione et spenti e lumi uno faccia la divotione-
nel modo da sagrestani gli sarà ordinato. Dicasi insino in tre stanze di Pas-
sione, con divoto et accommodato sermone et insino in cinque precie prima
per noi et pe nostri fratelli assenti, seconda per quelli fratelli fussino infermi
o in viaggio o altro bisognio, nominando chi s’intendessi n’avessi bisognio,.
terza per tucti e nostri benefactori et per chi alle nostre orationi si fussi rac--
comandato, quarta per buono stato et pacie di questa città, ultima per l'anime
de fratelli morti e nostri padri et gente, poi laulda e lume. Parendo a nostri
governatori che acadendo quinto vernerdi nel mese di mutare o abreviare

a) Miserere arere su rasura. b) pacie. c) Su rasura.

-
Ld

LA COMPAGNIA DI DISCIPLINATI DI S. DOMENICO IN FIRENZE 229

offitio lo possino fare cosi di fare leg//giere questi capitoli o le bolle delle
nostre indulgentie sanza altro officio che la divotione ancora mutare, ongni
officio e cirimonia lo possino ordinare per loro partito. Per la festa del nostro
padre san Domenico nella prima delle due domeniche che sono inanzi a quella
festa et sono tornate, sieno da nostri governatori diputati quatro festaiuoli
che adornino el nostro luogo et ordinino almeno dua messe piano et una can-
tando et faccino ricordare a tutti e frategli el di di tale solemnità e alla nostra
compagnia. Et parendo a nostri governatori e festaiuoli che per maggiore
solemnità et per avere piü fratri che ancora in tal di anno la festa, ‘di tran-
sferirla in altro dì dopo tal festa, lo possino fare, non passando el mese d’agosto
et notificatolo a tutti e fratelli. E quali ragunati, si canti un solemne mactu-
tino con l’ymno et oratione di san Domenico. Cantisi una solemne messa et
facciasi una divota comunione alla quale prima da governatori sieno tutti e
frategli exortati, facciendo tutto secondo l’ordine de quatro festaiuoli, e quali
in decta festa possino spendere insino in lire dieci de danari della compagnia,
et il camarlingo generale gli debba/ paghare, sendo stanziati per partito solo
de tre governatori e quatro festaiuoli. Et perché insino nell'anno .MCCGCCLXVI.
la prima domenicha di febraio fu consecrato el nostro oratorio con assai di-
votione et aparato, et in perpetuo tal di a vicitanti quello ci sono grande in-
dulgentie conciesse da piü prelati, peró ordinamo che e governatori ongni
terza domenicha di giennaio deputino 9 dua de frategli e quali come a lloro
parrà adornino l'oratorio. Ordinino che almeno in tal mactina si dica dua
messe, cantasi un solenne mactutino con l’ymno della consecratione et le-
ghinsi le bolle. Possino in decta solemnità spendere insino in lire quatro, e
il camarlingo generale paghargli con lo stanziamento de governatori et due
festaiuoli, e quali prima P) debbino far ricordare a tutti e fratelli che in tal
mactina venghino alla compagnia per acquistare tale indulgentia. La septi-
mana sancta si vengha alla compagnia el mercoledi sera, el giovedi e ve-
nerdi, doppo l'officio della chiesa. Et mangiato, el mercoledi sera si dica l'of-
ficio ordinario, facciansi le tenebre per uno de fratelli, un sermone exorta-
torio a penitentia et facciasi disciplina. El giovedi si faccia prima la lavatione
de piedi da gover//natori a tucti o a quella parte ordineranno. Dica uno
de frategli el mandato cioè Ante diem festum pasce di poi una leggiere
colletione in luogo di comunione, cantando e coristi Ubi caritas et amor, et
Dulcis Yhesu memoria et per uno de frategli un sermone a tale cerimonie
conveniente. Et venghasi di poi all’officio ordinario con le tenebre et disci-
plina, quale in tal dì si conviene. El venerdì parendo a governatori d’andare
fuori a processione col crocifisso, lo possino fare per loro partito, et tornati,
si dica l’ordinario officio et facte le tenebre, per uno de frategli si faccia un
sermone della passione et infinita clementia del nostro Salvatore. Avendo
prima posto in terra el crocifisso con aparecchio conveniente, ciascuno si
scalzi et spogli mettendosi in su le carni la vesta. Et vadasi a baciare el cro-
cifisso facciendo ciascuno disciplina et portando el viso coperto accioché
sanza riguardo si possa per ciascuno fare de sua peccati penitentia, andando
con divotione et con quello ordine sarà da governatori et cerimonieri ordi-
nato. Et perché queste cerimonie della septimana sancta son divote et anno
assai misterii quando sono bene ordinate, voglianmo che la quarta domenicha
di quaresima e gover/natori deputino sei de frategli, tre che sieno sopra le
cerimonie et officii, laude, sermoni et discipline, gli altri sopra l’ordine della
lavatione de piedi, aparato et colletione, possendo per questo spendere quello
a lloro parra insieme co governatori. Et ricordisi pe governatori a tucti e fra-

