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BOLLETTINO.

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DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
PER L'UMBRIA

VOLUME LXXII

FASCICOLO SECONDO

PERUGIA -1975
Pubblicazione semestrale - Sped. abb. post. Gruppo IV

ARTI GRAFICHE CITTÀ DI CASTELLO
Città di Castello (Perugia)

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Memorie

Gli ebrei a Città di Castello dal XIV
al XVI secolo”

Le prime tracce della presenza ebraica a Città di Castello risal-
gono all'ultimo decennio del xiv secolo. È in questo periodo che
come è noto, la corrente dei prestatori romani, che a partire dalla
fine del secolo precedente sino a tutta la prima metà del Trecento
aveva portato alla costituzione di numerose comunità ebraiche nel
Lazio, nell’Umbria e nelle Marche, riprendeva la sua migrazione
ascendente verso le regioni settentrionali dell’Italia, alla ricerca di
nuovi centri dove impiegare i suoi capitali nell'attività del prestito ».
Nell'Umbria erano sorti tra la fine del Duecento e gli inizi del Tre-
cento centri ebraici a Todi, Gubbio, Spoleto, Foligno, Orvieto, As-
sisi, e tra essi spiccava per importanza quello di Perugia, dove una
numerosa colonia ebraica aveva assunto un ruolo di primo piano
nel tessuto economico e nella vita sociale e culturale della città 9.

Nell'ultimo scorcio del Trecento alcuni gruppi di prestatori di
origine romana, che in queste città dell'Umbria avevano fatto tappa
più o meno lunga, si muovevano verso le zone limitrofe della To-
scana e dell'Emilia. Alcuni di essi preferirono fermarsi ai confini
settentrionali dell'Umbria, nell'alta valle del Tevere, accogliendo il
pressante invito dei governanti di Città di Castello, che nell'aper-
tura dei banchi di pegno vedevano la soluzione di molti dei problemi
economici della città ed una delle condizioni essenziali al suo svi-
luppo. Da Perugia provenivano i fratelli Manuele e Bonaventura di
Abramo, ai quali il Comune di Città di Castello concedeva la prima

* Desidero ringraziare vivamente la Dr.ssa Paola Bazzurri, esperta nella
storia degli ebrei di Città di Castello, per il suo prezioso aiuto nella ricerca dei
documenti che sono oggetto del presente studio.

La ricerca è stata condotta con il contributo del Consiglio Nazionale delle
Ricerche, Roma, dell" Israel Commission for Basic Research, Gerusalemme, e del
Research Committee della Bar Ilan University, Ramat Gan (Israele).

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2 ARIEL TOAFF

condotta per l'esercizio del prestito il 21 gennaio 1390 ®. Come ve-
dremo, a questa prima famiglia altre si aggiunsero successivamente,
che rafforzarono in misura cospicua la colonia ebraica tifernate nel
corso del Quattrocento. Ma é soltanto dagli inizi del Cinquecento
che verso Città di Castello cominció a convergere un numero sempre
maggiore di famiglie ebraiche, provenienti dai centri minori della To-
scana meridionale, dell'Emilia, del Lazio, dell' Umbria e delle Marche 9.

A richiamarle non erano state solo le favorevoli condizioni che
il Comune offriva al prestito ebraico ?, ma anche la felice posizione
geografica della città, situata ai confini settentrionali dello Stato della
Chiesa con la Toscana e il Ducato di Montefeltro ed a breve di-
stanza dal Ducato Estense. Soprattutto nel periodo delle Controri-
forma, quando gli ebrei furono oggetto da parte della Chiesa di nor-
me restrittive sempre più dure, che tra l’altro miravano a fornire
una giustificazione religiosa e legale alla spoliazione sistematica delle
loro proprietà, la lontananza da Roma fu considerata un privilegio,
perché in qualche misura attenuava e stemperava la durezza delle
disposizioni papali.

Città di Castello rispondeva a questo requisito ed inoltre, per
la sua posizione geografica, agli ebrei che vi avessero preso stanza
offriva la possibilità di un rapido ed agevole trasferimento con i lo-
ro beni oltre i confini dello Stato Pontificio, alle prime avvisaglie
di pericolo. Così nel Cinquecento la città tifernate divenne sede del-
la comunità ebraica più numerosa ed importante dell'Umbria, sop-
piantando la stessa Perugia 9. La comunità praticamente si estinse
nel 1569 contemporaneamente agli altri centri ebraici dello Stato
Pontificio, eccettuati quelli di Roma e di Ancona che, come è noto,
furono gli unici risparmiati dal decreto di espulsione contenuto nella
Bolla Hebracorum Gens di Pio V ?. Il ritorno degli ebrei nei territo-
ri della Chiesa all'epoca di Sisto V, concesso con il motu-proprio
Christiana pietas del 6 ottobre 1586 9, fu di breve durata, anche se
il notevole numero di ebrei che rientró a Città di Castello costituisce
un'ulteriore conferma dell'attrattiva che la città esercitava sugli e-
brei 9. L'espulsione definitiva fu poi decretata da Clemente VIII
con la Bolla Caeca et obdurata del 25 febbraio 1593 19,

GLI INIZI

Per tornare alla prima notizia sulla presenza ebraica a Città di
Castello, come abbiamo detto, la condotta concessa dal Comune a GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 3

Manuele e Bonaventura di Abramo da Perugia porta la data del 21
gennaio 1390 5. I capitoli erano eccezionalmente favorevoli. Ai
prestatori, che si impegnavano ad aprire un banco nella città, ve-
niva consentito l’interesse assai alto di 12 denari per libbra al mese,
pari al 60952. Era loro concessa la piena cittadinanza e la parità
con gli altri cittadini tanto nelle cause civili che nelle criminali.
Erano inoltre esentati dal pagamento di altri gravami e balzelli nel
periodo in cui avessero esercitato il prestito nella città e, come sem-
pre, veniva loro concessa l’autorizzazione ad interrompere la loro at-
tività per motivi religiosi nei Sabati e nelle feste ebraiche. Per quan-
to riguarda più specificamente il prestito, veniva loro permesso, allo
scadere di tredici mesi dalla loro consegna, la vendita o l’esportazione
dei pegni, mentre i loro libri contabili avrebbero fatto piena fede a
tutti i riguardi.

A questa famiglia di prestatori si aggiungeva nel 1392 quella
romana di Maestro Ventura, o Bonaventura, di Dattilo « de Urbe »,
che otteneva le stesse condizioni dal Comune *. Maestro Ventura,
oltre che prestatore era anche medico e per molti anni il Comune
approfittò dei suoi servigi di medico chirurgo, offrendogli un salario
di 25 fiorini annui '?. Tuttavia le ristrettezze economiche in cui ver-
sava Città di Castello impedirono spesso che Maestro Ventura per-
cepisse il suo stipendio di medico per intero 9. Così quando i go-
vernanti della città apportarono delle modifiche alle condotte dei
prestatori ebrei il 9 giugno 1393, riducendo l’interesse ammesso a
8 denari per libbra al mese, pari al 40%, e richiedendo alle varie
banche una gabella mensile per il prestito 19, Maestro Ventura potè
essere esentato da quest’ultima tassa perché il Comune gli era debi-
tore del suo salario di medico («in remuneratione salary artis medi-
cine quod merebatur et non habit ») 1°).

Le due banche che funzionavano a Città di Castello nell'ultimo
scorcio del Trecento erano dunque quella di Manuele e Bonaventura
di Abramo da Perugia e quella di Maestro Ventura di Dattilo da
Roma. Dalla supplica che in data 9 luglio 1392 Manuele e Bonaven-
tura inviarono ai Priori per non essere molestati nell'esercizio del
prestito, né costretti a comparire dinanzi a tribunali ecclesiastici sot-
to l'imputazione di usura !9 — e la supplica fu accolta dal Comune
— apprendiamo che essi acquistavano e rivendevano immobili nella
città e nel contado. Cosi infatti suona l'esordio della supplica : « Ma-
nuel et Bonaventura fratres filii Abrami ebrei de Perusia cives et
habitatores dicte Civitatis Castelli .... intendunt totis temporibus
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eorum vite in dicta civitate familia inter habitarent et in ea dies
suas finire et exercitium presti et fenerationis exercitare ... ac etiam
domos possessione in dicta civitate eiusque comitatu emere et ali-
quando permutuare ...». Il Comune ricorreva di frequente al dena-
ro delle due banche ebraiche con prestiti forzati. In cambio conce-
deva ai prestatori, perché potessero recuperare le loro somme, l'ap-
palto temporaneo di una o più rendite cittadine 9. Così per un pre-
stito di 50 fiorini, di cui il Comune si era servito per pagare il salario
del Podestà il 13 aprile 1393, a Maestro Ventura di Dattilo ed ai
fratelli Bonaventura e Manuele di Abramo veniva concesso l’appalto
della gabella sull'uva per il successivo mese di maggio 29°. Per un
nuovo prestito forzato di 300 fiorini d’oro, il 3 maggio 1396 il Comu-
ne concedeva agli stessi Bonaventura e Manuele l’appalto dell’im-
posta sui grani, le biade, i legumi, il vino e l'uva per tutto l'anno 2).
Il 10 aprile 1398, per un nuovo prestito di 50 ducati e 50 fiorini
d’oro effettuato dalla stessa banca di Bonaventura e Manuele di
Abramo, il Comune trasferiva loro la rendita della tassa sul vino e
l'uva per tutto l’anno 22.

Nel 1395 i Priori cercarono di ridurre ulteriormente la misura
dell’interesse lecito, portandola a 5 denari per libbra al mese, pari al
2595. Ma la recisa opposizione di Maestro Ventura, di Dattilo e
di Bonaventura di Manuele di Abramo, che il 25 luglio 1395 ottene-
vano il diritto di continuare a praticare l'interesse del 30%, valse
a rendere praticamente, ineffettiva la disposizione *?. Tra le conces-
sioni che il Comune faceva il 3 maggio 1396 a Bonaventura e Ma-
nuele di Abramo, in cambio di un prestito di 300 fiorini d'oro, figu-
rava il divieto a qualunque altro ebreo (fatta naturalmente eccezio-
ne per Maestro Ventura « de Urbe ») di stabilirsi a Città di Castello
nei dieci anni successivi, senza il loro preventivo benestare. Dietro
loro richiesta nella stessa occasione veniva concessa la cittadinanza
tifernate alla famiglia di Deodato di Abramo di Deodato da Perugia,
forse un parente dei due fratelli (non si trattava comunque di un
loro fratello) 2). Quando il 28 aprile 1399 Manuele e Bonaventura
sottoscrissero i capitoli per l'apertura del primo banco di pegni ad
Arezzo, nella società che faceva capo a Consiglio di Dattero da Siena,
associarono nella compagnia anche questo Deodato di Abramo di
Deodato da Perugia, « abitante a Città di Castello »*9. Lo stesso
Deodato apriva poi il 1 settembre 1404 un altro banco a Cortona 29.
Tra gli ebrei, che vissero a Città di Castello nell’ultimo scorcio del
Trecento, menzione va fatta di un altro medico, Maestro Elia, cui GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 5

a partire dal 26 febbraio 1396 i Priori concedevano la condotta di
medico chirurgo del Comune con il consueto salario di 25 fiorini
annui ??,

Dagli inizi del '400 non abbiamo piü notizie della banca di Mae-
stro Ventura di Dattilo « de Urbe ». Ma, a fianco del vecchio banco
di pegno dei fratelli Manuele e Bonaventura da Perugia, compaiono
altri due banchi, quello di David di Leone e quello di Ventura di
Salomone da Tivoli. Il 10 giugno 1402 i Priori richiedevano a questo
ultimo ed a suo figlio Abramo un prestito di 500 fiorini d'oro per la
protezione e la difesa della città, all'eccezionale tasso di interesse
del 60% (12 denari per libbra al mese) 29. In cambio i reggenti di
Castello accordavano a Ventura da Tivoli il diritto di aprire un ban-
co e di fenerare nella città alle stesse condizioni di Manuele e Bona-
ventura da Perugia. Ventura si affrettava a nominare gli altri soci
del banco che erano, oltre agli stessi Ventura di Salomone da Tivoli
e suo figlio Abramo, Consiglio di Dattilo da Tivoli, abitante a Pi-
sa, Manuele di Maestro Angelo da S. Angelo in Vado e Deodato di
Deodato di Città di Castello. Quest'ultimo era figlio di quel Deoda-
to di Abramo da Perugia, che abbiamo incontrato precedentemente
a Città di Castello e come socio nei banchi di Arezzo e di Cortona 29.
Il più noto tra i soci di Ventura da Tivoli era quel Consiglio di Dat-
tilo da Tivoli, che figura tra i prestatori ebrei a Prato a partire dal
27 agosto 1406, ed è da identificarsi con Jequtiel b. Joab da Tivoli,
dotto possessore di manoscritti ebraici. Questi partecipó come de-
legato al congresso dei rappresentanti dell'ebraismo italiano, tenu-
tosi a Bologna nel 1416, per adottare delle misure contro le perse-
cuzioni antiebraiche alimentate in quegli anni dai frati predicatori *?.
Il 26 ottobre 1404 i Priori imponevano un nuovo prestito forzato
agli ebrei per pagare i mercenari assoldati per la difesa della città.
La somma veniva richiesta nella misura di 800 fiorini alle banche di

-Bonaventura di Abramo (probabilmente il fratello Manuele era mor-

to nel frattempo) e di David di Leone, e di 200 fiorini a quella di
Ventura di Salomone da Tivoli *». Il 17 novembre 1411 i Priori in-
vitavano anche un prestatore fiammingo non ebreo, Gabriele di Gio-
vanni (o Jacopo) da Liegi, a stabilirsi a Città di Castello, sottoscri-
vendo con lui i capitoli *». Le condizioni fissate erano le stesse che
per gli ebrei ed il tasso di interesse lecito rimaneva quello di sei de-
nari per libbra al mese, pari al 30%. È probabile tuttavia che que-
sto Gabriele non si sia trattenuto a lungo a Città di Castello (se mai
vi avrà preso residenza) perché il 24 luglio 1413, quando il Comune
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istituiva la gabella annuale di 60 fiorini, che ogni banca doveva
versare in occasione dei festeggiamenti del santo patrono della cit-
tà, S. Florido, nell’elenco nominava solo tre banche : quella di Bo-
naventura di Abramo, quella di David di Leone e quella di Ema-
nuele di Deodato *2).

Il figlio di Bonaventura da Perugia, Salomone, diveniva intan-
to medico, ed il Comune il 19 giugno 1416 lo impiegava con un con-
tratto triennale e con lo stipendio assai alto di 60 fiorini l’anno.
Ma prima ancora che spirasse il termine della sua condotta di medi-
co, Salomone di Bonaventura, il 16 aprile 1418 chiedeva ed ottene-
va dai Priori di poterla rescindere per dedicarsi completamente agli
affari della banca del padre ormai vecchio *». Il 20 febbraio 1422
Bonaventura moriva e, in considerazione delle benemerenze del de-
funto, il Comune concedeva al figlio Salomone ed agli altri congiunti
di portare le vesti di lutto durante i funerali, il che, trattandosi di
ebrei, era vietato da una disposizione degli statuti *9. Tuttavia sol-
tanto il 15 gennaio 1434 i Priori trasferivano ufficialmente a Salo-
mone i capitoli a suo tempo concessi alla banca del padre e dello
zio, Bonaventura e Manuele di Abramo #9. Contemporaneamente il
Comune rinnovava alle medesime condizioni la condotta della ban-
ca di David di Leone *?. Il 2 settembre 1429 lo stesso papa Martino V
aveva concesso eccezionali privilegi a Salomone di Bonaventura e
alla sua famiglia, cui aveva accordato la protezione pontificia, sot-
traendoli alla giustizia del Comune nelle cause civili e criminali ?9.
Il favore papale era motivato dall'atteggiamento non ostile a Roma,
che Salomone avrebbe mantenuto durante la ribellione di Città di
Castello al papa ?».

Poco sappiamo della vita degli altri ebrei tifernati in questo
periodo, se escludiamo le tracce lasciate nei documenti dall'attività
dei prestatori. Ci risulta soltanto che nel 1431 un certo Musetto fab-
bricava polvere da sparo per il Comune, un mestiere inconsueto per
un ebreo di quel periodo :".

I CAPITOLI

Sulla condizione degli ebrei a Città di Castello dalla metà del
Quattrocento alla metà del Cinquecento ci illuminano i numerosi
documenti conservati presso l'Archivio Storico Comunale della cit-
tà, ed in particolare i capitoli sottoscritti con i prestatori negli anni

LOG C. BÓ -—.. Fas POSI GRA ESA RT IT ZI ten GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 7

1449, 1459, 1485, 1500, 1510, 1521, 1531 e 1545. In linea generale
si puó dire che il prestito ebraico trovó nella città tifernate condi-
zioni particolarmente favorevoli, anche per la scarsa incidenza che
vi ebbe l’attività ostile dei frati minori, che in genere preferirono al-
tre località nella stessa Umbria come teatro delle loro prediche in-
fuocate contro la « pravità usuraria » degli ebrei. E quando a partire
dalla seconda metà del Quattrocento, a seguito di tale attività, i
Monti di Pietà sorsero un pò ovunque nella regione, tra i centri più
importanti solo Città di Castello ne rimase priva 4). Si spiega quin-
di perché, dopo la forzata cessazione del prestito ebraico a Firenze
alla fine del 1495, con la nascita del locale Monte di Pietà, e l'espul-
sione degli ebrei nei primi anni del Cinquecento :9, molti banchieri
fiorentini e di altri centri della Toscana volsero le loro orme verso
l'alta valle del Tevere, dove la polemica antifeneratizia dei frati pre-
dicatori aveva lasciato meno sedimenti nell'animo della popolazione
e meno tracce nella legislazione locale. Essi quindi presero stanza a
Città di Castello e qui ripresero la loro attività.

Nei capitoli sottoscritti dal Comune con gli ebrei a partire dal
1449, quando la comunità ebraica locale appare ormai sufficiente-
mente consolidata anche numericamente, fino al 1545, le condizio-
ni offerte agli ebrei per l'esercizio del prestito appaiono assai favo-
revoli, anche se notiamo un certo progressivo peggioramento man
mano che ci inoltriamo nel Cinquecento. Naturalmente i capitoli ve-
nivano a regolare il prestito nella città, conferendogli il crisma del-
l'ufficialità, nonostante il divieto canonico contro l'usura, e neces-
sitavano quindi dell'autorizzazione pontificia. A quanto pare i Prio-
ri non dovettero faticare per ottenerla, ed un chiaro esempio di ció
lo abbiamo nei capitoli del 1485, che sono fatti precedere da un Bre-
ve di Pio II del 4 maggio 1459 *». In esso il papa concedeva piena
libertà ai reggitori di Città di Castello di approntare i mezzi che aves-
sero ritenuto piü opportuni per sovvenire ai bisogni della popolazio-
ne piü umile. Come si vede dall'interpretazione che ne diedero i
Priori, si trattava di un consenso implicito all'istituzione o alla per-
manenza dei banchi di prestito ebraici.

Nei capitoli del 1449 «), che sono quelli che poi servirono di
base ai successivi, il tasso di interesse lecito nei prestiti era fissato
in sei denari per libbra al mese, pari al 30%. Tale tasso rimase in-
variato nei capitoli degli anni che seguirono, fino al 1545 :». Gli ebrei
da parte loro si impeghavano ad impiegare nei banchi, per le ne-
cessità della popolazione locale, una certa quantità di denaro. Que-
8 ARIEL TOAFF

sta somma, che nei capitoli del 1449 + era fissata nella misura mi-
nima di 2000 fiorini, saliva dieci anni dopo, nei capitoli del 1459 :?, a
3000 fiorini, per ridiscendere in quelli del 1510 #9 a 2000 fiorini, ed
infine nel 1545 ‘9, quando la colonia ebraica di Città di Castello si
era ridotta di numero e di mezzi, a 600 fiorini. La gabella annuale
per il prestito era stabilita in 60 fiorini, che i prestatori si impegna-
vano a versare in occasione della festa del patrono della città, S.
Florido, che cadeva il 22 di agosto. La tassa era portata a 100 fio-
rini nel 15215 ed era ridotta a 35 fiorini nei capitoli del 1545 *».
Ai prestatori era concessa la cittadinanza e la parità giuridica con
gli altri cittadini nel diritto civile e nel criminale e l’esenzione dal
pagamento delle imposte cittadine e delle gabelle ordinarie nel pe-
riodo di esercizio della loro attività. Più tardi tale esenzione veniva
limitata alla tassa « del capo et fumo » e a quella « della guardia et
de far hoste o cavalcata » (capitoli del 1459, par. 3) *», mentre essi
erano espressamente obbligati a pagare la gabella sugli immobili, la
cosiddetta «livera de le possessioni » (capitoli del 1485, par. 3) 52.
Inoltre, in omaggio alle norme della legge ebraica, essi venivano
esentati dall'obbligo di esercitare l'attività del prestito nei Sabati e
nelle feste del calendario ebraico («... ad laude et reverenza de lo
onnipotente et altissimo Dio et pro observatione de la lor legge ad
essi et a loro antecessori data et assignata per Moysé profeta »). Men-
tre, come abbiamo visto, l'interesse massimo che i banchieri poteva-
no percepire dai cittadini era il 30%, per il prestito ai forestieri i
Priori non ponevano alcun limite, alla sola condizione che le somme
loro concesse non intaccassero il capitale (di 2000 o 3000 fiorini) de-
stinato al prestito ai cittadini. I capitoli inoltre stabilivano espressa-
mente che gli ebrei non avrebbero dovuto subire dal Comune impo-
sizioni di prestanze, ma sarebbe stata loro concessa in questo cam-
po piena libertà. Non pare tuttavia che i reggitori di Città di Castel-
lo si siano mostrati particolarmente ligi al dettato di questo capi-
tolo, soprattutto nei periodi di gravi ristrettezze finanziarie, quando
pesanti debiti minacciavano l'esistenza e lo sviluppo del Comune.
L'insediamento di altri prestatori a Città di Castello era subordinato
all'approvazione dei Priori. Una volta ottenutala, i nuovi arrivati
avrebbero dovuto concordare con gli altri ebrei il pagamento della
loro quota nella gabella annuale di S. Florido. La regolamentazione
dei pegni, contenuta nei capitoli, era assai minuziosa, onde fossero
evitati possibili abusi da parte dei prestatori. Tra l'altro nei capi-
toli del 1449 ed in quelli successivi troviamo che la scadenza dei pe-
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 9

gni era fissata al termine di 18 mesi, mentre ne veniva vietata in
modo assoluto l'esportazione fuori della città. Ai prestatori era fatto
divieto di accettare tra i pegni oggetti sacri al culto cristiano ed era
richiesto di scrivere le polizze sui pegni. D'altra parte chi avesse
preteso dal prestatore la restituzione di un pegno, sostenendo che
gli fosse stato rubato, una volta provata la cosa, avrebbe potuto
riottenerlo solo dopo avere risarcito il banchiere della somma pre-
stata a chi gli aveva consegnato quel pegno per l'interesse pattuito.
I banchieri inoltre non sarebbero stati costretti a restituire i pegni
di quei cittadini che fossero stati banditi come ribelli dal Comune
ed i loro libri contabili avrebbero fatto piena fede in ogni contro-
versia. Più tardi, nei capitoli del 1485 #9, venne aperta una breccia
nel divieto di esportazione dei pegni dalla città ed essa fu consentita
in caso di guerra, perché i banchieri potessero proteggere adeguata-
mente i pegni (par. 24). Nei capitoli del 1500 55 ed in quelli succes-
sivi troviamo anche le disposizioni relative alla pubblica vendita dei
pegni scaduti, anch’esse tendenti ad evitare possibili abusi. I pegni
dovevano essere banditi per tre volte in piazza, dopo la scadenza,
salvo certi utensili da lavoro, per i quali quando il loro valore com-
plessivo (capitale e interesse) non avesse superato quello di un fio-
rino, il bandimento era facoltativo. La vendita all’asta doveva es-
sere effettuata alla presenza di due delegati del Comune. Inoltre,
quando per un unico mutuo fossero stati consegnati più pegni, que-
sti, dovendosi vendere perché non riscattati dal padrone, dovevano
essere venduti in gruppo come erano stati impegnati e non separata-
mente (par. 6). Ciò avrebbe evitato che il prestatore, sottraendone
qualcuno, sfuggisse all'obbligo di restituire l'eccedenza al padrone.
Queste disposizioni sui pegni trovarono la loro collocazione nei ca-
pitoli di Città di Castello a partire dal 1500, assai più tardi che in
altre località dell'Umbria, come Perugia, dove furono applicate già
dalla metà del Quattrocento **) I capitoli tifernati del 1500 ©” assi-
curavano inoltre gli ebrei che se, nonostante i privilegi loro concessi,
qualche commissario pontificio avesse arrecato loro molestia, il Co-
mune avrebbe provveduto ad inviare al papa degli ambasciatori a
perorare la causa dei banchieri, naturalmente a spese di questi ul-
timi.

La piü appariscente ed insieme la piü umiliante delle disposi-
Zioni, cui i governanti di Città di Castello sottoposero gli ebrei, e
quella del segno distintivo. Già i capitoli del 1449 59 stabilivano per
gli ebrei l'obbligo del segno « da la centura in su denanze », da cui
10 ARIEL TOAFF

erano esclusi solo i bambini di età inferiore ai sette anni. Agli ebrei,
che fossero stati trovati senza segno nelle vicinanze della propria
abitazione o di ritorno da un viaggio, sarebbe stata concessa la fran-
chigia di un giorno, sicché essi non avrebbero dovuto pagare la mul-
ta di 10 lire. Per gli ebrei forestieri la franchigia era di quattro gior-
ni, dopo di che in caso di contravvenzione avrebbero dovuto paga-
re la multa (par. 17). La disposizione nelle linee generali non appare
diversa da quella in vigore in altre parti d'Italia, ed in Umbria nello
stesso periodo, anche se in qualche dettaglio è meno rigorosa. A
Perugia, ad esempio, nel 1432 dal segno distintivo erano esclusi solo
i bambini al di sotto degli otto anni, mentre la franchigia per i fo-
restieri era limitata a due giorni *9. Anche a Città di Castello, come
altrove, gli ebrei si mostrarono insofferenti ad attuare il provvedi-
mento *?, e non di rado il rigore della legge si abbattè su di loro *».
D'altra parte essi esercitarono una pressione costante sui governanti
della città per indurli ad annullare la disposizione, o per lo meno a
renderne meno rigida l'applicazione. Tali pressioni sortirono talvol-
ta il loro effetto. Mentre ancora il 20 settembre 1480 i Priori confer-
mavano severe pene per chi avesse contravvenuto alle disposizioni
sul segno *9, nei capitoli del 1485 © gli ebrei erano esentati dal por-
tarlo («... che durante el tempo de dicti capituli non possino né
debbino esser strecti a portare el segno de lo .0. overo alcuno altro
segno per alcuno muodo »). L'obbligo veniva mantenuto solo sugli
ebrei forestieri (par. 17). Quando nel 1507 il francescano Cherubino
da Spoleto, forse lo stesso che istitui il Monte di Pietà di Prato
nel 1476 *9, venne a Città di Castello per tenere le sue prediche
nella chiesa di S. Florido, rimase scandalizzato nel vedere che gli
ebrei non si curavano di portare il segno.

Dietro le sue pressioni il consiglio dei Priori si radunó d'urgenza
il 26 marzo «ad sonum campane » e dispose « quod judei teneantur
ad distintionem christianorum ferre birrettum giallum et mulieres
judee velum giallum » *9. Ma la disposizione tornò ad essere lettera
morta non appena fra Cherubino, al termine del suo ciclo di predi-
che, ebbe abbandonato la città. Non ne rimase infatti traccia nei
capitoli del 1510. Comunque più tardi nei capitoli del 1521 *9? la di-
sposizione discriminatoria veniva ripristinata e l'esenzione era abo-
lita («... che li dicti hebrei ... sieno tenuti et obligati portare el
segno del .0. nella veste superiore da la cintura in su in luogo visi-
bile »). Una seconda disposizione discriminatoria, cui gli ebrei erano
sottoposti dai capitoli (dal 1449 in poi), ma del resto comune an-
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omni becayo possa senza alcuna pena ..

GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 11
che in molte altre città d'Italia, é quella relativa al triduo sacro
della settimana santa del calendario cristiano. In quei giorni era
fatto assoluto divieto agli ebrei di uscire di casa e di farsi trovare
per le strade della città «fino al suono delle campane ». Nello stesso
tempo si proibiva ai cristiani di recare loro danno o molestia, pena
la contravvenzione di 25 lire (par. 19).

Nei capitoli del 1485 *? ed in quelli successivi troviamo inoltre
una disposizione, che certamente sollecitata dagli ebrei, mirava a
facilitare la loro osservanza delle regole religiose ebraiche. I Priori
infatti consentivano ai macellai della città, che ne avessero ricevuto
richiesta dagli ebrei, la libera vendita e la preparazione della carne
secondo le norme rituali ebraiche, senza alcuna limitazione o aumen-
to di prezzo sulla carne venduta al resto dei cittadini («.... che
. a requisitione d'epsi he-
brei fare de la carne al muodo et forma vorranno epsi hebrei et quel-
la vendere et dare a decti hebrei per quelli prezi che le vendino a li
citadini de la dicta cità et non altramente »). Tale norma favorevole
agli ebrei di Città di Castello contrasta, ad esempio, con quella e-
messa dai Priori di Perugia il 22 giugno 1439, che consentiva la ma-
cellazione e la vendita di carni preparate secondo il rito ebraico solo
in due macelli cittadini, espressamente autorizzati *9.

La durata dei capitoli era normalmente fissata in dieci anni,
ma in qualche caso essi vennero prorogati per un periodo piü lun-
go. Ad essi erano legati non soltanto i banchieri esplicitamente no-
minati, ma anche i loro eredi, familiari e soci.

È da notare che gli ebrei di Città di Castello, oltre alle contri-
buzioni ordinarie e straordinarie al Comune, erano tenuti a pagare
anche le tasse richieste dalla Santa Sede. In particolare i papi impo-
sero varie volte, a partire dal pontificato di Pio II, il pagamento
della vigesima destinata al fondo per la Crociata contro i Turchi *®.
Nel gennaio del 1459 Pio II da Mantova, dove si teneva il congresso
per la Crociata, scriveva ai Comuni italiani perché aiutassero gli
incaricati papali a raccogliere anche dagli ebrei le imposte destinate
al finanziamento dell'impresa *». Nel maggio del 1463 un delegato
pontificio iniziava la raccolta in Umbria dagli ebrei di Perugia, che
erano stati tassati per l'ingente somma di 2000 fiorini 7. A Città
di Castello la tassa per la Crociata fu raccolta il 23 febbraio 1464
e gli ebrei dovettero versare 140 fiorini ?. Circa sessanta anni dopo,
nel 1535, gli ebrei di Città di Castello versavano come vigesima a
papa Clemente VII la somma di 200 scudi ?). Tra le comunità ebrai-
12 ARIEL TOAFF

che dello Stato Ecclesiastico solo quelle di Roma e Bologna corri-
spondevano una quota superiore alla Camera Apostolica.

I PRESTATORI

Qui di seguito presentiamo i nomi dei prestatori ebrei di Città
di Castello sulla base degli elenchi, che compaiono nei capitoli dal
1449 al 1545. La presenza tra essi di alcuni dei personaggi più ce-
lebri dell'ebraismo italiano nell'età del Rinascimento, ci consente di
completare con importanti particolari biografici l'immagine che di
loro é stata tramandata alla storia. Riteniamo inoltre che la pubbli-
cazione di questi elenchi serva tra l'altro a facilitare l'indagine sul-
. le famiglie piü note dei banchieri ebrei e la ricostruzione o il com-
pletamento dei loro alberi genealogici ; ciò che costituisce un prezio-
so ausilio per gli studiosi della storia sociale ed economica degli e-
brei d'Italia nel Medioevo e nel Rinascimento.

Capitoli del 1449

Aleuccio di Abramo da Pesaro
Consiglio
Isacco

Salomone
Mizzole 79)
Salomone > di Davide
Manuello |
Dattilo

Bonaventura
Mosè

di Salomone di Bonaventura

di Leone di Davide

i

Capitoli del 1459

Isacco

Consiglio } figli di Salomone di Bonaventura da Città di Castello
Salomone

Bonaventura di Dattilo da Rimini

Aleuccio di Guglielmo da Perugia

E, o — AIR CL. Lc 3. Maie. Rice) denen. rate + EIA TRI r3 toco Idea vi : ps»
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 13

Dattilo
Bonaventura
Musetto
Elia
Figli di Mizole di Davide

Consiglio di Salomone da Pesaro
Elia

Angelo figli di Ventura Longo
Sabbatuccio

figli di Leone di Davide

Isacco di Maestro Vita da Mondavio "9, istruttore dei figli di Elia

Capitoli del 1485

Maestro Servadio di Abramo da Bertinoro
Dattero di Bonaventura

O e gligil con RT to
Elia
b n figli di Dattero di Leone e nipoti dei precedenti

Abramo di Mizzole

Salomone di Salomone

Manuello di Salomone da Città di Castello, figlio del precedente
Isacco di Abramo da Borgo San Sepolcro e

Israele suo figlio

Manuello di Davide di Salomone da Bologna

Guglielmo | .._.. .. ; i
Dato figli di Aleuccio da Perugia
Salomone: É
Coniaià figli di Elia da Cagli

Riguardato ?° di Abramo da Alatri

Capitoli del 1500

Angelo di Aleuccio da Orvieto e i suoi figli
David di Dattero da Tivoli e i suoi figli
Lazzaro di Samuele da Gubbio

2
14 ARIEL TOAFF

Leone di Abramo di Mizzole
Salomone da Viterbo

Bonaventura
Musetto

Samuele di Maestro Abramo di Mizzole

Salomone di Salomone

Maestro Samuele di Consiglio di Manuello

Israel di Isacco dal Borgo [San Sepolcro] e i suoi figli
Dattero di Aleuccio da Perugia

Salomone di Elia.da Cagli ;

Giacobbe di Bonaventura d'Arezzo

Dattolino di Musetto da Castiglione [Fiorentino]

figli di Leone da Castello

Capitoli del 1510

Angelo di Aleuccio da Orvieto e i suoi figli
Lazzaro di Samuele da Gubbio e i suoi figli
Leone di Abramo da Viterbo e i suoi figli
David -]
Sforza *?
Donna Consola e i suoi figli

Maestro Elia di Angiolo da Narni
Giacobbe di Dattero di Leone da Castello

Salomone
Emanuele

figli di Manuello Grosso

figli di Musetto da Castello

Michele di Bonaventura di Leone.da Castello

Dattero

Daniele figli di Maestro David da Tivoli e i loro figli

Samuele di Abramo di Mizzole

Salomone di Salomone

Israele di Isacco dal Borgo e i suoi figli

Dattero di Aleuccio da Perugia

Dattolino di Musetto da Castiglione e i suoi figli

Ventura di Elia da San Severino

Maestro Abramo di Maestro Leone da Foligno e i suoi figli
Raffaele di Salomone da Fermo e i suoi figli

Raffaele di Consiglio di Manuele '

“5 daddi
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 15

Manuele della Diana

Zingaro '9 di Salomone da Citerna
Salomone di Elia da Cagli
Giacobbe di Bonaventura d'Arezzo

Capitoli del 1521

Angelo di Aleuccio da Orvieto e i suoi figli
Lazzaro di Samuele da Gubbio e i suoi figli
Leone di Abramo da Viterbo e i suoi figli

David

Sforza figli di Manuello ci e i loro figli

Maestro Abramo di Maestro Leone da Foligno e i suoi figli
Raffaele di Consiglio di Manuele

Salomone di Elia da Cagli

Giacobbe di Bonaventura d’Arezzo

Maestro Elia di Angiolo da Narni

Giacobbe di Dattero di Leone da Castello

Salomone di Simone da Porto da Bologna

Donna Consola i
Salomone figli di Musetto da Castello e loro figli
Manuello

Moisè di Scimo ??)
Michele di Bonaventura da Castello

Dattero

Danigle figli di David da Tivoli e loro figlioli

Dattolino di Musetto da Castiglione

Israele di Isacco dal Borgo e i suoi figli
Salomone di Salomone

Dattero di Aleuccio da Perugia

Mosè di Ventura [da Perugia] e i figli di
Abramo di Ventura

Ventura di Elia da San Severino

Raffaele di Salomone da Fermo

Manuele della Diana

Zingaro di Salomone da Citerna

Manuello et Lazzaro da Volterra «in luocho de
Samuele di Abramo di Mizzole a li quali vendette il suo luocho »
16 ARIEL TOAFF

Capitoli del 1531

Michele di Bonaventura da Castello
Gli eredi di

Dattero |
Daniele |

Gli eredi di Angelo di Aleuccio da Orvieto

Gli eredi di Dattolino di Musetto da Castiglione

Gli eredi di Abramo di Israele dal Borgo

Gli eredi di Maestro Abramo di Maestro Leone da Foligno
Manuele della Diana da Fossombrone e i suoi figli
Mosè di Ventura da Perugia e gli eredi di suo fratello
Abramo di Ventura

Giacobbe di Bonaventura d'Arezzo

David di Manuello Grosso e i suoi figli

Gli eredi di Ventura di Elia da San Severino
Salomone di Simone da Porto da Bologna

figli di Maestro David da Tivoli

Salomone |

Manuello | figli di Musetto da Castello e loro figli

Gli eredi di Maestro Elia di Angiolo da Narni
Graziadio di Yoseph

Angelo di Donna Dolce

Fainne *? di Salomone da Citerna e suo nipote
salomone [di Zingaro] da Citerna

Lazzaro di Manuello da Volterra

Gli eredi di Elia di Leone di Elia da Castello
Salomone di Elia da Cagli

Gli eredi di Leone da Viterbo

Gli eredi di Donna Consola da Cortona
Donna Perna di Salomone da Castello
Rachele sorella di Dattolino da Castiglione

Capitoli del 1545

Leoncino da Porto

Gli eredi di Abramo di Israele dal Borgo
Manuele [della Diana] da Fossombrone
Gli eredi di
TA >

M A

GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 17

Abramino
Mosè

Gli eredi di Dattolino [di Musetto] da Castiglione
Gli eredi di Manuello Grosso
Eliseo della Rachele [da Castiglione]
Graziadio di Yoseph
Lazzaro di Manuello da Volterra
Fainne di Salomone [da Citerna] e suo nipote Riccio
Gli eredi di Dattero [di David] della Prigione cioè da Tivoli
Gli eredi di Elia di Angiolo da Narni
Gabriele [di Angelo] da Orvieto
Bonaventura libraio
Gli eredi di Ventura [di Elia] da San Severino
Gli eredi di Maestro Abramo Alatrino
Alcuni di questi banchieri, come abbiamo detto, sono identifi-
cabili con personaggi noti del mondo della cultura e delle lettere,
che hanno illustrato con il loro nome l’ebraismo italiano di quel
periodo.

[di Ventura] da Perugia

Isacco di Salomone da Castello. Compare tra i prestatori di Città
di Castello nei capitoli del 1449 e del 1459, dove è nominato in te-
sta all’elenco dei banchieri, il che sta ad indicare la posizione parti-
colarmente autorevole che occupava in seno al gruppo ebraico. Isac-
co apparteneva alla prima famiglia ebraica che, originaria di Perugia,
sì era stanziata a Città di Castello nell’ultimo scorcio del Trecento.
Nipote di quel Bonaventura di Abramo da Perugia che, insieme al
fratello Manuele, aveva aperto nel 1390 il primo banco di prestito su
pegno nella città, era figlio del medico Salomone di Bonaventura
da Castello, di cui abbiamo parlato a lungo precedentemente. Dai
capitoli del 1459 si apprende che della sua società facevano parte,
oltre ai suoi fratelli Consiglio e Salomone, i banchieri Aleuccio di
Guglielmo da Perugia e Bonaventura di Dattilo da Rimini. La sua
casa, sita nel quartiere di Porta S. Egidio, era il centro della vita
ebraica della città e la sede della Sinagoga. Il 5 ottobre del 1465,
a causa della peste che aveva colpito con particolare violenza quel-
la zona della città, facendo numerose vittime, i fedeli furono costretti
a disertare le funzioni del Tempio. Il luogo di preghiera fu quindi
trasferito, con l’assenso del Vescovo, nell’abitazione di Bonaventura
di Leone nel quartiere di Porta S. Maria #). Isacco aveva probabil-
mente abbandonato Città di Castello già l'anno prima e si era trasfe-
18 à; ARIEL TOAFF

rito a Firenze, perché nel 1464 figurava tra i soci del banco fiorentino
dei Quattro Pavoni. Nell'aprile del 1485 era processato ed incar-
cerato a Firenze, ma negli atti del processo figura come abitante
a Borgo San Sepolcro, dove nel frattempo aveva aperto un'altra
banca *9. Nei capitoli del 1485 non si fa più cenno alla sua fa-
miglia. Del suo amore per la cultura ebraica è testimonianza il
fatto che in data 5 Iyar 1474 Isacco commissionava allo scriba
Ja'aqob b. Nechemià Segre il cod. Amburgo 39, contenente il com-
mento di Rashì al Pentateuco *».

Giacobbe (di Dattilo) di Leone da Castello. Figura, insieme al fra-
tello Eliseo, nell'elenco dei prestatori in calce ai capitoli del 1485
e da solo in quelli del 1510 e del 1521. Apparteneva al secondo ra-
mo dei prestatori « da Castello », il cui capostipite era quel Davide
di Leone, proprietario di una delle tre banche ebraiche a Città di
Castello nei primi anni del Quattrocento, del quale abbiamo parlato
precedentemente. Giacobbe è da identificarsi con quel Ja'aqob b.
Leon da Castello che nell’anno 5255 (= 1495) figurava come testi-
mone nella vendita del cod. Breslavia 38, contenente il Sefer Ha-Sho-
rashim (« Libro delle radici ») di David Qimchi #9.

Maestro Servadio di Abramo da Bertinoro. È senza dubbio il
personaggio più illustre della comunità ebraica vissuta a Città di
Castello. Servadio è infatti da identificarsi con Obadià da Bertinoro,
il celebre commentatore della Mishnà, il cui nome illustró gli studi
ebraici prima in Italia e poi in Terra Santa *9. I capitoli di Città di
Castello del 1485, nei quali egli figurava al primo posto nella lista dei
banchieri ebrei della città, ci confermano alcuni particolari della sua
biografia, che già conoscevamo, e ce ne aggiungono altri che ignora-
vamo. I capitoli che contengono il suo nome costituiscono il primo
documento non ebraico riportato alla luce, che si riferisca al periodo
italiano della vita del grande rabbino. Dalle lettere che Obadià scris-
se a suo padre Abraham dalla Palestina, sappiamo che il 9 novembre
1485 egli abbandonò Città di Castello, dove risiedeva con la fami-
glia, alla ricerca di un imbarco per il vicino Oriente #9. Come è no-
to, il progetto non fu di agevole realizzazione ed egli dovè tratte-
nersi per lunghi mesi a Palermo, esercitando nell’attesa le funzioni
di rabbino predicatore presso la locale comunità ebraica. Solo il 29
ottobre 1487 gli riuscì di imbarcarsi nel porto di Messina, salpando
alla volta dell'Oriente ed abbandonando per sempre l’Italia. I ca-
pitoli di Città di Castello, che portano la data del 12 febbraio 1485,


VERE een MM

GLI EBREI A CITTÀ DI-CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 19

ci confermano che Obadià risiedeva nella città tiberina e che vi svol-
geva l'attività di banchiere.

A Città di Castello egli doveva essersi trasferito, probabilmen-
te da Bertinoro, il suo luogo natale, in un periodo successivo al 22
giugno 1459, poiché il suo nome non compare nei capitoli stipulati
in quella data tra gli ebrei e i governanti tifernati. Il fatto che Mae-
stro Servadio figuri al primo posto nella lista dei banchieri nominati
nei capitoli del 1485 é indice da una parte della posizione di premi-
nenza che occupava in seno alla comunità ebraica e dall'altra della
stima che si era acquistato presso i governanti della città. Tale posi-
zione gli era probabilmente riconosciuta, oltre che per la sua impor-
tanza come banchiere (l'ampiezza e la consistenza dei cui affari tut-
tavia ignoriamo allo stato attuale della documentazione in nostro pos-
sesso), soprattutto per l'indiscussa autorità spirituale di cui godeva
tra gli ebrei. Certamente il titolo di Maestro, che precedeva il suo
nome nei capitoli, stava ad indicare la dignità rabbinica di cui Oba-
dià era insignito *?. È senza dubbio il nostro Servadio inoltre che,
con il nome di Obadià b. Abraham da Castello, figura tra i proprie-
tari del cod. Amburgo 35 contenente il commentario di Rashì al
Pentateuco 88).

Reguardato di Abramo da Alatri. Il suo nome figura con quello
di Obadià da Bertinoro nei capitoli del 1485. È da identificarsi con
lo scriba Shemarià b. Abraham, attivo in Umbria e in Toscana nel-
l’ultimo scorcio del Quattrocento #9). Nel 1470 era a Gubbio, dove
completava il cod. De Rossi 1007, contenente il formulario delle pre-
ghiere festive di rito italiano *9. Tra la fine del 1471 e gli inizi del-
l'anno successivo lo troviamo a Firenze, dove si distinse, oltre che
per la sua feconda attività di copista, espressasi nel grande numero
di codici ebraici che portano la sua firma, anche come autore di pre-
gevoli composizioni poetiche in lingua ebraica *. Reguardato, pur
non essendo probabilmente medico, possedeva tuttavia una certa. co-
noscenza di cose mediche, come dimostra l’ampio elenco di ricette
e prescrizioni da lui registrate nel cod. Casanatense 194 *». Da Fi-
renze, dove si trattenne almeno fino alla prima metà del 1484 *»,
si trasferì a Città di Castello, dove abbiamo testimonianza della sua
presenza nel febbraio del 1485.

Salomone di Elia da Cagli. Compare nell’elenco dei prestatori di
Città di Castello del 1485, insieme al fratello Consiglio, e poi da solo
in tutti i capitoli degli anni successivi fino al 1531. È probabilmente
un discendente di quel Manuele, figlio di Salomone di Elia da Ca-
20 ARIEL TOAFF

gli, abitante a Rimini, che nel 1386 era socio nel primo banco di
Revere nel mantovano *9. I (da) Cagli furono tra le ultime famiglie
ebraiche ad abbandonare Città di Castello alla fine del Cinquecento.
Sappiamo infatti che un discendente del nostro Salomone, anch’egli
chiamato Salomone da Cagli, faceva da padrino alla circoncisione del
nipotino Mosè, figlio di sua figlia e di Ishmael (Laudadio) da cy dd
il 26 gennaio 1586 a Città di Castello *».

Aleuccio di Guglielmo da Perugia. Dopo avere ricevuto la licen-
za per l'esercizio del prestito a Città di Castello nel 1458, compare
nell'elenco dei banchieri ebrei nei capitoli del 1459. Suo padre sarà
da identificarsi con quel Guglielmo di maestro Angelo, che figura
tra i prestatori di Perugia nei capitoli del 1457 *9. Aleuccio, comun-
que, oltre che a Città di Castello, continuó ad esercitare l'attività di
prestatore a Perugia almeno fino al 1467 *?. Nei capitoli tifernati del
1485 alla guida della banca dei da Perugia, ad Aleuccio subentravano
i figli Guglielmo e Dattero, il quale ultimo figurerà poi da solo nei
capitoli successivi fino al 1521.

Ventura di Elia da San Severino. Il suo nome figura tra i pre-
statori di Città di Castello nei capitoli del 1510 e del 1521. In quelli
del 1531 e del 1545. compaiono i suoi eredi, senza che tuttavia ne
vengano specificati i nomi. Proveniva da Firenze, dove documenti
di archivio attestano la presenza del padre, Elia da San Severino,
nel 1478 *»,

Angelo di Aleuccio da Orvieto. Il suo nome è al primo posto nel-
l'elenco dei banchieri ebrei di Città di Castello nei capitoli del 1500,
e del 1521, il che indica la sua posizione di preminenza tra gli altri
prestatori. Nei capitoli del 1531 gli succedevano i figli Gabriello,
Prospero e Eliseo, segno che egli era morto nel frattempo. Tra il
novembre del 1486 e il febbraio del 1487 Angelo aveva provveduto
tra l'altro al pagamento del salario del Legato Apostolico di Città
di Castello, versando in prestito la somma di 100 ducati d'oro *?.
Nel 1498 i suoi tre figli erano accusati dinanzi agli Otto della Guar-
dia del grave reato di «maleficio » (probabilmente si trattava di
qualche atto che era stato inteso come vilipendio alla religione cri-
stiana, anche se i documenti non ce ne chiariscono i particolari) ed
erano condannati all’ingente multa di 1500 ducati d’oro, che An-
gelo da Orvieto si affrettava a versare 1°). Come in casi analoghi,
frequenti altrove nello stesso periodo (Firenze, Perugia), l’entità della
multa più che corrispondere alla gravità ed alla fondatezza dell’im-
putazione, serviva al Comune a fronteggiare le difficoltà finanziarie
e nr

UUUUTNSGNUACUNSGGCY TI IMMGR

GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 21

in cui si dibatteva in quel periodo, prelevando con quell'artifizio in-
genti somme dagli ebrei piü abbienti.

Mosè di Ventura da Perugia. È nominato nei capitoli del 1521
e del 1531, insieme agli eredi di suo fratello Abramo. Nel 1545 do-
veva essere già morto perché nei capitoli stipulati in quell'anno, tro-
viamo menzionati gli « heredi de Abramino da Peroscia et Moysé suo
fratello », il che significa che i figli gli erano già subentrati. Mosè è
il padre di quel Ventura (Shemuel) di Mosè da Perugia, chiamato
Venturozzo, che intorno agli anni sessanta del Cinquecento fu prota-
gonista di una celebre controversia matrimoniale, il cosidetto scan-
dalo Tamari-Venturozzo, che infiammò gli animi di gran parte del-
l'Italia ebraica e coinvolse, loro malgrado, stati e governanti italia-
ni'*», Venturozzo quindi, nonostante sia detto nei documenti « he-
breo da Perugia », era in realtà di Città di Castello, dove, come ab-
biamo visto, la sua famiglia si era trasferita nel primo quarto del
XVI Secolo.

David di Dattilo da Tivoli. La famiglia da Tivoli, come sappiamo,
esercitava l'attività del prestito a Città di Castello già agli inizi del
Quattrocento. Nel 1402 Ventura di Salomone da Tivoli e suo figlio
Abramo avevano aperto un banco nella città e vi avevano associato
un altro membro della famiglia, Consiglio di Dattilo (Jequtiel b.
Joab) da Tivoli, che allora abitava a Pisa '*». I da Tivoli tuttavia
non si trattennero a lungo nella città tiberina e nel 1413 abbiamo
visto che il loro banco era lasciato in gestione ad uno dei soci della
compagnia, Emanuele di Deodato da Perugia. Il figlio di Consiglio
da Tivoli, Dattilo, abitò a Bologna fino al 1437 e nell’autunno di
quell’anno si trasferì a Firenze, dove fu proprietario di uno dei primi
banchi di prestito della città, il banco della Vacca '°). Dattilo di
Consiglio (Joab b. Jequtiel) da Tivoli era considerato il più ricco
dei prestatori fiorentini nella prima metà del Quattrocento. Il figlio
di Dattilo, David, nacque forse a Bologna e in gioventù ricevette
un’educazione ebraica assai vasta. Suo maestro fu il celebre Jehudà
Messer Leon, con il cui figlio, David, strinse affettuosa amicizia.
Della sua cultura è testimonianza l’ampio epistolario ebraico, dallo
stile sobrio ed elegante, che porta la sua firma ''9. Esercitò l'atti-
vità del prestito a Firenze e nella città toscana sposò una figlia del
celebre banchiere Vitale (Jechiel) da Pisa, in occasione della cui mor-
te compose una bella elegia ebraica ''?. Da Firenze si trasferì a Luc-
ca nell’autunno del 1477, dove continuò ad esercitare il prestito in
società con i da Pisa e poi da solo. Dopo l’istituzione del Monte di
ui

———— —MÓ o i

22 ARIEL TOAFF

Pietà lucchese nel 1489, la sua attività di banchiere fu osteggiata
sempre più apertamente, finché nel 1492 egli si trovò sul banco de-
gli imputati a fronteggiare la grave accusa di avere agito « contra
divinam majestatem et contra eius sanctos et sanctas y 199. Fu un
processo assai lungo e carico di pericoli per David, che era condan-
nato alla forte multa di 1300 ducati da pagarsi entro il 20 luglio
1493. Il termine fu poi prorogato perché il prestatore non trovava
la somma occorrente. Sembra che la famiglia da Pisa lo aiutasse in
quel frangente, invitandolo a chiudere il banco di Lucca e assumen-
dosi il pagamento della multa. David da Tivoli si trasferi presso la
famiglia del suocero a Pisa, dove si trattenne certamente negli anni
1493 e 1494, amministrando una società di banchieri ebrei. Ora i ca-
pitoli di Città di Castello e gli altri documenti conservati nell'Archi-
vio Comunale di questa città ci consentono di completare la biogra-
fia di David, con alcune note di qualche rilievo che si aggiungono
a quelle già pubblicate dal Cassuto. Sappiamo cosi che David ab-
bandonó Firenze già nel 1461 e trascorse qualche tempo a Città di
Castello, perché in data 20 novembre di quell'anno i Priori gli con-
cedevano la condotta per il prestito '*?. Quanto tempo egli si trat-
tenne nella città tifernate non sappiamo. Come abbiamo visto, nel
1477 lo troviamo a Lucca ; ma forse precedentemente era rientrato
a Firenze, e d'altronde il suo nome non compare tra i prestatori di
Città di Castello nei capitoli del 1485. David rientró nella città um-
bra piü tardi e lo troviamo infatti tra i prestatori di Città di Castel-
lo nei capitoli del 21 febbraio 1500, segno che la sua permanenza
a Pisa nell'ultimo scorcio del Quattrocento fu di breve durata. Ma
le vicende degli ultimi anni dovevano avere lasciato la loro impronta
su David, che moriva poco dopo. A partire dai capitoli del 1510 tro-
viamo i nomi dei suoi figli, che gli erano successi alla guida del ban-
co. Oltre al banco e al cognome, David lasciava ai figli uno strano e
curioso soprannome, che ad esempio compare nei capitoli del 1545,
dove i suoi discendenti sono detti « della pregione, overo da Tigu-
li ». Si trattava forse di un'allusione, che la voce popolare aveva tra-
sformato in soprannome, ad una permanenza di David in carcere ?
In tal caso si dovrebbe pensare che David, non avendo potuto pa-
gare la multa cui era stato condannato nel processo di Lucca (la fa-
miglia da Pisa non avrebbe per qualche motivo versato la somma)
sia stato costretto a trascorrere un certo periodo in carcere tra il
1494 e il 1500. L'ipotesi ci appare degna di considerazione. David
da Tivoli ebbe due figli, Dattero (Joab) e Daniele, che sono nomi-

"oe aos new e ivo ls s cto PR MP ten

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GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 23

nati tra i banchieri di Città di Castello nei capitoli del 1510, del
1521 e del 1531 !°®, Il primo di essi, Dattero, è certamente da iden-
tificarsi con quel Joab, autore di un'elegia ebraica per la morte dei
due figli del banchiere Shemuel da Perugia, conservata nel cod. Ox-
ford 1998 (fol. 46 b). Il testo poetico infatti contiene dei precisi ac-
cenni che indicano Città di Castello comeil luogo dove avvenne la dolo-
rosa vicenda. Dattero mori prima del 1545, perché nei capitoli sotto-
scritti in quell’anno dai prestatori della città figurano già i suoi eredi 109),

Lazzaro di Manuello da Volterra. Come David da Tivoli era an-
ch'egli genero di Jechiel da Pisa, avendone sposato la figlia Anna,
lodata per le sue doti dal poeta Abigdor da Fano #9. Era banchiere
come il padre Manuello, che aveva esercitato il prestito a Firenze a
partire dal 1459 "». Dopo aver fatto pratica a Gaeta nel 1484 con
lo zio Abramo, Lazzaro aprì un banco a Siena e poi a Firenze, dove
appare tra i soci del banco della Vacca nel 1491 2), Fu abile negli
affari e nello stesso tempo dotato di una vasta cultura ebraica, che
si espresse in varie forme. Gli vengono attribuite una poesia in ebrai-
co per una certa Galantina Morosina, ed un’elegia in terzine per la
morte del suocero Jechiel 1. Sono noti inoltre i contatti che ebbe
a Firenze nel 1491 con il filosofo Jochanan Alemanno. Lazzaro ebbe
tre fratelli, Bonaventura, Angelo e Raffaele, di cui il più noto è il
primo, identificabile con quel Meshullam da Volterra, autore di un
celebre resoconto di un viaggio in Terra Santa, effettuato nel 1481 119),
La crisi dei banchi ebraici a Firenze alla fine del Quattrocento fu
all'origine del forzato esodo di Lazzaro e della sua famiglia della
città toscana. Nel 1521, probabilmente aderendo ad un invito dei
suoi congiunti da Tivoli, si trasferiva a Città di Castello con il padre
Manuello, ormai molto vecchio, e acquistava il banco di Samuele di
Abramo di Mizole da Castello 9. Il suo nome compare tra i prestatori
della città tiberina anche nei capitoli successivi del 1531 e del 1545.

Maestro Abramo Alatrino. Nei capitoli degli ebrei di Città di Ca-
stello del 1545 troviamo menzionati gli eredi di Maestro Abramo
Alatrino. Non sappiamo se questa famiglia Alatrino sia in qualche
modo la stessa di quel Reguardato (Shemarià) di Abramo da Alatri,
lo scriba che troviamo nei capitoli del 1485 e di cui abbiamo parlato
precedentemente. Conosciamo tuttavia i discendenti di questo Mae-
stro Abramo, che vissero a Città di Castello, ed alcuni dei quali si
segnalarono nel campo delle lettere ebraiche. Suo figlio Matatià b.
Abraham Alatrino completava il 27 Tammuz 5325 (= 1565) a Cit-
tà di Castello il commentario all'opera Bechinat 'Olam di Jedajà ha-
DER V SX

"E ——— dá — e n

24 ARIEL TOAFF

Penini da Beziers, di cui esistono due esemplari nel cod. Bodleiana
2754 e nel cod. De Rossi 88 9», Matatià Alatrino dedicava l’opera
a due suoi amici, Obadià b. Jehudà da Porto e Jochanan b. Shelo-
mò Alatrino. Il primo sarà senz’altro il figlio di quel Leoncino da
Porto, che compare al primo posto tra i prestatori di Città di Ca-
stello nei capitoli del 1545, sicché il suo nome italiano sarà da rico-
struirsi in-Servadio di Leoncino da Porto. Il secondo è invece una
persona con il poeta Angelo (Jochanan Jehudà) Alatrino, certamen-
te un parente di Matatià, cui sono attribuite alcune pregevoli poe-
sie in ebraico e in italiano. Alcuni dei suoi «sonetti spirituali » in
italiano erano pubblicati dal genero, Donato (Natan Jedidià b. Elie-
zer) d'Orvieto, in appendice alla parafrasi poetica del Barekhi Naf-
shi di Bechai b. Josef, stesa in italiano dallo stesso Alatrino. L'ope-
ra, stampata a Venezia nel 1628 «appresso gli Illustr. Sig. Pietro,
Alvise & Lorenzo Bragadini » e di cui rimangono oggi rarissimi esem-
plari portava il titolo « L'Angelica Troba (sic) de M.[aestro] Angelo
Heb.[reo] Alatrini con alcuni sonetti spirituali del medesimo » 1. Ri-
teniamo interessante riprodurre in appendice a questo studio tre
«sonetti spirituali » di questo poeta ebreo di Città di Castello.

Anche se il suo nome non figura in alcuno dei capitoli di Città
di Castello, forse perché non era prestatore, ricordiamo tra gli ebrei
che nella città tiberina si segnalarono nel campo della cultura, Je-
hudà b. Shelomò de Blanis, che nel 1523 raccoglieva alcune lettere
ebraiche, che avevano per oggetto la sorte delle dieci tribù di Israele,
un argomento che stava particolarmente a cuore agli ebrei italiani
del periodo !!®),

GLI ULTIMI ANNI

La comunità ebraica di Città di Castello veniva sorpresa il 26
febbraio 1569 dal decreto di espulsione degli ebrei dallo Stato Pon-
tificio, contenuto nella Bolla Hebraeorum Gens di Pio V. Agli ebrei
tifernati, come agli altri del Lazio, dell'Umbria, delle Marche e del-
l'Emilia, colpiti dal grave provvedimento (con la sola nota esclusio-
ne di quelli di Roma e di Ancona, cui era concesso di rimanere nei
rispettivi Ghetti) erano accordati tra mesi per sistemare le loro co-
se "9?, La vita del nucleo ebraico tifernate si era fatta particolar-
mente difficile già agli esordi del 1560. Il 19 gennaio di quell’anno
Pio V, con la Bolla Cum nos nuper aveva obbligato gli ebrei dello

piante cod soto Or a a

OZZANO UUUDUEUVESEIUTUDYTEUECHESDUUSSPVORUENM

GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 25

Stato Pontificio a vendere tutte le proprietà e gli immobili acquista-
ti per concessione di Pio IV, sotto la pena della confisca. Il 13 mar-
Zo successivo giungeva a Città di Castello il commissario pontificio
Maria Francesco Cortese per verificare se l'editto era stato appli-
cato senza eccezioni («.... se sia stato dal magistrato o vescovo di
detta città prefisso termine agli ebrei che possiedono stabili di do-
verli vendere »). Nel caso l'ordine fosse stato emesso e gli ebrei non
lo avessero eseguito, i magistrati cittadini dovevano procedere sen-
za esitazione alla confisca dei loro beni ed alla loro devoluzione alla
Tesoreria Apostolica. Inoltre il Cortese confermava di essere giunto
nella città per istituire rigorosi procedimenti legali « contra tutti quel-
li (sc. gli ebrei) che prestano ad usura et contra quelli che fanno
mercantie di grano, biade, vino, panni, drappi » 1:9,

Nel 1569 i banchieri ebrei, di fronte alla nuova situazione, de-
terminata dal decreto pontificio di espulsione, si rivolsero ai reggen-
ti della città perché li aiutassero a riscuotere in tempo utile i loro
crediti. E non fa meraviglia che trovassero piena comprensione. La
espulsione degli ebrei, con la forzata cessazione della loro attività
feneratizia, costituiva infatti un grave colpo all’economia della città
e ne ipotecava seriamente l’ulteriore sviluppo. Di tale pericolo era-
no perfettamente consapevoli i reggitori di Città di Castello e, per
fronteggiarlo, non esitarono ad aggirare in un certo senso il decreto
pontificio, fidando forse che gli occhi inquisitori di Roma non si sa-
rebbero spinti fino all’Alta Valle del Tevere. Nel marzo del 1569, su
richiesta della comunità ebraica, rappresentata in quel periodo dai
prestatori Isacchino, Nello e Pacifico ed inoltre da Ventura di Abra-
mo da Perugia, decisero di rivolgersi ai marchesi Bourbon Del Mon-
te, reggenti del confinante piccolo Marchesato di Monte S. Maria,
perché concedessero stanza agli ebrei di Città di Castello nel loro
territorio !*). La motivazione ufficiale della richiesta era la possibi-
lità che veniva in tal modo offerta ai poveri della città tifernate di
rientrare con comodo in possesso dei pegni consegnati agli ebrei. In
realtà Monte S. Maria nei piani dei reggitori di Città di Castello do-
veva costituire la nuova sede dei banchi, che avrebbero però conti-
nuato ad operare nel loro territorio, rendendo così inefficace il de-
creto pontificio. La risposta dei marchesi Bourbon Del Monte fu po-
sitiva e un gruppo di ebrei per la prima volta prese ufficialmente
stanza a Monte S. Maria e a Lippiano, ottenendo i capitoli ed apren-
dovi banchi di prestito *». È certo che gli affari di queste aziende
continuarono ad essere rivolti principalmente alla piazza di Città di
26 ARIEL TOAFF È

Castello. Come era avvenuto qualche anno prima, quando a seguito
delle disposizioni antiebraiche di Paolo IV numerosi ebrei tifernati
avevano trovato rifugio ad Arezzo, anche questa volta sembra che
la maggioranza degli ebrei di Città di Castello muovesse i propri
passi verso lo Stato fiorentino, dal quale attendeva protezione e be-
nevolenza *5. Comunque, se tutti gli ebrei abbandonarono Città di
Castello nel 1569 (e la cosa non appare del tutto sicura), alcuni do-
vettero ritornarvi poco dopo. Il 10 novembre 1571 il visitatore apo-
stolico Paolo Mario della Rovere trovava nella città un certo nu-
mero di ebrei, cui imponeva di « portare il segno giallo de tre dita di
larghezza attraverso la berretta o capello, et le donne un velo vera-
mente giallo sopra li altri funigelli che portano in la testa, acciò sia-
no cognosciute per tali, quali in perditione della loro anima sonno et
ostinatamente vogliono essere » 124),

Ma soltanto a seguito del motu-proprio Christiana pietas, con il
quale il 6 ottobre 1586 papa Sisto V praticamente annullava il de-
creto di espulsione di Pio V '*2, gli ebrei ritornavano in gran numero
a Città di Castello, ricostituendovi la comunità più notevole dell'Um-
bria. Sulla base dell’elenco pubblicato dal Loevinson, risulta che dal
30 maggio 1587 all'11 dicembre 1591, presero stanza nella città i
seguenti ebrei !:9? ;

Lazzaro di Prospero e suo figlio Pace
Vitalino di Servadio

Leuccio di Angelo da Viterbo
Ginevra del fu Ventura da Perugia
Giacobbe di Pacifico

Vitale del fu Pacifico e suo fratello Leone
Prospero del fu Samuele

Moisé di David da Porto

Laudadio del fu Prospero dall'Aquila
Luster di Lesco

Moisé di Nello

Salomone del fu Moisè da Perugia
Gioacchino di Salomone

Nello del fu Leone

Emanuele del fu Giuseppe di Samuele
Moisè di Pacifico di Leone
Bonaventura di Abramino dal Borgo
Giuseppe tessitore

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1—

GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 27

Notiamo che i rappresentanti di alcune delle famiglie, che ave-
vano in passato risieduto a lungo a Città di Castello (come i da Pe-
rugia, i da Porto, i da Viterbo, i dal Borgo), approfittarono della
nuova situazione per rientrarvi, riprendendo la loro attività, e al-
meno quattro di essi vi aprirono una banca '*?. Ma la lista non ap-
pare completa. Sappiamo infatti che anche altri membri delle fanii-
glie da Perugia e da Cagli vivevano a Città di Castello in questo
periodo. Il 26 gennaio 1586 nella città tiberina veniva eseguita la
circoncisione di Mose, figlio di Ishmael (Laudadio) di Mosé da Pe-
rugia. Padrino del bambino era il suocero di Laudadio, Salomone
da Cagli, mentre circoncisore era lo zio del bambino, Mordekhai (An-
gelo) di Salomone da Cagli 129),

Ma, come è noto, il rientro degli ebrei nello Stato Pontificio
aveva breve durata. Clemente VIII agli inizi del 1592 rinnovava le
disposizioni discriminatorie dei suoi predecessori, e finalmente il 25
febbraio 1593 con la Bolla Caeca et obdurata decretava nuovamente
l'espulsione degli ebrei dai territori della Chiesa 129). E questa volta,
anche per la comunità ebraica che da oltre due secoli risiedeva a
Città di Castello, iniziava l’esodo definitivo.

GENEALOGIA DEI BANCHIERI DA CASTELLO *
I RAMO

Dattilo (da Perugia)

Abramo (da Perugia)

|
1. Manuele 2. Bonaventura

3. Salomone

|

|
4. Consiglio 5. Isach 6. Salomone

* Affianchiamo all'indicazione di ogni banchiere la data dei capitoli o dei docu-
menti in cui il suo nome compare.

. 1390-1402

. 1390-1402-1413

. 1416-1418-1428-1434

. 1449-1459-1465

| 1449-1459-1465-1485 ^
. 1449-1459-1465

DT WON
ARIEL TOAFF

THE INIT EZIO IENA

GENEALOGIA DEI BANCHIERI «DA CASTELLO » *

II RAMO
Leone
1. David
| I
2. Mizole 3. Salomone 4. Manuello 5. Leone
| |
6. Abramo 7. Salomone 8. David

| | | |
13. Samuele 14. Leone 15. Manuello 16. Musetto 17. Salomone 18. Perna

| |
9. Dattolo 10. Musetto 11. Bonaventura 12. Elia

| | | l |
19. Giacobbe 20. Eliseo 21. Consola 22. Salomone 23. Emanuele 24. Michele ?

