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VOLUME LXIX
FASCICOLO SECONDO

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DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
Pubblicazione semestrale - Sped. abb. post. Gruppo IV

ARTI GRAFICHE CITTÀ DI CASTELLO
Città di Castello (Perugia)
Memorie

I documenti sulla guerra

tra Perugia e Foligno del 1253-54

Nel primo quarantennio del sec. XIII i rapporti tra i comuni di
Perugia e di Foligno ? si svolsero su un piano di relativa normalità,
nella consueta altalena di alleanze e distacchi, accostamenti e ini-
micizie tipica del movimentato panorama comunale umbro ?.
Nel 1240 la venuta di Federico II a Foligno, il passaggio di questa
e altre città al più bellicoso attivismo ghibellino, la presenza in Um-
bria dell’irrequieto esercito imperiale irrigidirono i termini delle re-
lazioni comunali, inserendole nel vivo della contesa tra l’impero e
il papato ®. I pontefici non indugiarono nell'attaccare Federico II
e Foligno per l'«infidelitas » e il tradimento: fin dal febbraio del
1240 Gregorio IX inviava allo svevo una lettera di accorata prote-
sta per l'occupazione di terre del « Patrimonium » 9 ; e al papato
risalgono i giudizi non troppo lusinghieri su Foligno, inseriti in una
biografia di Gregorio della metà del secolo ». Innocenzo IV, oltre
ad accusare ripetutamente i ghibellini umbri, figli « degeneres » e:
«infideles » 9 e ad incitare i guelfi alla riscossa, tolse a Foligno la
sede episcopale, trasferendo il vescovo Egidio a Nocera e lasciando
vacante l'amministrazione della chiesa folignate ?.

Ma le prese di posizione dei pontefici non servirono a molto :
fino al 1250 gli imperiali spadroneggiarono in Umbria. La procla-
mata fiducia di Federico nei folignati, «ex antiquo fidei vestre
zelo,... ex pure devotionis vestre constantia,... ex illa causa
potissime quod in Fulgineo fulgere pueritia nostra cepit», la sua
esortazione a combattere fermamente contro il papa e i guelfi 9,
la riunione, sempre a Foligno, quasi per un consiglio di guerra, di

tutti i «Ducatus et Marchie fideles » 9, fecero si che l'Umbria, e
in particolare la valle di Spoleto, fosse tormentata da una serie fit-

tissima di scorrerie e guerriglie 9), Famosi per i miracoli di s. Chiara
sono gli assalti dei Saraceni a S. Damiano e ad Assisi nel 1240-41 13) ;

1
2 ATTILIO BARTOLI LANGELI
due contratti enfiteutici riguardanti terre di una chiesa dipendente
dal monastero di Sassovivo, roccaforte del partito papale nei pressi
di Foligno 1, prevedevano nel 1241 il risarcimento dei danni al
concessionario se egli non avesse potuto «laborare [terras] et fruc-
tus inde percipere occasione guerrarum » '?; lo stesso monastero
di Sassovivo fu saccheggiato dai ghibellini tra il 1241 e il 1243 19;
devastazioni di Assisi sono attestate da due interventi di Innocenzo
IV nel 1243 +9. La parte guelfa, d'altronde, prendeva le sue contro-
misure : del 1242 è l'alleanza tra Perugia e Roma *9 ; con la legazione
del cardinale Raniero Capocci, nel 1243, si ebbe una mobilitazione
generale delle forze fedeli alla Chiesa 1) ; e dovette esserci in quegli
anni addirittura una spedizione di Perugia contro Foligno !®.

Una spedizione ci fu di sicuro nel 1246 : e nella battaglia del 31
marzo sotto le mura di Foligno, le forze imperiali sbaragliarono quel-
le perugine e assisiati '9. La disfatta, grave per il tributo di sangue,
la perdita di potenza economica e politica, la defezione di molti
comuni alleati e la ribellione di molti dei sottomessi, il dramma dei
prigionieri in Puglia, portò Perugia a un passo dalla resa com-
pleta, come appare da un documento imperiale del 1247 « datum
in castris in depopulatione Perusii » 2”. Una volta evitata la capi-
tolazione, Perugia perseguì tra i suoi obiettivi fondamentali l’umi-
liazione di Foligno, nel quadro della ricostituzione del suo predomi-
nio. L’ostinata rivalità degli anni seguenti si caratterizzò non tanto,
o non solo, per un conflitto di interessi territoriali, economici o poli-
tici — al punto che nelle ostilità del 1282-83 fu il papa Martino IV
a prendere le parti della ghibellina Foligno contro la guelfa Perugia —,
quanto per un accanito desiderio di sopraffazione, che trovò nel-
l'appartenenza a campi diversi solo un'occasione e una giustifi-
cazione.

La ripresa graduale della parte guelfa, dopo la sconfitta di Fe-
derico II a Parma e la partenza dall'Umbria dell'esercito imperiale,
è testimoniata da diversi fatti: il mutato atteggiamento di Inno-
cenzo IV, che non si limitava piü a consolare i suoi fedeli scon-
fitti e umiliati, ma ordinava direttamente ai folignati di risarcire
i danni inferti agli spellani 2), e ricostituiva nel 1250, dopo sette
anni di vacanza episcopale, un suo rappresentante al governo della
chiesa folignate, nella persona di Berardo arcidiacono della catte-
drale?2; gli intensi rapporti che strinsero in questi anni Perugia
e Orvieto 2° ; il ritorno all'obbedienza a Perugia di molti comuni
ribellatisi negli anni precedenti: Castiglione del Lago nel 1248 9,

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Montone nel 1248-49, Città della Pieve nel 1250, Gualdo e Nocera
nel 1251 25; la sconfitta de «la gente de lo inperadore » a Castel
Rinaldi, presso Todi, nel 12519; la vendetta dei Perugini sulle
spoglie di ser Raniero d'Andrea, traditore della parte papale ??;
la presenza nella stessa Foligno di una componente guelfa, appog-
giata al monastero di Sassovivo, come si può arguire da un docu-
mento del 1250 col quale il cardinale Pietro Capocci concedeva al-
l'abate Angelo la facoltà «recipiendi in monasterio tuo quoscum-
que homines de Fulgineo, tui ordinis habitum assumentes, ac eis
super excommunicationem qua tenentur occasione domini Frederici
absolutionis iuxta formam Ecclesie beneficium impendendi » ?9.

Confortati da questo risveglio generale e dal contemporaneo
calo dell'attività ghibellina, dal 1250 in poi, i perugini presero a mi-
nacciare direttamente Foligno?9. L'offensiva divenne generale nel
1253, dopo i bruschi interventi antipapali di Brancaleone degli An-
dalò *°): sotto il comando del rettore del ducato Bonifacio da Fo-
gliano, i guelfi di Spoleto, Todi, Orvieto e Perugia ottennero la
rivincita del 1246 nel piano di Ammeto, infliggendo una « notabil
rotta » ai ghibellini di Todi e Foligno *). Todi cedette subito, e in
essa tornarono trionfalmente al potere i guelfi; non così Foligno,
che resistette più di un anno all’assedio durissimo dei perugini *
ma fu costretta a chiedere una pace umiliante nel giugno del
1254 #9, Nella città rientrarono i fuorusciti guelfi, capeggiati da
Trincia Trinci *9, che tenne il potere per conto del rettore Bonifacio
e del Comune di Perugia fino al 1264.

Tra l’inizio e la fine dell’assedio si inserisce un atto del quale
è difficile chiarire il significato politico, pur indubitabile. Il 1° set-
tembre 1253 ventuno uomini di Foligno vendettero al Comune di
Perugia la metà «pro indiviso » delle loro proprietà nella città e
nel contado folignati, al prezzo di 1600 lire ravennati e lucchesi ;
la vendita fu fatta a Perugia, davanti al consiglio speciale e generale,
da Benvenuto «Carpelle » e Benveniate « Girardi », due dei foli-
gnati in rappresentanza degli altri, ad Angelo « Bonaionte », procu-
ratore del Comune di Perugia ?5.

Dare un'esatta interpretazione del contratto non è facile, sia
per l'assenza di qualsiasi particolare di interesse politico, sia per la

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scorrettezza del dettato. Il notaio rogatario Munaldo « Iacobi » non
brilla per precisione grammaticale: confonde le persone dei verbi,
scambiando le azioni dei due attori con quelle dell’unico destinatario
(ad esempio, tre « promisit» alle righe 22, 23 e 29 vanno riferiti
ai venditori, così come il «facturum et curaturum » della riga 30);
usa indifferentemente il pronome « se » per i venditori e per il com-
pratore; è, infine, estremamente confuso nel passo relativo alla
«traditio rei» (righe 20-22) *9, particolarmente importante per le
implicazioni che comportava : trattandosi di una «traditio presump-
tiva»*?, gli ex-proprietari avrebbero tenuto «procuratorio no-
mine» i beni fino a che il proprietario non ne avesse preso posses-
so; cioè uomini di Foligno sarebbero diventati « procuratores » di
Perugia, nel pieno di una guerra spietata tra i due comuni.

E bene comunque non insistere su particolari di questo genere,
attribuendo un valore troppo particolare a formule abituali in con-
tratti di compravendita. Non resta, in mancanza di dati salienti of-
ferti dal documento, che cercare di individuare i motivi della vendita:
cosi hanno fatto gli storici che si sono soffermati su di essa. Lo Ia-
cobilli =) è sicuro che i venditori siano « de la parte guelfa » e spiega
il contratto come una difesa di questi dai ghibellini (« per star si-
curi dai Ghibellini»: ma un atto del genere, più che trattenere,
avrebbe spinto i rivali alle vendette), giustificando l’atto, quasi
«a posteriori », come una tutela dalla vittoria perugina, ormai pros-
sima : «et esso comune di Perugia manda il suo esercito contro Fo-
ligno, eccetto i suddetti » *». Il Faloci Pulignani *? non sa spiegarsi
la « stranezza » della vendita : « è a credere che il contratto non avesse
effetto, o che fosse subordinato a un altro contratto che non si co-
nosce ». Dicendo di riferire l’opinione dello Iacobilli — in realtà
interpretando largamente il passo riportato sopra — afferma che
«quei Folignati vendettero quei loro beni ai Perugini, perché que-
sti nella loro guerra non avessero a danneggiare le proprietà che in
parte erano del comune. La mossa, da parte dei Ghibellini era abile,
ma da parte dei Guelfi non mostra grande larghezza di vedute,
e fu probabilmente causa di molti imbarazzi » : dove non si capisce
bene se i termini «ghibellini» e «guelfi» si intendano come sino-
nimi rispettivamente di folignati e perugini, o si riferiscano alle
fazioni folignati 4). Francesco Briganti *9, dal canto suo, ricollega
decisamente l’atto alla politica perugina volta ad aumentare i mo-
tivi di tensione e di attrito con Foligno *?: le vertenze che sareb-
bero venute dal contratto «non potevano risolversi con le forme

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I DOCUMENTI SULLA GUERRA TRA PERUGIA E FOLIGNO

consuete che occorrono tra privati. Nessun documento ci attesta
che tale circostanza desse origine direttamente alla guerra, ma tut-
tavia questa potrebbe essere stata l’ultima causa per rompere de-
finitivamente i rapporti » ‘4.

Secondo questi studiosi i motivi che avrebbero indotto i ventuno
folignati a vendere la metà dei loro beni sarebbero dunque stati es-
senzialmente due: il desiderio di «star sicuri dai Ghibellini », e
quello di risparmiare ai propri beni le rovine derivanti da una resa
all'assedio, ormai ritenuta inevitabile ; mentre i perugini sarebbero
stati spinti ad acquistarla dall'interesse che essi avevano ad aumen-
tare la tensione con Foligno — come se ce ne fosse stato bisogno.

Piü che tentare nuove ipotesi, occorre considerare attenta-
mente i dati positivi che il documento offre, in primo luogo i nomi
dei folignati venditori, per dedurne qualche elemento sul «tono »
politico del contratto.

Sull'appartenenza dei cittadini di un comune alle fazioni guelfa
o ghibellina è sempre arduo pronunciarsi, quando manchi una do-
cumentazione di carattere strettamente politico (come riformanze o
bandi), dato che negli strumenti notarili sono rarissimi i riferimenti
diretti ed espliciti ad essa‘). Tuttavia, nel caso di Foligno, ele-
menti precisi di prova possono essere i seguenti : a) la partecipazione
attiva alla vita pubblica da parte di un personaggio in anni in cui
predomina la parte ghibellina, o guelfa, depone a favore del ghibel-
linismo, o del guelfismo, dello stesso; b) rapporti particolarmente
significativi col monastero di Sassovivo fanno presumere anche un
collegamento di ordine politico.

Precisati questi criteri e tornando alla vendita del 1° settem-
bre, è possibile convalidare l'opinione dello Iacobilli che i vendi-
tori fossero della parte guelfa *9. Il padre di Rodolfo « Filippi » fu po-
destà di Foligno nel 1204, 1224, 1225, 1226, anni in cui erano al
potere i guelfi; Benvegnate « Girardi », uno dei due procuratori,
nel 1237, l’anno dell’alleanza guelfa con Perugia, rappresentò Fo-
ligno in una vertenza col vescovo di Spoleto ; l’altro procuratore
Benvenuto « Carpelle » fu per molti anni notaio di fiducia degli
abati di Sassovivo, e nel 1256 fece parte della « familia » di Giovanni
«Compater » rettore del ducato di Spoleto e cappellano papale;
Oderisio, figlio di quel Rodolfo « Benencase » personaggio di primo
piano negli anni guelfi, fu consigliere del comune nel 1255, un anno
dopo la vittoria perugina; Tommaso « Bernardi » infine era oblato
di Sassovivo (e ci si domanda come facesse a vendere la metà di

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6 ATTILIO BARTOLI LANGELI

quei beni che aveva donato all’abate al momento dell’oblazione).
È anche indicativo della fede guelfa dei folignati l’importanza data
ai loro rappresentanti dal guelfo Comune di Perugia : il contratto
è stipulato nel palazzo comunale, alla presenza del consiglio gene-
rale e speciale e di testimoni eminenti come Guido da Montespe-
rello, i giudici Guidalotto e Bongiovanni « Massarie », Piero « Be-
nencase », Ermanno « Supolini », Giovanni degli Arcipreti, tutti per-
sonaggi di primo piano nella vita perugina del tempo.

Degli altri venditori poco o nulla si sa, nonostante le loro pre-
sumibili nobiltà (molti di essi sono designati come « domini » o figli
di un « dominus ») e ricchezza (dimostrata dalla rilevanza del prezzo
di 1600 lire pagato dai perugini). Il silenzio su di loro, ed anche
sugli altri venditori citati precedentemente, che nel periodo 1240-
1254 sono ricordati raramente, fa pensare che essi fossero emar-
ginati dalla vita pubblica, o addirittura banditi dalla loro città :
il che ci permetterebbe di fugare le perplessità che le strane cir-
costanze dell’avvenimento (personaggi egregi che escono dalla città
stretta d’assedio e si recano, accolti con tutti gli onori, nel comune
nemico) fanno nascere, e di intravedere un motivo di natura giuri-
dico-rivendicativa del comportamento dei ventuno venditori: quasi
che essi volessero dichiarare la stabilità e disponibilità dei loro di-
ritti su quei beni, che le autorità folignati avevano forse espro-
priato o comunque minacciavano, vendendone la metà come le-
gittimi proprietari, e garantirsi il possesso dell’altra metà — me-
glio metà che niente — vincolando in qualche modo, come com-
proprietari, i futuri vincitori. Ma è anche possibile che si trat-
tasse di persone di più spiccati, diciamo, interessi pratici che, vista
la mala parata, fuggirono dalla loro città e si misero dalla parte
dei prossimi padroni, nella speranza che questa « conversione »
risparmiasse loro prevedibili fastidi.

In questa linea giuridico-rivendicativa può essere spiegato an-
che l’interesse del Comune di Perugia all’acquisto, utile a giustifi-
care su un piano inattaccabile, come non poteva essere quello delle
esigenze militari o politiche, la sua guerra contro Foligno, in quanto
diretta alla presa di possesso di beni che gli appartenevano di diritto.
Indicativo in questo senso è il fatto che i beni venduti siano del
tutto indeterminati, che essi cioè siano trattati in blocco, senza spe-
cificazioni di sorta: si ha così il quadro di un contratto fittizio,
al quale i perugini erano spinti non tanto dai beni in sé, quanto
dai diritti che attraverso questi beni si acquisivano.

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I DOCUMENTI SULLA GUERRA TRA PERUGIA E FOLIGNO 7

Accontentiamoci comunque di concludere che la vendita fu
un'iniziativa essenzialmente politica dei guelfi folignati, forse ap-

poggiati da Sassovivo, e del Comune di Perugia ; ma che le moti--

vazioni di essa non sono chiare.

Olre a questo contratto di vendita, nel Fondo diplomatico
dell'Archivio storico del Comune di Perugia sono conservati quat-
tro documenti riguardanti la conclusione dell'assedio, che presen-
tano una serie di problemi diplomatici, storici e politici di notevole
rilievo. Essi sono : l'elezione di Giovanni « Magistri » *? a procura-
tore dei folignati, dopo la decisione di arrendersi ai perugini, e la
resa prestata da questo al podestà di Perugia, datate rispettivamente
12 e 14 giugno 1253 *9 ; e due atti corrispondenti ai primi ma ri-
feriti a Deotaite « Chere » *? e all'anno 1254 : costituzione a rappre-
sentante di Foligno (12 giugno) e patti di pace (15 giugno) 5°). Am-
bedue gli atti di procura furono rogati dal notaio folignate Matteo
« Egidii » *9 ; li trascrisse il notaio Angelo « Bonaiuncte» *», a titolo
di prova della legittimità dei rappresentanti, prima di stendere gli
atti di resa ; le quattro scritture furono copiate nel 1282 5?, in oc-
casione di una nuova guerra tra Perugia e Foligno, dal notaio pe-
rugino Recabene « Vitelli » 59 : è in quest'ultima stesura che i do-
cumenti ci sono pervenuti 5°).

Un primo problema é costituito dalla datazione 1253 apposta

ai documenti della missione di Giovanni « Magistri», che scom-.

pagina tutta la ricostruzione dei fatti accettata pacificamente dagli
storici 59° ed esposta più sopra, perché documenta una resa dei
folignati pochi giorni dopo l'inizio dell'assedio. Ma tale data appare
subito inaccettabile, perché in quell'anno non era podestà Giacomo
«de Ponte», che figura come destinatario delle promesse di pace

fatte da Giovanni « Magistri ». Né ad indicarlo sono solo le crona-.

che o gli storici locali 5, le cui testimonianze possono essere dubbie,
o i due documenti del giugno 1254 (che valgono, in assenza di altre

prove, quanto i due del 1253): è proprio quel Liber banditorum:

che sembrerebbe dar ragione alla data contestata, testimoniando
la presenza del podestà di Perugia sotto le mura di Foligno nel giu-
gno del 1253 *9, ma che al contrario conferma l'attribuzione della

resa all'anno seguente : esso infatti documenta l'esercizio della magi--
‘8 ATTILIO BARTOLI LANGELI

:stratura podestarile dal gennaio al dicembre del 1253 da parte di Ar-
naldo «de Saviola » 5*9, e del 1254 da parte di Giacomo «de Ponte » *»,
che d’altronde risulta assente da Perugia dal 16 maggio al 6 luglio *9.

Non mancano altre prove della inaccettabilità della data-
zione 1253 : un elemento della datazione del documento n. 4a (« die
dominica .xinr. intrante mense iunii») è contraddittorio rispetto
al ’53, nel quale il 14 giugno era sabato, e diventa esatto solo se ri-
ferito al 1254 ; e se si vuole prestar fede alla cronaca di Benvenuto,
che ci dice podestà nel 1253 « Iohannes Magistri » *9, non è pensa- |
bile che in documenti di quell'anno non sia fatto cenno alla sua ca-
rica; possibilissima, invece, era la sua menzione come « guidator
-comunis » l'anno seguente.

Inoltre tali e tante sono le concordanze tra le due pro-
cure e le due sommissioni, da presupporre una loro immediata vi-
cinanza nel tempo : i giorni erano rispettivamente il 12 giugno, e
il 14 e 15 giugno; i documenti furono rogati dai medesimi notai ;
i nomi dei consiglieri che elessero i due procuratori sono quasi gli
‘stessi *9 ; simili sono le datazioni topiche *9; a tutte e due le rese
era presente il vescovo di Perugia Frogerio *?; formulario e clau-
‘sole dei due atti sono analoghi. Infine è impensabile che, appena
un anno dopo una resa disastrosa, i folignati si siano ripresi a tal
‘punto da costringere i perugini ad una nuova spedizione punitiva
(e, in questo caso, le condizioni della seconda «pace» sarebbero
state molto più dure), e che nel trattato del 1254 non sia fatto
alcun cenno all'eventuale resa dell'anno precedente.

I due documenti vanno dunque riferiti al 1254 : resta da sco-
‘prire il motivo della datazione 1253. Essa non è certamente attri-
buibile a una serie di sviste di Recabene, estensore delle copie
conservate, come afferma il Briganti *9, perché non può essere
il frutto di un caso la coincidenza di ben quattro elementi cronolo-
gici imprecisi (anni ed indizioni, esattamente corrispondenti) e
l’assenza di qualsiasi riferimento al 1254: se anche Recabene fosse
stato in vena di distrazioni, non avrebbe sbagliato comunque a
trascrivere tutti i dati cronologici, facendoli, per di più, corrispon-
dere tra loro! Tutto porta alla conclusione della falsificazione ;
ma per affermarne la validità, occorre chiarire a quale livello della
tradizione documentaria, cioè da parte di quale notaio, e per quale
ragione essa sia avvenuta.

Dei tre notai che intervennero nella stesura dei documenti :
Matteo «Egidii» da Foligno, che redasse i due atti di procura;

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EEUU e m LL. mula M C APE A OE v. IR tk A ut [ic M D i on i 17 I DOCUMENTI SULLA GUERRA TRA PERUGIA E FOLIGNO

Angelo « Bonaiuncte », che rogò le due rese dopo aver copiato le
procure folignati; e Recabene « Vitelli », che trascrisse i quattro
documenti, sono da escludere il primo e il terzo : Matteo, se avesse
datato 1253 la nomina di Giovanni « Magistri », sarebbe stato cor-
retto pochi giorni dopo da Angelo ; e Recabene avrebbe dato prova
di ben scarso criterio se, dopo aver falsificato i primi, avesse trascritto
fedelmente gli altri documenti. Resta Angelo « Bonaiuncte » : e per
convincersi che a lui risalga la contraffazione, basta leggere le sotto-
scrizioni di Recabene alle sue copie dei due atti di procura. Nell’auten-
tica alla trascrizione dell'atto di elezione di Giovanni « Magistri »,
egli scrive : « ut inveni sub auctentico scripto manu Angeli Bonaiuncte
notarii, ita transcripxi et fideliter exemplavi »; mentre per la copia
dell'altra procura afferma: «ut inveni scriptum manu Mathei de
Fulgineo notarii et exemplatum manu Angeli Bonaiuncte notarii,
ita hic scripsi et fideliter exemplavi ». Cioè gli atti con la data 1253
sono stati « fideliter » copiati dalla sola tradizione di Angelo, mentre,
per quelli riguardanti la missione di Deotaite, Recabene aveva a
disposizione, oltre ai documenti di Angelo — che presumiamo da-
tati 1253 — anche un documento di Matteo « Egidii », datato esat-
tamente. Sulla base di questo egli poté, senza derogare ai suoi do-
veri di notaio, correggere ragionevolmente la datazione 1253, tro-
vata sui documenti di Angelo, in quella 1254 ; invece, osservando
scrupolosamente l'obbligo della «fidelitas » e non avendo nessun
elemento contrario di prova, egli dovette per gli atti di Giovanni
«Magistri » attenersi alla documentazione di Angelo, pur magari
dubitando della data ad essa apposta.

Si deve dunque ritenere, affinché questa ricostruzione sia va-
lida sotto tutti gli aspetti, che Angelo « Bonaiuncte » abbia alterato
le date non solo dei documenti riguardanti Giovanni « Magistri »,
ma anche di quelli riguardanti Deotaite « Chere». Si tratta di un
episodio clamoroso, se rapportato all'importanza degli avveni-
menti che ne furono oggetto; ma resta impossibile una spiegazione
ragionevole e certa di questa datazione della vittoria su Foligno.
La circostanza potrebbe sembrare piü, per cosi dire, normale se la
responsabilità fosse da attribuire a Recabene, che copió i documenti
al tempo di un'altra guerra con Foligno : a distanza di quasi tren-
t'anni, l'anticipo di un anno della resa precedente non avrebbe dato
troppo nell'occhio, e poteva procurare al Comune di Perugia non so
quali vantaggi giuridici; ma un'alterazione addirittura contempora-
nea alla resa come può spiegarsi ? Ci si avvicina forse alla risposta se

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— 10 ATTILIO BARTOLI LANGELI

si considera che Angelo « Bonaiuncte » non solo entrò nelle vicende
del 1253-54 come distaccato annotatore, ma anche partecipò da
protagonista alla vendita del 1° settembre 1253, ché Angelo « Bo-
naionte » si chiamava il rappresentante del Comune di Perugia
nell’acquisto dei beni dei ventuno folignati. Questo suo ruolo di
primo piano negli avvenimenti del 1253-54 potrebbe, per motivi e
interessi che non conosciamo, averlo indotto ad anticipare di un
anno, cioè prima della vendita del settembre, la data della resa.

Se è lecito considerare inaccettabile la data 1253, nulla però.
ci induce a dubitare della sostanziale autenticità dei documenti riferiti
a Giovanni « Magistri » : nonostante la generale somiglianza e omoge-
neità, i due atti di procura e i due atti di resa presentano tali
differenze da non permettere di farli risalire a un solo dettato origi-
nario. Cioè Giovanni « Magistri » fu realmente eletto a rappresentare
Foligno il 12 giugno 1254, e realmente presentò la resa al podestà di
Perugia due giorni dopo. Ecco dunque un’altra circostanza non
ordinaria : nello stesso giorno vennero scelti dal comune due rappre-
sentanti ; e Giacomo «de Ponte » ricevette in due giorni immedia-
tamente successivi due rese.pressoché uguali, in nessuna delle quali
si faceva cenno all'altra.

Lo Iacobilli sembra riferirsi a qualcosa del genere quando
afferma che «i capi degli imperiali ... mandarono loro [ai perugini]
due ambasciatori. Il podestà rispose che deputassero uno della città
con mandato di procura speciale in nome del Comune di Foligno.
... Adunati nella brevità possibile gli uomini del Comune di Fo-
ligno, deputarono in questo stesso giorno (xv giugno) Deotaite
di madonna Chiara da Foligno » *?. Del tutto verosimile è la prima
missione degli ambasciatori per ricevere istruzioni dai vincitori, una
volta decisa la capitolazione, sulle formalità di essa; ma questa
missione sarebbe solo un precedente delle rese documentate, che
resterebbero due; e di essa non si trova alcun cenno nell’atto sti-
pulato da Giovanni « Magistri », d’altronde successivo alla designa-
zione di Deotaite.

Il ricorso a circostanze occasionali, anche le più rilevanti, se
potrebbe render ragione della ripetizione della procura, non spiega
comunque quella della resa: è normale che due organi legislativi
I DOCUMENTI SULLA GUERRA TRA PERUGIA E FOLIGNO 11

el comune esprimano pareri discordanti sul capo della rappresen-
tanza da inviare per la sottomissione, ma è legittimo pensare che
una delle elezioni debba prevalere sull’altra, annullandola; qui
invece ambedue i designati ripetono a un giorno di distanza un atto
pressoché identico.

La ragione di tale ripetizione va cercata invece, a mio parere,
nell’evoluzione degli istituti comunali del tempo : essa sembra cioè
un’espressione di quella divisione della compagine cittadina tra
« comune del podestà » e « comune del popolo », che si andava attuando
nell'Italia centrale nel decennio 1250-1260. Le due assemblee che
designano i procuratori sono infatti da una parte il « consilium co-
munis», dall'altra il « publicum parlamentum seu arenga », che po-
trebbero intendersi, con le limitazioni che diremo, come emanazioni
rispettive delle due parti; e degli eletti il primo, Giovanni « Ma-
gistri » era stato nel 1253 podestà, cioè capo del comune aristocra-
tico, mentre Deotaite era allora «capitaneus artium » *9, cioé rap-
presentante delle organizzazioni popolari per eccellenza.

Saremmo dunque di fronte a una delle prime e piü rilevanti
manifestazioni nell'Umbria dell'autonomia del popolo nei con-
fronti del comune podestarile *? ; tale autonomia assume forme non
ancora istituzionali, ma nettissime, se la cittadinanza di Foligno é
rappresentata da due procuratori, che stipulano due distinti patti
di pace con i perugini.

Quest'ultimo fatto desta meraviglia perché non conosco, al-
meno per l'Umbria, casi simili: podestà e capitano del popolo agi-
scono infatti sempre insieme, quando sono da regolarsi rapporti con
altri comuni. Induce anche alla prudenza il fatto che organo deli-
berante del « popolo » sarebbe il pubblico parlamento, che in realtà e
una delle istituzioni caratteristiche del comune podestarile, e che
& convocato dai componenti qiuel «consilium comunis» che in-
vece, nella nostra ricostruzione, rappresenterebbe l'altra compo-
nente cittadina.

Un'ipotesi del genere apre comunque prospettive interessanti
per quel che riguarda l'evoluzione delle forme statuali nell'Um-
bria : resta perciò auspicabile un'attenzione maggiore alla storia de-
gli istituti comunali a Foligno, che per ora presenta contributi mo-
desti 7°; e chissà che non aiuti in questo l'edizione delle carte di
Sassovivo. Sulla base dei documenti qui esaminati, un primo con-
tributo in questa direzione è l’attestazione di ben quattro capitani
delle arti : Bencivenne da Cerreto, Deotaite « Chere »?%, Salamando

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ils 12 ATTILIO BARTOLI LANGELI

« Uboli » e Matteo « Boniadacti » '? ; il fatto che il primo di essi agi-
sce con il «rector comunis », e gli ultimi due con il podestà Martino
da Rieti, indica come essi non siano solo rappresentanti interni delle
arti, ma componenti una vera e propria magistratura pubblica, di
natura collegiale *?.

I documenti dai quali ho tratto queste notizie fanno parte di
una serie di scritture *9, conservate sempre nel Fondo diplomatico
perugino, nelle quali sono annotate : la scelta di Deotaite a procu-
ratore di Foligno non più da parte del «consilium » o del « parla-
mentum », ma da parte di Opezino « Carsendonii » che figura come
consigliere nelle elezioni del 12 giugno) rettore del comune ?5 ;
la presentazione di fronte al parlamento di Perugia, « audito valido
clamore » di Deotaite 79; la conferma dei patti di pace stipulati
dallo stesso da parte di Martino da Rieti podestà di Foligno *?. Forse
è questa la pace dell’agosto 1254 della quale parla la cronaca di
Benvenuto '9, ma che non ho trovato in alcun modo documentata.

Resta da dire del merito dei patti di pace. Essi rientrano, pur
nella loro estrema durezza, nella normalità : in forza di essi Foligno,
dovendo sotto pena di mille marche d’argento distruggere le mura
e tutte le opere di difesa, inviare a Perugia i gonfaloni, affidare ai
perugini la scelta dei reggitori del comune e prestare loro aiuto
in caso di guerra ??), si sottometteva completamente al comune
vincitore, rinunciando ad ogni parvenza di autonomia. Ma più che
le clausole della resa, ha colpito l'attenzione degli storici l'« appa-
rato scenico » *? che fa da contorno ad esse: l'ingresso nell'accam-
pamento perugino dei folignati «cum pannis lineis in dorsibus, di-
scalciati, in manibus eorum enses et cultellos ferreos evaginatos
ex parte ferri tenentes, revolutis manubriis dictorum armorum ver-
sus... dominos potestatem et consiliarios . . . , tenentes etiam cori- |
gias in gulis eorum », la loro appassionata difesa e il perdono magna-
nimamente accordato dai perugini, «commoti visceribus pietatis »,
hanno infatti pochi riscontri, per vivacità drammatica, nella do-
cumentazione comunale umbra.

Ma la più profonda drammaticità dei documenti è nella parte-
cipazione universale dei folignati alla resa. Il continuo richiamo
non al comune, che è istituzione politica, ma a «omnibus et singulis



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viris et mulieribus, mangnis et parvis, presentibus et futuris civi--
tatis Fulginei et eius districtus», fa avvertire dietro il formulario:
notarile un sentimento cittadino di rara intensità.

ATTILIO BARTOLI LANGELE

NOTE

1) Mentre la politica del Comune di Perugia era stabilmente guelfa,.
quella folignate oscilló continuamente tra le opposte fazioni. Cf. IACOBILLI,.
Croniche cit., specie agli anni 1227-37, e Discorso della città di Foligno, Foligno
1646 (rist. fotomeccanica in « Historiae urbium et regionum Italiae rario--
res », xi, Bologna 1966), 29, 41; FaLOCI PuriGNANI, Perugia e Foligno cit.,
7-12; Statuta Communis Fulginei, a cura di A. MEessINI e F. BALDACCINI,
Perugia 1970, pp. v-vi dell’Introduzione del Messini. Questo continuo alter-
narsi al potere delle diverse fazioni portava con sé la consueta dolorosa ca-
tena di esilii, vendette e rivalità familiari, che aggiungeva alla lotta contro
i nemici esterni la componente — peró da non sopravalutare, a mio avviso,
in Foligno — della discordia interna. Avverto una volta per tutte che l'uso.
dei termini « guelfo » e « ghibellino » risponde solo a un intento di classifi--
cazione pratica. Per l'esatto contenuto da dare a questa terminologia nel
contesto comunale, si può vedere, ad es., D. WALEY, Le città-repubblica del-
l’Italia medioevale, trad. it., Milano 1969; di grande interesse per Perugia
è il recente studio di A. I. GALLETTI, Considerazioni per una interpretazione
dell’ Eulistea, in « Archivio storico italiano » cxxvin (1970), 305-334, specie
314-316.

?) Per tale panorama si rimanda a WaLEY, The Papal State, passim.

) Quanto si dirà sugli episodi degli anni 1240-1254 riguarda solo le due-
città, senza pretendere di fornire un quadro globale delle vicende politiche-
e militari del periodo, per le quali si veda l’Historia diplomatica di Huillard
Bréholles, voll. v e vi, passim. Basti accennare che, nei continui spostamenti
da un campo all’altro, restarono fedeli alla parte papale Perugia, Todi, Or-
vieto ; a quella imperiale quasi tutti i comuni della valle Spoletina (esclusa.
Assisi), Orte, Terni, Gubbio. Interessante a questo proposito la testimo-
nianza di Riccardo da S. Germano, che segue attentamente gli avvenimenti
umbri (Chronica, a cura di C. A. GARUFI, in RR.II.SS. n. s.,vir, 2, Bologna:
1938, 205-217).

3) A. PorrHasT, Regesta Pontificum Romanorum, Berolini 1874-75,.
n. 10849 ; HuiLLARD BnÉHoLLES, Historia Diplomatica, V, 11, 776. Sempre:

nel 1240, Gregorio IX permetteva ad alcuni perugini danneggiati dagli im-
periali di rivalersi sui beni dei cittadini di Foligno, Spello e Bevagna (L..
AvuvRAY, Les registres de Gregoire IX, Paris 1896, n. 5201).
ATTILIO BARTOLI LANGELI

5) « Civitatem apostatricem, primordium scismatis, totius infidelitatis
-detestande sentinam » (P. FABRE - L. DucHESNE, Le «Liber censuum» de
l'Église Romaine, 11, Paris 1905, 21 ; citato da FALocr PuLiGNANI, in Frag-
menta cit., p. 9 n. 7 e da MESSINI, in Síatuta cit., p. vir). Foligno si merita
dal cronista quelle espressioni a proposito della venuta di Corrado il Gui-
scardo nel 1227 ; ma esse sembrano dettate, dato che la biografia nella
quale sono inserite é posteriore alla morte di Gregorio IX, dagli avveni-
menti successivi al 1240.

*) BERGER, Les registres, n. 5041. Espressioni simili si trovano in tutti I)
gli interventi del papa citati più oltre. |

?) PoTTHAST, Regesta cit., n. 11201 ; BERGER, op. cit., n. 338. Cf. Donro,
Istoria cit., 68 ; IAcoBiLLI, Discorso cit., 34 e Croniche cit., ad an. 1243;
F. UcHELLI, Italia sacra sive de episcopis Italiae, Venetiae 1718, 1, 1067;
M. FALocri PuLIGNANI, I priori della cattedrale di Foligno, Perugia 1914,
-58; MESSINI, in Síatuía cit., p. vir.

3) HuriLLARD BmnÉnHoLLES, Historia Diplomatica, 662.

*) 9 febbraio 1240 : ibidem, 743.

10) WaLEY, The Papal State cit., 145-153; NicoLINI, in Reforma-
-tiones cit., p. 86 n. 4. Episodi significativi del disorientamento degli spiriti
.e della fluidità degli schieramenti sono la famosa congiura di frate Elia del
1243 (L. SALvATORELLI, Nota su alcuni nuovi documenti intorno a frate Elia,
in « Ricerche religiose » vi [1930], 56-60); il tradimento dei perugini Tibe-
rio Magalotti, Guido balestriere e ser Raniero d'Andrea (NicoLINI, in Re-
.formationes cit., p. 85 n. 2) ; le vicissitudini del comune di Spoleto (A. SANSI,
Storia del Comune di Spoleto dal secolo XII al XVII, Foligno 1879, 1, 72-85).

11) Legenda sanctae Clarae virginis, ed. F. PENNACCHI, Assisi 1910, 30-33 ;
ELEMOSINA, Cronaca, ms. 341 della Bibl. Com. di Assisi, f. 115r-v. Cf. A.
ForTINI, Assisi nel Medio Evo, Roma 1940, 161-173 ; E. FRANCESCHINI, 7
due assalti dei Saraceni a S. Damiano e ad Assisi, in « Aevum » xxvII (1953),
289-306.

12) Di questa opinione sono il Faloci Pulignani (/ priori cit., 77) e tutti
gli storici folignati. Tuttavia la posizione politica del monastero ha sfuma-
ture particolari, che è bene chiarire tenendo presenti i seguenti punti fermi :

— Depongono a favore del guelfismo di Sassovivo gli strettissimi rap-
porti che esso intratteneva con la Santa Sede sul piano giurisdizionale, in
forza del privilegio di esenzione dall'amministrazione vescovile concesso fin
-dal 1138.

— Questa autonomia era ricercata e difesa dagli abati non tanto
in funzione politica, quanto in funzione dello sviluppo economico dell'abba-
zia, cui era diretta soprattutto ed essenzialmente l'attività della congregazione.

— L'amministrazione e l'ampliamento del patrimonio terriero lega-
vano in modo vitale Sassovivo con Foligno e con tutti gli attori economici e
‘politici della zona, a qualsiasi parte politica essi appartenessero.

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— D'altronde i poteri e l'autonomia dell'abate suscitavano l’ostilità
dei pubblici poteri, danneggiati nei loro interessi e ostacolati nell’esercizio
delle loro prerogative ; in questo senso, molti atti ostili contro il monastero,
che potrebbero essere interpretati in chiave politica, erano dovuti solo a mo-
tivi economico-giurisdizionali.

Tutto questo in generale. Resta il fatto che in un periodo di esacerbate
passioni politiche come questo, Sassovivo, unito da strettissimi vincoli al
papato, doveva suscitare l’avversione delle forze imperiali, e poteva trovare
una garanzia al mantenimento della propria potenza solo appoggiandosi pie-
namente alla Santa Sede : alla quale, d’altra parte, faceva comodo una rocca-
forte avanzata contro le forze imperiali.

13) Spoleto, Archivio Arcivescovile, Fondo di Sassovivo (d’ora in avanti
indicato con Sassovivo 0, se citato di frequente, con S.), 2362.

L’archivio del monastero è una fonte di primaria importanza in parti-
colare per la storia di Foligno e della valle Spoletana, più in generale per la
storia benedettina umbra e italiana. L’edizione dei documenti è affidata
all'Istituto di Paleografia e Diplomatica di Roma, già diretto dal prof. Cen-
cetti. Ringrazio i responsabili attuali dell'Istituto per avermi permesso di
consultare alcuni studi inediti concernenti il periodo qui esaminato.

14) L. IACOBILLI, Cronaca della chiesa e monastero di S. Croce di Sasso-
vivo nel territorio di Foligno, Foligno 1653, 81-82 ; cf. Sassovivo 737.

15) BERGER, Les registres cit., nn. 69 e 165.

!*)) P. BREZZI, Roma e l'impero medioevale (774-1252), Bologna 1947,
448-449; WALEY, The Papal State cit., 148. Cf. anche NICOLINI, in Refor-
mationes cit., p. 85 n. 2, dove si tratta di avvenimenti interni indicativi del-
l'ateggiamento acerbamente antimperiale di Perugia.

1) WALEY, op. cit, 149.

15) Vi si accenna nel processo svoltosi a Perugia nel 1260-61 contro Mat-
teo di Mauro da Rieti (Reformationes cit., 87 ; cf. n. 1), ove é detto che i Pe-
rugini « fecerunt exercitum ibi [a Foligno] ad petitionem domini Gregorii de
Romagia rectoris ducatus », che esercitó la carica dal 1239 al 1243 : ma puó
darsi che si tratti di preparativi della sfortunata spedizione del 1246.

9) La battaglia ebbe grande risonanza. L'imperatore scrisse una lettera
di esultanza per la vittoria a Enrico III d’ Inghilterra (MATTHAEI PARISIENSIS
Cronica Majora, a cura di H. RicHARDS LuARD, in « Rerum Britannicarum
Medii Aevi Scriptores », Lvit, 4, London 1877 [rist. anast. 1964], 570-75 ;
HuiLLARD BréHoLLEs, Historia Diplomatica, VI, 1, 402-406). Essa è descritta
in ELEMOSINA, Cronaca cit., f. 118 ; Fragmenta cit., 11 ; FRANCESCO d'ANDREA,
Le croniche di Viterbo, ed. P. EGrpr, in « Archivio della Regia Società Ro-
mana di Storia Patria», xxiv (1901), 315; SALIMBENE DE ADAM, Cronica,
ed. G. ScALIA, Bari 1966, rr, 747; F. A. UcorrNr, Annali e cronaca di
Perugia in volgare dal 1191 al 1336, in « Annali della facoltà di Lettere e filo-
sofia dell'Università degli studi di Perugia », 1 (1963-64), 148 (ad an. 1245) ;

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16 ATTILIO BARTOLI LANGELI

Brevi annali, in Cronache e storie inedite della città di Perugia, a cura di F. Bo-
NAINI, A. FABRETTI e F. L. POLIDORI, in « Archivio Storico Italiano », XVI
(Firenze 1850), 1, 55; BONIFAZIO DA VERONA, Eulistea, ibidem, 28-33. Cf.
L. Bonazzi, Storia di Perugia dalle origini al 1860, Città di Castello 1959,
I, 229 ; FORTINI, Assisi cit., 184-85 ; WALEY, The Papal State, 149 ; D. SE-
coLoNi, Bartolo da Sassoferrato e la « civitas Perusina », in Bartolo da Sasso-
ferrato. Studi e documenti per il VI centenario, Milano 1962, 11, 621; Nico-
LINI, in Reformationes cit., p. 87 n. o:

20) HuriLLARD BRÉHOLLES, Historia Diplomatica cit., vI, 1, 538 ; cf. Uco-
LINI, Annali cit., 148 : « In quisto millesimo [1246] lo 'nperadore Federigo
venne per lo destretto del comuno de Peroscia e puse canpo a San Sosto [l'o-
dierno San Sisto]». I ghibellini continuarono ad imperversare nella zona
di Foligno, come dimostrano le « offensiones » a Spello nel 1248 (BERGER,
Les registres, n. 4243) e a Trevi nel 1251 (ibidem, nn. 5479 e 5969), gli
assalti al monastero di Sassovivo nel 1249 (IAcoBiLLr, Cronaca della chiesa
cit., 86) e nel 1252 (Sassovivo 735).

2) A. THEINER, Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis, Romae
1861 (rist. anast. Frankfurt am Main 1964), r, p. 131, n. 241. L'intervento,
anche se probabilmente improduttivo, sembra indicativo di una ripresa
di coraggio.

2?) BERGER, Les registres, n. 4904.

23) Cf. NicoLINI, in Reformationes cit., p. 86 n. 4.

24) UcoLINI, Annali cit., 148.

25) La sommissione di Montone è in ASP, Diplomatico, xxv, 22; quella di
Nocera é ibidem, 31 e in ASP, Sommissioni 1, cc. 97r-98v e 2, cc. 137r-138v
(cf. ANSIDEI-GIANNANTONI, I codici delle Sommissioni al Comune di Perugia,
in « BDSPU» 1 [1896] 143-145) ; la resa di Città della Pieve è in ASP, Sommis-
sioni 2, c. 125r-v e 4, cc. 17r-18r, (cf. ANSIDEI-GIANNANTONI, art. cit., x [1904]
61-62), e in ASP, Miscellanea 4, cc. 63r-64v. Infine, anche della sommissione
di Gualdo si hanno copie : tre nelle Sommissioni (1, cc. 82r-84r ; 2, cc. 125r-
126v ; 4, cc. 17r-20r ; cf. ANSIDEI-GIANNANTONI, art. cit., x1 [1896] 139-141),
una in Miscellanea 4, cc. 64v-65v. Da notare la clausola per la quale il rappre-
sentante di Gualdo si impegna a tenere per propri i nemici di Perugia « et
specialiter Fulingnatos, Dei et Ecclesie et comunis Perusii proditores, et
eos offendere per se et suos iuxta posse ».

26) UgoLINI, Annali cit.. 149.

7) Ibidem. Cf. NicoLini, in Reformationes cit., p. 85 n. 2; BONAZZI,
Storia cit., 229.

28) Sassovivo 1420. La scomunica cui si fa riferimento è evidentemente
quella lanciata dal Concilio di Lione il 17 luglio 1245 contro Federico e i suoi
fautori (bolla «Ad apostolicae dignitatis », in HUILLARD BRÉHOLLES, 0p. cil.,
VI, I, 319).

29) UcoLINI, Annali cit, 149 ha che nel 1250 Perugia «stava...a

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oste sopra Folingno »; FALOCI PuLIGNANI, in Fragmenta cit., p. 12 n. 3,
afferma che «la morte di Federico II, avvenuta il 13 dicembre [1250], su-
scitò nuovo coraggio nel partito guelfo, e i Perugini si mossero per cacciare
da Foligno gli imperiali ». Le due notizie, se esatte (ma gli « Annali » avevano
attribuito la sconfitta di Perugia al 1245 ; e le parole del faloci sembrano
generiche, anche se basate sulle opinioni degli «storici nostri unanimi »),
potrebbero riferirsi ad avvenimenti diversi, perché è improbabile che una spe-
dizione sia stata fatta tra il 13 dicembre e la fine del 1250 : si possono quindi
ipotizzare due tentativi perugini, nel 1250 e nel 1251 o giù di lì.

3°) Cf. E. DuPRE THESEIDER, Roma dal comune del popolo alla signoria
pontificia (1252-1377), Bologna 1952, 15-16 ; NIcoLINI, in Reformationes cit.,
p. 86, nota.

31) P, PELLINI, Dell'historia di Perugia, Venetia 1664, 1, 261. Cf. BonIFAZIO
DA VERONA, Eulistea cit., 39-41; Cronaca di Luca di Domenico Manenti, in
Ephemerides Urbevetanae, a cura di L. Fumi, in RR.II.SS. n. s., xv, 5 Bologna
1920, 1, 302 ; SANSI, Storia del comune di Spoleto cit., 85. Il cronista orvie-
tano (e, presumibilmente sulla sua scia, il Pellini e il Sansi) parla di un
« piano della Meta » come luogo dove si svolse la battaglia ; esso è identifica-
bile con la località di Ammeto, presso Marsciano. Nella stessa zona ma lon-
tano da Ammeto ci riporta l'Eulistea (p. 39), anche se il passo è tutt'altro
che chiaro: «qua sunt Marsanica castra [Marsciano], | qua vada Fresoni
[il Fresinone], Nestoris [il Nestore] et unde cruenti, | et qua Curtarum Po-
dium [Poggio delle Corti, presso Mugnano] sua castra locantes ».

3) Famosa è la circostanza della deviazione del Topino e del miracolo
dell’acqua nel pozzo di S. Feliciano: Fragmenta cit., 12;, IACOBILLI, Cro-
niche cit., ad a. 1253.

33) Fragmenta cit., 13; UcoLINI, Annali cit., 150; Brevi annali cit.,
57; BonIFAZIO DA VERONA, Eulistea cit., 41-42; NiccoLò TIGNOSI, Quod
tarde bella suscipienda sint, Foligno, Bibl. Iacobilli, ms. A rm 5, ff. 132-134
(secondo lo Iacobilli, che annota a margine, si riferiscono all’assedio irit
129-130 ; ringrazio don Sensi per la segnalazione). Cf. DorIo, Istoria cit.,
139; IacoBILLI, Discorso cit., 29, 42 e Croniche cit., ad an. 1254; BONAZZI,
op. cit., 234 ; F. BRIGANTI, Della guerra cit., 479-484 ; F. GUARDABASSI, Storia
di Perugia, Perugia 1933, 1, 147; FALocr PULIGNANI, Perugia e Foligno cit.,
13-16; WALEY, The Papal State cit., 156 ; MEssINI, in Statuta cit., p. VII;
e gli autori citati alla nota 31.

) Così affermano la cronaca di Luca di Domenico Manenti, il Dorio,
lo Iacobilli, il Pellini (il quale parla, anziché di Trincia, di un « M. Trivultio »),
il Sansi. Nei documenti oggetto del presente studio c’è solo un accenno al ri-
torno dei fuorusciti, dove il podestà di Foligno promette al collega di Perugia
di «reddere pacem et finem eorum extrinsecis », di permettere «eos reintrare
et stare in civitate Fulginei in domibus eorum» e di «reddere pacem et fi-
nem filiis Guithi » (doc. n. 6 in Appendice). Le ultime parole non si riferiscono

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18 ATTILIO BARTOLI LANGELI
peró ai Trinci, nella cui famiglia non compare nel sec. XIII il nome
Guido o Guidone. L'unico Guido di un certo rilievo nella prima metà del Due-
cento a Foligno é Guido degli Atti, che fu priore di S. Feliciano nel 1230-31
(Dorio, Istoria cit., 68 ; FALOCI PULIGNANI, I priori cit., 51), appartenente
a quella famiglia degli Atti di Foligno che fu paladina, secondo il Dorio (op.
cit., 63), della parte guelfa.

35) V. Appendice, doc. n. 1, con riferimenti archivistici e bibliografici.

36) Il passo è il seguente: «quas [riferito presumibilmente a «res»;
sarebbero stati preferibili, parlandosi precedentemente di « medietas » e di
«bona », un « quam » o un « que »] eius nomine [di Angelo, il nuovo proprie-
tario] precaria tamquam procuratores predictorum et suo constituerunt
predictos et se possidere ». Esso non corrisponde che vagamente ai formulari
fiorentino (Formularium Florentinum Artis Notariae [1220-1242], a c. di
G. Masi, Milano 1943, 68, 70, 79, 86, 92, 100), di Raniero da Perugia (Die
Ars Notariae des Rainerius Perusinus, a c. di L. WAHRMUND, Aalen 1962,
11, 27, 28, 35, 37) e di Bencivenne (Ars notarie, a c. di G. BRONZINO, Bologna
1965, 29, 30, 37), che hanno «quam rem se eius nomine constituit possi-
dere», ma sostituiscono al « precaria» di Munaldo le formule «donec in
possessionem intraverit corporaliter » o «dans ei licentiam intrandi quan-
documque sibi placuerit », o simili.

27) Secondo Salatiele (Ars Notariae, a c. di G. ORLANDELLI, Milano 1961)
la « traditio rei » è ciò che « facit emptorem dominum, si venditor erat domi-
nus », e serve «ut probari possit dominium esse traslatum a venditore ... ad
emptorem ». Essa «fit duobus modis, scilicet vere [quando avviene «in eo
loco ubi fit instrumentum .», 1, 109] et cum quodam iuris fictione, ... ficte
seu presumptive », quando «possidens constituit se possidere nomine alieno
et sic desinit possidere et alium possessorem in instrumento suo facit;
nec est idem ’ possidere ’ et ’ alieno nomine possidere ', nam is possidet cuius
nomine possidetur » (11, 222). Altre glosse relative alla «traditio rei » sono in
I, 114, 115-116, 140; rn, 230, 238.

38) Croniche cit., ad a. 1252, al quale l'atto è erroneamente riferito.

9) Lo Iacobilli, datando la vendita al 1252, si riferisce alla spedizione del
1253 ; ma l’esclusione dei beni dei venditori folignati dalle rovine della guerra,
sembrando più un’ipotetica conseguenza del contratto che una concatena-
zione documentata, può riferirsi anche al 1254.

4°) In Fragmenta cit., p. 13 nota.

1) Lo stesso Faloci Pulignani, in Perugia e Foligno cit., 13-14, afferma
che «un antico cronista di quella città [Perugia] scrisse che tutto questo
[la guerra del 1253-54] fu fatto perché il comune di Foligno aveva stipulato
un contratto con quello di Perugia, che poi non volle mantenere »: ma è
solo una errata interpretazione di un passo della cronaca in UGoLINI, Annali
cit., 150 (ripreso quasi alla lettera da Cronache e storie inedite cit., 57) : «in
questo millesimo [1254] el comuno de Folingno fecero egl comandamenta

BAIE ISEE AI PENATI VAN ali RETTE I DOCUMENTI SULLA GUERRA TRA PERUGIA E FOLIGNO 19

del comuno de Peroscia, e a poco puoie egl ruppero egl ditte comamdamenta »,
che si riferisce non a un precedente della guerra, ma alla trasgressione dei
patti di pace stipulati dopo la guerra stessa.

1?) Della guerra cit., 480.

43) Interpretando erroneamente un passo, del tutto chiaro, del docu-
mento (« vendiderunt ... medietatem pro indiviso omnium et singulorum
bonorum eorum »), il Briganti (ibidem) afferma che «i venditori possedevano
soltanto una metà dei beni ceduti ai Perugini, e di conseguenza nella presa
di possesso e nei rapporti con i possessori dell’altra metà dovevano nascere
delle discordie ».

44) Ansidei e Giannantoni (7 codici delle Sommissioni cit., x [1904], 67-
68), che registrano le copie dello strumento di vendita contenute nei libri
delle Sommissioni (ASP, Sommissioni 2, cc. 79v-80v e 4, c. 40r-v), non
affrontano minimamente l’argomento, limitandosi ad una discussione sul
nome della « gens » del capitano del popolo Alberto « de- Pavanensibus », al
tempo del quale fu trascritto l'atto.

45) Nei documenti qui esaminati c’è solo l'accenno ai figli di « Guithus »
come banditi dai ghibellini, già analizzato alla nota 34.

4‘) Per le notizie sui singoli personaggi, qui riassunte, si rimanda alle
note di commento apposte all’edizione del documento (Appendice, note 8,
2513 7309):

^) Fu podestà di Foligno nel 1253, secondo Fragmenta cit., 12. Lo Ia-
cobilli (Croniche cit., ad an. 1253) lo chiama Giovanni di Maestro Crescim-
bene di Ranaldo, nome che però non è altrimenti documentato.

48) Documenti nn. 2a e 4a in Appendice. Le due procure e le due sommis-
sioni sono trascritte a fronte, per dar conto delle differenze e conformità.

4°) Il nome di Deotaite ricorre di frequente nella documentazione di
Sassovivo, tanto da figurare come uomo di fiducia degli abati: egli rice-
vette in enfiteusi dal monastero due terre nel 1231 e 1232 (Libro dei censi
del sec. XIII dell’abbazia di S. Croce di Sassovivo, a cura di R. Capasso,
Perugia 1967, 29, 31. Le terre erano «in Saxoclu », cioè a Sassovivo : la
frequenza dell’abbazia poteva esser determinata anche dalla vicinanza fisica) ;
fu arbitro in una lite tra S. Croce e i Trinci nel 1247, e diede ragione ai
monaci (Sassovivo 2607) ; fu presente alla stesura di molti atti (S. 2043, 2044,
3545, 4724, 4553, 1899, 6019, 2284). Significativa mi sembra la sua presenza
nel 1248 alla professione di Pietro da S. Salvatore nelle mani del priore
Foligno, nella quale é nominato come unico teste laico dopo sei oblati
(S. 3887). Nel doc. n. 3, é detto capitano delle arti ; era consigliere e « gui-
dator hominum et comunis ».

5°) Documenti nn. 2b e 4b in Appendice.

3 Fu per molti anni notaio attivissimo per l’abbazia di Sassovivo :
i documenti da lui rogati che si trovano nel fondo del monastero sono un cen-
tinaio, e coprono un periodo di ventisette anni, dal 1243 (Sassovivo 2946) al

y ORE > , RE
d 35! ao INDIRE i re

Lai
——

PIZZE D».

X. *
o dil
20

ATTILIO BARTOLI LANGELI

1270 (S. 5463). Era morto nel 1316, quando un notaio, trascrivendo un suo
atto, scriveva di lui : « post mortem Mathei Egidii, cuius anima benedicatur »
(S. 4580).

53) Angelo «Bonaionte » o « Bonaiunte » 0 « Bonazunte » figura come
rappresentante del Comune di Perugia nella vendita del 1° settembre 1253, e
nella stipulazione dell’alleanza con Orvieto del 27 agosto 1256 (ASP, Diplo-
matico, xxvi, n. 40; cf. L. Fumi, Codice diplomatico della città di Orvieto,
Firenze 1884, 208) e dei patti con Cagli del 28 maggio 1259 (ASP, Diploma-
tico, xxvi, nn. 51 e 52); come partecipante a un consiglio e tra gli eletti al
consiglio speciale per porta S. Pietro nel 1260 (V. AnsIDEI, Regestum refor-
mationum Comunis Perusii ab anno MCCLVI ad annum MCCC, 1, Perugia
1935, 89 e 244n.). Della sua attività notarile ci restano, oltre agli strumenti
di cui si tratta, due documenti in originale dell'Archivio di S. Pietro a Peru-
gia (Pergamene, cass. XVIII, nn. 81, 85) del 30 aprile 1253, concernenti una
vendita di terreni.

53) Recabene « Vitelli » afferma, nella sottoscrizione alle copie, di aver
esemplato i documenti « de mandato et auctoritate domini Ricardi de Ni-
guarda civitatis Perusii honorabilis potestatis et domini Gualfredi quon-
dam domini Ranerii de Cancellariis laudabilis capitanei comunis et populi
Perusini»; l'esercizio delle rispettive magistrature è attestato per Rizzardo
dal luglio 1281 al giugno 1282, per Gualfredo dal gennaio al dicembre 1282
(cf. UGOLINI, Annali cit., 155 ; A. MarIOTTI, Saggio di memorie istoriche, civili
ed ecclesiastiche della città di Perugia, I, 2 [Catalogo dei podestà], Perugia
1806, 220) ; la copia fu perciò trascritta nella prima metà del 1282, quando
i due espletarono contemporaneamente il loro ufficio.

s4) Forse fratello di quel Bovicello « Vitelli » di cui si conservano molti
documenti nell'Archivio Storico del comune di Perugia ; ma della sua mano
ho trovato solo questi documenti. Nessuna traccia della sua attività nemmeno
a Città di Castello, dove potrebbe riportarlo il cognome « Vitelli ».

5) L'atto di elezione di Deotaite « Chere » fu poi fedelmente copiato,
sulla base della scrittura di Recabene, dal notaio Andriolo « quondam Fatii »,
della «familia» del capitano del popolo Giacomo « Bossii » (1287); ma la
copia non interessa, dato che ne è conosciuto il precedente. A proposito di
tradizione documentaria, è inspiegabile il fatto che nei codici delle Som-
missioni del comune non vi siano le copie degli atti di resa dei folignati, titoli
tra i più significativi per Perugia.

ss) Se il Pellini (Dell'historia di Perugia cit., 261) parla del ritorno della
parte guelfa in Foligno sotto l’anno 1253, ciò è dovuto al fatto che egli lo pone
alla fine dell'esposizione della battaglia « della Meta », appunto del 1253.

57) UgoLINI, Annali cit., 149-150 ; MaRrIOTTI, Saggio cit., 209.

55) Un bando del 5 giugno 1253 è pronunciato «in castris iuxta Fulgi-
neum, ... prope tentorium potestatis » (ASP, Banditi 1, c. 46r). Quindi Ar-
naldo «de Saviola» partecipò personalmente alla prima fase dell'assedio.

d mto TIE AI NIE VoM - AD I DOCUMENTI SULLA GUERRA TRA PERUGIA E FOLIGNO

5*) Ibidem, cc. A4r-5ir.

6°) Ibidem, cc. 52r-59v.

*) Ibidem, c. 56v.

6) V. nota 47.

*:) Negli atti di procura l'unica differenza, e di rilievo, concerne Ra-
naldo « Nepoleonis », il capo dei ghibellini folignati, presente alla nomina di
Giovanni e assente in quella di Deotaite ; c’è poi lo scambio tra questi ul-
timi: Deotaite é tra i consiglieri che eleggono Giovanni e viceversa. Piü
sostanziali le differenze tra i testimoni che assistono alla sommissione :
i folignati, numerosi in quella del 14 giugno, il giorno dopo sono sostituiti
da eminenti perugini.

*4 In ambedue gli atti di resa è detto che l’esercito perugino si trovava
«in plano Fulginei prope ipsam civitatem versus Spellum » («inter Flamen-
gam et Tupinum », precisa il doc. n. 6). Secondo le consuetudini folignati
il consiglio del comune, che elesse Giovanni « Magistri », si riuni «in eccle-
sia Sancti Filiciani » mentre il parlamento fu convocato per la costituzione
dell'altro procuratore «in platea ... ante ecclesiam Sancti Filiciani ».

*5) La cronologia del governo episcopale di Frogerio è determinata nei
modi più diversi dai grandi manuali di cronotassi vescovile (UGHELLI,
Italia sacra cit., 1161 ; P. B. GAMs, Series episcoporum Ecclesiae Catholicae, Graz
1873, 714 ; C. EuBEL, Hierarchia Catholica Medii Aevi, 1, Monasterii 1913, 396)
e dagli eruditi perugini (basti citare G. BiGAZZINI, Vescovi dell' illustrissima città
di Perugia, ivi, Bibl. Com., ms. 1336, f. 6v; e G. BELFORTI, Serie de’
vescovi di Perugia dall'anno CLXI al corrente MDCCLXXXIII, ibidem., ms.
1846, ff. 48-50). In realtà é agevole stabilire che Frogerio fu a capo della
chiesa perugina dalla metà circa del 1253 alla seconda metà del 1254, se è
vero che la morte del vescovo Benaudito, suo probabile predecessore, avvenne
tra il 27 marzo e il 4 settembre dell'anno 1253 (cf. ASP, Corporazioni sop-
presse, S. Francesco al Prato, cass. 1, pergamena non num. ; G. SBARALEA,
Bullarium franciscanum, 1, Romae 1759, 680-81); che il vescovo Frogerio
compare, oltre che nei documenti di cui si discute nel presente articolo, in un
atto del 12 gennaio 1254 (Perugia, Archivio Capitolare, Libro verde, c. 32r-v ;
cf. PELLINI, Dell'historia cit., 1, 263 e G. CERNICCHI, L'Acropoli sacra di Pe-
rugia e i suoi archivi al principio del secolo X X, Perugia 1911, 64) ; e infine
che Innocenzo IV il 31 ottobre 1254 affermava di aver da poco provveduto
«ecclesiae Perusinae, quae tunc vacabat, de magistro Bernardo canonico
Assisinati capellano suo » (BERGER, Les registres cit., 8108).

**) F. BRIGANTI, Della guerra cit., p. 482 n. 1.

67) IACOBILLI, Croniche cit., ad an. 1253.

68) Documento n. 3 in Appendice.

**) Orvieto è il primo comune umbro a introdurre nella sua legislazione
l’istituto del capitano del popolo, nel 1250 (cf. D. WaArEv, Mediaeval Orvieto,
Cambridge 1952, 40-42); a Perugia tale magistratura compare solo nel 1255

dee. E - Mis.

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di^ e 35^,

Lo
22 ATTILIO BARTOLI LANGELI
(A. BRIGANTI, Un singolare errore sulla creazione del Capitano del Popolo in
Perugia, in « BDSPU» xvi [1910], 895-900). Naturalmente, la comparsa
di un magistrato è tutt'altra cosa che la crescita politica e la salita al potere
della parte popolare; mi sembra comunque che una divisione netta come
quella che troviamo a Foligno non abbia riscontro.

70) È da menzionare solo l'edizione degli statuti trecenteschi (Statuta
cit.), d'altronde insufficiente dal punto di vista esegetico ; sarebbe utile uno
spoglio delle notizie sulla legislazione folignate sparse nell'immenso materiale
raccolto dal Dorio e dallo Iacobilli.

71) Appendice, doc. n. 3.

) Doc. n. 6; nel prosieguo, i due sono detti tout court « capitanei ».
In questo documento, di ratifica dei patti stipulati da Deotrite, figura come
unica entità politica il « populus ». Il «comune» non vi è mai nominato :
Martino da Rieti è definito «potestas Fulginatum », e non «potestas co-
munis Fulginei », come sarebbe da aspettarsi.

23) Vanno segnalate ancora la menzione di un « rector comunis » (doc.
n. 3, r. 3), forse da identificare col « vicarius potestatis » citato nel doc. 2b r. 4 ;
e quella, frequente (documenti nn. 2 e 4,), dei « guidatores hominum etcomunis »,
che dovrebbero corrispondere ai baili delle compagnie armate cittadine.

7) Sono tre scritture, stese su due carte da due mani diverse, non ap-
partenenti né a Matteo « Egidii » né ad Angelo « Bonaiuncte » né a Recabene
« Vitelli », di difficile definizione diplomatica in quanto non sottoscritte né
datate. Sembrerebbero minute notarili o, meglio, appunti per la stesura di
riformanze.

75) Appendice, doc. n. 2.

?*) Doc. n. 5.

7) Doc. n. 6.

78) Fragmenta cit., 13, ripreso da IACOBILLI, Croniche cit., ad an., e da
MessINI, in Statuta cit., p. vit. Lo stesso Iacobilli (in Discorso cit., 42) sembra
modificare la notizia, attribuendo all'agosto non i patti di pace, ma la de-
signazione di Trincia Trinci a vicario di Bonifacio da Fogliano, nuovo
podestà di Foligno.

79) Sulle clausole della sommissione, specie su quella riguardante la
distruzione delle mura, si intrattiene FALocr PULIGNANI, Perugia e Foligno
cit., 14-16.

