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BOLLETTINO

DELLA

DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
PER L'UMBRIA

VOLUME LXVIII

FASCICOLO PRIMO

PERUGIA
1974 QAI He OH UGLY TE! 215 538p TRE"
Pubblicazione semestrale - Sped. abb. post. Gruppo IV
ARTI GRAFICHE CITTÀ DI CASTELLO
Città di Castello (Perugia)
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Alle origini del Seminario

di Perugia (1559-1600)

I

PERUGIA ECCLESIASTICA
NELLA SECONDA METÀ DEL ’500 (1559 - 1600)

Allindomani della chiusura del Concilio di Trento, il grande
Concilio che doveva cosi vastamente rianimare la vita religiosa del
mondo cattolico da allora fino ai nostri giorni, la diocesi di Perugia
si prepara a riceverne l'opera rinnovatrice con tutta una realtà in
attivo e in passivo, derivantele dalla sua storia politica e religiosa
recente.

Di questo attivo e passivo ci occupiamo sommariamente in
questo capitolo, per meglio inquadrare l'oggetto centrale della pre-
sente ricerca, il Seminario diocesano, in modo che balzi meglio il
ruolo a lui attribuito dagli storici del passato e meglio possano in-
quadrarlo gli storici che intendano occuparsene al presente. Nel-
l'opera infatti di rinnovamento che il Concilio tridentino ebbe ad
operare nella diocesi perugina, il Seminario viene ad esserne da un
lato un frutto e dall'altro uno strumento operativo.

Poiché ogni fatto umano nasce da un contesto concreto, da un
‘humus’ ambientale, anche il nuovo fatto ecclesiale del Seminario
viene alla luce nel contesto preciso della diocesi perugina, e questo
fatto sarà tanto più caratteristico del Seminario perugino, perché
nato proprio nel contesto locale, prima ancora di avere l’unzione dei
canoni tridentini.

Per questo si dimostra necessaria una panoramica degli ante-
fatti recenti e un richiamo sintetico della realtà dell’epoca da noi
presa in esame : la seconda metà del ’500 perugino.

1. CONDIZIONI POLITICHE E RELIGIOSE

In questa seconda metà del xvi secolo, Perugia è capitale di
un territorio politico e amministrativo all’interno del più vasto ter-

7 Pe, *2à L. ele A
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A 2 ARTURO GABRIJELCIC

ritorio dello Stato Pontificio o Ecclesiastico, come veniva chiamato
allora.

Lo Stato Pontificio perugino confinava allora con gli stati di
Siena e di Toscana, e Perugia aveva un servizio di diligenze postali
con arrivi e partenze trisettimanali da e per Roma, Siena, Monte-
pulciano, Chiusi, Regno di Napoli, Lombardia, Ducato di Toscana,
Stato Veneto e Germania.

Capoluogo politico dell'Umbria, dove risiedeva il Governatore,
e centro della diocesi con talora un cardinale per vescovo, Perugia
era una delle grandi città strategiche dello Stato Pontificio, centro
quindi di disegni militari, politici e amministrativi, i cui fatti in-
terni erano controllati molto da vicino da parte di Roma. La storia
recente della città portava ancora fresche e visibili le tracce di un
particolare momento critico avuto con Roma sotto il pontefice Paolo
III. Lo testimoniavano alcuni edifici ancora diroccati in quel tempo,
a seguito della cosiddetta « guerra del sale » del 1540, quando i pe-
rugini si sollevarono contro il rialzo del prezzo del sale, determinando
cosi l'intervento delle truppe pontificie e il cui epilogo piü appari-
scente era la possente mole della rocca, che nella sua parte piü alta
dominava l’intera città e che dal nome dello stesso pontefice che
l'aveva commissionata al Sangallo, aveva preso il nome di Rocca
Paolina, nome che tutt'oggi conserva ma sensibilmente trasformata
nelle sue strutture ".

Questo fatto, oltre che sull'aspetto visibile della città, aveva
avuto le sue piü gravi ripercussioni sul sistema di governo della
città, governo che le era stato via via ridotto fino quasi ad estin-
guersi in questa guerra del sale 9. Essendo infatti in mano al Go-
vernatore e al Legato la parte politica e giudiziaria, la città, attra-
verso le sue istituzioni cittadine, esercitava soltanto la parte ammi-
nistrativa per mezzo del Magistrato. Questi era eletto tra i cittadini
piü ragguardevoli della città ed era coadiuvato da dieci Priori, dei
quali era il capo. Veniva eletto ogni tre mesi e doveva curare il
retto andamento amministrativo della città, dipendendo, per ogni
cosa di maggior momento, dal Papa stesso, al quale si rivolgeva con
ambascerie ?.

Questi poteri erano stati soppressi in seguito alla suddetta guerra
del sale e soltanto nel 1553 i Priori poterono tornare ad esercitare
le loro funzioni, in seguito all'interessamento del cardinale Fulvio
Della Corgna, vescovo di Perugia e nipote di papa Giulio III ^.
Di questa reintegrazione i perugini furono molto grati al papa e a
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 3

ricordo del suo gesto gli eressero una statua bronzea che ancor oggi
si ammira sulla scalinata della cattedrale, opera dello scultore peru-
gino Vincenzo Danti.

Gli attriti con Roma non si presentarono piü con tale gravità,
sia in città che nel territorio circostante, ma a rinfocolarli tempora-
neamente, furono, in diversi tempi, i vicelegati risiedenti nella città,
contro i quali il popolo tumultuó a causa delle tasse e sopratasse
che doveva subire, o a causa della eccessiva durezza con la quale
spesso veniva trattato. Succedeva infatti che i legati, spesso cardi-
nali, preferissero risiedere a Roma facendosi rappresentare da vice-
legati, i quali il più delle volte compensavano la mancanza di peso
e di prestigio con la severità e la violenza. Dalle cronistorie perugine
risulta che difficilmente un vicelegato rimaneva in carica a Perugia
per più di un anno o due *.

Accanto a questo aspetto bellicoso, spesso accentuato fino alla
crudeltà e al sangue quando si trattava di lotte fra fazioni e il più
delle volte dovute alle rivalità delle più potenti famiglie perugine,
c'era anche l’altro aspetto pacifico che la città svolgeva.

Non era raro che i cittadini più avveduti cercassero di risolvere
le contese con ambascerie pacifiche, sia in città, sia con altre città,
sia come incaricati del papa presso città e stati in lotta. Lo Studio
perugino infatti continuava a fare onore ai suoi illustri predecessori
Bartolo e Baldo, sia in campo civile che ecclesiastico, e le scuole
esistenti in città ospitavano numerosi studenti, dell’Umbria e delle
Marche in prevalenza, ma anche di città d'Italia o d'oltr'Alpe, i
quali spesso tumultuavano tra di loro o con le autorità civili, eccle-
siastiche e militari. Era quasi immancabile che ad ogni festa grande
dei patroni della città scoppiassero tumulti, tutti a causa delle pre-
cedenze nelle processioni, per cui, dopo numerosi bandi invitanti
alla moderazione e all’accordo, si doveva giungere a distribuire la
partecipazione degli studenti dei vari collegi a processioni diverse
alternate 9.

In seguito a tali tumulti, spesso con uso di armi, il governatore
0 il vicelegato facevano intervenire i propri militi procedendo all'ar-
resto dei piü facinorosi, ma facendo ció, spesso l'autorità civile ve-
niva a trovarsi in contrasto con quella religiosa, essendo molti degli
studenti ormai chierici e quindi dipendenti dal foro ecclesiastico.

I poteri delle due autorità, quella giudiziaria del vicelegato e
quella religiosa del vescovo, non erano cosi nettamente suddivise
come al giorno d'oggi. Quello che infatti al giorno d'oggi spetta paci-
4 ARTURO GABRIJELCIC

ficamente all’autorità civile giudiziaria o religiosa, allora era molto
più indistinto, per cui dai bandi del vescovato risultano interventi
pubblici riguardanti i più svariati campi della vita pubblica: dal
meretricio ai giochi d’azzardo ; dall’ordine di tenere chiusi i fondachi
durante la predicazione quaresimale alla proibizione che macellai e
pollaroli vendessero durante la festa ; dalla proibizione di molestare
*Menco' il pazzo per sentirlo urlare e bestemmiare a quella di
giocare a palla davanti alle chiese ; dalle tasse per il porto di Civita-
vecchia alla proibizione di vendere paglia e fieno sulla piazza della
cattedrale ecc... ?. Come si può constatare, molti di questi inter-
venti non appartengono più né all’autorità civile e tantomeno a
quella religiosa, essendo demandati da tempo o alla responsabilità
civile e religiosa del cittadino oppure assunti da istituzioni sociali
quali i sindacati, la polizia, la camera di commercio o altre.

Nonostante questa fluidità del potere sacro e profano e gl’ine-
vitabili scontri che talvolta venivano risolti col ricorso a Roma da
parte di quella autorità che si riteneva esautorata dall’altra, i rap-
porti tra il legato e il vescovo erano generalmente buoni e le rispet-
tive funzioni apparivano ben chiare nella mente dei cittadini, i
quali erano anche fedeli della Chiesa. Che i due poteri venissero
riconosciuti distinti se ne aveva spesso la prova nei giorni della
Sede vacante, quando i perugini tumultuavano per ribellarsi contro
legati troppo esosi o severi, oppure manifestavano contro l’inquisi-
zione che aveva sede presso il convento dei Domenicani *. Di tutto
ciò, niente avveniva nei confronti del vescovo, il quale anzi, con ri-
schio personale, cercava di far da intermediario e da paciere e anche
di farsi portavoce di giuste richieste.

Mentre quindi l’atteggiamento civile dei perugini verso Roma
era spesso improntato ad ansia e ribellione per le questioni politiche
e amministrative, gli stessi animi erano più sereni e pacifici nei
confronti della Roma sede del vicario di Cristo.

Certo, la distinzione non era così netta e facile come è facile
dividere i sentimenti patriottici e quelli religiosi sulla carta. Erano
le stesse persone che vivevano i due momenti patriottici e religiosi
verso la stessa persona del papa, tramite i suoi rappresentanti civili
e religiosi, e in questa ibrida mistura di politica militare, di esazione
amministrativa e di pastorale religiosa, all’interno delle istituzioni
e degli animi veniva a crearsi un misto indescrivibile di fede reli-
giosa e di interesse patriottico. Che tutto questo non fosse un gioco
di parole lo ha dimostrato la storia successiva della città e del ter- ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 9

ritorio, i quali, inseriti nei grandi avvenimenti della rivoluzione fran-
cese prima, del risorgimento poi, hanno rivelato quali ostilità la-
tenti operavano all'interno degli animi nei confronti del potere tem-
porale della Chiesa, e questo fino a qualche decennio fa.

Oggi, questo sentimento diffuso e radicato da cosi lungo tempo,
non ha più la caratteristica antipapale di allora, ma si è inalveato
in quel tipico atteggiamento comune in tutto il mondo cristiano e
che si é chiamato a volte 'laicismo ' a volte ' comunismo ', nel
più grande quadro del rigetto della cosidetta ‘era costantiniana ' e
nell'attuale orientamento verso una sana secolarizzazione.

Centro della diocesi era Perugia, la quale dava il nome alla
stessa. L'estensione della diocesi di allora era quasi identica a quella
d'oggi. I confini toccavano le diocesi di Cortona, Arezzo, Città della
Pieve, Città di Castello (Tiferno), Gubbio, Assisi, Spoleto, Foligno,
Todi e Chiusi.

Gli abitanti (animae) della città erano, nel 1590 9, 19.580;
nello stesso anno, quelli del contado erano 57.234, con un totale
quindi di 76.814 persone, in tutta la diocesi.

Per i fedeli della città e per quelli abitanti un miglio intorno
ad essa, le chiese officiate erano 45, delle quali 36 in città. Di queste
ultime, 26 erano rette da sacerdoti secolari, 10 da regolari.

Le chiese rette da parroci o altri che vi officiassero erano, nella
diocesi, 231, e tutte erano radunate in cinque grandi gruppi che fa-
cevano capo alle cinque porte della città : porta S. Angelo (P.S.A.),
porta Santa Susanna (P.S.S.), porta Eburnea — popolarmente detta
‘ porta Borgne ' (P.B.) —, porta San Pietro (P.S.P.) e porta Sole (P.S.).

Il clero era diviso in ‘urbano ' e ' foraneo '.

Questa suddivisione secondo le cinque porte era parallela alla
distribuzione dei paesi e castelli del contado, che facevano capo
alle stesse cinque porte, ma civilmente.

Come le porte della città avevano i propri ufficiali con mansioni
diverse e facenti capo ai 'caporioni', cosi nel campo ecclesiastico
c'era un 'superiore' (preposito) che presiedeva una delle cinque
porte, avente sotto di se due ' decani' di curia, ai quali facevano
capo alcuni ‘ priori’ delle 27 ‘confraternite’ nelle quali era suddi-
visa la diocesi (oggi chiamate ' vicariati' e attualmente in numero
di xvr, oltre le chiese raggruppate nei cinque rioni e nelle chiese dei
sobborghi) !9?, ed ogni confraternita comprendeva 6-7-8 parroci con
rispettive chiese curate. Procedendo in senso inverso, si aveva questa
N ERA PI - A

6 ARTURO GABRIJELCIC

organizzazione ecclesiastica dalla periferia al centro della diocesi:
6 e più parrocchie formavano una ‘confraternita’ sottoposta a un
‘ priore ’ ; 5 e più confraternite facevano capo alla circoscrizione ec-
clesiastica che prendeva nome da una porta della città e i priori
facevano capo a due ' decani ' della curia ; questi decani a loro volta
facevano capo al ‘superiore’ della porta e i cinque superiori delle
5 porte facevano capo al Vicario e al Vescovo :

« Accedit utilitas non pauca — scriveva il menzionato cardinale De
Torri — quod monitis Praepositis, et per hos Decanis et per Decanos Proribus
Fraternitatum, totus clerus cognoscit fere statim omnia quae praecepit Epi-
scopus, et vice versa, brevi tempore defertur ad Episcopum quidquid occurrit
in Dioecesi » 1).

In città c'erano solamente 4 fonti battesimali, mentre in tutta
la diocesi erano 64. Il numero ridotto di questi fonti battesimali
di città esigeva una rigorosa funzionalità e pulizia da parte dei loro
rettori ?.

Centro religioso della città e della diocesi perugina, all'indomani
del Concilio Tridentino, era sempre e più che mai la cattedrale di
S. Lorenzo, con il suo tempio incompiuto esternamente, la sua sede
vescovile nelle Logge e gli annessi uffici curiali. Diciamo a ragione
‘ più che mai’ perché gli effetti del concilio si dimostrarono deter-
minanti al fine della rifioritura religiosa, e i documenti d’archivio
della cattedrale e della curia vescovile racchiudono in ordinate car-
telle e preziosi manoscritti i documenti e le cifre di questo rinnova-
mento, generalmente datato : 1564 19).

La cattedrale, come centro di tutti gli avvenimenti religiosi
della vita ecclesiastica e civile della città, accoglieva, con differenti
mansioni, un vasto numero di ecclesiastici.

Vi era il Capitolo metropolitano che comprendeva :

2 dignità, l’arciprete e l’arcidiacono ;

15 canonici ;

8 beneficiati (saliranno a 15 alla fine del '500) ;

2 cerimonieri ;

un grandissimo numero di chierici, minori e maggiori, che
esercitavano le mansioni relative agli ordini ricevuti.

Sia le due dignità che i canonici, per un privilegio loro ottenuto
dal cardinale Fulvio Della Corgna nel 1571 sotto Pio V, vestivano
come i protonotari apostolici e i canonici delle basiliche romane 14. ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 7

La cattedrale aveva anche una ' schola di cantori, formata da
‘ cappellani’, * novitij" e ‘putti’, sotto la guida di un maestro di
musica che eseguiva sia il ‘cantofermo’ che la polifonia, ma :

« Musicorum concentu — soggiungeva sempre il cardinale De Torri —
parcius utimur, ob defectu stipendij quod est commune aliis ecclesiis peru-
sinis incommodum » 15),

Annessi alla parte posteriore della cattedrale, vi erano gli edi-
fici della canonica, ove trovavano ospitalità i canonici e, fino all'av-
vento del vescovo Bossio (1574-79), anche il cardinale Della Corgna
o i suoi suffraganei, in quella parte che ancor oggi viene chiamata
l'Arcipretato (archipresbiterato) ma con aggiunti il museo e le stanze
del Capitolo 19),

2. CLERO E RELIGIOSI

La popolazione ecclesiastica della Perugia di questo tempo era
straordinariamente numerosa. Le cifre di cui ci serviamo sono un
po’ tardive rispetto agli anni da noi presi in esame nel presente la-
voro, sono state redatte infatti nel 1627", tuttavia non perdono
il loro valore indicativo per il periodo antecedente (1559-1600) per
i seguenti motivi :

le cifre del censimento del 1590 9 sono sostanzialmente si-
mili a quelle del 1627, differiscono su alcuni dettagli perché redatti,
in materia ecclesiastica, da un laico e non da un ecclesiastico ;

le cifre del 1590 sono lacunose sotto l'aspetto della termino-
logia ecclesiastica e piü precise relativamente a quella civile ;

le cifre del 1590 ci sembrano approssimative e alquanto esa-
gerate, per cui preferiamo quelle piü esatte del 1627 ;

alcune cifre di base sono simili per cui si può ritenere che
dal 1600 al 1627 non vi siano stati notevoli cambiamenti, eccezion
fatta per il numero degli abitanti, che da 76.814 nel 1590 scendono
a 62.804 nel 1627 a causa di una pestilenza.

Da questo calo in persone si presume un calo anche tra il clero
e i religiosi, piuttosto che un aumento.

Stando dunque a quanto scrive il cardinale De Torri, la diocesi
perugina aveva 405 sacerdoti secolari, 850 regolari e 1150 monache
per un totale complessivo di 2.405 persone religiose.

Tenendo conto che la popolazione complessiva della diocesi era
8 ARTURO GABRIJELCIC

di 76.814 abitanti, si veniva ad avere 1 religioso o religiosa ogni 32
laici. Questa cifra tendeva ad abbassarsi ancor piü in città, perché
era in città che risiedeva il maggior numero di clero secolare e la
quasi totalità del clero regolare e le monache. Questa era infatti
la situazione cittadina quale risulta dalle cifre del De Torri : le fa-
miglie religiose maschili presenti in città erano 25: Padri dell'Ora-
torio, Gesuiti, Barnabiti, Benedettini, Domenicani, Agostiniani 2,
Olivetani 2, Camaldolesi 2, Silvestrini, Canonici Regolari del SS.
Salvatore, Conventuali, Frati Minori 2, Cappuccini 2, Serviti 2, Car-
melitani, Carmelitani scalzi, Monaci di S. Bernardo, Minimi e Fate-
benefratelli.

Quasi altrettanti erano i conventi e monasteri femminili, 20 in
città e 9 nella diocesi, per un totale di 29 conventi piü 4 istituti
religiosi. Togliendo dalla cifra globale degli ecclesiastici, uomini e
donne, la cifra approssimativa ma abbondante di 600 unità, presup-
ponendo che fosse tale il numero dei sacerdoti secolari, religiosi e
religiose che abitavano fuori città, rimane una cifra tale che nella
città di Perugia ci dà 1 ecclesiastico o religioso ogni 10 perugini !
Cifra esorbitante davvero.

Da un punto di vista religioso potrebbe sembrare un rigoglio
spirituale eccezionale, manifestato da questo numero impressionante
di religiosi e religiose che dotavano di opere d'arte chiese e conventi,
organizzavano solenni feste nelle proprie ricorrenze religiose, op-
pure che in lunghi cortei percorrevano le strade della città nelle
numerose feste dell’anno !? nelle cento e più chiese e oratori della
città *". I cronisti religiosi e civili del tempo ?" parlano spesso e
diffusamente della solennità e grandiosità delle feste religiose d'al-
lora, avverandosi anche per Perugia ció che gli storici riscontrano
come caratteristiche dell'atteggiamento religioso diffuso nel periodo
postridentino. Ma quando dalle cifre si scende alla realtà delle per-
sone e delle istituzioni, ci é dato constatare piü da vicino l'effettiva
spiritualità di tutta questa quantità numerica.

La valutazione di queste cifre cosi magniloquenti viene ridi-
mensionata nella sua effettiva realtà ad esempio dal tenore dei nu-
merosi bandi del vescovato relativi all'obbligo della residenza e del
servizio religioso per i rettori delle chiese *? ; i severi ordini emanati
contro coloro che girano intorno ai monasteri e il rigoroso obbligo
delle grate e della clausura per i monasteri femminili *? ; l'indispen-
sabile beneficio che ogni chierico deve possedere se vuole essere or-
dinato suddiacono 24; le contese fra i diversi monasteri per con-
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 9

tendersi le novizie e relativa dote 25; le contese giuridiche e a via
di fatto per le precedenze nelle processioni e manifestazioni religiose,
non solo tra studenti dei vari collegi, ma su su fino ai canonici e le
dignità del capitolo da un lato, e i magistrati e priori della città
dall'altro *9 ; i severi canoni sinodali contro i rettori di chiese che
non tengono l’istruzione religiosa, almeno nell’omelia durante la messa
festiva — omelia, purtroppo, non già più sulla scrittura e liturgia
del giorno, ma sopra «nunc unum, nunc alterum eorundem Chris-
tianae doctrinae capitum » — 2? ; l'obbligo imposto ai confessori di
controllare se il penitente sa almeno il Padre nostro, l'Ave Maria,
il Credo e i comandamenti, nel caso negativo «... acriter reprehen-
dant, eisque demonstrent quam grave peccatum sit eas res ignorare,
quae ad salutem tantopere sunt necessaria »?9? e in un secondo
momento neghi addirittura l’assoluzione ; i 21 casi riservati al Ve-
scovo, tra i quali quello relativo ai chierici «.. obtinentes beneficia,
aut in sacris constituti, qui horas canonicas non recitaverint, vel
sine habitu clericali et tonsura pubblice conversantur » *9 ; l'obbligo
sinodale per cui i sacerdoti che si apprestano a celebrare « Mis-
sam bis aut ter?" praevideant et perlegant », e quello di non far
perdere la Messa alla povera gente, specialmente di campagna, per-
ché il celebrante non inizia finché il signore del luogo o altro perso-
naggio ragguardevole e influente, uomo o donna, non sono ancora
arrivati ?»,

Non vogliamo, con quanto qui sopra riportato, ridurre la vita
religiosa dei secolari e regolari a questo unico aspetto pieno di om-
bre e di difetti, per cui l'alta cifra di queste persone non farebbe
altro che moltiplicare ancor piü i difetti loro attribuiti, facendone
risultare una vita cristiana piena di decadenza e totalmente priva
di spiritualità.

Di fatto peró i documenti da noi esaminati non ci permettono
descrizioni migliori, perché il tono dei documenti, dai canoni sino-
dali ai bandi vescovili e ai mezzi della pastorale d'allora quali ven-
gono suggeriti e imposti, li troviamo di una precettistica e morali-
stica tale da spegnere quasi completamente l'afflato religioso. In
prevalenza infatti è un vietare atteggiamenti e concezioni errate,
senza un corrispettivo proporre la dottrina genuina e autentica, la
quale viene celermente sbrigata rimandando ai fantomatici canoni
tridentini, ai quali sempre ci si appella, senza che però quasi mai li
si inquadri nel contesto dottrinale nel quale sono inseriti e dal quale
sono tratti.
10 ARTURO GABRIJELCIC

Da ciò si comprende facilmente come l’atteggiamento religioso
di sacerdoti, religiosi e laici venisse a difettare di autentico respiro
religioso, perché ormai staccato dalle genuine fonti della Scrittura,
messa sotto sequestro in seguito allo scisma protestante, e della li-
turgia, ove la Scrittura ha la sua sede più naturale e nutritiva. Al
loro posto subentra l’esteriorità del cerimoniale e l’insieme della più
svariata precettistica dottrinale e morale, le quali, messe insieme,
daranno agli aspetti svariati della cristianità, persone e istituzioni,
una sontuosa apparenza che non corrisponde ai contenuti. Questa
realtà non salverà neppure quella nuova creatura del concilio tri-
dentino che è il Seminario, come vedremo.

La nostra valutazione, si dirà, è viziata dalla mutata sensibilità
moderna, che della spiritualità e dei suoi strumenti e frutti ha una
concezione più ricca e profonda, maturata da allora fino a oggi in
un crescendo continuo, per cui certo nervosismo di giudizio negativo
non sarebbe il modo migliore per giudicare con serenità obbiettiva
i reali valori di questo periodo perugino postridentino. Pensiamo che
questa obbiezione abbia la sua validità, che cioè il nostro giudizio
nutra un po’ di severità per questa epoca critica e pur ricca di spunti
della chiesa perugina, tuttavia questo atteggiamento di parziale se-
verità è anche giustificato dal fatto che certe concezioni e atteggia-
menti pratici e dottrinali di allora sono giunti a condizionarci fino
ad oggi e che solo da qualche decennio in qua si è reagito a simili
concezioni, e soltanto in questa epoca del Vaticano n si va facendo
una profonda revisione, alla ricerca del genuino senso religioso della
Chiesa e delle sue istituzioni, alla luce della Scrittura e della storia
della Chiesa stessa.

Pensiamo anche che ogni diocesi possa rintracciare tra i propri
documenti di vita religiosa d’allora, a livello di persone e di isti-
tuzioni, la parte del proprio contributo nel mettere in risalto la
grandezza e la decadenza della Chiesa universale d’allora, e anche
di oggi. I motivi suaccennati e altri ancora che riporteremo esami-
nando le strutture del Seminario perugino, ci faranno toccare con
mano certe anguste visuali formative che hanno presieduto all’edu-
cazione dei chierici perugini della seconda metà del xvi secolo, per
cui comprenderemo più facilmente perché il Seminario e la diocesi
di Perugia non abbiano dato in questo tempo vita a nessun religioso
di spicco, a nessuna scuola o corrente viva di autentica spiritualità.

La portata di queste affermazioni viene senz'altro ad essere mo-
dificata se invece di scendere dal nostro secolo verso il secolo xvi,

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ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 11
noi saliamo ad esso dal secolo xv e xiv. Da questo punto di osserva-
zione la valutazione é senz'altro piü favorevole, sia sotto l'aspetto
dottrinale che dei costumi, perché vescovi sempre piü degni si suc-
cedono sulla cattedra di S. Lorenzo e nuovi ordini religiosi vengono
a fermentare la vita religiosa della diocesi.

3. COLLEGI

Il termine « collegio » era esteso a molte forme di corporazione
in quel tempo, e abbracciava sia i gruppi che oggi chiamiamo pro-
fessionali (medici, docenti, giuristi ecc.) sia i gruppi studenteschi
che artigiani e commerciali.

In senso più ristretto però il termine « collegio » apparteneva
al collegio dei dottori in legge, ai fisici, ai teologi, ai filosofi, ai me-
dici, mentre alle corporazioni artigiane veniva dato l’appellativo più
proprio di « arte », che nella città di Perugia ascendevano a una cin-
quantina *?; agli studenti infine e in più particolar modo alle sedi
della loro residenza, veniva dato il nome di « sapienza ». È di questi
ultimi collegi che noi qui vogliamo dare qualche notizia, per quel
qualcosa di comune che tali collegi possono avere con il collegio
oggetto della presente ricerca, il Collegio del Seminario *.

La più antica ‘sapienza’ della città era la Sapienza Vecchia,
detta anche Collegio Gregoriano. Fondata dal cardinal Nicolò Ca-
pocci nel 1362, era stata istituita per gli studenti forestieri, italiani
e stranieri. Questi ricevevano tutto gratis, meno una cauzione che
a studi ultimati veniva restituita a metà *9. Era diretta dal vescovo
pro-tempore e dall’abate olivetano di Montemorcino, ai quali spet-
tava la nomina del rettore. Al loro ingresso i giovani prendevano la
tonsura e vestivano l’abito clericale, dipendendo interamente dal-
l'autorità ecclesiastica e godendo dell’immunità ?9..

Seconda ‘ sapienza ' per anzianità — anzianità gelosamente con-
tese e difese per tutto quello che potevano dare di prestigio e di
precedenze nelle sfilate — era la Sapienza Nova, presieduta dal
Priore dei chiostri della cattedrale e dai Consoli del Collegio della
Mercanzia. Anch’essa era stata fondata per studenti stranieri dal
perugino monsignor Benedetto Guidalotti, vescovo di Recanati.

Vi era inoltre un’altra quindicina di collegi studenteschi, e tra
questi ricordiamo solo la Sapienza Bartolina eretta nel 1572 e la
Sapienza Oradina, eretta nel 1582, la quale ultima, per i legami
12 ARTURO GABRIJELCIC

piü stretti che ebbe col Seminario col quale si é unificata recente-
mente col titolo di Collegio Oradino, merita che ne trattiamo piü
diffusamente piü avanti.

L'ultimo dei collegi per studenti fu il Collegio di S. Bernardo,
aperto dal vescovo di Perugia mons. Comitoli nel 1593. Esso ebbe
vita e durata sotto il suo famoso rettore Marcantonio Bonciari, la-
tinista di chiara fama in Perugia e fuori. Poiché anche questo col-
legio é intimamente legato alla storia del Seminario, ci ritorneremo
sopra piü avanti.

Un accenno particolare merita la scuola che educava alcuni
alunni presso la cattedrale della città. Dà notizia un ‘diario’
redatto puntualmente dal segretario del Capitolo della stessa cat-
tedrale di capitoli o riunioni, che si svolgevano puntualmente ogni
settimana ?9,

Vi si parla di ‘ putti’, di ‘ novitij" e di ‘ giachenj ’, i quali ri-
cevono lezioni di grammatica, di canto fermo e figurato ad opera
di un maestro, stipendiato annualmente dal Capitolo. Durante un
capitolo fu introdotto lo stesso maestro per riferire sulla situazione
della scuola :

«fu introdotto in capitolo don Baldo da Sigillo, Mastro de Scola et
inteso da lui che li putti non vanno alla scola et non imparano . . . »??

e per ovviare alla cosa furono deputati due canonici che studias-
sero la cosa più da vicino. Forse era lo stesso maestro che non sod-
disfaceva, perché qualche mese più tardi lo troviamo sostituito da
un altro :

«fu chiamato per Mastro de Schola don Aurelio ... con li soliti emo-
lumenti et pesi ch'avea don Baldo et di più che habbi ad insegnar alli putti
anche di canto fermo et che venghi ogni sera con li putti alla compieta » ?*).

Tutto questo avvenne fino all’inizio del 1565, nella quale data
troviamo che viene licenziato il maestro di scuola e il suo compito
e i suoi emolumenti vengono trasferiti al Seminario :

« Fu decretato che se dia al Semenario quel tanto che se dava al Mastro
di Schola, cioè some 4 de grano, some 4 de vino e scudi 24 — qual grano vino
et denari furono tassati in tutto scudi 35: et che el Prior habbi cura che li
giachenj qui della chiesa vadino alla schola et imparino qualche virtù » 8°).

Questa scuola della cattedrale sembra che avesse la duplice
finalità di vivaio di vocazioni e di * schola cantorum ’.
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 13

Di ' schola cantorum ' innanzitutto, perché così appare dal te-
nore delle citazioni su riportate, che si riferiscono quasi esclusiva-
mente alla formazione musicale dei suddetti giovani, in stretto ri-
ferimento alle esigenze liturgiche della cattedrale. Ma anche di for-
mazione al sacerdozio, in riferimento al quale certo ben poco ci
dicono le notizie relative al fatto che i giovani debbano andare
«alla schola et imparino qualche virtù » mentre molto di più può
dirci l'uso allora abituale dell'avviamento al sacerdozio da parte
delle parrocchie stesse. Dai libri delle Ordinazioni infatti *", per il
periodo che va dal 1564 al 1600, sul totale di tutta la diocesi peru-
gina risulta che 233 di essi provenivano dalle parrocchie della dio-
cesi, presentati e garantiti nella loro dottrina e moralità dai rispet-
tivi parroci, ed educatori. Questi chierici erano il piü delle volte i
chierichetti che svolgevano il servizio liturgico. nelle parrocchie e
che, intendendo indirizzarsi al sacerdozio, ricevevano i rudimenti
della fede e della grammatica e anche un po' di filosofia e di teologia
dai parroci stessi più qualificati 4”.

Questa consuetudine si avverava anche in città, e tra le chiese
di città ciò era realizzato anche dalla cattedrale, in numero mag-
giore e con mezzi più rilevanti.

Tale era dunque la funzione di questa scuola di giovani all’om-
bra della cattedrale, avviarli al sacerdozio, e di ciò abbiamo una
menzione esplicita nello stesso diario capitolare :

«... fu deliberato che li scolari che hanno da andare alla schola della
Chiesa nostra, debbano essere proposti dal Sig. Priore et detti dal Capitolo,
et non ci mettino seculari che non voglino essere preti » 2),

Conferma indiretta di ciò può essere il fatto che detta scuola
venne disciolta agli inizi del 1565, quando cioè il Seminario, come
vedremo, è ormai giuridicamente eretto da qualche mese all’esplicito
scopo di formare sacerdoti e quindi, nell’intenzione e nel desiderio
dei canonici, tutto il peso e la responsabilità relativa alle nuove
vocazioni viene trasferita sulla nuova istituzione.

Essa, all'interno del problema vocazionale 4 si presenta come
una novità, perché si dimostra superparrocchiale, o meglio interpar-
rocchiale, e in città è stata avviata da due sacerdoti diocesani, ricchi
di istanze di rinnovamento religioso.

Essi, in tono dimesso e con idee non ancora del tutto chiare,
ma con propositi seri, si sforzano di rispondere ad una necessità
che emerge dal contesto religioso della città, quella di nuovi preti

SQ sar

is ma 14 ARTURO GABRIJELCIC

per i tempi nuovi della Chiesa, maturati attraverso il rinnovamento
conciliare che sta per chiudere le sessioni a Trento, ma che ormai
sta irradiandosi per le strade della Chiesa post-tridentina.

Il loro intento di dare inizio a un nuovo collegio che abbia di
mira unicamente l'educazione di giovinetti al sacerdozio, quattro
anni dopo, nel 1563, scopriranno che il Concilio lo ha chiamato
«seminario », e da allora fino ad oggi la loro iniziativa prenderà e
conserverà il nome di « Collegium Seminarij ».

N.O. TTE

1) Pompeo PELLINI, Della historia di Perugia, 111, p. 636, Venezia, 1664.

?) P. PELLINI, l. c. ; L. Bonazzi, Storia di Perugia dalle origini al 1860,
11, Perugia, Tip. Boncompagni e C., pp. xvi-xvII, 1879 ; G. CECCHINI, Perugia
del ’500 nelle testimonianze di un artista, Cipriano Piccolpasso. Estratto da
«L'Accademia di Belle Arti * Pietro Vannucci' nel 1961-1962, Perugia del
'500 ».

$) P.C PELLINI,: 0p.:‘cit.,-111;: p. 635.

4) P. PELLINI, op. cit., 111, p. 820.

5) ANNIBALE MARIOTTI, Saggio di memorie istoriche civili ed ecclesiastiche
della città di Perugia, 111, pp. 371-87, Perugia, presso C. Baduel, 1806.

oO P'PELLINI, 0D..Cll., E; p..996:

?) Bandi del Vescovato (1580-1596), passim, minuta ms.

3) P; PERUINE, Op. cit, in, p. 961.

*) Descritio de Perusia, p. 7, ms. 1198 della Biblioteca Augusta. I dati
di questo censimento sono integrati da quelli del cardinale De Torri, redatti
nel 1627, in occasione della ‘ visita ad limina ', le ragioni del cui uso spie-
gheremo poco piü sotto parlando del clero e religiosi.

19) Annuario della Chiesa Perugina, Urbania, 1967, pp. 9-16.

1) Visita ad limina, 1627, Archivio della Cancelleria di Perugia.

1) Abbiamo trovato un caso di negligenza rilevato durante una visita
pastorale e multato con un’ammenda di 100 scudi, pari cioè al reddito annuo
di una chiesa di città. Soltanto dietro un pressante ricorso a Roma mediante
amici fu ridotto a metà.

13) Così per le Ordinationes, per le Visitationes e così molti documenti
dell’archivio del Seminario perugino.

14) Il cardinale Della Corgna, quasi sempre risiedente a Roma, svolgeva
le sue mansioni nella congregazione dei Riti, « dei quali era intendentissimo »
(C. BAGLIONI, Perugia sagra, overo annali della chiesa perugina, anno 1582)
e presiedeva alla riforma delle cerimonie della cappella papale (CrAccONIUS,
Vitae et res gestae Pontificum Romanorum et S.R.E. Cardinalium, vol. ir,
col. 769, Romae, cura et sumptibus P. et A. Rubeis, 1676). ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

15) Visita ad limina del card. De Torri, anno 1627.

16) Nel 1627 il cardinale De Torri risiede ormai nella nuova sede ve-
scovile, quella attuale, ma sembra nostalgico della vecchia sede, perché il
nuovo edificio é si «satis amplum, sed incommodum pluvio tempore, ut ab
eo eatur ad Ecclesiam (cattedrale)... canonicales aedes viciniores sunt,
quas tamen dolemus non habitari a canonicis sed a viris criminosis », con il
che veniamo a conoscere che anche allora i canonici preferivano affittare i
propri appartamenti per abitare in luoghi più ameni o presso i propri parenti.

17) Visita ad limina, 1627.

15) Descritio de Perusia, p. 7.

1°) Le feste di precetto erano 34, oltre le domeniche, al tempo del Card.
Fulvio Della Corgna (Statuta et Constitutiones Synodales Ill.mi Domini Fulvij
Cornei ... lectae et publicatae in diocesana Synodo Perusina... diebus sexta,
septima et octava Novembris 1564, senza numerazione di pagine) ed erano
36 senza le domeniche al tempo del Vescovo Ercolani. (Decreta et Monita
edita et promulgata in Synodo Dioecesana Perusina, quam R.D.F. Vincentius
Herculanus ... Perusiae habuit anno Domini 1582, Perusiae, Apud Petrumja-
cobum Petrutium, 1584, p. 34).

20) In diocesi i luoghi religiosi erano 1026.

2) R. SorTiJ, Annali (1540-1589) ; C. BAGLIONI, Perugia sagra... XIV
secolo ; O. LANCELLOTTI, Scorta sagra, voll. 1-11 ; P. PELLINI, Dell'historia di
Perugia, 111, passim.

?) Bandi del Vescovato, 1580-1596, pp. 8, 31, 42, 68 ; oltre i richiami
singoli a parroci e beneficiati, ai quali venivano minacciate multe e tratte-
nute sui frutti del beneficio se si allontanavano dalla parrocchia o pernotta-
vano altrove.

2) In occasione della Visita pastorale effettuata dal cardinale Della
Rovere in qualità di Visitatore Apostolico nel 1571, al tempo del vescovato
del cardinale Della Corgna, tutte le suore del monastero di S. Antonio e 28
del monastero di S. Agnese uscirono dal rispettivo monastero per non voler
sottostare alla clausura, imposta dal Visitatore in ottemperanza dei canoni
tridentini: «ed era una compassione a vederle andare sotto la neve...»
(C. BAGLIONI, Perugia sagra ..., in data 22 febbraio 1571).

24 « Haveranno anco appresso se le fedi scritte del benefitio ecclesia-
stico o pensione overo del patrimonio » (Synodus Comitoli 1600, p. 36 ; Bandi
del Vescovato, p. 44, in data 1583).

25) Il Pellini (1, p. 994) scrive che il Magistrato, d'accordo col
Vicario e con l'Abate di S. Pietro, intervenne per regolare « le spese che troppo
soverchiamente si facevano nell'ingresso delle zitelle ne’ Monasteri, et in
taluni abbusi che vi erano nel mandarle vestite con troppa mondana e son-
tuosa licentia », questo nel 1562 ; nel 1569 lo stesso scrive (111, p. 1136) che
gli stessi fecero chiedere dai loro ambasciatori a Pio V che obbligasse le gio-
vani, entrate in convento con dote paterna, a vestire finalmente l’abito re-
ligioso, poiché succedeva in molti casi che dopo mesi e anche anni dall’in-
qe

paria 3 PRA Sg di
TRD.&AULAUO ZURILIORCOZTU Zee o SR re paso gam e 0 y pd

16 ARTURO GABRIJELCIC

gresso, alcune di loro non si erano ancora vestite né maritate, rimanendo
così, con la dote consumata, in una situazione irregolare e pericolosa per
l’avvenire.

Si notino a questo proposito i due motivi complementari della faccenda,
che nel Papa erano motivi di salvaguardia perché vi fossero vere vocazioni '
e non semplicemente un sovraccarico di suore, per i Priori invece valevano
le lamentele dei padri e i motivi di ordine morale pubblico.

25) P, PELLINI cit., rri, p. 1086 ; C. BAGLIONI, Perugia sagra ..., anno
1565. Durante queste processioni accadevano casi del tipo denunciato dai
Bandi del Vescovato, quali «il tirare ovi d’acqua rosa alle donne et altre
persone » (p. 22, anno 1585) ; oppure quello di andare alla chiesa di S. Ago-
stino da parte «... di molti putti et vecchi ignudi... alla solennità della
festa di san Fabiano e Sebastiano » per cui era ordinato alle donne di rin-
serrarsi in casa al suono dell'Ave Maria, e ai confessori era ordinato di com-
mutare questa specie di voto e devozione (id., p. 7).

2?) Sinodo Ercolani Decreta et Monita.

28) Decreta et Monita, p. 4.

29) Decreta et Monita, p. 29.

3°) Decreta et Monita, p. 48.

81) Decreta et Monita, p. 51.

8?) Descritio de Perusia, p. 8.

33) I1 nome ufficiale dalle origini a oggi è stato sempre : Collegium Se-
minarii.

33) O. LANCELLOTTI, Scoría sagra, in data 12 marzo, 1, p. 136.

35) Un bando del Vescovato (Bandi del Vescovato, p. 56) del 1588 proi-
bisce ai suddetti studenti di portare armi dentro il collegio sia nei corridoi
che in cucina, al refettorio e in cappella. La proibizione è estesa anche al
rettore, al vicerettore e primo veterano. Possono usarla solo quando escono
a passeggio. Erano stati questi studenti, insieme ad altri, che per divergenze
con l'autorità accademica e cittadina volevano dirottare verso Siena, ma giunti
a Passignano sul Trasimeno si erano lasciati convincere dai parlamentari
dei Priori ed erano ritornati in città non senza aver consumato prima una
goliardica scorpacciata di pesce a spese delle autorità cittadine ! Era l'anno
1577.

?9) Decretalium IIII, inizia dal 1560, Archivio del Capitolo.

8?) Decretalium IIII, p. 56, in data 23 febbraio 1562.

*5) Decretalium IIII, p. 66.

**) Decretalium IIII, p. 129, in data 5 gennaio 1565.

4°) Ordinationes, 1 (1564-1587), n-11 (1588-1615).

4) Un certo Annibale Francisci di P. S. Pietro viene indicato come
«clerichettus » del Rettore di S. Proveto e chiede di essere ammesso alla
tonsura dietro testimonianza del Rettore (Ordinationes, 1, in data 20 settem-
bre 1578.

* Decretalium IIII, p. 34, anno 1561.

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irta spe Rios cli pi rie NIIT, A 4» tw

ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 17

*) Il problema vocazionale, come vedremo meglio più avanti, si pre-
sentava con tonalità diverse da quelle attuali. Mentre oggi infatti la voca-
zione accentua l’adesione personale a Dio e alle necessità del suo Regno,
nel tempo del quale stiamo occupandoci le motivazioni che venivano pro-
poste nell'impegno vocazionale erano, ora quelle pastorali del ‘in sortem
Domini vocati ', ora quelle della ‘ militia ’ di lipo gesuita, ora quelle di una
certa casta clericale del tipo ‘ ecclesiasticum vitae genus ', * ad divinum cul-
tum educandi ’, * a vulgari vita seclusi ', ' vitam clericalem ducere volentes 53
‘ sub habitu clericali Deo servire ’, * virtutes addiscere *, ecc.

.. come appare
dai diversi documenti conciliari e curiali che via via andremo adoperando,

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^
II
ORIGINI DEL SEMINARIO

Il Concilio di Trento non era ancora arrivato alla sua xv
sessione — siamo ancora nel periodo di sospensione 1552-1561 —
che la diocesi di Perugia aveva già avviato un collegio, al quale, al
termine dello stesso concilio, sarebbe stato dato il nome tecnico di
seminario.

Lo scopo di questo collegio era di formare agli ordini sacri quei
giovani che già vi si trovavano «studio inserviendi Deo et Eccle-
siae », come ebbe a dire con frase sintetica lo stesso fondatore del
collegio nella Bolla di fondazione promulgata qualche anno dopo.

Questa Bolla porta la firma del Cardinale Fulvio Della Corgna
e la data del 1° ottobre 1564, l'anno cioè immediatamente seguente
la chiusura del Concilio di Trento, conclusosi nel dicembre 1563.
Questa Bolla costituisce il documento più certo e più autentico delle
origini del Seminario perugino, riferendoci data, finalità e istitu-
zioni interne del collegio. È da questi dati certi che noi prenderemo
le mosse per tracciare una storia delle origini del Seminario di Pe-
rugia ?.,

Oltre all'originale del 1564 esiste una copia della fine del '500
giacente presso la Biblioteca Comunale di Perugia ®. Essa ha di
particolare il fatto che sotto la miniatura dello stemma riprodotto
in copertina, si legge: CONSTITUTIONES COLLEGII SEMIN :
PERUSIN : 1564 e più sotto ancora: FUIT ERECTUM COLLEG :
1559.

Ecco il testo integrale della bolla, della quale metteremo in ri-
salto, sottolineandoli, quei passi che serviranno piü da vicino allo
scopo del presente lavoro e rimandando in nota quei chiarimenti
che ci sembreranno utili per una piü esatta comprensione del con-
testo.

FULVIUS CornEus tituli Sanctae Agathae S.R.E. Presbiter Cardinalis
Ecclesiae Perusinae, ex dispensatione Apostolica Praesul.

ES

È vi 4 Z
ta a piel ]:Y ^t s > re —
Lage mt ne pit) se rn nozze ge rt ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

Ad perpetuam rei memoriam.

Inter alia quae ab Episcopis munus suum exequi, et commissorum
sibi populorum saluti consulere cupientibus, diligenter procuranda sunt, vix
quicquam est quod attentiorem curam requirat, aut maiores, ac certiores
fructus afferat, quae recta institutio eorum qui aliquando sacros ordines su-
scipere, et ecclesiasticum vitae genus colere meditantur. à

Quo circa cum et hi fere quemquam, quibus a teneris annis imbuitur,
in totam vitam mores sequantur, et ea demum quisque optime exerceat,
quibus tractandis a puero assuevit, summa ope niti decet, ut ii qui tanto
muneri destinantur, et in timore Dei et in perpetua quadam sacrorum
rituum meditatione atque exercitatione educentur.

Quod nos iam pridem cogitantes, decreveramus in Dioecesi nostra Col-
legium aliquod puerorum, in quibus aliqua virtutis significatio esset, insti-
tuere ; iamque nonnullorum delectum iudicio nostro habebamus, qui in eam
spem Ecclesiae sumptibus et alerentur et a bonis atque approbatis magistris
instituerentur, ut aliquibus ex ordine Ecclesiastico mortalitatis lege deficien-
tibus, haberemus alios non rudes neque inexercitatos, quos in demortuorum
loco substituere ac sufficere possemus.

Sed cum illa nostra institutio, ob rei familiaris angustiam, exiguis etiam
tum initiis niteretur, percommode accidit ut a Sacrosancto generali Concilio
Tridentino salutaris sanctio ferretur, qua omnes Episcopi ad ipsum, quod nos
iam effeclum expetebamus, facere iuberentur.

Nos igitur in proposito nostro magis ac magis illius auctoritate confir-
mati, et quaecumque ab illo praescripta sunt, summo ut par est studio, pro
viribus observare cupientes, adhibitis nobiscum Reverendis Dominis Lodo-
vico Sensio? et Roberto Lancilotto ? canonicis Perusinis utriusque iuris
doctoribus, quorum fidem doctrinam et animi integritatem perspectam ha-
bemus, deque ipsorum consilio et assensu, ad Dei gloriae laudem et fidei
catholicae exaltationem pro nunc in haedibus Ecclesiae Sancti Bartholomaei,
ubi iam pridem a nobis suscepti scholares huiusmodi educantur, aliisque
domibus illi coherentibus et in eum usum coemptis, donec de alio commo-
diori loco in Palatio nostro vulgariter nuncupato il Palazzo abru-
sciato, ipsi Cathedrali Ecclesiae et Palatio nostro Episcopali vicino, tem-
poris progressu provisum fuerit, unum Collegium perpetuum Seminarium
ministrorum Dei nuncupandum, unius Praepositi ac quinquaginta et tot
deinceps puerorum sive adolescentium pauperum scholarium, quot cum prae-
ceptoribus et aliis ministris necessariis frugaliter ali poterunt, omnes ex civi-
tate vel Dioecesi Perusina oriundi, legitimo matrimonio procreati nec annis
duodecim inferiores, legendi et scribendi arte, quantum illa fert aetas, in-
structi, quorum indoles animique propensitas eos Ecclesiasticis ministeriis
perpetuo inservituros, et quicquid in eis expediat facturos, spem afferat.

In tot classes quot nobis et pro tempore existenti Episcopo Perusino
videbitur, dividendi, et iuxta eorum numerum, aetatem et in disciplina
Ecclesiastica progressum partim cum opportunum videbitur Ecclesiarum mi-
ARTURO GABRIJELCIC

nisterio addicendi, partim vero in dicto Collegio erudiendi, ditiorum tamen
filiis ab hoc sacro sodalitio neutiquam exclusis qui studium inserviendi Deo et
Ecclesiae prae se tulerint, siquidem hi de necessario sumptu sibi prospexerint,
cum omnibus et singulis insignibus consuetis, ac officiis necessariis dilecti
nostri in Christo Federici Castelinae Clerici Perusini, dictarum aedium S.
Bartholomaei possessoris, iamque in dictum Collegium cooptati ad hoc ex-
presso accedenti consensu et sine iurium ipsius Ecclesiae S. Bartholomaei
nostroque et collationis ordinariae nobis competentis praeiudicio, et donec
de alio loco magis idoneo per nos aut sucessores nostros consultum fuerit,
perpetuo erigimus et instituimus eique sic erecto et instituto, pro eius dote
ac Praepositi, scholarium, praeceptorum et aliorum ministrorum praefatorum
substentationem, omnes et singulos redditus Ecclesiasticos in dictis civitate
et Dioecesi per taxam Clero nostro et Monasteriis et beneficiis iuxta dicti
Concilii ordinationem tam impositam, quam imponendam, a deputatis nos-
tris confectos et conficiendos ex nunc prout ex tunc, et e converso postquam
confecti fuerint perpetuo applicamus et appropriamus, ac etiam ex nunc
pro rata parte mensam nostram contingentem Cappellam S. Jacobi olim ipsi
mensae perpetuo unitam (unione huiusmodi pridem per nos in Synodo nostra
Dioecesana hac causa dissoluta) et unione in eadem Synodo eidem Col-
legio subsecuta denuo quatenus opus sit cum omnibus et singulis illius bo-
nis, proprietatibus, rebus, iuribus, actionibus et pertinentiis suis, quorum
fructus, redditus et proventus annui, vicesimam proventuum dictae mensae
partem non excedunt, ita quod liceat pro tempore existentibus Praeposito
et Rectoribus dicti Collegii per se vel per alium sive per alios corporalem
possessionem cappellae ac bonorum iuriumque actionum ac pertinentiarum
praefatorum propria auctoritate libere apprehendere et perpetuo retinere ac
iliius fructus redditus et proventus praedictos in suos et dicti Collegii
scholarium et personarum usus atque utilitatem convertere, ipsique cap-
pellae in divinis prout illius fundatio requirit, et alias iuxta ordinationem,
nostris expressam constitutionibus, quas et taxarum huiusmodi regestum
praesentibus subiicimus descrivere, illiusque onera supportare, cuiusvis li-
centia super hoc minime requisita, perpetuo unimus. annectimus et incor-
poramus. Et ut scholares praedicti in hac sancta vocatione educati, illos quos
speramus fructus suo tempore producere possint, et ordinationi dicti Concilii
inhaerendo statuimus ut illi in dicto Collegio recepti et deinceps perpetuo
tonsura et habitu clericali uti, gramaticam, cantum et computum ecclesiasti-
cum, sacram scripturam, libros ecclesiasticos et homilias Sanctorum patruum,
necnon sacramentorum tradendorum maxime quae ad confessiones audien-
das videbuntur opportuna, aliarumque bonarum artium disciplinam, rituum
quoque et caeremoniarum formas ediscere, atque etiam iuxta tenorem con-
stitutionum nostrarum hic subiiciendarum, singulis diebus Missae sacrificio
interesse et saltem singulis mensibus peccata confiteri et iuxta confessoris
iudicium, sanctissimum Eucharistiae sacramentum sumere ; ac Perusinis et
aliis Ecclesiis huius civitatis diebus festis inservire debeant.
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

Caeterum officii nostri et pro tempore existentis episcopi erit cum con-
silio duorum canonicorum ex senioribus dictae nostrae Ecclesiae quos eli-
gendos duxerimus, omnia et singula alia ad haec necessaria et opportuna
prout Sanctus Spiritus suggesserit etiam per frequentes visitationes et alia
officia requisita constituere, eaque ut observentur, saepius etiam visitando
operam dare, discolos et incorreggibiles ac malorum morum seminatores etiam
per espulsionem, et alias prout delicti qualitas exegerit animadvertere impedi-
menta quaecumque ad conservandum et augendum hoc salubre institutum,
penitus auferendo, sanctis itaque praeceptis salutaribusque disciplinis cum
gratia spiritus sancti instituta, huiusmodi juventus Angelicae puritati pro-
xima.

Ita vineam Domini continua propagatione foecundet, ut Ecclesia ca-
tholica talibus operariis ad pascendum Ch.ti gregem idoneis iugiter abundans
illius tandem saluti aeternae plenius consuluisse laetetur.

In quorum fidem praesentes nostro sigillo obsignari iussimus eisque
manupropria subscripsimus.

Datum Perusiae in domibus Archipresbiteratus S. Laurentii Cathedralis
Perusinae nunc nostrae solitae residentiae. Die prima mensis octobris 1564
Pontificatus summi in Ch.to Patris et Domini nostri Domini Pii Divina
Providentia PP. 4, anno eius quinto.

FULVIUS CORNEUS CARDINALIS ET EPISCOPUS PERUSINUS

Questo documento giuridico del Cardinale di Perugia, pur senza
la distribuzione rigorosa di un contenuto di regole sistematiche, con-
tiene tutti gli elementi fondamentali per descrivere concretamente
e particolareggiatamente la storia delle origini del Seminario della
diocesi. à

I punti fondamentali che tratteremo a questo proposito, e che
costituiranno quasi altrettanti capitoli, li desumiamo dal documento
stesso e possiamo ridurli ai seguenti :

1) Ciò che spinge il Cardinale ad istituire il Collegio è un mo-
tivo e una esigenza esclusivamente pastorale. Questo motivo, pur
non essendo, nella Chiesa, assolutamente originale, pure in qualche
modo lo è, essendo antecedente ai decreti tridentini relativi all’ob-
bligo fatto a tutti i vescovi di erigere un seminario diocesano: «. .
quod nos iam pridem cogitantes, decreveramus in Dioecesi nostra
Collegium aliquod puerorum ...». Lo scopo pastorale è poi espresso
nei due motivi: 19 che nei giovani che si avviano al sacerdozio ci
sia «aliqua virtutis significatio »; 29 che questi possano sostituire,
ormai non piü «rudes neque inexercitati » i sacerdoti che venissero
a mancare per morte naturale. ARTURO GABRIJELCIC

2) Il termine «iam pridem » usato indeterminatamente dal
Cardinale, ci fa sorgere l'interrogativo della data esatta d'inizio del
Seminario perugino, la quale data, come abbiamo riferito qui sopra -
a proposito del frontespizio della bolla, si situa tra il 1° ottobre
1564, inizio giuridico del Seminario, e il 1559, presunta data d'inizio
di fatto del Collegio. Le espressioni « decreveramus », « delectum non-
nullorum » (scelta di alcuni ragazzi), «illa nostra institutio . . . Col-
legium aliquod puerorum» suscitano appunto gli interrogativi del
‘quando ' e del © come *.

3) La bolla parla di una sede provvisoria presso la parrocchia
di S. Bartolomeo e di un'altra ancora da costruire nel luogo popo-
larmente conosciuto per il «palazzo abrusciato », contiguo al pa-
lazzo vescovile e alla cattedrale, secondo le prescrizioni dei decreti
tridentini.?

4) Il Cardinale riporta alcune norme tridentine relative alla
funzione del nuovo collegio e le introduce materialmente nel do-
cumento, ad esempio l’età di ammissione, la nascita da legittimo
matrimonio, che sappiano leggere e scrivere, che abbiano buona in-
dole e volontà di avviarsi al ministero sacerdotale, che si dia prefe-
renza ai poveri, non esclusi i figli dei ricchi ecc. ; inoltre ne aggiunge
altre, riguardanti più specificatamente le possibilità e le necessità
della diocesi perugina : quali persone del clero diocesano lo aiute-
ranno nel concretizzare sia l’erezione materiale sia la direzione eco-
nomica dell’istituto, quali saranno le condizioni per ammettere i
giovani nel Seminario diocesano e quali quelle per potervi rimanere,
chi presiederà l’opera formativa di questi giovani nel campo disci-
plinare, della scuola e della pietà e con quali metodi e mezzi ecc. ;
aspetti tutti che esamineremo sistematicamente nelle pagine se-
guenti.

La presente indagine storica si svolgerà intorno a questi punti
salienti, avvalendosi di scritti editi e inediti, contenuti principal-
mente nell’archivio del Seminario perugino e finora non usati da
alcuno, almeno recentemente 9; inoltre saranno utilizzati vari do-
cumenti storici, prevalentemente manoscritti, contenuti in archivi e
biblioteche pubbliche e private, al fine di illuminare la realtà e il
contributo originario di quel centro di spiritualità diocesano che è
ogni Seminario locale, e che per Perugia è stato il Collegio Seminario
fondato dal Cardinale Fulvio Della Corgna quattro secoli or sono. ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

1. L'Avvio DEL 1559

Dopo aver rivendicato il dovere e il diritto del Vescovo di pen-
sare seriamente alla necessità della evangelizzazione dei propri fe-
deli, il Cardinale di Perugia rileva una duplice costatazione perché
questo compito pastorale possa veramente raggiungere il suo fine.
Da una parte rileva l’inesorabile legge della mortalità umana, alla
quale il clero non fa eccezione ; dall’altra si propone una successione
nelle parrocchie scoperte, con un clero che risponda alle effettive
necessità pastorali dei fedeli e allora rileva come sia importante che
chi dovrà svolgere l’attività sacerdotale sia avviato a questo com-
pito già dalla fanciullezza.

Dice infatti :

«cum et hi fere quemquam, quibus a teneris annis imbuitur, in totam

vitam mores sequantur, et ea demum quisque optime exerceat, quibus trac-
tandis a puero assuevit...»?;

ne consegue che il Vescovo

«... summa ope niti debet, ut ii qui tanto muneri destinantur, et
in timore Dei et in perpetua quadam meditatione atque exercitatione edu-
centur... ut aliquibus ex ordine Ecclesiastico mortalitatis lege deficientibus,

haberemus alios non rudes neque inexercitatos, quos in demortuorum loco
substituere ac sufficere possemus » 9).

Questa angustia pastorale, alimentata dal clima conciliare e sol-
lecitata dalla reale situazione diocesana del clero, aveva fatto ma-
turare un tentativo affatto nuovo nella diocesi perugina, tentativo
portato ad esecuzione, col permesso del Vescovo, da due ecclesiastici
perugini.

Erano questi i sacerdoti diocesani Bino Pantani e Mario Bal-
deschi ® i quali avevano iniziato la formazione d'un piccolo gruppo
di giovani presso la chiesa parrocchiale di S. Gregorio prima, e di
S. Bartolomeo poi, per avviarli agli ordini sacri. È a questa inizia-
tiva che si riferisce il Cardinale allorché nella sua bolla scrive :

«Quod nos jam pridem cogitantes, decreveramus in Dioecesi nostra
Collegium aliquod puerorum in quibus aliqua virtutis significatio esset, in-
stituere; iamque nonnullorum delectum, iudicio nostro habebamus, qui in

». í
à Fw. S
Pi d Caec. m

m —
24 ARTURO GABRIJELCIC

eam spem Ecclesiae sumptibus et alerentur et a bonis atque approbatis ma-
gistris instituerentur » 1°).

La citata bolla, dicevamo qui sopra, porta la data del 1° ottobre
1564. Sorge spontanea la domanda a questo punto: a quando cioè
risalga l’inizio effettivo di questo Collegio eretto dal Cardinale di
Perugia.

Il termine usato nella bolla « quod nos jam pridem cogitantes »
è molto indefinito, per cui ci si richiede di precisarlo e di situarlo
in modo più preciso nel contesto della storia ecclesiastica di Perugia
e dei seminari della Chiesa in genere.

Il frontespizio della copia della bolla, che è un manoscritto della
fine del xvi secolo, cioè distante una trentina di anni dalla data dell’ere-
zione giuridica e quindi dalla bolla originale, riporta questa dici-
tura: «fuit erectum collegium 1559 », sotto l’intestazione più in
grande: « Constitutiones Collegij Semin : Perusin : 1564 » 1»,

Ci chiediamo se questa data del 1559 sia attendibile, dato che
nella vasta storiografia dei seminari della Chiesa non risulta mai
accennata una simile peculiarità del Seminario perugino ! e dato
anche che quando qualche cultore di storia perugina vi ha fatto
accenno, ciò gli è stato vivacemente contestato 1°).

Molti documenti storici, alcuni dei quali molto vicini al tempo
della data in questione, suffragano la consistenza di questa data.
Precisando inoltre che alla base della ricerca dell’attendibilità della
data del 1559 c’è, non già un motivo campanilistico, quanto piut-
tosto il desiderio di voler chiarire l’imprecisata intenzione del Car-
dinale di erigere il Seminario espressa nella frase «jam pridem cogi-
tantes » e così pure l’altra imprecisata decisione di erigerlo espressa
nel « decreveramus », ecco i riferimenti storici più precisi che ab-
biamo potuto rinvenire :

1) La data esplicita dell’anno 1559 risulta, nello stretto pe-
riodo da noi preso in esame 1559-1600, soltanto in questo fronte-
spizio delle costituzioni. Che l’aggiunta «fuit erectum Collegium
1559 » non sia posteriore lo dimostrano lo stesso colore dell’inchiostro
e ì medesimi caratteri calligrafici sottostanti allo stemma miniato
del Cardinale di Perugia 14.

2) Una notizia dell'archivio della cancelleria vescovile e al-
cuni accenni contenuti nei libri d’amministrazione del Seminario
riportano l’origine dello stesso ad una data molto vicina a quella in
questione,

TRERDNNARUILUTO ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

I] manoscritto della cancelleria riporta alcune notizie relative
alla chiesa di S. Bartolomeo, prima sede ufficiale del collegio del
Cardinale. Tra l'altro scrive :

«La detta chiesa ha doi campane nel campanile con lettere d'intorno
e da piedi, cioè una: ‘ hic campana B. Bartholomaei P. Eburnea A. D. cc.
xxviIJ' di peso libbre 160 incirca ; l'altra campana più piccola nuova, ri-
fatta d'una vecchia con lettere che dicono: 'anno 4 Institutionis Collegij
Seminarij' di peso libbre 100 incirca . . . » !9),

In due libri di amministrazione dell'archivio del Seminario ab-
biamo potuto rintracciare degli accenni relativi a queste campane
di S. Bartolomeo. Tali libri inoltre furono scritti quando il Seminario
si trovava ancora presso detta chiesa.

In uno di essi, in data 6 aprile 1565 si legge:

« Al benefitio di sanbartolomeo adi ditto baiocchi 60, tanti sono per
la manifatura deli... (illeggibile) dele campane e per metterle su nel cam-
panile » 1°).

Nell’altro libro amministrativo si legge :

« El benefitio de sanbartolomeo deve dare adi 7 de aprile baiocchi
sessanta tanti sono per fare asettare le campane e per metterle su » 17),

Collegando le notizie del manoscritto della cancelleria con questi
dell’archivio del Seminario si ricava che la nuova piccola campana
fusa nel quarto anno dell’istituzione del collegio risale al 1565 e
quindi l'istituzione dello stesso si può agevolmente fissare al 1561
e anche prima, perché la fusione di una campana non è tale da po-
tersi ordinare oggi per domani e quindi la sua ordinazione all’arti-
giano può precedere di qualche mese la trascrizione delle spese nei
registri 1),

3) Il Baglioni nel suo Diario così scriveva a qualche anno di
distanza da questi fatti :

«Due religiosissimi Ecclesiastici Perugini chiamati l’uno Mario Bal-
deschi e l’altro Bino Pantani negl’anni addietro avevano adunati alcuni Gio-
vani studenti appresso la Chiesa parrocchiale di S. Gregorio nella contrada
di P.S.S. Dal Cardinale della Cornia l’anno 1564 nel Pontificato di Pio 4
furono trasferiti detti Giovani sotto la direzione di essi nella chiesa parroc-
chiale di S. Bartolomeo in P.B.»!®.
ARTURO GABRIJELCIC

Anche il Lancellotti, scrivendo nella metà del '600 la sua opera
storica, dopo averne ricercate le fonti più attendibili, conferma la
notizia della prima sistemazione del Collegio in S. Gregorio. Egli
avrebbe voluto riferire i documenti relativi a questo fatto :

«la mia speranza però è restata defraudata dalla trascuraggine di
chi era tenuto a conservare le prime memorie del Collegio, prima fondato
dal Cardinale Fulvio, che ordinato dal Concilio di Trento » 2°).

Avendo a tale scopo potuto solo raccogliere notizie a voce,
così le riporta :

«Qui può dirsi che avesse qualche principio il Collegio del Seminario
perché don Mario Baldeschi, uomo di spirito insieme con Bino Pantani, per-
sona di bontà non ordinaria, vi esercitava in diversi trattenimenti spirituali
una buona mano di giovani, conducendoli seco a sentire i divini offici e i
ragionamenti divoti e a fare altre opere pie. Di qua il Cardinale Fulvio della
Corgna Vescovo ebbe ispirazione di gettare in S. Bartolomeo in P. Borgne
i primi fondamenti del detto Collegio, facendo l’elezione di 12 giovani bene
incamminati nelle cose dello spirito dal Baldeschi la cui bontà e prudenza
era in tanto conto appresso i Vescovi, che del consiglio e aiuto di lui si vale-
vano in negozi di grande considerazione . . . » 21),

Da queste notizie si ricava come antecedentemente a S. Barto-
lomeo (1564) il Collegio del Cardinale aveva risieduto nell’altra par-
rocchia cittadina di S. Gregorio, della quale parleremo in seguito.

4) Un riferimento più esplicito e preciso circa il 1559 ci viene
da una lettera del più illustre dei maestri che il Seminario di Perugia
abbia mai avuto nel campo delle lettere, Marco Antonio Bonciari,
il quale, come più diffusamente diremo più avanti, fu coevo alle
vicende del Seminario fin quasi dagli inizi. Egli, insegnante di « hu-
manae litterae » in Seminario nel 1580, indirizzó una lettera a nome
anche dei superiori del Seminario al Cardinale Fulvio che abitava
ormai definitivamente a Roma.

Riferendosi all'opera diocesana istituita da lui, il Collegio del
Seminario, cosi gliela ricorda :

«Tu vigesimum ante annum hoc nobis in patria Collegium instituisti
in quo pueri alerentur . . . illud ipsum praeripiens pietate et consilio tuo quod
post a Concilio Tridentino divinitus constitutum atque sancitum est » ?2).

Questo esplicito riferimento a « vent'anni fa » in data 1580 da
parte di uno che é addentro alla vita e alla storia del Seminario,
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 27

accredita definitivamente la fondatezza della data in questione, av-
valorandola inoltre con l'accenno d'un fatto riconosciuto fin d'allora,
quello cioé d'aver il Cardinale di Perugia prevenuto «consilio et
pietate » le deliberazioni del Concilio di Trento.

Questi precisi riferimenti tratti da documenti indiscussi accre-
ditano la lunga e ininterrotta tradizione di tutti quegli storici peru-
gini che dalle origini del Seminario in qua gli attribuiscono una ori-
ginalità e una priorità sopra tutti gli altri Seminari postridentini.

2. 1564: L'ANNO DELLA EREZIONE

x

Il Seminario perugino è eretto giuridicamente «ad perpetuam
rei memoriam » il 1° ottobre 1564 con la Bolla « Inter alia » recante
la firma del Cardinale.

L'originale della bolla, nell'archivio del Seminario, è a forma di
libro riccamente rilegato in pelle. Come dicevamo più sopra in nota,
esso contiene la bolla d’erezione, le costituzioni e il documento della
tassazione dei singoli benefici della diocesi. Di calligrafia diversa e
quindi presumibilmente posteriore, sono le benedizioni e orazioni per
la vestizione dei chierici. Nei libri amministrativi sono riportate le
spese per il documento e per le modalità d’autenticazione in data
8 e 22 ottobre 1564, per «cera, cassa, sigilo . .. e per coprire il libro
della eretione » ?9,

L’atto giuridico d’erezione non era sorto d’incanto, infatti il
collegio del Cardinale era già in vita, inoltre i decreti tridentini
richiedevano l’opera di determinati ecclesiastici che affiancassero il
Vescovo nell’istituzione dell’opera diocesana e da ultimo, non senza
importanza, l’anno 1564 era stato molto movimentato per alcuni
colpi di scena avvenuti tra il Cardinale e il suo suffraganeo Giulio
Oradini. I particolari di questo ultimo fatto li riporteremo più in
dettaglio quando parleremo della figura del Cardinale, qui ne ri-
portiamo soltanto le notizie utili a inquadrare il maturarsi dell’isti-
tuzione giuridica del Seminario.

Nel libro 1v dei Decreti del capitolo della cattedrale nell'anno
1564, si trova la prima notizia storica relativa al Seminario di fonte
esterna ai documenti d’archivio del Seminario stesso :

« Die lune 24 aprilis fuit capitulum extraordinarium de mandato Rev.mi
D. Archipresbiteri in quo interfuerunt ...?4. Mons. Rev.mo Arciprete pro-
——— À

28 ARTURO GABRIJELCIC

puse che per ordine del sanctissimo Concilio Tridentino s'ha da fare un se-
minario accio habbino ad imparar quelli che vi saranno et littere et boni
costumi, accio possino diventar religiosi con servir a Dio et ordina dicto
Concilio che insieme con il Rev.mo Vescovo habbino ad essere duo canonici
uno d'elleggersi da S.S. Ill.ma e l'altro dal Rev.mo Capitolo, fo eletto dala
banda del Rev.mo Capitolo il Rev.do m. Lodovico Senso accio habbi ad esser
con S.S. Ill.ma et dar ordini di quello s'ha da far, et fo messo a partito et
vento per tutte fave bianche » 25).

Questa decisione capitolare a carattere straordinario fu presa
dunque nell'aprile 1564, quattro mesi cioè dopo la chiusura del
Concilio di Trento e cinque prima dell'erezione ufficiale.

I motivi accennati durante detta riunione capitolare sono due :
primo, il Concilio ordina l'erezione di un seminario; secondo, il
capitolo deve eleggere uno dei suoi membri perché assista il Ve-
scovo nel portare a compimento l'opera.

A quel tempo vescovo di Perugia era mons. Giulio Oradini,
nominato tale due anni prima, nel 1562. Era stato il Cardinal Fulvio
a farlo nominare Vescovo suffraganeo di Perugia sotto papa Pio IV
e sempre lo stesso Cardinale l'aveva fatto nominare Decano della
Sacra Rota sotto lo zio papa Giulio III. L'Oradini però aveva ac-
cettato di malavoglia la nomina a suffraganeo, trovandosi piü a
proprio agio nell'incarico di rotale e ritenendosi più onorato a Roma
come rotale che come vescovo a Perugia. Sta di fatto che egli non
venne mai a Perugia, neppure a prenderne possesso, cosa che fece
tramite il fratello Marcantonio Oradini quattro mesi dopo la no-
mina, lasciando il disbrigo delle questioni pastorali al proprio vi-
cario, mons. Donato Torri, che era contemporaneamente arciprete
della cattedrale e che quindi presiedette il capitolo straordinario
suaccennato.

Mons. Oradini trascinó la sua scomoda posizione per ventotto
mesi, senza dubbio angustiato fra un si di riconoscenza per il Car-
dinale suo benefattore 29 e un no, nettamente deciso nel suo in-
timo, ad assumere il peso pastorale della diocesi perugina. A tutta
la questione, come vedremo piü avanti, non era estranea la pretesa
del Cardinale di voler avocare a se il conferimento di tutti i benefici.

Dopo parecchie dilazioni richieste per non esser consacrato ??
in data 10 settembre 1564 *9 egli rinunciò definitivamente alla dio-
cesi perugina optando per il suo ufficio di rotale.

Non senza sdegno il Cardinale Della Corgna venne a conoscenza
di questa decisione *? che gli rimetteva in mano tutta la direzione
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 29

della diocesi alla quale ritornó portando con se l'immancabile ag-
giornamento conciliare che il frequentare la curia e la pubblicazione
dei decreti conciliari gli avevano procurato. Testimonianza di ció
sono appunto l'erezione del Seminario in data 19 ottobre 1564;
l'annunzio dell'inizio della visita pastorale per il 13 dello stesso mese,
inoltre la convocazione di tutto il clero in cattedrale per il 6 novem-
bre per un solenne sinodo diocesano «ut in Perusina Ecclesia...
Ecclesiastica pene extincta disciplina excitetur »**? come ebbe a pro-
mulgare lo stesso Cardinale nel bando delle applicazioni tridentine
emanate in quella occasione.

L'atmosfera poco definita e cosi mutevole nella gerarchia dio-
cesana avrebbe senz'altro nuociuto al sorgere e allo stabilirsi del
Seminario diocesano, se lo stesso non fosse già esistito di fatto, con
degli indirizzi già cosi ben delineati tali da inserirlo nelle finalità del
seminario tridentino senza farlo rinunciare alla propria fisionomia.
E vero che nel redigere i deliberati del capitolo dei canonici su ri-
portati, l'estensore non accenna ad alcun seminario già esistente in
città, ma questo è dovuto al fatto che la parola tecnica di ‘ seminario '
entra solo allora nel vocabolario ecclesiastico corrente, con tutte le
implicanze ad esso connesse dai decreti tridentini (finalità, modalità,
condizioni, competenza sul piano diocesano ecc.), mentre il gruppo
di giovani di S. Bartolomeo era comunemente conosciuto sotto il
nome di ' collegio ', nome che rimarrà unito a quello di ‘ seminario '
fino ai giorni nostri. Inoltre, lo vedremo meglio in seguito, perdu-
rerà nella prassi diocesana il reclutamento delle vocazioni anche da
parte delle parrocchie, non soltanto quelle di campagna, lontane
dalla città, ma di quelle stesse della città, perché il numero dei posti
in Seminario sarà limitato e quindi sarà soggetto a concorso. Questo
significa che il Seminario diocesano non fagociterà istantaneamente
le istituzioni equivalenti, ma si affiancherà ad esse come istituzione
canonica che a poco a poco si imporrà alle altre forme, per le sue
più ampie ed efficaci possibilità educative. Questo, nella diocesi
perugina, avverrà appena tra la fine del xix secolo e gli inizi del
nostro secolo ?",

A questo punto della nostra indagine ci sorge un interrogativo
sia riguardo alla data storica dell'erezione effettiva del Collegio del
Cardinale sia riguardo alla effettiva paternità della fondazione di
esso. A questo scopo prendiamo un momento in mano la cronologia
dei Vescovi perugini di questo periodo.

Chi domina la scena della storia diocesana è il Cardinale Fulvio

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Della Corgna. Egli regge e dirige in qualche modo tutto l'arco di
tempo che va dal 1550, anno della sua nomina a Vescovo di Perugia,
fino al 1574, anno in cui rinuncia al vescovato di Perugia e si sta-
bilisce definitivamente a Roma ove muore nel 1583. Durante questo
arco di piü di venti anni egli si fa sostituire da due vescovi suffra-
ganei, distribuiti con questa successione cronologica sulla cattedra
perugina :

1550 Fulvio Della Corgna Vescovo di Perugia.

1553 Fulvio rinuncia al vescovato a favore del cugino Ippolito Della
Corgna, con diritto di regresso alla morte di Ippolito e con
diritto di conferimento di tutti i benefici del vescovato peru-
gino.

1562 15 febbraio: morte di Ippolito Della Corgna.

1562 24 aprile: nomina di Giulio Oradini, decano della Rota ro-
mana, a Vescovo suffraganeo di Perugia alle stesse condizioni
di Ippolito.

1564 10 settembre : Giulio Oradini rinuncia al vescovato senza nep-
pure essersi fatto ordinare Vescovo.

1564 10 settembre: Fulvio riprende il vescovato, giungendo a Pe-
rugia verso la fine del mese ?2),

1574 5 maggio : Fulvio Della Corgna rinuncia al vescovato di Pe-
rugia a favore di mons. Francesco Bossio e si ritira a Roma
senza alcun diritto di regresso né di conferimento di bene-
fici eccettuato quello di Marsciano *».

1583 2 marzo : Fulvio muore in Roma.

Come si vede, i periodi di permanenza del Cardinale in Perugia
dal 1553 al 10 settembre 1564 si riducono a ben poco, appena due
mesi, dal febbraio all’aprile 1562. In realtà egli non risiedette in
Perugia neppure quei due mesi, perché dal diario dei capitoli tenuti
in quei mesi dai Canonici **, essendo il Cardinale anche Arciprete
della cattedrale e quindi la prima autorità capitolare, risulta che
egli non fu a Perugia né alla morte e ai funerali del cugino Ippolito
né alle riunioni capitolari riunite regolarmente il venerdì. Soltanto
il 22 giugno 1562 egli tornò a Perugia perché mons. Giulio Oradini,
tramite il fratello Marcantonio, vescovo titolare di Utica, prendeva
possesso del vescovato di Perugia e anche perché in quei giorni en-
trava in Perugia il nuovo Legato pontificio. La sua residenza inol-
tre, in questi mesi, era di preferenza in una delle due belle ville di

E ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 31

campagna, il castello della Pieve del Vescovo o il Colle del Cardinale.

All'approssimarsi della scadenza del 19 luglio 1563, poiché con
questa data si rinnovavano tutti gli incarichi capitolari e tutto ció
doveva avvenire con il consenso dell'arciprete, il Cardinale rinuncia
all'arcipretato in favore del Vicario generale mons. Donato Torri
di Arezzo, lasciando cosi ogni impegno con Perugia che lo costrin-
gesse a spostarsi da Roma, riservandosi solo la collazione dei bene-
fici, cosa che faceva per lettera tramite il suo procuratore, il cavalier
salvi. Probabilmente Fulvio si indusse a ció per togliersi definitiva-
mente da Perugia e sollecitare cosi la presenza personale dell'Ora-
dini nella diocesi, priva da due anni di un vescovo che vi risiedesse.
La rinuncia peró fatta dallo stesso Oradini verso la metà di settem-
bre dell'anno successivo 1564 costrinse il Cardinale a tornare a Pe-
rugia e noi lo troviamo nominato nel suddetto diario capitolare in
data 6 ottobre non piü come arciprete ma come Vescovo di Peru-
gia ?9),

Abbiamo voluto fare questo lungo excursus per osservare
come la presenza del Cardinale in Perugia fino ai primi di ottobre
del 1564 fosse quasi inesistente, la qual cosa sembra pregiudicare la
intera paternità attribuitagli dagli storici del Seminario perugino.
Il documento che riportiamo qui sotto restringe infatti la paternità
del Cardinale a una paternità giuridica di un seminario già ope-
rante.

L'abbozzo di decreto del seminaristico da imporsi ai benefici
ecclesiastici della diocesi perugina rintracciato nella Biblioteca Do-
minicini, con data 26 giugno 1564, e divenuto poi esecutivo con
la stessa data e per decisione dello stesso Vicario, come risulta dal
documento inserito nel libro della Bolla di fondazione e delle Co-
stituzioni al n. 3, mette in evidenza che l'iniziativa dell'erezione
giuridica del Seminario fu avviata da mons. Donato Torri, Vicario
generale del Vescovo Oradini e Arciprete della cattedrale. Eccone
parte del testo :

«... Quocirca Rev.mus D.nus Donatus Turrius R.mi D.ni Julij Ora-
dini Epi Perusini dignissimi in spiritualibus et temporalibus Vicarius gene-
ralis, et Perusinae Ecclesiae Archipresbyter, intendens cum reverentia et oboe-
dientia suprascriptum sacrosanctae Synodi decretum executioni mandare et
potestate sibi eadem Synodo attributa virtute supradicti Vicariatus officij,
et generalis mandati necnon specialis propter infrascriptis sibi facti a R.mo
Epo Perusino praefato, necnon habita communicatione et consilio cum R.dis
DD. Nicholao Thetio et Ludovico Sensio Perusinae Ecclesiae Canonicis elec-
ARTURO GABRIJELCIC

tis, illo a R.mo Ep.o, hoc a R.mo Capitulo necnon cum Simone Joannis et
item Octaviano Busonio eiusdem civitatis Clericis electis, hoc a Clero, illo a
R.mo Episcopo ad hunc effectum, statuit et statuendo declaravit ex fructi-
bus integris mensae episcopalis et Capituli et quaruncumque dignitatum...
vigesimam partem detraendam... et vigesimam partem sic detractam in-
corporavit et applicavit suprascripto Collegio Seminarij ad alendos adole-
scentes et alia facienda quae dicto Seminario erunt necessaria et opportuna,
transferens in ipsum Seminarium eiusque legitimos Syndicos et Procuratores
2» 36)

tutti i diritti reali, personali, misti ecc.
Questo documento é di somma importanza per l'attribuzione
della paternità effettiva sul Seminario perugino.