* Affiianchiamo all’indicazione di ogni banchiere la data dei capitoli in cui il suo
nome compare.

1. 1413-1434 13. 1500-1510

2. 1449 14. 1500

3. 1449 15. 1485

4. 1449 16. 1531

5. 1449 17. 1521-1531

6. 1459-1485 18. 1531

7. 1485-1500-1510 19. 1485-1510-1521
8. 1465 20. 1485

9. 1449-1459 21. 1510-1521

10. 1449-1459-1485-1500 22. 1510-1521-1531
11. 1449-1459-1500 23. 1510-1521-1531
12. 1459-1485 24. 1510-1521-1531

NOTE

1) Sulle origini del prestito ebraico in Italia cfr. in particolare V. Co-
LORNI, Prestito ebraico e comunità ebraiche nell Italia centrale e settentrionale
con particolare riguardo alla comunità di Mantova, in « Rivista di storia del di-
ritto italiano », viti (1935), pp. 1-55 (dell’estratto), al quale ha attinto A.
MiLANO, I primordi del prestito ebraico in Italia, in « La Rassegna Mensile di
Israel » (= R.M.I.), xix (1953), pp. 221-230, 272-280, 306-319, 398-406,
450-460. Cfr. inoltre recentemente l'ottima sintesi di L. PorrAKov, Les ban-
quiers juifs et le Saint-Siége du XIII au XVII siècle, Paris 1967?, pp. 308 sgg.

*) Cfr. soprattutto A. ToAFF, Gli ebrei a Perugia, Perugia (Dep. di St.
Patria per l'Umbria) 1975, ed inoltre A. FABRETTI, Sulla condizione degli
Ue see i ai UU UPCGNRNÉ

HBSGUEUTRSIUICTIUE -—-— n

GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 29

ebrei in Perugia dal XIII al XVII secolo, Torino 1891, pp. 1-91, estratto della
pubblicazione più vasta dello stesso FABRETTI, Documenti di storia perugina,
voll. 2, Torino 1887-92. Altri documenti sulla storia degli ebrei perugini sono
stati pubblicati e studiati da S. MAJARELLI e U. NicoLinI, 7l Monte dei Po-
veri di Perugia, periodo delle origini (1462-1474), Perugia, 1962.

*) Archivio Comunale di Città di Castello (= A.C.C.d.C.), Annali Co-
munali, vol. 23, c. 158v.-159r. Questo a nostro avviso 6 il primo documento
sicuro che si riferisca alla presenza degli ebrei nella città. G. SACERDOTE,
(Catalogo dei codici ebraici della biblioteca Casanatense, Firenze, 1897) attri-
buisce il cod. Casanat. 172, contenente l'opera Sha'aré Orà di Joseph Gika-
tilla, allo scriba Sansone da Città di Castello, che lo avrebbe copiato a Vitto-
ria (?) nel luglio del 1311. Lo segue in questa attribuzione anche A. FREI-
MANN, Jewish Scribes in Medieval Italy (= Jewish Scribes), in Alexander Marx
Jubilee Volume, New York, 1950, p. 319 n. 461. Ma non ci pare affatto certa
l'identificazione dello scriba Shimshon mi-Castello, il copista del codice, con
un Sansone originario di Città di Castello, il che anticiperebbe la presenza
ebraica nella città per lo meno alla fine del Düecento, per vari motivi : 1)
mancano documenti archivistici o testi ebraici a suffragare l'ipotesi, 2) il
nome del luogo dove il codice sarebbe stato copiato, « Vittoria » è tutt'altro
che chiaro, né é sicuro che si trovi in Italia, 3) il nome Shimshon (— Sansone)
è inusitato presso gli ebrei italiani di questo periodo, mentre non è infrequente
tra gli ebrei spagnoli. Lo scriba del codice potrebbe essere quindi a nostro
avviso un Shimshon di Castiglia (Castilla) e non di Città di Castello.

*) Alcuni aspetti della storia degli ebrei di Città di Castello sono stati
l'oggetto dell'ottima ricerca di T. VANNOoccHI, La comunità ebraica e il pre-
stito del denaro a Città di Castello nei secoli XV e XVI, Perugia, 1972 (tesi di
laurea ciclost.) (= La comunità ebraica a Città di Castello).

*) Cfr. sull'argomento VaNNoccur, La comunità ebraica a Città di Ca-
stello, pp. 104 sgg.

*) Cfr. ToAFF, Gli ebrei a Perugia, p. 129.

" Bullarum, privilegiorum ac diplomatum romanorum pontificum am-

plissima collectio .... opera et studio CAROLI COQUELINES, tomo rv, parte
3, Roma, 1746, pp. 57-59.

*) Bullarum collectio .... CAROLI CoQUELINES, tomo iv, parte 4, pp.
265-267.

*) Cfr. E. LoEviNSON, La concession de banques de préts aux juifs par
les Papes des seizième el dix-septiéme siécles, in «La Revue des Etudes Jui-
ves (= R.E.J.), xcii (1932), pp. 165 sgg.

19) Bullarum collectio .... CAROLI COQUELINES, tomo v, parte 1, pp.
426-428.

11) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 23, c. 158v.-159r.

x Poiché cinque libbre (lire) equivalevano ad un fiorino, un fiorino
valeva cento soldi di denari, e dodici denari equivalevano ad un soldo (cfr.
1|
hi

30 ARIEL TOAFF

L. LEoNIJ, Documenti tratti dall’ Archivio Segreto di Todi, in « Archivio Sto-
rico Italiano, serie riz, tomo xxII [1875] p. 184), il tasso di 12 denari per lib-
bra al mese equivaleva al 60%. |

13) Il 3 giugno 1392 «Magister Ventura seu Bonaventura Dattili de
Urbe », abitante a Città di Castello, compariva dinanzi ai Priori per una con-
troversia con certo ser Bondo di Guidone per la mancata restituzione da par-
te di questi di una somma prestatagli (A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol.
24, c. 190v.).

14) Ci rimangono alcune copie dei verbali in cui il Comune rinnovava
la condotta medica del «sapiens vir magister Ventura Dattili ebreus medi-
chus cirurgichus », fissandogli lo stipendio. L'8 Aprile 1398 per un anno
(A.C.C.d.C., Annali Comunali, vo. 28, c. 64r.) ; il 26 febbraio 1399 per due
anni (Annali Comunali, vol 28, c. 172v.) ; il 15 aprile 1401 per un anno (An-
nali Comunali, vol. 31, c. 45r.). Il nome di Ventura di Dattilo quale medico
condotto di Città di Castello alla fine del Trecento si trova inoltre in G. Muzr,
Memorie Civili di Città di Castello, vol. 1, Città di Castello, 1842, p. 227.

1) Il 30 dicembre 1498 Maestro Ventura doveva ancora percepire dal
Comune numerose mensilità del suo stipendio di quell'anno (A.C.C.d.C., Li-
bro dei conti comunali per l'anno 1398-1399, Arch. Segr. della Bibl. Com.,
vol. 23, c. 50v.).

16) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 25, c. 110v.

17) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 25, c. 129v.

18) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 25, c. 7r.-7v.

19) La concessione in appalto delle rendite cittadine ad un privato co-
me garanzia della restituzione del prestito da questi effettuato, era in uso
presso le repubbliche di Venezia e di Genova dalla metà del xi: secolo, men-
tre non sarebbe stata praticata dai piccoli comuni italiani, secondo quanto
afferma il Luzzatto : « Per quanto ci consta dal poco che é stato scritto sulle
finanze dei comuni italiani, non sembra che sia mai stata ammessa la ces-
sione a privati delle imposte dirette » (G. Luzzatto, I prestiti comunali e gli
ebrei a Matelica nel sec. XIII, in «Le Marche», vir (1908), pp. 254-255).
Se è esatta tale teoria, il caso di Città di Castello (e così pure di Perugia nel-
lo stesso periodo) costituirebbe un’eccezione alla regola (per Perugia, cfr.
A. Toarr, Gli ebrei a Perugia, p. 247).

20) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 25, c. 88r. I Priori stabilivano
«quod pagha gabelle uvi civitati, qui fieri debet de mense may proximo
venturo deputetur et deputata sit et esse intelligatur magistro Ventura Dat-
tili ebreo per viginti florenos auri et Bonaventura Abrami ebreo per triginta
florenos auri quis dicto comune recipere debent per mutuo ..... ».

21) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 27, c. 29v. e 50r. A Bonaventura
e Manuele erano concessi, se pur indirettamente, «omnes introitus reditus
et proventus gabelle recollationis grani, bladi, liguminis, vinis et uvarum an-
ni presentis ».
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 31

22) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 28, c. 64v. A. Bonaventura e Ma-
nuele erano concessi «pro restitutione dicti mutui omnis introitus, reditus,
proventus gabelle recollationis vini et uvarum anni presentis ».

3) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 26, c. 158r.

^) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 27, c. 49v. e 50r. Deodato di-
Abramo figura tra i prestatori ebrei di Perugia nel 1385 (Archivio di Sta-
to di Perugia — A.S.P., Archivio Storico del Comune, Consigli e Riformanze
libro n. 189, c. 112r.-113v., 128r.-129v., libro n. 191, c. 31r,-377.).

2) Di quella compagnia facevano parte anche Sabato di Dattero di
Consiglio da Pisa e suo figlio Musetto, Genatano di Maestro Angelo da Peru-
gia, Salomone e Sabatino di Vitale da Montepulciano (cfr. A. MoLHo, Note
on Jewish Moneylenders in Tuscany in the late Trecento and early Quattrocen-
to, in Renaissance Studies in Honor of Hans Baron, Dekalb, Ilinois, 1971,
pp. 99-117). Piü tardi, nel 1416, Manuele da Perugia figurerà anche tra i
prestatori di Sansepolcro (A.C.C.d.C., Annali Gomunali, vol. 38,-c.. 125V.;
175v.).

2) Cfr. P. Frcar VELTRONI, Usurai giudei a Cortona, in «La Difesa
della Razza », 20 giugno 1939, p. 31, Per altre notizie sugli ebrei prestatori
a Cortona cfr. G. MANCINI, Cortona nel Medioevo, Firenze, 1897, p. 315.

2?) La pr.ma condotta medica concessa dal Comune a « Magister Elia
ebreus medicus cirurgicus » è del 26 febbraio 1396 (A.C.C.d.C., Annali Co-
munali, vol. 27, c. 27v.). Essa aveva la durata di un anno e veniva rinnovata,
sempre per lo stesso periodo di 12 mesi, il 28 novembre 1396 (A.C.C.d.C.,
Annali Comunali, vol. 27, c. 113r.). L’attività di Maestro Elia proseguiva,
almeno fino al termine del secolo, perché ci rimane il rinnovo della condotta,
questa volta per tre anni, concessogli dal Comune il 14 febbraio 1399 (A.C.
C.d.C., Annali Comunali, vol. 28, c. 163r.). Comunque, a quanto pare, anche
al pagamento del salario di Maestro Elia si provvedeva con scarsa sollecitu-
dine, se già il primo mese di salario del medico, dopo il rinnovo di quest’ul-
tima condotta (e si trattava per la precisione di 2 fiorini, 7 soldi e 11 denari)
veniva registrato in debito al Comune il 17 marzo 1399 (A.C.C.d.C., Libro
dei conti comunali per l’anno 1398-1399, Arch, Segr. della Bibl. Com., vol.
23, c. 71v.). La presenza di Maestro Elia, quale medico condotto a Città di
Castello, è registrata, limitatamente all'anno 1396, dal Muzi, Memorie Ci-
vili di Città di Castello, vol. 1, p. 227.

?5) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 31, c. 169v.

9) Cfr. alle note n. 25 e 26.

?) Su Consiglio di Dattilo da Tivoli cfr. in particolare U. Cassuto,
La famiglia di David da Tivoli, in « Il Corriere Israelitico », vol. xLv (1906-7),
pp. 150-151 ; In., Gli ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento, Firenze, 1918,
p. 34. Consiglio, che nel nostro documento appare residente a Pisa, soggiornó
a lungo a Bologna. La sua morte è precedente al 17 ottobre 1437.

*?) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 30, c. 170v. Il prestito era ri-
32 ARIEL TOAFF

chiesto per «conducere gentes armigeros, tantum pedestres quantum eque-
stres, ad deffensam dicte libertatis et ad conservationem et mantenimentum
quietudinis dicti popularis status ».

32) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 36, c. 160 r. e v. Il nome completo
del prestatore fiammingo nel documento é « Gabriel Johannis seu.Jacobi de
Viridino de Leodio de Alemania ». Il fatto che nel testo dei capitoli il presta-
tore non sia mai detto ebreo, né sia menzionata per lui l'esenzione ad eser-
citare l'attività nei Sabati e nelle feste ebraiche, oltre al nome del padre del
banchiere, Giovanni, inusitato presso gli ebrei, sono gli elementi che ci in-
ducono a credere che Gabriel da Liegi non fosse ebreo.

33) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 37, c. 145v. Il documento parla
di «tres banche feneratorum existentes in dicta civitate, videlicet bancha
Bonaventura Abrami, bancha Davidis Leonis et bancha Emanuelis Deoda-
ti». Questo Emanuele di Deodato era probabilmente il gestore della banca
di Ventura di Salomone da Tivoli. Come abbiamo visto, suo fratello Deodato
di Deodato era socio nella stessa banca.

84) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 38, c. 137r. Il nome di « magi-
ster Salomon Bonaventure hebreus medicus » nell'anno 1416 é ricordato an-
che dal Muzi, Memorie civili di Città di Castello, vol. 1, p. 229. Dopo Maestro
Elia e Ventura di Dattilo de Urbe, che abbiamo già incontrato, e Salomone
di Bonaventura, troveremo altri medici ebrei a Città di Castello : nel 1459
«magistro Emanuele medico hebreo » (A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 46,
c. 37r.), nel 1499 « maestro Jacob ebreo cerusico » (A.C.C.d.C., Provveditorato
1499, Libro dei conti del Comune per il 1498-99, c. 329v.). Tra questi nomi
è forse da ricercare quel medico Mazliach mi-Castello (= da Città di Castello),
citato al fol. 50 b. della miscellanea di medicina contenuta nel ms. Bodleia-
na 2779 (A. NEUBAUER, Catalogue of the Hebrew Manuscripts in the Bodleian
Library, Oxford, 1886-1906).

35) L'eccezionale concessione, che veniva accordata solo in occasione
della morte di personalità ebraiche che si erano rese benemerite dell'intera
cittadinanza, si ritrova anche a Perugia il 14 luglio 1383, quando a Salomone
di Matassia il Comune permetteva di indossare abiti neri di lutto al funerale
del padre, il banchiere Matassia di Sabato, che era stato il rappresentante
piü autorevole e prestigioso della comunità ebraica perugina di quel periodo
(A.S.P., Archivio Storico del Comune, Consigli e Riformanze, libro n, 31, c.
229r.).

36) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 43, c. 31r.

27) Ibid. A, David di Leone succedeva nella guida della banca il figlio
Mizole, che il 30 luglio 1445 insieme a Salomone di Bonaventura versava al
Comune la gabella annuale per il prestito per i festeggiamenti di S. Florido
(cfr. L. Fumi, Inventario e spoglio dei registri della tesoreria apostolica di Città
di Castello [= Inventario .... Città di Castello], Perugia, 1900, p. 24).

CUTUDUUORUNUITRERMUM

NEUES 3 7- GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 33

25) I privilegi di Martino V a Bonaventura di Salomone sono riportati
da Fumi, Inventario ... Città di Castello, p. 24.

: Già nel 1404 la banca di Manuele e Bonaventura di Abramo si era
fatta parte diligente nel pacificare gli animi, ed i documenti ci dicono che
i due prestatori « promiserunt [ottingentos florenos auri] dominis prioribus
dicte civitatis (sc. Civitats Castelli) mutuare dicto comune occasione concor-
die fiende inter dominum papam et comunem dicte civitatis » (A:C:C:d: 6;
Annali Comunali, vol. 30, c. 170v.).

40) Il 21 agosto 1431 il Comune versava a « Musettus hebreus » la som-
ma di 18 bolognini «pro magisterio pulveris bumbarde, vid. cx lib. per dic-.
tum Musettum factis» (cfr. Fumi, Inventario ... Città di Castello, p. 12).

4) Il Monte Pio di Città di Castello venne istituito assai tardi, nel 1562,
alla vigilia dell’espulsione degli ebrei dalla città, e la sua attività nel breve
periodo di esistenza rimase di scarso rilievo (cfr. A. RosINI, Origine e vicende
del cessato Monte di Pietà di Città di Castello, in « L'Alta Valle del Tevere »,
vol. 1 (1933) n. 5, p. 14). Nel resto dell'Umbria il Monte di Pietà sorse a Pe-
rugia nel 1462, a Gubbio e ad Orvieto nel 1463, a Foligno nel 1466, a Terni
nel 1467, ad Assisi nel 1468, a Spello, a Spoleto ed a Trevi nel 1469, ad Ame-
lia nel 1470 (cfr. MayARELLI-NicoLINI, Il Monte dei Poveri di Perugia, pp.
114 sgg. e l'ampia bibliografia ivi contenuta, ed inoltre Toarr, Gli ebrei a
Perugia, passim — ).

3) Cfr. sull'argomento CassuTo, Gli ebrei a Firenze, pp. 66-67, 73-80.

4) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 52, c. 118r.

44) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 45, c. 76r.

5) Nel resto dell'Umbria il tasso di interesse consentito variava da
Comune a Comune e da periodo a periodo. A Norcia nel 1486 era del 3096 ;
a Todi nel 1420 era del 48% (cfr. L. Leon1J, Documenti tratti dall' Archivio
Segreto di Todi, in « Archivio Storico Italiano », serie III, t. XXII (1875),
pp. 182 sgg.); a Foligno intorno alla metà del Quattrocento era del 36%
(cfr. A. MESSINI, Le origini e i primordi del Monte di Pietà di Foligno, Foli-
gno 1940, p. 8) ; ad Amelia raggiungeva nello stesso periodo il 60% (cfr. A.
GuiNATO, Monte di Pietà e Monti Frumentari di Amelia, Roma 1956, p. 72),
mentre a Terni superava il 20% (cfr. A. GHINATO, Primi tentativi per la fon-
dazione di un Monte di Pietà a Terni (1464-1472), in. « Archivum Francisca-
num Historicum » L (1957), p. 386). A. Perugia alla fine del 1457 l'interesse
lecito era del 24% (cfr. MasaRELLI-NicoLINnI, Il Monte dei Poveri di Perugia,
p. 81); a Gualdo Tadino agli inizi del Cinquecento era del 60% (cfr. MAJA-
RELLI-NicoLINI, op. cit., p. 83). Superando i confini delPUmbria, ma rima-
nendo nelle vicinanze di Città di Castello, a Cortona, dove operavano presta-
tori provenienti dal centro tifernate, il tasso lecito nel 1405 era del 30% (ctr.
FicAt VELTRONI, in « La Difesa della Razza », 20 giugno 1939, p. 32).

4 A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 45, c. "6r.

7) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 46, c. 44r.
ARIEL TOAFF

19) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 55, c. 222r.

49) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 50, c. 166r.

50) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 56, c. 148r.

51) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 57, c. 166r.

5) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 46, c. 44r. La tassa «del capo et
fumo » era l'imposta di famiglia, mentre quelle «de la guardia et del fare
hoste e cavalcata » concernevano con ogni probabilità le gravezze cui ogni
cittadino era sottoposto, quale componente dell'esercito cittadino, per prov-
vedere all'acquisto del proprio equipaggiamento militare, consistente in « pan-
ciali, cervellarii, stivalecti ferrei, collarini et bragarelli » (cfr. MAGHERINI
GRAZIANI, Storia di Città di Castello, Città di Castello, vol. 11, 1910, p. 207).
Gli ebrei, essendo esonerati dall'obbligo del servizio militare, erano esentati
anche dal pagamento di tali tasse.

5) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 52, c. 120v.

5) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 52, c. 121r.

5) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 54, c. 194r.

5) Vedi ad esempio le disposizioni contenute nei capitoli degli ebrei
di Perugia del 23 dicembre 1457 (cfr. MaJARELLI-NicoLINI, Il Monte dei Po-
veri di Perugia, pp. 84-87, 222-228 ; Toarr, Gli ebrei a Perugia, pp. 67-68,
258-264).

57) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 54, c. 192r.

58) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 45, c. 76r.

59) Cfr. FABRETTI, Sulla condizione degli ebrei in Perugia, pp. 33-35.

*?)) A Todi i banchieri ebrei erano riusciti nei capitoli del 4 novembre
1420 ad ottenere l'esenzione dal segno (cfr. LeonIJ, Documenti tratti dall’ Ar-
chivio Segreto di Todi, cit. p. 185). Più tardi, quando l’obbligo era stato ri-
pristinato, almeno ufficialmente, si erano mostrati tutt’altro che solleciti a
farne esecuzione, tanto da destare l’irritazione dei governanti della città,
che tentarono inutilmente di esigerne la rigida applicazione (cfr. L. LEONIJ,
Decreti del Comune di Todi contro gli Ebrei e giustizia loro resa da Francesco
Sforza, in « Archivio Storico Italiano », serie 1v, t. vir (1881) p. 25). Anche
a Perugia l’obbligo di portare il segno era spesso trascurato dagli ebrei, e
ciò costringeva i Priori a richiamarlo periodicamente (vedi ad esempio il 4
ottobre 1466, A.S.P., Archivio Storico del Comune, Copiario Privilegi, Bolle
e Brevi, vol. 3, c. 10r. ; e il 20 ottobre 1519, A.S.P., Archivio Storico del Co-
mune, Editti e Bandi, vol. 2, c. 213v.).

*:) Il 10 novembre 1474 ad esempio Dattilo, Bonaventura e Musetto
di Leone da Castello, Salomone e Consiglio di Salomone da Castello, Elia e
David (di Salomone) venivano multati per avere contravvenuto all’obbligo
del segno (cfr. Fumi, Inventario ... Città di Castello, p. 46).

9) A.C.C.d.C., Arch. Segr., Consigli e Riforme, vol. 33, aa. 1480-81.
Nella disposizione si riconfermava il divieto « quod nullus ebreus sive magnus
sive parvus audeat vel presumat, cuiscumque status et conditionis existat, TUERI

GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO a)

nec per civitatem predictam et eius comitatum a die vel a nocte, sine evi-
dente et apparente signo .O. in pectore, publice et manifeste omnibus videnti-
bus eos, et nulla femina audeat vel presumat ire sine anulis ad aures », alla
pena di dieci libbre di denari per ogni contravventore.

3) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 52, c. 121r.

*4) Cfr. M. CrARDINI, Un «consilium » per il Monte di Pietà di Firenze
(1473), Firenze 1905, p. 28.

$5) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 55, c. 107r.

6) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 56, c. 148r.

*7) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 52, c. 123v.

*5) Cfr. FABRETTI, Sulla condizione degli ebrei in Perugia, pp. 38-42.

**) Sulla vigesima papale per la guerra contro i Turchi, cfr. in generale
H. VoGELSTEIN e P. RiEGER, Geschichte der Juden in Rom, vol. 11, Berlin
1896, pp. 19, 126.

7°) Copia del documento è conservata presso l'Archivio di Stato di Pe-
rugia (A.S.P., Archivio Storico del Comune, Fondo Diplomatico, perg. n.
244, inventario Belforti, 17 gennaio 1459).

71) Sulla raccolta della somma presso gli ebrei di Perugia e dell'Umbria
cfr. L. Fumi, «Inventario e spoglio dei Registri della Tesoreria Apostolica
di Perugia e Umbria », in Bollettino di Storia Patria per l'Umbria, vi (1900),
pp. 77 sgg. ; TOAFF, Gli ebrei a Perugia, p. 74.

73) Cfr. Fumi, Inventario . . . Città di Castello, p. 42.

7) Il documento è riportato da M. STERN, Urkundliche Beitráge über
die Stellung der Pdpste zu der Juden, Kiel 1893, pp. 76-77.

^") Il nome Mizzole o Mizole rende probabilmente l’ebraico Mazal o
Mazal Tob (— Fortuna, Buona Fortuna, Fortunato). A Ferrara si riscontra
la variante Mazzalia (cfr. V. CoLorNI, Ebrei in Ferrara nei secoli XIII e
XIV, in Miscellanea di studi in memoria di Dario Disegni, Torino, 1969, p.
92).

") Mondavio è Comune della provincia di Pesaro e Urbino.

75) Il nome Reguardato corrisponde per analogia di significato all'ebrai-
co Shemarià (= il Signore custodisca, custodito dal Signore). Cfr. CAssUTO,
Gli ebrei a Firenze, p. 240. Su Reguardato di Abramo da Alatri vedi più
avanti.

* Al nome Sforza è improbabile si possa trovare una corrispondenza
ebraica. Esso si riscontra tra gli ebrei mantovani a partire dal 1571 (cfr. E.
CastELLI, I banchi feneratizi ebraici nel mantovano : 1386-1808, in « Atti e
mem. dell’Accademia Virgiliana di Mantova», xxxri, n.s. (1959), pp. 231,
248-249 ; S. StmonsoHn, History of the Jews in the Duchy of Mantua, (in ebr.),
vol. 1, Jerusalem, 1962, pp. 163, 165), mentre in Umbria, a quanto pare, era
già diffuso agli inizi del Cinquecento.

?8) È probabile che .il nome Zingaro renda per una certa analogia di
significato l'ebraico Ghershom (da gher = pellegrino).
36 ARIEL TOAFF

^) Non credo che con Scimo si indichi la località di provenienza del
prestatore, difficilmente identificabile con questa grafia, ma piuttosto il no-
me del padre, forse l'ebraico Shimon (— Simone).

s°) Il nome Fainne, Faino rende forse per analogia fonetica l'ebraico
Pinechas (Fines).

$) Archivio Vescovile di C.d.C., libro vit, c. 55v. All'episodio accenna
anche Muzi, Memorie civili di Città di Castello, vol. 11, p. 28.

*) Cfr. CassuTo, Gli ebrei a Firenze, p. 138. I fratelli di Isacco, Salo-
mone e Consiglio, erano ancora a Città di Castello nel 1474 perehé il 10 no-
vembre di quell'anno venivano multati dai Priori della città per avere con-
travvenuto all'obbligo del segno (cfr. Fuwr, Inventario ... Città di Castello,
p. 46). Sul processo fiorentino di Isacco da Castello cfr. recentemente
M. Luzzati, Per la storia degli ebrei italiani nel Rinascimento. Matrimonii
e apostasia di Clemenza di Vitale da Pisa, in Studi sul Medioevo Cristiano
offerti a Raffaello Morghen, Roma 1974, pp. 437-438.

*) Cfr. M. STEINSCHNEIDER, Catalog der hebr. Handschriften in der
Stadtbibliothek zu Hamburg, Hamburg, 1878, n. 39 ; FREIMANN, Jewish Scri-
bes, p. 268.

*) Cfr. D. S. LoEWINGER e B. D. WEINRYB, Catalogue of the Hebrew
Manuscripts in the Library of the Juedisch-Theologisches Seminar in Breslau,
Wiesbaden, 1965, p. 32. Dei fratelli Giacobbe e Eliseo da Castello e della loro
attività di banchieri parla il rabbino Obadià da Bertinoro (su di lui vedi piü
avanti) nel suo epistolario ebraico manoscritto (Roma, Cod. Casanatense, 220,
c. 111b-113a).

$5) È noto che presso gli ebrei italiani il nome Servadio corrispondeva
all'ebraico Obadià, di cui era la traduziore letterale (cfr. CAssuto, Gli ebrei
a Firenze, p. 240).

85) Le tre note lettere dalla Terra Santa di Obadià sono state pubbli-
cate in edizione critica da A. YAARI, Letters from Erez Israel, (in ebr.), Tel
Aviv, 1943, pp. 98-144. Nella prima lettera, diretta al padre Abramo, Oba-
dià scriveva (pp. 103-104) : « Quando ebbi messo a posto le mie faccende a
Città di Castello il 1° del mese di Kislev 5246 (= 9 novembre 1485), di là
mi diressi a Roma dove sostai ».

87) Sulla permanenza di Obadià da Bertinoro a Città di Castello non
abbiamo trovato altre tracce nei documenti conservati presso l’Archivio del
Comune.

**) Meraviglia che M. STEINSCHNEIDER (Catalog der hebr. Handscriften
in der Stadtbibliothek zu Hamburg, Hamburg, 1878, n. 38) non si sia reso
conto che lo Obadià b. Abraham da Castello, proprietario del codice, altri
non è che il celebre Obadià b. Abraham da Bertinoro.

*°) Su Reguardato da Alatri cfr. inoltre ToArr, Gli ebrei a Perugia,
p. 125.
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 37

90) Cfr. G. B. DE Rossi, Mss. codices hebraici, 111, Parma, 1803, p. 35
n. 1007 ; FREIMANN, Jewish Scribes, pp. 316-317.

9) Sulla permanenza di Shemarià a Firenze cfr. CAssuto, Gli ebrei a
Firenze, pp. 188-189.

*5)) Cfr. G. SAcERDOTE, Catalogo dei codici ebraici della Biblioteca Ca-
sanatense, Firenze, 1897, p. 610 n. 194.

») Ancora il 15 Sivan 1484 Shemarià completava a Firenze la copia
di una traduzione italiana in caratteri ebraici delle preghiere di tutto l'anno
per la giovinetta Gentile di Isacco da S. Miniato (cfr. DE Rossi, Mss. codices
hebraici, 111, p. 191).

94) Cfr. CasrELLI, I banchi feneratizi ebraici nel mantovano, cit. p. 10.
Un Giacobbe di Elia da Cagli, probabilmente fratello di Salomone e Consi-
glio, viveva a Ferrara nel 1469 (cfr. A. PEsARO, Memorie storiche sulla Co-
munità Israelita ferrarese, Ferrara, 1878, p. 13).

95) La registrazione della circoncisione si trova al foglio 3 del ms. ebr.
Sassoon 23, contenente il formulario delle preghiere per le festività secondo
il rito italiano, appartenuto al padre del bambino, Ishmael (Laudadio) b.
Moshè da Perugia (cfr. D. S. Sassoon, Ohel David, Descriptive Catalogue of
the Hebrew and Samaritan Manuscripts in the Sassoon Library. 1, London,
1932, p. 292 n. 23).

96) A.S.P., Archivio Storico del Comune, Scritture diverse disposte per
alfabeto, busta n. 15, fasc. n. 4. Cfr. TOAFF, Gli ebrei a Perugia, pp. 73 segg.

*?') Sull’attività perugina di Aleuccio di Guglielmo cfr. Toarr, Gli e-
brei a Perugia, pp. 73 Sgg.

*8$) Cfr. Cassuto, Gli ebrei a Firenze, p. DO;

*») Cfr. Fumi, Imventario ... Città di Castello, p. 92. *

100) A.C.C.d.C., Provveditorato 1499, c. 45v. Il processo ai figli di An-
gelo da Orvieto non è l’unico riguardante gli ebrei di Città di Castello, di cui
rimane traccia nei documenti. Il 26 giugno 1489 il prestatore Salomone (di
Salomone da Castello), accusato di adulterio, veniva condannato all'ammenda
di 500 libbre di denari.

101) Nell'ampia bibliografia sullo scandalo Tamari-Venturozzo cfr. in
particolare S. SimonsoHn, The Scandal of the Tamari-Venturozzo Divorce (in
ebr.) in Tarbiz xxvi (1959), pp. 375-392 ; Ip., History of the Jews in the
Duchy of Mantua, 11, pp. 364-367; E. KUPFER, Further Clarifications con-
cerning the Scandal of the Tamari-Venturozzo Divorce (in ebr.), in Tarbiz,
XXxviII (1969), pp. 54-60. Cfr. inoltre sull'argomento TOAFF, Gli ebrei a Pe-
rugia, pp. 135-136.

19) Cfr. alla nota n. 30.

105) Su Dattilo di Consiglio da Tivoli cfr. CAssuro, La famiglia di Da-
vid da Tivoli, pp. 151-152 ; In., Gli ebrei a Firenze, p. 72.

14) Su David di Dattilo da Tivoli cfr. in generale CASSUTO, La famiglia
di David da Tivoli, pp. 261-264, 297-299 ; Ip., Gli ebrei a Firenze, pp. 327-331.
38 ARIEL TOAFF

195) L’elegia è stata pubblicata da D. KAUFMANN, La famille de Yehiel
de Pise, in « R.E.J. », xxvI (1893), pp. 106 sgg.

1) Sul periodo lucchese della vita di David da Tivoli cfr. P. M. LoNAn-
po, Gli ebrei a Pisa sino alla fine del secolo XV, in « Studi Storici », viti, Pi-
sa 1899, pp. 67 sgg.

197) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 46, c. 129v.

108) Anche il CAssuTO (La famiglia di David da Tivoli, pp. 299-300), ave-
va avanzato l'ipotesi che David da Tivoli avesse due figli maschi. Solo che,
mentre l'identificazione che ne fa del primo con Dattilo (Joab) di David
da Tivoli è esatta, così non è per la seconda. Infatti l'altro figlio di David,
come si deduce dai capitoli di Città di Castello, si chiamava Daniele, e non
è quindi da identificarsi con quel Jechiel b. David da Tivoli, di cui parla il
Cassuto. A meno che questi non sia un terzo figlio, del cui nome, per qualche
motivo, non si faccia menzione nei capitoli. Ma la cosa non ci sembra pro-
babile.

109) L’elegia di Joab da Tivoli è stata pubblicata da Toarr (Gli ebrei a
Perugia, pp. 316-317). L’ipotesi, avanzata con qualche esitazione dal Cas-
suTO (La famiglia di David da Tivoli, pp. 299-300), che il suo autore sia da
identificarsi con il nostro Dattero di David da Tivoli, viene confermata da-
gli accenni a Città di Castello, che si trovano nel testo, e che il Cassuto non
poteva apprezzare, ignorando che nella città tiberina la famiglia di David
da Tivoli aveva fissato la propria residenza. Ricordando l’immatura fine dei
due figli di Shemuel da Perugia, Joab lamenta ad esempio il fatto che in
quell’occasione non si trovasse un medico a Città di Castello.

119) Su Lazzaro da Volterra cfr. in generale CAssuTo, Gli ebrei a Firen-
ze, pp. 268-271, etc.

111) Su Manuele da Volterra cfr. CAssuTto, Gli ebrei a Firenze, pp. 137,
141, 264.

13) Sull'attività di Lazzaro a Gaeta cfr. N. FERORELLI, Gli ebrei nel-
l’Italia meridionale dall’età romana al sec. XVIII, Torino, 1915, pp. 73, 145.
Sulla sua permanenza a Siena cfr. PiccoLomini MENGOzzI, Il Monte dei Pa-
schi di Siena, vol. 1, Siena, 1891, p. 217.

113) Cfr. CassuTOo, Gli ebrei a Firenze, p. 269. L'elegia di Lazzaro in
morte di Jechiel da Pisa è stata pubblicata da KAUFMANN (La famille de
Yechiel de Pise, cit., pp. 227-231).

114) Il resoconto del viaggio in Terra Santa di Bonaventura (Meshul-
lam) da Volterra è stato pubblicato in edizione scientifica da A. YAARI (The
Travel of Meshullam of Volterra to Palestine, in ebr., Jerusalem, 1948).

115) Nei capitoli del 1521 sono ricordati « Manuello et Lazaro da Volter-
ra in luocho de Samuello de Abramo de Mizole a li quali vindette il suo luo-
cho » (A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 56, c. 148r.).

116) Cfr. A. NEUBAUER, Catalogue of the Hebrew Manuscripts in the Bo-

em Deam GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 39

dleian Library, Oxford, 1886-1906 n. 2754; DE Rossi, Mss. codices hebraici,
III, n. 88.

117) Su Angelo Alatrino cfr. M. MoRTARA, Indice alfabetico dei rabbini
e scrittori di cose ebraiche in Italia, Padova, 1886, p. 2; M. STEINSCHNEIDER,
Catalogus Librorum Hebraeorum in Bibliotheca Bodleiana, Berlin, 1931, pi
1397 n. 5826 ; I. BENJACOB, Ozar ha-sefarim, Vilna. 1880, p. 87 n. 632. i

118) Le lettere sono pubblicate da A. NEUBAUER, in Kobez al Jad, 1v,
Berlin, 1888, pp. 34-37. Il De Blanis così scriveva al termine della raccolta :
«... Tutte queste lettere le ho copiate io, il giovine Jehudà figlio di Shelo-
mò De Blanis, qui a Città di Castello il 1° del mese di Ab ... dell'anno 5283
(= 1523) ».

119) Cfr. Bullarum collectio . ..., CAROLI CoQUELINES, tomo rv, parte
III, pp. 57-59.

120) Cfr. A. Rosini, Origini e vicende del cessato Monte di Pietà di Città
di Castello, in « L’Alta Valle del Tevere », anno 1 (1933), n. 5, p. 15.

121) A.C.C.d.C., Annali Comunali, vol. 59, c. 57v.-58r., 60r.

122) Sul primo insediamento ebraico a Monte S. Maria e a Lippiano cfr.
A. ToArrF, Appunti storici sugli ebrei a Lippiano, in Miscellanea di studi in
onore di Dario Disegni, Torino, 1969, pp. 255-262.

123) Sulle vicende relative all'arrivo ad Arezzo dei profughi ebrei di
Città di Castello nel 1557, durante il pontificato di Paolo IV, cfr. CAssuTO,
Gli ebrei a Firenze, p. 95.

124) Cfr. A. AscANr, Monte Santa Maria e i suoi marchesi, Città di Ca-
stello, 1967, pp. 190-191.

1:5) Cfr. Bullarum collectio ..... CAROLI COQUELINES, tomo Iv, parte
4, pp. 265-267.

1) Cfr. E. LoEvINSON, La concession de banques de préts aux juifs
par les Papes des seiziéme et dix-septiéme siècles, (= Banques de préts), in
« R.E.J. », xci (1932), pp. 165 sgg.

12?) Ginevra di Ventura da Perugia apriva il suo banco il 15 luglio 1587
(concessione rinnovata per l'ultima volta il 12 luglio 1589 per due anni);
Salomone di Mosé da Perugia il 22 aprile 1588 (concessione rinnovata per
l'ultima volta il 15 settembre 1591 per tre anni) ; Nello di Leone il 12 agosto
1588 (concessione rinnovata per l'ultima volta il 15 novembre 1591 per tre
anni); Emanuele di Giuseppe di Samuele il 2 dicembre 1588 per tre anni;
(cfr. LogviNsoN, Banques de préts, ibid.).

E::5) Ctr. nota 95. Ishmael di Mosè da Perugia è probabilmente da iden-
tificare con qvel Laudadio da Perugia, che apriva un banco ad Ancona il
4 agosto 1589, la cui concessione era rinnovata per l’ultima volta il 6 aprile
1605 per cinque anni (cfr. LogviNsoN, Banques de préts, ibid.).

129) Bullarum collectio ...... CAROLI COQUELINES, tomo v, parte 1,
pp. 426-428.
]

40 ARIEL TOAFF

Città di Castello,
1390, 21 gennaio

Capitoli degli ebrei di Città di Castello (1390).

Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 23, c.
158v.

Die xxr mensis. Januarij [1390].

Cum propter tempora maxime caristie grani bladi et aliorum victuali-
um presentialiter existentis in universa patria et maxime in civitate Castelli
seu comitati universaliter et comuniter gentes sint in maxima paupertati et
egistate nec vivere possint nisi pecunia eis necessaria pro vivendi inveniatur
cum subpignoratione honore et rerum suarum, idcircho magnifici domini
priores populi civitatis predicte infra una cum sapientibus viris tregintaduo-
bus arbitrij dicte civitatis in sufficienti numero congregatis in audientia eorum
palatii consueta ut moris est intendentes oportunis remedis prendere quod pro
predictis habilius in comodius habeatur visis et diligenter inspectis et exam-
minatis inscriptis tenoris et omnibus et singulis et ipsa petitione contentis
et super eis habita prima diligenti et solempne deliberatione et ultimo inter
eos facto et misso partito ad fabas nigras et albas secundum formam statuti
dicte civitatis et obtenito per viginti septem ex eis dantes eorum fabas ni-
gras del sic non obstantibus novem dantibus eorum fabas albas del non,
vigore eorum arbitri de quo constat per me Marchum notarium et cancella-
rium inscriptum et omnibus via iure modo et forma quibus melius potuere
pro bono et utilitate rei publice et totius comunitate dicte civitatis quod iu-
decentur statuentur et reformarentur quod dicta petitio et omnia et singula
in ipsa contenta sint siant et executio mandantur in omnibus et per omnia
pro ut in ipsa petitione sint continetur cuius petitionis tenoris talis est et ut
pecunia predictis habilius et salubrius inveniatur.

Coram vobis magnificis et potentibus dominis prioribus populi civita-
tis Castelli nec non sapientibus et nobilibus viris consilii arbitri et bailie dicte
civitatis Castelli dicunt narrant et esponunt humiles et devoti filioli et pro
vestra magnificatione et dominatione Manuel et Bonaventura Abrami ebrei
habitatores ad presens in dicta Civitate Castelli quod ipsi Manuel et Bona-
ventura intendunt et volunt moram traere in dicta Civitate Castelli cum filiis
et familiis eorum ac etiam intendunt et volunt pro comoditate utilitate et
abilitate ac etiam in gratiam et servitium hominum et personarum dicte ci-
vitatis pro tempore quo homines et persone dicte civitatis necessitatem ha-
berent habendi pecuniam valeant sine difficulate pro eorum necessitatibus
habere et ab eis predictis Manuel et Bonaventura pecuniam per mutuo invenire
facere in dicta Civitate Castelli et tenere unum prestum sine appotheca ultra
prestum et appotecha quam ad presens est in dicta civitate in quo presto
sine apotecha pecuniam ipsorum habendibus ex ea necessitate sub pigno-
rialzi

GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 41

ribus mutuare et ab eisdem mortem nec competent non inter excedendo
quantitatem. duodecim denari pro libra in mense quolibet quis mutuare vel-
let civibus et comitatinis dicte civitatis et quod hoc in commodum generale
omnibus dicte civitatis in eorum necessitatibus resultare petent subscriptis
per vos inscriptos pacta et capitula concedi in habere inscriptum modum
videlicet.

1. In primis ad laudem gloriam et reverentiam altissimi et onnipoten-
tis dei et pro observatione eorum legis eisdem et eorum antecessoribus date
et adsignite per Moisem Profetam, petunt per vos taliter provideatur statue-
tur et reformaretur quod ipsi nec aliquis ex eis vel eorum negotia gerentes
non possint nec valeant ullo modo aliquo quesito colore cogi vel contra eo-
rum voluntatem agravari in diebus sabbatorum vel aliis diebus eorum festi-
vitatum ad aliquod mutuandum vel aliquod pignis restituendis vel modo ali-
quo se exsercendum in exercitio dicti presti per aliquem rectorem vel offi-
tialem dicti communis vel aliam quamvis personam ullo modo.

2. Item quod epsi et descendentes eorum et eorum, negotia gerentes
et omnes de eorum familia in omnibus et per omnia tractentur dum in
dicta divitate habitaverint et dictum prestum in dicta civitate facerent ut
cives et tamquam cives dicte civitatis horriginari in civilibus et criminalibus.

3. Item quod epsi et descendentes eorum et eorum negotia gerentes et
alii omnes de eorum familia toto tempore quo in dicta civitate habitaverint
exercendum dicti presti fecerint sint immunes et exempti ab omnibus et sin-
gulis honeribus et gravaminibus et factionibus personalibus.

4. Item quod eis vel alicui de eorum familia vel eorum negotia geren-
tibus modo aliquo vel aliquo quesito colore per aliquem rectorem vel officia-
lem dicti comunis quorumque nomine censeatur vel alia quamvis persona
non possit nec debeat imponi alique mutta vel prestantia vel nec eos nec
aliquem. quidem predicti gravari cogi vel molestari ad solvendum. aliquem
muttam vel prestantiam nisi et in quantum ex eorum processerit voluntate
et si ferus fieret id quod confieret non valeat ipso iure et quod ex eo executio
aliqua fieri non possit pena cuilibet que contra predicta faceret contra eos
vel aliquem eorum centum florenos auri qualibet iure camerario communis
dicte civitatis applicandos.

9. Item quod eis et cuilibet ipsorum et eorum negotia gerentibus sit
licitum super pignoribus cui vel cuiusbus voluntate pecuniam ipsorum mu-
tuare cum competentimento vel secundum quod cum eo cui aliquod mu-
tuarent convenirent vel secundum quod consueverint aliis mutuari in casu in
quo conventis non intervenerint non propter excedendo duodecim in denari
pro libra civibus et comitatinis dicte civitatis aliis vero secundum quod cum
eis convenirent. Et non possint ipsi nec aliqui ipsorum vel eorum gerentes
negotia aliter ver alio modo ab aliquo quocumque nomine censeatur vel ali-
quo quesito colore molestari vel impediri.

6. Item quod elapsis tredecim mensibus ab quo aliquod eisdem vel ali-
42 ARIEL TOAFF

cui eorum vel alicui de eorum familia vel eorum negotia gerenti fuerint sub
pignoratione quod id quod fuerit subpignoratione valeant et possint absque
alicuius conditione vel obstaculo vendere alienare vel in alium transferre et
de eo ad eorum voluntatem facere in Civitate Castelli nec agi possint per ali-
quem quemque nominem censeatur cogi ad illud restituendum nisi in quan-
tum ex eorum processerit voluntate.

7. Item quod in oportunum aliquod eis vel alicui eorum vel alicui de
eorum familia vel eorum negotia gerentibus foret subpignorationes post sub-
pignorationem modo aliquo appareret illud quod subpignorationem fuerit
non esse vel non fore illius qui illud subpignoravit et alius tertius diceret illud
subpignorationem ad se pertinere et vellet ab eis illud subpignorationem
aliquo modo vel aliquo iure petere vel vindicare, quod ille talis tertius nec
aliqua alia quanvis persona non possit aliquo quesito colore ab eis vel aliquo
eorum vel ab eorum negotia gerentibus illud petere vel vindicare nisi primo
persolvatur ad integrum quantitates pecunie que apparetur in libris eorum
ipsos vel aliquos ex eis vel eorum negotia gerentibus super dicto tali pignore
mutuasse et etiam subpignorata foret furtiva vel alio iusto vel iniusto foret
furtiva subpignorata habita. Que omnia et singula soprascripta sibi fieri
taliter et tali modo quod eisdem ad integrum secundum ut et vellent et
tentant de iure non obstante aliquo statuto ordinamento vel reformatione
presente vel futuro dicti communis in cum loquentibus et omnibus via iure
modo et forma quibus melius fieri potest. Et predicta omnia et singula
facerint predicti priori et consiliarii non obstantibus aliquibus statutis ordi-
namentis et reformationibus dicte civitatis et quibuscumque aliis predictis
obiurantibus et repignorantibus quoquo modo quibus et quilibet eorum
derogaverunt et derogatione esse voluerunt ac se de eis et ex qualibet eorum
in specialis et exspressa mentis facta foret.

Constitutus coram dominis prioribus similis congregatis in audientia
eorum palatii consueta ut moris est.

Città di Castello,
1393, 9 giugno

Modifiche ai capitoli degli ebrei di Città di Castello relative all'interesse lecito
nel prestito, che è portato al 40%, ed alla gabella annuale sul prestito.
Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 25, c. 110v.

Die nona mensis Jiunj 1393.

Quod mutuantes ad usuram teneantur mutuare ad rationem octo denario-
rum pro libbra

Magnifici Domini Priores populi una cum sapientibus viris trigintaduo-
bus arbitrij dicte civitatis in sufficienti numero congregati in audientia eo-
rum palatii consueta, ut moris est, habita primo super inscripta diligenti et

ARMS Lr Masa cedens al IRA Gia; DAMM LI A
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 43

solempni deliberatione, et ultimo inter eos facto et misso partito ad fabas
nigras et albas secundum formam statuti et optento per viginti octo ex eis
dantes eos fabas nigras del sic, non obstantibus quinque dantibus eorum, fa-
bas albas del non, providerunt, statuerunt et reformaverunt quod omnis per-
sona cuiuscumque conditionis existat que in dicta civitate vel eius comitatu
feneratur vel in futurum fenerabitur teneatur et debeat cuicumque volenti
pecuniam mutuo sub usuris recepire ei mutuare ad rationem octo denario-
rum pro libbra pro toto mense. Et si mensis non esset completus de die in
diem pro rata ad penam centum libre denarii pro qualibet contrafaciente et
qualibet vice statuentes in super ordinantes et mandantes quod quolibet rec-
tor et offitialis dicti comunis presens et qui per tempore fuit possit teneatur
et debeat exigere dictam penam de facto et quod de omne quantitate pene
quam venire faciet in comune habeat quartam partem. Et quod predictis
nec alicui predictorum nullo tempore possit derogari nisi ... per omnes de
dicto consilio, et si contram fierit quod id non valeat nec teneat ullo modo.
Et predicta fecerit non obstantibus aliquibus statutis ordinamentis ac refor-
mationibus quoquo modo quibus et qualibet eorum derogaveri et derogatum
esse voluere ac si de eis et quolibet eorum hic spetialis et expressa mentio
facta foret.
Quod quolibet fenerator solvi gabella presti

Item simili modo facto misso partito et optento per triginta ex eis dan-
tes eos fabas nigras del sic, non obstantibus tribus dantibus eorum fabas al-
bas del non, providerunt statuerunt et reformaverunt quod omnia persona
que feneratur seu in futurum fenerabitur in civitate predicta vel in suo co-
mitatu teneatur et debeat solvere camerario gabellis presti pro quolibet men-
se secundum formam statuti dicte civitatis non obstantibus aliquibus statu-
tis ordinamentis ac reformationibus dicte civitatis.

Città di Castello,
1402, 10 giugno

I Priori di Città di Castello concedono licenza di prestare a Ventura di Salomone
da Tivoli ed alla sua compagnia.

Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 31, c. 169v.

Die decima mensis Junij anno 1402.

CREE SOSTESOMNURES Magnifici Domini Priores populi Civitatis Castelli una
cum prudentibus viris trigintaduobus arbitri dicte civitatis in suffitiente nu-
mero convocati et coadunati in audientia eorum palatij consueta ut moris
68b. i et sic cepint deliberationem habitam super omnibus et singulis
inscriptis et inter ipsos facto et misso partito ad fabas nigras et albas et ob-
tento per viginti sex ex eis dantes eorum fabas nigras del sic non obstantibus
octo dantibus eorum fabas albas pro non in contrarium et vigore eorum ar-
HE E

44 ARIEL TOAFF

bitrj de quo constat inscriptus mei Johannes notarium inscripti et omni mo-
do via iure et forma quibus melius potuerunt providerunt ordinaverunt re-
formaverunt quod a Ventura Salomonis judeo de Tiguli et ad presens habi-
tatore Civitatis Castelli acquirentur mutuo quingenti florenos auri pro co-

tune: Civitatis Castelli n SRL. Giai SIUE EAUX IS Um Tete fae

EL DN RIRDUCRO DUROS EORDED UCLCL QC ila O OECD Occ DS A CA Qu On Qe Etsi KDE a

Statuentes in super ordinantes atque reformantes quod per recompensatio-
nem dicti mutui detur et concordetur dicto Ventura et Abraam, filio dicti
magistri Ventura judei de dicta civitate et omnibus et singulis sotys Ven-
ture vel Abraam predicti vel aliquis eorum eligerint vel nominaverint in
eorum socie tatem et ex nunc dederunt et concesserunt plenam licentiam
atque auctoritatem et facultatem fenerandi et fenus retinendi in Civitate
Castelli et ad fenus mutuandi omnibus acquirere et accipere volentibus ad fenus
abeis Ventura vel Abraam et eorum sotys vel aliquo eorum vel ab eorum facto-
ribus et negotiorum gestoribus cum omnibus et singulis modis pactis conven-
tionibus et permanentis auctoritatibus privilegis et beneficis datis concessis
et attribuitis Manuello et Bonaventura ebreis fenerantibus in dicta civitate

s de tedebete etes Gdolelefo1 s eceteketetoneteMelededeyetepeneHené aene TE A RIMESIIRIR ARE DO dee. frs NU ene

Facta et apodixa quingentorum florenorum nectorum dicto Venture per me
Johannem camerarium die xri septembrem millesimo quadrigentesimo se-
cundo costitutus coram magnificis et potentibus dictis dominis prioribus po-
puli dicte civitatis in cancellariam dicti comunis delegavit eligit et nomina-
vit in eius sotyos ad fenerandum in dicta civitate vigore superdicte reforma-
tionis Ventura predictos istos ebreos quorum moram sunt hec videlicet Con-
seglio Dattili de Tiguli et nunc habitator civitatis Pisarum, Manuel magistri
Angeli de Sancto Angelo in Vado et Diodatus Diodati de Civitatis Castelli.

Città di Castello,
1413, 24 luglio

I Priori di Città di Castello impongono alle tre banche cittadine la gabella an-
nuale del prestito da pagarsi in occasione della festa del santo patrono.

Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 37, c.
145v.

Die Lune xxiii July anno 1413.

GS Vp Item simili modo dato et misso partito et obtento per vi-
ginti ex eis dantes eorum fabas nigras pro sic non obstante tribus dantibus
eorum fabas albas pro non in contrarium predictorum ut pro gravio annua-
tim fieribus in festo Sancti Floridj de mense Augusti proximi continue fu-
Tu 7. providerunt ordinaverunt et reformaverunt quod tres banche
feneratorum existentes in dicta civitate videlicet

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GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 45

bancha Bonaventura Abrami

bancha Davidis Leonis et

bancha Emanuellis Deodati i
ebreorum et pro dictis tribus banchis prestantibus ad fenerandum loco gabelle
fenerationis teneantur et debeant omni anno in presenti et proxime in fieris .
Augusti solvere generali camerario Comunis pro Comune recipiente per ga-
bellam fenerationis et presti sexaginta florenos auri vidilicet pro rata pro
qualibet bancha, et si plures banchas teneant in dicta civitate ad fenus pre-
stantes ultra dictas sexaginta florenos pro rata ad dicto Comune pro qualibet
bancha solvere teneantur sub pena centum florenos auri pro qualibet con-
trafaciente et qualibet iure comuni applicandorum ipso facto et fenerare non
possit sine provisione et determinatione consilij arbitrj quas quantitates to-
taliter deputaverint et deputatas esse voluerint pro gravio et aliquibus oc-
currendis per honorandum dictum festum Sancti Floridi et aliter vel alio
modo solvi vel expendi non possit sub simili pena et. .... nullus rector
vel offitialis aut alia persona possit audeat vel presumat ipsos hebreos sic
solventes cogere gravare vel molestare realiter vel personaliter ad solvendum
aliam. gabellam fenerationis sub pena centum florenorum auri pro qualibet
contrafaciente et qualibet iure applicandorum ipso facto de suo salario reti-
nendorumii; is.

Et predicta facerentur non obstantibus quibuscumque statutis etc......

Città di Castello,
1434, 15 gennaio

I Priori confermano i capitoli alle banche di Salomone di Bonaventura e di
David di Leone.

Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 43, c. 31r.

Die xv mensis Jannuarij anno 1434.

«In favorem Salomonis Bonaventure et David Leonis ebreorum »

Item simili modo et forma dato et misso partito inter eos ad fabas ni-
gras et albas secundum formam dictorum, statutorum et ordinamentorum et
victo et obtento per xxvIrri ex eis dantes eorum fabas nigras del sic non ob-
stantibus viri dantibus eorum fabas albas del non in contrarium predicto-
rum providerunt stuerunt ordinaverunt et reformaverunt declarando pacta
et capitula que habuerunt et obtinerunt a Comune dicte civitatis Manuel et
Bonaventura Abrami hebrei mutuantes ad usuram in dicta civitate de qui-
bus patet manu Ser Marci Vanni tunc cancellarii dicti Comuni vel alterius
cancellarii qui sunt per nostrum justum et victoriosum dominum Nicolaum
de Fortebraccis sunt firmata. Ipsis que pactis et capitulis adiungabitur quod

4
PRENNE ue C Dr n I FERME VOV E LEO DAD LT UENIT EE E «4 Low

46 ARIEL TOAFF

dicti olim Manuel et Bonaventura et eorum factores institutores procurato-
res garzones et negotiorum gestores vigore dictorum pactorum et capitulo-
rum et legis super hoc condite in Comune et vigore presentis legis potuerint
eis que licuerint et possit Salomon filius dicti Bonaventure et sibi liceat seu
factoribus garzonibus institutoribus mutuare ad usuram in dicta civitate per
instrumenta et scripturas quascumque publicas et privatas qui prestantur
usure seu usurae habetur non possit impingi vel compugnari non contra alios
possint obici vel opponi excemptio usurarum pena cuilibet opponenti et obi-
cienti centum florenorum et nichilas non audiantur non adiunctantur.

Item quod dictus Salomon solvat annuatim tassam presti sui quod nul-
lus alius ... possit in dicta civitate mutuare ad usuram sine expressa licen-
tia dictorum Priorum et eorum, consilii arbitrii qua licentia si concederetur
teneatur dictus mutuans cum dicto Salomone concordare de solutione tassa
predicta ita quod talis mutuans solvat dicta tasse prestum suum et debitam
possessionem.

Item quod si contingerit aliquos cives dicta civitatis fieri exbanditos
condempnatos exulos vel ribellos dicte civitatis quod dictus Salomon vel ali-
quis eius factor institutor vel negotiorum gestor nullo modo possit cogi gra-
vari vel molestari per aliquam personam rectorem vel offitialem, dicti Co-
munis ad dandum vel restituendum aliquum pignorum sui haberit dictorum
civium vel comitatinorum aut aliquam pecunie quantitatem, occasione ipso-
rum pignorum sed potius possit dicta pignora retenire.

Item quod libris rationum presti dicti Salomonis et suorum factorum
institutorum et negotiorum gestorum predictorum datur plena fides pro ut
in aliis locis fieri consuetum est et sit ipsis hebreis mutuantibus vidilicet dic-
tis pignoribus sibi datis et de quantitate mutuata et de restitutione dicto-
rum pignorum.

Item quod de gestas inter dictos hebreos et illos cum, quibus traffica-
verint super pignoribus vel instrumentis vel scriptis de quibus ratio et cal-
culus factus apparet inter prestos in libro rationum dictorum hebreorum vel
alio modo quod nulla persona possit agere opponere. vel obligare quod dicta
ratio et calculis non sit factus et quod de novo revidatur nisi infra unum an-
num post dictam factam rationem et calculum ......... «eere

Et superdicta omnia et singula dicta comprobata expressa et declara-
ta in presente reformatione et capitulis superdictis in favorem dictis Salo-
monis et suorum factorum institutorum et negotiorum gestorum predicto-
rum siant servantur et locum habeant pro David Leonis de dicta civitate et
suis filiis factoribus institutoribus et negotiorum gestoribus ad usuram mu-
tuantibus et in eorum favorem.

—————
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 47

Città di Castello,
1449, 7 luglio

Capitoli degli ebrei di Città di Castello (1449).
Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Gomunali, vol. 45, c. 76r.
Die vir mensis Julij [1249].

Denante da voi Magnifici Signori S. Priori del popolo de la Cità de Ca-
stello et spettabili et egregi huomini consiglieri de l'arbitrio de la dicta cità,
dicano narrano et exponano Aleuccio de Abramo da Pesaro ebreo, Consiglio,
Jsaac et Salomone fratelli et figlioli de Salomone de Bonaventura ebrei, et
Mizzole, Salomone et Manuello frategli et figlioli de Davitte, et Dattalo, Bo-
navenctura et Muse frategli et figlioli de Lione de Davitte predicto ebrei de
la Cità de Castello tutti che essi supplicanti overo alcuno d'essi intendevano
volere in la dicta cità et contado d'essa prestare per la comodità, utilità, et
habilità, gratia et servitio degli uomeni et persone loro denari ad uxura in
una o piü boteghe insieme et deperse sicomo a loro parerà o piacerà er como
per li dicti Salomone et Davitte loro antecessori é stato usitato a tutte quel-
le persone le quali per li tempi haveranno necessità de dicti denari mediante
li quali li uomini et le persone de la dicta cità et contado nel tempo delle
loro necessità max. de carestie de grano, guerre et altri affanni possino a lo-
ro bisogni providere et adciò che le cose preditte possino ne la ditta cità exer-
citare, domandano che per la S.V. siino concessi li inscripti capituli, gratie,
privilegi et immunità li quali si possino per le V.S. concedere a loro senza al-
cuna pena de excomunicatione overo altra che volesse la ragione sicomme
appare ne lo rescripto del R.S. Governatore de la dittà città registrato de
sopra.

1. In prima che ad laude et reverenza de lo onnipotente et altissimo
Dio et pro observatione de la loro legge ad essi et a loro antecessori data et
assignita per Moyse profeta, adomandano essi ebrei che per la M.S.V. et
prudentia di nobili huomini del consiglio de lo arbitrio et baylia de la Cità
de Castello se provegga, statuisca et reformi che essi ebrei né alcuno de loro
garzoni, procuratori, istitutori, factori o famegli né fameglia possino per al-
cuno modo, forma o quesito colore, essere costretti overo contro la loro vo-
lontà gravati nelli dì del sabbato overo altri dì de loro feste a prestare alcuna
cosa overo alcuno pegno restituire overo per alcuno modo se exercitare in
lo exercitio del presto per alcuno rectore overo offitiale del ditto comune
overamente alcuna altra persona per veruno modo.

2. Item che essi ebrey et loro descendenti, factori, famegli et fameglia
in tutto et per tutto sieno tractati et reputati in la ditta Cità de Castello co-
mo citadini originari de la ditta cità in civile et criminale.

3. Item che li ditti ebrey et loro descendenti, factori, garzoni, famegli
et fameglie loro et de ciascheduno de loro durante el tempo del dicto presto
An ARIEL TOAFF

et durante el tempo de ditti capituli sieno immuni et exempti da tutti et
singuli incarichi, gravationi et fationi personali, salvo che dai dazi et gabelle
vendute et gabelle grosse.

4. Item che ad essi prenominati ebrey overo ad alcuno d'essi, overo ad
alcuno de loro et ciascheduno de loro fameglii, factori, garzoni, procuratori,
inst. o famegli per muodo alcuno né per alcuno quesito colore per alcuno
rectore, overo offitiale del dicto comune qualunque se sia, overo per altra
persona se possa imponere mutta alcuna né prestanza, né essi né alcuno
d'essi ebrey gravare constregnare overo molestare a pagare alcuna mutta
overo prestanza se non quanto ad essi ebrey parerà et piacerà, et si el con-
trario si facesse non vaglia de ragione né tenga né exequtione alcuna fare
se possa e la pena per ciascheduno che contra a le predicte cose farà, overo
executione alcuna contra essi o alcuno d'essi ebrey farà de cento fiorini d'oro
per ciascheduna volta, da doverse applicare per la meità e la Camera Aposto-
lica et per la meità ad essi ebrey.

5. Item che li dicti ebrey nominati de sopra, cioé Aliuccio et figlioli
et heredi di Salomone et figlioli et nepoti de Davitte predicto et loro factori,
garzoni, procuratori, institutori possino et siano tenuti et debbino in la dicta
Cità de Castello presto ad usura uno o piü fare havere et tenere et prestare
ad usura a ciascheduno che vorrà sopra qualunque pegno, a ragione de sei
denari per ciascheduna livera prestata et per ciascheduno mese, pagando
sempre de di in di per rata et non altramente piü possa togliere salvo el pri-
mo mese si pasasse xv di,sialicito pagarse per uno mese, intendendo el mese
de xxx di, salvo che achadendo che el pegno a loro impegnato se rescotesse
innante che escha quello mese, che a li dicti ebrey sia licito pagarse per uno
mese fornito, salvo che non possino prestare ad usura né per niuno modo so-
pra cose sacre de chiesa et maximamente sopra calici, pattene, messali o al-
tri libri sacrati, pianete et altra paramenti sacrati, alla pena che nelli statn-
ti della dicta cità se contene si el contrario facessaro et per ciascheduna vol-
ta et sieno tenuti mettare nelo dicto presto overo presti et in quelli manute-
nere fiorini domilia, bisognando per prestare a cittadini et contadini sopra
loro pegni, cioè beni mobili a la dicta ragione et muodo predicto, et si an-
cho per la più parte deili giuderi circumstanti se prestasse quello ancho deb-
bino seguire i dicti prenominati, non intendendo nel dicto numero de dicti
domilia fiorini i crediti de carte o scripte. Et siano tenuti a requisitione de
M.S. Priori che per li tempi siranno, mostrare li libri loro per vedere la messa
d'essi domilia fiorini.

6. Item ehe essi ebrey possino prestare ad usura a ciascheduno fure-
stieri, non habitante in la dicta cità et contado, secondo che con loro se com-
poneranno et patteggiaranno si del tempo che de l'usura et del vendere de
pegni et di tali pacti se dia piena fede a li libri de dicti ebrey, et non facendo
pacto se intenda a ragione de sei denari per livera al mese commo a citta-
dini et non possino essi, né alcuno loro factore, garzone overo procuratore per
—— MÀ

GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 49

altro muodo da alcuno siasi chi vole, per alcuno quesito colore essere mole-
stati né impediti.

7. Item che in quanto alcuna cosa ad essi ebrey o ad alcuno de loro
famiglia, overo ad loro factori et garzoni, fusse impegnata et doppo tale im-
pegnatione per muodo alcuno apparisse quella tale cosa impegnata non es-
sere de quello che tale cosa ha in pegno, et un altro terzo dicesse quella tal
cosa cusi impegnata spectasse et pertenesse a lui, et volesse da essi ebrei
tal cosa cosi impegnata adomandare et vendicare per alcuna raigione o modo,
che quello tale terzo né alcuna altra persona non possa per alcuno quesito
colore da essi, overo alcuno de loro factori, garzoni, procuratori o famegli,
quella tal cosa cusi come de sopra impegnata domandare overo vendichare
se prima non pagasse overo pagarà integramente omni quantità de pecunia
la quale apparisse nelli libri loro o de loro garzoni et factori havere prestata
sopra tal pegno etiamdio si a loro fusse impegnata cosa furtiva overo per al-
tro justo o injusto modo tal cosa impegnata o hauta.

8. Item che li denari se prestaranno per li dicti ebrey o loro factori,
garzoni et che ad alcuno furestieri non se intendino per alcuno muodo de la
supradicta summa d'essi doimila fiorini hanno a prestare a li citadini et
contadini et che hanno a tenere nel presto predicto et non possino per alcuno
muodo prestare a li furastieri sopra cose sacre come desopra non possino
prestare ai citadini et contadini.

9. Item che li dicti ebrey sieno tenuti et debbino de anno in anno, du-
rante de dicti capituli, pagare la dicta et consueta taxa per la festa de santo
Florido, cioé fiorini sexanta a bol. quaranta per fiorino, et finito el tempo
predicto li dicti capituli habbino a durare mesi diciotto a rescotere loro crediti
et non sieno tenuti a pagare piü la meità de la dicta taxa consueta, cioé fio-
rini trenta a la ragione predicta.

10. Item che nisciuno altro che li sopradicti ebrey possa in la dicta
cità prestare ad usura senza expressa licentia di M.S. Priori et de loro con-
siglio del'arbitrio, la quale licentia concedendose, sia tenuto quello tale al
quale tale licentia fusse overo sirà concessa, cun li soprascripti ebrey concor-
darse de pagare de la ditta taxa predicta la debita parte sua.

11. Item che niuno pegno possa né debbia recadere infra tempo mesi
diciotto, anzi debbia stare apresso d'essi prestatori per lo dicto tempo de
mesi xvirrz continui dal di che sirà impegnato, overo dal di de la facta ragione,
et pagata l'usura del tempo passato in caso che occurresse che alcuno facesse
raigione et pagasse usura comme 6 dicto, et durante el dicto tempo li dicti
giuderi siano tenuti li dicti pegni guardare et tenere et circha essi usare
quella buona dilligentia che ciascuno diligente usa nelle cose proprie, et non
si possino per essi prestatori alienare per alcuno modo, et passato el dicto
tempo de mesi xvirr, possino epsi prestatori fare et disponere del pegno a
loro volontà et non siano.tenuti restituirle se non quando ad essi prestatori
piacesse. Parerà che li pegni delli cittadini et contadini non possino né ven-
ad

50 ARIEL TOAFF

dano de fore de la dicta cità et contado, et de li pegni retenuti secondo la
forma del presente capitulo o alcuno d'essi et venduti eommo de sopra o
altramente alienati o no per sino al presente di a li dicti prestatori non se
possa adomandare alcuna cosa, né contra alienatione facta se possa opponere
alcuna cosa .... nonse dicesse fussero facte innante el dicto tempo de diciot-
to mesi.