80) L'espressione è di FALocr PULIGNANI, in Fragmenta cit., p. 13 n. 1.
Cf., oltre agli autori citati alla n. 33, gli appunti degli archivisti che hanno
catalogato, nel corso dei secoli, le pergamene del Diplomatico, specie i regesti
del Cartilogio del 1341 (ASP, Inventari 7, c. 9r; cf. 6, ibidem c. 18v) e di
G. Belforti (Transunto delle pergamene volanti che si conservano nella Cancel-
leria Decemvirale, 1, Contratti diversi [ASP, ms. non numerato], ff. 18-21).

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I DOCUMENTI SULLA GUERRA. TRA PERUGIA E FOLIGNO

BIBLIOGRAFIA

Documenti: Perugia, Archivio di Stato, Archivio Storico del
Comune (= ASP), Diplomatico, cass. xxv, pergamene nn. 32, 33, 35, 36, 36 15.

E. BERGER, Les registres d’ Innocent IV, Paris, Thorin, 1897 ; F. BrI-
GANTI, Della guerra tra Perugia e Foligno nel 1254, in « BDSPU » x (1904),
479-484; D. Doro, Istoria della famiglia Trinci, Foligno, Alterii, 1638 ;
M. FaLocI PuLIGNANI, Perugia e Foligno nel secolo XIII, Foligno, Sbrozzi,
1938; Fragmenta Fulginatis Historiae, a cura di M. FaLOCI PULIGNANI,
in RR. II. SS. n.s., xxvi, 2, Bologna, Zanichelli, 1933 ; J. L. A. HUILLARD
BnÉnHoLLES, Historia Diplomatica Friderici secundi, Parisiis, Plon, 1852-
1861 (rist. anast. Torino, Bottega d'Erasmo, 1963), voll. v e vi; L. Iaco-
BILLI, Croniche della Città di Foligno, ms. 101 della Biblioteca Iacobilli di
Foligno (copia del xvin sec. in Foligno, Bibl. Comunale, ms. F 198); Re-
formationes Comunis Perusii quae extant anni MCCLXII, a cura di U. Nr-
COLINI, Perugia, Dep. st. p. per l'Umbria (Fonti, v), 1969; D. WarEv, The
Papal State in the thirteenth century, London, McMillan, 1961.
APPENDICE

1253 settembre 1, Perugia

Benvenuto Car pelle e Benveniate Girardi, per sé e come procu-
ratori di diciannove uomini di Foligno, vendono al comune di Perugia, in per-
sona del sindaco Angelo Bonaionte, la metà pro indiviso delle loro
proprietà site nella città, contado e distretto di Foligno, al prezzo di mille e sei-
cento lire ravennati e lucchesi.

Originale [A]: ASP, Diplomatico, xxv, 33.

Copie autentiche [B]: ASP, Sommissioni, 2, cc. 79v-80v; [B']:
ibidem, 4, c. 40r-v.

Regesti: BeLFORTI, Transunto cit., f. 19; M. FaLOocI PULIGNANI,
Indice dei libri delle Sommissioni, in « Archivio storico per le Marche e per
l'Umbria », 1 (1884), 605; ANSIDEI-GIANNANTONI, I codici cit., x (1904) 67.

In nomine Domini, amen. Anno eiusdem Domini .MccLimr. *, indic-
tione .xr, die kalendarum septembris, tempore domini Innocentii pape
quarti. | Benvenutus Carpelle? et Benevenias domini Girardi 3 de Fulgi-
neo, procuratores dominorum Stelluti Egidii Acti 3, | Ranaldi Thome 9,
Bartoli Ranutii 5), Somei Munaldi, Egidii domini Deotaiti 9), Clei domini
Guidutii, Oderisi Rodulfi Benencase ?, | Rodulfi domini Filippi 9), Egidii
domini Gualterii, Thome domini Bernardi 9), Ranaldi domini Ranaldi, Egi-
dii domini Petri:9, | Deoteaiti domini Ottonelli, Morici domini Egilii, Bon-
cangni domini Herculani 1), Ranutii Regugliti, Citadini domini Ranutii, |
Symarelli Iacobi Ranaldutii, Corradi Mathei 12), procuratores facti, consti-
tuti et ordinati a predictis ad venditionem fa|ciendam de bonis et rebus
eorum syndico comunis Perusii, pro ipso comuni stipulanti, usque in quanti-

tatem mille sexcent(um) librarum, testante | instrumento procurationis
scripto manu Bonapressi Carpelle notarii!) sub anno Domini .MCCLII.,
indictione .xr, die .xv. augusti, tempore | domini Innocentii pape

quarti, a me Munaldo notario infrascripto viso et lecto: ideo predicti
procuratores procuratorio nomine predictorum | et eorum nomine iure pro-
prio in perpetuum et per allodium vendiderunt, tradiderunt domino Angelo
Bonaionte syndico comunis Perusii pro dicto | comune Perusii stipulanti,
medietatem pro indiviso omnium et singulorum bonorum eorum omnium
et supradictorum quorum sunt procuratores, | videlicet domorum, turrium,

PE, rere. mito Ag d Co API ATO PE IAA GRAN dl Moe. oie oi
I DOCUMENTI SULLA GUERRA TRA PERUGIA E FOLIGNO 25-

casalinorum, terrarum, vinearum, pratorum, molendinorum, que ipsi et.
supradicti vel alter pro eis habebant | et possidebant in civitate Fulginei
eiusque comitatu et districtu in quibuscumque locis et pertinentiis, ad ha-
bendum, tenendum, possidendum, ven|dendum, alienandum et ad omnia
et singula faciendum que umquam ipsi domino Angelo procuratorio nomine:
pro dicto comuni et ipsi comuni | Perusii placuerit ), cum omnibus et sin-
gulis rebus et utilitatibus quas predicte res vel altera earum habent infra
se et | supra se et ad ipsos vel ad alterum eorum pertinent in integrum, omni-
que iure et actione, usu seu requisitione ipsis | om(n)ibus predictis ex rebus
predictis vel altera earum pertinent ? sive spectantur, cum introitibus et.
exitibus sui ? viarum, | pro pretio et solutione mille sexcent(um)
librarum bonorum Raven(natum) et Lucensium 9; quod pretium predicti
procuratores nomine predictorum | et suo a predicto domino Angelo syndi-
co, dante et solvente nomine comunis Perusii, se recepisse confessi fuerunt
et apud | se habere, renuntiantes exceptioni non habiti, soluti et recepti pre-

tii, doli mali exceptioni et omni alii legum auxilio. quas | eius nomine preca--

ria tamquam procuratores predictorum et suo const(ituerunt) predictos et se
possidere ; possessionem predictorum et cuiuslibet | eorum sibi domino An-
gelo syndico pro dicto comune stipulanti et ipsi comuni dare vacuam et
absolutam promisit ; et si predicte | res melius essent dicto pretio, sibi sti-

pulanti pro dicto comuni donaverunt inter vivos. et promisit eis quod de ipsis.

rebus | vel altera earum ipsi procuratores vel predicti nec aliquis eorum ne-
mini ullum ius dederunt vel actionem vel concesserunt, ipsi comuni | Peru-
sii nocitur(a) ; quod si apparuerit eos vel predictos contrafecisse, eum et dictum
comune Perusii indempne conservare promiserunt. | et promiserunt pro se-
et procuratorio nomine predictorum quod predicti nec aliquis eorum vel
pro eis facient ipsi comuni litem aliquam | vel questionem, sed ipsas res et

quamlibet earum in iudicio et extra legitime defendere statim lite mota ;.

omneque dampnum | et expensas ac interesse, quas dictus syndicus vel comu-
ne Perusii fecerint vel substinuerint in iudicio et extra occasione | rerum predic-
tarum vel alterius earum, integre pro dicto comune stipulanti reficere et

resarcire promisit. et insuper predicti procuratores | per se suosque heredes.

promiserunt se taliter facturum et curatur(um), quod omnes predicti quorum
sunt procuratores hec omnia | et singula rata et firma habebunt et non con-

travenient, immo consentient huic instrumento et ipsum firmabunt prout.
de iure fuerit | melius valiturum. que omnia et singula supradicta per se:

et tamquam procuratores predictorum procuratorio nomine pro eis, rata |
et firma habere et tenere perpetuo promiserunt et in nullo contrafacere vel
venire aliqua occasione vel exceptione, sub. pena dupli pretii | predicti et

obligatione bonorum predictorum quorum procuratores sunt et suorum ;.

quam penam stipulatione sollempni per se suosque heredes | et procuratorio

nomine predictorum promiserunt prenominato syndico nomine et vice ipsius.

comunis Perusii stipulanti, si predicta omnia et | singula non observarent

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"26 ATTILIO BARTOLI LANGELI

«el contravenirent ipsi procuratores vel predicti quorum sunt procurato-
-res ; et totiens ipsam penam | dare et solvere promiserunt, quotiens commissa
fuerit in omnibus et singulis capitulis predictis ; et ea soluta vel non, pre|dic-
“ta omnia rata et firma permaneant.
Actum in palatio comunis Perusii, presentibus domino Guidone de Mon-
"tesporello, domino Guidalocto iudice, domino | Boniohanne domine Massa-
rie iudice, domino Pero Benencase, domino Salvatico, domino Hermanno
Supolini, domino Iohanne | Archipresbiteri, in consilio speciali et generali
-comunis Perusii per sonum campanarum et voce preconia more solito convo-

»cato.
(ST) Et ego Munaldus Iacobi, apostolice sedis auctoritate notarius,

hiis interfui et rogatus scripsi | et publicavi.

a) l'ultima 1 é aggiunta b) seguito da un faciendum superfluo nel contesto C) con segno
-abbreviativo superfluo d) così A, probabilmente per suis e) la L è corretta su &

2
(a) 1253 (f) giugno 12, Foligno

Il consiglio del comune di Foligno costituisce procuratore Giovanni M a g i -
.stri, per sottomettere il detto comune a Giacomo de Ponte podestà di Pe-
srugia.

Copia autentica [C]: ASP, Diplomatico, xxv, 32. La pergamena è
-divisa da una profonda piegatura verticale in due parti: a sinistra è il pre-
«sente, a destra è il doc. n. 4a.

Edizione: BRIGANTI, Della guerra cit., 482-483.

Regesti : ASP, Inventari 7, c. 9 ; BELFORTI, MS. eit. ; t, 18,

(b) 1254 giugno 12, Foligno

Il parlamento di Foligno costituisce procuratore Deotaite C here, per
«sottomettere la città a Giacomo de Ponte podestà di Perugia.

Copia autentica [C]: ASP, Diplomatico, xxv, 35. La pergamena è
legata, sul margine inferiore, a quella contenente il doc. n. 4b.

Copia autentica del 1287, di mano di Andriolo « Fatii» [D]: ASP,
-Diplomatico, xxv, 34. Sul margine inferiore sono dei fori, segni di una pre-
-cedente cucitura con una carta perduta.
Regesti: BELFORTI, ms. cil., 1f. 19; 20:

rl. oto Mu ga Ml SIRO A ad irte et ^. Lc M 2a] Von Wo - AL (a)

Hoc est exemplum cuiusdam in-
strumenti sic incipientis.

In nomine Domini, amen. Anno
eiusdem .MCCLIII°., indictione .x1?.,
tempore domini Innocentii pape quar-
ti, | die .xrr. intrante mense iunii.
‘Congregato consilio comunis Ful-
ginei in ecclesia Sancti Filiciani de
voluntate | totius consilii et consi-
liariorum in ipso consilio commoran-
tium,

et una cum guidatoribus
infrascriptis et | [hominum et] uni-
versitatis comunis Fulginei et una
‘cum mangna quantitate aliorum ho-
minum dicte civitatis et comitatus |
[in ipso consil]io commoran[tium ad]
sonum campanarum et voce preconia
ut moris est: in quo consilio dicti |
consiliarii una cum dictis guida-
toribus comunis Fulginei et de con-
sensu et voluntate totius consilii et
‘omnium consiliariorum, | et ipsi gui-
«datores ?) una cum eis, nemine
discordante et discrepante fecerunt,
'constituerunt, | ordinaverunt et crea-
verunt eorum et dicti comunis et

I DOCUMENTI SULLA GUERRA

TRA PERUGIA E FOLIGNO 27

(b)

Hoc est exemplum cuiusdam instru-
menti sic incipientis.

In nomine Domini, amen. Ann(i)
Domini .MccLimi?"., indictione .XII2.,
tempore domini Innocentii pape quar-
ti, | die .xrr. mensis iunii.
Congregatis et convocatis omnibus
hominibus civitatis et comitatus |
Fulginei et districtus eiusdem in pla-
tea ipsius comunis ante ecclesiam
Sancti Filiciani ad publicum ^ par-
lamentum | seu arengam, de mandato
et voluntate et licentia et consensu
vicarii potestatis eiusdem terre et |
de voluntate et consensu, licentia at-
que mandato totius consilii et consi-
liariorum civitatis eiusdem, et una |
cum lohanne Magistri, domino Ben-
cevene de Cerreto iudice, Egidio An-
gelerii, domino Opecino Carsidonii, |
domino Brancaleone Armalei, Iohan-
ne Balduini, domino Andrea Corbi?),
Anestasio Manentis, Bomparente, |
Mafucio Bonincontri, Egidio Pace-
rani, Perfido de Casale, Deotesalve
Capparonis, et una cum aliis | guida-
toribus infrascriptis dicti comunis et
hominum et universitatis et comunis
eiusdem civitatis, ad sonum cam |pa-
narum et tube et voce preconia more
solito convocatis :

in quo parlamento
seu arenga dictus vicarius | eiusdem
terre, de voluntate et consensu om-
nium de dicto parlamento civitatis et
comitatus et | universitatis eiusdem
et de voluntate et mandato et con-
sensu omnium supradictorum guida-
torum et | infrascriptorum, et ipse
et ipsi una cum eis et ipsum parla-

BO LT RS Ue RR, nez gs uc

»*

=
——

RS.

3 *.
ia
omnium hominum dicte civitatis et
comitatus Iohannem | Magistri de
Fulgineo et guidatorem hominum et
universitatis comunis eiusdem, legi-
timum syndicum, actorem, | facto-
rem et procuratorem, guidatorem
et nuntium specialem, presentem, re-
cipientem et volentem nomine dicti
comunis, |

ad comparendum coram mangnifico
et honorabili viro domino Iacopo
de Ponte Romanorum pro|consule
Perus(inorum) potestate, in exer-
citu facto contra Fulgineum per
homines comunis Perusii prope ipsam
civitatem versus | Spellum, et co-
ram consilio speciali et generali eius-
dem civitatis et coram multa quan-
titate Perusinorum et | alium ^
quizentum ibidem congregatorum ;

ad faciendum, iurandum et obedien-
dum mandata et precepta ipsius do-
mini | potestatis et comunis Peru-
sii nomine et vice comunis, totius
comunis et universitatis et distric-
tus Perusii et consiliarii ) dicte
| civitatis pro comuni Perusii; ad
promittendum, faciendum et obser-
vandum nomine comunis Fulginei
precepta et mandata | ipsius domini
potestatis et comunis Perusii, et ad
promittendum, observandum et fa-
ciendum omnia pacta et convenc]tio-
nes inita et facta et que fieri debent
inter comune Perusii et comune Ful-
ginei, scripta et que scribi debent |
manu Angeli Bonaiuncte notarii co-

28 ATTILIO BARTOLI LANGELI

mentum, consilium et consiliarii et.
guidatores | in ipso existentes, no-
mine et vice ipsius comunis et univer-
sitatis concorditer et unanimiter fe-
cerunt, | constituerunt, ordinaverunt
et creaverunt eorum et dicti comunis.
et omnium hominum dicte civitatis.
et | comitatus Deotaytem domine
Chere de Fulgineo et guidatorem ho-
minum et universitatis eiusdem | co-
munis verum, legitimum syndicum
et procuratorem, actorem, factorem
et nuntium specialem, presentem, |
volentem et recipientem nomine et.
vice dicti comunis, ad comparendum
coram mangnifico et honorabili | viro:
domino Iacobo de Ponte Romanorum
proconsule Perus(inorum) potestate,
in exercitu(m) factum contra Fulgina-
tes | per comune et homunes civitatis.
Perusii prope ipsam civitatem ver-
sus Spellum, et coram consilio spe-
ciali | et generali eiusdem civitatis,.
et ad comparendum coram multa
quantitate Perusinorum et aliarum |
gentium ibidem congregatarum ; et
ad faciendum, obediendum et iuran-
dum mandata et | precepta ipsius do-
mini potestatis tamquam potestatis.
comunis Perusii et nomine et vice
comunis Perusi, et totius univer |si-
tatis et districtus Perusii et consilia-
riorum dicte civitatis pro comuni Pe-
rusii ; et ad promittendum, faciendum
et | observandum nomine comunis.
Fulginei omnia eorum precepta et
mandata, et omnia pacta et con-
venctiones facta | et inita et que
fieri debent inter comune Perusii et
comune Fulginei, sub pena et in pena
mille | marcharum boni et puri ar-
genti que in instrumento pactorum
plenius continebitur et declarabitur,.

d, LL... Lois Ml S III AI EI AOSTA Do V se DE munis Perusii vel alterius, sub pena
et in pena mille marcharum ar|-
genti et plus ad voluntatem pote-
statis et comunis Perusii, et ad pro-
mittendum et solvendum dictam pe-
nam, et ad | obligandum bona om-
nia dicti comunis presentia et futura ;
et generaliter ad omnia et singula
faciendum et exer|cendum, que in
predictis et circa predicta fuerint
necessaria et oportuna in predictis
et quolibet predictorum. ratum, |
gratum et firmum habere promise-
runt quidquid per ipsum syndicum ex
nunc factum fuerit, sub ypotheca et
obligatione | bonorum dicti comunis.

Testes et guidatores sunt isti:

dominus Bencevene iudex de Cerre-
to 14), Iohannes Balduini '9, dominus
Branchalione Armalei'9?, dominus
Opicinus Carsedonii '?, dominus An-
dreas Corbi, Egidius Angelerii 18),
magister Gualterius medicus 1°), ma-
gister Angelus medicus, Salamnius
Ugolini *?, | dominus Ranaldus Ne-
poleonis ®!), Anestasius Manentis ??,
Bomparente, Deotayte domine Clare,
Maffutius Bononcontri, Egidius Pa-
cerani, Perfidus de Casale ??, domi-
nus Leonardus iudex, dominus Ga-
briel iudex *9, Bartholus Clavelli fa-
ber, Deotesalve Capparonis **), | te-
stibus ?,

Et ego Matheus Egidii de Ful-
gineo, notarius et nunc notarius co-
munis Fulginei, hiis interfui, roga-
tus | scripsi et auctenticavi de man-
dato consilii supradicti.

I DOCUMENTI SULLA GUERRA TRA PERUGIA E FOLIGNO

29

et | ad promittendum et solvendum
dictam penam, et ad obligandum bo-
na dicti comunis et hominum eius-
dem civitatis ; |

et generaliter ad faciendum et ope-
randum et exercendum diligenter et
cum effectu omnia alia et | singula
que in predictis et circa predicta
fuerint necessaria et oportuna. pro-
mittentes firmum et | ratum et
gratum habere et tenere omni tem-
pore quidquid per ipsum syndicum
et procuratorem factum fuerit | et
ordinatum in predictis et circa pre-
dicta seu aliquo predictorum, sub
obligatione et ypotheca | omnium bo-
norum dicti comunis Fulginei.
Actum in dicto parlamento ut dic-
tum est, coram supradictis guidato-
ribus et etiam coram domino | Leo-
nardo iudice, domino Gabriele iudice,
magistro Gualterio medico, magistro
Angelerio | medico, Bartholo Cla-
velli, Salamone Ugolini testibus.

Et ego Matheus Egidii de Ful-
gineo, notarius et nunc gerens ne-
gotia ipsius comunis Fulginei, |
hiis omnibus interfui et de man-
dato vicarii et guidatorum dicti
comunis et hominum dicti parla-

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Et ego Angelus Bonaiuncte, impe-
riali auctoritate notarius, prout su-
pra legitur ut inveni in orriginali
instrumento scripto | manu Mathei
Egidii de Fulgineo, ita hic aucto-
ritate domini Frogerii episcopi Pe-
rusii scripsi et fideliter exemplavi, ni-
chil addens | nec minuens preter
punctum vel sillabam propter quod
tenor vel sententia posset aliquati-
nus variarij sub eodem anno Do-
mini et indictione, | presentibus do-
mino Iacobo Palmerii Oddonis, do-
mino Andrea Ranerii Baruncii, do-
mino Tebaldo Ducis, Iovanello |
Simplicii, domino Frangepane Vi-
talis et Deotesalve Massarie, testibus.

(ST) Et ego Recabene quondam
Vitelli, apostolice sedis auctoritate
notarius, ut inveni sub aucten|tico
scripto manu Angeli Bonaiuncte no-
tarii, ita transcripxi et fideliter exem-
plavi de mandato | et auctoritate
domini Ricardi de Niguarda civi-
tatis Perusii honorabilis potestatis
et domini Gualfredi quondam | do-
mini Ranerii de Cancellariis lauda-
bilis capitanei comunis et populi Pe-
rusini, nichil addens vel minuens per
quod intentio ipsius possit aliquati-
nus vitiari, preter punctum vel sila-
bam et singnum | notarii quod fa-
cere non curavi.

C per
d) cosi

i a) segue cum espunto b) così
aliorum c) così per consiliariorum
per testes

s. mto As M GIA O SIAE PETE TIA Ar a. [ib DONE Sl Apre oie

ATTILIO BARTOLI LANGELI

menti | scripsi et auctenticavi.

Et ego Angelus Bonaiuncte, impe-
riali auctoritate notarius, prout su-
pra legitur sicut inveni in | originali
instrumento syndicatus scripto manu
Mathei Egidii notarii de Fulgineo, ita
hic auctoritate | domini venerabilis
patris domini Frogerii episcopi Peru-
sii scripsi et fideliter exemplavi, sub
anno Domini | .wccrnr?., indictione
.XI13., tempore domini Innocentii pa-
pe quarti, presentibus Cinalia | Ugui-
cionis, Bartholomeo Aldebrandini Cla-
re, Frangepane Vitalis et Deote|salve
Massarie, testibus rogatis.

(ST) Et ego Recabene quondam
Vitelli, apostolice sedis auctoritate
notarius, | ut inveni scriptum manu
Mathei Egidii de Fulgineo notarii et
exemplatum | manu Angeli Bonaiunc-
te notarii, ita hic scripsi et fideliter
exemplavi cum auctoritate | et licen-
tia domini Ricardi de Niguarda ci-
vitatis Perusii honorabilis potestatis
| et sapientis viri domini Gualfredi
de Cancellariis capitanei comunis et
populi | Perusini, nichil addens vel
minuens per quod sensum, seu inten-
tio dicti | originalis etiam et exempli
possit aliquatinus commutari, preter
singnum | dicti Angeli notarii quod
facere non curavi.

a) C piublicum — 0) Corbi corretto da Acer
bi con rasura di A. -

PTT Sini I DOCUMENTI SULLA GUERRA TRA PERUGIA E FOLIGNO

(1254 giugno 12-15), Foligno

Opizino Carsendonii rettore e il consiglio speciale e generale del co-

mune di Foligno costituiscono loro sindaco Deotaiuti C lere, per sottomettere-

detto comune a Giacomo de Ponte podestà di Perugia.

Scrittura semplice [A] : ASP, Diplomatico, xxv, 36. Seguita dal
doc. 5.

Regesto: BELFORTI, ms. cit., f. 21.

In nomine Domini, amen.
In palatio episcopatus Fulginei.

Dominus Opicinus Carsendonii rector comunis Fulginei, speciale ac:

etiam generale consilium prefati comunis, in predicto palatio ad | sonum

campane et vocem tube more solito congregatum, presente et consentiente -

domino Benevieni de Cerreto capitaneo artium | civitatis eiusdem, nomine
et vice predicti comunis Fulginei et pro ipso comuni fecerunt, constituerunt et
ordinaverunt dominum Deotaiut(i) domine Clere | capitaneum artium sym-

dicum ad iurandum, faciendum et observandum precise mandata nobilis.
viri domini Iacobi de Ponte Romanorum | proconsulis potestatis comunis.

Perusii, recipientis nomine et vice dicti comunis Perusii, et ipsius comunis

Perusii ; et promiserunt firmum et ratum habere | quicquid idem symdicus.
pro parte dicti comunis Fulginei fecerit de predictis et quolibet predictorum, .

sub ypotheca rerum dicti comunis.

1

(a) 1254 (f) giugno 14, presso Foligno

Il procuratore Giovanni Magistri sottomette il comune di Foligno-

a Giacomo de Ponte podestà di Perugia.

Copia autentica [B]: ASP, Diplomatico, xxv, 32. La copia occupa.

la parte destra della pergamena che sul lato sinistro presenta il doc. 2a.
Edizione: BRIGANTI, loc. cit., 483-84.
Regesto: BELFORTI, ms. cil, IX; f. 18.

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(b) 1254 giugno 15, presso Foligno

Il procuratore Deotaite C here sottomette la città di Foligno a Giacomo

-de Ponte podestà di Perugia.

Copia autentica [B]: ASP, Diplomatico, xxv, 35. La pergamena è
-cucita lungo il margine superiore à quella contenente il doc. 2b.
Regesto: BELFORTI, Ms. Cita; f. 20.

(a)

In nomine Domini, amen. Anno
Domini .m°cc®LIII°., indictione .xr*.,
tempore domini Innocentii pape quar-
tij die dominica .xinr. intrante men-
:se iunii. Iohannes Magistri de Ful-
:gineo syndicus et | guidator homi-
‘num et universitatis comunis Ful-
gineij una cum mangna quantitate
hominum dicte civitatis qui dice-
bantur esse consiliarii et guidatores,
nuntii et ambaxatores universitatis
predicte, ac iidem | consiliarii, nuntii,
«guidatores, ambaxatores una cum
dicto Iohanne, venerunt eorum pro-
pria spontanea voluntate et, ut ipsi
-et alie multe gentes publice assere-
bant, de voluntate et licentia et
mandato hominum | et universitatis
comunis Fulginei, in exercitum fac-
tum contra Fulginates per homines
civitatis Perusii existentes in ipso
.exercitu prope ipsam civitatem Ful-
ginei versus Spellum, et in padi-
lione comunis Perusii et in dicto
.exercitu | venerunt et intraverunt
ibidem coram mangnifico et hono-
rabili viro domino Iacopo de Ponte
Romanorum proconsule Perusino-
xum potestate, et coram consilio ge-
;nerali et speciali eiusdem civitatis,

(b)

Hoc est exemplum
instrumenti sic incipientis.

In nomine Domini, amen. Anno
Domini .MccLimni?., indictione .XII?.,
tempore domini Innocentii pape quar-
tij, die .xv. | mense iunii intrante.

Deotayte domine Chere syndicus
et guidator hominum et universitatis
comunis Fulginei, una | cum maxima
quantitate hominum dicte civitatis
qui dicebantur esse consiliarii, guida-
tores et ambaxatores eiusdem civita-
tis | et una cum dicto Deotayte do-
mine Chere syndico,

cuiusdam

venerunt eorum vo-
luntate propria et de voluntate et li-
centia et mandato | hominum et uni-
versitatis comunis Fulginei in exer-
citu(m) factum contra Fulginates per
comune et homines civitatis Perusii
prope ipsam civitatem | versus Spel-
]um,

et in ten-
torio dicte potestatis et comunis Pe-
rusii venerunt et intraverunt ibi co-
ram magnifico et honorabili viro |
domino Iacopo de Ponte Romano-
rum proconsule Perusinorum potesta-
te et comunis Perusii, et coram con-
silio generali et speciali dicte civitatis

LL ro Ail nga MM So e LIRA RI PETE II AEREA Dou Ve de Roe: one. v rst crediti et multa quan|titate aliarum gentium
Perusinorum et aliarum gentium con-
gregatarum ibidem sono tubarum et
voce preconia mandato dicti domini
potestatis prefatus Iohannes Magistri,
tamquam syndicus et guidator civi-
tatis Fulginei | et hominum et uni-
versitatis ipsius, et prefati consiliarii
Fulginei, stando ibidem cum pan-
nis lineis in dorsibus, discalciati,
in manibus eorum enses et cultellos
ferreos evaginatos ex parte ferri tenen-
tes, | revolutis manubriis dictorum
armorum versus prefatos dominos
potestatem et consiliarios Perusinos,
tenentes etiam 9) corigias in gu-
lis eorum, inter cetera que dicta et
facta fuerunt?) ibidem per dictum
Iohannem | syndicum et prefatos
consiliarios Fulginei, flexis genibus
coram dicto domino potestate (Ia-
cobo) de Ponte Romanorum pro-
consule Perusinorum honorabili po-
testate et coram prudentibus et ho-
norabilibus viris | consiliariis Perusinis
et aliis viris ibidem presentibus, dicta
arma dederunt dicto domino pote-
stati et consiliariis Perusinis, mul-
tas ibidem lacrimas facientes et hu-
militer supplicantes ac una voce con|-
corditer clamantes, et dicentes no-
mine suo et vice et nomine omnium
virorum et mulierum, parvorum et
mangnorum civitatis Fulginei eius-
que districtus,

ut idem dominus potestas et consi-
liarii Perusini et homines | et uni-
versitas civitatis eiusdem, ipsi Io-
hanni syndico et guidatori civitatis
Fulginei et consiliariis supradictis
eiusdem terre necnon omnibus et

T DOCUMENTI SULLA GUERRA, TRA PERUGIA E FOLIGNO 33

et aliarum gentium | ibidem congre-
gatarum sono tubarum et voce pre-
conia de mandato predicti potestatis.

prefatus Deotayte domine Chere, |
tamquam syndicus et guidator civi-
tatis Fulginei et hominum et univer-
sitatis ipsius, et dicti consiliarii Ful-
ginates, stando ibidem | discalciati,
scapeglati, cum pannis lineis in dorso,
in manibus eorum enses et cultellos
ferreos evaginatos ex parte | ferir
tenentes, revolutis manubriis dicto-
rum armorum versus prefatos domi-
nos potestatem et consiliarios Peru-
sinos, tenentes | etiam corigias in
gulis eorum,

flexis genibus,
dicentes et humiliter suplicantes co-
ram dicto domino Iacobo de Ponte |
Romanorum proconsule et Perusino-
rum honorabili potestate et coram
prudentibus et honorabilibus viris
consiliariis Perusinis | et aliis viris
ibidem presentibus, | dicta arma de-
derunt dicto domino potestati et
consiliariis Perusii et aliis viris ibidem
presentibus, | multas lacrimas fa-
cientes et emanantes et humiliter
postulantes et supplicantes ac una
voce concorditer clamantes, | et
dicentes nomine suo et vice et no-
mine omnium virorum et mulierum,
parvorum et mangnorum civitatis
Fulginei eiusque districtus presen-
tium | et futurorum ; et inter cetera
que dicta et facta fuerunt ibi per ip-
sum Deotaytem et prefatos consilia-
rios, ambaxatores et guidatores Ful-
ginei | et per ipsum Deotaytem syn-
dicum, flexis genibus, iterum dicen-

SE AR

——— —— 34

singulis aliis viris et mulieribus, man-
gnis et parvis, presentibus | et fu-
turis civitatis Fulginei et eius di-
strictus, intuitu et amore omnipo-
tentis Dei et beate Marie matris
Christi et omnium sanctorum et
sanctarum eiusdem, et bonitate et cu-
rialitate ac bonitate et nobilitate |
comunis et universitatis Perusii, om-
nem iniuriam vel offensam que di-
ceretur esse ? factam ex omnibus
hiis, que per homines, comune et
universitatem et quamlibet sin-
gularem personam dicte civitatis Ful-
ginei eiusque districtus, | dicto vel
facto usque nunc contra comune et
universitatem et homines civitatis Pe-
rusii et eius districtus aliquid dixis-
sent, fecissent seu intulissent vel offen-
dissent usque in odiernum diem, iu-
rantes etiam | in animabus eorum et
totius universitatis Fulginei, corpo-
raliter tacto libro ad sancta Dei evan-
gelia, ad excusationem ipsorum et
singulorum hominum et totius uni-
versitatis Fulginei, et firmiter di-
centes quod numquam | universitas
dicte civitatis Fulginei comune Peru-
sii nec homines dicte civitatis eiusque
districtus in aliquo sponte lederunt
seu fecerunt; verumtamen dixerunt
quod, si apparere posset quod tan-
quam | aliqua lesio vel iniuria 4) seu
dampnificatio facta fuerit per ali-
quos homines Fulginei contra Peru-
sinos, quod non fuit facta voluntate
neque mandato neque licentia comu-
nis Fulginei nec etiam spontanea
voluntate ill[orum] | qui fecissent,
set invito modo et coacto 9, man-
dato imperatoris. et hiis dictis et
aliis que circa predictam materiam
dicta fuerunt, prefatus? dominus

ATTILIO BARTOLI LANGELI

tes et humiliter suplicantes coram
dicto potestate et aliis Perusinis |
nomine suo et hominum dicte ci-
vitatis, intuitu et amore omnipoten-
tis Dei et beate Marie semper vir-
ginis matris Christi et omnium | sanc-
troum et sanctarum Dei, et bonitate
et nobilitate comunis Perusii, omnem
iniuriam vel obfensam vel aliquid
dixissent vel fecissent | et offendis-
sent dicto vel facto ex omnibus hiis.
que per homines et universitatem et
qualibet singularis persona dicto vel
facto hucusque | dicte civitatis Ful-
ginei contra comune, universitatem
et homines civitatis Perusii et eius
districtus, aliquid dixissent vel fecis-
sent | et intulissent vel offendissent
usque in hodiernum diem,

iu-
rantes et dicentes in animabus eorum
et hominum dicte civitatis | Fulgi-
nei, tacto libro ad sancta Dei evan-
gelia corporaliter, ad excusationem ip-
sorum hominum et omnium aliorum
dicte civitatis, | quod numquam ali-
quid sponte fecerunt nec lederunt,

dicentes unanimiter et asserentes.
quod, si apparere posset | quod num-
quam aliqua lexio vel iniuria seu
dampnificatio facta fuerit per comune
et homines civitatis Fulginei contra
| Perusinos, non fuit facta nec man-
dato nec licentia comunis Fulginei,
set invito modo et coacto et man-
dato imperatoris. |

et hiis dictis et
factis et aliis que circa predictam
materiam dicta fuerunt, prefati do-

"oo allo RL miim n Wn one

Ll oto ge dll S — IST EA ETA aro. M Da] Vn pa «el PIETRA

ul DE
Iacobus de Ponte tamquam pote-
stas Perusii et universum consilium |
civitatis eiusdem necnon alii toti
viri£ omnes et singuli ibi stantes,
commoti visceribus pietatis versus
Fulginates prefatos,

Iohanni syndico et guidatori civi-
tatis Fulginei et aliis hominibus omni-
bus de” | Fulgineo ibidem pre-
sentibus, stipulantibus pro eis et
omnibus et singulis hominibus par-
vis et mangnis, presentibus et futu-
ris civitatis et districtus Fulginei,
nomine ipsorum domini Iacobi pote-
statis Perusii et consilii eiusdem terre
et aliorum | Perusinorum ibidem pre-
sentium et nomine totius universitatis
civitatis Perusii eiusque districtus,
de omnibus hiis de quibus miseri-
cordiam et veniam supplicarunt et
postularunt ut superius continetur,
misericordiam | perpecerunt ? et spon-
te veniam concesserunt. pro qua
quidem misericordia et venia et pro
satisfactione iniurie seu offense, si
que facte fuerunt umquam per ho-
mines civitatis Fulginei et eius di-
strictus | hominibus civitatis Perusii
et eius 7 districtus, idem Iohannes,
tamquam syndicus et guidator ho-
minum et universitatis dicte civi-
tatis Fulginei eiusque districtus, et
prefati omnes consiliarii et guidato-
res eiusdem terre | pro eis et uni-
versitate eiusdem, unanimiter et con-
corditer pro eis et eorum successori-
bus promiserunt per pactum pre-
fatis domino Iacobo de Ponte tam-
quam potestati civitatis Perusii et
consiliariis | dicte civitatis ibidem
existentibus, stipulantibus et reci-
pientibus pro eis et eorum successo-

I DOCUMENTI SULLA GUERRA TRA PERUGIA E FOLIGNO

minus Iacobus de Ponte | tamquam
potestas Perusii et universum con-
silium civitatis eiusdem necnon et
alii viri omnes et singulis ibi
stantes, commoti | visceribus pie-
tatis versus Fulginates ibi stantes et
alios Fulginates parvos et mangnos,
dicto Deotayte domine Chere |
syndico et guidatori civitatis Ful-
ginei et aliis hominibus ibidem
presentibus, stipulantibus pro eis
et omnibus et singulis hominibus
civitatis | et districtus Fulginei pre-
sentibus et futuris, nomine ipsorum
domini lacobi de Ponte potestatis
Perusii et consilii eiusdem terre et
aliorum | Perusinorum ibidem presen-
tium, nomine comunis et universita-
tis Perusii, de omnibus et singulis
predictis quibus misericordiam | et
veniam postularunt et suplicarunt ut
superius continetur, misericordiam
perpecerunt et veniam concesserunt
eisdem. pro qua
quidem | misericordia et venia et pro
satisfactione iniurie seu offense, si
que facte fuerunt vel fuissent un-
quam per homines civitatis Fulginei
| et eius districtus hominibus civita-
tis Perusii et eius districtus, idem
Deotayte domine Chere, tamquam
syndicus et guidator hominum | et
universitatis dicte civitatis Fulginei
et eius districtus, et prefati consilia-
rii, guidatores et ambaxatores eius-
dem terre | pro eis et universitate
eiusdem, unanimiter et concorditer
pro eis et eorum successoribus promi-
serunt et convenerunt per pactum
prefatis dominis | Iacobo de Ponte
tamquam potestati civitatis Perusii
et consiliariis dicte civitatis ibidem
existentibus, stipulantibus et reci-

Pan

LI
—— rit client
36

ribus et pro comune et universitate
civitatis Perusii,

destruere et excar-
care usque ad fundamentum totum
murum exteriorem | dicte civitatis
Fulginei, et foveum reimplere, qui
facti sunt in circuitu eiusdem terre
pro munitione et defensione seu
concimine eiusdem terre; et por-
tas ipsius civitatis cum gonfalo-
ne | mittere eorum expensis ad
civitatem Perusinam ; et omnia pre-
dicta facere, adtendere ad petitionem
dicti domini potestatis et comunis
Perusii ; et non readificare seu re-
murare dictum murum seu | murari
seu edificare? facere postquam ex-
carcatus fuerit, nec foveum refo-
dere supradictum vel reactare seu
refodi vel reactari facere postquam
repletum fuerit, nec etiam aliquam
aliam | novitatem facere pro mu-
nitione seu defensione imperpetuum
veniendo contra pacta predicta, sine
requisitione, licentia et. voluntate
potestatis seu rectoris Perusii qui
pro tempora erunt et comunis eius-
dem | civitatis Perusii; et mittere et
eligere dominationem Fulginei eius-
que districtus de civitate Perusii
hinc ad .x. annos quolibet anno,
nullo mediante ipsis intervallo ; et
cum et quando homines Perusii equi-
tarent pro facto | comunis ipsius
civitatis, tunc facere in servitium co-
munis Perusii et pro ipso comuni ho-
stem seu exercitum vel cavalcatam et
parlamentum et comuniter et divi-
sim, quotiens quandocumque co-
mune Fulginei ex parte et pro parte
comunis | Perusii fuerit requisitum,
vel et ad notitiam et auditum homi-
num de Fulgineo pervenerit bona

im rom tig imm — iii oia a B v. Ee Kapitel v par i [o o On Vile. A

ATTILIO BARTOLI LANGELI

pientibus pro | eis et eorum succes-
soribus et pro comune et universitate
civitatis Perusii, destruere, exarcare
usque ad fundamentum murum
exte|riorem dicte civitatis Fulginei,
et foveum reimplere, qui facti sunt
in circuitu eiusdem terre pro muni-
tione et defensione | seu concimine
eiusdem civitatis ; et por-
tas ipsius civitatis cum vexillo
mittere eorum expensis ad civitatem
Perusinam ; et | predicta
facere bona fide sine fraude ad eo-
rum voluntatem et petitionem ;

et non readificare seu mu-
rare dictum murum | seu reactari et
hedificari facere postquam excarca-
tus fuerit, nec foveum refodere su-
pradictum vel reactari ? seu reac-
tari vel refodi | facere, nec etiam
deinceps imperpetuum aliquam a-
liam novitatem facere vel fieri facere
pro munitione seu defensione et |
concimine dicte civitatis, sine requi-
sitione et expressa licentia potesta-
tis et comunis Perusii qui pro tem-
pora erunt et comunis eiusdem civi-
tatis ; et mittere et |
eligere dominationem Fulginei eius-
que districtus de civitate Perusii
hinc ad .x. annos completos quolibet
anno ; et
quando | comune et homines Peru-
sii equitarent pro facto comunis Pe-
rusii, facere tunc in servitium comu-
nis Perusii et pro ipso comuni ho-
stem seu exercitum vel ca |valcatam
et parlamentum comuniter et divisim,
quotienscumque comune et homines
Fulginei pro parte comunis Perusii
fuerint requisiti et ad noti|tiam ip-
sorum pervenerit. fide sine fraude, et precipue ad no-
titiam potestatis et consilii Fulgi-
nei qui pro tempora fuerint. et
hec omnia et singula | in singulis ca-
pitulis supradictis et quolibet pre-
dictorum, prefatus Iohannes tam-
quam syndicus et guidator civitatis
Fulginei et hominum et universitatis
eiusdem eiusque districtus, et pre-
fati consiliarii Fulginei | pro eis et
eorum successoribus et pro universi-
tate dicte terre eiusque districtus,
promiserunt et convenerunt per pac-
tum prefato domino Iacobo de Ponte
tamquam potestati Perusii et consi-
liariis eiusdem terre ibidem | presenti-
bus, stipulantibus et recipientibus vice
et nomine comunis Perusii et pro
ipso comuni et universitate eiusdem
comunis,

tenere, adtendere et obser-
vare, facere et adimplere et non con-
travenire nec aliquid actentare per
se vel | alios, sub pena mille mar-
charum boni argenti et plus ad
mandatum comunis Perusii et sub
ypotheca et obligatione bonorum om-
nium dicti comunis Fulginei pre-
sentium et futurorum, legitime et
solempniter | promissa et stipu-
lata; quam penam voluerunt co-
muni concordia, nemine discordante,
quod totiens committatur ipsa pena,
quotiens fuerit contraventum con-
tra predicta vel aliquod predictorum
per comune vel homines de Fulgi-
neo | seu aliquam personam pro eis
contraveniret dicto vel facto; et
predicta pena commissa seu soluta
vel non, predicta omnia et singula in
singulis capitulis supradictis et quo-
libet predictorum semper rata et
firma permaneant. | renuntiantes

I DOCUMENTI SULLA GUERRA TRA PERUGIA E FOLIGNO

et
hec omnia et singula supradicta pre-
fatus Deotayte syndicus et guidator
civitatis Fulginei | et hominum eius-
dem et prefati consiliarii et guida-
tores et ambaxatores Fulginei, pro
eis et eorum successoribus et pro uni-
versitate dicte terre | eiusque di-
strictus, promiserunt et convenerunt
per pactum et speciali pacto et con-
ventione concorditer et nemine di-
scordante, prefato | domino Iacobo
de Ponte tamquam potestati Peru-
sii et consiliariis eiusdem terre ibi-
dem presentibus, stipulantibus et re-
cipientibus | vice et nomine comunis
Perusii et pro ipso comuni et univer-
sitate eiusdem comunis present(is) et
futur(i) facere, adtendere et obser-
vare et non | contrafacere vel venire
de iure vel facto per se vel alios, sub
pena mille marcharum boni argenti
et sub ypotheca | et obligatione bo-
norum omnium dicti comunis Fulgi-
nei presentium et futurorum, legi-
t(ime) solempni stipulatione promissa;

quam penam | totiens com-
mittatur et exigatur, quotiens fue-
rit contraventum et quotiens contra
predicta vel aliquod predictorum per
comune et homines | Fulginei seu
aliquam aliam personam pro eis dicto
vel facto contrafaceret vel veniret ;
et
predicta pena commissa seu soluta
vel non, | predicta omnia rata sint
et firma.

renuntiantes

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n)

dM ERRATE,

^

A e

83 *
GUNT PEINE
i elia pain li asd

38

dicti syndicus, guidatores et consi-
liarii Fulginei necnon omnes alii de
Fulgineo ibi stantes, exceptioni non
facti dicti contractus seu instrumenti
et non promissorum dictorum pacto-
rum et non promisse | dicte pene,
et exceptioni doli mali indebiti sine
causa et sine iusta causa, omnique
alii exceptioni, legum auxilio et be-
nefitio iuris et statuti generalis et
specialis, presentis et futuri, facti et
faciendi, ipsis | et eorum successo-
ribus et comuni et universitati Ful-
ginei presentibus et futuris.

Actum in plano Fulginei prope
ipsam civitatem versus Spellum, in
padiglone comunis Perusii, in con-
silio speciali et generali eiusdem ci-
vitatis coadunato ibidem, coram ve-
nerabili patre | domino Frogerio
episcopo Perusii, domino Pero Cla-
ricelle capellano et vicario ipsius
domini episcopi, domino Magistro,
domino Andrea Ranerii Baruntii,
domino Gironomo de Asisio, domino
Tebaldo Ducis, | domino Iacobo
Palmerii Oddonis, domino Iacobo
Curbini, domino Tudino de Coppolis,
Iovanello Symplicii, domino Syni-
baldo magistri Mathei, Munaldo Ia-
cobi notario, domino | Gualfreducio
domini Iacobi, domino Frangepane
Vitalis, Taurello notario, domino
Andrea Ugolini Magioli, domino Ugui-
cione Ranucini, Ugone Bellissime,
Deotesalve Mas|sarie de Perusio,
domino Opegino Carsidonii, Bran-
caleone Armaley, domino Bence-
vene de Cerreto, Ranaldo Nepoleo-
nis et Anestasio Manentis, testi-
bus rogatis.

Et ego Angelus Bonaiuncte, im-
periali auctoritate notarius et iudex

Leder mto ine dll S — 1 ation vn Aa iki ptio npa. [cM RN «de VETTE

ATTILIO BARTOLI LANGELI

dicti syndicus et consiliarii Fulginei
et omnes alii ibi stantes de Fulgineo
(exceptioni) non | promissorum dic-
torum pactorum et non promisse dicte
pene, et exceptioni doli mali indebiti
sine causa et iusta causa, et omni
alii | legum auxilio et beneficio iuris
et statuti competentis vel competi-
turi.

Actum in exercitu facto? contra
Fulginates in plano Fulginei prope
ipsam civitatem versus Spellum, et
in tentorio ipsius | domini potestatis
et comunis Perusii, coram venerabili
patre domino Frogerio episcopo Pe-
rusii, Pero Claricelle capellano et vi-
cario | ipsius domini episcopi, domino
Iacobo Palmerii Oddonis, domino An-
drea Ranerii Baruntii, Bartholomeo
Aldrovandini Clare, | domino Magi-
stro, domino Tebaldo Ducis, domino
Blanco Bonusmeri, Deotesalve Mas-
sarie, Cinallia Uguitionis, domino |
Tudino de Coppolis, domino Iacobo
Curbini, Iovanello Simplicii, domino
Sinibaldo magistri Mathei, domino
Gual |fredutio domini Iacopi, Munaldo
Iacobi notario, Bonaventura Fabiani,
Taurello notario, Uguitione cartola-
rio, | domino Uguitione Ranucini,
Ugo Bellissime, Frangepane Vitalis,
Deotesalve Massarie ? et Iacobo
Ranerii Bona guide, testibus rogatis.

Et ego Angelus Bonaiuncte, impe-
riali auctoritate notarius, prout supra

A les en nn 07 I DOCUMENTI SULLA GUERRA TRA PERUGIA E FOLIGNO 39

‘ordinarius, prout supra legitur hiis
‘omnibus interfui, rogatus scripsi et
publicavi.

(ST) Et ego Recabene quondam
Vitelli, apostolice sedis auctoritate
notarius, ut inveni in originali aucten-
tico scripto manu Angeli Bonaiunc-
te notarii, ita | hic transcripsi et
fideliter exemplavi de mandato et
auctoritate domini Ricardi de Ni-
guarda civitatis — Perusii honora-
bilis potestatis et domini | Gual-
fredi quondam domini Ranerii de
Cancellariis laudabilis capitanei co-
munis et populi Perusini etc(etera) 5,
nichil addens vel minuens per quod
intentio | dicti originalis possit ali-
quatinus vitiari, preter punctum vel
silabam et singnum notarii quod fa-
cere non curavi.

a) corretto su segno tachigrafico di et b) in
sopralinea c) corretto sulla rasura di f(a)c-
(t)a(m) d) con segno abbreviativo di nasale
sulla a finale depennato e) B coaacto f)
aggiunto in sopralinea 9) toti viri su rasura,
seguito da homines depennato h) segue al-
l’inizio della riga successiva de ripetuto e non
annullato i) B pep(er)peceru(n)t j) segue
-que, superfluo k) cosi B per edificari 1)
lettura dubbia

legitur scripsi rogatus et publicavi

(ST) Et ego Recabene quondam
Vitelli, apostolice sedis auctoritate
notarius, ut inveni in originali auc-
tentico scripto | manu Angeli Bo-
naiuncte notarii, ita hic scripsi et fi-
deliter exemplavi cum auctoritate et
licentia domini Ricardi de Niguarda
| civitatis Perusii honorabilis pote-
statis et sapientis viri domini Gual-
fredi de Cancellariis capitanei comu-
nis et populi | Perusini, nil addens
vel minuens per quod sensum seu
intentio possit aliquatinus commuta-
ri, preter singnum | notarii quod fa-
cere non curavi.

a) cosi B per reactare b) corr. da exer-
citum factum c) nominato precedentemente

(1254 giugno), Perugia

Deotaiuti C le r e , sindaco della città di Foligno, su proposta di Tommaso
da Vetralla giudice del podestà Giacomo de Ponte, viene ricevuto dal par-
lamento del comune di Perugia e giura di osservare i mandati del detto podestà.

Scrittura semplice [A]: ASP, Diplomatico, xxv, 36. Preceduta

nella stessa pergamena dal doc. 3.

Regesto: :BELFORTI; mis. citl., f. 21.

In nomine sancte et individue Trinitatis.
Congregato populo et universitate hominum civitatis Perusii in pla-

tea eiusdem civitatis ad sonum campanarum et voce tubarum | de mandato

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40

ATTILIO BARTOLI LANGELI

magnifici viri domini Iacobi de Ponte proconsulis Romanorum potestatis
Perusii more solito ad aringum et | parlamentum, in quo quidem parlamento
in scalis ante palatium civitatis eiusdem, de mandato et voluntate prefati
domini | potestatis surrexit sapiens vir dominus Thomas de Vetralla iudex
dicti domini potestatis in regimine civitatis eiusdem, | et proposuit si placet
dicto populo Perusino recipere ad eorum mandata precise homines civitatis
Fulginei et eius districtus facienda | dicto domino potestati pro eis per sym-
dicum Fulginatum, faciendo partito quod cuicumque placet quod recipian-
tur dicta mandata stet | pedes et qui nollet sedeat, et sic facto partito per
ipsum Thomam iudicem omnibus, nemine discordante, placuit quod dicta |
mandata recipiantur a symdico Fulginatum per dictum dominum potestatem
nomine comunis Perusii et pro eo. in quod quidem arengo | sive parlamento,
audito valido clamore et voluntate populi et universitatis Perusii, venit et
stetit in sca|lis palatii dicte civitatis Deotaiut(i) domine Clere de Fulgineo
symdicus eiusdem civitatis Fulginei, sine infula | cum corigia in gula, sua
bona et spontanea voluntate, et ad computationem dicti domini Thome iu-
dicis de | mandato prenominati domini potestatis, iuravit ad sancta Dei evan-
gelia corporaliter tacta supra librum precise omnia | mandata dicte pote-
statis recipientis nomine comunis Perusii, facere et observare et contra non
venire ratione aliqua, sub pena | et ad penam quam placuerit dicto domino
potestati vel alii pro comuni Perusii eidem imponere, et quod faciet et fieri
faciet obser|vare omnia que populo Perusii placuerit mandare et imponere
civitati et hominibus districtus Fulginei.

6

(1254 giugno), presso Foligno

Martino podestà, e Salamando Uboli e Matteo Boniadacti ca-
pitani delle arti della città di Foligno, promettono a Giacomo de Ponte
podestà di Perugia di osservare i patti stipulati da Deotaiuti C lere sindaco
di Foligno.

Scrittura semplice [A]: ASP, Diplomatico, xxv, 36 15.

Regesto: BELFORTI, ms. cit., f. 21.

In nomine sancte et individue Trinitatis.
Dominus Martinus potestas Fulginatum ?9) et Salamandus magistri Ubo-
li 2?) et Matheus Boniadacti de Fulgineo?? capitanei artium de Fulgineo,
cum populo et hominibus eiusdem | civitatis, ipsam civitatem Fulginei exeun-

un mito ie E o e — aai uis B a A vh. Ee i dii v nt i] ho oa Wn I DOCUMENTI SULLA. GUERRA TRA PERUGIA E FOLIGNO

tes ad exercitum Perusinorum qui tunc erat prope Fulgineum inter Flamengam:

et Tupinum, causa faciendi precepta comunis | Perusii, ipsi potestas et capi-
tanei Fulginatum de licentia et mandato et approbatione dictorum hominum
et populi Fulginei et nomine suo, civitatis et comitatus Fulginei, | obtu-

lerunt domino Iacobo de Ponte proconsuli Romanorum potestati comunis.
Perusii, recipienti pro ipso comuni Perusii, ensem nudum et tenimen ensis.

et claves quarumdam | portarum civitatis Fulginei; et ratificaverunt et
approbaverunt iuramentum et promissionem quod et quam Deotaiuti do-

mine Clere symdicus comunis Fulginei fecit | et prestitit Perusinis in arengo-

Perusinorum in scaliis palatii comunis Perusii nomine comunis Fulginei,
de observando et attendendo precise sine condictione aliqua | mandata do-
mini potestatis et comunis Perusii ; et nichilominus de voluntate et mandato
hominum et populi predictorum ut dictum est, iuraverunt corporaliter tactis |

sacrosanctis evangeliis precise sine aliqua condictione observare et adim--

plere et facere in personis et rebus et civitate et comitatu Fulginei omnia
et singula | mandata que faciet ipsis potestas et comune Perusii et in nullo
contrafacere vel venire, sic Deus ipsos adiuvet et sancta Dei evangelia que
in | manibus tenebant. et ipse dominus Iacobus de Ponte potestas, de vo-
luntate et mandato consilii et comunis Perusii existentis ibi et nomine co-
munis | Perusii, precepit personaliter supradictis domino Martino potestati
et Salamando et Matheo capitaneis et populo Fulginei nomine suo et dicti
comunis Fulginei | sub debito dictorum iuramentorum, quod sumptibus Ful-

ginatum debeant discarcare usque ad fundamentum muros novos dicte ci--

vitatis Fulginei | qui sunt extra muros veteres dicte civitatis Fulginei, edi-
ficatos a tempore inceptionis guerre inter Romanam Ecclesiam et Perusium
pro | ipsa Ecclesia et dominum Fredericum olim imperatorem et Fulgineum
pro ipso imperatore, et fossa nova que sunt circumcirca ipsam civitatem
Fulginei re|implere, bertestas et steccata removere, nec aliquid de predic-
tis rehedificare aut reficere, et quod duas portas civitatis Fulginei | eorum

expensis debeant Perusium cum vexillo ipsorum mictere, et quod debeant.

eligere dominationem de hinc ad .x. annos de civitate | Perusii, et quod de-

beant facere guerram et pacem ad voluntatem comunis Perusii, et quod debeant.
reddere pacem et finem eorum | extrinsecis et permictant eos reintrare et.
stare in civitate ? Fulginei in domibus eorum, et quod debeant reddere:

pacem | et finem filiis Guithi. que precepta omnia et singula supradicti do-

minus Martinus potestas et Salamandus et Matheus capitanei et | populus.

Fulginei, nomine suo et dicte civitatis et comitatus Fulginei, receperunt et

acceptaverunt; et promiserunt dicti potestas et capitanei | de voluntate:
et mandato dicti populi nomine suo et comunis Fulginei ipsi domino Iacobo:

de Ponte potestati Perusii recipienti et stipulanti | pro comuni Perusii, pre-

dicta precepta observare et adimplere et in nullo contrafacere vel venire,.

sub obligatione bonorum dicti comunis Ful|ginei et sub pena mille marcharum

41*

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boni argenti, que totiens commictatur et exigi possit quotiens contrafactum.
505 atem Leo) mien e Mi ne

.(Sassovivo 1011) è fatto il suo nome come consigliere del comune.

-42 ATTILIO BARTOLI LANGELI

vel | ventum fuerit in aliquo de predictis ; renuntiantes exceptioni non facto-

‘rum et non promissorum omnium et singulorum dictorum et exceptioni

doli mali | metus in factum sine causa, et omni alii exceptioni quod non

-opponent nec opponi facient per se vel alium ; qua pena soluta vel | non,
-contractus iste et omnia que continentur in ipso sit firmus et firma.

a) in civitate ripetuto ed espunto

NOTE

1) Notaio, personaggio di primo piano nella vita di Foligno per buona parte del

-secolo. Fu uno dei notai di fiducia degli abati di Sassovivo, per i quali rogò atti dal 1236

(Sassovivo 6236) al 1296 (S. 3142), tra i quali ventisette della prima parte del libro dei
censi (cf. Libro dei censi cit., pp. VIMI-IX e 2-43, passim). Oltre a quella folignate, è docu-
mentata la sua attività come ufficiale della « familia » di Giovanni « Compater » rettore
del ducato nel 1256 (Foligno, Bibl. Com., ms. F 59, c. 5v ; Sassovivo 6284, 1336 e 5115).

?) L'atto più importante in cui compare è la discussione di una vertenza tra Fo-
ligno, di cui funse da procuratore, e il vescovo di Spoleto nel 1237 (Foligno, Bibl. Com.,
ms. F 55, c. 1). Nel 1248 presenziò alla stesura di Sassovivo 5352 ; doveva anche essere
notaio, perché nel 1249 trascriveva un atto (S. 2015). Un « Benvegnates Girardi Ana-
stasii» ricevette nel 1230 in enfiteusi dall'abate di S. Croce una terra in vocabolo

-S. Abbondio (Libro dei censi cit., 19-20).

3) Fu prima canonico, poi priore, dal 1245, della cattedrale (cf. Donro, Istoria cit.,

^73; FaLocI PULIGNANI, I priori cit., 59-61). I due autori — il Faloci riprende lette-

ralmente il Dorio — affermano che costui era figlio di un « Egidio, nobile folignate »,
più avanti (p. 162) specificato dal Dorio come « maestro Egidio Stelluti, della famiglia

degli Stelluti » (uno « Stillutus Egidii Stilluti » fu, con i fratelli Bolgarello e Venturella,

in lite col monastero di Sassovivo nel 1234 [Sassovivo 6700]). D'altronde, anche sulla

base del presente documento, si può far appartenere Stelluto alla famiglia degli Atti di

Foligno, paladina della parte guelfa (Dono, op. cit., 63), e farlo nascere (!) da quell’Egi-

- dio degli Atti che fu vescovo dal 1208 (o 1210) al 1243, quando alla città fu tolta la sede

episcopale da Innocenzo IV (cf. nota 7).
4) Prestava denaro ad interesse, come appare dal Libro dei censi cit., 50.
5) Il suo nome completo doveva essere « Bartholus Ranutii Berardi » (Sassovivo 4688).

“Oltre a comparire come testimone in atti del 1234 (S. 5485), del 1248 (S. 1734 e 1739)

e del 1253 (S. 2364), ricevette in enfiteusi dall’abate Nicola una terra in Flamignano nel
1217 (Libro dei Censi cit., 112) e comprò una terra nel gennaio 1254 (Sassovivo 1751).
6) Fu testimone alla stipulazione di un contratto nel 1248 (Sassovivo 2461).

?) Apparteneva alla famiglia dei conti di Pustignano (Dorio, Istoria cit., 107-
108). Il padre « Rodulfus Benencase » fu podestà di Foligno nel 1203 (Fragmenta cit., 6)
e console nel 1211 (ibidem, 7) ; rappresentò la sua città nell'alleanza del 1218 con Todi,
Perugia, Terni e Gubbio (IAconrLLI, Croniche cit., ad an.). L'attività notarile di Oderisio

-è documentata dal 1257 (Sassovivo 6783) al 1284 (S. 2356). Figura come testimone in un

documento del 1239 (Libro dei Censi cit., 10). In uno stralcio di riformanza del 1255

Ll. mto i Ag ME Co e aiii codi aU vt DRAK: apte v Az ^. [bes M 2a] Wn Voto - Mob oe rh ea ce er rne
I DOCUMENTI SULLA GUERRA TRA PERUGIA E FOLIGNO

8) Non ho trovato notizie su di lui ; se ne trovano in abbondanza sul padre Filippo
« Rodulfi », podestà di Foligno nel 1204, nel 1224 (Fragmenta cit., 5, 9) e nel 1226 (Sasso-
vivo 1071 ; cf. Fragmenta cit., p. 9, n. 6). Il nostro doveva appartenere alla famiglia dei
‘conti di Pustignano, nella quale erano frequenti i nomi «Filippo» e « Rodolfo » (cf.
Donio, Istoria cit., 107-108) ; era forse parente di Oderisio, che lo precede nella lista dei
venditori.

*) È ricordato più volte come monaco e oblato di S. Croce (Sassovivo 5375 del 1248;
2735 del 1253) ; il suo ingresso nella congregazione avvenne nel 1237 (S. 3832) ; fu pro-
curatore del monastero in una controversia del 1255 (S. 3023).

'^) Depose come testimone in una lite tra Sassovivo ed alcuni uomini di Monte-
falco nel 1235 (Sassovivo 5326, dove è chiamato «donnus [era monaco di Sassovivo ?]
Egidius Petri de Burrone ») ; compare col fratello in un documento, sempre del 1235,
contenuto nel ms. F 54, c. 1r della Bibl. Com. di Foligno.

11) Presenziò nel 1257 all'emissione di una sentenza da parte dei massari folignati
(Sassovivo 6243).

12) Nella sua casa, in Foligno, fu rogato nel 1252 un documento di vendita (Sasso-
vivo 2043, 2044).

1°) L’atto di procura citato nel testo si desidera. Dell'attività notarile di Bonapresso
« Carpelle », evidentemente fratello di Benvenuto, abbiamo, oltre questa testimonianza,
due soli documenti, del 1246 (Sassovivo 2524) e del 1251 (S. 6048). Fu presente con il
fratello all'ambasceria di un rappresentante di Foligno a Giovanni « Compater » rettore
del ducato, nel 1256 (Foligno, Bibl. Com., ms. F 59, c. 5v) ; dato che in quell'anno Ben-
venuto lavorava nella curia di quest'ultimo, é attendibile un'attività spoletina anche di
Bonapresso.

14) Nel doc. n. 3 è indicato come «capitaneus artium » di Foligno ; presenzió alla
resa prestata da Giovanni « Magistri » (doc. n. 4a). Interessante un passo del Dorio (op.
cit., 126), d'altronde parzialmente smentito dalla qualifica di «iudex» a Bencivene :
« La famiglia de' Pontani di Cerreto andó ad habitar in Perugia, dalla quale furono usciti
celebri iurisconsulti, e in Foligno, da' quali vennero celebri gramatici ». Un « Benciveni
iudex » è citato come testimone in un atto del 1252 (Sassovivo 3473).

15) Il suo nome ricorre spesso nei documenti dell'archivio di Sassovivo : possedeva
molte terre, specie in località Casale (Sassovivo 1776, 6634, 2316, 2822); appezzamenti
di terreno in quella località furono da lui venduti nel 1235, 1253 e 1254 (rispettivamente
S. 2951, 4694, 2312) ; nel 1235 acquistò con altri la metà di una casa in Foligno (S. 6474).

16) Rappresentante di primo piano dei ghibellini umbri, apparteneva alla famiglia
dei conti di Coccorone (era cugino di Ranaldino di Verleone, v. nota 21). Fu creato da
Federico II, insieme col padre Armaleone (Dorro, op. cit., 109-110) e con i fratelli
Oddone e Gentile, signore di Luco, Mevale, Belvedere e Cascia (ibidem, 113 ; IACOBILLI,
Discorso cit., 29). Il figlio Napoleone tentò nel 1259 con una «militia » di rovesciare il
governo guelfo (Fragmenta cit., 14). Brancaleone possedeva terre in Casale (Sassovivo
1776, 6262), in Colle (S. 652) ed in «Saxoclu » (Libro dei Censi cit., 46).

1?) Altro ghibellino egregio, figlio di quel Carsedonio che fu podestà nel 1207, 1208 e
1211 (Fragmenta cit., 7), e che il 23 ottobre 1211, appunto da podestà, stipulò un patto
di reciproca garanzia con Angelo abate di Sassovivo (Foligno, Sez. di Archivio di Stato,
Pergamene, 575 : il documento, rogato dal notaio Topazio, doveva appartenere al fondo di
Sassovivo, e ne fu prelevato probabilmente dal Faloci. L'interesse particolare di esso è
dato dal fatto che l'accompagna una lunga lista di nomi di consiglieri o testimoni, che for-
nisce un quadro esauriente della cittadinanza folignate al 1211). Carsedonio fu anche

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44 ATTILIO BARTOLI LANGELI

podestà di Assisi nel 1210, essendo citato nel famoso «patto» di quell’anno (cf.
M. FaLroci PuLIiGNanNI, I Maggiori e i Minori, in « Miscellanea francescana » xiu [1911]
p. 188, n. 15). Opezzino, parente dei conti di Coccorone (Donro, op. cit., 110), acquistò.
col congiunto Ranaldo di Verleone Assisi, Gubbio, Spello e Bevagna (ibidem; cf.
nota 21); figura nel doc. n. 3 come «rector comunis Fulginei », in vece del podestà:
Martino da Rieti ; e fu presente alla resa stipulata da Giovanni « Magistri » (doc. n. 4a).

18) È il figlio di quell'Angelario o Angelerio giudice, protagonista nella vita econo-
mica di Coccorone all’inizio del secolo (assidua documentazione nell'archivio di Sassovivo)..

19) « Odorisio signore di Cascia e conte di Antignano generò Gualtiere il quale visse:
fino al 1250 e fu celebre medico, il cui offitio è stato sempre esercitato in Foligno da No-
bili, intitolandosi magister in latino, e maestro in volgare » (Dorio 110).

20) Il padre Ugolino « Salomonis » fu podestà, secondo Fragmenta cit., 9, nel 1223..
Nella casa di « Salamnius » fu rogato un atto nel 1248 (Sassovivo 4714): nessuna altra
testimonianza è reperibile su di lui, a meno che non lo si voglia identificare col « Sala-
mandus Uboli », capitano delle arti, citato nel doc. n. 3.