a) deputino ino su rasura. — b) Seguito da gli cancellato ed espunto,

20a

20b

21a

21b

vera,

dc 27^
i

m PEN
22a

22b

23a

230 OLGA MARINELLI

tegli l'obligo della comunione a popoli. Per ® la purificatione di nostra
Donna el proveditore abbia facte fare quel numero di candele crede abbino
a bastare per quegli frategli verranno a pigliarle, delle quali ne sia cinque di
quatro per libra per tre governatori, correctore et medico et ventitré di sei
per libra per dieci officiali tracti, tre confessori, quatro paciali et quatro sa-
grestani, notaio et massaio. El resto sieno d'octo per libbra, le quali in tal
mactina, decta la messa del correctore, con ornata cerimonia si dieno a quegli
frategli verranno a pigliarle che non saranno a specchio. Et quelli fussino a
specchio aranno patientia perché non si conviene a chi non pagha avere la
distributione delle limosine delle borse de paghanti. Possino ancora e gover-
natori insino in dua altre tornate succedente e non piü dare le candele a chi
venissi alla compagnia, stando// a tutto l'officio. Et essendo nondimeno necto
di specchio, cosi officiale come sanza officio, non sendo peró oblighati a darle
più che si voglino. Debbino ancora e governatori, decto l’officio, inanzi si
cominci la messa, fare leggiere questa parte di questo capitolo et tucti quelli
sono a specchio, accioché volendo se ne possino levare et perché non serri
nel distribuire le cose della compagnia. Per la Pasqua della natività del nostro
redemptore Yhesu si vengha alla compagnia quando si va alla messa del-
l'aurora et decto un solemne mactutino con l'ymno et Verbum caro, et pel
correttore la messa, si faccia una devotissima comunione con quelle cirimonie
et aparato che parrà a governatori o a chi deputassino. Ancora perché egli
è di consuetudine che la D mactina de morti si tenga el nostro luogo aperto,
vogliamo che pe governatori sieno deputati quatro de frategli, e quali possino
ordinare et ornare el luogo di cera e altro come a lloro parrà. Possino e detti
ricordare et far richiedere e frategli di limosina per tal mactina per l'anime
de loro morti et debbino ricordare a tucti che in tal mactina venghino, la
quale vogliamo sia tor/nata. Non possino per lo spendere di quello e nelle
mani de camarlinghi più che insino in lire dieci. Dicasi tal mactina l'offitio
de morti con quello ordine et modo che da governatori et quatro deputati
sarà ordinato, ricordando a tutti le indulgentie vi sono 9. Morendo al-
cuno di nostra compagnia non vogliamo che partita si importante manchi
di fraterna carità et subsidio, ma che e governatori conmetiino che e sieno
invitati tutti e frategli al mortorio et officio del perduto fratello per la prima
tornata di vernerdi sera dopo la sua morte saputa et in tal sera si dica con
ongni divotione possibile l'ordinario officio de morti che el quarto vernerdi
si dicie et potendo venire el correctore, stia col camicie e stole et in luogo de
governatori principii l'officio et dica l'oratione, ponghasi l'archa in mezzo
con quello apparecchio di lumi ordineranno e governatori, non mancando
però due candellieri all’altare e dua all’arca e lle dodici falcole intorno all’ora-
torio. Et essendo governatore o d’altro officio si faccia una capannetta o quadro
come parrà a compagni con paramenti neri all'altare e leggio. Vadasi con le
candele acciese all’altare, e governatori nel mezo a Libera me Domine, et
quivi ginocchione tutti si finisca// e tre psalmi delle laulde et tucto l’officio,
al Pater noster si dia pel correttore l’incenso et acqua benedecta sopra l’archa,
et decto el De profundis si dica il luogo delle ordinarie orationi Absotve o
Inclina, et decto Requiescat in pace e sagrestani piglino a canti de cori le
candele et tornato ciascuno a sedere mentre che dua sagrestani danno le
discipline, gli altri spenghino e lumi et riponghino l’archa. Et facciasi la divo-
tione con una laude conveniente, mentre che si spoglia sanza Fratres o Re-
cordamini un sermone brieve della miseria et fragilità di nostra vita con una
prece sola per l’anima del fratello morto et di tutti quelli della nostra com-