Fino a questa data, 26 giugno 1564, il Cardinale non compare
affatto nella iniziativa presa per l'erezione del Seminario, vi domina
invece il Vicario generale Domenico Torri, che nelle sue qualità di
Vicario, contemplate dai decreti tridentini e previo accordo e con-
senso con il Vescovo Oradini, risiedente a Roma, stila i documenti
necessari per mandare ad effetto l'erezione del Seminario, facendosi
aiutare in ciò da consulenti scelti a norma dei canoni tridentini ??.,
Queste persone, quattro in tutto, sono: due canonici del Capitolo
della cattedrale, uno eletto dal capitolo (Ludovico Sensi) **, l'altro
dal Vescovo (Nicola Tezio); due preti secolari del clero urbano, uno
eletto dallo stesso clero (Ottaviano Busonio), l'altro dal Vescovo
(Simone di Giovanni). Se peró prendiamo in mano la bolla d'erezione
del Cardinale, troviamo che di questi ecclesiastici ce n'é uno solo,
il canonico Ludovico Sensi, mentre l'altro, Nicola Tezio, é sostituito
dal canonico Roberto Lancillotto e gli altri due membri del clero
urbano non sono nominati affatto. Forse ció sta a significare che il
Cardinale non si attenne alla lettera del Concilio, anche perché non
conosceva affatto il suo clero, sia per la sua prolungata assenza
dalla diocesi sia anche per il suo carattere non troppo affabile, come
riferiremo meglio quando parleremo della sua figura.

Continuando la lettura della Bolla, là dove tratta dei mezzi di
sostentamento di cui potrà disporre il Seminario, troviamo che il
Cardinale destina al collegio un beneficio appartenente alla mensa
vescovile, la cappella di S. Giacomo, il cui beneficio annuo di 50
scudi corrisponde al 5% dei benefici della stessa mensa *». Il testo
della Bolla dice che tale smembramento di S. Giacomo dalla mensa
vescovile fu fatto durante il Sinodo diocesano, quello del 6 novembre
1564, primo sinodo tenuto dal Cardinale alla riassunzione della dio-
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 33

cesi; ora, poiché la Bolla porta la data del 19 ottobre 1564, ne dedu-
ciamo che questa data é retroattiva, cioé la Bolla fu emanata dopo
il 6 novembre 1564, data del Sinodo, ma retroattivata al 19 ottobre
dello stesso anno perché ogni decisione sul Seminario o a favore di
esso avesse un fondamento giuridico. Tutto questo, mentre favoriva
il collegio garantendogli gl'indispensabili mezzi di sostentamento,
danneggiava quelli che rimanevano tassati, da qui i lamenti, i ri-
corsi a Roma e le ostilità non poche, che il Cardinale dovette supe-
rare per imporre l'adempimento dei decreti tridentini e diocesani.
E comprensibile come a tal riguardo il Cardinale esprimesse il suo
sollievo nella Bolla :

«... cum illa nostra institutio, ob rei familiaris angustiam, exiguis
etiam tum initiis niteretur, percommode accidit ut a Sacrosancto Concilio
Tridentino salutaris sanctio ferretur, qua omnes Episcopi ad ipsum, quod
nos jam effectum expetebamus, facere iuberentur » 19)

e come, forte dell'appoggio del Concilio, ne potesse parlare anche
nelle sue visite pastorali e nelle stesse case religiose 4), non tro-
vando certo facile accoglienza a questa sua preoccupazione pasto-
rale, come dicevamo sopra e come ci é dato di leggere tra le righe
della lettera scritta nel 1580 al Cardinale, ormai risiedente a Roma,
da parte del Bonciari :

« Gaude immortaliter, quod etsi non defuerunt, qui a principio Semi-
narium tuum labefactare, atque adeo funditus evertere nitebantur; nunc
idem ita ab omnibus diligitur carumque habetur ...» *9?,

e in parte anche nei resoconti delle sedute delle autorità civili, come
riferisce questo verbale dell'estate del 1565 :

« Inoltre diamo a memoria, come Mons.re Ill.mo et R.mo Car.le et
Vescovo nostro in essecutione di quanto comanda il sacro et Ecumenico con-
cilio hà già dato principio à instituire il seminario de' Pretini, per instru-
tione della Religione Christiana, et presupponendo, che per sovvenimento
di detto seminario i luoghi pij, Fraternite, et Spedali debbano contribuire
per una certa rata de' frutti, che raccolgano, secondo la Tassa, che ne ha fatta,
et havendo a questo effetto fatto chiamare i Sig.ri Consoli, et Auditori, et
altri Camerlinghi, che hanno sotto di se Hospitali, et anco i Priori delle Fra-
ternite, et intimato loro la detta Tassa, essi hanno dimandato dilatione di
otto giorni à potersi consigliare, et risolversi, peró sendo tutti questi membri
importanti della nostra città, habbiamo voluto ricordarle, che se piaccia
farli ogni favore honesto, non già per contradire à SS. Ill.ma ma per suppli-
34 ARTURO GABRIJELCIC

carla con ogni debita reverenza à non voler fare piü di quello, che si faccia
nell'altre Città, imponendo à questi luoghi una gravezza perpetua, mai piü
sopportata da loro.

Si è scritto a Roma agl'Ill.mi SS.ri Car.li sopra di ciò e si è mandato
apposta ms. Baldassarre Sperelli e ms. Pietro Innocenti » ‘).

Volendo concludere quanto finora siamo andati esponendo a
proposito delle origini del Seminario, possiamo ritenere con certezza
i seguenti dati cronologici :

1559 i sacerdoti Bino Pantani e Mario Baldeschi iniziano la forma-
zione di alcuni giovani agli ordini sacri nella chiesa di S. Gre-
gorio, mentre è Vescovo di Perugia Ippolito Della Corgna, cu-
gino e vescovo suffraganeo di Fulvio Della Corgna ;

1564 (primavera) il Vicario del Vescovo Giulio Oradini, mons. Do-
nato Torri, inizia a mettere in atto i decreti tridentini per do-
tare il Seminario già esistente di rendite stabili, imponendo la
tassa del 5% su tutti i benefici diocesani ;

1564 (estate) il gruppo dei giovani si trasferisce presso la chiesa par-
rocchiale di S. Bartolomeo, sempre sotto la guida del Pantani;

1564 (1° ottobre) in questa data il Card. Fulvio Della Corgna, tor-
nato a dirigere la diocesi personalmente, erige giuridicamente
il collegio dei giovani in Seminario diocesano, ancora in S.
Bartolomeo, in attesa che sia pronta la nuova sede in piazza
Grande, presso la cattedrale ; lo stesso Cardinale mette in atto
le disposizioni tridentine relative alla vita disciplinare ed eco-
nomica del Seminario ;

1568 (estate) il Seminario si trasferisce definitivamente nella nuova
sede di piazza Grande, costruita dal Cardinale nel luogo del
rovinato palazzo dei Legati, meglio conosciuto in città per
« palazzo abrugiato ».

Quanto alla paternità sul Seminario perugino, noi rileviamo che :

1) l'iniziativa è presa dai sacerdoti Bino Pantani e Mario

Baldeschi al tempo del Vescovo suffraganeo Ippolito Della Corgna ;

2) l'esecuzione dei decreti tridentini relativi al Seminario è

avviata dal vicario generale Donato Torri al tempo del vescovo suf-
fraganeo Giulio Oradini ;

3) l’erezione giuridica del Seminario e applicazione giuridica

dei decreti tridentini sono resi operanti dal Cardinale Della Corgna

con data retroattiva ;
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 35

4) la sistemazione definitiva del Seminario nella nuova sede
in piazza Grande é opera esclusiva del Cardinale Della Corgna.
Questo ultimo fatto è valso a far attribuire tutta l'istituzione
del Seminario perugino al Cardinale Fulvio Della Corgna, facendo
così convergere nella sua persona e nei suoi decreti, sia l’opera
avvenuta sotto il vescovato del cugino, Ippolito Della Corgna,
sia l'opera nascosta di altri ecclesiastici, vicario, canonici e sa-
cerdoti diocesani, elargendo cosi a questa istituzione spontanea e
regolamentata insieme, i riflessi del lustro della propria porpora e
attribuendo altresi alla propria porpora il merito di un'opera che
non gli apparteneva come iniziativa, ma che gli appartiene senz'altro
come stabile esecuzione. Tutto questo convalida ancora una volta
la legge di vita della Chiesa, che é poi la vita dello Spirito di Cristo
nel corpo che é la Chiesa : la fecondità é dell'humus ecclesiale dio-
cesano mentre il riconoscimento ufficiale è dell'autorità religiosa.

3. IL CARDINALE FULVIO DELLA CORGNA FONDATORE DEL SEMINARIO

L'erezione del Seminario perugino è strettamente legata al nome
di Fulvio Della Corgna, Vescovo di Perugia e Cardinale. Era nato a
Perugia da Francesco Della Corgna, detto il Francia, e da Jacopa
Del Monte, sorella di Papa Giulio III Giovanni Maria Ciocchi Del
Monte 4, il 17 novembre 1517.

Da giovane s’era dato alla vita delle armi militando sotto il
condottiero perugino Ridolfo Baglioni, ottenendo anche un’insegna
di cavaliere di Malta. Nel 1542 all’età di 25 anni lasciò la vita mili-
tare, forse dietro suggerimento dello zio già cardinale, iniziandosi
agli studi in Perugia sotto l’insegnamento del perugino Francesco
Parigioli. Quasi nello stesso tempo s’iniziò agli ordini sacri, riuscen-
done infine sacerdote e arciprete della cattedrale di Perugia 4, nel
quale titolo rimase anche dopo che gli era sopraggiunta la nomina a
Vescovo della città.

Questa nomina gli sopraggiunse in data 5 maggio 1550, appena
a tre mesi di distanza dall’elezione dello zio a Pontefice col nome
di Giulio III ‘©. Giungendo da Roma per prendere in mano le re-
dini della diocesi, retta fino a quel momento dal milanese Francesco
Simonetta, si fece precedere dalla solenne concessione di un giubileo
straordinario esteso a tutti i fedeli 4).

Il conferimento del cardinalato gli sopraggiunse a un anno di
36 ARTURO GABRIJELCIC

distanza, il 20 novembre 1551, come cardinale presbitero del titolo
di S. Maria in Via. Con la nuova nomina, decisa dal Papa nella sua
terza creazione di cardinali, il neoeletto acquisiva anche l'incarico
di Legato nella Marca picena, nonché il vicariato spirituale e tem-
porale di Ascoli, Rieti, Norcia, Monteleone e Cascia.

Perugia, a detta del cronista perugino Raffaele Sozi, «ne go-
dette come raro privilegio » ‘9 e infatti benefició di miglior tratta-
mento dopo i tempi difficili instauratisi all'indomani della cosidetta
guerra del sale del 1540. Tra le funeste conseguenze di quell'avveni-
mento perdurava ancora quella della soppressione dei Priori del co-
mune. Fu per interessamento di donna Giacoma, sorella del ponte-
fice e di Fulvio e Ascanio suoi figli che papa Giulio III revocò la
severa punizione inflitta alla città da Paolo III, il costruttore della
Rocca Paolina. In quella occasione i Camerlenghi della città smisero
gli abiti neri e dopo tredici anni di lutto politico indossarono gli abiti
rossi del loro potere cittadino. Era il primo maggio 1553 *9. Pochi
giorni dopo le autorità e il popolo festanti decretarono l'erezione di
un monumento a ricordo del fatto, e questo fu una statua bronzea
del pontefice papa Giulio III sedente sul trono, quale tutt'oggi si
ammira sulla gradinata della cattedrale, con la seguente iscrizione :

Julio Tertio Pontifice Maximo, ob restitutos Magistratos pie depre-
cantibus Fulvio S.R.E. Cardinali et Ascanio Corneis, ex sorore nepotibus, ad
muneris gratique animi perpetuitatem, Populus Perusinus dedicavit.

La situazione di pace venutasi a verificare in città e nel ter-
ritorio permise al cardinale di svolgere qualche buon ufficio per lo
zio pontefice nella città di Firenze, ove s'incontró con Cosimo dei
Medici, su richiesta del Cardinal Sermoneta, per pacificare le con-
troversie esistenti tra Siena e Montalcino.

Nello stesso anno 1553 Fulvio Della Corgna rinunció alla dio-
cesi perugina a favore del cugino Ippolito Della Corgna con diritto
di regresso, avendo ottenuto il vescovato di Spoleto *?. Già l'anno
prima egli aveva chiamato i Gesuiti a Perugia *9 ed era venuto a
predicarvi lo stesso Lainez, dando così l’avvio a una lunga perma-
nenza della compagnia di Gesù nella città, favorita largamente sia
dal cardinale che dal cugino Ippolito, i quali l’appoggiarono con elar-
gizioni, benefici e privilegi dopo aver per prima cosa ottenuta per
loro dai Priori del comune la donazione dei locali già usati dal card.
Armellino per scuola di retorica in piazza del Sopramuro, oggi Mat-
teotti 52,
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 37

S'annunciavano frattanto tempi difficili per il cardinale. Nel
1555 muore infatti Giulio III e il cardinale, per la prima volta, prende
parte al conclave. Egli si schiera dalla parte di coloro che propendono
per la riforma della Chiesa, puntando sulla figura del cardinale
Marcello Cervini, opponendosi risolutamente alle mosse della fa-
zione opposta, tendenzialmente mondana. Era stato proprio a Pe-
rugia che il cardinal Cervini aveva fatto esplicita affermazione di
questa esigenza di rinnovamento : «ora è giunto il tempo che col-
l'aiuto di Dio potrà darsi alla tribolata Chiesa un Papa, il quale
gareggi coi santi e dotti Papi del tempo antico e sia un vero vicario
di Cristo » ©. Fulvio Della Corgna si fece strenuo sostenitore del
Cervini e godette della sua elezione a papa. Ma il neoeletto mori
dopo soli 22 giorni di pontificato e i cardinali si trovarono di nuovo
di fronte alla difficile scelta del successore.

Fulvio Della Corgna era fieramente avverso al cardinal Carafa
e tra i suoi avversari era il piü intransigente. Cedette soltanto quando
l'elezione dell'austero cardinale napoletano fu ormai un dato di fatto.
Tra altri motivi, l'aveva mosso contro il Carafa il carattere duro e
inflessibile della sua sia pur inattaccabile integrità morale e fedeltà
alla vera causa della Chiesa. Per questo motivo l'aveva avversato
già nel conclave precedente. Fu questo atteggiamento che gli nocque
nei rapporti col nuovo pontefice, che aveva assunto il nome di Paolo
IV. Ben presto se ne videro gli effetti.

Il cardinale di Perugia perdette innanzi tutto la città di Spo-
leto, quindi si vide cambiato il titolo cardinalizio in quello di S.
Bartolomeo al quale rinunzió assumendo quello di S. Stefano al
Celio. Il momento più cruciale però che dovette affrontare nello
scontro con il Pontefice lo visse quando fu tratto in prigione a causa
del fratello Ascanio Della Corgna condottiero degli eserciti del Papa,
per ordine dello stesso pontefice. Poiché questi aveva avuto il so-
spetto che Ascanio lo stesse tradendo presso il re di Spagna, aveva
disposto che Ascanio fosse imprigionato e giudicato. Avendone Fulvio
avuto notizia — egli abitava permanentemente in Roma in quel
tempo (1556) — avvisò il fratello del pericolo cui andava incontro,
permettendogli così di riparare a Napoli. Ma Paolo IV non era l’uomo
da tollerare simile cosa da un membro del Sacro Collegio. Allorché
intervenne al concistoro del 27 luglio, il cardinal Fulvio fu tradotto
in Castel S. Angelo. « Nel concistoro il Papa parlò dapprima di questo
incidente . . . » *9 che si aggiustò dietro la forte cauzione di ventimila
scudi 59),
ARTURO GABRIJELCIG

Solo l'anno successivo Paolo IV attenuó il suo risentito atteg-
giamento verso i Della Corgna, restituendo ad Ascanio piü per ne-
cessità di patti imposti dalla politica che per amor di pace, le terre
del marchesato di Castiglion del Lago che gli aveva confiscate 59.

Con la morte di Paolo IV (1559), sotto il successore Pio IV, la
condizione personale di Fulvio migliorò definitivamente. Prima però
di inoltrarci nelle vicende che avvennero intorno alla sua persona
pensiamo utile riferire quello che fu il suo atteggiamento nel con-
clave che vide l’elezione del cardinale Gian Angelo Medici alla dire-
zione della Chiesa, per il qual risultato Fulvio si batté animosamente
rivelando ancora una volta l’elevatezza dei suoi sentimenti morali.

È rivelatrice a questo scopo la sua lettera a Filippo II in data
20 dicembre 1559 #) nella quale chiarisce al monarca spagnolo le
ragioni del suo rifiuto a votare per l’elezione del candidato filospa-
gnolo cardinal Pacheco. Egli avrebbe votato volentieri per il Pa-
checo, scrive,

«... se non havessi giudicato et per la natura sua tarda et per esser
vecchio et mal sano et per qualche altra causa che io resterò di dire a V.M.
che fusse poco atto a poter reggere a tanto peso quanto richiede il bisogno
de’ tempi presenti et le miserie in che si trova la povera et afflicta Chiesa.
Nel caso poi di questa negociacione le cose si sono trattate d’un modo che a
me non è mai piacciuto, havendo veduto le passioni prevalere al debito et
all’onesto.

Finalmente si è venuto al punto di proporre le cose di esso Pacheco
et fra molti altri che non vi hanno consentito, non è parso né al Cardinal
di Messina, né a me d’haderirli, parte per le cause suddette, e parte per il
modo che s’è tenuto.

Dalla qual risolutione essendosi alterati non solamente il Cardinal
Pacheco ma Vargas ambasciatore di V.M. et vedendo non potere colle per-
suasioni a indurci a questo consenso, si son volti alli pretesti, havendo esso
Vargas minacciato Ascanio mio fratello et il povero cardinal di Messina,
veramente huomo dabbene, di farli levare tutte l’entrate che hanno sotto-
poste a V.M., come se in questo havesse a operarsi contro la coscienza pro-
pria per timore della perdita di beni materiali... Rendasi pure certa V.M.
che se bene le siamo devotissimi et veri servitori, non possiamo però credere,
che ella sia per desiderare da noi più quello che la coscientia et la ragione
ci detta...» 59,

Dal tenore di queste righe risulta evidente la dirittura morale
del Cardinale di Perugia e risulta altresi come il senso della disci-
plina ecclesiastica e non gli interessi mondani guidassero la sua azione
e le sue decisioni. ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 39

Nel 1562, il 15 febbraio, venne a morire « per mal della pietra » 5”
Ippolito Della Corgna, cugino di Fulvio e suo suffraganeo nella dio-
cesi perugina, per cui il Cardinale dovette riassumere la direzione
della diocesi e lo fece tramite il proprio procuratore *", perché sua
intenzione era di rimanere a Roma. Col nuovo pontefice infatti,
come dicevamo, la situazione sua all'interno del collegio cardinalizio
era notevolmente migliorata, e di ciò è prova quanto ebbe a dirgli
Pio IV nel breve di donazione del palazzo « abrugiato » in data 7
giugno 1561; nel quale troviamo queste motivazioni :

«... ob multa et insignia per te nobis, et huic Sanctae Sedi Aposto-
licae, cuius honorabile membrum existis, praestita servitia et alia tua bene-
merita ...:..» 91):

Stando così le cose, ottenne di far nominare Vescovo suffraganeo
di Perugia il decano della Rota romana mons. Giulio Oradini, peru-
gino di nascita, venuto a Roma sotto Giulio III per interessamento
dello stesso Fulvio Della Corgna *?.

Erano ormai passati ventotto mesi da questa nomina quando
l'Oradini rinunciò definitivamente al Vescovato di Perugia prefe-
rendo il proprio incarico di decano presso la Rota. Ecco la lettera
di rinuncia scritta a Roma ove aveva sempre risieduto e fatta con-
segnare al cardinale che risiedeva lui pure a Roma:

«Avendo io in tutto il corso della mia vita infinite gratie et innume-
rabili favori ricevuto dalla bontà et amorevolezza di V.S. Ill.ma, mi credea
non posser crescere in maggior obbligazione e servitù appresso di lei, che io
era, ma da ch'ella con tanta humanità e onore da Prete nonché da Signore
si è contentata di levarmi questo carico della chiesa di Perugia et repigliarlo
sopra di se et conseguentemente cavarmi d’un laberinto che involgea et met-
tea in risico non solo il corpo ma anche l’anima, io ho conosciuto l’obbligo
mio esser cresciuto in molti doppi et la servitù è raddoppiata talmente che
il pensiero non averia gran parte d’esse non che io il possa descrivere in questa
mia et molte altre lettere. E sia certa V. S. R.ma che io non stimo che m'ab-
bia fatto minore beneficio in ripigliarsi la chiesa, che mi facesse quando da
se stessa mosse così liberamente e cortesemente non solo procurò resignan-
dola, che io l’havesse, ma anche io spedisse le bolle gratis.

E perché non sono possente con gl’effetti mostrarle gratitudine alcuna
di questo, che io posso, le dico e confesso esserli infinitamente obbligato, e
di tenerne memoria sintanto che io sarò in questa vita.

Ben la supplico che non si lasci cadere nell’animo, che io abbia re-
signato questa Chiesa mosso da rispetto alcuno o altra cagione, che dalla
M—— — 9 7

40 ARTURO GABRIJELCIC

mia indispositione, et che havendo ella tanti anni trattato molte cose con
me, prima come amico, poi come Padrone e Signore, et havendo conosciuto
sempre, che io sono proceduto liberamente e lealmente, non ha da credere,
che quand’io gli sono in più obbligo e più servitore, sia andato con lui con
fittioni, o coperti. E certo mi parrebbe ricevere quasi nota a pensare, che io
non havessi con lei comunicato il più segreto rispetto, che vi fosse stato,
o la più nascosta ragione, che m’havesse mosso.

Il negotio si spedì mercordì come mastro Sertorio più a pieno gli ne
darà aviso ; solo dirò che io mi ralegro che in questo s’è visto molto pronto
animo di S. Santità verso di lei, come lei intenderà dal medesimo.

E con questo farei fine, ma mi resta che io con ogni reverentia et hu-
miltà gl'addimandi perdono del disturbo e fastidio e travaglio che io gl’ho
dato in questa mia resolutione, che certo è stato contro il desiderio mio che
è di portarle quiete e pace e commodità e così gli adimando perdono.

E quello che mi manca a conseguire questa grazia da lei lo supplisca
la sua cortesissima bontà e la christiana charità che in lei si trova.

Conservandomi nella sua buona gratia à la quale con ogni humiltà
et efficacia m'offero e raccomando.

Di Roma alli rx di 7bre 1564 83),

Quantunque lo stile della lettera fosse una caratteristica del
secolo e in verità vi fossero anche motivi accertati di non buona
salute *9 tuttavia la lettera presenta palesi segni di incongruenza
dovuti all’atteggiamento combattuto di chi vuol liberarsi di una
cosa spiacevole da una parte, ma che nello stesso tempo teme di
suscitare sdegno, oppure si trova nello stato di dover ringraziare per
benefici avuti e desideroso di sbarazzarsi di un impegno incomodo
che gli viene proposto. È comprensibile come l’Oradini, per tutti
questi motivi e altri ancora, avesse portato in lungo le sue perples-
sità e si fosse deciso a rinunciare al vescovato anche per le decisioni
tridentine che obbligavano il Vescovo alla residenza.

Gli echi della sua decisione li possiamo rintracciare anche nella
cronistoria perugina. Essa fu ritenuta, a Perugia e a Roma, come
scrive il Sozi, «et stravagante et grande », e il maggior interessato
alla cosa, il cardinale « non fu senza sdegno et altissima alteratione »
che apprese la notizia *5. A detta sempre dello stesso cronista, che
riporta i giudizi di coloro che conoscevano l’Oradini «intrinseca-
mente », le cause che lo portarono a rinunciare al vescovato peru-
gino furono sia il non poter conferire benefici a persona *9, sia anche
il suo orgoglio di uomo ormai affermato nel foro ecclesiastico della
capitale, con pubblicazioni meritevoli e riconosciute da tutti, sia
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 41

anche la piü interessante vita della capitale in confronto alla vita
di provincia della Chiesa perugina. Infine, che l'Oradini avesse poco
desiderio di lasciare Roma lo si arguisce anche dal fatto ch'egli
prese possesso della diocesi perugina tramite il fratello Marcantonio
Oradini *? e soprattutto dal fatto che a due anni e mezzo di di-
stanza dalla nomina vescovile non si era ancora fatto consacrare
vescovo 99,

Cosi Fulvio Della Corgna riassunse il governo della diocesi ver-
so la fine del mese di settembre del 1564. La sua presenza in sede
significó una viva ripresa religiosa per tutta la diocesi. Il 13 ottobre
indisse l'inizio della visita pastorale diocesana, svolta parte perso-
nalmente, parte per mezzo del Vicario Donato Torri e di altri due
canonici giuristi, poiché essa ebbe prevalentemente carattere giu-
ridico amministrativo **',

Il Cardinale visitò di persona il Seminario, allora ancora nelle
stanze della chiesa parrocchiale di S. Bartolomeo, ove trovó quasi
tutto tenuto con proprietà: «omnes adinvenit et bene stare, ut
quae retentae erant a clericis Deum timentibus . . . » *9.,

Per il 6 novembre dello stesso anno indisse il primo solenne Si-
nodo diocesano che si tenne in cattedrale. Furono notate le assenze
e denunciate le incompatibilità dell'accumulo di benefici e della
non residenza '?. Contemporaneamente fece affiggere un manifesto
pubblico in data 10 ottobre 1564 con l'intestazione « Editto per
l'osservanza dei Decreti Tridentini di Fulvio Della Corgna » *? ove
l'osservanza dei decreti è diretta prevalentemente al clero diocesano
e religioso.

In dicembre procedette all'ordinazione di alcuni giovani tra i
quali ci fu un diacono, Cipriano Benincasa «de collegio seminarij
civitatis et dioecesis perusinae » '9, dando con ciò inizio alla com-
pilazione completa e precisa in volumi rilegati, di tutti gli ordinati
in sacris dall'anno 1564, cosa poi continuata dai suoi successori fino
al giorni nostri ?*).

Ciò che mise in atto per clero, religiosi, «ut in Perusina Ec-
clesia... Ecclesiastica pene extincta disciplina excitetur » ?), lo rea-
lizzó anche nel campo dei fedeli, operandone il rinnovamento inte-
riore ed esteriore con l'aiuto dei padri Gesuiti in città e con i Fran-
cescani nelle campagne ai quali demandò l'organizzazione e l'esecu-
zione di missioni popolari.

Per la cattedrale provvide con vari restauri e abbellimenti e
per i canonici di essa ottenne che dal 19 novembre 1571 potessero

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42 ARTURO GABRIJELCIC

indossare le cappe paonazze e altri ornamenti canonicali come erano
in uso a Roma nelle basiliche maggiori di S. Pietro e San Giovanni
in Laterano ?° ; inoltre istituì di nuovo la dignità arcidiaconale.
Nello stesso anno inaugurò solennemente la chiesa dei Gesuiti
in piazza del Sopramuro, l’attuale chiesa del Gesù, e a detta dei
cronisti ^? questa inaugurazione, con solenne processione dei cano-
nici e dei Priori al canto del Te Deum dalla cattedrale alla chiesa,
fu fatta il giorno stesso della vittoria della battaglia di Lepanto,
7 ottobre 1571. A questo proposito ci pare che non corrisponda pie-
namente al vero quanto l’anonimo cronista gesuita ebbe a scrivere
in alcune pagine relative alla fondazione dei padri gesuiti in Perugia :

«Et egli (Fulvio) più assai con l'autorità e protezzione ci favorì che
con la robba... Non essendo quindi vero fondatore del collegio ne della
chiesa, benché alle volte ne nostri libri antichi così si chiami, il Cardinal
Della Corgna bo : mem : non pare sia necessario dir altro di sua famiglia » 73).

Ci pare che l’anonimo se la sbrighi un po’ facilmente, perché pur
non essendo fondatore del collegio né della chiesa, da vari docu-
menti trovati nella cancelleria vescovile 7 e comunale *? e da quan-
to ammettono gli storici perugini, contemporanei e posteriori, si ri-
cava l'impressione di un cospicuo aiuto concesso dal Cardinale e
dal cugino Ippolito alle fondazioni gesuitiche della città. Anche i
primi libri amministrativi del Seminario parlano in questo senso,
ad esempio riferendo che alcune cotture di calcina da costruzione
furono utilizzate dal Seminario e dai padri gesuiti *? e che anch'essi
prelevarono pietre da costruzione da quella singolare cava di pietra
al centro della città che era il « palazzo abrugiato ».

Non fu quindi un semplice motivo sentimentale quello che in-
dusse i primi padri Gesuiti a porre questa lapide commemorativa
sul portale della nuova chiesa del Salvatore :

ILL.MUS ET RE.MUS D. FULVIUS CORNEUS EP. S.R.E. TIT.
S. STEPHANI IN COELIO MONTE PRESB. CARD. PERUSINUS
FUNDAVIT 8?)

La morte di Pio V nel 1572 riportò il Cardinale a Roma e inter-
ruppe la visita apostolica che il cardinale Della Rovere stava ormai
per terminare nella diocesi perugina. L’elevazione al soglio ponti-
ALLE ORIGIN! DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 43

ficio del cardinal Ugo Boncompagni col nome di Gregorio XIII fu
per Fulvio Della Corgna occasione di ulteriore innalzamento poiché
una vecchia amicizia lo legava al neoeletto pontefice **". Ciò signi-
ficó una piü frequente assenza del Cardinale da Perugia e il suo
definitivo stabilirsi a Roma nel 1574. Ne abbiamo notizia dalla
lettera inviata dal Cardinale al capitolo della cattedrale in data: 5
maggio 1574, ove comunica anche il nome del successore, il mila-
nese Francesco Bossio :

« Molto Rev.mo

questa mattina in Concistoro s'é spedita cotesta Chiesa à favore di
Mons. Bossio con una honorata relatione fatta da tutti, anco da N.S. istesso,
della vita essemplare della dottrina, bontà et previdentia di quel Prelato,
che non si potrebbe dir piü.

Doveranno veramente le SS.VV. rallegrarsene, et sperare che sicome
questa speditione é passata con intera sodisfattione di S. S.tà et di tutto il
Collegio, cosi ne resterà quella Chiesa benissimo servita con honore del S.re
et con molta consolatione di tutto il popolo, et di loro similmente tanto piü
che si possono render certi d'haver hora due in cambio di un Vescovo, Mons.
Bosio là, et me quà.

Sua B.ne nel medesimo Concistoro ha dato a mé il titolo et la cura
della Chiesa Albanense, come à Primo Prete del Collegio, per aviso delle
SS. VV. alle quali il S.re Dio conceda ogni contento.

Di Roma li v maggio 1574.

Quanto al Priorato de Marsciano ...... ci siamo reservati la. Coll.ne.

Al piacere delle SS. VV. » 54).
(firma)

La designazione del successore colse un pò di sorpresa il clero,
le autorità e il popolo di Perugia. Si sarebbe desiderato da tutti
un vescovo perugino, come mons. Fabio Della Penna, nipote del
Cardinale, oppure mons. Torri, Vicario generale, aretino ma molto
benvoluto e stimato da tutti. La sorpresa ci fu per il nominativo
imprevisto, non tanto per il disappunto della persona che era nota
e stimata da tutti. Mons. Bossio infatti era di casa a Perugia.

Giuntovi con nomina di Vicelegato nel 1564, era diventato Go-
vernatore della città e dell' Umbria l'anno successivo, anno nel quale
ricevette dal cardinale Della Corgna gli ordini minori *9. Il giorno
del suo ingresso in città, dalla porta di S. Pietro, successe il solito
tumulto a causa delle precedenze, contesa secolare tra canonici della
Cattedrale e magistrati della città, con scambio reciproco di ingiurie
e invettive al punto tale che l’arciprete della cattedrale si staccò
$i
————Ó

44 ARTURO GABRIJELCIC

dal corteo all’altezza di S. Ercolano, pieno di indignazione per le
ingerenze dei magistrati. Il tumulto si ripeté anche nella piazza
Grande, presso i gradini della cattedrale, ove, nella gara del prestarsi
per la discesa da cavallo del novello Vescovo, per poco costui non
venne travolto dal cavallo imbizzarrito a causa della folla strettasi
intorno al baldacchino 8°,

Il Cardinale Della Corgna frattanto, dopo aver avuto incarico
di promuovere la riforma delle cerimonie della cappella papale 7)
«di cui era intendentissimo » come afferma il Baglioni nelle sue me-
morie *9, s'ammaló gravemente « per mal d'Idropisia, d'Etica e Feb-
bre»*? e si spense nel suo palazzo di Roma, già del cardinal Sal-
viati, il 2 marzo 1583, a 66 anni di età.

L'assistenza durante la sua breve malattia gli fu prodigata dal
gesuita p. Giovanni di Cola e sempre da un gesuita fu tenuto l'elo-
gio funebre. L'annuncio del decesso giunse a Perugia il 5 marzo, e
dopo tre giorni di onoranze funebri il canonico Marcantonio Masci
tenne l'orazione funebre « più con le lacrime che con le parole » **.,
Per volontà del defunto — se fosse morto a Perugia avrebbe voluto
essere sepolto nella cappella di S. Onofrio — fu sepolto in S. Pietro
in Montorio nella cappella del cardinal Antonio Del Monte ove tut-
tora giace.

Nel testamento, redatto per mano del notaio della curia peru-
gina Agapito Nerucci nel 1581 ® il Cardinale lasciò erede univer-
sale il nipote Diomede Della Penna, oltre a 1000 scudi per i padri
Gesuiti e 200 per un solenne suffragio per se, da farsi in cattedrale.
Al Seminario lasciò la propria biblioteca *".

Quale principe della Chiesa aveva, secondo le abitudini d’al-
lora, la sua corte con la quale, al tempo dei caldi estivi, si spostava
da Perugia o da Roma per portarsi al Castello della Pieve di Cor-
ciano oppure alla villa rinascimentale che dava il nome al luogo
ove era stata costruita « Villa del Cardinale », villa tuttora esistente
e ancora capace di darci un’idea della vita fastosa d’allora. In quelle
ore di riposo e di ozio non era raro vedere lo stesso Cardinale annaf-
fiare i giardini della villa, tra la meraviglia e lo scandalo degli invi-
tati a fare altrettanto 22),

Il Baglioni ci fornisce altre notizie sulle abitudini del Cardinale :

«Tenne relazioni con uomini illustri, tra’ quali il Sadoleto, tenne
sempre un buon concerto di musici e di viola ed era splendido negli alloggi
1-: 19599;
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 45

Quanto alla persona, fisicamente doveva essere di altezza media
ma robusto e piuttosto greve, collo molto corto, capelli tirati in-
dietro leggermente lunghi, senza barba né baffi *9. Circa il suo tem-
peramento, c’è chi lo dice « vultus amoeno nobilibusque modis » ?*',
chi invece, come il Vermiglioli, lo definisce «nella sua temperie
assai collerico. L'aspetto non so se grave o austero, nel trattar aspro
anzichenó » *?, Dall'osservazione del suo ritratto, dai suoi prece-
denti militareschi e dall'impressione generale che si ricava dal modo
con cui viene parlato di lui o gli si indirizzano le lettere, ci pare che
la descrizione del Vermiglioli sia la piü rispondente a quella che fu
la figura umana di Fulvio Della Corgna *?*,

Dal lato ecclesiastico invece, pur tra le riserve che si possono
fare a un cardinale d'allora per la vita splendida e mondana di cui
si circondava e per la tendenza centrifuga verso Roma e la corte
pontificia con annesso lusso e splendore e utilizzazione allo scopo
di pingui benefici diocesani, il cardinale Fulvio fu generoso nel dare
per scopi di religione. Dice ancora il Baglioni nel suo diario, com-
mentando la sua scomparsa :

«Fu più incline a dare che a ricevere, onde alla sua morte non aveva
più di 6.000 scudi di entrata di beni ecclesiastici ».

i quali, se pur erano pochi,

«li ricavava su le chiese di Perugia e di Porto, sul Priorato di Mar-
sciano e di Messina, l’arcipretato di Perugia ed altre pensioni diverse di Ab-
badie e Benefici » 9°),

Vedremo tuttavia, come il peso della spesa del Seminario e
varie altre iniziative egli sia stato sempre il primo a promuovere e
favorire in ogni modo.

NOTE

1) Testo originale presso l'archivio del Seminario, che dalle sue parole
iniziali noi citeremo così: Bolla Inter alia. L’elegante rilegatura in pelle
marrone decorata con fregi e fissata da quattro fermagli d’ottone, racchiude
anche le Costituzioni e l’elenco delle tasse sui benefici.

Il testo della Bolla è sormontato da una finissima miniatura a inchiostro
con lo stemma gentilizio (arme) del cardinale Fulvio Della Corgna.
®) Ms. 1471, busta 1, Carte Mariotti, in Biblioteca Augusta, Perugia.
ARTURO GABRIJELCIC

*) Eletto dal Capitolo della cattedrale, a norma dei decreti tridentini
(sessione xxIItI, c. 18, De Reformatione).

4) Scelto dal cardinale.

5) Sessione xxIII, cap. 18, De reformatione.

*) Non esiste una storia del Seminario di Perugia che ne abbracci l'esi-
stenza dalle origini ad oggi. Esistono nell'archivio del Seminario alcune « sto-
rie » stilate su un antico cliché di date e di beni appartenenti al Seminario,
ma il loro valore è più amministrativo che storico e spesso sono molto appros-
simative nel riferire date, luoghi e persone. Noi non ce ne siamo serviti af-
fatto, se non per essere stimolati a ricercare e controllare la verità o meno di
certi «si dice » che in essi sono contenuti.

In questi ultimi anni la ricorrenza del centenario e la costruzione del
nuovo Seminario di Montemorcino ha dato il via ad alcune note storiche,
alle quali accenneremo, ma molto parziali e generiche per l'ampiezza d'inte-
resse storico diocesano che l'erezione del Seminario ebbe per la diocesi pe-
rugina.

?) Bolla Inter alia.

8) Bolla Inter alia.

*) C. BAGLIONI, Perugia sagra ..., secolo xvi, anno 1566 ; O. LANCEL-
LOTTI, Scorta sagra, I, p. 139.

10) Bolla Inter alia.

1) Le due diciture sono sormontate da una fine miniatura raffigurante
lo stemma del Cardinale, scandito da varie bande trasversali e da varie raf-
figurazioni di pianta di corniolo.

12) Solamente nell'ultimo volume ufficiale edito dalla Sacra Congre-
gazione dei Seminari: Seminaria Ecclesiae Catholicae, Roma, 1963, p. 807,
relativamente al Seminario di Perugia, vi troviamo esplicitamente la data
del 1559, merito di alcune ricerche storiche compiute da mons. Bruno Frat-
tegiani.

*") B. FRATTEGIANI, in «Il Nostro Seminario», 1946 (periodico del
Seminario perugino); in « Pietro Parente, Arciv. di Perugia »: Dal palazzo
abrugiato a Monte Morcino (numero unico, 1954); in « L’Osservatore Ro-
mano », 19 giugno 1960, p. 8: Ha compiuto 400 anni il Seminario di Perugia.

14) Della seconda metà del xvir secolo (1678) sono gli scritti del gesuita
Oldoini (A. OrpoiNr, Aíhenaeum Augustum. Perusiae, tipis L. Ciani et F.
Desiderii, 1678) a proposito di due chierici del Seminario perugino, i quali
trattarono delle origini del Seminario in due loro composizioni lette verso
la metà del xvir secolo, con tutta probabilità nel primo centenario del Se-
minario. Uno di essi, Antonio Verduccioli « olim patrij Seminarij Episcopalis
alumnus» nella sua composizione, dice l'Oldoini, «carmen scripsit latina
lingua ad B.V. Mariam de vetustissima et omnium prima Seminarij Perusini
fundatione, facta anno salutis 1559 » (p. 30). L'altro, Curzio Rainero, scrive
sempre l'Oldoini, « de origine Seminarij Perusini, omnium antiquissimi, deque
recolendae memoriae M. A. Bonciari, carmen latinum scripsit » (p. 87).
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

1) Ecclesiarum Civitatis, 11, p. 128.

16) Giornale del Seminario 1564 al 1566, p. 49.

1?) Libro del Seminario 1564-1565, p. 63.

18) Pur avendola ricercata in varie parti della diocesi, non siamo riu-
sciti a rintracciarla, questa campana.

1*) C. BAGLIONI, Perugia sagra ..., sec. xvi, anno 1566.

2°) O. LANCELLOTTI, Scorta sagra, in data 14 giugno, p. 378.

2) O. LANCELLOTTI, Scorta sagra, 1, p. 139.

*) M. Bowcianr, Epistolae, l. 1, Ep. 1, p. 34, Perusiae, Ex typographia
Augusta, 1613.

®) Libro di cassa 1564, p. 84.

**) Furono presenti 12 canonici su 16.

*) Decretalium IIII (1560-1565) in data 24 aprile 1564.

*) Lettera di rinunzia inviata al Cardinale da Roma, in data 9 set-
tembre 1564 (De processibus, mazzo 1, proc. 13, Archivio della curia di Pe-
rugia).

2?) Testamentum Oradini, p. 59.

*5) Decretalium IIII (1560-1565) in data 10 settembre 1564.

15): R^ SoTIJ; Annali. p. : 38.

3°) Statuta et Constitutiones Sinodi Dioecesis Perusinae, Perugia, 1577,
p:-2.

8) Chi vorrà far la storia di questo processo unificatorio, si troverà a
dover esporre le cause che portarono alla chiusura del seminario teologico
perugino sotto l'accusa di errore modernista, chiusura avvenuta nel 1910
con conseguente trasferimento degli studi teologici presso il Seminario Re-
gionale di Assisi.

*) Insistiamo su queste precisazioni di date per illustrare meglio il
significato della data 1 ottobre 1564 della quale diremo più avanti.

3) Lettera di Fulvio al Capitolo in data 5 maggio 1574 (sez. A, « Sedis
vacantis », Archivio del Capitolo della cattedrale).

*4) Decretalium IIII, dal venerdì 15 febbraio 1562 in poi.

85) Decretalium IIII, in data 6 ottobre 1564. La tendenza rivelata
dal Cardinale di preferire la residenza a Roma, allora comunissima, era imi-
tata anche dal Cardinal Legato di Perugia che si faceva rappresentare da un
Vicelegato, con scontento dei perugini che non si sentivano considerati né
protetti.

. 3°) Ms. nella Biblioteca Dominicini, in cartella di mss. vari non cata-
logati. Il ms. continua con un lungo elenco di chiese, conventi, opere pie
e rispettivi benefici, affiancati dall'importo che ciascun beneficio deve ver-
sare in proporzione del 5%, la ventesima parte cioè del beneficio, chiamato
anche ‘ seminaristico '. Il testo definitivo, riportato in appendice per esteso,
ha qualche leggera variante non significativa.

*7) Conc. Trid., sess. xxIII, c. 18, De reformatione.
**) Decretalium 1111 (1560-1565), in data 24 aprile 1564.

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ARTURO GABRIJELCIC

3*) Bolla Inter alia. Notizie inoltre nei libri amministrativi del Semi-
nario : Libro del Seminario 1564-1565, p. 17 ; Libro delle Tasse del Seminario
1565-1568, p. 26.

4°) Bolla Inter alia.

41) Così ad esempio nell'ospedale della Confraternita di S. Francesco
in P.S.S.: « Post hoc monuit etiam eosdem ut velint (prout tenentur) con-
tribuere pro seminario, cum sit opus dignum et Altissimo gratum in civitatis
utilitatem decus et ornamentum, ex alto institutum ab ecclesia universali. »
(Visitationes Corneae, 1, p. 46, in data 13 novembre 1564, Archivio della
Curia).

4) M. BONCIARI, Epistolae, 1, ep. 1, p. 35.

4) Ricordanze, vol. 2, c. 116 (138), terzo trimestre 1565, ricordi dei
Priori uscenti ed annotazioni dei Priori del quarto trimestre (Perugia, Ar-
chivio di Stato, Archivio Storico Comunale).

44 BeLFORTI-MARIOTTI, I Vescovi di Perugia, p. 764, ms. nella biblio-
teca del Seminario con chiose storiche di M. Romitelli al quale apparteneva
il ms. ; CrAaccoNIUS, Vitae et res gestae Pontificum Romanorum et S.R.E. Car-
dinalium, vol. III, p. 769, Roma, 1676 ; G. MoronI, Dizionario di erudizione
storico-ecclesiastica, vol. xvii, pp. 155-56, Tipografia Emiliana, Venezia, 1842. ;
G. VincioLI, Memorie istorico-critiche di Perugia, pp. 180-83, edizioni del
Campana, Foligno, 1730.

45) Il canonico Glotto Ranieri (in Decretalia, sez. D, serie 11, Archivio
del Capitolo di S. Lorenzo) riferisce una notizia tolta da un ms. del conte
Sperelli secondo la quale Fulvio Della Corgna sarebbe stato canonico a S.
Giovanni in Laterano, ma la cosa non ci sembra attendibile.

*5) A. OLDOINI, Athenaeum Augustum, p. 125 ; egli fa eco al Ciacconio
affermando che il titolo gli fu concesso « non magis necessitudine sanguinis,
quam suavissimis moribus ac virtutibus charus », il che è molto ' cortese ’ e
poco attendibile, dato il nepotismo ancora in voga e il carattere difficile ed
aspro di Fulvio, come vedremo.

4?) R. SoTIJ, Annali ..., anno 1550.

4) R. SoTIJ, Annali..., anno 1551.

49) C. BAGLIONI, Perugia sagra, anno 1553.

59) C. BAGLIONI, Perugia sagra, anno 1553.

51) C. BAGLIONI, Perugia sagra, anno 1552.

5) C. BAGLIONI, Perugia sagra, anno 1552.

5) L. PASTOR, Storia dei Papi, vi, p. 345, Roma, 1922.

$3) L. PASTOR, Storia dei Papi, vi, pp. 393-94.

55) L. PASTOR, l. c.; PELLINI, Dell'historia cit., 111, p. 905.

SL. PASTOR; iL5c5sDp. 421,

y LL. PASTOR,.:;0D;{. Cit. VIILs+p.v 40:

5) L. Pasron, Storia dei Papi, vit, pp. 46-47.

5) R. SoTIJ, Diario, anno 1562.
60) Acta Capituli S. Laurentij, 1 series, v. 4, anno 1562.
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

*) Breve di Pio IV, copia ms. dell'Archivio del Seminario.

*?) BELFORTI-MARIOTTI, Serie de’ Vescovi di Perugia, p. 789.

**) De Processibus, mazzo 1, processo 13, Archivio episcopale.

**) Decretalium IIII, nelle date 9 7bre e 10 8bre 1563, Archivio del
Capitolo di S. Lorenzo.

*5) R. SoTIJ, Annali, anno 1564, p. 38, ove annota anche che l'Oradini
era «di natura superba ». i

‘OR SOTIJ;): 10:65: p.. 38;

**) Decretalium IIII, Sedis Vacantis A, in data 22 giugno 1562.

**) Cosi appare da « Un fascietto di Brevi e Motu propri sopra le pro-
rogationi a farsi consagrare Vescovo » contenuto nell'inventario di documenti
appartenenti alla famiglia Oradini (in « Testamento Oradini », pp. 59-60,
Archivio del Seminario). Nonostante le ricerche fatte non abbiamo trovato
riscontro di documenti presso l'Archivio Vaticano, ma la notizia è confor-
tata anche dal Mariotti (A. MaARIOTTI, De’ Perugini Auditori della Sacra
Romana Rota ..., Perugia, Presso C. Baduel, 1787).

**) Visitationes Cornea 1564, 1, p. 17, Archivio episcopale.

toys Visifationes.... .,..p.. 17.

^) In Processus Ecclesiastici Diversi 1532 ad 1599 in data 20 novembre
1564, Archivio della Cancelleria Vescovile.

?) Editti Episcopali vari, manifesto murale N° 1, Archivio della Can-
celleria Vescovile.

?) Ordinationes I, 1564 ad 1587, p. 3, in data 23 dicembre 1564.

'*) Vedere l'elenco completo in appendice a questo volume.

'5) Statuta et Constitutiones Sinodi Dioecesis Perusinae, Perugia, 1577,
p. 2.

°°) P. PELLINI, Dell'historia cit., r1, p. 1172 ; BAGLIONI, Perugia sagra

.., anno 1571.

^) R. Sori;s, Annali, p. 88; BAGrLroNr, Perugia sagra, in data 7 8bre
1571.

75) In. Romana. Fund. Coll. IV, Collegio di Perugia. 1* Fondazione'
pp. 9-6, Archivio PP. Gesuiti, Roma.

**) Collatio Beneficiorum II, in data 20 agosto... (manca), al tempo
del vescovo Ippolito Della Corgna, e in data anno 1566.

$*) Citato dal PELLINI, op. cit., r3, p. 1001; Soris, Annali, in data
1571; C. BagLIONI, Perugia sagra, in data 7 ottobre 1571, p. 23.

*) Libro del Seminario 1564-65, p. 23.

**) Citata da S. SIEPI, Descrizione topologico-istorica di Perugia, Perugia,
Tip. Garbinesi e Santucci, p. 406.

**) Fu dietro suggerimento del cardinal Boncompagni venuto a visitare
il Seminario che Fulvio Della Corgna mutó in paonazzi gli abiti neri dei chie-
rici perugini (Diario Perugino 1772, p. 66).

4) Sedis Vacantis, sez. A, Archivio del Capitolo della Cattedrale.
*:) Ordinationes I, in data 15 agosto 1565.

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$8) R. Sori;s, Annali..., in data 1574.

87) CraccoNIUS, Vitae et res gestae . .., col. 769.

88) C. BAGLIONI, Perugia sagra, in data 1582.

89) BELFORTI-MARIOTTI, Serie de’ Vescovi di Perugia, p. 771.

9°) C. BAGLIONI, Perugia sagra, in data 1582.

81) Il Baglioni afferma che fu redatto a Perugia nella residenza dei
pp. Gesuiti, ma la notizia è inesatta.

?) P. AGOSTINI, Notizie e historia del Ven. Semin. di Perugia, p. 20.

33) C, CAPORALI, Rime pp. 320-21, con osservazioni di C. Coppoli, Peru-
gia, Stamperia Augusta di M. Riginaldi, 1770.

94) C. BAGLIONI, Perugia sagra, in data 1582.

*5) Così risulta in un quadro ad olio nella sacrestia della cattedrale di
Perugia.

**)) Giano Vitali, riferito dal Rotelli in margine al volume di Belforti-
Mariotti.

*7) Citato in BeLFORTI-MARIOTTI, Serie de’ Vescovi di Perugia, p. 771.

*5) Anche il PELLINI (Dell'historia, 111, p. 1087) in un rapido accenno
su Fulvio che intervenne a comporre la lite esistente tra i canonici e i magi-
strati a proposito delle precedenze, così si esprime : « era di natura rigida e
severa, particolarmente alle cose appartenenti alla sua cura pastorale ».
*) C. BAGLIONI, Perugia sagra, in data 1582. III
LE SEDI DEL SEMINARIO

La singolare iniziativa del Collegio dei giovani, singolare nel
senso che nessuno in Perugia aveva prima d’allora pensato di radu-
nare giovani di provenienza diversa, in un posto che fosse diverso
dalla rispettiva parrocchia e in vista di un avviamento specifico
agli ordini sacri, nacque dunque per l’iniziativa di due sacerdoti
secolari, sensibili alle esigenze pastorali delle vocazioni.

Come tutte le iniziative nuove, anche questa nacque nell’inti-
mità di poche persone e si sviluppò in sordina, senza notorietà di
bolle e con giovani di modeste condizioni, le azioni dei quali non
potevano attrarre l'attenzione dei perugini se non più tardi, quando
cioè interferirono problemi amministrativi e riconoscimenti ufficiali.
Negli annali del Comune di Perugia ne troviamo notizia quando si
trattò di provvedervi con voci di contributi 9 e quando erano ora-
mai noti col nome popolare di « pretini ».

Piü frequenti invece sono gli accenni espliciti in campo storico
ecclesiastico, ma anche questi in realtà non furono cosi tempestivi
da avvisare la diocesi della nascita della nuova istituzione. Senza
voler malignare, si puó affermare con certezza che la nuova istitu-
zione raggiunse i limiti della diocesi e del comune allorché, in se-
guito ai canoni tridentini che glie ne davano tutto il diritto e tutto
il potere, il cardinal Della Corgna e suoi suffraganei risolsero i pro-
blemi finanziari di erezione e di sostentamento della nuova istitu-
zione, coll'imporre la tassa della ventesima parte sulle rendite di
tutti i benefici ecclesiastici, dipendenti dall'autorità ecclesiastica e
civile. Volenti o nolenti, il clero secolare e regolare da una parte e
le autorità cittadine dall'altra, dovettero prendere atto dell'esistenza
della nuova istituzione cittadina ®).

Chiarito il problema del ‘quando’ nei precedenti capitoli, ci
proponiamo ora il problema del ‘dove’ il collegio del Seminario
ebbe inizio, rimandando ad altro capitolo il problema ancor piü in-
teressante del ‘come’ venne a strutturarsi.

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ARTURO GABRIJELCIC

1. S. GREGORIO

La prima sede del collegio furono le stanze della casa parroc-
chiale di S. Gregorio in porta S. Susanna, cosi affermano i due sto-
rici da noi precedentemente citati ®. Questa chiesa oggi non esiste
più, ma sulla scorta del Lancellotti ? e del Siepi 9? sappiamo che si
trovava nell'attuale piazza degli Uffici, già piazza S. Bernardo, cosi
chiamata per esservi stato in quel luogo un monastero di Cistercensi,
edificio ora usato dall'Intendenza di Finanza. La chiesetta di S.
Gregorio si trovava appunto in questa piazza, di fronte a detto mo-
nastero. Fu soppressa come parrocchia nel 1624 9 e annessa alla
Congregazione dell'Oratorio. j

La visita pastorale del 1568 ? eseguita dal Vicario del cardinale
Della Corgna riporta il nome del parroco d'allora, don Fabio Arri-
guzzi, il quale appare citato nel primo libro d'amministrazione del
Seminario 9 e vi appare come persona di casa e contribuente al
pari del Rettore, dell'Economo e di altri. La chiesetta non doveva
essere molto ricca, risultando avere una sola pisside piccola in ot-
tone dorato, dentro un tabernacolo di legno dorato. Il Vicario fece
alcune osservazioni: che sotto la pisside si mettesse il corporale ;
che la lampada fosse tenuta accesa sempre e che il SS.mo Sacramento
fosse accompagnato in processione con l'apposita ombrella ; che ri-
pulisse la patena piü grande ; che facesse fare un crocifisso astile per
le esequie ; che riassettasse due pianete ; che togliesse di chiesa una
immagine in terracotta della Vergine e che stendesse un inventario
di tutte le cose appartenenti alla detta chiesa ?. A. differenza di
ció, vedremo come la visita pastorale fatta dallo stesso cardinale a
S. Bartolomeo si risolvesse in modo molto piü soddisfacente e con
un'espressa lode per i seminaristi ivi residenti. C'é da tener conto
peró che i giovani chierici, nel 1568, erano partiti da S. Gregorio
già da più di quattro anni. 1°

2. S. BARTOLOMEO IN PorTA EBURNEA

«Il seminario de perugia collegio in sanbartolomeo » !, così si
trova scritto a più riprese nel primo libro d’amministrazione del
Seminario di Perugia.

È un libro molto ben conservato dell’archivio del Seminario, in- ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 53

sieme a molte decine di altri simili libri amministrativi, fonte ine-
sauribile di notizie, fra le piü varie, di quella che é stata la vita
amministrativa quotidiana del Seminario perugino dal 1564 fino agli
inizi dell'ottocento. Non che da questa data manchino i rispettivi
dati amministrativi, solo non li si trova piü su carta grossa cilin-
drata a mano, ove l'incolonnamento preciso, ad esempio, é ottenuto
con la piegatura del foglio, ma su libri mastri stampati quali si usano
oggi. Fino alla fine del '700 inoltre tutti i libri d'entrata e uscita,
dei debitori e creditori, dei posti gratuiti e di quelli contribuenti e
quelli delle tasse, sono tutti ricoperti di pergamena e i primi due
portano in copertina riprodotte due finissime miniature a penna
dello stemma del cardinale Fulvio Della Corgna.

Il primo libro è detto tale proprio da chi ne è stato l'estensore :

« Primo libro del seminario tenuto per mano de gio: paulo baglione
al presente sindico e procuratore del ditto collegio e incominciato a di primo
de 7bre del 1564, de carte nummero 99, segnato + » 12),

Dello stesso estensore, colla stessa data è un secondo libro,
così descritto nella prima pagina interna :

«Adi primo de 7bre del 1564.

Giornale dove sescriveranno tutte lentrate e uscite del seminario che
passeranno per lemano de giovanpaulo baglione e dalui scritte incominciando
addi ditto e anno nel nome de iddio e dellagloriosa vergine e delli beati apo-
stoli pietro e paulo e bartolome e delli gloriosi marteri erculano gostanzo e
lorenzo liquali sempre preghiamo che intercedano gratie pernoi aciò nonfac-
ciamo cosa che sia dannosa alannima e indanno de ditto seminario » 19).

I due suaccennati libri ci riportano più di ogni altro agli imme-
diati inizi della nuova istituzione. L’angolosa calligrafia di Giovan-
paolo Baglioni «sindico e procuratore » del Seminario, con le sue
sgrammaticature, leggermente pendente a destra e avara di spazi
vuoti, annota fedelmente e meticolosamente tutto ciò che sotto for-
ma di denari, generi in natura, pagamenti, compere, vendite, scambi,
entrate e uscite interessa la vita economica del collegio, e insieme
riporta i nomi, cognomi e soprannomi dei vari personaggi che si
muovono nel raggio degli affari del collegio. L'arido conteggio di
scudi, bajocchi e paoli, la moneta d'allora, è spesso più eloquente
e rivelatore di una notizia messa per esteso.

Può sembrare contrastante con la nostra tesi dell’origine del
54 ARTURO GABRIJELCIC

Seminario nel 1559, la duplice data dei due libri amministrativi :
1564. Ciò invero non costituisce difficoltà alcuna a nostro avviso,
per i seguenti motivi.

Come abbiamo notato in altra parte, è nostra opinione che i ca-
noni tridentini abbiano influito molto efficacemente in ciò che ri-
guarda il retto mantenimento dei documenti ecclesiastici, di qual-
siasi genere essi fossero. L’uso ripetuto di vari documenti appar-
tenenti agli archivi della Curia diocesana e del Capitolo della cat-
tedrale della stessa città ci hanno dato modo di constatare come
spesso le raccolte di documenti datino dall'anno 1564: così i libri
delle ordinazioni sacre (Ordinationes) e quelli delle visite pastorali
(Visitationes). Ciò si può ben dire anche dei libri amministrativi del
collegio del Seminario.

Dopo i canoni tridentini relativi all’erezione dei seminari, il
Seminario diventa opera diocesana e quindi non è più opera pri-
vata. Specialmente dopo l’imposizione della tassa a tutti i benefici
ecclesiastici, l'amministrazione delle entrate e uscite doveva risul-
tare regolarmente ordinata.

A ciò si aggiunga la presenza di un comitato amministrativo
nominato dal cardinale, il quale comitato viene indicato nei suac-
cennati libri con l’espressione «li deputati », i quali firmavano e
autorizzavano dei « bollettini », cioè mandati intestati al « procura-
tore » del collegio perché li impiegasse nelle necessità del collegio
stesso. È chiaro che essi volessero controllare l’uso fattone a deter-
minate scadenze. Da qui la necessità di libri amministrativi perfet-
tamente aggiornati ; e come la bolla di fondazione porta la data del
1564, così è di tutto quello che consegue l’atto giuridico dell’istitu-
zione ufficiale.

Che poi i due libri suaccennati non costituiscano l’inizio asso-
luto di spese amministrative, c'è a dimostrarlo il fatto della pre-
senza in uno di essi di un foglietto di appunti risalente al maggio
1564, in quattro facciatelle. Una di esse dice così :

«Adi primo de maggio del 1564
Gio : paulo nostro deve dare scudi cinque bajocchi 94 tanti auti con-
tanti da ms. bino !? nostro e de refatti de altre robbe » 1°).

ove «refatti» significa riassunto, somma di minute precedenti. La
scrittura inoltre risulta essere di Paolo Baglioni, lo stesso dei primi
due libri amministrativi. Ciò sta a significare che la meticolosità
dimostrata nel tenere e nello stendere i libri amministrativi è da at-
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 55

tribuirsi a un ordine ricevuto piuttosto che ad un'iniziativa per-
sonale.

S. Bartolomeo era una delle sei chiese parrocchiali di porta Ebur-
nea, insieme a S. Angelo, S. Nicola del Parione, S. Savino, S. Gia-
como e S. Stefano. Situata nell’attuale piazza Mariotti, allora piaz-
za dell'Annunziata, oggi ne rimane la struttura esterna incorpora-
ta in un edificio costruitovi sopra. All’interno è divisa da un tra-
mezzo e adibita metà a falegnameria e metà a garage. Allora era cen-
suaria del monastero di S. Pietro, al quale doveva un tributo annuo
di una libbra di pepe per le spese delle vesti dei monaci.

Nel 1560 il parroco Domenico Castellina di Arezzo rinuncia a
detta parrocchia e gli succede Federico Castellina, di Perugia, non sap-
piamo se parente del primo, che vi rimane fino al 1603. Nel 1560
egli ha 29 anni. In calce ad una sua testimonianza fatta nel 1566
viene definito «solitus sepe celebrare » !9 e l’inventario della sua
chiesa, steso nel 1568, ci rivela una chiesa ben dotata di suppellettile
sacra e in buon ordine '?, la qual cosa è senza dubbio da attribuirsi
principalmente alla presenza dei seminaristi. È ciò che espressamente
fa notare l’estensore della visita pastorale, compiuta in persona dal
cardinale Della Corgna :

« Ill.mus et Rev.mus d.ns ‘ Fulvius corneus cardinalis et ep.us ' p(ro)se-
quendo suam inceptam visitationem. Visitavit par.lem ecc.am S.ti Bartho-
lomei de p(er)usia portae eburneae, Domino Federico castellina Rectore, et
multis ex clericis seminarij ibidem dege(n)tibus in domib(us) d(ict)ae ecc.ae
ad bonis l(itte)ris, morib(us) et divinis officijs vaca(n)dum p(raese)ntib(us).

Et primo praevia oratione et decantatione psalmi miserere Visitavit
Smum Sacramentum ... oleum infirmorum .......... Visitavit res ecc.ae
et omnes adinvenit congruas et bene stare ut quae retentae erant a clericis Deum
timentibus. Visitare Rectoris p(er)sonam non curavit cum esset nota et bonae
vitae cui iussit ut inventarium ordinatum de re(bus) ecc.ae mihi tradat no-
tulamque bonorum stabilium eiusque ecc.ae, sacramentisq(ue) non utat(ur)
nisi ad usum destinatum ab ecclesia » !9),

Come si puó constatare, il cardinale rimase contento di don
Federico Castellina grazie soprattutto alla presenza del Seminario,
il quale senza dubbio non tralasciava, come mezzo efficacissimo per
la formazione dei giovani, d'addestrarli alla proprietà, al decoro e
alla pulizia, col fargliele trovare e mantenere nella chiesa usata a
cappella. Sappiamo inoltre dall'inventario che in cappella non man-
cavano le ultime innovazioni in fatto di suppellettile di chiesa. L'in-
56 ARTURO GABRIJELCIC

ventario del 1568 parla di « un par de candelieri de ferro, et un paro
de ottone ala moderna »??. Probabilmente si trattava di quegli alti
candelieri dei quali sono provviste tutte le nostre chiese di oggi e
che oggi tornano in disuso per quelli «a l’antica », che altro non
sono che quelli bassi d'allora, spesso semplicemente in ferro battuto.
Nil sub sole novi.

Né furono soltanto quelli i benefici ricavati da don Federico
dalla presenza del Seminario nella sua casa parrocchiale. È vero che
al par degli altri superiori del collegio, anche lui pagava un canone
annuo in moneta e generi, tuttavia dai libri delle spese appare come
fosse trattato con riguardo alle sue esigenze e necessità di salute *°,
Ció si spiega forse anche col fatto che egli avesse un incarico all'in-
terno del collegio, cosa che é certa nel 1571, nel quale anno appare
nei libri con la mansione di « veceproposto », l'attuale vicerettore ?",
La relazione della visita aggiunge, in ultimo : « Visitare rectoris per-
sonam non curavit, cum esset nota et bonae vitae »; era prassi infatti
che il cardinale o chi per lui, esaminasse la persona del rettore o
del cappellano della chiesa, per provarne le capacità e la scienza ?? ;
capitava infatti, soprattutto in campagna, che ne trovasse alcuni
«ignari in teorica, in practica non admodum edocti» e che i par-
rocchiani, interrogati circa il proprio pastore, si lamentassero di
Tur:

Quanto alla chiesa di S. Bartolomeo c'é da notare che essa,
insieme all'edificio della canonica, non era in grado, cosi come era,
di assolvere a tutte le necessità di una vita comunitaria, la quale
esigeva numerosi locali, e di proporzioni piü vaste di quelli in uso a
piccole famiglie. Ció inoltre ci pone nel legittimo desiderio di sapere
quanti fossero i giovani studenti ospitati tra le mura della canonica,
dato che la bolla di fondazione parla di un certo numero distinguendo
inoltre i non contribuenti dai contribuenti e i poveri dai ricchi. E
sulla scorta della suddetta bolla e dei libri d'amministrazione che
cerchiamo di rispondere a simili interrogativi.

Le opere di adattamento della chiesa e della canonica inizia-
rono nell'ottobre 1564. Per mezzo di «mastro Sante sanese », di
«mastro Ambrogio » e « mastro Francesco Brendano » muratori, coa-
diuvati da fabbri, falegnami, imbianchini e renaioli, si mettono in
opera migliaia di mattoni, aguti, quadrucci, pianelloni, ecc... per
una spesa complessiva di 252 scudi. I vari locali adattati sono : la
chiesa, specialmente per ciò che riguarda gli architravi, le impan-
nate alle finestre 24, l'imbiancatura delle pareti, il riassetto delle
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 57

porte; la cucina, che viene provvista di nuovo camino, di capaci
lavatoi; il refettorio, ampliato e imbiancato ; ma soprattutto due
opere vengono a incidere notevolmente nelle spese, e cioè la costru-
zione di celle e le opere murarie per unire lo stabile di S. Bartolomeo
alla casa contigua di « mastro Vincolo sartore », comperata per ne-
cessità di allargamento *9?, Certo che agli inizi, né il numero dei
giovani avrebbe richiesto un ampliamento dei locali, né le povere
risorse dell'opera avrebbero permesso d'affrontare simili spese. Ma
oramai l’opera era uscita dalla penombra dell’iniziativa privata per
entrare pubblicamente nel numero delle opere diocesane e l’impor-
tanza del suo fine e le risorse fissate dal Concilio di Trento le permi-
sero di affrontare l’onere economico suaccennato.

Alla spesa della costruzione delle camerette (celle) contribui-
rono gli stessi che le avrebbero usate. Sembra anzi, dal tenore dei
libri amministrativi, che essi stessi ne avessero richiesta la costru-
zione :

«Il Rev.do mastro Mariotto paulucci deve dare scudi cinque tanti
sono per una cella fatta per Fulvio suo nepote quali il collegio spese per lui.

Il Magnifico mastro Giovanmaria Valeriani deve dare scudi cinque
tanti li tochano mettere in casa per una cella fatta per Giulio suo figliolo.

Carlo de Nicolò de Bano deve dare scudi cinque tanti li tocha contri-
buire in casa per la sua cella » 29),

Queste notizie ci portano a parlare delle diverse condizioni dei
giovani ammessi in Seminario e del loro numero.

La bolla di fondazione parla di 50 giovani poveri da ammettersi
in Seminario, sotto la direzione di un solo superiore :

«... unum Collegium perpetuum Seminarium ministrorum Dei nun-
cupandum, unius Praepositi ac quinquaginta et tot deinceps puerorum sive
adolescentium pauperum scholarium . . . » ??

non escludendo peró che anche giovani figli di gente benestante pos-
sano essere ammessi, però a proprie spese :

«... ditiorum tamen filiis ab hoc sacro sodalitio neutiquam exclusis
qui studio inserviendi Deo et Ecclesiae prae se tulerint, siquidem hi de ne-
cessario sumptu sibi prospexerint ...»?9

e sottostanti, poveri e ricchi, agli stessi scopi ed esigenze dello stesso
collegio e medesime abitudini e costumi :
ARTURO GABRIJELCIC

«... cum omnibus et singulis insignibus consuetis, ac officiis neces-
saris...» *)

La bolla riferisce la scelta fatta dal Cardinale, precedentemente
al concilio, di alcuni giovani, ma il loro numero é indeterminato :

«...iamque nonnullorum delectum, iudicio nostro habebamus . . . » 89).

Essi, a detta del Lancellotti, che raccolse la notizia in bocca ai
superiori del Seminario di una settantina di anni dopo, sarebbero
stati 12, «giovani ben incamminati nelle cose dello spirito dal Bal-
deschi » ?!).

Il primo libro di amministrazione parla della presenza di alcuni
giovani contribuenti di famiglie benestanti, come abbiamo visto so-
pra, i quali, oltre alle spese per le camerette personali, risultano
pagare poco piü di cinque scudi di retta l'anno in denari e in ge-
ner 5,

Le opere murarie finiscono nell'agosto successivo 1565, in tempo
cioé per l'inizio del nuovo anno, che negli esercizi amministrativi
ha sempre inizio al 1° settembre.

3. IL « PALAZZO ABRUGIATO » IN PIAZZA GRANDE

Mentre il Seminario svolgeva la sua vita tranquilla nella quieta
piazza dell'Annunziata, in piazza Grande fervevano le opere per la
costruzione del nuovo Seminario.

Piazza Grande, la principale piazza della città, oggi si chiama
piazza 1v Novembre. In essa si svolgeva l'intensa vita politica e
religiosa della città, divisa solo in parte con la sottostante piazza
di Sopramuro, l'attuale piazza Matteotti, sede allora della Univer-
sità vecchia *? e del palazzo del Capitano del popolo, oltre che mer-
cato di commestibili ?^.

La piazza di allora era molto piü vasta di quella odierna. Non
tanto intorno alla fontana, quanto nel tratto che dalla fontana an-
dava fino alla fortezza della Rocca Paolina, l'attuale piazza Italia.
Quello che oggi è il corso Vannucci, in quegli anni era il prolungarsi
della piazza Grande con una carreggiata piü vasta che non sia oggi
il detto corso. Inoltre la stessa piazza Grande non aveva l'attuale
sistemazione di edifici e di spazi. Soltanto il Palazzo del Popolo ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 59
o dei Priori e la Cattedrale avevano l'aspetto attuale, rimasti pres-
soché invariati da allora, mentre gli altri due lati della piazza eb-
bero proprio in quegli anni una radicale trasformazione. A noi in-
teressa, per lo scopo del presente lavoro, soltanto il lato ovest, cioe
a dire lo spazio occupato oggi dal palazzo Arcivescovile e dall’ edi-
ficio del vecchio Seminario 85),

Al tempo del quale stiamo occupandoci, nella seconda metà cioè
del ’500, l'attuale palazzo Arcivescovile non c'era ancora, perché il
vescovado d'allora era costituito, per chi lo guarda oggi dalla fon-
tana, dagli edifici che si trovano immediatamente attaccati ad esso
nella sua parte sinistra ed é visibile tutt'oggi la struttura incorpo-
rata di quella che era la sua torre. Sempre della facciata attuale è
ben visibile il doppio ordine architettonico, indice di una edifica-
zione tirata su con criterio unitario ma con elementi architettonici
diversi. Al posto della parte sinistra del palazzo, in quel tempo
c'era una piazzetta che immetteva nell'attuale via Ritorta, la quale
. iniziava a fianco della prima casa bassa innestata oggi nel palazzo
Arcivescovile nella sua parte posteriore, oggi usata come sede da
un gruppo giovanile. A quel tempo era la sede della Compagnia
della morte, poi trasferitasi in piazza Piccinino.

L'altra metà del palazzo arcivescovile mantiene ancora le strut-
ture ricostruite dell'antico palazzo Apostolico. Questo palazzo, chia-
mato, a seconda di chi vi risiedeva, Apostolico, del Podestà, del
Legato, del Governatore e della Ragione, sorgeva parte al posto del-
l'edificio del Seminario, parte sopra l'attuale via Maestà delle Volte
e parte, come dicevamo, sul lato destro dell'attuale palazzo Arci-
vescovile, con una facciata dunque che s'allargava da metà palazzo
arcivescovile fin dentro alla metà dell'andito attuale che porta al
primo chiostro della cattedrale. La loggia di Braccio Fortebraccio
che tutt'oggi s'ammira nella piazza, faceva appunto parte di questo
palazzo, e serviva alle dignità del palazzo per conferire con la folla
raccolta nella piazza sottostante. Il Pontefice Pio II, nella festa
della Purificazione del 2 febbraio 1459, vi si recò per benedire la
folla accorsa e per gettare ad essa le candele benedette in quella
circostanza, dopo averle distribuite alle autorità religiose e civili in
cima alla scala grande che dalla piazza portava al detto palazzo
Apostolico *9. Questa scala partiva a fianco dell'ultima arcata della
loggia e portava alla piattaforma sovrastante l’attuale via di Maestà
delle Volte, immettendo poi nella grande sala del palazzo, della
quale sala sono ancora visibili le strutture nel fianco destro del pa-
60 ARTURO GABRIJELCIC

lazzo Arcivescovile, solo che ciò che allora era interno oggi è diven-
tata parte esterna.

Questo palazzo, visibile ancora in un parziale affresco di Bene-
detto Bonfigli nella cappella del Palazzo dei Priori, era uno stupendo
esemplare d’arte della rinascenza perugina, fatto costruire dal va-
loroso capitano perugino Braccio Fortebraccio agli inizi del ’400.
Ma qui occorre che noi ci soffermiamo alquanto, per esporre con mag-
gior chiarezza e compiutezza i riferimenti storici che riguardano
questo angolo della piazza, ricco di avvenimenti cittadini, civili e
religiosi, massimamente per la presenza di una immagine detta «la
Maestà della Volta » che ha dato il nome sia alla chiesa che tuttoggi
esiste, ridotta a negozio, sia alla strada adiacente chiamata oggi
via Maestà delle Volte. In questo poco spazio della piazza Grande
si svolgono tutti i fatti dei quali intende occuparsi la. presente ri-
cerca storico-religiosa. 1

Questo nome di Maestà della Volta le deriva dal fatto che nel
1297 il Consiglio della città, allo scopo di favorire l’igiene e di evi-
tare disordini favoriti dall’oscurità della volta coperta, vi fece di-
pingere una Madonna con S. Lorenzo, S. Ercolano e S. Cristoforo e
vi fece ardere davanti, giorno e notte una lampada ad olio a spese
del Comune ??, Queste immagini erano appunto dette « maestà » e
della « Volta » derivava dal fatto che si trovasse sotto la detta volta.
Le trasformazioni apportate dalla costruzione del Seminario aumen-
tarono il numero delle volte, da ciò la denominazione attuale « delle
Volte». A detta ancora del Siepi * questa immagine sarebbe una
delle più antiche pitture esistenti a Perugia con data certa.

Nel 1335 *? sopra la detta edicola si costruì una cappella, che
rovinò in parte nell’incendio appiccato al Palazzo Apostolico, per
il quale fatto ottenne definitivamente il nome di « Palazzo abru-
giato », termine dialettale tipicamente perugino, nell’anno 1534. Per
chiarire questa data bisogna risalire un po’ indietro, al tempo cioè
delle lotte tra le due potenti famiglie perugine degli Oddi e dei Ba-
glioni.

Il 29 luglio 1424 papa Martino V entrò in possesso di Perugia
rimasta senza capo per la morte di Braccio Fortebraccio, avvenuta
il 5 giugno precedente nell'assedio de L'Aquila. La città accettò di
essere sottomessa al papa, previe alcune condizioni, una delle quali
fu piü tardi causa di gravi disordini sotto il pontefice Paolo III,

disordini meglio conosciuti sotto il nome di «guerra del sale» del
1540 :»,
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 61

Il periodo che va fino al 1520 fu per Perugia un periodo di tre-
gua all'esterno, non altrettanto all'interno, a causa della sorda ri-
valità per il dominio della città tra le due famiglie degli Oddi e Ba-
glioni. Le alterne vicende fecero prevalere i Baglioni con Giovanpaolo,
ma le rivalità tra i discendenti dei Baglioni e le violente sopraffa-
zioni contro gli Oddi e altre famiglie, facenti parte dell'una o del-
l'altra fazione, continuarono negli anni successivi e fu appunto in
occasione di uno di questi andirivieni di sopraffazione violenta che
nel 1534 il palazzo del Legato fu incendiato. L'incendio fu appic-
cato alla cancelleria criminale del palazzo allo scopo di far sparire
tra le fiamme tutti gli incartamenti incriminanti gli assalitori, in
quella occasione guidati da Ridolfo Baglioni. Il fuoco ben presto
divampó su tutto il palazzo che rovinó ripiegandosi su se stesso,
ingombrando di macerie la terrazza della volta e le vie adiacenti,
senza peró rovinare la sottostante cappella della Maestà. Anche il
palazzo Vescovile adiacente rimase in parte danneggiato. Questo
fatto del 1° novembre 1534 fu il battesimo di fuoco e di sangue '"^
che meritò al distrutto palazzo il nome di « palazzo abrugiato » :?.

Il palazzo rimase in questo stato fino all'inizio dei lavori del
nuovo Seminario. Come poté essere usato a questo scopo, dato che
era di appartenenza della Camera Apostolica e quindi del pontefice ?
Le sue rovine, come già abbiamo detto, si trovavano vicino al pa-
lazzo Vescovile. Fu il cardinale Fulvio Della Corgna a chiederle al
papa Pio IV, che, ancora cardinale Angelo de' Medici, era stato Vice-
legato a Perugia nel 1548, e aveva abitato, dopo la funesta notte
del 1° novembre 1534, nelle stanze dei Decemviri nel palazzo dei
Priori #9),

Il cardinale l’ottenne in data 7 giugno 1561, ma per gratuita
donazione del papa, come dice il Breve pontificio :

«Cum sicut accepimus in Civitate Nostra Perusina Camera Aposto-
lica combustum et in ruinam conversum habens Palatium, cuius situs Pa-
latio Episcopali Perusino est contiguus... » 44)

e poiché — continua il breve — detto palazzo non è di alcuna utilità
alla detta Camera, forse, concedendolo a qualche benemerita per-
sona, che però riconoscesse annualmente un determinato diritto della
stessa Camera, col tempo verrebbe restaurato, conservato, ritraen-
done così una utilità sia la Camera sia anche il decoro della città, sia
pure potrebbe essere utile a te stesso. Noi perciò, sia per i detti mo-

Se d__gs

a

Tu ÁELLCLÁÓÉALI——M——— —— 62 ARTURO GABRIJELCIC

tivi sia anche per i tuoi segnalati servigi resi alla Sede Apostolica
e per i tuoi meriti

«motu proprio, non ad tuam vel alterius pro te nobis super hac obla-
tae petitionis instantiam, sed de nostra mera liberalitate, et ex certa scientia
nostra Palatium Camerale praedictum, cum ejus juribus et pertinentiis qui-

buscumque ad dictam Cameram spectantibus... tibi... ac pro te tuisque
haeredibus et successoribus ac quibus tu vel illi dare volueris vel voluerint,
in perpetuum... donamus et concedimus . . . » 45)

a queste condizioni però :

«quod tu, ac haeredes et successores, eidem Camere et pro ea The-
saurario apostolico Perusiae commoranti singulis annis in festo Beatorum
Petri et Pauli, censum librarum sex cerae albae persolvere teneamini et
debeatis . . . » 49).

Il «palazzo abrugiato » fu dunque concesso motu proprio, con
l'obbligo di un censo annuo di sei libbre di cera lavorata ‘9. Piccola
cosa questo debito annuo con la Sede Apostolica, e piü piccolo an-
cora apparirà negli anni successivi agli esattori in Roma, quando
l'incaricato si presenterà a riscuoterlo, tanto da far pensare loro a
un qualcosa di losco quella faccenda di sei libbre di cera per un pa-
lazzo camerale. Da ciò numerose battaglie giuridiche con « cavatura
di istromenti » 48),

Le rovine rimasero tali ancora per alcuni anni, fino al 1566
almeno, nel quale anno appaiono alcune spese fatte dal Seminario
per la Maestà delle Volte e il prelevamento di pietre per le costru-
zioni di adattamento in S. Bartolomeo 49.