3) Si tratta di Ranaldo di Verleone di Napoleone, soprannominato Ranaldino,.
dei conti di Coccorone : è opportuno precisarlo, perché nella genealogia di questi con..i
sono talmente frequenti i nomi « Ranaldus » e « Napoleo » da indurre talvolta a confu-
sione lo stesso Dorio, che dedica a questa famiglia tutto il terzo libro della sua Istoria..
È indubbio comunque che fosse uno dei capi, se non il più influente, dei ghibellini foli-
gnati. Nel 1234 vendette al monastero di Sassovivo molte sue proprietà in Casale (Ssso-
vivo 1776 e 2315) ; terreni da lui posseduti sono ricordati in S. 1751 e 2822. Il Dorio
(110) afferma che Ranaldino nel 1237 «acquistò per esso imperatore [Federico II]
con Opezzino di m. Carsedonio suo parente Assisi, Gubbio, Spello e Bevagna »; in Statuta
cit., 11, 58 lo si ricorda come rappresentante del comune, insieme con Brancaleone
(Armalei ?), nell’acquisto di alcune terre in « castrum Collis Floreti ». Il suo nome manca
tra quelli dei consiglieri che elessero Deotaite, ma è presente tra quelli che accompagna-
rono Giovanni « Magistri » nell'accampamento dei Perugini.

22) Il nome riporta immediatamente alla famiglia degli Anastasi, che dominò a
lungo Foligno dopo il vicariato di Trincia Trinci ; il cognome « Manentis » riporta d'al-
tronde alla famiglia dei Manenti da Trevi, guelfa (IAcoBILLI, Discorso cit., 62), a sua
volta derivata da quella dei Manenti da Spoleto. Meraviglia la mancanza assoluta di te-
stimonianze documentarie su di lui.

23) Molte sue terre sono ricordate in Sassovivo 1776 ; è citato come testimone in un
documento del 1235 (S. 6414).

24) Presenziò a due atti diretti al monastero di Sassovivo (S. 1793 e 5484) e alla
donazione di alcuni terreni fatta da Filippo priore della cattedrale ai frati minori di S.
Francesco (FALOCI PULIGNANI, I priori cit., 75).

25) Appare come proprietario di una terra in Sassovivo 3435.

26) Cf. Fragmenta cit., 13. Fu assente da Foligno per tutto il tempo della guerra :
lasciò come reggente Opizino « Carsedonii » (doc. n. 3).

2?) Risulta sconosciuto: si può solo identificarlo col « Salamnius Ugolini » consi-
gliere del comune, presente alle designazioni di Giovanni « Magistri » e Deotaite « Chere ».

28) Anche in questo caso, se si vuole trovare qualche riscontro, occorre correggere
il cognome « Boniadacti » in « Bonadducti » o « Bonaducti ». Matheus « Bonaducti » si.
chiamava il notaio rogatario di una ventina di documenti ne] periodo tra il 1240
(Sassovivo 5810) al 1257 (S. 5508). Compare come teste in S. 4539.

err. tos di GUIA ASSI GTA COSIDETTO SIA ERRE I RR del PI A proposito della stampa a Venezia
dell'**«Historia"' della città di Perugia

di Pompeo Pellini

La felice idea di riprodurre in edizione anastatica la Parte Terza
«della Historia di Perugia di Pompeo Pellini” ha riproposto al-
l'interesse degli studiosi gli interrogativi che possono nascere da una
«edizione priva di tutti gli elementi tipografici di riconoscimento e
«di una rarità tale che la fa apparire almeno sospetta.

Per spiegare le ragioni di questa singolarità generazioni di cul-
tori di cose patrie perugine si sono cimentate nel formulare ipotesi,
ultimo Luciano Faina autore della Introduzione alla ristampa ana-
statica, trascurando però le fonti documentarie, le sole che possono
consentire di restare ancorati alla realtà. Sono proprio le fonti di
‘archivio, infatti, che mi permettono di riaprire ancora una volta il
discorso per tentare di definire almeno i tempi della stampa ed i
nomi delle persone che se ne sono interessate.

Occorre premettere innanzitutto che le indagini sul « mistero »
della stampa delle storie sono state suscitate dal fatto che di esse
‘sì conosceva una Terza Parte — che narra la storia di Perugia dal
1490 al 1572 — incompleta e in pochissimi esemplari, stampata
certamente prima del 1642 ® ma che manca nella edizione di Giovan
Giacomo Hertz del 1664 ».

Questa Terza Parte, come si è detto, è priva di frontespizio,
lettera dedicatoria e indici, presenti invece nelle prime due Parti
edite dall'Hertz.

Per la verità le indagini non hanno approfondito a sufficienza
il fatto che esistono anche esemplari della 1 e r1 Parte, privi anch'essi
di frontespizio, lettera e indici ?, ma del tutto identiche a quelle
dell'Hertz per quanto riguarda il testo, e che dovrebbero aver se-
guito la stessa sorte della Parte Terza. E ció a maggior ragione quan-
46 GAETANO CONTINI

do si consideri che, per i caratteri e per la tecnica compositiva, tutte
e tre le Parti sembrano essere state stampate nello stesso tempo e
nella stessa officina.

Più d’uno ha proposto l’ipotesi di due stampe la prima delle
quali, per ragioni sconosciute, sia stata interrotta e quindi non edita 9.
Dai documenti che mi accingo a descrivere sono certo invece, come
si vedrà più innanzi, che si tratti di una sola stampa, iniziata prima
del 1642 e che, per una serie di circostanze, è giunta incompleta
all'edizione solo nel 1664. Quanto agli esemplari non editi e perve-
nuti a noi imperfetti si puó forse parlare di bozze o piü generica-
mente di saggi, ma credo di poter escludere che si tratti di un'altra
edizione, rispetto a quella dell'Hertz.

Pompeo Pellini scrisse quest'opera negli ultimi anni della sua
vita, tra il 1569 e il 1594. A questo proposito, per poter accettare
alcuni banali errori che vorrebbero iniziata la stampa già quando
l'Autore era ancora in vita, si sono da piü parti confusi i dati certi
con altri ipotetici tal che mi sembra opportuno, anche per la eco-
nomia di questo lavoro, riassumere i fatti.

La prima notizia che il Pellini avesse posto mano alle storie è
del 18 maggio 1569 quando egli ottiene dai Priori delle arti del Co-
mune di Perugia, in deroga alle disposizioni vigenti, di portarsi a
casa alcuni registri d'archivio per comporre una « Istoriam seu com-
mentaria rerum Perusinarum facilius atque commodius de rebus ab
ipsis prioribus antiquitus gestis » ©. Possiamo però pensare che per
la parte relativa agli anni precedenti al 1200, quelli cioé privi di
documentazione locale, potesse avere iniziato anche prima.

La seconda notizia é dell'anno dopo e consiste in una lettera del
febbraio 1570 scritta da Alessandro Della Penna a un suo parente,
lettore dello Studio di Macerata, in cui si comunica che, essendo
giunto a Perugia un bravo stampatore, «forse in questa occasione:
il Pellini avrebbe stampato l’opera sua» ?. Il Vermiglioli, il più
fertile fra gli studiosi esaminati, giunge perfino ad identificare nel
tipografo Valente Panizza mantovano, giunto appunto in Perugia
nel 1569 per impiantarvi una nuova stamperia, lo stampatore di cui
parlava il Della Penna ?. i

Tuttavia da questo semplice cenno mi sembra arduo pensare:
che il Della Penna alludesse alla Historia. È più spontaneo, invece,
il riferimento alla traduzione che Pompeo Pellini fece delle vite di
Braccio Fortebraccio e di Niccolò Piccinino edite poi da Francesco
Ziletti a Venezia nel 1572 ®. Ancorché il Della Penna avesse voluto;

CRIARI PILA TRE VD Lr. ARR mr idro i bos Ms a; nn 9.)
A. PROPOSITO DELLA. STAMPA A VENEZIA 47°

intendere l'Historia, mi sembra molto più valida l'opinione del Rossi
che pensava si dovesse trattare di «un lavoro di assai minor mole »
di quello poi fatto '?, tale da poter corrispondere alla promessa che
farà nel 1572 il Pasini, editore delle Vite, nella lettera ai lettori
contenuta appunto in quella edizione 11).

Il Pasini, infatti, promette di darsi da fare affinché «il secondo
frutto » dell'operosità scrittoria del Pellini venga presto alla luce 12).

Il 5 novembre 1575, essendo stata promulgata pochi giorni
prima dal Comune di Perugia una nuova legge in materia di archivio
comunale che restringeva ancor più la possibilità di estrarre docu-
menti dall’archivio stesso, il Consiglio dei Priori delle arti concede
un'altra autorizzazione a favore del Pellini perché potesse portarsi
a casa i registri per completare le storie cittadine !9. Piuttosto in-
teressante è il modo usato per evitare che qualche documento resti
nelle mani del Pellini e si conserva ancora un registro di ricevute
autografe del Pellini al cancelliere di Perugia Sante Pellicciari 14).

I dati fin qui esaminati sembrerebbero contrastare con quanto-
afferma nel 1586 Giovan Battista Bracceschi nei suoi Discorsi. Il
Bracceschi, nel ricordare che i lavori di storia non si possono ben
fare in breve tempo, porta l’esempio del Pellini il quale « dieci anni
sono che si è messo a scrivere l’historie della città sua non atten-
dendo ad altri, e non le ha ancora compite » !9. Il Vermiglioli, cal--
colando i dieci anni a partire dal 1586, fa notare che il Bracceschi
avrebbe commesso un errore '9. Il Vermiglioli voleva dimostrare che:
il Pellini nel 1586 avrebbe dovuto già aver iniziato la stampa. Sono
del parere peró che il Bracceschi potrebbe aver usato le parole « dieci
anni » per dire semplicemente « molto tempo », o potrebbe aver avuto-
notizia del lavoro del Pellini solo nel 1575 — anno della seconda
autorizzazione del Consiglio dei Priori — e in tal caso i conti torne--
rebbero perfettamente '?.

Lo stesso Pellini poi ci comunica l'anno in cui sta scrivendo :
a pagina 347 dice di essere in un anno posteriore al 1570, a pagina
838 e a pagina 952 della Terza Parte nel 1584, a pagina 985 nel
1585 e a pagina 1118 dice di star scrivendo nel 1593, l'anno prima
della sua morte 9.

L'attestazione del Maltempi del 1585 non mi sembra che possa
riferirsi alla Historia ma piuttosto alle Vile 19.

Difficile è poi datare l'attestazione di Cesare Caporali. Il poeta
perugino accenna alle storie del Pellini nella 59? terzina della parte-
vi della Vita di Mecenate 3°, ma occorre tener conto che la prima:
Tel caen A o mien ri RR e

-48 GAETANO CONTINI

“edizione delle sue Rime, curata da Carlo Caporali è del 1641, mentre

egli visse tra il 1531 ed il 1601 ?».
Nel 1591, tuttavia, sembrerebbe che l’opera fosse già in con-

‘dizione di poter essere stampata, almeno secondo quanto si deduce
«dalla proposta del Consiglio dei Priori della città di devolvere per

la stampa della Historia cento scudi l'anno *. La proposta non fu
accolta dallo stesso Pellini per una curiosa circostanza che val la
pena di rilevare perché ci descrive un aspetto interessante del suo
carattere. Infatti, in quel momento il Pellini doveva andare a Roma
per conto della città per trattare con il pontefice la riduzione delle
spese per i salari dei lettori dello Studio perugino *9. Doveva cioè
convincere il papa ad assumere a carico dell'amministrazione cen-

‘trale dello Stato della Chiesa la maggior parte degli oneri di gestione

dello Studio. In questa stessa voce di bilancio, una volta che fosse

‘stata ottenuta la concessione, avrebbe poi dovuto essere iscritto il
‘contributo di cento scudi l’anno per la stampa dell’opera. Il Pel-

lini non vuole accettare questo che gli sembra uno stimolo a trat-
tare per la migliore soluzione dell’affare affidatogli *9. I Priori
registrano accuratamente questo atteggiamento dello storico : « Egli

‘sentendo ciò et dubitando che non s’havesse per cosa contraria il

negotio che doveva trattare con Nostro Signore della rimotione di
-detto augumento, havendovi sopra per sua parte detto assegna-
mento rinunziò liberamente inanzi ch'egli andasse a Roma ...»*9.

I Priori intendono peró far qualcosa comunque e cercano di

-ottenere facilitazioni o finanziamenti dal pontefice stesso. Mandano

a tale scopo Aurelio Ridolfi nel 1594 presso il cardinale Caetani
perché interponga i suoi buoni offici. Il cardinale risponde il 10
.agosto dello stesso anno che farà quanto gli sarà possibile *9. Il
risultato é peró inferiore alle attese. Il papa, infatti, consente di
«estendere al Pellini e ai suoi figlioli i privilegi goduti dai membri
del Consiglio dei Quaranta ma non concede altro, neppure esenzioni
fiscali, adducendo a scusa il fatto di non voler costituire un prece-
dente di deroga speciale alla bolla recentemente emanata «Super
bono regimine » ??,

Il 12 settembre dello stesso anno 1594, all'età di 71 anni, Pom-
peo Pellini muore e la cosa cade nel pubblico disinteresse o almeno
scompare, a tutt'oggi, dalla documentazione ufficiale conosciuta ?9.

Lo storico perugino lasciava eredi diretti suo figlio Ludovico *9,
la sua seconda moglie Cleofe Ercolani Dal Fregio *. Nel suo ultimo
"testamento redatto il giorno prima della morte dal notaio perugino

ln no ge lE — 15 aiam diva d iki ptm vina RE - E ute a
A. PROPOSITO DELLA STAMPA. A VENEZIA 49

ser Marcello Petrogalli non fa alcun cenno della Historia che pur
doveva essere stato il lavoro che maggiormente lo aveva interessato
negli ultimi anni *9. Ma è da credere che avesse lasciato incarico di
curarne la stampa alla moglie alla quale aveva commesso, data la
minore età del figlio, piena e libera amministrazione dei suoi beni 22).

Nel 1600 anche il figlio Ludovico, all’età di appena ventun anni,
muore senza figli e l'intera proprietà finisce così nelle mani di Cleofe 23),
Evidentemente la moglie del Pellini, passata poi a seconde nozze
con Carlo Della Corgna *9, ben intese non confondere negli impegni
della sua nuova famiglia gli affari provenienti dalla gestione delle
cose del suo primo consorte e si servì a tale scopo sempre del fratello
Ippolito particolarmente vicino e affezionato al Pellini stesso tanto
che ebbe nel sopracitato testamento il compito di tutore del figlio *9.

Infatti, nel 1612 è proprio Ippolito Ercolani Dal Fregio che fi-
nalmente decide di far qualcosa del manoscritto del suo defunto
cognato e prende contatto, per tramite di tal Marco Antonio Saitta
di Venezia, con gli stampatori di quella città. Si giunge così alla
definizione di un contratto tra il Dal Fregio ed uno stampatore
— che poi vedremo essere Roberto Meietto — sempre a mezzo del
Saitta. L'Archivio Notarile perugino conserva ancora l'atto di pro-
cura del Dal Fregio al Saitta con l’impegno di stipulare il contratto
di stampa ?°.

Il documento datato 6 novembre 1612 contiene un ampio an-
tefatto in cui è ricordato come si fosse trattato «per medium ac
interventum » del Saitta in Venezia affinché «per aliquem diligen-
tem et idoneum bibliopolam imprimeretur quoddam volumen vul-
gari lingua compositum per illustrissimum dominum Pompeum Pel-
linum de Perusia suum olim cognatum numquam antehac editum
intitulatum Annali seu Historia della città di Perugia » *?.

Dal documento stesso si ricava inoltre che il Saitta aveva inter-
pellato alcuni stampatori veneziani disposti a pubblicare, entro un
anno dalla consegna del manoscritto, l’opera al prezzo di 400 ducati
veneti da pagarsi per metà all’inizio del lavoro e per l’altra metà
alla consegna, che doveva farsi a Pesaro, nella quantità di 112 vo-
lumi e con l’impegno di non vendere né far vendere «per certum
tempus » l’opera nel territorio di Perugia e in quello del Granducato
di Toscana.

Per poter mandare in porto quanto più rapidamente l’affare il
Dal Fregio aveva quindi inviato al Saitta duecento scudi «et etiam
dictum opus et volumen ad hoc ut quanto citius imprimatur multum

4

je no — e e A
50 GAETANO CONTINI

confidens in probitate, experientia et diligentia eiusdem domini Marci
Antonii» che nominava perció suo procuratore a stipulare il con-
tratto con lo stampatore con il preciso compito che in esso fosse
anche precisato che «suprascriptum volumen et opus cum suo in-
dice et postillis bene, recte et diligenter » fosse impresso.

Non si puó dubitare che il Saitta non si sia premurato di conclu-
dere i patti con uno degli stampatori interpellati, ma per la verità,
il termine dell'anno, anche ammesso che il contratto fosse stato
concluso un anno dopo l'atto di procura testé ricordato — il che
non credo — trascorse senza che lo stampatore contraente avesse
adempiuto ai suoi obblighi.

Infatti, il 17 maggio 1616 i Priori di Perugia, su richiesta evi-
dentemente del Dal Fregio, si rivolgono al concittadino mons. Evan-
gelista Tornioli, Olivetano, procuratore generale dell'Ordine e com-
mendatore di S. Spirito di Roma, recentemente nominato vescovo
di Città di Castello *9 ma residente a Roma. I Priori appunto inviano
lettera al Tornioli per mezzo del cancelliere del Comune Silverio
Rettabeni « perché ci preme tanto che si conduchi a buon fine quanto
prima la stampa delle Historie di questa città nostra scritte dalla
bona memoria del signor Pompeo Pellini come a boccha conferirno
qua con Vostra Signoria Reverendissima ».

Il prelato era stato infatti a Perugia nel febbraio del 1616 per
ricevere dalla sua città natale i festeggiamenti per la sua nomina a
vescovo *9. In quella occasione, come si conosce dallo stesso docu-
mento del 17 maggio il Tornioli aveva promesso di interessarsi della
stampa a Venezia «con persona potente » :9.

La persona potente a cui il vescovo di Città di Castello alludeva

era l'abate del monastero Olivetano di S. Elena di Venezia, forse

don Paolo da Siena ‘, come rileviamo da un pro-memoria inviato
dai Priori per mezzo del Tornioli allo stesso abate il 2 agosto 1616 *".
Il documento ci dà anche per la prima volta il nome dello stam-

patore, Roberto Meietto, e vi si dice che già da tempo Ippolito Er-

colani Dal Fregio aveva mandato a Venezia il manoscritto del Pel-
lini per la stampa. La lettera infatti parla di «notabil tardanza »
del Meietto e termina con la preghiera che l'abate intervenga a
sollecitare lo stampatore assicurandolo che «il resto del denaro do-
vutoli è in pronto » ed è a disposizione dell'abate stesso, «se bene
se desidera prima per mezzo suo havere un tomo solo del primo e

secondo libro come s'intende già stampati per sodisfattione perso-

nale di quel signore che di suo fa questa spesa ».

Aw micia ACA Ki tl vingt i [o io oa On voii. be foin, uA

— —— A PROPOSITO DELLA STAMPA A VENEZIA 51

Da tali notizie possiamo esser certi quindi che lo stampatore
fosse il Meietto, che il contratto di stampa era stato fatto molto
tempo prima, forse nel 1613, e che perció non era stato rispettato
il termine di un anno alla conclusione della stampa e che doveva,
infine, essere a conoscenza del Dal Fregio che la prima e seconda
Parte dell'opera erano state composte si da poter chiedere l'invio
del « tomo » ‘9).

Il 17 novembre 1616 non si era ancora ottenuta alcuna risposta
dato che i Priori tornano a sollecitare il Tornioli 44), il quale risponde
tre giorni dopo da Città di Castello invitando il Comune a tenersi
in contatto anche con l'abate a Venezia 45).

Il 9 novembre perciò i Priori mandano all’abate un secondo
memoriale nel quale si ha finalmente notizia che una prima copia
della stampa è giunta a Perugia ‘9: « Se bene siamo manchati pure
assai con lettere di corrispondere alla tanta cortesia e gentilezza
usateci da Vostra Paternità Molto Reverendissima mentre più mesi
sono ci mandò uno saggio delle stampe che in codesta città si fanno
delle Isforie di questa nostra ...». I Priori pregano quindi l'abate
di insistere sulla tiratura delle copie assicurando il pagamento dei
restanti duecento scudi alla consegna del lavoro.

Non credo che in questa lettera si possano porre termini limi-
tativi a quello che viene ivi chiamato «uno saggio delle stampe ».
Il dubbio che dovesse trattarsi della intera opera ci giunge da al-
cune lettere di Giovan Battista Lauri. Nella prima *? il letterato
afferma che due anni prima aveva visto presso il libraio Marco Nac-
carino a Perugia Ippolito Dal Fregio con il tomo della Historia del
Pellini e che questi gli aveva detto di essere in dubbio se farne uno
o tre volumi.

Ciò induce a pensare che, dietro le pressioni dell’abate di S. Elena,
il Meietto avesse terminato di comporre la Historia e avesse inviato
al Dal Fregio una o più copie dell’intera opera, anche per avere istru-
zioni sugli indici, sui frontespizi e soprattutto sul fatto se essa do-
vesse essere divisa in volumi e in quanti. Non bisogna dimenticare
che il Dal Fregio, prima che si giungesse alla pubblicazione doveva
mostrare alla Sacra Congregazione dell’Indice una copia anche per
ottenere la privativa per l’esclusività di vendita del libro nello Stato
della Chiesa.

Per tutto questo il Meietto aveva mandato il « saggio » in più
copie e non rilegato come dimostra del resto il fatto che il Dal Fregio
aveva portato la stampa per la legatura al Naccarino. Convince
o catenis e i AR

52 GAETANO CONTINI

ancor piü questa teoria per il fatto che, a norma del contratto, il
Meietto doveva alla fine consegnare 112 volumi al Dal Fregio. Se
fosse stata decisa la questione della divisione in Parti e se si doves-
sero intendere 112 Parti il Dal Fregio avrebbe dovuto ricevere 37
opere complete ed una Parte, cosa assolutamente incredibile. Se il
Meietto invece avesse dovuto stampare solo le prime due Parti non
si vede perché allora il Dal Fregio avesse mandato l'intera opera
manoscritta a Venezia.

Si trattava perció di 112 opere complete, divise che fossero in
una o piü Parti. Non sappiamo, inoltre, se il Dal Fregio avesse avuto
al momento dell'invio del manoscritto piena coscienza della quantità
di pagine a stampa che ne sarebbero sortite si da poter dare dispo-
sizioni precise sulla divisione in Parti. Sono del resto convinto che
se cosi non fosse stato tali disposizioni sarebbero state accuratamente
indicate nell'atto di procura del 1612 per il resto molto preciso e
circostanziato. Certo é che di fronte alla enorme quantità delle pa-
gine — oltre tremila — occorrevano allo stampatore precise istruzioni.

Propongo quindi, fatte le predette considerazioni, questa spie-
gazione.

Quando il Dal Fregio si rivolse ai Priori nel febbraio del 1616
sapeva che almeno due Parti erano state composte e forse anche
tirate ed è per questo che nel primo pro-memoria chiede di vederle.
Per le ragioni tecniche suddette il Meietto, allettato anche dalle as-
sicurazioni dategli dall'abate in merito al pagamento dei restanti
duecento ducati, accelera la composizione anche della Terza Parte
ed è in breve quindi in condizione di mandare l’intera stampa chie-
dendo istruzioni sulla composizione del « volumen ».

Non deve stupirci del resto il fatto che il Meietto abbia com-
posto nello spazio di alcuni mesi oltre 1200 pagine ; in fondo aveva
accettato, dopo aver visto il manoscritto, di stampare l'intera opera
in un anno e non abbiamo ragioni per non credere che non potesse
farlo in quel termine.

Per quanto riguarda infine la tiratura di alcune copie occorre
pensare che il Meietto, dovendo fare gli indici, doveva avere almeno
una copia completa numerata per i riferimenti: non poteva certo
fare gli indici sulla base della cartolatura del manoscritto.

Da quanto si è fin qui detto è facile dedurre che sul finire del
1616 fossero giunte a Perugia alcune copie dell'intera stampa, non
rilegate, prive di frontespizi, di tavola dedicatoria e di indici.

I] Meietto evidentemente aveva chiesto, per terminare il suo

d. mto ME — ISO LITIO ve MeL ipa rg [b EEN dl PIE foe oae STO hs en
A. PROPOSITO DELLA STAMPA A VENEZIA

53

lavoro, se non l'intero pagamento dei rimanenti duecento ducati,
almeno un anticipo e i cattivi suoi precedenti avevano consigliato
al Dal Fregio una maggiore prudenza.

I] 28 febbraio 1617 il Comune di Perugia torna a sollecitare
l'abate di S. Elena affidandogli il compito di decidere sul pagamento
anticipato *9, ma la lettera forse non ebbe risposta poiché i Priori
si rivolgono nuovamente al Tornioli che il 5 aprile 1617 chiede un
nuovo memoriale da inviare questa volta al Patriarca di Venezia
cardinale Vendramin *?. Il 25 luglio i Priori tornano a scrivere al
Tornioli per avvertirlo che il segretario del cardinale, Giovanni An-
drea Salici, aveva dato risposta al pro-memoria 5°.

Il 4 agosto il Tornioli risponde assicurando il suo sempre co-
stante interessamento 5). Ma il tempo scorre inutilmente malgrado
il Dal Fregio avesse ceduto, forse per consiglio del Salici, e avesse
inviato «alcune centinaia di scudi » come è detto in una lettera al
vescovo di Città di Castello del 20 gennaio 1618 52.

Il 24 gennaio 1618 il Tornioli dà altre assicurazioni ma certa-
mente si va diffondendo il convincimento che si è ormai vicini alla
pubblicazione della sospirata Historia 5. Infatti, i Priori del 1 tri-
mestre di quell’anno lasciano memoria ai loro successori della pros-
sima edizione, precisando per altro che la città, pur traendo giova-
mento dall'opera, non ne ha affrontato le spese *9. La memoria in-
duce i magistrati cittadini a scrivere un’altra lettera al Tornioli il
3 marzo *9 alla quale questi risponde, sempre assicurando il suo
intervento, in data 6 aprile 1618 5°.

Di nuovo il Comune si rivolge al Tornioli il 7 luglio 5% riceven-
done risposta l'11 dello stesso mese *9. In questa lettera il vescovo
di Città di Castello appare ormai sfiduciato: «Dal primo mal in-
contro ch'ebbe l'opera di capitar in mano d'uno stampatore fallito
e negligente é nata la tardanza ch'alle Signorie Vostre, non men che
a molti loro antecessori è dispiacevole. Io ne sento disgusto .. . » 5®.
E non possiamo certamente dargli torto !

A tale lettera doveva seguire una risposta analoga del Comune,
ma che non fu poi più spedita. È interessante comunque notarne il
contenuto: «... la signora Cleofe Herculana ... si duole assai della
sua disgratia, prima d’essersi data in uno stampatore fallito, doppo
che lei non desse ordine preciso che l’illustrissimo Patriarca di Ve-
netia facesse pagare li 200 ducati mandati in mano di vostra Signoria
Illustrissima in più volte da erogarsi nel prezzo della carta com'ella
ne diede intentione e non tutti insieme . . . » *9.
GAETANO CONTINI

Quest'ultima circostanza è particolarmente grave tanto più che
il Meietto aveva dato sufficienti prove di cattiva volontà. Da quel
che si intende, infatti, Cleofe Ercolani Dal Fregio avrebbe comple-
tato o quasi il pagamento dei duecento ducati che dovevano essere
pagati a Pesaro al momento della consegna dei 112 « volumi ». Si
puó ben credere che ormai il Meietto aveva perso ogni interesse a
terminare il suo lavoro. La stessa lettera aggiunge: « Et di piü si
duole che dice havere hauto aviso da Venetia ch'apena s'é dato prin-
cipio all'opera e che non se ne stampa pure un foglio al mese si che
dubita non essersi buttati li 400 ducati sinhora pagati senza sapervi
pigliar rimedio alcuno ». I Priori pregavano pertanto il Tornioli di
far in modo che almeno il Salici, che sembra aver commesso l'errore
di dare il denaro al Meietto, trovasse il mezzo di costringerlo al com-
pimento del lavoro. La lettera é datata 7 agosto 1618 e, come si e
detto, non fu spedita. Infine, è anche l'ultima della corrispondenza
ira i Priori ed il Tornioli su questo argomento.

Se, tuttavia, quest'ultima lettera non fu spedita evidentemente
dovettero essere sopraggiunte nuove assicurazioni da Venezia sul
compimento dell'opera. Una tale ipotesi potrebbe giustificare l'editto
del cardinale Legato di Perugia ed Umbria Boncompagni ottenuto
da Ippolito Dal Fregio il 24 ottobre 1622 per il quale, in grazia di
un breve pontificio del 18 marzo 1622 con il quale si autorizzava il
Dal Fregio a pubblicare «tre tomi d'historie overo annali di questa
città di Perugia del quondam Pompeo Pellini », gli si concedeva il
diritto di vendita esclusiva per dieci anni nel territorio dello Stato
della Chiesa *".

Ma appena due anni piü tardi, il 20 giugno 1624, il Dal Fregio
nomina suo procuratore don Fortunato veneto (forse Fortunato
Olmi) *9 per rappresentarlo in giudizio a Venezia contro Roberto
Meietto «causa et occasione impressionis et consingnationis tomo-
rum centum duodecim instoriarum seu annarium civitatis Perusiae
conducendorum et consingnandorum in civitate Pesari sumptibus do-
mini Roberti Meietti » *?.

Non ho trovato negli archivi veneziani notizie in merito alla
vertenza e per testimonianze certe e databili si giunge nullo medio
al 1664, anno della edizione dell' Hertz.

Relativamente agli anni immediatamente successivi alla priva-
tiva del 24 ottobre 1622 si possono peró fare alcune congetture non
del tutto prive di fondamento.

Dalla documentazione esaminata é evidente che i protagonisti

Plim - o Ag mirra Sedriano ei
A PROPOSITO DELLA STAMPA A VENEZIA 55

della vicenda della stampa della Historia sono Cleofe Dal Fregio,
suo fratello Ippolito ed Evangelista Tornioli per il tramite del quale
la stampa stessa riesce a realizzarsi ; di contro abbiamo uno stampa-
tore bugiardo, furbastro, negligente e truffaldino. Le sollecitazioni
dei due alti prelati veneziani, l'abate di S. Elena e il cardinale Ven-
dramin, ebbero si l'effetto di far comporre tipograficamente l'opera,
ma non di piü. Del resto il Meietto non doveva temere molto gli
ecclesiastici. Era già incorso in una scomunica nel 1606 ©, forse per
aver stampato un'operetta di Paolo Sarpi *9, e se non aveva inter-
rotto la sua attività di libraio e di stampatore *9, ció vuol dire che,
dati i particolari rapporti allora esistenti tra Roma e Venezia, era
largamente protetto dal governo della potente Repubblica.

A suo favore dovettero giocare altre circostanze. Nel 1621 il
Tornioli aveva preso finalmente possesso della sua. diocesi di Città
di Castello *?, allontanandosi cosi dalla curia romana ove poteva
certamente esercitare un piü ampio potere. Inoltre, poco dopo il
suo trasferimento a Città di Castello, cadde gravemente malato e
si trasferì a Perugia ove mori il 7 novembre 1631 *9.

Nel 1624 muore anche Cleofe Dal Fregio *?. Ippolito muore il
2 agosto 1629 ?°, il suo ultimo testamento del 16 marzo 1629 non
fa cenno alla Historia *'?, lascia eredi universali i figli Giovan Bat-
tista, Francesco e Giovan Paolo, ma affida ogni suo impegno piü
diretto al primogenito *?.

Giovan Battista non sembra essere molto interessato alla stampa
del Pellini. A 20 anni si iscrive nella matricola dell'Arte del Cambio??.
Il 30 aprile 1626 riceve l’incarico dal collegio degli scrittori dell’Archi-
vio Capitolino di Roma di far l'esame e indi proclamare notaio tal
Giuseppe Farina di Petrignano di Assisi *?. Alla morte del padre eredita
una grossa fortuna superiore di molto agli altri due fratelli *9, della cui
eredità lascia in testamento erede universale, nel caso in cui non do-
vesse avere figli, il S. Offizio per la costruzione del carcere presso il
convento di S. Domenico di Perugia iniziata nel 1631 *9. Nel 1643
è tesoriere della città ma in quella occasione, anche a causa dell'in-
vasione dei fiorentini in conseguenza della « guerra di Castro », resta
debitore della Reverenda Camera Apostolica che, non intendendo ra-
gioni, lo fa carcerare per dieci anni. Muore difatti in carcere il 27
marzo 1657 '?.

Anche da parte Pellini non ci sono piü parenti stretti che pos-
sano interessarsi alla stampa : Fabrizio, figlio dello zio paterno di
Pompeo, Camillo, muore nel 1636 '9.

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GAETANO CONTINI

Si può quindi dire che con la morte di Ippolito Dal Fregio sono
scomparsi tutti i più diretti interessati all'edizione e il Meietto è
così libero di non adempiere più ai suoi obblighi. Il Comune di Pe-
rugia, che pur il 28 gennaio 1637 contribuirà con una modesta somma
alla stampa delle Storie del Ciatti *9, non si interesserà più invece
della stampa del Pellini.

Resta tuttavia da vedere come dal Meietto si sia giunti all’edi-
zione dell’Hertz. Il Vermiglioli, sempre senza citare la fonte, dice
che la Historia si cominciò a stampare mentre era ancora in vita
l'autore *9 dal Ciotti «e questi defonto da Antonio Menghetti » 81)
e aggiunge che nel 1627 uscirono appunto dalla officina di quest'ul-
timo i pochi volumi «imperfetti ». Ad alcuni di essi, in seguito,
sempre secondo il Vermiglioli, l'Hertz aggiunse frontespizio e indici.

. Altrove lo stesso autore porta a sostegno della sua teoria «un
foglio anonimo di memorie sulle Istorie del Pellini » *9 per il quale
fino al 1627 esse furono stampate dal Ciotti e dopo la sua morte
avvenuta appunto in quell'anno la stampa fu proseguita da Antonio
Mengetti.

In una notizia manoscritta di Annibale Mariotti 8° è detto te-
stualmente: «Si stampava la detta Istoria in Venezia del 1627 dal
Ciotti, il quale essendo morto, proseguì doppo Antonio Majetti e
ne uscirono alcuni tomi imperfetti » 84.

Da quel che sono riuscito a trovare in una breve e quanto mai
insufficiente indagine posso solo affermare che Roberto Meietto non
lascia traccia di sé dopo il 23 dicembre 1626 *9, il Ciotti dopo il
1620 89; Giovan Giacomo Hertz lo trovo per la prima volta nel
1646 8”.

A quanto parrebbe sia il Meietto che il Ciotti scompaiono dopo
il 1626. Senza ombra di dubbio le ipotesi del Vermiglioli e del Ma-
riotti sono prive di fondamento, resta probabile che alla morte del
Meietto, avvenuta forse nel 1627, la sua libreria e l’officina fossero
state acquistate dalla «ditta» Ciotti, che a detta del Dalmazzo
avrebbe proseguito la sua attività tipografica fino al 1832, e suc-
cessivamente da Giovan Giacomo Hertz 89).

L'Hertz dovrebbe aver trovato tra le cose lasciate sospese la
tiratura certamente delle prime due Parti dell’Historia e forse di
parte della Terza. Pensò bene quindi di utilizzarla, completando le
prime due Parti di indici, tavola dedicatoria e frontespizio e ne fece
quell'edizione che porta il suo nome e la data del 1664 *».,

Non sono del tutto certo che si possa parlare di frode editoriale,

uin omo e aT o e — a Rd a PMR gl s V nb ai o aL Vn A. PROPOSITO DELLA STAMPA A VENEZIA 57

potrebbe darsi, ad esempio, che l'Hertz non conoscesse né il nome
del committente né quello dello stampatore della tiratura di cui
però era ben certamente il proprietario. Si è sempre detto dell'estrema
rarità dell’opera; aggiunge stupore il numero limitato di copie ri-
chieste dal Dal Fregio : centododici. Ed è proprio la rarità che con-
ferma l’ipotesi suddetta.

Il Meietto, da buono e accorto editore, almeno per quanto ri-
guardava i suoi interessi, ha accettato un contratto che prevedeva
la privativa di vendita per il Dal Fregio nei soli territori di Perugia
e del Granducato di Toscana. Oltre questi limiti l’opera era di sua
proprietà e ne poteva usare a suo piacimento, considerato anche
che il costo maggiore — la composizione — era stato completamente
pagato dal Dal Fregio. Del resto l’opera era vendibilissima ; come è
noto, oltre che essere la storia della città di Perugia essa è un.po'
anche una storia generale, soprattutto nelle due ultime Parti, na-
turalmente secondo i criteri storiografici dell’epoca.

L’Hertz, invece, non fece questo calcolo — forse anche le matrici
erano scomparse — e vendette le sole 112 copie della Prima e Se--
conda Parte che aveva 9%.

Veniamo ora alla Parte Terza. Che fosse stata stampata è certo.
Il Ciatti ne conosceva almeno tre copie *9. Una copia era forse presso
il monastero di Santa Giustina di Padova *». Lo Iacobilli sapeva
della sua esistenza e cosi pure l'Alessi *, Ottavio Lancellotti *9
e l'Oldoini ®). Non si può certo pensare che nelle mani dell'Hertz
non fosse pervenuta, pur incompleta, anche la sua tiratura.

Occorre però a tal proposito fare altre considerazioni.

Se il Meietto avesse terminato la stampa sarebbe stato ai patti
e non avremmo l’edizione Hertz. Le copie rimaste di quelle che il
Meietto mandò a Perugia nel 1616 presentano tutte, oltre che vi-
stosi errori, anche mancanze di numerosi fogli. Su tal fatto si sono
fatte molteplici illazioni, le più seguite delle quali sono l’interru-
zione e perdita dei fogli dovute alla pestilenza del 1648 *? e quella
dell'intervento di un censore della Congregazione dell' Indice *?.

Scartata come assolutamente infondata la prima ipotesi, sono.
del tutto certo che anche la seconda é priva di giustificazione. In-
fatti, la mancanza dei fogli, pari in tutti i volumi rimasti *9, è do-
vuta a un fatto esclusivamente tecnico. Come si è detto, le copie
giunsero a Perugia non rilegate. I fogli mancanti, o non sono mai
giunti a Perugia, o si sono persi in fase di legatura.

Infatti, mancano o i primi due fogli esterni del quaterno o i:

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-58 GAETANO CONTINI

due fogli interni o l’intero quaterno. Essi non possono essere stati
oggetto di censura. Quando il censore emendava un testo innanzitutto
non troncava mai a metà il discorso, eliminando l’intero periodo.
Se il pezzo da eliminare era breve, passava su di esso dell’inchiostro
o vi incollava un foglio di carta bianca. Quando poi occorresse eli-
minare l’intero foglio, questo veniva tagliato lasciando un piccolo
margine per impedire che il foglio corrispondente a quello da elimi-
nare non avesse a staccarsi.

Nel nostro caso invece quando manca un foglio manca anche
quello corrispondente ?®.

Tale ipotesi è comprovata poi anche da altri fattori.

Per prima cosa i periodi mancanti non sono affatto periodi in
cui siano accaduti fatti censurabili 1°. Infine, non si può non tener
conto della prudenza e, nei casi più discussi, dell’imparzialità mani-
festata sempre dall'autore !°), a cui si deve aggiungere la sua stessa
posizione politica e religiosa perfettamente allineata 192).

Ora, constatato che il fatto è di natura esclusivamente tecnica
e che il censore non vi ha mai posto mano, cosa del resto che l’Hertz
non avrebbe mai potuto neppure sapere, resta da precisare quando
queste mancanze siano potute avvenire. Non possiamo credere che
il Meietto non abbia composto le pagine mancanti, la numerazione
ininterrotta lo prova. Forse non le aveva spedite per errore o si sono
perse, come si è detto, in fase di legatura. Il fatto che manchino in
tutte le copie fa appunto pensare a una sola perdita. È certo in ogni
modo che presso il Meietto l’opera era completa.

L’opera a stampa del Pellini fu in seguito utilizzata da una nu-
trita schiena di studiosi di storia perugina '*? ; resta peraltro il fatto
che ci si è limitati a definirla uno spoglio « veritiero e diligente » 194),
senza che si sia esaminata la figura storica e politica dell’autore.
Non rimane dunque che augurarsi che un maggiore approfondimento
degli studi storici sull’età della Riforma e della Controriforma nello
Stato della Chiesa, e particolarmente nelle sue provincie, riesca a
precisare con visione più circostanziata il valore di storiografo di
Pompeo Pellini.

GAETANO CONTINI

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A. PROPOSITO DELLA STAMPA A VENEZIA

NOTE

!) P. PELLINI, Della historia di Perugia, Parte Terza, con una Introduzione
«di L. FAINA, Perugia 1970, Ristampa anastatica [Venezia, R. Meietti, 1616], (De-
putazione di Storia Patria per l'Umbria - Fonti per la storia dell'Umbria. N. 8).

*?) F. CrATTI, Delle memorie, annali et istoriche delle cose di Perugia. Parte
quarta, cioè Perugia Pontificia, senza frontespizio [ma Perugia, A. Bartoli,
ante 1642], p. 244: «... trovo nominato degli stessi tempi uno de’ Conti di
Coccorano, hoggi Bigazzini, in una compilatione, che de’ pregi di questa famiglia
fece Pompeo Pellini nella terza parte delle sue Storie di Perugia, che stampate
si hanno, benché di moltissimi corpi per istrano caso assai pochi particolarmente
del terzo tomo restati siano ; de’ quali pur uno è nella libraria dell’eminentis-
simo Barberini in Roma, uno appresso il conte Girolamo Bigazzini in Perugia
et uno appresso di me...». Di questa opera del Ciatti, vissuto tra il 1592 e
il 1642 vedi G. B. VERMIGLIOLI, Biografia degli scrittori perugini, Perugia, Ba-
duel, 1829, r, pp. 323-326. A proposito della copia in possesso del conte Giro-
lamo Bigazzini trovo una interessante attestazione, anche se tarda, in un libro
manoscritto non inventariato del fondo Famiglie Perugine dell' Archivio di Stato
di Perugia. Il manoscritto, segnato xxix, rilegato in epoca coeva in pergamena,
reca sul dorso la scritta Genealogia della Famiglia Bigazzini. Sul frontespizio
adornato da frammenti di una incisione seicentesca il titolo ms. Origine della
Antichissima et Nobilissima Famiglia Bigazzini. Anno IIII». Esclusi i fogli
di guardia il volume é pergamenaceo. Contiene copie autentiche di documenti
notarili che attestano la nobiltà della famiglia, tra gli altri vi è l'autentica tra-
scrizione di una parte della Historia del Pellini. Il documento recita: « In no-
mine Domini amen. Presenti publico transumptus instrumento cunctis ubique
pateat evidenter et sit notum quod anno ab eiusdem Domini nostri Iesu Christi
salutifera nativitate millesimo sexcentesimo nonagesimo tertio, indictione pri-
ma, die vero tertia mensis octobris, pontificatus autem illustrissimi in eodem
Christo patris et domini nostri domini Innocentii divina providentia papae duo-
decimi anno eius tertio, ego notarius publicus infrascriptus requisitus pro parte
et ad instantiam illustrissimi domini comitis Ioannis Antonii Bigazzini patritii
Romani et Perusini a quo fuit mihi exhibitus liber intitulatus « Dell'Historia
di Perugia. Parte Terza », autore Pellino, ex quo transumptavi et de verbo ad
verbum exemplavi a folio 1024 ad folium 1031 libri noni eiusdem Tertiae Partis
infrascriptas memorias cum annotationibus et postillis in marginibus existen-
tibus prout infra sequitur videlicet : In quest'anno alli 29 di marzo... come noi
fatto habbiamo. Quo transumpto per me notarium, ea qua decet fidelitate facto
supradictum librum eidem illustrissimo domino comiti Bigazzino restitui et ita
transumptavi non solum etcoetera et omni etcoetera super quibus etcoetera.
Actum Romae in palatio dicti illustrissimi domini comitis praesentibus domino
Iacobo Repeti filio domini Ioannis Baptistae Parmensis et domino Martino Pa-
latio Anagorino testibus ». Seguono la «completio » del notaio Antonio Oddo

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60 GAETANO CONTINI

di L’Aquila che ha rogato l’atto, l’attestazione dei Conservatori della Camera di
Roma, la «completio » del notaio perugino Giuseppe Gambacurta che ha re-
datto la copia e l’attestazione dei Decemviri perugini, quest’ultima datata 19
gennaio 1696. Vedi anche: G. B. VeRMIGLIOLI, Bibliografia storica perugina
ossia catalogo degli scrittori che hanno illustrato la storia della città; delle persone,.
dei monumenti, della letteratura, eíc., Perugia, Baduel, 1823, p. 121: «non se
ne conoscono che cinque esemplari tre in Perugia e due a Roma ». Lo stesso
VERMIGLIOLI (Degli storici perugini ecc. in A. ManrorTI, Saggio di memorie
istoriche, civili ed ecclesiastiche della città di Perugia e suo contado, opera po-
stuma, Tomo 1, Parte 1, Perugia, Baduel, 1806, p. LxxI1) dice che della Terza
Parte un volume era nella Biblioteca Augusta, uno presso i conti Baglioni,.
uno presso Silvio Vermiglioli di cui però non sapeva che fine avesse fatto, se
cioè fosse finito alla famiglia Floramonti o presso i marchesi Venuti di Cortona,
e questi da aggiungersi alla copia del Ciatti, a quella del Barberini e a quella
del Bigazzini passato poi in casa Ranieri e di là alla libreria del card. Passio-
nei. A. Rossi (Pompeo Pellini e le sue storie di Perugia, pubblicazione per le nozze
Manzoni-Ansidei, Perugia, G. Boncompagni e C., 1873, p. 15 n. 4) ne ricorda
una copia di proprietà del notaio Giacomo Antonini, ora pervenuta alla Biblio-
teca Augusta, ma non sappiamo per quale via sia giunta al notaio. Penso che
si tratti della copia del Ciatti o di quella del Vermiglioli. Il Vermiglioli, infine,
citando dal Catalogo di storie generali e particolari d’Italia ecc. di I. MORELLI
(Venezia, 1782, p. 137), ne ricorda una copia anche nella biblioteca del mona-
stero di Santa Giustina di Padova : G. B. VERMIGLIOLI, Bibliografia storica . . .
cit., p. 121. Tale esemplare potrebbe esservi giunto attraverso padre Fortunato:
Olmi, che servi da intermediario, come vedremo, tra Ippolito Ercolani Dal
Fregio e lo stampatore di Venezia. Ma di questo parleremo ancora. Vedi anche
J. C. BRUNET, Manuel des libraire et de l'amateur des livres, Paris, Didot, 1863,
IV, p. 474; N. F. Haym, Biblioteca Italiana ecc., In Venezia, presso A. Geremia,
1728, p. 35.

3) P. PELLINI, Dell’Historia di Perugia, Voll. 2, Venezia, G. G. Hertz,
1664. Nella lettera al cardinale Pietro Bargellini, governatore di Perugia, l'edi-
tore precisa, infatti, che l'opera si compone di due soli volumi. Ibid., le prime
pagine non sono numerate. Dell'edizione dell'Hertz è stata effettuata nel 1970
la ristampa anastatica a cura di A. Forni di Bologna.

*) Segnalo un esemplare molto interessante, di proprietà del Dott. Gio-
condo Ricciarelli di Perugia, della I e II Parte privo di frontespizi, tavola
dedicatoria ed indici. I due volumi legati in pergamena recano sul dorso la
scritta «Della Historia / di Perugia / Parte I» e «Parte II».

5) G. B. VERMIGLIOLI, Degli storici... cit., p. Lxxir.

*) ASP, Archivio Storico del Comune di Perugia (D'ora in avanti sempli-

cemente ASP), Consigli e Riformanze, 141, c. 125v. Vedi anche A. Rossi, Pompeo
Fellini. CH, Dot,

?) Ibid.

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A PROPOSITO DELLA STAMPA A VENEZIA 61
8) G. B. VERMIGLIOLI, Bibliografia... cit., p. 120. Sul tipografo Valente
Panizza a Perugia: ASP, Scritture diverse, 31/13. Cfr. anche: Mostra dell’arte
della stampa umbra. Catalogo, a cura di G. CeccHINI, Foligno 1943, pp. 74-76.
*) G. A. CAMPANO, G. B. PoGGIo, L’Historie et Vite di Braccio Fortebraccio
detto da Montone et di Nicolò Piccinino, scritte... et tradotte in volgare da M.
P. PELLINI Perugino ... mandato pur’hora in luce da L. Pasino, in Vinegia
appresso F. Ziletti, 1572. Le prime pagine non sono numerate. Di questa opera
i conoscono due altre edizioni: la prima «ristampata in Perugia nella stampa
degli Aluigi 1621 » ha in piü una lettera All'illustrissimo et eccellentissimo signor
.d. Paolo Orsini di Marco Naccarini del 20 settembre 1621, una Tavola di tutti
i luoghi notabili della Vita et dei Fatti di Braccio, una Lettera ai Lettori dell'editore
A. Aluigi datata 1620. La seconda è chiaramente una truffa editoriale trattandosi
della stessa stampa del 1621 cui è stato aggiunto : L'Apologia della Patria di
Braccio di F. CrATTI preceduta da una lettera dello stesso al conte Adreano Monte-
melini datata 25 ottobre 1636, segue poi A chi legge dello stesso CIATTI, la ristam-
pa del Proemio. L’edizione avvenne « In Perugia nella stampa Augusta appresso
P. Tomassi 1636 ». Vedi anche A. Rossi, Pompeo Pellini ... cit., p. 11; G. B.
VERMIGLIOLI, Degli storici... cit., p. uxvim ; L. FAINA, Introduzione, cit., p. x1.

10) A, Rossi, Pompeo Pellini... cit., p. 11.

1) Vedi nota 9.

12) Ibid.

13) ASP, Consigli e Riformanze, 143, c. 111r (115r); A. Rossi, Pompeo
Bellini 52:cit., p. 1L

4) ASP, Scritture diverse, 14/5. U. NicoLINI, Reformationes Comunis Pe-
rusii quae extant anni MCCLXII, Perugia, 1969 (Deputazione di Storia Patria
per l'Umbria. Fonti per la storia dell'Umbria. N. 5), p. xv. Il registro inizia
«così: «In Dei nomine amen. In hoc bastardello cartarum .xvrir. fiet mentio
.de annalibus et libris cancellariae comunis Perusiae accomodandis magnifico
domino Pompeio Pellino ex ordine ac licentia magnificorum dominorum prio-
rum rogato ser Perfrancesco Tanciolino eorum notario sub die .xvrr. maii 1569
«ausa et occasione in eius rogitu latius expressa prout de dictis accomodatis
manu propria eiusdem domini Pompei de die in die inferius apparebit videli-
cet ». Segue una serie di ricevute di pugno del Pellini dal 19 maggio 1569 quando
riceve «librum actorum et publicarum gestorum magnifice civitatis Perusie
scriptum ... 1276-1277 » e termina a c. 7v con una ricevuta del 7 ottobre 1574
per un libro «actorum de anno 1310, 1311 et 1312...».

15) G. B. BraccescHI, Discorsi ne’ quali si dimostra che due santi Ercolani
sieno stati vescovi di Perugia et si descrivono le vite loro et di alcuni santi di Spo-
leto et appresso le antichità et laudi di detta città, In Camerino appresso F. Giojosi
1586, Discorso IX, p. 37.

16) G. B. VERMIGLIOLI, Degli storici... cit., p. LXVII.

17) Occorre calcolare un certo lasso di tempo tra la consegna del mano-
Scritto e la stampa.
GAETANO CONTINI

18) Vedi anche L. Faina, Introduzione, cit., p. xxx; A. Rossi, Pompeo
Pellini... cit., p. 11. Il Faina, come del resto anche il Rossi, non ha rilevato:
la prima citazione. Il Pellini, nel ricordare una lunga controversia in materia
fiscale tra il Comune di Perugia ed il monastero benedettino di San Pietro,
descrive un accordo stipulato tra le due parti il 20 dicembre 1519. Il Comune.
in deroga ai privilegi concessi al monastero da vari pontefici (ultimo quello
di Alessandro VI del 10 aprile 1498) pretendeva di fargli pagare il sussidio.
focolare, onere imposto sulla proprietà terriera. Alla protesta dei monaci, che
si erano avvalsi della consulenza del canonista Sepolcro Tini, il Consiglio dei
Priori opponeva il breve di Alessandro VI del 19 aprile 1500 in base al quale
aveva ottenuto che non fossero esenti dall'imposizione i beni acquisiti per ere-
dità o acquisto che fossero già gravati del detto sussidio. Il 15 aprile 1510 il
Comune impone al monastero, su consiglio dei celebri giuristi Vincenzo Erco-
lani Dal Fregio, Mariotto Boncambi e Paolo Magni, di pagare venti fiorini
l’anno. I monaci, che il 14 maggio 1510 producono una attestazione di fronte
al Luogotenente del Legato di Perugia di essere indotti al pagamento con la
forza ma di non rinunciare tuttavia ai propri privilegi, il 20 dicembre 1519
giungono al concordato (quello a cui per l’appunto si riferisce il Pellini) per il
quale accettano il principio di dover pagare i venti fiorini a partire dal 1510,
ottenendo però l’esenzione dal pagamento sia degli arretrati che delle successive
15 annualità, avendo costruito a proprie spese un tratto di mura e un torrione
accanto al monastero verso la chiesa di S. Costanzo. Il 2 luglio 1535, su richiesta
degli stessi monaci che cedevano in cambio una loro proprietà in Monte Malbe,
vengono esentati per altri 29 anni, esenzione poi estesa fino al 1570 quando
ne furono liberati del tutto. Il Pellini conclude la notizia dicendo : « et hora
sono in tutto essenti et immuni da detta gravezza ». Non è possibile stabilire
a quale anno si riferisce quell’ «hora » ; senza dubbio dopo il 1570 e si può a
questo proposito ricordare che il 7 ottobre 1574 (v. nota 14) il Pellini aveva
avuto in consegna dall’archivio decemvirale il registro degli atti del Consiglio-
dei Priori degli anni 1310-1312 (ora all'Archivio di Stato di Perugia - ASP,.
Consigli e Riformanze, 14). I documenti di cui sopra abbiamo fatto cenno sono
nel registro delle esenzioni del monastero di S. Pietro (Ancnuivio DI S. PIETRO:
DI PERUGIA, P.D. 15, cc. 588r-626r e cc. 862r-864r).

1°) M. A. MALTEMPI, Trattato, In Orvieto per B. Salviani 1585, p. 74.

2°) CESARE CAPORALI, Rime, a cura di CARLO CAPORALI, edizione consul--
tata: Perugia, Reginaldi, 1770 (Prefazione di V. CAVALLUCCI) La terzina a
cui faccio riferimento (p. 140) recita testualmente : «Se ben per questo ogni
scrittura la vista / del vecchio armario, e quel, che ultimamente / scrive il no-
stro Pellin, nobil cronista ». Carlo Caporali in nota aggiunge : « Pompeo Pel-
lini raccolse ordinatamente in tre volumi l’istorie della sua patria. Si diedero
alle stampe dopo la morte sua in Venezia : ed essendo già pubblicate, l'ava-
rizia non so se mi dica, dei stampatori, o di altrui, dissipò talmente l'opera, che-
niuna ne troverai del tutto intiera ».

air Co) ipte n n RA e a rm to is B, m de E iPad da A Ve IP DA Ki gri n V bai.) ir ay VR AM 01%)
A PROPOSITO DELLA STAMPA A VENEZIA

") G. B. VERMIGLIOLI, Biografie... cit., pp. 266 e 268.

2?) Documento n. 1. Si può anche pensare, date le dimensioni dell’opera,.
che il Comune e il Pellini avessero in animo di mandare alle stampe le tre Parti
separatamente. In questo caso, dato che la Terza Parte, come si vedrà, non era
ancora stata completata, potevano certamente essere pubblicate le prime due.

2) Documento n. 2.

M) Ibid.

25) Ibid.

26) Documento n. 4.

27) Documento n. 5.

28) A. Rossi, Pompeo Pellini ... cit., p. 14. Il Rossi riporta in appendice
l’atto di morte registrato nel Libro dei Morti della parrocchia di S. Martino
del Verzaro in Porta Sant'Angelo : Ibid., p. 22.

2) Testamento di Pompeo Pellini rogato l’11 settembre 1594. ASP, Nota--
rile, Marcello Petrogalli, Testamenti libro rm (1902), cc. 245v-249r.

so Ibid.

3) Ibid.

*) Ibid. Le mancate disposizioni testamentarie sulla stampa potrebbero
spiegarsi anche in altro modo e cioè che il manoscritto non fosse stato comple-
tato, che il Pellini avesse sentito il bisogno di rivederlo e lo avesse perciò rite--
nuto imperfetto, o infine che la vicinanza della morte lo avesse distolto dalle
ambizioni terrene. Faccio qui riserva di trattare più diffusamente del Pellini
storico, e quindi anche della sua vita, in un prossimo articolo, essendo la sua
personalità tale da non poter essere trattata in questo studio di intenzioni ben
più modeste.

3) Ludovico mori il 12 gennaio 1600; aveva sposato Colonna Vibi il 1°
gennaio 1598 ma non aveva ancora avuto figli. A. Rossi, Pompeo Pellini...
Cit; p. 12 note 7. e S8.

**) Cleofe Ercolani Dal Fregio e il suo secondo marito Carlo Della Corgna
ottengono dal capitolo del convento di S. Francesco del Monte il 14 febbraio

1619 l'impegno che sarebbero state celebrate, secondo la loro intenzione, Messe
quotidiane per ben novantanove anni. ASP, Notarile, Marcello Petrogalli, At-
ti, 1617-1621 (1936), cc. 110v-111v.

8) Il 16 ottobre 1616 Cleofe nomina suoi procuratori — il documento non

precisa a qual fine — Ippolito e il cugino Pompeo. ASP, Notarile, Ludovico-

Riccieri, Atti, 1616-1618 (3000), cc. 39v-41v. Ippolito salderà, fra l’altro, per
conto di Cleofe, il 23 marzo 1623 un vecchio debito di Pompeo Pellini di 400
scudi avuti in prestito in epoca imprecisata dall’abate Pietro Giovanni Florenzi

Della Penna. Di tale restituzione Vincenzo Florenzi Della Penna «haeres te--

stamentarius pro tertia parte admodum illustris et reverendissimi domini Petri
Ioannis abbatis Florentii eius patrui » fa quietanza a suo nome ed anche a nome
di suo fratello Orazio a Cleofe Ercolani Dal Fregio «haeredi testamentariae

quondam domini Ludovici eius filii ex quondam domino Pompeo de Pellinis.

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de Perusia olim dictae dominae Cleophae viro ». I denari erano stati restituiti
a Ippolito a nome di Cleofe «pro exoneratione suae conscientiae » per mezzo
«di padre Nicolò Baldelli da Cortona rettore del Collegio dei Gesuiti di Perugia
«... stante quod (ut asseruit idem reverendus pater Nicolaus) dicta domina
Cleophes dixit eidem reverendo patri Nicolao se audivisse a dicto domino Pom-
peo eius viro, dum in humanis erat, ipsum dominum Pompeum habuisse dicta
scuta quatringenta a dicto domino abbate Petro Ioanne mutuo...». ASP,
Notarile, Carlo Alberi, Atti, 1623 (3132), cc. 88r-89r.

**) Documento n. 6. Esiste, per quanto si è potuto trovare sinora, una
sola menzione del manoscritto della Historia che puó datarsi tra il giugno 1596
e il gennaio 1597. Si tratta di un breve appunto che ho visto all'Archivio di S.
Pietro di Perugia in un carteggio relativo ad una lite tra il monastero e il Co-
mune di Perugia portata avanti l'Uditore di Camera card. Marcello Lante
circa il diritto di esclusiva macellazione che i monaci avevano nel borgo di S.
Pietro e cioé nell'abitato compreso tra la porta di S. Pietro — detta anche delle
due porte — e le porte di S. Girolamo e S. Costanzo. Il diritto era stato concesso
dalla città al monastero come compensazione dei guadagni ridotti a causa della
costruzione nel 1473 della nuova porta di S. Pietro — opera di Agostino di
Duccio — che aveva eliminato una delle due porte preesistenti ed un'osteria
di proprietà dei monaci. Come é noto la porta costruita da Agostino di Duccio
non sostituisce la precedente ma é stata aggiunta ad essa verso l'esterno e tra
le due costruzioni era stata ricavata una stanzetta la cui destinazione fino al
1585 non era stata decisa. In tale anno il Comune stabilisce di affittare la stanza
ad uso di macelleria, rifiutando peró la richiesta a tal fine del monastero stesso.
Nel 1590 poi il Comune decide di affittare la stanza al macellaio Girolamo del-
l'Anna e successivamente a tal Ludovico Brusacchi. I monaci, ritenendo leso
il loro diritto, provocano diffide della Camera Apostolica contro le quali il Co-
mune e la Delegazione Apostolica provinciale si appellano adducendo a ragione
che la stanza, trovandosi tra le due porte (la vecchia e la nuova) non era «extra

-duas portas » come i monaci sostenevano. Il monastero di contro ricordando che
la denominazione « duae portae » preesisteva alla costruzione della nuova porta
di Agostino di Duccio, sosteneva che il territorio sul quale si applicava il suo
diritto iniziava dal limite della porta antica comprendendo perciò anche le più
recenti costruzioni e la stanzetta in contestazione. L'Uditore di Camera lo invi-
tava quindi a provare quanto sostenuto, ma, evidentemente, nessuno più ri-
cordava l’anno in cui era stata costruita la porta nuova e il Comune non aveva
certo nessun interesse a facilitare le ricerche della documentazione richiesta. A
questo punto i monaci dovrebbero essersi ricordati di Pompeo Pellini, che forse
aveva consultato il ricco archivio e la preziosa biblioteca del monastero, e chie-
sero di vedere il manoscritto ottenendo così i necessari riferimenti. L’appunto
infatti dice così : « Nel 1467, nel principio dell’anno, nel quale fu cavato il ma-
gistrato e fu capo d’offitio Bonifatio di messer Ibo de’ Copoli, essendosi dato
principio alla fabbrica alle doi porte in porta San Pietro et essendo stato alcun

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st A PROPOSITO DELLA STAMPA A VENEZIA 65
tempo sospesa, ad honore e magnificenza della città ordinò per legge che li cin-
que offitiali delle porte sopr'il mantenimento delle strade, ponti e fonti durante
l’uffitio suo ciaschuno fusse obbligato di spendervi cento fiorini l’anno, acciò
ch’al determinato fine fusse ridotta. Nel 1473 fu appaltata la fabbrica alle doi
porte per 1.200 fiorini a chi la dovesse condurre a fine. Habetur in historia
Perusina domini Pompei Pellini manuscripta ». Seguono le indicazioni dell'An-
nale Decemvirale e della carta in cui è registrato il contratto di appalto di Ago-
stino di Duccio. La grafia dell'appunto sembra quella di don Zaccaria Eusebi,
poi abate dell'abbazia di Cava dei Tirreni, cellerario dal 1582 al maggio 1587
del monastero perugino, morto a Cava il 22 dicembre 1598. L’appunto è regi-
strato in ARcHIVvIO DI S. PreTRO, P.D. 15, p. 54. Per la documentazione di que-
sta vicenda vedi: ASP, Consigli e Riformanze, 103 (1467), c. 28v ; Idem, 109
(1473), c. 42v ; ASP, Ricordanze, 3, cc. 285v, 289v, 296r ; ASP, Lettere ai Priori,
18, 1v trim., varie ; Jdem, 19,1 trim., varie; Ancurvio DI S. PreTRO, P.D. 15,
pp. 41-104 e 906-1032 ; Ancuivio DI S. PrgrROo, Diversi, 38, cc. 132r-149v, 170r-
171r; Idem, 37, cc. 133r-134r ; V. BINI, Memorie del monastero di S. Pietro, mss.,
in ARCHIVIO DI S. PIETRO, senza collocazione ; P. PELLINI, Dell'Historia . . . cit.,
II, pp. 691 e 721 ; A. Rossi, Prospetto cronologico della vita e delle opere di Ago-
stino di Antonio, in Giornale di Erudizione Artistica, rv, Perugia, 1875, pp. 148-150.

7) Cadono così tutte le ipotesi, particolarmente del Vermiglioli e del Faina,
per le quali la stampa sarebbe stata iniziata quando era ancora in vita l’au-
tore e si rivela perciò priva di fondamento l’indicazione dello Iacobilli per la
quale la Historia sarebbe stata stampata da Francesco Ziletti nel 1572. A tal
proposito sono certo che l’abbaglio dello Iacobilli sia dovuto a confusione con
le Vite, edite appunto dallo Ziletti nel 1572, mentre penso che dovremo accet-
tare la sua testimonianza per quel che riguarda la sua conoscenza dell’opera
stampata in tutte e tre le Parti prima del 1658, ancorché ce ne fosse bisogno.
G. B. VERMIGLIOLI, Bibliografia... cit., pp. 120-122; IpEM, Biografia...
cit., pp. 176-177; InEM, Degli storici... cit., pp. LXIv-LXxHI ; L. FAINA, In-
troduzione, cit., passim ; L. IAcoBILLI, Bibliotheca Umbriae sive de scriptoribus
Provinciae Umbriae ecc., Vol. 1, Fulginei, apud A. Alterium 1658, pp. 231-232.
Solo A. Rossi (Pompeo Pellini . . . cit., p. 14) non aveva accolto quella opinione,
anche perché aveva letto il documento, di cui parlerò poi più ampiamente
(vedi p. xxx), del 1624 nel quale si parla delle inadempienze del Meietto e della
eventualità di promuovere un procedimento giudiziario contro di lui a Venezia.
Il Faina, che pur aveva letto l’opuscolo del Rossi, senza controllare la notizia,
non le presta fede e non la prende così in considerazione incorrendo quindi
nell'errore dell'accreditatissimo Vermiglioli.