12. Item che si gli avenisse che alcuno citadino overo contadino de
la dicta cità fusse exbandito, condempnato, overo facto ribello d'essa cità,
che li dicti prestatori o alcuno loro garzone, procuratori né factori, non pos-
sino per alcuno muodo essere costrecti, gravati overo molestati per alcuna
persona, rectore, overo opfitiale del dicto comune, a dare overo restituire
alcuno pegno el quale havessero dei dictai citadini o contadini, overo alcuna
quantità de denari per raigione de dicti pegni, ma piü tosto possino li dicti
pegni retenirse.

13. Item che alli libri delle raigioni de dicti prestatori et de loro fac-
tori, garzoni et procuratori, sia dayta piena fede, cioè de pegni a essi impe-
gnati et de la quantità prestata et de la restitutione de dicti pegni et se caso
fusse che veruno de li predicti scrivesse el falso, li se deggha fare raigione.

14. Item che de le cose geste intra i dicti ebrei et quelli cun li quali han-
no traffico sopra i pegni o instrumenti o scripte de le quali raigione et calculo
facto aparisse intra le parti nelli libri de le raigioni de dicti ebrei, overo per
altro muodo che per niuna persona per alcuno muodo o quesito colore possa
agere, dire o opponere excipere o alegare che la dicta raigione et calculo non
sia ben facta et che de nuovo se revegga se non infra sei mesi doppo la dicta
raigione et calculo et questo habbia luoco in le raigioni gia facte, per le quali
revedere similimente habbia sei mesi a qualunque tempo fussi facte et in le
future.

15. Item che li dicti ebrey prestatori et loro et ciascheduno de loro
garzoni, factori, procuratori et famegli, sieno tenuti et debbano fare una po-
litia a qualunque a essi alcuno pegno impegnarà, nella quale politia debbia
scrivere el di che sirà tal pegno a lui impegnato, la qualità del pegno et la
quantità prestata, et questo se intenda per chi la dicta politia domandasse.

16. Item che li dicti ebrey et ciascheduno de loro et a loro et ciasche-
duno de loro garzoni, factori, procuratori et institutori, et contra loro du-
rante el tempo de dicti capituli se faccia raigione summaria senza [strepito]
o figura de judicio, solo veduta la verità del facto, senza altro pagamento
de salario o sportula per qualunche offitiale sirà rechiesto da essi ebrey.

17. Item che el segno consueto possino et debbino portare da la centu-
ra in su denanze, excepto i [mamolecti] minori de sette anni, et quando a-
presso a casa, cioé nel vicinato loro, le venisse uscito in giubarello o in [al-
tro modo] senza segno, non caggino peró in pena alcuna, et cusi se de fora
dela cità et contado tornasse senza segno, non caschino in pena alcuna per

uno di integro, et omni altra volta che dal'uffitiale del podestà siranno tro-
Mente |

criniera as vl eor. RAR E E IR AO ti nn E s aa

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——————

GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 51

vati senza segno possino essere constretti a pagare la pena ordinata, cioé
libbre x, per volta siranno trovati senza segno, et si niuno giudeo forestiero
venisse nella cità habbia termine quattro di a portare el dicto segno.

18. Item che li Priori che siranno per li tempi possino per ogni via et
muodo che a loro parrà, providere, ordinare et reformare sopra a omni ca-
so occurrente quale daesse a loro o loro fameglia alcuno scandalo o ingiuria o
altra offensione o mancamento o impedimento alcuno alli loro capituli.

19. Item che niuno giudeo possa el venerdi santo né el sabbato santo
fino al suono de le campane uscire, né praticare per la cità fore de loro case
a la pena de libbre xxv per ciascheduno et ciascheduna volta, et che niuna
persona de qualunque stato o conditione se sia possa al dicto tempo a loro
case o a loro fare alcuna molestia, ingiuria o impedimento a la dicta pena, a
la quale sia tenuto el padre per lo figliolo et el zio per lo nepote.

20. Item che i dicti giuderi non possino né debbino prestare niuna
raigione de lecti a nisciuno offitiale, a la pena de libbre cinquanta a loro se
le prestassero et a lo offitiale si recevessero per ciascuna cosa si prestasse et
per ciascheduna volta da doverse exigere de facto da dicti giuderi et retenir-
se allo offitiale nel sindacato a la medesima pena a li sindachatori che fussero
in ció negligenti, né alteri pegni de citadini non se intendendo nelli governa-
tori.

21. Item che li dicti giuderi et loro factori, institutori, procuratori et
garzoni possino prestare ad usura in la dictà città per instrumenti et qualun-
que scripture pubbliche et private a la raigione predicta de sei denari per
livra prestata a citadini et contadini et habitanti commo è dicto et a fure-
stieri commo a loro parerà et cun loro se comporranno, et non se intenda
che possa prestare de li fiorini doimila che se sono a tenere nel banco sopra
cose mobili et pegni per l'avenire, li quali strumenti et scripture pubbliche
et private per pretesto de usura non se possino infringere né impugnare, né
contra esse opponere excemptione de usare, a la pena de che opporrà de cen-
to fiorini, et niente de meno non sia udita né admessa tale exceptione.

22. Item per che a le volte chi avesse impegnato alcuno pegno ado-
manda solamente per tentare et fugire l'usura, che ciascheduno che volesse
rescotere alcuno pegno non se intenda havere facta debita rechiesta si non
farà el deposito in pecunia numerata a qualunque banchiere de dicta cità
del capitale et de l'usura fusse tenuto fino al di de la rechiesta, altramente
tale rechiesta non pregiudichi ad essi prestatori, ma se intenda per l'avenire
essere tenuto a l'usura et el tempo curra comme si tale richiesta non fusse
facta.

23. Item che li dicti capituli et pacti durano et durare debino et se in-
tendano durare per tempo et [termine] de dieci anni proximi che verranno,
incomenzando dal di d'essi facti capituli et commo seguita [finendo] et piü
a beneplacito de li M.S. Priori che siranno per li tempi et consiglio de l'ar-
bitrio et de li dicti giuderi [se finiti] li dicti dieci anni per alcuna de le dicte
vu rina n Mr LAT a i a

52 ARIEL TOAFF

parti non siranno renunciati et revocati, et durando li dicti capituli oltra el
dicto tempo de x anni, i dicti giuderi sieno tenuti pagare tutta la taxa con-
sueta ciascuno anno et che per niuno modo durante li sopradicti capituli se
possa fare alcuna legge, statuto o reforma che in tutto o in parte, per diretto
o per indiretto, habbia a invallidare o derogare i presenti capituli et se se
facesse sia nullo et se debbia observare per alcuno offitiale a la pena de fio-
rini cinquanta d’aplicare per la meità a la Camera Apostolica et per l’altra
meità ad essi ebrei et non de meno tale statuto sia nullo o reforma che con-
tra facesse,

È 24. I quali capituli habbiano luoco et intendasi non solo in le persone
de li dicti prenominati giuderi supplicanti et factori, institutori, procuratori
et garzoni, ma etiandio nelle persone delli figlioli et nepoti d’essi supplicanti
et doppo morte loro, in le persone de dicti loro figlioli o nepoti, overamente
altri heredi durante el tempo de dicti dieci anni et ancho esso finito non se
desdicendo per alcuna de le parti como è dicto de sopra et tutte queste cose
domandano de solita benigna et humana gratia de le V.M.S. adciò che pos-
sino exercitare le cose predicte nella dicta cità, le quali tendano et resultano
in commodo et utilità de tutto el popolo de la dicta città et particulari per-
sone d'essa.

Que omnia et singula superscripta petunt et fieri ... teneant de iure.

Città di Castello,
1459, 22 giugno

Capitoli degli ebrei di Città di Castello 1459).
Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 46, c. 44r.

Die xxi Junij [1459].

In nomine dei Amen, anno a nativitate domini nostri Jesu Cristi mil-
lesimo quadringentesimo quinquagesimo nono indictione septima, tempore
pontificatus S.mi in Cristo patris et domini Pii divina providentia pape se-
cundi, die vero xxii mensis yunij.

Denante da voi S. Priori del popolo de la Cità de Castello dicano, nar-
rano et expongono Isach già de Salomone de Bonaventura de Cità de Ca-
stello per suo nome proprio et in vice et nome de Bonaventura de Dattalo
da Rimino et de Aleuccio de Guglielmo da Peroscia, anche de Conseglio et
Salomone frategli et figlioli già del dicto Salomone de Bonaventura et fra-
tegli carnali d'esso Isach de Cità de Castello, et ancora Dattalo e Bonaven-
tura frategli et figlioli già de Lione de David, in loro nome proprio et in vice
et nome de Conseglio de Salomone da Pesaro et de Bonaventura de Dattalo
da Rimino predicto, et ancora in nome de Moscetto loro fratello, prometen-
do ancora che li figlioli de Mizole de David de la decta cità et Helia de Leone
loro fratello per li quali similmente intervengano, haveranno rayto et fermo
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 53

le cose inscripte tucti hebrei essendo che essi hebrei supplicanti overo alcu-
ni d'essi intendano volere in la dicta Cità de Castello per la comodità, utili-
tà, habilità gratia et servitio degli uomini et persone della decta cità et con-
tado, de prestare loro denari ad usura in una o piü boteghe insieme o deperse
sicome a loro parerà et piacerà et come per li hebrei prestatori loro anteces-
sori in la decta cità é stato usitato a tucte quelle persone le quali per li tem-
pi haveranno necessità de li decti denari, mediante li quali li huomini et per-
sone della decta cità o contado nel tempo de le loro necessità, maxime de
carestia de grano, guerre et altri affanni, possino a loro bisogni provedere
et accioché le cose predecte possino in la decta cità exercitare, domandano
che per le S.V. sieno concessi li infrascripti capituli et privilegi, gratie et im-
munità, li quali si possano per le S.V. concedere senza alcuna pena de exco-
municatione, overo altra che volesse la ragjone, sicome appare nel breve del
s.mo nostro S. desopra registrato.

1. In prima che a laude, gloria et reverentia de lo altissimo et onnipo-
tente dio, che pro observatione della loro legge ad essi et loro antecessori
data et assignata per Moyse propheta, adomandano essi hebrei che per le
M.S. nostre se provegga, statuisca et reformi che essi, né alcuno de' loro gar-
zoni, procuratori, institutori, factori e famegli, né fameglia, possino per al-
cuno modo e quesito colore essere costrecti, overo contra la volontà loro gra-
vati, nelli di del sabbato. overo altri di delle loro feste a prestare alcuna coo
sa, overo alcuno pegno restituire, overo per alcuno modo se exercitare in 1-
exercitio del presto per alcuno rectore overo offitiale del dicto comune, ove-
ramente alcuna altra persona per veruno modo.

2. Item che essi hebrei et loro descendenti, factori, famegli e fameglia,
in tucto et per tucto siano tractati et reputati in la decta Cità de Castello
come citadini originarii della dicta cità in civile et in criminale.

3. Item che li decti hebrei et loro descendenti, factori et garzoni, fa-
megli et fameglia et de loro et ciascuno de loro descendenti durante el tempo
del dicto presto siano obbligati a tucti li pesi et graveze del comune della
decta cità, excepto li pesi et graveze della guardia et de far hoste o caval-
cata a che non siano tenuti dechiarando nientedemeno che li decti factori,
garzoni et famegli per alcuno debito antico et vecchio contracto et facto
fore della decta cità o suo contado personalmente non possino essere con-
strecti, né gravati per alcuno modo in la decta cità o contado.

4. Item che ad essi hebrei, overo ad alcuni d'essi, overo ad alcuno de
loro et ciascheduno de loro fameglia, factori, garzoni, procuratori, instituto-
ri, o fameglia per modo alcuno, né per alcuno quesito colore per alcuno rec-
tore, overo offitiale del decto comune, qualunque se sia, o non per altra per-
sona si possa né debbia imponere mutta alcuna né prestanza se non quanto
ad essi hebrei parerà et piacerà, et si el contrario si fecesse, non tenga di ra-
gione, né vaglia, ne executione alcuna fare se ne possa, alla pena per ciasche-
duno che contra le predicte cose farà, di cento fiorini d'oro per ciascheduna
54 ARIEL TOAFF

volta, da doverse applicare per meità alla Camera Apostolica et per l'altra
meità ad essi hebrei.

5. Item che hi decti hebrei nominati de sopra, cioè Isach, Bonaventura
et Aleuccio, Consiglio et Salomone et loro figlioli et heredi, et ancora Dat-
talo et Bonaventura, Conseglio da Pesaro, Mosetto, hi figlioli di Mizole et
Helia de Lione predicti et loro figlioli et heredi, factori, garzoni, procuratori,
institutori possino, siano tenuti et debbino in la dicta Cità de Castello fare
presto ad usura a ciascuno che vorrà fare sopra qualunque pegno, a ragione
de sei denari per ciascuna libra prestata et per ciascuno mese, sempre de di in
di, per rata et non altramente piü possa togliere. Salvo il primo mese si pas-
sasse xv di, sia a loro licito pagarsi per uno mese, intendendo il mese di xxx
di. Salvo che achadendo che il pegno a loro impegnato si rescotesse innante
che esca quello mese, che alli decti hebrei sia licito pagarsi per uno mese for-
nito. Salvo che non possino prestare ad usura per alcuno modo sopra cose
sacre de chiesa, et maximamente sopra calici, patene, messali o altri libri
sacrati, alla pena che nelli statuti della decta cità si contene si el contrario
facessero et ciaschuna volta. Et siano tenuti mettere nel dicto presto, overo
presti, et in quelli mantenere fiorini tre milia, abisognando per prestare a ci-
tadini et contadini, sopra hi decti pegni, cioé beni mobili alla dicta ragione
et modo predicto. Et si alla minore per la più parte delli giuderi circumstanti
si prestasse quello, anco debbino seguire hi decti prenominati hebrei, non
intendendo nel dicto numero di tre milla fiorini hi crediti de carte o scripte.
Et siano tenuti a requisitione dehi Magnifici S. Priori che per li tempi sa-
ranno, mostrare li libri loro per vedere la messa dehi decti tremilia fiorini.

6. Item che essi hebrei possino prestare ad usura a ciascheduno forestie-
ri, non habitante in la decta cità et contado, secondo che con loro se com-
porranno et pacteggeranno si del tempo come dell'usura et del vendere hi
pegni. Et di tali pacti si dia piena fede alli libri dehi decti hebrei. Et non fa-
cendo pacto, se intenda a ragione di sei denari per libbra il mese, come ahi
citadini. Et non possino essi, né alcuno loro factore, garzone overo procura-
tore per altro modo da alcuno, siase chi vole, per alcuno quesito colore essere
molestati né impediti.

7. Item che in quanto alcuna cosa ad essi hebrei, overo alcuno dela lo-
ro fameglia, overo a loro factori o garzoni fusse impegnata, et doppo tal-
impegnatione per modo alcuno apparisse quella tal cosa impegnata non ese
sere, di quello che tal cosa impegno et un altro terzo dicesse quella tal cosa
spectasse et pertenesse a lui, et volesse da essi hebrei tal cosa cusi impegnata
adomandare et vendicare per alcuna ragione o modo, che quel tale terzo, né
alcuna persona non possa per alcuno quesito colore da essi overo alcuno de
loro factori, garzoni, procuratori o fameglio quella tal cosa, come de sopra
impegnata, domandare overo vendicare se prima non pagasse, overo pagarà
omni quantità de pecunia la quale apparisse nelli libri loro o de loro garzoni
havere prestata sopra tal pegno, etiamdio se a loro fusse impegnata cosa

Rin Mr Sari denn ens A ee Cs. s. IRE av MR s.t v PD e — lia AE oon - AME
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 55

furtiva overo per altro giusto o ingiusto modo tal cosa impegnata et hauta.
Agiongendo et dechiarando che un mese doppo, poi che serà apparito tal
cosa non essere di colui che impegnata l'avesse, come é dicto de sopra, quel
terzo che dicesse tal cosa spectarsi et pertenesse a lui sia tenuto haverla ri-
scosso et haver acordato decta quantità per la quale apparisse impegnata.
Altramente, passato el dicto mese, a lui corra l'usura d'essa quantità et co-
me nelli altri impegni.

8. Item che li denari se presteranno per li decti ebrei o loro factori
garzoni, che ad alcuno forestieri non se intendino per alcuno modo della so-
pradecta somma de fiorini tre milia hanno a tenere nel presto predicto. Et
non possino per alcuno modo prestare alli forestieri sopra cose sacre, come de
sopra non possino prestare a citadini et contadini.

9. Item che li decti hebrei siano tenuti et debbino de anno in anno,
durante el tempo de decti capituli, pagare la tassa per la festa de S. Florido
de agosto della decta cità, cioé fiorini sexanta a bol. xr per fiorino, et finito
el tempo durante hi presenti capituli, habbino termine mese diciotto a re-
scotere loro crediti. Et non siano tenuti a pagare piü che la meità della dec-
ta tassa consueta, cioé fiorini trenta alla ragione predicta.

10. Item che hi decti hebrei de sopra nominati et ciascuno de loro for-
nito el tempo delle compagnie hanno tra loro, possino per vigore delli pre-
senti capituli essere confermare tra loro, come ad essi parerà. Ma volendo fa-
re altre compagnie di presti in la decta cità, che quelle hanno al presente
tra loro, questo fare non possino senza licentia de hi S.ri Priori della decta
cità et loro conseglio de l'arbitrio che serà per li tempi.

11. Item che niuno pegno possa né debbia recadere infra tempo de
mesi diciotto, anzi debbia stare apresso d'essi prestatori per lo dicto tempo
de mesi diciotto continui dal di che serà impegnato, overo dal di della fatta
ragione et pagata l'usura del tempo passato, in caso che occurrisse che al-
cuno facesse raigione et pagasse usura come é decto. Et durante el dicto tem-
po li decti giuderi siano tenuti li dicti pegni guardare et tenire et circa essi
usare quella bona diligentia che ciascuno diligente usa nelle cose proprie. Et
non se possino per essi prestatori alienare per alcuno modo. Et passato el
decto tempo de mesi xviii possino essi prestatori fare et disponere del pegno
la loro voluntà. Et non siano tenuti restituire se non quanto ad essi presta-
tori piacesse, pure che li pegni de li cittadini et contadini non portino et ven-
dano de fore de la decta cità o contado. Et de li pegni retenuti secondo la
forma del presente capitulo o alcuni d'essi et venduti cone de sopra altra-
mente alienati o no per sino al presente di alli decti prestatori non si possa
domandare alcuna cosa, né a le alienationi facte si possa opponere alcuna co-
sa se già non se dicesse fussero nanze xvii mesi.

12. Item che niun altro che li hebrei sopradicti et quelli che al presen-
te in la decta cità prestano, possa in la decta cità prestare ad usura senza
expressa licentia dei S. Priori et del loro consiglio de l'arbitrio, la quale li-

*
56 ARIEL TOAFF

centia concedendose, sia tenuto quel tale al quale tale licentia fusse overo
serà concessa, con li soprascripti hebrei concordarsi de pagare la tassa pre-
decta la debita parte sua. Et similmente se debbano concordare alla decta
tassa li altri giuderi, che al presente prestano in la decta cità, non nominati
in questi capituli, cioè de pagare per rata del presto faranno la debita parte
loro.

13. Item che se gli avenisse che alcun citadino overo contadino della
decta cità fosse enbandito, condemnato overo facto ribello d'essa cità, che
li decti prestatori o alcuni de loro garzoni, procuratori, né factori non pos-
sino per alcuno modo essere costretti overo gravati overo molestati per al-
cuna persona overo offitiale del decto comune a dare overo restituire alcu-
no pegno el quale havessero dehi decti citadini o contadini, overo alcuna
quantità de denari per ragione dehi decti pegni. Ma piuttosto possino li decti
pegni retenerse.

14. Item che alli libri delle ragioni dehi decti prestatori et de loro gar-
zoni, factori et procuratori sia data piena fede, cioè de pegni ad essi impe-
gnati et della quantità prestata et della restitutione dehi decti pegni et, se
caso fusse che veruno delli predecti scrivesse el falso, gli se degga fare ra-
gione. ;

15. Item che delle cose geste intra li decti hebrei et quelli li quali han-
no trafico sopra hi pegni o instrumenti o scripte, delle quali ragioni et cal-
culo facto apparisse intra le parti nelli libri delle ragioni dehi decti hebrei,
overo per altro muodo che niuna persona per alcuno modo o quesito colore
possa agere, dire o opponere, excipere o allegare che la decta ragione et cal-
culo non sia ben facta et che di nuovo se revegga se non infra sei mesi doppo
la dicta ragione o calculo, et questo habbi luoco in le ragioni già facte, per le
quali revedere similmente habbi sei mesi a qualunque tempo fussero facte
et etiam in le future.

16. Item che li decti prestatori et loro et de ciaschuno de loro garzo-
ni, factori, procuratori et famegli, siano tenuti debbino fare una politia a
qualunque a essi alcuno pegno impegnerà, della quale politia debbi scrivere
el dì gli sirà tal pegno a lui impegnato, la qualità del pegno et la quantità
impegnata, et questo se intenda per chi la decta politia domandasse.

17. Item, che alli decti hebrei et ciascheduno de loro garzoni, factori,
procuratori et institutori et con loro durante el tempo dehi decti capituli
faccia ragione sumaria et senza strepito et figura de iudicio, sola veduta la
verità del facto, senza pagamento de salario o sportule per qualunque offi-
tiale serà richiesto da essi hebrei.

18. Item che el segno consueto possino et debbino portare dalla centu-
ra in sù denanze, excepti hi mamolecti menori de septe anni, et quando pres-
^ SO casa, cioè nel vicinato loro, le venisse uscito in giubarello o in altro modo
senza segno, non cagino in pena alcuna per un dì intero. Et omni altra volta
da l’offitiale del podestà saranno trovati senza segno possino essere costrecti
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 57

a pagare la pena ordinata, cioé libbre x per volta siranno trovati senza se-
gno. Et se niuno forestieri giudeo venisse nella terra, habbi termine quattro
di a portare el segno.

19. Item che li Priori che seranno per li tempi possino per omni via
et modo che a loro parerà, provedere, ordinare et reformare sopra omni ca-
so occorrente, quale daesse a loro o loro fameglia alcuno scandalo o ingiuria
o altra offensione o mancamento o impedimento alcuno alli loro capitoli.

20. Item che niuno giudeo possa el venerdì sancto né el sabbato sanc-
to sino al suono delle campane uscire né praticare per la cità fore de le loro
case, alla pena de libbre xxv per ciascheduno et ciascheduna volta. Et che
niuna persona di qualunque stato o conditione si sia possa al decto tempo
a loro o loro case fare alcuna molestia, ingiuria o impedimento, alla decta
pena alla quale sia tenuto el padre per el figliolo et el zeo per el nepote.

21. Item che li decti giuderi non possino né debbino prestare niuna
ragione de lecti a niuno offitiale alla pena de libbre r a loro se le prestassero
et allo offitiale se recevessero per ciascuna cosa et ciascuna volta da doversi
exigere de facto dahi decti giuderi et retenersi allo offitiale nel sindacato
alla medesima pena alli syndacatori che fussero in ció negligenti, né altri
pegni de cittadini non se intendendo dehi governatori.

22. Item che hi decti giuderi et loro factori, institutori, procuratori et
garzoni, possino prestare ad usura nella decta cità per instrumenti et qualun-
que Scripture pubbliche et private, alla ragione predecta de sei denari per
libbra a citadini, contadini et habitanti, come è dicto, et a furestieri come a
loro parerà et con loro se comporranno, et non se intenda che possa prestare
de li fiorini tre milia che sono a tenere nelli banchi loro sopra cose mobili et
pegni per lo avenire, li quali instrumenti o scripture pubbliche o private
per pretesto de usura non se possino infringere né impugnare, né contra esse
opponere excemptioni de usura, alla pena a chi opporrà de c. fiorini et nien-
temeno non sia udita né admessa tale exceptione.

23. Item che alle volte chi havesse impegnato alcuno pegno adomanda
solamente per tentare et fugire l'usura, che ciascuno che volesse rescotere
alcun pegno, non se intenda havere facta debita rechiesta se non farà el de-
posito in pecunia numerata a qualunque banchiere della decta cità del capi-
tale et de l'usura fusse tenuto sine al di della rechiesta, altramente tale re-
chiesta non preiudichi ad essi prestatori, ma se intenda per lo advenire es-
sere tenuto alla usura et el tempo corra, come si tale rechiesta non fusse facta.

24. Item che li decti capituli et pacti durino et durare debbino et se
intendino durare per tempo et termine de anni dieci proximi che verranno,
incomenzando addi vir del mese de luglio proximo futuro et come seguita
finendo. Et più a beneplacito dehi S. Priori della cità che seranno per lo
tempo e loro conseglio de l'arbitrio et de li decti hebrei, se finiti li decti x
anni per alcuna delle decte parti non seranno revocati et renuntiati, et du-
rante li decti capituli oltra il decto tempo de anni x hi decti hebrei siano te-
58 ARIEL TOAFF

nuti a pagare tucta la decta tassa consueta ciascuno anno. Et che per niuno
modo durante li sopradecti capituli se possa fare alcuna legge, statuto o re-
formanza che in tucto o in parte per directo o per indirecto habbia a invali-
dare o derogare hi presenti capituli et se facesse sia nullo et non se debbia
observare per veruno offitiale alla pena di fiorini 50 da aplicarse per la mei-
tà alla Camera et per l'altra meità ad essi hebrei. Et non di meno tale statu-
to sia nullo o reforma che contrafacessi, dechiarando che in caso decti capi-
tuli fussero per alcuna delle parti desdecti o revocati overo renuntiati, che
nientedemeno se intendano durare et dureno uno anno intero doppo decta
facta renuntiatione et revocatione.

Et alle predicte cose tucte et singule vogliano hi decti hebrei et cia-
scuno de loro promettendo et obligando se et loro figlioli et descendenti et
heredi essere tenuti et obligari ad osservare alla pena de cinquecento fiorini
per rata, da doversi pagare dalli contrafacenti predecti, da aplicarse per la
meità alla Camera Apostolica della decta cità et per l'atra meità a decto
comune. Et per questo intendendo et dechiarando ancora che hi decti capi-
tuli habbino luoco et intendersi non solo in le persone delli prenominati giu-
deri supplicanti et factori, institutori, procuratori et garzoni, ma etiamdio
nelle persone delli figlioli et nepoti d'essi supplicanti. Et dopo la morte loro
in le persone dehi decti loro figlioli et nepoti, overamente altri heredi duran-
te el tempo dehi decti x anni. Et anco esso finito non se disdicendo per al-
cuna delle parti, come è dicto de sopra, et disdicendose doppo el decto an-
no che seguita doppo la decta disdecta. Et tutte queste cose adomandano
de solita benignità et humana gratia delle V.M.S. a ció che possino exerci-
tare le cose predicte in la decta cità, le quali tendono et resultano in com-
modo et utilità di tucto el popolo della cità predecta et particulari persone
d'essa.

Qui quidem M.D. Priores etc. providerunt, ordinaverunt et reforma-
verunt quod petitiones et capitula dictorum hebreorum superscripta ac om-
nia et singula in eis contenta concedatur ipsis hebreis etc. ...

Item eadem commisione facta eisdem dominis prioribus vigore dicti su-
prascripti brevis per prefatum S.um papam, deducta ad notitiam quorun-
dam aliorum hebreorum, feneratorum in dicta civitate existentium, compa-
ruerunt etiam coram, prefatis dominis prioribus Salomon filius Helie Venture
Longi, foeneratori ad presens in dicta civitate et de dicta civitate et ipse
hebreus, et cum eo simul Isaac magistri Vite de Mondavio, magister puero-
rum dicti Helie, vice et nomine dicti Helie, queius presentis in civitate tan-
tum in lecto infirmitatis et significantia per internuntios alios et ipso Isaac
et Salomon affirmante et permittente quod ipse Helias rata et grata hebe-
bit omnia inscripta nec non vice et nomine Angeli et Sabbatutii Venture
Longi similiter hebreorum fratrum dicti Helias absentium a civitate, per qui-
bus dictus Isaac et Salomon et dictus Helias significavit se de rato permitte-

^. illie ERE dale o ANS reor. mr Mi ena rta E a s ss co: wifi! s. eua
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 59

re etc. ... Et obtulerunt et firmiter ac sollemniter sponte et excerta scien-
tia promiserunt prefatis dominis prioribus ut super congregatarum casu quo
etiam placeat ipsis dominis prioribus quod ipsi Helias, Angelus et Sabba-
tutuis principales subvenient mutuo ad foenus civibus et comitatinibus nec
non populo et comunitati dicte civitatis de ipsorum pecuniis pro eorum pos-
sibilitate. Verum tantum petunt ipsi hebrei pari modo concedi sibi per dic-
tos dominos priores inscripta capitula et gratias que ibidem prefatis dominis
obtulerunt, quorum tenor seguitur et est talis :

Denante da voi M.S. Priori del popolo de la Cità de Castello dicano
narrano et expongano Helia, Angelo et Sabbatuccio già de Ventura Longo,
filioli hebrei della decta cità, fratelli carnali, che essi overo alcuno d'essi in-
tendono volere in la dicta cità per la comodità, habilità, utilità et gratia et
servitio degli uomini et persone della decta cità et contado d'essa, prestare
loro denari ad usura in una o piü boteghe insieme et diperse, sicome a loro
parerà et piacerà et come per li hebrei presenti prestatori et loro antecessori
in la dicta cità è stato usitato, a tucte quelle persone le quali per li tempi
haveranno necessità et hi decti denari mediante li quali li huomini et per-
sone della cità decta et contado nel tempo delle loro necessità et maxime
di caristia di grano, guerre et altri affanni, possino a loro bisogno provedere.
Et acciocché le cose predecte possino in la decta cità exsercitare, domandano
che per la S.V. concedere a loro senza alcuna pena de excommunicatione
overo altra che volesse la ragione, sicome appare nel breve del S.mo nostro
S. el papa.

In prima che a laude, gloria et reverentia dello altissimo et onn. Dio
et per observatione della legge loro etc. ... de ... mutatis mutandis que
continetur in capitulis Isaac, Bonaventure et aliorum hebreorum supre pro-
xime concessis, preter que quod teneant retinere summam, aliquam prefini-
tam in presto vel foenore sicut in v^ dictorum capitulorum continetur, ca-
pitulo ubi sit inscripto de summa tre milia florenorum de hoc nihil cautum,
etiam aut ab ipso dependentibus. Et circa tenore capituli vrir*, loquentis de
tassa quam debet solvere in festivitate S. Floridi de mense augusti sic est
cautum.

Item che hi decti hebrei si debbino concordare con li altri hebrei pre-
statori della decta cità a pagare per rata dehi denari haveranno in 1o presto
la debita loro parte della tassa per la festa de S. Florido, la quale tassa omni
anno se paga.

Item de x* capitulo non est cautum.

Quibus quidem capitulis lectis similiter et intellectis per ipsos priores
etc. ..., omnia et singula in eis contenta concedatur ipsis hebreis etc. ...
60 ARIEL TOAFF

Città di Castello,
1485, 12 febbraio

Capitoli degli ebrei di Città di Castello (1485).

Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 52, c.
118-124.

Capitula cum hebreis feneratoribus Civitatis Castelli.

Mag. D. Priores populi Civitatis Castelli una cum laudabili Officio Otto
Custodie et Generalis Arbitrii nec non civibus predictis ad hoc electis in eo-
rum consueta audientia in sufficienti numero congregati, memores in eos
fuisse remissam per Consilium, Arbitrii ut est die In dicti mensis celebratum
compositionem cum, hebreis feneratoribus. Volentes huiusmodi rey incum-
bere et ipsa capitula componere, habito desuper inter eos sepius colloquio cir-
ca domum, dato, et dicto inter eos partito predeterminato, ex eis dantes eo-
rum fabas nigras del sic in bossula repertas, unica alba del non reperta, in
quorum, non obstante providerunt statuerunt, ordinaverunt et reformave-
runt quod hebreis in dicta civitate feneratoribus concedatur, et illis conces-
sunt omnia et singula capitula infrascripta huiusmodi sub tenore composita
videlicet.

Cum malitia ipsorum temporum sic causante quondam in Civ. Castel-
li eiusque comitatu hannonis et frumenti ac heris et pecuniarum aliarumque
rerum maxima fuerit oborta penuria, ex quo quam plurimi cives, comitatini
et habitatores eiusdem civitatis et comitatus pauperes egeni ac calamitosi ef-
fecti sunt, ut igitur victui suo comodius providere valerent et refugium ali-
quod haberi quo magis eorum paupertas tollerari posset et sibi quandocum-
que aliquod pecuniarum suffragium adhiberi ut eorum necessitatibus magis
suffrageretur ea papa fel. rec. quondam S.mus in Christo pater et D.nus Pius
papa secundus pietate sua et ampla misericordia motus huiusmodi inopie,
indigentie, paupertati, miserie ac calamitati prefate sue civitatis compatiens,
affectans huiusce rei saluberrimum, dare remedium, potissime per eos qui in
facto preherant, videlicet per M.D. Priores populi dicte civitatis et eis com-

miserit provisionem ipsam, fieri per breve sue Sanctitatis huiusmodi de ver-
bo ad verbum suo tenore contento videlicet a tergo.

« Dilectis filiis Prioribus populi nostre Civitatis Castelli — intus vero.

Pius papa II. — Dilecti filii, salutem et apostolicam benedictionem. In-
telleximus in illa nostra Civ. Castelli quam, plures esse qui ob paupertatem
in eorum necessitatibus plurimum indigent subventioni usque ad hoc pro-
visionem, adhiberi desideratis. Qua propter devotioni vestre providendi in pre-
missis per eum modum, et rationem quibus melius et comodius fieri posse
videbitis plenam per presentes concedimus licentiam et facultatem in contra-
rium facientium non obstantibus quibuscumque — Datus Florentie sub anu-
lo piscatoris die quarta maii 1459 pontificatus nostri anno primo ».

MR ern rm me Mo ii) fne e a e IARE rici. DS, S os ^M s too diea N 24:58. AE.
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 61.

Et eius vigore per prefatos Magnificos Dominos Priores huiusmodi ne-
cessitatibus oppinantes comodius subveniri posse iuxta dictam eorum com-
missionem cum, hebreis feneratoribus per decennium tunc et deinde ad be-
neplacitum, capitulatum, fuerint.

Reservantes alias capitulandi cum hebreis potestatem et facultatem
ad suos in officio successores quibus eandem auctoritatem S.ma D.N. pape
transmiserunt et commiserunt ut constat manu Ser Egidii Baptiste tunc
cancellarii d. Com. eademque modo multo magis adversa ac maligna tempo-
ra in dicta civitate redierint fortius eosdem cives, comitatinos et incolas pre-
mentia non minori penuria et summa necessitas plurimum cogat huiusmodi
indigentie et necessitatibus iterum provideri ut prefati cives et comitatini et
incole comodius sufferi suffragentur et quoad poterit subveniantur in neces-
sitatibus suis et secundum temporum varietatem varientur etiam, scripture
ut simul convarient (?). Et nuper optati nonnulli feneratores hebrei infra-
scripti quibus infra nominibus comparuerint ac sponte obtulerint coram pre-
fatis M.D. Prioribus populi dicte civitatis una cum, Otto Custodies et Gene-
ralis Arbitrii dic. civ. et civibus ad hoc electis in eorum consueta audientia
in sufficienti numero congregatis pro rebus publice a utilitatis peragendis
super hoc plenam auctoritatem habentibus tum vigore suprascripte com-
missionis S.mi D.ni N. et remissionis predicte quam a Consilio Arbitrii di
Civ. de quo constat manu ser Baptiste cancellarii infrascripti sub die vero
III mensis februarii se mutuo ad fenus et sub fenore velle subvenire in huius-
modi necessitatibus communi et populo dicte civitatis et sui comitatus et
habitatoribus eorundem de eorum et cuiusque ipsorum pecunias ad quanti-
tatem trium milium florinorum ad rationem bol. xr pro quolibet floreno in-
ter omnes predictos dummodo eis provideatur quo facilius id facere possint
et comodius subvenire de infrascriptis gratiis, provisionibus, indultis et pri-
vilegiis secundum tenorem et continentiam supplicationis eorum coram, exi-
bite hiis verbis descripte de verbo ad verbum videlicet.

Denante da Voi M.S. Priori del popolo et comune de la Cità de Castel-
lo otto dela guardia et citadinj a questo deputatj per vostra parte di vostri
devotissimi servitori Maestro Servadio de Habramo da Bertinoro, Dattaro
de Bonaventura, Musetto et Helya fratelli e figlioli già de Lione de dicta
cità de Castello per sé medesimi et per Jacob et Eliseo loro nipoti et figlioli
de Lione de Dattaro predicto per li quali promisero de rato, Habramo de
Mizole, Salamone de Salamone, Hemanuello figlio de Salamone predicto de
dicta Cità de Castello, Ysahac de Habraamo et Ysdraelle suo figlio dal Bor-
go Sancto Sepolcro, Emanuello de Davitte de Salamone da Bologna, Gu-
glielmo et Dattaro de Liuccio da Peroscia, Salamone et Conseglio de Elya
da Cagli et Reguardato de Braamo da Alatro. Tucti hebrej per se medesimi
et de loro et de ciascheduno de loro figlioli et descendenti et in vece et nome
de tucti et de ciascheduno de loro figlioli et descendenti et in vece et nome
de tucti et de ciascheduno de quelli che per loro o alchuno de loro in compa-

5
62 ARIEL TOAFF

gnia o compagno loro o d'alcuno d'essi quandocumque sirà chiamato, per li
quali cusì chiamati et ciascheduno de loro tucti quelli et ciascheduno de lo-
ro che li chiamaranno, promettono de ratio et ratihitione.

Humilmente se dice, narra et expone a V.M.S. et Spec.tà come in quan-
to piaccia a quelle, intendano volere prestare ad usura loro denarj in la dicta,
Cità de Castello et suo contado et districto per subventione, comodità, uti-
lità, habilità, gratia et servitio de li homini et persone de dicta cità, contado
et habitatorj d'epsi, in una o piü varie botheghe insieme et deperse secondo
che a loro parerà, come per li loro antecessorj hebrej prestarorj in la dicta
cità é stato usitato a tucte quelle persone de dicta cità et contado et habita-
torj d'epsi, ació che al tempo dela loro necessità, maxime de carestia de grano,
come è al presente, et de guerre et d'altri afanni, possino a loro bisogni pro-
vedere, et ació che le cose predicte possino piü facilmente in la dicta cità
exercitare, suplicando se domanda che per le V.M.S. et Spec.tà gratiosamente
le se conceda le infrascripte gratie, privilegij, immunità, indultj, exemptionj
et capitulj. Le quali se possino per Voi prefati M.S. et Spec.tà concedere a
loro senza alcuna pena de excommunicatione o altra che de ragione valesse,
come apare nel suprascripto breve registrato, confermanto da Sommi Pon-
teficj predecessori et ultimamente dal santissimo in Cristo Patre et Signore
nostro S.re Innocentio per la divina providentia papa ottavo. Come apare
socto el dato die xxvi septembre wccccnLxxxiiJ del pontificato suo anno
primo. Dei quali capitulj, gratie, privilegj, immunità, il tenore sequita et
è tale cioè :

1. In prima che a reverentia, honore, laude et gloria de l’altissimo on-
nipotente Dio et per observatione de la legge a loro et loro autori et anteces-
sorj data et assignata per lo grande propheta Moysè, per epsi hebrej nelli
nomi come de sopra de gratia se domanda che per le V.M.S. se provegga, or-
dini, reformi et statuiscase et da novo per lo presente tenore proveduto, or-
dinato, statuito et reformato essere se intenda et sia, che epsi hebrej né al-
cuno de loro garzoni, procuratori, institutori et negotiatori, gestori, factori
et famegli né fameglia, non possino per alcuno modo o quesito colore esser
costrecti, overo contra loro volontà gravati nelli dì del Sabato, overo altri
dì de lor feste a prestare alcuna cosa, overo alcuno pegno restituire, overo
per alcuno modo se exercitare in lo executio del presto, per alcuno rectore o-
vero officiale del dicto comune o veramente per alcuna altra persona.

2. Item che epsi hebrei et loro figlioli et descendenti et loro factori et
fameglia in tucto e per tucto siano tenuti, tractati e reputati in la dicta Cità
de Castello come cittadini originari de dicta cità nel'civile et criminale.

3. Item che li decti hebrei et loro descendenti, factori, garzoni, fame-
gli et fameglia et de loro et de ciascheduno de loro descendenti, durante
el tempo dei decti capituli et presto, siano obligati et tenuti a tucti i pesi
et graveze de dicto comune de dicta cità, qualunque che se siano per li tempi
da incorrere ed da imponerse nel comune de decta cità. Excepto i pesi et
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 63

graveze de la guardia et de fare hoste o cavalcata, a che non siano tenuti
per alcuno modo, dichiarando niente de meno che li decti factori, garzoni et
famegli per alcuno debito antiquo et vecchio contracto con alcuno forestieri
per niente.non possino esser costrecti, né per alcuno modo gravati in dicta
cità o suo contado. Et excepto che li sopra nominati hebrei nelli decti nomi
non siano tenuti ad alcuna graveza che per alcuno tempo per l'advenire se
imponesse per la livera del capo e fumo. Se non siano solamente tenuti pa-
gare la livera de le possessioni che havessaro et quella a la livera citadina so-
lamente senza capo et fumo. Et cusì li coltori et exactori de dicte graveze
siano tenuti et obligati in decta forma exigere et acconciare senza altra pro-
visione.

4. Item che ad epsi prestatori hebrei nelli dicti nomi, né a quelli che
per loro siranno chiamati, né ad alcuno d'epsi, overo ad alcuno de loro fa-
meglia, factori, garzoni, procuratori, institutori né famegli, per modo alcu-
no, né per alcuno quesito colore per alcuno rectore overo officiale del dicto
comune, qualunque se sia, overo per altra persona, se possa né debbia impo-
nere alcuna multa né prestanza, né epsi né alcuno de epsi gravare, costringe-
re overo molestare a pagare alcuna multa, overo prestanza, se non quanto
ad epsi hebrei parerà o piacerà. Et si el contrario se facesse, non vaglia né
tenga de ragione né exequtione alcuna fare se ne possa, a la pena per ciasche-
duno che contra le predicte cose faccia, overo exequutione alcuna contra ep-
si hebrei farà, de cento fiorini d'oro per ciascheduna volta, da doverse apli-
care per la meità a la Camera Epostolica et per l'altra meità ad epsi hebrei.
Et etiam che epsi hebrei non possino esser costrecti a prestare denari a la
comunità piü che ad epsi hebrei piacerà, tanto in pichola quanto in grande
quantità.

5. Item che li prenominati hebrei et quelli che da loro saranno chia-
mati per compagni, et loro et ciascheduni de loro figlioli et descendenti, et
etiam factori, garzoni, procuratori o institutori, possino et a loro sia licito et
siano tenuti et debbino fare in dicta cità presto ad usura a ciascheduno che
vorrà da loro o d'alcuno d'epsi acatare in presto denari sopra qualunque pe-
gno suficiente. Ma non possino prestare ad usura piü che a ragione de sei
denari per ciascheduna libra prestata et per ciascheduno mese, pagando sem-
pre de di in di per rata et non altramente piü togliere possino, salvo el primo
mese, se passasse quindici di, sia a loro licito pagarse per uno meso. Et sal-
vo che acadendo ch'el pegno a loro impegnato se riscotesse innanze che esca
quello mese, che a li dicti hebrei sia licito pagarse per uno mese fornito. Et
salvo che per la livera rocta possino et a loro sia licito impune togliere uno
cinquino et non piü per dicta livera rocta. Salvo et reservato che non possino
prestare sopra cose sacre de chiese et maxime sopra callici, patene, messali
o altri libri sacri, a la pena che se contiene nelli statuti de dicta cità, si el
contrario facessero et per ciascheduna volta. Et siino tenuti mettere nel dec-
to presto overo presti et in quelli mantenire fiorini tremilia, bisognando so-
64 ARIEL TOAFF

lamente per prestare a citadini, contadini et habitanti nella dicta cità et
contado, et non a forastieri sopra dicti loro pegni, cioè beni mobili a la decta
ragione et muodo et conditioni predicte. Et si anco per la più parte delli .
giuderi circumstanti se prestasse quello anco debbino seguire i prenominati
hebrei, non intendendo nel dicto numero de li tremilia fiorini i crediti de:
carte o scripte. I quali tremilia fiorini sieno tenuti et debbino obbligati met-
tere et tenire in dicto presto o presti et trafichi infra doj mesi proximi futuri,
cioè infra uno mese la meità et infra l'altro mese l'altra meità. Et sieno tenu-
ti ad omni requisitione dei M.S. Priori che per li tempi siranno, mostrare li
loro libri per vedere la messa de li dicti tremilia fiorini.

6. Item che decti hebrei possino et a loro sia licito prestare ad usura
a ciascheduno furestieri non habitante in dicta cità et suo contado, secondo
che con loro se comporranno et pacteggiaranno, si del tempo come de la usura
et del recadere et del vendere dei pegni et de tale pacto se dia piena fede a
li libri de dicti hebrei. Et non facendo pacto se intenda a ragione de sei de-
nari per livera il mese in quello muodo et forma come de sopra a li citadini,
et non pssino epsi né alcuno loro factore, garzone, overo procuratore, per al-
tro muodo da alcuno, sia chi vuole, per alcuno quesito colore esser molesta-
ti o impediti.

7. Item in quanto per caso alcuno alcuna cosa ad epsi hebrei o ad al-
cuno de loro famegli o garzoni o factori, che fusse impegnata et doppo tale
impegnoratione per modo alcuno aparisse quella tal cosa impegnata non es-
ser de quello che tal cosa havesse impegnata, et un altro terzo dicesse quella
tal cosa impegnata spectarse et apartenerse et volesse da epsi hebrei a cui
fusse stata impegnata, tal cosa cusi impegnata adomandare et vendicare,
per alcuna ragione 0 muodo che quello tale terzo né alcuna altra persona non
possa per alcuno quesito colore da epsi hebrei, overo alcuno de loro, né da
loro factori, garzoni, procuratori o fameglia, quella tal cosa cusì come de so-
pra impegnata domandare overo vendicare, se prima non paga overo pagarà
omne quantità de pecunia la quale aparisse nelli libri loro o d’alcuno de loro
garzoni hauta prestata sopra tale pegno, et etiamdio se a loro fusse impegna-
ta cosa furtiva, overo per altro justo o injusto muodo tal cosa impegnata et
hauta. Agiongendo et dechiarando che uno mese doppo che sia aparita tal
cosa non esser de colui che impegnata l’avesse, come è decto de sopra, quel-
lo terzo che dicesse tal cosa impegnata spectanrse et apartenirse a lui, sia
tenuto haverla rescossa et havere acordata dicta quantità per la quale apa-
risse essere impegnata ; altramente, passato el dicto mese, a lui curra l’usura
d’essa quantità come ne li altri pegni.

8. Item che li denari che se presteranno per li dicti hebrei o loro fac-
tori, garzoni, ad alcuno forestieri non se intendino per alcuno modo de la
sopradicta somma de fiorini tremilia, che hanno a mettere et tenire a presta-
re a citadini, contadini et habitanti, et che per dicta ragione debbano tenire
a presto. Et non possino per alcuno modo prestare a forestieri sopra cose

M ——— Madera Ans P Tt Pt . ii Bn
—9——— MID:

GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 65

sacre, come de sopra non possino prestare a citadini, contadini et habitanti.

9. Item che li dicti hebrei et chiamati da loro siano tenuti et obligati
et debbano per fare la festa ad honore, laude et gloria de li gloriosi sancti
de magnifico sancto Amantio et magnifico sancto Florido, spectiali advocati
et protectori de questa Cità de Castello omni anno, cioè de anno in anno
del mese d'agosto de ciascheduno anno, durante el tempo dei dicti capituli,
dare, numerare et cum effecto pagare a la dicta comunità de Castello, o a
chi per dicta comunità per essa recevente sirà deputato per la loro annuale
taxa, fiorini sexanta a ragione de bolognini quaranta per fiorino. Excepto el
presente anno del 1485 del futuro mese d'agosto non habbino, né siano te-
nuti, né obligati per dicta taxa pagare se non solamente fiorini trentuno a
la dicta ragione. Et che finito el tempo et beneplacito de dicti capituli, i dec-
ti hebrei habbino termine mesi diciotto a riscotere loro crediti, nelli quali
diciotto mesi se intendono dicti capituli durare con tucte loro conditioni,
excepto che non habbino a pagare piü che fiorini trentuno l'anno a la dicta
ragione per dicta taxa. Con questa conditione che nelli primi pagamenti che
se hanno a fare per dicti hebrei de dicte taxe, li si debbia admettere et scom-
putare a decti giudei nelli decti pagamenti fiorini septantatre, quali debbano
havere come dicono aparire per mano di Ser Antonio de Mariotto, et fiorini
sei larghi per una polliza de mano de Nicola Roselli, o più o meno che fus-
saro.

10. Item che decti hebrei de sopra nominati nelli decti nomi et ciasche-
duno de loro possino omni uno de loro et a loro sia licito omni volta che a
loro parerà et piacerà, durante el tempo dei dicti capituli, chiamare uno com-
pagno hebreo forestieri, quale a quello che chiamerà parerà et piacerà. El
quale compagno cusi chiamato possi et con effecto vaglia godere, usare et
fruire in omnibus et per omnia dicti capituli. Come loro gli altri hebrei pre-
nominati et come se descripti nominatim, fussaro in decti capituli et cusi
nominati essere se intendino et individuino senza alcuna altra confermatio-
ne de M.S. Priori, Conseglio o Superiori. Nientedemeno che dicto tale com-
pagno cusi chiamato overo compagni non possino per alcuno modo da per sé
aprire altra botega de dicto presto in dicta cità et suo contado senza espres-
sa licentia et voluntà de quello tale hebreo che li chiamarà overo haverà
chiamato per suo compagno fino a tanto non sirà finito el tempo de la dicta
compagnia quale intra loro faranno et comporranno. La quale compagnia
finita, dicti hebrei compagni forestieri, como de sopra chiamati, possino et
a loro sia licito aprire botega de presto et prestare ad usura come agli altri
prenominati hebrei suprascripti et come a loro et ciascheduno de loro parerà
et piacerà. Con questa expressa conditione aposta che a niuno altro hebreo,
excepto li nominati de sopra et loro compagni forestieri che chiamaranno
possa per alcuno modo o quesito colore, né sia lecito in alcuna forma o condi-
tione prestare ad usura in dicta cità o suo contado sotto pena de venticin-
que ducati d'oro per ciascheduno et ciascheduna volta che sirà contrafacto
66 ARIEL TOAFF

da doverse de facto pagare et applicare immediate per la meytà a la Camera
de dicto comune de Castello et per l'altra meità ad epsi hebrei.

11. Item che nesciuno pegno possa né debbia recadere a li dicti he-
brei, né ad alcuno de loro apresso del quale sirà impegnato infra el tempo
et termine de mesi diciotto incomincianti dal di che sirà impegnato et come
sequita da dovere finire, overo dal di de la facta ragione et pagata usura
del tempo passato in caso che occurresse che alcuno facesse ragione et pa-
gasse l'usura come é decto. Ma sempre decto pegno o pegni debbano stare
apresso decti prestatori per lo dicto tempo de diciotto mesi continui dal dic-
to di che siranno impegnati, overo facta ragione et pagata usura come de
sopra. Et durante el tempo de dicti diciotto mesi, li dicti giudei siano tenuti
et obligati li decti pegni con diligentia guardare et tenire et circha epsi usa-
re quella bona diligentia che ciascheduno diligente usa nelle cose proprie et
non se possino per epsi prestatori alienare per alcuno modo. Et passato el
dicto tempo de dicti xvirr mesi possino epsi prestatori fare et disponere del
pegno la loro voluntà et non siano tenuti restituirli se non quando a epsi
prestatori piacerà, pure che li pegni di citadini, contadini et habitanti non
portino né vendino fore de la cità predicta et suo contado, sotto pena del
doppio de la valuta del pegno portato fore contra la forma del dicto capi-
tolo, et de li pegni retenuti secondo la forma del presente capitolo o alcuno
de epsi venduti come de sopra o altramente alienati o non fino al presente
di a li dicti prestatori non se possa opponere alcuna cosa se già non se dicesse
fussaro innanzi dicti diciotto mesi.

12. Item che se gli advenisse che alcuno citadino overo contadino de
la dicta cità fusse exbandito, condennato overo facto ribello d'epsa cità, che
li decti prestatori o alcuni loro garzoni, procuratori o factori non possino per
alcuno modo essere costrecti, gravati overo molestati per alcuna persona o-
vero officiale del dicto comune a dare overo restituire alcuno pegno il quale
havessero di decti citadini o contadini, overo alcuna quantità de denari per
ragione de dicti pegni, ma piuttosto decti pegni rescotere possino.

13. Item che a tutti et singuli libri, vachette, giornali et bastardelli
de le ragioni de dicti hebrei prestatori et de loro factori, garzoni et procura-
tori, sia data piena fede quanto se fussaro instrumenti publici, tanto de cre-
diti quanto de pegni ad epsi impegnati et de la quantità de denari prestati
sopra dicti pegni, et de la restitutione d'epsi pegni et de li pegni che prestas-
sero, in qualunque muodo fussero prestati et, se caso fusse che veruno scri-
vesse el falso, li si debba fare ragione.

14. Item che de le cose geste infra epsi hebrei et quelli con li quali han-
no trafico sopra li pegni o instrumenti o scripte, de le quali ragioni o calculo
facto aparisse infra le parti nelli libri de le ragioni de dicti hebrei, overo per
l’altro muodo che veruna persona per alcuno muodo o quesito colore possa
agere, dire o opponere, excipere o allegare che la dicta ragione o calculo non
sia ben facta et che de novo se rivegga se non infra sei mese doppo la dicta

ACT nn Mae nt ns c IAE es. OE ov Ms stool o vl nte e V TOL
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 67

ragione o calculo. Et questo habbi luogo in le ragioni già facte per le quali
similmente rivedere habbi sei mesi in qualunque tempo fussaro facte et etiam
in le future.

15. Item che dicti prestatori et loro et de ciascheduno de loro garzoni,
factori, procuratori et famegli siano tenuti et debbino fare una politia a qua-
lunque ad epsi alcuno pegno impegnerà, nella quale politia debbi scrivere el
di che li sirà tal pegno a lui impegnato, la qualità del pegno et la quantità
prestata, et questo se intenda per chi la dicta pollitia adimandasse.

16. Item che a li decti hebrei et ciascheduno de loro garzoni, factori,
procuratori et institutori et contra loro durante el tempo de dicti capituli
se faccia ragione sumaria et expedita, senza strepito et figura de judicio, so-
lamente veduta la verità del facto, senza alcuno pagamento de salario o spor-
tula per qualunque officiale sirà richiesto da epsi hebrei. :

17. Item che i decti hebrei de sopra nominati et loro figlioli et descen-
denti et quelli similmente che da loro siranno chiamati per compagni, et
loro et de ciascheduno de loro garzoni, factori, procuratori, institutori, fa-
megli et fameglia, durante el tempo de dicti capituli non possino né debbino
esser strecti a portare el segno de lo .O. overo alcuno altro segno per alcuno
muodo, né caschino in alcuna pena non lo portando. Excepto li forestieri he-
brei non chiamati per loro o alcuni de loro compagni, i quali doppo i quattro
di dal di che siranno venuti in cità, non portando el consueto segno del .O.
da la cintura in su denante, caschino in pena de soldi quaranta per ciasche-
duno et ciascheduna volta siranno trovati da lo officiale. Ma infra dicti quat-
tro di non caggino in pena alcuna, et similmente i prenominati hebrei et
quelli che da loro siranno nominati per compagni, come de sopra, non por-
tando el segno come é dicto non caschino in pena alcuna, né per alcuno offi-
ciale de dicto comune possino essere stretti a pagare alcuna pena, non ob-
stante alcuno statuto, legge o consuetudine in contrario disponente, a la
quale per lo presente tenore derogato esser se intenda.

18. Item che li M.S. Priori che per li tempi siranno possino per omni
via et modo che a loro parerà, providere, statuire, ordinare et reformare so-
pra omni caso occurrente, quale daesse ad epsi hebrei o a loro fameglia al-
cuno scandalo o ingiuria o impedimento a la dicta pena o altra offensione o
mancamento o impedimento alcuno a li loro capituli.

19. Item che niuno giudeo possa el venerdi sancto né el sabato sancto
fino al suono de le campane uscire né praticare per la cità fore de le loro case,
a la pena de livere venticinque de denari per ciascheduno et ciascheduna vol-
ta, et che nisciuna persona de qualunque stato o conditione se sia, possa,
maxime el dicto tempo, a loro et a loro case fare alcuna molestia o ingiuria
o impedimento a la dicta pena, a la cuale sia tenuto el padre per lo figliolo
et lo zio per lo nepote.

20. Item che li decti giudei non possino prestare alcuna generatione de
lecti a niuno officiale a la pena de livere cinquanta a loro si le prestassero et
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68 ARIEL TOAFF

a l'officiale si le retenisse per ciascheduna cosa et ciascheduna volta, da do-
verse exigere de facto da li decti giudei et retenirse da li officiali nel sinda-
cato, a la medesima pena a li sindacatori che fussaro in ció negligenti, né
etiam altri pegni de citadini non se intendano nelli governatori.

21. Item che li decti giudei et loro factori, institutori, procuratori et
garzoni, possino prestare ad usura nella dicta cità per istrumenti et qualun-
que scriptura publiche et private, non peró piü che a ragione predicta de sei
denari per livera a citadini, contadini et habitanti, sj come é decto de sopra,
con la conditione de la livera rocta per sana et del primo mese rotto per sa-
no, sì come nel quinto articolo se contene ; et a li forestieri come a loro pa-
rerà et con loro se comporranno, et non se intenda che possino prestare de
li fiorini tremilia, che sono a tenere nel banco o banchi loro per prestare so-
pra cose mobili et pegni per lo advenire. A, li quali instrumenti et scripture
publiche et private per pretaxto de usura non se possino infringere né im-
pugnare, né contra epse opponere exceptioni de usura, né etiam contra loro
libri predicti nel decimo tertio capitolo contenti, alla pena de chi opporrà
de fiorini cento et nientedemeno non sie odita né admessa tale exceptione.

22. Item perché a le volte alcuno che avesse impegnato alcuno pegno
domanda solamente per tentare et fugire l'usura et non per volerlo rescotere,
che ciascheduno che volesse rescotere alcuno pegno, non se intenda havere
facta debita richiesta se non farà il deposito in pecunia a qualchi banchieri
de la dicta cità del capitale et usura che fusse tenuto fine al di de la richiesta,
overo offerta in pecunia numerata mostrando et contando li denari del capi-
tale et usura nel bancho del prestatore denante a tre testinoni fidedigni ;
altramente tale richiesta non prejudichi ad epsi prestatori, ma se intenda per
lo advenire esser tenuto a l'usura et lo tempo corra come si tale richiesta
non fusse facta.

23. Item che li decti pacti et capituli durino et durare se intendino et
debbino durare per termine et tempo de anni dieci proximi futuri, incomen-
zando dal presente di de li concessi et celebrati capituli et come sequita da
dovere terminare et più oltre a beneplacito de li M.S. Priori de la dicta cità
che per li tempi siranno et del loro Conseglio de l'Arbitrio et dicti hebrei,
se finiti li dicti dieci anni per alcuna de le parti non saranno desdecti, renunp-
tiati o renovati. Et durando li decti capituli et oltra el dicto tempo de diece
anni, li decti hebrei etiam siano tenuti pagare tucta la dicta taxa de fiorini
sexanta l'anno, come é dicto de sopra nel nono capitulo, ciascheduno anno,
excepto el presente anno del 1485 che non siano tenuti a pagare piü che fio-
rini trentuno come è dicto et etiam con la desdicta del dicto beneplacito el
quale desdicendosi per alcuna de le dicte parti, doppo tale desdicta durino
i dicti capituli et durare se intendino mesi diciotto continui dal di de la de-
sdecta per possere rendere et rescotere pegni et non sieno tenuti pagare dop-
po tale desdecta se non fiorini trentuno l'anno, come de sopra nel nono capi-
tolo se contene. Et durante li dicti capituli et beneplacito per nisciuna mo-

Ru x m INIENT OE POPE Nu" uS GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 69

do o quesito colore se possa fare alcuno ordine, statuto o legge o reformanza
che in tucto overo in parte, per directo overo per indirecto, habbi ad invali-
dare overo suspendere o derogare li predecti et infrascripti capituli overo al-
cuno de epsi. Et in caso se facesse sia nullo et non se debbi per alcuno muodo
obligare per alcuno officiale de dicta cità, socto pena de fiorini cinquanta ad
epsi offitiali da loro exacta et aplicata a la Camera del dicto comune per la
meytà, et l’altra meytà ad epsi hebrei. Et nondimeno tale statuto, ordine o
reformanza che contra facesse sia sempre nulla né vaglia né tenga ipso iure.

24. Item che per li tempi de guera, quale Dio cessi per sua misericor-
dia, che li decti hebrei nelli decti nomi et loro compagni, come de sopra chia-
mati, et loro et de ciascheduno de loro figlioli et descendenti et loro et de cia-
scheduno de loro garzoni, factori, famegli, procuratori, institutori et fame-
glia, durante el tempo di decti capituli et loro beneplacito predicto, possino
et a loro sia licito liberamente tirare et cavare de dicta cità et suo cantado
li pegni de citadini, contadini et habitanti che havessero presso de epsi in
pegno et omni altra loro facultà et metterli in loco securo, et remetterli et
reportarli in dicta cità ad omni spesa d’epsi hebrei. Et non siano tenuti per
alcuno muodo pagare alcuna gabella né per cavare né per remettere, non ob-
stante statuti o bandimenti, tanto facti quanto da farse che contra quello
capitulo per alcuno muodo facessaro.

25. Item che omni becayo possa senza alcuna pena et de loro brevi o
consuetudine de loro arte, a requisitione d'epsi hebrei fare de la carne el
muodo et forma vorranno epsi hebrei, et quella vendere et dare a decti he-
brei et per quelli prezi che le vendino a li citadini de la dicta cità et non al-
tramente. Et che decti hebrei maxime circa el fare et vendere a loro le carni,
non se possa per decti bechari essere venduti né locati per alcuno muodo o
quesito colore più a l'uno che a l’altro de decti beccari, ma ciascheduno bec-
caio da alcuno de decti hebrei requisito possa come de sopra farli impune
de la carne, sotto la pena a la università de decti beccari et similiter cia-
scheduno beccaio et ciascheduna volta che contrafarà de libre dieci de de-
nari da essere de facto pagate et applicate per la meità a la Camera de dicto
comune et per l'altra meità ad epsi hebrei, non obstante loro brevi o consue-
tudini in contrario facenti o da farse, et nientedemeno pagando decti bec-
cari decta pena o non possino decti becchari eser costrecti da omni officiale
per observare quanto in decto capitulo se contene et sempre sia vallido et
fermo.

Et a tucte et singule cose predicte nelli decti capituli contente voglio-
no li decti hebrei supplicanti et ciascheduno de loro, promettendo et de rato
per quelli che da loro siranno chiamati in compagnia etc., et promettendo et
obligando sé et i suoi figlioli heredi et descendenti et omni loro et de ciasche-
duno de loro, beni mobili et stabili presenti et futuri essere tenuti et obbli-
gati, sotto la pena et a la pena de fiorini cento per rata, da doverse pagare
per li contrafacenti predecti et aplicare per la meità a la Camera Apostolica
70 ARIEL TOAFF

de dicta cità et per l’altra meità al dicto comune. Con questo intendendo et
dechiarando anchora che i decti capituli habbino luocho et intendase non
solo nelle persone de li prenominati giudei supplicanti et loro chiamati com-
pagni et factori, institutori, procuratori et garzoni, ma etiamdio nelle per-
sone di figlioli et nepoti de epsi suplicanti et de loro chiamati compagni et
descendenti, et doppo la morte in le persone di decti loro figlioli o nepoti o
veramente altri heredi, durante el tempo de decti capituli et loro beneplacito.
Et doppo la desdecta de quello, mesi diciotto continui sequitanti doppo ta-
le desdecta, come è dicto de sopra. Intendendo et dechiarando che-tucte et
singule pene nelli dicti capituli contente commesse o non pagate o non nien-
tedemeno epsi tucti et singuli capituli predicti sempre siano rati vallidi et
fermi in tucto et per tucto durante el loro tempo predicto di decti dieci anni
et loro beneplacito, et doppo la loro desdecta i decti mesi diciotto. Et tucte
et singule queste cose adimandano li decti suplicanti hebrei nelli decti no-
mi se debbi a loro concedere de solita benignità et speciale humana gratia
de le V.M.S. et Spec.tà de citadini a ciò deputati, a ciò che più et meglio
possino exercitare le cose predicte nella dicta cità, le quali tendono et resul-
tano in comodo subventione et utilità de tucto el popolo et particulari per-
sone de dicta cità, quale lo onnipotente dio insieme con le V.M.S. acresca
et augmenti et sempre salvi et mantenga in prospero et felice stato.

Qui quidem M.D. Priores populi et Comunis prefate Civitatis Castelli
D.ni Otto Custodie et Generalis Arbitrii d. Civitatis nec non cives ad id de-
putati ut supra in dicta eorum audientia pro factis rei publice d. Civitatis
bene atque utiliter gerendis more solito in sufficienti et opportuno numero
convocati congregati et cohadunati auditis predictis et pluries lectis et exa-
minatis inter eos dictorum hebreorum petitionibus et capitulis suscriptis et
omnibus et singulis in eis contentis et visis dictis eorum auctoritatibus su-
prascriptis S.mi D. n. pape et eius confirmatione et prefatorum tunc M.D.
Priores eadem ad eos trasmissione et prefati Consilii Arbitrii ut sunt cele-
brati manu mei Baptiste (Michelangeli) cancellarii infrascripti et omnibus in
eis inscriptis. Affectantes quo celerius fieri poterit cum dictis hebreis iuxta
dictas eorum auctoritates ... et ea in melius reformari quo velocius ut res
postulat et expeditius possit necessitatibus civium comitatinorum et incola-
rum eorundem civitatis et comitatus per hunc modum subveniri. Reservata
tamen alias providendi in huiusmodi auctoritate et commissione quandocum-
que suis in officio subcessoribus quibus vices suas ... ultra predicta commis-
serunt finito tempore dictorum capitulorum. Tamen volentes ex commissio-
ne et auctoritate predictis dictas petitiones et capitula hebreorum admittere
habito super eis inter ipsos maturo colloquio et sano consilio. Et tandem dato
et legiptime victo et obtento partito per decem otto ex eis dantes eorum fa-
bas nigras del sic in bossula, reperta unica alba del non data in contrarium
predictorum non obstante prius ipsis M.D. Prioribus in huiusmodi prioratus
officio quandocumque subcessores ex dicti brevis auctoritate commissione fa-

MR ir RE LE ee — leale
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 71

cultate ac potestate privata et etiam posse ad suos in officio subcessores ean-
dem facultatem et potestatem transmittere auctoritate predicta et conces-
sione S.mo D. n. pape omni meliori modo quo fieri poterit et potuerint vi-
gore et auctoritate predictis et vigore concessionis S.mi D. n. prefati per suos
in officio tunc predecessores eisdem transmissa ut constat manu ser Lilii Bap-
tiste tunc cancellarii dicti communis post tempum dictorum capitulorum,
providerunt, statuerunt, ordinaverunt et solemniter reformaverunt. Quorum
petitiones et capitula dictorum hebreorum sunt scripta et omnia et singula in
eis contenta in omnibus et per omnia concedatur ipsis hebreis ut iacent et

. suo ac comunis et populi dicte Civitatis Castelli concessunt et pro con-
cessis haberi voluerunt et mandaverunt modis et formis pactis et conditio-
nibus omnibusque clausolis in eis infrascriptis et contentis omni meliori mo-
do etc. Non obstantibus quibuscumque in contrarium facientibus etc.

Città di Castello,
1500, 21 febbraio

Capitoli degli ebrei di Città di Castello (1500).

Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 54, c.
191-196.