Si puó affermare che il cardinale Fulvio ottenesse il palazzo
nell'intenzione di erigervi il Seminario ? No, non lo si puó affermare
per le precedenti ragioni da noi addotte a proposito della paternità
del cardinale sul Seminario. Sembra piuttosto che il motivo che
spinse il porporato a chiedere le rovine del palazzo fosse l'inten-
zione di costruire una nuova sede vescovile più ampia e più comoda
di quella esistente che, d'altro canto risultava ancora danneggiata
dopo la famosa notte del 1534. Il Crispolti*9 afferma infatti che
il cardinale commissionó il progetto di questa costruzione all'archi-
tetto perugino Alessi, ma che la cosa non ebbe corso prima di tutto,
forse, per la piü urgente necessità del Seminario (1564), poi per il
definitivo stabilirsi del cardinale a Roma (1574).
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 63

Non abbiamo un calendario del susseguirsi dei lavori de «la fa-
bricha » del Seminario, abbiamo solo un elenco dei pagamenti fatti
a cominciare dal febbraio 1568. Ecco la prima voce di spesa :

«... scudi 10 di paoli 10 per scudo, pagati per bollettino delo Ill.mo
Card.le di Perugia al dì 20 febraro a mastro Giovanni fiammengo pittore
per suo salario di due mesi per la pitura dela maestà dela volta... » 21)

e la successiva :

«... scudi doddeci di moneta pagati per boletino come di sopra di
detto dì a mastro battista dorator per resto dela doratura del ornamento
et dela Cappella dela maestà della volta...» 52).

Dopo di queste due voci è un susseguirsi di acconti e di saldi a
«renaioli, fornacciari, garzoni, portatori di scarchime, stuccatori, pit-
tori, soliccitatori, mastri, soprastanti (architetti), procuratori, scar-
pellini ecc. » per un totale che alla fine del 1568 ammonta a 1938
scudi compreso il materiale acquistato ; a 503 scudi nel '69 ; a 1051
nel ’70; a 649 nel '71 ; a 54 nel '72; a 26 nel '73, per un totale di
4221 scudi spesi per «la fabbrica » 5). Ultima opera compiuta, nel
1573, furono le scale dell'entrata principale, quelle che dal chio-
stro della cattedrale portano con un lungo scalone a volta a botte
al primo piano. Sull'architrave del portone d'ingresso, non troppo
lineare a causa dell'innesto dell'edificio del Seminario nell'abside
della cattedrale, c'é scolpito :

COLLEGIUM SEMINARII
ERECTUM ANNO DNI MDLXIV

con la quale data viene significato l'anno di erezione giuridica e
non quello dell'effettiva funzionalità dell'edificio che inizierà quat-
tro anni dopo, cioè nel 1568. Con la costruzione delle scale ebbe cosi
termine il grosso delle spese di costruzione di quello che era il ru-
stico del Seminario e che il « depositario » o cassiere del collegio li-
quida, dietro invito di pagamento da parte dei deputati alle spese
della costruzione 54),

A questo punto ci piace rispondere a un interrogativo postoci
dai «si dice » di alcuni cronisti di Perugia e del Seminario, circa gli
effettivi contributi del cardinale Fulvio Della Corgna alla costru-

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64 ARTURO GABRIJELCIC

zione del nuovo Seminario. È infatti opinione dei più che il detto
cardinale vi mettesse di tasca sua la non indifferente cifra di cinque-
mila scudi. Siccome la stessa cosa l'abbiamo trovata relativamente
alla costruzione della chiesa e delle abitazioni dei Gesuiti nella sot-
tostante piazza di Sopramuro, cosa negata da un cronista della loro
fondazione a Perugia 9), ci piace approfondire l'interrogativo per
averne una risposta chiarificatrice dai libri di contabilità del Semi-
nario. Impresa non facile tra tanto variare di scritture di voci e di
rimandi, in libri di tasse, diari e mandati.

La somma dei denari fatti avere per la «fabricha» dal cardi-
nale, dal 27 febbraio 1568 al 24 agosto 1571, ammonta a 3121 scudi.
Abbiamo visto sopra come le spese dell'edificio, nel 1573, ammon-
tassero a 4221 scudi, dunque i fondi del Seminario, ricavati dalle
tasse imposte ai benefici ecclesiastici, vi contribuirono con i restanti
1100 scudi. Tutti i versamenti del prelato appaiono sotto voce di
prestito :

«... scudi dugento di moneta hauti per essa (fabricha) dallo Ill.mo
et R.mo Car.dle di Perugia et per S.S. Ill.ma dal Mag.co mastro Piero Strozzi
V(ice) Thes(orie)ro di Perugia per altretanti che S.S. Ill.ma ne fa rimettere
in Roma da Mastro Pierantonio Bandini al Banco delli Ubaldini, quai dinari
lo Ill.mo et R.mo Card.le sudetto gli impresta al seminario per spendergli
à benefitio dela fabricha, et non altrimente...» 59)

ma non ci risulta che gli siano mai stati restituiti in seguito. Mar-
cantonio Bonciari, il grande umanista del Seminario perugino, scri-
vendo al cardinale residente ormai a Roma nel 1580, cosi esprime
la gratitudine sua e di tutti :

«Tu vigesimum ante annum hoc nobis in patria Collegium instituisti
... Tu magnis impensis, diuturnoque labore hanc nobis et elegantem et ple-
nam dignitatis domum aedificasti, quam bellissime incoleremus... Tu de-
nique consitum a te ornatumque Seminarium auctoritate, ope, consilio, rebus
omnibus tueri, alere atque augere numquam desistis, in eoque tuis faculta-
tibus, quae sunt pro amplitudine tua perexiguae, non modo Praesides huius
Ecclesiae superiores plane omnes, verum etiam nobilissimarum Italiae ur-

bium Antistites, omnium rerum copiam affluentes, facile superasti ;... plu-
rimum... impensae ad tantum opus conficiendum contulisti . . . » *?.
Pur essendo una lettera a carattere propiziatorio — infatti è

a carattere laudativo nella prima parte e pressante di richiesta nella

TEBBREERUERTGATIRSANY Tn TNT TTT ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 65
seconda per un ampliamento indispensabile all'edificio, oramai in-
sufficiente, nel 1580, a contenere la schiera soprattutto dei convit-
tori — tuttavia i sentimenti espressi sono in sintonia con il linguag-
gio arido delle cifre, che rivelano la parte preponderante del contri-
buto dato dal porporato. La sua liberalità la manifesterà l'anno
successivo, 18 novembre 1581, facendo totale donazione dell'edificio
al Seminario, comprendendovi la loggia di Braccio ma escludendone
peró i negozi e i magazzini sottostanti la loggia e l'edificio, dati alla
cattedrale 5).

La suddetta lettera del Bonciari accenna a 300 scudi concessi
poco prima dal cardinale ai Gesuiti della città. Non si lamenta di
ció, solo esprime il timore che la generosità del benefattore non
batta piü le vie del Seminario. Inoltre, essendosi a tre anni dalla
morte del porporato (marzo 1583), puó darsi che ci sia stato sentore
di malattia per cui poté sembrare opportuno ricordare al grande
benefattore del Seminario un ultimo generoso ricordo nel testamento.
Ma dal testamento descrittoci dal Baglioni **, notiamo che questo
ricordo non ci fu.

Tanto giro di scudi e impiego di opere fecero si che il Seminario
potesse essere terminato e reso abitabile per l'inizio dell'anno sco-
lastico 1568-69. I cronisti indicano in prevalenza il 19 ottobre *? e
ció coincide con i vari accenni amministrativi che riportano le spese
sostenute per il trasporto del mobilio da S. Bartolomeo a S. Lo-
renzo 97,

L'edificio dovette apparire in tutta la sua bellezza e solidità
ai chierici che vi si recarono nell'autunno del 1568, partendo da
piazza dell'Annunziata, passando sopra le mura della Cupa, attra-
verso via dei Priori, su fino in piazza Grande. Non vi entrarono cer-
tamente salendo per il grande scalone attuale, non ancora terminato
in quel tempo, ma, entrati dal grande portone che porta al chiostro
della cattedrale, a metà di esso, dove oggi c’è l’entrata all'ascensore,
salirono alcuni gradini di accesso al cortiletto interno ove era
in costruzione il pozzo; oppure entrarono per la chiesetta della
Maestà delle Volte e da lì, per una scaletta a chiocciola interna che
poi avrebbero usata quotidianamente per i loro esercizi di pietà,
salirono ai piani superiori.

L'edificio, all'indomani della sua costruzione e in tutto il pe-
riodo da noi preso in esame (1568-1600) non aveva l'estensione attuale.
Esso consisteva unicamente nella parte prospiciente via Maestà delle
Volte, a forma di L rovesciata, con la parte più lunga sopra i negozi

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attuali e il braccio più corto sopra la chiesetta. Tutto l’edificio inol-
tre mancava dell’ultimo piano e quello sottostante, l’attuale Casa
del Clero, aveva finestre piccole tipo soffitta *9. La parte prospi-
ciente il chiostro della Cattedrale fu annessa a mano a mano al
Seminario attraverso successivi acquisti fatti presso i canonici e at-
traverso successive costruzioni °°),

La sistemazione interna dell’edificio, all’indomani della sua inau-
gurazione, era quale ce la descrive il Vicerettore del 1728 *9. AI
primo piano, quello usato attualmente per gli uffici diocesani di
Azione Cattolica, c'erano le scuole, la libreria e l'ufficio dell'eco-
nomo. Per la scuola veniva usato anche un vano della torre che
tutt'oggi si erge all'inizio di via Fratti, già dell'Oratorio. Scale oggi
demolite portavano al secondo piano, quello usato ultimamente
per le aule scolastiche e oggi utilizzato da una scuola media. Agli
inizi, in fondo al corridoio si trovava il refettorio 99. Le restanti
stanze di questo secondo piano erano utilizzate per la cucina e la
dispensa e quattro di esse erano a disposizione del Rettore. All’ul-
timo piano, l'attuale Casa del Clero, c'erano i locali per i chierici,
cameroni e camerette.

L’edificio, nella sua parte esterna, confinava con la piazza (Log-
gia di Braccio), con il Vescovado, con i padri Filippini (contigui alla
torre), con i padri Bernardoni (contigui alla chiesa della Maestà
nella sua parte posteriore) e con gli appartamenti dei canonici e il
chiostro della Cattedrale.

Così inserito, il Seminario venne a trovarsi al centro della vita
cittadina, religiosa e civile, completando armonicamente con la sua
costruzione in pietra, il magnifico insieme architettonico di una
delle più belle piazze d'Italia. — °°

4. COLLEGI COLLEGATI ALLA STORIA DEL SEMINARIO

Per completare la descrizione delle sedi del Seminario perugino
è necessario che trattiamo brevemente di altri due collegi stretta-
mente legati al Seminario, quantunque per motivi e tempi diversi.
Si tratta dei due collegi Oradino e di S. Bernardo.

Il primo, eretto nel 1582, fu in contatto con il Seminario per il
fatto che i suoi chierici frequentavano la scuola insieme ai semi-
naristi ; il secondo, sorto nel 1593, visse più strettamente con la vita
e le vicende del Seminario, ma fu anche di più breve durata.

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| ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 67

a) Il Collegio Oradino

Piermatteo Oradini, cittadino perugino, ebbe sette figli, due dei
quali, avviati al sacerdozio, si resero meritevoli di importanti inca-
richi nel campo ecclesiastico.

L'uno, Marcantonio Oradini, che morì appena a 48 anni, fu
vescovo titolare di Utica e suffraganeo del cardinal Francesco Gon-
zaga, Vescovo di Mantova *9, oltre che essere stato anche cappel-
lano della Maestà delle Volte per qualche anno *?,

L'altro, Giulio Oradini, dette ancor più lustro alla sua famiglia
e alla città con la brillante carriera di giurista che lo portó alla cat-
tedra di Legge prima a Perugia poi a Padova, quindi alla Rota
Romana, della quale divenne ben presto decano. Svolse inoltre deli-
cate missioni diplomatiche per il papa Paolo III, finché fu nominato
Vescovo di Perugia, al quale compito però rinunciò ben presto *9
per continuare a Roma la sua attività alla Rota fino alla morte,
avvenuta nel 1573.

Per ciò che riguarda il collegio Oradino dobbiamo però parlare
di un terzo Oradini, Polidoro, fratello dei precedenti.

Egli nacque verso il 1513, stando a quanto ci dicono di lui gli
scarni accenni biografici. Accingendosi infatti a fare testamento nel
1582, viene presentato « septuagenarius fere, lumine oculorum priva-
tus » *9 ove sembra che la cecità fosse conseguenza di un incidente
non meglio precisato. Sposato con Giulia Mansueti, dal loro matri-
monio non ebbero figli cosiché, essendo egli l’ultimo degli Oradini,
il nome della famiglia si estinse con lui. Lasciò scritto nel testa-
mento, contrariamente a quanto il fratello Giulio aveva pensato co-
struendo la tomba per se e per il fratello nella cappella dello Spi-
rito Santo in Cattedrale *9, che voleva essere deposto nella chiesa
degli Agostiniani, in forma semplice, dettando lui stesso la scarna
epigrafe da apporvi e volle anche che al seguito funebre prendessero
parte soltanto il parroco e i cappellani oradini.

Alla sua morte, sotto il tetto della sua casa in via Nova ?
vivevano già i cinque chierici poveri, ospiti dell'istituzione del Col-
legio Oradini. Ne illustriamo ora brevemente le origini.

Alla propria morte Giulio Oradini aveva lasciato una cospicua
eredità al fratello Polidoro, erede universale vita natural durante,
e dopo di lui al Capitolo della Cattedrale di Perugia.

Passati tre mesi dalla morte del fratello, Polidoro Oradini si

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68 ARTURO GABRIJELCIC

presentò al Capitolo e in forma pubblica s'impegnó a realizzare le
volontà del fratello Giulio in questi termini :

«... entro un anno ultimerà la costruzione della cappella dello
Spirito Santo *? e del battistero accanto ;

entro due anni s'impegnerà per l’erezione di un Collegio, che dalla
sua famiglia e a suo ricordo si chiamerà Oradino, per cinque, sei e anche sette
chierici poveri della città o vicinato, non escluso uno spagnolo se si presen-
terà, a servizio e decoro delle cappelle e della Cattedrale. A questo scopo si
servirà di tutti i beni dell'eredità, tolte le spese per le cappelle con i rispet-
tivi paramenti e tolti i benefici per i quattro cappellani fissi istituiti dal fra-
tello Giulio ed equiparati agli altri otto beneficiati della Cattedrale» 79).

L'insolvenza di questi termini, fissati nel 1573, poco dopo la
morte di Giulio Oradini, autorizzava il Capitolo a revocare tutte le
concessioni fatte. Ma l'Oradini fu puntuale nell'assolvimento degli
impegni presi e cosi nel 1574 furono nominati i quattro cappellani
perpetui «de Oradinis », nelle persone di don Girolamo Costanzo,
don Sebastiano Raganello, don Domenico di Marco, tutti di Perugia
e don Gherardo Pertroiani di Fossato di Perugia.

Quanto al Collegio, la data più certa della sua erezione è quella
del 25 gennaio 1582 ed è la stessa data del testamento di Polidoro
Oradini, scritto a tre mesi di distanza dalla sua morte, avvenuta il
18 aprile 1582. In questo periodo il Collegio era già funzionante
— l'Oradini aveva preso l'impegno di iniziarlo entro due anni a par-
tire dal 1573, come abbiamo visto sopra — peró le Costituzioni defi-
nitive furono codificate nel suo ultimo testamento 2, cosi pure venne
definitivamente fissato a 5 il numero di studenti da mantenere in
casa e che questi fossero tutti perugini, della città o distretto, e
poveri. Il numero cinque si rifà alle porte della città.

Ecco alcuni paragrafi sintetici dalle Costituzioni :

l'iscrizione sulla porta d'ingresso del collegio sarà: COLLEGIUM
ORADINUM ;

la cappella sarà dedicata a S. Nicola, Vescovo di Bari *9 ;

superiori del Collegio saranno: il Vescovo pro tempore della città,
il Priore del Capitolo della cattedrale e il Priore laico del Collegio del Cambio
(ad essi il fondatore chiede appassionatamente che ammettano in collegio
solo chi si dimostra idoneo);

l'ammissione sarà fatta a scrutinio segreto e sarà necessaria la mag-
gioranza (2 su 3);

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protettori del Collegio saranno anche il Card. Fulvio Della Corgna
e il Governatore della città ;
per tutte le necessità relative alle pratiche giuridiche, inventari,
rogiti ecc. . ., sarà eletto dai superiori un notaio dell'Arte del Cambio il quale
noterà anche l'entrata e l'uscita dei chierici ammessi e dimessi e percepirà
3 fiorini l'anno ;
per la parte disciplinare ed economica ci sarà un Rettore-Economo
il quale di persona dovrà curare i collegiali e i beni ;
vi saranno un cuoco e un domestico soltanto, quest'ultimo servirà
a tavola e rifarà i letti dei collegiali ;
in Collegio saranno ospitati gratuitamente 5 chierici « vel sacris ini-
tiati vel temporibus suis initiandi omnino, usque ad sacerdotium inclusive »,
a garanzia del quale impegno, all'entrata verseranno una cauzione che per-
deranno se non ultimeranno la loro formazione sacerdotale e se non si addot-
toreranno in una delle scienze ecclesiastiche ;
dovranno avere almeno 18 anni, essere di Perugia o del suo distretto,
il loro numero corrisponderà alle cinque porte della città e dovranno essere
nati da matrimonio legittimo e avere un'indole buona e docile ;
di essi, quattro si addottoreranno in teologia secondo gli insegna-
menti di S. Tommaso d'Aquino, il quinto invece in diritto ecclesiastico e
anche civile se ne sarà capace ;
pregheranno per il fondatore del Collegio e per i defunti della fa-
miglia Oradini e se sacerdoti celebreranno per essi « saecunda vel sexta feria » ;
non sarà dato il cibo quotidiano a chi, «in sacris », non reciterà il
Breviario e agli altri se non reciteranno l'ufficio della Madonna ;
Si confesseranno mensilmente e comunicheranno ogni prima dome-
nica del mese ;
siano puntuali a mensa, in caso contrario saranno privati del cibo,
faranno silenzio durante il pasto e leggeranno la sacra Scrittura ;
non si allontaneranno da casa senza licenza e se questa, senza mo-
tivi giustificati si protrarrà oltre un mese, ipso facto saranno espulsi ;
ogni anno nella festa di Ognissanti si rileggerà la Regola intera ;
il loro vitto quotidiano sarà il seguente :
pane e vino secondo il bisogno
una libbra di carne a testa
venerdi e sabato:un piatto di legumi o erbe a pranzo
due uova con insalata a cena
venerdi santo: tutti digiuneranno a pane ed acqua;
ciascuno avrà in camera un letto, un materasso e un pagliericcio,
un guanciale lungo e uno corto, quattro lenzuoli e due coperte, un baule
con serratura e chiave, l'occorrente per lo studio (tavolino e banchetto) che
sarà provveduto dal collegio ;
per le spese di malattia penserà il collegio ; malato s'intende chi é
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70 ARTURO GABRIJELCIC

colpito da febbre o da male tale che gl’impedisca di stare in piedi ; il Rettore
lo mandi a letto e gli faccia accendere il fuoco in stanza ;

la permanenza in collegio non dovrà protrarsi oltre il settennio,
perché al termine di tale periodo ogni collegiale dovrà aver terminato i pro-
pri studi, e se questo non fosse, dovrà andarsene ugualmente, improrogabil-
mente entro un mese ;

ogni semestre i collegiali saranno interrogati dal Vescovo o da un
suo sostituto sul profitto morale e dottrinale ; chi si dimostrerà incapace
sarà espulso ; le spese del dottorato saranno a carico del collegio ;

in caso di scioglimento del Collegio, che il Signore non lo permetta
mai, i suoi beni andranno metà alla cappella Oradini e metà al collegio del
Cambio 7°).

Questi paragrafi delle Costituzioni fanno parte dell’ultimo testa-
mento di Polidoro in fondo al quale sono riportate le firme, oltre
quella del testatore e del notaio, del parroco di S. Donato, del cap-
pellano Oradini della cattedrale e dei cinque chierici d'allora ?”.

Avvenuto il decesso di Polidoro si procedette all’inventario dei
beni e alla esecuzione delle sue volontà. Tra queste ve ne sono due
che riguardano il Seminario, una relativamente a un lascito di 200
scudi ancora da pagare alla cappella della Maestà delle Volte per
parte di Marcantonio Oradini che gliela aveva lasciata in data 3
ottobre 1566, l’altra a favore di un chierico di Marsciano, al quale
lascia loccorrente per la sua cameretta.

Il Collegio Oradini oggi non è più sede di formazione di chierici,
avendo avuto profonde trasformazioni e diversa utilizzazione in que-
sti ultimi decenni. Il suo scopo tuttavia permane, sotto lo stesso
nome, a beneficio di alcuni seminaristi poveri che vivono e si for-
mano nell’attuale nuovo seminario di Montemorcino e in quello teo-
logico di Assisi.

b) Il Collegio S. Bernardo

Il Collegio S. Bernardo entra nella storia del Seminario verso il
chiudersi del '600 ed è vitalmente legato al nome e all’opera di Mar-
cantonio Bonciari suo Rettore.

Egli risponde, nel 1614, alle lettere di lamento di alcuni suoi
alunni residenti in S. Bernardo, con una lettera nella quale tenta di
dimostrare come siano ingiustificate le loro lamentele in seguito
alla decisione presa dal Vescovo Comitoli di riportare i convittori
dal collegio S. Bernardo in Seminario ?®. Nella lettera il Bonciari

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o mmie ra NA i» ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 71

ripercorre velocemente ma esaurientemente i motivi e le circostanze
che determinarono l'apertura e l'uso del collegio e noi non vediamo
di meglio che lasciare la parola al Bonciari stesso, espressa in un
magnifico latino :

«... Summus Pontifex PAULUS III Farnesius, ille qui ad frenanda
Perusinorum ingenia fortissimam apud nos Arcem, loco in primis oppor-
tuno extruendam curavit : intra quam elegantissimas, easdemque amplissimas
Balionorum domos complexus est 7),

Cum obstantia aedificationi et consilio suo potissimum duo Mona-
steria comperisset, alterum Sodalium Servitarum, quod dirui oportebat ; al-
terum Monialium S. Bernardi, quibus eidem Arci propinqua aedes S. Julia-
nae erat attributa, de utroque in aliam Urbis regione transferendo cogitavit.
Et servitis quidem commodissimus repertus est locus, quem nunc obtinent
ad ipsius Montis radicem contra Solem Orientem ; ei propterea S. Mariae
Novae cognomen mansit, quo et in praesens appellatur.

Monialibus autem Bernardinis Monasterium aedificari coeptum est
in hoc Urbis angulo 8), cui regioni S. Michael Arcangelus et cognomen et
auspicium facit. Monasterio et Ecclesiae non ab S. Juliana inditum est no-
men : S. Clara vocabatur.

Et quia non fere amplius, quam tertia Monasterii pars fuit absoluta,
nempe cubicula quattuor et viginti: pars item tertia Monialium earundem
translata huc fuerat, mansitque ad annum millesimum quingentesimum se-
xagesimum quintum, usque scilicet publicationem proximi Concilij; De Mo-
nialibus arctiore nodo vinciundis. Tunc illae paucae ad priorem domum nu-
merumque reverti iussae sunt.

Gentiles tui, Cornee, Fulvius Cardinalis, et Hippolytus suffraganeus
in Episcopatu (cuius ipse habes nomen, imo et ingenium, nec despero fortu-
nam) hi non semel ob causam superius expositam, et magis quia Concilium
iuberet, de hisce Monialibus in Urbem recipiendis cogitarunt : eamque prop-
ter causam inchoati Monasterij aedificationem resumpserant, altero cubicu-
lorum ordine designato. Sed eorum salutare consilium varij casus, quorum
hic meminisse non oportet, interpellarunt. Moniales ipsae nihil instabant,
imo pleraeque acrius repugnabant.

Episcopi post secuti Bossius, Herculanus et Gallus Cardinalis rem
nescio si retentarunt, certe non nimium urserunt. Itaque Moniales sua se
antiqua in domo tenuerunt, nemine amplius exhibente negotium, et nova
fabrica saepius inchoata, numquam absoluta, cultoribus deserta, multos an-
nos neglectui fuit.

Neapolio Comitolus quo primum annu Ecclesiam Perusinam suscepit
gubernandam, non solum charitate impulsus erga Sponsam hanc suam, ve-
rum etiam animi quadam propensione adductus, pie simul ac prudenter ani-
madvertit, offerri sibi praeclaram occasionem explendi desiderij, quo jam
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72 ARTURO GABRIJELCIC

pridem flagrabat, instituendae, atque optimis praeceptis imbuendae juventu-
tis. Juventutem dico non virilis tantummodo, sed etiam alterius sexus tene-
ram aetatem.

Et videte quam res ceciderit ex sententia, quantumque in commune
utilitatem gregi universo sapiens vigilantia Pastoris attulerit.

Erant in Seminario pauculi Convictores, vix undenarium numerum
explebant; loci angustiae plures capere non poterant. Multi undique con-
fluere, locos antecapere, de ingressu in certamen venire. Alterum incedebat
incommodum, quod et hi pauculi Clericorum loca occupabant, cum Eccle-
siae huius detrimento non contemnendo. Ex altera parte domus illa urbana
Monialium, de qua diximus, non culta et iamdudum deserta collabi coeperat :
post paulum nulli usui futura, nisi restauraretur, nisi habitaretur ; et pe-
rierant partim Civitati, partim Monasterio aliquot scutorum millia, quae
in illam aedificationem impensa fuerant.

Comitolus ergo per ipsos Seminarij Praefectos, qui nunc etiam sunt,
Io: Paulum Sotium et Caesarem Philippum conducta domo a Monialibus,
unico labore non duo tantum, sed plura eaque utilissima negotia confecit.
Convictores a Clericis segregatos, e Seminario in hanc novam transtulit do-
mum, cui propterea nomen indixit a S. Bernardo, ut jam tum appareret
possessionem illius pertinere ad Moniales Bernardinas, quibus postea erat
illam restituturus, ut hodie restituit altero et vigesimo anno post quem fue-
rat nobis locata.

Hinc videte quam multa commoda redundarunt.

Primum aedes Seminarij profectis Convictoribus laxatae sunt, et ca-
paciores redditae maiori clericorum numero excipiendo. Convictores ipsi quo-
que paucis annis in iustum collegium ter tanto amplius ac numerosius coa-
luere ; cum plurimi fuerunt, sex septem quinquaginta explebant: cum pau-
cissimi, numquam pauciores quadraginta.

Itaque ad illos optima disciplina et bonis litteris imbuendos forman-
dosque conducti sunt aequo pretio Rectores, Prorectores, Custodes et omnis
generis Doctores, dico etiam Musicae, Ortographicae aliarumque artium mi-
norum. At nihilominus quotannis trecenti, quadringenti, aliquando plures,
raro pauciores nummi aurei, expensis collatisque rationibus de lucro existere
solebant. Horum maxima pars ad inchoatum Monasterium, quod nos Col-
legium appellare maluimus, exaedificandum, augendum atque ornandum col-
lata est. Maius igitur lucrum atque compendium fuit Monialium, quibus ex
insperato domus tam somptuosa iam labescens, et paulo post ruitura, non
solum conservatur instauraturque, sed in tantum ampliatur, ut quae vis
Monachas quindecim capere poterat, nunc possit sexaginta et fit ad incolen-
dum .omnibus rebus instructa et parata.

Fuit hoc non modo vehementer opportunum, sed etiam plane neces-
sarium in commune Civitati, propter ingentem numerum puellarum Deo
dicandarum ®) quibus recens aliquod domicilium fabricari et instruere opor-

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ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 73

tebat. Nam illud omitto, quod omnibus exploratissimum est, quam millia
scutorum per hos Convictores tam multos, tam opulentos, tam sumptuo-
sos importata fuerint, et nunc importentur ad hanc patriam, et ad nostrates
omni generis mercatores.....

Cognovistis originem, consilia, deinde ampliandi et ornandi. Nunc
accipite quamobrem in praesens restituere atque alio commigrare necesse
SIC».

Noi per brevità riassumercmo in alcuni punti i motivi addotti
dal Bonciari, pur dispiacendoci di dover lasciare il suo latino cosi
scorrevole e facilmente comprensivo.

I motivi da lui addotti sono i seguenti *® :

1. Non essendoci un contratto a scadenza, avendone bisogno per
loro, le monache ne chiedono la restituzione.

2. Essendo il Vescovo Comitoli ormai prossimo alla morte vuole che
le monache tornino al piü presto in possesso del monastero temendo che alla
sua scomparsa qualcuno ne faccia richiesta al Papa per usi diversi.

3. Non indifferente é il problema del personale per l'educazione e
istruzione dei giovani convittori. Avere due collegi significa avere personale
doppio, richiesto dalla distanza intercorrente tra i due collegi, mentre un
collegio solo significa riunire le entrate e dimezzare il personale.

4. A ciò sir aggiungano i vantaggi nella scuola, nella disciplina e nel-
l'educazione cristiana.

A proposito di quest'ultimo punto i giovani interlocutori del
Bonciari avevano espresso il loro timore di un ritorno ad una disci-
plina molto piü severa di quella in vigore in S. Bernardo, ma il loro
precettore li rassicura sulla propria parola *?:

«Hoc vobis exploratissimum esse vobis debet, quod ego affirmare
audeo, primum in me ipso, deinde in alijs continenter expertus : in quoscum-
que alios pueritiae formatores incidissetis, non fuisse inventuros eam leni-
tatem, charitatem, suavitatem, qua hic singuli curandi et instituendi estis.
Exprobrabitis olim mihi, si quid fuero mentitus, atque has litteras adversum
me proferetis . . . ».

D'altra parte scorrendo le regole del collegio dei convittori si
puó riscontrare quasi una esatta rassomiglianza tra esse e le re-
gole dei seminaristi. La regola del collegio infatti prescrive #* :

che non si accettino ragazzi sotto i 12 anni;
che siano « ben nati » e sappiano « qualche poco di gramma-
tica »;

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«mai si riceveranno quelli che mostrano natura gagliarda 85;

la preferenza è per i Perugini e per chi paga in anticipo ;

non ci saranno distinzioni di sangue e di casata ;

si confesseranno una volta al mese ; faranno un quarto d'ora
di orazione appena levati e prima di andare a riposare 89 ; la do-
menica si raduneranno «a legere qualche libro... saranno interro-
gati tutti affinché stiano attenti »; andranno ai Vespri in cattedrale
nelle feste ; porteranno addosso la corona ;

«tutti quelli che faranno lattino parleranno lattino eperó ci
sarà la catena da darsi a chi parlerà volgare fuor che nel tempo di
ricreatione » *? ;

« tutte le suddette regole si legeranno nel refettorio ogni primo
del mese ».

Come si puó notare, vita quasi seminaristica, che diverrà total-
mente seminaristica appena i convittori rimetteranno piede nel cen-
tro della città e questo nelle parole stesse del Bonciari, il quale,
stranamente, fa rientrare dalla finestra quello che aveva escluso

dalla porta ®) :

«... collegia invicem coniunguntur, sicut olim coniuncta fuere, hoc
est mensam, servitia, disciplinam, cetera omnia tamquam eiusdem familiae
consortes, imo tamquam eiusdem corporis membra ...»;

e cosi dopo ventidue anni di permanenza in S. Bernardo, come fu
fin dall'inizio, convittori e seminaristi si ritrovarono gomito a go-
mito a vivere lo stesso regolamento, a mangiare lo stesso pane, a
godere e soffrire lo stesso benessere e ristrettezze fino al raggiungi-
mento delle rispettive mete, il sacerdozio attraverso la teologia per
i chierici, le arti liberali, in prevalenza il diritto, per i convittori.

Quanto il Bonciari é venuto dicendoci fino ad ora, rimane con-
fermato dai libri amministrativi del Seminario, il che ci conferma la
stretta relazione esistente tra i due collegi :

«Recordo che le Rev.de Madri di S. Giugliana hanno dato affitto o
apigione il loro Monasterio di S. Bernardo nella parrocchia di S. Agnolo in
P.S.A. al R.do Collegio del Seminario per 50 fiorine l'anno per tre anni, con
patto che esse siano obbligate di rendere scudi 222 spesi in bonificationi del
detto Monisterio, overo scontare la impigione delli denari et questo istro-
mento fu fatto adi 12 di marzo 1593 da Ser Agabito Nerucci *? ».

Come testimonianza finale e riassuntiva della storia e della vita
del collegio di S. Bernardo, riportiamo quanto ebbe a scrivere il Ca- ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 79

porali nelle sue memorie personali, nelle quali ci si rivela come ex-

convittore del collegio e ce ne dà alcune notizie non altrove repe-
ribili *? :

« Chiamavasi prima il luogo, ove è al presente il Collegio de’ Convit-
tori, posto nella Porta di S. Angelo, S. Chiara, Monastero delle Monache di
S. Giuliana. Architetto di questo Collegio, già Monastero, fu Galeazzo Alessi
Perugino ... ora questo Monastero disabitato andando in ruina, fu l’anno
1593 alli 8 di maggio preso in affitto, afin che vi dimorassero i Convittori i

quali l'anno 1577 alli 13 di aprile erano stati istituiti da Francesco Bossio '

Vescovo all'hora di Perugia, con assegnar loro per abitatione una parte del
Seminario ; e io prima pianta inestata in quel luogo mi glorio . ....

Ma crescendo tuttavia il numero de’ Convittori, per la buona fama
che in varie città si spargea di loro, et essendo il luogo del Seminario non ben
capace per i Chierici e per detti Convittori, Napolione Comitoli trasferilli
con provvida resolutione in questo luogo di S. Giuliana... e denominollo
Collegio di S. Bernardo, ove concorrono non solo i giovani perugini, ma dalle
città etiandio remote; sono al presente in numero circa cinquanta, divisi
in tre classi, ciascuna de la quale ha i suoi Rettori e Maestri particolari ;
attendono a’ Grammatica, Rettorica, Poetica, lingua Latina e Greca, Dialet-
tica e Musica e hanno Constitutioni particolari.

Il Governo principale di questo luogo appartiene al Vescovo, il quale
vi deputa per Rettori, Maestri e serventi, persone che a questo effetto conosce
idonee. Il Maestro principale delle Scenze è hora Marc'Antonio Bonciaro
Perugino, versatissimo nelle lettere latine e greche, e chiarissimo per molte
opere, che ha alle stampe, le quali, tutto di, sono per le mani di huomini
letterati ».

NOTE

1) Ricordanze, 11, c. 116 (138), terzo trimestre 1565, Archivio Storico
Comunale, nell'Archivio di Stato, Perugia.

?*) Si veda in appendice il testo del decreto di tassazione e relativa appli-
cazione del 5% a ogni beneficio nell'ambito della diocesi perugina. I monaci
del monastero di S. Pietro ricorsero contro quella che ritenevano un’ingiusta
ed esorbitante tassa dei loro benefici, e dopo, molti ricorso ottennero che
fosse ridotta a 100 scudi.

?) C. BAGLIONI, Perugia sagra ..., anno 1566 ; LANCELLOTTI, Scorta . . .,
I; p.0139.

‘) O. LANCELLOTTI, Scoría..., I, p. 139.

5) S. Siepi, Descrizione topologico-istorica della città di Perugia, 111,
pp. 845-46, Perugia, Garbinesi e Santucci, 1822.

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*) O. LANCELLOTTI, Scorta..., I, p. 139.

*) Visitationes Cornea ..., p. 17.

8) Libro del Seminario 1564, p. 33.

*) Visitationes Cornea ..., p. 35.

19) Libro del Seminario 1564-65, p. 92.

1) Giornale del Seminario 1564 al 1566, passim.

13) Giornale: . .; pil

13) Libro... 1564-65, p. 1.

14) Bino Pantani, primo Rettore del Seminario.

15) Libro... 1564-65, foglietto volante.

^) Visitationes Cornea ..., p. 245.

17) Visitationes Cornea . . ., p. 67.

15) Visitationes Cornea .. ., p. 17.

!*) Visitationes Cornea..., dall'inventario p. 66.

20) Libro... 1564-65, p. 8.

*) Giornale del Seminario B 1568-71, p. 66.

?) Visitationes Cornea..., pp. 282-325.

*?) Visitationes Cornea..., p. 327.

**) L'impannata era tela intrisa di cera che sostituiva il vetro.

*5)) Libro del Seminario... 1564-65, p. 33.

2) Libro del Seminario ... 1564-65, pp. 68, 70.

*?) Bolla Inter alia... del 1° ottobre 1564.

28) Bolla Inter alia...

2?) Bolla Inter alia...

?°) Bolla Inter alia...

8) O. LANCELLOTTI, Scorta sagra, p. 139.

*) Ecco l'importo della retta annua quale risulta dal libro di ammini-
strazione del 1576 (Entrata e Uscita 1576, ultima pagina) : « La contributione
di quelli che vogliono entrare nel R.do Collegio del Seminario et ivi clericare
è di grano, vino, olio, denari e legne : grano mine 10 ; vino barili 12 ; olio
oltre il logro (consumo) del lume misurini 1 ; denari, scudi 6 ; legne, some 12 ».

3) S. SIEPI, Descrizione . .., p. 434. L'Università fu trasferita nel 1811
nel convento degli Olivetani, attuale sua sede.

$4) S. SIEPI, Op. cit., p. 130.

**) L'edificio è oggi adibito per vari usi: uffici, collegio, casa del clero,
scuola.

36) S. SIEPI, Descrizione ..., p. 142.

?7) S. SIEPI, Descrizione ..., p. 142. Questo impegno dell'autorità cit-
tadina comportava anche dei diritti i quali perduravano ancora nel xvii
secolo, come testimonia il vicerettore in carica nel 1728 : «notasi che ogni
trimestre che si muta il Magistrato, immediatamente che il nuovo ha pigliato
possesso, subito si porta in abito con tutto il treno a visitare detta imma-
gine o pure a rendere grazie, non si sa se sia per obbligo o divozione opure

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per antichissima e inveterata consuetudine» (in Miscellanea dal 1564 al
1728, N° 69, Archivio del Seminario).

Ma già il Lancellotti nella seconda metà del '600 scriveva che questo
atto non era fatto per devozione, quanto per conservare ai Priori il diritto
di juspatronato (Scorta..., 1, p. 697).

?5) S. SIEPI, Descrizione . .., p. 143.

**) A. MARIOTTI, Saggio di memorie istoriche civili ed ecclesiastiche della
città di Perugia, vol. 1, p. 362, Perugia, C. Baduel, 1806.

4°) P. PELLINI, Dell'historia, 111, p. 626 ss.

41) In questa circostanza rimase ucciso anche il Vicelegato Cintio Fi-
lonardi insieme ad altri (PELLINI, Dell'historia, 1131, p. 550).

^) Anche «abrusciato » (cf. la Bolla Inter alia...) ma «abrugiato » è
piü schiettamente perugino.

*) P. PELLINI, Dell'historia, 111, p. 762.

*) Breve «Cum sicut accepimus...» in data 7 giugno 1561 (copia
nell'Archivio del Seminario).

45) Motu proprio « Cum sicut accepimus . . . ».

4°) Motu proprio « Cum sicut accepimus . . . ».

*') Qualche anno dopo il censo viene pagato non più in cera ma in
denari, precisamente 1 scudo e otto denari e questo lo si riscontra fin verso
la fine dell'800. (Libro del Seminario 1564-65, pp. 32, 62 e similmente in tutti
i libri amministrativi successivi).

**) Così successe nel luglio 1713 (Miscellanea, n. 40, Archivio del Sem.).

**) Libro del Seminario 1566, p. 41.

5) C. CnrsPoLTI, Perugia Augusta, libro 1, p. 31. Perugia, Appresso
gli eredi di P. Tomassi e S. Zecchini, 1648.

51) Giornale del Seminario 1568-71, p. 47 ss.

3») Giornale ..., p. 47.

$3) Libro de’ mandati 1570-71-72-73, p. 1 ss.

54) Sul tenore di questi pagamenti, ecco un esempio : « A di 19 de luglio
1572.

Magnifico Mastro Lorenzo Sotij depositario del Collegio del Seminario,
vi piacerà pagare a Mastro Sante de Angelo muratore scudi 10 bajocchi 60,
quali gli si danno per resto e final pagamento di scudi 13 e bajocchi 60 dela
manifattura di canne 3 e piedi 217 de muro e fondello de pianelloni a 11 : 18
la canna et per piedi 66 de volta nuda in più luoghi et per 9 piedi di fondello
piano murato et per aver messo su l'arme (lo stemma cioè che ancor oggi si
puó osservare al di sopra della facciata della Maestà delle Volte con l'em-
blema del cardinale) nella cantonata di detto colleggio et finalmente per 4
giornate messe in finire la detta bocca (del pozzo) et pigliatene da lui riceuto
che vi si faran buoni a conti nostri di casa alli 19 de luglio 1572 » (Registro
de' mandati 1572-76 », p. 1).

55) Vedi nel cap. 11 n. 3 « Il Cardinale Fulvio...» più sopra.

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78 ARTURO GABRIJELCIC

56) Libro dele Tasse del Seminario 1569, p. 29.

57) M. BoncIARI, Epistolae, libro 1, ep. 1, pp. 34-36.

55) Breve di donazione citato da V. AGostTINI, in Libro delle notizie e
memorie del Ven.le Collegio del Seminario di Perugia, ms. del 1778, Archivio
del Seminario. L'Agostini fu vicerettore del Seminario e stese le suddette
memorie uel 1778 rivelando in esse piü attitudine per gli argomenti economici
che per quelli storici, incorrendo spesso in madornali errori di date e di persone.

5*) C. BAGLIONI, Perugia sagra..., anno 1582. Il cardinale infatti
lasciò scudi 1000 ai Gesuiti, 200 al clero, 500 a ciascuno dei suoi tre aiutanti
e 20 letti di ferro e suppellettili al Vescovo.

‘°) R. Sori Annali, p. 46; BAGLIONI, Perugia sagra..., in data
1568; RANIERO FRANCHI nelle sue memorie dal 1563 al 1579, raccolte in
FABRETTI, Cronache di Perugia (1503-1579), vol. rrt, p. 178 riferisce la data
di mercoledì 10 novembre.

*:) Giornale del Seminario 1565-68, p. 42.

*) L'ultimo piano fu alzato appena nel secolo scorso, al tempo del
Vescovo Gioacchino Pecci, poi Leone XIII.

*) Il primo acquisto, sempre dopo il periodo da noi preso in esame,
fu lo stanzone sopra l’attuale Museo della Cattedrale, cioè quello che fu il
refettorio fino al 1956. Sopra ad esso furono poi elevati i successivi vani :
Gabinetto di storia naturale, camerone dei piccoli e ricreazione coperta o
sala degli stemmi, come ben ricordano tutti i sacerdoti che sono stati semi-
naristi in questo vecchio edificio in città.

** Miscellanea, n. 69, Archivio del Seminario.

*5) Tale refettorio, immediatamente sopra la chiesa della Maestà, fu
adibito in seguito a cappella e ultimamente come biblioteca. Da esso inoltre,
verso un arco che tuttora esiste ed è utilizzabile, si può passare dal Seminario
all'episcopio. Questo arco, affermano le note del Vicerettore che scriveva nel
1778: «... non è comodità antica, avendola fatta il Vescovo Patrizi, ma la
data non si sa». Il Vescovo Patrizi é della seconda metà del '600.

**) Da Testamento Oradini, c. 2, ms., Archivio del Seminario ; trascri-
zione di vari documenti originali relativi a Giulio e Polidoro Oradini ; EUBEL,
Hierarchia Catholica medii et recentioris aevi, 111, p. 272.

*?) A. MarIoTTI, Memorie Istoriche, p. 95.

*) Vedi sopra cap. 11, n. 3 « Il card. Fulvio della Corgna, fondatore ».

**) Testamento Oradini, c. 37r.

?*) La tomba di Giulio è visibile tutt'oggi nella cappella che viene chia-
mata cappella del Sacramento.

^?) Oggi via Bartolo, già Oradina.

?) Questa cappella era stata iniziata dall'arciprete Leone Baglioni,
ma dopo la sua morte gli eredi la mantenevano incompiuta. Polidoro Ora-
dini ne chiese il possesso e la prosecuzione, già concessi al fratello Giulio da
parte del Capitolo. La cappella, localizzata dal documento « tra la Madonna

—— ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 79

del verde e l'organo », viene dotata di sacrestia e di stanze per il cappellano.

7?) Liber instrumentorum Almae Domus Sapientiae Bartolinae, Collegi
Oradini et Montis Spinelli, p. 26, Archivio del Seminario.

**) Testamento Oradini, c. 38.

*5) S. SIEPI, Descrizione ...., 1, p. 171, così la descrive: «La sua
interna cappella ha un bel quadro d'incerto autore col Crocefisso, s. Ni-
cola di Bari alla destra, e nell'altra banda i cinque alunni inginocchiati, e
sulla linea del quadro il busto del Fondatore ». Il quadro si trova attualmente
nell'anticamera dello studio dell'Arcivescovo di Perugia.

76) Testamento Oradini, cc. 33-59.

?*) Testamento Oradini, c. 60.

'*) M. BonciarIi, De transmigratione Collegii Augusti a Monasterio S.
Bernardi ad Seminarium, responsio M. A. Bonciari ad S. Gentilem, I. Theo-
dolum, H. Corneum, Fabrios fratres, aliosque uditores suos, in S. Caroli hu-
mana felicitas, Oratio in Collegio Augusto S. Bernardi a SEBASTIANO GEN-
TILI Fulginate habita. Perugia, 1614, pp. 185-207.

**) La Rocca suddetta esiste tutt'oggi ma senza la fortezza, smantel-
lata nel secolo scorso, e dalla sua parte più alta offre una delle più sugge-
stive vedute panoramiche dell'Umbria, mentre nel suo interno svela man
mano le antiche case e strade andate sepolte nelle circostanze descritte dal
Bonciari e da noi richiamate nelle vicende politiche e religiose descritte nel
I capitolo.

8°) Il collegio di allora oggi è adibito a monastero di clausura ed è te-
nuto dalle suore benedettine di S. Caterina.

81) Si rilegga a questo proposito quanto accennavamo al cap. 1, n. 2.
in merito al clero e ai religiosi.

* M. Bowcranr, De transmigratione . .., pp. 192-93.

*) M. Boncrari, De transmigratione ..., p. 194.

*:) Regole delli Convittori del Collegio S. Bernardo (carte Mariotti, ms.
1471, busta r, n. v, Biblioteca Augusta).

ss) Il termine gagliardo era sinonimo di sanguigno, violento.

#5) Vedremo come i seminaristi facevano un'ora e mezza di orazione
mentale al mattino e mezz'ora la sera.

57) Sembra che questa abitudine sia quella stessa in uso fino ai nostri
primi anni di Seminario quando, per un errore di pronuncia durante il pas-
seggio o la ricreazione, si riceveva una chiave che obbligava al silenzio e
all'astensione dal gioco fino a che un altro commetteva un altro errore e al-
lora lo si correggeva e gli si passava la chiave.

#5) M. BoncIarI, De íransmigratione . .., p. 207.
**) Libro di Cassa 1565-93, p. 123.
*) C. CAPORALI, Perugia Augusta, libro 1, pp. 48-49. Perugia, 1648.

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IV
LA VITA DEL SEMINARIO

Avendo considerate finora le questioni relative al tempo e ai
luoghi dell'erezione del Seminario perugino, è giunto il momento
di avvicinare l’aspetto più fondamentale della ragion d’essere della
sua istituzione.

La ragione precipua del suo sorgere fu sin dagli inizi quella
di preparare alla diocesi un clero ben preparato ai compiti pasto-
rali quali li si poteva intendere allora, e il Concilio tridentino venne
a convalidare e rafforzare quanto già era stato originalmente intra-
preso, dando alcuni indirizzi generali che permettessero di raggiun-
gere lo scopo.

Più delle indicazioni generali date dal concilio e sulle quali
esiste una vasta bibliografia antica e recente " è necessario sotto-
lineare le indicazioni particolari e gli adattamenti locali, introdotti
allo scopo di rendere più aderente alle necessità e possibilità locali
l'intento formativo del Seminario. Ma più ancora delle indicazioni
suddette é necessario rintracciare il clima reale, la ' temperies ' in-
tellettuale, spirituale e disciplinare, che meglio di ogni altro ele-
mento possono darci l'esatta misura delle capacità formative del
Seminario perugino e spiegarci le componenti piü antiche del clero
da lui formato. A tutto questo offrono un contributo insostituibile
le Costituzioni antiche del Seminario che riporteremo per esteso, e
un documento preziosissimo costituito da un resoconto di visita pa-
storale effettuato ampiamente nel 1591, che utilizzeremo a fondo.

1. LE COSTITUZIONI

Il Concilio di Trento, al capitolo 18 della xxim sessione, ove
tratta della erezione dei Seminari, parla dei soli Vescovi ai quali
compete il dovere di erigerli, facendosi aiutare in ciò da due cano-
nici per le questioni disciplinari e da due canonici e due sacerdoti
del clero secolare per la parte amministrativa 7.

Le indicazioni del capitolo 18 riguardano più le modalità giuri-
diche e pratiche della fondazione dei Seminari che la struttura in- ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 81

terna degli stessi. Questa é demandata — parte disciplinare, forma-
tiva, scolastica — al Vescovo e ai due canonici «seniores et gravio-
res», i quali devono provvedere a tutte le necessità del collegio
«prout Spiritus Sanctus suggesserit » ».

Come si vedrà, la fisionomia formativa del Seminario verrà
strutturata dal Vescovo e dai suoi collaboratori, sulla falsariga delle
indicazioni tridentine, che si riducono alle seguenti :

si ammettano ragazzi che abbiano come minimo 12 anni;

sappiano leggere e scrivere ;

diano speranza di vocazione ;

siano preferiti i poveri, non esclusi i ricchi ;

siano divisi per età e profitto negli studi ;

esercitino il servizio liturgico nelle chiese ;

vestano subito l'abito talare e ricevano la tonsura ;

studieranno : canto, grammatica, computo ecclesiastico e stu-
dieranno altre utili discipline ; impareranno inoltre : S. Scrittura, i
libri ecclesiastici, le omelie dei santi Padri, il modo di dare i sacra-
menti, specialmente la confessione ;

il Vescovo curerà che ogni giorno siano presenti alla Messa ;

ogni mese almeno si confesseranno e si comunicheranno a
giudizio del confessore ;

nei giorni di festa facciano il loro servizio in cattedrale ?.

Il compito dei due canonici è quello di fare frequenti visite per-
ché tutto quello che il Concilio ed essi avranno stabilito, sia os-
servato, dovendo procedere altrimenti contro i trasgressori.

Poiché il Concilio aveva demandato l’erezione dei seminari ai
Vescovi, si comprende come le istituzioni disciplinari interne degli
stessi avessero in comune solo le grandi linee tracciate dal Triden-
tino. Ciò è comprensibile, perché interessando le sedi episcopali sparse
in tutto l’orbe cattolico, diverse erano le modalità e le sfumature
per realizzare la medesima necessità : provvedere la chiesa dioce-
sana di degni e preparati ministri.

Ciò avvenne anche a Perugia ad opera del suo Vescovo e so-
prattutto del cardinale Fulvio Della Corgna.

*
*ock

Le Costituzioni del Seminario perugino sono racchiuse a grandi
linee nella bolla di fondazione « Inter alia » firmata dal cardinale
Della Corgna in data 1° ottobre 1564.
82 ARTURO GABRIJELCIC

In questa bolla si scorge un perfetto parallelismo con il capi-
tolo 18 della xxiu sessione tridentina. Il cardinale ha seguito il
decreto conciliare quasi riga per riga, in modo da dare al suo docu-
mento diocesano tutta l’autorità e la portata del decreto tridentino,
inserendovi contemporaneamente tutte le applicazioni immediate che
la concreta situazione religiosa della Perugia ecclesiastica di allora
richiedeva. Così appare nell’urgenza e nei fini dell’erezione, così nel
luogo, così nelle modalità della scelta dei candidati, così nelle capa-
cità dei superiori e dei maestri, così nella tassa da imporre a tutti
i benefici ecclesiastici a cominciare da quelli suoi e del capitolo,
così nelle discipline da insegnarsi, così infine nelle norme pratiche
da osservarsi da chi veniva a trovarsi tra i muri del seminario.

Queste norme, tracciate come abbiamo detto a grandi linee dal
cardinale, vengono ampliate e particolareggiate successivamente dalle
« Constitutiones » 5 che in 22 capitoli in latino racchiudono tutte le
norme relative alla formazione e alla disciplina dei chierici peru-
gini. I capitoli sono tutti intitolati a seconda del contenuto, e noi
li riportiamo per esteso, commentandoli là ove ci parrà utile richia-
mare o sottolineare alcuni aspetti caratteristici della formazione sa-
cerdotale del primitivo Seminario perugino.

INSTITUTIONES JUVENUM CLERICORUM IN S.cro SEMINARIO ECCLESIAE
PERUSINAE EDUCANDORUM EX SACRIS LITTERIS ET SANCTORUM PATRUUM
INSTITUTIS DEPROMPTAE 9?

I. — Quid praecipue observandum

Quoniam, sicut inquit Apostolus, finis praecepti est charitas de corde
puro, et conscientia bona, ex fide non ficta, idcirco discant inprimis ad di-
vinum cultum educandi, sacrisque litteris imbuendi illud observandum, ut
super omnia diligatur Deus, deinde Proximus.

Quoniam, ut Prosperus credit, si charitatem Deo exibeamus, et Pro-
ximo de corde puro, conscientia bona, et fide non ficta, facile peccato resi-
stimus, bonis omnibus abbundamus, saeculi blandimenta contemnimus, et
omnia, quae sunt humanae fragilitati difficilia, vel aspera cum delectatione
perficimus.

II. — De Divino cultu

Discant Divinum officium distincte, devote, breviter et succincte di-
cere studeant, ut quod ab eis ore profertur, versetur in corde: « psallam ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 83

tibi-inquit Apostolus-Spiritu, psallam et mente», et iuxta illud Augustini :
«si cor non orat, invanum lingua laborat » ?.

Caveant tamen, ne propter nimiam brevitatem, devotionem amittant,
et propter nimiam protractionem eorum studium impediatur.

Orent temporibus sibi a Praeposito constitutis. In Oratorio nemo ali-
quid agat, nisi id ad quod factum est, unde et nomen accepit, ut si aliquid
forte etiam praeter horas constitutas (si eis vacat) orare voluerint, non sit
eis impedimento. Omnes quotidie sacrosanctae Missae sacrificio intersint.
Confessionis sacramentum singulis hebdomadibus (diebus a Praeposito con-
stitutis) frequentent. Concionem, cum ea fiet, singulis diebus festis audiant.
Sacram vero Communionem singulis mensibus, scilicet prima mensis Domi-
nica, simul accipiant, caeterisque solemnibus festis Salvatoris nostri et B.
Mariae Virginis, et singulis Dominicis Adventus et Quadragesimae ; si autem
aliquorum vel omnium devotio postularet, ut crebrius communicarent, id
Praepositi arbitrio relinquatur 9.

III. — De cibo

Hora competenti facto signo conveniant ad communem mensam, facta
prius horatione ab eo qui maior fuerit. Sedant alter alteri secundum gradum
suum deferendo, et silentes lectionem Sacrorum Bibliorum, quae semper ha-
beri debet, vel aliam Praeposito bene visam audiant, ita ut non solum fauces
sumant cibum, sed et aures esuriant verbum Dei.

IV. — De jeiunio

Jeiunium ad carnis mortificationem ab Ecclesia praceptum est, id-
circo diebus ab Ecclesia praeceptis, carnem doment jeiunijs, et abstinentia
escae et potus, quantum aetas et valetudo permittit, et id juxta Praepositi
discretum iudicium ; assuescant etiam aliis jeiunijs ex consilio Praepositi,
quantum animae expediat et corporum valetudo permittit.

V. — De infirmis

Infirmantium cura et post aegritudinem reficiendorum, duobus spe-
cialiter, vel semper, vel per vicies iniungatur, qui a Praeposito petant quod
cuique opus esset perspexerint.

Serviant autem in charitate et sine murmure, memores et ipsi propriae
conditionis, et semper mercedem operis a Deo se esse recepturos cogitent ;
in huiusmodi autem diligens debet esse Praepositus, qui paterni memor of-
ficij visitationem frequentet, et juxta infirmitatum opportunitatem et loci,
vel eorum facultatem provideat.





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VI. — De vestitu

Vestes uniformes et religiosas habeant, quae et ecclesiali ordini et
paupertatis spiritus non repugnent. Provideat itaque Praepositus ut vestes
eorum nec nimiae sint brevitatis nec longitudinis nec varijs refertae coloribus,
nec splendore fulgentes ; non enim affectandum est placere hominibus, sed
moribus ; interiores enim animi sordes de facili contrahit mundae vestis ni-
mius appetitus. Caveant etiam ne sint sordidae et despectae, dicente B.
Bernardo: «paupertas mihi semper placuit, sordes vero numquam ». For-
mam autem quam primo eorum ingressum Episcopus illis tradiderit, nullo
modo in parte, vel toto mutare praesumant, nisi Episcopo eam mutante.

VII. — De silentio

Quoniam qui verbo non offendit perfectus est vir, et siquis putat se
religiosum esse, et non fraenat linguam suam, vana huius est religio. Ideo
discant ponere custodiam ori suo et «ostium circumstantiae labijs suis » ne
loquantur perversa et omnis sermo malus de ore eorum non procedat, sed
qui bonus est ad aedificationem ; « corrumpunt enim bonos mores colloquia
prava », igitur invigilet Prelatus ut colloquia nedum pubblica sed et privata
diligenter exploret, ne aliqua turpitudo aut stultiloquium vel simultas, quae
ad rem non pertinet audiatur in eis, sed magis gratiarum actio: et cum ali-
quos delinquentes invenerint, poenis sibi visis paterno affectu coerceat lin-
guas eorum a malo.

Ut etiam horum occasio tollatur silentium horis et locis debitis ob-
servent in Oratorio in Choro in cellis in refectionis loco ? (nisi in hospitum
gratiam, vel alia recreandi animi causa Praepositus cum comedentibus di-
spensare voluerit) in dormitorio vero horis vel quieti vel studio commodis,
quae Praepositi arbitrio signo campanulae distinguentur, omnino silentium
observent.

Transgressores autem utiliter a Praeposito arrigantur. Post prandium
vero et coenam per horam colloquia honesta simul miscere poterunt in loco
ad recreationem hanc, et animi remissionem a Praeposito designato, presente
aliquo viro qui videat ut omnia honeste et decenter fiant.

VIII. — De recipiendis

Nullus recipiatur nisi ab Episcopo vel eius Vicario approbetur: fiat
autem diligens inquisitio ne aut alieno onere onustus, aut perpetuae servi-
tuti obnoxius, nisi de creditoris aut Domini sui consensu recipiatur. Nullus
ob scelera damnatus, aut de gravi aliquo crimine diffamatus ; nullus aliquam
Religionem approbatam professus, nullus qui defectus natalium patitur, vel

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qui alias ad sacros ordines et curam animarum suscipiendam impeditur le-
gibus, nisi cum eo rationabilem ob aliquam causam visum fuerit Episcopo
dispensandum : exquiratur autem si fuerit alicuius matrimonij contractu et
promissione obbligatus, aut occultam habens infirmitatem, vel notabilem mem-
brorum defectum, quibus ab exercitio personalis curae animarum impeditur,

quae omnia ab Episcopo iudicentur. In reliquis observetur Decretum xvii
sess. xxin Concilij Tridentini.

IX. — De novitijs

Novitiatus seu probationis tempus illud esse volumus, quousque illos
ad ordines sacros recipiendos per aetatem et vitam idoneos esse Episcopus
iudicaverit ; interim vero novitijs diligens preponatur magister, qui eos do-
ceat humilitatem amplecti, virtutes colere et vitia fugere, obedientiam Epi-
scopi et Prelatorum suorum inviolatam servare.

Divinum Officium ordinare et dicendi modum, cantus et rationem,
ritus quoque sacrarum ceremoniarum conversationis status, habitus et in-
cessus decorem et modestiam, sine quo solis nec foris nec per domum vagen-
tur vel absque eo quem ei Praepositus dederit socium. Ubicumque autem
negligenter se habuerint verbo vel signo quantum poterit, studeat emendare
frequenter, vel saltem semel in hebdomada, vel in quolibet die festo solem-
niter doceat confiteri.

Quomodo, ubicumque et in omnibus se habere debeant, ipsos instituat
et ut oculos sublimes non habeant. Quomodo et quid orent, et quam silere-
tur, ita alii rugitum non faciant: quomodo ubicumque a Praepositis suis re-
prehensi fuerint, eis proterve non respondeant, sed coram eis stent tamdiu
genuflexi, donec placati eos erigant.

Praeterea instituendi sunt, ne cum aliquo altercari praesumant et
duriora verba proferre caveant, quae si emissa fuerint, non pigeat ex ipso
proferre medicamenta, unde facta sunt vulnera. Litem autem nullam habeant,
aut quam celerrime finiatur, nec ira crescat in odium et trabem faciat de
festuca, et faciat animam homicidam ; sic enim legitur, ‘ quicumque odit
fratrem suum homicida est'. Quicumque convitio vel maledicto, vel etiam
criminis obiectu aliquem laeserit, meminerit satisfactione quantocitius cu-
rare quod fecerit ; et ille qui laesus est sine disceptatione dimittere ; si autem
invicem se laeserint, invicem debita relaxare debent; proinde neminem pe-
nitus iudicent, sed si aliqua fieri videant, licet mala videantur, bona suspi-
centur vel bona intentione facta, saepe enim humanum fallitur iudicium.

Non loquantur de absentibus nisi quae bona sunt ; cum opus aliquod
ab omnibus, vel ab aliquibus eorum faciendum fuerit, semper vel legat ali-
quid quod ad devotionem excitet, vel exemplum aliquod de sanctorum Pa-
trum gestis referatur. Quando autem inter se colloqui permittuntur, semper
de rebus, quae ad aedificationem, vel lectionem vel studium pertineant loquan-

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tur. Religiosis enim vel silendum omnino, vel silentio aliquid melius dicen-
dum esse arbitramur !°). Non loquantur locis et temporibus interdictis, nec
| cum ullo alio, quam inter seipsos sine licentia speciali.

| Denique libros, vestes, et res alias sibi traditas diligenter custodiant,
| illas praesertim quae ad res sacras pertinere videantur.

X. — De juramento

Cum ad suscipiendos sacros ordines accedere voluerint, et alias per
aetatem et mores licuerit, atque Episcopo et Praeposito id visum fuerit :
primum in manibus Episcopi vel eius, quem ad hoc loco sui Episcopus de-
putaverit simul tamen cum Praeposito Domus, iurent tectis sacrosanctis
Evangelijs solemniter et expresse in haec verba:

« Ego N. iuro, et promitto Deo et Mariae semper Virgini, SS. Apost.
Petro et Paulo, et S. Laurentio nostrae Cathedralis Ecclesiae patrono, et
tibi R.do Patri Episcopo meo N., et pro eo tibi N. deputato, vel Vicario et
N. Praeposito Collegij, quod a modo in antea ero fidelis et obbediens tibi
tuisque in hoc Episcopatu successoribus et vices tuas tenentibus Ecclesiae |
Cathedrali, et alijs quibus me servire iusseritis, fideliter inserviam, curam
animarum, si quam mihi commiseritis proposse charitative et fideliter pe-
ragam, neque ullo praetextu Domino meo Episcopo inconsulto deseram aut
negligam.

Bona et iura Ecclesiae tuebor, et proposse augere conabor 9, oboe-
dientiam et fidem ac omnem reverentiam Domino Episcopo pro tempore
quam ab eo mihi Praeposito exibebo et observabo. Sic me Deus adiuvet ».

Antequam vero iuret, genuflexus coram Praelatis maneat, donec di-
cat orationes Praeposito bene visas; quibus finitis recipiatur ad osculum
pacis ab omnibus. Poterit autem juramentum hoc praestari etiam in suscep-
tionem minorum ordinum arbitrio Episcopi.

XI. — De studio

Studium cuius gratia hoc sanctum opus ceptum et institutum est,
cum omni diligentia et cautela ordinari convenit.

Ideoque: inprimis per Episcopum, Praepositum et Lectorem fiat li-
brorum delectus, similiterque auctorum, qui sanam et Ecclesiae Dei profi-
cuam doctrinam doceant.

Imprimis igitur Gramaticae, Rethoricae ac Historijs praecipue sacris
ac Ecclesiasticis imbuantur ; Psalmos et quatuor Evangelia et epistolas ca-
nonicas proposse memoriter discere conentur ; deinde Dialecticae et Philo-
sophiae eos libros tantum audiant, qui ad Theologicam introductionem ita
necessarij sunt ut sine illos Theologicas speculationes sciri non possint. Utan-

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ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 87

tur autem Magistri et Lectores compendio, nec in superfluis atque inutilibus
questionibus tempus conterant ; et quia tam doctrina Theologiae quam eius
usus (his praesertim temporibus) non tantum Latinae sed et Graecae et He-
braicae linguae cognitionem exigit, harum et idonei Professores constituan-
tur, cum fieri poterit.

.. In Logica et Philosophia naturali et morali et Metaphisica doctrinam
Aristotelis profiteri oportebit, expositionesque S. Thomae Aquinatis legantur.
In Theologia vero legetur novum et vetus testamentum et Doctrina schola-
stica D. Thomae; non negantes quin alterius Doctoris celebris, tractatus
aliquos legi possit, idque de Episcopi et Praepositi consilio ; cum vero fue-
rint in scholasticis ita instructi, ut errores disrumpere et impugnare sciant,
tunc ad sacrae scripturae audientiam admittantur, quae semper in Collegio
legatur. Simul etiam sit sacrorum canonum lectio, quam omnes etiam Theo-
logi (nisi quando aliter Praeposito visum fuerit) audire teneantur. Civile
etiam Jus pro Episcopi, Praepositi et Magistri arbitrio ita audiant, ut ad
canonum intelligentiam necessarium fore iudicabitur. Summam aliquam etiam
casuum conscientiae legendam esse arbitramur ; a caeteris artibus vero, om-
nino abstineant. ;

Ultra Praepositum sit aliquis specialis Magister, qui studiorum curam
habeat, et ea quae circa studia corrigenda viderit pro posse corrigat, graviora
Praeposito Domus, vel etiam, si fuerit opus, Episcopo referat.

Ipsi vero memores sint quam ingens scientiae Dei pelagus brevi hac
vita transeundum nobis occurrit, ideoque die noctuque, tam Domi quam
extra aliquid legere, vel meditari conentur, diebus dominicis et festis sacra
legant et a lectione librorum gentilium se contineant.

Praepositus vero Domus caveat ne studentes usque adeo negotiis
exerceant ut a studio facile retrahi possint, vel impediri, ac etiam studiis ni-
mium sinat onerari ; sicut enim assiduitas in litterario exercitio, sic et aliqua
remissio necessaria est. Inutiles vero et ad studium inepti, ita ut ad ordinem
Presbyteratus iudicio Praepositi pervenire non possint, vel alijs occupentur
vel iudicio Episcopi eiciantur.

XII. — De exercitio studii

Locus aliquis proprius ad hoc specialiter aptetur in quo ad lectiones
et collationes suis horis conveniant, horae vero a Praeposito deputentur.
Poterunt autem in eodem vel alio loco horis etiam aliis (si vacaverit) ad du-
bitationes et solutiones a Magistro quaerendas eo praesente, convenire, et
in his, uno proponente, vel loquente, caeteri taceant, ne loquentem ullo modo
impediant; si quis autem minus honeste vel confuse vel clamose, vel pro-
terve arguens vel respondens offenderit, statim a Magistro arripiatur et a
Praeposito, prout expediens fuerit, corrigatur.


88 ARTURO GABRIJELCIC

XIII. — De gradibus et graduandis

Gradus exercitij litterari in studiis nostris hi tantum sint, qui sacer-
dotibus conveniant: gradus scilicet Doctoratus Theologiae et Doctoratus in
sacris canonibus, est et gradus magisterij artium, qui non tam bene sacer-
dotibus videtur convenire, posset tamen in aliquibus ex consensu Episcopi
et Praepositi aliquando concedi, sed in his gradibus illud observetur, ut nullus
nisi diligenter et publice examinatus per personas designatas (quae bene
suum officium faciant) et idoneus ad perlegendam eandem scientiam inven-
tus, promoveatur.

XIV. — De praedicatoribus

Provideat Praepositus diligenter, ne committat Praedicationis offi-
cium nisi Clericis ad hoc idoneis et moribus et scientia approbatis, ne ex
insufficientia Praedicantium Verbum Dei veniat in contemptum, et vergat
in periculum animarum.

Illi vero qui apti sunt, cum ad praedicandum exire debuerint, iis sociis
contenti fuerint qui illis a Praeposito dabuntur, qui exeuntes ubique, tam-
quam viri religiosi qui suam et aliorum salutem procurare desiderant, reli-
giose et honeste se habeant, sicut viri evangelici sui sequentes vestigia Sal-
vatoris. De Deo cum proximis utiliter loquantur, vitent suspecti comitatus
familiaritatem ; caveant postremo ne ponendo os in coelum, scandalo sint
auditoribus, religiosis praesertim, et Clericus socius Clerico Praedicatori da-
tus, ut Praeposito suo obediat.

XV. — De itinerantibus

Itinerantes per civitatem vel alia loca, nonnisi de licentia Praepositi
egrediantur, socio quem illi Praepositus dederit contenti, pernoctaturi vero,
genuflectentes benedictionem accipiant, quod etiam faciant statim reversi.
Prior in ordine praecedat in via, nisi cum graduato vel Praedicatore fuerit.
Euntes autem nisi ad loca ad quae eundi licentiam a Praeposito habuere,
discurrant ; nisi aliquo casu urgente, pecunias, libros et vestes, quas secum
tulerint Praeposito significent et ostendant, si videre ea voluerit, et ea ac
alia, si quae illis oblata fuerint, statim reversi Praeposito offerant, eius ar-
bitrio et licentia, vel deponenda vel servanda.

Ordinarium loci, in quo praedicaturi sunt statim visitent, et. eius mo-
nita exequantur pro posse aut Episcopo significent ; caveant ne in aliqua re,
quamvis minima, Ordinaris locorum se opponant, sed si quae reprehensibilia
invenerint, ea Episcopo cum humilitate et charitate significent, eius volun-
tatem exequturi; graviora, si quae in populo emergere viderint, praesertim

iH.

iJ. A ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 89

quae fidei aut cultui catholico adversantur, non temere per seipsos tractent,
sed Episcopo significent, cui etiam a Praedicatione reversi referant tam circa
fidem et cultum Dei, quam etiam circa vitae honestatem, praecipue religio-
sorum et ecclesiarum regimen, et animarum curam, ut possit Episcopus,
prout Deus illi suggesserit, laboris eorum medio providere.

XVI. — De conversatione clericorum

Hi, qui Dei gratia sunt a vulgari vita seclusi, a mundi voluptatibus
se abstineant, non spectaculis, non pompis intersint, convivia publica fu-
giant, privata non tantum pudica, sed et sobria colant ; amorem pecuniae,
quasi materiam omnium vitiorum fugiant, omnemque avaritiam, quae est
idolorum servitus abhorreant; saecularia officia negociaque abijciant, nisi
quae impellente propria vel suorum charitate Praeposito volente, subire co-
gentur. Propria bona aut pecunias habeant, non tamen apud se retineant,
sed in manibus Depositarij, quem Praepositus deputaverit, quae ab eo de
Praepositi licentia, cum opus fuerit, accipiant, et nonnisi Praepositi iudicio
expendant.

Honoris gradum per ambitionem non suscipiant ; dolos et coniura-
tiones caveant, non sint effrenes lingua, senioribus debitam praebeant oboe-
dientiam, multo magis Praeposito, ei qui eorum omnium curam gerit, nullo
iactantiae studio seipsos extollant, honore se praeveniant, honorando inter
seipsos Deum invicem, cuius templa facti sunt. Non petulanti, fluidoque
gestu incedant, sed pudorem atque verecundiam mentis simplici habitu in-
cessuque ostendant ; obscenitatem quoque membrorum sicut et operum pae-
nitus execrentur.

Mulierum frequentationem fugiant, castimoniam inviolati corporis per-
petuo conservare studeant ; oculi eorum, et iaciantur, in nullam figantur ;
neque enim quando incedunt foeminas videre prohibentur, sed appetere vel
ab ipsis appeti criminosum est ; ne dicant se habere animos pudicos, si oculos
habeant impudicos, quia impudicus oculus impudici cordis nuncius est ; et
cum se invicem sibimet etiam tacente lingua conspectu mutuo corda nunciant
impudica, et secundum concupiscentiam carnis alterutro delectantur, et ab
intactis et ab immunda violatione corporibus fugiat castitas ipsa de moribus.

Quando ergo simul erunt in Ecclesia, aut ubicumque foeminae sunt,
suam invicem pudicitiam custodiant '? et si hanc de qua loquimur animi
petulantiam in aliquo ipsorum adverterint statim admoneant, ne male coepta
progrediantur, sed de proximo corrigantur. Si autem post monitionem ite-
rum, vel alio quoque die idipsum facere viderint, iamveluti vulneratum sa-
nandum prodat; quicumque hoc poterit invenire, prius autem vel alteri est
demonstrandum, ut duorum vel trium possit ore convinci et competenti
severitate coerceri ; nec ipsos iudicandos esse malevolos quando haec indi-
caverint ; potius quippe innocentes non essent, si fratres suos quos iudicando

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90 ARTURO GABRIJELCIC

corrigere possent, tacendo perire permitterent ; si cum frater tuus vulnus
habet in corpore, quod velit occultare dum timet secari, nonne a te crudeliter
sileretur et misericorditer indicaretur ? quanto ergo potius debet manifestari,
ne deterius putrescat in corde ? Sed antequam demonstretur, prius Praepo-
sito debet ostendi; si admonitus neglexerit corrigi, ne forte possit secretius
correctus innotescere caeteris, si autem negaverit, tunc neganti adhibendi
sunt alij etiam coram omnibus, ut possit non ab uno teste, sed a duobus vel
tribus vel pluribus convinci, convinctus vero secundum arbitrium Praepo-
siti debet emendatoriam subire vindictam *), quam si fore recusaverit et si
ipse non abscesserit, de nostra societate proijciatur. Non enim hoc fit crude-
liter sed misericorditer, ne contagione pestifera plurimos perdat.

Et hoc quod dixi de oculo non figendo, etiam in coeteris inveniendis
prohibendis iudicandis convincendisque peccatis diligenter et fideliter ob-
servetur cum dilectione hominum et odio vitiorum.

XVII. — De Praeposito

Curet Episcopus ut illi, cui Praepositi officium imponitur, magni sit
exempli, magnae aedificationis, magnae et mortificationis in omnibus pravis
inclinationibus et in oboedientia praecipue ac humilitate probatus, qui do-
num etiam discretionis habeat ; ad gubernandum idoneus, in rebus agendis
versatus, in spiritualibus exercitatus sit, qui severitatem suo loco et tempore
cum benignitate miscere noverit, qui sollicitus qui patiens laborum, qui etiam
in litteris eruditus sit, et demum eiusmodi, cui confidere, cuique suam po-
testatem communicare possit.

XVIII. — De Praepositi officio

Praepositi officium erit imprimis oratione, et sanctis desiderijs totum
Collegium, velut humeris suis substinere, deinde curare ut Constitutiones
observentur ab omnibus Collegialibus, cum omni sollicitudine invigilare, eos-
demque ab his quae nocere possint domi et foris defendere, tum praeve-
niendo, tum etiam si aliquid acciderit, remedio adhibendo, ut ad singulo-
rum et universale bonum convenit, utque in virtutibus et litteris proficiant,
curando sanitatem eorum, et bona etiam Collegij tam stabilia quam mobilia ;
conservando eos qui officia gerant domestica, prudenter constituendo et
quomodo suis fungantur officijs, considerando et prout in D.no convenire
iudicabit, vel in eisdem ministerijs detinendo vel ab eisdem removendo.

XIX. — De officialibus domus

Ad bonam domus gubernationem non solum numerum necessarium
Officialium Praepositus provideat, sed ut idonei sint quoad eius fieri poterit

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M. ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 91

ad suas functiones peragendas, curet unicuique suas regulas, ubi, quae ad
singulorum officia pertinent contineant, tradat, et ne se hic in illius officium
gerat. Videat propterea ut eis prospicere debet de subsidio, si necessarium
id fuerit, ita cum tempus vacuum illis fuerit, ut utiliter illud impendant di-
vino servitio.

Curet inter officiales Praepositos necessarios imprimis minister ido-
neus qui Vicepraepositus vel Magister domus sit, et omnibus quae ad bo-
num universale pertinent provideat est eligendus. Syndico etiam ad exte-
riora observanda, et aliquo cui rerum spiritualium cura sit et duobus aliis
vel pluribus quorum prudentiae et probitati multum confidat opus est, ut
cum eis de his quae difficiliora et ad Dei gloriam maiorem communicare vi-
debuntur conferre possit. Sunt at alii ad particularia officia necessarij. Curet
Praepositus, ut suo officio cuique integram obedientiam Collegiales praestent,
et alij officiales ministro et sibi etiam ipsi prout idem praescripserit.

Illud in universum admonuisset convenit eos qui curam aliorum suae
oboedientiae subditorum habent, praeire eisdem exemplo oboedientiae, qua
suis Superioribus ipsimet praestent oportere.

XX. — De temporis ordine

Ad omnia confert temporis ordo in studijs, orationibus, Missis, lectio-
nibus, cibo, somno et in reliquis servatus et ideo signum constitutis horis
detur, quo audito, omnes statim vel imperfecta littera relicta, ad id ad quod
vocantur se conferant. Erit autem penes Praepositum, vel eum qui primas
tenebit id curae, ut videat quando hae horae pro tempore vel aliarum causa-
rum occurrentium ratione mutandae sint, et quod ipse statuerit observetur.

XXI. — De Capitulo tenendo

Teneat Praepositus vel eius Minister semel in hebdomada die, et
hora ad eius arbitrium statuta, Capitulum, ut audiat defectus, seu culpas si
quas commiserint, et charitative corripiat, seu corrigat. Hoc idem Magister
Novitiorum agat cum suis Novitiijs, et si qua graviora fuerint, quae vix
corrigi possint, Episcopo referant.

XXII. — Quod Constitutiones peccati obligationem non inducant

Cum exoptet Collegium nostrum universas suas Constitutiones, de-
clarationes ac vivendi ordinem iuxta nostrum Institutum nihil ulla in re
declinando observari, optet et nihilominus suos omnes securos esse, vel certe
adiuvari, ne in laqueum ullius peccati, quod ex constitutionum huiusmodi
aut ordinationum vi proveniat, incidant, visum est nobis in Domino, nullas

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da. 92 ARTURO GABRIJELCIC

Constitutiones, declarationes vel ordinem ullum vivendi posse obligationem
ad peccatum mortale, vel veniale inducere, nisi Episcopus, vel Praepositus
vel Magister novitiorum vel eorum vices gerentes et in virtute oboedientiae
iuberet, quod in rebus vel personis illis, in quibus iudicabitur quid ad par-
ticulare uniuscuisque, vel ad universale bonum multum conveniet, fieri po-
terit, ut loco offensae timoris succedat amor omnis perfectionis et desiderium
et maior gloria et laus Domini Nostri Jesu Christi consequatur.

Propterea in omnibus his quae supra ordinata sunt, dispensandi, mu-
tandi, addendi et minuendi auctoritate Episcopi semper, et ubique reservata
declaramus, et suum in omnibus robur obtineat.

Donet Dominus, ut Collegiales observent haec omnia, tamquam spi-
ritualis pulchritudinis amatores, et non sint servi sub lege, sed sicut liberi sub
gratia constituti.

A dditio

Ne qua inter Juvenes sacris initiatos Ordinibus dissensio oriatur de
ordine et loco quem unusquisque domi, forisque obtinere debeat, statuimus
ut sacerdotes praeeant omnibus quovis alio posteriore ordine insignitis.

Inter diaconos et subdiaconos autem, non sacrorum Ordinum sed
ipsius ingressus in Collegium haberi rationem ; eumque locum atque ordi-
nem ubique atque in omnibus, praeterquam in Ecclesiastico ministerio obeun-
do, perpetuo retineri, ut qui prior in Collegium cooptatus sit, etiamsi tantum-
modo subdiaconus sit, suo lectum loco teneat, et praecedat etiam diacono,
qui post eum receptus fuerit, non obstante quavis alia consuetudine et insti-
tuto veteris nostri Collegij.

loco + sigilli i A. M. Cardinalis Gallus 14)

Additio alia

Qui priores in Collegio admissi fuerint, praecedant iis qui posterius
sint recepti, quod si plures simul recepti sint aetatis inter eos ratio habeat,
nisi aliter iustis de causis Collegij Superioribus visum fuerit.

Ludovicus Aurelius Collegij Rector
de mandato Rev.mi D. Juli Caesaris B. Vicarij !5)

Le Costituzioni rivelano chiaramente la loro derivazione dalle
regole monastiche del tempo, almeno in parte. Lo dice espressa-
mente l'intestazione stessa : « Institutiones Juvenum Clericorum...
ex sacris Litteris et Sanctorum Patruum institutis depromptae », inol-
tre il loro svolgersi nei vari articoli conferma questa somiglianza,
spiegabilissima del resto, perché in quel tempo non si aveva altra

h ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 93

esperienza formativa che non fosse quella dei religiosi. Ecco quindi
le istruzioni circa l'ufficio divino, i pasti in comune, la vestizione
subito dopo l'accettazione, il periodo di noviziato, il silenzio rigo-
roso, la pubblica accusa in capitolo, il giuramento fatto al Vescovo
o al Superiore, le modalità per uscire — chiedere la benedizione in
ginocchio, essere accompagnati da un altro deputato dal superiore
— il disporre controllato del proprio denaro, le precedenze riguardo
alla dignità e infine la non obbligatorietà sotto pena di peccato delle
regole stesse.