88) Sul Tornioli vedi: Giornale di cose accadute in Perugia dall'anno 1625
all'anno 1657, ms. sec. xvii (Copia di F. Cacciavillani datata 9 dicembre 1839),
ARCHIVIO DI S. Pietro DI PERUGIA, C.M. 379, p. 26; F. MACINARA, Memorie
di Perugia, 1629-1632, ms. sec. xvi1 (Copia del Cacciavillani datata 1 giugno
1839) Ancnuivio DI S. Pietro DI PERUGIA, C.M. 374, p. 55; IDEM, Descrizione

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66 GAETANO CONTINI

della morte di mons. Vescovo Tornielli di Città di Castello successa in Perugia
li 7 novembre 1631, ms. sec. xvii (copia del Cacciavillani datata 1839), AR-
CHIVIO DI S. PIETRO DI PERUGIA, C.M. 373, pp. 134-137; O. LANCELLOTTI,
Efemeridi, ms. BIBLIOTECA COMUNALE AUGUSTA PERUGIA, G. 36-G. 38, passim.
(Ottavio Lancellotti visse tra il 1593 e il 1671, così in G. B. VERMIGLIOLI, Bio-
grafie, ... cit., pp. 48-51); S. LANCELLOTTI, Historia Olivetana, Venetiis, ex
Typ. Gueriliana 1623, pp. 135 e 156 ; C. CRISPOLTI, Perugia Augusía, Perugia
appresso gli eredi di P. Tomassi e S. Zecchini 1648, p. 356 ; A. OLDOINI, Athe-
naeum Augustum, Perusiae, Typis L. Ciani et F. Desideri, 1678, pp. 95-96 ;
M. A. BELFORTI, Cronologia brevis coenobiorum virorumque illustrium vel com-
mendabilium Congregationis Montis Oliveti ecc., Mediolani, ap. r. Agnellum,
1720, p. 105; P. GaucHaT, Hierarchia Catholica Medii et Recentioris Aevi,
[Padova] Monasterii, 1935, rv, p. 152; M. SCARPINI, 7 monaci benedettini di
Monte Oliveto, S. Salvatore Monferrato, L'Ulivo, 1952, p. 217 ; S. LANCELLOTTI,
La vita in prosa e in versi, Introduzione, testi a cura di M. SAVINI, Roma, Silva,
1971, pp. 101 e 221.

*) Il Comune di Perugia paga il 28 febbraio 1616 due scudi e 30 soldi per
la pittura dell'arme e per i festeggiamenti fatti in onore di don Evangelista
Tornioli «episcopi de Civitate Castelli noviter creati ». ASP, Consigli e Rifor-
manze, 156, c. 47r. Il 10 settembre dello stesso anno il Comune gli invierà in
dono due crateri d'argento. Ibid. c. 70r.

‘°) Documento n. 7.

*) Dell'archivio del monastero di S. Elena di Venezia sono rimaste solo
poche carte per lo più recenti. Don Paolo da Siena compare in qualità di abate
in un documento del 27 agosto 1618, non ho trovato invece alcuna indicazione
nei documenti del 1616. ARCHIVIO DI STATO DI VENEZIA, Archivio del mona-
stero di S. Elena, Memorie di istromenti, 1, c. 51r.

4) Documento n. 8.

**) A meno che non si trattasse del primo e secondo libro della Prima Parte :
come è noto, ogni volume è diviso in più libri.

4) Documento n. 9.

4) Documento n. 10.

45) Documento n. 11.

4?) La notizia è in una lettera di Giovan Battista Lauri a Francesco Signo-
relli, suo parente per parte di moglie. La lettera non è datata e si trova in un
volume miscellaneo edito nel 1621 tal che è difficile anche datarla et è altret-
tanto difficile accettare le opinioni del Vermiglioli (Degli storici ... Cit; ^p.
LXvin), del Rossi (Pompeo Pellini... cit., p. 15) e del Faina (Introduzione,
cit., p. xxvir) che la daterebbero 1619. Il Lauri che chiede informazioni al Si-
gnorelli sulla stampa della Historia, ricorda « biennio superiori volumen primum
Venetiis editum, me videre apud bibliopolam Naccarinum ; ac Fregium qui
compactum redimebat, dicere, nondum statuisse sese publicaretne seorsim vo-
lumen quodque, an tria simul (totidem reliquerat Pellinus) quo rerum series

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A PROPOSITO DELLA STAMPA A VENEZIA 67

universa obiiciretur civibus, suavissimae lectioni, post annos quadraginta inhian-
tibus ». G. B. LAURI, Epistolarum centuria selecta, Romae, apud A.:Phaeum,
1621, lettera xxxiv, pp. 87-88. Il Signorelli risponde al Lauri (anche questa
lettera non è datata : ibid., p. 90) dicendo : « quod vero de Pellini nostri Pe-
rusinae historiae libris scribis, scias, nullum adhuc volumen prodiisse sed tan-
tum primum biennio superiori, dum tu hic Perusiae fuisti, apud bibliopolam
Naccarinum visum, quod latet in tenebris. Relicua ut elephantis partum, adhuc
expectamus . . . ». Il Lauri inoltre il 10 aprile 1619 affida a Cesare Meniconi
l’incarico di procurargli l’opera quando sarà pubblicata (Ibid., p. 110). Anche
nel secondo libro di lettere del Lauri edite nel 1618 (G. B. LAURI, Epistolarum
centuria prima, Perusiae ex Typographia Augusta 1618) si trovano cenni alla
pubblicazione della Historia. Il primo in una lettera non datata ad Annibale
Valeriani a Perugia (p. 86): « Nobis in cunis vagientibus, Pompeius Pellinus,
cui Campani nescio quae vertit in Etruscum, ad eamdem formam nonnulla
volumina emolitus est, qui obiit antequam ederet nec laudabiliter inchoata per-
fecit . . . ». Il secondo in una lettera a Ludovico Aureli (p. 161) nel congratularsi
per la sua nomina a custode della biblioteca comunale lo invita a dedicarsi allo
studio per la composizione di una storia della città e aggiunge : « Itaque (vide
gloriam perlepidi hominis) cogimus Maltempium non improbare, ac Pellino
opponere cuius egregia scripta nulla sunt, quia lucem non adspexerunt. Urge,
Aureli, si potes, ut edantur. Et cude ipsa meliora, quod omnino potes». Su
Ludovico Aureli vedi G. B. VERMIGLIOLI, Biografie... cit., pp. 4 e 69-73.

155 Documento n. 13.

**) Documento n. 14.

^) Documento n. 15. Si tratta forse di Giovanni Salici, O. Cist., vescovo
di Pécs, nominato il 21 novembre 1661, abate del monastero Wellheradensis
cisterciense nell'anno 1660. Muore prima del 17 luglio 1668. In P. GAUCHAT,
Hierarchia . . . cit., p. 290.

5) Documento n. 16.

5) Documento n. 17.

5) Documento n. 18.

5) Documento n. 19.

55 Documento n. 20.

*) Documento n. 2

5?) Documento n. 2:

55 Documento n. 24.

59) Ibid.

*" Documento n. 25.

*) Il documento è pubblicato in edizione anastatica dal Faina (Introdu-
zione, cit., tra p. xiv e p. xv). Lo ricorda anche O. LANcELLoTTI (Efemeridi ...
C10 5G. 1375. p. 133):

*) Vedi G. PeNco, Storia del monachesimo in Italia, Roma, ed. Paoline,
1968, pp. 315-316. Don Fortunato Olmi apparteneva al monastero di S. Giorgio

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—— o PRG 68 GAETANO CONTINI

di Venezia della Congregazione di S. Giustina di Padova, altrimenti detta Cas-
sinese, ed è l’autore di una storia del suo monastero : F. ULMI, Historiarum
monasterii Casinensis in insula Sancti Georgii Venetiarum, libri 11, ms. sec.
xvir, Venezia, BiBLIOoTECA MARCIANA, Cl. IX. Il 20 giugno 1612 aveva ottenuto
licenza dai Riformatori dello Studio di Padova per la pubblicazione del libro
Passio Sancti Pauli. In ARCHIVIO DI STATO DI VENEZIA, Riformatori dello Studio
di Padova, Licenze per stampa, 285, c. 32r. Il 12 novembre 1613 ottiene il per-
messo di ritirare alla dogana di Venezia tre casse di libri giunte da Messina,
non contenenti cose contrarie alle leggi della repubblica. In questo documento
il monaco é chiamato «padre don Fortunato Veneto, monaco Cassinese »,
come nella procura già ricordata. Ibid., carta non numerata. Altre notizie in
Matricola della Badia di S. Maria del Monte di Cesena, a cura di L. NOVELLI,
mss., pp. 238-239 ; A. Bossi, Sillabus scriptorum monachorum O.S.B., mss.,
BIBLIOTECA. ESTENSE DI MODENA, p. 844; M. ARMELLINI, Bibliotheca Bene-
dictino Casinensis, 1, Fulginei, 1732, pp. 173-174.

6) Documento n. 26.

*) E. PASTORELLO, Bibliografia storico-analitica dell'arte della stampa in
Venezia, Venezia 1933, p. 230, n. 1050 : riporta il titolo di un «edictum ex-
communicationis contra Robertum [Meietti] typographum Venetum, Romae, Typ.
Vaticana, 1606 ».

$) Si tratta dell'opera intitolata Due discorsi di Giansimone Sardi ecc.,
Venetiis, Meietti, 1606. Vedi anche P. SARPI, Opere, tomo primo, In Helmstat,
per I. Mulleri, 1761, p. 58.

**) Per quanto riguarda la sua attività di libraio a Venezia abbiamo nume-
rose attestazioni nelle licenze di scarico alla dogana di Venezia concessegli tra
il 1612 e il 1617. Riceve, infatti, libri da Barcellona (3 balle), Germania (5 botti),
Anversa (1 botticello), Firenze (1 balla), Germania (4 botti), Francoforte
(6 botti), Piacenza (1 balla), Genova (1 balla), Pesaro (15 colli). In Ancurvio
DI STATO DI VENEZIA, Riformatori dello Studio di Padova, Licenze di stampa,
285, carte non numerate.

6?) M. A. BELFORTI, Cronologia... cit., p. 105.

**) F. MACINARA, Descrizione della morte ... cit., pp. 134-137. Il cardinale
Vendramin muore a Venezia il 7 ottobre 1618. P. GAucHAT, Hierarchia ...
cit., pi 362;

**) Gli ultimi documenti in cui compare ancora vivo sono: un contratto
di società con Pietro Ubaldi per una somma di denari promessi alla sua dome-
stica Finizia dell'8 gennaio 1623 (ASP, Notarile, Cristoforo Pallieri, Atti, 1623
(2830), cc. 22r-23r) ; un altro contratto di società per 100 scudi insieme con An-
tonio Bernardini, Fabio Emiliani, Lorenzo e Cornelio Ercolani del 13 febbraio
1623 (Ibid., cc. 76r-78r) ; il testamento del 14 giugno 1624 nel quale lascia eredi
universali Giovan Battista, Francesco e Giovan Paolo, figli del fratello Ippolito
(ASP, Notarile, Cristoforo Pallieri, Testamenti, (2837), cc. 386v-390r). Nel te-
Stamento non si fa alcun cenno alla Historia. Il suo primo marito è ricordato

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A. PROPOSITO DELLA STAMPA A VENEZIA 69

solo nel lascito al convento di S. Agostino di una coperta «per fare un para-
mento al altar grande di detta chiesa con l’arme di detta signora testatrice et
de’ Pellini ». Il 27 dicembre 1624 Cleofe Dal Fregio è già morta. In quel giorno,
infatti, il fratello Ippolito, quale esecutore testamentario della sua defunta so-
rella fa quietanza a Marco Antonio Severi di una somma di denaro da lei do-
vutagli. (ASP, Notarile, Cristoforo Pallieri, Atti 1624-1625 (2831) cc. 228v-229r).

70) A. Rossi, Pompeo Pellini... cit., p. 16.

7?) Ippolito Dal Fregio fa ben sei testamenti : il 10 settembre 1603 (ASP,
Notarile, Marcello Petrogalli, Testamenti, (1902), cc. 547v-554v) ; il 22 febbraio
1605 (ASP, Notarile, Girolamo Serafini, Testamenti (2741), cc. 31r-35r); il 17
settembre 1610 (ASP, Notarile, Marcello Petrogalli, Testamenti, (1937), cc.
306v-307v) ; l'11 maggio 1620 (ASP, Notarile, Cristoforo Pallieri, Testamenti,
(2837), cc. 333r-336v) ; il 28 marzo 1623 (Ibid. cc. 381r-384r) ; il 16 marzo 1629
(Ibid. cc. 453v-457r). In nessuno di essi si fa mai cenno alla Historia.

?) Notevole è la disposizione del suo ultimo testamento per la quale lascia
i suoi quadri a Giovan Battista perché siano messi a disposizione di chi volesse
studiarli sancendone l’inalienabilità.

7) A. MARIOTTI, Spogli di matricole dei collegi delle Arti di Perugia, ms.
1786, (Copia del Cacciavillani datata 1838), ARcHIVIO DI S. PIETRO DI PERUGIA,
C.M. 358, pp. 94 e 728. La data di iscrizione all'Arte è il 28 marzo 1613.

7) ASP, Notarile, Silverio Rettabeni, Diversorum, 1621-1629 (2511), cc.
129r-131r.

7) Eredita in qualità di primogenito la maggior parte dei beni paterni
(Vedi il catasto di Ippolito Dal Fregio, ASP, Catasti, 111, 87, cc. 232v-240r)
e un terzo dei beni di Cleofe (Vedi il catasto di Cleofe Dal Fregio, ASP, Catasti,
III, 26, cc. 138r-140v).

76) Testamento del 3 ottobre 1631 in ASP, Notarile, Cristoforo Pallieri,
Testamenti, (2837), cc. 509r-515r. Per la costruzione del carcere in O. LANCEL-
LOTTI, Scorta Sacra, ... cit., p. 1783.

©) Giornale di cose accadute a Perugia... cit., p. 158.

78) A. Rossi, Pompeo Pellini . . . cit., p. 12, nota 9. La famiglia si estingue
del tutto nel 1662 con la morte di Porzia Pellini, moglie di Troilo Signorelli,
come è attestato anche dalla lapide che chiude la tomba della famiglia Pel-
lini nella chiesa di S. Agostino: PELLINI VETERES PATRITII / HIC IACENT /
PENTHESILEAE ET PORTIAE / MDCLVII ET MDCLXII / DEFUNCTAE / FAMILIAM ET
SEPULCHRUM / CLAUSERUNT / IOSEPH DE ANSIDAFIS DE SIGNORELLIS / HAERES
POSUIT MDCCI.

7) Il comune assegna «R. P. Ciatto francescano scuta viginti pro eius
mercede librorum historiae per eum in lucem datorum et stampatorum ». ASP,
Consigli e Riformanze, 159, c. 127r.

80) Ma si è dimostrata la falsità di questa opinione.

8) G. B. VERMIGLIOLI, Bibliografia... cit., p. 120. Non sono riuscito a
trovare nessun tipografo a Venezia di nome Antonio Manghetti ; lavorò però
70

GAETANO CONTINI

uno stampatore padovano di nome Antonio Meietti che fece insieme al fratello
Paolo 14 edizioni tra il 1569 e il 1576. Dopo il 1576 troviamo Paolo Meietti
che da solo fece 40 edizioni negli anni 1577-1580 ; 1590-1592 ; 1594 e 1596.
E. PaAsToRELLO, Tipografi, editori, librai a Venezia nel sec. X VI, Firenze, L.
S. Olscki 1924, p. 54.

*) G. B. VERMIGLIOLI, Degli storici... cit., p. LXx.

*) A. Manrorrt, Notizia dell'Istoria di Perugia fatta e data alle stampe
dal signor Pompeo Pellini gentil uomo perugino, ms. sec. XVIII, BIBLIOTECA
COMUNALE AUGUSTA PERUGIA, Miscellanea di storie perugine, 1668, c. 77v.

: 4) Ho il sospetto che il foglio anonimo del Vermiglioli sia proprio questo.
$) Riporto di seguito le notizie sul Meietto :

1573

1586
1592

1596-1617

1606
1626

Il 13 agosto è testimone « Roberto Mieti libraro all’insegna
delle due galle in Merceria » al processo per la eredità dello
stampatore veneto Nicolò Bevilacqua intentato dagli eredi con-
tro il figlio Giovan Battista Bevilacqua cognato e socio di
Francesco Ziletti. In E. PasroRELLO, Bibliografia storico-ana-
litica dell’arte della stampa a Venezia, (Reale Deputazione di
Storia Patria per le Venezie - Miscellanea di studi e memorie,
vol. 1), Venezia 1833, p. 278 n. 1283.
stampa a Venezia l’opera G. ZABARELLA, Liber de naturalis
scientiae constitutione, apud Mejettum.
stampa a Venezia l'opera di G. A. MAGINI, De planis triangulis,
apud R. Meiettum.
Meietto Roberto stampatore a Venezia. (G. DALMAZZO, Il libro
e l’arte della stampa, Torino, 1926, p. cxLIII). « Meietti Roberto
. ‘apud R.um Meietum’ 1588, 1592-98 ; * excudebat R.us
Meietus’ 1593; ‘appresso R.o Megietti’ 1594-95; ‘ appresso
R.o Meietti’ 1594, 1596-1598 » in E. PASTORELLO, Tipografi
. cit., pp. 54-55, n. 280.
La stampa dell’opera di Paolo Sarpi di cui alla nota 64.
dicembre 23. Il Meietto è sindaco della Banca dell’Università
dei Librai e Stampatori di Venezia. In H. F. Brown, The Ve-
netian printing press, London, 1891, pp. 259 e 410.

#5) Per quanto riguarda il Ciotti :

1583-1619

1605

at

« Ciotti Giambattista (Ciotum). Stampatore e libraio a Venezia
nel 1583, la cui officina durò fino al 1832. Nel 1619 fu socio di
Giovanni Alberti ». In G. DALMAZZO, Il libro... GIU D: LEXX:
G. FuMAGALLI, Lexicon Typographicum Italiae, Florence, L. S.
Olschki, 1905, p. 501.

Aveva stampato un’opera condannata dall'Indice: T. StI-
GLIANI, Le rime, In Venetia presso G. B. Ciotti 1605. L'editto
di condanna del Maestro del Sacro Palazzo é del 16 dicembre
1605. In Index librorum prohibitorum Alexandri VII pontificis

ne ig s a. n e — ai iid ae B v PDA Ki gri n V nap AT ti^.) rr is o o WO olde Apr 1 i iii TTT
A. PROPOSITO DELLA STAMPA A VENEZIA 71.
mazimi iussu editus, Romae ex Typ. R. C. A. 1664, pp. xxx.
Nel 1602 stampa a Venezia le Rime di F. ALBERTI. La Pasto-
rello (Tipografi . . . cit., pp. 21-22) segnala 58 edizioni di G. B.
Ciotti negli anni 1583, 1586-87, 1591-99.

8?) G. DALMAZZO, Il libro... cit., p. c; E. A. CicocnA, (Saggio di biblio-
grafia Veneziana, Venezia Merlo 1847, p. 577 n. 4358), segnala: Catalogus li-
brorum omnis generis quorum exemplaria penes Ioannes Iacobus Hertz bibliopolae
Venetus pro tempore venalia habet ecc., Venetiis 1653.

88) Vedi supra nota 86.

89) L'erudito perugino E. AGostINI (Annali, ms. sec. XIX, ARCHIVIO DI
S. Pietro DI PERUGIA, C.M. 246, al giorno 13 febbraio 1663 ; e Dizionario
delle famiglie perugine, ms. sec. x1X, ARCHIVIO DI S. PrgrTRO DI PERUGIA, C.M.
224, cc. 81v-82r), ripetendo l’indicazione da A. MARIOTTI, Saggio di memorie

. cit., tomo 1, Parte 11, pp. 396-397, afferma che l'arme del cardinale Pietro
Bargellini, allora governatore di Perugia, impressa sul frontespizio dell’edizione
Hertz fosse «alquanto diversa da quella che si da’ nei cataloghi manoscritti
de’ nostri governatori di Perugia ». Da un esame delle armi del Bargellini im-
presse sugli editti pubblicati a Perugia negli anni del suo governo (ASP, Editti
e bandi, 19, passim) posso assicurare che l’affermazione dell’Agostini è errata.

o) Sarebbe interessante sapere quante ne esistano ora nelle biblioteche
pubbliche e private. Nell’inventario dei libri di Giovan Giacomo Hertz fatto
al momento della divisione della proprietà dopo la sua morte non compare
nessun volume della Historia. ArcHIVIO DI STATO DI VENEZIA, Giudici di peti-
zioni, Inventari, busta 442/107, fasc. 23, 25, 27: «1745 settembre 2-7, inven-
tario dei beni del fu Giovan Giacomo Hertz stampatore e libraio ».

1) F. CiATTI, Delle memorie annali ... cit., p. 244.

®) G. B. VERMIGLIOLI, Bibliografia... cit., p. 121.

*) C. ALESSI, Elogia civium perusinorum qui patriam rerum pace aut bello
gestarum gloria illustrarunt. Centuria prima, Fulginei apud A. Alterium 1634,
p. Xxx.

*) O. LANCELLOTTI, Scoría sacra, cit., pp. 2197-2198.

985) A. OLDOINI, Athenaeum Augustum ... cit., pp. 289-90.

**) Così V’ALESSI, Elogia... cit., p. xXx; A. MARIOTTI, Notitie dell' Istoria

. cit., cc. 77r-78r ; A. FABRETTI, Prefazione alla Cronaca di F. Matarazzo,
in Archivio Storico Italiano, Serie 1, xvi (1851), p. xr, nota 2.

®?) Per tutti vedi L. FAINA, Introduzione, cit., pp. XXVI-XXIX.

*5) Ibid., pp. XXV-XXVI.

*) I quaterni sono contrassegnati in basso con lettere e numeri (es. A,
A2, A3, A4); per maggiore comprensione contrassegnamo con il segno + il
foglio corrispondente. Avremo quindi per il primo quaterno i seguenti fogli
A (1/2), A2 (3/4), A3 (5/6), A4 (7/8), A4+ (9/10), A3+ (11/12). A2+ (13/14)
A+ (15/16). Esaminiamo ora i fogli mancanti :

Pagine mancanti

he

x
(AR ST SE I PIRIVITEI taii a DOCCT n TA

GAETANO CONTINI

245- 252 Q3 (245/246), Q4 (247/248), Q4+ (249/250), Q3 4- (251/252) ;

465- 468 Gg (465/466), Gg2 (467/468) ;

477- 480 Gg2+ (477/478), Gg+ (479/480);

609- 612 Qq (609/610), Qq2 (611/612);

621- 624 Qq2+ (621/622), Qqg+ (623/624) ;

769- 782 Per prima cosa é da notare un errore di numerazione : il foglio
767/768 è l'ultimo del quaterno Bbb completo. Il 783/784 è
contrassegnato invece Ccc3. Mancano cioè i primi due Ccc
(769/770) e Ccc2 (771/772): il Ccc3 doveva essere perciò il
773/774. L’errore di numerazione non viene corretto per cui
rimane anche nei fogli corrispondenti ;

791- 794 Ccc2 + (791/792), ma che avrebbe dovuto essere 781 [782, Ccc +
(793/794) o meglio 783/784 ;

1013-1020 Sss3 (1013/1014), Sss4 (1015/1016), Sss4 + (1017/1018), Sss3 4-
(1019/1020) ;

1153-1168 Manca l'intero quaterno Dddd ;

1169-1170 Eeee

1183-1184 Eeee +

1185-1200 Manca l'intero quaterno Ffff ;

1201-1204 Gggg (1201-1202), Gggg2 (1203/1204) Mancano perció anche :

1213-1216 Gggg2 + (1213/1214), Gggg+ (1215/1216) con il quale forse ter-
minava il volume.

100) L. FAINA, Introduzione, cit., pp. XxxvI-XXIX.

101) A. BeLLUCCI, Pompeo Pellini ambasciatore della città di Perugia a papa
Gregorio XIII, in «Bollettino della Società Umbra di Storia Patria », I1 (1896),
pp. 125-126.

102) Basta controllare il suo parere sulla « Guerra del sale 5 -P. :PRLCINI,
Della Historia di Perugia, Parte 1, cit., p. 636. Notizie inedite sulla attività
pubblica del Pellini in ASP, Scritture diverse, 1/1. Trattano delle ambascerie
a Roma negli anni 1575, 1578 e 1587.

10) A solo titolo di esemplificazione basterà ricordare L. Bonazzi, Storia di
Perugia dalle origini al 1860, Perugia 1879 (12 ed.) e Città di Castello 1960 (2®
ed.) ; V. Bini, Memorie istoriche della Perugina Università degli Studi e dei suoi
professori, Perugia 1816 ; F. GuaRrDABAsSI, Storia di Perugia, Perugia 1933-35 ;
tra i manoscritti: Memorie appartenenti agli uomini letterati perugini estratte
dalla Parte Terza della Storia di Perugia di Pompeo Pellini, manoscritto esi-
stente presso il signor auditore Francesco Friggieri (Copia del Cacciavillani
datata 9 novembre 1843), Ancuivio DI S. PIETRO DI PeRruGIA, C.M. 375;
Sommario dell'Istoria della Città di Perugia scritta da Pompeo Pellini, Conte
Griffo Aureli, con brevità ristretto l’anno 1706 nel castello di Civitella Ranieri,
(Copia del Cacciavillani), ms. sec. xvii, ARCHIVIO DI S. PIETRO DI PERUGIA,
C.M. 353.
^") A. BeLLUCCI, Pompeo Pellini... cit., p. 125.

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APPENDICE DOCUMENTARIA

1. 1591 Trimestre rv.

« Lodi del signor Pompeo Pellini ?).

Era cosa lacrimabile piü d'ogn'altra alla nostra città il veder sepolte tutte-
le memorie di essa et il non essersi trovato mai persona in tanti secoli che cer--
casse cavarla fuora dalle tenebre con la luce di qualche historia. Et ci pare:
perció che in generale et in particulare habbia da restare eternamente obligata
al signor Pompeo Pellini, che ha ció felicemente con tante vigilie et con tanta
fatica esseguito, descrivendo gli annali et historie di essa et togliendo molti
fatti egregii di diversi suoi cittadini dall'oblivione, dove senza la penna sua.
sarebbero state eternamente involte. Questo da bene et honorato cittadino.
tanto affettionato all'honore della patria et tanto utile et zeloso dell'essalta-
tione et ben publico merita veramente d'esser gradito così per questo, come per:
le fatiche che ha sempre volontieri durato in diverse ambascerie a diversi Prin-
cipi et per l'ottimo et prudentissimo giuditio et consiglio, che s'é scoperto sem--
pre in lui, mentre é stato piü volte nel Magistrato nostro et principalmente-
nel Consiglio de’ Signori Quaranta. Habbiamo fatto questo testimonio di esso.
appresso l’Illustrissimo Legato et ci piace anco di farlo con le Signorie Vostre »..

ASP, Ricordanze, 3, c. 224v.

a) Sul margine sinistro.

2. 1592 Trimestre 1.

«Signor Pompeo Pellini ?).

Dai nostri Antecessori fu lasciato in questo a carta 231) un ricordo in--
torno ai meriti del signor Pompeo Pellini et fu detto poco veramente ma, per:
molto che ne dicessimo noi, non sodisfaremo a picciola parte dell'obligo che gli:
deve la Patria nostra. Perché devono sapere le Signorie Vostre che, sendo dai
signori Savi dello Studio et da Monsignor Thoma Confetto Vice Legato, havute-
in consideratione l'honorate fatiche di questo da ben cittadino et l'affetto che
ha tuttavia piü ardente di dar nome con gli scritti et historie sue alla città.
nostra, gli assignarono nella distributione dell'augumento del salario dello Studio
100 scudi l'anno per premio, se ben picciolo di esse anzi piü tosto per un asse-
gnamento, ond'egli potesse dare dette istorie alle stampe. Egli, sentendo ciò»
‘74 GAETANO CONTINI

“et dubitando che non s’havesse per cosa contraria il negotio che doveva trattare
con Nostro Signore della rimotione di detto augumento, havendovi sopra per
«sua parte detto assegnamento, rinunziò liberamente, inanzi ch’egli andasse a
Roma, alla distributione fatta di detto salario a suo favore acciocché mai per
verun tempo non si havesse per sospetta la fede et integrità sua come di per-
‘sona interessata. Con la quale attione nobilissima deve haver dato essempio
agli altri ambasciatori che trattano i negotii publici et un ricordo et sprone
perpetuo ai Magistrati di riconoscere in ogni modo come conoscono la virtù
et ingenuità dell’animo suo restandovi un obligo così grande ».

ASP, Ricordanze, 3, c. 227v.

a) Sul margine sinistro.
b) Si tratta del documento precedente, la cartolazione è ora mutata.

-3. 1594 agosto 3, Roma.

« Molt’ Illustrissimi Signori Padroni Miei Osservandissimi.

Il Signor Cardinal Caetano non può dar risolutione alle Signorie Vostre per
dl negotio del Pellino se prima non ne parla con Nostro Signore et Sua Signoria
Illustrissima dubita, com’anche fo io, che Sua Santità non sia per concedere
l’essentione che Signorie Vostre desiderano darli ma sibene il loco del Consiglio
de’ 40...9).

Di Roma, li 3 d’agosto 1594.

Di Vostre Signorie Molto Illustrissime Aurelio Ridolfi.

Alli Molto Illustrissimi Miei Patroni Osservandissimi
li Signori Priori di Perugia. Perugia ».
ASP, Lettere ai priori, 17, carta non numerata (d'

queste lettere sono conservate,
cronologico).

ora in avanti indicato : c.n.n. ;
trimestre per trimestre in stretto ordine

a) La lettera segue con argomenti che non interessano questo studio.

4. 1594 agosto 10, Roma.

« Illustri Signori.

Non tocca a me di concedere li privilegii et le immunità che le Signorie
Vostre domandano per messer Pompeo Pellini, ma bisogna che la gratia venga
da Nostro Signore et io non posso far più che supplicarne Sua Santità per gra-
tificare alle Signorie Vostre et honorar la persona di messer Pompeo la qua]
‘per le virtù sue merita molto. Non mancaró di rappresentar a Sua Beatitudine

ara
A PROPOSITO DELLA STAMPA A VENEZIA 75
3l desiderio di cotesta città et li meriti del soggetto et m'ingegnaró di dispo-
nerla, se sarà possibile, che le Signorie Vostre habbiano col mezzo mio licenza
di riconoscer le qualità di un loro cittadino virtuoso et benemerito come è il
Pellini al quale porto particolar inclinatione et amore et vorrei testificar a loro,
«et a lui, ch'io ne fo stima ; et alle Signorie Vostre mi raccomando.

Di Roma, a x di agosto 1594.
Delle Signorie Vostre Illustrissime Come Fratello Cardinal Caetano.

Alli Illustrissimi Signori li Signori Priori
di Perugia, a Perugia ».
ASP, Lettere ai Priori, 17, c.n.n.

5. 1594 agosto 24, Roma.

« Illustri Signori.

L'altr'hieri tenni proposito con Nostro Signore intorno al desiderio che
hanno le Signorie Vostre di gratificare messer Pompeo Pellini et riconoscer
il merito suo et le sue fatiche, et si è contentata Sua Santità che a lui et a’ suoi
figliuoli le Signorie Vostre possano concedere li medesimi privilegi che godono
li Consiglieri del Consiglio di Quaranta della città di Perugia. Ma quanto alla
‘essentione di tutti li pesi reali et personali si scusa Sua Beatitudine di non po-
tere essaudire le Signorie Vostre per l’impedimento della sua bolla Super bono
regimine, alla quale derogandosi in questo caso bisognarebbe derogar in molti
altri perché diverse città et lochi della Sede Apostolica et persone private tro-
varebbero la via di pretendere le medesime gratie, contra quello che si è sta-
tuito a publico beneficio. Non dubito che le Signorie Vostre che sono giudi-
tiose si quietaranno volentieri alla prudenza del Principe et restaranno sati-
:sfatte dello interessamento che ho spesa per parte loro, se bene non se ne è
‘conseguito l’effetto. Et alle Signorie Vostre desidero et prego felicità et mi
offero di cuore.

Di Roma, a 24 d’agosto 1594.
Delle Signorie Vostre Illustri Come Fratello il Cardinale Caetano.

Alli Illustri Signori li Signori Priori
di Perugia. A Perugia ».

ASP, Lettere ai Priori, 17, c.n.n.

Il documento è registrato anche in: ASP, Copiari di privilegi, bolle, brevi
«e lettere, 7, c. 178r-v.
BIBLIOGRAFIA : A. Rossi, Pompeo Pellini e le sue storie di Perugia, Pubblica-
zione per le nozze Manzoni-Ansidei, Perugia, Boncompagni, 1873, p. 21.
76 GAETANO CONTINI

6. 1612 novembre 6, Perugia.

«In nomine Domini amen. Cum fuerit et sit quod illustrissimus dominus.
Hippolitus Herculanus Del Fregio de Perusia, filius quondam illustrissimi do-
mini Ioannis Baptiste filii eximii Utriusque Iuris doctoris domini Vincentii
Herculani Del Fregio, dixit et exposuit quod in actibus preteritis, per medium
ac interventum admodum illustris et preclari domini Marci Antonii Saitte de.
Venetiis, tractaverit ut in eadem inclita civitate per aliquem diligentem et
idoneum bibliopolam imprimeretur quoddam volumen, vulgari lingua, compo-
situm per illustrissimum dominum Pompeum Pellinum de Perusia, suum olim
cognatum, numquam antehac editum, intitulatum Annali seu Historia della:
città di Perugia, et ex eiusdem admodum illustris et preclari domini Marci An-
tonii litteris intellexerit eumdem invenisse nonnullos impressores seu biblio-
polas in eadem civitate offerentes se paratos huiusmodi volumen et opus dili-
genter imprimere intra spacium unius anni pretio seu mercede quatringento-
rum ducatorum monete Venete per se habendorum, pro medietate, in principio
impressionis dicti operis et pro altera medietate et residuo statim finito et con-
fecto dicto opere, cum expressa etiam conditione et obligatione quod dictus.
bibliopola seu impressor teneretur, gratis et sine aliqua solutione, dare, tra-
dere et consingnare in civitate Pisauri eidem domino Hippolito, seu eius legi-
timo procuratori, centum duodecim volumina dicti operis in bona carta im-
pressa et bene conditionata, omnibus sumptibus et omni risicho et periculo.
eiusdem bibliopole et impressoris, et cum expressa etiam declaratione quod,
per certum tempus, idem bibliopola et impressor non posset nec deberet per
se vel alium vendi seu vendi facere huiusmodi opus in civitate seu territorio.
Perusie seu etiam in dominio et statu serenissimi Magni Ducis Etrurie ; et cum
ipse dominus Hippolitus transmiserit in manibus eiusdem domini Marci Anto-
nii scuta ducenta, de paulis decem pro scuto, et etiam dictum opus et volu-
men ad hoc ut quanto citius imprimatur, multum confidens in probitate, ex-
perientia et diligentia eiusdem domini Marci Antonii, hinc est igitur quod idem
dominus Hippolitus, sponte et omni meliori modo etcetera, et citra revocatio-
nem quorumcumque suorum procuratorum fecit, constituit, creavit et solem-
niter ordinavit suum verum, certum, legitimum et indubitatum procuratorem
actorem, factorem et negotiorum infrascriptorum gestorem et certum nun-
tium specialem et generalem ita tamen quod specialiter, generaliter non de-
roget nec contra supradictum admodum illustrem et preclarum dominum Mar-
cum Antonium Saittam, absentem tamquam presentem, specialiter et expresse,.
ad ipsius domini constituentis nomine et pro eo faciendum et cum effectu pro-
curandum videlicet : suprascriptum volumen et opus cum suo indice et postillis.
bene, recte et diligenter in eadem civitate imprimere per aliquem idoneum et
diligentem bibliopolam et impressorem, cum predictis pactis et conditionibus
et declarationibus et aliis quibuscumque eidem domino procuratori consti-
tuto bene ritis et placitis etcetera, et, pro precio seu mercede impressionis hu-
iusmodi et predictorum omnium observandorum, dare et solvere promittendum

— —————
A. PROPOSITO DELLA STAMPA. A VENEZIA 71

bibliopole et impressori, huiusmodi onus suscipienti, ducata quatringenta mo-
nete Venete, et ex illis effectualiter persolvere ducata ducenta, ex dictis ducen-
tis scutis iam per ipsum dominum constituentem transmissis, in principio im-
pressionis dicti operis et voluminis et alia ducenta ducata solvere promitten-
dum in eadem civitate Pisauri statim facta eidem dicto constituenti seu eius
legitimo procuratori traditione et consignatione dictorum centum duodecim
voluminum dicti operis bene conditionatorum, omni mora postposita et omni
exceptione et cavillatione iuris et facti remota, et super predictis omnibus et
singulis unum vel plura publica instrumenta manu cuiuscumque notarii cum
presentibus pactis et declarationibus et conventionibus et aliis quibuscumque
melioribus capitulis, conditionibus et conventionibus et prout et sicut eidem
dicto procuratori constituto videbitur et placebit celebrandum et celebrari
petendum et faciendum toties quoties eidem domino procuratori videbitur et
placebit et propteren ipsum dictum constituentem eiusque heredes et succes-
sores res, bona et iura quecumque, presentia et futura etiam in meliori et am-
pliori forma Reverende Camere Apostolice et, secundum stilum notariorum
eiusdem inclite civitatis Venetiarum, obligandum et hipotecandum omni me-
liori modo etcetera, et personaliter et omnia et singula alia faciendum, dicen-
dum, procurandum et exercendum etiam si talia forent que mandatum expresse
magis speciale quam particulare sit expressum, et que dictus dominus consti-
tuens facere posset, si personaliter interesset, dans, cedens et concedens dicto
suo domino procuratori constituto in predictis et quolibet predictorum plenum
liberum speciale et particulare mandatum plena, libera, speciali et generali
administratione, et iurans ad sancta Dei Evangelia corporaliter manu tactis
scripturis promisit mihi notario infrascripto, tamquam publice et autentice
persone stipulanti et recipienti pro omnibus et singulis quorum interest et in-
tererit seu quomodolibet in futurum interesse poterit, se ratum, gratum et
firmum perpetuo habitum omne id et totum quod per dictum suum dominum
procuratorem constitutum in predictis et quolibet predictorum actum, factum,
gestum seu quomodolibet procuratum fuerit, et contra non facere, et sub hi-
poteca et obligatione omnium et singulorum suorum bonorum presentium et
futurorum, et sub omni iuris et facti renunciatione ad hec necessaria pariter
et cautela, relevans in forma totiens etcetera, rogans me notarium etcetera.

Acta fuerunt predicta Perusie, in domo suprascripti domini Hippoliti, sita
in porta Eburnea et parochia Sancti Stephani iuxta dictam ecclesiam et domos
illustrissimi domini Fabritii de Signorellis, sub anno Domini millesimo sexcen-
tesimo decimo secundo, indictione decima, tempore pontificatus sanctissimi in
Christo patris et Domini nostri domini Pauli divina providentia pape quinti,
et die martis sexta mensis novembris, presentibus ibidem magistro Florentio
Iuliani de Iulianis pictore de Perusia porte Eburnee et Bernardino Valentini
Leonis de Perusia porte Sancte Susanne, testibus ad premissa vocatis, habitis
et rogatis ».

ASP, Notarile, Marcello Petrogalli, Atti, 1611-1612 (1933), cc. 271v-273r.

Pd que M

r4

P GAETANO CONTINI

7. 1616 maggio 17, Perugia.

«A Monsignor Vescovo di Città di Castello, li 17 di maggio.

Ringratiamo a più potere Vostra Signoria Reverendissima del cortese offitio.
che si è degnata passare con esso noi per mezzo del “) Rettabeni nostro can-
celliere nel suo ritorno di la e perché ci preme assai il procurare che si condu-
chi ") a buono fine quanto prima la stampa delle Historie di questa città nostra
scritte dalla bona memoria del signor Pompeo Pellini,
rirno qua con Vostra Signoria Reverendissima. Et perché
ci offerse di aiutare questo negotio in Venetia con person
l'acclusa informatione acció si degni con la sollita sua g
vorire cosi degna et honorata opera assecurandola che
serà favore singolarissimo et di eterna memoria degno e perché speriamo assai

nel vallore et autorità ^ di Vostra Signoria Reverendissima. Senza più dirle
baciamoli humilmente le mani.

come a boccha confe-
ancho lei prontamente
a potente, mandiamoli
entilezza e caldezza fa-
a noi et alla città tutta

In Perugia ».

ASP, Minute di lettere dei Priori, 5, c.n.n.

a) Depennato Silverio.
b) Depennato conduchino.
c) Depennato sua.

8. 1616 agosto 2, Perugia.

«Al Abbate Olivetano in Venetia li 2 agosto ^),

Monsignor Reverendissimo Vescovo di Città di Castello n'h
dalle lettere di Vostra Paternità Molto Reverendissima quanto
tesemente operata acciò l’Historie di questa città date costà
Majetti stampatore, a nome del signor Hippolito Herculani gen
di molto merito in questa città, pigliassero buon piegho,
con molto obligho ; e perché dal'informatione che ne da detto signor Herco-
lani, ch'é l'alligata, si scorge chiaramente una notabil tardanza del M
preghiamo efficacemente la Paternità Vostra Molto Reverendissim
questo publico di solicitar questa opera con particolare premore a
prima se ne possi vedere buon fine, assecurando lo stamp
dinaro dovutoli è in pronto e non se li mancherà di contarglelo ad ogni hora
che si saprà il negotio camini a buon fine e ch’ la Paternità Vostra Molto Re-
verendissima cosi comanderà, se bene se desidera prima, per mezzo suo, ha-
vere un tomo solo del primo e secondo libro, como s'intende già stampati, per
sodisfattione particolare di quel signore che di suo fa questa spesa, mosso solo
dal particolare affetto che ha alla patria, soggiongendo alla Paternità Vostra
Molto Reverendissima che quanto piü premore haverà a questo negotio tanto

a fatto vedere
ella si sia cor-
alle stampe al
tilomo nostro e
di che gli ne restiamo

ajetti,
a ci favorir
cció quanto
ador, che il resto del

—-r—_——==
rr;

1 a a pii e a EV vs A Kk ari n wA nb AT ai. ies SOPRA ONT ORI Apre fime a iHi RSA SS,
BRENTA gs dii —
A PROPOSITO DELLA STAMPA A VENEZIA 79:

piü resteremo da lei favoriti e con obligho e prontezza magiore di servirla sem--
| pre in ogni occasione di suo comando et baciamoli le mani.

| In Perugia, li 2 agosto 1616.
ASP, Minute di lettere dei Priori, 5, c.n.n.

d) Aggiunto dalla stessa mano : inviata a Monsignor Vescovo di Castello.

9. 1616 novembre 17, Perugia.

«A Monsignor Vescovo di Castello, li 17 de novembre.

Il signor Hippolito Herculani é ricorso da noi novamente acció presso Vo--
stra Signoria Reverendissima aiutiamo il compimento delle stampe degli annali:
di questa città e ne ha dato l’accluso memoriale, e perché tutto ciò torna in
particolare honore e reputatione di questo publico supplichiamo Vostra Signo-

ria Reverendissima come Padre particolare di questa città ^) a farne gratia di:

promovere questo negotio a più potere, acciò quanto prima potrassi cavarne
il fine, asseverandola che quante più premore haverà tanto più resteremo da

lei favoriti, e gle ne resteremo più tenuti et obligati, e con humiltà baciamoli.

affettuosamente le mani.
Di Perugia ».

ASP, Minute di lettere dei Priori, 5, c.n.n.

a) In margine.

10. 1616 novembre 20, Città di Castello.

« Molto Illustri Signori Miei Osservandissimi.

Ho veduto e la lettera delle Signorie Vostre Molto Illustri et il memo-.

riale che sporge il signor Hippolito Erculani, che confronta a punto con quel
trattò meco quando venni ultimamente a Perugia. Io sono per fare tutto quello
che sarà possibile a farsi con la mia debolezza acciò la città nostra madre venghi
honorata da queste eterne memorie et che ciascuno possi inanimarsi legendo

l’historie et gl'atti eroichi de’ nostri antenati. Mi par però bene che cotesto-

publico scriva una lettera al Molto Reverendo Padre Abbate di S. Helena di
Venetia raccomandandoli strettamente questo fatto et la mandino a me, che
in consequenza farò quello che devo, et per fine carissimamente li bacio le mani.

Di Città di Castello, li 20 novembre 1616. Delle Signorie Vostre Molto
Illustri cordialissimo servitore don E(vangelista) Vescovo di C(ittà) di C(astello).

ASP, Lettere ai Priori, 30, c.n.n.

Signori Priori di Perugia »..
o Aul il Cm de — SERE RT QI Ve A Ki tg s V Rp Tai. M ias 2a; Vn iilo. . ZITO eie eH OO 77
Ptr t o o aa. s

«80 GAETANO CONTINI

11. 1616 dicembre 9, Perugia.

«A Monsignor Vescovo di Castello, li 9 dicembre 1616.

Mandiamo l’acclusa a Vostra Signoria Reverendissima pel Padre Abbate
Molto Reverendissimo di Venetia acciò ci favorischi quel Padre a solicitare la
stampa delli annali nostri et ci attenemo in tutto a quanto Vostra Signoria
Reverendissima ci consiglia nella sua delli 4 agosto. Supplichiamola per ancho
-ce resti servita d'accompagnar questa nostra con una sua scritta da Lei a gusto
suo che questo ci basta, e ne perdoni del fastidio ».

-ASP, Minute di lettere dei Priori, 5, c.n.n.

12. 1616 dicembre 9, Perugia.

«Al Padre Abbate di Sancta Helena di Venetia. Il di detto.

Se bene siamo manchati pure assai^) con lettere?) di non corrispondere
alla tanta cortesia e gentilezza usateci da Vostra Paternità Molto Reveren-
‘dissima mentre più mesi sono ci mandó uno saggio delle stampe °) che ?) in
cotesta città se ^) fanno delle Istorie di questa nostra e ne perdoni per sua bon-
ta!) se habbiamo preso tanta securtà di Lei trattando 9) troppo alla domesti-
cha, poiché la principale causa è stata perché quel gentilhomo quale fa le spese
“e a ciò convenute è stata ^) sinhora absente di qua, e l’altra perché *) sappiamo
noi che Lei è quasi che nostro cittadino d’affettione e havemolo oltremodo alla
natione nostra ; e però hora che il signor Hippolito Herculani è a Perugia et
è in più voluntà che mai sia stata di osservare quanto ha promesso, preghiamo
Vostra Paternità Molto Reverendissima a farci gratia di novo di reasummere
questo negozio e procurare si solecciti e se tiri alla fine, asseverando chi deve
che il denaro convenuto si sborserà conforme al obligho fatto infallantemente,
€ poi ancho ad ogni hora che Vostra Paternità Molto Reverendissima coman-
derà alla persona, a comando del quale si darà compita credentia, securi che
Lei negocierà in modo con lo stampatore che osserverà il promesso conforme
al appuntamento fatto nel contratto sopradicto celebrato. Sua Paternità Molto
Reverendissima per sua molta bontà e gentilezza ne favorischi di questa gratia
e s'asseveri che questa serà di tale consequenza che, non solo noi, ma la na-

Lione Perugina tutta gli ne serà effettivamente eternamente dovuta. Et con
humil stima baciamoli le mani.

In Perugia, li 9 de dicembre 1616 ».

-ASP, Minute di lettere dei Priori, 5, c.n.n.

a) Depennato di corrispondere.
b) Depennato a Vostra Paternità Molto Reverendissima.
c) Depennato delle Istorie.

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A PROPOSITO DELLA. STAMPA A VENEZIA

d) Depennato in cotesta città.
e) Depennato stampano.

f) Depennato se troppo.

9g) Depennato trattandola secho.
h) Depennato più mesi sono.

i) Depennato sapendo.

13. 1617 febbraio 28, Perugia.

«Al Padre Abbate di S. Elena di Venetia della Congregazione Olivetana,
il di detto.

Se bene havemo scritto piü volte senza ricevere riposta suppliche Sua Pa-
ternità Molto Reverendissima a favorire questo publico in solicitar la stampa
delli annali di questa città ^), e perché credemo securamente che le lettere non
siano capitate, hora ne siamo risoluti di novo supplicare Monsignor Commen-
datore di Sancto Spirito che vogli reiterare ancor luila sua simile instanza a Sua
Paternità Molto Reverendissima sicome ancor noi con la maggiore premura che
sia possibile lo preghiamo et supplichiamo efficacemente, dicendoli che il de-
naro che di resto si deve dal signor Hippolito Herculani si pagherà ad ogni
hora che^) alla Paternità Vostra parerà ragionevole e bene si paghi. Ne per-
doni per Sua bontà delli tanti fastidi e se in cosa alcuna potiamo servire a Lei
di qua ne comandi liberamente che ci troverà prontamente ad ogni suo cenno.

In Perugia ».

ASP, Minute di lettere dei Priori, 4, c.n.n.

a) Depennato con tutto.
b) Depennato lei.

14. 1617 aprile 5, Roma.

« Molto Illustri Signori Miei Osservandissimi.

L'offitio cortese che le Signorie Vostre nel principio di cotesto loro ma-
gistrato han voluto passar meco ha servito per una nuova confirmatione della
certezza ch'io ho dell'affetto loro amorevole verso di me. Confesso che quanto
men era dovuta a me questa dimostratione tanto piü cara m'é stata et ha ha-
vuto forza di far molto maggiore quell'obligo nel qual ha molto tempo che mi
truovo di dover spender la mia debol opera in ogni occasione spettante al ser-
vitio publico di cotesta città o al privato interesse delle Signorie Vostre, alle
quali rendo le dovute gratie dell'humanissima lettera scrittami da loro e bacio
affettionatamente le mani.

Di Roma, li 5 aprile 1617. Delle Signorie Vostre Molto Illustri.
Restino sigurissimi che quel che potró far mai per la mia città lo faró con
82 GAETANO CONTINI

tutto l'animo. Mi faccino scrivere di nuovo dal signor Silverio ii nome del li-
braro che stampa in Venetia le croniche della città nostra et insieme una in-
formationcella acció la possi dare all'Illustrissimo Signor Cardinale Vendra-
mino, Patriarca di Venetia, quale ha accettato per amor mio l'espeditione di
questo servitio al suo ritorno che sarà al principio di maggio.

Affettionatissimo et vero servitore d(on) E(vangelista) Vescovo di Città
Castello Commendatore di Santo Spirito.

Alli Molto Illustri Signori Miei Osservandissimi, i

Signori Priori della città di Perugia ».

ASP, Lettere ai Priori, 31, c.n.n.

15. 1617 luglio 25, Perugia.

«A Monsignor Illustrissimo Commendatore di Santo Spirito, li 25 luglio.

Silverio nostro cancelliero ci ha lette le lettere e di Vostra Signoria Illu-
strissima e del Signor Segretario del Illustrissimo Vendramini dalle quali ha-
vemo inteso quanto lei efficacemente se sia affatighato et tuttavia affatighi
acciò li annali di questa città date alle stampe in Venetia venghino a fine. E
perché questa è opera ch’ dalla città nostra e suoi cittadini è sommamente de-
siderata, perciò l’assecuriamo ch’ Lei non può spendere l’autorità sua hoggi
in favore di questa comune patria in cosa di più gusto universalmente di questa
e in consequenza di maggiore obligho, et perciò ogni opera che lei farrà in soli-
citarla ne serà a noi gratissima e la riceveremo da lei a gratia di molto rilevo,

alla quale raccomandandoci sentimenti di molto affetto et obligho insieme,
baciamoli humilmente le mani.

Di Perugia, li 25 luglio 1617 ».
ASP, Minute di lettere dei Priori, 4, c.n.n.

16. 1617 agosto 4, Roma.

«Molto Illustrissimi Signori Miei Osservandissimi.

Alle nuove instanze che dalle Signorie Vostre mi vengon fatte perch'io
solleciti la stampa de gli annali di cotesta città procureró di sodisfare con ag-
giunger nuove diligenze alle mie passate. La consideratione che da principio:
feci che quest'era negotio spettante alla patria commune è uno de’ maggiori
stimoli che possa indurmi ad abbracciarlo con tutto l'animo, ma non minor
mi riesce hor quello della lettera ch'ultimamente m'han scritto le Signorie Vostre
le quali vedendomi astretto da si due forti nodi, l'un publico e l'altro partico-
lare, debbon persuadersi ch'io sia per adoprarmi con ogni piü vivo affetto per
A. PROPOSITO DELLA STAMPA A VENEZIA 83

non defraudar la patria del dovuto ossequio e le Signorie Vostre dell’antico
possesso ch'hanno di commandarmi. Con che bacio loro affetuosamente le mani.

Di Roma, li 4 agosto 1617.

Delle Signorie Vostre Molto Illustri con le quali mi rallegro estremamente
della ressolutione fatta dalla Sagra Consulta intorno alla pramatica, cosa che
alcun altro non ha potuto ottener mai et io non ho mancato di far quel poco
che ho potuto ; ne rendino gratie all'Illustrissimo Signor Cardinale Prini et
a Monsignor Cennini che si é affatigato molto per questa risolutione et io gli
ne fo fede. Affettionatissimo servitore di cuore d(on) E(vangelista) Vescovo
di Città di Castello Commendatore di Santo Spirito.

Alli Molto Illustri Signori Miei Osservan-
dissimi i Signori Priori di Perugia ».
ASP, Lettere ai Priori, 31, c.n.n.

17. 1618 gennaio 20, Perugia.

« A di detto. A Monsignore Vescovo di Castello.

Illustrissimo et Reverendissimo Monsignor Signor Nostro Osservandissimo.

Sapendo noi che, quando Vostra Signoria Illustrissima fu ultimamente a
Perugia, il magistrato di quel tempo ricercó il favore et protettion sua nel con-
durre a luce l'opera della bona memoria del signor Pompeo Pellini quale si
stampa in Venetia, et ch'a quest'effetto sono stati mandati alcuni centinara
di scudi, et desiderando noi somamente che l'antichità di questa nostra comune
patria et le cose illustri e famose operate dagl'antenati nostri per diversi ri-
naschino et si rappresentino di novo come specchio alli moderni, acció si sfor-
zino inimitarle, supplichiamo Vostra Signoria Illustrissima con ogni maggior
affetto a degnarsi restar servita che tanta desiata opera mediante la autorità
sua speditamente si compischi, favorendoci anco participarci in qual termine
ella si trovi, non havendo noi altra strada più sicura di questa per haverne cer-
tezza, assignandoli che non puogherà far cosa che più gradischi questo publico»
di questa, e che da tutti e da noi particolarmente gliene serà tenuto quell'obligo:
ch'alla somma benignità sua si deve e pertanto gli bagiamo le mani.

Affettionatissimi e devotissimi servitori li Priori di Vostra Signoria Illu-
strissima et Reverendissima ».

ASP, Minute di lettere dei Priori, 5, c.n.n.

18. 1618 gennaio 24, Roma.

« Molto Illustrissimi Signori Miei Osservandissimi.
È verissimo che per sollecitar la stampa dell’opera del già signor Pompeo
Pellini io ho usato molta diligenza e passati diversi offitii col signor Giovanni
84 GAETANO CONTINI

Andrea Salici Segretario di Sua Signoria Illustrissima Signor Cardinal Ven-
dramini, per il cui mezzo si diedi principio e si va avanzando la stampa. Al
desiderio nondimeno delle Signorie Loro non vedo come poter sodisfare in par-
ticolare, atteso che tutte le lettere ch’in questa materia mi son venute dal segre-
tario sudetto ho mandato di mano in mano al signor Silverio Rettabene, da
cui potranno le Signorie Vostre haver quella informatione ch’io per la ragione
sudetta non posso dar loro. Ch'é quanto mi occorre in risposta alle Signorie
Vostre, alle quali bacio le mani.

Di Roma, li 24 gennaio 1618. Delle Signorie Vostre Molto Illustri affettio-
natissimo et vero servitore d(on) E(vangelista) Vescovo di Città di Castello
Commendatore di Santo Spirito.

A’ Molto Illustri Signori Miei Osservan-
dissimi i Signori Priori della città di Perugia ».

ASP, Lettere ai Priori, 32, c.n.n.

19. 1618 Trimestre 1.

« Istorie del Pellini ^).

Si stampano in Venetia l’Istorie del signor Pompeo Pellini senza che la
città ne senti spesa alcuna et Monsignor Illustrissimo et Reverendissimo Com-
mendatore di Santo Spirito favorisce il negotio et più volte ha scritto per la
speditione ; si potrà tener ricordato poiché la città tutta ne sentirà giovamento
et ne riporterà gloria et honore ».

ASP, Ricordanze, 4, c. 256v.

a) Sul margine sinistro.

20. 1618 marzo 3, Perugia.

«A dì detto. Monsignor Vescovo di Castello Commendatore di San Spirito.

Illustrissimo et Reverendissimo Monsignor Signore Padron Nostro Osser-
vandissimo.

Nell’ingresso del nostro magistrato havemo trovato nei ricordi lasciatoci
da’ nostri antecessori che Vostra Signoria Illustrissima per favorir questa co-
mun patria si compiacque accettare il carico di fare spedire l’Historie del Pel-
lino che si stampano in Venetia, e benché siamo certi per l’affettion che porta
a questo publico gli siano a cuore le cose sue havemo preso volontieri questa
occasione per offerineli servitori et, per dimostratione della devotione che gli
portiamo, supplicarla che si come per sua benignità e cortesia resti servita ac-
cettar questo peso, cosi voglia sollecitare l'espeditione con favorirci anco di farci

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A PROPOSITO DELLA STAMPA A VENEZIA 85
partecipi in che stato si trovi l’opera, augurandola che noi ci reputaremo sem -
pre molto favoriti se da lei ci serà data occasione di poter con gl’effetti conri-
spondere all’obligo et desiderio nostro che di impiegarci sempre in cose che con-
cernono il servitio di Vostra Signoria Illustrissima alla quale per fine con ogni
reverenza baciamo le mani.

Di Vostra Signoria Illustrissima e Reverendissima affettionatissimi ser-
vitori li Priori ».

ASP, Minute di lettere dei Priori, 5, c.n.n.

1. 1618 Trimestre rr.

« Pellini 9).

«Si stampano in Venetia l’opre del signor Pompeo Pellini et Monsignor
Illustrissimo Commendatore di Santo Spirito, richiesto dal Magistrato, prese
assunto di farle tirare a fine et per questo effetto sono stati mandati dal si-
gnor Hercolani scudi 400 ; potranno sollecitare una così nobile et degna opera ».

ASP, Ricordanze, 4, c. 259v.

a) Sul margine sinistro.

22. 1618 aprile 6, Roma.

« Molto Illustrissimi Signori Osservandissimi.

Il desiderio et obligo ch'ho di servir cotesta patria comune e le Signorie
Vostre in particolare non mi lascian uscir di mente quei ricordi che da’ suoi
antecessori dicono esser loro stati lasciati in materia della stampa dell'Historie
del Pellini. Ho scritto più volte ancorché non sempre, mercé della distanza de’
luoghi o delle occupationi altrui, habbia havuto risposta. Replicherò non pe-
raltro che per confirmar le Signorie Vostre nel concetto che sicuramente de-
vono havere ch'a me sommamente siano a cuore le cose loro. Per sodisfar al
desiderio delle signorie Vostre intorno al saper il stato in che si truova la stam-
pa, non vedo alcun più atto del signor Silverio Rettabene nelle cui mani ho
sempre mandato le lettere che sopra di essa ho ricevute da Venetia. Con che
alle Signorie Vostre bacio le mani e prego vera felicità.

Di Roma, li 6 aprile 1618. Delle Signorie Vostre Molto Illustri affettiona-
tissimo servitore vero d(on) E(vangelista) Vescovo Commendatore di Santo
Spirito.

A’ Molto Illustri Signori Osservandissimi i
Signori Priori di Perugia ».

ASP, Lettere ai Priori, 32, c.n.n.
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86 GAETANO CONTINI

23. 1618 luglio 7, Perugia.

«A di detto. A Monsignore Commendatore di Santo Spirito.

Nel novo ingresso nostro nel magistrato havemo trovato, per ricordo las-
satoci da’ nostri antecessori, che Vostra Signoria Illustrissima, per sua mera
bontà, ricercato dal magistrato di quel tempo, s’offerse far tirare a fine l’opera
della bona memoria del signor Pompeo Pellini, quali si stampano in Venetia,
per le quali lo stampatore ha di già conseguito scudi 400 per sua mercede ;
et desiderando noi sommamente con tutta la città che quest’opera venghi fi-
nalmente a luce sotto il suo patrocinio e favore, acciò si rappresentino a’ mo-
derni l’opere famose degl’antichi et gli si dia con questa occasione et spinta
d’inimitarle, veniamo di novo a supplicar Vostra Signoria Illustrissima con
ogni maggiore effetto possibile a voler in gratia nostra degnarsi restar servita
per utile et sodisfattione della comune patria oprare con l'autorità sua che
S'é possibile in questo nostro trimestre ne riportiamo l'onore concederle com-
pite assegurandola che per hora non potrebbe far cosa che piü di questa desse
universal contento et che piü rendesse gl'animi de' nostri cittadini per molte
altre cause obligati e che piü divoti e soggetti all'infinita cortesia di Vostra
Signoria Illustrissima alla quale per fine bagiamo con reverentia le mani pre-
gandolo ».

ASP, Minute di lettere dei Priori, 5, c.n.n.

24. 1618 luglio 11, Roma.

« Molto Illustri Signori Miei Osservandissimi.

Delle diligenze mie in sollecitar la stampa dell'opere del già signor Pom-
peo Pellini costi sono molti signori che potrebbon farne ampia testimonianza,
ma di quella solo mi contenteró che le Signorie Vostre potranno havere dalla
signora Cleofe Hercolana alla quale distintamente significai già quanto pas-
sava in questo proposito. Dal primo mal'incontro ch'ebbe l'opera di capitar
in mano d'un stampatore fallito e negligente è nata la tardanza ch'alle Signo-
rie Vostre, non men che a molti loro antecessori, è dispiacevole. Io ne sento
disgusto e tanto maggiore quanto che, mentre si dogliamo della longhezza del
tempo, dal tempo medesimo bisogna che aspettiamo il rimedio. Con che alle
Signorie Vostre bacio le mani e prego contento.

Di Roma, li x1 di luglio 1618. Delle Signorie Vostre Molto Illustri affettio-
natissimo servitore vero d(on) E(vangelista) Vescovo Commendatore di Santo
Spirito.

Alli Molto Illustri Signori Osservandissimi i
Signori Priori di Perugia ».
ASP, Lettere ai Priori, 32, c.n.n.

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A PROPOSITO DELLA. STAMPA A VENEZIA

25. 1618 agosto 7, Perugia.

«Martedì a dì d’agosto. A Monsignore di Castello e):

Che Vostra Signoria Illustrissima habbi usato esquisita diligentia in sol-
lecitare la stampa dell'opera del signor Pompeo Pellini apresso noi non ha bi-
sogno di testimonianza alcuna, sapendo molto bene quant'ella per mera bontà
sua sia affettionata verso la patria et le cose che tornano in honore et repu-
tatione di quella; ma perché la signora Cleofe Herculana, ad instanza della
quale publicamente Vostra Signoria Illustrissima fu pregata dal magistrato di
quel tempo a favorire e protegere dett'opera, é da' nostri antecessori e da noi
piü volte gl'é ne stato scritto (premendoci anco per utile et honore et per ge-
neral sodisfattione di tutta la città), havendo vista la lettera di Vostra Signoria
Illustrissima ultimamente scrittaci, si duole assai della sua disgratia, prima
d'essersi data in uno stampatore fallito, doppo che lei non desse ordine pre-
ciso che l' Illustrissimo Patriarcha di Venetia facesse pagare li 200 ducati, man-
dati in mano di Vostra Signoria Illustrissima in piü volte, da erogarsi nel prezzo
della carta, com'ella ne diede intentione, e non tutti insieme, overo, ch'avendo
ella dato quest'ordine, sia stato dal segretario del detto Illustrissimo Patriarca
eseguito il contrario ; e di piü si duole che dice havere hauto aviso da Venetia
ch'apena s'é dato principio all'opera e che non se ne stampa pure un foglio il
mese, si che dubita non essersi buttati li 400 ducati da lei sin'hora pagati senza
sapervi pigliar remedio alcuno. Onde noi e per publico interesse et pregati da
detta signora torniamo di meno a supplicare Vostra Signoria Illustrissima con
ogni effetto vogli degnarsi scrivere al detto secretario che, poi ch'ha fatto l'er-
rore in pagar li 200 ducati, non ha l'ordine dato, voglia in emenda di quello,
astringele lo stampatore a conventione di tirare a fine quest'opera, sia tempo
havesse con farsi far riceuta delli 200 ducati pagatoli, non havendola hauta
sin qui et anco poi che s'intende che iuri di terminarlo di conditione portarlo
a dar qualche sicurezza o quel piü che paresse a Vostra Signoria Illustrissima,
alla quale per fine bagiamo con reverenza le mani.

In Perugia. Affettionatissimi e devotissimi servitori ».

ASP, Minute lettere dei Priori, 5, c.n.n.

a) Della stessa mano, Non fu mandata e però è cassa.

26. 1624 giugno, 20, Perugia.

« Eisdem millesimo, indictione, pontificatu quibus supra et die vigesima
iunii. Actum Perusiae in audientia collegii notariorum sita in capite fere plateae
maioris ad viam Pinellam iuxta sua latera, praesentibus ibidem domino Eusebio
Barthella et domino Ioanne Baptista de Bonedotibus de Perusia testibus et-
coetera.
GAETANO CONTINI

Illustrissimus dominus Hipollitus quondam illustrissimi domini Ioannis
Baptistae de Herculanis de Fregio de Perusia personalis personaliter pro se ipso
sponte etcoetera, citra tamen revocationem, omni meliori modo etcoetera,
fecit, constituit eius verum, certum etcoetera, procuratorem, actorem etcoetera,
illustrissimum et admodum excellentem dominum donnum Fortunatum Vene-
tum monacum Cassinensem, absentem tamquam praesentem, solum et in so-
lidum specialiter et expresse ad omnes et singulas ipsius domini constituentis
lites, causas, quaestiones et controversias hactenus cum quacumque persona
et tam in agendo quam defendendo motas, et in futurum movendas, et specia-
liter ac expresse, cum domino Roberto Maiettum inpressorem et bibliopolam
Venetum, causa et occasione impressionis et consignationis tomorum centum
duodecim Instoriarum seu Annarium civitatis Perusiae conducendorum et con-
signandorum in civitate Pesari, sumptibus domini Roberti Maietti, bene con-
ditionatorum, iuxta formam promissionis et obligationis in instrumento desuper
confecto per dictum dominum Robertum appositum ad favorem dicti domini
Hipolliti, ita tamen etcoetera, et ad eiusdem domini constituentis nomine et
pro eo coram quocumque iudice etcoetera, in quacumque curia etcoetera, com-
parendum et representandum, agendum, petendum, defendendum etcoetera ad
omnes et singulos alios actus liti necessarios et incumbentes cum omnibus et
singulis dictis in mandatis ad lites et causas in amplissima forma apponi so-
litis etcoetera etiam cum potestate substituendum et loco sui ponendum unam
vel plures etcoetera, et generaliter etcoetera, dans, cedens etcoetera, promittens
habere ratum etcoetera, relevans etcoetera, rogans me notarium etcoetera ».

ASP, Notarile, Cristoforo Pallieri, Atti, 1624-1625 (2831), c. 113r-v.