a) In margine Candele. b) In margine Mattina de morti c) Su rasura.

È LA COMPAGNIA DI DISCIPLINATI DI S. DOMENICO IN FIRENZE 231

pagnia, et rivestiti con conveniente lauda cantando Nunc dimictis et col
lume Ad Dominum cum tribularer, si faccia l’offerta sanza dare la pacie o
fare altra conmemoratione. E governatori comandino a ciascuno fratello che
e tre sequenti dì dica uno De profundis per dì per l’anima del fratello morto,
et al proveditore che non trovando el morto fratello allo specchio che per
l'anima sua faccia dire le messe di sancto Gregorio et stanzino quello vogliono
si dia per limosina a quello sacerdote le faranno dire. Et colla Ave Maria
dieno licenzia. Et avendo lasciato o essendo richiesti o parendo/ a governa-
tori d’andare col cataletto a processione a sopellire el fratello morto,non sendo
a specchio, ordinino vesta, cataletto e torchi et qualunque altre cerimonie
secondo el tempo, la persona et il luogo dove s’a a sepelire, andando et tor-
nando sempre con divotione, dicendo in silentio psalmi, orationi per l’anima
del perduto fratello, prestando l’opera della carità di sopellire il morto, avendo
buono riguardo di non occupare colle nostre cerimonie quelle delle persone
ecclesiastice et religiose. L’officio per l'anime de benefactori della muraglia
del nostro nuovo oratorio si faccia quel dì parrà a nostri governatori pure
che al tempo d’ongni officio di governatori si faccia una volta et sia in questo
modo : prima abbino notificato in publico el dì si debba fare, accioche e fra-
tegli venghino a prestare l’opera della carità coll’oratione, et faccino cantare
da frati di Sancta Maria Novella nell’oratorio una messa de morti con ongni
solemnità, torchi, candele come da governatori sarà ordinato, et dicasi al-
meno una messa leggiendo. Possino in decto officio spendere oltre a quello
s'a a dare per fitto del luogo vecchio insino in lire sei// per loro stanziamento
solo gli possa el camarlingho pagare. Et qualunque de tre governatori lascias-
sino che nel tempo del loro officio non si faciessi decta solemnità pe morti,
s'intendino essere rasi di nostra compagnia e da qualunque officiale o privato
fratello possino essere publicati rasi. E a questo acto sieno da proveditore,
accioché a chi in vita è stato del nostro oratorio caritativo, non gli manchi
la fraterna carità dopo la morte. Scadendo 9 mai per le nostre inobservantie
che le compagnie si serrino, vogliamo che l’ultima tornata di tale dispersione
detto el nostro offitio, el primo governatore con conveniente sermone pieno
d’amore e carità conforti ciascheduno che mai per alcuno intervallo di pre-
sentia lasci dividere sì dolce vincolo d’animo. Et data la sua chiave del luogo
al proveditore, et lui pigli da lui quelle tiene delle borse, ordini che ’Inotaio
con testimoni roghi come el proveditore, el massaio e uno de quatro sogre-
grestani da e governatori diputato. Pigliano per inventario tutte le cose
della compagnia obligandosi a buona restitutione. Et loro tre, cioè/ prove-
ditore, massaio et segrestano abbino la cura di sciorinare le veste et mante-
nere tucte l’altre cose riguardando spesso tecti, mura, coro e ogni altra cosa
fussi di bisognio come mantenitori di quelle. Tenghino ancora le chiavi di tutti
e serrami etciepto che delle borse, le quali vogliamo che quelle tenghino e
maestri de novitii et gl’infermieri, si dieno al correctore quella del primo go-
vernatore, proveditore et scrivano. Tengha esso primo governatore insino a
tanto che a Dio piacerà stiamo di tale consolatione privati. Et scadendo che
a quelli che non anno dal palagio beneficio fussi riservato el potersi a compa-
gnie ragunare, vogliamo che e governatori possino per loro partito prima et
poi de tredici residenti deputare quatro de fratelli, e quali debbino infra un
mese avere ordinate le borse de nostri officii per quegli che si potessino ragu-
nare nel medesimo modo sieno quelle che al presente sono, per le quali deb-
bino ordinare altro luogo che nell’altare, accioché mai le borse, dove sono
tutti e frategli, si possino tocchare nella absentia di quelli che non si potessino