Quest'ultimo punto è un gran respiro di sollievo per uno di
oggi che rilegga attentamente le suaccennate Costituzioni e altri
documenti di applicazione delle regole, di richiami e di esposizioni
sulle regole stesse che gli possano capitare rovistando negli archivi
del tempo. Questo poi nella migliore delle ipotesi, perché non é da
escludersi che l'obbligatorietà bandita dalle Costituzioni rientrasse
poi dalla finestra ad opera di quella clausola che la rendeva operante
se richiesta sotto il nome dell'obbedienza.

Dall’insieme delle Costituzioni, giudicate dal Baglioni «sante
non meno che discrete » !* si ricava una impressione non troppo
favorevole. Certo il giudizio può sembrare viziato dalla sensibilità
moderna, ma non ci si può esimere dall’esprimere un giudizio spas-
sionato sulla formazione di allora e che è giunta di poco cambiata
fino ai giorni nostri, creando il più delle volte delle abitudini forma-
listiche là dove invece si esigeva un’autentica personalità sacerdotale.

Si prenda ad esempio il xvi capitolo.

Esso tratta del comportamento da tenere dai chierici (de con-
versatione clericorum) ed è uno dei capitoli più lunghi di tutte le
Costituzioni. Quasi i tre quarti della sua lunghezza sono riservati a
un processo senza quartiere, desunto erroneamente dal Vangelo, verso
chi si dimostra incuriosito dalla presenza di donne in chiesa o al-
trove e si sofferma a guardare.

Prima deve essere rimproverato, se poi è recidivo, chi se ne ac-
corge ne deve far partecipi altri due o tre « ut duorum vel trium pos-
sit ore convinci » e questi sono tenuti a farlo, come lo farebbero se
uno dei propri compagni nascondesse qualche malattia pericolosa.
Prima di rendere poi di pubblico dominio la cosa, ne avvisino il
Rettore e se ciò non basta lo si accuserà pubblicamente. Se il reo
accetterà la riprensione gli si infliggerà una « emendatoriam vindic-
tam » altrimenti « de nostra societate proiiciatur ».

All'inizio di questo stesso capitolo, con poche righe per ciascun

TUE ET
94 ARTURO GABRIJELCIC

argomento, si mette in guardia il chierico dai festini pubblici, dal-
lavarizia, dagli impegni secolari, dall'ambizione di onori e lo si
invita al rispetto reciproco e di chi é in piü alta dignità. Tutte belle
cose, ma quanto precettive e quanto poco costruttive. È un susse-
guirsi di precauzioni parziali, alle quali il piü delle volte manca
l'anima della motivazione, quella teologica, ascetica, perché di quella
moralistica le Costituzioni ne sono piene. Quale figura di chierico e
di sacerdote domani puó venir fuori da simile formazione ?

Che il nostro giudizio non sia errato possiamo dedurlo da qual-
che documento rimasto, ed in particolare dal resoconto particolareg-
giato della visita pastorale fatta dal vescovo Napoleone Comitoli
all'inizio del suo ministero episcopale in Perugia !".

In questo resoconto si accenna alle prescrizioni di due prece-
denti visite pastorali, ma finora non ne abbiamo potuto rintracciare
il testo. Il fascicolo che abbiamo sottomano, abbastanza voluminoso,
porta la data del 1591. Fa da copertina l'elenco nominativo delle per-
sone presenti in Seminario in quell'anno e che riporteremo fedel-
mente qui sotto. Questa lista era destinata al convisitatore del ve-
scovo, ed egli, per uno scopo che poi vedremo, ha numerato con
cifre e con lettere d'alfabeto i singoli individui, per poter fare ri-
ferimento a loro in modo piü spedito. Metà del fascicolo, una decina
di fogli doppi, è scritto a mo’ di appunti, in caratteri calligrafici
scritti velocemente e con personali abbreviazioni di non facile let-
tura. L’altra metà è redatta in bella calligrafia curiale, ove si danno
avvertimenti e consigli disparati, ma strettamente connessi con la
visita effettuata.

Ci siamo soffermati e ci soffermeremo ancora su questa descri-
zione per dimostrare la freschezza e immediatezza del documento
relativamente ai rilievi che ci siamo proposti in fatto di educa-
zione seminaristica in quel tempo.

LISTA DI TUTTA LA FAMIGLIA DEL SEMINARIO DI PERUGIA FATTA
aDI 15 DI oTTOBRE 1591

Mastro Gio: PavoLo SoTIJ Proposto
CESARE FiLippi Mastro di Casa
CARLO FIDELI

ANTONIO VITALE Mastro delli Novitij
ALBERTO MASCIOLINI

Ot We

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Let v E M : "ex le 7 rA 4 t- i
è pare se e Re I. rb ALI eremomumugotu»

ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

SANTE POSTI
MARCO ANTONIO SENESI
MARCELLO RICCI

. LEONE OLIVA

BASILIO CORADINI

GIROLLAMO CINAGLIA :

CLAUDIO CONTULI

Gio: BATTISTA HERCULANI
CESARE HROSCIETTI
AGNOLO ANGELELLI
FLAVIO CAROSI

FRANCESCO CESINI

Gio: BATTISTA NINI
FRANGESCO CELESTINI

Clerici contribuenti

Mastro FRANCESCO VICINI

. ADREANO CANTAGALLINA

FRANCESCO CANCELLOTTI (cancellato)

. ALFONSO CORROMANI

FABIO BALDAMI
GIROLLAMO GUALTEROTTI
SINIBALDO FELICI
FRANCESCO PATRITIJ

Gio : ANTONIO NERUCCI
CLAUDIO CAVACEPPI
MARIOTTO DELLA VERDE 15)

Convittori

PANDOLFO DODDI

MaRTIO PETROLINI della Città di Castello
Il Conte NicoLò di RESCHI

VINCENTIO et Gio: BATTISTA GALLI
VINCENTIO CANULI della Città di Castello
GIROLLAMO TETIJ

Pompeo DANZETTA (cancellato)

Tomasso et Lopovico GHELFUCCI del Castello

Lopovico TRUNI da Castello
FEDERIGO CAVACEPPI

GIROLLAMO ANESTAGIJ
BALDASARRE GRATIANI

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96 ARTURO GABRIJELCIG

N VirtORIO del Capitano PrETRO da Fossato
O BonBoNE BOoRBONI

Salariati

Mastro BaAsTIANO CAGNIANI custode delli Convittori
Mastro CEsARE BALDESCHI Filosofo

Mastro ANTONIO BONCIARI

GiuLIo Gori portinaro

FnRANCESCO dispensiere

GIUOACHINO CUOCO

LamBERTO fattore a Santa Croce

tti tia pi avro)

Servitori dei Particolari

VITALE di mastro FRANCESCO VICINI
Gio: BATTISTA di mastro CESARE filosofo
MARIO di mastro ANTONIO BONCIARI
GIROLLIMO di mastro Gro. PAvoLO SoTIJ

Tutti sono in numero ...... (manca)

Come si può constatare, apre la lista il Rettore (Proposto) se-
guito dal Vicerettore (Mastro di Casa), da un Prefetto di discipli-
na e dal Maestro dei novizi. Seguono 15 chierici con posto gratuito
e 10 contribuenti, tutti disseminati, come si vedrà, lungo gli anni
scolastici, se così sì può dire, e i vari ordini maggiori e minori. Il
loro numero è visibilmente esiguo. Seguono 13 convittori, i maestri
di scuola e i domestici di casa e dei superiori. In tutti poco più di
cinquanta persone, con 24 chierici e 13 convittori.

*
*ock

Nella visita pastorale il Vescovo o suo sostituto é solito avvi-
cinare tutti i componenti della casa o perlomeno si rende accessi-
bile a chi vuole, per ascoltare desideri, osservazioni e lamentele re-
lativamente alla vita della casa o della parrocchia. Il convisitatore
gli é accanto e trascrive fedelmente tutto quanto viene espresso in
quel colloquio. Da questi appunti frettolosi e dalle risoluzioni finali
contenute nella nota che il Vescovo lascia al responsabile della casa,
noi possiamo farci un'idea della situazione di alcuni problemi che

eri gii tini nnt sa Ni

M.

—ÀXÁ9À ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 97

piü ci interessano da vicino in questo capitolo. Si noti ancora che
le Costituzioni, nel loro nucleo primigenio almeno, risalgono al car-
dinal Fulvio Della Corgna, ed ora, a 25 anni di distanza, si fa rife-
rimento ad esse e a due particolari prescrizioni emanate in occa-
sione di due visite pastorali *?, per cui ciò che la visita pastorale del
1591 ci rivelerà relativamente agli ordinamenti della vita di Semi-
nario, possiamo con certezza essere sicuri che tali ordinamenti sono
quelli stessi dei primi anni di vita del Seminario.

Gli appunti del convisitatore iniziano con la deposizione del
n? 4 che è, nella lista, il Maestro dei novizi. Egli depone su quasi
tutti i chierici, richiamati anch'essi con la rispettiva cifra dal con-
visitatore, del quale riportiamo interamente i velocissimi appunti
talvolta incomprensibili :

5. non confitetur neque communicat, propter quod.....

8. providerem ne sit missus cum sit inhabilis studiis philosophicis

9. habet inclinationem ad 12, providerem claudendo cellas cum clavibus

10. habuit inclinationem ad 29

12. habet inclinationem conversandi cum novitiis, licentiosus et vagus

15. superbus respuit reprehensiones

16. negligens videndus, propter accessionem domum, immutatus in malum

21. habet inclinationem ad 24

22. admoneatur ut sit cautior in scribendo intus et extra et in respondendo,
cuperet dare operam legibus

23. incumbit vanitatibus et scritionibus

25. liber, seu licentiosus in loquendo, habuit.......

29. male habituatus et indevotus 2!)

Cosa dicono a loro volta i chierici del maestro dei novizi ?

5. Alberto Masciolini (così descritto : «Diaconus, praesenti anno studet
theologiam, aptus esset pro magistro novitiorum, obediens, sed pauper
indigeret aliquo subsidio, adiuvat curam convictorum »), cosi si esprime
sul maestro dei novizi : «negligens ab aliquo tempore, et partialis in accu-
sando aliquem (16) et excusando 24 ; parum reverens erga Praepositum ».

10. Basilio Corradini, (del quale é detto: « vult ordinari ad subdiaconatum,
bonus humanista et cantor, esset aptus ad res, adiuvat Magistrum ; in-
tendit recedere ») : «ingreditur (il Maestro dei novizi) cellas novitiorum,

praesertim 22 et 24 et erga eos indulgens, parum oboediens, exit sine
licentia, a suis novitiis timetur, numquam dedit scandalum at in litte-
ris suspiciosus, vellet liberari ».

. Leone Oliva («Studet philosophiam et casus conscientiae, constitutus

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in 4 ordines minores, boni ingenii, bene scribit ; nec malorum morum,
aliquando tum fuit suspectus de...»): «scandalizavit murmurando con-
tra superiores ; quod ingreditur cellas novitiorum extra tempus, partialis
cum 22, quod non observat gravitatem devotam, quod non accusavit
culpas, praesertim exeundi cum famulis absque licentia ».

11. Girollamo Cinaglia (« vult ordinari ad subdiaconatum, studet philo-
sophiam, mediocris ingenii, bonorum morum, in humanioribus parum
doctus): «quod sibi nimium saevit et alios pepercit, quod eius novitij
introduxerit ex seras in cellas et ingrediuntur in cellas aliorum et diu
versaverit in cellam novitij 14 cum ipse in novitiatu cellam non habeat
unde inconveniens oritur quod talis novitius est....... et servantur
partialitates . . . ».

17. Francesco Cesini («subdiaconandus, studet philosophiam, bonus mu-
sicus, non malorum morum, sed urbanitati?? deditus»): «quod dat
occasionem murmurandi propter partialitates erga 22 et 24 ».

21. Adreano Cantagallina («in minoribus, studet casus conscientiae et phi-
losophiam, ingenuus simplicis, non malorum morum, ingenij mediocris ») :
«quod permittit cellam 14 novitiis apertam esset.... ut ipse aperiat
de mane aliorum conclusorum cellas. Classis medianorum nocte non
clauduntur cellae. Pro classe veteranorum non cohibetur talis custodia,
veteranus quod est adiunctus in sacris habet suam clavem ».

22. Alfonso Corromani («in minoribus, studet philosophiam et casus con-
scientiae, non mali ingenij »): «a Nativitate Dni est negligentior in of-
ficio suo erga novitios ».

12. Claudio Contuli («subdiaconandus, spiritum preti habet, non malorum
morum, studet philosophiam »): «ingredit cellas novitiorum et cum eis
manet, praesertim cum 22 et 24 et erga eos est partialis, dat casus mur-
murationibus, aliter est cautus in verbis et actibus suis » 2°).

Non ci dilunghiamo ulteriormente. È sufficiente l'aver ripor-
tato questi brani per scorgere una certa aura di morbosità nell'at-
teggiamento dei chierici verso il loro maestro e dei chierici tra loro
stessi, cosa che apparirebbe ancor piü evidente se avessimo ripor-
tato fedelmente quanto ciascuno di loro ebbe a deporre davanti al
Vescovo.

Pensiamo che gran parte di tutto questo debba addossarsi al
genere formalistico ed esteriore della educazione impartita. Sono
dei ragazzi che parlano, si sa, ma alcuni di essi sono già sui 18 e
20 anni, già suddiaconi e diaconi. Possibile che in una occasione
cosi rara com'é quella della visita pastorale non abbiano avuto altro
da riferire che dei dettagli di vita seminaristica di tale genere?
Potrebbe sembrare anche che chi buttava giü gli appunti si fosse

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ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 99

trattenuto a riferire soltanto certe mancanze, ma questo non ap-
pare, trovandosi in altre parti del documento riferimenti precisi alle
attitudini intellettuali dei singoli chierici. Inoltre, e questo è più
probante di ogni altra considerazione, i provvedimenti finali scritti
in bella calligrafia ci lasciano con la medesima impressione, poiché
ricaleano con provvedimenti spiccioli la falsariga delle lamentele
espresse dai chierici.

Di questi provvedimenti ce n’è per tutti, dal rettore al porti-
naio. Li riportiamo riassumendoli per averne un'idea :

ORDINAMENTI ET AVVERTIMENTI

Il Preposito : faccia la Congregazione generale ogni settimana e un discorso
su un punto delle Costituzioni ;
tenga riunioni particolari con i superiori per le questioni di casa ;
non assumerà alcuno senza il consenso della maggioranza ;
faccia insegnare canto e scrittura ai novizi in estate per non perdere
il tempo dello studio ;
non dia permessi di uscire, neppure ai più anziani, se non per gravis-
simi motivi e accompagnati da persone di fiducia ;
che la cancellata della chiesa della Maestà delle Volte sia tenuta chiusa
la notte ;
ogni domenica si faccia consegnare la nota di quelli che si sono confes-
sati o comunicati o che hanno celebrato, e ogni fine mese la porti al
Vescovo ;
che durante ricreazione i novizi e i più grandi non siano senza i rispet-
tivi assistenti ;
che quelli che rivelano simpatie particolari non conversino insieme e
a scuola siano separati ;
ricordi al Vescovo che quattro volte all'anno mandi confessori straor-
dinari, ai quali e ad essi soli tutti si confesseranno ;
che tra chierici e convittori grandi e piccoli non ci sia alcuna occasione
di parlare ;
che l’orario della Messa sia fisso e questa finisca qualche minuto prima
della scuola ;
provveda banchi per la scuola perché gli studenti stiano più larghi
specialmente d’estate ;
che ogni giorno si leggano i casi di coscienza ;
che ogni giorno, a pranzo e a cena, si legga fino alla fine dei pasti ;
la domenica invece si faccia una predica o sermone latino o volgare
e che nessuno esca prima che sia finito, e se qualcuno uscirà o con-
travverrà, mangerà pane e acqua in terra il giorno seguente ;


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che tutti a tavola stiano ‘ decente e modestamente ' ;

faccia fare dei sopraluoghi nelle scuole quando mancano i maestri ;
non ammetterà nessuno in Seminario senza il parere del Vescovo, e
i servitori non dovranno avere meno di 22 anni ;

curi che ciascuno osservi quelle parti delle Costituzioni che lo riguar-
dano, altrimenti li riprenda e li punisca.

Il Mastro di casa: abbia cura delle cose del Seminario ;

«habbia cura che vi sia sempre buon pane e buon vino, tanto alle
colationi et merende, com’al pranso e alla cena » ;

provveda a tempo all'ingrosso per ogni necessità per averle migliori
e a miglior prezzo ;

che il mangiare sia uguale per tutti salvo i malati ;

che nei giorni non di magro ogni giovane abbia otto once di carne;
la domenica un po' di straordinario e anche il giovedi, e nei giorni in
cui si debba mangiar uova ne dia quattro a testa.

Il Maestro dei novizi : non lasci novizi soli a ricreazione e controlli che i loro
discorsi siano edificanti e che non siano meno di tre a parlare tra loro ;
non li lasci soli nella sacrestia della cattedrale ;
che i piccoli non trattino mai con i più grandi ;
tenga continuamente presenti le Costituzioni dei novizi e le faccia
osservare e ogni mercoledì tenga capitolo.

I Maestri di scuola : procurino il profitto degli scolari non solo nelle lettere
ma anche nelle buone abitudini e questo con il buon esempio e le
correzioni ;
siano puntuali nell’iniziare e finire la scuola ;
controllino che gli scolari non facciano rumore in scuola e non diano
fastidio ma siano vicendevolmente di edificazione ;
le lezioni che vorranno fare fuori dell’orario siano tenute non in pri-
vato ma in pubblico luogo e siano risapute dal maestro dei novizi e
dai convittori.

I Chierici del Seminario : osservino tutte le Costituzioni, in particolar modo
«l’osservanza del silenzio, degli itineranti o peregrini, della conversa-
tione de’ chierici et del giuramento che s'ha da fare quando pigliano
qualche ordine » ; :

«parimenti di qua avanti osservino con maggior diligentia che non
s'é fatto per il passato, tutte le cose, che nella 1? et 2? visita sono
state ordinate, sotto le pene in esse contenute, et altre ad arbitrio di
Mons. Rev.mo » ;

nessun chierico tratti o conversi con alcun convittore senza espressa
licenza del Preposto ;

i chierici grandi non parlino e non abbiano alcun rapporto con i chie-
rici piccoli ;

nessuno potrà entrare nel noviziato dei chierici o dei convittori senza

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"OR ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 101

il permesso del Maestro dei novizi, eccettuato il Preposto ; nessuno
entri nella loro camera senza che il Maestro dei novizi sia presente ;
tutti s'alzino puntuali e vadano insieme alla Messa, alla quale stiano
con la debita modestia, devozione e riverenza ;

nessun novizio esca dal noviziato, anche se chiamato, che non sia
accompagnato dal Maestro dei novizi o da altro da lui incaricato ;
tutti imparino a mente la Dottrina Cristiana e qualche cosa dei salmi,
dei libri di Salomone e del Testamento nuovo o del Catechismo ;
nessun chierico parli o giochi a palla o altro gioco con i servitori della
casa ;

«niuno resti in casa sotto qual si voglia pretesto o colore, ancorché
dicesse di esser infermo, quando gli altri andranno alla Chiesa o alla
ricreatione, o in qual si voglia altra parte tutti insieme, se non vi
resteranno due conesso lui, deputati dal mastro de’ novitij o dal Pro-
posto, sotto le pene tanto a lui com'al mastro de' novitij che si riser-
vano all'arbitrio del Proposto e di Mons. Rev.mo Vescovo di

chi chiede di uscire dica dove vuole andare e vada solo in quel posto,
sia accompagnato da uno di fiducia del Rettore il quale riferisca se
tutto è stato fatto come prescritto ;

siano avvertiti che in tempo di ricreazione non facciano ragionamenti
vani e inutili e tanto meno mormorazioni « et trattino tutti di cose
buone e spirituali o di lettere, et non stiano meno di tre insieme a
ragionare » ;

«alla mensa stiano con la debita modestia et decentia interiore et
exteriore, procurando di dare all'animo il cibo spirituale o di quello
ch'allora si leggerà o con qualche buona considerazione » ;

«li giorni di festa legano libri spirituali o della Scrittura conforme alle
Constitutioni » 24).

sarebbe inconcepibile per noi oggi un simile documento, al ter-
mine di una visita pastorale in seminario. Ci si accorge di quanto
fosse piccolo il mondo pastorale di un Vescovo di allora se egli stesso
o anche il suo aiutante hanno potuto interessarsi a prendere prov-
vedimenti cosi minuti per la vita del Seminario. D'altro canto peró
vi si può scorgere anche quanto il Vescovo fosse vicino al proprio
seminario.

In tutto questo complesso di prescrizioni si scorge la preoccu-
pazione di un ordinato aspetto esteriore non debitamente contro-
bilanciato da appropriati mezzi e suggerimenti per l'interiore. Tutto
questo appare chiaramente nel fondamentale e delicato campo della
formazione interiore ed esteriore alla pietà personale e al culto li-
turgico. Vi si scoprirà una penosa assenza di genuino spirito di pre-

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102 ARTURO GABRIJELCIC

ghiera e di vita interiore, tale da chiederci da quanto tempo la chiesa
perugina non vive più attingendo alle autentiche fonti della spiri-
tualità cristiana. Si scorge, anche in questo campo, tale uno svuota-
mento e inaridimento che oggi, facendo il paragone, pare di rinascere
a un più genuino senso evangelico del rinnovamento interiore, nella
libertà di una maturità spirituale sacerdotale, senza eguali nel pas-
sato.

Nello stesso incartamento dunque, c’è un fascicolo ®) di sei pa-
gine manoscritte intitolato Della Devotione in Generale. È stilata
come proposta da sottoporre al Vescovo perché prenda provvedi-
menti « per introdurre un po’ di devotione ne giovani ». È questa
la frase introduttoria ai vari suggerimenti che si intendono proporre
per i novizi, per i mezzani e per gli ordinati agli ordini maggiori !

Riportiamo integralmente i dieci punti basilari di questo «in-
trodurre un po’ di devotione » insieme alle applicazioni particolari
indicate per i chierici e i convittori.

1. Per introdurre un poco di devotione ne i giovani, S.S. Rma potrebbe
statuire primieramente che si frequentassero con più diligentia le Con-
gregazioni spirituali ogni giorno di festa, tanto da’ mezzani quanto da’
novitij, e che i giorni quadragesimali, di vigilia, de quattro tempora,
dell'Avvento, delle feste solenni, giorni innanzi alla Comunione e negli
stessi, sempre si leggesse a’ novitij qualche libretto spirituale, o vero che
il Maestro gli facesse qualche discorso sopra la dignità di un tanto sacra-
mento e preparatione.

A’ mezzani poi e convittori almeno il giorno innanzi alla comunione e
'] giorno stesso il medesimo si facesse dal loro Maestro.

2. Che per mantenere in piedi tutte le cose della devotione **9) si eleggesse un
giovane qual più a lei paresse, qual fosse Prefetto delle cose spirituali,
chiamato per far osservar le constitutioni della Devotione, particolar-
mente intorno alla frequentatione de’ Sacramenti.

3. Che nessuno i giorni di Confessione e Comunione possi in alcun luoco
andare, com'a S. Croce ?’) o in altri luochi; acciò non s'impedischi in
alcun modo la frequentia di essi, non ancho dal Proposto possi esser
menata in tal luoco etiam una classe de’ giovani in detto tempo.

4. Che tutti i libri lattini e volgari, lascivi o poco honesti, poeti o comedie
volgari, o qual si voglia altro, (non) possi tenersi da’ giovani acciò non
s'impedisca, per la lettione loro, la Devotione. Anzi, che tutti fossero
obbligati haver qualche libro spirituale.

5. Che tutti i venerdi de l’anno, per mantener lo spirito e la Devotione, si
digiuni inviolabilmente, da tutti, senza mai tralasciare, eccetto da putti
piccioli e da’ Convittori.

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ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 103

. Che tutti i Novitij e Convittori siano obbligati a dir l'Officio della Ma-

donna ogni giorno, e il Rosario il mercordi il venerdi e il sabato, e ció si
facci sotto qualche pena acció non si tralasci come spesso si fa, e questo
sarà offitio del Prefetto delle cose spirituali.

. Che il Prefetto delle cose spirituali averta chi viene e chi non viene al-

l'oratione della mattina e della sera, che non habbi leccita causa, acció
quel tale sii penetentiato senza aver riguardo a nissuno, tanto Veterani,
Ordinati e non Ordinati, novitij e tutti.

. Che i Servitori tutti, tanto de’ particulari 28) quanto de’ usuali, siano

obligati, senza alcun riguardo (com’era usanza per prima) a frequentare
la Comunione e la confessione una volta al mese, haver la Messa tutti i
giorni delle feste comandate e anco qualch’altro giorno della settimana,
come il venerdi ; e che di far osservare questo abbia cura il Prefetto delle
cose spirituali, e quelli che non vorranno ciò fare o non potranno, siano
soggetti ad una pena arbitraria, e gli si levi ogni sorte d’impedimento,
acciò possino farlo e tutto ciò publicamente, nella nostra chiesa di Maestà
delle Volte.

. Che i giovani tutti si comunichino publicamente insieme come si confes-

sano, sia notato dal Prefetto e detto a’ Superiori, qual faccino in ciò
quello che Dio Benedetto gli inspira.
Che l'Oratorio s'accommodi in miglior forma di quella che è.

Seguono a questo punto le prescrizioni particolari, sempre però

nell'ambito del voler «introdurre un po’ di devotione» a tutti i li-
velli :

Per il Proposto.

1.

Che facci Capitolo ogn'otto giorni cioé il Venere, sensa mai preterire
per qual si voglia pretesto o occasione che potesse avenire.

Che facci una lista mese per mese ove sij la distribution dell'hore, d'at-
taccarsi in luogo pubblico, e la facci inviolabilmente osservar da tutti
gl’Offitiali.

Che tenghi il rigore e l’osservanza delle Constitutioni sempre in un me-
desimo modo.

Che tenghi il rigore particolarmente coi Convittori.

. Che tenghi in più reputatione e credito gl’Offitiali, massime appresso i

loro sudditi.

. Che delle cose appartenenti al Collegio di qualche momento et delle cose

appartenenti alla prudenza del Governare si consigli sempre con i più
vecchi di casa, come con Ms Francesco, Ms Cesare :? o altri ch'a lui parrà.

. Che sii assiduo nel Colegio, acciò l’occhio suo facci sfuggire molti errori

a’ giovani, che potrebbero commettere.
104

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2.

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2.

3.

4.

9.

6.

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ARTURO GABRIJELCIC

Mastro di casa.

Che per poter far i conti e attendere a’ negotij pubblici della casa, gli si
dij una stanza fuor del Novitiato, ove possino negotiare i seculari.
Che facci i banchi per le schole e rifacci l'impannate ne’ i luochi pubblici.

Veterani.

Che non possino uscir di casa senza licentia.
Che frequentino i Sacramenti come sono obbligati gl’altri pubblicamente.

Mezzani.

Che questa classe non possi praticar con i Novitij in modo nessuno, e
per poter ció meglio fare, perché ve ne sono due i quali sono entrati nel
Seminario dopo molti Novitij e perció a' luoghi pubblici si intromettano
tra loro per mettersi a lor luoghi, sarebbe bene mandarli sopra i Novitij,
acció fosse tra loro manco occasione di porger lettere, parole, o altre
simil cose ; i due soprannominati Fabio e Francesco Cesini, ordinato a
Subdiacono.

Novitij.

Che con essi si tenghi rigor particolare intorno alla divotione e modestia
esteriore.

Che mentre si sta dopo pranzo e dopo cena a ricreatione non possino,
sotto qual si voglia pretesto, uscir dalla stanza dove stanno tutti insieme
a ricreatione, eccetto quando sono adimandati alla porta, però con un
compagno, e se per altri sarà qualche d’uno necessitato d’uscire sii re-
serrato in camera a chiave senz'altro rispetto.

Che non possino mai restar senza il Mastro de' Novitij e se vi sono tro-
vati, se ció avien per colpa loro, siano penetentiati, se poi per colpa del
Mastro, sia penetentiato egli.

Che li Novitij del dormitorio piccolo non possino mai scender nel dormi-
torio delli Mezzani, se non quando si va all'attion publiche, overo sono
adimandati alla porta, e perció sarebbe bene farci una porta di sopra,
col balaustro, quale stesse per maggior guardia sempre serrata.

Che nessuno possi entrar nel Seminario se prima non gli saranno lette
tutte le constitutioni e provati anco un poco.

Che Francesco da Marsciano quale sta fra i Novitij, come quello che é
ordinato, potrebbe esser messo tra i Veterani.

Che in modo alcuno possino parlare con servitori senza particolar licen-
tia del Mastro de' Novitij.

creerà ria
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10.

TRES
12.

13.

ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 105

Convittori.

. Che attendino un poco più all’acquisto della divotione, e particolarmente

i giorni della Comunione e giorni innanzi, con farli fare qualche buon
essercitio.

. Che siano più modesti ne i luochi pubblici come in coro, in refetorio, ove

siano continenti particolarmente nel bere.

. Che alla Messa picciola intervenghino ogni giorno al suon della commun

campanella, insieme con gli altri, e non a mezza messa per non scandaliz-
zare i seculari.

. Che mentre si sta alla Messa, tutti devoti stiano in ginocchione sempre

con duo ginocchi, e non in piedi, et ivi dicano sempre la corona o l’offitio,
con divotione senza ridere o ciarlare e chi non lo fa sia castigato aspra-
mente.

. E che perciò il Mastro sii più diligente in gastigarli, ammonirli, insegnarli

le buone creanze, e particolarmente alla mensa donde non possino tor
cosa nissuna per magnar in camera.

. Che quando si va alla Messa se alcuno vuol restar di que’ putti per non

andar alla Messa, sii gastigato, e poi fattovi andar per forza, e non la-
sciato star in camera, mentre ci vanno gl’altri.

. Che il Mastro gli facci lavar le mani e il viso ogni mattina.
. Che inansi che facciano colatione e merenda sempre il Mastro ivi pre-

sente facci innanzi la Benedicite e dopo il ringraziamento, et egli distri-
buischi il pane, e il vino ugualmente a tutti e non che ognuno se lo pigli
a suo modo e che inacquino il vino.

. Che mentre vanno per strada vadino insieme e non disuniti e che nes-

suno possi parlare o dar lettere ad altri senza licentia particolar del Mastro
ivi presente.

Che quando si vanno a confessare, e che stanno in chiesa tutti debbano
stare almeno con la testa scoperta mentre altri si confessa, e non a ciarlare
chi in qua chi in là nei cantoni.

Che gli si faccino osservar le Constitutioni inviolabilmente.

Che quando suona la campanella a studio essi ancora vadino con si-
lentio alle lor camere subbito, senza voler andar tutti all’hora a far lor
servitij, perché a ciò dovranno aver pensato innanzi.

Che a tempo di studio non possino stare su le fenestre in modo alcuno,
il che dai loro Mastri sii particolarmente osservato, per evitar rholti
inconvenienti, quali altre volte sono intervenuti.

Questo documento per fomentare la devozione è un sintomo

espressivo di tutta una concezione spirituale ed educativa.

Esso è stilato come consiglio e traccia di provvedimenti da sot-

toporre al Vescovo. Non porta la firma di alcun sacerdote, ma pen-

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106 ARTURO GABRIJELCIC

siamo di non errare attribuendolo al confessore dei chierici e ceri-
moniere della cattedrale, don Francesco Vicini. Sembra infatti voler
proteggere con precisi provvedimenti esterni quello che è chiara-
mente noto in foro interno. Per questo il documento è sintomatico,
perché proviene da una specifica conoscenza delle cose e senza dub-
bio vi viene provveduto con quanto di meglio la pedagogia semina-
ristica di allora poteva offrire. Molti dei suggerimenti qui sopra ri-
portati li troviamo trascritti negli Ordini et Avertimenti più sopra
da noi sintetizzati e approvati in fondo dalla firma del Vescovo,
Mons. Francesco Ercolani *°.

Oltre ai vari suggerimenti particolari, vi viene accolto anche
quello relativo al ‘Prefetto delle cose spirituali’ che viene così a
introdurre tra i superiori una persona con compito specifico. Sba-
glieremmo peró se intendessimo questo prefetto incaricato delle cose
spirituali nel senso del Direttore spirituale presente oggi in seminario.

L'ambito dei suoi interventi ce ne illustrerà meglio la natura
e la portata :

Ordini et avertimenti per il Prefetto delle cose spirituali.

1. Habbi particolar cura che tutti si confessino et comunichino, à tempi
debiti, et che ogni giorno odano la Messa et dicano l’offitio et vadino
all'orationi comuni, la mattina et la sera et alle congregazioni spirituali.

2. Avertischi che tanto in chiesa come nel oratorio, tutti stiano con la de-
bita divotione, reverentia et modestia, non facendo cosa ne atto inde-
cente et repugnante alla santità, che il luogo richiede.

3. Faccia che tutti quelli, che haveranno ordini maggiori servino special-
mente ne' giorni di festa, alle Chiese alle quali si troveranno additi, es-
sercitando gl'ordini che tengono, come son tenuti.

4. Particolarmente haverà cura che tutti imparino la Dottrina Christiana,
et qualche cosa del Cathechismo, del Testamento nuovo et de psalmi,
et che s'essercitino nelle cose spirituali.

5. Di piü habbia cura che le feste odano la messa cantata, la predica, il
vespro et la letione sacra, tanto se si leggerà in chiesa, come nel Seminário.

6. Sia avertito di sapere e notare tutti quelli che mancheranno in alcune
delle sopradette cose *!), dandone notizia al Preposto, acciò dia a cia-
scuno la penitenza che la loro colpa meriterà ??.

Appare manifesto il compito tecnico affidato al prefetto delle
cose spirituali. Egli del resto è un chierico in mezzo agli altri con
le funzioni di un poliziotto spirituale, che, taccuino alla mano, in-
crementa la devozione con la sorveglianza! Ecco dunque la realtà ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 107

piü profonda e specifica della formazione sacerdotale nel seminario
perugino ridursi a un formalismo asfittico, ove regnano le cose:
Messa, rosario, ufficio, meditazione e preghiere; persone di varia
età, sensibilità, finalità, capacità: novizi, mezzani, veterani e con-
vittori, cioè fanciulli, adolescenti e giovani, da quelli della prima
comunione e non ancora cresimati, a quelli già in sacris con il sud-
diaconato e il diaconato; ma soprattutto regnano idee alquanto
confuse e periferiche che s'impaludano in un esteriorismo che isteri-
lisce e pesa come una cappa mortifera su quel rinnovamento che il
tridentino sembrava delineare, a riguardo di una nuova figura di
uomo di Dio.

Un'altra osservazione s'impone : si comprende come un chierico
che eseguisse con retta intenzione e con vero spirito queste pratiche,
venisse subito additato quale modello di interiorità in mezzo a tanto
grigiore formalistico. Possiamo osservare con comprensibile soddi-
sfazione come anime simili e piü ricche ancora, oggi ce ne siano a
migliaia nei seminari, non solo, ma anche tra i laici.

I] Seminario perugino ha vissuto questo lento processo di ma-
turazione che ora sembra voler prendere un'andatura piü sostenuta,
perché le esigenze sono piü acuite e si svolgono con un ritmo piü
veloce, perché oggi i secoli durano appena un decennio.

I giudizi ora espressi risentono dell'osservatore moderno che
dal secolo xx si volge indietro a guardare e considerare fatti e per-
sone all'inizio di un lungo processo evolutivo, e se da una parte gli
é permesso di rimanere con qualche perplessità nei confronti dei
giudizi ammirati elargiti dagli storici perugini alle Costituzioni del
Della Corgna 9, dall'altra deve obbiettivamente riconoscere gl'in-
negabili vantaggi e benefici che le stesse Costituzioni e vari provve-
dimenti sinodali apportarono al Seminario perugino e al clero in
genere, sulla scorta della frase programmatica di rinnovamento dello
stesso cardinale: «... ut in Perusina ecclesia..... ecclesiastica
pene extinta disciplina excitetur ...»?*.

2. LA VITA QUOTIDIANA

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Il prospetto dell’orario riportato qui a tergo, è contenuto in
un prezioso fascicolo, prezioso naturalmente per la storia del Se-
minario perugino, di sedici carte manoscritte, rilegate insieme ad
altri fascicoli stampati della seconda metà del ’700 e tutti insieme
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ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 109

raccolti da una copertina a fiori e frutti stampati, che denuncia
la tardiva ed eterogenea raccolta degli stessi.

L'orario é contenuto in un quinterno ove sono contenute altre
preziose prescrizioni per la vita del Seminario **. Lo riportiamo e
riproduciamo tale quale si trova nell'originale.

AI primo sguardo superficiale che vi posammo, rimanemmo scon-
certati alla lettura della prima riga, relativa all'alzata del mat-
tino, e non tanto della prima cifra in alto a sinistra, 1215, quanto
dallo scarto di questa cifra e di quella del 15 maggio in ottava co-
lonna, 84. Rimanemmo cioè sorpresi di una differenza di orario
di ben... quattro ore tra la levata in inverno e quella in primavera.
Finché l'aiuto di un almanacco-calendario del 1771?9 ci aiutò a
interpretare rettamente il susseguirsi delle ore: « Gl’Italiani (fuori
della Toscana, de’ Ducati di Milano, Parma, Piacenza e de’ Stati di
Sardegna) la Nazione Ebrea e lo stile Canonico, contano il giorno
dal tramontare del Sole d’una giornata, fino al tramontare della
seguente » ??,

Con questa precisazione e con uno specchietto che riporta la
levata del sole **, il mezzogiorno e la mezzanotte nei vari mesi del-
l'anno, abbiamo potuto trascrivere fedelmente l'orario d'allora nel
corrispondente nostro modo di dividere la giornata, quale si puó
scorgere nella Tabella B.

Stando alla didascalia sottostante lo specchietto, questa divi-
sione del tempo fu ordinata dallo stesso Della Corgna #9, proba-
bilmente peró la redazione dell'orario é piü tardiva e non é da esclu-
dere che sia venuta fuori addirittura all'indomani della visita pa-
storale del 1591, trovandosi tra le prescrizioni da osservarsi dal
Rettore, questa, relativa ai rimedi « per introdurre un po' di devo-
tione » come abbiamo esposto piü sopra : « Che facci una lista mese
per mese ove sij la distributione dell'hore, d'attaccarsi in un luogo
pubblico, e la facci inviolabilmente osservare da tutti gl'offitiali » *".

A ognuno balza evidente la severità e l'uniformità delle gior-
nate distribuite nei vari mesi : otto ore di riposo e sedici ore di atti-
vità grosso modo cosi distribuite :

preghiera, meditazione, Messa ore 3-5
scuola » 9
studio » 12V
pasti e ricreazione » 3

passeggio (solo in estate) 17

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8 VTISEVI |
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 111

La levata é sempre a buon'ora ed é seguita da mezz'ora di tem-
po per le pulizie personali. Una variante si ha dal 19 ottobre al 15
novembre, nel qual periodo si concede il tempo di un'ora, forse
per la presenza di nuovi arrivati.

Segue, regolarmente ogni giorno dell'anno, un'ora e mezza di
preghiera detta «oratio », che altro non è che «l'orazione mentale »,
come viene chiamata nell'orario degli esercizi spirituali ‘9, Con tutta
probabilità la meditazione era comune, eccezion fatta forse per i
novizi, e comune anche doveva essere la recita dell'ufficio della Ma-
donna, sempre nell’ambito di quest'ora e mezza di preghiera. Se-
guiva sempre il « sacrum », la Messa, alla quale tutti dovevano par-
tecipare, anche i convittori. Le cose non dovevano andare molto
bene, stando al tenore delle prescrizioni :

« Che il Prefetto delle cose spirituali averta chi viene e chi non viene
all'oration della mattina e della sera, che non habbi leccita causa, acciò quel
tale sij penetentiato sensa haver riguardo a nissuno, tanto Veterani, Ordi-
nati e non Ordinati, Novitij e tutti ».

«Che tutti i Novitij e Convittori siano obbligati a dir l'offitio della
Madonna ogni giorno e il Rosario il Mercore il Venere e il sabato, e ció si
facci sotto qualche pena acció non si tralasci come ben spesso si fa, e questo
sarà offitio della cura del Prefetto delle cose spirituali ».

« Che alla Messa picciola intervenghino (i convittori) ogni giorno al
suon della comune campana, insieme con gl’altri, e non a mezza Messa per
non scandalizzar i secolari.

« Che mentre si sta a Messa, tutti divoti stiano inginocchioni sempre
con duo ginocchi, e non in piedi, et ivi dicano sempre la corona o l’offitio,
con divotione sensa ridere o ciarlare, e chi non lo fa sij gastigato aspra-
mente » *?),

I] tempo restante alla partecipazione alla messa veniva impie-
gato per la preparazione alla scuola. Nell'orario non c'é accenno
alla colazione, che sarebbe stata d'altronde ad appena tre ore di
distanza dal pranzo, cosicché la distanza dall'ultimo pasto, quello
della cena, veniva ad essere di quindici ore circa, troppo per lo sto-
maco cosi irrequieto di un ragazzo normale. Sembra di leggerlo tra
le righe di uno degli innumerevoli ordini prescritti : « Che il Mastro
sij piü diligente in gastigarli, ammonirli, insegnarli le buone creanze,
e particolarmente alla mensa, donde non possino tor cosa nissuna
per magnar in camera » ‘°).

Della scuola parleremo ampiamente in un capitolo a parte. Il
pranzo cadeva quotidianamente a cinque ore e mezza dopo la le-

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dira _—_—_—__ 112 ARTURO GABRIJELCIC

vata, per cui mentre nell’inverno era alle undici, giunti alla sta-
gione estiva era scivolato pian piano fino alle nove e tre quarti.
Era il pasto più importante della giornata, specialmente nel pe-
riodo della quaresima. Si dia un'occhiata a questi due menù, l'uno
per la quaresima e l'altro per gli altri tempi dell'anno, quest'ultimo

incompleto :

FUORI QUARESIMA

domenica
a pranzo antipasto, lasagne e car-
ne; a cena ad arbitrio del cuoco
insalata e frutti

lunedì
castrato alesso, brodo con petro-
sello e formaggio ; a cena carne
come la mane e frutti

martedi
antipasto, carne alessa con pan-
grattato ; a cena, insalata, carne
ad arbitrio del cuoco e frutti

mercordì
ova, legumi e formaggio ; a cena
ova insalata e frutti

giovedì
antipasto, vermicelli con sua car-
ne; a cena, insalata, carne ad
arbitrio del cuoco e frutti

venerdì (manca)

IN QUARESIMA

domenica
a pranzo, tarantello, ceci, spinaci
e noci; a cena, insalata, lasche
fritte e frutti

lunedì
broccoletti, lenticchie, sarda, la-
sche e noci ; a cena, insalata, frut-
ti ed un panetto

martedì
spinaci, cecere, alici, tondini e
noci; a cena, insalata, frutti ed
un panetto

mercordi
broccoletti, favetta, merluzzo con
savore (intingolo) e noci ; a cena,
insalata, frutti ed un panetto

giovedi
spinaci, fagioli, lasche, tondina e
noci; a cena, insalata, frutti ed
un panetto

venerdi
luccio, riso con spezie finite, spi-
naci e noci con due bicchieri di
vino rosso ; a cena, insalata, frutti
e olive ed un panetto

sabato
broccoletti, favetta, una renga per
uno e noci ; a cena, insalata, frutti,
olive e un panetto

al venerdì santo
una pagnotta, due scacciatelle
(schiacciatelle) e amandole

al sabbato santo
invece della renga, tinca e di più

anguilla 44),
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 113

I due elenchi sono piü tardivi rispetto all'epoca da noi presa
in esame, tuttavia non é detto che i due menü non siano piü anti-
chi, infatti tutte le voci delle vivande suaccennate si trovano ad
ogni pagina dei «giornali» dei primi economi, i quali erano cosi
precisi che segnavano anche gli spiccioli occorrenti all'acquisto del
« petrosello » (prezzemolo). Come semplice curiosità, riportiamo. le
voci relative ai cibi usati in Seminario alle origini, quali risultano
dal primo libro del primo economo del collegio, Giovanpaolo Baglioni :

Zucche, ova, lumache, insalata, lenti, frutti vari freschi, salumi, ton-
dino, lardo, castrato, vitello, carne porcina, lasche, tenche, luccio, anguilla,
salsiccie, petrosello, cavoli, pevere (pepe), lasagne, torcolo, miele, zucchero,
fichi secchi, spinaci, bietole e altre verdure, bagini, piselli, cascio (cacio),
melangole (arancie, ma una sola volta e per un Della Corgna malato), meloni,
salamoia all'oliva, lonza, rape, zafferano, riso, amandole, tordi, noci, fegato,
strutto, rombolacce, tarantello, pecora, baccelli, buturo 45)

e naturalmente pane e vino.

Il pane, quando ancora il Seminario era a S. Bartolomeo, era
fatto in casa. Trasferitosi nel '68 a S. Lorenzo ed essendo aumentato
il numero delle bocche, veniva dato il grano al fornaio, ottenendone
in cambio il pane. Di esso si faceva largo uso ed era la voce piü alta
nelle spese del collegio. Nel periodo 1568-71 il consumo medio viene
ad essere di circa 170 scudi l'anno, più di un quarto del bilancio
annuo totale :*).

I] sale, che aveva causato la ribellione dei perugini nel '40,
era in parte ricevuto in elemosina dalla Camera Apostolica e regi-
strato con queste parole: « per l'amordedio da Sua Santità » *") ma
era insufficiente per l'effettivo bisogno d'un anno intero.

Anche il vino non mancava sul tavolo dei giovani chierici. Lo
trovavano già misurato in tavola, in certi « botiglioli » accanto alla
brocca dell'acqua fatta di maiolica comprata a Deruta **). Usavano
bicchieri di vetro e di terracotta, cucchiai forchette e coltelli com-
prati alla fiera di Foligno **) e li usavano con l'appetito di un gio-
vane che é digiuno dalla sera precedente, il che significa circa 16
ore prima. I cibi erano preparati da un cuoco laico, che nella cucina
attigua al refettorio, tutto vestito di bianco « berrettino, giuppone,
calzettini e scarpe » 5°), si muoveva magistralmente tra «teglie e
calderoni », tra il tavolone di quercia e il camino a legna che ardeva
tutto l’anno.

Il refettorio, allora situato sopra la chiesa della Maestà delle

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114 ARTURO GABRIJELCIC

Volte, accoglieva i chierici, una venticinquina, e i convittori, una
quindicina ; tutti mangiavano in silenzio, mentre il lettore, da un
pulpito rialzato nel centro del refettorio, leggeva un libro delle sacre
Scritture «... ita ut non solum fauces sumant cibum, sed et aures
esuriant verbum Dei » ©. Nei giorni di festa al posto della lettura,
a turno si teneva un sermone :

« Faccia (il Preposito) ch’ogni giorno, alla prima et seconda mensa,
si legga di continuo sin al fine, ma le domeniche et altri giorni di festa co-
mandata, si reciti qualche predica, o sermone latino o volgare, et non per-
metta, che quello che leggerà o predicherà ne altri di quelli che mangiaranno
in refettorio, n’eschino, se non quanto tutti li altri si leveranno da mensa,
sotto pena, a chi contravverrà, di mangiar il giorno seguente, pan et acqua
in terra » 52).

Il sopraggiungere di un ospite a tavola faceva scattare una
clausola del regolamento, sempre ad arbitrio del superiore però, che
permetteva di dispensare dal silenzio *9. Era compito del Mastro
di casa, il Vicerettore, provvedere delle misurate razioni per ogni
giovane, come dice un capitolo degli ‘ ordinamenti ' :

«Habbi cura, che alli scolari, nei giorni di mangiar carne, si diano
oncie otto di carne il giorno, et un poco di straordinario la domenica e il gio-
vedi, et ne giorni da mangiar ova, si diano quattr’ova il giorno, due la mat-
tina et due la sera potendosen’haver, over altra cosa conveniente in lor luo-
go » 54).

Come abbiamo visto nei menù dei giorni di quaresima, la carne
non compare, e questo vale anche per tutto il tempo dell’avvento,
allora chiamato anch’esso quaresima. L’indisposizione però dispen-
sava sia dal digiuno che dall’astinenza, come contemplava la regola
e come risulta da questa registrazione di spese straordinarie 55) :

«A carne compra adì 4 dicembre 1568, baiocchi quattro, quatrini
quattro, che tanti sono per libre doi de castrato compro per certi putti di
casa che non potevano fare quaresma ».

In questi periodi moltissimo era l’uso del pesce che proveniva
dal Trasimeno e che il procuratore del collegio acquistava alla ‘ pe-
scaria’ o dal ' pizzecaruolo ’, con uno dei quali una volta, forse a
causa di un mancato pagamento o di una mancata registrazione, ci
fu una causa con tanto di istromenti presso l’avvocato.

La carne, specialmente quella di castrato, veniva o dal cardi-

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Md. ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 115

nale, tramite un domestico, o dal castello di Pieve del Vescovo, che
per certi generi era una specie di deposito e di magazzino dei pro-
dotti dei benefici del cardinale e del Seminario.

I posti a tavola erano dati secondo il diverso grado di studio
e gli ordini ricevuti, e tutti erano tenuti a star a tavola: «... con
la debita modestia et decentia, interiore et esteriore, procurando di
dare all'animo il cibo spirituale, o di quello ch'allora si leggerà o
con qualche buona considerazione » ®) pena l'esser notati dagli inca-
ricati alle tavole: «... che guarderanno si alcuno in questo man-
casse et di ciò glie ne daranno di poi aviso (al Preposto) » 9”.

Al pranzo seguiva un'ora di ricreazione.

Nell'orario quest'ora viene chiamata «cantus», ma non cre-
diamo che si trattasse di scuola o di esercitazioni di canto quoti-
diano. I chierici avevano una scuola regolare di canto, tenuta dal
maestro di cappella della cattedrale, ma lo stipendio che questi per-
cepiva ci fa pensare che la sua lezione non fosse quotidiana, infatti
riceveva soltanto uno scudo al mese, dall'ottobre all'agosto. Si tratta
dunque di un'ora di sollievo, riguardo alla quale si hanno vari ac-
cenni nelle costituzioni; ad esempio questo :

« Post prandium vero et coenam, per horam colloquia honesta miscere
poterunt simul, in loco ad ricreationem hanc et animi remissionem a Prae-
posito designato, praesente aliquo viro, qui videat ut omnia honeste et de-
center fiant » 59),

Più espliciti però sono i riferimenti contenuti negli « ordina-
menti et avertimenti » stilati all'indomani della visita pastorale del
1591, e interessanti, su questo argomento, ora i superiori ora i gio-
vani ora i documenti :

«Haverà cura (il Preposito) ch'al tempo della ricreatione non si la-
scino mai li Novitij senza la custodia del mastro loro, né li grandi senza l’istesso
preposito o vicepreposito, et avertisca che in quelli non si mormori, né si
ragioni di cose vane né inutili, ma di buone spirituali o di letture, et ne dia
il gastigo a chi in questo mancherà, secondo l'arbitrio suo.

Particolarmente habbia particolare avertimento, che quelli tra quali
fosse molta inclinatione, non conversino insieme et nelle scole li facci assignar
luoghi separati, di modo che non possino trattar insieme.

Attenda con diligenza che tanto tra Clerici, come tra secolari, sive
convittori, i grandi non conversino con li piccoli.

Il Mastro de’ Novitij al tempo delle ricreationi non lasci li novitij

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senza la custodia sua, et avertisca che li ragionamenti loro non siano vani,
inutili et di mormorationi, ma buoni spirituali et d'edificatione, et che non
stiano a ragionar meno di tre insieme.

Niun chierico parli o giuochi a palla o ad altro giuoco co' servitori di
casa 5°),

Che mentre si sta dopo pranzo e dopo cena a ricreatione, non possino
(li novitij) sotto qual si voglia pretesto uscir dalla stanza dove stanno tutti
insieme a ricreatione ; eccetto quando sono adimandati alla porta, però con
un compagno, et se peraltro sarà qualche d’uno necessitato d’uscire, sii ri-
serrato in camera a chiave senz’altro rispetto.

Che non possino mai star senza il Mastro de’ novitij, et se vi sono
trovati, si ciò avien per colpa loro, siano penetentiati, se poi per colpa del
Mastro, sia penetentiato egli °°),

Questo martellamento continuo di prescrizioni che rivelano un
atteggiamento infido continuato da parte dei superiori in genere,
e che costituiva l’argomento più messo in risalto ad ogni commento
di regola, era la causa più diretta e prossima di quell’atmosfera
morbosa che abbiamo riscontrato nelle deposizioni fatte dai vari
chierici nella visita pastorale del 1591. C'é però da credere e da
sperare che questa atmosfera si trovasse più scritta che vissuta e
che la fresca esuberanza giovanile avesse più margine di buon senso
e di letizia, che i timori sospettosi degli adulti *».

L'ora di sollievo dopo il pranzo era concessa anche nei giorni
degli esercizi spirituali :

«... se l'hanno da passar alegramente, ma più modestamente de
l’altre volte, trattenendosi in discorsi buoni et per lo più intorno a quel che
s'é sentito o alle lezzioni communi o ne discorsi spirituali » ®2).

Dalle varie voci di spese fatte, abbiamo trovato pochissimo
relativamente a spese fatte per giochi e passatempi. Oltre il gioco
della palla, menzionato negli ordinamenti °°, non abbiamo riferi-
menti specifici sul genere di divertimento dei giovani chierici d'al-
lora. Sembra che prevalessero i giochi di movimento, sia nel cortile
della cattedrale che nei passeggi fuori delle mura della città *^,
giochi che sono passati di generazione in generazione fino ai nostri
giorni. Un accenno esplicito di spesa per un genere di ricreazione
tipico del tempo, il torneo letterario, lo troviamo in data 6 giugno
1579 per un lavoro di falegname « per il palco fatto per la comedia » *9,
nella quale comedia, oltre alle rappresentazioni di opere classiche,
i chierici declamavano le loro composizioni letterarie in onore del
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 117

santo patrono del collegio, San Basilio, come anche riferisce il Lan-
cellotti :

«Alla Maestà delle Volte, Chiesa del Collegio del Seminario, é ono-
rato da quei chierici ed alunni il Santo, riconosciuto da essi per stella tra-
montana delle loro virtuose navigazioni.

Ingrandiscono le glorie del Celeste protettore col recitamento di ele-
gantissime orazioni e bellissimi poemi, vedendosi ordinariamente il Teatro,

che é una assai commoda sala contigua alla chiesa, abbellito con vaghezza
di varie imprese e composizioni ...» *9),

La venerazione verso San Basilio è giunta fino ad oggi, ma
con il cambiare dei programmi scolastici e coll’esser diventato il
mese di giugno il mese arroventato degli esami, questa antica con-
suetudine è cessata interamente in questo secondo dopoguerra, ri-
manendo soltanto la celebrazione liturgica della ricorrenza.

Ogni giovedì e nei giorni della stagione estiva i giovani chie-
rici uscivano a passeggio in questo stesso tempo libero del dopo
pranzo. Intravediamo il loro modo di impiegare questo tempo tra
le righe di una vivace lettera del Bonciari ad alcuni suoi scolari
convittori, scritta nel 1613, qualche tempo dopo il periodo da noi
preso in esame, ma che si rifa a situazioni e dettagli in vigore in Se-
minario ormai da qualche decennio.

Rispondendo a Sebastiano Gentile, Giuseppe Teodolo, Ippolito
Della Corgna e altri suoi discepoli che gli avevano scritto separata-
mente ma senza dubbio di comune accordo, lamentandosi all’unani-
mità della decisione che era stata presa dal Vescovo Napoleone
Comitoli, di riportare cioè i convittori dal collegio di S. Bernardo
al Seminario, il Bonciari così cerca di ammansirli in merito alla
cosa: «... quis obsecro istud vobis inculcavit mendacium tam ma-
nifestum, Clericos ipsos tam raro in publicum exire ad corpus exer-
cendum, ad animum reficiendum ? » *?,

Egli — era in quell'anno a tre anni dalla propria morte, ormai
consunto dalle infermità che non gli permettevano piü di muoversi :
reumatismi, podagra, chiragra, cecità, ipocondria, idropisia, e con
un vivissimo desiderio di visite di amici — cosi contesta le loro
lamentele :

«... forse che non li incontrate (i chierici) per strada un giorno
sí ed uno no in qualche parte della città (porta S. Angelo) e a villa Sozi, a
giocare spensieratamente ?
118 ARTURO GABRIJELCIC

Voi potreste solo ribattermi, cosa comune nelle vostre lettere, che
quotidianamente, nel tardo pomeriggio, girate intorno a queste mura, a
queste fonti e strade, e che, vestiti degli abiti da lavoro — * domesticas to-
gulas ' — vi togliete anche quelli per giocare al disco e alla palla senza alcuna
preoccupazione di osservatori e di passanti. Ora, stando in Seminario tutta
questa libertà non potremo averla, dite, e questa libertà é quella che ci rende
soave ed amabile la disciplina... Ma io vi rispondo : che significa prendersi
una ricreazione, se non ricrearsi dopo una fatica che ci rende più desiderabile
la distensione della mente e dello spirito ?

E non fanno così i Chierici ?

Dopo i tre giorni d’intensa applicazione, non giunge il sospirato giorno
di riposo del giovedi, che se viene occupato da una festa viene spostato ad
altro giorno ? E i giochi che fate voi oggi, non li avete portati via dal Semi-
nario, quando ancòra Collegio e Seminario menavano lo stesso genere di vita ?
‘ Estis igitur in hoc quidem Convictores & Clerici, Collegium & Seminarium
plane paria..."

Oltre a questo fatto, che si gode piü intensamente il giorno ' Genio
dicatum ', che non con un troppo fitto susseguirsi di ricreazioni, c'é un altro
fatto che convalida l'utilità dello spostamento in Seminario, ed é bene che
voi lo teniate presente.

Voi non potete divertirvi che chiacchierando in casa o camminando
per la città o giocando lungo le mura, rientrando in casa sia per il pranzo
che per la cena, e anche per la merenda, poiché non avete nessun altro luogo
adatto, e voi sapete che il Collegio è poverissimo. ‘ At Seminarium, si nescitis,
valde locuplex est'. Ha un reddito di piü di ottocento scudi annui e quel
che piü fa al caso nostro, abbonda di posti adatti per ricrearsi, e non dico
per ospitare un gioco o una scampagnata di un giorno, ma per accogliere
per tre, quattro giorni, una settimana e anche per dei mesi.

Vi dico solo quelli che mi ricordo:

— a levante, a quattro stadi dalla città, sulla via romana, il Se-
minario ha una vigna amena, meta di intere giornate autunnali. La donó,
ancora vivo, Cesare Filippi del Seminario ;

— più giù poi, presso il Tevere, quando è possibile una più lunga
passeggiata, c’è la chiesa di S. Giovanni del Tevere, come luogo di piacevo-
lissime passeggiate, ed è una chiesa ricca ;

— fuori di porta Eburnea c’è San Prospero, donata al Seminario
dal cardinal Fulvio Della Corgna. C'é casa, vigna, orto, fontana, vasca di
pesci e ogni altra amenità. Era la dimora che fino ad alcuni anni fa solevo
scegliere come luogo delle mie vacanze autunnali ;

— in quarto luogo, hanno villa Sozi, distante dalle mura circa qua-
ranta passi. Qui le magnifiche costruzioni, gli spaziosi chiostri, i lunghi sen-
tieri, le gabbie degli uccelli, le vasche dei pesci, insieme a fiori, verde, frutti
ed ogni altra cosa piacevole, sono cose tali che non so descrivervi. Essa è

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ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 119

di proprietà di Giovan Paolo Sozi, che loro chiamano Preposito, noi Rettore
del Collegio ;

— ultima di tutte, che di tutte le altre racchiude i vantaggi in una
sola volta, é la proprietà di Monte Bagnolo, a circa tremila passi dalla città.
In essa ci sono boschi colti e incolti che moltiplicano le possibilità dello svago.

Ora confrontate voi tutto questo con quello che possiede il nostro
Collegio » 98).

Ci siamo soffermati un po’ più a lungo su questa descrizione del
Bonciari, per conoscere dal vivo alcuni aspetti delle abitudini dei
chierici del Seminario, soprattutto i piccoli fatti e riferimenti che
servivano ad illustrarci il passeggio degli stessi.

A questo tempo di svago, seguiva il tempo dello studio, varia-
bile dalla mezz'ora alle due ore e mezza, a seconda della stagione.
Allo studio seguivano invariate due ore e mezza di scuola, al ter-
mine della quale era dato l’attesissimo suono della campanella che
poneva fine alle argomentazioni col maestro.

A questo punto, in inverno, doveva esserci probabilmente la
merenda, lo ‘ jentaculum ’, e un po’ di tempo di sollievo. A primavera
invece solo il sollievo, seguendo poco dopo la cena, che in estate
veniva fatta quando il sole era ancora alto nel cielo, verso le diciotto
circa.

In inverno seguiva a questo momento mezz'ora di orazione men-
tale, seguita dallo studio fino a cena. Essa, con il sollievo che la
seguiva, sì protraeva per l’ampio spazio di due ore.

Seguivano in ultimo in cappella i punti per la meditazione del
giorno seguente, le preghiere della sera, quindi il riposo.

Ogni chierico aveva la propria porzione di luce datagli da una
lampada ad olio che trovava accesa nel corridoio e che si portava
in cameretta, se era grande, oppure trovava già accesa nel came-
rone se era mezzano o novizio. Il prefetto dei più grandi, da un oc-
chiello praticato in ogni porta, sorvegliava che all’ora fissata o se-
gnalata, tutti avessero spento la propria lampada e fossero a dormire,
e chiudeva la porta dall’esterno.

Il letto del chierico era di legno o di ferro, con il materasso
più spesso di crine, ma anche di lana, cuscino, lenzuola e coperte.

Nel tempo estivo, mentre il campanone del Comune chiamato
‘la longa ' dava la prima ora di notte e sotto il collegio, la via Mae-
stà delle Volte risuonava dei passi e delle allegre voci dei giovani
che andavano in cerca del fresco della sera e a far serenate, i giovani

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chierici affidavano al sonno la loro stanchezza e la loro nostalgia
giovanile, non esclusa qualche birichinata a danno di qualche com-
pagno che permettesse all'oscurità di farsi piü consistente per con-
ciliare il sonno.

3. LA: SCUOLA

I documenti relativi agli studi dei chierici del Seminario sono
un po' scarsi, ma non tanto da impedirci una idea sommaria sui
metodi e sui contenuti con i quali essi erano condotti.

A questo scopo spigoleremo soprattutto dagli scritti del Bon-
ciari, che riversa nel suo copioso epistolario parte del suo mondo
culturale e pedagogico vissuto nell'insegnamento attivo.

La scuola in Seminario non aveva un inizio preciso come é
attualmente. Essa si svolgeva durante l'arco di tutto l'anno e aveva
una pausa molto breve durante l'estate. L'orario quotidiano del
collegio non prevede interruzioni scolastiche, neppure in estate, salvo
la breve parentesi accennata sopra, e la data del 19 ottobre ricor-
rente nella bolla di fondazione nell'anno 1564 é una data ammini-
strativa piuttosto che scolastica. Con settembre infatti veniva a
chiudersi il bilancio amministrativo *?.

Le materie che chierici e convittori studiavano sotto lo stesso
tetto, erano in comune all'inizio, cioè : Retorica, Poesia, Gramma-
tica, Greco, Volgare — Bonciari lo chiamava «etrusca lingua » —
inoltre Computo e Musica.

Non si puó parlare, riferendoci a quegli anni, di programmi
scolastici quali li intendiamo oggi. Non esisteva una netta divisione
di classi basate su preciso programma. L'andamento degli studi e
degli esami assomigliava più all'attuale sistema universitario che a
quello delle scuole secondarie. Non si passava infatti da una classe
all'altra ma si era giunti «alle regole impersonali» o «prima dei
neutri» o «alla fine della gramatica » oppure «alla fine della filo-
sofia» 7”, e quando uno era padrone della materia si presentava
all'esame della piü vicina sessione, che per i chierici spesso coinci-
deva con le «tempora» delle varie stagioni, piü frequente quella
d'autunno, che precedevano le ordinazioni sacre. Il progresso sco-
lastico infatti era una condizione per essere ammessi ai primi ordini
minori e successivi maggiori, e vi avevano parte scienze sacre e pro-
fane "9,

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M. ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 121

Prima di passare all'analisi dello studio specificamente sacer-
dotale dei chierici, ci soffermiamo un po' su quella preparazione
propedeutica che é data dallo studio delle scienze umanistiche e
dal metodo pedagogico allora usato. Tutto questo, come dicevamo
piü sopra, sulla scorta soprattutto del grande umanista Marcan-
tonio Bonciari, il massimo docente di « humanae litterae » che ii Se-
minario perugino abbia formato e poi utilizzato.

Nel discorso inaugurale tenuto all'inizio della propria attività
di docente di scienze umanistiche in Seminario, tenuto in Seminario
il 17 giugno 1587 alla presenza del card. Anton Maria Gallo, dei
superiori, docenti e alunni, chierici e convittori, il Bonciari ci offre
le linee del suo metodo e gli scopi del suo insegnamento, aprendo
una panoramica interessante sulla scolarità di allora *?.

Il discorso, nello stile di una orazione classica, è da lui conce-
pito come una prelezione o prefazione «initio sui annui muneris »,
incarico, che a differenza delle altre discipline prende inizio in giu-
gno, data inusitata nel calendario scolastico. Fin dall'inizio, dopo
aver elencato quelle che erano le materie di uno studente del gin-
nasio di allora — retorica, poetica, storia, etica, dialettica, lingua
greca ed ebraica e il volgare — il Bonciari affronta l'atteggiamento
dello studente di allora.

Di fronte allo studio umanistico, che «angit et sollicitat » lo
scolaro, questi nutre sentimenti come «lamentationes et querellae . . .
remissio animi et pene desperatio... odium et satietas...» che
hanno come conseguenza il risultato di un ristrettissimo numero di
letterati.

Per ovviare a questo dannosissimo atteggiamento il Bonciari
indica i pericoli e i mezzi per superarli, mettendo in risalto le respon-
sabilità che spettano ai giovani, ai genitori e ai maestri.

I giovani, a suo parere e secondo la sua esperienza, peccano di
leggerezza perché si dedicano a troppe letture e a troppi maestri,
non dandosi interamente a nessuno; inoltre non volendosi appli-
care alle piccole cose i convittori immaginano di essere dei luminari
in diritto civile, mentre i chierici, con un po' di dialettica e di fisica
si immaginano subito teologi e astrologi; peccano di piacere e vo-
luttà, poiché con letture turpi o solo blandenti ritardano o distrug-
gono il proprio amore per lo studio, gettandosi in un turpe ozio *";
peccano infine di superbia, vizio molto diffuso a causa del tempera-
mento o delle adulazioni altrui, per cui chi sa qualcosa pretende di
sapere di tutto e cosi dimostra di non sapere bene di niente, allon-

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tanandosi così da quel modello che fu Socrate, il quale affermava
di sé di sapere una cosa sola, quella di non sapere.

I genitori danneggiano i figli nel senso che non pagando o mal-
trattando i precettori e maestri, rallentano o distruggono una piena
applicazione nei primi e nei secondi.

I maestri infine son soliti condurre i giovani per strade inestri-
cabili che non sono quelle piane e spedite degli autori antichi.

Tracciando i fini del proprio insegnamento, il Bonciari indica
queste tre mete : che i giovani possano leggere da soli tutti gli au-
tori, che tutto quello che il loro intimo suggerirà, essi possano espri-
merlo in bel latino, infine che ognuno possa parlare, anche subito,
datane l’occasione, con linguaggio appropriato e su qualsiasi argo-
mento.

Sulla scia poi dell’insegnamento avuto nella propria fanciul-
lezza dal suo maestro Giovanpaolo Sozi, in quel momento presente
in qualità di Rettore del Seminario, il Bonciari termina :

«quod felix faustumque sit,

in mea schola semper latine loquuntur ... »,
pena una multa o una riparazione da imporsi a suo arbitrio, come
ad esempio, portare una catena da tenere in silenzio fino a che un
altro non cadesse nel medesimo errore ").

Ma questi mezzi corcitivi non erano frequenti, anzi col progre-
dire della sua esperienza erano continuamente modificati.

Rispondendo a un suo vecchio discepolo ?9 che gli chiedeva
notizie di due giovani mandati a studiare presso di lui e che si con-
gratulava per la serietà della sua scuola e dell’educazione impartita
ai giovani, il Bonciari così rivela il segreto della propria scuola:
« Est enim noster hortus ut videtis, natura et opere munitior, sep-
tus.undique fortibus praesidiis et fidelium canum custodia defensus »
e spiega cosa ciò significhi :

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«huius gloriae, maiorem partem vindicat sibi moderatio regentium,
cura Praefectorum et haec disciplinae ratio, qua severior, qua indulgentior,
semper benevola et liberalis et paterna. Denique adiuvant laborem nostrum
muri, claustra, ferae pessuli, cubicula » 79).

Il suo amabile senso pedagogico non disdegna dunque anche altri
accorgimenti esterni che possano salvaguardare un serio studio da
parte dei giovani a lui affidati, ma questi danno la precedenza ad
un caldo rapporto umano fatto di cura, moderazione, disciplina
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

adatta. La sua esperienza giovanile '? e il suo animo affilato dal
dolore gli hanno fatto in questo una scuola insostituibile.

Tutta la materia dell'insegnamento, per i chierici, era conce-
pita in vista della preparazione al sacerdozio.

La bolla « Inter alia » del cardinale Della Corgna riporta pedis-
sequamente il programma formativo del tridentino ?8 che prescri-
veva lo studio della grammatica, canto, computo ecclesiastico e altre
buone discipline, inoltre richiedeva il mandare a memoria la sacra
Scrittura e il conoscere i libri ecclesiastici, le omelie dei padri, ció
che riguardava l'amministrazione dei sacramenti specialmente quello
della confessione, i riti e le cerimonie.

Le Costituzioni '? esplicitano meglio il programma di studio e
il metodo da impiegare nella scuola, avvertendo che lo studio deve
essere ordinato «cum omni diligentia et cautela ».

La scelta dei testi spetta al Vescovo, al Rettore e al Lettore
della materia, cosi pure l'autore doveva essere vagliato.

In una nota di spesa del 1564 *" nella colonna « dare » è scritto :

«Libri compri per servitio et studio delli gioveni del semenario ...
adi 7bre, scudi 1 baiocchi 70, tanti sono per la monta de doi testamenti novi
grece e latini...»

alla quale, nell'« havere » corrisponde :

«... scudi 1 e baiocchi 70, tanti havemo reauti da istesso libraro per
averli reso li controscritti testamenti, quali erano eretici per la espositione
latina de erasamo (Erasmo) ».

Il Rettore Giovanpaolo Sozi era addetto alla vigilanza sui librai
della città a garanzia della sana dottrina.

Il programma scolastico dei chierici, cosi viene tratteggiato nelle
Costituzioni :

«Imprimis igitur gramaticis, rethoricis ac historicis, praecipue sacris
ac ecclesiasticis imbuantur,
Psalmos et quatuor Evangelia et epistolas canonicas pro posse
memoriter discere conentur,
deinde dialecticae et philosophiae eos libros tantum audiant qui ad
theologicam introductionem ita necessarij sunt, ut sine illis theologicas spe-
culationes sciri non possint...
et quia, tam doctrinae theologiae, quam eius usus — his praesertim
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124 ARTURO GABRIJELCIC

temporibus — non tantum latinae sed et graecae et hebraicae linguae cogni-
tionem exigit, harum et idonei professores constituantur...

in logica et philosophia naturali et morali et metaphisica doctrinam
Aristotelis profiteri oportebit expositionesque S. Thomae Aquinatis legan-
tur » 81),

Ai maestri delle varie materie viene richiesto di usare un com-
pendio, perché «in superfluis ac inutilibus questionibus tempus non
conterant » *2,

Il programma prosegue :

« In theologia vero legetur novum et vetus testamentum, et doctrina
scholastica S. Thomae, non negantes quin alicuius alterius doctoris celebris
tractatus aliquos legi possint, idque de Episcopi et Praepositi consilio ;

cum vero fuerint in scholasticis ita instructi, ut errores disrumpere
et impugnare sciant, tunc ad Sacrae Scripturae audientiam admittantur,
quae semper in collegio legatur ;

simul etiam sit sacrorum canonum lectio, quam omnes etiam theo-
logi audire teneantur » 8°),

Il programma contempla anche lo studio del diritto civile, a
beneplacito peró del Rettore o del Vescovo, inoltre si consiglia la
lettura di una somma di casi di coscienza. Ogni altra forma di studi
viene bandita.

Quanto alla vigilanza sugli studi, le Costituzioni richiedono un
revisore diverso dal Rettore, «qui studiorum curam habeat, et ea
quae circa studia corrigenda viderit proposse corrigat » *9.

Il capitolo sullo studio termina richiamando i chierici sulla va-
stità e il pelago di nozioni che la scienza di Dio esige dalla loro breve
vita, perció li invita a non perdere un attimo di tempo, di giorno e
di notte, in casa e fuori casa, nei giorni feriali e festivi, nei quali
«sacra legant, et a lectione librorum gentilium se contineant » !*9
I superiori, da parte loro sono richiamati a una giusta distribuzione
del tempo e a non caricare gli studenti delle varie scienze con com-
piti che li distraggano dal loro dovere.

A questo proposito può essere illuminante la lettera inviata al
Vescovo Comitoli da parte del lettore di filosofia e teologia, il do-
menicano bolognese P. Francesco Galassini, che nel 1620 così rende
conto dei frutti del proprio insegnamento e di certe situazioni della
scuola in Seminario. Quantunque la lettera sia tardiva rispetto al
tempo da noi preso in esame, essa è scritta al tempo del Vescovo

IP ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 125

Comitoli, che reggeva la diocesi già dal 1591, anno della sua visita
pastorale in Seminario, da noi ampiamente documentata :

«Molto Illtre e Rev.mo Sig.re P.rone Cold.mo

Sono hora mai tre anni che io leggo nel Seminario di VS R.ma e con
quel istesso ardore e diligenza ho proseguito l'offitio come principiai. E cre-
derei che si come tutti i miei scolari sono restati sodisfatti di me come hánno
detto ha piü persone, cosi ora piü che mai dovessero esser sodisfatti, perché
pur dovrebbero cognoscere come li trovai, e come sono di presente. È ben
vero che molto piü profitto harebbero fatto quando totalmente fossero stati
dediti alli studij. Ma in ció metto in considerazione a VS R.ma come sia stato
trattato questa lettione.

Primieramente il Arthemio fu levato di scola di filosofia e destinato
alla lettione di gramaticare, bene contra la volontà di VS R.ma ecco uno
scolare perso. Il Tomassino per molti mesi è stato mastro di casa et è venuto
alla lettione quando poteva, e studiava quando poteva **) anzi mentre stava
alli esercitij della scola il più del volte partiva, e cosi se ha fatto qualche
profitto, è stato pocho a quello che poteva fare quando non fosse stato im-
pedito, e da me non é proceduto.

Don Sante ha mediocre ingenio tuttavia se non era impedito nell'of-
fitio di Custode poteva fare honorata riuscita, et ecco che questo ancora
bisognoso di studiare é stato impedito dal fine principale immaturamente.
Il Luna sa VS R.ma et anco il sig. Tempesta che egli é di ingenio tardo e
ottuso, tuttavia sa mediocremente e passa la mediocrità, et egli ancora ha
licentia di uscire della scola quando gli pare e piace come fanno gli altri e
il povero lettore bisognia che habbia patienza perché cosi vuole chi puole.

I] Piparello fu tolto dalla mia lettione di logica, e pure era arrivato
al capitolo della Relatione e posto alla lettione De Sacramentis, et ha questa
veniva quando gli pareva e quando lo mandavo a chiamare ; me ne lamentai
di questo et il mio lamento ha cagionato che non viene piü alla mia scola
e gli legge logica 11 sig. Masci e non so perché abbia impedito me che la legghi
mentre io son lettore.

Don Federigo è stato male e sta, tuttavia è bon scolare come ancora
il Caporale e il Tomassino.

Le esortationi e gli incentivi che hanno hauti dal sig. Masci sono stati
la libertà di venire à scola quando gli piace, dissuadergli dal tenere le con-
clusioni sotto apparenti pretesti, il dirgli che le cose di filosofia sono bagat-
telle et cose simili, et à me con rafredarmi nel progresso loro in parole e opere.

Ho volsuto tutto questo significare a VS. R.ma acció scorga che il
sig. Masci vuole essere lettore lui et acció veda anco dove nasce se non hanno
fatto maggiori progressi i miei scolari, perché al certo se io con tanto ostacoli
et impedimenti non havessi usato tanta assiduità e diligenza, sarebbano

*

ignoranti, à fatto tuttavia sono boni scolari, e Dio il perdoni à chi é causa

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di questo gran male, pure non sappiamo le strade del Signore, dal quale prego
à VS. R.ma felicissime queste sante feste della s.ta Pasqua e gli fo umilissima
riverenza
di Perugia gli 13 di Aprile 1620
di VS Illre e R.ma
Devotis.mo et obb.mo Ser.re fra
Francesco Galassini

La lettera ottenne l'effetto che sia il lettore bolognese, sia il
rettore, il canonico Masci, fossero esonerati dal loro incarico 9? e
sostituiti. Quello che a noi piü interessa, relativamente alla scuola,
é il constatare certe sue situazioni interne. Troviamo che per inse-
gnanti il Seminario reclutava persone quotate, soprattutto del clero
secolare, dei domenicani e dei gesuiti. Venendo talora da lontano,
essi erano ospitati in Seminario, ricevendone stipendio e alloggio e
vitto, mentre se alloggiavano fuori ricevevano anche generi in na-
tura.

Quanto allandamento delle lezioni, notiamo come il numero
esiguo degli scolari permettesse si un ambiente familiare, ma questo
facilitasse nello stesso tempo quella rilassatezza disciplinare che po-
teva diventare licenza.

Quanto al metodo, nello studio della teologia, quanto é accennato
dal lettore bolognese, lo riscontriamo più particolareggiatamente
nel documento della visita fatta dal Comitoli nel 1591 #9).

Le lezioni di teologia erano fatte sulla Summa di S. Tommaso,
perciò il metodo seguiva il procedimento delle « questiones ». Il let-
tore utilizzava un compendio, che esponeva il mattino, mentre il
pomeriggio risentiva gli alunni. Il sabato invece si procedeva col
metodo della disputa, nella quale un chierico difendeva e altri due
argomentavano **. In seguito a questo metodo scolastico, le valu-
tazioni degli studenti erano così espresse : agli effetti di un esame
finale il chierico era ‘ missus ' (promosso) o ‘ remissus ’ (rimandato).
Quanto alle capacità e all’intelligenza e applicazione, le valutazioni
erano espresse in termini, quali : « negligens, diligens, debilis ingenij,
boni ingenij, studiosus, applicatus, inclinatus ad ..., ingeniosus, di-
stractus, grossioris ingenij, bonae spei, laboriosus, non bene funda-
tus in..., properat ad finem... ecc.» *». Quanto poi all'iter dello
studio, come per lo studio della grammatica e della filosofia, anche
in teologia il passaggio era da un trattato all'altro *»,

Relativamente ai compendi usati in quel periodo, la biblioteca ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 127

del Seminario ne possiede piü d'uno, anche di raro valore perché
provenienti da lasciti, primo di tutti quello dello stesso cardinale
Della Corgna. Alcuni di questi compendi hanno richiami e postille
ai margini delle pagine oppure appaiono diligentemente cancellati
con inchiostro indelebile là dove si scorgeva qualche espressione
ereticale. Qualcuno, di uso scolastico, riporta in fondo allo stampato
alcuni fogli in bianco utilizzabili per le annotazioni scolastiche. Le
edizioni degli stessi poi sono della più varia provenienza : edizioni
perugine, da Roma, da Venezia, da Brescia, dalla Germania, dalla
Francia, dalla Spagna e dall' Inghilterra. C'é da riconoscere che molto
merito della conservazione di questi libri è da attribuirsi alle varie
e rinnovate condanne a pene pecuniarie e scomunicanti emesse via
via da papi e da vescovi per conservare intatto il ricco patrimonio
bibliotecario delle varie biblioteche perugine, e tra queste anche
quella del Seminario.

Questo stato delle cose ci permette, a distanza di tempo, di
gettare uno sguardo sul contenuto dei testi, per ricavarne un'idea
quanto piü approssimativa possibile sui contenuti della formazione
ecclesiastica d'allora in Perugia.

L'ordinamento degli studi del Seminario é strutturato sui due
grandi poli ecclesiastici della Controriforma e dell'orientamento as-
sunto dalla seconda Scolastica. Della prima, promotore fu il Concilio
Tridentino, della seconda i due grandi ordini domenicano e gesuitico.
Perugia non ebbe a dover affrontare l'influsso protestante della Ri-
forma, ma assunse l'indirizzo dato dalla Controriforma, risucchiata
nel piü vasto orientamento della chiesa postridentina. Veicolo di
questo orientamento nel campo degli studi non fu tanto il clero lo-
cale quanto gli ordini religiosi che risiedevano numerosi in città e
diocesi, i quali ordini erano stati i veri protagonisti del rinnovamento
conciliare.

Di essi si servi il cardinale Della Corgna per rinnovare lo spirito
religioso del popolo *?, di essi si servi pure per il rinnovamento e
formazione del clero diocesano.