BIBLIOGRAFIA : A. Rossi, Pompeo Pellini... cit., pp. 14-15.
Note e documenti

I più recenti studi su Giotto
ad Assisi

A tutto quanto è stato scritto attorno al riconoscimento delle-
idee e della mano di Giotto sui venerandi muri d’Assisi, si potrebbe,
credo, dedicare un libro forse più utile, o meno inutile, di tanti in
circolazione. Un libro che io vedrei articolato così. In una prima
parte, una esposizione antologica, quanto più possibile ampia di
tutta la letteratura sull’argomento, e tanto meglio se corredata
della citazione integrale dei testi. Dapprima le fonti, dal Ghiberti
al Vasari, poi gli antichi scrittori e agiografi francescani, poi i critici

moderni, dal Witte con cui si iniziò nel 1821, la gran disputa sul--

l'appartenenza o meno a Giotto del ciclo francescano, fino agli au-
tori recentissimi ?.

In una seconda parte, un vasto commentario, nel quale do--

vrebbero venire esaminate tutte le opinioni nel modo più ampio
ed obbiettivo possibile, cercando cioè di mettere bene in evidenza
il gusto, la tradizione culturale e sopratutto il metodo d’ognuno.

E ad integrazione del tutto, un’ampia serie di riproduzioni, scelte:

e disposte in modo da fornire di continuo un immediato e comodo
riscontro della vicenda scritta.

Credo ne potrebbe sortir fuori non solo un testo utile per lo.
studioso di Giotto, il quale troverebbe così a portata di mano quello:

che non è sempre agevole rintracciare e conoscere: ma anche un
testo assai significativo ed interessante per gli studiosi di storia di
critica d’arte. Mi pare difatti che per loro la questione giottesca

d’Assisi costituisca un campione di singolare importanza. Una di-.

scussione che da centocinquanta anni vede, l’un contro l’altro armati,.

quasi tutti gli specialisti d’arte italiana primitiva, una disputa che-

ha impegnato tanto a fondo le maggiori scuole e tradizioni critiche,
e che ha per posta il riconoscimento o meno a Giotto del tradizio-

nale ruolo di rinnovatore della lingua figurativa, trascende il caso-
.gono di più di quelli di un Cecchi; e nel caso opposto, quelli del

*90 PIETRO SCARPELLINI

particolare, va oltre il fatto specifico, diventa un banco di prova
su cui giudicare i risultati di tutta una disciplina.

Sono appunto centocinquanta anni che si discute se il ciclo
assisiate di San Francesco e la Cappella degli Scrovegni appar-
tengono o no allo stesso autore, cioé a Giotto. Sarebbe un po' come
se gli storici della letteratura ed i filologi stessero a discutere se la
Vita Nuova e la Commedia siano o no tutte e due opere di Dante.
Un parallelo che, per quanto superficiale, potrebbe indurre a con-
siderazioni non proprio lusinghiere sui progressi della Storia del-
l'Arte come scienza.

Naturalmente chi é addetto ai lavori, sa invece come questa
lunga vicenda, anche se mostra i lati deboli, le molte incertezze di
studi in fondo abbastanza giovani, quali sono i nostri (specie se
si fa il confronto con quelli letterari), non sia stata affatto inutile.
Al contrario, attraverso il complicato, faticoso gioco delle ipotesi,
nel lungo, affannoso cammino attraverso una enorme congerie di
osservazioni e di dati, molte sono state le conquiste, piit assai di
quante non possa immaginare l'uomo della strada, il quale vede
la questione dal di fuori, e si meraviglia che dopo, tanto studiare
e tanto scrivere, la faccenda sia almeno apparentemente bloccata
in una serie di elementari e drammatici interrogativi. Quale è la
cronologia degli affreschi della chiesa superiore ? E chi è il Maestro
di Isacco ? E Giotto il principale maestro della leggenda france-
scana ? Quando sono stati dipinti gli affreschi del transetto e delle
« Vele» nella chiesa inferiore ? E cosi via dicendo.

E vero che a tali domande si continuano a dare risposte di-
verse. Ma è anche vero che esse non sono più quelle di trenta, qua-
ranta o cinquanta anni fa. Per esempio, nessuno per quanto acer-
rimo avversario della presenza di Giotto nelle storie del santo,
potrebbe piü asserire, come fece il Rintelen, che esse sono opere di
un ritardatario, verso la metà del secolo, perchè è stata oramai
dimostrata la loro esistenza prima del 1307. Come pure nessuno,
dopo che tutta la superficie pittorica della Leggenda è stata scru-
tata palmo a palmo, potrebbe piü sostenere una quasi totale auto-
grafia giottesca. D'altronde é vero che la controversia serve a met-
tere in luce anche i meriti, o le manchevolezze dei critici, vale nei
loro confronti come pietra di paragone, sia che risultino militare in un
campo o nell'altro. Voglio dire che gli argomenti portati, poniamo,
dal Toesca in favore dell'attribuzione a Giotto del celebre ciclo, val-

ET maet i t E

Wire eine at Ha nea nn
I PIÙ RECENTI STUDI SU GIOTTO AD ASSISI 91

Meiss nel negarglielo, hanno più peso dei ragionamenti (e qualche
volta degli arzigogolamenti) dello Smart. Insomma una antologia
critica dei critici alle prese con questo fondamentale problema,
varrebbe a chiarire molte cose, e sopratutto, a far capire meglio
certe differenze di qualità non solo all’inclita ma anche al
profano.

Ora, però, in attesa che un tal libro si scriva e si stampi, limi-
tiamoci a qualche rapida considerazione sulla più recente letteratura
sull'argomento, una letteratura che si è arricchita in modo parti-
colare in questi ultimi anni, sopratutto in relazione al centenario
giottesco del 1967. Appunto in quella occasione fu pubblicato il
libro di Giovanni Previtali ?, a cui certo si possono rivolgere molte
critiche, e che sembra fatto apposta per urtare lo studioso più pru-
dente e possibilista per quel suo piglio polemico, per quel suo ar-
gomentare brusco, senza sfumature, ma che in fine è un libro ricco
di idee e dunque utile, costruttivo.

Per quanto ci riguarda, il Previtali, il quale ricalca le posizioni
pangiottiste del Toesca e del Longhi, difende con molto calore la pre-
senza di Giotto, prima nella parte alta della chiesa superiore (Storie
della Passione, Storie di Isacco, di Giuseppe e pitture nella contro-
facciata), poi nella leggenda francescana, riconoscendo, come mi
par giusto, i pensieri originali del Maestro lungo l’intero ciclo, an-
che nella parte conclusiva, ove, per solito si preferisce attribuire
il tutto al Maestro della Santa Cecilia. D’altra parte il Previtali
insiste anche sul forte contributo dei collaboratori, che tenta di
individuare uno per uno, per esempio, ravvisando proprio nelle
ultime scene francescane la mano di un umbro, il quale ne sarebbe
stato il principale esecutore, il Maestro del Crocefisso di Montefalco.

La soluzione è certamente molto suggestiva anche se non fa-
cile a dimostrare con argomenti decisivi. Il Crocefisso di Monte-
falco, per il suo impianto duecentesco, per il suo carattere violen-
temente espressivo, per il suo colorito acre, risulta molto lontano,
nello spirito, dalle eleganti storie finali della Leggenda, nonchè
dal San Francesco onorato dall' uomo semplice che fa gruppo con quelle.
hestano certe innegabili somiglianze sul piano fisionomico, tra i
dolenti nei terminali della croce ed alcune figure del Compianto
di Santa Chiara e, sopratutto, della Confessione della donna di Be-
nevento. Ma son queste analogie che possono farci tutt'al piü pen-
sare ad un intervento sul piano strettamente esecutivo e, probabil-
mente, insieme ad altri pittori.

un

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Snc

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PIETRO SCARPELLINI

Quanto ai cicli della chiesa inferiore, il Previtali fa un serio
sforzo per interpretarne il giusto significato nell’ambito dello svol-
gimento dello stile giottesco e della sua bottega, anche se le sue:
soluzioni, come del resto naturale in casi siffatti, moltiplicano i
quesiti, suscitano problemi sempre nuovi. Ad ogni modo, mi sem-
bra che egli abbia ragione quando riconosce la presenza di Giotto:
nella Cappella della Maddalena ed una sua supervisione assai at-
tenta e vigile anche per gli affreschi del transetto e delle vele, men-
ire esclude giustamente il Maestro dalla Cappella di San Nicola,
di qualità nettamente inferiore a tutto il resto.

Per quest'ultimo complesso, il Previtali propone un solo au-
tore (a differenza del Toesca che vi vede tre maestri distinti), at-
tivo però in fasi separate nel tempo : in una prima, verso il 1300,
sarebbero stati eseguiti i miracoli del Santo in alto e l'affresco de-
dicatorio nella facciata interna, ove si imita ancora il Giotto del
ciclo francescano ; ad un secondo momento, subito dopo il 1305,
spetterebbe la serie degli apostoli e dei santi nella parete mediana,
ispirata già al Giotto di Padova (e nella Cappella degli Scrovegni
avrebbe, secondo il Previtali, collaborato lo stesso Maestro di San
Nicola); infine ad un terzo tempo, verso il 1310, dopo la decora-
zione della Cappella della Maddalena, apparterrebbero l'Annun-
ciazione, nell'arco d'accesso esterno alla cappella, e il finto trittico
sull'altare.

Ma qui, innanzitutto, prima ancora di controllare il valore
delle argomentazioni stilistiche, vien fatto di porre all'autore una
domanda : è, secondo il Previtali, normale che un pittore, tra l'altro
secondario, abbia avuto tutto l'agio di prendere e riprendere in
mano a suo piacimento i pennelli, a distanza di parecchi anni, senza
che nessuno gli dovesse far fretta, senza che nessuno trovasse al-
cunché da ridire sulle sue interruzioni ed assenze ? È ragionevole,
dico, credere che i committenti se ne stessero lì tranquilli ad aspet-
tare i comodi di questo subalterno o quelli del suo capo, maestro
Giotto, che gli abbiano lasciato montare e smontar palchi a pia-
cimento, cosa fra l’altro, assai costosa ?

Si può naturalmente rispondere a tale obiezione, che son molti
i casi documentati di cicli d’affreschi iniziati, interrotti, poi ripresi
in più periodi. Ma io non credo che questa dovesse essere la pratica
corrente, e tantomeno in una chiesa così frequentata come questa
francescana, nella quale non doveva essere tanto gradito il con-
tinuo ingombro delle impalcature e il continuo tramestio dei pittori.

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I PIÙ RECENTI STUDI SU GIOTTO AD ASSISI 93

Invece il Previtali, come del resto molti altri critici, adotta tal
tipo di spiegazione (cioè quella dei lavori a singhiozzo) molto, troppo
Spesso. Se ne serve, per esempio, anche per spiegare la successione
dei lavori tra la Cappella della Maddalena e il complesso transetto-
abside, cosi evidentemente legati tra loro da una chiara conseguenza
stilistica.

Secondo il Previtali, difatti, dapprima il maestro principale
‘con i suoi seguaci (tra cui il solito Maestro di San Nicola e forse an-
«cche il Maestro delle Vele), avrebbero dipinto le storie della santa,
ancora legate al momento padovano, ma databili per vari argo-
menti intorno al 1310. Poi Giotto se ne sarebbe tornato a Firenze
dove, verso il 1312-13 avrebbe affrescato la Cappella Peruzzi, in-
tanto che il Maestro del San Nicola ed un altro discepolo, il cosi-
detto Parente di Giotto avrebbero cominciato a dipingere, ma molto
alla stracca, nel transetto destro, eseguendo l'Annunciazione e i
tre miracoli « post mortem», di San Francesco. In ultimo, verso
il 1315, Giotto sarebbe tornato nel cantiere assisano, ed ecco allora
il lavoro riprender lena, ecco nel giro di due o tre anni decorati il
transetto destro e le vele, poi completati da Simone Martini e Pie-
tro Lorenzetti.

Ma anche qui: è proprio indispensabile questo andare e ve-
nire di un artista così famoso con tutta la sua bottega (o con buona
parte di essa), questo tornare e ritornare, e riprendere un lavoro
già cominciato ? O non è invece più piano ed agevole immaginare
che tutta la decorazione venisse eseguita senza soluzione di con-
tinuità, spostando via via le impalcature dalla Cappella della Mad-
dalena, al transetto, alle vele, all’abside ?

Certo si tratta di una questione molto delicata e complessa,
tuttavia, a mio modesto avviso, le buone osservazioni del Previtali
sulla conseguenzialità dei diversi cicli, possono mantenersi, restrin-
gendo però i tempi e immaginando il lavoro continuo di tutta una
équipe.

Quanto al Maestro (o Maestrino) di San Nicola (ma è dubbio
che egli sia stato il solo pittore della Cappella), non mi sembra che
le differenze ravvisabili colà siano poi così marcate da far sup-
porre una distanza tanto notevole di tempo tra una parte e l’altra.
Anche le evidenti cesure nell’esecuzione degli affreschi, tra un pezzo
di intonaco e l’altro, non sono necessariamente da interpretarsi come
riprese avvenute a distanza di anni.

E lasciamo per ora questo argomento che ci porterebbe sulla

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— 94 PIETRO SCARPELLINI

china di analisi troppo minute e dettagliate. Volgiamoci ad altri con-
AME tributi, come quello del Ragghianti che dedica alla prima parte
. MI dell'attività di Giotto tutto un capitolo dell’Arte in Italia, stam-
E pato altresì a parte, in un numero della « Critica d'Arte» ®. Anche
il Ragghianti é un pangiottista, anzi questo titolo spetta a lui me-
glio che ad un altro, visto che riesce a inserire nel catalogo del
maestro non solo quasi tutte le pitture della parte alta della chiesa
: superiore (nelle ultime campate e nella controfacciata), ma anche
E tutta una larga fetta della decorazione a mosaico del Battistero di
i Firenze, quasi un intero spicchio della cupola, eseguito (secondo una
sua particolare interpretazione dei documenti), tra il 1281 ed il 1288.

E poiché il Ragghianti considera gli affreschi assisiati (del-
lordine superiore), anteriori ai mosaici fiorentini, viene di con-
seguenza a proporre per essi date precocissime, tra il 1277 ed il
1281. Per il ciclo francescano stabilisce invece un periodo tra il
1288 ed il 1293 circa ; termini, come ognun vede, di circa dieci anni
piü alti rispetto a quelli accettati comunemente. A tale cronologia |
l'autore giunge attraverso varie considerazioni, cominciando dalla |

data di nascita di Giotto che egli, sulla scorta di alcuni documenti
annunciati dal Poggi e dal Procacci, sposta di almeno dieci anni |
all'indietro rispetto al 1267. |

E qui non c'é che da auspicare la possibilità di conoscere quanto:
prima tali preziose notizie nelle loro fonti originarie. Difatti & chiaro:
che questa piü antica nascita dell'artista varrebbe a spiegare molto
meglio la sua formazione e portare anche piü luce sulla sua atti-
vità assisiate. Ma naturalmente, ciò non vuol dire che si debba ac-
cettare per buona l'ipotesi del Ragghianti di un Giotto che sale
sui palchi d'Assisi verso il 1277, con tutti gli ulteriori problemi che
un simile arretramento comporterebbe nella già faticosa e incerta
sistemazione della storia dell'arte di quegli anni. Tanto piü che
gli argomenti portati in campo dall'autore sulla consecuzione, af-
freschi della parte superiore del San Francesco, mosaici fiorentini,.
storie francescane, non é punto convincente.

Difatti non basta dire che, a dimostrare l'appartenenza a Giotto.
dei mosaici suddetti, stanno le architetture con «il chiaro impianto
tettonico e volumetrico con evidenti referenze classiche » (p. 29);
perché non mi sembrano, coteste, delle discriminanti di valore
assoluto nei confronti di Giotto; specie quando la composizione:
delle scene, la tipologia delle figure, i caratteri dei volti, l'andamento
delle pieghe e tutto il resto, mostrano così forti e sostanziali differenze

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Mire Moins 01 pini earn 77 — Lh I PIÙ RECENTI STUDI SU GIOTTO AD ASSISI 95.

rispetto agli affreschi assisiati. Non basta dire che ci sono « corri-
spondenze puntuali » tra le storie dell’ Antico Testamento ad Assisi ed
i mosaici con le storie di Giuseppe nel Battistero, senza poi concreta-
mente indicare quali sono e dove sono. Le riproduzioni in nero ed a
colori fornite nel testo, non confortano tali giudizi, anzi non fanno che-
mettere in luce le forti differenze (tavv. 35, 36, 37, 38 e 39). Io
non riesco a vedere, ad esempio, perché «i grandiosi cavalli» del--
l’Incontro di Giuseppe a Firenze debbano riportarci «in modo im-
mediato e irrecusabile sia a quelli della Visione del carro di fuoco
nel secondo ciclo assisiate, sia alla scultura di quel tempo pisanesca
più prossima a Giotto, il San Giorgio dell'omonima porta di Firenze,
sia infine al cavaliere d’impianto giottesco nel campanile » (p. 30).
Si tratta, sempre a mio modesto avviso, solo di cavalli visti di pro-
filo, per cui è evidente il ricorso a fonti classiche. Ma poi, mentre
ad Assisi ed a Firenze tu senti davvero il massiccio, poderoso im-
peto del corpo plasmato nel vivo del movimento, proprio il « qua--
drupedante putrem sonitu quatit ungula campos», nei cavalli del
Battistero vedi una ritmica rotatoria, un caleidoscopico, elegante
gioco di profili, insomma tutta un’altra fantasia, un’altra conce--
zione formale.

Con la stessa facilità il Ragghianti trova che i restauratissimi
e pasticciatissimi mosaici con le storie della fondazione di Santa
Maria Maggiore, nella facciata della omonima basilica romana sono:
derivazioni puntuali del ciclo francescano, E siccome i mosaici di
Santa Maria Maggiore vennero, a suo dire, eseguiti « ante 1295 »,
ecco dimostrata la precoce datazione del ciclo medesimo. Ma bi--
sognerebbe esser ben sicuri di quella data, così come bisognerebbe:
dimostrare, non solo con semplici asserzioni, quel rapporto di di-.
pendenza *). Né più solido mi pare l'altro argomento tirato in ballo.
a tale proposito, cioé che gli affreschi piü antichi della Cappella

di San Nicola, evidentemente derivati da quelli del ciclo france--
scano, sono stati dipinti avanti il 1294, perché nella scena dedi--

catoria appare insieme al cardinale Napoleone Orsini anche il fra-.
tello Giovanni chierico, morto tra il 1292 ed il 1294. Quasi che fa--
cessero difetto, in questa stessa chiesa, gli esempi di committenti
genuflessi e rappresentati dopo morti! 9.

Insomma il tono drastico, assolutistico, con cui il Ragghianti dà
per certe cose incerte od opinabili, rende poco convincente questa
sua ricostruzione delle origini di Giotto e la sua stessa esegesi dei.
grandi cicli assisiati.

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PIETRO SCARPELLINI

In un libriccino stampato dall'Olschki 9, Margherita Gabrielli
“sostiene una tesi singolare: che il ciclo francescano, così come lo
vediamo oggi, sia il risultato di tanti successivi mutamenti e sovrap-
posizioni, aggiunte, riprese parziali, dovute sopratutto alle lotte
interne dell'Ordine, al prevalere ora di una corrente ora dell’altra ;
insomma il gran ciclo sarebbe come un enorme centone di pezze,
di inserti, riflettenti i terribili contrasti tra i francescani, in quei
tormentati decenni a cavallo del secolo. Prevalgono gli spirituali ?
Subito si chiede ai pittori il misticismo, il fervore, l’esaltazione di
Francesco araldo della povertà, eccetera, eccetera. Mutano i tempi
“e dominano i conventuali ? Viene imposta la prudenza, l'opportuni-
«smo, si attenuano i dati più rivoluzionari della personalità del
-santo, si vuol messo in luce il suo spirito di obbedienza nei con-
fronti della Chiesa Romana, e così via dicendo. E Giotto che fa
in consimili frangenti ? Corre ad Assisi, corregge, ricorregge, toglie,
“aggiunge, a seconda del momento.

Il bello è che la Gabrielli non si preoccupa di offrire una vera
‘dimostrazione di quanto asserisce (essa in genere ripete le osserva-
zioni tecniche di altri autori, per esempio quelle di Meiss-Tintori
limitandosi ad offrirci, a commento delle sue teorie, tutta una serie
di fotomontaggi alla rovescia. Ci fa vedere cioè, schermando oppor-
tunamente certe riproduzioni, come dovevano essere in origine, se-
condo lei, alcune delle più famose scene del ciclo francescano. E
“conclude auspicando «che un lavoro di restauro e, dove è possibile,
“di ripristino, ci restituiscano il vero volto dell'arte di Giotto » (p. 107).

Qui, è ovvio, si esce dal seminato. Eppure tali strane teorie,
tali peregrine proposte, hanno una origine ben precisa, vengono, e
sia pure per via degenerativa, da tutto un particolare settore di
“studi, particolarmente coltivato in questi ultimi trenta anni; mi
riferisco alle vicende volte a ravvisare le componenti concettuali
‘dell’opera d’arte, i suoi risvolti politici, le radici teologiche, oppure
le sue ragioni sociali, battendo le orme dell’Antal, o quelle altre,
in verità assai più generiche e approssimative, dell'Hauser.

Ora, non si nega affatto che per queste vie si siano potute
"scoprire cose molto importanti, molto utili, necessarie alla migliore
comprensione del fenomeno artistico, ma bisogna star sempre bene

-attenti a non dare a certe considerazioni un valore esclusivo e pre-
minente, si da mettere in ombra tutte le altre componenti del quadro
:storico-critico, col risultato di ridurre, come si è visto, un grande

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I PIÙ RECENTI STUDI SU GIOTTO AD ASSISI 97

complesso pittorico ad una specie di giocattolo, di « puzzle » da mon-
tare o smontare a piacimento. È vero che quello sopra riferito è
da considerarsi un caso limite. Eppure, c'é da giurarlo, esiste qual-
cuno pronto a prenderlo sul serio. Tanto s'é oggi diffusa questa
moda delle congetture mirabolanti, le quali naturalmente hanno
buon giuoco sopratutto là dove mancano i dati e i riferimenti do-
cumentari sicuri.

Per fortuna il centenario giottesco non ha prodotto soltanto
interventi di questo tipo. Da una serie di conferenze tenute nel
Sacro Convento ed organizzate dai frati minori conventuali con
la collaborazione dell’Azienda autonoma del Turismo di Assisi, è
nato un libro che mi pare prenda un posto di rilievo tra le più re-
centi pubblicazioni sull'argomento ?. D'altro canto, avendo parte-
cipato a quella iniziativa, non sono la persona più adatta a ren-
derne conto qui, tanto più che al volume non sono mancate recen-
sioni esaurienti 9.

Preferisco perciò adesso occuparmi del volume degli atti del-
l’altro Convegno, « Giotto e il suo tempo» ®, la cui prima tornata
si ebbe appunto ad Assisi tra il 24 ed il 26 settembre 1967. E fu
quello davvero un bello spettacolo, la lunga, interminabile Sala go-
tica del Convento di San Francesco, piena zeppa di tanta gente,
autorità religiose e civili, studiosi di ogni nazione e tanti spe-
cialisti venuti da ogni parte del mondo, dal Salmi, al Meiss, al
Brandi, allo Gnudi, al Salvini, al Gosebruch, al Mitchell, allo
Smart, al Bauch, al Bologna, al Marchini, al Paeseler, al Prandi,
al Procacci, al Gioseffi. Mancavano, tra i protagonisti, solo l'Oertel
e il Longhi. Ma per quest’ultimo erano lì vigili, agguerritissimi gli
amici fedeli e gli allievi, dal Volpe al Previtali. E poi c’è chi giura
di aver sentito aleggiare tra le severe muraglie, i grandi spiriti del
Rumohr, del Cavalcaselle, del Venturi, del Thode, del Rintelen,
dell’Offner, del Berenson, del Toesca, tornati dall’al di là a prose-
guire idealmente il dibattito ed a proteggere i propri nipoti e pronipoti.

Aprì, con la solita prudenza, il solito garbo, Cesare Gndi cui
era stata affidata la relazione ufficiale su Gli inizi di Giotto e i suoi
rapporti col mondo gotico, un discorso a largo raggio, volto a cercare
le radici del grande fiorentino nella scultura gotica di Francia, ma
da cui traspariva continuamente la patetica preoccupazione di ri-
volgersi ad un uditorio separato da una barriera, da un lungo pro-
fondo fossato : « Forse tra tutti i grandi problemi dell’arte europea,
non ve ne è altro che come questo (e ben sappiamo come questo

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98 PIETRO SCARPELLINI

sia capitale) trovi gli studiosi irremediabilmente divisi. A partire
da questo punto, entrando in questo terreno di ricerca sull’attività
di Giotto prima della Cappella dell'Arena, so che ogni affermazione
che io faccia può sembrare ovvia a qualcuno, assurda ad altri. Per-
ché questa incomunicabilità, questa scoraggiante impossibilità di
incontro ? » (p. 13).

Effettivamente, questa assisana, fa tutta l'impressione di es-
sere una avventura intellettuale ancora dominata da quella con-
trapposizione aprioristica « Giotto si - Giotto no » con cui essa venne
impostata nel secolo scorso. Una scelta drastica che, lo si sente
bene, pesa ancora sugli studi, che si trasmette da uno studioso al-
l’altro per retaggio di scuola, che non cessa di esercitare insomma
il suo effetto assai poco benefico. Capita difatti di sentirla un po’
in tutti gli aspetti della ricerca, come per esempio, in questo convegno,
in due relazioni che per essere di carattere eminentemente tecnico.
meno avrebbero dovuto risentire da impostazioni critiche esterne ;
due relazioni, tra l’altro, affini per quanto riguardo il soggetto,
quella di Hanno W. Kruft su Giotto e l’antico, e l’altra di Rachel
Meoli Toulmin su L’ornamento nella pittura di Giotto con particolare
riferimento alla Cappella degli Scrovegni.

Il primo discute i rapporti tra l'architettura dipinta classica e
il ciclo francescano d’Assisi, e dopo molti puntuali rilievi, conclude :
«Basandoci sulle nostre considerazioni ci porremmo la questione
dell’attribuzione seguentemente ; v'é una strada che dallo schema
eminentemente romano di Assisi ci conduce alla Cappella dell'Arena
di Padova ? Se si trattasse dello stesso artista questo avrebbe dovuto
allontanarsi nella sua impostazione artistica dall’antichità, accre-
scendo nello stesso tempo la spaziosità dei suoi quadri e la plasti-
cità delle sue figure. Sarebbe da dimostrare la possibilità di un
tale sviluppo tra Assisi e Padova. Ciò mi pare assai difficile » (p. 176).

La seconda tratta invece dei motivi decorativi giotteschi nei
medesimi testi, e dal suo studio trae queste considerazioni « Da
un esame dell'ornamento invero si ricava l'impressione di una con-
tinuità di evoluzione tra l’ultima delle pitture in San Francesco e
gli affreschi di Padova. Perfino due tipi di finto mosaico, introdotti
per la prima volta nelle cornici architettoniche delle Storie fran-
cescane, si ritrovano in quelle della Cappella degli Scrovegni. Ma
più dell’architettura delle cornici della Vita, è quella delle scene
che offre i confronti più puntuali con le paraste dipinte di Giotto
a Padova» (p. 187).

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I PIÙ RECENTI STUDI SU GIOTTO AD ASSISI 99

Giudizi affatto contraddittori, sicché è difficile sottrarsi al-
l'impressione che nell’un caso e nell'altro, ci sia, a monte del ra-
gionamento, una convinzione di tipo aprioristico (e naturalmente
di segno opposto), e tanto forte da influenzare almeno in parte la
argomentazione e i giudizi relativi.

Però è anche vero che, come si è detto più sopra, qualcosa’ si
muove, e trapassa, sia pur lentamente da un campo in un altro.
Nella stessa relazione dello Gnudi, si avverte continuamente l'ap-
porto critico dell'altra parte della barricata, s'avverte, filtrato nel
suo pensiero, tutto il lato positivo della polemica antigiottista, la
quale ha senza dubbio i suoi grandi meriti, se non altro per aver
costretto i sostenitori della presenza del fiorentino nel ciclo fran-
cescano, ad un maggior rigore critico. È la corrente che dal Longhi,
all'Oertel, al Baum, allo stesso Gnudi presuppone una ideazione
generale di Giotto e relativamente pochi interventi diretti del mae-
stro, riconoscendo alle storie della leggenda quel carattere di lavoro
collettivo, di elaborazione ancora medievale di «atelier » la quale
sparisce nelle successive grandi imprese di Padova e di Firenze, ove
lo stile personale si impone come qualcosa di esclusivo e di continuo.
Questa in definitiva mi par l'ipotesi di lavoro piü ragionevole, quella
con cui si puó sperare di vincere la rigida divisione degli studiosi
in due partiti.

D'altra parte, bisogna pur riconoscere che oggi il maggior
nodo critico non sta neppur piü nelle storie francescane, quanto
in quelle di Giuseppe, di Isacco, nel ciclo della Passione, nella volta
dei Dottori, negli affreschi della controfacciata. È là che sopra-
tutto si dibatte la questione della nascita della nuova pittura e con
ció anche l'altra questione strettamente connessa dell'apparire di
Giotto. Questo spostamento di obbiettivi risulta anzi il fatto di
maggior rilievo nella critica giottesca di questi ultimi venti anni,
ed é quello che ha provocato i maggiori ripensamenti. Vedi, ad
esempio, il caso del Meiss che, sempre fermo nel negare a Giotto il
ciclo francescano, s'é invece poi convinto di una paternità giottesca
per le storie di Isacco. Peccato che il Meiss non abbia voluto in
questo caso accettare lo scontro con i suoi contraddittori, ed abbia
preferito, nel congresso giottesco, dedicarsi allo studio, certo molto
piü tranquillo, di un artista fino a ieri del tutto dimenticato, Alesso
di Andrea.

Cosi é successo che sullo scottante problema, vera chiave di
volta, si torna a dirlo, di ogni discorso sulle origini della nuova pit-

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100 PIETRO SCARPELLINI

tura, sono intervenuti due decisi avversari della soluzione pro
Giotto ; il Paeseler, il quale difende una tesi non nuova cioè che il
Maestro di Isacco è Pietro Cavallini, e che Giotto (secondo lui nato
nel 1276 come scrive Vasari e non nel 1267) è suo allievo, ed ese-
gue poco più che ventenne il ciclo francescano, appunto verso il
finire del secolo. Poi il Brandi, il quale con argomenti ben altri-
menti agili e acuti e brillanti, sostiene una sostanziale continuità
temporale degli affreschi della navata, con il concorso di più maestri
di origine romana, alcuni dei quali influenzati, già da Giotto stesso,
mentre questi « dipingeva al piano terra» (p. 66).

Idee che non mi paiono affatto da buttar via, perché attra-
Verso esse si può spiegare in modo più piano ed agevole tutta l’im-
presa decorativa, senza cioè ricorrere a complicate e macchinose
interruzioni dei lavori, e riprese, e ritorni, e persino rifacimenti.
D'altra parte, se è giusto osservare, come fa il Brandi, che è « pre-
sunzione ineffabile che non ci potesse essere a quel tempo nessun
altro grande Maestro al di fuori di Giotto, Cimabue e Cavallini »
(p. 65), è anche altrettanto giusto asserire che proprio nelle storie
di Isacco fa la sua apparizione la personalità più rivoluzionaria,
più intimamente e sostanzialmente « giottesca » di tutta la chiesa
superiore, e questo naturalmente vale anche nei confronti del ciclo
francescano. Ora nessuno esclude che accanto a Giotto abbiano
lavorato molti altri grandi pittori, artisti di genio, ma è arduo am-
mettere che proprio il personaggio principale, il deus ex machina
di quella brigata, sia stato altri che Giotto stesso.

Insomma, gran questione questa del Maestro di Isacco; e,
come si vede, più viva, virulenta che mai. Ma venendo ora ad altro,
dirò che nel volume degli atti del convegno vi sono numerosi in-
terventi che riguardano Assisi e l'Umbria su cui sarebbe ora troppo
lungo diffondersi. Mi limiteró soltanto a rammentare, in queste
brevi note, la dotta, interessante esposizione del Mitchell sull'unità
ed organicità del programma iconografico e iconologico della ba-
silica ; le osservazioni di J. Pesina sui rapporti tra il ciclo france-
Scano e la pittura boema ; le interessanti note del Prandi sull'im-
pianto prospettico di alcune scene del ciclo medesimo ; quelle al-
trettanto interessanti del Gioseffi sulla prospettiva nel Polittico
Stefaneschi e nelle pitture del transetto della chiesa inferiore; le
osservazioni del Salvini su Giotto a Rimini e sulla scuola riminese,
con le quali l'illustre studioso, porta altra acqua al mulino dell'at-
tribuzione della Leggenda al maestro.
I PIÙ RECENTI STUDI SU GIOTTO AD ASSISI 101

Infine ci sono due scritti di Giuseppe Marchini e di Ursula
Schlegel che, prendendo a studiare la affascinante personalità del
Maestro di Figline, giungono a conclusioni sostanzialmente analoghe.
Il primo impersona quell’esotico, strano, ma grandissimo artista,
nell'assisano Giovanni di Bonino. La seconda ne ricollega la for-
mazione con il centro di Assisi verso i primi anni del secolo (ed.in
ciò ha, a mio avviso, ragione) e ne ravvisa la mano tra i collabo-
ratori di Giotto a Padova (in ciò invece ha torto). Abbastanza si-
gnificativa è tuttavia la conclusione; l’opera del Maestro di Fi-
gline «fa supporre che egli fosse cresciuto in seno alla grande co-
munità dei pittori di Assisi e di origine umbra e che fosse in un
certo senso un precursore del Perugino » (p. 167). A parte il pa-
rallelo con quest’ultimo, che non mi pare troppo azzeccato, ho an-
che io, più di un sospetto sull’origine umbra di quest'artista 19 :
e la cosa diventerebbe sicura quando risultasse confermata l’ipotesi
del Marchini.

Ho lasciato a ragion veduta per ultimo il contributo di Alastair
Smart sul celebre passo ghibertiano relativo alla presenza di Giotto
nella basilica («dipinse nella chiesa, di Assisi, dell'ordine de’ Frati
minori, quasi tutta la parte di sotto »), dato che esso ha la sua con-
tinuazione nel grosso volume dello stesso autore sul problema giot-
tesco d'Assisi recentemente edito dalla Oxford Press». Lo Smart
e sempre stato uno dei piü tenaci negatori dell'attribuzione a Giotto
del ciclo francescano e sostiene le sue tesi sia con argomenti di ca-
rattere stilistico, sia facendo ricorso alla critica delle fonti. A questa
seconda via egli si attenne appunto nel Congresso giottesco allor-
ché cercó di dimostrare, attraverso molte sottili considerazioni,
come in realtà la tradizionale attribuzione a Giotto si basi su di
una sbagliata, o almeno sforzata, interpretazione delle parole ghi-
bertiane.

Veramente questa a me pare una tipica questione di lana ca-
prina, una di quelle questioni cioé, che possono benissimo durare
cent'anni senza che ci sia la minima speranza di poterla sciogliere
in un modo o nell'altro. Cosa ha inteso dire Ghiberti con l'espres-
sione « quasi tutta la parte di sotto»? Si è riferito alle storie fran-
cescane che sono in basso, sotto il corridoio ? O ha inteso alludere
agli affreschi della chiesa inferiore ? O, addirittura, come ha soste-
nuto taluno, ha voluto indicare la parte piü estrema della navata,
quella verso la porta d’accesso ?

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‘Convent connecting his name with that of Giotto» (p. 59).

102 PIETRO SCARPELLINI

Credo che non esista persona al mondo in grado di rispondere
in modo convincente a tali interrogativi. Ma lo Smart vuole
asserire che fu Vasari il primo ad interpretare la frase ghibertiana
nel senso di un riferimento alle storie francescane e quindi fu il
primo a stabilire la tradizione in base alla quale Giotto é l'autore
di quegli affreschi. E proprio su questo punto io credo che il suo
discorso sia facilmente contestabile. Difatti l'autore si fonda su di
un minuzioso ma capzioso confronto tra i vari passi del Ghiberti,
del Billi, dell'Anonimo gaddiano, per dimostrare che fu in realtà
Vasari a interpretare in un certo modo quelle fonti, fino a cavarne
(dopo la circostanziata visita ad Assisi del 1563), che Giotto dap-
prima dipinse nella chiesa superiore le storie di San Francesco,
poi nelle « Vele» ed in altre zone della chiesa inferiore. Prima del
Vasari insomma, nessuno avrebbe pensato di assegnare a Giotto il
ciclo francescano, solo dopo le Vite, tutti avrebbero ripetuto, come
in tanti altri casi, la sua attribuzione, e senza minimamente discu-
terla, e questo fino ai dubbi e alle ripulse dei critici moderni.

Ora, lo Smart non tiene in alcun conto la tradizione locale,
quasi essa non sia esistita o sia stata di trascurabile importanza,
mentre per lui (come per tanti altri), l'unica fonte degna di interesse
non può che essere quella fiorentina. Anzi, lo studioso, nella sua co-
municazione al Congresso giottesco del 1967, neppure citó quel
Fra Ludovico da Pietralunga, il quale ci ha lasciato una preziosa

descrizione della basilica, pressapoco contemporanea alle Vile va-
sariane. E neppure accennó al pittore Dono Doni che fu di guida
al Vasari nella recognizione ai monumenti assisiati, e fu altresi

l'autore di uno scritto sui dipinti della sua patria, andato purtroppo

smarrito, ma i cui giudizi, le cui note tecniche e critiche, riecheg-
giano non solamente nell'opera di Fra Ludovico, ma in quella del

Vasari stesso 12).
È vero che nel suo più recente volume lo Smart, accortosi forse

della gravità di quella mancanza, cerca di colmarla, dedicando, nel
‘capitolo relativo, alcune righe a questi due personaggi. E tuttavia
‘appar chiaro il suo intento di diminuirne il significato, come nel
‘passo seguente « Furthermore the almost contemporary Descrizione
della Basilica di San Francesco d’Assisi written by Frà Ludovico,

who lived and died in the Sacro Convento, while accepting Vasari's

attribution of the Legend to Giotto, lacks any reference to Fra

Giovanni a curious omission if there had been any document at the
I PIÙ RECENTI STUDI SU GIOTTO AD ASSISI 103

Insomma da un lato lo Smart cerca di infirmare la precisa-
zione offerta dal Vasari allorché egli scrive che Giotto dipinse la
Leggenda ai tempi del generale Giovanni da Murro, notando (e
qui s'appoggia alle congetture del Murray), che se veramente vi fosse
stato in convento un documento in favore di quel committente,
Fra Ludovico non avrebbe mancato di farne il nome. Da quell’altro,
asserisce che l’umile scrittore francescano segue, per ciò che ri-
guarda il ciclo giottesco, il Vasari, senza neppur darsi la pena di
discutere una cosa per lui ovvia al punto da non abbisognare d’al-
cuna dimostrazione.

Per quanto riguarda Fra Giovanni, il ragionamento non è con-
vincente. Chi può dire perché mai un nome non è stato fatto in un
certo manoscritto, se si tratta di omissione, di materiale dimen-
ticanza (e Fra Ludovico è in genere più attento agli artisti e alle
opere che non ai dati biografici e storici); o se invece il supposto
committente di Giotto era realmente sconosciuto in Convento nella
seconda metà del Cinquecento ?

Per quanto poi riguarda la dipendenza di Fra Ludovico dal
Vasari, circa l'attribuzione a Giotto del ciclo francescano, l'asser-
zione è affatto infondata. Si vede che lo Smart non ha mai letto la
Descrizione o, se l'ha letta, non s'é datola pena di comprenderne
il valore. Del resto non solo lui, ma anche gli altri studiosi hanno
sempre considerato Fra Ludovico come un semplice estensore
materiale di notizie sulla chiesa e le sue pitture!9. La verità è
invece un'altra. Questo frate incolto, sgrammaticato, la cui
esperienza non va praticamente oltre le opere con le quali ha una
consuetudine quotidiana, possiede peró certe qualità naturali (e perció
insostituibili) del critico. Ha un interesse vivo, diretto per il fatto
pittorico, ha la capacità di intenderne la specifica realtà, lo stile,
e sa persino esprimere su di esso un giudizio personale, un giudizio
di valore.

Per esempio, Fra Lodovico si entusiasma per la Madonna e per
le altre figure affrescate sotto la Crocefissione giottesca (Simone Mar-
tini e Pietro Lorenzetti) nel braccio destro del transetto della Chiesa
Inferiore, opere, egli scrive, « di molto bella maniera ». E subito ag-
giunge: «Non mi paiono simili a quelli di Giotto in cosa alcuna,
perché sino all'oltramarino mi par piü bello » (p. 54). Che é un giu-
dizio non solo sorprendente, ma addirittura commovente per i tempi,
€ tanto più se si pensa all'umile penna da cui è sortito.

Inoltre Fra Ludovico è bene attento a riferire le interpreta-

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* 104 PIETRO SCARPELLINI

zioni altrui non in modo meccanico, pedissequo, ma con intelli-
genza. Per esempio il suo itinerario, giunto dinanzi alla grande
Crocefissione di Pietro Lorenzetti nel transetto della chiesa infe-
riore, commenta : «questa opera è di varia opinione che sia di
man di Giotto, anchora che abbia della sua maniera, ma molto
megliorata, alcuni dicono sia di Maestro Antonio Cavallino, quale
pigliò quel soprannome dal sapere ben fare cussì ben cavalli » (p. 58).

Verrà fatto di sorridere alla ingenua spiegazione relativa al
nome di « Antonio» Cavallini. Ma perché negare al nostro frati-
cello il merito d’averci aperto un prezioso spiraglio sulle discussioni,
che si tenevano, in pieno Cinquecento, sui primitivi della chiesa
| inferiore ? E perché trascurare una testimonianza che ci dimostra
come esistesse, in Assisi. una corrente di gusto per la quale i pittori
senesi (e uno tra i piü moderni allievi di Giotto, Puccio Capanna),
erano da tenersi migliori di Giotto stesso ?

A questo punto si potrebbe anche entrare nella questione,
appunto, di Puccio Capanna, aperta di recente e nella quale Fra
Ludovico è fonte di importanza capitale '9. Ma di ciò ad altra oc- |
casione. Quanto si é or ora detto basta, io credo, a dimostrare l'esi- |
stenza in Assisi di una tradizione storico-critica, (il suo maggior
rappresentante, a quei tempi, dové essere Dono Doni che Fra Lu- I
dovico cita come un'autorità in proposito), indipendente da quella
toscana, la qual cosa è del resto riconosciuta anche dal Vasari 15).
Sicché non riesco proprio a vedere su cosa si basi l'affermazione
dello Smart di una dipendenza di Fra Ludovico dallo scrittore are-
tino per ció che riguarda il ciclo francescano. E ció a tanto maggior
ragione, quanto piü il fraticello, cosi attento, lo abbiam visto, a
notare le differenze di opinione nella chiesa inferiore, é invece si-
curissimo per ció che riguarda la chiesa superiore: « Circa la pit-
tura di questa chiesa é stata penta per mano di doi illustri pittori,
cioé il maestro e l'discipulo. Uno fu Cimabü, el Giotto suo disci-
ti pulo. Nelle facciate, principiando dalle porte principale sino al-
if l’altare maggiore sotto il coridore sopradetto gli è depenta la vita |
et morte di San Francesco, quale é opera di Giotto. Tutto il resto
che he depento si è per mano di Cimabù che fu preceptore di Giot-
to» (p. 68-69). E facile inferirne che se si fosse trattato di una re-
Mt cente attribuzione, di una idea vasariana e non di notizia antica,
| mai messa in dubbio da alcuno, Fra Ludovico avrebbe, come nel
caso del Cavallini, scritto : «alcuni dicono ....».

Si dirà, a questo punto, che la nostra è una precisazione di va-
I PIÙ RECENTI STUDI SU GIOTTO AD ASSISI 105

lore limitato, perché in definitiva il vero nerbo della questione è
pur sempre rappresentato dallo stile dei dipinti Leggenda. Giusto. Se-
nonché io ho inteso qui controbattere le affermazioni dello Smart,
visto che egli dà tanta importanza a questa idea di un’attribuzione
vasariana della Leggenda, fino a farne un cardine della dimostra-
zione antigiottesca.

Passando ora al piano più specificatamente filologico, debbo
dire che il libro dello Smart, certo compilato con molta attenzione:
e diligenza, non porta elementi sostanzialmente nuovi. Lo Smart.
in fondo, non fa che ricalcare i vecchi temi di un certo filone cri-
tico, secondo un metodo, direi, oramai tradizionale del partito anti-
giottesco. Prima esamina il Giotto sicuro che riduce a pochi numeri,
gli affreschi di Padova, quelli di Santa Croce, la Madonna d’Ognis-
santi, il mosaico della Navicella, la Dormitio di Berlino ; poi li con-
fronta con le opere assisiati e ne deduce che esse non possono essere
dipinte dallo stesso artista. Sarebbe quasi disposto ad accettare le
storie di Isacco come opere del primo Giotto ; ma poi si tira indietro
concludendo che dopotutto è meglio tenere separati i due perso-
naggi, Giotto da una parte, il Maestro di Isacco dall’altra.

Quando si trova dinanzi a una grossa difficoltà, come quella
di spiegare la tavola del Louvre ove si vedono riprodotte le
Stimmate di San Francesco ed altri tre episodi evidentemente
collegati col ciclo assisiate, firmati ‘ Opus Iocti florentini', se la

cava cosi: « We do not know whether Giotto had represented this.

subject before had received the commission for the Pisa altarpiece..
If he had not, then it is reasonable to assume that the fresco in
the Upper Church at Assisi provided the basis of his composition.
That being so, it is evident that, no less then in the predella scenes,
he felt it necessary to undertake a fundamental remodelling of the

design in tems of the new spatial and dramatic considerations.
which were inseparable from his hunderstanding of the painter's.

art» (p. 116).
Ma questo Giotto che «rimodella» nel suo stile una compo-

sizione altrui, che trasferisce le altrui idee nella sua arte più dram-

matica e rigorosa, è, mi perdoni lo Smart, incredibile. E cosi, poco

credibili mi paiono anche le suddivisioni che egli propone nel ciclo:

tra tre principali Maestri, il « Maestro del San Francesco» autore
delle scene dalla seconda alla diciottesima, il « Maestro delle Ese-
quie», attivo dalla diciannovesima alla venticinquesima, infine il
tradizionale « Maestro della Santa Cecilia» che avrebbe dipinto gli.

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«quanto i lavori che vedono Giotto sempre e dappertutto (tipo quello

106 PIETRO SCARPELLINI

ultimi tre riquadri, nonché il primo della serie con l’omaggio del-
l’uomo semplice.

A parte ogni considerazione sul merito di tali riconoscimenti,
mi pare che la questione sia, in un certo senso, più complicata, per-
ché in realtà appaiono spessissimo nello stesso affresco stili e tec-
niche diverse, sì da far concludere che vi abbiano lavorato contem-
poraneamente più artisti; per un altro è, più semplice, nel senso che

«sì riconosce di continuo uno spirito informatore, una mente diret-

tiva, la quale si fa sentire un po’ dappertutto, anche nelle ultime
storie. Tanto per fare l'esempio più evidente, le due chiese rappre-
sentate nel Presepio di Greccio e nell’Accertamento delle Stimmate,
con quegli straordinari effetti di scorcio, col crocefisso visto prima
di dietro e poi di fronte (si tratta evidentemente dello stesso esem-
plare, molto vicino al solenne prototipo di Santa Maria Novella),
non possono, a mio credere, esser stati concepiti da artisti differenti.

Ma accettiamo, per puro amore di ipotesi, la ripartizione del

«lavoro nei sopradetti tre settori, eseguiti in buona armonia, da tre

diversi artisti. Il bisogno di immaginare un coordinatore permane
lo stesso. Vi dovette ben essere cioè, fra i soci, un ‘primus inter
pares' che mise a punto il programma, lo suddivise, ne precisò la
incorniciatura architettonica, così sottilmente articolata in gruppi
di tre (fatta eccezione per la prima campata verso la porta, ove

.gli affreschi son quattro), e con tutti gli accorgimenti scenografici

e illusivi sui quali si è tanto scritto in tempi recenti. E se un super-
maestro ci fu, allora mi pare indispensabile individuarlo nel primo,
cioè nello smartiano « Maestro del San Francesco » con il che, come
si vede, l'ipotesi di Giotto, cacciata dalla porta, rientra tranquil-
lamente dalla finestra 19).

Ma poi bisogna dire che le osservazioni dello Smart a propo-

‘sito delle ricognizioni stilistiche, le sue analisi ‘ morelliane ’, le sue

ricerche sul carattere delle composizioni e delle architetture, non
riescono a convincere quasi mai. Anche i riferimenti da lui proposti
tra i Maestri della Leggenda e gli altri artisti contemporanei risul-
tano carenti. Cosa c'entra, per esempio, il « Maestro del San Fran-

‘cesco » così solenne, grandioso, eroico, con Pacino di Bonaguida e

le sue miniature, di un carattere francamente e spiritosamente
corsivo, pur nel fondamentale assunto popolaresco ?

La morale di questo discorso è presto fatta ; il libro dello Smart
finisce, paradossalmente, per giovare alla tesi dei giottisti, quasi

UIT TETUER ACIGUCONWUYURUGUDCCGRPRERDNER E"

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I PIÙ RECENTI STUDI SU GIOTTO AD ASSISI 107

del Ragghianti), finiscono per portare acqua al mulino degli anti-
giottisti. Senonché mi pare sia oramai tempo di abbandonare po-
sizioni cosi radicali : la discussione sulla presenza di Giotto ad As-
sisi dovrà, se non vorrà ridursi ad un sempre piü sterile e noioso
dialogo tra sordi, battere la via dell'analisi sempre piü aperta, accu-
rata, spassionata della materia figurativa, al di là di tutte le remore
di carattere strettamente dottrinario, insomma dei vecchi tabü, cosi
cari ancora a tanta parte della storiografia.

PIETRO SCARPELLINI

NOTE

1) Sulla bibliografia giottesca resta fondamentale l'opera di R. Salvini
(Giotto, Bibliografia, Roma, Istituto di Archeologia e Storia dell'Arte, 1938)
da completarsi tuttavia per ciò che riguarda la letteratura recente con le
indicazioni contenute nella monografia del Previtali (v. qui sotto).

?) G. PREVITALI, Giotto, Milano, 1967.

3) C. L. RAGGHIANTI, L’arte in Italia, Roma, 1967, Vol. III; e Per-
corso di Giotto, in « Critica d'Arte», nn. 101-102, marzo-aprile 1969, pp. 3-80
(si cita da questa ultima parte).

4) V. in proposito G. MATTHIAEL, Pittura romana nel Medioevo, Roma,
1966, Vol. II, pp. 177 e 217-228 ; e Mosaici medioevali delle Chiese di Roma,
Roma, 1967, p. 382; F. BoroGNa, I pittori alla Corte angioina di Napoli,
Roma, 1969, pp. 132-133.

*) V. ad esempio, la rappresentazione del cardinale Gentile Partino,
nella Cappella di San Martino (Simone Martini o stretto seguace).

*) M. GABRIELLI, 7| ciclo francescano di Assisi, Firenze, 1970.

?*) V., AUTORI VARI (G. Cicognani, G. Fallani, C. Volpe, P. Scarpellini,
G. Previtali, M. Gosebruch, E. Pagliani, V. Mariani, G. Marchini, introdu-
zione di G. Palumbo), Giotto e Giotteschi in Assisi, Roma, 1969.

8) V. sopratutto M. Boskovirs, Nuovi studi su Giotto e Assisi, in « Pa-
ragone», n. 261, 1971, pp. 34-56.

*)) V., AUTORI VARI, Giotto e il suo tempo, Atti del Congresso interna-
zionale per la celebrazione del VII centenario della nascita di Giotto, Roma,
1971.

19) V. P. ScARPELLINI, Di alcuni pittori giotteschi nella città e nel terri-
torio di Assisi, in «Giotto e giotteschi in Assisi», cit., pp. 215-225.

11) V. A. SMART, The Assisi problem and the art of Giotto, Oxford, 1971.

1?) La descrizione di Fra Ludovico è pubblicata integralmente da
'G. CRISTOFANI, Due preziose descrizioni della Basilica di San Francesco d' As-
Sisi, in « Bollettino della Deputazione di Storia patria per l'Umbria », 128
108 PIETRO SCARPELLINI

(1926). Il Cristofani asserisce che fino al 1882 esisteva ancora il manoscritto
del Doni, andato quindi smarrito (p. V della prefazione).

13) Neppure il Cristofani, mi sembra, abbia bene inteso, in tutta la sua
notevolissima importanza, la personalità di Frà Ludovico (cfr. la prefazione
dell’op. cit.).

14) Cf. L. Mancuccr, Dal « Maestro di Figline » a Giottino, in « Jahrbuch
der Berliner Museum », 1963, pp. 14-43 e P. SCARPELLINI, op. cil., pp. 241-262.

5) V. cosa scrive il Vasari nella Vita di Giotto, riferendosi a Puccio Ca-
panna: « Dirò bene che in Assisi, dove sono il più delle opere sue e dove
mi pare che egli aiutasse a Giotto a dipingere, ho trovato che lo tengono
per loro cittadino e che ancora oggi sono in quella città alcuni delle famiglie
de’ Capanni. Onde facilmente si può credere che nascesse in Firenze, aven-
dolo scritto egli, e che fosse discepolo di Giotto, ma che poi togliesse moglie
in Ascesi, che quivi avesse figliuoli et ora vi siano discendenti. Ma perchè
ciò sapere apunto non importa più che tanto, basta che egli fu buon mae-
stro». (V. G. VasaRI, Le Vite, etc., Milano, ed. per il Club del Libro, 1962,
p. 327).

'*) In un primo momento lo Smart aveva proposto di riconoscere quale
capobottega il Maestro della Santa Cecilia (v. A. SMART, The Santa Cecilia
Master and his school at Assisi, in « The Burlington Magazine », CII, 1960,
pp. 405 e segg.); poi ha abbandonato tale ipotesi nel libro qui recensito.

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Sull’ipotesi di una monetazione
perugina anteriore al 1259

La storia della monetazione perugina non ha avuto molta for-
tuna. Se ne è occupato dapprima e quasi unicamente il Vermiglioli
(1769-1848), mosso da un amore autentico per la sua terra e insieme
dalla passione per quello studio delle «antichità patrie » che lo
pose in primo piano tra i cultori dell’archeologia e dell’etruscologia.

Nella sua Zecca di Perugia, che risale al 1816, egli fornì sul-
l'argomento una documentazione abbondante e di prima mano,
che sembró subito assolutamente valida ed esauriente per gli spe-
cialisti e per tutti. Più tardi, cominciarono a delinearsi, non già
dubbi sulla fondatezza della documentazione, ma interrogativi su
problemi di sostanza che egli non aveva potuto affrontare: non
si riscontrava, per la prima parte della sua disamina, la necessaria
rispondenza tra documenti comprovanti la circolazione monetaria
perugina nella prima metà del Duecento e patrimonio numisma-
tico relativo, che pur avrebbe dovuto restarci, anche minimo, di
quella circolazione. Si sapeva, e si sa, che nel 1259 il Comune aveva
dato in appalto a due zecchieri lucchesi la battitura di monete
d’oro e d’argento ; ma di quelle auree al numismatico non è rimasta
alcuna traccia in tutto quel secolo, e quanto alle monete d’argento
(o di « mistura » con argento, rame e piombo), se ne possono ap-
pena supporre esemplari della seconda metà del ’200, quali ci mo-
stra anche il « Corpus Nummorum Italicorum » e di recente ci ha
dimostrato il Panvini Rosati ?. Solo per il secolo successivo le per-
plessità vanno scomparendo, sia sul piano cronologico che su quello
della consistenza numismatica.

Ma prima del 1259 ? Poteva, si è chiesto in sostanza il Panvini
Rosati, esistere prima di quell’anno una circolazione monetaria si-
curamente perugina, se non si hanno prove sulla istituzione di una
zecca coeva ? Non si sapeva dare un significato alla documentazione
110 MARIO SCARAMUCCI

offerta dal Vermiglioli per date così remote, se non forse — e non:
sarebbe stato un caso isolato — quello dell’esistenza di una mo-
neta usuale, presente in contrattazioni interne, ma battuta altrove,
e detta perugina solo perchè adottata sul luogo. Conclusioni più
plausibili potevano essere lasciate ad eventuali nuovi contributi
da parte di storici o di numismatici ed amatori.

Tuttavia, si può sottoporre a riesame, sia pure a semplice ti-
tolo di curiosità, la documentazione esistente e databile anterior-
mente al 1259; che è quanto mi sono proposto di fare.

Il primo documento al quale il Vermiglioli accenna è da lui
indicato come risalente al 1210 ? e si ha alla c. 58r del vol. 4 (ex C)
del fondo « Sommissioni » conservato nell'Arch. Storico del Comune,
presso l'Archivio di Stato di Perugia 9. Ma si trova che esso non
è del 1210, bensì del 14 giugno del 1213 e che non vi si menziona
la moneta perugina, ma il provisino ?, nota moneta d'argento che
il senato romano batteva già da più decenni e che ebbe abituale
corso in Italia, fino a sostituire progressivamente la stessa moneta
pavese.

La lezione « provisini », come appare dalla copia del documento
e dalla trascrizione che unisco, non pare controvertibile. Sarà forse
da stabilire, semmai, se la svista del Vermiglioli sia sorta sulla scia
di letture altrui — come di un Annibale Mariotti, che l'ha prece-
duto nel frugare alacremente i locali archivi, o di un Giuseppe Bel-
forti, altrettanto benemerito in ció e per aver riordinato e regestato
gli atti del nostro archivio diplomatico — o se sia consistita invece
in un personale infortunio, a seguito di lettura diretta. Allo stato.
delle cose, tuttavia, non sembra che il documento sia stato prima
esaminato dai due studiosi e non escludo che l'errore sia da asse-
gnare allo stesso Vermiglioli, il quale peraltro non ha trascritto
il documento, ma si é limitato a citarlo, per costruirvi poi la tesi
dell'esistenza di una remota nostra zecca autonoma.

A questo proposito, d'altra parte, é necessario aggiungere che
il documento del 1213 non era sfuggito al Ciatti 9, il quale lo indicò
con la data esatta riscontrabile nelle due copie rimasteci, ma fu
forse lui il primo, a quanto crediamo, a leggere erroneamente lire
perugine; e per suo conto dette al contenuto dell'atto una per-
sonale interpretazione, quella cioè di una immaginaria assoluzione
a favore del Comune di Perugia da certe imposte pontificie.

E un altro documento, esistente fra i contratti (n. AA10) con-
servati nello stesso ASCP, il Vermiglioli ha aggiunto, ma senza

SETTI ESTE OI ANITA dada pre e n

Le. crm to ig E nnt i cita SARI ril m Vm AT di^. oa i Ana Y N s ie
SULL'IPOTESI DI UNA MONETAZIONE PERUGINA ANTERIORE AL 1259 111

trascriverlo, per avvalorare la sua tesi. A tale secondo atto ha as--

segnato la data del 27 maggio 1232. Qui tuttavia, con grande pro-
babilità, deve essersi giovato dell’ampio Regesto, o « Transunto di
Pergamene Volanti », eseguito dal Belforti nel 1792, e quindi a sua
piena disposizione ?. Ma neanche questa testimonianza è da con-
siderare valida, perchè il documento è da assegnare al 1282, e non

al 1232, come il Belforti aveva letto, errando già prima del Ver--

miglioli. La datazione era stata infatti modificata dalla stessa mano
del notaio estensore con l'aggiunta di una /, e una mano recente
ha rettificato nello stesso senso il regesto manoscritto belfortiano.

Il Vermiglioli deve avere utilizzato il testo del Belforti, an-
che perchè trovo che, nel fornire esempi di circolazione monetaria
perugina posteriori al 1259, si è limitato sempre a citarli con la
sola collocazione archivistica, e non si è avveduto, nè l’uno nè l’altro
del resto, che spesso si trattava della moneta romana e non della
moneta perugina. Così per i contratti nn. AA 60 e 61 del 16 gen-
naio 1261 e nn. AA 64, 65 e 67 del 1. giugno successivo. A questa
serie di atti aggiungerò il contratto n. AA 56 del 19 novembre 1259
perchè, anche se esso è andato da tempo smarrito, i suoi estremi
risultanti in regesto ed il nome del creditore di cittadinanza ro-
mana (lo stesso di quello ricordato nell’atto AA 61) lo riconducono
al medesimo gruppo. La circostanza, poi, che tutte le obbligazioni
formanti oggetto di quei contratti perugini — non escluso quello,
qui trascritto, del 1213 — siano state assunte verso creditori ro-

mani, può chiarire il motivo per cui le parti abbiano voluto adot-.

tare una moneta romana.
A questo punto riterrei sgombro il terreno dalle « documen-

tazioni » indicate dal Vermiglioli per suffragare l'ipotesi dell’esi--

stenza di una zecca perugina anteriore a quella del 1259.

È ora da vedere se e quale altra indicazione, eventualmente
a lui sfuggita, avrebbe potuto ritenersi valida a sostegno della sua
tesi. Non ne troviamo che una — che egli non ha rilevata — ma

appena indiziaria e sfumata, priva di concretezza. Essa è nel con--

testo di una riunione consiliare a c. 81 e seg. del codice n. 2 della

serie Consigli e Riformanze, alla data del 21 gennaio 1256 ® e ci.
dice solo che a quella data si è discusso se attuare o meno una mo--

netazione perugina. Venne deciso di dare incarico al Podestà e al
Capitano del Popolo di sentire al riguardo il parere degli esperti
— mercanti, cambiatori, savi — e di riferirne al Consiglio Maggiore.

Il seguito dell'iniziativa non è noto; gli atti successivi tacciono:
112 MARIO SCARAMUCCI

sull'argomento per tutto quell’anno, mentre per gli altri anni fino
al dicembre del 1259 vi è una lacuna totale nel fondo degli atti
‘consiliari. E almeno fin quando dal segreto d’inesplorati archivi non
dovessero emergere attestazioni ulteriori, quella del 1256, ‘così monca
‘ed isolata com'é, non rivela che il desiderio del Comune di Perugia
«di istituire una propria zecca. 1506

Da ultimo le cronache, talora infide : ché la stessa catena di
sviste e di infortuni snodatisi sull'argomento ha un suo precedente
proprio nella tradizione cronachistica. L’ignota mano cinquecentesca
che copiò, ampiamente sfrondandola, la famosa cronaca perugina
trecentesca ®, scrivendo che «se comenzò a battere la moneta di
Perugia », ha assegnato alla notizia la data del 1255 invece del 1260,
avendo scambiato — come ha rilevato F. A. Ugolini — una c
per una v 9,

Ma non sapremmo perché il Fabretti, il quale non doveva
certo ignorare la data del 1259, abbia potuto apporre una nota a
quella asciutta notizia di cronaca per informare che il primo ri-
cordo della zecca perugina «è in un atto del 1278 ». Questo si sa,
€ si sente ripetere volentieri: che non erra chi non opera.

MARIO SCARAMUCCI

NOTE

') G. B. VERMIGLIOLI, Della zecca e delle monete perugine, memorie e
«documenti inediti, raccolti e pubblicati, Perugia, Baduel, 1816.

?) F. PANVINI Rosati, La monetazione delle città: umbre nell Età. dei
Comuni, in Storia e arte in Umbria nell' Età Comunale (Atti del VI Convegno
«di Studi Umbri, Gubbio, 26-30 maggio 1968). Perugia, Università degli
Studi, 1971.

°) G. B. VERMIGLIOLI, Op. cit, p. 9 e n. 18; L. Bonazzi, Storia di
Perugia, ivi, Santucci, 1875, (cap. VI, $ 3) indica «1240 ».

*) Cf. il regesto del doc. B" (errato nell'indicazione della carta) in V. AN-
SIDEI e L. GIANNANTONI, / codici delle sommissioni al Comune di Perugia,
n. 92, in « Boll. della R. Deputazione di Storia Patria per l'Umbria », Vol. VIII
(1902), p. 148; omette d'indicare i dettagli degli importi. Vedasi anche M.
FALocr PULIGNANI, I libri delle sommissioni del Comune di Perugia, in « Ar-
chivio Storico per le Marche e per l'Umbria », Foligno, 1884, p. 458 ; con
l'errata datazione 14 gennaio 1213.

5) Cf. E. ManriNORI, La moneta, Roma, presso l'Ist. Ital. di Numis-
mmatica, 1915, alla voce « Denaro Provisino ».

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©) P. FeLICE CiATTI, Delle memorie annali et istoriche delle cose di Pe-
rugia, Parte Quarta, cioè Perugia Pontificia, s.d., p. 284; le parti prece-
denti: In Perugia, nella Stampa Episcopale, appresso Angelo Bartoli, 1638.

?) G. BELFORTI, Transunto delle pergamene volanti che si conservano
nella Cancelleria Decemvirale, T. I., Contratti Diversi ; ms. nell'Archivio di
Stato di Perugia, Arch. Stor. del Com. di Perugia.

8) Cf. V. ANSIDEI, Regestum Reformationum Comunis Perusii ab anno
MCCLVI ad annum MCCC, vol. 1, p. 6; in Fonti per la Storia dell’Um-
bria, Perugia, presso la R. Deputazione di Storia Patria, 1935.

9) A. FABRETTI, Brevi Annali della città di Perugia dal 1194 al 1352,
in « Archivio Storico Italiano », T. xvi, 1, p. 56 ; Firenze, Vieusseux, 1850.

Il testo è tratto dal ms. 322 (E 70) della Biblioteca Comunale Augusta di

Perugia.

10) F. A. UGoLINI, Annali e cronaca di Perugia in volgare dal 1191 al
1336, in « Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia », 1, Università degli
Studi di Perugia, 1964, p. 257. Dà il puntuale testo del documento da lui
reperito, nella stesura trecentesca più ampia, nel ms. n. 871 della Biblioteca
Nazionale Centrale Vittorio Emanuele di Roma.

DOCUMENTO
Perugia, 1213, giugno 14

Fonti: ASP, Sommissioni, n. 4 (ex C), c. 58r, copia, indicata nell'appa-
rato con B'.
Altra copia ivi, n. 2 (ex A), c. 47r, indicata nell’apparato
con Bi.
L’originale al quale le due copie risalgono non è noto, e nep-
pure gli estensori di esse perché mancano le loro autenticazioni.

Il romano Nicola Seognato riceve dal Comune di Perugia, in persona
del Console Suppolino ‘ Ugolini Presbiteri', 100 libbre di inforzati lucchesi,
e cioè: quanto a 65 libbre, per conto dei figli di Martino « Angel », e quanto
alle residue 35 libbre, a valere sulle 66 libbre di provisini che, per disposto
del senatore romano Andrea, dovevano essere pagate al romano Bartolomeo
per la garanzia che gli aveva data lo stesso Martino sul debito del conte
Berardino « Manentis ».