In Dei nomine Amen. anno domini nostri Jesu Christi ab eius salutifera na-
tivitate millesimo quingentesimo indictione tertia tempore pontifica-
tus S.mi in X. principis et domini nostri D.ni Alexandri divina provi-
dentia pape sexti die vero vigesima prima mensis februarij decti anni
sele GLO;

Denante da voi M.ci Priori del popolo et comune dela Cità di Castello
octo dela guardia et ciptadini ad questo deputati per parte deli vostri dev.mi
servi Angelo de Alcuino da Urvieto et soi figli, David de Dactaro de Thiguli
et soi figli, Lazaro de Samuelle da Agobbio, Lione de Abramo de Mizole, Sa-
lomone da Viterbo, con Bonaventura et Musecto de Lione da Castello, Sa-
muelle de M.stro Abramo de Mizole, Salomone de Salomone, mastro Samuelle
de Conseglio de Manuelle predicto, Isdrael de Hisach dal Borgo et soi figli,
Dactaro de Liuccio da Peroscia, con Salomone de Helia da Cagli, Jacob de
Bonaventura da Rezo, et Dactolino de Musecto da Castiglione, tucti hebrei
per se medesimi et de loro et de ciascheduno de loro figli et descendenti et
in vice et nome de tucti et de ciaschuno de quelli che per loro o alcuno de
loro in compagnia o compagno loro o de alcuno de epsi quandocumque sirà
chiamato, per li quali cussi chiamati et ciascheduno de loro tucti quelli et
ciascheduno de loro che li chiameranno, promettono de rato et humilmente
se dice, narra et expone ad V.S.M. et Spectabilità comme in quanto piaccia
ad quelle, intendono volere prestare ad usura loro dinari in la dicta Ciptà
de Castello et suo contado et distrecto per subventione, comodità, utilità, ha-
72 ARIEL TOAFF

bilità, gratia et servitio deli homini et persone de dicta Ciptà de Castello,
contado et habitanti de epsa in una o piü varie buteghe insieme et de per se,
secondo che a loro parerà et piacerà, come per li loro antecessori hebrei pre-
statori in la dicta ciptà è stato usitato a tucte quelle persone de dicta ciptà
et contado et habitatori de epsi, acciocché al tempo de la loro necessità ma-
xime de caristie et de guerre et de altri afanni, possino a loro bisogni provi-
dere, et accioché le cose predicte possino piü facilmente in la dicta ciptà exer-
citare, supplicando s'adimanda che per le V.M.S. et Spectabilità gratiosa-
samente li se conceda le infrascripte gratie, privilegi, immunità, indulti, exemp-
tioni et capituli legali, siché possino per Voi M.S. et Spectabilità concedere
a loro, senza alchuna pena de excomunicatione o de altra che de ragione va-
lesse, come apare nel soprascritto breve, registro, confirmato da Summi Pon-
tefici predecessori et ultimato dal S.mo in Xr. Padre et S.mo M.S. Innocen-
tio per la divina providentia pape VIII, come socto el dato die apare xxvi
Septembre MccccLxxximi del pontificato suo anno primo, de quali capituli,
gratie, privilegi et immunità el tenore seguita et è tale cioè :

1. In prima ch'a reverentia, honore et laude e gloria de lo altissimo
et onnipotente dio et per observatione della legge a loro et lor autori et an-
tecessori data et assignata per lo grande profeta Moisé, per epsi hebrei ne
li nomi come de sopra, de gratia s'adimanda che per le V.M.S. se provegga,
ordini et reformi et statuischase et de novo per lo presente tenore provedu-
to, ordinato, statuito et reformato essere se intenda et sia che epsi hebrei,
né de alcuno loro, né de loro garzoni, procuratori, institutori et negotiatori,
gestori, factori et famegli né fameglia, possono per alcuno modo o quesito
colore essere costretti overo contro loro volontà gravati ne li di del Sabato,
overo altri di de lor feste prestare alcuna cosa overo alcuno pegno restituire,
overo per alcuno modo se exercitare in lo exercitio del presto per alcuno
rectore overo offitiale del dicto comune overamente per alcuna altra persona.

2. Item ch'epsi hebrei et loro figli et descendenti et loro factori et fa-
meglia in tucto et per tucto siano tenuti, tractati et reputati in la dicta Cip-
tà de Castello comme ciptadini originali de dicta ciptà nel civile et criminale.

3. Item che li dicti hebrei et loro descendenti, factori et famigli et fa-
miglia, et de loro et de ciascheduno de loro descendenti, durante el tempo
de dicti capituli et presto, siano obbligati et tenuti a tucti i pesi et gravezze
de dicto comune de dicta ciptà, excepto i pesi per gravezze dela guardia et
de fare hoste o cavalcata a che non siano tenuti per alchuno modo dechia-
rando nientedemeno che li dicti factori, garzoni, et famigli per alchuno de-
bito antico et vecchio contracto cum alcuni forestieri per niente non possino
essere costrecti in per alcuno modo gravati ne la dicta ciptà o suo contado,
et excepto che li sopranominati hebrei ne li dicti nomi non siano tenuti ad
alcuna gravezza che per alcuno tempo che per lo advenire se imponesse per
livera del capo et fumo. Se no solamente siano tenuti pagare la livera de le
possessioni che havessero et quella a la livera cittadina solamente senza capo

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GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 73

et fumo, et cusì li coltori et exattori e dicte gravezze siano tenuti et obli-
gati in dicta forma exigere et acconciare senza altra provisione.

4. Item che ad epsi prenominati hebrei, né ad quelli che per loro si-
ranno chiamati, né ad alcuni de epsi overo de le loro famiglie, factori, gar-
zoni, procuratori, institutori né famigli, per alcuno modo, né per alcuno que-
sito colore, per alcuno rectore overo offitiale de lo dicto comune, qualunque
se sia, overo per altra persona, se possa ne debbia imponere alcuna ‘multa,
né prestanza, né epsi né alcuni de epsi gravare, costringere overo molestare
a pagare alcuna muita o prestanza se no quanto ad epsi hebrei parerà et pia-
cerà. Et se il contrario se facesse, non vaglia, né tenga de ragione, né exequ-
tione alcuna fare se possa a la pena per ciascheduno che contra le predicte
cose farà, overo exequtione alcuna contra epsi hebrei farà, de cento fiorini
d’oro per ciascheduna volta da doversi aplicare per la meità a la Camera Apo-
stolica overo a la Camera del Comune et per l'altra meità ad epsi hebrei. Et
etiam che epsi hebrei non possino esser costrecti a prestare denari a la comu-
nità piü che ad epsi hebrei parerà et piacerà, tanto in piccola quanto in gran-
de quantità. Et casu fossero costrecti o molestati di fora per via da alcuno
commissario overo altra persona, che la comunità pigli la difesa per loro et
respondere, et bisognando ancora mandare li ambasciatori a le expense de
li predicti hebrei.

o. Item che li prenominati hebrei et quelli che da loro siranno chiamati
per compagni et loro figli et descendenti et factori, garzoni et procuratori,
institutori, possino et a loro sia licito et siino tenuti et debbino fare in dicta
ciptà presto ad uxura a ciascheduno che vorrà da loro o da alcuno de epsi
acaptare in presto denari sopra qualunque pegno sufitiente, et possino pi-
gliare impune per loro uxura a ragione di sei denari per livera prestata per
ciascheduno mese et mesi rocti per sani et non piü togliere possino che a
dicta ragione, et per ciascheduna livera rocta possino ademandare uno cin-
quino et non piü per dicta livera rocta per ciascheduno mese, salvo et re-
servato che non possino prestare sopra cose sacre de chiesa, maxime sopra
calici, patene, messali et altri libri sacri, pianete et altre cose dedicate ad
uso sacro, a la pena che se contene ne li statnti dela dicta ciptà si el contrario
facessero per ciascheduna volta et sjino tenuti mantenere in el dicto presto
overo presti et in quelli tenire fiorini tremila, bisognando solamente per pre-
stare a ciptadini contadini et habitanti in la dicta ciptà et contado et non a
forestieri sopra dicti loro pegni, cioé beni mobili, a la dicta ragione et modo
et conditione predicte, non intendendo nel dicto numero de tremila fiorini
li crediti de carta e scripti, li quali tremila fiorini siano tenuti et obligati
mentenire in dicto presto o presti et trafichi infra tucti dicti ebrei infra sei
mesi proximi futuri et siino tenuti ad omni requisitione dei M.S. Priori che
per li tempi siranno, mostrare loro libri per vedere la messa de li tremila fio-
rini.

6. Item che debbino tenere li pegni mesi diciotto, et finito dato termi-
74 ARIEL TOAFF

ne, li sia lecito pigliare partito de li pegni, cioé che li vendino ad incanto co-
me seguita, et tenendoli più che diciotto mesi ad requisitione forse dei pa-
troni li curra l'uxura per quello tempo li terranno sino al di de la vendita,
dummodo che per altra via che l'incantare ne piglino altro partito, et finito
el tempo de diciotto mesi, che loro sonno tenuti et obligati a tenire li pegni,
non possino per modo alcuno, delli pegni che li rimanessero, che non se re-
scotono, pigliarne partito veruno, se non de venderli in piazza ad incanto cun
la presentia de doi ciptadini de deputarsi ad tale cosa per li M.ci S.ri Priori,
overo ofitio de octo che per li tempi siranno, et a la tromba. E quello piü
che se venderanno, cavatane merito et capitale, se debbia restituire al pa-
trone overo patroni del pegno o pegni che se venderanno, et contrafacendo
acció caschino in pena de perdere el pegno et el doppio piü che valesse dicto
pegno per ciascheduna volta che contrafacessero, pagando come e dicto me-
rito et capitale per tucto el tempo che staranno al giudeo. Et che sia lecito
ad omni persona de qualunque stato o conditione se sia, offerire et comperare
a li incanti de dicti pegni et ad epsi hebrei se piü offeriranno, e chi comperas-
se dicti pegni sia tenuto pagare a li dicti hebrei overo offitiali deputati li
denari del pegno o pegni comperati contanti prima se levino dalla residentia
dove se incantaranno. Altrimenti non se intenda essere facta dicta vendita, né
avere luogo, ma di nuovo se debbino reincantare. Li quali pegni se debbino
incantare 3 volte in diversi dì, cioè omni stemana una volta, et quelli in tal
modo incantati, che non se venderanno, overo quelli che non se trovasse la
valuta del merito et capitale, o non ce fusse compratore che offerisse, passa-
ti dicti termini del bandire tre volte come é dicto, se intenda dicti pegni a
dicti hebrei liberi et expediti remanere. Et che essendo piü capi in uno pe-
gno o variate cose se habbino a vendere tucti insieme o disparati senza in-
termissione, overo prima che se incantassero altri pegni, accioché meglio
se possa tenire conto di quello che se vendesse per epsi patroni dei pegni et
che se intenda dicti incanti incomenzare da li pegni sopra li quali se presta
dal di de la presente conducta o capituli novamente facti et non dei passati
sino al presente di. Cum questo inteso ch'el bandire dei pegni et le provisio-
ni se havessero a fare a dicti ciptadini et soprastanti da deputarse da in-
cantare et vendere li pegni abbia a andare a le spese de li pegni et non de li
hebrei, cum quella provisione che parerà a li M.S. Priori, overo octo, che de-
puteranno, excepto che li pegni che non se venderanno et rimanessero a li
hebrei, dicti hebrei siino tenuti et obligati a pagare sei denari per fiorino
del capitale prestato in dicti pegni a li dicti offitiali per le dicte vendite da
arsi, overo che rimanessero infra dicti tre di habbino havere solummodo
uno pagamento de dicti sei denari per fiorino et non più in tucto, reservati
tucti li pegni ch'aparissero impegnati per tre lire de capitale, overo mancho
non siino tenuti né obligati a portarli, né metterli ad incanto, ma restino
passato el termine de deciotto mesi et expediti a li dicti hebrei, et li pegni
de forestieri de qualunque summa picchola o grande li sia licito a dicti he-

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GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 75

brei farne quello parerà a loro medesimi, senza alchuno incanto, come a-
‘pare nel capitulo dei forestieri, dechiarando che tucti li pegni dei ciptadini,
contadini et habitanti che fussero impegnati per tre lire, overo mancho qua-
li se dice de sopra che non se habbino ad incantare, se intenda cum questa
conditione, dummo non siino extimati per li dicti offitiali da deputarsi
oltra a la summa de uno fiorino, et ascendendo a la somma del fiorino siino
tenuti portarli et incantarli et venderli, excepto tucti li ferramenti, cioè
zappe, vanghe, bidenti, martelli, gumere et coltri, et altre cose simili, non
siino tenuti portarle né extimarle. Dechiarando etiam che li pegni che se ven-
dessero li decti hebrei possino pigliar loro capitale et merito et residui che
più se vendessero restino in mano de li dicti offitiali, et trovandosene capi-
tale et merito più sia in arbitrio de dicti offitiali de liberarli al compratore
tanto el prime dì quanto el secondo et terzo non obstante, comme de sopra
è dicto che se debbino incantare tre dì.

7. Item che se alchuno de li dicti nominati come de sopra ne li dicti
capituli volesse vendere o alienare el traffico, overo stabile suo, possa et sia
licito a dicti hebrei contractare et vendere et alienare, et che epsi compra-
tori possino godere li benefici de presenti capituli et cussì essere tenuti et
obligati a tucti li incarichi et pesi che rata ragionevolmente li tocchasse,
come se loro fussero expressamente nominati ne li dicti capituli.

8. Item che li dicti hebrei possino et a loro sia licito impune prestare
ad uxura a ciascheduno forestiero non habitante in dicta ciptà o suo contado,
secondo che cum loro se comporteranno et pactegiaranno, si del tampo com-
me de l'usura et del recadere et del vendere di pegni, et de tal pacto sia pie-
na fede a li libri de li dicti hebrei e, non faciendo pacto, se intenda a ragione
de sei denari per lira al mese in qual modo et somma comme de sopra a li
ciptadini, et non possino epsi, né alcuno de loro factori, garzoni overo pro-
curatori, per altro modo da alchuno, sia chi vuole, per alchuno quesito co-
lore essere molestati né impediti.

9. Item in quanto per alchuno caso alchuna cosa ad epsi hebrei, ove-
ro ad alcuno de loro famiglia o garzoni o factori che fusse impegnata, et do-
po tale impegnatione per modo alchuno aparisse quella tal cosa impegnata
non essere di quello che tal cosa havesse impegnata, et un altro terzo di-
cesse quella tal cosa spectarsi et appartenerse a se et volesse de epsi hebrei
a cui fusse stata impegnata tal cosa cussi impegnata a domandare et vendi-
care per alchuna ragione et modo, che quello tal terzo non possa per alchuno
quesito colore da epsi hebrei overo alchuno de loro, né da loro factori, garzoni,
procuratori o famegli, quella tal cosa comme de sopra impegnata domandare
overo vendicare, se prima non paga overo pegherà omni quantitate de pe-
cunia et uxura la quale aparisse ne li libri loro o de alchuno de loro garzoni
havere prestata sopra tal pegno, et etiamdio se a loro fusse impegnata et
hauta casu fusse che alchuno fameglio, lavorante o factorini de tintori, pur-
gatori, conciatori de panni et factorini de mercanti et de lanaiuoli venisse
76 ARIEL TOAFF

con maggiore quantità de panno de lana oltre dieci braccia ad impegnare et
fusse persona sospetta, che li dicti hebrei non li possino prestare senza li-
cenza del suo padrone overo de li consuli de l'arte de la lana, agiongendo et
dechiarando ch'uno mese dopo poi sirà apartita tal cosa non esser di colui
che impegnata la havesse, come é dicto de sopra, quello terzo che dicesse tal
cosa impegnata spectare et apartenirse a lui, sia tenuto haverla riscossa et
accomodata dicta quantità per la quale aparisse esser impegnata, altramente
passato el dicto mese a lui curra l'uxura de epsa quantità come ne li altri
pegni.

10. Item che li denari che se presteranno per li dicti hebrei o loro fac-
tori, garzoni, da alchuno furestieri, non se intendino per alchuno modo de
la preicta summa de fiorini tremila, che hanno ad metter e tenire nel dicto
presto, et non possino per alchuno modo prestare a furestieri sopra cose sa-
cre, come de sopra non possino prestare sopra quelli a ciptadini et contadini
et habitanti.

11. Item che li decti hebrei et chiamati da loro siino tenuti et obligati
et debbino, per fare la festa ad honore et laude et gloria de li gloriosissimi
sancti M.ci S.to Amantio spetiali advocati et protectori de questa ciptà,
omni anno del mese de Agosto de omni anno durante el tempo de dicti capi-
tuli dare et numerare et cun effectu pagare a la dicta comunità di Castello
o a chi per dicta comunità per epsa ricevente sirà deputato per la loro an-
nuale taxa fiorini sexanta de moneta vecchia, et perché dicti hebrei sono cre-
ditori de la comunità in certa somma, che annuatim li si debba defalcare, et
possino ritenire la meità de la dicta taxa sine siranno integralmente sati-
sfacti de tucto quello. aparissero creditori.

12. Item che li dicti hebrei de sopra nominati ne li dicti nomi et cia-
scheduno de loro possino omni uno de loro et a loro sia licito, omni volta che
a loro parerà et piacerà durante el tempo de dicti capituli, chiamare uno
compagno hebreo furestieri, quale a quello che chiamare parerà et piacerà,
el quale compagno cussi chiamato possi et cun effectu vaglia godere, usare
et fruire in omnibus et per omnia dicti capituli comme loro gli altri hebrei
prenominati et come se descritti nominati ne fussero in dicti capituli et cussi
nominati essere se intendino et individuino senza alcuna altra confirmatio-
ne de S.ri Priori del Consiglio o Superiori. Nientedemeno che dicto tale com-
pagno cussì chiamato, overo compagni, non possino per alcuno modo da per
sé aprire altra butega de dicto presto in nostra ciptà et suo contado senza
expressa licentia et volontà de quello tale hebreo che chiamerà, overo ha-
verà chiamato per suo compagno, sine a tanto non sirà finito el tempo de
la compagnia, dicti hebrei compagni possino et a loro sia licito aprire bute-
ga de presto et prestare ad uxura come agli altri prenominati hebrei sopra-
scripti et come a loro et ciascheduno de loro parerà et piacerà, con questa
expressa conditione aposta che niuno altro hebreo, excepto li nominati de
sopra et loro compagni forestieri che chiameranno, possa per alehuno modo

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GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 77

o quesito colore, né sia licito in alchuna forma o conditione, prestare ad uxu-
ra in dicta ciptà o suo contado socto pena de 25 ducati d’oro per ciascheduno
et ciascheduna volta che sirà contrafacto, da doverse pagare de facto et apli-
care immediate per la meità a la Camera de dicto comune et per la altra mei-
tà ad epsi hebrei.

13. Item che se gli adivenisse che alcuno ciptadino overo contadino
de dicta ciptà fusse exbandito, condemnato overo facto ribello de epsa cip-
tà, che li dicti prestatori o alchuni de loro garzoni, procuratori, factori non
possino per alcuno modo essere costretti, gravati overo molestati per alchu-
na persona, overo offitiale del dicto comune, a dare overo restituire alchuno
pegno el quale havessero da dicti ciptadini et contadini, overo alchuna quan-
tità de denari per cagione de dicti pegni, ma piuttosto possino li dicti pegni
riscotere, pagandoli loro capitale et merito.

14. Item che a tucti et singuli libri, vacchette, giornali et bastardelli
de le ragioni de dicti hebrei prestatori et de loro factori, garzoni et procura-
tori sia data piena fede, quanto se fussero instrumenti publici tanto dei cre-
diti quanto dei pegni ad epsi impegnati et de la quantità de denari prestati
sopra dicti pegni et de la restitutione de epsi pegni et de li pegni che prestas-
sero in qualunque modo fussero prestati et se casu fusse che veruno scrives-
se el falso li si debbia fare ragione.

15. Item che le cose geste infra epsi hebrei et quelli cun li quali han-
no traffico sopra li pegni o instrumenti o scripte, de le quali ragioni o calculi
facti aparisse infra le parti ne li libri de le ragioni de dicti hebrei overo per
altro modo, che veruna persona per alehuno modo o quesito colore possa
agere, dire o opponere, excipere o allegare che la dicta ragione a calculo non
sia ben facta et che de novo se revegga se no infra sei mesi dopo la dicta ra-
gione et calculo, et questo habbi luoco in nelle ragioni già facte, per le quali
similmente rivedere habbi sei mesi in qualunque tempo fussero facte et etiam
ne le future.

16. Item che li dicti prestarori et loro et ciascheduno de loro garzoni,
factori, procuratori et lor famegli, siino tenuti et debbino fare una politia
e qualunque ad epsi alcuno pegno impegnerà, nella quale politia debbia scri-
vere el di che li sirà tal pegno a lui impegnato, la qualità del pegno a lui im-
pegnato et la quantità prestata, et questo se intenda per chi la dicta politia
adimandasse. :

17. Item che a li dicti hebrei et ciascheduno de loro garzoni, factori,
procuratori, institutori et contra loro, durante el tempo de dicti capituli,
se faccia ragione summaria et expedita senza strepiti et figura de iuditio, so-
lamente veduta la verità del facto, senza alcuno pagamento di salario o spor-
tula per qualunque offitiale sirà richiesto da epsi hebrei.

18. Item che li dicti hebrei de sopra nominati et loro figli et descen-
denti et quelli che similmente che da loro siranno chiamati per compagni
et loro de ciascheduno de loro garzoni, factori, procuratori, institutori, fa-

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78 ARIEL TOAFF

megli et famiglia, durante et tempo de dicti capituli non possino né debbino
essere astrecti a portare el segno dela .O. overo alcuno altro segno per alcuno
modo, né caschino in alcuna pena lo portando, excepto li furestieri hebrei non
chiamati per loro o alcuni de loro compagni, li quali de poi de quattro di che
siranno in ciptà non portando el consueto segno delo .O. da la cintura in su
denante, caschino in pena de soldi quaranta per ciascheduno et ciaschedu-
na volta siranno trovati da lo offitiale, ma infra dicti quattro dinon caggino
in pena alcuna, et similiter li prenominati hebrei ne li dicti nomi et quelli
che da loro siranno nominati per compagni, come de sopra, non portando el
segno come è dicto no caschino in pena alcuna, né per alcuno offitiale de dicto
comune possino essere stretti a pagare pena, nonostante alcuno statuto, leg-
ge o consuetudine in contrario disponente a la quale per lo presente tenore
derogato essere se intenda.

19. Item che li M.S. Priori che per lo tempo siranno possino per omni
via et modo che a loro parerà, provvidere, statuire, ordinare et reformare
sopra omni caso occorrente, quale desse ad epsi hebrei o a loro fameglia al-
cuno scandalo o ingiuria o impedimento a la dicta pena o altra ofensione o
mancamento o impedimento a li loro capituli.

20. Item che niuno giudeo possa el venerdi santo né el sabato santo,
fino al suono de la campana, usare né praticare per la ciptà, fore de la loro
case, a la pena de lire venticinque de denari per ciascheduna volta et ciasche-
duno, et che nisciuna persona de qualunque stato o conditione se sia, possa
maxime al dicto tempo a le loro case fare alcuna molestia ingiuria o impe-
dimento a la dicta pena et a la quale sia tenuto el padre per lo figlio et lo zio
per lo nepote.

21. Item che li dicti hebrei non possino né debbino prestare de niuna
generatione de lecti a niuno offitiale a la pena de lire cinquanta a loro se lo
prestassero et a lo offitiale se lo ritenisse per ciascheduna cosa et ciascheduna
volta, da doversi exigere de facto da li dicti giudei et retenire da li dicti of-
fitiali nel sindacato a la medesima pena a li sindacatori che fussero in ció
negligenti né etiam altri pegni de ciptadini non se intendino ne li governatori.

22. Item che li dicti giudei et lor factori, istitutori, procuratori et gar-
zoni possino prestare ad uxura ne la dicta ciptà per instrumenti et qualunque
scripture pubbliche et private, non peró piü che a ragione predicta de sei
denari per lira a ciptadini, contadini et habitanti, sì come è dicto de sopra,
cun la conditione de la lira rotta per sana et de li mesi rotti per sani, sicome
nel quinto capitulo se contene, et a li furestieri come a loro parerà et piacerà
et cun loro se conterranno, et non se intenda che possino prestare li fiorini
tre milia che se hanno a mettere et tenere nel banco o banchi loro per pre-
stare sopra cose mobili e pegni per lo advenire, a li quali instrumenti et scrip-
ture publiche et private per pretesto de uxura non se possino infringere né
impugnare, né contra epsi opponere excemptioni de uxura, né etiam contra
loro libri predicti nel decimo terzo capitulo contenti, a la pena de chi op- GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 79

porrà de fiorini cento et nientedemeno non sia udita nè admessa tal excep-
tione.

23. Item perché le volte alcuno che havesse impegnato alcuno pegno
domanda solamente per tentare de fugire l'usura et non per volerlo riscotere,
che ciascheduno che volesse riscotere alcuno pegno non se intenda havere
facta debita richiesta se non farà el deposito in pecunia numerata ad alchu-
no banchiere de la ciptà del capitale et uxura che fusse tenuto fino al di de
la richiesta, overo offerta in pecunia numerata mostrando et contando li de-
nari del capitale et uxura nel banco del prestatore denanze a tre testimoni
fidedigni, altramente tale richiesta no preiudichi ad epsi prestatori, ma se
intenda per lo advenire essere tenuto a la uxura et lo tempo curra comme si
tali richiesta non fusse facta.

24. Item che li dicti capituli et pacti durino et durare se intendino et
debbino durare per tempo et termine de anni dieci proximi futuri, incomen-
zando dal presente di de li concessi et celebrati capituli et comme seguita
da dovere termine et piü oltre ad beneplacito de li M.S. Priori de la dicta
ciptà che per li tempi siranno et de loro Conseglio de lo Arbitrio et de dicti
hebrei se finiti li dicti dieci anni per alcuno de le parti non siranno disdicti,
renumptiati et revocati, et durando li dicti capituli etiam oltre al dicto tem-
po de dieci anni, li dicti hebrei siino tenuti pagare la dicta taxa de fiorini
sexanta de moneta vechia l'anno, come é dicto sopra nel undecimo capitulo,
ciascheduno anno et etiam cum la disdicta et durino li dicti capituli et du-
rare se intendino mesi diciotto continui dal di de la disdecta per possere ren-
dere et rescotere li pegni et pigliare loro capitali et meriti consueti, et non
siino tenuti pagare doppo dicta disdecta se non fiorini trentuno, comme
de sopra nel'undecimo capitulo se contene, et duranti li dicti capituli et be-
neplacito per nisciuno modo o quesito colore se possa fare alcuno ordine, sta-
tuto, legge, reformanza che in tucto overo in parte, per directo overo indirec-
to, habbi ad invalidare overo suspendere o derogare li predicti et infrascrip-
ti capituli, overo alcuni de epsi, et in caso se facessi, sia nulla et non debbi
per alcuno modo observare per alcuno offitiale de dicta ciptà, socto pena dei
fiorini cinquanta ad epsi offitiali da essere da loro exacta et applicata a la
Camera del dicto comune per la meità et per l'altra meità ad epsi hebrei.
Et nondimeno tale statuto, ordine, reformanza che contrafacesse sia sempre
nulla, né vaglia, né tenga ipso iure.

25. Item che per li tempi de guerra, quale Dio cessi per sua miseri-
cordia, che li dicti hebrei ne li dicti nomi et loro compagni, comme de so-
pra chiamati, et loro et de ciascheduno de loro figli et descendenti et loro et
ciascheduno de loro garzoni, factori, famigli, procuratori, institutori et fa-
meglia, durante el tempo de dicti capituli et loro beneplacito predicto, pos-
sino et loro sia licito liberamente trarre et cavare fore de dicta ciptà et suo
contado li pegni de li ciptadini, contadini et habitanti che havessero preso
de epsi in pegno et omni altra loro facultà et metterli in loco securo, et re-
80 ARIEL TOAFF

metterli et reportarli in dicta ciptà ad omni expesa de epsi hebrei per alcuno
modo non siino tenuti pagare alcuna gabella né per cavare né per rimettere,
non obstante statuti o bandimenti tanto facti quanto da farsi, che contra
questo capitulo per alcuno modo facessero.

26. Item che omni becaio possa, senza alcuna pena et de loro brevi et
consuetudini de loro arte, ad requisitione de epsi hebrei fare de la carne al
modo et forma vorranno epsi hebrei per quelli pretii che la vendono a li cip-
tadini de la dicta ciptà e non altramente, et che dicti hebrei maxime circa
el fare et vendere et fare a loro le carni non se possa per dicti bechari essere
venduti né locati per alcuno o quesito colore piü a l'uno che a l'altro de dicti
bechari, ma ciascheduno bechario da alcuno de dicti hebrei requisito possa
comme de sopra farli la carne impune, socto la pena de la università de dicti
bechari et similiter a ciascheduno becario et ciascheduna volta che contra-
farà de lire dieci de denari, da essere de facto pagata et aplicata per la meità
a la Camera de dicto comune et per l'altra ad epsi hebrei, non obstante loro
brevi et consuetudini in contrario facti o da farsi, et nientedemeno pagando
dicti bechari dicta pena non possino dicti bechari essere costrecti da omni
offitiale per observare quanto in dicto capitulo se contene et semper sia va-
lido et fermo.

Et a tucte et singule cose predicte ne li dicti capituli contenute voglio-
no li dicti hebrei suplicanti et ciascheduno de loro, promettendo etiam de
rato per quelli che da loro siranno chiamati in compagnia et promettendo et
obligando se et i suoi figli, heredi et descendenti et omni loro et de ciasche-
duno de loro beni mobili et stabili presenti et futuri esser tenuti et obligati
sotto la pena e a la pena de fiorini cento pro rata, da doversi pagare per cia-
cheduno contrafacesse et aplicasse a la Camera de dicto comune, cum que-
sto intendendo et dechiarando ancora che li dicti capituli habbino luoco e
intendise non solo ne le persone de li prenominati giudei suplicanti et loro
chiamati compagni et factori, institutori, procuratori et garzoni, ma etiam-
dio ne le persone dei figli et nepoti de epsi suplicanti et de loro compagni
chiamati et descendenti dopo la morte in le persone de dicti loro figli et ne-
poti overamente altri heredi durante el tempo de dicti capituli et loro be-
neplacito, et dopo la disdetta de quelli mesi dieciotto continui seguitanti
dopo tale disdetta, come è dicto de sopra, pretendendo etiam, et dechiaran-
do che tucte et singule pene ne li dicti capituli predicti sempre siino rati va-
lidi et fermi in tucto per tucto durante el tempo loro predicto de li dicti die-
ci anni et loro disdecta li dicti dieciotto mesi, et tucte et singule queste co-
se adimandano li dicti suplicanti hebrei ne li dicti nomi se debbi a loro con-
cedere de solita benignità et spetiale humana gratia de le V.M.S. et specta-
bilità de ciptadini acciò deputati, acciò che più et meglio possino exercitare
le cose predicte ne la ciptà, le quali tendono et resultano in commodo, sub-
ventione, utilità de tucto il popolo et particulari persone de dicta ciptà, qua-

D E SIT ti e i dj TP E ina zt GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 81

le lo onnipotente Dio insiemi cum le V.M.S. accreschi et augmenti et sempre
salvi et mantenga in prospero felice stato.

Città di Castello,
1510, 29 settembre

Capitoli degli ebrei di Città di Castello (1510).

Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 55, c.
222-220.

In Dei nomine amen, anno domini nostri Jesu Cristi a nativitate eiusdem
mill. quingentesimo decimo indic. tertia decima tempore pontificatus
sanctissimi in X.to principis et domini Julj divina providentia pape se-
cundi die vero penultimo mensis septembris ....

Denante da voi mag. S. Priori del popolo et comune de la Città de Ca-
stello et .... et mastro Pietro de Giannotto Capucci de dicta città homini
electi et deputati per parti deli usurari devotissimi servitori Angelo de Aliuc-
cio da Urvieto et suoi figli, Lazaro de Samuelle da Agobbio et suoi figli, Lio-
ne de Abramo da Viterbo et suoi figlioli, Davit et Sforza de Manuello Gros-
so, Donna Consola et figli, maestro Elia de Angiolo da Narni, Jacob de Lio-
ne de Dactaro da Castello, et Salomone et Emanuelle de Musecto da Castello,
Michele de Bonaventura de Lione da Castello, Dattaro et Danielle de maestro
Davit da Tiguli et loro figlioli, Samuello de Abramo de Mizole, Salomone
de Salomone, Jsdraele de Jsach dal Borgo et suoi figlioli, Dattaro de Liuccio
da Peroscia, Dattolino de Musecto da Castiglione et suoi figlioli, Ventura de
Elia da San Severino, maestro Abramo de maestro Lione da Fuligni et suoi
figlioli, Rafaele de Salomone da Fermo et suoi figlioli, Rafaele de Conseglio
de Manuele, Manuele de la Diana, Zingaro de Salomone da Citerna, Salo-
mone de Elia da Cagli, Jacob de Bonaventura da Rezo, per sé medesimi et
de loro et ciascheduno de loro fratelli, figlioli et descendenti et in vece et
nome de tucti et de ciascheduno de quelli che per loro o alcuno de loro in
compagnia o compagno loro o de alcuno de epsi quandocumque sirà chia-
mato, per li quali cussi chiamati et ciascheduno de loro che li chiameranno,
promettono de rato et rati habitatione videlicet humilmente se dice, narra
et expone ad V.M.S. et Mg.tie como in quanto piaccia ad quelle, intendono
volere prestare ad usura loro denari in la dicta Città de Castello et suo conta-
do et destrecto per subventione, comodità, utilità, habilità et servitio de li
homini et persone de dicta città et contado et habitanti in epsa in una o
piü et varie boteglie et case insieme et de per sé, secondo che a loro parerà
et piacerà, como per li loro antecessori hebrei prestatori in dicta città é stato
usitato a tucte quelle persone de dicta città et contado et habitatione de
epsi, adcioché al tempo de le loro necessità, maxime de carestie et de guerre
et de altri afanni, possino a loro bisogni providere, et adcioché le cose pre-
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82 ARIEL TOAFF

dicte possino piü facilmente in la dicta città exercitare, suplicando se ado-
manda che per le V.M.S. et Spectabilità gratiosamente li se concede le infras-
cripte gratie, privilegi, immunità indulti, exemptioni et capituli, le quali se
possino per vostre prefate M.S. et Spectabilità gratiosamente concedere a
loro, senza alcuna pena de excomunicatione o de altra censura che deroga-
tione valesse, como appare nel soprascripto breve registrato et confirmato
da summi pontefici predecessori et etiandio da S.mi in X.to principis et S.ro
S. Innocenti pape per la divina providentia papa ottavo, come sotto data
de dj xxvi de septembre 1484 de pontificato suo anno primo appare, dei
quali capituli, gratie, privilegi et himmunità el tenore seguita et è tale cioè :
(seguono capitoli identici ai precedenti del 1500, con l'unica differenza che
ai par. 5 e 10 il capitale minimo che gli ebrei debbono impegnare nel presti-
to, ridiscende a 2000 fiorini).

Città di Castello,
1521, 1 settembre

Capitoli degli ebrei di Città di Castello (1521).

Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 56, c.
148r.

In Dei nomine amen, anno ab eius salutifera nativitate millesimo quingen-

tesimo vigesimo primo indictione nona temporis pontificatus S.mi D.

N. Domini Leonis pape X, die vero prima septembris etc.....

Denante da voi M.S. Priori del Popolo et M.S. Octo de la Balia de la
Città de Castello per parte de li devotissimi servitori hebrei infra scripti vi-
delicet Angelo de Liuccio da Orvieto et suoi figlioli, Lazaro de Samuello da
Agobbio et soi figlioli, Lione de Abramo da Viterbo et soi figlioli, Davit e
Sforza de Manuello Grosso et soi figlioli, Maestro Abramo de Maestro Lione
da Fuligno et soi figlioli, Raffaello de Conseglio de Manuello, Salomone de
Helia da Cagli, Jacob de Bonaventura da Rezzo, Maestro Helia d’Angelo
da Narni, Jacob de Lione de Dactaro da Castello, Salomone de Simone da
Porto da Bologna, Donna Consola, Salomone e Manuello de Musetto da Ca-
stello et figlioli, Moisè de Scimo, Michele de Bonaventura da Castello, Dac-
taro et Daniello de Davit da Tiguli et lor figlioli, Dactalino de Musetto da
Castiglione, Israel de Isach dal Borgo et soi figlioli, Salomone de Salomone,
Dactaro de Liuccio da Peroscia, Moise de Ventura et figli de Abramo de
Ventura, Ventura de Helia da San Severino, Rafael de Salomone da Fermo,
Manuello de la Diana, li figlioli de Helia de Lione da Castello, Zingaro et
Salomone da Citerna, Manuello et Lazaro da Volterra in luocho de Samuel-
lo de Abramo de Mizole a li quali vindette il suo luocho, humilmente se dice
et expone come piacendo a V.M.S. intendono volere prestare ad usura loro
denari in questa vostra città, suo contado et distrecto per subventione, co-
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 83

modità et servitio de li huomini et persone de dicta città et suo contado et
habitanti in epsa in una o piü et varie buteghe o case insieme et deperse se-
condo che a loro parerà et piacerà, como per li loro antecessori hebrei presta-
tori in dicta ciptà é stato usitato a tucte quelle persone de dicta città et suo
contado et habitatori de epsi, acciocché al tempo de le loro necessità de guer-
re o altri afanni possino a loro bisogni provedere. Et aciocché le cose predicte
possono piü facilmente in la dicta città exsercitare, suplicando se domanda
che per le V.M.S. gratiosamente li se conceda le infrascripte gratie, privilegi,
immunità, indulti, exemptioni et capituli li quali se possino per V.M.S. con-
cedere a loro senza alcuna pena de exscomunicatione o de altra censura che
de ragione valesse, come apare nel soprascripto Breve registrato et confir-
mato da Summi Pontefici predecessori et ultimamente dal S.mo in Cristo
padre D.S. nostro S. Innocenzo papa ottavo, come sotto data de di xxvi
de septembre 1484 del pontificato suo anno primo apare de li capituli, gra-
tie, privilegi el tenore seguita et è tale e cioè :

1. Che non siano gravati a prestare in li dì de lor festa

In prima che epsi hebrei, né alcuni de’ loro garzoni, procuratori insti-
tutori, factori, negotiatori, famegli o fameglia, possino per alcuno modo o
quesito colore essere astretti o contra loro volontà gravati ne li dì del Sab-
bato, overo altri dì de lor feste a prestare alcuna cosa overo alcuno pegno
restituire, overo per alcuno modo se exercitare ne lo exercitio del presto
per alchuno rectore overo ofitiale del dicto Comune o veramente per alchu-
na altra persona. *

2. Che sieno tractati come ciptadini

Item che epsi hebrei, loro figlioli, descendenti, fameglia, factori et al-
tri loro servitori in tucto et per tucto siano tenuti, reputati et tractati in
dicta ciptà come li ciptadini originali de epsa nel civile et criminale.

3. Che sieno a tutte le gravezze del Comune excepto guardia e cavalcata. Non
sieno gravati per debiti forestieri

Item che li dicti hebrei et loro descendenti, factori, garzoni et altra
fameglia, durante el tempo de dicti capituli et presto sieno tenuti et obli-
gati a tutti i pesi e gravezze del Comune de dicta ciptà, qualunque se sieno
per li tempi da incorrere e da imponersi in dicto Comune, excepto i pesi e
gravezze dela guardia e del fare hoste o cavalcata, ad che non sieno tenuti
per alchuno modo. Dechiarando niente de meno che li dicti factori, garzoni
o famegli per alchuno debito antiguo o vechio contracto cun alchuno forestie-
ro non possino per niente essere constrecti non per alchuno modo gravati in
dicta ciptà o suo contado. i
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4. Non sieno tenuti a la gravezza del capo et fumo

Item che li dicti hebrei sopranominati non siano tenuti ne obligati a
la gravezza de la lira del capo et del fumo, ma solo a la gravezza de la lira
de le possessioni, et cosili exactori ad ció deputati debbino exigere e nan al-
trimenti.

5. Non sieno gravati da alchuna mulía né prestanza

Item che ad epsi prenominati hebrei, né ad alchuno de epsi, overo de
loro fameglia, factori, garzoni, procuratori o altri ministri non famegli per
modo alchuno, né socto alchuno quesito colore per alchuno rectore overo of-
fitiale de dicto Comune qualunque se sia, overo per altra persona non se
possa né debbia imponere alchuna multa né prestanza, non epsi o alchuno
de epsi gravare, costringere overo molestare a pagare alchuna multa o pre-
stanza se non quanto ad epsi hebrei parerà et piacerà, et se el contrario se
facessi non vaglia né tenga de ragione né exceptione alchuna fare se ne possa
a la pena per ciaschuduno che contra le predecte cose farà, overo executione
alchuna contra hebrei exeguirà de cento fiorini d'oro per ciascheduna volta,
da doversi aplicare per la meità a la Camera Apostolica overo del Comune
de la dicta ciptà, et per l'altra meità ad epsi hebrei.

La comunità pigli la difesa per loro

Et casu fusse che dicti hebrei fussero citati o molestati de fora per via
nisuna da alcuno commissario o altra persona, che la comunità pigli la de-
fesa per loro et bisognando debba rispondere et mandare ambasciatori a le
spese de dicti hebrei.

6. Ad quanto debbino prestare et in che modo et forma

Item che li prenominali hebrei lor figlioli et descendenti, garzoni, fac-
tori, procuratori, institutori et qualunque de loro fameglia possino et a loro
sia licito durante dicti capituli et siano tenuti et obligati fare in dicta ciptà
presto ad usura a ciascheduno vorrà da loro o alchuni de epsi acatare in pre-
sto denary sopra qualunque pegno sufficiente e possono pigliare impune per
la loro usura a ragione de sei quattrini al mese per fiorino, che prestassero
de moneta vecchia, a ragione de grossi tredici et uno terzo per fiorino, e li
mesi se intendino de 30 di et non se possino fare pagare li mesi rocti per sani,
excepto quando prestassero una livera e da una livera in giü che se possino
far pagare li mesi rocti per sani et, prestando da una livera in su, qualunque
summa se sia al mese rocto non passando li 15 di se paghino de la usura per
mezzo mese et passando li 15 giorni se paghino per mese intero et nella sum-
ma che prestassero, dove ci fusse la livera rocta se la possino fare pagare per
sana a ragione de uno quattrino el mese per loro usura.

Non possono prestare sopra cose sacre

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— MÀ —

GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 85

. Salvo et reservato che non possino prestare sopra cose sacre de chiese
max. sopra callici, patene, messali o altri libri sacri, pianete et altre cose
dedicate al culto divino, a la pena che se contene ne li statuti de dicta ciptà
si el contrario facessero per ciascheduna volta.

Debbino tenere al presente fiorini 2000

Et sieno tenuti mantenere nelli dicti presti et in quelli tenire. fiorini
2000 solamente per prestare a ciptadini, contadini, habitanti in dicta ciptà
o suo distrecto, non intendendo in dicto numero de li doi mila fiorini li cre-
diti de carta o scripto, quali doi milia fiorini sieno tenuti et obligati mante-
nere in dicti loro presti o traffichi infra tucti dicti hebrei infra sei mesi pro-
ximi venturi et sieno tenuti ad omni requisitione de li M.S. Priori e M.S.
Octo che per lo tempo saranno mostrare loro libri per vedere la messa de
li dicti doi milia fiorini.

7. Quanto debbino tenire li pegni et come li debbino vendere

Item che li dicti hebrei sieno tenuti et debbino tenire li pegni mesi 18
et finito dicto termine li sia licito pigliarne partito e venderli ad incanto se-
condo l'ordine infrascripto niente de meno tenendoli oltra li 18 mesi ad re-
quisitione forse de li padroni le curra l'usura per quel tempo le terranno fi-
no al di de la vendita et finito el tempo de li 18 mesi sieno tenuti et obligati
tucti li pegni se trovassero in manj quali non fussero rescossi venderli in
piaza a l'incanto cum la presentia de doi ciptadini a tale offitio deputati
per li M.S. Priori e M.S. Octo a la tromba, et quello più che ne vendaranno
detractone l'usura et el capitale per lo hebreo che havessi prestato in su li
pegni si debba restituire a li padroni de epsi pegni venduti, et qualunque con-
trafacessi caschi in pena de perdere el pegno et el doppio piü de la valuta de
li dicti pegni per ciascheduna volta, da aplicarse a chi et come parerà et pia-
cerà a li citati M.S. Priori e M.S. Octo per lo tempo existenti et sia licito a
omni persona de qualunque grado o conditione se dia offerire et comprare
a l'incanto dicti pegni et ad epsi hebrei sia licito el comprare a l'incanto de
dicti pegni, quali se debbino dare a chi piü offrirà, et qualunque comprassi
de dicti pegni sia obbligato pagare a li dicti hebrei, overo offitiali deputati,
li denari dei pegni comperati contanti prima se levino dal luocho dove dicti
pegni se incantassero, altrimenti non se intenda esser facta dicta vendita

. né haver locho, ma de novo se debbino reincantare. Li quali pegni se debbi-

no incantare tre volte in diversi dì, cioè omne septimana una volta, et quelli
in tal modo incantati che non se vendessero, overo quelli non se ne trovasse
la valuta de l'usura et capitale, o non ci fusse compratore che offerisse, pas-
sato dicto termine del bandire tre volte como é dicto se intenda dicti pegni
rimanere a dicti hebrei liberi e expediti.

Più capi in uno pegno como sono considerati

Et che essendo piü capi in uno pegno o svariate cose, se habbino a
86 ARIEL TOAFF

vendere tutte insieme o dispartiti, senza intermissione de tempo, overo pri-
ma se vendino altri pegni acciocché meglio se possa tener conto per li padroni.

Provisione de li offitiali

Cum questo inteso che al bandire de pegni et la provisione de pagarsi
ad epsi ciptadini offitiali deputati ad incantare et vendere dicti pegni hab-
bia andare a le spese de pegni et non de li hebrei, et dicta provisione habbia
ad essere quella parerà a li M.S. Priori et S. Octo excepto li pegni che non
se vendessero et remanessero a dicti hebrei, epsi hebrei sieno obligati pagare
sei denari per fiorino de capitale prestato ne li pegni a li dicti offitiali per la
predicta vendita da farse, overo che rimanessero infra dicti tre di habbino
havere solamente uno pagamento de dicti denari sei per fiorino et non piü
in tucto.

Da tre lire in giù come s'anno a vendere

Reservati tutti li pegni che aparissero impegnati per tre livere de ca-
pitale o da tre livere in giü, non siano obligati a portarli et metterli a l'in-
canto a tromba se non una volta tanto. Et dicta volta sola incanto non se
trovando a vender restino liberi et expediti a dicti hebrei sopra li quali per
conto de dicti offitiali deputati ad incantare non li curra spesa nisuna.

Pegni da forestieri non se incantino

Et de li pegni de li furestieri de qualunque valuta piccola o grande, sia
licito a dicti hebrei farne quello parerà et piacerà a loro, senza alchuno in-
canto, come apare nel capitolo dei forestieri.

8. Non possino alienare a furestieri il traffico senza licentia

Item che ali dicti hebrei nominati in dicti capituli non sia licito né
possino vendere, alienare o per alchuno modo contractare loro trafichi ad
alchuno forestiero, né mettere a parte de dicti loro trafichi alchuno forestie-
ro senza expressa licentia de li M.S. Priori o S. Octo per lo tempo existenti,
né ancho possino per alchuno modo, senza licentia de dicti magistrati, ven-
dere, alienare o contractare loro luochi. E se alcuno vendesse caschi in pena
de xxv ducati da aplicarse immediate a la camera del Comune de dicta cip-
tà, et niente di mancho dicta vendita non vaglia né tenga, come non fusse
mai facta, ma fra gli hebrei che sono capitulati sia licito l'uno con l'altro
vendere, alienare et contractare tucti o parte de dicti loro trafichi secondo
li parerà et piacerà senza altra licentia.

9. Possino prestare a furestieri come li pare

Item che li dicti hebrei possino et a loro sia licito prestare ad usura
impune a ciascheduno furestierj non habitante in dicta ciptà o suo contado,
secondo cun loro converranno et patteggiaranno et del tempo quantità d'u-
sura et del vender de pegni et del pacto si debbia dar piena fede a li libri

"a TAMEO, EUMD rn AERE RE LAU UR ia vn TIT dd
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 87

de dicti hebrei, et no facendo pacto, se intenda a ragione de uno bolognino
per ciascheduno fiorino, et non possino essi, né alchuno de loro factori, gar-
zoni, procuratori o institutori per alchuno modo da nisuno, de qualunche gra-
do se dia, esser impediti né molestati sotto alchuno quesito colore.

10. De li pegni d'altri

Item se per caso ad alchuno de dicti hebrei o de loro fameglia fusse im-
pegnato uno o piü pegni, che poi per alchuno tempo se ritrovassi non esser
de quello tale che l'havesse impegnati, e un altro terzo dicesse esser suoi et
specatarsi a sé e volesse dimandarli a lo hebreo al quale fussero stati impe-
gnati et vendicarli cun la ragione che quello terzo non possa per alchuno
modo né quesito colore de epsi hebrei o vero de alchuno de loro famiglia,
adimandare overo vendicare tal cose impegnate se prima non paga a dicti
hebrei li denari prestati in dicti pegni et l'usura secondo aparisse a li loro li-
bri etiam che dicti pegni fussero stati furati.

Panni di lana

Et in caso che alchuno fameglio, lavorante o factorino de tentorj, pur-
gatorj, conciatorj de panni et factorini de mercatanti o lanaioli venisse per
impegnare a dicti hebrei magnore quantità che dieci braccia de panno de la-
na et fusse persona suspecta, che li dicti hebrei non li possino prestare senza
licentia de loro patronj overo de li consoli de l'arte de la lana.

Pegni d'altri

Dechiarando che uno mese da poi sirà retrovata tal cosa non esser de
colui che l'havesse impegnata, come é dicto de sopra, quello terzo che di-
cesse esser sua et spectarsi a lui sia tenuta haverla rescossa et accordata lo
hebreo de la quantità che aparisse tal cosa essere impegnata, solamente pas-
sato dicto mese a lui curra l'usura de epsa quantità come ne li altri pegni.

11. Presto a li forestieri

Item che li denari che se prestassero per dicti hebrei ad alchuno fo-
restieri non se intendino per alchuno modo de la summa de li doi mila fio-
rini che hanno a tenire nel presto ad istantia de cittadini, contadini et habi-
tanti in dicta ciptà o suo contado, et non possino etiam a furestieri né ad
altro qualunche se sia prestare su cose sacre como di sopra socto la pena pre-
dicta.

12. Taxa de la comunità

Item che li dicti hebrei sieno tenuti et obligati omni anno, durente
dicti capituli, pagare in pecunia numerata et denari contanti a la nostra co-
munità o a chi da li M.S. Priori et M.S. Octo sirà deputato a ricevere fiorini
cento de moneta currente in dicta ciptà del mese de agosto per fare la festa
88 ARIEL TOAFF

del glorioso M. S.to Fiordo, protectore et defensore appresso l'onnipotente
Dio de questa sua cità et popolo, quali sieno per la loro annuale taxa et el
primo pagamento se habbia a fare nel dicto mese de Agosto proximo de l'an-
no del nostro S.re MDxxII et seguitare omni anno finché durano dicti capi-
tuli. Et perché dicti hebrei sono creditori de la nostra comunità in certa sum-
ma de denari, li sia licito et annuatim li si debbia defalcare et possino rete-
nere in mani la meità de dicta taxa sine siranno interamente satisfacti de
dicto loro credito, debbino poi omni anno pagare l'intera taxa.

13. Nisuno altro possi prestare

Item che nisuno hebreo che non fussi nominato in dicti capituli sia li-
cito né possa per alchuno modo né socto alchuno quesito colore né conditione
prestare, né fare prestare ad usura in dicta ciptà o suo contado, socto pena de
25 ducati d'oro per ciascheduno et ciascheduna volta sia contrafacto, da apli-
carse de facto per la meità a la camera del Comune de dicta ciptà, la quarta
parte a lo executore e l'altra quarta parte a dicti hebrei.

14. Pegni delli sbanditi

Item che se gli adivenisse che alchuno ciptadino o contadino de la dic-
ta ciptà fussi exbandito, condenato, overo facto ribello de dicta ciptà, che
li dicti hebrei o alchuno de loro fameglia non possino per alchuno modo es-
sere costrecti né gravati per alchuna persona overo offitiale del dicto Comu-
ne a dare overo restituire alchuno pegno de dicti ciptadini o contadini, se
prima non le se paga la loro usura et capitale.

15. A loro libri se dia fede

Item che a tucti e singuli libri, vachette, giornali et bastardelli de le
ragioni de dicti hebrei prestatori et de loro garzoni, factori, procuratori o
fameglia sia data piena fede, quanto si fussero instrumenti publici tanto de
creditori quanto de pegni ad epsi impegnati et de la quantità de denari pre-
stati sopra dicti pegni et de la restitutione de epsi pegni et de li pegni che
prestassero in qualunche modo fussero prestati, et si alchuno scrivessi o
scrivere facessi in dicti libri el falso li se faccia quanto vole ragione liquidata
et chiarita tal falsità senza alchuno respecto.

16. Passati sei mesi de le loro ragioni non si puó appellare

Item che de le cose geste tra epsi hebrei et quelli cun li quali hanno
traficho sopra li pegni o intrumenti o scripti, da le quali ragioni et calculi
facti aparisse infra le parti nelli libri de le ragioni et calculi de dicti hebrei,
o vero per altro modo che veruna persona per alchuno modo o quesito co-

—————— ——M— P ————— E PL VARO TD xd Sm" GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 89

lore possa agere, dire o opponere, excipere o allegare che la dicta raigione o
calculo non sia ben facto et che de novo se revegga se non infra sei mesi da
poi la dicta ragione o calculo posto, et passati li sei mesi non havendo diman-
dato alchuna de le parti che la si revegga, se habbia per confirmata et non
se possa piü parlare in conto alchuno, et chi ne parlassi non sia odito, et que-
sto se intenda tanto de le raigioni poste quanto de quelle da ponerse per
l'avvenire. :

17. Sono tenuti fare la politia del pegno

Item che li dicti hebrei siino tenuti et obligati fare una politia a qua-
lunche a epsi alchuno pegno impegnerà, nella quale debbino scrivere el di
che el pegno sirà impegnato, la qualità del pegno et la quantità prestata,
et questo se intenda per chi detta politia adimandasse.

18. Li sia ministrata ragione sumaria

Item che li dicti hebrei et ciascheduno de loro figlioli, garzoni, facto-
ri, procuratori, institutori et ognaltro de loro, durante el tempo de dicti ca-
pituli li sia administrata ragione sumaria et expedita senza strepito o figura
de judicio, solamente veduta la verità del facto, senza alchuno pagamento
de salario o sportula per qualunche offitiale.

19. Siano tenuti portare .O.

Item che li dicti hebrei et ciascheduno de loro figlioli, garzoni, factori,
procuratori, institutori o altri de loro fameglia, sieno tenuti et obligati por-
tare el segno del .O. nella veste superiore da la cintura in su in luogho visi-
bile, sotto pena de uno ducato d'oro per ciascheduno et qualunche volta fussi
contrafacto, da aplicarse per la meità a la camera del Comune de la ciptà
et per l'altra meità a lo offitiale che ne facessi executione.

Non possino prestare in tele de lino non tessute

Et che dicti hebrei non possino prestare denari in tele di lino ordito
non tessuto, né quello acceptare per pegno, et quando alchuno contrafaces-
se caschi in pena di perdere li denari presti et sieno obligati restituire tali
tele a li veri padroni senza alchuno pagamento de usura né capitale.

20. In dubbi occurrenti li S. Priori provegghino

Item che li M.S. Priori e M.S. Octo per lo tempo existenti possino per
omni via et modo che a loro parerà et piacerà, provedere, statuire, ordinare
et reformare sopra omni caso ocurrente, quale desse ad epsi hebrei o a loro
famiglia alchuno scandalo, ingiuria, offensione o impedimento, tanto a le
persone quanto a li libri et altre loro facende o capituli, et quello tanto che
90 ARIEL TOAFF

i prefati magistrati statuiranno o reformaranno sopra alchuno eveniente ca-
So overo dubbio, vaglia et tenga come se da principio fussi scripto nelli pre-
senti capituli.

21. Nel venerdi et sabbato santo stiano richiusi

Item che nisuno hebreo nominati et non nominati in dicti capituli pos-
sa né li sia licito el venerdi santo né el sabbato santo, fino non soneranno
le campane, uscir fora de casa, né debbino in dicto tempore stare nelle fe-
nestre o uscire in loco dove possino esser visti, socto pena de 25 lire de denaro
per qualunche et qualunche volta fussi contrafacto, da aplicarse de facto
per li tre quarti a la camera del Comune et per l'altro quarto a lo offitiale
che ne farà executione.

Nisuno li dia impaccio

Et che nisuna persona de qualunche grado o conditione se sia possa,
maxime el dicto tempo, a loro overo a loro case dare alchuna molestia, né
fare alchuna ingiuria, socto la pena predicta per qualunche contrafarà, da
aplicarse come de sopra, et sia tenuto in questo el padre pel figliolo et el zio
per el nepote.

22. Non prestino lecti ad offitiali

Item che dicti hebrei non possino per alchuno modo prestare nisuna
generatione de lecti a nisuno offitiale, a la pena de lire 50 de denari a loro che
lo prestassero et a lo offitiale che lo recevesse per ciascheduna volta, da do-
verse exigere de facto da dicti hebrei et aplicarse a la camera del nostro Co-
mune, et circa li offitiali che contrafacessero si debbia retenire dicta pena a
loro sindacato da li sindacatori, et quando epsi sindacatori in ció fussero ne-
gligenti, incurrino nella medesima pena, et questo non se intenda per li go-
vernatori o loro luochitenenti.

23. Possino prestare per istrumenti et scripte

Item che dicti hebrei et loro factori, ministri, procuratori o garzoni
possino prestare ad usura ne la dicta ciptà per instrumenti, et qualunche scrip-
tura pubblica o privata, non peró piü che a la predicta raigione de sei quat-
trini per ciascheduno fiorino de moneta vecchia et cinque dinari per lira, et
la lira rocta paghi uno quattrino a li cittadini, contadini et habitanti in dic-
ta ciptà et a li furestieri, secondo che cun loro converranno d'acordo, a li
quali instrumenti et scripture per pretesto de usura non si possa opponere
né infringere, né contra epsi excipere, né impugnare per conto de usura, né
etiam contra loro libri a la pena de chi opporrà de fiorini cento, da aplicarse
de facto a la camera del nostro Comune et niente de meno non sia udita né
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 91

admessa tale oppositione da nisuno offitiale de la nostra comunità per alchu-
no modo.

24. Non possino essere rechiesti se non cun denari

Item perché alle volte alchuno che ha impegnato alchuno pegno do-
manda solamente per tentare e fuggire l'usura e non per volerlo riscotere,
che ciascheduno che volisse riscotere alchuno pegno non se intenda haver
facto la debita rechiesta se non farà el deposito in pecunia numerata a qua-
lunche banchierj de la dicta ciptà del capitale et usura che fussi tenuto fi-
no al di de la rechiesta, overo offerta in pecunia numerata mostrando et
contando li denari del capitale et usura nel bancho del prestatore denante
a tre testimoni fidedegni, altrimenti tale rechiesta non prejudichi ad epsi
prestatori, ma se intenda per lo advenire esser tenuto a la usura per lo tempo
che currerà, como si tale rechiesta fatta non fusse.

25. Quanto tempo durino li capituli

Item che li dicti capituli et pacti durino et durare debbino per tempo
de anni dieci proximi futuri, incominciando in calende de septembre MDXXI
et come seguita da finire et più oltra ad beneplacito de li M.S. Priori et M.S.
Octo de dicta ciptà per lo tempo existenti et de li dicti hebrei se finiti li 10
anni per alchuna delle parti non fussero disdicti, renuntiati et revocati, et
durando li dicti capituli et oltre el dicto tempo de 10 anni li dicti hebrei sie-
no tenuti pagare la medesima taxa. Et quando dicti capituli fussero disdicti
durino et durare se intendino mesi diciotto continui dal di de la desdecta,
per possere rendere et rescotere li pegni et pigliare loro. capitale et merito
consueti. Et non sieno tenuti pagare dopo dicta desdecta se non fiorini 50,
come sopra nel duodecimo capitulo se contene, et durante li dicti capituli et
beneplacito per nisuno modo o quesito colore si possa fare alchuno ordine,
statuto, legge o reformanza che in tucto overo in parte, per directo o per in-
directo, habbia ad invallidare, suspendere o derogare li predicti et infra-
scripti capituli overo alchuni de epsi, et in caso se facesse sia nullo e non se
debbia per alchuno modo osservare per alchuno offitiale de dicta ciptà, soc-
to pena de fiorini 50 da epsi offitiali da essere exacta et aplicata per la meità
a la camera del dicto Comune e l'altra meità ad epsi hebrei, et nondimeno
tale statuto, ordine o reformanza che contradecesse sia sempre nulla e non
vagli né tenga ipso iure.

26. Al tempo de guerra possino cavar li pegni

Item che per li tempi de la guerra, quale Dio cessi per sua misericordia,
dicti hebrei, loro figlioli et descendenti et ciascheduno de loro factori, pro-
curatori, institutori o garzoni durante el tempo de dicti capituli et loro be-
92 ARIEL TOAFF

neplacito et a loro sia licito liberamente cavar fora de dicta ciptà et suo con-
tado li pegni de ciptadini, contadini et habitanti, che havessero preso da epsi
in pegno, et omne altra loro facoltà et mecterla in loco sicuro, et mecterli
et reportarli in dicta ciptà ad omni spesa de dicti hebrei, et non sieno per al-
chuno modo tenuti pagare alchuna gabella, né per cavare né per mettere
decti pegni et altre loro facultà in dicta ciptà, non obstante statuti o bandi-
menti tanto facti quanto da farse che contra questo capitulo per alchuno
modo facessero.

27. Omni bechaio possi a loro fare carne

Item che omni bechaio possi senza alchuna pena de loro brevi et con-
suetudine de lor arte, ad requisitione de epsi hebrei, fare de la carne al modo
et forma vorranno epsi hebrei et quella vendere et dare ad epsi hebrei per
quelli prezzi che la venderanno a li ciptadini de dicta ciptà e non altrimenti,
et che dicti hebrei maxime circa el fare et vendere a loro le carne non se pos-
sa per dicti bechari essere venduti né locati per alchuno modo o quesito co-
lore piü a l'uno che a l'altro de dicti bechari, ma ciaschuno becharo da al-
chuno de dicti hebrei requisito possa impune, come de sopra, fare la carne,
socto la pena de lire dieci de denari a la università de dicti bechari et a cia-
scheduno becharo et ciascheduna volta che contrafacessero, da pagarse de
facto per la meità a li dicti hebrei, non obstante loro brevi o consuetudini
in contrario disponenti facti o da farsi, et niente di meno pagando dicti be-
chari dicta pena, non possino epsi bechari esser costrecti da omni offitiale
ad observare quanto in dicto capitulo se contene et sempre sia valido et
fermo et omne offitiale ad requisitione de epsi hebrei o de ciascheduno de
loro sia tenuto et obligato da le sopradicte cose fare contra quelli bechari
che prevaricassero et non volissero servire dicti hebrei de fare dicta carne e
che gliele volessero vendere piü che in dicto capitulo se contene, farne ex-
pressa executione reale o personale, come meglio e piü facilmente poteranno.

Socto che pena debbino observare dicti capituli

Et a tucte et singule cose predicte in dicti capituli contente vogliono
li dicti hebrei suplicanti et ciascheduno de loro et etiam promectendo et
obligando sè, suoi figlioli et heredi et descendenti et omne loro et de ciasche-
duno de loro beni mobili et stabili presenti et futuri essere tenuti et obligati,
socto pena et a la pena de fiorini cento pro rata, da doversi pagare per cia-
scheduno che contrafacesse, et aplicarse a la camera del dicto Comune.

A chi se intendino li capituli

Cun questo pacto et conditione videlicet intendendo et dechiarando an-
chora che li dicti capituli habbino locho et intendise non solo ne le persone
de li prenominati hebrei suplicanti et loro factori, garzoni, procuratori, in-
stitutori et fameglia, ma etiamdio nelle persone de loro figlioli, nepoti et
descendenti, et dopo la morte loro in li figlioli et nepoti o veramente altri
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 93

heredi de dicti hebrei suplicanti durante el tempo de dicti capituli et loro
beneplacito, et doppo la disdicta de quelli mesi 18 continui seguitanti doppo
tale disdicta, como é dicto de sopra, intendendo et dechiarando che tutte le
singole pene in dicti capituli contente, commesse o no, pagate o no, niente
de meno epsi tutti et singuli capituli predecti sempre siano rati vallidi et
fermi in tucto et per tucto durante el loro tempo predicto delli dicti dieci
anni et loro beneplacito et dicti capituli finiti dicti dieci anni, non essendo
da alchuna de le parti disdicti et doppo tale disdicta durano mesi 18 come
de sopra, et tucte et singule cose predicte adimandando li dicti hebrei su-
plicanti nelli dicti homi, se debbino a loro concedere de solita benignità et
spetiale humana gratia de li M.S.V. acció che piü et meglio possino exerci-
tare le cose predicte nella dicta ciptà, le quali tendono et resultano in como-
do, subventione et utilità de tucto el popolo et particolari persone de dicta
ciptà et suo contado, quale lo onnipotente Dio per sua infinita gratia et mi-
sericordia insieme con V.M.S. et loro prudenti ciptadini acresca et augmenti
sempre et salvi et mantenga in prospero, tranquillo et felice stato amen.

Città di Castello,
1531, 1 settembre

Capitoli degli ebrei di Città di Castello (1531).

Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 57, c. 1v.

In nomine Dei amen. Anno ab eiusdem salutifera nativitate millesimo quin-
gentesimo trigesimo primo, indictione quarta tempore pontificatus
S.D.N.D.ni Clementis divina providentia pape septimi, die vero pri-
ma mensis septembris ....

Denante da voi M.ci S.ri Priori del popolo et M.ci Octo de la Balia de
la Città de Castello per parte de li vostri devotissimi servitori hebrei infra-
scripti Michaelle de Bonaventura da Castello, li heredi di Dactaro de mae-
stro Davit da Tiguli et Daniello suo Fratello, heredi di Angelo de Liuccio
da Orvieto, heredi de Dactolino de Musetto da Castiglione, heredi de Habra-
mo de Isdraello dal Borgo, heredi de maestro Habramo de maestro Lione
da Fuligni, Manuello de la Diana da Fossombrone et suoi figlioli, Moisé de
Ventura da Peroscia et li heredi de Habramo suo fratello, Iacob de Bona-
ventura da Rezo, Davit de Manuello Grosso et suoi figlioli, heredi de Ven-
tura de Elia da San Severino, Salomone de Simeone da Porto da Bologna,
Salomone et Manuello fratelli de Musecto da Castello et loro figlioli, heredi
de maestro Helia de Angelo da Narni, Gratiadio de Iosep, Angelo de Donna
Dolce, Fainne de Salomone et Salomone suo nepote da Citerna, Lazaro de
Manuello da Volterra, heredi de Helia de Lione de Helia da Castello, Salo-
mone de Helia da Cagli, heredi de Lione da Viterbo, heredi de Donna Consola
da Cortona, Donna Perna de Salomone da Castello, Rachael sorella de Dac-

7
94 ARIEL TOAFF

tolino da Castiglione, humilmente se dice et expone come compiacendo a V.M.S.
intendono volere prestare ad usura loro dinari in questa vostra ciptà, suo con-
tado et destrecto per subventione, comodità et servitio de li homini et per-
sone de dicta ciptà et suo contado et desctrecto et habitanti in epsa in una
o piü et varie boteghe o case insieme et deperse, secondo che a loro parerà
et piacerà, como per li loro antecessori hebrei prestatori in decta ciptà è
stato usitato a tucte quelle persone de decta ciptà et suo contado et habi-
tanti de epsi, acciocché al tempo de la loro necessità maxime de carestie, guer-
re, o altri afanni possino a li loro bisogni provedere, Et acciocché le cose pre-
decte possino piü facilmente in la dicta ciptà exercitare, suplicando se adi-
manda che la V.M.S. gratiosamente li comceda le infrascripte gratie, privi-
legi, immunità, indulti, exemptioni et capituli, li quali se possino per V.M.S.
concedere a loro senza alchuna pena de excomunicatione o de altra censura
che de ragione valesse, como apare nel soprascripto Breve registrato et con-
firmato dal sommo in X. principe et S.S. Innocentio papa VIII, come socto
data de di 26 de septembre 1484 del pontificato suo anno primo, appare di
quali capituli, gratie et privilegi el tenore seguita et è tale, cioè : (seguono
capitoli in tutti analoghi a quelli precedenti del 1521 con l’aggiunta di un
ulteriore paragrafo sui pegni):

Non siano tenuti a corrosione de sorci

Item che li prenominati hebrei non sieno tenuti né obbligati ad alchu-
na corrosione, overo bucho o guastamento facto da tinghi, sorci o altri si-
mili animaletti, da li quali è impossibile potersi diffendere in li pegni, sì di
piccola valuta come grande.