Tra gli ordini religiosi, abbiamo' visto come il cardinale favo-
risse e si servisse principalmente dei gesuiti. Ebbene, appartiene
proprio a loro la sistemazione degli studi del Seminario perugino.
Basti richiamare questi due aspetti fondamentali. Mentre il docu-
mento tridentino *? dà per « curriculum studiorum » le materie gram-
maticali, il canto, il computo ecclesiastico e indica altre eventuali
scienze col termine generico di « aliarum bonarum artium » ?*, sulla

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scorta degli orientamenti umanistici delle scuole gesuitiche d'allora,
nelle Istituzioni del Seminario vengono ad avere grande rilevanza le
*humaniores litterae ', le quali ebbero nel Bonciari il più grande
cultore *9 e non a caso egli si era formato a Roma sotto il Mureto
e fino alla fine dei suoi giorni tenne relazione epistolare coi gesuiti
Francesco Bencio, Stefonio, Sacchino, Verierio, Tursellino, Alessi,
Maffei, Trigonio e Mangionio, e con tre lettere anche col Bellarmino.

L'altro aspetto da rilevare è il ‘ curriculum studiorum ’ filoso-
fico e teologico, tutto incentrato sulla dottrina ed esposizioni di
S. Tommaso d'Aquino, metodi scolastici allora comuni sia ai dome-
nicani che ai gesuiti, anche se con qualche differenza in certi campi
piü disputati. Dopo il '600 avverrà anche che i chierici del Seminario
andranno a studiare presso i padri gesuiti della città, dato il loro
scarso numero.

Questo riferimento alla dottrina tomistica rimarrà una costante
nella teologia del Seminario perugino e raggiungerà il suo momento
più fulgido al tempo del Vescovo Gioacchino Pecci, suo fratello
gesuita Giuseppe e il cardinal Satolli, perugino.

Prima di porre termine a queste brevi note sulla scuola, richia-
miamo con poche parole l'articolo xim delle Istituzioni sui gradi
accademici "9.

Sono ammessi soltanto i gradi « qui sacerdotibus conveniant »,
cioé a dire il dottorato in Teologia e la licenza o il dottorato in Di-
ritto canonico. In casi speciali, a giudizio del Vescovo e del Rettore
e previo un formale esame da parte di competenti, è ammesso anche
il dottorato come « magister artium », che « non tam bene sacerdo-
tibus videtur convenire »*? poiché comportava un'applicazione alle
scienze letterarie e scientifiche dell'epoca, poco confacenti agli im-
pegni pastorali del sacerdozio. Dallo spoglio delle ordinazioni del
periodo preso da noi in esame non risultano evidenziati i gradi ac-
cademici se non in qualche rara vocazione tardiva *?,

4. L'UMANISTA
Marco ANTONIO Bowciani (1553-1616)

Non possiamo non soffermarci su questa saliente figura di uomo

e di letterato degli inizi del Seminario perugino, perché tra gli alunni
del seminario, di allora e anche di oggi, è la figura che più viene

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ricordata, forse senza sapere bene perché, essendosi tramandato que-
sto nome per secoli come gloria locale, senza saperla collegare ai
meriti effettivi che la contraddistinsero.

Marco Antonio (Marcantonio) Bonciari senior — per distinguerlo
dall'omonimo e poco rilevante nipote Marcantonio Bonciari junior
— nacque il 9 febbraio 1553 ad Aretria o Antria, piccolo paese in
collina, sulla destra della strada che da Perugia porta al lago Trasi-
meno, tra Corciano e Magione.

Il padre si chiamava Mariotto, detto anche il ‘Francia’; la
madre, Francesca, era figlia di Massolo, bravo medico, stimato dal
cardinal Francesco Armellini. Il padre Mariotto aveva un fratello
camaldolese, Pietro Paolo Bonciari, che divenne vescovo di una
Diocesi in Abruzzo *".

Marcantonio doveva essere di gracile costituzione e salute fin
dalla prima infanzia, da qui la eventuale profezia encomiastica at-
tribuita ad un venerando camaldolese che l'incontró a tre anni:

«... puer iste ad quartum decimum annum aetatis, aut non
accedet, aut si excedet habebit vestra familia, habebit haec patria in quo
glorietur » 199),

Ad otto anni, scrive l’Oldoini, sapeva già leggere e scrivere, e
anche dipingere. Non trovandosi forse chi potesse farlo progredire
in altre conoscenze al paese nativo e in quelli vicini, fu mandato a
Perugia presso un sacerdote « fama pium, doctrinaque excellentem »
— dice l’Oldoini — « sed ingenio subaspero, et fere barbara feritate
imbutum, adeo ut si quis puer in rebus domesticis peccasset, magna
illi poena, peccatum quodcumque esset, redimendum » '?»,

Dev'essere forse incappato sotto l'intransigente severità del mae-
stro anche Marcantonio, se il padre, dietro l'invito perentorio del
sacerdote, fu costretto a ritirarlo a casa. La sua salute ne risenti,
e sia essa, sia la poca disponibilità dei mezzi paterni sembrarono
aver ragione del grande desiderio d'imparare, delle non comuni capa-
cità del Bonciari adolescente. Ma tanto egli insistette che il padre
gli permise di frequentare la scuola pubblica di Corciano, distante
circa cinque chilometri da Antria, ove funzionava una scuola di
grammatica e cosi quotidianamente Marcantonio partiva il mattino
presto con il suo pasto in un cestello e rientrava alla sera.

Cosi fu finché non incontró la sua munifica fata.

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Tra Antria e Corciano, prima di iniziare la salita che porta a
quest'ultimo, s'alzava e s'alza tuttora sopra un basso colle il ro-
busto castello del cardinale di Perugia chiamato Pieve del Vescovo
fin d'allora. Bonciari adolescente doveva passare quotidianamente
due volte accanto all’imponente costruzione e fu in un giorno del
suo ottavo mese di frequenza alla scuola del castello di Corciano
che s'imbatté nel cardinale Della Corgna mentre passeggiava lungo
le strade vicine al tempo della villeggiatura, solitamente nel periodo
degli eecessivi caldi estivi della sua permanenza a Roma.

Non conosciamo le domande e le risposte, ma certo dovettero
arrivare a un punto tale da muovere la benevolenza del porporato
ad interessarsi di quell'intelligente ragazzo, pronto e nello stesso
tempo semplice nelle sue risposte, per cui sappiamo con certezza
che a quindici anni il Bonciari fece il suo ingresso nel Seminario
nuovo di zecca fatto costruire dal cardinale e inaugurato in quel-
l'anno. Lo deduciamo da una sua lettera, scritta allo stesso Rettore
che lo aveva accolto quarant'anni prima e che ora veniva a solle-
citare perché accogliesse il nipote omonimo Marcantonio junior 192).

Il Bonciari annota con commozione la coincidenza di alcune
circostanze, comuni a distanza di tempo ai due ingressi nel Semi-
nario del cardinale :

— la stessa età giovanile : 15 anni

— lo stesso nome: Marcantonio Bonciari

— lo stesso collegio : il Seminario

— lo stesso giorno : 28 novembre, digiuno d’inverno

— lo stesso Rettore : Giovan Paolo Sozi.

L’Oldoini afferma che il cardinale lo ammise in Seminario, e
così afferma anche il Bonciari in una lettera a un nipote del Della
Corgna :

«Sciunt hoc, qui sciunt, me ab Ill.mo Cardinali Corneo proavunculo
tuo, primum Perusiae in Seminarium fuisse cooptatum ; deinde secum Ro-
mam transductum, et viris eruditissimis insinuatum ; postremum etiam Mu-
reto traditum in disciplinam . . . » 193)

e quindi entrò tra i chierici, non tra i convittori 104), però non sap-
piamo se vi entrasse per vocazione sacerdotale, come vorrebbe far
credere l'Oldoini. Il cardinale forse sperò in questo e per questo
lo favori ma sta il fatto che, contrariamente a quanto si ritiene da
molti, il Bonciari non fu mai sacerdote. Nei libri delle ordinazioni
di quegli anni non abbiamo mai incontrato il suo nome, neppure

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E ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 131

per la ricezione di un ordine minore, mentre abbiamo trovato il
nome di un suo cugino, del nipote da lui raccomandato e diventato
sacerdote l'anno stesso della morte dello zio, nel 1616, e abbiamo
trovato il nome dello stesso suo padre, che, rimasto vedovo 105), si
fece istruire dal figlio ormai celebre e divenne parroco di una fra-
zione vicina al paese di Antria, Caligiana.

Questa assenza del nome del Bonciari senjor dai Libri Ordind:
tionum è molto significativo in un tempo in cui era molto invalso
l'uso dei primi ordini almeno, per poter beneficiare di «luoghi gra-
tiosi» e per poter accedere poi a benefici più pingui. Depone a fa-
vore della sua onestà, rettitudine e anticonformismo oltre che della
sua fede. Ci pare di leggere questo suo nobile animo tra le righe di
questa lettera inviata nel 1603 ad un carissimo amico di Fabriano.
In essa si lamenta del fatto che tanti suoi discepoli «... sacris ini-
tiati et sacerdoti) partim aucti... de paupertate securi sunt...»!09
mentre lui va incontro ad una vecchiaia piena di dolori e incerta di
sicurezza economica, e gli riecheggia ancora nelle orecchie il detto
popolare che suo nonno era solito ripetergli per invogliarlo al sacer-
dozio : «... nec paupertatem timet neque fiscum, qui potest dicere
Dominus vobiscum » 197),

Il suo ingresso nel Seminario avvenne dunque nel 1568.

Li si formó sotto la guida intelligente di Giovan Paolo Sozi, che
fungeva anche da Rettore. Singolare il fatto che il Sozi in quell'anno
non fosse ancora sacerdote 108) e neppure canonico !09),

Già dall’anno precedente il Bonciari aveva cominciato a sof-
frire di artrite deformante alle mani. L'Oldoini riferisce che « manuum
usum prope omnem amisit » !!10 e un quinquennio dopo gli attribuisce
anche un inizio di deformazione ai piedi. Era, a detta dello stesso
Bonciari, una malattia ereditaria in famiglia.

Queste congiunture dolorose non avevano peró impedito al car-
dinale di condurlo con se a Roma, facendo si che fosse istruito e
perfezionato dai più rinomati maestri d'allora in fatto di eloquenza
e di lettere latine e greche, massimo tra essi Antonio Mureto 111),

Dopo due anni di permanenza a Roma (1574-76) all’età di 23
anni, fece ritorno a Perugia, conservando intatte le amicizie con-
tratte durante il soggiorno romano e alimentandole con uno scam-
bio nutritissimo di lettere come vedremo più avanti.

Il cardinale lo destinò subito alla scuola in Seminario e con
tale incombenza rimarrà fino alla morte dello stesso cardinale av-

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132 ARTURO GABRIJELCIC

venuta a Roma nel 1583, non senza aver cercato di muovere le pro-
prie amicizie e conoscenze perché il cardinale lo facesse ritornare a
Roma a studiare 112),

Di lettere del Bonciari al cardinale Della Corgna ne abbiamo
una sola ed é quella da noi utilizzata piü sopra relativamente alla
data d'origine del Seminario 113), Non è inutile qui richiamarla sotto
il profilo della biografia del Bonciari.

L'occasione della lettera è motivata da una richiesta di aiuto
per le necessità del Seminario, quelle di un ampliamento, non per
il numero rilevante di chierici, anzi, quanto per l'accrescersi dei
convittori. Tre anni prima infatti (1577) il vescovo Bossio aveva
introdotto nel Seminario i convittori, a scapito dei chierici che non
erano numerosi e forse avevano il torto di non essere contribuenti,
per cui l'aumento di numero dei convittori esigeva nuovo spazio
per i dormitori e le aule. Di questo stato di cose si fa portavoce la
forbita eleganza latina del Bonciari e la sua antica conoscenza col
cardinale, non troppo familiare a dire il vero, perché la personalità
riservata e alquanto dura del porporato non ammetteva facilmente
a familiarità :

«... non mediocriter angimur, jam nos in locum tam parvum angu-
stumque concludi, ut excludere bene multos cogamur... in qua cogitatione
et cura, cum diu multumque versati essemus... animati melius quam pa-
rati, quod praeclaram -habere aream videremur, accessionem aliquam Aedi-
bus nostris adiungere decreramus. Iamque et iecimus, et constituimus eius-
dem fundamenta, quae ut facile commendentur ab omnibus, non propterea
quisquam est qui ad superedificandum de suo quicquam suppeditet . . . » 114),

A complicare le cose ci s'era messa la carestia dell'anno prece-
dente (1579) per cui le riserve destinate alla costruzione erano state
assorbite dal necessario acquisto del vino a prezzo doppio ! 115), La
richiesta più pressante in realtà viene fuori verso la fine della let-
tera, quando il Bonciari esprime a nome del Seminario la contenuta
amarezza di fronte alla scoperta che le attenzioni del cardinale si
erano rivolte unicamente e sostanzialmente verso i gesuiti della città,
ai quali pochi giorni prima aveva fatto pervenire un dono di tre-
cento scudi per le loro costruzioni :

« .. Quandoquidem nos filij primogeniti sumus, qui lac scilicet a te
suximus... hoc autem difficillimo tempore, nisi Pater ipse subveniat, alio-
rum omnium auxilio destituimur . . . » 119),

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La accorata petizione non sorti l'effetto sperato e i timori espres-
si si dimostrarono fondati perché tre anni dopo, alla morte del por-
porato il suo testamento conteneva un legato di 1000 scudi a favore
dei gesuiti e niente per il Seminario 117),

Tutto ció dimostra un evidente raffreddamento del cardinale
verso la sua diocesi in generale, a ciò portato dalla lontananza fi-
sica, quasi sempre alimentata dalla sua preferita permanenza a Ro-
ma, e non riscaldata dalle rare affermazioni di cura e attaccamento
protestate nelle rare lettere inviate dalla capitale 118),

In mezzo a questa realtà venne a trovarsi anche il Bonciari,
il quale all'indomani della scomparsa del porporato si ritiró dall'in-
segnamento in Seminario (1583), cercando di ovviare alle sue pre-
carie condizioni di salute nel paesello nativo e immergendosi negli
studi per puntare a qualche incarico piü remunerativo.

L'Oldoini continua i suoi cenni biografici affermando che il
Bonciari stette lontano dal Seminario per un settennio !!9, Ciò non
quadra con quanto si puó leggere nei libri amministrativi del col-
legio, infatti sotto l'anno 1587 appaiono versamenti vari fatti a fa-
vore di Marcantonio Bonciario «per suo salario e per sua provvi-
sione » 1?0, inoltre molte lettere a suoi carissimi amici di quell’anno,
sono datate dal Seminario 121, In una di queste, indirizzata all'amico
gesuita Francesco Bencio, gli comunica di aver ricevuto un lusin-
ghiero incarico presso il Ginnasio perugino ad opera del cardinal
Gallo, vescovo della città, incarico che si affianca a quello più mo-
desto del Seminario 122),

L’anno successivo avvertì i primi gravi disturbi agli occhi sotto
la forma di cisposi, la qual cosa gli impediva di leggere e di scrivere
con facilità : «impedior lippitudine ne plura scribam » 123), comuni-
cava ancora al suo amico Bencio, col quale si confidava di ogni sua
cosa, e nel 1590 il disturbo peggiorò in modo tale che sfociò nella
completa cecità. Dovendosi servire ormai della penna altrui, sia per
la deformazione alle mani, sia per la cecità, non perde la sua sere-
nità né si abbatte, anzi: «... tantum abesse ut me tristitiae ac
moerori dederim, ut etiam Superi gratia, hilariter atque jucunde
vivam...»1!24 e nella sua sempre nutritissima corrispondenza non
manca di trasfondere lepide espressioni di riferimento alla sua tal-
volta comica situazione. Sempre al Bencio scrive una volta: «...
Crispoltum testem habeo, qui quo die attulit ad me tuas litteras,

invenit me clausum et circumscriptum cubiculo tenebricoso et pe-

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134 ARTURO GABRIJELCIC

rangusto, cum summa medicorum interminatione, ne quis intro ad
me lumen inferret » 125),

Durante queste vicissitudini amare non cessa il proprio incarico
di docente in Seminario ed è nel periodo suo più fecondo non avendo,
nel 1590, che 37 anni! È veramente da ammirarsi nello spirito delle
sue lettere, che sollecita numerose dai suoi numerosissimi amici,
nelle quali egli cerca non soltanto la presenza dell’amicizia terrena,
ma anche quella spirituale della preghiera, perché possa ottenere se
non proprio il minimo indispensabile di salute per le sue occupa-
zioni, almeno il conforto e la forza di portare la sua condizione,
senza disperazione, fino alla tomba.

In una lettera al presidente dell’Accademia degli Insensati e
suo carissimo amico dopo averlo avuto anche come alunno, Cesare
Crispolti, chiede di poter far parte dei membri di detta accademia
perché nessuno più di lui ha diritto di essere chiamato ‘ insensato ',
essendo totalmente privo del senso del tatto alle mani e ai piedi
— non poteva più avvertire neppure se l’acqua fosse calda o fredda
— e della vista 120),

Ben presto non è più in grado non solo di camminare, ma nep-
pure di reggersi in piedi senza sostegni (1593) per cui per gli sposta-
menti deve servirsi della carrozza e per andare alla Messa deve es-
sere sorretto ai lati dai discepoli che lo venerano. Dicevamo più
sopra come la sua malattia fosse ereditaria, «avitum malum » lo
chiamava suo zio vescovo camaldolese 12” colpito anche lui da ar-
trosi deformante, e sempre di questa malattia morrà lo stesso fra-
tello del Bonciari, Mario, chierico tonsurato, pieno di retti e gene-
rosi sentimenti cristiani, che fino a pochi giorni prima di morire
gli presterà occhi e mani.

In mezzo a tutte queste tribolazioni compiantegli da alcuni suoi
discepoli del Seminario e che lo invitavano a «patienter ferre » i
suoi mali !??9, così rispose: «... patienter ferre, ut mihi quidem vi-
detur, non esse aliud quam ferre, et Deo gratias agere...» 129.

Questa lettera è del 1593. Aveva appena 40 anni.

Al rincrudirsi del male corrispondeva un maggior impegno nel
suo lavoro di insegnante di retorica ed eloquenza, corrisposto da
uno stipendio annuo di 50 scudi. Col 1593 avviene un cambiamento
nel suo tirocinio di insegnante, perché lascia le due materie suddette
e si dedica esclusivamente all’insegnamento della grammatica la-
tina. Al modo dell’epoca, egli fa risalire questa sua decisione ad un
sogno che espone giocosamente al suo amico Agostino Angelello di

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173 ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 135

Fabriano 13%. Narra infatti come in sogno gli sarebbe apparso il
grande grammatico di Verona, il Guarini, durante il furioso imper-
versare della pestilenza del 1591, promettendogli salva la vita se
avesse rimediato alla piü terribile pestilenza abbattutasi in Italia in
seguito alla morte di tanti valenti maestri di grammatica, ai quali
erano succeduti dei pessimi cultori di questa scienza, i quali ogni
giorno massacravano le regole latine. Fu per questo che dette alle
stampe una sua grammatica, molto apprezzata dai critici dell'epoca
e soprattutto facilmente assimilabile dagli scolari 131,

Col 1593 inizia anche il suo lavoro di educatore in San Ber-
nardo, ex-convento adibito da quell'anno a collegio per convittori
perugini e stranieri 12, Da questo momento il suo epistolario s'ar-
ricchisce di lettere riguardanti l'accettazione dei giovani convittori,
il loro profitto negli studi, le loro composizioni letterarie e, perché
no, i loro errori e la loro poca voglia di studiare. L'estrazione preva-
lentemente abbiente e nobile dei suoi alunni lo mette in risalto
nel mondo delle scienze umanistiche sempre di piü, valendogli ri-
conoscimenti dalle piü illustri penne latine dell'epoca, dagli editori
piü in vista e soprattutto contatti d'amicizia e di clientela con pon-
tefici, cardinali e principi d'ogni parte d'Italia.

Accetta osservazioni e raccomandazioni di amici e suoi antichi
alunni e li sollecita a sua volta a mandare giovani volenterosi alla
sua scuola. Non sono rare le visite di illustri personaggi che visitano
la sua scuola, ma queste visite gli riescono talvolta fonte di preoccu-
pazione, data la sua salute precaria e soprattutto la sua cecità 133),

La fama della sua scuola, dal 1596 in poi, ha varcato i confini
dello stato pontificio e ha riempito il collegio di giovani dai nomi
illustri, i quali non solo danno lustro alla scuola del maestro ma sono
bene accetti anche ai commercianti di Perugia che hanno a che fare
con giovani esigenti ed eleganti 13£0, Sono molto ricercati anche i suoi
allievi migliori, richiesti da seminari, collegi e scuole di altre città.
Il cardinale Bellarmino, ricevute notizie di buon profitto del nipote
Ciaio, gli risponde la vigilia di Natale del 1602, ringraziandolo per
le composizioni latine inviategli, la lettura delle quali gli documen-
ta del perché «... Latinis Litteris in Italia magnum lumen at-

tuleris » 185), però gli confessa anche che la sua preferenza va agli

scrittori latini sacri.
Questo riconoscimento corale, senza adulazioni né provocate né
accettate, è vissuto e goduto da lui con modesta consapevolezza
136 ARTURO GABRIJELCIC

ma anche con esplicito riconoscimento, come risulta da queste sue
righe in risposta al segretario del senato milanese, Giovan Battista
Sacco, che con altri suoi ammiratori lo invitava a lasciare il vol-
gare e il versificare latino, preferendo i suoi lettori la sua limpida
prosa :

«... dice il mio Signor Sacco, Ch'io deverei scrivere sempre in latino :
raro o nommai in volgare. Vorrei soggiungnere la sua ragione, quando far
lo potessi senza pregiudizio della modestia. Mi ci proverò. Dice dunque V.S.
che nello scriver latino mi posso contentar del luogo, che da i dotti mi viene
assegnato senza contrasto, et è (secondo lei) molto honorevole . . . » 199).

Il Bonciari riconosce i suoi limiti nella lingua toscana, e ciò è
facilmente verificabile nei suoi pochi scritti in italiano.

Nel 1602 aveva dato inizio alla descrizione degli uomini più
illustri di Perugia negli ultimi quattrocento anni, ma s'era accorto
in tempo di quale vespaio di lamentele, sollecitazioni e minacce
ciò fosse causa, poiché chiunque avesse mire di nobiltà gli chiedeva
di parlare di questo o di quel suo antenato più o meno illustre 13”,
per cui lasciò la cosa incompiuta. E in questo non proviamo alcun
rammarico, perché quanto era valente nello scrivere in latino al-
trettanto lasciava a desiderare nella precisione storica e nelle valu-
tazioni concrete. Prova ne sia il suo punto di vista sul problema del
secolo nel territorio perugino intorno al lago Trasimeno, problema
che faceva alzare sporche d’inchiostro le inondanti alluvioni fonti
di disastri.

Il problema allora si presentava in un modo opposto a quanto
il lago Trasimeno ha suscitato in questi ultimi anni e per il quale
veniva chiamato «il lago malato ». In quegli anni infatti nelle sta-
gioni di pioggia era frequente la crescita del livello del lago con con-
seguenti allagamenti dei paesi rivieraschi. Poiché si sapeva di un
cunicolo sotterraneo, costruito da Braccio Fortebraccio, allo scopo
di collegare il lago con il Tevere per convogliarvi le eccedenze idriche
dei momenti di piena, il Bonciari espresse il suo parere sulla questione
al vescovo di Montepulciano 188) e al Bracciolini 139),

Quello stesso anno (1602) il Bracciolini intervenne all'accademia
letteraria in onore di S. Bernardo, patrono del collegio, insieme ad
illustri letterati e alle autorità della città e di fuori. Lodò le com-
posizioni greche e latine dei giovani collegiali che pendevano alle
pareti del collegio 149, complimentandosi apertamente con chi aveva

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ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 137

saputo infondere nei giovani tanta grazia e capacità letterarie 141),

In una lettera ad un amico di Pisa, il Bonciari accenna ai mo-
tivi che l’anno precedente gli avevano sconsigliato l’accettazione
della cattedra di eloquenza all'Accademia di Pisa, quantunque il
posto fosse onorifico e notevole lo stipendio. La cecità, le varie in-
fermità, l’incertezza e il senso di gratitudine e di amicizia verso il
vescovo Comitoli non gli avevano permesso di accettare l’offerta 142).
La stessa cosa era avvenuta per la cattedra di eloquenza offertagli
dal Senato di Bologna e per l’incarico di bibliotecario alla Biblioteca
Ambrosiana, offertogli dal cardinale Federico Borromeo, da lui co-
nosciuto durante le solenni onoranze alle reliquie di S. Carlo, tenu-
tesi a Perugia. In compenso ottenne il doppio dello stipendio avuto
fino allora.

Nel 1603 manda alle stampe il proprio epistolario. È quello
in dodici libri che andiamo sfogliando alla ricerca di notizie bio-
grafiche e che l’occhio e la curiosità di un mondo personale e sociale
passato ricercano con estremo interesse 143),

Il volume, elegantemente rilegato nell’edizione del 1613, è de-
dicato al vescovo Napoleone Comitoli. Contiene 363 lettere divise
in dodici libri, lettere del Bonciari e dei suoi amici e destinatari,
in elegantissimo latino, ricche di notizie, di sentimenti e di spurti,
che immettono con freschezza nel mondo intellettuale, culturale,
spirituale, più spesso personale, dei personaggi, noti e meno noti,
che girano intorno alla figura principale del Bonciari.

Il volume ottenne un grande successo, non solo in Italia ma an-
che in Germania, ad opera del grande umanista e intimo amico del
Bonciari, Giusto Lipsio, il quale insegnava a Lovanio.

Quando uscì la prima edizione, il Bonciari cedette tutti i diritti
di vendita all’editore Naccarino di Perugia e non ritenne per se
alcuna copia, non avendone così da dare in regalo ai suoi numerosis-
simi amici o sedicenti tali. In una lettera di quell’anno al discepolo
Pietro Dini, spiega i motivi della cessione all’editore, e del fatto di
non trattenere copie presso di se: innanzitutto tratta tutti allo
stesso modo, pur essendogli alcuni più amici di altri, e così non di-
spiace a nessuno ; secondo, la povertà non gli permetteva di essere
così generoso con tutti né inurbano con qualcuno ; terzo, desidera
sentire il giudizio degli esperti in materia e a questo fine non vuole
influenzare nessuno per ovviare al motto «os unctum non male
dicit» e senz'altro dopo aver sborsato il prezzo ogni lettore sarà
più sincero nel suo giudizio, in bene e in male 144,
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138 ARTURO GABRIJELCIC

Cosa succedeva invece le altre volte ?

« Codices vero cum primum ad lucem, imo etiam priusquam ve-
niant, quasi mihi donati essent, ita dono exiguuntur a multis, nec
ego cuiquam negare audeo: quibusdam offero mea sponte, et pe-
cuniam reddituros inhibeo, illi donatur quia est amicus, huic quia
cognatus, aliis quia cognati amicus, vel amici cognatus ...» 145),

In questo stesso anno intraprende alcuni viaggi fuori Perugia,
a cavallo. Una prima volta si porta a S. Maria degli Angeli, da dove,
con uno strattagemma facilissimo, data la sua completa cecità, al-
cuni suoi ex-convittori folignati lo ospitano per due giorni presso
le loro famiglie 149,

Con un secondo viaggio vuol soddisfare la sua pietà mariana col
portarsi fino a Loreto. Una vivacissima e lunga lettera di uno dei
suoi tre accompagnatori 147, Camillo Venanzi di Fabriano, ci fa gu-
stare il movimentato viaggio del Bonciari, non per pericoli occor-
sigli ad opera di predoni o di incidenti, quanto per le accese rivalità
verificatesi tra le famiglie dei suoi collegiali. Le famiglie che si tro-
vavano lungo il suo cammino, avvisate dai figli, lo attendevano al
varco e se lo contendevano. A Foligno, un libraio che gli offriva
un'edizione completa di Virgilio commentata da vari autori, si ebbe
un salace rimbecco per questo gesto, che voleva quasi sottintendere
il Bonciari incapace di gustare il poeta latino nell'originale. A Ca-
merino i seminaristi affrettarono una composizione latina per lui,
sulla cui grammatica avevano appreso i primi rudimenti. Uno dei
più piccoli poi volle che il Bonciari dormisse sul suo letto, perché
«pauco mollior» 4? e perché voleva avere qualche privilegio da
vantare. Gli fu concesso affabilmente.

Tra Camerino e Macerata s'imbatterono in un sacerdote fran-
cese, col quale il Bonciari parlò continuamente per quattro ore di
viaggio, discorrendo insieme « de Regno Italiae, de tumultu Gallia-
rum, de Hispanorum apparatu, de Belgarum nova defectione, de
schismate Anglicano, de Orbe toto, imprimis autem de Lauretana
historia, quam Bonciarius memorabat memoriter » 149),

Il viaggio a cavallo si concluse felicemente, ed era stata espressa
volontà del Bonciari l'uso del cavallo, piuttosto che la carrozza del
Comitoli o la lettiga dei marchesi Della Corgna !90, Esso fu il canto
del cigno di un corpo cinquantenne ormai votato al disfacimento
più doloroso. ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

L'anno successivo, 1604, compose per se questo epitaffio :

Non ego, Hospes, deflens tibi, ne erres.

Tu a me levandus. Mihi, adversus perpetuas hostes,
Podagram, Chiragram, Coecitatem, Paupertatem, Invidiam,
stetit semper invicta hilaritas.

Divae illae Coelestes donabant pugnanti auxilium,
vincenti triumphum.

Mors ipsa est mihi, quam fuerat vita, liberalior ;
ista unum soli pedem non concessit ;

haec quattuor indulget, plures pollicetur,

histic diuturnos, alibi aeviternos.

Quam diu vixerim, quaeris ?

Hoc ego et vivens sciebam,

triginta duos annos, et unam noctem.

Abi, obi felix 15),

Dal che si viene a sapere che dal 1585 cominció a perdere l'uso
della vista, cessó la vita ed inizió la notte.

All’inizio del novembre 1615 cominciò a soffrire di violenti co-
nati di vomito durante le notti e ad ardere di una sete violenta do-
vuta alla sopraggiunta malattia dell'idropisia. Comprese di essere
alla fine e per questo si preparó cristianamente alla morte, che so-
praggiunse la notte del 9 gennaio 1616, all'età di 63 anni.

Delle sue varie composizioni latine, quella che a lui fu più cara
e che anche noi oggi approveremmo di piü, la piü riuscita e interes-
sante é la raccolta della sua corrispondenza con i numerosi e quali-
ficati suoi amici. In essa, col variare dei rapporti dovuti alla diversità
dei destinatari, noi scorgiamo la molteplicità delle sue doti, umane
e letterarie. !

Aperto verso i suoi discepoli colla piü accogliente comprensione
per le loro difficoltà e scoraggiamenti, insieme alle lodi e agli inco-
raggiamenti non lascia di far conoscere anche i suoi consigli paterni
e qualche ben espressa riprovazione. Prevale peró in queste lettere
una certa tenerezza che é comune a tutto il suo epistolario. In mol-
tissime di queste lettere, sia che siano indirizzate al Baronio o al
Bencio o al Bracciolini, prevale un caldo senso di amicizia che chiede
corrispondenza e questa non solo nei sentimenti ma anche nelle
rispettive composizioni, l'ultimo «foetum » era solito chiamarlo il
Bonciari nei suoi scambi con Giusto Lipsio 152. Dalle sue lettere non

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EE.) 140 ARTURO GABRIJELCIC

appare minimamente l’invidia o la gelosia, ma sì la gioia schietta
per la lode di un rinomato letterato o lo schietto giudizio, senza
acrimonia, di versi di poco conto e di smisurate ambizioni. In una
lettera ad un francescano di Gubbio, P. Teodosio Velia, dopo aver
lodato il suo stile latino, gli rimprovera la mancanza di un qualsiasi
« vestigium » religioso nella sua lettera, a cominciare dalla firma, e
con chiare parole stigmatizza religiosi e preti di mondanità :

« Cur enim Theodosium Veliam te appellas, nec ante scribis Fratrem,
clericum, Franciscanum ? nec enim te suspicor ex illorum numero esse quos
pudet palam fateri, quod profitentur, et cum in Fratres adsciti fuerint, iniu-
riae loco habent, si Fratres vocantur ; magistros se, aut dominos aut mono-
dominos dici volunt; Frater jam ignobile praenomen est apud sodales reli-
giosos, ut Dominus apud Presbyteros saeculares ».

In altra circostanza, richiesto di un consiglio da un religioso
agostiniano, già generale dell'ordine, su come avrebbe dovuto fir-
marsi sul frontespizio di un commentario su Isaia già dato alle stam-
pe, il Bonciari lo convinse a non mettere accanto al proprio nome
come gli era stato consigliato : « Magistrum, Theologum, olim Gene-
ralem, nunc Reverendissimum, adoptione Borbonium », ma a met-
tervi più semplicemente « Fratrem Thadeum Augustinianum de Pe-
rusia ».

Coltivó con cura ed amore sincero le sue amicizie, quelle gio-
vanili di Roma e quelle della maturità. Esse si ramificavano in
ogni parte d'Italia, specialmente Umbria, Marche e Lazio, e anche
all'estero, come le molte lettere al Lipsio a Lovanio, al Lubienski
a Cracovia, al gesuita Paolo Alessi a Goa in India 153) dimostrano.

I suoi destinatari rivelano una vasta gamma di uomini colti,
dagli studenti agli ex-allievi del Seminario, dai semplici religiosi ai
loro superiori abati e generali, dai sacerdoti ai vescovi e ai cardinali,
molti dei quali avevano scelto la sua scuola e la sua valentia per i
propri nipoti, cosi il Pallotti, il Baronio, il Tarugi, il Visconti, mentre
con il Cusano (Agostino), il Capponi, il Bevilacqua, Pio di Savoia,
Pinelli, Pallotti, Sirleto, Maffeo Barberini, Sfondrati, Arrigoni, Bel-
larmino, Silvestro Aldobrandini ecc. aveva diversi motivi di amicizia
o di clientelismo proprio dei letterati, mai peró degenerato in ser-
vilismo. Al nutritissimo scambio epistolare col gesuita Francesco
Bencio, seguono altre lettere con i gesuiti Stefonio, Sacchino, Ve-
rierio, Tursellino, Alessi, Maffei, Trigonio, Mangioni e ancora altre
con distinti religiosi e abati camaldolesi, francescani, serviti, olive-

PEE EUIS s EIUS T E ENDE. DD m NURSE i-r. ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 141

tani, agostiniani. Non mancano conti e marchesi, segretari e notai
illustri, spesso usciti dalla sua formazione umanistica. Tra i suoi
destinatari mancano completamente le donne.

Il suo talento di raffinato scrittore latino, piü in prosa che in
poesia e le sue profonde qualità di maestro in queste due arti, fu-
rono la garanzia e la fortuna del collegio di S. Bernardo. Quando
egli cominció ad assentarsi dalla scuola diretta a causa dell'aggra-
varsi della malattia e oramai un «collega » lo sostituiva quasi in-
teramente, si cominció a parlare di ritrasferire il collegio dei convit-
tori in Seminario, la qual cosa avvenne qualche anno dopo la sua
morte 154),

Nel chiostro della cattedrale di Perugia, in una nicchia, è con-
servato il suo busto. Il suo volto è fedelmente espresso nella sua con-
dizione di cecità, come già l’abbiamo trovato anche in altri due ri-
tratti a penna all’interno dei suoi libri 155°, Le occhiaie sono incavate
sotto i sopraccigli molto sottili. Il naso affilato, si compone in ar-
monia con tutto il viso, reso asciutto dalle sofferenze. L'ampia fronte
è sormontata da capelli cortissimi. La bocca, regolare, è messa in
ombra da corti baffi e da un modesto pizzo sul mento. Tutto il volto
parla di uno spirito retrostante pieno di sensibilità, modellato come
il suo specchio esterno dalle diuturne e notturne fatiche del dolore
e illuminate da una chiara intelligenza e rese composte da una fede
profonda.

Questo è il ritratto di Marcantonio Bonciari, grande umanista
del Seminario di Perugia, nel quale fu dapprima formato sotto la
guida del Sozi, quindi gli si affiancò per formare i primi chierici
della fresca istituzione diocesana, maturandone alcuni non solo sul
piano della scienza letteraria ma anche su quello più importante
delle virtù vissute.

Data la conoscenza che il suo epistolario ci ha permesso, pos-
siamo dire con sicurezza che nessun’altra figura, anche sacerdotale,
è in grado di far passare in seconda posizione quella del Bonciari.

Ben meritata, anche se tardiva, è l’attribuzione di una via della
nostra città al suo nome. Peccato che la sua opera di letterato e di
educatore non sia ancora stata messa sufficientemente in risalto,
e nella storia locale e in quella letteraria.
comitem

142 ARTURO GABRIJELCIC

NOTE

V

1) Concilium Tridentinum. Friburgo, Goerresiana, 1901 ss. ; Enchiridion
| clericorum, Documenta Ecclesiae sacrorum alumnis instituendis. Roma, 1938 ;
| A. THEINER, Il Seminario ecclesiastico. Roma, 1834 ; G. MoronI, Dizionario
| | di erudizione storico-ecclesiastica, vol. xvir. Venezia, 1842 ; G. DE GIOVANNI,
J | La storia dei Seminari clericali. Roma, 1747 ; L. PastoR, Storia dei Papi
| dalla fine del Medioevo, voll. 1v-1x. Roma, 1922; L. CeEccoNI, Instituzione
| dei Seminari vescovili decretata dal Concilio di Trento. Roma, 1756 ; M. BAn-
| BERA, L'origine dei Seminari a norma del Concilio di Trento, in « La Civiltà
: | Cattolica », 91, 3 (1940), pp. 215-221; J. O'DowonoE, Tridentine Seminary
S Legislation. Its sources and its formation. Louvain, 1957; SAcRA CONGREGATIO
Ng DE SEMINARIIS ET STUDIORUM UNIVERSITATIBUS, Seminaria Ecclesiae Ca-
ga tholicae. Roma, 1963.

| ?) Concilium Tridentinum, « Cum adolescentium », sess. xxii, c. 18.
3)*Gonc. Trid:; Sess. XXII C: 918:

| 4j"Gonc. Trid., sess. XXIII, c. 18:

1 | 5) Bolla « Inter alia », Archivio del Seminario.

| *) Si notino le fonti dalle quali sono tratte le Costituzioni : sacra Scrit-
tura e santi Padri. Abbiamo cercato di controllare se la particolare venera-
zione del Seminario perugino per S. Basilio dipendesse anche dalle sue re-
| gole, ma non abbiamo trovato alcun riferimento né di forma né di contenuto
M alle sue regole monastiche.

7) L’insieme di questo capitolo è di chiara impostazione monastica,
insieme ad altri che seguono sotto: vr, de silentio ; ix, de novitijs ; xvI, de
; predicatoribus ; xv, de itinerantibus ; xxi, de capitulo tenendo ; xxII, quo
|J constitutiones peccati obligationem non inducant.

\ I 5) La vita spirituale del chierico apparteneva piuttosto all'aspetto for-
| mativo-disciplinare di competenza del Rettore che a quello del direttore

- spirituale. Questa funzione era sconosciuta in questi primi anni di vita del
È Seminario perugino. C'era sì un incaricato per le « cose spirituali », ma questi
B era solo un chierico e faceva solo opera di controllo a che tutti prendessero

parte alle preghiere, messe, confessioni e comunioni. Lo vedremo meglio
piü avanti.

*) Da queste parole appare chiaramente il fine moralistico del silenzio.
| Niente che metta in risalto la funzione ascetica di un silenzio interiormente
coltivato e protetto esteriormente dalla regola ; unica preoccupazione appare
AI la volontà di escludere in ogni modo l'occasione materiale di discorsi che si
© n | presumono o si paventano illeciti. Questi atteggiamenti e contenuti educativi

| non potevano non creare situazioni morbose, come vedremo.
| 1°) Da questi riferimenti e da altri ancora, sparsi qua e là, appare chia-
| ramente l'impostazione monastica adottata dai superiori del Seminario per
formare i chierici perugini.
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 143

uy Beni e diritti della Chiesa : questo impegno di difesa e di amplia-
mento dei beni patrimoniali a favore della Chiesa si risolveva di fatto in una
lotta cosi puntigliosa all'interno della Chiesa stessa, mediante strumenti le-
gali, monizioni, privilegi, ricorsi ecc... contro ecclesiastici, monasteri, auto-
rità cittadine, confraternite ecc... tali da costituire la maggior documenta-
zione di quei tempi.

1*) Appare anche all'occhio la maggior estensione di tutto questo pa-
ragrafo, dedicato a uno dei punti nevralgici della formazione dei chierici,
quello del loro comportamento. Notiamo come a questo riguardo e piü spe-
cificamente per il problema della castità, la regola utilizza il testo evangelico
della correzione fraterna (Mt. 18, 14) dilungandosi nel descriverne l'uso e gli
scopi. L'intento é senz'altro buono, ma vedremo piü sotto come si prestasse
ad un uso morboso e come non risultasse efficace perché rimedio puramente
disciplinare ed estrinseco.

?) Questa soluzione « vendicativa » conferma quanto abbiamo detto
sopra, sia che venisse accettata sia che non fosse accettata.

14) Il cardinale Antonio Maria Gallo resse la Diocesi perugina dall'an-
no 1586 al 1591 (EugBEL, Hierarchia catholica . .., p. 272).

15) Questa seconda aggiunta è molto posteriore rispetto alla stesura
delle Costituzioni, l'Aureli infatti risulta prete l'anno 1700, la riportiamo peró
perché risulta sempre annessa alle Costituzioni.

16) C. BAGLIONI, Perugia sagra, anno 1566.

17?) Cassetta « SEMINARIO », Archivio della Curia arcivescovile. Non
avendo il documento alcuna designazione particolare, lo citeremo nel modo
seguente: Visita pastorale in Seminario, 1591.

15) Statisticamente, di questi 26 chierici (eccettuati i Superiori 1, 2,
20) ne sono usciti 15 sacerdoti, dei quali 12 non contribuenti, 3 contribuenti !

19) Bolla Inter alia e Constitutiones.

20) Probabilmente ci si riferisce alla visita del 1567 del Della Corgna
già citata, a quella del 1571 del Visitatore Apostolico cardinal Paolo Maria
Della Rovere (Visitationes a Ruere, 11, Archivio della Cancelleria Vescovile).

21) Visita pastorale in Seminario, 1591, c. 11, al n. 4.

22) Nel senso di ‘ricercatezza’ ed ‘ eleganza ’.

2) Visita pastorale in Seminario, 1591, cc. 11, III, IV, V, ai nn. corri-
spondenti.

24) Visita pastorale in Seminario, 1591, c. x1.

2) Visita pastorale in Seminario, 1591, c. x11, scritta da mano diversa.

**) La sottolineatura è nostra.

2?) Possedimento del Seminario a un’ora di cammino dalla città.

28) Servitori addetti a qualche superiore in particolare.

**) Don Francesco Vicini, cerimoniere in Cattedrale e confessore in
Seminario; don Cesare Filippi, diacono e mastro di casa.
3°) Visita pastorale in Seminario, 1591, c. x1, in ultima pagina.

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3) Nel libro delle spese del Seminario Entrata-Uscita 1593-1602, Ar-
chivio del Seminario, risulta l'acquisto di un quaderno per segnarvi «li de-
fetti notabili dei Giovani ».

3) Visita pastorale in Seminario, 1591, c. XI.

33) Oltre gli storici già citati, c'é anche questa affermazione riferita dal
canonico Glotto Ranieri (1775) e tolta da un ms. piü antico di proprietà del
conte Sperelli di Castel del Piano: «... e diedeli le famose Constitutioni,
quali si dilatarono e trasferirono a molte città...» (Archivio Capitolare, sez.
D, serie IV). i

34) Statuta et Constitutiones Sinodi Dioecesis Perusinae. Perugia, 1577, p. 2.

5) Perugia, Seminario, Spogli, n. 55, Archivio del Seminario :

1. Constitutiones Venerabilis Collegij Seminarij Perusini aeditae ab E.mo

Fulvio Corneo Cardinali et Ep.o Perusiae suae Patriae,

prima die octobris anno D.ni MDLXIV,

Sequuntur Institutiones Iuvenum Clericorum in S.to Seminario Eccl.ae

Perusinae educandorum ex sacris Litteris; additio (card. Gallo),

additio alia (rettore L. Aureli),

3. Distributione dellore in tempo degl'Esercizi Sp.li per li Seminaristi,
adattata all'Autunno,

hN

4. Benedictiones et orationes,

5. Modus servandus in principio Congregationis,

6. Sommario delle Costitutioni per li Chierici del Seminario di Perugia,

7. Circa li Novitij che non saranno atti per l'età a richiedere gli Ordini
Sacri, i

8. Tabella del Vitto per le settimane fuori Quaresima e per le settimane di
Quaresima,

9. Perpetua Horarum Distributio in Collegio Seminarij Perusini obser-
vanda,

10. Regulae Generales.

se) Diario Perugino ecclesiastico e civile per l’anno bissestile 1772, dalle
stampe di M. Riginaldi, Perugia, 1771.

3?) Diario cit., p. IX.

35) Diario cit., p. XII.

39) « Quoniam E.mus Cardinalis Corneus huius amplissimi Collegij Pro-
vidus Institutor... certi temporis ordinem... servandum decrevit ... haec
tabula fuit exarata» (Perugia, Seminario, Spogli, n. 55).

4°) Visita pastorale in Seminario, 1591, c. xit.

2) Perugia, Seminario, Spogli, n. 55.

3) Visita pastorale in Seminario, 1591, fasc. xi: « Della Devotione in
Generale ». Un'altra prescrizione così dice: « Che quando si va alla Messa,
se alcuno vuol restare di quei putti per non andare alla Messa, sij gastigato,
e poi fattovi andar per forza, e non lasciato star in camera, mentre ci vanno
gl'altri » (ivi).

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cce EIA ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 145

^) Visita pastorale in Seminario, 1591, fasc. xir, « Del Mastro di casa ».
44) Perugia, Seminario, Spogli, n. 55.

45) Giornale del Seminario, 1564-66, passim.

4) Giornale del Seminario, 1568-71, passim.

4?) Giornale del Seminario, 1564-66, c. 69v.

48) Libro del Seminario, 1565-68, in data 7 ottobre.

**) Giornale del Seminario, 1568-71, p. 16.

5°) Giornale del Seminario, 1568-71, p. 25.

51) Constitutiones . . ., 111, «De Cibo».

5*) Visita pastorale in Seminario, 1591, n. 15.

5) Constitutiones . . ., via, « De Silentio ».

54) Visita pastorale . . ., «Ordinamenti et Avertimenti per il M? di casa»,

55) Giornale del Seminario, 1568-71, in detta data.

5*) Visita pastorale in Seminario, 1591, « Ordinamenti et avertimenti
per li chierici », n. 21.

5?) Visita..., « Avertimenti et ordinamenti per il Preposito », n. 16.

58) Constitutiones . .., vii, « De Silentio ».

59) Visita..., «Ordinamenti et avertimenti ...», passim.

6°) Visita..., «Della Devotione in generale », nn. 2, 3.

81) Tutta questa regolamentazione sospettosa può avere una sua spie-
gazione nel fatto increscioso verificatosi nel 1586, quando il sacerdote Rai-
nero Franchi fu processato per immoralità, impiccato e bruciato pubblica-
mente nell'attuale piazza Matteotti. Complice e vittima era stato un chierico
del Seminario.

??) Perugia, Seminario, Spogli, n. 55.

6) Visita pastorale ..., « Ordinamenti et Avertimenti », n. 2.

64) Da una lettera di M. Bonciari, in S. Caroli humana felicitas. Perugia,
1614, p. 185.

*5) Entrata e Uscita del Seminario, 1579, in detta data.

**) O. LANCELLOTTI, Scorta sagra, 1, p. 378.

€?) BONCIARI, « De transmigratione . .. », in S. Caroli humana felicitas
Cit. p.196;

68) S. Caroli humana felicitas cit., pp. 185-202.

65) È facilmente verificabile in tutti i libri amministrativi del Semi-
nario, a cominciare dal primo : Libro del Seminario 1564-66.

7°) Rilevabile dal ms. 1471, Carte Mariotti, in Biblioteca Augusta,
datato 26 settembre 1661, ma riproducente situazioni rilevabili anche nei
documenti che richiameremo più sotto.

^?) Nell'epistola n. 30 del rv libro delle sue lettere M. BonciarIi (Epi-
stolae. Perugia, 1613, p. 247) riporta due gustosissimi episodi verificatisi du-
rante l’esame di due ragazzi del Seminario davanti alla commissione esami-
natrice, presente anche il: Vescovo.
146 ARTURO GABRIJELCIC

7) M. Bonciari, Oratio Perusiae in Seminario habita, xv Kal. iulii
MDLXxxvH, «Cum ibi Humaniores Literas profiteri inciperet ». Perusiae,
typis A. Brixiani. 1587.

3) Per ovviare a questo danno nei giovani, una ventina di anni dopo
chiederà al card. Baronio, tramite il Vescovo Comitoli, il permesso di leg-
gere, tra l'altro le opere di Erasmo, allo scopo « insectandi lascivos versifi-
catores et vindicandi a turpitudine abutendi piam artem et celeste inven-
tum, Poesim » (Hieropylum. Perusiae, Apud Petrumjacobum Petrutium, 1603,
ep. n. 55, p. 93.

'*) BonciaRrI, Oratio Perusiae in Seminario habita cit., p. 15.

75) M. BonciarI, Hieropylum cit., p. 85.

7) Idem.

7) Di un sacerdote precettore così parla: «ingenio subaspero et fere
barbara feritate imbutum ».

78) Cum adolescentium, « De Reformationes », sess. XXII, Cap. 18.

7*) Institutiones, cap. x1, « De Studio ».

39) Giornale del Seminario, 1564-1566, in detta data.

81) Institutiones, « De Studio ».

$2) Jdem.

83) Idem.

84) Institutiones, « De Studio ».

85) Idem.

s6) Questo stato di cose della scuola, della disciplina e dei superiori,
rimane documentato nel diario scritto dallo stesso Tomassino in qualità di
vicerettore negli anni 1620-21 e contenuti nell’archivio del Seminario con il
titolo Notizie di nessun valore.

87) Il domenicano in giugno, il rettore a dicembre; in Notizie di nes-
sun valore, ms. del Vicerettore Tomassino, nell’archivio del Seminario. Per
la cronaca, l'Artemio, già prete nel 1619, morì l'anno successivo per malattia.
Dei suaccennati Tomassino, Sante, Federico, Caporali, Piparello e Luna, solo
Federico e Caporali divennero preti nel 1621, degli altri nessuno si fece prete
e il successivo prete il Seminario lo ebbe soltanto nel 1630.

88) Visita pastorale in Seminario, 1591, fasc. Ix.

89) Idem.

*)9) Visita..., fasc. II-III-IV-V-IX.

*) Visita..., fasc. 1x ; lettera del Galassini citata.

9) Si veda il cap. 1 del presente studio.

*) Cum adolescentium . .., « De Reformatione », sess. XXIII, c. 18.

94) Cum adolescentium ..., «De Reformatione », sess. XXIII, C. 18.

95) M. BoncIARI, Oratio Perusiae in Seminario habita cit.

*») Institutiones, c. xii, « De Gradibus et Graduandis ».

9?) Idem.

8) Vedere l'elenco nell'Appendice.

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copre SONAR ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

°°) M. BoncIARI, Epistolae, l. 1, ep. 15, p. 57. Perusiae, 1613.

100) A. OLDOINI, Athenaeum Augustum, Perusia, 1678, p. 225. L'Oldoini
trae spesso le notizie dal ricco espistolario del Bonciari, ma spesso in modo
errato, come ad es. la data di nascita : 1555.

1") A. OLDOINI, Afhenaeum Augustum, p. 226.

1") M. BONCIARI, Epistolae, l. xit, ep. 31, p. 754.

1») M. Bowcianr, Epistolae, 1. x, ep. 15, p. 608.

104) Questi furono introdotti dal Vescovo Bossio nel 1577 e furono poi
trasferiti dal vescovo Comitoli nel collegio S. Bernardo e affidati allo stesso
Bonciari. Tra i convittori vi fu lo storico perugino Cesare Caporali, orato-
riano, il quale scrive: «... eio prima pianta inestata in quel luogo mi glorio

. ove il maestro principale è hora M. A. Bonciario Perugino, versatissimo
nelle lettere latine e greche e chiarissimo per molte opere, che ha alle stampe,
le quali tuttodi sono per le mani di letterati homini ». (C. CAPORALI, Perugia
Augusta, p. 49. Perugia, 1648).

165) Così riferisce il fatto lo stesso Bonciari: «... uxore fato defuncta,
vir supra quadragesimum et quintum annum, me docente adeptus linguam
latinam, ex idiota Presbyter factus, et sacerdotio potitus, animabus curandis
praefuit annos ipsos duodeviginti ». (M. BowciaAnr, Epistolae, 1l. xir, ep. 23,
p. 739). Il padre avrebbe voluto farsi gesuita, ma per la sua totale mancanza
di studi non fu accettato.

1") M. BonciaRrI, Epistolae, l. x, ep. 2, p. 583.

107) Idem.

108) Liber Ordinationum, 1, in data 22 settembre 1576.

109) DECRETALIUM, III, in data 24 luglio 1572.

110) A. OLZDOINI, Op. cll;; p3:226.

111) Rispondendogli il Mureto in una lettera del 1591 (M. BoncIARI, Epi-
stolae, l. 111, ep. 12, p. 147) lo ringrazia dei suoi versi e di una « crusta saccharia
Perusina longe soavissima » !

1?) M. Bowcianri, Epistolae, l. 1, ep. 2, p. 39, al cardinale Sirleto.

13) M. BoncIARI, Epistolae, 1. 1, ep. 1, p. 33 riportata al cap. 11, Origini
del Seminario, n. 1, « L'avvio del 1559 ».

14) M. BonciARI, Epistolae, l1. 1, ep. 1, p. 36.

15) Idem.

116) M. BONCIARI, Epistolae, l. 1, ep. 1, p. 37.

17) C. BAGLIONI, Perugia sagra...,in data 2 marzo 1582.

118) Lettera del cardinale al Capitolo della Cattedrale in data 5 maggio
1574 (Archivio Capitolare, sez. A, «Sedis Vacantis »).

119) A. OLDOINI, Aíhenaeum Augustum, p. 227.

120) Libro de Cassa 1565-1588, passim.

1:1) M. BoncIARI, Epistolae, passim.

??f) M. BoNCIARI, Epistolae cit., 1. 11, ap. 1, p. 79.

13) M. BoNcranr, Epistolae cit., l. r1, ep. 2-3, pp. 134, 136-37.
148 ARTURO GABRIJELCIC

124) M. BONCIARI, Epistolae cit., l. rv, ep. 5, p. 266.

125) M. BONCIARI, Epistolae cit., l. rv, ep. 6, p. 206.

1:5) M. BONCIARI, Epistolae cit., |. rv, ep. 9, pp. 210-12.

127) M. BONCIARI, Epistolae cit., 1. 1, ep. 16, p. 61.

128) M. BONCIARI, Epistolae cit., l. v, ep. 5, p. 266.

129) Jdem.

180) M. BoNCIARI, Epistolae cit., 1. rv, ep. 18, pp. 224-27.

131) M. BowcrianRr, Grammatica, Perusiae, Typis A. Constantini.

13?) Si veda la storia del collegio più sopra, cap. 111, Le sedi del Seminario,
n. 4, « Collegi collegati alla storia del Seminario ».

13) Ad esempio durante la visita del Baronio insieme al cardinale Ago-
stino Cusano (M. Bowcianr, Epistolae cit., 1. vr, ep. 6, p. 317 ; ep. 13, p. 326).

184) M. Bowcianr, S. Caroli Humana Felicitas cit., p. 191.

135) M. BoNCIARI, Epistolae cit., l. viti, ep. 4, p. 439.

186) M. Bonciari, S. Caroli Humana Felicitas cit., p. 210.

17) M. Bowciani, Epistolae cit., 1. viti, ep. 16, p. 459.

138) M. BONCIARI, Epistolae cit., l. viti, ep. 18, p. 462.

39) M. BoNCIARI, Epistolae cit., 1l. viti, ep. 19, p. 469.

14) M. BONCIARI, Epistolae cit., l. viti, ep. 22, p. 475.

14) M. BoNwciani, Epistolae cit., l. viti, ep. 22, p. 476.

14) M. BoncIARI, Epistolae cit., l. viti, ep. 22, p. 475.

14) EPrsTOLARUM M. AnTONII BonciaRI, Lirsni xim, ad Rev.mum D.
Neap. Comitolum ... Perusiae, Ex Typographia Augusta, 1613.

144) BONCIARI, Epistolae cit., l. ix, ep. 1, p. 501.

15) Idem, p. 504.

4*) BONCIARI, Epistolae cit., 1. rx, ep. 8, p. 516.

147) BONCIARI, Epistolae cit., 1. ix, ep. 27, p. 545.

14) BoNCIARI, Epistolae cit., l. 1x, ep. 27, p. 551.

14?) Idem, p. 553.

15) Idem., p. 545.

151) BONCIARI, Epistolae cit., l. x, p. 631.

1:2) BONCIARI, Epistolae cit., l. x1, ep. 1, p. 633.

13) *Goam ad Indos Antipodas', cosi sottotitola la sua lettera. In
essa esprime la sua ingenua meraviglia di letterato nel non aver ancora ri-
cevuto alcuna composizione letteraria prodotta laggiù come frutto delle
scuole dell'apostolato gesuita ! (BonciaRI, Epistolae cit., 1. x11, ep. 22, p. 736).

154) «De transmigratione Collegij Augusti a Monasterio S. Bernardi ad
Seminarium », in S. Caroli Humana Felicitas cit., p. 185.

155) In SS. Caroli humana felicitas cit., p. 9; Hieropylum cit., p. 3.
V
LE ORDINAZIONI

Portando ormai a termine la nostra ricerca sulle origini del
Seminario non ci resta che dare una veloce scorsa al meccanismo
giuridico e sacramentale con il quale il chierico s'avviava a com-
pletare la propria preparazione al compito pastorale.

Attraverso considerazioni tratte dalle Costituzioni, arricchite da
elementi piü vivaci colti dal vivo di documenti meno ufficiali, com-
pleteremo l'esposizione del meccanismo attraverso le notificazioni
di carattere curiale quali ci sono offerte dai bandi pubblici e dai
registri delle Ordinazioni sacre diligentemente redatte in ottempe-
ranza ai decreti tridentini.

Da ultimo faremo un breve accenno comparativo sugli indici di
perseveranza vocazionale di allora in raffronto a una simile situa-
zione odierna.

1. L'ACCETTAZIONE IN SEMINARIO

Il Concilio di Trento per l'ammissione in Seminario chiedeva
per i candidati i seguenti requisiti: 12 anni come minimo ; nati da
legittimo matrimonio ; capaci di leggere e scrivere ; di indole e vo-
lontà volte al ministero sacerdotale ; preferenza per i figli dei po-
veri; non esclusi i ricchi, purché si sostenessero a proprie spese e
fossero intenzionati a darsi a Dio e al ministero sacerdotale ".

Il cardinale Fulvio Della Corgna nella sua bolla di fondazione
prescrive i fondamenti istitutivi del Seminario perugino sulla scorta
dell’ordinamento tridentino, adattandolo però alle circostanze con-
crete della diocesi; questi i requisiti : ragazzi poveri; della città e
diocesi perugina; nati da legittimo matrimonio ; non inferiori ai 12
anni ; che sappiano leggere e scrivere compatibilmente colla propria
età; la cui indole e propensione faccia sperare in loro dei futuri
ministri; non esclusi i figli dei ricchi, purché si mantengano a pro-
150 ARTURO GABRIJELCIC

prie spese e diano speranza di servire Dio e la Chiesa, sottoponen-
dosi alle stesse osservanze degli altri ?.

Le «Institutiones » del Seminario, al capitolo vir «De Reci-
piendis », dopo aver rimandato ai suaccennati requisiti tridentini,
specificano piü particolareggiatamente alcune condizioni da esigersi
a chi chiede di essere ammesso : non si ammetta nessuno che non
sia stato accettato dal vescovo o dal suo vicario ; ci si accerti dili-
gentemente che non sia onerato da alcun incarico impegnativo con
altri; che non sia vincolato da alcuna forma di servitü perpetua,
nel qual caso si abbia il consenso del creditore o padrone? ; che
non sia stato condannato per alcun delitto o diffamato per nessun
crimine ; che non abbia professata alcuna religione approvata ; che
non sia affetto da difetti naturali che lo rendano non adatto alla
cura delle anime, salvo dispensa del vescovo ; che non si sia impe-
gnato in alcuna promessa di matrimonio; che non abbia alcuna
malattia occulta o notevole difetto delle membra, nel qual caso
deciderà il vescovo ?.

Questo era il vaglio abituale al quale veniva sottoposto ogni ragaz-
zo, più o meno giovane, che chiedeva di essere ammesso in Seminario.

Nella bolla d'erezione si parla di cinquanta posti disponibili :
«unius Praepositi ac quinquaginta et tot deinceps puerorum, sive
adolescentium pauperum scholarium » ? ; ma ci si accorse presto che
non era facile raggiungere subito un tale numero, sia per le richieste
spesso non qualificate, sia per l'inadeguatezza dei fondi nel prov-
vedere i posti gratuiti, per cui a cominciare dal 1577, sotto il vescovo
Bossio, si cominció a riempire i posti vuoti e poi a preferire l'am-
missione di convittori ®. Quando questi, ad opera della forza di ri-
chiamo del Bonciari, minacciarono di sovvertire col loro numero le
funzioni specifiche del Seminario, si provvide, come già abbiamo
detto precedentemente, a trasferirli nel collegio S. Bernardo. Questo
avvenne nel 1593 ?, sotto il vescovo Comitoli. Come abbiamo po-
tuto constatare piü sopra, nel 1591 nel Seminario c'erano 55 persone,
ma in queste proporzioni: 26 chierici (17 con posto gratuito), 15
convittori, 14 tra superiori e persone di servizio 9. Il Bonciari, scri-
vendo ad alcuni discepoli che si lamentavano del prossimo ritorno
di loro convittori in Seminario, come si andava vociferando quell'anno,
era il 1613, riandando coi ricordi al motivo del trasferimento dei
convittori dal Seminario al collegio S. Bernardo esprime tra gli altri
anche quello dell'usurpazione, da parte di questi ultimi, dei posti
riservati ai chierici, con danno delle necessità della diocesi ®.

——— M MÀ M —— ——ÀMDÁ I
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 151

Le notizie sulla modalità dell'accettazione in Seminario non
sono tante, ma sono sufficienti a darcene un'idea quasi esatta.

Il motivo dell’accettazione in Seminario non era tanto il fatto
dell’avere la vocazione al sacerdozio, perché questa continuava ad
avere il suo sviluppo all’ombra dei campanili parrocchiali e delle
collegiate. L’accesso al Seminario presupponeva la vocazione ma era
condizionato dal numero dei posti disponibili. Appena infatti era
vacante un posto gratuito, entrava in atto il dispositivo di ammis-
sione. Avendo la faccenda un precipuo carattere amministrativo e
dipendendo dal vescovo o dal vicario, la prima notificazione del
posto disponibile veniva fatta dal notariato della curia.

Ecco un bando del 1583 per due posti gratuiti :

« Universis et singulis juvenibus civibus perusinis pro porta eburnea
et porta solis vitam clericalem ducere volentibus et in Collegio Seminarij
in locis non contribuentibus ad virtutes, vitam christianam ac ingenuos mores
apprehendendum permanere cupientibus, salutem in Dno et omne bonum.

Noveritis quod post hoc vacante aliquo loco in Collegio Seminarij
ex locis non contribuentibus, Rmus Dnus Episcopus consilio duorum de
Capitulo et duorum de Clero deputatorum, eiusdem Collegij statuit et ordi-
navit quod proposito publice edicto iuvenes admitti petentes per concursum
examminentur et habita ratione virtutum, morum, vitae et aliarum par-
tium requisitarum recipiantur, et quia de presenti duo loca vacant, nempe
unum pro porta eburnea alium pro porta solis, vos antedictos et vestrorum
quo libet tenore praesentis edicti in valvis Cathedralis Ecclesiae affigeri ci-
tamus, requirimus, hortamur ac monemus quod intra 8 dies proximos fu-
turos a die affixionis computandos compareatis coram nobis vel infrascripto
notario nostro, ad faciendum vos describi, et descripsiones elapso tempore
per concursum examminentur de vita moribus et aliis partibus requisitis
discutiatur et magis idonei reperti iuxta Collegij Constitutiones de locis ipsis
vacantibus provideant.

In quorum fidem, datum Perusiae die xvi mensis 9bris MDLXXXII.

Dominus Ottolinus Vicarius

Agabitus Nerutius notarius episcopatus » 1°).

L’affissione dell'editto di concorso, fatto dal « balio » della cu-
ria in quello stesso giorno, cominciò a raccogliere le richieste degli
interessati, i quali ci sono riportati fedelmente dallo stesso docu-
mento curiale ; e che noi riferiamo integralmente :

P.S. (Porta Sole) 1583, die xvi 9bris comparuit Albertus filius legitimus
Sanctis civis perusinus p.s. aetatis annorum quindecim et petiit se
describi pro loco obtinendo.

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152 ARTURO GABRIJELCIC

P.B. (Porta Borgne) die 17 9bris comparuit ser Io: Maria Senensis patruus
Marci Antonij civis perusinus portae eburneae aetatis annorum sex-
decim Perusiae degens et studens in gramatica et petiit describi pro
loco obtinendo

P.B. 1583, die 19 9bris comparuit mastrus Petrus chirurgus et petiit des-
cribi Claudium eius filium civem perusinum portae eburneae, aetatis
annorum 14 vacans litteris humanioribus

P.B. 1583 die 21 9bris comparuit Tadheus Petripauli de Perusia p.s. et
paroeciae S. Antoni et petiit describi Bartolomeum eius filium aetatis
annorum 15 studiis humanitatis operam navantem pro loco obtinendo

P.S. 1583, die 21 9bris comparuit Io: Andreas Pauli Pollai de Perusia p.s.
aetatis annorum 15 studiis humanioribus operam navans et petiit
se describi

P.B. 1583, die 21 9bris comparuit d. Hercules De Cencis et petiit describi
Caesarem fiilium legitimum et naturalem Scipionis de Cencis de Pe-
rusia portae eburneae aetatis annorum quatordecim humanioribus
studiis incumbentem

P.B. 1583, die 21 9bris comparuit Ursinus Antonii pictor de Perusia portae
eburneae et petiit describi Horatium eius filium legitimum et naturalem
aetatis annorum tresdecim, litteris operam navantem.

P.B. 1583, die 22 9bris comparuit Io: Bap.ta Milionus calzettarius et petiit
describi Hannibalem filium legitimum et naturalem Francisci del Vec-
cio portae eburneae aetatis annorum 14 operam litteris navantem.

P.S. 1583, die 23 9bris comparuit Virgilius mastri Leopardi Baldi civis pe-
rusini portae solis et petiit se describi pro obtinendo loco in Colle-
gio 11),

Per i due posti gratuiti dunque si presentarono nove concor-
renti, quattro di Porta Sole e cinque di Porta Eburnea (‘ borgne '
popolarmente) dai 13 ai 16 anni. Le doti essenziali, riportate all’atto
dell’iscrizione riguardano, come si può constatare, la paternità, il
matrimonio legittimo, la cittadinanza perugina e l’appartenenza a
una delle due porte con posto gratuito, oltre al grado degli studi
Tatti,

In altro bando simile del 1586 '? si trova che potevano concor-
rere anche coloro che non erano della città, purché appartenessero
a parrocchie che facessero capo a una delle cinque porte della città *4.
Talvolta qualcuno di questi concorrenti era già ‘in sacris', aveva
cioè già ricevuto qualche ordine, ma questo non gli dava alcuna
precedenza sugli altri '*.

Come avveniva la scelta dei concorrenti ?

Ne abbiamo notizia, come dicevamo, da documenti più tardivi

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tamen i rei

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ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 153

ma non meno validi, perché le modalità nei primi anni del Semi-
nario si dimostrano osservate fedelmente anche in seguito.

Ecco come si puó ricostruire l'ammissione di tre candidati av-
venuta nel 1619 durante l'episcopato del Comitoli da noi piü volte
richiamato nelle vicende del Seminario. Ci serviamo per questo scopo
di un libro di atti della Curia !9 e di un diario del vicerettore in ca-
rica nel 1618-20 1”.

I tre giovani sono: Francesco di Girollamo, parrocchia di S.
Savino in Porta Eburnea ; Giacomo di Francesco Fracassini di Porta
san Pietro e Angelo di Bernardino Verduccioli, parrocchia di S.
Fiorenzo in Porta Sole.

Sottopostisi all'esame del bando di ammissione, dinnanzi al Vi-
cario, al Hettore Giovancrisostomo Masci e ai maestri di scuola
Domenico Tempesta e don Giovanbattista Artemio, «i primi doi fu-
rono reputati piü atti di tutti gli altri concorrenti e il terzo, essendo
andato anco esso alla esamina e passato »?9 furono ammessi alla
considerazione dei superiori del Seminario.

Il capitolo del Seminario, radunato a tale scopo, avendo conside-
rato il risultato dell'esame alla luce anche del vaglio che il Vescovo
ne ha fatto, procede a dare il proprio parere sui candidati, mette
cioè «a partito » la loro ammissione, come dice il diario, procedendo
alla votazione da parte di tutti i componenti del capitolo stesso,
sacerdoti e chierici. Si veda questo brano del diario:

«A dì 27 giugno per ordine del superiore si raddunò il capitolo al suono
della campanella conforme al solito, presenti tutti gli infrascritti :
il molto R.do Gio. Chrisostomo Masci superiore
Don Christoforo Vanesio
Don Federigo Brossetti
Don Carlo Caporali
Gio. Batta Della Luna
Sante Bartoli
Constanzo Thomassini (vicerettore)
Antonio Pipparelli
Qual capitolo si radunó per mettere a partito gl'infrascritti giovani :
Francesco di Girolamo fu proposto per primo come quello che ha-
veva piü tempo, e sapeva piü degli altri, e fu vinto con cinque voti favorevoli
non ostante tre contrari.
Jacomo di Francesco Fracassini di porta san Pietro parrocchia san
Gostanzo fu proposto per secondo, e fu vinto con voti tutti favorevoli.
Angelo Felice di Berardino fu proposto per terzo, e fu vinto con
voti tutti favorevoli...

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2.1 154 ARTURO GABRIJELCIC

... de’ quali i primi doi furono proposti per non contribuenti, per-
ché essendo concorsi all’esamina ... davanti al Vicario, come abbiamo detto
sopra, riuscirono meglio degli altri concorrenti . . . il terzo, cioè Angelo Felice
fu proposto per contribuente di scudi doi il mese, che così è piaciuto a mons.
Vescovo » 1°).

L'essere non contribuente o con posto grazioso 2°) significava
non pagare la retta, ma con la clausola di arrivare al suddiaconato,
il quale, a norma del tridentino, veniva conferito all’età di 22 anni.
Se in quella data uno non riceveva detto ordine, oppure si ritirava
prima o era espulso dal Seminario, doveva rifondere al collegio la
spesa-retta di tutti i mesi passati nel Seminario *9. Perché questo
potesse esigersi, all'atto dell'ammissione in Seminario si stendeva un
pubblico atto presso la cancelleria della Curia, nel quale atto il
padre del giovane o chi per lui sottoscriveva le seguenti condizioni
coll'economo (' sindico ") del Seminario : che il giovane avrebbe ve-
stito l'abito clericale ; si sarebbe obbligato all’obbedienza ; si sa-
rebbe obbligato alla ricezione degli ordini secondo gli statuti del
Concilio Tridentino; pena, in caso di inadempienza per qualsiasi
motivo il risarcimento, da parte del padre o chi per lui, di tutti i
mesi passati dal figlio in collegio ?2).

Il documento doveva essere sottoscritto dal padre o parente e
garantito anche dalla firma di un notabile della città, ricco o no-
bile 2%).

Tutto ciò, per il Seminario, significava la garanzia di non ri-
metterci nulla in caso di inadempienza o di abbandono del giovane
ammesso, ma questa garanzia sul piano economico quali e quanti
danni non suscitava su altri piani ben più importanti !

Un primo danno, e questo in flagrante contrasto con gli scopi
del tridentino e della bolla di fondazione, era quello della discri-
minazione, detta in termini moderni, di classe. Il meccanismo di
ammissione infatti favoriva coloro che erano benestanti, in tre modi :
primo, coloro che erano dediti agli studi e che quindi riuscivano
meglio al concorso per posti gratuiti, erano figli di benestanti **;
secondo, una volta ammessi dovevano avere referenze di persone
facoltose, e queste erano possibili solo per persone di categoria
più elevata o perlomeno affermata ?9? ; terzo, chi non aveva il posto
gratuito a queste condizioni già discriminanti, doveva pagare par-
zialmente o interamente la retta, il che non era possibile a chi fosse
povero. Di fatto dunque i giovani poveri venivano esclusi da quello
che per loro era un diritto sancito e sul piano conciliare e sul piano ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

diocesano. Da questa violazione discriminante emanavano poi tutte
le altre storture morali e vocazionali !

Quale vera libertà interiore poteva avere un giovane ammesso
in Seminario a condizioni economiche cosi vincolanti ? Ogni atteg-
giamento e iniziativa di libertà potevano essergli rintuzzati dall'im-
pegno di obbedienza e di dipendenza economica, non facilitando in
lui il formarsi di una personalità, non solo sacerdotale, ma neppure
umana, rimanendo cosi avviato strutturalmente verso il fariseismo
e l'interesse. Non potevano non venir fuori da tale situazione quelle
figure di preti denunciate ad esempio dal Bonciari e dal fratello,
denunce che troviamo tra le righe del loro epistolario. Cosi scriveva nel
1592 Mario chierico al fratello Marcantonio, su alcune figure di chie-
rici e di preti bramosi di onori e di ricchezza nella Perugia di allora :

«Sane memini quomodo olim castigasti vaniloquentem et gloriosum
hominem, qui crebro illud iactabat, atque in omni sermone usurpabat ‘non
se unquam reditus aut fructus ecclesiasticos esse capturum ' ... sed ille fecit
postea ridicule, cum quae prima occasio oblata est prepinguis et splendidi
sacerdotij, ad eam avide se convertit et post magnam contentionem atque
ingentes labores, tenuit tenetque... Clerici palam agunt, et summis opibus
contendunt, ut quam Curam quasi Coniugem adamarunt, ea ne alii detur
quam sibi... Tu autem miror adhuc esse pariter oblitum, quid olim super
res istas mihi suaseris, cum diceres ‘ magno in periculo versari eos, qui fruan-
tur alienis laboribus . . . » 29).

Per confermare ciò è sufficiente sfogliare le ponderose cartelle
con le diciture « Beneficia » e « Processus » della Curia. Nel foro in-
terno é comprensibile come si cercasse di risolvere la impalpabile
vocazione clericale con tutta la incastellatura dei regolamenti da noi
già precedentemente analizzati. Concludendo possiamo dire che le
istanze tridentine e diocesane di favorire i giovani poveri nel loro
indirizzo al sacerdozio, venivano frustrate fin dall'inizio con i con-
corsi ai luoghi gratuiti, ove non solo i giovani poveri erano pratica-
mente esclusi, ma gli stessi giovani di condizione piü agiata veni-
vano a trovarsi impaniati in una costrizione economica e psicolo-
gica tale da pregiudicare la funzione stessa del Seminario perugino.
Sotto questo punto di vista, quello di un relativo maggior disinte-
resse, erano migliori i giovani delle parrocchie e della città e della
campagna, i quali tuttavia lasciavano a desiderare a loro volta sotto
l'aspetto della formazione umanistica e teologica.

Sempre dal diario citato, appare che pochi giorni dopo entra-

Hi 158 ARTURO GABRIJELCIC

Doveva badare a tenere gli occhi bassi e a confessarsi ogni set-
timana o festa grande ‘9. Il confessore doveva essere quello indi-
cato dai superiori e la comunione doveva farla, taccuino nelle mani
del Maestro, ogni prima domenica del mese, oltre le feste del Signore
e della Madonna e le domeniche dell'avvento e della quaresima #5.

Se il Rettore o il Maestro o altro superiore lo avessero ripreso,
doveva mettersi in ginocchio davanti a loro e non doveva alzarsi
fino a che, placato, gli era permesso di rialzarsi :9.

Contemporaneamente alla formazione interiore e al compor-
tamento esteriore, il giovane novizio maturava intellettualmente nella
scuola in vista del suo orientamento agli ordini sacri.

Dopo la tonsura, che il giovane riceveva all’atto stesso dell’ac-
cettazione in Seminario insieme all’abito da prete, gli altri ordini
erano scanditi nel tempo fino al ventiduesimo anno, nel quale si
poteva accedere al suddiaconato.

L’ammissione agli ordini minori avveniva nei giorni delle tem-
pora, previo esame dato davanti al vescovo ed esaminatori sino-
dali. L’esame comprendeva un controllo nell’ambito dello studio e
della dottrina cristiana, inoltre si esigevano le testimoniali degli
studi fatti, rilasciate dal ‘ magister scholae ’ ‘ e l’attestato d'eser-
citazione dell’ordine precedente, da parte del parroco o del maestro
dei novizi *9..

Agli ordini minori si accedeva anche in giovane età, 16-15 e
anche 13-14 anni e l'esame assumeva l'aspetto attuale degli esami
di giugno, con tutti i suoi incerti e patemi d'animo. Il Bonciari in
una delle sue lettere ci riporta due gustosissimi episodi di suoi alunni
esaminati dal Vescovo Comitoli nel 1593:

«... inter cetera narravit mihi de binis pueris, qui triduo ante acces-
serant ad Episcopum, minoribus Ordinibus initiandi. Quorum alter, quae-
rente Episcopo quid disceret, quantumque in gramaticis progressum fecisset :
Ego, inquit, praeceptoris dictata latine reddo. At per quam regulam ? Per
neutrum Similium Copulativum | Quid istuc verbi est ‘Similium Copulati-
vum '? Edissere nobis planius !

Hic vero haerere puer, et fronte iterum atque iterum perfricata, ur-
gentibus qui adstabant, et moram increpantibus, ita demum respondit :
similium Copulativum, idest utriusque sexus ! » 4°).

Chi gli aveva ripetuto l'episodio era Giovanpaolo Tezio, che era
uno «inter Septemviros excutiendis sacrorum Ordinum candidatis
ab Episcopo lectus » 5%.

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——— ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 159

Il secondo episodio, raccontato sempre dal Tezio e contenuto
nella stessa lettera era di questo genere:

«Iam audi alterum minore natum puerum, sed indole meliore. Cui
cum esset imperatum, ut locum quendam explicaret ex epistola Ciceronis,
quam pridie de Magistro audierat; interrogatus ab Episcopo ecquae par
orationis esset vox « quamobrem », nomen est, inquit. Quo casu? Accusa-
tivo! Sed rectus cuiusmodi est ? inclina nomen per suos casus !

Tum puerulus aliquando cunctatus, ac nescioquid secum murmurans,
erecto vultu fidenter ait: nominativo ' quamober', genitivo ‘ quamobris ',
dativo ‘ quamobri ', accusativo * quamobrem . . . » 53).

Dalla lettera non risulta quale fu l'esito dell'esame dei due
ragazzi ma ci é facile intuire la loro giovane età e il grado di pre-
parazione dei loro studi.

Gli ordinandi del Seminario erano presentati dai superiori, dal
Rettore per gli ordini maggiori e dal Maestro dei novizi per quelli
minori ; quanto alla scuola, risulta spesso la testimoniale degli studi
rilasciata dal Bonciari :

«Piergentile Guidellus ex collegio seminarij, Pompeus Verardus...
petunt ut admittantur ad ordinem... et exibent fidem exercitij ordinis in
quibus respective promoti sunt, et quod dictos ordines exercuerint in Ecclesia
Cathedralis et in ecclesia Maiestatis de Volta, manu R.di D.ni Caesaris Phi-
lippi magistri novitiorum dicti collegij, ac etiam fidem... eos daret grama-
ticam, manu D.ni Antonij Bonciari . . . » 5»,

Ritroviamo in questo testo i due generi di testimoniali richiesti,
la «fides scholae» e la «fides exercitij ordinis ». Chi veniva dalle
parrocchie aveva le testimoniali del parroco, chi era religioso quelle
dei superiori e se qualcuno fosse stato in città per motivi di studio,
oltre alle dimissorie del proprio ordinario, doveva mostrare mediante
un esame di possedere buoni costumi. Per l'esercizio dei rispettivi
ordini, ciascuno doveva risultare aggregato (adscriptus) ad una chiesa,
e se di passaggio, alla chiesa cattedrale 5».

Raggiunto un certo grado di formazione morale e intellettuale
e ormai raggiunta l'età canonica *), il chierico poteva far richiesta
degli ordini maggiori. Condizione indispensabile peró, a norma del
Concilio Tridentino 5), era che ogni chierico avesse un beneficio as-
sicurato, in modo da poter condurre un tenore di vita decorosa.
L'assenza del beneficio costituiva spesso un ostacolo insormontabile
160 ARTURO GABRIJELCIC

per aleuni chierici per cui erano costretti a ritirarsi. Vedremo nel
capitolo seguente come nel passaggio dagli ordini minori a quelli
maggiori, la flessione del numero fosse rilevante.

Il Seminario non poteva scrivere un ordinato al proprio patri-
monio, a meno che realmente gli concedesse un beneficio del quale
usufruire. Dai libri amministrativi del collegio risulta che questo
patrimonio era suddiviso in un limitato numero di posti gratuiti
che portavano il giovane fino al suddiaconato sulla base del docu-
mento notarile da noi illustrato nel capitolo precedente, il quale
garantiva la gratuità fino al suddiaconato, ma con la clausola di
ricevere il suddiaconato a suo tempo, pena il risarcimento completo
al Seminario per tutto il tempo passato in Seminario 5%.