(A latere) Comunis Perusii refutatio de centum libris denariorum.

[S.T./^ In nomine sancte? Trinitatis, ab incarnatione Domini anni’ sunt
anni? .M. ducenti .11.? .x111./, indictione .r, introeunte? mense iunii, die

SULL'IPOTESI DI UNA MONETAZIONE PERUGINA ANTERIORE AL 1259 113
114 MARIO SCARAMUCCI

+XIMI., tempore domini Innocentii pape. Ego Nicola Seognatus ^, Ro-
manus civis, confiteor me accepisse centum libras bonorum infortia-
torum Lucensium. De hiis fuerunt .Lxv. libre pro filiis Martini Agelli?
et .xxxv. libre? e .LxvI. libris provisinorum ? quas dominus Andreas,
illustris alme Urbis senator, indicavit ^ ut solverentur?^ Bartholomeo
Romano civi, pro recolta in qua fuit ei Martinus ? Agelli? pro comite
Bernardino Manentis. De quibus denariis omnibus absolvo Suppoli-
num” Ugolini Presbiteri*, Perusine civitatis consulem, recipienti^ pro
toto comuni * Perusii, a me et a filiis Mainecti? et ab ipso Bartholomeo
et ab omnibus personis pro eis vel eorum ius habentibus. Et hec omnia
observare et adimplere, nec contra ea venire, sub pena dupli omnium
predictorum denariorum, tibi dicto " domino Suppolino, recipienti pro
toto comuni Perusino © generaliter et spetialiter per me et meos heredes,
et" per legitimam stipulationem, promicto et obligo, et insuper firmum sit.

Actum in atrio ante Sanctum Herculanum, coram domino Ari-
verio ?^, Iohanne Aldebrandini ^, Bernardino Ugonis, Magistro ^ Matheo,
Rainerio Petrucii et Andrione Ranbocti testibus.

/S.T./ Ego Matheus, imperialis aule notarius, scripsi et conplevi.

a) B'"" manca b) B" et individue c) B" Domini anni manca d) B'" anni
sunt e) B'” manca f B'' .MOCXII. 9) B' B"' intro(eunte) h) B'" Seugnata-
nus i) B'" Angeli l) B" pro -libre omesso m) B' p(ro)visin(orum) B'' id. con
segno abbreviativo di troncamento n) B'' iudicavit 0) B'' solverent p) B' Marti-
n(us) B' Martinus q) B'" Angeli r) B" Supolinum 8) csi anche in B'' t) così
anche in B'' per recipientem u) B" co(mun)i B'^ co(mu)ni v) B" Mainetti w) B"
manca x) B'' Perusii . y) B" manca Z) B'^ Arinerio aa) B'' Aldobrandini

bb) B' B'’ Mag(istro).

msc puo ia AA

PESO PIAZZARE PIT ERA MEANT I RO" GIOIA IO I. CERA ENT DEE ecu SURE
RECENSIONI

UMBERTO NOFRINI, Il Tempio del Bramante a Todi, con introduzione di An-
NALDO BruscHI, Volume 11 di Res Tudertinae, Todi 1970, pp. 115, fig. 16,
L. 3.000.

JURGEN ZANKER, Die Wallfahrtskirche Santa Maria della Consolazione in Todi,
Bonn Druck Hheinische Friedrich-Wilhelms-Universitàt, 1971, pp. 280,
fig. 100, s.p.

I due volumi di recente edizione entrambi trattanti l'argomento della
chiesa di S. Maria della Consolazione in Todi, l'uno dovuto ad un italiano e
l'altro ad un tedesco, offrono lo spunto per svolgere alcune considerazioni sulla
diversa maniera di condurre la ricerca di critica d'arte, diversità che poi —
come è facile immaginare — proviene dalla differente preparazione accademica,
frutto dell'ineguale sviluppo raggiunto dalla letteratura artistica (con partico-
lare riguardo al settore della storia dell'architettura) nelle due aree linguistiche.

Aree linguistiche e non nazioni: poiché eminentissimi studiosi svizzeri ed
austriaci vanno annoverati fra le persone che più hanno contribuito alla forma-
zione di una scuola di critica d'arte di lingua germanica, scuola che — soprat-
tutto in tema di storia dell'architettura — la fa, per cosi dire, da padrona,
in Europa. Onde il confronto mi sembra essere tutto a nostro sfavore. Infatti,
tanto per restare nell'ambito umbro, é un fatto che l'unica pubblicazione a
vasto respiro, trattante organicamente la storia dell'architettura medioevale,
è tuttora quella del Krónig, peraltro risalente al 1938.

Ma anche gli studi compiuti dai ricercatori di lingua germanica su singoli.
monumenti od argomenti rivestono tuttora capitale importanza, si che sembra
lecito affermare la conoscenza del tedesco essere «conditio sine qua non»,
per trattare adeguatamente qualsiasi tema di storia dell'architettura. E, ap-
punto, uno degli autori dei due volumi qui esaminati, il Nofrini, riconosce one-
stamente a p. 80 del proprio lavoro che «il confronto fra la trattazione del
Laspeyres e quella del Vici, anche tenuto conto dell'intervallo di 84 anni che
separa i due scritti, mostra una grande capacità di osservazione nello studioso
tedesco e la superiorità dei suoi giudizi critici rispetto a quelli del collega. Ció
forse dipese dall'avanzato livello della cultura artistica della Germania ». Avan-
zato livello — aggiungo io — che purtroppo fa ancora sentire tutta la propria
notevolissima superiorità, ove si eccettuino gli inglesi.
116 RECENSIONI

Ora non si comprende perché nel nostro paese la letteratura concernente
tale settore culturale debba essere tenuta in tanto scarso conto : in sede acca-
demica quasi si insegna che è perfettamente inutile occuparsi del « vecchiume » ;
che bisogna guardare avanti, verso il radioso avvenire delle nuove forme archi-
tettoniche ; che, anzi, occorre liberarsi dalle pastoie, dai «condizionamenti »
rappresentati dalla noiosa, ingombrante presenza dei prodotti artistici del pas-
sato.

Ma ritorniamo ai due volumi sulla Consolazione, a proposito dei quali —
sulla scorta delle date di edizione — occorre precisare che quello dello Zünker
è posteriore a quello del Nofrini, cosicché lo studioso tedesco potrebbe essersi
trovato avvantaggiato dal fatto di avere sott'occhio lo studio dell'italiano.

Ora, indipendentemente dai risultati a cui pervengono i due autori — ri-
sultati che discuteró appresso — mi sembra che lo studio del tedesco emerga
sullaltro perché organizzato con chiarezza metodologica che deriva — e qui
ci si riallaccia a quanto dianzi accennato — dalla superiorità della sua scuola
sulla nostra.

Lo studio del Nofrini, infatti, è spigliato ed intelligente ; ha il pregio di
essere preceduto da un'acutissima introduzione del Bruschi; ma, a mio giu-
dizio, difetta in una certa misura di quell'ordine, di quella disciplina metodolo-
gica che noi italiani — come al solito superficialmente — definiamo «teuto-
nica », ma che in realtà non é che lo specchio di una chiarezza d'idee conseguente
ad un esame metodico, vorrei dire «non affannoso », del materiale artistico e
letterario sul quale, poi, viene basata un'attribuzione, una data, e dal quale
si traggono quelle conclusioni finali che contribuiscono sul serio al progresso
degli studi, nel campo della letteratura artistica.

Sia chiaro che non intendo qui fare una nuova pubblicazione sulla Conso-
lazione di Todi: mi propongo soltanto di stabilire le impressioni che si rica-
vano dalla lettura dei due volumi. I risultati a cui giungono i due ricercatori
Sono pressoché identici. Mancando documenti suffragranti un’attribuzione del-
l’edificio al Bramante, il Nofrini ritiene tuttavia che, sulla scorta delle analisi
stilistiche, sia possibile risolvere il problema della paternità dell’opera (p. 83)
riconoscendo nel Bramante stesso «l’autore del progetto, confermando con ciò
la fondatezza della tradizione tuderte, pronunciatasi la prima volta con la di-
chiarazione del 1574 ». Ma, a mio parere, sarebbe opportuno discutere, più che
di un ipotetico progetto del Bramante, di una generica idea dell’architetto ur-
binate, il quale potrebbe effettivamente aver suggerito lo schema generale del-
l'opera, consistente in un quadriconco sormontato da cupola centrale. Infatti
progetto significa disegno più o meno preciso, oppure modello ligneo che poi
viene riprodotto almeno nelle linee essenziali. Della Consolazione di Todi, in-
vece, si puó dire che tutta la parte sopra la cornice terminale sia stata eseguita
su parere di numerosi architetti di diversissima provenienza e formazione arti-
stica: dal Vignola al Berzugli, a Guglielmo Portoghese, a Galeazzo Alessi, a
Valentino Martelli. D'altro canto, se i soprastanti alla fabbrica scomodavano

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RECENSIONI 117

«per viaggio e dimora », in Todi, un architetto del calibro del Vignola, non lo
facevano certamente per aver consigli sulla miglior forma da conferire alle
rosette decoranti gli arconi di sostegno della cupola ; evidentemente da lui si
pretendevano consigli sull’ossatura, sull’essenziale della struttura e sull’archi-
tettura dell’edificio. Ma, rebus sic stantibus, non può trarsi altra conclusione
fuor che quella che l'ipotetico progetto bramantesco deve essersi limitato al-
l'espressione del tutto generica di un'idea, alla cui traduzione in pratica il Bra-
mante non può avere assolutamente collaborato.

Allora il discorso del Nofrini viene a coincidere con quello dello Zànker,
il quale ultimo, invece e diversamente dall’italiano, ritiene che il Bramante
nulla abbia a dividere con un vero e proprio progetto della Consolazione in Todi.

Tuttavia anch’egli non può rifiutare il fatto incontestabile che le linee ge-
nerali dell’insigne tempio ruotano nella sfera delle idee architettoniche bra-
mantesco-leonardesche della fine del 1400-inizi del 1500, in Milano. E lo Zàn-
ker onestamente riconosce che un «precedente » di notevole peso per la Con-
solazione potrebbe essere costituito da quel quadriconco affrescato da Bernar-
dino Zenale nel 1492-93 nella Cappella Grifi, in S. Pietro in Gessate, a Milano.

« In dieser Hinsicht ist die ideale Freskodarstellung Zenales von den bisher
besprochenen Beispielen der Consolazione am engsten verwandt und kann am
ehesten als typologisches Vorbild angesprochen werden ». (J. ZANKER, op. cit.,
p. 78).

Il risultato dei due studi, quindi, viene in pratica a coincidere : da ambo
le parti si riconosce che le linee generali della Consolazione sono frutto di idee
uscenti dalla cerchia bramantesco-leonardesca ; da ambo le parti si riconosce
che l'opera degli architetti via via chiamati quali consulenti alla fabbrica ha
apportato inevitabili cambiamenti ed adattamenti nellarchitettura del
tempio. Al termine, però, il Nofrini compiendo — per così dire — un
atto di fede, abbraccia la tesi del disegno bramantesco ; lo Zànker, invece,
la rifiuta.

La mia opinione, quale lettore dei due volumi, è che — come provato ab-
bondantemente dall’architettura prerinascimentale, cioè da quella gotica, ro-
manica, altomedioevale e perfino greca — all’origine di ogni nuovo stile archi-
tettonico siano stati elaborati, nelle cerchie artisticamente e culturalmente più
qualificate, i « prototipi » per ogni singolo edificio assolvente ad ogni singola
funzione, prototipi che poi vennero studiati, modificati, adattati e portati al
più alto grado di perfezione. Così, per fare qualche esempio, il tempio greco e
la cattedrale gotica si presentano quasi sempre in forme pochissimo variate :
il Theseion, il tempio di Poseidone a Paestum non offrono grandi differenze
d’impianto o di alzato rispetto al Partenone ; lo stesso accade per Nòtre Dame,
nei confronti dei Duomi di Bourges, Chartres, Amiens. Il tempio greco si pre-
senta progettato su una pianta rettangolare ; la fronte consiste in una fila di
colonne, sostenenti architrave, fregio e timpano. La cattedrale gotica offre
normalmente pianta rettangolare molto lunga, divisa in tre navate da una

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ats 118 RECENSIONI

lunga sequenza di piloni sostenenti volte a crociera, rinforzate esteriormente da
archi rampanti e contrafforti.

Su tali schemi generali l’architetto, di epoca greca o gotica, ha poi lavorato
studiando le proporzioni, modificando la decorazione, adattando gli elementi
portanti, cercando insomma di risolvere al meglio l’idea-prototipo del monu-
mento. Lo stesso processo di formazione dei tipi canonici dell’architettura
deve essere avvenuto durante l’intero corso del 1400 e deve aver dato infine
luogo al raggiungimento della definizione, in tutti i particolari, del tipo ideale
di chiesa o di edificio di abitazione, o di palazzo di rappresentanza o di castello.

Così la cerchia bramantesco-leonardesca può aver discusso e, al termine
delle dispute, fissato l’archetipo di chiesa ideale per un architetto del Rina-
scimento : quello di un edificio a pianta centrale con quattro conche absidali e
cupola terminale. I professionisti uscenti da tale cerchia cercarono di dare
attuazione pratica al frutto delle loro discussioni : ecco, allora, la parte absidale
del Duomo di Como, la S. Maria della Misericordia in Castelleone, la S. Maria
della Steccata a Parma.

Ma anche in Umbria tali teorie trovarono pratica applicazione, oltre che

nella Consolazione, anche alla Madonna della Bruna presso Castelritaldi, alla
Chiesa Tonda presso Spello, al Santuario della Madonna di Macereto presso
Norcia, ove vengono realizzati edifici tri e quadriconchi. Volendo, si potrebbe
allungare l’elenco menzionando altri edifici a pianta centrale, quali il Santuario
della Madonna di Mongiovino e quello della Madonna di Castelrigone, la cui
ascendenza, però, è più toscaneggiante che lombarda.
Pertanto ritengo lecito l’affermare che la chiesa della Consolazione in Todi
sia un prodotto dei circoli bramantesco-leonardeschi ; per niente lecito, al con-
trario, mi sembra il crederé che il Bramante fornì i disegni per la realizzazione
dell'opera: manca infatti la più pallida prova atta a suffragare consimile as-
serto. Non si può quindi che auspicare una ripresa delle ricerche d’archivio,
cosicché sia possibile giungere a poggiare su basi meno labili l'eventuale attri-
buzione al Bramante della chiesa di S. Maria della Consolazione in Todi : riter-
rei, anzi, che sarebbe opportuno curare un’edizione integrale dei soli documenti
d'archivio riguardanti l'insigne tempio, indipendentemente dal fatto che si
voglia attribuire l'edificio a questo od a quell'architetto.

Dei due volumi qui esaminati l'opera dello Zünker riveste particolare in-
teresse per la storia dell'architettura protorinascimentale dell'Umbria perché,
oltre al tempio tudertino, vengono presi in esame — per confronto con lo stesso
tempio — altri edifici a pianta centrale dell'inizio del 1500 ; onde il capitolo
sugli edifici umbri tri e quadriconchi viene a rivestire speciale importanza per
la storia dell'architettura regionale. Notevole, poi, è l'accurato studio e le con-
seguenti soluzioni fornite dal tedesco circa l'enigma delle strane porte situate
in alto, in corrispondenza dei pilastri inquadranti l’abside nord (quella rotonda) :
egli prospetta l’abbastanza convincente possibilità dell’esistenza di un setto
— a mo’ di pontile — cui doveva essere appoggiato l’altare della Madonna
RECENSIONI 119

miracolosa, setto peraltro interrotto da due porte ai lati dell’altare stesso, in
modo atto a porre in comunicazione spazio del coro e zona destinata ai fedeli.
Un ordinamento consimile è in Umbria di frequente applicazione e, tanto per
restare nel campo degli edifici tri e quadriconchi, identica disposizione offre la
Chiesa Tonda di Spello.

In conclusione, le due pubblicazioni qui prese in esame rappresentano un
reale contributo per la conoscenza delle travagliate, sofferte fasi che condus-
sero alla realizzazione del tempio tudertino sul quale lo Stato italiano, soltanto
per il rifacimento delle coperture, ha di recente speso quasi duecento milioni ;
d’altro canto, entrambe le pubblicazioni trovano una loro utilità : quella del
Nofrini può maggiormente soddisfare l’orgoglio di Todi che non vuole essere
defraudata del «suo» Bramante ; quella dello Zàánker, peraltro, rappresenta
la conclusione di tutta una serie di ricerche che, allo stato attuale delle inda-
gini, va considerata come definitiva ; sempre che — si ripete — non si repe-
riscano altri documenti che valgano a dissipare completamente gli ancora re-
sidui dubbi sull’attribuzione della Consolazione di Todi al grande architetto
urbinate.

RENZO PARDI

Umbria. A cura di Roberto Abbondanza, Luigi Bellini, Andrea Caizzi, Um-
berto Ciotti, Francesco Santi. Presentazione dell’on. Franco Maria
Malfatti. Banca Nazionale del Lavoro. Electa Editrice, 1970. Prima
edizione riservata alla Banca Nazionale del Lavoro, pp. 439, 393 il-
lustrazioni nel testo e fuori testo in bianco e nero e a colori.

Nella bella e opulenta serie dei volumi dedicati dalla Banca Nazionale
del Lavoro alla illustrazione storico-artistica delle regioni d’Italia è giunto
il turno dell'Umbria.

Come di consueto in opere del genere la trattazione dei vari aspetti della
regione che si vogliono illustrare è affidata a specialisti col risultato che i
singoli argomenti sono trattati con la massima competenza, ma inevitabil-
mente senza visione d’insieme, uniformità di metodo e proporzione di svi-
luppo tra i singoli capitoli.

Il volume è presentato dall’on. Malfatti, che mediante la valutazione
di elementi economici e socio-politici formula l’indicazione di un indirizzo
valido per la conservazione dell'ambiente nella sua complessità di paesag-
gio, di nuclei urbani e rurali, di opere d’arte.

Andrea Caizzi offre una puntuale descrizione geologica e geografica
della regione intitolata Una regione isolata al centro della Penisola. Luigi
Bellini con un sostanzioso e penetrante saggio si sofferma sulle Tradizioni
agricole e artigianali, che costituiscono almeno sino al primo venticinquen-
nio del presente secolo l'elemento più caratterizzante dell'attività e della

produzione economico-artistica del popolo umbro.
120

Roberto Abbondanza presenta poi un profilo storico dell'Umbria inti-
tolato I! fulcro delle vicende d'Italia. Esso, per quanto in un'esposizione as-
sai stringata si fondi su un'aggiornata e selezionata informazione, con ri-
sultati di apprezzabile evidenza, nondimeno puó suscitare qualche per-
plessità su alcuni punti e spunti delle vicende storiche dell'Umbria, più che
controversi parecchio oscuri, specialmente nel passaggio dall'alto al basso
Medio evo, risolti forse con qualche ottimismo.

Umberto Ciotti, premesso un breve spunto polemico nei confronti del-
lindifferenza verso le testimonianze dell'antichità pre-romane e romane
da parte di gran parte dei turisti e anche delle persone colte, partendo dalla
preistoria illustra con piena efficacia e con sicura conoscenza dell'archeo-
logia della regione i reperti, i monumenti, i centri della civiltà umbro-etrusca
e romana. È comunque deprecabile il fatto, com’egli rileva, che non si sia
ancora posto mano in Umbria a un piano di esplorazione sistematica, quale

x

dell'Umbria.

Corredano il volume una Bibliografia generale e speciale piuttosto fret-

RECENSIONI

è attuato nelle vicine Marche. L’illustrazione degli aspetti della regione
nell’antichità dalla preistoria all’età romana necessariamente nell’ambito
dei confini attuali non tiene conto delle esigenze scientifiche di una disci-
plina così complessa, e urta contro problemi fondamentali, come ‘ quello
della delimitazione geografica dell'Umbria preistorica, che non corrisponde
né all'Umbria moderna, né a quella romana e preromana ; quello del ter-
mine cronologico della presitoria umbra, ed infine quello della diffusione
e della dislocazione in questa parte dell'Italia centrale, a oriente del Tevere,
delle genti parlanti la lingua degli Umbri, tramandataci dalle tavole di Gub-
bio e da pochi altri testi’.

Francesco Santi con un contributo intitolato Le tre arti dal medioevo
all’ottocento, che si stende per metà del volume, offre un’ampia, precisa, me-
ticolosa rassegna delle opere di architettura, pittura e scultura in Umbria,
che costituisce un completo compendio di esse e una esauriente ricognizione
dello stato di conoscenza attuale in questo rilevante settore della storia

tolosa, l’Indice analitico e l’Indice delle illustrazioni.

Sembra strano che in un volume di tanto impegno, non solo formale,
non sia stato trattato il tema dello sviluppo culturale della regione, che pure
presenta un ragguardevole rilievo ed è meritevole in alcuni filoni, come,
ad esempio, quelli letterario, storico, giuridico, dell’erudizione archeologica
e linguistica, di meditata attenzione. Pure ammettendo che in pubblicazioni
di tal genere, come s’è detto, necessariamente si ‘ricorre alla prestazione di
specialisti nelle singole materie, sarebbe tuttavia opportuna l’opera discreta
ma risolutiva di un coordinatore che proporzionasse e armonizzasse i singoli
contributi e concorresse, per quanto possibile alla composizione di un pro-
filo organico della regione, che è il fine proprio dell’opera.

Molto ricca e in gran parte di prima mano la documentazione fotogra-
RECENSIONI 12f

fica; qualche riserva sorge spontanea a proposito, ad esempio, dell'oppor--
tunità di interrompere la lettura del testo per le frequenti inserzioni di il-
lustrazioni a piena pagina, molte delle quali sono sfiatate per l’eccessivo-
ingrandimento dal negativo.

GIOVANNI CECCHINI

CARMELO AMEDEO NasELLI, C.P., La soppressione napoleonica delle Corpo--
razioni Religiose : il caso dei Passionisti in Italia (1808-1814), Roma, Li-
breria Editrice Pontificia Università Gregoriana, 1970,pp. xLIv-496, ill.,.
«Analecta Gregoriana » della Pontificia Univ. Gregoriana, vol. 169,.
Serie della Facoltà di Storia Eccl., sez. B, n. 27.

Pubblicato al termine dell’anno celebrativo del bicentenario della na--

scita di Napoleone, questo lavoro costituisce senza dubbio un pregevolissimo .

apporto alla storiografia religiosa italiana del periodo napoleonico. E tanto.

più meritevole l’impresa del Naselli in quanto la storiografia italiana, come
illustra diffusamente anche V. E. Giuntella nella « Presentazione » dell’opera,

non aveva mostrato interesse a questo argomento. La stessa soppressione -

dell’Italia risorgimentale, da quella del Piemonte a quella post-unitaria, ha
visto pochissimi contributi. Ora ci si può augurare e si deve sperare che il Na-
selli sia lo storico adatto e coraggioso che intraprenda il lavoro e coroni un
sogno che fu anche di mons. Giuseppe De Luca : la storia della soppressione
delle corporazioni religiose nell’Italia post-unitaria.

L’Autore pubblica qui solo la seconda parte della sua ricerca archivi--

stica, quella cioè che tratta il caso dei Passionisti in Italia, rimandando a una

pubblicazione successiva ciò che riguarda il problema generale della soppres- -

sione delle istituzioni regolari, assieme ai suoi cruciali aspetti del giuramento
e delle deportazioni. Per questa parte la ricerca archivistica è ampia ed esau-

riente, la documentazione compatta e imponente ; molta è stata riprodotta.

nelle 10 appendici (anche se con suddivisioni alquanto macchinose).

La soppressione delle corporazioni religiose in Italia degli anni 1808-1814
è solo un episodio, per quanto clamoroso, della lotta di Napoleone contro la
Chiesa, lotta che entra nella fase cruciale con l'occupazione francese di Roma

(febbraio 1808) e l’esilio di Pio VII (luglio 1809). Questi aveva dichiarato -

nei concistori del 5 febbraio e dell’11 luglio 1808 che la Chiesa non avrebbe

mai accettato le pretese imperiali circa l’abolizione generale degli ordini re--

ligiosi. L'estrema irritazione di Napoleone per la resistenza del papa nonché
lattimo di pace che la situazione politico-militare dell'Europa gli conce-

deva nella primavera-estate 1810, lo convinsero a decretare tra l’aprile e.

il giugno dello stesso anno la soppressione generale dei regolari, dando or-

dini severissimi in tal senso al generale Miollis per Roma, al re Murat per-
Napoli e al Beauharnais per Milano. Così si apriva una pagina drammatica.
122 RECENSIONI

‘della storia religiosa, senza precedenti in Italia, che vedeva frati e monache
“cacciati dai loro conventi, da Torino a Milano, da Firenze ad Assisi a Roma
a Napoli. Leggenda e mito hanno dato colore di eroismo e martirio alla re-
sistenza dei religiosi, che certamente non tutti furono eroi, ma la vicenda
del giuramento che precedeva e accompagnava quella della soppressione,
dando ad essa un aspetto sinistro di arresti, carceri, relegazioni nel nord-
Italia, esilii in Corsica e in Francia, fu una prova che temprò gli animi infiac-
‘chiti e mostrò che il vincolo religioso ancora «teneva » in Italia.

L'Autore, tracciato un breve profilo della Congregazione dei Passionisti
a 73 anni dalla fondazione, che contava 243 religiosi con 17 case o «ritiri »
tutti situati nello Stato Pontificio ad eccezione di tre, passa a narrare le vi-
cende della soppressione dei «ritiri » e dei religiosi esuli nel nord-Italia.

Per il ritiro di GuBBIO — che nel dominio napoleonico faceva parte
del Regno d’Italia — la soppressione segnò la fine. La comunità religiosa e
per la presenza del vescovo (mons. Ottavio Angelelli), giurato e acceso «na-
poleonista », e per il timore del giuramento e conseguenti preci pubbliche per
l’imperatore, lasciò il ritiro e lo storico santuario di sant’Ubaldo, disperdendosi
per le vie del mondo.

Religiosi dispersi li troviamo un po” qua un po’ là. Il gruppo più nume-
roso fu quello rifugiato nella città di Recanati. Degno di memoria tra essi
il servo di Dio p. Simone Borelli, ospite della nobile casa Mazzagalli. Si spense
alla vigilia della ripristinazione in concetto di grande santità. Folle di fedeli
accorsi anche dai paesi vicini per i suoi funerali lo gridarono santo.

L'altro ritiro dell’Umbria, Grano (allora dipartimento del Trasimeno
con capoluogo Spoleto), ebbe la stessa sorte di Gubbio. I Passionisti lascia-
rono lo storico santuario di san Felice Martire e non vi tornarono più. Sarà
poi la « casa madre » dei Missionari del Prez.mo Sangue, fondati da san Ga-
spare Del Bufalo.

Il ritiro di sant'Eutizio Martire, a SORIANO NEL CIMINO (Viterbo) ebbe
invece la fortuna di essere custodito da un sacerdote e da alcuni laici so-
rianesi.

A ConNETO (Tarquinia) la situazione era assai difficile. La città era
piena di giurati e di « mangiafrati » e lo stesso ritiro dovette ospitare persino
un famigerato prete «guerrigliero », Felice Battaglia, che capitanava clan-
destinamente bande armate antinapoleoniche. Della comunità era rimasto
fratel Fortunato, che da solo dovette districarsi in un ginepraio di guai e
di persecuzioni.

La vicenda del ritiro di Sant'Angelo di VETRALLA (Viterbo) si basa su
fonti di grande interesse per la storia locale dell'alto Lazio. Parte della co-
munità dispersa si poté rifugiare per qualche tempo a Viterbo, ove p. Giu- -
seppe Molajoni ebbe affidata la cura di S. Maria delle Farine, fino a quando
non venne arrestato e relegato a Civitavecchia e poi in Corsica per il suo
rifiuto di partecipare alle preci « pro imperatore Napoleone ». Un gruppo di
RECENSIONI 123

cinque passionisti poté rimanere ad officiare la solitaria chiesa di S. Angelo,
dichiarata succursale della parrocchia di Vetralla dal sottoprefetto Zelli di
Viterbo. Il superiore provinciale p. Paolo Luigi Pighi in seguito si aggiunse
‘al gruppo, condividendo ansie, privazioni e pericoli di quel duro periodo.
Non furono pochi i religiosi dispersi nella zona di Viterbo. Tra essi emerge
fr. Ubaldo Michetti, tempra di lavoratore e di mistico, uno di quelli che aveva
ricusato il giuramento. i

Non meno interessanti le vicende delle case e dei religiosi di Roma, del
basso Lazio e del Regno di Napoli, come pure le pagine che il Naselli dedica
alla deportazione di alcuni passionisti in Corsica e alla ripristinazione della
Congregazione dopo la bufera napoleonica. Su 243 religiosi ne rientrarono
nell Istituto 65, cioè il 26% ; 27 morirono (di cui 3 nella Missione di Bulgaria).
In totale 151 ripresero l'abito caratteristico della Passione, dopo che il 27
giugno 1814, ad appena 33 giorni dal suo ritorno Pio VII ripristinó la Congre-
gazione.

Il volume del Naselli é arricchito di indici degli autori, dei nomi di per-
sona e di luogo, e delle illustrazioni.

UGoLINO NICOLINI

Massimo PeTRoccHI, Aspirazioni dei contadini nella Perugia dell'ultimo
trentennio del Cinquecento ed altri scritti, Roma, Editrice Elia, 1972, pp. 123.

Il volume n. 130 dei Consigli e riformanze del Comune di Perugia (i cosi-
detti « Annali Decenvirali »), all’inizio del quarto trimestre del 1525 mostra
sul grande foglio membranaceo (c. 213r) una miniatura spartita in due vi-
gnette, in una delle quali si osserva il grifo che artiglia un contadino : il tutto
è spiegato dalla didascalia sottostante : « Insolentia rusticorum domita eorum-
que malitia funditus conculcata ». Si trattava, come dice il Pellini, di una « sol-
levatione che havevano fatto le castella del contado contro la città per non
pagare i sussidii » (P. PeLLINI, Della historia di Perugia, Parte Terza, Perugia,
Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, ristampa anast., 1900, p. 400),
contro la quale ribellione le autorità cittadine avevano invocato dal papa
una esemplare punizione (ibid., p. 410). Insomma, una bella coincidenza (del
tutto casuale ?) con la « guerra dei contadini » in Germania al tempo di Lutero.

Ma l’opera di M. Petrocchi che si presenta non parte — intenzional-
mente — dal 1525 e non tratta di rivolte, e tanto meno di guerre, degli agri-
coltori del contado di Perugia, ma solo delle loro « aspirazioni » nel periodo
di tempo che va dal 1500 al 1600. Un arco cronologico breve, come si vede,
ma per il quale la ricerca archivistica è puntualissima, serrata e compatta
lungo il filone principale dell’argomento, ricca di suggerimenti e di indica-
zioni nei temi che occasionalmente si presentano e che costituiscono l’area
limitrofa o il sottofondo della ricerca stessa.
124 RECENSIONI

Difficile studiare il mondo rurale e rilevare in particolare le aspira-
zioni le quali, in definitiva, emergono soltanto dalle lamentele e dalle richie--
ste dei contadini esposte all'autorità centrale. È quindi sul terreno concreto.
dei fatti, al posto di lavoro dei contadini stessi che deve operarsi il rilevamento:
dei dati. Una metodologia ovvia e semplicissima, si direbbe, ma che per quanto:
riguarda Perugia e il periodo indicato vede in M. Petrocchi un pioniere.

Il ceto aristocratico cittadino e la classe mercantile avevano vista com-
promessa la loro stabilità economica con la grave repressione pontificia se-
guita alla « Guerra del sale» del 1540 ; congiungendo le forze tentarono di
salvare il salvabile mediante una fedeltà incondizionata alla Chiesa, otte-
nendo così di essere reintegrati nei posti dell'amministrazione cittadina dai
quali si poteva ancora ricavare qualche cosa, economicamente parlando. È.
il «gruppo di potere » che manovra la categoria degli appaltatori, da quelli
della macina — i più esosi — a quelli delle varie gabelle (carne, pane vende-
reccio, sale, vino, ecc.) che erano giunti a fare monopolio anche della galla
«che oltre al pregiuditio de gli artegiani et mercanti ha tolto si può dire il
pane a quei poveri pastorelii et contadine, che quando havevano l’arbitrio
di venderla a chi piaceva loro, andavano anco con pericolo della vita a rac-
corla su per le cime delle quercie» p. 32).

L'impoverimento e il conseguente spopolamento del contado sono pro-
cessi inarrestabili. All'esportazione del grano, dell'olio e della carne seguirà
l'ondata di emigrazione dei contadini. Le resistenze sono deboli e ineffica-
ci, anche se improntate, qualche volta, a sentimenti umani verso la classe
dei lavoratori stremati dalla miseria e dalla fame, come la presa di posizione:
del marchese di Castiglione del Lago in favore dei suoi contadini, quelli della
Badia (di S. Cristoforo, credo, non di S. Benedetto di Pietrafitta, pp. 18-19),
o come l'altra di Pietro Baldeschi, ambasciatore a Gregorio XIII, che, di
fronte alle meraviglie manifestate dal papa per la fuga in massa dei conta-
dini dal territorio salubre di Perugia verso le zone malariche dell'Agro Romano,.
gli rispondeva francamente che «l'aria non basta a nutrire gli huomini »
(p. 38).

Si potrebbero moltiplicare le citazioni, ma il quadro non cambierebbe,.
tenuto conto che, come ben ha presente l'Autore, due sono i mondi contrap-
posti : quello della categoria professionale dei mercanti uniti alla nobiltà, che
sfruttano, e quello dei contadini sfruttati. Una « tipologia economica » che,
come pura esemplificazione e non nei presupposti storiografici, richiama quella
parallela di R. Romano nella recentissima Storia d'Italia di Einaudi (vol.I,.
pp. 253-304).

Il Petrocchi non ha escluso dai suoi interessi i problemi della condu-
zione della terra nei suoi vari aspetti giuridici (contratti agrari), i problemi
della produzione, delle culture, dei prezzi, ecc., ma tutto ciò è appena accen-
nato e sarà materia d’indagine per chi vorrà trarre profitto dalle preziose in-
dicazioni confinate nelle note del libro. Parimenti, è chiaro che, iniziando la.

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RECENSIONI 125

‘sua ricerca sulle condizioni del contado perugino nella seconda metà del Cin-

quecento, l'Autore sottintende un lungo ragionamento preliminare sulle cause
prossime e remote di quelle condizioni. È come dire che, parafrasando una

‘celebre frase del Machiavelli, per capire certi fatti è necessario ritrarli spesso

verso i loro principii (Discorsi, 111, I). I lavoratori della terra, gli abitanti del

contado, hanno cambiato piü volte padrone (dal feudatario al Comune, dal

‘Comune al mercante e al signore e, mettiamo, dal signore all'agrario o allo
Stato) ma il miglioramento delle loro condizioni non é andato mai di pari
passo con quello di chi sfruttava il loro lavoro.

Gli « altri scritti » che figurano nel volume sono : Documenti sulla società
tiburtina del Seicento (pp. 65-72), già apparsi negli « Atti e Memorie della
Società tiburtina di Storia e d’arte » del 1961 e 1962, e Notizie della Nunzia-
tura Apostolica a Venezia prima del crollo della Serenissima (pp. 73-123),
ripubblicato in Scritti storici in onore di Gioacchino Volpe per il suo 80 com-
pleanno, 11, Firenze, Sansoni, 1958.

UGOLINO NICOLINI
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CENTRO DI DOCUMENTAZIONE
SUL MOVIMENTO DEI DISCIPLINATI
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Statuti della Fraglia dei Battuti di
Borgo Porta Nova e l'Ospedale dei

SS. Ambrogio e Bellino in Vicenza

Un esame paleografico dello Statuto venuto alla luce in questi
giorni, rivela i caratteri della scrittura trecentesca e contiene in
appendice un documento della massima importanza per la storia
dei Disciplinati a Vicenza. Costituisce infatti una prova certa che
l’organizzazione dei medesimi era già affermata nel 1309 quando
il vescovo Altegrado da Lendinara concedeva loro un’indulgenza
unitamente al vescovo di Adria. Difficile invece riesce stabilire,
in base al presente documento, se la specifica fraglia dei Battuti
di S. Ambrogio risalga al primo Trecento, unitamente al suo Sta-
tuto, nel qual caso si dovrebbe farne risalire la vera origine agli
ultimi decenni del Duecento.

Circa poi l’esistenza di un ospedale non si ha alcun cenno nello
Statuto in parola, il che fa ritenere con certezza che l'organizza-
zione della fraglia, con relativo Statuto, e la fondazione dell’ospe-
dale da parte della medesima siano due fatti avvenuti in epoca
ben distinta. E penso che la soluzione della difficoltà si racchiuda
nell’iscrizione trascritta dal Barbarano ? e dal Faccioli ? nell'ora-
torio dei confratelli: «Mcccrxxxmr. Fuit incepta Societas S. Bel-
lini de hospitali S. Ambrosii de Porta Nova: et magister Guzonus
fuit gastaldus, Felix lanarius erat sinicatus (— erat sindicus) de
ista fratalia, Gulielmus d. Petri prior de hospitali S. Ambrosii ».
Ora si tratta di stabilire se chi dettó tale iscrizione intendeva al-
ludere agli inizi della confraternita oppure dell'ospedale. E ana-
lizzando l'iscrizione si deduce che l'autore dell’iscrizione si dovette
riferire all'origine dell'ospedale e non della fraglia. Non avrebbe
potuto infatti parlare di un Priore che non c’è affatto nello Statuto
nel quale il governo della fraglia appare esclusivamente affidato
ai gastaldi coadiuvati dai consiglieri. La presenza di un priore cioè

9
dia

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130 GIOVANNI MANTESE

di un superiore che non viene eletto ogni quattro mesi come lo.
Statuto ordina a proposito dei gastaldi e consiglieri, ma rappre-
senta un esercizio autoritario piuttosto lungo e stabile, a mio av-
viso, nasconde e suppone un periodo di evoluzione rispetto all'epoca
dello Statuto.

Di fronte a tale posizione propenderei a ritenere che la data
di compilazione dello Statuto e quindi della definitiva organizza-
zione della fraglia risalga al 1310 circa (non é il caso di prendere
in considerazione l'anno 7263 scritto da mano estranea all'inizio
dello Statuto) mentre l'origine dell'ospedale sembrerebbe riferirsi
alla data 1383 dell'iscrizione. E tale soluzione sembra armonizzare
bene con qualche documento che sono riuscito a mettere insieme.
E certo infatti che in data 18 settembre 1418 l'ospedale di S. Am-
brogio funzionava sotto la direzione della confraternita dei Battuti,
come appare dal testamento di Vincenzo fu Giacomo da Creazzo 4).
Il pio testatore donava all'ospedale la casa nella quale egli abitava
con la riserva che la «fratalia» corrispondesse a certe condizioni.
Tale situazione di funzionalità normale si riscontra in un altro
atto di donazione del 13 settembre 1424, e la constatazione si ri-
pete in data 27 dicembre 1432 quando in un atto pubblico « com-
paruit mag. Antonius lanarius q. mag. Vincentii lanarii de Zani-
chino civis et habitator Vincentie in burgo S. Felicis sindicus et
sindicario nomine fratalie batutorum pauperum et hospitalis S. Am-
brosii de porta nova»9. Dai documenti risulta che verso la fine
del sec. xv l'ospedale ebbe un nuovo sviluppo con l'acquisto di
un'altra casa donata per testamento dal «recamator» Francesco
del fu Giovanni Bolognini 9. La documentazione di una certa vi-
talità dell'ospedale di S. Ambrogio e della sua fraglia dei Battuti
potrebbe continuare fino al sec. xvii quando con la concentrazione
di tutti gli ospedali cittadini nel grande ospedale di S. Bartolomeo
(attuale Ospedale Civile) nel soppresso ospedale di S. Ambrogio
vennero sistemati i « Negroni» ossia quanto rimaneva dell'antica
fraglia dei Battuti dell'ospedale di S. Antonio di piazza Duomo
così chiamati per distinguerli dai « Rossi» ossia quanto ancora ri-
maneva dell'antica fraglia di S. Marcello”.

Ma il trasferimento dei «Negroni» a S. Ambrogio mi suggerisce
un approfondito esame sulle origini delle confraternite vicentine dei
Battuti alla luce del presente Statuto, in una rapida rassegna sto-
rica degli sviluppi dei vari ospedali dei Battuti a Vicenza e tenendo
conto di analoghi studi e scoperte archivistiche delle città limitrofe.

PEIUS T NONIUS TT WERT ARSA RITI RE LS MARIAE Rici EE
STATUTI DI BORGO PORTA NOVA E L'OSPEDALE DEI SS. AMBROGIO E BELLINO 131

A Padova la più antica confraternita dei Battuti denominata
di S. Giovanni Evangelista della Morte, della Colomba si fa risalire
documentatamente al 1320 circa, ma non è escluso che le sue ori-
gini possano risalire agli ultimi due decenni del sec. xi119 ; a Castion
lo Statuto originale e inedito della compagnia dei Battuti risale al-
l'anno 1315 9? ; a Trento lo Statuto latino della locale confraternita
dei Battuti si colloca tra la fine del Duecento e primi decenni del
Trecento, mentre è certa la costruzione della « Domus Dei » con la
data del 25 gennaio 1340 19).

Come si vede, il nostro Statuto in esame s'inquadra in una serie
di documenti del genere che danno come acquisita la prova di una
organizzazione delle confraternite dei Disciplinati nelle suddette città
venete tra la fine del Duecento e il principio del Trecento. Per noi
vicentini, dopo la scoperta dello Statuto in esame, è per lo meno
assai probabile che l’ospedale fondato a S. Biagio fuori Porta S.
Croce durante l’episcopato di Pietro de’ Saraceni (1287-1295) e affi-
dato a religiosi laici per decreto emanato nel 1307 proprio da quel
vescovo Altegrado da Lendinara il quale due anni dopo concedeva
la nota indulgenza ai vari Battuti dimoranti in Vicenza, corrisponda
al più antico ospedale dei Battuti vicentini, governato dalla più
antica cellula del grande movimento religioso dei Disciplinati '9 . An-
che la « Domus Dei » (ora S. Giuliano) e l'ospedale di S. Maria della
Misericordia (in Pusterla) traggono origine dal primo diffondersi della
Disciplina a Vicenza 9. Si sa che l'ospedale di S. Giuliano e quello
della Misericordia (di Pusterla) perderanno presto la paternità dei
Battuti, mentre altre confraternite disciplinate contemporanee, come
quella di S. Leonardo presso la chiesa di S. Silvestro dei Nonantolani
e quella di S. Caterina al Porto sulla Riviera Berica, conserveranno
a lungo la nota caratterizzante della loro origine. E a proposito della
conservazione o meno dei caratteri originari nelle confraternite dei
Battuti possediamo un importante documento del 1584 dove é de-
scritta la situazione dei vari ospedali medioevali vicentini soprav-
vissuti al trapasso all'età moderna anche se ormai privi o quasi del-
l’antica carica religiosa e sociale. Li riferisco quasi tutti come ven-
gono ricordati nei verbali della visita apostolica eseguita a Vicenza
nel 1584 dal card. Agostino Valier '? puntualizzando gli antichi ospe-
dali dei Battuti, ivi compreso quello di S. Ambrogio in esame.

1. Hospitale S. Lazari extra moenia civitatis. Patroni sunt de-
putati magnifice civitatis » '^.
2. Hospitale Mendicantium. Patronus est rev.mus episcopus 9,

© Z sx n,
XERGNDUE: ANE: TORRE Cn

? 132 GIOVANNI MANTESE

3. Hospitale S. Bovi. Confraternitas sive societas aut fratalea
Fabrorum lignorum gubernat et administrat ...19.

4. Hospitale S. Ambrosii. Fratalea sive societas quarumdam
piarum personarum gubernat et eligit sindicos... Reddunt ratio-
nem ipsi fratalee. Redditus sunt eleemosine et oblationes. Recipiun-
tur peregrini et itinerantes per unam noctem tantum ad dormitio-
nem. Dormitoria sunt separata » 1”).

9. Hospitale S. Marcelli. Iuspatronatus illustrium comitum de
Porto:9. Nemini reddunt rationem. Hospitale recipit tantum Ex-
positos. Redditus sunt 3 mille ducati ex Monte Veteri Venetiarum
et ex possessione et affictibus multarum domorum. Ibi aluntur 40
nutrices et infantes ac alii ministri. Extra hospitale nutriuntur 150
et amplius infantes, nutricibus solvuntur singulis mensibus libras
tres(sic) parvorum denariorum » 19).

6. Hospitale S. Antonii. Societas vel confraternitas sive fra-
talea multarum personarum gubernat et administrat. Eligit annis
singulis sindicos tres de numero nobilium civitatis, item procurato-
rem reddituum et expensarum qui in fine procurationis reddit ra-
tionem confraternitati. Redditus ascendunt ad 2 mille ducatos ex
affictibus et possessionibus computatis eleemosinis. Recipiuntur in-
firmi, incurabiles, vulnerati, caeci, claudi etc. Confratres tenentur
associare condemnatos ad suplicium » 2».

7. Hospitale ditto delli Proti. Gubernatur per magnificam Co-
munitatem Vincentie iuxta ordinationem fundatoris 21).

8. Hospitale S. Petri. Confraternitas sive fratalea gubernat et
administrat. Singulis annis eligit duos sindicos nobiles civitatis et
duos procuratores sive artifices. In fine procurationis reddunt ratio-
nem confraternitati. Redditus sunt circa 250 ducati. Recipiuntur
peregrini et itinerantes per tres noctes tantum ad dormitionem.
Dormitoria sunt separata » 22).

9. Hospitale Misericordie. Rev.mus d. episcopus et deputati
magn.ce civitatis gubernant ...?. Come si vede, alla fine del sec.
XVI la vita e l'opera delle confraternite dei Battuti vicentine erano
ancora notevolmente qualificate; ed era un'epoca di piena deca-
denza anche perché gli ospedali medioevali ormai tendevano a rin-
novarsi. Ad ogni modo dal rapido esame del nostro Statuto trecen-
tesco almeno alcune cose appaiono acquisite alla storia generale dei
Battuti: a) A Vicenza tutti i piü antichi ospedali medioevali fu-
rono governati dai Battuti; b) La confraternita in parola, allora o
più tardi denominata di S. Ambrogio, era composta di uomini e

CANINE TINI IENA ZENIT ee —

ilo. pn AN dil. —.— À.— ci i rali aironi De Mene o HA era cc
STATUTI DI BORGO PORTA NOVA E L'OSPEDALE DEI SS. AMBROGIO E BELLINO 133

di donne ; c) Non si richiedeva, in via assoluta, la « verberatio » per
farvi parte; d) Tutte le domeniche, le feste della Madonna, degli
Apostoli e degli Evangelisti i confratelli indossavano « vestes disci-
pline se verberando » e andavano « per civitatem amore Yesu Christi ».

GIOVANNI MANTESE

NOTE

1) Lo Statuto non è datato, ma reca in appendice l’indulgenza emanata
dal vescovo di Vicenza Altegrado (1304-1314) «in episcopali palacio die
martis X iunii septime inditionis ». Nel decennio 1304-1314 l’indizione set-
tima cadde soltanto nel 1309 e la verifica si ha confrontando se effettiva-
mente in detto anno il giorno X giugno fu un martedì : come è di fatto.

*) Historia Ecclesiastica V, p. 397.

®) Musaeum lapidarium I, p. 79.

*) MANTESE G., Memorie storiche della Chiesa Vicentina, III?, p. 680.

5) MaccÀ, Miscellanea mss. presso la Bibl. Bertoliana, n. 2086.

*) MANTESE G., Memorie storiche cit., III’, p. 680.

?) VicENZA, Biblioteca Bertoliana, Fondo Ospedali, busta Statuti (Il
fondo è in via di riordinamento per opera della Direttrice dott. Laura Oliva
e dell’aiuto bibliotecario dott. Morello).

#) G. DE SANDRE-GASPARINI, La confraternita di S. Giovanni Evange-
lista della Morte in Padova e una «riforma » ispirata dal vescovo Pietro Ba-
rozzi (1502), in Miscellanea G. Meersseman, Padova 1970, pp. 766-815.

*) Lo Statuto è oggetto di studio e di ricerche per una tesi di laurea.

0) A. MossuTO, Fonti per la storia dei Battuti di Trento, Tesi di laurea
presso la facoltà di Magistero dell’Università di Padova, a. accademico 1971-
1972, rel. G. Mantese.

") T. RiccaRDI, Storia dei vescovi vicentini, Vicenza 1786, p. 123;
G. MANTESE, Memorie storiche della Chiesa vicentina, 11, p. 155.

?) La loro esistenza è documentata almeno fin dal 1312 (MANTESE,
Memorie storiche, III, p. 155).

13) L. ANTONINI, Jl card. Agostino Valier visitatore apostolico a Vicenza
(1584), Tesi di laurea presso la facoltà di Lett.e Fil. dell’Università di Pa-
dova, a. accademico 1968-69, rel. G. Mantese.

^) G. MANTESE, Memorie storiche, II, III: III?, IV (in corso di stampa),
passim. Non ha relazioni con i Battuti.

15) Non presenta alcuna relazione con i Battuti (MANTESE, Memorie
Sl, T V1),

1) In origine questo ospedale apparteneva all'ordine cavalleresco della
Beata Vergine Gloriosa o dei Cavalieri Gaudenti (MawTESE, Memorie sto-
riche, III°, pp. 331-36).
| | 134 GIOVANNI MANTESE

'") La confraternita dei Battuti (ma il documento trecentesco non ne
specifica il nome) conservava ancora la proprietà ma affidava la gestione
dell’ospedale ad alcuni « sindici » di sua nomina. Non sono riuscito ad appu-
rare ma ritengo una fantasia la notizia riferita dal Castellini (Descrizione dei
Borghi, mss. della Bibl. Bertoliana, G. 22. IL.15) secondo la quale questa
confraternita dei SS. Ambrogio e Bellino deriverebbe da una divisione veri-
id ficatasi «negli ultimi anni del dominio di Antonio della Scala » (pressapoco
| negli anni 1380-1387) nella confraternita della Misericordia di S. Felice (v.
| nota precedente) poi detta di S. Bovo. Tale notizia s'ispira evidentemente
Id alla citata iscrizione del 1383 nella quale peró appare anche l'ospedale go-
vernato dal priore « Guglielmus prior», mentre il nostro Statuto in esame
non fa parola di un ospedale e quindi é anteriore.

18) D. BonTOLAN, Sulle origini e sulle attribuzioni del Patronato di Casa
Porto sull'Ospizio degli infanti abbandonati in S. Rocco, Vicenza, 1903.

19) Questo è l’ospedale più importante della più importante confrater-
nita dei Battuti di Vicenza (MANTESE, Memorie storiche, II, III, III, IV!,
passim). Il visitatore apostolico riscontrò che una grandissima parte dei
bambini esposti moriva e, a giudizio del vescovo Priuli, morivano di fame
in quanto, per non essere pagate adeguatamente, le « balie » si cercavano
due bambini da allattare invece di uno, mettendoli così entrambi alla fame.
È importante conoscere il severo intervento che contro un tale stato di cose
fece la confraternita dei Battuti. « Vedendo — essa scriveva al visitatore — |
che la fraglia di Santa Maria et de santo Christoforo ditta de santo Marcello
non possi provedere alle cose notate di sopra per esserli state levate le loro
Th Jurisditioni et ragione dalli Nobili de Porto, Imperó saria bene che fossi re-
n H tornata ditta fraglia nel suo pristino stato et esser si come se vede per uno
E instrumento stato apresentato alla Ill.ma et Rev.ma Signoria Vostra quale
: essa fraglia era gubernatrice di esso hospitale ». Il documento era firmato
dai seguenti nomi : « Capo della fraglia m. Bernardo Calegaro, m. Bartolomeo
Bortollino (= Bertolini), m. Paulo Chiodarollo, m. Jeronimo Civena, m.
Ogniben Linarollo ». I quali non mancarono di sottoporre al giudizio del vi-
sitatore i loro consigli : « Provedere che li debitori cosi de legati come de altre
cause pagino quanto debono al hospitale... come se vedono per li libri.
"Trovar modo che si diino troni quatro al mese alle Bayle del territorio che
arlevarano tute le creature che se li darano, di modo che non perirano de fame
come fano ogni giorno. Trovare Questori che vadino cerchando ellimosine
| "M per lo ditto hospitale cosi per lo territorio come per la città. Provedere che
WE tute le Comadre si della città come del territorio diino in nota tute le done
| gravide che se reduseno nelle loro case per partorire acciò se sapiano dove
AE sono portati li loro figlioli ».

(NIGER 20) Di qui il soprannome di « Negroni » (vestiti in nero) che conserva-
| l n vano ancora nel 1772 quando furono soppressi e concentrati nel nostro ospe-
WE dale (pure soppresso) dei SS. Ambrogio e Bellino. Avevano uno Statuto chia-

CENSIS

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mato «della Scoletta di S. Antonio » o della « Buona Morte » (MANTESE,
Memorie storiche, IV?).

21) E noto però che questo ospedale fondato intorno al 1412 fu gover-
nato inizialmente da una confraternita di Battuti denominata, a causa delle
sue somiglianze con quella citata di S. Giovanni Evangelista « della Colom-
ba» di Padova, dei Colombini (MANTESE, Correnti riformistiche a Vicenza
nel primo Quattrocento, in Studi in onore di F. M. Mistrorigo, Vicenza, 1958,
p. 883).

2°) È la nota confraternita dei Battuti con annesso ospedale fondata nel
primo Quattrocento da Zanino Boccalaro e alla quale Vicenza deve quel
gioiello artistico noto col nome di Oratorio dei Boccalotti (MANTESE, Memorie
«storiche, III°, pp. 693 ss.).

23) Si tratta del noto ospedale della Misericordia di Borgo Pusterla
originariamente dei Battuti, poi Ospedale degli Incurabili di S. Gaetano
(1520) e quindi Orfanotrofio.

STATUTO
1263 (sic !)

[Hec sunt Statuta et ordinamenta] fratalie batutorum burgi portenove

De matricula [et Statutis fratalie].

In primis statuimus et ordinamus quod fratalia nostra semper sit ordi-
nanda matricula in qua scripta (?) erunt ordinamenta — statuta dicte fra-
talie in qua scripta sunt et scribantur nomina devotorum hominum et mu-
lierum eiusdem fratalie

De eleccione gastadiorum et consiliariorum

Item statuimus et ordinamus quod in dicta fratalia sint tres gastaldii
qui eligantur omni tercia dominica quarti mensis ab exitu officii cuiusque
gastaldie, qui gastaldiones simul eligant duos consiliarios pro quoque ipso-
rum et unum notarium qui scribat omnes introytus et expensas dicte fra-
talie ac ecciam ... voces omnium confratrum de fratalia et tunc unusquis-
que de (sic) vocem suam cui voluerit et illi tres qui habebunt plures voces
sint gastaldiones et dicti gastaldiones novi eligant sex consiliarios et quod
dicti gastaldiones nihil possint facere sine consiliariis vel maiori parte ipsorum
et durent dicti gastaldii et consiliarii per quatuor menses tantum in officio
suo. Notario autem provideatur de salario pro labore ipsius sicut dictis ga-
staldionibus et consiliariis de cetero

Quod gastaldii et consiliarii sint de fratalea

Item statuimus et ordinamus quod nullus possit nec debeat gastaldio
seu consiliarius dicte fratalie qui non sit de fratalia vel qui sit alterius or-
dinis vel qui sit per obedienciam alicui obligatus.

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136 GIOVANNI MANTESE

Quodvis modus tenendum est in receptione confratrum et quem ordi-
nem tenere debent qui volunt se verberare et qui non.

Item statuimus et ordinamus quod si aliquis voluerit intrare in dictam
frataliam quod gastaldiones debeant ipsum recipere con (sic) consilio suo-
rum consiliariorum et si ipse voluerit facere disciplinam quod emat sibi ca-
pam et cathenam ad faciendum disciplinam et promittat coram gastaldio-
nibus et consiliariis attendere faciones et statuta dicte fratalie toto posse
suo. Salvo quod si aliquis tam masculus quam femina velet ex devotione
intrare in dictam frataliam et nolet se verberare seu facere disciplinam sed
teneri tamen ad faciones ipsius fratalie quod tunc in remedium anime sue
det dicte fratalie viginti soldos parvorum pro capa et cathena salvo quod
si propter paupertatem non haberet denarios quod tunc gastaldiones debeant
super hoc providere et sic recipiantur intrantes predicto modo ad partici-
pationem omnium bonorum que sunt in dicta fratalia.

De modo congregandi confratres ad domum fratalie causa se verberandi.

Item statuimus et ordinamus quod in memoria dominice passionis omni
die dominico et omnibus festivitatibus glorioxe virginis Marie et omnium
apostolorum et evangelistarum, reservatis aliis festivitatibus ad arbitrium
et solepnitatibus, galstaldiones et consiliarii omnes confratres de fratalia
debeant congregari ad domum dicte fratalie et ibi se induant vestes disci-
pline se verberando et vadant per civitatem similiter amore passionis Yesu
Christi tunc et quando videbitur nisi aliquis remanserit iusta causa, intel-
ligendo semper quod illi qui sunt de fratalia solum ad faciones non tenean-
tur se verberare.

Qui debent recipi et qui non et quem modum tenere debent.

Item statuimus et ordinamus quod gastaldiones non recipiant in fra-
talia neque feneratorem neque aliquem [qui tenet mediam vel bagaciam
quod] aliquis de fratalia non debeat ire per tabernas ludendo et se inebriando
aut per alia loca inhonesta nisi esset causa medacionis quam aliquis faceret
in emendo et vendendo et tunc possit ire per tabernas cum forensibus et
civibus aut forte eciam causa recreationis dum modo parum stet in taberna et
si quis esset scriptus et perseveraret in tali erore debeat per gastaldiones ter
admoneri et si se no (sic) emendaverit, tunc debeat de matricula canzelari.

Quod due misse celebrentur in tercia dominica cuiuslibet mensis.

Item statuimus et ordinamus quod in tercia dominica cuiuslibet mensis.
ga[staldi] dicte fratalie qui pro tempore erunt teneantur facere celebrari
duas missas videlicet unam pro vivis aliam pro defunctis dicte fratalie.

Quod nullus cantet nisi electi.

Item statuimus et ordinamus quod quando congregacio dicte fratalie
ibit per civitatem faciendo suam disciplinam seu verberando, nullus debeat
cantare nisi solum elletti et gastaldiones eligere teneantur duos bonos can-
tatores antequam recedant de domo et tunc ipsi debeant ordinare et dispo-
nere illos [qui debeant cantare prout] melius videbitur eis.

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STATUTI DI BORGO PORTA NOVA E L'OSPEDALE DEI SS. AMBROGIO E BELLINO 137.

De solutione duorum denariorum parvorum.

Item statuimus et ordinamus quod quilibet de fratalia teneatur sol--
vere duos denarios parvorum omni dominica cuiuslibet mensis.

Quod gastaldii moneant fratres visitare domum fratalie.

Item statuimus et ordinamus quod gastaldii et consiliarii debeant dili-
genter admonere et ortari quemlibet de confraternitate visitare venire et.
continuare debeant ad domum congregacionis omni die dominico et omni-
bus aliis festis et si aliquis confratrum in visitando domum predictam esset
negligens et piger, tunc per galstaldios moneatur. et reprendatur.

De voto et sacramento.

Item statuimus et ordinamus quod quelibet persona de fratalia que
intraviset in nostram frataliam vel in futurum deberet intrare [nullo modo]
obligetur dicte fratalie nec obligata presumatur (?) per votum vel sacra-
mentum.

De confessione facienda semel in anno et corpore Christi recipiendo.

Item statuimus et ordinamus quod quilibet de fratalia teneatur semel
in anno confiteri peccata sua et dicere quinque pater noster et quinque ave
Maria quolibet die pro vivis et defunctis eiusdem fraternitatis et si deficeret
una die supleat alia die sequenti, et recipere corpus Christi semel in anno
silicet in pascate resurecionis domini aut nativitate eiusdem.

De visitacione facienda semel in anno.

Item statuimus et ordinamus quod visitacio debeat fieri semel in anno-
in dicta fraternitate et quod gastaldii qui pro tempore erunt eligant unum
visitatorem et hoc fiat circha festum sancti Martini ad hoc ut statuta con-
gregacionis observentur.

De disposicione statutorum facienda per ministros et consiliarios.

Item statuimus et ordinamus quod omne statutum fratalie predicte
possit in colibet (sic) casu dispensari per galstaldios et consiliarios habita.
per eos diligenti examinatione de deliberacione.

De publicatione statutorum in omni gastaldiatu.

Item statuimus et ordinamus quod quilibet gastaldius teneantur et
debeant, faciant semel legi et publicari tempore sui officii omnia et singula
ordinamenta contenta in matricula fratalie sub pena decem soldorum par-
vorum pro quoque gastaldio et quinque soldos parvorum pro notario ad.
hoc ut confratres sciant quod debeant observare.

Quod gastaldii visitent confratres infirmos.

Item statuimus et ordinamus quod si aliquis de fratalia infirmaretur-
quod gastaldiones cum ad eorum noticiam parvenerit, debeant visitare dic-
tum infirmum et eum admonere quod recipiat penitenciam et consolationem
habeant in domino et dicto infirmo provideat de bonis fratalie si eum in
necessitate viderit constitutum.

De auxilio porigendo confratribus infirmis per galstaldios.

Item statuimus et ordinamus quod si accideret aliquem de confratribus.
138 GIOVANNI MANTESE

dicte fratalie infirmari et per ipsum vel per interpositam personam postu-
latum fuerit subsidium propter paupertatem a gastaldionibus, quod tunc
dicti galstadiones habita diligenti examinatione debeant de denariis fra-
talie dicto pauperi infirmo subvenire prout eis melius convenire videbitur
‘et si dictum infirmum oportuerit custodiri tunc gastaldii possint et debeant
imponere quibus velint ut dictum infirmum custodiant. Et inteligatur si
fuerit de obtemperantibus statutis fraternitatis et de attendentibus fa-
ciones.

De conducendo infirmum vel defunctum ad civitatem Vincentie per
decem miliaria.

Item statuimus et ordinamus quod si aliquo tempore accideret aliquem
de confratribus predicte fratalie infirmari sive infirmum extra civitatem
Vincentie per decem miliaria ubilibet de hoc seculo transmigrare et hoc ad
noticiam et aures gastaldiorum dicte fratalie qui nunc sunt vel pro tem-
pore erunt pervenerit, quod tunc dicti gastaldii dicte fratalie teneantur
€t debeant vinculo obediencie ad expensas ipsius fratalie dictum confratrem
infirmum conduci facere ad civitatem Vincentie ad dictum locum ubi dictus
infirmus melius putaverit se manere, vel ubi dictus defunctus ordinavit et
disposuit corpus suum sepeliri, dum tamen dictus confrater sit de atten-
dentibus et substinentibus onera et faciones cum dicta fratalia prout in
ipsius matricula requiritur observari.

Quod confratres pauperes sepeliantur ad expensas fratalie.

Item statuimus et ordinamus quod si aliquis confratrum decederet in
paupertate et non esset ei unde se posset sepeliri, quod tunc gastaldii fratalie
faciant eum amore dei et expensis ipsius fratalie sepeliri et ad ecclesiam
prout melius fieri poterit deportari.

Quod quelibet persona teneatur solvere duos denarios pro quoque de-
functo.

Item statuimus et ordinamus quod quelibet persona de dicta fratalia
teneatur solvere duos denarios parvorum pro quoque defuncto et defuncta
qui vel que de hoc seculo transmigraverit, et tunc gastaldii qui tunc sunt
vel pro tempore erunt teneantur emere panem usque ad summam quinque
soldorum parvorum, elimosinam insuper facientes pro anima defuncti vel
defuncte de dicta fratalia in remissionem suorum peccatorum.

Qui modus tenendus est circha sepulturam confratrum.

Item statuimus et ordinamus quod quando accideret aliquem de fratalia
de hoc seculo transmigrare confratres dicte fratalie debeant congregari quod
melius fieri poterit et si gastaldi voluerint vadant ad sepulturam defuncti
et faciant quod quisque de confratribus con devotione cantent unam ora-
cionem aliquam sed cum honestate se verberent faciendo orationes pro anima
defuncti et quilibet teneatur facere circa sepulturam unam veniam et di-
cere semel pater noster et ave Maria in remissionem pecatorum defuncti ut
deus misereatur anime sue et quilibet de congregatione teneatur dicere de-

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STATUTI DI BORGO PORTA NOVA E L'OSPEDALE DEI SS. AMBROGIO E BELLINO 139

cem pater nostri et decem ave Maria. Si autem frater non esset presens,
quando hoc sciverit dicat pro anima defuncti ut supradictum est.

De pane benedicto distribuendo inter confratres.

Item statuimus et ordinamus quod in tercia dominica cuiuslibet mensis
confratres dicte fratalie debeant interesse sue mise (sic) cessante iusta causa
vel impedimento et ibi donec completa fuerit permanere, in qua missa panis
debeat benedici et distribui inter confratres et alias personas ibidem exi-
stentes, qui panis debeat imponi et inveniri ut gastaldiis melius apparebit.

Quod quilibet teneatur ire ad missam omni die.

Item quod quilibet de dicta fratalia teneatur ire ad ecclesiam omni
mane antequam vadat ad aliquem locum nisi fuerit iusta causa impedi-
menti et singulis diebus audire missam si potuerit absque impedimento et
specialiter diebus festivis.

De inclinatione facienda coram crucifixo et virgine Maria.

Item statuimus et ordinamus quod quando aliquis de fratalia fuerit
coram pictura seu ymagine domini nostri Yesu Christi crucifissi et gloriose
Virginis Marie, debeat cum reverentia caput inclinare.

De lite vel discordia obtemperanda per gastaldiones.

Item statuimus et ordinamus quod si oriretur aliqua discordia causa
verborum, odii vel rancoris inter aliquos de fratalia quod deus advertat vel
inter aliquem de dicta fratalia et extraneam personam quod ille vel illi de
fratalia teneantur obedire mandatis gastaldionum in eo quod per eos dictum
et determinatum fuerit super illa lite vel discordia.

Quod confratres in testamento seu ultima voluntate aliquid relinquant.

Item statuimus et ordinamus quod quicumque de fratalia disposuerit
suam ultimam voluntatem teneatur relinquere de suis bonis dicte fratalie
ad suam voluntatem.

De notariis scribentibus testamenta.

Item statuimus et ordinamus quod si aliquis notarius de dicta fratalia
scriberet alicui persone testamentum seu ultimam voluntatem teneatur et
debeat reducere ad memoriam illi persone et eam ortari ut relinquat aliquid
de bonis suis dicte fratalie pro anima sua.

Quod omnes introytus scribantur et expense.

Item statuimus et ordinamus quod gastaldii fratalie qui pro tempore
erunt teneantur scribere omnes introytus et expensas eorum que pervenerint
ad ipsos tempore sui officii et administrationis. Qui introytus et expense
debeant legi inter confratres fratalie in fine et exitu officii eorum gastal-
diorum, visa et examinata ratione diligenter per sequentes gastaldios et con-
siliarios eorum.