Città di Castello,
1545, 10 dicembre

Capitoli degli ebrei di Città di Castello, (1545).

Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 57, c.
166r.

In Dei nomine amen. Anno ab eius salutifera nativitate millesimo quin-

gentesimo quadragesimo quinto indictione tertia tempore pontificatus

S.mi D.N. Domini Pauli divina providentia pape tertj, die vero de-

cima mensis decembris dicti anni ......

Denante da voi M.ci S.ri Priori del Popolo et M.ci Octo de la Balia
de la Città de Castello per parte de li vestri servitori hebrei infrascripti vi-
delicet Leoncino da Porto, heredi de Abram de Isdrael dal Borgo, Manuello
da Fossombrone, heredi de Abramino da Peroscia et Moise suo fratello, he-
redi de Dactolino da Castiglione, heredi di Manuello Grosso, Eliseo de la
Rachaella, Gratiadio de Josep, Lazaro de Manuello da Volterra, Faino de
Salomone et Riccio nepote de Faino, heredi de Dattaro de la Pregione overo

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GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO pity

da Tiguli, heredi de Elia d'Angelo da Narni, Gabriello da Urvieto, Bona-
ventura libraro, heredi de Ventura da San Severino, et heredi de Maestro
Abramo Alatrino, humilmente se dice et expone come piacendo a V.M.S.
intendano volere prestare ad usura lor denari in questa vestra città, suo
contado et distrecto per subventione, commodità et servitio de li huomini
et persone de dicta città et disctrecto et habitanti in essa in una o piü et va-
rie boteghe et caso insieme o diperse come a loro parerà et piacerà, como per
li loro hebrei antecessori prestatori in dicta città é stato usitato a tucte quel-
le persone de dicta città et suo contado et habitatori di essi adció che al tem-
po de le loro necessità max. de caristie, guerre et altri afanni possino a li
lor bisogni provedere; et adció che le cose predicte possino più facilmente
in la dicta città exercitare, suplicando se adimanda che le V.M.S. gratiosa-
mente li conceda le infrascripte gratie, privilegi, immunità, indulti, excemp-
tioni et capituli, li quali se possino per V.M.S. .... a loro senza alchuna pe-
na de excommunicatione a de altra censura che de ragione valesse, come a-
pare nel soprascripto Breve registrato et confirmato da summi pontefici pre-
decessori et ultimamemnte dal sommo in Cristo principe et Sommo Signore
Innocentio papa VIII, commo sotto data del 26 de septembre 1484 del pon-
tificato suo anno primo, appare de quali capituli et gratie et privilegi el te-
nore seguita et è tale, ciohè : (seguono capitoli identici ai precedenti del 1531
con la differenza che al paragrafo 6 il capitale minimo che gli ebrei devono
impegnare nel prestito discende a 600 fiorini, e al paragrafo 12 la tassa an-
nuale da pagare per la festa di S. Fiordo è ridotta a 35 fiorini).

Città di Castello,

1396, 26 febbraio
» , 28 novembre

1399, 14 febbraio

I Priori concedono a maestro Elia la condotta di medico a Città di Castello e
gliela rinnovano più volte successivamente.

Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 27, c.
27v.

Die vigesima sexta febrarium 1396.

Magnifici Domini Priores populi Civitatis Castelli etc....... item si-
mili modo et forma eligerunt et conduxerunt sapientum virum magistrum
Eliam ebreum medichum cirurgichum ad salario Comunis per uno anno pro-
ximo venturo cum salario viginti quinque florenos auri in anno.

Ib; N01::27, 0. 113r;

Die vigesima octava mensis novembris 1396.
x e ——MÀ PÓ A — p i a SE

96 ARIEL TOAFF

«Magistri Elia ebrei medici cirurghi refirma »

Magnifici Domini Priores populi Civitatis Castelli una cum sapientibus
viris arbitrii dicte civitatis in sufficienti numero congregati in audientia eo-
rum palatii consueta ut moris est considerantes quod sapiens vir Magister
Elia ebreus medicus cirurgichus salariatus Comunis toto tempore sue pre-
sentis conducte de arte sua predicta servunt omnibus volentibus fideliter so-
liciter et provident adeo quod Deo universaliter cives laudabile testimonium
ferunt, et speruntos in dubie quod laudabiliter per eum principiata de bono
in melius persequetur, habita ... super inscriptes deliberatis solempni deli-
berationi et ultimo inter eos facto et misso partito ad fabas nigras et albas
secundum formam .... vigore eorum arbitryo de quo constat per me Mar-
chum notarium reformationum inscriptum et omnibus via iure modo et for-
ma quibus melius potuerunt dictum magistrum Eliam conduxerunt refirman-
tis ad salarium Comunis in medichum cirurgichum ad exercendum dictam
suam artem in civitatis predicta et eius comitatu et de ea servendum omni-
bus et singulis volentibus per uno anno proximo venturo incipiendo finito
tempore presentis conducte cum salario 25 florenos auri in anno et solven-
dos per camerarium Comunis de mense in mensem ..... et cum pactis et
conditionibus secundum forma statutorum ordinamentum et reformationis dic-
te civitatis.

Ib., vol. 28, c. 163r.

Die quarta decima febrarii anno 1399.

Magnifici Domini Priores etc.... facto et misso partito ad fabas ni-
gras et albas secundum formam statuti dicte civitatis et obtento per viginti
quattuor ex eis dantes eorum fabas nigras del sic non obstantibus undecim
dantibus eorum fabas albas del non dictus magister Elia eligerunt et condu-
xerunt ad salarium Comunis ad servendi uniumcunque volenti per tribus an-
nis proximis venturis cum salario viginti quinque florenos auri in anno.

Città di Castello,
1398, 8 aprile
1399, 26 febbraio
1401, 15 aprile

I Priori concedono a maestro Ventura di Dattilo da Roma la condotta di me-
dico a Città di Castello e gliela rinnovano più volte in seguito.

Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 28, c. 64r.
Die octava mensis aprilis anno 1398.

Magnifici Domini Priores populi Civitatis Castelli etc...... item si-
mili modo facto et misso partito et obtento per viginti unum ex eis dantes
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 97

eorum fabas nigras del sic non obstantibus decem dantibus eorum fabas al-
bas del non providerunt statuerunt et reformaverunt quod Magister Ventura
Dattili cirurgicus medicus conducatur, et ex nunc ipsus conduxerit et con-
ductum esset volentem omnibus et singulis volentibus primo anno proximo
venturo capiendo de sue acceptationis cum salario vigintiquinque florenos
auri in anno et solvendos de mense in mensem pro rata .... cum pactis et
conditionibus secundum formam statutorum ordinamentum et reformatio-
num dicte civitatis.

Ib5,:v01: 28; €. 172v:
Die xxvi febrarii anno 1399.

Magnifici Domini Priores populi una cum trigintaduobus arbitry dicte
civitatis in sufficienti numero congregati in audentia eorum palatj consueta
ut moris est considerantes quod sapiens vir magister Ventura Dattili ebreus
medicus cirurgichus husque modo serviret unicumque volenti fideliter et pru-
dentialiter sperantes quod in dubio ... et in futurum de bono in melius pre-
stantur, et propterea super predictis et inscriptis habita primo diligenti et
solempni deliberatione et ultimo inter eos facto et misso partito ad fabas
nigras et albas secundum formam statuti dicte civitatis et optento per vi-
ginti quattuor ex eis dantes eorum fabas nigras del sic non obstantibus un-
decim dantibus eorum fabas albas del non, eligerunt et conduxerunt dictum
magistrum Ventura Dattili ebreus medichus cirurgichus ad salarium Comu-
nis pro duobus annis proximi venturi concemptiandis finito tempore sue pre-
sentis conducte ad exercendo artem suam in dicte civitati et de ipsa arte ser-
viendi omnibus volentibus cum salario viginti quinque florenos auri in anno
sibi solvendos de mense in mensem pro rata cum diminutione duorum soli-
dorum pro libra nunc diricture (?), et cum pactis et conditionibus secundum
formam statutorum ordinamentum et reformationum dicte civitatis.

Ib., vol. 31, c. 45r.
Die quinta decima aprilis anno 1401.

«Magistri Venture Dattili ebrei conducte »

Item simili modo facto et misso partito inter dictos consiliarios dicti
consilii partito ad fabas nigras et albas secundum formam statutorum et
ordinamentorum Comunis civitatis predicte et optento per vigintiquinque con-
siliarios dantes eorum fabas nigras del sic non obstantibus octo consiliariis
dicti consili dantibus eorum fabas albas in contrarium del non omni modo
via iure et forma quibus melius potuerunt providerunt et ordinaverunt et
reformaverunt quod magister Ventura Dattili ebrei medichus cerusicus con-
ducatur et conduci debeat et possit et ad exercendam artem cerusie in dicta
civitate per uno anno proximo venturo hodie in Dei nomine inceptur et ut
ue I EATER - OTTONE IE SE po V inedia DIT An Dot VARO tl»

98 ARIEL TOAFF

sequitatur finiendo et ex nunc ipsi eligerunt nominaverunt et conduxerunt
addictam artem cerusie exercendam in dicta civitate per dicto anno cum
salario 25 florenorum auri pro quolibet anno cum deputatione et ex nunc
deputata .... consueta sibi dicto salario solvendo de mense in mensem pro
rata.

Facta et appodixa per me Johannem camerarium .... mensis juny
per primo et secundum mensibus sue conducte.

Città di Castello,
1416, 19 giugno
1418, 16 aprile

I Priori concedono a maestro Salomone di Bonaventura la condotta di medico a
Città di Castello. Questi due anni dopo ne chiede la rescissione per potersi
dedicare all’attività del prestito.

Archivio Comunale di Città di Castello, Annuali Comunali, vol. 38, c.
13%r:

Die xvin: juny anno 1416.

«Magistri Salomonis hebrei in medicum electio »

Egregi et spectabiles cives Angelus Peri porta Sancte Marie, Johannes
Galgani porta Sancti Floridi, Matheus Angeli Futy porta Sancti Jacopi in
audentia inferiori palati in simul congregati et cohadunati arbitro Recitio
Lauduty porta Sanctis Egidi eorum ad infrascripta in super remissione bailie
et civitate eis data et concessa die jovis quarta Juny manu Ser Angeli pro
Comune cancellarii Comunis per consilium opportunum nec non et habita
eorum electione scripta et rogata per ser Johannem Nicholay dominorum
presentia Scripta et notata facta per dictos Dominos Priores vigore super-
dicta remissione die predicta quarta juny facta cupientes totis iuribus com-
missa in exequutione mandari unanimiter et concorditer conduxerunt et eli-
gerunt in medichum salariandum a Comuni pro triennio hodie incohato egre-
gium virum magistrum Salomon magistri Bonaventure hebreum cum sa-
lario et provisione sexaginta florenos auri in anno solvendorum pro rata ei-
dem de mense in mensem in pecunia numerata pactis et capitalis inscriptis.

In primis quod dictus magister Salomon summo bene et diligenter ser-
viet dicto Comuni et singularibus personis cuiusdem ad conservandas corpo-
rum sopitates et illas redimendas et rehabendas dum langoribus opprimentur.

Item quod dictus magister Salomon sit et esse intellegatur absolutus
et liberatus et exsemptus ab omnibus et singulis gabellis ....... et ab om-
nibus et singulis fumo et .... impositis et imponendis quicumque dicto ter-
nali durante et quod nullus rector seu offitialis ad predicta solvenda aliquo
ingenio seu colore dictum magistrum Salomonem cogat seu compellat.
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 99

Ib., vol. 39, c. 201v.

Die Sabati xvi mensis aprilis anno 1418.

|Egregius medicine doctor magister Salomon hebreus medicus Comunis
pro triennio conductus constitutus coram Magnificis Dominis Prioribus po-
puli et consiliariis arbitry ipsius civitatis in audentia ipsorum dominorum
prefatorum et certis legantis causis quas sibi presentialiter immineri sibi as-
serint et quibus absentur se opus est petyt se cum summam. instantiam a
dicta eius conducte liberare et absolvi absque se cassare et licentiam concedi
ad fenerandum. Cum domini et consiliarii audita dicta petitione dictam pe-
titam licitam concesserunt et recipient, et eum a dicta conducta cassantes
ipsumque liberantes ab eadem.

Città di Castello,
1459, 9 febbraio

I Priori di Città di Castello concedono la licenza al medico ebreo maestro Ema-
nuele.

Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 46, c. 37r.

Die "vin febrarii 1459.

Magistri Emanuelis hebrei. Spectabiles viri octo custodie et arbitrii Ci-
vitatis Castelli in audentia eorum palaty consueta in numero sufficienti con-
gregati indilicet absentibus d. Nicolao de Vitellis et Angelo Contis pro quo
d. Nicolao Baldus Venturuty .... supplevit dato partito inter eos et victo
legitime et obtento per sex fabas albas datas pro sic una nigra pro non data
in contrarium providerunt ordinaverunt statuerunt et reformaverunt vi-
gore eorum arbitrii quod scribantur licentias favorabiles pro magistro Ema-
nuele medico hebreo ad summum D.N. et ad quoscumque alios predictos Prio-
res si eis placebit ad summum vidilicet D.N. et aliquos alios quos volentes
tenore modo et forma quibus ipsis dominis placebit non obstante lege con-
dita in Comune dicte civitate vetante scribi licentias favorabiles pro aliqua
persona non subiecta dicto Comune et non subente onera realia et personalia
ipsius Comunis nisi talis persona solverit decem florenos ipsi Comuni ceteri-
sque contrarius quibuscumque quibus omnibus derogaverunt pro ac iure
ELC. a

Ferentino,
1428, 2 settembre

Privilegi concessi da papa Martino V a Salomone di Bonaventura, ebreo di
Città di Castello.

Archivio Vaticano, Mart. V. Sec.li. v1 n. 356, c. 34 t. (L. FUMI, Inventario
100 ARIEL TOAFF

e spoglio dei registri della tesoreria apostolica di Città di Castello, Perugia,
1900, p. 24).

Privilegio I

«Martinus etc. Salomoni Bonaventure ebreo de C. Castelli viam co-
gnoscere veritatis. Cum tu nuper cum familia tua moram traxeris in Civita-
te nostra Civitatis Castelli tempore quo nobis et Romane Ecclesie erat re-
bellis et bellum inibi vigebat, dubites propter diversa maleficia, crimina, de-
licta et excessus inibi commissa contra nos et E.R. posse in posterum mole-
stari. Nos securitati et quieti tue in hac parte consulere volentes, tibi et fa-
milie tue omnia et singula crimina, maleficia et excessus huiusmodi, quecum-
que, quotcumque et qualiacumque fuerint per te, dictis rebellione et bello
durantibus et usque in presentem diem commissa, seu Cameram Apostolicam,
tibi tuisque, familie et heredjbus, auctoritate apostolica, remittimus et con-
donamus etc. — Dat. Ferentini II Kal. septembris, pontif. n. an. duode-
cimo ».

Privilegio II

« Eidem etc. Cum sicut oblata nobis pro parte tua petitio continebat,
nonnulli Xpiani, tam offitiales nostri et Ro. Ecc. quam etiam private per-
sone aliquando ad extorquendum a te pecunias diversa crimina et excessus
causantes te capi et arrestari faciunt, et procurant varias iniurias et mole-
stias tibi propterea inferentes, nos tibi super hoc oportune providere volen-
tes, tibi, auctoritate apostolica, concedimus, statuentes nichilominus et etiam
ordinantes, quod ven. fr. Nicolaus Episcopus Tiburtinus Cubicularius no-
ster omnes et singulas criminales causas in quibus te aut familiam tuam ali-
qua ratione quorumvis excessuum accusare, aut super quibus te aut ipsam
impetere vellent, et in quibus reus quomodolibet existeres aut etiam dicere-
ris, exceptis dumtaxat lese maiestatis et homicidii criminibus, audiat, ter-
minet et decidat, iustitiamque faciat, prout, delictorum qualitate pensata,
viderit expedire, Nos enim cognitionem et decisionem omnium criminum, de-
lictuum et excessuum huiusmodi eidem Episcopo, auctoritate apostolica, re-
servamus, districtius inhibentes omnibus aliis et singulis nostris et dicte se-
dis officialibus, ut in criminalibus causis huiusmodi aliquid contra te aut
familiam prefatam attemptare seu decidere vel judicare aut eorum pretextu
te capere, arrestare vel detinere quoquomodo presumant » etc. Us.

Città di Castello,
1464, 23 febbraio

Papa Pio II richiede ai governanti di Città di Castello la riscossione della vi-

— LR ini ar EL. E dade. AL E xd io
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 101

gesima per la crociata contro i Turchi dagli ebrei della città. La richiesta
papale viene esaudita e la tassa è raccolta.

Registri della tesoreria apostolica di Città di Castello, ad a. 1464, c. 58
(L. Fumi, Inventario e spoglio dei registri della tesoreria apostolica di Città di
Castello, Perugia, 1900, p. 42).

« Ven. fr. sol. etc. Quoniam graves impensas subituri sumus propter
expeditionem, quam deo adiuvente faciemus, quam contra turchos paramus
et propter profectionem nostram, id circo ne desint necessaria ad tam sanc-
tum opus, omnibus judeis per totam Italiam constitutis vigesimam omnium
bonorum suorum imposuimus, prout in licteris nostris superinde confectis ple-
nius continetur. Volumus itaque et tibi per presentes commictimus et man-
damus, ut ab omnibus et singulis judeis tue gubernationis exigas unam in-
tegram vigesimam omnium bonorum redituum et proventuum, nec non pe-
cuniarum quocumque modo quesitarum etiam per usurariam pravitatem, sol-
vendam, vid. medietatem infra mensem a die intimationis et aliam medie-
tatem infra alium mensem immediate sequentem. Quod si judei, in solutio-
ne huismodi vigesime, fraudem aut negligentiam commiserint, volumus eos
teneri ac etiam cogi ad solutionem integre decime et incurrere penam cen-
tum ducat. Camere Ap. inremissibiliter applicandarum. Et revelanti dare
cogantur quatuor pro quolibet centenario. Super quibus omnibus etc. Dat.
Rome apud S. Petrum sub anulo piscatoris die vir decembris MCCCCLXIII,
pontif. n. a. sexto ».

Feb. 23 [1464] : Facta diligenti inquisitione omnium et singulorum bo-
norum mobilium et stabilium et universe substantie ebreorum assistentium
(sic) in Civ. Castelli, solverunt flor. 140.

Città di Castello,
1465, 5 ottobre

La Sinagoga degli ebrei di Città di Castello, a causa della peste che aveva col-
pito il quartiere dove si trovava, viene trasferita in un'altro luogo.

Archivio Vescovile di Città di Castello, Libro VII, c. 55v.

« Concessio Sinagoga Hebrei »

In nomine dom. anno a nativitate J. Cristi millesimo quadragesimo
sexagesimo quinto indictione xir tempore pontificatus sanctissimi domini
Pauli divina providentia pape II die vero quinta mensis octobris etc.....
prout Bonavenctura Leonis et David Salomonis ebrei de Civitati Castelli et
in ista civitate residentes coram infrascripto domino vicario dixerunt et as-
seruerunt quod nuper in domo Jsach et Salomonis [et Consilii] filiorum dicti
Salomonis Bonavencture ebrei de dicta civitate sive inscripta civitate et
porta S. Egidi cuis .... vie publiche comunis ut signi inscripta domo .....
102 ARIEL TOAFF

cuis contrarium memoris non existit consuerunt esse et est ad presens Si-
nagoga ipsorum ebreorum quidam ebrei decesserint experit nec inscripta do-
mo et ad dictam Sinagogam ipsi ebrei convenire non possint propter casus
predictas et sint maxime quod morbus ex quo predicti decesserint sint sepe
plurium contagiosus et infectus et propter hoc ipsi Bonaventura et David
ebrei tam suo pro ipso nomine quam et vice nomine eius aliorum ebreorum
residentium in dicta civitate volentes sui et aliorum saluti quantum possent
consulere peterint ab infrascripto domino vicario licentiam eis concedi de
celebrando colendo eorum feste et faciendo eorum cerimonias et orationes in
domo dicti Bonaventure presente in dicta civitate in porta S. Maria cui ...
vie ab heredes Nicolaij ... vel signi donec et quamsque cessabit superscripto
de dicto domo dicti Jsach et Salomonis .... licentia contulit atque dedit
per totius mensem januarij proximi futuri ... cuius infrascriptis pactis et
convenctionibus pro ipsum vicarium .... non possint nec valeant in dicta
domo dicti Bonaventure erigere novam Sinagogam nec mutare super dic-
tam Sinagogam antiquam debet potius ipsa Sinagoga antiqua remanet et
remanere in statu suo in quo sit usque nunc, item quod cessant impedimen-
to predicto seu et finito dicto tempore ut super prefixo ipsi ebrei presentes
et futuri in dicta Sinagoga antiqua et non in dicta domo dicti Bonaventure
predicti facere et expedire debeant pro ut annum presentem contrarius fa-
cere consueverint et tam qua advenente presens concessio licentia .... et si
superdicti Bonaventura et David tam suo ipso nomine quod eius vice et no-
mine aliorum ebreorum predictorum pro quibus de rato promiserunt atque
convenerunt prefato domine vicario et eius notario infrascripto ut pro ut
personis scripte et inscripte predicta omnia et singula attendere et adimplere
sub pena ducentorum florenos auri per dimidio camere apostolica et per alio
dimidio camere episcopali applicandorum.

Città di Castello,
1507, 26 marzo

A. seguito della predicazione del minorita fra Cherubino da Spoleto viene ripri-
stinato l'obbligo del segno distintivo per gli ebrei di Città di Castello.

Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 55, c.
100r.

Congregatis es conlocatis consiliis ....... in sala magna ordinamento
et mandato Dominorum priorum ad sonum campane ut moris est inter omnes
consiliarios ........ frates Cherubin ordinis minorum Sancti Francisci et
nunc predicator in Sancta Catedrali Sancti Floridi dicti civitatis ingressus
petiit ut judei qui habitant civitatem predictam, teneantur ferre signa cum
quibus a reliquis christianis cognoscerentur hoc dicente zelo fidei et tunc
Magnificus Supraprior de consensu aliorum priorum proposuit ut super tali GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO 103

petitioni consuleretur redditis consiliis christianorum ferre birrettum giallum
et mulieres judee velum giallum pena decem ducatorum pro qualibet vice
qua fuissent inventi sine birretto et velo ut supra et quattuor tractorum
corde. Habito prius colloquio et matura deliberatione et demum misso par-
tito et obtento per centum et septuaginta unum dantes eorum fabas nigras
del sic una alba in contrarium non obstante statuerunt ordinaverunt et de-
cretaverunt hoc lege perpetua valitura in contrarium non obstantibus qui-
buscumque omni meliori modo et quod judei habitantes in Civitate Castelli
ferant birrettum giallum penam decem ducatorum Camere Apostolice ap-
plicandorum et quattuor tractorum corde pro qualibet vice qua fuerint in-
venti sine dicto signo.

Città di Castello,

1569, 12 marzo
» , 15 marzo
» , 23 aprile

A seguito del decreto di espulsione degli ebrei dallo Stato Pontificio emesso da
Pio V, anche gli ebrei di Città di Castello si accingono ad abbandonare il
territorio.

Archivio Comunale di Città di Castello, Annali Comunali, vol. 59, cc.
57v.-58r., 60r.

Die xii marty 1569.

Congregato consilio credentie more solito in audentia in numero sep-
tanta: i. Jsacchinus, Nellus et Pacificus hebrei nomine totius uni-
versitatis hebreorum in dicta civitate fenerantium dixerunt quod desiderant
in consilio regiminis proponi ordinamenta eorum expulsionis a toto statu
ecclesiastico et comandari pro exigentiis eorum creditorum et pro ut consilio
visum fuerit et servatis servandis decretum proponi......................

9e-0e:9.050.0.070 0:0 09/0/6:0 0:0/.09070/6:0,.0-0 070.0: 0709 6479.9.0 0/0:10:010:€/0.0-050:070.0130 0] 09:50:09 9.09104050,0:0-0 0 70:10 6.0 /0:09:0)9
9:9 9.0.0.6 0/0.0/,0-.0,0 0 0:01070.07070/ 9/70/09. 0170. .0:0/0.0 0/00/0-0.0/0.0.:0/0/0. 09.0;050 0 0.0.0/0/0./0/0.0:0,0/0.010//0.0:010/070:9/.6,0

e;9.9 ».9:0.0 070.0 0,09:09..0.0,0.0:0-0.0 0.9:8:0.60.0 0:040 070.0 0. 0/0.0 9 0,010. 0 0,9./0/0 0.0.0 gle 0 9240/0 810.0 è 0/0 010.0 0.0.09 €

Die xv marty 1569. :

Super petitione hebreorum habito colloquio et matura deliberatione et
misso partito et legitime obtento, una in contrarium non obstante, dantibus
propinquitate eorum Montis S. Marie ....... velint pro utilitate paupero-
rum impetrare gratias ad S.D.N. quod permittat stare hic et seu dare dila-
tionem ut commode pauperes exigere possint eorum pignororum...........

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Die xxIti aprilis 1569.
104 ARIEL TOAFF

Ventura Abrami hebreus nomine universitatis hebreorum fenerantium
in hac civitate exposuit desiderium comendari ill.mo Duci Florentie et aliis
Dominis circumvicinis ut posse pignora asportare et tenere et accipere ..
ad rationem duodecim pro centenario annuatim, cum non possint ila ven-
dere nisi in preidicium eorundem dominorum et sevantis servandis decre-
tum proponi.

Città di Castello,
Seconda metà del xvi sec.

Alcuni «sonetti spirituali » in italiano di Maestro Angelo (Jochanan Jehudà)
Alatrino, poeta di Città di Castello.

(da L'Angelica Troba (sic) de M.[aestro] Angelo Heb.[reo] Alatrini. Con
alcuni Sonetti Spirituali del Medesimo. in Venetia 1628. Appresso gli Illustr.
Sig. Pietro, Alvise & Lorenzo Bragadini).

Retto Signor, che dall’obliqua via
cerchi ritrar a miglior uso i cuori,
dal pelago crudel de’ grandi errori
salva la peccatrice anima mia,

E l’agghiacciato cuor pien di follia
scalda co’ raggi de’ tuoi santi ardori,
lava le macchie de’ suoi falsi amori
con la dolce onda di tua grazia pia.

Ben sai che '1 meglio spirto in te s'accende,
ma l’agro di mia vil negletta pasta,
Signor mio caro, al buon voler contende,

S'egli corrompe, oimè, la voglia casta,
recidi il suo furor che sì n’offende,
che senza ’1 tuo favor forza non basta.

II

Col ferro ch’hor traffigge il mesto cuore,
o del buon genio mio crudel tiranno,

ti levo ogni poter e ti condanno

vittima al sacro mio supremo amore.

dr D n iii v3 lo xi?
GLI EBREI A CITTÀ DI CASTELLO DAL XIV AL XVI SECOLO

Fia l'ara il petto mio, fuoco l'ardore
de' cocenti sospir del tanto inganno
fattomi, sin che libamenti danno

in copia gl'occhi miei d'amaro humore.

E toltami dal sen tua grave salma
qual novella Fenice a re piü pio
sacro, il converso cuor i sensi e l'alma

Ed umil dico, o pietà grande, o Dio,
dal qual'ho l'alta e vittoriosa palma,
gradisci in dono il tuo nemico e mio.

III

Era ’1 bel raggio di ragion sì fosco
quand’io presi il velen in ch’io vaneggio,
che scorger non potei, com’hor ben veggio,
l’angue inimico pien d’ira e di tosco.

E tuttavia m'é offeso onde conosco

ch'ancor al mio gran mal sopra sta ’1 peggio,
dunque pentit'umil aiuto chieggio

pria che resti al tutto privo o losco.

Soccorrime Signor, e sia ’1 mio pianto
l'onda ch'ammorzi quel velen quel fuoco
che si m'opprime e di cui temo tanto

E '1 mio aversario uccidi o manda in luoco
da me lontan, che se ció fai, col santo
tuo aiuto, non saró di lui piü gioco.

105
CONE CIECO

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Spoglio documentario dal .
“De claritate Perusinorum ,,

I. L'AUTORE E L'OPERA

Tra le opere possedute dalla Biblioteca Augusta di Perugia
ve n'é una che desidero riproporre all'attenzione dei lettori e di
quanti si interessano alla storia della nostra città: il De claritate
Perusinorum di Sinibaldo Tassi, custodito nel fondo Manoscritti di
questo istituto con la segnatura ms. 1429-1450. Si tratta di un'opera
che, volta soprattutto a celebrare le vicende delle famiglie nobili
perugine, puó sembrare oggi quanto meno singolare ma che si inse-
risce perfettamente nel quadro culturale e sociale del secolo in cui
fu concepita. La definizione che ne dà il Belforti ? è : « Zibaldone
inedito ricchissimo di notizie... di dati biografici e storici i piü di-
versi...» ed é quella che meglio le si adatta perché lascia intrav-
vedere la eterogeneità, la quantità, l'importanza dei contenuti e la
sua caratteristica più notevole che è data dal numero dei documenti
originali (o copie autenticate) che vi sono allegati. Consultandola
si ricava l'impressione di un solido edificio appesantito dalle inevi-
tabili sovrastrutture barocche.

Ugualmente figlio dei suoi tempi fu l'autore, questo Sinibaldo
Tassi poco conosciuto dagli storiografi locali ? e meno ricordato da
quanti hanno attinto all'opera sua. Nato a Perugia nel 1627 abitó
nella parrocchia di S. Fiorenzo in Porta Sole e dal 1651 iscritto nella
matricola dei notai ?; dal 1653 fino alla morte (15 agosto 1702) ri-
copri un alto numero di cariche pubbliche e presumibilmente pro-
prio nella sua veste di cancelliere del Comune di Perugia, avendo
libero accesso all'archivio comunale, mise insieme quella preziosa rac-
colta di documenti che poi inseri nella sua opera maggiore 9. Una
vera fortuna per noi perché ritengo che questi documenti fossero
già allora avulsi dalle serie di cui avrebbero dovuto far parte e per-
108 MARIA PECUGI FOP

tanto piü facilmente soggetti al deterioramento causato dal tempo o
da una custodia poco accurata.

Profondo conoscitore della storia perugina, sincero amatore del-
la sua città e uomo di solida cultura, il Tassi non prelevó carte e per-
gamene perché attratto dalla loro vetustà ; nel suo testamento in-
fatti ? egli dichiara di aver raccolto tutto questo materiale per chiun-
que avesse voluto continuare l'opera del Pellini © con la speranza,
nemmeno tanto segreta, che il figlio Francesco ? se ne assumesse
l'onore e l'onere.

Il De claritate Perusinorum si compone di 22 volumi: 20 di
testo, 1 riassuntivo (indicato sul dorso come Protocollo), 1 di indici,
questi due ultimi probabilmente di mano del figlio. Da un esame
poco piü che superficiale dei volumi ho potuto constatare che le no-
tizie ivi contenute si riferiscono quasi esclusivamente alle famiglie
nobili di Perugia e quand'anche ebbe tra le mani fonti di primaria
importanza per la nostra storia l'autore ne trasse soprattutto le no-
te che avevano ad oggetto i nobili.

Il suo metodo di lavoro si trova enunciato nel primo volume
(ms. 1429, c. Ia) laddove dichiara che copie ed estratti sono stati
eseguiti « per me notarium infrascriptum tam ex libris, et annalibus
illustrissimi comunis Perusini, existentibus in cancellaria priorali, et
ex illis existentibus in Armario, seu Archivio librorum, et estimo-
rum dicti comunis, ex matriculis diversorum collegiorum, ex libris
instrumentorum notariorum in Archivio Apostolicae Sedis, quam ex
aliis publicis, et privatis libris, et scripturis existentibus poenes di-
versas particulares personas...». Ed in effetti i suoi volumi sono
composti dallo spoglio di una grandissima quantità di registri e rac-
colte documentarie (Riformanze, Offici, Sommissioni, diplomi, con-
tratti ecc.), come dallo spoglio di tutte le opere degli storici perugini
pubblicate fino allora ed in particolare dall' Historia del Pellini. Sa-
rebbe veramente interessante poter risalire ad ogni singola fonte di
cui si servì il Tassi perché non è escluso che alcuni documenti, da
lui trascritti o esaminati, siano ormai perduti.

I volumi si presentano esteriormente con una legatura uniforme
in cartone grigiastro ®, lacci di pelle, titoli e numero progressivo sul
dorso, a penna; i due ultimi volumi sono legati in pergamena. Per
il contenuto, oltre alla caratteristica comune di contenere ciascuno
di essi qualche documento originale, o lettere, o fogli a stampa, vi
sono alcuni volumi che perl'omogeneità di quanto conservano hanno
meritato un titolo particolare. Così il tomo v (ms. 1433) ha : Annales
SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL « DE CLARITATE PERUSINORUM » 109

illustrissimae civitatis Perusiae ab anno 1351 usque [1569] e contiene
transunti in latino tratti dalle Riformanze ®, nonché un grosso fa-
scicolo quattrocentesco che ritengo originale; il tomo vir (ms. 1435)
ha : Instrumenta diversa spectantia ad nobilitatem et claritatem Peru-
sinorum perché contiene atti privati dal '300 al '500; il tomo vru
(ms. 1436) reca sulla costa: Libra aestimi Perusini annorum. 1654-
1666; il tomo x (ms. 1438) si intitola Diversa monumenta vetusta e
contiene solo atti pubblici del secolo xiv (e qualcuno del xv) origi-
nali o in copia coeva, per un periodo della storia perugina privo delle
fonti ufficiali !9) ; i tomi x1-xx contengono le « provanze di nobiltà »
(di una nobiltà che doveva essere inconfutabile e di vecchia data)
che i maggiorenti perugini dovevano esibire per essere accolti negli
ordini cavallereschi Gerosolimitano, di Santo Stefano e dei Santi
Maurizio e Lazzaro. :

Lo studio particolareggiato di questi ultimi dieci volumi sareb-
be quanto mai stimolante per mettere in luce il ceto nobile perugi-
no del Sei-Settecento il quale sentendosi probabilmente sommergere
dal denaro, dal dinamismo e dalle. aspirazioni della borghesia, cer-
cava di tenersi a galla sopra un mare di sangue blu.

II. I CONTENUTI

Le brevi note che precedono erano state concepite come intro-
duzione al lavoro di trascrizione ed illustrazione del prezioso mate-
riale contenuto nel x volume (ms. 1438). Non era mia intenzione
prendere in esame la pur ricca raccolta di documenti sparsi un po'
dovunque negli altri volumi ; tuttavia in un secondo momento mi è
sembrato utile fornirne un semplice inventario-regesto che contiene
appunto lettere (di privati e di cancellerie), attestati di nobiltà, ora-
zioni funebri, testamenti (originali e copie), istromenti pubblici e pri-
vati, una cronaca cinquecentesca, operette e carte a stampa. So già
che molte cose sono rimaste tagliate fuori, come ad esempio i bel-
lissimi alberi genealogici e gli stemmi gentilizi acquerellati che rive-
lano nel Tassi anche il disegnatore raffinato, preciso eppure ricco di
fantasia; come è rimasta tagliata fuori la fitta corrispondenza con
magistrati e notabili perugini del Parasacchi, Lupi, Sergrisi, Passio-
nei e Malegonnelle, segretari dei citati ordini cavallereschi, che con
prosa tutta secentesca si destreggiano elegantemente tra le « provan-
ze di nobiltà». Ma come tutte le scelte, anche questa è soggettiva,

8
110 MARIA PECUGI FOP

incompleta e suscettibile pertanto di critiche e disapprovazione.

Nel compilare l'inventario che segue, che ha come unico scopo
una migliore informazione sull'opera maggiore del Tassi, ho prefe-
rito segnalare le singole unità cosi come si trovano nel De claritate
Perusinorum, volume per volume. Solo per le lettere di uno stesso
autore, collocate vicine nella numerazione delle carte, mi sono pre-
sa l'arbitrio di mutare l'ordine di successione in ordine cronologico.

MARIA PecucIi Fop

Ms. 1429.

1) Lettera di Napoleone Comitoli, vescovo di Perugia, a Diomede Giliani,
nella quale si duole per la morte del padre di questi, Bartolomeo. Con
sigillo.

Roma, 19 luglio 1619 (cc. 18, 22).

2) Lettera del card. Ladislao d’Aquino a Bartolomeo Giliani, al quale con-
cede che «sopra la sua arme possi fare un Leone de miei colori ». Fir-
ma autografa, sigillo.

Roma, 18 ottobre 1616 (cc. 19, 21).

3) Lettera di Giovanni Battista Castagna (il futuro Urbano VII), vescovo
di Rossano e governatore di Perugia, con la quale Melchiorre di Barto-
lomeo [Giliani] viene eletto castellano della rocca di Castiglione del
Lago. Firma autografa, sigillo.

In calce : « Die 16 martii 1560 idem Melchior dedit in fideiussorem ma-
gnificum virum Pompeum Pellinum de Perusia porte Sancti Angeli » ecc.
Perugia, 16 marzo 1560 (c. 20).

4) Lettera di Federico Bontempi a Sinibaldo Tassi.

Roma, 30 giugno 1660 (cc. 326-327 = 336-337 cartolazione recente).

Ms. 1430.

5) Vincenzo Ottoni. Orazione funebre in lode di Federico Bontempi. Con-
tiene anche notizie su altri membri della famiglia. In latino. Sec. xvi.
Quadernetto (mm. 210 x 145) di 8 carte (cc. 165-172).

Ms. 1431.

6) Testamento di Piergaleazzo Tassi rogato nel 1527 da ser Felice di mae-
stro Andrea di Perugia.
7)

8)

9)

10)

11)

12)

13)

14)

SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL «DE CLARITATE PERUSINORUM » 111

Copia autenticata da ser Bartolomeo di ser Rainaldo di ser Bartolomeo
e da ser Pietro di Matteo di maestro Antonio, ambedue di Perugia e con
Signum Tabellionis (— ST).

Data della copia : 17 febbraio 1533.

Quadernetto pergamenaceo (mm. 225 x 158) di 16 carte (segnato cc. 10-
22 per cartolazione errata).

Due lettere a mons. Odoardo Cibo, governatore di Perugia, affinché in-
vii nomi e notizie di governatori, legati, podestà, capitani di Perugia, per
una persona qualificata che se ne servirà per un lavoro storico; Firma
indecifrabile.

Roma, 20 luglio e 18 ottobre 1669 (cc. 72-73, 78-79).

Lettera di cortesia di Vincenzo Armanni a Sinibaldo Tassi.

Gubbio, 25 [dicembre ?] 1670 (cc. 74, 77).

Lettera di Vincenzo Armanni a Sinibaldo Tassi per comunicargli la
prossima edizione a stampa delle proprie lettere. Frammento del si-
gillo.

Gubbio, 22 settembre 1670 (cc. 75-76).

Nota dei fuochi ed anime esistenti in Perugia e suo contado, secondo
un censimento del 1582. Segue la nota del grano, « minuti et legumi »,
raccolti nel 1551, 1562, 1582, 1583, 1586-1589.

Sec. xvi (1589 ?) (cc. 93-94 così numerate nel testo, ma si tratta di una
unica carta di mm. 173 x 202 piegata a metà).

Orazione funebre anonima.

Compendio della vita et operatione e morte della B. M. di Mon.re Napo-
leone Comitoli vescovo della città di Perugia quale passò all'altra vita a
di 31 di agosto 1624 del età sua 76 giorno di sabbato a hore 19. Correzio-
ni ed aggiunte di altra mano.

Sec. xvii (cc. 366-382 = 365-381).

Ms. 1433.

Riformanze del Comune di Perugia. 5 aprile-30 giugno 1575.
Sottoscrizione del notaio Ottaviano Aureli (ST).

1575 (cc. 214-306).

Hoc est inventarium argentariae et aliarum rerum palatii M. (magnifico-
rum D. (dominorum) P. (priorum,) existentium sub cura et custodia eorum
dominorum notarii, alias mihi Octaviano Aurelio notario infrascripto ...
1575 (c..307).

Francesco Piermattei di Bettona. Cronaca bettonese e perugina. Inizia
con il racconto del ritrovamento del corpo di S. Crispolto nel 1569 ; se-
guono alcune profezie in latino ?), infine memoria di avvenimenti dei
secoli xir-xv. Dopo il preambolo, comincia : « Qua. de sotto in questo
libro se farà memoria d’alchune cose antiche e, moderne, cavate e, re-
112

15)

MARIA PECUGI FOP

gistrate da ser Francesco Piermattei da Bettona cittadino perugino de
porta San Pietro de alchuni libri antichi e, degni de fede... ».

Sec. xvi (1569 ?).

Quaderno cart. (mm. 290 x 210) con numerazione autonoma ed origi-

‘nale da 1 a xx (cc. 308-327).

Ms. 1434.

Inquisizione di Chello di Broccardo « de Ricciardis.» da Pistoia maggior
sindaco del Comune di Perugia, affiancato dal giudice Bindo di Fede
«de Pratolinis » di Prato, contro ser Biagio di ser Mannolo di Porta

- Eburnea, già notaio sopra l'armario ed il catasto, per aver fasificato

16)

17)

18)

19)

20)

21)

22)

alcuni documenti.

Sottoscrizione di ser Giaco (o Giato) di Tecco di Prato (ST).

1342.

Quaderno perg. (mm. 300 x 212), di 6 carte (cc. 1-6).

Estratto dalle Riformanze dell'ii dicembre 1442.

Supplica di Iacopo, Nicolò e Pietro, figli di Matteo di Vaiano, con la
quale chiedono di essere iscritti nella matricola dei funari di Perugia e
di poter esercitare tale arte.

Autenticazione di ser Matteo di ser Ricuccio di Perugia (ST). (cc.
7-8).

Capituli et conventioni intra la santità di Nostro Signore et la nostra co-
munità de Perusia insieme cum el signor Malatesta Balioni et in nome
di sua santità intravenente el rev. M.Jo. Baptista... In primo esso si-
gnore Mal testa [sic] promette lassare la predetta città de Perusia libera a
sua santità partendose da essa cum tucti li soldati pagati dali signori Fio-
rentini...

Copia. Sec. xvi (cc. 33-34).

Istromento di composizione tra Guidubaldo degli Ubaldi e Bartolomeo
«de Clavarinis » da Monterchi.

Copia autenticata da ser Barnaba di Franceschino di Perugia (ST).
1640, 22 giugno (cc. 42-47).

Lettera di Rodolfo Beroardi a Giulia Lambardi con la quale dà notizie
sulla famiglia Beroardi e le chiede di farsene dare anche dal Tassi.
Firenze, 3 marzo 1673 (cc. 147, 148). ;

Lettera di Rodolfo Beroardi a Giulia Lambardi, nella quale dà notizie
su Cantuccio Gabrielli di Gubbio.

Firenze, 17 marzo 1673 (cc. 142, 160).

Lettera di Rodolfo Beroardi a Giulia Lambardi con la quale chiede no-
tizie sulla presenza dei Beroardi a Perugia.

Firenze, 20 maggio 1673 (cc. 157, 159).

Lettera di cortesia di Rodolfo Beroardi a Giulia Lambardi.

Firenze, 16 dicembre 1673 (cc. 144-145).
SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL « DE CLARITATE PERUSINORUM » 113

23) Lettera di Rodolfo Beroardi a Giulia Lambardi con ulteriori notizie
sulla propria famiglia.

Firenze, 23 dicembre 1673 (cc. 143, 146).

24) Lettera di Giulia Lambardi [a Sinibaldo Tassi ?] con richiesta di noti-
zie sui Beroardi.

Senza luogo né data [1673 ?] (c. 158).

25) Breve di Giulio III ad Ascanio della Corgna «super custodia generali
status Ecclesie ».

1555, 25 gennaio. Copia coeva (cc. 181-182).

26) Istromenti privati degli anni 1505-1517. Di lettura molto disagevole :
vi si possono cogliere i nomi di Francesco di Oddo di Iacopo degli Od-
di, Piergentile di Francesco « de Oddonibus Novellis », Fiore Boncambi,
del giurista Lamberto Graziani.

Copie coeve autenticate dai notai: Giovanni di ser Iacopo di Parolo,
Severo di Renzo di ser Angelo, Pacifico di Vico di Andrea, ser Ranaldo
di ser Bartolomeo, tutti di Perugia ; ser Giovanni di Francesco di Pero
degli Abbati di Gubbio (ST).

Sec. xvi. Quadernetto perg. (mm. 238 x 174) di 14 carte (cc. 257-270).

27) Lettera di Ruggero Ranieri, senza indicazione del destinatario ; vi si ac-
cenna ad una lite tra il marchese Mario del Monte ed il conte Costanti-
no Ranieri.

Senza luogo (Di casa), 5 gennaio 1674 (c. 370).

28) Lettera di Filippo Ignazio Lauri a Sinibaldo Tassi. Allegato uno stem-
ma gentilizio acquerellato.
Spoleto, 20 marzo 1673 (c. 375).

29) Lettera di Vincenzo Armanni a Sinibaldo Tassi nella quale chiede, a
nome dei conti Ranieri, notizie su Agello. Con sigillo.
Gubbio, 26 gennaio 1674 (cc. 393, 396).

30) Lettera di Vincenzo Armanni a Sinibaldo Tassi per comunicargli di
aver inserito, nel i11 volume delle Lettere, anche una lettera dello stesso.
Con sigillo.

Gubbio, 23 novembre 1674 (cc. 394-395).

Ms. 1435 :».

31)* Atto notarile per la divisione dell'asse ereditario tra Giacomo e Gio-
vanni, figli ed eredi di Ugolino di Pellolo. Per rogito di ser Massarello
di Pellolo (ST).
Perugia, 24 agosto 1384 (cc. 1-3).
Fascicolo perg. (mm. 264 x 190) di 27 carte, che contiene atti riguar-
danti il patrimonio di Giovanni di Ugolino di Pellolo, come un piccolo
archivio di famiglia. Il fascicolo contiene anche i nn. 32-36.

32)* Compromesso tra Giacomo e Giovanni di Ugolino di Pellolo sulla divi-
114 MARIA PECUGI FOP

sione dell'asse ereditario. Per rogito di ser Massarello di Pellolo (ST).
Perugia, 24 agosto 1384 (cc. 4-5).

33)* Sentenza arbitrale emessa da ser Giovanni di Guido olim di Merca-
tello, ser Ugolino di Cecchino, ser Lodovico di Lello e ser Bartolomeo
di Pietro, sulla vertenza fra Giacomo e Giovanni di Ugolino di Pellolo
per la divisione del patrimonio (ST).

La c. 14 è costituita da una striscia di pergamena contenente l'atto di
procura rilasciato da Giovanni di Ugolino di Pellolo a Diotaiuti di Bin-
do. Per rogito di ser Mascio di Nuccio, in data 15 aprile 1384 (ST).
Perugia, 22 ottobre 1384 (cc. 6-17).

34)* Atto di compravendita di terreni fra l’ospedale di S. Maria della Mi-
sericordia, rappresentato dai suoi rettori e procuratori Lodovico di Gui-
darello Baglioni e Pucciolo di Cresciolo, che vende e Giovanni di Mar-
tino di Averolo che acquista.

Per rogito di ser Simone di Pietro (ST).
Perugia, 1 novembre 1384 (cc. 18-20).

35)* Atto di compravendita di terreni fra Giovanni di Martino di Averolo
venditore e Giovanni di Ugolino di Pellolo acquirente. Per rogito di
ser Simone di Pietro (ST).

Perugia, 10 aprile 1385 (cc. 21-23a).

36) Quietanza di Giacomo di Ugolino di Pellolo al fratello Giovanni. Per
rogito di ser Massarello di Pellolo (ST).
Perugia, 18 agosto 1385 (cc. 23b-26).

37) Testamento di Piergentile di Lorenzo « de Bellis », rogato il 9 novembre
1482. Oltre ai familiari, figurano tra i beneficiari : Biordo di Fioravan-
te degli Oddi, il pittore Bartolomeo Caporali, Simone di Alessandro
«moranti cum dicto testatore ».

Copia autenticata da ser Angelo di ser Domenico di Puccio (ST).
Perugia, 22 maggio 1483
Quadernetto perg. (mm. 240 x 170) di 8 carte.

38) Quietanza di Alessandro Battista di Vannolo di Angelino a Pierleone di
Biordo degli Oddi. Per rogito di ser Vittorino di ser Matteo di ser Pie-
tro (ST).

Perugia, 9 ottobre 1498 (cc. 36-37).
Quadernetto perg. (mm. 238 x 172) di 8 carte, che contiene anche il
n. seguente. i

39) Testamento di Biordo degli Oddi. Le ultime volontà sono state trascrit-
te dal notaio in volgare. Per rogito di ser Vittorino di ser Matteo di
ser Pietro (ST).

Perugia, 5 marzo 1499 (cc. 38-42).

40) Cessione di beni. Biordo di Fioravante degli Oddi immette il figlio
Pierleone nel possesso dei propri beni. Segue la cessione dei beni da
parte della nobile Leandra Baglioni, moglie di Simone degli Oddi, a
41)

42)

43)

44)

45)

46)

47)

SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL « DE CLARITATE PERUSINORUM ») 115

favore della figlia Filomena, moglie di Pierleone degli Oddi. Per rogito
di ser Tolomeo di ser Nicola (ST).

Perugia, 28 maggio 1496 (cc. 44-47).

Quadernetto perg. (mm. 230 x 168), di 4 carte. Contiene anche il n.
Camilla di Giovanni Paolo Crispigni dona alcuni beni immobili a Pier-
leone degli Oddi. Per rogito di ser Guido di Paolo (ST).

Perugia, 7 giugno 1480 (cc. 48-49).

Fiorenzo di Meneco di Francesco cede alcuni beni a Pierleone degli
Oddi.

Per rogito di ser Pietro di ser Lorenzo di Matteo di Perugia (ST).

Senza luogo, 23 novembre 1480 (cc. 50-53).

Quadernetto perg. (mm. 242 x 172) di 14 carte, che contiene anche i
nn. 43-45. :

Rinaldo di Bartolomeo di Filippo, detto del Berbeglia, della Fratta,
cede la metà dei propri beni a Pierleone degli Oddi.

Per rogito di ser Guido di Paolo di Perugia (ST).

Senza luogo, 27 gennaio 1481 (cc. 54-55).

Crispolto di Michelangelo di Giovanni detto Bellone, di Preggio, cede
alcuni beni immobili a Pierleone degli Oddi.

Per rogito di ser Tobia di ser Luca di ser Tobia di Perugia (ST).
Preggio, 26 febbraio 1481 (cc. 56-57).

La comunità di Preggio, riunita in assemblea (32 membri nominativa-
mente elencati), vende un appezzamento di terreno a Pierleone degli
Oddi.

Per rogito di ser Tobia di ser Luca di ser Tobia di Perugia (ST).
Preggio 29 agosto 1482.

Segue : copia, autenticata da ser Iacopo di Paolino di Perugia in data
24 luglio 1486, di un atto di compravendita tra Biordo degli Oddi e
suo figlio Piergentile, rogato il 23 ottobre 1483 da ser Guido di Paolo
di Perugia (ST), (cc. 58-61).

Copia del testamento di Giasone di Angelello di Perugia, rogato il 22
aprile 1475 da ser Cristoforo di Niccoló di Perugia, alla Fratta dei fi-
gli di Uberto. Inserito tra le cc. 63-64 un foglietto cartaceo contenente
i nomi dei figli di Dino della Fratta, dei parenti e consanguinei di Pie-
tro di maestro Pace, dei figli di Paolo di maestro Pace, benefiari del
testamento.

Autenticazione di ser Tolomeo di ser Nicoló di Perugia (ST).

Data della copia : 1494

Quadernetto perg. (mm. 232 x 168), di 4 carte.

Paola di Giasone di Angelello vende i propri beni a Biordo degli Oddi.
Atto rogato in Fratta da ser Guido di Paolo di Perugia il 6 ottobre 1477.
Copia autenticata da ser Tolomeo di ser Nicoló di Perugia nel 1494 (ST).
Quadernetto perg. (mm. 232 x 160) di 4 carte.
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116 MARIA PECUGI FOP

48)* Marguccia di Naldolo di Petruccio, vedova di Petruccio di Mattiolo di
Torgiano, viene nominata tutrice dei figli Nicoló, Tommaso, Mattiolo,
Rosa, Morbidella e Claruccia. Seguono :

— V'inventario dei beni e dei crediti dei figli ;

— la composizione tra detta Marguccia da una parte e tali Angelo di
Cola di Torgiano col figlio Giovanni (detto Nanne) dall'altra, per le
ingiurie, contumelie ed offese scambievolmente inferte 7

— altre composizioni tra i suddetti ed alcuni figli di Marguccia.
Tutti questi atti sono stati rogati da ser Cecco di Senso di Tinolo, in
casa di Ugolino di Pellolo (ST).

Perugia, 16 aprile 1364.

Quadernetto perg. (mm. 275 x 198) di 6 carte.

49) Compromesso tra Vannuccio di Ercolano di Pietro e ser Biagio di Van-
nuccio di Bonello, procuratore di Angeluccia di Filippuccio moglie del
maestro Angelo di ser Romano di Chiusi, per la spartizione dei beni del
fu Mattiolo di Paoluccio di Perugia.

Per rogito di ser Ranaldo di Pero (ST). Segue :

nd di Ugolino di Pellolo. Sottoscrizione di ser Ranaldo di Pero (ST)
; 22 agosto 1365 (cc. 76-81).

ECC perg. (mm. 250 x 177) di 6 carte.

90)* Peruzzolo di Guidolo di Cacianello viene nominato tutore del proprio
consanguineo Enrico di Iacopo di Nino di Bonaventura. Segue l'inven-
tario dei beni del suddetto Enrico.

Per rogito di ser Costanzo di Pietro di Papiano (ST).
Perugia, 3 dicembre 1349 (cc. 82-84).
Quadernetto perg. (mm. 257 x 188) di 6 carte. Contiene anche :

51) Gilio e Francesco di Iacopo di Nino chiedono che Peruzzolo di Guidolo
[di Cacianello] venga nominato loro tutore.

Per rogito di ser Nicolò di Giovannello di Perugia (ST).
S.l., 12 dicembre 1349 (cc. 85-86).

52) Atti di donazione da parte di Agnese di Lello di Masseo, già vedova di
Nicolò di Ceccolo di Cambio, a favore dell’attuale marito Tribaldino
di Manfredino di Masseo. Il primo atto è del 22 giugno 1350, il secondo
del 15 maggio 1352, ambedue rogati da ser Francesco di ser Egidio.
Copie autenticate da ser Giovanni di ser Martino e collazionate con l'ori-

ginale alla presenza del giurisperito Bonello ; tratte dai rogiti di ser
Francesco di ser Egidio (ST).

Perugia, 1361 (cc. 88-93).
Quadernetto perg. (mm. 249 x 173) di 6 carte
53)* Lodo pronunciato da Enrico di Suppolino, Vinciolo di Angelello e Te-
baldo di Bandino arbitri nella vertenza tra : Berardo e Iacopo figli ed
eredi di Giovanni di Senso e la loro madre Idonea di Ciuzio da una par-
54)

95)

56

n

57)

58)

SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL « DE CLARITATE PERUSINORUM » 117

te; Angelino di Ceccarello, Speranza di Baligano: suo curatore e Ange-
lello di Benedetto dall'altra, per la divisione di alcuni beni.

Per rogito di ser Francesco di ser Egidio. Seguono :

— il compromesso fra le parti, di data 23 agosto 1346, rogato da ser
Francesco di ser Egidio ;

— la dichiarazione della conformità della copia all'originale..
Autenticazione di ser Ranuccio di Giorgio (ST).

Perugia, sec. xiv (cc. 94-98).

Quadernetto perg. (mm. 280 x 200), di 6 carte. ^
Composizioni di Paoluccia di Franceschino, moglie ed. erede di Lello
di Omiciolo usuraio :

— con Angelo di Fumagiolo e Riguccio di Pellolo di Fumagiolo ;

— con Dinolo di maestro Bernardo di Allegro ;

— con Iacopo di Bernardo di Simonello. Per rogito di ser. Giowsnai
Mancia.

Estratti autenticati da ser Biagio di Bernardolo di Perugia (ST).

S.l., 14-16 maggio 1346 (cc. 100-101).

Elenco degli « homines et persone » allibrati per Porta Sole, parrocchia
di S. Severo, che hanno pagato una colletta imposta dal Comune.
Estratto autenticato da ser Massarello di Pellolo, notaio del collettore
Antonio di Angeluccio (ST).

[Perugia], luglio 1349 (cc. 102-115).

Quaderno cartaceo (mm. 278 x 184) di 14 carte.

« Fassi fede per me Antonio Saccucci huomo eletto dal molto Ill.mo et
R.mo Signor Gio. Battista della Corgna arciprete-della chiesa catredale
della città di Perugia, giudice delegato dalla Sagra Rota Romana a
revedere li conti del magnifico archivio di detta città, di aver benissi-
mo et con diligentia visto summato et calculato il numero de gli Istro-
menti rogati dalli notari di detta città et contado descritti et anotati
nel Suede di detta città delli sottoscritti anni, e prima del anno
1578.

Perugia; E agosto 1591 (cc. 116-117).

Lettera dei Priori di Perugia a Cola di Marco, castellano del cassero di
Città della Pieve, perché dia le consegne al suo successore Paolino di
Venturella. |
Perugia, 31 ottobre [Senza anno : indizione vir, 1340 o 1355 o 1370].
(c. 120). :

Lettera del legato Landolfo Maramaldo ai magistrati perugini perché
annullino la sentenza di condanna (a una pena pecuniaria) emessa con-
tro Pietro di maestro Nuccio di Perugia che aveva provocato. dei danni
ad una strada della città. Con resti di sigillo di cera.

Perugia, 13 agosto 1405 (c. 121).

59)* Gli ufficiali dell’armario del Comune di Perugia, i due frati della peni-
118

MARIA PECUGI FOP

tenza Ranaldo di Borgognone e Ceccolo di Bartuccio, vengono richiesti
di stabilire a chi appartengano alcune case, sulla proprietà delle quali
è sorta controversia tra Vannuccio di Iacopo, procuratore di Giovanni
di Nuccio di Bartolo, e Oddolo e Andruccio di Ranalduccio, tutti di
Perugia.

Per rogito di ser Pellolo di Pietro (ST).

[Perugia], 24 novembre 1346 (cc. 122-123).

60)* Testamento di Bertoldo di Bernardo di Ceccolo, rogato da ser Matteo

di Andruccio il 10 agosto 1374.
Copia semplice, sottoscritta da ser Iacopo di ser Angelo, ma senza ST.
Perugia, sec. xIv (c. 124).

61)* La nobile Ciondarella (o Grondarella) di Ranucolo di Ciuzio, già mo-

glie di Giovanni di Pellolo, dona alcuni beni ad Andriola di Pellino
badessa del monastero di S. Bevignate. Per rogito di ser Pietro di Ia-
copuccio.

Copia autenticata da ser Giovanni di Puccio di Giorgiolo (ST).
Perugia, 26 marzo 1388 (c. 125).

62)* Il capitolo delle monache del monastero di S. Girolamo «alias nun-

63)

64)

65)

cupatum Sancti Bevengnatis », presieduto dalla badessa Andriola di
Pellino, conferma procuratori del monastero Ceccarello di Benvenuto,
Nicolò di Vanne, ser Francesco di ser Giovanni, Allegruccio di Rai-
naldo i quali, tra l’altro, si impegnano di far togliere il monastero
stesso «de libro libre ».

Per rogito di ser Giovanni di Puccio di Giorgiolo (ST).

Perugia, 19 giugno 1388 (c. 126).

Ricognizione ed inventario dei beni immobili appartenenti a Geremia
di Lippolo di Toldolo ed alla moglie Dilianda di Iacopo di Lippolo.
Copia semplice.

Perugia, 27 giugno 1389 (cc. 127-128).

Controversia tra Eusebino detto Fricca ed Eusebino detto Tesorone.
Sottoscrizione di ser Cristoforo di Andrea di Perugia (ST).

S.l., 19 marzo 1523 (c. 129).

Girolamo di Andrea di Gaspare acquista alcune terre da Piergiacomo
di Baldassarre degli Armanni procuratore di Violante degli Oddi, Gen-
tilina di Leone degli Oddi moglie di Carlo di Costantino Ranieri, Eu-
relia e Lucrezia di Sforza degli Oddi. Per rogito di ser Severo di ser
Renzo di ser Angelo. Copia semplice coeva. Data del rogito : Perugia,
27 aprile 1509 (cc. 131-136).

66)* Fredo «alias Fredutius » di Nello Baglioni, Berarduccio di ser Paolo

di Berarduccio, Ercolano di Alberguccio, chiamati a comparire davanti
ai magistrati del Comune di Perugia per rispondere dell’accusa di omi-
cidio nella persona di Iacopo di ser Ermanno di Perugia, eleggono loro
procuratore e rappresentante Arrigo di Ghino.
SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL « DE CLARITATE PERUSINORUM » 119

Per rogito di ser Martino di Giovanni di Piccio di Perugia (ST).
S.l., 27 maggio 1391 (c. 137).

67)* Francesco di Oddone da Montone, dopo aver fatto testamento (in

68)

69)

70)

71)

72)

73)

74)

75)

data 18 novembre 1350) a favore di Vanne di Raniero da Montone e
della moglie Monalduccia, notifica loro l'annullamento di detto testa-
mento per la nascita del proprio figlio Francesco Nofrio. Per questo
motivo pertanto i fideiussori ricusano la fidecommissaria. Per rogito di
ser Francesco di Egidio di Perugia. Copia semplice coeva.

Perugia, 14 aprile 1356 (cc. 139-140).

Decreto di Braccio da Montone riguardante l’ordine pubblico. Copia
semplice.

Perugia, 25 luglio 1416 (c. 141).

I Priori del Comune di Perugia nominano Mario di Benedetto di Mo-
naldo capitano del castello di Sigillo e del circondario. Sottoscritto :
« Ventura [Vitiani] cancellarius ». Con sigillo.

Perugia, 23 [gennaio ?] 1520 (c. 144).

Appunti del notaio ser Cola di Michele circa due atti di compravendita.
Perugia, 11 e 27 novembre 1394 (c. 148).

Possessio arcis Perusine consignata et restituta ab ill.mo domino Fulvio
Maschalcho ill.mo domino Stolfo Guidorocchio Asculano.

Perugia, 10 giugno 1585 (c. 149).

Francesco Simonetta, vescovo di Perugia, ordina alle monache dei sotto
elencati monasteri, di non uscire dagli stessi senza licenza del governa-
tore, pena la scomunica ed il carcere. I monasteri colpiti sono quelli
di : S. Giuliana, S. Margherita, S. Tommaso, S. Francesco delle Donne,
S. Lucia, delle Povere, delle Vergini, della B. Colomba, S. Caterina, S.
Maria Maddalena, dello Sperandio, della Colombata. In volgare e con
resti di sigillo di cera.

Perugia, 23 giugno 1545 (c. 152).

Breve biglietto di Iacopo Feo, vescovo di Ventimiglia e governatore di
Perugia, al giudice penale perché non continui il processo contro Sil-
vestro di Baldo degli Ubaldi. Con sigillo.

Perugia, 2 marzo 1464 (c. 159).

Ser Mariano di ser Luca cita in giudizio davanti al camerlendo dell'arte
dei tavernieri, tali Antonio, Ercolano, Bastiano, Filippo e Cecco di Mar-
co di Simone alias Marcaccio di Montelabbate, perché debitori di una
certa somma.

Sottoscrizione di ser Livio di Tolomeo di Perugia (ST).

S.l., 21 dicembre 1509 (c. 162).

Cornelio Randolo «de Randolis » di Perugia, « minister et dominus sa-
larie Perusine », dà facoltà a Quirione Montesperelli, « capitaneus agri »,
di arrestare e multare chiunque sia sorpreso a vendere sale in città o
nel contado, come pure «extra agrum Perusinum ».
120 MARIA PECUGI FOP

Sottoscrizione del notaio della salaria ser Mariotto di Giovanni Calcina.
Con tracce di sigillo.
Perugia, 14 luglio 1514 (c. 164).

Ms. 1439.

76) Conventioni fatte tra gentilhuomini e popolari di Perugia, del I° dicembre
1394. In volgare.

Copia del secolo xvi: (cc. 74-77).

. 77) Successione genealogica dal comune capostipite Bartolo da Sassoferrato
di Diamante Alfani e Caterina Girolama Montesperelli ; il documento
aveva lo scopo di provare la mancanza di impedimenti al loro matri-
monio essendo parenti di quarto grado.

Perugia, Sec. xv (cc. 123-124).

78) Il cancelliere del Comune di Gubbio [Agostino Forti ?] attesta che la
famiglia Ondedei appartiene alla nobiltà eugubina. Con sigillo.
Gubbio, 13 luglio 1573 (c. 204).

79) Raffaello Carbonana gonfaloniere di Gubbio fa fede che la carica da
lui ricoperta viene in Gubbio concessa solo a persone appartenenti alla
nobiltà. Con sigillo.

Gubbio, 27 agosto 1687 (cc. 206-207).

80) Lettere di Filippo Birelli de’ Ciuccioli al Padre Carlo Paci della Congre-
gazione dell’Oratorio di Perugia, con la quale gli comunica i risultati
delle ricerche da lui effettuate sulla famiglia eugubina Ondedei.
Gubbio, 4 e 7 maggio 1683 (cc. 232-235).

Ms. 1440.

81) Privilegio di Federico Barbarossa che concedeva a molti cittadini di

Spoleto il diritto di essere iscritti tra i nobili.
Copia autenticata dal notaio Carlo Oliva di Spoleto tratta «ex libro
manuscripto Severi Minervi Spoletini de rebus gestis Spoletinorum ».
Conferma del cancelliere Carlo Coccioli. Sigillo del comune di Spoleto.
Spoleto, 26-27 aprile 1670 (cc. 176-177 = 187-188 cartol. recente).

82) Lettera firmata Merula e senza nome del destinatario, con la quale si
chiede di avvertire i priori, massari, sindaci ed in loro mancanza gli
«huomini di cotesta sua cura », di ritirare il Libro del nuovo riparto del
macinato.

Perugia, 1524 (c. volante inserita tra le cc. 191-192 = 202-203).

83) I Priori di Terni Nicolò Simonetta, Reale Trigaudi e Stefano Rossi cer-

tificano che in detta città «erat vera et realis distinctio inter nobiles et
populares ». Con sigillo della città.

Terni, 4 novembre 1670 (c. 386 — 397).
84) Adriano Cappelletti gonfaloniere della città di Rieti attesta che Fran-

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SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL « DE CLARITATE PERUSINORUM » 121

cesco Crispolti discende dalle due nobili famiglie reatine Crispolti e Poia-
ni. Con sigillo della città.

Rieti, 4 novembre 1669 (c. 388-399).

Notizie sulla famiglia Poiani (il testo ha Podiani) estratte dalle rifor-
manze di questo Comune del 1541-1548. Sottoscrizione del cancelliere
Francesco de Sanctis e conferma del gonfaloniere Pompeo Selli. Con
sigillo della città.

Rieti, 2 marzo 1670 (cc. 401-402 = 412-413).

«[Frej Adriáo dompnor » certifica, con «frej Vicente », che l'italiano Do-
menico Caccia é stato insignito dell'Ordine di Malta. Firme autografe
e ‘sigillo dell’ordine. In portoghese.

S.l., 1596 (c. 419 = 430).

Domenico Caccia supplica il re di Portogallo di accogliere la sua do-
manda di accettazione nell'Ordine di Malta. Nel verso: accoglimento
sottoscritto da Gonzallo Mendes de Vasconcellos. Seguono altre sotto-
scrizioni in parte mutile e perció illeggibili.

Con sigillo di Filippo II. In portoghese.

Roma, 12 luglio 1595 (c. 420 — 431).

I Conservatori Francesco Gigli « de Vetera », Carlo Eustachi e. Flaminio
Pichi attestano che la famiglia Caccia appartiene alla antica nobiltà ro-
mana. Con sigillo della città.

Roma, 24 maggio 1670 (cc. 421-424 — 432-435).

Confirmatione della gabella di Tancia. Editto del cardinal Enrico Cae-
tani sul pagamento del pedaggio per quanti passano per « Castrum Podii
summae villae Sabinensis diocesis ».

Roma, 5 giugno 1599 (cc. 431-432 = 442-443, pergamenaceo).

Ms. 1441.

Attestato di nobiltà a favore del perugino Costantino degli Arcipreti
rilasciato dal cancelliere e dai Priori del Comune di Sassoferrato. Stemma
a pastello rosso, sigillo della città.