Prima di ricevere l'ordine, nel giorno stesso del rito, il candi-
dato doveva compiere il giuramento nelle mani del Vescovo, di fe-
deltà, di obbedienza a lui, ai successori, al Vicario e al Rettore,
inoltre doveva anche giurare: «bona et jura ecclesiae tuebor et
proposse augere conabor » 5? perché era oramai una necessità pra-
tica, non dipendendo piü egli dalla propria famiglia, ma dai mezzi
di sostentamento che la Chiesa, tramite l'ordinario, si impegnava a
procurargli. Se il chierico veniva da altre parrocchie, era allora la
famiglia o il parroco che dovevano garantirgli il beneficio, o patri-
monio equivalente.

Ecco il bando della Curia per le ordinazioni della quaresima
del 1587, al tempo del cardinale Antonio Maria Gallo :

«... et essendo già clerici o piü oltre nelli ordini, debbano anco por-
tare fede de essersi confessati, et comunicati almeno una volta il mese, et
de havere essercitato gli officij de quelli ordini nei quali si ritrovino ; et quelli
che desiderano essere promossi ad alcuno delli ordini maggiori, si presente-
ranno anco essi personalmente, portando fede come di sopra, et quelli che
vorranno essere fatti sudiaconi daranno il titolo del benefitio, al quale have-
ranno da essere promosso, o vero nota del patrimonio che dovrà suplire in
luogo del benefitio » #8) ;

e perché non vi fosse imbroglio a proposito di questo beneficio, il
bando continua :

« Volendo S.S. Ill.ma et R.ma far fare le pubblicationi in chiesa, acció
si scuopra se quelli che vorranno farsi ordinare, habbino impedimento tale,
o siano talmente criminosi che non debbano essere ammessi a tali ordini,
et se i benefici con patrimonij à quali haveranno da promuoversi sieno vera-

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ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 161

mente suoi proprij, et far fare processo sopra i natali, età costumi et altre
cose che si recerchino secondo la dispositione dei sacri canoni et del Concilio

. di Trento, prima che si venghi all'esamine et approbatione di chi vorrà es-

sere ordinato ...» 59).

C'era dunque uno stretto controllo da parte dei superiori .sul
fatto del beneficio, e questa circostanza si dimostrava molto piü
efficace del controllo della scienza e della pietà agli effetti della
selezione dei candidati. Cioé a dire, il lasciapassare piü efficace verso
il sacerdozio era dato dalla stabilità economica ! Come meravigliarsi
ancora della caccia al beneficio, della sua difesa a oltranza anche nei
tribunali ecclesiastici della diocesi e di Roma, nell’accusa del Bon-
ciari: «... Clerici contra palam agunt, et summis opibus contendunt
ut quam Curam quasi Coniugem adamarunt, ea ne alij detur quam
sibi...»*9; e del tenore degli editti dei vescovi perugini sull'ava-
rizia dei preti © e sulla minaccia sotto pena di peccato mortale della
non residenza ? 9)

superato il traguardo del suddiaconato, l'ifer del chierico scor-
reva oramai su terreno piano. A distanza di un anno, portando avanti
lo studio della filosofia e della teologia, il giovane riceveva il diaco-
nato. Spesso questo ordine distava appena qualche mese dal pre-
cedente *9 ed era seguito infine, a distanza di qualche mese in certi
casi, di un anno solitamente, dal presbiterato. In questa circostanza
si esigeva particolarmente il certificato della avvenuta confessione,
di solito rilasciato dai gesuiti della città, e l'attestato di capacità di
saper compiere le cerimonie relative alla celebrazione della messa ©),

Le ordinazioni, a norma dei decreti tridentini ©), avvenivano
solitamente nella chiesa cattedrale, solo raramente in qualche chiesa
collegiata. Era inoltre sempre l’ordinario a conferire gli ordini, ma
al tempo del cardinale Della Corgna, troviamo spesso i vari Gover-
natori residenti a Perugia che lo sostituivano *9?.

Appena ordinato, il giovane levita doveva essere preso d’assalto
dai fedeli per le sue prime messe, se dovette occuparsene il cardinale
Della Corgna nel suo primo editto del 1564, nel quale riprovava
come superstizione inammissibile certo modo di ricercare le prime
messe novelle : «... si proibiscano quelle specie di mercedì supersti-
ziose delle messe novelle, numerate e con certo numero di candele
...»*?, e dopo questi momenti salienti legati all'ordinazione sa-
cerdotale, il giovane levita rientrava in Seminario per assolvervi

11
162 ARTURO GABRIJELCIC

qualche incarico disciplinare, in attesa di poter concorrere a un mi-
nistero pastorale appena se ne presentasse l'occasione.

3. INDICI DI PERSEVERANZA

Allo scopo di poter inquadrare piü compiutamente l'apporto
del Seminario ai problemi ecclesiastici della diocesi perugina, ci sem-
bra opportuno richiamare alcuni dati statistici relativi alla perseve-
ranza dei candidati formati nello stesso Seminario.

Questi dati vorrebbero in certo modo dare risposta ai seguenti
interrogativi: quanti sacerdoti ha dato il Seminario dalle origini
alla fine del '600 (1564-1600) *9 ; in quale rapporto stanno essi al
totale dei sacerdoti diocesani; se e possibile un raffronto statistico
tra il periodo esaminato (1564-1600) e un periodo piü recente.

Sulla scorta dei volumi delle ordinazioni diocesane, disponibili
presso l'Archivio della Cancelleria vescovile, e dei registri piü re-
centi del Seminario perugino, eccettuate alcune differenze che ver-
remo a mano a mano notando, ecco i dati che emergono.

Relativamente alla prima domanda, quanti sacerdoti cioè siano
usciti dall'opera formativa del Seminario, ecco le cifre :

seminaristi tonsurati n. 161 (100%)
ordinati sacerdoti ni. :52(35.495)

Abbiamo scritto « seminaristi tonsurati » perché, come abbiamo
detto più sopra a suo tempo, l’ingresso in Seminario comportava
subito la tonsura, cosicché essa veniva a corrispondere all’attuale
ingresso in Seminario.

Si noti come la percentuale di perseveranza (35,4%) sia notevol-
mente elevata.

Ecco invece le cifre relative al numero di sacerdoti procurato
alla diocesi perugina da altri enti e istituti (parrocchie, collegi, vo-
cazioni adulte ecc.) esclusi tutti gli ordini religiosi :

chierici tonsurati n. 378 (100%)
ordinati sacerdoti n. 124 (32,8%)

Dal confronto dei dati tra questi diocesani e quelli del Semi-
nario, si constata una superiorità in assoluto dei dati diocesani ac-

——— egizi in
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 163

canto alla superiorità in percentuale del Seminario relativamente
alla perseveranza. Ecco i dati raffrontati :

in diocesi in Seminario totale

chierici tonsurati 378 (100%) 161 (10095) 539 (100%)
sacerdoti ordinati 124 (32,8%) 57 (35,4%) 181 (33,5%)
non perseveranti 254 (67,2%) 104 (64,6%) 358 (66,5%)

Quanto alla terza domanda, se cioè sia possibile un confronto
tra il periodo esaminato (1564-1600) e uno più recente, pensiamo di
poter rispondere affermativamente, con le inevitabili riserve.

Il periodo verosimilmente simile ci pare che possa essere quello
che va dal 1916 al 1952, per i seguenti criteri di somiglianza :

1.° Identico spazio di anni (36 anni).

2.° Gli anni che seguono il 1916 sono verosimilmente caratte-
ristici come gli anni dell’inizio della vita del Seminario, perché questo
ebbe nell’anno scolastico 1910-11 una interruzione d’autorità a causa
dell'accusa di tendenze modernistiche, inoltre negli anni 1914-18 ci
fu la pesante parentesi della guerra che al pari degli anni 1910-11
vide il Seminario svuotarsi, per cui possiamo concludere che a ini-
ziare dal 1916 e negli anni seguenti, il Seminario dovette come ri-
sorgere di sana pianta.

I criteri di dissimiglianza da tener presenti sono i seguenti :
nel tempo intercorrente tra i due periodi esaminati, la popolazione
diocesana si è almeno triplicata ; il Seminario diocesano raccoglie
oggi la totalità delle vocazioni sacerdotali diocesane.

Ed ecco i dati relativi ai due periodi :

1564-1600 1916-1952
chierici tonsurati 539 (100%) 696 (100%)
ordinati sacerdoti 181 (33,5%) 214 (30,7%)
non perseveranti 358 (65,5%) 482 (69,3%)

Come si può constatare, le differenze tra questi due periodi,
così distanti l’uno dall’altro, non sono numericamente rilevanti, e i
rilievi che si possono fare ci sembrano i seguenti: la media annua
dei tonsurati, passa dai 15 circa del primo periodo ai 19 circa del
secondo ; il numero annuo di sacerdoti varia dai 5 del primo periodo
ai 5,9 del secondo *? ; in numeri assoluti quindi, le cifre sono a favore
del secondo periodo ; le cifre percentuali però non confermano questo
164 ARTURO GABRIJELCIC

andamento, perché abbiamo, anche se non troppo rilevanti, le se-
guenti proporzioni: il secondo periodo perde un 2,7% di ordinati
sacerdoti; lo stesso periodo aumenta di un 3,8% di non perseve-
ranti, rivelando cosi una flessione, lieve ma costante, che si accen-
tuerà di piü ai giorni nostri a causa della piü generale crisi delle
vocazioni in genere e dell'aumento della mortalità nei confronti del-
l'ordinazione di nuovi sacerdoti.

ARTURO GABRIJELCIC

NOTE

1) Cum adolescentium . .., sess. xXIII, c. 18, « De reformatione ».

*) Inter alia ..., ms. 1471, busta 1, Carte Mariotti, Bibl. Augusta.

3) Accenno esplicito al perdurare ancora dei servi della gleba e confes-
sione tacita di un certo classismo all'interno stesso della vocazione religiosa,
come vedremo meglio piü avanti.

3) Institutiones . . ., c. viri, ‘ De Recipiendis '.

5) Inter alia...

*) M. BonciArI, Epistolae cit., l. 1, ep. 1, p. 33.

7?) M. Bowcrani, « De transmigratione Collegii Augusti a monasterio S.
Bernardi ad Seminarium », in S. Caroli Humana Felicitas cit., p. 185.

8) Visita Pastorale del 1591.

*) M. BonciarIi, De transmigratione cit., p. 190.

19) Bandi del Vescovato, c. 16. Si noti in questo editto dallo stile curiale,
la descrizione di quella che noi oggi chiamiamo col nome di ‘vocazione al
sacerdozio ', espressa nei termini : « vitam clericalem ducere volentibus... ad
virtutes, vitam christianam ac ingenuos mores apprehendendum permanere
cupientibus ».

1) Bandi del Vescovato, c. 16v.

1) Ad eccezione del primo e l'ultimo, tutti sono studenti di lettere
umanistiche, dal che, vedendo la professione paterna, non sembra che appar-
tenessero al genere degli « scholarum pauperum » della bolla.

13) Bandi del Vescovato, c. 37v.

14) Si vedano le circoscrizioni ecclesiastiche del tempo al cap. 1, n. 1
della presente ricerca.

15) Ordinationes, vol. 11, in data 1586.

16) Coll. Seminarii Instrumenta, vol. 1, Archivio della Curia.

1?) Notizie di nessun valore, ms. del vicerettore Tomassini negli anni
1618-20, Archivio del Seminario.

18) Notizie, in data 27 giugno.

19) Notizie, in data 27 giugno 1619.
ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 165

2°) Troviamo questa distinzione tra contribuenti e non contribuenti
anche nell’elenco dei chierici al tempo della visita pastorale del Comitoli
fatta nell’anno 1591.

81) Istrumenti del Seminario, 1, Archivio della Curia.

?) Istrumenti del Seminario, 1, in data 1608. Si riferisce alla richiesta
fatta da Marcantonio Bonciari per un posto gratuito in Seminario a favore
del nipote Marcantonio Bonciari junior. Inutile aggiungere che il Bonciari
aveva preceduto il concorso con una « schedula » al vescovo e al rettore Gio-
vanpaolo Sozi (M. Bonciari, Epistolae cit., |. xit, ep. 31, p. 754).

*) Nel caso del Bonciari, chi firmó per garanzia fu il libraio che teneva
i diritti di stampa delle Epistolae del Bonciari stesso, il Naccarino.

**) Nell'elenco dei concorrenti del 1583 noi troviamo qualche rappre-
sentante delle arti liberali, commerciali e titoli di ‘ ser’ e * domnus '.

25) Tale era il caso del Bonciari letterato di fama.

*) M. BoncIARI, Epistolae cit., l. iv, ep. 26, pp. 238-39.

*?)) Notizie di nessun valore, in data 2 settembre 1619.

*5) Jdem. Col tempo, il cingolo divenne una fascia paonazza.

?9) In Institutiones Collegij Seminarij, « Benedictiones ».

®°) Giornale del Seminario 1568-71, passim.

81) Decreto di osservare i Canoni del Concilio Tridentino, specialmente
alcuni più urgenti, bando della Curia in data 10 ottobre 1564.

*?) In Institutiones Collegij Seminarij, « Benedictiones », « Ad benedic-
tionem manicatae vestis»; anche in Diario Perugino ecclesiastico e civile
cit., p. 66, in data 14 giugno.

? Institutiones. cit., cap. ix, « De Novitijs ». Per la cronaca, nessuno
dei tre arrivó al sacerdozio.

*) Abbiamo visto come nella visita pastorale del 1591 il Vescovo visi-
tatore provvide a far spostare dai novizi ai veterani un giovane di Marsciano
perché già troppo grande e ordinato («Della Devotione in Generale », fasc.
xit in Atti della Visita).

85) Nell'elenco della Visita pastorale del 1591. Ordinato diacono nel
1567, nel 1591 lo troviamo ancora tale, e tale morrà.

36) Institutiones cit., c. rx, « De Novitijs ».

?7) Institutiones cit., c. xxr, «De Capitulo tenendo ».

?5) Institutiones cit., c. rx, «De Novitijs»; c. xvr, « De Conversatione
clericorum ».

39) Visita pastorale in Seminario 1591, fasc. x1, « Ordini et avertimenti
per il prefetto delle cose spirituali », n. 2.

40) Visita pastorale, fasc. xir, « De Novitijs », n. 2.

4) dem; mn: 3:

4) Visita pastorale, fasc. x1, n. 16.
53) Visita pastorale, fasc. xi, n. 4.

44) Institutiones, c. 1x, «De Novitijs ».

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= 166 ARTURO GABRIJELCIC

45) Visita pastorale, fasc. xi, n. 19.

46) Institutiones, c. xi, «De Novitijs ».

*7) Ordinationes, 1, in data 22 settembre 1566 e passim.

48) Questo cominciò ad essere richiesto verso il 1580 circa.

1$) M. BONCIARI, Epistolae cit., l. iv, ep. 30, p. 247.

50) Idem.

51) Idem, p. 248.

5) Ordinationes, 11, in data 20 settembre 1578.

5) Conc. Trid., sess. xxiii, c. vi « De reformatione » ; Editto per l'os-
servanza dei decreti Tridentini di Fulvio Della Corgna », Archivio della Curia.

54) Conc. Trid., c. xir, « De reformatione ».

55 Bandi del Vescovato, p. 44, anno 1587.

$9) Istrumenti del Seminario, 1, Archivio della Curia.

57) Institutiones, c. x, «De Juramento ».

55) Bandi del Vescovato, p. 44, in data 9 febbraio 1587.

53) Idem.

60) M. BONCIARI, Epistolae cit., l. rv, ep. 26, p. 238.

61) Editto per l'osservanza dei Decreti Tridentini di Fulvio Della Corgna,
in data 10 ottobre 1564 ; Institutiones, c. xvr, « De Conversatione Clericorum ».

6°) Editto cit., 10 ottobre 1564; Bandi del Vescovato, in data 1582,
1583, 1587.

*3) Ordinationes, 1, passim.

64) Ad es. in data 18 settembre 1578, in Ordinationes, 1.

‘ye Gone Lnd, Sess. XXIIB C. VIID

ss) Ad es. in data 21 dicembre 1565, 17 aprile 1567.

67) Editto per l’osservanza dei decreti Tridentini di Fulvio Della Corgna,
in data 10 ottobre 1564, Archivio della Curia.

55 Prendiamo in esame l'anno 1564 invece del 1559, perché il primo
risulta fissato nei documenti d'archivio relativi all'amministrazione e alle
ordinazioni.

6°) La media di 5 sacerdoti circa l'anno che si immettono nell'apostolato
della diocesi in questi due periodi, si dimostra stabile (5,5) durante tutto
l'arco della storia delle vocazioni sacerdotali dal 1564 ad oggi, come risulta
dall'elenco dei sacerdoti ordinati dal 1564 fino ai giorni nostri.
APPENDICE I

SACERDOTI DIOCESANI
(dal 1564 al 1964 1)

Card. FULVIO DELLA CORGNA

Rodolfo Remedi. Perugia 1564
Giacomo Di Girolamo. Preggio
Cipriano Benincasa. Collegio Semi-

nario ?) 1565
Vincenzo Gualterotto. Perugia 1566
Giovanpaolo Baglioni. CS 1567
Giacomo Morello. Montecolognola
Serafino Mariotti. Gaiche
Piergiovanni Florenzi. Perugia
Tommaso Di Giovanmaria. Cerqueto
Francesco Di Giovanmaria. Cerqueto 1568

Taddeo Santis. Pantano
Giovanni Di Paolo. Fratticiola

Vincenzo Di Francesco Ridolfo.
Perugia
Giacomo Masci. CS
Francesco Fattuccio. Passignano
Rainero Franchi. Perugia
Giovanpaolo Tezio. Perugia
Ulisse Bernardini. Fontignano
Galeotto Andrea. Perugia
Vincenzo Patrizi. Perugia
Sforza Raineri giurec. Perugia
Fabrizio Bartella. Perugia
Ercole Cherubini. Perugia

1570
1572

1573

Mons. FRANCESCO BOSSIO

Ludovico Corrado. Perugia 1575
Angelo Egidi. Montepetriolo

Valerio Perleoni (manca)

Paolo Antimi. Migliano

Marcantonio Massi. CS 1576

Fulvio Galvani. CS

Giuseppe Ludovisi. Perugia
Giovanpaolo Sozi can. *). Perugia
Sebastiano Vincenzi. Perugia
Flaminio Roscioli. Perugia
Vespasiano Costantini. Marsciano

Vicenzo Di Pietro. Marsciano
Marcantonio Mancini. Perugia
Sebastiano Maltempi. Perugia
Mariano Di Tommaso. Perugia
Carlo Ghiberti. CS

Luca Narduzzi alias Nardarelli. CS
Pompeo Sozi. CS

Orazio Jeronimi. Perugia
Lelio Girolami. Perugia
Marcantonio Vincenzi. Perugia
Giuseppe Bastoni CS *

1577

1578

1579

Fra. VINCENZO ERCOLANI

Giovanbattista Della Corgna. Pe-
rugia

Girolamo Pietropaoli. Montelagello 1580

Pietro Laurenzi. Passignano

Ludovico Bernardini. Castelrigone

Filippo De Nanni. Perugia

Enea Baldeschi. Marsciano

Giacomo Ludovisi. Perugia

Palmerino Di Girolamo (manca)

Pietropaolo Di Giovannantonio. Iso-
la Maggiore

Federico Campano. Perugia

1581

1582

1) Riportiamo anche il nome dei Vescovi che si sono succeduti nella direzione

della diocesi perugina.

?*) D'ora in poi sarà abbreviato in CS.
?) Primo Rettore del Seminario fin dopo il 1600. 168 ARTURO GABRIJELCIC

Ascanio Bernardini. Castelrigone
Cristofaro Del Cecera. Perugia

Marco Vicini. Fontignano

Bernardino Cibbo can. Perugia 1583
Fioravanti Vileimari. Cerqueto

Francesco Baldassarri. Cerqueto

Antimo Sansonio. Perugia

Clito Di Serafino. Isola Maggiore

Ottavio Di Piergiovanni. Tuoro

Orazio Bizzarelli. Montevibiano

Vincenzo Ottonio. Perugia

Girolamo Paoli. Cerqueto 1584
Bartolomeo Filippi. Castelgirone
Costantino Giuliani. Pievecaina

Paolo Gori. Passignano

Filippo Bini. Perugia
Simone Di Pietro. Antria
Aurelio Santi. Castiglionfosco
Andrea ........ Perugia Osp. Mi-
sericordia
Ottaviano Angeli. Agello
Giovanni Crispolti. Perugia
Santo Serjoanni. Magione
Antonio Ercolani. Perugia
Vincenzo Monaldi. Perugia
Giuseppe Antichi. Perugia
Pietropaolo Biagi. Perugia
Attilio Tivelloni. Marsciano
Andrea Petri. Montelagello
Andrea Mattei. Antria

Card. ANTONIO MARIA GALLO

Rubino Salvuzi. Perugia

Simone Mecuzi. Corciano

Benedetto Parisi. Collegio Oradino *)

Lorenzo Galeotti. Perugia Osp. Mise-
ricordia 1587

Martino ...... Perugia Osp. Mise-
ricordia

Giovantommaso Fabrizi. Castelri-
gone
Ippolito Taddei. Castelrigone
Vincenzo Ercolani. Perugia
Girolamo Fulvio. Perugia
Lattanzio Ubaldino. Morleschio
Francesco Rubini. Perugia
Guidalotto Guidalotti. Perugia

Mons. NAPOLIONE COMITOLI

Andrea Paoli. Castelrigone

Giovanni Antonio Filippi. Magione
Sante Posti. CS 1592
Carlo Cherubini. CS

Fulvio Mariottelli. Perugia

Alberto Masciolini. CS

Marcantonio Senese. CS

Agostino Ferrante. Migiana

Silverio Gregori. Perugia 1593
Marsilio Sanzio. CO

Francesco Celestini. CS

Vincenzo Baldini. Migliano

Biagio Vannesio. Perugia

Giovanni Tesci. Villa

Damiano Giacomi. Perugia

Cristofaro Cristofari. Castelrigone

Angelo Costanzi. Torgiano

Giuseppe Tosco. CO

Pietro Nardi. Perugia

Giovanmaria Oddi. Perugia 1594
Girolamo Cinaglia. CS
Francesco Cesini. CS 1595

Claudio Contuli. CS

4) D'ora in poi sarà abbreviato in CO.

TRAINA

Basilio Coradini. CS

Fabio Baldami. CS

Pietro Bartella. Migiana
Giovanni Ventura. Cerqueto
Giovanbattista Ercolani. CS
Florido Franzi. Isola Maggiore
Vincenzo Alessi. Perugia
Alessandro Mercatelli. Montepetriolo
Simone Angeluzzi. Canneto
Alessandro Giovio. CS

Nicola Baldini. Perugia

Leone Oliva. CS

Marcello Tezio. CS
Giovanbattista Lilioni. Perugia
Averardo Montesperelli. Perugia
Fabrizio Licciotto. CO

Cesare Roscetti. CS

Andrea Mangionio. Antria
Flavio Carosi. CS

Federico Ugolini. CO

Michele Mastrantoni. Perugia
Giacomo Serafini. Isola Maggiore
Simone Paoli. Isola Maggiore

1585

1586

1590

1591

1596

1597

1598
1599

—— Girolamo Adriani. Perugia 1600
Fabrizio Antonelli. Monteacuto
Alessandro Bastoni. Perugia

Placido Breccia. Perugia

Sante Francisci

Piergiacomo Peri. Perugia

Fioravanti Filippi. Antria

'Tommaso Rosoni. Castiglionfosco
Ascanio Cibi. Perugia 1601
Benedetto Amadei CO.

Girolamo Massolo. CS

Ottavio Consobrino. Agello
Giovanbattista Francesconi. CS 1602
Adriano Cantagalina can. Perugia
Antimo Caporali Castiglion del Lago
Francesco Giuliani. Montelagello
Bernardo Zibellino. CS 1603
Scipione Minuzi. CS

Nicola Vignaroli. Magione

Giovanni Bernardini. Marsciano

Lavonio Magi. CS

Giovanmaria Nardi. Sant'Arcangelo
Giovanmaria Parisioli. Perugia

Giuliano Benattini. Perugia 1604
Pietro Sensi. Perugia

Lorenzo Giovanmaria. Montelagello
Girolamo Oddi dott. in teol. Perugia
Francesco Campo. CO

Fiorenzo Paolino. CS

Tranquillo Ugolini. Perugia

Rosato Ulissi. Cerqueto

Eustachio Vergazi. Perugia 1605
Affricano Pandiso. Passignano

Pietro Martinelli. Perugia

Scipione Egidi. CS

Giovancrisostomo Masci 9). Perugia
Giovanbattista Lauro. CS

Giuliano Cianca. Perugia

Giovandomenico Giovi. Perugia

Giovanni Mariotti. Perugia

Luca Moriconi. Perugia 1606
Vincenzo Guernerio. Castelrigone
Ludovico Ondedeo. Perugia

Melchiorre Florenzi.

Giovannantonio Nerucci. Perugia
Bartolomeo Rillo. Isola Maggiore
Giacomo Vinolo. CS

Angelo Doni. CS

ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

Marco Ballorino. CS
Giacomo Bartolomeo. Perugia
Antonio Scalia. Perugia
Vincenzo Amatuzzi. Castelrigone
Giovanmaria Melchiorri. CS
Gaspare Mattioli. Perugia
Giovanni Leonzio. CS
Tarquinio Bonci. CS
Girolamo Filippi. CS
Giovanbattista Noni. Perugia
Francesco Marcantoni. CO
Orazio Baldo. CS

Antonio Martinello. Perugia
Pietro Cesari. Magione
Annibale Valeriani. CS

Primo Fabri. CS

Cesaretti.» Perugia
Giuseppe Sacramonio. Perugia
AG OO A OI (illegg.)

Benedetto Bensiolo. Perugia

Cesario Cesarei. Perugia

Timoteo Timotei. Perugia

Domenico Filippi. Perugia

Scipione Della Penna. CS

Federico .... Perugia

Pierpaolo Giacobbi. CO

Orazio Tommasi. Pietramelina

Costantino Giustino. CS

Costante Ventura. Perugia

Fabiano Berardi dott. in teol. Pe-
rugia

Giacomo Ottaviano. Perugia

Teodoro Epifanio. Perugia

Girolamo Adriani.

Costanzo Paolucci arcid. Perugia

Ludovico Cinelli. CS

Antonio Angelino. CS

Lorenzo Scipi. CO

Felice Biani. Deruta

Vincenzo Petraccino. Passignano

Girolamo Billi. Perugia

Francesco Bini. Perugia

Marcantonio Bonciari 9, Antria

Ercole Catrana. Perugia

Ottavio Lancellotti. CS

Orazio Ercolani. Brufa

Taddeo Eusebi. Perugia

Girolamo Giordano. Marsciano

1607

1608

1609

1610

1612

1613

1614

1615

1616

1617

*) Dottore in teologia, successe come rettore a Giovanpaolo Sozi, primo rettore

del Seminario.

*) Nipote dell'umanista omonimo Marcantonio Bonciari, per il quale dettò la

lapide che si legge sotto il busto contenuto in una nicchia delle Logge di S. Lorenzo.

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Filippo Giliano. Isola Maggiore

Cristofaro Vanesi. CS

Angelo Grillo. CS

Bernardino Andrio. Perugia

Nicola Giordano. Perugia

Francesco Ludovisi. Perugia

Francesco di Pasquino Erasmi. Pe-
rugia 1618

Tommaso Tivelloni. Perugia

Vincenzo Giulivi. Perugia

Francesco Erasmo. Perugia

Francesco Massolino. Antria

Nicola Giovanmaria. Sangiustino

Giovanfrancesco Barnabeo. Perugia

Ottaviano Pellini. Perugia

Vincenzo Basso. Perugia

Simeone Rondellini. Perugia 1619

Antonio Angelino. Perugia

Pierpaolo Francisci. Borgogiglione

Vincenzo Tancino. Perugia

Clemente Giuliani.

Paolo Rizio. Passignano

170 ARTURO GABRIJELCIC

Giovanbattista Artemio. CS

Francesco Cecchetto. Perugia

Giovanni Alessandri. Perugia

Francesco Nepotello. Perugia

Basilio Ricci. San Nicoló di Celle
Antonio Simonetto. Casalina 1620
Pietropaolo Serafino. Castelrigone

Cesare Cesarini. Isola Maggiore

Angelo Perigli can. abate. Perugia

Dario Renzi. Perugia

Andrea Petrino. CO

Ottavio Danzetta. Perugia

Nereo Neri. Perugia

Federico Roscetti. CS 1621
Carlo Caporali. CS

Pompeo Ondedeo. Perugia

Piergiovanni Lucciani. Antria

Pompilio Angelino. Perugia 1622
Giovanbattista Doria. Passignano
Cristofaro Campania. Passignano
Giovanni Bernardino Civitella d'Arno
Orazio de Mattei. Perugia 1624

Mons. COSIMO DE TORRI

Nicola Garofani. Perugia 1625
Lorenzo Bernardini. Perugia
Mattia Amatuzzi. Castelrigone
Francesco Rubei. Perugia
Giovanmaria Sansonio. Perugia 1627
Bartolomeo Petrino. Castelrigone
Giuliano Bartolomei. Perugia
Bernardino Alfani. Perugia 1629
Giovanni Pellegrino dott. teol. Pe-

rugia
Bonifazio Saccucci. Perugia
Domenico Silvestri. Perugia
Evangelista Baldino. Spina
Silvestro Ottonio. Perugia
Alessandro Cocciarano.
Giovannantonio Moschetto. Perugia
Giovanbattista Pagliarino. Perugia
Agostino Rubei. CS 1630
Filippo Baldeschi can. Perugia
Attilio Suri dott. in teol. Perugia
Flavio Sansonio. Perugia

Francesco Pami. CO 1631

Giovanpaolo Sensi. Perugia

Giovanfrancesco Barnabei. Perugia

Andrea Cherubini. Oro

Pierpaolo Mancino. Deruta

Cristofaro Venanzio. Collemancio

Giacomo Barnabeo. CS

Bernardino Franceschi. Torgiano

Andrea Foffeo. Perugia 1632

Pierfelice Fattucci. Passignano

Francesco Mombrino. Torgiano

Giorgio Angelo. Perugia

Girolamo Valentino. Marsciano

Tomaso Tomassino. Marsciano

Paolo Guglielmo. Isola Maggiore

Sante Bettuccio. Castiglionfosco

Giovanbattista Fattuccio. S. Bar-
tolomeo dei fossi

Lucantonio Prudenzi. Perugia

SCORE SSA Perugia 1633

Ludovico Magi. CS

Mons. BENEDETTO MONALDI BALDESCHI

Eleuterio Coradini. Perugia

Simone Perino. Perugia

Lucantonio Bernone.

Gentile Gentili. Perugia 1637
Carlo Gennaro. Castiglionfosco

Giovanbattista Lustri. Montepetriolo
Pierpaolo Brucchio. Perugia 1638
Carlantonio Zebbelino. Perugia

Cristofaro Frossetti. Perugia

Marco Lorenzo Cerneleri. Perugia
Baldassarre Biancino. Perugia
Francesco Brunonio. CO

Carlo Transimeno. Isola Polvese
Fulvio Ansidei can. Perugia
Ludovico Benni. CO

Zenobio Mancino. Deruta

Mons.

Carlo Sabatino. Perugia
Giovanbattista Franceschino. CS
Francesco Timoteo. Perugia
Francesco Rubei. Perugia
Severo Severi. Mugnano
Girolamo Marchini. Pietrafitta
Giovanbattista Angelino. Perugia
Bernardino Pandelocchi. Perugia
Bonaventura Antolino. Perugia
Fulvio Cesare Delistrici. Perugia
Bernardino Massera can. Perugia
Tullio Bartolo. Perugia
Angelo Sebastiano. Perugia
Giuseppe Bartolo. Perugia
Ercolano Angeli. Perugia
Agostino Palettario. Perugia
Pietro Antonio Ghiberti can. Peru-
gia
Antonio Berto. Perugia
Francesco Siepi. Perugia
Napoleone Lombardo. Perugia
Agostino Vignati. Magione
Girolamo Eugenio. Perugia
Marco Cecchetto. CO
Bartolomeo Bello. Perugia
Antonio Maria Conti. Passignano
Andrea Brusco. Perugia
Diomede Riccio. Torgiano

ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

1639
1640

1641

Giovannantonio Lanino. Perugia

Giacomo Martinelli. Perugia

Pietro Attilio Bessetti. Marsciano

Giovanbattista Guadagnino. Peru-
gia

Andrea Martinelli. Perugia

ORAZIO MONALDI

1644

1645

1647

1648

1650

Carlo Bonucci. Perugia

Carlo Vannesio. Perugia

Carlo Giglione. Perugia

Alessandro Petrini. Montecolognola

Torquato Pompei. Perugia

Francesco Torelli. Perugia

Francesco Maria Massarello. Perugia

Pierfrancesco Egidi. Castelrigone

Camillo Onori. Passignano

Antonio Dominichino. Perugia

Carlo Sozi. Perugia

Agostino Graziosi. Cerqueto

Bernardino Boccardo. Cerqueto

Antonio Gruvino. Perugia

Valerio Ariguzzi can. Perugia

Filippo Cianca dott. fil.-teol. Peru-
gia

Pietro Gentili. Perugia

Michele Vecchi. Isola Maggiore

Angelo Rogano. Perugia

Angelo Berardo. Perugia

Stefano Baccio. Castel delle Forme

Costanzo Rocchetto. Perugia

Marino Ferrandino. Perugia

Carlo Silveri. Perugia

Giulio Navia. Perugia

Maurilio Toro. Castelrigone

Giovanbattista Battaglino. Perugia

Mons. MARCANTONIO ODDI

Paolo Vitiano. Perugia
Alessandro Biancalana. Magione
Eusebio Goro. Perugia
Ferdinando Sermarsilio. Perugia
Venanzio Mancino. Deruta
Anselmo Vignato. Magione
Giovanni Sigismondi. Marsciano
Antonio Cappelletto. Perugia
Evangelista Bartolo. Perugia
Bernardino Licciotto. CO
Alessandro Cecchino. Perugia
Girolamo Cippi. Passignano
Filippo Barnabeo. Perugia

1661

Cesare Cencio. Perugia

Giuseppe Manconetto. Marsciano
Francesco Petrino. Deruta
Vincenzo Pace. CO

Giuseppe Pascuzi. Perugia
Nicola De Santis. CS

Francesco Barnabeo. Perugia
Giuseppe Matteo. Perugia
Francesco Bartolino. Marsciano
Francesco Maria Gentili. Perugia
Carlo Antonio Verduccioli. Perugia
Pietro de Pietrini. Montecolognola
Giovanni Filippo Nicolai. Perugia

1642

1643

1651

1652

1653

1654

1655

1656
1657

1660

1662 Agostino Morone. Villapierla
Giovanbattista Rosello. Perugia
Francesco Maria Morello. Perugia
Giovanni Simoni. Perugia 1663
Bernardino Morando.

Ercolano Fino. Perugia

Giovanbattista Morando. Perugia

172 ARTURO GABRIJELCIC |!

Giovannantonio Paparello. Perugia
Lodovico Tinarello. Perugia 1664
Francesco Vitaletto. Perugia

Giuseppe Maria Benedetti. Perugia
Giovantommaso Cancello. Perugia
Ippolito Morello. Montecolognola
Ponfreno Ponfreni. Perugia

Mons. LUCALBERTO PATRIZI

Costantino Buzzi. CO 1669
Mariotto Morello. Magione
Camillo Palumbo. Deruta
Sebastiano Franceschino. Perugia 1670
Giuseppe Pinozio. Castelrigone
Francesco Pusti. Perugia
Florenzio Cherubini. Oro
Giovanni Minuti. Perugia
Francesco Giuliano. Montelabbate
Pierfrancesco Donati. Montelabbate
Giuseppe Rocchi. Perugia
Francesco Antimo. Perugia
Federico Laurenzio. Perugia
Orazio Minimi. Perugia
Giuliocesare Bracceschi can. Pe-

rugia
Francesco Maria Fero. Perugia
Francesco Vagnizio. Pievecaina
Francesco Maria Ercoli. Perugia 1671
Bonaventura Antonangeli. Rabatta
Francesco Mari. Magione
Giovantommaso Mariottino. Peru-

gia
Francesco Gagliardo. Perugia
Giuseppe Brocchi. CO
Natalino Pallucchi. Marsciano
Angelo Guidarelli. Perugia
Giuseppe Benino. Isola Maggiore
Francesco Pecci. Perugia 1672
Giovanangelo Cerquato. Cerqueto
Girolamo Alessi can. Perugia
Ludovico Zuccarello. Perugia
Giuseppe Sestio. Perugia
Giovanfelice Battaglino. Cerqueto
Pietro Angelo Franceschino. Peru-

gia 1673
Ercole Versa. Perugia
Tommaso Laurenzi. Santarcangelo
Angelo Bottiglio. Castelleone
Giacomo Lugrattello. Ramazzano
Sebastiano Antolini. Macereto
Bartolomeo Bombardo. Oro

Pietro Pomponio. Castiglionfosco

. Vincenzo Jacuilli. Perugia

Anton Valerio Florenzi. Castiglion-
fosco

Ventura Dominici. Oro

Giovanpaolo Sestio. Perugia

Antonio Degli Oddi. Perugia

Antonio Farina. CO

Luigi Sassi. CO

Domenico Petruzzi. Castiglion del
Lago

Severo Fracassi. Magione

Giovanbattista Vaschetto. Perugia

Giovanbattista Pastorici. Perugia

Innocenzo Bernardini. Sanfeliciano 1674

Girolamo Bisici can. Perugia

Francesco Marino. Perugia

Giovannangelo Angelino. Santar-
cangelo

Alessandro Benincasa can. Perugia

Carlo Leonzio. Perugia

Domenico Flamini. Marsciano

Giuseppe Barnabei.

Fabio Bastianini. Perugia

Baldassarre Ferrati. Perugia

Ludovico Massari. Perugia

Cristofaro Bombardi. Magione

Tommaso Cerrini. Perugia

Simone Pallucco. Marsciano

Vitale Ercolani. Perugia 1675

Francesco Adreani. Castiglionfosco

Giovanbattista Perducci. Ripa

Francesco Vignoli. Preggio

Piergiacomo Consino. Castelrigone

Giovanangelo Criaci. Passignano

Giacomo Petrazzino. Perugia

Giovanbattista Cianelli. Perugia

Antonio Marini. San Biagio

Goffredo Degli Oddi. Perugia

Orazio Bacelli. Perugia

Ascanio Volpi. Perugia

Filippo Bertucci. Casalina
Pierpaolo Ubaldi. Perugia

Ferdinando Pasquini. Castiglionfo-
SCO

Paolo Angelino. Perugia

Cesare Monti. Fontignano

Annibale Tanagli. Perugia

Antonino Antonelli. Perugia

Giuseppe Mari. Passignano

Cristofaro De Lugli. Passignano

Ercole Garofani. CO

Giovannandrea Petrino. Agello

Giovanbattista Pascuccio. Perugia

Girolamo Petrino. Perugia

Pietro Bartoli. Montemalbe

Vincenzo Rossi. Mercatale

Francesco Bernardi. Sanfeliciano

Antonio Farnetano. Perugia

Biagio Bernardi. Perugia

Isidoro Sermatello. Montecolognola

Vincenzo Bernardini. Perugia

Carlo Rampalio can. Perugia

Sebastiano Arnio. Pievecaina

Pietro Pruni. Perugia

Bonifacio Cinaglia. Perugia

Tommaso Pittanti. Perugia

Guido Beltrami. Perugia

Antonio Bianco. Perugia

Cesare Transimeno. Sanfeliciano

Aurelio Fabiano. Perugia

Alessandro Lorenzi. Perugia

Antonio Benedetti. Isola Maggiore

Giovanbattista Bermonuti. Marscia-
no

Tommaso Angeli. Perugia

Giovanni Luca De Rizzi. Santagnese

Giovanfrancesco Alessandri. Peru-
gia

Adriano Pittanti. Perugia

Bernardino Camilli. Piscille

Pierpaolo Mariotti. Montali

Vincenzo Maria Fosci. Castiglionfo-
sco

Francesco Delicati. Torgiano

Giovanni Andrea Citernara. Peru-
gia

Girolamo Penna. Perugia

Dionigi Ughi. Castel del Piano

Francesco Maria Ferrante.

Girolamo Blasi. Perugia

Giuseppe Fabbri. Magione

Giovanbattista Fabrizi. Pontesan-

giovanni :

ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

1676

1678

1679

1680

Filippo Natali. Perugia
Venanzio Latini. Pontesangiovanni
Domenico Saraceno can. Perugia
Adriano Bagenoni can. Perugia
Paolo Emilio Rampalio can. Peru-
gia
Francesco Federici. Perugia
Francesco Gregori. Castiglionfosco
Bernardino Borsello. Perugia
Piermatteo Barnabó. Perugia
Alessandro Della Penna arcid. Pe-
rugia
Francesco Bartoccetti. Sanfeliciano
Filippo Ansaldo. Perugia
Giacomo Graziani. Oro
Pierpaolo Gori. Perugia
Francesco Maria Atteani. Perugia
Bernardino Brischi. Perugia
Tancredi Rainero arcipr. Perugia
Giovanpaolo Giovi can. Perugia
Giovanbattista Augubini. Perugia
Nicola Doni can. Perugia
Basso Bassi. Perugia
Marco Vincioli arcid. Perugia
Giuseppe Perigli can. Perugia
Placido Bartolucci. Castelrigone
Orazio Zerbini. Perugia
Carlo Banderia. Perugia
Giovannantonio Ferrazzini. Perugia
Giovan Simone Tassi. CO
Marcantonio Boncambi. Perugia
Giovanni Aligi. CO
Angelo Coli. CO
Costanzo Tartaglia. Perugia
Pierpaolo Paci can. Perugia
Scipione Angelini. CO
Melchiorre Saccaboni. Perugia
Antonio Fornerio. Perugia
Giovanbattista Beltrami. Perugia
Pietro Cacciavillani. Perugia
Domenico Moschi. Perugia
Giuseppe Cumini. Castelrigone
Angelo Fracassini. Perugia
Felice Cavallari. Isola Maggiore
Clemente Giovi. Perugia
Franco Salutari. Perugia
Alessio Transimeno. Perugia
Giovan Simone Scapecchi. Perugia
Francesco Maria Boldrini. Perugia
Antonio Laudati. Corciano
Carlo Verducci. Perugia
Marcantonio Cervellari. Perugia

1681

1682

1683

1684

1685

1686

1687 174 ‘ARTURO GABRIJELCIC

Giovanbattista Patrizi. Fontana
Angelo Francesco Bagagli. Perugia 1688
Antonio Ercolani. Perugia
Giuseppe Armanno. Solfagnano
Bernardino Venturi. Perugia
Ascanio Bracceschi. Perugia
Francesco Gregori. Montecolognola
Gregorio Bei. Perugia :
Domenico Foschi. Perugia
Orazio Baldi. CS

Bernardino Cagni. CS

Vincenzo Giulini. CS

Luca Antonio Ugolini. Perugia
Pietro Antonelli. Perugia
Girolamo Gemelli. Perugia
Francesco Forlari can. Perugia
Giacino Delicati. Perugia
Francesco Boldrini. Perugia
Franco Bonanino. Perugia
Giuseppe Spagnolis. Marsciano
Antonio Prosperi. Perugia
Antonio Ciotti. Perugia

Antonio Maria Fratino. Perugia
Giuseppe Bonello. Perugia
Giovantommaso Leonardi. Perugia
Giovannantonio Fini. CO
Cipriano Berardino. CO

Antonio Renzino. CO

Francesco Martelino. Perugia
Alfonso Agostino. Perugia
Antonio Vestri. Perugia
Antonio Allegrini. Agello

Angelo Valli. Marsciano

Angelo Dominici. Marsciano
Andrea Serafini. Preggio
Florenzo Ciucci. Ierna

‘ Ercole Lazzarini. Perugia

Nicola Brincetti. Perugia
Tommaso Flamini. Marsciano
Francesco Poli. Perugia

Franco Mariottini. Marsciano
Andrea Zingaroni. Perugia
Tommaso Muscoli. Perugia
Antonio Ferrazzini. Perugia
Angelo Faloia. Perugia

Lorenzo Corsomanni. Passignano
Lorenzo Panizza. CS

Antonio Tempestini. CS
Francesco Silla. Perugia
Francesco Pucci. Castel delle Forme 1692
Carlo Coromani. Perugia

Carlo Vibi. Montecorona

1689

1690

1691

Gregorio Marescalchi. Perugia
Girolamo Capra can. Perugia
Girolamo Amatori. Perugia
Andrea Bresciani. Perugia
Francesco Narduzzi. Perugia
Girolamo Benini. Isola Maggiore
Francesco Gambecorte. Perugia
Carlo Antonio Guerrino. Perugia
Angelo Severini. Perugia
Carlo Biagi. Perugia
Giacomo Veracchi. Perugia
Lorenzo Antonini. Perugia
Pierpaolo Egidi. Castelrigone
Franco Ferretti. Compignano
Valentino Bacci. Castel delle Forme
Ottavio Battagli. Marsciano
Lorenzo Cianelli. Perugia
Antonio Luciani. Perugia
Angelo Mariotti. Collestrada
Giuseppe Ceccotti. Perugia
Diego Fulgenzi. Isola Maggiore
Vincenzo Galli. Perugia
Marco Bartolelli. Perugia
Girolamo Baldassari. S. Petronilla
Passiteo Panciarelli. Perugia
Antonio Marcellini. Fontignano
Giuseppe Busti. Perugia
Paolo Riposi. Perugia
Cristofaro Criaci. Passignano
Baldassarre Rizi. Castelrigone
Tommaso Lugli. Isola Maggiore
Pierpaolo Paolotti. Cerqueto
Tommaso Amatore. Perugia
Anastasio Mari. Perugia
Onofrio Rossetti. Perugia
Giuseppe Giorgetti. Perugia
Costanzo Guerrieri. Castelrigone
Antonio Veracchi. Perugia
Pompeo Muccetti. Perugia
Antonio Zuccarino. CS
Agostino Petrucci. Castiglion del
Lago
Annibale Palla can. Perugia
Serafino Serafini. Cerqueto
Domenico Maggiori. Perugia
Simone Melchiorri. Perugia
Mattia Cerboni. Perugia
Antonio Massanese. Castelvieto
Valentino Valli. Perugia
Marco Armannucci. Perugia
Giuseppe Betti de Bartolucci. Pe-
rugia

1693

1694

1695

1696

1697

————— Antonio Boni. Perugia
Lorenzo Siepi. Perugia
Domenico Pieracciani. Perugia
Domenico Pascuzi. Santelena
Ascanio Lippi. Perugia
Cesare Pecci. Monteacutello
Silvestro Bazzani. Arcella
Giovanbattista Simonelli. CO
Angelo Pratelli. CO
Alessandro Muscoli. CO
Francesco Piccarelli. Castiglion della
Valle
Nicola Cecchini. Perugia
Cesare Meniconi. Perugia
Orazio Ugolini. Perugia
Lorenzo Morelli. Perugia

ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

1698

1699

Giovanbattista Bettucci. Castiglion-

fosco
Vincenzo Guerra. Perugia 1700
Fulvio Beningrazia. Perugia
Tosco Renzini. Perugia
Lorenzo Cagnoni. Perugia
Fulvio Biani. Perugia
Antonio Bonucci. Perugia
Anselmo Mimi. Marsciano
Giovantommaso Fini. Perugia
Ludovico Aureli can. Perugia
Giuseppe Mancini. Migliano
Antonio Valeri. Magione 1701
Ercolano Pinozzi. Castelrigone
Baldassarre Bonvolotti. Perugia
Alessandro Donati. Perugia
Giacomo Pretelli. Perugia

Mons. ANTON FELICE MARSILI

Alessandro Tartaglia. Perugia

Angelo Pacchi. Perugia

Girolamo Amici. Perugia

Filippo Labi. Perugia

Sebastiano Monti. Perugia

Carlo Gheri. Perugia

Matteo Natali. Perugia

Francesco Grotti. Perugia

Francesco Tocchi. Perugia

Agostino Rossi. Passignano

Gabiele Feni. Castelrigone

Pietro Crispolti. Perugia

Pierpaolo Giuliani. Cibottola

Carlo Bombardi. Magione

Andrea Nardi. Perugia

Alessandro Bracceschi can. Peru-
gia

Luca Sebastiani. Preggio

Pierantonio Beduzzi. Perugia

Francesco Biancalana. Magione

Giovanpaolo Angelini. Perugia

Francesco Tabrigi. Spina

Pietro Polastri. Perugia

Filippo Cappelletti. Perugia

Girolamo Angeletti. Perugia

Sebastiano Valeri. Perugia

Vincenzo Arrivabeni. Castiglionfosco

Filippo Coetti. Perugia

Agostino Sensi. Perugia

Gregorio Zuccarini. Collebaldo

Attilio Maestrini. Perugia

Gaspare Ciuchi. Mercatello

1702

1703

1704

1705

Ubaldo Fracassini. Valpierla
Guido Tassi. Perugia
Pietro Baldini. Perugia 1706
Marcantonio Verzi. Perugia
Francesco Cerboni. Torgiano
Antonio Terrenzi. San Nicolò di
Celle
Carlo Belforti. Perugia
Giuseppe Almerigi. Perugia
Ercole Basteri. Perugia
Luca Brizio. Perugia
Antonio Rossi. Vallepiccola
Carlo Vignali. Preggio
Alessandro Marinelli. Perugia
Ludovico Oddi can. Perugia 1707
Francesco Picciolli. Perugia
Ignazio Crispolti can. Perugia
Francesco Boni can. Perugia
Pietro Amatucci. Castelrigone
Antonio Rosci. Castiglionfosco
Pietro Narducci. Gaiche
Gabriele Alegri. Perugia
Mauro Cibi. Perugia
Giustiniano Bartoccini. Marsciano
Francesco Godioli. Santarcangelo 1708
Lorenzo Severini. Perugia
Pietro Caffarelli. Perugia
Francesco Tomassino. Ospedalicchio
Girolamo Santi. Perugia
Paolo Danzetta can. Perugia
Giovanmaria Perotti can. Perugia
Onofrino Agostini. CO Giovannantonio Bartoli. CS
Girolamo Ciani. CS

Emilio Porrini. Sarzana

Luca Pacioselli. Perugia

Carlo Sacci. Preggio

Stefano Lorenzi. Pievepagliaccia
Filippo Plantesi. Perugia
Vincenzo Santi. Perugia

Pietro Gustinelli. Città di Castello
Lorenzo Ricci. CO

Giuliano Pasquieri. Collebaldo

176 ARTURO

1709

GABRIJELCIC

Antonio Rocca. Perugia 1709
Francesco Olmo. Magione |
Paolo Barzi. Perugia |
Carlo Guardabassi. Preggio

Angelo Brunelli. CS 1710

Nicola Sani. Perugia

Costanzo Miani. Torgiano

Andrea Cavallari. Perugia

Giacomo Busoni. Perugia

Filippo Picciolli. Perugia

Francesco Ricci. Perugia

Mons. VITALE FRANCESCO DE BUOI

Lorenzo Brunamonti. Perugia

Costantino Muccetti. Perugia

Filippo Tregli. CO

Giovanluca Neni. Perugia

Pietro Delicati. Perugia

Giovanbattista Gori. Perugia

Pietro Gagliardi. Perugia

Pietro Paliani.

Giulio Monti.

Girolamo Guerra. Perugia

Cristofaro Pani. Perugia

Paolo Giuli. Perugia

Nicola Cecconi. Perugia

Simone Riccetti. Perugia

Ubaldo Cenci. Morleschio

Sebastiano Fagotti. Marsciano

Francesco Maria Ugolini. Deruta

Giuseppe Eletti. Perugia

Francesco Aureli arcid. Perugia

Lorenzo Gagliardi. Perugia

Sante Farsetti. Perugia

Ascanio Giacobetti. Perugia

Pierpaolo Laurenzi. Deruta

Bartolomeo Vincenti. Sanmariano

Filippo Leandri. Torgiano

Bernardino Rosa. Perugia

Fabrizio Caporali can. Perugia

Pietro Neri. Migliano

Girolamo Piergentili. Castiglionfosco

Paolo Antonio Benincasa. Passi-
gnano

Pompeo Pompei. Perugia

Michelangelo Ronconi. Perugia

Francesco Lothis. Pievepagliaccia

Antonio Melaranci. Perugia

Giuseppe Foschi. Perugia

Innocenzo Tregli. Perugia

Vincenzo Vignali. Preggio

1711

1712

1713

Flaminio Flamini. Montepetriolo
Nicola Brunamonti. Perugia 1714
Simone Martani. Santarcangelo
Federico Barzi.
Sante Ricci. Magione
Ludovico Pippanti. Perugia
Lorenzo Mariotti. Montali
Carlo Brozzetti. Perugia 1715
Vincenzo Borri. Perugia
Nicola Della Penna can. Perugia
Antogirolamo Gregori. Castiglionfo-

sco
Angelo Gaspari. Magione i
Federico Bontempi can. Perugia 1716
Vincenzo Donati. Perugia
Ludovico Petrini. CS
Giacomo Veterini. Perugia
Giulio Valeri. Magione
Carlo Tondi. Perugia
Pietro Camillo Zonghi. Perugia |
Paolo Rossetti can. Perugia |
Ubaldo Agatoni. Perugia
Ercolano Bassi. Perugia |
Francesco Tonti. Perugia |
Ercolano Battistini. Castelrigone
Pietro Piottolini. Perugia
Paolo Natali. Perugia
Antongirolamo Benini. Isola Maggiore
Antonio Bartolucci. Castelrigone 1717
Giuseppe Franceschini. Castelrigone
Antonio Ugolini. Perugia
Francesco Spagnoli. Perugia |
Domenico Sebastiani. Preggio |
Antonio Mariani. Perugia |
Stefano Bernardini. Sanfeliciano |
Francesco Codanti. Perugia
Bernardino Egidi. Castelrigone
Ignazio Eusebi. Perugia
Francesco Tappi. Perugia
Nicola Condieri. Perugia
Antonmaria Patrizi. Perugia
Angelo Persiani. CO
Blasio Santolini. Perugia
Giovanni Mancinelli. Deruta
Vincenzo Bonelli. Perugia
Camillo Leonzi. Perugia
Domenico Millesi. Migianella
Crispolto Marinacci. Perugia
Stefano Scarlattini. Perugia
Giovanbattista Egidi. CS
Antonio Ruggeri. Marsciano
Carlo Gennari. Perugia
Gaetano Leonelli. Perugia
Giovandomenico Lolli. Oro
Raimondo Bonelli. Perugia
Pierpaolo Pieracciani. Piana
Graziano Graziani. Perugia
Filippo Rampali Colombi. Perugia
Vincenzo Sodi. Perugia
Pierleone Guardabassi. Preggio
Camillo Bacelli. Perugia
Giovanni Vallicastri. Perugia
Pietro Vermiglioli can. Perugia
Pietro Marzi. Perugia
Vincenzo Spagnoli. Maisciano
Carlo Lugli. Monte del Lago
Cesare Mauro. Perugia
Giovanbattista Errighi. CS
Carlo Ponti. Deruta
Angelo Monacelli. Coltavolino
Marcello Bonucci. Magione
Ubaldo Sebastiani. Preggio
Giovanni Angelo Benedetti. Ripa
Fabio Torretti. Casaglia
Angelo Giuliani. Pontevalleceppi
Nicola Bernardi. Sanfeliciano
Francesco Negrini. Perugia
Domenico Piccioni. Perugia
Luca Antonio Mazzetti. Castiglionfo-
sco
Giovanni Simone Ferranti. Monaste-
vole
Lorenzo Morganti. Deruta
Pier Orazio Pientini. Taverne
Filippo Rodolfi. Compignano
Pietro Baldoni. Perugia

ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

1718

1720

1721

1722

1723

Bartolomeo Veglia can. Perugia

Flaminio Bacci. Sanvalentino

Giuseppe Caroni. Marsciano

Nicola Tamarigi. Spina

Giovanbattista Paganelli. Pontepat-
toli

Pietro Angelini. Perugia

Lorenzo Petroni. Sanfeliciano

Cesare Cesaretti. Pievepagliaccia

Giovanni Costanzi. Tuoro

Orazio Vagnuzzi

Francesco Vitarini.

Domenico Baciulli.

Michele Ceccanti.

Orfeo Gogha can.

Salvatore Bravi. Perugia

Giovan Francesco Emili. Preggio

Francesco Sani. Perugia

Paolo Girolamo Baldini. CS Sanfeli-
ciano

Lorenzo Patrizi

Pietro Maneschi. Perugia

Francesco Angeletti. Perugia

Pasquale Mattioli. Perugia

Giuseppe Sebastiani. Preggio

Francesco Gismondi. Perugia

Nicola Sambuci. Perugia

Antonio Amatucci. Castelrigone

Giacomo Sensi. Perugia

Agostino Gismondi. Perugia

Giovanbattista Rosi. Perugia

Domenico Antonini. Perugia

Nicola Maccarelli. Montecorona

Domenico Serafini. Montecorona

Costanzo Massimi. Cerqueto

Francesco Ridolfi. Perugia

Francesco Orsini. Torgiano

Michelangelo Vignoli. Montecolo-
gnola

Lorenzo Diamanti. Sportacciano

Paolo Doni can. Perugia

Francesco Camilli. Perugia

Celso Pascoli. Perugia

Bernardino Rossi. Perugia

Andrea Cocchi. Osped. della Miseri-
cordia

Bonifacio Sillani. Perugia

Card. MARCANTONIO ANSIDEI

Filippo Valeri. Perugia
Silvestro Lucchetti. Castiglion della

12

1727

Valle

Giuseppe Marconi. Magione

1724

1725

1726

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Je

N e. 3
de atri a. 178

Girolamo Cirilli. Cerqueto

Marcantonio Giovio can. Perugia

Giuseppe Verzi. Perugia

Girolamo Laudati. Corciano

Domenico Egidi. Castelrigone

Cristofaro Ciacci. Gaiche

Domenico Betti. Cerqueto

Isidoro Gallinelli. Perugia

Vincenzo Bernardini. Ospedale della
Misericordia

Francesco Antonio Ballucci. Peru-
gia |

Domenico Ceppi. Passignano

Giacomo Della Penna can. Perugia

1728

ARTURO GABRIJELCIC

Agostino Tosati. CS Castelrigone

Giovannandrea Aleandri. Deruta

Giuseppe Mattioli. Perugia

Angelo Tancini. Tuoro

Vincenzo Cavalucci. Perugia

Giuseppe Curti. Perugia

Nicola Piccinelli. Perugia

Giovanbattista Rufini. Perugia

Nicola De Santi. Perugia

Andrea Filippo Dionigi. Isola Pol-
vese

Francesco Briganti. Pretola

Giovanbattista Travigi. Marsciano

Mons. FRANCESCO RICCARDO FERNIANI

Vincenzo Magnanini. Perugia 1731
Bernardino Saracini can. Perugia
Ippolito Cesarei. Perugia
Pietro Pastelli. Montemelino
Alessandro Sebastiani. Mandoleto
Domenico Olivieri. Perugia
Giacomo Taggi. Perugia
Valentino Bindelli. Montepetriolo
Giovanni Benedetti. Pievecaina
Giovanbattista Laurenzi. Bagnaia
Fiorenzo Cherubini. Perugia
Francesco Però. Perugia
Marcellino Travigi. Marsciano
Carlo Pilorci. CO
Piergiacomo Buattini.
Selvatica
Pietro De Battistis can. Perugia
Carlo Pini. Perugia
Gabriele Marinello. Perugia
Giuseppe Antonio Ricci. CS (olim ex)
Giuseppe Cecchetti. Marsciano
Giuseppe Zuccarini. Castiglionfosco
Torquato De Battistis can. Perugia
Pietro Manieri. Perugia
Andrea Morandi. Perugia
Giuseppe Minutelli. Santarcangelo
del Lago
Ottaviano Lugli. Montedellago
Bernardino Paganini. Marsciano
Giuseppe Lelli. Perugia
Camillo Petruzzi. Castigliondellago
Fabrizio Napoli. Compignano
Vincenzo Garbi.
Giuseppe Bagni. Perugia
Mario Cavalletti. Monestevole

1732

Fratticiola

1733

1734

1735

Giuseppe Baroni. Perugia
Ubaldo Milli. Sportacciano
Ercolano Guardabassi. Preggio
Carlo Trasimeni. Perugia
Cesare Posti. Perugia
Vincenzo Moretti. Ospedale della Mi-
sericordia
Giuseppe Baroni. Compignano
Filippo Gasperi. Magione
Giovanbattista Alfani can. Perugia
Massimo Persiani. Cerqueto
Sebastiano Margutti. Monestevole
Francesco Giorgi. Corciano
Giovanni Gulini. Abbadiola
Felice Cerboni. Cerqueto
Flaminio Flamini. Lidarno
Ruggero Alfani can. Perugia
Giovanbattista Aquilanti. Magione
Domenico Panizza. Perugia
Filippo Mattei. Monteacuto
Giovanbattista Dini. Passignano
Francesco Gagliardi. Perugia
Ponziano Bonzi. Magione
Giovanbattista Campi. Deruta
Nicola Bracceschi can. Perugia
Costanzo Batta. Perugia
Giovanbattista Bonelli. Perugia
Francesco Bonzi. Perugia
Nicola De Nicolais. Perugia
Pietro De Agustinis. Perugia
Domenico Dominici. Agello
Nicola Paladini. Perugia
Giovancarlo Bartoccini. Marsciano
Giancarlo Tocchi. Cibottola
Cesare Bartoccini. Passignano

1729

1730

1736

1737

1738

1739

1740
Giovanmaria Vecchi. CS Sanbiagio
Girolamo De Nigris. Passignano
Baldassarre Angelini. Perugia
Pietro Sirchi. Perugia
Carlo Cinelli. Perugia
Pasquale Ricci. San Fortunato
Ubaldo Baldacci. Morleschio
Giuseppe Vagnucci. Isola Maggiore
Francesco Vincenti. Castelsant’A-
gnese
Stefano Bacci. Castel delle Forme
Mario Nicolini. S. Nicolò di Celle
Ludovico Campolastri. Perugia
Francesco Rossi. Corciano
Francesco Benincasa. Pantano
Innocenzo Sabatini. Perugia
Pasquale Lattarini. Perugia
Giuseppe Pacifici. Perugia
Francesco Ughi. CS Castel del Piano
Francesco Bartoccini. Sanfeliciano
Biagio De Ambrosi. Arcella
Francesco Onofrio Ortolani. Rabatta
Antonio Bonucci. CS Magione
Marcantonio Grifagni. Montepetriolo
Pasquale De Vincenti. Perugia
Filippo Andreucci. Perugia
Evangelista Bandini. Santelena
Baldassarre Bruchi. Perugia
Bartolomeo Cesarini. Perugia
Costanzo Lemmi. Collebaldo
Pietro Biani. Castiglionfosco
Giacomo Antonio Bacci. Castel del
Piano
Biagio Baldacci. CS
Sigismondo Bartolini. Poggio Aqui-
lone
Giovanni Pieracciani. Castiglion del
Lago
Agostino de Augustini. Perugia
Lorenzo Marini. Montalto
Francesco Piaceri. Perugia
Cristofaro Tanci. Bagnaia
Benedetto Pasquieri. Giano
Carlo Innamorati. Perugia
Francesco Battisti. Perugia
Giovanbattista Panizzi. Perugia
Giacomo Carnevali. Migiana M.
Malbe
Antonio Lorenzini. Montenero
Giovanni Biancalana. Magione
Francesco Montanari. Cordigliano
Giuseppe Codanti. Perugia

ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

1741

1743

1744

1745

1746

1747

1748

Girolamo Guerrini. Bastia Creti

Lio Micheli. Perugia 1749
Felice Vignoli. Preggio
Gregorio Bonucci. Magione 1750

Giovannicola Guardabassi. Preggio
Giuliano Annibali. Marsciano
Giuseppe Monti. CS
Feliciano Scaldini. CS
Francesco Pompili. Ponte Pattoli
Giovandomenico Perigli. Marsciano
Angelo Brunelli. Castel Leone
Paolino Costantinelli. Bagnaia
Paolo Delicati. Perugia
Carlo Maravalli. Perugia
Giovan Lorenzo Giannelli. Isola
Maggiore 1751
Giovanni Cerboni. Cerqueto
Silvestro Venanzi. Valcaprara
Alessandro Maris. Perugia
Tommaso Fortunelli. Perugia
Giuseppe Rocchi. Perugia 175
Nicola Battistoni. Perugia
Giovanni Petrini. CS Cerqueto
Angelo Ambrosi. Arcella
Giacomo Marinelli. Romeggio
Giovanni Saccucci. Castelrigone
Giovanbattista Marchetti. Torgiano
Francesco Borghi-Romano. Perugia,
S. Giuliana
Federico Roscetti. Perugia 1753
Pietro Pieroni. CS Colle del Cardinale
Fabrizio Brunelli. CS Corciano
Giovanbattista Battaglia. CS Mar-
sciano
Domenico Ciccotti. CS Perugia
Baldassarre Vincenti. Perugia
Giovannandrea Ferretti. Marsciano
Giuseppe Valcelli. Passignano
Ubaldo Tucci. Monte Biano
Domenico Ricci. CS Abbadiola
Carlo Valigi. Sant'Angelo di Celle
Tommaso Viti.
Francesco Danzetta arcid. Perugia
Nicola Oddi nunzio Colonia. Peru-
gia 1754
Filippo Naldini dott. teol. Perugia
Alessandro Giovio can. Perugia
Giovanbattista Cuccagni. Montalto
Girolamo Vermiglioli can. Perugia 1755
Andrea Bartolini. Torgiano
Tommaso Briganti. CS Mantignana

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Giorgio Ercolani. CS Sanmartino
Delfico
Nicola Lorenzini. Perugia
Vincenzo Venanzi. Perugia
Luigi Rioni. Perugia
Francesco Mancini. Perugia
Angelo Garbi. Tuoro
Vincenzo Marcarelli. Perugia
Sante Persinai. Perugia
Francesco Nataloni. Valcaprara
Francesco Delicati. Perugia
Antonio Giuliani. Villanova
Carlo Loreti. Perugia
Onofrio Toschi. Perugia
Francesco Monotti. Perugia
Francesco Donini. Perugia
Lucantonio Pellicciari. Perugia
Francesco Marcarelli. Perugia
Giuseppe Calvieri. Perugia
Antonio Giacomini. Perugia
Ercolano Bonzi. Magione
Giuseppe Pellegrini. Montalto
Domenico Simonetti. Perugia
Nicola Goga. Perugia
Giovanbattista Salvatori. Perugia
Paolo Bonci. Perugia
Giovanbattista Brunetti. Perugia
Giuseppe Stocchi. CS Torgiano
Francesco Massimi. Cerqueto
Enrigo Viti. Perugia

1756

1757

1758

ARTURO GABRIJELCIC

Bernardino Cenci can. Perugia

Filippo Gavelli. Perugia

Giuseppe Pucci. Perugia

Fulvio Angeli. Perugia

Filippo Battistini. CS Castelrigone

Pietro Renzetti. Perugia

Fiorenzo Ciucci. Ierna

Glotto Ranieri o Raineri. Perugia

Fabrizio Brizi. Perugia

Felice Calindri. Perugia

Cesare Cocchi. Passignano

Francesco Ciucci. Ierna

Andrea Stocchi. CS Torgiano

Giuseppe Spiganti. CS Papiano

Angelo Ferrini. CS Perugia

Anselmo Mosconi. CS Magione

Giovanbattista Tamburrini. CS Pie-
vepagliaccia

Nicola Chiatti. CS Perugia

Carlo Cotichini. Ospedale della Mi-
sericordia

Francesco Trasimeni. Perugia

Francesco Nicolai. Fontignano

Giovanni Andrea Miani. Taverne

Claudio Errighi. Perugia

Giuseppe Bernardi. Perugia

Giuseppe Barzi. Perugia

Giuseppe Rosi. Fontignano

Spiridione Mosconi. Fontignano

Mons. FILIPPO AMADEI

Gentile Flamini. Marsciano
Giovanbattista Ricci. Magione
Luigi Rocchi. Perugia

Sebastiano Gagliardi. Monteacutello
Girolamo Imperiali. CS Compignano
Antonio Massari. Perugia

Giuseppe Fioretti. Pontefelcino
Giovanbattista Cocchi. CS Deruta
Vincenzo Turrini. Isola Maggiore
Ignazio Cocchi. Perugia

Luigi Antolini. CO

Giuseppe Pellini. Perugia

Luigi Coppioli. Perugia

Vincenzo Porrari. Lacugnano
Giuseppe Cavallini. Rancolfo

Carlo Pistocchi. CO Perugia

Carlo Marroni. S. Martino in Campo
Antonio Bonucci. Villa Buschi
Ugolino Corradi. Casamanza

1764

1765

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Carlo Ceccomanni. Perugia

Nicola Tantini. Perugia

Domenico Marchegiani. CS Perugia

Pietro Steneri. Perugia

Girolamo Pompili. Castiglion della
Valle

Bernardino Antolini. Macereto

Giuseppe Mancini. Perugia

Angelo Cesarini. Perugia

Luigi Condieri. Perugia

Giovanni Pierelli. Perugia

Francesco Fracassini. Perugia

Giuseppe Cerusichini. Perugia

Carlo Bordone. Perugia

Luca Sambuci. Perugia

Francesco Calandrini. Morcella

Nicola Costanzi. Monte del Lago

Bernardino Sacconcelli. Tuoro

Biagio Bocci. Deruta

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1759

1760

1761

1762 |

1763

1766

1767
Luigi Tobia. Perugia
Giovanmaria Cagiati. Perugia
Cruciano Baldini. Santelena
Francesco Tucci. Olmo

Carlo Pucci Boncambi. Perugia
Giacomo Binarelli. Perugia
Michelangelo Bonaccorsi. Perugia

Pietro Narducci. Marsciano
Giovanbattista Magnanelli. Perugia 1768
Giovanbattista Romitelli. Montalto
Giuseppe Giannini. San Sebastiano
Domenico Asprucci. Perugia

Costanzo Massoli. Morcella

Enrico Santi. CO Oro

Francesco Mori. Perugia

Luigi Guardabassi. Preggio

Vincenzo Verduccioli. Perugia

Domenico Natalizi. Perugia

Michelangelo Travigi. Perugia

Giovanni Giacomini. Montecolognola 1769
Pietro Vincenti. Isola Maggiore

Oddo Oddi can. Perugia

Carlo Giorgi. Greppoleschieto

Tommaso Terrenzi. CS Corciano
Benedetto Trentini. CS

Ermenegildo Caraffa. Deruta 1770
Giuseppe Lupattelli. Perugia

Luigi Paganini. Maisciano

Giovanni Morettini. Marsciano

Costanzo Travigi. CO Perugia

Giuseppe Costarelli. Valcaprara

Luigi Beffani. Perugia

Benedetto Monti. Perugia

Domenico Piengia. Torgiano

Giovanni Verducci. Perugia

Innocenzo Cherubini. Perugia

Andrea Allegri. CS Magione 1771
Antonio Tiratelli. Deruta

Federico Pascucci. CO Perugia

Francesco Bordoli. Perugia

Antonio Veglia. Perugia

Giuseppe Bianchi. Perugia

Domenico Piselli. Castiglion del Lago
Giovanmaria Rossi. Sanfeliciano
Marcantonio Mariotti. Migliano

Giacomo Porinotti. Perugia

Luigi Battisti. Perugia

Francesco Saverio Borgia. Perugia
Pietro Bartoli. Castelrigone

Giuseppe Tartaglini. Perugia 1772
Vincenzo Spiganti. CS Papiano
Giuseppe De Homine. Montacuto

ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

Domenico Ferranti. Monastevole
Vincenzo Fittaioli. San Faustino
città
Giuseppe Ponti. Perugia
Francesco Giovi. Perugia
Giuseppe Germini. Santagnese
Ignazio Castellini. Perugia
Giacomo Bastardini. Fontignano
Agostino Lagi. S. Martino in Colle
Bonaventura Massini. Marsciano
Vincenzo Caldarini. Ponte Pattoli
Pietro Santucci. Perugia
Giuseppe Lotti. Perugia
Angelo Moroni. Perugia
Giovanbattista Pacini. Perugia
Baldassarre Santi. CO Oro
Gaspare Babbucci. Perugia
Luigi Camilletti. Perugia
Giuseppe Motti. Perugia
Francesco Lolli. Perugia
Giuseppe Cruciani. Marsciano
Francesco Fagi. Perugia
Domenico Parniani. Perugia
Antonio Torelli. Perugia
Luigi Cruciani. Perugia
Giovanni Forconi. Perugia
Carlo Baccarini. Marsciano
Baldassarre Battini. Marsciano
Filippo Fortini. Perugia
Lorenzo Penna. Fontignano
Vincenzo Giuliani. Borgogiglione
Giovanni Sperandio. S. Arcangelo
del Lago
Sisto Monsignorini. Perugia
Domenico Orsi. CS Perugia
Carlo Biribatti. Compignano
Giovanbattista Marini. Perugia
Bartolomeo Borghi. Fontignano
Giuseppe Biani. Castiglionfosco
Giuseppe Margutti. Morcella
Pasquale Vivarelli. CS Perugia
Francesco Maria Alberti. Perugia
Luigi Luna. Perugia
Spiridione Starnari. Perugia
Luigi Berioli. Castelrigone
Silvestro Martinelli. Perugia
Giuseppe Palazzi. Macereto
Giovanni Giammarioni. CS Migliano
Luigi Eugeni. Perugia
Stanislao Coppioli. Perugia
Francesco Santicchia. Mandoleto
Francesco Beviniate. Pontevalleceppi

1773

1774

1775

1776

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182 ARTURO GABRIJELCIC |
Giovanni Massoli. Marsciano Paolo Rossi. Migiana M. Malbe
Vincenzo Leonardi. Cerqueto Pierpaolo Bacci. Agello |
Giuseppe Almerici. Ospedale Miseri- Temistocle Lupattelli. Perugia |
cordia Stefano Bettelli. Perugia |
Angelo Maria Batini. Pontesangio- Giuseppe Biscontini. S. Egidio
vanni 1777 Santi Cherubini. CS Oro
Lorenzo Saveri. Racchiusole Giuseppe Pilorci. Perugia 1783
Biagio Borghesi. Perugia Piergiacomo Beffani. Perugia
Biagio Cherubini. Passignano Antonio Monotti. Perugia
Stanislao Cesarini. CO 1778 Pasquale Balchetti. S. Fortunato
Pietro Negroni. Perugia della Collina
Giuseppe Petroni. Sanfeliciano Vincenzo Baldoni. Perugia
Luigi Melchiorri. Torgiano Salvatore Orcarelli. Fontignano
Vincenzo Battaglini. Perugia Mariano Ranaldi can. Perugia
Giuseppe Cherubini. CO Giuseppe Bellucci. Pilonico
Giovanbattista Fabrizi. Perugia Domenico Baldacci. S. Bartolomeo
Vincenzo Ronchi. Montalto dei Fossi
Nicola Fiorenzi. Perugia Damaso Moroni can. Perugia 1784
Mattia Battini. Perugia Cesare Moroni. Perugia
Pietro Busti. Perugia Spiridione Baldassarri. Isola Polvese
Girolamo Duranti. Santagnese (San- Domenico Baldacchini. Castel delle
tenea) Forme
Raffaele Rossi can. Perugia 1779 Antonio Paoletti. Poggio Aquilone |
Giuseppe Massini. Castiglion del Luigi Michelangeli. Perugia |
Lago Marcantonio Ciucci. Ierna |
Giacomo Mancini can. Perugia Pietro Ambrosi. Morcella 1785 |
Mauro Cocchi. Passignano Ercolano Marinelli. Rabatta 1786 |
Giuseppe Viti. CO Giuseppe Giovi. Torgiano
Luigi Centurelli. CO Passignano Luigi Paradisi. Perugia
Giuseppe Schietti. Perugia Giovanni Mazzetti. Perugia
Francesco Cavallari. Perugia Pasquale Rosci. Castiglionfosco
Andrea Pascucci. S. Maria di Colle Domenico Pompei. Isola Polvese
Antonio Marinucci. Mugnano 1780 Lodovico Dominici. Cerqueto
Domenico Ferranti. Montalto Giovanni Franceschini. Perugia 1787
Giovanni Camilloni. Santenea Giovanni Fratini. Perugia
Giovanni Borsi. Perugia Luigi Bastardini. CS Fontignano
Luigi Passarini. Marsciano Antonio Leonardi. Perugia
Angelo Biagi. Perugia Bartolomeo Bartolini. CS Torgiano
Giuseppe Rossi. Perugia 1781 Giacomo Bolletta. Vic. curato Ra-
Lorenzo Monacelli. Monestevole batta
Melchiorre Bianchi. Perugia Carlo Giamboni. Perugia 1788
Marco Ercoli. S. Lucia suburbio Giovanbattista Cocchi. CS Deruta
Pietro Gabbicchi. Perugia Raffaele Carboni. Perugia
Baldassarre Titi. CS Pietro Agretti. Perugia
Vincenzo Agostini. Magione Francesco Canali. Perugia
Francesco Frenguelli. Perugia Costantino Massini. CS Cerqueto 1789 |
Carlo Campalestri. Perugia Carlo Antonio Ortis. Perugia |
Giuseppe Paoletti. Pontefelcino Luigi Mani. Perugia
Domenico Cipriano Borsi. Pontefel- Vincenzo Costantini. Perugia
cino 1782 Luigi Panichi. Perugia
Vincenzo Tei. Perugia Angelo Giuliani. Perugia 1790
Vincenzo Pellini can. Perugia Luigi Cancelletti. Perugia
|
e i din EX
Antonio Michelangeli. Perugia

Paolo Ughi. Castel del Piano

Flaminio Bacci. Perugia

Giovanbattista Cigni. Corciano

Antonio Nerucci. Marsciano

Camillo Uffreduzzi. Perugia

Domenico Venti. Perugia

Giovanpietro Friggeri can. Perugia

Bonaventura Graziani. Ospedale del-
la Misericordia

Giuseppe Cinelli. Perugia

Luigi Biancari. Perugia

Nicola Brucalassi. Perugia

Gregorio Ricci. Magione

Luigi Brozzetti. Perugia

Manlio Vibi. CS S. Paterniano

Vincenzo Rambaldi. Perugia

Luigi Poggioli. Perugia

Francesco Previtali. Perugia

Michele Mattioli. Corciano

Filippo Fucci. Olmo

Francesco Melinelli. CS Perugia

Michele Valigia. S. Angelo di Celle

Filippo Antonini. Perugia

Stefano Petroni. S. Feliciano

Casimiro Stornelli. CS Perugia

Alessandro Veracchi. Perugia

Giuseppe Bonci. Perugia

Luigi Coli. Perugia

Carlo Oddi arcid. Perugia

Antonio Cerrini. Perugia

Giovanni Biancini. Osped. della Mi-
sericordia

Luigi Pieri. Perugia

Domenico Morini. Deruta

Mons. CAMILLO

Diomede Ercolani. Perugia
Giovanni Germini. CS Perugia
Domenico Rocchi. Perugia
Vincenzo Fantacchiotti. CS Cortona
Angelo Contini. CS Valiano
Antonio Bagarotti.

Antonio Ballerini. CS Tisciano
Pietro Mariotti. CO Migliano

Luigi Severini. CS Perugia
Antonio Loccatelli. CS Perugia

1791

1792

1793

1794

1795

1796

1805
1806
1807
1808

1809

ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

Giuseppe Gennarini. Mugnano

Luigi Carnasciali. Passignano

Giovanbattista Brunori. Civitella
Benazzone

Simone Fratini. Monte Corona

Ignazio Delicati. Perugia

Michele Vignoli. Papiano

Bernardino Corgna. Poggio Aqui-

lone
Francesco Cacciavillani. Solomeo
Francesco Ciofi. Perugia
Arcangelo Ciucci. Ierna
Giuseppe Costantini. Perugia
Giuseppe Panicucci. Corciano
Landino Ottaviano Landi. Perugia
Fabio Serafini. Preggio ?)
Pietro Pacioselli. Perugia
Andrea Paolucci. Isola Maggiore
Innocenzo Battaglini. Castiglion del
Lago
Vincenzo Vignaroli. Bagnaia
Ercolano Ercolani. Agliano
Francesco Sepioni. Ripa
Francesco Migliorini. Perugia
Antonio Angeli. CS Deruta
Giacomo Vagnini. Perugia
Nicola Pompili. Prugneto
Pietro Antonio Penna. Fontignano
Vincenzo Giammaroni. CO Migliano
Giovanbattista Narducci. Marsciano
Carlo Caraffa. CO Deruta
Pasquale Ceccomori. S. Angelo di
Celle
Vincenzo Massimi. CO Montesperello
Giuseppe Rossi. S. Egidio

CAMPANELLI

Francesco Miani. CS Corciano

Francesco Sogini. CO S. Donato

Valentino Agapitini. CS S. Martino
in Campo

Giovanni Ferrini. CO Piscille

Massimiliano Ansidei. Perugia

Enrico Cruciani. CO Perugia

Pietro Rossi. CS Perugia

Carlo Giovio. CS Perugia

Luigi Ranieri. CS Perugia

183

1797

1798

1799

1800

1801
1802

1803

1804

1810

1812

?) La rarefazione delle ordinazioni in generale e di Perugia in particolare è da at-
tribuirsi alle ripercussioni della rivoluzione francese che anche in Perugia ebbe riper-

cussioni civili e religiose notevoli.