Quod quilibet presbiter celebret missam semel in mense.

Item statuimus et ordinamus si aliquis presbiter esset in dicta fratalia
teneatur et debeat celebrare omni mense unam missam ad honorem dey
et Virginis Marie et omnium sanctorum et sanctarum ad hoc ut deus per-

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140 GIOVANNI MANTESE

ducat ad veram penitenciam personas dicte fratalie et ut misericordianr
(sic) dey animas fidelium defunctorum et defunctarum de dicta fratalia de
penis purgatorii eripiat et ducat ad gloriam paradixi.

Quod nullus audeat blasfemare deum nec sanctos eius.

Item statuimus et ordinamus quod nulla persona de dicta fratalia audeat
nec presumat blasfemare deum aut matrem eius aut sanctos et sanctas dey
et si quis contrafecerit condempnetur in decem denarios parvorum pro qua-
que vice dicte fratalie persolvendis et gastaldii qui pro tempore erunt te-
neantur exigere dictos denarios a contrafacientibus toto posse suo infra
decem dies post denunciacionem sibi factam et si quis recusaverit facere
solutionem ut dictum est debeat penitus de matricula canzellari et in hoc
esse possit quilibet accusator et teneatur in credencia et eius dicto cum iu-
ramento credatur.

Quod non attendentes canzelentur.

Item statuimus et ordinamus quod si qua persona de dicta fratalia non
attenderet statuta et faciones dicte fratalie debeat de matricula canzelari.

Quod statuta serventur.

Item statuimus et ordinamus quod omnia et singula condicta cum ma-
gna diligentia et deliberacione firma durent et confratres ac sorores dicte
fratalie inviolabiliter debeant observari amore dulcissimi Yesu Christi gloriose
Virginis Marie et tocius curie paradixi.

Anno domini millesimo CCLVIII tempore Rolandini de mariscotis.
potestatis peruxi, Cum hoc sit quod ad honorem omnipotentis dei patris et
filii et spiritus sancti et ob honorem et reverenciam Virginis gloriose et pas-
sionis et aspersionis sanguinis filii dei, frater rainerius faxanus de peruxio
fecerit disciplinam oculte decem et octo annis et solus, accidit quadam nocte
quod dum dictus frater faceret disciplinam aspiciendo ymaginem Virginis,
vidit de oculis beate Marie Virginis lacrimas exire et videns fortiter cepit
se percutere et sic stando venit quidam ad hostium cele dicti fratris inveniens.
dictum fratrem paratum ire per terram et dixit ey ego volo venire te-
cum ad disciplinam et frater Rainerius respondit qui es tu ille respondit
ego sum frater benvignay, non me cognoscis ? steti ego tecum decem annis.
Et aspiciendo plures cum eo alios et dixit ei qui sunt hii qui sunt tecum,
et tunc respondit sanctus benvignay, isti sunt sanctus gerolimus, sanctus
florencius et sanctus cesarius et sanctus cyriacus et sic sociatus ivit cum
eis usque dum perveniret ad ecclesiam sancti florencii et clausis ianuis in-
traverunt in ecclesiam predictam ante altare sancti florencii ceperunt facere
disciplinam et sic faciendo venit ad eos sacrista illius domus et non videns.

VIVE TESI ZIE Zoe er
STATUTI DI BORGO PORTA NOVA E L'OSPEDALE DEI SS. AMBROGIO E BELLINO 141

nisi fratrem rainerium, miratus est valde et dixit dicto fratri es tu solus —
et frater respondit non, imo est hic mecum sanctus benvignay, sanctus flo-
rencius, sanctus cessarius et sanctus cyriachus, tunc dixit sacrista — unde
intrasti ecclesiam — qui dixit unde domino placuit et parum stando exivit
dictus frater ecclesiam ostiis ecclesie firmiter clausis Et de hoc dominus
manza sacrista expavescens die sequenti ivit ad confitendum peccata sua
et confessus cepit nudus ire per terram faciendo disciplinam et sic faciens
in capite octo dierum defunctus est ; sequenti vero nocte dum dictus frater
raynerius in media nocte faceret disciplinam oculis levatis versus crucifis-
sum et ymaginem gloriose, vidit ab utraque parte unum puerum parvum stando
venit in medio eorum quedam puela deserens literam in manu sua et pos-
sita litera super tabula disparuit cum pueris et statim dictus frater ex ad-
mirationem (sic) cepit flere et valde turbari dicebat tamen semper infra
se ipsum benedictus deus in donis suis et sanctus in omnibus operibus suis,
et sic stando apparuit sanctus benvignay ait non turbari quia que vidisti
a deo sunt pueri quos vidisti unus est sanctus Michael et alter est sanctus
gabriel, puela quam vidisti est mater domini nostri Yesu Christi et dico
tibi quia propter peccata innumerabilia et turpia silicet sodomitarum et
feneratorum et propter corupcionem fidei christiane scilicet propter in-
credulitatem pactarenorum gazarorum, pauperum leonis, et aliorum mul-
torum, volebat mundum istum subvertere precibus tamen pie Virginis in-
clinatus dominus Yesus Christus largitur spacium Christianis penitenciam
faciendi et vult quod disciplinam quam oculte diu fecisti publice fiat a po-
pulis unde ibis cras ad episcopum peruxinum et ei literam presentabis ut
quod continetur in litera populo publice denunciet, adveniente die ivit dictus
frater raynerius ad episcopum et sibi literam presentavit erat enim sic di-
sposita litera quod non potterat aperiri et significans episcopo qualiter fue-
rat sibi litera presentata et tunc respondit episcopus dicto fratri — tu es
bonus sed vis melior reputari et acepta litera frater raynerius reversus est
ad ecclesiam suam et verecundia captus cepit flere et rogabat deum patrem
et beatam virginem ut sivele (sic) suum esset predicta deberent mandari
ad effectum et tunc facta oracione venit ad eum sanctus benvignay et dixit
noli timere frater et noli turbari sed revertaris ad episcopum et ipse faciet
vele tuum et veniente die reversus ad episcopum dedit sibi litteram dicens
quod super ea celebraret divina et accepta litera cecinit missam episcopus
super eam et statim aperta est littera et episcopus confestim cum littera
in manu ivit ad scalas palacii comunis perusii et ibi congregato populo dixit
condicionem litere et qualiter portata fuit et id quod continebatur in ea et
inter cetera legit hunc versiculum prophete apprehendite disciplinam ne
quando irascatur dominus non pereatis de via iusta. Lecta autem littera
multi cum domino fratre raynerio nudi ceperunt facere disciplinam et sic
operant divina gratia; secunda die nullus remansit in urbe qui non iret
nudus faciens disciplinam et omnes qui habebant odia ad pacem et con-

—— — (o CSA
142 GIOVANNI MANTESE

cordiam pervenerunt; et sic ut est omnibus manifestum dicta penitencia
discipline per universum orbem christianorum excrevit cohoperante deo
patre eiusque Unigenito filio Yesu Christo ac amborum spiritu paraclito
cui sit honor perennis et gloria per omnia secula amen.

Altegradus permissione divina vincentinus episcopus universis christi-
fidelibus de congregatione devotorum sive beatorum (ma batitorum) per
civitatem Vincentie constitutis salutem in domino sempiternam. Licet is de
euius munere venit ut sibi a fidelibus suis digne ac laudabiliter serviatur
de abundancia pietatis sue merita suplicum excedat et vota, Cuppientes.
tamen populum de devocione excitare spiritualium pignus (?) gaudiorum,
Universis et singulis vestrum quocienscumque ad honorem dei patris omni-
potentis et matris eiusdem "Virginis gloriose et reverenciam congregacionis
predicte in unum fueritis congregati et vos in vestrorum remissione pec-
catorum duxeritis verberandos, vigintiquinque dies ac ecciam christifidelibus.
universis qui in itinere vestro congregacionem vestram fuerint subsecuti
vere penitentibus et confessis quindecim dies de omnipotentis dey miseri-
cordia et beatorum apostolorum petri et pauli meritis et autoritate confisi
de indulta penitencia misericorditer in domino relaxamus in cuius rei te-
stimonium has nostras patentes litteras sigillo nostro iussimus munimine
roborari.

Datum Vincencie in palacio episcopali die martis decimo iunio septime
indicionis (— 10 giugno 1309).

Frater Iohannes miseracione divina adriensis episcopus universis chri-
stifidelibus de congregatione devotorum seu batitorum per civitatem Vin-
centie constitutis salutem in domino sempiternam. licet is de cuius munere
venit ut sibi a fidelibus suis digne ac laudabiliter serviatur ad habundan-
ciam sue pietatis merita suplicum excedat et vota Cupientes tamen Christi
populum ..... (ut supra).

Datum Vincencie die octavo iunii septime indicionis.

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La Chiesa e l’Ospedale dei Battuti

di Sant'Ambrogio in Vicenza

Mi sia consentita, preliminarmente, una chiosa ai preziosi do-
cumenti del prof. Mantese.

Gli statuti appartengono ad una confraternita di Battuti ge-
nericamente designata con il locativo «burgi portenove », senza
santo titolare.

Non è un caso dovuto a dimenticanza o a sbadataggine del
compilatore o dell'amanuense.

Lo si potrebbe credere se la lacuna apparisse solo nel titolo
— [Hec sunt statuta et ordinamenta] fratalie batutorum burgi
portenove —. Ma la mancanza di uno specifico santo titolare è
confermata anche nel testo.

Cosi, nel capitolo « De modo congregandi confratres ad domum
fratalie causa se verberandi» è stabilito ed ordinato che le con-
gregazioni e le penitenze fisiche si tengano «in memoria dominice
passionis omni die dominico et omnibus festivitatibus glorioxe
virginis Marie et omnium apostolorum et evangelistarum » : quindi,
in giorni generalmente di devozione per tutte le confraternite di
Battuti. Al di fuori di queste feste, le discipline sono previste e
consentite «aliis festivitatibus ad arbitrium ». Le processioni, poi,
«per civitatem» sono condizionate solo «amore passionis Yesu
Christi», senza precisazioni di giorni o di feste.

Nel capitolo « Quod gastaldii moneant fratres visitare domum
fratalie», che, anche piü del precedente, dovrebbe vincolare i con-
fratelli alla congregazione nel giorno del santo titolare, é stabilito
semplicemente che i confratelli « visitare venire et continuare de-
beant ad domum congregacionis omni die dominico et omnibus
aliis festis ».
ARISTIDE DANI

Subito dopo, nel capitolo « De confessione facienda semel in

«anno et Corpore Christi recipiendo », è fatto precetto ai confratelli

di « semel in anno confiteri peccata sua . .. et recipere corpus Christi

-semel in anno scilicet in pascate resurecionis domini aut nativitate

eiusdem ». " ei

Ancora: nel capitolo riservato agli atti esterni di devozione,
si prescrive che «quando aliquis de fratalia fuerit coram pictura
seu ymagine domini nostri Yesu Christi crucifissi et gloriose Vir-
ginis Marie, debeat cum reverentia caput inclinare ».

Nel capitolo « Quod quilibet presbiter celebret missam semel
in mense », e fatto precetto all'eventuale sacerdote che appartenesse
alla confraternita : « teneatur et debeat celebrare omni mense unam
missam ad uem dey et Virginis Mariae et omnium sanctorum

«et sanctarum ...». Ma manca ogni accenno.a una’ celebrazione in

una giornata wee

Infine, nel capitolo conclusivo « Quod statuta serventur » e sta-
bilito che i confratelli debbano osservare «inviolabiliter» gli statuti
«amore dulcissimi Yesu Christi gloriose Virginis Marie et tocius
curie paradixi ».

Solo nel capitolo « De visitacione facienda semel in anno». si
fa obbligo ai gastaldi « pro tempore» di eleggere « unum visitato-
rem et hoc fiat circha festum sancti Martini ». Ma è chiaro che l'in-
dicazione temporale innanzitutto non riguarda precisamente il
giorno della festa del Santo; inoltre, essa interessa un fatto or-
ganizzativo e non devozionale, e il tempo di san Martino e richia-
mato per l'inveterata abitudine nel Veneto, e in chissà quanti altri
luoghi d'Italia e d'Europa, di stipulare, a san Martino, i contratti
e di prendere ogni altro provvedimento con scadenza annuale:
una specie di capodanno degli affari: dunque, nessuna implica-
zione devozionale della confraternita nei riguardi di san Martino.

Va aggiunto che anche la copia trecentesca volgare degli sta-
tuti della confraternita di borgo Porta Nova, conservata nello stesso
codice da cui il Mantese ha ricavato l'originario testo latino e che
si riporta più innanzi, è completamente adespota, quanto ad un
santo titolare, sia nel titolo che nel testo propriamente detto, esat-
tamente come nel testo latino.

Resta, perció, pacifico che la nostra confraternita di Battuti
non.aveva uno specifico santo titolare.

Dagli statuti, poi, risulta che la confraternita « burgi porte-
nove» possedeva una sua «domus», alla quale doveva far capo

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LA CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA 145

ogni sua attività : le congregazioni « causa se verberandi » nelle feste
già dette; i preparativi per le processioni: «ad domum dicte fra-
talie... se induant vestes discipline»; l'elezione dei cantori prima
che i confratelli «recedant de domo» per trascorrere la città « fa-
ciendo suam disciplinam seu verberando »; e, ovviamente, ogni
attività amministrativa.

Ma questa «domus» non era una chiesa, dato che gli statuti
non vi accennano e che altrimenti essa sarebbe stata denominata
senz'altro con il nome del santo titolare; e neppure una casa an-
nessa ad una chiesa, perché, anche in questo caso, essa sarebbe
stata indicata con il nome del titolare della chiesa stessa.

Era una casa privata qualsiasi, di proprietà della confraternita,
per acquisto o per donazione, o in uso per cessione temporanea di
qualche confratello o pia persona o perché presa a pigione.

Mi sono soffermato sui due particolari dell'assenza di un santo
titolare nella confraternita di borgo Porta Nova e del suo possesso
o uso di una casa comune senza rapporto diretto e immediato con
qualche chiesa perché se ne ricava che la confraternita « batutorum
burgi portenove» non puó andare confusa, alle sue origini, con
alcun'altra delle confraternite cittadine di Battuti a noi note, tutte
con denominazioni precise, mutuate, spesso, da santi delle devozioni
della Penitenza : neppure con quella poi nota con il nome di sant'Am-
brogio e, più tardi, dei santi Ambrogio e Bellino, che « wcccrxxxrimr
fuit incepta» presso la chiesa e l'ospedale di sant'Ambrogio, ap-
punto nel borgo di Porta Nova. La conseguenza, dato che la con-
fraternita é in assoluto «fratalia batutorum burgi portenove», con
esclusione, in quel momento e in quel luogo, di qualsiasi altra simi-
lare istituzione — quindi, anche di quella dell'ospedale di sant'Am-
brogio — è che la nostra confraternita e i suoi statuti sono ante-
riori al 1384. Ma di quanto ?

Il Mantese, nella nota che premette agli statuti, appellandosi
a considerazioni niente affatto trascurabili come quelle di carattere
paleografico, conclude — il che appare indubitabile — per una
« scrittura trecentesca ». Successivamente, rifacendosi ai due do-
cumenti del vescovo di Vicenza Altegrado da Lendinara e di quello
di Adria, fra Giovanni, del 1309, allegati agli statuti, restringe l’arco
delle sue deduzioni fra gli ultimi decenni del Dugento e il 1310.

Personalmente — e chiedo venia all’illustre Storico amico, alla
cui disponibilità e benevolenza devo, oltretutto, la possibilità di
questa nota — non sono tranquillo : perché la concessione di in-

10

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B T. 35

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di

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SOPIRIBISINGO JUL. COEM
146 ARISTIDE DANI

dulgenze da parte dei due vescovi non è specificamente fatta alla
confraternita «batutorum burgi portenove», ma «universis chri-
stifidelibus de congregatione devotorum sive batutorum per civi-
tatem Vincentie constitutis ». Quindi, a tutte le confraternite di Bat-
tuti esistenti nella città di Vicenza. Perció, i due documenti del
1309 possono aver interessato subito la nostra confraternita qua-
lora essa già esistesse, ma possono anche esserle stati applicati
parecchio tempo dopo, all'atto della sua fondazione. Infatti, era
diritto della confraternita stessa, se fondata posteriormente e ca-
nonicamente riconosciuta, fruire dei beni spirituali concessi alle
analoghe confraternite venute prima. Lo prova all'evidenza non
solo la prassi corrente in materia ma anche il fatto che, come ve-
dremo in prosieguo di discorso, la confraternita di sant'Ambrogio
«incepta» nel 1384, se li attribuisce senz'altro, e sia pure, come
vedremo, quasi per forza d'inerzia.

L'allegazione dei due decreti d'indulgenza dei vescovi di Vi-
cenza e di Adria agli statuti della nostra confraternita se prova,
in qualche misura, la sua costituzione ufficiale e il suo canonico
riconoscimento, non chiarisce, invece, il problema delle origini della
confraternita di borgo Porta Nova e non consente di giungere a
conclusioni probanti.

Bisognerà cercare per altra via.

Gli statuti contengono un unico riferimento preciso di qualche
significato : il locativo «burgi porte-nove», ridotto a nome pro-
prio della confraternita. Esso chiarisce solo che la confraternita
era sorta nel borgo fuori di Porta Nova, che si stendeva a nord-
ovest della porta stessa e poi ad occidente ancora, lungo le mura
occidentali della città (Tav. 1).

La porta apparteneva alla primitiva cinta urbana medievale,
costruita nei secc. x-xI, e sorgeva alle Beccariette, subito dietro
la chiesa francescana di san Lorenzo — da cui l’altro nome con
cui era pure designata di porta san Lorenzo — sulle fondamenta
della porta romana settentrionale di Vicenza.

Il nome deve esserle venuto dal fatto di essere stata l’ultima
porta della città condotta a compimento, a conclusione, appunto,
della grossa impresa di recinzione, protezione e fortificazione del cen-
tro urbano. Comunque, essa è già ricordata in un documento del 1074.

Conosciamo anche la caratteristiche architettoniche di questo
manufatto.

Una carta topografica di Vicenza, stesa intorno al 1571, custo-

me ng s le. n e — a SR ita ae STAR gri n Vb Aui. i Maio a; Wn sun Dire nie P uiae inm Ts emn
LA CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA 147

dita nella Biblioteca Angelica di Roma e pubblicata recentemente
dall'Ackerman ®, mostra questa porta dominata da due torri di-
seguali, una delle quali decisamente possente. Era costituita
di un unico fornice coronato da merlature e stretto fra le due
torri. All'esterno era preceduta da un recinto quadrato, cui si ac-
cedeva da altro fornice arcuato a tutto sesto, non particólar-
mente fortificato. Insomma, un grosso arnese da guerra, come se ne
vedono tanti ancora anche nel Veneto, e, proprio li vicino, nella
ancora superstite Porta Santa Croce. Nella seconda metà del
sec. xu, meno che un Km. fuori di questa porta, sorsero la chiesa,
il monastero e l'ospedale di Santa Croce, fondati e serviti dai Fra-
tell! o Canonici Regolari Crociferi ?.

Fra la Porta Nova e la chiesa di Santa Croce venne sorgendo,
lungo la strada alquanto capricciosa che le congiunge, un borgo,
il quale fu denominato e troviamo citato nei documenti ora con
il nome di borgo Porta Nova ora con il nome di borgo Santa Croce.

Alle spalle del borgo, verso occidente, si aggiunse, senza parti-
colari preoccupazioni di ordine urbanistico, un’appendice di case
di abitazione, che, dalla presenza dell'omonima chiesa, prese il
nome di strada del Corpus Domini.

Tutto questo dovette avvenire nel corso del sec. xir e com-
pletarsi, al massimo, agli albori del xiv.

In quest'ultimo secolo, come prosecuzione dell'abitato di Por-
ta Nova e Santa Croce e Corpus Domini, sorse, secondo un rigoroso
piano urbanistico, che prevedeva sei grandi isolati rettangolari,
intersecati da vie spaziose ad angolo retto, la parte piü recente del
borgo di Porta Nova, a ridosso delle mura occidentali di Vicenza.
La sua area è oltre due terzi superiore a quella del primitivo borgo
di Porta Nova-Santa Croce-Corpus Domini. Doveva essere ormai
completato, o, quanto meno, sufficientemente definito verso la
metà del 1300.

Allora, infatti, gli Scaligeri, signori anche di Vicenza, iniziarono
la costruzione di una nuova cinta fortificata tutt'attorno al borgo
di Porta Nova : la seconda e più esterna cinta urbana di Vicenza.
Essa si stendeva tra Castelvecchio, cioè il castello di Porta San-
feliciana — detta anche del Castello, cui metteva capo la strata
maior, l'antico decumano massimo, verso Verona — la Rocchetta
e Porta Santa Croce. Quest'ultima era pressoché assiale con la
Porta Nova dei secc. x-x1 e venne eretta a ridosso della chiesa e
dell'ospedale omonimi, che ne rimasero racchiusi.
148 ARISTIDE DANI

Sul lato a mezzogiorno di queste mura, a circa metà strada fra
Castelvecchio e la Rocchetta — su di un lato minore dell’attuale
piazzale Giusti — fu eretta, nel 1381 da Antonio della Scala, ul-
timo signore scaligero di Verona e di Vicenza, un’altra porta,
la quale, per il fatto di affacciarsi verso il borgo di S. Felice,
ebbe, secondo quanto insegna la carta topografica della Biblio-
teca Angelica, il nome di porta s. Felice, sottratto alla porta del
Castello.

In tal modo si compiva il nuovo sistema fortificatorio di Vi-
cenza verso Verona, forse il più robusto, certo il più curato e mosso
e fantasioso della città. Il nuovo borgo di Porta Nova dipendeva
ecclesiasticamente dalle parrocchie urbane della Cattedrale e di
San Marcello, ma una parte di esso sfuggiva, addirittura, ad ogni
sicura giurisdizione ecclesiastica. Le conseguenze di ordine spiri-
tuale sono facilmente immaginabili.

Il Mantese ? ha chiarito bene la situazione sociale e spirituale
di questa zona nel tempo di cui si discorre, per la quale il vescovo
Giovanni de’ Surdis si vide costretto a provvedere a una regolare
e unitaria cura d’anime smembrando l’intero borgo dalle parrocchie
urbane da cui dipendeva e istituendo, nel 1385, la nuova parrocchia
di san Giacomo Maggiore nella chiesa dei frati Carmelitani da lui
stesso fatta erigere nel 1372-1376, nella parte più antica del borgo
di Porta Nova, a metà strada fra l’antica Porta Nova e la nuova
Porta Santa Croce. La parrocchia fu affidata agli stessi Carme-
litani. Questo evento portò ben presto ad una corruzione dell’ori-
ginario nome di Porta Nova per l’abitato sorto primieramente al
di fuori di essa, lungo la strada per Santa Croce, che assunse e con-
serva tuttora nella tenace toponomastica del popolo l’articolazione
in due settori e due distinti nomi: quello di borgo dei Carmini e
quello di borgo di Santa Croce.

Il nome di borgo di Porta Nova rimase proprio alla parte più
recente e lontana dalla porta omonima, quella impostata razional-
mente in sei isolati, che, indipendentemente dai vari nomi delle sue
strade, è ancora conosciuto e designato globalmente con il nome
di borgo di Porta Nova.

La carta topografica della Biblioteca Angelica c'insegna che
la strada centrale del borgo — le altre due erano strada san Rocco
e strada Cantarana, intersecate perpendicolarmente dalla strada
della porta di san Felice, che dall’altezza della chiesa dei Carmini
sboccava alla porta san Felice — aveva addirittura ed assiomati-

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LA CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA 149

camente il nome ufficiale di Borgo di Porta Nova e si continuava
nella strada di Santa Maria Nova.

Questa strada, chiamata Borgo di Porta Nova, correva a lato
dell'ospedale di Sant'Ambrogio. Oggi non esiste più, invasa da
case di abitazione : ed è anche l’unica di quelle del borgo qui ri-
cordate ad essere scomparsa.

Nel 1571, come ricaviamo sempre dalla più volte citata carta
topografica di Vicenza della Biblioteca Angelica di Roma, l’antica
Porta Nova dei secc. x-xi esisteva ancora.

Appare già abbattuta, invece, nel 1611, quando viene stampata
la bella carta del Monticolo, conservata nella Biblioteca Bertoliana
di Vicenza.

Scomparsa l'antica Porta Nova dei secc. x-xr, il suo nome fu
attribuito — come insegna la carta del Monticolo — alla porta
di san Felice, costruita da Antonio della Scala nel 1381 sul lato
meridionale del borgo di Porta Nova : questo fatto dev'essere stato
suggerito dalla naturale omonimia con il borgo retrostante.

Il nome di porta san Felice o Sanfeliciana ritornò, allora, all’an-
tica porta del Castello, cui era stato sottratto nel 1381, e alla quale
è rimasto poi sempre.

Mi si vorrà perdonare il lungo e perfin cavilloso e noioso ex-
cursus sulla situazione storica e ambientale del borgo di Porta
Nova, che, però, ho ritenuto necessario per condurre innanzi un
responsabile e convincente discorso chiarificatore sulle origini della
confraternita di borgo Porta Nova.

Dai dati fin qui forniti, si evince che per quasi tutto il 1300
gran parte del borgo — se si eccettui in qualche misura la zona
circostante la chiesa di Santa Croce e quella più prossima alla chiesa
urbana di San Lorenzo — era rimasta priva di qualsiasi valida
assistenza spirituale e caritativa.

A questo punto, si può ben capire l’istituzione di una con-
fraternita « burgi porte-nove », che, se non saturava, provvedeva
almeno in parte alla organizzazione della vita religiosa e caritativa
locale.

Rimangono due quesiti: in quale punto del borgo sia sorta
questa confraternita e quando.

Cercherò di rispondere ad entrambi.

Ho già accennato che all’estremità settentrionale del primi-
tivo insediamento di borgo Porta Nova esistevano, dalla metà del
sec. xII, la chiesa, il convento e l’ospedale dei fratelli Crociferi o
150 ARISTIDE DANI

Canonici Regolari Crociferi. L'ospedale accoglieva ogni genere di
bisognosi, in primo luogo i fanciulli abbandonati *.

Accanto alla chiesa dei Crociferi sorse anche una « domus ba-
tutorum» di santa Barbara: una confraternita di Battuti di cui
non conosciamo ancora le origini, né gli statuti, ma che doveva essere
abbastanza remota se nel 1408 si deliberava, dopo che era rimasta
molti anni abbandonata, la ricostruzione della sua casa, che risul-
tava «quasi tota destructa et devastata per stipendiarios qui
habitaverunt in dicta domo tempore guerrarum » 9.

All'estremità meridionale dell'antico borgo, poi, subito dentro
la Porta Nova dei secc. x-xi, esisteva, dalla seconda metà del
1200 il convento francescano di san Lorenzo e, presso la chiesa,
dal 1325, l'oratorio e l'importante confraternita della Concezione.

Ve n'era abbastanza per saturare completamente le esigenze
del relativamente piccolo primitivo borgo di Porta Nova e per prov-
vedere alle sue piü urgenti necessità anche sociali.

sembra, perció, legittimo riportare la nostra confraternita nella
nuova e piü ampia parte trecentesca del borgo di Porta Nova, che
era ancora priva di qualsiasi organizzazione religiosa e sociale.

Raggiunta una sufficiente convinzione sull’ubicazione della
confraternita e del suo campo d'azione, che, del resto, vedremo
confermata anche da altri dati, resta da chiarire il tempo della sua
costituzione, che è anche l'argomento dal quale ho preso le mosse
per il lungo excursus storico-ambientale. Concordo col Mantese
che il dato paleografico offerto dagli statuti riporta al Trecento.
Ma a quale preciso momento del secolo ?

Va detto subito che la confraternita « burgi portenove » non ha
lasciato altro ricordo di sé oltre agli statuti, al punto che se n'era
ignorata l'esistenza fino a che il Mantese non ha scoperto gli statuti
stessi, cioè fino a questi ultimi mesi.

Il fatto non può non lasciare perplessi, perché è del tutto in-
concepibile che una confraternita in possesso di statuti tanto accu-
rati e di organizzazione tanto perfetta, con un proprio notaio, re-
golarmente stipendiato, pronto a registrarne ogni atto, e operosa
nel tempo, possa essere svanita nel nulla. Cosa puó essere successo ?

Secondo me, una sola cosa: ch'essa abbia avuto vita molto
breve.

Io credo che la confraternita abbia subito avvertito — forse,
anche sotto la pressione delle esigenze del quartiere, abitato da
gente povera © — l’angustia dei suoi impegni e dei suoi compiti

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LA. CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA. 151

statutari, che si risolvevano, sostanzialmente, in obbligazioni di
vita morale e in pratiche di pietà e di penitenza del tutto indivi-
duali anche se, in parte, compiute collegialmente. L’apertura della
carità, poi, era limitata alle preghiere per la confraternita, all’assi-
stenza ai confratelli infermi e bisognosi e alla sepoltura cristiana
dei confratelli defunti.

Non c'è apertura ecclesiale e manca anche ogni apertura sociale.
La preoccupazione è rivolta sempre e solo alla confraternita e ai
suoi membri, che finiscono con l’apparire una specie di società di
mutuo soccorso per le estreme necessità della vita e per la salvezza
dell'anima.

Non si rinviene neppure alcuna vocazione di assistenza ospe-
daliera. E questo decisamente stranisce, perché a Vicenza le con-
fraternite dei Battuti avevano tutte una simile finalità.

Può essere che la Chiesa locale abbia voluto colmare subito tale
grave lacuna e che, come già si é detto, un'apertura caritativa di
carattere sociale si sia imposta alla nostra confraternita per le obiet-
tive misere condizioni della gente del quartiere. Sta di fatto che la
matricola dei membri — fratelli e sorelle — della confraternita
«burgi porte-nove», che, secondo il cap. I degli statuti doveva
essere tenuta sempre aggiornata, dà, in tutto, 78 confratelli e 52
consorelle.

Da talune caratteristiche dell'inchiostro e della grafia é pos-
sibile stabilire con certezza che l'ingresso dei fratelli e delle sorelle
è avvenuto in cinque precisi momenti, nel modo che segue : all'atto
della fondazione entrano 25 confratelli e 6 consorelle. Successiva-
mente, un gruppo di dieci confratelli e ancora di 6 consorelle. Il
terzo gruppo è di 20 confratelli e di 9 consorelle. Il quarto dà 16
o 17 confratelli e 23 consorelle. Il quinto e ultimo gruppo è di 6-7
confratelli e di 8 consorelle.

Il dato è già di per sé significativo : quale che sia il tempo in-
tercorso fra l'iscrizione dei singoli gruppi, e non necessariamente
sempre uguale — forse un anno, forse qualcosa di più — non sem-
bra possibile pensare ad una vita troppo lunga della confraternita.

La matricola offre anche la notizia dei decessi: dei primi 25
confratelli, alla fine della confraternita ne sopravvivevano 8. Le
prime sei consorelle erano, invece, tutte morte. Del secondo gruppo
di 10 confratelli ne sopravvivevano 3; delle 6 consorelle 1 sola.
Il terzo gruppo di 20 confratelli vede soli tre superstiti e delle 9
consorelle ancora 1 sola superstite. Nel quarto gruppo di 16 o 17 152 ARISTIDE. DANI

confratelli i superstiti sono 13 e delle 23 consorelle le superstiti sono 8.
L'ultimo gruppo dà finalmente un’alta percentuale di superstiti : di |
6 o 7 confratelli sopravvivono 5 o 6; delle 8 consorelle ne soprav- |
vivono 6. Dunque, al momento della cessazione della confraternita
esistevano 32 o 33 confratelli sul totale di 78 ; e 16 consorelle sul
totale di 52.

È facile constatare che la più alta mortalità si è avuta tra le
donne. Ma questo è un dato interessante altro genere di studi, non
il nostro.

Interessa, invece, constatare l’alto numero dei decessi nei primi
tre gruppi di confratelli e di consorelle, e un progressivo aumento
delle sopravvivenze nel quarto e nel quinto.

Volendo anche tener conto dell’alta mortalità nel Medio Evo
e dell'età avanzata di alcuni confratelli rivelata dalla stessa ma-
tricola, che li designa padri o addirittura nonni di altri confratelli,
si può ipotizzare, con buona approssimazione, un periodo di vita |
della confraternita fra i cinque e i dieci anni.

E un’altra osservazione che tocca fare, sempre osservando la
matricola, è che la confraternita si andava esaurendo nel numero :
motivo, credo, non ultimo della sua estinzione, se mai di estinzione |
Si puó parlare. Perché nel 1384, proprio nel nuovo borgo di Porta ,
Nova, appare una nuova confraternita di Battuti presso l'ospedale |
e la chiesa di sant'Ambrogio, che dal grande Vescovo e Dottore |
prese il nome.

Il prof. Mantese ha citato il suo documento costitutivo riferito
dal Barbarano e dal Faccioli, ma anche dal più antico Silvestro
Castellini ?, e cioè l'iscrizione «sotto il cavalletto della porta » della
chiesa di sant'Ambrogio, che ridó nella mia trascrizione dall'ori-
ginale ancora esistente là dove l'hanno veduto gli storici vicentini
e nella disposizione dell’originale stesso, perché essa differisce no-
tevolmente dalla cattiva lezione tradizionale :

MCCCLXXXIIII FUIT [...] ET INCEPTA SOCIETAS BATUTORUM |
DE HOSPETALIS SANTI AMBROXI DE PORTANOVA ET MAGISTER |
GUCONUM FUIT GASTALDUS ET. MIX. LANAR. ERAT SINICHATO

I DE ISTA FRATALIA % GULIERMUS DNI PETRI PRIORE DE *

E OSPETALIS SANTI AMBROXIUS | (Tav. 2).

| Il testo, pur sgrammaticato, è estremamente limpido e non
| consente equivoci : « Nel 1384 fu fondata la confraternita dei Bat-
| tuti dell'ospedale (o presso o per l'ospedale) di sant'Ambrogio di
LA CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA 153:

Portanova e maestro Gucone (Gucione, Uguccione) fu eletto gastaldo-
e misser Lanaro veniva eletto al sindacato di questa fraglia —
Guglielmo dell’illustre Pietro (fu eletto) priore dell’ospedale di
sant'Ambrogio ».

La prima constatazione che accade di fare, analizzando atten--
tamente e criticamente quest'epigrafe, è che tanto il Castellini
quanto il Faccioli, che hanno letto « 1383 », hanno letto male. La
data esatta è, senz'altro, « 1384 ».

La prima riga è lacunosa. Infatti, fra « wcccrxxxim FUIT » e
« INCEPTA » sta un'altra parola resa illeggibile dalla corrosione della
pietra e una «ET», finora non rilevata, che trova giustificazione
solo nell'esistenza di un altro termine: appunto quello perduto.

Sempre dalla prima riga si ricava che la nuova confraternita
non si intitoló a san Bellino : questo nome nell'epigrafe non esiste.
In luogo del tradizionale « Santi Bellini » si deve leggere « socrETAs.
BATUTORUM ».

Nella terza riga il nome «Felix » non c’è. In suo luogo si deve:
leggere « ET MIX. », CIOÈ « ET MIXER).

Uscendo dalla lettura puramente paleografica, si ricava che
nel 1384 già esistevano la chiesa e l'ospedale di sant'Ambrogio. Da
quanto tempo non sappiamo. In mancanza di documenti d'archi--
vio e di ogni altro dato storico o tradizionale, cercherò di appurarlo.
qui di seguito, almeno approssimativamente, attraverso l'analisi
stilistica dei due monumenti fortunatamente ancora superstiti.

E ricaviamo anche le gerarchie della nuova confraternita dalle-
precise finalità ospitaliere: un gastaldo e un sindaco della con--
fraternita; e un priore dell'ospedale.

Si tratta di uffici istituzionalmente ben distinti: quello di

gastaldo e quello di sindaco connessi con la sola confraternita per-

la sua direzione; quello di priore con la direzione dell'ospedale,
anche se possa o debba essere stato attribuito nell'ambito della
confraternita. Perció, il priore dell'ospedale, come membro della.
confraternita, era soggetto al gastaldo e al sindaco; come priore,
invece, era la massima autorità e il massimo responsabile dell'ospe--
dale: per ora non sappiamo in che misura responsabile e verso di
chi, ma, quasi certamente, verso la congregazione generale della
confraternita. Doveva, in ogni caso, trattarsi di ufficio molto deli--
cato e tale da richiedere di essere ricoperto da persona di prestigio
personale ma anche di rilievo sociale, come certamente questo-
« Guliermus domini Petri ».

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154 ARISTIDE DANI

Orbene, quale rapporto può esistere fra la confraternita « burgi
portenove » e i suoi statuti da una parte e la confraternita « Batu-
torum de hospetalis santi Ambroxi» dall'altra ?

Il Mantese mostra di credere che si tratti di un'unica cosa, e
non va lontano dal vero.

Personalmente sono convinto che la confraternita « burgi porte
nove», come tale, abbia cessato di esistere nel 1384, dopo un de-
«cennio, forse meno, di vita, e sia confluita nella nuova «societas
-Batutorum de hospetalis santi Ambroxi», costituita da essa e, pro-
babilmente, da quei membri della confraternita di santa Maria
della Misericordia presso l'ospedale omonimo di san Bovo, in borgo
:san Felice, che, come narrano il Castellini 9 e il Barbarano ®, senza
che si sappia da quale fonte abbiano attinto la notizia, si sareb-
bero staccati dal loro sodalizio e si sarebbero ritirati « dentro delle
mura nel borgo di Portanova ».

A proposito di questa separazione, il Castellini pensa senz'altro
:ad una secessione dovuta a discordie interne o al desiderio di ri-
parare in luogo più sicuro in previsione di scontri bellici.

Quest'ultima opinione è poco credibile. Potrebbe esserlo di
più la prima, perché le incomprensioni e le beghe non sono mai
mancate, purtroppo, neppure nel giardino di Cristo.

Ma io ritengo che si sia trattato piuttosto di una operazione
‘abbastanza normale di integrazione, con elementi qualificati nel
‘servizio ospedaliero, della confraternita «burgi porte-nove », nel
momento in cui essa si trasformava volgendosi all’attività ospe-
-daliera cui non era preparata.

Comunque stiano le cose, per seguire sempre il Castellini, che
non sappiamo di quale documentazione si servisse, ma che, quasi
‘certamente, recepiva una tradizione trasmessa nell’ambito della
‘confraternita stessa, questi confratelli provenienti da borgo san
Felice avrebbero comperato un terreno e vi avrebbero fabbricato
una chiesa di modesta grandezza, e l'avrebbero dedicata ai santi
vescovi Ambrogio e Bellino !° e, conservando «l'antico ordine di
pietà osservato nel luogo di dove s'erano partiti», avrebbero fon-
dato «l'hospitale per alloggiamento di poveri forestieri ».

In realtà, ho già accennato — e vedremo meglio nella nota
riservata ai due monumenti — che la chiesa e quasi certamente
anche l'ospedale di sant'Ambrogio dovevano già esistere quando
fu costituita la confraternita omonima per il loro servizio. Ed ora
‘sappiamo con certezza dagli statuti appena ritrovati che l'ordine

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LA CHIESA, E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA 155

di pietà della nuova confraternita non fu — come vuole la tradi-
zione — quello della confraternita di santa Maria della Misericordia
in borgo san Felice ma esattamente lo stesso della confraternita
dei Battuti « burgi porte-nove ».

Il titolo della confraternita fu originariamente e rimase a lungo
solo di sant'Ambrogio, facendo tutt'uno con il titolo della chiesa
e dell'ospedale che essa era chiamata a servire.

Divenne sant'Ambrogio e Bellino per ragioni che ci sfuggono
e in un tempo non facilmente precisabile : in ogni caso dopo il 1531,
quando, come vedremo subito, la confraternita s’intitolava ancora
al solo sant'Ambrogio.

Comunque, di tutto il racconto della tradizione dovrebbe es-
sere vera almeno la venuta, nel quartiere di Porta Nova, di alcuni
confratelli di santa Maria della Misericordia con il loro patrimonio
di esperienza e di vocazione ospitaliera, e corrisponde senz'altro a
verità quello che la tradizione non dice, e cioè che la confraternita
«Batutorum de hospetalis santi Ambroxi » è derivata dal superstite
gruppo della confraternita « burgi porte-nove », probabilmente fuso
con i sopravvenuti confratelli di santa Maria della Misericordia.

Potrebbe esserne una spia valida la presenza di maestro Gucione
come gastaldo della nuova confraternita di sant'Ambrogio. Costui
va identificato, quasi certamente, con quel maestro Gucion di Ti-
xio, che appare nella matricola della confraternita « burgi porte-
nove », terzo nel gruppo dei venticinque confratelli fondatori, e an-
cora vivente — uno degli otto del gruppo — alla fine della breve
vicenda della confraternita stessa.

Invece, miser Lanaro o Lanario, che assume la carica di sin-
daco, e Guglielmo « domini petri», priore dell'ospedale di sant Am-
brogio, nella matricola della confraternita « burgi porte-nove» non
risultano. Saranno mai essi due dei confratelli di santa Maria della
Misericordia venuti da borgo san Felice ad integrare il superstite
gruppo della confraternita « burgi porte-nove» e a dar vita con
esso alla nuova confraternita di sant'Ambrogio di Porta Nova?

Per Guglielmo «domini petri», priore dell'ospedale, parrebbe
perfino ovvio. Ma siamo pur sempre nel campo delle ipotesi per
quanto ragionevoli.

Tuttavia, se per la venuta di confratelli di santa Maria della
Misericordia ci dobbiamo accontentare, almeno per ora, come s'é
visto, di una non impossibile tradizione, che rimonta almeno alla
seconda metà del 1500, per il gruppo superstite della confraternita

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156 ARISTIDE DANI

«burgi porte-nove », a parte il riferimento a maestro Gucione, esi-
ste un dato determinante negli statuti della confraternita di san-
t'Ambrogio, che ho avuto il piacere di trovare nello stesso codice
nel quale il Mantese ha rintracciato quelli latini della confraternita.
«burgi porte-nove», in una copia volgare cinquecentesca che il
discorso proemiale garantisce ripresa rigorosamente da un testo
«molto antiquo», manifestamente trecentesco.

Il codice contiene anche una versione volgare in copia tre-
centesca degli statuti della confraternita « burgi porte-nove», che,
però, non è la stessa di cui si è servito l'amanuense cinquecentesco.
per la copia degli statuti della confraternita di sant’ Ambrogio 1.

Esse hanno in comune, come archetipo, solo il testo latino
degli statuti della confraternita « burgi porte-nove » : più fedele, an-
che se non indenne da clamorosi errori di traduzione, la copia vol-
gare trecentesca; alquanto più libera, invece, quella ripresa dal-
l'amanuense cinquecentesco.

Do di seguito i due testi a fronte per documentare le varianti
fra di essi esistenti e anche per completezza di documentazione.

Vedremo poi, in un breve commento, gl’inquietanti interroga-
tivi che i documenti giunti fino a noi suscitano.

JESUS MARIA

Al nome sia del nostro dulcissimo:
redemptore miser Jesu christo be-
nedecto. E de la sua gloriosa madona
madre Domina sancta Maria. E del
glorioso nostro padre e doctore miser
sancto ambrosio proctetore e advo-
cato de questa nostra santa e be-
nedecta confraternitade. Pregandoli
devotissimamente che per loro bontà
e misericordia ne voglia donare la
sua santa gracia de farne crescere

e multiplicare e perseverare nel san-
ctissimo operare. Per infinita secula
seculorum. Amen.

Questo libro de capituli é stato
novamente tranferito da uno altro:
molto antiquo. Ne lanno de la nostra

RITO SIZE

dii sito proci iv loi a; Mete 47 —Ó
Questi sono statuti e ordeni della
fraia de i batù del borgo de porta
nova.

Della matricola e statuti della fraia.

In primamente ordenemo ch'in la
fraia nostra sempre sea una matri-
cola in la quale se contegna li ordeni
e statuti della detta fraia. Et in la
quale sea contenti i nome de i de-
voti homeni e done de questa me-
desima fraia.

Della eletion de i gastaldi e con-
siliarj.

E Anchora ordenemo ch'in la dic-
ta fraia sea tri gastaldi i quali siano
eleti ogni terza domenega del quarto
mese da lensire delloffitio de questa
gastaldia. I quali gastaldi dezano in-

LA CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA 157

salute. 1531. adì. 15. del mexe de
zugno. Regnante la memoria de Papa
Clemente VII°. Et del R.mo Epi-
scopo de vicenza miser Nicolò di
rodulphi diacono Cardinale de la
Santa Giexia romana. E del nobile
homo miser Bartholomeo aleardo ci-
tadin de vicenza et al presente sin-
dico de la nostra confraternitade.
Essendo gastaldi Francesco Tode-
schin lanaro e nicolò daleardo. El
qual libro de capitoli è stato dili-
gentemente notado como nel vechio
se contenea, non li essendo azonto
né sminuido alchuna cossa. Pregando
tutti li fratelli che vogliano mandare
in execution questa santissima rego-
leta per salute de le anime loro.
A laude e gloria del nostro signore
idio. Amen.

Questi sono statuti, ordini, e ca-
pitoli della fraia de li batudi de
Santo Ambrosio de porta nova.

De la matricola e statuti della fraia :
cap. I.

In prima nui ordinemo e volemo
che ne la fraia nostra sempre li sia
una matricola ne la qual se li con-
tenga tutti li ordini e statuti de la
dita nostra fraia. Et ne la qual vo-
lemo che li siano scriti tutti li nomi
de li devoti homini e done de que-
sta fraia.

Del modo de la ellection de li ga-
staldi e consiglieri: cap. II

Anchora ordinemo che in la dicta
fraia sia tri gastaldi li qualli volemo
che siano ellecti ogni terza dominica
del quarto mexe da lensire de loffi-
cio de questa gastaldia. Li qualli
cribere duy consiliarj per zascaduno
de quelli e uno notario el quale
scriva tutti li yntroiti e le spexe
della dicta Fraya et etiamdio che
scriva le voxe de tutti i Fradelli
della Fraya. E alora zaschaduno darà
la sua voxe a chi ge piaxe. E quelli
tri i quali avrano [---] più voxe
seano gastaldi. E i dicti gastaldi
novi elezano sey consiliarj e che
dicti gastaldi niente possa fare senza
i consiliarj overo mazor parte de
quelli. E dureran gastaldi e consi-
liarj per quatro mesi solamente in
el suo offitio. Ma al nodaro sia
provedudo del salario per la soa
fadiga como a dicti gastaldi e con-
siliarj decentemente apparerà.

Che i gastaldi e consiliarj sia della
fraya.

Anchora ordenemo che nesuno
possa o debia esser gastaldo o con-
siliario della dicta fraya el quale
non sia della fraya. O vero chi
sea de altro ordene overo chi sea ad
altri obligà.

Que modo da tegnire in recevere i
fradelli e que modo debia tegnire chi
se vole battere e chi no.

Anchora ordenemo che se algun
volesse intrare in la dicta fraya che
i gastaldi lo debia recevere cum
conseio de i soj consiliarj e se ello

vorà fare disciplina chel se compre.

una capa e cathena a fare disci-
plina e chel prometta in conspeto
de i gastaldi e consiliarj atendere
le facion e i statuti della dicta fraya
a tuto suo podere. Salvo che se
alcuno chosì maschio chome femena

ITER ami a

158 ARISTIDE DANI

gastaldi ellezano insieme dui consi-
glieri per chadauno di loro e uno
nodaro el qual scriva tuttj li fratelli
e sorelle che entrano ne la fraia, e
le spexe de dita fraia et etiamdio
che scriva tutte le voxe de li fra-
telli de la fraia. Dando li fratelli
le voxe a chi li pare e piace. E
dicti gastaldi novi ellezano sei con-
siglieri apresso de loro. Li Qualli
tutti insieme o vero la mazor parte
de essi habino a governare la fraia.
E debia durare el suo officio per
quattro mexi. Et volemo che al no-
daro li sia proveduto del suo salario
per la sua fatiga como a dicti ga-
staldi e consiglieri decentemente ap-
parerà.

Che li gastaldi e consiglieri siano
de la fraia: cap. III.

Anchora ordenemo che nessuno.
possa o debia essere gastaldo o vero:
consigliero de la fraia el qual non
sia descrito ne la fraia o vero che
sia de altro ordine o che sia obli-
gato ad altri.

Che modo se de tenire in recevere
li fratelli. E che modo debia tenire
quelli che se voleno batere e chi non
se vole batere: cap. IIII.

Anchora ordenemo che se algun
volesse intrare in la fraia che li
gastaldi lo debiano recevere cum lo:
consiglio de li soi consiglieri e se
quel tal fratello vorà fare la disci-
plina volemo chel se compri una
capa con una cathena per caxon de
far la disciplina e chel prometa in
conspecto de li gastaldi e consiglieri
atendere a le facion e ali statuti de
la fraia a tutto el loro potere. Salvo

un ini micia DA Ri Sari ns rr i M a; A Ain I Au ies TT ott
volesse per devotion intrare in la
dicta fraya e non volesse baterse
o non far disciplina ma essere obligà
solum partecipare alle facion de
quella fraya. E alora in remedio
della anima sua debia dare alla
dicta fraya vinti soldi de dinari pi-
zoli per la capa [e la cathena]. Salvo
che se per povertà non abiano di-
narj. Alhora i gastaldi e i consiliarj
sopra questo provedere e così sia
recevudi [- - -] al dicto modo a par-
ticipation de tutti i beni che sono
facti in la dicta fraya.

Del modo de congregare i fradelli
alla caxa della fraya per casùn de
batterse.

Ancora ordenemo che in la me-
moria del-la domenega della passion
ogni di del-la domenega e tutte le
feste della glorioxa verzene maria i
tutti li apostoli e evangelista re-
servà le altre festività ad arbitrio
e solepnità della gastaldia e consi-
liarij tutti i fradelli della fraya se
debiano adunare alla caxa della fraya
e ive se vestano e battandose con
la disciplina vadano per la cità per
amore della passion de miser yhesu
christo alora cum sirà vedü ora che
alguno non sea remaso per iuxta
casüm intendando sempre che quelli
i quali sun della fraya solamente
alle faction non seano obligadi ba-
terse.

Chi debiano esser recevudi e chi no,
e que modo debia tegnire.

Anchora ordenemo che i gastaldi
non receva in la fraya algun useraro

LA CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA. 159»

che se algun che si homo como.
femina volesse intrare ne la fraia
per loro devocion e non se volesseno-
batere o vero fare la disciplina, ma
essere solum obbligati ale facion de
la fraia. Alhora in remedio de ]la-
nima sua debia dare ala dicta fraia
soldi vinti de pizoli per la capa e
chatena. Salvo che se per povertà
non havesino dinari. Alhora li ga--
staldi e consiglieri habino sopra que-
sto a provedere. E cusi siano recevudi
intrando per lo predicto modo a par-
ticipation de tutti li beni che se
fano ne la fraia predicta.

Del modo como se debe congregare
li fratelli a la caxa de la fraia per-
caron de baterse: cap. V.

Anchora ordenemo che in memoria.
de la passion del nostro signore mi-
ser iesu christo tutti li zorni de le-
dominiche e tutte le feste de la
gloriosa verzene maria e de tutti li
apostoli et evanzelisti, reservate al-
tre festività e solemnità ad arbitrio.
deli gastaldi e consiglieri, tutti li
fratelli se debiano adunare ala caxa.
de la fraya e ivj se vestano batan--
dose con la disciplina vadino per la
cità per amore de la passion del
nostro signore miser iesu christo. E.
quando serà vedü che algun non
sia rimasto per iusta caxon. Inten--
dando sempre che quelli li qualli
sun de la fraya obligati a le facion
non siano obligati a baterse.

De quelli che debono essere rece-.
vudi e chi no e che modo se debia-

trenire: cap. VI.
Anchora ordenemo che li gastaldi
non debiano recevere alchun usuraro- E ud dil CL. iti a MNA Rari s V AT

né alguno che tegna mecha overo
bagassa, e che alguno della fraya
non debia andare a taverne zugando
e inebriandose overo per altri luogi
inhonesti, salvo che non fosse per
merchadancia la quale algun fosse
per comprare e vendere. E alora
posano andare per taverne cum fo-
lestieri e citadini [---] recreation
pure che pocho stasse in lo tal logo.
E se algun fosse scrito e perseverasse
in tale errore debia per li gastaldi
tre volte esser avixado e se non se
menderà alora debia della matricola
“esser canzelà.

Che doe messe sia cellebrà in la
-terza domenega de zascun mese.

Ancora ordenemo che in la terza
domenega de zaschadun mese, i ga-
staldi della dicta fraya i quali per
tempo serano se tegnudi de far dire
doe messe. Zoè una per li vivi,
laltra per li morti della dicta fraya.

Che nesuno cante se non li electi.

Anchora ordenemo che quando la
congregation della dicta fraya an-
derà per la cità fazando soa disci-
plina o vero battandosse nesun debia
cantare noma solamente li electi.
E li gastaldi sea tegnudi elezere doy
boni cantatore enanzi chi se parte
da caxa. E alora quelli debia orde-
nare e disponere quel-li che debia
cantare segondo che meyo apparerà
-a quelli.

Della solution de duy dinarj picoli.

Anchora ordenemo che zascadun

UODERGUGUNTIA OR OA II

160 ARISTIDE DANI

né alchun che tenga femine a sua
posta. Et che algun de la fraia non
debia andare a taverne zugando e
inebriandose o vero per altri logi
inhonesti salvo sel non fusse cosse
de merchancia per caxon de com-
prare e vendere. E alhora possa
andare per taverne cum forestieri
et citadini per causa de recreacion
pure che in tal logo pocho se li
dimori. Et se algun fusse scrito e per-
severasse in tal errore volemo che
per li gastaldi tre volte siano ad-
moniti et se non se emenderano
debiano essere cancellati de la fraia
e matricola.

Che el se debia cellebrare doe messe in
la terza dominica del mexe : cap. VII.

Anchora ordenemo che la terza
dominica de chadaun mese li ga-
staldi de la fraya li qualli per tempo
serano siano tenudi de far dire doe
messe zioé una per li vivi e una per
li morti.

Che nessun canti se non li ellecti :
cap. VIII.

Ancora ordenemo che quando la
congregation de la fraya anderà per
la cità fazando la sua disciplina o
vero batandose nessun debia cantare
noma quelli che serano ellecti. E li
gastaldi siano tenudi ellezere dui boni
cantori inancj che se partano da
caxa. E alhora quelli debian ordi-
nare e disponere quelli che debian
cantare segondo che meio parerà a
quelli.

De la Solution de dui dinari pi-
zolli: cap. VIIII.
Ancora ordenemo che chadaun de

d n asia a; TO I gare Minime a ^al
della fraya sea tegnudo pagare duy
danary picoli ogni domenega de za-
schadun mese.

Che i gastaldi avixeno i fradelli
visitare la caxa della fraya.

Anchora ordenemo che i gastaldi
e consiliarj debiano diligentemente
avisare e confortare zaschaduno de
i fradelli che visitare, vegnire e
continuare debiano alla caxa della
congregation ogni dì della domenega
e ogni altra festa. E se algun di
fradelli in visitare la caxa predicta
fosse negligente e pegro, alora per
li gastaldi sia avisado e reprendudo.

Del vodo e sacramento.

Anchora ordenemo che zaschaduna
persona della fraya la quale fosse
intrada in la dicta fraya overo per
lo avegnire dovesse intrare a nesuno
modo sea obligado alla dicta fraya
né esser obligado sia inteso per vodo
o sacramento.

Della confession da esser fata una
volta allano e recevere el corpo de
christo.

Anchora ordenemo che zaschaduno
della fraya sea tegnudo una volta
allanno confessarse i soy pechà e
dire cinque pater noster e cinque
ave maria zaschadun dì per li vivj
e per li morti de quella fraya. E
se manchasse uno dì soplisa el dì
sequente. E recevere el corpo de
christo una volta allano zoè in la
pascha della resurection del Segnore
overo in la soa natività.

LA. CHIESA. E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA. 161

la fraya sia tegnudo de pagare dui
dinari pizolli ogni domenega de cha-
daun mexe.

Che li gastaldi avixeno li fratelli de
visitare la caxa de la fraya: cap. X.

Ancora ordinemo che li gastaldi e
consiglieri debano diligentemente avi-
xare e confortare chadaun de li fra-
telli che debian venire e continuare
ala caxa dela congregacion tutti li
zorni de le dominiche e ogni altra
festa. E se algun de li fradelli fusse
negligente e pigro in vixitare la caxa
predicta volemo che sia amonido e
reprendudo per li gastaldi.

Del vodo e Sacramento: cap. XI.

Ancora ordinemo che chadauna
persona della fraya la qual fusse
intrada in la dicta fraja o vero per
lavenire dovesse intrare a nessun
modo sia obligado a la dicta fraya,
né se intenda essere obligado per
modo de vodo o vero de sacra-
mento.

De la confession da esser facta una
volta lano e de recevere el corpo de
christo: cap. XII.

Ancora ordinemo che chadaun della
fraya sia tenudo una volta lano con-
fessare li soi peccati e dire cinque
pater nostri e cinque ave marie
chadaun zorno per li vivi e per li
morti de la nostra fraya e se man-
chase uno zorno satisfarà laltro se-
quente. Et etiam debano recevere el
corpo de christo una volta lano zoé
el zorno de la santa pascha de la
Resurection del nostro Signore miser
iesu christo o vero ne la sua nati-
vitade.
162

Della visitation da esser fata una
volta al ano.

Anchora ordenemo che la visita-
tion debia esser fata una volta al-
lanno in la dicta fraternita. E che
i gastaldi i quali per tempo serano
elezano uno visitatore e questo sia
facto cercha la festa de san martin
a questo che i statuti della con-
gregation sea oservadi.

Della disposition di statuti da esser
facta per gli ministri e consiliarj.

Anchora ordenemo che ogni sta-
tuto della fraya predetta possa in
zaschadun caxo esser dispensà per
gastaldi e consiliarj abuda per quelli
diligente examination e deliberation.

Della publication di statuti in ogni
gastaldia.

Anchora ordenemo che zaschadun
gastaldo sea tegnudo e debia e faza
legere una volta in lo tempo del
suo offitio tutti e singuli ordina-
menti contegnudi in la matricola
della fraya soto pena de X soldi
per zaschadun gastaldo, e cinque
soldi per lo nodaro a questo che i
fradelli sapiano quello che i debiano
observare.

Che i gastaldi visite i fradelli in-
fermi.
Anchora ordenemo che se algun
della fraya se infermasse che i ga-
staldi incontenente che lo abia inteso

debia visitare el dicto infermo, e

[esortar]lo chel receva penitentia, e
consolation habia in el signore. E

I n e LT

ARISTIDE DANI

De la visitacion da esser facta una
volta a lano: cap. XIII.

Ancora ordenemo che la vistacion
debia esser facta una volta lanno
in la dicta fraternita. Et li gastaldi
che per tempo serano ellezano uno
visitadore e questo sia facto circha
la festa de san martin a questo che
li statuti de la congregacion sian
observadi.

De la dispensacion de li statuti da
esser facta per li ministri e consiglieri :
cap. XIIII.

Ancora ordinemo che ogni statuto
de la fraya nostra predicta possa in
chadaun caxo esser dispensado per li
gastaldi e consiglieri nostrj avuda
per quelli diligente examination e
deliberation.

De la publication de li statuti in
ogni Gastaldia: cap. XV.

Ancora ordenemo che ogni statuto
della fraya predicta deba essere facto
lezere una volta per li gastaldi nel
tempo dela loro gastaldia durante el
suo officio, e tutti e singuli ordini
contegnudi in la matricola de la
fraya soto pena de dinari X per
chadaun gastaldo e dinari V per lo
nodaro e questo a ciò che li fratelli
sapiano quello che debano observare.

Che li gastaldi debiano visitare li
fratelli infermi: cap. XVI.

Ancora ordinemo che se algun de
li fratelli de la fraya nostra se in-
firmasse che li gastaldi incontinente
che loro lo haverano intexo debiano
visitare lo infermo et exortarlo chel
receva la penitentia e consolation
al dicto infermo proveda de i benj
della fraya sello vederà in necessità
constituido.

Dello alturio da esser porrecto ai
fradelli infirmi per li gastaldi.

Anchora ordenemo che sel aca-
desse algun deli fradelli della dicta
fraya infermasse e per luy e per
persona interposta serà domandado
subsidio per povertà da i gastaldi.
Allora i dicti gastaldi habuda dili-
gente examination debia deli dinari
della fraya al dicto povero infermo
sovegnire, segondo che a loro meyo
parà convenire. E se el dicto infermo
averà de bisogno esser custodio alora
i gastaldi possa e debia imponere a
quelli che i vole che el dicto infermo
guarde. E intendasse sel serà sta
fradello de obtemperadi statudi e de
attendente facion.

De adure lo infermo overo morto
alla cità de vizenza per dexe meya.

Anchora ordenemo che se algun
tempo accadesse algun de i fradelli
della dicta fraya [de] infermarse, ove-
ramente infermo fora della cità de
vicenza per dexe meiari in que logo
se sia passasse de questo mondo, e
questo venisse a orecchie o a noticia
dei gastaldi della dicta fraya i quali
adesso e o per tempo serà che alora
i dicti gastaldi sea tegnudi e debia
per vinculo de obedientia a spexe
della fraya el dicto fradello infermo
fare menarlo alla cità de vicenza a
quello luogo dove el dicto infermo
meyo averà pensà stare. Overo dove

LA CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA 163

et speranza habia nel signore. Et
al dicto fratello infermo li provedano
deli beni dela fraya sello vederano
essere in necessità constitudo.

De lo alturio da esser porrecto ali
fratelli infermi per li gastaldi: cap.
XVII.

Ancora ordinemo che se lacadesse
algun delli fradelli de la nostra fraya
se infirmasse e per lui o per interpo-
sita persona serà domandado sub-
sidio per povertà da li gastaldi. Alho-
ra dicti gastaldi havuda diligente
examination debiano de li dinari de
la fraia al dicto povero fratelo in-
fermo sovenire segondo che a loro
meglio parerà convenire. E sel dicto
infermo haverà debisogno esser cu-
stodito. Alora li gastaldi possano e
debiano imponere ali fratelli che ha-
bino custodia di tal infermo. E que-
sto se intenda sel serà sta fratello
de obtemperadi statuti e che habia
atexo ale facion de la fraia.

De condure lo infermo o vero morto
ala cità de vicenza: cap. XVIII.

Ancora ordinemo che se per algun
tempo accadesse che algun de li
fratelli de la nostra fraya infermase
o veramente fusse infermo fuora de
la cità de vicenza per diexe miari
in che logo fusse, e passase de questo
mundo e questo venise a noticia de
li gastaldi de la fraja i qualli al

presente se ritrovano overo che per

tempo serano. Alhora ditti gastaldi
siano tenudi e debiano per vinculo
de obedientia a spexe de la fraya el
dicto fratello infermo far menare ala
cità de vicenza a quello luogo dove
el dito infermo meglio haverà pensà

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lontra ger uM.

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ub v SRI A III i ila pasa :
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el dicto morto averà ordinà e di-
sposto el suo corpo esser sepelido.
Naturalmente che pure el dicto fra-
dello sea de attendente e sostinente
pexi e facion cum la dicta fraya
como in quella matricola [è] trovado
observarse.

— Che i fradelli poveri sia sepellidi a
spexe della fraya.

Anchora ordenemo che se algun
de i fradelli manchasse in povertà,
e non fosse dove podesse esser se-
pellido che allora i gastaldi della
fraya faza que luy per amore de
dio de i benj della fraya sepellire
e alla chiesia segondo che meyo se
porà portarlo.

Che zaschaduna persona se tegnudi
pagare duy dinarj picoli per zascha-
dun morto.

Anchora ordenemo che zaschaduna
persona della dicta fraya sea tegnudo
pagare duy dinarj pizoli per zascha-
dun morto e morta el quale e la
quale serà pasado de questo mondo
e alora i gastaldi i quale al presente
son, o vero per tempo serano sea
tegnudi comprare pane in fina alla

:suma de cinque soldi pizoli. E oltra

de questo fare la lymosina per la-
nima de quello morto.o morta della
dicta fraya in remission dei soy
peccà.

Que modo da esser tegnudo circha
la sepoltura dei fradelli.

Anchora ordenemo che quando ac-
cadesse algun della fraya passare de
questo mondo, i fradelli della' dicta
fraya debia esser congregadi meio

164 . ARISTIDE DANI

stare. Overo dove el dicto morto
haverà ordinato e disposto el suo
corpo esser sepelido. E questa carità
se intende a quelli fratelli che sono
soliciti e che stano, e fano, e supor-
tano le facion de la fraya como ne
la matricola se tien de observare.

Che li fratelli poveri siano sepelidi
ale Spexe de la fraia: cap. XVIIII.

Ancora ordinemo che se algun deli
fradelli pasase di questa vita e se
ritrovasse in povertà e non havesse
modo dessere sepelido che alhora li
gastaldi de la fraya quel tal fratello
sepelire per l'amor de dio de li beni
de la fraya ala giexia segondo meglio
apparerà.

Che chadaun de li fratelli sia te-
gnudo de pagare dui dinari pizolli
per chadaun morto: cap. XX.

Ancora ordinemo che chadaun de
li fratelli de la fraya sia tenudo de
pagare dui dinarj per chadaun morto
e morta el qual e la qual serà pasado
de questo mondo. Alhora li gastaldi
li quali al presente sono o che per
tempo serano siano tenudi comprare
del pane per fina a la suma de dinari
cinque de pizolli. E oltra di questo
far la Elemosina de quello fratello o
vero sorella morto in remission de
li soi peccati,

Che modo se de tenire circha la
sepoltura de li fradelli: cap. XXI.

Ancora ordenemo che quando acha-
desse algun de la fraya passare de
questo mondo. Alhora li fratelli de
la fraia se deno congregare al me-

AVIR AT IN e rr

& n è ^
slot cm Sb i s BR. mm e a SR a ar sd ap Y e PA Rag Ron rire Livo o WO loin. pren a Aja Aa, ot M—] gain [t vaa £o 8
che se può fare. E se i gastaldi
vorano vada alla sepoltura del morto
e faza che alguni de i fradelli cum
devotion cante una oration, ma cum
honestà se batte fazendo oration
per la anema del morto, e zaschadun
sea tegnudo fare circha la sepol-
tura una venia e dire una volta pa-
ter noster e ave maria in remission
de i peccà de quel morto azoché
dio ge abia misericordia a l’anima
sua. E zaschaduno della congrega-
tion sea tegnudo dire X pater no-
ster e X ave maria. Ma se non fosse
presente quando questo savesse diga
per lanima del detto morto chomo
è detto de sopra.

Del pane benedeto da esser distri-
buido intra i fradelli.