a) In margine Compagnie serrate.

23b

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24b

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S ox 232 OLGA MARINELLI

ragunare. Et perché la compagnia non rimanessi sanza ufficiali, quando inanzi
alla partita di chi fussi prohibito non fussi facta tale inborsatione, vogliamo

25a che qualunque?) //XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX

KXKXKXXXXXKXKXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
trentacinque frategli netti di specchio ne possino dare licentia e governatori
a nessuno che fussi a specchio di rendere fave a tal partito di rafferma. Queste
adunque diputiamo et statuimo per nostre leggie, ordini et capitoli, né vo-
gliamo che inanzi a questi vaglino ordini, capitoli o partiti, ma in tutto sieno
cassi et annullati come se stati non fussino, stando fermo nondimeno ogni
traccia o eletione per l’ordinaria insino a questo dì facte. Et perché le cose
che fanno gli huomini sono imperfecte come loro et molte occorrentie pos-
sono scadere a che non proveghono e capitoli, simile a molte proveghono che
e tempi et e casi necessitono altrimenti, vogliamo che si possa agiugnere et
levare, ma che prima si vincha in tre nostre tornate ordinarie sendovi cia-
scuna tornata almeno trentacinque de nostri frategli netti di specchio, et che si
vincha per tre quarti di loro ogni suspensione et mutatione di questi capitoli.
Simile soctomettiamo a questo partito qualunque mutatione di luogo et alie-
natione di») chose della compagnia 9 confortando sempre in ogni par-

25b tito la minore parte che resti patiente. Et per conserva/tione del tucto, apruovi

quello che e piü anno facto, accioché quella pacie che fu anuntiata in terra
agli huomini di buona voluntà nel nascimento di quello Giesù Salvatore che
noi divotamente adoriamo sia sempre nella nostra compagnia. A honore et
gloria dello altissimo Iddio qui est benedictus in secula seculorum. Amen.
In Dei nomine amen. Anno eiusdem salutifere incarnationis millesimo

quadringentesimo septuagesimo sexto, inditione decima, die vero mercurii

quinta mensis martii, pontificatus sanctissimi in Christo patris et domini
nostri domini Sixti divina providentia pape quarti, anno sexto.

Venerabilis et egregius decretorum doctor dominus Antonius de Paga-
nellis de Firmo, reverendissimi in Christo patris et domini, domini Rainaldi
de Ursinis, Dei et Appostolice Sedis gratia archiepiscopi Florentini vicarius

26a generalis, affirmans pro parte sotietatis et universitatis discipline// sancti