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184

Mario Melinelli Carrozza. CS Perugia

Giovanbattista Nicolini. CS S. An-
gelo di Celle

Ercolano Mela. CS Ospedalicchio

Angelo Won Bergher. Perugia

Serafino Paradisi. Corciano

Natale Balati. S. Maria Rossa

Giovanbattista Angelucci can. Ma-
cereto

Antonio Trentini. CS Preggio

Averardo Giovio. CS Perugia

Filippo Mari. CS Perugia

Filippo Cagianelli. CS Perugia

1813

1814

1815

ARTURO GABRIJELCIC

Filippo Mariotti. CO Perugia
Vincenzo Bianchetti. CS Ospedalic-

chio
Lorenzo Panti. CS Perugia
Massimiliano Amori. Marsciano ?

Celestino Lucarelli. CS Collebaldo |
Luigi Baldelli. CS Civitella d'Arno
Telesforo Campi. CS Torgiano
Carlo Valigi. CS S. Angelo di Celle
Francesco Babbucci. CS Perugia
Angelo Dell'Uomo. CS Perugia
Giovanbattista Tocchi. CO in CS Ci-
bottola

1817

1818

Mons. FILESIO CITTADINI

Michele Leo Ridolfi. Perugia

Antonio Mosconi. CS Marsciano

Scipione Lippi Alessandri can. CS.
Perugia

Sante Vitali. CS Antria

Settimio Reattelli. Castiglion del
Lago

Cristoforo Bellucci. CS Perugia

Cristoforo Cavalaglio. CS Castel delle
Forme

Sebastiano Rotelli. CS Corciano

Benedetto Santicchi. CS Magione

Agostino Brugnami. CS Corciano

Angelo Masci. CO Perugia

Francesco Silvestrini. CS Perugia

Carlo Marroni. CO S. Martino

Alessandro Vitalini. CS Deruta

Francesco Fracassi. CO Perugia

Serafino Bartolelli. CO Perugia

Luigi Solaioli. Perugia

Stanislao Josue Ricci. Perugia

Valentino Fucci. CS Fontana

Francesco Cardinali. CS Spina

Angelo Mavarelli. CS Colombella

Carmelo Pascucci can. Perugia

Giovanpaolo Franceschini. CS S. An-
gelo di Celle

Eugenio Stocchi. CS Torgiano

Giuseppe Lippi Alessandri. Perugia

Stefano Mancinelli. Perugia

Sante Speziali. Solomeo

Giuseppe Coli. CS Perugia

Mattia Mengacci. Perugia

Vincenzo Ughi. Lacugnano

Giuseppe Moretti. CS Perugia

Filippo Bracchi. Perugia


—.

1819

1820

1821

1822

1823

1825

1826

1827

Demetr EUM RN t

Tancredi Marcarelli. CO Perugia

Enrico Eugenio Menicucci. CS Mu- |
gnano 1828

Natale Ciuchi. CO Perugia 1829

Tommaso Soli. CS Corciano

Pietro Tocchi. CS Cibottola »

Giuseppe Orlandi. CS Perugia

Eustachio Vignaroli. CS Bagnaia

Domenico Parrettini. CS Castiglion
del Lago

Annibale Brutti. CO Perugia

Giovanbattista Coradini. CS Perugia

Valentino Chiacchieroni. Capoca-
vallo

Vincenzo Ghirga. CS Pieve Petroia

Teodoro Sartoretti. CS Taverne

Giuseppe Orsini. CS Perugia

Francesco Tucci. CS Fontana

Lorenzo Romani. S. Martino in Cam-
po

Gemello Pascucci. Perugia

Carlo Monotti. CS Castel delle For-
me

Natale Bartoccini. Perugia

Sebastiano Lepri. Rabatta

Vincenzo Frettegiani. CS Ponte Val-
leceppi

Raffaele Marchesi. CS Magione

Luigi Caproni. CS Fontignano

Bernardino Cinaglia. S. Maria delle
Corti

Luigi Grazia. CS

Giuseppe Marzani. Preggio

Stefano Nardarelli. CS Corciano

Francesco Bertolini. CS Fontignano

Luigi Mollaioli. CS Perugia

1830

1831

1833

1835 Porfirio Rossi. CS Perugia

Pio Valigi. CS Boneggio

Giuseppe Stocchi. CS Torgiano

Alessandro Mavarelli. S. Sebastiano

Cesti Antinori. Perugia

Costanzo Badini. Castel delle Forme

Pasquale Fruganti. Perugia

Giovanbattista Marini. Perugia

Pietro Marrani. Civitella d'Arno

Vincenzo Inglesi. Perugia

Luigi Sepioni. CS Perugia

Luigi Prosperini. Perugia

Pietro Menicucci. S. Martino in Colle

Giuseppe Brogioni. CS

Giuseppe Ciripicchi. Santenea

Mario Angelo Briganti. Mantignana

Benedetto Cecchini. Perugia

Luigi Giottoli. CS Castelvieto

Domenico Mellini. Murlo

Antonio Briganti. Mantignana

Giuseppe Fornaci. CS Montecorona

Gostanzo Pelagresti. S. Angelo di
Celle

Sante Petrazzini. CO S. Feliciano

Giuseppe Bingrossi. Perugia

Giacomo Ortolani. S. Orfeto

Carlo Paoletti. CS

Vincenzo Monottoli. Montemelino

Giovanni Paoletti. Ponte Felcino

Mons.

Domenico Nolfi. Collestrada

Girolamo Vannoni. Perugia

Domenico Biribatti. Compignano

Angelo Mancini. Brufa

Giuseppe Ragni. Torgiano

Angelo Braganti. Civitella Benaz-
zone

Andrea Luparini. S. Feliciano

Raffaele Colacicchi. Perugia

Vincenzo Polpettini. Montali

Biagio Calzolari. S. Nicoló di Celle

Gaspare Speziali. Solomeo

Aurelio Monti. Perugia

Cesario Ferretti. Perugia

Giovanbattista Millotti. Tuoro

Giovanbattista Bovini. Colombella

Francesco Tefenero. Castiglion del
Lago

Antonio Teodori. Mugnano”

Angelo Baratta. Solomeo

ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

1836

1837

1838

1839
1840

1841

1846

1847

1848

Francesco Baldetti. CS
Giuseppe Benedetti. CS Mugnano
Domenico Biscarini. CS Marsciano
Adamo Rossi. Villa Pitignano
Gaetano Mignini. S. Faustino
Mauro Paoletti. Ponte Felcino
Carlo Laurenzi. Perugia
Giuseppe Nolfi. Collestrada
Baldassarre Santi. Perugia
Luigi Sposini. Montevibiano
Annibale Ceccomori. S. Angelo di
Celle
Giuseppe Sozi. Montevibiano
Gioacchino Musi. Montebiano
Pietro Cocchi. Deruta
Costanzo Massini. Cerqueto
Benedetto Trentini. Preggio
Luigi Chiovi. Corciano
Giovanbattista Ragni. Perugia
Valentino Ricci. Villanova
Sebastiano Vecchi. Tuoro
Celestino Rossini. Compignano
Lorenzo Valiani. S. Maria delle Corti
Alessandro Caproni. Fontignano
Giacomo Nucci. Corciano
Giuseppe Flamini. Perugia
Angelo Ballerini. Tisciano
Antonio Mencarelli. Solomeo
Bernardino Passavanti. Perugia

GIOACCHINO PECCI

Giacinto Paradisi. Sant'Elena

Pietro Migliosi. Civitella d'Arno

Geremia Giuglini. Prepo

Angelo Scaramucci. Perugia

Telesforo Pimpinelli. Perugia

Ettore Ferri. Castiglion del Lago

Francesco Agostini. Perugia

Luigi Vecchi. Tuoro

Giuseppe Brunelli. Corciano

Francesco Rossetti. Corciano

Giovanni Zocchi. Perugia

Pasquale Banetta. S. Angelo di Celle

Gabriele Ferrini. CO

Angelo Bianchi. Castiglion della Val-
le

Alessandro Cardinali-Mattioni
neggio

Giovanbattista Satolli. Marsciano

Giuseppe Vincenti. Santenea

Luigi Sacconi. Piana

Bo-

1842

1843

1844

1845

1849

1850

1851 Tx
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186 ARTURO GABRIJELCIC

Pietro Banetta. S. Angelo di Celle

Gaetano Bernardi. S. Feliciano

Alessandro Silvestrini. CS Perugia

Giacomo Ghirga. CS Corciano

Benerio Bartocci. CS Casaglia

Francesco Giovio. Perugia

Giuseppe Simonini. Valdirose

Salvatore Marchesi. Mantignana

Luigi Ansidei. Perugia

Giacinto Ughi. Castel del Piano

Mariano Baldelli. Villa Buschi

Domenico Scarabattoli. Ponteval-
leceppi

Francesco Vignaroli. Bagnaia

Pasquale Coletti. Castel delle Forme

Natale Isidori. Perugia

Lorenzo Bucarini. Solomeo

Pietro Barola. S. Egidio

Alessandro Giannantoni. Perugia

Leone Baldini. Montevibiano

Luigi Rotelli. Perugia

Michele Cecchini. Perugia

Giuseppe Purgotti. Perugia

Leone Farinelli. Deruta

Annibale Rossi. Perugia

Paolo Scarpocchi. Isola Maggiore

Giuseppe Morettini. Deruta

Gabriele Doricchi. Perugia

Giuseppe Michelangeli. Passignano

David Fratini. S. Biagio della Valle

Giuseppe Leandri. Pila

Adolfo Santicchi. Perugia

Marzio Romitelli. Perugia

David Tini. Papiano

Luigi Maria Salvatorelli. Perugia

Luigi Agapitini. Castiglion della Val-
le

Agostino Cavallari. Tuoro

Pietro Robin. Montepetriolo

Pasquale Alberti. Trecine

Alessandro Ghirga. Chiugiana

Analetto Bicchioni. Deruta

Vincenzo Margheritoni. Montali

Cesare Sperandio. S. Arcangelo

Gaetano Ricci. Villanova

Giuseppe Boccali. S. Martino in
Campo

Gioacchino Severi. Mugnano

1852

1853

1854

1855

1856

1857

1858

1859

1860

1861

Giulio Boschi. Perugia
Giuseppe Cagianelli. Perugia
Cesare Mancinelli. Perugia
Geremia Brunelli. Corciano
Francesco Satolli. Marsciano
Giuseppe Rosini. Perugia
Giovanbattista Bianchi. Castelrigo-
ne
Ferdinando Scarabattoli. Ponteval-
leceppi :
Alessandro Alessandrelli. Lidarno
Raffaele Barili (alias Bruni). Perugia
Silvio Tiberi. Perugia
Placido Benini. Isola Maggiore
Cristoforo Cerboni. Oro
Felice Vecchi. Tuoro
Ferdinando Migni. S. Egidio
Sante Baldelli. Villa Buschi
Scipione Zualdi. Perugia
Leo Paoletti. Perugia
Vincenzo Borra. Perugia
Spiridione Montesperelli. Perugia
Giuseppe Farina. Castiglion del La-
go
Giuseppe Baldelli. Civitella d'Arno
Fabio Ferrini. Piscille
Antonio Mosconi. Marsciano
Anastasio Rotelli. CS Perugia
Antonio Biscarini. CS Marsciano
Alfonso Sampaoli. Perugia
Gabriele Boccali. Sem. Pio S. Angelo
di Celle
Giulio Cicioni. Cerqueto
Ulisse Lucarelli. Perugia
Giacinto Frontini. Monte Corona
Nazzareno Marzolini. CS Perugia
Telesforo Mommelli. CO Perugia
Giuseppe Cernicchi. CS Casterigone
Emilio Mencaccini (?). CS S. Maria
delle Corti È
Celestino Palazzetti. CS S. Egidio
Alberto Giuliani. Castiglionfosco
Germano Imbrogli. CO Solomeo
Nazareno Cicala. CS Torgiano
Agostino Fanelli. CS Caligiana
Tommaso Contini. CS Preggio
Luigi Tommasi. Perugia

Mons. CARMELO PASCUCCI Ausiliare

Liborio Marchetti. Corciano 1874
Pasquale Cavicchi. Castelrigone
er—___ SCE II ANC D jet. NE

Eugenio Monottoli. S. Biagio della
Valle

1862

1863

1864

1865

1867

1868
1869

1870

1871
1872

1873 $——3—31—5

ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

Giuseppe Antonioni. S. Nicoló di

Celle
Romano Simonetti. CS Perugia
Carlo Rosini. CO Gaiche
Pietro Contini. S. Mariano
Francesco Simoncini. Reschio
Nazzareno Bruciati. S. Arcangelo
Giuseppe Schioccolini. CS S. Ma-
riano

Artemio "Turchetti. Corciano
Egidio Biondi. S. Biagio
Gaspare Mari. Castelrigone
Angelo Barri. Oro

Ubaldo Battaglia. Marsciano
Alessandro Bonelli. Pila
Pasquale Cenci. Badiola
Camillo Rasimelli. Perugia

Mons. FEDERICO FOSCHI

Ercole Satolli. CS Marsciano

Augusto Simonetti. Perugia

Eugenio Scialbi. Perugia

Vittorio Bani. Corciano

Pietro Tiranti. CS S. Martino in
Campo

Carmelo Bicchioni. CS S. Martino in
Campo

Adelfo Pochini. CO S. Arcangelo

Mariano Bartocci. Perugia

Aristodemo Scheggi. S. Costanzo

Telemaco Teodori. Casaglia

Pio Biondi. S. Biagio

Umberto Benigni. Perugia

Americo Gradassi. S. Maria delle
Corti

Carlo Spaglicci. Magione

Curzio Umberto Fracassini. S. Maria
delle Corti

Giuseppe Giansanti. Santenea

Tommaso Terradura. CS Corciano

Francesco Coletti. Castel delle For-
me

Adolfo Balucani. Magione

Gorgonio Refeneri. CS Castiglion del
Lago

Alfonso Romani. CS S. Martino in
Campo

Adolfo Severi. Mugnano

Francesco Buracchi. CO Perugia

Alfredo Mignini. Perugia

Enrico Brunelli. CS Corciano

Sisto Biscini. Agello

Alfredo Bugiardi. Perugia

Anacleto Cecci. Pontevalleceppi

Celestino Papalini. CS Morcella

Raniero Annetti. CO Perugia

Alfonso Polimanti. S. Biagio

Giovanni Coli Pi onico Matérno

Giovanni Ettore Ricci. Perugia

1881

1882

1883

1884

1885

1886

1887

1888

1889

Virgilio Bellachioma. CO Perugia

Nazzareno Barbacci. Perugia

Giovanni Belli. CS Perugia

Giuseppe Meniconi. Lidarno

Francesco Cecconi. Castel del Piano

Fiorenzo Marcantoni. S. Angelo di
Celle

Olinto Boletti. S. Fortunato della
Collina

Oreste Petrignani. CS Amelia

Eliseo Scarabattoli. Pontevalleceppi

Giovanbattista Vergoni. S. Fiorenzo
città

Oliviero Pimpinelli. Corciano

Villeado Satolli. Marsciano

Giocondo Griffanti. Costano

Augusto Anselmi. Perugia

Gabriele Brustenghi.

Raffaele Pero. S. Biagio

Dionigi Chiorri. Perugia

Gualtiero Ricci. S. Martino in Campo

Giuseppe Leombruni. Fontana

Giulio Boccali. S. Nicoló di Celle

Romano Molicotti. S. Feliciano

Clodesinde Baldini. CO Cibottola

Ulderico Tamagnini. Preggio

Giovanbattista Vaselli. CS Perugia

Giuseppe Franceschini. CO S. Maria
delle Corti

Sante Tiranti. CS S. Martino in Cam-
po

Sebastiano Lucaroni. CO Piscille

Adriano Bagnoli. Castelrigone

Goffredo Federici. CS Torgiano

Angelo Rossi. Tisciano

Manfredo Bianchi. CS Deruta

Antonio Jachini. CO Bagnaia

Umberto Gallina. CS S. Nicoló di
Celle

Pietro Sperandio. S. Arcangelo

187

1878

1879

1890

1891

1892

1893

1894

1895

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Eugenio Vagnetti. Pieve Petroia

Ferdinando Pici. CS Tisciano 1896

ARTURO GABRIJELCIG

Antonio Artegiani. CS Deruta
Emiliano Benini. CS Bagnaia

Mons. DARIO MATTEI GENTILI

Alessandro Rossetti. CS Pontevalle-
ceppi

Alfredo Mari. CO Castelrigone

Tito Ricci. Ripa

Emidio Clerini. CS Torgiano

Filippo Domenico Rossi. Perugia

Filemone Baffetti. CS Preggio

Bonifacio Cigni. CO Castelrigone

Giuseppe Imbrogli. CS Collepepe

Giacomo Vecchini. CS Castelvieto

Angelo Ortolani. Perugia

Silvio Giuliani. Perugia

Cesare Caldarelli. Perugia

Cestio Montaldini. CS. Tisciano

Dante Terradura. CS Montesperello

Mariano o Riziero Bianchi. Castelri-
gone

Domenico Trentini. Preggio

Pietro Pizzoni. CS Narni

Carlo Coletti. Castel delle Forme

Nazzareno Priorelli. CS Pieve di
Campo

Egidio Giulietti. Sem. Pio Perugia

Mariano Vignaroli. Perugia

Pompilio Coli. Bagnaia

Francesco Nicolini. S. Angelo di
Celle

Augusto Sampaoli. Ramazzano

Guglielmo Palazzetti. CS Perugia

Francesco Ballerini. CS Pierantonio

Didimo Seghetti. CS Cerqueto

Nicola Brogioni. CO Collebaldo

Dario Giulivi. S. Maria Rossa

Zefirino Galinotti. CS Santenea

Luigi Moriconi. S. Angelo di Celle

Nazzareno Ranieri. CS Castel delle
Forme

Filippo Cineschi. Perugia

Antero Ricci. Perugia

Evaristo Berardi. Perugia

Nicola Morini. CS. S. Maria delle
Corti

Terzilio Palmieri. CS Perugia

Edda Chelazzi. CS Perugia

Angelo Giappesi. CS Corciano

Bruno Moneta. CS Marsciano

Guglielmo Fratini. CO S. Biagio

1897

1898

1899

1900

1901

1902

Agostino Giommini. CO Castelrigone

Giulio Moretti. Perugia

Antonio Scarpati. Perugia

Pompilio Fratini. S. Biagio

Mariano Santini. Villanova

Leo Monini. Ripa

Natale Casciarri. Perugia

Giuseppe Pompili. Perugia

Francesco Corradi. Gubbio

Salvatore Orlandi. Ripa

Rainaldo Veracchi. Magione

Augusto Coli. Bagnaia

Mariano Bianchi. Castelrigone

Ugo Tiriduzzi. Pieve di Campo

Bruno Paciotti. CS Magione

Gualtiero Brozzetti. CO Ripa

Cesare Coli. CO Bagnaia

Erminio Mignini. Fontignano

Luigi Mannocchi. CS Magione

Azelio Pelli. CS Deruta

Ferdinando Bonucci. CS S. Vito del
Lago

Giuseppe Benda. Perugia

Mariano Baldoni. Montali

Emanuele Cavalletti. Papiano

Luigi Piastrelli. Castiglion del Lago

Giovanni Sartoretti. CS Corciano

Celso Mugnaioli. CS Poggio Aquilone

Pietro Merluzzi. CS Morcella

Augusto Cagiola. CO Colpiccione

Luigi Marchetti. Mantignana

Giuseppe Ricci. S. Martino Delfico

Giuseppe Baldelli. CS Civitella d'Ar-
no

Armando Scotti. Mugnano

Paolo Gallina. S. Martino in Campo

Tommaso Vecchi. Sem. Pio Casti-
glion del Lago

Giovanni Sodini. CS Castiglion del
Lago

Angelo Migni. CS Perugia

Augusto Alberti. CO S. Biagio

Giulio Gambacorta. Orvieto

Silvio Poggioni. CS Corciano

Giulio Mariani. CS S. Biagio

Ildebrando Amori. Marsciano

Pasquale Boccali. S. Angelo di Celle

1903

1904

1905

1906

1907

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ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 189

Guglielmo Rossi. Perugia

Alberto Alberti. CS Trecine
Giuseppe Bianchi. Pieve Caina
Canzio Pizzoni. CS Narni
Domenico Margaritelli.

Giocondo Marchesini. CS Tisciano
Vincenzo Marinacci. CO Monteme-

lino
Ugo Palmerini. Perugia
Giovanni Boni. CS Preggio 1909
Mario Cavicchi. CS Castelrigone
Onorio Magnoni. CS Castelrigone
Fulvio Scialbi. Perugia
Celso Bastianelli. Panicale

GIOVANNI BEDA CARDINALE o.s.b. Del. Apostolico

Nazzareno Tabarrini. CS Bettona
Ottavio Posta. CS Passignano
Giovanni Vergoni. CS Perugia
Guerriero Giappesi. CS Corciano
Vittore Dini. CS Castelrigone
Arnaldo Testoni. CS Magione
Carmelo Barboni. CS Corciano
Federico Vincenti. CO Santenea
Rogerio Margaritoni. CO Agello
Zefirino Patalini. Fontana
Alessio Trippetti. Agello
Aldo Giommini. Castelrigone
Terzilio Biscarini. Castelrigone
Francesco Valigi. S. Biagio
Olinto Valiani. Bagnaia
Adolfo Giannoni.
Guglielmo Marcucci. Pian di Marte
Francesco Mosca o Moschini. S. An-
gelo, città
Ettore Minestrini. San Mariano
Torquato Volpini. Tuoro
Luigi Capulsini.

1910

1911
1912

1913

1914

Isaia Piccioli. Castelrigone

Mariano Pero. San Mariano 1916
Giuseppe Gisti. Castelrigone
Eliseo Cigni. Castelrigone 1917

Aldo Pucciarini. Villa Pitignano
Giuseppe Bambini.
Egisto Baroni. Compignano 1920
Angelo Vergoni. Capocavallo
Esposito Domenico.
Fabio Italiani. Mantignana 1921
Angelo Simonetti. S. Maria delle
Corti
Archimede Cocchini. San Feliciano
Dario Rossi. Prugneto 1922
Adolfo Todini. Perugia
Leone Riccieri. Santenea
Giovanni Picchi. Lisciano Niccone
Gualtiero Castellini. CO Castel del
Piano
Enrico Giorni. S. Nicolò di Val di
Rose

Mons. GIOVANNI BATTISTA ROSA

Francesco Boccali. S. Angelo di
Celle

Giuseppe Cirenei. Castel del Piano

Domenico Dottorini. Prugneto

Verecondo Zuccacci. Lidarno

Giuseppe Cavalletti. Papiano

Nazzareno Nofrini. Santenea

Remo Palazzetti. Pieve di Campo

David Cancellotti. S. Egidio

Primo Ciampoletti. Cenerente

Giuseppe Rossi. S. Nicolò di Celle

Nello Pulci. S. Marco

Luigi Cerimonia. S. Martino in Colle

Antonio Milli.

Mario Tiacci. CO Casalina

Valentino Gallina

Tanci Vittorio. Pieve Caina

1925

1926
1927
1928

1929
1930

1931

Espedito Marcucci. Pian di Marte

Amedeo Berardi. Piccione

Antonio Millucci. Montecorneo

Alberto Morlupi. Montecorneo

Ennio Paltracca. Castelrigone

Vincenzo Cicioni. Cerqueto 1932

Luigi Satolli. Marsciano

Giuseppe Buelloni. Ospitaletto
(Mantova) 1933

Antonio Fedeli. S. Antonio, città

Egisto Magrini. Trecine

Terzilio Tufi. Migiana M. Malbe

Agillo Mancini. Agello

Angelo Brugnami. Corciano

Bruno Piervittori. Passignano 1934

Pietro Tebaldi. Thiene (Vicenza)

Carlo Alberti. S. Biagio della Valle 1935

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Ugo Coli. Bagnaia

Settimio Morozzi. Bagnaia

Dario Pasquini. Cerqueto

Fernando Lucaroni. S. Martino in
Colle

Bruno Santini. Coltavolino

Remo Paltracca. Deruta

Bruno Frattegiani. Migiana M.
Malbe

Terzilio Garbi. Pila

Igino Damiani. S. Spirito

Giuseppe Mariani. Spina

Pietro Squartini. Preggio

Redento Becci. Casalina

Decio Burnelli. S. Biagio

Paolo Migliosi. Bosco

Ghino Montagnoli. Spina

Giuseppe Nardelli. Castiglion del
Lago

Vasco Pazzaglia. Castelrigone

Giuseppe Porrozzi. Colombella

David Capuccini. Torgiano

Ettore Mariani. Spina

Raniero Mastroforti. S. Spirito

Carlo Minchiatti. S. Valentino

Marino Pedetta. Macereto

Giovanbattista Penna. Papiano

Antonio Ragni. Pieve Petroia

Adelmo Ricci. S. Biagio

Dante Savini. Pieve di Campo

Duilio Marcaccioli. Pila '

Arsenio Ambrogi. S. Simone, città

1936

1937

1938

1939

1940

Mons. MARIO

Giuseppe Aureli. Corciano 1943
Enzo Banetta. Pontenovo
Walter Bonini. S. Croce (Milano)
Umberto Budelli. Olmeto
Costanzo Covarelli. Boneggio
Giuseppe Lestini. S. Simone, città
Bruno Pagana. Magione
Guerrino Perin Mantello. Pieve di
Campo
Alessandro Pochini. S. Arcangelo
Geremia Trequattrini. S. Nicolò di
Celle
Giuseppe Valigi. S. Biagio
Carlo Brustenghi. S. Martino Del-
fico 1944
Igeo Castellini. Ponte S. Giovanni
Adriano Fressoia. Ponte Pattoli

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ARTURO GABRIJELCIC

Onorio Antonini. Ponte Pattoli

Giuseppe Artegiani. Villanova

Pietro Bozza. Mantignana

Candido Cancellotti. S. Egidio

Alessandro Capitani. Colombella

Tito Cesarini. Mantignana

Aurelio Cipolletti. Cerqueto

Gualtiero Frenguelli. Castelvieto

Egisto Macellari. Pila

Ivo Mastroforti. Ramazzano

Antonio Saba. Ponte Pattoli

Pietro Bacoccoli. Fratticiola

Cesare Barboni. Corciano

Nazzareno Bartocci. S.
città

Giovanbattista Battistelli.
lentino

Luigi Dottori. Canneto

Renato Fressoia. Ponte Pattoli

Gualtiero Gioia. Castiglion della
Valle

Giuseppe Palomba. Papiano

Pasquale Ambrogi. S. Maria Rossa

Lino Bottoloni. Castel del Piano

Vittorio Cenci. Colombella

Andrea Frattegiani. Migiana M.
Malbe

Giulio Giommini. Castelrigone

Guido Maccari. Guingentole (Man-
tova)

Decio Sensi. S. Spirito, città

Carlo Urru. S. Domenico, città

1941
Angelo,

S. Va-

1942

VIANELLO

Antonio Guaitini. S. Lorenzo, città
Vittorio Malizia. Pontenovo
Settimio Poggioni. Magione
Giuseppe Tancini. S. Nicolò di Celle
Giuseppe Tintori. Ponte S. Giovanni
Rino Valigi. S. Proto e Giacinto
Gino Vicarelli. Pontefelcino
Aldo Antognelli. S. Arcangelo
Antonio Baglioni. Cenerente
Catullo Bozza. Mantignana
Genesio Censi. Corciano
Alessandro Fogli. S.
città
Mario Papalini. S. Arcangelo
Mauro Sisani. Capocavallo
Mario Tardioli. Solfagnano
Feliciano Tinarelli. S. Mariano

1945

Domenico,

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Vittorio Ugo Bianchi. SS. Stefano e
Valentino, città 1946
Omero Fantini. Tuoro
Silvio Corgna. Pietrafitta
Gustavo Guercini. Passignano
Aronne Marcarelli Alunni. S. Mar-
tino Delfico
Gino Mariotti. Piscille
Rinaldo Mattioli. Fontana
Gilberto Paparelli. Ospedalicchio 1947
Armando Titoli. Compignano
Alfiero Boccioli. Ponte S. Giovanni 1948
Antero Alunni. Fontivegge
Biagio Amico. Pianello
Remo Bistoni. S. Andrea, città
Gianfranco Frenguelli. S. Severo,
città
Ennio Gaggia. S. Lucia
Tarcisio Gisti. Brufa
Sergio Rossi. Migiana M. Malbe
Amleto Malfagia. Pietrafitta
Nello Marcacci. Papiano
Lamberto Baccelli. Chiugiana 1949
Marino Calzoni. Lacugnana
Dino Contini. Preggio
Mario Moretti. Castiglion del Lago
Antonio Natalini. Ripa
Luciano Tinarelli. S. Mariano
Giorgio Castellini. Castel del Piano 1950
Italo Gosti. Castiglion del Lago
Anchise Magrini. Reschio

ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

Armando Piccioli. Prugneto
Cesare Pochini. Mercatello
Alberto Seri. Passignano
Annibale Valigi. SS. Proto e Giacinto
Aldo Federici. S. Apollinare 1951
Mario Gialletti. Marsciano
Antonio Giottoli. Lagonegro (Co-
senza)
Giuseppe Dogana. Magione 1952
Elio Fratini. Mercatello
Giancarlo Minciotti. S. Marco
Gaetano Piastrini. Migliano
Romeo Ragnacci. Fratticiola
Marino Riccieri. S. Maria di Colle
Elio Bromuri. Deruta 1953
Amerigo Federici, Deruta
Igino Francisci. Cerqueto
Enzo Moretti. Prepo
Francesco Pulcinelli. Castiglion del
Lago
Giacomo Rossi. Ponte Felcino
Walter Strappaghetti. Tuoro
Benito Baldoni. Magione 1954
Italo Paparelli. Colombella
Augusto Penchini. S. Antonio, città
Alviero Mencaroni. Torgiano
Mario Rabica. Corciano
Lorenzo Fioretti. Monte del Lago 1955
Angelo Marchesi. S. Bartolomeo dei
Fossi
Bruno Rossi. S. Martino in Colle

Mons. PIETRO PARENTE

Ignazio Zaganelli. Borghetto di
Prepo 1956
Augusto Baciarelli. Cerqueto

Giuseppe Dottorini. S. Lorenzo,

città

Guido Giommi. Casalina

Nazzareno Marchesi. Mantignana

Aldo Milli. Tuoro

Wando Moroni. Preggio

Pompeo Consalvi. S. Angelo di Celle 1957
Lino Burani. S. Nicolò di Celle 1959
Ugo Scappini. S. Angelo di Celle

Mons. RAFFAELE BARATTA

Arturo Gabrijelcic. Piana 1960
Giovanbattista Tiacci. Casalina
Giuseppe Bigonzoni. S. Angelo di

Celle
Pierluigi Rosa. Passignano 1961
Mario Antonini. Papiano
Celestino Brunelli. Corciano.
Giancarlo Giamboni. Passignano

Giuseppe Gioia. Papiano

Lucio Guarducci. Ponte S. Giovanni
Nello Palloni. Migiana M. Tezio
Pasquale Tei. Pontenovo

Giuliano Governatori. Chiugiana 1962
Franco Nofrini. S. Martino in Colle
Primo Alberati. Magione 1963

Antonello Pignatta. Mantignana

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Tommaso Fumanti. Castelrigone
Mario Bellaveglia. Passignano
Antonio Santantoni. Marsciano
Alfonso Ambrosi. S. Spirito, città
Mario Tacconi. Bagnaia

Gianfranco Versiglioni. Monteme-
lino

Vincenzo Zuccacci. S. Egidio

Giuseppe Ricci. S. Faustino, città

Bruno Contini. Collestrada
APPENDICE II

TAXAE BENEFICIORUM

In nomine Domini Amen. Anno Domini Millesimo Quingentesimo Sexage-
simo quarto, indictione septima, tempore Pontificatus S.mi D. N. Domini
Pij Divina providentia Papae Quarti, die vero xxvi Mensis Junij, actum
in Sacrario S.ti Laurentii Cathedralis Ecclesiae Perusinae, juxta sua notissima
latera; praesentibus ibidem Domino Bartholomeo Ugolini Clerico Perusino
et Sacrista dictae Ecclesiae et Domino Michelangelo Francisci similiter Cle-
rico Perusino testibus ad infrascripta vocatis, habitis atque rogatis :

Cum sit quod inter alia, quae ad augendum cultum divinum in Sacrosanc-
ta Tridentina synodo summa Ecclesiae bona sunt constituta ; sic impri-
mis quod prospicientes Augustissimi illi Patres quanto in periculo versa-
rentur adolescentes, ne propter aetatis lubricum nisi a primis aetatis annis
irent obviam ad voluptatum illecebras, ac ad vitia declinarent, quodque
postquam in eiusmodi fossam temere semel prolapsi essent, vix unquam re-
vocare gradum ac inde ad virtutis lucem possent evadere, ita ut disciplinae
Ecclesiae essent apti, nisi summum ac singulare quoddam Dei auxilium eos
praevenisset, et volentes in tempore et antequam vitiorum habitus totos
homines possideat ; huic malo occurrere statuerunt, ut in singulis Ecclesiis
Cathedralibus certus puerorum numerus, habita aetatis natalium, eruditionis,
voluntatis, ac etiam denique indolis ratione, electus aleretur, et quoad eius
fieri posset doctrina, moribus, religione et institutis ecclesiasticis imbuerent,
ex quorum quidem collegio velut ex proprio Dei ministrorum seminario li-
ceret Episcopis, quos ipsis esset visum desumere, et desumptorum loco alios
sufficiendo illos in opus Domini mittere, minoribus ecclesiis praeficiendo,
vel alias (ut oportunum iudicassent) ecclesiarum ministerio addicendo ;
deinde quoniam eadem Sacrosancta synodus praevidebat ad alendam iuventu-
tem conducendos praeceptores, atque ministros ad aedificandas et sarciendas
eiusmodi collegiorum Domus, futurum, ut certis annuis redditibus opus esset,
voluit ut Episcopi cum consilio duorum de capitulo necnon de civitatis clero
partem seu portionem aliquam ex fructibus quorumcumque beneficiorum de-
traherent et illam dictis collegijs applicarent. Quocirca Rev.mus D.nus Do-
natus Turrius R.mi D.ni Julij Oradini Epi Perusini dignissimi in spiritua-
libus et temporalibus Vicarius Generalis, et Perusinae Ecclesiae Archipresby-
ter, intendens cum reverentia et oboedientia suprascriptum sacrosanctae
Synodi decretum executioni mandare et potestate sibi eadem Synodo attri-
buta virtute supradicti Vicariatus officij, et generalis mandati necnon spe-
cialis propter infrascriptis sibi facti a R.mo Epo Perusino praefato, necnon

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habito et communicato consilio cum R.dis Dominis Nicolao Thetio et Lu-
dovico Senso Perusinae Ecclesiae canonicis electis, illo a R.mo Domino Epi-
scopo, hoc a R.do Capitulo ; necnon cum Dominis Simone Johannis et item
Octaviano Busono eiusdem civitatis clericis lectis, hoc a Clero, illo a R.mo Epi-
scopo ad hunc effectum, statuit et statuendo declaravit ex fructibus integris
mensae episcopalis et Capituli et quarumcumque dignitatum, personatuum,
officiorum, Abbatiarum et Prioratuum cuiuscumque ordinis etiam regularis
et Hospitalium quae dantur in titulum, vel administrationem, et beneficio-
rum quoruncumque simplicium et curatorum. Dum tamen, quod attinet ad
curata eorum valor annus summam quinquaginta scutorum ad rationem Ju-
liorum x pro quolibet scuto excedat, quorumcumque piorum locorum, cor-
porum, personarum et collegiorum in capitolo xviri sessionis xxii Concilij
Tridentini praeteriti incipiente («cum adolescentium aetas») enumeratorum
in civitate et Dioecesi Perusina existentium, vigesimam partem detrahendam
esse, et sic detrahit, et detractam esse voluit, statuit et declaravit et eandem
vigesimam partem sic detractam incorporavit, et applicavit suprascripto col-
legio seminarij ad alendos adolescentes et alia facienda, quae dicto seminario
erunt necessaria et oportuna ; transferens in ipsum seminarium eiusque legi-
timos Syndicos et procuratores quoad ipsam vigesimam partem fructuum
omnia iura realia et personalia et mixta ponens seminarium praedictum
quoad vigesimam partem praedictam in locum eorum omnium et singulorum
locorum piorum, corporum, Collegiorum, personarum ex quorum fructibus
est exstracta, et dicto Seminario applicata ; habendo tamen pro exceptis ab
huiusmodi vigesimae partis detractione ea omnia et singula loca pia, corpora
et Collegia quae in dicto capitolo incipiente («Cum adolescentium aetas»)
excipiuntur, et pro expressis quibus ibidem ad hoc pertinentia exprimuntur
non obstantibus quibuscumque quae Sacrosancta Synodus voluit obstare.

Rogantibus me Notarium ut de praedictis publicum conficerem instru-
mentum.

Taxationes autem loca et quantitates solvendae sunt infrascriptae, videlicet :

Episcopatus Perusinus scuta 50.

Ecclesia Cathedralis S.ti Laurentij sc. 36.

Monasterium S.ti Petri sc. 500.

Monasterium Montis Morcini sc. 35.

Monasterium S.tae Mariae de Foveo sc. 17 bai 50.
Monasterium S.tae Julianae sc. 30.

Maestas de Vulta sc. 4.

Cappella S.ti Matthei in Ecc.a Cathedrali sc. 1 bai 50.

Cappella S.ti Nicolai in Ecc.a S.ti Stephani P. S. S. sc. 1 bai 25.
Cappella S.tae Agathae P. S. S. in Ecc.a S.ti Severi sc. 1.
Cappella S.ti Laurentij in Ecc.a S.ti Angeli P. B. sc. bai - 60.

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ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600)

Ecclesia S.ti Thomae in Burgo S.tae Julianae
Ecclesia S.ti Quirici P.S.S.
Plebs de Confinio

Ecclesia S.ti Pelegrini de Fontana

Ecclesia S.ti Bartholomei de Villa Sanguineti

Ecclesia S.ti Fortunati de Villa Compignani sc.

Ecclesia S.ti Blasij Castri Corciani

Ecclesia S.tae Crucis in dicto loco sc. - bai 75.

Abbatia S.ti Salvatoris

Abbatia de Trifalce
Canonica Preggij

Ecclesia S.tae Trinitatis de Monte Malbo
Ecclesia S.ti Salvatoris alias il Romitorio de dicto loco sc. 3 bai 50.

Sc. - bai 90.
sei d.
sc. 12 bai 50.
Sc. - bai 30.
sc. 2 bai 50.
2.
sc. - bai 90.
sc. - bai 75.
SC" 6.
sc. 6 bai 40.
sc. - bai 80.

Ecclesia S.tae M. Magdalenae de Castiglione Ugolino sc. 5.
Ecclesia S.ti Aegidij Castri Rigonis sc. - bai 40.

Ecclesia S.tae M. Magdalenae de dicto loco
Ecclesia S.ti Andreae Castri Mantignanae

Ecclesia S.ti Martini de dicto loco sc. - bai 40.
Abbatia Petraefittae
Abbatia S.ti Joannis et abbatia Jernae sc. 33.

Abbatia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Abbatia
Abbatia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia

Montalis

Stae Savinae Castri Lacugnani

SC.

sc. 20.

15.

S.tae Mostiolae de Castro Maceretarum
S.ti Antoni de Gaiche sc. - bai 75.

S.ti Poli

SC.

Vallis Pontis
S.ti Nicholai de Castro Vicoli sc. 1 bai 75.
S.tae Crucis de Montebagnolo sc. 10.

S.ti Blasij de Castro Antriae
S.ti Cristofori de Scagnano

S.ti Francisci de S.to Ugolino
Ecclesiae S.ti Angeli de Sumonte

35.
sc. 50.

Ecclesia S.ti Angeli Castri Pretini sc. - bai 50.
Ecclesia S.tae Mariae de Bischio Castri Rigonis
Ecclesia S.tae Mariae de Popillarum dicto loco

Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia

S.ti Joannis de Petrignana sc. 1.
S.ti Angeli de Casaglia sc. - bai 50.

S.tae Catharinae Castri Preggij

Sc. - bai 75.
Sc. - bai 40.

sc. 1 bai 50.

Sc. - bai 40.

sc. 4 bai 50.
sc. - bai 60.

sc. - bai 20.
sc. - bai 20.

sc. - bai 30.
sc. - bai 75.
sc. - bai 20.

S.ti Pauli de Monticello districtu S.ti Blasij sc. - bai 50.
S.ti Donati de Monte Frondoso sc. 1.
S.ti Hilarij de Pila
S.tae Mariae de Fratticiola de dicto loco

S.tae Luciae de Cibottola sc. - bai 20.

sc. - bai 40.

sc. - bai 50.

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Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia

Ecclesiae S.tae Mariae de Pontenovo
S.ti Prosperi prope civitatem
S.tae Catherinae de Miraldolo

Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia
Ecclesia

(Copia dall’originale del 1564, in «Frammenti di varie cose»
Biblioteca Dominicini)

S.ti Petri de Candione
S.tae Mariae de Battignano
S.ti Angeli in territorio de Gaiche
S.ti Cristophori de Monte Abbatis
S.ti Nicolai
S.ti Petriveteris
S.ti Cristophori de Castro S.ti Angeli
S.ti Angeli et S.ti Andreae de Castro S.ti Fortunati
S.tae Chrestenae de Castro Sancti Angeli
S.tae Mariae Pruscionae prope civitatem
S.ti Bartholomaei castri Torsciani
S.tae Mariae de Roncione castri Dirutae

ARTURO GABRIJELCIC

sc. 1 bai 50.

de Montebono,sc. 1.

S.ti Petri de dicto loco

sc. - bai 50.

sc. - bai 20.
S.ti Johannis de Castro Marsciani
S.tae Mariae de dicto loco

S.tae Mariae de Nestore de dicto loco sc.

S.ti Laurentij de Papiano

sc. 1.

S.ti Valentini de Castri Valentini sc. 10.
S.tae Catharinae de Castro Formarum sc.

S.ti Christofori de Rifalce

sc. - bai 75.

4.

S.ti Johannis et Christophori sc. 1 bai 50.
S.ti Giorgi de Cibottola

Sc. - bai 30.
S.ti Johannis de Villa Prepi
S.tae Mariae de Piscille

Sc. - bai 30.

Sc. - bai

S.ti Donati de Civitella, sc. - bai 50.

S.tae Crucis sive S.ti Martini de Castro Morcellae

S.ti Marini

sc. - bai 25.

Sc. - bai 50.

Sc. - bai 60

sc. - bai 30.

S.tae Mariae Magdalenae de Pila sc. - bai

S.tae Mariae de Montevibiano
S.ti Donati Castri Rigonis
Canonicatus et praebenda ecclesiae collegiatae Castri Preggij quae ad prae-
sens obtinet R.dus D. Julius Paulutius
Canonicatus et praebenda ecclesiae collegiatae Castri Preggij quae ad
praesens obtinet R.dus D. Julius Horatius
Canonicatus et Praebenda ecclesiae collegiatae Castri Preggij quae ad prae-
sens obtinet R.dus D. Palus de Nuceria
Canonicatus et praebenda ecclesiae collegiatae Castri Preggij quae ad prae-
sens obtinet D. Diamantes Andreangeli

MÀ etie MÀ

Sc. - bai 20.

Sc. - bai 50.

carena giu,

Sc. 1 bai 50.
Sc. - bai 35.
Sc. - bai 50.

sc. 1 bai 50.
sc. 4 bai 50.

Sc. - bai 75.
Sc. 4.

Sc. 12 bai 50.
Sc. 1 bai 75.

2.

Sc. - bai 50.

Sc. - bai 50.

Sc. - bai 75.

sc. - bai 50.

Sc. - bai 90.

sc. 7 bai 50.

sc. 1 bai 50.

nella

u-
BIBLIOGRAFIA

Fonti inedite

PERUGIA, Archivio del Seminario 1).

« Inter alia », Bolla di fondazione del Seminario del Card. Fulvio Della
Corgna.

« Cum sicut accepimus », Breve di Pio IV, copia ms. dell'originale del
1561.
Libro del Seminario 1564-1565.
| Libro de Cassa 1564.
| Libro del Seminario B 1564-1565.
Libro de Cassa 1565-1588.
| Miscellanea dal 1564 al 1728, nn. 40, 69.
Libro del Seminario 1565-1568.
Libro delle Tasse del Seminario 1565-1568.
Giornale del Seminario 1565-1568.
Libro de Cassa 1565-1593.
Giornale del Seminario A 1568-1571.
Giornale del Seminario B 1568-1571.
Libro de le Tasse del Seminario 1569.
Libro de Mandati 1570, 1571, 1572, 1573.
Registro de Mandati 1572-1576.
Entrata e Uscita 1576.
Entrata e Uscita del Seminario 1579.
Testamentum Oradini, ms.
Liber Instrumentorum Almae Domus Bartolinae, Collegij Oradini et Mon-
tis Spinelli, copia ms.
Entrata e Uscita 1593-1602.
Ricordi diversi di nessun conto 1618, 1619, 1620, ms. del Vicerettore
Tomassini.
| V. AGosTINI, Libro delle Notizie e Memorie del Ven. Collegio del Semi-
nario di Perugia, ms. del 1778.

| PERUGIA, Archivio della Cancelleria Vescovile.
« Editto per l'osservanza dei decreti tridentini, del Card. Fulvio Della

1) I documenti consultati giacciono tuttora non catalogati, perciò sa-
ranno citati soltanto col titolo di copertina o con le parole iniziali tra virgo-
lette.

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198 ARTURO GABRIJELCIC

Corgna », foglio murale in data 10 ottobre 1564, in Processus Eccle-
siastici diversi, 1, 1532 ad 1599 ».

Ecclesiarum Civitatis, 11.

De Processibus, mazzo 1, processo n° 13.

Ordinationes, 1 (1564-1587), 11-111 (1588-1615).

Visitationes Cornea, 1.

Visitationes A. Ruere, 11.

Processus Ecclesiastici diversi, 1532 ad 1599.

Collatio Beneficiorum, 11, 1566.

Bandi del Vescovato al tempo del Rev.mo Vescovo Ercolani (1580-1596),
minuta ms.

Atti della Visita Pastorale in Seminario del Vescovo Napolione Comitoli
in data 15 ottobre 1591, cassetta «Seminario ».

Collegij Seminarij Instrumenta, 1-11.

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ALLE ORIGINI DEL SEMINARIO DI PERUGIA (1559-1600) 199

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di

LY INDICE

I — PERUGIA ECCLESIASTICA
NELLA SECONDA METÀ DEL '500 (1559-1600)

I Gondizioni poltiche e-religiose . . . . | |»; Rap 1
2 — Clero e religiosi SORS NE. idu E M ME » 7
3 — Collegi Sedi lel des e ANTI nl mnes RAR ) 11

II — ORIGINI DEL SEMINARIO

1 — L'avvio del 1559 ERE GNU ERU QE INI DELE UC QE » 23
2 — 1564. L'anno della erezione . . . VS » 27
3 — Il Card. Fulvio Della Corgna, fondatore del Semimarnd jum » 35

III — LE SEDI DEL SEMINARIO

1 — San Gregorio 352. NOS MEMINI SAR, » 52
2 — San Bartolomeo in Bora -Ebunoa A OI pc re EL » 52
3 — Il Palazzo « Abrugiato» in Piazza, Grande . ...... » 58
4 — Collegi collegati alla storia del Seminario . . . . . . . . ) 66 b
a) Il Collegio Oradino decuit c p arbos tnm ) 67 A4
b) Il Collegio San Bernardo ne E » 70 | i
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IV — LA VITA DEL SEMINARIO

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il De Gosütuzlonia «591465. 6h68 00 s 04s 5 OUNUL SA 30180 |
2 — La vita quotidiana Mop HA O RE ) 107 -
3 — La scuola DI i )5 1420 »
4 — L’umanista Mac) Boa. (1553- 1616) RT » 128

V — LE ORDINAZIONI

1 — L'accettazione in Seminario TORCE QU ONIS. DONDE » 149
2 — L'iter del chierico nj Dep II QNIN ULCUS PTS » 156
3 — Indici di perseveranza Was ceu D uiu iD RE CHE DNE » 162
APPENDICE I — SACERDOTI DIOCESANI DAL 1564 AL 1964 . . » 167
APPENDICE II — DECRETO DI TASSAZIONE SUI BENEFICI DELLA

DIOCESI DI PERUGIA A FAVORE DEL SEMINARIO up » 193
BIBLIOGRAFIA RESSE IRIS TNA IE eO I RS » 197
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Note e documenti

Cultura e gusto di un nobile
perugino: Niccolò Montemelini

Era ancora in vita, nel 1677, il conte Niccolò Montemelini,
che già veniva celebrato nell’ Athenaeum Augustum * per la sua eletta
condotta di vita e per alcune opere, prima fra tutte la raccolta di
Elogi, di diversa provenienza, stampata nel 1675 ®, riguardanti il
romano Giovan Battista Berti, monaco silvestrino, predicatore in
occasione dell'Avvento nell’anno 1674. L'interesse del nostro per le
prediche è documentato, e lo sarà anche in seguito, dal commento,
stampato sempre in Perugia nel 1677, e mirabile, a detta dei con-
temporanei, di una predica del padre Federico Trenta, tenuta nel
tempo della Quaresima.

Una sua biografia completa apparve nel «Giornale de’ lette-
rati d’Italia » 9. Niccolò Montemelini nacque in Roma il 30 luglio
1643 da Adriano, conte di Montegualandro e dalla marchesa Eufro-
sina Pallavicini di Parma, sorella del cardinale Sforza Pallavicini,
vedova del duca Ascanio II della Corgna, nobile perugino 9. Avi
del nostro furono i Baglioni e, sebbene non si sappia con quale fon-
damento, la famiglia vantava anche di aver dato i natali alla madre
di Braccio Fortebraccio 9. Niccoló ricevette il battesimo nella basi-
lica di San Pietro a Roma ed ebbe un illustre padrino : il frate Mi-
chelozzo Mazzarini, Maestro generale dell'ordine dei Padri Predi-
catori, e Maestro del Sacro Palazzo, di li a poco nominato arcive-
scovo di Aix e quindi cardinale.

Le scritture dei contemporanei o dei biografi posteriori quali
il Vermiglioli insistono sulla precocità dell'ingegno, sul suo amore
appassionato per gli studi unito alle più alte virtù morali, in obbe-
dienza ai valori etico-estetici del tempo.

Il 27 gennaio 1670 il giovane sposò Angiola Montesperelli 9, si-
curamente con soddisfazione da parte delle famiglie che già prece-
dentemente si erano imparentate tramite il matrimonio di Adriano
Montemelini con Urbana Montesperelli ?.
204 MARIA CECILIA MAZZI

Due bambini nacquero dalle nozze e ad ambedue furono im-
posti i nomi di famiglia, secondo la tradizione nobiliare. L'erede ri-
cevette quindi il nome di Adriano e la bambina fu battezzata Eu-
frosina. Non si sa quale dei due fosse il maggiore, ci resta solo il
documento relativo al battesimo di Adriano : la cerimonia si svolse
l'8 aprile 1676 in Santa Maria degli Aratri. Il bambino mori in te-
nera età e perció questo ramo della casata, nobile per le ricchezze e
la fama dei suoi componenti, si estinse con il conte Niccolò.

Gli impegni familiari non lo distolsero dagli amati studi ; sbocco
naturale, data la celebrità ormai acquisita e gli illustri natali, non
poteva essere che l'ammissione alla Accademia degli Insensati, che
si fregiava di un emblema raffigurante una schiera di gru in volo
sopra il mare con un sassolino al piede, col motto ‘ vel cum pondere',
e si affidava alla protezione di San Mattia. Il Montemelini parte-
cipó alle dotte adunanze con una vastissima produzione letteraria,
solo in parte recuperata, e nel 1707 fu eletto Principe.

Questi accenni possono far pensare ad un personaggio pago
delle lodi degli amici, intento a rielaborare i temi un po' esausti
di una certa cultura provinciale, limitata a morbidi salotti, non sti-
molata dalla presenza di fatti culturali esplodenti né di corti riso-
nanti come potevano essere Firenze o Roma, o per altri aspetti,
Venezia. Se questo avvenne almeno per larga parte delle opere l'ade-
sione del nostro allo spirito del secolo si esplicó nella vastità di in-
teressi e nella assiduità dimostrata nel ricercare persone e fenomeni
di cultura al di fuori delle mura cittadine.

Alla Biblioteca Nazionale di Firenze si conserva un ricco car-
teggio raccolto in quattro volumi per un totale di 173 lettere in-
viate al celebre Antonio Magliabechi, allora bibliotecario della Pa-
latina per incarico del granduca Cosimo III; le lettere, anche se
non tutte datate, forniscono notizie per un periodo di tempo dall’11
maggio 1689 al 29 agosto 1712 (anno della morte di Magliabechi).
Esse costituiscono un'importante fonte di informazione sugli scam-
bi, fittissimi, di stampati, manoscritti, riedizioni, di rime, di storie
della musica e altro, composte da diversi autori e inviate al « Museo »
(così lo definiva Montemelini) di Magliabechi in omaggio, data la
sua infaticabile opera di collezionista, non senza la speranza che il
dotto fiorentino costituisse un tramite autorevole per la divulga-
zione.

Nella raccolta figurano anche dei sonetti del Montemelini e quelli
a lui dedicati in risposta ®.



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CULTURA E GUSTO DI UN NOBILE PERUGINO : NICCOLÒ MONTEMELINI 205

Agli inizi del xvi secolo l'Accademia degl'Insensati perse vi-
gore; quasi contemporaneamente l’Arcadia ebbe una sua colonia
anche in Perugia, l’impresa scelta fu il lituo ed il motto « Augusto
Augurio » ®).

Tra i pastori arcadi della Colonia Augusta 9 incontriamo il
Montemelini con il nome di Aterno Trionio, Giacinto Vincioli con
il nome di Leonte Printeo ed altri nobili o dotti del tempo 1,

Gli ultimi anni della vita Montemelini li trascorse immerso negli
studi, affinando l'esercizio delle virtù per cui anche in gioventù si
era reso gradito e ammirato. Nel «Giornale de’ Letterati » 1) si
scrive infatti che intensificò a tal punto le sue pratiche religiose da
vestire esclusivamente abiti di color «bigio » per devozione di San
Francesco e portava sempre un Crocefisso al petto. Il 1 giugno del
1722, fu colpito da un attacco di apoplessia nella chiesa di San Fio-
renzo dove si era recato per ascoltare la messa. Questo primo at-
tacco del male lo costrinse immobile a letto, fino alla morte, soprag-
giunta nel marzo 1723; fu sepolto nella tomba di famiglia nella
chiesa di San Francesco de’ Minori Conventuali 19.

Presso la Galleria dell’Accademia delle Belle Arti di Perugia si
conservano alcune incisioni di Niccolò Montemelini, di cui non si fa
menzione in alcun repertorio, né si rintraccia notizia nelle bio-
grafie dei contemporanei !). Esse sono pervenute all'Accademia per
dono del dottor Augusto Calabi, esperto conoscitore e autorevole
studioso dei fatti incisorii.

Non ho trovato altre stampe del Montemelini, a questo stadio
della ricerca, ed è stata delusa, almeno dalle edizioni perugine delle
sue opere (conservate presso la Biblioteca Augusta di Perugia) an-
che l’ipotesi che esse fossero i frontespizi delle raccolte di versi.
Nelle lettere al Magliabechi egli non fa alcun cenno a questa sua
attività, tarda a quanto ci indicano le date delle incisioni.

Una tale forma di comunicazione e interdipendenza fra vita let-
teraria e figurativa non stupisce se si scorrono i libri dell’epoca 19.

La voga dei viaggi degli artisti, le inclinazioni cosmopolite dei
principi testimoniano il desiderio di inserirsi in un tipo di cultura
circolante ed aggiornata.

Nel 1689 il Gran Principe Ferdinando di cui è nota la fervida
attività di committente e la finezza del gusto, quale conoscitore
pronto a cogliere ogni fermento di novità o di mutamento, sposò
Beatrice Violante di Baviera. Il matrimonio si era svolto il 20 no-
vembre 1688 per procura a Monaco dove il Gran Principe era stato

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206 MARIA CECILIA MAZZI

rappresentato dal Principe di Neoburgh. Successivamente la prin-
cipessa si era messa in viaggio per Firenze in compagnia dell’amba-
sciatore di Toscana e di un fastoso seguito, lungo un percorso co-
stellato di accoglienze trionfali e festeggiamenti, era giunta in città
il 9 gennaio 1689. Entrò in Firenze da porta San Gallo dove era
stato eretto un atrio trionfale ornato delle statue dei più famosi
eroi di Toscana e dei più illustri ascendenti della sposa !9. All’in-
contro dei due sposi seguì l’incoronazione di Violante da parte del
vescovo di Sansepolcro, quindi si compose il corteo : Ferdinando
procedeva a cavallo mentre la sposa era adagiata su di una ricca
lettiga, coperta d’oro, tirata da muli bianchi e scortata da due gio-
vinetti di nobile famiglia. La lettiga era coperta da un baldacchino
tessuto in oro e fregiato di ricami riproducenti le armi dei due sposi,
ben trentadue gentiluomini lo sostenevano.

Una tale occasione non poteva sfuggire agli accademici d’Italia
per dar sfogo al loro estro creativo.

Gli Insensati di Perugia inviarono una Corona Epitalamica, rac-
colta di versi con dedica di Alessandro Coppoli al Gran Principe,
pubblicata a Perugia per i tipi del Costantini nel 1689. Fra i poeti
incontriamo oltre il nome del Montemelini anche quelli del cano-
nico Giovanni Angelo Guidarelli, di Curzio Doni, registrati succes-
sivamente anche nell’elenco dei pastori Arcadi. Due sonetti appar-
tengono al conte Niccolò ; il primo, intitolato La Cibele, è composto
a struttura chiusa ed è giocato sul motivo delle armi degli sposi e
rivela un accentuato gusto dell’emblema. Apre il sonetto lo stemma
di Beatrice (due leoni) :

Ha di Bruti Nemei lo stemma adorno / Beatrice deità del Suol germa-
nico ; / E due Soli in Leon nel ciel Toscano, / di sue luci al fulgor dan lume
al giorno. /

e lo chiude quello mediceo dello sposo :

De lo sposo REGAL GLOBI ritondi, / Ben additano à noi che più di
quello / Ha in cor Virtù da sostener SEI MONDI.

L’altro è ancora più grondante e denso di simboli in cui si
allude alle cerimonie avvenute lungo il viaggio di Beatrice, di
richiami alla mitologia greca, romana ed egizia, per ritornare al
motivo delle imprese inserito abilmente nel mito :

... Giove in dote le dié con vanto eterno / Beltà, savere, e immortal

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inl CULTURA E GUSTO DI UN NOBILE PERUGINO : NICCOLÒ MONTEMELINI 207

tesoro, / Ciprigna, Palla, e Giuno, or vinte io scerno. // Quindi da Temi de
le Dee nel Coro / di RUBINI, E ZAFFIR, di quelle a scherno, / SEI POMI
ottenne, non che un POMO D'ORO.

Spentasi l'eco delle nozze, il Montemelini nello stesso anno 1689
scrive un. Dialogo per musica sacra? : interlocutori sono Giuseppe
e Maria che gareggiano nello scambiarsi lodi e nell'attribuirsi a vi-
cenda meriti, uniscono poi in coro le loro voci per cantare la gloria
di Gesù !9 Sono interessanti soprattutto i versi riguardanti Maria
per lo scambio che ivi si effettua fra attributi sacri e immagini mi-
tologiche. La Madonna è definita come «sorgente Aurora », « Dea
d’Amore », o « Vittoriosa de l’Averno ». A tali elogi Maria risponde :

Si pregia offrirti in voto, / con ossequio di voto, / la Palma il Merto,
l’Innocenza il Giglio ; / si vanta un Dio per elezion tuo figlio. //

Il simbolismo si fa più complesso e diviene pretesto per il gioco
verbale di iterazioni in un altro dialogo per musica, Il Giglio sim-
bolo di Maria più alta perché più umile 1, dedicato il 25 marzo 1697
a Girolamo Gigli, nobile senese che: « come il giglio è tra i Fiori nei
Giardini, così è il Gigli tra Poeti nel Teatro di Melpomene ». Il dia-
logo si svolge in due parti e protagonisti ne sono la Grazia e l'Inno-
cenza che innalzano lodi alla Vergine, detta ancora : O bella Aurora /
del divin Sol...

S'introduce un elemento d'animazione nel canto, ritmato da
versi brevi, della Grazia:

A nembo / Fiori / Spargetem' in Grembo / Non chiedo / vi cedo / gli
Azzurri, e i Vermigli / Simbolo di Maria, sol bramo i Gigli.

Dal susseguirsi delle immagini, dai paragoni floreali piü ricer-
cati sgorga una definizione aggraziatissima « Giardiniera d'Amore »
di una prestezza e piacevolezza settecentesca. Si avverte facilmente
come in queste composizioni l'elemento religioso tenda ad artico-
larsi e muoversi in senso teatrale. Montemelini si dedicó anche alla
stesura di soggetti per melodrammi, in cui la derivazione dal mito
o dalla storia (spesso coincidenti) é pretesto alla dimostrazione di
‘ affetti’ tradotti però in moduli melodici ed estenuati da una sen-
sibilità morbida che ne attenua gli effetti tragici.

In un melodramma ?°) figurano nomi risonanti di personaggi
quali Decio imperatore, San Feliciano, Santa Messalina, Sant’ Addone


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e sullo sfondo si muovono ‘ Regoli Persiani ' ; la vicenda insiste sulla
crudezza dell’imperatore romano: reduce dai trionfi su Medi e Per-
siani, egli, sebbene sensibile all’ «amenità del luogo » tanto da fer-
marsi a Foligno, non lo è altrettanto nei confronti dei diffusori del
Cristianesimo, imprigiona perciò il vescovo Feliciano, vietando ai
cittadini di dargli del cibo. Santa Messalina, disobbediente agli or-
dini, viene sottoposta al martirio, mentre San Feliciano, trascinato
al seguito di Decio, muore d’inedia lungo il viaggio. Fatti così cruenti
sono scanditi da un ritornello trionfalistico :

Di Fama la Tromba / Di Febo la cetra / Risuona, rimbomba / Per Decio
su l'ETRA / Di Gloria per brama / Roma a i trionfi sul Tarpeo mi chiama. //

La frantumazione operata in seno alla struttura dell’azione dram-
matica è evidente.

Il melodramma riscosse molti successi ed ebbe alcuni sonetti di
lode, per brevità ricordiamo solo i due di Giustiniano Pagliarini 25,

Non si pretende di compiere un'analisi approfondita della pro-
duzione letteraria del Montemelini, né sarebbe questa l'occasione,
ci interessa soltanto mettere in luce quei fatti linguistici e tematici
che meglio si legano all'intonazione delle incisioni. Si vuole aggiun-
gere un ulteriore accenno alle invenzioni verbali del nostro, per
chiarire i modi in cui la formulazione di alcuni concetti teologici
trovi un esito figurativo.

Nella cantata La congiunzione d'amore del Verbo, e Maria per
unione di Grazia Divina ?? la Grazia divina diventa « Del ciel Te-
soriera » e « Real donzella ».

Il gusto dell'emblema riscontrato in larga parte delle rime trova
anche una espressione grafica (Tav. 1) : la composizione in diagonale
è mossa, articolata in una direzione dalle ali e dal panno cosi mor-
bido e pigro nello svolazzare e nel torcersi, mentre il prezioso car-
tiglio frena nella direzione opposta il volo. Una scritta in versi in-
dica che la stampa era dedicata in augurio ad un destinatario a noi
ignoto, ma di notevoli meriti secondo quanto ci indicano le parole
e le corone di alloro, al quale, per mano di Amore, il Montemelini
invia il suo cuore. La lettura dell’opera rivela una cultura compo-
sita. Amore (ma potrebbe essere un angelo) è un brano di manie-
rismo di derivazione michelangiolesca risolto in tono estremamente
attutito, le ali così sfumate e schiumose ricordano gli accordi del
Volterrano alla cappella Niccolini in Santa Croce. L’accostamento

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CULTURA E GUSTO DI UN NOBILE PERUGINO : NICCOLÒ MONTEMELINI 209

al simbolo o al mito avviene secondo modi che ne diluiscono il signi-
ficato in favore della composizione di « capriccio » (Montemelini de-
finiva a volte così le sue raccolte poetiche). Il segno non esercita
funzione disegnativa, tende invece a farsi interprete di uno ‘ sfuma-
to’ pienamente secentesco decantando ineffabilmente le luci e le
ombre. i

Allo stesso tipo di discorso si riallaccia l’altra incisione (Tav. 11)
del 1712 di soggetto sacro così evidentemente interpretabile in senso
profano mediante la volontà ribadita di evidenziare il contrario. I
versetti invitano ad una riflessione sulla fallacia di ogni Felicità
che non sia quella eterna raggiungibile con la pratica di Fede, Ca-
rità, Speranza. L’ingresso in scena (perché di questo si tratta) della
figura in piedi, al centro, così leggera e danzante sullo sfondo di un
vago paesaggio arcadico, appena toccato, evanescente, e il gesto
delle braccia aperte conferiscono un ritmo melodico a tutta la com-
posizione. Se c’è un recupero cinquecentesco nell'abito ci si accorge
anche dello slittamento della ‘forma’ verso la ‘statuina’ proprio
nel panneggio sforbiciato e guizzante che non diventa motivo a sé
stante e risolto nel suo essere gioco come lo sarebbe stato in ambito
manieristico, ma è aggiornato proprio in quanto si fa strumento di
una sensualità sottile ed ambigua, sussurrata con garbo gradevolis-
simo che ricorda Giovanni da San Giovanni. L’elemento disegnativo
diviene più evidente solo nel graduare le ombre di quelle nuvole
bassissime sul paesaggio ma così sfiocchettate e trapunte e spumose
da evocare l’immagine della ‘ macchina’ teatrale su cui preceden-
temente si son messe in posa le altre figure appoggiate con langui-
dezza correggesca.

Nella parte alta della composizione il segno diviene tutta una
sottilissima vibrazione : si aggroviglia, si ammatassa in varie dire-
zioni perdendo la ‘ consistenza’ disegnativa della tradizione toscana
(ad esempio) del «buon tempo antico ».

Nella figura centrale cosi pateticamente 'atteggiata ' con gli
occhi rivolti verso il cielo, secondo i modi pietistici, ad esempio, di
un Dolci, si rivela come la forzatura nell'esteriorizzazione del sen-
timento operi uno svuotamento dello stesso, creando una scenografia
teneramente cifrata, velata di significati morali e religiosi. E inte-
ressante notare anche come la posizione aperta delle braccia costi-
tuisca proprio il contrappunto chiudendo, quasi, il gesto della figura
in basso.

La tematica religiosa trova un esito melodico anche in una

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stampa datata 1713, anch'essa con dedica in cui s'invoca la bene-
dizione divina su un personaggio a noi rimasto sconosciuto (Tav. 111).
La composizione segue una direttrice obliqua, ascensionale, neove-
ronesiana (almeno nelle incisioni qui esaminate non si riscontra una
prospettiva del tutto centralizzata) ed è tagliata in basso dalla strut-
tura architettonica di sapore classicistico mediato attraverso un re-
cupero cinquecentesco. La figura di Dio, così incombente, è una
chiara citazione michelangiolesca. Per le figure femminili ai suoi
lati (« Reali donzelle ») l’autore trova accordi rarefatti di luce e
ombra, sfruttati non secondo una sintassi luministica, ma in una
chiave più aggiornata di pastello. Il concetto della imponenza e
maestosità divina è diluito dalla presenza del puttino che beve dalla
tazza, di morbide forme correggesche.

L’angelo in basso (se di angelo si tratta) testimonia nella posa,
nella decorazione dell’abito, nei sandali di nuovo l’attenzione a
Paolo Veronese, ma nel viso si avverte un influsso dello stile del
Volterrano o almeno dei post-cortoneschi (senza che l’una cosa
escluda l’altra, ovviamente).

Abbastanza ardua la lettura iconografica di alcuni particolari
(cfr. l'uccello accanto all’angelo) : allegoria della potenza divina at-
traverso l’aquila, allusione alla poesia attraverso il cigno o ripresa
di un gusto neo-manieristico ?

La Grazia che si è vista comparire di frequente anche nei com-
ponimenti poetici, è protagonista, almeno come iterato elemento di
riflessione, di un'incisione del 1711, diversa dalle altre per una piü
netta impostazione disegnativa (Tav. rv). Il segno è più incisivo
pur conservando le sue caratteristiche dinamiche e vibratili. La
scena è composta secondo gli schemi del Trionfo, con il punto di
vista piü centralizzato rispetto alle altre, sebbene nella figura china,
sulla sinistra, la prospettiva si ribalti. L'intento didascalico, invito
alla meditazione religiosa, é spiegato dai versetti che compaiono sui
nastri: uno é retto da un puttino, l'altro si snoda in basso. Le ac-
conciature femminili, così annodate, sono un indubbio ricordo del
Veronese, come lo sono le guarniture degli abiti al collo, alle maniche
sbuffanti.

Il brano paesistico è abbastanza rivelatore di una suggestione
veneta, rappresenta infatti uno scorcio marino con due barche, della
terza si scorge soltanto l’albero maestro e la carrucola per innalzare
le vele.

Il simbolismo denso di questa rappresentazione crea un’atmo-

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CULTURA E GUSTO DI UN NOBILE PERUGINO : NICCOLÒ MONTEMELINI 211

sfera carica di ambiguità : dalla cornucopia, attributo iconografico
della Fortuna, escono regali corone, croci e insegne nobiliari, monete,
mitrie vescovili, cappelli cardinalizi.

La scritta in versi:

Dell'Anima del Corpo, e di Fortuna // Ogni gran Ben di Dio la Grazia
aduna

fa supporre che la donna, modellata in forme di plasticismo cinque-
centesco, ma aureolata di raggi divini, sia quella stessa Grazia, al-
trove chiamata « Tesoriera del Ciel ».

Ancora piü espliciti sulla caducità dei beni e degli onori terreni
sono i versi finali :

Bene che i Beni nudre, mai non sazia // Nel sommo Bene é sol di Dio
la Grazia.

Sindividua di nuovo una struttura circolare, chiusa, quasi una
rappresentazione teatrale modulata su un tempo cantabile, melodico.

Il favore di cui godevano le antichità greco-romane trova una
testimonianza nel vaso sulla sinistra ; l'accostamento all'antico è di
nuovo mediato attraverso i decorativi moduli cinquecenteschi.

I contatti con la pittura veneta appaiono particolarmente sco-
perti, ma non è difficile rintracciare i canali di tale influenza. Il
Montemelini intratteneva rapporti con letterati di ogni parte d'Italia ;
ad un nobile veneto, Cristino Martinelli, è dedicata una cantata :
Dio di Signore si fa servo, di giudice si fa come reo ..., del 1698 *»,

Dall'epistolario con Magliabechi si è appreso come Montemelini gli
inviasse le sue opere perché le divulgasse, non solo a Venezia, ma
anche a quel grande centro editoriale che era allora Lipsia, dove si
pubblicava anche un «Giornale degli Eruditi ». Dalla stessa fonte
si sa anche che un tale scambio era accompagnato da visite e ospi-
talità reciproche. Montemelini cercava di incontrare persone cono-
sciute per fama o presentategli da Magliabechi al quale, del resto,
raccomandava coloro che si recavano a Firenze. L'invio di opere
avveniva non di rado tramite gli amici letterati «... infatti postieri
e spedizionieri mercano et sono molto indiscreti e dispendiosi e pre-
giudicano il traffico letterario degli eruditi » 29.

Il conte Niccolò ebbe anche rapporti con l’Arcadia romana
(fatto consueto fra le varie colonie) come dimostra l’invio al « Museo »
di Magliabechi di quattro sonetti composti sul tema della Natività f r

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212 MARIA CECILIA MAZZI

dalla marchesa Petronilla Paolini Massimi (lettera n. 21 del 1698);
qualche mese più tardi, nel maggio 1698, (lettera n. 29) acclude un
suo sonetto dedicato alla medesima dama per celebrarne l’ingresso
nell’Arcadia con il nome di Fidalena Partenide.

Si registra nella produzione letteraria e grafica un risultato di
eclettismo, da intendersi non come pochezza d’ingegno ma invece
come il segno dell’adesione alla cultura dell’ultimo Seicento e dei
primi del Settecento, densa di implicazioni, di recuperi, di scambi
fra Roma, Venezia, Firenze di cui va tenuto conto, anche se la si
può solo accennare in questa sede. La scarsezza di studi relativi a
questo periodo è un altro dato da registrare.

Il punto di riferimento costante, pur nell’ambito di una com-
plessa varietà di esperienze umane e culturali, sembra essere Firenze
(numerose sono le dediche a membri della famiglia Medici) dove la
corte offriva ben più che il riflesso di una situazione culturale locale
ed isolata ma, al contrario, i risultati di un’intensa vita di relazioni
diplomatiche.

Essa costituiva, com’è noto, una fonte di richiamo fortissimo
per la presenza delle collezioni dove, accanto ai reperti greci e ro-
mani, figurava una larga rappresentanza dei veneti del '500. I con-
tatti con Roma erano frequenti (Cosimo III assegnò delle pensioni
ai giovani pittori per studiare in quella città); i soggiorni fiorentini
di Pietro da Cortona prima e di Luca Giordano poi (in occasione
delle nozze del Gran Principe Ferdinando e di Beatrice Violante)
rappresentano importanti momenti di sviluppo e di ricerca in dire-
zione di un contemperamento delle civiltà artistiche romana, vene-
ziana e fiorentina, fondamentale, ad esempio, per l’attività del Gab-
biani o del Gherardini.

Interessa sottolineare alcuni aspetti emersi, a quanto sembra,
come ricorrenti nelle opere sia letterarie sia grafiche.

La produzione incisoria, forse ridotta, potrebbe costituire il ter-
mine ultimo di un processo, lo sbocco e la chiarificazione di una let-
teratura religiosa basata su di una ‘poetica della ambiguità ' pro-
prio in quanto ne rende espliciti gli intenti ed i raggiungimenti me-
diante la rappresentazione figurata.

La poesia religiosa di Montemelini vive in oscillazione continua,
in una mescolanza di sacro e profano ; il sentimento che l’anima è
(o vuole essere) talmente intenso e viscerale che, per renderlo mani-
festo si serve di apparati e moduli teatrali. L’atteggiamento del
resto è largamente riscontrabile nelle prediche del tempo, in specie
CULTURA E GUSTO DI UN NOBILE PERUGINO : NICCOLÒ MONTEMELINI 213

gesuitiche, ed egli frequentó assiduamente i predicatori piü famosi
del suo tempo ?%).

Le incisioni sembrano costituire quasi il bozzetto, la scenografia
di tali rappresentazioni, a loro volta sono costruite secondo gli stessi
parametri stilistici e le medesime scelte tematiche ; si è messa in
risalto la produzione letteraria nell’intento di abbozzare la cultura
di un personaggio senza sezionarne una parte dell’attività in consi-
derazioni di puro carattere estetico.

Maria CECILIA MAZZI

NOTE

1) Athenaeum Augustum in quo perusinorum scripta publice exponuntur
studio Augustini Oldoini societatis Iesu erectum. Perusiae, Tipis & expensis
Laurentij Ciani, & Francisci Desideri, Anno MDCLXXVIII.

?) Apud Haeredes Zecchini.

®) « Giornale dei letterati d'Italia, sotto la protezione / del serenissimo
Gio. Gastone / gran-duca di Toscana ». In Venezia, MpccxxIv, appresso Gio.
Gabriello Hertz, Tomo xxxvi, pp. 255-260.

4) Cfr. G. B. VERMIGLIOLI, Biografia degli scrittori perugini. Perugia,
Bartelli, 1829, p. 129. Secondo questo autore la marchesa era nipote del
cardinale.

5) E. ERRIGHI, Ricordi storici di Perugia, ms. 1387, Biblioteca Augusta,
Perugia.

*) Cfr. i documenti raccolti da A. BrizI, Notizie di famiglie perugine, ms.,
vol. vr, Biblioteca Augusta, Perugia.

?) Ibidem.

8) Fra gli altri sonetti se ne citano due dedicati al Magliabechi, quale
ornamento di Firenze e due per Francesco de Lemene con la risposta di questo
ultimo. I due letterati si comunicavano anche notizie di carattere privato
(da una lettera del luglio 1699 — n. 51 — si viene a conoscenza della morte
della moglie del Montemelini), osservazioni critiche o cenni di ritrovamenti
clamorosi come quello del corpo della Santa Giustina (lettera n. 85, 22 mag-
gio 1696). Tale occasione fu festeggiata dal Parnaso italiano con una raccolta
di rime, scritte, fra gli altri, da Carlo Maria Maggi, Francesco de Lemene,
Francesco Redi e Vincenzo da Filicaia, come ci comunica il Montemelini nella
lettera citata.

*) Cfr. G. VincioLI, Memorie istorico-critiche di Perugia. Foligno, Cam-
pana, 1730, pp. 12 e 146.

10) Cfr. Nelle nozze | degl’illustrissimi signori | Marchese Rinieri Coppoli

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e | Camilla della Cornia | SONETTI / de' Pastori Arcadi della / Colonia Augusta.
In Perugia / appresso il Costantini, mpccviri. L’opera, dedicata al Cardinale
de’ Medici, contiene l’elenco dei pastori Arcadi.

1) Un altro poeta e giurista discendente della nobile casata, contem-
poraneo di Niccolò, figura quale appartenente alla Colonia Augusta sotto il
nome di Nisandro Fireate, e cioè l'abate Diamante Montemelini. Negli anni
1733-1750 l’abate fu corrispondente di Anton Francesco Gori; il gruppo di
29 lettere si conserva alla Biblioteca Marucelliana di Firenze. Dirette allo
stesso Gori e nella medesima biblioteca figurano anche 19 lettere spedite
da Perugia fra il 1735 e il 1752 dall’abate Giacinto Vincioli.

13) Cfr. « Giornale de’ Letterati », cit., p. 259.

13) Ibidem, p. 260.

14) Nella Galleria dell’Accademia delle Belle Arti di Perugia si conserva
anche l’esemplare in buono stato di una stampa di Cosimo Colombini, raf-
figurante San Giovanni Battista del Correggio e dato come perduto. Il foglio
misura mm. 395 x 210, e reca sul margine sinistro la scritta : C. Bozzolini
del. ; su quello a destra: C. Colombini sculp.

Cfr. THIEME-BECKER, Allgemeines Lexicon der bildenden Künstler. Leip-
zig, 1907-1935, vol. vir, p. 248.

Nella stessa Galleria si conservano due gradevoli serie di incisioni di
Carlo Labruzzi, direttore dell'Accademia del Disegno dal 1814. Anche queste
opere sono di fresca tiratura e in buono stato di conservazione e rappresen-
tano costumi e personaggi ‘popolari’ romani.

15) Cfr. L'Accademia festeggiante nel giorno natalizio del Ser.mo Prin-
cipe Ferdinando di Toscana suo clementissimo protettore. Firenze, Vangelisti,
1695 ; e inoltre Applausi alle nozze di Serenissimi Sposi il Principe Ferdi-
nando Maria e la Principessa Violante Beatrice di Baviera. Roma, D. A. Er-
coli, 1689. Sono due esempi, fra i tanti, dove compaiono illustrazioni molto
vicine alle stampe del Montemelini.

16) Cfr. SEGNI ALESSANDRO, Memorie di viaggi e feste per le nozze de’
Serenissimi sposi Violante Beatrice di Baviera e Ferdinando principe di To-
scana. Firenze, Stamperia di S.A.S., 1688. Nel volume sono descritti minu-
ziosamente tutti gli apparati di feste e i balletti, allestiti per l’occasione, con
i nomi dei cavalieri e delle nobildonne partecipanti, inoltre le decorazioni
innalzate per il banchetto in occasione del quale furono distribuiti ai convi-
tati dei sonetti, fedelmente trascritti nell’opera.

17) N. MONTEMELLINI, Divoti affetti di Maria e Giuseppe al Bambino
Redentore nella notte del Santissimo Nataie. Perugia, Costantini, 1689.

18) Le cantate venivano fatte stampare proprio per essere divulgate
presso gli amici letterati (cfr. lettera n. 47, 12 marzo 1693), ma a volte l’invio
non era accompagnato da lettere per non indurre gli amici letterati a lodarlo
«per convenienza poiché in tal guisa io peccarei di Ambizione, coloro di Adu-
lazione » (lett. n. 64, gennaio 1695).

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CULTURA E GUSTO DI UN NOBILE PERUGINO : NICCOLÒ MONTEMELINI 215

19) N. MONTEMELLINI, Il Giglio simbolo di Maria più alta perché più
umile. Perugia, Costantini, 1697.

20) N. MONTEMELLINI, Decio in Foligno. Foligno, Antonio Mariotti, 1697.

21) Oltre alla produzione del genere più nota e scoperta, vale forse la
pena di accennare a quella serie di oratori da cantarsi nelle varie Congrega-
zioni o nelle chiese, in cui si riscontra la medesima contaminazione di ter-
mini e di immagini fra il repertorio mitologico e la tradizione cristiana, o
anche della letteratura ‘cavalleresca’ più recente.

Cfr. Il Martirio | di Santa Susanna | oratorio a quattrovoci | da cantarsi
/ Nella Chiesa de’ Padri della Congregazione | dell’OrATORIO / di San Filippo
Neri | di Firenze. In Firenze, Per Piero Matini, mpccvi. In quest'opera Mas-
simino, figlio adottivo di Diocleziano, innamorato deluso dalla volontà di
purezza e di martirio di Santa Susanna, esclama: «E vagando per orride
Selve / tra le fauci di mostri, e di belve / Sazieró del destin l'empietà. //»

22) N. MONTEMELLINI, La congiunzione d'amore del Verbo, e Maria per
unione di Grazia Divina. Perugia, Costantini, s.a. Le rime sono dedicate al
Gran Principe Ferdinando quale ringraziamento poiché egli si era costituito
mediatore per il « Ristabilimento, e Continuanza della Congregazione de’
Nobili della Compagnia di Gesù in Perugia ». Accenna anche ad «obbliga-
zioni» contratte da lui personalmente con l’avolo ‘di gloriosa memoria '
del Gran Principe.