Sassoferrato, 27 settembre 1654 (c. 113).

Ms. 1442.

Lettera patente di Ferdinando II granduca di Toscana con la quale il
nobile perugino Girolano Graziani viene nominato sergente maggiore del
Terzo di Val d'Elsa e governatore della Banda d'Empoli. Firma auto-
grafa e sigillo dei Medici.

Firenze, 8 settembre 1654 (c. 121).

Capitoli de l'affide, e d'alcune altre cose di Pomonte. Disposizioni per il
governo di detta località sottoscritte da Nicoló e Lodovico Crispolti.
Con sigillo. :
122 MARIA PECUGI FOP

Pomonte, 1595 (cc. 230-239).
Quadernetto cart. (mm. di 10 carte).

Ms. 1443.

93) Cesare Ranieri signore di Schifanoia elegge ser Gregorio di Gregorio di
Perugia giudice e luogotenente di Schifanoia. Firma autografa.
Schifanoia, 1 luglio 1570 (c. 226).

94) Breve lettera di Bernardino Ranieri al commissario di Schifanoia perché
arresti ed imprigioni tale Pavollaccio da Trinità.

Gualdo, 12 settembre 1570 (cc. 231-232). i

95) Il cardinal Tiberio Crispo governatore di Perugia attesta che Raniero
di Ruggero Ranieri è proprietario di beni terrieri in località Civitella
dei Conti, dei quali beni lo stesso può disporre liberamente. Con sigillo.
Perugia, 5 ottobre 1545 (c. volante tra le cc. 242-243).

Ms. 1444.

96) Testamento del capitano Marino di Leandro di Giacomo de Rossi di
Perugia. Per rogito di ser Sebastiano di Eusebio di Sebastiano (ST).
Perugia, 23 aprile 1561 (cc. 126-128 bis, pergamenaceo).

97) Contratto di compravendita di immobili tra Carlo di Marcantonio Leo-
ni e Ventura di Francesco di ser Ventura, ambedue di Perugia.

Per rogito di ser Simonetto di Eusebio di Silvestro (ST).
Perugia, 30 agosto 1564 (cc. 160-162, pergamenaceo).
98) Testamento di Marcantonio di Leone di Antonio [Leoni] di Perugia.
Per rogito di ser Africano di Montanaro (ST).
Perugia, 24 gennaio 1547 (cc. 167-170, pergamenaceo).
99) Testamento di Angelo di Tello di Matteo [Leoni].
Per rogito di ser Jacopo di Paolo di Nino (ST).
In calce la Salve Regina per esteso.
Perugia, 20 dicembre 1442 (cc. 170-174 bis, pergamenaceo).

100) De officio et vacatione vicariorum comitatus et de iurisdictione vicariatus

plenarie observanda. Rubr. 104. Contiene anche i nomi di tutte le ville
e castelli del contado di Perugia.

S.1., 27 ottobre 1545 (cc. 267-276).

Quadernetto (mm. di 10 carte, con numerazione originale 35-44.

101) Estratti dalle Riformanze del Comune di Chiusi del sec. xim:

Triin "UE AMT REED I Eas. ALL

— «Instrumenta quedam antiquissima Clusii Perusini» (1277) ;

— « Venditio certe partis Parani (sec.» xim);

— « Abbatie S. Christophori Clusii episcopi Perusini in Fracta Vechia»
(1283) ;

— altri estratti dalle riformanze del 1277, 1282, 1291, 1292, 1361.
102)

103)

104)

105)

106)

107)

108)

109)

SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL « DE. CLARITATE PERUSINORUM » 123

Autenticazione di ser Felice di Antonio di Perugia (ST).

S.1., 1508-1509 (cc. 277-301).

Contratto di deposito della somma di 215 ducati d'oro. Depositario Ra-
niero Ranieri perugino, depositanti Giovanni Battista e Silvio Piccolo-
mini e Marcantonio Innocenti.

Per rogito di ser Iacopo di Aporello (o Apocello) (ST).

Roma, 20 giugno 1519 (c. 301 bis, pergamenaceo).

Ms. 1445.

Commissionali per le prove di nobiltà, vita, e costumi del marchese Nicolò
della Penna pretendente l’habito e la Croce... dell'Ordine dei SS. Mau-
rizio e Lazzaro.

Firma autografa di Vittorio Amedeo di Savoia e sigillo.

Torino, 21 maggio 1684 (c. 7).

Il legato pontificio Alessandro Farnese nomina Lodovico Corradi, ar-
cidiacono della cattedrale di Perugia, protonotario apostolico.
Sottoscrizione autografa.

Roma, 20 giugno 1575 (c. 133, pergamenaceo).

Ms. 1446.

Breve ristretto delle prerogative delle quattro famiglie Bagliona, Corgna,
Gratiana, e Crispolta in occasione dell’habito che prese della sacra religio-
ne Gierosolimitana l'ill.mo signore Francesco Alessandro figlio del signore
Ferrante Baglioni di Perugia.

Con firma autografa di Girolamo Bigazzini.

Sec. XVII (cc. 66-79).

Testamento di Angelo di Bernardino detto « de la Gogha » di Perugia.
Per rogito di ser Filippo di Matteo di Rodolfo (ST).

Perugia, 4 gennaio 1553 (cc. 374-375).

Estratto dal contratto di matrimonio e costituzione di dote tra la gen-
tildonna perugina Angela di Giulio di Felice Alessandri e Angelo di Ber-
nardino della Goga.

Per rogito di ser Filippo di Matteo di Rodolfo (ST).

Perugia, 25 gennaio 1522 (cc. 376-379).

Lettera di Filippo Condulmer arcivescovo di Nazareth a Sinibaldo Tassi
con notizie sulla famiglia d’Alessandro di Napoli. Sigillo.

S.l., 8 gennaio 1680 (cc. 526-527).

Ms. 1447.

Nove lettere di Diamante Alfani a Sinibaldo Tassi nelle quali, oltre a
124

110).

111)

112)

113)

114)

115)

116)

ONDE RUE "WCTOME Dian MANT EUM I i E IAA DE EIS idiom. :

MARIA PECUGI FOP

notizie sull'ordine di Malta, offre squarci di vita romana e di avveni-
menti internazionali dell'epoca.

Roma, 1690 (cc. 139-156).

I figli ed eredi di Ugolino e Tarquinio, nonché Gilberto di Filippo Peri-
nelli di Perugia vengono autorizzati ad agire legalmente contro i pro-
pri debitori. Sottoscrizione del cardinal legato di Perugia Leonardo
Grossi della Rovere. Con sigillo.

Perugia, 5 novembre 1507 (cc. 234, 239).

Breve di Alessandro VI al governatore di Perugia [Giovanni Castelar]
che accompagna alcune suppliche rivolte allo stesso pontefice.

Roma, 1 dicembre 1495 (cc. 235-236, pergamenaceo).

Supplica indirizzata al papa da Gilberto Perinelli perché gli vengano
concesse in enfiteusi 100 corbe di terra in località «el Chiugi ». In calce
le annotazioni manoscritte : « Fiat ut petitur ad arbitrium gubernatoris
et tesaurarii »; di mano diversa, « Fuit ut supra » e « Datum Perusii
tertiodecimo kalendas iulii anno tertio » [19 giugno 1474] (c. 237).
Copia coeva di un breve di Sisto IV circa la supplica di Gilberto Peri-
nelli.

Roma, 15 ottobre 1472 (c. 238).

Giovanni «de Mazancollis » di Terni, uditore generale della S. Rota,
notifica a tutti i religiosi la sentenza di assoluzione dalla scomunica in
favore di Nicoló di Giovannello Bontempi di Perugia.

Roma, 8 gennaio 1455 (c. 251, pergamenaceo).

Supplica di Vittoria Podiani alla S. Congregazione del Buon Governo
per rientrare in possesso della biblioteca paterna. Allegato il sommario
della controversia Podiani.

Perugia, 1620 (cc. 310-313).

Ms. 1449.

Al ill.mo e rev.mo signore Mons. Vidman auditor della Camera ristretto
di discolpa per il capitan Montino Nini Perugino accusato di tradimen-
to in favore del duca Fulvio della Corgna. Sottoscritto da Giovan Bat-
tista Nini.

Roma, 15 marzo 1644 (cc. 135-147).
SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL «DE CLARITATE PERUSINORUM » 125

III. GLI STAMPATI

Oltre ai documenti descritti, l'opera del Tassi contiene anche i

seguenti stampati (carte volanti, opuscoli e frammenti) alcuni dei
quali sconosciuti agli studiosi di storia della stampa perugina e non
contenuti nei repertori 19). i

117)

118)

119)

Ms. 1431

Decretum Collegij Notarior. a Vicelegato confirmatum quod nullus non
matriculatus | in dicto collegio audeat Notarie artem in Ciuitate agro
Perusino exercere. /

[Contiene anche una costituzione pontificia e la conferma delle disposi-
zioni in materia, di Girolamo Mannelli].

Senza note tip. [1561].

Fol. (mm. 386 x 264), c. 1.

Car. gotico, iniziale silografata ; foglio volante piegato a metà e carto-
lato coi numeri 92-93.

(Esposto alla Mostra del notariato di Perugia, del 1967 e pertanto in-
serito nel catalogo. I! notariato a Perugia, op. cit., p. 91 n. 63).

Le tre Stelle d'oro. Discorso d'OrrAvio LANcELLOTTI Perugino Dottor
Teologo, e Filosofo, Retore Giubilato nello Studio della Patria, e Sa-
cerdote della Congregatione dell'Oratorio in Perugia, nell'Illustriss. Col-
legio della Mercantia Per l'Ingresso Dell'Illustrissimo Signor Raniere
Sensi. 21 di Decembre 1662. All'Eminentissimo Prencipe il Sig. Cardi-
nale Vecchiarelli.

[In fine:] In Perugia, Nella Stampa Camerale, per gl'Heredi di Se-
bastiano / Zecchini mpcLui [sic]. CON LICENZA DE’ SVPERIORI.
4° (mm. 262 x 190), pp. 29, [1] (nel Ms. cc. 399-413).

Iniziali silogr., copertina di cartoncino rosso.

(VerMIGLIOLI, Biografia, parte 11, p. 50, ha : Le tre stelle d’oro... .).
Iulium Sidus extinctum seu Illustrissimus, & Reverensissimus Praesul
Iulius de Oddis Perusinus, utriusque Signaturae Referendarius laudatus
in funere ab HANNIBALE ApAmo Firmano e Societate Iesu. Altero ob
obitu die Pridie Kalend. Ianuard. Anno Domini 1660. Illustrissimo &
Reverendissimo Domino Pompeio Varesio Romano Perusiae, & Um-
briae Moderatori faelicissimo Comes Goffredus Verlatus Vicentinus Di-
cabat Obsequentissimus.

[Stemma cardinalizio].

PERVSIAE, Apud Sebastianum Zecchinum, ex Typographia Came-
rali M.D.c.Lxr. Superiorum permissu.

4* (mm. 266 x 192), pp. 21 (nel Ms. cc. 415-426).
MARIA PECUGI FOP

Fregio e iniziali silogr. ; smarginato nella parte superiore.
(BRIZI, I, c. 305; SOMMERVOGEL, I, col. 47-48).

Ms. 1434

120) [Stemma pontificio silogr.]

121)

122)

Reuerendissimo Cardinal Camerlengo. Hauendoci il Colonnello Gio:
Battista della Staffa nobile della nostra Città di Perugia / rappresen-
tato di possedere vna Tenuta giurisditionale .. .

[Favorevole accoglimento dell’istanza con la quale il colonnello della
Staffa chiede alla Sede apostolica che a lui ed ai suoi eredi venga con-
cesso il titolo di conti di Pacciano Vecchio. 1672.

Alla c. seguente :]

Copia della Bolla di Eugenio Papa Quarto. EVVGENIVS Episcopus
Seruus Seruorü Dei dilecto Filio Nobili Viro Tancredo de Ranerijs
Domicello Perusino saluté...

[Il pontefice concede a Tancredi Ranieri il possesso del castello di Pac-
ciano Vecchio. 1434]

S.n.t. 1672

4* (mm. 290 x 193), cc. 2 non num. (nel Ms. cc. 306-307).
Ampiamente smarginato.

A.M. — D.G.

Illustrissimo, ac Generosissimo Domino, Domino Hyacinto Carolo, Li-
bero Baroni de Villani, Nobili Perusino, Domino in Liboch, Zucka-
radel, et Kostelec, Sac: Caes:, necnon Regiaeque Mai: Catholicae Co-
lonello, et Consiliario belli, Domino, ac Moecenati meo semper colen-
dissimo. ... Fr. BERNARDINvs CorsETTvs de Civitate Grosseti, sub
statu Senarum, Ord: Min: Conv: S. Francisci, Sacri Collegij Ferdi-
nandaei Baccalaureus Collegialis. Theses Theologicae de visione beatifica
ad mentem subtilissimi Doc: Scoti Theol. Principis.

Pragae, In Officina Typographica Vrbani Goliasch, s.d. [sec. xvII]
Fol. (mm. 725 x 475), c. 1 (nel Ms. c. 314).

Ricchissima decorazione : ai lati e nel margine inf. fregi a fiori, frutti,
mascheroni, il tutto silogr.; nel margine sup. grande incisione (mm.
330) allegorica raffigurante probabilmente le glorie degli Asburgo.
Essendo ne gl’andati secoli trauagliata l’Italia dalle fattioni Guelfa, e
Ghibellina, nella Città di Perugia... preualse la Guelfa...

[Esposto anonimo, ma a nome della città, con cui si fanno presenti alla
Congregazione del Buon Governo gli abusi gravissimi perpetrati dai
nobili iscritti alle arti del Cambio e della Mercanzia. Si può datare dopo
il 1616, facendosi in detto esposto riferimento ad Antonio Diaz, gover-
natore di Perugia appunto in tale data].

S.n.t. [sec. xvII]

4° (mm. 270 x 195), cc. 2 non num. (nel Ms. cc. 389-390).
SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL « DE CLARITATE PERUSINORUM » 127

Ms. 1437

123) Editto. [Chiavi decussate. Stemma pontificio. Stemma cardinalizio].
NERIO ConsiNI Arcivescovo di Damiata della Santità di Nostro Signore,
e sua Reverenda Camera Apostolica Tesoriero Generale. Benché con
altri nostri Editti publicati... sopra l'impositione delli sussidij, ò Ga-
belle sopra le Carte, e Cere imposte da Nostro Signore ... [Conferma
delle gabelle].
In Roma, & in Perugia, Nella Stampa Camerale. MpcLxIv. /
Fol. (mm. 450 x 316), c. 1 (nel Ms. cc. 181 e 189).
Iniziale e stemma silogr.

Ms. 1440

124) Decisio S. Rotae Romanae Coram R.P.D. Roias in causa Interamnen.
Habitus. Mercurij 20 Februarij 1641. [Favorevole accoglimento del-
l'istanza di Nicoló « de Simonettis » di Terni, affinché sia riconosciuta la
nobiltà del suo casato, presupposto indispensabile per venire accolto
nell'ordine Gerosolimitano].

[Stemma pontificio silogr.].

Romae, Ex Typographia Reuer. Cam. Apost. 1641 Superiorum per-
missu.

4* (mm. 260 x 195), cc. 2 non num. (nel Ms. cc. 396-399).

Cornice a motivi stilizzati ed iniziale silogr.

125) Instrumenctum transactionis inter Cam. Apost. & DD. de Podianis su-
per pretensa deuolulione Terrae Pedisluci ob Canonem pretensum non
solutum.

[Transazione tra la famiglia Poiani de Ferratini e la Camera apostolica
circa il possesso della terra di Piediluco].

In Terni, Appresso Tomasso Guerrieri 1626 Con licenza de’ Superiori. 4°
(mm. 267 x 195), cc. 2 non num. (nel Ms. cc. 397-398).

Iniziale silogr.

126) Interamnen. success.nis Terrae Pedis Luci. Summarium Iurium. Inue-
stitura dictae Terrae.

[Riguarda la controversia tra la Camera Apostolica e la famiglia Poiani
circa il possesso della terra di Piediluco, non avendo la suddetta fami-
glia pagato il dovuto canone dal 1578 in poi].

S.n.t. [sec. xvir]

4° (mm. 270 x 182), cc. 4 non num. (nel Ms. cc. 427-430).

Iniziali incise ; solo in duerno A.; smarginato.

Ms. 1441

127) Per sanare alcuni mancamenti, che communemente si rappresentano ne
i Processi delle prouanze, che si fabbricano per parte de' pretendenti
l'Abito dell'Ordine di San Stefano... instruzione/...
I

pod

128

128)

129)

MARIA PECUGI FOP

[Pro-memoria di tutto quanto deve essere dimostrato e dichiarato da-
gli aspiranti al titolo di cavaliere di S. Stefano].

S.n.t. [sec. xvii]

4° (mm. 255 x 180), c. 1 (nel Ms. c. 222).

La P iniziale è silogr. ; sottoscrizione autografa di Jacopo Antonio Lu-
pi ; smarginato.

Ms. 1442

Illustrissimo Domino D. Pyrrho de Gratianis Patritio Romano, Peru-
sino, Ac Mutinensi Nobili Sacri Romani Imperij... De Inauguratione
Illustrissimi Domini D. Caroli Gratiani ex Rosciani Dominis Patritii
Perusini Ad Sac. Crucem Melitensem Ord. S. Ioannis Hierosol. Epi-
gramma. [Di Lopovico ZUCCARELLI].

Perusiae, Apud Costantinum. Sup. perm. / MDCLXXXHI. /

Fol. (mm. 360 x 27 ), c. 1 (nel Ms. c. 6).

Bella cornice a motivi architettonici, figure e maschere di grande ele-
ganza ; ricorda le incisioni di Nicoló Montemelini.

Sul margine sup., al centro, stemma gentilizio.

Illustrissimo Domino D. Io. Dominico de Crispoltis Nob. Perusino. De
Illustrissimo Fabricio Crispolto eius filio Hierosolymitana Cruce Insi-
gnito. Epigramma. Alluditur ad Stemma. ... [In fine:] Addictiss.
Cliens. Io. ANG. SEUERINUS.

Perusiae, Ap. Cost., Sup. perm. MDCLXXXIII.

Fol. (mm. 382 x 280), c. 1 (nel Ms. c. 153).

Bella cornice incisa a fronde di olivo, cornucopie, corone nobiliari, ma-
scheroni ai quattro angoli ; nel margine inf. stemma gentilizio.

130) [Chiavi decussate. Stemma pontificio. Stemma cardinalizio] Hippolytus

miseratione Diuina tit. S. Eustachij Diaconus Cardinalis Aldobrandinus,
Sanctae Romanae Ecclesiae Camerarius. Dilecto Nobis in Christo Pe-
rillustri D. Petro ex Nobili Familia de Chrispoltis de Ciuitate Perusiae
salutem in Domino...

[Favorevole accoglimento dell'istanza con la quale il Crispolti, padre di
12 figli, chiede l'esenzione dalle imposte per tutti i suoi beni mobili,
immobili e « semoventi »].

S.n.t. [1637]

Fol. (mm. 430 x 308), c. 1 (nel Ms. c. 228).

Ms. 1444

131) L'Aurora festeggiante. Nel prender l'abito dell'Illustrissima Religione dei

Cavalieri di S. Stef.no il Signor Lorenzo de Rossi Leoni Nobil Perugino.
S'allude allo Stemma del Genitore in cui si vede un Leon Bianco con

vis ASM ip nam c DM. iib fiio A. A su m os soos tos A Sri
132)

133)

SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL « DE CLARITATE PERUSINORUM » 129

quattro Teste di Toro, Et à quello de i Signori Buon Tempi Materno
oue sono quattro Ale d'Alcione. Oda.

In Perugia, per il Costantini, 1684. Con licenza de' Superiori. Fol.
(mm. 412 x 275), c. 1 (nel Ms. c. 2).

Cornice silogr. a fiori stilizzati ; un motivo analogo divide verticalmen-
te le quartine in due colonne.

Ms. 1446

Illustriss. Decem Viris Augustae Civitatis Perusiae . F. Io. BAPTISTA
FANELLI de Saenis Ord. Seru. B.M.V. in Perusino Lycaeo Lector Phi-
losophiae. D.D.D. ...

Conclusiones theologicae Ad mentém Magistri F. Henrici Gandauensis
Doctoris solemnis Ord. Seru. B.M.V. iuxta exposit. habitam. Ab
Adm. R.P. Mag. F. Georgio Soggia Sassarensi eiusd. Ord. S. Congr.
Ind. Consultore...

Perusiae, Ex Typographia Camerali, Apud Heredes Sebastiani Zecchini,
1674. Sup. permissu.

Fol. (mm. 695 x 482), c. 1 (nel Ms. c. 306).

Ricchissima cornice incisa ; da notare: sul margine sup. due figure al
centro (quella di sinistra: VIGILANTIAE / ET / MAGNANIMITA-
TIS / HONORI / D.D. /; quella di destra: GLORIAE / VIRTVTIS /
D.D./) che sorreggono corone sopra un grifo rampante ; ai lati le alle-
gorie della carità e della giustizia ; nel margine inf.: del tempo e della
gloria. Tuttavia i particolari piü interessanti della cornice sono tre pic-
cole raffigurazioni di monumenti perugini e precisamente : sul lato si-
nistro la cattedrale, sul lato destro la chiesa di S. Pietro, in fondo la
rocca Paolina.

In Dei nomine amen. Anno à Salutifera Natiuitate D.N.I.Xpi mille-
simo sexcentesimo octuagesimo septimo Indie X. Innocentio XI.
S.P.S. & Serenissimo D. Cosmo III Haetruriae Magno Duce Domi-
nante Die vero decima octaua Mensis Septembris. Actum Cortonae
in tertio Sancti Vincentij in Monasterio, seù Conuentu D. Augustini
iuxta suos fines &c. presentibus Illustrissimis Dominis D.I.V.D. Pau-
lo D. Ioannis de Tomasiis, D. Andrea q. D. Dominici de Serninis, &
D. Enea q. D. Francisci / de Tomasis Nobilibus Ciuitatis Cortonae Te-
tibus. Essendo con l'occasione della lite, che al presente agita la Co-
munità di Cortona...

[Sentenza con cui a Nicoló Baldelli ed a suo figlio Francesco viene rico-
nosciuto il diritto di usare il cognome Baldelli (Sanatoria de’ natali pa-
lerni), contro l'opinione di G.B. Nani il quale nella seconda parte delle
sua Istorie di Venetia (Bologna, Longhi, 1680) sostiene che detto Bal-
delli è un illegittimo che usurpa il casato di tal nome].
130 MARIA PECUGI FOP

In Imola Per Carlo Giuseppe Massa 1688. Con Licenza de' Superiori.
4* (mm. 274 x 202), cc. 2 non num. (nel Ms. cc. 490-491).
Piccola iniziale (E) silogr.

NOTE

!) RAFFAELE BELFORTI, L'Università di Perugia e i suoi storiografi, in
«Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria », xLI (1944),
p. 211, nota 2.

?) GrovANNI BaTTISTA VERMIGLIOLI, Bibliografia storica perugina (In
Perugia, Baduel, 1823), pp. 157-158. Un breve cenno anche in FRANCESCO
BRIGANTI, L’Umbria nella storia del notariato italiano (Perugia, « Grafica »,
1958), pp. 130-131 ; Il notariato a Perugia. Mostra documentaria e iconografica
per il XV Congresso Nazionale del Notariato. Perugia, 1967. Catalogo a cura
di RoBERTO ABBONDANZA (Roma, Consiglio Nazionale del Notariato, 1973),
pp. XLIX, 283, 320, 322, 342. Ricerche approfondite sono state effettuate da
RosANNA BarroLuccI TEDESCHI per la preparazione della tesi di laurea in
paleografia e diplomatica, discussa nella sessione di febbraio 1974 presso la
Facoltà di Magistero dell'Università di Perugia (rel. la prof.ssa Olga Mari-
nelli), nella quale prese in esame il vit volume dell'opera (ms. 1435) conte-
nente atti privati dei sec. xrv-xvI. Nel capitolo introduttivo la BARTOLUCCI
TEepESsCcHI descrive diffusamente l'attività pubblica e privata del Tassi, la
sua statura politica e. culturale, dandoci l’immagine di un personaggio di no-
tevole fascino.

*) Perugia, Biblioteca Augusta. Matricola e statuto del Collegio dei Notai
di Perugia e del contado, ms. 973, c. 11a, dove si ha: Sinibaldus quondam
Cinthii de Tassis de Perusia fuit receptus die vigesima quarta mensis sep-
tembris anni 1651, manu Io. Baptiste Amadei notarii ». I suoi rogiti sono rac-
colti in 13 volumi e vanno dal 1650 al 1691. MiNISTERO DELL'INTERNO.
Soprintendenza Archivistica per il Lazio, l'Umbria e le Marche, Gli Archivi
dell’ Umbria (Roma, 1957), p. 47.

4) Non è inverosimile che anche dei privati gli avessero affidato le car-
te di famiglia. Per quanto riguarda altre opere, la Biblioteca Augusta con-
serva, sicuramente del Tassi, un volume contenente copie di atti riguardanti
alcune famiglie nobili (ms. 2780) ; un Compendio di tutti li statuti, leggi e or-
dinationi da osservarsi per formare di tre anni in tre anni il nuovo Bussolo
per li Magistrati... (ms. 2983); un Cerimoniale (ms. 2986).

5) Perugia, Archivio di Stato. Notarile. G. P. Leonelli, Testamenta 1676-
1703, n. 57, cc. 203-210.

*) PomPEO PELLINI; Dell'Historia di Perugia (In Venetia, Appresso G.
G. Hertz, 1664), voll. 2. Ristampa anastatica delle parti I e II: Bologna,
SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL « DE CLARITATE PERUSINORUM » 131

Forni, 1968 ; ristampa anastatica della parte 11: Perugia, Deputazione di
Storia Patria per l'Umbria, 1970.

?) Iscritto nella matricola del consorzio dei notai sotto Porta Sole. Ma-
tricola e statuto, ms. 973 cit., c. 7a dove si legge: « Franciscus domini Sini-
baldi Tassii filius. Obtentus die 21 iunii 1690 et die 27 dicti fuit receptus . . . ».
Lasció tre volumi di rogiti, dal 1694 al 1716. MiNISTERO DELL'INTERNO, Gli
Archivi, cit., p. 48.

8) Quanto però sia labile questo tipo di legatura lo rivela il ms. 1438 ;
avendolo io maneggiato per alcuni mesi, non ha retto all'usura ed il cartone
della copertina é ora logoro.

*) Nonostante il titolo è lo spoglio di pochissimi volumi.

19) A questo manoscritto sto dedicando uno studio particolareggiato,
che spero possa venire presto alla luce.

11) Le profezie sono state pubblicate in: Il notariato a Perugia, cit.,
pp. 320-322.

12) È il volume preso in esame dalla BAnToLucci TEpEscHr. I numeri
segnati con * sono stati da lei trascritti e commentati.

1) ANTONIO BrizIi, Annali tipografici perugini dall’origine della stampa
all'epoca presente. Vol. 1-11. Biblioteca Augusta, mss. 1558-1559; GIOVANNI
BATTISTA VERMIGLIOLI, Biografia degli Scrittori Perugini (Perugia, Tip. di
Francesco Baduel. Presso V. Bartelli e G. Costantini, 1828); Bibliothèque de
la Compagnie de Jesus ... Nouvelle édition par CARLOS SoMMERVOGEL (Bruel-
les-Paris, 1890-1932. Ristampa anastatica : 1960) ; Mostra dell'arte della stam-
pa umbra. Foligno 1942. Catalogo a cura di GiovANNI CECCHINI (Perugia,
Stab. Tip. G. Donnini, 1944); SuzanNE P. MicHEL-PAUL HENRI MICHEL,
Repertoire des ouvrages imprimés en langue italienne au XVII siècle, Vol. 1:
A-Ba (Firenze, Leo S. Olschki, 1900).
INDICI

Le cifre si riferiscono al numero del documento. Il luogo di apparte-
nenza o di provenienza é stato omesso per i personaggi perugini.

Abbati (degli) Giovanni di Francesco
di Gubbio, notaio, 26

Adami Annibale di Fermo, 119

Adriaó (frei) dompnor, 86

Africano di Montanaro not., 98

Agello, 29

Agnese di Lello di Masseo, 52

Alberguccio, v. Ercolano di A.

Aldobrandini Ippolito di Roma card.,
130

Alessandri Angela di Giulio di Feli-
ce, 107

Alessandro VI papa, 111

Alessandro, v. Simone di A.

Alessandro Battista di Vannolo, 38

Alfani Diamante (sec. xv), 77

Alfani Diamante (sec. xvir), 109

Allegro, v. Dinolo

Allegruccio di Rainaldo procurat., 62

Andrea, v. Cristoforo di A.

Andrea, v. Felice di A.

Andrea, v. Pacifico

Andrea di Gaspare, v. Girolamo di A.

Andriola di Pellino badessa, 61, 62

Andruccio di Ranalduccio, 59

Andruccio, v. Matteo di A.

Angelello di Benedetto, 53

Angelello, v. Giasone di A.

Angelello, v. Paola

Angelello, v. Vinciolo di A.

Angelino di Ceccarello, 53

Angelo di Cola di Torgiano, 48

Angelo di ser Domenico di Puccio not.
37

Angelo di Fumagiolo, 54

Angelo di ser Romano di Chiusi, 49

Angelo, v. Iacopo di ser A.

Angelo, v. Severo

Angelo di Cola, v. Giovanni (o Nan-
ne) di A.

Angeluccia di Filippuccio, 49

Angeluccio, v. Antonio di A.

Antonio di Angeluccio collettore, 55

Antonio, v. Felice di A.

Antonio, v. Pietro

Aporello, v. Iacopo di A.

Aquino (d’) Ladislao di Napoli card.
e gov., 2

Arcipreti Costantino, 90

Armanni Piergiacomo di Baldassar-
re, 65

Armanni Vincenzo di Gubbio, 8, 9,
29, 30

Arrigo di Ghino proc., 66

Aureli Ottaviano not., 12, 13

Averolo, v. Giovanni

Baglioni (famiglia), 105

Baglioni Francesco Alessandro di Fer-
rante, 105

Baglioni Fredo (o Fredutius) di Nel-
lo, 66

Baglioni Leandra, 40

Baglioni Lodovico di Guidarello, 34
SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL « DE: CLARITATE PERUSINORUM »

Baglioni Malatesta rv, 17

Baldelli Francesco Nicolò di Corto-

Baldelli Francesco di Cortona, 133

Baldelli Nicoló di Cortona, 133

Baldeschi, v. Ubaldi (degli)

Baligano, v. Speranza di B.

Bandino, v. Tebaldo di B.

Barnaba di Franceschino not., 18

Bartolo da Sassoferrato, 77

Bartolo, v. Giovanni

Bartolomeo di Pietro not., 33

Bartolomeo di ser Rainaldo di ser
Bartolomeo not., 6

Bartolomeo, v. Ranaldo di ser B.

Bartolomeo di Filippo, v. Rinaldo
di B.

Bartuccio, v. Ceccolo di B.

Belli Piergentile, 37

Bellone, v. Crispolto di Michelangelo
di Giovanni detto Bellone

Benedetto, v. Angelello di B.

Benedetto di Monaldo, v. Mario di B.

Benvenuto, v. Ceccarello di B.

Berardo di Giovanni di Senso, 53

Berarduccio di ser Paolo di Berar-
duccio, 66

Berbeglia, v. Rinaldo di Bartolomeo
di Filippo detto del Berbeglia

Bernardo di Allegro, v. Dinolo di B.

Bernardo di Ceccolo, v. Bertoldo di B.

Bernardo di Simonello, v. Iacopo di
B.

Bernardolo, v. Biagio di B.

Beroardi di Firenze (famiglia), 19, 21,
23, 24

Beroardi Rodolfo di Firenze, 19, 20,
21, 22, 23

Bertoldo di Bernardo di Ceccolo, 60

Bettona, 14

Biagio di Bernardolo not., 54

Biagio di ser Mannolo not., 15

Biagio di Vannuccio di Bonello not.,
49

133

Bigazzini Girolamo, 105

Bindo, v. Diotaiuti di B.

Birelli de’ Ciuccioli Filippo di Gub-
bio, 80

Boncambi Fiore, 26

Bonello giurisperito, 52

Bonello, v. Biagio

Bontempi (famiglia), 131

Bontempi Federico, 4, 5

Bontempi Nicolò di Giovannello, 114

Borgognone, v. Ranaldo di B.

Braccio Fortebraccio da Montone, 68

Caccia di Roma (famiglia), 88
Caccia Domenico di Roma, 86, 87
Cacianello, v. Peruzzolo
Caetani Enrico di Sermoneta card., 89
Calcina Mariotto di Giovanni not., 75
Cambio, v. Nicolò
Cancellieri :
Coccioli Carlo
De Sanctis Francesco
Forti Agostino
Vitiani Ventura
Caporali Bartolomeo pittore, 37
Cappelletti Adriano di Rieti, gonfa-
loniere, 84
Carbonana Raffaello di Gubbio, gonf.,
79
Cardinali :
Aldobrandini Ippolito
Aquino (d’) Ladislao
Caetani Enrico
Castagna Giovanni Battista (Ur-
bano VII)
Castelar Giovanni
Colonna Federico
Corsini Nerio
Crispo Tiberio
Farnese Alessandro
Grossi della Rovere Leonardo
Maramaldo Landolfo
Pallotta Giovanni Evangelista
134

Vecchiarelli Odoardo

Castagna Giovanni Battista di Roma
card. e gov., 3

Castelar Giovanni card. e gov., 111

Castiglione del Lago, 3

Castrum Plebis, 57

Castrum Podii Sumunae Villae, 89

Ceccarello di Benvenuto proc., 62

Ceccarello, v. Angelino di C.

Cecchino, v. Ugolino di C.

Cecco di Marco di Simone di Monte-
labate, 74

Cecco di Senso di Tinolo not., 48

Ceccolo di Bartuccio frate della peni-
tenza, 59

Ceccolo, v. Bertoldo

Ceccolo di Cambio, v. Nicolò di C.

Chiavarini Bartolomeo di Monter-

chi, 18

Chiugi, 112

Chiusi, 101

Chiusi. Abbazia di S. Cristoforo, 101

Cibo Odoardo vesc. e gov., 7

Ciondarella di Ranucolo di Ciuzio, 61

Città della Pieve, v. Castrum Plebis

Ciuzio, v. Ciondarella

Ciuzio, v. Idonea di C.

Civitella dei Conti, 95

Claruccia di Petruccio di Mattiolo di
Torgiano, 48

Coccioli Carlo di Spoleto canc., 81

Cola di Marco castellano, 57

Cola di Michele not., 70

Cola, v. Angelo di C.

Cola, v. Giovanni (o Nanne)

Comitoli Napoleone vesc., 1, 11

Condulmari Filippo di Recanati ar-
civ., 108

Corradi Lodovico, 104

Corsetti Bernardino di Grosseto fran-
cescano, 121

Corsini Nerio di Firenze card., 123

Cortona, 133

A LL NR DT

MARIA PECUGI FOP

Costanzo di Pietro di Papiano not.,
50

Cresciolo, v. Pucciolo di C.

Crispigni Camilla di Giovanni Paolo,
41

Crispo Tiberio di Roma card. leg., 95

Crispolti di Rieti (famiglia), 84, 105

Crispolti Fabrizio, 129

Crispolti Francesco di Rieti, 84

Crispolti Giovanni Domenico, 129

Crispolti Lodovico, 92

Crispolti Nicolò, 92

Crispolti Pietro, 130

Crispolto (san), 14.

Crispolto di Michelangelo di Giovanni
di Preggio detto Bellone, 44

Cristoforo di Andrea not., 64

Cristoforo di Nicolò not., 46

Cybo, v. Cibo

D'Alessandro di Napoli (famiglia),
108

De Sanctis Francesco di Rieti canc.,
85

Degli Oddi Biordo di Fioravante, 37,
39, 40, 45, 47

Degli Oddi Eurelia di Sforza, 65

Degli Oddi Filomena, 40

Degli Oddi Gentilina di Leone, 65

Degli Oddi Giulio, 119

Degli Oddi Lucrezia di Sforza, 65

Degli Oddi Pierleone di Biordo, 38,
40, 41, 42, 43, 44, 45

Degli Oddi Simone, 40

Degli Oddi Violante, 65

Degli Oddi Novelli Francesco di Od-
do, 26

Degli Oddi Novelli
Francesco, 26

Del Monte Mario march., 27

Della Corgna (famiglia), 105

Della Corgna Ascanio ‘duca, 25

Della Corgna Fulvio duca, 116

Piergentile di
SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL « DE CLARITATE PERUSINORUM » 135

Della Corgna Giovanni Battista ar-
cip., 56

Della Penna Nicolò, 103

Della Rovere Leonardo, v. Grossi
della Rovere

Della Staffa Giovanni Battista, 120

Diaz Antonio di Roma vesc. e gov.,
122

Dilianda di Iacopo di Lippolo, 63

Dino della Fratta, 46

Dinolo di maestro Bernardo di Alle-
gro, 54

Diotaiuti di Bindo proc., 33

Domenico di Puccio, v. Angelo di
ser D.

Egidio, v. Francesco di ser E.

Empoli, 91

Enrico di Iacopo di Nino, 50

Enrico di Supplino arbitro, 53

Ercolano di Alberguccio, 66

Ercolano di Pietro, v. Vannuccio di
E.

Ermanno, v. Iacopo di ser E.

Eugenio IV papa, 120

Eusebio detto Fricca, 64

Eusebio detto Tesorone, 64

Eusebio di Sebastiano, v. Sebastiano
di E.

Eusebio di Silvestro,
di E.

Eustachi Carlo di Roma conserv., 88

v. Simonetto

Fanelli Giovanni Battista di Siena,
132

Farnese Alessandro card. leg., 104

Federico I Barbarossa imp., 81

Felice di maestro Andrea not., 6

Felice di Antonio not., 101

Feo Iacopo di Savona vese. e gov., 73

Ferdinando II granduca di Toscana,
91 1

Filippo II re di Portogallo, 87

Filippo di Matteo di Rodolfo not.,
106, 107

Filippo, v. Rinaldo

Filippuccio, v. Angeluccia di F.

Fiorenzo di Meneco di Francesco, 42

Fortebraccio, v. Braccio :

Forti Agostino di Gubbio cancell., 78

Franceschino, v. Barnaba di F.

Franceschino, v. Paoluccia di F.

Francesco di ser Egidio not., 52, 53,
67

Francesco di ser Giovanni not., 62

Francesco di Iacopo di Nino, 51

Francesco di Oddone da Montone, 67

Francesco, v. Fiorenzo

Francesco di Oddone, v. Francesco
Nofrio

Francesco di ser Ventura, v. Ventura
di F.

Francesco Nofrio di Francesco di Od-
done da Montone, 67

Fratta dei figli di Uberto, 46, 47

Fratta Vecchia, 101

Fricca, v. Eusebino detto Fricca

Fulvio marescalco, 71

Fumagiolo, v. Angelo di F.

Fumagiolo, v. Riguccio

Gabrielli Cantuccio di Gubbio, 20

Gaspare, v. Girolamo

Geremia di Lippolo di Toldolo, 63

Ghino, v. Arrigo di G.

Giaco di Tecco di Prato not., 15

Giacomo, v. Iacopo

Giasone di Angelello, 46

Giasone di Angelello, v. Paola di G.

Giato, v. Giaco

Gigli de Vetera Francesco di Roma
conserv., 88

Giliani Bartolomeo, 1, 2

Giliani Diomede, 1

Giliani Melchiorre, 3

Gilio di Iacopo di Nino, 51
136

Giorgio, v. Ranuccio di G.

Giorgiolo, v. Giovanni

Giovannello, v. Nicoló di G.

Giovanni (o Nanne) di Angelo di Cola
di Torgiano, 48

Giovanni di Guido not., 33

Giovanni di ser Iacopo di Parolo
not., 26

Giovanni di Mancia not., 54

Giovanni di ser Martino not., 52

Giovanni di Martino di Averolo, 34,
35

Giovanni di Nuccio di Bartolo, 59

Giovanni di Puccio di Giorgiolo not.
61, 62

Giovanni di Ugolino di Pellolo, 31,
32:99: 95, 30, 61

Giovanni, v. Crispolto

Giovanni, v. Francesco di ser G.

Giovanni di Piccio, v. Martino di G.

Giovanni di Senso, v. Berardo di G.

Giovanni di Senso, v. Iacopo di G.

Girolamo di Andrea di Gaspare, 65

Giulio III papa, 25

Goga (della) Angelo di Bernardino,
106, 107

Gonfalonieri :
Cappelletti Adriano
Carbonana Raffaello
Selli Pompeo

Grassi Leonardo, v. Grossi della Ro-
vere Leonardo

Graziani (famiglia), 105

Graziani Carlo, 128

Graziani Girolamo, 91

Graziani Lamberto giurista, 26

Graziani Pirro, 128

Gregorio di Gregorio not., 93

Grondarella, v. Ciondarella

Grossi della Rovere Leonardo di Sa-
vona, card. leg., 110

Gubbio, 78, 79

Guido di Paolo not., 41, 43, 45, 47

MARIA PECUGI FOP

Guido, v. Giovanni di G.

Guidolo di Cacianello, v. Peruzzolo
di G.

Guidorocchi Stolfo di Ascoli, 71

Iacopo di ser Angelo not., 60

Iacopo di Aporello not., 102

Iacopo di Bernardo di Simonello, 54

Iacopo di ser Ermanno, 66

Iacopo di Giovanni di Senso, 53

Iacopo di Matteo di Vaiano, 16

Iacopo di Paolino not., 45

Iacopo di Paolo di Nino not., 99

Iacopo di Ugolino di Pellolo, 31, 32,
33, 36

Iacopo, v. Vannuccio di I.

Iacopo di Lippolo, v. Dilianda di I.

Iacopo di Nino, v. Enrico di I.

Iacopo di Nino, v. Francesco di I.

Iacopo di Nino, v. Gilio di I.

Iacopo di Parolo, v. Giovanni di ser I.

Iacopuccio, v. Pietro di I.

Idonea di Ciuzio, 53

Innocenti Marcantonio [di
102

Roma],

Lambardi Giulia, 19, 20, 21, 22, 23, 24

Lancellotti Ottavio, 118,

Lauri Filippo Ignazio di Spoleto, 28

Lello di Masseo, v. Agnese di L.

Lello di Omicciolo usuraio, 54

Lello, v. Lodovico di L.

Leoni Angelo di Tello di Matteo, 99

Leoni Carlo di Marcantonio, 97

Leoni Marcantonio di Leone di An-
tonio, 98

Lippolo, v. Dilianda

Lippolo di Toldolo, v. Geremia di L.

Livio di Tolomeo not., 74

Lodovico di Lello not., 33

Lorenzo di Matteo, v. Pietro di ser L.

Luca, v. Mariano di ser L.

Luca di ser Tobia, v. Tobia di ser L.

ZA MEZZI vd L.og&laf9nt- ME- rw
SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL «DE CLARITATE PERUSINORUM »

Luoghi di stampa :
Imola, 133
Perugia, 118, 119, 123, 128, 129,
131, 132,
Praga, 121
Roma, 123, 124
Terni, 125
Lupi Jacopo Antonio, 127

Mancia, v. Giovanni di M.

Manfredino di Masseo, v. Tribaldino
di M.

Mannelli Girolamo di Senigallia vesc.
e viceleg., 117

Mannolo, v. Biagio di ser M.

Maramaldo Landolfo di Napoli card.
leg., 58

Maramauro, v. Maramaldo

Marco, v. Cola di M.

Marco di Simone, v. Cecco di M.

Marguccia di Naldolo di Petruccio, 48

Mariano di ser Luca not., 74

Mario di Benedetto di Monaldo cap.,
69

Martino di Giovanni di Piccio not., 66

Martino, v. Giovanni di ser M.

Martino di Averolo, v. Giovanni di M.

Mascio di Nuccio not., 33

Massarello di Pellolo not., 31, 32,
36, 55

Masseo, v. Agnese

Masseo, v. Tribaldino

Matteo di Andruccio not., 60

Matteo, di ser Ricuccio not., 16

Matteo, v. Iacopo di M.

Matteo, v. Nicoló di M.

Matteo, v. Pietro di M.

Matteo, v. Pietro

Matteo di ser Pietro, v. Vittorino di
M.

Matteo di Rodolfo, v. Filippo di M.

Mattiolo di Paoluccio, 49

Mattiolo, v. Claruccia

137

Mattiolo, v. Morbidella

Mattiolo, v. Nicoló

Mattiolo, v. Petruccio di M.

Mattiolo, v. Rosa

Mattiolo, v. Tommaso

Mazzancolli Giovanni, 114

Mendez de Vasconcellos Gonzalo, 87

Meneco di Francesco, v. Fiorenzo di
M.

Merula, 82

Michelangelo di Giovanni, v. Crispol-
to di M.

Michele, v. Cola di M.

Minervi Severo di Spoleto, 81

Monaldo, v. Mario

Monalduccia moglie di Vanne di Ra-
niero, 67

Montanaro, v. Africano di M.

Montemelini Nicoló, 128

Montesperelli Caterina Girolama, 77

Montesperelli Quirione, 75

Morbidella di Petruccio di Mattiolo
di Torgiano, 48

Naldolo di Petruccio, v. Marguccia
di N.

Nani Giovanni Battista di Venezia
politico e storico, 133

Nanne, v. Giovanni

Nicoló di Ceccolo di Cambio, 52

Nicoló di Giovannello not., 51

Nicoló di Matteo di Vaiano, 16

Nicolò di Petruccio di Mattiolo di
Torgiano, 48

Nicoló di Vanne proc., 62

Nicoló, v. Cristoforo di N.

Nicoló, v. Tolomeo di ser N.

Nini Giovanni Battista, 116

Nini Montino cap., 116

Nino, v. Enrico

Nino, v. Francesco

Nino, v. Gilio

Nino, v. Iacopo
138 MARIA PECUGI FOP

Notai :

Abbati (degli) Giovanni di France-
sco di Gubbio

Africano di Montanaro

Angelo di ser Domenico di Puccio

Aureli Ottaviano

Barnaba di Franceschino

Bartolomeo di Pietro

Bartolomeo di ser Rainaldo di ser
Bartolomeo

Biagio di Bernardolo

Biagio di ser Mannolo

Biagio di Vannuccio di Bonello

Calcina Mariotto di Giovanni

Cecco di Senso di Tinolo

Cola di Michele

Costanzo di Pietro di Papiano

Cristoforo di Andrea

Cristoforo di Nicoló

Felice di maestro Andrea

Felice di Antonio

Filippo di Matteo di Rodolfo

Francesco di ser Egidio

Francesco di ser Giovanni

Giaco di Tecco di Prato

Giovanni di Guido

Giovanni di ser Iacopo di Parolo

Giovanni di Mancia

Giovanni di ser Martino

Giovanni di Puccio di Giorgiolo

Gregorio di Gregorio

Guido di Paolo

Iacopo di ser Angelo

Iacopo di Aporello

Iacopo di Paolino

Iacopo di Paolo di Nino

Livio di Tolomeo

Lodovico di Lello

Mariano di ser Luca

Martino di Giovanni di Piccio

Mascio di Nuccio

Massarello di Pellolo

Matteo di Andruccio

Matteo di ser Ricuccio
Nicolò di Giovannello
Oliva Carlo di Spoleto
Pacifico di Vico di Andrea
Pellolo di Pietro
Piermattei Francesco di Bettona
Pietro di Iacopuccio
Pietro di ser Lorenzo di Matteo
Pietro di Matteo di maestro Anto-
nio i
Ranaldo di ser Bartolomeo
Ranaldo di Pero
Ranuccio di Giorgio
Sebastiano di Eusebio di Seba-
stiano
Severo di Renzo di ser Angelo
Simone di Pietro
Simonetto di Eusebio di Silvestro
Tobia di ser Luca di ser Tobia
Tolomeo di Nicolò
Ugolino di Cecchino
Vittorino di ser Matteo di ser Pie-
tro
Nuccio, v. Mascio di N.
Nuccio, v. Pietro di maestro N.
Nuccio di Bartolo, v. Giovanni di N.

Oddolo di Ranalduccio, 59

Oddone, v. Francesco di O.

Oddone, v. Francesco Nofrio

Oliva Carlo di Spoleto not., 81

Omicciolo, v. Lello di O.

Ondedei di Gubbio (famiglia), 78, 80

Ordine dei Cavalieri di S. Stefano,
127

Ottoni Vincenzo, 5

Pacciano Vecchio, 120

Pace, v. Paolo di maestro P.

Pace, v. Pietro di maestro P.

Paci Carlo della Congregazione del-
l'Oratorio, 80

Pacifico di Vico di Andrea not., 26
SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL « DE CLARITATE PERUSINORUM » 139

Pallotta Giovanni Evangelista di Ca-
prarola card., 137
Paola di Giasone di Angelello, 47
Paolaccio, v. Pavollaccio
Paolino di Venturella. castell., 57
Paolino, v. Iacopo di P.
Paolo di maestro Pace, 46
Paolo, v. Guido di P.
Paolo di Berarduccio, v. Berarduccio
di P;
Paolo di Nino, v. Iacopo di P.
Paoluccia di Franceschino, 54
Paoluccio, v. Mattiolo di P.
Parolo, v. Giovanni
Parrano, 101
Pavollaccio da Trinità, 94
Pedaggi, 89
Pellini Pompeo storico, 3
Pellino, v. Andriola di P.
Pellolo di Pietro not., 59
Pellolo, v. Giovanni
Pellolo, v. Iacopo
Pellolo, v. Massarello di P.
Pellolo, v. Ugolino di P.
Pellolo di Fumagiolo, v. Riguccio di
PR;
Perinelli (famiglia), 110
Perinelli Gilberto di Filippo, 110,
112, 113
Perinelli Tarquinio, 110
Perinelli Ugolino, 110
Pero, v. Ranaldo di P.
Perugia :
Allibrati, 55
Anime, 10
Archivio, 56
Arte dei funari, 16
Arte dei tavernieri, 74
Collegio del Cambio, 122
Collegio della Mercanzia, 118, 122
Consorzio dei notai, 117
Contado, 100
Fazioni, 76, 122

Frati della penitenza, 59
Fuochi, 10
Gabelle e collette, 55, 82, 123
Governatori :
Aquino (di) Ladislao
Castagna Giovanni Battista
Castelar Giovanni
Cibo Odoardo
Diaz Antonio
Feo Iacopo
Varesi Pompeo
Legati e vicelegati :
Crispo Tiberio
Farnese Alessandro
Grossi della Rovere Leonardo
Mannelli Girolamo
Maramaldo Landolfo
Macinato, 82
Priori, 57, 69, 132
Raccolti, 10
Riformanze, 12, 16
Rocca Paolina, 71
Salaria, 75
S. Bevignate monastero, 61, 62
S. Caterina monast., 72
S. Colomba monast., 72
S. Francesco delle Donne mo-
nast., 72
S. Giuliana monast., 72
S. Lucia monast., 72
S. Margherita monast., 72
[S. Maria della] Colombata mo-
nast., 72
S. Maria della Misericordia osp.,
34
[S. Maria delle] Povere monast.,
72
[S. Maria delle] Vergini monast.,
72
S. Maria Maddalena monast., 72
[S. Maria Maddalena dello] Spe-
randio monast., 72
S. Tommaso monast., 72
140

Ufficiali sopra l'Armario, 59
Vicari del contado, 100

Peruzzolo di Giudolo di Cacianello,
50,251

Petruccio di Mattiolo di Torgiano, 48

Petruccio, v. Marguccia

Petruccio di Mattiolo,
di B;

Petruccio di Mattiolo, v.
la di P. |

Petruccio di Mattiolo, v. Nicoló di P.

Petruccio di Mattiolo, v. Rosa di P.

Petruccio di Mattiolo, v. Tommaso
di P.

Piccio, v. Martino

Piccolomini Giovanni Battista, 102

Piccolomini Silvio, 102

Pichi Flaminio di Roma,
88

Piediluco, 125, 126

Piermattei Francesco di Bettona not.,
14

Pietro di Iacopuccio not., 61

Pietro di ser Lorenzo di Matteo not.,
42

Pietro di Matteo di Vaiano, 16

Pietro di Matteo di maestro Anto-
nio not., 6

Pietro di maestro Nuccio, 58

Pietro di maestro Pace, 46

Pietro, v. Bartolomeo di P.

Pietro, v. Costanzo di P.

Pietro, v. Pellolo di P.

Pietro, v. Simone di P.

Pietro, v. Vannuccio

Pietro, v. Vittorino

Podiani di Perugia (famiglia), 115

Podiani Vittoria, 115

Podiani di Rieti (famiglia), v. Poiani

Poiani di Rieti (famiglia), 84, 85,
125, 126

Pomonte, 92

Portogallo, 86, 87

v. Claruccia

Morbidel-

conserv.,

MARIA PECUGI FOP

Pratolini Bindo di Fede da Prato
giudice, 15

Preggio, 45

Puccio, v. Angelo

Puccio di Giorgiolo, v. Giovanni di P.

Pucciolo di Cresciolo proc., 34

Rainaldo, v. Allegruccio di R.

Rainaldo di ser Bartolomeo, v. Bar-
tolomeo di ser R.

Ranaldo di ser Bartolomeo not., 26

Ranaldo di Borgognone frate della
penitenza, 59

Ranaldo di Pero not., 49

Ranalduccio, v. Andruccio di R.

Ranalduccio, v. Oddolo di R.

Randoli Cornelio Ranaldo, 75

Ranieri (famiglia), 29

Ranieri Bernardino, 94

Ranieri Carlo di Costantino, 65

Ranieri Cesare, 93

Ranieri Costantino, 27

Ranieri Raniero di Ruggero, 95, 102

Ranieri Ruggero, 27

Ranieri Tancredi, 120

Raniero, v. Vanne di R.

Ranuccio di Giorgio not., 53

Ranucolo di Ciuzio, v. Ciondarella
di R.

Renzo di ser Angelo, v. Severo di R.

Ricciardi Chello di Broccardo di Pi-
stoia maggior sindaco, 15

Ricuccio, v. Matteo di ser R.

Rieti, 84, 85

Riguccio di Pellolo di Fumagiolo, 54

Rinaldo di Bartolomeo di Filippo
della Fratta detto del Berbeglia, 43

Rodolfo, v. Filippo

Roma, 88

Roma :
Camera apostolica, 125, 126
Congregazione del Buon Governo,

115, 122
SPOGLIO DOCUMENTARIO DEL «DE CLARITATE PERUSINORUM »

Sacra Rota, 124

Romano, v. Angelo di ser R.

Rosa di Petruccio di Mattiolo di Tor-
giano, 48

Rossi Marino di Leandro di Giacomo,
96

Rossi Stefano di Terni priore, 83

Rossi Leoni Lorenzo, 131

Saccucci Antonio, 56

Sassoferrato, 90

Schifanoia, 93, 94

Sebastiano di Eusebio di Sebastiano
not., 96

Selli Pompeo di Rieti gonf., 85

Sensi Raniero, 118

Senso, v. Berardo

Senso, v. Iacopo

Senso di Tinolo, v. Cecco di S.

Sernini Andrea di Cortona, 133

Severini Giovanni Angelo, 129

Severo di Renzo di ser Angelo not.,
26, 65

Sigillo, 69

Silvestro, v. Sinonetto

Simone di Alessandro, 37

Simone di Pietro not., 34, 35

Simone, v. Cecco

Simonello, v. Iacopo

Simonetta Francesco [di
vesc., 72

Simonetta Nicoló di Terni priore, 83,
124

Simonetto di Eusebio di
not., 97

Sisto IV papa, 113

Soggia Giorgio di Sassari, 132

Speranza di Baligano curatore, 53

Sdoleto, 81

Suppolino, v. Enrico di S.

Milano]

Silvrestro

Tancia, 89
Tassi Piergaleazzo, 6

10

141

Tassi Sinibaldo, 4, 8, 20, 24, 28, 29,
30, 108

Tebaldo di Bandino arbitro, 53

Tecco, v. Giaco di T.

Terni, 83

Tesorone, v. Eusebino detto Tesorone

Testamenti di: i
Angelo di Bernardino detto « de la

Gogha », 106

Angelo di Tello Leoni, 99
Bertoldo di Bernardo di Ceccolo, 60
Biordo degli Oddi, 39
Giasone di Angelello, 46
Marcantonio di Leone Leoni, 98
Marino di Leandro de Rossi, 96
Piergaleazzo Tassi, 6
Piergentile Belli, 37

Tinolo, v. Cecco

Tipografi :
Costantini Girolamo, 128, 129, 131
Goliasch Urbanus, 121
Guerrieri Tommaso, 125
Massa Carlo Giuseppe, 133
Tipografia Camerale, 118,

123, 124, 132

Zecchini Sebastiano, 119, 137
Zecchini Sebastiano, eredi, 118, 132

Tobia di ser Luca di ser Tobia not.,
44, 45

Toldolo, v. Geremia

Tolomeo di ser Nicolò not., 40, 46,
47

Tolomeo, v. Livio di T.

Tomasi Enea di Cortona, 133

Tomasi Paolo di Cortona, 133

Tommaso di Petruccio di Mattiolo di
Torgiano, 48

Tribaldino di Manfredino di Masseo,
52

Trigaudi Reale di Terni priore, 83

119,

Ubaldi (degli) Guidubaldo, 18
Ubaldi (degli) Silvestro di Baldo, 73
Ugolino di Cecchino not., 33
Ugolino di Pellolo giurista, 48, 49
Ugolino di Pellolo, v. Giovanni di U.
Ugolino di Pellolo, v. Iacopo di U.
Umbertide, v. Fratta dei Figli di Uberto
Urbano VII papa, 3 i;

Val d'Elsa, 91

Vanne di Raniero di Montone, 67

Vanne, v. Nicoló di V.

Vannolo, v. Alessandro Battista di V.

Vannuccio di Ercolano di Pietro, 49

Vannuccio di Iacopo, 59

Vannuccio di Bonello, v. Biagio di V.

Varesi Pompeo di Roma gov., 119

Vecchiarelli Odoardo di Rieti card.,
118 :

Ventura di Francesco di ser Ventu-
ra, 97

Venturella, v. Paolino di V.

Verlati Goffredo di Vicenza conte, 119

142 MARIA PECUGI FOP

Vescovi :
Cibo Odoardo
Comitoli Napoleone
Condulmeri Filippo
Diaz Antonio
Feo Iacopo
Mannelli Girolamo
Simonetta Francesco
Vetera, v. Gigli de Vetera
Vicente (frei), 86
Vico di Andrea, v. Pacifico di V.
Vidman [Cristoforo] uditore della S.
Rota, 116
Villani Giacinto Carlo conte, 121
Vinciolo di Angelello arbitro, 53
Vitiani Ventura cancell., 69
Vittorino di ser Matteo di ser Pietro
not., 38, 39
Vittorio Amedeo II di Savoia, 103

Zuccarelli Lodovico, 128
ll procuratore fiscale
Benedetto Valenti
e 1 concistori del suo tempo

«CONCISTORIJ PUBLICI AD TEMPO DELLA SANTITÀ
DE NOSTRO SIGNORE « PAPA PAUOLO IN ROMA »

«Die XJ Decembris Anno primo 1534.

« Publicum consistorium propter adventum oratorum lucentium
venientium ad prestandum obedientiam ; qui, habita delucida ora-
tione, illam prestiterunt et ego tamquam Sanctitatis Suae et fisci
apostolici procurator illam acceptando sub hiis verbis formalibus,
ut moris est, dixi: Ego Benedictus de Valentibus Sanctitatis Ve-
strae vestraeque camerae et fisci apostolici procurator rogo vos om-
nes (volvendo me erga astantes et sedentes in terra, ut moris est)
prothonotarios et notarios apostolicos ut de predictis omnibus et
singulis unum vel plura instrumentum, vel instrumenta, publicum
seu publica in favorem fisci faciatis. Et, hiis dictis, oratores osculati
fuerunt pedes Sanctitatis Suae, cum omnibus eorum familiaribus ».

I concistori sono di tre specie. 1° - Concistoro publico o straor-
dinario, che il Papa convoca saltuariamente per solenni ed impor-
tanti circostanze come la lettura dei decreti definitivi delle santifi-
cazioni o delle beatificazioni, per l'insediamento di nuovi cardinali,
per ricevere i legati che tornano dalle loro missioni o i principi re-
gnanti ed i loro ambasciatori ; ed in antico li convocava per ricevere
gli atti di obbedienza e di sottomissione che molti stati d'Italia e
dell'estero venivano a presentare al pontefice nuovo eletto, etc.;
2° - il Concistoro semi-pubblico, al quale sono ammessi — come nelle
santificazioni e nelle beatificazioni — oltre ai cardinali, anche i pa-
triarchi, i vescovi, i protonotari apostolici ed altri dignitari della
corte pontificia ; 3° - il Concistoro segreto od ordinario, al quale
assistono i soli cardinali e che si riuniva ad epoche fisse : prima due
144 TOMMASO VALENTI

volte, poi una sola alla settimana. Era il papa che - di solito il lu-
nedi — convocava i suoi consiglieri intimi, cioè i cardinali presenti
in Roma, per conferire segretamente con essi 9.

Benedetto Valenti ci ha lasciato memoria soltanto di alcuni dei
concistori pubblici, ai quali egli poteva prender parte.

Questi concistori si celebrano anche ora con grande solennità.
Molto piü solenni peró dovevano essere ai tempi di Benedetto Va-
lenti, specialmente quando la corte pontificia era in tutto il suo
splendore ed il papa riceveva gli omaggi di altri stati d'Italia e del
resto del mondo.

In quelle imponenti cerimonie anche il procuratore fiscale aveva
la sua parte; di che Benedetto Valenti dovette certamente essere
ben soddisfatto se ha voluto lasciarci memoria di quelle solenni
adunanze.

Le più o meno ampie relazioni dei concistori pubblici e segreti
sono negli Acía dei cardinali camerlenghi ed in quelli dei cardinali
vicecancellieri di Santa Chiesa. I Diarii dei cerimonieri pontifici
contengono piü estese relazioni dei concistori pubblici.

Data l'esistenza di queste fonti, potrebbe sembrare che le brevi
relazioni che ci dà Benedetto Valenti non dovessero avere eccessivo

interesse ; ma non é cosi. Egli ci dice qualche cosa che inutilmente

cercheremmo in quei preziosi codici vaticani.

Aggiungo che Benedetto Valenti non ha avuto la pretesa di
fare un diario di tutti i concistori pubblici tenutisi al tempo suo,
ma soltanto ha preso nota di quelli che, sotto il suo punto di vista,
gli sembreranno piü interessanti.

Mettendo a confronto le succinte narrazioni del procuratore fi-

‘scale con quelle assai prolisse dei ceremonieri pontifici, ne vedremo
le tipiche differenze, mentre i due documenti si completeranno a
‘vicenda.

x"

Il primo concistoro di cui leggiamo l'accenno nelle Memorie di
Benedetto Valenti, è quello dell’11 decembre 1534, per la presta-

‘zione dell'obbedienza da parte degl'inviati della Repubblica di Lucca.
La cerimonia è cosi sommariamente descritta da Benedetto Valenti :

uno degli inviati, o ambasciatori, recita una forbita orazione, poi
tutti prestano obbedienza al pontefice.
Il Valenti, come procuratore del papa e del fisco apostolico,

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IL PROCURATORE FISCALE BENEDETTO VALENTI 145
accetta quella dichiarazione di sudditanza con la formola prescritta,
così traducibile in italiano : « Io Benedetto Valenti, procuratore di
Vostra Santità, nonché della Camera apostolica e del fisco, prego
voi tutti protonotari e notari apostolici » volgendosi verso di essi
che erano seduti in terra, come d’uso) « affinché di tutte e singole
le cose sopradette vogliate redigere uno o più istrumenti pubblici,
in favore del fisco ».

Dopo di che gli ambasciatori lucchesi, con tutto il loro seguito,
baciarono i piedi di Sua Santità.

*
* >

Di questo concistoro non troviamo la relazione negli Acta del
Vicecancelliere — detti impropriamente Cancellarii — il quale an-
nota sotto la data 14 decembre 1534: «Fuit consistorium in quo
nihil fuit expeditum » ®. Questa apparente omissione merita qualche
chiarimento. Se si mettono a confronto le tre diverse fonti storiche
dei concistori, cioè gli Acta del camerlengo, quelli del vicecancel-
liere e i Diaria dei cerimonieri si trovano tali e tante diversità di
narrazione, che a prima vista non si saprebbero spiegare.

Tali diversità sono ben note agli studiosi che hanno avuto per
le mani i volumi redatti da quei dignitari: ma non so se di queste
discrepanze sia stato fatto mai cenno da qualche scrittore. Perció
mi sembra interessante rilevare qui che gli Acta del camerlengo e
quelli del vicecancelliere erano redatti con criteri tutt'affatto di-
versi. Ciò è confermato dagli stessi autori degli Acta, quando scri-
vevano che in un dato concistoro non si era trattato di alcuno degli
argomenti «soliti ad annotarsi in quei libri». Degli altri affari non
s'interessavano e non ne scrivevano. Così si spiega come il vicecan-
celliere non tenesse nota nei suoi Acta delle creazioni e delle pubbli-
cazioni di cardinali. Di queste, invece, dà un cenno abbastanza am-
pio il camerlengo. Il cerimoniere, poi, ne tratta diffusamente.

Viceversa, il camerlengo si occupa in modo speciale di tutto
ciò che poteva riferirsi a questioni finanziarie. Infatti egli annota
esattamente le nomine dei vescovi ed indica, in pari tempo, le cifre
delle rendite e delle tasse dei relativi vescovati. È lui che si prende
l’incarico delle ripartizioni dei proventi e delle spese tra i cardinali.

Il Vicecancelliere, dal canto suo, si preoccupa a preferenza e
prende nota di ciò che si riferisce alla disciplina ecclesiastica. Di
146 TOMMASO VALENTI

ció é assai tipico l'esempio che segue: il 9 luglio 1535 si tenne in
palazzo Venezia un concistoro pubblico, nel quale il papa ordinó
esplicitamente ai cardinali di pronunziarsi circa la riforma dei co-
stumi della curia e circa la pubblicazione della bolla che il papa in-
tendeva emanare su quel vitalissimo argomento. I cardinali deci-
dono non doversi ancora pubblicare la bolla 9.

Il camerlengo invece, sotto la stessa data, scrive che in quel
giorno fu tenuto concistoro secreto nel quale nulla fu concluso 9.

Finalmente, per avere diffuse relazioni di ció che avveniva nei
concistori pubblici, dobbiamo ricorrere ai Diaria dei cerimonieri,
mentre negli Acía, sia del camerlengo che del vicecancelliere, ne
troviamo fugacissimi cenni. Dal canto suo, il cerimoniere non fa
quasi parola di argomenti gravissimi trattati nei concistori segreti.
Quando, per esempio, il 30 aprile 1535, si trattó della sorte del car-
dinale Accolti, il cerimoniere scrive soltanto che furono riferite e
dette molte cose del cardinale di Ravenna da parte dei cardinali
commissari. E basta 5).

*
*ock

Cosi l'arrivo degli ambasciatori lucchesi di cui parla Benedetto
Valenti, é assai ampiamente narrato dal cerimoniere Biagio Marti-
nelli. Sappiamo da lui che il martedì 1° decembre 1534 arrivarono
tre «oratores » da Lucca: ma il loro ingresso a Roma avvenne na-
scostamente (clam) come per fingere che non fossero arrivati, e fu-
rono alloggiati in Via Nova, presso il Tevere.

Il giorno seguente gli « oratores» lucchesi mandarono a chia-
mare il cerimoniere per dirgli che l'indomani intendevano fare l'in-
gresso solenne. Il cerimoniere rispose che egli non aveva nulla in
contrario : ma occorreva il parere del papa per la scelta della porta
dalla quale dovevano entrare, visto che la via degli Spinelli verso
la Porta «di Palazzo » — detta prima « dei giardini » — era in assai
cattivo stato e talmente fangosa che i cavalli non ne avrebbero ca-
vate le zampe. In ogni modo, mandino gli stessi «oratores» a veri-
ficare se la strada — almeno fino «agli Spinelli » — sia praticabile
(equitabilis) ; in caso contrario, occorrerà far l'ingresso solenne da
Porta Flaminia, «alias de Populo ».

Fu mandato un tal Paolo De Luca a sentire il parere del papa,
al quale peró non poté parlare perché occupato in concistoro segreto.