Dominici, que congregatur in conventu Sancte Marie Novelle de Florentia
sub titulo sancti Dominici predicti, et spetialiter per nobilem virum Iohan-
nem Francischum Filippi de Tornabuonis gubernatorem eiusdem fuisse
eidem presentata et exhibita nonnulla capitula sive ordinationes, per homines
eiusdem sotietatis ordinata et composita, et per ipsum dominum vicarium
confirmanda et approbanda vigore eius autoritatis prout et sicut in eorum
petitione continetur. Que quidem capitula et eorum tenores per ipsum do-
minum vicarium examinata, actendens et diligenter considerans, quod omnia
in eis contenta cedunt ad honorem onnipotentis Dei et gloriosi confessoris
sancti Dominici sub cuius vocabulo ipsa sotietas congregatur et ad augumen-
tum et devotionem christiane religionis, volens unumquemque dicte sotietatis
ad observationem dictorum capitulorum animare, virtute dicti sui vicariatus
offitii capitula et ordinationes sub .x. rubricis descripta, facta et composita

26b et omnia in eis contenta, ut tanquam/ bene et religiose facta et ordinata,

approbavit et emologavit et auctoritatem suam ordinariam interposuit et
decretum. Et ut quilibet dicte sotietatis confiteri et communicare valeat
et possit a quocumque sacerdote ac etiam quod quilibet sacerdos in loco
dicte congregationis celebrare et sacrosancta ministrare, salvo quod in Pa-
schate Resurrexionis Domini nostri Yesu Christi, in quo volunt quilibet in

a) Dopo la c. 24 il codice presenta delle lacune. — b) i su rasura.

€) com su rasura,
LA COMPAGNIA DI DISCIPLINATI DI S. DOMENICO IN FIRENZE 233

sua parrochia quolibet anno confiteri et eucaristiam summere, licentiam de-
dit pariter et concessit non obstantibus quibuscumque in contrarium dispo-
nentibus, mandans michi Francischo ut de premissis publicum conficerem
instrumentum et instrumenta.

Acta fuerunt predicta omnia et singula suprascripta per dominum, do-
minum Antonium vicarium prefatum in archiepiscopali palatio florentino,
presentibus ibidem presbitero Francischo Boscarini capellano Ecclesie Flo-
rentine et Urbano alicuius Urbani de Cattanis et aliis testibus ad hoc pre-
missa habitis, vocatis et rogatis. // ;

Ego Franciscus domini ser Iacobi ser Antonii civis et notarius Floren-
tinus imperiali auctoritate notarius iudexque ordinarius, quia predictis
omnibus et singulis suprascriptis dum sic agerentur et fierent, interfui et de
mandato dicti domini vicarii rogatus, ideoque me subscripsi, signumque meum
apposui consuetum. [S.T.]

.MCCCCLXXXXVII., die .viti. martii. Venerabilis vir dominus Ludovicus
De Adimaribus decretorum doctor reverendissimi in Christo patris et domini,
domini Rainaldi de Ursinis, Dei gratia archiepiscopi Florentini vicarius ge-
neralis, attendens qualiter homines dicte sotietatis, qui sunt...........
non possunt se coadunare secundum ordinamenta et parlamentum sumere
et proinde faciliter non possunt haberi et coadunari per penas contra eos
impositas, et volentes comoditati dicte sotietatis providere, virtute nostri
vicariatus officii secundum modum quo possimus, dispensamus ac damus et
concedimus autoritatem et potestatem gubernatoribus et hominibus dicte
sotietatis quod de mense/ novembris usque ad pervenientem mensem aprilis
cuius. .... .XX. homines dicte sotietatis et omnia possint facere opportune
pro dicta sotietate prout et quemadmodum dispositum per capitulum, ho-
minibus qui debent coadunari tempore estatis, hoc est a mense maii singuli

anni usque ad pervenientem mensem octobris.............. et omnia
per eos facta et gesta valeant et teneant ut facta essent per totum corpus
dicte sotietatis et .......... dicte sotietatis et suam autoritatem ordi-

nariam interposuit, mandans per me Franciscum notarium ut de predictis
facere publicum instrumentum.

Actum in archiepiscopali audentia ........... .vrr. martii, 1497, ego
Franciscus ser Iacobi de mandato notarii archieposcopali . ... fidem me sub-
scripsi, die .viri. mensis martii 1497, indictione nona.