2) Un altro personaggio veneto che compare citato nelle lettere è il
signor « Bernardo da Venezia » a cui si propone (lettera n. 51, aprile 1703)
di inviare dei libri « non appena gli saranno consegnati dal Signor Alessandro
Guidotti ministro di codesta A. R. nell’Archivio ».

24) Cfr. lettera n. 5 del 1696.

2) Cfr. il sonetto dedicato al Priore Ceppi, predicatore (21 aprile 1694,
lett. n. 51) e la lettera 29 agosto 1695, n. 75 (raccomanda il Priore Francesco
Antonio Mesenghieri che doveva recarsi Maestro di Studio in S. Croce). Al
« Museo » di Magliabechi si recò anche il nobile Bernardino Polidori quando
predicò in San Lorenzo, (lett. n. 59, 6 novembre 1706). Il 29 agosto 1712
(lett. n. 115) chiede al Magliabechi di ascoltare e giudicare il soggetto della
predica del Priore Cinelli in Santa Croce. Il 27 marzo 1708 (lett. n. 62) gli
dà notizia di un viaggio compiuto ad Urbino per ascoltare una predica.

BIBLIOGRAFIA

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Nelle nozze / degl' illustrissimi signori | Marchese Rinieri Coppoli e / Camilla
della Cornia / Sonetti | de’ Pastori Arcadi della Colonia Augusta. In Peru-
gia / appresso il Costantini / wDpccvrr.

« Giornale de’ letterati d’Italia », sotto la protezione / del serenissimo Gio.
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M. MAYLENDER, Storia delle Accademie d’Italia. Bologna, Cappelli, 1929.

AE MM La Biblioteca Capitolare di Perugia

Con il primo volume dedicato ai codici della Biblioteca Capito-
lare di Perugia, Antonino Caleca dà inizio alla pubblicazione inte-
grale della miniatura in Umbria, intraprende cioé la descrizione
ragionata di tutto l'enorme materiale conservato nelle biblioteche
della regione 9. Ed è certo una fortuna che tale grandiosa impresa
sia stata affrontata da questo giovane, il quale non solo per la scuola
in cui si é formato e per le prove che ha già dato di se, offre buone
garanzie di seria preparazione scientifica; fa anche bene sperare,
proprio in virtù della sua verde età, di potere effettivamente con-
durre in porto un lavoro cosi vasto e complicato.

Circa l'argomento, non credo ci sia bisogno di molte parole per
spiegare ai lettori del « Bollettino », i quali sono un po' tutti degli
addetti ai lavori, come e perché proprio l'area della miniatura sia
rimasta fino ad oggi cosi oscura in tutto l'ambito dell'arte locale.
A parte il fatto che la gran maggioranza dei testi risulta tuttora
inedita, i contributi specifici apparsi sin qui, riguardano sopratutto
le opere singole, oppure certi particolari aspetti paleografici e codi-
cologici. Pochi, pochissimi i lavori di respiro piü ampio, special-
mente relativi alla miniatura, e tutti, ormai, superati ed insuffi-
cienti. Tanto per fare un esempio, negli articoli del Serafini, pubbli-
cati nel lontano 1912, e tuttora citati tra i piü significativi contri-
buti su questo particolare ramo dell'arte figurativa, capita di ve-
dere assegnati i corali di San Domenico, oggi nella Biblioteca Au-
gusta, agli inizi del Quattrocento, ovverosia un secolo abbondante
dopo il giusto. Quanto agli studiosi piü recenti, oltre al Caleca, non
c'é che Fausta Gualdi ad essersi occupata dell'argomento in modo
continuo e sistematico, e tuttavia senza mai spingersi, per quanto
ne so, oltre il periodo rinascimentale, cioé oltre una zona la quale
risulta, comparativamente alle altre, un poco meglio esplorata e
conosciuta.

Venendo poi alla ragione di tale indifferenza, mi sembra do-
verla attribuire sopratutto a quella non mai abbastanza deprecata
distinzione gerarchica tra le arti, per cui appunto la miniatura,
«arte minore », ha sempre finito col fare la parte della cenerentola, 218 PIETRO SCARPELLINI

accanto alle arti con l’« a » maiuscola, restandosene praticamente ai
margini di ogni disegno storico.

Proprio per queste ragioni, il lavoro del Caleca non deve essere
preso in considerazione in un cerchio ristretto di studi, entro i con-
fini di un geloso quanto sterile specialismo. Se gli intenti dell'Autore
verranno realizzati, egli porterà una quantità di sostanziose modifiche
a tutto intero il panorama artististico della regione. Ed è per questo
che anche il compito del recensore è più delicato del solito. Egli
si trova dinanzi ad un lavoro ancora agli inizi, egli deve rendere
conto della bontà di uno strumento passibile di essere modificato
in futuro con la prosecuzione dell’opera. Da questo punto di vista
il recensore si sente, e sia pure in misura modestissima, un collabo-
ratore piuttosto che un giudice, e spera che il Caleca voglia conside-
rare le sue obiezioni, per quel poco o quel tanto che possano valere,
come dettate da uno spirito apertamente, sinceramente costrut-
tivo.

Innanzitutto due parole sui criteri di carattere generale che
ispirano il lavoro. Il Caleca ha certamente ragione nell’attenersi
ad una impostazione rigorosamente monografica e piace che a tal
proposito scriva, nell’introduzione, di voler considerare « ogni mo-
numento come un fenomeno a se stante, come una serie di scelte
collegabile al resto del reale non per necessitanti principi generali
di sviluppo, ma in base a motivati giudizi storici ». Ove, se ho ben
letto, si dichiara di voler superare definitivamente quella pratica
descrittiva ed anonima, la quale ha sin qui impedito una vera cono-
scenza della miniatura, ha impedito di ben individuare la varia
qualità dei monumenti, di riconoscere le varie personalità degli
artefici.

Quando però si passa ad esaminare la concreta realizzazione
di questo programma, troviamo innanzitutto che le opere sono
pubblicate e commentate in un modo molto complicato e macchi-
noso, tale da non rendere agevole una rapida consultazione. Difatti
ogni codice o gruppo di codici vien trattato in parti diverse, prima
in un articolo di carattere storico critico, poi nel catalogo, ove se
ne dà una minuziosa descrizione, poi c'è un elenco delle tavole con
il preciso richiamo tra il foglio in cui si trova ciascuna miniatura ed
il numero progressivo che la contraddistingue nella serie delle illu-
strazioni : infine, le illustrazioni stesse. Il risultato è che se vo-
gliamo renderci conto di una miniatura, dobbiamo assoggettarci
ad un faticoso gioco di rimandi su quattro diverse pagine del li-

iM LA BIBLIOTECA CAPITOLARE DI PERUGIA 219
bro ; e c'è sempre la paura di avere sbagliato, di aver preso, come si
suol dire, fischi per fiaschi. Inconveniente questo tanto piü note-
vole, quanto piü quest'opera, come tutti i repertori, dovrà essere
di continua, spicciola consultazione. Non si potrebbe per i volumi
futuri, adottare un sistema piü agile, conglobare tutto il materiale
in un solo articolo, rendere piü facile il reperimento delle figure,
magari con dei rimandi, ai margini del testo ?

Ma le obiezioni principali, mi pare, si debbano rivolgere allo
stesso metodo che il Caleca adotta ; ed a questo proposito cominceró
subito con l'osservare come il Caleca dia un'importanza molto grande
a quello che il suo maestro, il Ragghianti, chiama «sondaggio con-
creto cioé linguistico o formale », ovverosia «lo studio del processo
costruttivo e formativo del linguaggio » ?, una teoria ed un metodo,
i quali per il modo con cui vengono intesi e praticati, sembrano trarre
le loro origini più ancora che dall'estetica crociana, dalle concezioni
puro-visibilistiche, sia pure modernamente aggiornate e rivedute.
Per esempio il Caleca studia la miniatura indagando sopratutto i
rapporti proporzionali, i vari schemi ritmici, le formule geome-
triche e numeriche che sono dietro la figurazione, adoperando un
linguaggio ove le parole che ricorrono più spesso sono « modulo »,
« modulare », « commodulato », « chiasma » « chiasmico » e simili. Un
linguaggio il quale, diciamolo francamente, suona spesso farragi-
noso e oscuro, tanto da costringere spesso a leggere e rileggere il
testo per intenderne il senso.

Con ciò non si vuole affatto dire che tale modo di studiare le
miniature non abbia la sua ragion d’essere, non abbia i suoi meriti,
specialmente se confrontato con le torpide elencazioni di tipolo-
gie, alle quali ci ha abituato la storiografia precedente. Piuttosto
si può osservare che tale tipo di ricerca non si identifica « tout-
court » con quello che il Ragghianti chiama lo «studio del processo
formativo e costruttivo del linguaggio ». Difatti, una volta consta-
tata la ricorrenza di certe particolari formule compositive, oppure
la singolarità od eccezionalità di certe altre soluzioni rispetto ad
un determinato schema di base, non per questo si sarà definita
un’opera sul piano critico. Ci sono troppe altre cose, spesso più im-
portanti e significative, ci sono il disegno, il colore, la luce, lo spazio,
il chiaroscuro, le strutture dei corpi, le forme dei visi, e così via.
C'é poi quell'entità così difficile a definire in perentorie classifica-
zioni, ma pure così importante che è la qualità, la particolare de-
licatezza del segno, la particolare bellezza di una pennellata. E c’è

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l'iconografia medesima, a patto, s'intende, di non volerla conside-
rare una scienza a se, qualcosa di staccato, di avulso, di sovrappo-
sto alla forma, ma proprio parte integrante di essa, idee, stimoli,
suggestioni che nascono dalle immagini, vicine o lontane nel tempo o
nello spazio, rivissute ed interpretate in un particolare clima cultu-
rale e poetico.

Ora non diciamo che il Caleca trascuri di proposito tutto ció,
ma certo, preso d'entusiasmo per i moduli, per i ritmi, per i chia-
smi, eccetera, finisce con l'attribuire al resto un ruolo decisamente
secondario, troppo secondario sopratutto nella occasione specifica,
che non é una indagine condotta da un particolare punto di vista ;
ma, appunto, un catalogo ragionato, il quale deve fornire di tutto
il materiale una descrizione ed un commento, il più possibile com-
pleti ed obbiettivi.

A questo punto, prendiamo in considerazione uno dei monu-
menti più importanti di questa Biblioteca, l'Antifonario in sei vo-
lumi per San Lorenzo che il Caleca tende a ricondurre nello stesso
ambito culturale e forse anche nello stesso scriptorium, da cui usci-
rono, seppure, in un momento piü antico, gli undici bellissimi vo-
lumi dell'Antifonario di San Domenico, oggi nella Biblioteca Augu-
sta, proponendo anzi per tutto questo gruppo una cronologia, sia
pure approssimativa, ed una suddivisione tra i vari artisti. Secondo
il Caleca un primo autore (che qui continueremo a chiamare col
nome convenzionale datogli a suo tempo dal Longhi, di « primo mi-
niatore perugino »), inventó tutto l'apparato decorativo messo poi
in opera in tutti i volumi ed esegui le piü antiche miniature pei
corali di San Domenico, tra la fine del Duecento ed i primi del Tre-
cento, con caratteri ancora pregiotteschi, ispirati specialmente da-
gli affreschi di Assisi. Un secondo artefice completó l'opera, ispi-
randosi già al primo Giotto, quello della Basilica Superiore, e fu
proprio colui il quale, sempre secondo il Caleca, inizió la decora-
zione della serie della Biblioteca Capitolare (alcuni decenni piü
tardi, dopo il 1320), mostrando di conoscere oramai gli esempi se-
nesi, specialmente gli affreschi della Cappella di San Martino di Si-
mone Martini. Un terzo miniatore concluse infine l'opera negli ul-
timi due codici (nn. 7 e 13), ed un poco piü tardi esegui le decora-
zioni del Messale n. 38, con un'arte derivata dal secondo miniatore,
ma con un certo suo particolare modo di intendere le fonti comuni,
secondo uno spirito narrativo, piü paesano e popolaresco.

Abbozzo storico su cui si potrà discutere quanto si vuole, ma

ie I TI gini nn stu grt uel

i^ LA BIBLIOTECA CAPITOLARE DI PERUGIA 221

che ad ogni modo costituisce il primo serio tentativo di organizzare
una materia tanto poco conosciuta.

Tuttavia, per quanto sia adesso difficile prendere posizione pre-
cisa su di essa (e per un giudizio seriamente motivato ci vorrebbe
uno studio che non ho potuto compiere) mi sembra che certe con-
clusioni del Caleca siano lo stesso facilmente contestabili. Per. esem-
pio, allorché ritiene certamente umbro solo il « Terzo miniatore »,
mentre preferisce credere il secondo un «toscano immigrato », fio-
rentino o senese (magari un naturalizzato perugino come Meo da
Siena). Trovo inutile, gratuito, proporre cosi, in astratto, la nazio-
nalità di un artista che solo la scoperta di un documento potrebbe
domani provare con certezza. Quello che conta, in un caso come que-
sto, è la particolare temperie artistica, da cui poter ricavare anche
la patria spirituale.

Si dirà a questo punto: poco male, una ipotesi in calce ad una
cosi lunga, e circostanziata scheda. Peró, proprio in tale afferma-
Zione buttata là, senza che l'autore si sia preoccupato di giustifi-
carla, mi sembra di veder affiorare un vecchio pregiudizio, molto
tenace e radicato, quello dell'inferiorità degli umbri, dell'impossi-
bilità per loro di toccare un livello più alto, più raffinato, come se la
loro vena dovesse per forza di cose restarsene ristretta entro l'am-
bito di accenti popolareschi, entro i limiti di un «sermo rusticus »,
per usare la felice definizione proposta dal Caleca per l'arte del « Ter-
zo miniatore ».

Ed é qui appunto che mi pare si abbia anche una specie di ri-
prova dei limiti del metodo adottato dall'Autore. Difatti attraverso
tutte le sue ricerche di metrica interna, il Caleca, non riesce ad in-
dividuare bene gli aspetti cosi complessi del linguaggio umbro tre-
centesco, il quale, pur entro una certa gamma di sentimenti, entro
certe costanti espressive, si rivela molto piü vario e screziato di
quanto non si voglia credere comunemente.

Concentriamo un attimo la nostra attenzione sopra un'opera
abbastanza conosciuta del «Secondo miniatore», il grande « Giu-
dizio Finale» del codice n. 9, che tutti possono ammirare perché
esposto nelle bacheche del Museo del Duomo (e qui mi sia permesso
di rivolgere ai Canonici, conservatori di un cosi prezioso patrimonio,
la preghiera di volerlo meglio custodire. Non sanno forse che i libri
disposti per ritto a quel modo, si rovinano ?)

Dunque, a proposito di questo foglio il Caleca fa le osservazioni
seguenti: « Resta ora da esaminare la decorazione di c. 2'v del



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ms. 9, con la grande A con il Giudizio Finale, ove dilatati per l'am-
piezza del formato, riappaiono i motivi individuati per le altre lettere :
il venusto arricciolarsi dei fogliami non casuale ma volto a formare
una prima impalcatura ritmica ; le spartizioni secondo assi verticali
e orizzontali, ed i collegamenti diagonali, riassunti tutti dal retico-
lato del fondo a bolli, a fiorami ed altri motivi. Qui c'é naturalmente
maggior ricchezza compositiva, ma nulla é affidato al caso, come
si puó vedere dal fatto, che, per esempio, l'intervallo tra due bolli
del fondo corrisponde ad un quarantesimo del rigo dei tetracordi ».

Questo é tutto, ed é veramente troppo poco. Neppure una pa-
rola per esempio sulla singolare iconografia, abbastanza rara in Ita-
lia per questo soggetto, lontana dai rigorosi, dommatici Giudizi
come quelli di Cavallini e di Giotto. Qui siamo dinanzi ad una scena
molto piü umana e confortevole, cosi caratteristica, cosi espressiva
dello spirito umbro, la Madonna della Misericordia lassù in cielo,
alla sinistra del Figlio, con tutto il popolo perugino raccolto sotto il
suo manto, con il Vescovo in prima fila, nel momento supremo del
«rien ne va plus». Ecco l'amorosa regina della favola cistercense,
cosi popolare, cosi diffusa qui da noi, specie per la propaganda che
le fecero i due grandi ordini mendicanti. Ed allora acquista un par-
ticolare significato che giü in basso siano un domenicano ed un fran-
cescano a guidare la sfilata dei Beati ?.

Neppure il Caleca ritiene degno di commento quel Cristo is-
sato sopra un guanciale di nuvole azzurre, a torso nudo, le braccia
levate simmetricamente, il « Salvator mundi » dei Giudizi francesi,
per cui già il Berenson pensó ? a fonti transalpine. Traccia da non
abbandonare, anzi da seguire a fondo con una particolare ricerca,
visto che sono troppi gli aspetti dell'arte umbra, i quali fanno pensare
ad una influenza diretta, non mediata da parte di quegli esempi.
Cosa del tutto spiegabile, anzi affatto naturale, sopratutto a Pe-
rugia, città cosmopolita alla pari di Assisi, ove, si sa, gli alti pre-
lati francesi furono di casa ed ebbero sempre una grande influenza
nel maneggio degli affari sia spirituali che materiali 9.

Certo sarebbe temerario asserire, sulla base di questi spunti,
che tali stimoli d'origine oltramontana abbiano contato nello svi-
luppo della pittura locale quanto i grandi esempi fiorentini e senesi.
Eppure quel modo di flettere le figure con un segno filiforme, nervo-
so, gracile ed elegante, aspro e delicato ad un tempo, non si spiega solo
con il gioco delle relazioni incrociate tra Siena e Firenze. Neppure
questi volti a mandorla appuntita, questi occhi aguzzi a capocchia

(hl LA BIBLIOTECA CAPITOLARE DI PERUGIA 223

di spillo, queste teste arrotondate sulle guancie, smussate verso il
mento, insomma tutta questa fisognomica curiosamente bamboleg-
giante ed insieme intensamente espressiva (fino a rasentare spesso
e volentieri la caricatura), nasce soltanto per una sorta di riduzione
dialettale dei solenni, grandiosi tipi inventati da Cimabue, da Duc-
cio, da Giotto, da Simone, dai Lorenzetti, e da tutti i maestri aulici
presenti ad Assisi. Senza contare che la assegnazione errata di que-
sto artista al primo Quattrocento, sostenuta a lungo, dopo il Sera-
fini persino dal Berenson, qualcosa vuol dire, appunto perché tale
mescolanza di elementi italiani con il gotico francese, ha indotto
a spostare certi prodotti appunto in un clima «internazionale ».
Senonché un clima in certo modo internazionale si era creato in
Umbria, per via di cosi complicati ed eterocliti innesti, già fin dal

;primo trecento.

Ma lasciando adesso questo aspetto della questione, su cui certo
la discussione è aperta più che mai, una cosa, mi pare si possa dire
con ragionevole sicurezza ; i dati culturali e stilistici che si ravvi-
sano in questo Giudizio Finale, mentre non hanno se non riscontri
generici sul versante fiorentino e su quello senese, ci riconducono
invece senza sforzo verso quella particolare razza di artisti fiorita
nell'Umbria settentrionale nei primi decenni del Trecento e che la cri-
tica ha cominciato a scoprire da poco. E qui certo, bisognerebbe
andare molto oltre quelli che sono i limiti di una semplice nota.
Mi limiteró, ad esempio ad indicare le relazioni evidenti che inter-
corrono tra il nostro «secondo miniatore » e quella personalità più
esile e umbratile, ma pure assai alta, che esegui le tavolette del
Museo Poldi Pezzoli a Milano e l'Incoronazione della Vergine del
Museo di Esetergom studiata cosi bene dal Boskovits 9. Altre re-
lazioni sono poi con il gruppo di opere legate al cosidetto « Mae-
stro Espressionista di Santa Chiara », rivalutato recentemente dal
Longhi, un personaggio curiosamente estroverso ma molto indi-
cativo degli umori quanto mai mossi e variabili della pittura umbra
del tempo ; e tanto più se si dovesse riconoscere a questo stesso arti-
sta anche una attività assai ricca a Gubbio, come ho proposto in
un recente studio sui seguaci di Giotto in Assisi ?.

A chi volesse a tal punto obiettare, che in realtà l’artista del
Giudizio risulta, rispetto a questi autori, di un tono più sostenuto,
di un’arte più ricca, risponderò che ciò è naturale, visto che venne
prescelto da committenti di una certa pretesa, quali poterono essere
prima i frati di San Domenico, poi i Canonici del Duomo. Gente 224 PIETRO SCARPELLINI

sempre a tu per tu con Papi e Cardinali, gente certo di non troppo
facile contentatura anche se non, forse, di gusto assolutamente
sopraffino. E del resto volendo accettare, e sia pure solo come ipo-
tesi di lavoro, proprio la proposta del Caleca di una attività tren-
tennale dell'artista a Perugia, non diventa più piano, più agevole
ritenerlo formato, se pure non nato in loco ?

Giova ripetere che queste non sono altro che semplici, fugge-
voli osservazioni, le quali non hanno punto la pretesa di approfon-
dire un argomento cosi complesso ed ancora cosi poco esplorato quale
quello dell'arte a Perugia e nell'alta Umbria in tutto questo periodo.
Qui lo scopo è sopratutto quello di mettere in evidenza certe carenze
di un libro, per tanti altri versi cosi prezioso, ed anche certi pericoli
in cui si puó incorrere studiando le opere d'arte da un punto di vista
un po' troppo esclusivistico, in omaggio ad una certa determinata
teoria. Col risultato di tralasciare o dar poca importanza a fatti e
questioni che sono invece fondamentali.

Se queste ora esposte mi paiono le critiche di fondo da rivolgere
al catalogo del Caleca, non mancano poi quelle minori, di carattere
spicciolo. Accade per esempio di incontrare in queste pagine qualche
errore molto evidente, come nel commentario relativo al Catasto
di San Lorenzo, ove si dice che del miniatore Cesare Pollini « nulla
sussiste ». Mentre chi ha un po’ di pratica con le cose artistiche
perugine sa che le sue opere sussistono e come, basta conoscere i
depositi della Galleria Nazionale dell'Umbria, oppure la Chiesa di
sant'Agostino. E qui siamo dinanzi a quel tipo di inesattezza, la
quale genera l'impressione che il materiale di questo libro sia stato
in realtà raccolto affrettatamente, senza un controllo molto accu-
rato delle notizie.

Del resto di una affrettata realizzazione dell'opera, rendono te-
stimonianza anche i numerosissimi errori di stampa, quasi come se
l'Autore si fosse dimenticato di correggere le bozze. Ve ne sono pro-
prio a josa, e mentre alcuni sono innocui, altri, specie quelli relativi
alle date ed alle cifre in genere, possono diventare pericolosi. A tal
proposito un rapido controllo mi ha convinto che alcune numera-
zioni riportate dal Caleca e relative ai fogli dei codici non rispon-
dono a verità, per cui, nel consultare questo volume sarà necessaria
sempre molta prudenza.

Con ció non voglio affatto concludere che la grossa fatica del
Caleca risulti in definitiva sprecata. Questo libro, malgrado i molti,
non lievi difetti che mi è parso dovervi riscontrare, è utile lo stesso,
« Secondo miniatore perugino », Il « Giudizio Finale» dall'Antifonario F. Ms. n.
Perugia, Museo del Duomo.
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LA BIBLIOTECA CAPITOLARE DI PERUGIA 225
sia per la gran quantità del materiale raccolto, sia per il ricco cor-
redo illustrativo (piü di settecento figure in bianco e nero, oltre ad
uno scelto gruppo di riproduzioni a colori), sia per le molte osser-
vazioni acute, seppure spesso disposte nel testo in modo disordi-
nato. Si tratta di aver la pazienza di rintracciarle e poi metterle a
frutto. ;

Naturalmente non è qui possibile entrare nei dettagli. Mi pare
che un particolare interesse rivesta la pubblicazione integrale delle
miniature di un gruppo di codici dell’x1 e xri secolo (mss. 3, 35, 42, 41,
31) gruppo abbastanza omogeneo, appartenuto «ab antiquo » alla
Canonica perugina. Le note del Caleca tendono ad avvalorare l'ipo-
tesi, già timidamente avanzata in precedenza, che tali miniature
siano state prodotte proprio a Perugia o nella zona circostante,
ove, come si sa, sono molto scarse le tracce di.una attività pittorica
in periodo romanico.

Quanto agli altri monumenti d'età medioevale, mi pare che le
novità maggiori più che dai venerandi ms. 1, ms. 2 e ms. 32 già abba-
stanza conosciuti, o dai maggiori codici forestieri come il ms. 4 pro-
veniente dalla regione di Maastricht, studiato dal Garrison, od il
ms. 6, proveniente da San Giovanni d'Acri, studiato dal Buchthal
e dal Bettini, vengano proprio dalle opere umbre del xii e xiv se-
colo (ms. 16, mss. 11 e 43, ms. 8, oltre a quelli di cui si è discorso più
sopra), ignorate praticamente dalla critica ed invece fondamentali
per una storia della pittura locale, la quale è, per quest'epoca, tutta
ancora da scrivere.

Trovo infine di particolare interesse la proposta del Caleca di
attribuire l'antiporta miniata del Catasto del 1606 al fiammingo
Jan Schepers di Anversa, artista notevolissimo, ed anche esso po-
chissimo conosciuto come del resto quasi tutta l'arte umbra od in
Umbria dopo il Perugino. Un'apertura questa importante, che spe-
riamo sia foriera di conseguenze sollecite, a cominciare dalla pubbli-
cazione e dallo studio dei catasti miniati dell'Archivio di Stato,
come auspica giustamente il Caleca stesso.

PIETRO SCARPELLINI

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226 PIETRO S CARPELLINI

NOTE

1) A. CALECA, Miniature in Umbria, Vol. 1, La Biblioteca Capitolare di
Perugia, Firenze, Marchi e Bertolli, 1969, L. 8000.

?) Cfr. C. L. RAGGHIANTI, Mondrian e l'arte del XX secolo, Milano,
Edizioni di Comunità, 1962, p. 7.

è) Non è forse inutile ricordare che la rara iconografia del Giudizio con
la Madonna della Misericordia ha un precedente in Umbria, e proprio in am-
biente francescano, in un affresco proveniente dal Monastero delle Palazze
presso Spoleto, forse del primissimo Trecento, emigrato poi in America, in
una collezione privata di Worcester (cfr. F. R. TAyLoR, Rainaldictus painter
of Spoleto, in « Bullettin of Worcester Art Museum », Vol. xxII, 1932, pp. 76-99).

4) Cfr. B. BERENSON, Due illustratori italiani dello Speculum humanae
salvationis, 11 in « Bollettino d’Arte », 1925-26, pag. 369. È da notare che il
« Salvator Mundi », con le braccia levate simmetricamente appare anche nel
giudizio duecentesco nella Chiesa di San Bevignate a Perugia.

5) Sulla presenza dell’arte francese ad Assisi, ove una volta, prima delle
varie spoliazioni, dovevano essere moltissimi i codici miniati, cfr. F. HERTLEIN,
Capolavori francesi in San Francesco d'Assisi, in « Antichità viva», Iv, 4,
1965, pp. 54-70.

*) Cfr. M. Boskovirs, Ipotesi su di un pittore umbro del primo Trecento,
in « Arte antica e moderna », n. 30, 1965, pp. 113-123.

?) Cfr. P. ScARPELLINI, Di alcuni pittori giotteschi nella città e nel terri-
torio di Assisi, in Giotto e giotteschi in Assisi, Roma, Canesi, 1969, pp. 225-238.
È da notare che già P. Toesca (La collezione di U. Hoepli, Milano, Hoepli,
1930, pp. 40-45), tra le molte osservazioni sulla miniatura umbra, che il
Caleca non cita, notava le somiglianze tra le miniature dei corali di San
Domenico e le pitture della volta di Santa Chiara ad Assisi (cfr. anche a p. 76).

asi . TR Ms " AC h pk: NC :
Uno dei migliori risultati della durissima impresa del Caleca
— un «corpus» di tutta la miniatura umbra — consiste senz'altro
nella completezza del repertorio del materiale figurativo e orna-
mentale contenuto nei manoscritti della Capitolare di Perugia, a
cui è dedicato il primo sforzo dell’opera progettata.

Anche qui occorre premettere il rituale lamento per i troppi
errori di stampa che in un'opera del genere sono particolarmente
dannosi e dovrebbero, con ogni sforzo, ridursi al minimo ; tanto
più che l'Autore si mostra espertissimo nella tecnica codicologica
e parla di trascrizione « semidiplomatica », non certamente nel senso
di disimpegno nella lettura. A questo proposito non si capisce, per
esempio, l'utilità della nuova edizione del necrologio di Innocenzo
III (pp. 149-50) pubblicato recentemente da M. Petrocchi in que-
sto «Bollettino » (Lxrv|1, 1967, pp. 206-07) e citato dal Caleca,
con la quale è migliorata lievemente in tre luoghi la lettura dello
stesso Petrocchi, ma viene peggiorata in altri undici. Lo stesso di-
casi dell’informazione bibliografica : diligentissima in genere, ma
in qualche caso lacunosa. Non è vero, infatti, che il ms. 32, le In-
stitutiones Iustiniani Imperatoris, non sia stato «mai seriamente
studiato né dal punto di vista paleografico né da quello storico-ar-
tistico » (p. 27), poiché la Summa Perusina (nome con cui il codice

è conosciuto in tutto il mondo) è stata fatta oggetto — tra altri
studi — di una edizione critica, considerata il capolavoro del Pa-
tetta 9.

I codici, come elemento portante delle miniature (proprio ma-
terialmente parlando), sono descritti diffusamente e con abbon-
danza di inserti. Tuttavia nella descrizione del ms. 31 (pp. 56-7 e
152) non si fa menzione di alcuni canoni penitenziali (cc. 209r-211v),
che fin dal 1752 attirarono l'attenzione del Garampi che li trascrisse ?.

Non del tutto giustificata sembra poi l'omissione del tardo ma
ricchissimo calendario incluso nelle cc. 3r-8v del medesimo mano-
Scritto ; esso per le indicazioni topografiche perugine e umbre merita
di essere conosciuto : gennaio, 9, « dedicatio ecclesie in honore Sancte
Marie in Perusia »; 10, «nativitas sancti Pauli heremite et Decentii in
Perusia»; 17, «nativitas sancti Victoris in Perusia»; 29, «nativitas
sancti Valerii episcopi et Constantii in Perusia » ; marzo, 1, « nativitas
sancti Herculani in Perusia»; aprile, 7, «translatio sancti Decentii in
Perusia »; maggio, 15, «nativitas sancti Valentini in castellum Perusi-
num»; 16, «nativitas sancti Ubaldi confessoris episcopi Eugubine
civitatis »; 26, «nativitas sancti Peregrini in Perusia et Felicissi- 228 UGOLINO NICOLINI O.F.M.

me»; giugno, 7, «nativitas sancti Pauli episcopi; in insula Pul-
vense dedicatio Sancti Secundi»; 25, «dedicatio Sancti Salvato-
ris in Perusia »; settembre, 1, «nativitas sancti Prisci; in Perusia
dedicatio Sancte Marie et Sancti Egidii»; novembre, 7, « decolla-
tio sancti Herculani»; dicembre, 4, «nativitas sancte Barbare in
Perusia » ; 23, « nativitas sancti Gregorii in Spoletum ».

Ma queste brevi note vorrebbero mettere in rilievo un pro-
blema particolare che è già presente al Caleca nella Premessa : la
formazione della biblioteca capitolare di Perugia. In essa ha impor-
tanza grandissima, forse determinante, il fatto che Perugia con la
sua canonica, per essere stata sede di conclavi e di papi molte volte
durante il sec. xii1 o sede dei legati pontifici durante il periodo avi-
gnonese, fu anche un centro cosmopolitico e d'incontro di tutte
le correnti culturali e artistiche. Tutto ció sul piano pratico signi-
fica anche circolazione, scambi e doni di libri e nel nostro caso si
tratta particolarmente di libri sacri e liturgici. Non è senza signifi-
cato che nel ms. 4, un breviario della regione di Mastricht nei Paesi
Bassi secondo un'ipotesi del Garrison accettata dal Caleca, (p. 157 si
leggano a c. 11” le parole: « Papatus (per papatum ?) flores tres obsidere
minores | Ordinis inmemores qui detestatur honores | Balneoregenssis,
Tripolis et Rotomagenssis ». Sono i tre versi che secondo la Chronica
xxIV generalium dei frati Minori furono divulgati da una lingua male-
dica contro tre prelati dello stesso Ordine — san Bonaventura da Ba-
gnoregio, Paolo «de Comitibus» vescovo di Tripoli in Siria (delegato
papale a Perugia nel 1282), Oddo Rigault arcivescovo di Rouen —
gli uomini piü in vista della curia papale nel 1274. I suddetti versi
scritti nel secondo foglio di guardia del breviario da una mano della
seconda metà del sec. xir, mentre offrono alcune varianti notevoli
confrontati col testo della Chronica : « Rothomagensis anus et prae-
sul Tripolitanus | ac Bonaventura tractant papalia iura | Ordinis
immemores qui tales spernit honores » ?, nello stesso tempo possono
orientare nella ricerca dei vari possessori del breviario. A. proposito
del quale si deve ancora osservare che pur essendo di origine seco-
lare 4, durante il sec. xin passò certamente a qualche chierico di
un ordine religioso e, come breviario da viaggio, a un impiegato
della curia papale; ció dimostrano le aggiunte al calendario, anche
se il « Riccardus » degli altri due versi riportati dal Caleca non è
«dictus a Mardine» ma «a Cardine ».

Per quanto riguarda il ms. 33 9, il Caleca, con il Garrison, ne as-
segna l'area d'origine nei limiti Toscana-Umbria-Lazio, che per essere
LA BIBLIOTECA CAPITOLARE DI PERUGIA 229
troppo vasti ben poco significano a mio avviso. Quantunque il codice
non contenga, come scrive il Caleca, «alcuna indicazione di provenien-
za » (p. 67), esso tuttavia è l’unico, tra gli antichi e splendidi manoscritti
della Capitolare di Perugia, di cui si conosca il proprietario che lo
donò ai canonici. Si tratta anche questa volta di un curiale : Nicolò
«de Romanis » da Osimo, segretario di Urbano v e Gregorio xi e
collaboratore del cardinale Nicolò Capocci nella fondazione del col-
legio universitario perugino della Sapienza vecchia o « domus Gre-
goriana ». Con suo testamento rogato in Avignone il 26 nov. 1373 sta-
biliva : «Lego ecclesie Perusine in qua sum canonicus breviarium
meum quo utor et quod in domo mea vocatur magnum, et psalte-
rium meum glossatum et epistolas Pauli glossatas, videlicet pul-
chriora que sunt Auximi» 9. A proposito di questi codici scriveva
lo stesso Vermiglioli : « Noi crediamo che si conservino ancora e
che siano quelli esistenti tuttora nella Biblioteca capitolare, di
molta bellezza, e di molta conservazione »?. Ma il catalogo del
Caleca permette di identificare solo le lettere glossate di san Paolo,
poiché non esiste piü un salterio glossato, e per il breviario che in
casa di Nicoló si chiamava «grande» non si puó pensare al ms. 4,
di cui sopra si è parlato.

Nel catalogo del Caleca figura anche, ma solo accennato perché
privo di miniature, il ms. 22 in caratteri armeni, forse proveniente
dalla chiesa perugina di S. Matteo, fatta edificare dal Capitolo della
cattedrale per i monaci basiliani nel 1273. Il codice faceva parte
d'un gruppo di «libri armeni» che arricchiva la biblioteca capito-
lare e dei quali si ha solo la seguente notizia : « Sabbato 24 marzo
[1582] fu capitolo straordinario, nel quale fu letta una lettera del-
dell'illustrissimo cardinale di Perugia [Fulvio della Corgna], nella
quale dimandava una notola dei libri armeni che sono qui in San
Lorenzo. Et non vi essendo chi gl’intenda se mandino gl'istessi
libri, atteso che gl'illustrissimi cardinali della Riforma dei libri
usano gran diligenza per tutto per haverne per servirsene nella
stampa che si fa di quella lingua et che poi se remanderanno. Fu
resoluto s'usi diligenza di trovare se vi é alcuno che gl'intenda e se
mandi la notola, altrimente se mandino i libri » 9.

Purtroppo, allo stato delle ricerche, nulla sappiamo sull'esi-
stenza di uno «scriptorium » nell'ambiente dei canonici perugini,
nulla sul funzionamento della scuola della cattedrale. Ma non è
detto che lo studio. dei documenti conservati nell'archivio capito-
lare non possa illustrare tante zone d'ombra e non apra spiragli per
230 UGOLINO NICOLINI O.F.M.

identificare qualche personaggio, qualche mano di scrittore che ab-
bia operato contemporaneamente sui codici e sui documenti. La
scuola della cattedrale, l'ufficiatura corale e la cancelleria erano
strettamente collegate e dipendenti dalla stessa autorità dell'arci-
prete, al quale, in conseguenza, faceva capo anche l'attività scrit-
toria. Attività che durava ancora nel 1572, quando, il 6 giugno,

il capitolo deliberava che si scrivesse «a quel frate di S. Francesco
che desidera venir per cappellano a S. Lorenzo e scrivere libri del
choro et altre cose necessarie per la chiesa ». Proprio di due anni
dopo è il grande e noto registro delle scritture dell'archivio, detto
«Libro verde ».

UcoriNo NicoLinI 0. F. M.

NOTE

!) « Bullettino dell'Istituto di Diritto Romano », xir, (1900), pp. LXXXII,
351.

?) Vedi questo «Bollettino » XIV (1909), pp. 606-09.

*) «Analecta Franciscana » rn, Quaracchi, 1897, p. 343.

*) S. J. P. vaN Disk-J. HAZELDEN VALKER, The origins of the modern
Liturgy, London, Darton, Longman and Todd, 1960, p. 541.

*) Sancti Pauli epistolae cum glossa (pp. 67 e 163-4).

*) G. B. VERMIGLIOLI, Bibliografia storico-perugina, Perugia, Baduel,
1823, pp. 30-31.

?) Ibid.

*) Perugia, Archivio capitolare, Atti 8, c. 83v.

“Ibid: Attt, 6; c: 60r. CENTRO DI DOCUMENTAZIONE
SUL MOVIMENTO DEI DISCIPLINATI
La compagnia dei Disciplinati di
S. Francesco e S. Maria Maddalena
in Lucca

1) INTRODUZIONE

Il vasto e complesso quadro della storia delle Compagnie ",
associazioni religiose di laici, che fiorirono numerose fin dal secolo
xn nella città di Lucca ® differenziate talvolta per l'origine e la
struttura ?, non risulterebbe delineato in modo esauriente e con-
creto, se non si ricordassero i sodalizi di Disciplinati che, in numero
considerevole, nacquero fra il xiv e il xvi secolo e si diffusero in
tutta la diocesi 9, dopo che aveva perduto il primitivo splendore il
grande ed improvviso moto dei Flagellanti sorto nel 1260 in Peru-
gia e dilagato rapidamente in varie regioni d'Europa.

Esaurito il suo aspetto spettacolare di manifestazione collet-
tiva pubblica, cosi come in altre città della Toscana, anche in Lucca
la «devotio» penitenziale dei Disciplinati comincia ad organizzarsi
in confraternite religiose soltanto nel corso del secolo xiv, allor-
ché fra le varie associazioni di laici, che si ricordano negli antichi
documenti, troviamo quattro nuove compagnie, quella di S. France-
sco, di S. Maria Maddalena, di S. Lorenzo ai Servi ed infine la con-
fraternita della Croce, detta anche dei Disciplinati di Lucca, che
sembra abbia aderito al moto dei Flagellanti solo dopo il 1380 ®. Si
differenziano dalle altre per l'uso di una nuova forma di penitenza
consistente nella flagellazione volontaria, mentre negli altri aspetti
della loro attività conservano gli stessi scopi perseguiti da tutte
le confraternite di laici, e cioè la preghiera, la beneficenza e le opere
di carità. Le compagnie di S. Francesco e di S. Maria Maddalena
hianhmersede presso il convento dei Frati minori posto nei « borghi »
della città, quella:.di S. Lorenzo viene costituita presso il convento
ideiifrati Sdpyitzenelilaeontrada di S. Michele degli Avvocati.

-ov jJibigugsq'uitimálaiüdiebiehe» «ebbe principio al tempo di Ca-
Btraceiá] signore! eoduwedqdibLageagetivqa .Fanmo 1320, quando quasi 234 SALVATORE ANDREUCCI

tutta l'Italia era coinvolta in sanguinose guerre tra le fazioni che
vi erano dei Guelfi e Ghibellini, poiché allora quando alcune per-
sone divote andarono pellegrinando per l'Italia vestiti di sacco con
piedi scalzi e disciplina in mano per placare l'ira divina accesa di
sdegno per i gravi peccati delli uomini, sull'esempio di questi al-
cuni divoti delle contrade di S. Benedetto in Gottella, di S. Michele
degli Avvocati, di S. Lorenzo dei Corvaresi, adunati nella chiesa
di S. Maria Annunziata officiata dai padri Serviti ivi facevano le
loro orazioni ed aspramente si battevano, onde venivano chiamati
confrati della Disciplina » 9.

Guerre, stragi, rovine avrebbero dunque provocato la fonda-
zione della compagnia di S. Lorenzo, cause che senz'altro devono
porsi anche all'origine delle compagnie di S. Francesco e di S. Ma-
ria Maddalena, che furono ad essa quasi coeve.

Nel primo decennio del 1300 Lucca fu afflitta da lunghe di-
scordie intestine fra le fazioni dei Guelfi bianchi e neri, nel corso
delle quali la parte nera costituita dal popolo minuto e da una spa-
ruta rappresentanza della nobiltà ebbe la meglio e si impadroni
del potere cacciando in esilio gli avversari. Nella « cerna potentium » ?
dei banditi del 1308 figurano gli Antelminelli, gli Avvocati, i Fala-
brina, i Quartigiani, i Guidiccioni ed altri ancora, insomma le fa-
miglie piü cospicue della città, che avevano contribuito in maniera
decisiva allo sviluppo economico e politico del comune. Accolse gli
esuli la ghibellina Pisa, mentre le loro case venivano «arse e ade-
guate al suolo » 9.

Era ancor vivo il ricordo di queste sanguinose lotte cittadine,
quando nel 1314 Uguccione della Faggiola, alla testa di un esercito
pisano, devastó il territorio della città di Lucca, di cui all'improv-
viso si impadroni abbandonandola alla vendetta dei forusciti del
1308 e all'avidità delle sue bande. Il saccheggio « accompagnato da
incendi e da ogni sorta di iniqui trattamenti verso gli infelici Luc-
chesi » 9? duró per ben due giorni.

Il breve spazio di tempo compreso fra il 1316 e il 1328 fu pieno
di guerre e di sangue. Castruccio Castracani degli Antelminelli,
impadronitosi del potere, conduce i Lucchesi di vittoria in vittoria
fin sotto le mura di Firenze. Alla sua morte improvvisa e prematura
nuovi e più terribili conflitti incombono sulla città.

Questi eventi calamitosi devono avere commosso gli animi di
molti cittadini lucchesi, i quali, considerandoli una punizione vo-
luta dalla giustizia divina, pensarono di placare l’ira di Dio e di

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iii

LT -4—34—4 LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI DI S. FRANCESCO 235
espiare i peccati della comunità riunendosi in confraternite che asso-
ciarono alle preghiere ed alle opere di carità, comuni agli altri soda-
lizi, la flagellazione volontaria, nota distintiva del movimento dei
Disciplinati.

Del resto anche per il moto perugino del 1260 l'anonimo autore
degli Annales Sanctae Iustinae Patavini nel proporsi «la ricerca
delle ragioni da cui ebbe origine quella improvvisa ‘et a seculo ,, inau-
dita devozione, pur attribuendone la causa prima allo Spirito, ** qui ubi
vult spirat,, accenna consapevolmente ai flagelli e ai delitti che in
quegli anni afflissero l'Italia e si diffonde a narrare distesamente,
quasi in connessione diretta con il racconto del moto dei Flagellanti,
le tragiche vicende della battaglia di Monte Aperti » 1%,

Era inoltre fatale che anche a Lucca si costituissero intorno al
1300 le prime confraternite di Flagellanti, sorte allorché i Discipli-
nati in molte città d'Italia si erano già raggruppati in associazioni
locali, dopo che il movimento aveva esaurito la carica primitiva e
il carattere di manifestazione generale.

Chiarite dunque le ragioni che possono avere provocato la na-
scita delle confraternite di Disciplinati lucchesi, non ci resta che ri-
volgere l'attenzione alla compagnia di S. Francesco e S. Maria Mad-
dalena, che risulta costituita dalla fusione di due confraternite assai
piü antiche, quella di S. Francesco e quella di S. Maria Maddalena,
le cui vicende storiche fino al 1443, anno della loro fusione, saranno
ora oggetto del nostro studio.

2) LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI DI S. FRANCESCO

Fu costituita presso il convento dei Frati minori posto nei
« borghi » della città di Lucca «a riverenza di Dio e di messer Fran-
cesco » ?) e per questo negli antichi documenti la troviamo ricor-
data col nome di «Societas bactentium ordinis fratrum minorum
de Luca » 19.

Usava radunarsi in un piccolo oratorio costruito dai confrati
presso la chiesa e il convento di S. Francesco, sebbene per le ora-
zioni e le adunanze spirituali la sede di cui si servivano fosse la stessa
chiesa di S. Francesco, come appare in un manoscritto dove leggiamo
che «lo priore e soppriore e discreti e lo consiglio fa pregare cia-
scuno che, quando la Compagnia si rauna e viene in S. Francesco, cia-
scuno si debbia levare lo cappuccio e inginocchiare all'altare e deb-

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236 SALVATORE ANDREUCCI

bia stare ginocchioni in orazione in qualunque parte vuole della
chiesa e non debba parlare e, quando la Disciplina fosse fatta, si
debbia ponere a sedere » 1°),

Nella stessa chiesa fin dal 1352 «1a Compagnia detta della Di-
sciplina de' Frati minori di Lucca » ebbe un sepolcro, sul quale era
scritto «sepulerum est societatis ordinis discipline beati Franci-
sci » 14),

Il suddetto oratorio fu iniziato nel 1300 circa, quando i Frati
francescani donarono «alli nostri confrati uno cimiterio di detti
frati, siccome si vede di fuori che la faccia di verso la piazza è piena
di beccatelli di marmo murati in detta faccia, del quale luogo i no-
stri primi fondatori ne ferno parte casa abitabile e parte oratorio de'
Disciplinati » 19). i

Questa notizia contenuta in un terrilogio del 1463 ci consente
di porre intorno al 1300 l’anno in cui i membri di questo sodalizio
cominciarono a riunirsi per fare « pubbliche e private discipline » 19),
anche se le memorie tramandateci risultano talvolta in contrasto.

Infatti in alcuni manoscritti troviamo che la Compagnia si
sarebbe costituita nel corso dell'anno 1300 '? o subito dopo '9, men-
tre in un codice dell'Archivio Arcivescovile si avanza l'ipotesi di
una sua fondazione avvenuta addirittura negli ultimi anni del xir
secolo 1. La prima congettura tuttavia sembrerebbe più proba-
bile e più vicina alla verità, perché desunta da documenti apparte-
nenti all’archivio della confraternita stessa prima della sua soppres-
sione, mentre l’altra è meno attendibile trovandosi in un codice
contenente notizie generali relative a quasi tutte le confraternite
della diocesi di Lucca.

Nel 1348 l’intero complesso dell’oratorio e della casa, posto in
piazza S. Francesco dalla parte di mezzogiorno, venne ricostruito
ex novo ?*? e alle spese dell’opera contribuirono tutti i confrati 2.

Durante le adunanze i membri della compagnia vestivano « una
cappa bigia col cordone all'uso dei Frati minori » 22 e «oltre a vivere
cristianamente e ritirati dal secolo si esercitavano in fare pubbliche
e private discipline in varie solennità dell’anno, in alcune proces-
sioni e visite di chiese e specialmente in ogni venerdì ad onore della
passione di Nostro Signor Gesù Cristo » 22).

Per quanto riguarda la sua consistenza dobbiamo rilevare che la
compagnia di S. Francesco ebbe sempre un numero modesto di con-
frati, come è facile dedurre da due inventari del 1367 e del 1373,
dove fra le altre suppellettili si notano « cappe 37 con cordoni e di-

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LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI DI S. FRANCESCO 237

scipline » ?9, corrispondenti senz'altro ai membri effettivi della con-
fraternita.

3) LA COMPAGNIA DEI DiscIPLINATI DI S. MARIA MADDALENA

Anche questa antica confraternita si costituì nella città di Lucca
per iniziativa e sotto la diretta influenza dei frati Minori. Infatti in
testa al numero delle otto persone che il 16 giugno 1359, domenica
della SS. Trinità, dettero vita a questo sodalizio « con l’ordine delle
stesse orazioni, discipline e metodo di buona vita conforme si pra-
ticava dalla compagnia di S. Francesco » *? troviamo due religiosi
francescani, frate Guglielmo di messer Nicolao Gigli, guardiano del
convento di S. Francesco in Lucca, e fra Giovanni di ser Iacopo,
anch'egli appartenente allo stesso convento 2°.

La compagnia ebbe la sua sede nel chiostro di S. Francesco a
lato della chiesa verso ponente ??, dove si trattenne soltanto per
sedici anni fino al 1375 ?9, trasferendosi successivamente in una
bottega posta nella contrada di S. Martino presso le mura della
città, fra la chiesa di S. Alessandro minore e l'ospedale di S. Mar-
tino 29).

Certamente per i confrati questa non era la sede più adatta
dove adunarsi per la preghiera e gli altri esercizi spirituali; trattan-
dosi poi di un locale assai angusto e poco decoroso, nel 1379 di co-
mune accordo si stabiliva di acquistare di propria « privata borsa »
alcuni edifici posti nella contrada di S. Michele degli Avvocati presso
la chiesa della Rosa. Tali « case, casalini e loggie » furono comples-
sivamente pagati 230 fiorini d’oro ??.

Fu nell’area occupata da questi edifici che sorse l’oratorio di
S. Maria Maddalena, che subito potè godere di vari privilegi. In-
fatti frate Giovanni, vescovo di Lucca *, insieme all’autorizzazione
di « hedificare ditto orto con l’altare e di poter fare dire messa a chi
volevano » *, concesse quaranta giorni di indulgenza a tutti i con-
frati che visitassero l’oratorio nei giorni festivi.

Altre indulgenze ottenne la Compagnia da frate Bonaventura
cardinale di S. Cecilia e legato del papa in Toscana, per tutti i con-
frati che visitassero l’oratorio nelle festività dell’anno, nel venerdì
santo e nei giorni in cui si facesse disciplina ??.

Nel frattempo veniva concesso anche ai Disciplinati di S. Ma-
ria Maddalena il privilegio di essere sepolti nella chiesa di S. France-

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sco in una tomba posta «tra la porta maggiore di detta chiesa e
la figura di S. Ghelardo » *4.

Quando la Compagnia si riuniva per pregare, per fare disci-
plina o per intervenire alle processioni o ad altre cerimonie reli-
giose, i membri di essa vestivano una cappa colore bianco, sulla de-
stra della quale spiccava un Tau rosso, simbolo della croce, circon-
dato nella parte superiore da una corona verde di spine. La cappa
era anche fornita di un cappuccio, di un cordone « di corda cruda »
ai fianchi, e di una apertura sulle spalle « per potersi dare la disci-
plina »?9, La consistenza di questa confraternita fu senz'altro ab-
bastanza notevole, come risulta da un inventario del 1399, in cui
fra le varie suppellettili troviamo anche « 42 cappe e 57 discipline » 89.

Fin dal 1390 ebbe inoltre l'incarico di celebrare il pianto della
Vergine con una sacra rappresentazione che si svolgeva nella chiesa
di S. Martino. Nel giorno di venerdi santo veniva costruito un palco
davanti alla statua della Madonna e «alcuni personaggi rappresen-
tavano istoricamente qualche parte della passione di nostro Si-
guoret.i. o»

4) LA Compagnia DEI DisciPLINATI DI S. FRANCESCO E S. MARIA
MADDALENA

Col trascorrer degli anni la Compagnia di S. Francesco, che era
il più antico sodalizio di Disciplinati della diocesi di Lucca essendo
stata eratta intorno al 1300 e che, come già vedemmo, usava radu-
narsi nell’oratorio omonimo posto in piazza S. Francesco presso il
chiostro dei Frati Minori, aveva cominciato a ridursi nei suoi effet-
tivi in modo tale, da trovarsi in una condizione di grave decadenza,
tanto che i suoi confrati, per evitarle il pericolo di una sicura estin-
zione, pensarono di unirla alla compagnia di S. Maria Maddalena,
sorta anch’essa per impulso francescano, allora assai più numerosa e
fiorente.

Così, dopo alcuni incontri preliminari, in cui si discusse a lungo
la questione, i membri delle due confraternite si radunarono nel pa-
lazzo della Signoria e di comune accordo stabilirono di costituire una
sola compagnia sotto il titolo di S. Francesco e di S. Maria Madda-
lena 9),

Era il 17 aprile 1443. L’atto di unione fu rogato da ser Stefano
Martini e i confrati tutti giurarono che «mai per alcun tempo né

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LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI DI S. FRANCESCO 239

per alcuna differenza e discordia possono disgregarsi e disunirsi sotto
la pena di fiorini 50 a chi contrafacesse » ?9,

La prima adunanza ufficiale della nuova confraternita ebbe
luogo il 21 aprile 1443 nell'oratorio della Maddalena. Nel corso di
essa venne confermata l'avvenuta unione e «incorporazione di tutti
i loro beni mobili e immobili, actioni, ragioni, privilegi, exemptioni,
dignità » ‘©. Nella stessa occasione si provvide a deliberare e ad
approvare alcuni capitoli, che ci consentono di conoscere vari parti-
colari relativi ai doveri dei confrati, alla loro veste, all'oratorio in
cui avrebbero dovuto radunarsi per pregare, per disciplinarsi o per
stabilire le varie forme di attività da attuare nel campo della bene-
ficenza e della pietà a favore dei confratelli e del prossimo ‘3,

Questi i nuovi « patti e capitoli » sanciti con pubblico instru-
mento rogato da ser Bartolomeo del fu Nicolao Martini notaio e
cittadino lucchese e sintetizzati nel Ms. 1850 della Biblioteca Go-
vernativa di Lucca (cc. 192-93):

« Che li detti confrati e disciplinati della detta Compagnia cosi unita e
incorporata siano tenuti e debbano portare e vestire di habiti colore bigio
cioé la cappa di seta bigia e sopra la spalla dextra in sulla cappa portare il
segno del Tau vermiglio con corona di spine verdi secondo che per lo passato
usavano portare.

Item che li detti confrati di dette compagnie siano tenuti e debbino visi-
tare loratorio di Sancto Francesco e Lucia posto in ne borghi ogni prima
domenica del mese e quindi dire la messa secondo lusanza e ancho il di di
Santo Francesco e Lucia siano tenuti a convenire in detto luogho a honorare
la festa del dicto oratorio e stare con devozione alla messa secondo la consue-
tudine di ditto luogho. Item ancho similmente in detto oratorio siano tenuti
e obbligati dare le candele benedette e dire la messa per la festa di Santa Maria
candellatio.

Item li detti confrati e disciplinati siano tenuti e obligati per lo avenire
in tutte le altre congregationi, divotioni e cerimonie che savessero a fare se-
condo la consuetudine, uzo e necessità di essi confrati, si debbino raunare
in nello oratorio di S. Maria Maddalena, posto in Lucha drento.

Item che la detta compagnia per qualunque titolo, modo o cagione o in-
gegno che pensare si possi mai non li sia lecito per alcun tempo dividersi e
separarsi luna da laltra, né laltra da luna per qualunque occaxione che per lo
avenire achadesse infra dicti confrati e ancho se qualche scandalo o man-
chamento fra loro avenisse per qualunque cagione si fusse, dividere non si
possa.

Item ferno e ordinorno uno capitulo circa la persona di Guasparino San-
tucci, il quale allora era rettore del nuovo spedale di Sancto Francesco, il

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quale capitolo durava solo a vita del detto Guasparino, il detto capitolo e
spirato e finito secondo che il detto contratto appare.

Item anchora che li detti offitii e offiziali che erano in quel tempo del
detto contratto fusseno e esser dovessero per infine a tanto che li nuovi of-
fiziali fusseno riformati, alla quale riformatione la detta parte si riservonno
lautorità.

Item anchora che li detti sindici e offitiali di detta compagnia si riservon-
no ogni autorità alloro conceduta di poter coreggere e di nuovo fare e rifor-
mare statuti, ordinamenti e decreti di detta compagnia ».

L'unione approvata e ratificata dai suddetti capitoli si manten-
ne salda fino al 1808, anno in cui la compagnia fu soppressa dai
Baciocchi insieme a tutte le compagnie o confraternite tanto lai-
che, che ecclesiastiche della città di Lucca ‘2.

Tuttavia nel 1474 l’unione rischiò di essere compromessa, quan-
do parte dei confrati della vecchia compagnia di S. Francesco occu-
parono con la forza l’oratorio e l’ospedale dei Borghi, dove antica-
mente si radunavano prima della fusione, cacciandone « l’ospedaliere
e guardiano .... e compiendo inoltre molte cose contro l'ordine
e conventioni dell'unione » ‘9. Due anni dopo però l'accordo fu di
nuovo ristabilito e le parti interessate promisero di osservare in
perpetuo detta unione 4‘.

5) LE OPERE DI MISERICORDIA

L'attività dei confrati di S. Francesco e S. Maria Maddalena nel
campo della pietà e della beneficenza verso i miseri e i bisognosi non
si attuò soltanto nell’erogazione di elemosine e di pane in occasione
di alcune feste dell’anno 4, ma anche nei sussidi e nell’assistenza,
che giornalmente impartirono ai poveri e ai pellegrini negli ospedali
da loro fondati ed amministrati. Il più antico di questi ospizi fu
fondato nel 1348, quando un certo Bonaccorso Bettori, cittadino
lucchese, con testamento donava una sua casa con orto posta nella
«corte dei Frati minori del braccio della Fratta » con tutti i beni
in essa contenuti alla Compagnia dei Disciplinati di S. Francesco 4%,
perché se ne facesse un ospedale ad uso dei poveri e dei pellegrini.

Detto ospedale, che in un primo tempo troviamo dedicato a S.
Francesco e successivamente anche a S. Lucia *?, si trovava sulla
piazza di S. Francesco dalla parte di settentrione proprio alla destra
LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI DI S. FRANCESCO 241

dell'oratorio costruito nel 1309 da Lazzaro Fondora in onore di Dio,
della Madonna e di S. Francesco *?.

I confrati della compagnia di S. Francesco si impegnavano di
mantenere nell'ospedale sei letti «per albergarvi li detti poveri
pellegrini » *9, Non si trattava di un grosso ospizio, ma fu subito
chiaro che per il suo funzionamento sarebbero stati necessari mezzi
di gran lunga superiori a quelli che l'eredità del Bettori era in grado di
fornire. Cosi nel 1394 la Compagnia fece istanza al vescovo di Lucca
Niccolao I Guinigi, perché volesse dichiarare l'ospedale «luogo
pio et ecclesiastico sotto il titolo de' santi Francesco e Lucia con la
deputazione del rettore e iuspatronato della Compagnia medesima
al fine che di profano fatto il detto luogo ecclesiastico si muovessero
i fedeli a far legati al medesimo et in questa maniera potesse la Com-
pagnia riportarne comodo per il mantenimento dello spedale » *?.

Il vescovo accolse la petizione e subito l'ospizio cominciò a
«conseguire legati, a fare acquisti di beni grazie a donazioni e la-
sciti » 59,

Responsabile del suo funzionamento era un rettore, che veniva
eletto dai confrati e confermato dal vescovo 2.

Nel frattempo in seguito alla fusione già accennata anche l'ospe-
dale di S. Francesco passava sotto l'amministrazione della compa-
gnia di S. Francesco e S. Maria Maddalena sorta da tale unione.

Nel 1460 l'ospedale fu trasferito nella casa « che confina da mez-
zodi con piazza S. Francesco » sopra l'oratorio dove anticamente era
stata eretta la compagnia di S. Francesco, e in quella occasione l'edi-
ficio fu completamente restaurato e «prese il nome che ancor oggi
ritiene di S. Francesco de' Borghi» *?.

Nel 1517 con bolla di papa Leone X fu stabilmente unito alla
Compagnia, con «l'obbligo non solo di sei, ma di maggior numero
di?lettr2c. 2» 99,

Intanto nel 1548 Giovanni Maria da Gallicano e Margarita sua
moglie lasciavano erede di tutti i loro beni consistenti in case e ter-
reni posti in Lucca e nell'immediato contado la Compagnia di S.
Francesco e S. Maria Maddalena, che doveva impegnarsi ad eri-
gere in una delle case ereditate un ospedale sotto il titolo di S. Giu-
seppe «con tre letti forniti per albergarvi i poveri vagabondi, con
tenervi uno spedaliere amovibile con salario conveniente alla sua
fatica: 2» 9)

Detto ospedale fu costituito dagli offiziali della Compagnia
nel 1559 *9 in una casa posta nella parrocchia di S. Maria Forispor-

16 242 SALVATORE ANDREUCCI

tam di fronte alla chiesa di S. Micheletto, dove funzionò fino al 1753,
allorché fu trasferito « da monsignor vicario suddelegato di monsi-
gnor Arcivescovo nello spedale di S. Francesco de' Borghi in vigore
di decreto della S. Congregazione del Concilio per atti di ser Orazio
Minucciani a 23 maggio 1753 » *?,

L'edificio che accolse l'ospedale di S. Francesco all'atto della
sua fondazione, poi, come abbiamo visto, anche quello di S. Giu-
seppe, è individuabile anche oggi, sebbene abbia subito radicali
trasformazioni. Nel suo ingresso sopra una lapide di marmo murata
ad una parete si legge questa iscrizione : « Hospitales aedes | S. Fran-
cisci a Bonaccursio Bettori | c. l. an. mcccxrvm | et S. Iosephi
a Io. Maria ex Gallicano an. mpxLvii | in suis fundis constitutas |
et iuri sodalitii SS. Francisci et Mariae Madgalenae | relictas | huc
transferendas illam an. MccccrLx | hanc anno Mpccrumr | sodales
curarunt ».

6) L'ORGANIZZAZIONE INTERNA

Fin dai tempi piü antichi era usanza che i confrati della disci-
plina di S. Francesco e S. Maria Maddalena si adunassero nel loro
oratorio al suono della campana grossa di S. Martino *9, Tale pri-
vilegio, che successivamente era stato soppresso, fu ripristinato nel
1492, quando «il Capitolo della cattedrale diede licenza che si po-
tesse far suonare la campana grossa di S. Martino per convocare
la Compagnia secondo l’antica usanza » 59).

Come risulta dalle matricole che via via troviamo nei codici,
i confrati appartenevano ai vari strati sociali anche se è possibile
notare una più larga rappresentanza di «testori», operai o arti-
giani dell'Arte della seta, giustificata senz'altro dal fatto che Lucca
fino dal 1100 fu centro attivissimo di produzione e di esportazione
di drappi di seta, che la resero famosa non solo in Francia e nei Paesi
Bassi, ma anche nella lontana Britannia.

Nel Ms. 2703 della Biblioteca Governativa a c. 31 e segg.
sono elencati i nomi di 347 confrati della « Compagnia e Fraternita
di S. Francesco e S. Maria Maddalena della ciptà di Lucha insieme
incorporata e unita ...». Fra gli altri ricordiamo « messer Lazzari
Guinigi doctore e canonico, frate Ghilardo de Guinigi del terz'or-
dine, prete Iacopo rettore di S. Iacopo alla Tomba, messer Bene-
detto e Paulo di messer Nicolao da Moncigoli, Iacopo di Giovanni
LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI DI S. FRANCESCO 243

Galganecti mercante, Antonio Pieri testore, Gabriello lanaiolo, Pie-
ro Tucci muratore, Piero Micheli piannellaio, Quirico tavernaio,
Antonio Baldini testore, Domenico Pieri bechaio, Lorenzo e Ban-
duccio Cattani, Domenico e Nicolao de’ Fondora, Maso di Nicolao
lanaiolo, Giovanni di Piero Orsucciori fornaio, ser Bartolomeo Mar-
tini notaio, messer Nicolao Tegrimi dottore e fatto arcidiacono di
S. Martino, messer Nicolao Prosperi mori podestà di Milano, Ghe-
lardino Bartolomei muratore, messer Bartolomeo del Gallina ban-
ditore, Papi Lorenzo tintore, messer Giovanni Lanfranchi maestro
di grammatica, Giovanni Bertoli maniscalcho, Andrea d'Aramo
speziale, Alberto di Domenico Pieri coiaio, messer Antonio Pieri
da Castiglione prothonotario apostolico e pievano, messer Piero
Colombi stringaio, Tommaso di Pelloro bottaio, Piero Andreucci
testore, ecc».

Tutti i confrati abitavano parte entro la cerchia urbana,
parte nei borghi della città. Ogni sei mesi *® si nominavano un
capo, chiamato «priore», al quale «si dovesse dare obedientia
in nelle cose licite e honeste » ©, ed un vice, chiamato « soppriore »,
che aveva il compito di sostituirlo in sua assenza. Il priore veniva
scelto dal numero dei confrati che abitavano dentro le mura della
città, mentre il soppriore doveva avere la sua residenza nei bor-
Oi:

Li affiancavano nella loro attività dei sindici e consiglieri in
numero di sei, «i quali insieme col priore e soppriore havessero
autorità e possanza di dispuonere le cose di ditta compagnia e do-
vessero far observare li ordini e capitoli e tutte le altre cose ordi-
nate » 92).

Questo ristretto numero di otto confrati governò la Compagnia
fino al 1523, allorché fu affiancato alla direzione del sodalizio da
altri dodici uomini «chiamati dall'offizio » *9. Da quel momento
agli otto offiziali maggiori già esistenti se ne aggiunsero altri dodici
chiamati «li dodici aggiunti » *9.

Alle dipendenze di questo direttivo vi era un camarlingo, dei
visitatori e degli invitatori. Il camarlingo svolgeva in seno alla Com-
pagnia un ruolo molto delicato, perché era il responsabile dell'ammi-
nistrazione ; rimaneva in carica per sei mesi e veniva regolarmente
pagato per questo servizio, pur essendo costretto a « stare obediente
al ditto priore, soppriore e consiglieri » *9.

Di scarso rilievo risulta infine la carica di visitatore e invita-
tore. I compiti di questo direttivo erano vari: badava che tutti i
244 SALVATORE ANDREUCCI

confrati osservassero le disposizioni sancite dagli statuti, prendes-
sero parte alle funzioni religiose nei giorni stabiliti, intervenissero
agli esercizi della disciplina, vivessero secondo una regola morale,
si occupava infine di fornire agli ospedali i mezzi finanziari per as-
solvere il loro compito. I disciplinati di S. Francesco e S. Maria
Maddalena, pur essendo sottoposti a certi vincoli di dipendenza
dall'autorità civile ed ecclesiastica, godevano di una larga auto-
nomia *?, tanto che si opposero energicamente al vescovo di Lucca
Alessandro I Guidiccioni « che aveva ottenuto da sua santità di vi-
sitare tutti i luoghi pii et ancora di visitare e vedere delle compagnie
laiche della città » e delegarono gli officiali a fare tutto quello che
fosse necessario «per la giurisdizione laicale » affermando che la
Compagnia non era « sottoposta a tale visita » *9.

7) CONCLUSIONE

La compagnia dei Disciplinati di S. Francesco e S. Maria Mad-
dalena riusci a sopravvivere fino al 1808, anno in cui per decreto
emanato da Felice Baiocchi, principe di Lucca, veniva soppressa
insieme a tutti gli altri enti laici e religiosi della città, con i quali
grazie alle molteplici opere di pietà e di beneficenza aveva cercato
di alleviare le tristi condizioni della povera gente.

Fin dal 1443, anno dell'avvenuta fusione, mai aveva mostrato
segni di decadenza, anzi fra le confraternite della diocesi di Lucca si
era segnalata per la sua floridezza economica, come risulta da vari
repertori e martilogi dove troviamo notulati beni immobili in gran
quantità sparsi in tutto il contado lucchese ©.

Il numero dei confrati, che già dicemmo di varia estrazione
sociale (accanto alla nobiltà e alla borghesia mercantile vediamo
artigiani e operai), fu sempre notevole e spesso assai qualificato. Lo
testimoniano le matricole dei confrati ricorrenti nei codici, ma so-
prattutto il Ms. 1850 della Biblioteca Governativa, c. 197, in cui
si legge: «I confrati descritti sono in numero di 300. Fra questi
confrati vi trovo un Gasparo Mazzoni dipintore, che morì il 1491.
Vi trovo pure un messer Paulino Prosperi, che morì potestà di Mi-
lano. Vi trovo pure un messer Lorenzo di Pippo, piovano di Core-
glia, fatto vescovo di Savona l’anno 1493, come pure Pippo di San-
ti fornaio, padre di messer Lorenzo, vescovo di Savona ».

SALVATORE ANDREUCCI

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LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI DI S. FRANCESCO

NOTE

1) Cosi sono comunemente chiamate nella città di Lucca e nella sua dio-
cesi le confraternite religiose di laici.

*) Del 1145 è la prima notizia di una confraternita di preti secolari chia-
mata «conventus seu congregatio lucensium cappellanorum o fraternitas
lucensium cappellanorum », di cui facevano parte non solo preti di chiese
lucchesi, ma anche diversi pievani dell'immediato contado. (Lucca, Archivio
Arcivescovile, Fondo dei Beneficiati, pergamene dell'anno 1145, 1168, 1179 ;
L. DINELLI, La beneficenza degli avi nostri, Lucca, Baroni, 1911, pp. 41-42).

*) G. M. MontI, Le Confraternite Medievali dell'alla e Media Italia, Ve-
nezia, La Nuova Italia, 1927, vol. I, p. 5.

4) Le Compagnie di Disciplinati della diocesi di Lucca fino ad ora cen-
site risultano le seguenti: Compagnia di S. Lorenzo ai Servi, Compagnia di
S. Francesco detta anche di S. Franceschetto, Compagnia di S. Maria Mad-
dalena, Compagnia del S. Nome di Gesù, Compagnia di Dio, della Vergine
Maria, di S. Girolamo e Domenico, Compagnia della Croce, Compagnia di
S. Pier Cigoli, Compagnia dell'Annunziata, Compagnia della Croce in Castel-
nuovo Garfagnana, Compagnia di S. Maria Maddalena in Pescia, Compa-
gnia dei Disciplinati di S. Croce sull'Arno.

5) La Compagnia della Croce fondata nel 1296 (Lucca, Archivio di Stato,
Notulario della Compagnia della Croce, pergamena del 1296), appare ri-
cordata come confraternita di Disciplinati solo nel 1385 (Lucca, Archivio
di Stato, Notulario della Compagnia della Croce, pergamena del 1385).

*) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 2703.

?) Nello Statuto del 1308 la rubrica cLxx, in cui sono elencati i nomi
dei « potentes et casastici », porta il titolo di « cerna potentium ».

5) Così si legge in una lapide posta in piazza S. Martino : « Qui sorsero
le magioni e le torri degli Antelminelli arse e adequate al suolo per odio di
parte DA

®) G. Tommasi, Sommario della Storia di Lucca dall'anno MIV all'anno
MDCC, Firenze, Vieusseux, 1847, p. 134.

1°) R. MonRGHEN, Ranieri Fasani e il movimento dei Disciplinati, in « Il
movimento dei Disciplinati nel settimo centenario dal suo inizio », Perugia,
Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, 1962, p. 36.

11) Lucca, Archivio Arcivescovile, Codice n. 47, cc. 322-27.

1?) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 5 v.: Lucca, Archivio
Arcivescovile, Codice n. 47, cc. 322-27.

18) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1560, c. 30, doc. del 1348 rela-
tivo «alla costruzione della nuova chiesa e fabrica della Compagnia di S.
Franceschetto »; Lucea, Archivio Arcivescovile, Codice n. 47 cc. 322-27;
Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 6r.

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14) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1560, c. 36, doc. dell'anno 1352.

15) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 6 v.

6) Lucca, Archivio Arcivescovile, Codice n. 47, c. 27 : «i confrati oltre
a vivere cristianamente e ritirati dal secolo si esercitavano in fare pubbliche
e private discipline ».

1?) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 6 v. : «l’oratorio posto
sulla piazza di S. Francesco, il quale troviamo che fu principiato l'anno
130065»

18) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1560, c. 14: «in quale anno
avesse principio la detta Compagnia di S. Francesco non ve n'é precisa me-
moria non apparendo istrumento o scrittura che lo accenni ; dalle conietture
peró e da quanto é stato posteriormente scritto pare che possa dedursi es-
sere stata eretta poco dopo il 1300 e non prima ».

!*) Lucca, Archivio Arcivescovile, Codice n. 47, cc. 322-327.

?*) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 6v e 13v., dove si legge :
«nel luogo della Compagnia che confina da mezzodi con piazza S. Francesco,
luogo appunto dove fu eretta la Compagnia di S. Francesco come si è detto, e
detto trasferimento segui nel 1460, in quel luogo fu restaurato anzi quasi
nuovamente edificato per la translazione in esso dello spedale e prese il nome
che anche oggi ritiene di S. Francesco de' Borghi ».

^) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563 c. 6v. « come ne appare la
testimonianza delle spese fatte per detta fabbrica e da parte de' confrati
che vi concorsero ...».

^?) Lucca, Archivio Arcivescovile, Codice n. 47, cc. 322-27 ; Lucca, Bi-
blioteca Governativa, Ms. 1563, c. Or.

*) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 6r. e Ms. 1560 doc. del
1350: «si comprende la sua prima istituzione nell'esercizio della mortifica-
zione con discipline, dell'orazione e vita da buon cristiano ».

24) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1560, doc. del 1367 e del 1373.

25) Lucca Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 8r.

2) Lucca, Biblioteca Governativa Ms. 2703, c. 19r. Vi si legge che i fon-
datori della Compagnia furono «frate Guglielmo di messer Nicolao Gigli,
guardiano del Convento di S. Francesco in Lucca, fra Giovanni di ser Iacopo
de' Frati minori, messer Guglielmo de' Flamini, cavaliere di Lucca, Luiso
di Puccizio Tadolini da Lucha, Francesco Bardugli da Lucha, Raffaello
Tegrimi da Lucha, Giovanni e Lemmino Manfredi da Lucha ». Anche nel
Ms. 1563 della stessa Biblioteca sono ricordati a c. 8r. i nomi dei fondatori.

**) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 8r.

**) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 8v.

**) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1850, c. 185 « per alcuni casi che
ci accaddero andammo a stare a pigione in una bottega, la quale é posta in
Lucca nella contrada di S. Martino ....».

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LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI DI S. FRANCESCO 247

39) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1850, c. 185; anche in Ms.
1563, c. 7v.; Lucca, Archivio Arcivescovile, Codice 47, cc. 327-31.

3) Si tratta di Giovanni III Saluzzi di Fucecchio, francescano (1383-
1393).

33) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1850, c. 186.

33) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1850, c. 166.

34) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1850, c. 187 ; « Item come frate
Galgano di Massa, ministro de' Frati minori in nella provincia di Toscana
confermó una licentia concessa per frate Gabriello, maestro in sacra teologia
già ministro in detta provincia, di potere edificare una sepoltura nella chiesa
maggiore di detti frati...» Tale conferma fu data il 25 aprile 1385.

35) Lucca, Archivio Arcivescovile, Codice n. 47, cc. 327-31 ; Lucca, Bi-
blioteca Governativa, Ms. 1850, c. 182.

3) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1560, doc. dell'anno 1399.

?7) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 9r. «La stessa Compagnia
per il legato di Bonagiunta Schezza nel suo testamento rogato da ser Domenico
Lupardi nel 1390 celebrava il pianto della Beata Vergine nel venerdi santo in
ss Martüno......5 La qual funzione nel 1576 dal visitatore apostolico fu
del tutto abolita come si legge nel notulario al detto anno ».

35) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 10r; Ms. 1850,c. 190 «...
conciossiaché la dicta compagnia di Sancto Francesco fusse manchata di
numeri di confrati, pertanto per divina inspirazione piacque alli confrati de
luna e delaltra compagnia di unirsi insieme e dare un corpo acciochè il divino
culto fusse più honorato e che luno e laltro oratorio augumentato et havendo
hauto sopra di ciò luno e laltro lungho parlare....... ».

89) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1850, c. 191; Ms. 1563, c. 10;
Ms. 1560, doc. dell’anno 1443: da questo documento risulta che i confrati
che parteciparono all'atto di unione erano 21 per la compagnia di S. Francesco
e 51 per quella di S. Maria Maddalena.

1°) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1850; c. 191

53) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1560, doc. dell'anno 1443.

12) L. DINELLI, La beneficenza degli avi nostri, Lucca, Baroni, 1911, p. 60.

3) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1850, c. 194 ; Ms. 1560, doc. del-
lanno 1474 «Sollevazione dei borghi contro la Compagnia. Alcuni cittadini
tutti dei borghi e «testori » occupano in parte l'ospedale e in parte si pon-
gono all'esterno affermando al rettore di lasciare libero il detto ospedale, per-
ché intendono pernottarvi. Il rettore con altri che volevano entrare è costretto
a desistere. Querela e sentenza contro i turbatori ».

44) Così nel Ms. 1850 a c. 194, mentre nel Ms. 1560 sembrerebbe che l’unio-
ne fosse stata ristabilita in più breve tempo, cf. doc. del 1475: «La contro-
versia rimessa all’arbitrato di giudici particolari che confermano l’unione
delle due compagnie ».

4) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 15v. «libbre 3 di pane


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dopo la festa dell’Assunta, libbre 12 per Pasqua di Resurrezione, altre due
nel Santo Natale e libbre 12 per tutti i Santi, in tutto libbre 39: e Ms. 1560,
doc. dell’anno 1548.

4) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 12r « Bonaccorso del qd.
Francesco Bettori, cittadino lucchese, fu il fondatore. Nel 1348 a 28 aprile
per rogito di ser Giovanni qd. Lotto, il detto Bonaccorso ordina che la sua
casa et orto, 345 cos resti ad uso dei poveri e dei pellegrini sotto cura e pro-
tezione e dominio di quei che si battono dell'ordine dei Frati minori
e Ms. 1560, doc. dell'anno 1348.

17) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1560: nel doc. dell'anno 1365
l'ospedale é sotto il titolo di S. Francesco, mentre nel doc. del 1394 risulta
« nuovamente eretto sotto il titolo di S. Francesco e S. Lucia nella casa che fu
di ser Bonaccorso Bettori nella corte e piazza detta de' Frati minori nel brac-
cio della Fratta o di S. Pietro Somaldi extra portam ».

48) Nell'architrave dell'oratorio stesso troviamo la seguente iscrizione :
«Anno Domini millesimo trecentesimo nono in mense martii ego Lazarius
de Fondora feci fieri istam cappellam ad honorem Dei, Beate Virginis et
Beati Francisci pro anima mea et filiorum parentumque meorum et totius
mee familie ». L'oratorio passó in possesso dei Disciplinati di S. Francesco
e S. Maria Maddalena « per transazione seguita tra la medesima (compagnia)
e i detti padri minori osservanti per contratto rogato da ser Giuliano Granucci
a 28 ottobre 1503 con alcuni patti e capitoli, avendo la nostra compagnia
restaurato la medesima chiesa in detto anno », vedi Lucca, Biblioteca Gover-
nativa, Ms. 1563, c. 19.

49) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 12r.

59) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 13r.

5) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 13r.

5) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 13v.

53) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 13v. e 14r.

54) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 14r.

55) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 15r.

5) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 17r.

5?) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1563, c. 18v.

58) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1850, c. 197.

59) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1560, doc. dell'anno 1492.

6°) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1560, doc. dell'anno 1407 re-
lativo all'elezione dei camarlinghi che restavano in carica per sei mesi. An-
che se per gli altri officiali non ci sono notizie precise sulla durata dell’incarico,
tutto lascia supporre che le elezioni avvenissero ogni sei mesi.

*: Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1850, c. 184.

©) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1561, doc. dell'anno 1569.

*3) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1850, c. 184.

**) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1560, doc. dell'anno 1523.

—R-— LA COMPAGNIA DEI DISCIPLINATI DI S. FRANCESCO

*5) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1850, doc. dell’

**) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1850, c. 184.

*7) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1561, doc. dell'anno 1637, in cui si
tratta della «laicità della Compagnia e su
et imposte ecclesiastiche ».

anno 1523.

a esenzione dalle gravezze, tasse

*5) Lucca, Biblioteca Governativa, Ms. 1561, doc. dell'anno 1566.

**) Lucca, Biblioteca Governativa Ms. 1563, cc. 21-39, 45 e segg.
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INDICE DEL VOLUME

Memorie

Arturo GaABRIJELCIC, Alle origini del Seminario di Perugia
(1559-1600)

Note e documenti

Maria CeEcILIA Mazzi, Cultura e gusto di un nobile perugino :

Niccolò Montemelini a iii a
PrgTRO SCARPELLINI - UGoLINO NicoLINI 0.F.M., La Biblio-
teca Capitolare di Perugia

CENTRO DI DOCUMENTAZIONE
SUL MOVIMENTO DEI DISCIPLINATI

SALVATORE ANDREUCCI, La compagnia dei Disciplinati di S.
Francesco e S. Maria Maddalena in Lucca

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Pror. GrovANNI CECCHINI - Direttore responsabile

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