Anchora ordenemo che in la terza
domenega de zaschadun mese i fra-
delli della dicta fraya debia esser
alla sua missa, cessando iusta casùn
e impedimento, e ive stare perfina
che serà compida. In la qual messa
el pane debia esser benedeto e di-
stribuito intra i fradelli e altre per-
sone ive seando. El qual pane debia
esser imponudo e trovado segondo
che ai gastaldi meio apparerà.

Che zaschaduno sea tegnudo andare
alla messa ogni dì.

Ancora ordenemo che zaschadun
della dicta fraya sea tegnudo andare
alla chiexia ogni matina inanzi che
vada ad algun luogo, hora che non
sia per iusta casùn impazà. E ogni
dì aldire messa se porà senza impe-
dimento, e spetialmente i dì della
festa.

LA CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA 165

glio che se poterà. E se li gastaldi
vorano vadino ala sepoltura del mor-
to e faza che algun de li fradelli cum
divotion cantino una oracion. Ma
cum honestà se batino facendo ora-
cion per lanima del morto e chadaun
sia tegnudo fare una venia circha
la sepoltura e dire una volta el
pater noster e lave maria in remis-
sion deli peccati del morto. A ciò
che dio habia misericordia a lanima
sua. E chadaun de la congregation
sia tenudo de dire X pater nostri
e X ave marie. Ma se non se fosse
presente quando questo avenisse al-
hora debia dire per lanima del fra-
tello morto como è dito de sopra.

Del pan benedeto da esser dato ali
fratelli: cap. XXII.

Ancora ordenemo che in la terza
domenega de chadaun mexe li fra-
telli de la fraia debiano esser tutti a
la mesa. Cesando iusta caxon e im-
pedimento e ivj stare per fina che
serà compida. Jn la qual messa el
pan benedeto debia esser destribuido
intra li fratelli e altre persone ivi
siando. El qual pam deba esser im-
ponudo e trovado segondo che ali
gastaldi meyo apparerà.

Che chadaun fratello sia tegnudo
andare ala messa ogni zorno: cap.
XXIII.

Ancora ordenemo che chadaun de
la Fraya sia tegnudo de andare alla
giexia ogni matina inanzi che vadi
in altro logo. Excepto che non sia
per iusta caxon impedito. E ogni
zorno aldire la messa se lui porà
senza altro impedimento. E special-
mente li zorni de le feste.

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Della inclination da esser facta i-
nanzi el crucifixo e la verzene maria.

Anchora ordenemo che quando al-
gun della fraya serà inanzi la pictura
overo ymazene del nostro segnore
yhesu christo crucifixo e la glorioxa
verzene Maria debia cum reverentia
el capo inclinare.

De costion overo discordia da es-
sere otemperada per li gastaldi.

Anchora ordenemo che sel nasce
alguna discordia per casùn de parole,
o odio, o rancore intra alguni della
fraya che dio ge adverta, overo intra
algun della detta fraya e strania
persona che quellu overo quelli della
fraya sea tegnudi obedire i coman-
damenti de i gastaldi in quello che
per loro è dito e serà determenà
sopra quella litte overo discordia.

Che i fradelli in testamento overo
ultima voluntà alguni lassano alla
fraya.

Anchora ordenemo che zaschadun
della fraya averà disposto sua ultima
voluntà sea tegnudo lassare de i soy
beni alla dicta fraya a sua voluntà.

De i nodari che scrive i testamenti.

Anchora ordenemo che se algun
nodaro della dicta fraya scrivesse

SOI I mensi

Lr gs B mm de. ai SR adr RB te DPA Ki gri s Mb ATi Live iva Wn liil Abin uy

ARISTIDE DANI

Dele discordie o vero costion da
esser otemperade per li gastaldi : cap.
XXIIII.

Ancora ordenemo che sel nasce
alguna discordia per casüm de pa-
rolle, odio, o rancore intra alguni
de la fraia che miser domenedio ne
averta, overo fra alguni de la fraia
e altre persone che quello o vero
quelli de la fraya siano tenudi a
obedire li comandamenti de li ga-
staldi e quello che per loro serà de-
terminado sopra tal lite o vero di-
Scordia tanto volemo che sia facto
e habi effecto.

De la inclination da esser facta
denancj al crucifixo e la madona:
cap. XXV.

Ancora ordenemo che quando al-
gun de la fraya serà inanci al cruci-
fixo o vero imazine del nostro Signor
miser iesu christo e de la sua madre
glorioxa verzene maria debia cum
riverentia el capo inclinare e dire
uno pater nostro e una ave maria
a sua laude e gloria.

Che li fratelli lasino in testamento
alguna cossa a la fraya: cap. XXVI.

Ancora ordenemo che chadaun de
la fraya che haverà disposto sua
ultima volontade sia tenudo a las-
sare de li soi beni a la dita fraia
segondo che a lui piacerà.

De li nodari che scrive li
menti: cap. XXVII.

Ancora ordenemo che se algun
nodaro serà de la fraya e scrivese

tresta-
ad alguna persona testamento overo
ultima voluntà sea tegnudo e debia
redure a memoria a quella persona
e confortarla che la lasse dei soy
beni alla dicta fraya per lanima soa.

Che tutte le intrà sia scrite e le
spexe.

Anchora ordenemo che i gastaldi
della fraya i quali per tempo serano,
sea tegnudi scrivere tutte le intrà e
le spexe de quelli le quale vegnerano
da quelli per lo tempo del so offi-
tio e administration. Le quale intrà
e spexe debia esser lecte intra i fra-
delli della dicta fraya in fine e in
lensire de loffitio di dicti gastaldi
veduta e examinà la raxun diligente-
mente per sequenti gastaldi e con-
siliary de quelli.

Che zaschadun prete celebra messa
una fiada al mese.

Anchora ordenemo che se algun
prete fosse in la dicta fraya sea te-
gnudo e debia celebrare ogni mese
una messa a honore de dio e della
gloriosa verzene maria e tuti i sancti
e le sancte a questo che dio perduga
a vera penitentia le persone della
dicta fraya e che la misericordia de
dio releve le anime de i morti e
morte della dicta fraya delle pene
del purgatorio e le mene ala gloria
del paradixo.

Che nyuno se aldege (1?) biastemar
dio né sancti.

Anchora ordenemo che nesuna per-
sona della dicta fraya se aldege né
presuma biastemare dio o la soa
madre o sancti o sancte de dio. E
se algun contrafarà sia: condepnà

LA CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA 167

ad alguna persona testamento o vero
sua ultima volontade sia tegnudo e
debia redure a memoria a quella
persona e confortare che la lase de li
soi beni ala dicta fraia per lanima sua.

Che tutte le intrà e spexe sian
scrite: cap. XXVIII.

Ancora ordenemo che li gastaldi
de la fraya li qualli per tempo se-
rano siano tenudi scrivere tutte le
intrade e spexe di quelli, le qualle
venirano da questi per el tempo
del suo officio e administration. Le
qualle intrà e spexe debano esser
lecte tra li fradelli de la fraia nel
fine e ensire de lofficio de li dicti
gastaldi. Vedute e examinate le ra-
xùn diligentemente per li sequenti
gastaldi e consiglieri de quelli.

Che chadaun prete cellebri mesa
una volta el mexe: cap. XXVIIII.

Ancora ordenemo che se algun
prete fusse in la dicta fraya sia
tenudo e debia cellebrare ogni messe
una mesa a honore de dio e de la
glorioxa verzene maria e de tutti
li sancti e sancte a questo fine che
miser domenedio perduca a vera pe-
nitentia le persone de la nostra fraya.
E che la misericordia de dio sublevi
le anime de li morti e morte da le
pene del purgatorio. E le conduca
a la gloria del paradixo. Amen.

Che nisun ardisa biastemare dio
né sancti: cap. XXX.

Ancora ordenemo che nessuna per-
sona dela nostra fraya ardisa né
presuma biastemar dio o vero la
sua madre e santi e le sante de dio.
E se algun contrafarà volemo che

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168

in X soldi pizoli per zaschaduna volta
da esser pagadi alla dicta fraya. E
i gastaldi i quali serano per tempo
seano tegnudi scuodere dicti dinari
da quelli che contrafano a tuto suo
possare infra X dì da po la denun-
tiation a luy facta. E se algun re-
cuserà far pagare come è dito, de-
bia al tuto della matricola esser
canzelà. E de questo possa essere
zaschaduno accusatore e sea tegnudo
in credenza. E sia creduto al suo
zuramento.

Che quelli che non attendeno sea
canzelladj.

Anchora ordenemo che se alguna
persona della dicta fraya non atten-
desse i statuti e facion della dicta
fraya debia della matricola esser
canzelà.

Che i statuti seano servadi.

Anchora ordenemo che ogni e sin-
gola cosa [---] cum gran diligentia
e deliberatione ferma [---] fradelli
elle sorelle della dicta fraya inviola-
belmente debia observare, per amore
del dulcissimo yhesu christo e la
gloriosa verzene maria e de tuta la
corte del paradixo.

Anno domini ducentesimo quin-
quagesimo octavo. Nel tempo de
rolandino de i mariscoti podestà de
peroxa. Seando questo che e a ho-
nore del onipotente dio pare e fiolo
e spirito sancto. E a honore e re-
verentia della verzene glorioxa, e
passion e aspersion del sangue del

ARISTIDE DANI

sia condemnato in dinari X per cha-
dauna volta da esser aplicadi a la
nostra fraya. E li gastaldi che se-
rano per tempo siano tenudi scuo-
dere diti dinari da quelli che con-
trafarano a tutto suo potere e questo
infra el termine de X zorni da poi
la denuncia a loro facta. E se algun
recuserà far pagar como è dito de-
bia al tuto de la matricola esser
canzellà. E volemo sia creduto al
suo zuramento.

Che quelli che non atendano siano
cancelladi: cap. XXXI.

Ancora ordenemo che se alguna
persona della dita nostra fraya non
atendesse o vero non atenderà ali
statuti e ordini de facion nostre de
la predicta fraya volemo che de la
matricola siano cancelladi.

Che li statuti siano observadi : cap.

XXXII.

Ancora ordenemo che ogni e singula
cosa condicta cum gran diligentia e de
ferma deliberation habino a perdura-
re. E che tutti li fratelli e sorelle in-
violabilmente debiano observare e
questo per amore del nostro dulcissi-
mo redemptore miser iesu christo be-
nedeto, e de la gloriosa verzene maria
e de tuta la corte del paradixo.

Anno domini millesimo ducente-
simo quinquagesimo octavo nel tem-
po de rolandino di marescoti podestà
di peroxa. Siando questo che a ho-
nore de lomnipotente dio padre, fiolo,
e spirito santo. E a honore e reve-
rentia della verzene gloriosa e pas-
sion e aspersion del sangue del fiolo

iti miri uid B ve i ida Livo ia ii gre ine ua iHi
fiol de dio. Fra raynero faxan de
peroxa habia facto disciplina ocul-
tamente alla dicta Verzene e oto
anni e più accadesse in una nocte
che duramente chel dicto frate fesse
disciplina guardando la ymazene del-
la Verzene vette delli ochi della
dicta Verzene maria lacrime ussire.
E vedando fortemente comenzó ba-
terse e cosi stando vene uno al uso
della cella del dicto frate trovando
el dicto frate parechiato andare per
terra e disse a luy e voio venire
cum ti ala disciplina. E frate ray-
nerio rispoxe chi é tu? E quello
respoxe e sum frate bemvignay non
me cognosci ? Steti io cum ti X anni.
E guardando vete piü altri cum
luy, e disse a luy: Chi sono quelli
che sono cum ti? E alora respoxe
sancto bemvignay: questi sono:
Sam Jerolimo, Sam florentio e Sancto
cesario e Sancto Cyriaco. E così
compagnado andó con essi infina
che perveneno ala chiesa de sam
florentio, e appassade le porte in-
trono in la chiexa predicta e inanzi
l’altaro de sam florentio comenzó
fare disciplina e cossì fazando vene
da loro lo sacrestano de quella chie-
sia e non vedendo se non (el) frate
raynero se meravegió molto e disse
al dicto frate estu solo ? E el dicto
frate respoxe no, anzi é chi cum
mi sancto bemvignay, S. florentio,
S. cesario, e sancto cyriaco. Alora
disse lo sacrestano dove sey intrato
in la chiexia el quale respoxe dove
a dio à piaxuto. E un pocho stagando
ensi fora el dicto frate della chiexia
li usi serati fermamente. Et de questo
lo sacrestano spavendose el di se-
quente andó a confessarse li soy

LA CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA 169^

de dio fra raynero faxan da peroxa.

habia facto disciplina ocultamente
a la dicta verzene octo anj e piü.

Accadesse in una nocte che dura--

mente chel dito frate fesse disci-
plina e guardase la ymazene de la

verzene, vette de li ochij della beata.

verzene maria uscire lacrime. E que-
sto vedando comenzò fortemente a
baterse e così stando vene al uso
della cella el qual trovando el dicto
frate parechiato andare per la terra
disse a lui: Io voio venire cum ti
ala disciplina. E frate Raynero re-
spoxe chi sei tu. E quello respoxe
e sum frate bemvegnay non me
cognosci. Steti io cum ti X ani.

E guardando vete più altri con lui,.

e disse a lui, chi sono questi che
sono con ti. E alhora respose Sancto
bemvignay questi sono s. Jeronymo,

s. Florentio, s. Cesario, s. Cyriaco. E.

cusì acompagnado andò con essi per
fina che perveneno ala giesia de
sancto Florentio et essendo apassate
le porte introrno in la giexia pre-
dicta, e inanzi laltare de s. Florentio
comenzó a fare la disciplina e cossi
fazando vene da loro el sagrestan
de quella giexia e, non vedendo se

non frate raynero se maravigliò-

molto e disse al dito frate setu solo.
Et el dicto frate raynero respose
no ancj è con mi sancto bemvignay

e s. Florentio e s. Cesario e s. Cy--
riaco. Alhora disse el sacrestan dove:

sei intrato in giexia el qual rispose

dove a dio è piasuto. E un pocho.

stagando uscì fora el dito frate de

la giesia essendo li ussi serati fer--

mamente. E de questo lo sacrestan
spavendose el dì sequente andò a

confesarse li soi peccati e confesado-

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“a luy la lettera presenteray a zo che

peccati, e confessado comenzò an-
«dare nudo per terra fazando disci-
plina. E così fazando in capo de
‘octo dì morì. Ma la nocte sequente
fazando el dicto frate raynerio di-
sciplina, levati li ochi verso el cru-
cefixo e la ymazene della gloriosa
vete da tuti duy ladi uno puto e
picholo, cosi stagando vene in mezo
de quelli una puta portando una
lettera nella sua mane. E metuda la
lettera sopra la tavola disparse in-
‘sembre a tuti i puti. E inconti-
nente el dicto frate per la ammira-
tion comenzó pianzere e molto tur-
barse diseva infra si benedeto sea
dio ney soy donj e sancto in tutte
le soe opere. E cosi stagando aparse
sancto bemvignay digando al dicto
frate perché pianzetu? perché te
turbi? e frate raynero respoxe per
quelle cosse che ó visto non degno.
Al quale sancto bemvignay dise non
te turbare perché quelle cosse che
tu vedessi sono da dio. Uno é sancto
michaele, laltro è sancto gabriele.
La puta la quale tu vedessi è la
madre del nostro segnore miser yhe-
su christo. E sì te digo che per li
toy pechà innumerabele e bruti zoè
de sodemia e usuraj, e per la cor-
ruption della fede christiana zoè per
la incredulità de i pattarenj gazary
poverj e altri molti voleva questo
mondo subvertere. Ma per pregi della
piatoxa verzene inzinochiata donò
yhesu christo largamente spatio ai
christiani de fare penitentia. E vuole
che la disciplina la quale ay fata
longo tempo occultamente, publica-
mente fia facta al populo. Donde
va doman dal veschovo peroxino, e

= n

170 ARISTIDE DANI

comenzò andare nudo per terra fa-
zando disciplina. E così facendo in
capo de octo zorni morì. Ma la
nocte sequente el dicto frate raynero
fazando disciplina levati li ochij verso
el crucifixo e la ymazene gloriosa
de la madona vete da tuti dui ladi
uno puto picholo e così stagando
vene in mezo de quelli una puta
portando una letera ne la sua man.
E metuda la letera sopra la tavola
disparve insieme con li puti. E in-
continente el dicto frate per ladmi-
ration comenzò pianzere e molto
turbarse, dicea infra de si: Bene-
decto sia dio ne li soi doni, e sancto
in tutte le sue opere. E cosi stando
aparse sancto bemvignay digando al
dito frate perché pianzitu e perché
te turbi. E frate raynero respose
per queste cosse che è visto non
degno. Al qual san benvignay dise
non te turbare perché quelle cosse
che tu vedi sono da dio uno é santo
michael e laltro é sancto gabriel.
La puta la qual tu vedesti è la ma-
dre del nostro Signor miser iesu
christo. E si te digo che per li pec-
cati innumerabili e bruti zoé de so-
domia e usuraj e per la coruption
de la fede christiana zoé per la in-
credulità de i patarini gazarij poveri
e altri molti, volea questo mondo
subvertire. Ma per priegi de la pia-
toxa verzene inzenochiata donó iesu
christo largamente spacio a christiani
de far penitentia. E vole che la di-
sciplina la qual ài fato longamente
per molto tempo occulta, publica-
mente sia fata al populo. Donde
dimane anderai dalo episcopo peru-
xino, e a lui la letera apresenterai.
A ció che questo che contien in la

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quello che contiene in la lettera al
populo publicamente la denuntie.
Vegnando el dì sequente, andò el
dicto frate raynerio dal vescovo e a
luy la lettera apresentó. Ma era cosi
disposita la lettera che non poteva
esser aperta, e deschiarando al ve-
schovo come a luy era sta apresentà
la lettera. Alora respoxe el veschovo
al dicto frate: tu sey bono, ma te
voy reputar meiore. E recevuda la
lettera frate raynerio retornó alla
'chiexia [ver]gognado comenzó pian-
zere e pregava dio pare e la beata
verzene che selle cose predicte erano
al suo volere lo dovesseno mandare
ad effecto. E alora facta la oratione
vene da luy sancto bemvignay e
disse: Non voler temere frate e non
voler turbarte. Ma retorna dal ve-
schovo e luy farà el tuo volere.
Vegnando laltro di retornado dal
veschovo de' a luy la lettera digando
‘che sopra quella celebrasse cosse
divine. E recevuda la lettera cantó
la messa el veschovo sopra de quella
€ incontenente aperta fo la lettera.
E el veschovo incontenente cum la
lettera in mane andò alle schale del
pallazo del comun de peroxa. E live
congregato lo puouolo disse la con-
dition della lettera, e come era sta
portada e quello che contenea in
quella. E entra le altre cosse leze
questo verso propheti [- - -] la disci-
plina che idio non ve [---] e non
[- --] della via iuxta. Leta la lettera
molti cum miser frate raynero nudi
comenzò fare disciplina, e così ope-
rando la divina gratia. A prossimo
dì niuno remase in la cità che non
andasse nudo fazando disciplina. E
tuti quelli che avevano ody a paxe

LA CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA. 171

letera al populo publicamente la de-
nuntij. E cusì vegnando el zorno se-
quente, andò el dicto frate raynero
da lepiscopo e a lui la litera apresentò.
Ma era così disposita la litera che
non potea esser aperta e, deschia-
rando al episcopo como a lui era
sta a presentà la letera. Alhora re-
spose el vescovo al dicto frate:
Tu sei bono ma te voi reputar me-
iore. E recevudo la letera frate ray-
nero retornò a la giexia pieno de
vergogna e comenzò a pianzere e
pregava dio patre e la beata verzene
che se le cose predite erano a suo
honore e volere le mandaseno a ef-
fecto. E alhora fata loration vene a
lui sancto bemvignai e li dise non
temere frate e non voler turbarte.
Ma retorna da lepiscopo e lui farà
el tuo volere. Venendo laltro zorno
ritornò a lepiscopo e detelli la le-
tera dicendoli che sopra di quella
cellebrase le cose divine. E recevuto
la litera cantò la messa el vescovo
sopra di quella. E incontinente la
litera fu aperta. E subito el vescovo
con la litera in man andò a le scalle
del palazo del comun de peroxa.
E ivi congregato el populo disse la
condicion de la litera e come era
sta portada e quello che in essa se
contenea. E tra le altre cosse lezete
questo verso prophetico de davit
propheta : Aphrendite disciplinam ne
quando irascatur dominus vi non pe-
reatis de via iuxta. Leta la letera
molti cum fra raynero nudi comen-
zorno fare la disciplina. E cusi operó
la divina gracia. Laltro zorno se-
quente niun rimase ne la cità che
non andase nudo fazando la disci-
plina. E tuti quelli che haveano

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e concordia perveneno. E cossì come
è a cadauno manifesto detta peni-
tentia de la disciplina per lo uni-
verso mondo de chrystiani cresete
cooperando dio padre. E el suo
unico fiolo yhesu christo e el spirito
sancto paraclito de tuti doy. Al
quale sea honore grande e gloria
per omnia secula seculorum. Amen.

Altegrado per la divina permis-
sione veschovo vincentino. Ali uni-
versi fideli de christo della congre-
gation de i devoti ovvero batudi per
la cità de vizenza ordeniati salude
in el segnore sempiterna. Avegna
dio che coluy del dono del quale
che a luy dai soy fideli dignamente
e laudabelmente sia servido della
habundantia della soa pietà exce-
dano i meriti delle suplication e i
vodi. Desiderando ampo (?) excitare
el populo de devotion perfina tanto
che a honore de dio e del padre
onipotente e della madre soa ver-
zene glorioxa e a reverentia alla
predicta congregation serà congre-
gadi insembre vuy in remission de
i nostri peccà diri battandove vin-
ticinque zorni ne averi battudi. Et
etiamdio ai fideli universi de christo
li quali seguiterano la via della vo-
stra congregation [---] veramente
pentudi e confessi quindexe zorni
della misericordia dello omnipotente
dio e de i beati appostoli sancto
piero e sancto paulo de meriti e
autorità pieni della pena [---] cum
misericordia in el segnore dio la
relaxemo. In el testimonio della qual
cossa queste nostre pattente lettere
cum el nostro sigillo avemo ordenado
esser fortificade.

sul

172 ARISTIDE DANI

odio a paxe e concordia perveneno.
E così como è a chadaun manifesto
dicta penitencia de disciplina per
luniverso mondo de christiani cre-
scete cooperante dio patre et el suo:
unigenito figliolo iesu christo et el
spirito santo paraclyto de tuti dei,
al quale sia honore e gloria per in-
finita secula seculorum. Amen.

Altigrado per la divina permission
vescovo vicentin. A li universi fi-
delli de christo de la congregation
de li devoti batudi per la cità de
vicenza ordinati. Salute nel Signore:
sempiterna. Avenga dio che colui
del don del qual lui dà ali soj fidelli
dignamente e laudabilmente sia ser-
vido de la sua habundantia de pie-
tade excedano i meriti delle supli-
cation e vodi. Desiderando excitare
el populo a devotion per fina tanto
che a honore de dio e del padre
omnipotente e de la madre soa ver-
zene glorioxa e a reverentia a la
predicta congregation serà congre-
gadi insieme e vuj in remission di
vostri peccadi diri batandove vinte-
cinque ne haveri batudi. Et etiam
dio ali fidelli universi de christo li
qualli vi seguiterano a la vostra
congregacion che serano veramente
pentidi e confessi quindexe zorni de-
la misericordia de dio omnipotente e
de li beati apostoli sancto pietro e
paulo de meriti e auctorità pieni
de la pena cum misericordia nel
Signore dio relaxemo. J nel testi-
monio de la qual cossa queste nostre
patente letere del nostro e cum el
nostro sigillo havemo ordinato et
fortificade.

rum ura iur NEL - - 3 Lu DI
fol Da d scis dea Xe aki Siti riad ucro PO Ja ile E
Data Vicenza in el palazo epi-
sschopale die martis X iunij. 7 in-
dicione.

Frate zuane per permission divina
veschovo adriense. Ali universi fi-
deli de christo della congregation
de i devoti overo battudi per la
cità de vicenza constituidi. Salute
in el segnore sempiterna.

Avegna dio che coluy del dono
«del quale ven che a luy dai soy
fideli dignamente e laudabilmente
sea servido ad abundantia della soa
pietà excedano i meriti [---] desi-
derando ampo (?) excitare [---] de
christo, per premy de gaudij spiri-
tuale [---] de vuy perfina tanto
che a honore de dio padre onipo-
tente e madre soa verzene glorioxa
e reverentia alla predicta congrega-
tion seri congregadi insembre. Et
etiamdio ali universi e fideli de
christo veramente pentudi e con-
fessi i quali a vuy e alla vostra con-
gregation habieno porte le mane ad
al[- - -]

Data in Vicenza die 8 iunij, sep-
tima indicione.

LA CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA. 173

Data in vicenza nel palazo episco-
pale die martis. X. Junij - 7 in-
dictione.

Frate zuane: per permission di-
vina Episcopo adriense. Ali uniyersi
fidelli de christo della congregation
de ii devoti o vero batudi per la
cità de vicenza constituidi. Salute
nel Signore sempiterno. Avenga dio
che colui del don del qual vien che
a lui da li soi fidelli degnamente e
laudabilmente sia servido ad habun-
dantia de la sua pietà excedano li
meriti delle suplication e voti. Es-
sendo nui desideroxi excitare el po-
pulo christiano a devocion e ne li
gaudij Spirituali a li universi e sin-
gulli de vui. Ogni volta che a honore
de dio patre omnipotente et de la
sua matre verzene glorioxa e a loro
reverentia la congregacion predicta
in uno vi sereti congregati. Et an-
cora li universi fidelli de christo
veramente pentidi e confessi li qualli
a vui e ala congregacion vostra le
mane adiutrice porzerano per sub-
sidio vostro. De la misericordia de
lomnipotente dio e de li beati apo-
stoli pietro e paulo li meriti. Qua-
ranta zorni de indulgentia nela mi-
sericordia del signore relaxemo. J
nel testimonio de la qual cossa que-
ste nostre letere patente habiamo
facto fare e del nostro sigillo ha-
vemo ordinato che sian fortificade.

Datta in vicenza die octavo Junij
septima Jndictione.

Qui me scripsit de ferraria fuit. = nani:

174 ARISTIDE DANI

Questi sono i fradelli elle sorele
della disciplina del borgo de Porta
nova.

Zuane de chadiani.

[---] de anselmo.

M. Gucion di tix[- - -].
Guido de [- - -].
Jachomo chax [---] otolin.
Tomio de zua[ne].
Jachomo de an[- - -].
Symion so fradello.
Vitalin de bonaventura.
Zuane de marcho.
Bartholomio de anthonio.
Girardin di nigri.

Zuane so fiolo.

Girardin de zuane.
Jachomo de symion.
Florio so fiolo.

Zuane di [- - -].

Zuane de [- - -].
Anthonio de [- - -].
Girardo so f[iolo].
Zuane de [- - -].
[5c ].

Piero comand [---] de zuane.
Iachomo so fiolo.
[Beni]ncà de bonomo.
Zachomo de cambio.
Martin di bonomo.
Bono de malado.
Mathio da tiene.
Avanto de albeton.

Vio de paganin.
Bartholomio so fradello.
Ognoben di uliviero.
Piero dj vitalim.
Bortholomio de dyomo.
Mathio frantora.
Corrado dala volpe.
Galuan da isola.

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LA CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA 175»

Pollo de marcho.
Michaele di grado.
Francesco detto fra [- - -].
Jachomo sartor.

Zenaro da isola.

Candin de thomio.
Philippo de [- - -].
Thomio fi [- - -].
Francesco de [-- -].
Cotonelo de gulielmo.

| zuane |

Il ritrovamento degli statuti della confraternita «burgi porte-
nove» e di quelli della confraternita di sant'Ambrogio di Porta
Nova ci garantisce, al di là di ogni dubbio ipercritico, che la con-
fraternita di sant'Ambrogio è la prosecuzione di quella «burgi porte-
nove», con o senza la confluenza di confratelli staccatisi dalla con-
fraternita di santa Maria della Misericordia in borgo san Felice.

Ma l'acquisizione sic et simpliciter degli statuti, della confra-
ternita « burgi porte-nove» da parte della confraternita di sant'Am-
brogio propone il formidabile problema della variazione delle ca-
riche sociali non prevista dagli statuti neppure nella copia cin-
quecentesca. Secondo gli statuti, le due confraternite dovevano
essere governate da tre gastaldi eletti dai confratelli a maggioranza
di voti e da sei consiglieri eletti due da ciascun gastaldo.

Invece l'epigrafe del 1384, che è il documento costitutivo della
confraternita di sant'Ambrogio, dà un unico gastaldo e un sindaco
per la nuova confraternita, e un priore alla soprintendenza del-
l'ospedale.

Secondo il discorso proemiale alla copia cinquecentesca degli
statuti della confraternita di sant'Ambrogio, la direzione della
confraternita appare affidata, invece, ad un sindaco e a due ga-
staldi e non si fa addirittura parola del priore dell'ospedale.

Sono dati che non si accordano in alcun modo.

Di primo acchito vien fatto di pensare che nel 1384, all'atto
della costituzione della confraternita di sant'Ambrogio, il primo
gastaldo abbia mantenuto il suo titolo e le sue mansioni tradizio-
nali e, con essi, la presidenza della confraternita ; al secondo ga-
staldo siano stati attribuiti il titolo e le prerogative di sindaco,
176 ARISTIDE DANI

-che dovevano essere di discreto controllo dell'attività del gastaldo-
presidente e di amministrazione della confraternita stessa. Il terzo,
poi, avrebbe avuto il priorato dell’ospedale : insomma, un aggior-
namento e un arricchimento delle cariche sociali rispetto a quelle
previste dagli statuti della confraternita «burgi porte-nove», in
connessione con la venuta dei confratelli di santa Maria della Mi-
‘sericordia e con le nuove finalità sociali della confraternita di san-
t' Ambrogio.

Ma stranisce che un mutamento tanto appariscente e incisivo
nella vita della confraternita non sia stato recepito dagli statuti ;
-e stranisce altrettanto che gli statuti, che pure si diffondono a di-
‘scorrere dell'attività caritativa dei singoli fratelli e della confra-
ternita non facciano menzione del suo nuovo e ormai predominante
impegno ospitaliero, documentato inequivocabilmente nell'epigrafe
del 1384 e poi in una quantità di documenti dei secc. xv, xvi e se-
.guenti fino alla soppressione della confraternita e alla concentra-
zione dell'ospedale di sant'Ambrogio e dei suoi beni nel nuovo e
unico ospedale maggiore di san Bartolomeo nel 1772.

Per ora il problema rimane insoluto.

Possiamo solo ipotizzare una serie di variazioni e di deroghe
:agli imperativi statuti nella fase organizzativa della nuova con-
fraternita di sant'Ambrogio e del suo ospedale : variazioni e deroghe
in via sperimentale prese nell'ambito della congregazione generale
e rimaste affidate ad accordi verbali che nel tempo possono avere
subito mutazioni; oppure consegnate a codicilli allegati agli sta-
tuti e non conservati. Quest'ultima ipotesi, peró, lascia alquanto
perplessi perché il codicetto cinquecentesco, che raccoglie gli sta-
tuti della confraternita « burgi porte-nove» e della confraternita di
sant'Ambrogio, ha tutta l'aria di una accurata « summa » dei docu-
menti costitutivi ed istituzionali delle due confraternite, e appare
quanto meno strano che non siano stati raccolti i codicilli con le
varianti agli statuti stessi, tanto piü che risulta un vuoto gravis-

“simo nei confronti dell'ospedale.

Non resta che attendere lumi da nuovi documenti.
Ad ogni modo, anche nel silenzio dei documenti istituzionali,

-deve aver ragione il Mantese, il quale rileva che il mutamento nelle
«cariche sociali « nasconde e suppone un periodo di evoluzione ri-

spetto all'epoca dello Statuto», anche se questo periodo — come
io credo di aver dimostrato — debba essere stato assai breve, e che
l'elezione di un priore dell'ospedale e — aggiungo — di un solo

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LA. CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA 177

gastaldo della confraternita o di due al massimo, appena e discre-
tamente controllati da un sindaco, il quale nel Cinquecento acquista
addirittura posizione predominante, rappresenta una forma di go-
verno — sia della confraternita che dell'ospedale — autoritaria,
accentrata e piuttosto lunga e stabile.

In tal modo si dev'essere cercato di ovviare ai comprensibili
inconvenienti di un governo largamente collegiale, democratico,
come quello dei tre gastaldi e dei sei consiglieri eletti ogni quattro
mesi.

Una conferma sembra venire dal secondo capitolo degli sta-
tuti, che, a proposito del governo della confraternita, suona: «illi
tres qui habebunt plures voces sint gastaldiones ... et ... dicti
gastaldiones nihil possint facere sine consiliariis vel maiori parte
ipsorum ».

La copia volgare trecentesca fa eco : « E quelli tri i quali avrano
più voxe seano gastaldi... e... dicti gastaldi niente possa fare
senza i consiliarj overo mazor parte de quelli». Ma la copia tre-
centesca da cui ricava il suo testo l'anonimo amanuense ferrarese
cinquecentesco per la confraternita di sant'Ambrogio altera sensi-
bilmente il passo: «E dicti gastaldi novi ellezano sei consiglieri
apresso de loro. Li Qualli tutti insieme o vero la mazor parte de
essi habino a governare la fraia ». Non v'é dubbio che siamo in pre-
senza di una perdita di chiarezza e sulla strada di profondi muta-
menti nel governo della confraternita: dal governo democratico
al governo oligarchico, di vertice.

II

Il piccolo complesso della chiesa e dell'ospedale di sant'Am-
brogio in Vicenza (Tav. III) non è nuovo alla critica.

Il primo ad interessarsene è stato lo storico vicentino Silvestro
Castellini '9, vissuto nella seconda metà del Cinquecento e nel primo
trentennio del Seicento, il quale nella sua Descrittione delli Borghi
di Vicenza, manoscritta nella Biblioteca Bertoliana della Città, ne
tracciò la storia, adducendo — come già s'é visto nella prima parte
di questa memoria — dati della tradizione e due documenti epigra-
fici, di cui uno importantissimo (Tav. II), ai quali la critica si è poi
sempre sostanzialmente attenuta.

Secondo il Castellini, dunque, alcuni confratelli della « scuola »

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178 ARISTIDE DANI

di santa Maria della Misericordia costituita presso l'omonima chiesa
e ospedale — poi san Bovo — nel borgo di san Felice, si sarebbero
staccati dalla loro confraternita e, fatta parte per sé stessi, avrebbero
acquistato un terreno dentro le mura nel borgo di Porta Nova, dove,
nel 1383, avrebbero fabbricato una chiesa « di assai mediocre gran-
dezza », che avrebbero dedicato ai santi vescovi Ambrogio e Bel-
lino, e, accanto ad essa, un ospedale « per alloggiamento di poveri
forestieri », un ospedale fra i migliori della Città.

La chiesa possedeva tre altari, adorni il maggiore, dedicato a
sant'Ambrogio, di una pala del Maganza; un altro, quello della
Madonna, di una pala di Bartolomeo Montagna (il « vecchio Mon-
tagna ») ; l’ultimo, di san Bellino, di una pala di Porfirio da Vicenza.

Il Barbarano, vissuto nella prima metà del Seicento, accoglie
anche lui :° la tradizione della venuta di alcuni confratelli di santa
Maria della Misericordia nel borgo di Porta Nova e, sulla base della
tarda epigrafe collocata sopra la porta della chiesa, che dà la data
giusta del 1384 (Sodalitium hoc ss. Ambrosii, et Bellini cum xe-
nodochio, ut ex antiquissima patet inscriptione, institutum fuit
anno MCCCLXXXIV) per la fondazione della chiesa stessa e dell'ospe-
dale, accredita questa data, che è stata successivamente accolta
da quanti si sono interessati all'argomento.

Il Barbarano non dice nulla degli edifici della chiesa e del-
l'ospedale. Accenna, invece, ai tre altari e introduce il dato che
la pala dell’altar maggiore sia opera del Montagna, anziché del
Maganza come aveva insegnato il Castellini.

Errore del Castellini o del Barbarano ?

La risoluzione del problema potrebbe venire solo dal ritrova-
mento della pala, che, per ora, risulta smarrita.

Il Faccioli '*, nella scheda 54, riporta l'antica epigrafe, con
la data del 1383 come il Castellini, ma nella scheda successiva ri-
ferisce l'istituzione della confraternita «dei ss. Ambrogio e Bel-
lino » e del suo ospedale al 1384.

Il Tornieri, poi, nelle sue Cronache di Vicenza che cominciano
dall'anno 1767 18 giugno e terminano nel 1822, anch’esse manoscritte
nella Civica Biblioteca Bertoliana di Vicenza, alla data 27 dicem-
bre 1772, dà notizia della soppressione dell’ospedale e della
confraternita di sant’ Ambrogio e ne approfitta per aggiungere
che la chiesa «è bella e capace con un bel quadro sull’altar
maggiore ».

Accettando l’iscrizione collocata sopra la porta della chiesa,

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LA. CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA 179

che recava la data 1384, come riferiva il testo del Barbarano, dice
la chiesa eretta appunto nel 1384 e successivamente restaurata,
senza precisare l'entità e i tempi dei restauri.

Da questo momento c’è silenzio fino al 1870, quando il Fa-
bris '? riprende tutte le notizie sopra riportate e ne aggiunge alcune
di assai interessanti, frutto della lettura di prima mano di docu-
menti d’archivio rimasti finallora sconosciuti, come quella che
l'ospedale, nel 1500, oltre che ricovero di pellegrini, era anche de-
stinato ad accogliere le « donne girovaghe» e i poveri in genere.

Altra notizia interessante è che la confraternita dell’ospedale
di sant'Ambrogio, dal Tornieri data per soppressa insieme con la
chiesa e con l’ospedale nel 1772, secondo il Fabris — che la chiama
«fraglia di sant'Ambrogio » — si trasferì nella chiesa di san Felice,
nel cui atrio collocò anche il proprio sepolcro. La notizia è interes-
sante perché potrebbe essere indicativa del luogo dove cercare il

fondo d’archivio della confraternita : l'archivio parrocchiale di

san Felice.

Bortolan e Rumor ! danno per certa la fondazione dell’ospe-
dale di Porta Nova ad opera di « alcuni Battuti della fraglia di s. Ma-
ria Maddalena a s. Bovo» « per i pellegrini, le donne girovaghe ed
altri poveri », e, chissà mai su quali informazioni, dicono la chiesa
costruita « poco dopo» l'ospedale, e ospedale e chiesa dedicati a
sant'Ambrogio e a san Bellino.

Il De Mori'? fissa la costruzione dell'ospedale nel 1384 e i
restauri della chiesa nel 1500.

Il Magagnato !* offre la prima scheda veramente critica. Ac-
cetta anche lui come anno di fondazione della chiesa il 1384 e ri-
ferisce la facciata ad «un tipico schema trecentesco veronese ».
Per quel che riguarda l’interno, dà notizia di «un alto coro» nel-
l'abside, «incorniciato da un grande arco trionfale a sesto acuto».
Dell'ospedale si limita a rilevare il particolare della «graziosa bi-
fora gotica trilobata ».

Subito dopo, l'Arslan ?? offre una lettura più particolareggiata
e attenta della chiesa: «Semplice aula a una navata coperta da
capriate con profondo presbiterio e abside a tre lati. Un grande
arcone archiacuto, sormontato da un oculo, divide il presbiterio
dal resto della chiesa. La facciata a capanna con cornice di cotto
definita da archetti archiacuti, con semplice mensoletta rastre-
mata in basso, di tipo trecentesco, con fregio a denti di sega. Nella
facciata si aprono due alte e strette monofore cinquecentesche a

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180 ARISTIDE DANI

tutto sesto e la porta architravata pure cinquecentesca ; lunettone
seicentesco ».

Successivamente dà per certa la costruzione della chiesa « nella
seconda metà del Trecento, per un ospedale fondato nel 1384»:
quindi, in sintonia con i Bortolan e Rumor, posteriore al 1384. La
considera «architettura della seconda metà del ’300 del tipo più
il semplice », ma, piuttosto che ad esempi veneti, come aveva fatto

4 il Magagnato, la riallaccia a quelli lombardi di Solaro e di Lentate.
Ultimo ad interessarsene è stato il Mantese 2°.
| Egli riferisce la tradizionale data di fondazione «di s. Ambro-
tl gio e Bellino, nel borgo di Portanova » nel 1384. Della facciata della
| chiesa dice che «è ancora quella originale» e, d'accordo con il Ma-
gagnato, che essa «ripete il tipico schema trecentesco veronese ».

Questo è lo stato attuale della critica nei confronti della chiesa
| e dell'ospedale di sant'Ambrogio.

I Il paziente lettore si sarà accorto di talune contraddizioni e

dM di errori che si sono venuti accumulando nel tempo. Inoltre, la let-

iL tura della chiesa e dell’ospedale rimane ancora lacunosa.

Perciò, qui di seguito, cercherò — per debito di chiarezza e

i II di verità — di chiarire codeste contraddizioni e di correggere codesti
(THERE errori, e di offrire, finalmente, la lettura completa dei due monu-

menti vicentini.

Di essi, il più significativo, ai fini dei problemi storici con-
nessi con il nostro discorso, è senz’altro la chiesa.

La facciata (Tav. IV) racchiude un piccolo ma importante se-
greto passato finora inosservato. Essa, infatti, risulta dalla somma
di due costruzioni : vi è una facciatina a capanna ancora sostanzial-
mente romanica, di cui rimangono due archetti del coronamento
sottogronda, appena percettibili, all'estremità sinistra della fac-
ciata attuale, poco sopra la metà dello sviluppo verticale ; due an-
cora completamente conservati ai lati del lunettone; e i segni di
due altri ai lati dell'archetto a destra del lunettone ; inoltre, l'oculo
al centro della facciata subito sopra il portale e la struttura mu- |
raria di regolari corsi orizzontali di mattoni intervallati con corsi |

di pietre annegate, alla rinfusa, nella calce. La sua sommità giungeva
i esattamente sopra la curvatura del lunettone secentesco. Questa
qn facciatina può essere goduta nella bella ricostruzione grafica (Tav. V)
che ne ha fatto espressamente e del tutto gratuitamente per questa
memoria il bravissimo studente vicentino di Architettura sig. Do-
menico Trevisan, che qui doverosamente segnalo e ringrazio.

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Si tratta di un piccolo organismo coerente, serrato dentro due
paraste laterali che, non solo bloccano le forze centrifughe della
massa muraria impedendole di disintegrarsi, ma costituiscono an-
che l'imposta naturale e, quindi, la giustificazione logica delle due
fascie di archetti lungo gli spioventi che salgono verso la sommità
a concludere la facciata. Il campo della facciata è integro. Nessun
accenno di paratassi spaziale per mezzo di paraste o di cordonate
verticali che ne spezzino la continuità. Tutto si risolve in termini
di un ricco cromatismo suggerito dai corsi di mattoni e di pietre
annegate nella calce. Questo cromatismo non patisce altra interru-
zione che quella del portale e dell’oculo sovrastante, che ingoiano,
nella loro profondità, colori e luce. Gli archetti degli spioventi,
realizzati in modo alquanto grossolano e secondo una tipologia
arcaica, non sono a tutto sesto né rigorosamente ad ogiva. Essi
concludono in termini di delicato contrasto chiaroscurale questa
bella sinfonia di colori.

La facciatina è una piccola cosa, di linguaggio corsivo, e rientra
nell’ambito delle architetture minori della seconda metà del Du-
gento e della prima metà del Trecento a Vicenza.

I due maggiori esempi vicentini di questo stile possono essere
considerati le facciate del tempio di santa Corona, che rimonta al
1260 e ss., e della chiesa suburbana di sant'Agostino, eretta fra il
1323 e il 1357 2.

Entrambe presentano, oltre ai consueti motivi delle fascie di
archetti lungo gli spioventi e del rosone subito sopra il portale,
un campo murario che le parastine interne, appiattite, ritmano e
non infrangono, e, soprattutto, proporzioni ancora così romaniche,
prive di slancio verticale, che sono servite sicuramente di modello
per la facciatina della nostra sant'Ambrogio.

Tuttavia, l’edificio che, nel territorio vicentino, meglio si presta,
per stringenti analogie, ad un paragone con la nostra chiesa è la
pieve di santa Maria di Nanto, solo alquanto più curata nei parti-
colari, come gli archetti pensili con identici peducci rastremati in

basso e definiti da sottili ghiere di cotto ma già chiaramente e fine-

mente ogivali, ricavati sul lato di mezzogiorno.

Questa pieve, che è realizzata in conci di giallo calcare locale:
non possiede la ricchezza cromatica di sant'Ambrogio. Per il resto,
però, è in tutto simile. Essa risale alla prima metà del 1300. Infatti,
i suoi affreschi più antichi erano segnati « A.D. 1353 » 22).
Un'altra osservazione: le mura scaligere, che cingono il quar-

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tiere di Porta Nova, sono costruite anch’esse in corsi orizzontali di
mattoni alternati a corsi di pietre, eseguiti nell’identica tecnica
usata per la facciata della chiesa di sant'Ambrogio. Queste mura
sono state costruite fra il 1343 e il 1369. Tenuto conto di tutti questi
elementi, sarei propenso a collocare la chiesa di sant'Ambrogio,
non solo nella prima metà del Trecento — il che appare evidente —
ma di preferenza nei primi decenni, fra il 1320 e il 1340: quindi,
un ventennio, circa, prima della pieve di santa Maria di Nanto e
contemporaneamente alla chiesa di sant'Agostino.

L’interno era costituito da un’aula rettangolare, quasi certa-
mente priva di abside (Tav. X n. 1)?®, corrispondeva all'attuale
‘corpo della chiesa. Era certamente ricoperto di un tetto a capriate
viste. Di dove prendesse luce, oltre che dal piccolo oculo di fac-
ciata, si potrà, forse, appurare dopo i restauri, quando le murature
saranno completamente liberate dall'intonaco che oggi le ricopre
ancora in parte.

La chiesa possedeva, quasi certamente, un unico altare, ap-
poggiato alla parete di fondo.

Esaminando le pareti interne, mi è accaduto di rilevare, sulla
destra entrando, una parete più antica, tutta di pietrisco annegato
nella calce. Può essere l’indizio di un edificio di culto anteriore ?
Lo sapremo quando, nel corso dei restauri, già programmati dalla
Soprintendenza ai Monumenti di Venezia e che auguriamo pros-
:simi, mi sarà consentita una ricerca nel sottosuolo.

Nel 1384 o negli anni intorno, per accogliere la nuova confra-
ternita dei Battuti dell'ospedale di sant'Ambrogio e per sua inizia-
tiva, dopo che ne aveva preso possesso, la chiesa subì un amplia-
mento in altezza e in lunghezza. Allora la facciata (Tavv. IV e VI)
fu innalzata di qualche metro, perdendo l'armonia di proporzioni
che possedeva precedentemente in favore di un eccesso di altezza
rispetto alla larghezza. Simile seppure non grave squilibrio appare
anche nell'interno. Era un quasi inevitabile tributo al nuovo e or-
mai dilagante gusto gotico, tutto proteso verso il verticalismo.
Allora fu costruito anche l'aguzzo campanile segnato nella carta
della Biblioteca Angelica di Roma (Tav. I) e oggi non più esistente.
‘Esiste, invece, all'interno della chiesa, sulla destra del piedritto del-
l'arco trionfale la porta architravata che vi dava accesso.

L'innalzamento della facciata non determinó altro che l'aper-
tura di un nuovo oculo, sopra e piü grande del precedente (il suo
raggio corrisponde al diametro dell'antico). Per il resto, la linea

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LA CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA 183

degli spioventi si è limitata a ripetere più in alto il motivo di ar-
chetti pensili su peducci rastremati e il fregio a denti di sega esi-
stenti nella facciatina più antica. Gli archetti sono nello stesso
numero e della stessa dimensione, solo più dichiaratamente ogivali
anche se neppure qui perfetti.

Il muro è stato realizzato in pietrisco annegato nella calce
con tratti discontinui di mattoni e di corsi di mattoni : sostanzial-
mente un episodio luministico con pennellate cromatiche, che ac-
centua la chiarezza e le vibrazioni atmosferiche del settore più
naturalmente illuminato e immerso nell’atmosfera. Noi possiamo
vedere la ricostruzione integrale di questa facciata nel bel disegno
(Tav. VI) anch’esso del sig. Trevisan.

A questo punto, diventano problematici gli accostamenti di
questa costruzione con quelle veronesi del '300 proposti generica-
mente (ma devono aver pensato quasi certamente a san Pietro
Martire) dal Magagnato e dal Mantese o con talune lombarde proposti
puntualmente (Solaro, Lentate) dall'Arslan.

Se riferimenti veronesi o lombardi appaiono possibili, essi rien-
trano genericamente in un linguaggio comune all’area veneto-lom-
barda del tempo, come insegna anche la pieve di santa Maria di
Nanto, o, se proprio si voglia trovare un valido archetipo, vanno ri-
cercati prima di tutto nella facciatina più antica e, attraverso di
essa, ad anteriori costruzioni locali come santa Corona.

In ogni caso, ogni riferimento diretto a questa o a quella chiesa
di Verona o della Lombardia appare improponibile.

L’interno è costituito di un'alta aula irregolarmente rettango-
lare (Tav. X, n. 1), la cui area coincide con la precedente chiesa
di sant'Ambrogio. L'ampliamento riguarda l’abside quadrangolare
(Tav. X, n. 2) come in sant'Agostino di Vicenza, in san Francesco
di Bassano e nella ricordata pieve di Nanto. L’accesso a tale abside
fu ottenuto con l’apertura, nel muro di fondo della chiesa prece-
dente, di un grande arcone ogivale (Tav. VII), per il quale furono
costruiti due grossi e solidi piedritti in mattoni.

Un ulteriore ampliamento si ebbe nel senso della lunghezza
nella seconda metà del 1400 o nei primi anni del 1500 con l’aper-
tura di un grande arco a tutto sesto nel muro terminale dell’abside
quadrata e con l’aggiunta di un’abside poligonale a cinque lati
(Tavv. VH, VIILe X, n.3).

Con tutta probabilità, in quell'occasione furono aperte anche
le due sottili ed alte monofore sulla facciata (Tav. IV): abside e

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monofore della facciata rientrano nei modi di Rocco da Vicenza.
Contemporaneamente furono innalzate anche le due cappelle al centro
delle murature longitudinali della nave, dove furono collocati gli
altari della Madonna, con pala di Bartolomeo Montagna, e di
san Bellino, che avrebbe avuto una pala di Porfirio da Vicenza.
Oggi le due cappelle sono murate e gli altari, con le relative pale,
dispersi.

Sul finire del secolo xvi dovrebbe essere stato costruito, da
Vincenzo Scamozzi, il bel portale (Tav. IX) di linee classicheggianti :
almeno questo è il parere di Edoardo Arslau, che lo dice « cinque-
centesco ». Ma è possibile anche il dubbio che il portale risalga ap-
pena alla seconda metà del 1700, opera piuttosto esile ma assai
fine di Ottone Calderari, che proprio allora (1773) andava costruendo,
li presso, il palazzo Schiavetto ora Borgato, nel quale veniva scio-
rinando un grosso impegno accademico su modi scamozziani.

Nella prima metà del 1600 fu aperto l’orrendo lunettone nella
facciata, che ingoiò l’oculo del 1384 e che mi auguro di veder presto
cancellato : per la sua documentazione bastano le foto qui ripro-
dotte.

Sarà meno lungo il discorso relativo all'ospedale di sant'Am-
brogio (Tav. III).

Dall’iscrizione del 1384 ricaviamo che, in quell’anno, l'ospedale
già esisteva. Ma da quanto? È da ricollegare agli anni della co-
struzione della prima chiesa di sant'Ambrogio, quindi intorno al
1320-1340 ? Oppure è stato fondato intorno al 1384 in previsione
della costituzione della confraternita di Battuti per la sua dire-
zione e il suo servizio ?

Ecco due domande per ora senza risposta.

In ogni caso, l'edificio attuale si situa esattamente nel tempo
della fondazione della confraternita « de hospetalis santi Ambroxi »
(1384) e non insegna nulla sulle possibili vicende anteriori del-
l'ospedale.

L'edificio attuale é una piccola costruzione a due piani. Insiste
su quattro valichi a tutto sesto a terreno, e nel settore superiore
presenta quattro fori: due monofore rettangolari ed una bifora
triloba.

E possibile che, in origine, le due monofore fossero anch'esse
ogivali.

Il pilastrino centrale della bifora è posteriore grossolano ri-
sarcimento.
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LA CHIESA E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA 185-

Per questo piccolo edificio non è possibile parlare di architet--
tura secondo i termini canonici. Infatti, non si rinviene in esso.
coordinazione alcuna di motivi architettonici o di parti.

Esso è una tipica costruzione veneta, con la consueta «eresia »-
del vuoto a terreno e del pieno sovrastante.

Tuttavia, come sempre in questo tipo di architetture venete,
non ne deriva alcuna illogicità né alcuno squilibrio.

Infatti, le profonde ombre che si addensano nel portico creano:
una solida piattaforma ottica di sostegno al pieno sovrastante.
Le piattabande dei pilastri, poi, si risolvono in ritmi luminosi che
si dilatano a ventaglio verso la superficie perfettamente speculare
del muro sovrastante, il quale si risolve in un forte episodio lu-
ministico e quindi immateriale, che le aperture, lungi dallo spez--
zare, esaltano.

La parete densa di luce è frenata, in alto, dalla cornice sotto-.
gronda in cotto, che realizza un gustoso trillo cromatico e si pro-
pone in termini di intelligente trapasso verso la liquida libertà
atmosferica.

Perciò, se non possiamo parlare, per l'ospedale di sant'Am-
brogio, di architettura razionale, dobbiamo pure ammettere che i
valori architettonici fondamentali sono ottenuti per magia di luce
e di colori, quindi su di un piano eminentemente poetico.

Non serve ad annullare la validità del discorso la provincialità.
dell'esecuzione, particolarmente nelle aperture a terreno, che hanno
pilastri decisamente troppo pesanti (ma potrebbe essere anche di-
fetto dovuto a lavori posteriori di rafforzamento) e mancano di
un perfetto rapporto vertico-orizzontale, se parte dei pilastri non
è rimasta interrata per l’innalzamento del piano stradale.

Il lettore, nella documentazione fotografica, avrà avuto modo-

di riscontrare il pietoso stato di abbandono in cui si trova la chiesa

di sant'Ambrogio (l'ospedale è stato restaurato di recente per ini-

ziativa privata).

Questo abbandono rimonta al 1772, quando la confraternita.

di sant'Ambrogio e di san Bellino fu soppressa e l'ospedale e la

chiesa di sant'Ambrogio vennero chiusi e le rendite passate al-

l'ospedale maggiore di Vicenza, allora allora istituito nell'antico e
splendido monastero dei Canonici Regolari Lateranensi di san Bor-
tolo, dove si trova ancora.

La chiesa sembró destinata a risorgere poco dopo, quando ne

prese possesso la confraternita dei Battuti di san Giovanni Decol-

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chin 186 ARISTIDE DANI

ilato proveniente dall'ospedale di sant'Antonio Abate presso il Duomo,
meglio nota come confraternita dei Negroni.

Questa volle fissarne il ricordo facendo incidere sull'architrave
«del portale classicheggiante dello Scamozzi : QUOD OLIM D. AMBROSIO
ET BELLINO - NUNC D. IO. BAPTISTAE ET ANTONIO AB. D.D. E in una
pietra tra l'architrave del portale e il lunettone, oggi opportuna-
mente rimossa e conservata all'interno, per la riapertura dell'oculo
:della facciatina della prima metà del 1300: D.0.M.-SS. IOHANNIS
BAPTISTAE DECOLLATI ET ANTONII ABBATIS . CONFRATERNITAS . EX
-MAIORI HOSPITALI TRANSLATA . ANNO MDCCLXXV.

Ma nel 1806 anch'essa fu soppressa e da allora la chiesa ha
:Subito la triste sorte di essere ridotta a scuderia, ad officina, a
magazzino.

So di un progetto di restauro generale della Soprintendenza
«ai Monumenti di Venezia: mi sia lecito auspicare da queste pagine
un sollecito iter della pratica presso i competenti organi romani e
un pressante invito all'Amministrazione comunale di Vicenza, pro-
prietaria dell’edificio, perché affretti il compimento del restauro
-e destini la chiesa ad uso dignitoso: al culto, se se ne ravvisasse
la necessità, o a centro di documentazione della spiritualità medie-
vale a Vicenza, in particolare di quella connessa con le confrater-
nite dei Battuti, che tanto tesoro di carità hanno distribuito nel
:loro secolare servizio agli ospedali della Città e del Territorio.

ARISTIDE DANI

NOTE

1) Cf. AcKERMAN JJ. S., Palladio's Vicenza: A Bird's - eye Plan of c.
4571, in Studies in Renaissance and Baroque Art, London, Phaidon, 1967.

*) Cf. ScHIavo A., Della vita e dei tempi del B. Giovanni Cacciafronte,
Vicenza, Tip. Paroni, 1866, pp. 169 ss.; e MANTESE G., Memorie storiche
della Chiesa Vicentina, III, Il Trecento, Vicenza, Sc. Tip. Ist. S. Gaetano,
pp. 316 ss.

*) Cf. MANTESE G., op. cit., pp. 219 ss.

5$)" GE ID, 0p. cil, p. 310:

Gf. I», op. cit; p. 318:

9)- Cf. ID:; 0p: cit; p.- 219.

?) Cf. CASTELLINI S., Descrittione delli Borghi di Vicenza, Ms. Biblio-
iteca Bertoliana di Vicenza, II, cc. 188 v. ss.
8) Ibid.

SINIS ASINO M Ee

LL. esed miri SR agi os Mn AT eti ios io Won pilo i ua A
LA CHIESA. E L'OSPEDALE DEI BATTUTI DI SANT'AMBROGIO IN VICENZA 187

*)) Cf. BAnBARANO F., Historia Ecclesiastica della Città, Territorio e
.Diocese di Vicenza, V, Vicenza, Stamperia Bressan, 1761 (postumo), pp. 396-
397. Ma anche MANTESE G., op. cit., p. 450.

19) Non è santo titolare frequente nelle confraternite di Battuti.

San Bellino, della famiglia padovana dei Bertaldi, fu arciprete della
:ssua Chiesa, sostenitore dei Vescovi riformatori fedeli al Pontefice nelle lotte
per le investiture fra Chiesa e Impero, e, alla fine, egli stesso vescovo’ della
sua Città. Attuò in diocesi la riforma gregoriana e, fra le tante altre cose,
i prodigò per l'emancipazione dei servi della gleba. Fu ucciso nel 1147 a
Fratta Polesine da sicari della famiglia padovana Capodivacca. Nell’am-
bito del suo culto, egli fu invocato protettore contro i morsi dei cani idrofobi.

Per ulteriori notizie e per una adeguata bibliografia, si veda DANIELE I.,
in Bibliotheca Sanctorum, II, Roma, Istituto Giovanni XXIII nella Pon-
tificia Università Lateranense, 1962, ad vocem, cll. 1083-1084.

1) È un codicetto membranaceo nella Biblioteca Bertoliana di Vi-
«ccenza, Fondo Ospedali, busta Statuti, di mm. 200 x 135 ed è costituito di
quattro fascicoli di età diverse.

Il primo fascicolo, di cc. 10 numerate progressivamente, risale al 1531
e contiene a cc. 1-9 r.v. gli statuti in volgare della Confraternita di Sant'Am-
brogio di Porta Nova e a cc. 9-10 la maggior parte della narrazione volgare
veneta della Lezenda de fra Rainero Faxano ... da Peroxa comengadore de
la regola di Batudi in Bologna, compilata nella prima metà del sec. XIV a
cura della Confraternita dei Disciplinati di s. Maria della Vita in Bologna.
Per la quale si veda Arpu E., Frater Raynerius Faxanus de Perusio, in Il
movimento dei Disciplinati nel settimo centenario del suo inizio (Perugia -
1260), Convegno Internazionale: Perugia 25-28 Settembre 1960, Perugia,
Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, 1962, pp. 84-98, segnatamente
per il testo latino a pp. 93-97.

Il secondo fascicolo, di cc. 12, contiene a c. 11r. la conclusione della
Lezenda de fra Rainero Faxano...; a c. 11r.v. il testo volgare dell'in-
dulgenza concessa ai Battuti di Vicenza dal vescovo vicentino Altegrado
.da Lendinara ; a c. 12r. il testo volgare dell'indulgenza concessa agli stessi
e ai loro benefattori dal vescovo di Adria fra Giovanni. C. 12 v. è bianca
e cos] tutte le altre del secondo fascicolo.

Il terzo fascicolo, numerato da 23 a 32, reca il testo volgare degli sta-
tuti della Confraternita dei Battuti di Borgo Porta Nova. Esso appartiene
al sec. XIV. Gli statuti sono a cc. 23-28 v.. A cc. 28 v.-30 v. la Lezenda
de fra Rainero Faxano ... nel testo volgare veneto. A cc. 30 v. l'indulgenza
in volgare del vescovo Altegrado, e 31r. quello, sempre volgare, della in-
-dulgenza del vescovo fra Giovanni, gravemente lacunoso per erosione della
pergamena. A c. 32r.v. un catalogo incompleto di fratelli della confrater-
nita «burgi porte-nove», ricavato dal testo originario latino: manca del
tutto la matricola delle consorelle.

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Il quarto fascicolo, certamente il più antico ma pur sempre trecentesco,
contiene gli statuti latini della confraternita « batutorum burgi porte nove »
a cc. 33-38 r.v. e 39r.; a cc. 39r.v., 40r.v. e 41r. è il testo latino della
Lezenda de fra Rainero Faxano ..., in tutto identica a quello originale bo-
lognese. A cc. 41 r.v. l'indulgenza in latino del vescovo Altegrado e a c. 42 r.
l'indulgenza in latino del vescovo adriese fra Giovanni. C. 42 v. è bianca.
A cc. 43-46 sono i due elenchi di fratelli e sorelle della confraternita di Bat-
tuti «burgi porte-nove ».

Il codice è rilegato con due tavolette ricoperte di cuoio marron, bat-
tuto con cornice di stilizzazioni floreali e una grande croce centrale ripetute
su entrambe le facce, le quali sono adorne anche di borchie metalliche agli
angoli.

Il fermaglio reca il motivo del sole stilizzato delle tavolette di san Ber-
nardino ma senza il nome di Gesù.

1) CASTELLINI S., op. cit., l. c.

13) BARBARANO F., op. cit., l. c.

14) FaccioLI G. T., Museum Lapidarium Vicentinum, I, Vicenza, Tip.
G. B. Vendramin Mosca, 1776, pp. 79-80.

4) FaBRIS G., Sulle origini dell'Ospitale Civile di Vicenza, Vicenza,
Tip. Burato, 1870, pp. 20-21.

16) BoRTOLAN D. - Rumor S., Guida di Vicenza, Vicenza, Tip. S. Giu-
seppe, 1919, p. 45.

1?) DE Moni G., Chiese e chiostri di Vicenza, Vicenza, Ed. G. Galla,
1928, p. 84.

13) MAGAGNATO L., Chiesa di S. Ambrogio, in BARBIERI F. - CEvESE HR.
- MacAGNATO L., Guida di Vicenza, Vicenza, Società Anonima Tipografica,.
1953, p. 277.

1°) ARSLAN E., Catalogo delle cose d' Arte e di Antichità d'Italia, Vicenza,
I, Le Chiese, Roma, De Luca Editore, 1956, p. 1, scheda 1.

2°) MANTESE G., op. cit., pp. 450, 523, 633-634.

2) Per Santa Corona, si vedano BoRTOLAN D., S. Corona, Chiesa e con-
vento dei Domenicani in Vicenza (Memorie storiche), Vicenza, Tip. S. Giu-
seppe, 1889, in particolare a pp. 65 ss.; e ARSLAN E., op. cit., pp. 50-51,
Scheda 277. Per Sant'Agostino di Vicenza, di vedano ARSLAN E, 0p.-ciL,
pp. 190-191, scheda 1328 ; e DANI A. - Rossi L., Don Federico, Vicenza,
Tip. G. Rumor, 1956, passim.

^") GASPARINI T., Nanto Vicentino, Appunti storici, Tip. Commerciale,
1933, p. 26.

^) La pianta qui riprodotta mi è stata cortesemente fornita dall’Uf-
ficio vicentino della Soprintendenza ai Monumenti di Venezia, nella per-
sona del sig. Gregorio Girardello, che vivamente ringrazio.

FITNESS III eerta

AU dc ads; vela gil n vn AD dio d bes VIP RITIRO ORIO 7s um E
dig ill So — e — a aii dk -—
INDICE DEL VOLUME

Memorie

ATTILIO BARTOLI LANGELI, I documenti sulla guerra tra Perugia
e Foligno del 1253-54

‘GAETANO CONTINI, A proposito della stampa a Venezia dell'« Hi-
storia» della città di Perugia di Pompeo Pellini

Note e documenti

‘PIETRO SCARPELLINI, 7 più recenti studi su Giotto ad Assisi .

MARIO ScARAMUCCI, Sull’ipotesi di una monetazione perugina an-
teriore al 1259

Recensioni

UMBERTO NOFRINI, Jl Tempio del Bramante a Todi, con introdu-
zione di ARNALDO BruscHIi, Volume 11 di Res Tudertinae,
Todi, 1970 (Renzo Pardi) .

Umbria. A cura di Roberto Abbondanza, Luigi Bellini, Andrea
Caizzi, Umberto Ciotti, Francesco Santi. Presentazione del-
l'on. Franco Maria Malfatti. Banca Nazionale del Lavoro.
Electa Editrice, 1970. Prima edizione riservata alla Banca
Nazionale del Lavoro (Giovanni Cecchini)

‘(CARMELO AMEDEO NasELLI C. P., La soppressione napoleonica
delle Corporazioni Religiose : il caso dei Passionisti in Italia
(1808-1814). Roma, Libreria Editrice Pontificia Università
Gregoriana, 1970 (Ugolino Nicolini)

Massimo PerRoccHI, Aspirazioni dei contadini nella Perugia
dell'ultimo trentennio del Cinquecento ed altri scritti, Roma
Editrice Elia, 1972, pp. 123. (Ugolino Nicolini)

45

89

109

115

119

121
190 INDICE DEL VOLUME

CENTRO DI DOCUMENTAZIONE
SUL MOVIMENTO DEI DISCIPLINATI

GIOVANNI MANTESE, Statuti della Fraglia dei Battuti di Borgo
Porta Nova e l'Ospedale dei SS. Ambrogio e Bellino in Vi-
cenza REESE ES UU SM qu IA DEAE P. 129:

ARISTIDE DANI, La chiesa e l'Ospedale dei Battuti di Sant" Ambro-
giorinsVicenza- Ci SR ia SO a e GOES » 143.

Pror. GIOVANNI CEccHINI - Direttore responsabile

CORINTO Nene Path VNNENM ne

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