27a

27b

Pd

Pant VELE Sede 35 b

36 a

36 b

MATRICOLA DELLA COMPAGNIA

Qui appresso si farà ricordo di tutti gli u[o]mini che sono al pre-
sente nella nostra conpangnia di san Domenico e’ quali si trovano
essere della detta conpangnia questo dì primo d’aprile 1467. E così
si [s]chriverano di poi tutti quelli che di nuovo? ent[r]erano nella
detta conpangnia e metteranosi tutti per alfabetho cominciando nella
faccia di là al dirimpetto.//

Antonio di Iacopo del Biondo.
Aghostino di Nofri di Gimingniano.
Antonio di Simone della Volta.
Andrea d’Andrea ricamatore.
A[n]tonio di Giuliano di Ghoro.
Antonio di Niccholò Popoleschi.
Antonio di Ghuiglelmo lanaiulo.
Antonio di Giovanni degli Spini.
Antonio di Tuctio Manetti.

Andrea di Bono Boni.

Aghostino d'Antonio intagliatore.
Antonio di Lionardo Ghondi.

Andrea di meser PieroP di meser Andrea de Pacci.
Anbruogio di Giovanni orafo.
Aghostino di Bernardo di Ridolfo.
Antonio di Iachopo del Tictia.
Antonio di Luigi Chovoni.

Antonio di Ghirigoro Ubortini.
Antonio d'Antonio Corbici ispeciale. /
Bartolomeo di Giovanni Baroncini.
Bernardo di Luigi da Chastiglionchio.
Bartolomeo di Giovanni Batini.
Bartolomeo di Bernardo Sapiti.
Buono di Marcho del Buono.
Bernardo di Michele speciale.
Batista di Batista Dini lanaiulo.
Bartolomeo di Giovanni del Chiaro.

=) nuovo con vo interlioeato, b) di meser Piero interlineati.
LA COMPAGNIA DI DISCIPLINATI DI S. DOMENICO IN FIRENZE 235

Brachacio di Niccholó Rucellai.

Bartolomeo di Giovanni dello Schura.

Bernaba di Morello Boni.

Benedetto di Matteo Ghori.

Bernardo di Lionardo di Como.

Berna[r]do di Giovanni Rucellai.

Bonacorso di Filippo di Biagio.

Bernardo di Luigi Bartoli.

Baldasarri d'Antonio di ser Lionardo.

Bernardo di Iacopo Baroncelli.

Bernardo di Gianotto Ottavanti.

Baldasarri de Rrosso Buondelmonti. / /

Baldasarri di Bernardo Brunetti. 73a
Bertoldo di Bartolomeo Chorsini.

Barnardo di Stagio da Ghiaceto.

Bartolomeo di Lucha Ugholini.

Benedetto di Niccholó Buonanni.

Berto di Pagholo Quaratesi.

Benedetto di Francescho Busini.

Benedetto di Domenicho Allegri.

Bernaba di Stefano Amanatini.

Bernardo di Piero Canbini.

Ser Bartolomeo di ser Ghuiglielmo Cessi notaio dell’opera. /
Chanbiacco di Girolomo Batini. 37b
Chosimo di Lorenzo dipintore.

Churrado di Iachopo Vecchietti.

Chiaro di Niccholó del Chiaro.

Cino di Filippo di Cino Rinucini.

Chosimo di Christofano da Cino.

Charlo d'Antonio Passi. / /

Domenicho d'Antonio di ser Lionardo. 38a
Dino di Macteo linaiulo.

Donato di Bernardo Quaratesi.

Daniello di Domenicho Sapiti.

ser Deo di Biagio prete.

Dino d'Antonio Chanacti.

Domenicho di Franciescho Drapieri.

Domenicho di Tomaso Fagiuli.

Donato di ser Francie[s]cho. /

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OLGA MARINELLI

Franciescho di Giovanni fabro.

Filippo di Marcho vaiaio.

Filippo di Lorenco di ser Lucha.

Federigho di Lionardo di Chomo.

Frusino di Michele pollaiulo. (
Franciescho di Niccholò Bellacti.
Filippo di Michele pillicciaio.
Franciescho di Lippo di Gimingniano.
Francischo di Niccholò Popoleschi.
Franciescho di Ghuido pianellaio.
Franciescho di Benedetto choregiaio.
Franciescho di Niccolaio Salvetti.
Franciescho di Pagholo Pasquini.
Franciescho d’Angniolo Chavalchanti.
Franciescho di Frusino merciaio.
Filippo di Canobi Pasquini.
Franciescho d'Andrea Cati.
Franciescho di Stefano Sengni.
Franciescho di ser Matteo Sosserroni. :
Filippo di Bocchaccio Allamaneschi. / / .
Falchone di Nicchola Falchoni.