Il giorno dopo il papa andó a divertirsi alla Magliana (solatii

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IL PROCURATORE FISCALE BENEDETTO VALENTI 147

causa), la splendida villa che fu testimonio delle fastose caccie di
Leone X. E solamente quando fu tornato di là, Paolo III ordinò
che i lucchesi fossero fatti entrare ed onorati, come di solito.

Ciò avvenne il venerdì, 4 decembre. L’ingresso degli amba-
sciatori fu coreografico, come sempre; sei cardinali mandarono la
loro corte (familias suas); ciò che significava un seguito di molte
centinaia di persone; intervennero poi i prelati di curia, gli « offi-
ciali», gli ambasciatori.

Tutta questa gente si adunò in Vaticano, dove assistette alla
messa celebrata dal famigerato cardinale di Ravenna, Accolti. Dopo
pranzato, i cerimonieri andarono fuori la porta « Viridaria » verso gli
« Spinelli», dove gli ambasciatori lucchesi erano alloggiati, e diedero
ad essi le istruzioni necessarie per l’occasione.

Tutti i partecipanti al corteo si disposero lungo la via « degli
Spinelli» la quale — come si era preveduto — era quasi impratica-
bile, ed i cavalli procedevano a stento. Presso la porta Viridaria
erano ad attendere i famigliari del papa. Durante il percorso i luc-
chesi conversavano con questo e con quello ; finché, giunti dov'erano
i famigliari del papa, trovarono il governatore di Roma, col maestro
di casa, il vescovo di Rimini, Ascanio Parisani, quello di Camerino e il
tesoriere, i quali complimentarono gli ambasciatori di Lucca. Questi
presero posto tra il governatore di Roma e il vescovo di Camerino.

Il corteo si muove e s’inoltra verso Piazza S. Pietro per Castel
S. Angelo, Banchi, fino alla Chiavica di S. Lucia per giungere alla
locanda (domus hospitii) dove i lucchesi erano alloggiati.

Il corteo, oltre che dei personaggi nominati e dei loro sèguiti,
era composto cosi: guardie del papa a cavallo ; poi gli animali con
i bagagli degli ambasciatori lucchesi; le mule dei cardinali e il se-
guito di questi; la «famiglia» del papa, alcuni nobili lucchesi del
seguito degli ambasciatori ; guardie a piedi; il capitano con due
mazzieri. Seguivano i cerimonieri, i trombetti, i tamburini, i pifferi.
Da Castel S. Angelo sparavano bombarde e artiglierie.

Spettacolo magnifico e divertente per tutti; meno che per il
cerimoniere Martinelli, al quale tutto ciò fu di troppa fatica ; tanto
che la domenica seguente dovette mettersi a letto « gravatus stomaco
el corpus debile »

"^

Si trattava ora. di preparare il ricevimento degli ambasciatori

lucchesi in solenne concistoro pubblico. Paolo III, eletto da un mese
148 TOMMASO VALENTI

e mezzo o poco piü, non era ancora pratico di quei complicati ceri-
moniali. Sicché si rivolge al Martinelli perché gl'insegni come dovrà
regolarsi nel ricevere gli ambasciatori. Era la prima volta che gli
capitava : e l'avere da cardinale assistito ad altre cerimonie simili,
sembra non gli fosse bastato per imparare ció che da papa avrebbe
dovuto fare.

Era un altro punto di vista !

Il cerimoniere Martinelli, come gl'imponeva il suo ufficio, diede
al papa le istruzioni che domandava, ed erano presenti il cardinale
Trivulzio, monsignor Simonetta, poi cardinale, ed il vescovo di Pe-
saro, De Grassi.

Il cerimoniere aveva già saputo quello che gli ambasciatori
avrebbero detto nel loro discorso in concistoro : e di ciò informò il
papa, come pure del modo che avrebbero tenuto nel prestare obbe-
dienza. Ciò, affinché il papa sapesse come regolarsi nel rispondere.

Ma Paolo III, per quanto buon amico e mecenate di umanisti,
non era un oratore, ed avrebbe fatto volentieri a meno di un di-
scorso in quelle circostanze. Perciò domanda se sia proprio neces-
sario che risponda esso in persona agli ambasciatori o se può farlo
per mezzo di un segretario.

Non sembri strana questa timidezza di Paolo III. Egli sapeva
che gli ambasciatori, i quali nel gergo di corte si chiamavano « ora-
lores », tali erano effettivamente, poiché in genere venivano scelti
tra i migliori letterati 9. Molti papi si trovarono imbarazzati a ri-
spondere agli eleganti discorsi che essi recitavano. Per poterlo fare,
occorreva essere un umanista ed uno scrittore come Pio II, che fu
il primo a introdurre il sistema nuovo di rispondere personalmente
agli « oratori » ?.

Dopo di lui volle provarcisi anche Paolo II, per mostrare di
non essere timido ; ma non sapeva ben parlare in latino ; e per lo
piü restava imbarazzato (cum tamen plerumque defecerit). Sicché fini
per parlare in italiano anche nei concistori segreti e nelle congre-

gazioni di cardinali.
Una volta, in un concistoro pubblico, volle che l'avvocato con-
cistoriale, Prospero Caffarelli, parlasse in sua vece; ma questi, ad
un certo punto, s'imbroglió. Allora il papa volle correre ai ripari e
tentó di supplire ; peró anche lui restó imbarazzato, peggio del Caf-
farelli. E fu cosa ridicola e scandalosa !

Né é da credere che tutto ció non sia piü che vero ; é il cerimo-
niere Paride De Grassis che lo racconta nel suo Diarium ?.

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-————

IL PROCURATORE FISCALE BENEDETTO VALENTI 149

Sisto IV, che da frate era abituato a predicare, se la cavava
abbastanza bene. Non cosi Innocenzo VIII, il quale, ogni volta che
parlava in pubblico, smarriva le idee; sicché coloro che gli erano
vicini dovevano sapere già a memoria il discorso che avrebbe pro-
nunziato per poter venire in suo aiuto, quando non gli fosse riuscito
di andare piü innanzi. ,

Alessandro VI, quantunque si affidasse nella sua oratoria a
quella imperterrita audacia (audacissimus erat) che lo assistette du-
rante tutto il suo burrascoso pontificato, pure nel parlare in pubblico
si smarriva. Una volta dovette rispondere ad un ambasciatore di
Siena, che prima gli aveva comunicato in iscritto il suo discorso ;
peró in concistoro, imbrogliandosi indecorosamente (vituperose), non
lo pronunció per intero. E il papa fece anche peggio: perché nel
suo discorso rispose per l'appunto a ció che il senese non aveva
detto !. E fu peggio che se si fosse smarrito (peius vitium ac si de-
fecisset).

Nessuno crederebbe che Giulio II, l'energico, il bellicoso, il fie-
rissimo Giulio II, non avesse tanto «spirito », come ora si direbbe,
da poter parlare in pubblico senza preoccupazione. Egli, invece, im-
parava a memoria i discorsi tre giorni prima. Ma quando s'era al
dunque, come nei concistori, restava mezzo morto (semimori vide-
batur) tantoché il cerimoniere, che lo vedeva impietrito e come sve-
nuto, doveva correre per scuoterlo ?.

Leone X, al contrario, parlava senza difficoltà ; e la risposta ai
solenni discorsi d'obbedienza — che per i suoi predecessori era un
imbarazzo — per lui era un nobile piacere 1°.

Il cerimoniere Biagio Martinelli, quando Paolo III, come dissi,
gli domandò istruzioni circa il modo di regolarsi nel ricevimento
degli ambasciatori lucchesi, non volle sbilanciarsi, ma si contentò
di rievocare il passato ; ricordando che Leone X rispondeva da sé
ai discorsi degl’inviati; e che altrettanto, ed elegantemente anche
lui, faceva Adriano VI.

Clemente VII, invece, continuava a dire il Martinelli, aveva
sempre risposto per bocca di un segretario ; e nelle creazioni di car-
dinali non parlava. E i discorsi di risposta che avrebbe dovuto pro-
nunziare il papa, venivano preparati e scritti dagli uscieri (janitores)
o dagli scrittori delle cerimonie. Ma il cerimoniere Paride De Gras-
sis, fino dai suoi tempi, osservava che ciò era poco decoroso e po-
leva costituire un pericolo, specialmente se il papa fosse venuto
meno, come soleva accadere a Giulio II. In conclusione, il cerimo-
150 TOMMASO VALENTI

niere Martinelli citava i fatti precedenti, ricordava il parere del suo
predecessore De Grassis; ma non osava dire francamente al papa
ció che avrebbe dovuto fare. Peró, agli altri argomenti aggiungeva
che anche i principi secolari rispondono per bocca di un segretario.

Paolo III stette a sentire tutti questi ragionamenti; ma, in
ultimo, volle che il Martinelli dicesse chiaro il suo parere. E questi,
allora, si fece coraggio e disse che gli piaceva il sistema antico, cioè
che il papa rispondesse da sé, purché si sentisse disposto e non avesse
difficoltà (sive impedimenta). ;

Il papa si mise a ridere! Egli aveva buon naso e capi che il
cerimoniere con quella riserva mostrava di non avere una grande
fiducia nella abilità oratoria del papa

A questo punto interviene il cardinale Trivulzio il quale insiste
perché il papa risponda da sé. Gli fa osservare che l'esempio di Cle-
mente VII, che faceva rispondere da un segretario, non conta, per-
ché quegli poco istruito com'era, non si fidava delle proprie forze :
(diffidabat de se, cum parum esset literatus !).

Anche il vescovo di Pesaro, li presente, dice che il papa deve
rispondere da sé. Paolo III si mette di nuovo a ridere e licenzia il
cerimoniere.

*
* *

Venne, finalmente, il giorno del ricevimento degli ambascia-
tori lucchesi in concistoro, e fu, come annota Benedetto Valenti, il
venerdì 11 decembre 1534.

Il cerimoniere ci dice che il concistoro si tenne nella terza sala,
dove era il trono di marmo. Intervennero tutti i cardinali presenti
in Roma.

Il papa arriva con i cardinali Cibo e Cesi, vestito con piviale e
mitria preziosa. L'« oratore» del Portogallo ebbe l'onore di reggere
lo strascico del piviale.

Il cerimoniere con cinque cardinali e due armigeri va a pren-
dere gli « oratori » lucchesi. Nel frattempo il papa sbriga altri affari.

Gli « oratori » erano quattro. Fra essi era un Bartolomeo Arnol-
fini, che entrò accompagnato dai vescovi di Castellamare e di Cuma.
Gli altri tre erano accompagnati da altrettanti prelati; ma nelle
sale era tanta folla, che essi potevano a stento farsi largo. Questo
particolare è una prova dell'usanza che allora vigeva nella corte
papale, di lasciare libera l’entrata a chiunque volesse. IL PROCURATORE FISCALE BENEDETTO VALENTI 151

La cerimonia dell'obbedienza si svolse come presso a poco la
descrive Benedetto Valenti. Gli « oratori » s'inginocchiano ai piedi
del trono ; baciano il piede, la mano e il volto del pontefice ; poi pre-
sentano le credenziali. Il papa le prende e le consegna al segretario,
che, inginocchiato anche lui, ne dà lettura.

L'oratore Arnolfini pronuncia allora il suo discorso; e se la
cavò bene, dice il Martinelli (bene se habuit).

Il papa gli rispose poche parole, ma bene e con soddisfazione di
tutti. II momento più difficile fu, così, felicemente superato.

Alla fine della cerimonia un altro «oratore» lucchese, Andrea
de Nobili, reggeva la coda del piviale ! 1».

*
*

«Die lunae 19 (sic) noua (sic) ianuarij 1535, consistorium pu-
blicum pro oratoribus florentinis, qui similiter, habita oratione, pre-
stiterunt obedientiam. Et ego repetij illam eandem protestationem

quam in omnibus publicis consistorijs concernentibus obbedientiam
repeto ».

*
*ock

Gli «oratori» fiorentini, di cui parla Benedetto Valenti, arri-
varono a Roma il 12 gennaio 1535. Erano sei, cioè : Roberto Pucci,
Giovanni Corsi, Bartolomeo Valori, Filippo Strozzi, Luigi Ridolfi e
Sigismondi Gondi. Come si vede, la città dei fiori, mandava al papa
i rappresentanti delle piü illustri casate.

Giunsero a Roma circa le 22 (3.15 pom.) e furono condotti
alla Cancelleria, col solito accompagno, del quale facevano parte
molti mercanti fiorentini, che erano in Roma, e con le solite dimo-
strazioni di trombe, di pifferi e di spari.

Il concistoro pubblico, al quale essi si presentarono, ebbe luogo
il 18 e non il 19 gennaio, come erroneamente scrive Benedetto Va-
lenti.

Il discorso che gli « oratores » avevano preparato era alquanto
diverso dai soliti, per la forma e per la sostanza. Sicché ne manda-
rono copia al papa un giorno avanti, perché potesse regolarsi nella
risposta.

Il cerimoniere, per obbligo del suo ufficio, indicó agli « oratori »
quale — secondo le formule in uso — doveva essere la conclusione
TOMMASO VALENTI

del discorso. Ma ci volle del bello e del buono a persuadere i fioren-
tini perché aggiungessero al loro discorso quelle parole. Dovette in-
tervenire a convincerli anche il loro concittadino cardinale « Santi
Quattro», cioè Antonio Pucci. Dopo tutto, si trattava di chiudere
il discorso dicendo che gli «oratores» a nome della loro città rico-
noscevano Paolo III per sommo pontefice e a lui prestavano la do-
vuta ovvedienza. Ma, forse, sembrava a quei buoni fiorentini che
quella formula « burocratica », come ora si direbbe, sciupasse tutto
il discorso, e non volevano saperne di aggiungerla in coda alla bella
concione che avevano preparato.

Il papa, informato di questo incidente, ne rise di cuore. Il ceri-
moniere volle spiegare il fatto dicendo che probabilmente l'amba-
sciatore fiorentino che doveva recitare il discorso aveva temuto
d'imbrogliarsi a finire con quella conclusione, perché aveva già in
mente quello che doveva dire ; (forle defecissel in fine conclusionis,
cum iam in menle concepta firmasset).

Il concistoro ebbe luogo col solito cerimoniale. Al discorso, re-
citato da Giovanni Corsi, il papa rispose breviter et apte.

Tutto fini con un sontuoso pranzo in casa del cardinale « Santi
Quattro » 12).

*
L NE:

«Die xxii Maij eiusdem anni (1535), consistorium publicum
pro publicatione novorum et primorum cardinalium creatorum per
Sanctitatem suam, videlicet : Capuano, Ghinutio et Simonetta ; qui,
presentes in curia, fuerunt admissi. Est sciendum quod, dum fiunt
consistoria pro admictendis et publicandis cardinalibus, fiscalis nichil
dicit; sed eius nomine per advocatos fiscales '9? proponuntur duo
commissiones criminales, in quibus, ut plurimum, plura mendacia
dicuntur, ad effectum ut videantur atrocia delicta quae in cetu
tanti Principis et Reverendissimorum Cardinalium proponuntur ».

*
*ockc

Quando Benedetto Valenti scriveva questa breve nota, que-
stioni di estrema gravità si agitavano nella corte pontificia. Era
Paolo III che, volendo preparare il terreno al concilio di Trento,
vedeva la necessità di far precedere una radicale riforma della Chiesa,

— 4— — e

IL PROCURATORE FISCALE BENEDETTO VALENTI 153

nella quale gli abusi di ogni genere avevano talmente scossa la di-
sciplina da fare facile presa alle ostilità di Lutero.

Ma lo stesso Paolo III aveva incominciato il suo pontificato con
un atto di debolezza concedendo la porpora, egli, il nonno, ai due
suoi nepoti : Alessandro Farnese, di 15 anni, e Guido Ascanio Sforza,
di 16, con grande sorpresa e con severi commenti da potus degli
altri membri del sacro collegio e del pubblico.

Paolo III, uomo di fine intuito, comprese che la nomina di
altri cardinali, rispettabili e stimati sotto tutti i riguardi, avrebbe
ottenuto il duplice scopo di cancellare quella cattiva impressione e

d'introdurre tra i vecchi cardinali troppo mondani, altri uomini

nuovi, di pietà, di dottrina, di fama irreprensibili.

Venne cosi la famosa creazione cardinalizia del 21 maggio 1535,
nella quale furono nominati sei nuovi cardinali: Fisher, du Bellay,
Contarini, Schónberg, Ghinucci e Simonetta ':). La nomina di questi
porporati fu ostacolata da forte opposizione del sacro collegio, anche
per ragioni politiche ; ma, finalmente, la volontà di Paolo III s'im-
pose, ed i sei eletti portarono nell'ambiente della corte papale quel
severo spirito di rettitudine e di rigorosa osservanza delle leggi di-
vine ed umane dalle quali si era andati assai lontano.

Questa radicale innovazione avveniva sotto gli occhi di Bene-
detto Valenti; ma egli, pur intuendo la portata e.la gravità dei fatti
nuovi ai quali assisteva, non si permette di commentarli. Perció se
egli, contemporaneo, ha taciuto, non posso io dire alcunché di nuovo
su quel gravissimo momento storico. Gli studiosi sanno a quali fonti
attingere notizie e documenti.

*
* ck

I] procuratore fiscale scrive che il concistoro del 24 maggio
1535 fu tenuto per la pubblicazione dei nuovi e dei « primi» cardi-
nali creati da Paolo III. L'espressione « novorum et primorum » va
interpretata nel senso che in quel concistoro furono pubblicati, cioè
ricevettero il cappello rosso, soltanto alcuni dei nuovi cardinali
creati. E questi furono lo Schónberg, il Ghinucci, e il Simonetta
che si trovavano in Roma.

Il concistoro si svolse con le consuete solennità. I cardinali
nuovi vennero accompagnati dal cerimoniere nella cappella mag-
giore, dove assistettero ad una messa.

La folla era stragrande. Si misero alabardieri e mazzieri più del
ati din

— AE nA.

154 TOMMASO VALENTI

solito; ma inutilmente : perché il popolo invase tutti i posti dispo-
nibili anche quelli dove non si sarebbe dovuto andare. Entra il papa,
e riceve l'omaggio dei cardinali ; tiene poi un breve discorso nel quale
espone i motivi di questa nuova promozione, dicendo che era stata
fatta sia per le molte virtù degli eletti e per la loro dottrina ed espe-
rienza, sia pel concilio che voleva convocare per combattere l’eresia
e i disordini dei cristiani ; nonché per difendere la Chiesa dai Turchi,
contro i quali aveva già fatto appello a principi cristiani ed allestita
la flotta.

Dopo di ciò, un avvocato fiscale, Alessandro Paoletti, propose
una « commissione » : ma fu breve. Si svolsero le consuete cerimonie
che si chiusero col canto del Te Deum e col giuramento dei cardi-
nali, di cui lesse la formula lo Schónberg, e con l'imposizione del
cappello rosso.

Chiuso il concistoro, i cardinali si dispensano scambievolmente
dalle visite a causa del caldo eccessivo ; e poi tutti s'incamminano
per andare al pranzo, al quale il papa li ha invitati 19,

Nelle Memorie di Benedetto Valenti non si parla di tutto l’an-
damento della cerimonia, ma vi troviamo accenno ad una consuetu-
dine assai strana e certamente sconosciuta fin qui; non solo, ma
esposta dal nostro con frasi che, a prima vista, sembrano alquanto
oscure.

Egli scrive che nei concistori che si tengono per l'ammissione
e la pubblicazione dei nuovi cardinali, il procuratore fiscale non
parla. Però, in sua vece, gli avvocati fiscali propongono due « com-
missioni » criminali; ed in esse, per lo più, si dicono molte bugie
(ut plurimum plura mendacia dicuntur). E questo si faceva per dare
ai nuovi eletti un’idea degli atroci delitti, che vengono sottoposti
all'esame del papa e dei principi della chiesa (ad effectum ut videan-
lur atrocia delicla quae in celu tanti Principis et Reverendissimorum
cardinalium proponuntur).

Mi sembra che queste parole possano interpretarsi nel senso da
me accennato ; ossia che gli avvocati fiscali esponevano nel conci-
storo «casi» criminali imaginarii e senza fondamento di verità. E
l'esposizione di quei «casi» doveva servire a far comprendere ai
nuovi eletti quali possibili responsabilità li attendevano, quando, in

Mae. Sae bs COOP AIA RISI TEA om. s: Del Reims s RI nin ott e cett
IL PROCURATORE FISCALE BENEDETTO VALENTI 155

seguito, avrebbero dovuto pronunciarsi su delitti gravissimi vera-
mente commessi, dei quali i « casi» ipotetici erano un saggio.
Bisogna riconoscere, per la verità, che era questo un metodo
abbastanza curioso per iniziare i nuovi cardinali all’esercizio delle
loro funzioni nel sacro collegio, che era anche un corpo giudicante !

*
*ock

Potrei a questo punto diffondermi a riprodurre notizie biogra-
fiche dei tre cardinali di cui Benedetto Valenti ha registrato i nomi
e degli altri che, insieme a quelli, furono elevati alla porpora. Ma
poiché non potrei aggiungere nulla di inedito a quanto fin qui è
stato scritto su quegli illustri soggetti, mi limito a suggerire al let-

tore di consultare, anche in questa occasione, la monumentale opera
di Lodovico Pastor 19).

*
* *

« Die secunda Augusti (1535) consistorium publicum pro ad-
ventu Reverendissimi Pariensis, venientis ad Urbem pro pileo ; qui
fuit admissus ».

Non essendosi trovato presente in curia quando il 24 maggio
1535 vennero distribuiti i cappelli ai nuovi eletti, il cardinale Gioac-
chino Du Bellay giunse da Parigi alla fine del luglio successivo ed il
lunedì 2 agosto, in un concistoro pubblico, adunatosi esclusivamente
per tale motivo, riceveva da Paolo III il cappello rosso. Neanche i
cerimonieri pontifici hanno lasciato speciali narrazioni di quello straor-
dinario convegno ; sicché nulla posso aggiungere alle già semplici e
chiare parole di Benedetto Valenti.

*
*ock

«Die x15 novembris consistorium publicum pro Reverendissimo
Caràzolo similiter ad curiam pro pileo venienti, qui fuit ut alij ad-
missus ».

Nel concistoro segreto del 31 maggio 1535 il papa si era riser-
vato in petto, «si serbó nel stomaco», si diceva allora '?, un nuovo
cardinale: Marino Ascanio Caracciolo ; ma il nome di lui venne,
È iln oai i ot, edil

-— Miri CPEN ti arri ir a

156 TOMMASO VALENTI

fino da quel giorno, fatto conoscere dal papa che gli assegnò anche
il titolo di S. Vitale 19.

La mattina del venerdì 12 novembre 1535, il Caracciolo, che si
trovava nel convento degli Agostiniani a S. Maria del Popolo, fu
dal sacro collegio accompagnato al concistoro pubblico, dove, con
le solite cerimonie, ebbe il cappello rosso.

*
L NE

«Die Mercurij vis Januarij 1536, consistorium publicum prop-
ter adventum oratorum Senensium, qui venerunt et obedientiam,
ut moris est, prestiterunt».

Dopo Lucca e Firenze, un'altra città toscana, Siena, manda i
suoi ambasciatori a prestare obbedienza a Paolo III. Essi, in nu-
mero di quattro, arrivarono a Roma il 4 gennaio e fecero il loro in-
gresso solenne con il corteo solito in tali occasioni.

Il giorno 7 successivo si tenne il concistoro pubblico, nel quale
gli ambasciatori, col cerimoniale prescritto, fecero atto di obbe-
dienza al nuovo papa. Ma di questo concistoro non abbiamo ampie
relazioni nei Diaria dei cerimonieri ; ció vuol dire che non vi furono
particolarità degne di nota. Benedetto Valenti é incorso in un pic-
colo errore ; egli fissa la data del concistoro al mercoledi 7 gennaio,
ma in realtà quel giorno era venerdi.

È curioso rievocare, a proposito di Siena, che gli ambasciatori
di questa città e quelli di Ferrara il martedi 3 novembre 1534 erano
in Roma per assistere alla coronazione di Paolo III. Ma poiché sorse
tra essi una rumorosa discussione perché si disputavano vicende-
volmente la precedenza nella, processione, il papa, per troncar corto,
li mandó via tutti, dando ad essi, per mezzo del cerimoniere Marti-
nelli, l'ordine chiaro e semplice che se ne andassero (ut abirent /) *?.

*
*ock

«Die Lune ultima Januarij (1536) consistorium publicum pro
oratoribus Venetis, qui similiter, servatis servandis, obbedientiam
prestiterunt ».

Gli «oratori » veneziani giunsero a Roma il giovedi 27 gennaio
1536. Entrarono da Porta del Popolo e, con il corteo prescritto dal
cerimoniale, furono solennemente accompagnati fino al palazzo di

e IL PROCURATORE FISCALE BENEDETTO VALENTI 157

S. Lorenzo in Damaso, che poi fu detto «della Cancelleria ». Il se-
guente lunedi, 31 gennaio, si recarono con grande pompa e grande
accompagno al concistoro pubblico.

Il cardinale Cornelio, camerlengo, non puó a meno di mettere
in evidenza, nei suoi Acía, la maestosità, l'eroica nobiltà e le virtü
esimie di quegli « oratori ». Essi erano : Marco Érizzo, Federico. Re-
nier, Tommaso Mocenigo e Nicolò Tiépolo 2°).

Tra gli stessi « oratori » c'era una certa gerarchia. Il cerimoniere,
infatti, registra nel suo Diarium che il primo oratore, che era il
Tiepolo, recitò il discorso ; e si portò bene (bene se gessit).

Tutto il resto della cerimonia si svolse con le consuete forma-
lità.

Quando il papa rientrò nella camera dei paramenti, il primo
«oratore» reggeva la coda del piviale 2). Questa distinzione tra i
membri di una stessa ambasceria ci dimostra quanta importanza si
annettesse fino da allora a tutto ciò che si riferiva alle complicate
questioni delle precedenze.

Dell'avvenuta cerimonia veniva informato il nunzio pontificio
a Venezia, monsignor Verallo. A lui così scriveva il protonotario
apostolico e segretario del papa, Ambrogio Recalcati : « Giovedi pas-
sato fecero l'entrata in Roma li magnifici ambasciatori di questa
Illustrissima Signoria ; et hoggi hanno in consistorio pubblico pre-
stato l'ubedientia de more a Sua Beatitudine accompagnata da una
bellissima oratione fatta dal Clarissimo Thiepoli; la quale é stata
commendata da tutti. Et veramente la intrada de Giovedi et la so-
lennita d'hoggi é stata honoratissima et con gran satisfactione de
Sua Santità et del sacro collegio et, denique, di tutta la Corte...
L'ultimo di Gennaio 1536» ©.

Gli ambasciatgri si trattennero in Roma fino all'11 di febbraio.
Il 9 si recarono dal papa per accomiatarsi: « Li Signori ambascia-
tori veneti» — scrive lo stesso Recalcati — hieri pigliorno licenzia
da Nostro Signore et partiran domani ». La loro venuta non avendo
altro scopo che il fare atto di « obbedienza », non parlarono col papa
di altri affari. Forse non ne avevano neanche l’autorizzazione. Fu-
rono però assai contenti dell’accoglienza ricevuta : « Per quanto s’in-
tende non son venuti ad alcuno particular di faccende con Sua San-
ULLagt. dd, . Mostrano partirsi ben satisfacti da Sua Beatitudine ».

Ma Paolo III non poteva a meno di non far cenno coi rap pre-
sentanti della potentissima repubblica delle gravissime questioni del
momento, che erano la sua più grande preoccupazione. Fu così che

11
158 TOMMASO VALENTI

egli parló ad essi « della libertà ecclesiastica et cose lutherane », af-
finché ne riferissero alla repubblica: « Hanno promesso far buono
offitio con questa Signoria Illustrissima ». E il segretario pontificio
vuole che il nunzio sorvegli gli ambasciatori al loro ritorno e cerchi
di sapere che cosa racconteranno di ció che hanno visto. « Offitio
di Vostra Signoria sarà osservare diligentemente li modi che si ter-
ranno doppo il loro ritorno et che relatione farranno delle nove di
quà...» (febbraio 1536).

Ecco il retroscena delle ambascerie, il doppio fondo della di-
plomazia di quei tempi.

Ma il nunzio non prendeva molto sul serio la sua missione, a
quanto pare; e il segretario Recalcati cosi lo rimprovera : « Ho ri-
cevuto la vostra de viti, (febbraio) la quale contiene paglia assai
et poco grano. Dico che delle cose pubbliche ve la passate cosi leg-
germente, come se non fusse fatto vostro .... Dubito sia vero quel
che si comincia a dire dei fatti vostri, che non attendiate se non a
menar le mani quoquo modo ; il che quando sia — che, certo, come
dico, non me lo sogno da me — n'harà poco ...... et manco honor
SUO ».

In altri termini, pare che il nunzio pensasse a far quattrini ad
ogni modo (« menar le mani »), senza curarsi di altro. Ma, prosegue
Ambrogio: «Monsignore, vi ricordo, da buon servitore, che assai
guadagna chi con la fedele et amorevole servitü, guadagna la gratia
del padrone»..... (10 febbraio 1536).

Mi pare che questo si chiami parlar chiaro !. Ma non so se l'ener-
gica ramanzina ottenne il suo effetto, perché non era da quel pul-
pito che doveva venire la predica. Infatti quel Recalcati, che per
un certo tempo occupó presso Paolo III una posizione rilevante,
finì in malo modo sullo scorcio del 1537. L'infedele ministro fu car-
cerato per molti delitti ed infinite estorsioni :9. Se il nunzio cono-
sceva queste benemerenze del Recalcati non avrà certamente preso
sul serio quel rabbuffo !

*
* *

«Die xxI1J 2) Decembris (1536) consistorium pubblicum pro
Reverendissimo Domino nostro Sippontino, novo Cardinali de Mon-
te; cum quo fuerunt publicati inter quos fuerunt infra scripti :

«Dictus Reverendissimus de Monte,

« Verulanus, dictus S. Angelo,
IL PROCURATORE FISCALE BENEDETTO VALENTI 159

« Jacobatius,

« Theutonicus et

« Anglesius ».

Il 22 decembre 1536 Paolo III tenne concistoro segreto, nel
quale furono creati e « pronunciati » nove cardinali, cioè : Gio. Maria
Del Monte (Ciocchi, del Monte San Savino) vescovo di Manfredonia
(Sipontinum) ; Giov. Pietro Caraffa, Eugenio Filonardi, già nunzio
in Svizzera e prefetto di Castel S. Angelo, vescovo di Veroli, Cristo-
foro Jacobazzi (Jacovacci) vescovo di Cassano e datario, Carlo Hé-
mard de Denonville, vescovo di MAcon e inviato di Francia in Roma,
Rodolfo Pio di Carpi, vescovo di Faenza e nunzio presso Francesco
I, Reginaldo Pole, inglese e protonotario apostolico, Jacopo Sado-
leto, vescovo di Carpentras, e Lodovico Borja, duca di Gandia.

Il papa disse di riservare in petto la nomina di altri due nuovi
cardinali ; che dovevano essere Nicolò Caetani, di Sermoneta, quat-
tordicenne, nepote del papa, e Girolamo Aleandro, di Motta ; i quali
però ricevettero il cappello rosso soltanto il 15 marzo 1538 25).

La nomina di questi cardinali, quasi tutti personaggi di molto
valore, ad eccezione del Caetani e del Borgia, troppo giovani, e di
molto buona fama, salvo il Del Monte sul quale corsero sospetti di
grave mancanze morali, contribuì a rialzare sempre più il prestigio
del sacro collegio e ad arricchirlo di elementi che avrebbero portato
un valido contributo alle riforme che Paolo III intendeva adottare

Queste nomine furono precedute da lunghe discussioni e trat-
tative, sia privatamente, sia in un altro concistoro del 20 dicembre.
Il papa proponeva la nomina di dodici nuovi cardinali, in modo da
avere sotto mano un buon numero di sue creature e diminuire così
la preponderanza di quelli che erano creature di Leone X e di Cle-
mente VII. Ma nelle discussioni preliminari non si venne a conclu-
sioni definitive. Il cerimoniere Martinelli scrive, ma è una sua con-
gettura, che nel concistoro del 20 decembre il papa ottenne l’appro-
vazione per solo otto nuovi candidati. Paolo III però tenne fermo e
riuscì nel suo intento con la creazione di tutti gli undici cardinali,
avvenuta nel concistoro del 22 decembre 1536 29.

È di questo che Benedetto Valenti ha preso nota nelle sue Me-
morie ; ma con qualche inesattezza, perché egli assegna al concistoro
la data del 23 decembre. Si preoccupa e sembra rallegrarsi insieme
della nomina di Gio. Maria Del Monte ; e ciò si spiega e si giustifica
con le buone relazioni che legavano il Valenti a quella casata, ed
al neocardinale in persona.
160 TOMMASO VALENTI

Di alcuni tra gli altri otto cardinali di nuova creazione, Bene-
detto Valenti sembra ignorare i nomi e cosi ci dà indicazioni appros-
simative come quella del « Verulanus dictus S. Angelo» che era,
come vedemmo, Ennio Filonardi. Il cardinale Reginaldo Pole per
Benedetto Valenti è soltanto un « Anglesius »; e in realtà il Pole
era nato a Staffordshire.

Il buon procuratore fiscale non sa con precisione chi si nasconda
sotto il nome di Carlo Hémard de Denonville e, in mancanza di
notizie più sicure, lo qualifica malamente per un « Theutonicus ».

Perdoniamo questa lacuna nella modesta erudizione del nostro,
il quale sarà giunto più tardi alla esatta conoscenza di quel nuovo
porporato.

*
*ok

«Die Mercurij 4 Julij 37, consistorium publicum pro oratore
regis Polonie venientis ad prestandam obedientiam, qui habita ora-
tione fuit admissus ».

Sigismondo I, detto «il vecchio», era re di Polonia quando
Paolo III saliva al trono. Con ritardo di piü mesi, giustificato dalle
difficoltà del lungo e pericoloso viaggio, mandava un suo amba-
sciatore a riconoscere la sovranità del nuovo pontefice ed a prestargli
obbedienza.

Il concistoro si tenne nella sala grande del palazzo S. Marco di
Venezia. L'« oratore » del re di Polonia fu prima ospitato nelle ca-
mere del cardinale Pisani.

Il Papa, preceduto dalla croce e dai cardinali, entra nella sala
del concistoro; nel frattempo il cerimoniere dà all'ambasciatore le
necessarie istruzioni, per quanto riguarda le consuetudini vigenti in
simili circostanze.

Il vescovo di Napoli e il cardinale Colonna vanno a prendere
ed introducono nel concistoro l'ambasciatore. Questi fa le solite ri-
verenze poi, in ginocchio, rivolte al papa poche parole di omaggio,
gli presenta le credenziali, che il papa rimette al segretario, Palla-
dio Blosio, che le trova in regola. L’oratore lesse il suo discorso e
se la cavò bene, sia per la sostanza che per la pronunzia. Il papa
rispose brevemente. |

Benedetto Valenti interviene, al solito, per pregare i protono-
tari di redigere l'atto relativo. Alla fine della cerimonia l’« oratore »
ed il suo seguito sono ammessi al bacio del piede.

c Maia. armonia e em arri D e A Ims o Dt
IL PROCURATORE FISCALE BENEDETTO VALENTI 161

Il papa esce e l'ambasciatore regge la coda del piviale.

Di questo inviato speciale non conosciamo che il nome « Do-
minus Thomas»; il cerimoniere non riuscì a saperne di più; ma
trovò il modo di farlo passare alla storia, sotto un aspetto abba-
stanza curioso.

Pochi giorni dopo il concistoro, cioè il 15 agosto 1530, il papa,
dopo aver celebrato il solenne pontificale in S. Maria Maggiore, crea
militem auratum l’ambasciatore del re di Polonia, che era accom-
pagnato dal cardinale Santi Quattro (Pucci), nella sua qualifica di
protettore del re.

Il papa benedice la spada, la consegna al neocavaliere, e gli
mette al collo il collare d’oro.

Finita la solenne funzione, l'ambasciatore consegna al cerimo-
niere tredici scudi d’oro, per le mance.

Il cerimoniere, però, resta deluso : ma si vendica lasciando per-
petua memoria del fatto. Dice che distribuì come meglio poté quella
piccola somma, che fu una gran miseria (nimis magna miseria).
Tanto più che quel poco splendido ambasciatore nulla aveva dato
di mancia neanche in occasione del concistoro pubblico, né della
prestata obedienza ??.

Parole sintomatiche e curiose, che ci dimostrano il molto asse-
gnamento che i cortigiani facevano su certi proventi.

«Die vis Julij (1530) consistorium publicum propter adventum
Reverendissimi de Carpi, redeuntis ex Gallia et venientis pro pileo ;
qui fuit admissus, prout alij».

Nel concistoro del 22 decembre 1536 vedemmo eletto, fra gli
altri, il cardinale Rodolfo Pio di Carpi, vescovo di Faenza e nunzio
alla corte di Francesco I.

Il Cardinale di Carpi era arrivato a Roma il 6 luglio ; in quel
giorno, come di solito, si teneva concistoro segreto. Il papa, saputo
della venuta del Carpi, vuole che il giorno dopo si tenga subito con-
cistoro pubblico per il ricevimento del cardinale. Il cerimoniere Mar-
tinelli, che sembra fosse un poco restio ad accettare ordini, cerca di
opporsi. Ma il papa insiste e, con argomento ad hominem, risponde
al cerimoniere che guardi nei suoi Diaria e vedrà che cosi si è fatto
anche in altra occasione. Qualche cardinale vorrebbe dar ragione
162 TOMMASO VALENTI

al cerimoniere : ma il papa taglia corto e ordina si facciano i neces-
sari preparativi pel concistoro pubblico.

Il cerimoniere, testardo, contro voglia e mal soddisfatto (invi-
tus et male contentus) si decide a dare gli ordini ai cursori; mentre
un altro cerimoniere va ad avvertire il Carpi e ad insegnargli ció
che doveva fare. Intanto, la dimane, di buon'ora, andasse a S. Maria
del Popolo. i

Di lì infatti mosse il corteo la mattina del sabato 8 luglio. Si
voleva passare dalla via dei Banchi e di lì proseguire per Campo di
Fiori, fino al palazzo Venezia. Ma il papa manda a dire che si scelga
la via più corta.

Il neocardinale è accompagnato dai confratelli Trivulzio e Pi-

sani. Il concistoro si svolge solenne, con le solite formalità e finisce
i" con l'imposizione del cappello rosso al nuovo eletto.
IH Terminata la cerimonia i cardinali si dispensano reciprocamente
| dalle visite, a cagione del caldo eccessivo. Quando si pensi che ognuna
| di queste visite esigeva una lunga passeggiata a cavallo, poiché le
carrozze non erano ancora in uso, si spiega assai bene come i cardi-
| nali cercassero evitare quel disagio 9.

| *
SUI * *

iù «Die xxviii Octobris (1530) consistorium publicum propter
Il adventum Reverendissimi cardinalis de Anglia redeuntis ex lega-
tione sibi commissa ».

| Era nelle usanze della corte pontificia il ricevere con solenni
| onoranze i legati che tornavano dalle loro missioni.

| Paolo III speró che a ridurre sul retto sentiero lo scismatico e
| feroce Enrico VIII re d'Inghilterra sarebbe stata efficace la parola
| del cardinale Reginaldo Pole, d'illustre prosapia inglese e imparen-
It tato con la casa di York. E nel concistoro del 7 febbraio 1530 diede
il al Pole l'incarico della difficile legazione.

Al Pole, che il Martinelli chiama erroneamente Arnaldo, fu
dato come aggiunto alla legazione il vescovo di Verona, Pietro Mat-
tei. Furono accompagnati dai cardinali nella sala Regia e nella cap-
pella Maggiore, la Sistina, e congedati con le cerimonie consuete 29).
| Secondo il diarista lo scopo eella legazione era di ricondurre
LUE alla fede cattolica ed a regolare tenore di vita il deviato re d'Inghil-

ill! terra; «se sarà possibile», aggiunge il cerimoniere. La prudente
riserva non era superflua e i fatti la giustificarono.

ET =
rin Tm i 3 — x 1 AC SER ai rt oi AO rin : È des
E * rino dii n i uit v
D Rn i i fre ennt.

— IL PROCURATORE FISCALE BENEDETTO VALENTI 163

Il 18 febbraio 1530 il Pole partiva da Roma. Recatosi in Fran-
cia sperava di li passare in Inghilterra. Ma Enrico VIII, che infie-
riva crudelmente contro i cattolici, perché non volevano riconoscere
in lui il capo della chiesa d'Inghilterra, quando seppe dell'arrivo
del Pole in Francia, si rivolse al re Francesco I perché gli conse-
gnasse il legato pontificio, al quale si apriva cosi la via del martirio.

E Francesco I tradi il suo dovere di sovrano cattolico e, pur
non consegnando il Pole ad Enrico VIII, obbligó il legato pontificio
ad uscire dalla Francia. Il Pole si rifugiava a Calais. Enrico VIII
aveva imposta sul capo di lui una taglia di 50.000 corone, mentre
chiedeva anche a Maria, sorella di Carlo V e governatrice dei Paesi
Bassi, di scacciare il Pole dai suoi dominii. Essa si contentò di man-
darlo a Liegi, dove rimase fino all'agosto 1530.

Paolo III, che sapeva quanti pericoli correva il suo legato, non
solo vide fallita la missione di lui ma forse anche perduta la spe-
ranza di vederlo tornare 9»,

Invece, fortunatamente, il Pole poteva rientrare in Italia e il
15 ottobre 1530 era già a Roma. In quel giorno, era di lunedì, si
tenne il solito concistoro segreto. Il papa aveva saputo dell’arrivo
del Pole, il quale, dice ingenuamente il diarista Martinelli, « poco o
nulla aveva concluso». Î

Si discusse quel giorno se il Pole dovesse o no esser ricevuto
in solenne concistoro pubblico, come legato che ritornava. L’insuc-
cesso della sua missione era forse quello che faceva nascere tale
dubbio.

Da qualche cardinale fu proposto al papa di non tenere conci-
storo pubblico in tale circostanza. Ma Paolo III tagliò corto e disse
che se ne sarebbe parlato in altro momento ed allora avrebbe fatto
conoscere la sua volontà.

Mi sembra assai importante mettere in evidenza la disparità di
pareri che anche in questa occasione regnava tra i cardinali e il
dissenso che si manifestava tra il papa e coloro che non volevano
che si ricevesse con i consueti onori il cardinale Pole, reduce dalla
sua legazione.

È chiaro che quei suoi colleghi proporati, che la pensavano
così, non solo mostravano di attenersi ad un rigido formalismo,
sostenendo che essendo il Pole tornato senza aver compiuta la sua
missione, non poteva meritare gli stessi onori che si tributavano ai
reduci da missioni felicemente compiute ; ma mi sembra che dessero
anche prova o d’incomprensione dei fatti o di mal animo verso il
TEZZE IIIa nti
= === reame rn " —
x 7 e negare _ -— NEMPE =

DENN LL

A A.M

164 TOMMASO VALENTI

Pole. Poiché essi o non avevano un'idea chiara di ció che era acca-
duto o non apprezzavano abbastanza l'eroica condotta del Pole,
che, per obbedire al papa, era andato a rischio di perdere la vita ;
0, pur sapendo tutto ció, non erano disposti a riconoscere il merito
sfortunato del loro confratello. Forse — chi sa ? — invidie e gelosie
ardevano anche in quel consesso.

Non così la pensava Paolo III, che vedeva e sapeva le crudeli
«difficoltà che Enrico VIII aveva opposte al compimento della mis-
sione del Pole, ed a questi il papa voleva, con la solenne accoglienza
nel concistoro, dare un segno visibile della sua gratitudine, quan-
tunque la legazione del Pole non avesse sortito l’effetto, forse troppo
ottimisticamente sperato.

Ecco perché Paolo III non volle più a lungo discutere su ciò,
-e sul far del giorno del 17 ottobre mandò il suo segretario Durante
‘ad avvertire il cerimoniere Martinelli che intimasse il concistoro
pubblico e facesse i preparativi necessari. Il cerimoniere, seccato da
tanta fretta, si lagna di non essere stato avvisato prima. Ma occor-
reva obbedire.

A rendere più complicato il suo compito si aggiunse la circo-
stanza della morte del cardinale camerlengo Spinola avvenuta in
quel giorno.

Ciò nonostante il venerdì 19 ottobre — Benedetto Valenti scrive
erroneamente il 29 — fu intimato il concistoro pubblico per ricevere
il cardinale Pole. I forieri hanno già provveduto all’addobbo di S.
Maria del Popolo, insieme col cerimoniere e con l’aiuto degli agosti-
niani quivi dimoranti. Il legato, dopo ascoltata la messa, va incon-
tro agli altri cardinali che col solito corteo sono per accompagnarlo ;
e tutti, a cavallo, s'incamminano verso il Vaticano. Il legato è tra
i cardinali diaconi Pisani e Trivulzio.

Giunti al Vaticano, entra il papa, in piviale rosso e mitria e si
asside in trono. Con le consuete formalità, il cardinale legato Pole
pronunzia un breve discorso al quale il papa altrettanto brevemente
risponde. E la cerimonia è finita?)

La notizia che Benedetto Valenti ha lasciato di questo conci-
storo ci ha permesso non solo di rievocare il nome del Pole, ma anche

‘di precisare la data del ritorno di questi a Roma, fin qui non co-

nosciuta.

Accenno di passaggio che poco dopo egli volle coraggiosamente
accettare ancora una volta la pericolosa missione di persuadere En-
rico VIII a tornare in grembo alla chiesa cattolica.

s Masa. Mar on) diuisa a. ce MUR So Ron o. a a
IL PROCURATORE FISCALE BENEDETTO VALENTI 165

Il Pole, che parti da Roma alla fine di decembre 1538, sperava
avere alleati nella sua opera Carlo V e Francesco I. Ma le speranze
fallirono ; ed Enrico VIII, non potendo impadronirsi del cardinale,
inferoci contro i congiunti di questo, che furono uccisi. Persino la
sua madre ottantenne fu incarcerata e il 20 maggio 1541 subi la
sorte degli altri *»,

*
Cook

«Die 23 Maij 1539. Consistorium publicum propter oratores
ducis Ferrariensis venientes ad prestandam obbedientiam nomine
dicti ducis; qui, licet non deberent, quia subditi, habere consisto-
rium publicum, tamen Sanctitas sua voluit quod daretur; et sic in
publico consistorio obedientiam prestiterunt ».

Questa «obbedienza » degl'inviati del duca di Ferrara, Ercole
II di Alfonso d'Este, non si presentava, per il cerimoniale, cosi
facile e semplice come le altre. Di ció era informato anche Benedetto
Valenti, il quale osserva che quegli « oratori» erano sudditi del papa,
ossia rappresentavano un principe a lui soggetto come feudatario ;
per ció non avevano diritto ad essere ricevuti in concistoro pubblico,
come i rappresentanti di principi e di stati non dipendenti dalla
santa Sede.

Con tutto ció, dice il nostro, il papa volle si tenesse concistoro
pubblico, nel quale i ferraresi prestarono la loro « obbedienza ».

*
* =

Negli Acta del cancelliere ed in quelli del camerlendo non si fa
parola di questo avvenimento. Il primo tace del tutto, il secondo
scrive che nel concistoro del 23 maggio 1539 nulla si fece di ciò che
per solito si annota nel suo libro ?9.

E il cerimoniere Martinelli che c'informa del fatto.

Gli «oratori » erano giunti a Roma fino dal 28 aprile e fecero
l'ingresso solenne dalla porta del Popolo, o anzi di « Santa Maria
del popolo», come scrive il cerimoniere, il quale aggiunge che si
disputó a lungo se dovevano o no essere ammessi a prestare « obbe-
dienza», perché, si diceva, trattavasi di feudatari. Ma poi fu con-
cluso per il sì; ed il 23 maggio ebbe luogo il concistoro pubblico
nel quale, con le solite cerimonie e solennità, i messi del duca di
Ferrara fecero il loro atto di sottomissione e di obbedienza.

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166 TOMMASO VALENTI

Il cerimoniere annota che egli ebbe dagli «oratori» 40 scudi
pro bibalibus (« pour-boire ») del suo ufficio 9,

*
*Ook

La questione sul modo di ricevere l'obbedienza dai rappresen-
tanti di Ercole II, duca di Ferrara, era stata discussa fino dalla prima
volta che egli si presentó personalmente a fare atto di sottomissione
a Paolo III nell'ottobre del 1535.

Il papa era a Perugia, quando gli si fece sapere che il duca di
Ferrara sarebbe andato da lui col doppio scopo di prestare obbe-
dienza e di sistemare la vertenza, non ancora definita, circa il pos-
sesso del ducato.

Ma il cerimoniere Martinelli persuase il papa a rimandare il
ricevimento a dopo il suo ritorno a Roma, perché là si sarebbe fatto
con piü comodità e sarebbe riuscito piü solenne. Il ragionamento
piacque al papa ed agl'inviati del duca ; onde cosi restó fissato.

Rientrato Paolo III in Roma I'8 di ottobre, il cerimoniere si
affrettó a domandargli se avesse notizie del duca. Il papa rispose
che sapeva trovarsi a Rignano Flaminio, dove avrebbe pernottato,
per giungere a Roma la mattina del 9. E diede ordine al cerimoniere
di tornare da lui la mattina seguente. Il Martinelli puntualmente,
come di dovere, vi si recò, insieme con altri suoi colleghi.

Tra questi e il papa si svolse un interessante dialogo, che può
così riassumersi :

— Che cosa dobbiamo fare per andare incontro al Duca, chiede
il papa.

— Per poter rispondere, occorre sapere che cosa egli viene a
fare, osserva prudente il Martinelli.

— Viene a prestare obbedienza a noi ed alla Santa Sede.

— Allora bisogna onorarlo assai più che se venisse per altra
ragione. Onde oltre ai familiari del papa, dei cardinali e degli ora-
tori, devono andare ad incontrarlo anche due cardinali alla porta
della città.

— Ma no! perché il duca è nostro vassallo e feudatario della
Chiesa e non gli spettano questi onori.

Dopo molto discorrere, il cerimoniere fa osservare al papa che
il duca non viene soltanto come feudatario di Ferrara, ma anche
come rappresentante di Modena, di Reggio e di altre terre di cui
IL PROCURATORE FISCALE BENEDETTO VALENTI 167

deve la signoria all'imperatore. Peró una nota in margine avverte
che questo é un errore ; perché Modena e Reggio spettano alla santa
Sede #5).

Ma il fatto era che il duca, anche nei tempi passati, era stato
ricevuto onorevolmente e si era tenuto per lui un concistoro pub-
blico.

È il cerimoniere che ricorda al papa :

— A tempo d'Innocenzo VIII il duca Ercole I, avo di questo
attuale, venuto nel 1487 a Roma per sua devozione a visitare la
tomba degli Apostoli, fu ricevuto dal papa con grandi onori. Gli
mandò per due tappe (dietae) ad incontrarlo due prelati. Ad un'al-
tra tappa: quattro prelati; ed a tre miglia da Roma mossero in-
contro al duca i senatori e i conservatori della città, i familiari del
papa e dei cardinali, insieme a due di questi, Sant'Angelo e Sforza,
come riferisce il Burchardt.

— E anche Giulio II — prosegue il cerimoniere — quando nel
1506 andò ad Imola contro i Bentivoglio, ricevé con uguali onori
il duca Alfonso d’Este, padre di questo Ercole II, e mandò ad in-
contrarlo alla porta della città il cardinale di S. Pietro in Vincoli e
il cardinale d'Aragona, che accompagnarono il duca dal papa. Tutto
ciò è riferito dal cerimoniere del tempo, Paride De Grassis.

Ma Paolo III era poco persuaso da queste rievocazioni storiche
e domanda al Martinelli :

— Ma quei duchi che cosa venivano a fare ?

— Non certo per prestare obbedienza, perché l'avevano già
fatto. E questo é un motivo di piü per ricevere solennemente questi,
che vengono per la prima volta a far atto di sottomissione.

Paolo III non é convinto ancora :

— Ma Alfonso, il padre di costui, aveva sconfinato dal ducato
e feudo di Ferrara, contravvenendo ai «capitoli» concordati con
Adriano VI. Quindi molto probabilmente padre e figlio erano sco-
municati, perché il loro atto d'insubordinazione era compreso tra
quelli colpiti dalle censure contenute nelle bolle In Coena Domini,
che tutti gli anni si pubblicano il Giovedi Santo, contro coloro che
occupano le terre della Chiesa.

— In conclusione. — chiede il cerimoniere che ha fretta di ve-
nire a una decisione — quei duchi sono o no in concordia con Vostra
Santità ?

— Ancora no; ma speriamo bene!

Il colloquio è alla fine. Ci sono in anticamera quattro cardinali.
s. pu

168 TOMMASO VALENTI

— Chiamateli ! ordina il papa. :

Entrano cosi i cardinali Pucci, Schónberg, Simonetta e Conta-
rini. Il papa sottopone ad essi la questione del ricevimento del duca.

Neanche i cardinali non sanno decidere perché non sono d'ac-
cordo tra loro. E allora il papa ordina addirittura una riunione di
tutto il sacro Collegio, per le ore 20 (2 pom. circa) dello stesso giorno.
Ma neppure in quell'adunanza plenaria si venne a capo di nulla,
quantunque si discutesse a lungo.

Il papa ricorse ad un espediente. Fece entrare in segreto il
duca a Roma e lo chiamó di notte ad un colloquio che duró non
meno di quattr'ore. Ma neanche tra loro due furono capaci di ri-
solvere la questione.

Peró é caratteristico il fatto di questo abboccamento. Il papa
che non vorrebbe ricevere in solenne udienza quel duca suo feuda-
tario, lo fa invece venir segretamente presso di sé e lo trattiene per
più ore a colloquio ! E tutto ciò per discutere di una formalità che
agli occhi nostri puó sembrare di secondaria importanza, ma che
‘collocata nell'ambiente della corte pontificia di quei tempi, assur-
geva ad un fatto politico quasi di prim'ordine.

Tanto che Paolo III, dopo l'abboccamento col duca, volle ri-
mettere la soluzione della questione a tutti i cardinali adunati in
concistoro. Non è più una riunione straordinaria, e confidenziale
come quella già convocata senza la solenne procedura del concistoro,
è un vero consesso deliberante che si aduna, come per le più gravi
questioni.

Questo si tenne 1’11 ottobre 1535. Il papa manda a chiamare i
cerimonieri ; tra questi il Martinelli, che si avvide, o sapeva già,
dell’incertezza del papa a decidere. E, poiché il Martinelli è pratico
del mestiere e bene informato dei precedenti storici, come li aveva
già esposti al papa, si richiama a questi e dice francamente a Paolo
III:

— Vuol vedere V. S. i libri che ho già citato degli antichi ceri-
monieri ?

— Si; va bene, risponde il papa.

Dopo un lungo intervallo il cerimoniere ritorna coi volumi del
Burchardt e del De Grassis, e si sbracció a far vedere a tutto il con-
cistoro come, in altre occasioni, i Duchi di Ferrara erano stati ri-
cevuti.

Per lui la questione era semplice e già risolta ; e sperava che
con i Diaria degli antichi cerimonieri sotto gli occhi, il papa ed i

x LS ME ^

Mie m os ns sc con vn

iin IL PROCURATORE FISCALE BENEDETTO VALENTI 169

cardinali si sarebbero persuasi. Allora, come oggi, la « prassi » era
quella che regolava tutto l'andamento della corte papale.

Ma non ostante i Diaria, i cardinali osservavano che gli ante-
nati di questo duca erano venuti a Roma per altre ragioni e non
per prestare obbedienza.

— Tanto più! insiste il cerimoniere : questa è una ragione de-
cisiva per fare a lui l'accoglienza che si usa in simili casi ; mentre a
chi viene a Roma per altri motivi non si fanno solenni onoranze.

E se si vuol giudicare, a base di buon senso, parrebbe anche
a noi che il cerimoniere avesse ragione.

Ma cosi non la pensavano i cardinali. Il cerimoniere ed i suoi
colleghi sono pregati di uscire; il concistoro deciderà senza di loro.

E la conclusione fu — il cerimoniere lo seppe da altri — che
se il duca nel suo ingresso rinunziava a farsi accompagnare da car-
dinali, avrebbe avuto tutti gli altri onori. Con ció la questione restava
impregiudicata, secondo il modo di vedere d'allora. Che se poi il
duca volesse aspettare una decisione definitiva e netta, continuasse
a restare a Roma in incognito, fino alla decisione.

Si capisce che questa seconda soluzione non poteva soddisfare
Ercole d'Este. C'era pericolo di dover restare a Roma in quella
equivoca posizione chi sa per quanto tempo e con tutto il carico del
seguito numerosissimo. Perció preferi di rinunziare all'accompagno
dei due cardinali e di contentarsi delle altre solenni onoranze che
gli sarebbero state tributate. In pari tempo dichiarava che — nel-
l’atto di prestare obbedienza — avrebbe accolta la protesta che in
simili casi dubbi era solito fare il procuratore fiscale, il quale faceva
redigere l’istrumento d’obbedienza con la esplicita riserva : sine preju-
dicio jurium Ecclesiae.

Tutto ciò garbava poco al cerimoniere, il quale si sfoga a scri-
vere : «A parer mio la conclusione è cattiva. Ma giacché si son messi
d'accordo, meno male ! » 39).

*
*ock

Tutto ció avveniva, come dissi, nel 1535. Ma la memoria che
ci ha lasciata Benedetto Valenti si riferisce al concistoro del 23
maggio 1539, di cui il cerimoniere Martinelli dà il breve ragguaglio.
E da notare che in quell'occasione, oltre al prestare obbedienza,
come suddito, il duca di Ferrara rinnovava la promessa di pagare
al papa il censo convenuto secondo la convenzione stipulata tra lui
170 TOMMASO VALENTI

e la santa sede nel gennaio di quello stesso anno 1539. Ma di ció
faró cenno in altro luogo.

*
*ock

«Die Lunae 22 (Decembris 1539) ».

« Consistorium publicum propter admissionem novorum cardi-
nalium qui fuerunt pubblicati et admissi, videlicet :

«Reverendissimus Dominus Parisius, auditor Camerae; Bar-
tholomaeus Viviccionus (sic); Ascanius Parisanus, episcopus Arimi-
nensis ; Episcopus Terdonensis, (sic) dicto il Gàmmaro ; Marcellus Cer-
vinus, secretarius Sanctitatis Suae, absens cum Reverendissimo Far-
nesio apud Caesarem ; Reverendus dominus Dionisius, generalis Ser-
vorum ; Reverendissimus Borgia et alii ».

Incomplete e non molto esatte sono le notizie che Benedetto
Valenti ci dà di questo concistoro : l'ultimo di quelli di cui egli ha
preso nota. E facile peró rettificare e completare le notizie del nostro.

Nel concistoro segreto del 19 decembre 1539 Paolo III nomi-
nava i seguenti cardinali : Pier Paolo Parisi, uditore della Camera ed
eminente giurista; Bartolomeo Guidiccioni, «gloria ed onore di
Lucca», uomo di vita integra ed esemplare; Ascanio Parisani, ve-
scovo di Rimini e tesoriere generale della Santa Sede; Umberto
Gambara, più volte nunzio e vescovo di Tortona ; Marcello Cervini,
che fu poi papa Marcello II, e che da Benedetto Valenti è indicato
con la qualifica di segretario di Paolo III, mentre lo era del nipote
di lui, il cardinale Alessandro Farnese, assenti ambedue da Roma
perché inviati presso Carlo V ; Dionisio Laurerio, generale dei Servi
di Maria ed insigne teologo ; Enrico Borja, vescovo titolare di Squil-
lace.

Et alii dice Benedetto Valenti ; infatti nel suo elenco mancano
i nomi di altri quattro cardinali creati in quello stesso concistoro,
cioè : Federico Fregóso, genovese, vescovo di Gubbio; Pietro de
Baume, vescovo di Ginevra, Antonio Sanguin, vescovo d’Orléans e
Giacomo Savelli della illustre famiglia romana.

Un altro fu riservato in petto ; ed era Michele Viseo de Silva,
portoghese, che fu pubblicato soltanto nel concistoro del 2 dicem-
bre 1541. Benedetto Valenti era già morto.

Inutile dire che queste notizie sono tutte confermate dagli atti
concistoriali, sia del camerlengo che del vicecancelliere, come dai
Diaria dei cerimonieri ??,

mE GO TI
———MJMr—— ———

IL PROCURATORE FISCALE BENEDETTO VALENTI 171

Ma è da notare che Benedetto Valenti ha preso nota del conci-
storo pubblico del 22 decembre 1539 nel quale i detti cardinali ven-
nero solennemente pubblicati, ma non di quello segreto del 19 pre-
cedente in cui vennero creati, dopo lunghe e laboriose trattative #9).

Ed è anche da osservare, per l'esattezza storica, che nel conci-
storo del 22 decembre furono consegnati i cappelli non a tutti i
cardinali elencati da Benedetto Valenti, ma soltanto a sei dei nuovi
eletti : Gambara, Parisani, Parisi, Guidiccioni, Laurerio e Borjo con
le solite solenni cerimonie.

ToMMASO VALENTI

NOTE

1) GisBERT. Brom, Guide aux Archives du Vatican, Rome, Loescher
& 65. 1911. p.366;

?) ARCHIVIO VATICANO, Acta Vicecancellarii, 3, f. 107.

*) Acta vicecancellarii, 4, f. 129 (137) in ArcHIvIO VATICANO.

‘) Romae, die Veneris, nona Julij (1535) fuit consistorium secretum in
loco ut supra, in quo nihil fuit factum. (Acta camerarii, 3, f. 87 (107), ivi.

‘) Diarium di Biagio Martinelli, cit., in BIBLIOTECA VATICANA, Armadio
xit, To. 56, f. 402.

*) PASTOR, Storia dei papi, Roma, Desclée, 1903, To. 111, p. 290.

KID: vi; (T0. 11,: p: 16.

5) PAsTOR, Storia dei papi, vol. 111, p. 906.

?) PASTOR, ivi.

10) Ip;, 1V5«1, D. ;420.

1) BLasius DE MARTINELLIS; Diarium, f. 359 ss. (BIBLIOTECA VATI-
CANA, Armadio xir, 56).

1?) BrAsIUS DE MARTINELLIS, Diarium, f. 373 ss. (BIBLIOTECA VATICANA,
Armadio xii, 56).

13) Cancellato : committuntur duo.

14) Pastor L., v, 90 ss.

15) BLASIUS DE MARTINELLIS, Diarium, f. 407° ss (BIBLIOTECA VATI-
CANA, Armadio XII, 56).

le) DL. .P.. Storia deis Papr,. v.

17) PASTOR, V, p. 124, n. 1.

18) Acta camerarii, 3, f. 126 (ArcHIvIO VATICANO). Nel codice è scritto
Cancellarii ; ma è sbagliato.

19) BLASIUS DE MARTINELLIS, Diarium, f. 126 (BIBLIOTECA VATICANA,
Armadio xit, 57).

20) Acta camerarii, 2, f. 21t (45°) in ARCHIVIO VATICANO.
172 TOMMASO VALENTI

^?) BLasIUS DE MARTINELLIS, Diarium, f. 161 (BIBLIOTECA VATICANA,
Armadio xit, 58).

?) ARCHIVIO VATICANO, Principi, 10, f, 504° (511°).

23) PASTOR, V,.25 n.1.

24) Cancellato : XIII.

25) PASTOR, V, p. 1051.

**) PASTOR, v, 106.

*?) BLasIUs DE MARTINELLIS, Diarium (BIBLIOTECA VATICANA, Armadio
XII, 56), f. 552.

** BLasius DE MARTINELLIS, Diarium (BIBLIOTECA VATICANA, Ar-
madio xir, To. 57) f. 188.

°°) B. pr MARTINELLIS, Diarium, in BIBLIOTECA VATICANA, Armadio
AX I1:56; Edo:

*9)) PASTOR, V, 649-652.

*) BLasius DE MARTINELLIS, Diarium (BIBLIOTECA VATICANA, Armadio
XII, To. 56, f. 554).

33) PASTOR, V, 652.

3) ARCHIVIO VATICANO, ‘Acta cam. 3, f. 144,

*) BLasII MARTINELLI, Diarium, in BIBLIOTECA VATICANA, Arm. SII;
To..57, f. 206.
; *") B. De MARTINELLIS, Diarium, in BIBLIOTECA. VATICANA, Armadio
XII, To. 56, f. 424° ss,

°°) .... et quidem mala conclusio, judicio meo, sed quia concorditer,
minus malum! (B. pe MaRTINELLIS, Diarium cit.) f. 429,

°°) Acta camerarii 2, f.152° (172). Vedi : B. DE MARTINELLIS, Diarium,
in BIBLIOTECA VATICANA, Armadio XII, 57, f. 213 s.

*5) PASTOR, V, 126 ss, 802, 803.

2 T cla RECENSIONI

Statuti di confraternite religiose di Padova nel medio Evo. Testi, studio intro-
duttivo e cenni storici a cura di GirusEPPINA DE SANDRE GASPARINI.
Istituto per la storia ecclesiastica padovana, 1974. « Fonti e ricerche
di storia ecclesiastica padovana, vi », pp. 366,6 tavv. f. t.

C'é motivo di provare un senso di compiacimento nel rilevare che da
quando ha preso l'avvio la Ricerca sul Movimento dei Disciplinati (1962) si
sviluppa nel campo degli studi storico-religiosi un largo interesse, che ha ap-
portato pregevoli contributi alla migliore conoscenza di queste congrega-
zioni confraternali che costituiscono il numero uno nell'ambito della reli-
giosità laica e popolare. Moltissime tesi di laurea infatti sono state appron-
tate in varie università italiane sull'origine, la struttura, le vicende di singole
confraternite. Vari contributi storici di più ampio orizzonte sono stati pub-
blicati, come il presente, che interessa solo parzialmente i disciplinati.

Consideriamo preliminarmente gli argomenti trattati nello studio in-
troduttivo e la distribuzione del vasto materiale documentario raccolto. Vi
sono considerati con criterio comparativo i dati desumibili dagli statuti di
alcune confraternite padovane comuni e disciplinate : la compagine asso-
ciativa, i rapporti fra le confraternite, la città e gli enti religiosi, la struttura
istituzionale, i riti confraternali, le devozioni e le opere.

Vien fatto innanzi tutto di osservare che non sembra opportuno, ai
fini di una indispensabile chiarezza, considerare insieme questi elementi per
le confraternite di disciplinati e per quelle comuni. Lo sforzo condotto per
dare una caratterizzazione delle confraternite considerate sulla base delle
norme statutarie, mediante una minuziosa, persino esasperante, analisi di
dati normativi non sembra conseguire lo scopo che si prefiggeva. Gli statuti
sono indubbiamente la base di partenza dell’attività delle confraternite, ma
non costituiscono da soli il mezzo di interpretazione del carattere di esse e di
valutazione dell’apporto da esse arrecato, sotto tutti gli aspetti, alla vita
spirituale, penitenziale, sociale dell'ambiente in cui hanno operato. Per la
caratterizzazione storica di ogni singola confraternita, vista nella sua con-
cretezza, è indispensabile integrare il contenuto delle norme statutarie con
le altre fonti documentarie, matricole, riformanze, rogiti notarili, registra-
zioni contabili e patrimoniali.

12
174 RECENSIONI

Limitatamente all’ambito degli statuti come è possibile porre su un
piano comparativo lo statuto della confraternita di S. Maria dei Colombini
del 1298 con gli statuti del 1334 e del 1433-38 della confraternita di S. An-
tonio, nei quali, a parte il diverso clima storico, sussiste un’impossibilità di
accostamento tra la sobrietà e asciuttezza del primo e la complessità buro-
cratico-amministrativa dei secondi, dovuta quest’ultima probabilmente al-
l'influenza dei frati di S. Antonio, presso i quali la confraternita era sorta e
operava ?

Nel volume segue poi la parte più sostanziale della testimonianza do-
cumentaria, che costituisce la vera e propria base del lavoro. Vi sono accu-
ratamente pubblicati gli statuti di varie confraternite padovane, ciascuno
dei quali è corredato di un congruo apparato critico.

Per la confraternita di S. Maria dei Colombini gli statuti del 15 feb-
braio 1298, quelli tra il 1305 e il 1376, e tra il 1416 e il 1450, con interpola-
zioni posteriori e posteriori deliberazioni di norme statutarie sino a quello
del 1535.

Per la confraternita di S. Lucia lo statuto del 1324, già pubblicato nel
1954 da Paolo Sambin, e deliberazioni statutarie posteriori.

Per la confraternita dei SS. Rocco e Lucia lo statuto redatto circa il
1468 e le deliberazioni statutarie posteriori.

Per la confraternita di S. Antonio confessore gli statuti del 1334 e del
1433-38 e deliberazioni statutarie posteriori.