Maestro Franciescho del maestro Angniolo medicho.

Franciescho d'Allamanno de Glabici.

Filippo di Giovanni Corbici.

Franciescho di Giovanni Pucci.

Filippo di Domenicho chartolaio.

Franciescho di Benedetto Pieri.

Meser Franciescho di Filippo? Ruccielai.
Filippo di Canobi Girolami.

Franciescho di Benedetto Cianghi.

Franciescho d'Iachopo P di Canobi lanaiulo.

Franciescho di ser Iacopo da Romena./

Giovanni di Lorino ? ‘merciaio. |
Girolamo di Pangniocco Ridolfi. Ld
Giovanni di Sandro Istrocci. ?
Giovanni Franciescho di Filippo Tornabuoni.

Giovanni di Domenicho linaiulo.

a) Correzione su lip. b) d’Iachopo interlineati. c) Corretto da Lorenzo.
LA COMPAGNIA DI DISCIPLINATI DI S.

Giovanni di Domenicho Sapiti.
Giovanni di Martino Scharfi.
Giotto di Simone Manovelli.
Giovanni d'Antonio Tassolli.
Giuliano di Niccholó Fulini.

DOMENICO IN FIRENZE

Giovanni di Domenicho di Tingho.
Ghuasparri di Christofano ispeciale.
Giovanni di Bartolomeo di Ventura.

Ser Giovanni di Lorenzo di ser Lucha.

Giovanni di Giuliano di Como.
Ser Girolamo di ser Bindello.
Girolamo di Iachopo Bischeri.

Giovencho di Giovencho de Medici.

Giovanni di Canobi d'Atingniano.
Giuliano di Simone Ginori. / /
Giovanni di Mariano di Vanni.
Ghaleotto di Iachopo Ciriagi.
Girolamo di Giovani di Ridolfo.
Giuliano di Piero Panciatichi.

Giovanbatista di Ghino Buondelmonti.

Mosingnor lo vescovo ? (Giuliano, veschovo di Citarea.
Maestro Ghuiglelmo nostro correttore.

Messer Giovanbatista di Ghulino ? Martelli 9.

Giovanni d'Attaviano Gierini.

Ghuiglelmo d'Antonio di Pardo de Ricci.

Girolamo di Franciescho Brandi.
Giuliano di Matteo 9 Perini.

Giovanni di ser Filippo da Saminiato.

Gianoco di Romolo lanaiulo.

Ghotescho di Marcho Ghoteschi 9. /

Iachopo di Piero Peccheri.
Iachopo di Franciescho Ventura.
Iachopo di meser Poggio.
Iachopo di Bardo lanaiulo. / /

a) Monsignor lo vescovo nel margine sinistro.

b) Ghulino con li interlineato.

237

c)

Martelli interlineato, corretto da Buoncelmonti. ^d) Matteo interlineato, corretto da Piero.

€) Corretto da Ghotescho.
41a

41b

42a

238

a) Giuliano con u interlineata,

OLGA MARINELLI

Lodovicho di Franciescho Ghuidotti.
Lorenzo di Piero merciaio.

Lorenzo di Piero dipintore.
Lodovicho di Lionardo vaiaio.
Luigi d'Antonio Ghuidotti.

Lionardo d'Antonio Masi.

Lorenzo di Niccholó Fraschobaldi.
Lionardo di Tomaso Busini.
Lorenco d'Antonio Bartolelli.
Lionardo di Salvestro Spini.

Lorenco di Piero di Chosimo de Medici.

Lorenco di Giovanni Popoleschi.
Lodovicho di Matteo Chorsini.
Lionardo di Giovanni Charnesecchi.
Lionardo di Giovanni Buonafé. /

Marcho di Niccholó dello Strinato.
Matteo di Domenicho Chelli.
Martino d'Antonio Bastieri.