Per la confraternita di S. Antonio da Vienna lo statuto del 1353.

Per la confraternita di S. Giovanni Evangelista della Morte gli statuti
tra il 1425 e il 1468, del 1502 e deliberazioni statutarie posteriori.

Per la confraternita di S. Nicolò da Tolentino gli statuti circa 1392 e
1436, nonché le deliberazioni statutarie posteriori.

Per la confraternita di S. Daniele lo statuto tra il 1464 e il 1471 e deli-
berazioni statutarie posteriori.

Per la confraternita del Corpo di Cristo di S. Croce lo statuto compilato
circa il 1494.

Per la confraternita di S. Maria del Torresino lo statuto degli ultimi
decenni del sec. xv e altre deliberazioni statutarie.

Di limitato interesse e incerta finalità gli statuti della confraternita di
S. Maria Nova fuori Ognissanti.

Di tali confraternite, per quanto attiene alla formulazione delle norme
statutarie, due sono di disciplinati : quelle di S. Maria dei Colombini e di S.
Giovanni Evangelista della Morte.

Non v'é traccia della confraternita che gestiva l'importantissimo ospe-
dale della Ca’ de Dio, di cui si conserva all'Archivio di Stato di Padova un'in-
gente documentazione, nella quale sembra tuttavia che la confraternita resti
nascosta dietro la soffocante preminenza dell’ospedale.

Messi in luce gli statuti di queste confraternite sarebbe desiderabile

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RECENSIONI 175

che l’A., assai esperta nella conoscenza di questo settore di istituzioni di reli-
giosità popolare, si accingesse via via a tessere, come del resto ha già fatto,
la delineazione storica di esse mettendo a profitto la documentazione di ogni
genere che é già in gran parte indicata nel corso di questo lavoro.

GIOVANNI CECCHINI

Le Casacce. Arte e tradizione. Testo Fausta Franchini Guelfi, Fotografie
Ramiro Rosolani. Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, 1974, pp. 436,
200 ill. nel testo, 104 tavv. f. t.

È titolo di grande merito per la Cassa di Risparmio di Genova e Im-
peria aver patrocinato questa opulenta pubblicazione e averne sostenuto le
spese che debbono essere state ingenti.

L’opera più che corrispondere a esigenze di ricostruzione storica su base

documentaria è una presentazione dal vivo del momento culminante della ©

funzione pubblica della vita confraternale : la processione. Ne consegue una
rivalutazione dell’espressione artistica (e anche umana) dell’abbondante sup-
pellettile assai varia e spesso di grande pregio che tuttora si conserva nelle
sedi delle confraternite. La tesi, recondita o manifesta, della rivalutazione
artistica di molta parte della suppellettile confraternale, qui magnificamente
riprodotta, sottolinea un atteggiamento polemico con la sottovalutazione o
non piena valutazione che di questo strabocchevole materiale era stata fatta
in occasione della Mostra delle Casacce del 1939.

Mi sembra, in sostanza, di cogliere il carattere e la finalità della pubbli-
cazione affermando che essa è in definitiva un’opera storico-illustrativa della
vitalità operosa delle confraternite, in cui i documenti sono rappresentati
dalle opere di scultura, pittura, dai costumi dei confrati, dalle stoffe, dalla
suppellettile processionale.

Sembra infatti che su tale aspetto, del resto rilevante, si sia concen-
trata l’attenzione dell’A., che nel primo capitolo « Il movimento dei Discipli-
nati e le prime testimonianze figurative » sorvola frettolosamente sull’origine
del movimento dei disciplinati cadendo facilmente in inesattezze cronolo-
giche, senza tener conto dell’evoluzione che il movimento stesso ha subito
dalla fase processionale a quella confraternale. È sintomatico a questo pro-
posito che nella pur abbondante bibliografia non sia citata alcuna delle nume-
rose pubblicazioni edite dal Centro di documentazione sul movimento dei
disciplinati di Perugia, che opera fruttuosamente dal 1962.

Salvo qualche incertezza, come a me sembra, nel far distinzione, non
sempre sicura, tra le confraternite di disciplinati bianchi, perché questo era
il colore della cappa e'confraternite eventualmente originate dal movimento
176 RECENSIONI

dei Bianchi del 1399, che fu eminentemente processionale, é tuttavia com-
pleta la ricognizione delle confraternite di Genova e di altre località della
Liguria. Certamente il moto itinerante dei Bianchi servi a rinfocolare il fer-
vore del movimento dei disciplinati, che a quello si accomunava nella pra-
tica della disciplina e nella diffusione delle laude. ps

La esposizione procede nel corso del primo capitolo col sussidio di molti
dati informativi e di pertinenti considerazioni (ma non a proposito della
confraternita di S. Maria della Vita di Bologna, che non fu fondata da Ra-
niero Fasani, al quale non é documentariamente attribuibile la fondazione
di aleuna confraternita, non avendo egli superato la fase processionale del
movimento).

Fondamentale per la migliore e più precisa conoscenza delle confra-
ternite genovesi è il secondo capitolo, intitolato appunto « Le Casacce ». Vi
si notano le vicende per la costruzione delle sculture processionali ordinate
da varie casacce, nella cui esecuzione dal sec. xvi in poi si svaria dalle mani
di modesti artigiani all'arte di veri e propri artisti. Nel Cinquecento siamo
lontani dalla perizia tecnica e dalla finezza di esecuzione dimostrate nella

' statua lignea dipinta di S. Giacomo maggiore dell'Oratorio di S. Giacomo di

Pino.

Si passa poi alla considerazione dei Sacri Monti piemontesi e lombardi
come altra forma di fervore religioso popolare e di didattica evangelica, a
cui del resto fanno riscontro le sacre rappresentazioni, che specialmente nel
Seicento e nel Settecento assumono valore di espressione artistica, serven-
dosi, come a Bologna, dell'opera di poeti come il Metastasio e di musicisti
come il Paisiello.

A] periodo piuttosto travagliato dell'allineamento al rigorismo imposto
dall'applicazione dei canoni emanati dal Concilio di Trento, segue una fase
di ‘ proletarizzazione ' (il termine è forse eccessivo !) delle casacce con l’at-
tuazione di un contraltare costituito dalle compagnie di nobili. Afferma VA. :
« Estremamente vario il quadro delle confraternite genovesi alla fine del Cin-
quecento. Accanto alle venti casacce, le * compagnie ’ aristocratiche, gli ora-
tori delle Arti, le nuove confraternite riformistiche legate alle parrocchie e
ai conventi ; è tutto un pullulare di sodalizi fra i quali però:le venti ‘ domus ’
conservano particolari caratteristiche sia per la loro collocazione socio-poli-
tica che per le particolari espressioni figurative e spettacolari del loro patri-
monio devozionale ».

Nei capitoli successivi dal terzo al quinto oramai la esposizione assume,

‘sempre nell’ambito storico-artistico, il carattere di ampia ricognizione arti-

stica delle opere di vario genere realizzate per conto delle casacce mercè
l'impiego dei più noti artisti del tempo sino al secolo xix.

Nelle 104 tavole a colori, di perfetta esecuzione, è racchiusa la più
eloquente dimostrazione della quantità di opere eseguite per conto delle

casacce, dalle più varie opere in prevalenza di scultüra policroma ai finissimi
RECENSIONI 177

ricami a diversi motivi dei tabarrini. Completano il volume un'ampia, ma
come già osservato, lacunosa Bibliografia, l'Indice delle illustrazioni, l'In-
dice delle tavole f. t., l'Indice dei nomi, l'Indice dei luoghi e delle opere.

GIOVANNI CECCHINI

MARIO CARAVALE, La finanza pontificia nel Cinquecento. Le provincie del
Lazio. Camerino, Jovene, 1974 (Pubblicazioni della Facoltà di Giuri-
sprudenza dell'Università di Camerino, 3), pp. 188.

Si sono fatti piü numerosi negli ultimi anni gli studi sulle strutture
dello Stato Ecclesiastico, in forma di ricerche sulla gestione amministrativa
e soprattutto finanziaria di uno Stato finora prevalentemente conosciuto
nella sua organizzazione centrale. Nel volume di Mario Caravale, che utilizza
i ricchi fondi dell'Archivio di Stato di Roma e di quello Vaticano, si pren-
dono appunto in esame le strutture finanziarie durante il Cinquecento e nelle
regioni piü vicine alla capitale. In tale secolo, infatti, viene portato avanti
con decisione dalla Curia «il tentativo di superare gli schemi statali di ori-
gine medievale... per imporre un piü efficiente ordinamento burocratico
centralizzato » (p. 5). La scelta regionale si giustifica per le diverse condizioni
presentate dalle zone del Patrimonio e della Campagna e Marittima, per cui
la storia di questo tentativo si sdoppia di continuo, nella sua applicazione, a
seconda della regione interessata, confermando il carattere volta a volta
particolare dell'intervento pontificio.

L'evoluzione delle tesorerie, organi provinciali di raccolta delle imposi-
zioni, si accompagna alla variazione dello stesso sistema impositivo. È me-
rito dell'A. aver rilevato, attraverso il paziente raffronto della documenta-
zione relativa, che dato costante nell'evoluzione del sistema provinciale « è
un processo graduale che inizia dall'esercizio a titolo personale, da parte del
titolare di un ufficio, di altra competenza e che poi si conclude con l'asse-
gnazione della competenza stessa all'ufficio quale organo oggettivo » (p. 113).
La trasformazione non è soltanto qualitativa : il bilancio più antico che si
conosca — quello del 1480/81 — enumera infatti le tesorerie del Patrimonio,
Campagna e Marittima, Perugia, Città di Castello, Marca ed Ascoli; mentre
nel 1525 la tesoreria di Città di Castello risulta compresa in quella di Perugia
e ne compaiono di nuove (Romagna, Piacenza, Modena, Reggio). Anche la
circoscrizione territoriale di competenza varia ché, all’inizio del secolo, al-
cune località dell'Umbria meridionale quali Otricoli, Narni, Terni, Cesi, Ame-
lia, San Gemini e zone limitrofe — Orte, Civita Castellana — appartengono
al Patrimonio, per poi passare più tardi (1512), e solo in parte, sotto la com-
petenza di un apposito commissario, Vincenzo Alfani da Perugia, e poi de-
finitivamente alla tesoreria di Perugia e Umbria. Per inciso ricordo che la
178 RECENSIONI

famiglia degli Alfani — com'é noto — costitui per lungo tempo nella città
di Perugia un gruppo di potere attraverso la partecipazione ripetuta alle
varie cariche e agli appalti. Altre comunità della Campagna e Marittima,
quali Terracina, passarono poi alla diretta giurisdizione della Camera, mentre
si consolidava l'inclusione, dapprima provvisoria, di Lazio e Sabina nella
tesoreria di Campagna.

Nel primo quarto di secolo la finanza centrale si limitava a sovrapporsi
a quella locale, nel tentativo di assolvere alle pressanti necessità economiche
con un aumento del gettito fiscale, cui rimane estranea solo la provincia di
Campagna e Marittima, più delle altre dominata dalle grandi estensioni feu-
dali degli Orsini, Colonna, Caetani. « Il nuovo indirizzo tributario si sostanzia
da un canto nel tentativo di infrangere il diaframma della finanza cittadina
e signorile per colpire direttamente i sudditi dello Stato, dall'altro nel sotto-
porre a obblighi fiscali anche le terre rientranti nella giurisdizione feudale »
(p. 137). Fallito il primo scopo, soltanto il secondo fu portato a compimento
attraverso l'imposizione del sussidio triennale da parte di Paolo III. L'ag-
gravio tributario causó tra l'altro la ribellione di Perugia, meglio nota come
«guerra del sale », sulla quale manca tuttora uno studio approfondito.

Nuovi tributi si ebbero anche con i successori del Farnese : Paolo IV
stabili addirittura un'imposta sulla proprietà, violando in tal modo il tradi-
zionale sistema tributario papale che aveva come oggetto fiscale le comu-
nità e non gli abitanti (p. 97). Tuttavia l'innovazione ebbe breve durata
ché, dopo il Concilio, si ritorna a colpire con nuove imposte la comunità e
si incrementa il debito pubblico, con una politica che verrà seguita anche
nel secolo successivo. Negli ultimi trent'anni, mentre anche la Campagna
viene affidata ad appaltatori, nel Patrimonio i vecchi tributi rimangono
pertinenza dei conduttori ed i nuovi amministrati direttamente da funzionari
camerali. In tal modo la Camera, conseguita l'eliminazione delle aree privi-
legiate, cerca nelle zone tradizionalmente piü «facili » di realizzare anche la
propria indipendenza dalle grandi compagnie appaltatrici.

All’inizio, dunque, le tesorerie sono affidate a funzionari provinciali,
piü tardi a compagnie mercantili e poi di nuovo ad amministratori. L'oscil-
lazione tra gestione diretta ed indiretta é dovuta a molti fattori tra i quali,
innanzi tutto, la facilità o meno di esazione presentata dalle diverse pro-
vince, il che condiziona l'interesse commerciale delle compagnie, il variare
delle condizioni di efficienza dell'apparato amministrativo statale, che ap-
profitta dei momenti propizi per rendersi indipendente dal grosso capitale
mercantile e bancario, la crisi della feudalità pontificia negli anni di Pio IV
(p. 108) e quella alla fine del secolo delle compagnie (p. 136), fenomeni tutti
che favoriscono la centralizzazione del potere. S'é parlato tuttavia di oscilla-
zione, perché nel secolo successivo riprendono gli appalti e, se si può consen-
tire col Caravale circa gli effetti del sistema dell'appalto come quello che
«da un canto garantiva allo Stato un'entrata sicura e continua e dall'altro

» MERE aom
RECENSIONI 179

portava ad un piü rigido e fattivo esercizio del potere tributario sulle comu-
nità contribuenti » (p. 47), almeno per quanto riguarda l'Umbria esso perde
col tempo tale efficacia per divenire solo occasione di arricchimento per au-
daci imprenditori.

I Chigi come i Sauli, i Ceuli, i Bandini costituiscono le consorterie in-
teressate all'appalto delle tesorerie piü redditizie o della salara di Roma o
delle dogane dei pascoli. Alle loro fortune sono intimamente legate anche le
innovazioni amministrative ; come banchieri essi operano a livello pluri-re-
gionale ed internazionale, ma si appoggiano di frequente nelle loro specula-
zioni anche alla nobiltà, costituendo una serie di rapporti sui quali sarebbe
opportuno indagare ulteriormente. La compagnia di Sebastiano Sauli, per
esempio, ebbe la tesoreria di Perugia nel I510 (il breve si trova presso l'Ar-
chivio di Stato di Perugia, Archivio Storico del Comune di Perugia, Camera
Apostolica, 2, c. 144r), di Città di Castello (ibidem, c. 148v), la dogana dei
pascoli di Roma e Patrimonio, la salara di Roma. Pierantonio Bandini, ap-
paltatore della salara romana nel 1549, apri nel '69 una succursale del suo
banco a Napoli con il finanziamento di Marcantonio Colonna — il vincitore
di Lepanto — Ascanio Della Corgna, il duca d'Urbino, il duca di Parma
(Biblioteca Apostolica Vaticana, cod. Urb. Lat. 1041, f. 186r).

D'altra parte il sostegno del capitale mercantile, genovese e fiorentino,
era necessario alla S. Sede nel contrasto colla medesima grande feudalità
restia a sottomettersi ad un regime fiscale uniforme. Attacchi dirctti alle
prerogative feudali costituirono anche i vari provvedimenti pontifici che, da
Alessandro VI in poi, intesero favorire il pascolo dei titolari di «fida » nella
campagna romana (p. 42) e, piü tardi, il tentativo, non del tutto riuscito,
di intaccare una delle principali voci della rendita nobiliare attraverso la
concessione al tesoriere delle «tratte » o permessi di esportazione del grano
(p. 123). Si puó dire, in conclusione, che la complessa problematica di tali
studi scaturisca appunto dalla continua interazione dell'aspetto propria-
mente tecnico dell'evoluzione amministrativa con quello piü specificamente
socio-economico. i

RITA CHIACCHELLA
180 RECENSIONI

L’Ospedale di Cento nei secoli. Studi, documenti, iconografia. Hanno col-
laborato Eugenio Gilli, Oscar Mischiati, Maricetta Parlatore Melega,
Antonio Samaritani, Olinda Tamburini. RAFFAELLO CHIAPPINI, Ori-
gini, vicende, statuti dell'Ospedale di Cento. Ferrara, 1900. A cura della
Cassa di Risparmio di Cento, 1975, pp. 113-247, 56 tavv. f.t.

Tra i vari studi di storia ospitaliera avuti tra mano in questi ultimi
anni questo costituisce il contributo storico più serio e completo sull’argo-
mento trattato. La parte maggiore del volume è costituita dalla riprodu-
zione fotografica della fondamentale ricostruzione storica effettuata da
Raffaele Chiappini, direttore sanitario dell’ospedale, pubblicata a Ferrara
nel 1900. Una pertinente, dotta e approfondita integrazione a quello studio
storico è il contributo La Societas devotorum di Cento e il suo ospedale nei
secoli XIII-XVI di Antonio Samaritani. Dopo aver prudentemente indagato
sui movimenti spirituali apparsi nella zona nel corso del Ducento, egli, ser-
vendosi della sola documentazione esistente, riscontra nel Trecento anzi
nella prima metà del secolo l'esistenza della Societas devotorum, cioé della
Confraternita dei Battuti e dell'ospedale. Sembra pertanto lecito credere
che i Battuti di Cento avessero istituito l'ospedale avanti il 1312. Nella co-
stante attenzione portata dal Samaritani ai frequenti e spesso turbinosi
rivolgimenti politici, viene progressivamente prendendo corpo la Confra-
ternita di S. Maria di Cento. La maggiore conoscenza che della Confraternita
si viene prendendo nel Tre e Quattrocento procede in gran parte dalla va-
lutazione della notevole quantità di lasciti da parte ‘di domini, di ser, ma
anche di umili persone ’.

Purtroppo sono andati perduti i più antichi capitoli della Confrater-
nita; tuttavia è probabile che alcune clausole dello statuto del 1509 ripe-
tano norme e disposizioni degli statuti precedenti.

Tramite la' Confraternita molte cure furono rivolte dalle autorità e
dai privati all'ospedale, che era impiantato secondo le consuetudini dell’epoca.
Ma esso dimostra di possedere un’attrezzatura regguardevole se, come ri-
sulta dall’inventario del 16 settembre 1566, possedeva 15 lettiere di noce
con relative ‘colonelle’, 15 letti, 13 materassi, 15 capezzali, 15 coperte,
40 lenzuola. Del medesimo anno è un inventario di beni patrimoniali della
Confraternita: due case in Cento, di cui una adibita ad ospedale, l’altra
affittata per 60 lire all’anno ; terreno arativo, alberato e vignato di 130 tor-
nature ; altro terreno come il precedente di 310 tornature; altri appezza-
menti di terra di 70, 12, 7, 18, 100 tornature, per complessive 774 torna-
ture. È da notare che su questi beni, provenienti tutti da lasciti, gravavano
spese di culto, che erano tuttavia sopportabili.

Il più antico documento che attesti l’esistenza della Confraternita
dei Battuti di S. Maria di Cento è il breve di indulgenza del 29 settembre

e "Ice HET c
RECENSIONI 181

1312 del vescovo di Bologna Roberto Avvocati. La Confraternita, che aveva
il suo oratorio e che, sopratutto nel corso del Quattrocento e poi nei secoli
successivi, ha notevolmente aumentato il suo patrimonio, ha gestito con
molto impegno l'ospedale, che, opportunamente ingrandito nella sede e am-
modernato nelle attrezzature, è l'odierno Ospedale civile di Cento.

Oltre alla storia dell'Ospedale, e anche della Confraternita, di Raf-
faele Chiappini, e il puntuale studio critico di Antonio Samaritani il vo-
lume contiene altri notevoli contributi complementari: Tradizioni artistiche
della Confraternita di S. Maria dell'Ospedale di Cento di Oscar Mischiati ;
Il restauro dei dipinti dell'Ospedale di Cento di Maricetta Parlatore Melega ;
L'Ospedale di Cento dalla fine dell'Ottocento ai nostri giorni di Eugenio Cilli
a integrazione quest'ultimo dello studio del Chiappini. Ampia e interessante
la documentazione offerta dalle illustrazioni.

La Confraternita di S. Maria dei Battuti è stata soggetta all'arcive-
scovo di Bologna ; essa godeva del privilegio concessole da Clemente VIII
e confermato da Benedetto XIII di liberare * unum carceratum’ condan-
nato per qualsiasi reato tranne quello per eresia.

In conclusione questa di Cento è una delle pochissime Confraternite
di Battuti che abbiano istituito e gestito per vari secoli un ospedale che
con la dovuta evoluzione connessa coi tempi esiste e opera tuttora.

GIOVANNI CECCHINI

MARIO RoncETTI; Profili di bibliotecari perugini. Con appendice bibliogra-
fica (presentato dal prof. Francesco Ugolini). Estratto dagli « Annali
della Facoltà di Lettere e Filosofia della Università degli Studi di
Perugia » Vol. XI (1973-74), pp. 183-370.

Sono presi in considerazione soltanto i bibliotecari che sono stati a
capo della Biblioteca Augusta del Comune di Perugia, uno dei più inccnd
istituti pubblici di conservàzione libraria d'Italia.

L'opera é divisa in due parti. La prima contiene i profili, che per
la loro esiguità sembrano piü medaglioni, dei bibliotecari ; la seconda, che
è più ampia della prima, presenta una pingue Appendice bibliografica li-
mitata, ma da ritenersi completa, delle opere inedite e edite dei singoli bi-
bliotecari ricordati nella prima parte.

Sono presentati tutti i bibliotecari della Biblioteca Augusta,a co-
minciare da quello che a buon diritto è considerato il fondatore dell'istituto
Prospero Podiani, e cioé: Fulvio Mariottelli, Lodovico Aureli, Lodovico
Alberti, Bonifacio Saccucci, Cesare Ballottoli, Giulio Cesare Barigiani, Gio-
vanni Angelo Guidarelli, Pietro Paolo Cristiani, Giacinto Grazi, Giovanni
P" S cii diese. BC ERE TE S MOMENT MARE irrita MB VER RSS
è ERESIA Sacs MET.

182 RECENSIONI

Cerboni, Giovanni Angelo Cocchi, Luigi Canali, Cesare Massari, Adamo
Rossi, Alessandro Bellucci, Vincenzo Ansidei, Francesco Briganti. Bisogna
riconoscere che il Comune di Perugia ha ognora assegnato all'ufficio di bi-
bliotecario elementi di alto livello culturale, scegliendoli, almeno sino alla
prima metà del secolo XIX, fra i docenti universitari, prevalentemente
ecclesiastici.

L'A. li presenta con un'incorniciatura lievemente encomiastica, sarei
per dire di gusto ottocentesco, sottolineando piü la loro attività culturale
e scientifica che la loro operosità di bibliotecari. Ciò è probabilmente do-
vuto allimitato apporto proveniente da una esplorazione del materiale ar-
chivistico abbondantissimo per la storia della biblioteca e dei suoi custodi
o bibliotecari: per cui si sarebbe potuto evitare, ad esempio, l'equivoco a
proposito delle due mogli di Prospero, Lucrezia Crescimbeni e Flaminia
Dionigi, e dei relativi figli e non sarebbe sfoggito che tra Adamo Rossi e
Alessandro Bellucci, nel 1886-87 un altro bibliotecario v'era stato, sia pure
incaricato, cioè Francesco Guardabassi.

Ragguardevole la parte bibliografica, assai rimarchevole per la com-
pletezza dei numeri attribuiti a ciascun autore, impeccabile nella rigorosa
inquadratura bibliografica di ogni singola unità.

Forse sarebbe stato desiderabile che attraverso la delineazione dei profili
dei bibliotecari fosse emersa la diversa concezione della figura e dell'officio
del bibliotecario nei secoli, sino all'anticipazione nella seconda metà del se-
colo xix del carattere e dei requisiti della funzione moderna del bibliotecario.

È comunque merito di un giovane bibliotecario di ottima formazione
culturale e tecnica di aver fornito un serio contributo alla storia della cul-
tura perugina e alla miglior conoscenza di quel nobilissimo e importantis-
simo istituto che è la Biblioteca Augusta solitamente ignorata da larga parte
del ceto colto della città.

GIOVANNI CECCHINI

ALBERTO Piazzi, La Confraternita dei Disciplini e la Chiesa del Corlo in
Lonato. Verona, 1975, Pp. 350, 2 tavv. f.t., 88 ill.

È motivo di compiacimento constatare la larga eco di interessi e la
fioritura di studi intorno al Movimento dei Disciplinati e alle Confraternite
che sono sorte in Italia e all’estero in seno al movimento stesso che si sono
prodotti da quando il Centro di Documentazione ha cominciato ad ope-
rare (1962).

Anche la presente pubblicazione si inserisce nella scia di quella cor-
rente di interessi e di studi.

L’opera è divisa in varie parti. Dopo una sommaria e piuttosto fret- RECENSIONI 183

tolosa premessa sul carattere e sulla finalità delle confraternite in generale,
che non era indispensabile, si passa a trattare l'argomento dei Disciplinati,
dei quali non é perspicuamente colto lo spirito informatore. Per di piü va
osservato che qui si ripete l'errore in cui sono caduti vari scrittori di storia
di epoca passata; errore che la ricerca condotta dal Centro di Documen-
tazione ha sconfessato. Cioé é ben vero che Raniero Fasani ha iniziato, co-
me é dimostrato da testimonianze di organi di pubblici poteri, il moto pro-
cessionale penitenziale nel 1260, ma è altrettanto vero che egli nelle sue
peregrinazioni in Italia non é andato oltre la fase processionale del movi-
mento da lui promosso e non ha fondato alcuna confraternita. Per la vi-
talità stessa del movimento penitenziale, che pervase tutte le categorie so-
ciali, ma specialmente quelle popolari, per non farne disperdere i benefici
divenne naturale organizzare 'societates' sul modello di già esistenti con-
fraternite come quelle, poniamo, dei Raccomandati di Maria, col favore
di ordini religiosi, quali i Domenicani, i Francescani, gli Agostiniani, e vin-
cendo col fervore della loro operosità l'iniziale diffidenza dell'autorità ec-
clesiastica.

Quasi nulla é l'informazione sulle prime fasi di vita della confraternita
dei Battuti di Lonato, la quale sembra che sia sorta nella seconda metà del
secolo xiv, mentre si passa subito a trattare della Confraternita romana
del Gonfalone, la cui origine é ben diversa da come qui é prospettata, e alla
quale quella di Lonato si aggregó soltanto nel 1588.

La trattazione basata su documentazione prodotta dalla stessa con-
fraternita prende l'avvio dalla seconda metà del secolo xvi e si sviluppa
sino alla data di soppressione di essa, 1797. Un congruo spazio é riservato
alle vicende dell'ospedale gestito dalla confraternita dal 1600.

Una parte del lavoro é dedicata a specificare e a mettere in evidenza,
per quanto possibile, i confratelli; è appunto la parte compresa sotto il ti-
tolo Chi erano i Disciplini di Lonato, in cui larga parte è fatta agli elenchi
di nomi di confratelli e consorelle con molte notizie spicciole di interesse
locale, comprese le vicende di due vivaci confratelli in conflitto con la con-
fraternita.

Infine è tracciata con cura la storia della chiesa di S. Maria del Corlo
in Lonato nella quale risiedettero i Battuti.

Abbondante e generalmente interessante il corredo di illustrazioni,
parecchie delle quali sono frutto di saccheggio di quelle inserite nei volumi
editi dal Centro di Documentazione.

GIOVANNI CECCHINI
4
Necrologi

P. GIUSEPPE ZACCARIA

Il 25 agosto 1904 moriva improvvisamente a Castellammare di
Stabia (Napoli) padre Giuseppe Zaccaria OFMConv.

Nato ad Altamura, in provincia di Bari, il 24 marzo 1912, a
tredici anni entró nel Collegio Missionario dei Frati Minori Conven-
tuali alle Terme di Caracalla. Intraprese gli studi ginnasiali a Roma
e li concluse ad Assisi. Inizió il noviziato il 18 novembre 1928 e fece
la professione semplice il 19 novembre 1929 nel Sacro Convento di
Assisi, ove compi anche gli studi filosofici e frequentó il primo anno
di Teologia, corso che concluse presso il Collegio Missionario Teo-
logico, sempre di Assisi.

Fece la professione solenne il 15 agosto 1933 e ricevette l’ordi-
nazione sacerdotale il 21 luglio 1935. Il 24 agosto 1935 fu trasferito
da Assisi a Roma, dove assunse vari incarichi in seno al suo Ordine.

Nel 1936 fu nominato bibliotecario e archivista del Con-
vento dei Santi XII Apostoli; nel 1938 divenne vice rettore del
Collegio Serafico Internazionale e bibliotecario della Pontificia Fa-
coltà Teologica.

Nel 1930 ottenne la licenza in Storia Ecclesiastica presso la
Pontificia Università Gregoriana e nel 1940 fu professore di questa
disciplina nella Pontificia Facoltà Teologica.

Nel 1939 conseguì il diploma in Paleografia e scienze archivi-
stiche presso l’Archivio di Stato di Roma. Nel 1941 fu professore di
religione nell'Istituto Magistrale della Beata Angelina.

L'11 luglio 1941 fu nominato archivista generale dell'Ordine.
Dal 1943 fu nuovamente vice rettore «ad triennium » del Collegio
Serafico Internazionale. Dal 10 gennaio 1944 al 24 ottobre 1940 fu
rettore del Collegio Missionario della Vigna, alle Terme di Caracalla.

Lo stesso 24 ottobre 1940 veniva trasferito «di famiglia» ad
Assisi, per ricoprirvi importanti incarichi : quelli di bibliotecario e
archivista del Sacro Convento, di direttore del Tesoro, Museo e Pi-
nacoteca di S. Francesco, di professore di Storia dell’ Ordine e di
Storia dell’arte nel Collegio Missionario Teologico.

Il 1 febbraio 1948 divenne anche direttore della Biblioteca Co-
munale, della Pinacoteca Comunale, del Foro Romano e del Museo
Civico di Assisi; tale incarico mantenne fino al 1960.
186 NECROLOGI

Il 3 luglio 1948 consegui la laurea in Storia Ecclesiastica presso
la Pontificia Università Gregoriana, discutendo la tesi su Il concor-
dato del 1803 tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana.

Il 2 giugno 1954 gli fu assegnata la medaglia di bronzo di « Be-
nemerito della Cultura» dal Presidente della Repubblica Italiana.

Il 12 ottobre 1961 fu trasferito e collocato nuovamente a Roma,
nel Collegio Serafico Internazionale, dove è rimasto fino alla morte,
attendendo alle sue ricerche e ai suoi studi prediletti.

La sua attività di studioso fu caratterizzata da una vasta co-
noscenza di « cose » francescane e assisane, dalla passione per la ri-
cerca archivistica e per l'inedito, unite ad una instancabile operosità.

Per circa quarant'anni pubblicó articoli e note — specialmente
di storia, musica e arte — in quotidiani e in periodici nazionali e
locali, ispirandosi soprattutto ai tre grandi interessi della sua vita :
Altamura (dov'era nato), S. Francesco (al cui Ordine dei Frati Mi-
nori Conventuali appartenne), Assisi (ove visse come studente prima,
come bibliotecario della Comunale e con altri importanti incarichi
poi).

Fu collaboratore di « Miscellanea francescana » e del « Bollet-
tino della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria », dove appar-
vero, oltre ad articoli, sue recensioni e note.

Fu soprattutto nella direzione della Biblioteca Comunale di As-
sisi, dei cui incunaboli curó la compilazione del catalogo, che padre
Giuseppe Zaccaria mise in evidenza le proprie doti di organizzatore.
Grazie a lui l'importante istituzione culturale assisana fu notevol-
mente potenziata e ammodernata.

Padre Giuseppe Zaccaria fu legato alle principali istituzioni cul-
turali umbre. Fu socio corrispondente della Deputazione di Storia
Patria per l'Umbria, socio ordinario e per qualche tempo anche se-
gretario della Società Internazionale di Studi Francescani di Assisi,
socio residente e bibliotecario dell'Accademia Properziana del Su-
basio.

Molte furono le iniziative alle quali dette il contributo delle
proprie capacità e della propria cultura. Basterà ricordarne una sol-
tanto: la Mostra storico-archivistica, da lui allestita nel grande sa-
lone della Biblioteca Comunale di Assisi e rimasta aperta dal 10
novembre al 31 dicembre 1953, a conclusione delle manifestazioni
del settimo centenario della morte di S. Chiara.

FRANGESCO SANTUCCI

v2 DMQE SN. ^. DOW s nl Fina Dd e ie
NECROLOGI 187

BIBLIOGRAFIA DEGLI SCRITTI DI P. GIUSEPPE ZACCARIA

Una « visita » del Padre Generale Coronelli al Sacro Convento di S. Francesco
in Assisi, in « Miscellanea francescana », LI (1951), fasc. 1-1v, pp. 275-286.

Assisi (Sottosezione di Archivio di Stato), in Gli Archivi dell’ Umbria (Mini-
stero dell'Interno, Pubblicazioni degli Archivi di Stato, Xxx) Roma,
Istituto Grafico Tiberino, 1957, pp. 89-94. »

Catalogo degli incunaboli della Biblioteca Comunale di Assisi (Biblioteca di
Bibliografia Italiana, 38) Firenze, Leo S. Olschki, 1961.

Il principale fondo musicale della Cappella di San Francesco in Assisi, in
« Miscellanea francescana », 62 (1962), fasc. 1-11, pp. 155-161. [Questo
testo apparve, nello stesso anno, anche come Prefazione al vol. di C.
SARTORI, Assisi. La Cappella della Basilica di S. Francesco. I. Cata-
logo del Fondo musicale nella Biblioteca Comunale di Assisi, Milano,
Istituto Editoriale Italiano, 1962, pp. 0-12].

Diario storico della Basilica e Sacro Convento di Assisi, in « Miscellanea fran-
cescana », 63 (1963), fasc. 1, pp. 75-120 ; fasc. 11-111, pp. 290-361 ; fasc.
IV, pp. 495-536 ; 64 (1964), fasc. 1-11, pp. 165-210 ; fasc. 111-1v, pp. 433-
473. [La pubblicazione del Diario si è arrestata al Settecento ; sarebbe
dovuta seguire la continuazione dal sec. xvin in poi].

Nuovi documenti nella biografia di S. Giuseppe da Copertino, O.F.M. Conv.
(1603-63), in « Miscellanea francescana », 65 (1965), fasc. 1-11, pp. 142-146.

La Tomba di San Francesco attraverso i secoli, in « San Francesco Patrono
d'Italia », Mensile illustrato della Basilica di S. Francesco, Assisi, dal
n. 2 del 1969 al n. 10 del 1904. [A puntate. Rielaborazione e aggiorna-
mento di un precedente studio di B. MARINANGELI].

Musiche di Saverio Mercadante nella Biblioteca del Convento di S. Francesco
di Bologna in « Altamura », Bollettino dell'Archivio-Biblioteca-Museo
Civico, n. 12 (gennaio 1900), estr., pp. 3-5.

Ricordi di Saverio Mercadante in Assisi, in « Altamura », Bollettino dell'Ar-
chivio-Biblioteca-Museo Civico, n. 13 (gennaio 1901), estr., pp. 3-5.

Clero e popolo per la proclamazione di Sanía irene a Patrona della città, in
«Altamura », Bollettino dell'Archivio-Biblioteca-Museo Civico, n. 14
(gennaio 1902), estr., pp. 3-10.

Ricerche di archivio. Assisi. Pagine sparse, Assisi, Casa Editrice Francescana,
1902. [Raccolta di articoli apparsi dal 1940 al 1965 in quotidiani e
periodici, che nella presente nota bibliografica non vengono separata-
mente indicati].

Presenza della Carboneria a Foligno nel 1820, in « Bollettino della Deputazione
di Storia Patria per l'Umbria », LxIx 1902), fasc. 1, pp. 21-48.

La elezione di Pio IX (1846) nella corrispondenza diplomatica dell’ Archivio
Vaticano, in « Rivista di Storia della Chiesa in Italia » xxvi 1902),
n. 2, pp. 421-435.

Vita illustrata di S. Tommaso d'Aquino, Subiaco, Edizioni ITER, 1974.
P EY TRIP

x
(]
ATTI DELLA DEPUTAZIONE

ADUNANZA DEL ConsiGLIO DIRETTIVO DEL 16 GIUGNO 1973

Il giorno 16 giugno 1973, alle ore 11, nella sede della Deputa-
zione, il Presidente Giovanni Cecchini apre la seduta del Consiglio
Direttivo alla presenza dei Consiglieri Ignazio Baldelli e Giuseppe
Mira, e con l’assistenza della Segretaria Paola Pimpinelli.

Letto e approvato il verbale della seduta precedente, il Presi-
dente espone la situazione della Ricerca sul Movimento dei Discipli-
nati. In particolare partecipa al Consiglio che alla domanda di con-
tratto per l’assegnazione di finanziamenti per il 1973, fatta nelle
consuete forme prescritte, il Consiglio Nazionale delle Ricerche ha
corrisposto un'assegnazione senza contratto di L. 2.500.000, quale
contributo alla stampa dei risultati della Ricerca. Poiché la Ricerca,
al punto in cui si trova, è ancora lungi da poter essere considerata
conchiusa per la vastità e la complessità del campo in cui opera,
veniva fatta istanza, verbale e scritta, perché venisse cambiata la
destinazione del contributo dalla stampa al funzionamento. L’istan-
za non è stata accolta, anzi nella lettera di replica era esplicitamente
affermato che con quel contributo era da considerarsi concluso il
finanziamento alla Ricerca sui Disciplinati. Questa brusca interru-
zione del finanziamento da parte del C.N.R. è gravemente pregiudi-
zievole per il presente e il futuro della Ricerca, che resterebbe deplo-
revolmente incompiuta. Il C.N.R., pur avendo l’intenzione di so-
spendere il finanziamento alla Ricerca sui Disciplinati, avrebbe do-
vuto darne un preavviso con l’erogazione del contributo per il 1973
conforme alla richiesta ad esso inoltrata.

Sia il prof. Mira che il prof. Baldelli promettono di interessarsi
presso gli organi del C.N.R. per ottenere un supplemento di assegna-
zione con la destinazione utile per conseguire il raggiungimento di
risultati parziali della Ricerca: In considérazione della situazione il
Presidente si richiama al già formulato proposito di dare una confi-
gurazione autonoma al Centro di Documentazione, con l’inizio di un

13
190 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

iter burocratico per avviare il quale, in conformità di suggerimenti
avuti nei contatti personali col funzionario capo della Divisione Ac-
cademie e Biblioteche del Ministero della Pubblica Istruzione, oc-
corre nello statuto precisare la consistenza del capitale del Centro in
almeno tre o quattro milioni. Poiché nella situazione attuale non è
possibile disporre di tale somma il Consiglio ritiene di rivolgersi a
persona o famiglia di Perugia che per solidarietà culturale e per
amore civico sia disposta a fornire tale indispensabile dotazione fi-
nanziaria, e ne dà mandato al Presidente.
La seduta è tolta alla ore 13.

La Segretaria Il Presidente
PAOLA PIMPINELLI GIOVANNI CECCHINI

ADUNANZA DEL ConSsIGLIO DIRETTIVO DEL 2 DICEMBRE 1973

Il giorno 2 dicembre 1973, alle ore 16, nella sede della Deputa-
zione, il Presidente Giovanni Cecchini apre la seduta del Consiglio
Direttivo alla presenza dei Consiglieri Leopoldo Sandri e Francesco
Santi, e con l’assistenza della Segretaria Paola Pimpinelli. Ha giu-
stificato l’assenza il Consigliere Giuseppe Mira.

Si legge e si approva il verbale della precedente adunanza.

Il Consiglio prende visione delle domande presentate per la par-
tecipazione al Premio A. Bertini Calosso per l'anno 1973, e che ri-
guardano le seguenti opere :

Attilio Bartoli Langeli, I documenti sulla guerra tra Perugia e Fo-

ligno del 1253-54
Gaetano Contini, A proposito della stampa a Venezia dell'Historia

della città di Perugia di Pompeo Pellini
Maria Gabriella Donati Guerrieri, Lo Stato di Castiglione e i della

Corgna
Ugolino Nicolini, Le mura medievali di Perugia.

Viste le materie delle opere stesse, il Consiglio decide di invitare a
far parte della Commissione in qualità di presidente il prof. Raf-
faello Morghen, e in qualità di membri il prof. arch. Renato Bonelli
e il prof. Raoul Manselli. m um

Il Presidente ricorda al Consiglio come le pubblicazioni abbiano
dovuto subire un ridimensionamento nella quantità per l'aumento
del prezzo di stampa. Per la serie delle Fonti per la storia dell'Um-
bria si potrà nel 1974 fare uscire soltanto gli Annali tipografici di

BOMBE TOP COSE PVLIA RAT "ERGO VITE ER UL TUE T TENET RUIN SEE TEL d
I
ATTI DELLA DEPUTAZIONE 191

Orvieto preparati da Lucia Tammaro Conti. Viene poi illustrata e
discussa la composizione del vol. Lxx, fasc. 2° del «Bollettino » ;
in particolare si fa presente che vi sarà inserito un lavoro di Giusep-
pe Zaccaria sugli statuti delle Arti di Assisi, che sarà successiva-
mente incluso in un volume.

Per alleviare le difficoltà economiche della Deputazione il Con-
sigliere Sandri suggerisce che sia inoltrata, nelle debite forme, al
Presidente della Repubblica una domanda volta ad ottenere un con-
tributo straordinario dai fondi delle lotterie nazionali.

I] Presidente ragguaglia quindi il Consiglio sullo svolgimento e
sull'esito veramente soddisfacente del Convegno su « I paesaggi ru-
rali europei », che si è tenuto in maggio e di cui si raccolgono ora in
volume gli Atti.

Circa il proposito di raccogliere i fondi occorrenti per costituire
un piccolo capitale necessario per dar luogo alla pratica per rendere
autonomo come ente morale il Centro di Documentazione sul Mo-
vimento dei Disciplinati, il Presidente riferisce che il passo compiu-
to presso una cospicua e rappresentativa famiglia perugina per ot-
tenerne un adeguato contributo é andato a vuoto. Il Presidente ri-
tiene opportuno rivolgere istanza per lo scopo anzidetto al Ministe-
ro della Pubblica Istruzione e alla Regione dell'Umbria, per poi
aprire una sottoscrizione fra i soci e i simpatizzanti.

La seduta è tolta alle ore 19.

La Segretaria Il Presidente
PAOLA PIMPINELLI GIOVANNI CECCHINI

ADUNANZA DEL CoNsicLio DIRETTIVO DEL 30 marzo 1974

Il giorno 30 marzo 1974, alle ore 17.30, nella sede della Depu-
tazione, il Presidente Giovanni Cecchini apre la seduta del Consiglio
Direttivo alla presenza dei Consiglieri Giuseppe Mira, Leopoldo San-
dri, Francesco Santi, e con l’assistenza della Segretaria Paola Pim-
pinelli.

Si dà lettura del verbale della precedente riunione, che viene
approvato all'unanimità.

I] Presidente conferisce una relazione sull'attività svolta dalla
Deputazione nel 1973, di volta in volta rispondendo a vari inter-
venti dei Consiglieri. Si passa quindi ad esaminare il piano di pub-
blicazioni in corso ed in programma, e prima di tutto la composizio-
192 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

ne del vol. LxxI, fasc. 1 del « Bollettino », larga parte del quale sa-
rà occupata dalle segnalazioni bibliografiche. Con attento esame si
discutono e infine si accettano due proposte di pubblicazioni delle
quali il Consiglio riconosce l'importanza scientifica, che è stata an-
che valutata, nel primo caso, da esperti della materia. Il prof. Ariel
Toaff ha infatti presentato uno studio storico sugli Ebrei a Perugia
dal secolo xii in poi. Dai contatti che il Presidente ha avuto in pro-
posito, risulta che le comunità e i centri di studio ebraici potranno
assicurare al volume una larga diffusione. Per di piü il prof. Toaff
mette a disposizione due milioni di lire quale contributo alle spese
di stampa. Il prof. Francesco Di Pilla ha proposto invece, presen-
tando uno schema del lavoro, la pubblicazione di uno studio su mo-
dernisti italiani e francesi, corredato di lettere inedite. Se la situa-
zione finanziaria, che viene successivamente illustrata al Consiglio
dal Presidente, lascerà un margine di possibilità, sarà opportuno fa-
re uscire nel corso dell'anno gli Annali tipografici di Orvieto com-
pilati da Lucia Tammaro Conti, e un volume delle Riformanze del
Comune di Perugia preparato da Ugolino Nicolini.

Il Consiglio provvede ad esaminare il conto consuntivo 1973 e
il bilancio preventivo 1974, che saranno presentati all'Assemblea dei
Soci Ordinari.

Poiché la stessa prossima Assemblea dovrà eleggere nuovi Soci
Ordinari e Corrispondenti, il Consiglio esprime il parere che per cia-
scuna delle due categorie di soci si lasci un posto vacante, e che ci si
orienti sui seguenti nominativi: per gli Ordinari, Alessandro Pratesi
e Paolo Brezzi; per i Corrispondenti, Fiorella Bartoccini, Pietro
Borzomati, Ermanno Ciocca, Remo Coppini, Anna Imelde Galletti,
Franco Mezzanotte, Carlo Natali. Queste proposte saranno presen-
tate, a titolo puramente indicativo e privato, ai Soci Ordinari riuniti
in assemblea.

Il Presidente riferisce infine su quanto viene fatto per racco-
gliere i fondi necessari a rendere autonomo il Centro di Documenta-
zione sul Movimento dei Disciplinati.

La seduta è tolta alle ore 19.30.

La Segretaria Il Presidente
PAOLA PIMPINELLI b. COPA MARE : GIOVANNI CEGCHINI

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ATTI DELLA DEPUTAZIONE 193

ADUNANZA DEL CoNsiGLio DIRETTIVO DEL 16 NOVEMBRE 1974

Il giorno 16 novembre 1974, alle ore 11, nella sede della Depu-
tazione, il Presidente Giovanni Cecchini apre la seduta del Consiglio
Direttivo alla presenza dei Consiglieri Ignazio Baldelli, Giuseppe Mi-
ra, Leopoldo Sandri, Francesco Santi, e con l'assistenza della Segre-
taria Paola Pimpinelli.

Si dà lettura del verbale della precedente riunione, che viene
approvato all'unanimità.

Rifacendosi al verbale della riunione del Consiglio in cui fu isti-
tuito il Centro di Documentazione sul Movimento dei Disciplinati,
alle vicende e all'attività del Centro stesso, e alla sua situazione at-
tuale, specialmente in relazione ai mezzi finanziari, il Presidente pro-
pone che si giunga a determinare il distacco del Centro dalla Depu-
tazione e a promuoverne la costituzione in ente autonomo, previo at-
tento studio di tutti gli aspetti formali e giuridici che tale distacco
comporta, e dei problemi che verrebbero a passare dalla Deputazione
al nuovo ente.

Dopo un'ampia e articolata discussione, nella quale Sandri so-
stiene che nella struttura medesima del Centro era implicita l'even-
tuale separazione dalla Deputazione, Mira prospetta la possibilità di
reperire più agevolmente mezzi finanziari per un ente autonomo, e
Baldelli si dichiara inizialmente contrario a depauperare la Depu-
tazione di una parte che egli considera integrante, si giunge alla de-
cisione unanime di promuovere la costituzione autonoma del Centro.

Quattro dei Consiglieri, cui si oppone il solo parere contrario
del Presidente, ritengono tuttavia opportuno convocare un'assem-
blea straordinaria dei Soci Ordinari, a cui proporre l'attuazione del
disegno maturato in seno al Consiglio. Si decide quindi, a maggioran-
za, che l'Assemblea sia convocata per il 15 dicembre 1974, con il
seguente ordine del giorno: Strutturazione autonoma del Centro di
Documentazione sul Movimento dei Disciplinati.

Passando poi al secondo punto previsto dall'ordine del giorno
per la seduta odierna, il Consiglio delibera all'unanimità un aumento
del compenso al personale, cioé rispettivamente di L. 10.000 e L.
9.000 mensili alla segretaria e al fattorino, a partire dal 1° gennaio
1975.

La Segretaria - Il Presidente
PAOLA PIMPINELLI GIOVANNI CECCHINI

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OA
194 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

ASSEMBLEA ORDINARIA DEI Soci ORDINARI DEL 31 Marzo 1974

Domenica 31 marzo 1974, alle ore 10.30 in seconda convoca-
zione, nella sede della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, il
Presidente Giovanni Cecchini apre la seduta alla presenza dei Soci
Ordinari Roberto Abbondanza, Giovanni Antonelli, Ignazio Baldelli,
Giulio Battelli, Mario De Dominicis, Giuseppe Ermini, Anna Euge-
nia Feruglio, Piero Grassini, Franco Mancini, Pier Lorenzo Meloni,
Giuseppe Mira, Ugolino Nicolini, Mario Pericoli, Paola Pimpinelli
— che funge da segretaria — Giocondo Ricciarelli, Leopoldo San-
dri, Francesco Santi, Lodovico Scaramucci, Pietro Scarpellini, Co-
stanzo Tabarelli.

Hanno giustificato l'assenza inviando regolare delega i Soci Umber-
to Ciotti, Raoul Manselli, Raffaello Morghen, Massimo Pallottino,
Carlo Pietrangeli, Adriano Prandi, Luigi Salvatorelli.

Si dà lettura del verbale della precedente assemblea, che viene
approvato all’unanimità ; il Presidente espone quindi la relazione
sull’attività svolta dalla Deputazione nel 1973, dopo aver ricordato
con rimpianto i Soci defunti nell’anno (gli Aggregati Virgilio Coletti,
Giuseppe Palumbo, Vittorio Pucci Boncambi, Mario Solinas) e aver -
dato notizia con rammarico delle dimissioni presentate dal Socio Or-
dinario Mario Salmi.

Il Consiglio Direttivo si è riunito il 14 aprile, il 16 giugno e il
2 dicembre 1973 ; i Soci Ordinari sono stati convocati in assemblea
ordinaria il 15 aprile 1973.

Sono stati pubblicati i due fascicoli del vol. Lxx (1973) del « Bol-
lettino » e i « Quaderni del Centro di Documentazione » n. 16 e n. 17.
Si spera che, nonostante le difficoltà economiche, sia possibile pub-
blicare nel corso dell'anno gli Annali tipografici di Orvieto compila-
ti da Lucia Tammaro Conti, un volume delle Riformanze del Co-
mune di Perugia preparato da Ugolino Nicolini e gli statuti delle
Arti di Assisi, raccolti in volume da Giuseppe Zaccaria. Si riferisce
quindi all'Assemblea la proposta di pubblicazione, su segnalazione
del Socio Paolo Brezzi, di uno studio storico sugli Ebrei a Perugia
dal secolo xir in poi di Ariel Toaff, docente dell'Università di Tel
Aviv, il quale mette a disposizione per la stampa un contributo di
due milioni di lire. Agli ampi e approfonditi interventi sul-
l'argomento dei Soci Ricciarelli, Abbondanza, Nicolini, Mira, ri-
sponde per il Consiglio Sandri, che ha preso visione dell'opera ; dopo
ATTI DELLA DEPUTAZIONE 195

di che l'Assemblea conviene sull'opportunità della pubblicazione.

Il Presidente fa un breve resoconto del Convegno su « I paesaggi
rurali europei », che ha avuto un ottimo esito, e presenta poi il pro-
getto e il programma di massima di un Convegno interregionale sui
rapporti artistici fra le Marche e l'Umbria, da svolgersi in collabo-
razione con la Deputazione di Storia Patria per le Marche. , Un in-
tervento del Socio Abbondanza, che desidera sapere se per il Con-
vegno in questione sia stato interpellato il titolare della cattedra di
storia dell'arte della locale Facoltà di Lettere, e la precisazione del
Presidente, che si dice disposto ad accogliere ma non a sollecitare
collaborazione, provoca una vivace discussione sui non facili rapporti
tra la Deputazione e alcune componenti del mondo accademico pe-
rugino, nella quale intervengono con chiare puntualizzazioni i Soci
Mira e Baldelli.

La relazione dei Presidente si chiude con le notizie sull'attività
del Centro di Documentazione sul Movimento dei Disciplinati e sulla
raccolta dei fondi necessari per renderlo autonomo e costituirlo in
ente morale. Si susseguono a questo punto alcuni interventi sulla
materia della relazione e sul funzionamento della Deputazione. Il
Socio Abbondanza avanza la richiesta che sia costituito un comitato
di redazione del « Bollettino » o, in ipotesi subordinata, che si for-
muli lo schema di un comitato che abbia funzione consultiva e che
affianchi nella formazione delle pubblicazioni il Consiglio Direttivo.
L'Assemblea accetta la raccomandazione nella seconda forma. Il So-
cio Ermini si compiace della attività della Deputazione e si mostra
ottimista sulla possibilità di reperire i fondi necessari, nonostante le
riserve del Presidente in tale materia.

Il Presidente presenta all'Assemblea il conto consuntivo 1973
illustrandone le varie parti, e offre alla lettura dei presenti la rela-
zione dei Revisori dei Conti e il bilancio preventivo per il 1974. I
due conti vengono approvati all'unanimità.

Si procede quindi alla elezione dei nuovi Soci, dopo che si e ef-
fettuata la verifica delle deleghe. Il Consiglio Direttivo avanza pre-
liminarmente la proposta che venga lasciato vacante un posto nella
categoria degli Ordinari e uno per i Corrispondenti ; l'Assemblea pe-
ró, a maggioranza, respinge la proposta e, fra i nominativi che a
norma di statuto erano stati presentati dai Soci Ordinari, con rego-
lare votazione segreta, elegge i seguenti nuovi Soci : fra gli Ordinari,
Paolo Brezzi, Alessandro Pratesi, Mario Scaramucci ; fra i Corrispon-
denti, Fiorella Bartoccini, Pietro Borzomati, Ermanno Ciocca, Re-
196 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

mo Coppini, Laura Fabbrini, Anna Imelde Galletti, Franco Mezza-
notte, Carlo Natali.

Esauriti gli argomenti all'ordine del giorno, il Presidente chiude
la seduta alle ore 13.

La Segretaria Il Presidente
PAOLA PIMPINELLI GIOVANNI CECCHINI

ASSEMBLEA STRAORDINARIA DEI Soci ORDINARI DEL 12 GENNAIO 1975

Domenica 12 gennaio 1975, alle ore 11 in seconda convocazione,

nella sede della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, il Presi-
dente Giovanni Cecchini apre la seduta alla presenza dei Soci Ordi-
nari Roberto Abbondanza, Ignazio Baldelli, Giulio Battelli, Paolo
Brezzi, Giuliano Innamorati, Franco Mancini, Giuseppe Mira, Ugo-
lino Nicolini, Mario Pericoli, Paola Pimpinelli — che funge da segre-
taria — Adriano Prandi, Giocondo Ricciarelli, Leópoldo Sandri, Fran-
cesco Santi, Lodovico Scaramucci, Mario Scaramucci, Pietro Scar-
pellini, Costanzo Tabarelli.
Hanno giustificato l'assenza inviando regolare delega i Soci Umberto
Ciotti, Mario De Dominicis, Anna Eugenia Feruglio, Raffaello Mor-
ghen, Massimo Pallottino, Alessandro Pratesi. Si sono invece giusti-
ficati senza rilasciare deleghe Alberto Maria Ghisalberti e Piero Gras-
sini.

All'ordine del giorno é la costituzione in organismo autonomo
del Centro di Documentazione sul Movimento dei Disciplinati. Il
Presidente ricorda le diverse tappe del Centro, dalla sua fondazione,
e ne illustra le fasi e gli sviluppi di attività, fornendo i dati fino al

tl maggio 1974, e completando il quadro con i progetti che si possono
I preparare in base al materiale raccolto, e con le risultanze emerse
dall'ultimo Incontro di Studio, tenuto a Perugia il 24 novembre

1974. Fino ad ora il Centro é stato amministrato dal Consiglio Diret-

tivo della Deputazione, che ha delegato a questa funzione il Presi-

| dente, e sovvenzionato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, il cui

| intervento finanziario si é chiuso peró improrogabilmente con l'eser-

| cizio 1974 ; il Presidente fornisce anche un preciso rendiconto della
utilizzazione degli ultimi fondi ricevuti dallo stesso C.N.R., metten-

do in piena luce quale grave situazione finanziaria si presenti oggi

al Centro di Documentazione. Nella previsione di quanto sarebbe in

effetti avvenuto, già due anni fa si dette inizio all'iter burocratico

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ATTI DELLA DEPUTAZIONE 197

necessario ad una costituzione autonoma del Centro, e alla raccolta
di fondi destinati a questo scopo: con i contributi venuti da fonti
diverse dal C.N.R. e con la sottoscrizione di cui il Presidente ha as-
sunto l'iniziativa, si é raggiunta la cifra di L. 4.000.000, che si ri-
tiene sufficiente come capitale iniziale. A questo punto, il Consiglio
Direttivo della Deputazione propone che sia istituzionalizzato il Cen-
tro come ente autonomo. ,

Finita l'esposizione del Presidente, si aprono gli interventi. Il
Socio Giocondo Ricciarelli chiede che sia precisato se il Centro, una
volta reso autonomo, disporrà di mezzi finanziari più ampi. Franco
Mancini raccomanda che si considerino anche altri aspetti, oltre quel-
lo finanziario : si dia al Centro una adeguata articolazione, se ne pre-
cisi la funzione ; sia data la massima apertura ad una attività di in-
formazione utile a diverse branche di studio. Giulio Battelli domanda
come si pensi di strutturare e sostenere il Centro, una volta che sia
stato staccato dalla Deputazione. Rispondendo a questi interventi, il
Presidente insiste sulla necessità che il Centro si dia uno statuto
proprio, e che tenda a divenire non solo nazionale ma internaziona-
le. Roberto Abbondanza chiede che nella costituzione del nuovo en-
te non sia sottovalutata l'eventuale partecipazione di Soci non Or-
dinari, e ahche di elementi estranei alla Deputazione. Adriano Pran-
di insiste sulla autonomia del Centro e sulla sua internazionalizza-
zione come condizione di sopravvivenza. Dopo che i Soci Mancini e
Pericoli hanno espresso l'esigenza che il distacco non sia un accorgi-
mento giuridico ma una realtà operativa, Ignazio Baldelli chiarisce
che il Consiglio Direttivo chiede che l'Assemblea esprima un voto in
merito al distacco, poiché il Centro é stato in qualche modo, dalla
sua costituzione, legato alla Deputazione. Se il voto sarà stato favo-
revole, si potrà poi procedere alla nomina di un comitato promotore.
Giuliano Innamorati riassume i termini del dibattito affermando che
i motivi a favore dell'autonomia del centro sono stati esposti e chia-
riti ; invita quindi a passare alla votazione.

Alla unanimità, per alzata di mano, i Soci Ordinari approvano
che il Centro di Documentazione sia costituito in ente autonomo.

Respinta la proposta di Battelli che l’ Assemblea dia mandato
al Consiglio Direttivo della Deputazione di preparare lo statuto e fa-
re tutti i necessari passi burocratici, si apre la discussione sulla com-
posizione di una commissione da nominarsi a tale scopo, in cui il
Consiglio Direttivo sia rappresentato. Alla discussione partecipano spe-
cialmente Abbondanza, Cecchini, Battelli, Innamorati e Baldelli, il
198 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

quale vi inserisce la proposta, cui gli Ordinari si associano, di un
plauso a Giovanni Cecchini per quanto nel Centro ha fatto finora. Si
giunge all'accordo che nella commissione siano eletti due rappresen-
tanti del Consiglio e tre Soci Ordinari non Consiglieri.

Compiuta poi la verifica delle deleghe, si procede alla votazione.
Dallo spoglio delle schede risulta che la commissione è cosi costitui-
ta : Giovanni Cecchini, Leopoldo Sandri, Paolo Brezzi, Giocondo hic-
ciarelli, Franco Mancini.

La seduta è tolta alle ore 13.

La Segretaria Il Presidente
PAOLA PIMPINELLI GIOVANNI CECCHINI

ASSEMBLEA ORDINARIA DEI Soci ORDINARI DEL 6 APRILE 1975

Domenica 6 aprile 1975, alle ore 16.30 in seconda convocazione,
nella sede della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, il Presi-
dente Giovanni Ceccnini apre la seduta alla presenza dei Soci Ordi-
nari Roberto Abbondanza, Giovanni Antonelli, Umberto Ciotti, An-
na Eugenia Feruglio, Piero Grassini, Pier Lorenzo Meloni, Giuseppe
Mira, Ugolino Nicolini, Mario Pericoli, Paola Pimpinelli — che fun-
ge da segretaria —, Adriano Prandi, Giocondo Ricciarelli, Leopoldo
Sandri, Francesco Santi, Lodovico Scaramucci, Pietro Scarpellini,
Costanzo Tabarelli.

Hanno giustificato l'assenza inviando regolare delega i Soci: Giulio
Battelli, Mario De Dominicis, Giuseppe Ermini, Raffaello Morghen,
Massimo Pallottino, Alessandro Pratesi.

La Segretaria dà lettura del verbale della precedente assemblea,
che viene approvato all’unanimità.

Il Presidente annuncia con vivo rimpianto che durante l’anno
si è avuta la scomparsa dei Soci Ordinari Gino Franceschini, Luigi
Salvatorelli, a cui dedica un particolare intenso ricordo, dei Corri-
spondenti Luigi Piastrelli e Giuseppe Zaccaria e dell'Aggregato Fer-
nando Morotti; comunica che sono state presentate le dimissioni
degli Aggregati Luise C. Pickert, Origene Rogari, Sante Vincenti.
Dà quindi corso alla relazione sull'attività svolta dalla Deputazione
nel 1974, premettendo che la scarsità dei mezzi finanziari ha nel com-
plesso determinato un rallentamento dell'attività stessa.

Il Consiglio Direttivo si è riunito il 16 novembre 1974; i Soci
Ordinari sono stati convocati in assemblea ordinaria il 31 marzo

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ATTI DELLA DEPUTAZIONE 199

1974 e in assemblea straordinaria il 12 gennaio 1975, per decidere
suila costituzione in ente autonomo del Centro di Documentazione
sul Movimento dei Disciplinati.

Alla normale pubblicazione dei due fascicoli del « Bollettino » e
dei « Quaderni del Centro di Documentazione » relativi all'anno 1974,
si deve aggiungere la recentissima uscita del volume Gli Ebrei a
Perugia di AnrEL Toarr, n. 10 delle Fonti per la storia dell' Umbria.
Sono in corso di stampa gli Atti del Convegno tenuto nel 1973, che
entreranno, con il titolo I paesaggi rurali europei, a far parte della
serie delle Appendici al Bollettino, con il n. 12. Nonostante i limiti
imposti dalle difficoltà finanziarie, si spera di pubblicare gli Annali
tipografici di Orvieto, pronti da tempo, come risulta dai verbali pre-
cedenti, e le Riformanze del Comune di Perugia per gli anni 1266-69 ;
procede intanto il lavoro per la pubblicazione delle Carte di Sasso-
vivo, in collaborazione con l'Università degli Studi di Perugia e con
la Scuola speciale per archivisti e bibliotecari dell'Università di
Roma.

Per il Centro di Documentazione sul Movimento dei Discipli-
nati, la commissione eletta nell'assemblea straordinaria dei Soci Or-
dinari del 12 gennaio 1975 ha compilato il testo dello statuto e av-
viato l'iter burocratico per il riconoscimento del Centro come ente
autonomo.

Il Presidente dà quindi notizia dello svolgimento e dell'esito del
Convegno tenuto a Fabriano e a Gubbio, I'8 e il 9 giugno 1974, sui
« Rapporti artistici tra le Marche e l'Umbria », in collaborazione con
la Deputazione marchigiana di Storia Patria.

Alla relazione del Presidente fanno seguito alcuni interventi :
Roberto Abbondanza raccomanda che si prenda nella dovuta con-
siderazione la nuova legge sui beni culturali ; propone inoltre che si
cerchino eventuali altri tipi di stampa, piü economici di quello tra-
dizionale. Adriano Prandi fa alcune osservazioni sugli interventi del
Consiglio Nazionale delle Ricerche, ed é del parere che lo studio di
zone particolari dell'Umbria, e precisamente dell'Umbria meridiona-
le, potrebbe contare su notevoli sovvenzioni; su quest'ultimo pun-
to si dichiara d'accordo Giuseppe Mira. Umberto Ciotti chiede qua-
le sia il contributo fornito alla Deputazione dalle industrie e dalle
banche locali.

Dopo aver replicato agli interventi, il Presidente presenta alla
Assemblea il conto consuntivo 1974 illustrandone le varie parti, e
offre alla lettura dei presenti la relazione dei Revisori dei Conti e il
200 ATTI DELLA DEPUTAZIONE

bilancio preventivo 1975. I due conti vengono approvati all'unani-
mità.

Per l'elezione dei nuovi Soci, il Presidente osserva che sarebbe
opportuno che le proposte fossero corredate da un adeguato curricu-
lum del candidato, il che si verifica in pochissimi casi. Abbondanza
propone che si ovvii a tale carenza con una breve esposizione orale.
Si procede quindi alla verifica delle deleghe e alla regolare votazione
segreta. Dallo scrutinio delle schede risultano eletti Soci Ordinari :
Alberto Grohmann, Olga Marinelli ; Soci Corrispondenti : Renzo Bat-
tistella, Mario Bigotti, Rita Chiacchella, Giorgio Comez, Romano Pie-
rotti.

Esauriti gli argomenti all'ordine del giorno, il Presidente chiude
la seduta alle ore 19.

La Segretaria - Il Presidente
PAOLA PIMPINELLI : GIOVANNI CECCHINI

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I

INDICE DEL VOLUME

Memorie

ARIEL ToaArr, Gli ebrei a Città di Castello

MARIA PEcuai Fo», Spoglio documentario del « De claritate Pe-
rusinorum »

Tommaso VALENTI, Jl procuratore fiscale Benedetto Valenti e i
concistori del suo tempo

Recensioni

Statuti di confraternite religiose di Padova nel medio Evo. Testi,
studio introduttivo e cenni storici a cura di GrusEPPINA DE
SANDRE GASPARINI. Istituto per la storia ecclesiastica pa-
dovana, 1974 (Giovanni Cecchini)

Le casacce. Arte e tradizione. Testo Fausta Franchini Guelfi,
Fotografie Ramiro Rosolani. Cassa di Risparmio di Genova
e Imperia, 1974 (Giovanni Cecchini)

MARIO CARAVALE, La finanza pontificia nel Cinquecento. Le pro-
vincie del Lazio. Camerino, Jovene, 1974 (Rita Chiacchella)

L’ospedale di Cento nei secoli. Studi, documenti, iconografia.
Hanno collaborato Eugenio Gilli, Oscar Mischiati, Maricetta
Parlatore Melega, Antonio Samaritani, Olinda Tamburini.
RAFFAELLO CHIAPPINI, Origini, vicende, statuti dell’Ospedale
di Cento. Ferrara, 1900. A. cura della Cassa di Risparmio di
Cento, 1975 (Giovanni Cecchini)

MARIO RowczrTI, Profili di bibliotecari perugini. Con appendice
bibliografica (presentato dal prof. Francesco Ugolino). Estratto
dagli « Annali della Facoltà di Lettere e' Filosofia: della Uni-
versità degli Studi di Perugia», Vol. XI (1973-74) (Giovanni
Cecchini) QUU I IN e Rs

143

173

175

177.

180

181
202 INDICE DEL VOLUME

ALBERTO Prazzi, La Confraternita dei Disciplinati e la Chiesa
del Corlo in Lonato. Verona, 1975 (Giovanni Cecchini) . . » 182

Necrologi

FRANCESCO SANTUGGI;. P. Giuseppe Zaccaria: —. . -...... +» 180

Atti della Deputazione

Adunanza del Consiglio Direttivo del 16 giugno 1973 . ... » 189

WO ) » » del 2 dicembre 1973 . . . » 190
Wi E » » » del.30.marzo. 1074. o. 4955] 9.44191
T. » » » del 16 novembre 1974 . . . » 193

CONI] Assemblea ordinaria dei Soci Ordinari del 31 marzo 1974 . . » 194

ì | » straordinaria dei Soci Ordinari del 12 gennaio 1975 ^» 196

(fi | » ordinaria dei Soci Ordinari del 6 aprile 1975 . . . » 198
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Registrazione presso il Tribunale di Perugia, Decreto n. 367 del 18-7-1968

($) Pnor. GIOVANNI CECCHINI - Direttore responsabile
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