Matteo di Mattio del maestro Lucha
Maffio di Lorenzo Corbinelli.

Michele di Lucha da Pancano.
Meser Michele di Piero degli Stroci.
Michele di Lodovicho Ghardi.
Marcho di Ghuido Tigliamochi.
Marchione del maestro Ridolfo.
Michele di ser Piero Miglioregli.
Matteo di Matteo Chorsi.

Michele di Giuliano 9 Cati.

Michele di ser Barttolomeo Dinni. //

Niecholó d'Andrea Manovelli.
Niccholó di Churrado Vecchietti.
Nofri d'Antonio Pasquini.
Niccholò d'Antonio Lapocci.
Niccholò di Charlo Strocci.
Niccholó di meser Carlo Federighi.
Niccholaio di Lucha Formichoni.
LA COMPAGNIA DI DISCIPLINATI, DI S. DOMENICO IN FIRENZE 239

Niccholò di Lionardo Manelli.

Niccholó di Mainardo Chavalchanti.

Meser Niccholò di Lorenco Chanbi.
Nicchola di Piero di Chardinale Ruccelai. /

Piero di Simone Bangnesi. 42b
Piero di Nofri di Gimingniano.

Piero di Giovani Giacomini.

Piero di Franciescho Ballari.

Pagholo di Piero da Panzano.

Piero di Conte merciaio.

Piero di meser Tomaso Salvetti.
Piergiovani d'Andrea da Richasoli.
Pellegrino d'Antonio di Filippo.

Piero di Giovanni Orlandi.

Priore di Saracino Pucci.

Piero di Gino Chapponi.

Piero di Canobi della Badessa.

Piero di Lucha filatoiaio.

Pierfilippo di meser Gianoco Pandolfini.
Pagholo di Giovanni dal Borgho.

Piero di Tomaso Hottavanti.

Pellegrino di Franciescho da Chasavechia.
Ser Pagholo di ser Canobi.//

Nomi fuori d'alfabetho. 43a

Orsino di Giovanni d'Atingniano.

Ridolfo di Giuntino Giutini.
Rosso di Bartolo fornaciaio.
Ruberto di Lorenco Machi.

Vespasiano di Filippo chartolaio. /

Salvestro di Sano choiaio. 43b
Sandro di Bartolomeo funaiulo.

Smeraldo di Giovani Davacati.

Simone d'Antonio Benocci.
simone d'Antonio di Lencone.
240 OLGA MARINELLI

1 Salvestro di Domenicho Federighi.
Il Simone di Niccholò de lo Strinato.
Soldo di Pagholo Soldini.
Simone di Lorenzo di ser Santi.

Il reverendo maestro Raffaello di Francesco Zocchi ha visto il
presente libro et circa al piato non si trova nulla che faccia per noi,
questo di 17 di novembre 1591.

RAFFAELLO DI FRANCESCO ZoccHi
sindaco di detta compagnia. //

44a Tommaso di Lorenco di ser Lucha.
Tommaso di Bartolomeo di ser Tino.
Tommaso di Rinieri lanaiulo.

| Tommaso di Piero vaiaio.

"mu Tano di Petro Petrucci.

Hi Tommaso d’Andrea Minerbetti. |
Tommaso di Domenicho Chalandrini. |
Teri di Franciescho Tornaquinci. |
Teghiaio d'Allessandro da Montebuoni. /
INDICE DEL VOLUME

Memorie

GIUSEPPE CHIARETTI, La cultura archeologico-numismatica in Um-
bria nel secolo XVII attraverso l'opera di Durante Dorio . . pag. 5

REMO CorPiNi, Il pubblico mattatoio di Perugia. Cenno storico. . » 173

Varietà

MARIO RoNcETTI, Interpretazione scacchistica delle battaglie di
Magenta e:-Solferino iS » 191

Necrologi

DANILO :SEGOLONI;«Raffaele-Belforti== <--> ra » 197

CENTRO DI DOCUMENTAZIONE SUL MOVIMENTO
DEI DISCIPLINATI

OLGA MARINELLI, La Compagnia di Disciplinati di S. Domenico
pkhirenze Rete

mw

PnRor. GIOVANNI CECCHINI - Direttore responsabile bel ^s

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